Is This The Real Life?

di StellaViva95
(/viewuser.php?uid=126522)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


“Che senso hanno le cifre scritte qui sopra? Non ci capisco niente!”
Stefania sbuffa, mentre tiene in mano una strana scatola arrugginita. Io sono appena arrivata in biblioteca e ho ancora il fiatone. Stamattina mentre ero all’università per frequentare le lezioni la mia migliore amica mi ha mandato un messaggio vocale di ben 5 minuti, in cui mi raccontava ciò che le era accaduto poco prima…
Stefania lavora in biblioteca da circa un anno, dato che dopo la triennale ha saggiamente pensato di andare a lavorare, mentre io ho deciso di continuare a farmi del male tra i libri di fisica e quelli di economia, frequentando anche la magistrale. Siamo molto diverse, considerando per prima cosa che io ho scelto di seguire la strada di Ingegneria Gestionale, mentre lei si è laureata in storia dell’arte, ma anche per altri mille motivi che non sto qui a spiegare, perché ci vorrebbe un secolo per raccontarli tutti. Siamo come il bianco e il nero, e forse è proprio per questo che andiamo così d’accordo. Comunque, torniamo al vocale di 5 minuti…
“Ciao Ale, so che sei a lezione e che quindi sicuramente ti disturbo, ma ho trovato un aggeggio stranissimo mentre riordinavo alcuni libri nell’archivio della biblioteca e sono molto curiosa e anche un po’ spaventata. È una specie di scatola con dei numeri sopra ed è abbastanza inquietante, considerando che si possono anche cambiare le cifre a proprio piacimento e che c’è uno schermo sul quale da un momento all’altro, per quanto ne so io, potrebbero apparire strane frasi tipo Jumanji 2 La Vendettaaaaaa…”
Il vocale continuava con una serie di altre fantasiose congetture sullo strambo oggetto e poi, come una vera e propria minaccia, la mia amica ha chiuso così: “… Appena finisci le lezioni vieni immediatamente qui! Dobbiamo scoprire di cosa si tratta! Baciiii”.

E dunque eccomi qui, davanti alla scatola magica che dovremo scoprire cosa nasconde. Vi chiederete perché Stefania abbia aspettato me per sapere di cosa si tratti e non sia stata tentata di scoprirlo da sola, vista la sua grande curiosità. Il motivo non è dovuto né al fatto che sono una “donna di scienza” come mi chiama lei canzonandomi a volte, né al fatto che ha troppa paura per farlo da sola. La ragione, ben più banale di tutto quanto si possa pensare, è che io e lei facciamo tutto insieme e ci diciamo sempre tutto. Perciò una cosa del genere non avrebbe mai potuto non condividerla con me.
Comunque, a dire la verità, io non sono né curiosa né preoccupata quanto lei di questo ritrovamento. Non ho mai creduto alle leggende delle scatole magiche o cose del genere, anche se non capisco il senso delle cifre e soprattutto la presenza di uno schermo. Sembra una calcolatrice, con le rotelle delle cifre del codice di chiusura delle valige al posto dei soliti tasti. Magari è un vecchio meccanismo di chiusura, uno di quelli che si usavano 30 anni fa, quando la tecnologia come la intendiamo oggi era ancora agli albori, ma non ricordo di aver mai letto dell’esistenza di qualcosa del genere nei corsi di Ingegneria riguardanti la storia della tecnica. Nonostante tutti i miei dubbi, agli occhi di Stefania cerco di apparire il più tranquilla possibile…
“Bene, adesso cerchiamo di capire come funziona!”, la esorto. Stefania mi passa la scatola arrugginita e attende ansiosa di ascoltare il mio parere al riguardo. Analizzo bene l’oggetto e soprattutto le rotelle delle cifre. Inizio a girarle, generando combinazioni sempre diverse, ma non succede nulla. Dopo cinque minuti buoni mi rendo conto che non tutte le rotelle hanno le stesse cifre. Per l’esattezza: la prima rotella arriva fino al 3; la seconda, la quarta, la sesta, la settima e l’ottava arrivano fino al 9; infine la terza può essere soltanto uno zero un 1, mentre la quinta arriva fino al 2. Faccio tutto questo ragionamento ad alta voce e Stefania mi sembra abbastanza confusa. Io ci ragiono un po’. In definitiva sono 8 cifre e il fatto che non tutte le rotelle presentino gli stessi tipi di combinazione deve avere per forza una spiegazione logica. Mentre penso ad una soluzione, noto che dietro la scatola c’è un pulsante rosso, una specie di interruttore. Per il momento preferisco non premerlo, dato che non so cosa possa succedere. Il fatto che sia rosso, inoltre, non so perché ma mi spaventa a morte. Inizio a farmi influenzare dall’ansia della mia amica. Dopo minuti che sono sembrati un’eternità, è proprio Stefania ad avere il lampo di genio…

“Ale, ci sono!” Io la guardo impaziente e la esorto a parlare, vedendo che non sembra troppo convinta della sua idea.
“Quindi? Dimmi cosa hai pensato!”
“Allora, non so se è solo una cazzata, però forse ho trovato una spiegazione alle cifre…”
“Dai continua!”
“Hai detto che la prima rotella arriva fino al 3 e la seconda fino al 9. Quindi ho pensato che potrebbe trattarsi dei giorni del mese, che vanno appunto da 01 a 31. La terza può essere zero o 1, mentre la quarta arriva fino al 9. Questi sarebbero i mesi, che vanno da 01 a 12. Infine la quinta arriva fino al 2 e le ultime 3 hanno massima possibilità di scelta, dato che arrivano fino al 9. Perciò non possono rappresentare altro che l’anno, considerando che siamo nel 2019 e per questo le prime cifre non possono essere superiori al 2.”
Osservo la mia amica un po’ stupita, ma mi rendo conto che il suo ragionamento non fa una piega.
“Quindi tu mi vorresti dire che questa specie di scatola è…”, mi fermo un istante, pensando di essere pazza e di aver superato il limite dell’immaginabile.
“È una macchina del tempo”, finisce lei la frase. Ci guardiamo per un istante e, nonostante l’assurdità della cosa, non scoppiamo a ridere come succede ogni volta che una di noi dice qualcosa di impensabile e incredibile. Faccio un respiro profondo e osservo ancora una volta attentamente quell’aggeggio, che ora ci sembra meno misterioso dell’inizio, ma sicuramente più inquietante.
“Ma quindi noi, se inseriamo una data e premiamo il tasto rosso, viaggiamo nel tempo?”, chiedo contrariata
“In teoria si, poi in pratica non saprei. Francamente mi sembra tutto molto assurdo.”
“Proviamo?”
“Siamo sicure che poi torneremo indietro? E poi, soprattutto, dove andiamo?”
“Non lo so… Io ho sempre desiderato vivere negli anni 70-80 per andare a vedere un concerto di Michael Jackson, di David Bowie, di Phil Collins…”
“Dei Queen”, mi fa eco Stefania
E in quel momento entrambe pensiamo esattamente la stessa cosa e ci guardiamo eccitate.
“Non dirmi che hai pensato anche tu ciò che sto pensando io?”, le chiedo con una carica di adrenalina addosso
“Mi sa di si”, urla lei
“Ssssh”, le dico mettendole un dita sulle labbra
“non facciamoci scoprire!”, dico a bassa voce
Lei annuisce e si zittisce.
“Ma tu veramente vorresti tornare a quei tempi per cercare di…”, si interrompe bruscamente, non essendo così sicura che stavolta la nostra solita telepatia abbia funzionato
“… di salvare Freddie Mercury dal suo triste destino”, continuo io
“E quindi che data dovremmo inserire?”
“In teoria il 1975 dovrebbe andare bene; da quel che so, anche se lui ha scoperto di essere malato di AIDS nel 1987, dovrebbe averlo contratto intorno al 1978-79, in uno dei suoi viaggi a New York…”
Lei mi guarda un po’ storta e inizia a ridere.
“Cioè, scusa eh, fammi capire? Tu cosa vorresti dire esattamente ad una star di fama internazionale? Ciao! Mi chiamo Alessia e vengo dal futuro… Scusa se ti disturbo, ma dovresti evitare di scoparti mezzo mondo, perché tra 16 anni morirai di AIDS”
Io rido con lei e la abbraccio.
“In effetti non hai tutti i torti… Secondo me dovrei cercare di fare amicizia con lui e poi, se e quando mi renderò conto che si fida ciecamente di me, glielo dico”
“Ok.. Ma quindi io cosa faccio? Rimango qui?”
“No, tu vieni con me… ci cerchiamo un lavoro nel passato e andiamo a vivere insieme”
“Si però noi viviamo in Italia… presumo che, se noi dovessimo inserire una qualsiasi data lì sopra, ci ritroveremmo qui, non a Londra… E considerando che ai tempi in Italia c’erano le Lire, dubito fortemente che noi riusciremo a prendere un aereo per l’Inghilterra”
“Ci sarà un modo per inserire anche il luogo, no?”, le rispondo io un po’ insicura
Solo in quel momento mi accorgo che sul pulsante rosso presente dietro la scatola c’è scritto Where.
“Ma certo, come ho fatto a non accorgermene prima?”
“Di cosa?”, mi chiede Stefania incuriosita
“Guarda cosa c’è scritto sul retro!”
Lei legge ma fa una domanda più che lecita: “E con questo? Non c’è una tastiera su cui digitare il luogo; dove vorresti scrivere Londra?”
“Magari bisogna inserire la data, premere il pulsante e pronunciare il luogo… Non c’è altra spiegazione”
“Proviamo!”
“Ok, male che vada torniamo indietro subito…”
Un po’ spaventata per ciò che accadrà, inserisco la data di oggi, cambiando soltanto l’anno. Osservo quella combinazione di cifre con il cuore che mi batte sempre più forte: 20 Maggio 1975. Poi giro la scatola dall’altro lato e premo il pulsante rosso. La scatola si illumina e una voce metallica pronuncia “Where do you wanna go?”. Io e Stefania sobbalziamo e io, con un fil di voce, dico sicura “London”. Ciò che succede dopo è una totale confusione. Mi gira forte la testa e sento lo stomaco come se fossi sulle montagne russe da un’ora. Ad un tratto entriamo in un vortice e iniziamo a roteare su noi stesse, scendendo piano piano sempre di più. Pochi minuti dopo siamo stese su un prato una sopra l’altra. Mi guardo intorno e con stupore riconosco Hyde Park. Osservo le persone attorno a noi. Sono vestite in modo strano e la cosa più strana è che nessuno ha in mano il cellulare o fa jogging con un paio di auricolari. Stefania solleva la testa e mi guarda.
Sorridiamo.
“Ce l’abbiamo fatta”, dico emozionata
“Già… Ora però per te inizia la parte difficile”
Scuoto la testa e rispondo: “No Stefy, per noi inizia la parte difficile… l’idea è mia, ma tu sei qui con me. Sei in ballo e ora balli mia cara!”
Lei si volta all’indietro, ritornando a stendersi sul prato e puntando gli occhi al cielo.
“Lo prendo per un si”, dico ridendo
“Ho alternative?”, mi dice lei arresa
“Mi sa di no”
Sorridiamo entrambe, ci alziamo e ce ne andiamo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Londra nel 1975 sembra tutta un’altra città. Nei giorni nostri ci sono stata un paio di volte e sono sempre rimasta affascinata dalle mille storie che è in grado di raccontare, ma vederla intrisa dello stile anni 70 è un’altra cosa. Sarà che sono abituata a vivere in un mondo ipertecnologico, ma ogni angolo sembra più bello. Perfino il Tower Bridge, che già nel 1975 aveva (o forse dovrei dire “ha”?) qualche anno sulle spalle, appare diverso e più suggestivo. Io e Stefania camminiamo per le strade con gli occhi sbarrati. Per noi ogni cosa è nuova. Non siamo abituate a vedere le auto squadrate di una volta, con gli scarichi dai quali esce fumo tutt’altro che eco e soprattutto senza climatizzatore né navigatore a bordo; non siamo abituate nemmeno alle tante persone che leggono i giornali, dato che oggi purtroppo in pochi comprano ancora un quotidiano o chi lo fa molto spesso lo legge in formato digitale. Insomma, ci sono troppe cose a cui dovremo abituarci. “Abbiamo una meta?”, mi chiede Stefania ad un tratto
“Sinceramente no… Però credo che dovremmo farci venire in mente un’idea al più presto”
“Beh, per prima cosa potremmo cercarci un lavoro… in tutta Londra ci sarà una birreria o un ristorante che ha bisogno di un cameriere o di un lavapiatti!” “Speriamo”, sospiro.
Poi continuo, già eccitata all’idea dell’avventura che ci aspetta: “Ma dobbiamo pensare anche a come conoscere e diventare amiche di Freddie!”
“Credo lascerò a te questo onere… io non sono così esperta di Freddie e dei Queen! Magari tu sai già da dove o da chi partire…”, mi guarda speranzosa in attesa di una risposta affermativa
“In effetti un’ideuccia ce l’avrei…”, sorrido malefica
“Spara!”, mi esorta
“Nel 75 Freddie era ancora insieme a Mary Austin e lei lavorava da Biba, un negozio di abbigliamento. Credo che dovremmo cercare di diventare sue amiche e poi da lei arrivare a Freddie”
“Perchè no?”, mi risponde sicura Stefania; ma poi mi fa una domanda che mi fa incazzare e sorridere allo stesso tempo: “Sei sicura che non sarai gelosa di vederlo pomiciare con lei?”
Scoppia a ridere e io la vorrei ammazzare.
“Non preoccuparti tesoro… Vedrai che la rockstar di fama mondiale cadrà ai miei piedi”
“Si si, certamente! Ricordati che tra non molto capirà anche di essere gay… riuscirai a battere anche il fascino irriverente del pisello?”
Ridiamo come due cretine. A volte è più scema di me, ed è tutto dire.
“Non si sa mai, mia cara… La tua amica sparerà le cartucce giuste per Freddie”
Gli faccio l’occhiolino e ci incamminiamo alla ricerca di un lavoro. Dopo aver chiesto in tre posti senza alcun risultato, finalmente troviamo ciò che fa al caso nostro: un ristorante italiano, che guarda caso cerca personale. Entriamo nel locale, ancora vuoto, dato che sono da poco passate le 15. Gli inglesi mangiano presto, ma evidentemente non così presto. Ad un tratto un uomo alto e robusto si avvicina a noi.
“Hello, can I do something for you?”, ci dice con un accento non proprio londinese. È evidentemente italiano.
“Salve, noi siamo appena atterrate a Londra. Ci siamo trasferite qui per ragioni di studio e staremmo cercando lavoro… Abbiamo letto qui fuori che cercate personale!”, rispondo speranzosa
“Ciao ragazze, datemi del tu. Io sono Antonio”, ci stringe la mano calorosamente e ci fa un sorriso.
“Piacere Alessia”
“Piacere, io sono Stefania”
“Bene ragazze, allora noi stiamo cercando qualcuno che faccia le pulizie e un paio di camerieri… niente di impossibile da fare… non cerchiamo gente che si destreggi tra un tavolo e l’altro con 14 piatti in mano!”, dice ridendo
Annuiamo entrambe.
“Diciamo che è sufficiente che non facciate cadere i piatti e i bicchieri e che siate gentili con i clienti… Gli orari sarebbero 18-24 dal Lunedì al Venerdì… Il sabato abbiamo già assunto tre ragazzi, che però durante la settimana sono impegnati, mentre la Domenica siamo chiusi”
“Perfetto”, diciamo all’unisono
“Ok, quindi presumo optiate per il posto da cameriere…”
“Si si”, rispondo io
“Fantastico! Di dove siete ragazze?” “Di Brescia…”
“Noi siamo di Caserta… siamo alla ricerca di personale perché abbiamo aperto da poco… dicono che i ristoranti italiani vadano alla grande in Inghilterra! Spero vivamente che sarà così anche per noi… Comunque mi fa piacere assumere voi… Se non ci aiutiamo tra italiani”
“Ti ringrazio Antonio… In effetti ne abbiamo proprio bisogno di questo lavoro”, faccio io
“Anzi, ne approfitto della tua cortesia per chiederti un’altra cosa”, dice Stefania
“Dimmi tutto, se posso…”
“Staremmo cercando un posto dove stare…”
“Mmh”, ci pensa un attimo grattandosi la testa
“L’altra sera adesso che ci penso è venuto in tizio a cena e mi ha detto che affitta delle camere in un convitto… In pratica avreste una camera a testa e poi la cucina e il bagno in comune con altre ragazze”
“Va benissimo! Riusciresti a darci il numero di questo signore?”, chiedo soddisfatta. In dieci minuti abbiamo trovato un lavoro e un letto.
“Si, certo… me lo sono segnato sull’agenda, in caso servisse… aspettatemi qui, torno subito”
Antonio va verso il bancone e ritorna poco dopo con un foglio di carta.
“Si chiama Alex Stevenson… ditegli pure che vi manda Antonio. Non penso conosca molti Antonio a Londra!”
Prendo il biglietto e lo ringrazio ancora.
“Quando cominciamo con il lavoro?”, chiedo poi
“Dunque vediamo… oggi è Martedì, per cui io direi anche stasera! Che dite?”
“Va benissimo! Tempo di chiamare il signor Stevenson e di sistemarci e siamo qui!”
“Perfetto… Vi aspetto per le 18!”
Usciamo dal ristorante e ci avviamo verso la prima cabina telefonica. Qui però nasce il primo problema: non abbiamo spiccioli per telefonare!
“Ci penso io, Stefy… Chiedo a qualcuno…”
Mi hanno sempre detto che gli inglesi sono scorbutici e che, soprattutto se capiscono che sei straniero, non ti aiutano nemmeno sotto tortura. Credevo fossero tutte leggende metropolitane e invece è proprio così. Chiedo a una decina di persone, ma nessuno ha la decenza di prestarmi una fottuta sterlina per fare una telefonata. Mi siedo su un muretto sconsolata e cerco di pensare ad una soluzione, ma nulla. Ad un tratto alzo gli occhi e in lontananza vedo un ragazzo alto con una chioma di capelli ricci tutt’intorno al viso. Lo guardo meglio e all’improvviso il mio battito aumenta a dismisura. È Brian May! Mi alzo e vado verso di lui, mentre Stefania, che non ha capito nulla, mi guarda contrariata. Quando sono abbastanza vicina da potergli parlare senza urlare, lo chiamo…
“Scusa!”
Lui si volta e mi chiede se sto parlando con lui. Io annuisco.
“Si, ciao… Io sono Alessia, sono italiana e sono appena arrivata qui… Non ho ancora un lavoro e non ho spiccioli in sterline per fare una telefonata, non è che tu ce li avresti?”
“Per fare una telefonata in Italia non credo ti bastino pochi spiccioli!”, mi dice sorridendo
“No no, devo telefonare a un tizio che affitta le camere in un convitto”, lo tranquillizzo
“Ah ok, allora va bene… Comunque io sono Brian, piacere”, mi stringe la mano
“So chi sei… Mi piace moltissimo la vostra canzone Killer Queen”
“Davvero? Non sapevo avessimo dei fan anche in Italia!”, mi guarda compiaciuto
“Siete bravi…”
“Grazie, davvero… Comunque ecco gli spiccioli…Se ti va, visto che ti piace il rock ’n’ roll, ti lascio un biglietto per il concerto che faremo Sabato io e i ragazzi qui a Londra…”
“Ti ringrazio… sono qui con un’amica… ci siamo trasferite entrambe per motivi di studio”, mi volto e chiamo Stefania vicino a me
“Stefania, lui è Brian… è il chitarrista dei Queen, quel gruppo che ti dicevo, che mi piace moltissimo”
“Ah si, certo”, mi guarda storta lei, cercando in tutti i modi di nascondere il sorriso sotto i baffi
“È un piacere Stefania, io sono Brian!”, si stringono la mano
“Piacere mio Brian!”
“Quindi i biglietti per il concerto sono due…”, dice lui
“Che concerto?”, chiede Stefania
“Il nostro ovviamente! Il concerto dei Queen di Sabato a Hyde Park! Sabato quando arrivate lì chiedete di me ai poliziotti… li avviserò che ci sono due persone a cui consegnare dei biglietti!”, risponde lui con un filo di orgoglio
“Che bello!” Brian guarda l’orologio.
“Ragazze, scusatemi ma ora devo andare a provare con i ragazzi… a Novembre uscirà il nostro prossimo album e ci stiamo lavorando ogni giorno…”
“Non preoccuparti, grazie ancora per gli spiccioli! Ti devo una birra appena prendo paga!”
“Facciamo che la birra ve la offro io Sabato sera dopo il concerto insieme agli altri! Così ve li presento… Ciao bellezze!”, ci saluta mandandoci un bacio con la mano e se ne va. Io mi siedo un attimo per riprendermi da tutte queste emozioni. Appena vedo che non è più nei paraggi, mi alzo e mi metto a saltellare come una matta.
“Oddio Stefy! Ti rendi conto? Sabato conosceremo Freddie! E anche Roger e John!”
“… e Mary Austin…”, mi smorza subito lei
“Ma chissenefrega di Mary Austin! Conosceremo Freddie, capisci? Potremo iniziare ad attuare il nostro piano!”
Continuando a saltellare, mi dirigo verso la cabina del telefono.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Finalmente è arrivato il giorno tanto atteso: Sabato 24 Maggio 1975. La settimana è stata abbastanza impegnativa, tra lavoro e ricerca disperata di vestiti adatti all’occasione. Abbiamo girato la città in lungo e in largo, cercando qualcosa di carino che però non costasse troppo, dato che le nostre disponibilità economiche sono quello che sono. Siamo riuscite a convincere Antonio, almeno per la prima settimana, a pagarci di giorno in giorno, altrimenti avremmo dovuto continuare a vestirci “moderne” per troppo tempo (e vi assicuro che la gente ci guardava in modo strano). Alla fine io ho optato per un vestitino arancione con dei fiori bianchi e un paio di stivali bordeaux altri quasi fino al ginocchio, mentre Stefania indossa un vestito rosso e giallo a rombi con un paio di stivali gialli un po’ più corti dei miei. Adesso ci possiamo confondere in mezzo alla folla.
Alle 20.30 siamo a Hyde Park. Tutto è transennato, ma capiamo qual è l’entrata quando vediamo una fila abbastanza lunga di persone (vorrei dire chilometrica, ma si sa che i Queen a quei tempi non erano ancora così famosi). Saltiamo la fila con nonchalance e, tra le urla di disprezzo della gente accalcata fuori, io mi rivolgo ad una guardia: “Buonasera, non so con chi devo parlare, ma sarei un’amica di Brian, Brian May… mi ha detto che mi avrebbe riservato due biglietti per stasera… mi può aiutare?”
“Certo signorina… i vostri nomi?”
“Alessia e Stefania”
“Vado a chiamarvi il signor May”
Poco dopo in lontananza vedo chiaramente i riccioloni di Brian, che si avvicinano sempre di più.
“Buonasera dolcezze!”, la guardia di prima sposta le transenne per permetterci di entrare e ci dà due pass da appendere al collo.
Entriamo e andiamo ad abbracciare Brian.
“Ciao Brian, grazie mille per i biglietti”, dico tutta contenta
“E di che? Sono felice che siate qua”, sorride, ma noto con piacere che osserva estasiato Stefania
Si lanciano ancora qualche occhiata e poi lui si allontana per andare a prepararsi.
“Il concerto inizia tra poco più di 20 minuti! Andate a prendere posto! Ci vediamo dopo”, ci fa l’occhiolino e scompare dietro il tendone.
“Dai muoviamoci!”, mi esorta Stefania
“Si si, noi ci muoviamo… tu però dopo mi spieghi le occhiatacce con Brian!”
“A te Hitchcock fa un baffo, eh?”
Ridiamo. Direi che per essere negli anni 70 da 4 giorni abbiamo già ottenuto buonissimi risultati: un concerto dei Queen e uno dei membri “interessato” ad una di noi due.
Alle 21 in punto inizia il concerto. Le luci si abbassano progressivamente fino a diventare buio e un’ondata di fumo avvolge tutti quanti. Poco dopo le prime inconfondibili note di Keep Yourself Alive. Io e Stefania ci scateniamo. Ancora non ci credo di essere ad un concerto dei Queen. I ragazzi sono fantastici, soprattutto Freddie, che già si muove come una star. Cantano molte delle canzoni dei loro primi tre album e io rimango piacevolmente stupita dalla carica di adrenalina che sale quando chiudono il concerto con la mitica Killer Queen. Cantiamo a squarciagola, forse anche troppo per un gruppo che, in fin dei conti, ha un discreto successo soltanto in Inghilterra. Ma sinceramente poco mi importa. Per me sono una grande band e so che il tempo mi darà ragione. Quando la musica finisce Freddie si presenta e poi fa lo stesso con gli altri membri. Roger, con il suo fare da latin lover, manda un bacio a tutte le fan e si pavoneggia; Brian, notoriamente un po’ più riservato, saluta tutti con un sorriso a trentadue denti; infine John, timidissimo, fa un leggero inchino e niente di più. Poi escono di scena e la gente inizia ad alzarsi per andarsene.
“Noi che facciamo?”, mi chiede Stefania
“Boh, in teoria con questi pass possiamo anche andare nel backstage, o no?”
“Non lo so… proviamo!”
“In caso non ci facciano entrare possiamo aspettarli fuori… sicuramente Brian ci cercherà… anzi, ti cercherà”, le faccio l’occhiolino
Ridendo a crepapelle, ci dirigiamo verso il retro del palco. Nessuno si preoccupa di noi e non so se sia effettivamente perché abbiamo addosso il pass o perché semplicemente ai tempi non c’erano tutti questi controlli, soprattutto nel caso di band minori. Camminiamo fino ai camerini e in quell’istante da uno di essi esce Freddie Mercury. Io quasi svengo, tanto che non sento nemmeno ciò che mi dice. Sento solo il pizzicotto che mi fa Stefania e che mi fa ritornare alla realtà.
“Ehi, tutto bene?”, mi chiede Freddie preoccupato
“Si si, scusami ma ero soprappensiero”, rispondo impacciata
“Cercavate qualcuno?”
“Si, noi saremmo amiche di Brian… Siamo italiane e, dato che siamo due vostre fan, ci ha regalato i biglietti per stasera e ci ha chiesto di venire a bere una birra con voi dopo…”
“Ah ok, ora mi ricordo… Brian mi ha parlato di voi! Molto piacere, io sono Freddie”, stringe la mano a me e poi a Stefania, che ci presentiamo entrambe visibilmente emozionate. Sembra così… normale. Me lo immaginavo molto più sopra le righe. In quel momento arriva anche Brian, seguito da John e Roger. “Fred! Vedo che non perdi tempo… Hai già rotto le scatole a sufficienza a queste due fanciulle?”, chiede Brian sarcastico Io scoppio in una risata fragorosa, ma poi d’improvviso mi fermo e abbasso lo sguardo. Freddie mi ha lanciato un’occhiata piena di dolcezza, che mi ha fatto arrossire.
“Io non ho rotto le scatole proprio a nessuno, Bri!”, gli da un piccolo pugno sulla spalla e sorride
“Beh, comunque credo che dopo stasera ne avranno abbastanza di noi e della nostra musica… se non hai rotto tu, lo farà sicuramente Roger!”
“Sei uno stronzo, Bri! Pensa per te! Comunque ragazze io sono Roger, ma potete chiamarmi Rog”
“Io invece sono John”, dice una vocina flebile dietro di lui
Dopo tutte queste presentazioni cala uno strano silenzio, che viene rotto da Freddie. “Beh, adesso direi che è ora di andare a bere questa birra! Che dite?”
“Sono d’accordo Fred… Mary Austin viene con noi?”, chiede Roger
“Non che io sappia… non si era messa d’accordo con Christine (la ragazza di Brian) e Veronica (la moglie di John) per una sorta di pigiama party dopo il concerto?”
“Ah già, ora ricordo”, dice John
“Io non ne sapevo nulla… ma non mi stupisco… ultimamente io e Christine siamo due sconosciuti”, sospira Brian con un velo di sarcasmo
“Io non mi pronuncio”, finisce l’opera Freddie
“Io ragazzi non ho proprio un cazzo da dire! Ma siete così sicuri che avere la ragazza fissa sia meglio che averne una diversa ogni sera?”, li prende in giro Roger “Roger”, lo ammoniscono gli altri tre
“Sei imperdonabile… scusatelo ragazze! Solitamente è anche peggio di così… non gli hanno insegnato la galanteria!”, dichiara Brian sconsolato
Mezz’ora dopo siamo in una birreria. Io sono seduta tra Freddie e Roger, mentre Stefania è dall’altra parte del tavolo tra Brian e John. Ordiniamo sei birre e cominciamo a parlare del più e del meno.
“Allora ragazze! Diteci un po’… cosa studiate? Mi avete detto che siete qui per ragioni di studio, no?”, ci chiede Brian
“Io sono laureata in Ingegneria Meccanica (non credo che gestionale esistesse negli anni ’70) e sto frequentando un master di aggiornamento”, rispondo subito stupendomi della mia prontezza del raccontare bugie
“Io sono laureata in storia dell’arte e vorrei approfondire la storia dell’arte in Gran Bretagna… Non è un vero e proprio corso di studi… diciamo più un arricchimento personale”, risponde Stefania, anche lei molto convincente
“Bello! Che strano una ragazza che studia ingegneria… ti piaceranno le auto Alessia! Io le adoro…”, mi dice Roger. Io trattengo una risata, pensando che tra qualche mese uscirà l’album che li farà sfondare e che conterrà anche la famosa canzone di Roger I’m in love with my car.
“Si, mi piacciono molto…”, rispondo educata. Non sorrido troppo perché non vorrei far notare a Freddie di apprezzare le attenzioni di Roger. Lo sguardo dolce di prima mi ha fatto sperare di aver provocato interesse in lui e non vorrei che si tirasse indietro per il suo amico. Roger poi si volta verso Stefania e tutti sembrano concentrati su di lei. Tutti tranne Freddie, che, ora che nessuno lo calcola, non fa altro che osservarmi. Faccio un respiro profondo e poi cerco qualcosa da dirgli. “Canti molto bene, Fred… e poi mi piace come ti muovi sul palco… li hai tutti in pugno quando sei là sopra!”
“Io sono il migliore tesoro…”, risponde con il suo solito ego spropositato, ma poi aggiunge:”Ma ti ringrazio… mi fa bene sentirmelo dire”
I suoi occhi sono due pozze marroni così profonde che sembra che mi stiano attraversando tutta. Non riesco a sostenere il suo sguardo e infatti poco dopo lo abbasso verso la mia birra. La serata prosegue tranquilla, con qualche frecciatina di troppo da parte di Brian nei confronti di Stefania e con Freddie che continua ad osservarmi come se fossi un’aliena. Sono quasi le due quando ce ne andiamo e Freddie si offre per riaccompagnarci in convitto. Salutiamo gli altri e saliamo in auto con lui. Arrivati a destinazione Stefania, che ha già capito l’andazzo, scende veloce inventandosi di dover fare immediatamente pipì. Io e Freddie rimaniamo immobili. Lui continua a guardarmi, mentre io continuo a guardare i miei piedi. Non so cosa dire, né cosa fare. Sono emozionata perché sono accanto al mio mito, ma ho anche addosso il peso di quello che prima o poi dovrò dirgli su ciò che lo aspetta.
“Mi ha fatto molto piacere passare del tempo con te… io, insomma… se ti va potrei farti vedere la città nei prossimi giorni…”, mi dice impacciato
“E la tua ragazza non se la prende?”, chiedo preoccupata
“Non va molto bene tra noi ultimamente… Anzi, sono io che non so cosa ho… sono molto confuso”
“Confuso in che senso?”, glielo chiedo ma so perfettamente che si riferisce alla sua bisessualità
“Non lo so…”, sbuffa
“Comunque ne sarei felice… di scoprire la città con te…”, stavolta lo guardo e lo rassicuro con il mio sorriso
“Ok…”, si rilassa, “Allora ci sentiamo… Lasciami il numero del convitto, così quando non ho le prove con i ragazzi ti chiamo”
“Non ho niente su cui scrivere…”, gli rispondo io
“Aspetta”, fruga nel portaoggetti davanti a me e trova un pennarello, “scrivilo sul braccio”
Io prendo il pennarello e scrivo il numero. Per fortuna che ho una buona memoria e già me lo ricordo.
“Grazie Ale”, mi scruta ancora con i suoi occhioni
“Grazie a te, Fred… Buonanotte”
“Buonanotte a te”
Gli stampo un bacio sulla guancia e scendo dall’auto.

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Il giorno dopo mi sveglio alle 11 passate, ancora con gli occhi sognanti. Penserete che sono dall’innamoramento facile, ma in realtà sono già così persa per Freddie perché il mio sogno, che pensavo assolutamente irrealizzabile per ovvie ragioni, è sempre stato quello di incontrarlo e di farlo cadere ai miei piedi. Mi stiracchio un po’ e mi alzo dal letto, per dirigermi in camera di Stefania.
Toc-toc
“Ale sei tu?”
“No, sono Brian May”, scherzo io Mi apre la porta subito dopo.
“Ma lo sai che negli anni ’70 sei ancora più scema? Il viaggio nel tempo deve averti mandato in pappa il cervello!”
“Lo so io cosa mi ha mandato in pappa il cervello… anzi, chi!”, la guardo maliziosa
“Allora? Cosa è successo ieri quando siete rimasti soli in auto?”
“Oh, niente di che… mi ha baciata e poi abbiamo fatto sesso selvaggio per tre quarti d’ora!”
“Davvero? Oddio ma vi conoscete appena!”, mi dice incredula
“Ma tu abbocchi proprio a tutto! Ovvio che non è successo niente di tutto ciò!”
Mi da uno spintone e mi fa cadere a terra. Io non riesco a smettere di ridere. Mi sto sbellicando.
“Quindi? Cosa è successo in realtà? Nemmeno un bacino?”
Scuoto la testa e sorrido.
“Mi ha chiesto se mi andava di uscire qualche volta… per farmi vedere la città…”
“Beh ma questo è fantastico!”
“Si… Io gli ho chiesto della sua ragazza e lui mi ha detto che tra loro non va un granché bene… e anche che è molto confuso… credo si riferisse alla sua bisessualità”, abbasso lo sguardo dispiaciuta
“Ale non devi buttarti giù… è molto positivo che ti abbia chiesto di uscire insieme! In fin dei conti non è gay… è bisex! Hai le stesse probabilità di riuscita di qualsiasi uomo là fuori…”, cerca di consolarmi, ma io non sono molto convinta.
“Stefy, non prendiamoci in giro! Ho letto mille volte la sua storia… è stato etero per un bel po’ di anni, rinnegando l’altra parte di sé, e poi, quando ha deciso di dare ascolto alla sua attrazione verso gli uomini, ha cominciato a… perdonami la franchezza… scopare a destra e a manca! E si è pigliato l’AIDS! Non credo di avere esattamente le stesse opportunità degli uomini!”
“Non andiamo troppo avanti con i pensieri, Ale… Magari stando con te cambierà idea… In fondo sei un maschiaccio!”, mi prende in giro
“Ahahahah! In effetti hai ragione… però ho una paura folle di diventare la sua migliore amica… e niente di più… Non riuscirei ad ascoltarlo mentre mi racconta le sue storielle con la gente incontrata alle feste gay… Non sarei obiettiva nel dargli consigli e soprattutto ogni volta avrei paura che sia quella in cui contrarrà l’HIV…”
“Questo è un discorso a parte, Ale… io credo che, sia se lui ti dovesse considerare soltanto un’amica sia se ti vedesse come qualcosa di più, tu dovresti trovare il coraggio di dirgli ciò che lo aspetta… Magari non starà con te, ma resterete amici per sempre e soprattutto lui non morirà così presto… Ricordati che questa è la tua missione…”, mi fa una carezza sulla guancia e la abbraccio
Ha perfettamente ragione, ma non è per niente facile essere lucidi e sereni quando ci si innamora di una persona e questa non ricambia.

Nel pomeriggio decidiamo di fare un po’ di shopping. La terza Domenica del mese i negozi rimangono aperti e ne approfittiamo per comprare qualcosa di casual, da usare durante la settimana. Fortunatamente troviamo un negozio con prezzi stracciati. Io prendo due paia di jeans, di cui uno con i fiori ricamati dal ginocchio in giù e l’altro pulito con due tasche quadrate appena sotto la cintura, ovviamente entrambi rigorosamente a zampa. Sopra, invece, opto per tre magliette girocollo, di cui una rossa, una gialla e una arancione, e due camice, di cui una bianca e una azzurra. Anche Stefania prende due paia di jeans, anche se più scuri dei miei, e sopra abbina una canotta a righe rosse e bianche, una camicia bianca semitrasparente e 2 magliette girocollo, di cui una verde e una blu. A completare il nostro look, un paio di stivaletti neri a testa. Usciamo dal negozio felici e, dopo aver fatto un po’ di spesa per la settimana e aver gironzolato ancora un po’ per la città, rincasiamo.

Sono le 19 quando varchiamo il portone del convitto.
“Ciao Rachel”, salutiamo entrambe la signora che sta in portineria.
Vi chiederete quale sia l’utilità di un portiere in un convitto. Beh, molto semplice: serve per non far entrare i ragazzi.
“Ciao ragazze… Alessia! Prima è passato un ragazzo e ha lasciato questo per te…”
Mi porge un biglietto e io non riesco ad aspettare ad aprirlo…
Ciao bellissima… Sono passato di qua, ma purtroppo non c’eri… Mi chiedevo se stasera avessi voglia di fare due passi dopo cena… Chiamami. Freddie
P.s. il mio numero è 02 5744926, Mary non è in casa

Sollevo lo sguardo ebete verso Stefania e inizio a ballare, davanti agli occhi stupiti di Rachel. “
Grazie Rachel!”, mi avvicino e le do un bacio sulla guancia
“E di che? Io non ho fatto niente… certo che siete proprio strani voi italiani!”, borbotta lei, per poi ritornare a fare il suo cruciverba
Prendo Stefania per la manica e ci fiondiamo di sopra.
“Stasera esco con Freddie! Stasera esco con Freddie!”, continuo a canticchiare
“L’abbiamo capito Ale! Adesso calmati un attimo, altrimenti ti viene un infarto!”
“Ok, stiamo calmi…”, mi siedo sul mio letto cercando di autoconvincermi che sia tutto nella norma
“Respira profondo e cerchiamo di ragionare”
“Ok… Devo chiamarlo ora! Altrimenti non si tiene libero per me!”
“Infatti è proprio ciò che stavo per dirti… andiamo di là al telefono e lo chiami”
Poco dopo siamo di fronte al telefono. Compongo il numero molto lentamente per non sbagliare e poi attendo in linea. Dopo due squilli sento la sua voce inconfondibile all’altro capo della cornetta.
“Pronto”
“Ciao Freddie, sono Alessia…”
“Ciao dolcezza… non ci speravo più! Dove siete state tutto il giorno?”
“Siamo andate a fare un po’ di shopping… avevamo bisogno di qualcosa di casual…”
“Uh che bello! Io adoro lo shopping… la prossima volta andiamo insieme!”
“Mi sa che non posso permettermi i vestiti nei posti dove vai tu, Fred”
“Allora vorrà dire che te ne regalerò uno…”, mi dice dolcemente e io non so cosa rispondere
“Ehi, ci sei Ale?”, mi chiede dopo un po’ troppo tempo che sto in silenzio
“Si si, scusami…”
“Allora per che ora passo a prenderti?”
“Per le 21 può andare?”
“Va benissimo… Alle 21 in punto sarò lì… Non farmi aspettare troppo!”
“Ok… A dopo Fred…”
“A dopo tesoro”
Subito dopo corro a fare una doccia e dopo mezz’ora giro per la camera con la salvietta sulla testa a mo’ di turbante, ragionando su cosa indossare. Stefania ride. “Per fortuna che ti sei comprata soltanto due paia di jeans, tre magliette e due camice! Se avessi dovuto scegliere dall’armadio di casa tua, sarebbe stato un parto gemellare!”
“La fai facile tu… sono troppo agitata! E poi il bello è che quando sto con lui divento pure timida! Non si è mai vista Alessia Ferrari timida! Mai!”
“C’è sempre una prima volta, mia cara…”
“Si ma dai, proprio con Freddie! Con un altro mica mi sarei fatta tutti questi problemi”
Mi asciugo i capelli e alla fine opto per i jeans con le tasche quadrate davanti e la camicetta bianca.
“È troppo scollata secondo te?”, chiedo a Stefania indecisa
“Secondo me va bene… mica devi vestirti da suora! È il giusto vedo e non vedo…”
“Ok…”
Mi metto un filo di trucco, soltanto sugli occhi e scendo nell’atrio.
Sono le 20.50. Freddie arriverà a momenti. Dopo cinque minuti eccolo varcare il portone. Indossa un paio di pantaloni bianchi a zampa e una camicia con i tasconi stile militare beige. È meraviglioso.
“Buonasera bellissima…”, si avvicina e mi fa il baciamano Io arrossisco.
“Ciao Fred… Stai…”
“Un’incanto? Lo so tesoro… nessuno è meglio di me sulla piazza…”
Sorrido. In un altro avrei odiato tutta questa sicurezza, ma in lui ha qualcosa di magico. Sarà che il modo in cui parla di sé è pieno di ironia.
“Comunque anche tu stai benissimo…”, mi sussurra ad un orecchio
Arrossisco per la seconda volta nel giro di pochi minuti. Freddie mi prende a braccetto e usciamo.
In auto siamo entrambi silenziosi. Si sente soltanto l’autoradio che canta Honey Honey degli ABBA.
“Dove mi porti?”, chiedo ad un tratto
“A vedere le stelle…”, mi risponde lui prontamente
“C’è qualcosa di particolare stasera in cielo?”, chiedo ingenuamente
“Non che io sappia… Però il posto in cui ti sto portando è lontano dal centro e in una notte serena come questa si vedranno benissimo le stelle…”
Io resto in silenzio e sorrido abbassando lo sguardo. Poco dopo arriviamo in un parco giochi enorme. Freddie prende una coperta dal bagagliaio e viene ad aprirmi la portiera.
“Grazie”, gli dico mentre scendo dall’auto
Mi sorride, chiude la portiera e mi prende per mano. Quel contatto è sufficiente per farmi aumentare ulteriormente il battito cardiaco.
“Vieni con me…”, mi dice a bassa voce
Camminiamo fino all’altro lato del parco, dove ci sono dei muretti piuttosto larghi e Freddie stende la coperta.
“Perché non sull’erba?”, gli chiedo
“Perché sarà sicuramente bagnata… Non so se te ne sei accorta, ma a Londra piove sempre…”
“Ah già… non ci avevo pensato”, rispondo imbarazzata
Freddie si stende e mi invita con una mano a fare lo stesso. Siamo vicinissimi, entrambi a pancia in su, ma senza toccarci, né con la mano né con la testa. “Guarda che bello… avevi ragione… il cielo è stupendo stasera”, gli dico puntando il dito in direzione del cielo stellato
Lui resta in silenzio e fa un sospiro.
“Ho detto qualcosa che non va?”, gli chiedo dopo qualche minuto
“No, anzi… sto bene qui con te…”, così dicendo si gira su un fianco e avvolge il suo braccio intorno alla mia vita
Mi volto anche io, per permettergli di abbracciarmi e infatti subito mi stringe. Sento il suo respiro tra i miei capelli e il mio cuore in gola sembra quasi che voglia uscire da quanto batte. Rimaniamo così per un bel po’, senza dire niente. Poi è lui a sciogliere l’abbraccio. Torniamo a guardare le stelle e io allungo la mia mano verso la sua. La stringe appena, ma a sufficienza per emanare tutto il suo calore.
“Cantami qualcosa…”, gli chiedo ad un tratto
Lui sorride appena. Siamo al buio, ma percepisco il suo improvviso arrossire.
“Cosa vuoi che canti?”
“Quello che vuoi… anche una canzone del nuovo album se ti va…”
“Ok… però ci tengo a precisare che questa canzone l’ho scritta mesi fa…”
“Va bene…”, rispondo, capendo da questa frase qual è la canzone che sta per cantarmi…
“Love of my life, you’ve hurt me
You’ve broken my heart and now you leave me
Love of my life, can’t you see?
Bring it back, bring it back
Don’t take it away from me, because you don’t know
What it means to me”


Faccio uno sforzo immane per non cantarla e chiudo gli occhi, immaginando che sia dedicata a me. Infondo ci siamo soltanto io e lui qui. Anche se so che è stata scritta per Mary Austin, ora è tutta per me…

“Love of my life, don’t leave me
You’ve stolen my love, you now desert me
Love of my life, can’t you see?
Bring it back, bring it back
Don’t take it away from me, because you don’t know
What it means to me

Obrigado

You will remember
When this is blown over
Everything’s alla by the way
When I grow older
I will be there at your side to remind you
How I still love you I
still love you

Oh, hurry back, hurry back
Don’t take it away from me
Because you don’t know what it means to me
Love of my life
Love of my life
Ooh, eh (alright)”


Sto piangendo come una bambina, ma sentire la sua voce così vicina e così dolce mi ha provocato un’emozione troppo grande. Lui si accorge solo ora delle mie lacrime e mi abbraccia.
“Che c’è Ale?”, mi chiede preoccupato
“Niente… è che… è stupenda… davvero”, lo rassicuro io
Mi stringe forte e mi da un piccolo bacio sulla fronte.
“Si è fatto tardi ora… è meglio se andiamo…”, mi dice dolcemente Io annuisco e mi asciugo le lacrime.

Quando arrivo al convitto è mezzanotte passata. Stefania dorme già e io non riesco a credere a come sia andata la serata. Freddie è dolcissimo, ma mi sembra ovvio che sia bloccato. Pensando a lui, mi sdraio sul letto ancora vestita e così pochi minuti dopo mi addormento.

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Voce Narrante: Freddie

Drin-drin-drin-drin.
Il campanello mi fa svegliare di soprassalto. La sveglia segna le 10.05. Chi sarà a quest’ora? Non mi ricordo il tempo di dormire così tanto, ma meglio così. Accanto a me Mary non c’è. Ieri sera, quando sono tornato a casa, stava già dormendo e stamattina attaccava a lavorare alle 9. Scendo dal letto e mi trascino lentamente verso la porta. Guardo dallo spioncino e noto soltanto un’enorme chioma di capelli ricci e neri. È Brian.
“Ciao Bri… che ci fai qui? Mi sono dimenticato che avevamo le prove per caso?”, gli chiedo aprendogli la porta e invitandolo ad entrare
“Ciao Fred… No no, non ti sei dimenticato proprio niente… Sono venuto perché ho bisogno di parlare con qualcuno e, visto il solito mutismo di John e la poca sensibilità di Roger, penso che tu sia la persona migliore…”
“Certo Bri… Sai che puoi dirmi tutto… Infondo è questo che fanno i fratelli, giusto?”, lo rassicuro
Lui fa cenno di sì con la testa e mi sorride un po’ tirato.
“Vuoi un caffè? Scusami ma mi sono appena svegliato e non ho ancora fatto colazione…”
“Tranquillo Fred… fai pure… Io prenderò volentieri un tè…”
“Ok…”
Andiamo in cucina, e mentre preparo il caffè e il tè, lo esorto a parlare…
“Allora che c’è Bri? Raccontami cosa ti turba tanto…”
“Sai che tra me e Christine ultimamente le cose non vanno molto bene…”
“… come tra me e Mary, d’altronde…”, gli faccio notare io
“Appunto… ecco io… credo di essere attratto da un’altra persona e non so come comportarmi, né con lei né con Christine…”
“Bri, sono mesi che mi dici che ogni volta è buona per tradirla e adesso cominci a farti i problemi?”, gli chiedo stupito
“Si ma… le ragazze con cui sono stato finora non hanno significato niente… è stato solo sesso!”
“Vorresti dirmi che ti sei innamorato?”
“Innamorato non so… però vorrei provare a frequentarla…”
“E chi è la fortunata? La conosco?”
Brian abbassa gli occhi e poi li rialza subito dopo verso di me.
“Si…”
“E…?”, lo esorto a dirmi il nome
“È Stefania…”
Io rimango un secondo in silenzio e poi inizio a ridere a crepapelle.
“Che c’è di così divertente?”, mi chiede offeso
“No niente, Bri… il fatto è che anche io sono un po’ confuso ultimamente… e ieri sera sono uscito con Alessia”, gli rivelo
“Wow! Mi sa che queste italiane ci hanno proprio rubato il cuore!”
Io lo guardo contrariato e sospiro.
“Che c’è? Non è così?”, mi chiede Brian
“Beh, diciamo che, anche se nemmeno ls tua è una passeggiata di salute, la mia situazione è sicuramente più complicata…”, dico sconsolato
“Ne sei proprio sicuro?”, mi dice lui facendomi l’occhiolino
Faccio cenno di sì con il capo e mi rabbuio. Lui se ne accorge e mi si avvicina, mettendomi una mano sulla spalla.
“Fred, che succede? C’è qualcosa che non so?”
“Pare di si…”, dico in un fil di voce
“Dimmi Fred… Sono qui apposta”
“Qualche mese fa, dopo la solita birra in compagnia tua e degli altri, sono rimasto solo in birreria… un ragazzo mi si è avvicinato e mi ha chiesto se avessi voglia di bere qualcosa insieme a lui… io ho accettato e…”, le parole escono a fatica dalle mie labbra ma mi impongo di continuare…
“Abbiamo scopato…”
Abbasso lo sguardo, temendo che il mio amico non possa capire. Infondo non so bene nemmeno io se sono gay, etero o bisex. So solo che in quel momento volevo farlo e ho seguito il mio istinto. E fino a sabato scorso, quando ho conosciuto Alessia, pensavo fossero gli uomini la soluzione. Brian resta un attimo in silenzio e poi mi abbraccia. È un abbraccio che dura pochi secondi, ma è sufficiente per farmi capire che per lui va tutto bene.
“E Alessia in tutto questo che c’entra?”, mi chiede poi
“Alessia ha ribaltato i miei piani per la seconda volta… credevo di essere gay, anche se non avevo ancora trovato il coraggio di lasciare Mary… ma ora non so più nulla… Ieri ho portato Alessia al parco fuori città a guardare le stelle… Ti giuro, Bri… Non sono mai stato così bene con qualcuno in vita mia… Mi sentivo in paradiso…”
“Fred, secondo me innanzitutto dovresti lasciare Mary… perché mi sembra ovvio che per lei non provi più nulla… poi per il resto devi vedere tu cosa ti senti di fare… se stai bene con Alessia, forse è il caso di conoscerla un po’ meglio… però non fasciarti la testa prima del tempo… vi conoscete appena e non è detto che lei provi quello che provi tu”
“Hai ragione, Bri… ti ringrazio…”
“E di cosa? Ringrazio io te, che senza dire nulla mi hai fatto capire che anche io con Stefania dovrei provarci… Infondo mi sembra che le mie occhiate siano state ricambiate Sabato sera”
“E allora cosa aspetti? Siamo giovani, Bri… non siamo di certo obbligati a sposare la prima ragazza con cui abbiamo una storia seria!”
“Già… comunque mi sa che hai bruciato la guarnizione della moka, Fred!”, mi dice tappandosi il naso
“Oh cazzo!”
Corro verso il fornello e spengo il gas, ma ormai il danno è fatto. Queste ragazze ci stanno già scombussolando il cervello.

Nel pomeriggio io e i ragazzi ci troviamo per provare. La stanza in cui suoniamo si trova nel seminterrato di uno studio di registrazione. Non sarà la fine del mondo, ma il silenzio che c’è ci permette di creare con la giusta tranquillità. Oggi abbiamo arrangiato un brano per me stupendo scritto da John. Si intitola You’re My Best Friend e in questo momento non ci sono parole più azzeccate per descrivere la mia vita. Stamattina ho capito che Brian è un grande amico. Non che gli altri non lo siano, ma lui è stato il primo a cui me la sono sentita di raccontare della mia bisessualità e sono contento di averlo fatto. Mi sono tolto un peso e ho ricevuto un grande appoggio.

“Ooh, you make me live
Whatever this world can give me It’s you, you’re all I see
Ooh, you make me live now honey
Ooh, you make me live

Oh, you’re the best friend I ever had
I’ve been with you such a long time
You’re my sunshine and I want you to know
That my feelings are true
I really love you
Oh, you’re my best friend

Ooh, you make me live

Ooh, I’ve been wandering ‘round
But I still come back to you
In rain or shine
You’ve stood by me girl
I’m happy at home
You’re my best friend

Ooh, you make me live
Whenever this world is cruel to me
I got you to help me forgive
Ooh, you make me live now honey
Ooh, you make me live

You’re the first one
When things turn out bad
You know I’ll never be lonely
You’re my only one
And I love things I really love things that you do
Oh, you’re my best friend

Ooh, you make me live

I’m happy at home
You’re my best friend
Oh, you’re my best friend
Ooh, you make me live
You’re my best friend”


“Ragazzi è una bomba!”, grida Roger
“È stupenda… mi piace un sacco cantarla!”, gli dò ragione io
“Grande Deacky!”, dichiara Brian
“Deacky? E questo nomignolo da dove salta fuori?”, chiede John piuttosto contrariato
“Ma si! Deacky è perfetto! Io sono Bri, Freddie è Fred, Roger è Rog… tu non puoi essere semplicemente John!”
“A me piace…”, dico io
“A me raga fa impazzire! Finalmente anche il nostro John ha un nome figo!”, conclude Roger
“Avete fatto tutto da soli, ma mi adeguo…”, ride John. Ogni tanto lo fa anche lui.
Finiamo di suonare intorno alle 18 e, mentre John aiuta Roger a smontare la batteria (purtroppo condividiamo questa stanza con altre band e dobbiamo liberarla ogni volta), Brian si avvicina a me.
“Fred, hai da fare stasera?”
“Vediamo un po’… devo tornare a casa, sorbirmi i rimproveri di Mary per il fatto che ieri sono uscito per l’ennesima volta senza di lei, litigarci fino allo sfinimento e andare a dormire con i coglioni girati… probabilmente senza cena, dato che ultimamente non cucina nemmeno più per me… compra le fette di carne contate… Ho reso l’idea?”, chiedo sarcastico
“Credo proprio di si…”, ride Brian
“Perché me lo chiedi? Mi vuoi salvare da questa serata di merda?”
“In un certo senso… Pensavo di andare a mangiare un boccone fuori…”
“Magari in un ristorante italiano che si chiama Vesuvio?”, mangio la foglia io
“Vedo che io e te siamo in ottima sintonia in questi giorni, caro Fred!”, mi dice dandomi una pacca sulla spalla
“Io sono in sintonia con tutti voi, mie dolcezze!”, dichiaro ad alta voce
Poi scoppio a ridere, dato che Brian, senza farsi sentire dagli altri, mi dice:”Certo che il tuo lato gay quando viene fuori lo fa mettendo i manifesti!”
“Io le cose o le faccio bene o non le faccio, Bri!”, gli rispondo a bassa voce, dandogli una gomitata all’altezza dello stomaco
“Ragazzi, cosa state confabulando?”, ci raggiunge Roger
“Niente”, rispondiamo all’unisono, ridendo come due disperati
“Voi due non me la raccontate giusta… comunque, stasera mi è saltato un incontro ravvicinato del terzo tipo con una pollastra di nome Jane… che ne dite se usciamo a bere qualcosa? Lo chiederei a John, ma stasera ha il cinema con la sua dolce metà…”
“Noi usciamo a cena!”, dico io
“Cioè, non ho capito… voi uscite a cena e non ci invitate! Vi siete fidanzati e vi inculate a vicenda e non ci avete detto niente o avete un intrallazzo con due tipe?” “Ma quanto sei cretino, Rog! Ovvio che è la seconda!”, risponde Brian, mentre non riesco a fare a meno di ridere
“Prima che Fred collassi, mi volete dire chi sono queste ragazze con cui uscite? Ma che poi cosa avete intenzione di combinare se fate un’uscita a quattro?”
“Non hai capito un cazzo come sempre tu!”, gli faccio io, che finalmente sono riuscito a placare le mie risate.
Poi continuo…
“Io e Bri andiamo a cena al ristorante Vesuvio, quello dove lavorano Alessia e Stefania…”
“Ah, le ragazze italiane!”
“Proprio quelle…”, annuisco io
“Ma ci state provando con loro?”
“Adesso vuoi sapere troppo, Rog… Comunque stasera se vuoi unirti non c’è nessun problema! Tanto loro lavorano… Ci andiamo solo per salutarle e per mangiare del buon cibo italiano…”, gli dice Brian
“Ok… Comunque vi facevo molto più monogami… fate tanto i santarellini ma sotto sotto siete peggio di me!”
“Peggio di te è impossibile, Rog!”, urla John dall’altra parte della stanza
“Simpatici… molto simpatici”, risponde lui guardandoci male
Io e Brian alziamo le mani in segno di resa e usciamo tutti e quattro dallo studio.

Alle 20 siamo fuori dal ristorante. Brian mi precede all’ingresso e una volta dentro con lo sguardo cerchiamo entrambi Alessia e Stefania. Roger, invece, entra per ultimo e già se la ride. Ad un tratto vedo Alessia avvicinarsi a noi.
“Ciao ragazzi… che ci fate qui?”, ci chiede stupita, ma con un sorriso meraviglioso stampato sul viso
“Vorremmo cenare…”, rispondo io timidamente (posso essere davvero timido?)
“In realtà loro due sono qui per salutare te e Stefania, anche se non lo ammetteranno mai…”, ci prende in giro Roger
“Capisco…”, risponde Alessia rossa in viso
“Prego… vi accompagno al tavolo…”, continua poi
Noi la seguiamo fino ad un tavolo situato in fondo al salone. I ragazzi si guardano attorno, uno alla ricerca di Stefania e l’altro di qualsiasi essere umano di sesso femminile che respiri autonomamente. Io, invece, ho occhi solo per Alessia.
“Ecco qua… vi lascio i menù e torno tra dieci minuti… buona serata ragazzi!”, fa per andarsene, ma io la trattengo per un braccio
“Sei stupenda”, le sussurro in un orecchio. Lei per tutta risposta arrossisce ancora, mi stampa un bacio sulla guancia e se ne va. Ok, sono definitivamente partito per la tangente.
Dopo dieci minuti, Alessia torna accompagnata da Stefania.
“Ciao ragazzi”, ci saluta quest’ultima
“Ciao dolcezza…”, risponde dolcemente Brian
“Ciao!”, diciamo insieme io e Roger
“Avete deciso cosa prendere dal menù?”, chiede poi Alessia
“Si… io prendo le lasagne… non le ho mai mangiate, ma mi dicono siano buonissime!”, risponde Roger
“Ottima scelta!”, esclama lei
“Io prendo la pasta al pesto…”, dice Brian
“Io invece la pasta cacio e pepe…”, chiudo io
“Perfetto! Passo subito l’ordinazione in cucina…”
La serata scorre liscia. Il cibo è molto buono e il vino italiano che abbiamo scelto, un Amarone della Valpolicella, è squisito. Non me ne intendo di vino, ma è veramente il top. Anche se mi rendo conto che, avendo 15,5 gradi, è facile ubriacarsi. Quando finiamo di mangiare, Stefania viene al nostro tavolo per portare via i piatti e, quando arriva al suo, Brian le fa una carezza sulla mano. Diventa rossa e timidamente ci chiede:”Volete il dessert?”
“Io sono apposto”, dichiara Roger
“Anche io…”, diciamo all’unisono io e Brian
“Ok…”, fa per andarsene, ma Brian la richiama…
“Stefy… Dopo facciamo due passi?”
“Va bene…”
“Dì alla tua amica che anche io vorrei fare due parole con lei…”, le dico io dolcemente
“Ok…”
Se ne va e noi, dopo aver pagato, usciamo a fumare una sigaretta. Roger torna a casa, sapendo di essere di troppo, e noi dopo venti minuti veniamo raggiunti da Alessia e Stefania. Mi avvicino ad Alessia e la abbraccio.
“Buonasera bellissima… che bello poterti abbracciare finalmente”, le dico a bassa voce
“Ciao Fred…”, mi da un bacio sulla guancia e ricambia l’abbraccio
Neanche il tempo di accorgercene, che Brian e Stefania sono già andati via a braccetto.
“Quei due non me la raccontano giusta…”, mi dice Alessia sorridendo
“Nemmeno noi la raccontiamo giusta…”, le rispondo facendole una carezza sulla guancia
“Che facciamo?”, mi chiede lei un po’ impacciata
“Se ti va ti accompagno a piedi fino al convitto… non è lontano, giusto?”
“No no… sarà un quarto d’ora a piedi…”
“Ok, allora andiamo…”
“Com’è andata oggi? Avete provato?”, mi chiede, mentre ci incamminiamo
“Yess… Abbiamo provato una canzone che si intitola You’re My Best Friend… L’ha scritta John…”
“Sembra bella!”
“Lo è… ma mai quanto te quando arrossisci…”
E così arrossisce di nuovo. È meravigliosa. Non ho mai pensato così intensamente ad una ragazza. Ad un tratto la prendo per mano e continuiamo a camminare così, mano nella mano, senza dire nulla. Dopo venti minuti siamo al convitto. Ma io non vorrei mai lasciarla andare.
“Ci sediamo sulla panchina qua fuori?”, le chiedo
“Ok…”
Quando arriviamo alla panchina, mi siedo per primo e la prendo in braccio. Lei mi guarda negli occhi ancora rossa in viso e io non so cosa fare. Mi abbraccia. Quanto amo i suoi abbracci…
“Cosa mi hai fatto tu?”, le chiedo ad un tratto, quasi come se queste parole siano state nei miei pensieri e siano venute fuori dalla mia bocca per caso.
“Dovrei chiedermi la stessa cosa, Fred…”
Poi è un attimo. Prendo il suo viso tra le mani e avvicino il mio lentamente. Lei sospira e si avvicina a sua volta. Le nostre labbra si toccano e ci baciamo nel modo più dolce possibile. La stringo forte e rimaniamo abbracciati in silenzio.
“Ragazzi! Siete arrivati prima di noi!”, è Brian insieme a Stefania
Noi sciogliamo a malavoglia l’abbraccio e ci alziamo.
“Eh si…”, faccio io
“Io andrei…”, mi dice Alessia un po’ in imbarazzo davanti a Brian
“Si, anche io…”, la segue Stefania a ruota
“Ciao ragazze…”, gli diciamo entrambi
Poi io, rivolto ad Alessia, aggiungo:”Ci sentiamo domani bellissima… dolce notte”
“Notte Fred”

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Voce narrante: Freddie

Sono passati dieci giorni da quella sera e io e Alessia non ci siamo più visti né sentiti. Lei non mi ha telefonato, ma è comprensibile, dato che le ho dato il numero di casa mia e di Mary. Io, invece, ho deciso di prendermi qualche giorno per pensare a questo turbinio di emozioni che mi assale… E anche per trovare un modo per chiudere definitivamente la mia storia con Mary. Brian ha ragione: non ha senso continuare se nella mia testa e nel mio cuore c’è qualcun altro. Ma, nonostante io abbia la certezza di non amarla più, per me Mary Austin rimane una persona importante. Infondo sei anni insieme non sono quel che si potrebbe definire un periodo breve. Fa parte della mia quotidianità e vorrei cercare di mantenere un’amicizia con lei.
Mentre penso a tutto ciò, non mi accorgo di Roger, che mi sta chiamando dall’altra parte dello studio.
“Fred! Ci sei?”, mi chiede urlando
“Si si, scusatemi… dove eravamo rimasti?”, chiedo ritornando alla realtà
“Siamo rimasti che tu dovresti parlare con Mary Austin una volta per tutte, Fred!”, risponde Brian scocciato
Gli ho raccontato del bacio tra me e Alessia e, anche considerando ciò che mi aveva già detto prima sulla questione, capisco che, nonostante il tono duro, sta cercando di spingermi a parlare con Mary solo ed esclusivamente per il mio bene.
“Si… Hai ragione, Bri… Scusate ragazzi… Continuiamo a provare…”
Oggi proviamo ancora You’re My Best Friend e rivediamo i cori di Bohemian Rhapsody. Quest’ultima secondo me è la canzone più bella che abbiamo scritto finora e speriamo di poterla far uscire come primo singolo, anche se sarà difficile, dato che dura ben 5 minuti e 54 secondi.
Due ore dopo arrivo a casa. Stasera per la prima volta dopo un bel po’ di giorni io e Mary ci incrociamo in cucina.
“Che ci fai qui a quest’ora? Non esci stasera?”, mi chiede seccata, appoggiandosi con la schiena allo stipite della porta della cucina
“No… Senti Mary… Forse è il caso che parliamo io e te…”, le dico cercando di essere il più calmo possibile
“E cosa dovremmo dirci, Freddie? È quasi un mese che esci praticamente ogni sera! Pensi che io sia stupida e che mi beva la scusa delle prove?”
“A parte che proviamo moltissime ore al giorno…”
“Eh certo… Sono arrivati i nuovi Rolling Stones!”, mi interrompe lei bruscamente
Questa frase mi ferisce. Le è sempre piaciuta la nostra musica e ha sempre rispettato sia noi che le nostre canzoni.
“Questo non dovevi dirlo…”, dico io con disprezzo e tristezza
“Oh, poverino… Prima si scopa la gente a destra e a manca, riempiendomi di corna, e poi si scandalizza perché distruggo i suoi sogni di gloria con una battuta!” “Sei crudele, Mary… E poi, mi dispiace dirtelo, ma non ho scopato a destra e a manca… Sono molto confuso ultimamente e, se proprio vuoi saperlo, l’unica volta che ti ho tradita sono stato con un uomo…”, le dico come se fosse la cosa più normale del mondo
Lei ad un tratto fa un’espressione strana. Sembra quasi sollevata e va a sedersi su una sedia in cucina. Io la seguo.
“Oh Fred…”, dice con la testa fra le mani
“Mi dispiace… non so cosa mi succede… non sono gay, ma non sono nemmeno etero… ma il punto non è questo… il punto è che, anche se ti voglio un mondo di bene, non ti amo più, Mary…”
Lei scuote la testa e si volta verso di me.
“Non ti devi scusare, Fred… Io ho capito la tua lotta interiore fin dal primo giorno che ti ho conosciuto… Solo che pensavo che alla fine avessi scelto me…” Rimango in silenzio. È incredibile. Io non me ne sono mai reso conto, ma lei già sapeva che ero bisessuale.
“Comunque non sono arrabbiata con te… Sono solo… dispiaciuta…”, dice iniziando a piangere Io le vado vicino e la abbraccio. In questo momento mi sento uno stronzo per non averle raccontato di Alessia, ma credo che, anche se lei non fosse entrata nella mia vita, al di là di tutto avrei dovuto farle questo discorso sulla mia sessualità e soprattutto l’avrei lasciata né più né meno.
“Ti voglio bene, Mary…”
“Anche io, Fred… mi dispiace di averti trattato male in questi giorni… pensavo…”
Io la zittisco mettendole un dito sulle labbra.
“Sssh… tranquilla… va bene così…”
Restiamo abbracciati ancora un po’, lei seduta sulla sedia e io in ginocchio davanti a lei. Poi, quando mi rendo conto che si è calmata, mi alzo.
“Fred, se per te non è un problema, vorrei rimanere sola stasera… E nei primi tempi preferirei non vederti né sentirti…”
“Va bene… Vado a dormire da Brian o da Roger… Poi nei prossimi giorni mi cercherò un appartamento…”
“Sei sicuro che non sia un problema?”, mi chiede lei con la voce ancora rotta dal pianto
“No, tranquilla…”
Le do un bacio sulla guancia, prendo dei vestiti di ricambio e me ne vado.

Una volta fuori dal portone del condominio, mi accendo una sigaretta e inizio a camminare senza meta. È ora di cena e per le strade di Londra non c’è nessuno. Soltanto qualche cane randagio in cerca di cibo e le luminarie accese. In lontananza vedo una delle tante cabine telefoniche rosse, che ci invidiano in tutto il mondo, e decido di chiamarla…
“Pronto, qui è il Convitto Liberty…”
“Si, buonasera… ascolti io dovrei parlare con la signorina Ferrari…”
“Lei è quello del bigliettino?”, mi fa la donna all’altro capo della cornetta
“Si…”, le rispondo io
“Gliela passo…”
“Grazie mille… buona serata”
“A lei…”
“Si pronto”, finalmente sento la sua voce
“Ciao Ale…”
“Ciao Freddie…”
“Come stai?”
“Io bene… tu piuttosto… che fine hai fatto?”
“Avevo… avevo bisogno di mettere a posto un po’ di cose…”
“Ok…”
La sento lontana. Dev’essere arrabbiata perché non mi sono più fatto sentire.
“Io e Mary Austin ci siamo lasciati…”
“Mi dispiace”, mi risponde fredda Io non so cos’altro dire.
“Scusami Freddie… Ma ora devo andare… Ci sentiamo…”
“No aspetta!”
“Che c’è?”, mi chiede scocciata
“Ho avuto bisogno di stare solo e mi scuso per non averti più chiamata… Ma… ci tengo a dirti che per me non sei una qualunque… Non possiamo vederci uno dei prossimi giorni?”
Lei aspetta un po’ e poi sospira.
“Va bene… Fatti sentire tu…”
Riattacca senza nemmeno salutarmi e io rimango immobile ad ascoltare il tu-tu-tu del telefono. In quel momento inizia anche a piovere. Ormai sono lontano da casa e decido di chiamare un taxi. Andrò a recuperare l’auto domattina.
“Non ti sei fatto vedere né sentire per dieci giorni e cosa ti aspetti? Che sia lì pronta ad accoglierti a braccia aperte?”, mi dice Roger sarcastico
Prima di venire qui sono passato da Brian, ma lui e Christine stavano litigando. Perciò ho girato i tacchi e me ne sono andato. Fa tanto la paternale a me, ma poi anche lui è in serie difficoltà a lasciarla. È anche vero che tra lui e Stefania non è ancora successo nulla, ma il discorso, secondo il quale se non stai bene con qualcuno dovresti lasciarlo, vale tanto per me quanto per lui.
“Rog, lo so che ho sbagliato… Però sai quanto ero confuso!”
“Io oserei dire quanto SEI confuso…”, mi corregge lui
“Hai ragione…”, annuisco io
Qualche giorno dopo la sera del ristorante ho raccontato anche a lui delle mie scoperte sul mio orientamento sessuale e, fortunatamente, anche per lui va tutto bene.
“Secondo me dovresti vivertela più tranquillamente… Capisco che essere stato a letto con un uomo e in generale essere attratto dagli uomini ti faccia pensare che con Alessia tu non possa essere veramente felice… Però quando sei con lei non mi sembra che tu ti faccia grandi domande esistenziali… Forse semplicemente la persona della tua vita è una donna ed è lei…”
“Rog, hai la febbre?”, metto la mia mano sulla sua fronte e fingo che scotti
“Quando fai troppo il serio mi preoccupi…”
Scoppiamo a ridere entrambi.
“Ok, allora smetto subito! Che mi dici di Brian e Stefania? Sarà già arrivato fino alle mutande il nostro ricciolone?”
“Ma quanto sei scemo? Ora ti riconosco! Comunque non si sono nemmeno baciati che io sappia… vanno a rilento quei due…”
“Mi sa che dovremo cercare di svegliarlo nei prossimi giorni!”
“Concordo…”
Drin-drin.
“Aspetti qualcuno? O meglio, qualcuna?”, gli chiedo io, mentre lui va ad aprire
“Buonasera mister May… qual buon vento?”
Brian entra in casa senza troppi convenevoli e si siede sul divano.
“Ragazzi, io non la sopporto più!”, dice sconsolato stendendosi sul divano
“No ma fai pure, Bri… Fai come se fossi in casa tua!”, lo prende in giro Roger
“Rog, non mi rompere i coglioni, ok?”
“Ok…”
“Quindi l’hai lasciata?”, gli chiedo io
“No…”
Io alzo gli occhi al cielo.
“Cristo Bri! Ma quanto ci vuole? Io con Mary il coraggio l’ho trovato… e io e lei non litigavamo come voi due…”
“Ci hai sentiti?”, mi chiede stupito
“Si… sono passato da te prima di venire qua… Ma poi ho pensato che non sarebbe stato molto divertente essere il bersaglio di un piatto o di qualche soprammobile!”
“Ma quindi tu sei qui perché hai lasciato Mary?”
“Yess… E non sai quanto mi senta sollevato!”
“Oooh!!”, dice contrariato Roger
“A parte che Alessia è incazzata nera con te, tutto una favola… vero Fred?”, scherza poi
“Beh, però una parte della missione è completata!”, gli faccio notare io
“Si, però per te è più facile… sai benissimo che, a parte il nostro caro vecchio Rog, qui siamo tutti incapaci di stare soli… E per te, che con Alessia già qualcosa hai combinato, è molto più facile…Almeno sai che prima o poi cadrà ai tuoi piedi!”, si intromette Brian
“Bri, dove sono finite tutte le belle parole di settimana scorsa? Anche tu dovresti lasciarla, con o senza Stefania di mezzo!”
“Giusto, Fred! Ma poi, che cazzo di problemi vi fate? Sono sicuro che il disco sfonderà e tutte le pollastre ci vorranno nei loro letti! Non resterete soli ancora per molto!”
“Rog!”, lo ammoniamo entrambi
“Che ho detto?”, chiede lui facendo lo gnorri
Scuotiamo la testa e lo invitiamo a preparare qualcosa per cena. Anche se è difficile avere appetito pensando ad Alessia arrabbiata con me.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Voce narrante: Alessia

Toc-toc
“Avanti”, dico sistemandomi meglio sotto le coperte
“Ale, alzati! Sono le 11!”, mi rimprovera Stefania
“Non ne ho la minima intenzione…”, brontolo con la testa sotto il cuscino
“Dai, Ale! Non fare la bambina dell’asilo! Prima o poi dovrai affrontarlo! Ha portato anche dei fiori poco fa…”
Io rimango immobile, con gli occhi chiusi e la testa ben piantata sotto il cuscino.
“Non vuoi nemmeno vederli?”
“No! Non voglio più sentir parlare di Freddie, ok? Chi si crede di essere? Non si fa sentire per dieci giorni e poi pretende di comprarmi con un mazzo di fiori?”
“Se ti degnassi di guardarli, innanzitutto ti accorgeresti che non si tratta esattamente di un semplice mazzo di fiori… e comunque ricordati che la tua missione, fino a prova contraria, è quella di salvarlo dal suo destino… e di certo stando a letto fingendoti malata non puoi portarla a termine!”
“Nessuno mi obbliga, Stefania!”
“Non dire cose di cui poi ti penti, Ale! So benissimo che gli vuoi bene e non pensi davvero ciò che hai appena detto…”
“Ma possibile che devi sempre farmi da coscienza? Chi sei? Il grillo parlante?”, le dico alzandomi bruscamente dal letto
Stefania non risponde e si gode lo spettacolo che ha di fronte. Sono incapace di pensare o dire qualsiasi frase di senso compiuto, mentre guardo imbambolata l’enorme mazzo di rose rosse che Freddie mi ha mandato.
“Qu… quante sono?”, chiedo ad un tratto
“Un centinaio credo… ho dovuto chiedere a Rachel di aiutarmi a portarle su… pesano, sai?”, mi risponde sorridendo Io mi avvicino e le annuso.
Hanno un profumo buonissimo. Poi stacco la lettera attaccata alla carta e inizio a leggere…

Ciao Ale. Dato che, dopo la telefonata di Giovedì, ti sei fatta negare sia al telefono che al citofono, ho deciso di mandarti queste rose e di scriverti qualcosa di più di un semplice biglietto. Ti ho già detto che mi dispiace tantissimo per come mi sono comportato, ma avevo bisogno di stare solo per capire cosa fare con Mary Austin e soprattutto con te. Mi fai stare bene come nessun’altra e come nessun altro. Già, ho scritto proprio “nessun altro”. Perché, vedi, da qualche tempo ho scoperto di essere bisessuale e anche per questo avevo bisogno di comprendere se davvero uscendo con te stessi facendo la cosa giusta. So che forse sto correndo un po’; infondo tra noi c’è stato solamente un bacio… Ma volevo essere sicuro di non illuderti inutilmente e ho bisogno che tu sappia che questi giorni di “analisi di coscienza” hanno avuto esito positivo. Perciò, se ti va, mi piacerebbe che continuassimo a frequentarci.
Un abbraccio dei nostri e un bacio a fior di labbra.
Freddie


Alzo gli occhi commossa e abbraccio Stefania.
“Allora che fai? Ci esci?”, mi chiede poi dolcemente
“Mi sa di si…”, rispondo asciugandomi le lacrime
“Ma come lo avviso? Oggi è sabato… non provano di solito il sabato e presumo che a casa sua e di Mary non sia il caso di chiamare!”, mi chiedo sconsolata “Ecco Ale… non so come dirlo… ma Freddie è di sotto ad aspettarti da quando ha portato le rose… cioè da circa tre ore…”
“Davvero?”, chiedo io stupita
“Già… forse è il caso che ti dai una sciacquata alla faccia e ti vesti…”, mi sorride Io non me lo faccio dire due volte.
Venti minuti dopo sono nell’atrio. Freddie è seduto su una sedia e sta leggendo attentamente un quotidiano. Mi avvicino piano, cercando di non farmi sentire. Quando sono abbastanza vicina mi metto in ginocchio davanti a lui, buttando a terra il giornale. Ci ritroviamo occhi negli occhi dopo quasi due settimane e solo ora mi accorgo di quanto mi sia mancato. Avvolge le sue braccia intorno alla mia vita e mi stringe.
“Grazie Ale… Non sai quanto stessi male al pensiero che tu fossi arrabbiata con me…”, mi sussurra ad un orecchio
“Adesso sono qui, Fred… non pensarci…”, lo rassicuro
Rimaniamo abbracciati per un attimo che sembra interminabile e quando ci stacchiamo sembra che qualcuno mi abbia strappato di dosso una parte di me.
“Che si fa oggi, Fred? Mi porti da qualche parte?”, gli chiedo poi
“Oggi facciamo quello che vuoi tu, Ale… basta che stiamo insieme…”
“Ok…”, gli sorrido dolcemente
“Hai già un’idea tesoro?”
“Mi piacerebbe fare un picnic… al parco in cui mi hai portato la prima sera…”
“E picnic sia!”, risponde lui raggiante Io gli sorrido di rimando e ce ne andiamo entrambi felici.

Alle 12.30 circa arriviamo al parco. Abbiamo preso tutto l’occorrente per preparare dei sandwich e anche una crostata alla marmellata e una bottiglia di vino rosso. Una volta scesi dall’auto, Freddie mi prende sottobraccio e ci incamminiamo verso lo stesso muretto di quella sera. Lo osservo mentre stende la coperta e mi perdo a guardarlo. Lui se ne accorge e abbassa lo sguardo.
“Non ti facevo molto timido?”, gli dico allora
“Nemmeno io… è colpa tua…”, mi accusa dolcemente
Mi avvicino e lo abbraccio. E così lui si lascia cadere lentamente all’indietro trascinandomi sopra di lui. Mi passa la mano tra i capelli e io sento il respiro farsi più pesante. Stavolta sono io ad avvicinare il mio viso al suo. Ci baciamo lentamente, assaporando a poco a poco l’uno le labbra dell’altra. Sono così felice con lui. Gli sorrido e lascio che mi dia piccoli baci lungo il collo. Mi sta facendo morire.
“Hai fame, Fred?”, gli chiedo ironica
“Si… di te soprattutto…”, mi risponde baciandomi ancora sulle labbra
Mentre tutto intorno a noi sembra perfetto, io capisco che è arrivato il momento di parlargli; di dirgli la verità su di me e soprattutto su di lui.
“Fred…”, lo interrompo mentre mi bacia
“Che c’è? Qualcosa non va?”, mi chiede contrariato
“No no… è che dovrei dirti una cosa… tu sei stato sincero con me nella lettera che mi hai mandato e io vorrei fare lo stesso con te…”
“Dimmi…”, mi risponde un po’ preoccupato I
o sciolgo il nostro abbraccio e mi siedo a gambe incrociate accanto a lui.
“Ecco… non so da dove cominciare…”
“Coraggio! Sono tutt’orecchi!”, mi esorta sedendosi di fronte a me e prendendomi la mano
“Io e Stefania non siamo qui per studio… In realtà… So che può sembrare assurdo, ma veniamo dal futuro… dal 2019 per l’esattezza…”, abbasso gli occhi in attesa di un suo segnale, che però non arriva. Così continuo il mio racconto…
“Stefania lavora in biblioteca e un giorno mi ha chiesto di raggiungerla perché aveva trovato uno strano oggetto in archivio… per farla breve, abbiamo scoperto che era una macchina del tempo e così abbiamo iniziato a chiederci dove avremmo potuto viaggiare e chi avremmo voluto incontrare nel passato… E io ho scelto te…”
“Me? E… come facevi a conoscermi?”, mi chiede confuso
“Vedi, Fred… I Queen dal prossimo album in poi sfonderanno e diventeranno uno dei gruppi più famosi della storia… Mia madre, quando ero piccola, aveva un cd, che sarebbe il vinile del futuro, con tutti i vostri successi e io mi sono innamorata della tua voce e della vostra splendida musica… Tant’è che, crescendo, ho voluto approfondire la mia conoscenza su di voi e sul motivo per il quale…”, non riesco a continuare e mi rabbuio
“Per il quale…?”
“Per il quale il grande Freddie Mercury è morto a soli 45 anni, lasciando un vuoto nei suoi compagni e nei suoi innumerevoli fan nel mondo…”, dico tutto d’un fiato Lo guardo per qualche secondo negli occhi e poi inizio a piangere a dirotto.
“Scusami Freddie… Avrei dovuto dirtelo prima, ma non ero sicura che mi avresti creduto…”
“C’è solo una cosa che non capisco…”, mi dice quasi seccato
“Cosa, Fred?”
“Perché mi hai voluto conoscere, se tanto sai che morirò e probabilmente ci starai peggio di prima?”
“Perché… perché io posso impedirti di morire… il motivo per cui sei morto ha un nome ben preciso… AIDS…”
“AIDS? E cos’è?”
“é una malattia sessualmente trasmissibile, per la quale purtroppo negli anni 80-90 sono morte milioni di persone…”
“E io come l’ho presa?”, mi chiede impaurito
“Da un rapporto sessuale non protetto… con uno dei tanti uomini con cui sei stato nel periodo 77-78, durante il vostro tour negli USA… Da quanto so, dopo aver lasciato Mary, ti sei dato alla pazza gioia e, non sapendo nulla dell’AIDS, hai contratto il virus che qualche anno dopo si è tramutato in AIDS…”
“Non capisco, scusa… io ho preso l’AIDS o un virus?”
“Sessualmente, oltre che tramite trasfusioni o a contatto con sangue infetto, si trasmette il virus dell’HIV… Possono passare anche diversi anni prima che questo si tramuti in AIDS, come può succedere che la malattia non insorga nemmeno… ma se tu hai il virus, sei sempre a rischio e soprattutto puoi contagiare gli altri… e tu Freddie ti sei ammalato dopo non molti anni… e sei morto nel 1991… il 24 Novembre 1991”
Lui fa un sospiro e scende dal muretto.
“Dove vai?”, gli chiedo
“Ho bisogno di stare un po’ solo… ti riaccompagno in convitto…”, mi dice serio
“Ok…”
Io mi alzo e mi avvicino per abbracciarlo. Lui però si scosta.
“Scusami, Ale… non so se voglio davvero credere a questa storia… anche se devo dire che sei stata molto convincente… perdona la mia franchezza”
Il suo tono è freddo e perentorio.
“Tranquillo, Freddie… Ti capisco… Anche io non ci avrei creduto… Sappi però che io sono qui per qualsiasi cosa… e soprattutto sappi che ti voglio bene e ciò che è successo tra noi non era stato previsto… è successo e basta”
Lui annuisce e, dopo aver messo via tutto il ben di Dio che ci siamo portati (di cui non abbiamo mangiato nulla), andiamo verso la macchina.
Il viaggio scorre in silenzio e quando arriviamo al convitto lui a fatica riesce a voltarsi verso di me. È visibilmente agitato.
“Ciao Ale… mi faccio sentire io, ok?”
“Ok… Ciao Fred…”, scendo dall’auto, ma poi ci ripenso e riapro la portiera…
“Fred, puoi promettermi una cosa?”
“Cosa?”, mi chiede sbuffando
“Qualsiasi cosa accadrà, non avere mai rapporti non protetti con persone che non conosci… se noi non ci metteremo insieme, la gente se ne farà una ragione… ma il mondo non può permettersi di perdere un grande artista e un grande uomo come te… Abbiamo tutti bisogno di Freddie Mercury…”, lo dico mentre una lacrima mi riga il volto Freddie mi osserva scosso.
“Te lo prometto…”
Subito dopo mette in moto e se ne va.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Voce narrante: prima Alessia, poi Freddie

I giorni successivi, inutile dirlo, sono per me devastanti. Non mangio, dormo poco e male, mentre al lavoro non faccio altro che combinare pasticci. Arrivata a sabato mi sembra di aver scalato una montagna a mani nude. Freddie non si è fatto più sentire e io ho rispettato il suo silenzio. D’altronde mi ha espressamente detto che mi avrebbe contattato lui.
“Ale!”, mi chiama Stefania dal bagno comune
“Che c’è?”, dico scocciata
“Vieni qui, please!”
Mi trascino svogliata verso il bagno e chiudo la porta dietro di me. Stefania è sotto la doccia e ha un sorriso da ebete.
“Mi devi forse dire qualcosa?”, le chiedo curiosa
“Siiii! Brian mi ha chiesto di uscire a cena stasera!”, urla tutta felice
“Bene! Sono contenta per voi…”, esclamo cercando di essere convincente; ma a lei non posso darla a bere.
“Ale… Ascolta, io stasera ovviamente esco… Però tu cerca di non stare qui da sola… So che le altre vanno a bere qualcosa in un locale in centro… a quanto pare c’è la musica dal vivo e la birra è molto buona…” “
Stefy… So che lo dici per il mio bene, ma è tutta settimana che dormo si e no due ore a notte… Stasera ne approfitto per riposare… Mi sono comprata un libro e leggerò quello…”
“Ok… Però promettimi che non ti butti giù ulteriormente…”
“Te lo prometto”
In realtà so già che passerò la serata a piangere come una disperata, come succede praticamente ogni giorno da quella sera, ma non posso certo rovinare la bellissima serata che si prospetta davanti a Stefania.
Esco dal bagno e mi avvio verso la mia camera, ma in quel momento sento suonare il telefono. Non essendoci nessun’altra ragazza nell’appartamento a parte me e Stefania, vado a rispondere io.
“Pronto”
“Pronto, c’è Stefania? Sono Brian…”
“Ciao Brian! Sono Alessia… Stefy adesso è sotto la doccia… dì pure a me!”
“Ciao Alessia! Scusami ma non ti avevo riconosciuta… Comunque volevo avvisare Stefania che arriverò per le 20.30 invece che per le 20.00… Oggi abbiamo provato, nonostante fosse Sabato, e abbiamo finito ora…”
“Ok, glielo dirò…”
“Grazie mille… Io allora vado… Buona serata!”
“Brian!”
“Che c’è?”
“Freddie come sta?”, gli chiedo titubante
“È piuttosto spento in questi giorni, ma non parla né con me né con gli altri… anzi, non ti ho chiesto nulla perché ci conosciamo appena io e te… però volevo proprio sapere cosa è successo…”
“Non posso dirtelo, Brian… Ti basti solo il fatto che io e Freddie non ci vediamo né sentiamo da Giovedì scorso…”, rispondo triste
“Ok…”
“Prova a parlare con Freddie e vedi se lui te lo racconta… secondo me gli servirebbe parlarne con un amico…”
“Va bene, Ale… ci proverò… tu come stai invece?”
“Male… ma credo che lui stia peggio di me…”
“Capisco… vedrò che posso fare… Intanto magari avviso Roger… Stasera escono insieme… Non si sa mai che ne parli con lui…”
“Perfetto… Grazie Brian… Buona serata e… trattamela bene, mi raccomando!”, lo avviso con tono perentorio
“Non ne dubitare… Buona serata a te, Ale…”
Riattacco e, dopo aver avvisato Stefania del cambiamento di orario, torno in camera mia.
Due ore dopo sono già nel letto, intenta nella lettura. Ogni tanto penso a Stefania e Brian. Era da tempo che non vedevo la mia migliore amica così felice e credo che Brian sia un bravo ragazzo. Bisogna solo vedere se sono fatti l’uno per l’altra, ma di certo non la farà soffrire.
Ad un tratto, sento bussare alla porta.
“Si?”
“Ale, sono Tracy… posso entrare?”, mi chiede una delle altre coinquiline
“Si, certo!”, rispondo senza nemmeno scendere dal letto
“Che fai? Sei già a letto?”, mi chiede stupita nell’entrare
“Mm si…”
“Perché non vieni con noi a bere qualcosa? Stefania mi ha detto che sei un po’ giù…”
“Prima di uscire mi ha detto che stasera andate in un pub… però non me la sento molto…”
“Dai… Non facciamo tardi! Te lo prometto…”, cerca di convincermi sorridendo
“Ok…”, mi arrendo subito In fin dei conti stare a letto di Sabato sera, senza nemmeno la tv e la musica (quanto mi mancano Apple Music e Netflix!), non è molto allettante. Nemmeno se si ha il morale sotto i piedi come me in questo momento.
“Ti aspettiamo di sotto! Fai presto…”, se ne va facendomi l’occhiolino

[Da qui narra Freddie]

“Rog, ordina un’altra birra per entrambi!”, urlo dal tavolo per coprire il rumore delle persone intorno a me e quello del cantante di piano bar (tra l’altro con una voce oscena).
“Ok Fred!”
Dopo pochi minuti, torna con due pinte di Guinness in mano. Siamo già alla terza e io comincio a sciogliere il riserbo su me e Alessia…
“Allora Fred… Dimmi un po’ cosa ti succede…”
Faccio un respiro profondo e gli racconto tutto ciò che mi ha rivelato Alessia su quello che sarà il mio futuro. Non l’avevo ancora detto a nessuno, ma parlarne mi ha aiutato molto. Spero che Roger sia in grado di ragionare meglio su tutto, perché io proprio non riesco a crederci.
“Wow…”, mi dice alla fine del racconto, “è una cosa tosta…”
“Già…”
“E tu pensi che ti abbia detto la verità?”
“È proprio questo il punto, Rog… Io l’ho vista davvero sconvolta mentre me lo raccontava… Ma non riesco a crederci… Prova a pensarci, Rog! È assurdo tutto questo! Neanche nei film di fantascienza succedono queste cose!”
“In effetti non hai tutti i torti… Però i casi adesso sono tre: o Alessia è matta, ma lo escluderei a priori, dato che mi sembra molto posata ed è pure laureata in ingegneria; o ha una grandissima creatività, ma anche questa non regge molto come ipotesi, dato che non avrebbe alcun senso raccontarti delle bugie del genere, con il rischio che il vostro rapporto si rovini; oppure dice la verità… E, anche se è incredibile, ti assicuro che a mio modesto parere questa è l’ipotesi più probabile…”
“Ma che dici, Rog? Hai mai conosciuto qualcuno che ha viaggiato nel tempo? Ma ti senti quando parli?”
“Si Fred…”
“Va beh… Io me ne vado… Per stasera ne ho già sentite abbastanza…”
Lascio 10 sterline sul tavolo e me ne vado. Proprio mentre apro la porta per uscire, però, davanti a me compare Alessia. La osservo. È leggermente spettinata e ha gli occhi di chi non dorme da giorni. Ma nonostante questo riesce a farmi un piccolo sorriso.
“Ciao…”, mi dice piano, abbassando subito dopo lo sguardo
“Ciao… Che ci fai qui?”
“Sono venuta con le mie coinquiline… Stefania stasera era fuori con Brian…”
“Si, lo so…”, abbasso anche io il viso
Non riesco a sostenere il suo sguardo e credo che per lei sia lo stesso.
“Non vorrei interrompervi, ragazzi…”, dice ad un tratto una delle ragazze che accompagnano Alessia, “Ma noi vorremmo entrare…” I
o mi sposto e le faccio entrare nel locale, ma vedo che Alessia rimane immobile davanti alla porta.
“Ale, tu che fai? Rimani qui con lui?”, chiede poi la stessa ragazza indicandomi con il dito
“Si si… vi raggiungo dopo…”
Le ragazze vanno al bancone e io ritorno a guardare Alessia. Mi sento in colpa per ciò che ho appena detto a Roger, perché mi rendo conto solo ora che il suo sguardo non può essere né quello di una pazza né quello di una bugiarda. Se fosse stato tutto frutto della fantasia, non si spiegherebbero le occhiaie, anche se io ancora non me la sento di credere alla sua versione dei fatti. Mi avvicino a lei e le sfioro i capelli con un dito.
“Facciamo due passi?”, le chiedo
“Va bene, Fred…”
Poco dopo camminiamo lentamente per le vie del centro. Lei è silenziosa e va a passo svelto. Io cerco un modo per iniziare il discorso.
“Come stai, Ale?”, le chiedo dolcemente
“Come vuoi che stia, Fred?”, mi risponde arrabbiata Io sbuffo.
“Anche per me non è facile…”, le faccio notare
“Lo capisco benissimo… Però… Io so che tutto questo è vero… E so anche quanto soffriranno tutti se non riuscirò ad impedire la tua morte… se solo potessi vedere com’è il mondo senza di te… Lascerai un vuoto enorme… Ai tuoi amici, alla tua famiglia… Ai tuoi fan…”, una lacrima le riga il volto, ma prontamente la asciuga con la mano, per poi continuare…
“Sapere che tu non mi credi e che il mio viaggio qui molto probabilmente non è servito a niente mi fa stare malissimo…”
“Ale, fermati un secondo…”
Lei smette di camminare e mi guarda. Io metto una mano nella tasca posteriore dei pantaloni ed estraggo una scatola ancora chiusa di preservativi. Gliela mostro. “Non è vero che il tuo viaggio non è servito… Io non ti credo, è vero… Ma ti ho promesso che sarei stato attento e la prima cosa che ho fatto la mattina dopo il tuo racconto è stato andare a comprarmi questi…”
Lei mi guarda negli occhi e mi sorride debolmente.
“Sono contenta…”, mi dice poi, anche se si nota quanto stia facendo fatica per trattenere le lacrime
“Ale…”
“Dimmi” “Io credo sia il caso che rallentiamo un po’… Io capisco tutto il tuo rammarico… Ma finché non ti crederò, è meglio se io e te rimaniamo amici…”
“Amici?”, mi chiede stupita, “Non credo di riuscirci…”
“Nemmeno io…”, ammetto, “Ma è meglio per entrambi fare un passo indietro… Forse ho bisogno di conoscerti meglio per fidarmi di te… Sempre che per te vada bene…”
“Io ti voglio bene, Fred… E non vedo l’ora di dimostrarti che sono sincera… Ma non so se riuscirò a vederti solo come amico e a sentirti parlare di altre ragazze o ragazzi…”
“Non ho nessuna intenzione di avere relazioni con altri, Ale… Ho già abbastanza casino nella testa…”
“E questi?”, mi chiede strappandomi dalle mani la scatola di preservativi
“Questi li ho presi per precauzione… Se conosci davvero bene il personaggio che sarò, sai perfettamente che faccio tante cose stupide a volte… Non vorrei mancare alla mia promessa ad una persona speciale…”, le dico dolcemente prendendole la mano e stringendogliela
“Ok… Posso abbracciarti?”, mi chiede poi
“Certo”, le sorrido e la abbraccio forte
Restiamo così per cinque minuti buoni, incapaci di dire o fare altro.
Con la morte nel cuore, ma credo di aver preso la decisione giusta per entrambi.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Voce narrante: Alessia

“Ale, scusa se ti disturbo… Ma c’è un certo Roger al telefono per te…”, irrompe Tracy in camera mia
“Ok, arrivo…”
Esco dalla mia stanza e mi dirigo a passo svelto verso il telefono. Sono passati cinque giorni dall’ultima volta che ho visto Freddie e mi chiedo cosa voglia adesso Roger da me.
“Pronto”, dico sollevando la cornetta
“Pronto Alessia… Sono Roger!”
“Ciao Rog… Come stai?” “
Benone… Però sono preoccupato per Freddie… Mi piacerebbe parlare un po’ con te a quattr’occhi… Ci sono delle cose che non sai e a dire il vero non le sa nemmeno lui…”
“Va bene, Roger! Che dici di domattina a colazione? Ora io purtroppo devo andare a lavorare…”
“Va benissimo… Tanto con i ragazzi iniziamo alle 11 le prove… Può andare se passo a prenderti io per le 9?”
“Ok… Buona serata, Rog!”
“Buona serata a te…”
“Chi era?”, mi chiede Stefania, che prima era sotto la doccia
“Era Roger… Mi ha detto che deve parlarmi di una cosa… Che riguarda Freddie”
“E quando vi vedete?”
“Domani mattina a colazione… Sinceramente non so proprio cosa aspettarmi…”
“Nemmeno io…”
“Cambiando discorso, non ti sembra di star esagerando con le uscite con Brian il pomeriggio? Non vorrei tu stia sabotando la carriera dei Queen, mia cara!”, la prendo in giro
“Gni gni… Molto divertente… Comunque ci siamo visti soltanto ieri e oggi perché avevano la sala prove fino alle 16… Non sto sabotando proprio nulla!”, mi fa una linguaccia
“Se lo dici tu…”, rido
“Dai, andiamo a prepararci… tra mezz’ora dobbiamo essere al Vesuvio!” I

l giorno dopo alle 9 in punto Roger viene a prendermi e dopo venti minuti siamo seduti in un bar del centro di fronte ad una tazza di cappuccino e a dei deliziosi muffin al mirtillo. Roger sembra un’altra persona. Sembra timido e impacciato. Evidentemente ciò che deve dirmi lo mette in difficoltà e notare questa cosa mi incuriosisce ancora di più.
“Che dovevi dirmi, Rog?”, chiedo addentando il mio muffin
“Ecco… Freddie mi ha raccontato di quello che gli hai detto… Dell’AIDS… Della sua morte… Del nostro successo dei prossimi anni…”, si interrompe e mi guarda Io annuisco e lo esorto ad andare avanti.
“Io sinceramente sono rimasto abbastanza stupito…”
“Rog, scusa se ti fermo, ma mi sembra normale che tu sia stupito… Ciò che dovresti far capire a Freddie è che nessuno si inventerebbe mai una cosa del genere…”, dico seccata
“Ale, sei fuori strada… Io ho cercato di convincerlo, anche se senza successo… Dicevo che sono rimasto stupito perché pensavo…”
“Pensavi?”
“Pensavo che ne esistesse soltanto una di quelle scatole…”
“Quali scatole, scusa?”, gli chiedo senza capire
“Le macchine del tempo…”, risponde a bassa voce
Io rimango un attimo in silenzio e cerco di elaborare ciò che mi ha appena detto.
“Quindi tu…”, gli chiedo senza riuscire a terminare la domanda
“Io ho già tentato in passato di evitargli di morire…”
Io sono scioccata. Lui mi guarda con sguardo triste e arrabbiato allo stesso tempo.
“E perché non ci sei riuscito?”
“Perché non mi ha creduto… esattamente come non ha creduto a te…”
“Ma tu dove l’hai trovata la macchina del tempo?”
“In un cimitero abbandonato, vicino a casa mia… Era il 1998 e quando l’ho trovata non ci ho pensato due volte… Ho inserito una data in cui ero sicuro non avesse ancora contratto il virus e in cui ci conoscessimo già… E sono tornato giovane…”
“Aspetta un attimo! Ma quindi tu non sei andato indietro nel tempo così com’eri nel 1998? Sei tornato indietro e sei ringiovanito?”
“Si… A quanto pare chi ritorna ad un’epoca in cui era già nato si sostituisce al sé stesso di allora…”
“Capisco… E quindi è per questo che tu ti ricordi di questo viaggio?”
“Io sono sempre in viaggio, Ale… Da quando ho trovato quella macchina del tempo non faccio altro che tornare indietro, rivivere tutti gli anni più belli con i Queen fino a poco prima che Freddie morisse, stare un po’ ai giorni nostri e poi ricominciare da capo… In pratica per me gli anni che vanno dal 1998 al 2019 sono durati il triplo… Ma l’ho fatto perché la vita senza Freddie non è più la stessa…”, mi risponde triste I
o appoggio la mia mano sulla sua e la stringo.
“Fai bene, Roger… L’unica cosa che mi chiedo è… se puoi andare avanti e indietro nel tempo come ti pare, perché non hai riprovato in uno dei tuoi viaggi a convincerlo di nuovo?”
“Ci ho provato ben sette volte… Ma è stato inutile… Hai ottenuto di più tu in qualche giorno che io in tanti anni di tentativi… Almeno ha comprato i preservativi…” “Già… Comunque credo che, dato che ora ci sono anche io che gli ho detto questa cosa, magari se tu gli racconti tutto ci crederà…”
“Dici?”
“Beh, io posso anche essere pazza… Ma entrambi non credo proprio!”, ridiamo
“Non ti nascondo che ci ho pensato anche io… Però non so da che parte iniziare il discorso…”
“Potrei sostenerti io… Freddie mi ha chiesto di rimanere amici, ma non abbiamo litigato… Quindi, se tu dovessi organizzare una cena a casa tua, magari anche con John, Veronica, Brian e Stefania, accetterebbe…”
“Si può fare!”, risponde lui più sollevato
“Facciamo per questo Sabato?”
“Io non ho impegni… devo sentire gli altri”
“Con Stefania ci parlo io… tu occupati di John e Veronica… John e Brian sanno dei tuoi viaggi?”
“Si… Però non mi hanno mai creduto più di tanto… Ben diverso sarebbe se sapessero che anche tu e Stefania avete viaggiato nel tempo…”
“Ce la faremo, Rog!”
Lo abbraccio e ce ne andiamo dal locale con una carica pazzesca in corpo.

Arrivata al convitto, mi fiondo in camera di Stefania, che sta ancora dormendo.
“Stefania Conti! Sono le 11.30! Svegliaaaaa!”, urlo entrando
“Dai, ancora dieci minuti…”, mi prega, coprendosi il viso con le coperte
“Non se ne parla proprio… Anche perché ti devo raccontare il piano malefico che abbiamo escogitato io e il biondino dei Queen!”, le faccio l’occhiolino
“Cioè?”, mi chiede con la voce ancora impastata dal sonno
“Cioè Sabato sera siamo tutti a cena da Roger… Compresi tu e Brian!”
“Ok…”, fa spallucce lei, “E si può sapere cosa ti doveva dire di così importante?”
“Non te lo dico perché tu non mi racconti niente della tua love story… Anche ieri dopo il lavoro siete rimasti qua sotto per ore… Bell’amica che sei! Io ti dico tutto e tu non mi dici nulla!”, gli do una cuscinata
“Dai, ti prego! Racconta!”
“No!”, rispondo categorica, “Tu e il tuo amore dovrete venire a cena sabato per scoprirlo…”
“Ok… Adesso posso tornare a dormire?”
“Assolutamente no! Adesso io e te andiamo a fare un po’ di shopping…” “
Ma sei impazzita? Perché?”
“Perché mi va… Fuori il sole splende, sono felice e quindi tu devi condividere questa cosa con me!”
“Secondo me al posto del caffè stamattina ti hanno portato l’Irish Coffee… Fino a ieri ti deprimevi a tutte le ore e adesso vuoi andare a fare shopping!”
“Abbi pazienza, mia cara, e capirai il perché… Ora giù dal letto!”
Dopo mezz’ora stiamo camminando tra i negozi ed io inizio a respirare una nuova aria, carica di speranza e di amore nei confronti di Freddie.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Voce narrante: prima Freddie, poi Alessia

“Fred, ti piace la mia canzone?”, mi chiede Roger, riferendosi al suo brano I’m In Love With My Car
“Carina, Rog! A parte che solo tu puoi essere innamorato di un’auto!”, rispondo ridendo
“Ah ah ah… molto divertente… Comunque le auto sono meglio delle donne… Non rompono le palle, non vogliono andare a fare shopping o a cena e soprattutto non ti tradiscono mai…”, mi fa notare
“Il tuo discorso non fa una piega, Rog!”, gli faccio un applauso
Siamo fuori dallo studio in attesa di Brian e John. Mi tiro fuori la terza sigaretta di fila e la accendo, offrendone subito dopo una anche al mio amico. È scemo, ma in questi giorni mi sta vicino, nonostante io faccia di tutto per litigarci, come settimana scorsa al pub.
“Come va, Fred? Hai ragionato ancora su quello che ti ha detto Alessia?”, mi chiede vedendomi pensieroso
“Così, così… Fatico a crederle… Ma allo stesso tempo mi manca tanto abbracciarla e in generale passare del tempo con lei…”
“Senti, Fred… So che non ti va di uscirci e di stare solo con lei… Ma stavo pensando che questo sabato potremmo fare una cena tutti insieme a casa mia e invitare anche lei… Con Brian verrebbe Stefania e non mi sembra carino lasciare Alessia in convitto sola soletta…”
“Per me va bene, Rog… Io e lei non abbiamo litigato… Semplicemente io devo ancora capire se posso e se voglio darle fiducia…”, rispondo tranquillo, anche se in realtà mi batte già il cuore all’impazzata all’idea di rivederla
“Ok… Allora è andata! Vediamo che dicono Deacky e Bri appena arrivano…”
“Cosa dicono riguardo a cosa?”, chiede Brian alle mie spalle
“Ciao Bri! Sabato pensavo di fare una cena a casa mia tutti insieme, ovviamente anche con Stefania e Veronica…”, gli risponde subito Roger
“… e Alessia”, concludo io
“C’è qualcosa che non so, Fred? Avete ricominciato ad uscire?”, mi chiede Brian speranzoso
“No no, Bri… Però giustamente Rog mi ha fatto notare che, se Alessia non dovesse venire, resterebbe a casa sola…”
“Beh, certo… Hai perfettamente ragione… Comunque io ci sono… Sento Stefania e poi vi faccio sapere…”
“Contate anche me e Veronica!”, urla John dall’altra parte della strada
“Top! Oggi vado a comprare il vino… Mi sa che dobbiamo alleggerire gli animi di qualcuno, Bri!”, dice Roger facendogli l’occhiolino e guardandomi subito dopo “Non fatevi strane idee voi due…”, li rimprovero

Oggi per fortuna non ho dovuto cantare, perché abbiamo provato la canzone di Roger che dicevo prima. Mentre lo ascolto, penso che non capisco la metà delle parole che dice. Non è decisamente normale.

“Oh The machine of a dream, such a clean machine
With the pistons a pumpin', and the hubcaps all gleam
When I'm holding your wheel
All I hear is your gear
With my hand on your grease gun
Mmm, it's like a disease, son I'm in love with my car, gotta feel for my automobile
Get a grip on my boy racer roll bar
Such a thrill when your radials squeal
Told my girl I'll have to forget her
Rather buy me a new carburetor
So she made tracks saying this is the end, now
Cars don't talk back they're just four wheeled friends now
When I'm holding your wheel
All I hear is your gear
When I'm cruisin' in overdrive
Don't have to listen to no run of the mill talk jive
I'm in love with my car (love with my car), gotta feel for my automobile
I'm in love with my car (love with my car), string back gloves in my automolove”


“Ragazzi, ma quanto è forte questo arrangiamento? Bomba!!!”, urla Roger tutto felice
“Si, Rog… A parte che la gente per capire il significato di alcune parole avrà bisogno del dizionario, tutto alla grande!”, lo prende in giro Brian
“Potremmo sempre vendere un mini dizionario sulle automobili insieme al disco!”, ribatte Roger
Scoppiamo tutti a ridere.
“Ma quanto sei scemo, Rog?”, esclama Deacky
“Non ci siamo…”, aggiungo io sconsolato
Proviamo ancora mezz’ora e poi ce ne andiamo.

[Da qui narra Alessia]

“Brian mi ha chiesto per Sabato… nemmeno lui sa nulla del piano tuo e di Roger?”, mi chiede incuriosita Stefania
“No… E non ho nessuna intenzione di parlartene…”, rispondo immaginando già dove vuole arrivare
“Daiii!”
“Stefy, ti ho già detto di no un miliardo di volte… Piuttosto, credi che Freddie verrà davvero?”
“Beh, penso proprio di si… Roger che dice?”
“Che ha detto di si… ma può sempre dare buca all’ultimo momento…”
“Se lo fa lo ammazzo con le mie mani! Per lui e la sua cazzo di AIDS ho dovuto viaggiare nel tempo e indossare questi orrendi pantaloni a zampa e questi stivaletti scomodissimi! Non sai quanto mi mancano le mie Superstar e i jeans skinny…”
“Ahahah! In effetti anche a me manca l’abbigliamento comodo del ventunesimo secolo… E comunque direi che non ti è andata poi così male… ti sei trovata anche il fidanzato…”, le dico maliziosa, “se mi dici qualcosa in più su te e Brian, ti svelo il piano di Sabato…”
“Scordatelo!”, esclama dopo qualche minuto di silenzio
“Stronza!”

Finalmente Sabato è arrivato. Dobbiamo essere a casa di Roger alle 20.00, ma alle 19.15 io sono già pronta. Indosso un vestitino rosso e verde a fiori e un paio di stivali arancioni che arrivano sotto il ginocchio. Sono molto più truccata del solito, ma questo non per mio volere. Stefania sostiene che il rossetto possa far sciogliere gli uomini più di una giornata afosa di fine Agosto. Ho cercato di farle capire che Freddie è in un periodo di crisi esistenziale e che di certo il rossetto non gli farà cambiare idea, ma evidentemente non l’ho convinta.
Alle 19.40 l’auto di Brian si ferma davanti al portone e io e Stefania saliamo a bordo.
“Ciao tesoro…”, dice stampando un bacio sulle labbra alla mia amica
“Ciao…”, risponde lei arrossendo
“Ciao, Brian… grazie del passaggio!”, faccio io
“Di nulla!”

Poco dopo arriviamo da Roger. Il padrone di casa viene ad aprire la porta e ci saluta con un “Ciao” generale.
“Gli altri non sono ancora arrivati?”, chiede Brian
“John e Veronica non ancora… Fred è in bagno che si fa la doccia… Nel nuovo appartamento non c’era l’acqua calda stasera…” “
Ah, fantastico!”, risponde Brian sarcastico
Drin-drin
“Eccovi!”, esclama Roger aprendo il portone e facendo entrare John e la sua dolce metà
“Ciao Roger! Quanto tempo!”, lo saluta Veronica dandogli due baci sulle guance Io mi avvicino a lei per presentarmi. Non abbiamo mai avuto modo di conoscerci prima.
“Ciao! Io sono Alessia, molto piacere!”, le stringo la mano
“Ciao! Veronica, piacere mio…”, mi risponde lei, “sei la ragazza di Brian?”
“No… Sono io la ragazza di Brian!”, si intromette Stefania, “Sono Stefania… piacere!”
“Ciao Stefania… è un piacere anche per me…”
“Bene! Ora che abbiamo concluso le presentazioni direi che possiamo stappare lo champagne! Fred ci sta mettendo due ore come al solito in bagno!”, esclama Roger
“Rog, sono in camera e mi sto infilando i jeans! Due minuti e ci sono!”, sentiamo urlare dall’altra parte dell’appartamento
“Ok, allora ti aspettiamo…”

Cinque minuti dopo eccolo comparire. È vestito in modo semplice, con una camicia azzurra un po’ larga a maniche corte e un paio di jeans a zampa. Ha lo sguardo rilassato e mi osserva sorridendo. Tutti lo salutano, ma lui ha occhi solo per me. Come sempre.
Mi avvicino a lui per salutarlo e lui mi stampa un bacio sulla guancia.
“Buonasera Ale…”, mi dice dolcemente
“Buonasera Fred…”
“Ragazzi, facciamo un brindisi?”, chiede Roger ad alta voce con in mano la bottiglia dello champagne
“Yess..”, rispondiamo in coro
Ci sediamo ognuno dove capita e io, per caso, mi ritrovo proprio vicino a Freddie. Roger stappa la bottiglia e il tappo finisce contro il lampadario, per poi cadere rovinosamente a terra e provocare una risata in tutti noi.
“Scusate guys… Sono abituato con le bottiglie di birra… Lo champagne è troppo complicato!”, si scusa grattandosi la testa
“Questa è buona, Rog!”, dice Brian tirandogli un po’ di mollica di pane addosso
Roger versa lo champagne in 7 flûtes e tutti alziamo i bicchieri per brindare.
“Ai Queen! E alle tre splendide ragazze che stasera ci hanno onorato della loro presenza!”, dice poi
“Ai Queen!”, rispondiamo tutti in coro

La cena scorre liscia. Il polpettone che Roger ha preparato è molto buono, tanto che mi chiedo seriamente se l’abbia cucinato davvero lui o lo abbia preso in rosticceria. Ma poco importa. Ciò che importa davvero sono gli occhi di Freddie che non si staccano da me. Mi fa venire una rabbia. Prima mi dice che dovremmo rimanere amici e poi mi guarda così. Sono curiosa di vedere cosa dirà quando Roger e Stefania confermeranno la mia storia sul viaggio nel tempo.
Proprio mentre penso a questa cosa, Roger chiede l’attenzione di tutti facendo tintinnare la forchetta sul collo del bicchiere.
“Ragazzi, un attimo di attenzione!”
“Che c’è Rog? Devi annunciarci che hai finalmente capito di essere mentalmente problematico?”, chiede Brian ridendo come un matto
“No, Bri… è una cosa abbastanza seria…”, lo guarda con occhi di rimprovero
“Ok…”
Tutti siamo in silenzio e attendiamo che le parole di Roger chiariscano la situazione. Io da un lato sono tranquilla, perché so già cosa ha da dire; dall’altro, però, ho paura che tutto questo peggiorerà le cose tra me e Freddie.
“Io vorrei raccontarvi una cosa che mi è successa… e ho scelto di invitarvi a cena stasera proprio per questo… e perché finalmente ho conosciuto un’altra persona, che confermerà di aver vissuto ciò che ho vissuto anche io… Vero Alessia?”
“Si…”, annuisco, mentre tutti si voltano verso di me sempre più curiosi, “in realtà anche Stefania può confermare tutto… anche se ancora non sa di cosa stiamo parlando…”
Stefania mi guarda senza riuscire a capire e mi chiede spiegazioni dandomi un piccolo calcio sotto il tavolo. Io le faccio cenno di stare tranquilla.
“Ecco… Io ho già vissuto questi giorni…”, esordisce Roger
“In che senso?”, chiede Veronica
“Nel senso che… aspettatemi qui…”
Va in cucina e poco dopo torna con una scatola in mano, identica a quella che ha permesso a me e Stefania di viaggiare nel tempo fino al 1975.
“Sapete cos’è questa?”, chiede poi
“Una strana scatola con dei tasti?”, risponde Brian sempre più confuso
Roger scuote la testa.
“So già che mi prenderete per pazzo… ma questa è una macchina del tempo… Se guardate bene, qui c’è scritta una data…”, mostra l’oggetto a tutti
“3 Marzo 1968… Che data è?”, chiede Brian
“È la data alla quale sono voluto andare l’ultima volta che dal 2019 sono tornato indietro nel tempo…”
“Non capisco…”, dice Freddie bianco in volto
“Non c’è niente da capire, Fred… Ciò che ti ha detto Alessia è vero, purtroppo… Io ho provato 7 volte a convincerti… Ho impostato 7 date diverse, ho creato 7 situazioni differenti… Ma nulla… Tu non mi hai mai creduto… Dopodiché, per starti vicino e ogni tanto rivederti, ho continuato a viaggiare nel tempo, ma non ho più provato a parlarti del tuo destino… Mai! Fino a quando sono arrivate Alessia e Stefania e hanno fatto rinascere in me la speranza…”
“Ragazzi, io non ci capisco più niente! Qualcuno mi spiega? Cosa dovrebbe succedere a Freddie? E voi due, venite dal futuro?”, chiede John senza capire nulla “Freddie morirà…”, dico io dopo aver ascoltato tutti in silenzio
“Cccome?”, chiede ancora il bassista
“Morirà di AIDS… una malattia a trasmissione sessuale che nei prossimi anni farà milioni di morti… 35 milioni tra il 1982 e il 2019 per l’esattezza…”, abbasso lo sguardo, riprendo fiato e continuo…
“Io sono sempre stata fan dei Queen… Sono nata nel 1995 e a quell’epoca Freddie era già morto da 4 anni… Ma voi non avete idea del successo che farete negli anni 80… Diventerete una delle band più famose di tutti i tempi… E la morte di Freddie devasterà sia voi che tutti i suoi fan… Per questo motivo quando ho trovato una macchina del tempo uguale a quella di Roger non ho esitato sulla data da inserire… Solo che Freddie non mi ha creduto… Esattamente come non ha mai creduto a Roger…”
Freddie è immobile e non sa cosa dire. Esattamente come tutti gli altri. Per fortuna Stefania viene in nostro aiuto.
“È tutto vero, ragazzi… anzi, credo che per dimostrarvelo sia il caso che io e Alessia vi cantiamo la vostra canzone più famosa… che il mondo ancora non conosce… ma che voi inserirete nel vostro prossimo album… Vero Ale?”, mi guarda poi
“Già… L’album si intitolerà A Night At The Opera e la canzone è questa…”
Mi schiarisco la voce e inizio a cantare un pezzo di Bohemian Rhapsody, sapendo per certo che loro l'hanno già scritta…

“Mama, just killed a man
Put a gun against his head
Pulled my trigger, now he's dead
Mama, life had just begun
But now I've gone and thrown it all away”

Stefania si unisce a me…
“Mama, oh oh
Didn't mean to make you cry
If I'm not back again this time tomorrow
Carry on, carry on, as if nothing really matters”


In quel momento Freddie si alza e se ne va. Io non so che fare, ma gli altri tre Queen mi guardano dolcemente e mi invitano ad andare da lui. E non me lo faccio ripetere due volte.
Quando sono in camera di Roger, vedendo Freddie steso a pancia in giù con la testa sotto il cuscino, chiudo la porta dietro di me e mi avvicino a lui. Mi siedo sul ciglio del letto e gli accarezzo i capelli neri.
“Fred…”, gli sussurro dolcemente
Lo sento singhiozzare e non riesco a trattenermi dall’abbracciarlo. Mi stendo accanto a lui e cerco di farlo voltare su un fianco, per guardarmi negli occhi. Dopo vari tentativi, finalmente i suoi grandi occhi nocciola fissano i miei. Ha il viso arrossato dal pianto e io gli do un piccolo bacio sullo zigomo, per ripulirlo da una lacrima che fugace stava scendendo inesorabile verso la bocca. Lui mi lascia fare e poi appoggia la sua testa sul mio petto, stringendomi forte.
“Mi dispiace…”, dice con tono talmente basso che faccio fatica a sentirlo
“Sssh… Va bene così, Fred… Sono contenta che Roger abbia organizzato questa cena e ne abbia parlato… Questa è l’unica cosa importante…”
“Ma io non ti ho creduto, non è vero che va tutto bene…”
“Freddie… Invece va tutto bene così… Finalmente siamo riusciti a convincerti… Il resto non conta…”
“Ti voglio bene, Ale…”
“Anche io, Fred… Non sai nemmeno tu quanto…”
Quando finalmente sembra si sia calmato, si stacca dal mio petto e avvicina il suo viso al mio.
“Grazie…”, mi sussurra a pochi millimetri dal mio naso
“Devi ringraziare anche Roger… Ha dimostrato di volerti un gran bene…”
“Lo so… e non so nemmeno perché… non vi merito…”
“Vuoi tapparti quella bocca e baciarmi adesso?”, gli chiedo ridendo
Un sorriso meraviglioso si stampa sulle sue labbra e finalmente appoggia la sua bocca sulla mia. La sua lingua accarezza dolcemente la mia, mentre le sue mani cingono la mia vita. Lo bacio con passione, stringendolo talmente forte che quasi lo faccio soffocare.
“Guarda che non scappo…”, mi dice a fior di labbra
“Ridimmelo, ti prego… Non posso più stare un secondo senza di te…”
“Non scappo…”, e mi bacia ancora
Poco dopo ci alziamo dal letto per tornare dagli altri. Lo guardo negli occhi e inizio a ridere.
“Che hai da ridere?”, mi chiede
“Forse è il caso che ti pulisci la bocca… hai il mio rossetto ovunque…”, continuo a ridere
Lui va in bagno a sciacquarsi la bocca e poi torniamo in sala da pranzo.
Il clima sembra essersi disteso. Evidentemente la mia performance in Bohemian Rhapsody ha convinto tutti. Ho un futuro come cantante.
“Rog… Io… Non so cosa dire… Credo che un grazie sia troppo poco e… Scusami… Anzi, scusatemi sia tu che Alessia… Avrei dovuto credervi… Ora e tutte le altre 7 volte in cui tu hai cercato di parlarmene, Rog…”
Si avvicina al suo amico e lo abbraccia. John e Brian si uniscono agli altri due e si abbracciano forte.
“Io non ne sapevo niente, ma tu Rog sei proprio un coglione… potevi portarmi con te a fare un giro nel tempo!”, cerca di smorzare la tensione Brian
“Ahahahah! Di solito sono io il giullare di corte, Bri! Non puoi rubarmi il posto!”, gli risponde Roger
Mentre li guardo, abbracciati l’uno all’altro ridendo, non posso fare a meno di colorare il mio viso con un sorriso arcobaleno. Quanto sono belli?!

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Voce narrante: Alessia

La serata sta volgendo al termine. Mancano dieci minuti alle 2 e, mentre Roger racconta dell’ennesima scorribanda sua e degli altri Queen, appoggio la mano davanti alla bocca per accompagnare un mega sbadiglio. Sarà la tensione che avevo fino a qualche ora fa, ma sono proprio esausta.
Freddie se ne accorge e mi prende la mano dolcemente.
“Vuoi andare a casa?”, mi chiede a bassa voce nell’orecchio Io faccio cenno di sì con la testa e lo ringrazio mentalmente per aver colto la mia stanchezza. “Ragazzi, Alessia è stanchissima e anche io non sono proprio al top… tutte queste emozioni mi hanno scombussolato! La riaccompagno al convitto e vado a dormire…”, dice poi Fred ad alta voce, alzandosi da tavola
“Ok! Ci vediamo Lunedì per le prove, Fred!”, risponde Roger andando ad abbracciare l’amico
“Grazie ancora… di tutto… a tutti voi…”, dice lui guardando ognuno negli occhi
Poi, dopo aver abbracciato anche Brian e John, mi prende per mano e usciamo.
Usciti dal portone, non riesco a rimanere distante da lui per molto tempo. Mi avvicino e lo stringo forte. Lui ricambia e mi dà un bacio sulla testa. Rimaniamo così per qualche minuto. Lui appoggiato alla sua auto con la schiena e io avvinghiata a lui. Annuso il profumo della sua pelle e improvvisamente mi passa il sonno, lasciando spazio alla voglia di lui. Alzo appena lo sguardo verso di lui e questo basta per fargli capire che desidero le sue labbra sulle mie.
Mi bacia lentamente, insinuandosi con la lingua in ogni millimetro della mia bocca e mordendomi delicatamente il labbro superiore. Mi sento ubriaca, ma non per colpa dello Champagne di Roger. Ho il cervello annebbiato, a causa di questo ragazzo meraviglioso, che riesce a essere immensamente dolce e allo stesso tempo risveglia in me i desideri più profondi. Rabbrividisco, mentre Freddie lascia tanti piccoli baci sul mio collo, scendendo sempre di più, fino quasi a sfiorare il piccolo spazio che il vestito forma tra i miei seni.
“Ti porto al convitto?”, mi chiede poi in sussurro
Io non so cosa dire. Aspetto questo momento praticamente da quando l’ho conosciuto, ma adesso non vorrei essere troppo precipitosa. Rimango in silenzio, cercando una risposta nel suo sguardo. Mi ha chiesto se voglio andare in convitto, non mi ha proposto di andare da lui; e proprio perché apprezzo questo suo atteggiamento, questo suo immenso rispetto per me, decido che per una volta sarò io a prendere una decisione. So che mi ha chiesto del tempo, che non ci siamo visti per giorni e soprattutto che tutto questo è stato dovuto al fatto che non mi credeva. Ma adesso è qui davanti a me. Ha pianto come un bambino prima in camera di Roger, scusandosi e chiedendosi perché tutti qui gli vogliamo bene. E io decido che voglio dimenticarmi tutto… perché ho bisogno di lui e sono sicura che, anche se non dice nulla, anche lui ha bisogno di me.
“Stanotte voglio stare con te, Fred…”, dico deglutendo e abbassando lo sguardo a terra
Lui con un dito mi solleva il mento e mi stampa un bacio sulle labbra.
“Non c’è fretta, Ale…”, mi dice poi serio
“Lo so… però ho bisogno di te…”
“Anche io… non sai quanto…”
Mi stringe forte a sè e saliamo in auto.

Dieci minuti dopo entriamo in casa sua. Mi fa entrare e subito dopo chiude la porta alle sue spalle. Io rimango immobile, in attesa che dica o faccia qualcosa. Me lo sono sempre immaginato come un’amante spavaldo, ma evidentemente mi sbagliavo. Mi osserva con occhi profondi e lentamente si avvicina a me. Ci baciamo dolcemente, rimanendo fermi, come se stessimo facendo il ballo della mattonella. Soltanto le nostre bocche si muovono e io sento nuovamente la passione salire dentro di me. Prendo l’iniziativa, iniziando a sbottonargli la camicia, senza separarmi mai dalle sue labbra. Lui mi lascia fare. Libero ogni singolo bottone dalla rispettiva asola con una lentezza che lo fa morire e arrivata all’ultimo gli tolgo la camicia e faccio aderire il mio corpo al suo legando le braccia dietro la sua schiena. Sento chiaramente la sua erezione premere contro il vestito e spero che questa tortura duri ancora per poco. Mi prende in braccio e mi porta in camera da letto. Poi mi adagia dolcemente sulle coperte e ricomincia a baciare il mio collo, come poco fa sotto casa di Roger. Quando la sua lingua mi sfiora il lobo dell’orecchio non riesco a trattenere un gemito, che prepotente esce dalle mie labbra.
“Fred, il vestito… toglimi il vestito…”, lo prego mentre continua a torturarmi
Non se lo fa ripetere due volte. Così un secondo dopo Freddie è seduto sul ciglio del letto e io sono in piedi davanti a lui. Mi fa girare di spalle e allunga la sua mano verso la zip dello splendido vestito fiorato che indosso. Me lo sfila delicatamente, lasciandomi addosso soltanto l’intimo. Rimanendo sempre seduto, mi trascina verso di lui e mi fa sedere sulle sue gambe, sempre dandogli le spalle. Io mi volto appena per baciarlo e lui mi accarezza dolcemente il ventre, per poi scendere piano piano verso il mio piacere. Al suo tocco il mio corpo vibra prepotentemente e faccio fatica a respirare dall’emozione e dall’eccitazione che mi prende. Mi slaccia il reggiseno e mi fa stendere nuovamente sul letto per permettere alle sue labbra di percorrere tutto il mio corpo. Inarco la schiena, mentre la sua lingua si sofferma su un capezzolo e subito dopo sull’altro. Io, che non riesco a resistergli oltre, allontano il suo corpo leggermente con la mano e con l’altra gli sfilo i boxer, liberando il suo membro pulsante. Ma Freddie non ne vuole sapere di darmela vinta così e ricomincia lentamente a baciarmi ovunque. Così decido di prendere in mano la situazione. Ribalto i ruoli, facendo rotolare i nostri corpi sulle lenzuola e ritrovandomi sopra di lui. Anche la mia lingua comincia a farsi strada lungo il suo corpo, fino ad arrivare al suo pene. Lentamente lo prendo in bocca e inizio a succhiarlo, godendomi lo spettacolo di Freddie che comincia a perdere il controllo. Mi accarezza la testa e poco dopo mi prega di fermarmi. Io obbedisco. Avvicino il mio viso al suo e lo bacio ancora. Lui mi guarda un istante negli occhi e poi, delicatamente, mi fa stendere al suo posto. Un attimo dopo è dentro di me. Lo sento muoversi lentamente e sembra che mi entri nelle viscere.
“Tutto ok?”, mi chiede ad un tratto. La sua dolcezza anche in questi momenti è impressionante.
“Si, Fred… continua…”, gli dico con il corpo tirato come una corda di violino
Lui mi bacia ancora e pian piano aumenta il ritmo. Sento il piacere aumentare sempre di più dentro di me, fino a quando non raggiungo l’apice e dalla mia bocca esce un gemito lungo e gutturale. Freddie viene subito dopo e rimaniamo incastrati l’uno nell’altra ancora per un po’, ascoltando soltanto il battito dei nostri cuori. “Is it the real life?”, inizia a cantare lui ad un tratto
“Is this just fantasy?”, continuo io

Poi le nostre voci si uniscono…
“Caught in a landslide
No escape from reality
Open your eyes
Look up to the skies and see”


“I'm just a poor boy, I need no sympathy”, Freddie smette di cantare e mi ascolta sorridente
“Because I'm easy come, easy go A little high, little low”, mi metto in piedi sul letto e fingo di avere un microfono in mano…
“Anyway the wind blows, doesn't really matter to me, to me
Mama, just killed a man
Put a gun against his head
Pulled my trigger, now he's dead


"La sai proprio tutta!”, mi interrompe poi compiaciuto, facendomi stendere nuovamente accanto a lui
“Io e altri milioni di persone, Fred… questa canzone diventerà il vostro più grande successo!” “
Milioni di persone? Ci ascolterà così tanta gente?”, mi chiede con gli occhi che brillano
“Già… tu sei fantastico, Fred… E gli altri scrivono e suonano in modo eccellente…”
“Ti ringrazio tesoro”, mi fa una carezza sulla guancia
“Ma la vostra vera forza l’ho capita soltanto conoscendovi…”
“Cioè?”, chiede curioso
“La vostra amicizia… vi volete bene e questo in una band è fondamentale! Quanti gruppi si sono sciolti per divergenze tra i membri? Voi no! Voi, nonostante gli alti e i bassi, siete sempre rimasti uniti…”
“Beh, noi siamo noi soltanto se restiamo insieme… Mi sembra ovvio che cerchiamo di andare d’accordo…”
“Non è così ovvio, Freddie…”, mi rabbuio un attimo, pensando ai primi anni 80 e a quell’essere spregevole quale era Paul Prenter
“Che c’è, Ale? Ho detto qualcosa che non va?”, mi chiede dolcemente
“No, niente… È che… Nei primi anni 80 tu, come già avevano fatto Brian e Roger, hai voluto incidere un disco da solista… e diciamo che non hai saputo circondarti delle persone giuste… ma vedrai che questo non succederà… io non lo permetterò…”
“Ti riferisci ad una persona in particolare?”
Io annuisco.
“E chi è? La conosco già?”
“Non lo so… Si chiama Paul Prenter…”
“Certo, Paul… Sta organizzando una trasferta di qualche settimana per registrare l’album in un casale in campagna e aiuta un po’ Miami… Cosa farà di così brutto?”
“Cercherà di allontanarti dai tuoi amici, Fred… E organizzerà un sacco di feste, in cui tu non riuscirai a controllarti… E poi, quando tu deciderai di sbarazzartene, pubblicherà delle notizie screditanti sul tuo conto…”
"Cazzo…”, dice turbato
“È meglio per tutti se lo licenziate subito…”
“Grazie…”, allunga il braccio verso di me e mi abbraccia forte
“Ti voglio bene, Freddie”
“Anche io, Ale…”
Mi stampa un bacio sulle labbra e poco dopo ci addormentiamo.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Voce narrante: Freddie

Il sole che entra dalle persiane mi risveglia da un sonno profondo. Sono solo le 8 del mattino e, considerando che io e Alessia ci siamo addormentati alle 3.30, non sono molto riposato. Mi alzo lentamente dal letto e tiro le tende. Non voglio che la bellissima creatura sotto le lenzuola si svegli a causa della luce. Mi siedo sul ciglio del letto e la osservo dormire. Ha una posa strana: è a pancia in su, con la bocca semiaperta e un braccio dietro la testa. Ma anche così, con tutti i capelli scompigliati, è stupenda. Avvicino la mia mano al suo viso e le faccio una carezza. Starei delle ore a guardarla e di questo proprio non mi capacito. Ho passato tutta la vita in lotta interiore e, quando sono riuscito finalmente ad ammettere a me stesso di essere gay, è arrivata lei. Senza considerare, poi, che Alessia è la mia salvatrice. Non sapevo di avere così pochi anni ancora davanti e non ho voluto crederle inizialmente forse perché avevo paura di affrontare il mio destino. Ma lei e Roger mi hanno salvato… Mi hanno dimostrato, ognuno a suo modo, un amore incondizionato e non saprò mai come sdebitarmi.
Appoggio la testa sul cuscino accanto a quella di Alessia e annuso il suo profumo. Non riesco a spiegare di cosa sappia, ma per me è il profumo più buono del mondo. Sa di lei. Le do un piccolo bacio sulla guancia e avvolgo la sua vita con un braccio. In quel momento lei si sveglia e, ancora con gli occhi chiusi, allarga la bocca in un sorriso meraviglioso.
“Buongiorno principessa”, gli sussurro in un’orecchio
“Buongiorno Fred…”, mi risponde aprendo finalmente i suoi grandi occhi nocciola
Mi da un lieve bacio sulle labbra e mi sorride ancora.
“È presto… Dormi ancora un po’…”, le dico poi
“Oggi è domenica, Fred… Non voglio buttare via nemmeno un secondo di questa giornata con te…”, così dicendo mi bacia nuovamente e io stavolta non lascio che si stacchi da me
“E sentiamo… Cosa ti andrebbe di fare oggi?”, le chiedo poi facendole appoggiare la testa sul mio petto e passando delicatamente le mani tra i suoi capelli “Qualunque cosa, purché stiamo insieme…”
“D’accordo… Mi farò venire in mente qualcosa… Intanto vado in cucina e ti preparo qualcosa per la colazione…”
“Lascia, Freddie… Faccio io…”
“Non se ne parla proprio, mia cara! Tu stamattina non fai nulla… Sarò il tuo cavalier servente…”, le rispondo mettendomi in ginocchio sul letto e facendo un inchino
“Che scemo che sei! Guarda che poi me ne approfitto!”, mi minaccia
“Correrò questo rischio!”
Lei mi salta al collo e mi bacia ancora. Sembra che nessuno dei due riesca a stare per troppo tempo senza assaggiare le labbra dell’altro.

“Allora dove mi porta signor Mercury?”, mi chiede addentando il suo pancake con la marmellata
“Pensavo di farti visitare la città come si deve… Se non ricordo male, era questa la mia intenzione quando ti ho chiesto di uscire la prima volta…”
“Già… Però poi hai preferito portarmi a vedere le stelle…”, mi dice guardandomi storta
“Ti è dispiaciuto?”, le chiedo io ammiccante
“Neanche un po’…”
Ridiamo di cuore e le stampo un sonoro bacio sulla guancia.
“Cosa ti piacerebbe vedere di Londra?”, le chiedo poi
“Decidi tu…”
“Beh, se ti piacciono i musei non possiamo non andare alla National Gallery e al British Museum… Se preferisci la storia, invece, opterei per la House of Parliament, la Torre di Londra, il Tower Bridge e Buckingham Palace… Ovviamente non possiamo vedere tutto in un giorno, ma queste sono le opzioni…”
“Io direi che potremmo andare alla National Gallery e poi alla House of Parliament… Il resto, anche se tra trent’anni, l’ho già visitato…”
“Ok… Per me va bene! Andiamo a prepararci…”
“Posso farmi una doccia veloce?”, mi chiede lei
“Certo! Se vuoi anche passare dal convitto e prendere dei vestiti più comodi, non c’è nessun problema… Il museo credo apra alle 10 e sono da poco passate le 9… Abbiamo tutto il tempo!”
“Perfetto!”
Dopodiché si alza e va in bagno. Poco dopo sento scorrere l’acqua della doccia. Ripulisco il tavolo dalla colazione e la raggiungo.
“Tesoro, ti lascio l’asciugamano sull’attaccapanni qui fuori”, le dico mentre lei è già sotto la doccia
“Ok, grazie… tu non ti dai una rinfrescata?”, mi chiede poi
“Guarda che se entro in doccia con te rischiamo di non vedere proprio niente oggi…”, le rispondo sornione
“Non aspetto altro…”, mi dice aprendo leggermente le ante della doccia e facendomi scorgere il suo corpo bagnato
Il tempo di levarmi i boxer e la maglietta che ho usato per dormire, e il mio corpo preme contro il suo sotto un getto d’acqua bollente. La bacio quasi violentemente, mentre la mia mano sinistra le tira leggermente i capelli, facendole andare indietro la testa e provocandole un gemito. Lascio una serie di baci e morsi lungo il suo collo, rimasto scoperto, mentre il suo respiro si fa sempre più affannoso.
“Oh, Freddie… Mi fai morire così!”, mi sussurra ad un tratto
Decido di darle tregua per un attimo, allentando la presa sui suoi capelli e abbracciandola. Alessia ne approfitta subito e prende in mano il mio membro. La sento iniziare a muovere la mano su e giù molto lentamente. Non capisco più niente, ma decido che stavolta sarò io a guidare il gioco. Così fermo la sua tortura e inizio la mia, disegnando con la lingua un percorso che va dai suoi capezzoli fino all’ombelico, per poi scendere ancora. Quando sfioro il suo clitoride la sento gemere forte e continuo ad accarezzare delicatamente il suo sesso, muovendo la lingua a ritmo discontinuo. Lento. Veloce. Poi ancora lento e poi veloce. La sto facendo impazzire e sentirla inerme per opera mia mi fa eccitare sempre di più.
“Ti prego, Freddie…”, mi supplica
“Voglio sentirtelo dire…”, la incito
“Scopami…”, mi urla come se fosse quasi una minaccia
Io, dopo lo stupore iniziale per la carica erotica che ci ha assaliti dopo la notte fin troppo romantica appena passata, mi rialzo e le faccio sollevare una gamba, legandola dietro di me. In quel momento la penetro con un colpo di reni e inizio a muovermi velocemente, premendo il suo corpo contro il muro bagnato della doccia. Quando, pochi istanti dopo, la sento urlare per l’orgasmo prolungato che le ho provocato, mi lascio andare anche io e vengo dentro di lei.
“Wow, signor Mercury… Ci sa fare…”, mi sussurra sfinita con le labbra ancora appoggiate alle mie
“Anche lei, signorina Ferrari…”
“Ma se non mi hai lasciato fare nulla…”, sorride lei
“Beh, ieri hai avuto fin troppa iniziativa mi pare…”, le faccio notare
Lei scoppia a ridere.
“Perché ridi ora?”
“Perché… a parte che avevo una voglia matta di fare l’amore con te… ero anche un po’ curiosa…”, ride ancora
“In che senso curiosa?”
“Di vedere se la protuberanza che si vedeva sotto i pantaloni fosse tutta roba tua…”, mi dice arrossendo e continuando a sbellicarsi
A quel punto scoppio anche io in una risata fragorosa.
“Hai capito la ragazzina?!”, esclamo stupito
“Io non sono una ragazzina, Mercury…”, mi prende in giro
“Va bene donna anziana!”, le do una leggera pacca sul sedere e la bacio, stavolta dolcemente
“Sei tremendo”
“E tu sei maledettamente bella”, le sussurro

Un’ora dopo stiamo camminando tra un’opera e l’altra all’interno della National Gallery. L’arte mi è sempre piaciuta molto e da quando vivo a Londra vengo qui almeno una volta all’anno, non solo per vedere le nuove opere arrivate nel celebre museo, ma anche per gustare nuovamente quelle che ho già potuto ammirare le volte precedenti. Non ho un genere che preferisco rispetto ad un altro, né un’artista prediletto. A me basta che sia arte e che mi trasmetta qualcosa.
Quando arriviamo al Battesimo di Cristo di Piero Della Francesca, Alessia si ferma e lo osserva estasiata.
“Ho sempre adorato questo dipinto… Non so nemmeno io il perché, ma lo trovo meraviglioso…”, poi ride di gusto
“Certo che sei strana! Che c’è di così divertente adesso?”, le chiedo contrariato
“No, niente… è che mi sono immaginata la faccia del mio professore di Storia dell’arte al liceo se gli avessi detto Non so nemmeno il perché, ma lo trovo meraviglioso… credo che mi avrebbe guardato storto e mi avrebbe fatto tornare al posto con un 5 di incoraggiamento…”
“Era così severo?”
“No no, anzi… però voleva che esprimessimo al meglio ciò che provocavano i noi le varie opere… E comunque sono sempre stata brava… Un po’ meno invece nel disegno… Ero una vera schiappa!”
“Davvero? Io invece sono abbastanza bravo… Un giorno ti farò un ritratto… Così potrò osservarti per ore e pensare bene a ciò che mi provochi… Come diceva il tuo professore…”, le dico dandole un dolce bacio sulle labbra
“Ci sto!” Facciamo ancora un giro tra le opere degli artisti italiani, passando dalla Vergine delle Rocce di Leonardo a Venere e Marte del Botticelli. Poi ci spostiamo nella zona degli impressionisti e post-impressionisti e, dopo un dibattito piuttosto acceso, seppur scherzoso, sui Girasoli di Van Gogh (a me piace molto, mentre a lei non dice proprio nulla come opera), decidiamo di andare a pranzo.

“Avevi fame, tesoro?”, le chiedo guardandola addentare con foga il suo sandwich al tonno e mozzarella
“Abbastanza”, mi risponde con la bocca piena
A me scappa un sorriso e rimango immobile per qualche secondo a fissarla.
“Che c’è?”, mi chiede lei
“Niente… è che sei stupenda…”
Lei arrossisce e mi prende la mano.
“Non mi conosci ancora bene… So essere una vera rompiscatole!”
“Oh, se è per questo anche io! Chiedi ai ragazzi cosa succede quando non mi va bene qualcosa… divento furibondo!”
Sorridiamo entrambi e, una volta che abbiamo finito di mangiare, ripartiamo alla volta della House of Parliament.

“Wow! Che meraviglia!”, esclama estasiata Alessia una volta arrivata in cima al Big Ben
“Menomale che almeno ti piace! Mi hai fatto fare 334 scalini per arrivare fin quassù!”, le dico con il fiatone
“Madonna quanto sei vecchio!”, mi canzona dandomi una leggera spinta e iniziando a ridere a crepapelle vedendo la mia faccia rossa come un pomodoro
“Ridi ridi! Che poi queste le paghi tutte con gli interessi!”, la minaccio
“Se ti rimane il fiato!”, continua a ridere lei Io la prendo per un braccio e la attiro a me, stampandole un bacio sulle labbra.
“Stai attenta, ragazzina…”, le sussurro poi sorridendo
Lei mi da ancora un leggero bacio e poi si allontana per ammirare meglio Londra dai 97 metri della Elizabeth Tower. Io, che soffro leggermente di vertigini, non mi sporgo più di tanto, approfittandone per percorrere con lo sguardo la figura meravigliosa di quella che posso definire a tutti gli effetti la mia ragazza.
“Sai che sei la prima a convincermi a salire sul Big Ben?”
“Mi sento lusingata, signor Mercury!”
“Devi esserlo… ho le vertigini sull’ottovolante! Figurati qua sopra!”, le dico avvicinandomi di più al muro dietro di me
“Dai, dammi la mano… Dopo tutta la fatica che hai fatto devi vedere quanto è bella la città da qui!” I
o afferro la sua mano un po’ titubante e avanzo lentamente verso il davanzale di una delle volte che stanno sopra il grande orologio. Inizialmente tengo gli occhi chiusi, per paura che mi giri la testa. Poi, incitato da Alessia, ne apro uno timidamente.
“Dai, Fred! Non avere paura… apri anche l’altro e guardati attorno! L’importante è non guardare giù…”
Io seguo il suo consiglio e finalmente osservo estasiato attorno a me. Ha ragione. Se non abbasso lo sguardo, non ho le vertigini. Stringo la sua mano più forte e fisso un punto indefinito di cielo davanti a me. E senza quasi accorgermene sorrido come un ebete.
Adesso la felicità ha un nome e cognome: Alessia Ferrari.

FINE

Ciao a tutti! Finalmente siamo arrivati all'ultimo capitolo e ne approfitto per ringraziare tutti coloro che, anche senza recensire, hanno letto tutti i capitoli! Era la mia prima fan fiction e direi che sono abbastanza soddisfatta. Però si può sempre migliorare, perciò vi chiedo di scrivermi tutti i vostri consigli e le vostre critiche!
Al momento sto scrivendo un'altra fan fiction, che ha per protagonista Roger, ma avrei in programma anche di fare un sequel di questa. A presto!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3824193