La bambina di carta di Ray Wings (/viewuser.php?uid=60366)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Aria ***
Capitolo 2: *** Sorella ***
Capitolo 3: *** Casa ***
Capitolo 4: *** Condanna ***
Capitolo 5: *** Classe S ***
Capitolo 6: *** Addestramento ***
Capitolo 7: *** Un posto per te ***
Capitolo 8: *** La bambina di carta ***
Capitolo 9: *** Ragione di vita ***
Capitolo 10: *** Un posto per me ***
Capitolo 11: *** Raijinshuu ***
Capitolo 12: *** Wendy Marvell ***
Capitolo 13: *** Oracion Seis ***
Capitolo 14: *** Marionetta dagli occhi vuoti ***
Capitolo 15: *** Magia Creazionale ***
Capitolo 16: *** Lacryma di Dragon Slayer ***
Capitolo 17: *** Occupati di... loro ***
Capitolo 18: *** Compagni ***
Capitolo 19: *** Tornare ***
Capitolo 20: *** Porgere la mano ***
Capitolo 21: *** Pricchan ***
Capitolo 22: *** Io vengo da Earthland ***
Capitolo 23: *** Fairy Tail ***
Capitolo 24: *** Il ritorno del Principe ***
Capitolo 25: *** Cerimonia di addio ***
Capitolo 26: *** Sono a casa ***
Capitolo 27: *** Fratello ***
Capitolo 28: *** Esame ***
Capitolo 29: *** Prima prova ***
Capitolo 30: *** Inutile ***
Capitolo 31: *** Io credo in Fairy Tail ***
Capitolo 32: *** Qualcuno ci aiuti ***
Capitolo 33: *** Fino alla fine del temporale ***
Capitolo 34: *** Bentornato Laxus ***
Capitolo 35: *** Me l'hai insegnato tu ***
Capitolo 36: *** 7 anni ***
Capitolo 37: *** La ragazza che aspettava ***
Capitolo 38: *** Io... voglio... ***
Capitolo 39: *** L'hai picchiato? ***
Capitolo 40: *** Parfum ***
Capitolo 41: *** Sii forte ***
Capitolo 42: *** Tre mesi ***
Capitolo 43: *** Sky Labyrinth ***
Capitolo 44: *** Raven Tail ***
Capitolo 45: *** Voce ***
Capitolo 46: *** Ombra dalle dita fameliche ***
Capitolo 47: *** L'ultimo desiderio ***
Capitolo 48: *** Io sono qui ***
Capitolo 49: *** Io ti libererò ***
Capitolo 50: *** Cappotto ***
Capitolo 51: *** Fairy Shot ***
Capitolo 52: *** Perché non muori?! ***
Capitolo 53: *** Amiche ***
Capitolo 54: *** Lotta tra draghi ***
Capitolo 55: *** Parco acquatico ***
Capitolo 56: *** Assi nella manica ***
Capitolo 57: *** Diecimila draghi ***
Capitolo 58: *** Sette draghi ***
Capitolo 59: *** Nirvana ***
Capitolo 60: *** Ballo ***
Capitolo 61: *** Ritorno a Magnolia ***
Capitolo 62: *** Storie di dolci ***
Capitolo 63: *** La città dei fulmini ***
Capitolo 64: *** Olympos ***
Capitolo 65: *** Zeus ***
Capitolo 66: *** Banchetto ***
Capitolo 67: *** Piano ***
Capitolo 68: *** Cos'è una Pricchan? ***
Capitolo 69: *** Dissolvenza ***
Capitolo 1 *** Aria ***
Aria
Erano
tornati dall'isola Galuna appena il giorno prima e per loro fortuna
Makarov ancora non era rientrato dai suoi impegni, salvandoli almeno
per altre ventiquattro ore dalla terribile punizione che li aspettava
per aver intrapreso una missione di classe S senza permesso. Lucy,
tesa, sedeva in un angolo e fissava la porta come se da un momento a
un altro fosse potuto entrare un terribile mostro. Nessuno le aveva
voluto dire in cosa consisteva quella terrificante punizione e il non
sapere la torturava più di ogni cosa. Al contrario suo,
Natsu e Gray
sembravano non curarsene ed erano tornati quelli di sempre. Natsu
sostava di fronte alla bacheca delle richieste, contemplando e
bramando una nuova avventura. Gray sedeva pigramente a un tavolo,
senza vestiti, rilassato, con un boccale tra le mani. Cana, seduta
allo stesso tavolo, posò su di esso il barile che aveva
appena
finito di tracannare e lanciò uno sguardo al ragazzo, prima
di
rivelargli col solito tono pigro e ormai rassegnato: «Gray, i
vestiti». Il ragazzo parve accorgersene solo in quel momento
e
lanciò un urlo sorpreso, ma questo non lo convinse a
coprirsi. Levy
era seduta a un altro tavolo, occhiali sul naso, volto allegro,
leggeva uno dei suoi tanti libri mentre Jet e Droy sedevano al suo
fianco e la guardavano senza fiatare, per non disturbarla. L'amore
che provavano verso la loro compagna era assolutamente palese, ma per
loro sfortuna Levy non vedeva nessuno dei due con occhi diversi da
quelli dell'amicizia. Alzack e Bisca bevevano l'uno a fianco
all'altra, rossi in volto, incapaci di rivelarsi ciò che
veramente
provavano per entrambi si nascondevano dietro un velo di
quotidianità, aspettando chissà quale momento
propizio. Mirajane
serviva da bere al bancone del bar, Elfman urlava e sbraitava
qualcosa sull'essere un uomo, Reedus lo dipingeva con enfasi e infine
Macao e Wakaba guardavano il resto della gilda e cominciarono a
parlare di quando i giovani erano loro. I bei tempi andati. Tutto
nella norma, forse anche troppo per essere la gilda Fairy Tail, ma
era un giorno sereno e felice.
Fino
a quando l'aria non sembrò improvvisamente farsi
più cupa. Qualcosa
cambiò, un odore forse, o semplicemente la delicatezza degli
spifferi che entravano dalle finestre. La gola di Lucy si chiuse
ancora di più, leggendo in questi improvvisi segnali
l'imminenza di
un pericolo. L'oscurità cominciò a possederla,
tremava, lo stomaco
le doleva, la testa si faceva sempre più leggera e confusa.
Nessuno
parve notare quel cambiamento, tutto era spaventosamente normale, ma
lei lo sentiva. Era giunta la sua ora.
La
porta si spalancò con un tonfo. Sobbalzò e
mugolò di terrore,
puntando gli occhi ormai vacui all'ingresso. Erza aveva appena messo
piede dentro la gilda, uno strano sguardo torvo sul viso, la
determinazione dei suoi occhi comunicavano una sola cosa.
«Sta
tornando» annunciò semplicemente, prima entrare
del tutto,
lasciando andare la porta alle sue spalle.
Un
brivido percorse la schiena di Lucy e riuscì solo a
sibilare, in
preda al terrore, «Il master è qui!».
Era giunta dunque l'ora di
quell'orribile e tremenda punizione, in un giorno tanto sereno come
quello. Perché mai si era lasciata coinvolgere in
quell'assurda idea
di Natsu? Perché mai si lasciava sempre coinvolgere in tutte
le idee
di Natsu, che paradossalmente erano sempre assurde? Con la mente
annebbiata e l'umore ormai distrutto cominciò a passare in
rassegna
tutte le ipotesi che da lì a pochi minuti sarebbero potute
diventare
realtà: cosa l'aspettava? La reclusione? L'umiliazione?
Tremende
fatiche? Missioni impossibili? L'espulsione dalla gilda? Gli
sculaccioni? Un'immagine le invase la mente, l'enorme mano di Makarov
ingrossata all'inverosimile dal suo incredibile potere che la colpiva
con una forza tale da spedirla in orbita.
La
porta si spalancò nuovamente e una voce squillante
annunciò con
un'incredibile allegria: «Sono a casa!».
«Non
voglio!!!» urlò Lucy ormai in preda al panico,
lanciandosi verso
l'uscita, pronta a scappare anche per giorni se fosse stato
necessario. Ma la paura le aveva giocato un brutto scherzo e certo
non aveva pensato che finché sulla soglia stanziava chi era
appena
entrato, lei non poteva uscire senza urtarlo e travolgerlo. Si
accorse solo troppo tardi che chi aveva appena salutato per il suo
ritorno non era il master Makarov, ma una ragazza dai capelli corvini
che mai aveva visto prima di allora. Urlò ancora, forse
ancora
travolta dalla paura o forse terrorizzata dal fatto che stesse per
scontrarsi contro una perfetta sconosciuta. La ragazza si
voltò a
guardare chi le stesse letteralmente volando addosso, sbarrò
gli
occhi e urlò di rimando, altrettanta terrorizzata da
quell'improvvisa aggressione. Si guardarono per quei pochi istanti
che precedette l'impatto, spaventandosi a vicenda, fino a quando una
forza misteriosa non prese Lucy per i piedi e non la
scaraventò via,
dall'altra parte della sala, evitandole così di scontrarsi
con la
sconosciuta. A salvarla da una terribile caduta fu proprio Natsu,
fermo ancora davanti alla bacheca degli incarichi, che
sventuratamente si trovò proprio sulla sua traiettoria. Lucy
gli
cadde addosso, non senza prima aver colpito nel volo qualche testa
qua e là. Un vociare si alzò improvvisamente,
furibondo, ognuno
rivolto al proprio vicino.
«Ohy!
Perché mi hai colpito?»
«Sei
stato tu, l'ho visto!»
«Come
hai osato?!»
«Adesso
ti concio per le feste!»
E
in pochi secondi ognuno di loro rivolse a chiunque si trovasse nelle
proprie vicinanze calci e pugni, senza distinguere chi e
perché.
Natsu si alzò di colpo, facendo cadere Lucy al proprio
fianco, come
se neanche l'avesse notata. Guardò i suoi compagni di gilda
impegnati a darsi alle mani e gridò entusiasta:
«Una rissa!
Arrivo!»
«Vai,
Natsu!» lo incoraggiò Happy.
Il
caos coinvolse in pochi secondi ogni membro della gilda, tranne la
povera e ormai rassegnata Mirajane che cercava di portare un vassoio
con dei bicchieri vuoti al banco per pulirli. Persino Erza si
ritrovò
coinvolta nello scontro, furibonda per la confusione, convinta di
poter calmare tutti a suon di pugni.
Mira
passò davanti all'ingresso, dove ancora immobile, sorpresa e
sconvolta per l'accoglienza, c'era la ragazza che per poco non era
stata vittima dell'assalto di Lucy. Le sorrise, con la sua solita
disinvoltura, ignorando i feriti che cadevano a terra alle sue
spalle.
«Bentornata,
Priscilla!» salutò.
La
ragazza parve risvegliarsi dalla sorpresa che l'aveva paralizzata
fino ad allora e allargò un enorme sorriso, prima di
salutare con
euforia: «Ciao Mira-chan! Cosa c'è da
mangiare?»
«Sei
appena tornata e già pensi a mangiare?» rise Mira,
divertita da
quella che sembrava essere un'abitudine, o forse un vizio, della
ragazza.
«Proprio
perché sono appena tornata penso subito a
mangiare» mormorò lei,
incassando la testa nelle spalle e arrossendo di vergogna.
«È stato
lungo il viaggio, ho una fame incredibile!»
«Vieni,
ti preparo subito qualcosa» ridacchiò ancora Mira
e Priscilla tornò
a illuminarsi, rispondendo: «Grazie!»
«Priscilla!»
la roca voce di Natsu la raggiunse con tale forza da far tremare le
pareti. La ragazza sobbalzò dalla paura e si
voltò appena in tempo
per vederlo correre verso di lei con uno sguardo allucinato.
«Combatti contro di me!» sbraitò,
caricando il pugno che avrebbe
sferrato contro di lei in pochi istanti.
Priscilla
urlò terrorizzata e alzò le mani davanti a
sé, in un istintivo
gesto di protezione. Chiuse gli occhi, spaventata dall'impatto che
sarebbe avvenuto da lì a poco, e indietreggiò
appena con le spalle.
Natsu non la raggiunse mai, ma qualcosa di invisibile lo
sbalzò via,
facendolo volare violentemente dall'altra parte della gilda.
Raggiunse con una tale velocità la bacheca degli incarichi
che la
sfondò con la testa, restando incastrato al suo interno. Il
corpo da
un lato e la testa dall'altro, ormai privo di sensi per il violento
impatto. Lucy, ancora stesa a terra lì vicino, lo
guardò
terrorizzata e rabbrividì nel notare quanto facilmente fosse
stato
messo al tappeto.
«Natsu!»
sussultò Priscilla, terrorizzata per quanto avesse appena
fatto.
Sollevò i piedi da terra, galleggiando in aria, e
volò rapidamente
a fianco dell'amico svenuto. Lucy la guardò sorpresa e
cominciò a
intuire cosa fosse appena accaduto.
"Sa
volare" osservò mentre Priscilla afferrava i piedi di Natsu
e
cominciava a tirare dalla sua parte per disincastrare il ragazzo da
dentro la bacheca.
«Mi
dispiace!» balbettava costernata nel mentre.
«Perché mi hai
attaccata in quel modo? Mi hai spaventata, scemo!» lo
accusò,
continuando a tirare invano.
«Natsu!»
digrignò i denti, tirando ancora più forte.
«Ti
aiuto io!» annunciò Happy, volando al suo fianco e
afferrando Natsu
per i vestiti. Priscilla si illuminò nuovamente nel vedere
il
gattino blu ed esclamò con euforia:
«Happy!»
«Aye!»
rispose Happy, altrettanto allegro.
"La
conoscono tutti" rifletté Lucy. "È un membro di
Fairy
Tail?" si chiese, cercando sul corpo della ragazza il simbolo
che contrassegnava l'appartenenza alla gilda. I capelli a caschetto,
neri, con solo due sottili treccine che partivano dalla nuca e
scendevano giù fino al seno, lasciavano scoperto il collo ma
il
simbolo non si trovava lì. Era vestita in maniera
particolare,
decisamente curioso, con ampie porzioni di pelle scoperte. La maglia,
sicuramente di un materiale sintetico, simile alla pelle ma
decisamente più morbida, ben aderente, aveva una sola manica
lungo
il braccio sinistro. Il braccio destro era nudo e sulla mano, sono su
quella, portava un guanto nero anch'esso, dalle dita tagliate. Sul
ventre la maglia si apriva ad arco, partendo dai fianchi fin sotto al
seno, disegnando con i bordi una serie di piccoli ghirigori. Ma anche
lì, nessun segno del simbolo della gilda.
I
pantaloni arrivavano appena sotto le ginocchia e in vita aveva una
serie di catenine e cinture in metallo che dondolavano ad ogni suo
movimento, appoggiandosi sui fianchi, circondandoglieli con
delicatezza. Ai piedi aveva semplici sandali aperti, con delle
cinghie che le chiudevano le caviglie, ma anche su tutta quella
porzione di pelle non c'era nessun segno. La pelle era perfettamente
candida, curata, senza nessun segno, contrastava molto con i suoi
capelli e con l'abbigliamento interamente nero. L'unico cenno di
colore erano i suoi occhi azzurri.
Priscilla
e Happy dopo una serie di tentativi riuscirono a tirar fuori la testa
di Natsu da dentro la bacheca anche se la forza che utilizzarono fu
tale da scaraventare l'amico alle loro spalle non appena fu libero.
Natsu roteò per aria, sotto gli occhi spaventati di
Priscilla, fino
a che non atterrò addosso a Wakaba e Macao, ponendo con quel
terribile schianto la fine della loro lite. Il resto della gilda a
poco a poco cessò i combattimenti, per guardare i tre a
terra, ormai
privi di coscienza. Non ci fu bisogno di nessuna dichiarazione di
pace, semplicemente la rissa terminò come era iniziata, e
tutti
tornarono alla loro quotidianità. Happy volò
verso Natsu e lo
afferrò per i vestiti, sollevandolo da sopra Macao e
portandolo
sopra una panchina per farlo riprendere. Elfman e Jet fecero lo
stesso con Macao e Wakaba, anche loro fuori combattimento. Priscilla
continuò a galleggiare per aria e sollevando le gambe le
incrociò,
come se si fosse messa a sedere. Guardò i membri della gilda
che
piano piano tornavano alla loro normalità, infine si
voltò verso
Lucy, ancora a terra. La guardò qualche secondo,
studiandola, e
questo mise Lucy un po' in imbarazzo. Ma poi Priscilla
allargò un
altro di quegli enormi sorrisi che parevano illuminarla e
stringendosi nelle spalle disse: «Tu devi essere
Lucy!»
Il
suo ingresso era stato sicuramente turbolento, non era certo il
miglior modo di fare una presentazione e una nuova amicizia, ma forse
proprio per quello Lucy sentì da subito una forte simpatia
nei
confronti di quella ragazza volante.
«Sì,
piacere» disse, alzandosi. «E tu ti chiami
Priscilla, vero?»
La
ragazza annuì, prima di assumere un'improvvisa posizione da
Buddha e
un'aria solenne. «Sono la Dea dell'aria e il vento mi ha
portato
notizia del tuo arrivo e del tuo nome, perciò io conosco
già la tua
venuta» disse con una certa importanza.
«Eh?»
sobbalzò Lucy, sconvolta da quell'improvviso cambiamento
d'atteggiamento, ma Mirajane intervenne a rompere ogni sorta di
incantesimo, rivelando invece: «Le ho parlato io di te,
durante una
chiamata con la Lacrima di comunicazione».
«Mira-chan!»
sbuffò Priscilla. «Perché le hai detto
la verità, volevo essere
la sua Dea per un po'!»
«Non
avrebbe retto per molto» ridacchiò Mira.
«Ma
per un po' sì. Mi hai tolto tutto il divertimento»
borbottò come
una bambina, incassando nuovamente la testa nelle spalle. Mira rise
divertita, prima di posare sul banco un piatto ricolmo di carne,
patate e un tozzo di pane. L'espressione di Priscilla mutò
nuovamente, tornando a illuminarsi, e come un razzo volò
verso di
esso afferrando il primo cosciotto di carne. Non si mise sulla sedia,
ma rimase sollevata per aria, ancora a gambe incrociate, cosa che
stupì molto Lucy. Quanta magia sprecava, in quel modo?
Nonostante
il corpo minuto e l'apparenza, Priscilla cominciò a mangiare
con la
grazia di un animale a cui era stato negato cibo per settimane,
perdendo così all'improvviso tutta la sua
femminilità.
«Ecco»
mormorò Lucy, sedendosi al suo fianco, curiosa di saperne di
più.
«Sei
un membro di Fairy Tail... giusto?» chiese, guardando
Priscilla che
cercava di infilarsi in bocca più cose di quante questa
riuscisse a
contenerne.
Priscilla
annuì, prima di biascicare: «Da quando ero
piccola». Ingoiò un
boccone esagerato, rischiando quasi di strozzarsi, ma questo non
parve disturbarla. Tornò a sorridere incredibilmente e
sventolando
la mano davanti alla faccia ammise divertita: «Ma non sono un
granché come maga, a dire il vero».
«Priscilla,
non dire così» disse Mira, rattristata dalla
confessione della
ragazza. «Basterebbe che tu ci mettessi un po' più
di impegno, lo
sai».
«Mira-chan,
cerchi sempre di consolarmi» sospirò lei.
«Ma non ce n'è bisogno.
La cosa non mi disturba, davvero» ammise verso Lucy.
«Natsu
però ti voleva sfidare, non penso che sia della stessa
idea»
mormorò lei, ricordando l'enfasi con cui Natsu le si era
scagliato
contro.
«Natsu
vuole sempre combattere contro tutti ed è solo frustrato dal
fatto
che non è mai riuscito ad avvicinarsi a me, ma questo non lo
rende
meno forte, solo più stupido. E io preferisco evitare il
confronto
aperto con lui, mi ridurrebbe in cenere!»
confessò. Afferrò il
piatto vuoto e lo allungò in avanti, esclamando famelica:
«Mira-chan, ancora!»
«Sono
l'unica con cui non è ancora riuscito a tirare due pugni, lo
evito
sempre, mi detesta per questo» aggiunse poi, non appena Mira
le
passò un altro piatto stracolmo.
«Ci
vuole grande capacità anche nell'evitarlo,
però» ridacchiò Lucy,
pensando all'insistenza e alla furia di Natsu quando si trattava di
menar pugni.
«Per
me è facile» spiegò Priscilla, tornando
ad ingozzarsi. «La mia
magia è quella dell'aria, posso gestirla a mio
piacimento» e con la
punta del dito, come dimostrazione, creò un micro vortice
d'aria
alto appena cinque centimetri che le turbinava sul polpastrello. Lucy
lo guardò sorpresa e ammirata.
«Una
folata di vento e lo lancio via. È lo stesso che ho fatto
con te. A
proposito!» si ricordò improvvisamente. Le prese
le mani e chinò
la testa in segno di costernazione. «Scusami tanto! Non
volevo! Mi
hai spaventata a morte quando mi hai assalita, non volevo farti del
male!» mugolò.
«Non
preoccuparti! È colpa mia che ti sono corsa incontro a quel
modo»
mormorò Lucy, pregando che non le chiedesse
perché mai stesse
correndo fuori dalla gilda urlando in quel modo. Sarebbe stato
imbarazzante.
«Priscilla!»
il ruggito di Natsu alle sue spalle, appena sveglio, la colse
così
alla sprovvista che Priscilla urlò ancora, spaventata, e
lanciò per
aria il cibo che stava mangiando. Natsu le corse incontro, pronto per
riprovarci, e Priscilla si voltò di colpo, a braccio teso,
roteando
su se stessa.
«Piantala
Natsu! Mi farai morire d'infarto prima o poi!»
gridò, mentre
un'altra folata di vento colpiva il ragazzo e lo scaraventava di
nuovo contro il muro.
«Insomma,
Natsu! Non è carino prendersela con chi è
più debole di te!» lo
rimproverò Lucy, pronta a prendere le redini di quel ragazzo
che
ogni tanto sembrava un vero e proprio selvaggio. Natsu si
rialzò in
piedi e sbraitò, scalciando e menando pugni al vento:
«Prima o poi
riuscirò a batterla!»
«Non
abbiamo mai combattuto, a dire il vero» mormorò
Priscilla,
rassegnata.
«Gray!»
gridò Natsu, avvicinandosi al moro. «Sono
arrabbiato! Affrontami!»
«Natsu,
scemo! Che c'entro io!» ringhiò Gray, irritato per
essere stato
interpellato in quel modo.
«Come
sarebbe a dire "che c'entro io?"» chiese Natsu,
piantandosi fronte contro fronte con quella di Gray.
«Idiota!
Vuoi rogne?» ringhiò ancora Gray e quello fu il
segnale che avrebbe
nuovamente dato il via alla lite, nonostante una rissa fosse appena
terminata.
«Adesso
basta!» ordinò Erza, intervenendo a pugni serrati
contro entrambi i
ragazzi e stendendoli senza troppo impegno. Priscilla
scoppiò a
ridere talmente forte che le vennero le lacrime agli occhi.
Sgambettava per aria, ancora galleggiante, e si teneva la pancia con
una mano, ridendo in maniera sganasciata. Lucy non conosceva molto di
lei, nonostante avesse studiato molto la storia e le origini di Fairy
Tail, effettivamente non aveva sentito molte cose su quella ragazza
anche se ricordava di aver letto qualche volta quel nome su qualche
rivista. Probabilmente proprio perché, anche se era
lì da molti
anni, non era una delle più forti e non aveva mai portato a
termine
missioni degne di una notizia o un trafiletto su un giornale.
Ciò
nonostante, il suo modo di fare bastava a renderla un membro a tutti
gli effetti di quella gilda di matti. Persino quel suo modo di ridere
delle botte che Erza sferrava contro i suoi compagni era rumoroso e
confusionario tale che chiunque avrebbe potuto riconoscerla come
membro della gilda, anche senza che potessero vedere il simbolo sulla
sua pelle. Incredibilmente, le era già molto simpatica.
NDA.
Ciao
a tutti, piacere! Sono Ray, colei che inventa nuovi pg XD (se date
uno sguardo alla mia pagina vedrete che ce l’ho di vizio).
Per
questo motivo vengo spesso amata/odiata, a seconda delle ship che
rovino o creo con il loro ingresso. Non mi aspetto grandi
approvazioni, per questo motivo, ma se deciderete di darmi una chance
ve ne sarò eternamente grata.
Come
potete vedere questo primo capitolo è puramente introduttivo
e serve
solo a Priscilla per venire al mondo, fare una bella sfilata
sculettante di fronte al pubblico, e tornare dietro al sipario. La
vera storia inizierà tutta dal prossimo capitolo e
durerà… per un
po’. L’arco narrativo parte, come avrete capito,
dal ritorno di
Lucy and Friends dall’isola Galuna/Garuna e
proseguirà
praticamente fino in fondo. Qualche informazione di servizio a
proposito:
-Inizialmente
avevo pensato di seguire l’anime, ma poi ho cambiato idea e
ho
iniziato a seguire le vicende del manga, perciò alcune saghe
o
eventi non saranno presenti.
-Priscilla
non prenderà parte proprio a tutte tutte le vicende di Lucy
and
Friends, il punto di vista è sicuramente il suo
perciò ci saranno
volte in cui il focus abbandonerà i nostri amici per
concentrarsi
sulle sue personali (dis)avventure.
-I
NOMI! Esatto, questo punto merita il Caps Lock. Mi sono disperata,
come succede SEMPRE con un manga, nel capire quali siano i reali nomi
di alcuni personaggi. Gerard/Jellal, Ultear/Uruttia, Laxus/Luxus,
Charle/Carla, Gajeel/Gazille… aiuto! Perciò alla
fine ho
semplicemente scelto quelli a cui ero più abituata/mi
piacevano di
più, facendo un gran minestrone. Non so dire se abbia fatto
bene o
male, dico solo non giudicatemi e accettateli per quelli che sono xD
-Qualche
info sulle ship, visto che vi piacciono tanto (pure a me, non
mentiamo): amo le ships “originali” e quelle ho
mantenuto,
enfatizzandone alcune. Perciò, sì, troverete in
abbondanza:
Natsu-Lucy, Gerard-Erza, Levy-Gajeel e Gray-Lluvia. Non troverete
Laxus-Mirajane o Bickslow-Lisanna (tanto meno le Yaoi come Gray-Leon,
anche se ho mantenuto la presunta omosessualità di Fried),
ma
potrete trovare invece una Elfman-Evergreen (perché quei due
sono la
meraviglia assoluta). E boh… non me ne vengono in mente
altre, però
diciamo che a parte qualche piccolo no ad un paio di ships le altre
sono tutte presenti.
-Non
sono brava con le introduzioni, ho provato a improvvisare qualcosa ma
è facilissimo che la cambierò almeno una volta a
settimana fino a
quando non mi stuferò. Perciò non spaventatevi xD
-Ho
cominciato da poco a leggere il manga, ho principalmente seguito
l’anime che è ancora in corso (sono in pari).
Perciò non so
ancora come finisce Fairy Tail e se ci sono misteri misteriosi che si
scoprono dopo, perciò per chi già conosce tutta
la storia fino alla
fine chiedo perdono ma può esserci rischio di qualche
incongruenza/errore.
Sono
disponibilissima a qualsiasi tipo di commento, che siano positivi,
negativi, interrogativi (?), anche quelli di tre semplici parole
(“Mi
fa cagare”). Va bene tutto, io sono felice anche solo se vedo
il
numero delle visual aumentare, perciò non fatevi problemi se
pensate
“non so che dirle” potete anche solo scrivermi
“Ciao, non so
che dirti” e sparire e io son contenta lo stesso xD
Penso
di aver detto tutto quello che dovevo perciò vi mando un
saluto. Se
avete qualche curiosità o domanda, scrivetemi pure un commento o in mp!
<3
Peace
and Love <3
Ray
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Capitolo 2 *** Sorella ***
Sorella
Priscilla
sospirò soddisfatta, accasciandosi sul bancone con un
sorriso sul
volto. «Ora sono sazia» comunicò,
volgendo le spalle a una
montagna di piatti vuoti. «Quanto hai mangiato?»
strillò Jet,
guardando terrorizzato i piatti.
«Almeno
c'è rimasto qualcosa per noi?» chiese Macao, sulla
scia del
compagno.
«Un
vero uomo ha bisogno di mangiare molto per recuperare le
forze!»
gridò Elfman, guardando con orgoglio la ragazza che ora
pareva
appisolata sul bancone.
«Ohi,
ohi» sospirò Mira. «Temo che domani
mattina dovrò uscire presto
per fare la spesa».
«Ohi,
tu!» ringhiò Gray, avvicinandosi a Priscilla.
«Potresti almeno
proporti per accompagnarla e aiutarla, visto che è colpa
tua!»
In
tutta risposta Gray ricevette una russata più forte delle
altre, a
comunicargli che in realtà ora Priscilla dormiva di gusto e
certo
non l'aveva sentito.
«Dorme!»
spiegò con allegria Happy, come se non fosse già
palese a tutti.
«Con
questo fracasso, riesce a dormire?» chiese Lucy, sconvolta.
«Deve
essere proprio stanca» osservò con
ingenuità Mirajane, cominciando
a raccogliere le stoviglie sporche per rimettere in ordine.
«È
stata via a lungo e Mistgun non è mai semplice da seguire
nelle
missioni che sceglie».
«Mistgun?»
chiese Lucy, mentre Levy si avvicinava alla ragazza russante.
«Mira-san, la riportiamo noi al dormitorio»
comunicò, mentre Jet
si caricava Priscilla sulle spalle. «È
più leggera di quanto
ricordassi» osservò lui.
«Considerato
quanto ha mangiato, credo che abbia digiunato per un po'»
rispose
Levy, camminandogli a fianco.
«Priscilla
che digiuna!» scoppiò a ridere Droy, non credendo
per niente alle
parole della compagna. Se c'era una cosa che Priscilla non sapeva
fare era non mangiare per più di qualche minuto. In
qualsiasi
istante la si poteva trovare con qualcosa in bocca: un panino, una
pagnotta, delle patate. Il più delle volte, però,
erano dolci. La
frutta caramellata era sicuramente la sua preferita, forse anche
perché la più longeva e poteva sgranocchiare a
lungo senza dover
poi correre alla ricerca di qualcos'altro.
«Proprio
ieri ho visto delle splendide fragole dal fruttivendolo!» si
ricordò
Mirajane, rallegrandosi. «Ne prenderò un po'.
Priscilla ne sarà
contenta».
«Mira-san!
Allora noi andiamo!» salutò Levy dalla porta e la
ragazza non esitò
a risponderle con un radioso sorriso. «Fate attenzione per
strada!»
«Anche
oggi mi ha battuto, lei!» esordì Natsu, sedendosi
nervoso di fianco
a Lucy.
«A
me pare che invece ti abbia evitato solamente»
osservò lei, non
capendo come lui potesse considerare la reazione di Priscilla quella
di una che ha combattuto e vinto. Natsu urlò rabbioso,
sgambettando
dal nervoso e infine si alzò in piedi.
«Andiamo
Happy!»
«Aye!»
rispose allegro il gatto. A passi pesanti Natsu si avviò
verso
l'uscita, intenzionato sicuramente a tornare a casa vista la tarda
ora. Poi si ricordò di qualcosa di importante e si
voltò verso
Lucy, dicendole: «Ho trovato una missione perfetta per noi,
Lucy!
Partiamo domani mattina!»
«E
quando avevi intenzione di chiedermelo?» ringhiò
lei, furibonda del
fatto che ancora una volta lui avesse preso l'iniziativa,
coinvolgendola senza chiederle il parere. Natsu la ignorò e
uscì da
Fairy Tail, facendosi sentire con quella sua squillante voce per i
successivi venti metri. Lucy sospirò, ormai era ben
consapevole che
mai sarebbe riuscita a salvarsi da quel modo di fare del ragazzo, ma
sotto sotto non le dispiaceva nemmeno troppo.
«Bene»
annunciò, alzandosi in piedi. «È meglio
che vada a casa a
riposare, allora» e con un gran sorriso uscì dalla
gilda, insieme a
Plue che tremolante non smetteva un attimo di andarle dietro con
allegria.
La
mattina dopo, armata di valigia, pronta per partire, Lucy fece il suo
ingresso nella gilda. Lì si sarebbe incontrata con Natsu e
sicuramente si sarebbero uniti anche Erza e Gray.
L'appuntamento
era per le nove, ma l'entusiasmo per un nuovo lavoro era tale che
Lucy arrivò alla gilda almeno mezz'ora prima. Gray e Natsu
erano già
dentro, ad aspettarla, anche se impegnati a bisticciare tra loro.
Erza ancora non si vedeva, ma sapeva che certo non avrebbe tardato.
Ciò che non si sarebbe aspettata era invece la tensione che
quella
mattina pareva impregnare l'aria della gilda, di solito allegra e
spensierata. Se non per Natsu e Gray, nessuno litigava e nessuno
parlava troppo rumorosamente. C’era una strana quiete.
Chiunque non
conoscesse realmente i membri di Fairy Tail non avrebbe visto niente
di strano, se non una locanda dove la gente beveva e mangiava
tranquillamente, ma lei invece la conosceva bene. C'era troppa calma,
tanto pesante da sembrare quasi angosciante. Persino Mirajane aveva
un sorriso più spento del solito.
Priscilla,
seduta a un tavolo non troppo distante dall'ingresso, alzò
gli occhi
dal piatto ricolmo che aveva davanti e si illuminò. Lei,
diversamente dagli altri, non sembrava diversa da quella della sera
prima.
«Lucy-chan!»
salutò tanto euforicamente da sollevarsi nuovamente per aria
e
galleggiare nel vuoto. «Pronta a partire?»
Lucy
annuì e cercò di rispondere alla sua allegria, ma
non riuscì a
liberarsi da quello strano senso di turbamento. «Io penso mi
prenderò invece delle ferie... magari uno o due
anni» ridacchiò
sorniona.
«Anni?»
sussultò sorpresa Lucy.
«Io
penso invece dovresti cominciare a guardare la bacheca,
Priscilla»
cercò di riprenderla Mirajane, con la sua solita delicatezza
quasi
materna.
«Non
ne ho voglia» ammise Priscilla con innocenza, ondeggiando per
aria
come una barca sul mare in tempesta. Quella semplice risposta
spiegò
a Lucy perché Mirajane la sera prima le avesse detto che le
sarebbe
bastato impegnarsi un po' di più. Aveva ammesso con candore
che non
era un granché ma certo non sembrava importarle molto, visto
che
voleva prendersi addirittura anni di ferie.
«Come
pensi di pagarti da vivere se te ne stai ferma per anni?» le
chiese
Wakaba con lo stesso tono di rimprovero di Mirajane, ma un po' meno
delicato, anche se permaneva in lui e in tutti quanti quella strana
aria di tensione che li portava a tentennare persino in quelle
quotidiani chiacchiere. Questo confermò a Lucy che c'era
qualcosa di
diverso quella mattina, qualcosa che li preoccupava sicuramente.
Priscilla invece continuava a sembrare allegra e spensierata come la
sera prima e con quell'innocenza da bambina si portò un dito
al
mento, pensierosa. Ebbe l'idea e si illuminò, battendosi un
pugno
sull'altra mano.
«Ruberò
dei soldi!» annunciò.
Macao
scattò in piedi a sentirla dire così e con gli
occhi sbarrati le
strillò contro: «Stai scherzando, vero?»
Priscilla
scoppiò a ridere tanto forte che, nonostante l'angoscia che
soffocava gli animi dei suoi compagni quella mattina, parve bastare
lei con quella luminosità a dissiparne un po'. Era tanto
coinvolgente che persino Lucy non riuscì a trattenere un
sorriso
divertito.
«Ti
ho presa!» la voce di Natsu comparve improvvisamente alle
spalle di
Priscilla, felice di essere riuscito per quella volta ad avvicinarsi
alla ragazza, e lei si voltò con lo sguardo sorpreso. Per la
prima
volta non riuscì ad avere i riflessi pronti abbastanza per
difendersi. Per quanto sembrasse allegra e naturale, che anche lei
fosse alla fine distratta da quella sensazione di pesantezza?
Urlò
spaventata ma non riuscì a schivare il pugno del compagno
che la
colpì in pieno. Galleggiante a mezz'aria com'era, si
ritrovò a
subire il colpo in maniera più turbolenta del normale,
perdendo il
controllo del suo volo. Roteò e volò fino a un
pilastro, contro cui
infine si schiantò.
«Natsu!»
gridò Lucy, spaventata per quanto appena successo. Ma il
ragazzo non
parve subire l'effetto di quella sgridata ed esultò
entusiasta e
fiero per la sua vittoria.
«Ahi
ahi» lamentò Priscilla, massaggiandosi la schiena
dolorante per il
colpo alla colonna. «Sapevo che se fosse riuscito a prendermi
non ne
sarei uscita intera» ridacchiò, sdrammatizzando.
«Priscilla,
stai bene?» le chiese Lucy, avvicinandosi preoccupata.
«Almeno
ora si metterà l'anima in pace, forse» le disse
Levy, seduta al
tavolo vicino. Priscilla alzò lo sguardo verso di lei,
sorridendole
in risposta, ma i suoi occhi, ora alti, cambiarono improvvisamente
espressione. Persero per un istante tutta la loro allegria, divenne
seria, con una lieve sfumatura sorpresa. Qualcosa aveva attirato la
sua attenzione, ma durò solo qualche istante. Continuando a
guardare
in alto, non più verso Levy, ma oltre, rivolta al secondo
piano
della Gilda, sorrise allegra mentre si stringeva nelle spalle e
chinava la testa da un lato. Era addirittura tenera, scaldava e
veniva voglia di ricambiarla. Lucy, curiosa di sapere a chi avesse
rivolto una simile attenzione, spostò gli occhi al secondo
piano
laddove anche lei stava guardando.
Laxus
Dreyar era di spalle, appoggiato alla ringhiera a braccia conserte,
ma nonostante la posizione aveva comunque la testa girata nella loro
direzione e con la coda dell'occhio guardava Priscilla, probabilmente
attirato dal baccano che aveva appena fatto. Si corrucciò
ancora più
del solito nel vedere sulla ragazza il sorriso che gli aveva rivolto
e si staccò dalla ringhiera, scomparendo infine tra le
stanze del
secondo piano. Lucy ancora non conosceva il motivo esatto per il
quale quella mattina sembravano tutti così tesi dentro la
gilda,
forse era la presenza stessa di Laxus ad agitare tutti quanti: non
era mai stato un tipo facile da trattare, anche se non l'aveva mai
incontrato personalmente conosceva bene la sua fama e il sangue che
scorreva tra lui e il resto della gilda. Ciò nonostante,
sentì
anche lei improvvisamente un masso caderle sullo stomaco non appena
lo vide voltar loro le spalle e andarsene.
«Bene!»
disse Priscilla, che ancora sembrava immune a tutta quella tensione.
Si alzò in piedi e si diede una scossa ai vestiti, togliendo
loro un
po' di polvere raccolta nella caduta. «Direi che è
il caso di dare
uno sguardo alla bacheca degli annunci».
Un
cambio improvviso di idea, sembrava aver dimenticato le ferie di uno
o due anni che voleva prendersi, o forse aveva semplicemente perso il
desiderio di scherzarci sopra. «L'affitto non si paga mica
con i
soldi rubati, vero Lu-chan?» ridacchiò e le
rivolse un occhiolino.
Quella serenità che trasmetteva ora aveva una consistenza
ben
diversa. Niente era cambiato nel suo volto allegro, il sorriso
smagliante e la serenità nella voce. Eppure ora... riusciva
a
sentire qualcos'altro. Annuì semplicemente, senza trovare la
forza
di assecondarla ancora, e la guardò mentre sgambettante si
avvicinava alla bacheca canticchiando allegra.
Levy
si lasciò sfuggire un verso dispiaciuto e incassò
la testa nelle
spalle, stringendosi il lembo del vestito. Capì subito che
Lucy, di
fianco a lei, l'aveva sentita e sentì di dover giustificare
quel suo
comportamento.
«Poverina»
mormorò più a se stessa che all’amica,
non trovando le parole per
dire altro. Lucy le si sedette accanto e le rivolse la sua
attenzione, ora più curiosa che mai.
«Hai
visto come gli ha sorriso?» chiese Levy, e questo diede
conferma ai
dubbi di Lucy. Il sorriso di Priscilla, rivolto a Laxus, era ben
diverso da quelli che aveva visto fino a quel momento. «Sono
passati
due anni dall'ultima volta che si sono incrociati. Era da tanto che
non ci trovavamo in una situazione come questa, forse pensavamo che
non sarebbe più accaduto visto che sono sempre via per i
loro
incarichi e restano poco tempo alla gilda. Le probabilità
che
tornassero lo stesso giorno erano davvero scarse»
confessò e con un
sospiro lasciò uscire un po' della tensione che
l'attanagliava.
«Allora
avevo ragione a pensare che ci fosse qualcosa di strano
stamattina»
osservò Lucy.
«Si
comporta come se non le importasse, ma nessuno le crede»
continuò
Levy. «Come potremmo crederle? Hai visto anche tu come lo ha
guardato, no?».
«Quindi
tra quei due c'è qualcosa?» arrossì
Lucy. Colta da una strana
eccitazione, la sua mente da scrittrice prese a galoppare su un'onda
di romanticismo e drammaticità improvvisa. Le immagini
presero a
susseguirsi e in ognuna di essa c'era un Laxus e una Priscilla
teneramente abbracciati o disperatamente allontanati da qualche
disgrazia. Le venne un'idea per un nuovo romanzo.
Levy
si lasciò scappare una risatina divertita dal
fraintendimento di
Lucy.
«Sei
tanto informata su Fairy Tail e non sai che Laxus ha una
sorella?»
«S-Sorella?»
chiese Lucy sconvolta. Le era sfuggita un'informazione simile? No,
nessuna svista. Ora che Levy glielo aveva detto, lo ricordava. Aveva
letto qualcosa a proposito, tempo addietro, ma effettivamente
Priscilla appariva veramente poco nelle notizie e nei racconti a
proposito, al contrario di Laxus che, in quanto a nipote del Master e
uno dei maghi più forti della gilda, aveva sempre spazio in
ogni
notizia e rivista. Forse complice la sua pigrizia nell'affrontare le
missioni, la sua costante assenza e la presunta debolezza di cui
quasi si vantava, ma restava decisamente nell'ombra. Lucy se n'era
semplicemente dimenticata.
«Io
e Laxus abbiamo avuto un piccolo disaccordo anni fa e da allora non
ci rivolgiamo più la parola» intervenne Priscilla
con innocenza,
sorprendendo tanto le due che per poco non saltarono dalla sedia per
lo spavento. Galleggiava per aria, stesa a pancia in giù, i
gomiti
poggiati sul tavolino dove sedevano Levy e Lucy e i piedi alzati, che
ciondolavano avanti e indietro. Aveva biascicato, intenta a tenere
tra le labbra un biscotto rubato dalla dispensa di Mirajane
chissà
quando. Sembrava una ragazzina stesa su un letto che parlava dei suoi
segreti con le amichette del cuore. Nonostante la confessione, il
viso era sereno, ne aveva parlato come se avesse parlato di un
qualunque fatto quotidiano. La cosa pareva non turbarla nemmeno un
po', nonostante quel disaccordo, definito piccolo, li avesse portati
a non parlarsi più.
«E
davvero la cosa ti lascia così indifferente?»
chiese titubante
Lucy. Priscilla finì di masticare l'ultimo boccone del suo
biscotto
e inclinando la testa da un lato si limitò a sorridere
radiosa. Non
era una vera risposta, ma era comunque rassicurante. Si
raddrizzò di
colpo e sollevò un foglio per aria, voltandosi verso
Mirajane.
«Mira-chan!
Io vado! Se tutto va bene sarò di ritorno stasera»
disse e Mirajane
si limitò ad annuire, prima di rivolgerle la solita
raccomandazione:
«Fai attenzione!»
«Forza!
Si va a guadagnarsi il biscotto!» disse allegra, agitando le
braccia
per aria con entusiasmo. Si mise a cantare una canzone
d'incoraggiamento che tanto pareva una marcia militare e senza
aggiungere altro uscì dalla gilda.
«Ma
non si dice la pagnotta?» chiese Lucy, ragionando sul
biscotto che
doveva guadagnarsi. «Dice che i biscotti sono più
buoni» rise
Levy, dando una spiegazione a quella frase che probabilmente non era
la prima volta che diceva.
«E
le ferie di cui parlava?» chiese Lucy divertita, pensando che
fosse
una ragazza veramente bizzarra. Ma la risposta che Levy le diede non
fu altrettanto scherzosa e diede un altro pezzo con cui completare il
puzzle.
«Capisci
perché è difficile credere che le sia
così indifferente?».
E
Lucy capì cosa era appena successo: Priscilla aveva preso
una
missione da poco, così da potersi allontanare per un po', ma
in una
giornata nemmeno sarebbe potuta tornare. Il tempo per Laxus di
sceglierne una a sua volta, ripartire ed evitare di incrociarlo
ancora.
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Capitolo 3 *** Casa ***
Casa
La
missione che avevano accettato quella volta era risultata
più
semplice del previsto e per loro fortuna poterono far ritorno alla
gilda la mattina dopo. Erza come sempre si era portata dietro decine
di bagagli, nonostante fosse capace di cambiare vestito con l'uso
della magia, mai Lucy aveva compreso il motivo di tutte quelle
valigie. Natsu e Gray litigavano su chi fosse stato decisivo per il
compimento della missione, Happy volava sopra le loro teste guardando
divertito la scena e Lucy cercava solo di far notare la sua presenza
che, invece, pareva ignorata. Una giornata come un'altra, se non
fosse stato per lo strano vociare delle persone che li vedevano
passare.
«Attiriamo
l'attenzione più del solito» osservò
Gray, turbato. Ma presto
tutti i loro dubbi trovarono risposta. Da lontano la gilda aveva
assunto una strana forma, assolutamente inusuale, forma che,
avvicinati, poterono spiegare. Pilastri di metallo erano infilati al
suo interno, come dita di ferro che si erano impossessate di legno e
roccia, sfondando, rovinando e distruggendo. L'angoscia chiuse loro
la gola, mentre si chiedevano cosa fosse successo.
«Phantom»
mormorò Mirajane alle loro spalle.
«Phantom?»
ringhiò Natsu, sapendo già cosa significasse
quella parola. Non
poteva essere altro che la gilda Phantom Lord, da sempre loro rivali.
«Ci
hanno colto di sorpresa, durante la notte» spiegò
ancora Mirajane.
«Venite. Abbiamo allestito un alloggio improvvisato nel
seminterrato».
La
ragazza fece loro strada giù per le scale che conducevano al
piano
di sotto, dove erano stati messi tavolini e sedie per permettere ai
loro compagni di sedersi e usare la gilda come avevano sempre fatto,
anche se in un luogo più scuro e umido. C'era un'aria
tendente alla
normalità, ma era solo un arteficio. Tutti si sforzavano di
far
finta che nulla fosse successo, si sforzavano di comportarsi come al
solito, mangiando e bevendo, ma i loro volti erano scuri e
annebbiati. Natsu si avvicinò velocemente al master Makarov,
ringhiando e chiedendo cosa fosse successo, ma Makarov diede loro un
inusuale saluto allegro, complice forse anche l'alcol che stava
tracannando.
«Ohy,
ragazzi! Lucy! Avete completato il vostro incarico?» sorrise
felice.
«Ehm...
sì...» balbettò Lucy, a disagio per la
situazione. Sopra le loro
teste la gilda cadeva a pezzi e lui non sembrava preoccuparsene
minimamente. Cosa avrebbe dovuto fare in un momento come quello?
«Master?
Non capisce in che situazione ci troviamo?»
brontolò Erza.
«La
gilda è stata distrutta!» disse Natsu e Makarov
rispose con una
divertita risata, prima di dire: «Suvvia, calmatevi. Non
è il caso
di arrabbiarsi così tanto».
«Cosa?»
sussultò Gray, turbato per la calma che stava dimostrando.
Makarov
buttò giù un lungo sorso di birra, prima di
biascicare: «Phantom?
Tutto qui quello che sanno fare? Attaccare la gilda quando non
c'è
nessuno... a cosa è servito?»
«Non
c'era nessuno?» chiese Erza, stupita.
«L'attacco
è avvenuto nel bel mezzo della notte»
spiegò Mirajane.
«Ecco
perché non ci sono feriti» osservò
Erza, con sollievo.
«Non
faremo nessuna fatica ad attaccare dei codardi che attaccano la
nostra gilda di notte. Non meritano il nostro tempo» disse
Makarov,
affermazione a cui Natsu non riuscì a contenersi e diede
perciò un
pugno a una cassa lì accanto, sfondandola.
«Non
è giusto!» ringhiò.
«Su,
su, Natsu. La gilda si può ricostruire, posso dare una mano
anche
io, ci metteremo pochissimo!» provò a
tranquillizzarlo Priscilla,
svolazzando al suo fianco.
«Non
è questo il punto!» continuò a
ringhiare Natsu, sgambettando
furioso.
«Discussione
finita!» ordinò Makarov.
«Finché il piano di sopra non sarà a
posto prenderemo da qua i nostri incarichi».
«Non
è certo il momento di pensare agli incarichi!»
continuò a
brontolare Natsu.
«Natsu!»
rispose a tono Makarov, ormai arrabbiato. «Ne ho abbastanza
di te!»
allungò una mano e caricò il colpo, pronto a
colpire il ragazzo per
punirlo, ma accidentalmente -o forse no- Lucy si trovò sulla
traiettoria e venne colpita sul sedere.
«Perché
ci vado di mezzo io?» mormorò lei, costernata.
«Nonno!»
lo rimproverò Priscilla, mentre Mirajane dall'altro lato gli
rivolgeva lo stesso sguardo nervoso.
«Master.
Ora mi sto arrabbiando!» gli annunciò e questo lo
fece scoppiare a
ridere più fragorosamente di quanto si fossero aspettati.
Saltò giù
dalla cassa su cui era seduto e corse via.
«Nonnetto!»
brontolò Natsu. «Aspetta!»
«Un
momento... devo fare pipì» ridacchiò
lui, scappando via.
Priscilla
sospirò e incrociò le gambe, restando sospesa a
mezz'aria. Si portò
entrambe le mani dietro la nuca, assumendo una posa quasi
disinteressata. «Credi davvero di essere l'unico a pensarla
così,
Natsu?» gli chiese e questo, stranamente, lo sorprese.
«Siamo tutti
furiosi per quanto successo, ma nessuno osa contraddire la decisione
del nonno».
«Mettiti
nei suoi panni» intervenne anche Mirajane.
«È difficile anche per
lui, ma scontri aperti tra gilde sono proibiti dal Consiglio della
Magia».
«Ma
hanno attaccato loro per primi!» ringhiò Natsu,
sempre più
furioso.
«Non
è questo il punto!» lo rimproverò
Mirajane.
«Se
questa è la decisione del master, non possiamo fare
niente» disse
Erza, risoluta anche se ugualmente infastidita: la sua
lealtà alle
regole e a Makarov la portarono ad accettare quella decisione.
«Vado
immediatamente a mettermi all'opera, vedrai che in poco tempo
tornerà
come nuova!» cercò di rassicurarlo Priscilla,
prima di volare su
per le scale. Per quanto Priscilla cercasse di trasmettere
positività
e ottimismo, e il master fosse stato così imperativo, quella
soluzione lasciò sicuramente tutti con l'amaro in bocca. Ma
cos'altro potevano fare?
La
giornata passò nel completo silenzio e pesantezza di quanto
quel
terribile giorno aveva portato loro. Ma ora che l'oscurità
della
notte si stava avvicinando un altro timore si faceva strada nelle
loro menti.
«Phantom
potrebbe non aver finito e probabilmente ci giocherà qualche
altro
brutto scherzo stanotte. Cercate di non restare soli» aveva
ordinato
il master, prima di allontanarsi e tornare nei suoi alloggi. Questo
era il motivo che aveva spinto Erza, Gray e Natsu a casa di Lucy,
anche senza il suo permesso. In molti si erano accordati per passare
la notte insieme, a casa di uno o dell'altro, legati anche dai loro
rispettivi team e amicizie. Non era difficile per loro trovare
qualcuno a cui chiedere aiuto.
«Priscilla»
la voce di Makarov l'aveva raggiunta prima di andarsene.
«Vale anche
per te».
«Suvvia,
vecchio! Ti preoccupi troppo!» aveva sorriso lei, cercando
come
sempre di sdrammatizzare. «Fai come ho detto»
l'aveva semplicemente
zittita lui e se n'era andato senza darle tempo di replicare.
Priscilla si era imbronciata e grattandosi la testa si era chiesta
perché non potesse semplicemente restare con lui.
«Passo
più tempo fuori di qui che con loro, non ho con nessuno un
rapporto
tale da chiedere di dormire insieme» bofonchiò
passando in rassegna
tutti i membri di Fairy Tail nel tentativo di trovare qualcuno che
avesse potuto accettare di buon grado la sua richiesta.
«Priscilla!»
la voce di Levy squittì al suo fianco, attirando la sua
attenzione.
«Puoi stare con noi, se ti va».
«Levy-chan
sei così gentile!» esclamarono all'unisono Droy e
Jet, emozionati
dal buon cuore della loro compagna.
«Sei
sicura? Insomma, sei già ben scortata, non vorrei essere di
troppo»
ridacchiò Priscilla, un po' in imbarazzo. Era allegra e
cordiale con
tutti, ma era anche evidente la sua solitudine. Da quando aveva avuto
i suoi problemi con Laxus, nonostante il carattere solare, non aveva
fatto che restare da sola. L'unico che avesse mai accettato di
affiancare era, talvolta, Mistgun. Forse perché simili nel
ruolo che
avevano nella gilda, sempre assenti e solitari, forse si erano
trovati in qualche modo in sintonia. Nessuno sapeva cosa legasse quei
due, anche perché Priscilla non aveva mai accennato niente
che
potesse far pensare a un'amicizia o un legame di sorta. Lei diceva
anzi che era solo un rapporto di convenienza: lui portava a termine
gli incarichi che lei non riusciva, dividendo la paga, lei invece
permetteva a Mistgun di interagire col mondo e con la gilda senza
doversi esporre apertamente, non a caso era lei che tornava a
prendere gli incarichi dalla bacheca per lui. Raramente Mistgun aveva
messo piede lì dentro. Forse era proprio l'essere la nipote
di
Makarov, l'unico che l'avesse mai visto in volto, ad aver spinto
Mistgun ad accettarla come sua partner in alcuni viaggi. Questo
comunque non cambiava il fatto che lei, in fin dei conti, non avesse
nessuno da poter chiamare veramente amico lì dentro.
Probabilmente
persino Mistgun stesso non lo era.
Levy
annuì convinta.
«Ho
una grossa scatola di biscotti che possiamo dividere e poi possiamo
passare la notte a raccontarci qualche bella storia! Ho letto un
sacco di libri di cui mi piacerebbe parlare insieme a una
ragazza»
disse lei, cercando una scusa per convincerla ad accettare.
«Biscotti?»
si limitò a chiedere Priscilla, già con
l'acquolina in bocca.
«Non
hai sentito altro?» chiese Jet, stupito dalla
semplicità di quella
ragazza.
«Accetto!»
esultò lei, pregustandosi già la golosa serata.
«E come sono? Al
cioccolato? Cannella? O alla vaniglia?» chiese svolazzando di
fianco
alla ragazza, che ridacchiante si era già incamminata verso
casa di
Jet, dove avevano deciso di sostare per quella notte.
«Ne
ho fatti alcuni al burro proprio questa mattina, li vuoi assaggiare?
Possiamo passare dal dormitorio femminile e prenderli» chiese
Levy,
camminando allegra.
«Tu
prepari i biscotti?» chiese Priscilla sconvolta dalla
scoperta.
Levy
annuì e camminando allegra per la strada disse:
«Posso insegnarti!»
annunciò, contenta di aver trovato qualcosa che avesse
potuto usare
per provare a legare un pochino con lei. «Ho sentito da
Mirajane che
ti piace molto la frutta caramellata» le venne in mente e si
portò
un dito al mento, pensierosa. «Forse ho un libro di ricette
che può
spiegarci come fare, devo solo ricordarmi dove l'ho messo».
«Ti
aiuto io a cercarlo!» rispose Priscilla entusiasta.
«Anche
noi!» risposero in coro Droy e Jet, cercando di farsi
coinvolgere
nei progetti per la notte che Levy stava facendo.
«Passeremo
una bella serata, sarà come un pigiama party!»
ridacchiò Levy,
contenta.
«Un
pigiama party!» esultò Priscilla, alzando le
braccia al cielo. Fu
in quel momento che una strana sensazione le fece venire i brividi
alla schiena. L'aria aveva come cambiato consistenza e una corrente
le aveva pizzicato il naso. Fece volare il gruppo di Levy,
spingendoli lontani con un colpo d'aria che sembrava quello di un
tifone. Confusi, urlarono mentre roteavano per aria e cadevano
nuovamente al suolo. Un altro soffio di vento li trattenne e
impedì
loro di sbattere contro l'asfalto, assicurandogli un atterraggio
morbido. Nella confusione, avevano sentito appena il tonfo che c'era
stato alle loro spalle. Priscilla era inginocchiata a terra,
ricoperta di polvere e con delle evidenti ferite alla schiena. Di
fronte a lei, nella polvere, si stava rialzando un uomo dalla folta
capigliatura scura e un sorriso inquietante. Ma forse, più
inquietante del sorriso, c'era il suo braccio che pareva un pilastro
di metallo e i chiodi conficcati nel viso come fossero decorazione.
«Chi
diamine sei?» ringhiò Priscilla mentre Levy, Droy
e Jet venivano
delicatamente posati a terra alle sue spalle. L'uomo non rispose, ma
il sorriso si incurvò maggiormente su sul viso e
ghignò in un modo
raccapricciante. Tirò indietro il braccio metallico e si
preparò a
colpire la ragazza di fronte a sé.
«Anima
del vento: ascensione!» disse Priscilla, richiamando
così il potere
della sua magia. Una corrente di vento tanto rapida da essere
visibile nella polvere che raccoglieva raggiunse l'uomo alle spalle e
lo colpì alle gambe, trascinandolo verso l'alto. Questo lo
fece
ribaltare e volare all'indietro e Priscilla si preparò
rapidamente a
un secondo attacco. «Press...» cominciò
ad annunciare, pronta a
sferrare un attacco dall'alto che avrebbe fatto sbattere a terra il
nemico. Ma non riuscì neanche a terminare la parola che
dalla
polvere sollevata nell'attacco emerse il braccio metallico dell'uomo.
Priscilla si era concentrata sul destro, non sapendo che quel
particolare tipo di magia funzionava anche con l'altro braccio. E
certo non poteva immaginarsi che fosse anche in grado di allungarlo a
piacimento. La colpì in pieno ventre, la sbatté a
terra e la spinse
nell'asfalto per almeno un paio di metri.
«Priscilla!»
gridò Levy, spaventata, quando si rese conto che l'amica non
pareva
muoversi più. Jet partì come un fulmine,
approfittando della sua
incredibile velocità, provò a sferrare un attacco
a sorpresa.
Riuscì a raggiungerlo e colpirlo, ma il pugno non lo
scalfì
minimamente. Si fece cogliere dalla sorpresa e questo diede tempo al
nemico di reagire e colpirlo con un calcio che lo scaraventò
contro
il muro. La violenza fu tale che anche Jet perse i sensi.
«Levy,
resta indietro!» disse Droy, preoccupato, preparandosi a fare
la sua
mossa. Ma l'uomo non gli diede tempo neanche di accorgersi della sua
presenza, gli si lanciò contro e lo colpì,
raggiungendo un istante
dopo anche Levy, alle sue spalle. Erano bastati solo un paio di
minuti e quello sconosciuto era riuscito a mettere KO quattro membri
di Fairy Tail senza subire il minimo danno.
Rise
in quel suo macabro modo e afferrò le sue vittime,
trascinandole
verso il Grande Albero del parco, dove avrebbe concluso la sua opera,
inchiodandoli e disegnando su di loro il simbolo della propria gilda.
Tutti dovevano sapere chi stava cercando di stuzzicare la loro
rabbia.
Quando
Priscilla riuscì a riaprire gli occhi si trovò
stesa in un letto.
Ricordava bene cosa fosse successo e non era difficile capire come
fosse arrivata lì. L'uomo dalle braccia di metallo li aveva
attaccati e in pochi istanti li aveva sconfitti, senza dar loro
nemmeno il tempo di pensare a una difensiva. Era stato
incredibilmente rapido e di una potenza mai vista prima.
Poggiò una
mano sul letto e si tirò a sedere, guardandosi attorno.
Quelle mura
non potevano essere che dell'ospedale, quel terribile bianco
somigliava troppo al volto dei malati. Si portò una mano al
ventre,
dove quel il braccio pilastro dell’uomo l'aveva colpita
facendole
perdere i sensi e mugolò al ricordo del terribile dolore
provato. Si
voltò e alla sua sinistra trovò un
separè di stoffa a dividerla da
chi riposava al suo fianco. Si tolse il lenzuolo dalle gambe e scese
dal letto, oltrepassando il separè. Steso, con un occhio
fasciato e
probabilmente non solo quello, c'era Jet ancora privo di sensi.
«Quanto
tempo è trascorso?» si chiese camminando oltre
nella stanza e
trovando anche Droy e Levy. Tutti e tre respiravano grosse boccate
d'aria, ancora debilitati per le ferite.
«Levy-chan...»
mormorò guardando la ragazza stesa nel letto. Un nodo alla
bocca
dello stomaco le provocò quasi lo stesso dolore del pugno
dell'uomo
di metallo, un senso di colpa che non avrebbe estirpato facilmente.
Spostò lo sguardo fuori dalla finestra: da lì
riusciva a vedere la
gilda, piena di toppe e sistemazioni d'emergenza. Era altrettanto
ferita, forse anche più di quanto si aspettasse. Strinse i
pugni
dalla rabbia. Ancora una bizzarra sensazione di pericolo, una puzza
le arrivò al naso. Spostò lo sguardo verso il
mare e lì vide la
loro rovina che si avvicinava pericolosamente: un castello pareva
muoversi su delle gambe proprie ed era diretto proprio a Magnolia,
attraverso il mare. Non sapeva cosa fosse né chi lo stesse
manovrando, ma avrebbe scommesso qualsiasi somma che fossero
sicuramente quelli di Phantom Lord, insoddisfatti e decisi a dar loro
il colpo di grazia.
«Se
ci uccidete...» mormorò, mentre il sangue
cominciava a ribollirle
nelle vene. «Come posso mantenere la mia promessa, se ci
uccidete?».
Digrignò i denti e si afferrò le bende che aveva
attorno alla
testa. Se le strappò via con rabbia, scoprendo
così una pelle
liscia se non per una lieve sfregatura. Niente di grave, se non
qualche graffio superficiale ormai del tutto rimarginato. Si
rivestì
rapidamente e infine uscì, sbattendo la porta alle sue
spalle.
Grazie alla magia del vento che le permise di volare a grande
velocità raggiunse la gilda in pochissimi minuti.
Atterrò e corse
all'interno della locanda, scendendo lungo le scale del seminterrato.
Fece un sospiro e cominciò ad allungare la bocca in un
sorriso che
avrebbe regalato a chiunque gli si fosse parato davanti, ma si
bloccò
appena all'ingresso quando sentì pronunciare quel nome. Un
battito
al cuore tanto forte da farle per un istante girare la testa, la
costrinse a fermarsi sulla soglia.
«Laxus»
la voce di Mirajane, rotta, che parlava con una Lacryma per la
comunicazione. «Il master è stato sconfitto,
è in fin di vita, e
non riusciamo a trovare Mistgun. Sei la nostra unica speranza, ti
prego. Torna qui».
«Gli
sta bene al vecchio!» scoppiò a ridere Laxus.
«La cosa proprio non
mi riguarda. Arrangiatevi».
«Laxus!
Tu... perché...» provò a formulare
Cana, colta da un lampo di
rabbia.
«Dopotutto
è stato il vecchio a cominciare questa guerra,
perché dovrei essere
io ad andare in suo soccorso?»
«Tua
sorella è in ospedale, non ti importa neanche di
questo?» ringhiò
Cana.
«Priscilla?»
chiese Laxus, alzando un sopracciglio. Da quanto tempo non
pronunciava quel nome? Faceva davvero uno strano effetto.
«Quella
stupida! Non ne ha mai combinata una giusta!»
scoppiò di nuovo a
ridere.
«Hanno
preso di mira Lucy! È una di noi!»
insistè Mirajane, giocando
tutte le carte che aveva.
«Lucy?
E chi sarebbe? Ah!» si ricordò poco dopo.
«La nuova arrivata!
Dille che potrei anche aiutarla se accetta di diventare la mia
donna».
«Sei
spregevole!» ringhiò ancora Cana.
«Cana!»
la richiamò Macao, con uno strano tono panico. La ragazza si
voltò,
pugni serrati, furibonda negli occhi. «Che vuoi
adess...?» si
bloccò e un nodo le serrò la gola.
Incrociò lo sguardo di
Priscilla, immobile all'entrata della locanda. Guardava lei, Mirajane
e soprattutto Laxus oltre la Lacryma, sicuramente testimone di almeno
quelle ultime parole. Parole che non solo erano state spregevoli
verso l'intera gilda, a sottolineare quanto suo fratello fosse un
bastardo, ma anche verso di lei, che non smetteva di rivolgergli
sorrisi ogni volta che lo incrociava.
«Priscilla...»
mormorò addolorata.
«Priscilla?»
chiese Laxus, sentendo Cana pronunciare il suo nome.
«È lì? Allora
sta bene, visto? Almeno uno dei problemi è
risolto» sghignazzò
divertito. «Fareste meglio a dire al vecchio di ritirarsi e
lasciare
la gilda nelle mie mani, non è più in grado di
occuparsene visto
cosa sta combinando» scoppiò di nuovo a ridere,
come fosse una
esilarante barzelletta.
«Mira!»
provò a chiamarla Cana, nella speranza che ponesse fine a
quella
conversazione in un modo o in un altro, prima che Laxus avesse potuto
dire altro di terribile in presenza di sua sorella. Ma non
sembrò
esserci bisogno del suo intervento: Mirajane, ormai alle lacrime,
fece esplodere la Lacryma per la rabbia.
«Non
posso credere che una persona del genere faccia parte di Fairy
Tail!»
si lasciò sfuggire, in preda alla furia.
«Lui...
ha solo dimenticato» mormorò Priscilla in un vago
tentativo di
difenderlo, o forse difendere più se stessa e la sua
ostinazione a
non volerlo odiare, nonostante tutto. «Come le altre
volte»
aggiunse poi in un sussurro tanto flebile che nessuno riuscì
a
coglierla. Ma forse era meglio così.
«Mi
dispiace, Priscilla» singhiozzò Mirajane,
rendendosi conto di non
essere stata delicata nei suoi confronti, anche se certamente non si
sarebbe rimangiata quanto aveva detto. Priscilla scosse la testa e
lentamente si raddrizzò.
«Su,
su!» disse con un tono di voce ora improvvisamente diverso.
Finalmente riuscì a tirarlo fuori, quel sorriso che si era
preparata
sulle scale. All'improvviso parve liberarsi di ogni accenno di dolore
come di un mantello inutile, se lo scrollò semplicemente
dalle
spalle e tornò a essere la luminosa e radiosa Priscilla di
sempre.
Si portò le mani dietro la testa, assumendo una posa
rilassata e
allegra.
«Piangere
fa bene, non devi chiedere scusa. E se avrai modo di incrociare Laxus
nei prossimi giorni tiragli un bel cazzotto in faccia!» disse
divertita, simulando l'azione. «Così!»
disse ripetendo il gesto.
Rise tra sé e sé, divertita, prima di aggiungere:
«Fino ad allora,
don't
worry! C'è
Priscilla qui con voi!»
«Priscilla...»
mormorò Mirajane, commossa dalla forza d'animo che la
ragazza stava
dimostrando. In un solo istante, appena sveglia dal coma, aveva
realizzato che suo nonno era in fin di vita e si era ritrovata a
sopportare le barbarie di un fratello che ingiustamente amava ancora.
Eppure non smetteva di sorridere.
«Bene,
gente!» gridò, volando su uno dei tavolini per
farsi vedere anche
dal resto della gilda. Fece svolazzare una scopa da un angolo della
stanza e la prese al volo, alzandola sopra la testa come fosse una
bandiera, per avere qualcosa con cui incitare le persone che aveva
attorno. Erano tutti feriti, non solo nel corpo, ma anche nell'animo.
«Ascoltatemi,
tra poco il nemico si abbatterà su di noi. Sarà
qui a momenti, è
vicino alla nostra costa» annunciò, facendo
nascere un mormorio
spaventato e incredulo. «Non ho idea di cosa vi sia successo
mentre
dormivo, ma penso di immaginarlo. Anche io ho subito profonde ferite,
non solo nel corpo. Questa è la nostra casa» una
strana ombra negli
occhi rendeva quella frase più pregnante di quanto lo fosse
in
realtà. Significava molto per lei. «Ma il punto
è proprio questo!
Questa è la nostra casa, è stata ferita e noi ora
siamo
terrorizzati. E per questo li lasceremo fare? Davvero permetterete
alla nostra paura di darla vinta a loro? So cosa pensate: siamo soli.
Non c'è il master, non c'è Laxus e nemmeno
Mistgun. E allora? Solo
loro hanno diritto di proteggere Fairy Tail? Siamo o no membri di
Fairy Tail anche noi?» e un coro d'approvazione si
alzò, in
risposta alle sue parole.
«Lucy?»
chiese Priscilla, voltandosi verso la ragazza. Lei non aveva
risposto, lo aveva sentito bene. Non sapeva ancora perché
Phantom
Lord ce l'avesse con lei, ma Mirajane aveva detto a Laxus che era il
loro obiettivo e non aveva fatto a meno di notare lo sguardo
arrossato e assente della ragazza dal momento in cui aveva messo
piede nella gilda.
Lucy
abbozzò un sorriso, incoraggiata dalle sue parole.
«Sì!»
rispose con le lacrime agli occhi. Anche lei era membro di Fairy
Tail, e non c'era cosa che la rendeva più felice.
«Finché
anche solo uno di noi resisterà, Fairy Tail non
morirà mai! Non
importa se a farlo sarà Erza, Laxus, il master, o io, Cana o
Bisca o
addirittura il piccolo Romeo. Finché anche solo l'idea di
Fairy Tail
resterà nei nostri cuori, essa non cadrà! Per
questo dico al
diavolo Mistgun! Al diavolo Laxus! Bastiamo noi a curare queste
profonde ferite, perché non siamo certo meno importanti di
loro che
oggi qui non ci sono! Anzi... proprio perché oggi qui non ci
sono,
ma noi sì, allora noi e solo noi oggi abbiamo diritto di
essere la
vera Fairy Tail! Uscite fuori con me e urlate questo nome a
squarciagola fino a quando ne avrete la forza!»
«Andiamo!»
gridò Natsu, in preda al fuoco, e seguito dalle urla dei
compagni
corse fuori, nel cortile, pronto ad affrontare qualsiasi nemico gli
si fosse parato davanti.
«Fairy
Tail!» gridò Priscilla dall'alto del suo tavolino,
puntando la
scopa che ancora stringeva in mano verso la porta. «Fairy
Tail!»
urlarono in coro il resto dei suoi compagni in risposta, carichi come
poche volte lo erano stati. E quando finalmente anche l'ultimo fu
fuori, Priscilla potè tirare un sospiro di sollievo. Si
accasciò
sul tavolo e lentamente voltò lo sguardo a Mirajane, che
ancora
piangente era rimasta l'unica a farle compagnia.
«Come
sono andata?» ridacchiò Priscilla, mostrando ora
tutti i segni di
un'angoscia e una responsabilità di cui si era sentita in
dovere di
caricarsi ma che non era sicura di poter gestire.
«Il
master sarebbe fiero di te» annuì Mirajane,
sforzandosi di
sorridere.
«Meno
male!» ridacchiò ancora Priscilla.
«Spero solo che torni presto e
non mi costringa a rifarlo. Non sono tagliata per questo
ruolo».
«Priscilla»
mormorò Mira, pronta a dire qualcosa ma senza riuscirci.
«Va
tutto bene, Mira-chan» la rassicurò lei, sapendo
dove voleva andare
a parare: altre scuse per ciò che era successo con suo
fratello poco
prima. «È normale che lo odiate, non vi biasimo.
Non lo conoscete,
lo capisco» e rilassandosi ancora di più sul
tavolino, alzò lo
sguardo al soffitto. Il suo sorriso ora sembrava più sincero
di
molti altri. «Tornerà».
«Lo
stai ancora aspettando» mormorò Mira, addolorata
nel vedere
quell'incredibile speranza verso un uomo che, a parer suo, non valeva
nemmeno il tempo di essere pensato. Priscilla ridacchiò
divertita,
sapeva che sicuramente agli occhi degli altri doveva sembrare proprio
una stupida. «Che vuoi che ti dica, Mira-chan»
ridacchiò, prima di
rispondere con un'alzata di spalle. «È il mio
ruolo». Un violento
terremoto scosse la gilda tanto che il legno cigolò. Era il
segnale.
«Sono
qui» commentò Priscilla, sollevandosi in volo.
«Resta al sicuro,
Mira-chan!» ordinò, volando fuori dalla gilda e
portandosi tra le
prime fila dei suoi compagni. Strabuzzò gli occhi nel vedere
da
vicino che si trattava di un vero e proprio castello con le gambe che
pesantemente camminava verso di loro, come le era parso di vedere
dalla finestra dell'ospedale.
«La
loro gilda si muove!» commentò Natsu, sconvolto.
«Questa
è follia» balbettò Alzack,
indietreggiando di un passo per la
paura.
«Non
arretrate!» ordinò Priscilla, voltandosi a
guardare i suoi
compagni. «Se voi scappate, chi resterà a salvare
il nome di Fairy
Tail? Volete davvero arrendervi e vendere una vostra compagna al
nemico?»
«No,
questo mai!» rispose Bisca.
«Non
gli permetteremo di avvicinarsi a Lucy e a Fairy Tail!»
aggiunse
Elfman.
«Bene»
mormorò Priscilla facendosi avanti e ponendosi alla testa
del
piccolo plotone. La gilda di Phantom Lord si fermò a pochi
metri
dalla costa con un tonfo tale da sollevare schizzi ovunque. La voce
di Josè, il master che aveva ridotto Makarov in fin di vita,
risuonò
a un interfono mentre un lato di una torre cominciava ad aprirsi.
«Priscilla
Dreyar, nipote di Makarov» sghignazzò.
«La tua inutilità è
leggenda» scoppiò a ridere. «Una
vergogna per Fairy Tail e per lo
stesso Makarov. Povero vecchio, i cui due unici discendenti sono una
debole maga del vento e uno psicopatico nipote che punta alla
sovversione. Fairy Tail è già morta!»
rise ancora più forte,
sapendo di aver minato alla sua sensibilità tirando in ballo
non
solo il nonno ormai sul punto di morte ma anche il fratello ribelle.
Ma questo parve non scalfirla nemmeno. Priscilla sorrise, decisa e
per niente intimorita.
«Finché
ci sarà anche solo l'idea di una Fairy Tail in un qualsiasi
essere
umano, essa non morirà mai» urlò e
alzò una mano al cielo,
mettendosi in posizione per richiamare la propria magia.
«Anima
del vento: tornado!» gridò, abbassando rapidamente
la mano destra e
sollevando la sinistra. Le incrociò a metà strada
e così rimase, a
gambe divaricate e la braccia incrociate ben tese di fronte a
sé. I
palmi delle mani ben aperti e il volto corrucciato e concentrato. Dal
cielo scese rapidamente una nube d'aria, sempre più larga,
rapida e
rumorosa nel suo roteare. Un vero e proprio tornado
inghiottì la
gilda di Fairy Tail, avvolgendola e chiudendola al suo interno.
«Siamo...»
balbettò Alzack, senza riuscire a concludere.
«Siamo
dentro a un tornado?» riuscì invece a pronunciare
incredula Laki.
«Ma
non dovrebbe sbalzare via anche noi?» balbettò
Gray.
«Il
vento risponde ai suoi comandi» rispose Loki. «Ha
creato un muro
intorno a noi e sbalza fuori tutto ciò che prova a
entrare,
proteggendo noi al suo centro. Guardate il mare!»
indicò facendo
notare come persino l'acqua venisse sparata distante dal cerchio
protettivo che Priscilla aveva creato intorno a loro.
«Debole
maga del vento, eh?» gridò Natsu provocatorio
contro Josè.
«È
incredibile. È davvero una gran quantità di
vento... riesce davvero
a manovrarla tutta?» chiese Lucy, stupita. E ancora una volta
le
tornarono alla mente le parole di Mirajane: avrebbe potuto fare molto
di più, se solo si fosse impegnata. Sicuramente le
capacità non le
mancavano, vista la dimostrazione che stava dando. Si chiese per
quale motivo allora fosse famosa per non essere riuscita a portare a
termine nessun incarico consistente, se non sotto la scorta di
Mistgun.
Josè
rise ancora, per niente intimorito, e dal foro nella parete della
gilda uscì un cannone di dimensioni gigantesche.
«Ohy?»
chiese stupito Loki, sconvolto per quanto stesse succedendo.
«Che
intenzioni ha con quello?» Chiese Cana, ancora più
terrorizzata.
«Erza!»
gridò Priscilla, senza riuscire a trattenere la paura nella
sua
voce. Il suo muro di vento sarebbe stato efficace contro gli attacchi
fisici, ma aveva il terribile timore che quel cannone avrebbe
facilmente sfondato la sua difesa.
«Restate
tutti indietro!» gridò Erza al resto dei suoi
compagni, pallida in
volto.
Il
canone cominciò a caricare il colpo, facendo nascere sulla
sua punta
una sfera di luce nera che tutto trasmetteva tranne che
tranquillità.
Somigliava a un enorme buco nero: non sapevano cosa fosse, ma era
facile intuirne la potenza. Erza corse verso Priscilla, superandola
di appena un paio di passi, ma restando comunque dietro al muro di
vento da lei creato. Si riequipaggiò rapidamente della sua
armatura
migliore per la difesa: l'armatura di adamantio.
«Che
vuoi fare, Erza?» chiamò Macao preoccupato.
«È
pura magia, Erza!» disse Priscilla, riuscendo a riconoscerne
almeno
la natura. «Mi dispiace, non posso fare di
più» si rammaricò.
«Ci
penso io! Tu continua a proteggere la gilda!» disse Erza,
portando
avanti lo scudo. Il cannone ormai gonfio di mangia sparò
infine il
suo proiettile nero.
«Erza!»
gridò Bisca, preoccupata.
Il
colpo fu terribile. Superò il muro di vento di Priscilla con
una
facilità incredibile, più di quanto lei avesse
immaginato, e si
schiantò contro lo scudo di Erza con un tonfo che
rimbombò a lungo
per tutta la città. L'onda di energia continuò a
colpire lo scudo
di Erza per lunghi secondi, sgretolandolo lentamente, e la sua
portatrice, dietro di esso, lamentava e digrignava i denti. Ma non si
arrese, fino a quando la sua armatura non venne distrutta e il colpo
del tutto parato.
«Erza!»
la chiamò Priscilla colma di preoccupazione.
«Erza!
Resisti!» le disse Natsu, correndole a fianco e aiutandola ad
alzare
la testa.
«Prima
Makarov, ora anche Erza è fuori combattimento»
disse Josè. «Non
avete più speranze! Consegnatemi Lucy Heartphilia!»
«Mai!»
ringhiò Bisca.
«Non
siamo una gilda che vende i propri compagni!» le diede corda
Alzack.
«Lucy
è una di noi!» gridò Macao e subito un
coro di sostegno si alzò
alle sue spalle, dal resto dei membri di Fairy Tail. Nessuno, neppure
per un istante, avrebbe mai accettato l'idea di vendere un compagno
anche se questo avrebbe significato morte certa.
«Meglio
morire che consegnare uno di noi!» si sollevò
Erza, furibonda.
E
Lucy, dietro al gruppo, cominciò a cedere nuovamente alle
lacrime,
turbata dai sensi di colpa e dalla felicità di aver trovato
persone
come loro.
«Questa
è la nostra casa» mormorò Priscilla,
infiammata dalla stessa ira.
«Questa è la casa di chiunque porti su di
sé il simbolo di Fairy
Tail! E nessuno verrà mai dimenticato o lasciato indietro!
La nostra
casa sarà sempre pronta ad accoglierli tutti!»
gridò, mossa non
solo dall'ira di quanto stesse accadendo ma anche incendiata da una
personale battaglia che ormai da anni combatteva. Si afferrò
l'unico
guanto che aveva, alla mano destra, e lo sfilò via con
enfasi,
scoprendo così finalmente il proprio simbolo sul palmo della
mano,
esattamente al centro delle cinque dita. Era proprio dove avrebbe
dovuto essere: il punto di contatto per chiunque avesse avuto
bisogno. Chiunque avesse alzato lo sguardo su Priscilla, avrebbe
trovato di fronte a sé non solo una mano, ma la stessa Fairy
Tail
pronta ad afferrarlo e risollevarlo. Lucy aveva come il sospetto che
quel punto per la stampa del simbolo non fosse stata scelta a caso.
Priscilla poteva stringere tra le dita la propria gilda o porgerla in
aiuto a chiunque lo desiderasse. Il discorso esortativo che aveva
fatto all'interno del seminterrato ne era un'ulteriore prova: era la
degna nipote di Makarov Dreyar e dei suoi ideali.
«Anima
del vento!» gridò, tornando in posizione. Il muro
di vento che li
stava proteggendo parve improvvisamente gonfiarsi, tanto che per un
istante ebbero la sensazione che la gilda robotizzata di
Josè
vacillasse sotto la forza di quel potere.
«Vi
prenderemo a calci nel culo!» ringhiò Natsu.
«È
questa la vostra risposta?» rispose Josè, perdendo
per un attimo la
pazienza. «Allora subirete un altro assaggio del mio cannone
Jupiter!
Godetevi
questi quindici minuti di terrore che gli servirà a
ricaricarsi!»
«Cosa?»
balbettò Loki.
«Spareranno
di nuovo?» chiese Cana, nervosa.
«E
questa volta non abbiamo Erza ad aiutarci» osservò
Gray.
Dalle
finestre della gilda cominciarono a uscire esseri simili a fantasmi,
mantati di nero con gli occhi rossi luminosi. A fiotti si lanciarono
contro il muro di vento di Priscilla, mirando ai membri della gilda.
Si schiantarono contro di esso e molti vennero spazzati via, altri
invece restarono a volteggiargli intorno, studiandolo, come avvoltoi
in attesa della morte della propria preda per gustarne il dolce
sapore.
Priscilla
sorrise, soddisfatta.
«Anche
se sono spettri riesco a tenerli a distanza, bene»
osservò fiera.
«Ciò
non toglie che non puoi fermare lo Jupiter»
osservò Cana. «Oltre al fatto che stai usando
veramente troppa
magia, non potrai continuare così a lungo».
«Parla
per te» ridacchiò lei, ma in quell'istante un
gruppo di dieci
shades,
i fantasmi di Josè, attaccarono insieme il muro di vento.
Furono
spazzati via, ma per un istante la mano di uno di questi
riuscì a
penetrare. Priscilla, riuscì addirittura a sentire su di
sè il
colpo subito e si costrinse a tendere i muscoli per lo sforzo.
«Merda.
Li ho sottovalutati».
«Non
abbiamo altra scelta che distruggere lo Jupiter»
concluse Cana.
«Lo
ridurrò in mille pezzi!» annunciò Natsu.
Un
altro gruppo di shades,
questa
volta quindici, tentarono nuovamente lo sfondamento e ancora una
volta Priscilla ne sentì il colpo e uno di questo per poco
non
passò.
«Si
stanno organizzando! Bisca, Alzack!» chiamò
Priscilla. «Ho bisogno
che teniate d'occhio la situazione. Potrebbero riuscire a
passare!»
«Agli
ordini!» annuirono loro, imbracciando le loro armi.
«Natsu!»
chiamò Priscilla, incitandolo a partire.
«Quindici
minuti vero? Ce ne metteremo cinque!» gridò lui,
correndo verso il
muro di vento. «Happy!» chiamò,
incitando il gatto ad afferrarlo e
farlo volare.
«Aye,
sir!» annunciò lui e puntò verso il
cannone, passando dal muro di
vento grazie a uno spiraglio apertogli da Priscilla.
«Elfman!
Andiamo anche noi!» disse Gray, correndo a sua volta verso la
gilda
di Josè.
«Sì!»
rispose Elfman deciso.
«Noi
combatteremo da qui!» annunciò Cana, afferrando le
sue carte e
preparandosi alla lotta. Altri shades
attaccarono
a gruppi, questa volta all'unisono e per Priscilla divenne sempre
più
difficile trattenerli, ricevendo colpi da ogni fronte.
«Priscilla!
Attenta!» gridò Macao, puntando un dito contro di
lei. Priscilla
distolse lo sguardo dall'alto, dove teneva d'occhio la situazione, e
lo puntò davanti a sè. Troppo concentrata a
tenere ben vivo e forte
il vento nei punti più colpiti non si era accorta di un
gruppo di
almeno cinquanta shades
riuniti
di fronte a lei. Erano come un'enorme ombra di morte, ravvicinati
com'erano, e Priscilla capì ben presto che quello non era
altro che
il suo messaggero della morte. Impallidì, ma non
lasciò la
posizione e continuò ad alimentare il suo tornado difensivo,
nonostante fosse ormai evidente che presto sarebbe stato sfondato.
Colpirono tutti insieme e carichi com'erano riuscirono a sfondare la
difesa della ragazza, oltrepassando il tornado e colpendola in pieno.
Priscilla cadde a terra e il muro di vento si dissipò
all'istante,
permettendo al resto degli shades
di
entrare e raggiungere infine il resto dei loro compagni.
«Merda»
mugolò, notando l'enorme fatica che fece a rialzarsi.
«Mi sento
improvvisamente svuotata».
«Fate
attenzione! Sono maledetti!» gridò Loki, scoprendo
così il loro
potere.
«Allora
basta non toccarli! Questo è un compito che spetta a noi,
Bisca!»
disse Alzack e la ragazza non se lo fece ripetere due volte,
cominciando a sparare una raffica di proiettili magici. Molti shades
vennero
spazzati via, ma poco dopo parvero come ricomporsi e tornarono alla
carica. Un altro puntò nuovamente Priscilla, ancora stesa a
terra,
ma Cana lo intercettò con una delle sue carte e
riuscì a
distruggerlo. Corse verso Priscilla e si inginocchiò per
aiutarla.
«Grazie,
Cana» mormorò lei, riuscendo almeno a mettersi in
ginocchio.
«Come
ti senti?» chiese la donna, preoccupata.
«Posso
ancora muovermi» e quello bastava. Altri shades
caricarono
verso le due e Cana riuscì ancora una volta a eliminarli con
le sue
carte, proteggendo la ragazza.
«Ho
bisogno solo di qualche istante per riprendermi, riesci a reggere
fino ad allora, Cana?» chiese Priscilla.
«Chi
delle due è stesa a terra, ricordamelo»
sghignazzò Cana, guardando
l'amica seduta a terra che respirava a fatica e cercava di
concentrarsi per ritrovare dentro sé un briciolo di magia da
alimentare e poter di nuovo utilizzare. Priscilla allargò un
sorriso, convinta e divertita da quella provocazione.
«Sono
in buone mani, allora» commentò, chiudendo
definitivamente gli
occhi.
«Prenditi
il tempo necessario!» disse Cana, continuando a lanciare
carte
intorno a sé per proteggere non solo se stessa ma ora anche
Priscilla, alle sue spalle. Passarono interminabili secondi, che
divennero minuti, e il cannone intanto continuava a caricarsi. Alcuni
cominciarono a chiedersi perché Natsu ci stesse mettendo
così
tanto, altri invece non persero la speranza nemmeno quando mancavano
appena due minuti al colpo.
Uno
shade
riuscì
a evincere la guardia di Cana, oltrepassandola e puntando nuovamente
su Priscilla, ancora seduta a terra a occhi chiusi, concentrata.
«Priscilla!»
la chiamò Cana, preoccupata. Lo shade
riuscì
a raggiungerla, ma un'improvvisa ondata di vento la avvolse e
riuscì
a spazzarlo via. Priscilla riaprì gli occhi e si
sollevò da terra,
volando come faceva praticamente sempre. Sembrava essere allergica al
pavimento, tutte le volte che poteva preferiva galleggiare a
mezz'aria, spesso anche mentre sonnecchiava, il che la rendeva non
solo curiosa ma anche temuta. In pochi erano in grado di gestire la
propria magia persino a sonno inoltrato.
Ciò
nonostante, continuava a essere quella con minor numero di incarichi
portati a termine e minor voglia di intraprenderne di nuovi. Se non
ci fosse stato Mistgun a trascinarla in giro e darle ogni tanto
qualche vittoria, probabilmente avrebbe vissuto la sua intera vita
oziando nelle sue stanze a spese del nonno.
«Anima
del vento» mormorò seria in volto.
«Tornado!» e allungando una
mano di fronte a sé fece nascere un tornado dal palmo della
mano che
andò allargandosi e ingrandendosi, inglobando dentro
sé tutti gli
shades
che
incontrava nel proprio cammino. Il tornado raggiunse la gilda di
Josè
e su di essa riverso il proprio potere e quello degli shades
inghiottit,
provocando un crollo nella parete.
«Non
ho finito» annunciò Priscilla, continuando con
quella mossa che
parve vincente.
«Quella
ragazza...» balbettò Wakaba, aggrappato alla
spalla di Macao. «È
stata colpita da più shades
contemporaneamente
e a differenza mia, che invece mi ha preso uno solo, è
già in piedi
con tutto quel potere magico a disposizione. È
incredibile».
«È
la nipote del master» sghignazzò Macao orgoglioso
di avere tra le
proprie fila una persona come quella. «Makarov almeno con lei
è
riuscito a fare un buon lavoro» sospirò Wakaba
affranto, pensando a
quanto invece Laxus al contrario suo fosse antipatico e inaffidabile,
e nonostante Priscilla fosse impegnata nel combattimento
riuscì
incredibilmente a cogliere quell'ultima frase e lanciar loro
un'occhiataccia tale da fargli venire i brividi. Ancora più
incredibili delle sue capacità c'era quell'assurdo
attaccamento a
Laxus, nonostante avessero litigato tanto intensamente da non
rivolgersi più la parola e nonostante Laxus fosse tutto
tranne che
una brava persona. Non erano passati nemmeno venti minuti, in fondo,
da quando l'aveva sentito rivolgersi a lei e alla gilda in quel
terribile modo, eppure continuava a volerlo difendere. Wakaba e Macao
si limitarono a sghignazzare nervosamente, abbozzando delle scuse
anche se non verbali e tornarono tutti a concentrarsi sugli shades
e
sul pericolo imminente.
«Dieci
secondi al colpo» annunciò una voce elettronica.
«Merda»
sibilò Priscilla, in preda al panico. «Che diamine
stai combinando
Natsu?!» gridò lanciando un altro colpo contro shades
e
gilda.
«Cinque».
Priscilla
volò rapidamente di fronte al cannone e si mise in posizione.
«Che
vuoi fare, pazza?» gridò Cana.
«Tu
non hai uno scudo!» osservò Macao.
«Lo
so anche io» digrignò i denti Priscilla,
mettendosi in posizione.
«Ma non ho altra scelta! Anima del vento!»
congiunse la mani di
fronte a sé, palmi aperti, una poggiata sul dorso
dell'altra, il
simbolo di Fairy Tail sulla destra ben rivolto al cannone Jupiter e
tirando indietro la schiena si preparò.
«Tre».
«Proteggi
le mie mani» mormorò lei e una serie di correnti
d'aria
cominciarono a scorrere davanti le sue mani e dietro la sua schiena,
caricandosi di potenza.
«Non
vorrà parare il colpo a mani nude!»
sbarrò gli occhi Loki.
«Farà
un male cane» sghignazzò Priscilla in quel suo
solito modo di
sdrammatizzare con una risata.
«Due».
«Priscilla!!!»
gridò Cana, pallida in volto.
«Uno».
Priscilla
chiuse gli occhi tanto forte da corrucciarsi, i denti erano
così
serrati che cominciarono a farle male e il vento intorno a lei
aumentò di velocità a intensità,
creando su di lei un vero e
proprio bozzolo di correnti d'aria. Riuscì a sentire il
fragore
assordante dell'esplosione, ma con sua sorpresa non fu quella che si
aspettava. Il cannone esplose dall'interno e pian piano
crollò,
distrutto. L'onda d'urto che generò spintonò via
Priscilla,
facendola roteare indietro, fin sopra i propri compagni.
Guardò il
cannone che cadeva in mare, ormai fuori uso, e tirando un sospiro di
sollievo ebbe un tale calo di energie che delicatamente
svolazzò
fino a terra come una piuma in balia del vento.
«Meno
male» piagnucolò, ormai in preda al panico che non
era riuscita a
liberare poco prima. Cana le corse vicino e nel vedere il suo volto
pallido, gli occhi vacui, ma la sua buona salute se non per la
terribile paura che ora riusciva a manifestare non poté che
sorridere sollevata.
«Era
perfettamente consapevole che sarebbe morta e non sarebbe riuscita a
fare niente, eppure ci ha voluto provare lo stesso»
osservò,
felice, mentre Laki tentava di farla riprendere sventolandole
una
mano davanti al volto.
«Certo,
noi di Fairy Tail non possiamo lamentare la mancanza di pazzi
spericolati in questa gilda» sospirò Macao,
espressione che fece
ridere le persone intorno a sè, alimentati anche loro dal
sollievo
di essere sopravvissuti nuovamente e divertiti dall'espressione di
Priscilla, ancora KO dalla paura appena vissuta.
«Non
è ancora finita!» l'urlo di Josè
risvegliò le preoccupazioni di
tutti, comprese quelle di Priscilla stessa, che riaprì gli
occhi e
si mise a sedere. La gilda cominciò nuovamente a muoversi e
cambiò
la propria conformazione, lentamente e rumorosamente.
«Che
sta succedendo, ora?» chiese Bisca, mettendosi in posizione
di
guardia.
La
gilda cominciò ad assumere un aspetto più umano,
formando delle
gambe, delle braccia e infine una testa.
«Un…
gigante?» balbettò Loki, sconvolto.
«Voglio
attaccarci con un gigante di pietra?» fece eco Cana,
terrorizzata.
«Fareste
meglio a strisciare e implorare pietà, luridi mocciosi.
Imparerete a
stare al vostro posto!» disse Josè, chiuso
probabilmente nella
testa del gigante.
«Bene,
finalmente un nemico che posso fronteggiare anche io!»
sorrise
Priscilla, alzandosi in piedi.
«Tu
puoi fronteggiare quel coso?» strabuzzò gli occhi
Cana.
Un'armata
di shades
fece
di nuovo la loro comparsa e volò rapidamente verso di loro.
«Cana,
Bisca! Lascio i fantasmi a voi, il mio vento contro di loro non
è
molto efficace. Io tengo impegnato il bestione!» disse
Priscilla,
spiccando di nuovo il volo e sparandosi a gran velocità
verso
l'alto. Un gruppo di shades
la
intercettò e lei fu costretta a frenare e deviare per
evitare di
essere colpita. Caricarono nuovamente, ma dei proiettili magici li
raggiunsero e li disintegrarono. Priscilla si voltò verso la
provenienza di quei colpi e vide Bisca e Alzack in piedi su di un
muretto, con le armi puntate nella sua direzione.
«Ti
copriamo noi, Priscilla!» annunciarono.
Priscilla
sorrise, sicura di sè e di coloro che aveva alle spalle. Si
voltò a
guardare il gigante, poi riprese a volare verso di lui.
«Anima
del vento!» gridò disegnando una linea verticale,
dall'alto verso
il basso, con il braccio. «Raffica!» una raffica di
vento nacque
seguendo la direzione del suo braccio e colpì il gigante sul
fianco
sinistro. Questo ondeggiò appena, ma non parve
destabilizzarsi
troppo. Non importava, solo il fatto di essere riuscita a farlo
barcollare bastava: se avesse insistito a sufficienza lo avrebbe
fatto crollare prima o poi. Continuò ad attaccare con le sue
raffiche, spostandosi in continuazione per cercare un punto
più
debole e per evitare i colpi che intanto Josè cercava di
darle con
la mano del suo gigante. In basso, in alto, a destra, sinistra, poi
di nuovo a destra, in diagonale, Priscilla volava e colpiva, schivava
e poi volava di nuovo, muovendosi in continuazione intorno al
gigante.
«Fastidiosa
zanzara!» gridò Josè stremato da quel
continuo barcollare che gli
recava e dal fatto che lei fosse tanto veloce da riuscire sempre a
schivare i suoi colpi.
«Zanzara?»
strillò Priscilla offesa. Si irrigidì e divenne
paonazza dalla
rabbia, poi prese di nuovo a volare intorno a lui ma questa volta in
maniera più confusionaria e più veloce, con la
sola intenzione di
infastidirlo ancora di più. Il gigante cominciò a
battere le mani
dove la trovava, nel tentativo di schiacciarla, e certo non si poteva
dire che da fuori la cosa fosse quasi comica. Pareva di trovarsi
veramente di fronte a una persona alle prese con una zanzara
irritante che non riusciva a prendere.
Priscilla
continuò a evitarlo, sempre più irritata e sempre
più furiosa nei
colpi che gli assestava, fino a quando non gli volò proprio
di
fronte alla faccia, dove immaginava si trovasse Josè, oltre
al
vetro. Si irrigidì e gli concesse la linguaccia
più furibonda di
cui disponesse, facendolo uscire dai gangheri per l'offesa.
«Stupida
mocciosa, come osi!» ringhiò, agitandosi sul posto
come un bambino.
Provò nuovamente a colpirla, ora furibondo, e Priscilla,
distratta,
questa volta venne colpita come un moscerino e scaraventata di lato.
Urlò, mentre roteava su se stessa e precipitava al suolo in
maniera
alquanto poco aggraziata. Con un improvviso sbuffo di vento si
impedì
di toccare il suolo, cosa che probabilmente l'avrebbe uccisa.
Sorrise, determinata e probabilmente anche divertita. Volò
ai piedi
del gigante e cominciò a disegnare intorno a lui cerchi
concentrici,
sempre più veloce, fissa nella sua traiettoria come un
satellite. Da
quella base che stava personalmente disegnando cominciò ad
alzarsi
un turbine di vento, che pian piano inghiottì l'intero
gigante.
Priscilla uscì dalla sua traiettoria, lasciando ora quel
nuovo
tornado che aveva creato, autonomo abbastanza da restare violento
senza il suo intervento. Si posizionò di fronte al gigante e
divaricò le gambe, pronta a richiamare l'ennesima magia.
«Anima
del vento!» gridò, allargando le braccia.
«Compressione!» e riunì
tra loro le braccia, facendo battere le mani di fronte a sé.
Il
tornado si strinse improvvisamente sul gigante, intrappolato al suo
interno, e lo stritolò fino a schiacciarlo. La potenza con
cui si
chiuse fu tale che persino il mare venne fatto schioccare verso
l'alto, creando un'enorme onda e schizzando acqua ovunque sulla riva
di Magnolia.
«L'ha
colpito!» esultò Macao e sulla sua scia un coro di
ovazione si alzò
tanto forte da sovrastare il rumore del mare.
«Ma
dentro non c'erano anche Natsu, Gray e Elfman?» chiese Erza,
ancora
stesa a terra dalla fatica. Priscilla si irrigidì nel
sentirla e
sbiancando confessò balbettante: «Lo aveva
dimenticato».
«Eh?!»
gridarono in coro il resto della gilda, sconvolta che la loro
compagna avesse potuto scordare una cosa tanto importante. Ma la loro
gioia della vittoria (o disperazione nell'apprendere che i loro tre
compagni migliori erano finiti vittima della dimenticanza di
Priscilla) durò poco, dal momento che dalle onde, ora
più calme,
emerse nuovamente il gigante di roccia. Non solo non aveva subito
alcun danno dal colpo, ma ora era fermo in una posizione ben precisa
e per aria stava scrivendo rune magiche in cerchio. Lentamente, ma
non sembrava accennare a fermarsi. La voce di Josè emerse in
una
risata fragorosa, mentre Priscilla diventava sempre più
pallida e
sconvolta dal fatto che non fosse riuscita nemmeno a scalfirlo.
«Tutto
qui il tuo potere, nipote di Makarov?» sghignazzò
lui, soddisfatto.
«Tsk»
si fece sfuggire Priscilla, ora corrucciata dalla rabbia. I fantasmi,
sotto di lei, presero nuovamente ad attaccare la gilda e tennero
impegnati i suoi compagni, sempre più in
difficoltà.
«Quel
cerchio magico è di una magia proibita!» riconobbe
Laki, sotto di
lei.
«È
l'Abyss Break!» realizzò Loki. «Con una
grandezza tale se venisse
sparato ridurrebbe in pezzi l'intera Magnolia».
Priscilla
si irrigidì ancora di più nel sentire quella
terribile notizia e il
suo volto divenne tanto cupo da far quasi paura, abbandonando ogni
traccia dell’ottimismo e dell’allegria che aveva
avuto fino a
quel momento. Le iridi rimpicciolite, il volto privo di qualsiasi
emozione, gli occhi sbarrati che nemmeno sbattevano per umidificarsi.
Sembrava diventata un’inquietante bambola di porcellana.
Josè lo
vide e per un istante realizzò la pericolosità di
quella ragazza,
ma aveva fiducia nel suo gigante e soprattutto nella sua squadra di
maghi: gli Element Four avrebbero fermato senza problemi lei e
chiunque avesse provato a mettersi in mezzo, ne era certo.
«Se
ci uccidi...» mormorò Priscilla, con una voce che
sembrava essere
uscita dal peggiore degli incubi. «Come posso fargli trovare
una
casa accogliente, quando tornerà? Se ci uccidi... come posso
mantenere la mia promessa?» mormorò come fosse
stata la sentenza di
uno spettro pronto a ingoiare la vita altrui. «Non te lo
permetto»
aggiunse con una tale calma, nonostante lo sguardo disumano, da far
venire la pelle d'oca. E Josè si ritrovò a
doversi costringere ad
avere fiducia nelle sue armi, perché per un breve istante
ebb
addirittura un vacillamento. Priscilla del vento… era
davvero colei
che dicevano essere?
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Capitolo 4 *** Condanna ***
Condanna
Priscilla
volò sul braccio del gigante e lentamente avanzò
verso una delle
finestre, dalla quale sarebbe entrata al suo interno. Un membro della
gilda Phantom Lord gli si parò davanti ma lei senza nessuno
sforzo
lo sbalzò via con una folata di vento.
«È
il mio compito» continuò a mormorare come un
demone della morte.
Altri uomini gli corsero incontro, armati e pronti a lanciare contro
di lei qualsiasi tipo di magia. «È il mio
ruolo» mormorò ancora,
come una cantilena, e un altro soffio di vento li colpì
tutti e li
lanciò giù, nel mare. Raggiunse il corpo del
gigante e attraversò
la finestra con un leggero salto. Altri uomini corsero verso di lei,
pronti a colpirla, senza curarsi -o forse senza vedere- il suo
sguardo vacuo.
«È
il mio compito. È il mio ruolo»
continuò a mormorare ad ogni
passo. Un'improvvisa pressione sbalzò via tutti i soldati
del
corridoio, senza che nemmeno lei muovesse un dito, ma continuava a
camminare, sempre più persa nel suo incubo, scandendo i
passi con
quelle uniche parole che ora pareva essere in grado di pronunciare.
Sotto di sé non sapeva della lotta che anche il resto dei
suoi
compagni, uno alla volta, stava cominciando e intraprendendo. Elfman
contro Sol, prima degli altri, ad affrontare non solo un nemico
fisico ma anche i fantasmi del proprio passato. La morte di Lisanna,
la sua amata sorellina, era appena tornata a tormentarlo ma era stata
la voce in pericolo di Mirajane a ridargli la forza di andare avanti
e sconfiggere il suo nemico.
«È
il mio compito» cantilenò Priscilla, camminando
pacatamente lungo i
corridoi, sbaragliando chiunque gli si parasse davanti senza neanche
quasi accorgersene. La sua forza era improvvisamente diventata
più
bruciante e pericolosa, a ritmo di quella nenia.
«È il mio ruolo».
Altrove,
anche Gray si era ritrovato a un confronto con Lluvia, il secondo
degli Element Four, mentre ancora più in basso Natsu aveva
già
sconfitto da tempo Totomaru, il terzo.
«Il
mio...» qualcosa riuscì finalmente a distoglierla
da
quell'arteficio in cui sembrava essere caduta, nell'istante in cui
mise piede in una sala. Saltò a destra, schivando appena in
tempo
l'attacco di una piccola tromba d'aria.
«Aria?»
si chiese, riatterrando armoniosamente e osservando il nemico ancora
nascosto dal vento, di fronte a sé.
«Il
tuo compito?» una voce maschile, profonda, venne da quel
piccolo
turbine che si sciolse poco dopo. Al suo posto comparve un uomo alto
e grosso, con una gigantesca giacca verde sulle spalle e delle bende
sopra gli occhi. «Una donna legata al suo destino... una
condanna
irrinunciabile...» esclamò drammatico, prima di
mettersi a
piangere. «Quale tristezza!»
«Una
condanna» sghignazzò Priscilla, raddrizzandosi e
puntando gli occhi
al proprio avversario. «Sì, una volta la vedevo
così. Chi sei?»
chiese, arginando subito il discorso sulla sua presunta condanna.
«Aria»
si presentò l'uomo. «Il leader degli Element
Four».
«Aria?»
ragionò Priscilla, focalizzandosi sul potere con il quale
l'uomo si
era presentato a lei: un turbine di vento, e il suo nome ora
confermava che il potere magico di quell’uomo era simile al
suo.
Sorrise e il vento cominciò a vorticarle intorno, facendole
svolazzare le ciocche dei capelli. Le due treccine ai lati della
nuca, cominciarono a muoversi a mezz'aria, come serpenti, che ben si
armonizzavano con lo sguardo che ora Priscilla aveva sul volto che
tanto la assomigliava allo sguardo pietrificante di Medusa delle
leggende.
«Sarà
uno scontro interessante» sghignazzò.
Lanciò la prima raffica di
vento, allungando un braccio davanti a sé, attacco che Aria
parò
senza troppe difficoltà con uno scudo invisibile.
«Oh...»
osservò Aria, sorpreso. «Tu devi essere Priscilla,
allora».
«La
mia fama mi precede» sorrise Priscilla, prima di scattare in
avanti,
spinta da un altro soffio di vento. «Arrivo!»
annunciò e caricò
il pugno all'indietro. Aria portò in avanti le mani, pronto
a
difendersi con un altro scudo magico, ma all'ultimo istante un altro
soffio di vento fece cambiare velocemente direzione a Priscilla.
Volò
verso l'alto e rapidamente scese di nuovo, a gamba tesa sulla sua
testa. Lo sfiorò, avvantaggiata dall'effetto sorpresa, ma
Aria fu
comunque più veloce e sbalzò via il piede di
Priscilla con un altro
soffio di vento. Usando ancora del vento Priscilla bloccò la
sua
caduta e si lanciò nuovamente all'attacco. Sfruttava le
correnti per
darsi potenza e velocità, cambiava direzione in ogni istante
e non
appena trovava uno spiraglio libero caricava e colpiva, ma mai
riusciva a raggiungerlo.
«Il
tuo potere magico non è niente male, maga del
vento» commentò
Aria, prima di unire nuovamente le mani e annunciare. «Spazio
Aereo... Soppressione!» una serie di bolle di pressione
nacquero
intorno a Priscilla e la colpirono come potenti pugni, esplodendo su
di lei. Urlò e provò a proteggersi giusto il
volto con le braccia.
Cadde verso terra, ma non la toccò, riuscendo a rimanere per
aria
ancora una volta. Si tirò di nuovo in piedi, tremante.
«Ma
manchi di esperienza, tecnica e capacità fisiche»
disse ancora lui,
osservando la ragazza già malridotta, che tremava nello
sforzo di
restare in piedi. Nonostante questo, il sorriso sul suo volto non
moriva.
«Non
ho mai amato gli scontri, anzi credo di poter dire che li detesto con
tutta me stessa» rispose lei, con un tono quasi divertito.
«Oh...
e ti sei unita alla gilda più attaccabrighe di tutta
Fiore?»
osservò Aria, divertito da quell'incoerenza.
«Che
vuoi che ti dica? È la mia condanna, giusto?»
ridacchiò,
sparandosi nuovamente in avanti.
«Questo
è così triste!» si mise di nuovo a
piangere lui, mentre Priscilla
lo raggiungeva. Riuscì a tirare il colpo, ma prese il vuoto
nell'istante in cui Aria sparì. Riapparve alle sue spalle e
gli
puntò contro il palmo della mano aperta.
«Soppressione!»
annunciò e un altro colpo dello spazio le esplose contro,
scaraventandola contro un muro con un urlo. Questa volta non
riuscì
a proteggersi e finì col colpirlo e subire un terribile
colpo al
fianco. Cadde a terra, tremolante, ma si rialzò poco dopo
facendo
leva su mani e piedi.
«Dovresti
restare dove sei, non rendere tutto ancora più
triste» disse lui
avvicinandosi a passi pesanti alla ragazza. «È
già così triste
sapere che stai combattendo contro colui che ha risucchiato il potere
magico al tuo master. Che dolore! Adesso anche tu subirai lo
stesso»
scoppiò a piangere, ma nonostante questo non si
fermò nel preparare
la magia.
«Distruzione!»
un cono di magia racchiuse Priscilla al suo interno e
cominciò a
risucchiarne il potere, esattamente come aveva fatto con Makarov il
giorno prima. Lei urlò, in preda a un dolore accecante, e
lui,
continuando a piangere, continuò a risucchiare tutto
ciò che le
dava la forza.
«Questo
potere...» singhiozzò, riuscendo a sentirne la
consistenza come
fosse un piatto per il pranzo. «Questo potere è
così triste!»
«Ti
piacciono le storie tristi?» gracchiò Priscilla,
dolorante ma
stranamente determinata. Questo sorprese Aria tanto che
vacillò per
un istante.
«Adesso
te ne racconto una» sghignazzò, nonostante si
trovasse nella sua
peggiore tortura. «Anima del vento! Soppressione!»
«Cosa?»
sobbalzò lui nel sentire quel nome e la sorpresa fu doppia
quando
delle bolle di pressione esattamente come le sue riuscirono a
colpirlo. Solo successivamente riconobbe il suo errore: le bolle di
Priscilla non erano dovute a una modificazione dello spazio, ma erano
solo bolle d'aria compressa. Ciò nonostante, era riuscita,
osservandolo solo una volta, a crearne una perfetta imitazione e
questo bastava a renderla incredibilmente pericolosa. Il colpo
interruppe la sua magia e lo fece barcollare all'indietro. Si
rialzò
e puntò i suoi occhi bendati contro la ragazza che aveva di
fronte.
Era in piedi, come se niente fosse, come se non risentisse delle
ferite subite, e lo guardava con uno sguardo che poche volte aveva
visto su qualcuno. Ma ciò che lo lasciò
più stupito, quanto
spaventato, fu la sua mano sinistra.
Da
polso in giù non c'era più niente. Il palmo e le
dita erano come
sparite, invisibili, ma capì presto che non era
invisibilità quella
che stava vedendo. La mano era sparita veramente, lasciando al suo
posto un taglio netto, come fosse stata amputata. Poteva vederne
all’interno la carne, le ossa, e qualche goccia di sangue che
gocciolava a terra anche se certamente meno rispetto a quello che si
sarebbe aspettato. Non aveva idea di cosa fosse successo o di quando
era stata tagliata quella mano, né come fosse possibile una
cosa
come quella, a maggior ragione quando dal taglio del polso di
Priscilla si sprigionò una sottile e delicata luce blu.
Brillava
sotto la pelle e si allungava nello spazio seguendo una linea ben
precisa, ridisegnando lentamente la mano mancante sopra la quale poi
si fissava e riformava carne e pelle. Una specie di magia di
rigenerazione, non poteva essere altrimenti. Notò solo in
quel
momento che anche le ferite che aveva addosso non erano che
superficiali: quelle più profonde si stavano già
richiudendo sotto
la guida dello stesso fascio di luce blu che sembrava nascere da
dentro lei. Tremò, per la prima volta dopo molto tempo ebbe
la
sensazione di non essere poi così superiore e questo lo
spaventava
un po'. Si afferrò le bende intorno agli occhi e se le tolse
con uno
strattone, scoprendo così i suoi inquietanti occhi viola.
«Non
immaginavo avrei dovuto fare sul serio con una come te!»
disse,
sorpreso, e si mise rapidamente in posizione. «Spazio
Aereo...
zero!» annunciò e una strana ventata che puzzava
di morte e
putrefazione cominciò a soffiare in quella sala. Ma
Priscilla non si
scompose minimamente e continuò ad osservarlo con una strana
determinazione misto a superiorità. Non aveva
paura… era
terrificante.
«Sarai
anche un mostro colmo di tristezza, ma non sopravviverai alla mia
magia prosciuga vita!» disse rafforzando il suo potere magico.
«Una
magia che prosciuga la vita» mormorò Priscilla con
strano
disinteresse, come se la cosa non la riguardasse. Come faceva a
restare così calma? Come faceva a restare in piedi?
«Eccoti
la mia storia triste» disse infine, seria. Alzò
una mano verso di
lui, puntandogliela e preparandosi a colpire. «Le magie che
intaccano il mio potere magico sono quelle più efficaci su
di me,
come puoi vedere» disse alzando la mano mancante che ora
andava
riformandosi. Ma per quanto quella avesse l’aria di una
spiegazione, lo confondeva ancora di più: come poteva una
magia in
grado di prosciugare solo energia magica, amputare così gli
arti?
Ferire una persona fisicamente? Niente di quello che diceva, o
faceva, aveva alcun senso.
Un
cerchio magico si disegnò per aria davanti a Priscilla, ad
altezza
della mano destra, a segnalare il colpo che stava per essere sparato.
Nonostante tutto il potere che Aria stava usando nel suo Spazio Aereo
Zero, quella per lei non sembrava altro che una leggera brezza, forse
un po' fastidiosa, ma per niente pericolosa.
«P-Perché
non muori?» balbettò spaventato.
Un
potente getto d'aria calda nacque da quel cerchio magico e
colpì in
pieno Aria, troppo sconvolto da quella scoperta per pensare a un modo
per schivarlo. Venne scaraventato contro le scale, ma non ci
arrivò.
Priscilla saltò verso di lui, rapida come un proiettile,
improvvisamente più carica e più forte. Lo
colpì al ventre, cambiò
direzione e lo colpì alla schiena, e ancora
cambiò, colpendolo in
faccia. E ancora e ancora, gli volava attorno con la
rapidità di un
colibrì, menando pugni e calci sempre più potenti
sfruttando la
forza del vento come propulsione. Aria non riusciva nemmeno ad
avvicinarsi al suolo che Priscilla gli era sotto e con un calcio lo
rispediva in alto e riprendeva a colpirlo.
«Anima
del vento! Pressione!» Una potente pressione diede il colpo
di
grazia ad Aria, scaraventandolo al suolo con una potenza incredibile
e lasciandolo infine lì, tramortito.
Priscilla
tornò a toccare terra e lasciò finalmente andare
un sospiro,
sentendo di potersi finalmente rilassare. Alzò la mano
sinistra e la
osservò mentre quel fascio di luce magico che proveniva
dall'interno
del suo corpo finiva di ricostruirle le dita e le unghie.
«Io
non posso morire. È questa la mia condanna»
mormorò in risposta
alle domande di Aria e in conclusione alla sua storia triste, anche
se ora lui sicuramente non avrebbe potuto sentirla.
Sentì
dei passi alle sue spalle provenire dal corridoio e si voltò
a
vedere chi stesse arrivando. Natsu entrò nella sala dove
Priscilla
aveva appena concluso il suo combattimento e si bloccò,
sorpreso,
nel vederla.
«Priscilla?!»
chiese, notando quanto fosse mal ridotta.
«Ehilà,
Natsu!» salutò lei con un luminoso sorriso, come
se niente fosse
appena successo.
«Natsu!»
la voce di Erza lo raggiunse, alle sue spalle.
«Erza?»
domandò stupita Priscilla, quando la vide comparire a corsa
dietro
di lui. «Stai bene?» chiese, preoccupata che
riuscisse a malapena a
muoversi.
«Priscilla!
Finalmente ti ho trovata, ero preoccup...» si interruppe e
per poco
non le venne un infarto quando notò il corpo esanime di
Aria, a
pochi passi da lei.
«Ma...
quello...?»
«Lui?»
chiese innocente Priscilla, guardando curiosa il corpo di Aria, come
se non fosse stato lei a ridurlo in quel modo. «Ha detto di
chiamarsi Aria, diceva di essere il leader degli Element
Four».
«Leader?»
chiesero sconvolti Natsu e Erza. Conoscevano la fama degli Element
Four, e Natsu aveva avuto il piacere di scontrarsi contro uno di loro
proprio pochi minuti prima. Se Aria era il leader era sicuramente il
più pericoloso, ed era incredibile che ad atterrarlo fosse
stata
quella da sempre riconosciuta come la più debole di Fairy
Tail.
«Che
fortuna che sono ancora viva, eh?» ridacchiò lei
con l'espressione
di una bambina innocente. Si portò entrambe le mani dietro
la testa,
in quella sua posa sbarazzina e birichina, mentre sul viso moriva
ogni cenno del mostro pericoloso che si era mostrata fino a un
istante prima, lasciando invece spazio all'unica che i membri di
Fairy Tail avessero mai conosciuto: la solare, rumorosa, quasi
infantile, Priscilla.
Si
portò rapidamente le mani ai fianchi, gonfiando il petto
orgogliosa.
«Quando
rivedrò Mistgun glielo dirò! Non sono
più tanto inutile, sai?
Perché io faccio bam!»
disse euforica, tirando un pugno all'aria. «E poi bam!
E
bam!
Bam!»
E a ogni bam
tirava
un pugno, piena di un'energia che chissà dove ancora
prendeva. Rise
divertita e felice, riempiendo quella stanza di un'allegria che
sentiva il bisogno di riversare all'esterno, come a cancellarne, con
la sua forza, tutto il male che c'era stato fino a un attimo prima.
La
terra improvvisamente tremò, mentre il gigante di roccia
crollava,
ormai privo di potere magico. Gli Element Four erano stati tutti
eliminati, il cerchio magico si era fermato e il gigante era crollato
ormai privo di potere. Erza, stanca e al limite delle sue forze,
crollò a terra. Priscilla perse l'equilibrio, cadde a terra
in
maniera infantile e scomposta, ma non si spaventò per quanto
stesse
succedendo. Quello dimostrava solo la loro vittoria... o almeno
questo credeva, fino a quando José non parlò di
nuovo.
«Ascoltatemi
Fairy Tail! Ascoltate questa voce...» sghignazzò,
un attimo prima
che al suo posto risuonasse la voce di Lucy, rotta in un urlo di
dolore e terrore.
«Lucy!»
chiamò Natsu, allarmato.
«Abbiamo
preso Lucy Heartfilia, e con ciò abbiamo portato a termine
uno dei
nostri obiettivi. Abbiamo soltanto una cosa da fare ancora:
cancellarvi dalla faccia della terra. Voi, inutili vermi!»
ringhiò
José, prima di chiudere la comunicazione.
«Maledetti!
Hanno preso Lucy!» sbraitò Natsu, aiutando Erza a
sollevarsi da
terra almeno con la testa.
«Natsu...»
balbettò lei, allo stremo delle forze. «Libera il
tuo potere. Tu
hai un potere nascosto dentro di te. Credi in te stesso. Risveglialo.
È giunto il momento... proteggi Lucy. Proteggi la gilda.
Vai,
Natsu!» quasi scoppiò a piangere, in quell'ultima
preghiera colma
di speranza e desiderio. «Sei colui che mi
sorpasserà!»
Natsu
si corrucciò, determinato e incoraggiato da quelle parole.
Qualcosa
cominciò a bruciare in lui e strinse ancora di
più le spalle di
Erza, mentre si caricava di energia.
«Natsu»
si avvicinò Priscilla e mosse appena la mano sopra la testa
di Erza.
Una leggera brezza prese a soffiare sotto di lei, delicata, ma forte
abbastanza da sollevarla da terra. «Penso io a lei. La
riporto alla
gilda».
«È...
piacevole» mormorò Erza, stremata e quasi incapace
di parlare, ma
ancora cosciente. Un timido sorriso le si dipinse in volto.
«Vero?»
disse Priscilla, entusiasta del suo potere.
«Allora
vado» ringhiò Natsu, alzandosi in piedi e
cominciando a correre
verso le scale. «Natsu, aspetta!» lo
richiamò Priscilla e lui si
voltò a guardarla, curioso. Priscilla si soffiò
su una mano, come
se stesse soffiando della schiuma in una vasca da bagno, anche se in
realtà non aveva niente di tutto quello. Nonostante questo,
un'altra
brezza volò in direzione di Natsu e lo avvolse
delicatamente,
facendogli svolazzare i vestiti. Lui si guardò sorpreso:
quel
leggero vento sembrava caricarlo come una batteria.
«Il
fuoco brucia meglio dove c'è molto ossigeno. È il
mio regalo. Fanne
buon uso» gli disse con un occhiolino complice. Natsu
sorrise,
entusiasta, e stringendo i pugni pronunciò determinato:
«Vado!
Grazie, Priscilla!»
Priscilla
sospirò nel vederlo sparire e con un sorriso ormai
soddisfatto prese
a camminare lungo il corridoio, facendo svolazzare Erza al suo
fianco, dirigendosi alla finestra da cui era entrata per tornare
indietro.
«Allora...
Questo Aria, com'era? Tanto forte?» chiese Erza, con un
sorriso.
Erano successe tante cose, ma ora non potevano fare altro che
lasciare tutto nelle mani di Natsu. E intanto a lei avrebbe fatto
piacere sapere in che modo la più debole di Fairy Tail fosse
riuscita a sconfiggere il più forte degli Element Four.
Anche se un
sospetto lo aveva, lo aveva sempre avuto dal momento in cui Mistgun
l'aveva accettata come sua partner per qualche incarico. Non poteva
essere così debole come si diceva, ne era sicura, ma avrebbe
tanto
voluto sentirselo dire apertamente. Priscilla era una grande risorsa
che preferiva restarsene nell'ombra, per la prima volta si era
esposta un po' di più e certo non poteva farsi scappare
l'occasione.
«Terrificante»
commentò Priscilla. «Non faceva che piangere e
blaterare su quanto
tutto questo fosse triste».
«Cosa
era triste?» chiese Erza, non capendo.
«Ma
che vuoi che ne sappia!» disse Priscilla, stiracchiandosi la
schiena. Poi anche lei si sollevò da terra,
incrociò le gambe e si
mise in posizione seduta, continuando a volare verso la finestra.
«Certo è che mi ha davvero conciata per le feste!
È stata la
peggior esperienza della mia vita!»
«Scommetto
ne hai vissute di peggiori, andando in giro con Mistgun»
disse Erza.
«Sì,
ma di solito lì ci pensa lui!» commentò
Priscilla, uscendo
finalmente all'esterno.
«Lasci
a lui tutto il lavoro sporco?» sobbalzò Erza,
fulminandola. Che
razza di partner era se non dava una mano? Priscilla allargò
un
sorriso impertinente e si limitò a sghignazzare, mentre Erza
semplicemente sospirava, senza speranze.
«Mi
chiedo se mai un giorno ti vedremo seria e combattiva. Sono certa che
non sei poi così male» mormorò Erza,
tra sé e sé.
«Chissà»
rispose Priscilla con una serietà che certo non si sarebbe
aspettata. Riaprì gli occhi, per osservare il suo viso e
capire se
non si fosse sbagliata. La colpì vedere una strana
determinazione
nei suoi occhi, quasi una certezza. Una sicurezza assolutamente
anomala per una come lei. «Chissà che magari quel
giorno non sia
poi così lontano».
Era
certa si riferisse a qualcosa di particolare, gli occhi di Priscilla
non lasciavano dubbi. C'era qualcosa in ballo, qualcosa nella sua
testa che proteggeva e a cui si stava preparando chissà da
quanto
tempo. Ma non ebbe coraggio di chiederglielo, forse consapevole che
probabilmente mai le avrebbe risposto. Si avvicinarono a Gray, Elfman
e Mirajane, su uno dei tetti del gigante di roccia. Priscilla
alzò
una mano e salutò euforica, gridando: «Sto
portando Erza in salvo!»
«Che
imbarazzo per una come me» mormorò Erza, anche se
nel suo tono si
trovava più il divertimento che la vergogna.
«Priscilla!»
ricambiò il saluto, Mirajane. «State
bene?»
«Sì,
stiamo bene! Natsu è andato a salvare Lucy!»
spiegò
raggiungendoli, senza però smettere di galleggiare o
poggiare a
terra Erza.
«Puoi
mettermi giù, ora, Priscilla. Non sforzarti
inutilmente» disse lei,
ma Priscilla le concesse solo uno dei suoi luminosi sorrisi
enigmatici che mai facevano capire cosa le passasse per la testa. A
volte sembrava solo prendersi gioco di loro.
Elfman
sobbalzò per primo, notando solo in quel momento un enorme
sfera
nera che cadeva su di loro.
«Attenti!»
gridò, ma non fecero in tempo nemmeno a notarla che questa
li colpì
e sfondando il tetto su cui erano, li sbattè sul pavimento
della
sala che c'era all'interno. Digrignando i denti per il dolore, Gray
si alzò per primo, chiedendo: «Cosa diavolo
è stato?»
A
rispondergli fu la debole risata di José, che ora faceva il
suo
ingresso in quella sala scendendo dallo stesso buco che lui stesso
aveva creato. «Pare che abbiate conciato per le feste i miei
Element
Four, membri di Fairy Tail» sghignazzò, come se la
cosa non fosse
poi così importante. «Non crediate di poter avere
la stessa fortuna
con me» aggiunse.
Gray
si alzò di colpo e iniziò a correre verso di lui,
chiamando Elfman
a supporto e preparandosi a lottare.
«No,
fermi, aspettate!» provò a richiamarli Erza,
preoccupata.
Preoccupazione fondata, dal momento che a José
bastò uno schiocco
di dita per colpire entrambi con la magia e metterli al tappeto.
«Elfman!»
gridò Mirajane, spaventata nel vedere il fratello a terra
privo di
coscienza. José mosse la mano lungo una linea orizzontale e
un
fascio magico si abbattè ai piedi di Priscilla e Mirajane,
scaraventando entrambe dall'altra parte della stanza. Erza
riuscì a
rialzarsi, anche se con fatica, e schivando i colpi del master
José
arrivò a lui rapidamente. Si equipaggiò di una
delle sue migliori
armature e lo attaccò, ma lui era pur sempre un master e al
contrario suo era perfettamente in salute. Non fu difficile
contrattaccare e scaraventarla via. Erza riuscì a restare in
piedi
miracolosamente e si rimise in posizione di attacco.
«Titania»
sghignazzò José. «Sono quasi certo di
averti colpito con il mio
Jupiter,
e ancora sei in piedi. Notevole. Come puoi essere ancora
viva?»
«I
miei amici rafforzano il mio cuore!» rispose decisa
«Per quelli che
amo sono disposta a buttare via questo corpo!»
«Forte,
coraggiosa e bella» rise José in un modo che fece
venire la pelle
d'oca. «Sarà un piacere sconfiggerti,
donna». Allungò un braccio
davanti a sé e dal cerchio magico prodotto emersero degli
spettri
neri che si tuffarono contro Erza. Lei saltò e
riuscì a schivarli,
ma ciò che sorprese anche lei fu la facilità con
cui riuscì a
gestire i propri movimenti e soprattutto l'altitudine raggiunta
nonostante il poco potere rimasto e usato.
Riconobbe
poco dopo quella piacevole sensazione di leggerezza, soprattutto dal
momento che rimase galleggiante per aria ancora un po', prima di
cominciare una delicata e morbida discesa al suolo. Si voltò
a
cercare chi sicuramente l'aveva appena salvata, anche se fu lo stesso
José a pronunciare il suo nome.
«Priscilla»
ma non trasmise né rancore né sorpresa, solo un
macabro
divertimento. Priscilla era inginocchiata a terra, ansimante. Tremava
per lo sforzo e a malapena riusciva a tenere sollevata la testa.
Aveva un braccio allungato in avanti e davanti al palmo della mano
roteava un cerchio magico, a segnalare il suo intervento.
«Dicono
che sei la più debole, eppure continui ad alzarti in piedi.
Dovevo
aspettarmelo dall'amata nipote di Makarov»
sghignazzò. «Sarà
ancora più divertente ucciderti».
Nonostante
la situazione disperata e la minaccia di morte che sicuramente era
ben fondata, viste le loro condizioni, Priscilla rispose con un
sorriso determinato. Una sicurezza che non avevano idea dove
trovasse. Certo loro non potevano sapere della sua condanna, la sua
maledizione, che rendeva quelle parole solo una simpatica
barzelletta.
«Provaci
se ci riesci» lo provocò, sicura di quanto diceva.
José si sentì
stranamente infastidito da quella reazione, forse perché in
grado di
leggere nei suoi occhi la sincerità di quanto appena
proclamato. Non
lo stava solo provocando, ma lei veramente era certa che lui mai
sarebbe riuscito a ucciderla. Lo irritava, quell'impertinente
mocciosetta. Allungò una mano davanti a sé e lo
puntò contro
Priscilla.
«Priscilla!»
gridò Erza, voltandosi verso di lei con lo sguardo
terrorizzato.
«Anima
del vento!» gridò Priscilla, portando la seconda
mano in avanti.
Che avesse intenzione di contrattaccare? In quelle condizioni? Come
poteva resistere?
«Vernier
x Arms!*» un fascio di luce partì dalle sue mani
un istante prima
che i fantasmi di José arrivassero a lei, ma non li
colpì. Li deviò
e centrò invece in pieno Erza, illuminandola di una luce
eterea.
Priscilla venne colpita dai fantasmi di José e fu sbalzata
via,
all'indietro.
«Priscilla!»
gridò Erza pallida in viso, mentre vedeva l'amica cadere a
terra in
condizioni terribili. Le dita di Priscilla, in un ultimo sforzo, si
allungarono verso Erza e tremarono per qualche istante, come se
cercassero di afferrarla.
«E...rz...a»
mormorò prima di perdere definitivamente coscienza.
José
sghignazzò soddisfatto: «Stupida mocciosa. Era
così malridotta da
sbagliare persino bersaglio. E voleva fare la gradassa» rise.
«Non
ha sbagliato bersaglio» ringhiò Erza, cominciando
a capire ciò che
era successo. Si sentiva più leggera, meno affaticata. I
movimenti
non le recavano dolore ed erano più facile da fare.
Nell'istante in
cui José la guardò capì la stessa
cosa: Erza era come avvolta da
una leggera spirale di vento. Le faceva svolazzare la punta dei
capelli e degli abiti e la tenevano sollevata da terra. Nonostante
Priscilla fosse svenuta, la sua magia permaeva e proteggeva Erza.
Aveva avuto il tempo di una magia, prima di essere colpita, e aveva
preferito dare tutto ciò che le restava all'amica piuttosto
che
difendersi. Si era lasciata colpire volutamente per proteggere e
sostenere qualcun altro. Erza partì all'attacco, spada ben
serrata
in pugno, decisa che non avrebbe sprecato quel tentativo di Priscilla
colma di una fiducia che mai avrebbe tradito. Si stupì della
sua
velocità: riusciva ad avere la massima resa col minimo
sforzo e
questo le permetteva di combattere più violentemente,
nonostante le
pessime condizioni. José però si
dimostrò ugualmente forte e
temibile e, nonostante Erza lo costringesse almeno a muoversi di
più
per schivare, non era mai colpito. Lanciò contro di lei
un'altra
palla di magia nera e la colpì, scaraventandola contro una
colonna.
Ma lei si rialzò e tornò all'attacco, schivando
gli spettri che lui
ora le lanciava. Saltò e si preparò ad un attacco
con la spada, ma
lui schioccò le dita e un proiettile magico la
centrò nuovamente.
Qualsiasi cosa facesse, non riusciva comunque ad avvicinarsi e veniva
sempre ferita ma non smise di rialzarsi, per i suoi amici e per
Priscilla la cui magia continuava a proteggerla nonostante lei fosse
svenuta. Non poteva perdere, non poteva arrendersi. E
continuò a
provarci e riprovarci, uscendone sempre più ferita e
malconcia, ma
senza esserne intaccata nella determinazione.
Il
palazzo prese a tremare e parti di muro crollarono, segnale che Natsu
era nel bel mezzo del combattimento e stesse dando tutto se stesso.
José sorrise, soddisfatto e convinto della potenza di
Gajeel, Dragon
Slayer di ferro che aveva dalla sua parte: lo stesso uomo che aveva
colpito Priscilla e Levy, appena la sera prima.
«Pare
che i nostri draghetti si stiano scatenando»
sghignazzò, guardando
Erza che ancora una volta si rialzava, ansimante per la fatica.
«Hai
sottovalutato la forza di Natsu. Lui ha il mio stesso potere, se non
addirittura maggiore!»
«Non
svalutarti così, il tuo potere è assolutamente
notevole. Scommetto
che se non fossi stata colpita dal mio Jupiter
sarebbe
stato uno scontro interessante. Non sopporto l'idea che Makarov abbia
un mago così potente tra le sue fila»
ridacchiò, prima di lanciare
un altro colpo magico a Erza, che la scaraventò contro al
muro alle
sue spalle.
«Hai
capito perché non ho finito Makarov, prima?»
chiese, sparando altri
colpi, a ripetizione, su una Erza stremata e incapace di rialzarsi.
L'urlo della donna coprì quasi la sua risposta, ma
ciò non lo fermò
dal confessare, divertito: «Era per farlo
disperare!»
Erza
riuscì a uscire dalla sua catena di colpi, e
schivò i successivi,
tornando a concentrarsi per la battaglia.
«Quando
si risveglierà e vedrà la sua gilda e i suoi
amati figli distrutti,
come credi si sentirà? Voglio distruggere quell'uomo con la
disperazione, non gli darò pace!» rise.
«Soffrirà e soffrirà
ancora, per il resto dei suoi giorni!»
«Bastardo!»
gridò Erza, lanciandosi all'attacco, ma José fu
così rapido nello
schivare che sembrò teletrasportarsi. Allungò un
braccio davanti a
sé e dei fantasmi tornarono a colpire Erza, prendendola di
spalle.
La spada le volò via e i fantasmi la avvolsero, stringendola
come in
una spira di un serpente.
«Ho
sempre provato disgusto per la vostra gilda, trovare un pretesto per
cominciare questa guerra era una banalità! La richiesta di
riportare
a casa la primogenita degli Heartfilia Konzern, la figlia di una
delle più ricche famiglie del paese, è arrivata a
fagiolo» strinse
le dita all'interno del cerchio magico creato dalla sua mano e una
serie di scariche colpirono Erza, ancora intrappolata nella sua
magia. «Se voi, schifosi, poteste usare il denaro degli
Heartfilia a
vostro piacimento non c'è dubbio che potreste ottenere un
potere di
gran lunga superiore al nostro! Non posso permetterlo!» e
altre
scariche fecero urlare Erza di dolore, ma queste urla si tramutarono
presto in risate.
«Fare
una guerra a chi è più forte... davvero
pietoso» disse. «Ma è
anche la tua mancanza di informazioni a essere ridicola! Lucy
è
scappata di casa, credi davvero che usi i soldi della sua famiglia?
Vive in un affitto da settantamila Jewel. Combatte insieme a noi,
ride insieme a noi, piange insieme a noi... è una maga
proprio come
noi! La figlia degli Heartfilia? Come un fiore non può
scegliere
dove sbocciare, in egual modo una figlia non può scegliere i
suoi
genitori. Un demone come te non sa niente delle lacrime di Lucy! Non
puoi conoscerla!» ringhiò furiosa, facendo tremare
con la sola
forza della rabbia la gabbia che la teneva ben stretta e continuava a
scaricare su di lei energia e potenza.
«La
conoscerò abbastanza» rispose José, con
un inquietante sorriso.
«Pensi veramente che mi limiterò a riconsegnarla
al padre? Se non
ha denaro, la terrò con me... e mi prenderò
l'intera fortuna degli
Heartfilia!»
«Tu,
maledetto!» gridò Erza, inclinando la testa
all'indietro per il
dolore di quelle scariche che non cessavano un attimo di tormentarla.
«Non ti struggere, ti provocherà solo una maggiore
sofferenza»
disse José, evocando un altro dei suoi fantasmi che
ponendosi di
fronte a Erza, cominciò a risucchiarle potere ed energia
vitale. Lei
urlò, sempre più forte, sempre più
disperata, incapace di
muoversi.
«Ora
vogliamo cominciare con lo spettacolo? Mostriamo quello che ti sta
succedendo al resto di Fairy Tail. Titania, così piena di
orgoglio.
Se ti vedono in questo stato pietoso, il resto di quella spazzatura
si arrenderà sicuramente!» rise.
«La
tua malvagità conoscerà mai limiti?»
mormorò Erza, in preda
all'angoscia.
«Faresti
meglio a preoccuparti per quello che ti succederà»
insistè,
continuando a infierire su di lei con dolore e sofferenza.
"Se
devo essere un peso per la gilda, allora..." pensò Erza,
volgendo lo sguardo alla propria spada, conficcata tra le macerie. Un
dolore che andava ben oltre quello fisico. I suoi amici non dovevano
soffrire ancora, non lo avrebbe accettato, non per mano sua.
"Allora..."
la spada prese a galleggiare per aria, alle sue spalle, nascosta da
José. Chiuse gli occhi, arrendevole, e si puntò
la sua stessa arma
contro la schiena. Sarebbe morta, piuttosto che recare sofferenza a
chi amava.
"Perdonatemi...
non sono stata in grado di proteggervi" e si preparò a
colpire,
ma qualcosa la fermò. Una magia bianca, purificatrice, si
sentì
rigenerare e accarezzare. Era come un abbraccio e pian piano le
ferite smisero di fare male. I fantasmi di José sparirono e
lei
atterrò delicatamente al suolo.
"Questo..."
riconobbe, senza bisogno di voltarsi: sapeva chi avrebbe visto e il
suo cuore non poteva esserne più felice.
«Makarov»
mormorò José, guardando l'anziano master che
galleggiava in aria
sorretto dalla sua magia, a gambe incrociate, sguardo severo.
Ricordava così tanto Priscilla in quel momento, non solo per
la
posizione ma anche per la delicatezza con cui la sua magia avvolgeva
chi voleva proteggere. Makarov si mise in piedi delicatamente su una
delle macerie e osservò la sala di fronte a sé a
braccia
incrociate. Gray, Elfman, Mirajane e Priscilla giacevano a terra,
completamente inerti e ricoperti da un'innumerevole quantità
di
ferite. Erza, ora inginocchiata a terra, non era messa meglio seppur
sveglia.
«Troppo
sangue è stato versato» pronunciò
solenne. «Sangue di figli. A
causa del fallimento del proprio padre, i miei ragazzi hanno pianto e
sofferto. Ne ho abbastanza. È ora di finire tutto
questo!» e puntò
gli occhi furiosi su José che non si lasciò
intimorire e cominciò
a rilasciare una quantità di energia e magia tale da essere
circondato da una pericolosa nebbia scura.
«Hai
intenzione di creare un bel disastro?» sghignazzò,
pronto a
combattere.
«Se
è per il bene della mia gilda, lo
farò!» rispose Makarov, torvo in
volto e mani pronte a rilasciare magia. José non
esitò ad attaccare
e Makarov con dei cerchi magici bloccò ogni suo colpo.
Gray
fu il primo a riaprire gli occhi, mormorando: «Questo potere
mi è
familiare». Alzò gli occhi e quasi si commosse nel
vedere il master
lì, in piedi, in salute, che combatteva per loro.
«Andate
via da qui!» ordinò lui, mentre anche Elfman si
rialzava.
«Master?»
chiamò Gray.
«Che
ci fai qui?» chiese Elfman.
«Fate
come dice!» ordinò Erza, aprendo le ali della sua
armatura e
volando di fianco a Priscilla. «Questa volta sarò
io a portare in
salvo te» mormorò, mentre la raccoglieva da terra.
Elfman corse da
Mirajane, che ora stava riaprendo gli occhi.
«Sorellina,
ce la fai ad alzarti?» chiese preoccupato.
«Presto!
Elfman! Lasciamo che se la sbrighino tra loro» disse Erza,
correndo
verso un'apertura nel muro che l'avrebbe portata fuori.
«Sì!»
rispose Elfman e sorreggendo Mirajane riuscì a portarla
fuori. La
terra cominciò a tremare sotto gli spietati colpi della
lotta tra
Makarov e José, era così violento che fece venire
la pelle d'oca
anche a chi si trovava sulla riva. Erza e gli altri riuscirono a
raggiungere un punto sicuro dove appoggiarsi e riprendere le forze.
Priscilla venne messa a terra, ancora priva di sensi, o almeno
così
sembrava. A occhi socchiusi e voce tremante, sussurrò:
«Fairy...
Law...»
«Eh?»
chiese Erza, ma la risposta non venne da lei ma dal cielo. Un enorme
cerchio magico, luminoso, si aprì nel cielo sopra le loro
teste e
un'abbagliante luce li costrinse quasi a chiudere gli occhi.
«Che
succede?» chiese Gray, intimorito ma in qualche modo
rassicurato:
quella luce era compassionevole.
«Fairy
Law...» osservò Erza, comprendendo le parole di
Priscilla. «La
giustizia delle fate. La luce che sconfigge l'oscurità.
Sconfigge
solo coloro che il mago considera un nemico. È una magia
potentissima, considerata ormai una leggenda».
Priscilla
riuscì ad aprire gli occhi e alzare finalmente la testa.
Guardò il
cerchio luminoso fino a che, lentamente, non si dissolse.
«È
finita» disse infine. Un sorriso si dipinse sul volto di
tutti,
sollevati, felici tanto da farsi venire le lacrime agli occhi. Dalla
costa un urlo di felicità arrivò persino alle
loro orecchie,
riempiendoli ancora più di sollievo: stavano tutti bene. La
guerra
era finita. Priscilla si appoggiò al muro alle sue spalle e
tentò
di alzarsi in piedi. La gamba ebbe un cedimento e stava per ricadere
a terra, ma Erza le si avvicinò con velocità e la
prese appena in
tempo.
«Non
dovresti sforzarti» le disse, mentre le prendeva un braccio e
se lo
portava sulle spalle per aiutarla a camminare.
«Sto
bene» si limitò a dire Priscilla, lasciandosi
scappare un sorriso.
Era finita, quell'inutile guerra era finita, e lei era riuscita a
mantenere la sua promessa: la loro casa era salva. Bastava
ricostruire mura e un tetto, ma per fare ciò non ci
avrebbero messo
molto. L'importante era che ci fosse ancora una casa... in cui farlo
tornare.
Non
riuscì a contenere la felicità e un grosso
sorriso le si dipinse in
volto. Avrebbe voluto urlare dalla gioia, ma era troppo esausta anche
solo per respirare.
«Grazie,
Priscilla» le disse Erza e questo, stranamente, la sorprese.
«Se
non ci fossi stata tu, non credo sarei riuscita a resistere fino
all'arrivo del master».
Quanto
tempo era passato dall'ultima volta che qualcuno l'aveva ringraziata?
Mistgun era un buon partner, ma era sempre silenzioso e cupo, e poi
era lui che principalmente portava a termine i lavori. Lei non faceva
che restare nelle retrovie e alla fine lei partiva per la gilda, per
il resoconto e un nuovo lavoro, senza quasi che si salutassero.
Mistgun era un buon partner, ma certo non poteva considerarlo un
amico. Si stavano solo facendo dei favori reciproci, principalmente
non avevano bisogno l'uno dell'altro. E lei non aveva mai fatto
altro, se non quella vita solitaria e di convenienza, da quando...
Sì,
lo ricordava quand'era stata l'ultima volta che era stata
ringraziata.
Il
cuore prese a martellarle nel petto, dolorante e certamente non
pronto a vivere altre emozioni, mentre un'immagine le balenò
in
testa come un fulmine.
Proprio
come un fulmine.
Laxus,
in quello sfumato ricordo, non era ancora che un ragazzino. Quando
sorrideva ancora, lo ricordava molto bene.
«Grazie,
Priscilla!»
La
sua allegra voce era così diversa da quella che aveva
sentito poche
ore prima, dentro quella Lacryma di comunicazione, nel seminterrato
della gilda.
«Quella
stupida! Non ne combina mai una giusta!»
Era
così dannatamente diversa. Ed era passato così
tanto tempo
dall'ultima volta che l'aveva sentita, prima di allora.
Perché
quelle sensazioni che era riuscita a gestire con maestria poco prima,
proprio in quel momento tornavano più dolorose che mai?
Era
decisamente troppo debole per riuscire a sopportare qualsiasi altra
cosa e forse era stata proprio quella debolezza a permettere a quei
pensieri e sensazioni di riemergere, ora indisturbati perché
lei
sarebbe stata incapace di tenerli sotto controllo. Il sorriso non le
morì dal volto, in fondo era una sensazione così
scaldante, ma non
riuscì a impedire alle lacrime di lavarle il viso dalla
polvere e
dalla terra. Erza sussultò, assolutamente sorpresa da quella
reazione.
«Erza!»
sobbalzò Gray, attirato dal rumore del singhiozzi di
Priscilla.
«L'hai fatta piangere?»
«No,
io...» balbettò Erza, in preda al panico. Che
aveva fatto? Dove
aveva sbagliato?
«Che
le hai fatto, Erza?» la rimproverò Mirajane,
piantandosi le mani ai
fianchi.
«N-niente!»
Balbettò lei, sempre più confusa e sempre
più in preda al panico,
ora che anche i suoi amici la stavano accusando. Priscilla, appesa
alla sua spalla, si portò una mano tremante al volto e
cercò di
soffocare i propri singhiozzi, senza riuscirci. E quel suo stato
pietoso non aiutava la battaglia di Erza, che ricevette altre accuse
e rimproveri per qualcosa che, ahimè, non aveva
assolutamente fatto.
A
interromperli fu la voce di Makarov, in cima alle rovine della gilda
di Phantom Lord, vincitore indiscusso di quella battaglia.
«Questa
vittoria non proviene solamente dal mio potere» disse,
guardando i
membri della gilda sotto di lui. «Ma è una
vittoria che viene da
tutta la nostra famiglia».
E
alla parola famiglia Priscilla si mise a piangere più forte,
arrivando a urlare come una bambina che si era appena sbucciata il
ginocchio. Gray sussultò e la guardò sconvolto,
balbettando un
semplice: «P-Priscilla?»
«Erza!»
rimproverò di nuovo Mirajane.
«N-non
ho fatto niente!» balbettò Erza, ormai sull'orlo
di una crisi.
«Forse
le fa male da qualche parte?» chiese Elfman, preoccupato.
«Dove
ti fa male, Priscilla?» chiese Gray, provando ad avvicinarsi,
ma non
ricevette in risposta altro se non ulteriori urli ormai infantili e
assolutamente ingestibili.
NDA.
*Sì,
avete capito bene. E’ la magia Vernier x Arms di
Wendy… inutile
che vi dica che le due cose sono ovviamente collegate.
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Capitolo 5 *** Classe S ***
Classe
S
Anche
il seminterrato ora era impraticabile, con pezzi di tetto e mura
crollato era impossibile metterci piede. Mirajane riuscì,
con
l'aiuto di Elfman e altri membri, a portare provvisoriamente fuori
tavoli e sedie per permettere almeno ai feriti di sedersi e
riprendere le forze. Qualche tozzo di pane, acqua e cibo di fortuna
era stato recuperato, messi anch'essi a disposizione di feriti e
affamati. Levy e il suo gruppo fecero in quel momento ritorno,
finalmente svegli e in forma abbastanza da potersi rimettere in
piedi. Lucy appena la vide abbozzò delle scuse, continuando
a
sentirsi in colpa per l'accaduto, ma Levy la zittì in pochi
secondi
e la tranquillizzò. La distruzione della gilda era colpa di
Phantom
Lord, esclusivamente loro, non certo di una ragazza gentile ed
affettuosa che desiderava solo avere degli amici.
«Lucy»
chiamò Makarov, voltandosi a guardarla con
solennità.
«Divertimento, tristezza, non possiamo condividere tutto. Ma
quello
che possiamo lo dovremmo condividere, sempre. Ecco cosa significa
essere una gilda. L'infelicità di uno è
l'infelicità di tutti. La
rabbia di uno è la rabbia di tutti. E le lacrime di una
persona,
sono le lacrime di tutti. Non c'è ragione di sentirsi
colpevoli.
Lucy, dovresti essere in grado di capire come ognuno si senta... Alza
la testa! Tu sei parte della famiglia Fairy Tail» e infine
sorrise.
Lucy scoppiò a piangere così forte da far
risuonare la propria voce
persino tra le pareti di quella struttura crollata che avevano di
fronte. Levy le si avvicinò e le accarezzò la
schiena, cercando di
confortarla, mentre gli altri membri, sorridenti per il lieto fine,
si prendevano un po' di sano riposo.
Makarov
spostò subito dopo lo sguardo alla sua destra: seduta a un
angolo,
alle spalle di tutti, Priscilla era pigramente appoggiata a un
tavolino. Un biscotto le ondeggiava dalle labbra, intenta
più a
giocherellarci che a mangiarselo. Era pensierosa, glielo si leggeva
in faccia. Davanti ai suoi occhi galleggiava una piccola barchetta di
carta, come se si trovasse su un mare in tempesta, e sopra di lei era
riuscita a ricreare con una buona combinazione di correnti calde e
fredde e umidità una piccola tempesta in miniatura, con
pioggia,
vento e tuoni. Era un gioco che la teneva ben assorta, anche se
l'espressione sembrava quasi annoiata.
«Ne
hai di magia da sprecare» commentò Makarov,
saltando su una sedia
lì vicino. «Questo genere di cose non mi impegnano
troppo» spiegò
lei, senza distogliere gli occhi dalla sua barchetta in preda al
tormento. «È rilassante» sorrise.
«Lo
so, lo so» annuì Makarov. «Fin da quando
eri piccola ti piacevano
molto questo genere di giochi, lo ricordo bene quando eri anche
più
sconsiderata e meno informata sui tuoi poteri. Mettevi a soqquadro
l'intera stanza, facendo volare i mobili».
«A
Laxus piaceva saltarci sopra e fingere di essere un eroe in
missione»
ridacchiò Priscilla, divertita da quel ricordo che il nonno
le aveva
riportato alla mente.
«Che
bei ricordi» sospirò Makarov, altrettanto
sorridente, e decise di
approfittare di quell'armonia che pareva dimostrare, per riuscire a
parlarle di quanto desiderava.
«Ho
sentito che hanno provato a chiamarlo per chiedere il suo
aiuto»
disse, sperando che questo non la turbasse troppo.
«Non
è voluto venire. C'era da aspettarselo» si
limitò a rispondere
Priscilla, con la calma che lui si era aspettato e aveva sperato.
Makarov diede uno sguardo più attento alla barchetta in
tempesta
sopra i suoi occhi: ora pareva essersi calmata un po'. «Per
fortuna
che almeno tu eri qui» disse.
«Se
la sarebbero cavata benissimo anche da soli. La tua gilda è
forte,
nonno, non devi temere. È proprio una bella
famiglia» sorrise,
contenta di quell'evidenza. Ma Makarov non potè fare a meno
di
notare che, ancora una volta, ne aveva mantenuto le distanze. Aveva
detto che la gilda e la famiglia era la sua, non "loro".
Era qualcosa contro cui combatteva da tanto tempo, ma ancora non
riusciva a vincere: Priscilla era tornata a coprire il proprio
simbolo sulla mano destra con un guanto. Però qualcosa era
successo
quel giorno, una svolta che gli aveva riacceso la speranza.
«Mirajane
mi ha raccontato cosa hai fatto per loro: hai rafforzato i loro cuori
nel momento peggiore e hai combattuto al loro fianco con più
impegno
del solito. Erza dice che sei stata tu a lottare contro Aria.
Quell'uomo era estremamente pericoloso».
«Minacciavano
la nostra casa. Non potevo permetterlo, lo sai. E poi...»
sorrise,
stiracchiandosi verso l'alto. «Ho un debito con te».
Makarov
sospirò rumorosamente, affranto da quell'ultima frase.
«Laxus è
mio nipote e un ottimo mago, se continuo a tenerlo nella gilda
nonostante tutto quello che fa e dice non è solo
perché me lo hai
chiesto tu».
«Però
hai avuto tante volte l'impulso di cacciarlo a calci» lo
provocò
Priscilla, accennando un sorriso divertito. Makarov arrossì,
colto
nel segno, e grattandosi nervosamente il mento mentì:
«No, non così
tante».
«Oggi
avrebbe lasciato morire tutti» rispose repentina Priscilla e
come si
aspettava Makarov non riuscì a trattenersi e
scattò con un:
«Maledetto moccioso!»
La
ragazza scoppiò a ridere tanto forte che le vennero i crampi
allo
stomaco e le lacrime agli occhi. Era bello sentirla così
allegra,
vederla così felice, ma proprio quelle reazioni in
realtà
scatenavano dentro Makarov solo una profonda tristezza. La conosceva
decisamente troppo per riuscire a farsi rassicurare da quel suo modo
di fare solare e allegro. Sospirò, cercando di ritrovare la
tranquillità e la calma, distendendo i nervi al suono
dell’armoniosa
voce di sua nipote.
«Laxus
non è un cattivo ragazzo. Gli sto solo dando la
possibilità di
ricordarsene» commentò.
«Ricorderà» rispose Priscilla con una
sicurezza invidiabile. Non c'era niente che la convincesse del
contrario, la sua fiducia e speranza erano rasenti alla follia.
«Lo
ha sempre fatto».
Makarov
commentò a quell'ultima frase con un semplice mugolio.
Quante brutte
cose gli riportava alla mente quella semplice affermazione.
«E
quando lo farà» Priscilla si alzò in
piedi, ora carica di energia.
Si voltò verso Makarov e allargò ancora di
più il sorriso,
portandosi due dita alle gote per rendere il tutto ancora
più
allegro. «Quando lo farà troverà
un'allegra e sorridente casa ad
aspettarlo! Proprio come piace a lui!» era quella la sua
promessa e
niente le avrebbe impedito di mantenerla. Niente.
«Forza!»
urlò carica, avvicinandosi alle macerie.
«È ora di mettersi a
lavoro! Facciamo risplendere questo posto».
«Sì!»
urlarono in coro Erza e Natsu, gli unici a dire il vero. Il resto del
gruppo lasciò sfuggire un lamento corale e si
accasciò ancora di
più sulle proprie sedie.
«Abbiamo
appena finito di combattere una guerra incredibile, non possiamo
rimandare a domani?» lamentò Gray.
«Siamo
a pezzi» bofonchiò Laki.
«Nein!
Nein! Dev'essere tutto pronto in due giorni!»
esclamò determinata
Priscilla, allungando due dita in avanti, a sottolineare il concetto.
«Due?!»
strillarono terrorizzati almeno in quindici. Il resto stava
approfittando della confusione per scappare via di nascosto, prima
che Erza decidesse di intervenire.
«Questa
guerra non è ancora finita! Fino a quando Fairy Tail non
sarà di
nuovo in piedi combatteremo senza sosta! Non ci saranno né
pasti né
riposo!» annunciò carica Erza, facendo
così scappare anche il
resto della gilda, ormai in preda al panico.
«Se
bruciamo tutto ci impiegheremo pochi minuti!»
esordì Natsu prima di
sputare fiamme contro le rovine della vecchia Fairy Tail.
«Natsu!!!»
ringhiò Erza, assolutamente contrariata da quel modo di
fare.
Priscilla invece scoppiò nuovamente a ridere, assistendo
alla mania
incendiaria di Natsu e ai rimproveri della rigida Erza. E non smise
nemmeno per riprendere fiato, facendosi nuovamente venire le lacrime
agli occhi.
"Priscilla"
pensò addolorato Makarov, guardando sua nipote.
"Perché non
riesci a capire che non hai niente di diverso da loro?"
Un
ricordo gli fece cadere un peso sul cuore, travolto da quella sua
superficiale allegria che nascondeva le lacrime versate per un'intera
vita.
«Nonno»
La
sua voce, vecchia di cinque anni, sempre cristallina. Certamente meno
felice di allora. «Laxus...»
aveva
cominciato a spiegare, ma non era riuscita ad andare oltre. Sapeva
quello che stava per dirgli. Makarov aveva esiliato Ivan, loro padre,
appena qualche giorno prima e Laxus, ingenuo e inconsapevole di
quello che stesse accadendo, se l'era presa a morte. Era stato da
allora che aveva cambiato atteggiamento, tanto da arrivare a
prendersela anche con l'amata sorella.
«Si
è arrabbiato anche con te, vero?» le
aveva chiesto e lei con le lacrime agli occhi aveva annuito. «Io...
credo che starò con lui, nonostante tutto. Se
deciderà di lasciare
la gilda e unirsi a quella di nostro padre, andrò anche
io» aveva
poi dichiarato, abbattuta.
«Priscilla...
hai sempre creduto in tuo fratello. Perché hai deciso di
smettere
proprio adesso?» aveva
sospirato.
«Eh?»
Priscilla
era sobbalzata, non capendo e sentendosi anche lievemente offesa per
l'accusa.
«Laxus
ha bisogno dei tuoi sorrisi per ricordare, non mi hai detto
questo?»
«Sì...»
aveva
mormorato lei, cominciando a capire.
«Resta
qui con noi, non è solo Laxus la tua famiglia. Te l'ho
già detto
quando ti misi il timbro su quella mano. Tu sei un membro di Fairy
Tail, adesso».
Priscilla
aveva sorriso amaramente e il suo tono si era improvvisamente
incupito e raffreddato. «Sai
bene perché ho accettato questo simbolo. Ma sei sempre
così dolce,
a credere che io possa essere come tutti gli altri. Mi rattrista
doverti deludere, dopo tutto quello che hai fatto per me.
Però hai
ragione! Il mio ruolo... lo stavo dimenticando, affogata per un
istante da questi sentimenti. Il mio compito... è quello di
occuparmi di lui. Lo farò! Resterò qua e
riporterò indietro tuo
nipote».
Suo
nipote.
«Tuo
fratello» aveva
provato a correggerla. Priscilla aveva sorriso, semplicemente
sorriso, e non aveva più risposto. E da allora aveva portato
quel
guanto sulla mano destra.
«Ragazzi!
Da oggi potete di nuovo accettare incarichi!»
annunciò Mirajane
dietro un bancone appena costruito, tanto da essere ancora senza
vernice. Al suo fianco una bacheca improvvisata portava attaccata un
sacco di annunci.
«La
bacheca è ancora temporanea ma potrete accettare tutti gli
incarichi
che volete!» e un coro di ovazione si alzò tra il
gruppo che stava
ancora lavorando per rimettere in piedi la gilda. La bacheca fu presa
d'assalto e Lucy, seduta di fronte a Mirajane, li guardò
divertita.
«Che
gli prende? Di solito si limitano ad oziare tutto il giorno»
e Mira
rise divertita. «Oh, giusto! Ora che ci faccio caso, non ho
visto
Loki in giro...» aggiunse subito dopo.
«Lucy,
sei caduta anche tu vittima del suo fascino?» chiese Mirajane
abbozzando un sorriso malizioso.
«Non
è così!» strillò Lucy,
agitata e imbarazzata. «Ho sentito che è
stato lui a ritrovare le mie chiavi e volevo ringraziarlo»
disse
mostrando il portachiavi ora di nuovo pieno che di solito teneva
legata alla cintura. Quando era stata catturata da Phantom Lord,
pochi giorni addietro, le aveva perse nella colluttazione e
fortunatamente era stato Loki a ritrovarle.
«I
tuoi Spiriti non si sono arrabbiati perché hai perso le
chiavi?»
chiese Mira, curiosa, e Lucy provò a rassicurarla che i suoi
Spiriti
erano comprensivi e gentili, ma poi si ricordò di Aquarius.
La donna
sirena era stata più violenta del solito con lei e si era
sentita in
dovere di punirla a suon di frustate sul sedere. Lucy si
accasciò
sul banco, mugolando e massaggiandosi le natiche ancora doloranti.
«Mi
fa male solo a pensarci» lamentò.
«Vuoi
che ti metta sopra del ghiaccio?» chiese Gray, cominciando a
raffreddare la propria mano.
«Niente
proposte sessuali implicite!» ringhiò Lucy,
infastidita e
imbarazzata.
«Lucy,
fammi vedere il tuo culetto arrossato» sghignazzò
Happy, volandole
affianco.
«E
neanche esplicite!» ruggì sempre più
furiosa Lucy.
«Mi
chiedo come si ridurrebbe se mi ci mettessi anche io» rise
Natsu,
facendo prendere fuoco a una delle sue mani.
«E
tu sei solo un demonio!» si esasperò la ragazza.
Un
barile arrivò in quel momento in volo, improvvisamente e
senza
nessuna ragione, colpendo Natsu sulla testa e buttandolo a terra.
«Prova
a ripeterlo!» ruggì Erza poco dopo, attirando
così l'attenzione
dei suoi compagni. Di fronte a lei, Laxus era seduto su una panca e
la guardava con quel suo sorriso beffardo che mandava sempre tutti in
bestia.
«Questa
volte te lo ripeto chiaro e tondo» disse lui, provocatorio.
«Non
c'è posto in questa gilda per i deboli! Siete veramente
patetici»
disse e si voltò verso Droy e Jet, ancora bendati per le
ferite
subite da Gajeel. «Ora che ci penso, non conosco nemmeno i
vostri
nomi. E tu, novellina, indiziata numero uno e maga degli Spiriti...
è
solo colpa t...» non terminò la frase che si
accorse di uno
sgabello che gli volava incontro. Si dissolse in uno dei suoi fulmini
per schivarlo e riapparve poco più avanti, già in
piedi. Lo sguardo
improvvisamente più serio, ma non per questo ferito o
incerto. Solo
più arrabbiato. Sapeva cosa fosse successo, anche se non
l'aveva
vista personalmente, avrebbe riconosciuto quella magia tra mille. Si
voltò e incrociò il suo sguardo.
«Priscilla»
mormorò e lei rispose con un sorriso sicuro e deciso.
«Laxus»
disse in vece di un saluto.
L'aria
si fece improvvisamente più pesante, persino chi era
schiacciato
contro la bacheca in cerca di incarichi sembrò
improvvisamente
zittirsi. Ora che Lucy conosceva ciò che legava quei due,
parte del
loro passato, riusciva anche lei a percepire la pesantezza di quel
faccia a faccia.
«Sei
tra i comuni mortali solo da qualche minuto e già giochi a
fare il
bullo? Te la prendi con i più deboli come un qualsiasi
perdente.
Come sei caduto in basso, fratellone» sospirò,
alzando le spalle.
Non fu tanto la provocazione sulla debolezza a turbare Laxus, quanto
sentirsi chiamare con quell'appellativo: gli fece ribollire il sangue
nelle vene. «Non chiamarmi in quel modo» disse con
voce roca.
«Oh...»
sorrise Priscilla, soddisfatta. «Allora ti importa
ancora».
«Stupida!»
scoppiò a ridere lui, in quel suo modo rabbioso e superiore.
«Credi
che io abbia ancora qualcosa da spartire con te? Sei una
nullità,
come la maggior parte di questi perdenti» e sentendosi ora
sicuro di
quanto detto, tornò a sorridere in quel suo modo arrogante.
«Ricordami quanti incarichi hai portato a termine da quando
hai
smesso di venirmi dietro» aggiunse, consapevole che questo
sarebbe
bastato a sottolineare la sua debolezza e inutilità.
Priscilla non
si fece atterrare dal suo modo di fare ma rispose con un divertito
sorriso, mentre si portava le mani dietro la nuca in una posizione
che assumeva sempre quando aveva voglia di scherzare.
«Una
miseria, che imbarazzo. Meno male c'è Mistgun con me a
volte,
altrimenti farei la fame» ridacchiò, per niente
turbata.
«Patetica»
mormorò lui, sghignazzando. «Sei una vergogna e te
ne vanti anche.
È così umiliante pensare che un tempo eri la mia
partner, mi chiedo
che mi passasse per la testa».
«Che
vuoi che ti dica, forse il mio fascino ti aveva rapito»
continuò a
scherzare lei, per niente ferita da quelle parole.
«Quando
erediterò la gilda mi libererò di tutti i deboli.
Sta' certa che tu
sarai la prima».
«Quando
tu erediterai la gilda, eh?» chiese lei con una strana ombra
in
volto. Si sollevò per aria e incrociò le gambe,
assumendo una posa
serena e disinteressata. «Sai, Laxus... continui a
dimenticare che
anche io sono nipote di Makarov. Chi dice che sarai tu a ereditare la
gilda?»
Laxus
scoppiò a ridere. «Come se tu potessi
rappresentare una minaccia!»
«Quando
eravamo ragazzini e combattevamo tra noi vincevo sempre io...
ricordi?» una strana luce nei suoi occhi e per un istante il
suo
sguardo perse la tranquillità che aveva avuto fino ad
allora. Quel
"ricordi" valeva molto più di quello che fosse in
realtà.
«Sono
passati tanti anni, Priscilla. Davvero pensi che la differenza tra
noi sia rimasta invariata? Penso sia evidente, chi sia tu
ora» le
puntò un dito contro, sghignazzando divertito, e aggiunse
con una
violenza che fece male persino a chi le stava intorno: «Un
rifiuto,
immondizia di cui il vecchio farebbe molto meglio a liberarsi al
più
presto. Tu come chiunque altro si trovi qui, siete solo un peso che
affondate il nome di questa gilda. Quando sarà mia... non
esiterò a
liberarmi di voi e soprattutto di te» e ridendo divertito, si
voltò,
si allontanò e infine sparì in un altro dei suoi
fulmini.
Elfman
battè un pugno sul tavolo e ruggì furibondo:
«Come può un uomo
rivolgersi in questo modo alla propria sorellina?!»
«Ah!»
Disse con tranquillità Priscilla, sventolando una mano per
aria. «È
solo un cane a cui piace abbaiare, lascialo perdere. E poi la colpa
è
mia, l'ho provocato intenzionalmente. Me la sono cercata»
ridacchiò
divertita, svolazzando verso il banco dove c'erano Mirajane e Lucy.
«Come
puoi difenderlo?!» ruggì Elfman dal nervoso, tanto
da riversar
lacrime e prendere a morsi un tovagliolo.
«Questa
volta ha davvero esagerato» mormorò Mirajane,
frustrata.
«Pricchan...
stai bene?» chiese Lucy, avvicinandosi preoccupata.
«Pricchan?»
chiese lei, guardando Lucy con curiosità e sorpresa.
«Ah...
scusa... sembrava carino, non volevo offenderti».
Priscilla
allargò un ampio sorriso, gioiosa, e disse:
«Sembra il verso di un
animaletto» e si mise a ridere divertita. Fu per un po'
l'unico
suono che riuscirono ad udire nel silenzio addolorato dei suoi
compagni, ma alla fine il suo buon umore riuscì a
convincerli e pian
piano tutti tornarono al loro solito modo di fare.
«Comunque,
che ne dite di prendere qualche incarico? Come ai vecchi
tempi»
disse Erza, sorridente all'idea di ripartire con i suoi ormai
conclamati amici e decisa a cambiare argomento, anche per preservare
lo sforzo che palesemente Priscilla stava facendo per non esporsi
troppo e nascondere il suo vero dolore dietro a una maschera di
sorrisi e gioia.
«Di
già?» sobbalzò Lucy, stanca per il
lavoro per ricostruire la
gilda, avrebbe volentieri riposato un altro po'.
«Perché
non vieni anche tu con noi, Priscilla?» chiese Erza,
sentendosi più
vicina a lei dopo la battaglia con la gilda Phantom. In
realtà il
rapporto tra le due era lo stesso di sempre e lo stesso che Priscilla
aveva anche col resto della gilda, ma Erza, colpita da quanto
successo, aveva comunque provato più volte ad avvicinarla.
Forse
anche mossa dal senso di colpa per averla fatta piangere una volta
finita la battaglia, anche se ancora non capiva cosa le avesse fatto.
«Rifiuto!»
disse lei sorridente, una felicità un po' contrastante con
quanto
stava accadendo, tanto che Lucy quasi sobbalzò per la
sorpresa. «Che
determinazione!» commentò.
«Mi
sono trattenuta troppo qua, con la faccenda della ricostruzione della
gilda, è stato per questo che ho incrociato di nuovo Laxus.
Sinceramente speravo che stesse via di più, ma alla fine
è anche
colpa mia che ho perso il senso del tempo» disse grattandosi
la nuca
imbarazzata.
«Allora
è vero che cerchi di evitarlo» commentò
Lucy.
«Non
può vedermi, si arrabbia sempre molto, l'hai visto anche tu,
no? E
allora per evitare problemi, preferisco fare in modo di non
incrociarlo molto» spiegò Priscilla.
«Non
ci credo che pensi ai suoi sentimenti anche in momenti come
questi!»
sobbalzò Lucy, contrariata.
«Sono
passati tanti anni, non credi sia il caso di cominciare a pensare un
po' anche a te stessa?» chiese Erza. Priscilla sorrise di
quello
stesso sorriso che rivolgeva a chiunque non volesse dare una vera e
propria risposta, rassicurante tanto da far credere all'interlocutore
tutto ciò che volesse credere, anche se non era la
verità.
«Le
persone come voi che si preoccupano tanto per me mi fanno
sorridere»
rivelò, ondeggiando sulla sedia in maniera infantile.
«Che invidia
provo in questi momenti, come vorrei essere come voi»
continuò a
sorridere, benché ciò che avesse detto fosse
totalmente enigmatico
per loro che non conoscevano la verità.
«Come
noi?» mormorò Natsu, vicino abbastanza da
ascoltare la
conversazione. Priscilla si alzò in piedi, stirandosi la
schiena
verso l'alto, e con euforia annunciò: «Bene! Penso
che me ne andrò
per un po'. Mira-chan, dove avete messo gli incarichi di classe
S?»
chiese.
«S?!»
sobbalzò Lucy.
«Al
momento sono nel seminterrato, è stato ripristinato
momentaneamente
solo per ospitare la bacheca» rispose Mirajane, senza la
stessa
sorpresa di Lucy. Priscilla cominciò a incamminarsi:
«Bene!»
disse. «Non credo starò via molto. C'è
aria di tempesta... tornerò
in tempo, tranquilli» e si allontanò.
«Tempesta?»
chiese Erza alzando lo sguardo al cielo, notando che invece fosse
sereno e limpido come poche volte lo era stato.
«Di
che parlava?» chiese Lucy, imitando l'amica.
«Che
si riferisca...?» si chiese Erza e si voltò verso
Mirajane, in
cerca di conferma. Mira si rabbuiò un po' prima di
confessare:
«Ultimamente Laxus sta diventando sempre più
irascibile e
intrattabile. E questa faccenda di Phantom l'ha infastidito
parecchio, hai visto anche tu».
«Dici
che vuole sistemare definitivamente le cose con il fratello?»
chiese
Erza.
«Si
è sempre comportata come fosse responsabile delle sue
azioni. Hai
visto anche prima, è intervenuta quando Laxus stava
attaccando briga
con te e maltrattando Lucy. L'ha provocato per convincerlo ad
andarsene e distogliere l'attenzione da voi. Ho sentito dire dal
master che è stata lei a chiedergli a volte di perdonare
alcuni suoi
comportamenti e di non cacciarlo, anche quando ne combinava di
più
grosse. Nonostante tutto... penso che lei non abbia mai smesso di
essere sua sorella e comportarsi come tale. Continua ad
aspettarlo»
mormorò Mirajane, portandosi una mano al petto.
«Dev'essere così
doloroso per lei» commentò infine. Di fianco a
Lucy, Gray e Natsu,
immobili come statue, versavano lacrime in contrasto al loro viso
serio e indifferente, a sottolineare il loro orgoglio mascolino di
fronte a quella debolezza.
«Piangete?»
sussultò Lucy, sorpresa.
«No,
non è vero!» risposero all'unisono.
«Che
sia per questo che non porta a termine nessun incarico e viene
additata come la più debole, nonostante sia di classe
S?» si chiese
Lucy, guardando l'angolo dalla quale lei era sparita.
«Priscilla
non è di classe S» spiegò Mirajane,
sorridendo appena per
l'imbarazzo del malinteso.
«Eh?»
chiese Lucy, sorpresa. «Ma non è appena
andata...?»
«Lavora
per Mistgun, gli incarichi che prende da lì li porta a lui,
per
questo il master le ha dato il permesso di andare in quello che prima
era il secondo piano» spiegò Erza.
«Ma
anche noi lavoriamo con te, Erza, che sei di classe S. Eppure non ci
è permesso» osservò Lucy.
«In
realtà Mistgun è solo un pretesto»
spiegò Mirajane, lavando
alcuni boccali. «È la scusa a cui si sono
aggrappati quando le
hanno dato il permesso, ma in realtà credo che l'avrebbero
mandata
comunque, visto quello che è successo».
«Perché?
Cosa è successo?» chiese Lucy, ora curiosa.
«Hai
sentito prima Laxus che ha detto che lei era la sua partner,
vero?»
disse Erza.
«Ora
che mi ci fai pensare, sì. Ha detto così,
è vero».
«Fino
a qualche anno fa Priscilla e Laxus erano molto legati, era diverso
da com'è adesso. Nonostante fossero solo in due e fossero
tra i più
giovani presto vennero nominati come il team più forte della
gilda»
iniziò a spiegare Mirajane, con un sorriso malinconico sul
viso.
«Sul serio?» chiese Lucy, sgranando gli occhi.
Mirajane
annuì e proseguì: «Erano solo
ragazzini, già quando lui aveva
quattordici anni e lei dodici portavano a compimento incarichi
estremamente difficili. Dovevi vederli, erano inseparabili e
incredibili insieme. Quando Laxus compì diciassette anni
venne
nominato per sostenere l'esame per diventare mago di classe S, venne
considerato quasi un prodigio, era la prima volta che qualcuno di
così giovane diventava già un classe S. Priscilla
ovviamente fu la
sua partner e non ci fu battaglia, praticamente avevano già
vinto in
partenza. Così Laxus poté salire al secondo
piano, ma nonostante
questo per i successivi mesi continuò a prendere incarichi
da sotto
per poterli sostenere insieme a lei».
«Non
posso credere che quello di cui mi stai parlando ora sia veramente
quel Laxus» commentò Lucy, sbalordita. Sembrava di
sentir parlare
di qualcun altro. «Poi cos'è successo?»
chiese, curiosa.
«L'anno
dopo fu Priscilla a essere nominata per l'esame, ma non volle
sostenerlo» spiegò Erza.
«E
perché?!» chiese Lucy, sconvolta.
«Non
sappiamo cosa sia successo, ma quello era il periodo in cui Laxus
aveva cominciato a cambiare e diventare più ostile. Il
giorno stesso
dell'esame loro ebbero quel famoso litigio che li portò a
non
rivolgersi più la parola e lei rifiutò di
sostenere l'esame»
spiegò Mirajane. «Il master comprese che era solo
per il dolore del
litigio, provò a insistere e convincerla, senza riuscirci.
Capì che
semplicemente doveva darle tempo, perciò le disse che
l'avrebbe
nominata per l'anno dopo, ma Priscilla smise improvvisamente di
accettare incarichi e di portarli a termine. Per mesi non
uscì più
dalla sua stanza, poi spinta dal bisogno di soldi prese qualche
incarico ma li fallì tutti. Voci dicono che fosse pronta a
lasciare
la gilda, ma il master la convinse a restare. Pian piano poi si
è
ripresa, è tornata a frequentare la gilda, anche se ancora
non
riusciva a portare a termine nessun incarico almeno aveva ripreso a
sorridere come quando stava con Laxus. Il master le disse che la
conosceva e sapeva che la sua forza non era quella che voleva
dimostrare, perciò, un po' anche per provocarla e
convincerla a
impegnarsi, la nominò nuovamente all'esame nonostante quello
fosse
stato un anno fallimentare per lei. Le disse che se voleva poteva
sostenerlo anche senza partner, visto che non sembrava portare
simpatia particolare verso nessuno di noi. Voleva solo metterla alla
prova e smuoverla, tirarla via dal buco nero in cui stava
cadendo».
«Ma
lei rifiutò ancora» concluse Erza.
«Per
quale motivo?» chiese Lucy, rattristata.
«Non
lo sappiamo, ma molti sospettano che l'abbia fatto perché al
primo
esame aveva sedici anni e al secondo diciassette. Non voleva togliere
il titolo di mago prodigio a Laxus, forse per non allontanarlo
ulteriormente» rispose Mirajane.
«Altri
credono che semplicemente per il dolore abbia perso di vista
l'obiettivo della gilda e che in realtà, al contrario dei
suoi
sorrisi, stesse attraversando un periodo di buia depressione»
aggiunse Erza.
«Ciò
non toglie che da allora il master non insistette più e
lasciò che
facesse quello che voleva. È da allora che hanno cominciato
a
considerarla come la più debole» disse Mirajane.
«Per
questo Mira-chan le hai detto che le basterebbe impegnarsi solo po'
di più» osservò Lucy.
«È
la verità» confermò Erza. «Ha
battuto Aria da sola, il più forte
degli Element Four, nei pochi minuti di tempo che avevamo prima che
il gigante completasse il cerchio magico. E nonostante sia stata
colpita violentemente prima da Gajeel, poi da Aria, poi dallo stesso
José, si è ripresa sempre in pochissimo tempo.
È molto forte, ma è
come se non le interessasse».
«Quando
decise di unirsi a Mistgun nelle sue missioni fu una sorpresa per
tutti e il master fu così felice di vederla nuovamente
attiva e
all'opera che decise di sorvolare sulla storia degli esami e anche se
mai ne ha sostenuto uno, quindi ufficialmente non è un mago
di
classe S, la trattiamo tutti come se lo fosse e le viene permesso di
prendere gli incarichi del secondo piano con la scusa che li porta a
Mistgun» spiegò infine Mirajane.
«Che
storia triste, però» mormorò Lucy,
avvilita. «Perché Laxus ha
iniziato improvvisamente a trattarla così, se prima erano
tanto
legati? Chissà cos'è successo»
sospirò e lentamente si abbandonò
tra le proprie braccia, appoggiate al bancone. A vedere Priscilla,
nessuno avrebbe mai pensato che fosse vittima di un tale dolore. Ora
quei sorrisi e quell'esuberanza avevano un'aria del tutto diversa.
Persino con lui, appena dieci minuti prima, era riuscita a
comportarsi in quel modo così allegro e spensierato.
E
i sorrisi che gli mandava quando incrociava i suoi occhi…
Nonostante
lui le rivolgesse le parole peggiori, lei non smetteva di
sorridergli, proteggerlo e aspettarlo. Esisteva davvero un amore
tanto grande, al mondo?
Priscilla
era appena scesa nel seminterrato, praticamente distrutto se non per
la semivuota bacheca che era stata piazzata di fronte alle scale. Una
sistemazione momentanea, solo per dividere le categorie dei maghi
come da regolamento. Si avvicinò ad essa e
cominciò a guardare gli
incarichi, in cerca di qualcosa di adatto, ma non riuscì a
concentrarsi nemmeno su una di quelle parole. Ora che era sola,
poteva finalmente pensare.
«Ancora
non riesci a ricordare» mormorò, incapace di
impedire ai ricordi di
investirla. L'aver sentito la sua voce, l'aver parlato con lui, dopo
così tanto tempo. Si sorprese a tremare, ora che poteva, e
la gola
le si chiuse.
«Immondizia...»
mormorò, ripensando alla scarica di insulti che lui le aveva
rivolto
poco prima. Un ricordo la colpì, uno di quelli che cercava
sempre di
seppellire a tutti i costi.
«Stupida!»
la
voce collerica di Laxus, nei suoi timidi diciotto anni, era arrivata
come un fulmine un attimo prima che la sua mano avesse raggiunto la
sua guancia in un improvviso schiaffo che l'aveva fatta cadere a
terra. Priscilla, si portò istintivamente una mano alla
testa, come
se avesse potuto afferrarlo a mani nude, quel ricordo, e strapparselo
via. Ma invece era lì, presente, soffocante. Il volto di
Laxus ora
contratto in quella smorfia furibonda che negli ultimi anni portava
sempre con sé. La guardava dall'alto, in piedi, mentre lei
stesa a
terra si teneva la guancia appena colpita, bagnata di lacrime.
«Se
la pensi così anche tu, puoi anche morire per quanto mi
riguarda! Di
una famiglia di traditori non me ne faccio niente, tu come quel
vecchio che tanto sostieni e che ha preferito questo branco di
immondizia al sangue del suo sangue. Mischiatevi pure a loro, quelle
nullità che portano addosso il simbolo di questa
gilda… che
schifezza. Immondizia loro, immondizia siete voi e tu soprattutto,
dopo tutto quello che nostro padre ha fatto per noi. Mi state
ricoprendo di vergogna! Non chiamarmi mai più fratello, da
adesso in
poi».
«Laxus...»
mormorò, ma la voce le morì in gola, interrotta
da un singhiozzo. E
sola in quel seminterrato che ora pareva il posto più sicuro
e
protetto della zona, diede infine sfogo a tutto il dolore trattenuto
fino a quel momento in un pianto lamentoso e implacabile.
NDA.
Un
paio di precisazioni rapide:
-L’uso
del corsivo: mi piace tantissimo alternare flashback al presente,
anche perché in alcune occasioni le “frasi del
passato che tornano
all’improvviso” rivestono un ruolo determinante per
la storia.
Per differenziare il presente dai ricordi e anche per dar loro una
caratteristica, un aspetto particolare, li scrivo in corsivo.
Perciò
quando lo incontrerete sapete che si trattano di ricordi e flashback.
-Le
età: Non viene ben specificato nel manga quando Ivan viene
esiliato
e quando Laxus comincia a diventare il rabbioso che tutti conoscono,
o quando diventa mago di classe S (o almeno, non mi pare),
perciò mi
sono presa la libertà di inventare tutto io. Dunque per il
momento
sapete che Laxus e Priscilla si passano 2 anni, che 5 anni prima
hanno litigato (ovvero quando lui aveva 18 e lei 16), che a 17 lui e
15 lei Laxus affronta l’esame per la classe S e che poi a 18
anni
lui e 16 lei Ivan è stato esiliato da Fairy Tail. Per i
primi 2 anni
lei è rimasta sola, poi si è unita a Mistgun con
cui viaggia da 3
anni. Fine del riassunto xD
Approfitto
a questo punto per ringraziare le anime pie che leggono la mia
storia, anche se siete silenziosi vi si vuol bene lo stesso <3
Ossequi
Ray
|
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Capitolo 6 *** Addestramento ***
Addestramento
Mistgun
sedeva su di una roccia che dava sul promontorio, e sotto un aperto
paesaggio. Aveva tra le mani una mela che sgranocchiava pigramente
mentre osservava inquieto il cielo.
«Ci
hai messo molto» commentò quando sentì
i passi di Priscilla dietro
di sé.
«Mi
sono trattenuta alla gilda per un po'» rispose lei,
avvicinandosi.
«Tieni, qualcosa per perdere il tempo» disse
porgendogli il foglio
di un incarico.
«Ci
terrà impegnati per un po' mentre aspettiamo. Anima sembra
essersi
calmata, per adesso» disse lui, tornando a mordere la sua
mela.
Priscilla lo affiancò e si mise a sedere per aria,
incrociando le
gambe.
«Per
quanto ancora continuerai a fare questo vita, principe?» chiese
lei
e Mistgun sospirò, affranto. «Quante volte ancora
dovrai
chiedermelo?»
«Non
è mettendo toppe al cielo che riuscirai a fermare questa
follia, lo
sai meglio di me».
«Detto
da te» sghignazzò lui, per niente turbato dalla
predica.
«Ormai
il mio cielo è irreparabile» sospirò
lei, altrettanto tranquilla.
«Devo aspettare che si strappi del tutto, così
posso dargli una
bella sistemata finale».
«Sono
passati cinque anni e ti aspetti ancora che possa ricordare?»
chiese
lui, sconsolato. «Chiunque ci avrebbe rinunciato,
ormai» aggiunse.
«Io
non sono chiunque, credo di avertelo spiegato bene. E ormai... credo
non manchi molto» confessò.
«Che
intendi dire?» chiese Mistgun, curioso.
«I
discorsi sull'ereditare la gilda si sono fatti più
frequenti, è più
irritabile. C'è stato uno scontro con Phantom
Lord» spiegò.
«Sì,
ne sono a conoscenza» annuì Mistgun.
«So
che hai dato il tuo contributo per aiutarci, le voci sono arrivate
anche da noi. Hai distrutto da solo tutte le loro sedi, davvero
impressionante» sorrise Priscilla. «Ciò
non toglie che la gilda
ormai è da ricostruire a partire dalle fondamenta.
È stata
completamente distrutta, il nonno per poco non ne restava ucciso, non
penso che la cosa possa averlo lasciato indifferente. Se lo conosco
bene comincerà a pensare che ormai il nonno sia troppo
anziano per
occuparsi della gilda e che perciò questo è il
suo momento. Non
penso resterà con le mani in mano».
«Cosa
credi succederà?» chiese Mistgun, concentrandosi
sul leggero soffio
di vento che gli fece svolazzare il mantello. Lei era quel vento,
aveva imparato a conoscerla, bastava ascoltarlo e poteva avere la
sensazione di riuscire a leggerle l'anima.
«Chissà...»
sospirò lei, pensierosa. «Ma comunque io
sarò lì».
Il
silenzio calò tra loro per pochi istanti, ognuno perso nei
propri
pensieri e nelle proprie preoccupazioni. Sapevano entrambi che
quell'evento avrebbe significato una svolta non solo all'interno
della gilda, ma nel loro stesso rapporto. Per quanto avessero trovato
quell'accordo solo per un mutuo beneficio, erano comunque entrambi
portatori di un segreto che nessun'altro aveva mai ascoltato prima.
Non riuscivano a definirsi amici, ma qualcosa di diverso sicuramente
li legava ed era strano ora pensare che dopo tre anni di
attesa
e preparazione sarebbe arrivata la fine di tutto.
«Senti,
Gerard...» mormorò Priscilla, altrettanto immersa
in quel soffio di
vento. Era strano sentirle pronunciare il suo vero nome, avevano
entrambi concordato che sarebbe sempre stato meglio chiamarlo solo
Mistgun. Ma quello era un luogo sicuro, racchiuso, poteva provare ad
esporsi un po' di più. «C'è una cosa
che ho sempre desiderato
chiederti».
«Cosa?»
chiese lui, concedendole quello che sembrava un ultimo desiderio.
«Non
c'erano missioni da quelle parti, quel
giorno,
e l'ultimo attacco di Anima era avvenuto abbastanza distante. Allora
perché eri lì?»
Quel
giorno, Mistgun sapeva bene a cosa si stesse riferendo. Il giorno del
loro primo incontro, il giorno in cui avevano cominciato a
interessarsi tanto l'uno all'altra da decidere incredibilmente di
abbandonare la propria solitudine e concedersi un compagno di
viaggio. Il giorno che avevano preso il loro accordo di mutuo
sostegno, in previsione delle proprie grandi battaglie finali e dei
loro interessi.
Priscilla,
quel giorno di tre anni addietro, aveva preso dalla bacheca un
incarico di effimera importanza, il minimo sufficiente a potersi
pagare un tozzo di pane. Era ferma da quasi due anni, dopo il litigio
con Laxus, senza nessun incarico portato a termine se non quelli
necessari alla sopravvivenza. E quel giorno non era andata
diversamente. Doveva semplicemente occuparsi di un piccolo gruppo di
teppisti a cui piaceva definirsi "malvagi" e che avevano
rubato oggetti di valore da una casa. Li aveva seguiti fino alla loro
base, una casa su un albero, nascosta nella foresta, e lì
aveva
scoperto che erano solo in quattro. Proprio quello che le ci voleva:
una missione di misero valore, senza impegno, che le desse
semplicemente da mangiare. Aveva messo KO con facilità i
quattro
malviventi e aveva recuperato ciò che doveva in pochi
minuti. Aveva
appena cominciato a scendere dalla casa sull'albero, quando era
arrivato anche il capo di quella banda. Un uomo nerboruto, grosso e
violento. Aveva sventolato per aria la propria ascia da guerra ed era
scattato subito contro Priscilla, ancora impegnata a scendere
giù
dalla scala. L'aveva sentito, ma era rimasta impassibile nel volto e
si era mossa con estrema lentezza, pigra nel suo lavoro.
L'ascia
l'aveva colpita in pieno all'altezza del polpaccio con una tale
violenza da staccarle la gamba. Lei era caduta a terra, sotto le
risate macabre e soddisfatte del suo aguzzino, che già aveva
cominciato a ipotizzare come avesse potuto usare il corpo di quella
donna a suo favore, gamba a parte.
Ma
Priscilla non si era scomposta e usando il proprio vento si era
risollevata, anche senza gamba, restando perfettamente in piedi. Si
era guardata la ferita e il bandito aveva fatto altrettanto,
sbiancando subito dopo: il sangue aveva già smesso di
scorrere e la
pelle, la carne, le ossa, avevano cominciato a riformarsi, ridando
forma all'arto perduto.
«Ahi
ahi»
aveva mormorato Priscilla, sospirando. «Mi
hai fatto male».
Non
era nemmeno stata costretta ad affrontarlo, il malvivente aveva avuto
così tanta paura di trovarsi di fronte a un mostro che era
scappato
senza lasciare traccia. Priscilla si era incamminata perciò
verso
l'uscita della foresta, mentre la gamba pian piano tornava al suo
posto, ma aveva camminato lenta e attenta, consapevole di non essere
sola, fino a quando non si era stancata.
«Continuerai
a seguirmi per molto, o mi dirai cosa vuoi?»
aveva chiesto a nessuno apparentemente, ma Mistgun era sceso da un
albero a quelle parole, atterrando alle sue spalle.
«Quando
ti sei accorta di me?»
aveva chiesto.
«Appena
la palla di lardo ha smesso di urlare. Hai il respiro pesante».
Mistgun
aveva ridacchiato, prima di dire: «Sarà
colpa del fazzoletto davanti al viso».
Priscilla
solo allora si era voltata e aveva guardato in volto il suo
interlocutore.
«Tu...
sei Mistgun, giusto?»
aveva chiesto, titubante. In fondo nessuno aveva mai visto quali
fossero le sue sembianze, se non il master Makarov.
«Non
dovresti avere difficoltà a riconoscermi, visto che fingi
sempre di
dormire quando arrivo alla gilda e uso la magia per addormentarvi»
aveva risposto lui e allora a ridere era stata Priscilla.
«Credevo
di avere doti recitative migliori»
aveva confessato.
«Su
di te per qualche strana ragione la mia magia non ha effetto. E ora
comincio a capire perché»
aveva detto guardandole la gamba che dal leggero fascio luminoso blu
continuava a ricomporsi, esattamente come nuova. «Che
cosa sei?»
«Cosa?»
aveva mormorato Priscilla, colta da un pensiero che l'aveva assorbita
completamente. Si era abbassata a guardarsi la gamba e ancora una
volta aveva sussurrato a se stessa: «Cosa
sono?»
«Sì!»
aveva esclamato Mistgun. «Cosa
sei?»
aveva ribadito, più determinato, per poi aggiungere:
«E
qual è il tuo scopo? Perché sei a Fairy Tail?»
«Scopo?»
aveva sobbalzato Priscilla, sgranando gli occhi. Qualcosa di cui si
era dimenticata ma che ora tornava a rimbombarle nella testa.
«Qual
è... il mio scopo? Il mio compito...»
era come persa in un limbo di pensieri e ricordi, da cui faticava a
liberarsi. Era come una boa, in preda a una tormenta, annegava e
riesumava, veniva sbattuta e scaraventata, ma poi tornava a galla, e
infine... la tormenta era sembrata cessare.
«Te
lo dirò»
aveva detto decisa. «Ma
in cambio di qualcosa».
«Che
cosa vuoi?»
aveva chiesto Mistgun, dubbioso ma intenzionato ad ascoltarla.
«Addestrami».
«Addestrarti?»
aveva chiesto lui, stupito.
«Dicono
tu sia uno dei maghi più forti di tutta la gilda, pari
addirittura a
Laxus. Ti rivelerò il mio segreto più grande, ma
in cambio desidero
che tu mi renda più forte. Nel frattempo svolgerò
per te qualsiasi
incarico di cui tu abbia bisogno, sarò al tuo completo
servizio. Ma
addestrami, ti prego».
Aveva
accettato senza troppa convinzione, ma quando Priscilla si era decisa
a raccontargli la sua storia si era convinto a prendere seriamente
quella richiesta. E da allora la loro collaborazione aveva avuto
inizio.
«Che
cosa ci facevi lì?» chiese Priscilla, tre anni
dopo quel ricordo,
seduti entrambi su quelle rocce sul promontorio.
«Non
dormivi... ricordi?» si limitò a rispondere
Mistgun, abbozzando un
sorriso.
«Mi
hai pedinato, allora. Come pensavo. Te l'eri proprio presa a morte,
eh?» ridacchiò divertita.
«Non
è per quello. O meglio, non solo...» rispose lui e
Priscilla gli
diede tutta la sua attenzione. «Su Edoras ho incontrato una
volta
Ivan Dreyar. Si portava appresso un figlio allegro, timoroso e
impacciato di nome Laxus. Ma nessuna figlia femmina. C'è
sempre
stato qualcosa di strano in te, era come se fossi diversa da tutti
gli altri, avevi una strana aura. Poi cominciai a notare che facevi
solo finta di addormentarti quando arrivavo e tutte le volte che
tornavate dalle missioni, tu e Laxus, nonostante lui fosse pieno di
ferite tu non avevi mai nemmeno un graffio».
«Ti
ho incuriosito» sorrise Priscilla.
«Sì,
ammetto che ero curioso, ma anche egoisticamente speranzoso».
«Speranzoso?»
«Mi
sono chiesto chi fosse la strana nipote di Makarov, ammetto di aver
ficcato un po' il naso in cose che forse non mi competevano. Ivan
Dreyar ebbe un primogenito maschio, questo annunciano i documenti e
le testimonianze di Earthland. Un vivace bambino dai capelli biondi
che si portava sempre appresso quando andava a Fairy Tail e di cui
sembrava orgoglioso. Poi, cinque anni dopo la nascita di Laxus, si
venne a sapere che Ivan aveva anche una figlia femmina di
già tre
anni ma di cui nessuno sapeva niente. Sembrava come apparsa dal
nulla».
«Ho
capito» mormorò Priscilla, pochi secondi dopo.
«Pensavi fossi
arrivata da Edoras, vero?»
«Tutti
abbiamo una controparte, tranne te. Vista la stranezza del tuo potere
magico, il fatto che sei come comparsa dal nulla e che non esisteva
un'altra te a Edoras, sì... ho pensato che tu semplicemente
fossi
arrivata da lì. E volevo saperne di
più».
«Mi
spiace non essere stata all'altezza delle tue aspettative»
disse
quasi distrattamente, ma Mistgun ridacchiò divertito. Lei,
con
quella sua assurda verità, era andata ben oltre le sue
aspettative.
Prese
il foglio che lei gli aveva portato con il nuovo incarico di grado S
da svolgere. Non lo guardò neanche e glielo porse indietro.
«Il
tuo esame di fine addestramento» annunciò.
«Eh?»
sbarrò gli occhi Priscilla.
«Pensaci
tu, questa volta. È l'ultimo compito che ti do».
«Da
sola?» strillò lei, già in preda al
panico.
«Tuo
fratello è un mago di classe S, se doveste mai scontrarvi
come credi
di riuscire a tenergli testa se non sei al suo livello?»
Priscilla
guardò quel foglio ora sgualcito e pian piano si
rannicchiò in se
stessa, corrucciandosi. Era impensabile che fosse in grado di star
dietro a una missione di classe S, ma il ragionamento di Mistgun non
faceva una piega e questo la innervosiva.
«È
questo il tuo problema» commentò Mistgun.
«Continui ad appoggiarti
agli altri, forse per pigrizia o forse semplicemente non hai fiducia
nelle tue capacità. Prima era Laxus, ora sono io, non riesci
ad
assumerti le tue responsabilità e chiedi sempre aiuto. Non
potrai
mai vincere le tue battaglie con questo atteggiamento».
«Da’
qua!» ringhiò Priscilla, strappandogli il foglio
di mano. «Ho
battuto l'uomo vento da sola senza l'aiuto di nessuno, credi possa
spaventarmi una cosa come questa?»
«L'uomo
vento?» chiese Mistgun, non capendo, ma non ebbe risposta da
Priscilla che già si era incamminata, mugolando e
borbottando dal
nervoso.
Mistgun
la guardò andare via con un sorriso divertito sulle labbra,
ma la
richiamò prima che potesse sparire del tutto. Prima che la
perdesse
di vista per sempre, vittoriosa nella sua missione e ormai libera dal
suo addestramento, doveva rivelarle un'ultima cosa.
«C'è
una persona che forse potrebbe risolvere il tuo problema» e
il cuore
di Priscilla prese a battere come mai era successo prima.
«È una
mia vecchia amica. Ho sentito che ha sviluppato negli anni una grande
capacità nella magia curativa».
«Credi
che possa...?» chiese Priscilla, tremando per l'agitazione
che
quella notizia le dava.
«Non
ne ho idea. Ma puoi sempre provare. È una brava persona,
sono certo
che se le spieghi quale sia il tuo problema farà di tutto
per
aiutarti».
«Chi
è? Dove posso trovarla?» chiese Priscilla, agitata
come non mai.
Mistgun titubò un po', prima di dirle: «Porta a
termine
quell'incarico e io ti dirò il suo nome».
Per
quanto fosse un vero e proprio ricatto, Priscilla non si
lasciò
turbare minimamente. Strinse il foglio dell'incarico tra le dita,
tanto forte da strapparlo, e scese giù dal promontorio a
grandi
passi. Il vento ora sembrava più forte che mai.
Il
mandante era un uomo nobile e potente, dalla corporatura massiccia e
la barba ben curata. La moglie, Lady Forhead, non aveva fatto che
piangere nascondendo il volto all'interno di un fazzoletto, mentre
lui aveva raccontato l'accaduto: l'amato e altrettanto nobile
figlioletto di appena sei mesi era sparito nel nulla durante la
notte, rapito dai fantasmi sostenevano.
«Gli
abbiamo rimboccato le coperte, come tutte le notti»
spiegò con gli
occhi vitrei per la paura che stavano vivendo in quel momento.
«Abbiamo chiuso la porta alle nostre spalle e abbiamo fatto
in
tempo, appena, di fare qualche passo. Abbiamo poi sentito un vento
gelido, degli spiriti ci hanno toccato le dico! Tutte le luci sono
saltate contemporaneamente e quando sono tornate Maximilian non c'era
più! I fantasmi se lo sono portato via!»
piagnucolò. «I fantasmi
del Bosco dei Sussurri sono venuti a prenderlo».
«Cosa
vi fa credere che siano stati proprio loro?» chiese
Priscilla, che
ormai da tempo aveva smesso di credere ai fantasmi e certo non si
sarebbe lasciata convincere da tali superstizioni.
«In
che altro modo può sparire un bambino di sei mesi se non
rapito dai
fantasmi?» brontolò Sir Forhead, furioso per il
fatto che la maga
non gli credesse. Fu la Lady a intervenire e spiegare: «Da
qualche
tempo dicono che sentono arrivare degli strani sussurri dal bosco a
est della città e da quando hanno cominciato a sentirli,
sono
cominciati a sparire i bambini dal paese. In molti hanno provato ad
addentrarsi lì dentro per andare a cercarli, ma nessuno ha
mai fatto
ritorno. È un luogo stregato e maledetto! La prego, riporti
a casa
il nostro Maximilian».
Priscilla
si era alzata in piedi e aveva annunciato con sicurezza:
«Certo!»
prima di farsi indicare la strada per la stanza del piccolo
Maximilian. Non appena entrò potè sentire
distintamente un forte
odore di pioppi e pini, il che era veramente strano visto che il
bosco si trovava poi non così vicino da far sentire in quel
modo il
suo odore. Oltretutto il vento tirava in direzione contraria.
"Che
abbiano ragione?" pensò rendendosi conto come effettivamente
gli indizi portassero a quel bosco. Si avvicinò alla
finestra aperta
e provò a cercare tracce di effrazione o il passaggio di
chiunque
avesse preso e portato via il bambino. Le coperte erano ancora ben
fatte, con solo una piccola gobba rigonfia laddove il bambino aveva
riposato. A terra o sulla finestra non c'erano tracce di scarpe,
nonostante la sera del rapimento avesse piovuto a dirotto e
certamente i vestiti del rapitore non potevano essere asciutti e
puliti se era entrato dalla finestra. Sembrava come se il bambino
all'improvviso si fosse messo a volare e fosse stato portato via in
quel modo. E quel forte odore di alberi ancora non le lasciava le
narici.
"Viene
davvero da pensare ai fantasmi" rifletté guardando la
giostra
appesa sopra il lettino di Maximilian, dove ciondolavano pigramente
dei fiori e delle farfalle. Si sorprese di trovarli perfettamente
immobili, nonostante la finestra aperta sembrava non ci fosse un
alito di vento...eppure lei su di sè lo percepiva, e portava
l'odore
del bosco. Si avvicinò alla giostra e accarezzò
con la punta delle
dita una di quelle farfalle.
«Lui
amava quella giostrina» disse la Lady, colta da un singhiozzo.
«Il
vostro Maximilian sa già gattonare?» chiese
insistendo nello
strofinare la farfalla tra le dita.
«Sì,
aveva cominciato a imparare da poco ma non può essere andato
via da
solo: porta e finestra erano chiuse ed è tutto successo nel
giro di
qualche breve istante» rispose il padre, mentre la madre era
ancora
impegnata a singhiozzare all'interno del suo fazzoletto.
«Credo
andrò a dare un'occhiata a quel bosco»
annunciò Priscilla,
lasciando finalmente in pace la farfalla e uscendo dalla stanza.
«Sono
in molti ad essersi addentrati lì dentro, in cerca dei loro
bambini,
ma mai nessuno ne è uscito. Quel bosco è
pericoloso, ma non ho
dubbi che per un mago di alto calibro di Fairy Tail sarà
solo una
passeggiata» disse speranzoso Sir Forhead e questo fece
sorridere
Priscilla. Come l'avrebbero presa se avesse loro rivelato di non
essere di classe S, ma che era sempre stata solo un'assistente?
Decise era meglio tenere per sè quell'informazione e si
limitò a
dire, speranzosa: «Riporterò a casa vostro
figlio».
«Gliene
siamo immensamente grati» rispose il Sir, aprendole la porta
per
permetterle di andarsene.
«Sarò
di ritorno tra non molto. Abbiate cura di voi nel frattempo e siate
speranzosi! A presto!» salutò Priscilla,
incamminandosi lungo il
viale tra i giardini, fino all'immenso cancello che delimitava la
loro incredibile proprietà. Fuori da esso si apriva il
paese,
allegro e vivace nonostante stanziasse vicino a un bosco della morte.
"C'era
traccia di potere magico" rifletté Priscilla, guardandosi le
dita con cui aveva toccato le farfalle della giostrina. "Altro
che fantasmi, qui si parla di un vero e proprio delinquente".
A
testa bassa, pensierosa e concentrata, cercava di rimettere insieme
tutte le informazioni che aveva per risolvere quel mistero e nel
frattempo camminava lungo la strada affollata di gente, diretta al
sentiero che avrebbe poi portato al temibile Bosco dei Sussurri. Una
figura scura le passò improvvisamente fin troppo vicino,
fino a
sfiorarla, e attirò per questo la sua attenzione. Alto,
muscoloso,
capelli biondi tirati verso l'alto, una giacca scura sulle spalle e
un odore fin troppo familiare.
"Laxus?"
pensò in un sussulto, alzando la testa e voltandosi a
cercarlo.
Era
lui, ci avrebbe scommesso, poteva riconoscerlo tra mille. Ma la
strada alle sue spalle risultò vuota se non per i volti
sconosciuti
delle persone del paese.
Possibile
se lo fosse immaginato?
Perché
mai la mente aveva voluto ingannarla in un momento come quello?
«Che
sia colpa di questi ultimi eventi?» mormorò,
tornando sui suoi
passi. L'aveva incrociato due volte in pochi giorni e in uno di
questi era persino riuscita a parlargli. Da quanto tempo non gli
parlava? Forse erano passati mesi, se non un anno intero, dall'ultima
volta che l'aveva incrociato ed era riuscita a rivolgergli la parola.
E nonostante tutti quegli anni, serbava verso di lei ancora del folle
rancore. Sentirlo, e soprattutto sentirlo rivolgersi a lei in quel
modo così astioso e violento, le aveva dato dei brividi che
da molto
non provava più.
«Non
è certo questo il momento di pensare a lui!» si
rimproverò,
uscendo finalmente dal paese. Rallentò i propri passi e
timidamente
si voltò di nuovo, a guardarsi le spalle. Eppure avrebbe
giurato di
averlo visto.
Si
ricompose rapidamente, sforzandosi di tornare padrona della sua
razionalità, e infine percorse gli ultimi metri che la
portavano
all'inizio del bosco. A vederlo da fuori non sembrava avere niente di
strano: il vento scorreva tra le foglie, poteva sentire il cinguettio
degli uccellini, il ronzio degli insetti. Era un normalissimo bosco
come altri, eppure c'era qualcosa che la turbava. Si
avvicinò di
qualche passo e finalmente potè cominciare a sentirli, quei
sussurri
che gli davano il nome. Si mescolavano al vento ed erano tanto
flebili che non riusciva a distinguerne le parole. Sembrava una
cantilena, un mantra.
«Un
incantesimo...» riuscì a capire con
facilità. Qualcuno stava
recitando un incantesimo, probabilmente lo stesso qualcuno che rapiva
i bambini nella notte. Non aveva altra scelta, però, se non
entrare
e andare a cercarlo.
Iniziò
a camminare tra i sentieri, silenziosa e attenta, ascoltando la voce
che sussurrava nel vento e cercando di concentrarsi su di lei.
Più
entrava all'interno, più sembrava farsi insistente e forte,
e
probabilmente era quello il segno che si stesse avvicinando. Voci di
bambini iniziarono a unirsi a essa, spensierati, ma sempre distanti e
flebili tanto da essere irriconoscibili. Li sentiva parlare, senza
capirne le parole, e li sentiva ridere.
«Fa
certamente venire la pelle d'oca» rifletté,
continuando a camminare
verso dove sentiva aumentare quelle voci: non era difficile capire in
che modo avesse convinto gli abitanti del paese a dare a quel bosco
quel macabro nome e quella terrificante leggenda sui fantasmi. A un
certo punto la voce si abbassò improvvisamente, come se
avesse
varcato la soglia di una porta e se la fosse richiusa alle spalle. Si
guardò attorno, sorpresa, e provò a rifare un
passo all'indietro,
notando come invece quella volta non avvenne nessun cambiamento: era
calato un tetro silenzio improvviso. L’inquietudine
aumentò quando
si rese conto di essere appena sbucata su un sentiero che aveva
già
percorso in precedenza.
"Sono
tornata indietro?" si chiese incredula di aver perso così
tanto
il senso dell'orientamento. Si voltò e ripercorse i suoi
passi,
decisa a cambiare direzione e ritrovare quella che sembrava la strada
giusta, ma sbucò in un’altra parte di bosco, mai
visitata prima.
«Non
sono passata di qua, prima» mormorò, sempre
più sorpresa. I
sussurri avevano ripreso a soffiarle nelle orecchie, ma erano ancora
flebili e distanti. Intraprese quel nuovo percorso, sforzandosi di
stare maggiormente attenta alla direzione che stava prendendo e
riprese a seguire l'intensità dei sussurri. Vagò
a lungo, senza
riuscire a trovare niente, fino a quando non risbucò
un'altra volta
su un sentiero già percorso.
«Ho
di nuovo perso la strada... possibile?» cominciò a
capire perché
chi entrasse al suo interno non facesse più ritorno.
«C'è qualcosa
che non va in questo bosco».
Rendendosi
conto di aver perso completamente l'orientamento, decise di alzarsi
in volo e andare oltre il tetto degli alberi, per guardare dall'alto
dove fosse il paese e ritrovare così la strada. Ebbe un
tuffo al
cuore quando si trovò davanti quell'incredibile immagine: il
bosco
si allungava fino all'orizzonte, in qualsiasi direzione, senza
variazione di alberi, forma o terreno. Era una piana distesa di
foglie e rami tutti uguali tra loro che sembravano aver inghiottito
il mondo intero.
Era
ovvio che non poteva essere così, perciò non le
fu difficile
arrivare alla conclusione che l'incantesimo recitato dai sussurri
l'aveva appena fatta prigioniera.
«In
fondo, era ciò che volevo» mormorò,
scendendo nuovamente a terra.
«Ora sta a me riuscire a trovarti» e chiudendo gli
occhi inspirò a
fondo, cercando di annusare l'odore di quell'aria nella speranza di
trovare un indizio qualsiasi. C'era qualcosa di strano, un odore
pungente, acre. Probabilmente era l'odore di qualche frutto maturo,
magari schiacciato al suolo, ma era tutto troppo strano e lei doveva
fare attenzione a qualsiasi indizio.
Decise
di seguire quell’unico odore che sentiva, unico segnale, e
lasciò
perdere la sua mappa mentale per ritrovare la strada: da quel momento
si sarebbe affidata solo ai sensi e al suo istinto. Camminò
per ore,
inseguendo voci, odori, sensazioni, ma sembrò non arrivare
da
nessuna parte e intanto qualcosa le premeva sul petto.
Nonostante
l'aria fosse il suo elemento, nonostante avesse un pieno controllo
sul mondo intorno a sé, era come se le mancasse l'ossigeno.
Ansimava
e respirava a fatica. I muscoli cominciarono a dolerle, a perdere di
tono, e camminare si fece sempre più difficile.
«Maledizione,
ci sto mettendo troppo» mormorò, sempre
più affaticata. «E questo
bastardo sta avendo il tempo di prosciugarmi».
Una
magia che si nutriva del potere magico, non poteva essere che quello.
Riusciva a sentirla l'energia, la magia, la sua stessa vita che
pareva scorrerle via dai pori della pelle come sudore. Si costrinse a
fermarsi un attimo e chinandosi in avanti appoggiò i palmi
delle
mani sulle propria ginocchia, ansimando.
"Devo
trovare il modo di farlo uscire allo scoperto" pensò
allarmata.
Aveva sperato che facendosi inghiottire volontariamente prima o poi
si sarebbe trovata faccia a faccia con chiunque stesse facendo tutto
quello, ma disgraziatamente aveva invece scoperto che tutto
ciò che
lui stava facendo era solo giocare. E più andava avanti e
più aveva
la sensazione di impazzire, con tutte quelle voci nella testa e le
risate dei bambini. Fece un lungo sospiro e cercò dentro
sé la
forza di concentrarsi e riprendere a camminare, per cercarlo.
"Non
vuole farsi trovare" digrignò i denti, sentendosi impotente.
Doveva trovare una soluzione e doveva farlo alla svelta. Si
guardò
una mano, tremolante. La punta delle dita cominciava a sbiadire, come
se stesse scomparendo nel nulla.
"Una
magia che risucchia potere magico" rifletté, preoccupata.
Per
lei, il suo potere magico, era la sua esistenza. Se glielo
prosciugava sarebbe morta. Non ne avrebbero mai trovato nemmeno il
cadavere.
"Il
cadavere" rifletté, colta da un'intuizione. Decine di
persone
prima di lei erano entrati in quei boschi per cercare i bambini
rapiti e sicuramente tutti avevano fatto la sua stessa fine: a vagare
fino a quando non sarebbero morti di stenti. Eppure nonostante ore e
ore di cammino, non aveva trovato nemmeno l'ombra di un cadavere,
nonostante avesse scovato qualche segno del loro passaggio. Aveva
notato graffi sui tronchi, gingilli abbandonati a indicare la via,
piccoli accenni di focolai accesi forse per riposare.
"Dove
vanno a finire tutte le persone che entrano qui dentro?" si
chiese.
Si
rialzò e trascinando i piedi tornò a vagare e
camminare,
imperterrita, decisa a seguire il suo piano. Doveva trovarlo, prima
di morire. E vagò per almeno altre due ore, sempre
più pesante,
sempre più affaticata, sempre più disperata.
«Merda»
urlò, inciampando sui suoi stessi passi e cadendo a terra.
Provò a
sollevarsi su di un gomito e tirarsi su. «Mistgun... credo di
avere
qualche problema» disse tra sè e sè,
pian piano che un'idea
cominciava a farsi strada nella sua mente. Non era tagliata per
quella missione, stava morendo e non era riuscita a fare niente di
utile, neanche trovare un indizio.
«Non
credo di poter resistere ancora a lungo» digrignò
i denti, mentre
cercava di alzarsi. «Mistgun!» chiamò,
sperando che in qualche
modo lui avesse potuto sentirla. «Gerard!»
insistè, riuscendo ad
alzarsi e provando a barcollare ancora più avanti. La testa
le
girava impazzita e ormai era anche difficile concentrarsi su dove
andare e che strada seguire. «Dico sul serio, Gerard! Non
sono...
non sono capace! Non sono pronta! Gerard!» chiamò
sempre più
forte, mentre il panico cominciava a prenderle il cuore. Se lei
moriva, come avrebbe potuto svolgere il suo compito? Che ne sarebbe
stato di Laxus? Della gilda? Di suo nonno? Aveva accettato quella
missione, aveva accettato di mettersi alla prova, ma sapevano
entrambi che lei non era una maga di classe S. Aveva esagerato a
mandarla da sola.
Urlò,
cadendo nuovamente a terra.
«Gerard…
perché mi hai mandata sola?» mormorò
ormai, con un filo di voce.
Si appoggiò sulle mani, per cercare di rialzarsi, ma la
terra gli
mancò sotto quella sinistra e cadde su di un fianco.
Confusa, si
guardò il braccio: l'intera mano sinistra era ormai
scomparsa,
dissolta, prosciugata da quell'incantesimo che sembrava risucchiarla
e cibarsi di lei. Sbarrò gli occhi, panica nel volto, e il
cuore
prese a martellare impazzito nel petto.
«G...erard...»
mormorò tremando. «Aiutami...».
«Priscilla»
una voce la chiamò, chiara e netta, al contrario di tutti
quei
sussurri che la stavano facendo letteralmente impazzire. Ma non era
la voce di Mistgun, la riconosceva. Si voltò, facendo cadere
la
testa da un lato, stesa a terra com'era. Gli occhi si spalancarono di
fronte a quell'immagine e il cuore cominciò a battere
così forte
che ne potè sentire il rimbombo nelle orecchie.
«Laxus?»
chiese, nascondendo rapidamente la mano semi-sparita. Laxus si
corrucciò, in un modo fin troppo familiare.
«Finalmente
ti ho trovata» sospirò, più nervoso che
sollevato.
«Trovata?»
chiese Priscilla, confusa.
«Mistgun
mi ha detto che eri qui. Questo posto è pericoloso, che
diamine
pensava quell'idiota quando ti ha mandato da sola?»
ringhiò
avvicinandosi a lei. Allungò una mano nella sua direzione,
abbassandosi per riuscire a raggiungerla. «Riesci ad
alzarti?» le
chiese e lei annuì, perplessa, sorpresa, ma emozionata come
poche
volte lo era stato. Allungò la mano destra e
afferrò la sua,
facendosi aiutare per alzarsi in piedi.
«Riesci
ancora a camminare?» le chiese, facendo qualche passo. Lei
annuì e
stringendogli ancora la mano cominciò a camminargli dietro.
«Andiamo, ti porto via da qui» annunciò
Laxus, camminando un passo
davanti a lei. Nonostante questo, non lasciò la sua presa e
continuò
a tenerla per mano. Era diventato più grande, in quei cinque
anni.
Ora la sua presa le avvolgeva quasi del tutto le dita, la differenza
tra loro era sorprendente, ma il calore... quello non era cambiato e
lei non l'aveva dimenticato. La pelle si era inspessita, era
diventata più ruvida e grezza. Doveva immaginarselo: ormai
era
diventato un uomo. Quanto erano cresciuti, entrambi, in quei cinque
anni di separazione. Quanto era diventato grande e forte, lontano dal
proprio abbraccio, ma sotto i suoi occhi che sempre andavano a
cercarlo. Avrebbe voluto dirgli che le era mancato, ma temeva che
così facendo quell'incanto sarebbe svanito facendolo tornare
il
solito iracondo, burbero e rancoroso Laxus del giorno prima. Voleva
goderne, fintanto che c'era, e si limito e stringere con timidezza
quella grossa e decisa mano che sembrava non essere intenzionata a
lasciarla andare. E rossa in volto per l'emozione, smise persino di
guardare la strada che stavano percorrendo, concentrandosi solo sul
profilo del fratello che camminava appena davanti a lei. Era
diventato più alto, i lineamenti più marcati.
Aveva abbandonato la
bellezza della gioventù acquistando il fascino di un uomo
ormai
adulto. Chissà quante donne, ora che era persino famoso,
sognavano
quel volto. Quel pensiero la fece sorridere.
Una
risata di bambini, questa volta più forte di quelle sentite
fino a
quel momento. Riuscì a distinguerne la provenienza, non
erano nella
sua testa, ma reali proprio di fronte a lei. Distolse lo sguardo dal
volto di Laxus e guardò davanti a sé, dove ora si
apriva una
piccolissima radura. Laxus si fermò al suo margine e
guardò
anch'egli ciò che aveva davanti.
Due
bambini giocavano al suo centro, seduti l'uno di fianco all'altro.
Uno biondo, dal sorriso aperto e lo sguardo entusiasta, raccontava
una storia sui draghi usando dei giocattoli per simularne il volo e
l'attacco a una città immaginaria. La bambina mora sedeva al
suo
fianco, più timida e silenziosa, quasi intimorita, ma gli
angoli
della bocca erano leggermente tirati verso l'alto e guardava con
interesse i giochi del bambino accanto a lei. Priscilla non
sembrò
sorprendersi, ormai stava impazzendo del tutto, non c'era da
meravigliarsi se uno dei suoi ricordi più belli avesse preso
improvvisamente forma e si aprisse davanti ai suoi occhi in
un’allucinazione. Laxus, in quelle sembianze, aveva appena
otto
anni, mentre lei sei.
«Arriva
il drago mangiauomini!» dichiarò il Laxus bambino,
mentre faceva
volare il proprio pupazzo contro alcune costruzioni che aveva
disposto con attenzione di fronte a sé. «Oh, no,
sta distruggendo
la città! Magnolia è in pericolo, c'è
bisogno di aiuto!» e fece
alcuni versi, imitando ringhia e ruggiti, mentre continuava a buttare
giù finti palazzi e finte case. «Chiamate i maghi
di Fairy Tail!
Chiamate il migliore!» continuò ad esclamare,
mentre la Priscilla
bambina vicino a lui si portava timida una mano alle labbra per
soffocare una risata.
«Chiamate
il mago Laxus Dreyar!» intervenì lei, con una voce
nettamente più
bassa, ma non per questo meno divertita. Il bambino saltò in
piedi e
si drizzò fiero, alzando il mento verso il cielo e le mani
piantate
ai fianchi.
«Eccomi
qua, pronto a salvare il mondo insieme alla mia incredibile
assistente!» annunciò lui, allungando una mano
verso la bambina. La
Priscilla bambina arrossì e finalmente si tolse le mani
dalle
labbra, scoprendo un sorriso tanto luminoso da farle brillare gli
occhi. Il Laxus bambino sorrise a sua volta tanto forte che fu
costretto a socchiudere gli occhi. La piccola Priscilla
afferrò la
sua mano e si alzò in piedi, aiutata dal fratellino, e
sull'onda
della sua euforia esclamò: «Andiamo, Dio del
tuono!»
«Che
soprannome fighissimo!» esclamò il Laxus bambino,
illuminandosi,
per poi tornare nella parte. «Sono pronto, Dea del
vento!» esclamò.
«I
fratelli Dreyar spazzeranno via il male da questo mondo!»
esclamò
la Priscilla bambina, imitando i gesti dei fratello.
«Eccoli
che entrano in azione!» disse il Laxus bambino, cominciando a
correre e saltare tutto intorno, facendo finta di schivare ostacoli.
Continuò a portarsi dietro Priscilla, tenendola ben salda
per mano.
«Fa' attenzione, sorellina! Il drago può sputare
fuoco!»
«Lo
spazzerò via con il mio vento!» disse lei,
imitando il gesto di una
magia che diede vita a un flebile spiffero.
«E
adesso tocca a me dargli il colpo di grazia! Potere dei
fulmini!»
esclamò, saltando su di una sedia a braccia tese per imitare
un
colpo che mai venne sparato. Il piccolo Laxus scivolò nel
salto e
cadde all'indietro, facendo saltare in giro tutte le costruzioni che
imitavano le case di Magnolia. La bambina Priscilla lo
guardò
preoccupata, correndo al suo fianco e chiedendogli: «Ti sei
fatto
male?»
«Che
botta» mormorò lui, massaggiandosi la schiena
dolorante. Ma, a
parte quello, si risollevò tranquillamente e questo fece
rasserenare
la sorellina. La piccola Priscilla si voltò a guardare le
costruzioni ormai sparpagliate ovunque e con un sorriso divertito
alzò le braccia al cielo ed esclamò:
«Il Dio del tuono ha
distrutto l'intera città con la sua potenza per uccidere il
drago!
Fairy Tail combina ancora disastri! Oh no, il nonno sarà
costretto a
pagare una salata multa per colpa sua!»
Il
piccolo Laxus sobbalzò allarmato e guardando le costruzioni
disse
terrorizzato: «No, non ditegli niente!» e a
quell'affermazione la
piccola Priscilla scoppiò a ridere senza riuscire a
controllarsi. Il
fratellino la guardò per qualche secondo, ancora allarmato,
poi si
fece coinvolgere dalla sua ilarità e spalancando la bocca
diede vita
a una risata ampia e fragorosa.
«Dunque
è qui che conduci tutte le tue vittime» disse la
Priscilla adulta,
ancora ai margini della radura mano nella mano con Laxus del
presente. Laxus si voltò verso di lei, sorpreso e forse
confuso. Si
trovò davanti al viso la mano sinistra di Priscilla, ora
tornata
esattamente al suo posto. Non ebbe tempo di realizzare cosa stesse
accadendo che lei diede vita a un getto d'aria tanto potente che
avrebbe potuto staccargli la testa dal collo, ma lui fu di riflessi
abbastanza pronti da alzare la braccia per difendersi e saltare
indietro. Il getto lo colpì al petto invece che al viso e lo
scaraventò contro un albero, facendogli sbattere la schiena.
Il
mondo intorno a lei ebbe come una sorta di distorsione, ogni cosa
ondeggiò per qualche istante, ma tornò tutto
normale in poco tempo.
Laxus teneva ancora un braccio a coprirgli gli occhi e parte del
viso, ma Priscilla potè vedere le sue labbra tirarsi in un
ghigno. I
bambini, che erano stati la sua infanzia, si dissolsero come sabbia
nel vento e ora restavano solo loro due.
Si
alzò, si raddrizzò e quando si scoprì
il viso priscilla poté
distintamente notare come quelli non fossero i veri occhi di Laxus.
Oltre alla forma e alla luce che trasmettevano, completamente
diversi, erano di colore viola con all'interno disegnati dei cerchi
magici. Nonostante questo, continuò a essere lui nella
forma,
nell'odore, nella voce e nelle movenze.
«Pensavo
di avertela divorata quella mano» ghignò.
«Questo
è quello che ti ho lasciato credere» rispose
Priscilla, senza
scomporsi.
«Stai
bluffando! Riesco a percepirti, sei al limite»
ridacchiò Laxus,
convinto.
«Sì,
sono esausta, questo è vero, ma non abbastanza da impedirmi
di
prenderti a calci. Era una messa in scena per costringerti a venire
allo scoperto» rivelò lei e Laxus la
guardò dubbioso, ma
comininciando a capire. «Ti stavi cibando di me, del mio
potere, e
presto sarei morta» spiegò Priscilla.
«Io come chiunque altro
prima di me, eppure non c'erano cadaveri sulla strada nonostante
avessi trovato tracce del loro passaggio. Così ho capito che
in
qualche modo, a un certo punto, probabilmente sul punto di morte o
proprio da morti, intervenivi per prelevare i loro corpi. Non
riuscivo a trovarti e ho capito subito che sarebbe stato impossibile,
visto che continuavi a modificare la mappa del bosco nella mia testa
per costringermi a pensare di trovarmi in un labirinto.
Perciò ho
deciso di invogliarti a venire tu da me. Certo non mi sarei aspettata
di trovarmi di fronte alla copia sputata di mio fratello, mi hai
preso di sorpresa, lo ammetto, ma questo ha dato conferma alla mia
ipotesi» e sorridendo, si mise in posizione per iniziare un
eventuale combattimento. «Usi la mente delle persone, prelevi
loro
magia, ricordi, emozioni e fai in modo che siano loro a venire da te
e non tu ad andare da questi. Hai fatto lo stesso con Maximilian, hai
usato le farfalle che a lui piacciono tanto per attirarlo nel bosco e
nel frattempo hai storpiato la coscienza di suo padre per fargli
credere che fosse passato solo qualche secondo, mentre in
realtà il
bambino ha avuto tutto il tempo di gattonare sotto ai suoi occhi e
arrivare qui».
"Suo
padre".
Laxus
digrignò i denti, sentendo che un segreto importante era
stato
scoperto. Priscilla notò la sua espressione e sorrise,
decisa:
«Beccata! Avevo ragione anche su questo, allora. Tu sei la
madre di
Maximilian, Lady Forhead!»
«Sta'
zitta!» gridò lui, caricandosi di
elettricità. Allungò una mano
verso di lei e sparò una vera e propria saetta. Priscilla
saltò
appena in tempo, aiutandosi con la magia del vento per raggiungere
una quota sicura. Piroettò e atterrò nuovamente.
"Riesce
a imitare anche la sua magia?" si chiese nel momento in cui il
finto Laxus provò nuovamente a colpirla. Corse via, girando
in tondo
e schivando il colpo. Ma la saetta si rivelò più
veloce e per poco
non la colpì, costringendola di nuovo a usare la magia per
saltare e
schivare. Quando atterrò ebbe un cedimento e
barcollò, cadendo
quasi a terra, ma riuscì a rialzarsi subito. Non in tempo
però per
evitare un'altra scarica elettrica che la colpì in pieno e
la fece
contrarre per il dolore.
Si
inginocchiò, priva di forze e smossa da un dolore lancinante
al
petto colpito. Fumava, i vestiti erano stracciati e lasciavano
intravedere al di sotto una pelle arrossata, aperta in alcuni punti
da dove usciva il solito fascio di luce blu che presto l'avrebbe
richiusa.
"Fa
male esattamente come quello vero" realizzò, ansimando ad
ampie
boccate.
«Parli
molto» ridacchiò Laxus. «E sei stata
furba, lo ammetto. Ma il tuo
potere è debole comunque, non puoi battermi» per
un attimo gli
occhi tornarono ad essere quelli del vero Laxus e assunse in tutto le
sue sembianze, prima di pronunciare con un ghigno superiore:
«Non mi
hai mai battuto».
"Ho
capito!" realizzò in quel momento Priscilla, alzando la
testa
verso di lui.
«Che
succede, sorellina?» sghignazzò Laxus, notando lo
sguardo di
Priscilla e interpretandolo come paura e sgomento. «Hai
smesso di
sorridermi, nonostante avessi promesso di farlo in qualsiasi
occasione?»
Priscilla
venne colta da una furia incontrollabile. Lui non era Laxus, anche se
aveva il suo aspetto, la sua voce, il suo odore, lui non era Laxus.
Come osava approfittare così delle sue debolezze? Dei suoi
sentimenti? Cosa osava usare la sua voce contro di lei? Si
alzò e
gli corse incontro, pronta a colpirlo con tutta la forza che aveva.
Laxus caricò il colpo, portando indietro la testa, e infine
sparò:
«Ruggito del drago del fulmine!»
L'ondata
di elettricità sprigionata colpì Priscilla in
pieno, travolgendola
e facendola per un istante sparire alla vista, avvolta dai fulmini.
Laxus guardò il suo operato, soddisfatto, ma ebbe un
sussulto quando
vide Priscilla immobile di fronte a sé, indenne, ancora
nella
posizione della corsa. Era come se il colpo le fosse passato
attraverso, ma la sorpresa raggiunse l'apice quando questa
cominciò
a dissiparsi in un’onda e pian piano svanire come
un’immagine di
fumo che veniva spazzata via.
«Anima
del vento» la voce provenne dalle sue spalle, quando ancora
l'immagine, seppur sbiadita, di Priscilla era sempre di fronte a lui.
Si voltò e la vide in volo, capovolta in quello che era la
posizione
di arrivo di un salto che l'aveva portata in salvo. La sua mano a un
palmo dal suo naso, la guardava sconvolto. Come poteva essere in due
posti contemporaneamente? Che avesse usato una magia
dell’illusione
anche lei?
Un
altro soffio di vento dalla pressione immensa nacque dal palmo della
sua mano e, ancora una volta, avrebbe potuto ucciderlo brutalmente.
Ma anche lui parve dissiparsi, scomparendo in uno dei suoi fulmini e
schivando il colpo. Riapparve poco distante, sorridendo orgoglioso e
soddisfatto per l'incredibile schivata.
«Ci
avevi quasi pr...» non terminò la frase, che
Priscilla urlò
ancora: «Tornado!»
Un
tornado nacque su di lei e in un istante si allargò con una
tale
potenza da sradicare una decina di alberi intorno a sé.
Laxus, di
fronte a lei, si dissolve e così la radura in cui stavano
combattendo. La voce di Lady Forhead finalmente si fece sentire per
com'era veramente, in un urlo di dolore e sorpresa, e Priscilla
atterrò così su un marcio terreno ricoperto di
sangue e cadaveri.
«Abbiamo
combattutto sopra di loro fino ad ora» mormorò
furibonda,
sollevandosi da terra e galleggiando, per evitare di calpestarli.
Lady Forhead era ora a terra, appoggiata a un masso a circa sette
metri di distanza, dalla parte opposta rispetto a dove si era trovato
Laxus prima di sparire.
«Come...»
mormorò, confusa. Provò ad allungare una mano e
per un istante il
mondo intorno a Priscilla parve ondeggiare, mentre ancora una volta
la bella radura sembrò prendere il posto di quel cimitero
allo
scoperto. Priscilla fu più veloce e puntando verso di lei
una mano
chiuse la donna in una bolla d'aria che la sollevò da terra.
«Modifica
pure la mia percezione, è l'unica cosa che sai fare, ma
ormai io so
di averti in pugno e anche se ai miei occhi mostrerai qualcosa di
diverso non mi impedirai di svuotare quella bolla del suo ossigeno e
ucciderti» le disse, facendola tremare per la paura.
«Puoi…
fare una tale cosa?» balbettò la Lady, sconvolta.
«Posso
fare tante cose» disse Priscilla avvicinandosi a lei.
«Ma tu questo
non lo sai perché non riesci a prendere il possesso totale
della
mente delle persone. Non manipoli le loro sensazioni a loro
piacimento, ma le manipoli secondo una regola precisa. Riesci a
prelevare e usare per le tue illusioni solo tutti i ricordi che in
qualche modo sono stati legati all’emozione della
paura».
La
Lady non rispose, ma i suoi occhi terrorizzati lo fecero per lei.
«L'immagine
di Laxus che mi hai regalato era sì simile alla recente,
perché
proprio ieri io e lui ci siamo incrociati e questo ha smosso dentro
me l'emozione della paura che ti ha permesso di impossessarti di quel
ricordo. Ma, a parte nell'aspetto e nel carattere, era il Laxus di
molti anni fa quello contro cui mi hai fatto combattere. Il Laxus dei
miei ricordi più spaventosi. La sua magia era quella di un
tempo,
nella forma e nella potenza, il dolore che sentivo per i suoi colpi
non era reale, era solo un’illusione legata a ciò
che io ricordavo
del suo potere. Ma hai sottovalutato una cosa importante: siamo
cresciuti. Io sono cresciuta, posso usare magie differenti che un
tempo non conoscevo e per questo quando ho usato il Mirage, la magia
del Miraggio che ho imparato solo un anno fa e che mi ha permesso di
ricreare la mia immagine di fronte a te come un’illusione,
sei
rimasta sorpresa. I ricordi che tu hai potuto prelevare dalla mia
memoria, i ricordi legati a Laxus, vengono tutti da almeno cinque
anni fa, prima che smettessimo di parlarci. Probabilmente proprio per
questo se ieri io e lui non ci fossimo scontrati, mi avresti mandato
un’immagine di Laxus più giovane,
un’immagine di allora. Io sono
più forte e sicuramente anche lui è
più forte, oggi. Per questo ho
capito che anche le sue magie e il dolore dei suoi attacchi erano
solo un'illusione, che non c'era nessuno davanti a me che stava
realmente combattendo. Il tuo potere è insinuoso e potente,
ma
proprio per questo nel fisico sei invece debole e ti sei tenuta a
debita distanza mentre io prendevo a pugni un fantasma e soffrivo per
dei colpi ricevuti invece molti anni fa. Ho usato un attacco ad ampio
raggio per scovarti in un momento in cui non potevi scagliarmi contro
il mio fratellino immaginario ed ora eccoti qui, tu e questa povera
gente che ci ha provato prima di me» disse lanciando uno
sguardo a
tutti i corpi senza vita che giacevano ai suoi piedi.
«Maximilian
non ha mai amato quelle farfalle, ne è invece sempre stato
terrorizzato, e per questo sei riuscita a fargliele vedere e
spingerlo verso il bosco. Il Signor Forhead invece deve aver paura
dei fantasmi e probabilmente è un uomo molto influenzabile,
si è
lasciato convincere dalle voci su questo bosco, perciò gli
ha fatto
credere che un fantasma del bosco avesse rapito suo figlio e gli hai
fatto sentire il vento gelido addosso o vedere le luci che si
spegnevano e si riaccendevano da sole. Scommetto che hai cercato di
opporti quando lui ha proposto di rivolgersi a Fairy Tail per
risolvere il caso. Non a caso ti sei tenuta a distanza da me mentre
lui mi spiegava la faccenda e con la scusa delle lacrime nascondevi
il tuo volto nel fazzoletto per paura che potessi vedere la magia nei
tuoi occhi».
Un
ghigno sul volto della donna confermò le sue parole.
«Avevo
pensato di mandarti via con qualche scusa, di usare le tue paure per
chiudere la faccenda e allontanarti, ma poi ho sentito questo
incredibile potere magico arrivare dal tuo corpo. Non potevo
lasciarmelo sfuggire» disse Forhead leccandosi le labbra.
«Ti
cibi del potere magico altrui» osservò Priscilla,
ora convinta
della sua intuizione.
«L'incantesimo
dell'eterna giovinezza, una volta iniziato non si riesce più
a
smettere, è estasiante. Usa la magia come fonte di
rinvigorimento,
più ne mangio più la mia vita si allunga e resto
eterna. Certo, è
una magia complessa, e come tutte le magie proibite richiede dei
piccoli sacrifici» disse abbozzando un sorriso.
«I
bambini...» mormorò Priscilla, cominciando a
capire. «Rubi a loro
la vita per darla a te».
L'idea
faceva venire la pelle d'oca, esisteva al mondo persona più
spietata? Come si poteva uccidere dei bambini solo per il capriccio
dell'eternità? Del potere? Perché al mondo
esistevano persone che
non permettevano agli altri di vivere la propria vita, senza provare
ad appropriarsene per i loro scopi? Domande e pensieri che non fecero
che aumentare la rabbia dentro di lei.
«La
gente del paese cominciava a parlare troppo, terrorizzati dalla
scomparsa dei bambini cercavano un colpevole e quando i poveri
vengono colpiti sono i ricchi i primi a cui danno la colpa»
disse
ancora la Lady, prima di portarsi panica le mani alla gola ora
improvvisamente chiusa. Sbarrò gli occhi, spaventata,
puntandoli sul
volto furioso di Priscilla che ora stringeva le dita della mano con
cui l'aveva chiusa nella sua magia.
«Hai
ucciso tuo figlio così da non essere sospettata. Scommetto
che ne
hai anche approfittato per prenderti i suoi anni, non è
così? Vile
creatura» ringhiò Priscilla osservando la Lady che
ora si dimenava
e spalancava la bocca in cerca di un’aria che non aveva
più.
«Meriteresti l'estinzione, tu come tutti quelli che credono
di poter
usare i figli a loro piacimento!»
Una
frase che andava ben oltre quel semplice accaduto, Lady Forhead che
poteva leggere e manipolare le paure degli altri riuscì a
percepirlo
sulla pelle il dolore e il terrore che portavano con sé
quella
frase. Qualcosa del suo passato la stava accecando e non si sarebbe
fatta scrupoli ad ucciderla per quello. Ora la paura poté
sentirla
dentro sé e non era quella di Priscilla, ma la propria.
Sarebbe
morta, lo sapeva, la ragazza non avrebbe avuto rimorsi e l'avrebbe
uccisa accecata dalla sua ira. Poteva sentire i polmoni scoppiare e
l'immagine del volto corrucciato dalla follia di Priscilla sarebbe
stata l'ultima cosa che avrebbe visto.
Ma
sorprendentemente tutto si placò e lei poté
tornare a respirare
come prima. Priscilla aveva chiuso gli occhi e ora respirava
lentamente, rilassando i muscoli e cercando di calmarsi.
«Ti
consegnerò al Concilio della Magia» disse con una
calma
incredibile. «Ai membri di una gilda è proibito
assassinare le
persone, anche se si tratta di criminali. Decideranno loro la tua
sorte» annunciò prima di sollevarsi in volo e
portare con sé,
sempre dentro la sua bolla, la Lady imprigionata.
Ora
che il suo incantesimo era finito, Priscilla potè notare
come quel
terribile bosco infinito non fosse altro che un minuscolo
raggruppamento di alberi di appena qualche metro, abbastanza profondo
da poter nascondere dei corpi uccisi, ma non poi così esteso
da
potercisi perdere all'interno. La magia illusoria di quella donna era
davvero incredibile.
«Aspetta»
mormorò la Lady, arrendevole. Senza proferire parola, si
limitò a
indicare un grande albero al centro del bosco. «Non ho avuto
il
coraggio di ucciderlo. Non lasciarlo lì…
riportalo da suo padre».
Priscilla
non ci mise molto a capire di chi stesse parlando e volò
rapidamente
in direzione dell'albero. C'era uno stendardo appeso sopra, con sopra
delle rune magiche. Lo scostò e al suo interno
trovò Maximilian,
addormentato, ma ancora vivo. Tremolante lo prese tra le braccia e se
lo poggiò delicatamente al petto.
«Credo
di essere stata sfortunata, in fondo» disse Lady Forhead,
ancora
galleggiante alle sue spalle. «Di tutti i maghi di Fairy Tail
mi
hanno mandato la più temibile. Non ho mai incontrato una
mente come
la tua, è stato estremamente complicato riuscire a entrarci
e per
questo sono riuscita ad ottenere solo un paio di informazioni.
Sembrava quasi che non fosse umana» mormorò, quasi
vergognandosi di
quanto stesse dicendo.
Priscilla
sorrise a quelle parole. Se solo avesse saputo quanto ciò
era
ironico, probabilmente avrebbe sorriso anche lei.
«Ti
dirò...» sospirò, voltandosi verso di
lei con un viso quasi
angelico. «Io in realtà sono la più
debole».
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Capitolo 7 *** Un posto per te ***
Un
posto per te
«Sono
a casa!» annunciò Priscilla, spalancando le porte
della nuova Fairy
Tail. In sua assenza i membri della gilda erano riusciti a finire di
costruirla e l'avevano resa più grande e più
bella di quanto avesse
potuto immaginare. Questo bastava a metterla estremamente di buon
umore. C'era un bar all'aperto, un'enorme sala interna con
palcoscenico per qualche spettacolo, una piscina sul retro, una sala
giochi... era un sogno.
Priscilla
restò qualche secondo a guardarsi attorno a bocca aperta,
stupita ed
emozionata. Poi si avvicinò al banco dove c'era, come
sempre,
Mirajane ma senza staccare gli occhi da tutto ciò che aveva
attorno.
«Bentornata,
Priscilla! Com'è andata la missione?» chiese Mira
con la sua solita
candida e dolce voce. Priscilla si accasciò sul banco,
cambiando
espressione ne assunse una scoraggiata e stanca.
«Mistgun
è un pazzo» si limitò a dire in un
sospiro.
«È
un mago di classe S, dovresti saperlo che non ci va leggero»
rise
Mirajane, interpretando le sue parole come se si stesse lamentando di
quanto lui l'avesse costretta a stare al suo passo. Non sapeva e
certo non poteva immaginare cosa invece fosse successo, ma d'altro
canto Priscilla non era nemmeno convinta di volerglielo rivelare.
«No,
è vero. Ma è stato estremamente utile»
disse ripensando al suo
scontro con il finto Laxus nella radura nel bosco. Non appena aveva
capito l'imbroglio che c'era dietro non le ci era voluto molto per
riuscire a vincere quello scontro. Anche se il Laxus del presente
sicuramente era più forte di quello del passato, contro cui
si era
scontrata, comunque era riuscita a tenergli testa. Questo dimostrava
solo quanto fosse migliorata e lo doveva tutto all'addestramento di
Mistgun, che le aveva addirittura insegnato magie nuove.
Il
Mirage era una di quelle ed era la sua preferita: sfruttando le
correnti calde, fredde, l'umidità adeguata e i raggi del
sole
riusciva a ricreare perfettamente l'effetto di un miraggio. Poteva
ricreare la propria immagine o semplici illusioni in qualsiasi punto
intorno a sé.
«Il
master sarà contento di sentirtelo dire» sorrise
Mira.
«Senti
Mira-chan» cominciò Priscilla, pensierosa,
rialzando la testa dal
bancone. «Hai mai sentito parlare di Cat Shelter?»
«Cat
Shelter?»ripetè Mira, incuriosita. Ci
riflettè qualche istante,
prima di rispondere: «È una gilda molto piccola
che sta a nord, mi
pare. Non se ne sente tanto parlare, a dire il vero. Perché
ti
interessa?»
Priscilla
poggiò la testa sulla mano aperta e il gomito sul bancone,
guardando
i membri della gilda alla sua destra. L'aria assorta e pensierosa,
non era da lei.
Fece
un verso gutturale annoiato, prima di rispondere vagamente:
«Non ne
avevo mai sentito parlare prima d'ora».
"La
persona che cerchi si chiama Wendy" rimbombò la voce di
Mistgun
nella sua mente, in un ricordo non troppo lontano. Priscilla aveva
consegnato al Consiglio della Magia Lady Forhead e a suo marito aveva
riportato il figlioletto, sano e salvo. Aveva incassato la propria
ricompensa poi Mistgun l'aveva raggiunta per congratularsi e
annunciare ufficialmente il termine del suo addestramento. Un addio.
Da quel momento lei non avrebbe avuto più bisogno di lui e
la loro
alleanza poteva definirsi definitivamente sciolta. Ma, come promesso,
prima di sparire del tutto le aveva rivelato il nome della persona
dai poteri curativi che avrebbe potuto aiutarla.
"Wendy
Marvell. È un membro della gilda Cat Shelter".
«Ero
solo curiosa» concluse, prima di aggiungere con lo stesso
tono pigro
e annoiato: «Ma senti... che ci fai lui qui?»
Mirajane
si voltò verso la persona che stava guardando e vide che si
trattava
di Gajeel. Si agitò in un primo momento, ricordandosi che
Priscilla
ancora non ne sapeva niente.
«Sei
appena tornata, te ne avremo parlato» rispose Mira,
preoccupata di
una brutta reazione da parte della ragazza.
«Gajeel
adesso fa parte di Fairy Tail» disse Makarov, comparendo di
fianco a
Priscilla. Il tono solenne e imperativo non dava spazio a repliche,
che erano arrivate già a fiotti e certo non si sarebbero
fermate.
«Adesso
fai entrare nella gilda anche quelli che mandano all'ospedale i tuoi
figli, chissà che forse Laxus non abbia tutti i torti a
pensare che
sei rimbambito del tutto»mormorò Priscilla,
biascicando le parole
per il fatto che la guancia era ancora schiacciata contro la sua
mano.
«Chi
sarebbe il rimbambito?» ringhiò Makarov,
contrariato.
Priscilla
si alzò, ignorando la sua sfuriata, e disse: «Mi
ricordo di lui. Ha
rovinato la serata storie e biscotti mia e di Levy-chan» e si
avvicinò al tavolo dove Gajeel sedeva.
«Priscilla?»
chiamò Mira, preoccupata, ma Priscilla la ignorò.
«Levy-chan
doveva insegnarmi a preparare i biscotti!»
brontolò Priscilla,
mettendosi a sedere di fronte al ragazzo.
«Eh?»
si limitò a dire Gajeel, confuso su ogni aspetto di quella
frase.
Chi era Levy? Chi era lei? E cosa c'entravano i biscotti in quel
momento?
«Potresti
almeno chiedere scusa, sai?» bofonchiò lei,
imbronciandosi come una
bambina.
«Ma
chi sei si può sapere?» ringhiò Gajeel,
disturbato da quella
presenza.
«Priscilla!»
rispose lei, allungando una mano per stringere la sua e il viso si
allargò improvvisamente in un luminoso sorriso.
«La vecchia Fairy
Tail era una baracca, sono contenta che con la scusa del tuo attacco
ne abbiano costruita una nuova più grande e più
bella! Perciò ti
perdonerò l'attacco di quella sera».
«L'attacco
di quella sera...?» mormorò Gajeel e solo allora
si ricordò dove
aveva già visto quella ragazza. «Tu sei la ragazza
vento!»
osservò.
Priscilla
annuì e senza spostare la mano ribadì:
«Priscilla!»
Ma
lui non accennò a volerla stringere e continuò a
guardarla
stralunato. Era troppo serena e felice per essere reale, stava
sicuramente tramando qualcosa.
«Insomma
me lo dici come ti chiami o no?» borbottò lei, di
nuovo
imbronciata.
«Gajeel»
si limitò a rispondere lui, guardando quella mano come se
fosse una
trappola che da un momento a un altro avrebbe potuto catturarlo e
ucciderlo.
«Ehy,
Gajeel!» disse lei, rinunciando alla stretta di mano.
Piantò
entrambe le mani sul tavolo e facendo leva si issò su esso e
si
sporse verso Gajeel tanto da arrivargli a pochi centimetri dal volto.
«Mi dici che razza di mostro sei?» chiese con un
allegro interesse.
«Non
sono un mostro!» ringhiò lui, di nuovo
contrariato. Priscilla
approfittò dell'incredibile vicinanza per socchiudere gli
occhi e
tirare un po' su d'aria col naso.
«Non
annusarmi! Psicopatica!» brontolò ancora Gajeel.
«Odori
di ferro... e ruggine» commentò lei.
«Ruggine?»
sobbalzò lui, sempre più sconvolto.
«Insomma,
me lo dici cosa sei?» insisté lei, piantando ora i
gomiti sul
tavolo e continuando ad osservarlo da estremamente vicino. La cosa
mandava Gajeel in confusione: ricordava cosa le aveva fatto, sapeva
chi era, eppure sorrideva in quel modo così allegro e
sereno. Che
razza di pazzoide si trovava di fronte?
«Un
Dragon Slayer» si limitò a rispondere,
allontanando un po' la testa
per il disagio.
«Dragon
Slayer?» sussultò lei, ancora più
euforica. «Come Natsu! Che
forza!»
«Sono
molto più forte di Salamander!» rispose Gajeel,
ferito
nell'orgoglio per essere stato messo a pari livello con Natsu.
«Davvero?
Avete già combattuto?» chiese Priscilla, con
ingenua curiosità.
Gajeel non ebbe la forza di rispondere o avrebbe dovuto ammettere di
essere stato battuto, perciò si limitò a girarsi
dall'altro lato e
ringhiarle contro: «Ma non hai nessun altro da importunare
tu?»
«Ha
già fatto amicizia» ridacchiò Mirajane.
«Tipico
di Priscilla» annuì Makarov, mettendosi a sedere
sul bancone e
guardando sua nipote che continuava a importunare il nuovo arrivato
con domande e quel suo modo di fare esuberante e rumoroso.
«Ma mi
piacerebbe che per una volta fosse sincera».
«Si
preoccupa sempre tanto per lei, Master» osservò
Mirajane. «A me
sembra che stia bene».
Makarov
si lasciò sfuggire un verso pensieroso, poco convinto.
«Lu-chan!
Bentornati!» la voce di Levy attirò la loro
attenzione, mentre
sulla soglia salutava Lucy e il resto del gruppo, di ritorno da
un'altra delle loro estenuanti missioni.
«Levy-chan!» ricambiò il
saluto Lucy.
«Siete
finalmente tornati, branco di stupidi» commentò
Makarov,
avvicinandosi a loro. Aveva fatto un cenno e dietro di lui ora
camminava Lluvia, vestita di un abito più solare e un taglio
di
capelli più sbarazzino. «Vi presento un nuovo
membro della gilda:
Lluvia»
«Oh,
anche lei è entrata in Fairy Tail!»
osservò Priscilla, seduta
ancora al tavolo di Gajeel.
«Lluvia
è felice di lavorare con voi!» salutò
lei, sorridendo allegra.
«Alla
fine sei entrata veramente» commentò Gray,
ricambiando il sorriso.
«Lluvia
darà il massimo!» disse lei, sempre più
felice.
«Buona
fortuna!» le disse Lucy, ma a lei non fu riservato lo stesso
sorriso
e la stessa allegria. Lluvia parve incupirsi improvvisamente e la
fulminò nel peggiore dei modi, facendole venire la pelle
d'oca.
Priscilla scoppiò a ridere tanto forte nel vederla che
attirò su di
sé l'attenzione, mentre esclamava: «Ma che le hai
fatto?»
«Priscilla!»
salutò Lucy, felice di vederla di nuovo svolazzare per la
gilda
-cosa che stava già facendo, dopo aver abbandonato la
scomodità
della panca. Sembrava una fatina a cui piaceva esplorare in giro e si
adattava incredibilmente al nome della loro gilda.
«Sei
tornata anche tu!» le diede corda Erza, altrettanto allegra.
Ma
subito gli occhi dei presenti caddero su Gajeel, alle sue spalle, e
si rabbuiarono.
«Ehy...»
ringhiò Natsu per primo.
«Lui
che ci fa qui?» strinse i pugni Erza.
«Stiamo
scherzando, vero?» chiese anche Gray, mettendosi
già in posizione
per cominciare a combattere.
«Aspettate!»
intervenne Lluvia, preoccupata. «L'ha portato Lluvia
qui!»
«Lui
è un nuovo membro!» disse Priscilla, rompendo la
tensione con
quella sua solita allegria che tanto faceva a pugni con la
situazione. «Si chiama Gajeel!»
«Sanno
già come mi chiamo» intervenne Gajeel furioso.
«E non presentarmi
come se fossi un tuo amico!»
«Lluvia
è una cosa, ma lui è direttamente responsabile
della distruzione
della gilda» brontolò Erza, per niente contenta
della novità.
«Su,
su! Sapete come si dice. I nemici di ieri sono gli amici di
oggi»
intervenne Makarov.
«E-esatto!
Non sono agitata, d-davvero» tremolò Levy,
nascosta dietro al
tavolino. Fu certamente poco convincente, ma era comunque
più ben
disposta del resto dei suoi compagni.
«Questo
è uno scherzo! Vi aspettate che io possa lavorare insieme a
questo
qui?» ringhiò Natsu, avvicinandosi a lui a pugni
stretti.
«Non
preoccuparti» rispose Gajeel con un sorriso arrogante.
«Non ho
intenzione di dividere il lavoro con te».
Si
alzò in piedi, pronto a sfidarlo e guardarlo alla sua stessa
altezza. «Ho solo bisogno di lavorare, tutto qui. Anche se
alla fine
non mi sarei aspettato di ritrovarmi a lavorare in una gilda
così
brutta e piccolina come questa» disse provocatorio.
«Prova
a ripeterlo?!» ruggì Natsu.
«Gajeel-kun
sembrava così solo, Lluvia non poteva
abbandonarlo!» piagnucolò
Lluvia nel tentativo di giustificarsi e cercare una pace per quella
che sembrava una rissa sul nascere.
«Si
picchiano!» commentò Priscilla interessata,
volando al loro fianco
con un pacco di biscotti sotto mano e un paio già in bocca.
«E
quelli da dove sono sbucati?» chiese Lucy, sorpresa per la
sua
reazione che faceva addirittura pensare che non aspettasse altro.
«Io
tifo per Gajeel!» aggiunse Priscilla e Natsu la
guardò
pietrificato, riuscendo solo a sibilare uno sconsolato:
«Priscilla».
La
ragazza ridacchiò divertita, per niente dispiaciuta per aver
ferito
i sentimenti dell'amico, ma ancora una volta fu una di quelle risate
che la salvavano dal dare una vera risposta.
«È
dovere di noi anziani aiutare i giovani che hanno perso la strada a
ritrovare il giusto sentiero» spiegò Makarov.
«In fondo, non è un
cattivo ragazzo, sapete?» disse, prima di aggiungere un
beffardo:
«Almeno spero».
«Se
è questa la sua decisione, master...» si arrese
Erza. «Ma dovremmo
perlomeno avere qualcuno che lo tenga d'occhio per un primo
periodo».
«Io
mi offro volontaria!» rispose Priscilla, alzando una mano
entusiasta.
«Non
se ne parla, sei una pazzoide, stammi alla larga!»
ringhiò Gajeel.
«E
pensare che tu invece mi stai simpatico» borbottò
lei, imbronciata.
«Non sei molto gentile, lo sai?»
«Ricordi
che ti ho quasi uccisa? Sei psicopatica?» ruggì
Gajeel, sempre più
furibondo e al limite della sanità mentale.
«Piccolo
ingenuo Gajeel-chan» mormorò lei, svolazzandogli a
fianco. Gli
avvolse la testa tra le braccia e se lo tirò al petto, in un
imbarazzante abbraccio consolatorio. «Credeva davvero di
avermi
quasi uccisa. Che tenero» gli disse lei dandogli un paio di
carezze
materne sulla testa. Gajeel ebbe appena il tempo di realizzare cosa
stesse succedendo che non riuscì a reagire in altro modo se
non
urlando per la disperazione e tentando di togliersi la ragazza di
dosso.
«Forse
sto per dire una pazzia, ma non mi sento molto contraria all'idea che
sia Priscilla a occuparsene» disse Erza, vagamente divertita
e in
parte rassicurata nel vedere l'innocenza di quella scena.
«Sono
d'accordo» annuì Makarov.
«Non
mi sento a mio agio qui» borbottò invece Natsu,
affondando la testa
nella sua sciarpa. Dimenticò presto la faccenda Gajeel e si
allontanò, infastidito.
Gajeel
rese il suo braccio di ferro e poggiandolo sullo stomaco di Priscilla
lo allungò, spingendola a debita distanza. «Stammi
lontano!»
«Non
ti farai mai degli amici con questo atteggiamento, lo sai?»
bofonchiò lei, poggiando un gomito sul braccio ancora
premuto contro
il suo ventre.
«Non
voglio farmeli!» rispose lui a tono.
La
luce si spense improvvisamente nella sala e questo riuscì a
farli
smettere di litigare. Il palco, nel buio, aprì la propria
tenda e
solo allora un fascio di luce si accese su di esso. Mirajane sedeva
al centro, con in mano una chitarra e su un bel vestito.
«Ora
canterò una canzone per inaugurare la nuova gilda e per il
ritorno
di Natsu e gli altri» annunciò lei, sorridente.
Priscilla sorrise
all'annuncio e decise di lasciare in pace Gajeel, prendendo un posto
a sedere. Poggiò il volto sulle mani aperte, i gomiti al
tavolo, e
felice di poter di nuovo ascoltare la voce melodiosa di Mira attese
che cominciasse a cantare. Suonò un accordo di preparazione
e il
resto della gilda cominciò ad emozionarsi ed incitarla.
Infine
Mira cominciò a cantare con voce soave e morbida.
«Gentilmente
tocco il tavolo dove eri solito sederti
Sola
con le ombre un altro giorno ancora
Guardo
in alto nel cielo e sussurro una preghiera
Anche
tu sei da qualche parte, sotto questo vasto cielo» Un
leggero pizzicore all'altezza del petto e Priscilla si
ritrovò
improvvisamente a dover combattere con una nuova tristezza. Le parole
di Mira erano così vere...
«Sopporto
con le lacrime agli occhi, anche se tremo
E
anche quando l'oscurità minaccia di inghiottirmi
Non
dimenticare...»
Abbassò
lo sguardo, combattuta, prima di non riuscire a trattenersi dal
volgere lo sguardo a un tavolo ora vuoto, vicino alla finestra. C'era
un tavolo come quello, nella gilda precedente. Riuscì a
vederci
seduti i fantasmi di un ricordo vecchio qualche anno. Ormai
adolescenti, seduti l'uno di fronte all'altra, parlavano e ridevano.
Priscilla era sempre quella più vivace tra i due, mentre
Laxus si
limitava a guardarla, ascoltarla e sorridergli. Si vedeva, mentre si
alzava in piedi per l'enfasi del racconto, e lui che
l’ascoltava
sorridente.
Così
vecchio... eppure ancora così vivido.
«Qui
ci sarà sempre un posto per te
Qui
ci sarà sempre un posto per te, per tornare a casa
E
qui le persone aspettano te».
La
canzone terminò in un coro di applausi, ma Priscilla non
riuscì
neanche a sentirli, troppo presa com'era nel ricordare quei due
ragazzini spensierati e felici che erano stati un tempo. L'avrebbe
aspettato, esattamente come dicevano le parole della canzone di Mira,
l'avrebbe aspettato anche per sempre e avrebbe dato tutta se stessa
per assicurargli sempre un posto dove tornare.
Era
la sua promessa.
La
luce tornò a spegnersi improvvisamente, per poi riaccendersi
pochi
istanti dopo.
«Cosa?!»
sentì Natsu gridare sorpreso, seguito da una serie di
lamenti e
frasi altrettanto sconvolte. Questo riuscì ad attirare
nuovamente la
sua attenzione e strapparla da quel ricordo tanto magnetico da avere
più la forma di un buco nero da cui con
difficoltà ne sarebbe
uscita.
Si
voltò nuovamente verso il palco, lasciando le ombre del suo
passato
dissiparsi nei raggi della luna che penetrava dalla finestra. Gajeel
era ora seduto al posto di Mira, vestito con un elegante abito
bianco, occhiali scuri e una chitarra tra le mani.
«Eh?!»
Priscilla spalancò gli occhi per la sorpresa, ma ora in lei
bruciava
un'intensa curiosità.
«Questa
è una canzone che ho scritto io stesso»
annunciò Gajeel. «Vorrei
che tutti la sentissero».
Il
pubblicò cominciò a lanciare cibo e stoviglie
contro il palco,
brontolando e insultando, ma Gajeel non si scompose minimamente. Quel
nuovo aspetto faceva a pugni con il rozzo e scorbutico Gajeel di
appena cinque minuti prima, era talmente surreale da essere comico.
Priscilla trattenne una risata, portandosi una mano alle labbra,
più
divertita da quella faccenda di quanto avesse mai potuto anche solo
immaginare. Sghignazzò qualche istante, prima di trovare la
forza di
gridare incoraggiante: «Vai Gajeel-kun! Sei tutti
noi!»
«Stai
scherzando?» ringhiò uno dei suoi compagni, al suo
fianco.
«Non
dirlo neanche per scherzo, che poi finisce che ci crede!» gli
fece
eco l'amico. Ma Priscilla non potè che ridere ancora.
«Colorata
colorata
Shooby-doo-bop
La
melodia dell'amore, metallico acciaio»
Cominciò
a cantare Gajeel con voce gracchiante e colpi di chitarra secchi.
«Niente
male!» commentò Elfman esaltato.
«Vai
Gajeel-kun!» tifò Lluvia.
«Sì!»
dissero in coro Macao, Max e Wakaba, altrettanto esaltati. Priscilla
rise tanto forte che le vennero le lacrime agli occhi e
cominciò a
ondeggiare per aria, sgambettando come una bambina e tenendosi la
pancia.
«Doo-doo-bop
shalala
shalala
Mordendo
in profondità e assaggiando il dolce miele»
Continuò imperterrito Gajeel ignorando tutto ciò
che gli veniva
tirato addosso e che ora andava accumulandosi sul palco.
«Non
ho mai sentito una canzone più schifosa di
questa!» ringhiò Natsu,
tappandosi le orecchie. In tutta risposta Gajeel, ora scocciato, gli
lanciò addosso la sua stessa chitarra.
«Le
vuoi prendere?» ringhiò ancora Natsu e Gajeel non
attese molto a
saltargli incontro a gamba tesa, pronto a colpirlo. Natsu fu pronto
di riflessi e bloccò il suo colpo con un calcio a sua volta,
incrociandosi così gamba contro gamba. E infine fu un
tumulto di
pugni, calci e testate date senza una ragion logica. Priscilla gli
volò a fianco rapidamente e alzando un braccio al cielo
urlò,
eccitata: «Vai, metticela tutta!»
«Stai
facendo il tifo?» chiese Lucy, sconvolta.
«Priscilla!
Mille Jewels che Natsu resta in piedi per ultimo» si
avvicinò
Happy.
«Io
punto su Gajeel!» disse decisa Priscilla, allungando una mano
verso
Happy per stringere la sua zampa in segno di accordo.
«Avete
veramente scommesso su una rissa?» chiese Lucy, sempre
più
sconvolta, ma ancora nessuno la degnò di considerazione.
Priscilla
lanciò un urlo carico, prima di cominciare a gridare con
fervore:
«Non farti fregare! Forza! Più forte!
Più forte!»
«Un
gancio, Natsu! Dagli un gancio destro!» disse Happy, con lo
stesso
fervore.
«Insomma!
Basta urlare!» intervenne Gray, infastidito, ma alzandosi di
scatto
colpì il braccio di Erza e le fece cadere di mano la torta
che stava
mangiando. Erza la guardò con le lacrime agli occhi,
mormorando: «La
mia torta alle fragole».
Il
potente piede di Elfman entrò nel suo campo visivo e le
diede il
colpo di grazia, schiacciando la torta con potenza, mentre gridava:
«Dannazione ragazzi! I veri uomini non fanno tutto questo
casino!»
«Chiudi
il becco!» ruggì Erza, ora furibonda, e con un
calcio lo scaraventò
contro un tavolo, distruggendolo. Chi sedeva a quel tavolo non
trovò
la cosa di loro gradimento e si alzarono, urlando e menando mani a
loro volta. Nella colluttazione un bicchiere venne colpito, un altro
lanciato, una gomitata arrivò ad una nuca e ognuno di loro,
offeso e
infastidito, reagiva buttandosi nella mischia contro chiunque gli
fosse a tiro.
«Insomma,
qualcuno li fermi!» disse Macao, innervosito.
«Non
pensarci nemmeno!» lo fulminò Priscilla,
interrompendo il suo tifo
solo per quello. «Vuoi botte, eh?» chiese Happy,
altrettanto
furioso. Avevano una scommessa aperta, nessuno doveva interferire.
Alla
fine, a notte fonda, le acque si calmarono da sole per il semplice
motivo che nessuno aveva più le forze di continuare. Persino
Happy e
Priscilla, stanchi di agitarsi e tifare, alla fine si erano
addormentati uno di fianco all'altro su di un tavolino e russavano
rumorosamente tanto quanto i loro compagni uomini.
Quella
era la vera Fairy Tail.
«Eh?»
Aveva sobbalzato Lucy. «Parti di già?»
Priscilla
aveva annuito nel momento in cui chiudeva la propria borsa, riempita
con cibo soprattutto.
«Mistgun
ti mette proprio sotto, eh?» aveva commentato Erza, con un
sorriso
divertito sulle labbra.
«Non
c'entra Mistgun. Questa volta andrò da sola» aveva
detto Priscilla,
rubando un paio di dolcetti da una biscottiera. «In
realtà... credo
che d'ora in avanti sarò sempre sola» aveva poi
mormorato,
pensierosa. Faceva uno strano effetto pensare che non l'avrebbe
più
affiancato, non se n'era mai accorta ma era effettivamente diventato
uno dei punti cardine della sua vita negli ultimi anni.
«Eh?
Avete litigato?» chiese Lucy, preoccupata.
«No,
tranquilla» aveva ridacchiato Priscilla, serena.
«Semplicemente il
nostro accordo si è concluso qui. Lui non serve
più a me e io non
servo a lui. Ora è bene che percorra da sola i miei
passi».
«Inizierai
a portare a termine qualche missione per conto tuo?» chiese
Erza,
curiosa.
«Chissà,
magari se ne avrò bisogno» aveva risposto
Priscilla.
«Potresti
fare molto, se solo lo volessi, lo sai?» insistè
Erza, scoraggiata
nel vederla ancora così distante dai valori di una gilda di
maghi.
Sembrava non interessarle, nonostante tutta la gioia che portava con
sé ogni volta che varcava quella soglia.
«Me
lo ripetete in tanti. È bello sapere che avete
così tanta fiducia
in me» ridacchiò lei, sistemandosi la borsa sulle
spalle. «Siete
così umani...vi invidio un po'».
Quel
sorriso che ancora trasmetteva tanto, ma tutto sbagliato. Era la cosa
più assurda che ci fosse, era sincero, fiorente e
rigoglioso, ma
proprio per questo risultava anche enormemente triste.
«Dove
andrai, adesso? Hai preso qualche incarico?» chiese Lucy,
curiosa.
«Potremmo
venire con te. La compagnia è sempre piacevole nei
viaggi» si offrì
Erza, ma Lucy sussultò, contrariata:
«C'è il festival del raccolto
domani!» disse, sperando semplicemente Erza se ne fosse
dimenticata.
L'indomani l'intera Magnolia sarebbe stata addobbata a festa e, cosa
più importante, ci sarebbe stato il concorso di bellezza che
le
avrebbe permesso di vincere tanti soldi da potersi pagare almeno sei
mesi di affitto.
«Lasceresti
veramente sola un'amica per un festival che cade tutti gli
anni?» la
rimproverò Erza.
"Amica..."
sussultò Priscilla, guardando Erza con occhi sorpresi. La
consideravano un'amica... per quale motivo? La loro
semplicità era
incredibile, tanto che Priscilla si ritrovò a intenerirsi.
Era
bastato così poco per farla entrare nel cerchio delle loro
amicizie.
Quelle persone erano sempre più incredibile ai suoi occhi,
avrebbe
dato qualsiasi cosa per essere come loro.
"Un'amica..."
era dolce persino anche solo pensarlo. Dolce e triste allo stesso
tempo. Se solo avessero saputo...
«No,
ecco... però...» balbettò Lucy,
imbarazzata ma soprattutto
spaventata dalla furia di Erza.
«Non
preoccuparti, Lucy» rise Priscilla, vedendola in estrema
difficoltà.
Fece loro un occhiolino complice e rassicurante, prima di spiegare:
«È una faccenda personale, preferirei arrangiarmi
da sola.
Partecipa pure al festival, possiamo andare insieme in missione
un'altra volta».
Una
rassicurazione per Erza e una per Lucy, così da placare
entrambi i
loro animi con un'espressione sola. Nessuna di loro si sarebbe
opposta al lasciarla sola a svolgere la sua "faccenda
personale".
«Sicura
di non aver bisogno di niente?» chiese Erza.
«Sì,
sì. Stai tranquilla, tornerò presto» e
caricandosi la borsa in
spalla, se n'era infine andata. Diretta a nord.
"Wendy
Marvell".
Doveva
trovarla, aveva deciso. Doveva trovarla e riuscire a parlarle. Ne
valeva della sua vita... e l'idea di aver trovato finalmente una via
d'uscita, anche se flebile, anche se una semplice supposizione, la
riempiva di coraggio ed eccitazione. Non era riuscita ad aspettare
altro tempo ed era subito partita, alla volta della gilda Cat
Shelter.
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Capitolo 8 *** La bambina di carta ***
La
bambina di carta
Aveva
camminato per tutto il pomeriggio, riuscendo finalmente a uscire ed
allontanarsi da Magnolia. Si era fermata a riposare per la notte in
una locanda ai margini del paese, per poi ripartire il mattino
presto. Lo stare sola era effettivamente strano e a tratti triste, ma
erano i momenti in cui poteva essere se stessa senza dover mentire o
fingere un sorriso. Certo era che più si allontanava e
più una
strana angoscia sembrava prenderla alla bocca dello stomaco. Che
avesse sbagliato a partire in un momento come quello? O che
l'avvicinarsi sempre più a Wendy Marvell la mettesse in
agitazione?
Era una svolta importante della propria vita, se veramente fosse
stata in grado di usare la sua magia per aiutarla... tutto sarebbe
cambiato. Si fermò sotto un albero per mangiare un boccone e
cominciò a farsi pensierosa, sempre più agitata.
"Sono
passati cinque anni, Laxus..." pensò alzando l'unica mano
guantata, quella che nascondeva il simbolo della gilda. Mosse le
dita, chiudendole e riaprendole, provando uno strano piacere in quel
semplice movimento. "Dimenticare ti aiutava ad essere più
felice ed io ero contenta per questo, nonostante tutto.
Perché ora
deve essere diverso?"
Quei
terribili ricordi di quando era appena bambina, quel tormento, quella
condanna, tornarono più forti che mai ora che non c'era la
voce di
nessuno a coprirli. Si portò una mano alla testa, stringendo
per il
nervoso e il dolore.
«Devo
trovare Wendy...» mormorò, ora più
decisa che mai. Si alzò in
piedi, raccogliendo la borsa da terra, e si preparò a
incamminarsi
nuovamente quando sentì dei passi comparire improvvisamente
alle sue
spalle. Si voltò e si sorprese della persona che si
trovò di
fronte.
«Mistgun?»
chiese. «Che ci fai qui?»
«Eri
troppo lontana, ora capisco» commentò lui, senza
rispondere alla
domanda ma facendone anzi nascere delle nuove.
«Lontana?»
chiese, non capendo di cosa stesse parlando.
«Warren,
di Fairy Tail...» cominciò lui e lei ebbe un primo
sussulto. Fairy
Tail? In quel momento? Era successo qualcosa a Fairy Tail... proprio
in quel momento? «Il mago con la telepatia è
riuscito a trovarmi e
contattarmi. Ero molto più vicino di te, ora capisco
perché tu
invece non l'abbia sentito».
«Sentito?
Di che parli? Che sta succedendo a Fairy Tail?» chiese
Priscilla,
agitata. La non risposta di Mistgun cominciò invece a
renderle tutto
più chiaro. Ci poteva essere solo un motivo se lui era
andato a
cercarla per parlarle di Fairy Tail: «Laxus...»
mormorò, cominciando a capire.
«È
il momento, Priscilla».
Priscilla
fece un passo indietro e istintivamente si voltò verso la
strada che
avrebbe ancora dovuto percorrere per arrivare a nord, alla gilda Cat
Shelter.
«Stavi
andando da Wendy, capisco» annuì Mistgun,
comprensivo. «Pessimo
tempismo. Posso vedermela io con lui, se vuoi proseguire il tuo
viaggio. Forse trovare Wendy è più importante di
ques...»
«No!»
lo interruppe Priscilla con un sorriso. «Il tempismo invece
è
perfetto. Stavo commettendo un errore ad andare da lei prima che
Laxus ricordasse. Quanto tempo abbiamo?» chiese cominciando a
camminare rapidamente verso casa.
«Warren
mi ha avvertito immediatamente, ma sono voluto tornare indietro e
venirti a cercare. Per quanto io sia preoccupato, questa è
la tua
battaglia. Ho perso molto tempo, ma è giusto che sia
così».
«Sei
il solito» ridacchiò Priscilla, facendo sbuffare
il vento sotto i
loro piedi. In pochi secondi erano entrambi sollevati per aria e con
un ultimo gesto Priscilla diede il via al loro turbinoso volo. Rapidi
come falchi, forse di più, si sollevarono e volarono verso
la gilda.
«Abbiamo almeno una mezz'ora di volo, hai tutto il tempo di
spiegarmi cosa succede».
«Hai
impiegato un giorno intero a percorrere la strada che in volo
percorreresti in mezz'ora» osservò Mistgun.
«A quanto pare non hai
poi così tanta fretta».
«Chissà»
ridacchiò lei. «Forse speravo che tu venissi a
chiamarmi e ti stavo
dando del vantaggio».
«Il
tuo buonsenso ti ha frenata».
«Sono
stata accecata dai miei timori e dal mio egoismo, stare tanto tempo
sola mi ha permesso di pensare molto a me stessa. Dimenticavo qual
era il mio scopo. Ma nel cuore, l'ho sempre saputo».
«Il
tuo scopo» sospirò Mistgun, consapevole di cosa
stesse parlando.
Lei gli aveva raccontato almeno un paio di volte quella vecchia e
terribile storia.
«Questo
è tuo fratello, Priscilla. Si chiama Laxus. Il tuo compito
è
occuparti di lui» recitò Priscilla come un mantra,
ma erano
ovviamente parole che non venivano da lei né tantomeno da un
tempo
recente. Era una condanna, marchiata a fuoco e che per sempre si era
portata addosso.
«E
poi?» chiese Mistgun, con un leggero dolore e preoccupazione
nella
voce. «Che cosa farai quando tutto questo sarà
finito?»
«Credi
che ci sia qualcos'altro che io possa fare, oltre a
ciò?» chiese
Priscilla con un'innocenza disarmante. Non era una domanda retorica,
ma una vera e propria curiosità. E questo bastò a
togliergli la
voglia di fare qualsiasi altra domanda fino a quando non furono nei
pressi di Magnolia, dove si sforzò almeno di aprire bocca
per
spiegarle ciò che stava accadendo.
«Laxus
vuole prendersi Fairy Tail con la forza. Ha pietrificato le ragazze
della gilda e minaccia di ucciderle, a meno che tutti i membri di
Fairy Tail non partecipino al suo gioco» spiegò
Mistgun, ora a
terra, camminando verso il confine disegnato dalle rune di Fried.
Oltre esse, anche loro sarebbero stati parte del gioco.
«Di
che gioco si tratta?» chiese Priscilla, osservando le scritte
violacee sospese per aria.
«Devono
trovare lui e i suoi compagni e sconfiggerli. Ma l'intera
città è
tappezzata di trappole e la gilda sta finendo col distruggersi
dall'interno, lottando gli uni contro gli altri. Il suo scopo
è
spodestare il master e prendersi la gilda con la forza. In molti sono
già caduti» disse Mistgun.
«La
Sala del Tuono» mormorò Priscilla, guardando le
numerose sfere
elettrificate che, sospese sopra la città, la circondavano.
«Conosci
quella magia?» chiese Mistgun.
«È
una delle armi più micidiali che possiede Laxus. Quelle
sfere sono
delle Lacryma e sono praticamente indistruttibili, se colpite
trasmettono all'aggressore la stessa violenza in termini di dolore
sul proprio corpo. Al suo cenno colpiscono tutto ciò che lui
desidera. Possono anche uccidere».
«Sono
molte, per essere rivolte solo sui membri della gilda»
osservò
Mistgun, cominciando a capire chi avesse preso di mira adesso Laxus.
Voleva davvero colpire l'intera città?
«Quando
viaggiavamo insieme era in grado di utilizzarne al massimo tre
contemporaneamente. È cresciuto molto» disse e non
riuscì a
trattenere un sorriso orgoglioso e felice, benché si
trovasse di
fronte alla peggiore catastrofe. Non poteva smettere di continuare ad
amarlo.
«Anche
tu lo sei» disse Mistgun, cercando di darle coraggio.
Priscilla
allargò il sorriso, ma non uno di quelli infantili e
goliardici che
rivolgeva sempre a chiunque avesse attorno. Era un vero sorriso,
amichevole, forse per la prima volta.
«Allenata
dal migliore» disse lei, guardando il suo compagno. Gli era
molto
grata, di questo se ne rendeva conto solo in quel momento. Mistgun
aveva fatto più di quanto avessero pattuito, non ne capiva
il
motivo, ma lei in quel momento per la prima volta nella sua vita si
sentiva forte e sicura.
«Vado
a cercare mio fratello. Tienimi lontano i suoi compagni di
giochi»
annunciò entrando nelle rune di Fried.
«Fa'
attenzione. Potresti trovare in giro qualche membro della gilda ed
essere costretta a combattere contro di loro»
l'avvertì Mistgun e
la sicurezza di Priscilla gli fece per un attimo venire i brividi,
quando rispose: «Spazzerò via chiunque si metta
tra me e Laxus,
senza distinzione. Per questa volta mi prenderò questa
libertà. Il
nonno saprà perdonarmi» e si allontanò,
camminando a pugni
stretti.
All’interno
della gilda e dentro la cattedrale di Caldia, le rune magiche che
annunciavano lo svolgimento dei giochi in quel momento modificarono
le loro parole: "Superstiti in gioco: quattro".
«Quattro?»
chiese Erza chiusa dentro la gilda insieme a Makarov, Natsu e Gajeel.
Fried aveva agli uomini impedito di uscire, mentre Erza era stata in
realtà pietrificata di Evergreen, ma Natsu era riuscito
appena pochi
minuti prima a liberarla con l’uso del proprio potere di
fuoco.
Certo non sarebbe riuscito, in realtà, se non fosse stato
per uno
degli occhi di Erza che era in realtà artificiale e che
aveva quindi
indebolito la magia di Evergreen, ma ciò che contava in quel
momento
era solo che fosse in piedi. In un modo o un altro.
«Chi...?»
chiese Natsu, voltandosi verso le ragazze ancora ferme sul palco dove
erano rimaste per tutto quel tempo. Nessuna di loro era di nuovo in
piedi e tutte restavano pietrificate.
«Natsu,
Gajeel ed io siamo i tre... chi è il quarto?»
chiese Erza, confusa.
"Superstiti
in gioco: cinque" cambiò nuovamente la scritta runica sulla
porta.
«Sono
aumentati ancora!» commentò Natsu, colpito.
«Capisco»
sorrise Erza infine, cominciando a capire.
«Eh?»
chiese Natsu, ancora confuso.
«Sono
tornati» disse Makarov, arrivato alla stessa conclusione.
«Mistgun
e Priscilla sono qui».
"Priscilla"
pensò Makarov, preoccupato e addolorato. "È
questo il momento,
allora?"
Ricordava
perfettamente il giorno che gli aveva fatto quella solenne promessa e
quello era il momento di mantenerla, dopo cinque anni era finalmente
arrivato.
«Prometti
che terrai Laxus qui, alla gilda, che sopporterai e capirai i suoi
errori. Ed io prometto che riuscirò a farlo tornare. Devi
solo darmi
tempo» erano
queste le parole che gli aveva rivolto, tempo addietro. «Se
farai questo io accetterò di restare e familiarizzare con la
tua
gilda».
«È
solo per questo? Non riesci ad accettare di darti un po' di amore
anche tu stessa, Priscilla?» aveva
chiesto con preoccupazione. Quanto avrebbe voluto darle una famiglia,
una felicità che da sempre le era stata negata se non dalla
bontà
d'animo che Laxus ora si ostinava a nascondere sotto una scorza di
rabbia e ostilità.
«Finché
lui resterà qui, non ci sarà motivo per me di
andarmene. Sì,
nonno, è solo per questo» e
il guanto che portava sul simbolo della gilda, a volerlo nascondere
più a se stessa che al resto del mondo, ne era la
dimostrazione.
«Riporterò
indietro tuo nipote, sta' tranquillo».
Quel
candido sorriso innocente che in realtà tagliava
più che una lama,
quanto era dolorosa e affilata.
«Riportalo
indietro, Priscilla» mormorò tanto soffusamente
che non fu sentito
da nessuno dei presenti, troppo impegnati a commentare la scesa in
campo del secondo più forte della gilda e della sorella del
nemico.
Priscilla
camminava silenziosa per la città, passando inosservata ma
osservando con attenzione tutto ciò che la circondava. Era
incredibilmente concentrata a discapito del suo sguardo estraneo e
perso nel vuoto. Riusciva a cogliere i cambi di direzione del vento
intorno a lei. Le rune di Fried creavano una barriera magica
invisibile, ma il loro potere si ripercuoteva sull'ambiente
circostante. Il vento lo colpiva come fosse un muro reale e con
difficoltà lo attraversava, venendo comunque deviato.
Riusciva
perciò a vedere i muri di Fried come fossero reali grazie al
suo
potere e così evitarli, anche se questo le causò
un'innumerevole
serie di deviazioni e ritardi.
Infine...
un'esplosione.
«La
cattedrale!» esclamò, voltandosi verso di essa.
Non poteva che
trovarsi lì, anche se non sapeva contro chi stesse
combattendo lo
ringraziò mentalmente per averle dato la
possibilità di
individuarlo, anche se in maniera così appariscente.
Cominciò a
correre per le strade, deviando di colpo ogni volta che si trovava di
fronte una trappola di Fried e maledicendolo che le stesse facendo
perdere ulteriore tempo.
Mistgun
nella cattedrale si trovava intanto faccia a faccia contro Laxus. Un
puro caso, che lo avesse trovato per primo, ma sapeva qual era il suo
compito. Doveva solo permettere a Priscilla di arrivare rapidamente.
L'esplosione dei loro colpi era stata causata esclusivamente con
quell'intento e ora si preparò a sfoderare la magia migliore
per
quello scopo: lo avrebbe distratto e avrebbe preso ulteriore tempo.
«Grattacielo»
mormorò, invocandola, e in pochi istanti Laxus venne
imprigionato in
un mondo di incubi e allucinazioni. Laxus urlò, preso dal
panico, e
restò imbrigliato in uno straccio magico di immagini
terrificanti
che si aprivano davanti ai suoi occhi come fossero reali. Si
caricò
di elettricità e con un potere sorprendente
riuscì però a
squarciarlo, liberandosi dall'incantesimo. Il combattimento
proseguì,
colpo su colpo, a parità di potenza e agilità,
eppure Mistgun
continuò a sentirsi trattenuto e fu proprio quello a
renderlo
estremamente vulnerabile.
"Se
dovessi sconfiggerlo io al posto di Priscilla non me lo perdonerebbe
mai" pensò, rallentando un ulteriore colpo e dando tempo a
Laxus di contrattaccare. Mistgun si rialzò rapidamente e si
caricò
di magia per prepararsi a colpire ancora, ma Laxus schivò
con
facilità, diventando lui stesso uno dei suoi fulmini e
sparendo nel
nulla. Riapparve poco dopo, inginocchiato a terra, e sorridendo si
rimise in piedi.
«Non
sei male» ridacchiò, divertito.
«Laxus!»
la voce di Natsu e quella di Erza arrivò in contemporanea,
stupendosi poi della presenza dell'altro: sentita l'esplosione dei
colpi di Laxus e Mistgun erano in realtà tutti accorsi nel
punto
designato. La presenza però di Erza portò Mistgun
a distrarsi e
Laxus ne approfittò per colpirlo. La maschera che portava
sempre a
nascondere il proprio volto andò distrutta e lui non
potè far altro
che coprirsi impacciatamente con una mano per evitare che vedessero
chi era davvero. Inutilmente.
«Gerard»
balbettò Erza, tanto sconvolta da farsi venire le lacrime.
«Ma
tu...» mormorò Natsu, altrettanto sorpreso.
«Ma che succede qui?
Chi sei tu?»
«Erza...»
mormorò Gerard, affranto. «Soprattutto tu, non
volevo che mi
vedessi. Non sono Gerard. Lo conosco, ma non sono io.
Scusatemi» e
abbassando la testa infine si dissolse, subito dopo aver pronunciato:
«Lascio il resto a voi».
«Ehy!
Gerard!» ringhiò Natsu, prima di voltarsi verso
Erza e urlare:
«Erza, lascia che di Laxus mi occupi io! Erza!»
chiamò ancora,
notando come l'amica non rispondesse, troppo scossa per quanto
successo.
Un
fulmine di Laxus fece in tempo a raggiungerla e colpirla in pieno,
stordendola.
«Erza!»
gridò Natsu.
«Non
fare quella faccia, Erza. Combatti contro di me!»
ridacchiò Laxus,
colpendola di nuovo e scaraventadola via.
«Laxus!»
gridò Natsu furibondo. «Ho detto che
sarò io a combattere contro
di te, bastardo!»
«Eh?
Eri qui, Natsu?» lo provocò Laxus, deridendolo.
«Non
sottovalutarmi!» ringhiò Natsu, saltando e
caricando il proprio
pugno di fuoco. Provò a colpirlo ma per Laxus fu facile
schivarlo.
Natsu saltò e provò ancora a raggiungerlo,
urlando di rabbia, ma
Laxus si muoveva senza fatica e riusciva a schivare ogni suo singolo
colpo.
«Sei
noioso, sempre a parlare di queste cavolate!»
ringhiò Laxus. Schivò
l'ennesimo pugno e questa volta fu il suo turno di caricare ed
attaccare. «Sparisci, piccolo rifiuto!»
Natsu
riuscì a roteare e schivare, approfittò della
posizione per
caricare poi un calcio e infiammarlo. Provò nuovamente a
colpirlo,
ma Laxus lo parò col braccio e fu facile per lui lanciarlo
di nuovo
via. Natsu atterrò in piedi e Erza, stesa a terra, lo
chiamò
preoccupata.
«Erza!
Sta' tranquilla, ok?» sorrise lui, sicuro. Laxus
approfittò della
sua distrazione per colpirlo al mento e lanciarlo indietro. Gli
afferrò il polso, impedendogli di cadere e se lo
tirò nuovamente
contro per colpirlo ancora e ancora. Natsu, già mal ridotto,
riuscì
a ripagarlo con la sua stessa moneta colpendolo con pugni infuocati
ma su di lui parvero non avere molto effetto, mentre i pugni di Laxus
erano devastanti. Natsu roteò su se stesso e
provò
così a colpirlo con un calcio, ma Laxus saltò e
lo evitò, poi
atterrando lo colpì in testa con un piede elettrificato. Un
altro
calcio e lo lanciò lontano. Natsu piantò un
gomito al suolo e tentò
di alzarsi, ma notò con sorpresa Erza che alle sue spalle
aveva
approfittato della sua distrazione per riequipaggiarsi di
un’armatura
e provare ad attaccare. Stava per colpirlo, anche se Laxus si era
già
voltato, ghigno sul volto, pronto a difendersi quando un'improvvisa
folata d'aria la colpì e la scaraventò via,
salvando Laxus dal suo
attacco. Con sorpresa, ma avendo già un'idea di chi potesse
essere,
Laxus si voltò verso l'ingresso della cattedrale.
Priscilla
a braccio teso per la magia appena lanciata contro Erza si stava
avvicinando a passi lenti. Aveva il fiatone, segno della corsa che
aveva appena fatto per arrivare da lui il prima possibile. Sul suo
volto sempre sorridente e fanciullesco non c'era nessuna traccia
della Priscilla che conoscevano. Gli occhi seri, cupi, spalancati e
attenti, solcati da delle sopracciglia increspate. Era concentrata e
tesa come una corda di violino.
«Priscilla!
Aspetta!» provò a gridare Natsu, alzandosi in
piedi. Voleva essere
lui a combattere Laxus, l'aveva preteso per almeno un'ora, ne aveva
il diritto e non desiderava altro che chiederglielo. Priscilla non
l'ascoltò nemmeno, mosse il braccio verso destra e dall'arco
disegnato si generò un soffio di vento dalla potenza mai
vista
prima. Natsu venne scaraventato con tale violenza contro Erza che
entrambi ne risentirono da quel colpo e per un po' avrebbero fatto
fatica ad alzarsi.
«Da
quando è così forte?»
balbettò Natsu, tremolante.
«Priscilla!»
la chiamò Erza, non capendo cosa le stesse succedendo.
Attaccava i
suoi stessi alleati, per quale motivo? Che le stava accadendo? Lo
sguardo di Priscilla la paralizzò: non sembrava nemmeno lei
da
quanta furia e determinazione trasmettevano.
«Non
impicciatevi» ringhiò con un tono che avrebbe
convinto chiunque.
«Adesso tocca a me».
Laxus
ghignò e si tolse giacca e cuffie, a segnalare che da allora
avrebbe
fatto sul serio. «Ti confesserò,
Priscilla» disse, mettendosi in
posizione d'attacco. «Speravo che tu arrivassi»
scattò in avanti,
rapido nel suo fulmine, e caricò il colpo che le avrebbe
sferrato.
«Finalmente avrai ciò che meriti!»
gridò, colpendo in avanti,
verso il suo viso. Priscilla non si mosse dalla sua posizione e lo
guardò fisso in volto, mentre lo vedeva arrivare.
«Ascensione»
mormorò semplicemente, senza compiere alcun movimento. Il
pugno di
Laxus deviò all'ultimo istante e venne spinto verso l'alto,
sfiorandola. Priscilla ebbe tempo di piegare le ginocchia e ora che
Laxus, per il colpo mancato, si trovava sopra di lei saltò
caricando
un pugno verso l'alto.
«Tornado»
disse in uno sforzo, mentre sul pugno le nasceva un vortice di vento
che le diede potenza e velocità. Laxus venne colpito al
mento e il
colpo fu tale da scaraventarlo verso il tetto della cattedrale, che
sfondò, sparendo al suo interno.
Erza
e Natsu la guardarono pietrificati, a occhi spalancati non riuscirono
a dire una sola parola. Laxus aveva dato del filo da torcere persino
a Mistgun e lei era riuscita a colpirlo così facilmente. Chi
era
veramente Priscilla?
«Non
ancora» mormorò lei, rivolta verso
chissà cosa. Un fulmine scese
dal buco creato da Laxus e per poco non la centrò, se non
avesse
avuto riflessi abbastanza pronti da schivarlo. Laxus comparve al suo
posto, col pugno ben impiatato al suolo segno che aveva provato a
colpirla, e la guardò in cagnesco. Era furioso.
«Non
ancora» mormorò ancora Priscilla. Laxus le
lanciò una scarica di
fulmini e lei sfruttò ancora il suo vento per spingersi con
rapidità
verso l'alto e schivarlo. Lui non le diede tregua e sparò un
colpo
dopo l'altro, costringendola così a piroettare a lungo, fino
a
quando non si trovò con le spalle al muro.
«Anima
del vento» gridò portando le mani in avanti.
«Tempesta!»
Una
nuvola grigia si ricreò di fronte a lei, ben calibrata da un
buon
livello di umidità e dalle correnti adeguate. La nuvola
tuonò e
rombò, prima di assorbire il fulmine lanciato da Laxus. Le
condizioni atmosferiche ricreate riuscirono a portare su una scia
diversa la corrente del fulmine e grazie a quello il colpo fu deviato
e sfiorò Priscilla, senza colpirla.
Laxus
scoppiò a ridere prima di ringhiare: «Conosco
quella tecnica! Te
l'ho insegnata io, stupida!»
Il
fulmine di Laxus tornò sotto al suo controllo e deviando
nuovamente
colpì la sorella in pieno. Priscilla perse il controllo del
suo volo
e cadde al suolo, tenendosi un braccio arrossato per il colpo. Con
uno sforzo sovrumano riuscì a ricreare un'adeguata corrente
d'aria
sotto di sé che le impedì almeno lo schianto al
suolo.
Quella
tecnica... sapeva bene che gliel'aveva insegnata lui. Lo ricordava,
lo ricordava eccome il sorriso con cui l'aveva aiutata a posizionare
le mani e le aveva spiegato le basi dell'elettricità. Quel
ricordo
fece più male che il braccio colpito.
«Non
ancora» mormorò, socchiudendo gli occhi. Si
raddrizzò e poggiò i
piedi per terra. Fece un sospiro per riuscire a tornare a
concentrarsi e riassunse lo sguardo determinato di poco prima. Anche
lei l'aveva colpito, ma lui sembrava averne risentito solo nelle
condizioni della sua camicia, ora strappata in più punti. Al
contrario, lei, per un semplice colpo di rimando ne aveva sofferto
immensamente.
"La
differenza tra noi è abissale" pensò, ma
ciò non la
preoccupò. In fondo, lei non era lì per vincere.
«Erza»
chiamò, sorprendendola. «Quanto manca?»
le chiese, senza
specificare un soggetto, ma non ce ne fu bisogno.
«Due
minuti, credo» rispose lei. La Sala del Tuono, allo scadere
del
tempo, avrebbe scaricato su tutta Magnolia una tempesta di fulmini
che non avrebbe lasciato superstiti.
«Posso
contare su di te?» chiese Priscilla, continuando a guardare
Laxus.
Lei era chiusa lì dentro, non poteva fare niente e forse non
avrebbe
fatto in tempo allo scadere del tempo. Aveva bisogno di aiuto per
evitare che Laxus commettesse l'ultima follia prima della fine. Erza
annuì e rialzandosi cominciò a correre verso
l'uscita. Laxus la
guardò, pronto a impedirle di allontanarsi, ma Priscilla si
dimostrò
ancora una volta di una velocità sorprendente.
Scattò verso di lui
e approfittando della sua distrazione lo colpì in pieno
viso, usando
il suo Tornado per darsi potenza.
Non
aveva ancora raggiunto il suolo, spingendo Laxus sotto di
sé, che
puntò le mani contro Erza.
«Vernier
x Armors!» gridò lanciando su di lei una magia che
le avrebbe reso
più facili i movimenti e l'avrebbe protetta in parte dal
contraccolpo della Sala del Tuono. Era un aiuto minimo, probabilmente
non l'avrebbe salvata, ma era l'unica cosa che poteva fare da dentro
quella cattedrale. Laxus nella caduta l'afferrò per un
braccio e con
forza la lanciò via, facendola sbattere contro una colonna.
Priscilla urlò dal dolore e non fece in tempo a riprendersi
dal
colpo che una scarica di fulmini la colpì in pieno, facendo
aumentare le sue urla.
Cadde
a terra, apparentemente senza forze, con i vestiti ancora fumanti e
la testa chinata in avanti.
«Priscilla!»
gridò Natsu provando ad alzarsi per correrle incontro e
aiutarla.
«Ti
ho detto di starne fuori!» ringhiò Priscilla, cupa
in volto e
Natsu, sorpreso da tanta tenacia e soprattutto tanta furia, non
potè
che obbedire. Non l'aveva mai vista così, incuteva quasi
timore.
«Ho
detto non ancora!» gridò ancora lei, alzandosi in
un soffio di
vento più forte degli altri, tanto imponenti da smuovere i
vestiti
persino di Laxus e Natsu. «Quando ti deciderai a fare sul
serio con
me, Laxus!» gridò, unendo le mani tra loro davanti
a sé. Una
tromba d'aria ne nacque e si lanciò contro di lui. Il potere
sprigionato, alimentato probabilmente dalla sua rabbia sempre
più
crescente, era tale che persino Natsu, distante dal campo di
battaglia, dovette fare appello alla sua forza per non venirne
sbalzato via.
Laxus
sorrise, sicuro di sé, e si mise in posizione. Conosceva
anche
quella tecnica e sapeva perfettamente come evitare di subirne danni.
Forse forse avrebbe addirittura potuto usarla a suo vantaggio. Ma
qualcosa dentro lui parve disgraziatamente risvegliarsi.
"Quando
ti deciderai a fare sul serio con me, Laxus!"
«Quando
ti deciderai a fare sul serio con lei, Laxus?» una
voce maschile lontana anni, decenni, imperativa. Gli incuteva timore
nonostante fosse semplicemente un ricordo, di cui si era persino
dimenticato e che solo in quel momento tornava a galla. I suoi pianti
di bambino. Perché piangeva? Perché era stato
rimproverato in quel
modo? Di chi era quella voce?
«Sì,
ma lei...» riuscì
solo a ricordare quella risposta e l'angoscia che portava con
sé, ma il resto era il vuoto assoluto.
«Lei?»
mormorò non capendo cosa stesse accadendo nella sua testa,
cosa
fosse accaduto in quel ricordo. La distrazione gli fu fatale e perse
la sua occasione, venendo travolto dal colpo.
Quando
il vento si dissolse, Laxus era a terra, la schiena poggiata al muro
sfondato. Sarebbe volato anche lui se non ci fosse stato quel
pilastro più resistente del resto a trattenerlo. I segni del
colpo
erano ben visibili, il tornado non l'aveva solo scaraventato al muro
ma aveva sollevato tutte le macerie della stanza lanciandogliele
addosso e perciò alcuni tratti di pelle non si erano salvati
dai
graffi. La testa china in avanti, ferito, ma ancora pieno di energie.
«Cominci
a ricordare?» chiese Priscilla con un candore che faceva
quasi male.
Laxus alzò lo sguardo, sconvolto. Che stava succedendo? Di
cosa
stava parlando? Tutto quello... lo mandava in bestia. Cosa sapeva lei
che lui non ricordava? Cosa stava cercando di fargli? Come poteva
manipolarlo a tal punto?
«Non
temere» un sorriso, uno di quelli che facevano male.
«Mi prenderò
cura io di te».
«Cosa...?»
ringhiò lui, sempre più confuso. «Di
cosa diavolo stai parlando?»
gridò ormai al limite della sopportazione.
Allungò le mani in
avanti e cominciò a lanciare una scarica dietro l'altra,
invadendo
l'intera stanza, senza dare tregua.
«Mirage!»
gridò Priscilla e in pochi istanti una serie di Priscille si
materializzarono davanti ai suoi occhi. Una, due, tre, cinque, dieci.
"Quante...?"
si chiese confuso e spaventato, provando a colpirle tutte. Quella era
una tecnica nuova: da dove arrivava? Le centrò ma nessuna di
essa
cadde a terra e restarono nella loro posizione iniziale, mentre pian
piano si dissolvevano, segno che fossero solo un’illusione.
Un
soffio di vento improvviso alla sua destra, anche se leggero
l'avrebbero riconosciuto tra mille. Accanto a sè Priscilla
si teneva
il polso con la mano destra e gli puntava contro la mano sinistra.
«Tornado!»
gridò sparando un altro tornado dal palmo della mano, di
minore
intensità, vista la distanza ravvicinata. In fondo non
desiderava
batterlo, non l'aveva mai desiderato.
«Due
volte non funziona!» gridò lui, per niente
sorpreso. Infilò il
pugno all'interno del suo tornado e lì sprigionò
la sua scarica
elettrica che si propagò nelle folate di vento di Priscilla
e arrivò
a ritroso fino a lei. Lei urlò, contraendosi per il dolore,
e cadde
a terra al suo fianco. Laxus la guardò spaventato ma
soddisfatto,
c'era mancato poco, ma era riuscito a vincere lui.
«Non
preoccuparti» la voce di Priscilla, anche se tremante e
ansante,
tornò a testimoniare che fosse ancora viva. Faticava a
parlare,
ormai era al limite, ma provò comunque ad alzarsi.
«Devo solo
riposare un po'».
Una
frase completamente sconnessa dal contesto, una rassicurazione
inutile, ma che, come probabilmente lei sperava, ebbe un altro
effetto.
Di
nuovo quella voce nella testa di Laxus, la voce di un uomo, gentile e
rassicurante.
«Non
preoccuparti. Deve solo riposare un po'».
E
ancora la sua stessa voce di bambino che gli rispondeva
singhiozzante: «È
stata colpa mia?»
«Non
è stata colpa tua» disse Priscilla, come se fosse
stata in grado di
leggergli la mente e sapere perfettamente cosa stesse pensando.
«Hai
solo dimenticato».
Un
colpo al cuore lo costrinse a trattenere il fiato e sbarrare gli
occhi, mentre ora non solo le parole arrivavano alla sua mente ma
anche le immagini. Ricordava, la ricordava. Perché in quel
momento?
In
quel pensiero, erano entrambi solo dei bambini e lui era andato a
trovarla, nella sua stanza. Priscilla sedeva sul letto e guardava
fuori dalla finestra, lo sguardo assorto e addolorato. Odiava vederla
così, lo ricordava bene quanto odiasse vederla
così triste.
«Pricchan...
hai di nuovo l'influenza?» le
aveva chiesto. E lei non aveva risposto subito, ma debolmente aveva
annuito. «Ti
ammali così spesso, dovresti prenderti meglio cura di te, lo
sai?»
«Laxus...
tu...» aveva
balbettato, titubante e forse spaventata. Da cosa era spaventata?
«Tu
hai di nuovo dimenticato?»
«Eh?
Cosa?» aveva
storto il naso, completamente confuso.
Lei
aveva sorriso. Aveva stramaledettamente sorriso, come faceva ogni
volta! Quanto lo mandava in bestia quando non gli rispondeva, quando
gli mentiva e sorrideva come a voler dire "non preoccuparti per
me". Certo che si preoccupava per lei, maledizione!
«Solo
un incubo».
«Solo
un incubo» le
due voci, del passato e del presente, che si mescolavano tra loro. E
quel sorriso, quello stupido sorriso che non voleva mai significare
niente e che lo teneva sempre fuori da ogni cosa. Non ci vide
più.
L'elettricità lo avvolse e si allargò tanto
rapidamente da colpire
Priscilla al suo fianco e scaraventarla via. Laxus urlò di
rabbia e
si caricò sempre più, tanto che il proprio corpo
cominciò a
gonfiarsi sotto la potenza di quella magia. La magia che cevala
dentro sé, impiantato per mano di suo padre, il potere del
Dragon
Slayer. Priscilla alzò rapidamente la testa, osservandolo.
Benché
avesse il corpo ormai lacerato dal dolore in ogni sua parte, sapeva
che quello era il momento.
«Adesso!»
mormorò, alzandosi e cominciando a correre per evitare i
suoi colpi,
che sparava uno dopo l'altro.
«Ti
prendi gioco di me? Lo hai sempre fatto, maledetta!»
gridò lui
continuando a sparare elettricità su elettricità.
Alcune riuscivano
persino a colpirla, ma lei non demordeva e continuava a correre
intorno a lui e a schivare. «Mi hai sempre guardato con
quella tua
aria superiore, come se fossi la mia balia. Come se non potessi
cavarmela da solo! Mi hai sempre creduto così debole?! Credi
che io
non possa sconfiggerti, maledetta? Ti mostrerò quello che
sono
diventato, ti mostrerò il potere che hai sempre
sottovalutato!»
«Sono
qui, Laxus!» gridò lei provocatoria, schivando
altre scariche. Era
come se lo volesse, il suo peggio, era come se glielo stesse
chiedendo: "colpiscimi nel peggiore dei modi".
Laxus
prese fiato... e ruggì.
«Ruggito
del drago del fulmine!» gridò lanciando la sua
magia più potente
in un’onda dalle dimensioni gigantesche.
«Priscilla!»
gridò Natsu, guardandola mentre veniva raggiunta dal colpo.
Non
sarebbe sopravvissuta a una simile potenza, per quanto fosse forte,
quello era decisamente troppo e lei era troppo stanca per pensare
anche solo di schivarlo.
Ma
Priscilla fece ciò che nessuno si aspettava.
Si
fermò decisa a non scappare più, si
raddrizò davanti a Laxus e
allargò le braccia, pronta a ricevere il colpo in pieno
petto. Sul
suo volto ora splendeva un sorriso, un mix di tristezza e
felicità
che nessuno aveva mai visto prima. E dai suoi occhi volò una
lacrima, poco prima di essere colpita.
Laxus
infine ricordò.
Lo
faceva sempre. Priscilla sorrideva sempre, quando riceveva il colpo
finale del Dragon Slayer in erba, intento ad allenarsi.
Riuscì a
rivederla, bambina piccola e indifesa, minuscola, delicata,
preziosa... aveva sempre creduto che fosse lei la più forte.
Aveva
sempre creduto che fosse perfettamente in grado di parare quel colpo,
aveva sempre creduto che potesse rialzarsi. E invece tutte le volte
sbagliava, dimenticava... e finiva con l'ucciderla.
Priscilla
volò all'indietro, colpita e travolta, e lui non ebbe
più nemmeno
il coraggio di respirare. La rivedeva, quella bambina che volava via
per i suoi colpi, ferita a morte, e poté risentire su di
sé il
solito stupore e la paura nel rendersi conto che quello che era
partito come un gioco era finito nel peggiore dei modi.
Lei
cadde a terra.
«Priscilla!»
la chiamò, improvvisamente terrorizzato. Cosa aveva fatto?
Lei non
era così forte, perché se l'era dimenticato?
Perché aveva
dimenticato?
Non
riuscì neanche a guardarlo il suo corpo, ora steso a terra e
in
parte sradicato via. Il fulmine aveva bruciato e strappato via parte
della sua spalla e del petto, su per il collo fino al volto,
lasciando steso a terra in una pozza di sangue sempre più
ampia solo
un cadavere ustionato e lacerato. L'aveva uccisa, l'aveva uccisa nel
peggiore dei modi proprio con le sue stesse mani. Cosa gli aveva
detto che lei sarebbe stata in grado di sopravvivere a un simile
colpo? Perché era stato convinto fino a quel momento che era
lei
quella che vinceva sempre?
La
polvere si diradò, mostrandola a terra in quell'incubo che,
lo
sapeva, stava per farlo impazzire. Allungò una mano verso di
lei,
incapace di avvicinarsi e muoversi. Aprì la bocca, per
provare a
dire qualcosa, ma la voce sembrò non collaborare e niente
uscì
dalla sua gola se non dei lamenti gutturali e incontrollabili.
«P-Priscilla?»
mormorò anche Natsu, pallido in viso, sconvolto e
allucinato. Che
cosa era accaduto? Perché si era lasciata colpire in quel
modo e non
aveva provato a difendersi almeno un po'? Perché Laxus
l'aveva
colpita con quella furia? Come aveva potuto farle una cosa come
quella? Avrebbe presto ceduto alla rabbia e alla follia, la sentiva
ribollire in vena tanto da farlo tremare, ma qualcosa di assurdo e
incredibile accadde: Priscilla si mosse, lentamente e con uno sforzo
immane, ma riuscì almeno a poggiarsi sull'unico gomito
rimasto e
sollevarsi da terra. Laxus per un attimo ne ebbe addirittura paura,
per quanto fosse folle, e cominciò a chiedersi se non stesse
avendo
un incubo. Natsu invece, più estroverso nelle reazioni, si
limitò a
urlare dal terrore di avere di fronte un fantasma e per poco non
svenne. Lo sguardo di Priscilla da quell'unico occhio rimastole si
rattristò tanto che dovette chiuderlo per impedire alle
lacrime di
scorrerle via dal viso. Qualcosa dentro il suo corpo smembrato
cominciò a splendere, una luce azzurra, sembrava una
minuscola
fiamma che le contornava i bordi tagliati via e lentamente
cominciarono a ricostruirla.
«Ma…
cosa?» balbettò Laxus, incredulo.
«Non
devi aver paura, Laxus. Io... io non posso morire» si
sforzò di
sorridere, ma il dolore la tradì e quella lacrima che si era
sforzata tanto di trattenere le uscì dall'occhio rigandole
una
guancia.
«Piantala
di piangere. Lei non morirà. Mai» quella
voce dei suoi ricordi tornò a tormentarlo, accompagnato
ancora dai
propri singhiozzi di quando era bambino. Quel "mai" era
così affilato che faceva quasi male.
«Le
ho fatto del male. Perché... perché le ho fatto
così male?»
piangeva
il piccolo Laxus nella sua testa, disperato.
«Starà
bene. Deve solo riposare un po', tornerà come nuova tra
qualche
giorno»
come
nuova... ne parlava come fosse un oggetto che aveva solo bisogno di
riparazione. Quante volte era successo? I suoi ricordi si
affollavano, non riusciva a contarli, ma le ricordava tutte ora le
volte che aveva vissuto quella stessa dolorosa e assurda scena.
Avevano cominciato che erano appena bambini, subito dopo che lui
aveva ereditato il potere del drago del tuono ed era stato in grado
di usarlo. Le loro battaglie, una forma di allenamento, una sfida e
un gioco in cui mettevano tutti loro stessi per sconfiggersi a
vicenda e diventare più forti. Erano andati avanti a lungo,
per
mesi, forse anni... sicuramente anni. Tutte le volte la vedeva
cadere, dilaniata, a qualsiasi età. Sei anni, otto anni,
dodici
anni, sedici anni... quante Priscille morenti aveva visto nella sua
vita? Perché se ne ricordava solo in quel momento?
«Ti
faceva dimenticare ogni volta» disse Priscilla. «Ma
sorridere ti
rassicurava, anche se sentivi dentro te qualcosa di strano. E io non
smettevo di farlo, soprattutto le volte che combattevamo. Ti aiutava
a ricordare e ti rendeva meno violento, anche se questo ti straziava
e lui doveva ancora cancellare la tua memoria. Mi ha punita
così
tanto per questo che ne ho perso il conto»
mormorò, tremando dal
dolore in quell'ultima frase.
«Lui?»
balbettò Laxus, sempre più confuso. La voce
maschile nei suoi
ricordi, chi era il bastardo che li costringeva a combattere fino a
quando Priscilla non moriva? Chi era che cancellava i suoi ricordi e
li manipolava, facendogli credere che vincesse lei? Portandolo
così
a essere sempre più violento nel tentativo di sconfiggerla,
benché
non ce ne fosse bisogno.
«Papà»
sibilò Priscilla e la gola di Laxus si chiuse, riuscendo
finalmente
a ricordare anche quello. Suo padre, lo ricordava bene ora. Lo
stuzzicava e lo provocava.
«Vuoi
davvero farti sconfiggere così da una femminuccia? Sei o no
il
Dragon Slayer del tuono?» erano
le bugie che gli diceva tutte le volte che lo faceva dimenticare.
«Sfidatevi
di nuovo, vediamo chi adesso è il più
forte» un
rituale a cui erano abituati, a cadenza settimanale. «Laxus,
ricorda come ti ha umiliato l'ultima volta. Non trattenerti,
sprigiona tutto il tuo potere!» erano
bugie. Erano tutte bugie. Priscilla era sempre stata debole e
fragile, ma lui non riusciva a ricordarlo. E di nuovo, come sempre,
la uccideva. Lui ricordava un attimo prima dell'impatto, guardando il
suo sorriso fiducioso e gioviale. Lei credeva ciecamente in suo
fratello e nella sua bontà, Priscilla sapeva bene che quello
che la
stava colpendo e le stava recando un tale dolore non era mai lui ma
loro padre, tramite le sue manipolazioni e le sue parole. Non gli
aveva mai dato la colpa, anche se a dilaniarla erano i suoi fulmini,
e sorrideva solo per dirglielo: "Credo in te, so che non è
colpa tua". Impazziva... impazziva ogni volta, tra le lacrime e
il dolore, cadeva in preda alla follia. Ma poi tutto si faceva scuro,
la sua testa galleggiava e quando riapriva gli occhi Priscilla era
sempre lì, incolume e salva, anche se aveva sempre bisogno
di
qualche giorno di degenza che giustificava con la bugia di
"un’influenza".
«Solo...
un incubo...» mormorò ricordando come quella fosse
la
giustificazione che lui dava a se stesso tutte le volte.
«Sono
stata creata per questo. È il mio unico scopo e ragione di
vita»
disse Priscilla, restando nella sua posizione semistesa, troppo
debole per muoversi più di così.
«Creata?»
suonava così artificiale e così terrificante,
perché dava un senso
a ogni cosa. Era un incubo, non poteva che essere un incubo.
«Avevi
cinque anni quando nostro padre mi portò alla luce nella
forma di
una bambina di tre anni. A volte ti chiedevi perché non ci
fossero
foto o testimonianze di me, prima di quell'età, ma era una
curiosità
che moriva lì e non ti curavi di cercar risposta. Si tratta
di una
magia antica e proibita, un’oscura magia di Zeref. Aiutato
dal
potere delle sue marionette di carta, che usò come base per
costruirmi, riuscì a creare la vita. Creò una
vera bambina di
carta… era così che mi chiamava. La sua
bambina
di carta. In me scorre solo magia, la sua magia, ed essendo una pura
creazione non ho nemmeno in me il dono della vita umana come la
conoscete. Non posso morire e questo gli permise di darti qualcuno su
cui sfogare ogni tuo istinto e potere al solo scopo di amplificarne
la forza, di allenarti senza timore di commettere il crimine
dell'omicidio e rischiare di essere cacciato dalla gilda o, peggio,
arrestato… io credo ci fosse anche un po' di megalomania che
lo
portò a sentirsi potente, essendo riuscito a creare un vero
essere
umano. Per giustificare la mia comparsa disse a tutti che ero la sua
secondogenita, avuta da tua madre prima della sua morte. Lo disse
anche a te, che tanto soffrivi all'idea di combattere e picchiare una
sconosciuta dallo sguardo triste e vuoto come il mio. Farti credere
di essere tua sorella ti aiutava a prendere quei folli allenamenti
come un gioco e ti convinceva a dare il massimo. Io ero solo la
marionetta che doveva renderti migliore, che doveva prendersi cura di
te e del tuo potere. Ma poi, quando diventasti tanto forte da essere
in grado di uccidermi, cominciasti a ribellarti. E il tuo cuore...
era così buono» singhiozzò,
benché stesse sorridendo appoggiata a
quel dolce ricordo. «Mi insegnasti a provare dei
sentimenti».
«Ohi...»
Laxus
ricordava
la propria voce, così piccola, di fronte a quella bambina
dallo
sguardo vuoto e triste. Era curioso, ma soprattutto preoccupato.
«Perché
tu non sorridi mai? C'è qualcosa che ti preoccupa,
sorellina? A me
puoi dirlo. Sono forte, lo sai! Se qualcosa ti fa soffrire me ne
occupo io!»
«Sorridere?»
aveva
chiesto atona, come se non sapesse il significato di quella parola.
«Sì,
così! Guarda, ti faccio vedere» e
le aveva regalato un luminoso sorriso, tanto brillante da far invidia
alle stelle. Era stato quello il giorno in cui, per la prima volta,
Priscilla aveva sentito qualcosa battere dentro sé. Anche
lei aveva
un cuore? Bambina di carta, dalle sembianze umane, poteva provare
sentimenti?
«Sorridere»
aveva
mormorato, incantata dal volto luminoso di Laxus, e aveva cominciato
a provarne invidia. Voleva anche lei imparare a sorridere.
«È
stato da allora che papà ha cominciato a manipolare i tuoi
ricordi,
aiutato da un membro della gilda che al tempo lo appoggiava molto. Se
dimenticavi ciò che mi facevi e ti faceva credere di aver
vinto io,
la volta dopo lottavi più volentieri e con forza maggiore.
Mi
detestavi, perché ti umiliavo, e avevi sempre voglia di
darmi una
lezione. Per questo sorridevo, perché così
riuscivi a ricordare. E
anche se poi papà mi puniva perché questo ti
portava a caricare
meno il colpo finale, anche se poi cancellava di nuovo i tuoi
ricordi, quella sensazione non abbandonava il tuo petto e tornavi
sempre a essere gentile con me. Ero...»
singhiozzò, incapace di
trattenersi ancora. «Ero egoista, mi dispiace. Ti facevo
soffrire,
ma tu eri... non potevo permetterlo. Non potevo permettere che
diventassi come lui! Tu eri... la mia unica ragione di vita e dovevi
continuare a insegnarmi a vivere. Mi insegnavi a essere umana, come
voi. Desideravo così tanto essere come voi, essere... come
te».
Una
frase che fece nascere in Natsu un ricordo di non molti giorni prima,
che adesso assumeva finalmente un significato.
«Le
persone come voi che si preoccupano tanto per me mi fanno sorridere.
Che invidia provo in questi momenti, come vorrei essere come voi»
aveva detto al bancone della ancora provvisoria gilda in costruzione,
nel momento in cui Lucy e Erza le avevano detto di curarsi
più per
se stessa e meno per Laxus.
«Come
noi?» commentò, alzandosi in piedi. Gli occhi
corrucciati e una
vena era persino visibile sulla fronte. Il fuoco prese a bruciarlo
interamente, in quell'attimo di rabbia folle. Che razza di mostro era
quello che chiamava padre? Che razza di storia era mai quella? Aveva
creato la vita solo per usarla a suo piacimento, come un oggetto,
senza curarsi del suo dolore e ora quell'unica persona che in tutta
la sua vita le avesse mai dato un valore, per cinque anni non aveva
fatto che odiarla e insultarla. Tutto quello lo mandava fuori di
testa. Non poteva perdonare.
«Di
cosa stai parlando, si può sapere?»
ringhiò, sempre più
furibondo. «Non hai forse anche tu sulla tua pelle il simbolo
di
Fairy Tail?»
L'occhio
di Priscilla, umido di lacrime, si spalancò mentre il cuore
-o
almeno quello che credeva fosse un cuore- prese a batterle in petto.
«Sai
piangere, sai ridere, sai scherzare e soprattutto... sai amare. E lo
fai insieme a noi, ai tuoi amici e la tua famiglia. Non capisco
davvero di cos'altro tu abbia bisogno per essere come noi!»
"Amici".
Anche Erza, non troppo tempo prima, l'aveva definita un'amica.
Bastava davvero così poco per essere come loro? Davvero non
serviva
altro?
Un
sorriso commosso le nacque sul viso, colpita e felice. Era assurdo,
ma gli credeva. Gli credeva davvero.
«Natsu»
mormorò, tornando a piangere ma di lacrime diverse. Non
più di
dolore, ma ora di felicità. Era davvero... come loro?
«Bugiarda»
la voce rotta di Laxus li interruppe, attirando nuovamente la loro
attenzione. Tutto quello lo rendeva pazzo. Come poteva accettare in
pochi minuti che tutta la sua vita non era stata che una menzogna?
Come poteva accettare così facilmente che lui non era stato
altro
che un assassino, ogni giorno della sua vita? L'assassino della
persona che aveva creduto di amare più di ogni altra cosa.
Non
poteva essere vero. Lui non era così, la sua vita non poteva
essere
stata una tale menzogna. A cosa doveva credere, se non poteva farlo
neanche più in se stesso? Doveva per forza essere una bugia.
«Bugiarda»
ripetè con gli occhi spenti e gocce di sudore freddo che gli
colavano giù dalla fronte. «Stai
mentendo!» gridò ormai in preda
alla follia. Si caricò di energia e tornò a
gonfiarsi di potere,
ormai incapace di ragionare. L'onda di elettricità
arrivò di nuovo
verso Priscilla, ma Natsu fu più veloce e ponendosi di
fronte a lei
infuocò le proprie braccia e parò il colpo.
Digrignò i denti,
mentre il suo braccio destro ora fumava e tremava per il dolore del
colpo.
«Natsu...»
mormorò Priscilla, guardandolo sconvolta. Perché
si era esposto in
quel modo? Era rimasto ferito, perché lo aveva fatto?
«Io... non
posso morire» spiegò ancora, credendo che forse
non avesse capito.
Se il colpo l'avesse presa forse l'avrebbe disintegrata, ma con
qualche giorno di riposo si sarebbe ripristinata.
«Ma
puoi soffrire!» ringhiò lui, furibondo. Era
così ovvio, così
semplice, che non riuscì a replicare. Era vero, poteva
soffrire ed
era terribile tutte le volte. Aveva sempre affidato alla vita il solo
valore legato alla morte. Chi era in grado di morire, allora era
anche in grado di vivere e vedeva perciò i propri sentimenti
solo
come un artificio che aveva imparato ad applicare. Solo ora si
rendeva conto che non era così. Quelle lacrime non erano
finte, lei
soffriva veramente... lei viveva veramente.
«Natsu»
mormorò, di nuovo scossa dai singhiozzi.
«Laxus!»
ringhiò furioso, pronto a combatterlo con ogni mezzo che
aveva. Si
lanciò contro di lui e quella fu l'ultima cosa che Priscilla
riuscì
a vedere. Stremata si accasciò a terra, concedendosi di
riposare il
braccio sulla quale si era tenuta fino a quel momento. Tremante,
cominciò a singhiozzare e piangere senza riuscire a
smettere. Si
portò l’unico braccio rimasto sopra il volto, a
coprirsi gli occhi
ormai pieni di lacrime, e restò lì, ad ascoltare
semplicemente il
rumore delle fiamme che si scontravano con i tuoni e le loro urla di
follia e disperazione. Quei tuoni, il rombo di quei tuoni erano
sempre una fonte di emozioni. Quando ancora era una semplice
marionetta, da bambina, il primo sentimento che imparò a
provare fu
la paura. La paura per quello che suo padre le presentò come
fratello, perché non lo comprendeva, ma appena poteva lui la
picchiava e le faceva del male. Dopo una serie di scontri in cui
Laxus affinava la sua magia del tuono, nacque in lei quel sentimento
di paura.
Il
rumore dei tuoni, erano sempre presagio di morte. Era terrificante.
Quante
volte si era rannicchiata in un angolo, nei giorni di temporale,
chiusa nella sua stanza si rifiutava di uscire. Anche quando Laxus
cominciò a essere gentile con lei, incuriosito e forse
turbato da
quella sorella che sembrava più un automa che una persona,
non smise
di avere paura dei tuoni e dei temporali. Anche se non lo faceva di
sua volontà e iniziativa, anche se lui in realtà
era amorevole e
gentile, quando liberava il suo potere Priscilla sapeva che ne
avrebbe sofferto. Per anni, alla semplice vista delle nuvole rombanti
in lontananza, iniziava a tremare e a piangere.
Poi
un giorno Laxus l'aveva scoperta, chiusa nel suo armadio, avvolta da
una coperta, singhiozzava mentre fuori si scatenava una tempesta.
«Sorellina?
Che fai chiusa qui?» La
sua voce, associata a quel terribile rumore, la fece cadere nel
panico. Cominciò ad agitarsi e indietreggiare, menando calci
al
vuoto e piangendo a dirotto. Laxus si beccò un paio di colpi
sul
viso, ma dopo una prima sorpresa si era fatto coraggio e aveva
cercato di bloccarla e calmarla.
«Calmati!
Pricchan!» le
aveva ripetuto, mentre lottava con la sua follia che gli destinava
ancora calci e pugni da cui però non si difendeva. Era
riuscito alla
fine ad afferrare la coperta che le copriva la testa e tirarla via,
scoprendo così la sua vista.
«Calmati,
Priscilla! Sono io! Sono Laxus» le
aveva afferrato i polsi per fermarla, ma incredibilmente era bastato
vedere il suo viso per riuscire a rimettere ordine nei pensieri e
tornare a respirare normalmente. In quel mondo di follia e dolore,
non aveva che Laxus a darle pace. Lui era l'unico che la prendesse
per mano, che l'accogliesse e che le insegnasse cos'era la vita. Il
fardello era diventato ora l'unica ancora a cui aggrapparsi per non
andare alla deriva.
«Ma
che ti prende?» le
aveva chiesto innocente e inconsapevole, a causa di quella memoria
che loro padre manipolava a suo piacimento con l'aiuto di uno dei
suoi seguaci peggiori. Un altro rombo nel cielo e Priscilla
urlò
terrorizzata, strappando i polsi dalla presa di Laxus e portandosi le
braccia intorno alla testa. Lui aveva inclinato la testa da un lato,
guardandola curioso.
«Hai
paura dei fulmini?» aveva
chiesto, intenerito anche se preoccupato per quella reazione
così
eccessiva. Lei non aveva risposto ma aveva continuato a piangere e
tremare. «Sono
fuori, noi siamo in casa, non possono farti niente» aveva
provato a usare la logica, ma senza successo. «Andiamo,
sorellina! Dimentichi che io sono il Dio del tuono! Posso gestire a
mio piacimento ogni singolo fulmine di questo pianeta» esagerato,
ma serviva a calmarla. «E
ti prometto che finché resterai sotto la mia ala protettiva,
nessuno
di questi ti sfiorerà nemmeno» quanto
era ironico. Come avrebbe reagito se avesse saputo che i fulmini che
la colpivano ripetutamente altri non erano che i suoi? Ma era proprio
quello che la colpiva tutte le volte: la sua innocenza e la sua
gentilezza.
Era
riuscito miracolosamente ad avere di nuovo la sua attenzione. Lo
aveva notato e ne aveva approfittato, per rincarare la dose.
«Io,
Laxus Dreyar, Dio del tuono e dei fulmini tutti... ordino che questa
ragazza non venga mai nemmeno avvicinata!» aveva
recitato con solennità. Poi le aveva rivolto un sorriso
convinto.
«Gliene
ho cantate, hai visto?»
Come
riusciva a essere così rassicurante? Proprio lui,
più di tutti gli
altri? Quale potere nascondeva quel volto sorridente? «Adesso
esci di lì?» le
aveva chiesto, porgendole una mano e Priscilla si era ritrovata
carica di un nuovo coraggio. Riponeva verso di lui una fiducia
insensata ma incredibilmente intensa. Aveva allungato la mano, per
raggiungere la sua, ma un tuono aveva gracchiato nel cielo anche
più
vicino degli altri e lei, presa nuovamente dal panico, era arretrata
e si era raggomitolata. Laxus aveva sospirato rumorosamente, affranto
e vinto.
«E
va bene» aveva
detto, convinto. «Se
non vuoi uscire da lì, allora entro io» e
chinandosi si era fatto spazio tra le scatole e i vestiti,
ritagliandosi un angolo al fianco di Priscilla. Si era poi allungato
ad afferrare la maniglia dell'armadio e aveva tirato l'anta verso di
sè, chiudendolo.
«Ecco
fatto!» aveva
detto soddisfatto, afferrandola per le spalle e tirandosela al petto
per abbracciarla. «Così
potrò proteggerti fino alla fine del temporale!»
Non
ne era pienamente certa, ma qualcosa le diceva che era stato quello
il preciso istante in cui aveva cominciato ad amarlo davvero. Le
parole che decretavano la sua condanna -Dovrai
occuparti di lui- avevano
assunto una nuova forma, più calda, accogliente e
passionale. Non
erano più un "Sacrificati
per renderlo migliore",
come una qualsiasi serva o oggetto. No, da quel momento lei aveva
iniziato a pensare a quelle parole come a un desiderio di protezione
indiscutibile. Si sarebbe occupata di lui, l'avrebbe curato e
protetto per il resto della sua vita. Era nata per quello, era stata
creata per quello scopo... occuparsi di lui.
«Fino
alla fine del temporale» singhiozzò con un filo di
voce. Il braccio
ancora davanti agli occhi, non riusciva nemmeno a guardare, ma la
sentiva quella tempesta che si stava scatenando a pochi passi da lei.
Era la peggiore che avesse mai sentito, Laxus era completamente fuori
controllo, accecato da una rabbia che mai aveva avuto prima.
Perché?
Perché doveva essere arrivato fino a quel punto?
Perché aveva
dovuto per forza toccare il fondo? Sapeva che era giusto
così, lei
stessa aveva atteso pazientemente per cinque anni. Doveva ricordare
da solo, capire da solo, o non avrebbe accettato, non sarebbe mai
tornato. Era giusto così... eppure, dopo tanti anni, quel
temporale
tornò a scuoterla.
"Sai
piangere, sai ridere, sai scherzare e soprattutto... sai amare"
le
parole di Natsu non le lasciarono la mente nemmeno per un istante.
Tremava e singhiozzava, sempre più ininterrottamente.
«Laxus...»
mormorò ancora, sforzando tanto la voce da farle male la
gola.
"Non
capisco davvero di cos'altro tu abbia bisogno!"
Era
viva... poteva davvero accettare di essere viva? Di essere come loro?
Umana... con dei sentimenti umani. Le era davvero permesso? Quella
tempesta che non sembrava calmarsi, ma solo aumentare di
intensità,
era terribile.
"Ma
puoi soffrire!"
Un
altro singhiozzo, a seguito di innumerevoli.
«Ho
paura, Laxus...» sussurrò.
L'alabarda
del tuono, uno dei colpi più forti di cui Laxus aveva a
disposizione, mancò il bersaglio per qualche strano motivo e
Natsu
ne uscì indenne. Entrambi in condizioni terribili, ma quello
era il
suo momento. Si carico di energia e di fuoco, pronto a sferrare il
colpo decisivo approfittando di quell'errore. Volò incontro
a Laxus,
avvolto di fiamme, e lui, stranamente, non parve nemmeno difendersi.
Sicuramente troppo sconvolto per il colpo mancato, un errore fatale,
o almeno questo era quello che pensava Natsu che, al contrario suo,
non aveva invece sentito la voce di Priscilla. Con una scarica di
ultimi colpi, sempre più forti e decisi, Natsu diede fine a
tutte le
sue energie e Laxus cadde definitivamente a terra, privo di sensi.
NDA.
Non
sto mettendo molte NDA in questa storia (un po’ anche
perché avevo
paura di spoilerare qualcosa senza volerlo XD) ma questa volta mi
sembra doveroso visto che questo è il capitolo decisivo (non
a caso
porta come titolo il titolo stesso della storia). Ecco che ogni cosa
viene svelata, il più grande segreto di Priscilla, il motivo
per la
quale non poteva morire, perché non esiste
un’altra sé su Edoras
e anche perché, in fondo, è così
ossessionata da suo fratello.
Un’antica
magia di Zeref, una magia in grado di dare la vita. Ivan ha usato le
sue bamboline di carta e da una di essa ha creato Priscilla, usando
la magia. Molte altre spiegazioni verranno date anche nel prossimo
capitolo, magari alcune cose verranno rese più chiare.
La
cosa divertente è che questo capitolo l’ho scritto
mesi fa e dato
che, come ho già detto, sto seguendo l’anime e il
manga ho preso a
leggerlo solo da poco. Non sapevo niente del fatto che Natsu fosse in
realtà il fratello morto di Zeref e che
quest’ultimo avesse
sperimentato delle magie con lo scopo di ridargli la vita, riuscendo
appunto a ricreare forme di vita. Insomma, senza volerlo sono rimasta
coerente con la storia originale xD
L’ossessione
per Laxus, il suo eccessivo amore verso suo fratello, nasce dal fatto
che lei non ha mai visto se non il dolore di un padre che la vede
solo come un oggetto, dal fatto che è stata messa al mondo
per
essere distrutta innumerevoli volte… e in tutta questa
follia solo
Laxus, ingenuo perché con la memoria cancellata e
manipolata, la
trattava con dolcezza. Si preoccupava per lei perché, nei
momenti in
cui non era manipolato, la vedeva sempre triste, vuota, spenta e nel
suo tentativo di farla sorridere ogni tanto ha iniziato a
“insegnarle
a provare dei sentimenti”. Le ha insegnato a essere umana,
l’ha
presa sotto la propria ala, e questo unito alle prime parole che lei
ha sentito quando è venuta al mondo “occupati di
lui” l’hanno
reso un punto assoluto della sua vita.
Ho
modificato un po’ la battaglia tra Natsu e Laxus, non ci ho
inserito Gajeel, mi sono presa un po’ di libertà
perché mi
piaceva così (come il fatto che l’alabarda del
tuono non va a
segno per qualche “Strano motivo” dopo che sente
Priscilla dire
“ho paura”, e non invece perché Gajeel
prende il colpo per lui.
E’ più romantico xD in fondo, prima di quel
famigerato litigio,
lui gli era molto legato). Comunque, come già detto, nel
prossimo
capitolo ci saranno ulteriori chiarimenti e spiegazioni. Magari
proprio per questo, se mi gira, vedrò di pubblicarlo prima
di
settimana prossima.
Io
vi ringrazio per l’attenzione <3
Se
avete qualcosa da dirmi, fatelo pure, non mangio nessuno
(perché
tanto vi vedo che venite a leggere, anche se state zitti, che vi
credete? u.u il numero visual non mente ahahah). Se non vi va non fa
niente, vi si ama lo stesso <3
A
presto!
Ray
|
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Capitolo 9 *** Ragione di vita ***
Ragione
di vita
Furono
i Raijinshuu a soccorrere Laxus, accorsi poco dopo. Lo raccolsero da
terra, privo di sensi, e sotto lo sguardo severo ma soddisfatto di
Natsu lo portarono via. Natsu si voltò e si
avvicinò a Priscilla,
ancora in lacrime per terra. Il viso ormai si era ricostruito quasi
completamente ma il processo era lungo e mancava ancora parte del
petto e della spalla.
«Andiamo,
Priscilla» le disse, allungando una mano verso di lei per
aiutarla
ad alzarsi. Priscilla si tolse il braccio dagli occhi e lo
guardò
per lunghi istanti, senza riuscire a smettere di singhiozzare.
«I
nostri amici ci aspettano» le disse continuando a porgerle la
mano.
Non seppe bene il motivo, se il dolore al corpo, al cuore dopo aver
tirato fuori quel terribile passato, l'aver ribadito come fossero
tutti amici o ciò che era successo negli ultimi minuti, ma
Priscilla
reagì piangendo sempre più forte lasciando che
dalla voce le
uscisse un lamento implacabile.
Laxus,
ormai lontano, riuscì ad aprire un occhio mentre veniva
portato via
da Bickslow. Mosse lo sguardo alle sue spalle, si aiutò
muovendo
appena la testa, e anche se da quella angolazione pareva solo
un'ombra riuscì comunque a intravedere Priscilla. Si
corrucciò,
ascoltando i suoi lamenti e singhiozzi, richiuse l'occhio e
abbandonò
definitivamente la testa in avanti senza eliminare quell'addolorata
espressione dal suo volto.
«Su,
su» disse Natsu, dopo averla lasciata sfogare.
«Andiamo a dare la
bella notizia a tutti quanti!»
«Di
quale bella notizia parli? Guardami!» lamentò lei,
lasciando che
Natsu si chinasse al suo fianco e le prendesse l'unico braccio che
aveva. Se lo portò intorno al collo e così
riuscì a sollevarla da
terra, tenendola appoggiata a sé.
«Sono
un mostro. E ho sempre mentito a tutti quanti. Mi odieranno»
singhiozzò ancora.
«Mostro?»
chiese Natsu, sorpreso. «Tutto ciò che non
è umano secondo te è
un mostro? Anche Happy, allora?»
«No!»
sobbalzò lei, turbata da quel fraintendimento.
«Stai
dicendo quindi che dovremmo odiare Happy perché non
è umano?»
insisté lui e lei si ritrovò spiazzata da quella
semplicità.
«N-no, certo che no» mormorò.
«E
allora perché dovrebbero odiare te?» chiese lui,
camminando
lentamente verso l'uscita. Un radioso sorriso, tanto innocente,
mentre lei si ritrovò a non avere più una
risposta. «Saranno
felici di vederti salva! Vedrai!» insisté lui.
«Natsu!»
la voce di Happy fu la prima ad arrivare, mentre il gatto volava
verso l'ingresso della cattedrale. «Natsu! State
bene?» chiese Lucy
dietro al gatto, ma non appena lei e il resto dei loro compagni alle
sue spalle videro le condizioni di Priscilla, appesa alle spalle del
ragazzo, si paralizzarono pallidi in volto.
«Priscilla!»
balbettò Erza, sconvolta. Ma a rendere il tutto ancora
più surreale
fu il vederla viva, nonostante buona parte del corpo non fosse al suo
posto. Gli occhi si muovevano, anche se erano rivolti al pavimento, e
camminava con le proprie gambe.
«Come
può essere viva in quelle condizioni?» si chiese
Lucy, incapace di
trovare una risposta.
«Va...
portata in infermeria? Va curata?» chiese Erza, titubante.
«Non
ce n'è bisogno» rispose Priscilla, confermando
perciò che fosse
viva.
«Che
cosa significa?» mormorò Levy, portandosi le mani
alle labbra.
Quegli sguardi, confusi, perplessi e soprattutto spaventati come se
avessero di fronte il peggiore degli incubi. Odiava sentirsi
così,
odiava sentirli così ripugnati di fronte a lei e quello che
era
davvero. Abbassò la testa, sopprimendo di nuovo le lacrime e
tentò
di pensare a una risposta esaustiva e definitiva da fornirgli. Era
giusto che sapessero, giunti a questo punto, ma era così
difficile
trovare le parole per spiegare.
«Priscilla
è fatta di magia ed è immortale!»
esclamò Natsu con uno strano
entusiasmo. Semplice, diretto ma chiaro. Priscilla si stupì
di
quella semplicità: come poteva non preoccuparsi nemmeno un
po' di
quello che avrebbe implicato quella realtà?
«Eh?!»
chiesero turbati in coro almeno quattro dei membri della gilda che
avevano di fronte. Happy le volò a fianco e
guardò curioso
all'interno dell'enorme ferita che le aveva portato via petto, spalla
e braccio. Nonostante fosse ancora aperta e lacerata, aveva smesso di
sanguinare e i tessuti mancanti si stavano pian piano ripristinando,
sotto la guida bluastra della magia che ne ridisegnava i contorni.
Sobbalzò e puntandole un dito contro urlò
sconvolto ma comunque
entusiasta di quella curiosa novità: «Priscilla
è fatta di luce
blu!»
«Mi
dispiace avervi mentito fino ad ora» confessò
Priscilla, non
riuscendo a negare un sorriso divertito verso Happy e la sua allegra
curiosità. Le volò vicino e continuò a
guardarla affascinato, poi
con tristezza le chiese: «Priscilla, ti fa tanto
male?»
Il
dolore... lo sentiva sia sulla pelle, sulla sua finta pelle
artificiale, che dentro la propria anima, sempre se ne aveva una.
Faceva dannatamente male, sì, e proprio per questo era
bellissimo.
Se poteva soffrire, se poteva amare, piangere, ridere... allora
voleva dire che era viva, esattamente come tutti gli altri.
«Un
po', sì» confessò.
«Possiamo
aiutarti? Esiste qualcuno che sa guarire le ferite in corpi di
magia?» insisté lui, preoccupato. Come era dolce,
quella sua
tiepida innocenza. Non riuscì a impedirsi di sorridere e il
dolore
cominciò a dissiparsi. Negò con la testa e poi
rivelò: «Devo solo
riposare».
«Hai...
un corpo fatto di magia, allora?» chiese Erza, avvicinandosi
maggiormente a lei. Non c'era più lo sguardo allucinato e
raccapricciato di poco prima, anche se le spiegazioni erano state
misere e ridotto all'osso. Vederla così, per ciò
che era realmente,
non li allontanava nemmeno un po'.
«Io...»
mormorò, tornando a doversela vedere con quell'orrenda
sensazione di
essere qualcosa di estremamente diverso. «Sono il risultato
di una
magia antica e proibita. Una magia creazionale in grado di creare la
vita stessa... è qualcosa di totalmente innaturale e di una
complicatezza incredibile, tanto che praticamente nessuno era
riuscito a realizzarla fino in fondo, prima di mio padre. Nessuno se
non il mago nero Zeref, l’uomo che l’ha
ideata».
«Aspetta,
stai dicendo che...» cominciò Lucy, ma si
bloccò non sapendo bene
in che modo porre la domanda o cosa volesse chiederle. Ma Priscilla
riuscì come a leggerle nella mente e annuì, in
risposta a una
domanda che aveva solo pensato.
«Sono
stata creata con la magia e di magia sono costituita, nata da una
delle marionette di carta appartenenti a mio padre».
«È...
incredibile» mormorò Lucy.
«Esiste
davvero una magia in grado di fare questo?» chiese Levy,
guardandola
stupita.
«Perciò
il master non è veramente tuo nonno»
osservò Gajeel, beccandosi
per quell'osservazione un'occhiataccia da parte dei presenti. Come
poteva mancare così poco di tatto?
«Beh...»
ridacchiò lei, divertita dalla semplicità di
quella conclusione.
«No, tecnicamente possiamo dire di no, non avendo rapporti
sanguigni
che ci legano. Ciò non toglie che a darmi la vita
è stato Ivan, suo
figlio, perciò in qualche modo posso dire che sia mio padre.
No?»
chiese, titubante.
«Ora
dovremmo andare verso la gilda. Priscilla ha detto che deve
riposare»
disse Erza, cominciando a fare strada.
«Natsu
ha detto che sei immortale, è vero allora?» chiese
Gray, curioso,
affiancando l'amico che continuava a portare Priscilla su una spalla.
«Non
ti sembra abbastanza come dimostrazione?»
ridacchiò Priscilla,
indicando con un gesto del capo la spalla mancante. «In
realtà non
è esatto comunque, ci sono cose che possono uccidermi, ma
questi non
sono gli attacchi fisici. Anche se venissi completamente fatta a
pezzetti o disintegrata, ho come un centro energetico dentro me che
si rimette in moto e si rigenera, rimettendomi in piedi. È
difficile
da spiegare, ma in altre parole non sono fatta di materiale fisico,
ma solo magico ed energetico, perciò gli attacchi fisici non
possono
uccidermi».
«E
cosa può ucciderti, invece?» chiese Natsu, curioso.
«Natsu!»
lo rimproverò Gray, più sveglio dell'amico e in
grado di capire che
certe domande certo non erano da farsi. Priscilla sorrise, intenerita
ancora da quell'innocenza. Aveva però appena deciso che non
c'era
motivo di continuare a mentire, non in condizioni come quelle.
«Mio
padre» confessò infine.
«Eh?»
chiese Natsu, non capendo.
«Mio
padre può uccidermi. Sono nata dalla sua magia, in qualche
modo gli
appartengo e sono ancora legata a lui anche se posso godere di una
vita indipendente. Vedi, la magia da cui sono nata, il motivo per il
quale nessuno prima di allora era riuscito a portarla a termine
è
legato proprio alla fonte energetica. Voi umani la chiamereste
anima».
«Anima?»
mormorò Natsu.
«Non
è difficile, per chi impara a padroneggiare come si deve la
parte
tecnica dell'incantesimo, ricreare tutti i processi biologici
necessari alla vita. Il cuore, i polmoni, lo stomaco e, cosa
più
complessa, la mente. Un mago con una certa potenza può farlo
senza
intoppi, ciò nonostante ciò che veniva creato
terminata la magia
erano dei fantocci in grado di vivere ma che non potevano farlo.
Ciò
che mancava e che nessuno è mai riuscito a trovare era
l'anima: una
fonte energetica di base che fa funzionare il tutto. È come
avere a
disposizione una macchina perfettamente costruita, ma non avere il
carburante in grado di alimentarla».
«Credo
di cominciare a capire» annuì Gray.
«E
questo cosa c'entra con la tua morte?» chiese invece Natsu e
Priscilla non esitò a chiarire: «Mio padre
è riuscito a darmi la
vita perché ha trovato la risposta a questo eterno quesito.
Non
esiste una fonte energetica che possa autoalimentarsi, non in questo
genere di cose almeno» sorrise. «Il miracolo della
vita risiede nel
fatto che voi siete gli unici esseri al mondo ad avere una fonte
energetica autoalimentata. La vostra anima non ha bisogno di niente,
si rigenera da sola e resta sempre rigogliosa. Ma l'anima non si
può
creare, è impossibile. Perciò lui
trovò una via traversa: riuscì
a creare un collegamento spirituale tra lui e me. In questo modo la
mia fonte energetica nasce e arriva direttamente dalla sua, autentica
e reale, in grado di autoalimentarsi e contemporaneamente alimentare
anche me. In altre parole... vivo nutrendomi della sua magia e
così
riesco a tenere in moto i miei meccanismi interni».
«Se
lui tagliasse questo collegamento magico tra voi...»
osservò Gray,
rabbuiandosi. Priscilla annuì, concludendo:
«Consumerei presto la
mia energia residua e finirei col cadere a terra, come un fantoccio
qualunque. Una macchina privata del suo carburante. In termini
umani... morirei».
«Vivi
da sempre col terrore che lui possa da un momento a un altro decidere
di ucciderti senza motivo e trovandosi chissà dove non
sapresti
nemmeno quando aspettartelo» sibilò Levy,
impallidendo. «È
terribile!»
«Un
giorno potresti non svegliarti più e non sapresti nemmeno il
perché.
È come avere una catena intorno al collo, non sarai mai
libera del
tutto» commentò Erza, addolorata.
«Dobbiamo
trovare tuo padre e convincerlo a trovare un'altra soluzione! Lo
prenderemo a pugni, se necessario!» si animò
Natsu, pronto a
partire anche subito. «Natsu» ridacchiò
Priscilla, divertita dal
suo desiderio incontrollabile di aiutare il prossimo anche se non era
nelle condizioni di farlo.
«Stupido!»
lo rimproverò Gray «L'hai sentita? Suo padre
è la fonte della sua
vita, se fai del male a lui rischi di far del male anche a lei o di
spingerlo a tagliare il collegamento energetico per ripicca!»
«Eh?!»
sobbalzò lui, rendendosi conto solo in quel momento di una
così
tale ovvietà. «E allora che facciamo? Non esiste
una soluzione?»
chiese, panico in volto.
"Una
soluzione..." rifletté Priscilla, lasciando che la voce di
Natsu che litigava con quella di Gray diventasse solo un sottofondo.
"Wendy Marvell..."
«Ehy,
Priscilla?» la voce di Happy la destò dai suoi
pensieri e catturò
la sua attenzione. «Senti, ma se tu non hai un corpo di carne
e
ossa, ma solo di magia... perché mangi così
tanto?»
Aveva
appena rivelato il suo più grande segreto, aveva confessato
la sua
natura e la sua ancora enorme debolezza, il suo problema più
profondo, e ciò che incuriosiva invece Happy più
di ogni altra cosa
era sapere perché mangiasse tanto. La sua innocenza, il suo
candore,
erano come una pomata lenitiva sulle ferite. Riportava con i piedi
per terra, la faceva sentire... normale... a casa.
Gli
angoli della bocca si tirarono verso l'alto mentre una risata le
nasceva dal petto e pian piano le si diffuse su tutto il viso. Si
illuminò, dopo tutte quelle lacrime versate,
tornò a illuminarsi e
rise di una risata viva e liberatoria. Una risata che come un
uragano, piano piano, si espandeva e prendeva sempre più
nella sua
morsa. Tanto forte e coinvolgente che presto anche gli altri
compagni, intorno a lei, non riuscirono a non esserne coinvolti,
lasciando sfuggire le loro personali risate. Quella era Fairy Tail,
la gilda che suo nonno a lungo aveva provato a fargliela sentire come
una famiglia. Una gilda fatta di risate e amore, verso chiunque,
anche chi non aveva un vero cuore nel petto a battere e che dopo
qualsiasi difficoltà si ritrovava comunque a ridere e
divertirsi
tutti insieme.
«Priscilla!
Priscilla!» la voce di Romeo, il piccolo figlio di Macao,
anticipò
il suo arrivo. Dietro di lui correvano altri due bambini, suoi
amichetti, sicuramente. «Ce lo fai vedere,
Priscilla?» chiese con
gli occhi che brillavano.
«Romeo!
Piantala! Non è un fenomeno da baraccone!» lo
rimproverò suo
padre, diventando paonazzo per la vergogna e la rabbia nel vedere il
proprio figlioletto così sfacciato. Priscilla teneva un
bicchiere
nella mano sinistra, pieno di latte di cocco zuccherato e sedeva a
uno dei tavoli nel salone della gilda. Rimase immobile con la
cannuccia tra le labbra ancora qualche istante, guardando il bambino
che come un uragano era entrato nella gilda quella mattina inseguito
da una piccola folla di curiosi. Non si turbò alla
richiesta, benché
poco carina e delicata. Sorrise, divertita dalla loro innocenza, e
posò sul tavolo la propria bevanda.
«Cercate
però di non farvi venire gli incubi»
ridacchiò. Afferrò il
bottone che Levy le aveva cucito sulla maglia all'altezza della
spalla destra. Era stata molto carina in quella premura, pensando che
sarebbe stato poco sereno per lei girare senza un braccio per qualche
giorno le aveva procurato una manica da agganciare alla spalla
così
da nascondere quella specie di moncherino magico che ancora lavorava
ininterrottamente. Si sfilò la manica creata appositamente
per
nasconderla e mostrò ai bambini curiosi ciò che
c'era al di sotto
di essa: il braccio aveva cominciato a rigenerarsi appena sotto la
spalla e continuava ad emanare una luce bluastra mentre lentamente la
pelle, i muscoli e le ossa sopra di essa andavano formandosi. Non era
ancora guarita, benché fosse passata un'intera notte, e
probabilmente avrebbe avuto bisogno di qualche altro giorno per
riavere indietro il suo braccio per intero.
I
bambini sbarraro gli occhi di fronte a quella vista e la guardarono a
lungo, incantati.
«La
battaglia contro Laxus ha consumato molta della mia magia e la
restante è stata usata per rigenerare con
velocità il volto e il
petto, la parte più critica, ma ora comincia a scarseggiare,
per
questo è rallentato così tanto. In condizioni
normali avrei riavuto
indietro il mio braccio nel giro di poche ore»
spiegò lei,
giustificando la lentezza con il quale stava guarendo.
«Incredibile»
commentò Romeo.
«Sei
davvero la fata immortale, come diceva!» commentò
la sua amichetta,
dietro di lui.
«Fata
immortale?» si sorprese Priscilla chiedendosi da dove fosse
saltato
fuori quel soprannome. Lo trovò comunque carino, le scaldava
il
petto, perciò le sfuggì un sorriso.
«Ho
sentito che hai dato del filo da torcere a Laxus!» intervenne
un
altro.
«No,
non è vero» ridacchiò lei, imbarazzata.
«Sei
fortissima, allora!»
«Incredibile».
«Posso
avere il tuo autografo?» chiese un altro, tirando fuori un
fogliaccio da una delle tasche.
«Eh?!»
chiese Priscilla, ora rossa in volto per tutte quelle attenzioni.
«Non
importa quante missioni hai portato a termine, scommetto che sei la
più forte di tutte!» insistè un altro
bambino.
«Anche
più forte di Gildarts!»
«No,
non più forte di Gildarts» lo ammonì
uno di loro, poco convinto da
quell'ultima affermazione.
«Lei
è immortale, certo che è più forte di
Gildarts!» e i due
cominciarono a bisticciare tra loro su quelle teorie, mentre
Priscilla li guardava sempre più rossa in volto e
imbarazzata dalle
loro attenzioni e complimenti.
«Guardali:
Priscilla si è già fatta una piccola schiera di
fans» ridacchiò
Macao, osservando suo figlio e il suo gruppo di compagni che non
sembravano decisi a lasciarla in pace.
Erza
entrò nella sala in quel momento ed ebbe incredibilmente
tutte le
attenzioni rivolte su di sé, anche più del
solito. Era appena stata
nella stanza di master Makarov, dove lui era rimasto fino a quel
momento insieme a Polushka, la maga guaritrice. Il giorno prima,
proprio durante i combattimenti contro Laxus, aveva avuto un malore e
questo l'aveva costretto a letto, in pericolo. Ed ora tutti non
desideravano altro che sapere come stava.
«Grazie
a Polushka sembra che la sua vita non sia più in
pericolo» annunciò
lei. «Non preoccupatevi, il master è
salvo».
Un
coro di esultanza e gioia si alzò subito dopo e nessuno
impedì
l'inizio di una serie di brindisi e festeggiamenti rumorosi ed
euforici. Priscilla tirò un sospiro di sollievo e il viso le
si
distese, rilassato e tranquilla. Era stata da suo nonno non appena
aveva avuto la notizia, subito dopo che erano rientrati, ma Makarov
dormiva e lei aveva bisogno di riposare e riprendere energie.
Così
l'aveva lasciato nelle mani di Polushka, ma il turbamento non l'aveva
abbandonata nemmeno nella notte. Tornò a dare le sue
attenzioni ai
bambini che aveva di fronte che, allegri ancora più di
prima,
avevano ripreso con le domande e le curiosità.
«Priscilla!
Parteciperai anche tu alla parata?» chiese ancora uno dei
bambini.
«Anche
senza un braccio?»
«Che
figata! Potrebbe vestirsi da mostro o da demone!»
«Non
sarebbe molto carino» mormorò Priscilla,
imbarazzata.
«Oh!»
uno dei bambini si batté il pugno su una mano.
«Potrebbe infilarsi
un pupazzo al posto del braccio mancate e poi usare la magia del
vento per farlo muovere, così sembrerà che ha un
mostro che le esce
dal braccio, come fosse posseduta!»
«Questo
suona divertente!» commentò Priscilla,
improvvisamente interessata.
«Non
credo che sia quel genere di festival» mormorò una
delle bambine,
poco convinta.
«Dimmi
di più!» insistè Priscilla, ora
vagamente euforica all'idea.
«Potresti
farlo a forma di serpente!»
«O
di drago!»
«Sì,
così sembrerà che dal tuo corpo esce un
drago!»
«Fighissimo!»
commentò ancora Priscilla, sempre più entusiasta.
«Ripeto
che non penso sia quel genere di festival» insistè
la bambina.
Le
voci intorno a lei si fecero improvvisamente più basse, fino
a
zittirsi del tutto e questo fu tanto strano che distolse la sua
attenzione dal piccolo esercito di fan che aveva davanti. Si
voltò,
a guardare cosa stesse succedendo. Ebbe un tuffo al cuore e
improvvisamente l'intero mondo parve ammutolirsi, persino nei suoni.
Laxus
era appena entrato nella gilda. Ricoperto di bende, un braccio
ingessato, camminava fiero come se niente fosse successo.
Ma
non era così, il suo volto benché cupo e serio,
non trasmetteva la
solita arroganza di sempre. Sapeva perfettamente che stava entrando
in territorio nemico, aveva lo sguardo di chi se lo sarebbe
risparmiato volentieri, ma c'era una faccenda che necessitava della
sua presenza.
«Laxus!»
brontolò Macao.
«Ehy,
tu!» ringhiò Wakaba, infastidito dal suo ignorarli.
«Dov'è
il vecchio?» chiese Laxus, ignorando le brontolate e i
parlottii che
gli davano contro.
«Come
osi?» lo rimproverò Jet.
«Con
quale faccia ti presenti dal master?» gli diede corda Droy.
Non ci
volle molto che anche tutti gli altri presero a urlargli contro
insulti e minacce di svariato genere. Priscilla sgranò gli
occhi e
si guardò attorno, ascoltando tutto ciò che
quella gente aveva da
dire su suo fratello. Tremò mentre sentiva gli occhi
bruciarle
sempre più.
Quanto
aveva lottato per far sì che lui potesse sempre avere una
casa dove
tornare. Quanto aveva lottato per poter proteggere Laxus, persino da
se stesso. Aveva promesso che l'avrebbe riportato a casa, che avrebbe
assicurato sempre un posto per lui, che mai gli avrebbe fatto mancare
i sorrisi che tanto gli piacevano. Niente di tutto quello era
riuscita ad ottenere.
"Ho
fallito" realizzò in quell'istante. Anche se Laxus aveva
ricordato, anche se aveva smesso di volgere loro sguardi e parole di
odio e disprezzo, non era riuscita a riportarlo indietro come
desiderava. Come avrebbe aggiustato tutto quello? Come avrebbe potuto
ritornare al passato, quando per loro non c'erano altro che risate ed
avventure.
«Priscilla»
mormorò Romeo, guardando con preoccupazione il volto della
ragazza
ora solcato di lacrime. Quando aveva cominciato a piangere?
«Ora
basta!» la voce di Erza, riuscì a rompere quel
maleficio. L'intera
gilda si zittì, obbediente e intimorita
dall'autorità della fata
più forte dell'intera Fairy Tail. «È
nell'infermeria, in fondo»
disse lei e facendosi da parte fece passare Laxus.
«Laxus!»
la voce di Natsu, nascosta da alcune bende, ma comunque udibile.
«Questa volta è stato sleale, eri già
affaticato, non mi sento
soddisfatto! La prossima volta ti sfiderò lealmente e ti
batterò,
Laxus!» ringhiò, infastidito all’idea
che prima di lui avessero
già messo mano allo scontro sia Mistgun, che Erza che
Priscilla.
Quando lui era intervenuto dando il colpo di grazia Laxus non era
certo più nelle sue migliori condizioni e questo non
stabiliva chi
dei due fosse realmente più forte. Laxus però lo
ignorò e lo
superò, scatenando l’ira del ragazzo per
l'arroganza che ancora
sembrava dimostrare. Ma poi un segno, una piccolezza...
bastò.
Laxus
alzò uno mano, anche se di spalle, a volerlo salutare e
soprattutto
a confermare che l'aveva sentito ed era ben disposto ad accettare la
sfida. Era passato tutto, quella follia e quel rancore che per anni
l'avevano accecato ora non c'erano più. Ora restava la
vergogna e le
proprie responsabilità da raccogliere con quel poco di
dignità
rimastogli, non aveva altra scelta.
Priscilla
si alzò dal suo sgabello, riabbotonandosi rapidamente la
manica per
coprire il braccio ancora in crescita, e gli corse dietro.
Sbatté un
paio di volte contro qualcuno, ma lo ignorò, neanche
riusciva a
vederli dietro l'appannamento delle proprie lacrime.
«Priscilla»
mormorò Lucy, vedendola, ma anche lei fu ignorata. Non ebbe
coraggio
neanche di riprovarci, non dopo tutto quello che era successo.
Priscilla
voltò l'angolo del corridoio e chiamò repentina:
«Laxus!»
Lui
aveva già la mano sulla maniglia della porta
dell'infermeria,
abbassata in parte. Si fermò, sentendola, ma non si
voltò nemmeno a
guardarla. Aprì ed entrò.
«Aspetta!
Laxus!» provò a richiamarlo lei, avvicinandosi
alla porta per
entrare e riuscire finalmente a parlargli. Ma qualcosa glielo
impedì,
un sentimento in fondo al petto, non seppe cos'era ma le bloccava la
mano. Frustrata e colma di dolore si portò una mano alla
fronte e
strinse gli occhi, provando ancora una volta a impedire alle lacrime
di avere la meglio. Fece dei grossi respiri e infine si
voltò,
poggiando la schiena a quella porta che Laxus aveva appena messo tra
loro. Si lasciò cadere a terra, dove si sedette, e
restò lì, con
la schiena aderente alla porte a la testa sollevata. Da dentro la
stanza poteva sentire la sua voce e quella di suo nonno, quelle
pareti non erano poi così spesse.
«Ti
rendi conto di quello che hai fatto?» chiese Makarov, ma da
parte di
Laxus non venne risposta. «Guardami negli occhi»
ordinò Makarov,
prima di riprendere: «Capisci, le gilde sono luoghi dove gli
amici
si riuniscono, sono luoghi dove puoi lavorare e per i ragazzi senza
un posto dove andare possono essere una casa. Non sono cose che puoi
possedere. Far parte di una gilda vuol dire innanzitutto nutrire
fiducia e stima verso i propri compagni. Si tratta di un legame
solido e duraturo, più di ogni altra cosa. Tu hai mancato di
rispetto ai tuoi compagni e hai attentato alla loro vita. Tutto
ciò
non può essere perdonato».
«Lo
so bene» la voce di Laxus, che finalmente rispondeva, con
tono
abbattuto e consapevole. Da quanto tempo non lo sentiva così
vulnerabile? Era veramente pronto ad accettare ogni cosa, aveva
finalmente capito e soprattutto aveva finalmente ricordato. Era
tornato veramente il Laxus di un tempo?
«Volevo...
solo rendere questa gilda più forte»
confessò.
«Sei
un tontolone» gli disse Makarov, non riuscendo a trattenere
quell'affetto che nonostante tutto lo legava ancora al suo amato
nipote. «Prova a rilassarti un po', d'accordo? Se ci
proverai, forse
riuscirai a vedere cose che ora non puoi vedere. Sentirai parole che
non hai mai sentito. La vita è molto divertente! E anche se
ora come
ora fai sicuramente fatica a crederlo, c'è ancora qualcuno
che non
desidera altro che vederti sorridere».
Laxus
non rispose, ma abbassò lo sguardo, consapevole di chi
stesse
parlando. Davvero lei desiderava ancora vederlo sorridere, dopo tutto
quello che le aveva fatto? Come poteva?
Makarov
socchiuse gli occhi e riprese a parlare. «Mi ha chiesto di
farle una
promessa, tanto tempo fa. Lei si sarebbe presa carico di ogni
responsabilità fino a quando non fosse riuscita a farti
rinsavire e
io avrei dovuto perdonarti ogni cosa, fino ad allora. Una promessa
superflua, visto che la maggior parte delle volte lo facevo per la
mia volontà e desiderio. Farvi crescere era la mia unica
ragione di
vita. Non hai bisogno del potere, non devi essere intelligente. Non
desideravo altro che farvi stare bene. Era tutto quello che volevo.
Laxus...» mormorò con il dolore nella voce. E
infine solenne, ma
incapace di trattenere il dolore per sé, recitò
con eccessivo
sforzo: «Sei espulso».
Priscilla,
fuori dalla porta, ebbe un tuffo al cuore. Non poteva farlo... lui
aveva promesso, non poteva farlo! Ci era riuscita, l'aveva fatto
tornare, perché doveva rovinare tutto... come poteva lei
andare
avanti, senza più una ragione di vita? Lo stomaco prese a
farle un
male cane e strinse i pugni mentre il fiato si faceva sempre
più
pesante.
«Già...
perdonami per il disagio» si limitò a dire Laxus,
col tono di chi
avrebbe accettato persino la pena di morte.
«Vecchio...» mormorò,
titubante. «Ti chiedo solo un ultimo favore».
«Non
sei nelle condizioni di avanzare richieste»
mormorò lui, con la
voce rotta dal dolore che cercava a tutti i costi di nascondere.
«Lo
so...» non riuscì a dire altro, ma il suo tono di
voce abbattuto
convinse Makarov ad ammorbidirsi almeno su quello. «Cosa vuoi
chiedermi?»
«Impediscile
di seguirmi» un altro colpo al cuore colpì
Priscilla fuori dalla
porta, in grado di sentirlo. «Ride molto quando è
con voi. Io l'ho
già fatta soffrire abbastanza».
"La
guardavi sempre, vero... Laxus?" rifletté Makarov, ormai
succube della lacrime e incapace di fermarsi. Nonostante lui le
volgesse sempre le spalle, tutte le volte che la incrociava, di
nascosto poi voltava lo sguardo nella sua direzione e la osservava.
Vederla comunque felice chissà che comunque non lo
rasserenasse,
nonostante l’apparente odio che ostentava. Makarov gli tenne
le
spalle, l'unico modo che aveva per mantenere la propria
severità e
dignità, e si limitò ad annuire con un verso
gutturale, prima di
insistere: «Adesso vattene!»
«Certo»
sorrise Laxus, voltandosi e appoggiando la mano sulla maniglia della
porta. «Abbi cura di te, vecchio»
mormorò infine, prima di uscire.
Chiusa
la porta alle spalle, lasciato Makarov solo con i propri singhiozzi,
si trovò di fronte l'ultimo fardello che avrebbe dovuto
affrontare
quel giorno: Priscilla era in piedi di fronte a lui, piangeva tanto
che tremava dallo sforzo e stringeva quell'unico pugno rimastole, col
braccio ben teso lungo il corpo.
La
guardò a lungo, senza proferire parola, aspettando che fosse
lei a
rovesciargli addosso tutto ciò che voleva e che,
soprattutto,
doveva. Ma lei continuò a piangere e tremare, sotto uno
sforzo che
sembrava volesse spezzarla a metà.
«Non
andare» riuscì infine a sibilare con quel poco di
voce che aveva.
Non rispose: certo non c'era bisogno che fosse lui a ricordarle che
l'ordine di esilio del master non era discutibile. «Ti
prego»
fischiò ancora con la voce sotto uno sforzo incredibile. Ma
lui
ancora non rispose, non sapendo bene cosa dirle.
«Non...»
provò a parlare ancora, ma la voce gli morì in
gola e la costrinse
a deglutire.
«Cerca
di non fare troppi pasticci, ok?» le disse Laxus
semplicemente, in
quella che doveva essere una frase di commiato. La stava ignorando.
Ignorava le sue richieste, le sue preghiere, le sue lacrime...
ignorava le sue parole. Laxus si voltò, pronto a tornare sui
suoi
passi e andarsene, ma lei si mosse rapidamente e con quell'unica mano
rimastole l'afferrò per il colletto e lo spinse contro al
muro alle
sue spalle. Il braccio teso, il pugno ben serrato sul suo colletto,
un gesto minaccioso che dava sfogo alla sua rabbia e frustrazione. Ma
più che per quello, era perché era disperata e
sapeva che l'unico
modo per riuscire ad avere la sua attenzione era facendo ricorso alla
forza. Strinse i denti e continuò a tremare, mentre teneva
Laxus ben
premuto contro il muro con il pugno rigido. Non che lui facesse
nemmeno niente per liberarsi, ma si limitò a guardarla con
una
piccola nota di curiosità nel volto. Quell'atteggiamento non
era da
lei e sicuramente non lo era nemmeno in quel momento, visto lo sforzo
che stava facendo.
«Non
puoi lasciarmi di nuovo indietro dopo tutto quello che è
successo»
ruggì furiosa. «Non puoi impedirmi di venire con
te, non te lo
permetto! Non puoi decidere per me!»
«Origliare
non è buona educazione, lo sai?» le disse lui,
accennando un
sorriso intenerito e divertito. Aveva passato così tanto
tempo ad
odiarla che si era dimenticato cosa significasse parlarle
normalmente. Aveva dimenticato quanto fosse piacevole e carina,
persino quando si arrabbiava in quel modo. Aveva dimenticato...
quanto le fosse affezionato. Quella bambina cupa, sempre triste e
spaventata, che aveva deciso di prendere per mano e portarsela
dietro, ad esplorare il mondo. Quella bambina a cui aveva insegnato
tanto, ricordava come lo guardava quando lui le raccontava qualche
storia d'avventura... che fosse reale o inventata non le importava
mai, lei lo trovava talmente incredibile che credeva a tutto
ciò che
lui le raccontava, anche le cose più assurde. Lo sguardo
ammirato,
amorevole e felice che rivolgeva sempre nella sua direzione. Quel
sorriso che allargava in ogni occasione, persino quando nei cinque
anni precedenti lui non aveva fatto altro che odiarla. Priscilla non
aveva mai smesso di sorridergli. E ora era diventata tanto forte da
riuscire a metterlo in difficoltà in una lotta alla pari,
non più
inerme a prendere cazzotti, era stata davvero incredibile. Quella
ragazzina sempre spaventata ed esitante, che lo temeva più
di ogni
altra cosa nonostante lo ammirasse alla follia, ora l'aveva preso per
il colletto e gli stava addirittura urlando contro. Quanta forza,
quanta energia, quanta bellezza e quanto animo era riuscita a tirare
fuori mentre lui non guardava?
«Se
tu te ne vai...» singhiozzò e ammorbidì
la presa su di lui, non
riuscendo più a sostenere quel profilo aggressivo e
imperativo.
Faceva troppo male per trovare la forza di imporsi. «Quale
sarà il
mio scopo di vita, se tu te ne vai?»
Lo
lasciò andare, trovandosi di fronte alla
necessità di asciugarsi le
guance ora troppo pregne di lacrime. Si strofinò un occhio e
cercò
di asciugarlo, ma non faceva in tempo a togliere le lacrime che
queste si riformavano e tornavano.
"Lo
scopo di vita" rifletté Laxus, sentendo una fitta
all'altezza
del petto. Lei era stata creata con l'unica ragione di venir
picchiata da lui, per potersi allenare e rinforzare. Lei era stata
creata appositamente per lui. Era questa l'unica cosa che riuscisse a
pensare in quel momento. Ci aveva riflettuto tutta la notte e ancora
non riusciva a realizzare che Priscilla, quella che da sempre aveva
considerato una sorella, altro non era che una marionetta a cui erano
stati sbrigliati i fili e a cui era stato dato un compito infimo e
disumano. Pensarci lo riempiva di rabbia verso il padre che aveva
osato farle una cosa del genere e verso se stesso, che mai si era
ricordato della verità e che aveva influenzato tanto la sua
vita da
portarla alle lacrime così tante volte. Ma Natsu, con la sua
semplicità, era stata la sua salvezza e sapeva che sarebbe
potuto
esserlo ancora.
Priscilla
amava, soffriva, rideva e soprattutto cresceva... non era una
marionetta, forse lo era stato in passato, ma ora chi aveva di fronte
era tutto tranne che una marionetta priva di una vita propria.
Avrebbe trovato altre ragioni di vita, come tutti gli esseri umani.
Era forte abbastanza da riuscirci, ora.
Le
posò una mano sulla testa, in una carezza affettuosa.
«Sei
cresciuta davvero tanto, Pricchan» le disse.
Un
gesto, una frase, un soprannome e un tono di voce che per anni non
erano stati altro che un ricordo e un sogno. Quanto tempo era passato
dall'ultima volta che era stato gentile con lei? Era veramente
tornato? Era veramente di nuovo il Laxus dei suoi sogni più
dolci.
Le concesse un timido sorriso, altro piccolo dono di arrivederci di
cui lei fece tesoro, riempiendosi di una felicità
incontenibile.
Smise di singhiozzare e di tremare e, anche se le lacrime
continuavano a scendere, ora avevano un sapore ben diverso. Lo
guardò
mentre infine si allontanava.
Un
nuovo calore nella pancia, mentre la disperazione scemava portando
con sé l'idea di lasciare la gilda e seguirlo, ovunque
sarebbe
andato. Lui desiderava vederla ridere ancora insieme a quelle
persone. Sarebbe stato quello il suo nuovo scopo? Realizzare il suo
desiderio e restare lì, a ridere insieme a loro.
Sì, poteva farlo.
Se la speranza era di poter di nuovo, un giorno, ricevere un'altra di
quelle carezze e di sentirlo così dolce nella voce allora
avrebbe
potuto affrontare anche altri cento anni di lotte e solitudine.
Cinque anni di sofferenze... ma ne era comunque valsa la pena.
Laxus
era tornato.
Si
portò il braccio agli occhi e rapidamente si
asciugò le lacrime con
una determinazione quasi selvaggia. Sforzò il viso, ogni
singolo
muscolo, e riuscì a riprenderne la padronanza.
«Laxus!»
chiamò, tornando nella sala. Lui era già quasi
alla porta, oltre al
quale il cielo azzurro lo avrebbe accolto e per un po' le avrebbe
impedito di vederlo ancora. Non era la prima volta che scendeva a
patti con il tempo. Poteva farcela. Sapeva che quello non era un
addio, lo sentiva, doveva solo pazientare ancora un po'.
Laxus
si fermò e voltò appena la testa, per guardarla,
ma senza voltarsi
completamente. Priscilla lasciò andare un sospiro profondo,
per
calmarsi e ritrovare il controllo, e infine si aprì in un
ampio
sorriso. Non era uno dei suoi migliori, le sopracciglia erano ancora
aggrottate per lo sforzo, e il dolore minacciava di riprendere il
controllo da un momento a un altro, i muscoli si tendevano
incredibilmente per lottare contro la tristezza, ma comunque
riuscì
a sorridere.
«Allora
io ti aspetto qui».
Un
compromesso, più una certezza: sarebbe rimasta, avrebbe
accettato la
sua richiesta, ma loro un giorno si sarebbero incontrati di nuovo. Ne
era sicura.
Avrebbe
aspettato.
Il
festival quella sera fu pieno di musica e colori, la gente per le
strade applaudiva e rideva divertita. La parata di Fairy Tail era in
corso, con la sua spettacolarità e grandezza. Ogni carro era
una
sorpresa e una meraviglia che lasciava tutti a bocca aperta. Un primo
carro con Cana che faceva volare le sue carte, in una scia di colori
e luci. Lucy, Bisca e Levy che ballavano e sventolavano bandiere.
Elfman trasformato in bestia ruggiva, pericoloso, mentre Mira sulla
sommità di una torre salutava come una principessa. Gray e
Lluvia
avevano dato vita a un castello di acqua e ghiaccio, con fontanelle e
spruzzi. Erza che faceva roteare le sue spade in maniera
coreografica, ballando insieme ad esse. Natsu dietro l'ennesimo carro
camminava con orgoglio, lasciandosi alle spalle una scia di fuoco e
infine, alzando la testa al cielo, sparò lettere di fuoco
scrivendo
il nome della loro gilda. Sul carro successivo Priscilla si
alzò per
aria roteando come una ballerina, tenendo alzato l'unico braccio che
ancora aveva. Un mantello e un costume ad hoc nascondevano la sua
momentanea infermità, era bene tenerla nascosta per quanto
fosse
possibile. Un soffio di vento le fece svolazzare abiti e capelli e il
vestito, mosso dal suo vento, si aprì sulla schiena come ali
di
fata, incarnando così il nome della loro gilda. La sua
capacità di
volare la rendeva perfetta per quel genere di scenografia.
Volò
sopra la testa delle persone a bordo strada e rilasciò su di
loro
una polvere dorata, per poi svolazzare di carro in carro e fare
altrettanto, aggiungendo così un pizzico di glitter ovunque
passasse. Fu il turno del master Makarov, con un ridicolo costume da
gatto, salutava e si agitava nelle sue movenze goffe e a tratti
ridicole. Ma d'un tratto Priscilla gli volò a fianco e lui
assunse
un'espressione seria e decisa. Alzarono in contemporanea il braccio
verso l'alto, il dorso in avanti, l'indice a puntare il cielo e il
pollice aperto, come fosse una pistola. E uno dopo l'altro, l'intera
gilda si unì a quel gesto apparentemente senza senso e
innocuo, ma
invece tanto significativo.
Erano
passati così tanti anni, eppure non lo avevano dimenticato.
Il primo
anno della parata di Laxus e Priscilla.
«Andiamo
a vedere la parata anche quest'anno?» aveva
chiesto lei, innocente e quasi intimorita. A quel tempo lo era
sempre, ancora agli albori della sua vita da umana. «Sarà
più bella dell'anno scorso, ne sono certo!» aveva
detto Laxus, entusiasta, trascinando sua sorella, tenuta per mano,
incontro al loro nonno. «Nonno!
Parteciperai anche quest'anno?» gli
aveva chiesto.
«No,
Laxus. Quest'anno tocca a voi, sarà il vostro esordio. Io vi
guarderò dal pubblico» aveva
risposto lui e Priscilla era diventata ancora più agitata
del
solito. «Possiamo
davvero fare una cosa del genere?»
«Ma
se tu resti tra il pubblico io non sono sicuro che potremo
vederti»
aveva
brontolato Laxus, triste all'idea di non poter stare insieme a suo
nonno in un giorno come quello. «Forse
potremmo fare qualcosa durante la parata per mandargli un
messaggio»
aveva
suggerito timida, Priscilla. Laxus si era illuminato per la bella
idea e aveva inventato quello stesso gesto che ora vedeva fare a
tutti loro.
«Significa
che anche se non saprò dove sei, io ti vedrò
sempre».
Non
sapevano dove si trovava, ma sapevano che Laxus era sicuramente
lì,
da qualche parte, a guardarli. E loro sarebbero per sempre rimasti
con lui, anche se lontani.
"Ti
aspetto qui... Laxus" e con quel pensiero finalmente Priscilla
potè lasciarsi andare a uno di quei sorrisi aperti e
luminosi che
solo lei era in grado di fare. Uno di quei sorrisi che proprio Laxus
le aveva insegnato.
|
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Capitolo 10 *** Un posto per me ***
Un
posto per me
La
vita a Fairy Tail era tornata presto normale, o quasi. Era passata
una settimana dal festival del raccolto e dall'espulsione di Laxus
dalla gilda. Priscilla aveva finito di rigenerare il proprio braccio
nel giro di un paio di giorni, i quali li aveva passati a dormire per
la maggior parte. La magia che la componeva si sforzava molto in
quell'operazione, l'affaticava, ma come aveva annunciato, terminato
il periodo di degenza, era tornata esattamente come prima. Svolazzava
per la gilda, incapace di appoggiarsi su sedie o sul pavimento,
rideva, incitava le risse che a quanto pareva la divertivano molto ed
era tornata a sorridere luminosa come sempre. Sembrava non portare su
di sé i segni di quei terribili eventi e dell'addio a suo
fratello,
ma in verità Lucy la vedeva spesso la sera seduta a un
tavolino da
sola, con lo sguardo rivolto al cielo, pensierosa. Era così
triste
vederla in quello stato di apparente serenità, soprattutto
dal
momento che era ovvio a tutti quanta nostalgia provasse ogni giorno
di più.
I
Raijinshuu si erano uniti e aperti sempre più al resto della
gilda,
ora che le loro ostilità erano cessate. Fried aveva
cominciato a
sorridere, Bickslow si divertiva a importunare Lucy, mentre Evergreen
si vantava della sua bellezza e pretendeva che il povero Reedus la
dipingesse... in continuazione.
Era
stato Fried, allora, il primo ad avvicinarsi a Priscilla anche se
dietro di lui la guardavano con un certo timore anche Bickslow e
Evergreen. Aveva indicato la sedia di fronte a lei, in uno dei
momenti in cui era seduta a guardare fuori dalla finestra, e aveva
chiesto educato: «Posso?»
«Certo»
aveva sorriso lei, cordiale e gioviale come sempre. «Tu sei
uno
degli amici di mio fratello, Fried giusto?» aveva chiesto
conferma
del nome solo per potersi presentare. Ufficialmente non l'avevano mai
fatto, i Raijinshuu erano nati poco dopo che Laxus le aveva voltato
le spalle.
«Non
abbiamo mai avuto modo di conoscerci come si deve»
annuì Fried.
«Scommetto
che nemmeno sapevate di me» ridacchiò lei.
«Laxus avrà negato
persino la mia esistenza».
«In
verità...» iniziò Fried un po' in
imbarazzo. «Era proprio di
questo che volevo parlarti. Laxus è una persona orgogliosa,
difficilmente ammetterà di avere certe debolezze, ma stando
molto
tempo con lui si è in grado di imparare a leggergli negli
occhi. E
io credo che in realtà ti fosse molto affezionato,
nonostante le
parole che ti rivolgeva». Priscilla non rispose ma gli diede
la sua
completa attenzione e lui proseguì: «Se la
prendeva con te più che
con chiunque altro, quando iniziava a parlare di cosa non andava
nella gilda tu eri sempre un punto cardine, anche se confesso non
erano cose carine quello che diceva ma comunque eri importante. Credo
che il motivo per il quale non sopportasse incrociarti fosse
perché
lo costringevi a scontrarsi con qualcosa che non voleva vedere, dei
tentennamenti che lo facevano sentire debole. Ma le volte che
capitava che vi incrociavate, dopo che poi te ne andavi per un po'
diventava calmo e sereno. Io credo che fosse il vedere che in fondo
stavi bene a tranquillizzarlo e quando questo succedeva, spesso
passava il resto della serata proprio come stai facendo tu. Seduto
vicino a una finestra, il volto appoggiato alla mano e lo sguardo al
cielo».
Priscilla
aveva sorriso, colta dalla tenerezza, e aveva infine confessato:
«Grazie Fried. Ho sempre fatto il possibile in questi anni,
con quel
poco che mi era concesso, per cercare di calmare e rasserenare il suo
animo turbato, ma non ricevevo riscontri positivi in nessuna
occasione. Molte volte ho creduto che fosse tutto inutile e che avrei
dovuto rinunciare, ti confesso. Queste tue parole mi fanno capire che
non è stato così, mi rincuorano».
«Viviamo
la stessa angoscia in questi giorni, tu e noi. Tornare alla
normalità
è bello e ci rallegra, ma quel vuoto non se ne
andrà facilmente e
nessuno qui dentro può capirlo meglio di noi. Ho pensato
fosse
giusto tenderci la mano».
Priscilla
l'aveva guardato qualche secondo, metabolizzando quanto lui avesse
detto: se c'era qualcuno che al mondo amava Laxus quasi quanto lei
sicuramente quelli erano i suoi amici, che l'avevano accompagnato in
quegli anni in cui lei non poteva farlo.
«Fried»
sorrise, prima di arrossire un po', imbarazzata da quanto avrebbe
detto ma sentendo necessario farlo. «Grazie che gli siete
stati
vicini mentre io non potevo. Sapere che non era solo era l'unica
felicità che ho avuto in questi cinque anni».
«È
stato un vero onore e piacere» annuì Fried.
Bickslow trovò
finalmente il coraggio di farsi avanti e intervenire, o forse aveva
solo aspettato che il loro portavoce finisse per poter dire la sua.
Si sedette pesantemente a fianco di Priscilla e le avvolse il collo
in un abbraccio amichevole anche se invadente.
«Glielo
hai raccontato dell'attacco di Phantom?» chiese a Fried.
Priscilla
si era stretta nelle spalle, intimorita e imbarazzata per quel
contatto invadente da parte di quello che non solo era uno
sconosciuto ma anche un ex nemico. Lucy le aveva raccontato delle
cose inquietanti su quel tipo, visto che era stata lei a scontrarsi
con lui e sconfiggerlo... le faceva venire i brividi.
«Non
penso sia necessario raccontare ogni singolo evento» disse
Fried,
guardando con imbarazzo l'amico.
«Per
una donna dal cuore spezzato non c'è miele più
dolce che sapere che
l'uomo della sua vita in realtà non ha mai smesso di pensare
a lei.
È romantico» intervenne Evergreen, prendendo posto
alla destra di
Priscilla.
«Uomo
della sua vita? Che tipo di rapporto pensate che abbiamo io e
Laxus?»
sussultò Priscilla. «Ciò non toglie che
la fata di Fairy Tail sono
io e non sopporto che tu abbia messo su quell'esibizione durante la
parata! Non azzardarti mai più a prendere il mio posto,
capito?!»
la fulminò Evergreen ignorando la sua domanda.
«M-mi
dispiace» balbettò Priscilla, accennando un
sorriso sempre più
nervoso.
«Allora
glielo racconto io!» annunciò Bickslow
stringendosi ancora di più
Priscilla al petto. «È successo dopo la chiamata
di Mira, quella
con la Lacryma di comunicazione» ricordava eccome quella
chiamata,
era stata straziante. «Fried ha il cuore tenero in
fondo» continuò
Bickslow e Fried intervenne, offeso, con: «Non ero l'unico
preoccupato!»
«In
verità, anche se rispettavamo la scelta di Laxus di non
intervenire,
pensavamo che nessuno di voi sarebbe stato adatto a vedersela con
Phantom. Vi credevamo tutti delle schiappe!» rise e Priscilla
non
poté che rispondere con un sorriso profondamente a disagio.
«Così
abbiamo parlato a Laxus dei nostri dubbi: "se lasciamo che se la
sbrighino loro finiranno col far distruggere la gilda, quelle
schiappe inutili" dicevamo. "Vogliamo davvero lasciare che
affossino così la gilda che ti spetta di diritto? Ti
ricopriranno di
vergogna"».
«Che
grande fiducia che avevate in noi» balbettò
Priscilla, ironica.
Bickslow rise ancora più forte, tanto da lanciare indietro
la testa
e far uscire la lingua. Quel tipo era veramente psicopatico, forse
proprio per questo tra tutti era quello che cominciava a stargli
più
simpatico. Era divertente.
«"Tanto
c'è Priscilla con loro"» disse Evergreen, con un
sorriso sulle
labbra. «È così che ha detto! "Tanto
c'è Priscilla"».
Priscilla
sgranò gli occhi, sorpresa da quella storia. Durante la
chiamata di
Mirajane non aveva fatto che insultarla e scoraggiarla, mostrando
astio e odio ancora una volta. Aveva creduto davvero di averlo perso
per sempre e di essere sola, invece ora veniva a scoprire che, anche
se ostile, non aveva mai smesso di credere in lei tanto da averle
lasciato le sorti della gilda nel peggiore dei momenti che Fairy Tail
avesse mai vissuto. Non la credeva veramente stupida e debole, era
solo arrabbiato. Se l'era sempre ripetuto, razionalmente riusciva a
crederci, ma il cuore aveva abbandonato la fiducia ormai da molto
tempo e spesso si era sentita chiusa in una morsa fredda e buia.
Quelle parole davano tutto un altro sapore a quei ricordi che aveva
già classificato come i peggiori della sua vita.
«Ecco
fatto...» mormorò Fried, sconsolato, guardando
Priscilla increspare
le labbra e gli occhi inumidirsi. «L'avete fatta piangere,
visto?»
«Sì
ma sono lacrime di gioia e d'amore!» insistè
Evergreen, ondeggiando
felice.
Priscilla
lasciò andare un verso infantile, un pianto lamentoso e
bambinesco,
prima di confessare proprio come una bambina a cui era stato tolto il
dolcetto: «Mi manca tanto Laxus». Evergreen la
seguì con
un’immediatezza sorprendente, scoppiando a piangere come una
disperata insieme a lei. L'abbracciò tanto forte che le loro
guance
si schiacciarono l'una contro l'altra, e pianse un disperato:
«Anche
a me!»
"Perché
hanno dovuto dirle queste cose?" pensò Fried, guardandole
con
disagio.
«E
ti dirò di più!» insistè
Bickslow, per niente frenato da quello
che stava succedendo, ma sembrava anzi divertirsi a infierire ancora
di più. «Il giorno prima del festival ha picchiato
il Dragon Slayer
del ferro, quel Gajeel, te l'avranno detto. Se l'è presa con
lui
perché ha messo in cattiva luce la sua gilda, era furioso,
ma è
scattato in piedi per andare a cercarlo solo quando ha sentito
qualcuno dire che era stato lui a mandarti all'ospedale».
Priscilla
urlò ancora di più a quell'ultima rivelazione e
strinse Evergreen
più forte, mentre lei le andava ancora dietro, aumentando a
sua
volta la potenza dei suoi pianti e lamenti.
«Ma
tu lo sapevi già, perché adesso fai queste
storie?» chiese Fried
alla donna, sempre più scoraggiato dalla scena mentre
Bickslow se la
rideva bella grossa, divertito.
«Mi
viene da piangere nel sentire lei piangere, non posso farci
niente»
disse Evergreen biascicando le parole mentre continuava a frignare e
singhiozzare.
«Comunque!»
disse Fried con fervore, puntando un dito contro l'accoppiata
Evergreen e Priscilla. «Noi Raijinshuu dopo
un’attenta riflessione
siamo giunti a una conclusione!»
La
determinazione e l'imperatività con cui stava parlando
attirò
l'attenzione di Priscilla tanto che riuscì a farla smettere
di
frignare. «Da oggi sei la nostra protetta!»
«Eh?!»
sobbalzò Priscilla, già preoccupata.
«L'amata
sorellina di Laxus è anche la nostra amata
sorellina!» gli diede
corda Bickslow scompigliando i capelli di Priscilla tanto forte da
strappargliene un paio accidentalmente. «È
sicuramente questo il
motivo per cui non ci ha permesso di seguirlo nel suo esilio! Voleva
che restassimo qui a badare a te. Soddisferemo le tue ultime
volontà,
Laxus!» disse Fried con enfasi.
«Non
è mica morto...» mormorò Priscilla, a
disagio per quella
situazione. «Sentite, apprezzo molto la vostra gentilezza,
sono
sicura che Laxus abbia scelto i migliori del mondo come compagni e
amici, ma io non ho bisogno di protezione. Vi ringrazio
comunque»
disse cercando di essere gentile e pacata.
«Allora
saremo i tuoi seguaci, piccola Laxus seconda!»
insistè Fried,
sempre più euforico. «Non mi chiamo Laxus
seconda...» balbettò
lei, sempre più in difficoltà.
«Le
tue ombre!» gli diede corda Evergreen.
«Credo
che voi abbiate bisogno di aiuto» provò ancora a
dire Priscilla,
rendendosi conto che non era tanto lei a stimolarli a seguirla quanto
il bisogno di avere un secondo Laxus a cui fare riferimento... e lei
essendo sua sorella, era la cosa che ci si avvicinava di più.
«Non
preoccuparti, piccoletta! Ci pensano i Raijinshuu a te!»
disse
Bickslow, tornando a torturarle la testa.
«Santo
cielo, Laxus... proprio a me dovevi lasciarli questi tipi?»
mormorò
lei, ormai rassegnata. Nonostante cercasse di trovare almeno un
accordo, loro non ascoltavano nemmeno ciò che aveva da dire.
Non che
le dispiacesse avere gente intorno, Fairy Tail con i loro membri
rumorosi e invadenti era davvero divertente, ma semplicemente aveva
un brutto presentimento su quella situazione.
«Ascoltate
tutti!» la voce di Cana si fece improvvisamente forte e
euforica.
«Lucy non ha un fidanzato!» gridò,
mentre la ragazza al suo fianco
si agitava, rossa in volto. «Chissà di cosa
stavano parlando»
ridacchiò Priscilla, divertita dalla scenetta.
«Povera
ragazza, scommetto che non ne ha mai avuto nemmeno uno. Sembra
così
pura» disse Evergreen, con aria superba.
«Parli
come se tu fossi un'esperta» disse Priscilla, rilassandosi un
po'
nonostante loro si fosse appena dichiarati come suoi futuri stalker.
«Modestamente
una bellezza come me non poteva non avere determinate esperienze alle
spalle» continuò lei, aprendo il suo ventaglio e
sventolandosi con
spavalderia.
«Ci
hai provato anche con mio fratello?» le chiese provocatoria
Priscilla e Evergreen sobbalzò, improvvisamente innervosita.
«Ohy!
Ma cosa vai a pensare?!»
«Non
credo saresti il suo tipo, Ever» commentò
Bickslow, che teneva
ancora il braccio appoggiato sulle spalle di Priscilla. Evergreen si
alzò sulla sedia, colta da una furia incredibile, e
urlò contro il
compagno: «Come ti permetti a dubitare delle mie
qualità!»
«Siediti
composta, Ever» provò a riprenderla Fried, senza
successo. Ormai
Evergreen era partita per la sua strada di rabbia e offese, che
sputava al di sopra della testa di Priscilla, contro un Bickslow che
invece la ignorava e giocava con uno dei suoi totem volanti. Era
così
quotidiano e solare, non era affatto male. Persino il braccio
invadente di Bickslow che sembrava avesse preso dimora sulle sue
spalle e non l'avrebbe lasciata andare tanto facilmente era in
qualche modo rassicurante. Priscilla si ammorbidì sul
tavolo,
lasciando che Evergreen continuasse a sbraitare alla sua sinistra,
che Bickslow continuasse a tenerla sotto il proprio braccio e che
Fried provasse invano a ristabilire l'ordine. Sorrise, infine,
luminosa e felice di quel piccolo quadretto di cui era testimone. Non
era davvero affatto male.
«Essia!»
disse infine, alzandosi a pugni stretti. Salì sulla sedia e
poggiò
un piede sul tavolo, possente e minacciosa. «Ho preso la mia
decisione! Raijinshuu, accetto la vostra offerta! Da oggi potete
considerarmi il vostro quarto membro!»
«Ho
sempre desiderato una sorellina piccola, evviva!»
gridò Evergreen
saltandole al collo con una tale enfasi da farle perdere l'equilibrio
dalla sedia. Con un urlo cadde giù, insieme a Evergreen,
dritto
dritto sopra Bickslow alla sua sinistra e inirono tutti a tre a
terra, in un fragore di urla e sedie rotte. Priscilla
sollevò
rapidamente la testa e cercò di guardare Bickslow sotto di
sé,
mentre Evergreen non sembrava essere intenzionata a lasciarla andare.
«Bickslow!
Stai bene?» chiese, preoccupata.
Bickslow
guardò pochi istanti il viso di Priscilla paonazzo per
l'agitazione,
con i capelli scompigliati per la caduta, lo sguardo dolce e
preoccupato, e il suo minuto corpo contro il proprio. Si
portò
agitato una mano sull'elmo, laddove c'erano gli occhi, e
piagnucolò:
«Laxus, avevi una sorella tanto splendida e non ce l'hai mai
presentata. Che crudeltà!»
«Eh?!»
si paralizzò Priscilla, cominciando a sentire già
l'imbarazzo e
l'agitazione tornarle nella pancia a prenderla a pugni.
«Cadi
su di me tutte le volte che desideri, Pricchan! Sarò il tuo
tappeto,
se desideri!» insistè Bickslow, diventando
improvvisamente ambiguo,
anche se non era difficile immaginare in che direzione stesse andando
la sua mente. Priscilla lanciò un urlo, colta dal panico, e
provò a
strisciare via ma le braccia di Evergreen erano come artigli da cui
era impossibile sbrigliarsi.
«Ci
ho ripensato! Ci ho ripensato! Mi rimangio tutto! Lasciatemi in
pace!» piagnucolò, graffiando il pavimento nel
tentativo di
andarsene.
«Priscilla»
chiamò Erza, avvicinandosi al gruppo per terra. Uno strano
tono di
voce, cupo e serio. «Avrei bisogno di parlarti, se hai un
minuto».
«Certamente,
Erza!» gridò lei con un'euforia inaspettata. Un
soffio di vento la
sollevò da terra e fece contemporaneamente volare via sia
Ever che
Bickslow. «Immagino sia di vitale importanza, non posso certo
lasciarti in attesa inutilmente!» stava palesemente scappando
da
quella situazione. «Andiamo da qualche parte lontano da qui,
vieni».
«Ho
interrotto qualcosa?» chiese Erza, trovando strano il suo
comportamento.
«Assolutamente!»
disse lei, per niente convincente.
«Gioca
violento, la bambina» Bickslow, con le gambe schiacciate su
per il
muro, la schiena su di una panca e la testa penzoloni verso terra, si
leccò le labbra in qualche modo soddisfatto.
«Pervertito!»
lo rimproverò Evergreen vicino a lui, accasciata su un
tavolo,
altrettanto vittima del colpo di vento di Priscilla.
«Cosa
stavi facendo?» chiese Erza a Priscilla, guardando Bickslow e
Evergreen da lontano.
«Cercavo
di suicidarmi» mormorò lei, sempre più
in imbarazzo, ma decise di
cambiare subito discorso e sperare che quello sarebbe bastato a
dimenticare quella terribile situazione da cui si era salvata per
miracolo. «Di cosa volevi parlarmi?» le chiese,
mettendosi a sedere
a un altro tavolo libero.
Erza
si incupì un po', ma poi riuscì a mormorare:
«Mistgun».
Priscilla
guardò la ragazza di fronte a sè ora
più curiosa che mai.
«Mistgun?» chiese.
«Assomiglia
tanto a una persona che si chiama Gerard, ma dice di non essere lui.
Tu hai viaggiato molto con lui, speravo potessi chiarirmi questo
dubbio» spiegò Erza.
Priscilla
appoggiò il volto sul palmo della mano e il gomito al
tavolo. Si
voltò verso i compagni della gilda e mormorò tra
sè e sè:
«Gerard, eh?»
«Sai
chi sia in realtà Mistgun?»
«Questo
Gerard di cui parli è un tuo amico?» chiese
Priscilla, pensierosa.
Erza abbassò lo sguardo, prima di confessare addolorata:
«Lo è
stato, tanto tempo fa».
«Capisco»
commentò Priscilla, senza però ancora rispondere
alla sua domanda.
«Davvero
Mistgun non ha niente a che vedere con lui?»
insisté Erza, sulle
spine. Sicuramente Priscilla sapeva qualcosa. Doveva sapere qualcosa!
«Devi
tenere tanto a questo Gerard per arrivare a rifletterci persino
giorni dopo averlo incrociato. Vero?» le chiese e Erza non
rispose,
tornando ad abbassare lo sguardo. «Un cuore solitario e
spezzato, ne
so qualcosa» commentò Priscilla, abbozzando un
sorriso. «Mi
spiace, non so chi sia il Gerard che stai cercando. Ma sono sicura
che non sia Mistgun. Ti ha detto la verità».
«Capisco»
mormorò Erza.
«Eppure
si somigliano così tanto che sembra surreale»
sorrise Priscilla,
prima di aggiungere: «È questo che stai pensando,
vero?»
«Sì,
lo ammetto» confessò Erza, abbattuta.
Priscilla
restò in silenzio qualche secondo, pensierosa e combattuta.
«Tutte
le volte che guardo la nostra gilda non posso far a meno di rivederci
me e Laxus, tanti anni fa» mormorò.
«Anche se ora è cambiata, i
nostri spiriti si adattano bene anche a questo ambiente. Ci vedo al
bancone, al tavolo, o in mezzo a tutti gli altri. Ciò che
accomuna
tutte queste immagini sono i nostri sorrisi. Al bancone una volta lo
scoprii a bere dell'alcol, anche se aveva solo quattordici anni. Lo
rimproverai e lui mi fece una linguaccia, prima di iniziare a
prendermi in giro perché ero più bassa di lui e
non arrivavo al
boccale per toglierglielo dalle mani. Ho infine usato la magia,
lanciandoglielo via, e dopo un primo momento di sorpresa e nervoso ha
iniziato a farmi il solletico come punizione».
«Non
riesco a immaginarlo Laxus in simili atteggiamenti»
ridacchiò Erza,
provando a immaginare la scena.
«Ma
te lo ricordi, vero? C'eri già anche tu».
«Vagamente,
sì. Ricordo che da ragazzini sorrideva molto di
più ed eravate
sempre insieme. Sembrava effettivamente un'altra persona»
annuì
Erza.
«È
cambiato quando il nonno ha esiliato nostro padre, non capiva il
motivo perché veniva manipolato e non ricordava
ciò che faceva non
solo con noi, ma anche col resto del mondo. Papà era
malvagio, io
ero ovviamente dalla parte del nonno e questo portò Laxus ad
essere
ostile anche verso di me. Per cinque anni ce l'ho avuto a un passo da
me, eppure era come se non fosse lui. Ciò nonostante non
facevo che
cercarlo e insistevo nella mia tenacia di poterlo riavere per me, un
giorno, se solo avessi insistito. Capisco bene la sensazione, Erza.
Senti che se allunghi la mano potresti raggiungerlo, ma quando ci
provi lui si dissolve come nebbia e capisci, sempre più
dolorosamente, di essere sola. Eppure daresti qualsiasi cosa anche
solo per capire se quella nebbia sia vera o finta, solo per metterti
l'animo in pace e smettere di rincorrere i fantasmi».
Erza
tornò ad abbassare lo sguardo, non riuscendo a dire niente.
Era
esattamente così che si sentiva, Priscilla non poteva
spiegarlo a
parole migliori.
«Ho
promesso di non dirlo a nessuno» sospirò infine
Priscilla. «Ma per
un'amica credo di poter fare un'eccezione» e le fece un
occhiolino,
a dare enfasi alla parola amica. Non era più solo una
compagna, un
membro della gilda, una persona qualunque. Lei stava imparando che
poteva essere come tutti gli altri e come tale poteva anche avere
degli amici. Persino quei folli di Evergreen, Bickslow e Fried
potevano essere suoi amici.
A
pensarci... Mistgun stesso poteva essere stato suo amico. Forse uno
dei più grandi che avesse mai avuto, ma mai ci aveva neanche
pensato
a una simile eventualità. Eppure, visto quanto l'aveva
aiutata, in
che altro modo poteva definirlo?
Stranamente
aveva persino iniziato a sentirne la mancanza.
«Parto
subito col dirti di non farti illusioni, lui non è veramente
il tuo
Gerard. Ma adesso ti spiego perché sia uguale a
lui...»
«Allora
c'è un motivo dietro!» commentò Erza,
sollevata dal fatto che ci
fosse almeno una spiegazione dietro tutto quello.
«Esiste
un mondo, simile a questo. Una specie di dimensione parallela. Sembra
assurdo, ma io ero con lui molte delle volte che si è
trovato di
fronte ai portali. Una magia che proviene da quel mondo di nome
Edoras e che lo collega al nostro. Questo mondo differisce dal nostro
su molti aspetti, ma alla fine si trova in una vera e propria
dimensione parallela in quanto vi abitano le stesse persone che si
trovano qui» provò a spiegare.
«Che
significa?» si corrucciò Erza.
«Non
è facile da spiegare ma... noi abbiamo quella
Lucy» disse, cercando
di sfruttare un esempio. «Su Edoras esiste un'altra Lucy
proprio
come lei, con le stesse sembianze, la stessa voce, carattere e storia
diversa, ma comunque si chiama Lucy ed è Lucy al cento per
cento.
Una specie di clone. E così come lo è per lei,
esiste anche un
Natsu, un Gray, anche un'altra Erza e, come ormai avrai capito, un
altro Gerard. Il vero nome di Mistgun è Gerard, ma non
è il tuo
Gerard, mi spiace. Mistgun viene da Edoras. È per questo che
tu
l'hai scambiato per il tuo amico».
«Capisco»
mormorò Erza, ora più serena per la risposta
chiara ma non per
questo felice. Questo significava solo che il Gerard che conosceva
lei era veramente morto, come sapeva. Per un attimo aveva veramente
sperato in un miracolo.
«Non
mi ha mai raccontato molto del suo mondo e del suo passato, anche se
viaggiavamo insieme evitava di parlare troppo con me. È una
persona
profondamente triste, credo. Però mi disse che una volta
aveva
conosciuto l'altro sè di Earthland, per questo voleva che tu
soprattutto evitassi di vederlo. Sapeva cosa vi legava, non voleva
darti un dispiacere».
«Non
sai perciò perché si trova qui» chiese
Erza, ora incuriosita da
quella faccenda.
«No,
non ne ho idea» mentì. Almeno quell'informazione
era bene restasse
riservata ancora per un po': finché Gerard non avesse
trovato una
soluzione agli attacchi di Anima, era bene evitare di seminare il
panico tra la popolazione dei maghi. Anche perché conoscendo
Erza e
il resto di Fairy Tail, se le avesse rivelato che i portali di Edoras
erano in realtà dei loro tentativi di attacco sarebbero
partiti alla
carica e avrebbero cercato di risolvere la cosa a modo loro. Il che
avrebbe portato solo a delle vittime.
«Il
Gerard di Edoras...» mormorò Erza, pensierosa.
«Chissà com'è
l'altra me di Edoras, allora» provò a sorridere.
«Chissà,
Mistgun non mi ha mai detto niente a proposito. So solo che in
realtà
mio padre, laggiù, non è uno psicopatico e
perciò io non esisto»
disse con un incredibile leggerezza. «È uno dei
motivi che lo ha
spinto ad avvicinarsi a me, non capiva come fosse possibile e aveva
sospettato che anche io provenissi dal suo mondo».
«Perciò
è stato lui a cercare te» commentò
Erza, ora interessata da quella
storia che non aveva mai sentito prima. «Mi ha pedinato come
uno
stalker per giorni, sapevo che mi stava attorno anche se a lui non
l'ho mai detto. Alla fine gli ho confessato cos'ero davvero e in
cambio gli ho chiesto di allenarmi e rendermi più forte, in
vista
dello scontro con mio fratello. Dato che gli ero debitrice per la
pazienza che portava con me, ho cominciato a lavorare per lui,
facendogli da assistente».
«È
stato gentile, vista la sua natura schiva e il suo segreto da
preservare» commentò Erza.
«Si
era già esposto nel momento in cui ha iniziato a indagare su
di me,
non ha avuto altra scelta che vuotare il sacco. In realtà
credo che
sotto sotto fosse anche interessato a scoprire di più sulla
mia
magia, è una persona molto ansiosa, si preoccupa sempre per
tutto»
sospirò Priscilla, affranta. Erza non potè che
ridere, divertita
dal suo tono sconsolato e quasi abbattuto. Chissà quanto
quel lato
del suo carattere l'aveva fatta disperare, durante i loro viaggi.
«Cool!!!»
un urlo provenne dall'ingresso della gilda tanto forte da zittire
chiunque nei paraggi. Un uomo entrò come un uragano,
lasciandosi
alle spalle una scia di flash e urla estasiate -e qualche domanda che
scriveva frenetico su un taccuino.
«Ah!»
sobbalzò Erza. «È già qui!
Me l'ero dimenticata!» e corse via,
mentre si riequipaggiava di uno splendido abito elegante e femminile.
«Eh?»
inclinò la testa Priscilla, non capendo.
L'uomo
dai capelli biondi e la macchina fotografica al collo saltava da un
angolo all'altro della stanza, urlando incessantemente "cool"
come un mantra e più tempo passava e più sembrava
impazzire
dall'euforia. Priscilla galleggiò per aria a gambe
incrociate e gli
si avvicinò, restandogli alle spalle. Allungò il
collo, per
guardare la foto appena scattata sullo schermetto della sua macchina
fotografica.
«Cooooool!!»
gridò ancora l'uomo, prima di saltare da un membro di Fairy
Tail
all'altro. E Priscilla, come una mosca, gli volava dietro e spiava
ciò che scriveva e le foto che faceva, curiosa come una
bambina.
«Gray,
come fai a toglierti i vestiti così velocemente?»
chiese,
decollando al suo fianco.
«Ehy,
ma che dici?» ringhiò Gray, furioso per avergli
dato del
pervertito. Peccato non avesse su i pantaloni.
«Coooool!»
piroettò mentre Lucy cercava di attirare la sua attenzione
con
qualche movenza sexy. Una spallina della canotta calata, la voce
suadente, provò a parlargli, ma Natsu la interruppe
lanciando per
aria i tavoli.
«Tu
sei il giornalista del Sorcerer!» ringhiò.
«Sei tu che scrivi
sempre quelle cose brutte su di me! Come ad esempio ciò che
distruggo e ciò che distruggo e ciò che
distruggo!» non gli
vennero altri esempi.
«Cool
coool cooooooool!
Natsu
Dragneel, tu più di tutti volevo incontrare!»
urlò Jason, prima di
avvicinarsi tremolante. Allungò una mano verso di lui, teso
come una
corda di violino, e chiese emozionato come un bambino: «Posso
stringerti la mano?»
«Chiudi
il becco!» urlò Natsu furioso, tirandogli un pugno
in faccia e
lanciandolo a terra. L'uomo non si scompose e continuò ad
emozionarsi, urlando «Coooooool.
Non
ho mai visto una stretta di mano vigorosa come quella!»
«A
me non pareva una stretta di mano» commentò infine
Priscilla,
volando sopra la sua testa e allungandosi per leggere il suo
taccuino. «"Happy, perché sei blu?"»
lesse. «Risposta:
"Perché sono un gatto"» la risata le
uscì dalle labbra
tanto improvvisamente che le guance le si riempirono e si
ritrovò a
sputacchiare in giro. Volò sulla schiena e
cominciò a sgambettare
come una bambina, ridendo a crepapelle.
«P...
Priscilla Dreyar!» si alzò Jason talmente di
scatto che la colpì
con la testa, sopra di sé, e la fece piroettare un paio di
volte con
un urlo spaventato. «La nipote del master! Cooooooool!
È
la prima volta che riesco a incrociarti alla gilda! Ti prego posso
farti qualche foto?»
«Eh?»
inclinò la testa di lato Priscilla, curiosa.
Tornò a incrociare la
gambe e galleggiare alla sua altezza, prima di sorridere imbarazzata:
«Non sono una modella, non credo possa esserti utile
fotografare
me».
«Coooooool»
gridò lui, cominciando a scattare comunque.
«Mi
ha sentito?» mormorò Priscilla, lasciandolo fare.
«Resta
come sei! La maga volante coooooooooooooooooooooool!»
gridò talmente forte da stonarle un orecchio.
«Priscilla, come
riesci a volare in quel modo?» chiese, prendendo il proprio
taccuino.
«Alzo
i piedi da terra» rispose lei, innocentemente. In che altro
modo
credeva che riuscisse a volare?
«È
il potere del nostro amore» intervenne Bickslow, avvolgendole
le
spalle con un braccio. Priscilla si irrigidì e voltandosi
verso di
lui ringhiò tanto forte da sembrare un animale rabbioso:
«Ma quando
mai?!»
«Oh!
Nascono nuovi amori nella gilda di Fairy Tail! Cool!
Cool!»
disse l'uomo prendendo appunti e Priscilla rivolse a lui lo stesso
ruggito: «Non azzardarti a scriverlo!»
«Elfman!
Cosa significa essere uomo per te?» chiese il giornalista,
scappando
verso la prossima vittima e ignorando le urla di Priscilla. E
saltò
ancora e ancora, prima dal master, poi da Fried, poi da Wakaba e
Macao.
«Shooby-doo-bop!»
gracchiò la voce di Gajeel dal palco, apparendo
all'improvviso con
quel suo solito completo bianco e occhiali scuri. «No,
Gajeel! Non
di nuovo!» sobbalzarono almeno metà della gilda.
«Dacci
dentro, Gajeel-chan!» gridò Priscilla, alzando un
pugno per aria
per incitarlo.
Gajeel
soffiò dentro alla sua armonica, prima di cominciare a
recitare
accompagnato dagli accordi della sua chitarra: «In questo
mondo ti
guardi intorno come un pazzo per cercare di fare la cosa giusta. Hai
sempre guardato come un pazzo. In altre parole è giusto
essere
pazzi».
«Non
vuol dire niente!» ringhiò Evergreen, contrariata
dalla sua
esibizione.
«Chiudi
il becco, Gajeel!» ruggì Natsu, arrivandogli
addosso a pugno teso.
Lo colpì in pieno viso con tale potenza da riuscire a
scaraventarlo
giù dal palco.
«Tu,
come osi...?» gracchiò Gajeel, rialzandosi con
l'espressione di un
pazzo furioso.
«Ne
ho abbastanza delle tue orribili canzoni! Ho un conto in sospeso con
questo tizio!» disse Natsu, indicando il giornalista ai suoi
piedi.
«Non
ho ancora cantato niente! Lasciami cantare, Salamander
bastardo!»
rispose Gajeel, allungando il proprio braccio metallico fino a
colpirlo e sbalzarlo via.
«Bastardo!!!»
gli rispose Natsu, prima di corrergli incontro, e i due presero a
tirarsi pugni e calci senza sosta e senza pietà per i tavoli
e le
sedie circostanti.
«Andiamo,
voi due! Siamo nel bel mezzo di un'intervista!» li
rimproverò
Mirajane, senza successo.
«Metticela
tutta, Gajeel!» tifò Priscilla, agitando le mani
per aria.
«Ehy!
La smetti di fare il tifo per la persona sbagliata,
traditrice!»
Brontolò Natsu, distraendosi e beccandosi un pugno in faccia.
«Una
superbattaglia si sta svolgendo tra due Dragon Slayer proprio davanti
ai miei occhi!» si agitò il giornalista, preso
dall'emozione. «Il
set fotografico di questa battaglia farà furore! Cooooool!»
gridò prima di iniziare a scattare come un pazzo, da varie
angolazioni, fino a quando non finì nel mezzo dei loro colpi
e perse
definitivamente i sensi.
«È
morto?» chiese Happy, innocente, volandogli sopra la testa.
Priscilla lo affiancò e lo guardò attentamento,
mormorando: «Sembri
respiri ancora».
«Allora
tutto a posto!» esultò Happy, felice.
«È
stato steso il giornalista più importante di sempre, non mi
sembra
che sia tutto a posto!» sussultò Lucy, sconvolta
per quella
semplicità. Ma Priscilla non si scompose e si
portò entrambe le
mani dietro la testa, in quel suo solito gesto semplice e
disinteressato. E ancora, per l'ennesima volta, sorrise e
ridacchiò
divertita.
Laxus
aveva proprio ragione. Rideva sempre, quando era lì.
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Capitolo 11 *** Raijinshuu ***
Raijinshuu
Natsu
lanciò un urlo disumano, prima di allungare una mano in
avanti e
afferrare i capelli di Gray. «Lasciami i capelli!»
ringhiò Gray.
«Lasciali
prima tu!» rispose Natsu con altrettanto tono furioso.
«Che
razza di mossa scorretta sarebbe questa?» urlò
Gray.
«Hai
iniziato tu, razza di pervertito! Rimettiti i vestiti!»
«Natsu!»
gridò Gray con tutto il fiato che aveva.
«Gray!»
gridò Natsu, cercando di superare l'amico nel tono di voce.
«Per
cosa stanno combattendo?» chiese Happy, svolazzando di fianco
a
Priscilla che, mangiando una ciotola di ciliege, stava guardando con
interesse lo scontro tra i due. «Non ho ben capito»
bofonchiò lei,
masticando e poi spuntando il nocciolo in un piatto a fianco.
«Credo
che Gray abbia detto che fa troppo caldo, o qualcosa di
simile».
«Gray
ha sempre caldo» disse Happy, solare come avesse appena
trovato la
risposta a tutte le domande.
«Gray-sama
è sempre così caldo» strillò
Lluvia, in un angolo, con
un'emozione intrattenibile. Priscilla la guardò sorpresa
qualche
secondo, poi pochi istanti dopo se ne dimenticò subito.
Ormai i
commenti di Lluvia su quanto Gray fosse sexy e fantastico erano
all'ordine del giorno. Sorrise malignamente, prima di avvicinare una
banconota a Happy e pronunciare con aria malefica: «Mille
Jewells
che vince Gray».
«Ci
sto! Vai Natsu!» gridò Happy con una ferocia mai
vista prima.
«Staccagli
la testa, Gray!» gli andò subito dietro Priscilla,
alzandosi in
piedi sulla sedia e poggiando un piede sul tavolo di fronte.
«Voi
due avete un bel problema con le scommesse, lo sapete?»
chiese Cana,
seduta su un tavolo, prima di traccannare un enorme sorso di vino da
un barile. «Tu parli di problemi di dipendenza!» la
rimproverò
Priscilla. Cana non rispose, troppo impegnata a bere, e
improvvisamente sembrò avere su di sé tutta
l'attenzione di
Priscilla che la osservava a occhi sbarrati.
«Mille
Jewells che non riesce a finirlo» sbucò Happy al
suo fianco e lei
non ci rifletté neanche un istante: «Ci
sto».
«Cana,
non vorresti prendere un po' di fiato?» gli
svolazzò a fianco
Happy, con sguardo malefico.
«Imbroglione!»
ringhiò Priscilla, prima di volarle dall'altro lato e
cominciare a
tifare per lei: «Vai Cana! Puoi farcela! L'ultimo sorso!
Giù!»
«Questa
sfida è già vinta in partenza»
ridacchiò Happy, voltandosi come a
volersene andare ma approfittando della posizione per infilare la
punta di una delle sue ali sotto il naso di Cana. La ragazza
starnutì, infastidita dal solletico, sputando parte di
ciò che
aveva già bevuto e staccandosi perciò dal suo
barile.
«Gattaccio
truffatore!» strillò Priscilla offesa, prima di
volargli addosso.
Rotolarono per un po' per terra, colpendo le gambe di Macao,
facendolo perciò inciampare e cadere all'indietro insieme a
Wakaba,
al suo fianco. Atterrarono sul tavolo dove Erza era seduta a
mangiare, ribaltandolo e facendo così da catapulta alla sua
torta di
fragole, che andò dritta in faccia di Elfman.
«Chi
ha osato!» ruggì Elfman, alzandosi tanto
violentemente da colpire
uno dei suoi compagni, che a sua volta colpì il vicino.
«Guarda
cosa fai, idiota!» lo rimproverò questo e i due si
presero per il
colletto. Erza si alzò in piedi, urlando di rabbia, e se la
prese
con i primi due che passavano di là, senza motivo. Altri
vennero
rapidamente coinvolti, chi per una birra rovesciata, chi per una
gomitata di troppo, chi per una parola mal compresa. E presto fu di
nuovo il caos all'interno della gilda, causato da un semplice litigio
per una scommessa tra Priscilla e Happy che ora, a terra,
bisticciavano come due bambini. Happy la graffiava e Priscilla gli
tirava la coda, Happy la mordeva e lei gli tirava le orecchie.
«Time
out, baby!» intervenne Bickslow afferrando entrambi per la
collottola e sollevandoli da terra. Li tenne entrambi a debita
distanza l'uno dall'altro, mentre tutti e due continuavano ad
allungare le mani verso l'altro e soffiare come due gatti randagi.
«Imbroglione!»
ruggì Priscilla, dimenandosi in quell'assurda presa che
riusciva a
tenerla sollevata da terra con un braccio solo. «Ti arrabbi
solo
perché hai perso!» Happy le fece una linguaccia.
«Truffatore!»
«Accetta
la sconfitta!»
«Pseudo-finto
micio!» lo insultò, furibonda, e Happy si
paralizzò, ferito nel
profondo.
«Questa
era esagerata» commentò Bickslow.
«Forse
hai ragione» disse Priscilla, improvvisamente calma e
dispiaciuta.
«Come
hai potuto, Priscilla?!» scoppiò a piangere Happy,
volando via
dalle mani di Bickslow. «Pseudo-finta umana!»
Questa
volta a paralizzarsi, ferita nell'animo, fu proprio Priscilla. Ma
dopo qualche secondo di tempo per metabolizzare il dolore, si
limitò
a sospirare, affranta, e ammettere: «Me la sono
cercata».
«Il
gattino ti ha dato filo da torcere, eh!» scoppiò a
ridere Bickslow,
tenendola ancora sollevata da terra.
«Posso
scendere, ora?» chiese lei, lanciando un'occhiata turbata al
ragazzo
che ancora l'aveva in pugno.
«Negativo,
baby! Vieni con noi» disse con tranquillità, come
fosse stato un
ordine a cui non poteva opporsi. Senza metterla a terra e tenendola
sempre come un gatto per il collo della maglia, cominciò ad
avviarsi
verso l'uscita della gilda.
«Eh?
Aspetta! Dove andiamo? Perché devo venire anche io? Non
voglio!
Mettimi giù!» si dimenò e
cercò di usare il suo volo per
districarsi dalla sua presa, ma lui continuò a tenerla ben
salda.
L'ultima immagine di Priscilla, di quel giorno, la vide allungata
all'indietro, verso i suoi compagni, braccia tese verso di loro e
sguardo supplicante mentre gridava: «Aiuto!»
«Caldo»
lamentò Priscilla, accasciata su di un cammello, braccia e
gambe
penzoloni. Il sole bruciava tanto che le faceva vedere il mondo
intorno a sé, il deserto del sud, ondulato e in movimento e
questo
le faceva venire il mal di stomaco. «Non puoi usare il tuo
vento per
rinfrescarti?» chiese Evergreen, su di un altro cammello. Per
l'occasione si era agghindata di foulard, veli e ghingheri dorati.
Sembrava una principessa del deserto e il modo elegante in cui sedeva
lo sottolineava.
«Posso
sfruttare l'aria intorno a me, non crearne di nuova, e qui
c'è solo
aria calda. Se me la soffiassi addosso sarebbe come puntarsi in
faccia un phon» rispose Pricilla, spostando la testa
dall'altro lato
così da rinfrescare quello che era stato a contatto con
l’animale.
A turno, un po' da un lato e un po' dall'altro.
«Caldo»
piagnucolò ancora.
«Terminiamo
la missione in fretta e poi potremmo fermarci e mangiare qualcosa di
fresco» disse Fried, in testa al gruppo che viaggiava
attraverso il
deserto.
«Non
voglio fermarmi in questo posto» commentò lei,
scoraggiata.
Un'ombra improvvisamente la ricoprì, fin sopra la testa,
proteggendola così dai raggi solari. Alzò la
testa, curiosa, e vide
i piccoli totem di Bickslow volarle sopra, mantenendo il suo passo, e
tenere sollevato un telo chiaro così da tenerla all'ombra.
«Sei
troppo scoperta per questo luogo, rischi di bruciarti»
giustificò
lui. Non era la soluzione ai suoi problemi, ma almeno in parte rese
il viaggio più piacevole. Per lo meno aveva smesso di
sentirsi una
cotoletta in piena cottura. Nonostante ancora non avesse la forza di
muoversi da quella posizione abbandonata da cadavere, sorrise,
intenerita dal gesto.
«Grazie
Bickslow!» si rallegrò.
Il
cuore di Bickslow alla vista di quel viso radioso ebbe un battito
così forte da essere persino percepibile all'orecchio degli
altri.
Si avvicinò a lei tanto rapidamente da inquietarla e
prendendole una
mano disse semplicemente: «Sposami».
«Ma
ti sembra il modo?» ringhiò lei, terrorizzata
dalla sua
avventatezza. Non aveva mezze misure, era inquietante e asfissiante.
«Adesso»
insisté lui, ignorando il suo palese rifiuto. Priscilla gli
piantò
una mano in faccia e lo spinse all'indietro, per allontanarlo.
«Come
ci sono finita in questa situazione?» piagnucolò,
prima di
riabbandonarsi pigramente sul cammello.
«Trascinata
da voi non appena stavo tornando in forze non ho nemmeno avuto il
tempo di rimettermi a cercare informazioni sulla Cat
Shielter»
bofonchiò tra sè e sè, scocciata. Si
lamentò ancora un po',
ondeggiando sul suo cammello, fino a perdere l'equilibrio e cadere
giù. Si aggrappò al collo dell'animale e
usò in parte i suoi
poteri per non cadere a terra, restando appesa come una collana.
«Eh?»
mormorò, notando da quella posizione ribaltata una
costruzione dalle
dimensioni imponenti, fatta interamente di roccia e sabbia. Contava
almeno una cinquantina di piani, sistemati in cerchi concentrici,
l'uno sopra l'altro, sempre più piccoli.
«Sembra
una torta gigante» commentò Priscilla, guardandola
con l'acquolina
in bocca.
«Non
hai mangiato un paio di mele giusto venti minuti fa? Hai ancora
fame?» chiese Evergreen.
«Sì,
ma quella è una torta!» insisté lei,
sempre più affamata.
«È
questo il posto» disse Fried. «Il Tridente del Mare
dovrebbe essere
qui, da qualche parte».
«Il
Dente di chi?» chiese Priscilla, non capendo appieno.
«Il
Tridente del Mare! Sei venuta fin qui e nemmeno sai cosa stiamo
cercando?» chiese Evergreen, scocciata.
«Quel
maniaco mi ha trascinata senza troppe spiegazioni, prenditela con
lui» ringhiò Priscilla, puntando il dito contro
Bickslow.
«Sei
così carina quando ti arrabbi»
ridacchiò Bickslow, per niente
intimorito.
«Piantala!
Mi fai diventare matta!» si agitò Priscilla,
scalciando per aria e
tirandosi i capelli. «Adorabile!»
insistè Bickslow ridacchiando e
Priscilla urlò ancora più forte, al limite della
pazienza. Ma si
bloccò di colpo quando percepì qualcosa di strano
e si voltò verso
la costruzione che aveva alle spalle. Non fu l'unica ad avere quella
strana sensazione e anche gli altri Raijinshuu diventarono
più seri.
«Che
cos’è?» chiese Evergreen, non capendo
cosa le stesse facendo
venire i brividi.
«Si
è fermato improvvisamente» disse Priscilla,
rimettendo i piedi per
terra. «Non c'è più vento».
«È
molto strano» commentò Fried, scendendo dal suo
cammello.
«Sicuramente
opera di qualcuno dei banditi di questo posto»
commentò Evergreen
scendendo e avvicinandosi al compagno. Bickslow li imitò
subito dopo
e insieme al gruppo cominciò ad avvicinarsi all'enorme
struttura. Un
potente soffio di vento li investì, dalle elevate
temperature,
costringendoli a portarsi le braccia davanti al volto per pararsi. La
terra tremò e la sabbia sotto i loro piedi
cominciò a raccogliersi
in un singolo punto, sollevandosi sempre più verso il cielo.
Dalla
sabbia raccolta prese forma un golem che dopo aver lanciato un urlo
tirò un pugno nella direzione del gruppo.
«Attenti!»
disse Fried, saltando insieme a tutti gli altri. Un altro cambiamento
nella direzione del vento li sorprese e cominciò a spingerli
con
violenza all'indietro. Priscilla si voltò e vide che alle
loro
spalle li aspettava un cerchio nero, aperto nello spazio, che li
stava risucchiando come un buco nero. Piantò i piedi a terra
e usò
la sua magia del vento per contrastare la forza del buco nero. Chiuse
gli occhi sotto l'enorme sforzo, ma non riuscì a
contrastarlo
pienamente. Bickslow cercò di aiutarla con i suoi totem, che
afferrarono ciascuno di loro e tentarono di tirarli indietro.
Nonostante la loro forza, la magia di Priscilla e i totem di
Bickslow, il buco nero continuava a trascinarli verso di loro e
infine cedettero. Non riuscirono più a fare resistenza e
volarono
con un urlo incontro al buco nero, fino a quando non si scontrarono
contro un muro invisibile che gli impedì di entrarci. Su di
esso
brillarono delle rune viola e questo diede indizio su chi fosse
l'autore di quel muro che li aveva appena salvati dal risucchio.
«Ottimo
lavoro Fried!» disse Bickslow.
«Grazie
che avete guadagnato tempo, così sono riuscito a scriverle
in tempo»
disse Fried con la sua solita compostezza.
«Ahi»
piagnucolò invece Priscilla, ancora spiaccicata contro il
muro
invisibile, con Evergreen sopra di lei. Nonostante il muro gli
impedisse di raggiungere il buco nero, la forza con cui li attraeva
non era calata e questo faceva sì che restassero schiacciati
lì,
senza potersi muovere. «Sei pesante»
commentò Priscilla.
«Come
osi?» ruggì Evergreen.
«Secondo
me è colpa delle tette. Che taglia porti,
l'ottava?» bofonchiò
lei, guardando il seno della compagna contrariata. Un velo di
invidia, nonostante non fosse completamente piatta, ma certo non
raggiungeva quei livelli magnificenti. Evergreen si coprì il
seno
con le braccia, arrossendo e le ruggì contro: «Ti
sembrano domande
da fare?»
«La
mia baby è senza pudore» rise Bickslow e questa
volta a scattare
furiosa fu proprio Priscilla, che gli disse: «Non chiamarmi
così!»
«Direi
che è il caso di rimandare certe discussioni»
attirò la loro
attenzione Fried, fissando il Golem che stava venendo altrettanto
risucchiato dal buco nero. Priscilla urlò terrorizzata
quando si
rese conto di ciò a cui stavano andando incontro:
«Ci schiaccerà!»
«Non
lo farà» disse Fried scrivendo altre rune davanti
a loro, in modo
da bloccare il Golem prima che potesse raggiungerli.
«Bene,
bloccati tra martello e incudine. Che si fa?» chiese
Priscilla.
«Se
solo riuscissimo a vedere da dove ci stanno attaccando»
mormorò
Fried, cercando di guardarsi attorno. La sabbia cambiò
nuovamente
forma proprio vicino a loro, assumendo una forma vagamente umanoide
ma restando sempre ben piantata a terra.
«Fairy
Tail» una voce provenne da esso, prima di sghignazzare.
«E così
siete venuti davvero».
«Eh?»
chiese Priscilla.
«Ci
aspettavate?» chiese Fried.
Sghignazzando
l'essere di sabbia prese sempre più forma, fino ad assumere
dei
connotati ben precisi. Fried, Bickslow e anche Evergreen sussultarono
nel vederlo.
«Tu...»
balbettò Fried.
«Cosa?
Cosa? Tu cosa?» chiese Priscilla, nervosa. Nessuno si era
ancora
degnato di spiegarle niente di quella missione.
«Perché nessuno mi
dice niente, maledizione!» si agitò.
«Perché
sei sparita in quel negozio di dolci quando siamo arrivati dal
committente, invece che venire con noi!» la
rimproverò Evergreen.
«Ma
erano così invitanti e poi non pensavo servissi anche
io» bofonchiò
lei, colpevole. «Di solito ci pensava Mistgun a parlare al
committente, io eseguivo solo gli ordini».
«Ma
che razza di rapporto c'era tra voi due!» si
innervosì ancora
Evergreen.
«Lui
è il capovillaggio» spiegò brevemente
Fried. «Il committente
della nostra missione».
«Ci
hai chiamati per recuperare il Tridente del mare e ridare
così al
tuo villaggio il mare per pescare e recuperare il loro splendore, e
invece ora si scopre che sei stato tu a farlo sparire? A che gioco
stai giocando?» ringhiò Bickslow.
«I
pescatori del villaggio stanno facendo la fame, sono costretti a
comprare il cibo, non possono più procurarselo da soli, e
questo
comporta anche un aumento delle tasse! Sono allo stremo per colpa
tua!» ruggì Evergreen, contrariata.
«Quando
il nostro mare era ricco e prospero, grazie ai poteri dei sacerdoti e
del Tridente, tutti si autogestivano e non esisteva economia nel
paese! Ora invece i soldi hanno cominciato a girare, creeremo lavori
e banche, diventeremo come i paesi vicini e smetteremo di essere un
semplice villaggio squallido di poca importanza!» rispose
l'ammasso
di sabbia.
«Fammi
capire...» disse Priscilla, con una strana luce negli occhi.
«Hai
tolto a tutti cibo e la felicità di una vita libera e
serena, per
avere più denaro nelle tue tasche?»
«Il
mondo gira intorno ai soldi, signorina, impari questa lezione di
vita. Anche se non vi servirà a molto...» la
sabbia tornò a
muoversi sotto di loro e prese ad allungarsi, avvolgendo i loro
piedi, salendo, fino alle gambe. Li stava pian piano inghiottendo e
inglobando. «I pescatori chiedevano da tempo l'intervento di
qualcuno per aiutarli, continuare a negare avrebbe destato sospetti,
sono stato costretto a inviare richiesta alle gilde ma tanto non
avete speranze finché resterete all'interno del territorio
di
Pashka».
«Bastardo!»
ringhiò Evergreen lanciando dei fasci luminosi a colpire
l'uomo di
sabbia. Lo colpirono e lo perforarono, ma non ebbe nessun effetto. La
sabbia si ricompose e lui riprese la sua forma, mentre loro venivano
pian piano inghiottiti sempre più.
«Non
sottovalutarci!» intervenne Fried, scrivendo rapidamente
altre rune
intorno al buco nero. La pressione del suo risucchio cessò,
chiuso
nel cubo magico che Fried aveva scritto, e loro furono finalmente
liberi di staccarsi dal muro anche se quasi del tutto inghiottiti
dalla sabbia. I totem di Bickslow li afferrarono e con forza li
tirarono via, salvandoli. La sabbia si mosse ancora, prendendo loro i
piedi e cominciando a tirarli verso il basso, all'interno.
«Su!
Alzatevi! Non poggiate i piedi a terra!» ordinò
Fried facendo
comparire con delle rune delle ali sulla sua schiena che gli
permisero di volare. Anche ad Evergreen comparvero delle ali,
Bickslow potè usare i suoi totem e Priscilla la forza del
vento.
Nonostante si trovassero sollevati, la sabbia prese ancora a muoversi
e rapidamente divenne una mano che si allungò in alto per
afferrarli. Furono costretti a dividersi, per schivarlo, ma deviarono
in continuazione quando altre mani, una dopo l'altra, ripetevano
l'operazione.
«Magia
di sabbia, ma più potente di quella di Max»
spiegò Fried,
riferendosi al loro compagno di gilda con lo stesso potere.
«Ci
hanno attirati nel deserto per avere campo favorevole» disse
Evergreen schivando e sparando contro le mani di sabbia che si
ricostruivano subito dopo e tornavano all'assalto.
«Una
volta che sapranno che nemmeno i grandissimi maghi di Fairy Tail sono
riusciti a recuperare il Tridente, quegli stolti si arrenderanno al
loro destino!» rise l'uomo, usando la sua copia di sabbia per
comunicare.
L'aria
cambiò di nuovo la sua direzione e con forza li
attirò verso
l'alto, risucchiandoli.
«Un
altro buco nero!» gridò Evergreen. Fried con
rapidità incise altre
rune riuscendo a creare un altro muro tra loro e la magia
risucchiante, così da impedirgli di caderci. Una mano li
raggiunse
subito, enorme abbastanza da colpire tutti insieme. Non ebbero tempo
di difendersi, era stata troppo veloce. Urlarono per il dolore del
colpo, potente abbastanza da ridurli in pessime condizioni, ma non
tanto da metterli subito KO.
«Oh,
siete ossi duri» commentò l'uomo di sabbia.
«Ma non importa. Ormai
siete miei!» altre mani di sabbia partirono verso l'alto,
pronti a
colpirli, ma si fermarono a ridosso di un altro muro magico creato
dalle rune di Fried.
«Risiamo
punto e da capo» lamentò Evergreen.
«Intrappolati tra sabbia e
buchi neri».
«Non
c'è niente nei paraggi che posso usare con le mie anime,
solo
sabbia» disse Bickslow, sentendosi impotente.
«E
continuare a colpire la sabbia non serve a niente» disse
Evergreen.
«Sapevano
di noi e probabilmente si sono anche informati prima sui nostri
poteri, per questo hanno potuto tenderci una trappola ad hoc. Anche
le mie rune non possono fare molto, se non individuiamo il
nemico»
disse Fried.
«Bickslow»
mormorò Priscilla, ora stranamente seria. «Quanti
sono i tuoi
totem?»
«Cinque...
perché?» chiese lui, sorpreso della luce che ora
Priscilla aveva
negli occhi. Non sembrava più lei, metteva quasi i brividi.
«Perché
sto cominciando a stancarmi di questa storia e voglio tornarmene a
casa» disse furiosa, mentre con uno sforzo si girava per
puntare il
proprio sguardo al terreno da dove arrivavano le scariche di colpi da
parte delle mani di sabbia. «Ho smesso di
divertirmi» strinse i
denti. «Fate ciò che vi dico. Avvicina due dei
tuoi totem a me,
riesci?»
«Il
buco nero risucchia anche loro, è impossibile muoversi. Ma
ci provo»
disse lui e sforzandosi riuscì a muovere lentamente i
piccoli totem
dalle facce impertinenti alla ragazza. Priscilla, schiacciata contro
il muro di Fried, allungò una mano fino a che le sue dita
non
poterono sfiorare i piccoli totem.
«Perfetto!»
commentò, con uno sguardo soddisfatto.
«È la prima volta che lo
uso su qualcosa che non sia io, ma essendo piccoli oggetti inanimati
forse ci riesco!» disse prima di mormorare, coperta anche dal
rumore
dei colpi della sabbia contro il muro di Fried:
«Mirage».
I
piccoli totem parvero ondeggiare lievemente per un istante, ma poi
tornare normali. «Ottimo!» commentò lei.
«Cosa
gli hai fatto?» chiese Bickslow.
«La
magia del miraggio continuerà a mostrarli qui, insieme a
noi, mentre
in realtà andranno per noi in avanscoperta all'interno di
quella
struttura. Devono cercare il Tridente e soprattutto quel figlio di
puttana. Il mirage però riuscirà a coprirli solo
fino a quando
resteranno sotto la portata della mia vista, una volta entrati essa
svanirà. Credi possano farcela?» una domanda che
era più
un'imposizione. Aveva bisogno che ce la facessero. Bickslow sorrise,
orgoglioso, prima di dirle: «Per chi mi hai preso, baby? Non
sottovalutarci!»
«Ottimo!
Allora adesso, liberiamoci di questo di questo impiccio!»
disse lei,
scivolando rapidamente su di un fianco e tornando a guardare il buco
nero oltre al muro di Fried. «Che cosa vuoi fare?»
gli chiese
Evergreen, preoccupata.
«Fried!
Togli il muro!» ordinò Priscilla.
«Sei
pazza? Ci risucchierà!» strillò
Evergreen. «Non sappiamo nemmeno
che fine faremmo se finissimo lì dentro!»
«Io
lo so!» gridò Priscilla, cominciando ad avvolgere
il proprio
braccio di vento in un tornado. «Fried!»
«Ok!»
annuì lui, sicuro e fiducioso.
Il
muro sopra di loro scomparve sotto al comando di Fried e il gruppo
venne immediatamente risucchiato verso l'interno del buco nero.
Priscilla caricò il pugno avvolgendolo di una
quantità enorme di
vento ad altissima velocità.
«Ti
sento respirare!» gridò, prima di colpire
immergendo il pugno
all'interno del buco nero, lasciandosi inghiottire.
«Priscilla!»
gridò Evergreen spaventata, ma lei in tutta risposta
urlò carica:
«Tornado!»
Il
buco nero, ora pieno di vento che girava nella stessa direzione del
suo risucchio, fece un rumore come di ingorgo, un boato, e parve
allargarsi e gonfiarsi. Una reazione che non presagiva niente di
nuovo, ma sembrò aumentare il suo potere di risucchio, tanto
che
Priscilla ci finì completamente dentro, seguita in parte
dagli altri
suoi compagni. Un boato assordante, prima che il buco nero svanisse
nel nulla lasciandosi dietro solo un leggero soffio di vento residuo.
Priscilla e gli altri ne uscirono indenni, ma ciò che
stupì i suoi
compagni fu vedere un uomo cadere al suolo, privo di sensi, circa
quindici o ventri metri da loro.
«Incredibile»
balbettò Fried, guardando l'uomo cadere a terra.
«Era
lui a fare questo?» chiese Evergreen.
«Come
lo hai scoperto?» chiese Bickslow.
«Il
potere del risucchio di Hisashi!» esclamò l'uomo
di sabbia. «Sei
riuscita a contrastarlo? Come...» balbettò
sconvolto, guardando il
compagno cadere a terra.
«Respirava
troppo affannosamente, tipico di tutti gli uomini grassi»
mormorò
Priscilla, prima di voltarsi e puntare entrambe le mani all'uomo di
sabbia, oltre il secondo muro di Fried. «E anche se le sue
capacità
divorative erano incredibili, ha comunque un limite sulla
quantità
di spazio in grado di ingoiare contemporaneamente. In altre parole:
l'ho farcito come un tacchino!» sghignazzò.
«Il
buco nero ci avrebbe portati nel suo stomaco?»
sussultò Evergreen
sconvolta e disgustata.
«Fried!»
chiamò e lui capì al volo. Era tempo di fare un
po' di casino. Fece
sparire il secondo muro di rune e questo permise alle mani di sabbia
di raggiungerli nuovamente.
«Credi
possa avere effetto su di noi un trucco simile?» disse
Evergreen,
ponendosi davanti al gruppo e sparando una serie di fasci luminosi
che andarono a distruggere la maggior parte delle mani.
«Bickslow!»
chiamò Priscilla e lui sorrise, prima di esclamare:
«Ok! Babies!»
allargò le braccia e i suoi cinque totem, tre veri e due
fittizi, si
lanciarono anche loro nei combattimenti, mentre Priscilla si
concentrava per tenere nascosti i due che erano appena partiti verso
la struttura.
Sparò
un paio di colpi di vento davanti a sé, colpendo altre mani,
ma una
di queste passò e per poco non la raggiunse. Fried le si
piazzò
davanti e con la sua spada la distrusse, proteggendola.
«Concentrati
sui totem. A loro ci pensiamo noi» le disse.
«Dovremmo
andare anche noi verso la struttura» gli disse Priscilla, in
risposta. «Se restiamo a lungo qua a combattere della sabbia,
nonostante abbiamo capito il trucco, capiranno che abbiamo qualcosa
in mente».
Fried
annuì e insieme a lei scesero verso terra.
«Bickslow,
Evergreen! Entriamo!» disse Fried.
«Ok!»
rispose Evergreen.
«Non
ve lo permetto!» disse l'uomo di sabbia, facendo
materializzare un
altro golem di fronte a loro.
«Togliti
di mezzo, impiccio!» ringhiò Priscilla, atterrando
al suolo con
entrambe le mani aperte e generando così un’onda
di vento dalla
grandezza e imponenza tale da abbattere con un solo colpo golem e
qualsiasi altra costruzione stesse venendo fuori dalla sabbia.
«È...»
balbettò Evergreen, guardando Priscilla con aria quasi
timorosa.
«È
incredibile» disse Fried, altrettanto sconvolto.
Priscilla
scattò davanti ai loro occhi, usando sempre l'aria per darsi
la
spinta in avanti e arrivare con rapidità all'ingresso della
struttura, prima che la sabbia avesse avuto tempo di prendere altre
forme. La terra prese a tremare nuovamente e improvvisamente la
struttura cominciò ella stessa a muoversi, affondando pian
piano
nella sabbia come volesse inghiottirla.
«Ci
vuole impedire di entrare» commentò Bickslow.
«Figurati
se te lo permetto!» ruggì Priscilla divaricando le
gambe e
assumendo la stessa posa, a braccia incrociate, che aveva assunto
quando aveva lottato contro il castello dei Phantom e l'attacco di
Jupiter.
«Anima
del vento!» ruggì. «Tornado!»
Un
tornado avvolse il palazzo, inghiottendolo, e con rabbia
cominciò a
scavare all'interno della sabbia, sparandola ovunque ma lontano. Le
raffiche di vento si infilarono sotto la sabbia, scavandosi un
sentiero, e infine parvero chiudersi alla base del palazzo. Tutta la
struttura tremò tanto che parte di essa cominciò
a crollare, mentre
il tornado riusciva pian piano a risollevarlo verso l'alto.
«S-sta
sollevando l'intero palazzo!» strillò Fried, a
bocca aperta.
Dalla
sabbia nacquero sagome mostruose, imponenti e tanto numerose da
essere incontabili e le andarono incontro, pronti ad attaccarla.
«Copriamola!»
suggerì Bickslow e gli altri due annuirono, convinti. I
totem di
Bickslow iniziarono a spare a tutti quelli che sembravano dei soldati
di sabbia, Evergreen faceva lo stesso con i suoi fasci di luce magica
e Fried volava da una parte all'altra con le sue ali di rune usando
la spada per attaccarli e disintegrarli. Priscilla urlava sempre
più,
caricandosi e gonfiandosi, continuando a sollevare il palazzo dalla
sabbia e impedire che affondasse per scappare alla loro vista.
Un
uomo infine uscì dalla sabbia, alto, grosso e muscoloso.
«Adesso
mi hai scocciato ragazzina!» ruggì, correndo verso
di lei a pugno
teso. La sabbia lo avvolse e ricreò sulla sua mano la forma
di un
guanto gigantesco, compatto tanto che se l'avesse colpita non sarebbe
sopravvissuta. «Ci penserà Pashka a sistemarti una
volta per
tutte!» gridò, allungando il braccio all'indietro
e preparandosi a
colpire.
«Priscilla!»
gridò Fried, spaventato dal colpo che stava per subire.
«Togliti
dai piedi!» strillò Priscilla infastidita come se
si trovasse di
fronte a un insetto. Mosse il piede verso di lui, simulando un
calcio, e l'ondata di vento che nacque da quel colpo fu tale che
Pashka volò via in un urlo, tanto distante che non videro
dove andò
a cadere.
«Lo
ha steso come fosse un moscerino» strillò Fried,
incredulo.
Nell'istante in cui Pashka sparì, toccando terra
chissà dove, anche
il suo potere perse di efficacia e i soldati di sabbia sparirono
istantaneamente. Il palazzo smise di tentare di affondare e venne
sbalzato via con forza, restando galleggiante per aria, sostenuto dal
vento di Priscilla.
Uno
dei totem di Bickslow uscì dalla finestra, tenendo per un
piede un
ometto basso e barbuto. Si agitava e si dimenava, ma ormai non poteva
fare niente. Il vecchietto venne lasciato cadere a terra, mentre
anche il secondo totem faceva ritorno. Priscilla smise di esercitare
la sua magia sul palazzo e lo lasciò cadere a terra con un
tonfo
incredibile. Si pulì le mani soddisfatta e sorridendo
allegra come
una bambina che tornava da una scampagnata, si accostò al
vecchietto
a terra. Si mise le mani ai fianchi e chiese semplicemente, con
serenità: «Allora! Dov’è
questo Tridente?»
L'uomo
tremò dalla paura e per poco non si mise a piangere. Si
rannicchiò
a terra, coprendosi la testa con un braccio, mentre con l'altro
porgeva a Priscilla un minuscolo oggettino dorato a forma di
forchetta.
«Ma
tu guarda! Tante storie per questo piccoletto»
commentò divertita,
prendendolo tra le mani. Se lo rigirò tra le dita,
guardandolo con
la curiosità di una bambina e l'allegria che niente faceva
pensare
che avesse appena portato a termine una battaglia.
«Sono...»
balbettò Evergreen, guardando Priscilla tornare alla
giovialità e
all'infantilità di prima.
«Sbalordito»
terminò Fried, con lo stesso sguardo.
«Tanto
c'è Priscilla, eh?» disse Bickslow con un
divertito sorriso,
ricordando loro le parole che Laxus aveva detto in occasione dello
scontro con Phantom. Ora capivano tutta quella fiducia ben riposta,
nonostante ciò che si diceva di lei. Era incredibilmente
forte.
«La
degna sorellina di Laxus» disse Evergreen, incrociando le
braccia al
petto e guardando la ragazza che giocherellava con il Tridente.
«Già»
annuì Fried con lo stesso orgoglio negli occhi. Avevano
fatto bene a
farla entrare nella squadra, indipendentemente dal carattere
bambinesco e a tratti ingestibile, portava in sè la stessa
potenza e
fierezza di suo fratello. Sarebbe stata un ottimo sostituto
momentaneo e quando Laxus avrebbe fatto ritorno... chissà
che non
sarebbero diventati la guardia reale non può del Dio del
tuono, ma
di entrambi gli imbattibili fratelli Dreyar. Non potevano far a meno
chiedersi come dovevano essere quando quei due combattevano insieme e
capirono perché riuscirono a diventare il team
più forte della
gilda ed entrambi maghi di classe S (anche se Priscilla non
ufficialmente) nonostante la giovane età.
La
ragazza venne avvicinata da uno dei totem di Bickslow, rimasto a
svolazzare lì vicino per tenere sott'occhio il vecchietto
che ancora
tremava. Priscilla gli sorrise e gli diede un paio di carezze sulla
sommità, come fosse un cucciolo, e disse contenta:
«Ben fatto,
baby!»
Bickslow
si portò una mano al petto, all'altezza del cuore, a
stringere i
vestiti come se potesse in quel modo fermare i battiti impazziti. Si
catapultò ai piedi di Priscilla e senza darle tempo di
capire cosa
stesse accadendo le prese una mano, chiedendole: «Diventa la
madre
dei miei bambini!»
Priscilla
urlò terrorizzata e si ritrasse con violenza, piantando un
piede in
faccia a Bickslow per tenerlo distante. «Non prenderti certe
libertà
solo perché sono stata gentile con i tuoi animaletti
volanti!»
«Animaletti?»
chiese Evergreen, domandandosi dove avesse visto in quei pezzi di
legno degli animali.
Bickslow
prese il piede che Priscilla gli teneva piantato in faccia e lo tenne
come per aiutarla. Abbozzò un sorriso malizioso prima di
mormorare:
«Ti piace il fetish? Posso anche farmelo andare
bene».
«Perché
passi dalle proposte di matrimonio a quelle sessuali con una tale
facilità?» sobbalzò Priscilla, pallida
in viso. «Pazzo
psicopatico, stammi lontano!» gridò e corse via,
ignorando il
vecchio appena catturato, Fried, Evergreen e i cammelli.
«Aspetta!
Baby!» le corse dietro Bickslow, ridendo e saltando come un
pazzo.
«E
a noi tocca portare il vecchio» commentò Fried,
con un sospiro.
«Credi
si ricorderà che ha lei il Tridente e deve portarlo al
villaggio e
non a casa?» chiese Evergreen, dubbiosa. Per quanto Fried
avesse
voluto rispondere con sicurezza e fiducia, non riuscì a non
pensare
che forse forse... il rischio poteva esserci. Ed era anche elevato.
Si
caricò il vecchio in spalla e iniziò a correre
dietro ai due,
seguito da una sospirante Evergreen.
«Priscilla!
Aspetta!».
E
la voce della ragazza confermò i suoi timori, facendogli
salire
ancora di più il panico quando, ormai in fuga, disse:
«Lasciatemi
in pace, me ne torno subito a casa!»
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Capitolo 12 *** Wendy Marvell ***
Wendy
Marvell
«Finalmente
siamo arrivati» sospirò Priscilla, alzando le
braccia al cielo per
stirarsi la schiena. «I Raijinshuu hanno avuto di nuovo
successo!»
disse Fried, stringendo i pugni con fervore.
«Siamo
sempre i migliori» annuì Bickslow.
«Con
una Dreyar in squadra, i nemici non possono che tremare»
sghignazzò
Evergreen, sistemandosi gli occhiali sul naso.
«Siete
così remissivi verso Laxus che accettate di scodinzolare
dietro
qualsiasi cosa abbia a che fare con lui» commentò
Priscilla,
trovando la cosa inquietante. Non la lasciavano in pace in nessuna
occasione, neanche per un istante, e spesso doveva usare il suo
Mirage anche solo per poter andare in bagno senza essere seguita.
Soprattutto da Bickslow. Lui era il peggiore.
«Non
vedo l'ora che torni per restituirvi al legittimo
proprietario»
sospirò, camminando fiacca verso l'ingresso della gilda.
«Non
ti senti a tuo agio con noi?» chiese Evergreen, colta da un
moto di
panico.
«La
mia baby non è felice!» gridò Bickslow
portandosi le mani alla
testa, disperato.
«Non
chiamarmi così» mormorò Priscilla,
sapendo perfettamente che non
l'avrebbe ascoltata e avrebbe continuato.
«Stiamo
deludendo le aspettative di Laxus! Come abbiamo potuto commettere un
simile errore!» gridò Fried, il più
ferito di tutti da quella
storia.
«Non
vi ha mai chiesto niente, di quali aspettative parlate?»
insisté
Priscilla, senza impegnarsi troppo. Era inutile parlare con loro,
questo l'aveva imparato a sue spese, e lei era troppo stanca per
provarci ancora.
«Laxus,
perdonaci!» pianse Evergreen.
«Scommetto
che l'ha già fatto» mormorò Priscilla,
consapevole che lui e le
sue richieste non c'entravano niente in quella storia.
«Come
posso chiedergli di concedermi la mano di sua sorella quando
tornerà,
se non sono in grado di renderla felice?» si
disperò Bickslow.
«Non
è mio padre che può decidere per me!»
ruggì Priscilla, agitata da
quella prospettiva. «E non azzardarti a fare mai una cosa
simile!»
aggiunse poi, trovando insopportabile l'idea che Laxus avesse potuto
pensare che ci fosse stato qualcosa tra lei e Bickslow.
«Ci
dobbiamo impegnare di più!» disse risoluto Fried,
puntando un dito
contro Priscilla. «Ti staremo più vicino
così da capire le tue
esigenze e soddisfarle!»
«Più
di così? Scherziamo?» sussultò
Priscilla, sbiancando all'idea di
averli per sempre appiccicati.
«Priscilla!»
la voce di Happy la raggiunse alle spalle, dall'ingresso della gilda,
e attirò la sua attenzione. Si voltò e lo vide
svolazzante di
fianco a Natsu e Lucy, mentre Erza terminava di legare i suoi bagagli
su di un immenso carretto.
«Happy!»
salutò lei, correndogli incontro. «State
partendo?»
«Aye!»
annuì il gatto. «Una missione di importanza
nazionale! Il master ha
scelto proprio noi a rappresentare Fairy Tail».
«Rappresentare
Fairy Tail?» chiese lei, inarcando un sopracciglio. Di che
missione
stava parlando?
«Aye!»
annuì ancora lui. «Stiamo andando a incontrare i
rappresentati
delle altre gilde. Ci saranno Blue Pegasus, Lamia Scale e Cat
Shielter. Tutti manderanno i loro maghi più forti».
"Cat
Shielter" un brivido all'altezza del petto di Priscilla.
«Happy!»
chiamò Natsu. «Andiamo».
Happy
si voltò a guardare i suoi amici che avevano cominciato a
mettersi
in cammino e capì di non avere altro tempo. Alzò
una zampa verso
Priscilla, salutandola, e volò via con un: «Ci
vediamo quando
torniamo!» di commiato.
Priscilla
rimase immobile, a guardarli andar via, senza muovere un muscolo,
come se si fosse paralizzata. Fried le si avvicinò,
incuriosito per
la sua reazione che le aveva impedito persino di salutare l'amico che
andava via.
«Priscilla,
tutto b...» cominciò e le posò una mano
su una spalla, per cercare
di destarla. Ma la frase gli morì in gola quando questa le
passò
attraverso e la dissolse come uno sbuffo di fumo. Urlò
spaventato,
non aspettandosi un simile risvolto, mentre Evergreen gli compariva
dietro e spiegava: «Ha di nuovo usato il Mirage».
«Ce
l'ha di nuovo fatta! È formidabile, la mia baby!»
disse Bickslow,
con un moto di orgoglio nella voce. Fried intanto, accasciato a
terra, cercava di riprendersi dallo spavento.
Il
barcollio era finito ormai da un po' e questo permise a Priscilla di
capire che il viaggio era ormai giunto al termine. Si
districò dalle
valige e si allungò verso uno spiraglio, lamentando dolore
ovunque.
«Maledetta
Erza» borbottò spingendosi con forza verso il
fascio di luce. «A
metà strada si è accorta della corda allentata
dei suoi bagagli e
l'ha stretta di più. Sono quasi morta soffocata qui
dentro».
Riuscì
a uscire con la testa dalla carcassa di bagagli che Erza si portava
sempre dietro a qualsiasi avventura, prendendo finalmente fiato e
guardando ciò che aveva attorno. Proprio di fronte a lei si
apriva
l'ingresso della Blue Pegasus, con porte aperte riusciva a sentire
delle voci provenire dall'interno. Un ragazzo dai capelli bianchi le
voltava le spalle, guardando all'interno, e di fianco a lui c'era una
ragazza dai lunghi capelli rosa.
«Chi
sono?» si chiese. «Cat Shielter? Che sia Wendy
Marvell?» si dimenò
come un serpente in una buca, scivolando pian piano fuori dalla morsa
mortale dei bagagli di Erza, fino a quando non le rimase solo un
piede impigliato al suo interno. Qualcosa, forse un gancio, le aveva
afferrato uno delle stringhe dei sandali e pareva intenzionata a non
lasciarla andare. Poggiò le mani sui bagagli e spinse con
tutta la
forza che aveva, mentre faceva leva con le gambe e il bacino per
tirare indietro il piede. Niente da fare, pareva essere destinata a
restare bloccata lì per sempre.
Tirò
e tirò, alla fine presa dal nervoso decise di usare le
maniere
forti. Infilò una mano nell'apertura che si era creata ed
evocò un
soffio di vento tale da spingerla all'esterno con la sua pressione.
Il potere che dovette usare per riuscire a liberarsi fu più
di
quanto avesse immaginato, ma alla fine ebbe la meglio e venne sparata
fuori come un tappo di bottiglia, benché questo le
costò il sandalo
che rimase all'interno del groviglio di bagagli. Urlò mentre
raggiungeva di spalle, in pieno volo, l'ingresso della Blue Pegasus.
«Per
favore, dimenticate quella che ero una vol...» stava
ridacchiando
Cherry, ma la sua frase si trasformò in un urlo quando vide
Leon al
suo fianco colpito e travolto da una ragazza sbucata dal nulla.
«Priscilla!»
gridarono in coro il gruppo di Fairy Tail, tanto sconvolti che gli
occhi per poco non gli uscirono dalle orbite. Priscilla, seduta sopra
Leon steso per terra, alzò il piede scalzo e se lo
guardò con
tristezza. «Ho perso la scarpa» mormorò,
ignorando dove si
trovasse in quel momento.
«Come
hai osato assalire Leon-sama, maledetta sconosciuta!»
ruggì Cherry,
fuori di sé. Priscilla la guardò curiosa, come se
non capisse di
cosa stesse parlando, e solo in quel momento finalmente notò
il
ragazzo steso sotto di sé. Si illuminò, ma non si
mosse da lì.
«Allora
è grazie a te se non mi sono fatta male, ho
capito!» esclamò,
prima di concedere a Leon un luminoso sorriso.
«Grazie!» si strinse
nelle spalle, assumendo un'aria più aggraziata e delicata.
Aria che
venne distrutta in un istante solo da un colpo di tappeto,
improvvisamente animato, che la sbattè come un moscerino e
la fece
volare via. Priscilla sbattè contro il muro e rimase
accucciata a
terra, massaggiandosi il naso dolorante con le lacrime agli occhi per
il dolore. Lucy le corse vicino e si mise tra lei e Cherry, che
sembrava essere pronta a colpire ancora.
«Lei
è con noi, non osare colpirla!» la difese.
«Da
quando usi sporchi trucchetti come gli attacchi alle spalle,
Gray?»
disse Leon, rialzandosi e fulminando l'ex compagno allievo di Ur.
«Un
altro parfum
per
me!» disse Ichiya, un ometto basso e ripugnante con la
camicia
aperta sul petto. Saltellò nei pressi di Erza, che
sfoderò una
lancia e gliela puntò contro, pallida in volto, ringhiando:
«Sta'
lontano!»
«Diamoci
dentro!» si unì Natsu, pronto a menar mani su
chiunque avesse
voluto combattere, solo perché la cosa lo divertiva.
La
tensione era palpabile, tutti erano nemici di tutti e sembravano
essere pronti a uccidersi a vicenda. Come si aspettava Natsu,
probabilmente sarebbe nata una lotta da un momento a un altro, se una
voce possente e autorevole non fosse intervenuta.
«Fermatevi,
ora!» dalla porta entrò un uomo alto, dalla
muscolatura possente,
pelato e vestito come un antico sacerdote. «Siamo qui per
creare
un'alleanza in grado di sconfiggere gli Oracion Seis. Questo non
è
il momento di combattere tra noi!» disse.
«Jura-san»
sorrise Leon, vedendolo.
«Jura?»
sussultò Erza nel sentire quel nome.
«È
l'asso di Lamia Scale. Jura ferro e pietra» disse Hibiki, uno
dei
membri di Blue Pegasus.
«Chi?»
chiese Natsu, ignaro su chi fosse.
«È
un esponente del sacro ordine dei Dieci» spiegò
Happy.
«Avevo
già sentito quel nome prima d'ora»
rifletté Lucy.
«Allora
siamo qui per sconfiggere gli Oracion Seis»
osservò Priscilla,
finalmente illuminata.
«Sei
venuta e non sapevi nemmeno perché?» la
rimproverò Lucy, ma
Priscilla la ignorò e voltandosi a guardarla le chiese
semplicemente
con curiosità: «Chi sono gli Oracion
Seis?»
«Cosa
sei venuta a fare?» insisté Lucy, al limite
dell’isteria.
«Dovevo
prendere fiato da delle cozze stritolatrici»
mormorò Priscilla,
impallidendo a ricordare l'asfissia con cui i Raijinshuu le erano
stati addosso durante quella missione dove l'avevano trascinata.
«Blue
Pegasus ha quattro membri» si avvicinò Cherry,
guardando maliziosa
Lucy. «E le fatine addirittura cinque. Per noi tre saranno
più che
sufficienti» sghignazzò.
«È
vero, noi siamo di più» osservò Lucy,
rendendosi conto di come
questo li rappresentasse come i più deboli, visto che
avevano avuto
bisogno di più membri.
«Colpa
mia!» rise Priscilla, alzando una mano.
«Crudele,
perché non mi hai contato?» pianse Happy.
«E
con questo tre gilde si sono unite» osservò Jura.
«Mancano solo i
rappresentanti di Cat Shielter».
Ancora
un batticuore nel petto di Priscilla, mentre si rendeva conto che da
lì a poco avrebbe finalmente incontrato chi avrebbe potuto
portarla
da Wendy Marvell. Se i suoi poteri curativi erano veramente come
Mistgun gliela aveva descritti, allora forse poteva davvero liberarla
dalla sua maledizione... liberarla da ciò che la teneva
legata a suo
padre e renderla finalmente libera.
«Rappresentanti?
Ho sentito che sarebbe venuta una persona sola» disse Ichiya,
appeso
alla lancia di Erza, troppo schifata da lui per dargli modo di
girovagare liberamente.
«Una
persona sola per una missione pericolosa come questa?»
sobbalzò
Gray.
«Quanto
dannatamente sarà forte questo tipo?» chiese Lucy,
portandosi
entrambe le mani al viso per la soggezione che provava di fronte
all'idea di incontrare una persona come quella da un momento a un
altro. Priscilla ascoltò l'aria, improvvisamente attirata da
uno
strano cambiamento. L'aroma, la consistenza, la corrente... tutto
sembrava essersi fatto più leggero e piacevole.
Guardò in direzione
della porta, da dove arrivava quell'aria nuova e tiepida, e vide
entrare poco dopo una ragazzina dal vestito giallo e i capelli
lunghi, blu. Tre passi sul tappeto rosso di Blue Pegasus e cadde a
terra di faccia, con un urlo spaventato.
I
membri delle tre gilde che erano in attesa si voltarono curiosi e
perplessi verso di lei, mentre lentamente si alzava sulle mani,
lamentandosi per il dolore della caduta. Priscilla le si
avvicinò e
si inginocchiò di fronte a lei, guardandola con
curiosità. L'aria
che aveva sentito poco prima proveniva da lei, ora che le era vicina
lo sentiva più intensamente. Le dava uno strano senso di
pace nel
petto.
Le
sorrise, cordiale, e le porse una mano.
«Tutto
bene?».
La
ragazzina alzò gli occhi su Priscilla, per poi riabbasarli,
timida.
«Mi
dispiace» borbottò.
«Anche
a me capita spesso di cadere in questo modo, quando poggio i piedi
per terra» ridacchiò Priscilla, per cercare di
tranquillizzarla e
farla sentire a suo agio. «Chi sei?» chiese,
continuando a porgerle
la mano. La ragazzina gliel'afferrò e lei l'aiutò
a rialzarsi. In
quel momento i capelli blu della ragazzina si scostarono dalle sue
spalle, scoprendo un simbolo sul suo braccio sinistro. Il simbolo di
una gilda. Non conosceva quale fosse, ma rappresentava un gatto e
c'era solo una gilda che stavano aspettando con qualcosa che
richiamasse quell'animale.
«Ecco»
mormorò la ragazzina. Teneva gli occhi puntati ai propri
piedi e
questo le impedì di vedere il volto di Priscilla impallidire
nell'istante in cui pronunciò: «Il mio nome
è Wendy Marvell, vengo
dai Cat Shielter».
"Wendy..."
non riuscì a pensare altro, mentre il cuore nel petto le
prese a
battere tanto forte da toglierle il fiato. Era lei, Wendy?
Quell'impacciata e striminzita ragazzina aveva davvero il potere di
salvarle la vita? Dopo quasi vent'anni di incubo, davvero la risposta
a tutto era davanti a lei e portava quell'aspetto tanto fragile e
minuto?
«Scusate
il ritardo. Piacere di conoscervi tutti quanti» sorrise
infine, con
le guance rosse per la timidezza.
«Una
bimba?» si chiese Lucy, sconvolta nel vedere che il
famigerato unico
membro formidabile di Cat Shielter aveva quell'aspetto delicato.
«Ora
tutte e quattro le gilde sono riunite» disse Jura, con
serenità,
cosa che fece scattare Gray che disse: «Ma tu continui come
se
niente fosse?!»
«Seriamente...»
si accodò Leon.
«Inviare
solo questa singola ragazzina per una missione pericolosa come
questa?» chiese Cherry, mettendo in imbarazzo così
Wendy.
Il
cuore di Priscilla parve volesse esplodere, voleva urlare per
liberarsi da quella tensione, ma ciò che aveva detto Cherry
le aveva
aperto un nuovo terrore: quella ragazzina era tutto ciò di
cui aveva
sempre avuto bisogno, era la risposta a tutti i suoi problemi, colei
che le avrebbe salvato la vita... e loro stavano per darla in pasto
al pericolo. Era uno scherzo?
«Oh,
non è sola, signorina scostumata» disse una voce
femminile, un po'
nasale ma fiera di sé. Un gatto entrò nella sala
in quel momento,
un gatto esattamente come Happy. Dal pelo bianco, camminava su due
zampe, parlava e indossava un abito con gonnella.
«Un
gatto?» chiese Leon.
«Come
Happy» osservò Natsu, sorpreso.
«Charle,
mi hai seguita?» chiese Wendy, con sorpresa.
«Certo!
Ero troppo preoccupata per lasciarti andare da sola» disse la
gatta,
prima di notare in che modo Happy la stesse fissando. Si
voltò
dall'altra parte e lo ignorò, con superiorità.
Priscilla si sentì
tirare per una gamba poco dopo e questo, insieme all'apparizione di
Charle, riuscirono a riportarla alla realtà.
«Ehy,
Priscilla... le potresti portare un po' del mio pesce?»
chiese
muovendo la coda timidamente.
«Vuoi
condividere con lei?» chiese Priscilla intenerita, capendo al
volo
la situazione. Happy non era mai così timido e soprattutto
non
condivideva niente con nessuno. Si era sicuramente preso una cotta.
«Che carino!» gli disse inginocchiandosi e dandogli
un paio di
pacche sulla testa.
«Ma
devi portarglielo tu, altrimenti non funzionerà»
intervenne Lucy,
con un sorriso divertito. Happy si voltò dall'altro lato,
rosso in
volto, e prese a giocherellare con le sue stesse zampette.
«Lei
ti pppppiace» disse Lucy, sghignazzando.
«Mi
stai copiando!» sobbalzò Happy, notando come
quella fosse una cosa
che lui diceva spesso agli altri quando capitavano certe situazioni.
«Che
carino!» ripeté Priscilla, portandosi le mani al
viso per
l'emozione.
«Ecco...»
balbettò Wendy, prendendo parola. «Non so
combattere molto bene, ma
so usare molte magie che possono supportarvi. Perciò, per
favore non
lasciatemi indietro!» disse con tono lamentoso per il
dispiacere.
«Gli
altri ti guardano dall'alto verso il basso proprio perché
sembri
così debole» la rimproverò Charle,
vedendola così.
«Mi
dispiace» balbettò ancora, Wendy.
«Ti
ho detto di non scusarti così spesso»
rimproverò ancora Charle.
«Mi
dispiace» pianse Wendy, al limite del disagio.
Priscilla
non poté che provare strane sensazioni nel vederla. Sapeva
come ci
si sentiva ad essere deboli, sapeva come ci si sentiva ad essere
lasciati indietro per quello, Laxus l'aveva fatto con lei e per anni
non aveva fatto che minacciarla di farla sparire del tutto.
Trasmetteva così tanta dolcezza e tenerezza, eppure proprio
quel suo
aspetto fragile la riempieva di angoscia e timore. Si chiedeva se
Mistgun le avesse detto la verità, se non si fosse sbagliato
e
magari in realtà Wendy non era in grado di aiutarla. Come
poteva una
cosina così piccola fare ciò che nessuno era mai
riuscito? Una
magia oltre il comune, per concludere l'imperfezione della magia
della vita e darle infine l'indipendenza e la libertà. Era
così
piccola, non sembrava per niente forte e lo ammetteva pure. Come se
non bastasse, se davvero poteva fare ciò, la stavano per
portare nel
giro della morte contro una potente gilda oscura. Se fosse morta,
cosa molto probabile vista la sua stazza, avrebbe perso per sempre
ogni speranza di scoprire se era veramente la sua risposta o meno. La
preoccupazione nei suoi confronti raggiunse in poco tempo un valore
esponenziale, come un'improvvisa raffica di vento, le
scompigliò
l'esistenza e cominciò a guardarla come il più
prezioso dei tesori.
Tesoro che il mondo sembrava pronto a portarle via da un momento a un
altro.
«Su,
su» disse avvicinandosi a lei. «Lascia perdere
questi burberi
antipatici che neanche si sono presentati. Non l'hanno fatto neanche
con me e pensa che la mia gilda non mi ha nemmeno invitata, mi sono
dovuta nascondere tra i loro bagagli per poter venire»
sospirò,
fingendo tristezza.
«Allora
eri tu che mettevi fuori asse le mie valige!»
commentò Erza,
mettendo finalmente fine a un eterno dubbio.
«Ho
rischiato di morire» mormorò lei, ricordando con
dispiacere quei
momenti. «Ma se non lasciano indietro me, anche se li ho
fatti
sfigurare come la gilda più debole, non lasceranno indietro
nemmeno
te» sorrise infine, illuminandosi in quel suo modo tutto
particolare
che colpiva il cuore di chiunque avesse di fronte. «Sono
Priscilla.
Piacere di conoscerti, Wendy».
«Non
lasceremo indietro nessuno» intervenne Erza. «Ci
hai preso un po'
alla sprovvista, scusaci. Siamo felici di averti con noi,
Wendy».
Wendy
arrossì e sorrise felice, prima di dire:
«È Erza-san, Charle! È
lei veramente!»
«È
una donna migliore di quello che mi aspettavo»
commentò Charle.
«Ehy,
avete sentito parlare di me?» chiese Happy, avvicinandosi .
«Sono
Necomander no Happy!»
«Che
razza di soprannome è?» mormorò
Priscilla.
Charle
sbuffò, impertinente, e si voltò dall'altro lato.
Happy si portò
le zampe al volto, emozionato, e disse: «È timida,
che carina!»
«Sembra
più che altro che ti stia snobbando»
commentò Lucy, ma Happy la
ignorò.
Priscilla
rise divertita da quella scenetta e portandosi le mani dietro la
testa, sollevò infine le gambe da terra per incrociarle come
fosse
seduta, galleggiando per aria.
«Priscilla,
non dovresti sprecare così la tua magia prima di una grande
battaglia» l'ammonì Erza.
«Hai
ragione! Devo riposare! Faccio un sonnellino!» disse,
stendendosi
sempre a mezz'aria e chiudendo gli occhi.
«Non
intendevo quello!» sobbalzò Erza, sorpresa dalla
sua risposta.
«Priscilla
del vento» osservò Jura, guardando la ragazza e
scoprendo grazie a
quel gesto l'abilità che le apparteneva. «Ho
sentito parlare di
te».
«Hai
sentito, Erza? Sono la dea del vento, tutti conoscono il mio
nome!»
disse Priscilla, felice, cominciando a roteare su se stessa come una
ballerina.
«Dicono
tu sia la più debole della gilda» disse Jura e
Priscilla smise di
roteare, si corrucciò e strinse i pugni furibonda, prima di
spiegare
con un certo nervoso: «Quella è acqua
passata!»
«Vento?»
mormorò Wendy, guardando Priscilla svolazzare a pochi passi
da lei.
«Tu sai volare?»
«Anche
tu puoi farlo» le disse Priscilla, allungando una mano verso
di lei
e sollevandola da terra senza fatica. Wendy si dimenò
all'inizio,
spaventata, ma poi si abituò subito a quella sensazione.
«È...
piacevole» disse, sorridendo emozionata.
«Posso
renderti leggera come una piuma o pesante come una roccia! E tante
altre cose» disse riposandola pian piano a terra.
«E
lo fai spesso?» chiese Charle, disdegnando tutto quello
spreco di
magia.
«In
continuazione» disse Erza. «Non la vediamo quasi
mai con i piedi
per terra».
«Camminare
è faticoso!» si giustificò Priscilla.
«Così
non può inciampare in giro» disse Wendy, cercando
di difenderla e
comprenderla.
«Esatto,
Wendy!» le disse Priscilla, radiosa. «Vedi? Noi due
ce la
intendiamo!»
Nda.
E’
arrivata Wendy!!!!!
….Niente,
volevo solo dire qualcosa visto che da subito ho fatto intendere che
la piccola Dragon Slayer avrebbe avuto una certa rilevanza nella vita
di Pricchan.
Comunque…
come potete vedere è sabato (BRAVISSIMA! Sei un genio, Ray,
davvero)
e pubblico oggi. Questo perché sono andata veramente molto
avanti
nella storia e vista la quantità di capitoli da portarvi ho
pensato
che sarebbe stato convenevole e interessante aumentare da una
pubblicazione a settimana a due. Niente di certo, ancora, devo vedere
se riesco a mantenere questo ritmo (comunque ogni capitolo prima
della pubblicazione deve essere riletto e revisionato almeno un paio
di volte), comunque per un po’ posso provarci.
I
giorni di riferimento credo che saranno più o meno sempre
questi:
lunedì/martedì e venerdì/sabato, ma
anche questo è da vedere
strada facendo.
Io
come sempre ringrazio chi mi legge, anche se siete tutti silenti
(Tanti piccoli Albus ahahah….. ok, non faceva ridere, chiedo
scusa).
Lasciatemi
un commento se vi fa piacere, anche striminzito, son sempre contenta
:D
A
presto.
Ray
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Capitolo 13 *** Oracion Seis ***
Oracion
Seis
«Molto
bene» cominciò infine a parlare Ichiya.
«Sembra che ci siamo
tutti, perciò passerò a illustrarvi il
piano» disse mettendosi in
delle strane pose da fotomodello.
«Quella
posa è così necessaria?»
provò a mormorare una Lucy imbarazzata
da quanto stava vedendo.
«Iniziamo
col luogo in cui i sei Generali Magici, gli Oracion Seis, sono
riuniti» continuò Ichiya ignorando il commento di
Lucy e cambiando
di nuovo posa. «A nord da qui si estende il grande bosco di
Wals.
Gli antichi sigillarono in quel bosco un incantesimo potentissimo. Il
suo nome è... Nirvana».
«Nirvana?»
si chiesero in molti, interrogandosi su quel nome.
«Non
ne ho mai sentito parlare» disse Leon.
«E
tu, Jura-sama?» chiese Cherry, voltandosi al compagno.
«No,
non ne so nulla».
«Si
tratta di una magia così devastante che gli antichi hanno
voluto
sigillarla. Questo è quello che sappiamo» disse
Ren, dei Blue
Pegasus.
«Una
magia devastante» riflettè Natsu, corrucciandosi.
«Non
mi piace come suona la cosa» commentò Lucy,
intimorita.
«Se
gli Oracion Seis si sono radunati in quel bosco l'hanno fatto
sicuramente per mettere le mani sul Nirvana»
osservò Hibiki.
«Dobbiamo
affrontare gli Oracion Seis e impedire loro di mettere le mani sul
Nirvana» disse Ichiya e insieme ai suoi compagni si
sistemarono in
un'altra posa di gruppo.
«Ed
eccoli di nuovo in posa» sospirò Lucy, sempre
più imbarazzata da
quella situazione.
«Ma
che fai?!» sobbalzò Gray notando solo in quel
momento che Priscilla
si era mescolata a loro e aveva assunto una delle loro pose.
«Mi
adeguo alla situazione» rispose lei con
tranquillità.
«Non
farlo, ti prego» piagnucolò Lucy e Priscilla non
riuscì più a
tenere il gioco, mettendosi a ridere divertita.
«Non
dovremmo cercare di rimanere seri?» commentò Leon,
guardando con
superiorità il gruppo di Fairy Tail.
«Tipico
di Fairy Tail: radunano solo stupidi» ridacchiò
Cherry, sulla scia
di Leon.
Priscilla
rispose alla provocazione con una linguaccia infastidita, prima di
dirle: «Racchia» di ripicca.
Cherry
per poco non urlò dal nervoso di quell'offesa. Si
irrigidì,
arrabbiata, e corrucciandosi lanciò occhiatacce a Priscilla
che ora
non era da meno. Sembravano pronte a saltarsi al collo e sbranarsi a
vicenda, quando intervenne Jura lanciando alle due un semplice
sguardo furioso. Mise talmente tanta soggezione che la paura le
assalì e le convinse ad allontanarsi l'una dall'altra e
mettere fine
a quel litigio sul nascere.
«Comunque,
noi siamo in tredici mentre loro solo in sei»
continuò Hibiki. «Ma
non dobbiamo sottovalutarli. Sono incredibilmente potenti».
Hibiki
schioccò le dita e al suo fianco comparve uno schermo
luminoso,
pixellato in giallo, e sotto un tastierino evanescente su cui prese a
scrivere con una mano sola.
«Archive»
riconobbe Jura. «È una magia rara».
«Questi
sono dei video che abbiamo ottenuto di recente» disse Hibiki
materializzando altri schermi di fronte al resto dei colleghi. Ognuno
di esso trasmetteva un breve video di una persona diversa, per un
totale di sei.
«Cobra
è il primo, è un mago che si serve di serpenti
velenosi» spiegò
Hibiki, allargando lo schermo che mostrava un ragazzo dai capelli
color vino, avvolto da un enorme serpente.
«Sembra
proprio un cattivone, guardate i suoi occhi obliqui»
commentò
Natsu, infastidito.
«I
tuoi occhi sono uguali» risposero in coro Gray e Leon.
«Chissà
se quel serpente è buono da mangiare»
commentò Priscilla,
guardando con interesse l'animale.
«Ti
sembra il momento di pensare a mangiare?» l'ammonì
Lucy.
«Ho
fatto il viaggio nascosta tra le valigie di Erza, sono ore che non
tocco cibo» sospirò lei, affranta.
«Nessuno
ti ha chiesto di farlo!» rispose Lucy a tono.
Hibiki
si schiarì la voce per attirare l'attenzione e riprese a
spiegare,
mostrando ora un ragazzo dalla cresta bionda e il naso aquilino:
«Racer, che a giudicare dal soprannome probabilmente usa
incantesimi
che potenziano la sua velocità». Passò
al prossimo: un uomo che
sembrava un sacerdote, con un libro sottobraccio e lunghi capelli tra
il castano e il biondo. «È un mago in grado di
sterminare anche un
esercito intero per trarne profitto. L'Occhio Divino, Hot
Eye!».
«Per
profitto?» mormorò Cherry, indignata.
«Che
miserabile» commentò anche Jura.
«Angel,
capace di leggere nei cuori delle persone»
continuò Hibiki,
mostrando il video di una donna dai capelli azzurri, vestita di piume
come fosse un cigno. Passò poi al video di un ragazzo seduto
a gambe
incrociate, la testa china in avanti, in un look particolarmente
dark. «Di questo individuo si sa poco, se non che si fa
chiamare
Midnight. E infine c'è Brain, il loro capo»
concluse, mostrando il
video di un uomo alto e muscoloso, ricoperto di tatuaggi, maneggiava
un bastone con sopra un teschio. «Ognuno di loro è
sufficientemente
forte da distruggere un'intera gilda da solo. Ecco perchè
sfrutteremo la superiorità numerica a nostro
vantaggio».
«Ecco...
penso sia meglio che non mi contate» tremò Lucy,
terrorizzata. Di
fianco a lei Wendy faceva altrettanto e balbettò:
«Neanche io sono
molto brava a combattere».
«Io
odio combattere» alzò la mano Priscilla,
ondeggiando con
un'allegria assolutamente incoerente con quanto avesse appena detto.
«Possiamo trovare un modo per risolvere la cosa
pacificamente?»
«Sono
una delle gilde oscure più potenti, credi davvero esiste un
modo
pacifico?» le chiese Gray, senza troppa enfasi, avvilito per
quella
domanda assolutamente inutile e fuori luogo.
«Potremmo
offrirgli del cibo» disse Priscilla, convinta, e Gray fu
pronto a
brontolarla di nuovo per la stupida idea, ma Natsu e Happy
l'affiancarono e annuirono convinti e questo bastò a
togliergli la
forza di provarci a ragionare con loro.
«Non
preoccupatevi, il nostro piano non implica solo
combattimenti» disse
Ichiya. «Tutto quello che dobbiamo fare e trovare la loro
base».
«Base?»
chiese Natsu.
«Ah
già, non ne abbiamo ancora parlato»
commentò Ren, mentre Hibiki
riprendeva a premere pulsanti sul suo tastierino magico.
«Sospettiamo
che abbiano una base provvisoria nascosta da qualche parte nel
bosco»
spiegò Eve.
«Se
possibile vorrei che li radunaste tutti lì» disse
Ichiya.
«Ma
come facciamo a trovarla?» chiese Gray, domanda a cui Natsu
rispose
infervorato con un: «A furia di sberle!»
«Lo
sapevo che alla fine avremmo dovuto combattere anche noi»
sospirò
Lucy, abbattuta all'idea di trovarsi di nuovo nei guai.
«E
cosa farete una volta che li abbiamo radunati?» chiese Erza,
domanda
a cui Ichiya rispose puntando un dito verso il cielo, prima di
spiegare: «Ci serviremo del vanto della nostra gilda, il
cavallo
volante Christina. Grazie a lei seppelliremo la loro base».
«Christina?
L'Incrociatore Magico?» chiese Cherry, che già
aveva sentito
parlare del cavallo volante dei Blue Pegasus. Non solo lei, ma in
molti lo conoscevano. La sua fama era praticamente mondiale.
«C'è
davvero bisogno di tutto questo per combattere contro dei semplici
umani» sibilò Lucy, sempre più
spaventata.
«Forse
non hai capito con che cosa abbiamo a che fare!» la
rimproverò
Jura, mettendola ancora più in agitazione. «Siete
pronti?» chiese
lui, prendendo ora la parola. «Se dovesse scoppiare la
battaglia non
dobbiamo mai combattere isolati. Cerchiamo di restare sempre almeno
in coppia».
In
molti annuirono, convinti e decisi, solo Lucy e Wendy continuavano a
piagnucolare spaventate.
«Una
gita nel bosco, yeah!» esultò Priscilla, allegra.
«Hai
ascoltato qualcosa di quanto abbiamo detto?»
sussultò Leon,
preoccupato e spaventato all'idea di avere appresso così
poche
persone su cui poter contare in caso di battaglia. Priscilla non gli
rispose, ma tornò a svolazzare a gambe incrociate, con le
mani
dietro la testa e semplicemente si limitò a sorridergli di
quel suo
solito sorriso ambiguo. Questo non fece che preoccupare ancora di
più
Leon, ma rassicurò invece il resto di Fairy Tail che al
contrario
suo la conoscevano abbastanza da sapere che quel sorriso nascondeva
solo una forza d'animo che sarebbe loro andata in soccorso in caso di
qualsiasi necessità. Avere Priscilla tra di loro voleva dire
avere
un asso nella manica, di quelli che nessuno si sarebbe aspettato.
«Okay!»
ruggì Natsu, sorridente. Si battè un pugno contro
l'altra mano ed
entrambe presero fuoco. «Sono tutto un fuoco!» la
sua frase di
routine con cui dava inizio a battaglie interessanti.
Avrebbe
anche dato coraggio e determinazione, se non fosse corso fuori dalla
gilda sfondando la porta e gridando fuori controllo: «Li
affronterò
tutti e sei insieme!»
«Aspetta!
Natsu!» lo richiamò Lucy, inutilmente.
«Capisco che è impaziente,
però...» sospirò.
«Non
credo che abbia ascoltato il piano» disse Gray con
rassegnazione ma
una strana serenità.
«Questo
perché lui è Natsu» spiegò
Happy.
«Almeno
apri la porta» sospirò Hibiki, guardando il danno
fatto.
«Natsu
non sa cosa siano le porte» bofonchiò Priscilla,
svolazzando con
tranquillità mentre mangiava delle more e dei lamponi da una
ciotola.
«E
quelle da dove sbucano?» sussultò Lucy,
guardandola.
«Dalla
cucina» disse Priscilla con naturalezza.
«Chi
ti ha dato il permesso di andare in cucina!»
insistè Lucy, sempre
più esaurita, prima di accasciarsi a terra e mormorare:
«Perché
nel nostro gruppo non ce n'è uno normale».
«Io
sono normale!» alzò la mano Happy.
«Sei
un gatto blu parlante con le ali, credi davvero di essere
normale?»
disse Lucy con un filo di voce, consapevole che ancora una volta
stava parlando al vento.
«Non
abbiamo altra scelta» disse Erza, guardando la polvere che
Natsu si
stava lasciando alle spalle nella sua frenetica corsa.
«Andiamo!»
«Ma
tu guarda quello scemo» sbuffò Gray, prima di
cominciare a correre
dietro Erza per raggiungere Natsu. Lucy si mise a piangere, disperata
all'idea di andare incontro a morte certa, ma comunque non rimase
indietro. Priscilla volò dietro di loro, urlando:
«Happy!
Scommettiamo su chi arriva prima?»
E
Happy sobbalzò, prima di partire con uno scatto e volarle
dietro,
urlando e piagnucolando: «Priscilla imbrogliona! Sei partita
prima!»
Dietro
di loro, poco per volta, anche il resto delle gilde cominciarono a
correre verso il bosco in questione. Tutti tranne Jura e Ichiya, che
rimasero invece indietro.
«Riesco
a vedere il bosco!» disse infine Natsu dopo qualche ora di
corsa.
«Ehy,
Natsu! Aspetta!» lo rimproverò Gray, correndogli
alle spalle
insiema a Erza.
«Stupido!
Non correre davanti a noi!» disse lei.
«È
perché non riesci ad accettare che sia io a prendere
l'iniziativa»
ridacchiò Natsu, fiero e orgoglioso, ma tutto
morì nell'istante in
cui il volto di Erza si fece tanto torvo da terrorizzarlo solo con la
forza dello sguardo.
«Come
osi, pivello?» ruggì lei e lui si
dimenò dalla paura tanto che non
si rese conto di essere arrivato al bordo del dirupo, oltre il quale
sotto si apriva il bosco. Fece qualche passo di troppo e infine cadde
giù con un urlo terrorizzato.
«Cavoli,
guarda come cade» commentò Gray, affacciandosi
oltre il dirupo e
guardandolo andare giù, senza preoccuparsi troppo.
«Non
è cambiato affatto» disse Cherry, raggiungendoli e
guardando anche
lei oltre il dirupo dove Natsu era sparito.
«Quando
penso di aver dovuto combattere con lui, mi risulta difficile
crederci» si aggiunse Leon.
«Hai
combattuto contro Natsu e sei amico di Gray»
commentò Priscilla,
arrivando con tranquillità appena dopo.
«Perché non ho mai sentito
parlare di te?» chiese a Leon, che voltandosi furioso le
disse: «Non
sono amico di Gray!»
«Perché
tu alla gilda non ci sei mai e non senti le nostre storie» le
rispose invece Erza. Priscilla sorrise, felice di chissà
cosa, e
alzando le dita in segno di vittoria rispose allegra: «Hai
ragione!»
«Andiamo,
non fermiamoci» disse Erza, cercando una via per scendere e
continuare a seguire Natsu.
«Ci
penso io!» disse Priscilla allegra, battendo le mani. Del
vento si
alzò sotto di loro, facendo prima svolazzare i loro abiti e
infine
sollevandoli da terra.
«Ma
che...?» balbettò Leon, preso alla sprovvista.
«Si
scende!» disse Priscilla, volando in picchiata verso il fondo
del
cratere e portandosi dietro il resto del gruppo con altrettanta
velocità.
«Aspetta,
Priscilla!» provò a chiamarla Gray, spaventato
dalla velocità con
cui si dirigevano verso il suolo.
«Ci
schianteremo!» urlò Cherry, spaventata.
Si
tuffarono tra gli alberi senza troppa delicatezza, restando
impigliati a rami e foglie che si portarono dietro anche una volta
abbandonata la cima degli alberi. Stavano per schiantarsi al suolo
quando Priscilla con un ultima corrente dal basso riuscì a
frenare
improvvisamente la loro caduta.
«Ce
n'era proprio bisogno?» sibilò Leon.
«Mi
viene da vomitare» commentò Cherry, pallida in
volto. Ma Priscilla
non sembrò più allegra e spensierata come lo era
stato fino al
momento prima dell'atterraggio. Il suo volto ora era diventato
improvvisamente serio e non rispose ai nuovi compagni.
«Che
succede?» chiese Erza, notando il cambiamento e
preoccupandosene.
«Non
lo sentite anche voi?» chiese Priscilla, torva in volto. Solo
ora
che erano con i piedi a terra e nuovamente tranquilli, riuscirono a
concentrarsi abbastanza da percepire la stranezza di quel luogo.
«C'è
qualcosa di strano qui dentro» commentò Gray.
«L'aria...
ha un odore e una consistenza diversa, sinistra. Non mi
piace»
spiegò Priscilla, prima di voltarsi e tornare a correre,
usando
questa volta i propri piedi e non volando.
«Andiamo!»
«Sì!»
rispose Erza, la prima ad andarle dietro seguita subito dagli altri.
Riuscirono
a raggiungere Natsu dopo qualche metro, tanto in fervore da prendere
in giro la lentezza dei suoi amici, fino a quando un'ombra non
passò
loro sopra le teste. Natsu si fermò e alzò gli
occhi al cielo,
curioso, e Gray gli andò addosso non riuscendo a frenare in
tempo la
corsa.
«Che
stai facendo?» ruggì Natsu.
«Stupido!
Non ti fermare all'improvviso in quel modo!» rispose Gray,
torvo in
viso.
«Guardate!»
li interruppe Erza, ponendosi tra loro e piantando a ciascuno di loro
una mano sul viso per allontanarli. Alzarono gli occhi al cielo e
restarono senza fiato, sorpresi e anche un po' emozionati.
«Un
cavallo con le ali!» commentò Priscilla, con una
punta di emozione
nella voce.
«Quello
è il bombardiere magico dei Blue Pegasus!»
spiegò Erza,
altrettanto emozionata. «Christina!»
«Che
figo!» commentò Natsu.
«Bene,
dividiamoci e cerchiamo la loro base!» disse Erza, decisa.
Ora che
anche Christina era arrivata, con tutta la sua imponenza, si poteva
dare il via al piano prestabilito e smettere di correre senza meta.
«Di
che stai parlando?» chiese Natsu, confuso.
«Sei
inutile» sospirò affranto Gray.
«Non
hai davvero ascoltato niente!» scoppiò a ridere
Priscilla, ma il
suono cristallino della sua risata venne interrotto da un'esplosione
e subito dopo da altre. Con gli occhi vitrei, tornarono ad alzare gli
occhi su Christina che ora emanava fiamme e fumo da varie zone e la
videro perdere quota, cadendo verso il suolo.
«Ma
che...?» balbettò Erza.
Christina
raggiunse il bosco sotto di essa e nell'impatto esplose del tutto,
distruggendosi.
«Cosa
è successo?» gracchiò Leon, guardando
sconvolto la scena insieme
al resto dei compagni.
Natsu
annusò l'aria, serio in volto. Priscilla si
irrigidì e cominciò a
guardarsi attorno, percependo uno strano cambiamento nella
stabilità
dell'aria intorno a sé.
«Ehy...»
mormorò Natsu, mettendosi in guardia. Gray annuì,
prima di gridare
al resto dei compagni: «State in guardia! Arriva
qualcuno!»
Lucy
e subito dopo anche Wendy con Charle riuscirono a raggiungere il
resto del gruppo, anche se restarono indietro, tese per quanto
avessero appena visto. Dal fumo che si alzava dal bosco davanti a
loro cominciarono a emergere le prime figure, delle persone, che pian
piano si rendevano sempre più chiare man mano che uscivano
dal fumo
di Christina distrutta. Un uomo col bastone con un teschio, un altro
vestito da corridore, uno con una bibbia in mano, una donna vestita
di piume, un ragazzo avvolto da un serpente e un altro addormentato
su di un tappeto fluttuante.
«Quelli
sono...» balbettò Lucy, cominciando già
a tremare.
«Gli
Oracion Seis» completò Eve, teso come una corda di
violino.
«Inutile
spazzatura» disse semplicemente Brain, il leader del gruppo,
guardando le persone di fronte a sé.
«Siamo
a conoscenza dei vostri piani!» disse Angel con allegria,
mentre due
piccoli esserini blu dalla forma vagamente umana le ballavano
intorno. «Abbiamo già preso Jura e
Ichiya!» disse uno di quei
cosini.
«Cosa?»
sussultà Leon, sbarrando gli occhi.
«Non
è possibile!» si unì Hibiki,
altrettanto sconvolto che il loro
compagno più forte fosse già caduto in battaglia.
«State
tremando» sorrise Cobra. «Vi sento».
«Noi
dobbiamo proseguire con il nostro piano» disse Racer.
«Ma voi siete
d'intralcio».
«Non
mi aspettavo che sareste stati voi a mostrarvi» disse Erza,
guardando i nemici di fronte a sé con una certa tensione.
«Ehy»
sorrise Natsu, schioccandosi le dita con un sorriso eccitato sul
viso. Gray annuì, sorridendo allo stesso modo, e senza
nessun tipo
di preavviso partirono entrambi all'attacco gridando:
«Così non
dobbiamo essere noi a venirvi a cercare!»
Cobra
sorrise, corrucciando le sopracciglia, segno che la cosa non lo prese
per niente alla sprovvista.
«Fatelo»
disse semplicemente Brain e Racer fu il primo a partire, sparendo
dalla vista e riapparendo pochi istanti dopo in vari punti diversi,
come fosse dotato di teletrasporto. Apparve appena alle spalle dei
due di Fairy Tail e con velocità li colpì
entrambi, facendoli
finire al suolo con uno schianto.
«Natsu!
Gray!» urlò Lucy preoccupata, ma qualcuno con la
sua stessa voce
parlò al suo fianco. Lucy sbarrò gli occhi e si
voltò a guardare
quella che era la perfetta copia di se stessa, spaventata.
«Idiota!»
rispose l'altra sé prima di iniziare a colpirla con la
frusta che
portava al fianco.
Hibiki,
Eve e Ren si prepararono a partire per unirsi al combattimento, ma
Priscilla gli volò davanti, atterrando con
velocità tale da alzare
un polverone.
«Sposti
troppa aria quando corri! Riesco a sentirti!»
gridò prima di
incrociare le braccia e gridare: «Tornado!»
Un
muro di vento avvolse lei, i tre della Blue Pegasus e Wendy, nascosta
dietro una roccia poco dietro di loro. Girava a una velocità
tale
che avrebbe potuto disintegrare qualsiasi cosa e ogni piccolo sassino
diventava un proiettile in grado di perforare la roccia stessa. I tre
della Blue Pegasus la guardarono sconvolti per la velocità e
la
potenza che aveva dimostrato, ma la loro preoccupazione maggiore si
riferiva al nemico contro cui stava combattendo che loro invece non
avevano notato.
Racer
sfondò il muro di vento con una facilità che
lasciò sorpresi
tutti: la sua velocità era tale da impedirgli di subire
conseguenze
dal vento di Priscilla, potendosi probabilmente muovere più
rapidamente di esso.
«Impossibile!»
mormorò lei, pallido in viso per quanto appena visto.
Racer
la colpì con un calcio in pieno viso e questo
bastò a disintegrare
il muro di vento che aveva creato per proteggere i suoi compagni.
Rotolò a terra per qualche metro, raccogliendo polvere e
sassi,
ferendosi così in più punti. E infine
restò stesa a terra, priva
di coscienza.
«Priscilla!»
provò a chiamare Hibiki, mentre gli altri due compagni
partivano
contro Racer, che ancora si dimostrò più veloce.
Li colpì, senza
dar loro tempo di essere visto, per poi colpire Hibiki stesso.
"Merda!"
pensò quest'ultimo, steso a terra insieme al resto dei suoi
compagni, mal ridotto e troppo dolorante per rialzarsi. "Non
riesco a vederlo".
Leon
e Cherry attaccarono insieme, ma non fecero in tempo ad avvicinarsi
al nemico che il terreno cambiò la sua conformazione e
cominciò a
inghiottirli come sabbie mobili.
Erza
si riequipaggiò e provò a puntare Cobra, il
più vicino dalla sua
posizione. Decine di spade vennero evocate e scagliate contro
quest'ultimo ma lui riuscì senza troppa fatica a schivarle
tutte,
lasciando la ragazza a bocca aperta. Racer ancora comparve alle sue
spalle e provò a colpirla, ma lei riuscì a
difendersi in tempo e
cambiare ancora equipaggiamento mettendosi qualcosa che aumentasse la
rapidità dei suoi movimenti. Racer sorrise soddisfatto,
limitandosi
a commentare con: «Sei veloce» ma non ebbe la
necessità di
intervenire ancora. Cobra si mosse e la raggiunse altrettanto
rapidamente, sibilando un: «Io posso sentirti! Il tuo
prossimo
movimento... è questo!» e anticipando i suoi
movimenti riuscì a
mettersi nella posizione ideale per colpirla al ventre, nonostante
lei fosse riuscita a vederlo e a muoversi in tempo per provare a
schivarlo. Era come se lui avesse saputo perfettamente quale sarebbe
stata la sua mossa e fosse riuscito ad anticiparla... e forse era
proprio così.
"Come
pensavo... riesce a prevedermi" pensò lei, cercando di
rialzarsi.
«Prevederti?
Ti sbagli. Io riesco a sentirti» disse Cobra, dimostrando
così la
sua capacità: in qualche modo, riusciva a leggerle il
pensiero.
«Ehy
tu!» lamentò Natsu alzandosi e camminando a passi
pesanti verso
Midnight: «Svegliati, maledetto!»
Provò
a soffiargli contro un getto di fuoco, ma questo deviò
nell'istante
in cui entrò nel campo di interesse di Midnight. Lo
schivò e tornò
nella sua traiettoria una volta superato, come se ci fosse stato un
campo magnetico.
«Fermati!»
gli disse Racer comparendo alle sue spalle e colpendolo.
«Quando
Midnight si sveglia è davvero spaventoso. Non
farlo» e continuò a
colpirlo da più punti, mentre Natsu, incapace di vederlo,
non riuscì
a difendersi.
«Anima
del vento!» la voce di Priscilla attirò la sua
attenzione,
scoprendola ora di nuovo in piedi, anche se mal ridotta.
«Tornado!»
un tornado le nacque dal palmo della mano e volò con
rapidità in
direzione di Natsu e Racer, pronto a travolgerli. Natsu
gridò
terrorizzato, consapevole che non sarebbe stato risparmiato dalla
furia di Priscilla, ma per sua fortuna l'aria era sotto il suo pieno
dominio e questo le permise di evitare il proprio compagno, cercando
di colpire esclusivamente Racer. Questo però
sparì nuovamente,
grazie alla sua enorme velocità, e riapparve di fianco a
Priscilla
quando ancora non aveva finito di sparare il getto di vento.
Calciò,
mirando alla sua schiena, ma l'immagine della ragazza si dissolse non
appena lui la toccò. La sorpresa nello scoprire il falso
creato dal
Mirage di Priscilla le diede qualche secondo di vantaggio,
permettendole di riapparire alle spalle del nemico. Mano testa,
vicino alla sua testa, e sparò un altro getto d'aria
urlando: «So
farlo anche io questo giochetto!»
Ma
Racer si dimostrò ancora una volta più veloce,
sparendo dalla
traiettoria di Priscilla e lasciandola di nuovo frustrata e perdente.
Riapparve sopra di lei e con un calciò la spinse a terra con
violenza, facendola mugolare dal dolore.
«Sei
furba. E resistente» sghignazzò Racer, divertito
da quel piccolo
scontro. «Ma troppo lenta!»
Gray
a pochi passi da loro provò a unirsi ai suoi compagni,
cominciando
ad evocare: «Ice Make...» ma i piccoli omini blu di
Angel
comparvero al suo fianco, divennero lui e usando la sua stessa magia
lo colpirono in maniera devastante.
Cherry
e Leon, di nuovo in piedi, provarono un altro colpo combinato ma Hot
Eye modificò di nuovo la conformazione del terreno a suo
piacimento
e li travolse con una sottospecie di valanga.
Erza
continuò poco più avanti a combattere contro
Cobra, senza
risparmiarsi nei colpi, ma lui riusciva ad anticipare ogni sua
singola mossa senza perciò venirne minimamente nemmeno
sfiorato. Hot
Eye gli diede manforte, dopo un po' che continuava a perdere tempo,
alzando un muro di fronte a Erza. Racer la raggiunse e la
colpì,
mandandola a terra, e urlò: «Cobra! Non perdere
tempo!»
Cobra
si corrucciò, ferito nell'orgoglio, e infine allungando una
mano
ordinò al proprio serpente di intervenire, chiamandolo:
«Cuberios!»
Il
serpente raggiunse Erza rapidamente e infine la morse a una spalla.
Erza cadde a terra, mugolando dal dolore e incapace di muoversi.
Sentiva la spalla prendere fuoco, laddove i canini del serpente si
erano conficcati, e questo le impediva persino di respirare.
«Il
veleno di Cuberios non ha effetto immediato. Ti permetterà
di vivere
quel poco che ti resta nel dolore» sghignazzò
Cobra, riprendendosi
il suo serpente e cominciando ad allontanarsi. Alle sue spalle,
ormai, una scena devastante dove tutti i corpi dell'alleanza tra
gilde giacevano a terra ormai senza forze e ricoperti di ferite tali
da impedir loro di muoversi.
«Spazzatura.
Ora dovete scomparire dalla faccia della terra» disse Brain,
allungando il suo bastone verso i suoi nemici, preparandosi a
chissà
quale terribile attacco che li avrebbe uccisi definitivamente. L'aria
iniziò a vibrare, la terra a tremare, e un aura oscura
cominciò ad
avvolgerli. Sembrava pronto a rubar loro le anime, faceva tremare
dalla paura, sentivano l'enorme potere magico che presto avrebbe loro
risucchiato ogni cosa forse senza lasciargli nemmeno un corpo a
disposizione. La fine che li stava per distruggere definitivamente,
ma tutto cessò improvvisamente, con gli occhi di Brain ora
spalancati verso una roccia alle spalle dei membri dell'alleanza.
«Che
ti prende, Brain?» chiese Cobra.
«Perché
hai interrotto l'attacco?» domandò Racer.
«Wendy»
mormorò Brain, riconoscendo la ragazzina nascosta dietro
quella
roccia. Priscilla, stesa a terra, sentì ogni muscolo del suo
corpo
vibrare nel sentire il suo nome pronunciato dal nemico. Non aveva
idea del perché la conoscesse nè cosa volesse da
lei, ma sentiva
solo che il pericolo era vicino. Se le avessero fatto del male, se
l'avessero presa loro, lei non sarebbe potuta... guarire. Doveva
liberarsi dal maleficio di suo padre, dalle catene invisibili che la
tenevano strozzata a lui e al suo volere, doveva diventare libera. Lo
desiderava con tutta se stessa. Libera da quel male, dal suo passato,
da ogni cosa e forse... forse anche libera dalla sua maledetta
immortalità, sarebbe potuta davvero diventare umana. Come
tutti
loro. Come Laxus. Wendy era la sua unica speranza. La sua nuova
ragione di vita.
«Non
c'è dubbio. Tu sei Wendy, la Sacerdotessa del Firmamento.
È
veramente una fortuna averti incontrato qui» disse Brain
allungando
il bastone verso di lei.
«Sacerdotessa?»
balbettò Natsu, provando ad alzarsi senza riuscirci. Ogni
cosa
faceva male.
Wendy
si rannicchiò ancora di più dietro la roccia,
piangendo dal
terrore. Un'ombra verde uscì dal teschio sulla punta del
bastone di
Brain, prese la forma di una mano, e volò con
rapidità in direzione
della ragazzina, aperta, pronta ad afferrarla.
Wendy
urlò, Charle e Happy al suo fianco nemmeno la videro
arrivare tanto
fu rapida, e la mano si aprì sulla ragazzina per stringerla
e
portarla via. Ma un improvviso soffio di vento, dalla potenza
decisamente maggiore di quelli sprigionati fino ad allora, ebbe la
forza di contrastarla, risucchiarla e infine disintegrarla. Wendy
aprì gli occhi, attirata da quell'aria che le aveva
scompigliato i
capelli, e vide in ginocchio, di fronte a sé, la schiena di
Priscilla con la mano ancora tesa in avanti in un attacco appena
concluso. La mano verde si riformò però dallo
strascico di magia
che ancora nasceva dalla punta del bastone di Brain e tornò
con
velocità verso di loro. Priscilla si voltò e
prese Wendy tra le
braccia, prima di saltare e volare via, evitando così
l'attacco che
invece disintegrò la roccia che avevano avuto alle loro
spalle fino
a quel momento. Charle e Happy si erano aggrappati ai suoi piedi
appena in tempo, venendo così trascinati via insieme a lei.
«Priscilla?»
balbettò Wendy guardando il volto della ragazza che la
teneva ora
stretta a sé. Non sembrava lei, gli occhi spalancati, la
mascella
tanto contratta che sentiva i denti sfregare tra loro, e dei versi di
rabbia e dolore le uscivano dalla gola. Quelle ferite la uccidevano
dal dolore, ma lei sembrava pronta a distruggere il mondo intero. La
mano tornò a caricarla e lei sparò ancora getti
d'aria,
distruggendola nuovamente.
«Quello
non è semplice vento, se riesce a contrastare
così la magia di
Brain» commentò Cobra, osservando la ragazza che
volava spedita da
una parte all'altra per evitare l'attacco della mano di Brain.
Lanciava incantesimi d'aria uno dietro l'altro, distruggendolo ogni
volta, senza perdersi d'animo quando vedeva che si riformava. Era
forte, più di quanto sembrasse.
«Non
l'avrai! Non l'avrai!» ruggì Priscilla, fuori di
sè. «Non te la
lascerò!»
«Vento
magico. Quella ragazza... ha qualcosa di diverso»
commentò Brain,
riuscendo a vedere oltre le apparenze. Sotto quello strato di pelle e
carne, che erano persino in grado di sanguinare anche se
superficialmente, c'era qualcosa di mistico, antico e forse anche
proibito. «È un insetto fastidioso»
disse infine, riuscendo a
valutarne la pericolosità. Era a pezzi, si muoveva a
malapena,
eppure era in grado di tenergli testa con un tale potere e una tale
velocità. La mano verde scomparve improvvisamente e al suo
posto
delle ombre nere nacquero dalla punta del bastone, diramandosi e
raggiungendo la ragazza con una velocità sorprendente.
Priscilla
digrignò i denti e con l'unica mano libera, visto che con
l'altro
braccio teneva ancora Wendy avvinghiata a sè,
generò in pochi
istanti un turbine di vento che le avvolse come in una bolla. Ma la
nuova magia di Brain si rivelò nettamente superiore alla
precedente,
che serviva solo ad afferrare la ragazzina, mentre questa aveva
intenti distruttivi. Penetrò all'interno dello scudo di
vento di
priscilla, disintegrandolo, e la colpì penetrando
all'interno del
suo corpo in più punti come una serie di tentacoli
appuntiti.
Priscilla si irrigidì, urlò accecata dal dolore e
non potè fare a
meno di allentare la presa su Wendy che le scivolò via. La
ragazzina
urlò spaventata, allungando una mano verso Priscilla, ma di
nuovo la
mano verde di Brain la raggiunse e questa volta riuscì ad
afferrarla.
«Priscilla!»
chiamò piangendo disperata, mentre veniva trascinata via.
«Wendy!»
chiamò Charle, correndole dietro insieme a Happy,
inutilmente. Era
troppo veloce, molto più di loro, non riuscirono che a
sfiorarla.
Priscilla riuscì a muovere una mano, con enorme sforzo, e
l'allungò
verso Wendy come se avesse voluto raggiungerla e prenderla, ma i
tentacoli neri continuavano a muoversi dentro di lei, pompando magia
maligna e velenosa.
«W...»
provò a chiamare, senza riuscirci. In ultimo moto disperato,
con un
urlo che vibrò per chilometri nel bosco, riuscì a
generare dalla
punta delle dita un leggero soffio di vento. Non fu molto, ma
raggiunse Charle e Happy, dando loro una lieve spinta in avanti e
questo permise a Happy di afferrare la mano di Wendy un istante prima
che questa scomparisse all'interno di un portale magico generato
dallo stesso Brain. I tentacoli lasciarono infine andare Priscilla,
ormai immobile, che cadde a terra in un tonfo.
«Priscilla»
chiamò Gray, pallido in viso.
«È...»
balbettò Cherry, guardando la ragazza immobile. Non sembrava
neanche
che respirasse più. «Morta?» chiese con
quel poco di voce che
aveva, domanda che si facevano tutti quelli che non appartenevano a
Fairy Tail e non sapevano del suo segreto. Nonostante questo, le sue
condizioni certo non erano delle migliori e questo fece impallidire e
preoccupare anche i suoi compagni.
«Ora
non mi servite più» annunciò Brain
lanciando un altro incantesimo
dalla potenza magica devastante contro il resto dei membri
dell'alleanza.
«State
giù!» disse Gray e gli altri non esitarono a
seguire il suo
consiglio, nascondendo la testa tra le braccia o lanciandosi su chi
volevano proteggere.
«Muro
di ferro e pietra!» una voce che non apparteneva al loro
gruppo, ma
che ben conoscevano. Jura corse davanti a loro e alzò un
braccio al
cielo, sprigionando una magia che fece muovere il terreno sotto di
loro e creò sopra le loro teste una cupola che
riuscì a proteggerli
dalla pioggia magica di Brain.
«Appena
in tempo» commentò lui, sollevato dall'essere
riuscito ad arrivare
appena in tempo.
«Jura-sama!»
chiamò Cherry, felice di vederlo.
«Grazie
al cielo» sospirò Lucy, rialzandosi pian piano,
aiutata da Hibiki e
Ren.
«Sono
scappati, maledetti!» ringhiò Natsu, alzandosi e
guardandosi
attorno per cercare traccia del nemico.
Leon
si voltò verso Priscilla, che aveva a pochi passi, ancora
immobile.
Si sollevò e si avvicinò rapidamente a lei,
preoccupato per la sua
vita.
«Con
un attacco come quello non può essere
sopravvissuta» commentò
Cherry, coprendosi il volto con le mani.
Leon
l'afferrò e la girò, scoprendole il viso. Era
completamente
abbadonata a se stessa, anche sollevando la testa questa le ricadeva
penzoloni, le braccia erano morbide lungo il corpo, tutto faceva
pensare che fosse morta. Ma sorprendentemente non era così.
«Respira!»
annunciò al resto dei suoi compagni. «Sembrava una
stupida, invece
ha un potere incredibile. Fairy Tail lascia sempre sorpresi,
vedo»
commentò, tenendo la testa di Priscilla sollevata da terra.
«Ha
bisogno di cure!» disse Cherry.
«Ha
solo bisogno di riposare» rispose Gray con uno strano tono
cupo, che
faceva capire la singolarità della situazione.
Un’insolita ombra
sul suo volto e l'altrettantoinsolita mancanza di paura e
preoccupazione verso la sua compagna, eppure non riusciva a
nascondere un certo dolore.
«Priscilla
del vento» commentò Jura, camminando verso di lei
e fermandosi alle
spalle di Leon. Spostò gli occhi su una delle ferite
più profonde
che aveva, oltre il quale riuscì a intravedere, anche se per
un solo
istante, un fascio luminoso azzurro. «Magia della vita. Non
credevo
esistesse davvero. È incredibile che qualcuno sia riuscito a
portarla a termine con successo».
«Che
significa?» chiese Leon.
«È
una magia antica, una leggenda, nessuno che io sappia è mai
riuscito
a usarla veramente, estremamente rara e complicata, impossibile
credevo fino a questo momento» disse Jura.
«Di
che magia si tratta?» chiese Cherry non capendo, e
misteriosamente
nessuno dei membri di Fairy Tail parve voler intervenire nè
a difesa
dell'amica sotto esame né per spiegare cosa stesse accadendo.
«È
una magia creazionale, tipo la tua, Leon. Ma ha un livello nettamente
superiore in quanto invece di usare il ghiaccio... usa carne, pelle e
ossa».
«Cosa?»
sobbalzò lui, cominciando a capire e sentendo
perciò una strana
inquietudine nascergli nella pancia.
«È
per questo che non è morta» osservò
Jura, fissando intensamente il
viso abbandonato della ragazza ancora tenuta sollevata da Leon, in
ginocchio. «Lei è...»
«Lei
è Priscilla!» lo interruppe Natsu, con uno sguardo
deciso e
furioso. Non dovevano osare fare congetture su di lei, non la
conoscevano, non potevano sapere e non dovevano azzardarsi a dire
cose strane sul suo conto. «Priscilla e basta, membro di
Fairy
Tail!»
«È
nostra amica. E quei bastardi hanno osato fare del male a lei e a
Erza» ringhiò Gray, con lo stesso sguardo torvo
dell'amico. Al suo
fianco, Lucy era china e teneva sollevata la testa di Erza che
respirava a fatica, sotto l'effetto del veleno di Cuberios iniettato
nella sua spalla, che ora stava diventando pian piano violacea.
«Hanno
rapito Happy! E Wendy! Non la passeranno liscia, maledetti!»
ruggì
Natsu, alzandosi in piedi e cominciando a correre verso meta ignota
solo con l'intento di inseguirli e pestarli fino alla morte. Charle
gli volò alle spalle e lo afferrò per la sciarpa,
impedendogli così
la fuga e tirandolo a terra.
«Cerca
di darti una calmata! Non sono nemici che si possono battere
semplicemente in uno scontro, l'hai visto anche tu» lo
rimproverò.
«Charle-dono
ha ragione» annuì Jura.
Ichiya,
mal ridotto anche lui come Jura, camminò al loro fianco e
aprì una
provetta dal quale si spanse un profumo piacevole che presto diede
sollievo a tutti i presenti.
«Un
parfum
analgesico,
sembrava ne avevate bisogno» spiegò.
«Sensei!
È salvo!» lo salutarono Hibiki e gli altri due
compagni, entusiasti
di vederlo.
«Ce
la siamo vista brutta, ma per fortuna siamo tutti interi»
annuì
Jura.
«E
i passeggeri di Christina? Come stanno quelli che la
guidavano?»
chiese Lucy, preoccupata.
«Non
ti devi preoccupare. Christina si muove con un controllo remoto, non
c'era nessuno al momento dell'attacco e della distruzione»
spiegò
Eve, rasserenando la ragazza.
«Ichiya-san»
chiamò Leon, voltandosi verso l'ometto. «Hai
niente che possa
funzionare su di lei?» chiese continuando a sostenere
Priscilla e
Ichiya si avvicinò, per esaminare meglio la situazione.
«Non
credo di aver compreso bene la situazione, ma il ragazzetto ghiaccio
ha detto che le basta riposare. Posso provare ad aiutarla con
qualcosa in grado di agevolare il riposo» ipotizzò.
«Meglio
sarebbe qualcosa in grado di ripristinare il potere magico»
disse
Jura, prima di aggiungere: «Visto che è di quello
che è fatta».
Lo
avevano capito quando aveva spiegato della magia creazionale, ma
sentirlo dire ad alta voce dava tutto un altro effetto. Priscilla non
era umana, ma una creazione magica e di magia era composta.
"Una
creazione" Leon non riusciva a toglierselo dalla testa. Per anni
aveva seguito la dottrina della creazione, affinandola e
migliorandosi con quell'unico strumento che sapeva utilizzare: il
ghiaccio. Ricordava gli insegnamenti di Ur e tutte le lodi che dava a
quella particolare magia che trascendeva ogni altra per il potere che
donava al mago che la usava. Creare qualcosa era l'apice della
libertà e del potere, ma ancora superiore al poter creare
qualcosa
dal nulla c'era la possibilità di creare la vita. La magia
creazionale del ghiaccio era ciò che più si
avvicinava allo
spettacolo della vita, il più grande incantesimo di tutti i
tempi,
quello della natura che permetteva la vita. Lui aveva studiato tanto
ed era riuscito ad avvicinarsi il più possibile a quello che
era
quasi un potere divino, riuscendo a creare dal ghiaccio creature
animate e non solo oggetti. Ma erano sempre ghiaccio, prive di
un’anima, di una coscienza propria, che si muovevano,
sì, ma sotto
al proprio controllo.
La
magia della vita era ciò che aveva aspirato per essere il
migliore
in assoluto, poter maneggiare qualcosa di unico ed eccezionale, e ora
il risultato più ambito e incredibile che fosse mai potuto
esistere
lo teneva tra le braccia.
Era
affascinante ed emozionante.
«Ho
capito, proviamo con questo allora» disse Ichiya stappando
un'altra
delle sue boccette e passandola sotto al naso di Priscilla per
assicurarsi che lo respirasse. Pian piano il petto della ragazza
prese a muoversi lentamente, segno che stava riprendendo a respirare
sempre meglio e che il profumo di Ichiya stava avendo qualche
effetto.
«Sembra
funzionare» commentò Leon, sollevato.
«Leon-sama,
non mi sento molto bene neppure io» disse Cherry
teatralmente,
appoggiandosi a una sua spalla.
«Non
hai respirato il profumo analgesico di Ichiya? Dovrebbe fare effetto
tra poco» si limitò a rispondere Leon,
distruggendo così del tutto
il tentativo di Cherry di attirare la sua attenzione. La ragazza si
portò una mano al petto, ferita, poi guardò
Priscilla ancora tenuta
delicatamente sollevata da terra e ringhiò come un animale,
colta da
un profondo senso di gelosia.
«La
perdono solo perché non è umana»
concluse, calmandosi. «Non ha
speranze di...» ma non terminò la frase che Lucy
la sorprese,
colpendola in pieno viso con uno schiaffo. Cherry si portò
una mano
alla guancia colpita e guardò sconvolta la ragazza rigida di
fronte
a sé, con uno sguardo che mai le aveva visto prima di allora.
«Non
dire sciocchezze» disse Lucy con un tono severo e furioso,
gesto e
comportamento che sorprese anche Leon e Jura, ancora lì
intorno.
«Tu
la consideri veramente come... una di voi?» chiese Cherry,
non
capendo da cosa fosse nato tutto quel rancore. Non era arrabbiata per
il colpo, solo sorpresa, quasi sconvolta.
«Che
razza di domande sono?» chiese Lucy alzando il tono della
voce tanto
da gracchiarle. «L'hai vista o no anche tu come
sorride?»
Priscilla
sorrideva, Priscilla provava emozioni esattamente come loro, non era
ciò sufficiente? Non basta quello a differenziare una
creazione
inanimata di ghiaccio da una vera e propria vita? La
capacità di
provare emozioni...
«Lucy»
la richiamò Gray, mettendosi tra le due ragazze, anche se
non
sembrava ci fosse ostilità tra loro. Cherry semplicemente
non aveva
compreso, non se l'era presa per il gesto, l'aveva sorpresa ma non si
sentiva nelle condizioni di opporsi a tutto quello. Forse... aveva
ragione lei.
«Il
profumo di Ichiya non funziona» disse Gray, distogliendo
l'attenzione di Lucy da Cherry e portandolo su Erza. Ichiya aveva
provato a curarla con il suo profumo magico, sostenendo che poteva
benissimo competere con del veleno, ma la ragazza non faceva che
urlare di più e la macchia viola si apriva sempre
più sulla sua
spalla.
«Erza!»
disse Lucy, preoccupata, e le si avvicinò per starle vicino.
«Cosa
dovremmo fare?» chiese.
«Lucy»
mormorò Erza con il poco di voce che aveva. «Per
favore. Prestami
la tua cintura» disse e senza darle tempo di decidere
l'afferrò e
gliela sfilò dai pantalocini, che caddero a terra. Lucy
urlò e se
li tirò su immediatamente, ruggendo contro il gruppo di Blue
Pegasus
-particolarmente interessato alla scena-: «Non guardate!
Pervertiti!»
Erza
si legò la cintura al braccio, appena al di sopra della
macchia
viola, e strinse più che potè aiutandosi con i
denti.
«Che
vuoi fare, Erza?» le chiese Lucy.
«Mi
dispiace. Non posso combattere in queste condizioni»
ansimò Erza,
prima di mettersi a sedere e sfoderare una delle sue spade.
Allungò
il braccio di lato e guardando con decisione Lucy, ordinò:
«Tagliami
il braccio!»
«Non
fare una cosa così stupida!» la
rimproverò Gray.
«Ci
dev'essere un altro modo!» lamentò Lucy.
«Vi
prego. Qualcuno...» balbettò Erza.
«Se
è questa la volontà di Erza-dono» disse
Jura, facendo un paio di
passi verso di lei.
«No,
aspetta!» sussultò Lucy.
«Jura-sama!
Non puoi farlo!» si oppose Gray.
«Il
veleno si sta diffondendo in tutto il corpo, se lo lasciamo fare
Erza-dono perderà la vita».
«Davvero
Gray ritieni il suo braccio più di valore della sua vita?
Sei
debole, come al solito!» disse Leon lasciando Priscilla a
terra e
alzandosi per avvicinarsi e dare sostegno a Jura.
«Leon!
Che stai dicendo? Pensavo fossi cambiato!» ringhiò
Gray, sempre più
furioso.
«Non
possiamo lasciartelo fare!» si unirono Hibiki e Eve.
«Troveremo
un'altra soluzione! Ne sono certa!» disse Lucy, convinta, ma
non
appena terminò la frase Erza crollò a terra ormai
priva di forze:
il veleno la stava lentamente divorando e non poté
più tenere
nemmeno gli occhi aperti.
«Erza!»
chiamò Lucy, correndo e inginocchiandosi al suo fianco.
«Che
facciamo?» chiese a Natsu, ma la risposta non venne da lui.
«Wendy»
la voce gracchiante di Priscilla li richiamò e li costrinse
a
voltarsi. Priscilla si girò su se stessa, a fatica,
portandosi a
pancia in giù. Piantò i palmi delle mani a terra
e tentò di
alzarsi in piedi, benché tremasse come una foglia.
«Wendy
può...» provò a dire nello sforzo di
alzarsi, ma i gomiti persero
forza e cadde di faccia a terra. «Merda!»
ringhiò, subendo il
colpo.
«Priscilla!
Non sforzarti» le si avvicinò Eve.
«Wendy
può curarla» disse Charle. «È
questo che volevi dire».
Priscilla
alzò la testa e guardò la gatta in piedi pochi
metri da lei, poi si
limitò ad annuire.
«Wendy?
Quella ragazzina possiede una magia in grado di purificare il
veleno?» chiese Eve, sorpreso ed entusiasta.
«La
magia di Wendy» disse di nuovo Priscilla, riprovando ad
alzarsi,
questa volta con più successo.
«È
già in grado di alzarsi. Incredibile»
commentò Leon.
«La
magia di Wendy è una magia curativa»
spiegò. «Può curare
qualsiasi cosa. Qualsiasi male» una strana ombra nei suoi
occhi.
«Ma
non era una magia perduta tanti anni fa?» chiese Cherry,
cominciando
a capire di cosa stesse parlando.
«Ha
a che fare con la storia della Sacerdotessa del Firmamento?»
chiese
Lucy, spalancando gli occhi dalla sorpresa.
«Wendy
è la Dragon Slayer del Cielo» disse Charle, infine.
«Una
Dragon Slayer?» chiese Natsu, spalancando gli occhi.
«Direi
che al momento i dettagli si possono risparmiare»
gracchiò
Priscilla, ora di nuovo pronta a camminare e forse anche a
combattere, visto il suo sguardo corrucciato e severo. «Io
vado a
riprenderla» disse infine.
«Wendy
è l'unica che può curare la ferita di Erza e in
più, non so
perché, ma sembra che anche loro avessero bisogno della sua
magia
per qualche ragione. Dobbiamo andare a salvarla»
annuì Charle.
«Penso
che non ci sia altra cosa da fare, allora» annuì
Eve.
«Anche
per il bene di Erza» si unì Gray.
«E
Happy!» aggiunse Natsu.
«Andiamo,
allora!» ordinò Jura, caricando il gruppo di una
nuova carica e una
nuova forza.
«Se
ci dividiamo in gruppi potremmo coprire maggiore distanza e sperare
di trovarli» suggerì Hibiki. «Io posso
restare qui con Erza, è
bene che qualcuno la tenga d'occhio e coordini l'operazione da un
punto sicuro».
«Resto
anche io!» disse Lucy. «Non sarei di grande aiuto
in combattimento
e preferisco restare vicina a Erza».
«Priscilla-chan,
dovresti restare anche tu. Sei ancora troppo debole, men»
disse
Ichiya, avvicinandosi alla ragazza, ma lei in tutta risposta sorrise
divertita.
«Sei
raccapricciante, ometto, lo sai?» disse semplicemente,
provando un
certo disgusto dall'averlo così vicino e interessato.
«E non
chiamarmi in quel modo».
«Men!»
sussultò
Ichiya, ferito da quelle parole.
«Priscilla!
Andiamo io, te e cervello ghiacciolo!» disse Natsu,
stabilendo così
il primo gruppo di ricerca.
"Non
sono preoccupati per lei" si stupì Leon, vedendo come anche
Gray sembrasse d'accordo nonostante fino a pochi minuti prima era
stesa a terra incapace persino di respirare.
«Vengo
anche io con voi» si unì Charle.
«Io
e Ren faremo gruppo con Ichiya-san, allora» disse Eve.
«E
io andrò con Leon e Cherry» annuì Jura.
«Direi che siamo a posto,
andiamo e se troviamo qualcosa cerchiamo di comunicarlo subito agli
altri».
«A
quello ci penso io» disse Hibiki, evocando il suo Archive.
«Posso
mettervi tutti in contatto in qualsiasi momento».
«Bene,
muoviamoci allora!» disse Natsu, impaziente, cominciando a
correre.
«Ohy,
Natsu! Siamo un gruppo, ricordi?! Aspetta!»
ringhiò Gray,
correndogli dietro insieme a Priscilla e Charle, che furono costrette
ad accelerare il passo per riuscire a raggiungere i due.
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Capitolo 14 *** Marionetta dagli occhi vuoti ***
Marionetta
dagli occhi vuoti
«Perciò
Wendy è una Dragon Slayer del Cielo?» chiese
Natsu, correndo di
fianco ai suoi compagni.
«Già»
disse Charle, semplicemente.
«E
che cosa mangia un Dragon Slayer del cielo?» chiese ancora
lui,
curioso.
«Aria»
rispose Charle e d'istinto Gray e Natsu si voltarono verso Priscilla,
ben sapendo quale fosse il suo potere. La ragazza sussultò,
cominciando a preoccuparsi, e chiese un po' in imbarazzo:
«Non è
cannibale, vero? Insomma... non sono molto appetitosa io...»
«Che
sciocca» commentò Charle, con una punta di sdegno
nella voce.
«È
buona l'aria?» chiese Natsu, continuando a guardare Priscilla
in un
modo curioso e quasi appetitoso. Priscilla sussultò e
fulminandolo
gli ruggì contro: «Non pensarci nemmeno!»
«Lei
si è offerta volontaria per questa missione
perché voleva
incontrarti» rivelò Charle a Natsu. «Io?
Perché?» chiese lui,
curioso.
«Voleva
chiederti qualcosa. Sei anche tu un Dragon Slayer, giusto?»
«Chiedere
qualcosa a me?» chiese ancora Natsu.
«Sette
anni fa il drago che la crebbe e le insegnò la magia del
Dragon
Slayer sparì nel nulla. Lei pensa che tu possa sapere dove
si trova
quel drago» spiegò Charle.
«Anche
Natsu ha perso il suo sette anni fa e lo sta cercando» si
intromise
Priscilla, incuriosita dal discorso.
«Sette
anni fa? Anche il tuo?» chiese Charle, colpita dalla
coincidenza.
«Come
si chiamava il suo drago?» chiese Natsu.
«Mi
pare che lei lo chiami Grandine, il Drago Celeste» rispose
Charle.
«Grandine»
rifletté Natsu, tanto intensamente da non notare un ramo
davanti
alla sua strada e schiantarcisi contro. Non subì danni, ma
costrinse
l'intero gruppo a fermarsi per aspettare che si rialzasse.
«E
quello di Laxus?» chiese lui, tirandosi in piedi.
«Laxus
non è un vero Dragon Slayer. Non ve l'aveva già
spiegato il nonno?»
rispose Priscilla. L'urlo di Charle attirò la loro
attenzione,
riportandola alla strada che avrebbero dovuto percorrere.
«Cos'è
questo?» chiese la gatta, terrorizzata nel notare che da
lì in poi
l'aria sembrava impregnata da una strana ombra oscura. Gli alberi
erano neri, occludenti, sembravano soffocare. Priscilla si
portò una
mano alla bocca, corrucciandosi, e disse: «L'aria
lì dentro è
irrespirabile».
«Qualcosa
non va» disse Natsu, altrettanto spaventato, alzandosi in
piedi.
Dei
passi alle loro spalle segnalarono l'avvicinarsi di qualcuno e tutti
e tre si voltarono a guardare chi fosse. Degli uomini si stavano loro
avvicinando, con dei visi orribili tanto simili alle scimmie.
«La
terra stessa sta morendo, Catou-niisan» disse quello vestito
da
ballerino del sabato sera, con un enorma chioma di riccioli sulla
testa.
«Hanno
detto che è colpa del Nirvana, Zatou-niisan» disse
il secondo
biondo e con delle enormi orecchie a sventola. Delle urla, che
parevano risate, ma ancora di più sembravano versi di
scimmia. Il
gruppo si strinse su se stesso, spalla contro spalla, e si guardarono
attorno notando persone ovunque sugli alberi e sotto.
«Siamo
circondati!» disse Charle, spaventata.
«Chi
sono questi?» chiese Gray, infastidito
dall’interruzione ma per
niente spaventato. Natsu dietro di lui cominciò a muoversi
goffamente e battere le mani, ridendo divertito. «Sono
scimmie!
Abbiamo qui delle scimmie!» esultò divertito.
Priscilla
dietro di lui gli fece eco, mettendosi a ridere a squarciagola.
«Sono
davvero buffissimi!» commentò, tenendosi la pancia.
«Noi
siamo la Naked Mummy e lavoriamo per gli Oracion Seis!» si
presentò
quello con le orecchie giganti.
«Naked?»
rifletté Priscilla, portandosi un dito al mento. Poi si
voltò verso
Gray e chiese con innocenza: «Sono tuoi amici?»
«Perché
mai dovrei essere amico di gente come questa?»
ruggì lui,
infastidito.
«Sono
di Fairy Tail!» strillò uno dei loro, agitandosi
dal nervoso. «Sono
amici di quella stronza che ha mandato a monte i nostri piani ad
Akarifa!»
«Chi
è la stronza?» chiese Priscilla, curiosa.
«Boh»
rispose Natsu, con noia, portandosi un dito dentro la naso.
«Penso
si riferisca a Lucy, ha detto di aver combattuto contro di loro non
molto tempo fa» spiegò Gray.
«Siamo
fregati» si guardò attorno Charle, sempre
più spaventata. «Speravo
che ce la saremmo dovuta vedere solo con i sei generali degli Oracios
Seis e invece ora abbiamo contro un'intera gilda. Siamo nei
guai».
«Questi
tizi sono perfetti» disse Gray, sorridente, cominciando a
generare
ghiaccio dai polpastrelli.
«Perfetti
per cosa? Dobbiamo trovare il modo di scappare! Che state
dicendo?»
si agitò Charle, guardando Gray con preoccupazione. La mano
di
Priscilla la raggiunse dall'alto e le si posò sulla testa
delicata.
Charle si voltò a guardarla e il sorriso che lei le rivolse
fu di
una tale consolazione inaspettata che rimase per qualche secondo
confusa. Priscilla si portò un dito alle labbra,
suggerendole di non
agitarsi e stare tranquilla, poi le fece un occhiolino allegro.
«Stai
dietro di me, ok?» le disse rassicurante.
«Ma
che significa? Non vorrete...» balbettò lei,
confusa ma non più
nervosa.
Natsu
incendiò uno dei suoi pugni e sorrise, eccitato, pronto a
combattere. Priscilla fece un passo avanti, mettendosi davanti a
Charle con fare protettivo, e un filo d'aria cominciò a
soffiarle
dai piedi verso l'alto, scompigliandole i capelli. Charle, intimorita
da ciò che sarebbe successo da lì a poco,
trovò stranamente di
conforto Priscilla davanti a sè e le si avvicinò,
afferrandole un
polpaccio per starle più vicina.
«Ma
che vi prende? Pensate davvero di poter vincere contro tutti
loro?»
balbettò lei, guardando le decine di uomini che avevano
attorno.
Erano almeno cinquanta, forse di più, arrampicate sui rami o
a
terra, e tutti sembravano pronti a dare il peggio.
«Li
costringeremo a dirci dove si trova la loro base. Wendy, Happy,
stiamo arrivando!» sorrise Natsu.
«Prendeteli,
idioti!» ordinò lo scimmione con i capelli ricci e
l'intera gilda a
quell'ordine si mosse contro gli unici tre presenti sul campo. Natsu
generò un'esplosione della sua mano che fece volare via
almeno una
decina di loro. Gray ne afferrò uno per la faccia e lo
scaraventò a
terra, generando con quel colpo un'enorme lastra di ghiaccio che
travolse chi si trovava nei paraggi.
Una
corrente d'aria nacque in mezzo al nulla, un tornado che
catturò chi
aveva intorno Priscilla e li fece roteare a lungo al suo interno,
urlando di paura mentre lei rideva e gioiva come una bambina di
fronte a una giostra: «Gira gira gira gira»
ripeteva, divertita,
guardando chi restava imbrigliato nel suo tornado e roteava a grande
velocità al suo interno. Qualcuno venne sparato via e
investì altri
che invece avevano provato ad avvicinarsi o si schiantava contro gli
alberi perdendo i sensi.
Altre
esplosioni, altre glaciazioni e raffiche di vento che facevano volare
chiunque si trovasse intorno a loro. Fuoco, ghiaccio e aria, ancora e
ancora, fino a quando non cominciarono a sentire i primi accenni di
stanchezza.
«Ma
non finiscono più?» chiese Gray, ansimando e
combattendo ancora.
«Cosa
credevate? Sono una gilda intera!» lamentò Charle,
nascosta dietro
un albero.
Altre
raffiche di vento fecero volare via altri nemici, mentre Priscilla,
la più provata dei tre, cominciava ad avere le braccia e le
gambe
che tremavano. Non si era ripresa per niente dallo scontro contro
Brain, il suo potere magico era al limite già prima di
iniziare la
battaglia. Aveva sperato di risolverla in fretta, visto quanto
sembrassero stupidi e deboli, ma la cosa si stava dilungando e lei
cominciava ad essere veramente stanca. Fu per colpa di quella
stanchezza che non vide Catou, la scimmia bionda, piombarle addosso
dall'alto a pugno teso. Saltò appena in tempo per schivarlo,
ma lui
l'aveva colta di sorpresa e sfiorata, cosa che la preoccupò.
Quanto
poteva essere stanca?
Alle
sue spalle scese da un albero anche l'altra scimmia suo fratello,
Zatou, che l'afferrò da sotto le braccia e la
immobilizzò.
«Abbiamo
catturato la vostra donna» sghignazzò, tenendola
ben ferma mentre
lei si dimenava per liberarsi. «Ora vi arrenderete e subirete
in
silenzio le nostre ire, se non volete che le facciamo del
male»
sghignazzò il fratello, prima di dire: «Abbiamo
catturato la vostra
donna».
«L'ho
già detto, Catou-niisan».
«Davvero
Zatou-niisan?» chiese lui. «Allora dirò
questo: ora vi arrenderete
e subirete in silenzio le nostre ire, se non volete che le
f...».
«Quanto
siete fastidiosi» lo interruppe Priscilla. Non si dimenava
più, ma
restava immobile, sotto la presa ferrea del suo nemico. La testa
china le facevano cadere le ciocche di capelli davanti agli occhi,
nascosti, ma ora inquietantemente scintillanti.
«Priscilla»
chiamò Charle preoccupata, ma fu l'unica ad agitarsi per
l'ostaggio,
in quanto sia Gray che Natsu invece sorrisero, per niente intimoriti.
«Non
sapete che i membri più pericolosi di Fairy Tail sono
proprio le
donne?» disse Gray, lasciando confusi i due assalitori. Ma
ciò che
li confuse ancora di più fu la strana sensazione che li
colse dalla
bocca dello stomaco alla testa. Improvvisamente si sentirono come se
mancasse loro il fiato. Iniziarono ad ansimare, sempre più
carenti
di ossigeno, e la testa cominciò a girare sempre
più
vorticosamente.
«Che...
che suc...» balbettò Zatou non sapendo che il
potere di Priscilla
poteva essere tale da controllare l'aria anche nelle sue componenti
molecolari. Li stava privando dell'ossigeno, soffocando lentamente.
La presa su di lei si indebolì, man mano che loro restavano
senza
ossigeno e Priscilla ne approfittò per liberarsi:
saltò e
aiutandosi dalle sue correnti d'aria roteò fino a colpire
con un
calcio Catou, al suo fianco. Il vento aiutò il suo polpaccio
a
colpire con una forza tale da lanciarlo via, dritto verso Gray, che
creò una lastra di ghiaccio contro cui si
schiantò. Priscilla
allungò poi le braccia dietro di sè e
afferrò Zatou per il
colletto della maglia, sempre aiutata dalle sue correnti di aria lo
scaraventò avanti a sé, verso Natsu, che
generò un'ondata di fuoco
che travolse l'avversario. Il resto della gilda, terrorizzati e ormai
senza capi, decise semplicemente di darsela a gambe ma Natsu, Gray e
Priscilla, ora vicini, non sembravano decisi a lasciarne in giro
nemmeno uno. Gray picchiò il pugno sull'altra mano,
cominciando a
generare ghiaccio e condensa. Natsu tirò indietro la testa e
respirò
profondamente, caricando il colpo all'interno della propria pancia. E
Priscilla infine tirò indietro il braccio, come se avesse
voluto
tirare un pugno, e l'aria cominciò a roteare intorno al
proprio
avambraccio.
«Ice
Make...»
«Anima
del vento!»
«Ruggito
del Drago...»
E
colpirono.
«Lancia!»
«Tornado!»
«Di
fuoco!»
Il
tornado di Priscilla corse in avanti, verso di loro, mentre le fiamme
del ruggito di Natsu le avvolgevano e le trasformarono in un tornado
di fuoco. Intorno a esso presero a volteggiare una serie di lance di
ghiaccio, seguendo l'oda del vento, e infine il colpo combinato si
schiantò contro i restanti esplodendo e facendo tremare la
terra.
Charle
li guardò a bocca aperta, mentre i tre si raddrizzavano e
cercavano
di riprendere fiato dopo la tremenda fatica.
«Guarda
un po', dovevano essere solo dei semplici scagnozzi e invece ci hanno
messo in difficoltà» commentò Gray,
alzando la testa e cercando di
prendere lunghe boccate d'aria. Priscilla appoggiò le mani
sulle
ginocchia, per sorreggersi, e cercò di respirare il
più possibile,
mentre Natsu si limitava a guardarsi attorno e valutare i danni.
«È
perché siamo stanchi da prima» spiegò
Priscilla.
«Ehy,
scimmione!» ruggì Natsu, prendendo uno dei
fratelli e tirandolo per
il colletto. «Dicci dov'è la tua base!»
«Non
te lo dico, idiota» rispose lui, provocatorio. Natsu si
irritò
tanto che parve ruggire e infine gli tirò una testata tanto
forte da
metterlo KO, facendo scoppiare a ridere Priscilla. Andò
dall'altro
fratello e ripeté l'operazione, ma questo disse qualcosa di
incomprensibile su un certo "signor Cliente" e poi svenne.
«Signor
Cliente? Chi è il cliente?» chiese Priscilla, non
capendo. Inarcò
un sopracciglio, confusa, e si grattò la nuca
disordinatamente.
«Ehi,
cervellino infuocato! È da tanto che non ci si
vede!» una voce
provenne da sopra un albero.
«Eh?»
chiesero in coro Natsu e Gray, alzando lo sguardo sull'uomo che stava
loro parlando.
«Ti
sono grato per quello che mi hai fatto tempo fa, dannata
spazzatura».
«Ehi!»
sussultò Gray, riconoscendolo.
«Tu
sei...» balbettò Natsu, sbarrando gli occhi per la
sorpresa. «Ehi,
venticello bastardo! Come te la passi?» salutò poi
lui, con uno
strano sorriso, lasciando esterrefatto non solo l'uomo ma anche Gray
al suo fianco.
«Non
abbiamo tutta questa confidenza!» lo riprese l'uomo, prima di
alzarsi in volo e scendere da sopra l'albero lentamente, sorretto dal
vento. Priscilla riuscì a percepire le correnti d'aria che
si
muovevano intorno a lui, superandola e obbedendo ai suoi comandi. Una
strana sensazione le chiuse lo stomaco: quell'uomo stava usando la
sua stessa magia.
«Dopo
la distruzione di Eisenwald, ho vagato come agente libero tra le
gilde affiliate degli Oracion Seis, in attesa di questo giorno. Il
giorno in cui mi sarei vendicato contro di te, inutile
spazzatura».
«Eligoar»
nominò Priscilla, ricordandosi finalmente il nome dell'uomo
che
aveva di fronte. Eligoar la guardò stranito, scavando nella
propria
memoria, in cerca di un indizio su chi potesse essere la ragazza. Non
aveva il simbolo di Fairy Tail a vista, non se la ricordava, ma era
sicuro che fosse parte di quella gilda che tanto detestava.
Scavò a
fondo nella sua memoria, forse troppo a fondo, fino a quando non
ritrovò i suoi occhi. Al tempo erano molto più
spenti di quelli,
ricordava la bambina che aveva avuto di fronte quando aveva appena
otto anni, sembrava una bambola di pezza trascinata in qua e in
là
da un padre burbero e poco amorevole.
Una
bimba di tre anni, al tempo Priscilla era praticamente appena nata,
ma lui non poteva conoscere questa parte di storia. Ricordava solo la
sua immobilità, la cupezza dei suoi occhi, la
rigidità della sua
posa, l'innaturalezza con cui camminava e si guardava attorno, come
se non fosse viva, come se fosse solo un burattino.
«Tu...»
mormorò mentre Priscilla faceva qualche passo avanti e si
metteva di
fronte a lui. Eligoar strinse i pugni e il suo sguardo si accese di
una rabbia che poche volte aveva provato.
«Vi
conoscete?» chiese Natsu, guardando i due con
curiosità.
«La
loro magia è praticamente identica, a questo punto penso non
sia
solo un caso» osservò Gray, mentre Priscilla
davanti a loro si
alzava lentamente in volo e si metteva alla stessa altezza di
Eligoar.
«È
stato lui a insegnarla a me» rivelò infine
Priscilla. «Appena
nata, non ero altro che un essere capace solo di respirare. Ma mio
padre cercava un'arma da usare per allenare e covare il figlioletto
su cui aveva sperimentato la Lacrima del Dragon Slayer. Gli serviva
che io avessi dei poteri. Usò i bambini di un lontano
orfanotrofio,
grazie a un aggancio che lavorava al suo interno e che non era molto
pulito, fino a quando non trovò qualcuno che potesse
insegnarmela
nei tempi e modi che desiderava senza che nessuno facesse troppe
domande».
«Quel
posto era l'inferno e lui non ha mantenuto la sua promessa!»
intervenne Eligoar, cominciando ad alzare il vento intorno a
sé,
minaccioso, caricandosi.
«Lui
era uno di quei bambini?» chiese Natsu, curioso.
«Li
testammo tutti, ma alla fine quello che sembrava più forte e
promettere era Eligoar. Lo obbligò a insegnarmi la sua
magia, a
rendermi forte, e in cambio gli promise che a lavoro concluso
l'avrebbe portato via da lì. Una volta che imparai a usare
il mio
potere a dovere, però, non facemmo più ritorno in
quell'orfanotrofio e di Eligoar dimenticai persino il nome»
confessò
Priscilla, alzando a sua volta il vento per caricarsi di energia e
prepararsi a un eventuale combattimento.
«Mi
derubaste! Maledetti bastardi! Mi hai derubato della mia
magia!»
«Ciò
che fece mio padre è imperdonabile e se vuoi sapere la
verità anche
io non ero altro che uno strumento nelle sue mani. Siamo entrambi
vittime, Eligoar... ma immagino che questo non rassereni il tuo
animo» sorrise Priscilla, consapevole a cosa stesse andando
incontro.
«Mi
riprenderò ciò che mi appartiene e te la
farò pagare cara!» ruggì
lui, generando un turbine di vento tutto intorno.
«Mi
dispiace molto per quello che ti è successo, Eligoar, ma non
posso
permettertelo! Ho ancora bisogno di questo potere» disse
Priscilla
generando un turbine di vento altrettanto forte per contrastare il
suo. Natsu e Gray si portarono entrambi le braccia di fronte al viso,
proteggendosi dal vento che impediva loro persino di guardare cosa
stesse accadendo. Charle per poco non volò via e Gray fu
costretto a
prenderla e stringerla al petto, per tenerla ben salda a terra. Il
vento intorno a loro aumentò sempre più, tanto
che gli stessi Natsu
e Gray furono a un certo punto costretti ad aggrapparsi a qualcosa
per evitare di volare via.
«Che
potenza incredibile» commentò Gray, guardando i
due che ancora non
si muovevano ma si limitavano a scaricare la propria potenza, come
una sorta di avvertimento verso l'altro.
«Chi
l'avrebbe mai detto che quei due si conoscessero così
tanto» disse
Natsu, facendo leva sulle sue gambe per restare a terra ma finendo
col strisciare a terra come un animale.
«Sì,
ma la colpa non è di Priscilla. Non è giusto che
si affrontino»
disse Gray, guardando i due preoccupato.
«Di
che storia parlava Priscilla? Cosa c'entra suo padre in tutto
questo?» chiese Charle, in braccio a Gray, curiosa della
storia
della ragazza nata dalla magia.
«È
stato lui a usare la magia della vita, sfruttando la propria anima
come fonte di energia per farla nascere e tenerla in vita. L'ha
creata per dare a Laxus un degno avversario con cui allenarsi e
scaricare tutta la propria potenza senza temere di incorrere
nell'omicidio, visto che lei non può morire. Li costringeva
a
combattersi e portava Laxus a farle del male, manipolando la sua
mente, così la Lacrima del Dragon Slayer che gli
è stata impiantata
dentro è potuta crescere e diventare così
potente» spiegò Gray,
guardando i due che infine decisero di passare all'azione. Usando il
vento come propulsore si colpivano a una potenza tale che loro stessi
si facevano male, ma non si arresero. Pugni, calci, soffi di vento
per spazzare il nemico o schivare una attacco.
«Priscilla
non ha recuperato abbastanza forze dagli ultimi combattimenti,
è
troppo svantaggiata!» disse Natsu, preoccupato.
«Eppure
riesce a tenergli testa in maniera incredibile» disse Gray.
«Perciò
è così che è riuscita a nascere. Suo
padre le ha dato parte della
sua anima per far funzionare la magia della vita»
osservò Charle.
«E continua a darle la sua energia per tenerla
viva».
«È
legata a lui, eternamente, anche se non si vedono più da
anni»
spiegò Gray.
«Dov'è
ora?» chiese Charle, guardando i due che continuavano a
darsene di
santa ragione, riempiendosi di ferite e lividi. Dai colpi fisici
passarono a quelli magici, sparandosi contro soffi di vento
taglienti, potenti o schiaccianti. Lo stesso vento li proteggeva,
come scudo, dai colpi dell'altro. Era una battaglia ad armi pari e
solo chi avesse avuto più forza magica avrebbe potuto
vincere.
«È
stato bandito anni fa dalla nostra gilda, come avrai capito non era
un tipo raccomandabile. Adesso è a capo di una gilda oscura.
Credo
che sentirsi così legata e dipendente a lui sia
ciò che la tormenta
più di ogni cosa. Lo odia, ma gli deve la vita e deve
pregare che
lui non decida mai un giorno di negarle la propria energia e
ucciderla anche se così distante. La tiene tra le dita,
praticamente».
«Ecco
perché è così ossessionata da
Wendy» mormorò Charle, cominciando
a capire il suo atteggiamento estremamente protettivo nei confronti
della ragazzina.
«È
finita» disse Natsu, guardando i due che ancora combattevano
ad armi
pari e in maniera tanto violenta.
«Eh?»
chiese Gray, non capendo cosa facesse pensare all'amico che la lotta
fosse finita. A lui sembrava che stessero ancora nel pareggio. Ma poi
le parole di Priscilla diedero conferma alla percezione di Natsu.
«Mi
dispiace, Eligoar» mormorò lei, sentitamente
abbattuta. Non
aggiunse altro, non riuscendo a dare una motivazione a quel
pentimento, forse era dispiaciuta per avergli rubato il potere, per
ciò che suo padre aveva fatto, o per il semplice fatto che
aveva
appena capito di essere più forte di chi le aveva insegnato.
«Tornado»
mormorò allungando le mani davanti a sé e
sparando un getto di
vento dalla pressione impressionante. Eligoar fece altrettanto,
ricambiando l'attacco con tutta la forza che aveva. Ma non fu
abbastanza. Il tornado di Priscilla sfondò la sua guardia e
lo
travolse, colpendolo in pieno. Il vento si placò, smettendo
di
soffiare impazzito in ogni direzione, e Eligoar ormai sconfitto cadde
verso il suolo privo di forze. Priscilla generò una leggera
brezza
sotto di lui, per impedirgli di cadere da quell'altezza senza riparo
e rischiare di farsi troppo male. Ma Eligoar con un ultimo stralcio
di energia che aveva generò una corrente d'aria in grado di
contrastarlo e annullare il suo effetto, lasciandosi cadere nel
vuoto. Lanciò uno sguardo colmo d'astio a Priscilla, sopra
di sé.
«Non
la voglio la tua pietà» digrignò i
denti e infine si schiantò a
terra.
«Stupido!
Non è stata colpa sua quello che ti è
successo!» ruggì Gray,
avvicinandosi al corpo svenuto dell'uomo. «Se suo padre era
un
bastardo perché te la prendi con lei?»
«Gray!»
lo richiamò Priscilla, atterrandogli a fianco.
«Stiamo perdendo
altro tempo. Andiamo a salvare Wendy e Happy».
«Ma...»
mormorò lui, guardando il suo volto torvo e cupo, mentre
camminava e
si allontanava. I sensi di colpa la divoravano, come se fosse stata
veramente colpa sua, anche se non era diretta responsabile capiva
quanto fosse potuto essere frustrante per Eligoar essere sconfitto da
colei da cui era stato derubato. Non desiderava infierire oltre nel
suo orgoglio, concedendogli la sua pietà. Lei meritava di
essere
odiata.
«Ho
visto dall'alto dove si trova la loro base. Muovetevi» disse
cominciando ad avviarsi.
«Priscilla»
la voce roca e gracchiante di Eligoar fu un sollievo per la ragazza:
fortunatamente non era morto. «È questo il tuo
nome, adesso lo
ricordo».
Davanti
ai suoi occhi riuscì distintamente a vederla, circa
vent'anni
addietro, quando fece il suo ingresso in quella che era una vera e
propria fogna per bambini. Camminava dritta, priva di andamento, non
sembrava provare emozioni e parlava solo quando necessario senza dare
una tonalità alla propria voce. Ricordava la presenza
imponente del
padre che l'accompagnava, alle sue spalle, che gliela
consegnò come
un pacco, senza troppi convenevoli. La chiamava la sua "bambina
di carta", il che li rendeva ancora più inquietanti.
«Tra
una settimana tornerò a prenderla. Se avrai fatto un buon
lavoro ti
darò una vita dignitosa, proprio come desideri»
una
promessa mai mantenuta e che puzzava di bugia come nessun'altra mai.
Una settimana era un tempo irragionevole per insegnare a una mocciosa
di tre anni una magia tanto complessa come quella del vento.
Probabilmente era un tempo irragionevole per insegnare qualsiasi tipo
di magia, ma lei era il suo lasciapassare ed era inquietantemente
promettente per l'età che aveva. Parlava come un'adulta, non
aveva
mancanze di nessun tipo né nei movimenti né nelle
parole. La
trovava raccapricciante, soprattutto perché non mangiava,
non beveva
e nemmeno dormiva se non era lui a dirle di farlo. Si muoveva come un
robottino, non aveva mai visto niente del genere, ma tentò
lo stesso
di fare del suo meglio con quel poco che sapeva del proprio potere
-in fondo era un bambino anche lui.
Allo
scadere della settimana Priscilla aveva incredibilmente imparato ogni
cosa e per quanto avesse sempre provato una certa inquietudine ad
averla accanto, ritrovarsi improvvisamente senza di lei che lo
fissava e lo seguiva ovunque lo lasciò stranamente
rattristato. Alla
fine era stata una compagnia, anche se strana, ma a modo suo era
addirittura buffa. Si era chiesto a lungo che fine avesse fatto e
cosa ne avesse fatto degli insegnamenti e della magia che le aveva
donato, ma presto quel sentimento venne schiacciato dalla rabbia di
rendersi conto che era stato solo usato e che nessuno sarebbe venuto
a prenderlo e donargli una vita migliore. Lei e suo padre erano stati
degli ingrati che l'avevano obbligato a un duro lavoro e una
settimana stressante ed estenuante, gli avevano preso l'unica cosa
che sentiva di possedere -il controllo del vento- e poi l'avevano
dimenticato lì. Priscilla stessa l'aveva dimenticato,
nonostante
quello che avevano passato insieme, nonostante lui avesse addirittura
iniziato a provare un principio di affetto nei suoi confronti. Ma lei
era la bambina di carta, priva di umanità, e così
era rimasta...
fino a quel momento.
Aveva
curato bene il potere che le aveva concesso, tanto che era riuscita a
batterlo con estrema facilità. Ma soprattutto i suoi occhi
non erano
più spenti. L'aveva sorpresa china, in una posa umana e
morbida, non
più rigida come un burattino. L'aveva sorpresa in una
risata, quando
Natsu aveva steso il primo dei fratelli a capo dei Naked Mummy,
l'aveva sorpresa in uno sguardo confuso e una posa disordinata mentre
l'altro fratello parlava del cliente e soprattutto l'aveva sorpresa
con gli occhi arrossati e umidi di lacrime, mentre gli concedeva il
colpo finale. Gli occhi rammaricati e spaventati nel vederlo cadere,
lo sguardo addolorato nel sentirsi tanto odiata.
Non
era più la bambina di carta di vent'anni prima e per quanto
rivederla gli aveva fatto riemergere tutto l'odio e la rabbia
seppelliti anni addietro, ora a mente fredda riuscì
addirittura a
provare un pizzico di orgoglio per un'allieva che aveva fatto
così
tanta strada da ripudiare persino quel padre che invece da piccola
seguiva in silenzio come un soldatino.
«Quando
lo incontrerai, distruggilo» disse senza riuscire a muoversi,
fissando il cielo con l'unico occhio che riusciva a tenere aperto.
Priscilla
sorrise, decisa, anche se non si voltò a guardarlo. Era la
prima
volta che pensava a suo padre in quei termini, la prima volta che al
posto della paura e del desiderio di non incontrarlo mai più
subentrò il desiderio di fargliela pagare. Per lei, per
Laxus e
anche per Eligoar.
«Certo»
rispose semplicemente e se ne andò, lasciandolo
definitivamente
solo.
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Capitolo 15 *** Magia Creazionale ***
Magia
creazionale
«Il
posto è questo» disse Priscilla, indicano una
grotta all'interno di
una gola dove cadeva una cascata.
«Come
fai a esserne certa? Qui non c'è niente se non qualche casa
abbandonata» chiese Gray, guardandosi attorno.
«Ho
sentito lo spostamento d'aria di quel Racer passare poco sotto di
noi, mentre combattevo con Eligoar. L'ho seguito con l'attenzione e
l'ho sentito entrare lì dentro» spiegò
Priscilla.
"Ha
un tale controllo dell'aria? Fino a queste distanze?" pensò
Gray sorpreso.
«Happy!
Wendy!» chiamò Natsu facendo echeggiare la propria
voce nella gola.
«Aspetta!
Potrebbero esserci dei nemici!» lo rimproverò
Charle.
Preoccupazione che parve fondata, visto che pochi istanti dopo Racer
uscì dalla gola con una velocità tale da non
essere neppure
visibile.
«At...»
aveva provato a dire Priscilla, accorgendosi dei suoi movimenti, ma
sentirlo muovere non serviva a niente se non riusciva ad anticiparlo.
Racer li raggiunse prima che potesse fare qualsiasi cosa e li
colpì
violentemente.
«È
di nuovo lui!» osservò Natsu, colmo di rabbia.
«Ci
penso io a lui! Priscilla, Natsu, andate da Wendy!» disse
Gray,
correndo per piazzarsi tra i suoi amici e Racer.
«Ok!»
annuì Priscilla prima di iniziare a correre verso la gola
insieme a
Natsu. Racer certo non restò immobile a guardarli andar via
e si
lanciò all'inseguimento, ma una lastra di ghiaccio creata da
Gray lo
fece scivolare e riuscì a fermarlo.
«Charle,
usa le tue ali!» disse Natsu voltandosi a guardare la
gattina, ma il
colpo di Racer l'aveva mandata momentaneamente KO e non
riuscì
neanche a rispondere.
«Nessun
problema» disse Priscilla prendendola in braccio. Un soffio
di vento
sollevò Natsu da terra e lo fece volare a grande
velocità verso il
fondo della gola, insieme alla stessa Priscilla.
«A-Aspett...»
provò a mormorare Natsu, verde in viso.
«Ti
è venuta la nausea?» sussultò
Priscilla, incredula che fosse
bastato così poco a farlo stare male come sui mezzi di
trasporto.
«Happy!
Wendy!» chiamò lei, toccando terra e non appena
Natsu riuscì a
riprendersi dal volo spericolato la imitò, chiamando a sua
volta.
«Natsu!»
la voce di Happy provenne da dentro una grotta.
«Di
qua!» disse Natsu, correndo avanti al gruppo, ma si
bloccò non
appena oltrepassò l'ingresso. Pallido in volto, incredulo,
osservò
la scena che gli si parava di fronte come un incubo.
«Quello...»
balbettò, mentre Priscilla arrivava dietro di lui.
«Mistgun!»
sussultò, notando il ragazzo di spalle, in piedi di fianco a
Brain e
una Wendy inginocchiata, afflitta, forse stremata. Che ci faceva lui
lì?
«M-mi
dispiace» balbettò Wendy, in preda alle lacrime.
Il
ragazzo dai capelli blu si voltò lentamente, volgendo
così il
proprio sguardo a Natsu e Priscilla. Fu la freddezza di quegli occhi,
insieme alla reazione di Natsu e Happy nel notarlo, a far sì
che
Priscilla cominciasse a capire.
"Quello
è il Gerard di Earthland".
Ne
aveva sentite di cose sul suo conto, al contrario di Mistgun era
tutto fuorché una brava persona. Sapeva che quello che aveva
davanti
altri non era che un nemico, anche se portava il volto di un amico.
«Mi
dispiace. Questa persona... mi ha salvato la vita...»
singhiozzò
Wendy.
«Hai
usato la magia curativa?» chiese Charle, pallida in volto.
«Sai
cosa succede se usi quella magia in modo avventato, Wendy!»
"Salvato
la vita?" rifletté Priscilla e non poterono far a meno di
tornarle alla mente le parole di Mistgun: "È una mia vecchia
amica".
Che
ci fosse stato un equivoco? Ciò non toglieva che quello che
adesso
si ergeva con una inquietante potenza che gli aleggiava intorno non
era un buono e quella situazione non poteva che degenerare.
«Merda»
bofonchiò, stringendo i pugni e irrigidendosi. Sicuramente
avrebbero
dovuto combattere da lì a poco, lo odiava, ma non aveva
altra
scelta.
«Che
ci fai tu qui?» ringhiò Natsu, furibondo.
Wendy
cadde a terra, priva di forze, esausta probabilmente per la
quantità
di magia usata per riportare in vita Gerard. Priscilla
scattò,
usando il proprio vento come propulsore, e si lanciò su di
lei per
proteggerla con il proprio corpo. Non conosceva quel Gerard, ma aveva
sentito abbastanza da poter temere un attacco indifferenziato contro
chiunque gli si parasse attorno. Puntò a lui la mano, pronta
a
sparare un colpo magico e scaraventarlo lontano dal corpo esanime
della ragazzina, ma Gerard fu più veloce e più
forte. Un'ondata
magica la colpì in pieno e la scaraventò contro
il muro tanto forte
da crearne un cratere.
«Gerard!»
ruggì Natsu, correndo contro al nemico, ma anche lui
subì la stessa
sorte. Ed entrambi persero i sensi.
Quando
Priscilla riuscì a riaprire gli occhi, sollecitata da un
Happy
preoccupato, Natsu era già in piedi ma nella grotta non
c'era più
nessuno se non loro insieme a Charle e Wendy.
«Dov'è
andato Gerard?» chiese Natsu, guardandosi attorno furibondo.
«È
andato via» spiegò Charle. «Non so chi
sia quel tizio, ma portare
indietro con noi Wendy credo che sia più
importante».
«Natsu»
si alzò Priscilla. «Porta Wendy da Erza.
Seguirò io Gerard».
«Facciamo
a cambio, porta tu Wendy da Erza!» si animò Natsu,
già pronto a
menar pugni. «No» si limitò a rispondere
Priscilla e la serietà
con cui lo disse fu tanto strana da parte sua che convinse Natsu ad
ascoltarla.
"Se
i suoi poteri sono simili a quelli di Mistgun, posso riuscire a
tenergli testa" rifletté, ricordandosi delle innumerevoli
battaglie contro Mistgun che aveva affrontato per allenamento. Non
che avesse dubbi sulle capacità di Natsu, ma sentiva che
doveva
essere lei a occuparsene. Forse perché era l'alter ego di
Mistgun,
suo amico e maestro, o forse perché sapeva del profondo
legame che
aveva con Erza e lei più di chiunque altro era in grado di
comprenderla. Se tra lui e Erza c'era anche solo una parte del
sentimento che legava Priscilla e Laxus, non poteva restare in
disparte a guardare. Sapeva cosa significava afferrare un'ombra.
Natsu
si sarebbe occupato di curare il corpo di Erza dal veleno, a lei ora
toccava cercare rimedio alle ferite dell'animo.
«Occupati
di Wendy» gli disse semplicemente, uscendo dalla grotta e
spiccando
il volo.
«Aspetta!
Priscilla!» provò inutilmente a chiamare Natsu. Il
non poter
occuparsi di Gerard personalmente lo faceva incazzare, ma in un
momento come quello sapeva anche lui qual era la priorità.
Happy lo
sollevò da terra e Charle si occupò di Wendy, per
poi uscire dalla
grotta, diretti verso Erza.
Priscilla
scese verso i rami degli alberi, sopra i quali si posò e
provò a
guardarsi attorno. Non c'erano tracce di alcun tipo, niente che
potesse indicarle la direzione presa da Gerard.
«Chissà
quanto tempo ho passato svenuta. Può essere ovunque,
ora» riflettè,
chiedendosi quale sarebbe stata la mossa migliore. Alzò lo
sguardo
al cielo, dove un'aquila volava indisturbata, lanciando il suo grido
di supremazia sui cieli.
«Con
gli Oracion Seis ancora in giro non posso permettermi di espormi
troppo. Meglio restare nascosta tra gli alberi»
rifletté, prima di
scendere dal ramo su cui era posata e continuare a volare tra gli
alberi a gran velocità, cercando e guardandosi attorno.
"Questo
bosco è immobile e morto, non sento nemmeno gli animali o
gli
insetti" pensò con inquietudine rendendosi conto di quanto
fosse immobile e pesante l'aria che la circondava. Non aveva mai
sentito niente del genere, nemmeno nel bosco degli spiriti della sua
ultima missione.
"Toglie
il respiro" si corrucciò, preoccupata.
Si
bloccò improvvisamente, riuscendo finalmente a percepire
qualcosa.
«Aria
fredda...» osservò, curiosa.
«Gray?» in un luogo come quello?
Così distante? Possibile?
Volò
nella sua direzione, riuscendo a sentire la sensazione di freddo
aumentare man mano che si avvicinava.
«Ice
Make» sentì pronunciare, una magia che conosceva
bene, ma da una
voce che non era quella di Gray. Si fermò su di un ramo,
poco
distante, e vide Leon lanciare l'incantesimo che diede vita a una
tigre di ghiaccio contro Gerard, in piedi davanti a lui. Poco
distante, stesa a terra priva di coscienza c'era Cherry con i vestiti
a brandelli. Un fascio di energia partì dalla mano di Gerard
e colpì
la tigre di Leon, disintegrandola, ma lui non si arrese e
continuò
imperterrito a creare animali di ghiaccio che provarono a colpirlo.
Gerard
distrusse anche la scimmia, ma distolse l'attenzione dal suo nemico
quando sentì qualcosa arrivare dall'alto.
«Ti
ho trovato!» ruggì Priscilla, atterrandogli sulla
testa e lanciando
su di lui un incantesimo che rese l'aria più pesante, tanto
da
schiacciarlo a terra.
«Priscilla!»
la guardò sorpreso Leon.
Gerard
però non parve subire molto il colpo, se non nella sorpresa,
e si
sollevò da terra anche se con gran fatica. Non
parlò, eppure una
magia si materializzò sotto al suo comando. Dei fasci di
energia
caddero dal cielo, come stelle cadenti, e la travolsero. Priscilla
provò a proteggersi il viso con le braccia, mentre veniva
lanciata a
terra dove rotolò un po' fino a scontrarsi con gli alberi
alle sue
spalle.
«Che
potere assurdo» commentò, mentre tremante provava
a rialzarsi.
Gerard
puntò su di lei una mano e Priscilla si sentì
immobilizzare.
«Ice
Make» iniziò a pronunciare Leon, pronto a creare
qualcos'altro da
lanciare contro Gerard. Ma non fece in tempo, che Priscilla sotto il
controllo telecinetico di Gerard venne sollevata per aria e lanciata
contro di lui. Priscilla riuscì a richiamare appena in tempo
un
soffio di vento che gli impedì di schiantarsi al suolo e
capì che
con lui non aveva molto tempo per riflettere a una strategia o
provare a parlarci. Doveva colpire e basta.
«Anima
del vento!» ruggì e delle potenti ondate di vento
li circondarono,
sempre più forti, tanto che persino Gerard fu costretto a
sollevare
un braccio per ripararsi gli occhi dal pulviscolo. Un roccia venne
sradicata dal terreno e lanciata contro Gerard, che sempre in
vantaggio, l'anticipò e la distrusse prima che potesse
raggiungerlo.
Ciò che non aveva previsto però era che quello
era solo una
distrazione per permettere a Priscilla di raggiungerlo alle spalle.
Caricò la gamba di vento, per dare velocità e
potenza al colpo, e
infine lo colpì alla schiena con un calcio. Gerard venne
scagliato
in avanti, ma non cadde e si voltò rapidamente, sparando un
altro
dei suoi fasci di energia contro di lei. La colpì, ma la sua
immagine si dissolse svelando così il Mirage.
«Ice
Make: Ice Geyser!» gridò Leon, non intenzionato a
restare indietro.
La distrazione di Priscilla gli aveva permesso di preparare l'attacco
indisturbato e coglierlo così di sorpresa. Delle punte di
ghiaccio
uscirono dal terreno, sotto i piedi di Gerard, che saltò per
evitare
ma Priscilla comparve sopra di lui.
«Pressione!»
disse e una colonna d'aria dalla pressione schiacciante lo lanciarono
di nuovo verso il suolo, verso le punte di ghiaccio di Leon. Gerard
parve caricarsi lui stesso di energia che rilasciò come
fosse una
l'esplosione di una stella, esplosione che distrusse il ghiaccio di
Leon e colpì sia lui che Priscilla. Leon cadde a terra,
ormai privo
di forza, e Priscilla fece altrettanto cadendo dall'altezza in cui si
trovava.
«Gerard!»
chiamò Priscilla, incapace di muoversi. Ma il ragazzo la
ignorò, si
risistemò i vestiti e si allontanò.
«Er...za...» provò a dire
lei, sperando di riuscire ad attirare le sua attenzione. Combatterlo
era impossibile, troppo forte per lei, ma doveva almeno parlargli,
capire, fargli capire.
Erza
lo stava cercando disperatamente.
Non
riuscì però a dire nient'altro, la vista si
appannò e perse del
tutto i sensi.
«Erza?»
mormorò Gerard, stranamente incuriosito. Ma
ignorò i nemici che si
era appena lasciato alle spalle e riprese a camminare verso il
Nirvana, interrogandosi a lungo sul significato di quel nome che non
ricordava a chi appartenesse ma gli scaldava misteriosamente il
petto.
«Priscilla»
la voce arrivò alle sue orecchie ovattata, confusa, tanto
che non
riuscì nemmeno a capire se si trattasse di una voce
femminile o
maschile.
«Priscilla»
ancora una volta, mentre un leggero tocco le scaldava la schiena.
Riuscì
ad aprire gli occhi e il mondo si colorò, anche se
restò sfocato e
irriconoscibile.
«Priscilla»
ancora una voce. Femminile, ora riusciva a distinguerla. Si
ricordò
improvvisamente di cosa stava accadendo, un attimo prima di svenire.
«Dov'è
Gerard?» gridò, sollevandosi di colpo da terra e
colpendo qualcosa
sopra di lei con la testa. Un lamento dolorante e lo sguardo
preoccupato di Cherry al suo fianco, oltre la sua spalla, la
convinsero a guardare cosa avesse appena colpito. Leon era a terra
con entrambe le mani premute sul naso e si lamentava per il dolore.
«Stai
bene?» chiese lei, innocentemente, non capendo che a dargli
quel
terribile colpo sul naso era stata la sua irruenza nel risveglio.
«Figurati
se mi faccio male per così poco» provò
a rialzarsi, orgoglioso, ma
un rigolo di sangue lo tradì uscendo da una delle narici.
«Leon-sama,
ti esce sangue!» sussultò Cherry, saltando al suo
fianco con un
fazzoletto, pronta ad aiutarlo. Priscilla si mise a sedere, gambe
incrociate, ignorò ciò che stava accadendo tra
loro e fissò un
punto nel vuoto, infastidita.
«È
sparito di nuovo» mormorò.
«Conosci
quel tipo?» chiese Leon, mentre Cherry continuava a impazzire
al suo
fianco per cercare di curare il suo naso arrossato dal colpo.
«È
indubbiamente un nemico, però...» non riusciva a
trovare pace. Erza
gli era così affezionata, non poteva essere sempre stato
cattivo,
sicuramente era successo qualcosa che l'aveva portato a intraprendere
una strada sbagliata. Una storia che conosceva fin troppo bene e che
le impediva di credere nella sua completa malvagità.
«Che
abbia dimenticato anche lui?» si chiese, trovandolo
incredibilmente
simile a Laxus e quanto successo tra loro due.
«L'abbiamo
combattuto a lungo, prima che arrivassi tu, e come hai potuto vedere
non abbiamo fatto molto. Se è un nemico, dobbiamo
preoccuparci»
disse Leon.
«Però
ci ha lasciati in vita» osservò Priscilla.
«E
con questo?» chiese Leon.
Aveva
sentito le storie della Torre Paradiso e di ciò che era
successo,
Gerard al tempo si era dimostrato particolarmente violento e loquace,
a differenza di quanto era successo in quel momento. Aveva sentito
che aveva addirittura ucciso a sangue freddo un suo vecchio amico,
nonché compagno fino a quel momento. Non era
perciò tipo da farsi
degli scrupoli, eppure non aveva fatto altro che contrattaccare ai
loro colpi con forza sufficiente ad allontanarli e poi lasciarli
privi di sensi, ma in vita.
«Qualcosa
non mi convince» disse infine, alzandosi in piedi. Una
sensazione,
uno spostamento d'aria improvviso e pericoloso. Si lanciò su
Cherry
e la spostò appena in tempo, prima che una motocicletta
cadesse
laddove c'era prima lei e proseguisse in una folle corsa.
«Che
succede?» chiese Leon, guardando scappare via la motocicletta.
«Racer!»
Priscilla riuscì a riconoscere il motociclista nonostante
fosse
sparito subito. Un'altra motocicletta arrivò poco dopo, ma
non corse
via, si fermò un istante.
«Gray!»
disse Leon, notandolo a bordo della moto.
«Proprio
al momento giusto! Leon, sali! Ti spiego tutto dopo» disse
Gray,
dando un paio di sgasate.
«Ehy,
ma...?» balbettò Cherry, confusa, guardando Leon
obbedire e salire
dietro Gray. Il moro diede gas e non appena l'amico fu pronto riprese
la corsa, inseguendo Racer davanti a sé.
«Ma
vi sembra questo il momento di una gara? Che state
combinando?»
chiese Priscilla, guardandoli stralunata.
«Cherry!
Resta lì! Non preoccuparti» disse Leon, un istante
prima di sparire
insieme a Gray oltre gli alberi del bosco.
«Che
altra scelta ho?» mormorò lei.
«Andiamo!
Seguiamoli!» disse invece Priscilla, prendendola per mano e
cominciando a correre. Saltò dopo un paio di passi e
spiccò il
volo, portandosi dietro una spaventata quanto sorpresa Cherry.
«Hai
ancora tutta questa magia?» chiese Cherry, guardando sorpresa
la
ragazza che ancora la teneva per mano.
«Ho
riposato un po' mentre ero svenuta» spiegò
Priscilla, prima di
voltarsi e guardarla con un radioso sorriso, esclamando: «E
poi sei
preoccupata per Leon, no? Ti porto da lui, così puoi
assicurarti che
stia bene».
Cherry
arrossì, colpita dal gesto e soprattutto dal sorriso con cui
le si
era rivolta. Le tornarono in mente le parole di Lucy -"hai
visto anche tu come sorride?"-
e riuscì finalmente a comprenderle. Non era importante di
cosa fosse
fatta, Priscilla era indubbiamente umana come loro.
Ricambiò
il sorriso e si limitò ad annuire, mentre Priscilla dava
sfogo alle
poche energie rimaste per stare dietro alla corsa di Gray e Racer.
Salirono su per un'altura, abbandonandosi gli alberi alle spalle,
fino a quando Leon non creò dei piccoli uccelli di ghiaccio
che
finalmente riuscirono a distruggere la moto di Racer. Racer non si
arrese, corse a mezz'aria verso di loro e distrusse anche la loro
moto, ponendo così fine alla corsa. I colpi continuarono,
prima una
scimmia, poi un martello, ma Racer riusciva a schivare ogni singolo
colpo con una velocità incredibile. Priscilla
deviò per schivare
del ghiaccio lanciato a sproposito e si infilò tra degli
alberi alla
loro destra, dove posò infine Cherry. Si lasciò
cadere in ginocchio
e a grosse boccate cercò di recuperare fiato.
«Qui
dovremmo riuscire a guardarli da una zona sicura» disse,
ansimando.
«Hai
usato troppa magia, non avresti dovuto» l'ammonì
Cherry.
«È
tutto ok, resto qua con te così mi riposo un po'»
sorrise lei,
alzando il pollice per rassicurarla. Cherry tornò a guardare
l'incontro tra i due maghi del ghiaccio e Racer, cercando di
convincersi che Priscilla stava bene e provando a non sentirsi in
colpa per quello. Provavano a colpire, ripetutamente, ma senza
successo. Quel Racer era troppo veloce, perciò decisero di
fare sul
serio, togliendosi i vestiti di dosso.
«Si
è spogliato!» sussultò Cherry, rossa in
volto.
«Eh?»
chiese curiosa Priscilla, affacciandosi oltre a un cespuglio e
guardando la scena. Con addosso solo i pantaloni, sia Leon che Gray,
spalla contro spalla, si preparavano a colpire. Priscilla si
portò
una mano davanti alle labbra e guardando maliziosa Cherry
ridacchiò
un:«Però! Non è mica male il tuo
Leon».
Cherry
le saltò addosso urlando, le mise la mani davanti agli occhi
e cercò
di bloccarle i movimenti, ruggendo un furioso: «Non
azzardarti a
guardarlo mai più!»
«Scherzavo!
Cherry! Mi strangoli! Aiut...» provò a balbettare
Priscilla,
dimenandosi e cercando di liberarsi dalla presa ferrea
dell'innamorata gelosa. Le urla di dolore di Gray e Leon le
distolsero dal loro infantile battibecco. Si fermarono e Cherry
allentò abbastanza le mani da permettere anche a Priscilla
di
tornare a guardare.
«Sono
stati colpiti ancora!» disse lei, guardando preoccupata i due
ragazzi che si alzavano a fatica da terra.
«È
davvero forte» disse Cherry, altrettanto preoccupata.
«Restiamo
a guardare, nel caso avranno bisogno proviamo a intervenire anche
noi» disse Priscilla e Cherry annuì.
«A
proposito! Qual è la tua magia?» chiese Priscilla,
improvvisamente
incuriosita. Cherry sorrise e rispose semplicemente: «Le
bambole».
«Eh?»
chiese Priscilla confusa e lievemente spaventata. Non aveva una buona
esperienza con dei giocattoli animati, le ricordavano troppo
Bickslow.
«Gray!»
chiamò Leon, improvvisamente serio.
«Ascoltami» e si avvicinò a
lui, per parlargli vicino a un orecchio.
«Di
cosa staranno parlando?» si chiese Priscilla.
«Avranno
in mente qualcosa?» chiese Cherry di rimando.
«Eh?
Ma che stai dicendo?» sussultò Gray, sbarrando gli
occhi e
allontanandosi da lui di un passo.
«Esattamente
quello che ti ho detto!» disse Leon, puntando una mano contro
Gray.
«Non sei più necessario!» e con quella
sentenza lo intrappolò in
una lastra di ghiaccio e lo portò in alto, lontano dal campo
di
battaglia, mentre Gray lo insultava nel peggiore dei modi.
«Leon-sama!
Che fai?» chiese preoccupata Cherry.
«Vi
sembra questo il momento di litigare?» le diede corda
Priscilla,
guardando Leon stupita.
«Resta
lì sopra e guarda, Gray» ridacchiò
Leon, mentre ancora la voce di
Gray lo raggiungeva colmo di insulti e rabbia.
«Prendersela
con un tuo amico, che colpo basso» osservò Racer,
cercando di
capire quale fosse la sua strategia.
«Per
piacere, non fraintendermi. Lui non è mio amico. Abbiamo
solo avuto
la stessa insegnante, tutto qua» disse Leon, irritato per
l'affermazione.
«Ma,
Leon-sama...» insistè Cherry, correndogli incontro.
«Nessuna
lamentela! Lamia Scale si occuperà di lui. Vieni,
Cherry!» chiamò
Leon.
«Ok»
balbettò lei, poco convinta, ma obbediente.
«Ehy,
voi due! Ma che combinate?» ringhiò Priscilla,
confusa e
arrabbiata.
«Non
impicciarti, Priscilla!» le disse Leon, prima di far
comparire tutta
intorno a lei una gabbia di ghiaccio. «Così non
volerai più da
nessuna parte» le disse provocatorio.
«Ti
avverto che se non ci pensa Racer a spaccarti le ossa, poi ci penso
io, capito?» si dimenò lei, furibonda per essere
trattata in quel
modo.
«Questa
strafottenza non ti permetterà di aumentare le tue chance,
che già
erano a zero a dire il vero» ridacchiò Racer, per
niente intimorito
dalla coppia di Lamia Scale.
«Continua
ad abbaiare, cagnolino» lo provocò Leon e Racer
sparì di nuovo,
veloce come un fulmine.
«Ningyon
Geki: Rock Doll!» evocò Cherry e un gigante di
roccia e terra si
alzò dal suolo, sotto al suo comando. Provò a
colpire Racer con un
pugno, ma come prevedibile lo schivò e correndogli intorno
lo colpì
in più punti.
«Sei
lenta!» le disse Racer, soddisfatto.
«Non
riesco a vederlo!» lamentò Cherry.
«Vai
Racer, dagliene!» ruggì Priscilla, aggrappata alle
sbarre di
ghiaccio.
«Santo
cielo, quanto è rumorosa» sospirò Leon,
infastidito dal tifo che
si era messa a fare verso il nemico.
«Wood
Doll!» insistè Cherry e un albero prese vita,
muovendosi e ruggendo
come un animale.
«Non
puoi sperare di prendermi con una magia come quella!» disse
Racer,
sempre più orgoglioso.
«E
se usassi questa?» disse Cherry e i rami del suo albero si
sparpagliarono ovunque, per poi chiudersi e stringere
improvvisamente. Anche se era veloce, sarebbe comunque finito
imbrigliato nella sua trappola e fu quello che accadde. Ma
durò un
solo istante e Racer riuscì a scivolare via dalla presa
ferrea
dell'albero. Corse verso Cherry stessa e la colpì,
lanciandola a
terra.
«Cherry!»
la chiamò Priscilla, preoccupata.
Una
tigre di ghiaccio comparve dietro Racer e per poco non
riuscì a
colpirlo, preso di sorpresa. Si voltò verso l'artefice di
quella
magia, Leon, che aveva cominciato a correre per allontanarsi dal
campo di battaglia.
«Sei
lento di comprendonio, eh?» chiese Leon, provocatorio.
«Sei
tu quello lento a comprendere!» gli rispose Racer, per le
righe,
inseguendolo.
«Il
tuo punto debole» disse Leon, voltandosi e preparandosi a
lanciare
un'altra delle sue magie. «E nella debolezza dei tuoi
attacchi! Non
importa quanto veloce riesci ad andare, se poi non riesci a chiudere
la partita!»
Racer
gli corse incontro, pronto a colpirlo, ma si fermò
improvvisamente
quando sul corpo di Leon comparvero delle punte di ghiaccio, a
proteggerlo come un riccio.
«Perché
ti sei fermato, gallinaccio?» ridacchiò Leon,
contento della sua
trovata.
«Che
intenzioni hai, allora? Vienimi dietro con quella velocità
tanto
vantata» disse poi, riprendendo a correre. Racer
però sorrise
ancora, per niente intimorito, e saltandogli addosso a gamba tesa lo
colpì in pieno viso, dove non era ricoperto di ghiaccio.
Leon cadde,
ma riprese a correre e allontanarsi.
“Che
intenzioni ha?” si chiese Priscilla, alzando lo sguardo a
Gray,
intrappolato nel ghiaccio. Ma capì che non c'era niente di
sbagliato
in tutto quello che stava accadendo, nell'istante in cui vide Gray
sorridere e non più arrabbiato.
«Sono
d'accordo!» capì lei, anche se ancora non era
chiaro come avrebbe
dovuto funzionare quella strategia.
«Priscilla!»
chiamò Gray, una volta che sia Leon che Racer furono
abbastanza
lontani. «Credo che adesso tu possa raggiungermi.
Avrò bisogno di
te».
Ancora
non capiva cosa avessero in mente, ma decise di obbedire. Con un
forte turbine di vento spezzò le sbarre della prigione di
ghiaccio
che Leon le aveva creato attorno e volò in cima all'enorme
lastra di
ghiaccio. Gray si liberò facilmente dalla sua prigione e
creò un
arco con un'enorme freccia, che puntò lontano da loro.
«Riesco
a vederli!» disse Priscilla, notando un Leon estremamente
lento e un
Racer che correva a velocità normale. «Allora
è così che funziona
la sua magia» capì infine: non era lui ad andare
estremamente
veloce, ma gli altri a rallentare in maniera incredibile.
«Puoi
colpirlo, non è vero?» chiese Gray, tirando il
proprio arco e
cercando di prendere la mira. Poteva dare la spinta iniziale e
prendere vagamente la mira, ma aveva bisogno della magia di Priscilla
per fare in modo che la freccia arrivasse a destinazione con la
giusta potenza e precisione.
«Certo»
sorrise lei, aspettando il momento opportuno. Poggiò i piedi
sulla
punta della freccia tirata e cominciò a inquadrarlo.
«Quando
vuoi» disse infine a Gray, pronta a esercitare il suo potere
del
vento per dare alla freccia velocità e direzione.
«Ora!»
disse Gray, prima di sparare. La freccia venne scagliata con forza in
avanti e Priscilla ci rimase accucciata sopra. Dietro di lei il vento
sprigionato dalla sua magia le dava la propulsione adatta a
raggiungerlo sempre più velocemente e cambiò la
direzione
abbastanza da mirarlo sempre meglio, man mano che si avvicinavano.
Saltò via appena prima dell'impatto e diede alla freccia
l'ultimo
slancio prima di colpire Racer con tutta la potenza della magia del
ghiaccio di Gray.
Atterrò
morbidamente a fianco di Leon e infine osservò Racer, a
terra, privo
di sensi.
«Fairy
Tail vince ancora!» esultò lei, portandosi una
mano al bicipite
gonfiato dalla posizione alzata del braccio. Un gesto che indicava la
loro forza.
«Certo
è che potevi mettermi al corrente con... non so... una
scritta nella
gabbia!» bofonchiò, guardando male Leon.
«L'ho
fatto ma eri troppo impegnata a fare il tifo per il nemico»
sospirò
Leon e Priscilla sussultò con un imbarazzato:
«Eh?».
Si
ammorbidì nella posa, si portò le mani dietro la
nuca e scoppiando
a ridere esclamò divertita: «Che
figuraccia!»
“Hai
visto anche tu come sorride?”
la
voce di Lucy, anche nella testa di Leon, mentre guardava curioso quel
suo sorriso radioso e divertito. E il suo interesse aumentò
maggiormente di fronte all'ennesima evidenza che quella creazione non
era una semplice magia passiva. Quella ragazza era veramente viva,
come ciascuno di loro. Esisteva davvero al mondo una magia della
creazione così potente da dar vita a una come lei.
«Mi
incuriosisci molto, lo sai?» le disse, confessando quello che
gli
passava per la testa. Priscilla travisò quelle parole
probabilmente,
visto che arrossì violentemente e cominciò a
balbettare: «Aspetta!
Non dirai sul serio?! Cherry potrebbe uccidermi».
«Cherry?»
chiese lui, non capendo che intendesse.
«Leon-Sama!
Priscilla! State bene?» chiese Cherry, correndo verso di loro
giù
per una scarpata. «Cherry!» gridò
Priscilla, volandole incontro e
abbracciandola tanto violentemente che per poco non la buttò
a
terra. «Amica mia! Stai bene per fortuna! Stavo giusto per
venire a
cercarti, carissima e dolcissima amica!»
«Amica?»
chiese Cherry, guardandola stranita.
«Ma
che le prende?» si chiese anche Leon, non riuscendo ancora a
comprendere l'equivoco in cui la ragazza era caduta.
Gray
arrivò poco dopo e si avvicinò a Leon a passi
lenti e decisi,
congratulandosi con lui per la trovata. Gli porse una mano e gli
chiese, gentilmente: «Riesci ad alzarti?»
«Non
prenderti gioco di me» rispose Leon, ferito nell'orgoglio per
l'aiuto che Gray cercava di dargli. Cherry e Priscilla, ancora
avvinghiate, ridacchiarono divertite dalla scena ma il tutto venne
interrotto da Racer che si rialzò urlando: «Non
è ancora finita!».
Si
aprì la giacca, mostrando addosso a sé un
meccanismo luminoso e
delle cinghie. «Lo giuro sul nome degli Oracion Seis! Sono
stato
sconfitto e per questo vi porterò via con me!»
«Quella...»
balbettò Leon, guardando con preoccupazione il marchingegno
legato
al petto di Racer.
«Una
Lacrima esplosiva» disse Cherry, pallida in volto.
«Bastardo!
Hai intenzione di...» balbettò Gray, portandosi
entrambe le mani di
lato e provando a evocare una magia. Ma non riuscì a cadde
in
ginocchio, stremato. «Proprio ora dovevo finire il mio potere
magico?» lamentò, mentre Racer correva loro
incontro pronto a farsi
esplodere insieme ai suoi nemici. Priscilla provò a imitarlo
subito
dopo ma con sdegno scoprì che anche lei aveva dato vita al
fondo e
non riuscì a evocare se non una leggera brezza intorno al
palmo
della mano.
«Merda»
lamentò, guardando il nemico correre loro incontro.
Leon
scattò in avanti, sorprendendo i presenti,
afferrò Racer e infine
saltò giù per il precipizio sopra il quale si
trovavano.
«Leon!»
chiamò Gray pallido in volto.
«L...»
provò a chiamarlo Cherry, ancora più
terrorizzata, e infine lo
videro cadere giù. Paralizzati e troppo lenti, non si erano
aspettati un gesto simile, non poterono far altro che chiamare il suo
nome a gran voce con le lacrime agli occhi.
Un
soffio di vento catturò l'attenzione di Gray, ma non era
stata
magia, solo Priscilla che correva verso il bordo del burrone. Lo
sguardo corrucciato, le dita serrate, e si lanciò subito
dopo Leon e
Racer.
«Priscilla!»
chiamò a occhi sbarrati, inutilmente. La ragazza ormai era
sparita
dalla loro vista.
Priscilla
in piena caduta riuscì a vedere Leon, aggrappato a Racer,
appena
sotto di sé. Era stremata, non riusciva più a
usare molta magia, ma
sapeva che non l'aveva finita. Lei stessa era composta da magia,
finché non sarebbe morta ne avrebbe sempre avuto accesso.
Doveva
solo sacrificarsi un po', il suo corpo in cambio del suo potere. Si
morse un dito tanto forte da aprirsi delle ferite. Del sangue ne
uscì, lo strato superficiale di carne e pelle di cui era
composta,
ma presto intervenne anche la luce blu a segnalare la magia che
confluiva verso la ferita per rimetterla in sesto. Usò
quella stessa
magia come fonte energetica, liberandola invece che usarla per
ricostruirsi, e usando quello stesso dito ferito riuscì a
generare
ai suoi piedi una corrente d'aria sufficientemente forte da spingerla
verso Leon e Racer. Afferrò il primo per una spalla e lo
scaraventò
via, sotto il suo sguardo sorpreso. Un ultimo sbuffo di magia
uscì
dal suo dito, l'avrebbe usata per garantirgli un atterraggio morbido
e non pericoloso.
«Tu
puoi morire» disse pallida in viso, un istante prima di
richiamare
altro vento, disperata, per proteggere Leon dalle fiamme e dall'onda
d'urto che si sarebbe sprigionata da quell'esplosione. Lui poteva
morire, lui era vivo e perciò poteva morire, ma lei no. Lei
non
sarebbe morta, mai.
«Priscilla!»
chiamò Leon, cadendo lentamente verso il suolo e guardando
la
ragazza andare giù insieme a Racer. L'esplosione avvenne e
travolse
anche lui, ma il vento tenne lontano dal suo corpo il calore e le
fiamme sprigionate. Leon raggiunse il suolo bruscamente, ma non
abbastanza da restarne ferito. La magia di Priscilla era stata misera
ma abbastanza da proteggerlo, anche se non ne era uscito proprio
indenne poteva comunque vantare di essere ancora vivo.
«Priscilla!»
chiamò in un urlo disperato, guardandosi attorno.
Provò ad alzarsi,
inciampando per la stanchezza, il dolore e soprattutto la paura
appena vissuta. Continuò a chiamarla, tremando sempre
più nel non
sentire risposta. Corse a lungo attraverso le macerie, sempre
più
avvolto nel panico, tanto che dei lamenti cominciarono a uscire dalla
sua gola.
«P...»
provò a chiamare nuovamente, ma si interruppe quando
riuscì a
vederla. La testa penzoloni all'indietro, cadeva giù da un
masso
sopra cui era poggiata. Le corse incontro, chiamandola ancora, ma non
appena riuscì a raggiungerla e vederla del tutto per poco
non ebbe
uno svenimento. Il cuore in petto batteva impazzito, lo stomaco
sembrava essere in procinto di farlo vomitare e non riusciva a
respirare. Una raccapricciante scena, quella di una Priscilla
smembrata per metà dall'esplosione. Le mancava un braccio,
una gamba
e gran parte del busto, martoriata e aperta in tutta la sua parte
sinistra. Stagnava in una pozza di sangue che goccia dopo goccia
cadeva e scivolava giù dalla roccia su cui giaceva,
aprendosi come
un macabro fiume della morte. Dalla parte più profonda delle
sue
ferite brillava una luce azzurra e bianca, ma flebile, quasi spenta.
La sua magia che cercava di rigenerarla, ma era quasi del tutto
consumata. Sarebbe sopravvissuta? Era ancora viva? Poteva fare
qualcosa?
Una
persona normale sarebbe morta, ma quella luce flebile dentro lei gli
dava un briciolo di speranza. Tremò e si
inginocchiò al suo fianco,
cercando una disperata soluzione, qualsiasi cosa avesse potuto
salvarla.
«Aiuto»
mormorò, non sapendo come fare. «Ho bisogno di
aiuto» lamentò in
un singhiozzo. «Jura-san...»
E
nominare, nel panico, il suo nome gli portò alla mente
quella che
sarebbe potuta essere una soluzione.
“È
una magia creazionale, tipo la tua Leon, ma che usa materiali
diversi”.
«Una
magia... tipo la mia» mormorò, mentre un'idea
folle cominciava a
farsi strada nella sua mente. Poteva funzionare? No, era impossibile,
la sua magia era completamente diversa da quella della vita anche se
entrambe creazionali. Ma poteva fare altro?
Era
disperato, aveva bisogno di soluzioni disperate.
«Ice
Make...» strinse i denti, prima di posare entrambe le mani su
ciò
che restava di Priscilla. «Body!»
Il
ghiaccio generato dalle sue mani prese pian piano il posto delle
parti mancanti del corpo di Priscilla, ricomponendola e chiudendo le
sue enormi e raccapriccianti ferite. Terminò in un ansimo
affaticato, era stato più complicato di quanto avesse potuto
immaginare, ma era riuscito a fare un buon lavoro. Tutto ciò
che
restava scoprire ora era se fosse servito a qualcosa.
«Priscilla»
provò a richiamarla, sollevando la sua testa e sperando che
quel
tocco la destasse. Era immobile, non si muoveva nemmeno per
respirare. Sospirò, cominciando a perdere le speranze. Era
stato
tutto inutile, passavano secondi, minuti, ma lei continuava a restare
immobile e gelida.
«Maledizione»
sibilò, stringendo i vestiti della ragazza tra le dita.
«Maledizione!» ringhiò più
forte, ormai pervaso dalla rabbia. Il
corpo di Priscilla si mosse improvvisamente, come in uno spasmo, e
lei gridò terrorizzata. Leon sussultò, forse
ancora più
spaventato, per il risveglio improvviso e urlò a sua volta.
D'istinto Priscilla, in preda alla paura, lanciò le mani in
avanti e
diede un colpo a Leon che lo scaraventò a terra.
Arretrò e provò a
sollevarsi, ma si trovò il vuoto oltre il masso sotto di
sé, perse
la presa e cadde a terra dritta di faccia.
«Ahi»
lamentò una volta calmata.
«Pr-Priscilla?»
chiamò Leon, sorpreso e vagamente spaventato, avvicinandosi
a lei
gattoni. «Sei... viva?» chiese cominciando a capire
e tremare per
l'emozione. Aveva funzionato? Aveva veramente funzionato?
«Ma
che è successo?» chiese lei guardandosi la mano di
ghiaccio,
muovendola davanti ai propri occhi e provando a muovere le dita.
Venne colta da un improvviso brivido e irrigidendosi
lamentò: «Fa
freddo!»
«Ci
sono riuscito...» ridacchiò Leon, pallido in volto
per l'emozione.
«Ha funzionato davvero».
«Sei
stato tu?» chiese Priscilla, voltandosi a guardare l'amico ma
senza
alzarsi.
«Sono
riuscito a salvarti la vita! Meno male!» sospirò
lui finalmente
risollevato e si mise a sedere di fianco a lei, poggiando la schiena
contro il sasso da cui lei era caduta.
«Salvarmi?»
sbattè gli occhi lei. «Oh, beh, questo
è imbarazzante» ridacchiò
infine nervosa.
«Eh?»
chiese Leon, non capendo.
«Ecco,
vedi... io non posso morire. Mi ero dimenticata di dirvelo»
confessò.
«Eh?!»
sbarrò gli occhi lui.
«La
magia della vita scorre in me in continuazione e mi rigenera tutte le
volte. Non importa che ferite io riporti, tornerò sempre
intera»
ridacchiò.
«E
lo vengo a sapere solo adesso?!» ruggì lui.
«Sono morto di
spavento, pensavo che ti avessimo perduta per sempre!»
«Mi
dispiace» ridacchiò, tornando a guardarsi la mano
di ghiaccio.
«Però ti ringrazio».
«Per
la buona volontà, immagino» disse lui.
«Non
solo. La mia magia era ormai debolissima a causa di tutti questi
scontri, con le ferite riportate per riuscire a tornare tutta intera
ci avrei messo settimane probabilmente. È incredibile che tu
sia
riuscito a fare una cosa simile» disse infine, meravigliata e
sorpresa. «Adesso posso tornare subito a
combattere!» disse
allegra, sollevandosi sulle braccia per alzarsi. Ma la mano di
ghiaccio mancò l'appoggio sul terreno e la gamba non fece la
forza
desiderata, sbagliando addirittura direzione. E cadde di faccia a
terra.
«Ma
che succede?» sussultò Leon, vedendo il suo misero
e goffo
tentativo di rialzarsi.
«Non
so usare questo corpo» osservò lei, imbarazzata.
Nella sua
stupidità era persino tenera e divertente, cosa che
portò Leon a
sorridere, potendosi concedere finalmente un istante di
serenità. Si
alzò in piedi e si chinò vicino a lei,
prendendola per un braccio e
aiutandola ad alzarsi. Si mise di spalle e tirandola per le braccia
la incitò: «Sali su».
Se
la caricò sulla schiena, tenendola sollevata per le gambe, e
una
volta ben ferma e ben salda prese a camminare.
«Cerchiamo
un modo per riunirci agli altri» disse.
«Senti
Leon» mormorò lei, pensierosa. «Questo
fa di noi degli amici...
vero?»
Una
domanda innocente, ma infantile nel suo dubbio. C'era veramente
bisogno di chiedere conferma in una cosa come quella? Era quasi
imbarazzante, ma svelava qualcosa di lei di molto triste e profondo.
La reazione di Lucy quando Cherry aveva accennato alla sua
diversità
e ora quella domanda così umana, ma così poco
naturale. Cominciava
a capire che tipo di persona fosse Priscilla e soprattutto
ciò che
provava nei confronti della sua esistenza. Era una creazione, ma
aveva l'animo umano e queste due cose probabilmente la rattristavano
nella loro incompatibilità. Indipendentemente dal fatto che
potesse
o meno morire, era stata disposta a perdere settimane del suo tempo
per rigenerarsi, in una foresta abbandonata e col rischio di essere
trovata dal nemico e di essere torturata a vita. Si era sacrificata
molto per salvarlo e quegli occhi spettrali, terrorizzati, mentre lo
allontanava dalla bomba di Racer e lo proteggeva non li avrebbe
dimenticati facilmente. Da quando aveva scoperto il suo segreto
l'aveva sempre guardata come fosse stato un oggetto curioso e
interessante, da studiare e incredibilmente raro, ma un pur sempre un
oggetto come le sue scimmie o tigri di ghiaccio. Ma lei... lei
desiderava degli amici.
Si
sentì un po' in colpa per i pensieri che aveva fatto su di
lei, ma
la cosa venne superata dalla felicità di essere riuscito a
capirla
meglio. Era fatta di magia ed era il risultato di un esperimento
eccezionale, ma lei alla fine... era Priscilla e basta.
«Certo».
Sorrise.
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Capitolo 16 *** Lacryma di Dragon Slayer ***
Lacryma
di Dragon Slayer
Poco
dopo essersi messi in cammino avevano trovato il corpo di Racer,
appeso a testa in giù da un albero, con una caviglia
incastrata tra
i rami. L'avevano osservato qualche secondo, ma senza neanche
consultarsi decisero di portarlo con loro. Lasciarlo in
libertà era
rischioso, se si fosse ripreso avrebbe potuto giocare loro qualche
brutto tiro. E sicuramente c'era in mezzo una qualche forma di senso
di colpa che li spingeva a voler aiutare un essere umano, anche se
nemico, ed evitargli così la morte. Priscilla si era offerta
di
scendere e provare a camminare, per permettere a Leon di trascinare
Racer senza avere anche il suo peso da trasportare, ma non appena
aveva provato a mettere i piedi a terra era finita col cadere di
nuovo. Aveva provato più volte e aveva proposto di volare e
non
usare il suo corpo, ma Leon aveva insistito per evitarle ulteriore
spreco di magia. Sarebbe stata utile più avanti, era meglio
non
sprecarla, perciò si era di nuovo caricato la ragazza in
spalla.
Priscilla usava un solo braccio per tenersi aggrappata alle sue
spalle, mentre con l'altra mano teneva Racer per un piede e lo
trascinava.
Camminarono
per altri dieci minuti almeno, prima che lei provasse nuovamente a
parlare.
«Ti
stai stancando inutilmente» insisté ancora,
ascoltando il suono del
fiato di Leon sempre più pesante e affaticato.
«Va
bene così, te l'ho già detto».
«Lascia
che almeno alleggerisca i nostri pesi con un incantesimo»
disse per
l'ennesima volta.
«Ti
è rimasta poca magia, approfittane per ricaricarla invece
che
consumarla in questo modo. Più avanti potremmo avere bisogno
di te»
rispose ancora lui, una frase che aveva ripetuto più e
più volte.
«O
magari potremmo aver bisogno di te ma tu sarai troppo stanco per
aiutarci» mormorò lei, contrariata.
«Non
sarà una cosa come questa a impedirmi di combattere, stai
tranquilla» cercò di rassicurarla.
«Sei
tale e quale a Gray» disse infine lei, scocciata.
«Cosa?!»
sussultò Leon, contrariato e irritato.
«Cocciuto
e orgoglioso!»
«Ma
figurati!»
«E
invece ti dico di sì! Testardi e stupidi tutti e
due!»
«Non
sono affatto così!»
«Solo
per poter fare il figo!»
«Sto
cercando di aiutarti!»
«E
vi spogliate sempre tutti e due! Pervertiti!»
«Quello
che c'entra?!» arrossì Leon, colto in una
debolezza.
«Lasciami
andare!» ordinò lei, infine, stanca di quella
situazione. Si spinse
via con le braccia, sfuggendo alla presa di Leon, e con un urlo cadde
a terra. Lamentandosi per il dolore, si massaggiò la schiena
mentre
tentava di rialzarsi.
«Sei
impazzita? Ti sembra il momento di fare queste storie?» la
rimproverò Leon.
«Adesso
mi alzo! Ti faccio vedere io!» poggiò il piede per
terra,
muovendolo con fatica e in maniera assolutamente scoordinata. Si
diede una spinta non appena riuscì a metterlo nella
posizione ideale
e provò ad alzarsi, ma lo slancio fu eccessivo e perse
nuovamente
l'equilibrio cadendo in avanti. Sarebbe di nuovo finita faccia a
terra come una pera se Leon non fosse stato veloce abbastanza da
prenderla al volo.
«Hai
visto!» disse lei orgogliosa di chissà quale
successo, forse quello
di essere riuscita almeno a sollevarsi.
«A
me non sembra tu abbia fatto chissà quali
progressi» disse Leon,
sorreggendola.
«Ho
ancora la terra che mi trema sotto i piedi, ma sto riuscendo a
muovermi» disse lei poggiando le mani sulle sue spalle e
cercando di
sollevarsi e mettersi in piedi.
«Aspetta...»
osservò in quel momento Leon. «La terra che trema
la sento anche
io!»
Solo
allora si resero conto di uno strano boato che proveniva dalla
foresta intorno a loro. Il silenzio macabro che le aveva fatto venire
la pelle d'oca non appena erano entrati sembrava rotto da qualcosa,
un lamento che proveniva dal centro della terra.
«Che
succede?» chiese Leon, rendendosi conto che la cosa sembrava
amplificarsi sempre più, tanto che persino lui aveva
difficoltà a
mantenere l'equilibrio.
«Leon!
Guarda!» disse Priscilla, allungando un dito verso nord un
istante
prima che una colonna di luce esplodesse da terra e raggiungesse il
cielo. Il boato si fece più intenso, fino a diventare
un'esplosione,
e dalla luce nacquero ombre e nebbie scure che sembrarono prendere il
possesso di tutto ciò che aveva intorno.
«Che
cos'è?» chiese lui, pallido.
«Fa
venire la pelle d'oca» balbettò lei, paralizzata
dalla paura.
«Sicuramente
anche Gray e gli altri l'avranno vista e staranno andando a
controllare. Andiamo, intercettiamoli» disse Leon, e si
portò il
braccio sano di Priscilla intorno al collo deciso ad aiutarla a
camminare. Priscilla prese di nuovo Racer per un piede e aggrappata a
Leon potè sforzarsi di mettere un piede dopo l'altro,
camminando per
conto suo. Inizialmente ci volle un po', ma costringendosi a usare
quel nuovo corpo che Leon le aveva prestato imparò a usarlo
sempre
meglio e poté così pesare sempre meno sull'amico
che provava a
trascinarla. Camminarono almeno per una mezz'ora, facendo in
realtà
meno strada di quella che avrebbero voluto per colpa delle condizioni
di Priscilla e del corpo di Racer che continuavano a portarsi dietro.
Finalmente, infine, sentirono delle voci familiari.
Deviarono
il loro cammino, per avvicinarsi a esse, e trovarono Natsu, Lucy,
Gray e persino Cherry, anche se quest'ultima era in lacrime e
schiacciata a terra da Gray.
«Lasciami
andare, maledetto! Devo vendicare il mio Leon!»
gridò lei, colta da
chissà quale strana furia. «Non ti
perdonerò, non ti perdonerò
mai! Vendicherò Leon!»
«Vendetta
per chi esattamente?» chiese Leon, raggiungendoli finalmente.
«Non
è il momento di darmi per morto».
Sentire
la voce di Leon e infine riuscire a vederlo tutto intero, anche se
ferito e affaticato, ma in piedi, parve calmare Cherry. Lo
guardò a
lungo, come avrebbe guardato uno spettro, mentre le lacrime
cominciavano a bagnarle le guance.
«Leon-sama?»
balbettò, sorpresa ed emozionata.
«Priscilla!
Cosa ti è successo?» chiese Lucy, guardando
preoccupata il corpo di
ghiaccio della ragazza che ancora si reggeva a Leon.
«Ce
la siamo vista brutta» spiegò Leon, lanciando uno
sguardo a ciò
che aveva realizzato. «Priscilla mi ha protetto e si
è presa
interamente il colpo. Ho dovuto intervenire per permetterle di
rimettersi in piedi».
«Aspetta...»
balbettò Gray, sgranando gli occhi. «Quella
è opera tua?»
«Leon
ha messo la sua magia dentro me, ma ancora non so usarla tanto
bene»
sorrise innocentemente Priscilla, provando a muovere la mano di
ghiaccio.
«Ehy!
Detto così può essere equivoco!» la
rimproverò Leon, arrossendo
per l'imbarazzante frase che avrebbe anche potuto far pensare a
qualche strano rapporto che c'era stato tra loro.
«Sei
piena di risorse» osservò Lucy, sorpresa che
Priscilla fosse stata
in grado di cavarsela anche in quella situazione.
«Hai
la pellaccia veramente dura, Leon» disse Gray.
«È
stata fortuna» disse Leon, appoggiando Priscilla a terra. Si
avvicinò a Gray poi prima di confessare: «Sono in
debito con lei».
Cherry
si rilassò per terra, mentre le lacrime ormai le uscivano
incontrollate dagli occhi e si limitò a borbottare:
«Meno male»
prima che una strana ombra nera le uscisse dal corpo.
«Cos'è?»
chiese Natsu, guardando confuso la nube che si allontanava e si
dirigeva verso il cielo.
«Come
pensavo. Era controllata da qualcosa» disse Gray.
«Questo...
è il Nirvana» disse Lucy, impallidendo, prima di
voltare gli occhi
alla colonna di luce nera che si alzava fino al cielo.
«Allora
è come pensavo, quello è Nirvana» disse
Priscilla, guardando anche
lei nella stessa direzione. Lucy annuì, prima di spiegare:
«Una
magia in grado di invertire la luce con l'oscurità. I forti
sentimenti contrastanti con il proprio animo finiscono con prendere
il sopravvento e cambiare la personalità delle persone.
Così ha
detto Hibiki».
«Cherry
era sconvolta per la perdita di Leon, per questo è stata
controllata
da Nirvana ed è diventata nostra nemica» Gray
tirò la conclusione,
guardando la ragazza che ora aveva perso i sensi a terra.
«Una
magia in grado di cambiare la personalità delle
persone» mormorò
Priscilla, riflettendo sulla faccenda. Non poté far a meno
di
pensare a Laxus, che per anni si era comportato come se fosse stato
preso sotto al controllo di Nirvana. Sapeva quello che sarebbe potuto
significare... l'amico più caro, l'amore più
grande, che diventa
improvvisamente ed illogicamente ostile e feroce. Era terribile.
Esisteva veramente al mondo una magia in grado di fare ciò a
comando? Il suo dolore più grande, ciò che aveva
passato per anni,
c'era qualcuno che poteva indirizzare quei sentimenti a chiunque
volesse con un semplice schiocco di dita. Andava fermato. A qualsiasi
costo, andava fermato.
La
terra tornò a tremare, ma questa volta fu più
forte di prima.
«Che
succede?» chiese d'istinto Priscilla, alzando gli occhi al
cielo. La
colonna di luce di Nirvana si allargò e inglobò
dentro sé gran
parte della foresta. Il cielo, sotto al suo potere oscuro, divenne
nero come la pece e l'unica fonte di luce parve diventare esso
stesso.
«Siamo
arrivati troppo tardi» capì Leon, prendendo Cherry
da terra e
tenendola in braccio.
«Ma...cosa....?»
balbettò Lucy, pallida in volto dalla paura.
«Dannazione!
Erza si trova in mezzo a quella luce!» disse Natsu, facendo
allarmare il resto dei compagni.
«Perché
mai Erza dovrebbe trovarsi lì?» chiese Priscilla,
stufa di stare
ancora ad aspettare e usando la propria magia riuscì a
rimettersi in
piedi, usando il vento per tenersi in piedi e in equilibrio.
«Pare
che c'entri Gerard. Wendy l'ha fatto tornare in vita, è lui
che ha
attivato il Nirvana. Non appena Erza l'ha sentito, è
scappata. È
sicuramente andata da Gerard» spiegò Lucy.
«Gerard?»
mormorò Priscilla, ricordandosi della loro chiacchierata e
di ciò
che Erza le aveva fatto capire riguardo a ciò che provava
verso di
lui.
«Potrebbe
essere in pericolo! Andiamo!» disse Gray, cominciando a
correre
verso la fonte di luce. Ma la terra si fece sempre più
tremante e
improvvisamente dal sottosuolo cominciarono ad alzarsi enormi
strutture metalliche ricoperte di muschio e piante, lunghe anche
chilometri, pesanti e potenti, articolate come zampe di un gigantesco
ragno di ferro.
«Ho
una brutta sensazione» disse infine Lucy, guardando il
terreno sotto
ai suoi piedi.
«Sbaglio
o sta tremando sempre più?» chiese Gray.
Il
terreno sotto ai loro piedi si spaccò, ma non caddero nel
vuoto.
Vennero raccolti e tirati verso l'alto da un'altra di quelle enormi
zampe che spaccando il suolo si sollevava verso il cielo. Priscilla
si tenne sospesa per aria, sfuggendo al suo impatto e provò
ad
allungare le mani per aiutare anche i suoi amici ma la magia era
ancora troppo debole.
«Merda»
mugolò prima di volare rapidamente verso Leon. Impegnato a
tenere
Cherry in braccio, non sapeva a cosa aggrapparsi e stava per cadere
verso il suolo. Lo prese al volo, mugolando per la fatica, e lo
riportò a terra, lontano dalle zampe dell'enorme bestia.
«Grazie...
di nuovo» disse Leon, mentre lei lo appoggiava a terra.
«Occupati
di Cherry. Avrà bisogno di averti accanto quando si
sveglierà, per
non cadere di nuovo vittima di Nirvana» e sollevandosi di
nuovo in
volo si allontanò, senza aspettare la risposta di Leon.
Raggiunse
rapidamente Natsu, Gray e Lucy, ora in piedi e impegnati a correre
lungo tutta la zampa per riuscire a raggiungere il centro del
bestione di ferro e roccia. Laddove sembrava aprirsi una
città.
«Andiamo
a dar loro una lezione!» disse Natsu tra le urla.
«Che
succede adesso?» chiese Gray, sentendo altre vibrazioni sotto
ai
propri piedi.
«Si
muove!» disse Priscilla, indicando una delle zampe che si era
sollevata da terra e stava riposandosi poco più lontano.
«Questo
coso cammina?» chiese Lucy, sbarrando gli occhi.
«Natsu...?»
chiese Priscilla, guardandolo cadere a terra all'improvviso. Verde in
volto, sembrava in procinto di vomitare da un momento a un altro.
Anche la zampa su cui stavano correndo loro si mosse e questo
costrinse anche Gray e Lucy a stendersi a terra per reggersi e non
cadere.
«Insomma,
cerca di resistere un po'!» lo rimproverò Gray.
«Quella...
cosa... è un mezzo... di trasporto»
balbettò Natsu, sempre peggio.
«Si
muove ma non è un mezzo di trasporto! Cerca di
capirlo!» ringhiò
Gray.
«Ho
capito!» si rialzò Natsu, corrucciato e deciso.
Provò a correre,
ma riuscì solo a barcollare nonostante
l'intensità dei passi e
l'impegno, fino a quando non si fermò pochi metri dopo
sibilando
arrendevole: «Mi sento uno schifo».
«Questi
sono tentacoli di un polpo! Per te va bene cavalcare gli animali,
giusto?» tentò disperatamente Lucy.
«Non
esistono polpi nella foresta» bofonchiò Natsu.
«Smettila
di cercare il pelo nell'uovo!» lo rimproverò Lucy.
«Sto
bene ora!» insistè Natsu, nel disperato tentativo
di ritrovare la
forza e un contegno. Provò a muoversi, ma il tentacolo su
cui erano
si mosse e questo gli fece perdere l'equilibrio e cadere nel vuoto.
«Natsu!»
gridò Lucy, guardandolo spaventata.
«Santo
cielo, Natsu!» gridò Priscilla, volando in
picchiata verso di lui.
«Perché diamine non ti sei retto a qualcosa!
Stupido!»
«Mi
dispiace» gridò Natsu, in piena caduta fino a
quando Priscilla non
riuscì a raggiungerlo e prenderlo per un piede.
Sforzò quel poco di
magia che le era rimasto nel tentativo di tornare sopra il tentacolo,
ma lui era pesante e lei troppo debole, perciò l'ascesa fu
lenta e
faticosa.
«Mi
sento male» disse infine Natsu, portandosi le mani al viso.
«Sono
considerata un mezzo di trasporto?» ruggì
Priscilla, offesa.
«Natsu!»
la voce di Happy anticipò il suo arrivo, veloce come un
turbine di
vento, li raggiunse nell'istante in cui Priscilla parve perdere un
po' la presa e cadere troppo affaticata per sorreggere entrambi.
Prese Natsu per la maglia e lo portò di nuovo in alto, senza
fatica.
«Happy!»
sorrise Priscilla, felice di vederlo.
«Aye!»
salutò il gatto, felice.
«Ragazzi,
voi continuate a salire! Noi entreremo dalla fessura!» disse
Gray,
indicando un buco che dal tentacolo portava all'interno della
struttura.
«Ok!»
disse Priscilla, prima di volare dietro Natsu e Happy. Salirono a
gran velocità, fino alla cima della costruzione, e
lì infine
poterono fermarsi non appena furono in grado di vedere cosa c'era
davanti a loro.
«È
una città?» chiese Natsu, guardando le costruzioni
che tanto
sembravano case accavallarsi le une sulle altre.
«Così
sembra» annuì Priscilla.
«Sembra
tanto vecchia» osservò Happy mentre lentamente
sorvolavano le
abitazioni in cerca di un indizio e dei loro nemici.
«Questo
odore» si corrucciò improvvisamente, Natsu,
guardando la torre più
alta della città. Riusciva a riconoscerlo, l'odore del
nemico,
l'odore di Brain.
«Da
che parte, Natsu?» chiese Priscilla, intuendo che avesse
sentito
qualcosa.
«Lassù!
Andiamo, Happy!» disse Natsu e Happy cominciò
subito a volare
incontro alla torre appena indicata e da cui sentiva provenire
l'odore di Brain e di Cobra.
«Aspetta!»
disse Priscilla e generò una corrente d'aria ostile ad
Happy, che
gli impedì di volare oltre. «Solo qualche
minuto!» disse ancora,
facendoli girare in tondo all'interno di un piccolo tornado.
«Ma
che fai, Priscilla?» chiese Happy, urlando mentre girava
incontrollato.
«Mi
sento male» mugolò Natsu, tornando a impallidirsi
per la nausea.
«Mirage»
mormorò Priscilla, prima di sparire nel nulla, coprendo la
propria
immagine col miraggio di ciò che aveva attorno. L'aveva
usato la
prima volta sui totem di Bickslow, ma aveva capito in fretta come
usare la stessa tecnica anche su di sé. Creando intorno a
sé un
miraggio dinamico, che ritraeva ciò che doveva esserci al
suo posto,
poteva rendersi indirettamente invisibile.
Lasciò
Natsu e Happy girare intrappolati dal suo vento e volò
infine verso
la torre, coperta dalla propria invisibilità. Si diede solo
qualche
minuto di anticipo, poi liberò Natsu dalla propria presa e
gli
permise di volare impazzito verso Brain. Sarebbe comunque arrivato
dopo di lei, giusto il tempo di capire la situazione.
«Guarda,
Cobra. Un'intera città che posso muovere a mio
piacimento!» riuscì
a sentire Brain, nonostante fosse ancora lontano.
“Meglio
fermarsi qui” pensò lei, nascondendosi poco sotto.
C'era Cobra con
lui, conosceva la sua capacità, anzi era sorpresa che non
l'avesse
già sentita arrivare. Probabilmente era distratto dalla
riuscita del
loro progetto o forse da Natsu che sarebbe arrivato a momenti.
«Muovere?
Andiamo da qualche parte?» chiese Cobra.
«Da
qui possiamo colpire per bene quella
gilda»
disse Brain.
“Quella?”
pensò Priscilla, sporgendosi oltre il suo nascondiglio per
cercare
di sentire meglio. Gli occhi di Cobra si mossero nella sua direzione,
segnalando che aveva sentito la sua presenza e Priscilla
arretrò
subito. Benché invisibile, lui era in grado di vederla e
sentirla
facilmente.
«Sarà
il luogo da cui la luce della distruzione comincerà a
propagarsi!»
insistè Brain a voce abbastanza alta da farsi sentire.
«Avanti
città degli antichi! Tramuta in Luce le mie
Tenebre!»
«Ti
sento» la voce di Cobra, improvvisamente vicino a lei,
benché fosse
ancora protetta dal suo Mirage. Il serpente che si portava appresso
lanciò la coda in avanti, verso di lei, e Priscilla non
poté che
tentare un goffo tentativo di protezione con solo le proprie braccia.
Il Mirage si ruppe e lei uscì allo scoperto nell'istante in
cui
venne scaraventata contro il muro di una delle case.
«Merda»
biascicò, tentando di rialzarsi.
Cobra
la guardò qualche secondo, studiandola, mentre tremante
cercava di
rimettersi goffamente in piedi. Ricordava bene come era stata colpita
più e più volte dalla magia di Brain, eppure
nonostante tutto era
di nuovo in piedi. Come se non bastasse ora si presentava con buona
parte del corpo costituito di ghiaccio.
«Allora
era vero ciò che pensavi quando Brain cercava di catturare
la
ragazzina dai capelli blu. Non puoi morire, non stavi
delirando»
commentò. «Che razza di mostro sei?»
«Mostro»
ghignò lei. Quante volte lei stessa l'aveva pensato di
sé. Ma ormai
sapeva che non era così, quell'appellativo non la feriva
più.
«Tanto anche se non te lo dicessi lo leggeresti nei miei
pensieri,
giusto?» sorrise, prima di alzare una mano e provare a
sparare un
disperato tornado nella sua direzione. Cobra, ovviamente,
riuscì a
schivarlo volando sopra Cuberios, il proprio serpente.
«Ti
sbagli. Io non leggo i pensieri... io li sento» disse lui.
«Come
ti pare!» disse lei provando ancora a colpirlo, inutilmente.
Appena
schivato il tornado di Priscilla, Cobra si lanciò contro di
lei e
Cuberios aprì la bocca pronto a morderla.
«Ascensione!»
un soffio di vento potente e improvviso le soffiò sotto i
piedi
permettendole di schivare il colpo. Avvolse la gamba nel vento e
caricò un calcio non appena Cuberios le passò
sotto, pronta a
colpire Cobra. Ma lui schivò ancora, senza nessuna fatica,
per poi
contrattaccare con un pugno che la mandò ancora al tappeto.
«Con
te è anche più semplice, la tua magia
è assordante, impossibile da
non sentire!» rise Cobra, prima di provare ancora ad
attaccarla. Con
un altro soffio di vento Priscilla riuscì a schivare le
fauci di
Cuberios, le più pericolose, ma non la sua coda che la
colpì
nuovamente.
“Assordante”
riflettè Priscilla, colta da un'idea. Idea che Cobra
riuscì a
sentire e lo portò a corrucciarsi, preoccupato.
«Cuberios,
finiamola qui» il serpente si lanciò all'attacco
verso la ragazza
che, nonostante fosse ancora stesa a terra, sorrideva. Si
lanciò
verso l'alto, schivando il colpo, ma questa volta non parve mollare
la presa e continuò a inseguirla a fauci spalancate.
Priscilla
continuò a scappare dai loro attacchi e nel frattempo
intensificò
il vento intorno a loro, sempre più, assicurandosi che
passasse da
tutti gli anfratti. Cobra si corrucciò nel rendersi conto di
ciò
che lei stava facendo: il vento che passava dalle finestre e case
vuote fischiava sempre più forte. Avrebbe coperto i suoi
rumori con
quelli del vento, si sarebbe resa impercettibile mischiata dal
fracasso della sua magia.
«Mi
stai stancando!» ringhiò furioso, incitando
Cuberios ad accelerare.
“Più
veloce!” pensò Priscilla, dando fondo a tutte le
sue energie, ma
la sua buona volontà era decisamente più forte
della sua reale
potenza. Ormai al limite, non riuscì a liberare ulteriore
magia per
accelerare se stessa e il vento che aveva intorno, questo diede modo
a Cuberios di raggiungerla. Chiuse le fauci sul suo braccio, ma lei
si dissolse svelando così uno dei suoi miraggi.
«Stupida»
rise Cobra, allungando una mano alla sua destra. «Posso
sentirti!»
la propria mano tramutò d'aspetto, si ricoprì di
scaglie, cambiò
colore assumendone uno violaceo e le dita si artigliarono.
Afferrò
il vuoto, o almeno così parve, ma sentì la
consistenza della pelle
di Priscilla sotto le proprie dita. L'effetto del Mirage
svanì,
svelandola infine catturata dal nemico. La sua mano artigliata
l'aveva afferrata per la faccia e la stringeva con cattiveria, mentre
una strana sensazione di torpore cominciava ad avvolgerla.
«Questa
mano... tu...?» balbettò lei, per quanto riuscisse
a parlare,
bloccata dalla presa e dal veleno di Cobra che aveva cominciato a
scorrere in lei.
«Sono
un Dragon Slayer, hai indovinato» ridacchiò Cobra.
“Un
altro?” si chiese lei, sgranando gli occhi dallo stupore.
«Ti
sbagli. Il tuo amico Natsu è un Dragon Slayer di vecchia
generazione, io sono della nuova generazione. Sono molto più
forte
di lui, dentro me è stata fusa una Lacryma di
Drago» tutto quello
sembrava così terribilmente familiare. Un terribile dolore
alla
bocca dello stomaco e la mano che stringeva il polso di Cobra nel
disperato tentativo di liberarsi lasciò la presa. Si
ammorbidì, non
solo per la stanchezza e per il veleno che ormai le stava appannando
la vista, e si lasciò andare.
«Cos'è?»
chiese Cobra, guardandola stranito e irritato. «Che razza di
pensieri e sensazioni sono queste? Compassione? Tristezza? Cosa
diavolo ti prende?»
Strinse
maggiormente la presa, sempre più furioso. La mente di
Priscilla era
stata invasa da talmente tanti pensieri che era difficile riuscire a
coglierli tutti, separatamente. Riusciva a sentire il rumore del suo
cuore battere più forte, riusciva a sentire il lamento nella
sua
gola, riusciva a sentire le preghiere rivolte verso qualcuno di
imprecisato. Tante parole, tanti pensieri, dolorosi e fastidiosamente
compassionevoli. E quel nome, che si ripeteva martellante.
«Laxus?»
mormorò, non capendo.
L'ombra
di Ivan, suo padre, parve tornare sopra la sua testa dopo tutti
quegli anni. Riusciva a rivederlo, mentre torturava suo fratello con
quelle bugie e lo convinceva ad essere crudele, lo rivedeva mentre la
puniva per aver provato a essere gentile con lui, per aver provato
dei sentimenti. Era stato terribile per se stessa, messa al mondo
solo per alimentare il potere di una di quelle stesse Lacryma che
anche Cobra portava dentro sé, ma anche per suo fratello,
manipolato
alla follia. Era la sua debolezza, sapeva cosa significava portare
dentro sé il peso di una Lacryma di Drago, l'aveva visto
ogni
singolo giorno e non era mai stato niente di piacevole per nessuno se
non per il sadico di suo padre. Le Lacryma di Drago, per lei, non
erano altro che sventura e dolore. Non riusciva ad associarla ad
altro se non a quello.
«Che
cosa ti hanno fatto?» mormorò Priscilla,
allungando una mano
tremante verso il viso di Cobra, confuso da tutti quei pensieri
sconnessi e impazziti, molti rivolti persino verso di lui in maniera
quasi amorevole e compassionevole. Non sapeva cosa fosse successo a
Cobra, in passato, ma era incredibilmente sicura che anche lui, come
lo era stato per loro, avesse avuto la sua dose di sofferenza. Forse
qualche pazzo come suo padre? O forse una terribile storia di dolore
e soprusi? Una Lacryma di Drago non portava mai niente di buono,
l'aveva imparato sulla sua pelle, non poteva essere stato diverso per
Cobra. Ma forse era solo la confusione dovuta al veleno della sua
magia a portarla ad essere così sensibile verso il nemico
che ora
aveva davanti, a provare quei sentimenti. Era tutto così
confuso,
tanto che nell'offuscamento della vista riuscì persino a
cogliere la
sagoma di Laxus al posto di quella di Cobra, che le faceva del male.
Come in passato. Sottomesso dal potere di cui era responsabile,
costretto a far infinitamente male a una sorella che diceva di amare,
era come essere tornati indietro. E il potere di Nirvana, intorno a
lei, le ricordava di quando quel fratello le aveva voltato le spalle
accecato dalla rabbia e dai sentimenti negativi. Ormai in preda a una
confusione accecante, ebbe la sensazione di avere di fronte a
sé il
Laxus di quei cinque anni, furioso e cambiato, diverso dal gentile
Laxus di quando erano ragazzini. Nella sua mente, mescolando passato
e presente, lo vedeva avvolto dalla nebbia del Nirvana e alle sue
spalle l'ombra del padre che li incitava a combattere per alimentare
il potere di cui era portatore. Il suo Laxus, portatore della Lacryma
della sventura, era tornato a colpirla con tutta la
malvagità che
non gli apparteneva ma che l'aveva accecato così a lungo e
così
intensamente.
Una
lacrima le rigò il viso, prima di svenire definitivamente,
sconfitta.
Cobra
la lasciò andare, facendola cadere a terra e la
osservò confuso per
qualche istante. Il flusso di pensieri che aveva colto in quegli
istanti erano stati innumerevoli, incomprensibili a tratti, rivolti a
qualcuno che non era lì in quel momento ma che probabilmente
aveva
rivisto in lui. Lo irritavano, tutta quell'improvvisa commiserazione
verso di lui, la sua arrendevolezza solo perché aveva
creduto di
comprenderlo. L'aveva sentita la sua forza combattiva scemare
improvvisamente, crollare nel vuoto, solo perché le aveva
rivelato
di essere un Dragon Slayer. Era frustrante, era come se l'avesse
lasciato vincere impietosita da lui. Lo innervosiva.
«La
bambina di carta» disse, ripensando a uno dei pensieri che
era
riuscito a sentire maggiormente in mezzo a quel fiume in tormenta di
ricordi e parole. «Probabilmente il suo corpo si
rigenererà anche
da questo. Non morirà. Sai, Cuberios... la sua strategia non
era
affatto male» disse, cominciando a incamminarsi verso Brain e
tornare da lui. «Se fosse stata più in forze,
forse avrebbe potuto
metterci in difficoltà».
«Cobra!»
la voce di Brain che lo richiamava. «Non perdere
tempo» ordinò,
indicandogli con un cenno della testa il cielo da dove stava
arrivando Natsu, sorretto da Happy.
«Si
ricomincia» sorrise Cobra, divertito dai loro disperati
tentativi, e
si lanciò contro di lui, pronto a combattere l'ennesima
fata.
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Capitolo 17 *** Occupati di... loro ***
Occupati
di... loro
«Vieni»
la sua voce. La voce di Ivan, suo padre. «Priscilla,
avvicinati»
così vecchia, quando ancora non le faceva tremare ogni
muscolo del
corpo.
«Priscilla,
lui è tuo fratello Laxus. Dovrai prenderti cura di
lui» un ordine
marchiato a fuoco, la scintilla che aveva dato origine alla sua
esistenza.
«Eh?»
Laxus si era avvicinato, grattandosi confuso la testolina di bambino.
Aveva sempre i capelli così spettinati e disordinati, anche
se ci
provava non stavano mai al loro posto. L'aveva guardata stranito,
confuso ancora di più dal suo portamento rigido, come fosse
un
burattino. Gli occhi spenti, come se non fossero realmente vivi, e il
viso privo di qualsiasi espressione. Lo ricordava, al tempo si
sentiva vuota come un lago prosciugato da una terribile
siccità.
«Ho
una sorella?» una domanda innocente, di chi non capisce cosa
stia
accadendo. «Dove l'hai trovata, papà?»
«Ma
come? Non te la ricordi, Laxus?» quel ghigno, eppure nemmeno
quello
era riuscito al tempo a farle provare niente. Sentiva il pericolo, lo
percepiva sulla pelle, quel ghigno non prometteva niente di buono, ma
lei non aveva paura. Non aveva paura, né coraggio,
né tristezza, né
felicità. Però ricordava di quanto fosse rimasta
incuriosita da
quei capelli biondi, indomabili. Un uomo si era avvicinato al
bambino, il compagno di suo padre in grado di manipolare i ricordi.
Gli aveva appoggiato una mano sulla testa, un gesto che poteva
sembrare amichevole ma che nascondeva tutta la sua oscurità.
«Non
ti ricordi di tua sorella Priscilla?» aveva insistito Ivan e
Laxus
aveva avuto un piccolo capogiro, prima di voltarsi nuovamente verso
Priscilla. «Ah già» aveva mormorato,
confuso ma ora convinto.
«Bentornata a casa, sorellina».
Sorellina...
«Lei
è Priscilla, mia sorella!» l'aveva presentata con
entusiasmo ai
suoi amici bambini. «Ha vissuto tanto tempo lontana, con la
mamma,
ma ora è tornata a casa».
Che
razza di storia... ma c'era qualcosa di dolce in tutto quello.
L'essere
tornata a casa.
Non
sapeva cosa significasse, ma suonava così bene.
«Avevo
un’altra nipote e me l'hai tenuta nascosta fino ad ora,
Ivan?» la
voce di Makarov, di chissà quanti giorni dopo. Voci e
ricordi che si
susseguivano, senza alcun senso, senza alcun controllo. «Sua
madre
l'ha tenuta nascosta anche a me fino ad ora, che c'è di
strano? Sono
solo andato a recuperarla» la voce di Ivan che nascondeva dei
segreti, che mai avrebbe ammesso, soprattutto al suo detestato padre,
l'origine di quella bambina.
«Non
ti somiglia molto» aveva azzardato Makarov.
«E
con questo?» la provocazione di un Ivan infastidito da quei
dubbi.
Ma
Makarov aveva semplicemente sorriso, nascondendo così
ciò che
realmente pensava, i suoi timori su quella bambina apparsa dal nulla:
«Dico solo che sua madre doveva essere una gran bellezza,
deve aver
preso da lei!».
Una
madre... chissà com'era averne una.
«Priscilla»
Laxus che affaticato ma ridente si voltava a guardarla, immobile
vicino a un albero con la sua classica espressione spenta e vuota.
«Io e il nonno stiamo giocando ad acchiappare le rane! Vuoi
giocare
con noi?»
«Perché?»
aveva mormorato lei, atona, non capendo il senso di
quell'attività.
«Come
perché?» aveva brontolato lui, correndole in
contro. L'aveva presa
per mano e infine trascinata vicino al laghetto.
«Perché è
divertente!»
Quel
sorriso.
Non
lo comprendeva, anzi lo detestava. Laxus le faceva del male, la
colpiva e la distruggeva, ma poi la prendeva per mano e sorrideva in
quel modo. Era incomprensibile, raccapricciante, odioso.
Però...
«Priscilla!
Vieni a giocare con me?»
«Che
fai, Pricchan?»
«Sorellina,
guarda cosa ho trovato!»
«Pricchan!
Ho sentito una storia incredibile, vuoi sentirla?»
«Il
nonno ha detto che ci porta a pescare! Vieni con noi,
sorellina?»
«Pricchan!»
Quel
sorriso.
«Pricchan!
Ho deciso che voglio entrare nella gilda del nonno. Perché
non vieni
anche tu? Lo so che hai sempre detto che non ti interessava, ma ti
prego, non lasciarmi da solo! Io e te insieme possiamo diventare i
più forti di tutti! Ne sono sicuro! Insieme a te niente
potrà
fermarmi. Accetti? Fallo per me».
Quel
sorriso.
«Laxus?»
la propria voce. I capelli scompigliati e indomabili di Laxus non
erano cambiati negli anni, anche se ora, a diciotto anni, parte di
essi li teneva ben schiacciati sulla testa da una cuffia da cui
ascoltava spesso della musica. «Ti ho cercato ovunque,
dov'eri?»
«In
giro» un ringhio che non era da lui. Si era alzato e senza
degnarla
di uno sguardo si era allontanato.
«Laxus!
Ho trovato una missione interessante! Che ne dici?» aveva
provato a
proporgli giorni dopo. «Ho già preso impegno con
lui. Falla da
sola» una risposta rude, mentre indicava Fried e ancora una
volta le
voltava le spalle.
«Laxus!
Bentornato! Com'è andata la missione?» quella
volta non le aveva
nemmeno risposto. E lei continuava a non capire cosa stesse
accadendo, ma lo vedeva mentre le sfuggiva dalle mani.
«Laxus?»
si voltava dall'altro lato e se ne andava.
«Laxus?»
un grugnito e si metteva le cuffie con la musica a tutto volume.
«Laxus?»
«Insomma,
vuoi lasciarmi in pace?» l'urlo della fine. «Non
hai niente di
meglio da fare che gironzolarmi intorno? Sei fastidiosa, peggio che
una zanzara».
«Una
fastidiosa... zanzara?» aveva mormorato lei, pallida in viso
e dal
cuore spezzato. «Perché mi dici questo,
Laxus?» gli occhi pieni di
lacrime.
«Adesso
piangi? Stupida. Che hai da piangere?» la rabbia che cresceva
sul
suo volto.
«Perché
sei arrabbiato con me?» aveva singhiozzato, senza riuscire
più a
trattenersi. «Perché mi stai allontanando? Non
capisco, dove ho
sbagliato?»
«Non
farmi credere che ti interessi! Fingi di provare qualcosa solo quando
ti fa comodo!»
«Fingere?
Di che parli?» e il dolore si era fatto più
intenso. Quello che
provava era davvero finzione? Era davvero solo una bambina di carta
che si era convinta di essere umana? Accecata da un sogno che le
avevano fatto credere essere reale.
«Papà
è stato cacciato dalla gilda senza nessun motivo!»
Nessun
motivo... certo, lui non poteva ricordare. Lui dimenticava sempre, il
suo essere una bambina di carta. Ma Makarov l'aveva finalmente
scoperto, il macabro passatempo di Ivan di guardare i propri figli
ammazzarsi a vicenda. La crudeltà dei suoi occhi mentre
trascinava
via il corpo della sua bambina di carta come fosse niente, la buttava
sul letto come una bambola rotta e la lasciava lì, a
leccarsi le
ferite fino a nuovo giorno. Ma lui non poteva ricordare.
«Nessun
motivo....» aveva balbettato, accecata dal dolore.
Perché aveva
dimenticato anche in quel momento? Ora che finalmente tutto era
finito, ora che poteva sentirsi libera, perché non ricordava
e
smetteva di odiarla?
«Quel
vecchio gli è dato di volta il cervello, preferire questa
marmaglia
inutile al sangue del suo sangue. Mi vergogno di essere suo nipote e
sono stufo che la gente me lo ricordi in continuazione. Ma cosa
peggiore... tu sei dalla sua parte».
Poteva
ammettere che fosse diversamente? Poteva davvero fingere di
arrabbiarsi con l'uomo che invece l'aveva liberata dal suo tormento?
Era ovvio che fosse dalla parte di Makarov, ma lui... dimenticava
sempre.
«Aspetta,
Laxus, non capisci...» aveva provato a fare un passo verso di
lui,
troppo addolorata per riuscire a sopportarlo. Ma lui l'aveva colpita.
Quel
sorriso... era sparito come per magia.
«Si
sta svegliando!» una voce delicata, armoniosa.
«Meno male».
«Priscilla,
come stai?» era familiare. Il dolore era sparito, quel sogno
dissolto, il sogno del suo personale Nirvana. Un fratello amorevole
che improvvisamente era diventato malvagio, accecato da un
incantesimo. Era felice di sapere che tutto era finito, che lui era
finalmente tornato, ma certo non era facile cancellare simili
ricordi. Aprì gli occhi pigramente, quasi non ne avesse
avuto il
desiderio, e scoprì con meraviglia di fronte a sé
il volto di
Wendy. Sorrideva.
“Quel
sorriso”.
«Wendy?»
mormorò con la bocca impiastricciata di polvere e sangue.
«Cosa fai
qui?»
«Abbiamo
seguito il rumore delle esplosioni del combattimento di Natsu-san. Ci
siamo riuniti tutti qui e Jura-san è riuscito a sconfiggere
Brain»
troppe informazioni, tutte insieme, ma davano un quadro generale di
ciò che stava accadendo. Si rialzò,
massaggiandosi la testa
dolorante e si guardò attorno per cercare di capire che
stesse
accadendo. Vicino a lei c'erano anche Charle e Lucy, entrambe col
viso preoccupato ma sollevato nel constatare che nessuno si era fatto
irrimediabilmente male. Era curiosa di guardarsi attorno, ma una
curiosità maggiore la spinse a cercare una sola persona.
Cobra
era privo di sensi, a terra, a pochi metri da lei. Certo non era
stata lei a sconfiggerlo, lo ricordava bene.
«Che
gli è successo?» chiese semplicemente, cercando di
dare un senso a
tutto quello.
«È
stato Natsu, l'ha sconfitto» spiegò Lucy.
«Anche se poi è stato
lo stesso Brain a ridurlo in quello stato e dargli il colpo di
grazia. Quell'uomo è terrificante. Meno male Jura
è riuscito a
sconfiggerlo».
«Avete
fermato il Nirvana?» chiese Priscilla, ancora confusa.
«Ecco...»
balbettò Lucy, voltandosi verso Natsu. Il ragazzo era steso
a terra,
un volto terribile e non faceva che lamentarsi. Era vittima della sua
implacabile nausea da mezzi di trasporto e questo bastava a
confermare che nonostante fossero riusciti a vincere contro gli
Oracion Seis, Nirvana non si fermava.
«Dev'esserci
una sala di controllo, o qualcosa del genere. Un pulsante per
spegnerlo» azzardò Happy, non sapendo dove altro
andare a parare.
«Brain
lo manovrava da lassù» disse Priscilla, indicando
la cima della
torre. «L'ho visto, c'era una qualche magia in
corso».
«Andiamo
a controllare» disse Jura. «Wendy, resta qui con i
feriti. Andremo
io, Gray e Lucy».
Gray
annuì e insieme a Lucy lo seguì, correndo verso
la cima della
torre.
«Come
ti senti, Priscilla-san? Va meglio?» chiese ancora Wendy,
preoccupata. Priscilla si limitò ad annuire, per poi tornare
a
guardare Cobra. Non riusciva a togliersi dalla testa quelle terribili
sensazioni, tanto che si era ritrovata persino a sognare suo
fratello. Lui era come Laxus, non poteva far a meno di pensarci. E
non poteva far a meno di pensare anche al periodo in cui Laxus era
cambiato, quando le aveva voltato le spalle. Il Nirvana... la
terrorizzava.
«Ho
provato con l'antidoto, ma sembra non funzionare. Che
faccio?»
chiese Wendy, preoccupata, inginocchiata ora di fianco a Natsu. Il
ragazzo non faceva che lamentarsi ed era talmente pallido che avrebbe
fatto invidia a un lenzuolo. Tanto tramortito dalla nausea che non
riusciva nemmeno a muoversi.
«Natsu
soffre i mezzi di trasporto» spiegò Happy.
«È
una specie di mal di mare?» chiese Wendy, curiosa e Happy
annuì.
«In questo caso, posso provare con un incantesimo in grado di
migliorare il senso dell'equilibrio» azzardò
Wendy, aprendo i palmi
delle mani sopra Natsu.
«Possiede
una simile magia?» si chiese Priscilla, sorpresa.
Natsu
sembrò rinascere non appena le mani di Wendy presero a
brillare di
una magia calda e morbida. Si rialzò e cominciò a
saltare non
appena fu libero dal flusso magico di Wendy, «Ora
sì che sto bene!»
esultava. «Happy! Raggiungiamo gli altri!» disse
infine, senza
darsi nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo.
«Aye!»
rispose Happy prima di afferrarlo e volare in cima alla torre.
«Aspettate!»
lamentò Charle, prima di voltarsi verso Wendy e dire:
«Forse è
meglio se andiamo a vedere anche noi, visto che è la nostra
gilda
che stanno cercando di distruggere».
«Sì,
ma...» balbettò Wendy, addolorata, prima di
voltarsi verso
Priscilla. Si era ripresa, le ferite erano curate, ma restava ancora
priva di forze e affaticata per quanto successo fino a quel momento.
Oltretutto il suo corpo era ancora per metà di ghiaccio,
segno che
la sua magia non l'aveva ancora rigenerato, e questo la stancava
ancora di più. Era ovvio che non si sarebbe potuta muovere
per un
po', lasciarla sola non era forse una buona idea. Ma Priscilla
sorrise e si limitò ad annuire, per tranquillizzarla.
«Torniamo
presto» disse Wendy, volando via sorretta da Charle.
Priscilla
tirò un sospiro, cercando di calmare il proprio cuore,
troppo
inquieto a causa di tutti quei ricordi. Se Nirvana era davvero in
grado di cambiare la personalità delle persone partendo
dalle forti
emozioni, era meglio non diventare una sua vittima. Avrebbe inoltre
approfittato di quei minuti di quiete per riprendere un po' le forze
e riposare.
«Il
vostro primo obiettivo è Cat Shielter, allora...»
mormorò cercando
di riportare la mente al presente. «Mi chiedo per quale
motivo».
Era
ovvio che volessero usare Nirvana contro tutte le gilde di luce, ma
sapeva che da lì al Cat Shielter c'erano altre gilde per
strada...
perché puntare per prima a quella? Cosa aveva di speciale?
Un
mormorio, una voce che parlava e sghignazzava, ma troppo distante per
essere colta appieno e ascoltata. Si voltò verso Brain,
steso a
terra un paio di decine di metri da lei. Parlava... da solo?
“Che
sta facendo?” Priscilla aggrottò la fronte,
preoccupata, e nello
sentire infine ridere decise di alzarsi e provare a intervenire. Non
era nel pieno delle energie, ma la magia di Wendy e quella di Leon le
avevano dato molto, poteva di nuovo dare una mano. Si
avvicinò a
Brain che si corrucciò nel vederla apparire nel suo campo
visivo.
«Tu...
sei ancora viva?» chiese, sorpreso. Priscilla gli
piantò un piede
sul petto, per bloccarlo e impedirgli di muoversi. Non che ce ne
fosse bisogno, visto com'era ridotto sarebbe stato impossibilitato a
muoversi ancora a lungo, ma preferiva marcare subito le loro
posizioni.
«Viva
e incazzata. Questa storia sta cominciando a stancarmi e mi sono
svegliata di pessimo umore» commentò lei,
guardandolo con un'ombra
negli occhi che poche volte aveva dimostrato. «Solo per il
fatto che
hai messo Wendy in pericolo dovrei ucciderti».
«Non
va contro le leggi delle gilde, uccidere? Non vorrai infangare il
nome della tua gilda» sghignazzò Brain, per niente
intimorito.
Priscilla gli puntò una mano contro il viso, senza segno di
esitazione e questo lo sorprese e per un istante anche
intimorì. La
mano guantata, l'unica tra le due, per nascondere il simbolo della
gilda, era ora pronta a macchiarsi di sangue.
«Quel
nome non mi appartiene» disse risoluta. «Seguo solo
le mie leggi».
Non
era entrata in Fairy Tail per un desiderio personale, quel sogno
glielo aveva ricordato. Il suo unico scopo, il motivo della sua
esistenza, Laxus Dreyar, era stato persino esiliato. Restava
lì per
il solo motivo che l'aveva promesso a lui, per quanto chiamare quelle
persone “amici” le piacesse sarebbe stata pronta a
rinunciare a
qualsiasi cosa solo per seguire la propria strada. In fondo, nel
profondo, dietro una maschera di sentimenti che si era costruita nel
tempo, era sempre stata solo una bambina di carta. Vuota, senza
un'anima che fosse tutta sua. La desiderava, la bramava, essere come
loro era tutto ciò che sognava e per questo aveva bisogno di
Wendy
Marvell. Fino ad allora, l'avrebbe protetta e tutelata a qualsiasi
costo. Sarebbe stato il suo nuovo scopo, per il momento, e certo non
avrebbe permesso a nessuno di distruggere la sua casa, rischiando di
farla sprofondare in chissà quale baratro di
negatività. Aveva
bisogno di lei, avrebbe perciò lottato per lei anche a costo
della
sua vita, del suo nome, della sua libertà... e del marchio
che
nascondeva sotto quel guanto.
«Dimmi
come fermarlo» ordinò.
Brain
sorrise. «Non puoi fermarlo, la sua magia non può
essere domata con
un semplice incantesimo» sghignazzò.
«Non lo fermerai mai».
Un
boato alle sue spalle la costrinse a lasciare la presa sull'uomo a
terra. Pallida in volto, si voltò verso la torre di comando
da cui
salì un'esplosione tanto potente che il vento venne smosso
anche
intorno a lei dall'onda d'urto. Si coprì il volto con un
braccio e
guardò la raccapricciante scena, senza riuscire neanche a
respirare.
Lì dentro c'erano Wendy e gli altri. La risata fragorosa di
Brain la
convinse che doveva esserci lui dietro a quella catastrofe e lo
guardò furibonda, digrignando i denti per la rabbia.
«Che
cosa hai fatto?» chiese in un urlo che pareva più
un ruggito. Il
bastone che teneva ancora stretto in mano si mosse, come se non fosse
realmente fatto di legno, e le si lanciò contro piegandosi
nella sua
direzione. La prese di sorpresa e questo gli permise di colpirla con
una testata, prima di volare via.
«Ma
che... quel bastone...» balbettò lei confusa,
guardandolo
stralunata. Le ci volle qualche secondo per riprendersi dallo shock,
poi scosse la testa e decise di lasciare Brain a se stesso. Corse
verso la torre, da dove era arrivata l'esplosione e dove si stava
dirigendo anche quel bastone che aveva improvvisamente preso vita e
l'aveva presa a testate. Lo vide entrare nella crepa creata nel muro
e altrettanto decise di fare lei, saltando e usando il proprio vento
per darsi lo slancio necessario a salire alla quota giusta.
«Bastoneeee!!!»
gridò, lanciandosi in picchiata verso di lui. Svolazzava a
mezz'aria, davanti alla crepa, e stava parlando con Natsu, Gray e
Lucy. Si voltò verso Priscilla, intenta a urlare, un attimo
prima
che potesse cadergli addosso e cavalcarlo come la scopa di una
strega. «Cosa diavolo sei?!» gridò lei,
mentre lui nel tentativo
di liberarsi aveva cominciato a volare di qua e di là,
sbatacchiandola come un ninnolo. Ma Priscilla non mollò la
presa e
continuò a restargli bene aggrappata, nonostante la facesse
sbattere
contro rocce e colonne.
«Di
cosa sei fatta? Colla? Staccati, appiccicume rumoroso!»
parlò il
teschio in cima al bastone, mentre si agitava e continuava a
sbatterla in giro.
«P-Priscilla?»
chiamò Lucy, guardando la scena con un certo imbarazzo. Era
al
limite del ridicolo, nonostante l'impegno combattivo da parte di
entrambi.
«Lucy!
State bene!» si illuminò lei, vedendoli solo in
quell'istante.
«Dov’è Wendy?» chiese notando
che non fosse con loro.
«È
volata via insieme a Charle dicendo che doveva cercare qualcosa.
Jura-san ci ha protetti dall’esplosione, era tutta una
trappola!»
spiegò brevemente Lucy e Priscilla,
nell’ascoltarla, quasi
dimenticò la sua posizione aggrappata al magico bastone. La
distrazione le fu fatale, Klodoa, il bastone, riuscì a farla
schiantare contro una colonna e farle mollare la presa. Priscilla
scivolò sul muro della colonna, fino a toccare terra, dove
si
massaggiò il naso con le lacrime agli occhi per il dolore.
Natsu
urlò carico, prima di lanciarsi anch'egli all'inseguimento
di Klodoa
che essendo piccolo e agile si divincolava in continuazione riuscendo
non solo a sfuggirgli, ma anche a colpirlo in testa ripetutamente.
Persino l'intervento di Gray fu inutile e li portò, anzi, a
litigare
tra loro.
«Natsu!
Gray! Dovete farlo parlare, smettetela di litigare tra voi!»
intervenne Priscilla, lanciandosi nella mischia. «Lui sa
qualcosa!
Dobbiamo scoprire come fermare il Nirvana!»
«Cosa
credi che stiamo facendo?» ruggì Gray.
«Mi
avete stancato!» lamentò Priscilla e saltando via
da loro due, si
mise di fronte a Natsu. Soffiò e uno sbuffo di vento
travolse
completamente il Dragon Slayer, che colpito da quel getto di ossigeno
improvviso si infiammò in maniera fulminea e
incontrollabile. Urlò
più per lo spavento, ma l'urlo di Gray si unì al
suo che, dietro di
lui, venne travolto in pieno dalla fiammata sprigionata.
«Questo
è giocare sporco!» lamentò Natsu.
«Natsu!
Guarda che hai fatto!» ringhiò Gray, indicando i
suoi pantaloni
bruciati. «Non sono stato io! È colpa di
Priscilla!» ruggì Natsu,
offeso e furioso.
«Se
non la smettete lo rifaccio!» si unì una
minacciosa Priscilla,
tanto minacciosa da mettere loro la pelle d'oca. Ma quel ridicolo
battibecco venne interrotto dall'urlo terrorizzato di Klodoa.
«Che
gli prende?» chiese Gray, ancora fumante per il colpo di
fuoco di
Natsu.
«Ha
paura anche lui di Priscilla?» Chiese Natsu.
«Io
non faccio paura!» lamentò Priscilla, facendogli
una linguaccia
infastidita.
«Incredibile...
tutti e sei i generali sono stati sconfitti!» disse Klodoa
col tono
terrorizzato.
«Sei?»
chiese Priscilla, non capendo.
«Gli
Oracion Seis?» svelò Lucy.
«No!»
l'urlo di Klodoa fu tale che la palla che teneva stretta tra i denti
cadde a terra e si frantumò. «Questo è
male! Molto male! Lui sta
arrivando!»
«Lui?»
chiese Gray, inarcando un sopracciglio confuso.
«C'è
un ottavo Oracion Seis?» chiese Happy, cercando una risposta.
Klodoa
li ignorò e cominciò a tremare come una foglia,
portandosi la punta
del bastone alla bocca come se avesse voluto mangiarsela per il
nervoso.
«Che
gli prende ora?» chiese Natsu.
«Sta
spremendo come un matto!» disse Happy.
«Semmai
vorrai dire “sudando”!» lo riprese Lucy.
«Brain...»
balbettò ancora Klodoa.
«Brain?»
mormorò Priscilla, cercando di trovare una risposta a tutto
quello.
Che c'entrava Brain?
«Se
ti riferisci a lui, Jura l'ha sconfitto!» disse Natsu, con
serenità.
«No...»
insisté Klodoa. «Brain possiede un'altra
personalità. Quella
esteriore col nome in codice Brain, possiede grandissime conoscenze.
Poi c'è quella interiore, col nome in codice Zero, che ama
unicamente la distruzione».
«Zero?»
balbetto Happy, pallido solo nel pronunciare quel nome.
«A
causa del suo travolgente e malvagio potenziale magico Brain ha
sigillato quella sua parte mediante sei schiavi. Quelli erano gli
Oracion Seis e quando i sei generali sono stati sconfitti, la magia
che lo incatenava è stata sciolta. Permettendo alla
personalità di
Zero di emergere nuovamente» spiegò infine Klodoa.
«Quindi
le cose si fanno interessanti!» sorrise Natsu, già
pronto a menar
mani a chiunque si fosse trovato davanti. Il muro, proprio in quel
momento, parve esplodere e lasciò aperto un varco da cui
fece il suo
ingresso una figura scura e minacciosa. Klodoa iniziò a
urlare come
un pazzo, terrorizzato, mentre il gruppo di Fairy Tail indietreggiava
di un passo, preparandosi a difendersi da qualsiasi genere di
attacco. Brain, lo stesso Brain che tutti conoscevano, fece il suo
ingresso. Priscilla l'aveva lasciato a terra, incapace di muoversi,
ferito, invece ora camminava verso di loro senza nessuna
difficoltà.
Era come nuovo. Klodoa si lanciò a terra, toccando il suolo
con la
fronte, e piagnucolando urlò terrorizzato:
«Bentornato, Master
Zero!»
«Master?»
chiese Priscilla, tendendo i muscoli. Ero lo stesso Brain di prima,
ma emanava un'energia e un potere del tutto diverso. Faceva venire la
pelle d'oca.
«Klodoa»
chiamò Zero avvicinandosi al suo servitore, steso a terra.
«Sembra
che le cose abbiano raggiunto un risvolto interessante. Anche
Midnight è stato dunque sconfitto?»
«S-Sono
davvero mortificato!» sussultò Klodoa.
«Certo
che ne è passato di tempo dall'ultima volta che ho provato
queste
sensazioni» sorrise Zero, di un sorriso malvagio,
inquietante.
«Avere questo corpo... questa voce. Questa magia. Ogni cosa
è
ritornata in mio possesso!» Strinse un pugno e delle
scintille scure
si generarono intorno a esso, colmo di un potere che sembrava non
essere in grado persino di contenere.
«Fa
venire i brividi» sussurrò Priscilla, riuscendo a
sentire su di sé
la tensione di quella magia.
«Adesso
ci penserò io. Klodoa, stai indietro» disse Zero,
togliendosi il
cappotto dalle spalle. Il bastone non se lo fece ripetere due volte e
scappò lontano il prima possibile, mentre un'aura potente
tanto da
far tremare la terra avvolgeva Zero, tingendo così i suoi
occhi di
rosso. «Voi piccoli marmocchi, avete messo a soqquadro la mia
gilda.
Come suo Master, ve la farò pagare per questo».
La
terra continuò a tremare e piccoli sassolini cominciarono
addirittura a salire verso l'alto, attratti da una nuova forza di
gravità, quella della magia di Zero.
«La
terra trema a causa del suo potere magico?» chiese sconvolta
Lucy,
ma lei e Priscilla sembravano essere le sole a temerlo. Gray e Natsu
fecero un passo in avanti, sorridendo per l'eccitazione.
«Sei
tutto un fuoco, Natsu?» chiese Gray, pronto ad attaccare.
«Non
ho mai sentito un potere disgustoso come questo» disse Natsu,
per
niente intimorito.
«Giusto»
sorrise Zero, colto da un'idea. «Inizierò dal
pelato che ha ferito
il corpo di Brain» disse, voltando lo sguardo verso Jura,
steso a
terra, privo di sensi. Mosse rapidamente una mano e una scia luminosa
verde e viola piovve addosso a Jura, ma non lo raggiunse. Un muro di
vento si mise tra loro e Priscilla dietro di esso, a braccia tese,
che lo generava.
«Mi
ricordo di te» sorrise Zero. «O meglio, ti rivedo
nei ricordi di
Brain. Sei ancora viva dopo aver subito appieno i colpi della Dark
Rondo e Dark Capriccio. Notevole».
«Ti
sembra leale prendertela con chi non può
combattere?» chiese lei,
intensificando la propria magia e gonfiando il muro di vento che
proteggeva se stessa e Jura dietro di sé.
“Questo
vento... è freddo” si accorse sorprendentemente,
poco prima che
dal muro di vento cominciassero a emergere scheggie di ghiaccio e
fiocchi di neve. Sapeva controllare le correnti intorno a
sé, ma da
nessuna parte c'erano correnti tanto gelide da ricreare
quell'effetto. C'era una sola spiegazione che riusciva a darsi: il
braccio di ghiaccio che Leon le aveva donato non le aveva dato solo
un appoggio, le stava dando anche del potere. Era come se fosse
riuscita a prendersi parte di quella magia che lui le aveva donato e
usarla sotto al proprio controllo.
“Posso
usare la magia che entra dentro me, posso...come inglobarla e forse
controllarla” un pensiero, che cominciò a farle
nascere un'idea.
Ma pensarci la portò a distrarsi e questo permise a Zero di
avere
tempo e opportunità di intensificare il suo potere e
sfondare la sua
difesa, travolgendola e scaraventandola contro il muro.
«Priscilla!»
la chiamò Lucy, terrorizzata, guardandola accasciarsi a
terra e non
muoversi più.
«Maledetto!»
ruggì Gray, lanciandosi subito dopo, ma Zero lo
spazzò via senza
difficoltà usando un'altra delle sue magie distruttive.
Persino
Natsu provò ad attaccarlo ma ottenne lo stesso identico
risultato:
con un dito, Zero riuscì a metterlo fuori gioco. Colpire
Happy e
Lucy fu molto più semplice e così, in pochi
istanti, i membri
rappresentati di Fairy Tail giacevano a terra, inermi e
apparentemente senza vita. Sconfitti dal peggior nemico incontrato
fino a quel momento, che ora li guardava sogghignando mentre tornava
a comando di Nirvana, pronto a distruggere tutto ciò che
avrebbe
trovato.
«Sei
Lacryma da distruggere» una voce eterea, nella sua testa.
«Nelle
sei zampe della costruzione» frammenti di frase. Spezzati, ma
incredibilmente chiari.
«Ci
servono altri tre maghi».
«Possiamo
fermare Nirvana».
«Zero
sta aspettando di fronte a una di quelle Lacrima».
«Ragazzi...»
un singhiozzo.
«Priscilla-san»
la voce di Wendy, chiara, rotta dal pianto, nella sua testa.
«Priscilla-san, ti prego non morire».
Morire.
Lei
non morirà, mai.
«Io...
non posso... morire» gracchiò Priscilla, riuscendo
ad aprire
lentamente gli occhi.
«Noi...
vi sentiamo!» la voce di Natsu, altrettanto rotta dal dolore,
ansante, davanti a lei. Poggiò le mani a terra e tremante
riuscì a
sollevarsi, lamentando e ansimando, ma riuscì comunque ad
alzarsi. E
come lei anche Gray e Lucy, subito dopo, si rimisero in piedi. Ogni
cosa faceva male, sentivano dolori in qualsiasi parte del corpo,
persino respirare era una gran fatica e un gran dolore. Ma sapevano
che non potevano morire e soprattutto non potevano restare
lì,
inermi, mentre Nirvana faceva già ombra sulla gilda dei Cat
Shielter.
«Riuscite
a sentirci?» la voce di Hibiki, nella loro testa, felice
anche se
altrettanto affaticata. Era tutti stremati, ma nessuno sembrava
deciso ad arrendersi.
«Ditruggeremo...
tutte e sei... le Lacryma» ansimò Gray.
«E
il fortunato dovrà vedersela con Zero per strada,
giusto?» disse
Lucy, appoggiata a una roccia nel tentativo di riprendere almeno in
parte le forze, abbastanza da riuscire almeno a rialzarsi.
«Abbiamo
poco tempo... dobbiamo sbrigarci» digrignò i denti
Happy. «Dobbiamo
proteggere la gilda di Wendy e Charle!»
«Posso
farvi guadagnare tempo» ansimò Priscilla,
barcollando nel tentativo
di rialzarsi.
«Tempo?
Come?» chiese Hibiki, sorpreso.
«È
solo un'idea... ma credo di poterlo fare. Posso rallentare Nirvana,
forse anzi addirittura impedirgli di procedere oltre. Lascio le
Lacryma a voi, ragazzi».
«Contiamo
su di te, allora» disse Hibiki. «Nella vostra mente
dovreste avere
una mappa della zona, per riuscire a trovare tutte e sei le Lacryma.
Avete anche un timer impostato, così che possiate attaccare
tutti e
sei insieme. È importante che lo facciate
contemporaneamente,
altrimenti le altre Lacryma potrebbero rigenerare quelle distrutte.
Priscilla, dunque, nel frattempo impedirà a Nirvana di
attaccare
prima di allora. Ho numerato le Lacryma, scegliete verso quale volete
dirigervi».
«Uno!»
rispose per primo Natsu.
«Due!»
rispose subito dopo Gray.
«Andrò
alla tre!» si accodò Lucy, prima di aggiungere
disperata: «Spero
non ci sia Zero lì».
«Io
andrò alla quattro, allora» la voce di Ichiya
nella loro testa,
messa in comunicazione telepatica grazie alla magia di Hibiki.
«Io
mi dirigerò alla cinque» la voce di Erza li
rallegrò.
«Erza!
Stai bene!» disse Priscilla, entusiasta.
«Sì, grazie a Wendy».
«Io
allo...» una voce maschile, ma si interruppe immediatamente,
sovrastata da Erza che diceva per lui: «Tu sei alla
sei».
«C'è
qualcun altro lì?» chiese Natsu, sorpreso.
“Questa
voce...” pensò Priscilla. Aveva sentito solo una
parola, ma aveva
vissuto con lui così a lungo che non riconoscerla era
impossibile. O
meglio, aveva vissuto col suo alter ego.
“Gerard...”.
Nessuna
risposta arrivò alla domanda di Natsu, né
successivamente.
«La
telepatia è sparita» constatò Gray,
rendendosi conto che erano di
nuovo soli.
«È
meglio mettersi in cammino, non ci resta molto tempo» disse
Priscilla, mettendosi in cammino per prima. Natsu e gli altri le
andarono subito dietro e poco dopo si divisero, ognuno diretto alla
propria Lacryma.
“Gerard
combatte al nostro fianco” realizzò Priscilla,
intenta a salire
l'enorme scalinata che portava alla cima della torre dove Brain aveva
manovrato Nirvana. “Sei riuscita a liberarlo dal suo Nirvana
personale, Erza” sorrise, felice per il successo dell'amica.
Ma
qualcosa non le dava pace e non riusciva a gioire troppo in un
momento come quello. La voce di Gerard aveva amplificato quelli che
erano semplici dubbi, portandole alla mente Mistgun, il giorno del
loro ultimo incontro.
«Wendy
Marvell è la persona che stai cercando. I suoi poteri
curativi
possono fare al caso tuo. Potrebbe essere in grado di darti un corpo
umano o un’anima umana, liberandoti dalla morsa di tuo padre.
Ma
una magia come quella non è mai stata realizzata prima
d'ora, sono
solo ipotesi» e
ricordava l'ombra che gli aveva invaso gli occhi. «Ho
desistito tanto dal rivelarti questo nome proprio per questo motivo.
Priscilla, la magia di Wendy può liberarti ma può
anche ucciderti.
Rompere un legame non dovrebbe essere difficile, ma creare
un’anima... nessuno ci è mai riuscito prima d'ora.
Inoltre la
magia che ti tiene in vita è magia di Zeref, magia oscura,
mentre la
magia curativa di Wendy è magia bianca. Potrebbero entrare
in
conflitto… capisci cosa intendo? Rifletti bene sulla posta
in
gioco».
«Morire»
mormorò, arrivando in cima alla torre. La gamba di ghiaccio
che Leon
aveva creato per lei cedette e questa la costrinse a barcollare un
po', prima di riuscire a rimettersi in piedi. Si trascinò
fino al
centro della sala e si inginocchiò, poggiando le mani a
terra.
«Potrei
morire...»
Era
qualcosa di così intenso ed estraneo, eppure così
vivo. Da sempre
l'eventualità non l'aveva spaventata, ma anzi l'aveva
attirata. Solo
chi viveva poteva morire e se anche lei sarebbe morta allora voleva
dire che aveva raggiunto il suo sogno, quello di essere come loro.
Come lui.
“Io
ti aspetto qui, Laxus”.
Da
quell'altezza riusciva a vedere la gilda dei Cat Shielter, sotto
Nirvana che continuava ad avanzare verso di lui. In pochi minuti
l'avrebbe raggiunta e allora niente gli avrebbe impedito di
distruggerla. La casa di Wendy. Lei sapeva bene quale fosse il
significato di una casa e quella ragazzina... era così
preziosa,
ora. Sapeva cosa doveva fare, l'aveva capito nell'istante in cui
aveva visto la magia di Leon, proveniente da quel braccio e quella
gamba, fondersi al suo. Poteva farlo, poteva unirsi ad altre fonti
magiche miscelando il suo stesso corpo con esse. E forse forse poteva
addirittura controllarle. Ma un conto erano un braccio e una gamba di
ghiaccio, un conto era un'intera città oscura di quelle
dimensioni.
Sarebbe veramente riuscita a prenderne il controllo? E cosa
più
importante... sarebbe sopravvissuta nel momento in cui essa sarebbe
stata distrutta dalle sue Lacryma? Nell'istante in cui Natsu e gli
altri avrebbero distrutto la magia di Nirvana, lei che ora si
accingeva a fondercisi insieme, sarebbe riuscita a non farsi
coinvolgere in quella distruzione?
Si
era offerta di provarci, sapeva che doveva farlo, la piccola gilda a
forma di gatto che aveva di fronte glielo chiedeva a gran voce. Ma
ora morire aveva un altro sapore sulle labbra.
“Io
ti aspetto qui”.
Non
le era mai importato troppo di morire... prima.
«Perdonami...
Laxus» sorrise mentre una lacrima le cadeva da una guancia.
Si
afferrò il guanto che le copriva il simbolo di Fairy Tail,
sul palmo
della mano destra, e lo tirò via. La sua mano ora avrebbe
agito non
per se stessa, non per il suo scopo e libertà, ma per la
gilda. Solo
per la gilda.
Con
un urlo lanciò il pugno chiuso contro il pavimento ai suoi
piedi. Un
piccolo tornado intorno al polso le permise di distruggerlo
parzialmente, abbastanza da poterci infilare la mano all'interno ma
senza disintegrarlo troppo. Pezzi di ferro e di pietra le lacerarono
la pelle, nell'impatto, e penetrarono all'interno della sua carne.
Lanciò un urlo di dolore che andò
intensificandosi nell'istante in
cui la sentì, la magia che impregnava quella terra
penetrarle
all'interno attraverso quelle ferite. Il dolore che provò
non fu
paragonabile a nessun tipo di dolore mai provato prima, nemmeno alle
scariche di Laxus durante i loro combattimenti. La sentiva che le
scivolava all'interno, che la corrodeva e la bruciava come lava.
Degli squarci le si aprirono sulla pelle man mano che la magia di
Nirvana la possedeva, squarci da cui uscirono fasci di luce nera. La
sua mente stessa venne macchiata e invasa da un'ombra oscura che
parve cancellare ogni sorta di ricordo ed emozione positiva che
avesse mai provato. Il sorriso di Laxus, quel sorriso che le aveva
insegnato a sentire il proprio cuore battere nel petto, scomparve. Lo
vide affievolirsi e infine venire inghiottito dall'oscurità
e
dall'ombra. Se ne dimenticò, lasciandole addosso solo una
strana
sensazione di vuoto. Una mano emerse dalle nubi, illuminate dalla
luce oscura di Nirvana, le andò incontro e
l'afferrò per la testa.
Si sentì improvvisamente piccola, indifesa, terrorizzata.
«La
mia bambina di carta» quella voce.
Le
riempiva le orecchie, la testa e l'intera anima. Era così
pesante,
così dolorosa, tanto pregnante da riuscire persino a
cancellare il
suono delle sue urla colme di dolore e terrore. Sentì
chiaramente le
forze abbandonarla, il petto che veniva svuotato e pian piano smise
persino di urlare. Neanche il dolore aveva più una
consistenza.
Tutto era vuoto, lei era vuota, senza più neanche il calore
delle
lacrime sulle guance o il dolore della pressione nel petto per il
cuore che batteva. Galleggiava in un vuoto oscuro e silenzioso,
mentre la mano di suo padre continuava a stringerle le tempie.
«Sto...
morendo?» si chiese e questo stranamente non le fece provare
niente.
«È questo che si prova?» si chiese
mentre la nube scura aumentava
le sue dimensione e cominciava a inglobarla. La sentì, le
scorreva
sulle gambe, le afferrava i fianchi e pian piano la inghiottiva.
Nirvana la stava inglobando dentro sé. Si stava fondendo a
quella
magia con la chiara intenzione di controllarla, ma alla fine, debole
e minuscola, era lei che stava venendo posseduta. Si sarebbe persa al
suo interno, dimentica di ogni cosa, avrebbe alimentato il folle
potere di quella tetra magia, divorata come un lauto pasto. Stava
perdendo.
«Io...»
mormorò sentendo il gelo di Nirvana salire fino al petto,
sfiorare
il mento.
«Io...»
le accarezzava le guance e finiva di cibarsi del suo collo.
“Io
ti aspetto qui”.
«Non
avevo qualcosa da fare... ancora?» si chiese, dubbiosa.
«ICE
MAKE...»
una
voce. Chi era? Era così familiare. La conosceva? «ICE
MAKE!» pronunciò
di nuovo e lei poté rendersi conto della sua provenienza.
Era dentro
di sé. Veniva da dentro di lei e la conosceva, ne era certa!
«Leon?»
quel nome le uscì dalle labbra senza neanche rendersene
conto, ma
funzionò come un incantesimo. In un'esplosione di ghiaccio e
schegge
la nube che l'aveva ormai inghiottita del tutto si dissolse,
lasciandola finalmente libera. Un dolore al petto... no, non un
dolore, una calda sensazione. Si portò una mano laddove
sentì un
misterioso tum
tum.
«Cos'è?»
si chiese, abbassando gli occhi e notando così la propria
mano
ancora di ghiaccio. Sgranò gli occhi e il tum
tum nel
suo petto si fece sempre più intenso, sempre più
forte, tanto che
le fece quasi male.
«Leon?»
chiese a voce più alta, trovando conforto in quel nome che
ora pian
piano riusciva ad attribuire a qualcuno. Una figura, nella sua mente,
la ricordava. Lei ricordava. «E...Gray! Cherry! Natsu! Lucy!
Happy!
Wendy, Erza, Gerard!» chiamò man mano che
comparivano nella sua
testa, emergendo dall'oscurità adornati di un sorriso.
Trattenne il
fiato.
“Io
ti aspetto qui”.
«Laxus...»
sussurò e lo rivide.
«Sei
cresciuta così tanto, Pricchan».
Quel
sorriso. Un ricordo non così lontano, ma di una dolcezza
unica.
Riuscì
a rivederlo.
«Laxus...»
una lacrima e percepì di nuovo calore, all'interno del
proprio
petto.
Urlò
e dal suo braccio di ghiaccio una magia gelida e potente si
sprigionò, rompendo del tutto la nebbia che aveva attorno e
permettendole così di riaprire gli occhi.
Sobbalzò, rendendosi
conto che era stesa a terra, inerme. Si guardò la mano
destra ancora
conficcata nel terreno, tra le rocce di Nirvana. La mano sinistra di
ghiaccio che Leon aveva creato per lei le stringeva il polso con
forza, come se non fosse stata lei a utilizzarla. Ma capì...
la
magia residua di Leon, ancora dentro lei, l'aveva strappata via dalla
propria oscurità. Aveva vinto lei, Nirvana ora era in suo
potere. Si
sollevò in ginocchio e continuò a reggersi con la
mano di ghiaccio
il polso infilato nella roccia. Strinse i denti, si sforzò e
tornò
a urlare ma non più dal dolore ma dallo sforzo di riuscire a
manovrare un corpo gigantesco come quello.
«Devi
fermarti!» gridò e dagli stessi squarci aperti dai
fasci di luce
scuri cominciò a uscire luce bianca. Ruggì sempre
più forte,
sforzandosi all'inverosimile. La mano di ghiaccio cominciò a
congelare il suo stesso polso per l'energia sprigionata, il vento
soffiava intorno a lei folle e incontrollabile. Ghiaccio e vento,
uniti e mescolati, diedero vita a una vera e propria tormenta che
persino Erza e Wendy e Gray e Lucy riuscirono a vederla, ognuno dalla
propria posizione. E sapevano cosa significava. Quello era il potere
di Priscilla Dreyar, sorella di Laxus, nipote di Makarov... la
bambina di carta.
Nirvana
cigolò e il tentacolo alzato rallentò la sua
discesa sempre più,
fino a fermarsi. L'intera città restò immobile,
silenziosa se non
per la tormenta che stava vedendo coinvolta la torre di controllo che
non cessava di urlare e ruggire, impetuosa. Infine, lentamente,
riprese a muoversi ma indietro.
«Lo
sta facendo arretrare!» sobbalzò Lucy, emozionata.
«Ce
l'ha fatta!» sorrise Erza, dall'altra parte della
città.
«Forza,
Priscilla-san!» esultò persino Wendy, diretta alla
Lacryma sei al
posto di Gerard, per permettere a quest’ultimo di raggiungere
Natsu
e aiutarlo contro Zero.
«C...
ci sta riuscendo davvero» sgranò gli occhi Charle,
senza riuscire a
smettere di fissare la tormenta che non sembrava essere intenzionata
a placarsi.
«Ora
tocca a noi!» disse Gray, prendendo a correre verso la
propria
Lacryma, pronto a distruggerla, animato da un nuovo coraggio e una
nuova determinazione.
«Ragazzi...»
mormorò Priscilla, a occhi chiusi per la concentrazione e lo
sforzo
di gestire una tale quantità di magia oscura e maligna.
«Riesco a
sentirvi».
Nirvana
ora apparteneva a lei, pericoloso e indomabile, ma era dentro di lei
e riusciva perciò a percepire i passi dei propri compagni,
le loro
parole, i loro respiri, sulla sua stessa pelle. L'oscurità
di
Nirvana continuava a combattere dentro lei, violenta e implacabile,
nonostante fosse riuscita a domarla non si arrendeva e continuava a
lottare per prendersi la luce che apparteneva a Priscilla. A occhi
chiusi era anche più facile permetterle di giocare con i
suoi
sentimenti e ricordi, riportandole alla mente i momenti peggiori
della sua vita. Era una magia potente e maligna, sapeva cosa usare
per riuscire a vincere: doveva solo provocarle dolore o rabbia e
avrebbe di nuovo preso il sopravvento su di lei. Laxus tornò
a
parlare alle sue orecchie, ripetendole tutte le terribili cose che le
aveva detto in passato, in quei cinque anni di solitudine.
“Se
la pensi così anche tu, puoi anche morire per quanto mi
riguarda!”
“Mi
vergogno di avere una sorella come te! Non chiamarmi mai più
fratello, da adesso in poi!”
“Quella
stupida! Non ne ha mai combinata una giusta!"
Ma
lei non cedeva, non arretrava neanche di un passo. Illuminata di una
luce abbagliante, l'oscurità non riusciva a far altro che
tentare di
sfiorarla vanamente con quei ricordi. Ma era inutile... tutto
inutile.
«Solo
un incubo» mormorò, la stessa giustificazione di
sempre quando
parlava con Laxus di ciò che era successo e dei suoi cupi
sentimenti. Era tutto solo un incubo.
«Non
temere».
«Hai
ancora uno scopo di vita, Priscilla» La
voce rassicurante di Makarov, vecchia di cinque anni, proveniva dal
ricordo più doloroso: il giorno in cui Laxus aveva smesso
del tutto
di parlarle e lei aveva quasi deciso di andarsene, tornando da suo
padre, non sapendo più cos'altro farsene della magia che lui
le
aveva dato. Se non poteva prendersi cura di Laxus, che altro motivo
aveva di stare al mondo?
«Sei
stata creata per occuparti di lui, per prenderti cura di Laxus, solo
perché lui non ti sta più vicino non significa
che tu non possa
ancora farlo».
«Posso
farlo... ancora? E come?» Aveva
chiesto, nella sua emozionata ingenuità.
«Prendendoti
cura di Fairy Tail. Della sua casa, così che possa sempre
avere un
luogo accogliente in cui tornare e non restare mai solo. Il simbolo
sul palmo della tua mano non significa questo? Puoi stringere Fairy
Tail tra le dita, curarla, così ti curerai anche di tuo
fratello».
«Prendermi
cura... di Fairy Tail?»
«Ragazzi...
posso sentirvi» sorrise Priscilla, sovrastando maggiormente
l'oscurità di Nirvana dentro di lei. «Mi
prenderò cura io di voi.
È questo il mio scopo» aprì finalmente
gli occhi e il vento
intorno a lei dissolse completamente la nebbia.
«Il
simbolo sul palmo della mano destra, la mano che porgo in aiuto della
nostra casa, della nostra famiglia. Userò queste dita per
stringerla
cautamente e curarla, come un fiore prezioso. Ragazzi! Io sono
qui!».
Il
vento che circondava la torre di controllo si spanse fischiando tra
le finestre vuote di quelle case abbandonate. Corse per le vie, tra
le macerie e i corpi dei feriti stesi a terra, accarezzandoli come
una madre affettuosa. Corse lungo i corridoi, rombando debolmente,
annunciando il suo arrivo con un sussurro rassicurante.
«Natsu»
riuscì a sentirlo, lottava contro Zero e ai suoi piedi
giaceva un
ormai sfiancato Gerard. Ossigenò le ferite dell'uomo a
terra, ma
ancora di più ossigenò le fiamme che avvolgevano
Natsu, rendendolo
ancora più ardente.
«Priscilla!»
la riconobbe lui, guardandosi le mani sempre più infuocate.
«Gray»
chiamò ancora, sentendo anche il glaciale amico. L'aria
intorno a
Gray si fece più umida e fredda, tanto che sarebbe bastato
una
leggera ventata di ghiaccio per congelarla interamente. Avrebbe
amplificato il suo potere, riducendo la sua fatica.
«Questo...»
mormorò lui, sentendo il cambiamento intorno a sé.
«Erza»
sussurrò, trovandola.
«Ti
sento» sorrise Erza percependo la leggerezza della magia di
Priscilla accarezzarla e sollevarla, come aveva fatto anche altre
volte. L'avrebbe sostenuta, alleggerendo il suo corpo, accompagnando
e potenziando i suoi colpi.
«Lucy»
il suono della sua voce, accompagnata dal vento, portò
addirittura
la bionda a voltarsi, come se si fosse aspettata di trovare Priscilla
dietro di sé. E anche Lucy sentì improvvisamente
il suo corpo farsi
leggero e meno doloroso da muovere.
«Ichiya»
chiamò ancora, raggiungendo la quarta Lacryma. Il vento
avvolse
l'uomo, lo sollevò da terra e allentò i nodi
delle corde che lo
tenevano ancora legato dallo scontro con gli scagnozzi degli Oracion
Seis, permettendogli così di liberarsi.
Esitò,
infine, prima di pronunciare l'ultimo nome, alla Lacryma numero sei.
Ma non per questo rese il suo contributo meno importante, anzi, forse
lo era più di tutte.
«Wendy...»
“La
persona che cerchi si chiama Wendy Marvell”.
«Dragon
Slayer del cielo».
Wendy
sussultò nel sentire il vento intensificarsi intorno a lei,
rotearle
dai piedi fino alla testa, facendo svolazzare i suoi capelli.
«Che
succede?» chiese Charle, sorpresa ma spaventata.
«Dragon
Slayer dell'aria» la voce di Priscilla raggiunse anche le sue
orecchie e le permise di comprendere ciò che le stava
succedendo.
«Quest'aria»
mormorò Wendy, guardandosi attorno. «Quest'aria
appartiene a
Priscilla-san» realizzò, mentre sentiva i soffi di
vento
accarezzarle la pelle e avvolgerle le spalle come una madre
amorevole. «Mi sta dando la sua energia»
realizzò, assumendo uno
sguardo determinato. «Vuole rendermi più forte. Sa
che posso
farcela!» e prendendo una bella boccata d'aria
cominciò a ingoiare
e ingurgitare tutta quell'aria che Priscilla le stava mandando,
cibandosene e sentendo la sua energia cominciare a scorrerle nelle
vene.
«Wendy...?»
chiese preoccupata Charle, ma Wendy non smise di mangiare e caricarsi
di energia.
«Posso
farcela!» decretò infine. «Il potere lo
sento scorrere dentro di
me!»
«È
il momento!» il timer nelle loro menti decretò
l'inizio dell'ultimo
minuto, avrebbero allo scadere del tempo distrutto le sei Lacryma
contemporaneamente. Ognuno dalle proprie postazioni caricò
il colpo
che avrebbe messo fine a tutto quanto, solo Natsu continuò
invece a
combattere il nemico, non potendosi ancora dedicare appieno alla
Lacryma. Ma infiammato dalla magia che Gerard gli aveva donato, in
segno di pace, alimentato dall'ossigeno di Priscilla e scaldato dai
sentimenti di tutti i suoi amici che sentiva sulla propria pelle come
se si trovassero lì in quel momento, dimostrava una furia
pericolosa
e incontrollabile. Persino l'attacco finale di Zero si
dimostrò
inutile e venne bruciato come carta da un Natsu tanto furioso da
ruggire come un vero drago. Con l'ultimo colpo che coinvolse Zero,
Natsu si gettò contro la Lacryma e insieme al resto dei suoi
compagni, nelle altre cinque sezioni, diede fine al tormento di
Nirvana.
«Zero!»
contò infine anche Priscilla e nell'istante in cui
l'esplosione
nelle sei zampe decretò la fine di Nirvana lei estrasse con
un
ultimo urlo e sforzo disumano il pugno dalle rocce della sala di
controllo. Poté vederla la mano nera di Nirvana che cercava
di
afferrarla e tirarla con sé, se l'avesse presa lei sarebbe
morta
insieme ad esso, ma il tempismo perfetto di Hibiki e la completa
fiducia nella riuscita della missione da parte dei suoi compagni la
portarono ad allontanarsi appena in tempo. Nirvana non poté
che
sfiorarla solamente, un istante prima di collassare su se stesso.
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Capitolo 18 *** Compagni ***
Compagni
Stesa
a terra, priva completamente di forze e magia, incapace persino di
muovere un dito, Priscilla guardava il cielo e ascoltava il rumore di
Nirvana sotto di sé che si distruggeva. Sul suo viso,
nonostante la
situazione, non c'era che un sorriso. Alzò a fatica le mani
sopra la
sua testa e si guardò entrambi i palmi: uno di ghiaccio,
l'altro
marchiato dal simbolo della gilda. Il cielo sereno sopra di loro dava
solo un maggior conforto e felicità a quel momento. Su
entrambe le
mani c'erano i segni di amicizie, solidarietà e forza. Fairy
Tail da
una parte, Leon dall'altra, entrambi erano riusciti a darle tutto
quello di cui aveva bisogno per continuare a sopravvivere e
soprattutto a vivere in pace con se stessa. A rompere
quell'incantesimo fu ancora il rumore dei crolli sotto di
sé, ma
questa volta coinvolsero anche la stessa torre su cui era stesa lei e
solo in quel momento realizzò che si trovava sulla cima
più alta di
una costruzione in demolizione. Urlò spaventata nel sentire
la terra
ondeggiare sotto di sé e tentò di gattonare fino
all'uscita, ma la
torre si piegò su se stessa e lei rotolò fino
alla sporgenza. Cadde
nel vuoto, seguita dalle macerie, e urlando sforzò quel poco
di
energia che le era rimasto per generare anche solo un minuscolo
soffio di vento e poter volare via. La lotta contro Nirvana l'aveva
consumata completamente, non riuscì nemmeno a dar vita a uno
spiffero, e non poté far a meno di cadere verso il suolo
seguita
dalle sue urla terrorizzate.
Atterrò
sul morbido e senza arrivare al terreno, miracolosamente vide le
rocce che venivano schivate sopra di sé e solo allora si
rese conto
di essere atterrata su “qualcosa di volante”.
Abbassò lo sguardo
riuscendo così a scoprire chi l'aveva appena salvata.
«Cuberios?»
chiese sorpresa di vedere il serpente. Accanto a lei giaceva, ancora
esanime, anche Cobra e il serpente stava portando entrambi in salvo.
Anche se forse con Priscilla fu solo un atto caritatevole, visto che
raggiunto il perimetro di Nirvana la sbalzò via dal dorso e
con un
colpo di coda la lanciò contro il bosco sotto di loro.
«Grazie
lo stesso, ma preferivo un atterraggio migliore!»
gridò lei,
continuando a cadere senza controllo. Riuscì a vedere sotto
di sé
già riuniti, sani e salvi, il resto dei suoi amici anche se
ancora
mancavano Natsu e Gerard. Il gruppo alzò gli occhi su di
lei,
attirato dalle sue urla, e sobbalzò nel vederla arrivare in
picchiata.
«Qualcuno
mi insegni di nuovo come si vola, aiuto!» gridò in
piena rotta di
collisione con il terreno. Charle scattò verso di lei appena
in
tempo e riuscì a prenderla per un piede poco prima che
raggiungesse
il suolo, facendole sfiorare il terriccio solo con il naso.
«Grazie
al cielo» piagnucolò Priscilla a testa in
giù, tenuta solo per un
piede.
Il
terreno si mosse sotto al suo naso, mettendola di nuovo in allarme,
ma questa volta non ebbe la fortuna di essere salvata da nessuno. Hot
Eye uscì da sotto il terreno, portandosi dietro Natsu e
Gerard, ma
nella violenza dell'emersione colpì in pieno Priscilla che
andò
volando insieme a Charle dritta contro un albero.
«Natsu!»
esultò Happy, con le lacrime agli occhi.
«Stai
bene!» gli andò dietro Lucy, subito seguita da
Gray ed Erza.
«Sto
bene anche io, grazie» lamentò Priscilla, stesa a
testa in giù,
sopra Charle.
Scivolò
lentamente da un lato, spinta dalla povera gattina che cercò
di
liberarsi dal suo peso e, per quanto ormai fosse completamente
distrutta per lo meno poté tornare con la testa in
sù. Dei passi
rapidi attirarono la sua attenzione e lei riuscì a voltarsi
appena
in tempo per vedere la piccola Wendy che le saltava addosso e
l'abbracciava. Lacrime agli occhi, schiacciava il proprio viso contro
la sua spalla e piagnucolava anche se Priscilla credeva con
abbastanza sicurezza che non fossero lacrime di dolore.
«Priscilla-san»
singhiozzò. «Sono così felice che tu
non sia morta!»
"La
sua magia potrebbe anche ucciderti"
la
voce di Mistgun che nei suoi ricordi volle improvvisamente farsi
sentire. Una dolorosa sensazione al petto, qualcosa di molto simile a
un senso di colpa misto a un cenno di paura. Poteva davvero chiederle
di effettuare una magia che al novanta per cento non l'avrebbe
lasciata in vita? La libertà aveva un costo, il suo
desiderio sapeva
che poteva realizzarsi solo previo un sacrificio, aveva sempre
creduto di essere pronta a pagare qualsiasi prezzo. Mugolò,
imbarazzata e combattuta. Quelle lacrime, quei singhiozzi, quelle
speranze... erano solo per lei.
Forse...
sì, forse avrebbe potuto aspettare un altro po'. Magari
avrebbe
potuto trovare un'altra soluzione. Comunque era bene far passare del
tempo. Sì, il tempo era quello di cui aveva bisogno. Glielo
avrebbe
chiesto, come da programma, le avrebbe chiesto di liberarle l'anima
anche a costo della vita, di renderla umana, ma certo non poteva
farlo in un momento come quello.
«Già...»
si limitò a rispondere, incassando la testa nelle spalle per
le
sensazioni di colpa che stava vivendo in quel momento. Wendy non
smise di piangere e stringerla e infine le mormorò un
sentito:
«Grazie, Priscilla-san. Grazie!»
Le
guance le si arrossarono appena e non riuscì a controllare
un
sorriso timido che le spinse gli zigomi verso l'alto.
«Tranquilla»
disse, ormai mossa dal sentimento della felicità. Le
posò una mano
sopra la testa, accarezzandola come fosse un cucciolo, e con l'altra
fece il segno di vittoria con le dita. «Ci pensa Priscilla a
sistemare le cose!» sorrise, illuminandosi sempre
più, di quel
sorriso che tanto la caratterizzava.
Wendy
scoppiò in un pianto più infantile e fragoroso,
commossa da quella
specie di promessa, tanto che Charle la riprese per il tono da
bambina che stava dimostrando. Ma Priscilla non poté che
ridere
ancora di più, intenerita e divertita da quella piccoletta
tanto
tremolante e insicura, ma dalla forza incredibile. Non riusciva a far
a meno di pensare a quanto fosse preziosa.
Il
suo sguardo le passò oltre pochi istanti dopo, attirata da
un volto
familiare. Gerard si stava rialzando da terra e si stava portando
più
distante, allontanandosi di qualche passo dal gruppo, come se non ne
facesse parte. Priscilla lo guardò a lungo, attirata dalla
sua
presenza, e sorrise infine divertita da quella strana coincidenza.
L'alter ego di mistgun era lì, a pochi passi da lei, ed era
incredibile quanto fossero identici in qualsiasi lineamento. Le
sollevava un pizzico di malinconia: da quanto tempo non vedeva
Mistgun? Non era mai neppure riuscita a ringraziarlo per
l'addestramento che le aveva sottoposto che l'aveva portata ad
ottenere ciò che voleva. Se era riuscita a combattere contro
Laxus,
se era riuscita a farlo ricordare e sostenerlo, era solo grazie a
lui. Chissà dov'era in quel momento.
"Si
tratta di una mia vecchia amica. Quando ero piccolo ha vissuto per un
po' con me. Il suo nome è Wendy" si
ricordò delle parole di Mistgun mossa da quel moto di
malinconia e
tornò a guardare Wendy, vicino a sé. Le
accarezzò nuovamente la
testa, ma questa volta fu più delicata e amorevole. Quella
bambina
aveva vissuto per un po' insieme a Mistgun, prima di lei. Erano
legate dalla stessa persona, scaldava il cuore pensarlo.
«Ecco...»
balbettò Lucy, voltandosi a guardare Gerard. «Chi
è esattamente
lui?» chiese, confusa.
«Non
l'ho visto alla gilda di Blue Pegasus quando siamo arrivati»
osservò
Gray, voltandosi verso la stessa persona.
«Lui
è Gerard» rispose Erza e questo fece sobbalzare
entrambi i suoi
amici che si lasciarono sfuggire un soffocante: «Che
cosa?!».
«Ma
non è lo stesso Gerard che conosciamo»
proseguì Erza, cercando di
calmare gli animi dei suoi amici.
«Pare
abbia perso i ricordi» disse Wendy e Priscilla si sorprese
nel
sentire proprio lei dare una risposta.
«Tu
lo conosci?» le chiese Priscilla e lei annuì,
prima di rispondere:
«Gerard mi salvò la vita, alcuni anni
fa».
Ora
era tutto chiaro e questo portò a Priscilla ad imbarazzarsi
ancora
di più. C'era stato un tremendo equivoco, Wendy credeva che
quel
Gerard fosse Mistgun, l'uomo che l'aveva tenuta con sé per
un po'.
Ma non ebbe il coraggio di rivelarglielo, anche perché
avrebbe
dovuto spiegare troppe cose in quel momento. Preferì
lasciarglielo
credere, le avrebbe rivelato la verità in un altro momento.
«Gerard
ci ha aiutati molto. Dobbiamo ringraziarlo» disse Erza,
avvicinandosi a lui.
«Erza»
sospirò Gerard, guardandola con gli occhi pieni di
rammarico. «Non
c'è niente di cui dobbiate ringraziarmi».
Erza
gli si avvicinò, allontanandosi così dal resto
del gruppo, e
cominciò a parlare con lui a bassa voce. Erano sicuramente
faccende
private e gli altri capirono che era bene lasciarli soli per un
attimo.
«Maledizione!»
l'urlo di Ichiya ruppe tutto l'incantesimo. «Stavo per andare
a
rilasciare un po' di profumo
tra
i cespugli quando mi sono imbattuto in qualcosa» disse
cercando di
muoversi in avanti, ma trovandosi davanti come un muro invisibile.
«Aspetta...
che significa profumo?»
sobbalzò
Priscilla.
«Ci
sono alcuni simboli per terra» osservò Wendy,
allungandosi e
guardando le scritte in viola sul terreno.
«Rune?»
si chiese Priscilla, riconoscendo quel tipo di magia. «Fried?
No,
sono più potenti delle sue queste».
«Che
sta succedendo?» chiese Charle, rendendosi conto solo in quel
momento che si trovavano tutte intorno a loro.
«Quando
sono state fatte?» chiese Happy, cominciando a sudare freddo.
«Il
mio bagno! Men!»
urlò
ancora Ichiya, al che Priscilla gli gridò incontro irritata:
«Cerca
di tenerla, ok?!»
«Siamo
in trappola?» chiese ancora Lucy.
«Fatti
vedere!» gridò Natsu, furioso di trovarsi di
fronte a un nemico che
non poteva prendere a pugni. Dei passi, tranquilli e composti, di
molte più persone di quante si fossero immaginati.
L'esercito del
consiglio si fece infine vedere e uno di loro, a capo degli altri,
fece qualche passo nella loro direzione.
«Non
desidero arrecarvi alcun male» disse solennemente, guardando
i loro
volti spaventati e spaesati. «Tutto ciò che chiedo
è che restiate
dove siete, senza muovervi almeno per un po'».
«Chi
sono?» chiese timidamente Wendy, vicino a Priscilla.
«Il
concilio della magia, questa è la loro unità
militare» rispose
lei, agitata e nervosa. Aveva seguito abbastanza le vicende
di
suo nonno per sapere che quella gente non portava mai buone notizie.
«Tu
chi sei?» chiese Happy, camminando di fronte al gruppo.
«Sono
il capitano del Quarto Reggimento Punitivo e di Detenzione del Nuovo
Concilio Magico. Il mio nome è Lahar» si
presentò l'uomo dopo che,
inevitabilmente, il proprio sguardo si fosse posato sul braccio e la
gamba artificiali di Priscilla. Nonostante la stranezza,
però, non
dimostrò sorpresa. Probabilmente anche lui, visto il suo
rango,
sapeva già della ragazza creata dalla magia.
«Chi?»
strillò Natsu, destandolo dalla sua distrazione.
«Il
Nuovo Concilio Magico?» chiese Gray, sbalordito.
«Sono
già tornati in attività?» chiese Lucy,
altrettanto sconvolta.
«Siamo
rinati per far rispettare la legge e proteggere la giustizia»
spiegò
Lahar. «Non avremo nessuna pietà verso chi compie
atti malvagi! »
disse con decisione.
«Ma...
noi non abbiamo fatto nulla di male» balbettò
Happy e Lahar
rispose: «Ne sono consapevole. Il nostro scopo è
quello di
arrestare gli Oracion Seis. Vi prego perciò di consegnare
nelle
nostre mani colui il cui nome in codice è Hot Eye».
Per
quanto Hot Eye fosse stato loro nemico all'inizio di quella
battaglia, in seguito all'esposizione a Nirvana aveva completamente
cambiato comportamento ed era diventato non solo loro alleato ma
amico di Jura. Jura stesso infatti fu il primo a parlare, in sua
difesa, ma Hot Eye lo interruppe con un pacato: «Va tutto
bene,
Jura».
«Richard-dono!»
disse Jura, sorpreso.
«Anche
se nella mia anima si è risvegliata la rettitudine, questa
non può
spazzare via ciò che di male ho fatto fino ad oggi. Vorrei
poter
ricominciare da capo. In questo modo quando potrò riunirmi a
mio
fratello potrò guardarlo negli occhi».
Una
promessa degna di chi aveva veramente deciso di redimere le proprie
colpe, non poteva che essere rispettato nell'onore e orgoglio che
andava dimostrando.
«Se
è così» sorrise Jura, convinto e fiero
di poter avere tra le
schiere di amici una persona dal cuore così onesto.
«Allora
cercherò io tuo fratello in tua vece».
«Lo
farai?» sbarrò gli occhi Hot Eye, sorpreso ed
emozionato.
«Certo.
Ti prego, dimmi il nome di tuo fratello».
«Il
suo nome è Wally! Wally Buchanan» si
affrettò a rispondere Hot
Eye. Lo sguardo di Lucy, Gray e Natsu si fece improvvisamente
stranito. Sicuramente quel nome diceva loro qualcosa, ma fu Erza a
sciogliere quel dubbio chiedendo con sorpresa: «Wally?
Wally... è
tuo fratello?»
«Mio
fratello era una persona buona e di buon cuore. Abbiamo perso i
nostri genitori quando eravamo molto piccoli, ma entrambi abbiamo
lavorato insieme e siamo riusciti a sopravvivere. Ma poi ci siamo
persi di vista e io non ho mai desiderato altro che
ritrovarlo»
raccontò Hot Eye, emozionato.
«In
verità...» si fece avanti Erza. «Io
conosco quell'uomo».
«Cosa?»
sobbalzarono sia Hot Eye che Jura.
«È
un mio amico. Ora sta viaggiando per il continente con
entusiasmo»
disse lei, con un emozionato sorriso sul volto. Gli occhi di Hot Eye
si riempirono di lacrime e si portò entrambe le mani al
viso,
tremolante per la felicità.
«Che
sia questo quello che chiamano miracolo?» pianse e infine si
inginocchiò, non potendo sostenere la debolezza di quel
momento.
«Grazie» singhiozzò a gran voce.
«Grazie».
Persino
gli altri non furono immuni alla commozione di quel momento, nel
vederlo tanto felice anche solo nel sapere che il proprio fratello
stava bene, anche se non aveva potuto vederlo. Una lacrima scese
dagli occhi di Priscilla, ma se l'asciugò subito e
preferì tenere
sul volto un sorriso emozionato e felice. Lei particolarmente
comprendeva bene l’emozione di quel momento, anche suo
fratello in
quel momento stava viaggiando chissà dove ma il solo sapere
che
stava bene, finalmente, era abbastanza. Anche Lucy tirò su
col naso
e si strofinò un occhio, arrossato. Eppure la gioia di quel
momento
non poté cancellare il dolore nel vederlo portar via in
manette.
«Mi
dispiace per lui» confessò Lucy e Happy le diede
corda con un
triste: «Aye».
«Ora
però sbloccate almeno le rune»
piagnucolò Ichiya schiacciato
contro il muro invisibile. A gambe strette lottava contro un bisogno
fisiologico che sentiva non avrebbe tenuto ancora per molto.
«Non
farlo!» ruggì Lucy, terrorizzata all'idea di
sentire un simile
fetore da un momento a un altro.
«No»
rispose Lahar. «Il nostro obiettivo in realtà
comprende anche un
altro prigioniero. Vi prego, oggi, di consegnarmi colui che si
è
infiltrato nel Concilio Magico, distruggendolo, e che ha aperto il
fuoco con l'Etherion... criminale di gran lunga peggiore. Parlo di
te, Gerard. Se opporrai resistenza siamo autorizzati a usare la
forza».
Gli
occhi di Erza si fecero vitrei, il colorito pallido e
cominciò
improvvisamente a sudare freddo. Nonostante tutto Gerard stesso non
parve battere ciglio e rimase di una calma disarmante.
«Un
attimo!» intervenne Natsu, ma Lahar lo interruppe con un
severo:
«Quell'uomo è pericoloso! Non possiamo permettere
che vaghi per il
mondo. Mai più. Prendetelo» ordinò ai
suoi uomini che si
avvicinarono, manette alla mano, e lo incatenarono.
«Gerard
Fernandez» annunciò Lahar solennemente.
«Con la presente ti
dichiaro in arresto con l'accusa di alto tradimento verso lo
Stato».
«Aspettate
solo un attimo!» si fece avanti Wendy, superando il resto del
gruppo
e camminando a pochi passi da Gerard stesso. «Lui ha perso i
ricordi! Non ricorda niente di quello che ha fatto!» disse
col tono
spezzato dal dolore.
«Secondo
la clausola tredici del codice penale questo non è
un'attenuante
valida» disse ancora Lahar.
Un
lamento dalla gola di Erza, ancora paralizzata per il dolore che
stava provando in quel momento. Wendy abbassò gli occhi,
intimorita
all'idea di mostrarli pieni di lacrime, e tremò.
Tremò come una
foglia nel vedere colui che credeva il suo salvatore venire portato
via per un qualcosa che neanche ricordava di aver fatto. Nell'aria
non si sentiva altro che la sofferenza di chiunque stesse assistendo
a quella scena, sofferenza che andava aumentando di fronte allo
sguardo vago e rassegnato di Gerard. Uno sguardo che ammetteva di
accettare qualsiasi punizione, anche se ingiusta.
«Il
vostro codice penale vi spinge a condannare a morte anche chi non ha
scelto la strada che gli è stata imposta?» il
ringhio di una
Priscilla a cui era sparito ancora una volta il sorriso. Le pupille
si erano fatte tanto sottili da sembrare quasi disumane. Gli stavano
facendo del male, stavano facendo del male a tutti quelli che aveva.
A Erza, a Wendy e anche a Gerard che tanto gli ricordava il suo
vecchio amico e salvatore Mistgun. Non riusciva ad accettarlo.
«Priscilla
Dreyar, il tuo nome risulta spesso citato nei nostri archivi. Ti
prego di non complicare la tua situazione, non siamo qui per
voi»
rispose Lahar, infastidito dall'attacco.
«No,
siete qui per arrestare e condannare chi è più
facile prendere, in
nome di un codice penale che non fa distinzione tra innocenti e
criminali. I veri colpevoli, ditemi, dove sono?» i muscoli si
fecero
tanto rigidi che persino la sua spalla di ghiaccio si
incrinò di
fronte alla pressione di tutta quella rabbia.
«Sono
qui in nome della legge, non starò a...»
«Un
uomo liberato dai suoi ricordi e un altro che invece è stato
liberato dalla sua oscurità, entrambi liberi ora di poter
scegliere
con il proprio cuore e proprio ora voi venite a condannarli, quando
è
più facile mettere loro delle manette. Non vedete lo
squallore delle
vostre azioni?»
Gli
occhi di Lahar si fecero più scuri sotto al peso delle
sopracciglia,
ma non ebbe bisogno di intervenire perché fu Erza a mettere
una mano
sulla spalla di Priscilla e tirarla indietro, per calmarla.
«Va
tutto bene. Non ho intenzione di opporre resistenza» disse
Gerard,
provando così a calmare gli animi.
«Il
vostro codice fa acqua da tutte le parti! Per questo...»
provò a
insistere Priscilla, accecata dalla rabbia, ma la voce rotta di Erza
che la chiamava supplichevole la fermò ancora. Strinse i
denti dalla
rabbia, prima di sibilare: «Non è
giusto!»
«Mi
dispiace, Wendy» parlò ancora Gerard.
«Non sono riuscito a
ricordare chi sei».
«Lei
mi ha detto che molto tempo fa le hai salvato la vita» disse
Charle,
camminando a fianco della ragazzina.
«Capisco.
Non ho idea di quali sofferenze vi abbia recato, ma sapere di aver
salvato qualcuno mi rasserena» sorrise Gerard, prima di
alzare gli
occhi su Erza, che ancora teneva Priscilla per la spalla.
«Erza...»
sorrise ancora, più dolcemente. «Grazie di
tutto».
Si
incamminò verso il carro che l'avrebbe portato in prigione,
in
silenzio e a testa china.
«Erza!»
provò a incalzarla Priscilla, non riuscendo a capire come
potesse
restare in silenzio mentre lo vedeva venir portato via. Ma la ragazza
continuava a stare a testa china, tesa, sentiva la sua presa sulla
spalla farsi sempre più dolorosa, ma restava in silenzio.
«Non
c'è niente che desideri dire prima di andare?»
chiese Lahar, una
volta raggiunto da Gerard. «È quasi sicuro che tu
venga giustiziato
o incarcerato a vita. Non vedrai mai più alcun viso
umano».
«Ma
questo... non è...» pianse Lucy, senza riuscire a
terminare la
frase. Sentì anche Wendy, singhiozzare e lamentarsi, e in
quel
silenzio ottenebrato era tutto più terribile. Rimbombava
nelle
orecchie.
«Erza....»
disse Priscilla, quasi supplichevole. Dovevano fare qualcosa.
«Non...»
provò a parlare Erza, riaprendo gli occhi, ma Natsu la
interruppe
urlando a gran voce: «Non vi permetterò di
prenderlo!»
Saltò
addosso a due militari e tirò a entrambi un pugno. Il resto
dell'esercito si lanciò su di lui, per tenerlo fermo e
contenerlo,
benché si divincolasse come un’anguilla.
«Natsu!»
lo chiamò preoccupato Gray, subito seguito da Lucy.
«Tu,
maledetto...» impallidì Lahar, perdendo per la
prima volta la sua
compostezza.
«Lui
è un nostro compagno» ruggì ancora
Natsu, cercando di liberarsi
dalla presa dei soldati. «Lo riporteremo indietro con
noi!»
«Teneteli!»
ordinò Lahar e il resto dei suoi uomini si lanciò
su Natsu, che
aveva già steso a pugni almeno tre o quattro soldati. Era
libero,
stava per correre verso Gerard, forse per prenderlo e portarlo via,
ma altri soldati gli corsero incontro pronti a bloccarlo. Priscilla
sfuggì dalla presa di Erza e con un urlo saltò
addosso a uno di
loro, colpendolo in faccia con la mano di ghiaccio.
«Priscilla!»
sussultò Lucy.
«Siete
solo dei bastardi!» ruggì lei, affiancando Natsu.
«Erza è mia
amica e voi la state facendo soffrire, non posso perdonarlo!»
«Pri...»
balbettò Erza, guardandola menare pugni a destra e manca.
Non era
mai stata tipo da risse, ma di solito le piaceva starsene in disparte
e al massimo scommettere con Happy sul vincitore. Lei odiava la
violenza, odiava le risse, eppure in quel momento, benché
priva dei
suoi poteri, era tale e quale a Natsu.
«Non
fermarti ora, Natsu!» disse Gray saltando in mezzo alla
mischia e
tirando pugni ai soldati insieme ai suoi amici. «Lui ci ha
aiutati a
fermare Nirvana e voi non avete per lui nemmeno una parola di
ringraziamento? Non posso restare a guardare!»
insisté Gray,
saltando e tirando un paio di calci.
Jura
si battè un pugno sul palmo della mano e circondato da nuova
energia
decretò: «Ciò che dici è
vero! È ingiusto arrestare una persona
come lui». Era pronto a mettersi contro il Concilio persino
lui,
Jura dell'Ordine dei Dieci Maghi Sacri era dalla loro parte. Qualcosa
doveva pur significare?
«Mi
addolora dirlo, ma se porterete via quell'uomo Erza ne
soffrirà!»
annunciò persino Ichiya correndo a coprire i suoi amici e
tirando un
paio di pugni a un soldato. Happy e persino Lucy, con le loro scarse
energie, presero un soldato per il collo e cominciarono a colpirlo in
maniera rozza e infantile, ma pur sempre decisa. Tutti combattevano,
tutti pregavano, tutti si opponevano sapendo che non avrebbero mai
potuto vincere contro il Concilio. Eppure questo non li fermava.
Concilio o meno, nessuno aveva diritto di far soffrire i loro amici
ingiustamente.
«Gerard!
Vieni qui! Vieni con noi! Non puoi abbandonare Erza»
insisté Natsu,
lottando contro cinque dei soldati. «Noi siamo compagni!
Gerard!»
E
sullo sfondo un terribile scenario di maghi ormai allo stremo ma che
combattevano con le unghie una lotta che mai avrebbero vinto. Eppure
non si arrendevano. Lucy bloccata a terra, Happy preso per il ventre
e stretto al petto di uno dei soldati, Gray trattenuto da altri sei,
Jura che ancora riusciva a colpirne qualcuno, così come
Ichiya,
Priscilla trattenuta per la vita che scalciava e urlava nel tentativo
di liberarsi, Wendy trattenuta per un polso mentre Charle graffiava
il volto del soldato che la teneva.
«Arrestateli
tutti!» ordinò Lahar, stufo. «Per aver
ostacolato l'esercizio di
pubblici ufficiali e aver tentato di far fuggire il
criminale!»
Li
accerchiarono e alzarono le armi, pronti a usare le maniere forti.
«Basta!»
la voce di Erza mise fine a tutte le loro voci. «Perdonate la
nostra
confusione» disse solenne, con una freddezza e una
compostezza che
stava palesemente sforzando. «Io mi prendo la completa
responsabilità dell'accaduto».
«Erza»
mormorò Priscilla, addolorata.
«Erza!»
provò a chiamarla più furiosamente Natsu, ma lei
ordinò
semplicemente: «Siediti!» e lui, sempre intimorito
da lei, obbedì
immediatamente.
«Portate
pure via Gerard» disse infine. Priscilla aprì
bocca, pronta a
ribattere ancora, ma di nuovo Erza fece appello alla sua forza e
l'anticipò con un furioso: «Ho detto
basta!»
«Va
bene!» sibilò lei, spaventata dal suo tono.
Gerard
salì sul carro, infine, e dopo un perdono quasi immeritato
il
Concilio si congedò lasciandoli soli.
«Erza...»
provò a chiamarla Lucy, avvicinandosi, ma lei la
ignorò e voltando
le spalle ai suoi amici si allontanò nel silenzio.
Il
sole cominciò a sorgere in un'alba rossa, calda e
passionale, come i
capelli di Erza, ma lei in quel momento non era lì e forse
neanche
riusciva a vederla. Avevano passato l'intera notte a combattere e
rischiare la vita, neanche se n'erano accorti del passare del tempo,
e ora che tutto era finito quella notte aveva lasciato dietro di
sé
solo pensieri e dolori. Avevano vinto, ma tutto ciò che
restava da
fare era leccarsi le ferite. Hot Eye e Gerard erano stati presi dal
Concilio e arrestati. Avevano tutti e due commesso crimini indicibili
e la logica diceva loro che se lo meritavano, eppure i loro occhi
opachi avevano ripreso improvvisamente a colorarsi. Hot Eye
più di
tutti, ma anche Gerard aveva cominciato a guardare il mondo intorno a
sé in maniera diversa e più pura, non riuscivano
a sopportare
l'idea che il mondo era stato loro strappato via proprio nell'istante
in cui avevano cominciato a guardarlo davvero.
«Chissà
dov'è andata Erza» mormorò Lucy
abbassando gli occhi addolorati.
Erano probabilmente passate ore da quando il Concilio si era portato
via i prigionieri ed Erza non si era più vista da allora.
«Forse
dovremmo andare a cercarla?» chiese infine Wendy, preoccupata.
«È
meglio lasciarla sola» negò Priscilla,
appoggiandosi a un tronco
alle sue spalle. Puntò gli occhi al cielo rosso sopra la sua
testa,
seguendo il viaggio di una nuvola. Erza era la loro colonna portante,
il loro cavaliere migliore, e probabilmente in quel momento stava
versando lacrime a fiumi. Non avrebbe giovato a nessuno vederla in
quelle condizioni, soprattutto a lei che si appoggiava alla sua forza
come fosse l’unica cosa in grado di tenerla in vita.
Sospirò e
socchiuse gli occhi, cercando di rilassarsi e dare modo alle proprie
ferite di rimarginarsi. Senza che se ne rese conto, finì
però con
l’addormentarsi, stremata.
Ad
aiutarla a riprendere coscienza furono il chiacchiericcio di
sottofondo ma soprattutto un odore che andò a pizzicarle
sempre più
il naso. Ancora a occhi chiusi, e ora stesa su un morbido giaciglio,
cominciò ad arricciare il naso attirata da quell'invitante
odore.
Aprì con gran fatica un occhio, rendendosi conto di quanto
fosse
ancora stanca vista la gran fatica che fece per riuscire a mettere a
fuoco le immagini. Si alzò da quello che doveva essere un
letto, o
un divano forse, e si incamminò verso un tavolino
apparecchiato con
sopra qualche dolcetto e della frutta.
«Priscilla!
Sei sveglia, finalmente!» osservò Lucy, in quella
stessa stanza.
Era vestita con un abito diverso e strano, insieme a lei c'era anche
Erza, in un angolo, e Cherry. Non sapeva dove si trovavano,
né
quando e come fosse arrivata lì, ma niente sembrò
importarle. La
confusione era ancora troppa e lei non era del tutto sveglia. Si
accasciò sul tavolo, prese una pesca e se la
infilò in bocca,
masticando pigramente.
«Ma
sta ancora dormendo?» chiese Cherry, guardandola confusa.
Aveva sì
gli occhi aperti, anche se non del tutto, e camminava, ma non parlava
né sembrava reagire a ciò che aveva attorno.
«Era
da ieri dal nostro arrivo che non mangiava qualcosa» disse
Lucy,
ridendo imbarazzata. «Si sarà alzata solo per
quello, ma
probabilmente sì, sta ancora dormendo».
Priscilla
finì di masticare pigramente la sua pesca, ingoiò
persino il
nocciolo, e senza alzare la testa dal tavolo si voltò a
guardare
Lucy. Allungò una mano a prendere un dolcetto di miele e
nocciole,
si portò in bocca anche quello e mentre masticava
biascicò: «Che
hai addosso Lucy?»
«Parlare
a bocca piena è maleducazione, lo sai?» disse lei,
guardandola
sempre con più imbarazzo.
«Sono
vestiti della gilda di Wendy!» rispose invece Cherry,
entusiasta del
suo. «Ce n'è uno anche per te! Perché
non lo provi? Sono
bellissimi».
«L'intero
villaggio fa parte della gilda e la produzione di vestiti è
un
business fiorente» spiegò Wendy, guardando Cherry
che si specchiava
con narcisismo.
«Sono
abiti tradizionali dei Nirvit?» chiese Lucy.
«Che
sono i Nirvit?» chiese Priscilla, continuando a mangiare
nella sua
posizione accasciata sul tavolo. Stava pian piano riprendendosi e
mangiare sicuramente l'aiutava, ma certo non poteva dire di essere
pronta a scattare in piedi.
«Il
popolo che ha creato Nirvana, i suoi discendenti sono i fondatori
della gilda Cat Shielter» spiegò Lucy.
«Genitori
problematici, ne so qualcosa» sbadigliò Priscilla
e si lanciò in
bocca l'ultimo dolcetto presente sulla tavolata.
«Li
hai già finiti tutti?!» sobbalzò Lucy,
notando ora i piatti vuoti.
«Erano
deliziosi!» sorrise Priscilla, riuscendo finalmente a
rialzarsi e si
accarezzò la pancia ora gonfia e soddisfatta. «Ne
avete ancora?»
«Posso
chiedere di prepararne altri, certo» ridacchiò
Wendy, divertita
dalla sua ingordigia.
«Non
essere maleducata!» la rimproverò inutilmente Lucy.
«Voglio
anche io mettere uno di quei vestiti!» disse poi Priscilla,
ignorando i rimproveri di Lucy. Le era bastato dormirci un po' su ed
era riuscita a tornare la solita sorridente e rumorosa Priscilla di
sempre, anche se l'atmosfera non era ancora troppo gioviale riusciva
lo stesso a strappare un sorriso. Si infilò dentro un
armadio e
comincio ad arraffare un paio di stoffe, studiandole e cercando di
capirne la forma. Infine ne estrasse uno e se lo infilò.
Aveva
colori caldi, sul giallo e l'arancione sfumato, con drappi e sete che
scendevano morbide lungo una gonna aperta sui fianchi. Un top non
troppo elaborato, abbastanza corto che lasciava gran parte della
pelle scoperta, e infine alzò le braccia allegra esultando
un
«Ta-dan!»
«Ti
sta bene!» sorrise Lucy notando come tutti quei drappi e
drappeggi
facessero al caso suo, visto che il vento era il suo elemento e a
ogni movimento si muovevano con fare sinuoso tutto intorno alle
gambe. Cherry annuì semplicemente, ma non disse niente. Nel
cambiarsi e con quegli abiti abbastanza scoperti era possibile vedere
con più chiarezza tutta la porzione di corpo che ancora le
mancava e
che era stato sostituito dal ghiaccio di Leon. Probabilmente ci
sarebbero volute settimane prima che fosse potuta tornare normale e
in quelle settimane avrebbe portato per sempre con sé il
ricordo
della sua quasi morte e di ciò che aveva fatto per salvare
il suo
amico. Trattandosi di Leon e non uno qualunque, la cosa aveva su
Cherry un certo effetto. Quel corpo era stato storpiato per salvare
l'amore più grande della sua vita, le era incredibilmente
riconoscente.
«Erza»
chiamò Lucy, voltandosi verso la ragazza che era seduta a
testa
china in un angolo. «Tu non ne provi uno? Sono
così carini» provò
a coinvolgerla ma Erza si limitò ad annuire, distrattamente.
«A
proposito, Wendy...» cominciò a chiedere Cherry,
tornando a
guardarsi allo specchio. «Quand'è che la Cat
Shielter si è unita
alla Lega delle Gilde? Mi scuso per la brutalità, ma prima
dell'inizio di questa missione non avevo mai sentito il nome della
tua gilda».
«Anche
io, ora che ci penso, non l'avevo mai sentita prima» si
unì Lucy.
«È
così, allora» sorrise Wendy, imbarazzata.
«La mia gilda dev’essere
una di quelle che non conosce nessuno» confessò,
arrossendo per la
vergogna.
«Che
ti importa?» disse Charle, puntandosi le mani fianchi.
«Sbrigatevi,
vi stanno tutti aspettando, piuttosto».
«Tutti?»
chiese Priscilla seduta in angolo a sgranocchiare delle nocciole.
«E
quelle dove le hai trovate?!» sussultò Lucy, ma
lei rispose solo
con uno di quei soliti sorrisi impertinenti che sostituivano le vere
risposte. Non l'avrebbe scoperto mai, probabilmente, e sapeva che era
anche inutile provare a indagare troppo.
Erza
finì di cambiarsi nel suo più completo silenzio,
inutili furono i
complimenti di Lucy e delle altre ragazze nel tentativo di tirarle su
il morale, e infine uscirono dalla gilda, raggiungendo il resto del
gruppo nel cortile esterno, dove chiacchieravano insieme ai membri
della gilda Cat Shielter. Natsu fu il primo a vederle arrivare e
alzò
il braccio per salutarle, ma non ebbe tempo di aprire bocca che un
piccolo tornado gli passò a fianco a velocità
incredibile. Non si
trattava di un tornado vero, ma invece di una Priscilla che si era
messa a correre con una velocità incredibile e l'aveva
superato,
diretta chissà dove.
«Leon!»
il suo urlo attirò l'attenzione del ragazzo in questione,
che si
voltò appena in tempo per vedersela saltare addosso a
braccia
spalancate. Urlò terrorizzato dall'assalto improvviso, e
sicuramente
anche imbarazzato per il fatto che lei stesse per abbracciarlo
così
calorosamente, ma non ebbe tempo di scappare che Priscilla gli aveva
già stretto le braccia al collo. Gray, vicino a lui, lo
guardò
paralizzato, come di pietra, ma certo non tanto quanto lo era Cherry
nel vedere l'uomo che più amava preso d'assalto
così da un'altra
ragazza. Leon si guardò attorno sempre più colto
dal panico per
quell'ambigua situazione e provò a divincolarsi dalla presa
di
Priscilla che invece si faceva sempre più ferrea e
soffocante.
Eccessivamente soffocante, visto che era proprio il collo quello che
stringeva e a cui si appendeva.
«Priscilla...
lasciami! Mi strozzi!» disse infine, sente l'aria mancargli.
«Grazie»
la sua voce più che quella singola parola lo convinsero a
calmarsi.
Era stato come un sussurro, un lamento, e solo in quel momento notava
che da quando l'aveva afferrato aveva nascosto il proprio viso contro
la propria schiena e ce lo premeva come se non fosse voluta
mostrarsi. Per un istante ebbe persino il dubbio che stesse piangendo
e anche se non sapeva il motivo -certo non poteva sapere di
ciò che
aveva vissuto con Nirvana e di come quel suo braccio di ghiaccio che
lui le aveva donato le avesse salvato la vita- decise di lottare
contro il proprio imbarazzo e darle il tempo di stringerlo fintanto
che avesse voluto.
«Stai
bene?» chiese titubante dopo qualche secondo. Un sorriso,
nascosto
contro la sua spalla, ma che dopo un attimo di esitazione lei ebbe
finalmente la forza di mostrare al mondo intero sollevando finalmente
gli occhi.
«Benissimo»
disse senza lasciarlo andare e poggiando timidamente una guancia
sulla sua spalla per voltare la testa nella direzione del suo viso.
«Lui
ti ppppppiace» si avvicinò Happy, portandosi una
zampa alla bocca
con fare timido.
«Ma
che dici?!» urlò di nuovo Leon, mentre Priscilla
restava
misteriosamente calma. «È carino, vero»
sorrise innocentemente,
come se non si rendesse conto della cosa. Ma quella era lei,
innocente e gioviale, non prendeva niente sul serio fintanto che non
ce n'era veramente bisogno perché se c'era una cosa che
quell'orribile infanzia le aveva insegnato, che Laxus le aveva
insegnato, era che sorridere rendeva tutto migliore.
«P-Priscilla!»
balbettò Leon, sempre più rosso in volto, ma lei
non rispose che
con una risata divertita.
«Priscilla»
il ruggito di Cherry, tanto grave da sembrare quello di una belva
pronta ad attaccare, fece rabbrividire persino lei. «Ti
credevo
amica, maledetta».
«C-Cherry,
aspetta...è un malinteso» balbettarono sia Leon
che Priscilla. La
situazione fece scoppiare a ridere il resto dei ragazzi che avevano
attorno e per quanto in Leon continuasse ad aumentare il disagio e in
Cherry la rabbia, Priscilla sembrò liberarsi presto da quei
sentimenti e si guardò attorno, osservando il volto delle
persone
che aveva vicino a sé mentre lasciavano uscire la loro
ilarità. Il
pensare che fino a poche ore prima quegli stessi volti erano
deturpati dal dolore e dalla paura, quel suono che era la loro risata
non era che lenitivo per le ferite che avevano riportato. Era tutto
così bello. E anche se continuava a essere vittima dell'odio
geloso
di Cherry, tornò a sorridere tanto forte che le guance le
diventarono rosse dallo sforzo e dall'emozione.
Era
finita. Era finita davvero... e stavano tutti bene.
«Quindi
ora è arrivato il momento di festeggiare!!!»
gridò Natsu alzando
un pugno verso il cielo.
«Aye!»
gli diede corda Happy, volando al suo fianco.
«Festa!»
gridò Priscilla, altrettanto entusiasta.
«Esatto!»
disse Ichiya, lanciandosi in mezzo al gruppo armato di una carota che
usò come microfono. I tre ragazzi di Blue Pegasus lo
circondarono e
iniziarono a battere le mani a ritmo, mentre lui cantava:
«Ichiya-san
si unirà a voi!» e cominciò a fare una
serie di versi che non
avevano significati, utili solo a tenere il ritmo mentre saltava in
una danza semplice ma ridicola. I tre ragazzi di Blue Pegasus si
unirono presto a lui e pochi secondi dopo persino i membri di Fairy
Tail, altrettanto entusiasti, si misero al loro fianco in quella
vergognosa situazione ma in qualche modo allegra. Solo Erza rimase
ancora in disparte, mentre dopo un po' anche Wendy stessa
cominciò a
saltare. Ma si paralizzarono pochi minuti dopo, quando si accorsero
che non solo erano gli unici a ballare ma nessuno dei membri di Cat
Shielter accennava nemmeno a un sorriso. La situazione era tanto
imbarazzante da essere quasi fastidiosa. Ma soprattutto... sospetta.
Perché non erano felici nemmeno un po', visto che la loro
gilda si
era salvata?
«Ragazzi»
parlò infine il vecchio Master. «Sono veramente
dispiaciuto di
avervi nascosto il nostro legame con i Nirvit»
confessò.
«Hai
rovinato l'atmosfera per una cosa come questa?»
brontolò Happy.
«Non
è che poi ci importi molto» lo
assecondò Natsu. «Vero?»
«Certo!»
annuì Happy.
«Master,
a me non importa» disse Wendy, vicino al vecchio, ma questo
non
sembrò tranquillizzarlo nemmeno un po'.
«Per
favore, ascoltate tutti attentamente quello che ho da dirvi»
sospirò
lui, riprendendo il discorso. «Per iniziare, noi non siamo i
discendenti dei Nirvit. Noi siamo i Nirvit stessi. Quattrocento anni
fa fui io a creare Nirvana».
«Cosa?»
sobbalzò Leon.
«Impossibile»
sgranò gli occhi Lucy.
«Quattrocento...
anni?» balbettò persino Priscilla.
«Quattrocento
anni fa, allo scopo di fermare la guerra che spaziava nel mondo creai
il Nirvana, un incantesimo in grado di invertire la luce con
l'oscurità. Nirvana divenne il nostro paese e per un po'
riuscimmo a
mantenere la pace. Ma fu impossibile cambiare la personalità
delle
persone in luce senza conseguenze. Così come
l'oscurità si oppone
alla luce, la luce si oppone all'oscurità.
L'oscurità dispersa
dalle persone tornava contro di noi di Nirvit. Fu l'inferno. Ci
uccidemmo l'un l'altro, finché non rimase nessuno. Io sono
l'unico
sopravvissuto... anche se a dire il vero questo non è
propriamente
corretto: il mio fisico è morto da tempo, sono
ciò che voi chiamate
uno spirito» smorzò la voce, nel confessare quelle
ultime parole.
Nessuno ebbe coraggio di dire niente, era tutto così
assurdo,
incredibile e soprattutto spaventoso.
«Uno...
spirito?» balbetto Lucy, pallida in volto.
«O
meglio, un debole fantasma che sta provando a redimersi dei suoi
peccati. Ho tenuto d'occhio il Nirvana per quattrocento anni in
attesa della comparsa di qualcuno che lo avrebbe distrutto. E
ora...»
un sorriso, anche se in tutta quella storia aveva certamente un gusto
meno rassicurante e più amaro. «Ora il mio compito
è finalmente
terminato».
«C...Cosa
stai dicendo?» chiese Wendy con un filo di voce ma il Master
non
ebbe tempo di trovare una risposta che tutti i membri di Cat Shielter
cominciarono pian piano a sparire, uno dopo l'altro, in un tiepido
fascio di luce.
«Che
succede?» chiese ancora Wendy, guardando i suoi compagni
sparirle
davanti agli occhi. «Tutti quanti!» urlò
Charle, altrettanto
sconvolta.
«No...»
pianse Wendy. «Ragazzi... non voglio che spariate!»
«Mi
dispiace averti ingannata» disse infine il Master.
«Tutti i membri
della gilda in realtà sono illusioni create da me».
«Cosa
hai detto?» strillò Natsu, sconvolto.
«Illusioni
con le proprie personalità» mormorò
Leon, sconvolto dal potere di
quel vecchio.
«Io
ho vissuto in questo villaggio solo per proteggere il Nirvana. Sette
anni fa un ragazzo venne qui e mi chiese di prendermi cura della
bambina che si portava appresso» raccontò lui e
Priscilla, che
conosceva già parte di quella storia, capì che si
trattava di
Mistgun.
"Una
mia vecchia amica".
Conoscendo
Mistgun non era nemmeno difficile capire perché avesse
deciso di
lasciare Wendy nelle mani di qualcun altro. Anima aveva intensificato
i suoi attacchi, la magia del folle padre che aveva ad Edoras,
certamente non poteva portarsela appresso. Non una come Wendy,
perlomeno.
«Non
potei rifiutare la richiesta di quel ragazzo e dei suoi fieri ed
onesti occhi. Anche se avevo promesso a me stesso che sarei rimasto
solo, il dolore di quella bambina era tale che fu impossibile per me
dirle la verità. Cercava una gilda, diceva che quel ragazzo
aveva
promesso di portarla a una gilda di maghi e così ho creato
una
famiglia illusoria».
«L'intera
gilda è stata creata per Wendy?» chiese Lucy,
portandosi una mano
alle labbra.
«Non
voglio sentirlo!» urlò Wendy, in preda alle
lacrime.
«Wendy,
Charle... non avete più bisogno di una famiglia immaginaria.
Avete
dei veri amici, ora» sorrise il vecchio, indicando il resto
del
gruppo alle spalle della ragazzina. «Il tuo futuro
è appena
iniziato» e con quelle ultime parole persino la sua immagine
cominciò a sparire in una scia luminosa, evanescente, fino a
diventare irriconoscibile.
«Master!»
chiamò Wendy, provando a corrergli incontro, ma non
poté che
abbracciare il vuoto. E con l'ultimo membro di quella finta gilda,
sparì anche il simbolo sulla spalla di Wendy. Le gambe le
cedettero
e cadde a terra, incapace di muoversi oltre. Chiamò un
ultima volta
il suo master, gridando al cielo, e infine scoppiò in un
pianto
terribile e insostenibile.
"Si
chiama Wendy Marvell" la
voce di Mistgun che rimbombava nella testa di Priscilla, nell'eco dei
pianti della ragazzina. "È
una mia vecchia amica".
"Amica".
"Gerard
mi ha salvato la vita" il
racconto di Wendy, per giustificare la dolcezza dei suoi occhi quando
guardava quello che in realtà era il clone del suo
salvatore. Una
strana sensazione al petto le fece intensificare il respiro.
D'istinto strinse le dita della mano destra, ancora scoperte, sul
simbolo che portava sul palmo della mano.
"Il
simbolo sul palmo della tua mano non significa questo, Priscilla?
Puoi stringere Fairy Tail tra le dita, curarla” la
voce di suo nonno, che le ricordava quale poteva essere il suo nuovo
scopo di vita, ora che Laxus non c'era più.
“Di
nuovo qua, Priscilla?” ricordava
le volte che Mistgun la prendeva in giro, quando tornava da lui dopo
solo pochi giorni da una missione appena conclusa. “Non
riesci proprio a stare sola?”
“Io
sono sempre sola” le
aveva risposta atona.
“Già...
anche io” un
sospiro e uno sguardo al cielo. “Ma
è bello anche così, condividere la nostra
solitudine tra di noi. La
rende meno schiacciante”.
“Perché
hai scelto di aiutarmi? Perché sei venuto meno alla tua
regola di
avere a che fare con Fairy Tail e mi stai aiutando, Mistgun? Io in
cambio non ti do poi molto”.
“Chissà...
magari mi ricordi qualcuno a cui volevo bene”.
Un
palpitio di fronte a quel piccolo ricordo nato così
improvvisamente.
“Gerard
mi ha salvato” aveva
detto Wendy.
“Gerard
mi ha salvato” certamente era quello che poteva dire anche
lei.
Si
avvicinò a Wendy sotto lo sguardo sorpreso e preoccupato dei
suoi
amici, curiosi di ciò che aveva intenzione di fare.
“Era
una mia vecchia amica” come
toglierselo dalla testa?
“La
magia di Wendy potrebbe aiutarti, ma anche ucciderti, per questo ho
desistito dal dirtelo subito. Valuta attentamente” si
era preoccupato. Si era sempre preoccupato per lei.
“Dove
vuoi il simbolo di Fairy Tail, allora, Priscilla?” la
voce di suo nonno, in un altro dei tanti ricordi. La faceva sorridere
ogni volta.
“Sul
palmo della mano destra!” aveva
deciso dopo un'attenta analisi. “Perché
il palmo della mano destra è la prima cosa che si offre a
coloro che
vogliamo aiutare. Ed è quello che farò
io”.
La
mano di Priscilla si aprì davanti al viso di Wendy,
mostrandole così
il simbolo giallo che conteneva. Inginocchiata davanti a lei la
guardava con una dolcezza unica.
«Condividi
la tua solitudine con noi, la renderà meno
schiacciante» le disse
incoraggiante. Il viso di Wendy si distese nel vedere la sua mano
offrirle la risposta a tutte le sue sofferenze: la sua mano, la sua
gilda. Priscilla le stava offrendo non solo un aiuto, ma
un’intera
gilda, la sua stessa famiglia. Una nuova casa.
Un
sorriso nacque sul volto di Priscilla, un enorme sorriso luminoso, lo
stesso sorriso che aiutava Laxus a sentirsi meglio tutte le volte che
ricordava, lo stesso sorriso che lui stesso le aveva insegnato a fare
per spiegarle cos'era la vita.
“È
tuo fratello, Priscilla. Occupati di lui”.
«Tranquilla!
Mi occuperò io di te!»
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Capitolo 19 *** Tornare ***
Tornare
«Ecco
la nostra nave» disse Lucy, indicando l'imbarcazione ferma
nel
porto. Vicino a loro altre grosse navi attendevano, ognuna diretta in
località diverse.
«Si
torna a casa!» esultò Priscilla, alzando le
braccia al cielo.
Quella missione era stata estenuante e molte volte si erano ritrovati
a pensare che forse mai sarebbero potuti tornare a casa, visto come
stavano andando le cose. Sapere che presto avrebbero rivisto tutti i
loro amici faceva certamente venire una gran allegria.
«Vedrai,
Wendy! Fairy Tail è fantastica! C'è voluto un
Dragon Slayer un po'
scorbutico per buttarla giù e convincere tutti a
ricostruirla, ma
alla fine ne è venuto un bel lavoro!» disse alla
ragazzina al suo
fianco.
«Si
è trattata di una guerra e tu la racconti come fosse stato
una
chiacchierata pacifica tra amici» osservò Lucy,
sospirando affranta
per la sua superficialità.
«C'è
una sala enorme!» raccontò Priscilla, ignorando
Lucy. «E abbiamo
anche una sala giochi, ora, nel seminterrato. E una piscina
gigantesca! E un palcoscenico! Mirajane canta spesso delle canzoni
per noi, è bravissima» sorrise ancora, felice di
poter tornare lì
dentro.
«Incontreremo
la vera Mirajane , Charle!» disse Wendy, emozionata, ma la
gatta non
le diede molta considerazione.
«Non
vedo l'ora di mostrare a Romeo e ai suoi amici questo braccio di
ghiaccio! Diventeranno gialli per l'emozione» si
esaltò ancora di
più.
«Che
razza di colore è il giallo per l'emozione?»
chiese Gray, ma anche
lui non venne ascoltato.
«E
poi si mangia tante cose buone! Si fa sempre festa! Tutti
litigano!»
«Non
è bello se tutti litigano» osservò
Wendy, questa volta poco
convinta.
«Sì,
ma tu puoi scommettere su chi resterà in piedi»
ridacchiò
Priscilla maligna e Happy sobbalzò, ricordandosi di una cosa
importante: «Non mi hai dato i soldi dell'ultima
vincita!»
«Che
dici? Certo che li hai avuti. Hai la memoria corta perché
sei un
gatto» rispose lei decisa.
«Natsu»
pianse Happy. «I gatti hanno la memoria corta?»
«Non
saprei... ricordi cosa hai mangiato ieri?» azzardò
lui.
«Pesce!»
«E
allora non hai la memoria corta!» sorrise Natsu.
«Aye!»
esultò Happy, convinto.
«Lui
mangia sempre pesce, era facile!» rispose a tono Priscilla,
infastidita dalla domanda decisamente troppo semplice.
«Comunque
sono sicura ti piacerà, ti presenterò a tutti
quanti! Starai bene
di certo, è una bella famiglia».
«Fa
piacere sentire queste cose da te» sorrise Erza, ricordandosi
di
come lei fosse stata scostante prima che loro scoprissero il suo
segreto. Priscilla le concesse uno sguardo complice, prima di
sorridere felice. Erza aveva ragione, era strano ma era bello che
proprio lei cominciasse a considerare l'intera gilda una bella
famiglia.
«Io
non vedo l'ora di prendere un altro incarico!» disse Natsu,
strepitante.
«Stiamo
tornando ora e già pensi a ripartire»
sospirò Lucy, sconsolata
all'idea che sarebbe sicuramente stata trascinata insieme a lui.
«A
proposito... l'ultimo incarico se non sbaglio l'hai fatto con i
Raijinshuu, Priscilla, giusto? È curioso che ti sia unita a
loro.
Com'è stato?» chiese Erza, incuriosita. Ma il
volto di Priscilla si
trasformò improvvisamente diventando come di pietra, tanto
per un
attimo Wendy si chiese se fosse ancora viva. Non riusciva neanche
più
a sentirla respirare. Cosa c'era che non andava? Forse la missione di
cui parlava Erza non era andata bene?
Queste
le domande che si ponevano tutti, che certo non potevano sapere cosa
in quel momento stesse letteralmente urlando nella mente di
Priscilla.
"My
Baby!" era l'unica cosa che riusciva a sentire, come un martello
pneumatico contro l'asfalto, e non riusciva a smettere di avere i
brividi nel ripensare a Bickslow che non aveva fatto altro che
tormentarla con quella faccenda.
Non
fiatò nemmeno ma si avvicinò decisa a Jura, prima
di offrirgli la
sua mano destra e dire: «Ho deciso di entrare a Lamia Scale.
Prego,
sostituite pure il simbolo della gilda».
«Che
stai dicendo?» urlarono Gray e Lucy, più per
rimprovero che per
sorpresa.
«Non
diceva che Fairy Tail è la più bella?»
si chiese Wendy, confusa
per l'improvviso cambio di idea.
«Dev'essere
successo qualcosa con i Raijinshuu» ipotizzò Erza.
«Che le abbiano
fatto del male? In tal caso...» si carico di rabbia e
determinazione
e Wendy avrebbe scommesso che sarebbe potuta partire da un momento a
un altro per difendere l'amica dall'eventuale sopruso che ipotizzava.
Ma in realtà Erza puntò contro Priscilla un dito
severo e urlò:
«Devi affrontare il tuo nemico! Un mago di Fairy Tail non
scappa!»
«Non
voglio!» urlò Priscilla, cercando di fuggire ma
Erza l'afferrò per
il collo della maglia e cominciò a trascinarla con forza
verso la
propria nave. Inutile furono le urla e le lacrime di quest'ultima,
che provò a liberarsi scalciando e dimenandosi. Ma la presa
di Erza
era forte e salda e infine salirono sull'imbarcazione, seguite da
Lucy, Gray, Natsu e Wendy solo dopo aver salutato le altre gilde.
Erano
già salpati quando Priscilla riuscì a liberarsi
dalla presa ferrea
di Erza e corse fino al bordo della nave da cui si affacciò.
Si
sollevò sulle punte, per alzarsi e farsi vedere meglio, e
sporgendosi sventolò la mano ancora di ghiaccio urlando
sorridente:
«Leon! Cherry! Ci vediamo presto!»
Entrambi
i maghi la guardarono sorridenti e Cherry ricambiò il suo
caloroso
saluto con altrettanta gioia, sventolando entrambe le mani e saltando
mentre urlava: «A presto!»
«Hai
legato molto con loro due, vero?» chiese Erza,
raggiungendola.
Priscilla sobbalzò nel vedersela a fianco e già
temeva che
l'avrebbe legata o costretta a un allenamento per forzarla a
vedersela con i Raijinshuu. Ma si calmò subito nel vederla
invece
serena e tranquilla e tornando a guardare i due ragazzi sull'altra
nave sorrise, mentre rispondeva: «Cherry aveva detto che
siccome non
ero umana non ero una minaccia in amore» disse semplicemente,
come
fosse stata quella frase a poter spiegare tutto. Erza ci mise un po'
a capire, ma infine ricordò: poche ore prima, proprio
davanti a Cat
Shielter, Cherry aveva fatto una sfuriata di gelosia nel vedere
Priscilla abbracciata a Leon. La considerava una minaccia, ora, e
questo voleva solo dire che la vedeva anche lei umana. Sentirsi
umana, Priscilla non aveva mai desiderato altro, e Cherry glielo
aveva dato. Bastava questo a renderla una preziosa amica.
«E
Leon invece ha messo della magia dentro me» aggiunse poi
Priscilla,
portandosi una mano al petto e arrossendo emozionata al pensiero.
«Eh?»
chiese semplicemente Erza, guardandola con gli occhi sgranati. Sapeva
benissimo cosa aveva fatto Leon per lei, ma detto in quel modo e con
quello sguardo emozionato certo faceva pensare a tutt'altro.
«Cos'ha
fatto Leon?» chiese Gray, attirato dalla stranezza di quella
frase
che l'aveva portato sulla stessa strada di Erza.
«Ora
che ci penso, non siete rimasti soli tu e lui per un po' dopo che
avete sconfitto Racer» disse Lucy e Priscilla
annuì, confermando:
«Ed è stato quello il momento in cui Leon ha messo
la sua magia
dentro il mio corpo» insisté, facendosi sempre
più emozionata.
«A-Aspetta!
Che intendi?!» chiese Gray, sgranando gli occhi.
«Wendy!
Non ascoltare! Sono discorsi da adulti!» disse Lucy,
preoccupata per
l'innocenza della bambina.
«La
cosa mi imbarazza un po', non sono certo cose che si raccontano a
tutti» continuò Priscilla stringendosi in se
stessa, senza capire
né preoccuparsi che tutta quell'agitazione nasceva da un
equivoco.
In fondo anche lei era molto più ingenua di quanto si
potesse
pensare, ma in quel momento erano solo le sue parole a dar da pensare
a tutti i presenti.
«Ma
quindi è vero?!» arrossì Erza,
guardando sconvolta l'amica.
«Credi
che mentirei su una cosa simile?» chiese lei non capendo
tutta
quella sorpresa. Era abbastanza evidente il suo braccio di ghiaccio,
che avevano da allarmarsi tanto?
«Wendy?»
la voce moribonda di Natsu li distolse fortunatamente da quei
discorsi e la ragazzina sussultò nel ricordarsi.
«Hai ragione! La
magia per i mezzi di trasporto!»
Non
appena il fascio luminoso di Wendy toccò la fronte di Natsu
il suo
colorito tornò normale e Natsu cominciò a
saltellare per tutta la
nave, felice di non avere la nausea e millantando di amare i mezzi di
trasporto. Cosa che proseguì per ore.
«La
magia Troia» sospirò Priscilla, sedendosi a terra
vicino a Wendy.
«Avevo letto della sua esistenza, qualche tempo fa. Sei in
grado di
usarla con una tale semplicità, incredibile».
«Le
magie curative sono la mia specialità e mi sono esercitata
molto su
queste» confessò Wendy.
«Anche
io conosco una magia simile per aiutare il senso
dell'equilibrio»
confessò Priscilla, alzando gli occhi al cielo.
«Conosci
una magia simile e non me l'hai mai detto?» ruggì
Natsu dall'altro
capo della nave.
«Tu
me l'hai mai chiesto?» rispose a tono Priscilla, prima di
tornare a
concentrarsi sul cielo e su Wendy.
«La
tua magia, Priscilla-san...»
«Ti
prego non mettere il san!» supplicò lei e Wendy,
annuì prima di
proseguire, timida: «La tua magia... è uguale alla
mia».
«No,
affatto. Io ho solo il controllo dell'aria, la tua è molto
più
estesa e potente. Prendi il Troia ad esempio: la tua magia va a
incidere direttamente sulle strutture del corpo umano, migliori il
senso dell'equilibrio in sé. La magia che conosco io invece
gioca
sul controllo dell'aria, modifica pressione e tutta una serie di
caratteristiche atmosferiche intorno alla persona in modo che non
senta l'oscillamento e il movimento a cui è sottoposto.
Infatti per
farlo funzionare devo continuare a emettere magia intorno alla testa
della persona per tutto il tempo, in modo da tenere sempre sotto
controllo l'ambiente intorno a lui. Sai, ho viaggiato un po' insieme
a una persona in passato che aveva gli stessi problemi di Natsu. Ho
studiato molto per riuscire a capire come sfruttare le mie
capacità
per aiutarlo, tu invece ce l'hai innato. La magia del cielo comprende
quella dell'aria, per questo ti sembra che siano uguali, ma la tua
è
molto più potente» spiegò Priscilla.
«Sì,
ma...» borbottò Wendy, ancora poco convinta.
«Io non sono in grado
di combattere, tu invece....» non concluse la frase, ma aveva
ben in
mente il ricordo del giorno prima quando Priscilla l'aveva difesa da
Brain in maniera eccezionale.
«Devi
solo crescere un po', vedrai che diventerai un'ottima Dragon
Slayer!»
cercò di incoraggiarla e Wendy sorrise, emozionata, prima di
tornare
ad arrossire timida.
«Priscilla,
pensavo... visto che entrerò a Fairy Tail insieme a voi e
noi due
potremmo vederci più spesso, non è che potresti
insegnarmi qualche
magia del vento per il combattimento?»
"Insegnare..."
rifletté Priscilla, sorpresa dalla richiesta e anche un
pizzico
emozionata. Esitò, non sapendo bene come reagire a quel
batticuore
che l'aveva colta di fronte a quella semplice e banale richiesta. Lei
aveva a lungo inseguito qualcuno, chiunque, di cui potesse essere
l'ombra per poter avere uno scopo. E ora le veniva chiesto di essere
lei quella da seguire, veniva riconosciuta la sua forza e le sue
capacità, ma non solo. A farlo era quella stessa ragazzina a
cui si
stava legando incredibilmente sia per la magia che avrebbe potuto
darle la libertà e realizzare il suo sogno, sia
perché era un
collegamento al primo e vero amico che avesse mai avuto al di fuori
di suo fratello: Mistgun.
Wendy
colse la sua esitazione e la male interpretò, agitandosi e
imbarazzandosi, prima di giustificarsi: «Scusami, non volevo
essere
sfacciata. Forse è perché sei stata tanto
premurosa con me fin dal
primo giorno e io ho sempre desiderato avere una sorella come te,
sono stata poco educata. Mi dispiace».
"Sorella!"
Qualcosa
esplose all'altezza del petto e forse forse smise persino di
respirare. Non sapeva perché ma sentiva di aver raggiunto
l'apice
della gioia e dei desideri. Wendy era diventata improvvisamente la
cosa più preziosa che potesse mai avere.
Si
sciolse dal suo incantesimo con un urlato: «Ma certo che ti
insegno!» e si lanciò sulla ragazzina,
stringendola e schiacciando
la propria guancia contro la sua testa. «La mia piccola nuova
sorellina! Perché anzi ora che arriviamo non vieni a stare
nella mia
stessa stanza nel dormitorio? Così non resterai sola,
Wendy-chan!
Mai più sola!»
«Non
rischiamo di stare un po' strette in due in una sola stanza?»
disse
Wendy, ridacchiando imbarazzata per tutto quell'entusiasmo e
quell'affetto che improvvisamente le stava riversando addosso come un
fiume.
«C'è
spazio per tutti! Anche per la micetta. Le prenderemo una cuccia
stupenda e un tiragraffi tutto per lei!»
«Wendy,
questa è una psicopatica. Non starle troppo
vicino» disse Charle
preoccupata e offesa per la cuccia e il tiragraffi, come fosse un
animale qualunque.
«Psicopatica?
Sciò, micetta! Via dalla mia sorellina!» disse
Priscilla
sventolando una mano.
«Sorellina?
La conosci appena!» brontolò Charle ma Priscilla
in tutta risposta
le fece una linguaccia. «Wendy!» lamentò
ancora Charle, offesa, ma
la ragazzina rispose con un'altra risata nervosa e imbarazzata.
«Io
e Wendy siamo legate dal destino» e per quanto quello che
avesse
appena detto fosse solo una risposta di picche per Charle, si accorse
che in realtà la cosa era decisamente più
veritiera di quanto si
fosse aspettata. Si ammorbidì nell'abbraccio e
guardò Wendy,
ricevendo dalla diretta interessata un allegro sorriso. La cosa
piaceva anche a lei e forse che chissà non pensasse la
stessa cosa,
visto che entrambe avevano una magia molto simile. In fondo si era
sentita legata a lei dal primo istante, quando le aveva offerto la
mano la prima volta all'ingresso di Blue Pegasus.
Priscilla
tornò a sorridere felice, questa volta realmente, e restando
vicina
a Wendy le accarezzò la testa a cui poggiò la
propria fronte, in
segno di affetto. Era sicuramente l'inizio di qualcosa di molto
più
grande.
«Siamo
a casa!» gridò Priscilla con un entusiasmo unico.
Spalancò la
porta della gilda e alzò il braccio di ghiaccio per salutare
tutti i
compagni. Una mano la raggiunse prima che gli sguardi dei presenti e
con un colpo di dita la colpì in piena fronte tanto forte da
farla
quasi cadere all'indietro. Con le lacrime agli occhi per il dolore
Priscilla si portò una mano alla fronte ora arrossata e
cercò di
capire cosa fosse appena successo. La mano proveniva da un braccio
allungato smisuratamente, bastò questo a farle capire chi
fosse
stato il suo attentatore. Makarov sedeva sul bancone del salone,
bicchiere alla mano, guance arrossate leggermente per l'alcol
(chissà
quanto) che aveva ingurgitato e l'altra mano allungata dalla sua
magia per raggiungere e punire la nipote.
«Sei
partita senza autorizzazione!» la rimproverò.
«M-mi
dispiace» piagnucolò Priscilla come una bambina di
fronte al padre
collerico.
«Il
gruppo di rappresentanti è stato scelto per un motivo
specifico! Era
ovvio che non fosse permesso a chiunque di infiltrarsi e seguirli,
per il bene della missione!» la rimproverò
Makarov, furioso.
«Sono
stata perfettamente all'altezza del compito, cosa credi?!»
Priscilla
rispose a tono, irritandosi per la poca fiducia che sembrava le
stesse dando.
«Certo
che lo sei stata, mocciosa!» ruggì Makarov,
saltando in piedi sul
bancone e diventando paonazzo, prima di aggiungere: «Ma
avresti
dovuto almeno avvertirmi!»
«Lucy-san»
sussurrò Wendy, arretrando di un passo e avvicinandosi alla
bionda.
«Chi è quello? Fa paura» ammise,
intimorita dal suo urlare.
«Paura»
si lasciò scappare un sorriso Lucy. Tutto si poteva dire di
Makarov,
ma non che facesse paura, non ai membri della gilda per lo meno... a
meno che non lo volesse. «Lui è il
Master» cercò di spiegare e
Wendy sussultò con un terrorizzato:
«Master?!».
Ora
ne aveva ancora più il terrore.
Priscilla
indugiò un po' di fronte a quell'ultima frase e
inarcò un
sopracciglio, pensierosa, prima di chiedere: «Nonno... eri
preoccupato per me?»
Makarov
arrossì e rapidamente le voltò le spalle, per non
farsi cogliere in
quella debolezza, sputacchiando un falso: «Affatto!»
«Nonno?!»
sussultò Wendy, guardando Priscilla con occhi spalancati.
«È... la
nipote del Master?»
«Ora
si spiegano tante cose» rifletté Charle.
«Master,
ha pianto per la prima mezz'ora quando ha saputo che era
sparita»
intervenne Mirajane, innocente e pura come sempre.
«Ho
sempre preso parte a missioni pericolose insieme a Laxus o Mistgun,
cos'è questo improvviso interessamento alla mia
salute» alzò un
sopracciglio lei, poco convinta. Ma come un fulmine a ciel sereno, la
risposta le arrivò proprio dalle sue stesse parole.
«Non eri mai
preoccupato proprio perché c'erano loro! Non ti sei mai
fidato di
me!» ringhiò puntandogli un dito contro.
«Questa
è una menzogna!» si agitò Makarov.
«Vecchiaccio
malfidato!» continuò Priscilla, furibonda.
«Sei
sparita nel nulla, poteva essere successa qualsiasi cosa!»
«So
cavarmela da sola!»
«Hai
del ghiaccio al posto del corpo! Ti sembra riuscire a cavarsela da
sola?»
«Su,
su, Master. È tornata sana e salva, era con Erza e Natsu,
non c'è
motivo di arrabbiarsi ancora» Mirajane intervenne nella
speranza di
placare quel litigio e in parte ci riuscì, visto che Makarov
si
rimise a sedere sbuffando e tornando a bere il suo bicchiere di
birra. Priscilla non riuscì a placare la rabbia e
continuò a
massaggiarsi la fronte dolorante per il colpo, ma non disse altro.
Nel profondo sapeva che Makarov aveva le sue buone motivazioni per
preoccuparsi tanto per lei, l'aveva sempre fatto dal momento che
aveva scoperto cosa Ivan le faceva. Se l'era presa molto a cuore e
aveva sempre fatto di tutto per darle una famiglia migliore di quella
in cui era nata, lottando contro Ivan stesso per liberarla dalla sua
presa e contro addirittura il Concilio per impedir loro di portarla
via e magari distruggerla. Sapeva che in un qualsiasi momento Ivan o
il Concilio avrebbero potuto farle del male e il senso di protezione
nei suoi confronti era decisamente più di quello che
dimostrava. Ma
per quanto questo fosse veritiero, Priscilla, che mai si era sentita
come gli altri, non aveva mai creduto a quell'affetto e quella
preoccupazione. Gli era grata per ciò che faceva per lei, ma
aveva
sempre sentito dentro sé che non era parte di quella
famiglia né
realmente imparentata a Makarov. Lo chiamava Nonno per abitudine,
niente più, ma aveva sempre sentito che l'unico nipote che
lui
avesse e a cui fosse legato era solo Laxus. Priscilla era una piccola
protetta solo perché Makarov stesso era un uomo di buon
cuore che
detestava le ingiustizie, ma certo non poteva provare amore verso un
essere privo di vita e umanità come lei.
Questo
era quello che aveva sempre creduto, perciò quella piccola
litigata
per quanto fastidiosa le scaldò comunque il petto. Davvero
provava
preoccupazione nei suoi confronti?
Sospirò
e fece un passo avanti, decisa a calmarsi e cercare di ricominciare
da capo. In fondo doveva ancora presentare Wendy ai presenti, anche
se ci avevano praticamente già pensato Erza e gli altri a
raccontare
tutto al resto della gilda mentre lei bisticciava con suo nonno.
«Priscilla!!!»
l'urlo fece quasi tremare le mura della gilda e lei cominciò
a
urlare spaventata persino prima di voltarsi e capire da dove
provenisse l'uragano che stava per travolgerla. Si voltò
giusto in
tempo per vedere i volti di Fried, Bickslow e Evergreen un istante
prima che le si buttassero addosso a braccia spalancate.
Circondandola, la serrarono tra le proprie braccia, incastrandola in
una trappola soffocante d'affetto, tanto stritolatrice che lei non
riusciva più nemmeno a muoversi.
«Grazie
al cielo sei salva!» piagnucolò Evergreen.
«Perché
sei congelata in parte? Cosa ti ha fatto Gray?» si
allarmò Fried.
«Se
ci fossimo stati noi ti avremmo protetta meglio di come hanno fatto
Erza e gli altri!» disse Bickslow.
«Non
dovevamo fidarci di loro, lo sapevo!» gli diede corda
Evergreen e
nel frattempo Priscilla continuava ad agitare la testa nel tentativo
di scivolare via, inutilmente, mentre raggiungeva pian piano un
colorito violaceo per la mancanza di ossigeno.
«Lasciatemi»
riuscì a mormorare infine. «Per l'amor del
cielo...»
«Priscilla?»
chiese Evergreen, non capendo il suo tono. Bickslow la
guardò in
viso e disse semplicemente: «Sta diventando blu».
«Che
sia la sua magia?» chiese ancora Evergreen.
«Credo
che la stiate strozzando» azzardò Wendy, titubante
se intervenire o
meno. I Raijinshuu si convinsero a mollare la presa e Priscilla
poté
tornare a respirare, benché ce li avesse ancora intorno. Per
lo meno
avevano smesso di stritolarla.
«La
piccoletta chi è?» chiese infine Bickslow, notando
solo in quel
momento Wendy. Priscilla si illuminò, felice di poter
finalmente
presentare a tutti quelli che considerava la sua nuova sorellina.
«Lei è...» cominciò,
sorridente, ma Erza prese Wendy per mano e
la trascinò via con un: «Vieni, Wendy! Ti presento
al resto della
gilda!»
«A-aspetta!»
balbettò Priscilla, allungandosi per cercare di
raggiungerle, ma i
Raijinshuu non sembravano intenzionati a lasciarla andare. Si
accasciò sulle loro braccia, ormai vinta all'inevitabile, e
si
limitò a piagnucolare: «Sapevo che sarei dovuta
andare con i Lamia
Scale».
Era
stata così felice di tornare, eppure da quando aveva messo
piede lì
dentro niente le era andato per il verso giusto.
«Priscilla!
Ci vuoi raccontare cosa ti è successo al corpo,
allora?» chiese
Fried, curioso.
«Hai
un aspetto terribile! Ti sistemo i capelli nel mentre, che dici? Se
devi seguire le mie orme per diventare bella come me è bene
mettersi
di impegno fin da subito» aggiunse Evergreen, orgogliosa.
«Ti
siamo mancati, baby?» sorrise Bickslow sulla scia dei
compagni,
chiamandola infine in quel modo che a lei aveva fatto venire gli
incubi per un po'.
«Eccoli
che ricominciano» mormorò semplicemente Priscilla,
ormai stanca,
accasciata sulle loro braccia che ancora si attorcigliavano tra loro
per poterla abbracciare. Imbronciata, alzò semplicemente gli
occhi,
senza muovere la testa, e guardò la gilda che faceva festa
alla
nuova arrivata in quel suo modo confusionario ed eccitato. Tutti
urlavano, nessuno sembrava essere in grado di parlare normalmente,
dovevano farsi sentire, fare confusione. Suo nonno si unì
addirittura a loro, saltando sul bancone con il boccale in mano e
urlò: «Festeggiamo l'entrata di Wendy e Charle
nella gilda!
Scatenatevi! Scatenatevi!» saltò, improvvisando un
ridicolo
balletto. Mirajane cominciò a spillare birre con una
velocità da
record e il rumore intorno a loro aumentò ancora di
più, tra le
urla di gioia, le risate e i brindisi. Nonostante avesse
metà del
corpo ancora congelato, riusciva a sentire un tiepido calore intorno
a lei. Quella era la loro casa, la Fairy Tail che desiderava
proteggere e per cui aveva rischiato la sua vita, contro il Nirvana.
Persino quei tre assillanti amici di suo fratello, per quanto fosse
difficile sopportarli e star loro dietro, erano il motivo per cui
aveva rischiato la sua vita. Il simbolo sul palmo della mano poteva
stringerlo delicatamente tra le dita per proteggerlo e curarlo, e nel
frattempo avrebbe aspettato il suo
ritorno.
"Vedrai,
Laxus, che bella casa ho costruito e curato per te" sorrise,
sorrise sincera. Allargò le braccia e accolse al loro
interno le
teste di tutti e tre i Raijinshuu stringendoseli al petto.
«Mi
siete mancati veramente» confessò e questo,
sorprendendoli, li fece
addirittura arrossire.
Evergreen
spalancò la bocca per l'emozione e balbettò
infine: «Andiamo a
fare shopping insieme, domani?»
«Certo!»
rispose lei, stupendoli ancora di più -visto come in
realtà avesse
sempre risposto prima della sua partenza.
«Posso
cucinare qualcosa per festeggiare il tuo ritorno?» chiese
Fried,
altrettanto emozionato.
«Non
vedo l'ora!» rispose ancora lei con un entusiasmo incredibile.
«Sposiamoci
all'alba!» disse Bickslow con lo stesso entusiasmo degli
amici.
«Scordatelo»
gli rispose Priscilla usando lo stesso candore e allegria, nonostante
il rifiuto.
«Ci
ho provato» alzò le spalle Bickslow, per niente
ferito, e la cosa
fece ridere non solo Priscilla ma anche gli altri due compagni. Quel
luogo, quella compagnia, quelle persone... c'era qualcosa di
più
bello?
«Festeggiamo!»
saltò Priscilla, entusiasta, e i Raijinshuu le andarono
dietro
lasciandola ora libera. Priscilla si lanciò sul bancone di
Mirajane
e cominciò ad ordinare tutto ciò che fosse
commestibile, buttando
giù enormi bocconi di cibo insieme a lunghe sorsate di acqua
e
succhi di frutta dolci e zuccherati. Brindò insieme a suo
nonno,
raccontò ad Elfman e Nav l'incredibile storia del suo
braccio di
ghiaccio e di come avevano sconfitto Racer, scommise con Happy su una
partita a braccio di ferro tra Natsu e Gajeel che presto si
trasformò
in un'enorme rissa, ballò alla musica di Mirajane, sul
palco, e
infine riuscì anche ad avvicinarsi a Wendy.
«Allora,
come ti sembra?» chiese con un sorriso.
«Questo
posto è divertente, vero Charle?» disse Wendy,
voltandosi poi verso
la micetta al suo fianco.
«Non
è esattamente nel mio stile» rispose Charle, poco
convinta ma
nemmeno contraria a restare lì.
«Ohy!
Wendy! Devi assaggiare la torta! Vieni!» la chiamò
Natsu con la
bocca piena tanto da non riuscire a parlare decentemente.
«Ne
ho già mangiata un bel po'» sospirò
lei, senza però riuscire a
trattenere un sorriso divertito.
«Questa
è un'altra fetta, è diversa!»
insisté Natsu.
«Ma
è della stessa torta, Natsu» intervenne Lucy.
«Lascialo perdere,
Wendy» sospirò poi, cercando di essere di conforto
alla ragazzina.
«No,
va bene così. L'assaggio» ridacchiò
Wendy, decisa ad accontentare
il ragazzo. Lucy le andò dietro, cercando di convincerla a
non
assecondare tutti i suoi capricci, inutilmente, e Priscilla si
limitò
a ridacchiare guardandole allontanarsi. Ebbe però una strana
percezione, come un sesto senso, e si voltò verso la
balconata del
secondo piano aspettandosi di vedere chissà cosa. Ovviamente
era
vuota, tutti i presenti erano giù nel salone a festeggiare,
ma la
cosa non la convinse a lasciar perdere. Si allontanò
indiscretamente, cercando di non farsi notare, e salì al
secondo
piano. Camminò lungo il corridoio fino a trovare una porta
sulla
sinistra aperta. Entrò nella stanza, dove il vento entrava
dalla
finestra aperta, solleticandole la pelle. Sorrise, accostandosi la
porta alle spalle.
«Era
da un po' che non ci incrociavamo» disse a nessuno in
particolare, o
almeno così sembrava visto che nella stanza pareva esserci
solo lei.
Ma un'immagine si fece improvvisamente chiara, vicino alla finestra,
prendendo infine le sembianze di Mistgun.
«Sei
diventata ancora più brava, ora riesci a sentire la mia
presenza?»
disse lui, amichevolmente.
«Il
Mirage me l'hai insegnato tu, so come funziona abbastanza da
riconoscerlo quando lo vedo» rispose lei.
«Già»
sorrise Mistgun, prima di smorzare la tensione con un:
«Giù
raccontano le tue gesta nel controllare Nirvana, è davvero
incredibile quello che sei riuscita a fare».
«Questo
braccio me l'ha donato un amico» disse lei, guardandosi il
braccio
di ghiaccio. «Ho notato che il mio vento, sprigionato da
questa
mano, era più freddo e ho capito che la magia del mio corpo
doveva
aver acquisito quella di Leon. Ho pensato avrebbe funzionato anche
con Nirvana e ho fatto un tentativo».
«Non
sono molte le cose che possono ucciderti, hai affrontato a testa alta
una di queste. Il prossimo passo potrebbe essere addirittura tuo
padre» disse Mistgun, appoggiandosi con la schiena al muro.
«Chissà»
sghignazzò Priscilla. «Ho comunque promesso di
prenderlo a pugni se
mai l'avessi reincontrato. Perciò...»
E
il discorso Ivan non poté che portare alla mente di entrambi
una
sola.
«Sei
riuscita a trovarla, alla fine» disse Mistgun, dopo qualche
secondo
di silenzio.
«Già»
annuì Priscilla, senza chiedere di cosa stesse parlando. Era
ovvio
che l'oggetto del discorso fosse Wendy, visto quanto l'aveva cercata.
«Glielo
hai già chiesto?» si informò Mistgun,
curioso ma forse anche più
preoccupato. Wendy doveva usare su Priscilla la sua magia curativa e
liberarla dalle catene di suo padre, era questo il piano iniziale.
Priscilla voleva solo essere libera e umana, non desiderava altro,
anche se spezzare il legame con Ivan avrebbe potuto significare al
novantanove per cento che sarebbe morta. Solo una vana speranza le
diceva che la magia di Wendy avrebbe potuto donarle anche un'anima
autoalimentata e renderla un vero essere vivente. Ma era solo una
speranza, senza fatti o teorie che la comprovassero, rendendola
così
solo il folle sogno di una prigioniera.
«Non
ancora» rispose, vagamente, sottomettendo il suo dubbio dal
chiederglielo proprio. Se le avesse detto la verità, ovvero
che così
l'avrebbe quasi sicuramente uccisa, Wendy non avrebbe mai accettato,
lo sapeva. Ma non poteva nemmeno ingannarla, mentendole e dicendo che
sarebbe sopravvissuta. La ragazzina aveva il cuore troppo buono e
fragile, aveva bisogno di mani a cui aggrapparsi, se Priscilla le
avesse negato la sua, se Priscilla l'avesse costretta a commettere un
omicidio, Wendy sarebbe potuta andare in pezzi. Cominciava a volerle
abbastanza bene da non riuscire ad accettare di recarle una tale
sofferenza.
«Sei
decisa a farlo?» insisté Mistgun.
E
Priscilla, semplicemente, sorrise di quel suo sorriso senza risposte.
«Wendy
dice che le hai salvato la vita, qualche anno fa. Poverina, abbiamo
incontrato il nostro Gerard, era convinta che tu fossi lui»
disse e
Mistgun chiese, sorpreso: «Si ricorda di me?»
«Hai
una misera considerazione di te stesso, principe» lo
rimproverò
Priscilla, ma Mistgun si corrucciò e disse semplicemente:
«Non
chiamarmi in quel modo».
Priscilla
non reagì alla sua irritazione, ma rimase pensierosa per un
po'
prima di tornare a parlare.
«Preferirei
che non ti mostrassi a lei» disse. «Ha creduto
tanto ardentemente
nel falso Gerard che se scoprisse la verità si sentirebbe
stupida,
la metteresti in difficoltà. Tanto anche tu tra poco
tornerai nel
tuo mondo, perciò è inutile provare a darle
qualche speranza».
Una
provocazione. Una chiara provocazione, lo sapeva. Mistgun aveva a
lungo inseguito Anima per bloccare la sua magia, ma l'idea di tornare
a Edoras non riusciva mai a contemplarla. Sentiva di non avere le
forze sufficienti e vedersela con il diretto responsabile: suo padre.
«Non
avevo comunque intenzione di farlo» rispose Mistgun e si
sforzò di
provare a sorridere e riprendere a parlare più vagamente:
«Sono
felice che l'hai trovata, comunque. Cat Shielter non era una vera
gilda, qui starà bene. È cresciuta davvero
tan...»
«Tornerai,
vero?» lo interruppe Priscilla, seria in viso, distruggendo
così il
suo tentativo di cambiare discorso.
«Priscilla...»
sospirò Mistgun. «È
complicato».
«È
per questo che ti servono degli amici» sorrise lei furbamente.
«Di
cosa stai parlando?» chiese Mistgun più irritato
che curioso.
«Fairy
Tail è pronta, io li ho visti! Possono farcela! Se li
portiamo a
Edoras, Natsu e Erza possono...» provò a spiegare
Priscilla, ma
Mistgun la interruppe. «Non essere stupida. Li metteresti in
pericolo».
«O
forse no! Ascolta, ti aiuterò io...»
«Non
farlo».
«Sono
forti! Combatteremo per te».
«Diventerebbero
una Lacryma se passassero Anima!»
«Tu
hai quelle pillolette per evitare che succeda».
«Priscilla!»
la interruppe di nuovo. «È la mia
battaglia».
«E
la stai perdendo miseramente, Gerard!» rispose furiosa.
«Non
gridare quel nome. Potrebbero sentirti» disse Mistgun,
intimorito.
«Sono
riuscita a percepire la tua presenza, sono riuscita a seguirti senza
che tu sentissi me e ti sei fatto prendere a calci da mio fratello
prima che arrivassi io durante la battaglia alla cattedrale di
Caldia! Non dire la stronzata del "volevo lasciarlo a te",
può essere vera in parte ma la verità
è che cominci a non farcela
più. Anima ti sta prosciugando, non riuscirai ancora a
tenergli
testa. Non posso restare ferma a guardare mentre un amico muore in
questo modo, non con te, Gerard! Tu mi hai salvata».
"Gerard
mi ha salvata, molti anni fa" somigliava
così tanto a Wendy.
«Non...
posso lasciare che rischiate la vostra vita per me...»
balbettò
Mistgun, senza più molta determinazione.
«Allora
non farlo» rispose Priscilla, voltandosi e tornando ad
afferrare la
maniglia della porta. Alzò una mano e sventolò un
flaconcino con
dentro delle pillole, prima di dire: «Preoccupati solo di
riportarci
indietro tutti interi, quando avremo sconfitto tuo padre. Sono certa
puoi riuscirci».
«Quelle!»
sussultò Mistgun, portandosi una mano alla tasca dei
pantaloni.
Erano le pillole di cui aveva parlato Priscilla, le pillole che
potevano renderli immuni alla magia di trasformazione di Anima e che
avrebbe potuto impedire che diventassero una Lacryma nell'istante in
cui l'avrebbero attraversato. «Come...?»
«Ho
usato il Mirage, mi sono avvicinata e tu non ti sei neanche accorto
di niente. Ho ragione, Mistgun, nel dire che sei prosciugato o
no?»
Aprì
la porta e uscì, concedendogli però un ultimo
complice sorriso:
«Fermeremo Anima una volta per tutte e tu potrai tornare a
casa tua.
Vedrai».
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Capitolo 20 *** Porgere la mano ***
Porgere
la mano
Priscilla
sedeva a un tavolino distante rispetto agli altri, vicino a una
finestra. Guardava il cielo chiaro, fuori, già da qualche
ora.
Mirajane l'aveva vista entrare nella gilda molto presto ma da quando
aveva fatto il suo ingresso non aveva fatto altro che starsene da
sola, a quel tavolino dove era solita sedere, a guardare fuori dalla
finestra. Era un'attività abituale, in fondo, non c'era
niente di
strano nel vedere Priscilla starsene da sola a contemplare il cielo
da quella finestra, per questo alla fine nessuno se ne
preoccupò
molto. Probabilmente, pensavano, sentiva la mancanza di Laxus come
succedeva quasi sempre. E a confermare quelle ipotesi c'era anche
quella piccola nuvoletta che lei aveva distrattamente creato sopra il
palmo della mano destra. Il suo controllo molecolare, la gestione
delle correnti, le permetteva di dar vita con facilità a
quelle
piccole variazioni metereologiche. Le nuvole in tempesta erano la sua
preferita. Dalle piccole nuvole scure, grande al massimo come il
palmo della sua mano, nascevano tuoni e fulmini che cadevano sulla
sua pelle e la colpivano. Un pizzicore insignificante, tanto erano
minuscole, delle semplici scosse che a lei non turbavano affatto ma
anzi le apprezzava. Le facevano sentire meno sola, poter ascoltare il
rumore dei tuoni e sentirli sulla pelle. Su quello stesso palmo
marchiato dal simbolo della gilda, che ancora portava scoperto.
E
così per tutta la mattina il sottofondo dei tuoni fece
compagnia a
una gilda che invece risplendeva sotto a un sole vivace e cocente.
Proprio quei tuoni, di cui tutti conoscevano il significato, spingeva
a desistere dall'avvicinarsi a lei. Sarebbe davvero servito a
qualcosa provare a distrarla? O forse era meglio lasciarla sola a
metabolizzare quel dolore che periodicamente tornava?
Certo,
invece, nessuno poteva immaginare che il centro dei pensieri di
Priscilla quella mattina non era Laxus, anche se ascoltare quella che
sembrava la sua voce e sentirlo sulla pelle l'aiutava a concentrarsi
e riflettere. Le dava coraggio e benessere, l'ideale per cercare di
pensare a come convincere una magia oscura a inghiottire la gilda che
invece aveva promesso di proteggere. Pensieri che se solo fossero
trapelati, anche minimamente, avrebbero messo chiunque in allarme. Ma
il suo desiderio di aiutare Mistgun era immenso e la fiducia che
riponeva nella capacità dei suoi amici era altrettanto
potente.
Sapeva che sarebbe andato tutto per il meglio, ma doveva capire come
agire. Anima doveva scatenarsi sopra le loro teste e non poteva
aspettare che lo facesse di sua iniziativa, per puro caso. La
statistica non era a suo favore e il tempo benché meno.
Mistgun non
aveva più le forze di gestire Anima da Earthland, bisognava
distruggerla quanto prima dall'interno.
«Wow!»
la voce emozionata di Wendy la riportò con i piedi per
terra. Si
voltò verso la ragazzina che, a contrario del resto della
gilda, si
era avvicinata a lei senza preoccuparsi troppo. Cosa poteva saperne
lei della dolorosa storia del cuore spezzato di Priscilla? Era appena
arrivata. «Sei in grado di generare una piccola tempesta con
i tuoi
poteri?» chiese Wendy, guardando i fulmini che continuavano a
scendere dalla piccola nuvola nera verso il palmo della sua mano.
«Già»
annuì Priscilla, in un sorriso forzato e poco gioviale. I
pensieri
non volevano lasciarla da sola.
«Ma
non ti fanno male?» chiese Wendy, curiosa.
Priscilla
negò con la testa, prima di guardare la piccola magia che
lei stessa
aveva creato. Il sorriso riuscì ad ammorbidirsi e rendersi
vagamente
più sincero, mosso ora da una lieve sensazione di
malinconia. Era
inoltre quasi divertente assistere all'innocenza di Wendy: lei che
non conosceva Laxus e la loro storia, certo non poteva sapere il
sentimento che la legava a quei fulmini e al pizzicore che le
recavano sulla pelle. Se solo avesse saputo, avrebbe addirittura
potuto risponderle: "Immensamente" per il semplice fatto
che a far male non era il colpo fisico, ma i ricordi che le portavano
alla mente. Ma erano ricordi di Laxus e belli o brutti che fossero,
era scaldante averli. Charle si avvicinò curiosa alla sua
mano e
provò ad allungare una zampa verso il centro della piccola
tempesta,
facendosi colpire così da uno di quei fulmini. Si
irrigidì e tirò
indietro subito la zampa arrossata, lamentandosi per il dolore.
«Sono
peggio di quello che sembra!» commentò,
sventolando la zampa
ferita.
«Sono
temprata» ridacchiò Priscilla.
«Non
credo sia una cosa sana comunque» commentò Charle,
sempre meno
convinta.
«A
me rilassano» disse invece Priscilla, guardandoli con
dolcezza
mentre ancora si scatenavano sopra la sua mano.
«Ti
piace il temporale, Priscilla?» chiese innocentemente Wendy,
cercando probabilmente una via per conoscerla meglio. Un altro
sorriso, colmo di tenerezza e amore, e continuò a guardare i
fulmini
che scendevano su di lei prima di confessare in un sussurro:
«Già.
Mi piace proprio tanto».
"Hai
paura del temporale, Pricchan?" la
tenera voce di un Laxus bambino nei suoi ricordi parve sbeffeggiarla
per quell'ultima confessione, visto che quando era piccola non faceva
che nascondersi nell'armadio per il terrore.
"Dimentichi
che io sono il Dio del tuono! Posso gestire a mio piacimento ogni
singolo fulmine di questo pianeta. E ti prometto che finché
resterai
sotto la mia ala protettiva, nessuno di questi ti sfiorerà
nemmeno"
quanto
era ironico e dolce allo stesso tempo.
E
rise, rise divertita e addolcita come poche volte lo era stata.
«Credi...
potrei imparare anche io?» chiese Wendy, rossa in volto per
l'imbarazzo di quella richiesta. Voleva imparare più magie,
voleva
imparare da lei come manipolare l'aria e il cielo di cui era Dragon
Slayer per diventare più forte e capace. Si era sentita
così
inutile contro il Nirvana, non voleva che una cosa simile potesse
ripetersi.
«Questo?»
chiese Priscilla, guardando i tuoni sulla sua mano. «Non
saprei. Ma
possiamo provare» sorrise e strinse le nuvole tra le dita
facendo
così cessare la magia. Si alzò in piedi,
ricordandosi della
promessa che aveva fatto alla bambina, e determinata le disse:
«Cerchiamo un posto tranquillo?»
«Sì!»
Wendy saltò giù dalla sedia e seguì
Priscilla fuori dalla gilda.
«Ho
un'idea per cominciare. Vieni» disse Priscilla e rapidamente
condusse Wendy fino al mare, alle spalle della gilda.
Camminò fino a
trovare un pontile di legno libero e vuoto, che le avrebbe condotte
di più verso lo spazio aperto, senza navi o persone intorno.
«Che
facciamo qui?» chiese Wendy, guardandosi attorno curiosa.
«Meditiamo»
disse Priscilla, prima di spalancare le braccia e chiudere gli occhi.
«Eh?»
chiese Wendy, non capendo cosa volesse dire e come quello avrebbe
potuto insegnarle a usare meglio la propria magia. Ma non fece altre
domande e mettendosi al fianco della ragazza la imitò,
chiudendo gli
occhi e spalancando le braccia.
Qualche
secondo di silenzio dove a farle compagnia c'era solo il rumore del
mare mosso dal vento. Charle volò sopra un pilone in legno,
uno di
quelli usati per legare le barche, e ci si sedette sopra osservando
le due ragazze in silenzio.
«Respira
profondamente quest'aria e concentrati sulle sensazioni che ti da
sulla pelle e nei polmoni» sussurrò Priscilla,
senza scomporsi, e
cominciò a inspirare profondamente. Wendy la
imitò ancora e come
suggeritole si concentrò sul tocco del vento sulla propria
pelle e
la freschezza che le dava al petto nel respirarla così
profondamente.
«È
piacevole» sorrise infine, trovando anche del divertimento in
quello
strano allenamento che per niente sembrava un allenamento.
«È
già un buon punto da cui cominciare» sorrise
Priscilla, senza però
muoversi dalla sua posizione o aprire gli occhi. «La magia
del vento
rientra nelle magie elementari, come acqua, ghiaccio, fuoco o terra.
Pensa alle persone che usano queste magie, pensa a Gray, Natsu o Jura
della terra. E non so se hai conosciuto anche Lluvia, dell'acqua. Se
c'è una cosa che li accomuna è la perfetta
sintonia che hanno con
il loro elemento».
«Gray
si spoglia sempre per stare a contatto col freddo e Natsu prende
fuoco per ogni cosa» disse Wendy, capendo cosa volesse dire.
«Lluvia
ha il corpo composto di acqua e Jura ha un corpo massiccio, solido
come la roccia» continuò Priscilla. «La
magia elementare è la più
difficile da gestire ma anche la più ampia perché
riguarda il mondo
che ci circonda e ha come un'anima propria. Fa parte della natura,
come tale è indipendente e selvaggia, non puoi pensare di
riuscire a
gestirla se non impari prima a conoscerla ed adattarti alle sue
esigenze. Devi essere tu a diventare quell'elemento, non puoi
pretendere che sia l'inverso».
«Perciò
io devo diventare aria e cielo» osservò Wendy e
Priscilla rispose
con un entusiasta: «Esatto!»
Successivamente
non ci furono altre parole, solo respiri più o meno
profondi, fino a
quando il pomeriggio non cominciò a lasciare posto alla
sera. Una
lunga, enorme sessione di allenamento che per quanto placido e
silenzioso, fu ugualmente stremante.
«Ho
la testa leggerissima» disse Wendy sulla via di casa. Charle
dormiva
tra le sue braccia, nel restare a guardarle tutto il tempo la noia
l'aveva quasi uccisa e aveva finito con l'appisolarsi.
«È
positivo, vuol dire che hai fatto progressi»
commentò Priscilla,
distrattamente. Da quando si erano incamminate per tornare alla gilda
non aveva fatto altro che guardarsi il braccio sinistro, incuriosita.
«Qualcosa
non va, Priscilla?» chiese Wendy, dubbiosa.
«Sta
guarendo» disse lei, guardandosi il bicipite dove avveniva la
separazione tra la sua carne e il ghiaccio di Leon.
«Però sento
ancora freddo alla spalla. Ci ho fatto più caso oggi che
stavamo
meditando».
«Che
significa?» chiese Wendy, preoccupata.
«Non
saprei...» mormorò Priscilla, ma un dubbio
cominciava a insinuarsi
nel suo cuore. Possibile che la magia del suo corpo invece che
sostituire il ghiaccio di Leon lo stesse inglobando? E se questo
stava accadendo con il ghiaccio poteva succedere lo stesso anche con
il Nirvana? Poteva il suo cuore diventare da luminoso a oscuro, senza
che potesse rendersene conto?
"Li
metteresti in pericolo!"
la
voce di Mistgun tornò alla sua mente, il pomeriggio che gli
aveva
detto il suo desiderio di usare la gilda per aiutarlo. Usare la
gilda... suonava così raccapricciante ora. Aveva pensato di
essere
mossa dalle migliori intenzioni, aiutare un amico non era mai
sbagliato, ma usare gli altri a suo favore sicuramente sì.
Che
stesse commettendo un errore? Che si stesse incattivendo?
Aveva
promesso di proteggere quella gilda, sentiva che era quello ora il
suo motivo di esistere, perché proteggendo la casa di Laxus
avrebbe
anche protetto lui. Quando usarla e metterla in pericolo era
diventata un'opzione possibile?
«Priscilla?»
la voce di Wendy la riportò con i piedi per terra.
«Sei pallida.
Stai male?»
«No,
sono solo stanca. Penso andrò al dormitorio e
riposerò un po'.
Domani ti insegno qualche tecnica, va bene?» sorrise
Priscilla,
prima di scappare via.
«Va
bene» mormorò Wendy, poco convinta, guardandola
correre lungo la
strada.
Passò
in fretta una settimana, al termine del quale Priscilla aveva
terminato di rigenerare il proprio corpo di ghiaccio ed era tornata
completamente di carne, mentre Wendy aveva iniziato a padroneggiare
qualche tecnica di supporto come il Vernier o qualche tecnica di
combattimento usando il vento come arma. Faceva progressi da gigante
e stare insieme a lei gran parte della giornata era sicuramente un
piacere, ma l'ombra nel cuore di Priscilla si faceva sempre
più
grande. Il braccio ricostruito era più freddo dell'altro, ne
era
certa, e aveva delle ripercussioni su di lei, anche se positive.
Usando la magia del vento dal braccio sinistro era ora in grado di
dar vita a bufere tanto gelide da generare neve o ghiaccio. L'aveva
resa più forte, ma questo confermava che anche contro il
proprio
volere il suo corpo si era impadronito di quella magia con cui si era
mischiata. Aumentò così il timore che Nirvana
giacesse nel suo
cuore e la stesse manipolando, cominciò a non distinguere
più il
bene dal male, presa dal dubbio di essere diventata oscura senza
rendersene conto e contro il proprio volere. Non fece altro che
chiedersi se stesse sbagliando, il dubbio la logorava tanto che
cominciò a fare incubi ogni notte dove si vedeva avvolta
dall'oscurità e in essa si sgretolava come carta incenerita.
E il
tempo passava, sapeva che Anima continuava sicuramente a colpire in
tutta Fiore e Mistgun non faceva che rincorrerla. Voleva aiutarlo, lo
voleva davvero, ma qual era il modo migliore? Forse avrebbe potuto
pensarci da sola, senza contare sulla forza di Fairy Tail, ma aveva
davvero il potere di lottare da sola contro un intero paese? Contro
un intero esercito e reggimento?
Più
volte aveva pensato di chiedere esplicitamente a tutti di aiutarla,
ma era davvero la scelta giusta? Se fosse stata anche quello un
errore dettato dal potere di Nirvana nel suo cuore?
"Divertimento,
tristezza, non possiamo condividere tutto. Ma quello che possiamo lo
dovremmo condividere, sempre. Ecco cosa significa essere una gilda.
L'infelicità di uno è l'infelicità di
tutti. La rabbia di uno è
la rabbia di tutti. E le lacrime di una persona, sono le lacrime di
tutti. Non c'è ragione di sentirsi colpevoli" furono
le parole di Makarov, dette mesi prima a una Lucy disperata di fronte
a una gilda distrutta dall'attacco di Phantom. Le ronzavano nella
testa da giorni e infine furono proprio queste a convincerla a
trovare una soluzione intermedia.
Si
avvicinò a suo nonno, un placido pomeriggio di festa per il
ritorno
di Cana da una delle sue missioni che l'avevano tenuta via per
qualche giorno. Come sempre Makarov festeggiava nel suo personale
modo, ingurgitando litri di alcol seduto sul bancone del bar, e lei
decise di fargli compagnia con un dolciastro succo alla frutta.
«Dì
un po'» biascicò lui, guardandola con
curiosità. «Ma tu sei in
grado di ubriacarti?».
«Seriamente,
ti sembra una domanda da fare a tua nipote? Non dovresti tipo tenermi
al sicuro dai rischi dell'alcol?» ridacchiò
Priscilla, divertita.
«Bah,
sei grande abbastanza per fare ciò che vuoi. L'importante
alla fine
è che ti diverti».
«Sei
un pessimo esempio, vecchio» rise lei.
«Ho
a cuore la vostra felicità più che gli esempi
morali. E vedo che
nonostante la bambina di Cat Shielter ti abbia portato una ventata di
positività, non riesci ancora a esserlo abbastanza. Ci
sarà mai
modo di liberarti dalla tua angoscia, Priscilla? Neanche sapere che
Laxus sta bene, da qualche parte, ti rasserena?»
«Non
si tratta di Laxus» confessò Priscilla, alzando il
braccio sinistro
e dandogli un'occhiata. «È più
freddo» confessò infine.
«La
magia che ti ha dato la vita è qualcosa di unico, purtroppo
non ci
sarà mai niente di certo o risposte sicure a ciò
che ti accade. Hai
assorbito parte della magia che il tuo amico ha usato per salvarti,
la cosa ti infastidisce?» chiese Makarov.
«No.
Non la sua, per lo meno. Me lo fa sentire più vicino e meno
sola»
disse Priscilla.
«Ma?»
incalzò Makarov, buttando giù un lungo sorso del
suo bicchiere.
«Ma...»
mormorò Priscilla, esitante, ma infine aggiunse:
«Ho usato questa
capacità anche su Nirvana incoscientemente, senza conoscerne
le
conseguenze. Se anche lei fosse dentro me, ora?»
Makarov
mormorò qualcosa di incomprensibile, utile solo a
riflettere, prima
di rispondere: «Temi possa avere effetto su di te?»
«Nirvana
è una magia in grado di invertire luce e
oscurità. Ho... fatto dei
pensieri ultimamente...» balbettò infine,
titubante.
«Che
tipo di pensieri?» chiese Makarov, riuscendo a nascondere in
parte
la sua preoccupazione.
«C'è
una persona... un cliente» mentì. Era bene cercare
di restare sul
vago, in fondo era un argomento decisamente delicato era bene non
rivelare subito tutta la verità. «Ha bisogno di
aiuto, non è una
missione come le altre, è in gioco la sua vita e quella di
molte
altre persone. Da sola non credo di avere speranze di farcela,
perciò
ho pensato di coinvolgere qualcun altro. Ma è... Complicato.
Non
posso parlarne apertamente ed è una missione che potrebbe
mettere a
rischio la vita di tutti. Non so quanto sia corretto né come
procedere».
«È
una brutta situazione e certo coinvolgere delle persone ignare non
è
corretto» commentò Makarov, bevendo pensieroso.
Una risposta che
diede conferma ai dubbi e alle paure di Priscilla: Nirvana la stava
davvero trasformando?
«Ma...»
esclamò infine Makarov, tornando a rassenerare il proprio
viso.
«Aiutare e chiedere aiuto non è mai una brutta
cosa, il tuo dolore
e il tuo desiderio non possono certo nascere dall'oscurità.
Non so
che effetti abbia o possa avere Nirvana su di te, ma la tua forza
d'animo più volte si è dimostrata superiore a
qualsiasi difficoltà.
Continuerai a stringere quel simbolo sulla tua mano con dolcezza, ne
sono certo. Il palmo della mano destra è la prima cosa che
si porge
a qualcuno quando vogliamo aiutarlo, è questo che mi dicesti
il
giorno che sei entrata nella gilda. Ivan ha sbagliato su tutti i
fronti, ma darti quel cuore è stata l'unica cosa buona che
abbia mai
fatto, non posso negarglielo. La tua capacità di amare
è
sicuramente superiore a qualsiasi potere oscuro, persino quello di
Nirvana, su questo non ho dubbi».
«Mi
stai adulando esageratamente» sorrise Priscilla, timida in
quell'emozione.
«È
la verità» annuì Makarov. «E
saperla ti rassicura, non è così?»
«Forse»
disse senza dargli la soddisfazione di un plateale "hai
ragione", anche se nel cuore lo sapeva. Si era tormentata nel
dubbio per giorni, aveva persino avuto incubi le uniche volte che
provava a concedersi di dormire un po', ed era bastata qualche parola
di Makarov per far cessare ogni cosa. Si sentiva un po' stupida, ma
aveva certamente fatto bene a fidarsi nella sua capacità di
comprensione e nella sua saggezza.
«Non
aver paura di porgerla, quella mano, Priscilla»
sospirò Makarov,
alzandosi in piedi e saltando giù dal bancone. Con le guance
arrossate e ora improvvisamente di nuovo allegro e gioviale, corse
verso il bagno ciondolante e goffo nei movimenti.
«Quanto
bevi, vecchio» ridacchiò Priscilla, guardandolo
divertita della sua
palese ubriachezza. Si guardò poi il simbolo sulla mano,
più serena
e felice, ripensando a ciò che Makarov le aveva appena
detto. Non
sapeva ancora come, ma sapeva che non avrebbe dovuto tirarsi
indietro. Avrebbe aiutato Mistgun, in qualche modo. Doveva solo
pensare a una soluzione che non mettesse troppo in pericolo gli
altri, poteva farcela.
Un
rumore soffuso, fuori dalla gilda, come la voce di un ricordo
lontano. Le dava sempre quella piacevole sensazione. Natsu
entrò
nella gilda scuotendosi come un animale, vicino a un Happy che lo
imitava con la stessa foga.
«Ha
iniziato improvvisamente a diluviare! Sono fradicio!» disse
Natsu.
«Natsu!
Asciugami!» chiese Happy, allungando le zampe verso di lui e
attendendo che desse fuoco a se stesso per asciugarsi e asciugare il
gatto al suo fianco.
«Temporaleggia,
che tristezza» sospirò Gray, guardando il cielo
annerito fuori
dalla finestra.
«Non
è stata Lluvia, lo giura!» disse la ragazza
balbettante, ancora
insicura nel suo timore di non essere accettata come compagna da
quella nuova gilda.
«Con
questo tempaccio non credo che Priscillanee-san mi porterà a
fare
qualche esercitazione» disse Wendy a Charle, al suo fianco.
«Nee-san?
Da quando la chiami così?» chiese Charle, dubbiosa
su
quell'eccessiva vicinanza che si era creata tra le due in
così poco
tempo. Ancora non si conoscevano bene, eppure non facevano che stare
appiccicate... o meglio, Priscilla non faceva che stare appiccicata a
Wendy, era asfissiante. Ma Wendy sembrava esserne felice.
«Ha
detto le piace che la chiamo così»
ridacchiò Wendy, in risposta a
Charle.
Ancora
un tuono, in lontananza, diede luce per un attimo al cielo prima di
lasciare che il suo rombo vibrasse sulle pareti della gilda. Era
rilassante e confortante. Priscilla si alzò dal suo sgabello
e si
avvicinò all'uscita, annunciando un tranquillo:
«Mira-chan, vado a
fare una passeggiata».
«Portati
almeno un ombrello!» provò a suggerirle Mirajane,
ma Priscilla si
limitò a sorriderle e uscì.
La
pioggia sulla pelle era certamente fastidiosa, ma si abituò
presto
ed era un compromesso che accettava volentieri se questo le
permetteva di camminare a testa alzata e vedere chiaramente il
disegno dei fulmini sopra la sua testa. Camminò a lungo, a
testa in
su, con il vento tempestoso che la colpiva e i fulmini che sembravano
rimproverarla e minacciarla. Solo un folle sarebbe uscito con un
tempo del genere, ma per lei quello era solo un tiepido abbraccio e
una ninna nanna a cui si concedeva volentieri. Era come averlo a
fianco.
«Non
sei molto lontano, vero? Laxus?» chiese, notando come molti
di quei
fulmini sembrassero concentrarsi in una zona lontana, verso ovest.
Probabilmente era la sua immaginazione, ma il suo cuore le diceva che
lui era lì, per qualche motivo.
«Riesco
a sentirti» mormorò alzando ancora la testa e
assaporò della luce
e del rumore dell'ennesimo fulmine. Riaprì gli occhi, per
guardarne
il disegno nel cielo di altri, ma la sua attenzione ora venne
catturata da qualcos'altro. Vento maligno, estraneo, aveva una
consistenza diversa. E le nuvole, a sud-ovest, lontano da lì
ma non
abbastanza da non essere viste, si condensavano in una maniera
bizzarra. Un normale essere umano avrebbe pensato a un tornado,
normale visto il tempaccio, ma lei aveva già sentito e visto
altre
volte quella situazione.
«Anima»
mormorò, prima di iniziare a correre nella sua direzione.
Saltò e
spiccò il volo, decisa a raggiungerla il prima possibile.
Non era la
prima volta che la vedeva, ma era la prima volta che la vedeva
così
chiaramente a un livello tale. Gerard era solito bloccarla molto
prima... che non fosse ancora arrivato? O magari gli era successo
qualcosa? Certo era che doveva andare a controllare, il prima
possibile.
«Gerard!»
chiamò, atterrando appena sotto il buco che si stava
formando nel
cielo. Nessuno rispose e nessuno sembrava stesse facendo niente per
fermare quel maligno presagio, pronto a inghiottire ciò che
aveva
sotto di sé: un villaggio di gente innocente e spaventata.
Molti di
loro correvano da tutte le parti, senza sapere bene dove andare a
rifugiarsi, altri, i più potenti, provavano a lanciare magie
contro
il cielo. Inutilmente.
«Gerard!»
chiamò ancora Priscilla, scansando un paio di abitanti che
provavano
a trascinare via dei bambini. «Mist...»
provò ancora ma si
interruppe quando lo vide sbucare da dietro una casa.
Barcollò e
cadde a terra, in ginocchio, biascicando un addolorato:
«Priscilla».
«Gerard!»
chiamò lei, correndogli incontro e chinandosi per sollevarlo
ed
aiutarlo ad alzarsi. «Che succede? Chi ti ha ridotto
così?» chiese
lei allarmata.
«Avevi
ragione, Pricchan. Anima mi ha prosciugato» pianse lui. Un
atteggiamento che mai e poi mai avrebbe potuto immaginare di vedere
in lui. Non l'aveva mai chiamata in quel modo affettuoso e tanto meno
pensava l'avrebbe mai visto piangere con una tale facilità.
«Che
stai dicendo?» sibilò lei. Qualcosa alla bocca
dello stomaco la
tormentava, quel "avevi ragione" non aveva nessun sapore se
non quello amaro della rabbia e della paura. «Che diamine ti
sta
succedendo, Gerard?»
«Perché
ti ostini a chiamarmi con quel nome? È pericoloso, te l'ho
sempre
detto» ridacchiò lui, come fosse sull'orlo di un
baratro da cui
sapeva non si sarebbe potuto sottrarre. E il cielo sopra le loro
teste minacciava e ruggiva, potente e inarrestabile.
«Anima
è sopra di noi. La tua
battaglia,
ricordi? Perché... perché non ti assumi le tue
cazzo di
responsabilità, stupido imbecille!» l'urlo della
disperazione che
nasceva vestita da un velo di rabbia. Le lacrime di Gerard smisero di
scendere, troppo sorpreso e colpito da quelle parole. Quella forza...
da dove nasceva? Era davvero la Priscilla piagnucolona che si era
portato appresso per tre anni? Che restava indietro e cercava sempre
di evitare qualsiasi tipo di pericolo? Quando era successo che lui
non fosse più... il più forte tra loro due, in
grado di insegnare
all'altro a vivere?
«Priscilla»
mormorò, alzando gli occhi e la sorpresa aumentò
quando vide il suo
viso rigato di lacrime. Piangeva... per lui?
«Piantala
di blaterare su responsabilità e battaglie,
finché non ti deciderai
ad affrontarlo davvero resterai solo un adolescente che è
scappato
di casa per capriccio e il mondo non ha bisogno di principini
bloccati ancora nella pubertà, ma di un vero Re!»
lo lasciò
andare, facendolo tornare in ginocchio a terra, mentre lei si alzava
in piedi tremolante ma determinata.
«Priscilla,
io...» mormorò lui, non sapendo bene dove trovare
la forza di
affrontarla.
«Cresci,
Gerard!» lo rimproverò, ma i suoi occhi non
trasmettevano la rabbia
che dimostrava a parole ma solo una forza di cui sembrò
caricarsi
smisuratamente. «Fino ad allora, ci penserò io a
sistemare le cose»
disse e con un salto scattò verso il cielo cupo e profondo,
nel
centro del vortice che sembrava deciso a risucchiare ogni cosa.
«Aspetta!
Priscilla, è pericoloso!» gridò Gerard,
impallidendo di fronte
alla sua folle azione. Provò ad allungare una mano verso di
lei e
gridò, più spaventato: «Anima
è attratto dalle fonti magiche, tu
con il tuo corpo di magia sei l'obiettivo perfetto! Ti
risucchierà!»spiegò, ma questo non
sembrò spaventarla nemmeno un
po'.
«Lo
so bene!» gridò, fermandosi pochi metri sopra la
testa del ragazzo
a terra. «Non preoccuparti, chiuderò quella cosa e
non ci saranno
vittime!» una sicurezza che non era mai stata sua. Era
incredibile
quanto fosse cresciuta in così poco tempo.
Allungò le mani verso
l'alto, verso il centro del buco nero che non sembrava intenzionato a
risparmiare nessuno, e lanciò contro di esso il proprio
vento.
Ovviamente
non ci furono conseguenze e il tornado nato dalle mani di Priscilla
venne semplicemente risucchiato all'interno di Anima.
«Come
credi di fare? Non conosci magie in grado di chiudere i portali
dimensionali. Priscilla!» gridò ancora Gerard,
spaventato ora non
solo per il pericolo imminente ma per la follia a cui l'amica stava
andando incontro.
«So
anche questo! Userò il vecchio metodo Fairy Tail»
il tornado
aumentò le sue dimensioni e la sua potenza, tanto che il
vento
intorno a loro iniziò a fischiare tra le case e molti
dovettero
aggrapparsi a qualcosa per non venir spazzati via. «Gli
farò
mangiare tanta di quella magia che collasserà! Lo
distruggerò una
volta per tutte!» gridò caricandosi sempre
più di energia e
lanciando una quantità di vento incredibile contro Anima,
sopra le
loro teste. Era folle, era inconcepibile, ma proprio per questo era
il "metodo Fairy Tail"... e soprattutto, proprio per
questo, funzionava sempre. Anima continuò a ingoiare vento a
lungo,
portando Priscilla quasi allo stremo delle forze, ma infine
allentò
la sua presa e rombò, come dolorante. Parve stringersi,
contrarsi, e
poi riallargarsi. Ma Priscilla non cedette e continuò a
sparare,
senza fermarsi nemmeno quando la fatica fu tale da farle tremare le
braccia. Sapeva che se avesse insistito ce l'avrebbe fatta.
«Priscilla...nee...san?»
una voce timorosa parve rompere quell'incantesimo come uno specchio.
Priscilla sbiancò, riconoscendola subito, e sentendo il
cuore
fermarsi in petto si voltò verso Wendy. Sorretta da Charle,
che
combatteva contro il forte vento per riuscire a tenere la ragazzina a
terra, si teneva a un vecchio paletto in legno, una torcia forse.
Nella mano sinistra stringeva un ombrello, che indicava il motivo per
cui l'aveva seguita fino a lì. Priscilla aveva dimenticato
l'ombrello, o almeno questo aveva pensato Wendy, che aveva cercato di
raggiungerla preoccupata. Probabilmente l'averla poi vista volare
verso quello che sembrava un tornado l'aveva preoccupata maggiormente
e l'aveva seguita nella speranza di aiutarla o anche solo per
controllare che stesse bene. Forse, scambiandolo per semplice vento,
aveva addirittura pensato di poter essere utile.
Ma
ora la sua presenza rendeva invece tutto ancora più folle e
complicato. Wendy rischiava la vita e questo bastava a farle mancare
il respiro. L'esitazione di Priscilla fu fatale e Anima
tornò a
risucchiare il villaggio con una potenza forse anche maggiore di
prima. I suoi piedi si spostarono in avanti, trascinati da troppo
potere, e dovette puntarli contro il tetto di una casa per riuscire a
bloccarsi e impedirsi di volare verso il centro di quel buco nero. Ma
la forza di Wendy era decisamente minore e con un urlo la bambina,
insieme a Charle, spiccò il volo dritta verso il centro di
quella
terribile magia oscura.
«Wendy!»
gridò Priscilla terrorizzata e senza pensarci troppo si
lasciò
andare e si fece risucchiare anche lei. Si diede la spinta con un
colpo di vento forse anche più forte del necessario e la
raggiunse
prima che potesse raggiungere Anima. Le afferrò la mano e si
girò
con un urlo, aiutata ancora dal suo vento ora più potente
che mai,
mossa da quei terrificanti sentimenti che non l'aiutavano a calibrare
la sua energia. Lanciò Wendy e Charle verso il suolo e
usò ancora
un tornado di vento per spingerla il più lontano possibile
da Anima.
Fu Gerard, ben camuffato con cappuccio e bandana, a prendere al volo
la bambina e trattenerla.
«Priscillanee-san!»
gridò Wendy con tutto il fiato che aveva e
allungò una mano verso
di lei, come se avesse potuto prenderla. Ma Priscilla era
già stata
inghiottita da Anima fino al busto e anche se si dimenava e se
lottava tutto sembrava inutile.
«Priscilla!»
gridò ancora Wendy, versando lacrime, e fu allora che
Priscilla
colta dalla paura e consapevole che non aveva più scampo,
smise di
lottare. Puntò gli occhi terrorizzati a Wendy e Gerard, a
terra
sotto di lei, e istintivamente allungò la mano destra verso
di loro
in una stupida speranza di poterli raggiungere ed essere salvata.
E
capì.
Il
simbolo di Fairy Tail sul palmo, diretto verso i suoi amici a terra.
"Non
aver paura di porgerla, quella mano, Priscilla".
Il
palmo della mano destra è la prima cosa che si porge a
coloro che si
desidera aiutare... ma anche la prima cosa che si porge nel desiderio
di essere aiutati. Era questo che voleva dire suo nonno. Avrebbe
dovuto chiedere aiuto, non era sbagliato, e Fairy Tail era sempre
lì,
sul palmo della sua mano. Poteva stringerla, o poteva essere strinta.
Era questo il significato di una gilda.
Smise
di combattere e lentamente svanì nell'oscurità di
un cielo che
sembrava essere diventato vivo. La magia che componeva Priscilla era
abbastanza da saziarlo, in fondo era la magia a comporre il suo
intero corpo, e soddisfatto del pasto, infine, Anima si chiuse.
«Priscilla!»
nel villaggio ora salvo non risuonò altro che la voce rotta
dal
pianto di Wendy.
A
riportare Wendy alla gilda fu lo stesso Mistgun, che non
proferì
parola per tutta la durata del viaggio. Wendy non riuscì a
fare
altro che piangere, non sapendo che dire o cosa fare, troppo
sconvolta per l'accaduto. Charle azzardò qualche domanda, ma
Mistgun
non sembrò intenzionato a rispondere a nessuna di esse e la
sua
presenza bastava a metterla in soggezione. Così, sotto al
diluvio e
un cielo temporalesco, Wendy rientrò alla gilda insieme a
Mistgun.
Le sue lacrime e la compagnia di quel misterioso mago che nessuno
aveva mai visto in faccia fecero presagire il peggio. Il silenzio
calò sull'intera sala, lasciando che solo i tuoni
continuassero a
ruggire ora con una rabbia forse maggiore.
«Wendy?»
balbettò infine Lucy, chiedendosi il motivo di quei
singhiozzi.
«Mistgun...»
sussurrò Erza, pallida, sapendo quale viso nascondesse
quella
bandana e quale identità.
«Che
sta succedendo?» chiese Levy, preoccupata.
«P-Priscilla...»
balbettò Mirajane, intuendo per prima che qualsiasi cosa
fosse
accaduta c'entrava lei, visto che era l'unica che era uscita e che
Wendy le era andata dietro per portarle un ombrello. Oltretutto era
noto come Mistgun avesse a lungo viaggiato insieme a lei, non doveva
essere un caso la sua presenza lì.
«Cosa
è successo a Priscilla?» impallidì la
ragazza dietro al bancone.
«Qualcosa
nel cielo l'ha...» provò a spiegare Charle, ma non
ebbe coraggio di
continuare.
«È
stata colpa mia» singhiozzò ancora Wendy.
«L'ha fatto per salvare
me».
«Che
state dicendo? Dov'è Priscilla?» ruggì
Natsu, alzandosi in piedi.
Mistgun
voltò le spalle alla gilda e mosse i primi passi verso
l'uscita,
pronto a lasciarsi ancora una volta inghiottire da una pioggia
incessante e violenta.
«Mistgun!»
la voce di Makarov, forte e imperativa, che pretendeva delle
spiegazioni.
«La
riporterò indietro» la determinazione della sua
voce non lasciava
dubbi sulle sue intenzioni. «Fosse l'ultima cosa che
faccio» non si
sarebbe più tirato indietro, avrebbe smesso di scappare con
la scusa
di non avere la forza necessaria a combatterlo faccia a faccia.
Priscilla era stata assorbita da Anima a causa sua e della sua
debolezza, dei suoi timori. Se si fosse deciso ad affrontarlo prima,
come lei l'aveva sempre spronato, tutto quello non sarebbe mai
successo. Sapeva che Priscilla, anche se trasformata in Lacryma, era
ancora viva e sapeva che aveva il tempo contato ma niente l'avrebbe
fermato. Avrebbe messo fine a tutto quello una volta per tutte e
avrebbe riportato indietro Priscilla.
Sparì
sotto alla pioggia, lasciandosi dietro una gilda agitata e confusa.
Non gli importava, tutto ciò che contava era riportarla
indietro a
qualsiasi costo.
«Master!»
provarono a incalzarlo in molti, supplicando di poter intervenire e
provare a fare qualcosa. Ma loro non sapevano niente di ciò
che
stava accadendo, non sapevano niente di Anima, sapevano solo che un
buco nel cielo l'aveva risucchiata. Non potevano fare niente, al
contrario di Mistgun che invece probabilmente qualcosa sapeva.
«Mistgun,
senza Laxus e Gildarts, è praticamente il mago
più forte della
gilda. Fidiamoci di lui» sentenziò infine Makarov.
«Ma...»
provò a ribattere Natsu, per niente soddisfatto.
«Questa
è la mia decisione!» ruggì Makarov con
una tale ira che riuscì a
zittire chiunque avesse voluto provare ad aggiungere altro. Prima
Laxus e ora Priscilla, pian piano entrambi i suoi nipoti gli erano
sfuggiti dalle dita. Che alternativa aveva se non fidarsi della loro
forza?
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Capitolo 21 *** Pricchan ***
Pricchan
Cominciò
a tornare la sensibilità nel corpo e in quell'istante anche
gli
altri sensi pian piano ripresero a funzionare. Sentiva freddo e
respirava a fatica, ma un soffuso rumore nelle orecchie la coccolava.
Non sembrava minaccioso. Si mosse a fatica e solo allora si accorse
di avere dell'acqua sotto di sé. Questo spiegava il freddo e
il
respiro affannoso: parte di essa le entrava nelle narici.
Aprì gli
occhi e venne accecata da un abbagliante raggio di sole che per un
po' le impedì di guardarsi attorno. Il rumore divenne
più distinto
e riuscì a riconoscerlo come il mare. Era stesa sulla riva
di una
spiaggia, sentiva la sabbia infilarsi dentro i suoi vestiti. Si
alzò
a fatica, dolorante e confusa, sempre più lucida. Cominciava
a
ricordare... aveva ingoiato appena in tempo una delle pillole che
aveva rubato a Mistgun, per poi lasciar cadere il flacone un secondo
prima di sparire del tutto dentro Anima. La sua speranza era che
Mistgun lo avesse raccolto e avesse usato quelle pillole per
attraversare Anima, raggiungerla magari insieme ad alcuni dei loro
amici, e andarla a riprendere. Aveva allungato una mano verso di loro
in quell'ultima disperata speranza.
Grazie
a quella pillola Anima l'aveva sì trascinata ad Edoras, ma
non
l'aveva trasformata in Lacryma e, cosa forse ancora più
importante,
non le aveva sottratto la magia.
"La
magia nel mio mondo è bandita. Nessuno può
utilizzarla"
ricordava
i racconti di Mistgun, anche se le aveva parlato poco alla fine del
suo mondo. Si tirò in ginocchio e pian piano
riuscì a vincere
persino contro la luce del sole e cominciare a vedersi attorno.
Sopraggiunse un rumore di metallo e di passi affrettati, le stavano
andando incontro. Un vociare, per niente amichevole, ricordava quello
di un esercito. Alzò la testa appena prima che i soldati le
puntassero contro le proprie armi, anche se era ancora in ginocchio
nell'acqua su quella spiaggia. Impallidì, rendendosi conto
del
pericolo. Non le avevano neanche dato il tempo di organizzare i
pensieri e già le davano la caccia.
«La
donna caduta dal cielo, dicono sia portatrice di magia»
annunciò
uno dei soldati.
«La
magia è proibita nel nostro paese, come sua usufruitrice
stai
trasgredendo le nostre leggi per questo ti dichiariamo in
arresto!»
disse severo uno di quelli che le puntava l'arma al viso.
«Arrenditi
e seguici senza opporti!» proseguì.
Priscilla
alzò le mani e lentamente si alzò in piedi,
guardandoli con
severità. Era appena arrivata in quel paese e già
era nei guai ben
prima che potesse svegliarsi. Ma lei non poteva morire lì,
né tanto
meno arrendersi: Mistgun doveva raggiungerla, riprendersi il trono,
spodestare il folle padre e infine riportarla a casa sana e salva.
Una lunga, lunghissima missione, certo non poteva perdere al primo
intoppo. Uno dei soldati si fece avanti e allungò una mano
verso il
suo braccio, pronto a prenderla e trascinarla via, ma
l'attraversò
smuovendo così l'aria e rompendo il suo incantesimo. Un
miraggio,
riusciva ancora a farli.
«Dov'è
finita?» gridò qualcuno.
«Cercatela!»
«È
una pericolosa criminale!»
«Dovete
trovarla, sbrigatevi!»
Priscilla
si liberò dal suo miraggio poco dopo, correndo lungo la
spiaggia e
cercando di scappare. Ovunque, ma lontano da loro, senza usare troppa
magia. Il viaggio in Anima e la battaglia di poco prima l'avevano
stremata, non era in grado di usare grandi quantitativi di magia
ancora. Forse la colpa era anche di quel posto. Ci aveva pensato solo
una volta che era stata risucchiata: aveva viaggiato attraverso le
dimensioni, non era stato un semplice cambio di luogo. Poteva la
magia di suo padre raggiungerla? Poteva ancora usare la sua anima per
tenersi in vita?
La
risposta era sicuramente sì, visto che ancora respirava, ma
era
debole... forse era anche colpa di quello? Finché non avesse
trovato
risposta era meglio risparmiare quanta più magia possibile,
per non
rischiare di mettere a repentaglio la propria vita. Arrivò a
un
dirupo che certo non si sarebbe aspettata di trovare, ma dalla
sorpresa non riuscì a frenare in tempo e cadde lungo il
fianco di
quella che era una vera e propria montagna di sabbia. Rotolò
a lungo
prima di riuscire a tornare sulla terra ferma, sempre più
ferita e
dolorante.
«Eccola
lì!» la voce dei soldati, sopra la sua testa.
«Merda!»
digrignò i denti e si rialzò rapidamente,
correndo verso non sapeva
nemmeno lei dove. Non conosceva quel posto, non aveva neanche idea di
che tipo di geografia potesse avere, era terribilmente svantaggiata.
Un colpo di fucile e il proiettile la centrò in pieno in un
polpaccio, facendola cadere a terra con un urlo.
Il
rumore dei passi dietro di lei che le indicava che la stavano
raggiungendo.
«Merda»
sibilò di nuovo, più disperata che mai.
«Non ho altra scelta» e
usò nuovamente il miraggio, proiettando una chiara immagine
di sé
ancora stesa sulla sabbia. Si alzò in volo, nascosta dal
miraggio
che la rendeva momentaneamente invisibile, e si allontanò il
più
possibile approfittando della trappola messa per i soldati. Non gli
ci volle certo molto per capire di essere stati di nuovo ingannati,
dal momento che toccandola l'immagine si dissolse nuovamente.
«È
scappata! Che razza di magia usa quel mostro?»
sibilò uno dei
soldati, irritato per il fallimento. «Capitano Davi! Non ha
lasciato
nemmeno impronte» si avvicinò un altro a un uomo
corpulento, alto,
dal naso aquilino e i capelli ben pettinati all'indietro, legati in
una perfetta coda lucida.
L'uomo
si guardò attorno, poco convinto e studiò la zona
circostante fino
a quando non trovò l'indizio che faceva al caso suo. Gocce
di sangue
sulla sabbia.
«Si
rende invisibile, ma non sparisce realmente» disse seguendo
per un
po' la scia fino a quando non sparì. «Qui si
è accorta che perdeva
sangue. Si dev'essere coperta, ma è stato inutile. La
direzione è
quella! È diretta a Myen! Mandate un messaggio alla
città Reale,
chiedete l'intervento di una squadra specializzata. Aveva il simbolo
di Fairy Tail sulla mano destra».
«Fairy
Tail» sussultò il suo sottoposto.
«Questo significa che
manderanno...».
«Sì,con
ogni probabilità la Cacciatrice di Fate verrà a
darci una mano.
Erza Knightwalker».
«Avete
sentito? Mandate un messaggero!» urlò uno dei
soldati.
«Noi
l'anticipiamo, andiamo a Myen! Mettiamoci in marcia, forza!»
urlò
Davi, prima di cominciare a incamminarsi severamente verso la
cittadina.
Myen
era una città abbastanza fiorente, benché
sorgesse su un colle
isolato sopra a un deserto. Lo attraversava a nord un fiume che
cadeva dritto dalle isole sopraelevate, le isole Gramure, che a loro
volta ricevevano il fiume dai monti innevati dell'estremo
settentrione. Il caldo nel resto della regione era soffocante, ma
quel fiume nato dal ghiaccio e assicurato da una ripida discesa gli
assicurava di arrivare alla città prima che potesse
evaporare per il
caldo. La città Myen aveva avuto la sua fortuna proprio da
quello.
Dal deserto raccoglievano la sabbia con cui fabbricavano il vetro e
proprio del vetro erano i sovrani del commercio e avevano la loro
ricchezza. I migliori vetri colorati e decorativi arrivavano dalla
ricca città sul deserto, che poteva vantare delle migliori
materie
prime. Ma non era solo la decorazione la loro punta di diamante.
Vetri oscuranti, vetri riflettenti, vetri indistruttibili, armi in
vetro leggero come piuma ma funzionali come quelle vere, oltre che
bottiglie, contenitori, specchi e ogni sorta di materiale utile per
ogni esigenza. Il mercato nella piazza centrale era sempre attivo,
pronto ad accogliere ogni sorta di turista o acquirente, non si
spegneva nemmeno la sera quando i mastri vetrai davano vita a degli
spettacoli e a dei festival per promuovere le loro incredibili
capacità. E proprio in quel mercato, su di un tavolo ricolmo
di
piatti e bicchieri dai colori sgargianti, Priscilla atterrò
priva di
energia. La distruzione fu totale, la rabbia del proprietario anche
peggiore, tanto da non interessarsi al fatto che quella ragazza fosse
sopraggiunta dal nulla. Priscilla si alzò da terra e si
guardò
attorno spaventata e ancora più confusa. C'erano persone
ovunque:
chi di loro era amico e chi no? Probabilmente nessuno. Non poteva
fidarsi di nessuno in quella terra sconosciuta e ostile verso
ciò
che le aveva dato la vita. Si alzò, ignorò le
urla dell'uomo
vetraio e riprese a correre e scappare, zoppicando per la ferita alla
gamba. Sudava freddo e respirava a fatica, ogni tre passi la vista le
si appannava, ma non poteva fermarsi.
"Devo
togliermi questo proiettile dalla gamba o non potrà mai
rigenerarsi!" pensò cercando un posto tranquillo. Ma
lì la
tranquillità era l'ultima delle cose a cui poteva ambire. Le
urla
dell'uomo a cui aveva distrutto il lavoro di mesi di fatica avevano
attirato le guardie che, anche se non consapevoli di chi fosse,
cominciarono lo stesso a darle la caccia. Spaventata si
guardò
attorno e fece di nuovo ricorso alla sua magia per nascondere la sua
posizione, ma la stanchezza era troppa, aveva volato a lungo con una
ferita che continuava a premere per rigenerarsi ma che consumava solo
quel poco di magia che sentiva le rimaneva. Il Mirage durò
solo
qualche istante, poco prima che lei ricomparisse all'angolo di una
strada, contro una botte che andò a colpire, dolorante. La
fece
cadere a terra e riprese a correre verso nessuna destinazione sicura.
Il dolore, la paura e l'incertezza di non sapere cosa fare o dove
andare la portarono a versare lacrime. Si rese conto che quella era
la prima volta dopo tanto tempo, forse la prima volta da tutta la
vita, che era sola senza nessuno a cui chiedere aiuto.
Inciampò,
cadendo a terra nel peggiore dei modi, ma quella terribile posizione
non solo le fece male ma diede modo ad alcuni passanti di notare il
simbolo sul palmo della sua mano.
«F-Fairy
Tail!» urlò una donna, terrorizzata. Priscilla si
sollevò, ancora
più spaventata, e si ricordò.
"Anche
da noi esiste una gilda di nome Fairy Tail, ma nel nostro mondo le
gilde sono al bando. Sono tutti criminali perché fanno uso
di magia"
i
racconti di Mistgun che le tornavano alla mente come una sentenza di
morte. Priscilla si rialzò e tornò a correre,
inseguita dalle
guardie, fino a quando non raggiunse l'estremo nord della
città. Un
ponte attraversava il fiume prima di proseguire con l'ultimo tratto
della città, e su quel ponte la gamba di Priscilla cedette
per
l'ultima volta. Si aggrappò alla balaustra e urlò
per il dolore,
sapendo di essere arrivata al limite.
«Fa...male...»
singhiozzò, artigliando il ferro della balaustra e cercando
invano
di rialzarsi. Ma certo le guardie non si sarebbero fermate solo
perché stavano inseguendo una ferita e le corsero incontro,
sapendo
ormai di averla in pugno. Non restava che un'unica via d'uscita. Si
spinse oltre la balaustra e infine cadde in acqua. Le acque del fiume
Rambel erano famose per la loro aggressività, la potente
discesa che
facevano dai monti innevati fino a lì era ciò che
permetteva che
restasse fiorente e niente o nessuno poteva sperare di sopravvivere
una volta lasciatosi travolgere dalle sue acque. Così
Priscilla si
trovò a nuotare inutilmente contro un destino che non voleva
lasciarla in pace. Riuscì a emergere, ma colpì
delle rocce, un'onda
la investì e la ribaltò, trovandosi di nuovo
sott'acqua senza
nemmeno aver avuto tempo di prendere una boccata d'aria.
Provò a
risalire in superfice ma colpì violentemente altre rocce e
la
corrente la piroettò tanto che alla fine non
riuscì più nemmeno a
distinguere il sopra dal sotto. Sapeva non sarebbe morta, le ferite
si sarebbero rimarginate, ma si chiese quando e dove avrebbe
terminato quel tormentoso e doloroso viaggio privo di aria. Dove
diavolo si trovava? Era davvero quella la sensazione della
solitudine? Allungare una mano verso il vuoto, senza vedere nessuno
fare altrettanto, continuare ad afferrare il nulla. Piangeva, sapeva
che lo stava facendo anche se le sue lacrime si mescolavano all'acqua
dolce del Rambel. La sua mano, fiera portatrice del simbolo, non
afferrava altro che il nulla. Chiuse gli occhi, ormai rassegnata,
troppo ferita per poter sopportare ancora. Avrebbe aspettato in
silenzio la fine di tutto.
Poi
il miracolo avvenne e sentì una presa ferrea, solida,
aggrappare
quella mano disperatamente protratta verso il nulla. La strinse con
una forza che poche volte aveva sentito, una forza tale in grado di
far riaccendere persino nel suo cuore ferito e arreso il lume di una
vana speranza. Era incoraggiante, era scaldante.
Trascinata,
uscì infine dal fiume potendo finalmente respirare di nuovo.
Tossì
e non riuscì a muoversi troppo, mentre veniva trascinata con
forza
sulla riva. Si concesse la libertà di accasciarsi, priva di
forze,
continuando ad ansimare grandi boccate d'aria e tossire acqua.
Avrebbe voluto tanto dormire, almeno qualche giorno, ma la vita su
Edoras non permetteva tregue. La stessa mano che l'aveva salvata si
fece improvvisamente più severa sul suo polso e la costrinse
a
voltare il palmo, mosrtando così il simbolo che portava.
«Fairy
Tail» una voce maschile, soffusa, nascosta da una bandana che
copriva quasi interamente il volto del suo salvatore. Il cappuccio
nascondeva il resto e di lui non riuscì a vedere altro che
un paio
di brillanti occhi azzurri. Familiari.
«Allora
è vero, sei di Fairy Tail. La donna al mercato non stava
delirando»
commentò lui e Priscilla istintivamente tirò
indietro la mano. Quel
mondo era nemico di Fairy Tail, non poteva dimenticarlo. Si
portò la
mano al petto e cercò di arretrare, allontanandosi da lui.
«Tranquilla!»
l'uomo portò le mani avanti, avvicinandosi in ginocchio alla
ragazza
che ora si schiacciava contro un albero come un animale terrorizzato.
«Tranquilla, non ti farò del male! Davvero! Voglio
solo aiutarti»
Quegli
occhi... era come se conoscesse la sincerità che celavano al
loro
interno. Come se li conoscesse da sempre e sapeva che cosa stessero
dicendo. Arricciò un sopracciglio, confusa, prima di trovare
il
coraggio di chiedere: «Chi sei?»
«Scusa»
ridacchiò timido l'uomo. «Il fazzoletto»
indicò la propria
bandana, dando la colpa a lei della sua identità celata.
«Se
venissero a sapere in città che io e la mia famiglia
aiutiamo quelli
di Fairy Tail sarebbe una disgrazia, capisci?»
«Voi...
aiutate Fairy Tail?» chiese Priscilla, inclinando la testa da
un
lato e continuando a scavare in quegli occhi.
«Da
un po' di tempo, sì. Mio padre ha un debole per quella
gilda»
ridacchiò l'uomo, prima di afferrarsi il lembo della bandana
che gli
copriva il naso e decidere di tirarselo giù. Il cuore di
Priscilla
pulsò in petto tanto forte che le tolse il fiato e non seppe
come
riuscì a trattenersi dal tornare a piangere.
«Mi
chiamo Laxus» si presentò con un sorriso che
Priscilla ricordava
bene, ma che nella sua memoria apparteneva solo a un Laxus bambino.
Col tempo, crescendo, era come se si fosse dimenticato come si faceva
a sorridere in quel modo. Invece in quel momento, dopo tanto tempo,
quel magnifico sorriso luminoso e timido apparteneva a un ragazzo di
ventitré anni.
«L...»
mormorò ma la gola le si chiuse sotto la pressione di un
cuore
troppo veloce per riuscire a darle l'ossigeno necessario.
«Laxus,
esatto. Magari non hai mai sentito parlare di me, non è che
abbia
fatto mai chissà cosa, a differenza di mio padre»
arrossì lui,
grattandosi nervosamente la nuca. Sorrideva, arrossiva, si
imbarazzava e ammetteva di non essere troppo speciale. Inoltre non
aveva la sua caratteristica cicatrice a forma di saetta sull'occhio.
No, quello non era il suo Laxus.
"Su
Edoras ci sono come... dei cloni di ciascuno di noi" Mistgun
le aveva dato la risposta, tempo addietro, quando le aveva raccontato
del suo mondo. Quello non era il Laxus che conosceva, ma quello di
Edoras. Mistgun le aveva detto, quando l'aveva conosciuta, che una
volta aveva conosciuto sia lui che Ivan di Edoras ed entrambi erano
decisamente diversi.
«Tuo...
padre...» balbettò lei, sempre più
incredula. «Ivan... Ivan aiuta
Fairy Tail?» sembrava incredibile, assolutamente
inconcepibile.
«Non
hai mai sentito parlare neanche di lui? Strano, tutti lo conoscono
visto quello che fa per loro» disse Laxus, confuso.
«Forse sei
nuova, lì dentro?»
«Sì»
mentì, cercando di trovare per lui delle risposte che
nascondessero
la sua vera provenienza. Per il momento, quella sembrava la migliore.
«Mi sono unita a loro solo pochi giorni fa».
«Cosa
ci fai da queste parti? So che la gilda al momento è molto
lontana
da qua» chiese Laxus, avvicinandosi cautamente e cominciando
a
esaminare le sue ferite. Provò ad allungare una mano verso
il suo
polpaccio, quello che sembrava messo peggio, ma Priscilla lo
tirò
violentemente indietro. C'era il terrore sul suo volto.
«S-scusa»
balbettò lui, imbarazzato. «Non voglio farti male.
Hai davvero
delle brutte ferite».
«Posso
pensarci da sola» arrossì Priscilla, non sapendo
cosa inventarsi.
Non doveva vederlo, il suo corpo fatto di magia, era bene non
approfondire ancora il discorso della sua provenienza. Non
finché
non avesse capito fino a che punto potesse fidarsi di quel Laxus.
«Quella
è una ferita da arma da fuoco, potresti avere ancora dentro
il
proiettile. Dovresti davvero lasciarti guardare»
provò a
incoraggiarla, timoroso nel doverle dare quel consiglio che
più
somigliava a un ordine.
«Tu...
aiuti Fairy Tail, giusto? Quindi non sei contro la magia»
chiese
Priscilla.
«No,
puoi stare tranquilla. Davvero, non ti farò del
male» la
incoraggiò.
«Allora...
posso fare questo...» azzardò lei, chiedendosi se
fosse una buona
idea. Certo era meglio usare la magia di fronte a lui che
permettergli di scoprire chi fosse realmente e intavolare
così un
lungo discorso decisamente troppo intimo e pericoloso. Chiuse la mano
a pugno, lasciando però allentate le dita, disegnando
così una
specie di cilindro con le dita e portò
l'estremità di quel cilindro
al foro del proiettile. Il vento cominciò a vorticare al suo
interno, circolare sempre più forte, un piccolo tornado
stava
praticamente nascendo da dentro la sua ferita e spingeva verso
l'esterno. Il risucchio dell'aria fece muovere il proiettile tra la
sua carne. Priscilla cominciò a sudare e dovette far appello
a tutte
le sue forze per non iniziare a urlare. Strinse denti e occhi, si
accasciò a terra e strinse l'erba tra le dita dell'altra
mano, ma
non smise il suo lavoro di risucchio fino a che tra schizzi di sangue
non uscì infine anche il proiettile. Ansimante, rimase
accasciata a
terra, troppo stremata per fare qualsiasi cosa.
«I-incredibile»
balbettò Laxus, seduto a terra con gli occhi sgranati.
«Non ho mai
visto niente del genere prima d'ora». Si raddrizzò
e si avvicinò
alla ragazza rapidamente, camminando gattoni.
«Ehy!
Stai bene?» chiese, preoccupato, ma Priscilla non rispose.
Respirava
a fatica, era fradicia non solo d'acqua del fiume ma anche di sudore
e tremava come una foglia. Laxus le poggiò una mano sulla
fronte e
sussultò, constatando: «Sei congelata! Hai bisogno
di scaldarti!»
Si
tolse il mantello di dosso e lo usò per coprire la ragazza,
che
ancora sembrava priva di conoscenza. Dei rumori di passi da lontano
attirarono la sua attenzione, ma sapeva che non erano passi amici.
«Merda.
Speravo ti avessero dato per morta quando ti hanno vista cadere
invece ti stanno ancora cercando» si tolse un fazzoletto
dalla tasca
e lo usò per fasciare rapidamente la ferita causata dal
proiettile.
Ora che era svenuta non si opponeva più e questo certo gli
facilitava il compito.
«Meglio
andarcene da qui» disse infine, prendendola in braccio e
facendo ben
attenzione che il mantello non le cadesse di dosso. Corse via,
infilandosi tra vie e sotterranei che solo lui e suo padre
conoscevano, le vie secondarie che usavano per incontrarsi con quelli
di Fairy Tail senza che l'esercito li scoprisse.
Quando
Priscilla riaprì gli occhi i dolori non erano scomparsi, ma
perlomeno era sparita la paura le orribili sensazioni di solitudine.
Non aveva idea di dove si trovasse, ma il profumo di quella stanza
era buono, e le coperte che aveva stese addosso erano calde e
morbide. La luce penetrava delicatamente dalla finestra leggermente
oscurata da delle tende, non era fastidiosa ma nemmeno troppo buio.
Era tutto così caldo e accogliente. Si mosse sul materasso
morbido e
provò a guardarsi attorno, quando una voce arrivò
alle sue
orecchie.
«Ti
sei svegliata!» entusiasta così non l'aveva mai
sentita. Era miele
per il cuore. «Meno male stai bene»
sospirò poi, sollevato.
Priscilla si alzò a sedere, facendo cadere le coperte sulle
gambe e
scoprì così di non avere addosso i propri
vestiti. Indossava una
larga camicia bianca, decisamente gigante per lei, e dei calzoni
altrettanto enormi, ma comunque comodi.
«S-scusa!»
sussultò Laxus al suo fianco, arrossendo come mai l'aveva
visto
fare. «I tuoi vestiti... erano fradici... ho-ho pensato non
fosse
sano, ecco. M-mi dispiace, ma in casa ci sono solo io. Giuro ho
tenuto gli occhi chiusi!» si agitò sempre
più. Era addirittura
tenero nel suo disperato tentativo di non imbarazzarsi, cosa che gli
capitava incredibilmente spesso. Era completamente diverso dal Laxus
che conosceva, eppure nel profondo sentiva che avevano lo stesso buon
cuore.
«Grazie»
sorrise lei, delicatamente. «Sei stato premuroso»
cercò di
rincuorarlo. Mostrarsi nuda a qualcuno in effetti non era mai stata
una cosa che le aveva provocato strane emozioni, visto che in fondo
non era umana non aveva mai avuto nemmeno pensieri di quel genere. Il
suo corpo era incredibilmente simile a quello umano, ma certo una
come lei non poteva nemmeno pensare di attrarre o essere vista in
quel modo da un uomo. Era dolce vedere come quel Laxus non lo sapesse
e si comportasse come se avesse di fronte una vera donna. In fondo, a
lei, non interessava.
«Ho...
ho messo a lavare i tuoi vestiti. Devono solo asciugarsi. Ah! E ti ho
portato del té caldo e dei biscotti. Ho pensato avessi
fame... li
vuoi?» chiese rosso in volto, indicando la teiera sul mobile
al suo
fianco. Era decisamente di una tenerezza fuori dal comune. Priscilla
non potè trattenere un intenerito sorriso e annuì
semplicemente.
Laxus prese il vassoio con tutto ciò che aveva preparato,
versò la
tazza di tè e infine si avvicinò al letto per
portare tutto a lei.
Il sorriso sul volto di Priscilla si fece più intenso quando
vide la
cura e l'attenzione che lui stava ponendo in quel semplice lavoro,
concentrato come se fosse la cosa più importante al mondo.
«S-stai
sorridendo! Che bello!» si entusiasmò Laxus nel
vedere il suo
sorriso disteso, ma quell'euforia gli fece perdere l'equilibrio sul
vassoio che ancora teneva in mano e tazza e biscotti barcollarono
fino a quando tutto non si rovesciò sulla trapunta. Laxus
urlò e
l'urlo si intensificò nel momento in cui Priscilla,
allarmata,
disse: «Brucia!»
Tolse
le coperte di colpo, lasciando Priscilla al freddo e lui non smise di
agitarsi e urlare sempre più, balbettando più
volte uno: «Scusa»
che non sempre gli usciva bene dalle labbra. Infine si
avvicinò al
muro e colpendolo con la testa lamentò un piagnucolante:
«Sono un
disastro. Mi dispiace».
«Ma
no, non preoccuparti. Non mi sono fatta niente»
provò a rincuorarlo
e scese dal letto, per cercare di avvicinarsi. Alzandosi in piedi
l'enormità di quei calzoni si fece più palese e
scivolò giù dalle
sue gambe con una rapidità tale che non ebbe neanche tempo
di
accorgersi della cosa. Abbassò lo sguardo e lo
puntò alle proprie
gambe nude, cosa che fece anche Laxus. Lei di nuovo non si scompose,
il ragazzo invece avvampò e si voltò
immediatamente dall'altro lato
urlando un iper balbettato: «Scusa!»
«Eh?»
chiese Priscilla, non capendo di cosa si stesse scusando in quel
momento.
«In
casa ci siamo solo io e mio padre, non ho vestiti che ti possano
andare bene. Quelli sono miei, m-mi dispiace tanto! N-non volevo
guardare!» e infine sospirò affranto.
«Quanto sono stupido» e non
sapendo più sostenere quel confronto uscì
rapidamente dalla stanza.
«Laxus»
sorrise lei, sempre più intenerita. Il Laxus di quel mondo
era un
pasticcione tenerone, decisamente l'opposto di quello che conosceva
lei. La cosa la divertiva e in qualche modo le scaldava il cuore. Si
sistemò i calzoni che lui le aveva dato, fermandoli con una
cintura
che riuscì a trovare nei vari cassetti del comò
con una facilità
sorprendente. Anche se su due mondi diversi, quei Laxus avevano la
stessa abitudine in fatto di sistemazione dei cassetti. Camice nel
primo, pantaloni nel secondo e accessori nell'ultimo. Sotto sotto,
era come essere tornata a casa.
Uscì
dalla stanza, decisa a rintracciare il ragazzo e cercare di parlarci
più tranquillamente. In fondo, non l'aveva ancora nemmeno
ringraziato. Camminò lungo il corridoio lentamente, attratta
dalle
sculture in vetro che si trovavano ad ogni angolo e su ogni mensola.
Erano incredibilmente belle, di vari colori e varie forme, c'era ogni
sorta di animale di vetro intorno a lei. Infine oltrepassò
una
porta, un'altra stanza e provò ad aprirla delicatamente
chiedendosi
se Laxus non si trovasse lì dentro. La stanza era vuota ma
un'altra
scultura attirò la sua attenzione tanto che non
riuscì a toglierle
gli occhi di dosso. Si avvicinò lentamente e più
lo faceva più il
cuore nel petto batteva sempre più forte.
Una
bambina. Una bambina di vetro sorrideva e la guardava, luminosa, con
le mani dietro la schiena, in una posa delicata e leggiadra. Si
inginocchiò, raggiungendo così l'altezza del suo
viso e la guardò
da vicino. Le sfiorò una guancia fredda con la punta delle
dita,
tremanti.
"Ho
conosciuto Ivan, tempo fa. Si portava appresso un amato quanto
imbranato figlioletto, ma era l'unico figlio che lui possedeva. Tu,
su Edoras, non esisti, Priscilla" queste
le parole di Mistgun che in quel momento invece contraddicevano i
fatti. Quella bambina aveva i suoi stessi lineamenti.
«Lei
si chiama Pricchan» la voce di Laxus la fece sobbalzare non
tanto
per la sorpresa nel sentirlo all'ingresso della stanza, tanto quanto
per il nome dato a quella statua. Tremò sempre di
più, sentendo
l'emozione crescerle nel cuore. Non era vero che lei non esisteva,
semplicemente non era la bambina di carta. Su Edoras lei era la
bambina di vetro.
«Quando
ero piccolo ero solo, non avevo neanche qualche amico con cui stare.
Mio padre lo odiava e sotto sotto anche lui si sentiva solo. Lui
è
un mastro vetraio, come avrai capito, anche se in realtà
è più un
hobby che un lavoro. Perciò creò per noi
Pricchan. Al tempo mi
piacque talmente tanto che cominciai a considerarla la mia
sorellina»
ridacchiò imbarazzato, grattandosi il mento.
«Ridicolo, vero?»
«Pricchan»
mormorò invece Priscilla, rapita dai lineamenti della statua
in quel
luminoso e radioso sorriso.
«Le
diedi io quel nome. Mi piaceva, sembrava...»
«Sembra
il verso di un animaletto» concluse Priscilla per lui,
sapendo
perfettamente il motivo per il quale il suo Laxus, su Erathland, la
chiamasse spesso in quel modo.
«Esatto!
Lo credi anche tu, allora» rispose Laxus, contento di non
sentirsi
poi così idiota. «Sai, mio padre è
sempre stato molto attratto e
affascinato dalla magia, per questo aiuta le gilde in questo
terribile periodo di difficoltà. Fa un sacco di discorsi
sulla
giustizia e le persone che soffrono per colpa di queste leggi, ma
credo che in realtà il suo desiderio più grande
sia quello di
vedere Pricchan prendere vita» confessò Laxus.
«Cosa?»
sobbalzò Priscilla, voltandosi a guardare Laxus con gli
occhi
spalancati.
«Le
ha dato un volto simile a quello della mamma e passa molto tempo a
guardarla e parlare con lei, anche se è solo una statua di
vetro.
Beh, come posso biasimarlo, io da piccolo ci giocavo»
arrossì,
prima di balbettare: «Ammetto che anche ora ogni tanto vengo
anche
io a parlare con lei. Mi credi stupido, non è
così?» ridacchiò
nervoso.
«Parlate
con lei» ripeté Priscilla, tornando a guardare
quel sorriso di
vetro che la bambina le rivolgeva.
«È
qui con noi da quasi vent'anni, ormai è come se fosse parte
della
famiglia. Ah, che idiota! Scusami! Sto dicendo stupidaggini!»
si
agitò, grattandosi nervoso la testa. Ma si sorprese invece
nel
vedere che Priscilla reagì con una lacrima… che
si tolse subito
con una mano tremante.
«È...»
balbettò lei, cercando di sorridere. «È
una storia commovente»
provò a giustificarsi.
«Tu
credi?» chiese Laxus, dubbioso. Priscilla annuì,
prima di sorridere
e azzardare un: «Chissà, magari anche se non
può muoversi, può
comunque sentirvi... e veglia su di voi».
«Allora
riesci a capirci!» sorrise Laxus, entusiasta all'idea di non
essere
preso per idiota. «Pensavo di sembrarti stupido a raccontarti
queste
cose» ridacchiò.
«Davvero
somiglia a tua madre?» chiese Priscilla alzandosi e
avvicinandosi a
Laxus, pronta a lasciare la stanza.
«Già,
papà le ha voluto dare un volto piacevole e familiare. Anche
se la
mamma era bionda, a dire il vero, e... beh, Pricchan non ha colore,
ma me la immagino mora, come papà. Ora che ci penso, ti
somiglia un
po'...» osservò lui, guardando meglio la ragazza
che aveva al suo
fianco.
«Tu
dici?» ridacchiò Priscilla, portandosi una mano
timida alle labbra.
«È una bella coincidenza, non credi?».
Laxus
però non smise di guardarla, ma anzi parve ancora
più interessato a
lei nell'istante in cui la vide ridere a quel modo. Le guance gli si
arrossarono lievemente, mentre scopriva quanto quel suono e quel
volto fossero incredibilmente piacevoli.
«Già» balbettò.
«Una
bella coincidenza».
La
serratura della porta, pochi metri da loro, schioccò poco
prima che
la porta cominciasse ad aprirsi. Priscilla si irrigidì,
colta da un
nuovo terrore, terrore che si intensificò maggiormente
quando
cominciò a cogliere i lineamenti dell'uomo che varcava la
soglia di
casa. Il volto severo, lo sguardo in grado di far sentire chiunque
inferiore, non poteva dimenticare la sensazione di terrore che le
dava quel viso tutte le volte che lo incrociava.
«Sei
tornato, finalmente» disse Laxus, per niente intimorito.
«Diamine!
C'è il caos per le strade. Pare stiano dando la caccia a
qualcuno!»
ringhiò Ivan, sbattendosi nervosamente la porta alle spalle.
Priscilla d'istinto si rannicchiò contro la schiena di
Laxus, dietro
il quale si nascose. Gli afferrò la camicia e la strinse
più che
poté, tramando tanto che poté persino sentirla
mugolare.
«Ehy...»
si voltò Laxus, per provare a guardarla. Ma Priscilla si
strinse di
più contro la sua schiena, lamentandosi come un animale
ferito.
Quella voce, come poteva dimenticare quella voce?
«Non
devi aver paura» provò a incoraggiarla Laxus.
«Eh?»
ringhiò Ivan, facendo dei pesanti passi verso il
figlioletto.
«Abbiamo un ospite e neanche mostra il suo viso?»
«M-M-mi
dis...» provò a balbettare Priscilla, ma la voce
le morì in gola.
Ivan si affacciò oltre al schiena di Laxus, incrociando
così lo
sguardo di una Priscilla tanto terrorizzata che avrebbe potuto farsi
la pipì addosso da un momento a un altro. Stringeva la
camicia di
Laxus tanto forte che avrebbe potuto strappargliela e quando vide
Ivan, quando incrociò quei suoi macabri e inquietanti occhi,
si
schiacciò ancora di più contro la schiena del
ragazzo. La mano di
Ivan si alzò e si avvicinò al suo viso. Priscilla
chiuse gli occhi,
ormai incastrata nel suo incubo peggiore, quello dove finiva con
l'essere picchiata tanto violentemente da lasciarla in fin di vita.
Ma la mano di Ivan le si posò leggera e tenera sulla testa,
dove le
diede semplicemente un'affettuosa scompigliata di capelli.
«Non
dirmi che è per questa piccoletta che stanno facendo tutto
quel
baccano?» chiese Ivan, scoppiando in una fragorosa risata.
«Eh,
già» sospirò Laxus. «L'ho
raccolta dal fiume, si era buttata per
disperazione per riuscire a scappare dalle guardie».
«Hai
affrontato guardie e fiume e sei ancora viva?» la
guardò Ivan,
sgranando gli occhi. «Sei bella tosta,
nanerottola!» e rise ancora
tanto forte da portarsi le mani alla pancia. «Dì
un po', le hai
almeno offerto da mangiare! Guarda com'è pallida e
magra!» disse
poi, guardando il figlio con rimprovero.
«Ho
provato a offrirle del tè!» rispose lui a tono,
prima di ammettere
arrossendo: «Ma sono inciampato e gliel'ho rovesciato
addosso».
«Sei
un disastro!» ruggì Ivan, prendendo Priscilla per
un braccio e
cominciando a trascinarla verso la cucina. «Povera creatura,
guarda
in che condizioni ti hanno ridotto. E mio figlio è un totale
idiota.
Hai capito? Sei un idiota!» e spinse la ragazza sopra una
sedia,
costringendola a sedersi.
«Ho
capito! Non l'ho fatto apposta!» rispose Laxus, furioso.
«Ventitré
anni e ancora non trovi moglie, e ci credo!»
«E
questo adesso che c'entra?!» rispose Laxus, sempre
più offeso.
«Non
hai il minimo garbo o delicatezza! Che razza di vestiti sono quelli
poi?» chiese Ivan, tirando fuori una padella e un mestolo da
un
mobile.
«Abbiamo
altro da darle? Non mi pare ci siano donne in casa!»
«Potevi
uscire e comprarle qualcosa!»
«Non
potevo lasciarla sola! Guarda in che stato è
ridotta!» ruggì
Laxus, sempre più furioso.
«Bravo
figliolo» disse infine Ivan, improvvisamente più
tranquillo. «Hai
superato il test. Mai lasciare una donna ferita da sola, soprattutto
quando c'è lo Stato intero che la cerca».
«Come
sarebbe che ho superato il test? Mi stavi mettendo alla
prova?» urlò
Laxus, al culmine della rabbia. Infine si lasciò cadere
sulla sedia
di fronte a Priscilla e si portò entrambe le mani al volto,
mormorando un esaurito: «Mi manderai al manicomio, vecchio,
prima o
poi».
La
delicata voce di Priscilla non resistette e uscì dalla sua
gola,
timida e intimorita, ma intrattenibile in quella lieve risata che le
era nata dal profondo del petto. La mano davanti alle labbra, come se
avesse voluto nasconderla, come se ne avesse paura o se ne
vergognasse, ma usciva. Divertita, rallegrata, ma usciva. Era dunque
quello il piacere di una famiglia? Di una vera e normale famiglia?
La
testa china in avanti, gli occhi socchiusi, nemmeno si accorse di
cosa provocò nei due uomini la sua cristallina risata:
tenerezza e
sicuramente un pizzico di felicità. Ivan, più di
Laxus, osservò a
lungo il volto disteso di Priscilla, pensieroso. Poi guardò
anche il
figlio, ancora seduto di fronte a lei, stranamente silenzioso. Lo
conosceva abbastanza da riconoscere quando qualcosa gli piaceva e lo
affascinava, assumeva sempre lo stesso sguardo quando da bambino si
fermava di fronte alle vetrine dei giocattoli.
Ridacchiò
e, prima di tornare a cucinare, mormorò: «Pensa un
po'...».
«Mh?»
si voltò Laxus. «Hai detto qualcosa?»
«Pensavo
ad alta voce» rispose semplicemente Ivan, prima di chiedere:
«Allora, scriccioletto, ti va di raccontarci
perché hai tentato di
ucciderti nel Rambel?»
«Non
volevo uccidermi» rispose Priscilla, timida.
«Lei
è di Fairy Tail!» spiegò Laxus.
«Fairy
Tail?» chiese curioso Ivan.
«Sa
usare la magia! È caduta dal cielo, diventava invisibile e
si è
sparata via un proiettile dalla gamba usando un vortice di
vento!»
spiegò Laxus, entusiasta per aver assistito a quelle
incredibili
cose.
«Cosa?!»
sobbalzò Ivan, guardando sconvolto la ragazza.
Priscilla
colta dall'imbarazzo e non sapendo bene come giustificare tutte
quelle cose, si limitò a ridacchiare e grattarsi la testa.
«Però
non ho visto oggetti particolari tra le sue cose, mi chiedo quale
strumento magico tu possegga» rifletté Laxus e
questo mise
Priscilla ancora più in difficoltà. Ricordava i
racconti di
Mistgun, in quel mondo la magia non apparteneva alle persone ma
poteva essere utilizzata solo tramite oggetti.
«Hai
frugato tra le sue cose?» intervenne un furioso Ivan, facendo
arrossire Laxus.
«N-non
pensare male! L'ho solo cambiata e per forza ho notato cosa
possedeva!»
«L'hai
cambiata tu e non dovrei pensare male? Figlio degero! Che razza di
pervertito sei, eh?! È così che ti ho
cresciuto?» gridò Ivan
prima di voltarsi e colpire violentemente la nuca del figlio con il
mestolo che aveva in mano. Laxus si piegò in avanti per il
colpo e
per un po' resto in quella posizione, con le mani premute contro la
testa colpita, lamentandosi per il dolore.
«Non
arrabbiarti» provò a intervenire Priscilla,
dispiaciuta per il
trattamento che Laxus stava ricevendo. «Ero svenuta e ha solo
pensato fosse importante mettermi al caldo e togliermi i vestiti
bagnati di dosso. È stato gentile».
«La
ragazza ti difende anche» sospirò Ivan, tornando a
cucinare. «Sei
troppo buona, piccoletta».
«A
proposito...» si raddrizzò Laxus. «Non
ti ho ancora chiesto come
ti chiami».
«Mi
chiamo...» cominciò Priscilla, ma si interruppe
improvvisamente
turbata.
"Pricchan".
Avrebbe
dato troppo nell'occhio se avesse ammesso di avere lo stesso nome
della sua sorellina di vetro, visto che aveva notato anche la loro
somiglianza. Non poteva rivelarglielo, non ancora perlomeno. Erano
sicuramente persone buone, ma era bene non esagerare e restare cauti
almeno finché fosse rimasta sola in quel mondo sconosciuto.
«Il
mio nome è Mistgun» disse infine.
«Mistgun...»
ripetè sovrappensiero Ivan.
«Mistgun?»
si chiese invece Laxus, alzando gli occhi curioso. «Che razza
di
nome è per una ragazza?»
«Ti
sembrano domande da fare? Maleducato!» ringhiò suo
padre, furioso,
e Laxus sobbalzò rendendosi conto dell'errore e
tornò a balbettare
rosso in volto una serie di scuse.
«Cosa
ci fai da queste parti, Mistgun?» chiese poi Ivan,
sospirando.
«Fairy Tail si trova molto lontano da qui».
La
loro conoscenza su Fairy Tail la metteva veramente nei guai, se si
fossero messi in contatto con loro certo non ci avrebbero messo molto
a scoprire che era un impostore. Inoltre questo la costringeva a
inventare un sacco di bugie, cosa che odiava fare, ma che altra
soluzione aveva? Fino a quando non avrebbe rimesso ordine ai pensieri
e non avesse pensato al da farsi non aveva altra scelta se non
attirare l'attenzione il meno possibile.
«Io...»
mormorò cercando di inventarsi qualcosa. Ma non conosceva
abbastanza
quel mondo da riuscire a pensare a un'idea che fosse plausibile.
«Io... non me lo ricordo» la perdita di memoria
forse era la cosa
migliore a cui potesse attingere in un momento come quello.
«Mi sono
svegliata su una spiaggia e i soldati già mi stavano
cercando. Sono
arrivata in questa città per scappare da loro».
«Brutta
situazione. Chissà cosa ti è successo»
mormorò Laxus, incrociando
le braccia al petto, pensieroso. Ivan finì di cucinare e
mise il
tutto in un piatto che posò davanti a Priscilla,
incoraggiandola poi
a mangiare. Le diede ancora una dolce scompigliata di capelli,
vedendo la sua titubanza, e insisté con un semplice:
«Non fare
complimenti. Sei a pezzi, hai bisogno di recuperare energie».
"Gli
esseri umani mangiano, Priscilla" per
quanto quell'uomo fosse totalmente diverso dal padre che aveva avuto,
portava il suo stesso volto e la sua stessa voce. Ricordare quei
momenti era inevitabile, tutto dentro quella casa sembrava
trascinarla molti anni indietro e la terrorizzava. "Gli
esseri umani mangiano e dormono. Perciò vedi di ricordarti
di farlo
sempre, o finirai con l'attirare troppo l'attenzione. Non vuoi farmi
arrabbiare, vero?"
Col
tempo aveva imparato a non pensarci più e aveva reso quelle
attività
un'abitudine. E stare insieme a Laxus, vedere quanto a lui piacessero
quelle attività, l'avevano incuriosita e aveva persino
imparato ad
apprezzarle. Ma la verità era sempre lì, pronta a
punzecchiarla
come una lama contro la colonna vertebrale.
"Senti,
ma se tu non hai un corpo di carne e ossa, ma solo di magia...
perché
mangi così tanto?" rispondere
alla domanda di Happy, la sera che aveva combattuto contro Laxus, era
stato così doloroso che si era limitata a riderci su. La
verità era
sempre lì... lei non era umana. Non aveva bisogno di
mangiare, ma lo
faceva lo stesso perché esserlo era tutto ciò che
desiderava. Prese
una manciata di uova strapazzate e se le portò alla bocca.
Il suo
corpo non ne aveva bisogno, ma alla fine poteva emulare perfettamente
tutti i processi biologici di un normale essere vivente e per questo
non lo rifiutava nemmeno. Questo le permetteva di concentrarsi solo
sul gusto e sul piacere di quell'attività così
comune, così umana.
«È
buono» commentò lasciandosi sfuggire un timido
sorriso.
«Sono
felice di sentirtelo dire» ridacchiò Ivan,
orgoglioso. «Questa è
la mia personale ricetta delle uova alla Ivan!»
«Mi
stupisco allora che ti stia facendo i complimenti»
commentò Laxus,
lanciando uno sguardo provocatorio al padre.
«Disgraziato!
Ti sembra il modo di rivolgerti a chi ti nutre?!»
ruggì Ivan e
ancora quel piccolo battibecco fece ridere Priscilla, che ora
mangiava con più serenità.
Il
rumore alla porta interruppe quel piccolo quadro familiare, facendo
così calare il silenzio. Qualcuno bussava e non ci mise
molto
nemmeno a presentarsi.
«Signor
Drayen! Ci manda lo Stato, apra la porta, per favore?» una
voce
imperativa e decisa. Priscilla sbiancò ed entrambi gli
uomini
scattarono in piedi, allarmati. Laxus corse alla finestra e
scostò
appena le tende, dando un'occhiata fuori.
«Ci
sono soldati anche in giardino» sussurrò,
allarmato.
«Non
sanno che è qui, altrimenti non si sarebbero presentati e
avrebbero
semplicemente sfondato la porta» disse Ivan.
«Dobbiamo
nasconderla».
«I
suoi vestiti sono in bagno ad asciugare!» ricordò
Laxus. Se li
avessero visti sarebbe stata la loro fine.
«Signor
Drayen!» insisté il soldato.
«Non
c'è tempo, papà! Pensa a qualcosa!»
disse Laxus.
«Ci
penso io» disse Priscilla, alzandosi dalla sedia.
«Mirage»
sussurrò, socchiudendo gli occhi, e un istante dopo la sua
immagine
scomparve, dissolvendosi come un'onda. Persino Ivan, che ben
conosceva Fairy Tail e la magia, rimase sbalordito di fronte a
quell'evento. Laxus corse verso la porta, meno sorpreso visto che
già
l'aveva vista fare quel genere di cose in città, e
aprì
improvvisando un falso sorriso.
«Scusateci!
Stavamo parlando a voce troppo alta, non abbiamo sentito
bussare»
disse, grattandosi la nuca imbarazzato. Davi in persona si fece
avanti, fronteggiando direttamente il ragazzo che ne rimase un po'
intimorito. «Qualcosa non va?» chiese, sforzandosi
di lottare
contro la paura che gli animava lo stomaco.
«Possiamo
entrare?» chiese cupo.
«C-certo»
disse Laxus, facendosi da parte e permettendo così ai
soldati di
entrare. Non solo il capitano Davi fece il suo ingresso ma un intero
plotone non si risparmiò dal cominciare a frugare con
velocità e
meticolosità in ogni singola stanza.
«Capitano
Davi, da quanto tempo» disse Ivan, uscendo finalmente dalla
cucina.
«Mi
scuso per l'improvvisata, Signor Drayen» parlò
finalmente Davi,
guardando i suoi soldati che uno alla volta uscivano dalle varie
stanze comunicando con un gesto del capo che non c'era niente. E
attese ancora un po' prima di sentirsi libero di parlare:
«Stiamo
cercando una pericolosa criminale. Appartiene alla gilda Fairy
Tail».
«Un
membro di Fairy Tail qui in città?» si finse
sorpreso Ivan.
«Usa
magie pericolose. Pare che possa rendersi invisibile»
spiegò Davi e
i muscoli di Ivan e di Laxus si irrigidirono, anche se si sforzarono
di sembrare naturali. Il fatto che Davi sapesse con chi aveva a che
fare la metteva ancora più in pericolo.
«Sì,
ho sentito la gente in città che parlava di una criminale...
non
credevo fosse di Fairy Tail» disse Ivan, mostrandosi
preoccupato.
«Pare l'abbiano vista lanciarsi nel fiume. Credevo fosse
morta».
«Il
mio sesto senso dice che è ancora in
città» disse Davi,
guardandosi attorno meticolosamente. «Posso sicuramente
contare
sulla fiducia dell'ex consigliere di corte, vero?» chiese
Davi
lanciando uno sguardo severo a Ivan.
«Ovviamente.
Se dovessi notare qualcosa informerò subito le
guardie» annuì
Ivan.
«Capitano
Davi!» chiamò uno dei soldati dal piano di sopra.
«Venga a
vedere!»
Il
capitano non se lo fece ripetere due volte e corse lungo le scale,
pronto a intervenire di fronte a qualsiasi evenienza. La paura che
l'avessero scoperta fu totale e Laxus si sporse in avanti, pronto a
correre dietro al soldato e provare a difenderla. Ma Ivan lo
bloccò
per il polso e lo costrinse a rimanere al suo posto. Davi corse fino
al piano di sopra e poi diretto verso il bagno, raggiungendo il
sottoposto che l'aveva chiamato. Era affacciato a una finestra aperta
e appena vide arrivare Davi gli indicò qualcosa fuori.
«Laggiù!
Guardi!» il dito del soldato mandava il suo sguardo oltre il
giardino di Drayen, verso il paese appena sotto la sua casa, dove
riuscì a intravedere la sagoma della ragazza svoltare
l’angolo e
sparire.
«È
lei! Presto!» gridò cominciando a scendere
giù per le scale. «Sta
andando verso ovest, non dobbiamo perderla di vista!»
gridò facendo
uscire tutti i suoi sottoposti dalla casa. «Vi consiglio di
tenere
le finestre chiuse per un po', signor Drayen» disse infine,
prima di
uscire e sbattere la porta.
«Quell'uomo»
disse Ivan, digrignando i denti. «Era una testa di cazzo
anche
quando lavoravo a corte».
«Dov'è
Mistgun?» chiese Laxus, guardandosi attorno preoccupato.
Corse al
piano di sopra, dove aveva lasciato i vestiti e dove i soldati
avevano allarmato il capitano. Andò diretto verso il bagno e
la
trovò, seduta a terra, appoggiata con la schiena al muro.
Respirava
affannosamente ed era ricoperta di sudore, ma a parte quello sembrava
stesse bene.
«Incredibile!
Non ti hanno vista!» disse, inginocchiandosi vicino a lei.
«Sei
stata tu a ingannarli? Come hai fatto?»
«Con
la magia… creo delle specie di illusioni» sorrise
Priscilla,
cercando di riprendere fiato. Il poco tempo e il bisogno di inventare
qualcosa le aveva suggerito un’unica soluzione, la
più
difficoltosa: aveva usato il Mirage per nascondere se stessa, poi per
nascondere i vestiti appesi sopra la vasca e infine un terzo Mirage
per creare la sua stessa immagine, in movimento oltretutto, farsi
vedere in strada e sparire. Era la prima volta che lo usava in tre
punti diversi e il tutto era stato intensificato dal bisogno che una
delle tre immagini fosse in movimento: il consumo magico era stato
praticamente totale, ne era stremata.
«Sei
incredibile!» insisté Laxus, guardandola
affascinato. Un attenzione
che la fece arrossire, ma che nel profondo la rese immensamente
felice.
«Laxus»
Ivan entrò nel bagno e guardò i due a terra.
«Ha bisogno di
riposare. Accompagnala a letto» disse preoccupato ma cupo in
volto.
Qualcosa lo rendeva estremamente pensieroso, più del solito.
Laxus
aiutò Priscilla a rialzarsi e lentamente la portò
verso la stanza
da letto, passando di fronte a Ivan.
«Mistgun»
la chiamò, prima di vederla entrare nella camera insieme a
suo
figlio. «Puoi stare qui finché desideri.
Farò in modo di rendere
questo posto sicuro».
«Non...
non vorrei crearvi troppo disturbo. Se scoprono che sono qui, sareste
in pericolo» mormorò Priscilla, preoccupata, e
Ivan si lasciò
scappare un sorriso prima di dirle: «Non essere stupida. Sono
anni
che aiuto Fairy Tail, credi mi importi del pericolo? Pensa a
riposare, adesso».
«Sta'
tranquilla» sorrise Laxus, aiutandola a sedersi sul letto.
«Io e
mio padre sappiamo cavarcela. Non appena ti sentirai meglio ti
aiuteremo a tornare a casa».
Priscilla
non ebbe più coraggio di dire nemmeno una parola. Quella
situazione,
quella gentilezza, era quasi surreale e per questo meravigliosa. Ma
quella non era casa sua, lo sapeva, e aveva già cominciato a
sentirne la mancanza. Non si sentiva sicura di niente, anche se
quelle persone erano amorevoli con lei. Si guardò il simbolo
sul
palmo della mano non appena Laxus si allontanò, stesa in
quel
morbido letto, e lanciò poi uno sguardo al cielo fuori dalla
finestra.
"Casa".
Come
stavano andando le cose a casa?
Laxus
si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò alla stanza del
padre,
dove era sicuro di poterlo trovare. Seduto sul letto, chino in
avanti, guardava la Pricchan di vetro dritta negli occhi. Andava da
lei tutte le volte che era tormentato da qualcosa e aveva bisogno di
pensare.
«Allora?»
chiese Laxus, appoggiandosi allo stipite della porta.
Suo
padre fece un lungo sospiro prima di aprire bocca e dire:
«Quando si
sentirà pronta ci dirà la
verità».
«Tu
cosa ne pensi? Perché ha il simbolo di Fairy Tail se non
è di Fairy
Tail?»
«Allora
non sei così idiota» ridacchiò Ivan.
«L'hai capito anche tu».
«Così
come ho capito che Mistgun non è certamente il suo nome. Per
chi
m'hai preso?» brontolò offeso.
«Calmati,
sto scherzando. Ho qualche sospetto in proposito, ma voglio prima
indagare un po'. Tu vedi nel frattempo di non innamorarti di lei,
è
probabile che non la rincontreremo una seconda volta» lo
punzecchiò,
sghignazzando divertito.
«Ma
di che diamine stai parlando? Vecchio idiota!»
ruggì Laxus, offeso
e sicuramente colpito nel profondo. Gli voltò le spalle e a
grossi
passi se ne andò, tornando al piano di sotto. Una reazione
che in
parte gli dava ragione e per quanto fosse divertente vedere quel tipo
di reazioni in suo figlio comunque non poté che preoccuparsi
maggiormente per lui. Se si fosse affezionato a lei il momento della
separazione sarebbe stato un bel problema. Sospirando tornò
a
guardare la statua di vetro e a pensare a quella ragazza.
Corrucciò
la fronte e rimase a lungo immobile, concentrato.
«Da
dove sei arrivata, Pricchan?»
NDA.
Non
avete idea della fatica immane che ho fatto nel cercare di immaginare
e descrivere un Laxus che in realtà non è Laxus.
Riuscire a
immaginarlo che balbetta, arrossisce e chiede mille volte scusa anche
quando non necessario non è stato per niente semplice xD
Volevo
dire solo questo ahahah
Ma
comunque a questo punto approfitto per ringraziare le anime
caritatevoli che leggono la mia storia <3 Siete preziosissimi.
E
già che ci sono spammo un po’ anche la mia pagina
autrice su FB
dove potete trovare… niente… Perché
alla fine la uso solo per
dire qualche stronzata ogni tanto xD
Ma
potete comunque passare per salutarmi, sclerare con me su Fairy Tail
(ho bisogno di amiche fangirl con cui dare di matto, please) e vi
anticipo che ho in programma di fare una cartella immagini dedicata
tutta a questa storia. Non sono mie, le ho rubate malamente da
Pinterest (C’è un posto prenotato
all’Inferno per me per questo
motivo, lo so già), però sono molto suggestive e
si adattano
perfettamente a Pricchan e la sua storia. Se siete curiosi venite a
fare un salto, ecco il link
https://www.facebook.com/RayWingsEFP/
A
presto!!!
Ray
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Capitolo 22 *** Io vengo da Earthland ***
Io
vengo da Earthland
Priscilla
era come al solito nella camera che Ivan le aveva dato. Aveva
scoperto poco dopo che quella era la stanza di Laxus e che lui, per
lasciarla a lei, si era ridotto a dormire sul divano. Aveva provato
più volte a insistere per restituirgliela ma non c'era stato
modo di
convincere nessuno dei due padroni di casa. Era passata una settimana
dal suo arrivo in quella città, da allora aveva riposato
molto e
gran parte del suo potere era finalmente tornato, ma continuava a non
muoversi da quella stanza. Laxus passava molto tempo insieme a lei,
preoccupato che potesse annoiarsi, cercava sempre di portarle
qualcosa con cui distrarsi. Un libro, un gioco, qualche oggetto
particolare comprato dal mercato. Stava insieme a lei e le raccontava
ogni cosa di quel mondo, visto che lei diceva di non ricordarsene. I
luoghi e le abitudini, le leggi e la storia. Ma nonostante tutto,
Priscilla continuava a stare seduta sul letto e a guardare fuori
dalla finestra con gli occhi pregni di tristezza. Ivan invece usciva
praticamente sempre, si occupava di indagare sul passato della
ragazza anche se lei questo non lo sapeva, e continuava a depistare
le indagini dei soldati che non avevano smesso mai di cercarla.
Persino Erza aveva fatto il suo ingresso in città e questo
lo aveva
allarmato un po', ma Priscilla sembrava ben intenzionata a restarsene
nascosta e non faceva niente di avventato. Sembrava... stesse
aspettando. Qualcuno o qualcosa, non sapevano, ma Priscilla stava
sicuramente aspettando e più il tempo passava più
quell'attesa la
logorava.
Dopo
una settimana tornò ad alzarsi dal letto, anche se solo per
brevi
momenti. Dopo una settimana e mezza la vedevano spesso in giro per la
casa, a curiosare o semplicemente cercare qualche nuovo libro da
leggere. Dopo due settimane cominciò anche a cucinare ogni
tanto,
per ringraziare Ivan e Laxus per la loro ospitalità. Aveva
più
volte detto che se ne sarebbe andata, ma i due uomini erano
tassativamente contrari. Nonostante fosse trascorso molto tempo, lo
Stato era ancora in allerta e al primo avvistamento avrebbero ripreso
a cercarla. Sapeva che avevano ragione e ancora non aveva idea di
dove andare se avesse lasciato quella casa. Eppure Gerard ancora non
si vedeva e nemmeno la sua Fairy Tail, nessuno stava andando a
prenderla e lei non aveva idea di come poter tornare a casa. Aveva
sperato che con la scusa della sua scomparsa almeno Gerard fosse
tornato, a quel punto avrebbe anche potuto discutere con lui
dell'eventualità di sistemare per sempre Anima, ma non
arrivava.
Nessuno arrivava e lei non sapeva dove andare.
Quanti
giorni erano ormai passati?
Passò
anche quel giorno di fronte alla camera di Ivan e come sempre il suo
sguardo venne attirato dalla piccola statua in vetro che continuava a
sorridere allegra. Le portava alla mente così tanti ricordi
e non
tutti erano piacevoli.
«Non
guardarmi in quel modo» mormorò come se la bambina
avesse potuta
sentirla. «Io ho avuto la fortuna della vita e tu quella di
una
famiglia incredibile. Non sei l'unica che prova invidia»
disse e
continuò a guardare il suo sorriso. Quel sorriso che lei
aveva
imparato solo con tempo, invece quella Pricchan ci era nata.
«Lo
sai...» disse poi accennando un sorriso ed entrò
nella stanza,
andandosi a sedere di fronte alla bambina. «Oggi a casa mia
è il
giorno dell'Hanama. Il periodo della fioritura dei ciliegi e Fairy
Tail non si lascia sfuggire mai nessuna occasione per festeggiare. Tu
hai conosciuto la tua Fairy Tail? Non so come sia... ma sono sicura
che ti possa piacere. Nostro nonno è il Master della gilda.
Anche
Laxus ne fa parte e un tempo persino Ivan, ma poi sono stati cacciati
tutti e due. Non stupirti, guardaci? Siamo opposte, anche se simili.
Credi che per loro sia diverso? Papà... papà
è molto diverso da
questo. Sai, ti invidio molto. Anche io avevo una casa, molto tempo
fa, simile a questa. Vivevamo insieme io, Laxus e Ivan, ma i ricordi
che ho io scommetto sono molto diversi dai tuoi. Quando Ivan
è stato
cacciato e io e Laxus abbiamo litigato, sono andata al dormitorio,
lui si è preso un altro appartamento più piccolo,
e così quella
casa è stata abbandonata. Non so se l'abbia comprata qualcun
altro.
Non era male, sai? Un po'...» cominciò a tremare,
sentendo il nodo
alla gola farsi più intenso. «Sì, io
credo che un po' mi manchi»
le lacrime cominciarono a rovesciarsi dai suoi occhi. «Che
cosa devo
fare, Pricchan? Come posso aiutarli a trovarmi? Il nonno... il nonno
sarà così in pensiero! E Wendy avrà
smesso di piangere? Avrà
smesso di incolparsi? Scommetto che si starà odiando e
penserà che
sia stata colpa sua. Non voglio. Io... io voglio solo che tutto si
sistemi! Gerard...» singhiozzò. «Gerard
non può farcela da solo.
Era in ginocchio, non ha più forza. Devo aiutarlo, ma non so
cosa
fare! Ho... così paura! Sono paralizzata, Pricchan. Che devo
fare?
Parlami... ti prego, almeno tu. Tu che sei come me. Non lasciarmi
sola».
«Non
sei sola» la voce di Ivan, severa e dura. Ma Priscilla non si
scompose troppo. Si sorprese nel vederlo, sì, visto che
sapeva che
era fuori anche quel pomeriggio. Ma non si spaventò del
fatto che
avesse sentito le sue parole.
«Perché
continuate a tenermi con voi anche se sai che vi ho mentito?»
chiese
Priscilla, tornando a guardare la bambina di fronte a sé.
Non sapeva
fin dove Ivan avesse indagato, ma era sicuramente un uomo sveglio e
se davvero aveva contatti con Fairy Tail certo non poteva non aver
chiesto a loro della sua esistenza. A sostegno di quello c'era che
mai le aveva proposto di riaccompagnarla o mandarla alla gilda, ma
continuava a insistere affinché restasse lì. Era
ovvio che Ivan
avesse capito che Priscilla nascondeva qualcosa, eppure non aveva mai
smesso un attimo di trattarla come se si fidasse ciecamente di lei.
Qual era il suo obiettivo?
Ma
Ivan alla domanda rispose in modo del tutto imprevedibile e
lasciò
Priscilla non solo stupita, ma anche completamente disarmata.
Con
una semplice alzata di spalle, come se fosse la cosa più
banale del
mondo, aveva semplicemente detto: «Perché sei mia
figlia».
Ivan
sospirò nel vedere lo sguardo sconvolto di Priscilla e si
avvicinò
a lei, mettendosi a sedere al suo fianco. «Che razza di
mostro sono
nel tuo mondo, Pricchan? Sono stato persino cacciato dalla gilda dal
mio stesso padre» ridacchiò anche se la cosa lo
rendeva in realtà
nervoso.
«Anche
Laxus è stato cacciato» mormorò
Priscilla e Ivan scoppiò a
ridere, anche se non aveva niente di divertito. «Mio dio, che
famiglia disastrosa!» disse.
«È
per questo che avevi paura di me la prima volta che mi hai
visto»
continuò lui. «Però ti sei nascosta
dietro a Laxus. Devo perciò
sperare che anche se delinquente almeno mio figlio abbia un buon
cuore».
«Non
è stata colpa sua» disse semplicemente Priscilla,
cercando di
rassicurare Ivan della bontà che anche il suo Laxus aveva.
«Lo
difendi a spada tratta, eh? Gli devi voler davvero molto
bene».
Priscilla
non rispose ma ora sentiva la malinconia farsi più viva
dentro sé.
Oltre che di casa sua, ci mancava anche di sentire la mancanza di suo
fratello. Chissà dov'era...
«Guarda
lì» disse poi Ivan, indicando un punto sulla
spalla di Pricchan.
Una leggera incrinatura, quasi invisibile, rovinava la perfezione del
vetro che la componeva. «Quando Laxus era piccolo era un vero
tornado, si agitava in continuazione e così finì
un giorno per
farla cadere e romperla. Pianse per settimane, fino a quando non
riuscii ad aggiustarla. Da allora ha cominciato a starle a debita
distanza, terrorizzato all'idea di farla di nuovo cadere. Non lo
ammette, è molto orgoglioso, ma le è molto
affezionato. Scommetto
che anche per il Laxus del tuo mondo è lo stesso».
Quella
storia era vera su così tanti fronti che non poté
non credergli.
Anche quando loro erano bambini Laxus finiva col "romperla per
sbaglio" e piangeva molto per questo.
"L'ho
fatta soffrire abbastanza. Impediscile di seguirmi" era
quello che aveva detto al nonno il giorno che se n'era andato. Era
terrorizzato all'idea di farle ancora del male e questo dimostrava
quanto le fosse affezionato. Aveva sempre avuto la sensazione che era
lei che lo inseguiva e lo rincorreva ad ogni occasione, che fosse lei
la sua ombra, l'unica a preoccuparsi per lui. Invece non era
così.
Ovunque fosse, Laxus, il Laxus del suo mondo, stava pensando a lei. E
lei aveva promesso di aspettarlo.
«Sono
felice di avervi incontrato. Soprattutto tu, Ivan» disse
infine, più
alleggerita.
«È
giunto il momento di tornare a casa?» chiese Ivan.
«Sì»
disse Priscilla guardandosi il simbolo sul palmo della mano.
«Devo
tornare a casa».
«Bene!»
urlò Ivan tanto forte da farla spaventare. La prese per mano
e
cominciò a trascinarla via, verso il piano inferiore.
«Laxus!
Prendi carta e penna! Abbiamo del lavoro da fare!»
«Carta
e penna? Di che si tratta?» chiese Laxus dalla cucina,
correndo a
prendere il necessario. Entrarono nella stanza, Ivan per primo
trascinandosi dietro una quasi terrorizzata Priscilla, e quando fu
davanti al figlio prese la ragazza sotto braccio, stringendola.
«La
piccola Pricchan è pronta» disse semplicemente.
Priscilla sussultò,
guardando Laxus rossa in volto, non tanto per "l'essere pronta"
-cosa che faceva capire che anche lui avesse intuito qualcosa- tanto
quanto per l'averla chiamata Pricchan. Anche lui sapeva chi era in
realtà?
«Bene!»
sorrise Laxus, felice e determinato. Sistemò i fogli sulla
tavola,
prese delle penne e si preparò a scrivere tutto quello che
sembrasse
rilevante. Cosa, ancora, non sapevano. Ma certamente qualcosa
bisognava appuntarsi.
«Anche
tu sapevi?» chiese Priscilla, stupita.
«Le
somigliavi così tanto, era impossibile non intuire che tu
fossi la
piccola Pricchan!» disse Laxus, ma Ivan aggiunse
immediatamente un:
«Te l'ho dovuto spiegare io».
«Non
è vero! Vecchiaccio!» ruggì Laxus,
offeso.
Priscilla
si strinse nelle spalle e si lasciò sfuggire una di quelle
risatine
soffuse e timide che aveva più volte fatto uscire in quei
giorni. Ma
a differenza delle altre volte, quella risata che sembrava
vergognarsi persino di esistere, si trasformò presto in un
radioso e
luminoso sorriso. Per la prima volta in quelle due settimane
Priscilla sorrise veramente.
«Bene!»
disse carica. «Vi racconterò tutto,
allora!»
Corse
al tavolo e si mise a sedere, prendendo i primi fogli che aveva
davanti e preparandosi. Voleva disegnare la gilda e una mappa del suo
mondo, voleva raccontare loro ogni cosa, dall'inizio della sua
esistenza. Spiegare il funzionamento delle gilde, della magia, ogni
cosa. Sentiva di essere a casa, di poterlo fare con loro, ne era
sicura.
Ivan
passò di fianco a un Laxus inebetito e immobile, mentre
osservava il
viso per la prima volta radioso di quella ragazza saetta che adesso
correva in giro per casa. Diede un piccolo colpo sulla fronte di suo
figlio, non tanto piccolo in realtà visto che lo
destabilizzò
all'indietro, e ridacchiò vicino al suo orecchio uno
sbeffeggiante:
«Non innamorarti».
«Ma
di che diavolo parli?» ruggì Laxus, ancora
più offeso.
«Partirò
col spiegarvi il mio arrivo qui» iniziò Priscilla,
ignorando
l'ennesimo battibecco tra i due. «Sapete già
dell'esistenza di
altri mondi, dunque? Come ha detto che la chiamate, voi?»
rifletté,
portandosi un dito al mento. Poi schioccò le dita e disse:
«Earthland! Io vengo da Earthland!»
«Chi
ha detto che si chiama così?» chiese Laxus
curioso, riflettendo sul
suo "come ha detto che la chiamate".
«Gerard!»
rispose Priscilla.
«Gerard?»
inarcò un sopracciglio Laxus, non capendo. Era forse
qualcuno che
avrebbe dovuto conoscere? Ma a rispondergli fu Ivan, al suo fianco,
che dopo qualche secondo di riflessione iniziò a balbettare
sorpreso: «Un attimo! Non sarà mica... quel
Gerard?»
«Il
Principe Gerard!» annuì Priscilla.
«Principe?!»
sussultò Laxus.
«È
vivo? Com'è possibile? Annunciarono la sua morte almeno
sette anni
fa!» chiese Ivan con gli occhi sgranati.
«È
vivo ed è mio amico. Si trova ad Earthland. Vedete, nel mio
mondo la
magia funziona diversamente dalla vostra. Non risiede in oggetti ma
nelle persone stesse» e diede dimostrazione creando una delle
sue
nuvolette saettanti sopra il palmo della mano destra. «E non
è
proibita! Ne viene fatto largo uso e ce n'è in abbondanza.
Per
questo il vostro Re ce la ruba usando Anima. Mistgun...
cioé, Gerard
gli si oppose e venne perciò cacciato. Non so molto di lui,
è un
tipo abbastanza silenzioso, ma alla fine attraversò uno dei
portali
Anima e raggiunse Earthland dove ha passato i successivi anni a
combattere per chiudere i portali. Ho viaggiato a lungo con lui negli
ultimi tempi».
«Il
principe è vivo... non ci posso credere»
mormorò Ivan.
«Perché
combattere Anima? Quella magia ci fornisce la magia utile a
sopravvivere. Nemmeno Fairy Tail sarebbe in circolazione se non ci
fosse questa vana possibilità» indagò
Laxus.
«Continuate
a sottrarci magia eppure non ne avete abbastanza per vivere e a voi
è
bandito farne uso. La cosa non ti puzza nemmeno un po'?»
chiese
Priscilla.
«Ho
letto qualcosa scritto da Gajeel. Molti lo considerano un
complottaro, altri un nemico dello Stato ma comincio a pensare che
abbia ragione» disse Laxus e questa volta a sobbalzare e
balbettare
fu la Priscilla stessa. «G-Gajeel scrive?»
strabuzzò gli occhi.
«Lo
conosci?» chiese Laxus. «È uno scrittore
famoso».
«Scrittore»
ridacchiò nervosa Priscilla. «Nel mio mondo non
sono nemmeno certa
che Gajeel sappia leggere, a dire il vero. È un po'
barbaro».
«Siamo
proprio agli antipodi, noi e quelli di Earthland»
commentò Ivan.
«Sarei
curioso di conoscerlo il me dell'altro mondo!»
ridacchiò Laxus.
«Io
credo che lui non sarebbe altrettanto entusiasta»
mormorò Priscilla
immaginando quanto avrebbe odiato vedersi tanto rammollito e
tenerone. «Comunque, non so cosa Gajeel abbia scritto, ma la
verità
è che Anima non sottrae la magia... ma i maghi
stessi».
«Eh?!»
sobbalzò Laxus.
«Lo
sospettavo da un po'» mormorò Ivan, turbato.
«Le
Lacryma che riuscite a ricavare e che usate sono persone. Come se non
bastasse tutta la magia estratta da lì viene tenuta
all'interno
della corte e solo il necessario a sopravvivere viene distribuito al
resto del paese. Gerard anche se ragazzino aveva già il
cuore adatto
a capire cosa fosse giusto o meno, si è opposto alle
ingiustizie del
padre e alla fine è stato bandito»
spiegò Priscilla.
«Sono...
persone...» balbettò Laxus, sconvolto.
«È orribile».
«Da
quando Gerard è sparito la quantità di Lacryma
che riuscivamo a
prendere da Earthland è stata sempre minore. Le ipotesi
erano molte,
abbiamo pensato a una malattia del Re o al dolore per la perdita del
figlio, in realtà era lo stesso Gerard che dall'altra parte
lottava
e si opponeva ad essa. Il nostro principe non ha mai smesso di
lottare per la giustizia, nonostante tutto...» Ivan strinse i
pugni
e si corrucciò al pensiero che per tutti quegli anni fosse
stato
all'oscuro di quella situazione. Anche lui, come chiunque, faceva uso
della magia della Lacryma che riuscivano ad ottenere con Anima. Anche
lui, come chiunque, poteva definirsi perciò un assassino.
«Ho
cercato più volte di convincere Gerard ad attraversare il
portale e
tornare per vedersela definitivamente con suo padre, ma sostiene di
non avere abbastanza forza per farlo. Posso capirlo, per quanto io lo
ammiri, da solo contro un intero mondo non può farcela.
Desideravo
solo aiutarlo...» confessò Priscilla, rabbuiandosi.
«Ma
continuate ad essere in due contro il mondo intero» disse
Ivan,
confermando così ciò che più la
tormentava.
«E
io non conosco questo mondo abbastanza per essergli d'aiuto.
Ma...»
disse poi, più decisa, ma non riuscì a
proseguire. Semplicemente
alzò il palmo della mano destra e l'osservò,
pensierosa. «Se Fairy
Tail potesse venire qui... allora tutti insieme, potremmo...»
«La
Fairy Tail del tuo mondo dev'essere molto forte» suppose Ivan
e
Priscilla non poté che illuminarsi, prima di confessare con
gli
occhi emozionati: «È la migliore di
tutte».
«Anche
Gerard ne fa parte!» aggiunse poi, decisa a tornare a
raccontare. «È
un mago di classe S, che nel nostro linguaggio significa che
è uno
dei più forti. Anche Laxus lo è»
gongolò felice mentre Ivan
invece scoppiò a ridere tanto forte che
sputacchiò sul tavolo.
«Qualcosa non va, vecchio? Sono uno dei più
forti!» brontolò
Laxus ma Ivan continuò a ridere tanto forte che persino le
pareti
tremarono.
«Mistgun,
Laxus, Gildarts, Mirajane e infine Erza! Sono tutti maghi di classe
S» continuò a raccontare Priscilla, felice e
allegra. Poter parlare
di Fairy Tail le scaldava il cuore. Le mancava così tanto.
Ma
un'ombra parve scendere sul viso dei suoi interlocutori, al contrario
di Priscilla che non faceva che sorridere. Ignara.
«Erza?»
balbettò Laxus.
«Erza
è membro di Fairy Tail?» chiese Ivan, ugualmente
cupo.
«Sì,
perché?» chiese Priscilla, ingenua.
«È una delle più forti,
nella battaglia contro Phantom Lord, un'altra gilda che ci
attaccò
tempo fa, ci ha protetti con il suo corpo contro un attacco magico di
potenza incredibile! Avrebbe distrutto la città intera e
invece lei
l'ha bloccata, anche se poi è rimasta dolorante per giorni.
È
incredibile! Ed è mia amica» sorrise infine,
felice di poter dire
una cosa del genere. Ma proprio quell'allegria soffocava i cuori di
Laxus e Ivan. Con che coraggio le avrebbero detto che invece
lì Erza
era la loro nemica numero uno? Si lanciarono uno sguardo preoccupato
e nessuno dei due riuscì a dire niente.
«Che
c'è?» chiese Priscilla, non capendo, ma loro
semplicemente negarono
e lei non perse occasione per continuare.
«Mirajane
è bellissima! Ha posato molte volte per il Sorcer,
una rivista che parla di maghi. È una Pin up, sono in molti
a farle
la corte, ma lei è un po' ingenua. Poi c'è
Gildarts! Non lo conosco
bene, passa molto tempo in missione, non rientra quasi mai e anche
per me è stato a lungo così perciò non
ci siamo incrociati molto
spesso. Solo in un'occasione ci siamo scontrati, ma questo a dire il
vero preferirei non raccontarlo» ridacchiò nervosa
per poi
riprendere. «Però è una vera forza, le
sue gesta sono leggenda!
Pare che ora sia partito per una missione dei cento anni, il
ché
significa che in cento anni nessuno è mai riuscito a
portarla a
termine. Ma lui ce la farà sicuramente, è
incredibile. Ah! Poi c'è
Natsu! Non è un mago di classe S, ma secondo me potrebbe
diventarlo
presto. Scommetto che basterebbe lui da solo a ribaltare l'intera
capitale di questo mondo. Se poi lo mettiamo insieme a Erza, Lucy e
Gray... diamine, quel team è micidiale! Ho combattuto
insieme a loro
contro Nirvana, una magia terrificante che era in grado di invertire
luce e oscurità. La gilda oscura che se ne voleva
impadronire era
fortissima, hanno dato filo da torcere persino a me, ma Natsu ha
sconfitto il loro capo. È fortissimo! È un Dragon
Slayer, d'altro
canto, come Gajeel! E Wendy! Wendy è la mia sorellina! Beh,
non
proprio a dire il vero, ma abbiamo la stessa magia e mi piace
prendermi cura di lei perciò lei mi chiama sorella e io ne
sono
felice. Ah! E il nonno è il Master! È
piccolissimo ma se vuole può
diventare gigante, fa paura! Però è molto buono e
giusto, anche se
a volte un po' scemo. E poi...» e continuò, membro
dopo membro, a
raccontar loro della sua incredibile Fairy Tail, dimenticandosi
persino di dire loro come e perché fosse giunta su Edoras.
Laxus e
Ivan restarono ad ascoltarla senza interromperla, lasciando che solo
il sorriso adornasse i loro visi. Da quando Priscilla era arrivata
non aveva fatto che passare le giornate silenziosa, triste, a
guardare un cielo che non le apparteneva. Poterla finalmente vedere
come se l'erano sempre immaginata, felice e allegra, dava a loro e a
quella vuota casa una ventata nuova a cui avrebbero rinunciato
malvolentieri.
«Papà»
la voce di Laxus attirò solo in parte l'attenzione di Ivan.
La notte
era scesa, il buio faceva padrone non solo del mondo intero ma anche
di quella stanza da letto. Priscilla aveva parlato a lungo,
raccontando loro ogni cosa del suo mondo, del suo arrivo e del suo
desiderio di aiutare Mistgun. L'unico particolare che non era
riuscita a raccontare era il motivo della sua esistenza, la
crudeltà
di un padre che desiderava solo uno strumento di tortura con cui
divertirsi. Avrebbe fatto troppo male all'Ivan di quel mondo, che
invece sembrava non avere altro nel cuore che i propri figli,
compresa la bambina di vetro che teneva nella propria stanza.
«Si
è addormentata» spiegò il ragazzo,
avvicinandosi al padre seduto
sul letto. Lo sguardo assorto e concentrato ancora rivolto al finto
sorriso di quella bambina luccicante che ogni giorno gli faceva
compagnia.
«Hanno
lo stesso sorriso» disse Ivan con la voce roca, tanto da
graffiargli
la gola. «Esattamente lo stesso sorriso che ho immaginato io
quando
costruii la nostra Pricchan».
«Sono
la stessa persona, d'altra parte» disse Laxus. «Chi
l'avrebbe mai
detto? Un mondo parallelo a questo dove Pricchan esiste
davvero».
«Io
lo sapevo» confessò Ivan.
«Eh?»
sussultò Laxus.
«Ho
servito il Re molto a lungo, anni fa. Abbastanza da riuscire a venire
a sapere di qualche segreto. Immaginavo che ciò che
diventava
Lacryma erano i maghi e sapevo da dove venivano. Conosco abbastanza
Earthland».
«Accettavi
davvero tutto questo?» chiese Laxus, titubante.
«Secondo
te perché mi hanno sollevato dal mio incarico? Odiavo tutto
quello,
ma sapevo che fare la voce grossa non avrebbe giovato in nessun modo.
Così, semplicemente, li tradii. Aiutavo le gilde,
manomettevo i
congegni, fornivo informazioni private all'esterno. Fino a quando non
scoprirono che mi ero innamorato di una maga di Fairy Tail tutto
filò
liscio» sghignazzò.
«La
mamma è stato il motivo per cui sei stato messo ai
domiciliari.
Conoscevo questa storia, almeno in parte».
«Mi
hanno concesso la grazia di tenermi mio figlio, dopo aver ucciso mia
moglie, poi mi hanno rinchiuso in questo paese dimenticato dal mondo.
Dicono sia libero di fare ciò che voglio, ma la
verità è che le
guardie non sono mai state così presenti in questa
città fino a
quando non sono arrivato io. Mi tengono d'occhio e per questo motivo
ti ho sempre dovuto tenere lontano dal resto del mondo e non sei mai
potuto crescere come qualsiasi bambino».
«Perché
ripensi a tutto questo, adesso? Dobbiamo cercare un modo per aiutare
Pricchan, non è il momento di diventare
nostalgici» lo rimproverò
Laxus, ma Ivan sorrise in risposta, come fosse divertito.
«Io
sono vecchio, Laxus» sospirò, raddrizzandosi.
«E i vecchi sono
sempre nostalgici. Mi perdonerai mai per non essere riuscito a darti
la vita che meritavi?» chiese infine, senza distogliere gli
occhi da
Pricchan.
«Ma
di che parli? Non ti ho mai colpevolizzato di niente» lo
rimproverò
Laxus e Ivan sorrise ancora. Il silenzio calò tra loro, un
silenzio
che diede modo a Laxus di metabolizzare e capire.
«Non
sarà semplice come portare una Lacryma di nascosto a Fairy
Tail,
vero?» chiese infine, rendendosi conto che qualcosa sarebbe
cambiato
da lì a poco. Aiutare Priscilla a tornare a casa implicava
mettersi
nelle faccende tra il Regno e Earthland, farsi coinvolgere in
qualcosa di decisamente più grande e pericoloso.
«Già»
annuì Ivan.
«Sei
sicuro di volerlo fare?» chiese ancora Laxus.
«Non
ho dubbi a riguardo. Ho già costretto un figlio a vivere
nella mia
prigione, non farò lo stesso errore due volte».
«Non
mi hai mai costretto a fare niente» e abbozzò un
sorriso prima di
cercare di sdrammatizzare con un: «Fare il fuorilegge mi fa
sentire
un figo».
Bastò
così poco per riuscire a strappare una risata a Ivan e Laxus
poté
ritenersi soddisfatto e sollevato. «Hai un piano?»
chiese poi.
«Sì,
ce l'ho» rispose semplicemente Ivan, lasciando
perciò intuire col
successivo silenzio che non gli avrebbe comunque rivelato i dettagli.
«E
quindi?» incalzò Laxus, curioso di sapere almeno
quale sarebbe
stato il suo ruolo.
«Priscilla
ha detto che la Fairy Tail di Earthland è fortissima. Ci
sono maghi
che sarebbero in grado di combattere e addirittura vincere contro il
regno. Il principe stesso si trova lì...»
«Vuoi
farli venire qui?» strabuzzò gli occhi Laxus.
«Sarebbe
inutile rimandare indietro Priscilla se Anima continua ad operare.
Tra qualche tempo potremmo ritrovarla di nuovo qui, anzi peggio:
trasformata in Lacryma dal Re stesso. La venuta di Priscilla
è il
segno che è finalmente giunto il momento di cambiare le
cose... e
lei pare essere d'accordo con me. Vuole aiutare il Principe a
tornare, è disperata nel suo desiderio, ma non sa come fare
anche se
è convinta che i suoi amici sarebbero in grado di sistemare
le
cose».
«Vuoi
davvero iniziare una guerra contro il Regno?» chiese ancora
Laxus.
«Sì,
è quello che voglio fare. Ci è stata offerta
un'opporturnità e
penso proprio che la coglierò. Sono Ex Consigliere, ho
ancora i miei
agganci a Palazzo... farò arrivare qua Fairy Tail di
Earthland in
modo che possano distruggere il Regno e riportare infine a casa la
loro Priscilla».
«Mh»
mugolò Laxus, poco convinto. «È
pericoloso».
«È
per questo che dovete andarvene da qua... questa notte
stessa».
«Andarcene?
Dove?»
«A
Fairy Tail. La nostra Fairy Tail. Sono degli esperti nel nascondersi
all'esercito, lo fanno da anni, sapranno proteggervi fino a quando
non sarà tutto finito».
«Non
scherziamo, vecchio! Noi lotteremo insieme a te!»
«È
quello che ti sto chiedendo di fare» sorrise Ivan.
«Lotta insieme a
me per proteggervi. Tieni Pricchan e te stesso al sicuro fino a
quando non potrò di nuovo farlo io. Non è
semplice».
«Mi
sembra il contentino dato al ragazzino capriccioso»
sbuffò Laxus
poco convinto e Ivan scoppiò a ridere, prima di dirgli:
«Come hai
fatto a scoprirmi?»
«Stupido!»
«Tu
sei un ragazzino» sghignazzò Ivan.
«Stronzo!»
ruggì Laxus e Ivan lo colpì alla nuca,
brontolando con un: «È
così che ti rivolgi a tuo padre?»
Laxus
si massaggiò il punto colpito ma non sembrò
intenzionato a
proseguire quel gioco. Tornò serio e preoccupato prima di
chiedere:
«Tornerai... vero?»
«Certo
che tornerò! Credi che io voglia già
morire?» ruggì Ivan, offeso.
«Verrò a Fairy Tail appena avrò finito.
Ci troveremo lì».
«Meno
male» sospirò Laxus, sollevato. «Pensavo
che tutti quei discorsi
sulla nostalgia significassero che volevi raggiungere la
mamma».
«Stupido!
Credi che io dia così poca importanza alla mia vita? Voglio
dei
nipoti, ricordatelo!»
«Ma
che stai dicendo? Ti sembra questo il momento di pensare a certe
cose?»
«Trovati
moglie prima che tiri le cuoia, figlio degenero!»
«Possiamo
per favore concentrarci sulla missione, ora?» quasi
urlò Laxus,
rosso in volto per la vergogna di quei discorsi.
«Vieni»
disse semplicemente Ivan, alzandosi tanto di scatto che Laxus
sussultò. «Ho una cosa da darti, a proposito. L'ho
fabbricata anni
fa, aspettavo il momento migliore... direi che è
arrivato» disse
semplicemente, uscendo dalla stanza e aspettando che il figlio lo
seguisse. Cosa che fece, provando a chiedere più volte
spiegazioni,
ma Ivan semplicemente lo portò nello scantinato senza
proferire
parola. La griglia di scolo sul pavimento era la loro via segreta che
dalle fogne portava all'esterno, ma ciò che Laxus non sapeva
era che
proprio lì a fianco altre piastrelle erano in grado di
sollevarsi.
Iva spostò alcune di queste, aprendo quella che era una vera
nicchia
all'interno del pavimento. Seppellita c'erano armi e Lacryma di ogni
genere, molte delle quali Laxus sapeva che erano destinate a Fairy
Tail o comunque sia al commercio di magia illegale. Ivan
tirò fuori
un'enorme custodia che poggiò di fronte ai piedi del figlio
e infine
l'aprì. Al suo interno, deposta con cura, c'era una alabarda
interamente in vetro.
«Prendila»
disse Ivan togliendola dal suo fodero e porgendola al figlio.
«Ti
sarà utile. Puoi accorciarne il manico e nasconderla sotto
il
mantello quando dovrete mantenere un profilo basso»
spiegò.
Laxus
prese l'alabarda e la guardò incantato, rigirandosela tra le
mani
più volte. La lama sembrava molto affilata e il bastone era
fatto
col vetro di suo padre, anche se sapeva che quello non poteva essere
semplice vetro. Nel muoverla, piccole scintille scoppiettarono
all'interno di essa, confermando così la sua teoria. Quella
era
un'arma magica.
«Spero
che tu non debba mai usarla, ma in caso tu ne avessi bisogno
è
sempre meglio averla al proprio fianco piuttosto che
disarmato»
disse Ivan, mettendosi a sedere a terra. «Provala»
lo incalzò,
sorridente.
«Qui
dentro?» chiese stupito Laxus.
«Laggiù,
nell'angolo. Non darci troppo dentro» ridacchiò
Ivan, indicandogli
il punto designato con un gesto del capo. Laxus guardò
qualche altro
secondo l'alabarda che aveva tra le mani, gli dava uno strano senso
di disagio, non aveva mai maneggiato un'arma prima di quel momento,
tanto meno un'arma magica. Eppure, stringere quel manico fatto a mano
da suo padre, pensato apposta per lui, lo faceva sentire più
sicuro
di sé e più forte. Si avvicinò
all'angolo e puntò un manichino di
paglia che usavano per allenarsi nel tempo libero. Strinse il manico
dell'alabarda e infine la spinse in avanti, piantandone la punta nel
petto del manichino. Dalla lama emersero le prime scintille e pochi
istanti dopo una vera e propria scarica elettrica stava incenerendo
il malcapitato. Ivan si avvicinò con un secchio d'acqua, per
evitare
il propagarsi di un incedio, ma non sembrò agitato nemmeno
un po'.
Funzionava perfettamente ed era forse anche più potente di
quanto
avesse inizialmente pensato.
«Non
male» commentò.
«Questa
mi permetterà di proteggere Pricchan»
osservò Laxus, guardando la
propria arma con soddisfazione.
«Era
quello che desideravo sentirti dire» sorrise Ivan, prima di
dare al
figlio una pacca sulla spalla. «Sei diventato grande,
moccioso. È
incredibile quanto questo sia successo rapidamente».
«Stai
tornando a fare il vecchio nostalgico?» brontolò
Laxus, già
scocciato.
«Mi
farai compagnia fino a quando Pricchan non si sveglierà e
partirete?» ridacchiò Ivan.
«Scordatelo!
Vado a svegliarla e ce ne andiamo al volo!»
brontolò Laxus e
velocemente risalì le scale, correndo verso la stanza di
Priscilla,
pronto a quella nuova e forse finale avventura.
Nda.
Ho
saltato la pubblicazione di sabato scorso, chiedo scusa, ma ero fuori
casa per il week end ed è stato impossibile. Tanto non avete
dovuto
aspettare molto XD
Volevo
solo sottolineare un paio di cose di questo capitolo, qualche
parallelismo con la storia originale che mi ha stuzzicato molto. Il
fatto che Laxus non compaia a Edoras nel manga mi ha dato modo di
sviluppare questa sua storia secondo la mia fantasia e gli ho potuto
perciò dare un paio di piccole chicche (oltre che i
caratteri
opposti, quindi Ivan è dolce e amorevole, aiuta FT, mentre
Laxus è
debole e impacciato).
A
partire da Ivan: su Earthland è figlio del Master e qui gli
ho dato
un ruolo altrettanto centrale. Lui lavorava a corte, ed è
stato
esiliato perché ha tradito lo stato… mentre su
Earthland è stato
esiliato perché ha tradito FT. Aiuta la Fairy Tail di quel
mondo
(mentre su Earthland ne è nemico) e ho dato vita anche alla
madre di
Laxus, accennando che facesse parte di FT (per questo è
molto legato
a quella gilda) ma che lo stato l’ha uccisa.
Un
altro parallelismo che mi piace molto è la storia
dell’Alabarda
alla fine. L’Alabarda del tuono nel manga dicono sia una
delle
mosse più potenti del Laxus di Earthland, per questo gli ho
dato
proprio un alabarda elettrica come arma. Inoltre è stato
Ivan a
donargliela, come su Earthland Ivan ha donato a Laxus la Lacryma di
drago che lo ha reso un Dragon Slayer. La chicca però
è che su
Earthland quella Lacryma viene usata da Laxus per far del male a
Priscilla (con i famosi allenamenti a cui li costringeva e che
finivano con il ridurre la ragazza in pezzi) mentre qui Ivan dona a
Laxus una Lacryma magica per proteggerla.
Insomma
sono piccole cose a cui ho dedicato tanta attenzione e volevo
sottolinearle così non ve le perdavate xD
Per
concludere: nel Manga Anima si apre esattamente sopra Fairy Tail,
inghiottendola. Mistgun dice che è perché FT
è potente e Anima è
stata attratta dal suo potere, ma su Fiore ci sono tante altre gilde
altrettanto forti… perché proprio FT? (questa
è la domanda che mi
sono fatta io).
Ed
ecco la mia personale risposta e versione! Ivan manipolerà
Anima, ne
imposterà le coordinate basandosi sul racconto di Pricchan
appena
ascoltato e porterà lui FT su Edoras. Potete a questo punto
chiedervi se non sia stato proprio il suo tocco a fare in modo che
solo i Dragon Slayer (di cui Pricchan ha parlato tanto) non si
trasformassero in Lacryma al passaggio.
Mi
piace giocare su queste cose xD
Ho
detto tutto… perciò vi saluto e come sempre
ringrazio tutti i
lettori <3
Un
baciozzo
Ray
PS.
Passate dalla pagina, vi aspetto tutti! https://www.facebook.com/RayWingsEFP/
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Capitolo 23 *** Fairy Tail ***
Fairy
Tail
Laxus
e Priscilla si misero in viaggio quella notte stessa, subito dopo
aver fatto un paio di preparativi. Entrambi coperti da un enorme
mantello con cappuccio, pronti a nascondere la propria
identità,
inoltre fornirono a Priscilla un paio di guanti nuovi con cui
nascondere quel simbolo della rovina. Si misero in cammino lungo le
fogne, sbucando nei pressi del fiume, e proseguirono verso sud fino a
uscire dalla città. Attraversarono il deserto nelle prime
ore
dell'alba e continuarono fino a pomeriggio inoltrato, quando
finalmente non decisero di fermarsi a riposare un po'. Il vento non
era dalla loro parte e sollevava troppa sabbia per riuscire a
camminare comodamente, ma Priscilla trovò facilmente la
soluzione
usando la propria magia e creò intorno a loro una bolla di
calma e
quiete. Non le costava fatica, le due settimane passate a riposare
l'avevano rigenerata completamente e non era difficile per lei
riuscire a usare la propria magia con una tale discrezione e
serenità. Laxus ne rimase più volte affascinato
visto che non aveva
mai visto prima di allora qualcuno che avesse la magia dentro il
proprio corpo invece che usare degli oggetti. Nonostante lei glielo
avesse rivelato e mostrato altre volte, era sempre incredibile.
Uscirono finalmente dal deserto e salirono lungo una scarpata, fino
in cima a una collina, dove la vegetazione iniziava a farsi
più
intensa. Non appena le prime strane piante e animali fuori dal comune
fecero la loro comparsa qualcosa esplose sul viso di Priscilla.
Cominciò misteriosamente a brillare e sembrava tremare per
ogni
cosa. Una rana e si accasciava per seguirla nei suoi salti, un fiore
e si allungava per sentirne il profumo, un uccello e lo seguiva
correndo fin dove poteva, un ronzio e cercava convulsamente l'insetto
che l'aveva provocato. E sorrideva, per ogni cosa sorrideva e
chiedeva cosa fosse. Laxus si ritrovò ad avere la sensazione
di
portarsi appresso una bambina, un'incantevole bambina curiosa e
vivace. Nelle due settimane precedenti mai l'aveva vista
così, era
solare tanto da scaldarlo persino nelle notte tempestose. Saltava,
correva, si illuminava, a volte urlava per l'emozione e almeno una
volta ogni venti minuti Laxus si ritrovava a doverla afferrare per i
piedi e impedirle di volare via. Non riuscì a non farsi
coinvolgere
nel suo entusiasmo e non appena calò la notte, quando
dovettero
fermarsi per riposare, si mise a sedere di fianco a lei, testa al
cielo, e cominciò a spiegarle la composizione delle loro
stelle e le
costellazioni che formavano. Il mattino dopo, quando si rimisero in
marcia, il sorriso non aveva abbandonato i loro visi ma sembrava
ancora più accecante. Laxus prese Priscilla per mano, la
trascinò
nei pressi di una cascata e lì le mostrò dei
pesci che saltavano
all'incontrario rispetto alla corrente e risalivano fino alla cima
del pendio. Priscilla si sporse tanto che per poco non cadde, ma
risero di quella piccola disattenzione, e sempre tenendola per mano
la tirò via e la trascinò dietro a degli alberi
da dove poterono
vedere quelli che sembravano cervi ma che avevano il muso da
cinghiale. E poi ancora, a vedere un fiume che fluttuava nel cielo,
un campo di fiori che spiccavano il volo verso il cielo, una famiglia
di conigli dalle code simili a quelle di una volpe, e poi le
raccontò
della città del vetro, di come era nata, di suo padre e del
tempo
che serviva il Re, di come aveva conosciuto sua madre e tutto
ciò
che avevano fatto per Fairy Tail fino a quel momento. Parlarono
tanto, così tanto che nemmeno si accorsero dell'arrivo della
sera,
ma almeno quella notte la poterono passare in una stanza di albergo e
non sotto le stelle. Cenarono e Laxus portò in stanza una
busta
piena di dolci tipici del luogo e altre stranezze da assaggiare,
certo Priscilla non era mai sembrata una schizzinosa sul cibo.
Mangiarono e parlarono fino a notte fonda, raccontandosi, ma anche
semplicemente scherzando e ricordando insieme cosa avevano visto fino
a quel momento. Priscilla riuscì a finire praticamente
tutto, sotto
l'occhio sorpreso di un Laxus che mai aveva incontrato una persona in
grado di mettere così tanto cibo in così poco
spazio. Poi si
addormentarono e il mattino dopo si alzarono carichi e pronti per
ricominciare.
Ci
vollero quattro giorni di cammino, ma finalmente raggiunsero i
confini del bosco dove sapevano avrebbero trovato il modo di
raggiungere il nascondiglio di Fairy Tail. L'aria lì dentro
era
misteriosamente più pesante, le ombre più lunghe,
probabilmente il
tutto serviva a scoraggiare i curiosi che si fossero voluti
addentrare.
«Stai
vicino a me» disse Laxus cominciando a camminare deciso verso
la
direzione che gli era stata insegnata. E quello fu l'unico momento in
quei quattro giorni in cui restarono in silenzio per le successive
due ore, fino a quando finalmente qualcosa non accadde. Su di un
enorme tronco trovarono delle incisioni, ma le lettere e i simboli
riportati non sembravano nessun tipo di lingua che Priscilla
conoscesse. Laxus si avvicinò e vi poggiò una
mano sopra, prima di
pronunciare solennemente: «Raijinshuu».
«Eh?»
strabuzzò gli occhi Priscilla.
Le
ombre si allungarono di più rendendo l'atmosfera ancora
più
spettrale di quanto già non lo fosse. Tutto si fece buio,
oscuro,
tetro, e infine una porticina si aprì ai piedi del tronco
appena
toccato. Delle bambole ne uscirono, camminando come soldatini, ma
nessuna di queste aveva l'aria di un gioco per bambini. Alcuni senza
capelli, alcuni senza arti, altri senza occhi, macchiati di sangue,
con vestiti ammuffiti e lacerati, ondeggiavano intorno a loro
roteando gli occhi e sghignazzando.
Priscilla
urlò terrorizzata da quelle che sembravano vere e proprie
bambole
possedute e si strinse al braccio di Laxus, tremando tanto che
faticava a stare in piedi.
«Cielo,
questo rituale mi ha sempre fatto venire i brividi»
sospirò Laxus,
nervoso per quei piccoli mostriciattoli che lentamente li stavano
accerchiando.
«Rituale?
Siamo sacrifici umani? Che ci faranno?» balbettò
Priscilla pallida
in volto.
«Sta’
tranquilla, dovrebbe finire presto... a regola».
«Che
significa?» tremò ancora più forte
Priscilla.
«Cedici
il tuo nome, umano» gracchiò una delle bambole dai
capelli rossi,
radi, e il sorriso macabro. «Ne faremo tesoro»
ridacchiò macabro.
«Laxus
Drayen. Sono in compagnia di Priscilla Dreyar, un'amica. Abbiamo
bisogno di un colloquio» rispose Laxus.
«Il
figlio di Ivan. Ci è stato dato ordine di farti a
pezzi» rispose la
bambola dai capelli rossi.
«Cosa?!»
sussultarono entrambi i ragazzi e la bambola rise meccanicamente,
senza far cambiare espressione nel suo volto. «Stiamo
scherzando»
disse.
«Santo
cielo» sospirò Laxus, sollevato anche se ancora
spaventato in
parte.
«Lascia
a un uomo almeno in parte il futile e sfuggente momento del
divertimento, quelle rare occasioni che si mostra»
mormorò una voce
maschile, sbucando dall'oscurità. L'uomo aveva capelli blu
che gli
ricadevano unti e radi sugli occhi, cerchiati di nero per le
occhiaie. Sul viso il simbolo di una croce e aveva addosso abiti neri
decorati di simboli religiosi e demoniaci. Camminava gobbo, curvo, e
alle dita erano legati i fili che lo collegavano a quelle bambole
dell'orrore.
«B-Bickslow!»
quasi urlò Priscilla dalla sorpresa.
«La
morte è l'unica cosa che abbiamo, in fondo»
sospirò Bickslow,
incurvandosi sempre di più.
«È
terrificante!» commentò Priscilla, sconvolta.
«Bickslow
è un fanatico dell'orrore, fa venire la pelle
d'oca» balbettò
Laxus, cercando di sforzare un sorriso, ma pallido in volto per
quella situazione. Le bambole avevano addirittura cominciato a
danzare intorno a loro e intonare una canzone satanica.
«S-Scusate...»
una voce femminile, tremante, uscì poco dopo Bickslow. Si
mostrò
una donna dai capelli spettinati, occhiali spessi come fondi di
bottiglia e degli abiti macchiati e strappati. «So che non mi
ascolterete, che non vi interessa certamente, ma Fried sta per
arrivare e ascoltare cosa avete da dire. Ma certamente non mi avrete
ascoltata, troppo concentrati sulla mia bruttezza. Perdonate l'orrore
del mio viso» e si coprì con un enorme sciarpa,
tremando nei suoi
vestiti trasandati e sudici.
«Ever...green?»
chiese Priscilla, sempre più sconvolta.
«Tranquilla,
Ever, ti ho ascoltato. Aspetteremo, non c'è problema. Tu
come stai?
Hai provato gli abiti nuovi che ti ha portato mio padre l'ultima
volta?» cercò di dire Laxus, ma Evergreen
scoppiò a piangere.
«So
di essere brutta, perché vi prendete gioco di me regalandomi
abiti
che ovviamente non mi starebbero bene?» singhiozzò.
«Papà
ci prova sempre, ma non c'è verso di convincerla nemmeno a
farsi una
doccia» sussurrò Laxus, spiegando a Priscilla.
«Stai
scherzando, vero? Evergreen?!» chiese sconvolta lei.
«Sei
crudele con lei» sospirò Bickslow, continuando a
far danzare le sue
bambole assassine. «Per questo è
divertente» e abbozzò una risata
che lo rese ancora più macabro di quello che era
già.
«Laxus,
ho paura!» confessò Priscilla, tornando a tremare.
«Tranquilla,
finirà tutto molto presto... spero»
deglutì Laxus, cercando
comunque di mostrarsi sorridente e sereno. Senza riuscirci.
«Bickslow!
Ever!» un ruggito più che una voce.
«Quante volte devo dirvi che
quel pezzo di merda non lo voglio nemmeno vedere!»
«Pezzo...
di merda?» balbettò Priscilla, non capendo. Eppure
la voce, anche
se roca per l'urlo, era abbastanza riconoscibile. Poteva davvero
essere lui?
Un
uomo uscì dall'albero stesso, aprendosi uno squarcio con un
coltellino che aveva ancora in mano e con cui giocherellava. I
capelli verdi alzati in una cresta, catene al fianco, una maglietta
dalle tipiche caratteristiche rock, anifibi sporchi di fango e una
gomma da masticare che lo portava quasi a biascicare.
«Fried?!»
urlò Priscilla, al limite della pazzia mentale.
«Eh?»
gracchiò Fried, alzando la testa e guardando Priscilla
dall'alto al
basso. «Ci conosciamo, mocciosa?»
Priscilla
riuscì a trovare la forza di negare debolmente con la testa
e
semplicemente balbettò: «Ho sentito parlare di te
da Laxus».
«Chi
ti ha dato il permesso di parlarle di me, stronzo?»
urlò Fried
tirando un calcio alla bambola di Bickslow che aveva davanti ai
piedi. La marionetta decollò per la forza impressa e
colpì Laxus in
pieno viso, facendolo urlare dal dolore e dalla paura.
«Laxus?!»
sobbalzò Priscilla, preoccupata e sempre più
sconvolta.
«M-mi
dispiace...» balbettò Laxus, tenendosi premute le
mani sul naso
sanguinante e trattenendo a stento le lacrime.
«Quante
volte devo ripeterti che non voglio vedere quel tuo brutto muso nella
mia proprietà! Ivan deve averti adottato, non hai ereditato
un
briciolo di virilità da lui. Mi fa incazzare il solo sapere
della
tua esistenza! Sparisci!» ringhiò Fried, alzando
un pugno pronto a
prenderlo a botte.
"Fried
odia e maltratta Laxus... questo è... surreale!"
pensò
Priscilla, tanto sbigottita che si ritrovò persino
incapacitata a
parlare. Fried raggiunse Laxus a grossi passi e lo prese per il
colletto quando ancora lui stava cercando di trattenersi dal
piagnucolare per il colpo. Alzò il pugno e si
preparò a colpirlo,
ma Laxus alzò un braccio e riuscì a balbettare:
«A-aspetta! Mi
manda mio padre! Sono qui come suo messaggero!»
«Ah?»
chiese Fried alzando il labbro superiore e scoprendo i denti come un
animale randagio. «E perché non l'hai detto
subito?»
«Perché
gli hai lanciato una bambola in faccia!» provò a
rispondere
Priscilla, quasi a rimproverarlo, ma Fried guardò storta
anche lei e
sputacchiò un: «E tu chi cazzo sei?»
"Mi
manca il mio Fried pacato, elegante ed educato" pensò
piagnucolante Priscilla.
«Priscilla
ha bisogno di protezione. Solo per qualche giorno!» si
affrettò a
specificare Laxus, portandosi le mani intorno alla testa per
proteggersi da un altro attacco. «Il governo le da la caccia
e papà
sta cercando di sistemare le cose. Solo qualche giorno, poi ce ne
andremo, promesso!»
«Chi
cazzo siamo, noi? I santi protettori? Non sai della nostra situazione
di merda?» e riprese a colpirlo, facendolo piagnucolare e
lamentarsi.
"Mi
trovo in un incubo... sicuramente" continuò a pensare
Priscilla, incapace di intervenire.
«Siete
ben nascosti, non vogliamo crearvi problemi solo restare per un po'
sotto il vostro stesso tetto» provò a insistere
Laxus, subendo i
colpi del ragazzo dai capelli verdi.
«Io
condividere il tetto con uno come te?! Stiamo scherzando?!»
ruggì
Fried.
«Sono
troppo brutta, vi disgusterei!» pianse Evergreen.
«Potremmo
fare qualche gioco insieme» ridacchiò Bickslow con
un filo di voce.
"Che
razza di Fairy Tail hanno in questo mondo?" si chiese Priscilla,
ridacchiando nervosamente.
«E
va bene!» ringhiò Fried, lasciando finalmente
andare Laxus. «Ma
solo perché posso usare la cosa a mio vantaggio, sia
inteso!» si
affrettò a specificare.
«Grazie»
sussurrò Laxus, seduto a terra dolorante.
«Ringraziare
è da checche! Mi fai incazzare! Dio, quanto mi fai
incazzare!
Bickslow, portali dentro!» disse Fried, sparendo all'interno
del
tronco da cui era uscito.
«Nell'albero?»
chiese Priscilla sussultando. Le bambole di Bickslow si avvicinarono
ridacchiando malignamente e Priscilla si rannicchiò contro
Laxus, a
terra. Urlò dalla paura, ma alla fine la presero e la
trascinarono
all'interno del tronco. L'albero sparì all'istante,
dissolvendosi
come una delle sue illusioni, e venne trascinata per un piede per un
paio di metri, prima che potesse essere finalmente lasciata stare.
Gattonò rapidamente verso Laxus e gli si lanciò
addosso,
seppellendo il volto sul suo petto e stritolandolo nel tentativo
forse di affondarci dentro e sparire per sempre.
«Voglio
andare via, non mi piace questa gente, non dormirò per
giorni»
pianse come una bambina.
«Anche
io non li sopporto, ma stai tranquilla, alla fine sono brave persone.
Sono le guardie alla porta, è normale che siano
così inquietanti,
devono assicurarsi che nessuno trovi la gilda»
spiegò Laxus,
cercando invano di consolarla. «Guarda, Pricchan»
disse infine,
indicandole un punto poco lontano. Priscilla si convinse a uscire da
sotto il suo braccio e voltare lo sguardo al punto indicato.
Allentò
la presa e lentamente si calmò, mentre gli occhi si facevano
più
aperti e più umidi di lacrime. Quel simbolo... da quanto
tempo non
vedeva quel simbolo?
«Fairy...
Tail...» mormorò, tremando. Era in un mondo
diverso dal suo eppure
quel simbolo era esattamente lo stesso e portava con sé la
calma e
la sicurezza di essere a casa. Sapeva bene che non era la sua stessa
Fairy Tail, eppure poté sentire il palmo della mano
riscaldarsi come
se avesse cominciato a risplendere. Si portò le mani alle
labbra e
non riuscì a trattenere le lacrime, mentre sul viso si
allargava un
emozionato sorriso.
«È...»
singhiozzò. «È come la mia».
«Ohi!»
una ragazza dai capelli biondi uscì dalla porta e li
guardò alzando
un sopracciglio. «Tu sei il figlio di Ivan, è
così? Che ci fai da
queste parti?»
«Lucy,
ciao! Scusa l'intrusione» disse Laxus, alzandosi in piedi e
grattandosi la nuca imbarazzato. «Ho bisogno di parlare con
voi».
«Lucy»
sussurrò Priscilla, squadrando la ragazza da capo a piede.
Sapeva
che non era la sua amica, la ragionevolezza glielo urlava, eppure
aveva lo stesso volto e la stessa voce. Era quasi un mese che non
sentiva quella voce.
«Lucy!
Ti sembra il caso di metterti a urlare qua fuori?!»
ruggì Levy,
uscendo sbattendo la porta.
«Levy-chan»
singhiozzò Priscilla, piangendo sempre di più.
«Ragazze,
cercate di non litigare di nuovo» la voce di Mirajane le
raggiunse
dall'ingresso, prima che anche lei uscisse. Guardò Laxus e
sorridendo salutò gentile e pacata: «Oh, Laxus!
Ogni tanto ti
rivediamo! Come stai?»
«Mirajane,
ciao. Scusateci, siamo arrivati senza preavviso»
balbettò Laxus,
sempre più imbarazzato.
«Mira...»
singhiozzò ancora Priscilla.
«Mira-chan...» e non si trattenne
più, sfociando in un doloroso e incontrollabile pianto che
le
inzuppò il viso.
«Pricchan»
sobbalzò Laxus, sorpreso dal pianto e preoccupato.
«Oh
cielo, che le è successo?» chiese Mirajane,
preoccupata. Le si
avvicinò rapidamente e sorridendo le chiese semplicemente:
«I
Raijinshuu ti hanno spaventata?»
«Sì,
sono terrificanti» urlò Priscilla nel suo pianto
liberatorio.
«Non
sono veramente cattivi, anche se Fried picchia sempre Laxus quando
può. Vieni dentro, hai fame? Ti preparo qualcosa da
mangiare?»
«Sì,
ti prego» singhiozzò ancora Priscilla.
«Abbiamo
mangiato meno di un'ora fa» mormorò Laxus, stupito
dal suo stomaco
senza fondo.
Mirajane
accompagnò Priscilla all'interno della gilda e non appena
mise piede
oltre la porta d’ingresso il cuore della ragazza parve
fermarsi.
Tutti quei volti, anche se diversi alcuni nei particolari, erano
tutti i loro
volti.
Reedus, Elfman, Droy, Jet, Cana, c'era persino Lisanna, la sorellina
di Mirajane che nel suo mondo era morta due anni prima. Era come fare
un salto nei propri sogni e poterli infine toccare con mano. Lluvia e
Gray, Macao e Wendy, c'erano tutti... o quasi.
«Siediti
pure qui, ti porto subito qualcosa» le disse Mirajane,
premurosa.
«Ohi,
Mira-chan... chi è la ragazza?» chiese Wakaba.
«Un'amica
di Laxus» rispose Mirajane e in molti sussurrarono, tra loro:
«Laxus? Il figlio di Ivan?»
«E
così qui sei "il figlio di Ivan"» chiese Priscilla
a
Laxus, di nuovo al suo fianco.
«Già,
non mi vedono spesso in giro. Mio padre è più
bravo in queste cose»
ridacchiò lui nervoso.
«La
cosa non ti irrita?» chiese Priscilla, corrucciandosi appena.
Su
Earthland l'essere nominato sempre come "il nipote di Makarov"
l'aveva portato alla pazzia.
«Perché
dovrebbe? Mio padre è un grand'uomo, è un onore
essere riconosciuto
come suo figlio» rispose Laxus.
«Già,
immaginavo» sussurrò Priscilla, guardandosi
attorno. Aveva tutti
gli sguardi puntati addosso, curiosi, eppure non la infastidivano.
Era come guardare dentro una fotografia, la teneva stregata e
incantata, strozzata dalla malinconia. Chissà come stava in
quel
momento la sua famiglia.
Un
piatto le cadde davanti con pesantezza, facendola sussultare dalla
paura, e una brodaglia ondeggiò tanto da uscire dai bordi.
Sopra di
essa la mano ancora ritta che l'aveva lasciato cadere davanti a lei e
seguendo il braccio trovò il volto corrucciato e severo di
Lucy.
«Perché
il regno ti sta dando la caccia, dunque?» chiese lei,
studiando il
volto di Priscilla con poca convinzione.
«Ah,
sì! Dunque, ti stavo spiegando...» disse Laxus,
riprendendo un
discorso che probabilmente aveva lasciato indietro, ma Priscilla lo
anticipò esclamando decisa: «Perché
sono di Fairy Tail».
«Eh?»
chiesero alcuni dei vicini che stavano origliando la conversazione.
Il silenzio calò sull'intera gilda, ora attirata dalla nuova
arrivata.
«No,
aspetta... Pricchan, cerchiamo di dir loro...»
balbettò Laxus,
agitato. Forse rivelare la verità subito non era una buona
idea, suo
padre gli aveva detto semplicemente di proteggerla, non aveva
suggerito niente in proposito. Era meglio mantenere il profilo basso
fino a quando lui non sarebbe arrivato.
«È
la verità» lo interruppe Priscilla, togliendosi il
guanto dalla
mano destra e mostrando a Lucy il simbolo sul suo palmo. Si
irrigidì
e si preparò alle domande che sarebbero piovute da
lì a poco, ma
era decisa a raccontare tutta la verità. Se quella Fairy
Tail era
forte anche solo la metà di quanto lo era la sua avrebbe
comunque
avuto una possibilità contro il regno.
Ma
l'unico commento che arrivò e che la sorprese fu un
semplice:
«Un'altra».
«Come?»
chiese Laxus.
«Un'altra?»
chiese Priscilla, non capendo di cosa stessero parlando.
«Devi
essere loro amica» mormorò Lucy, appoggiandosi al
tavolino dove
Priscilla era seduta. «Parlo del Natsu di
Earthland».
«Cosa?»
impallidì Priscilla.
«Gente
di Earthland? Qui?» chiese Laxus, altrettanto sconvolto ma
certamente non come Priscilla che sembrava essere paralizzata.
«Sono
arrivati due giorni fa, Natsu e Wendy di Earthland. Erano
accompagnati da due gatti e cercavano i loro amici»
spiegò Lucy.
«Happy...
Charle...» sussurrò Priscilla. Il cuore le batteva
tanto forte in
petto che quasi le impediva di respirare.
«Sì,
se non ricordo male si chiamavano così».
«Se
erano qui... allora vuol dire che papà ce l'ha
fatta!» disse Laxus.
«Ce
l'ha fatta?» chiese Priscilla, non capendo di cosa si
riferisse.
Ivan le aveva detto che avrebbe trovato il modo di rimandarla a casa,
che sapeva come fare, ma cosa c'entrava Natsu e Wendy in tutto
quello?
«Li
ha portati qui... ha portato la tua Fairy Tail su Edoras per aiutarti
a far tornare il Principe» spiegò Laxus.
«Il
Principe? Un attimo, cosa c'entra il Principe in tutto
questo?»
chiese Lucy, sempre più confusa e agitata.
«Non
era morto circa dieci anni fa?» chiese Levy, corrucciandosi.
«Il
principe Gerard è vivo» spiegò Laxus,
camminando al centro della
gilda e cercando di guardare la gente che aveva attorno.
«Ascoltatemi! Questa ragazza, come le persone che avete
conosciuto
voi pochi giorni fa, è forte. Hanno la magia dentro di loro,
illimitata, e possono combattere insieme a noi. Il Principe Gerard
è
vivo ed è pronto a tornare per prendersi il trono, dobbiamo
aiutarlo
e porre fine a questa politica del terrore! È il nostro
momento per
riscattarci, dobbiamo combattere al fianco di questa gente,
riprenderci la nostra terra e la nostra dignità. Non
dovremmo più
restare nascosti!»
«Combattere
il regno? È la stessa cosa che dicevano i ragazzi di qualche
giorno
fa, ma è follia!» rispose Wakaba.
«Il
tuo Natsu e Wendy non avevano magia» disse Lucy, pensierosa.
«Cosa?»
chiese Priscilla, sconvolta.
«Non
sapevano nemmeno loro il perché ma non hanno magia. Stanno
andando a
combattere il regno a mani nude, quei pazzi. Li ho accompagnati per
un po', poi li ho lasciati nelle mani del nostro Natsu per arrivare
alla capitale. Dice che i suoi amici sono stati catturati e loro
devono salvarli» spiegò Lucy.
«Catturati?
Che significa?» balbettò Priscilla.
«Anima
li ha trasformati in Lacryma» rispose Laxus. «Mio
padre mi ha
raccontato un po' come funziona. Speravo che avesse trovato il modo
di evitarlo nel momento in cui li ha portati qui».
«In...
Lacryma... verranno assorbiti come magia dal resto di Edoras? Come mi
diceva sempre Gerard» balbettò Priscilla.
«Abbiamo
trovato la Lucy del tuo mondo per la via, però... lei poteva
usare
la magia» osservò Lucy, sempre più
pensierosa.
«Ha
ingerito la pillola» mormorò Priscilla, riuscendo
a mettere insieme
i pensieri. «Devo andare alla capitale e aiutarli! Se davvero
Natsu
e Wendy non hanno magia, Lucy da sola non può farcela! Ma
insieme...
sì, forse insieme...»
«Erzaaaaa»
una delle bambole di Bickslow entrò nella gilda urlando come
un
matto. «Ha superato i cancelli, Erza è
qui!»
«Erza?!»
saltò in piedi Priscilla, luminosa in viso. Se c'era anche
Erza
allora potevano avere sicuramente delle possibilità di
vittoria.
«No,
aspetta Pricchan!» la chiamò Laxus, preoccupato,
ma Priscilla stava
già correndo fuori.
«Levy!
Il teletrasporto!» urlò Lucy, guardando la ragazza.
«L'ho
usato appena due giorni fa, non è pronto!»
urlò Levy, smanettando
al suo computer.
«Ci
hanno già trovato! Com'è possibile?»
chiese Elfman, piagnucolando.
Laxus
estrasse la propria alabarda da sotto al mantello e la
caricò, prima
di correre verso l'ingresso.
«Cercate
di ricaricarla, io e Pricchan terremo Erza impegnata nel
frattempo!»
disse.
«Tu?
Vuoi combatterla? Sei pazzo? Non sai nemmeno tenerla in mano
quell'arma!» lo rimproverò Lucy.
«Non
mi importa! Non le permetterò di mettere le mani su questa
gilda,
anche a costo della vita!» quella luce nei suoi occhi,
esisteva
qualcosa di più forte di quella luce? Proprio lui, che era
famoso
per la sua inettitudine, che era debole e imbranato, il timido
figlioletto impacciato di Ivan... proprio lui era il primo che
correva imbracciando un'arma in difesa di quella gente?
Un
gigantesco mostro alzò tanta di quella aria che costrinse
Laxus a
coprirsi gli occhi con un braccio per non venir accecato dalla
polvere. Si bloccò, colpito dalla forte raffica, ma
tornò subito a
guardarsi attorno. Il mostro atterrò ed Erza Knightwalker,
la
cacciatrice di fate, scese da questo. Al suo fianco parte del suo
esercito, almeno una trentina di persone, camminavano tutti intorno
alla gilda, circondandola.
«Erza!»
chiamò Priscilla, ingenua e inconsapevole del ruolo che Erza
aveva
in quel posto. Ma a suggerirglielo fu il suo sguardo, severo e
malvagio, decisamente diverso da quello che conosceva.
«Siete
al capolinea, maledette fate» disse lei. «Il vostro
teletrasporto
non funziona. Ora non vi resta che morire!»
«Cosa
dici... Erza?» balbettò Priscilla, guardando i
lineamenti di quella
che sembrava in tutto e per tutto la sua vecchia amica. Quei capelli
rosso passione, la sua forza e femminilità, i suoi occhi
decisi, la
sua sicurezza. Dov'era la persona che un tempo l'aveva chiamata
amica?
«Ho
fatto bene a non ucciderti il secondo giorno che sei arrivata alla
città dei vetrai. L'istinto mi diceva che prima o poi mi
avresti
portato da loro e ti ho lasciata vivere... solo per un altro
poco»
Erza scattò in avanti, correndo verso Priscilla con una tale
velocità da essere appena visibile.
«Pricchan!»
gridò Laxus, troppo indietro rispetto a lei per avere tempo
di
intervenire. La lunga spada di Erza trapassò un corpo
praticamente
inerte, all'altezza del ventre. La sollevò da terra in uno
spruzzo
di sangue e lamenti, poi scuotendola come spazzatura la
lanciò a
terra sfilandola dalla propria spada.
«Pricchan!»
gridò ancora Laxus, con le lacrime agli occhi.
«Merda»
mormorò Lucy, all'ingresso di Fairy Tail. «Levy!
Cazzo, quanto ci
vuole?!» urlò pallida in volto.
«Non
è pronto!» strillò Levy, ancora
più panica dell'amica.
«Non
possiamo morire così... non possiamo....»
piagnucolò Elfman e per
quanto fosse solito piangere, perciò normale, in molti in
quel
momento lo imitarono. Pianti e lamenti, non c'era altro nella gilda,
insieme al rumore dei tasti di Levy nel disperato tentativo di
estrarre una magia che non c'era ancora.
«Non
è stato difficile... ora pensiamo al resto delle
fate» disse Erza,
imbracciando l'arma. Laxus, di fronte a lei, nonostante stesse
piangendo e tremando, fece altrettanto.
«Tu
vuoi combattermi?» chiese Erza, per niente intimorita.
«Non
ti avvicinerai!» ruggì Laxus.
Erza
non si scompose ma semplicemente fece un cenno col capo a uno dei
suoi sottoposti e questo scattò, facendosi da parte. Altri
soldati
si fecero avanti, trascinando un corpo che era praticamente in fin di
vita. Lo tennero sollevato, benché fosse palesemente
svenuto, e Erza
stessa lo afferrò per i capelli alzandogli la testa e
mostrando così
il volto Ivan. Era quasi irriconoscibile per via delle ferite
riportate, ma respirava ancora anche se non si reggeva in piedi.
«Papà»
mormorò Laxus, pallido in viso.
«Voleva
indirizzare Anima su Fairy Tail di Earthland per portarli qui,
manipolando il sistema per la trasformazione in Lacryma così
da
evitare che fossero assorbiti. Ci siamo appropriati delle coordinate
di Fairy Tail, così li abbiamo distrutti, e infine
cogliendolo sul
fatto abbiamo potuto dichiarare la sua sentenza. L'ex Consigliere
traditore Ivan Drayen, il figlioletto altrettanto fuorilegge e infine
Fairy Tail... questa mocciosa ci ha portato davvero un gran bel
guadagno. Non ho avuto tempo di ringraziarla, peccato è
invece morta
subito» disse Erza guardando Priscilla a terra, in una pozza
di
sangue, e continuando a tenere sollevata la testa di Ivan.
«Papà»
sibilò nuovamente Laxus. Non riusciva a pensare ad altro e
la cosa
lo faceva impazzire. In vita sua non aveva avuto mai altro che suo
padre, la sua casa, la sua famiglia era solo lui, costretti a vivere
in cattività come animali. Chiusi in casa propria,
prigionieri in
una libertà fittizia che il titolo di suo padre gli aveva
concesso.
Ma lui non aveva altro. Non aveva mai avuto altro.
«Vuoi
ancora combattermi?» lo provocò Erza, preparando
nuovamente la sua
arma. E in tutta risposta Laxus tornò a mettersi in
posizione,
nonostante le lacrime, nonostante i singhiozzi e il dolore. Tremava
dalla paura, tremava dal dolore, ma era solido come una roccia.
Avrebbero dovuto ucciderlo prima di riuscire ad avvicinarsi a quella
gilda.
«Non
dire che non ti avevo avvertito» disse lei e di nuovo
scattò verso
un Laxus terrorizzato con una velocità quasi impercettibile.
Urlò
caricando il colpo e Laxus fece l'unica cosa che l'istinto gli disse
di fare e portò goffamente in avanti la propria alabarda.
Erza si
fece da parte, schivando il colpo con facilità e
preparandosi a
colpire nel suo punto scoperto, ma una forza misteriosa la spinse
nuovamente in avanti e la spalla centrò così in
pieno la punta
dell'alabarda di Laxus. La scarica elettrica che ne scaturì
fu anche
più forte di quella che Laxus aveva visto nel sotterraneo,
tanto che
persino la grande Erza Knightwalker si ritrovò a urlare dal
dolore e
dovette saltare indietro per sottrarsi all'attacco.
«Cos'è
successo?!» ruggì non capendo chi o cosa l'avesse
spinta contro
l'arma del suo nemico contro la sua volontà.
«Ho
capito» la voce delicata e pacata di Priscilla sembrava
emergere
direttamente dall'aldilà. Erza impallidì,
sconvolta nel sentir
parlare un cadavere, e si voltò a guardare il corpo a terra
della
ragazza. «È come il Nirvana. Luce diventa
oscurità, oscurità
diventa luce. Hai la sua stessa voce, il suo stesso viso, ma
tu...»
lentamente si rialzò, sotto lo sguardo incredulo e in parte
anche
spaventato di chi stava assistendo alla scena. Non trasmetteva
emozioni, il viso serio sembrava quello di una bambola di porcellana,
e si muoveva con una lentezza decisa, colma di una
tranquillità che
metteva la pelle d'oca. Persino il foro nella pancia che continuava a
rovesciare sangue non pareva smuoverla.
«Tu
non sei Erza» decretò infine, sollevandosi in
piedi con
naturalezza.
«Che
razza di... mostro?» balbettò Erza, sconvolta.
«Mostro?»
chiese Priscilla. «Certo, sì» sorrise,
come divertita. «Mostro è
un soprannome che ho sentito molte volte».
Trasmetteva
pericolosità, lo sentiva sulla pelle, faceva tremare dal
terrore.
Erza si voltò verso il sottoposto che ancora sorreggeva Ivan
e aprì
bocca, pronta a ordinare di ucciderlo, ma Priscilla fu più
veloce.
Allungò un braccio nella direzione del soldato e un tornado
uscì
dal palmo della sua mano, colpendolo in pieno e lanciandolo via. Ivan
non cadde a terra, benché ormai non ci fosse più
nessuno a
sorreggerlo. L'aria gli scompigliava i capelli, ma lentamente il suo
corpo si mosse, stendendosi nel vuoto e galleggiando in aria.
«Mostro»
sghignazzò Priscilla, mentre nei suoi occhi luccicava una
sinistra
luce. La testa inclinata da un lato, la frangia dei capelli che quasi
le nascondevano gli occhi che appena si intravedevano e
perciò erano
ancora più sinistri. «Siete in errore, stupidi
umani. A meno che
non vi dilettiate a chiamare mostro tutto ciò che vi
è superiore,
ma se proprio volete darmi un nome... quello è
Dea».
«Dea?»
balbettò Erza guardando sconvolta Priscilla che
allungò l'altro
braccio verso Fairy Tail. La gilda venne smossa da un’altra
forza
misteriosa, raffiche di vento con direzioni ben precise, e infine
l’intero edificio e i suoi membri si sollevarono in aria.
«Le
vostre insulse armi non mi scalfiranno in nessun modo... sono la Dea
del vento e del cielo, non potete nemmeno avvicinarvi al mio livello
finché vivrete in quei deboli corpi di carne!»
ruggì Priscilla
alzando il vento intorno a sé tanto che persino Erza venne
trascinata di qualche centimetro indietro. «Uccideteli!
Uccidete
Fairy Tail, presto!» ordinò, voltandosi verso la
gilda e
preparandosi a correre verso Laxus, il primo che aveva davanti.
Quella ragazza era pericolosa e folle, ma lei aveva una missione.
Aveva Fairy Tail a un palmo di mano, li avrebbe presi sicuramente.
«Non
se li uccido prima io» disse Priscilla e un tornado
scoppiò in quel
preciso istante sopra la gilda e li travolse in pieno, portandosi via
persino le loro urla terrorizzate. Erza guardò pallida in
viso il
tornado che ancora ruggiva di fronte a lei. Riusciva talvolta a
intravedere addirittura travi e pietre che roteavano e salivano, fino
al cielo. Possibile li avesse davvero uccisi?
«Che
significa tutto questo?» chiese Erza non capendo cosa avesse
spinto
quella ragazza a uccidere le persone che invece le avevano dato
ospitalità.
«Una
Dea non ha bisogno di umani. Se scelgo la morte, la morte vi porto!
Assorbirò le loro anime e con la forza che ne
trarrò io ti
ucciderò... umana dai capelli del sangue»
gridò Priscilla e un
altro tornado scese dal cielo e questa volta inghiottì Ivan.
Sparì
poco dopo, lasciando al suo posto il vuoto, testimoniando la sua
effettiva scomparsa. Poco dopo anche il tornado che aveva appena
colpito e distrutto la gilda di Fairy Tail sparì lasciando
al suo
posto semplicemente un enorme cratere. Erza, confusa ma non per
questo meno agguerrita, riequipaggiò la propria arma,
trasformandola
in una leggera ma veloce katana e tornò a lanciarsi contro
Priscilla. Urlò e caricò un colpo dall'alto ma
ancora una folata di
vento la destabilizzò e le fece mancare il colpo. Non si
arrese e
tentò ancora, ma la ragazza volando la schivò
più e più volte. Il
mostro con cui era scesa dal cielo provò ad aiutare la sua
padrona
con un colpo di coda che incredibilmente andò invece in
porto.
Priscilla venne scaraventata in avanti, rotolò al suolo e si
rialzò
rapidamente. Erza sopra di lei stava per colpirla con la propria
katana ma Priscilla portò entrambe le mani in avanti e
creò un muro
di vento per bloccarla. Nonostante la Erza di Edoras non avesse
magia, se non legata all'arma che impugnava, possedeva la sua stessa
forza e bastò quella a farla vacillare un po'. Priscilla
lanciò una
fugace occhiata al cielo, alla sua sinistra, e un velo di
preoccupazione le oscurò gli occhi. Se solo Erza avesse
saputo,
avrebbe smesso di combatterla e sarebbe stato più complicato
anche
nei giorni avvenire. Era necessario che pensasse che avesse ucciso
Fairy Tail, così da impedirle di dar loro ancora la caccia,
mentre
in realtà in quel momento la gilda non stava che volando via
nascosta dalle nuvole del cielo e mossa dal vento che Priscilla usava
in maggior parte per spostarla ed evitarle di cadere. Ma bloccare
quel colpo l'aveva costretta a lasciarli andare momentaneamente,
causando loro una caduta libera. Strinse i denti, non poteva
permettersi di perdere tempo o la gilda si sarebbe frantumata al
suolo, e caricò il colpo il più possibile
spingendo via Erza. Tirò
infine indietro un pugno e lo avvolse dal vento che le permise di
aggiungere alla sua forza tutta la potenza del tornado. La
colpì in
pieno viso e la scaraventò contro un albero.
Saltò per evitare la
zampa del suo mostro che tentava ancora di intervenire, ma ora libera
si sbrigò a concentrare nuovamente la propria attenzione
alla gilda
nel cielo. Aprì le braccia, fingendo in quel gesto un
attacco e un
modo per controllare il vento, ma indirizzando in realtà a
Fairy
Tail la propria mano destra per guidarla sopra le nuvole . Un trucco
che sicuramente li avrebbe aiutati, Erza ci avrebbe messo un po'
prima di capire che non erano morti davvero e comunque avrebbe dovuto
tornare a cercarli, ma consumava una quantità di potere
magico
incredibile vista la stazza della gilda e la lontananza a cui li
stava spingendo. Nonostante avesse fisicamente combattuto poco con
Erza, cominciò già a sentire la fatica sui
muscoli. Volò incontro
la sua nemica che già stava rialzando e la puntò
col piede
nuovamente carico di vento, pronto a calciarla, ma Erza fu rapida e
saltò via. Trasformò la sua arma rapidamente in
una ad ampio raggio
e scendendo in picchiata sfiorò Priscilla che
riuscì a tirarsi
indietro per tempo. Ma il potere di quell'arma non finiva lì
e
nell'istante in cui sentì la sua lama quasi accarezzarla,
anche se
non la toccò, un'esplosione si generò dalla sua
punta e scaraventò
di nuovo Priscilla a terra. Lasciò nuovamente andare la
gilda e usò
entrambe le mani per creare un altro tornado in grado di spingere via
Erza, lontano, e darle altro tempo. Volò per continuare a
schivare
gli attacchi dell'animale che si era portata dietro e allora
cominciò
ad ansimare dalla fatica. La ferita nel suo stomaco, oltretutto,
aveva cominciato a prosciugare il suo potere per rimarginarsi.
"Ancora
un po'" valutò, cercando di dare alla gilda qualche altro
metro
di distanza da loro e cercò ancora di guadagnare tempo,
volando
verso l'alto.
«Scendi
giù, codarda!» strillò Erza,
guardandola impertinente nella sua
posa a braccia aperte.
«Che
razza di scontro vorresti avere con me, se nemmeno riesci a
raggiungermi?» la provocò Priscilla ed Erza, nera
in volto dalla
rabbia, non se lo fece ripetere di nuovo. Saltò sulla coda
del suo
animale e corse verso di lei, saltando infine dalla sua groppa. La
sua arma divennero due diverse e impugnò a due mani e si
preparò a
colpirla di nuovo, ma Priscilla schivò di nuovo e di nuovo.
Ogni
tanto le cedeva una ventata per lanciarla via, ma poi tornava a
schivarla, anche se non sempre con successo. I colpi di Erza erano
comunque veloci e potenti, riuscivano talvolta a raggiungerla e
ferirla.
Infine,
interminabili minuti dopo, lentamente scese verso terra. La gilda era
al sicuro, lontana chilometri da lì, atterrata in piena
sicurezza e
lontana dagli occhi dei nemici. Ora poteva combattere.
Allungò verso
di lei quella stessa mano che portava sul palmo il simbolo che Erza
tanto disprezzava e la provocò, facendole cenno di farsi
avanti.
«Tu
vieni da Earthland» disse Erza. «Il tuo potere
è quello di quegli
insulsi maghi che abbiamo catturato nella Lacryma».
«Sono
una Dea di Earthland, esatto» ridacchiò Priscilla,
divertita da
quell'appellativo che si era data. Non aveva potuto far a meno di
ripensare ai giochi che faceva con Laxus quando erano bambini, quando
avevano inventato i soprannomi Dio del Tuono e Dea Del Vento. Aveva
dovuto inventare un bluff e aveva voluto riempirlo con un po' di
nostalgia.
«Ti
catturerò e allora useremo anche la tua magia!»
ruggì Erza,
scattando in avanti tanto rapidamente che neanche la vide.
"Ha
ancora così tanta energia" si sorprese Priscilla, provando
ancora a schivare ma non riuscendo a essere tanto veloce. La lama la
centrò in pieno nel petto e Erza continuò a
spingere, per bloccarla
a terra e impedirle di volare ancora via.
«Ascensione!»
urlò Priscilla prima di toccare terra ed entrambe vennero
scaraventate verso l'alto. Roteò a mezz'aria e si pose sopra
Erza,
nonostante la lama fosse ancora infilata nella sua spalla.
«Pressione!»
disse e una potente pressione le scaraventò verso il suolo,
dove
Erza atterrò di schiena e si fece schiacciare. Ma ebbe
ancora la
forza di muoversi e con un colpo di spada lanciò Priscilla
contro
l'albero alle sue spalle. Non appena colpì il tronco la
forza della
pressione cessò e Erza poté nuovamente alzarsi da
terra. Si voltò
e lanciò contro Priscilla la propria arma, pronta a
centrarla. La
lama però la oltrepassò dissolvendo
così la sua immagine, svelando
quella che era solo un'illusione. Priscilla comparve al suo fianco e
la colpì con un calcio caricato di vento, poi usò
nuovamente il
mirage e sparì, comparendo questa volta sopra di lei. Erza
riuscì a
bloccare il suo colpo, la prese per una caviglia e la tirò
giù,
riequipaggiando una nuova arma con la quale la trafisse di nuovo.
Delle scariche elettriche cominciarono a confluire dalla lama e
usando la ferita nel corpo di Priscilla, entrarono in lei,
percorrendola interamente. Il volto di Priscilla si deformò
dal
dolore, aprì la bocca per urlare ma nessun suono ne
uscì... il
vento intorno a lei continuava a ruggire potente.
«Questa
elettricità... non è che una carezza in confronto
alla sua!» ruggì
Priscilla, parlando di un Laxus che lei certamente non poteva
conoscere. Caricò il pugno e lo scaraventò contro
il viso di Erza,
colpendola e facendole perdere così l'equilibrio. Si
estrasse la
spada dal corpo e crollò momentaneamente su un ginocchio,
sputando
sangue. Si rialzò subito e sparò ancora vento
contro una Erza che
era ugualmente al limite. L'arma cambiò nuovamente forma e
questa
volta sparò getti di pura magia ed energia. Priscilla si
avvolse in
una bolla di vento e riuscì a deviarne il colpo, ma questo
causò
altra perdita di energia e infine cedette proprio quando l'ultimo dei
colpi la stava raggiungendo. La colpì e la
scaraventò lontana, ma
con un soffio di vento tanto potente da far riverbrare l'aria intorno
a loro tornò in volo perfettamente in equilibrio. Ormai
furiosa e
stanca, giocò le sue ultime carte lanciandosi con rabbia
contro Erza
pronta a un semplice corpo a corpo. Caricava di vento i propri calci
e i propri pugni e colpiva incessantemente, senza fermarsi, senza
rallentare. Erza riuscì a parare tutti quei colpi e infine
ricambiò,
passando al contrattacco. Sembrava un combattimento perfettamente
alla pari, fino a quando Priscilla non finse un pugno che Erza
parò
tranquillamente ma che poi si dimostrò non essere un
semplice
attacco fisico. Un colpo di vento sottopressione esplose da quel
pugno e la sbatté all'indietro. Non raggiunse né
soldati né altri
alberi, ma altri colpi d'aria esploderono intorno a lei facendola
rimbalzare da uno all’altro. La pressione con cui nascevano
era
tale che ciascuna di quelle esplosioni sembrava un terribile pugno e
la colpirono così ripetutamente e così
velocemente da non darle
nemmeno tempo di riprendersi.
«Hai
l'aspetto di Erza eppure sei portatrice di morte e dolore... non
meriti quella voce! Non meriti quel corpo! Te ne
libererò!» urlò
furiosa e un vortice nacque ai piedi di una Erza ormai barcollante e
stremata. Avrebbe ripreso a combattere, ma quella ragazza non le dava
un attimo di respiro. Il tornado che nacque ai suoi piedi l'avvolse e
lentamente si strinse su di lei, stritolandola. Erza urlò
dal dolore
e sollevò il viso verso il cielo, provando inutilmente a
liberarsi
da quella presa che sembrava intenzionata a schiacciare il suo corpo
come un acino d'uva.
«Fairy
Tail!» gridò colma di rabbia, come fosse stato un
insulto, e riuscì
a caricare il braccio di una forza sovrumana con la quale
lanciò
verso Priscilla la propria spada. Esplose nel raggiungerla,
travolgendola completamente, ma la luce nei suoi occhi si spense
quando vide emergere la figura della ragazza dal fumo sprigionato. Il
vento ancora disegnava intorno a lei onde, sollevandole la punta dei
capelli, eppure lei anche se ricoperta di ferite restava immobile
nella sua posizione. Non aveva nemmeno vacillato.
«Io
non posso morire! Sono la bambina di carta, non posso morire»
disse
Priscilla e infine urlò: «Erza!»
Lanciò
la donna contro il proprio animale e coinvolse entrambi nel tornado.
Non restò a controllare l'effetto del suo ultimo attacco,
consapevole di non avere ancora molte forze di cui disporre. Si
avvolse nel Mirage e nascondendosi al loro sguardo spiccò il
volo e
infine si diresse a grande velocità nello stesso luogo dove
aveva
fatto atterrare la gilda. Il Mirage perse di efficacia pochi metri
più avanti, ma ormai era abbastanza lontana da sentirsi
comunque al
sicuro. Arrivò alla gilda con le ultime forze che aveva,
forze che
decisero di abbandonarla definitivamente prima dell'atterraggio e le
lasciarono terminare il suo volo in caduta libera. Cadde a terra e in
un terribile polverone rotolò e rimbalzò sui
sassi almeno cinque
volte prima di potersi fermare definitivamente.
«Pricchan!»
gridò Laxus, correndole incontro. La sollevò da
terra, guardandole
il volto. Era ricoperta di ferite, il volto contratto in
un'espressione addolorata, e non si muoveva, a malapena respirava.
«Ci
ha salvati» mormorò Lucy, sorpresa.
«Ci
ha fatti volare nel cielo! Incredibile!» balbettò
Elfman, sconvolto
ma eccitato come un bambino.
«Ha
lottato contro Erza ad armi pari... che forza incredibile» si
accodarono Droy e Jet, sorpresi nel vederla ancora viva.
«Laxus»
lo chiamò Fried, sulla soglia della gilda.
«Portala dentro. Wendy
si occuperà di lei, insieme a tuo padre».
Laxus
tremò e digrignò i denti, non riuscendo a capire
se fosse più
intensa la paura o la rabbia. Non era riuscito a proteggerla, non era
riuscito a mantenere la parola data a suo padre e non era riuscito a
proteggere nemmeno lui. In così poco tempo rischiava di
restare così
tanto solo per il semplice motivo che lui era così
incredibilmente
debole.
«Non
morire... ti prego, Pricchan» gracchiò,
cominciando a prenderla in
braccio, pronto a portarla nella gilda.
«Non
morirà» una voce emerse dagli alberi intorno a
loro, poco prima che
un uomo facesse la sua apparizione. Capelli blu, un tatuaggio sul
volto, gli abiti logori di chi ha camminato e lottato molto, ma lo
sguardo rasserenato e sollevato. «Non aver paura, Laxus. Deve
solo
riposare».
Sentirsi
chiamare per nome, nonostante non avesse idea di chi fosse e di come
facesse a conoscere così Priscilla, si andò a
mischiare
all'agitazione di avere di fronte qualcuno che era riuscito a
trovarli. Chi era? Nemico? Amico? Da dove era sbucato?
«Chi
sei?!» ruggì, stringendosi Priscilla al petto
pronto a proteggerla.
«Chi
sono io?» chiese l'uomo, sorpreso forse dalla domanda. Ma poi
si
rasserenò , tornando a guardare Priscilla ben stretta tra le
braccia
di un Laxus teso come una corda di violino e protettivo come mai
nessuno lo era stato. «Il mio nome è
Mistgun».
"Mistgun"
un
nome certamente familiare che aprì davanti agli occhi di
Laxus
un'infinità di strade e possibilità. Mistgun
infine sorrise.
«Finalmente
ti ho trovata, Priscilla».
|
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Capitolo 24 *** Il ritorno del Principe ***
Il
ritorno del Principe
"Erza"
fu con l'eco di quel nome che Priscilla trovò finalmente la
forza di
riaprire gli occhi. Quanto tempo era passato da quando era arrivata
ad Edoras? Da quanto tempo non rivedeva il suo viso? Quasi tre
settimane, sicuramente.
E
quella prima volta, anche se non si trattava della vera Erza, si era
trovata costretta a combatterla. Anche se sapeva che erano due
persone diverse, vedere sul viso di Erza quell'espressione di odio di
fronte alla gilda era qualcosa di doloroso e inconcepibile. Le
portava inesorabilmente una malinconia non facile da gestire:
chissà
dov'era in quel momento la sua Erza.
"Scommetto
che non sei così male, se solo ti impegnassi un po'" era
il rimprovero e la speranza che continuava a rivolgerle. Ironico come
una di quelle volte in cui aveva dovuto fare sul serio si era
ritrovata faccia a faccia contro il suo clone. Se solo lei fosse
stata lì a vederla, avrebbe potuto avere il suo agognato
"avevi
ragione".
Ma
questo non toglieva che le mancava, le mancava incredibilmente, come
le mancava chiunque del suo mondo. Voleva solo tornare a casa e
continuare ad aspettare Laxus, come aveva promesso.
Poggiò
le mani sul materasso e si tirò su con una lieve forza,
mettendosi a
sedere e aprendo gli occhi a quella stanza poco illuminata e
sconosciuta. Si guardò attorno, confusa, cercando di capire
dove si
trovasse e cosa fosse successo. Ricordava lo scontro con Erza,
ricordava di aver volato verso la gilda, ma a metà del volo
aveva
perso conoscenza e da allora non c'era stato altro che il buio.
Sentì
il letto muoversi al suo fianco e notò solo allora la figura
china
sul materasso. Laxus, seduto al suo fianco, era chino sulle coperte e
probabilmente aveva anche dormito in quella scomoda posizione. Si
mosse, forse svegliandosi da un pisolino, forse attirato dal suo
movimento, e alzò la testa. Aveva gli occhi arrossati,
ancora umidi,
e profonde occhiaie.
«Pricchan!»
chiamò, allarmato. «Come ti senti?»
Priscilla
non rispose ma lentamente si distese in un sorriso rassicurato.
«Stai
bene, meno male» disse, preoccupandosi più per lui
che per la sua
stessa salute.
Laxus
annuì timidamente, ammorbidito da quello sguardo sereno e
sollevato.
Sembrava che niente le importasse più di quello.
«Ci hai salvati».
«Come
stanno gli altri?» chiese ancora Priscilla, preoccupata.
«Stiamo
tutti bene, grazie a te. Le tue ferite erano...» un nodo alla
gola,
l'incapacità di proseguire. «Wendy ha usato un po'
della magia
curativa che le restava, ma non funzionava molto».
«Lo
immagino» annuì Priscilla, come se avesse saputo
perfettamente di
cosa stesse parlando. Abbassò lo sguardo, costernata, prima
di
riuscire a pronunciare: «Mi dispiace averlo tenuto
nascosto».
«Erza
ti ha passata da parte a parte con quella spada...»
provò a dire
Laxus, ancora non capendo come tutto quello fosse possibile ma senza
riuscire a trovare le parole per fare le domande giuste.
«Sì,
è vero» annuì Priscilla.
«Sai...» un sorriso, malinconico, e un
dolore al petto. «Quando eravamo bambini, quando stavamo
scoprendo
da poco i nostri poteri, io e te ci divertivamo molto a giocare a
fare gli Dei» ridacchiò, ma fu una risata triste.
«Il Dio del
tuono e la Dea del vento. La nostra stanza era sempre sottosopra per
questo. Era divertente, fare la Dea del vento». Si
lasciò andare
per un attimo ai ricordi e interrogò la sua mente su quale
sarebbe
stato il modo migliore di provare a spiegare le cose, ma questo in
verità le portava solo altro dolore: quante volte, nella sua
vita,
si era ritrovata ad affrontare quello stesso momento? Un Laxus
inconsapevole che guardava la sorella malata sul letto, dopo solo "un
po' di riposo" che l'aveva magicamente risollevata da delle
ferite mortali.
"Solo
un incubo" era quello che si ripeteva sempre. In un certo senso
lo era, un incubo che tornava periodicamente, anche con un Laxus
diverso su un letto diverso.
«Sono...»
cominciò, dolorante.
«Sei
quella bambina di vetro, Pricchan?» chiese Laxus, coraggioso
nel suo
dubbio. «Intendo... sei proprio quella
bambina...»
come poteva formulare i propri dubbi in un modo che non sembrasse
ridicolo?
«No»
sorrise Priscilla, intenerita dal suo tentativo. «Io sono la
bambina
di carta».
«Carta?»
mormorò Laxus.
«Papà
mi ha creata da una marionetta di carta e infine mi ha dato la vita.
Mio padre è riuscito a fare ciò che il tuo ha
sempre provato e
sperato» spiegò Priscilla.
«Allora...»
la voce rotta di Laxus, mentre abbassava lo sguardo. Sorrideva,
felice, veramente felice, ma gli occhi tradivano le lacrime.
«Da
qualche parte, ci è riuscito alla fine. Ha realizzato il suo
desiderio».
Certamente
il desiderio di Ivan di Earthland era molto diverso da quello di
Edoras, ma era bello vedere che almeno da qualche parte le cose
andavano come uno sperava. Eppure quelle lacrime erano così
abbondanti...
«Laxus...»
un dubbio, atroce, mentre l'immagine di Ivan sollevato per i capelli
da Erza le tornava alla mente. «Dov'è
Ivan?»
Fu
proprio la sua non risposta a darle una terribile notizia.
Sentì il
battito cardiaco accelerare, mentre sul volto sereno di Laxus ora
scorrevano le lacrime, benché sorridesse.
«Mi
hanno detto che posso restare qua, se voglio...» disse Laxus,
rispondendo in qualche modo alla sua domanda. Lui non aveva
più un
posto dove andare, per questo Fairy Tail gli aveva proposto di
restare. E non aveva più un posto dove andare
perché Ivan era
morto.
«Io...
io l'ho mandato qua da voi... cosa...?» balbettò
Priscilla, non
capendo cosa fosse accaduto.
«Le
sue ferite erano troppo profonde. Era praticamente già morto
quando
l'hai strappato dalle mani dei soldati. Wendy non ha potuto fare
niente» spiegò Laxus, interrotto da dei singhiozzi
che nonostante
la forza nel provare a sorridere gli chiudevano la gola.
«Sai, non è
così male... qui...»
Quelle
lacrime.
«Solo
non posso tornare indietro a prendere le mie cose. Avranno preso
d'assedio casa mia».
Quel
volto deformato dal dolore.
«Ho
lasciato Pricchan a casa... se la rompessero...»
Riusciva
veramente ad accettare di poter vedere il volto di Laxus deturpato in
quel modo? Fin dalla sua nascita non aveva amato che il suo sorriso,
il modo di illuminarsi era esattamente lo stesso a Edoras che a
Earthland ed era ciò che le aveva insegnato a vivere. E
ora... cosa
avevano fatto a quel sorriso?
Cosa
avevano fatto alla sua famiglia? Alla sua gilda? Come avevano potuto
spingersi così oltre? Avevano distrutto fino all'ultimo
briciolo di
speranza, non restavano che lacrime e dolore, persino nelle piccole
rassegnazioni non c'era più godimento. Ogni cosa, ogni
volto, ogni
sorriso, persino quello dei suoi amici... tutto era avvolto dalla
nebbia. E Ivan...
"Tu
sei mia figlia".
Quanto
era stato in grado di amarla? Per due settimane le era stato dato
ciò
che per un'intera vita aveva sempre cercato e mai ottenuto. Una
famiglia, un padre, un fratello e una casa sorridente e accogliente.
Ivan, quell'Ivan, aveva davvero desiderato essere quella Pricchan di
vetro per lui. L'avevano ucciso, loro l'avevano ucciso, avevano
distrutto la vita di Laxus, avevano condannato a morte la sua gilda,
fatto soffrire per anni Gerard. Era troppo. Era decisamente troppo.
Si
alzò dal letto, lo sguardo spettrale, i muscoli
incredibilmente
tesi. E si avvicinò alla porta.
«Dove
vai?» chiese Laxus, sorpreso dal suo improvviso scatto. Ma
Priscilla
non rispose e uscì dalla stanza. Risalì
rapidamente le scale con la
voce di Laxus che la chiamava alle spalle, la ignorò, e
infine uscì
nella sala centrale della gilda dove tutti erano ancora riuniti.
«È
in piedi» sentì qualcuno sussurrare.
«La
ragazza immortale di Earthland».
«Sembra
come nuova, è incredibile».
«Priscilla!»
la voce di Laxus.
«Restate
nascosti qua» disse lei, infine.
«Sistemerò le cose una volta per
tutte» era furiosa, tanto furiosa che si sarebbe fatta
disintegrare
ma non avrebbe smesso di lottare nemmeno in un momento come quello.
Il rumore di un tuono e un fulmine atterrò preciso tra le
sue gambe,
proprio davanti ai suoi piedi, impedendole di andare oltre. Si
voltò,
guardando sconvolta Laxus che impugnava la sua alabarda.
«Ho
imparato ad usarla» disse semplicemente, altrettanto severo.
Una
reazione che certo non si sarebbe mai aspettata da lui, non dal Laxus
di Edoras per lo meno.
«Vuoi
impedirmi di andare?» chiese lei, cercando di interrogare le
sue
azioni.
«No,
non voglio farlo» disse Laxus.
«E
allora?» chiese ancora Priscilla, provocatoria.
«Verrò
con te» sentenziò.
«Sacrificarti
inutilmente non riporterà indietro tuo padre,
Laxus» gli disse,
preoccupata per quella decisione. Il dolore per la perdita di suo
padre era troppo vivo per permettergli di ragionare lucidamente. Non
sapeva combattere, non aveva magia propria né la stessa
forza dei
maghi di Earthland. Era un suicidio e lei doveva impedirlo, ma Laxus
la sorprese urlando un furioso: «Non è per mio
padre! È per questa
gilda, Priscilla!»
Un
urlo che lasciò non solo lei senza parole, ma anche gli
altri
presenti.
«Da
quando sono nato sono stato costretto a una vita di inferno, recluso
e nel timore che i soldati avessero potuto farci del male. Non avevo
amici, né speranze, né desideri ma niente di
tutto questo mi ha mai
fatto pentire di essere nato perché avevo una famiglia! Mio
padre mi
curava, giocava con me, mi divertiva e mi dava tutto ciò che
poteva
aiutarmi. Per questo se c'è una persona qui dentro in grado
di
capire come queste persone si sentono in questo momento, quello sono
io e non rimarrò in disparte a guardare i loro volti
terrorizzati
sperando che un eroe qualunque che niente sa di noi faccia
ciò che
io non faccio solo per paura o debolezza. Mio padre ha basato la sua
vita su questa giustizia e sul desiderio di dare a tutti una speranza
e una famiglia, ora che non c’è più mi
farò carico io di quella
speranza! Io salverò Fairy Tail!» potevano davvero
parole come
quelle nascere dalla voce di Laxus? E pensare che nella sua terra lui
non aveva desiderato mai altro che distruggerla e ricostruirla a suo
desiderio. Quelle parole erano il cuore a cui il suo Laxus era sempre
mancato, o che forse in realtà aveva sempre nascosto. Come
poteva
negargli la possibilità di mostrarsi al mondo?
«È
pazzia» disse Wakaba, severo e risoluto.
«Ti
farai ammazzare, ragazzo, per un ideale che non ti appartiene. Tu non
fai parte di questa gilda e vuoi morire in nome nostro? Non essere
stupido» si unì Macao.
«E
allora combattete voi in nome vostro! Tutti insieme! Perché
continuate a nascondervi dietro un dito? Per quanto ancora credete di
poter scappare? E poi cosa farete? Accetterete di morire? Guardatevi
attorno! Abbiamo un'opportunità, insieme a questa gente,
insieme
all'altra Fairy Tail... possiamo sistemare questo mondo»
insisté
Laxus.
«Tuo
padre ti ha incoraggiato troppo fin da bambino, star chiuso
lì
dentro ti ha tolto il senso della realtà, Laxus»
Disse Droy.
«Lascia
perdere e risparmiati un inutile morte» si accodò
Jet e,
sollecitati dai loro compagni, pian piano anche il resto della gilda
si unì a quel coro di disappunto, sempre crescente nel suo
rancore,
tanto da arrivare persino a prendersela con Laxus stesso. Come se
fosse colpa sua. C'era chi lo accusava di aver fatto la bella vita,
chi lo accusava di non essere membro di Fairy Tail, chi di voler fare
il protagonista e c'era chi lo pregava semplicemente di lasciar
perdere per non mettere ulteriormente loro in pericolo. Nonostante la
situazione fosse opposta al suo mondo, nonostante lì Laxus
amava e
sosteneva la gilda, riceveva sempre lo stesso rifiuto in un modo o in
un altro. E lei non poteva far altro che restare a guardare, mentre
ancora una volta a lui veniva negata la casa che meritava e di cui
aveva bisogno.
«Adesso
basta, piantatela per la miseria!» urlò Laxus con
una forza che
colpì tutti, tanto da zittirli. «Vi siete
dimenticati? Possibile vi
siate dimenticati cosa significhi essere una famiglia? Avete
dimenticato i volti di chi avete visto morire per colpa di quelle
persone che si fanno chiamare Giustizia? Avete dimenticato il volto
del vostro master, che è morto per proteggervi? Ascoltatemi!
Per
quanto tempo avete vissuto nel terrore in attesa della morte? Vi
siete arresi all'evidenza perché non c'era nessuno che
potesse
tendervi una mano. Oggi io sono qui per darvi quella mano e non
voglio farlo per sentirmi gratificato da nessuno di voi ma
perché vi
sono amico! Ricordate il significato di questa parola, maledizione!
Conosco i vostri volti appena ma ho ben impressa nella mia memoria i
vostri nomi e le vostre storie. Questa gilda racchiude un tesoro che
non riguarda la magia, ma i vostri cuori, e io ascoltavo le storie
che parlavano di voi con l'emozione nel petto perché questo
posto,
queste persone, voi siete la cosa più eccezionale che ci
sia! In un
mondo di dolore e povertà riuscite a far risplendere i
vostri
sorrisi perché le vostre anime intrecciate si scaldano a
vicenda.
Siete una gilda e perciò siete una famiglia! Ridete insieme,
piangete insieme, vivete insieme e per questo che quando
c’è da
lottare dovete farlo insieme altrimenti la vostra forza non
sarà mai
abbastanza perché è dal cuore che viene il vostro
potere! Oggi non
siete più soli, io, Priscilla e i maghi di Earthland vi
daremo
quella mano che vi serviva a rialzarvi. Vi prego… Maghi di
Fairy
Tail afferrate la mia mano! Combattete al mio fianco!»
«Che
diavolo» lamentò Fried, irritato.
«Quanto
chiasso che fai» mormorò Bickslow, distrattamente,
intento a
giocherellare con le sue marionette.
«Probabilmente
non ti interessa l'approvazione di una racchia come me,
peccato»
sospirò affranta Evergreen.
«Stronzetto!
Chi ti credi di essere?» si fece avanti Fried a braccia
conserte e
sguardo minaccioso, ma Laxus non vacillò nemmeno per un
istante.
Aveva il terrore di Fried, ma era deciso ad affrontarlo se fosse
servito.
«Pensi
davvero di poter salvare il mondo? Tu? Non usciresti vivo nemmeno da
quella porta» lo canzonò.
«Lo
farò comunque» rispose a tono Laxus, ma Fried
alzò ancora più a
voce nell'istante in cui urlò: «Lo so!
È per questo che verremo
con te! Hai bisogno che qualcuno ti insegni come si sta al mondo,
stronzetto!»
«Verrete...
con me?» chiese Laxus, stupito e balbettante. Mai si sarebbe
aspettato di avere l'approvazione di Fried prima di chiunque altro,
proprio di quello stesso Fried che non poteva vederlo.
«Non
azzardarti a pensare che sia perché il tuo discorso era
appassionante!» ruggì Fried, mostrandogli un pugno
che era già
pronto a tirargli in faccia.
«Io
un po' ero appassionata» mormorò Evergreen,
timidamente.
«È
stato molto triste» disse Bickslow.
«Ohi!
Voi due! Di che cazzo parlate?!» ruggì Fried,
estremamente
contrariato non tanto per la loro confessione quanto perché
gli
avevano apertamente dato contro.
«Certo
che voi maghi di Earthland siete proprio spericolati»
commentò
Lucy, pensierosa. «Forse davvero avete bisogno di qualcuno
che vi
insegni come funzionano le cose qui. Quel Natsu...»
ridacchiò
ricordando l'incontro con il Natsu di Earthland.
«Natsu
è veramente fuori di testa» ridacchiò
Priscilla, colta dalla
malinconia.
«Non
che tu sia da meno, Dea del vento» una voce familiare. Una
voce
terribilmente familiare, tanto da stringerle il petto. «Farsi
inghiottire da Anima volontariamente, non pensavo saresti arrivata a
tanto. Non sai che fatica ho fatto per riuscire a trovarti»
l'accenno di un rimprovero, ma nella sua voce c'era solo la
felicità
di un lieto ritrovamento. Priscilla si voltò verso la porta
della
gilda, alle sue spalle, e diede finalmente conferma a ciò
che aveva
sentito.
«Gerard»
mormorò con un filo di voce. Quanto tempo... quanto tempo
era
passato? Sembrava un'eternità, lo era sicuramente, sentiva
le ferite
di quei giorni che tornavano a pulsare nel tentativo di ricordarle
quanto a lungo avesse aspettato guardando un cielo che non era il
suo. Il volto le si deformò in un'espressione di dolore e le
lacrime
ripresero a scendere copiose dagli occhi.
«G-G-Ger...» riprovò a
pronunciare ma i singhiozzi le impedivano di parlare.
«Cielo»
sospirò Gerard. «Quante volte devo ancora dirti di
non chiamarmi
con quel nome?»
Ma
Priscilla non rispose se non con un rumoroso lamento, un pianto
squillante, e gli corse incontro abbracciandolo tanto da strappargli
un mugolio di dolore per la stretta troppo ferrea. Continuò
a
singhiozzare e urlare, schiacciando il proprio viso contro il suo
petto, e Gerard le diede qualche carezza affettuosa sulla testa
lasciando che si sfogasse.
«Mi
spiace molto averti fatto aspettare» disse. «Avevi
ragione, Anima
ha prosciugato la mia forza con gli anni, non riuscivo più a
gestirla né a sfruttarla per poterti raggiungere. A malapena
riuscivo a percepirla. È stata una fortuna che mi trovassi a
Magnolia qualche giorno fa».
«Che
cosa è successo?» singhiozzò Priscilla.
«Cosa è successo a Fairy
Tail, Gerard? Dove sono tutti?»
«Purtroppo
non ho buone notizie...» sospirò lui, abbassando
lo sguardo. «Ma
forse possiamo ancora fare qualcosa. Ho bisogno del tuo aiuto,
Priscilla».
E
a quelle parole Priscilla si raddrizzò e strofinandosi
vigorosamente
il viso asciugò le lacrime, anche se gli occhi rossi
sarebbero
rimasti probabilmente ancora un po'.
«Vostra
maestà...» si fece avanti Laxus e quelle parole
fecero sobbalzare
chiunque lì dentro. «Vostra
maestà?» chiese Lucy, sgranando gli
occhi.
«Il
suo vero nome è Gerard...» mormorò
Wakaba, riflettendo, per poi
sussultare tanto da far tremare la sedia. «Non
sarà mica...?!»
urlò.
«Il
Principe Gerard?» capì Macao e sgranando gli occhi
iniziò a
studiare attentamente i lineamenti di quell'uomo che inizialmente si
era presentato col falso nome di Mistgun.
«Principe?»
urlò Levy.
«Ma
non era morto?» si accodò una sconvolta Lucy.
Laxus
ignorò le supposizioni e le idee che si facevano sempre
più forti
tra quelle persone e proseguì nel suo intento.
«Vostra maestà,
permettetemi di fare la mia parte».
«Questo
Laxus è decisamente diverso dal nostro»
mormorò Priscilla verso
Gerard, accennando a uno sguardo divertito.
«Te
l'avevo detto» sorrise Gerard, prima di tornare serio e
prepararsi a
spiegare la situazione. «Magnolia intera è stata
trasformata in
Lacryma, che in questo momento sta galleggiando sopra la capitale. Un
piccolo frammento era stato portato nella piazza ma ci ha pensato
Gajeel a romperla e liberare così Gray ed Erza. Pare che la
magia
del Dragon Slayer possa riportare tutti alla normalità, ma
il resto
della Lacryma è decisamente troppo grande, non farebbe in
tempo».
«Qual
è dunque il tuo piano?» chiese Priscilla, per
niente intimorita da
quelle informazioni ma anzi sicura che c'era un modo per risolvere
tutto e che sicuramente Gerard conosceva quel modo.
«Riporterò la
Lacryma ad Earthland prima che possa venire trasformata in magia. In
quel modo tutto tornerà alla normalità. Ho con me
dei frammenti di
Anima che posso utilizzare, basteranno per quella singola Lacryma. Ma
ho bisogno che tu prenda tempo» disse a Priscilla.
«Tempo?»
chiese lei, cercando di capire le ragioni di quella richiesta.
«Il
piano di mio padre è in realtà molto
più losco di questo. Vuole
far schiantare la Lacryma contro l'isola galleggiante degli Exceed
per ottenere così una pioggia di magia infinita. Ma questo
ucciderà
sia Magnolia sia tutti gli Exceed che si trovano sopra
quell'isola».
«Exceed?»
si chiese Priscilla, cercando di ricordare chi fossero. «Ah!
La
razza di Happy e Charle!»
«Ricordi
che te ne avevo parlato, qui vengono considerati come Dei. Vogliono
distruggere ogni cosa per il loro tornaconto».
«Ci
saranno centinaia di vittime! Devi rimandare la Lacryma a Earthland
il prima possibile!» disse Priscilla, preoccupata.
«Ci
vuole tempo ad attivare i frammenti di Anima e loro hanno deciso di
anticipare l’attacco. Erza e gli altri stanno cercando di
fermarli,
sono tornato adesso da palazzo dove ho studiato la situazione e li ho
lasciati che stavano combattendo. Ma nel caso non
riuscissero...»
«Rallenterò
la Lacryma e ti darò il tempo necessario»
decretò Priscilla,
sicura di sé.
«So
che posso contare su di te» annuì Gerard, prima di
voltarsi verso
il resto della gilda. «Non voglio che corriate dei rischi
inutili,
vi chiederei perciò di restare nascosti qui. Potrebbero
esserci dei
combattimenti, sono sicuro che Natsu scompiglierà i capelli
a mio
padre tanto che farà scendere sul campo l'intero
esercito».
«Ed
è per questo che verremo ad aiutarvi!» disse Lucy,
risoluta.
«Qualcuno
dovrà tenere l'esercito impegnato fintanto che voi risolvete
le cose
o potrebbero mettervi i bastoni tra le ruote» disse Wakaba,
ora
deciso a unirsi alla guerriglia.
«Se
è il principe in persona a chiederlo... cielo! Che
emozione!» si
caricò Macao.
«Una
gilda oscura che lavora per un reale, che ironia» disse Cana
con il
suo delicato candore.
«Ma
la capitale è molto lontana da qui e se veramente
c'è tutta questa
fretta... come facciamo?» chiese Wendy.
«Il
teletrasporto?» chiese Droy, guardando Levy che era corsa
nuovamente
a schiacciare tasti sul suo computer. «È ancora
scarico, non posso
attivarlo».
«Potremmo
farci trasportare in volo dalla Dea del vento» propose Lucy.
«Sprecherebbe
la sua magia prima di un importante scontro»
mormorò Laxus prima di
infilarsi una mano in tasca. «Io... ho questo»
disse infine con una
sorta di desistenza. Aprì la mano e mostrò a
tutti un piccolo
intaglio di vetro a forma di saetta.
«Che
robaccia è?» chiese Fried allungando il collo per
vederlo.
«Una
Lacryma... doveva essere il cuore di Pricchan, ma è
altamente
instabile e tutte le volte che papà provava a
installarglielo finiva
col distruggerla. Ci ha lavorato per anni senza mai riuscirci, ma...
l'ho conservato. Potrebbe ridare energia al teletrasporto per
portarci lì».
«È
perfetto!» decretò Levy.
«Laxus
non...» provò a intervenire Priscilla, contrariata
all'idea che
usasse un simile oggetto per quello scopo. Era sicuramente qualcosa a
cui era estremamente legato, il cuore pulsante di Pricchan, il
desiderio di suo padre risiedeva lì. Non poteva sacrificarlo
in quel
modo. Ma Laxus la interruppe con un semplice: «Voi andate
avanti!»
sorrise, determinato. «Fermate quella Lacryma, salva la tua
gilda
Pricchan. Noi vi raggiungeremo appena saremo pronti».
«Laxus...»
mormorò lei, non sapendo che altro dire. Era così
triste, eppure
non sembrava deciso a desistere nemmeno un po'. Era davvero pronto a
sacrificare ogni cosa per quella gilda, era così nobile,
così
potente... non poteva che restare a guardare e ammirare la sua
grandezza. L'enorme cuore di Laxus Drayen. Ne venne travolta e si
caricò di forza nuova. Lui avrebbe dato ogni cosa per quella
gilda e
lei non avrebbe fatto di meno per la propria. Annuì,
determinata, e
infine uscì dalla gilda e insieme a Gerard spiccò
il volo verso la
capitale.
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Capitolo 25 *** Cerimonia di addio ***
Cerimonia
di addio
«Gerard!»
chiamò allarmata Priscilla, indicandogli la Lacryma che
finalmente
avevano davanti. Un'enorme catena nasceva dalla cima del castello,
catena che terminava in quella che sembrava la bocca di un drago.
Aveva afferrato la Lacryma fluttuante e la stava lanciando
rapidamente contro l'altra isola fluttuante che si trovava poco
lontana da lì.
«L'hanno
attivato! Merda! Pricchan, prendi tempo!» disse Gerard.
Priscilla lo
fece scendere a terra poco dopo, dove avrebbe cominciato ad attivare
i frammenti di Anima per riportare la Lacryma a Earthland, e infine
volò con rapidità verso questa. Lucy, Gray, Erza,
Natsu, Wendy,
Happy, Charle e almeno un centinaio di Exceed erano ormai allo stremo
delle forze e della disperazione. Schiacciati contro un lato della
Lacryma, quello che lentamente si stava spingendo contro il confine
di Extalia, urlavano e spingevano con tutta la forza che avevano in
un gesto disperato ma potente. Non erano riusciti a impedire quel
disastro con la strategia e l'impegno, ma non si sarebbero arresi
nemmeno di fronte all'evidenza. Fino a quando non sarebbero tutti
morti avrebbero continuato a lottare e avrebbero spinto via quella
Lacryma dall'isola. Le lacrime agli occhi, i muscoli in fiamme,
tremavano e urlavano, ma spingevano con tutta la magia che avevano.
Un urlo si unì al loro con una carica colma di speranza e
forza.
Priscilla arrivò al loro fianco rapida come una saetta e si
schiantò
con un urlo contro il lato della Lacryma. Il vento ruggiva tutto
intorno a lei e soffiava con la potenza del peggiore degli uragani.
Il suo urlo disperato e rabbioso si univa a quel suono, diventando un
tutt'uno di forza e speranza.
«Priscilla!»
chiamò Lucy, sorpresa ed emozionata.
«Priscillanee-san!»
quasi gridò Wendy, felice come mai lo era stata.
«Stai
bene!» sorrise anche Erza.
Priscilla
lanciò uno sguardo ai suoi compagni e sorrise di una forza e
sicurezza unica. «Sono tornata» disse infine.
«Fermiamo
quest’affare! Ragazzi!» ruggì, tornando
a spingere con tutta la
forza che aveva.
«Lo
fermeremo!» urlò Natsu tanto forte da far tremare
la terra e al suo
urlo si unì quello di tutti gli altri, schiacciati contro la
roccia
dell'isola che ora cominciava miracolosamente a rallentare.
«Sta
funzionando!» constatò Lucy.
«Non
fermatevi ora! Spingete più forte!»
ordinò Erza.
«Più
forte!» urlò anche Priscilla aumentando ancora di
più la potenza
del suo tornado. E così fecero anche gli altri, uno dopo
l'altro,
sempre più forte, sempre più deciso e potente,
sempre più
speranzoso. Fino a quando l'isola non tornò indietro.
«Sta
arretrando!» disse uno degli Exceed con le lacrime agli occhi.
«Funziona!
Funziona!» pianse un altro dei suoi compagni.
La
Lacryma venne spinta all'indietro, allontanato da Extalia ora salva e
infine in un lampo accecante sparì nel nulla, lasciandosi
alle
spalle residui di magia fluttuante.
«Cosa?»
chiese Lucy, sorpresa.
«Ce
l'ha fatta» sorrise Priscilla, riconoscendo in quell'evento
il tocco
di Mistgun.
«La
Lacryma non c'è più?» chiese Gray,
sorpreso.
«Ha
fatto ritorno su Earthland» rispose Mistgun comparendo al
loro
fianco in quel momento. In piedi su di un enorme gufo, volava al loro
fianco, coperto con la sua bandana, forse ancora legato al timore di
essere riconosciuto almeno dai suoi compagni.
«Mistgun!»
sussultò Erza, vedendolo arrivare.
«Mi
scuso per il ritardo, ma stavo cercando i frammenti di Anima da poter
utilizzare per riportare Magnolia indietro. Inoltre, ho cercato
Priscilla per un po'. Vi ringrazio, non ce l'avrei mai fatta senza di
voi».
«Che
significa che ha fatto ritorno?» chiese Natsu, confuso.
Cos'era
successo? Era davvero finita? I suoi amici erano salvi?
«Esatto.
Utilizzando anima ho riportato tutto alla normalità.
È finita»
decretò infine Gerard e bastò quelle semplici
parole per portare
gioia e commozione nel cuore di tutti. Le lacrime e le urla di
esulto, l'aria si riempì di festeggiamenti e di pianti.
«Priscillanee-san!»
la voce di Wendy, prima che questa sfuggisse alla presa di uno degli
Exceed e gli volasse tra le braccia. Piangeva, piangeva a dirotto, ma
sorrideva come poche volte aveva fatto.
«Wendy!»
esclamò Priscilla prendendola al volo. La tenne stretta a
sé e
roteò per la gioia, ridendo divertita.
«Stai
bene! Stai bene davvero!» pianse Wendy, restando aggrappata a
lei.
«Non
ti sarai data la colpa spero!» disse Priscilla ma Wendy
negò le sue
speranze con un sentito: «Mi dispiace tanto!»
«Stupidina!
Non è colpa tua!» rise Priscilla, stringendosi la
bambina sul
petto. «Sono così felice di vedere che state tutti
bene. Mi siete
mancati così tanto» disse infine, lasciando che
della malinconia le
sfuggisse dall'espressione.
Un
rombo ruppe però quell'incantesimo di gioia e sollievo e un
lampo
attraversò il cielo, raggiungendoli. Un fascio di energia
colpì in
pieno il petto di un grosso gatto nero, un Exceed vista la forma, ma
dalla stazza decisamente più grossa.
«Lily!»
urlò Gerard, guardando sconvolto il gatto che colpito cadeva
verso
il suolo.
«Che
succede?» ruggì Natsu, guardandosi attorno.
Priscilla
guardò sconvolta l'Exceed che privo di sensi cadeva verso
terra e
allungò una mano verso di lui, pronta a usare la sua magia
per
evitargli la caduta ma un altro fascio di energia attraversò
il
cielo e la raggiunse. Si fece indietro appena in tempo per non essere
colpita, ma quell'inconveniente bastò a farle perdere di
vista
l'Exceed ed evitarle di salvarlo. Alzò lo sguardo verso
coloro che
stavano letteralmente sparando nella loro direzione e
incrociò
infine gli occhi di Erza Knightwalker, sopra uno dei suoi soliti
mostri, circondata dalla sua legione.
«Non
è ancora finita!» ruggì lei. Era piena
di ferite, probabilmente
aveva lottato a lungo, e aveva i capelli tagliati di netto
all'altezza della nuca. Erza lanciò uno sguardo colmo d'ira
verso
Priscilla, riconoscendola e probabilmente maledicendola di vederla di
nuovo intera e in piedi. «Dea del vento»
ringhiò furibonda
puntandole contro la sua arma, ora trasformata in una sorta di
cannone con cui sparava i fasci di magia.
Priscilla
digrignò i denti e strinse ancora di più Wendy a
sé. Non ci
voleva, in un momento come quello quella Erza accanita e potente non
ci voleva proprio. Sparò ma Gerard volò davanti
alla ragazza e
generò una magia che fu in grado di neutralizzare il colpo.
«Erza
Knightwalker!» chiamò, scoprendosi infine il viso.
«Intendi
puntare la tua arma contro il principe di Edoras?»
«Principe?»
sussurrò Wendy, sorpresa.
«Finalmente»
sorrise Priscilla, colma di una forza nuova. Gerard aveva finalmente
abbassato la maschera, abbandonato il nome di Mistgun... il principe
aveva accettato il suo ruolo ed era tornato a casa. Finalmente aveva
trovato la forza di combattere contro il proprio destino.
«Charle!
Ti affido Wendy!» disse la ragazza lanciando la bambina
contro la
gattina che la prese al volo, anche se colta di sorpresa.
«Vuoi
combattere?» chiese Gerard, preoccupato sulle sue intenzioni.
«Tu
pensa a prendere tempo» sghignazzò semplicemente
lei. Assunse una
posizione di attacco, si preparò a un eventuale battaglia,
ma rimase
lì immobile, come in attesa della loro prima mossa. Era
stato Gerard
a insegnarle la tecnica del Mirage, sfruttando la densità
dell'aria
nelle sue componenti molecolari era in grado di farci riflettere la
luce sopra nei modi che preferiva e così ricreare immagini
fittizie.
Con un grande impegno riusciva a creare immagini rapidissime, una
dopo l'altra, in sequenza, in questo modo poteva nascondersi creando
l'ambiente circostante e facendo sembrare che lei non fosse
lì. Una
tecnica che consumava una quantità di magia incredibile,
impegnativa
come poche lo erano, ma che riusciva a manipolare sempre meglio man
mano che cresceva. L'immagine di Priscilla che ora aveva dietro di
sé
riconosceva non essere più la sua, lei se n'era
già andata e forse
riusciva anche a capire dove. Gerard aveva chiamato Lily con troppa
disperazione, quando l'aveva visto cadere.
"Grazie"
non riuscì a pensare ad altro e tornò a
concentrarsi su ciò che
aveva davanti.
Lily
si trovava appeso al ramo di un albero. Penzolava, privo di sensi e
forse anche di vita, ma Priscilla riuscì comunque a trovarlo
e
provare un briciolo di speranza. Lo tirò giù e lo
posò
delicatamente a terra, per poi assicurarsi che fosse ancora vivo.
«Ehy!
Siamo arrivati anche noi!» delle voci provennero poco dopo
dalla sua
sinistra e un paio di Exceed raggiunsero la ragazza in volo.
«Abbiamo
bende e medicazioni!» esclamò uno di loro.
«Meno
male» disse Priscilla, correndogli incontro e prendendo tutto
il
necessario. «È messo male, ma è ancora
vivo. È un tipo tosto»
commentò lei, cominciando a medicare la ferita.
«È
il capitano di uno dei reggimenti dell'esercito»
spiegò uno degli
Exceed mentre utilizzava una Lacryma magica per aiutarlo nelle cure.
«Cosa?!»
sobbalzò Priscilla, cominciando a chiedersi se avesse fatto
bene a
soccorrerlo.
«È
stato cacciato da Extalia anni fa perché salvò un
bambino umano da
allora si è unito agli umani. Ma ci ha aiutati con la
Lacryma poco
fa, credo che sia dalla nostra ora» spiegò ancora
l'Exceed.
«Un
bambino umano?» chiese Priscilla, cominciando a mettere
insieme i
pezzi. La terra tremò minacciosamente e un ruggito si
alzò
nell'aria. Rombi e tuoni, ma i rami degli alberi impedivano di vedere
cosa stesse accadendo.
«È
la fine del mondo?» sobbalzò uno degli Exceed,
tremando di paura.
Sentivano il rumore degli alberi cadere al suolo, sradicati, uno dopo
l'altro.
«È
meglio allontanarci da qui. Andatevi a nascondere, penserò
io a
Lily!» disse Priscilla agli altri Exceed, che non se lo
fecero
ripetere due volte e volarono via. Un colpo d'aria, probabilmente
mosso da un'esplosione o qualcosa di simile, fece volare via parte
degli alberi che avevano attorno e alcuni di loro minacciarono di
colpirli nel loro folle volo. Priscilla usò uno scudo di
vento per
proteggerli, ma decise di non restare lì ancora per molto.
Si
sollevò in volo e sollevò anche Lily, poi si
allontanò
rapidamente. Stavano ancora volando a gran velocità tra gli
alberi
quando Lily riaprì gli occhi, cominciando a riprendersi.
Guardò la
ragazza al suo fianco, confuso, forse ancora più confuso dal
fatto
che entrambi stessero volando mentre alle loro spalle si sentivano
esplosioni e colpi violenti.
«Chi
sei?» mormorò.
«Priscilla»
rispose lei. «Compagna del principe Gerard, piacere di
conoscerti!»
sorrise candidamente. Si fermò poco dopo, posando
delicatamente Lily
a terra. Da quella posizione gli alberi si aprivano in maniera
ideale, così da permettere loro di vedere cosa stesse
accadendo
sopra le loro teste.
«Qui
dovremmo essere al sicuro» disse lei, allungandosi e cercando
di
scorgere oltre i rami. Fasci di luce irradiavano il cielo, uno dopo
l'altro, colpivano gli Exceed che ancora volavano disperati nel cielo
e non appena questi venivano toccati si trasformavano in Lacryma.
«Mettete
in salvo gli Exceed!» l'urlo di Erza di Earthland.
«Non
lasciateli sfuggire» l'eco di Erza di Edoras.
Una
stessa persona, due vite diverse e due ideali diversi.
«Maledetti»
digrignò i denti Priscilla, guardando con rabbia lo
sterminio di cui
era spettatrice.
«Dobbiamo...
dobbiamo fare qualcosa...» balbettò Lily, provando
ad alzarsi, ma
la ferita al ventre lo dilaniò dal dolore e cadde nuovamente
a
terra.
«Non
puoi fare niente tu adesso» disse Priscilla. «Ti
chiami Lily,
giusto?»
«Panther
Lily, piacere».
«Adesso
il nostro compito è un altro, Lily» disse
Priscilla con una strana
scintilla negli occhi. «Trattieni il tuo dolore almeno per il
momento».
Gerard
si fece avanti, disegnando un cerchio magico nell'aria
fronteggiò un
enorme drago metallico. Un'arma manipolata dal Re in persona, che lo
portava ad attaccare con la forza devastante di un mostro. Lo
colpì
ma non ebbe nessun tipo di effetto e il drago ricambiò il
colpo con
un enorme cannone a magia. Gerard venne travolto dal fascio di luce e
urlando per il dolore venne scaraventato a terra, tra gli alberi,
accompagnato dalle urla dei suoi compagni e dalle risate di un padre
sadico e malefico.
«Vado
a recuperarlo. Resta qui e non muoverti» ordinò
Priscilla a Lily
prima di scattare come un razzo, spinta dal suo vento magico. Non le
ci volle molto a trovarlo e, come aveva immaginato, non aveva che dei
semplici graffi. Si rialzò da terra e guardò
Priscilla che gli
volava incontro.
«Lily
sta bene, ci sta aspettando, andiamo» disse a Gerard prima di
sollevarlo da terra e permettergli di starle dietro alla stessa
velocità.
«Hai
buone capacità recitative, sai? Credo che abbiano pensato
che tu
fossi stato davvero colpito» disse Priscilla quando ormai
erano
quasi arrivati.
«Sicuramente
meglio delle tue» sghignazzò Gerard, prima di
chiedere con
curiosità: «Dea del vento?»
«È
una lunga storia!» rise Priscilla, grattandosi la nuca
imbarazzata.
«Vostra
altezza!» si alzò in piedi Lily, nel vederlo
arrivare.
«Lily!
Sono felice di vedere che sei ancora tutto intero. Sapevo che
Priscilla ti avrebbe trovato» sorrise Gerard, guardando
sollevato il
gatto che aiutato dalla ragazza provava a rimettersi in piedi.
«Come
va la ferita?»
«Non
è niente di...» ma la voce gli morì in
gola quando un movimento
gli recò una fitta.
«Non
è in ottime condizioni. Sei sicuro che debba venire con noi,
Gerard?» chiese Priscilla, preoccupata.
«Sì,
ho bisogno anche del suo aiuto. Andrà bene anche
così, aiutalo a
tenersi in piedi» disse lui e Priscilla non se lo fece
ripetere due
volte. Con un incantesimo Vernier e l'aiuto di un po' di vento Lily
fu in grado di camminare da solo, non dovendo fare per niente
affidamento alle proprie forze ed energie. Ancora la terra
tremò e
un ruggito sembrò far tremare il cielo stesso, a suggerire
loro
l'intensità della battaglia a cui il drago metallico stava
facendo
fronte.
«Che
roba è quella?» chiese Priscilla, lanciando
un'occhiata verso il
punto dove vedeva generarsi luci di energia.
«Dorma
Animu. L'arma definitiva di mio padre... è immune agli
attacchi
magici. Sta combattendo contro i Dragon Slayer»
spiegò Gerard.
«Allora
non c'è di che preoccuparsi, se c'è
Natsu» sorrise Priscilla,
sicura di sé.
«Andiamo.
Noi metteremo fine a tutto questo definitivamente» disse
Gerard
cominciando a camminare deciso.
«Così
si fa!» esultò Priscilla, entusiasta.
«Questo è il mio Gerard!
Andiamo a fare un po' di danni!» rise e camminò
dietro al principe
per i primi passi. Saltò infine a mezz'aria, spiccando il
volo, e
subito dopo anche Gerard e Lily fecero altrettanto mossi dalla sua
magia.
«Nasconderò
io le nostre presenze, non sprecare altre energie con il Mirage.
Pensa solo a portarci a palazzo, Priscilla» disse Gerard
applicando
su di loro un incantesimo di invisibilità tramite uno dei
suoi
bastoni.
«Ricevuto!»
disse lei e accelerò la potenza di volo.
Salirono
sopra le creste degli alberi, abbastanza in alto da vedere la
battaglia sotto di loro e il palazzo non troppo lontano. Il drago di
metallo si muoveva con rapidità e aggressività,
lanciando colpi su
colpi contro i tre Dragon Slayer che non si risparmiavano nelle
forza. I loro ruggiti erano udibili a qualsiasi distanza. Erza, nel
cielo, combatteva invece contro la se stessa di Edoras con una
ferocia e una rabbia sempre maggiore. Non era un semplice scontro tra
nemiche, era uno scontro tra ideali. Nessuna delle due poteva
accettare di vedersi negli occhi dell'altra, non con quelle parole
che uscivano dalla bocca per lo meno. A terra, poco lontano il Dorma
Animu, Lucy e gli altri stavano invece lottando contro il resto
dell'esercito di Edoras. Da soli, disperati, ma forti e determinati,
pronti anche a morire. La terra sotto i loro piedi si
increspò,
piante nacquero dal suolo con una rapidità eccezionale e
presto
prese forma da rami e tronchi una gilda... quella
gilda.
Dalla
porta d'ingresso di Fairy Tail Laxus fu il primo a uscire,
imbracciando la propria alabarda, e con un urlo diede la carica al
resto dei suoi compagni.
«Sono
arrivati» sorrise Priscilla, guardandosi indietro. Laxus
lottava a
capo della squadriglia improvvisata, affiancato da Fried e Bickslow,
alle spalle protetto da Evergreen, decimava decine di avversari da
solo. Benché non avesse mai combattuto prima di allora la
sua
determinazione e l'amore per quelle persone erano la sua forza. E non
c'era niente di più bello che vederlo circondato da quelle
persone,
tutti spinti dalla stessa energia, pronti a tendersi la mano.
Priscilla sorrise nel vederlo, la tenerezza e la felicità
nel cuore,
poi tornò a concentrarsi sulla rapidità del
proprio volo.
«Dunque
qui avrà fine il nostro team, Gerard?» chiese
Priscilla, abbozzando
un sorriso sbarazzino. «La nostra ultima missione insieme.
Dici che
è una classe S?»
«Potrebbe
essere anche una doppia S, vista la situazione»
ridacchiò Mistgun,
trascinato dal suo modo di fare.
«Figata!
Lascia che lo dica al nonno quando tornerò!» rise
lei, roteando per
aria dalla gioia. Un entusiasmo decisamente fuori dal comune per una
come lei, che mai aveva voglia di imbarcarsi in missioni troppo
faticose e complicate. Non aveva mai la motivazione a impegnarsi,
oscurata dal suo unico obiettivo, annebbiata dall'unica ombra che
aveva sopra la testa, quella di Laxus e suo padre. Ora invece...
«Sei
davvero cresciuta molto, Priscilla» sorrise Gerard.
«Allenata
dal migliore, te l'ho detto» ridacchiò Priscilla
tirandogli un
pugno amichevole su una spalla.
«Non
esageriamo» ridacchiò Gerard, sempre modesto.
«Là! Entriamo da
lì!» indicò infine.
«Ok!»
disse Priscilla, cominciando l'atterraggio verso un'apertura su una
torre. Entrarono e si guardarono attorno, attenti.
«Tutta
l'armata dovrebbe trovarsi nella piazza per la battaglia, ma non
abbassiamo la guardia. La Lacryma di Anima sarà sicuramente
sorvegliata. Cerchiamo di mantenere un profilo basso» disse
Gerard
guidando i due lungo una scalinata stretta che saliva fino in cima
alla torre.
«Questo
posto è buio, non ho luce per utilizzare il mio Mirage nel
caso ce
ne fosse bisogno» spiegò Priscilla camminandogli
dietro. «Anche
l'aria non è molta. Sarebbe difficile per me combattere
qui».
«Speriamo
non ce ne sia bisogno» disse Gerard, prima di voltarsi e
guardare
l'Exceed che continuava a seguirli in silenzio. «Lily, come
stai?»
«Posso
camminare. Mi sento incredibilmente leggero».
«È
la magia di Priscilla» spiegò Gerard e Priscilla
in tutta risposta
sorrise luminosa, felice di essere l'artifice di quella piacevole
situazione, orgogliosa in un certo senso.
«Dunque
il piano è distruggere la Lacryma di Anima? Metodo Fairy
Tail, eh?»
chiese Priscilla dopo minuti che camminavano nella torre.
«Non
prima di averla utilizzata per riportare indietro te e gli altri e
aver messo fine a questa inutile guerra» spiegò
Gerard.
«Come
intendi fare?» chiese ancora Priscilla e Gerard ci mise
qualche
secondo di troppo prima di rispondere: «Invertirò
il processo e
spedirò tutta la magia di Edoras su Earthland».
«Eh?»
sussultò Priscilla, sconvolta.
«È
follia!» si unì Lily.
«Creerò
un nuovo mondo di ugualianza e parità, cancellando la magia
da
questo mondo. È a causa della magia che queste lotte
continuano ad
andare avanti. Fermerò tutto questo».
«È
una soluzione troppo drastica! Edoras si regge a malapena in piedi
con quel poco di magia che ha, se la elimina ci sarà il
caos»
insisté Lily.
«C'è
già il caos, gatto» disse Priscilla.
«Pensi davvero possa andare
peggio di così?»
«Inizialmente
sarà difficile ma il mondo può andare avanti
anche senza magia»
disse Gerard. Non camminarono ancora a lungo, come aveva previsto
Gerard la parte grossa della guardia era all'esterno che lottava,
incontrarono pochi soldati e da tutti riuscirono a nascondersi
egregiamente grazie alla magia. Finalmente arrivarono alla sala della
Lacryma, enorme padroneggiava al centro della stanza illuminandola di
una soffice luce blu. Sopra le loro teste si apriva una fessura,
protetta da dei vetri magici, che si aprivano sul cielo. Il sistema
di puntamento, l'intera torre non era altro che una specie di cannone
spara magia che centrava il cielo stesso e su cui apriva gli squarci
dimensionali.
«Dunque
siamo qui» disse Priscilla, osservando la Lacryma.
«Priscilla...
ho bisogno del tuo aiuto, adesso» confessò infine
Gerard.
«Immaginavo
ti sarei servita prima o poi, non mi avresti chiesto di seguirti qui
e abbandonare gli altri altrimenti» sorrise Priscilla, per
niente
sorpresa. «Che devo fare?»
«Posso
prendere i comandi di Anima e direzionarlo su Magnolia, posso
attivarlo e utilizzarlo, ma un cambiamento nel flusso non è
mai
stato concepito. Anima è stata creata in modo da farla
scorrere a
senso unico, non credo che esista modo di invertire il processo...
non manualmente, almeno» iniziò a spiegare Gerard,
prendendo la
cosa alla larga, ma Priscilla lo interruppe.
«Mi
stai chiedendo molto, Gerard» disse consapevole di
ciò che lui
stava in realtà cercando di dirle. Priscilla era stata in
grado di
entrare in risonanza con la magia di Leon, che ancora scorreva dentro
lei, e aveva fatto lo stesso anche con Nirvana. Niente le impediva di
fare altrettanto con Anima, prenderne possesso e costringerla
perciò
ad invertire la direzione del flusso.
«Lo
so. Nirvana sicuramente ti tormenta ancora e non sappiamo se abbia
avuto o se avrà mai effetti su di te, mi rendo conto di
ciò che ti
sto chiedendo. Ma non ho trovato altro modo, se non...»
«Lo
farò» disse decisa Priscilla, interrompendolo di
nuovo. «Ho
promesso che ti avrei aiutato. Ti sono ancora debitrice,
ricordi?» e
si avvicinò alla Lacryma.
«Un
attimo... volete davvero farlo? Come? Siete davvero sicuro, vostra
altezza?» chiese Lily, sudando freddo ma senza avere il
coraggio di
contraddire apertamente il proprio sovrano.
«Fidati,
Lily. È l'unico modo» disse Gerard, prendendo
posto ai comandi per
poter azionare la magia di Anima. Priscilla appoggiò una
mano sul
vetro magico della Lacryma e l'osservò attentamente,
studiandola.
«Potrebbe
non funzionare, lo sai?» sorrise, voltandosi verso Gerard, e
lui
sorrise di rimando confessando un: «Potrebbe essere un
problema».
«Sono
il tuo unico piano, questo mi fa sentire particolarmente sotto
pressione. Ma...» allungò un braccio indietro e
cominciò a
caricarlo di vento. «Con te ormai sono abituata a sentirmi
sotto
pressione, Sensei» e lanciò il pugno in avanti con
un urlo,
perforando così la Lacryma e infilandoci infine il braccio
dentro.
Come per Nirvana, frammenti di Lacryma rotti e affilati la
graffiarono e le aprirono squarci nella pelle, attraverso il quale
cominciò a far fluire la propria magia al suo interno.
Priscilla
chiuse gli occhi e si corrucciò di fronte a quell'ormai
familiare
dolore. Magia diversa, stesso effetto, faceva sempre un gran male e
la paura delle conseguenze era tremenda ma aveva giurato di aiutarlo
e l'avrebbe fatto a qualsiasi costo. Lei aveva raggiunto la
felicità
grazie a Mistgun, era ora che ricambiasse, non importava il prezzo da
pagare. Mistgun... era il suo amico più prezioso.
«Riesco
a sentirlo» disse percependo la fluidità della
magia di Anima
scorrerle dentro. «È... avida... maledizione,
è peggiore di quello
che credevo!»
Si
sentì svuotare, la sentiva quella risucchiante magia che
succhiava
ciò che aveva dentro. Anima era un vortice che aspirava via
tutta la
sua magia, se ne impadroniva avido, e per una come lei che la magia
rappresentava la sua vita era come sentirsi trascinare e strappare
via pezzi di carne dalla furia della morte.
«Merda!»
le sfuggì, irrigidendosi mentre si sentiva sempre
più debole. La
sensazione era la stessa, l'aveva già provata, un vortice
nel cielo
che la tirava a sé con una forza immensa, solo che quella
volta non
era il suo corpo ad essere risucchiato ma la sua anima.
«Priscilla!»
si allarmò Gerard, sentendola improvvisamente urlare dal
dolore.
«Vostra
altezza! Dovete fermarla!» disse Lily, allarmato nel vederla
in
quelle condizioni. Non aveva ben chiaro cosa stesse cercando di fare,
ma certo non era niente di positivo e comunque, qualunque cosa fosse,
era ovvio che non stesse funzionando.
«Priscilla...»
disse ancora Gerard, digrignando i denti. Priscilla spalancò
gli
occhi e inarcò la schiena all'indietro, trascinata e
dilaniata da un
dolore che palesemente non riusciva a controllare. Non stava
funzionando, il suo piano non stava funzionando e lei rischiava di
essere in pericolo. Doveva fermarla, sapeva che doveva farlo anche se
questo sarebbe significato rinunciare al suo piano. Il piano di
creare un nuovo mondo sano e uguale per tutti stava crollando, ma
davanti a lui la sua amica rischiava la vita. Lasciò i
comandi di
Anima e fece un paio di passi verso Priscilla, deciso ad abbandonare
tutto e salvare la sua vita, ma Priscilla stessa lo fermò
con un
severo e ancora urlato: «Resta dove sei!»
«Priscilla...»
balbettò lui, sorpreso e ancora combattuto.
«Ho
detto che lo farò! Gerard!» ringhiò
Priscilla puntando lo sguardo
furioso contro la Lacryma. Tirò indietro anche il braccio
sinistro e
con la stessa foga del primo lo lanciò in avanti, creando un
altro
squarcio nella Lacryma. «Questo mondo...»
ansimò, tremando per lo
sforzo. «Tu hai bisogno di questo mondo! Questa è
casa tua e la
salverò! Ad ogni costo, la salverò!»
L'urlo di dolore di Priscilla
assunse un tono diverso, selvaggio e furioso, colmo di forza e
decisione. Urlava per caricarsi, per lo sforzo, per il dolore e la
fatica, ma soprattutto per il desiderio di vincere. Il suo tornado,
la sua aria, avrebbe lottato contro la forza risucchiante di Anima e
l'avrebbe rivoltata come un calzino, invertendola. Il suo
attaccamento alla vita era più forte di qualsiasi magia
prosciugante, non sarebbe morta né sarebbe stata vinta con
una tale
facilità. Tutti lottavano per quella causa, poteva sentirli,
Natsu,
Wendy e Gajeel contro Dorma Animu. Lucy e Gray contro l'esercito
imperiale. Erza contro Erza. La Fairy Tail di Edoras a fianco dei
suoi amici... e Laxus. Quello stesso Laxus che, anche se tanto
diverso, le aveva dato molto più di quanto avesse mai potuto
immaginare. Lo doveva a loro, a lui, più di chiunque altro.
Lo
doveva a Ivan che per quelle tre settimane le aveva dato una casa in
cui stare, una famiglia che aveva sempre rincorso senza mai riuscire
ad acchiappare. Avrebbe lottato per non cancellare il ricordo di un
Laxus che seduto al tavolo scherzava allegro con suo padre. Avrebbe
lottato per quei magnifici ricordi di quotidianità, semplici
ma
intensi, e per quella piccola se stessa di vetro che nella stanza del
padre aveva sempre desiderato la vita senza mai riuscire ad
ottenerla. Quella casa, quelle persone, meritavano di vivere.
E
Gerard doveva farlo insieme a loro, finalmente sotto il suo cielo e
non a inseguire un sogno perduto per una colpa non commessa. Poteva
sentirla, la sua Fairy Tail, nel palmo della sua mano che
l'afferravano e la trascinavano via, contrastando Anima con la forza
dei loro sentimenti.
E
niente importava se sentiva il proprio corpo andare in pezzi...
l'avrebbe ricostruito. Doveva solo riposare.
«Funziona...»
il sussurro di Gerard, timido e speranzoso, di fronte a un'evidenza
quasi eterea. Persino lui faticava a crederci, lui stesso che aveva
ideato quel folle piano. «Sta funzionando!»
esclamò infine,
entusiasta.
Fuori
da quella torre poteva sentire il rumore dei crolli, della fine del
loro mondo, ed era ironico come proprio quella fine fosse in
realtà
per lui fonte di gioia. Per i primi tempi sarebbe stato il caos, lo
sapeva, ma poi tutto si sarebbe aggiustato e loro avrebbero trovato
il modo di andare avanti. Un piccolo sacrificio iniziale.
«Adesso
ho io il controllo» sorrise Priscilla, soddisfatta anche se
affaticata terribilmente.
«Non
posso crederci...» balbettò Lily, sbalordito.
«L'avete fatto
davvero».
«Senza
la magia non ci sarà più motivo di
combattere» disse Gerard,
risoluto.
«Sì,
ma ora... i cittadini...»
«Sono
nel panico, lo so» disse Gerard, abbandonando i comandi.
Anima ormai
non aveva più bisogno di essere guidata. «Per
questo c'è bisogno,
adesso più che mai, di una nuova guida. Hanno bisogno di un
nuovo Re
per un nuovo mondo, un Re che possa condurre questa nazione dal
terrore alla felicità».
«Capisco,
allora adesso voi, in quanto Principe...» sorrise Lily,
pensando di
capire cosa avesse intenzione Gerard e trovandosi almeno su quella
parte di piano d'accordo con lui. Ma Gerard abbassò lo
sguardo e
confessò: «No, non io. Non appartengo a questo
mondo da molto
tempo, non ne avrei diritto. Per quietare le masse ci sarà
bisogno
di un colpevole e di un eroe. Una persona che rivelerà alla
gente
chi ha gettato questo mondo nel caos e lo
giustizierà».
«E...
chi?» chiese Lily, spaventato da quanto avrebbe probabilmente
ascoltato da lì a poco, forse già consapevole
della follia a cui
stava per incorrere Gerard.
«Lily...
io mi sono ribellato al Re di Edoras, ho rubato tutta la magia di
questo mondo. Io sono il colpevole. Tu invece, rappresentante di
entrambe le razze, puoi portare l'armonia superando le incomprensioni
e il pregiudizio. Tu sarai l'eroe. Devi giustiziare il traditore che
ha mandato in rovina questo mondo e diventare il nuovo Re».
«Cosa
cazzo stai dicendo, non scherziamo!» ruggì
Priscilla, ancora
ancorata alla Lacryma di Anima per continuare a controllare il flusso
tra i due mondi.
«Mi
hai chiesto di sacrificarmi in questo mondo, di lottare fino ad ora,
per vederti morire? Mi prendi per il culo, Gerard?»
«Mi
spiace, Priscilla, sapevo che se ti avessi rivelato tutto fino alla
fine non avresti accettato» disse Gerard.
«Certo
che non avrei accettato! E non lo accetto neanche adesso,
folle!»
urlò Priscilla. «Lily, azzardati a fare una cosa
simile e ti
ammazzo lo giuro!»
«Priscilla,
sii ragionevole».
«Proprio
voi parlate di ragionevolezza?» si unì Lily, rosso
in volto dalla
rabbia. «Credete davvero che possa accettare una cosa simile?
Mi
rifiuto! Non lo farò mai! Mai!» ruggì.
«Chi credete che io sia?
Davvero pensate che possa farlo così a cuor
leggero?» insisté,
furioso.
«Nonostante
tu fossi un Exceed mi salvasti la vita quando ancora ero in fasce.
Hai sfidato le regole del tuo stesso popolo, sei una persona che sa
riconoscere il valore della vita» disse Gerard, ma ancora
Lily lo
interruppe urlando furioso: «Mi state chiedendo di portare
una
simile croce per il resto della vita?»
«Sei
l'unico che può farlo. Cerca di capire, qualcuno deve
farlo!»
insisté Gerard.
«Allora
lo farò io! Sarò io il traditore! Voi sareste un
Re perfetto!»
«Ho
causato io la distruzione di questo mondo, non potrei...»
mormorò
Gerard, affranto ma deciso.
«Lo
avete fatto per il bene del paese! È esattamente della
vostra
incrollabile volontà, capace di mettere in gioco la propria
vita per
il bene del paese di cui abbiamo bisogno adesso. Se credete di essere
la causa della distruzione di questo mondo allora assumetevi la
vostra responsabilità non morendo e guidando il paese verso
una
nuova vita!»
«Non
è così che potrò espiare le mie
colpe» mormorò Gerard, sempre
più abbattuto ma non per questo più convinto. Il
senso di colpa lo
lacerava, si sarebbe lasciato atterrare volentieri, avrebbe accettato
la morte a braccia aperte pur di liberarsene.
«Sarò
il cattivo! Giustiziate me, reciterò io la parte del
traditore. Ho
tradito gli Exceed e dopo ho tradito anche gli umani, non ho posto
dove tornare. Mi assumerò io tutte le
responsabilità».
«Inaccettabile!»
urlò Gerard. «Tu sei quello che mi ha salvato la
vita, non potrei
mai ucciderti!»
«Potrei
dirvi le stesse cose, non credete? Chi di noi due muoia non
porterà
altro che sofferenza» disse Lily, calmandosi ma continuando a
restare risoluto sulla sua decisione.
«E
allora... che possiamo fare?» si chiese Gerard, scoraggiato e
ormai
allo stremo delle forze. Era arrivato fin lì ormai
distrutto,
appoggiandosi a qualsiasi cosa avesse ancora tra le mani, a Fairy
Tail, a Priscilla ed era pronto ad appoggiarsi anche a Lily
perché
di forza per combattere non ne aveva decisamente più
già da anni.
Ma qualcosa andava fatto e lui non sapeva più a cosa
aggrapparsi.
Era troppo stanco per lottare ancora e sentiva, in cuor suo, di non
averne nemmeno il diritto. Lui era il traditore, lui era la disgrazia
di Edoras, lui aveva tolto loro tutto ciò che avevano...
indipendentemente da quale fosse la motivazione, in quel momento la
gente piangeva a causa sua.
«Panther
Lily-sama! Ci sono terribili notizie!» urlò un
uomo, un sottoposto,
correndo lungo il corridoio della sala di Anima fino alla Lacryma.
«So
già tutto, se è di Anima che vuoi parlarmi.
Sto...» disse Lily, ma
il sottoposto allarmato e pieno di fretta lo interruppe:
«Sì, lo so
che state cercando di fermarla, ma non è solo questo! Ci
sono
persone che stanno creando il caos proprio qui vicino al castello.
Stanno distruggendo ogni cosa!»
«A
quanto pare l'effetto del panico è peggiore di quanto mi
aspettassi.
Dobbiamo fare qualcosa» intervenne Gerard, pensieroso.
«Quanti
sono i ribelli?» chiese Lily, avviandosi per seguire il
sottoposto
all'esterno.
«Quattro!
Una a capo, a quanto pare» rispose il sottoposto e quello fu
come un
fulmine a ciel sereno per Gerard.
«Una...»
balbettò, sgranando gli occhi. Si voltò
istintivamente verso
Priscilla, ancora artigliata ad Anima, ma solo ora che si era voltato
a guardarla veramente poté notare l'inconsistenza del suo
corpo. La
luce lì dentro era poca, per questo il Mirage non funzionava
granché
bene, eppure era bastato a permetterle di andarsene senza essere
vista, sfruttando la discussione che li aveva tenuti estremamente
impegnati tra loro. Doveva essere andata via già da qualche
minuto,
visto che ormai la sua immagine del Miraggio si stava praticamente
dissolvendo da solo, restando semplicemente una nuvola di colori
mescolati tra loro.
«Priscilla»
disse preoccupato e corse all'esterno, superando Lily e il sottoposto
che era corso a cercarli. Uscì su un balcone, il
più vicino lì
presente, e puntò gli occhi alla fonte del caos. Priscilla
era
immobile sopra i tetti, a braccia aperte e un viso solenne, guardava
il popolo sotto di lei con un sguardo colmo di superiorità e
malvagità. Un mantello, uno straccio, sulle sue spalle
sbatteva e si
muoveva sotto l'effetto del vento che la teneva sollevata da terra.
Accanto a lei c'era persino Faust, il Re, sigillato dal suo vento,
imprigionato e incapace di muoversi.
«Inchinatevi,
ridicoli umani, alla Dea del vento!» ruggì e fece
soffiare un
vortice di vento tutto intorno alla città, tanto forte che
fece
volare gran parte dei piccoli oggetti presenti in giro. Vasi, sedie,
ombrelloni e tende, finestre spaccate, ogni cosa girava intorno a lei
minacciosamente e pericolosamente.
«Sono
venuta qui con l'unico scopo di assorbire la vostra magia, la
inghiottirò e me ne ciberò e voi non potrete far
altro che restare
a guardare. Ammiratemi, sono una Dea!» rise malignamente e
istericamente, una scena veramente surreale per chi la conosceva
davvero. «Andate miei draghi! Portate la distruzione su
questa
città! Dragneel, Marvell, Redfox... uccideteli
tutti!»
E
a quell'ordine Natsu saltò su un tetto, vestito anche lui da
un
mantello e da delle finte corna che aveva messo sulla testa.
Alzò la
testa verso il cielo e sputò fuoco, urlando e ridendo.
«È...
un drago veramente?!» sentì dire qualcuno in
città, terrorizzato,
prima che il panico li portasse a urlare e scappare. Gajeel
saltò
giù da un tetto con un braccio teso, reso metallico dalla
propria
magia, e distrusse un intera casa tagliandola praticamente a
metà.
Wendy sbucò da dietro un angolo e fingendo un ruggito
inseguì un
bambino in lacrime. Priscilla rise ancora, alzando il viso al cielo.
«Temete
il potere dei miei cuccioli di drago!»
«Cuccioli?»
storse il naso Gajeel.
«Non
suona tanto minaccioso» lamentò Natsu.
«E
io invece vi dico che è terrificante, chiaro?! È
la Dea che lo
decide!» ruggì Priscilla, ferita nell'orgoglio.
«Su, su...
distruggete» disse poi, sventolando una mano annoiata.
«La
Dea del vento!» sentì qualcuno urlare dalla
piazza. «Io l'ho
vista! Ha quasi sconfitto Erza!» era uno dei soldati del
reggimento
di Erza, uno di quelli che le avevano portato Ivan morto davanti agli
occhi e che per poco non avevano colpito Fairy Tail. Forse era
addirittura una fortuna che si trovasse lì perché
la testimonianza
di uno del popolo servì a creare ancora più il
caos tra i
cittadini, che ora cominciarono veramente a temerla. Se aveva
addirittura quasi sconfitto Erza doveva essere terribile e
pericolosissima.
«Priscilla!
Che stai facendo?!» urlò Gerard dal suo balcone,
fulminandola.
«Priscilla?!»
sobbalzò lei, assumendo uno sguardo offeso e ferito.
«Come osi
additarmi con un insulso nome umano, stupido essere inferiore! Io
sono la Dea del vento! E loro sono i miei adorati draghetti che hanno
catturato per me il vostro Re e ora porteranno distruzione nella
vostra città!»
«Adesso
basta, smettila! So cosa vuoi fare, non
funzionerà!» la rimproverò
ancora Gerard.
«E
invece questa volta funzionerà, dannato Principe! Per anni
mi hai
dato la caccia per proteggere questi insulsi umani dalla mia collera,
per anni mi hai tormentato con le tue stupide idee di giustizia, ma
oggi io prenderò finalmente ciò per cui sono
venuta. La magia di
questo mondo sarà mia e tu non riuscirai a sconfiggermi
ancora! Non
ora che ho con me i miei amati draghetti» disse.
«Sta
decisamente divagando» commentò Gajeel,
distruggendo qualche altra
casa a fianco di una Wendy che non riusciva a fare altro che
spaventare i bambini.
«Però
è una bella storia» commentò questa.
«Principe»
mormorò qualcuno del popolo, interrogandosi ora sul volto
dell'uomo
che sfidava la Dea dal balcone. «Il Principe Gerard?
È lui
davvero?» altri echi, altre voci.
«Allora
non era morto».
«Ci
ha protetti per tutto questo tempo».
«Era
lei che chiudeva Anima e si prendeva la magia che doveva invece
arrivare a noi!»
«Il
Principe Gerard è tornato per affrontarla una volta per
tutte!»
Stava
andando anche meglio del previsto e Priscilla non poté che
sorriderne. Gerard, dal canto suo, strinse la balconata tanto forte
che si fece quasi male alle dita. Priscilla era folle e quell'idea
era assurda: lo stava praticamente costringendo ad assumere il ruolo
che invece aveva tanto ripudiato. Non si sentiva in grado di essere
Re, non sentiva di meritarlo, e lei ce lo stava trascinando con la
forza. Come avrebbe tolto dalla testa della gente, ora, che lui non
aveva mai combattuto nessuna Dea e che a chiudere Anima era sempre
stato lui stesso? D'altra parte Natsu e gli altri due Dragon Slayer
non smettevano di seminare il panico in città e Priscilla
faceva
rombare il proprio vento tutto intorno, sradicando alberi e
continuando a far volare tutto ciò che era in grado di
volare.
«Forza
Principe, se non fai qualcosa finirò col vincere senza alcun
divertimento» ridacchiò Priscilla, provocandolo.
«Stupida!»
disse infine Gerard, prima di saltare giù dalla balconata.
«Adesso
ci penso io!»
«Era
ora» sorrise Priscilla e volò rapidamente nella
sua direzione,
atterrandogli di fronte con una tale potenza da aprire un cratere nel
pavimento. «Draghi miei! Continuate a seminare il terrore...
a lui
ci penserò io, una volta per tutte. Questa è una
resa dei conti,
Principe!» urlò puntandogli un dito contro.
«Smettila
subito! Te lo dirò per l'ultima volta»
insisté Gerard.
«Dopo
di ché, che farai?» sghignazzò
Priscilla prima di scattare nella
sua direzione. Neanche si era accorto di quando era saltata via, la
potenza del suo vento non faceva certo pensare a una messa in scena,
e nemmeno il pugno che destinò al suo viso parve tanto
fittizio.
«Ti
farai davvero sconfiggere così? Davanti agli occhi di
tutti?»
chiese Priscilla e fu proprio quella provocazione a convincere Gerard
a contrattaccare con un calcio. Priscilla si chinò da un
lato,
contraendo il proprio viso in una smorfia di dolore, e cadde su di un
ginocchio, dolorante.
«Allora...
com'è ora la mia performance?»
ridacchiò lei, aprendo un occhio
per guardarlo. Stava facendo finta, stava facendo enormemente finta.
«Terribile,
come sempre» rispose Gerard.
«E
allora vedi di impegnarti di più!» disse lei,
alzandosi in piedi e
centrando Gerard in pieno mento con un pugno. Gerard volò
all'indietro per un paio di metri e atterrò dolorosamente
sull'asfalto, lasciandosi sfuggire un lamento.
«Forse
stai esagerando» mormorò Wendy preoccupata, ma
Gajeel al suo fianco
non sembrò dello stesso parere. «L'eroe senza
poteri che sconfigge
il mostro, è questo che serve. Deve esagerare».
Priscilla
si piegò e di nuovo saltò, caricando il colpo
all'indietro e
preparandosi a tirargli un altro pugno. Intorno a loro i cori si
fecero sempre più accesi, tra incitamenti e lacrime rivolti
al
Principe, pregandolo di rialzarsi e non arrendersi. Gerard
saltò
appena in tempo, schivando il colpo e con un calcio atterrò
Priscilla, facendola schiantare a terra.
«Li
senti Gerard...» mormorò lei, rialzandosi.
«Senti la loro
speranza».
«È
una bugia» lamentò lui, ancora non convito.
«La
tua intera vita lo è sempre stata, questa è
invece la realtà per
la prima volta! La tua...» con uno sforzo si
rialzò e tornò a
colpirlo. Restando sospesa per aria tirava ora calci e pugni in una
raffica incessante, colpi che Gerard riusciva in qualche modo a
parare sempre. «La tua maledetta realtà»
ruggì lei, alzando il
vento e scaraventandolo verso l'alto. Saltò infine,
volò, e lo
raggiunse afferrandolo per la gola. «E questa è la
mia cerimonia
d'addio da Fairy Tail per te» mormorò vicino al
suo orecchio con un
tono di voce ora diverso, potendo usare la lontananza da terra e
permetterselo senza essere scoperta. Gerard afferrò anche
lei per il
colletto e voltandosi di colpo, per niente intimorito dalla magia che
lo sorreggeva da terra, lanciò Priscilla contro un muro. Lei
per
poco non cadde, ma si riprese subito, al contrario di Gerard che
invece non venne più spinto verso l'alto dal vento e ora
aveva
cominciato a cadere verso terra. Priscilla usò quello stesso
muro
per darsi lo slancio e volò verso di lui per afferrarlo di
nuovo e
spingerlo verso la casa di fronte.
«Chiunque
lasci Fairy Tail deve sottostare a tre leggi!» disse lei
facendo
schiantare Gerard, che ancora nel vivo del combattimento non si
arrese e le diede subito il contrattatacco con un colpo dall'alto che
la sbatté verso terra. Cadde anche lui, al suo fianco, ed
entrambi
si rialzarono con fatica ma nessuno dei due aveva sul viso il segno
della tristezza o dell'arrendevolezza.
«Uno»
mormorò Priscilla, rialzandosi. Si lanciò
nuovamente contro di lui
e riprese a colpirlo ripetutamente, riuscendo a volte a centrarlo, ma
finendo molte volte per essere colpita a sua volta. «Non
dovrai mai
per tutto il resto della vita rivelare informazioni che possano
risultare nocive a Fairy Tail». Un altro colpo e
barcollò
all'indietro, ma tornò a farsi avanti e riprendere a
colpire, anche
se Gerard barcollava decisamente meno di lei.
«Secondo» roteò a
mezz'aria e provò a colpirlo con un calcio in pieno viso che
lui
riuscì a parare perfettamente. Sorrise, soddisfatta, e
proseguì:
«Non devi mai contattare clienti passati per profitto
personale».
Con un colpo Gerard la spazzò via, ma lei si rimise subito
in piedi
e caricò l'ennesimo pugno, prevedibile ormai.
«E
terzo!» quasi gridò spingendo la mano in avanti.
«Non considerare
mai la tua esistenza di poco valore e mai e poi mai...»
Gerard lo
schivò con facilità, chino su se stesso si
rialzò infine con uno
scatto e colpì Priscilla con un pugno sul mento, sbalzandola
verso
l'alto.
«Mai
dimenticare gli amici che ti hanno voluto
bene»mormorò Gerard
nell'istante in cui colpì. Nascosto dai propri capelli,
riuscì bene
a impedire di mostrare il proprio volto, la propria espressione,
eppure Pricilla poté scommettere di aver visto una lacrima
volare
via in quell'ultimo movimento. La maschera cadde, non poté
più
trattenere un sorriso e impedire agli occhi di inumidirsi. Cadde a
terra, decisa a non muoversi più.
«Grazie
di tutto... Mistgun» sussurrò, nascosta dal
clamore della folla che
intorno a loro aveva cominciato a urlare la propria ovazione verso il
Principe vincitore.
«Non
ti dimenticherò... Pricchan» sussurrò
lo stesso Gerard, chino su
se stesso per la fatica. Dei fasci di luce infine raggiunsero il
corpo della stessa Priscilla e quelli di Natsu, Gajeel e Wendy.
Vennero tutti trascinati verso l'alto da quella magia che stava
lentamente defluendo verso il cielo, il potere di Anima che catturava
la magia di quel mondo e lo portava a Earthland. Funzionava anche con
le persone, incredibilmente, ma questo avrebbe permesso a Priscilla e
gli altri di fare ritorno a casa. Natsu e Gajeel si dimenarono,
fingendo di soffrire, urlando finti insulti verso il Principe che
aveva definitivamente sconfitto la loro Dea e li stava bandendo per
sempre da quel mondo. Wendy provò a imitarli ma certamente
la sua
recitazione era più scarsa. Priscilla rimase immobile,
fingendosi
esanime, ma con gli occhi nascosti dai capelli continuò a
osservare
il mondo che si allontanava sotto di sé. Gerard, al centro
della
piazza, si stava finalmente ergendo e stava accettando la sua
condizione. Guardò Priscilla che stava volando via,
consapevole che
quello sarebbe stato il loro ultimo incontro, e non poté far
a meno
di riportare alla mente il giorno che si parlarono la prima volta. Il
giorno che si era deciso a indagare più a fondo su quella
ragazza
che, tutte le volte, faceva finta di addormentarsi quando lui entrava
nella gilda. La ragazza di carta, che non aveva bisogno di dormire,
ma lo faceva lo stesso per il recondito desiderio di essere come
coloro che amava. Quanto si erano fatti compagnia, quanto tempo
trascorso in una solitudine che condivisa non era poi neanche troppo
male.
«Tu...
sei Mistgun, giusto?»
«Non
dovresti avere difficoltà a riconoscermi, visto che fingi
sempre di
dormire quando arrivo alla gilda».
«Credevo
di avere doti recitative migliori».
«Su
di te per qualche strana ragione la mia magia non ha effetto. E ora
comincio a capire perché. Che cosa sei?»
«Cosa
sono?»
«Sì!
Cosa sei? Qual è il tuo scopo a Fairy Tail?»
«Te
lo dirò. Ma in cambio di qualcosa».
«Che
cosa vuoi?»
«Addestrami».
Addestrarla.
Era risultato così artificioso al tempo, meccanico, niente
che
avesse a che vedere con dei sentimenti. Era una macchina, vuota di
qualsiasi emozione, desiderava solo rendere il proprio guscio
più
forte, non c'era niente dietro se non la freddezza di una donna priva
di esistenza. Quando era successo... che le si fosse affezionato in
quel modo?
«Sei
cresciuta davvero molto» mormorò, sapendo che non
avrebbe potuto
sentirlo. Ma sapeva quale sarebbe stata la sua risposta, in un certo
senso era come se la sentisse: «Ho
imparato dal migliore».
Guardò
a lungo il corpo di Priscilla che fingendosi fuori combattimento
veniva trascinata verso il cielo, troppo serrato in quei ricordi per
lasciarla ancora andare via. Quello sarebbe stato il loro ultimo
addio. Poi la vide... la mano abbandonata a se stessa, allungata
sopra la sua testa, fece il minimo movimento. Solo le dita si
piegarono sul palmo della mano, non tutte, lasciando eretti verso
l'esterno solo indice e pollice. Il simbolo, il loro simbolo, il
segno che li legava tutti come famiglia.
"Anche
se non potrò più vederti, io sarò
sempre con te".
Tremò
e la gola prese a bruciare, gli occhi si annebbiarono e nel petto il
cuore scaldò come mai aveva fatto prima di allora.
Alzò un braccio,
teso e a denti stretti per lottare contro quelle lacrime che
sembravano sempre più incontrollabili. E ricambiò
il gesto, alzando
l'indice, puntando il pollice verso l'esterno, chiudendo il resto
delle dita.
"Anche
se non potrò più vederti, io sarò
sempre con te".
Fece
un grosso sospiro e infine si preparò ad affrontare la sua
nuova
vita, a voltare definitivamente le spalle al suo passato che ora
volava via, risucchiato dal cielo. Era pronto. Finalmente la lotta di
Priscilla contro la sua debolezza, contro i suoi timori, aveva avuto
fine e il Principe aveva finalmente fatto ritorno a casa a testa
alta.
«Il
tuo cielo ora può essere riparato»
mormorò Priscilla, guardando
dall'alto Gerard che si apprestava ad affrontare il suo primo
discorso da Reale. Il cielo da riparare, quante volte gli aveva fatto
quella battuta, visto che Anima sembrava uno squarcio in esso.
"Quando
capirai che mettere toppe non funzionerà per sempre?
Deciditi a
riparare quel cielo, una volta per tutte".
Quante
volte.
Un
uomo corse attraverso la folla, si fece spazio e si
arrampicò su
delle macerie, cercando di alzarsi ed ergersi rispetto agli altri.
Dietro di lui altri tre lo seguivano, forse più con
l'intenzione di
stargli dietro che fare la scalata che stava facendo lui. Lo
riconobbe.
«Laxus»
bisbigliò, spalancando gli occhi. Tutta quella faccenda non
le aveva
neanche permesso di scambiare le ultime parole con lui. L'aveva
salvata il giorno che era arrivata ad Edoras, si era preso cura di
lei con una costanza e un amore incredibile, lui e Ivan l'avevano
accolta come mai nessun'altro e l'avevano aiutata a rialzarsi da una
terribile situazione. Si erano sacrificati, per aiutarla, avevano
rischiato e messo in pericolo l'intero mondo... solo per la loro
Pricchan. E ora lei volava via e neanche era riuscita a dirgli addio.
Sentì un nodo alla gola, mentre sentiva il senso di colpa e
il
dispiacere scavare in lei. Ora che Ivan non c'era più come
si
sarebbe rialzato? Non aveva più una casa, non aveva
più un posto
dove andare o persone con cui stare. E lei lo stava abbandonando,
senza neanche essere riuscita a parlargli. Stava per cadere
completamente vittima dell'oscurità e del dolore, ma poi
Laxus fece
qualcosa che riuscì a scacciare con facilità
tutti quei dubbi e
oscuri sentimenti.
Alzò
una mano.
Sorrise
e semplicemente alzò una mano verso lei, salutandola
animatamente.
Quella
mano destra ora spalancata che rivolgeva nella sua direzione il
proprio palmo, chiaro e ben visibile primeggiava il simbolo nero di
Fairy Tail, appena stampato. Esattamente sul palmo della mano destra.
Non piangeva, non urlava, non brontolata né la rimproverava
per
qualcosa. Sorrideva, felice, e a lei volgeva quel palmo marchiato con
orgoglio e probabilmente col desiderio di mostrarglielo prima di
vederla sparire per sempre. Bickslow, Fried e anche Evergreen alle
sue spalle restarono in disparte, a guardarla andar via, con un
semplice sorriso sulle labbra. Priscilla non riuscì a
trattenere un
enorme sorriso commosso e nonostante stesse ancora cercando di
imitare un corpo senza vita si tolse comunque il guanto dalla mano
destra e lo lasciò cadere. Allungò il suo stesso
simbolo, giallo ma
uguale nella forma e nella posizione, e ricambiò il saluto.
Infine
in un ultimo fascio di luce, Anima se la portò via.
«È
andata via» sospirò Fried, poggiando una mano
sulla spalla del
ragazzo che ancora si allungava verso il cielo benché non ci
fosse
più nessuno.
«Già»
sospirò Laxus, riabbassando il braccio ma non riuscendo a
staccare
gli occhi dal cielo ora di nuovo normale.
«Maledizione» sghignazzò
infine, abbassando lo sguardo. «Mio padre aveva provato ad
avvertirmi».
«Eh?
Avvertirti di cosa?» chiese curioso Fried, ma Laxus
negò con la
testa e semplicemente si voltò e scese dall'altura su cui si
era
arrampicato.
«Niente.
Torniamo a casa».
"Non
innamorarti di lei, Laxus, è probabile che non la
rincontreremo una
seconda volta".
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Capitolo 26 *** Sono a casa ***
Sono
a casa
Dal
cielo temporalesco si aprì uno squarcio da cui caddero
almeno una
decina di figure. Con un urlo il primo ad atterrare al suolo fu
Natsu, subito seguito dal resto dei suoi compagni che trovarono in
lui un ottimo modo per attutire l'atterraggio. Priscilla fu l'ultima
del gruppo a scendere dal cielo, altrettanto urlante, ma a un passo
da terra riuscì a usare la sua magia ed evitarsi una brutta
testata.
Si sollevò per aria, raddrizzandosi e incrociando le gambe
tra loro
si avvicinò al gruppo ammucchiato per terra.
«Tutto
bene?» chiese innocentemente.
«Non
potevi usare la tua magia anche con noi?» borbottò
Gajeel,
schiacciato tra una gamba di Lucy e la schiena di Erza.
«Mancanza
di riflessi» ridacchiò Priscilla, grattandosi la
nuca. «Scusate».
«Priscilla!»
urlò Lucy, calciando la faccia di Gajeel per darsi lo
slancio e
aggrapparsi al collo della ragazza.
«Nee-san!»
urlò quasi contemporaneamente Wendy, imitando la bionda e
persino
Happy e Natsu fecero altrettanto piangendo e urlando il suo nome. Per
quanto Priscilla fosse stata in grado di schiantarsi al suolo,
quell'attacco a sorpresa fu troppo pesante da sostenere e cadde
infine a terra schiacciata dal peso dei suoi assalitori.
«Che
diamine...» mormorò con un filo di voce.
«Ragazzi...»
«Sei
viva!» pianse Happy, stringendola ancora di più.
«Chi
mi ha dato per morta?!» sussultò Priscilla,
sconvolta. A
risponderle fu il lamento di Wendy, prima che piangesse: «Non
sapevo
cosa fosse successo!»
«Ma
c'era anche Mistgun quel giorno! Non ti ha spiegato niente?»
chiese
Priscilla in un misto tra lo sconvolto e l'arrabbiato.
«Quel
ragazzo non è che sia di molte parole» rispose
Charle, in disparte
ma comunque sempre presente. Priscilla furiosa alzò un pugno
verso
il cielo e urlo verso di esso, forse sperando che Anima fosse ancora
aperta abbastanza da far arrivare a Mistgun la sua voce:
«Figlio di
puttana!»
«Ohy!
Guardate» chiamò Gajeel indicando un punto davanti
a loro. Uno alla
volta tutti i ragazzi si alzarono e andarono di fianco a Gajeel,
illuminandosi non appena poterono guardare oltre l'altura.
«Magnolia
è tornata normale!» commentò Lucy,
emozionata.
«È
presto per esultare» disse Erza, avvicinandosi.
«Dobbiamo
assicurarci che stiano tutti bene».
«State
tranquilli! Stanno tutti bene!» rispose una voce dall'alto.
Alzarono
lo sguardo al cielo e spalancarono gli occhi quando lo videro invaso
da Exceed che allegri gli svolazzavano sopra la testa.
«Gatti!»
saltò in piedi Priscilla, guardandoli emozionata. Da tutta
una vita
conosceva solo Happy di quella bizzarra razza, era già stato
emozionante trovarne un'altra quando Wendy e Charle si erano
presentate a loro, vederne così tanti era sicuramente
un'emozione
incredibile.
«Siamo
arrivati poco prima di voi e abbiamo fatto un bel giro. Tutti gli
abitanti della città e la gilda stanno bene! Sembra che
nessuno di
loro si sia accorto di quanto successo» spiegò uno
di loro.
«Earthland
è fantastica! C'è magia ovunque!» disse
un altro, alzando le
braccia al cielo. Priscilla si alzò rapidamente da terra e
volò tra
di loro, euforica. Ne accarezzò un paio, poi prese tra le
braccia un
altro, strizzò una guancia a un quarto, volò
ancora e pian piano
interagì con tutti chiedendo a ciascuno di loro come si
chiamassero
e chi fossero. Infine stritolandone un paio per braccio chiese con
gli occhi luminosi come una bambina: «Possiamo
tenerli?!»
«Non
scherziamo!» urlò Charle furibonda.
«Avere
un gatto è prerogativa dei Dragon Slayer, stanne fuori
mocciosa!»
ruggì Gajeel geloso del suo titolo di "possessore di gatti".
Priscilla si strinse ancora di più al petto uno di loro e
urlò in
risposta: «Anche mio fratello è un Dragon Slayer,
lo tengo per
lui!»
«Fratello?»
mormorò Wendy, sorpresa nel sentire quella notizia.
Priscilla aveva
un fratello? Ed era un Dragon Slayer? Avevano passato molto tempo
assieme, perché non gliene aveva mai parlato?
«Assolutamente
no! Sono pericolosi, Priscilla!» intervenne Charle, furiosa.
«Che
dici? A me non sembrano proprio» mormorò Priscilla
strofinando la
guancia contro l'Exceed che aveva intrappolato. «Vero
piccolino?»
chiese poi con un enorme sorriso.
«Aiuto»
sibilò invece l'Exceed catturato, tanto strizzato al suo
petto da
restare senza aria.
«E
invece sì! Devono tornare immediatamente a
Edoras!» insisté Charle
sempre più aggressiva. Una decisione e un tono di voce che
dava poco
spazio ad altre opinioni. Gli Exceed stessi, benché fossero
sotto
accusa, non fecero che abbassare il capo in silenzio.
«Su
su» disse Happy, avvicinandosi e cercando di tranquillizzarla.
«Extalia
oltretutto è distrutta, ricordi?» si
unì Wendy.«Perché non li
perdoniamo?»
«Assolutamente
no!» rispose Charle risoluta.
«Ci
dispiace averti tirato quelle pietre» disse uno degli Exceed.
«Scusaci»
si accodò un secondo.
«Ma
non abbiamo un posto dove andare» si aggiunse un terzo, a
volto
chino.
«Cambieremo
atteggiamento, promesso».
«Non
importa!» ruggì Charle, interrompendoli.
«Mi avete inviata su
Earthland con l'ordine di eliminare i Dragon Slayer!»
«Vero!»
sbraitò uno degli Exceed. «La Regina ha rubato le
nostre uova! Non
lo perdonerò mai!»
«Ma
anche se noi accettassimo di tornare... come possiamo fare? Siamo
stati risucchiati da Anima proprio come voi» disse un altro.
«Accidenti»
sospirò uno dei gatti anziani. «Non l'abbiamo mai
spiegato a
dovere, non è così?»
«Questa
storia risale a sei anni fa» cominciò a raccontare
una degli
anziani, riuscendo a calmare gli animi dei suoi compagni con la
curiosità di quella storia. «Ti avevamo
già accennato che la
Regina Chagot aveva un altro potere, vero Charle? Riesce a prevedere
il futuro. Un giorno vide nelle sue premonizioni la distruzione di
Extalia. Probabilmente quello che aveva visto è quello che
è
successo oggi a causa dell'esaurimento della magia a Edoras,
ciò non
toglie che al tempo pensammo che la causa di tutto quello sarebbero
stati gli umani. Sapendo di non poter sostenere una guerra contro gli
umani pensammo che l'unica cosa da fare fosse quella di evacuare
tutti i bambini, per salvare almeno una parte di noi».
«Evacuare?!»
sobbalzò l'Exceed che aveva giurato di non perdonare la
regina per
avergli preso l'uovo.
«Non
è la stessa storia che ci è stata raccontata
prima» osservò
Happy, rattristato.
«Infatti,
questo piano è rimasto nascosto anche ai cittadini e abbiamo
mentito. La regina stessa ha messo su la messa in scena. Non avevamo
scelta, come potevamo dire a tutti che Extalia si sarebbe schiantata
al suolo? Ovviamente non abbiamo niente in particolare contro i
Dragon Slayer» proseguì uno degli Exceed anziani.
«Lo
sappiamo. Avevate solo bisogno di creare una storia
convincente»
disse Wendy.
«Se
aveste detto la verità inoltre sicuramente si sarebbe
scatenato il
panico» rifletté anche Lucy.
«Abbiamo
preso in prestito Anima dagli umani e il piano si è rivelato
un
successo» proseguì la regina stessa.
«Cento uova sono state
mandate su questo mondo. Ma è accaduto qualcosa di cui non
abbiamo
tenuto conto: il tuo potere, Charle».
«Potere?»
chiese Charle, non capendo.
«Possiedi
un potere simile al mio che ti permette di vedere il futuro, ma
sembra che tu lo attivi in maniera inconscia, confondendolo con i
tuoi ricordi e così sembra che tu abbia confuso il tuo
potere con la
tua missione. In realtà non esiste nessuna missione, non
è mai
esistita» spiegò ancora la regina.
«Mi
dispiace averti fatto credere di essere stata manipolata»
disse uno
dei gatti a servizio della regina.
«Lo
abbiamo fatto per mantenere salda la credibilità della
regina»
disse un altro che somigliava inquietantemente a Ichiya del loro
mondo.
«Sono
stata causa del tuo dolore e in più, sei anni fa, quando ho
sottratto le uova alle loro famiglie sono stata causa del dolore
anche del mio popolo» disse Chagot, abbassando lo sguardo
colpevole.
«Non sono tutti gli Exceed i colpevoli, Charle, ma lo sono
io. Sono
soltanto io la causa di tutto questo».
Il
gatto che somigliava a Ichiya scoppiò in lacrime e l'altro,
al suo
fianco, provò ad essere di conforto con un: «Non
è vero, vostra
altezza! Tutto quello che avete fatto lo avete fatto per il nostro
bene!»
«Siamo
noi ad essere stati troppo sicuri di noi stessi» disse un
Exceed del
popolo.
«Visto
che ora siamo tutti su Earthland possiamo andare a cercare i cento
bambini che furono evacuati sei anni fa!» esclamò
un altro e tutti
si rialzarono in volo.
«Abbiamo
trovato un altro obiettivo! Ora che siamo qui cercheremo di andare
d'accordo con gli umani. E il nostro nuovo inizio!»
continuarono a
ripetere, colmi di entusiasmo e fervore, facendo sorridere emozionati
chi in silenzio li stava guardando.
«Va
bene» sospirò Charle, cercando di mantenere un
certo contegno. «Lo
accetto. Ma perché ho il tuo stesso potere?»
chiese alla regina che
divenne improvvisamente evasiva con un semplice: «Bella
domanda...»
per poi cambiare subito argomento. «Per il momento vivremo
qui
vicino».
«Ci
potremmo vedere quando vogliamo!» disse entusiasta Wendy.
«Sì»
disse Chagot, allungando una zampa verso Charle. Con le lacrime agli
occhi, infine, si lasciò andare e abbracciò la
gattina ripetendo un
emozionato: «Potremmo vederci quando vogliamo».
La
tenne stretta a sé per qualche istante e benché
Charle all'inizio
ne fu molto sorpresa, poi si rilassò trovando comunque
confortevole
quel contatto. Infine anche la regina insieme agli ultimi subalterni
presero il volo e si allontanarono.
«A
presto!» salutò Lucy.
«In
bocca al lupo per i bambini!» gridò anche
Priscilla.
«Ci
si vede!» si unì anche Natsu e tutti allungarono
le mani salutando
lo stormo di Exceed che piano piano sparirono alla vista.
«Aspettate
un attimo!» sussultò Gajeel, guardandosi
freneticamente attorno.
«Dov'è Lily! Non l'ho visto da nessuna
parte!»
«Se
è me che cerchi sono qui» rispose la voce di Lily,
da dietro un
cespuglio. Un passo pesante in una pozzanghera e bastò
quello ad
attirare l'attenzione, anche se nessuno sembrò pronto ad
accoglierlo
come avrebbero dovuto. Lo sguardo attonito, confuso, sbalordito
più
che altro.
«Ecco...»
balbettò Priscilla, inclinando la testa da un lato e
fissando il
gattino nero dall'altezza decisamente ridotta.
«Si
è rimpicciolito!» sussultò Natsu.
«A
quanto pare la mia costituzione non è compatibile con
Earthland»
provò a spiegare semplicemente Lily.
«Perciò
è questo ora il tuo corpo?» chiese Charle.
«Per
il momento sì» rispose Lily risoluto, come se non
fosse niente di
cui preoccuparsi.
«Che
carino!» commentò Priscilla.
«Comunque...»
riprese Lily, tossendo per cercare di ridare un contegno alla
situazione e puntò poi un dito contro Gajeel.
«Voglio unirmi alla
gilda che sua altezza stava aiutando. Sarà meglio per te,
Gajeel, se
mantieni la parola e mi lasci entrare».
«Ma
certo, gattino mio!!!» urlò Gajeel in maniera
decisamente poco
virile, stritolando Lily tra le braccia.
«Quand
è che quei due sono diventati amici?» chiese
Priscilla.
«È
una lunga storia» rispose Happy, sventolando una mano.
«Comunque...»
riprese Lily, liberandosi dalla presa di Gajeel. «Ho
catturato un
individuo sospetto» disse mostrando la corda che teneva tra
le mani
e cominciò a tirarla, ordinando al famigerato sospetto di
venire
fuori.
«Aspetta
un attimo!» rispose una voce femminile. Dai cespugli una
ragazza
cadde in avanti, nella pozzanghera, esclamando contrariata:
«Sono
anche io membro di Fairy Tail!»
Capelli
bianchi, viso angelico, abiti di Edoras, ma il simbolo di Fairy Tail
che ben si intravedeva attraverso la gonna marchiato su una gamba. La
sorpresa zittì tutti i presenti, ma Natsu più di
chiunque altro
sembrò aver smesso proprio di respirare.
«Lisanna?»
mormorò con un filo di voce.
«Che
razza di gatto sei tu? Sei un Exceed?» chiese Lisanna, in
ginocchio
a terra con le mani legate.
«Mi
chiamo Panther Lily» rispose tranquillamente Lily.
«Lisanna!»
esclamò Priscilla, stupita.
«Non
è possibile» balbettò Gray.
«Che
sia la Lisanna di Edoras?» azzardò Charle, che
conosceva bene la
storia della sorellina morta di Elfman e Mirajane.
«È
stata risucchiata insieme a noi?» sussultò Lucy.
«Che
facciamo ora?» chiese Wendy, altrettanto preoccupata.
Lisanna
si guardò attorno qualche secondo, fino a quando non
incrociò lo
sguardo di Natsu. Saltò come un canguro e lo
assalì, abbracciandolo
tanto forte da spingerlo a terra. «Natsu!!!» pianse
e urlò,
cadendo insieme a lui.
«Happy!»
salutò poi lanciandosi anche sul gatto. «Sono io!
Sono Lisanna!
Gray, Erza, Priscilla! Che bello rivedervi! E loro due devono essere
nuovi membri» disse poi guardando Lucy e Wendy.
«Ma
tu dovresti essere morta!» sobbalzò Priscilla,
capendo che si
trattava della vera Lisanna.
«Potrei
dire lo stesso di te! Erza ti ha passato da parte a parte con una
spada!» rispose Lisanna, altrettanto sorpresa, anzi quasi
offesa
visto che lei doveva essere l'ultima a parlare.
«Ah
già» Priscilla si grattò la nuca,
imbarazzata, riflettendo che lei
aveva rivelato il suo segreto a Fairy Tail quando Lisanna
già non
c'era più. «Tu non lo sai».
«Quando
ti avrei infilzato con una spada io?» chiese Erza, confusa.
«Parlo
della Erza di Edoras. Ha combattuto contro di lei e ha salvato la
gilda, le ha dato del filo da torcere ma è dovuto
intervenire
Mistgun poi per guarire le sue ferite» spiegò
Lisanna.
«Io
ho finito in parità con lei» mormorò
Erza, riflettendo al suo
scontro con la se stessa di Edoras. Pensare che Priscilla era
riuscita a salvare la gilda, combattendo e mettendo in
difficoltà
quella stessa Erza che aveva fronteggiato lei la turbava un po'.
Quanto potere nascosto aveva Priscilla che in realtà non
mostrava?
«Eh?!»
sussultò Natsu, saltando in piedi. «Priscilla ha
battuto Erza?!
Priscilla devi combattere contro di me così se ti batto
sarà come
se avessi battuto Erza!» ruggì, sputando fuoco
verso l'alto.
«Non
l'ho battuta» provò a spiegare Priscilla,
inutilmente.
«Ma
quindi...» balbettò Gray, puntando un dito contro
Lisanna. «Tu sei
davvero la nostra Lisanna?»
«Sì»
annuì lei, con le lacrime agli occhi.
«Sei
tornata in vita!» esultò Natsu con le lacrime agli
occhi.
«Non
può essere tornata in vita!» li
rimproverò Erza.
«Forse
è immortale come Priscilla e nessuno lo sapeva!»
disse Happy.
«Priscilla
è immortale?» chiese Lisanna, inarcando un
sopracciglio.
«È
una lunga storia» ridacchiò Priscilla.
«Ma prima è il caso che tu
racconti la tua».
«Ecco...
due anni fa, quando venni colpita da Elfman, probabilmente venni poi
risucchiata da Anima. Immagino ce ne fossero diversi di Anima, sulla
terra. Quando raggiunsi Edoras rimasi shockata, ma trovai anche
lì
Fairy Tail e sono entrata sperando di essere a casa. Erano persone in
realtà diverse, ma i loro volti erano incredibilmente
familiari.
Oltretutto credo che loro mi abbiano scambiata per la Lisanna di
Edoras, che in realtà era morta da tempo. Visto come mi
accolsero e
le lacrime di Mira-nee e Elfnii-chan non riuscii a dire loro la
verità e ho finto di essere la Lisanna di Edoras»
spiegò lei,
abbassando lo sguardo colpevole di ammettere un simile inganno.
«Tu...»
mormorò Natsu. «Ma perché sei giorni fa
quando ci siamo incrociati
non mi hai detto la verità?» chiese, quasi
accusandola.
«Anche
io non sapevo niente, quando sono arrivata alla gilda pensavo tu
fossi la Lisanna di Edoras. Non mi hai dato modo di capire
niente»
si unì Priscilla, ricordando di averla vista ma di non
essersi
scomposta troppo proprio perché convinta di avere davanti
l'altra
Lisanna.
«Inizialmente,
Priscilla, quando ti ho vista arrivare insieme a Laxus ho
semplicemente pensato la stessa cosa. Che tu fossi quella di
Edoras»
sorrise Lisanna, divertita da quell'equivoco. «Poi hai detto
di
essere di Fairy Tail e di essere amica di Natsu, che era arrivato
appena pochi giorni prima, e ho capito. Però, vedete...
semplicemente non ho potuto. Non avevo il coraggio di rendere di
nuovo tristi Mira-nee e Elfnii-chan. Però Anima ha preso
anche me,
ha tolto da Edoras tutta la magia e io essendo di questo mondo,
avendola dentro me, sono stata portata via. Ma non sono triste,
sapete!» disse benché le lacrime la tradissero.
«Mira-nee e
Elfnii-chan mi hanno rivelato che l'avevano sempre saputo. Non me
l'hanno detto per non rendermi triste, ma hanno sempre saputo che non
ero la loro Lisanna. Hanno detto che era giusto che tornassi dalla
mia Mira-nee e dal mio Elfnii-chan».
«Perciò
ora sei pronta a riabbacciarli?» chiese Priscilla con un
sorriso
felice in volto. Lisanna ricambiò tanto che le gote si
arrossarono e
annuì vigorosamente, nonostante le lacrime ancora le
sfuggissero
dagli occhi.
«Bene!»
disse Priscilla, alzandosi in volo. «Non c'è
motivo di farli
aspettare oltre! Allacciate le cinture di sicurezza, signori, saremo
lì in un attimo!» e lentamente sollevò
anche loro.
«Che...
strana sensazione» mormorò Lisanna sorpresa, che
mai aveva avuto
modo di provare la sensazione della magia del vento di Priscilla su
di sé.
«È
piacevole, vero?» chiese Erza, sorridendo.
«Voglio
andare a piedi» disse invece Natsu, diventando verde per la
nausea.
«Piantala
di considerarmi un mezzo di trasporto!» ruggì
Priscilla
contrariata.
«Non
mi sento granché bene neanche io»
mormorò Gajeel a testa in giù.
«Anche
tu ti ci metti?!» rispose Priscilla, sempre più
infastidita. «Laxus
non faceva tutte queste storie!» sbuffò prima di
partire e
dirigersi velocemente verso Magnolia.
«Alla
cattedrale, Pricchan!» disse Lucy. «Se tutto
è tornato come prima,
Mirajane e Elfman erano andati in chiesa alla tomba di
Lisanna».
«Ricevuto!»
disse lei, accelerando.
«Voglio
scendere» insisté Natsu.
«Finiscila!»
sbraitò ancora Priscilla.
«Natsu,
non sei cambiato tanto, eh?!» rise Lisanna.
Il
volo durò solo qualche minuto prima di poter atterrare di
fronte
alla cattedrale. Lisanna non appena poggiò i piedi a terra
corse
all'interno, diretta al giardino sul retro dove stanziavano variegate
tombe. China su di una poté riconoscere la figura di sua
sorella,
mentre Elfman al suo fianco le teneva l'ombrello. Entrambi guardavano
una tomba, in silenzio, sotto la pioggia. Poi una voce...
«Mira-nee!».
Sembrava
l'eco dei propri ricordi, la pioggia che giocava con le loro emozioni
trasmutando in realtà ciò che avrebbero solo
desiderato
ardentemente sentire.
«Elfnii-chan!».
Eppure
era così reale.
Si
voltarono, pallidi, chiedendosi se non fosse solo l'incanto di un
sogno. La videro, Lisanna correva sotto la pioggia a braccia aperte,
pronta a riabbracciarli.
«Mira-nee!»
urlò ancora poco prima di lanciarsi su sua sorella e
stringerla con
tutta la forza che aveva. L'ombrello cadde dalle mani di Elfman, ora
in lacrime, dilaniato dai singhiozzi. Mirajane non riusciva nemmeno a
muoversi e non faceva che piangere, disperata. Dietro di loro, in
rispettoso silenzio, il gruppo di Natsu li guardava mentre piangevano
e si riabbracciavano senza neanche avere la forza di chiedersi come
fossero andati avanti quei due anni separati. Solo una parola,
l'unica che sembrava avere un senso.
«Bentornata»
pianse Mirajane.
Ancora
qualche minuto poi Priscilla decise di voltarsi e cominciare ad
allontanarsi.
«Priscilla»
chiamò Erza e lei si voltò, sorridente.
«Credo che sia il caso di
far sapere a mio nonno che sono ancora viva» disse.
«Probabilmente
sarà preoccupato».
Aveva
sempre trovato inconcepibile che lui provasse reale affetto nei suoi
confronti, come chiunque altro d'altronde. Non era umana, era una
macchina creata con la magia, come poteva essere amata? Ma col tempo
aveva imparato quanto si fosse mai sbagliata e quella separazione
forzata nelle due settimane che era rimasta bloccata a Edoras aveva
capito quanto la cosa fosse reciproca. Aveva sempre vissuto a Fairy
Tail guardando solo nella direzione di Laxus, basando la sua intera
esistenza su di lui. Edoras le aveva offerto ciò che nel
cuore aveva
sempre sentito di desiderare: aveva avuto Laxus tutto per sé
e
persino suo padre era la cosa migliore che ci fosse, ma non aveva
avuto Fairy Tail. E solo allora, solo in quelle due settimane, aveva
capito quanto fossero importanti per lei. Ne aveva sentito la
mancanza, ne aveva sentito terribilmente la mancanza. E vedere
Lisanna tra le braccia di Mirajane le aveva fatto desiderare la
stessa accoglienza. Voleva rivederlo, voleva rivedere Makarov, e
voleva rivedere il resto della gilda... compreso Bickslow e il suo
inquietante modo di chiamarla "my baby".
«Giusto!
Riportiamo a casa anche Priscilla!» disse Natsu, infervorato.
«È
tornata anche Priscilla!» pianse Elfman vedendola solo in
quel
momento e intensificando ancora di più i suoi lamenti.
«Bentornata
anche a te!» disse Mirajane, concendendole un sorriso felice.
«Niente
lacrime per me, Mira-chan? Mi ferisci» disse Priscilla,
fingendosi
offesa, cosa che riuscì a strappare alla ragazza una risata
divertita. Priscilla abbandonò così l'espressione
finta che aveva e
sorrise, luminosa come sempre, in quel suo modo tutto speciale.
«Aspetta,
Priscilla!» disse Lisanna, correndole incontro.
«Vengo con te!
Voglio salutarli tutti!»
«Andiamo!»
disse Priscilla entusiasta porgendole la mano. Corsero insieme sotto
la pioggia, mano nella mano, mentre il simbolo della gilda appeso
davanti all'ingresso sventolava e rumoreggiava per via del vento
furioso.
«È
cambiata» mormorò Lisanna, guardando la struttura
molto diversa da
come se la ricordava lei.
«Tante
cose sono cambiate» spiegò Priscilla.
«Avrai modo di fartele
raccontare tutte» sorrise e insieme superaro infine
l'ingresso.
Aprirono la porta tanto violentemente che il rumore del colpo fece
sobbalzare tutti i presenti e la loro sorpresa si trasformò
pian
piano in sbalordimento. Spalancarono gli occhi nel vedere le due
ragazze all'ingresso, molti rimasero addirittura a bocca aperta tra
cui Cana che si ritrovò a rovesciare nel barile parte del
vino che
aveva già bevuto. Entrambe fradice per la pioggia, ansimanti
per la
corsa, guardarono l'interno della gilda qualche secondo permettendo
ai loro cuori di adattarsi a quella calda sensazione. Erano tornate.
Erano finalmente tornate.
«Sono
a casa...» mormorò Priscilla sentendo il petto
tremarle
dall'emozione. Sorrise sempre più luminosa, sempre
più emozionata e
infine ripeté vigorosa: «Sono a casa!»
Alzò poi due dita in segno
di vittoria ed esclamò, orgogliosa e più gioiosa
che mai: «E ho
portato con me Lisanna!»
«Lis...»
balbettò qualcuno.
«Lisanna?»
chiese qualcun altro, altrettanto sconvolto.
Poi
un coro, un urlo, ruppe il silenzio che sembrava essere fatto di
cristallo.
«Priscilla!!!»
Priscilla
urlò terrorizzata persino prima di voltarsi e vedere i
Raijinshuu
saltarle addosso con la grazia di tre draghi, ma quando li vide fu
già troppo tardi e i tre l'avevano atterrata sotto il
proprio peso e
le loro lacrime. Urlavano come animali, piangevano e rovesciavano
lacrime come fiumi, e certo non accennavano a spostarsi e lasciarla
libera. Rotto ormai l'incantesimo dai Raijinshuu anche il resto della
gilda si animò in urla e cori, chiamando le due ragazze,
piangendo e
festeggiando.
«Lisanna
è viva!» esultarono.
«Priscilla
è tornata!» gridarono ancora.
«Brindiamo!
Brindiamo! Chiamate Elfman e Mirajane, presto!»
«Festeggiamo!»
«Priscilla!!!»
un altro urlo che anticipò l'arrivo di un assalitore proprio
quando
lei era appena riuscita a sgusciare in parte dalla presa dei tre
amici di suo fratello. Makarov inondato di lacrime le si
lanciò
addosso proprio come avevano fatto i tre poco prima, anche se la sua
stazza per lo meno non la fece nuovamente cadere a terra.
«Nonno...»
mormorò Priscilla sorpresa di vederlo tanto esagerato in
quella
manifestazione. Era la prima volta che reagiva in quel modo, la prima
volta che accettava di farsi vedere in lacrime per il ritorno di
qualcuno della sua gilda. Ma Priscilla ormai sapeva che non c'era
niente da stupirsi. Anche se non era umana aveva capito la
sincerità
dell'amore che riceveva ogni giorno da quella gente. Un singhiozzo la
scosse e, con la sorpresa dei tre Raijinshuu a terra, si spinse in
avanti e avvolse tra le braccia sia loro che il nonno ancora appeso
al collo. Piangeva... Priscilla piangeva per loro.
«Mi
siete mancati».
Nda.
La
saga di Edoras è finita e arrivata a questo punto avevo
desiderio di
dire due parole perché sono successe un paio di cose davvero
importanti. Questo è un punto cruciale per quanto riguarda
la
crescita della mia Pricchan, proprio quest’ultima frase
“Mi siete
mancati” è molto significativa. Da quando
è stata messa al mondo
il centro della sua esistenza era sempre e solo Laxus. Viveva in
funzione sua, dove andava lui lei lo seguiva, quello che faceva lo
imitava, ogni suo passo era mosso solo per Laxus. Ha imparato a
essere più simile agli umani imitando quello che faceva lui,
perché
desiderava essere come lui, ha imparato a sorridere e si è
costruita
il carattere euforico e infantile che ha solo perché a lui
divertiva
e piaceva, è entrata a Fairy Tail solo perché lui
glielo ha
chiesto, partecipava a Phantasia solo perché lui la
trascinava, era
persino pronta ad abbandonare e tradire tutti pur di stare dalla sua
parte (se non fosse stato per Makarov lei avrebbe preso la sua parte
quando lui ha iniziato a dare contro Fairy Tail). Non si mischiava ai
suoi compagni, non si credeva simile a loro, metteva in dubbio
persino i loro sentimenti nei suoi confronti perché chi
avrebbe
potuto amare un mostro come lei?
E
invece adesso…
Ha
affrontato Nirvana a viso aperto, era pronta persino a distruggersi,
pur di proteggere i suoi compagni. Si è lanciata dentro
Anima solo
per proteggere Wendy e durante le sue settimane di permanenza a
Edoras, nonostante questa le abbia dato tutto ciò che lei
aveva
sempre desiderato (Laxus amorevole, Ivan affettuoso, una casa e una
famiglia) non faceva che pensare alla sua Fairy Tail. Ha riconosciuto
apertamente, durante la cerimonia di addio a Gerard, che lei gli era
amica e che gli voleva davvero bene, mentre fino a poco tempo prima
non aveva sostenuto altro che la loro relazione era solo “per
convenienza”: lui l’addestrava, lei lavorava per
lui. Infine è
tornata da suo nonno, ha abbracciato le persone più care che
aveva e
ha confessato apertamente “mi siete mancati”. Da
quando Laxus se
n’è andato Priscilla non ha fatto altro che
crescere e diventare
sempre più umana, tanto da riuscire finalmente a provare dei
sentimenti anche per altre persone che non fossero “la
persona per
cui è stata creata”.
Avrete
conferma di tutto questo anche nei prossimi capitoli.
Ah!
E non temete… il ritorno di Laxus è vicino :P e
allora ci saranno
un sacco di scombussolamenti perché Priscilla non
è più quella di
un tempo, ha avuto più di cinque anni ed è
cresciuta e cambiata
davvero tanto, la cosa inciderà sicuramente sulla loro
relazione. Lo
vedrete…
Io
come sempre ringrazio tutti quelli che mi leggono e vi invito a
lasciarmi un commento se vi fa piacere, mi piacerebbe sentire la
vostra voce ogni tanto xD
E
approfitto di questo spazio per spammarmi un po’:
Questa
è la pagina fangirlaggio potentissimo:
https://www.facebook.com/RayWingsEFP/?ref=bookmarks
Qui
troverete tutto ciò che riguarda EFP, fanfiction, fanart e
qualche
sclero da fangirl. Inoltre, molto importante, c’è
un intero album
dedicato a Pricchan con immagini focus relative ai capitoli della mia
storia e qualche immagine extra. E’ sempre in aggiornamento.
Questa
invece è la mia pagina seria:
https://www.facebook.com/ladenyautrice/
Se
vi piace il mio modo di scrivere, a prescindere dalle FanFiction, qui
trovate tutti i miei lavori extra-fanfiction (ci saranno solo
original e cose “serie” via xD). E’
ancora in allestimento, ma
ci sto lavorando.
Venitemi
a trovare!! ^_^
Mando
un saluto spassionato a tutti quanti.
Ray
|
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Capitolo 27 *** Fratello ***
Fratello
«Festeggiamo!»
continuarono a dire a lungo, benché ormai fosse passata una
notte
dal lieto ritrovamento. La mattina dopo, appena la gilda aveva
aperto, Lisanna e Priscilla avevano trovato ad accoglierle uno
striscione di bentornate e tante risate. Alcol a fiumi, musica dal
vivo sul palco, urla e risse, risate e scherzi. Tanto rumore e tanta
confusione. Cana festeggiava nel modo che meglio conosceva, bevendo
litri di alcol. Molti ballavano per la gilda e barcollavano per
l'alcol ingerito. Il master guardava tutti dal bancone, bevendo
silenzioso ma sorridente. I Raijinshuu si fecero trovare agghindati a
festa, con tanto di bandierine e canzoni dedicati a Priscilla a cui
probabilmente avevano pensato l'intera notte.
«Santo
cielo, siete imbarazzanti» mormorò lei, cercando
di prendere
silenziosamente le distanze. Per quanto gli fosse affezionata, ormai
non poteva certo negarlo, ma erano esagerati e asfissianti e nemmeno
quello poteva negarlo.
«Gli
sei mancata tanto, Priscilla-nee» sorrise Wendy, guardandoli
divertita.
«Da
quando i Raijinshuu ti stanno così dietro?» chiese
Lisanna,
avvicinandosi a Priscilla.
«Da
quando Laxus se n'è andato hanno pensato di colmare il loro
vuoto
con l'unica cosa che gli somigliasse vagamente»
mormorò Priscilla,
sempre più imbarazzata e scoraggiata da quella situazione.
«Mira-nee
mi ha raccontato la storia» disse Lisanna, prima di
illuminarsi e
chiedere affascinata: «Allora è vero che sei stata
creata con la
magia!»
«Già»
rispose Priscilla, con certamente meno entusiasmo. «Questo
spiega
perché i colpi di Erza non mi abbiano uccisa e, detto tra
noi, sono
stata io ad invertire il flusso di Anima e riportarci a casa, ho
usato la magia che è dentro di me» aggiunse poi
con un certo
orgoglio nella voce.
«Sei
stata tu a rovinare la vita a tutte quelle persone?!»
sussultò
Lisanna con una reazione che certo Priscilla non si sarebbe
aspettata. Voleva vantarsi delle sue prestazioni, di ciò che
era
capace, e invece aveva finito col ricevere un’accusa.
«Era…
necessario! Staranno bene! Ne sono certa!»
balbettò agitata, prima
di rilassarsi di fronte a un pensiero, una verità.
«C'è Gerard con
loro, sistemerà tutto» pronunciare quel nome e
soprattutto
realizzare che lui era finalmente lì, al capolinea della sua
avventura, nel suo mondo lontano dal proprio e che mai più
l'avrebbe
rivisto... che strana sensazione le faceva nascere in petto.
Malinconia, gioia, tristezza, felicità, era tutto mescolato.
«Mistgun
era in realtà il principe Gerard, incredibile»
disse Lisanna,
sovrappensiero. «Tu hai viaggiato a lungo con lui! Quanto?
Quattro
anni?»
«Tre
anni. Andavamo in giro a chiudere Anima insieme» disse lei
con
malinconia.
«Che
peccato che non ci sia modo di poter attivare quella magia tutte le
volte che vogliamo. Saremmo potuti andare a trovarli»
mormorò
Lisanna alzando gli occhi al cielo, oltre la finestra, e
ripensò a
Mirajane ed Elfman che aveva lasciato dall'altra parte.
«Già»
annuì Priscilla, imitandola e alzando lo sguardo al cielo.
«Priscilla-nee»
si intromise Wendy, trovando il momento propizio per rivolgerle
quella domanda che già dal giorno prima l'aveva colta.
«Quindi hai
un fratello? Non me ne avevi mai parlato prima. Dove si trova
adesso?».
Priscilla
si girò a guardare Wendy con curiosità, sorpresa
dal fatto che lei
tirasse fuori l'argomento Laxus proprio in quel momento. In
realtà
non avrebbe dovuto sorprendersi troppo, visto che l'aveva nominato un
paio di volte da quando erano tornate da Edoras, ma era sempre
abituata a dar per scontato che tutti sapessero già tutto,
non aveva
pensato che Wendy era arrivata dopo. Eppure, nonostante tutto,
scoprì
che il cuore era sempre in grado di farle male quando le si chiedeva
di parlar di lui apertamente.
Dove
si trovava... chi poteva dirlo?
Ammetterlo,
faceva così male. Pensare che aveva vissuto tutto quello,
che aveva
rischiato di restare bloccata per sempre a Edoras, di non poter
mantenere la sua promessa o di non riuscire a vederlo mai
più. Tutto
quello la soffocava.
Sorrise,
di quei sorrisi che nascondevano mille risposte bloccate alla bocca
dello stomaco, e semplicemente sospirò un:
«Chissà» riferito alla
sua ultima domanda. Si alzò da tavolo e senza dire una
parola si
allontanò, uscendo infine dalla gilda.
«Dove
va?» mormorò Wendy, sorpresa nel vederla
praticamente scappare via
e sentendosi anche un po' in colpa.
«Questo
non è cambiato, eh?» mormorò Lisanna
inarcando le sopracciglia in
uno sguardo addolorato. Tante cose erano cambiate, persino Priscilla
stessa che adesso sembrava più amichevole con tutti,
più sincera
nei sorrisi, più forte e soprattutto più
attaccata alla gilda. Ma
il dolore che la legava a Laxus, quello, nonostante tutto, era
rimasto invariato. Erano cinque anni che il suo cuore per un motivo o
un altro non riusciva a trovare pace, nemmeno nelle persone che
l'avevano accolta e l'avevano amata.
«Tu
lo conoscevi il fratello di Priscilla?» chiese Wendy,
intuendo che
lei sapesse qualcosa. Lisanna annuì e semplicemente
pronunciò:
«Laxus».
«Lo
stesso Laxus di cui avete parlato ieri?» chiese Wendy e
Lisanna
annuì nuovamente, tornando a guardare fuori dalla finestra.
«Che
cosa gli è successo? Dice che non sa dove sia...»
disse ancora
Wendy rattristandosi tanto che si sarebbe potuta mettere a piangere.
«Litigarono,
cinque anni fa. Laxus perse la testa e iniziò a diventare
ostile
verso tutti, persino verso di lei che l'aveva sempre seguito e
adorato in maniera quasi morbosa. Sono passati cinque anni da allora,
non si sono più parlati e quelle poche volte che si
incrociavano
Laxus non era mai gentile con lei. Eppure non ha mai smesso di
amarlo. Mira-nee mi ha raccontato che un paio di mesi fa Laxus ha
perso definitivamente la testa e ha messo la gilda in pericolo. Ha
minacciato di distruggere l'intera città e per questo
è stato
bandito, ma lei ha promesso di aspettarlo. Posso capire cosa stia
passando, io sono stata lontana dai miei fratelli per due anni e,
anche se avevo gli altri Mira-nee e Elfnii-chan di Edoras con me, il
vuoto era incolmabile. Mi dispiace solo che secondo me lui non merita
tutto questo affetto, non dopo aver visto come l’ha trattata
per
questi cinque anni... provo tanto dispiacere per Priscilla».
«Un
personaggio sicuramente da evitare, se è veramente
così, sarebbe
meglio per lei toglierselo dalla testa» intervenne Charle.
«Ma
è pur sempre suo fratello, non è così
facile» disse Wendy,
profondamente rattristata per quella storia. Priscilla si era
presentata a lei come una ragazza piena di allegria, forte e piena di
amore per la propria gilda, sembrava un sole per la sua
luminosità e
il potere combattivo. Persino l'essere fatta a pezzi non l'atterrava
mai, certo non si sarebbe aspettata che invece proprio lei portava
dentro un dolore simile e una storia tanto infelice.
«In
realtà...» continuò Lisanna, senza
togliere gli occhi dal cielo.
«Credo che lui sia qualcosa di più di un semplice
fratello».
«Questo
spiegherebbe l'attaccamento morboso» disse Charle.
«A
me sembrava già abbastanza spiegato» la riprese
ancora Wendy.
«Mira-nee
ha detto che lei ha raccontato di essere stata creata da suo padre
con la magia con l'unico scopo di occuparsi di Laxus. In pratica
è
venuta al mondo per lui, è la sua... sì, possiamo
dire sia la sua
ragione di vita. Ricordo come lei gli fosse affezionata prima che
litigassero, lo seguiva come un cagnolino. Rifiutò persino
di fare
l'esame per diventare mago di classe S».
«Eh?!»
sussultarono entrambe.
«Era
stata selezionata per fare l'esame per la classe S?» chiese
Charle,
sorpresa che fosse così forte da essere valida per la classe
S.
«E
ha rifiutato? Perché?» chiese Wendy, sorpresa e
anche preoccupata.
Lisanna
alzò le spalle e rispose semplicemente: «Laxus era
già un mago di
classe S e loro avevano appena litigato. Non ci fu verso di
convincerla. Neppure l'anno dopo».
«Non
avrei mai pensato che Priscilla avesse una storia simile»
mormorò
Wendy, rattristata.
«A
vederla non lo diresti, sembra semplice e sempre allegra un po' come
Natsu» disse Charle.
«Dì
un po', Wendy, perché la chiami nee-san?» chiese
poi Lisanna,
incuriosita.
«Quando
ci siamo conosciute le dissi che per il modo in cui si comportava con
me sembrava quasi una sorella... le è piaciuto e mi ha
pregata di
chiamarla così. La cosa mi divertiva ma ora...»
mormorò lei,
sempre più rattristata.
«Si
dev'essere sentita molto sola» concluse Charle, capendo che
il suo
attaccamento verso quell'appellativo probabilmente era nato dal
desiderio di avere di nuovo dei "fratelli di cui occuparsi".
«È
stata i primi due anni da sola ed è stato il periodo in cui
è
diventata "Priscilla la più debole di Fairy Tail", aveva
perso la motivazione in ogni cosa, non la si vedeva più. Poi
si è
unita a Mistgun, è stata con lui per tre anni ed
è stato il periodo
in cui ha iniziato a rialzarsi. Almeno tornava alla gilda e la si
vedeva sorridere» spiegò Lisanna.
«E
ora anche Mistgun se n'è andato per sempre»
osservò Charle
portando così allo scoperto la verità. Mistgun
era stata la boa a
cui si era aggrappata per riemergere, per tornare a vivere, Mistgun
le aveva di nuovo dato la vita e ora anche lui l'aveva lasciata sola.
Senza Laxus, senza Mistgun, il rischio che ricadesse vittima della
sua solitudine era enorme e forse aveva già cominciato a
fare
effetto visto come se n'era andata, senza dare spiegazioni. Wendy si
alzò di colpo dalla sedia, tanto che la lanciò
via e fece
spaventare Charle al suo fianco.
«Ma
lei adesso non è sola! Ha noi!» disse risoluta,
portandosi una mano
al petto.
«La
gilda non l'ha aiutata in passato, mi chiedo se riuscirà a
farlo
ora. Non credo riuscirà a trovare conforto in Fairy Tail,
non l'ha
mai accettato» disse Lisanna, ma Wendy non si arrese e
insisté: «Da
me lo accetterà! Vuole che la chiami sorella,
dovrà pur significare
qualcosa!» esclamò e corse via, fuori dalla gilda,
sotto il
richiamo preoccupato di Charle. Corse per la città senza un
vero
obiettivo, non avendo idea di dove potesse essere andata.
Semplicemente provò ogni singola via che conoscesse nei
paraggi per
poi allontanarsi gradualmente e cercare ancora, sperando solo in un
colpo di fortuna. Provò a usare il suo naso, ancora
inesperto, ma
ormai abituato a sentire il fresco profumo di Priscilla. Avrebbe
potuto riconoscerla tra mille, sembrava che l'aria che si portava
dietro fosse quella fresca di una montagna innevata. Probabilmente
l'odore della neve era dato dal braccio di ghiaccio che Leon le aveva
donato e che ancora permeava sotto lo strato di carne e pelle
rigenerato. Anche se era tornata normale, toccandola si poteva
sentire la differenza di calore tra la parte destra e sinistra del
corpo a testimoniare che nel profondo quella magia del ghiaccio c'era
ancora e faceva parte di lei. Riuscì finalmente a sentirla e
la
seguì come un segugio, ritornando un paio di volte sui suoi
stessi
passi e provando ad alzare il naso per sentire meglio. Infine,
riuscì
a trovarla.
In
una delle strade più trafficate del centro, portava
direttamente
alla cattedrale di Caldia, in mezzo alla folla che portava con
sé il
rumore di gente allegra e spensierata, la figura di Priscilla si
ergeva immobile di fronte a una casa dal muretto alto un metro e il
cancello chiuso con lucchetto. Nonostante fossero in pieno centro e
lì l'aria non aveva molto spazio per soffiare, poteva vedere
i suoi
capelli muoversi sotto il tocco del vento che probabilmente nasceva
da lei stessa. Era delicato, anche se sfuggiva dal suo controllo, ma
sembravano semplici carezze che le sfioravano il viso. Non poteva
vedere che la punta del naso, oltre quei movimenti che le
nascondevano completamente gli occhi e l'espressione. Non sapeva cosa
ci facesse lì, di chi fosse quella casa che fissava immobile
forse
già da un po', né cosa stesse pensando in quel
momento ma era come
se riuscisse a sentire i sussurri all'interno del vento che
l'avvolgevano. Erano struggenti e malinconici, poteva vederla
affondarci dentro e le si strinse il cuore.
«Priscillanee-san!»
gridò correndole incontro. Priscilla si voltò
lentamente nel sentir
chiamare il suo nome ma a differenza delle altre volte, sentirsi
chiamare "nee-san" non la fecero sorridere. Era
dolorosamente vuota quell'espressione che ora le volgeva vagamente
incuriosita. Faceva così male vederla così,
sapere ora cosa si
portasse dentro, faceva così male. Le saltò
addosso e l'abbracciò
con tutta la forza che aveva, tanto da farla barcollare, e fu quello
che riuscì a riportarla in parte indietro da quell'incubo di
cui
sembrava essere caduta.
«Wendy?»
disse, sorpresa nel vederla e soprattutto nel vedersela addosso in
quel modo. «Che succede?»
«Non
sei sola!» disse Wendy a gran voce, stringendola ancora di
più. «La
gilda ti vuole bene, Natsu-san, Lucy-san e soprattutto i Raijinshuu,
ti vogliono tutti bene! E ci sono io, anche se Mistgun è
andato via,
ci sono anche io! Ti prego non andartene perché ti senti
sola»
disse quasi alle lacrime.
«Wendy»
sorrise Priscilla, intenerita dalle sue parole. «Ti sei
preoccupata
per me?»
«Lisanna-san
mi ha raccontato di Laxus» mormorò Wendy,
nascondendo il volto
nella maglietta di Priscilla. «Non andartene, ti prego. Se
vorrai
andare a cercarlo verrò con te, ma non lasciarci».
«Wendy»
ridacchiò ancora Priscilla, sempre più
intenerita. Le posò una
mano delicata sulla testa e continuò a ridacchiare,
chiedendole: «Ma
di che stai parlando? Io non voglio andarmene. La mia famiglia
è
qui, no?»
Wendy
alzò finalmente lo sguardo verso di lei, per studiare e
osservare la
sua espressione, e fu proprio il sorriso luminoso che le rivolse a
convincerla che stava dicendo il vero. Priscilla non aveva mai
pensato di abbandonarli né tanto meno di andarsene, quella
volta
sarebbe stato diverso.
«Meno
male» sospirò la bambina, continuando ad
abbracciare Priscilla. Una
reazione che la fece ridere divertita.
«Sei
stata tanto dolce a preoccuparti per me» confessò,
continuando ad
accarezzarle la testa. Alzò di nuovo lo sguardo alle
finestre della
casa che aveva davanti, tornando ad osservarla con interesse e una
strana espressione rasserenata. Solo allora Wendy si
incuriosì di
quella struttura che inizialmente non aveva considerato molto
importante. Era una piccola villetta a schiera, incastrata tra altre
come lei. Il muretto era annerito, rovinato, erano sicuramente anni
che nessuno lo curava, così come tutto il resto della casa.
Il
vialetto era infestato dalle erbacce, le finestre cadenti, il
cancello arrugginito. Da quest'ultimo pendeva un cartello, ingiallito
e vecchio anch'esso, con sopra la chiara scritta: "Vendesi".
«È
messa male per essere una casa del centro»
commentò Wendy.
«Già»
ridacchiò Priscilla. «È rimasta
disabitata per almeno cinque
anni».
«Eh?»
mormorò Wendy, chiedendosi come facesse a saperlo.
«Questa
era la nostra casa. Io sono nata qui» spiegò
Priscilla con un
sorriso armonioso. «Dopo che papà fu bandito
abbiamo provato a
mandarla avanti da soli, io e Laxus, ma quando anche tra noi le cose
si ruppero io mi trasferii al dormitorio di Fairy Tail e lui decise
di prendersi una casa più piccola, lontana da qui, in
affitto. Forse
lo fece per i soldi o forse perché desiderava prendere le
distanze
da ogni cosa, persino dai ricordi, non saprei. Non l'ha comprata
nessuno da allora...» mormorò pensierosa.
«Chissà
come mai? Sembra una bella casa» disse Wendy.
«È
una villetta in centro città, vicino alla cattedrale, il
prezzo non
è certo dei migliori e comunque a vederla così
non si presenta
nemmeno bene. Meglio così!» sorrise infine,
avvolta da un
entusiasmo singolare. Wendy la guardò curiosa, chiedendosi
perché
la cosa la rendesse così felice e Priscilla non
tardò a darle le
spiegazioni necessarie: «Ho deciso di comprarla!»
«Cosa?!»
sussultò Wendy, sorpresa.
«Mi
metterò sotto con il lavoro, metterò da parte dei
soldi e la
ricomprerò!» disse Priscilla più decisa
e felice di quella sua
decisione. Ripensare a Mistgun e Laxus, durante la sua chiacchierata
con Lisanna, le avevano fatto venire in mente i magnifici ricordi che
si era portata dietro da quell’ultima avventura. Ivan con la
sua
simpatia e la sua dolcezza verso entrambi i figli, Laxus con la sua
gentilezza. Aveva vissuto quei giorni con la mente rivolta a Fairy
Tail e al desiderio di tornare, ma intanto imprimeva comunque nella
memoria le risate tra padre e figlio, i piatti di Ivan, le attenzioni
di Laxus, la morbidezza del letto che le avevano concesso o il
piacere di stare sul divano a leggere qualche libro o ascoltare le
storie di Edoras. Lei tutto quello non l'aveva mai avuto, non da
parte di Ivan per lo meno, ma ricordava quanto Laxus da bambino le
dedicasse le stesse attenzioni del Laxus di Edoras. Ricordava le cene
sul tavolo della cucina con i piatti tutti di colore diverso. Laxus
si arrampicava sulle sedie per arrivare a prenderli dalla credenza e
apparecchiare, mentre Priscilla camminava a fatica con un pentolone
in mano. Ricordava le serate davanti al camino, con dei libri
illustrati che parlavano dei posti di Earthland o degli animali che
vi abitavano. Laxus era più grande, aveva perciò
imparato prima a
leggere, per questo si stendeva accanto a lei, le indicava le figure
e leggeva per lei le didascalie. Ricordava l'armadio dei vestiti
ricoperto di fogli disegnati dove per la maggior parte
rappresentavano la Dea del Vento e il Dio del Tuono contro qualche
mostro di turno. Ricordava gli allenamenti nel giardino sul retro,
quando si accanivano contro sedie o oggetti di varia natura per poter
esercitare i loro poteri. La luce nello scantinato che sfarfallava e
Laxus che ne aveva paura, anche se aveva supplicato di non dire
niente a nessuno, ed era sempre Priscilla quella che scendeva a
prendere le cose da sotto. Ricordava la mansarda, piena di oggetti
ritenuti spazzatura ma che per lei erano tesori da scoprire. Spesso,
quando Ivan non era a casa, lei e Laxus giocavano a nascondino
lì
dentro. Priscilla era terribile, si nascondeva sempre nella stessa
cassapanca, ma nonostante tutto Laxus non l'aveva mai brontolata per
non saper giocare. Faceva anzi finta di non sapere mai dove fosse,
ridendosela sotto i baffi. Una volta ricordava avevano trovato un
album di fotografie, c'erano tante persone ritratte che Laxus
raccontava essere la mamma, il nonno, gli zii o il bisnonno.
Ricordava la sua stanza da letto, vuota e triste, dove si chiudeva
quando veniva dilaniata dalla magia nascente di Laxus e lì
restava a
recuperare le forze e riaggiustarsi. Laxus bussava spesso alla sua
porta, ma papà lo rimproverava e lo portava sempre via.
Ricordava
che per riuscire a parlare con lei senza essere rimproverato aveva
cominciato a lasciarle biglietti sotto la porta. Biglietti
incoraggianti, dove le supplicava di guarire presto o dove le
raccontava la sua giornata. Priscilla non ne aveva buttato via
nemmeno uno.
Quella
casa era così impregnata di sentimenti sia negativi che
positivi che
anche solo passarle davanti le aveva sempre lacerato l'anima e
trascinata in un baratro in cui nuotava con difficoltà. Ma
la
gentilezza e le attenzioni della sua famiglia di Edoras le avevano
fatto sentire la mancanza di quei piccoli spazi tutti suoi dove era
cresciuta, spazi che raccontavano la sua storia, che le parlavano di
Laxus anche se non c'era, spazi in cui poteva aspettare senza
sentirsi troppo sola e vuota. Voleva ricomprarla, esorcizzare
definitivamente l'anima di Ivan che l'aveva sempre tormentata, aprire
le finestre e far entrare finalmente l'aria. In fondo... era la sua
casa.
Wendy
non poteva certo immaginare cosa l'avesse portata a una simile
decisione e quali pensieri le stessero nascendo in quel momento, ma
l'idea che fosse stata in grado di esorcizzare tanto i suoi fantasmi
da desiderare di tornare a casa sua la rallegrò.
Saltellò,
stringendo i pugni decisa, e disse: «Voglio
aiutarti!»
«Davvero?»
chiese Priscilla, felice.
«Sì!
Lavoreremo sodo e ricompreremo la tua casa!» annuì
Wendy e
Priscilla alzò le braccia al cielo, urlando entusiasta:
«Sì,
evviva! Ci verrai a vivere con me, poi, Wendy? Tu e Charle!»
«Eh?
Io...» balbettò Wendy, in imbarazzo. Non poteva
accettare
un'offerta come quella su due piedi, in fondo era la casa di
Priscilla, aveva davvero diritto di approfittare così?
«Ti
prego! Restate insieme a me?» chiese Priscilla sorridendo
come una
bambina. Una naturalezza ed un'espressione che non lasciavano molte
vie d'uscita, Priscilla desiderava veramente averle a fianco e sapere
che voleva avere qualcuno vicino a sé, che non si sentisse
sola, era
già bello così.
«Sì!»
sorrise Wendy, infine decisa.
«Evviva!»
saltò ancora Priscilla. «Festeggiamo! Andiamo a
fare shopping
insieme!» propose euforica.
«Ma
non dovevamo risparmiare?» chiese Wendy.
«Da
domani! Oggi si deve festeggiare! Andiamo a fare una passeggiata sul
fiume! E dal parrucchiere! Come due vere sorelline!» rise
Priscilla,
inginocchiandosi di fianco alla ragazzina ed abbracciandola con
entusiasmo. «Lascia che la sorellona Priscilla ti agghindi i
capelli
e ti compri qualche vestitino nuovo!»
«Beh,
di qualche vestito nuovo avrei bisogno in effetti»
ridacchiò Wendy,
divertita dalla sua euforia.
«Evviva!»
esultò ancora Priscilla, sempre più felice.
«Andiamo a chiamare
Evergreen prima! Le avevo promesso che sarei andata a fare shopping
con lei un giorno, possiamo andare tutte insieme! Un bel pomeriggio
tra donne, che bello!».
Prese
la ragazzina per mano e corse a perdifiato verso la gilda, urlando
già dal cortile esterno: «Ever-chan! Andiamo per
negozi, vuoi
venire?! Ever-chan!»
La
donna uscì all'esterno della gilda con una tale foga che la
porta
sbatté contro il muro. Sembrava essere pronta per quello
già da
tempo, come se le avesse aspettate sull'uscio con trepidante energia.
«Se
è di consigli in fatto di moda che avete bisogno vi siete
rivolti
alla persona giusta» disse sventolandosi col proprio
ventaglio.
«Farò di voi due delle splendide fate!»
«Sei
sicura di aver fatto la scelta giusta a chiamarla?»
mormorò Wendy,
un po' spaventata dal suo modo di fare sicuro e forse quasi
aggressivo.
«Non
ne ho idea, comincio a dubitarne» ridacchiò
Priscilla, nervosa.
«Forza,
andiamo! Abbiamo poco tempo e dobbiamo fare tantissime cose. Prima
tra tutte, dal parrucchiere! Pricchan, hai mai pensato a farti
crescere i capelli? Il caschetto è così fuori
moda da tanto tempo,
mi addolora vederti in questo stato. Conosco una persona perfetta per
questo compito, sa allungare i capelli con la magia, ti farà
un'acconciatura perfetta!» disse Evergreen prendendo la
ragazza
sotto braccio e cominciando a trascinarla.
«A
me non dispiacciono i miei capelli» mormorò
Priscilla, a disagio.
«Se sono corti non mi vanno davanti agli occhi quando uso la
mia
magia».
«Puoi
sempre legarli, suvvia! Non devi guardare solo alla comodità
ma
anche al fascino. È ormai cosa nota che alla maggior parte
degli
uomini piacciano i capelli lunghi, pensa che una volta persino Laxus
lo ha ammesso. Se te lo dico io, puoi fidarti. Staresti d'incanto e
faresti strage di cuori con quel bel viso che ti ritrovi!»
«Piacciono...
l-lunghi...» balbettò semplicemente Priscilla,
afferrandosi una
ciocca e studiandola mentre le guance diventavano sempre più
rosse.
«Certo!
E poi ti cambiamo un po' il look, basta con questo nero depresso, ci
vuole un po' di colore! Non troppo acceso però, stonerebbe
col tuo
colore di capelli e la tua carnagione. Magari un bel verde, o un
beige e qualche accenno di rosso. Ah, mi è venuto un'idea
fantastica! Vedrai! E per te, bambina, direi di puntare su un viola o
un rosa. E possiamo acconciare questi bei capelli lunghi che ti
ritrovi».
«L-lunghi...»
continuò a balbettare Priscilla, ormai intrappolata in una
specie di
incantesimo di cui non si sarebbe liberata tanto facilmente.
«Lasciate
fare alla vostra Ever! Vi renderò splendide»
sorrise entusiasta e
senza chiedere i loro pareri le trascinò entrambe per la
città, di
negozio in negozio, sempre più cariche di buste (anche se la
maggior
parte erano per lei stessa), poi dall'estetista e infine dal
parrucchiere, dove per qualche strana ragione Priscilla
accettò di
buon grado l'idea di farsi allungare i capelli.
Per
quanto persino il nuovo stile che Evergreen aveva scelto per lei, con
un corto top color mimetico, pantaloncini Beige, parigine nere e
stivaletti marroni, fosse totalmente diverso da quello nero e
attillato che aveva precedentemente non rifiutò nemmeno
quello dal
momento che tirò in causa tutta la faccenda del "fascino"
e del "agli uomini piace". Era strano, non era da
Priscilla, nessuno aveva mai pensato che potesse interessarle cosa
pensassero gli uomini di lei ma non appena Evergreen scoprì
che
bastava giocare quella carta per convincerla a mettersi tutto quello
che voleva lei, se ne approfittò in un batter d'occhio. Alla
fine,
quando a sera tornarono al dormitorio, nonostante fossero state
rivoluzionate da capo a piedi, a Priscilla non dispiacque nemmeno
troppo quel suo nuovo stile.
E
poi… Ever diceva che piaceva così.
Se
lo diceva lei, poteva crederle, anche se non capiva nemmeno lei
stessa perché la cosa le interessasse così tanto.
Più volte tornò
a guardarsi i capelli, a farci scorrere le dita in mezzo, e non
riuscì a togliersi dalla mente quelle parole. E
più ci pensava più
tornava ad arrossire.
Ma
lo accettò... alla fine, le piaceva anche così.
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Capitolo 28 *** Esame ***
Esame
«Finalmente
siamo tornate» sospirò Wendy, guardando la gilda
in lontananza
sulla strada di Magnolia. Charle, stanca più di tutte,
riposava
ancora tra le sue braccia con una zampa ben fasciata. «Questa
volta
è stata dura, ora capisco perché la ricompensa
per questa missione
era così alta» commentò Priscilla,
svolazzando al suo fianco con
le mani dietro la testa.
«Persino
Charle ne è uscita ferita» osservò
Wendy, guardando la gattina
ancora debole tra le braccia. «Povera Charle»
commentò poi
dispiaciuta.
«Non
preoccuparti Wendy, starò bene» provò a
consolarla Charle.
«Meno
male c'ero io a salvarvi la vita!» ridacchiò
Priscilla, volando di
fianco a Wendy per poter guardare bene in volto la gattina.
«Ma
se sei stata tu a portarci dentro quella grotta?» la
rimproverò lei
invece.
«E
sei stata tu ad alzare così tanto il vento lì
dentro da far
crollare tutto» infierì anche Wendy, anche se con
meno severità.
«Wendy-chan,
anche tu!» piagnucolò Priscilla, sentendosi sotto
attacco. «Mi
dispiace» reclinò la testa in avanti, colpevole.
«L'importante
è che siamo tornate vive, no?» disse Wendy
sorridente, provando a
tirarle su il morale.
«Esatto!
E abbiamo avuto successo! A proposito, nee-chan, con la ricompensa di
oggi a quanto arrivano i nostri risparmi? Sono sei mesi che lavoriamo
sodo, mi chiedo a quanto ammonti il bottino»
gongolò Priscilla,
felice.
«Dunque,
aggiungendo i cinquecento mila jewells di oggi arriviamo
a...»
mormorò Wendy, cominciando a fare qualche conto. Poi
esclamò:
«Novecento mila!»
«Solo!!!»
sussultò Priscilla sconvolta. «Abbiamo guadagnato
più oggi che in
sei mesi, com'è possibile!!!»
«In
realtà abbiamo sempre guadagnato molto, ma tu ti sei
sperperata ogni
cosa nei ristoranti!» la rimproverò Charle.
«E non mangi nemmeno
poco, nonostante il tuo stomaco sia un finto stomaco!»
«Charle!
Non essere così cattiva» la riprese Wendy.
«È
proprio perché è un finto stomaco che non riesco
a capire quando
non ha più bisogno di cibo» piagnucolò
Priscilla, colpevole.
«Ma
perché mangi allora?!» insisté Charle,
furiosa.
«Perché
è buono» sorrise Priscilla, innocentemente, prima
di illuminarsi e
cominciare a sbavare come un animale. «E ogni posto dove
andiamo
hanno piatti tipici incredibili, come fai a non essere curiosa di
assaggiarli tutti! Pollo, Manzo, Riso, Curry, salse, Mele, Manghi,
aaaarrrgghhh» si portò le mani alla testa, su di
giri, e infine
urlò: «Ho fame!»
«Non
è possibile!» ruggì Charle, ormai al
limite.
«Ecco...»
mormorò Wendy, attirando infine la loro attenzione.
Priscilla smise
di agitarsi per il cibo e curiosa portò gli occhi
all'ingresso della
gilda, dove in molti si accalcavano e allungavano il collo chiedendo
di farli entrare e farsi da parte.
«Sono
tutti qui?» chiese Priscilla, confusa.
«Che
succede?» chiese Charle.
All'ingresso
arrivò correndo anche Lisanna che prima di entrare le
notò, pochi
passi indietro, e alzando una mano urlò:
«Pricchan! Wendy! Presto,
entrate, sta per iniziare!»
«Iniziare?»
si chiesero entrambe, guardandosi confuse.
L'interno
della gilda era una vera calca, tutti i membri erano stati riuniti,
anche chi di solito non c'era mai o i maghi di basso rango che poche
volte si facevano vedere per qualche lavoro. Il palco era coperto per
intero da un telo e a quello tutti volgevano il loro sguardo, mentre
parlottavano tra loro creando quel tipico brusio da folla in attesa.
«Cosa
starà succedendo?» si chiese Wendy ancora.
«Stanno
facendo un bel casino» disse Priscilla, guardandosi attorno.
«Beh,
io vado a mangiare qualcosa. Tanto il palco si vede anche da
lì»
alzò le spalle e si allontanò con disinvoltura,
lasciando sola
Wendy e Charle.
«Wendy!»
salutò Levy, vedendola. «Siete tornate appena in
tempo!»
«In
tempo per che cosa? Che succede?» chiese Wendy, correndole a
fianco.
Levy sorrise emozionata e decise di non togliere il gusto della
sorpresa alla ragazzina, perciò si limitò a un
allegro: «Vedrai».
«Quanto
mistero» mormorò Charle.
«Sono
emozionata anche se non so cosa sia» disse Wendy, lasciandosi
trasportare da quell'euforia che sentiva in giro tra i suoi compagni.
«C'è
anche Priscilla» mormorò Levy, guardando
sorridente la ragazza che
era andata ad abbuffarsi al banco. La ragazza sembrava
disinteressata, si comportava come al solito, nonostante la
situazione. Era ovvio che avesse capito, almeno lei, di cosa si
trattasse e cercava di prenderne le distanze probabilmente, ma almeno
non se ne andava. «È passato tanto tempo
dall'ultima volta»
aggiunse Levy, assumendo un'espressione addolcita.
Finalmente
il telo venne fatto cadere e il palco si scoprì, sotto al
boato
emozionato di tutti i presenti. Il caos era anche maggiore del
solito, tutti urlavano e si agitavano come mai avevano fatto prima,
mentre sul palco a salutarli c'erano Makarov e gli attuali maghi di
classe S della gilda: Erza, Mirajane e anche Gildarts che era tornato
proprio in quei giorni.
«Master!»
«Ti
stavamo aspettando!»
«Presto,
l'annuncio!»
«Chi
è quest'anno?»
E
continuarono, sempre più emozionati e rumorosi, mentre
Priscilla
incurante di tutto continuava a mangiare silenziosamente, come se
niente fosse. Makarov si schiarì la gola, cercando di
vincere
l'entusiasmo e assumere un’aura impostata, ma era ovvio che
anche
lui fremesse dall'emozione.
«Dunque,
questa è ormai una tradizione di Fairy Tail e ora... ecco
finalmente
l'annuncio dei partecipanti per la prova di promozione a maghi di
classe S!» gridò infine, facendo scoppiare un coro
di ovazione ed
entusiasmo.
«Promozione
a classe S?» sussultò Wendy, capendo finalmente e
sentendo il
pizzicorio dell'eccitazione correrle lungo la schiena. Fece scorrere
gli occhi sui suoi compagni, in particolare su Natsu e Gray che
già
si stavano schioccando le dita pronti a sostenere qualsiasi prova.
L'eccitazione, il desiderio, tutto quello poteva essere percepito
sulla pelle come fosse tangibile. Riportò però
alla mente anche le
parole di Lisanna.
"Priscilla
rifiutò di sostenere l'esame per diventare mago di classe S".
Era stata selezionata, per ben due anni di fila, il primo meritato e
il secondo per il semplice capriccio del Master che conosceva il suo
valore e non accettava vederla morire nella sua agonia silenziosa. Ma
lei aveva rifiutato entrambe le volte, poi aveva smesso di lavorare e
questo aveva costretto Makarov a rinunciare all'idea di darle la
spinta per diventare uno dei migliori. La vide, mentre continuava a
mangiare e nemmeno sembrava volesse dare ascolto a ciò che
stava
succedendo. Si comportava come se niente fosse, per niente
interessata o forse volendo semplicemente prendere le distanze da
tutto quello.
«Quest'anno
la sede per la prova sarà l'Isola di Tenrou, la terra sacra
della
nostra gilda. Forza, cuore, spirito, è questo che cerchiamo!
Quest'anno ci saranno nove partecipanti e ora vi dirò i loro
nomi»
proseguì Makarov, prima di alzare un foglietto e leggere
solennemente: «Natsu Dragneel, Gray Fullbuster, Lluvia Loxar,
Elfman
Strauss, Cana Alberona, Fried Justine, Levy McGarden, Mest Gryder e
per finire...» un attimo di esitazione, i muscoli che si
tendevano
appena, prima di pronunciare con un certo timore e sforzo:
«Priscilla
Dreyar».
Wendy
si portò entrambe le mani alle labbra, mormorando un
sorpreso:
«Priscilla è stata selezionata», mentre
il resto della sala cadde
improvvisamente nel silenzio. Il che era decisamente strano,
surreale, per una gilda come quella. Priscilla alzò la testa
dal
proprio piatto, con ancora in bocca l'osso di una costina di maiale
che aveva appena finito di sgranocchiare, e guardò perplessa
verso
il palco. Non parlò, non subito, rimanendo semplicemente
stupita nel
sentir pronunciare il proprio nome e soprattutto vedere la tensione
calare tanto addosso ai propri compagni da ammutolirli.
"Priscilla
rifiutò di sostenere l'esame per diventare mago di classe S".
Chi
era stato presente quell'anno ricordava bene la disinvoltura con cui
lo fece, il giorno stesso dell'annunciazione disse semplicemente:
«Rifiuto!» e uscì dalla gilda, sparendo
per giorni e saltando la
prova. L'anno dopo, benché non avesse più i
requisiti necessari,
Makarov che tanto aveva lottato con lei quell'anno per cercare di
risollevarla la rinominò in una situazione proprio come
quella. E
anche quella volta, chi c'era se lo ricordava bene, la tensione era
stata esattamente la stessa. Diventare classe S era il sogno di ogni
mago, non c'era un singolo mago che volesse rifiutare di essere
nominato come migliore. Era innato, perciò che qualcuno
rifiutasse
era surreale. Eppure lo sguardo era lo stesso: disinteresse, non
c'era altro che disinteresse, i suoi occhi non facevano che dire
"tenetemene fuori, non mi importa niente di queste cose". E
ora che Laxus non c'era nemmeno più, ora che tutta quella
faccenda
era risolta a metà, come l'avrebbe presa?
Quella
parola, «Rifiuto»,
era ancora stampata a fuoco nella memoria di chi allora
reagì con lo
sconcerto. Makarov era l'unico che non volgeva a lei lo sguardo, al
contrario di tutta la gilda che la fissavano in attesa di una
risposta -come se ci fosse davvero bisogno di una risposta!-. Era
teso, glielo si leggeva in faccia, aveva riafferrato tra le mani un
sentimento abbandonato cinque anni addietro e aveva voluto riprovarci
approfittando del ritorno di Priscilla. Certo non si poteva dire che
non fosse cambiata, perciò... perché non
ritentare? In fondo,
grazie a Mistgun, era anche diventata più forte.
Perché non
riprovarci?
Priscilla
guardò sorpresa i suoi compagni, come se si stesse chiedendo
se
davvero l'avessero fatto, se davvero ci stessero riprovando dopo
così
tanto tempo. Magari anche lei si era appoggiata al fatto che ormai
non dovesse spiegare più niente a nessuno e
perciò non sarebbero
più successe questo genere di cose. Era sorpresa, stupita,
questo
era certo. Ma poi sorrise...
Alzò
un braccio, ingrossando un bicipite in segno di forza, e poggiandoci
l'altra mano sopra mise in mostra il proprio vigore.
«Darò
il massimo!» annunciò entusiasta e di
quell'entusiasmo si macchiò
la gilda, ora libera dal dolore del dubbio e dal timore di vederla
riaffondare come la barca che era stata un tempo. Si era risollevata
definitivamente, non c'era più niente da temere, Priscilla
ora stava
finalmente bene. Liberi da tutto quello, la gilda lasciò
andare le
proprie parole di sconcerto, emozione e sconforto per chi anche
quell'anno ci aveva provato con tutto se stesso senza riuscirci.
Sotto i baffi bianchi, le labbra anziane di Makarov si tirarono in un
sorriso.
«Ci
sarà anche Priscilla, fantastico! Ti sbriciolerò,
Priscilla!»
ruggì Natsu, colmo di fervore.
«Non
avrò mai possibilità contro Natsu, Gray,
Priscilla e c'è pure
Lluvia! Perché mai mi hanno selezionata?»
lamentò Levy,
sconfortata.
«Nee-san!»
saltellò Wendy, emozionata, fino a lei. «In bocca
al lupo!» disse,
unendo le mani di fronte al viso e continuando a saltellare dalla
gioia.
«Wendy!»
stridulò Priscilla, abbracciando la ragazzina e
stritolandola.
«Quanto sei dolce!»
«Fra
di voi» proseguì Makarov, alzando la voce per
farsi sentire nella
confusione che si stava creando. «Solo uno verrà
promosso. Avete
tempo una settimana per prepararvi a dovere, perciò
mettetecela
tutta! Tra una settimana vi voglio in forma. Visto che alcuni di voi
sono nuovi a questo evento ora andremo a spiegare le regole: avrete
una settimana di tempo per scegliere il vostro partner».
«Partner?»
mormorò Lucy, sorpresa.
«Valuteranno
l'affiatamento di coppia» spiegò uno dei suoi
compagni al suo
fianco.
«Ah
già...» ripensò lei, spostando gli
occhi su Priscilla che aveva
ripreso a mangiare allegra. «Mira-chan mi aveva detto
Priscilla era
stata la partner di Laxus per il suo esame» quella storia era
così
triste anche solo ripensarla, soprattutto visto che gli anni
successivi a causa del loro litigio Priscilla aveva rifiutato di
sostenere l'esame a sua volta, ma proprio per quel motivo vederla ora
allegra e determinata portava una gioia decisamente maggiore rispetto
al normale. «È bello vedere che finalmente sta
bene!» sorrise
allegra e riprese ad ascoltare Makarov che proseguì nelle
spiegazioni.
«Ci
sono due regole per la scelta del compagno: in primo luogo deve
essere un membro di Fairy Tail; Secondo, non deve essere un mago di
classe S» spiegò.
«Certo,
avere Erza in squadra sarebbe stato un vantaggio forse troppo
alto»
ridacchiò Wendy, riflettendo sulle regole appena ascoltate.
«Vi
sveleremo ulteriori dettagli solo una volta arrivati all'Isola.
Sappiate solo che Erza scenderà in campo per ostacolarvi il
cammino»
disse ancora Makarov, alzando così un coro di sorpresa e
anche
terrore tra gli spettatori. Solo Natsu sembrò più
eccitato del
solito.
«Anche
io mi unirò a lei!» disse Mirajane allegra e le
urla di sorpresa e
paura aumentarono ancora.
«Basta
con le lagne» li rimproverò Gildarts.
«Questo è un cammino che
tutti i maghi di classe S hanno dovuto affrontare».
«A-aspetta...»
balbettò Elfman.
«Non
vorrai dire che...» provò a sibilare anche Gray,
ora madido di
sudore.
«Gildarts,
parteciperai anche tu?!» urlò Natsu, tremante di
eccitazione.
«Come
puoi esserne felice?!» lo rimproverò Gray.
Priscilla
ingoiò un altro boccone e si lasciò andare a una
risata divertita,
dondolando sulla sedia.
«Qualcosa
ti diverte, Priscilla-nee?» chiese Wendy curiosa.
«Gildarts
è una vera spina nel fianco, sei anni fa rischiò
di non farci
passare l'esame, siamo stati fortunati allora. Ma quest'anno
sarò
sola, accidenti» si stiracchiò e nonostante le
parole non smise un
attimo di sorridere.
«Sei
anni fa?» chiese Wendy, cercando di capire a cosa si
riferisse.
«Già...
l'anno che Laxus divenne mago di classe S» rispose Priscilla.
«Avete
combattuto contro Gildarts?!» sussultò Charle,
sconvolta.
«E
se Laxus poi è diventato classe S vuol dire che hanno
persino
vinto!» si unì Wendy a occhi spalancati.
«Un
colpo di fortuna!» ridacchiò Priscilla,
scoprendosi a diventare
rossa in volto. Era un bel ricordo, quello dell'esame di Laxus, mai
prima di allora erano stati così agguerriti e affiatati. Ma
la
battaglia con Gildarts era qualcosa che avrebbe dimenticato
volentieri, non solo perché li aveva quasi schiacciati senza
fatica,
ma perché a farli vincere fu solo un imbarazzante evento
fortuito.
In un attacco troppo sbilanciato Gildarts si era fatto più
avanti di
quanto avesse calcolato, in fondo era risaputo che non fosse proprio
bravo a controllarsi, ma Priscilla era finita accidentalmente tra i
due avversari. Laxus l'aveva tirata indietro, per proteggerla, ma
Gildarts aveva fatto in tempo ad afferrare la sua maglietta... e il
risultato era stata la sua disintegrazione, lasciandola completamente
nuda. Questo aveva distratto abbastanza Gildarts da permettere a
Laxus di attaccarlo, cosa che fece con tutta la rabbia che aveva in
corpo visto che quell’uomo non era sembrato intenzionato a
staccare
gli occhi da pervertito dal corpo nudo di sua sorella.
«Non
l'ha mai perdonato per quella volta» mormorò
Priscilla, grattandosi
la nuca imbarazzata.
«Eh?»
chiese Wendy, non capendo certo a cosa si riferisse quel commento.
«Beh,
anche se sarò sola, non sarò meno
determinata!» disse solenne
Priscilla, incrociando istintivamente le braccia intorno al seno e
stringendoselo, come a volerlo proteggere.
«Perché
ti stai coprendo?» chiese Charle, trovando quel comportamento
non
solo bizzarro ma anche poco indicato.
«L'appuntamento
per i nove partecipanti e i loro partner è il porto di
Hargeon, tra
una settimana! È tutto!» concluse Makarov,
lasciando infine il
palco.
«Natsu!»
chiamò Priscilla avvicinandosi al gruppo che si era formato.
«Sei
finalmente stato selezionato».
«Evvai!»
ruggì Natsu alzando la testa al cielo e sputando fuoco per
l'entusiasmo.
«Priscilla!
Hai accettato!» disse Lucy, guardandola con allegria.
«Eh
già, quest'anno non ho scuse» ridacchiò
lei.
«Com'è
essere ritornata in pista?» chiese Lisanna.
«Lluvia
vorrebbe ritirarsi» mormorò Lluvia, cupa in volto.
«Eh?!»
chiese Priscilla.
«Perché
mai?» chiese Wendy, preoccupata.
«Sta
diventando contagioso! Non ci credo!» sobbalzò
Lucy, terrorizzata.
«Perché...
Lluvia... vorrebbe... ehm... Lluvia vorrebbe...»
mormorò,
stringendosi nelle spalle e arrossendo.
«Credo
voglia essere la tua partner» ridacchiò Priscilla,
sussurrando
nell'orecchio di Gray.
«Lo
sapevo! Anche tu gli vai dietro, Priscilla!» ruggì
Lluvia,
puntandole contro un dito.
«Eh?!»
mormorò Priscilla, sconvolta per l'accusa.
«Comunque
mi spiace, ma io ho già scelto il mio partner»
disse Gray e in quel
momento si avvicinò a loro Loki, vestito elegante,
mettendosi al
fianco di Gray.
«Ohy!
Loki! È da tanto che non ti vedo in giro!»
salutò Priscilla,
alzando una mano allegra.
«Per
forza, è uno Spirito di Lucy adesso»
spiegò Wendy con pacatezza,
cercando di non farla sembrare troppo una sciocca per
quell'osservazione. Priscilla sgranò gli occhi e
fissò il ragazzo
sconvolta: «Sei uno Spirito Stellare?!»
«Ma
come? Non lo sapevi?» la rimproverò Gray.
«Sono
stata un po' assente ultimamente» ridacchiò lei,
per niente
imbarazzata per la gaffe. Si sollevò in volo, come sempre
faceva,
nonostante la sedia fosse appena sotto di lei, e incrociò le
gambe
tra loro. «Però mi ha detto Bickslow che state
insieme ora»
esclamò.
«È
una bugia!» ruggì Lucy, offesa.
«Farò
io coppia con Lluvia» si alzò Lisanna, decisa.
«Nee-chan?»
sussultò Elfman, sorpreso.
«Su
Edoras eravamo buone amiche e anche questa Lluvia mi sta
simpatica»
spiegò lei, allegra.
«Questo
significa che dovrai affrontarmi sul serio. Voglio un bell'incontro
appassionato come ai vecchi tempi» disse Gray e Lluvia
arrossì
tanto che per poco non sembrò prendere fuoco.
«Ap-ap-appassionato»
balbettò, portandosi le mani al viso. Priscilla ne rise,
divertita e
intenerita, anche un po' invidiosa. L'amore tra due esseri umani era
affascinante e dolce, quanto avrebbe voluto provarlo anche lei sulla
sua pelle un giorno. Fingeva di essere come loro, dormiva e mangiava
per assomigliargli, ma nel profondo sapeva che sarebbe sempre rimasta
un passo indietro... a guardarli e basta. Era triste, ma se lo
sarebbe fatto bastare.
«Immagino
tu farai coppia con Wendy, Priscilla» disse Lucy, guardando
la
ragazza che galleggiava di fianco a sé.
«In
realtà» disse lei, risvegliandosi da quell'incanto
e tornando a
concentrarsi sull'argomento del momento. «In
realtà avrei piacere
di chiederlo a Lily» confessò con un ampio
sorriso. Il gatto
sentendosi nominare distolse lo sguardo da Gajeel, che tenendo
sollevata Levy le prometteva di renderla la migliore, e si
voltò
verso Priscilla. «Tu sei stato molto vicino a Gerard, gli hai
salvato la vita e gli sei molto fedele. Mi piacerebbe condividere
questo momento con te, che sei la persona più vicina a
lui».
«Sarà
un onore per me aiutare la discepola di sua maestà in questo
importante evento. Conta su di me!» sorrise Lily, determinato.
«Non
ci resti male, vero, Wendy-chan?» chiese Priscilla, notando
lo
sguardo avvilito della bambina. «Lily è
più forte di me,
probabilmente ti sarei solo d'intralcio. È meglio
così» mormorò
Wendy, cercando di rasserenarsi.
«Ma
quanto sei carina quando fai così!» rise Priscilla
lanciandosi su
di lei e stringendosela al petto. «Non essere sciocca, sei la
migliore di tutte! Con te condivido gli obiettivi più grandi
della
mia vita, solo volevo far qualcosa di speciale anche con l'ultimo
ricordo di Mistgun che avessi. Solo per una volta» le disse
con un
occhiolino. Wendy sorrise, luminosa, prima di annuire e dire:
«Ho
capito!»
«A-aspetta,
Nee-chan!» chiamò Elfman, preoccupato, verso
Lisanna. «Ma io
allora con chi dovrei fare coppia? Mira-chan è di classe S,
non
posso chiederlo a lei!»
«In
realtà c'è qualcuno che ti sta fissando
intensamente già da un
po'» rispose Lisanna, indicando un punto non troppo lontano
da loro.
Seduta al banco, che si sventolava lentamente, Evergreen teneva lo
sguardo immobile su Elfman tanto da sembrare quasi pietrificata.
All'uomo vennero i brividi persino sui capelli e riuscì solo
a
sibilare con quel poco di voce che aveva:
«Evergreen».
«Pare
che si sia arrabbiata perché Fried ha scelto Bickslow come
partner e
Priscilla ha scelto Lily, dandole così il colpo di
grazia» spiegò
Lisanna.
«Oh!
Non sareste male insieme!» osservò Priscilla,
ancora avvinghiata a
Wendy.
«Eh?!»
sobbalzò Elfman tanto da far tremare persino il tavolo.
«Mio dio,
no...» sussurrò, terrorizzato.
«Bene!»
si alzò Priscilla infine. «Abbiamo solo una
settimana di tempo.
Lily! Vorrei potermi allenare con te un po', per avere ben chiare le
tue capacità».
«Dobbiamo
intensificare un po' l'affiatamento se vogliamo avere successo, sono
d'accordo. Resterò al tuo fianco per tutto il tempo, ci
aiuterà a
conoscerci meglio»annuì Lily.
«Ben
detto, gatto! Andiamo, abbiamo ancora tempo prima di cena»
disse lei
dirigendosi verso l'uscita della gilda.
«Ma....
sta nevicando! Priscilla-nee, prenderai freddo» si
preoccupò Wendy,
ma lei sorrise semplicemente e disse: «Sono metà
di ghiaccio, credi
possa spaventarmi un po' di neve. Sta' tranquilla, tornerò
in tempo
per cena!»
«Fate
attenzione!» rispose Wendy, alzando una mano e salutandoli.
«Cerchiamoci
un posto isolato per sfogarci un po'» disse Priscilla,
cominciando a
camminare sotto la neve.
«Ora
che siamo lontani dalla gilda puoi dirmelo» disse Lily,
camminandole
a fianco.
«Dirti
cosa?» chiese lei, allegra, alzando la testa e permettendo a
dei
fiocchi leggeri di posarsi sulle sue guance. Era una sensazione
delicata e piacevole.
«Il
vero motivo per cui non hai scelto Wendy».
Priscilla
ridacchiò, lanciando uno sguardo di traverso al gatto al suo
fianco,
per poi mormorare: «Sei sveglio. Ci ho visto bene quando ho
pensato
di chiederlo a te».
«Hai
qualcosa in mente?» insisté Lily, cercando di
indagare a fondo.
«Niente
di particolare, solo una sensazione... preferirei che Wendy restasse
a casa, al sicuro» confessò Priscilla, tornando a
guardare di
fronte a sé.
«Al
sicuro da cosa?»
«Non
sono sicura... ma è da quando ho rivisto Mest, questa sera,
che ho
questa strana sensazione addosso. È il discepolo di
Mistgun...»
«Come
te» disse Lily.
«Tu
sei l'ultimo arrivato nella gilda, non hai conosciuto Mest prima
d'ora, perciò ho pensato avresti potuto aiutarmi a
sbrigliare i
nodi. Ricordo bene che Mest è il discepolo di Mistgun, lo
è stato
prima che lo diventassi anch'io, per questo non ci siamo mai
incrociati. Ma... non lo so, ho una strana sensazione».
«Il
Principe ha preso te come discepolo, può benissimo aver
preso
qualcun altro prima di allora. È chiaro e normale, in fondo
prima
ancora aveva preso anche Wendy sotto la sua ala».
«Wendy
è una Dragon Slayer, al tempo era una bambina abbandonata se
l'avesse lasciata a se stessa sarebbe morta. Io non sono umana, l'ho
incuriosito perché non dormivo quando veniva alla gilda, mi
ha
accolta perché voleva studiare e capire cosa fossi. Ma
Mest...
cos'ha Mest di particolare? Non riesco a ricordare. Gerard poi non
faceva che ripetere quanto fosse solo e il fatto che ci volesse
restare, per non far sapere chi fosse...».
«Ho
capito» annuì Lily. «Io ero la persona
più vicino a lui, quando
era a Edoras, per questo hai chiesto di me».
«Tu
lo conoscevi, magari puoi aiutarmi a capire» annuì
Priscilla.
«Forse mi sbaglio e sono solo gelosa che non fossi l'unica
amichetta
segreta del principe» ridacchiò poi divertita.
«Perciò
è questo il motivo per il quale hai accettato di fare
l'esame. Mi
hanno raccontato che cinque anni fa ti rifiutasti. Anche ora non ti
interessa, vuoi solo indagare su Mest» azzardò
Lily ma lo sguardo
di priscilla, quella volta, gli diede torto. Si raddolcì,
assunse
uno sguardo malinconico ma felice, e allungò il palmo della
mano
destra, scoperto e ben visibile, ad accogliere dei fiocchi di neve.
«Sai, Lily... credo invece che su questo ti sbagli»
sorrise, di un
sorriso dolce e sincero. «C'è qualcosa di diverso,
ora, in me».
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Capitolo 29 *** Prima prova ***
Prima
prova
La
nave aveva lasciato il porto di Hargeon già da un po' e il
clima, in
quella zona di mare, era sempre caldo e soffocante per via delle
correnti. I nove partecipanti all'esame insieme al loro partner
cercavano di trovare conforto, ognuno per i propri problemi, il cui
predominante era effettivamente la temperatura bollente. Lucy, che
aveva deciso di partecipare come partner di Cana, era stravaccata su
una sdraio, ricoperta di sudore, che si lamentava. Sedute a un tavolo
anche Cana e Levy, in costume da bagno, cercavano conforto in una
bevanda fresca. Elfman ed Evergreen, entrambi appoggiati all'albero
maestro, speravano nel beneficio dell'ombra che la vela gli faceva in
parte. Gajeel mangiava in un angolo, Natsu era appeso al bordo della
nave pronto a vomitare da un momento a un altro. Nonostante Wendy
alla fine avesse deciso lo stesso di partecipare, accettando la
proposta di Mest e diventando sua partner, aveva però
confessato di
non voler sprecare la propria magia con quelli che almeno al momento
riteneva avversari. Gray era completamente nudo, con Lluvia che
impazziva nel guardarlo, Loki seduto al suo fianco conservava invece
la sua integrità ed eleganza nonostante il tempo.
«Nonostante
tutto è venuta lo stesso» mormorò Lily
avvicinandosi a una
Priscilla che galleggiava a mezz'aria avvolta da una corrente d'aria
fredda. Il braccio di ghiaccio che Leon le aveva donato, in fondo,
almeno in quei momenti era decisamente utile.
«Tra
tutti, ha chiesto proprio a Wendy, che ha anche lei dei legami con
Gerard. Non so, la cosa potrebbe tranquillizzarmi o allarmarmi
maggiormente, non riesco ancora a capire. Avrei solo preferito
tenerla fuori» disse fissando la bambina seduta al tavolo.
«Priscilla,
condividi la tua aria con me!» lamentò Lucy,
gattonandole incontro.
«Nein!»
rispose Priscilla risoluta. «Non posso sprecare magia prima
di un
grande evento come questo».
«Lo
stai già facendo!» lamentò Lucy.
«Questo
serve a tenermi in forma! Se non lo facessi il caldo mi
distruggerebbe prima di iniziare l'esame, non è
positivo» si
giustificò Priscilla, facendo piagnucolare Lucy, ormai
vinta. «Danne
un po' anche a me, mi farebbe comodo un po' di frescore al
momento»
disse Lily e Priscilla aprì le braccia, chiamando
entusiasta:
«Vieni, Lily!»
Il
gatto si sistemò sulle sue gambe, ancora intrecciate tra
loro, e si
appoggiò al suo ventre rilassandosi mentre l'aria fresca lo
ristorava.
«Non
è giusto!» pianse Lucy, ancora più
forte.
«Priscilla,
visto che sei in grado di rinfrescarti, potresti almeno metterti dei
vestiti invece che un costume da bagno?» chiese Fried,
parzialmente
irritato.
«Eh?»
chiese lei, non capendo perché mai proprio lui avesse dovuto
chiederle una cosa simile. «Perché, scusa? Ne
approfitto per
prendere il sole».
Fried
si limitò a puntare un dito al suo fianco, indicando
Bickslow
letteralmente accasciato su un tavolino, sorrideva e la fissava
ininterrottamente. «Baby, quel costume ti sta una
favola».
«Gliel'ho
comprato io!» gridò Evergreen dall'altro lato
della nave,
sorridente e orgogliosa.
Priscilla
sussultò e stringendosi Lily al petto si voltò in
parte, come a
volersi nascondere. «Ma che diavolo, Bickslow!»
ruggì, rossa in
volto.
«Quel
tipo ti fissa già da un po', l'ho notato anche io»
disse Lily.
«Piantala!»
gridò ancora Priscilla verso il ragazzo che certo non
sembrava nelle
condizioni di affrontare un esame.
«Me
lo distrai» insisté Fried.
«Potremmo
approfittarne» azzardò Lily.
«Scordatelo!»
ruggì Priscilla e rossa in volto volò rapidamente
dentro la sua
cabina, pronta a cambiarsi. «Maledetto, volevo vedere se
riuscivo ad
abbronzarmi un po'» piagnucolò, finendo di
rivestirsi. Uscì
nuovamente sul ponte, ancora irritata, proclamando un furioso:
«E
poi c'è Gray che sa usare la magia del ghiaccio, fatevi fare
da lui
una stalagmite a cui appoggiarvi!» ma nessuno l'ascolto,
tutti
impegnati a osservare il mare dalla prua. «Che
succede?» mormorò
Priscilla, non capendo, e corse al loro fianco per potersi affacciare
a sua volta. L'isola di Tenrou si ergeva fiera pochi metri
più
avanti, pronta ad accoglierli nella sua particolare forma a doppia
isola. Un enorme albero che cresceva nel centro, si portava verso il
cielo, si diramava in talmente tanti rami fitti tra loro da sembrare
la base per una seconda isola.
«Wow»
si illuminò Priscilla, spalancando gli occhi emozionata.
«Esisteva
la leggenda che su quell'isola ci vivessero le fate»
proclamò
Makarov, mostrandosi da sopra il ponte , in piedi su una balaustra.
«E che il primo master di Fairy Tail, Mavis Vermilion, riposi
qui.Vado ora ad annunciarvi i dettagli della prima prova»
disse
tirando fuori un ventaglio e cominciando a farsi aria. Madido di
sudore, nonostante l'importanza di quell'evento, non poteva resistere
troppo al caldo nemmeno lui.
«Vedete
quel fumo che si alza dalla spiaggia? Quello sarà il punto
di
partenza. Da lì si dipaneranno nove vie ed ogni coppia
dovrà
sceglierne una da intraprendere. Ecco cosa vi attende dietro ogni
via: Potete incorrere in una battaglia tra due squadre che si
incrociano, in una battaglia difficile contro uno dei nostri maghi di
classe S, in un percorso tranquillo o un percorso bloccato»
spiegò.
«Ti
prego, non Gildarts» sussurrò Priscilla, alzando
gli occhi
intimorita al cielo.
«Eh?»
mormorò Lily, sentendola, ma certo non poteva capire il vero
motivo
dietro quella scelta. L'osservazione cadde com'era nata e ripresero
ad ascoltare la spiegazione di Makarov: «Solo le squadre che
riusciranno ad arrivare alla fine avranno superato la prima prova e
potranno accedere alla seconda. I percorsi che sfociano nell'arena di
battaglia i due team che si ritroveranno dovranno combattersi e solo
uno potrà passare oltre. Nei percorsi invece definiti con
battaglia
difficile troverete Erza, Gildarts e Mirajane ad aspettarvi: solo
sconfiggendoli potrete passare oltre. Il percorso bloccato non lascia
vie di uscita, la vostra prova termina ben prima di iniziare. Infine
il percorso tranquillo invece è dove potrete passare alla
seconda
prova senza dover combattere con nessuno. Lo scopo della prima prova
è di valutare la vostra forza e la vostra fortuna».
«C'è
una possibilità su nove di trovare il percorso
tranquillo» mormorò
Lucy, pensierosa.
«E
una su nove di trovare il percorso bloccato, senza
possibilità
nemmeno di provarci. La fortuna ha un ruolo essenziale»
asserì
Priscilla, ragionando sui percorsi.
«Le
vie con i maghi di classe S sono quasi impossibili, perciò
nel
peggiore dei casi solo tre team potranno accedere alla seconda
prova»
rifletté Levy.
«È
ora di dare inizio alla prima prova!» gridò
Makarov, riattirando
l'attenzione dei nove team. «Via! Iniziate!»
urlò.
«Cos...?»
sussultò Lucy.
«Qui?»
si chiese Gray.
«Siamo
ancora in mezzo al mare» mormorò Wendy, pensierosa.
«Lily!»
chiamò Priscilla alzandosi in volo e scattando verso l'isola.
«Sì!»
rispose il gatto prontamente, facendo sbucare le proprie ali e
seguendo la ragazza.
«Happy!
Non possiamo farci lasciare indietro!» ruggì Natsu
e Happy non
esitò ad afferrarlo e volare rapido dietro ai due con un
deciso:
«Aye, sir!»
Non
fu difficile per Happy raggiungere con la sua velocità
Priscilla e
Lily, ma dopo pochi metri sia lei che Natsu, ancora sorretto dal
gatto, si trovarono la strada sbarrata pericolosamente. Spiaccicati
contro un muro invisibile, contro cui avevano tutti e due picchiato
la faccia, si lamentavano massaggiandosi il naso dolorante.
«Ma
che...?» lamentò Natsu tastando il muro invisibile
davanti a sé
per capire cosa fosse.
«Una
runa?» mormorò Cana dalla barca, guardando le rune
viola tutte
intorno a loro.
«Fried!»
sussultò Priscilla, vedendo sia lui che Bickslow volare via,
il
primo con delle ali di rune e il secondo sopra i suoi totem.
«Perdonami,
Pricchan. Sarò io a prendere il posto di Laxus!»
disse Fried.
«Tanto
si dissolveranno tra cinque minuti!» spiegò
Bickslow, volandogli
dietro.
«E
così non hai intenzione di farmi sconti, eh?»
ridacchiò Priscilla,
accendendosi in uno sguardo compiaciuto ed eccitato. «Bene
così!»
«Conosci
un modo per passare?» chiese Lily.
«Negativo.
Dovremmo aspettare» disse Priscilla, incrociando le gambe in
volo.
«Levy
può modificare le rune!» disse Lucy, illuminandosi
e voltandosi
verso la ragazza che era già al lavoro.
«Esatto!»
disse Levy, entusiasta. Completò l'opera in pochi secondi e
infine
sia lei che Gajeel passarono, ma il muro sembrò restare
esattamente
dov'era. «Ma solo per me e Gajeel! Scusami,
Lu-chan!» disse
tuffandosi in acqua e cominciando a nuotare verso la riva.
«Due
team sono già passati... non è una gara di
velocità, ma ci
impedirà di provare a scegliere»
commentò Priscilla, pensierosa.
«Tre!»
gridò Elfman, tuffandosi in acqua insieme a Evergreen e
cominciando
a nuotare verso riva.
«Eh?!»
sussultò Priscilla, guardandoli allontanarsi. «Ma
come hanno
fatto?! Ci sono dei punti deboli?! Devo scoprirlo!»
digrignò i
denti Priscilla cominciando a tastare il muro di fronte a sé
con la
stessa foga di Natsu, al suo fianco.
«Pare
che Ever abbia detto qualcosa sul "conoscere Fried
abbastanza"»
spiegò Lily e Priscilla cominciò a tastare con
più foga,
lasciandosi sfuggire un irritato: «Maledetta!»
Quelli
furono i cinque minuti di attesa più lunghi della loro vita,
fino a
quando finalmente le rune si dissolsero e anche al resto dei team fu
permesso lasciare la nave.
Gray
ghiacciò il mare per correrci sopra, pattinarci, e arrivare
il prima
possibile. Priscilla riprese a volare, affiancata da Lily e
fronteggiata da Happy e Natsu che procedevano alla stessa
velocità.
Lluvia si unì al mare, trasformandosi in corrente per
arrivare
prima, mentre Lisanna al suo fianco aveva usato il Take Over per
diventare un pesce. Wendy e Mest si erano tuffati, come Lucy e Cana,
ma quest'ultime furono più lente e restarono indietro, per
ultime.
Priscilla
e Natsu arrivarono praticamente contemporaneamente, fulminandosi a
vicenda, guardarono le vie davanti a loro.
«Scegliamone
subito una!» disse Lily.
«Quattro
sono già state prese...» mormorò
Priscilla, guardando le
gigantesche X che a inizio di ogni via bloccava l'ingresso.
«Io
vado alla E come Erza!» ruggì Natsu, volando verso
l'ingresso della
caverna. «Erza arrivoooo!!!» urlò,
fiondandosi all'interno.
«Eh?!
Aspetta, chi te lo dice che sia lì...»
provò a chiedere Priscilla,
stupita della semplicità e la rapidità con cui
Natsu aveva preso la
sua via. Alzò gli occhi al cielo, sospirando, e infine
disse:
«Andiamo alla D!»
Entrarono
e solo allora scesero a terra, decidendo di proseguire a piedi.
L'interno della caverna, benché fosse chiuso, era comunque
ben
illuminato da dei pulviscoli magici. Le pareti erano di roccia e
pietre, ben decorate, dalle quali ogni tanto sbucavano dei
rampicanti. Colonne crollate, vecchie statue con pochi elementi
ancora stabili.
«Sono
delle rovine» osservò Lily, camminando al fianco
della compagna.
«Chissà
che posto era» commentò Priscilla, proseguendo con
l'attenzione ben
vigile. Sentì del rumore di acqua sotto ai piedi e
osservò le
infiltrazioni che dalle pareti portavano il pavimento ad allagarsi
fino a raggiungere zone dove l'acqua arrivava alle caviglie.
"La
luce è sufficiente a guardarsi attorno, in un luogo come
questo non
potrò usare il mirage" rifletté cercando di
cogliere vantaggi
e svantaggi da tutto ciò che l'ambiente le forniva. Sperava,
in cuor
suo, di aver avuto la fortuna del percorso tranquillo ma sapeva che
le probabilità non erano dalla sua. In caso di battaglia,
che fosse
stato con qualche altro team o con i maghi di classe S, doveva essere
pronta.
La
galleria improvvisamente si aprì in un enorme stanza,
altrettanto
allagata, piena di rovine e macerie, da cui in mezzo si ergeva fiera
una figura. Priscilla trasalì, vedendola.
«Erza...»
mormorò Lily, preoccupato. «La fortuna non
è stata dalla nostra a
quanto pare».
«Priscilla!»
salutò Erza, incrociando le braccia al petto. «Ci
ho sperato molto,
di veder comparire proprio te, lo devo ammettere»
confessò con un
sorriso deciso.
«Una
delle persone che più hanno creduto nelle mie
capacità fin
dall'inizio» disse Priscilla, avvicinandosi temeraria.
«Finalmente
potrai mettermi alla prova come hai sempre desiderato».
«Vedi
di impegnarti, non ti darò nessuno sconto» disse
Erza e in un
istante si equipaggiò con una delle sue armature preferite:
la
Heavens Wheel Armor. Si lanciò contro Priscilla, spada
sguainata, e
si preparò a colpirla. A fermarla, con sua sorpresa, non fu
però
lei stessa ma Lily che gonfio nella sua forma più potente
aveva
bloccato il suo attacco con la propria spada.
«Lily!»
lo guardò sorpresa Erza.
«Da
quando sono arrivato qui mi hai messo più volte alla prova
per
testare le mie capacità di spadaccino» disse lui,
parando altri
colpi che Erza accanitamente gli scaricava addosso. «Mentre
io non
potrei fare molto in un corpo a corpo armato» disse
Priscilla,
trovandosi sorprendentemente alle sue spalle. Sparò un
tornado dal
palmo della mano che colpì Erza in pieno, scaraventandola
altrove.
«Per
questo si occuperà lui della tua lama e io del
resto» sghignazzò
Priscilla, guardando Erza atterrare pochi metri da loro perfettamente
intera. Lily non aspettò di vederla tornare alla carica, ma
fu il
primo ad attaccare e Priscilla gli corse dietro, fiduciosa del fatto
che lui avrebbe parato ogni singolo colpo e le avrebbe permesso di
cercare dei punti ciechi. Erza e Lily ripresero il corpo a corpo e
Priscilla saltò sopra la sua testa, pronta a colpire Erza
con un
calcio potenziato dal suo vento. Ma una spada di Erza nacque nel
vuoto e le si lanciò contro prima che lei potesse
raggiungere la sua
avversaria.
«Attenta!»
urlò Lily, prendendo Priscilla per una gamba e lanciandola
via per
aiutarla a schivare. Questo però mise lui in svantaggio,
distraendolo, e Erza approfittò per attaccare. L'avrebbe
colpito in
pieno se Priscilla non fosse riuscita a far nascere uno scudo di
vento di fronte a lui e far rimbalzare il colpo. Roteò su se
stessa
e atterrò in ginocchio, guardando anche Lily vacillare
all'indietro.
Altre spade nacquero per aria, almeno quattro di esse si lanciarono
su Lily che con una rapidità incredibile le respinse. Altre
cinque o
sei invece presero di mira la stessa Priscilla, che per un po' fu
costretta a volare da una direzione a un'altra per schivarle.
Impegnati nella loro lotta contro le armi di Erza, persero di vista
lei che riapparve poco dopo sopra la testa di Priscilla. La
colpì e
e Priscilla cadde a terra, dolorante e confusa. Erza di nuovo si
accanì su di lei ma Priscilla generò un altro
scudo di vento per
respingerla, forzando la pressione nella direzione opposta
riuscì a
lanciare via Erza.
«Adesso
ti mostro cosa so fare» ruggì Priscilla,
rimettendosi in ginocchio
e allargando le braccia. Il vento rombò nella galleria e li
raggiunse travolgendoli con la stessa forza di un enorme proiettile.
Lily fu costretto ad aggrapparsi a qualcosa per non venir trascinato
via, Priscilla restava immobile in ginocchio, a braccia aperte,
mentre persino Erza dovette fare più forza sulle proprie
gambe per
non essere spazzata via. Era incredibile solo pensarci, che la magia
di Priscilla potesse essere tale da costringere Erza a usare tutta la
sua forza per fargli appello.
"Finalmente
ti sei decisa a fare sul serio" sorrise Erza, compiaciuta.
Le
sue stesse spade, che ancora fluttuavano nell'aria, vibrarono sotto
la forza del vento. Priscilla da sotto il ciuffo lanciava sguardi
glaciali in giro, controllando cosa avesse intorno o forse
semplicemente calcolando il modo migliore per vincere quella
battaglia. Più forza, più vento, e infine le
spade di Erza si
mossero contro la sua volontà, spinte solo dalla forza del
vento. Le
si lanciarono contro, mirando la loro stessa spadaccina, e persino la
grande Erza si ritrovò a sbarrare gli occhi colpita di
quanto stesse
vedendo. Stava per essere battuta dalle sue stesse armi, mosse contro
la propria volontà solo dal potere del vento di Priscilla.
Si
riequipaggiò rapidamente con l'armatura di Adamantio con cui
si
difese dai colpi della sua stessa spada. Riaprì l'enorme
scudo, per
tornare a guardare la propria avversaria che aveva già fatto
la sua
mossa in quel piccolo istante in cui l'aveva persa di vista. Il
braccio sinistro teso indietro, ricoperto di un vento gelido, tanto
che del pulviscolo nevoso si mescolava a esso. Voleva approfittare
dell'apertura dello scudo di Erza per penetrarvi e centrarla
nell'unico punto scoperto, il viso, ma Priscilla aveva sottovalutato
la rapidità di Erza. Quest’ultima richiuse lo
scudo appena in
tempo e il suo pugno colpì la durezza della sua armatura con
un
clang alquanto sinistro. La mano di Priscilla, lievemente
azzurrognola per il potere del ghiaccio che stava sprigionando in suo
aiuto, si crepò e la ragazza urlando di dolore
arretrò.
"Speravo
che vento e ghiaccio fossero abbastanza forti da sfondare la sua
difesa" rifletté, digrignando i denti. Si afferrò
la mano
ferita e guardò Erza che tornava a riequipaggiarsi con una
nuova
armatura, mai vista prima. Due spade, una per mano, e semplicemente
roteò appena col busto. Una scia magica nacque da entrambe,
formando
una X nell'aria, e volò in direzione di Priscilla. Il vento
colpito
dalla X di Erza si dissipò, col rumore di un'esplosione,
cessò come
se fosse stato squarciato e spezzato. Infine i colpi magici
raggiunsero la stessa Priscilla, travolgendola. Con un urlo la
ragazza cadde infine a terra , tremante e ferita.
«Priscilla!»
la chiamò Lily, preoccupato.
«Sei
come la tua magia» disse Erza, perfettamente indenne
nonostante
avesse subito un paio di colpi. «Il vento può
ferire solo nella sua
forza bruta e ad essa ti affidi per colpire, ma non appena trovi di
fronte a te un muro in grado di resistervi cadi a terra».
Priscilla
tremando si girò, poggiando le mani a terra e rialzandosi
lentamente.
«Sembra
di tirare pugni a un muro» ridacchiò,
benché sofferente. «Niente
ti smuove o ti scalfisce, Titania».
«Hai
intenzione di arrenderti?» chiese Erza.
«Arrendermi?»
ridacchiò Priscilla, rialzandosi infine in piedi.
«Ho appena
cominciato. Lily!»
«Eccomi!»
ruggì l'Exceed tornando a lanciarsi incontro alla donna.
Erza
impugnò entrambe le sue spade e le usò per
difendersi,
concentrandosi sull'avversario che aveva davanti ma senza perdere di
vista Priscilla alle sue spalle.
«La
vostra strategia è brillante, sfruttate i punti di forza di
entrambi
nel modo che meglio conoscete, non è affatto sbagliata. Ma
con me
avrete bisogno di altro» disse, riuscendo a sostenere il
ritmo
serrato dei colpi di Lily. Era veloce e forte, tanto da tenerla
impegnata, ma non abbastanza da scalfirla.
«Sei
tosta» commentò Lily, abbozzando un sorriso
divertito.
«Potrei
dire altrettanto» sorrise anche Erza.
Di
nuovo Priscilla comparve alle spalle del compagno e si unì
allo
scontro, senza però approfittare dell'effetto sorpresa,
semplicemente costringendo Erza a doversi difendere su due fronti.
Lei colpiva con pugni e calci caricati, Lily con la propria spada, e
Erza doveva tener testa ad entrambi. Era faticoso, era estremamente
faticoso, e quando Priscilla vide una goccia di sudore sfuggire dalla
fronte della donna contro cui stavano combattendo sorrise
compiaciuta. Era forte, ma riuscivano a metterla in
difficoltà.
«Arriva!»
disse infine Priscilla, sorridendo soddisfatta nell'istante in cui
un’ondata d'acqua li travolse coprendoli fino alle ginocchia.
«Acqua?»
si chiese Erza curiosa, non capendo dove volesse andare a parare.
«Ho
dovuto spingere il mio vento fuori di qua, fino al mare, per poterla
portare qui dentro» spiegò Priscilla.
«Ma le infiltrazioni mi
hanno indicato la via più rapida, è bastato
seguirle a ritroso».
«Mentre
combattevi con me facevi questo?» chiese Erza stupefatta.
«Che
intenzioni hai adesso?» sorrise Erza.
«Il
mio braccio di ghiaccio non è abbastanza per usare il potere
di
Leon, posso solo raffreddare l'aria, ma basterà se ho
abbastanza
umidità a cui accedere!» disse Priscilla
immergendo il braccio
sinistro nell'acqua. Un colpo di vento e sollevò un'onda che
rapidamente si lanciò contro Erza stessa. Poco prima di
colpirla la
parte più superficiale colpita dal vento gelido del braccio
sinistro
di Priscilla si congelò, diventando così un vero
e proprio martello
di ghiaccio pronto ad abbattersi sulla donna. Erza saltò per
evitarlo, ma Priscilla si decise a non darle tregua e si mosse,
scatenando un'altra onda d'acqua che poi divenne ghiaccio. Gli
schizzi contro la parete si congelarono, trasformandosi in tanti
piccoli proiettili che si lanciarono nuovamente verso Erza. Per
quanto lei si coprì con le braccia appena in tempo, le
schegge di
ghiaccio furono abbastanza da ferirla almeno nei punti scoperti.
«Sì!»
esultò Priscilla, vedendo che finalmente era riuscita ad
intaccarla.
Erza atterrò nuovamente con i piedi ben immersi nell'acqua e
Priscilla alzò il braccio in aria, decretando:
«Non ho ancora
finito! Tornado d'acqua!»
L'aria
si raggruppò tutta intorno a loro e si strinse, soffiando in
maniera
circolare, catturando nel suo folle turbinio tutta l'acqua che era
lì
presente come una pompa. Si strinse intorno ad Erza e infine la
intrappolò al suo interno. Un vero e proprio tornado formato
solo di
acqua vorticava di fronte ai loro occhi, tenendo ben imprigionata una
Erza che ora non poteva più nemmeno respirare oltre che
muoversi,
trovandosi completamente immersa.
«Funziona!»
esultò Lily, vedendo che passava del tempo ed Erza ancora
non usciva
da lì. Priscilla non si pronunciò ma non
mollò la presa e continuò
a tenerla ben salda all'interno del suo turbine di vento, aspettando
un segno di resa o forse una sua mossa.
"Forza!"
pensò, trepidante.
Un
altro fascio di luce, la magia che spezzava la magia, Erza
disintegrò
il turbine di acqua di Priscilla e raggiunse entrambi i suoi nemici
colpendoli e ferendoli ancora. Priscilla si rialzò da terra,
restando in ginocchio, vicino a un Lily altrettanto mal messo.
Avevano ferite ovunque, a malapena si reggevano in piedi per la
stanchezza, e ora Erza si ergeva davanti a loro con la sua armatura
del Re del Mare. Un'armatura pensata apposta per gli attacchi
d'acqua, con cui aveva facilmente sciolto quell'incantesimo.
Guardò
i due avversari, ansimando per la fatica, ma ancora tutta intera. Lo
sguardo di chi ancora l'aveva fatta franca e di chi gli stava urlando
di essere ancora dei pulcini alle prime armi. Era pronta a
trasmettere la sua lezione, quando notò il sorriso di
Priscilla.
Qualcosa era andato storto, i suoi calcoli erano sbagliati.
«Ho
vinto» mormorò Priscilla, soddisfatta.
Un
rombo sopra la testa di Erza la fece trasalire, alzò gli
occhi su
quelle che erano vere e proprie nuvole nere. Non ebbe tempo nemmeno
di capire cosa stesse succedendo, cosa fossero e come fossero
arrivate lì, quando un fulmine cadde da quel cielo
artificiale e la
colpì in pieno Il colpo del tuono fu almeno dieci volte
superiore di
uno normale amplificato dall’acqua in cui era immersa fino
alle
ginocchia e dalla stessa armatura di Erza.
«L'acqua
è un'ottima conduttrice di elettricità, dovevo
solo spingerti a
indossare l'armatura più debole di fronte a questo
attacco» disse
Priscilla, vedendo Erza cadere a terra con un urlo. «Ho
raccolto
l'umidità della stanza sopra le nostre teste fin
dall'inizio, usando
il calore del clima di questo posto, combinandolo al freddo del mio
braccio sinistro e sono riuscita a ricreare un bel temporale mentre
tu eri concentrata a guardare i nostri attacchi diretti».
«Avete
continuato ad attaccarmi frontalmente per costringermi a tenere lo
sguardo su di voi» ridacchiò Erza, sollevandosi
lentamente da
terra. «Mi avete fatto credere che foste capaci solo di
attacchi
diretti, avete preso tempo per permetterti di ricreare il tempo
adatto e infine mi hai spinta a indossare l'armatura peggiore per
sopportare questo attacco» realizzò e
continuò a ridere.
«L'idea
mi è venuta quando ho visto le infiltrazioni dalle pareti,
ho
pensato di poter usare l'umidità del posto a mio
vantaggio» sorrise
Priscilla, felice della trovata.
«Davvero
incredibile. Avevo ragione a pensare che ti sarebbe bastato
impegnarti solo un po' di più» commentò
Erza, mettendosi a sedere
su una delle macerie a gamb incrociate e la spada piantata al suolo
al suo fianco. Un chiaro segno di resa. Sorrise, compiaciuta, e
infine decretò il tanto agognato: «Avete vinto.
Puoi passare alla
seconda prova».
«Evvai!»
esultò Priscilla, saltando sul posto entusiasta.
«Qua la zampa,
socio!» disse infine, alzando la mano destra, adornata ancora
del
simbolo della propria gilda. Lily sorrise, altrettanto soddisfatto, e
accettò di buon grado la mano della compagna battendoci
contro un
soddisfatto cinque.
«Andiamo!
Non vedo l'ora di dire agli altri di aver battuto Erza!»
disse lei,
iniziando a correre lungo la galleria che, ora aperta, portava alla
fine del percorso. «Voglio vedere la faccia di
Natsu!» scoppiò a
ridere, allegra e gioviale. Nonostante il corpo ferito, saltava e
correva come se niente fosse appena successo. La sua forza era
invidiabile, il suo buon umore una medicina per il cuore. Priscilla
era finalmente rinata, si era liberata dell'ombra di suo fratello, di
ciò che era, e aveva finalmente iniziato a vivere per se
stessa. Ed
Erza non poté far a meno di sorridere felice nel vedere la
sua amica
finalmente libera dalle proprie
soffocanti
catene.
Collegamenti:
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scrittrice Original "La Deny":
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Pagina
EFP "Ray Wings-EFP": https://www.facebook.com/RayWingsEFP/
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Capitolo 30 *** Inutile ***
Inutile
Le
voci di Gray e Lucy erano ben percepibili in fondo alla grotta e
questo significava solo che sia lui che Cana avevano passato la prima
prova. Priscilla si chiese, emozionata, chi altri avrebbe incontrato
fuori da quel passaggio e chi avevano incontrato loro lungo il
cammino. Corse verso l'esterno, seguita da un tranquillo Lily che
invece arrivò con più lentezza e fierezza.
«Solo
noi abbiamo passato la prima prova?» chiese Gray, guardando
Lucy e
Cana, Levy e Gajeel e infine Natsu.
«Ohy!
Ragazzi!» salutò Priscilla, avvicinandosi allegra.
«Che bello! Ce
l'avete fatta anche voi!» saltellò.
«Priscilla...»
balbettò Gray, guardando il suo corpo coperto di ferite e
gli abiti
al limite dello straccio.
«Chi
ti ha ridotto così?» sussultò Lucy,
sconvolta.
Priscilla
allargò ancora di più il sorriso, orgogliosa, per
poi esclamare
piantandosi le mani sui fianchi: «Io e Lily abbiamo sconfitto
Erza».
«Eh?!»
urlarono i suoi compagni, sbarrando gli occhi per la sorpresa. Una
reazione che riempì ancora più di orgoglio
Priscilla, ma non ebbe
modo di manifestarlo perché Makarov, seduto lì a
fianco, aveva
fatto la stessa esclamazione di sorpresa e aveva perciò
attirato
tutta la sua attenzione.
«Come
sarebbe a dire "eh?!"? Nonno!» ringhiò furiosa
della poca
fiducia che il vecchio pareva riporre il lei.
«Niente,
niente» mormorò Makarov in maniera assolutamente
poco convincente.
Priscilla decise comunque di lasciarlo perdere, anche se quella nota
di nervoso per un po' non l'abbandonò, e incrociò
le braccia al
petto chiedendo: «Allora Lluvia, Mest e Elfman non sono
passati?»
chiese.
«Mest
e Wendy li abbiamo incontrati noi» rispose Gray, prima di
riflettere: «È stato più facile di
quanto mi sarei immaginato».
Nonostante la frase sarebbe potuta passare per quella di chi voleva
vantarsi delle proprie capacità, lo sguardo pensieroso e
confuso di
Gray lasciarono invece trapelare appieno la sua perplessità.
Mest
era così debole anche l'anno precedente?
Un'osservazione
che a Priscilla, già preoccupata fin dal principio su quella
faccenda, non sfuggì.
«Noi
siamo stati fortunati, abbiamo trovato il percorso
tranquillo»
gongolò Levy e seduta su una roccia agitò i piedi
nel vuoto come
una bimba.
«Fortuna?!
Non ho potuto prendere a pugni nessuno!» ruggì
Gajeel, invece,
frustrato.
«Noi
abbiamo incrociato Bickslow e Fried» disse invece Lucy.
«E
siete riusciti a batterli?!» chiese Priscilla, sorpresa.
«Incredibile!»
«Sì,
beh...» arrossì Lucy. «Abbiamo avuto un
po' di difficoltà».
«Noi
abbiamo incrociato Gildarts!» saltò Happy,
mettendosi in mostra, e
questa volta a urlare un «Eh?!» sconvolto fu la
stessa Priscilla.
«Lluvia
e Lisanna non arriveranno. Hanno trovato il percorso
bloccato»
spiegò Makarov e, per quanto sapessero che era solo nelle
loro
teste, poterono tutti ben percepire il grido frustrato di Lluvia che
esclamava in lacrime: «Volevo avere un incontro appassionato
con
Gray-sama! Lluvia è la donna della sciagura!»
«Quindi,
andando per esclusione... Elfman e Evergreen...» e nel
momento in
cui lo realizzarono impallidirono tutti quanti. Elfman non poteva che
aver incrociato sua sorella Mirajane che, per quanto fosse cambiata
dopo la quasi morte di Lisanna, aveva comunque riacquistato le
energie e la furia omicida del demone che era stata una volta.
«Poverini»
sussurrò Lucy, abbattuta. Per quanto Elfman e Evergreen
fossero
forti e temibili, sapevano che niente potevano contro la forza
disumana di Mirajane se si fosse messa a fare un pochino sul serio.
«Aspettateeee!!!»
l'urlo virile di un uomo fiero, benché zoppicasse e fosse
appoggiato
alla sua partner altrettanto malridotta.
«Elfman!»
sussultarono in molti.
«Ce
l'abbiamo fatta! Abbiamo passato la prima prova!» disse lui
fiero.
«Incredibile!»
esclamò Lucy.
«Avete
sconfitto Mira? Come?» chiese invece Happy, tanto sorpreso da
non
credere ai propri occhi.
«Ecco...»
arrossì Elfman. «Come uomo non posso credere a
quello che abbiamo
fatto».
«Abbiamo
approfittato di un'apertura che siamo riusciti ad aprirci!»
esclamò
invece Evergreen, sorridendo orgogliosa. Sicuramente una trovata sua,
e conoscendo la donna doveva essere qualcosa di subdolo ed
imbarazzante.
"Che
avranno combinato?!" si chiese Lucy, altrettanto curiosa e
convinta che sotto ci fosse qualche sporco trucchetto. Solo a Erza,
al campo base, Mirajane avrebbe confessato che a farle abbassare la
guardia era stata una finta dichiarazione di matrimonio da parte di
quei due che l'aveva sorpresa tanto da permettere loro di
approfittarne.
«Ad
ogni modo» si schiarì la gola Makarov, cercando di
attirare
l'attenzione. «Questi sei team hanno superato la prima prova
e
possono accedere alla seconda!»
Natsu
si alzò immediatamente in piedi. Era stato fino a quel
momento chino
su se stesso, a piangersi addosso per chissà quale strano
evento che
l'aveva sconvolto a tal punto -il che era veramente incredibile-, ma
nessuno aveva fatto troppe domande: si era scontrato con Gildarts,
qualsiasi cosa gli avesse fatto avrebbe potuto sconvolgerlo a tal
punto. Priscilla poteva confermare, gli scontri con Gildarts non
lasciavano mai indifferenti, anche se probabilmente i motivi erano
ben diversi.
«Gray!
Cana! Elfman! Levy! Priscilla!» esclamò puntando
loro un dito
contro. «Io vi sfido! Vediamo chi di noi riuscirà
a diventare mago
di classe S!» disse con un fuoco negli occhi che raramente
mostrava.
Il fuoco della determinazione e della forza, lo stesso fuoco che lo
coglieva tutte le volte che si trovava di fronte a una sfida
interessante e difficile. Natsu stava riconoscendo la
difficoltà e
la forza dei suoi compagni, per la prima volta da quando erano
arrivati sull'isola, visto che fino a poco prima sembrava
più essere
un gioco per lui. Finalmente aveva capito che avrebbe dovuto fare sul
serio, ed era pronto a sfoderare tutte le sue forze.
«Mi
rifiuto di perdere contro di te» sorrise Gray, determinato.
Stesso
sorriso che colse anche Cana, silenziosa ma altrettanto emozionata.
«Anche
io» si accodò Levy, con lo sguardo concentrato e
deciso.
«Un
uomo non rifiuterebbe mai una sfida!» ruggì Elfman
eccitato.
«Ma
essendo un esame non era già di per sé una
sfida» mormorò
Priscilla a Lily, al suo fianco, l'unica che prese la cosa con meno
enfasi di quanta invece mostravano i suoi compagni.
«Forse
voleva essere più una dichiarazione di guerra»
annuì Lily,
concordando con lei.
«Non
prenderti gioco di me!» ringhiò Natsu, offeso,
reazione che scaturì
l'ilarità della ragazza. Ma dalle sue risate divertite
nacque lo
stesso sguardo deciso, a testimoniare che nonostante quello non lo
stava sottovalutando neanche un po'. E chissà che forse,
sotto
sotto, anche a Priscilla la pigra che sempre evitava gli scontri quel
genere di situazione non mettesse eccitazione.
«Bene,
passerò ora a spiegarvi in cosa consiste la seconda
prova» disse
Makarov. «La seconda è la prova d'intelligenza e
consisterà nel
trovare la tomba del nostro primo Master: Mavis Vermilion. Il primo
che la troverà diventerà mago di classe S. Il
tempo limite per la
riuscita della prova è di sei ore! Andate!»
esclamò.
«Sei
ore?» mormorò Levy, pensierosa.
«È
un bel tempo...» osservò Lucy.
«Sì
ma non abbiamo nemmeno un indizio e un'intera isola da
perlustrare»
le disse Cana.
«Andiamo!
Happy! Useremo il naso!» gridò Natsu, cominciando
a correre verso
una direzione non molto specifica.
«L'olfatto
di Natsu è buono, forse dovremmo seguirlo?»
mormorò Evergreen.
«Un
vero uomo non si abbassa a simili trucchetti!»
ruggì Elfman.
«Abbiamo
detto a tua sorella che ci saremmo sposati...» gli
ricordò
Evergreen e questo lo abbatté di nuovo.
«Beh
restare qui a pensarci non ci aiuterà! Andiamo,
Cana!» esclamò
Lucy, indicando una direzione e cominciando a correre insieme a lei
da quella parte.
«Lucy
ha ragione. Andiamo da questa parte, Lily» disse Priscilla,
infine,
prendendo una direzione ancora diversa e lasciando così gli
ultimi
tre gruppi al loro destino. La vegetazione era fitta, su quell'isola,
ma comunque accogliente. Ovunque erano presenti sentieri che
permettevano di andare in tutte le direzioni, i profumi erano
intensi, i rumori pacifici.
«Non
lasciamoci ingannare, è pur sempre una prova. Probabilmente
ci
saranno trappole e pericoli ovunque» commentò
Lily, guardandosi
attorno guardingo.
«Sì,
lo penso anche io» asserì Priscilla, continuando a
camminare
pensierosa. Troppo silenziosa persino per una come lei.
«Stai
pensando a dove potrebbe essere la tomba?» chiese Lily dopo
un po',
troppo impensierito per quel suo atteggiamento improvvisamente cupo e
silenzioso.
«Sinceramente...
no, non in questo momento» Priscilla si fermò e
fissò a lungo la
strada davanti a sé, sempre più pensierosa, prima
di dire:
«Torniamo indietro».
«Eh?»
chiese Lily, non capendo.
«Al
percorso di Gray» disse lei ancora e solo allora Lily
cominciò a
capire.
«Sei
preoccupata per Wendy?» chiese conferma.
«Gray
e Loki sono sicuramente due avversari notevoli, ma entrambi molto
scrupolosi e intelligenti. Se si fosse trattato di Natsu, che non
pensa mai molto, avrei anche potuto capire una frase come quella, ma
Gray sa ben valutare le situazioni» spiegò
Priscilla. «Ha detto
che era sorpreso dalla facilità con cui l'aveva battuto, se
lo
ricordava molto più forte e ha sicuramente ragione. Anche io
ho
questi ricordi, oltretutto dice di essere il discepolo di Mistgun,
che l'anno scorso ci era andato vicino e a prescindere da questo
anche solo per essere selezionato dal Master devi essere
particolarmente promettente. Non dico che è strano che Gray
abbia
vinto, ma se veramente Mest è quello che dice avrebbe
perlomeno
dovuto metterlo in difficoltà».
«Tutto
questo è molto strano, è vero... ma come li
spieghi allora i
ricordi? Dici che ti ricordi di lui e che ricordi che il principe te
ne parlava, al tempo» disse Lily.
«Non
è la prima volta che ho a che fare con questo tipo di magia.
La
manipolazione dei ricordi è delicata, non appena la
riconosci essa
perde il suo effetto, un po' come l'incanto Charme. La frase di Gray
mi ha fatto capire e ora posso dirlo con sicurezza: Mest non fa parte
della gilda».
«Un
infiltrato?» sussultò Lily, sconvolto.
«Com'è possibile? Perché
è qui?»
«Non
lo so, ma questa prova fa al caso nostro. Con la scusa di cercare la
tomba di Mavis potremmo prenderlo senza creare troppo trambusto.
Voglio prima scoprire chi è, non vorrei che fosse
più pericoloso di
quanto mi aspettassi».
«Sono
d'accordo. Manteniamo per un po' il profilo basso»
annuì Lily ed
entrambi, facendo retro front, presero infine la strada per tornare
indietro, al percorso dove Gray e Mest si erano affrontati. La zona
del ritrovo dopo la prima prova era ormai vuota, anche Levy e Gajeel
se n'erano infine andati e loro poterono entrare nel cunicolo senza
essere sospettati. Camminarono rapidamente, fingendosi interessati
all'ambiente circostante e agli indizi che avrebbero potuto portare
alla tomba, ma restarono vigili e pronti nel caso li avessero
incontrati.
"Ha
tirato in ballo proprio Wendy... perché?"
digrignò i denti
Priscilla, agitata. "Forse perché è l'ultima
arrivata, non
conosceva abbastanza Mistgun e la gilda per rischiare di essere
scoperto. Sapendo del suo legame con Gerard ha usato la scusa del
discepolo di Mistgun per indurla ad accettare. Maledizione, avrei
dovuto capirlo prima, come posso essere stata ingannata così
proprio
io che più di tutti ero vicina a Gerard".
Arrivarono
infine laddove sicuramente c'era stata la battaglia tra i due , si
vedevano i segni dei colpi di Loki e ancora qualche traccia del
ghiaccio di Gray. Ma di Mest e Wendy non c'era traccia.
«Non
è qui» si limitò a dire Lily, senza
specificare chi o cosa.
Dovevano continuare a sembrare due impegnati nella ricerca della
tomba.
«Questo
complica le cose» mormorò Priscilla, guardandosi
attorno in cerca
di segnali o qualsiasi cosa avesse potuto aiutarla a capire dove
fossero finiti.
"Se
fossero usciti dal nostro stesso lato li avremmo visti o per lo meno
incrociati, anche se possono essere usciti dopo che ce ne siamo
andati. Ma è più probabile che semplicemente
siano tornati
indietro, non penso che Mest avesse intenzione di incrociarci"
rifletté e si appigliò a quel pensiero, che al
momento sembrava
l'unico che avesse un senso.
«Andiamo
avanti, continuiamo a procedere a ritroso» disse riprendendo
a
camminare e più il tempo passava più l'agitazione
si impadroniva di
lei. Sapere che Wendy si trovava insieme ad uno sconosciuto che aveva
aggirato l'intera gilda per infiltrarsi, anche se non conosceva le
sue intenzioni, la tormentava. Accelerò il passo, senza
nemmeno
rendersene conto, fino a quando non tornarono alla spiaggia.
«Ancora
niente» disse Lily, guardandosi attorno nervosamente.
«Non
abbiamo più indizi, non so nemmeno dove guardare»
digrignò i denti
, frustrata.
«Potremmo
provare a guardare dall'alto» propose Lily.
«Con
questa vegetazione è impossibile scorgere qualcosa al suo
interno,
ma penso che non abbiamo altra scelta al...» si interuppe,
colta da
un nodo in gola. Uno sparo, un rombo nel cielo, una scia rossa di
fumo e scintille. Il segnale del pericolo volava alto nel cielo, a
comunicare chiunque fosse a portata di vista di fare attenzione e
prepararsi perché sull'isola c'erano nemici.
«Il
segnale di pericolo?» chiese Lily, confuso.
Chiunque
fosse Mest, qualsiasi fossero le sue intenzioni, aveva probabilmente
appena fatto la sua mossa.
«Merda!»
ruggì Priscilla, terrorizzata all'idea che Wendy fosse in
pericolo.
«Priscilla!
Guarda là!» la richiamò Lily, indicando
un punto nel cielo. Charle
passò loro sopra la testa, veloce come un fulmine, volando
in una
direzione ben precisa.
«Andiamo,
Lily!» disse Priscilla, intenzionata a raggiungerla e
seguirla. Non
sapeva cosa ci facesse lì, ma probabilmente era legata alla
stessa
preoccupazione che aveva Priscilla a riguardo, e se volava con una
tale decisione verso quel punto preciso forse poteva significare che
sapeva dove si trovasse Wendy. Si alzò in volo, seguita
dall'Exceed,
e rapidamente raggiunse Charle. Non ebbero nemmeno tempo di salutarsi
o chiedersi a vicenda cosa facessero lì, che finalmente
Wendy fu a
portata di vista. In alto, su di un promontorio, guardava allegra il
panorama di fronte a sé affiancata da Mest. Il sollievo nel
vederla
viva e vegeta non impedì loro di intervenire, prima che
l'uomo
avesse deciso di fare qualcosa di avventato visto che le sue
attività
sembravano appena essere scoperte.
«Wendy!
Allontanati!» gridò Charle, panica nella voce.
Priscilla scattò
verso di lei e allungò un braccio, generando bolle d'aria
compressa
nello spazio che colpirono in pieno Mest e lo lanciarono via.
Atterrò
di fronte alla bambina, parandosi tra i due, livida in volto, tanto
corrucciata che non sembrava più nemmeno lei.
«Charle!
Priscilla-nee!» sussultò Wendy, sorpresa e anche
un po' spaventata
per la loro reazione.
«Alzati!
Ti ho solo allontanato, non ti ho fatto niente»
ordinò Priscilla
all'uomo che ora alzava la testa confuso. «Adesso dimmi chi
sei».
«Che
stai dicendo, Priscillanee-san?» mormorò Wendy,
sempre più
confusa.
«Non
capisco... sono l'allievo di...» provò a parlare
Mest ma Priscilla
lo interruppe con un severo: «Stronzate! Ho dissolto il tuo
incantesimo, non ha più effetto su di me!»
«Incantesimo?»
balbettò Wendy, non capendo.
«Solo
pensare che tu abbia usato Gerard per i tuoi subdoli scopi mi fa
infuriare, ma l'aver anche messo in mezzo Wendy basta a darmi motivo
di prenderti a pugni fino a quando non avrai più nemmeno la
bocca
per rispondere alle mie domande, perciò ti conviene farlo
adesso che
puoi» i suoi occhi non sembravano più nemmeno
umani, avrebbero
potuto ucciderlo con solo la forza dello sguardo. E proprio di fronte
a quegli occhi Mest abbandonò l'aria confusa che aveva avuto
fino a
quel momento, dando così infine conferma alle accuse di
Priscilla.
Lui sapeva benissimo di cosa stesse parlando e sapeva di essere stato
scoperto. Sparì improvvisamente, facendo scattare ogni
singolo
muscolo di Priscilla che mai si sarebbe aspettata una
capacità come
quella. Si voltò istintivamente verso Wendy, alle sue
spalle, per il
desiderio di proteggerla da qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere ma
agì troppo tardi. Mest l'aveva già afferrata e
l'aveva trascinata
via poco prima che la terra improvvisamente cedesse in un'esplosione.
Il
fumo le impedì di vedere cosa stesse accadendo e il colpo la
scaraventò lontana, per fortuna incolume. Si
bloccò a mezz'aria,
volando, e Lily roteò al suo fianco gonfio nella sua forma
potenziata, tenendo tra le braccia una Charle non altrettanto pronta
di riflessi.
«Cosa
succede?» sobbalzò l'Exceed.
«Un
attacco!» disse Priscilla, guardandosi attorno per riuscire a
ritrovare Wendy. La vide, ancora tra le braccia di Mest, al sicuro
lontana dall'esplosione. Priscilla digrignò i denti e si
lanciò
verso di lui, pronta ad affrontarlo e riprendersi la bambina ma
un'altra esplosione si mise tra loro due spaccando la terra a
metà.
Mest strinse di nuovo Wendy e la tirò via dal colpo,
volgendo lo
sguardo nella direzione da cui era partito. Qualsiasi cosa stesse
accadendo, sicuramente non era lui a provocarlo.
«Che
diamine...?»lamentò Priscilla, coprendosi il viso
con un braccio
per proteggersi dalle macerie.
«Chi
sei? Mostrati!» ruggì Mest, confermando nuovamente
che lui in tutto
quello non c'entrava.
«Ha
protetto Wendy...» mormorò Charle, sorpresa. La
stessa sorpresa che
aveva colto anche Priscilla, che aveva considerato Mest un nemico
fino a quel momento, ma non poté concedersi di indagare
oltre. Erano
sotto attacco.
«Mi
hai trovato...» una voce provenne da un albero, prima che
questo si
deformasse e prendesse lentamente le sembianze di una sagoma di un
volto che pareva spingere verso l'esterno per uscire dalla corteccia.
«Davvero bravo».
«Una
faccia esce dal tronco» sussultò Charle, pallida.
«Chi
sei?» ruggì Lily.
«Mi
chiamo Azuma. Sono uno dei sette fratelli del purgatorio di Grimoire
Hearts» si presentò, senza aver paura di mostrarsi.
«Grimore
Hearts?» sussultò Priscilla. «La gilda
Oscura dell'alleanza
Balam!»
Dall'albero
un corpo prese forma e l'uomo si spinse sempre più verso
l'esterno,
benché ancora avvolto dal tronco come fosse un telo che
avrebbe
potuto strappare da un momento a un altro per uscirne.
«Ora
capisco, quel segnale serviva a indicare un attacco
imminente»
osservò Mest, facendo per lo meno tirare un sospiro di
sollievo a
Priscilla. Non sapeva chi fosse Mest, ma sicuramente non era con la
gilda oscura e già questo la rasserenava.
«Forse
è meglio per voi che sappiate che è troppo
tardi».
«Tardi?»
mormorò Priscilla, non capendo.
«Che
stai dicendo? Cosa sta succedendo qui?» urlò Lily.
«Sapevo
che infiltrandomi a Fairy Tail avrei trovato del marcio»
mormorò
Mest, allontanandosi da Wendy. «Ma oltre che il mago nero
Zeref
trovo anche Grimoire Hearts. Questa è una bella
fortuna».
«Zeref?
Che stai dicendo?» sbiancò Priscilla che
già altre volte, come
tutti, aveva sentito quell'infausto nome.
«Insomma,
si può sapere chi sei?» intervenne Charle, furiosa.
«Ormai
mi avete scoperto, è inutile continuare a
nascondere» sogghignò
Mest. «Sono un membro del consiglio della magia, mi sono
infiltrato
per trovare delle prove compromettenti su Fairy Tail».
«Prove...
compromettenti?» balbettò Priscilla, terrorizzata
e confusa
all'idea che avessero a che fare con il concilio in persona. Non li
avevano lasciato un attimo di respiro in nessuna occasione,
sembravano cercassero la scusa per saltar loro al collo e sbranarli,
persino quando avevano tirato in ballo lei stessa e il suo essere
frutto di una magia proibita suo nonno aveva dovuto fare passi da
gigante per poter proteggere sia lei che la propria gilda che
addirittura rischiava di finire accusata di complicità del
crimine.
Negli ultimi tempi non si era più sentito arrivare niente da
loro,
se non le solite lamentele per le distruzioni in giro per il mondo
durante le loro missioni, sembrava si fossero messi il cuore in pace.
Invece ora veniva a scoprire che c'era addirittura un infiltrato solo
per poter trovare un cavillo per attaccarli. Erano meschini e quel
Mest lo confermava con le sue parole.
«Mai
avrei potuto immaginare che una gilda oscura dalla sede sconosciuta
come Grimoire Hearts sarebbe venuta su quest'isola. Se riesco ad
occuparmi della situazione la promozione non me la toglie
nessuno»
rise Mest. Il pericolo era imminente, Grimoire Hearts minacciava la
loro gilda e soprattutto le loro vite e tutto ciò che lui
riusciva a
pensare era la promozione. La rabbia le ribollì in corpo, ma
riuscì
a metterla da parte. Almeno per un po' avrebbe combattuto insieme a
loro, poco importavano le motivazioni, avevano un nemico in comune e
Wendy era salva. Questo bastava a convincerla a lasciar perdere,
almeno per il momento, e puntare solo sull'unica minaccia che vedeva
al momento: l'uomo albero. Azuma.
«Per
sicurezza ho deciso di far attendere al largo una nave da
guerra»
proseguì Mest, sorridendo orgoglioso. «A quanto
pare è stato
saggio da parte mia. Vi dichiaro tutti in arresto! Non opponete
resistenza o sarò costretto ad attaccare!»
«Una
nave da guerra?» chiese Azuma, senza troppa emozione nella
voce.
«Non capisco di cosa parli» e a quelle parole
un'enorme esplosione
brillò all'orizzonte coinvolgendo le sagome delle navi che
Mest
aveva appena indicato. La distruzione fu totale e l'urto fu tale che
persino loro, da terra, dovettero alzare le braccia per proteggersi
dal calore e dal colpo d’aria.
«Cosa...?»
sussultò Mest, pallido in volto.
«Che
potenza» mormorò Priscilla, altrettanto sconvolta.
«Ora
se non ti dispiace, signor Agente» disse ancora Azuma,
uscendo del
tutto al tronco dell'albero e mostrandosi finalmente nella sua forma
umana. «Vorrei cominciare la mia missione».
Priscilla
scattò in avanti e lo stesso istinto lo ebbe anche Lily. Si
piazzarono di fronte ad Azuma, frapponendosi tra lui, Wendy e Charle,
alle loro spalle. Era facile vedere la tensione dei loro muscoli e
del loro viso, cosa che spaventò un po' le loro compagne. Se
persino
Lily e Priscilla sentivano il pericolo fino a quel punto, quanto
poteva essere forte quell'uomo.
«Wendy...
stai dietro di me» le ordinò Priscilla.
Lily
fu il primo a scattare in avanti, spada alla mano caricò con
tutta
la forza che aveva in corpo.
«Bleve»
mormorò Azuma, alzando una mano verso Lily. Un'altra
esplosione
scaturì dalla sua mano e travolse in pieno l'Exceed, sotto
l'urlo
spaventato di Wendy. Dal fumo emerse poco dopo una figura,
sorprendendo Azuma. Priscilla, volata fino a lui coperta dal suo
stesso colpo, riuscì a colpirlo in pieno viso con un pugno
carico
d'aria. Lily comparve nuovamente sopra di lui, perfettamente indenne
grazie al vento di Priscilla che l'aveva scaraventato in aria appena
in tempo e messo in salvo. Cadde sopra Azuma con la gamba tesa,
schiacciandolo al suolo, e saltò via appena in tempo per
permettere
a Priscilla di colpirlo ancora con una serie di bolle d'aria
compressa potenti come proiettili. Azuma venne scaraventato ancora
via, senza accennare a ribellarsi, e fu quello a testimoniare che
quei colpi nonostante la loro potenza non stavano avendo effetto.
Volse lo sguardo glaciale su Priscilla e senza dire una parola
un'altra esplosione nacque appena sotto i loro piedi, tanto estesa e
potente che nemmeno volando via ebbe tempo di schivarla. Lei, Lily e
persino Wendy e Mest vennero travolti e scaraventati altrove.
«Merda»
mugolò Priscilla, roteando a terra per bloccare la sua
caduta e
rimettersi subito in ginocchio. Si pulì un rigolo di sangue
da un
angolo della bocca e guardò severa il nemico che si
rimetteva in
piedi senza nemmeno un graffio, a differenza loro. Azuma
alzò poco
dopo un braccio e generò un'altra esplosione, esattamente
sopra la
propria testa, apparentemente senza motivo. Solo dopo che venne
travolta comparve all'interno del fumo l'immagine di Priscilla,
mentre quella inginocchiata a terra si dissolveva come nebbia.
«La
tua illusione è troppo statica e tu sposti troppo vento
quando ti
muovi. Persino un bambino capirebbe l'inganno» disse, mentre
Priscilla cadeva a terra, apparentemente priva di sensi.
«Priscilla-nee!»
chiamò Wendy, guardando terrorizzata la ragazza ora a terra.
«Ha
riconosciuto l'effetto del Mirage» osservò Charle,
pallida in
volto.
«Vi
aiuterò!» gridò Wendy, guardando
l'Exceed ancora in piedi anche se
tremolante per la fatica. «Vernier! Arms!» un
fascio di luce
avvolse sia Priscilla che Lily. Quest'ultimo si guardò
sorpreso le
mani, sentendosi improvvisamente più forte, ma
capì che era una
sensazione genuina e amica. Si lanciò nuovamente verso il
suo
avversario a spada tesa, ma Azuma schioccò semplicemente le
dita e
l'esplosione generata su di lui frantumò definitivamente la
sua
arma. L'urlo di Priscilla anticipò di qualche secondo il
tornado che
cadde dal cielo, centrando in pieno il nemico.
«L'ha
preso!» esultò Charle, ma bastarono pochi istanti
per vedere Azuma
riemergere dal terreno stesso dietro Priscilla. Non solo non era
stato colpito, ma così poté anche attaccare la
ragazza alle spalle
senza darle modo di prevedere il colpo. Esplosioni, le ulteriori,
proprio sulla sua schiena. Le lacerarono gli abiti, le ustionarono la
pelle, e ancora la lanciarono a terra. Lily corse verso di lui, per
niente abbattuto dall'arma distrutta, deciso a usare pugni e calci se
necessario. Uno squarcio nel terreno, tutto crollò e ancora
una
volta esplose, travolgendo non solo l'Exceed ma anche Priscilla che
ancora accennava a volersi rialzare.
A
denti stretti Priscilla si librò in aria e cercò
di mantenere
l'equilibrio.
«Sei
tosta» commentò Azuma, per niente intimorito.
«Ora
sto cominciando ad arrabbiarmi» ringhiò lei,
avvolgendosi
lentamente nel suo stesso vento. Azuma continuò a colpire
con le sue
esplosioni, generandone ovunque senza un criterio preciso se non
quello di colpirli, ma questa volta Priscilla riuscì a
schivarle.
Una la travolse, ma il turbine di vento intorno a lei divenne tanto
potente da spazzare fumo e fiamme altrove. Alzò il braccio
sinistro
verso il nemico, cupa in volto, e ancora se lo avvolse dal vento.
"Leon,
prestami la tua forza!" pensò prima di scagliare quello
stesso
vento verso Azuma. Il ghiaccio all'interno del suo braccio
cominciò
a raffreddarlo a tal punto che l'umidità dell'aria si
condensò
presto a neve e infine grandine che venne sparata contro il nemico.
Molti di quei blocchi di grandine si conficcarono nel suolo e nelle
rocce, lasciando solchi a testimoniare la potenza di attacco. Azuma
alzò un braccio, proteggendosi il viso, ma non
bastò a salvarsi
dalla pioggia furiosa di ghiaccio a cui era sottoposto. Del fuoco
esplose dal terreno, proprio di fronte a lui, e tra ghiaccio, vento e
polvere scomparve alla loro vista. Priscilla si tenne per aria,
consapevole che lì non avrebbe potuto raggiungerla se ancora
una
volta si fosse unito al terreno. Ma ciò che non fu in grado
di
prevedere fu che dal terreno non uscì Azuma, ma un vero e
proprio
tronco d’albero che la raggiunse con rapidità,
approfittando della
sua distrazione. La colpì come se si trattasse di un enorme
pugno
riuscendo a penetrare nella difesa di vento di Priscilla. La ragazza
cadde verso il suolo e lanciò uno sguardo in quel momento
verso il
nemico che riemergeva dal fumo... indenne. Nessuno dei suoi
proiettili di ghiaccio l'avevano minimamente scalfito, solo un
minuscolo graffio perse una goccia di sangue all'altezza di uno
zigomo.
"Ho
usato tutta la mia potenza..." pensò lei, lasciandosi andare
verso terra, completamente sopraffatta. "Solo… un semplice
graffietto?".
Lily
tentò ancora di intervenire, ma per lui le cose erano anche
peggio
non avendo più la sua spada e non potendosi nemmeno
avvicinare per
via di quelle esplosioni. Tutto sembrava perduto, quel nemico era
decisamente al di sopra delle loro possibilità, ma certo non
potevano ancora arrendersi.
«Non
mi fermerò» mugolò Priscilla, sforzando
le braccia per rialzarsi.
«Non
mi fermerò!» ruggì anche Lily.
«Mirage!»
urlò Priscilla, unendo le mani tra loro, e una miriade di
immagini
di se stessa apparvero ovunque nel raggio di dieci metri. Dieci,
venti, cento Priscille forse di più e continuavano ad
apparire,
accalcate le une sulle altre.
«Hai
già visto che questo trucco non funziona» disse
Azuma scoraggiato,
studiando col minimo impegno ciascuna di loro per individuare quella
vera. Ma la sua concentrazione nello studiare le figure di Priscilla
lo distrasse dal suo secondo avversario: fu Lily a sfruttare quelle
immagini per avvicinarsi a lui di nascosto e finalmente colpirlo con
un pugno che riuscì a mandarlo a terra. Azuma si
rialzò lentamente,
ancora una volta senza mostrare i segni di cedimento.
«Mi
avete sorpreso questa volta, ve lo concedo» disse, quasi
divertito.
«Tempesta!»
urlò ancora Priscilla e un rombo tuonò sopra la
testa di Azuma,
dove si erano raccolte nuvole artificiali in quei minuti che lui era
stato impegnato a lottare contro di loro. Un fulmine scese dal cielo
e colpì Azuma in pieno.
«Sì!»
esultò Priscilla, felice che un altro colpo fosse andato a
segno.
All'interno del fulmine stesso Azuma mosse lo sguardo e lo
puntò
annoiato a lei, paralizzandola. La scarica cessò e lui era
ancora in
piedi, come se niente fosse. I piedi ramificati, conficcati nel
terreno, diedero la risposta.
«Ha
scaricato a terra...» balbettò Priscilla, ormai al
limite della
speranza. «Non ci credo... qualsiasi cosa
faccia...» vacillò.
«Lily!
Vola verso il cielo!» disse Charle improvvisamente e Lily,
benché
non fu subito chiaro il motivo di quel suggerimento, obbedì
senza
obiezioni. Azuma lo guardò, chiedendosi cosa avessero ora in
mente,
e si preparò ad attaccarlo, ma qualcosa bloccò
entrambe le sue
braccia e le sue gambe. Abbassò lo sguardo e notò
dei potenti
vortici di vento che lo intrappolavano e tenevano ben salde gambe e
braccia, impedendogli di muoversi. Nonostante potesse sentirlo sulla
pelle, il terrore e lo scoraggiamento di Priscilla, ancora non si
arrendeva e continuava a inventare nuove strategie. Il turbine di
vento si fece più intenso, benché concentrato su
braccia e gambe
per immobilizzare il nemico, rombò tutto intorno a loro con
forza
preparandosi forse a un altro attacco. Ma in realtà quello
serviva a
tenere nascosta la presenza di Wendy e Mest,ora teletrasportati
dietro Azuma, e permettere a Wendy di caricare il colpo senza essere
vista né sentita. Con la pancia gonfia di aria,
tirò indietro la
testa e si preparò a usare il ruggito del Dragon Slayer, il
colpo
più potente che conoscesse e su cui sapeva di poter sempre
fare
affidamento.
«Ridicoli»
mormorò Azuma, lasciando sorpresi tutti e quattro i suoi
nemici.
«Tower Burst».
Una
colonna di fuoco nacque dal sottosuolo e si alzò, immenso,
fino al
cielo, travolgendo metri e metri di terreno. Priscilla, Lily, Wendy,
Mest e Charle non ebbero scampo e nelle urla di dolore vennero
avvolti dalle fiamme e infine messi fuori combattimento. Nessuno di
loro fu più in grado di muoversi, privi di forza, feriti
praticamente a morte, con ustioni ovunque.
«Per
un attimo ho sperato che poteste darmi qualcosa di interessante, mi
ero illuso» commentò Azuma, osservando il suo
operato. Si sorprese
e rimase a guardare, curioso e interessato, quando vide la mano di
Priscilla tremare verso la sua direzione. Non riusciva più a
muoversi, tanto che restava stesa a terra, ma la sua determinazione
era ammirabile.
«Non...
posso...» mormorò, allungando le dita verso il
nemico.
«Sei
ancora viva... sono sorpreso» commentò Azuma,
curioso di vedere
cosa avrebbe fatto allora.
«Fairy
Tail... posso ancora salvarla» tremò e si
tirò su di un gomito,
puntando infine la mano destra verso Azuma. «Controllo
molecolare»
mormorò e l'aria intorno all'uomo si fece improvvisamente
più densa
e consistente.
«Hai
ancora tutto questo potere, è davvero notevole»
disse lui,
guardando l'aria intorno a sé.
«Ho
promesso che poche volte avrei usato questa magia. È
pericolosa,
basta un minimo errore e può uccidere, ma con te non ho
altra
scelta. Deprivazione dell'ossigeno!» disse e improvvisamente
una
bolla d'aria avvolse Azuma, contraendosi e poi esplodendo verso
l'esterno, come se avesse sparato lontano da lui qualcosa. E
così
era. Azuma poté sentirli, i polmoni che inutilmente
cercavano di
pompare aria verso l'interno del suo corpo. Non sentiva niente,
l'ossigeno mancava completamente.
«In
linea con le leggi della gilda, non ti ucciderò! Mi
limiterò a
farti perdere i sensi e metterti fuori combattimento.
Dopodiché ti
consegnerò al Concilio della magia e sarai sottoposto a
giudizio!»
disse lei, concentrando tutta la sua magia su quell'ultimo disperato
tentativo.
«Mi
stai dichiarando in arresto?» chiese Azuma, facendo fare al
cuore di
Priscilla un balzo di troppo solo per quella frase. Poteva parlare...
se poteva parlare voleva solo dire che poteva respirare. Si
assicurò
della riuscita della sua magia, potenziandone l'effetto con l'ultimo
sprazzo di energia che aveva in corpo ma lui non accennò
nemmeno a
lamentarsi.
«È
un peccato che sia io il tuo avversario. Fosse stato qualcun altro
forse avresti anche vinto» disse Azuma, alzando una mano
verso di
lei e preparandosi a colpire. «Quest'isola ormai mi
appartiene. La
sua aria, la sua terra, la sua acqua, le sue piante, tutto fa parte
di me. Non ho bisogno del tuo ossigeno quando posso produrne di mio
direttamente all'interno del mio corpo» spiegò e
Priscilla lasciò
cadere in avanti la mano tremante, ormai vinta. Non solo la mano, ma
il suo intero corpo prese a tremare come colto da degli spasmi di
dolore. Era inutile... era tutto inutile.
«Sono...
inutile...» piagnucolò, rendendosi conto di non
avere più carte da
giocare. Fairy Tail era stesa al suo fianco, ferita e distrutta, e
altri di loro avrebbero presto fatto la stessa sorte. Il simbolo su
quella mano, che lei stringeva con grazia e amore per proteggerlo, se
lo sentì come strappare via.
Un
eco nei suoi ricordi, i peggiori che come sempre riemergevano di
fronte alle situazioni senza speranza. La voce di suo padre.
"Non
sei forte abbastanza, sei inutile, consumi solo la mia riserva
magica. Se continuerai così ti toglierò di mezzo
e basta".
Per
tutta la vita non aveva fatto che allenarsi e studiare per migliorare
le sue capacità, per rendersi più forte e
riuscire a dare un degno
avversario a quel primogenito per cui era venuta al mondo. Ivan la
minacciava sempre di ucciderla per la sua inutilità, quando
perdeva
con facilità i combattimenti contro Laxus. La sua forza era
l'unica
cosa che le permetteva di restare in vita, il riuscire a combattere,
il rialzarsi sempre e non essere sconfitta, non tanto facilmente
almeno, era quello che la teneva in vita. Costretta a una vita di
prigionia e torture, costretta a combattere fino alla lacerazione,
non c'era comunque volta in cui non si fosse impegnata abbastanza
perché altrimenti... sarebbe stata inutile.
Una
lacrima le scivolò sulla guancia, immergendosi tra le labbra
aperte
dal dolore e dalla paura.
Se
lei era inutile... sarebbe stata ammazzata.
«Non
voglio...» pianse, ma non riuscì a finire la frase
che una colonna
di fuoco nacque da terra e ancora una volta la travolse con una
potenza insostenibile. Infine cadde a terra, incapace di muoversi
ancora.
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Capitolo 31 *** Io credo in Fairy Tail ***
Io
credo in Fairy Tail
«Wendy!
Wendy!» una voce allarmata, familiare. «Priscilla!
Maledizione!
Cosa è successo qua?» riusciva a sentirla, ma non
ebbe nemmeno il
coraggio di aprire gli occhi e accertarsi della sua provenienza.
«Charle,
Lily! Resistete!» un'altra voce, ovviamente sempre insieme a
lui. Il
corpo abbandonato a terra, non aveva la forza di muoverlo, ma non
solo per le ferite che ancora bruciavano su ogni angolo del suo
corpo.
«Natsu-san»
la voce debole di Wendy, che pian piano riprendeva conoscenza.
«Chi
è stato?» ruggì Natsu, furibondo.
«Sei stato tu, eh?!»
«Natsu-san,
quell'uomo fa parte del Concilio della magia»
spiegò debole Wendy,
probabilmente riferito a Mest, preso sicuramente di mira da Natsu.
Non appena Priscilla l’aveva smascherato apertamente,
l’effetto
della sua magia manipolatrice dei ricordi era svanito e anche Natsu
era tornato ad avere dei ricordi normali... dove Mest non esisteva.
Natsu
urlò spaventato, prima di esclamare: «Il nostro
nemico è il
Concilio?!»
«No»
la voce di Charle, altrettanto rotta dal dolore. «Il nemico
è
Grimoire Hearts».
«Priscilla»
il tono addolorato di Happy, proprio vicino al suo orecchio adesso,
prima di poter sentire la sua stessa voce rotta da dei singhiozzi.
Quando aveva cominciato a piangere? Il viso veniva lavato via dal
sangue e dalla polvere con un'ondata di dolore tanto abbondante che
nemmeno la sua mano tremante riuscì a pulirla via, tanto
altre
lacrime nascevano subito dopo a prendere il posto delle prime.
«Natsu»
lamentò, senza aprire gli occhi. «Mi
dispiace».
Si
portò entrambe le mani al viso, nascondendolo, e al suo
interno
esplose nel pianto più addolorato che avesse mai subito.
«Mi
dispiace» singhiozzò. «Non sono... io...
ho avuto paura... non ho
potuto... Fairy Tail... Fairy Tail è in pericolo…
è colpa mia».
«Che
stai dicendo?» la voce inquietantemente seria di Natsu,
appena sopra
la sua testa. E Priscilla trovò finalmente il coraggio di
aprire gli
occhi e guardare il suo amico, avvolto dalla nebbia offuscante delle
lacrime incessanti.
«Credi
che gli esseri umani non provino mai paura?» una domanda, una
provocazione mirata al suo desiderio di essere come loro che
diventava ogni giorno più ridicolo perché lei lo
era già. Lei era
umana, ma continuava a non capirlo.
«La
paura, la rabbia, il dolore e la tristezza... finché
proverai tutto
questo non smetterai mai di vivere. E non smetterai mai di diventare
più forte perché proprio queste emozioni ti
daranno dei limiti da
superare».
Per
quanto le lacrime non smisero di scorrere, il dolore nel petto di
Priscilla parve rendersi più leggero di fronte a quelle
incoraggianti parole. Non aveva commesso nessun errore, nessuno la
riteneva inutile, nessuno voleva sbarazzarsi di lei e lei poteva
continuare a rialzarsi con onore accanto ai proprio amici. Amici...
era davvero quello il significato di tutto. Era così bello
averli al
proprio fianco, porgere la propria mano in aiuto di chi si allungava
disperato.
Un
sorriso, triste ma rassicurato, tra le lacrime.
«Un
simile discorso non è da te» ridacchiò,
cercando di
sdrammatizzare.
«Non
l'ha pensata lui, infatti, è quello che gli ha detto
Gildarts
durante la prima prova!» spiegò Happy con
innocenza, ferendo
l'orgoglio di Natsu che aveva tanto desiderato farsi portatore di una
così bella verità.
Nacque
tra i due un piccolo bisticcio, fine a se stesso, senza neanche
troppo senso nelle parole che si scambiavano e questo riuscì
a tirar
su di morale ancora di più Priscilla. Si asciugò
le guance e infine
si rialzò, guardando il resto dei suoi compagni tutti
intorno.
«Sono
felice che siate tutti vivi, per lo meno» confessò.
«Mi
dispiace non essere stata di grande aiuto» mormorò
Wendy,
affossando la testa tra le spalle. Priscilla negò con la
testa prima
di dirle: «Senza il tuo Vernier e Arms non avrei potuto
combattere
così a lungo e sarei caduta al primo colpo. Sei stata brava,
sei
migliorata molto nel suo utilizzo».
«Mi
sono allenata tanto!» confessò Wendy, abbozzando
un sorriso
orgoglioso.
«Ehy...
cos'è quello?» balbettò Lily, con lo
sguardo rivolto al cielo.
Natsu e Happy smisero di bisticciare e, come gli altri compagni,
alzarono lo sguardo a guardare lo stesso punto fissato da un Lily
pallido e spaventato. Qualcosa volava nel cielo lasciandosi alle
spalle una scia come quella degli aerei, forse utilizzando un
jetpack. Sembrava proprio una persona, ma chi fosse e cosa ci facesse
lassù era un mistero. Da lui partivano una serie di oggetti
dalla
forma sferica, che lasciava cadere a terra come una pioggia. Erano
centinaia, forse migliaia, e cadevano su tutta l'isola man mano che
l'uomo la sorvolava. Bolle luccicanti della grandezza di un pugno che
non appena raggiunsero terra si ruppero, facendo uscire esseri umani
che tornarono della loro statura originale. Priscilla e Wendy
saltarono in piedi e corsero vicino agli altri, radunandosi e
mettendosi in guardia.
«Chi
sono?» chiese Wendy, guardandoli spaventata. Furono le loro
armi e i
loro sguardi poco amichevoli rivolti a loro a dare la risposta.
«Nemici»
disse Natsu, irrigidendosi e preparandosi a combattere.
«Ancora?»
lamentò Charle, spaventata.
«Non
abbiamo avuto tempo di recuperare le forze» si unì
Lily, ristretto
nella sua forma più debole e incapace di tornare grande
abbastanza
da poter tenere testa a tutte quelle persone. Eppure, nonostante
fossero già numerosi, continuavano a cadere dal cielo senza
accennare a fermarsi.
«Sono
veramente tanti... sarà un bel problema» disse
Priscilla,
preoccupata. Lily aveva ragione, avevano consumato praticamente quasi
tutta la magia contro Azuma e ora non erano pronti a una battaglia di
quel calibro. Se poi tra loro ci fosse stato anche solo uno della
forza pari a quella del nemico che li aveva appena sconfitti era
veramente la fine per loro.
«Caricano!»
disse Happy vedendo i primi di quell'infinito esercito impugnare le
armi e lanciarsi contro di loro.
«Fatevi
sotto!» ruggì Natsu, prima di cominciare a sputare
fuoco e
travolgere i primi venti.
«Non
abbiamo altra scelta, Wendy!» disse Priscilla e la ragazzina,
a quel
richiamo, cominciò ad aspirare quanta più aria
poté, mangiando il
suo naturale elemento per cercare di rafforzarsi almeno un po'.
Priscilla tentò di generare del vento intorno a loro, per
proteggere
almeno la ragazzina e darle così il tempo di rigenerarsi, ma
fu
tremendamente debole e la costrinse a dover intervenire personalmente
nel corpo a corpo. Per tutta la vita non aveva fatto che uso della
magia, il corpo a corpo riusciva a sostenerlo solo se rinforzata
dalla potenza del proprio vento che rendevano i propri calci e pugni
più come armi pesanti, ma in quelle condizioni era
tremendamente
svantaggiata. Uno di loro la colpì e la lanciò a
terra, mentre
altri saltarono e si preparavano a trafiggerla con le proprie armi.
«Priscilla!»
sussultò Charle, guardandola con preoccupazione.
«Leon!»
gridò lei un istante prima che le armi la raggiungessero.
«Leon?»
chiese Natsu, storcendo il viso in un'espressione confusa al limite
dell'imbecillità. La metà del corpo che Leon
aveva regalato a
Priscilla durante la battaglia con Nirvana emerse improvvisamente,
dissolvendo la pelle e la carne, rafforzandosi e prendendone il loro
posto. Priscilla semplicemente espose ai colpi quella parte di corpo,
proteggendo il resto. Le armi che andarono a schiantarsi contro il
ghiaccio di Leon, nel corpo di Priscilla, si ruppero e si incrinarono
trovandosi di fronte a un ostacolo ben più duro di quanto si
fossero
aspettati. Quello era ghiaccio magico, non si sarebbe rotto con tale
facilità.
«Un
demone...» balbettò qualcuno, guardando spaventato
la ragazza che
si rialzava da terra.
«Un
mostro di ghiaccio» lamentò qualcun altro,
intimorito.
«La
benedizione del mio amico non mi ha mai abbandonata» sorrise
lei,
soddisfatta della riuscita del suo piano. «Avete la
più pallida
idea di cosa significhi avere dei compagni?» ruggì
allungando verso
loro la mano sinistra, completamente di ghiaccio, e facendo nascere
dal suo interno una tempesta di ghiaccio e neve che li travolse.
«Quand'è
che Gray ti ha rivestita di ghiaccio e ti ha insegnato la sua
magia?!» sobbalzò Natsu, strabuzzando gli occhi.
«Questo
è il corpo che mi ha dato Leon nella foresta di Nirvana, che
c'entra
Gray?!» lo rimproverò Priscilla, offesa che non lo
avesse
riconosciuto.
«Natsu,
te lo sei già dimenticato?» disse scoraggiato
Happy.
«Non
distraetevi!» li rimproverò Lily, saltando e
tirando un calcio in
faccia a uno dei loro nemici.
«Ruggito
del drago del cielo!» l'urlo di Wendy anticipò la
sua mossa e il
suo ruggito, potente nel suo vortice d'aria, travolse gran parte di
quei nemici. Aveva appena finito il pasto, si era ripresa, non del
tutto ma abbastanza da poter combattere ancora.
«Ben
fatto Wendy-chan!» disse Priscilla. «Ora tocca a
me!»
Alzò
lentamente le braccia dal busto, allargandole, fino all'altezza delle
spalle. Tirate indietro, i palmi ben aperti, e infine ruotando il
polso chiuse le dita come a voler stringere e catturare qualcosa.
«Richiamo
dell'Anima!» il vento cominciò a confluire tutto
intorno a quei
palmi, infilandosi nelle fessure tra le dita, confluendo al suo
interno come risucchiato da un buco nero.
«Che
succede?!» gridò Natsu, riparandosi la faccia e
guardando Priscilla
che, a occhi chiusi, galleggiava e veniva inghiottita dal quel vento
che si infilava in ogni ferita e ogni fessura, penetrando dentro lei.
«Su
Edoras Priscilla-nee si è unita a Anima per invertirne il
flusso, ha
scoperto che traccia di quella magia è rimasta
all’interno del suo
corpo come è stato per il ghiaccio di Leon»
spiegò Wendy,
lanciando un attacco contro un gruppo di nemici che certo non
avrebbero aspettato che Priscilla completasse la sua magia.
«Sta
risucchiando l'Ethernano presente nell'aria, usando proprio il vento
come mezzo veicolante, così da ricaricarsi di magia. Non
funziona
molto, ci mette tanto tempo e si ricarica solo di un po', ma
è
abbastanza per permetterle di riprendere a combattere almeno un altro
po'» si accodò Charle, aggrappata a Wendy per non
essere spazzata
via dal vento di Priscilla.
«Dobbiamo
proteggerla fino a quando non avrà finito,
Natsu-san!» disse Wendy
e Natsu sorrise , tirandosi su una manica. «Sono tutto
infuocato»
ridacchiò, prima di tirare indietro la testa e ruggire,
sputando
altro fuoco per eliminare le persone che avevano puntato all'unica
che in quel momento non sembrava essere in grado di difendersi.
E
mentre Priscilla continuava a nutrirsi e alimentarsi dell'Ethernano
dell'aria, il resto dei suoi compagni la circondarono, combattendo
contro i soldati che nonostante tutto ancora non smettevano di cadere
dall'alto. Sempre di più, sempre più a lungo,
sembravano infiniti
ma non si persero d'animo. Infine un colpo di vento più
potente di
altri li spazzò tutti via.
«Che...»
disse Natsu, guardandosi attorno.
«Sono
tornata» disse Priscilla, tornando a poggiare i piedi a terra.
«Ci
hai messo troppo tempo» la rimproverò Natsu,
guardandola storta.
«È
complicata da usare, non è colpa mia!» rispose lei
a tono.
«Ma
quindi anche Nirvana è rimasta dentro te?» chiese
Happy, volandole
accanto.
«Nirvana?»
chiese confuso Natsu e Happy lo rimproverò con un:
«Natsu! Ti sei
dimenticato anche questo?»
«Sia
Nirvana che Anima sono magie da cui mi sono separata volontariamente,
per questo al contrario di quella di Leon che è rimasta
permanente e
forte dentro me, ho solo alcune tracce che posso utilizzare poche
volte e che comunque restano particolarmente deboli. Con Anima, hai
visto, ci ho messo veramente molto e ho recuperato solo un quarto
della mia energia, mentre Nirvana ho visto posso usarla per cambiare
le intenzioni solo di esseri deboli e inferiori intorno a me.
Animali, per lo più, magari i meno potenti... e umani
particolarmente stupidi, ma a volte nemmeno quello»
spiegò lei,
felice di essere riuscita finalmente a capire quali effetti avevano
avuto quelle due magie su di lei. Aveva studiato a lungo, in quei
mesi, per esaminarne gli effetti, terrorizzata all'idea che potessero
avere entrambe conseguenze negative. Entrambe, come la magia di Leon,
avevano effetti secondari su cui non aveva controllo. Nirvana, ad
esempio, la rendeva particolarmente suscettibile e la portava
facilmente a perdere la testa per piccolezze, rendendola estremamente
emotiva. La rabbia che la portava a diventare più forte o la
paura
che aveva provato poco prima, tutto era intensificato, forse proprio
per quel motivo aveva vissuto quella sconfitta come qualcosa di
estremamente doloroso o aveva passato i giorni su Edoras, a casa di
Ivan, come uno spettro abbandonato a se stesso. Poteva renderla
più
forte o più debole, a seconda delle emozioni che provava, in
base
alla direzione che prendeva poteva essere più o meno
favorevole, ma
niente di esagerato e pericoloso. Se si sforzava poteva usarla a suo
vantaggio, ma come aveva detto anche a Happy e Natsu funzionava con
un enorme spreco di energia e solo su esseri dalla volontà e
dall'intelligenza nettamente inferiori. Un potere abbastanza inutile,
in fin dei conti. Al contrario delle tracce di Anima che invece le
era risultato particolarmente utile: in generale il recupero delle
energie si era accelerato e proprio notando quell'effetto si era
spinta per studiare e capirne di più. Aveva visto che il
tempo di
recupero era praticamente dimezzato, rispetto a quanto era abituata,
e studiandolo aveva scoperto di poter utilizzare Anima
volontariamente come aveva appena fatto per recuperare in breve tempo
parte della sua magia. Era utile in battaglia, anche se richiedeva
tempo per la sua esecuzione e aveva un numero limitato di utilizzi al
giorno.
«Ne
arrivano altri!» disse Lily, puntando il dito verso il cielo,
dove
altre bolle luccicanti scendevano verso terra.
«Fatevi
sotto!» esclamò Natsu, eccitato.
«Sono
tutta infuocata» sorrise Priscilla, pronta a rimettersi in
pista.
Uomini
comparvero a decine di fronte a loro e Priscilla allungò una
mano,
pronta a spazzarli via come aveva appena fatto con il resto dei loro
compagni, ma la terra tremò improvvisamente e questo
bastò a
distrarla.
«Che
succede?!» lamentò Wendy, allargando le gambe per
evitare di
perdere l'equilibrio e cadere a terra.
«Trema
tutto!» disse Lily, spaventato.
«Che
magia potente...» commentò Natsu, percependo
l'effetto di una magia
come causa di quanto stava accadendo. Il tremolio si fece
più
intenso, tanto che squarci si aprirono nel terreno e alberi
crollarono al suolo.
«Attenti!»
disse Lily, mentre Wendy urlava spaventata.
Un
sussulto, una strana sensazione al petto, e Priscilla si
voltò verso
il nulla come se avesse appena sentito una voce. Si portò
una mano
al petto, accorgendosi del suo battito accelerato, rimanendone
sorpresa.
«Ho
una brutta sensazione...» disse preoccupata, chiedendosi
perché mai
avesse avuto improvvisamente quel terribile dolore alla bocca dello
stomaco, come se ci fosse qualcosa a terrorizzarla e ferirla. Non
seppe il motivo, ma si ritrovò a pensare a Makarov e
chiedersi dove
si trovasse, se stesse bene.
«Priscilla!»
la richiamò Lily appena prima che un uomo facesse scendere
su di lei
la propria spada. Priscilla alzò d'istinto il braccio
congelato e la
lama del nemico si ruppe contro di essa, facendolo tremare dalla
paura.
"C'è
qualcosa che non va..." rifletté sentendosi inghiottire da
quella terribile sensazione, fremendo di paura e rabbia.
Allungò la
mano, toccando la fronte del nemico, e un getto d'aria congelata lo
lanciò contro altri suoi compagni. I pochi che rimasero
coscienti si
ritrovarono quasi incapaci a muoversi, tremanti per il troppo freddo.
«Attacco
d'ala del drago del fuoco!» ruggì ancora Natsu,
colpendo altri
nemici. Ancora un tremolio, sudori freddi alla base del collo, e
Priscilla si voltò panica in volto verso il Dragon Slayer
chiamandolo: «Natsu!»
Natsu
si voltò verso di lei e quella fu la sua fortuna. Vide
appena in
tempo il getto di fuoco nero caricare verso di lui e riuscì
a
saltare appena in tempo per schivarlo, fortuna che non appartenne
anche ai nemici che aveva di fronte che invece vennero carbonizzati
dal colpo.
«Santo
cielo...» mormorò Wendy, terrorizzata.
«Fuoco
nero?» si chiese Natsu, atterrando pochi metri più
avanti.
«Va
bene così, tanto non eravate alla sua altezza e Grimoire
Hearts non
ha bisogno di rammolliti» una voce ispida, tagliente nelle
sue
risatine tra una parola e un'altra.
«Chi
è?» gridò Priscilla, voltandosi verso
il ragazzo che procedeva
verso loro. I capelli lunghi biondi, lo sguardo di un folle e le
movenze altrettanto bisbetiche, eppure quella voce era così
inquietante.
«Zancrow-sama!»
lo chiamarono alcuni degli uomini presenti, guardandolo con
ammirazione. «Fate attenzione, Zancrow-sama, quello
è il famoso
Salamander ed è insieme a un mostro!».
«Non
ho un nome io?!» ruggì Priscilla, offesa di essere
per l'ennesima
volta chiamata mostro.
«Sono
fortissimi!» esclamò un altro e l'espressione di
Zancrow cambiò,
facendosi cupa, affilata, furiosa.
«Fortissimi?»
mormorò. «Credete davvero che al mondo esista
qualcuno più forte
della famosa gilda Grimoire Hearts?»
«Eh?
No... non volevamo...» balbettò qualcuno,
intimorito -o forse,
meglio, terrorizzato- da quello sguardo.
«Se
lo pensate davvero allora potete anche togliervi dai piedi! Grimoire
Hearts non ha bisogno di rammolliti!» e con quell'ultimo urlo
sentenziatore generò dal palmo della sua mano delle fiamme
nere che
colpirono le persone che aveva di fronte.
«Ohy!»
urlò Natsu, sconvolto quanto il resto dei suoi compagni.
«Che stai
facendo?!» ruggì.
«I
suoi stessi compagni...» mormorò Priscilla,
portandosi una mano
sconvolta alle labbra. Ma Zancrow rise, libero da ogni senso di
colpa, come se non gli appartenesse, come se quelle persone non
fossero nemmeno esseri viventi.
«Maledetto!
Quelli erano tuoi compagni!» urlò Natsu, furioso.
Zancrow spostò
lo sguardo su di lui e senza lasciarsi intimorire sparò
anche nella
sua direzione.
«Le
fiamme non hanno effetto su di me!» disse Natsu, spalancando
la
bocca e preparandosi a mangiarle. L'ondata di fuoco nero lo travolse
completamente e, sorprendendo persino lui stesso, lo
scaraventò a
terra ferito.
«Non
riesco a mangiarle...» balbettò Natsu.
«Che razza di fiamme sono?»
«Sei
un po' ingenuo Dragon Slayer in erba» e Zancrow
sparò ancora
un'ondata più grossa e potente della precedente.
«Natsu!»
urlò Happy, preoccupato, e fu Priscilla a reagire per prima.
Volò
con rapidità tra Natsu e le fiamme, sparò da
entrambe le mani un
soffio di vento tale da riuscire a fermare il colpo di Zancrow,
rimandandolo indietro per almeno i primi metri.
«Oh...»
disse Zancrow con un ghigno divertito.
«Fuoco
nero o fuoco rosso non ha importanza, tutte le fiamme sottostanno
alla forza del vento!» esclamò Priscilla sforzando
ogni muscolo per
riuscire a concentrare quanta più magia in quel singolo
punto e
poter contrastare le fiamme che ancora bruciavano. Zancrow rise
ancora in quel suo modo inquietante e semplicemente disse:
«Vale
anche per le fiamme di un Dio?»
«Dio?»
si chiese Priscilla, sbarrando gli occhi. Improvvisamente il getto di
fuoco di Zancrow si fece più intenso, più gonfio,
e spinse in
avanti sfondando la difesa di Priscilla. La ragazza guardò
la fiamme
attraversare incuranti il suo vento, per niente influenzati da esso,
e raggiungerla a gran velocità.
Non
venne colpita. Natsu l'afferrò per la maglia in un istante e
la
lanciò via, verso Wendy, urlando: «Proteggi
loro!»
Priscilla
rotolò a terra, fino a quando non riuscì a
fermarsi di fianco ai
suoi compagni e rapida alzò la testa su Natsu appena in
tempo per
vederlo venir spazzato via dalle fiamme di Zancrow.
«Natsu!!!»
urlò, terrorizzata.
Il
ragazzo riuscì a restare miracolosamente in piedi, anche se
ricoperto da un numero considerevole di ferite, ma lo sguardo del
Dragon Slayer emanavano la forza necessaria a non arrendersi.
«Il
mio potere è decisamente su un livello superiore al vostro.
Io sono
un ammazza Divinità: sono un God Slayer» disse
Zancrow allargando
le braccia con orgoglio.
«God
Slayer...» balbettò Wendy, sorpresa.
«Esistono
davvero certi tipi di maghi su Earthland?» chiese Lily.
Priscilla
restò in ginocchio, col fiato corto, impegnata a riprendere
le
forze, ma si sistemò ben davanti al resto dei compagni.
Natsu le
aveva chiesto di proteggerli ed era quello che avrebbe fatto:
quell'uomo era pericoloso e lei avrebbe stretto le dita su quel
marchio, tenendolo al riparo da ogni tipo di fiamma, da ogni tipo di
colpo. Il suo compito era curare Fairy Tail, proteggerli, non si
sarebbe tirata indietro.
«Dov'è
Mest?» chiese, notando solo in quel momento l'assenza
dell'uomo.
«È
sparito già da un po', te ne accorgi solo ora?»
rispose Charle.
«In
una situazione come questa... ci manca solo che arrivi anche il
Concilio a dare problemi» digrignò i denti lei,
sentendo la
preoccupazione aumentare all'altezza del petto. Con un urlo Natsu
caricò l'avversario e cominciò a colpirlo con
rapidità con pugni e
calci, colpi che Zancrow riusciva a parare perfettamente.
«God
Slayer un corno! Sei stato cresciuto da un Dio, per caso?»
ringhiò,
tirando un altro calcio che riuscì almeno a far
indietreggiare
Zancrow.
«Se
consideriamo che Master Hades si avvicina molto alla figura di una
divinità, possiamo anche affermare che ho ricevuto questa
magia
perduta da un Dio» rispose Zancrow, ricambiando uno a uno
tutti i
colpi che riceveva.
«Perciò
te l'ha insegnata un essere umano» ghignò Natsu.
«Io invece ho
ricevuto la mia da un vero Drago! Fiammata brillante del drago di
fuoco!» urlò lanciando una bomba infuocata di
dimensioni
gigantesche contro il proprio avversario, che non si lasciò
atterrire e rispose con la stessa moneta.
«Fiammata
brillante del Dio del fuoco!» richiamò lui,
lanciando contro la
palla di fuoco di Natsu la propria di fuoco nero. L'urto fu tale da
coinvolgere anche chi stava semplicemente osservando
quell'incredibile scontro e Priscilla scattò davanti ai suoi
compagni con un muro di vento, per proteggerli, per quanto le fosse
possibile. Quelle fiamme, le fiamme nere del Dio, non rispondevano
alle normali leggi fisiche di quel mondo e passavano attraverso la
sua magia. Riuscì a indebolirle, ma comunque vennero colpiti
dall'onda di calore bruciante e non si salvarono completamente dalle
ferite.
«Merda...
la mia magia non funziona granché contro di lui»
gracchiò
Priscilla, tornando a inginocchiarsi per cercare di riprendere forze.
«Dobbiamo
avere fiducia in Natsu!» strinse i pugni Happy e Priscilla,
per
quanto non riuscisse a liberarsi dalla preoccupazione, decise di
dargli ascolto e annuì.
«Ora
state cominciando a stancarmi» disse Zancrow, voltandosi
improvvisamente verso il gruppo in disparte e lanciando le proprie
fiamme direttamente verso loro. Priscilla cercò di reagire
rapidamente, usando ancora una volta il vento per proteggersi, ma
come era già successo poté ben poco e vennero
così travolti.
Urlarono ma per fortuna vennero colpiti solo dall'ondata di calore di
questo e non dal colpo stesso, in quanto in un ultimo sprazzo di
disperazione Priscilla aveva usato una corrente ascensionale per
lanciare tutti verso l'alto e riuscire almeno a schivare. Aveva
comunque fatto male, anche solo l'aria bruciava a contatto con quelle
folli fiamme, ma almeno erano ancora vivi.
«Wendy!»
chiamò Charle, afferrando la ragazzina in volo.
«Priscilla!»
chiamò lily, avvicinandosi al corpo devastato della ragazza.
«Sto
bene» gracchiò lei, cercando di rimettersi almeno
dritta.
«Ruggito
del drago di fuoco!» urlò Natsu, soffiando le
proprie fiamme contro
il nemico. Ma Zancrow ancora rise vedendosi arrivare addosso il
colpo. Spalancò la bocca e non appena fu raggiunto dalle
fiamme
cominciò a inghiottirle, cibandosene.
«Non
è possibile!» sussultò Wendy.
«Sai
chi è stato a concedere il fuoco agli umani? È
stato un Dio! Non un
Drago e nemmeno un altro essere umano. Un Dio!»
scoppiò a ridere
non appena ebbe finito il pasto. «Erano fiamme davvero
gustose!
Adesso tocca a me: Ruggito del Dio del fuoco!»
L'ondata
di fuoco nero che nacque dall'interno della sua bocca si
aprì
gigantesca in tutto l'ambiente circostante ed esplose con un boato
che fece tremare l'intera isola. Non solo Natsu, a cui aveva mirato,
fu colpito, ma persino Priscilla e Wendy nonostante si trovassero a
distanza di sicurezza. Il calore scottante, quelle fiamme devastanti,
impedì loro di usare ancora la propria magia troppo
concentrati sul
dolore recatogli. Natsu venne sbalzato via, oltre il dirupo, nella
foresta, e lontano da lui anche Priscilla, Wendy e gli Exceed caddero
nel vuoto.
«Priscilla-nee!»
chiamò Wendy, gattonando rapidamente verso di lei.
«Sto
bene» mugolò lei, rialzandosi lentamente.
«Come state voi?»
«Niente
di rotto per fortuna, ma ce la siamo vista brutta» disse Lily.
«Natsu!
Natsu sta bene, vero?» piagnucolò Happy, guardando
con
preoccupazione verso il dirupo da cui erano appena caduti.
«Natsu
ha la pellaccia dura, sono certa che starà già
trovando il modo di
risalire e tornare a combattere» disse Charle.
«Dovremmo
tornare anche noi» azzardò Lily.
«Non
sento ulteriori esplosioni o urla provenire da lassù, dubito
che
Natsu si trovi ancora lì e non è prudente per noi
andarci di nostra
volontà. Il potere di quell'uomo è
incredibile» disse Priscilla,
portandosi la mano di ghiaccio sulla spalla destra, dove ardeva
ancora un'evidente bruciatura. Il contatto col ghiaccio della seconda
metà del suo corpo le recò quasi dolore, ma
strinse i denti e cercò
di resistere sperando che nel rigenerarsi non avesse consumato
più
magia di quanta fosse necessaria. Doveva ancora combattere e non
poteva usare ancora il potere di Anima per ricaricarsi, era passato
troppo poco tempo.
«Priscilla,
stai bene?» chiese Happy, preoccupato nel vedere la sua
espressione
addolorata. Dal viso le colava del sudore, era stremata da tutti quei
combattimenti, quasi al limite, e sapere che avevano solo appena
iniziato era veramente preoccupante. Lei cercò di sorridere,
rincuorante, e annuì.
«Andiamo.
Ho visto Natsu cadere da quella parte, cerchiamo di riunirci a
lui»
disse cominciando a fare strada.
"Ho
ancora questa sensazione opprimente nel petto, non riesco a placarla.
Sono così preoccupata..." e d'istinto lanciò uno
sguardo al
cielo sereno, come se avesse sperato di vederci qualcosa in
particolare. Magari delle nuvole nere, dei tuoni, a rassicurarla.
Sicuramente un gesto dettato dalla paura: era terrorizzata e proprio
di fronte a quella primordiale paura aveva sperato di sentire la
vicinanza dell'unica persona che fosse mai stata in grado di farla
sentire più serena. Chissà dov'era in quel
momento.
"Laxus...
come vorrei poterti vedere, adesso" una stretta al petto, il
desiderio di un abbraccio confortevole. Quelle persone potevano
realmente porre fine a Fairy Tail, potevano davvero portare la
distruzione tanto temuta. Per quanto cercasse di avere fiducia, non
poteva far a meno di sentire la vibrazione del terrore percorrerle
tutto il corpo. Si era scontrata prima con Azuma, poi con Zancrow, se
anche gli altri adepti di Grimoire Hearts erano come loro...
avrebbero davvero potuto sopravvivere? E quel Master Hades
paragonabile a un Dio, se persino uno come Zancrow lo ammirava a tal
punto, quanto poteva essere forte? Soprattutto, perché suo
nonno non
era ancora intervenuto e non aveva messo fine a tutto quello con
Fairy Law? Quando si erano trovati in difficoltà, di fronte
a
Phantom Lord, gli era bastato uno schiocco di dita per mettere fine a
tutto, per salvarli. Che stesse combattendo anche lui? Che avesse
trovato qualcuno così forte da portarlo a desistere?
"Chissà
dov'è..." pensò sempre più
preoccupata, avanzando con il
volto cupo attraverso il bosco.
«Priscilla-nee»
mormorò Wendy, guardandola preoccupata. Stava sudando freddo
e aveva
il volto contratto in un'espressione addolorata. Priscilla
cercò di
rasserenarsi e tornare con i piedi per terra. Si guardò il
palmo
della mano destra, stretto ai propri vestiti fino a quel momento e
tirò un sospiro.
«Questa
è la sensazione della paura» mormorò.
«L'ho provata un sacco di
altre volte, ma mai in questo modo».
«È
colpa di Nirvana, intensifica le tue emozioni»
provò a spiegare
lei.
«Nirvana
intensifica la mia reazione alle emozioni, non loro stesse.
Qualcosa... non saprei, c'è qualcosa che...»
mormorò, temendo
persino nel pronunciare una simile frase. «È mai
capitato prima
d'ora che Fairy Tail affrontasse una crisi del genere? Siamo tutti
qui, su quest'isola, con dei nemici tali da poterci
uccidere...»
«Non
dirlo nemmeno!» la rimproverò Wendy, intuendo cosa
stesse pensando
e cosa la intimorisse tanto. Aveva toccato con mano la forza di
quelle persone e ne era rimasta terrorizzata, ma la paura non nasceva
dal pericolo che lei stessa stava correndo ma da quello derivante per
tutte le persone che conosceva. La paura di perdere anche solo uno di
quegli amici a cui negli ultimi tempi si era legata fino a quel
punto. La vecchia Priscilla, che vedeva Fairy Tail solo come un posto
in cui stare, un posto come un altro scelto da Laxus e in cui era
entrata per far felice lui e basta, la vecchia Priscilla non aveva
mai provato quel genere di sensazioni. La paura verso gli altri, non
verso se stessa. Una paura da cui non poteva proteggersi
semplicemente nascondendosi in un armadio.
«Io
credo in Fairy Tail! Sono sicura che andrà tutto per il
meglio!»
insisté Wendy e quella passione, quella fiducia, travolsero
Priscilla come un'ondata. Era così intensa che per un attimo
riuscì
persino a crederci.
Un'esplosione
e delle fiamme nere che si alzavano nel cielo, da una zona di bosco
non troppo distante. Si voltarono a guardarle, spaventati, sapendo
perfettamente da chi arrivassero.
«Zancrow»
mormorò Charle.
«Starà
combattendo ancora contro Natsu? O ha trovato qualcun altro?»
chiese
Lily.
«Restate
qui!» ordinò Priscilla, volando via rapidamente.
«Priscilla-nee!»
provò a richiamarla Wendy, ma lei, prima di sparire tra gli
alberi,
si limitò a ordinare ancora: «Non muovetevi,
restate al sicuro!»
Che
fosse Natsu il suo avversario, o chiunque altro, non sarebbe rimasta
in disparte a guardare. Quelli non erano avversari da sottovalutare e
finché avrebbe avuto la forza di combattere l'avrebbe fatto,
fino
allo sfinimento.
Sbucò
all'interno di una radura e lì il cuore parve fermarsi per
un
attimo. Natsu imprigionato all'interno delle fiamme nere urlava dal
dolore mentre queste lo consumavano, incapace di liberarsi e persino
di muoversi. Ma ciò che recò al petto di
Priscilla una fitta ancora
più forte fu vedere Makarov, suo nonno, steso a terra
ricoperto di
sangue e ferite. Chi l'aveva ridotto in quel modo? Zancrow? Qualcun
altro? Il dolore nel petto parve esplodere e prendersi tutto il resto
del suo corpo, facendola vibrare come una corda di violino. La
sentiva, l'ombra di Nirvana che le offuscava la vista di fronte a
quell'assordante rumore di urla e terrore.
Suo
nonno...
"Non
siamo anche noi la tua famiglia, Priscilla?"
Il
nonno che tanto aveva lottato per darle la felicità,
combattendo
persino contro il suo stesso animo avvilito e le sue convinzioni di
non essere degna di trovarsi tra loro. Quel nonno dalla forza
inconcepibile, che l'aveva salvata non solo da Phantom Lord ma anche
dal peggiore dei suoi incubi.
"E
questo che fai ai tuoi figli, Ivan?"
Il
giorno che aveva scelto loro, la sua famiglia, a un figlio vile e
folle.
"Non
alzerai più nemmeno un dito non solo su Laxus e Priscilla,
ma
sull'intera gilda. Sei esiliato, Ivan".
Il
nonno che aveva lottato persino con la follia di un nipote cieco, pur
di proteggerla e difenderla, accettando le sue ridicole condizioni
solo per vederla di nuovo sorridere.
La
vide l'ombra di Nirvana che di fronte a quel sentimento
incontrollabile, quella paura folle, le acceccava la vista. Tutto
sembrò diventare buio e impercettibile, ma i battiti del suo
cuore
cominciarono a dirle la verità.
«Io
credo in Fairy Tail».
Zancrow
non ebbe nemmeno il tempo di accorgersi del suo arrivo che Priscilla
lo centrò in pieno viso con un calcio diretto, usando la
potenza del
suo vento per caricare il colpo. Zancrow si sorprese, ma non fu solo
quello a spingerlo contro il tronco dell'albero contro cui si
schiantò. Il potere di quel calcio era stato di gran lunga
superiore
a tutto il potere che lei avesse mai sprigionato fino ad allora.
«Ci
tieni a morire anche tu!» disse lui che, nonostante tutto non
aveva
ancora mollato la presa su Natsu e continuava a lanciare su di lui
fiamme nere che lo logoravano. Allargò quelle fiamme come
fossero
morbide e in grado di allungarsi e la presero, coinvolgendola in
quell'enorme bolla di fuoco e fiamme che stavano logorando Natsu. Ma
Priscilla non si mosse, si fece inghiottire, infine svanì
come
dissolta. Zancrow si guardò attorno, senza riuscire a
vederla, ma un
tornado cadde dal cielo e centrò in pieno l'albero che aveva
alle
spalle, disintegrandolo. Pezzi di tronco volarono ovunque ma si
fermarono a mezz'aria, ognuno gestito da una corrente diversa. Si
direzionarono verso Zancrow e si lanciarono contro di lui. Lui ancora
sorrise e la sua fiamma nera lo circondò, allargandosi tanto
da
bruciare non solo gli alberi che erano stati usati come proiettili -e
quindi vanificare l'attacco- ma centrando persino la stessa Priscilla
che si scoprì essere non troppo distante.
«Puoi
creare illusioni, che brava. Credi che basti questo?» rise
lui,
guardando Priscilla contorcersi dal dolore.
«Certo
che no» disse lei con uno strano sguardo in viso. Nonostante
il
fuoco la stesse lentamente dilaniando, nonostante tremasse per il
dolore, si alzò e lanciò contro Zancrow un'ondata
di vento che
generata proprio all'interno di quelle fiamme si trasformò
in un
tornado di fuoco.
«Vuoi
colpirmi con la mia stessa magia? Stai scherzando?» rise lui,
colpito da un colpo che non gli fece nemmeno un graffio. Priscilla
barcollò e per un attimo cedette a quel terribile dolore,
mentre
parti del suo corpo cominciavano a vaporizzare e bruciare.
«Non
posso morire» mormorò. «Devo solo
controllare il dolore, ma non
posso morire. Posso farcela... io posso restare qui dentro»
digrignò
i denti e infine lanciò verso il suolo il proprio pugno
sinistro,
penetrando nel terreno.
"Il
vapore del ghiaccio del mio corpo sciolto grazie a queste fiamme, lo
userò a mio vantaggio" pensò poco prima di
urlare: «Geyser!»
Sotto
ai piedi di Zancrow si aprì un varco da cui uscì
un getto di aria
bollente e vapore, che lo colpì in pieno, ma ancora non ebbe
che la
sorpresa ma nessun effetto. Si spostò, schivandolo, ma il
getto di
aria calda cessò nel suo punto precedente ed esplose di
nuovo da
sotto i suoi piedi aprendo decine di varchi tutti intorno con solo lo
scopo di riuscire a centrarlo.
«Quali
speranze credi di avere, mocciosa?» rise Zancrow, saltando da
una
parte all'altra e schivando i colpi del suo Geyser.
«Io
nessuna» disse lei con una serietà sconcertante.
«Gli Dei hanno
creato gli uomini, poi hanno mandato demoni, guerre, epidemie e
mostri a distruggerli. Ti sei mai chiesto il
perché?»
«Eh?»
chiese Zancrow non capendo di cosa stesse parlando.
«Per
paura» un sorriso inquietantemente vittorioso, nonostante lei
stesse
letteralmente bruciando viva. «Gli Dei cominciarono ad aver
paura
degli uomini perché consapevoli che loro, con la loro
mortalità,
avrebbero potuto ucciderli. Perché gli uomini, di fronte
alla morte,
possono solo colpire sempre più duramente... fino a
uccidere».
«Stronzate!
Il dolore ti sta dando al cervello» disse Zancrow,
infastidito da
quei discorsi e soprattutto da quello sguardo tanto convinto. Non
stava che prendendo colpi, nessuno dei suoi attacchi andava a buon
segno, eppure nei suoi occhi non c'era che la sicurezza di chi
avrebbe vinto da un momento a un altro.
«Io
credo in Fairy Tail» sorrise lei, cessando infine i propri
colpi. Si
lasciò andare, cadendo a terra, decisa a non combattere
oltre,
decisa ad arrendersi alla propria fatica.
«Non
sottovalutare mai il potere dei sentimenti di un essere
umano» disse
infine, cadendo a terra. Ma ciò che sorprese Zancrow,
più che le
sue ultime parole, fu vedere il proprio fuoco lentamente venir
dissolto. A occhi spalancati si voltò verso Natsu, che aveva
tenuto
prigioniero fino a quel momento, e lo trovò incredibilmente
libero.
A testa indietro, risucchiava e mangiava le sue nere fiamme, fino
all'ultima fiammella.
«Non
è possibile!» gridò Zancrow, sconvolto.
«Non puoi mangiarle, come
hai fatto?»
«Ora
capisco» mormorò Natsu, carico di una nuova
energia. «Mi sono
dovuto prima liberare del mio stesso potere magico per riuscire a
mangiare le tue, a quanto pare esistono fiamme che vanno mangiate in
maniera speciale».
«Vai,
Natsu» sorrise Priscilla, stesa a terra, incapace di muoversi
ma
ancora sveglia.
«Razza
di idioti, state cercando di farvi uccidere?!»
ruggì Makarov, dal
centro della radura.
«Nonno!
Sei sveglio!» esclamò Priscilla e sorrise felice.
«Certo
che sono sveglio ed è da almeno dieci minuti che ti ordino
di
fermarti, stupida!»
«Davvero?»
strabuzzò gli occhi lei. «Non ti
sentivo».
«Sei
tale e quale a tuo fratello! Testarda! Non ascolti mai!» si
dimenò
Makarov, per quanto fosse in grado di muoversi.
«Nessuno
di noi morirà, vecchio» disse Natsu, puntando gli
occhi severi su
un Zancrow che ora cominciava a sudare freddo. «Torneremo a
casa,
tutti insieme. Fiamma brillante del Dio del Drago!» la fiamma
che
nacque dal pugno di Natsu, rivolto su Zancrow, brillò e
vibrò come
nessun'altra fiamma prima di allora. Rossa e nera, dorata e ambrata,
cambiava sfumatura a ogni fiamma e Zancrow provò invano a
pararlo.
La potenza fu tale che nemmeno lui poté sostenerla e
finalmente,
incapace di combattere ancora, cadde sconfitto.
«Vecchio...»
mormorò Natsu, ansimante. «Combattiamo. So che ci
sono momenti in
cui bisogno ascoltare la propria paura e fuggire via, me lo ha
insegnato Gildarts, ci sono limiti per tutti. Ma non è
questo il
caso. Questa gente ha provato a fare del male a Fairy Tail, dobbiamo
fargliela pagare, dobbiamo mostrar loro qual è la nostra
forza.
Dobbiamo comb...» non riuscì a terminare la frase,
che esausto
svenne e cadde a terra.
«Natsu!»
chiamò Makarov, terrorizzato. Priscilla allungò
istintivamente una
mano verso di lui e riuscì a generare una corrente
sufficiente a
evitare che sbattesse a terra, appoggiandolo morbidamente.
«Priscilla-nee!»
la voce di Wendy, che correva verso di loro.
«Wendy!
Ti avevo detto di aspettare lì» la
rimproverò Priscilla,
guardandola severa, per quanto le sue condizioni non fossero quelle
adatte a una cosa del genere.
«Santo
cielo» mormorò Charle, guardando i corpi dei
compagni e di Zancrow
che aveva di fronte. «Che cosa è successo,
qua?»
«Abbiamo
vinto!» alzò un braccio Priscilla, contenta, ma il
dolore la
portarono ad assumere una smorfia e tornare ad appoggiarsi a terra.
«Vi
curerò subito!» disse Wendy, correndole incontro.
«No,
non io! Parti dal nonno! Ne ha più bisogno» le
disse Priscilla,
facendole un cenno col capo, e lei decisa annuì.
«Wendy,
non hai molta magia. Non esagerare!» cercò di
dirle Charle,
volandole accanto.
«Non
importa! Devo fare qualcosa!» insisté Wendy,
alzando le mani sopra
la testa di Makarov e cominciando a far brillare il tutto di una luce
celestiale.
«Natsu!!!»
il lamento di Happy, prima di corrergli incontro preoccupato.
«Priscilla,
come ti senti?» chiese Lily, avvicinandosi infine alla
ragazza.
«Ehy,
socio» ridacchiò lei, ammorbidendosi a terra e
poggiando la testa
tra le braccia. «Sono distrutta, spero che gli altri sei
fratelli
del purgatorio mi diano prima qualche minuto per rigenerarmi. Non
credo di potermi muovere in queste condizioni».
«Qual
era esattamente il piano? Perché sei corsa qui in quel
modo?»
chiese curioso Lily, sedendosi al suo fianco.
«Nessun
piano. Ho solo ripensato alle parole di Natsu sulla paura e... non
so, ho voluto avere fiducia. Sapevo di non potercela fare contro di
lui, ma sentivo che dovevo fare comunque qualcosa e speravo nel
frattempo che a Natsu venisse qualche bella idea»
ridacchiò,
guardandolo steso a terra. Wendy aveva appena finito di usare la
propria magia su Makarov e corse dal secondo malridotto, proprio lo
stesso Natsu, ripetendo l'operazione.
«Sinceramente
non so quanto sia stata buona» commentò, vedendolo
ancora privo di
sensi nonostante la magia di Wendy.
«Niente
da fare, su di lui non funziona. Non capisco
perché» disse Wendy,
ansimando esausta.
«A
quanto pare le sue ferite sono troppo profonde anche per essere
curate dalla magia del cielo. C'è qualcosa che interferisce
con la
guarigione...» commentò Charle, guardando il corpo
del ragazzo
steso a terra. Priscilla, ancora stesa a terra, spostò
semplicemente
la testa per riuscire a guardare la scena.
«Che
cosa posso fare?» chiese Wendy, disperata.
«Lily...»
mormorò Priscilla, pensierosa. «Perché
la sciarpa di Natsu è
diventata nera?» un particolare che aveva notato solo in quel
momento.
«Pare
sia successo dopo che ha incontrato il tizio spaventoso dai capelli
neri» rispose lui.
«Quale
tizio?» chiese Priscilla, curiosa.
«Non
so, è quello che ha raccontato lui. Possibile che si
tratti...»
un'idea, bizzarra, ma cominciava a diventare possibile.
«Zeref?»
sussurrò Priscilla, colta dallo stesso dubbio.
«Wendy»
la voce dolorante di Makarov, trascinato a fianco del ragazzo per
permettere a Wendy di occuparsi di entrambi e tenerli vicini.
«Master!»
sussultò lei, sollevata nel vederlo di nuovo sveglio. Dopo
che aveva
fatto la ramanzina ai due ragazzi e aveva visto Zancrow sconfitto,
aveva per un po' perso i sensi, troppo affaticato persino per restare
sveglio.
«La
sciarpa di Natsu... è lei a interferire con la guarigione,
è il
segno del male. Riesci ad occuparti della sciarpa di Natsu?»
«Certo!
Ci provo!» disse Wendy, determinata come sempre.
«Allora
è vero che Zeref si trova su quest'isola»
mormorò Priscilla,
incupendosi. Un'ombra nei suoi occhi, più nera di quella che
si
sarebbe aspettata, incuriosì Lily che era lì di
fianco a lei.
«Qualcosa non va?»
«Il
solo fatto che Zeref sia ancora a questo mondo e si trovi su
quest'isola, non va» rispose lei, rannicchiandosi tra le sue
stesse
braccia. «Ma... la verità è
che...» qualcosa bloccò le sue
parole, un timore di cui faceva fatica persino pronunciare la sua
esistenza. Girò faticosamente il palmo della mano, riuscendo
a
guardarne il simbolo ben stampato sopra. «Una magia che crea
la
vita... il mondo della magia ha sempre ritenuto oltraggioso una magia
come questa, che profana la verità e l'essenza della vita.
Ricrearla
a proprio piacimento sembrava così ripugnante, un modo per
appropriarsi dell'unica libertà concessa agli uomini: quella
di
esistere. Non ho idea di come mio padre sia riuscito a venirne in
possesso e a utilizzarla... qualcuno deve avergli insegnato».
«La
magia della vita... è una magia di Zeref?»
azzardò Lily,
cominciando a capire dove la ragazza volesse arrivare. Lei
semplicemente annuì, poi tirando un sospiro tornò
a guardare Wendy
che ancora concentrava tutte le sue forze sulla sciarpa di Natsu.
Pian piano era diventata grigia, perdendo il nero che la componeva, e
continuava a sbiancare sempre più. Dalla fronte della
ragazzina,
ormai stremata, cadevano ipnotizzanti gocce di sudore.
«È
da quando abbiamo incrociato Azuma, che ci ha detto di Grimoire
Hearts e Zeref, che ho una strana sensazione addosso. È
talmente
opprimente che mi fa male al petto» un sospiro, forse
più un
lamento, nell'istante in cui sentì una fitta alla testa
tanto forte
da credere che potesse esplodere.
«Dovresti
riposare un po', potrebbe esserci bisogno ancora del tuo
aiuto»
suggerì Lily, nel vederla così affaticata. Lei
ancora annuì e pian
piano, a grossi respiri, cedette alla sensazione del sonno che le
intorpidiva il corpo. Non aveva bisogno di dormire, quando era
piccola, appena nata, non lo faceva mai. Ma suo padre l'aveva
costretta a imparare e il suo corpo aveva, con l'esperienza, imparato
che nel sonno la rigenerazione e il recupero avveniva più
rapidamente. Perciò semplicemente si poteva dire che si era
evoluta
e aveva cominciato a sentire lo stimolo del sonno le volte che doveva
recuperare magia.
«Devo
solo riposare un po'» la verità tagliente,
onnipresente. Chiuse gli
occhi e non ci mise molto a sentirsi più leggera,
inconsistente come
una vera marionetta di carta. «Svegliatemi subito se succede
qualcosa» mormorò un istante prima di cadere
definitivamente nel
sonno. Neanche ebbe modo di sentire la voce di Lily che rispondeva
rassicurandola.
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Capitolo 32 *** Qualcuno ci aiuti ***
Qualcuno
ci aiuti
Le
voci si accalcavano le une sulle altre, diventando dapprima un ronzio
fastidioso poi un vero e proprio tormento per il suo mal di testa.
Qualcuno litigava e certo non era difficile cogliere tra quelle voci
quella petulante e sempre squillante di Natsu. La magia di Wendy
doveva aver funzionato, se ora aveva addirittura le forze per
litigare, però questo non migliorava il suo umore: avrebbero
potuto
svegliarla con una delicatezza maggiore.
«Ma
insomma, cos'è questo casino?» mormorò,
aprendo gli occhi. «Una
non può nemmeno concedersi un po' di riposo dopo una serie
sfiancante di battaglie, siete proprio dei maleducati»
sbadigliò,
storpiando gran parte delle parole, e pian piano si tirò a
sedere.
«Priscilla!
Ti sei svegliata» osservò Lily, ancora al suo
fianco. «Come ti
senti?»
«Posso
muovermi, questo è ciò che conta»
disse, stiracchiandosi. «Natsu,
cos'hai da brontolare, sentiamo?» chiese poi puntando gli
occhi
ancora stanchi e arrossati dal sonno al ragazzo. Solo in quel momento
si rese conto che non era solo: Lucy era con lui e davanti a loro,
motivo di quella litigata probabilmente, c'era Mest.
«E
voi due quando siete arrivati?» chiese, sorpresa.
«Hai
dormito per una buona mezz'ora, sono successe un po' di cose»
spiegò
brevemente Lily.
«Un
attimo! Tu te la sei svignata durante la battaglia con Zancrow!
Avresti potuto restare ad aiutarci, codardo!»
ruggì lei, puntando
un dito contro Mest, e lui reagì con uno sconfortato:
«Sono del
Concilio, ricordi? Ero vostro nemico...».
«Bazzecole!»
«Chi
usa il termine "bazzecole" ad oggi?!» sussultò lui.
«L'ho
letto su un libro tempo fa, suonava divertente»
ridacchiò
Priscilla.
Era
in grado di scherzare, era in grado di tornare a essere la solita
confusionaria Priscilla, questo non poteva che significare che stava
bene.
«Comunque
il punto adesso è un altro! Natsu, devi ascoltarmi, posso
teletrasportarvi tutti, dobbiamo solo radunarci!» disse Mest,
voltandosi verso un Natsu che ancora soffiava rabbia dal naso e se ne
stava a braccia conserte.
«Perché
mai dovremmo accettare l'aiuto del concilio?» disse stizzita
Charle.
«Prima
te la svigni poi vieni qui a dirci che vuoi portarci via tutti per
salvarci, magari con questa scusa ci troviamo tutti teletrasportati
in prigione direttamente senza nessun motivo. Siete delle belle
canaglie!» mormorò Priscilla, sedendosi a gambe
incrociate e
portandosi le mani dietro la testa.
«Non
abbiamo prove contro di voi, lo sapete! Voglio solo aiutarvi, stare
qui è pericoloso!» insisté Mest.
«E
comunque» si alzò Priscilla, continuando a
ignorare le sue parole.
«Ci stai praticamente dicendo di scappare e lasciare Zeref su
un
piatto d'argento a Grimoire Hearts. Non ho idea di cosa vogliano
farci, ma non mi sembra proprio una bella trovata».
«Parlavano
del mondo definitivo della magia» disse Lucy, cupa in volto.
«E
cosa sarebbe?» chiese Priscilla.
«Dicevano
che volevano creare un mondo dove solo la magia poteva dimorare.
Utilizzeranno Zeref per eliminare tutti quelli che non hanno magia
dentro loro, solo i maghi potranno vivere su questo mondo»
spiegò
ancora Lucy.
«Non
scherziamo!» rispose Priscilla, a occhi sbarrati.
«Neanche il dieci
per cento della popolazione ha magia dentro sé!
Stermineranno
praticamente la razza umana!»
«Il
Concilio non lo permetterà, è proprio questo il
punto!» intervenne
Mest. «Non appena scopriranno cosa sta succedendo qui,
attaccheranno
senza pietà!»
«Cosa?!»
sussultò Priscilla.
«Vogliono
usare di nuovo l'Etherion?» urlò Happy,
terrorizzato.
«Non
imparate mai, vero?» mormorò scoraggiata
Lucy.
«Allora
vuol dire che sistemeremo le cose prima che ciò
accada» disse
Natsu, risoluto.
«Di
cosa stai parlando? Hai visto come vi hanno conciati, persino Makarov
è stato battuto! Non vincerete mai!»
«Intanto
uno dei loro peggiori è a terra, mentre noi siamo qui a
discutere
sulla nostra prossima mossa» disse Priscilla, avvicinandosi
al corpo
di Makarov ancora a terra, privo di coscienza. Stava semplicemente
riposando, la magia di Wendy aveva già cominciato a fare
effetto, ma
aveva bisogno di tempo. Si chinò e lo prese in braccio,
avvolgendolo
in una coperta per tenerlo al caldo. Si rialzò e camminando
passò
davanti a un Mest ancora senza parole, sconvolto per la decisione
folle che quelle persone stavano prendendo.
«Hai
ancora molto da imparare su questa gilda» disse e non furono
solo le
sue parole a zittire del tutto Mest, ma soprattutto i suoi occhi
decisi, che non avrebbero lasciato spazio a nessun tipo di replica.
La sicurezza che riponeva in quelle persone, nella loro forza e nel
loro legame, era assoluto.
«Priscilla-nee»
mormorò Wendy, chiedendosi dove si stesse dirigendo col
corpo di suo
nonno in braccio.
«Andiamo
al campo base, è l'unico luogo di ritrovo che conosciamo.
Sicuramente anche gli altri saranno lì. Ci riuniremo a loro
e
insieme penseremo a qualcosa» disse lei, camminando avanti al
gruppo.
«Non
potete farcela...» balbettò Mest, guardandoli
allontanarsi uno alla
volta. «Siete solo una normale gilda, non potete
farcela».
«Ascoltami
bene!» il ruggito di un drago, il ruggito di un Natsu che
sembrava
pronto a staccare la testa a chiunque. «Non mi importa se ho
a che
fare con Grimoire Hearts o con il Concilio. Chiunque alzi anche solo
un dito su questa gilda è mio nemico e io lo
distruggerò».
«Se
veramente vuoi esserci d'aiuto» si voltò
Priscilla, squadrandolo
dall'alto al basso con una superiorità che mai avrebbe
immaginato di
vedere in una ragazza infantile e sorridente come lei.
«Prendi tempo
e trattieni quegli schifosi dei tuoi superiori. Natsu!
Andiamo!»
«Sì»
rispose lui, semplicemente, camminando in coda al piccolo gruppo
suicida.
«Priscilla»
si avvicinò Lucy, guardando il cielo pensierosa. Le nuvole
si
stavano radunando rapidamente e già qualche goccia di
pioggia,
impaziente, aveva cominciato a cadere. Stava per venir giù
un bel
temporale, sembrava quasi che il cielo avesse deciso di cadere sul
mondo stesso. «Hanno detto che vogliono portare via Zeref di
qua.
Sicuramente hanno raggiunto l'isola in qualche modo, una nave
probabilmente. Penso sarebbe una buona idea provare a rintracciarla,
almeno per avere un'idea di dove si trovi la base nemica e prepararci
a dovere» disse la bionda.
«Lily,
Charle, pensate di riuscire a fare qualcosa?» chiese
Priscilla,
voltandosi verso i due Exceed che senza farselo ripetere due volte si
alzarono in volo.
«Faremo
un giro di perlustrazione dall'alto» annuì Charle.
«Io
ho terminato la mia magia, mi dispiace» mormorò
Happy, colpevole.
«Non
preoccuparti, pensa a recuperare le forze. Potresti esserci utile
più
avanti» lo rassicurò Priscilla, prima di fargli un
occhiolino
complice e suggerire: «Perché non ti fai uno
spuntino? Mangiare ti
aiuterà».
«Aye!»
esclamò lui, addentando con gioia il pesce che aveva appena
tirato
fuori dal suo piccolo fagotto verde.
«Restiamo
sulla strada, così ci ritroverete facilmente»
disse poi a Lily e
Charle, che annuendo non persero altro tempo e volarono via con tutta
la velocità che la loro magia poteva dargli.
Lucy
al suo fianco la guardò per un po', mettendola anche
vagamente in
soggezione, fino a quando non le sorrise con un certo divertimento in
volto.
«Cosa
c'è?» mormorò Priscilla, rossa in volto
per il disagio.
«Pensavo
che è la seconda volta che il Master è fuori
gioco e anche questa
volta hai preso tu le redini della situazione e ci stai
guidando»
disse, riferendosi al giorno in cui Priscilla aveva invitato l'intera
gilda a combattere contro Phantom Lord nonostante le loro scarse
possibilità e le loro ferite.
Priscilla
rispose con uno sbuffo divertito, e tornò a concentrarsi
sulla
strada da percorrere. «Non sono portata per questo ruolo, ma
comunque sono cresciuta con loro... qualcosa ho imparato. In fondo,
glielo devo» disse guardando Makarov, che teneva tra le
braccia, con
affetto.
«Loro?»
chiese Lucy, cercando di capire di chi altro parlasse oltre che
Makarov. Poi un nome le venne in mente e la domanda, incredula e
scocciata, fu inevitabile: «Non mi dirai che invece Laxus
è portato
per questo ruolo, vero?!»
Priscilla
rise divertita dalla sua poca fiducia e l'incredulità, per
poi
semplicemente commentare con il solito: «Non l'hai
conosciuto, è
normale che tu la pensi così».
«Mah...»
mormorò Lucy, pensierosa, e tornò a guardare il
cielo che ora aveva
cominciato a rovesciare enormi quantità di acqua, come
lacrime
disperate, lavavano via le ferite ma colpiva i loro corpi
già
abbastanza intorpiditi. «I Raijinshuu alla fine si sono
dimostrati
ottimi amici, e gli sono attacchi molto. Persino Natsu ha sempre
creduto in lui, anche durante quel ridicolo gioco che si era
inventato. Chissà, forse hai ragione».
«Quando
tornerà lo vedrai con i tuoi occhi» sorrise
Priscilla, convinta, e
fu quella convinzione a rattristare Lucy. Sarebbe davvero tornato?
Camminarono
a lungo e infine decisero di concedersi una pausa all'interno di una
grotta, per cercare riparo almeno momentaneamente dalla pioggia.
Natsu rimase sulla soglia, in vista sulla strada, per controllare
quando Lily e Charle sarebbero tornati. Priscilla poggiò a
terra suo
nonno, coperto, e gli rimase seduta a fianco, a vegliare su di lui.
Lucy evocò Virgo dal mondo degli spiriti, che servizievole
come
sempre portò sia a lei che a Wendy degli abiti nuovi. Si
cambiarono
entrambe e infine Priscilla, guardando allegra il nuovo look di
Wendy, insisté per poterle legare i capelli in due codine
che, a
detta sua, l'avrebbero resa adorabile. Non era raro che Priscilla
usasse Wendy come una vera bambolina, la sera si divertiva a
pettinarle i capelli, sceglieva con lei gli abiti per il giorno dopo,
ogni tanto si intrufolava persino nella vasca insieme alla ragazzina,
nonostante l'imbarazzo di quest'ultima, e facevano il bagno insieme.
Charle fece ritorno quando lei aveva quasi finito e stava finendo di
allacciare l’ultimo dei due elastici.
«Charle!
Sei sola?» chiese, guardando la gatta sull'ingresso insieme a
Natsu.
«Abbiamo
incrociato il campo base, più avanti. Ci sono molti feriti,
per
questo Lily ha deciso di restare lì per cercare di
aiutare» spiegò
lei.
«Anche
loro hanno incrociato qualcuno dei sette fratelli del
purgatorio»
mormorò Priscilla, lasciando finalmente andare la testa di
Wendy.
«Già.
Persino Gajeel e Mira sono feriti gravemente. La loro base invece
sono riuscita a vederla, si trova sulla riva est».
«Mira
in condizioni gravi?» sussultò Lucy, sorpresa che
persino un
temutissimo mago di classe S fosse stata messa tanto in
difficoltà.
Priscilla non disse niente, ma era ovvio che fosse altrettanto
preoccupata, e d'istinto portò lo sguardo su suo nonno,
vicino ai
suoi piedi. Era davvero la crisi peggiore che Fairy Tail avesse mai
dovuto affrontare, ma aveva fiducia.
«È
meglio sbrigarci» disse poi, alzandosi in piedi e sollevando
nuovamente suo nonno. «Cerchiamo di raggiungerli alla svelta,
Wendy
può aiutare loro con le guarigioni e se sono davvero messi
così
male rischiano di essere in pericolo se qualcuno di Grimoire Hearts
dovesse attaccarli ora che sono deboli e scoperti».
«È
lo stesso che ha detto Lily, per questo si è fermato
lì» asserì
Charle.
«Sbrighiamoci
allora!» disse Natsu e corsero sotto quella pioggia
torrenziale,
diretti al campo base.
Avevano
il fiatone e correva ormai da un po', quando all'improvviso
Priscilla, in testa al gruppo, inchiodò e si
fermò. Wendy, dietro
di lei, con uno squittio le finì addosso ma il suo delicato
peso non
fece che darle semplicemente una piccola spinta in avanti. Meno
fortunata fu Lucy, al suo fianco, che si sentì travolgere da
un meno
delicato Natsu.
«Che
fai?» ruggì Lucy, stesa a terra.
«Perché
ti sei fermata così?!» rispose a tono Natsu.
«Non
ne ho idea!» rispose Lucy.
«Ma...
cosa...?» balbettò Priscilla al loro fianco,
attirando l'attenzione
dei due litiganti. Fu il suo sguardo, più che le parole, a
farli
preoccupare. Pallida, gli occhi sbarrati, sembrava addirittura
tremare. E infine lo sentirono anche loro: un tremendo potere magico,
faceva venire la pelle d'oca e proveniva da appena poco più
avanti.
Alzarono gli occhi sulla strada, fino a incrociare l'ombra di un uomo
che si avvicinava. La pioggia, sopra di lui, cadeva con una potenza
decisamente maggiore. Era soprannaturale e per questo
inquietante.
«Perché
la pioggia sopra di lui cade più forte?»
balbettò Charle.
«Quest'aura...»
mormorò Wendy, altrettanto terrorizzata.
Natsu
a denti stretti saltò in piedi e fece un paio di passi verso
di lui,
gridando furioso: «Chi diavolo sei tu?»
L'uomo
si avvicinò ancora, lento e pacato, prima di mormorare:
«Chissà se
sai volare tu», poi alzò una mano e
decretò quella che sembrò una
sentenza: «No, ancora no».
La
pioggia intorno a loro cessò improvvisamente, le goccioline
galleggiarono davanti ai loro occhi come piuma, e infine l'uomo
spalancò le braccia e disse: «Cadi».
Una
forza incredibile li trascinò tutti a terra e anche sopra le
loro
teste la pioggia cominciò a cadere con più
violenza, colpendoli
come fossero proiettili. Ma non facevano neanche male, niente in
confronto a quella terribile forza invisibile che li schiacciava
sempre più verso terra.
«N-Non
riesco a muovermi» disse Charle, incapace quasi anche di
respirare.
«Che
cos'è?» lamentò Lucy.
«Gravità?»
azzardò Happy, ma sembrò l'unica risposta
possibile al momento.
E la forza si fece più schiacciante, più
pressante, fino a
distruggere il suolo stesso e creare una voragine in cui vi rimasero
incastrati tra urla di dolore e di paura.
«Non
mi interessa di Fairy Tail e nemmeno di Zeref» disse l'uomo,
allentando infine la pressione sopra i loro corpi e permettendogli di
tornare a respirare.«Ma c'è una cosa che voglio e
si trova qui.
Ditemi, dov'è la tomba di Mavis Vermilion?»
«La
tomba del primo Master?» chiese Lucy, sorpresa.
«Vuole
diventare mago di classe S anche lui?» chiese Natsu, stupito,
scatenando la furia di una Lucy che non riusciva mai a credere a
quanto potesse arrivare la stupidità di quel ragazzo:
«Ti pare
possibile?!»
«Fairy
Glitter» disse l'uomo, ignorando il piccolo battibecco tra i
due. «È
una delle tre magie supreme della vostra gilda, non è
così?»
«Di
cosa stai parlando?» ruggì Natsu, furioso,
provando ad alzarsi e
corrergli incontro per prenderlo a pugni. Ma di nuovo una forza
incredibile lo spinse a terra e lo schiacciò fino a
soffocarlo.
«Natsu!»
sussultò Lucy.
«Quella
radiosità è una luce spietata che respinge la
presenza di ogni
nemico» e aumentò la gravità nuovamente
non solo su Natsu, ma
sull'intero gruppo, facendoli tornare a urlare. «Voglio
quella
magia. Ditemi dov'è».
«Non
ne so niente» provò a mugolare Natsu, per quanto
riuscisse a
parlare schiacciato com'era al suolo.
«F-fa
male» mormorò Wendy tra i lamenti.
«Ma
quello è Makarov» osservò infine
l'uomo, spostando lo sguardo sul
vecchio steso a terra, parzialmente coperto dal corpo di Priscilla
che apprensiva gli aveva tenuto un braccio intorno. Gli occhi della
ragazza parvero annebbiarsi non appena notò l'interesse del
nemico
su di lui, sentì le viscere tremare. «Potrei
chiederlo direttamente
a lui».
La
voce di Priscilla cominciò a uscire lamentosa dai suoi denti
serrati, come un animale furioso, sembrava ringhiare come una bestia.
Piantò i palmi delle mani a terra, continuando a emettere
lamenti e
ringhi, come se stesse da sola cercando di sollevare una montagna
intera con tutta la forza che aveva. Gocce di sudore le caddero dalla
testa tanto forte da schizzare ovunque non appena toccarono terra e
l'intero corpo cominciò a tremare. Non fu immediato, ci
volle
qualche secondo, ma infine sia Natsu, che Lucy, o Happy, cominciarono
a sentirsi più leggeri.
«Posso
muovermi» osservò Lucy, sorpresa.
«Natsu»
ruggì Priscilla a denti stretti, sotto uno sforzo disumano.
Non
sapevano cosa stesse accadendo, ma era ovvio che fosse merito di
Priscilla in qualche modo, e Natsu non voleva certo vanificare i suoi
sforzi.
«Sì!»
gridò lui, lanciandosi infine contro il nemico col pugno
già
infuocato. E gridò, caricandosi, risalendo la voragine in
cui erano
intrappolati. «Non ti permetterò di far del male
al vecchio!»
gridò pronto a colpirlo, ma l'uomo non parve nemmeno
spaventarsi.
Mosse una mano in avanti e un colpo partì con una
velocità
incredibile nella direzione di Natsu. Non seppero cosa avesse
sparato, probabilmente niente, ma l'aria era stata squarciata in
qualche modo. Se Natsu si fosse trovato su quella traiettoria non ne
sarebbe uscito intero sicuramente, ma per sua fortuna una corrente
ascensionale l'aveva sparato verso l'alto appena in tempo per
evitarlo.
«Magia
dell'aria» mormorò l'uomo, notando Natsu che
ancora rotolava a
mezz'aria. «E così che stai vanificando l'effetto
della mia magia.
Una pressione inversa, contrasti la gravità eliminando la
pressione
dell'aria e spingendo il vento nella direzione opposta. Però
non
sembri in condizione di sostenere un ritmo serrato come il
mio»
disse notando la ragazza che inginocchiata continuava a latrare e
sudare. «Vediamo che succede se aumento ancora di
più» sorrise,
quasi divertito, e di nuovo tutti furono schiacciati verso il basso,
compreso Natsu che ancora volteggiava per aria. Priscilla cadde in
avanti, sentendosi comprimere e quello fu il motivo che la spinse a
usare più magia. Se avesse lasciato in quel momento, con una
pressione del genere, i suoi amici sarebbero morti schiacciati.
Urlò,
sfiancata dallo sforzo, dilaniata dalla fatica, e aumentò il
ritmo,
riuscendo nuovamente a rendere tutti abbastanza leggeri da
permettergli di muoversi, anche se ancora goffamente.
«Natsu!»
pianse, in una preghiera. Doveva fare qualcosa, lui che sicuramente
poteva, doveva fare qualcosa, non avrebbe retto ancora a
lungo.
«Priscilla-nee»
pianse Wendy, guardandola in quella straziante scena.
«Smettila
subito!» ringhiò Natsu, tanto furibondo che gli si
poterono vedere
le vene pulsare sulla fronte. Scattò con una tale furia da
lasciare
una voragine sotto di sé e infuocandosi tornò a
caricare contro il
nemico.
«Sarebbe
divertente provare a vedere fin dove riesci ad arrivare, ma non ho
tempo da perdere con voi» disse ancora Bluenote, l'uomo di
Grimoire
Hearts. «Mi hai stancato» ancora un gesto della
mano e ancora
quella specie di colpo che spaccava l'aria, una pressione tanto
potente da attraversare lo stesso spazio. Centrò l'unica che
in
tutto quello non era in grado di muoversi. Priscilla smise di urlare
e smise di respirare, colpita scavò un solco a terra e
lì rimase, a
occhi chiusi, sommersa di macerie.
«Priscilla-nee!»
urlò Wendy con le lacrime agli occhi, ma non ebbe modo di
andare da
lei né tanto meno tempo di preoccuparsi ulteriormente che la
magia
di Priscilla, ormai svenuta, smise di proteggerli. Vennero ancora
schiacciati, più forte, più dolorosamente, e
nemmeno la furia di
Natsu che spesso risolveva le cose riuscì a
salvarli.
«Aiutateci»
pianse Lucy. «Qualcuno ci aiuti».
«Eccoti
qua!» una voce potente provenne dal bosco, alle spalle di
Bluenote,
e una donna saltò oltre la voragine fino a raggiungerlo.
«Cana!»
chiamò Lucy, felice di vederla come mai lo era stata
prima.
«Non
ti permetterò di far del male ai miei compagni!»
disse lei,
caricando un pugno indietro. Il polso e l'intero braccio cominciarono
a brillare di luce propria, tanto brillante da squarciare la notte.
«Fairy...»
cominciò a richiamare, preparandosi a colpire, ma la
gravità di
Bluenote fu più veloce di lei e la trascinò a
terra con un tonfo.
«Tu...»
balbettò l'uomo, guardando il braccio marchiato di Cana.
«Quella
magia che possiedi... dove...»
«Che
sia...?» si chiese Lucy, studiando lo sguardo sconvolto di
Bluenote.
«Fairy
Glitter?» chiese Happy, altrettanto sorpreso.
«Lucy»
si rialzò Cana, nonostante il colpo. «Scusa se ti
ho abbandonata.
Ma ora sono qui e con questa magia riuscirò a
sconfiggerlo!»
«Fantastico!
L'hai ottenuta dalla tomba?» chiese Lucy, felice di vederla e
soprattutto di vederla così carica.
«Tomba?»
chiese Natsu, storcendo il naso. «Quella della
prova?» questo
significava solo che lei ci era stata alla tomba di Mavis, che era
arrivata alla fine e aveva superato tutti.
«Ti
dispiace se ne parliamo più tardi, Natsu?» disse
Cana, concentrata.
«Tienilo occupato finché non avrò
accumulato un po' di potere
magico, dammi una mano a sconfiggerlo!»
«Tsk»
si lasciò sfuggire Bluenote, infastidito. Allargò
le braccia e un
colpo improvviso, una pressione, spinse via tutti quanti insieme a
qualche roccia. Nessuno si salvò, neppure Cana che
tentò di
aggrapparsi al terreno stesso, e vennero spazzati via.
«Nessuno è
in grado di muoversi quando affetto dalla mia gravità e non
sopporto
l'idea che una come te abbia trovato innavertitamente la magia che ho
cercato tanto a lungo» disse lui, cupo in volto, gli occhi
iniettati
di sangue e la mascella contratta. «Ora me la
darai» ordinò,
avvicinandosi a Cana.
«Questa
magia può essere usata solo dai membri della gilda! Non puoi
impadronirtene!» ruggì la donna.
«Risalendo
alle origini della magia, scoprirai che tutto è nato da una
singola
magia. Questo significa che tutte quelle che ora esistono, un tempo
erano una unica» disse Bluenote, sollevando Cana per aria e
comprimendo il mondo intorno a lei per cominciare a stritolarla.
«Coloro che sono sintonizzati con il flusso originario della
magia,
le possono utilizzare tranquillamente tutte. Ora ti farò una
domanda, ragazzina: tu sei in grado di usare Fairy Glitter?»
un'ombra, una sicurezza accecante nei suoi occhi, una provocazione di
cui sapeva poteva avere la meglio.
«C-certo
che lo sono...» balbettò Cana, dolorante.
«È
inconcepibile che una mocciosa come te lo sia. Ma non preoccuparti...
sarò io a liberartene» disse e Cana
cominciò a urlare, lacerata
dai dolori di un mondo che sembrava accartocciarsi e schiacciarla al
suo interno.
«Cana!»
pianse Lucy, guardando l'amica inarcare la schiena per il
dolore.
Natsu
urlò furioso, ancora incapace di muoversi, schiacciato a
terra. E
infilo con un tonfo la testa sotto terra, in un gesto apparentemente
incomprensibile e anzi folle. Si chiesero cosa gli prendesse, ma non
ebbero tempo di formulare a voce i loro dubbi che Natsu
sparò
direttamente sotto terra il suo ruggito del drago del fuoco. Il getto
risalì verso il suolo e scoppiò sotto i piedi di
Bluenote, come un
vulcano in piena esplosione. Bluenote non ne risentì e
uscì indenne
dalla cortina di fumo che si dissipò poco dopo, ma il colpo
gli
aveva permesso di perdere il contatto con la sua magia e Cana si era
finalmente liberata.
«Levatevi
dai piedi!» ruggì, lanciando lontano Natsu e gli
altri.
«Grazie,
Natsu» mormorò Cana poco dopo. Il pugno alzato al
cielo cominciò a
illuminarsi, risplendendo di una luce tale da farla sembrare una
stella. Stava usando Fairy Glitter, l'attacco di Natsu le aveva dato
il tempo necessario a caricare il colpo e si preparò a
scagliarlo
contro il suo nemico.
«Oh,
fiumi guida di luce, vi chiamo a raccolta! Risplendete per
distruggere questa malvagia zanna... Fairy Glitter!»
urlò puntando
il pugno carico di energia contro Bluenote. Il fascio di luce lo
circondò come un anello e si strinse su di lui, urlante per
la
paura.
«Cadi!»
un gesto disperato, un colpo di magia gravitazionale improvviso, e la
luce di Fairy Glitter cadde a terra, schiacciata e distrutta, sotto
lo sguardo attonito di chiunque riuscisse ancora a guardare lo
scontro. Cana, più di tutti, sentì perdere le
speranze. Cadde a
terra, in ginocchio, con lo sguardo vacuo.
"Non
è possibile..." un pensiero assordante, come il pianto di un
bambino.
"Non
sono abbastanza forte" e il nemico le si avvicinò a mano
tesa,
pronto a distruggerla. «Questa tu la chiami Fairy Glitter?
Non farmi
ridere. Anche la magia più potente è inutile
nelle mani di un
incapace» disse Bluenote. «Lo sai che posso
prendere la tua magia
anche dopo averti uccisa?» la minacciò un'ultima
volta, se non
avesse ceduto Fairy Glitter spontaneamente l'avrebbe uccisa e che
altro potere aveva Cana per riuscire a combattere?
Lei
pianse, vinta, incapace di pensare a qualsiasi altra cosa. Sentiva di
essere già morta.
«Fermo»
mormorò Wendy, tremante.
«Ti
prego...» singhiozzò anche Lucy, incapace di
muoversi e perciò
correre in aiuto dell'amica che sembrava avesse perso persino la
voglia di esistere.
«Sprofonda
negli abissi dell'inferno» sentenziò Blunote e
alzò una mano sulla
ragazza per schiacciarla con la sua magia. Ma qualcosa ruppe non solo
il suo gesto, ma l'intero mondo intorno a loro, come un colpo di
proiettile tanto intenso da sfondare le barriere del suono. Bluenote
venne spazzato via sotto lo sguardo attonito di chi ancora aveva
occhi per guardare. In piedi, di fronte a Cana, appena protetta e
salvata, c'era Gildarts.
«È
Gildarts!» esultò Happy e Natsu gli fece eco con
la stessa
euforia.
«Allontanatevi
da qui» ringhiò Gildarts con un tono di voce che
mai aveva avuto
prima. Persino Natsu, che lo considerava come un padre, ne rimase
sorpreso e inquietato.
«Non
ho mai visto Gildarts così infuriato»
sussurrò Happy, con i
brividi lungo la schiena.
«Andate!»
urlò ancora Gildarts, prima di lanciarsi contro il nemico
con una
potenza tale che il terreno vibrò sotto ai suoi piedi.
Bluenote usò
la propria magia prima che lui potesse raggiungerlo e un enorme pezzo
di terreno venne sradicato dal suolo, ribaltandosi e portando
Gildarts a testa in giù. In un crollo di zolle di terra e
macerie,
tutto si rimescolava per confondere il nemico e infine stritolarlo al
loro interno, ma Gildarts lo distrusse e si spinse con un salto
contro Bluenote. I loro pugni si scontrarono, magia distruttiva
contro potente magia gravitazionale, e l'onda d'urto che ne
sprigionò
fece volare via tutto ciò che si trovava nei paraggi, Natsu
e gli
altri compresi. Urlarono, roteando per aria tra macerie e sassi. Lucy
riuscì ad afferrare al volo il corpo esanime di Makarov,
proteggendolo, mentre Wendy ebbe la stessa prontezza di fare
altrettanto con quello di Priscilla, anche se essendo più
piccola di
lei nell'atterrare ne rimase dolorosamente schiacciata.
«Pazzesco»
balbettò Wendy, ricoperta di sassi e terriccio.
«Hanno
una potenza magica incredibile» sibilò Lucy,
altrettanto
allucinata, al suo fianco.
«Andiamocene»
disse Cana a sguardo basso, rattristata. «Se restiamo qui
saremo
solo d'intralcio a Gildarts» e per quanto l'idea di lasciarlo
solo
fosse poco etico e anche doloroso, sapevano razionalmente che quella
era la scelta più saggia.
«Che
forza!!!» urlò Natsu eccitato. «Voglio
restare a guardare!»
«Andiamocene,
Natsu!» lo rimproverò Lucy, prendendolo per un
braccio e
cominciando a trascinarlo. Cana si chinò per aiutare Wendy e
si
caricò Priscilla sulle spalle, mentre Wendy faceva la stessa
cosa
con Makarov, e infine, guardandosi un'ultima volta indietro per la
preoccupazione, diedero retta alle parole dell'uomo e scapparono via.
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Capitolo 33 *** Fino alla fine del temporale ***
Fino
alla fine del temporale
«Ragazzi!»
l'urlo di gioia di Levy ruppe persino il rumore della pioggia che
cadeva ancora incessante. Era accampati in una piccola radura, sotto
un telo per proteggere almeno i feriti, che erano certamente
più di
quanti si fossero aspettati. Certo anche gli altri non potevano
vantare ottime condizioni, visto che gli unici che ancora riuscivano
a camminare erano Wendy, Lucy e Natsu. Cana aveva provato ad avanzare
con le sue stesse gambe, portando in spalla una Priscilla priva di
sensi, ma anche lei era messa davvero male e a metà strada
era
caduta a terra. Lucy l'aveva aiutata a rialzarsi e Natsu si era
caricato Priscilla in spalla, mentre Wendy continuava a portare
Makarov. Si affrettarono a poggiare i tre feriti su dei giacigli che
Lisanna preparò rapidamente per loro e li coprirono per
proteggerli
dal freddo.
«Ma
cosa è successo...?» mormorò Natsu,
guardando sconvolto Elfman,
Evergreen, Mirajane e Gajeel stesi a terra.
«Inizio
subito a curarli!» si propose Wendy, ma Lisanna la
fermò subito con
un gentile: «Apprezzo la tua volontà, ma sono
veramente troppi».
«Senza
contare che hai già usato gran parte della tua magia.
Dovresti
riposare» la riprese Charle e persino Happy si
mostrò d'accordo,
riuscendo così a convincerla. Bickslow e Fried si
avvicinarono, dopo
essersi sbarazzati del nemico che aveva attaccato il campo base poco
prima dell'arrivo di Natsu, uno dei sette fratelli del purgatorio che
erano riusciti alla fine a sconfiggere.
Si
affacciarono oltre il telone, per vedere chi altro oltre Makarov
avessero portato, già lamentando di come li avessero ridotti
male e
di quanto stessero cadendo a pezzi per colpa di Grimoire Hearts. Poi
videro Priscilla, stesa in fondo alla fila, proprio subito dopo
Makarov, e impallidendo urlarono portandosi le mani al volto:
«Pricchan!»
«Anche
lei, no!» urlò Bickslow, tirando indietro la testa.
«Non
sono degno del compito affidatomi da Laxus! Non posso
proteggerla!»
piagnucolò Fried, stringendo un pugno per la
rabbia.
«Come
faremo a guardarlo di nuovo in volto dopo questo!» si
unì Bickslow,
sempre urlando disperato.
«Davvero
l'unica cosa che vi interessa è ciò che
penserebbe Laxus?» chiese
Lucy, guardando stralunata i due e sospirò
scoraggiata.
«La
nostra piccola protetta!» pianse Fried.
«Siamo
delle pessime guardie del corpo! Non meritiamo più il nostro
nome!»
insisté Bickslow. «Io te l'avevo detto che saremmo
dovuti restare
con lei invece che tornare sul continente!» si
voltò poi verso un
Fried che si portò le mani nei capelli e continuò
a urlare: «Non
potevo sapere! Non potevo sapere!»
Un
leggero soffio di vento, abbastanza forte da spostarli, e i due si
ritrovarono a scontrarsi l'uno contro l'altro, testa contro testa,
abbastanza forte da fargli scappare un «Ahi!» e un
lamento.
Guardarono
curiosi Priscilla, che lentamente si metteva a sedere sul suo
giaciglio. Aveva gli occhi ancora semichiusi, il volto addormentato,
ma riuscì comunque a fulminarli abbastanza da trasmettere
loro la
sua rabbia.
«Come
pretendete che una persona riesca a riposare se fate tutto questo
baccano?» li rimproverò con la voce roca dal
sonno.
«Pricchan!»
scoppiarono a piangere entrambi, saltandole addosso e abbracciandola.
Priscilla strabuzzò gli occhi non tanto per la sorpresa,
quanto per
il dolore che il corpo ricoperto di ferite le trasmise non appena i
due Raijinshuu le furono addosso, e le scappò un lamento
più forte
di altri. Non avevano proprio idea di cosa significasse spazio
vitale, erano assurdamente appiccicosi e fastidiosamente rumorosi e
assillanti quando si trattava di lei. Non ebbe però la forza
di
allontanarli, né di muoversi o dire niente.
Guardò prima Fried e
poi...
Un
dubbio. Un colpo di scena. Una sorpresa.
Il
secondo avvinghiato a lei e che aveva comunque una voce familiare era
un ragazzo che mai aveva visto prima. Occhi rossi, capelli blu e
neri, pettinati verso l'alto, e una specie di marionetta tatuata in
centro sul viso. Lo fissò a lungo, chiedendosi se non
fossero state
le ferite a farle dimenticare di quella persona che invece sembrava
conoscerla bene. Il che era strano, perché lo
trovò anche
particolarmente carino, sarebbe stato difficile dimenticarsi di un
ragazzo come quello.
«Chi
diamine sei?» chiese infine, atona. Sia lui che Fried
sussultarono,
spalancando gli occhi per la sorpresa. Il ragazzo incurvò la
schiena
all'indietro, si prese la testa tra le mani, e urlò
disperato: «La
mia baby si è dimenticata di me!»
«B-baby?»
questa volta a sussultare fu Priscilla.
«Bickslow?!?!» strillò
sconvolta.
«Allora
non ti sei dimenticata di me?» chiese lui, prendendole una
mano
emozionato.
«Ma
sei un ragazzo!» gli urlò contro come fosse la
peggior accusa
possibile.
«Eh?»
chiese semplicemente lui, confuso.
«Cosa
credevi che fosse?» intervenne Fried, non capendo.
«Hai
sempre portato in testa quella specie di elmo, credevo fosse quella
la tua faccia! Invece hai una faccia vera!» urlò,
puntandogli un
dito contro.
«Scusa,
come ti sembrava possibile una cosa simile?» chiese ancora
Fried,
stralunato.
«E
cosa ne so! Ma non avevo idea che avesse una faccia vera lì
sotto!»
si dimenò lei, in preda al panico e alla confusione. Poi,
rossa in
volto, realizzò qualcosa di importante.
"Ho
pensato fosse carino!"
Se
l'avesse scoperto, anche solo sospettato, sarebbe stata la fine per
lei. Se lo sarebbe trovata addosso più di quanto
già non facesse,
era una catastrofe!
«Allontanati
da me!» urlò infine, in preda al panico, e lo
spinse via con un
colpo di vento, facendolo volare di almeno un paio di metri.
«Non
sei una che prende bene le novità, vero?» chiese
Fried, guardando
il povero Bickslow steso in una pozzanghera.
«È
una catastrofe. È una catastrofe. È una
catastrofe» iniziò a
mormorare tra sé e sé Priscilla, ignorando la
frase di Fried, in
preda a quello che sembrava a tutti gli effetti un attacco di
panico.
«Priscilla-nee...
che ti prende?» chiese Wendy, innocente e preoccupata per il
pallore
sul viso di Priscilla.
«Penso
sia meglio tu ti rimetta l'elmo, Bick» gli disse Fried,
credendo
ancora che la causa del suo trauma fosse l'aver scoperto che Bickslow
era umano e non il fatto che per un istante, inconsapevole di chi
fosse realmente, Priscilla avesse provato attrazione nei suoi
confronti. E Bickslow, semplicemente, sospirò affranto non
sapendo
bene come prendere quella situazione.
«Bene»
disse infine Natsu, dopo qualche minuto, alzandosi da terra e
stirandosi le gambe. «Vado a sconfiggere Hades. Happy, Lucy,
andiamo».
«Aye!»
saltò il gatto.
«Perché
io?» balbettò Lucy, pallida all'idea di trovarsi
coinvolta in una
battaglia di quel calibro.
«Perché
siamo una squadra, noi tre!» disse Happy.
«Penso
però che uno come Fried vi possa essere più
utile» insisté Lucy.
«Io
devo finire di racchiudere la zona con le rune per proteggere i
feriti» disse Fried.
«Noi
resteremo qui a difesa della zona» gli diede corda
Bickslow.
«Vado
anche io con Natsu-san!» disse Wendy, alzandosi in piedi.
«Potrei
essere utile».
«Aspetta,
Wendy» provò a richiamarla Charle, ma non
insisté oltre perché lo
sguardo della ragazzina lasciava intendere che non avrebbe accettato
repliche. Semplicemente sospirò, affranta. Priscilla mise
una mano
sulla spalla di Wendy, non parlò, ma il suo sguardo deciso e
furioso
lasciò intendere che si sarebbe unita a loro. Non riusciva a
sopportare la vista di Makarov a terra in quelle condizioni, la
vendetta non era mai stata uno dei suoi obiettivi, ma quella volta
era diverso. Doveva essere un giorno speciale, non solo per lei che
aveva finalmente accettato di sostenere l'esame, ma anche per tutti
gli altri compagni. E loro non solo avevano distrutto l'isola sacra
della loro gilda, ma avevano lasciato alle spalle un numero di feriti
ineccepibile. Makarov, Gajeel, Mira, Evergreen e persino Elfman e
Cana. Guardarli a terra, incapaci di muoversi, e sapere che il
pericolo ancora girava per quell'isola la riempiva di collera. Li
avrebbe fermati e avrebbe riportato tutto alla normalità.
«Priscilla-nee?»
mormorò Wendy, preoccupata.
«Puoi
farcela?» chiese Charle, altrettanto preoccupata visto come
era
stata ridotta e quanto magia avesse già usato.
«Ho
riposato» rispose lei semplicemente.
«V-vengo
anche io...» balbettò Lily, tremolante e con le
orecchie tirate
verso il basso. «Priscilla è ancora la mia
p-partner, devo
a-aiutarla».
«Lily?»
chiese Priscilla, non capendo perché tremasse in quel modo.
Un
tuono, in lontananza, scatenato dal temporale che stava venendo
ancora giù rumorosamente, e lui sussultò.
«Hai
paura dei fulmini?» chiese Charle.
«Che
tenero» ridacchiò Happy.
«Piantatela!»
ruggì Lily, offeso.
«Io
resto qui ad aiutare Fried con le rune» disse Levy.
«Io
vorrei restare a fianco di Mira e Elfman» disse anche Lisanna.
«Allora
è deciso» disse Fried. «Ci divideremo in
due squadre, una di
attacco e una difensiva».
«Proteggeremo
questo posto ad ogni costo» annuì Bickslow,
infilandosi nuovamente
l'elmo in testa.
«Metteremo
fine a questa storia una volta per tutte» disse Priscilla,
cupa in
volto.
«Andiamo!»
ruggì infine, Natsu, caricandosi come una batteria. E
cominciò a
correre, nella foresta, seguito dal resto della squadra.
«Finalmente
mi sono allontanata da quei due» sospirò
Priscilla, sollevata.
«Era
solo una scusa?!» sussultò Charle e Priscilla
ridacchiò divertita,
sentendosi in parte sgamata, ma poi tornò seria e decisa e
confessò:
«No, non lo era. Hanno fatto del male alla mia
famiglia» e strinse
i pugni per la collera.
Famiglia...
da quando aveva cominciato a chiamarli in quel modo? Da quando aveva
smesso di essere solo un ospite di passaggio, diversa da coloro che
aveva attorno, presente lì solo perché il suo
ruolo glielo
imponeva? Quando era successo che fosse diventata
così… umana?
«Erza!»
chiamò Natsu, vedendola per primo. Camminava sulla loro
stessa via e
appesa a lui c'era un Gray moribondo, ferito, ma ancora tutto intero.
«Gray!»
esclamò Lucy.
«Ragazzi!
State bene?» chiese Wendy, preoccupata.
«Sono
riuscita a sconfiggere Azuma, anche se a caro prezzo, ma sono tutta
intera» rispose Erza e Priscilla sussultò,
terrorizzata, chiedendo:
«Hai sconfitto quel tizio?»
Ricordava
bene quanto l'avesse messa in difficoltà, tanto da farle
perdere i
sensi. Quanto poteva essere incredibile Erza? Trovava assurdo, ora,
che fosse riuscita a sconfiggerla nella prova. Sicuramente si era
trattenuta molto, in qualche modo le aveva dato un piccolo vantaggio,
e ora che lo scopriva quasi se ne vergognava.
«Io
ho incrociato Ultear, il leader dei sette fratelli del purgatorio.
Stessa sorte» disse semplicemente.
«Quindi
tutti i sette fratelli sono stati sconfitti» disse Lucy.
«Gildarts
ha combattuto contro il tizio della gravità e ha certamente
vinto»
osservò Priscilla e Natsu le diede corda con un entusiasta:
«Nessuno
può battere Gildarts!»
«Perciò
l'ultimo rimasto è Hades» osservò Lucy.
«Siamo
all'atto finale, dunque» sorrise Erza.
«Andiamo»
incitò ancora Natsu, questa volta più calmo e
freddo. Era pronto,
erano tutti pronti, presto quella storia si sarebbe conclusa
definitivamente e loro sarebbero potuti tornare a casa tutti
insieme.
Giunsero
sulla costa est, dove ad attenderli attraccata c'era la nave di
Grimoire Hearts. In cima, in piedi sul bordo, un uomo anziano, dalla
lunga barba e una benda su un occhio, li guardava con
superiorità a
braccia incrociate.
«Dev'essere
lui» mormorò Wendy, stringendo i pugni e
preparandosi ad attaccare.
Si scrutarono a lungo, chiedendosi probabilmente chi avrebbe fatto la
prima mossa e quale sarebbe stata, quando Hades voltò loro
le spalle
e rientrò all'interno della nave.
«Ehi,
vieni giù!» ruggì Natsu, sgambettando
furioso.
«Che
arrogante» commentò Gray.
«Ha
sconfitto il master dopotutto» disse Erza.
«Happy...»
si voltò Natsu. «Ho un favore da chiederti. Vorrei
che entraste in
quella nave, per cercare qualcosa che sembra una fonte di energia per
muoverla, e la distruggete».
«Impedirgli
di mettere in moto e scappare o usare qualche trucchetto, una bella
trovata. Strano per Natsu» commentò Priscilla,
sorpresa, e Natsu
arrossì infastidito cercando di puntare gli occhi altrove.
«Questo
perché se si mettesse in moto lui starebbe male!»
rispose Happy,
facendo così crollare improvvisamente l'idea che avesse
semplicemente usato la testa per una volta.
«Perché
soffri i mezzi di trasporto!» lo derise Priscilla,
divertita.
«È
un problema serio!» ruggì lui,
infastidito.
«Fino
ad allora useremo Troia per farti stare meglio!» disse Wendy.
«Andate
con lui, è meglio se non vi separate» disse
Priscilla, rivolta a
Charle e Lily, che non se lo fecero ripetere due volte e annuirono
convinti. «Siete piccoli, sarà facile per voi
intrufolarvi. Cercate
di non farvi scoprire, non sappiamo quanti altri nemici ci sono a
bordo».
«Lascia
fare a noi!» annuì Happy, determinato.
«Bene...
vogliamo cominciare?!» disse Gray, generando una scala di
ghiaccio
che arrivava fino al bordo più alto, dove avevano
visto Hades.
Priscilla semplicemente spiccò il volo, permettendole
così di
arrivare in cima per prima, e per prima attaccò
l’uomo nella sala
con un furioso: «Hades!!!»
Gli
lanciò addosso un tornado con tutta la potenza che aveva
ancora in
corpo, senza limitarsi, ma Hades non si fermò e
semplicemente riuscì
a deviarlo con una magia.
«Assaggia
il potere di Fairy Tail!» ruggì Natsu, arrivando
subito dopo e
cercando di colpirlo con un soffio di fuoco, ma anche quello fece la
stessa sorte del tornado di Priscilla. Erza e Gray apparvero non
appena fuoco e vento si dissiparono, cogliendo Hades di sorpresa, e
si lanciarono contro di lui con una spada evocata con la propria
magia.
«Apriti,
portale del toro!» gridò Lucy, impugnando una
delle sue chiavi.
Tauros emerse da un fascio di luce, muggendo furioso, e non perse
tempo. Imbracciò la propria ascia e si unì a Erza
e Gray.
Lo
colpirono, ma Hades restò ancora in piedi.
«Arm
x Armor x Vernier!» esclamò Wendy evocando le tre
magie di supporto
di maggior potenza che conosceva, in grado di incrementare
velocità,
difesa e potere di attacco. Erza e Gray tornarono all'attacco e
provarono ancora a colpirlo, supportati da Tauros, ma Hades
riuscì a
schivare tutti i loro colpi. Delle catene magiche nacquero dalle sue
mani e afferrarono sia Gray che Erza, li intrappolò e infine
li
trascino l'uno contro l'altra, facendoli scontrare
miseramente.
Caddero
a terra, doloranti, ma Natsu comparve sopra la testa di Hades, pronto
a sferrare un altro attacco caricando il fuoco su entrambe le mani.
Priscilla, spinta da un soffio di vento, riuscì a essere
rapidissima
e si posizionò dalla parte opposta, schiacciata contro il
pavimento,
e caricò anche lei il vento nelle sue mani. L'avrebbe
colpito,
lanciandolo verso l'alto, e Natsu gli avrebbe dato il colpo di
grazia. Ma Hades schivò con un salto il colpo di Priscilla e
lanciò
verso Natsu un'altra delle sue catene, afferrandolo e facendolo
piroettare. Atterrò alle spalle di Priscilla e con un calcio
la
scaraventò lontana. Erza intervenì, tagliando la
catena che teneva
imprigionata Natsu, mentre Gray prendeva Priscilla al volo e le
evitò
di scontrarsi contro il muro.
«Ancora!»
urlò Priscilla. «Natsu!»
chiamò, generando un tornado che lo
avrebbe colpito e spinto in avanti con potenza.
«Scorpio!» chiamò
Lucy, evocando lo spirito stellare dello scorpione, che unì
al vento
di Priscilla un getto di sabbia per renderlo ancora più
potente.
Wendy lanciò il suo ruggito, unendolo anche lei alla magia
dei suoi
compagni, e infine le tre magie potenziate colpirono Natsu e gli
diedero uno slancio tale che non furono neanche più in grado
di
vederlo arrivare. Infuocato completamente, alimentato dall'ossigeno
che Priscilla aveva aumentato intorno a lui per permettergli di
bruciare meglio, spinto dalla magia dei suoi amici, Natsu si
trasformò in un vero e proprio proiettile infuocato e
finalmente
riuscì a colpire Hades. Il muro si frantumò,
cadde a pezzi, laddove
Hades venne scaraventato. Era stato il colpo più potente che
fossero
mai riusciti anche solo a pensare e aveva avuto il suo effetto, visto
che gran parte della stanza almeno da quel lato crollò
addosso al
nemico. La polvere si dissipò e un'ombra si
mostrò, indenne, senza
neanche un graffio.
«Non
è possibile» mormorò Priscilla,
sbarrando gli occhi per la
sorpresa.
«Gli
errori che si commettono vengono etichettati come esperienza. Ma
quando si commette un vero errore, allora non ci si guadagna
niente»
parlò Hades, marciando verso di loro a braccia incrociate.
«Perché
l'errore che avete commesso nello sfidarmi vi ha precluso ogni
futuro».
«Non
ha nemmeno un graffio» Lucy si portò una mano alla
bocca,
shockata.
«Ho
usato tutta la mia potenza» lamentò
Wendy.
«Avete
finito con il riscaldamento?» li fulminò Hades,
facendo loro venire
i brividi. Lo sguardo furioso, omicida, e sapevano che qualsiasi cosa
avrebbe fatto in quel momento non ne sarebbero usciti interi.
Arretrarono, terrorizzati, pallidi in volto.
«Arriva!»
disse Erza, cercando di prepararsi a qualsiasi tipo di attacco Hades
stesse per sparare loro.
«Katsu!»
gridò Hades e dei colpi energetici, proiettili dalla
velocità
ineccepibile, attraversarono lo spazio tra loro senza che ebbero
tempo nemmeno di vederli generarsi. Li sfiorarono, come ignorandoli,
concentrandosi su solo uno di loro. Wendy, avvolta da quella magia
oscura, sparì nel nulla lasciando cadere a terra solo i suoi
vestiti.
«Wendy!!!»
l'urlo di Natsu divenne come un eco alle orecchie di Priscilla, come
se non si trovasse nemmeno lì, con loro. Era tutto
così
inconsistente, così surreale, il mondo intorno a lei vibrava
e
ondeggiava come nel peggiore dei suoi incubi. Paralizzata, non
riusciva nemmeno a voltarsi e vedere cosa fosse successo, in che
condizioni si trovasse la ragazzina colpita. Sentì,
semplicemente,
che tutto perse di senso. E la voce di Gerard ora era l'unica cosa
che le sembrasse reale, benché rimbombasse solo nelle sue
orecchie.
"È
una mia vecchia amica, si chiama Wendy Marvell".
«Wendy»
sussurrò, o almeno era quello che avrebbe voluto fare, ma la
sua
bocca non si mosse, i polmoni non soffiarono, il cuore smise di
battere e pulsare.
"Forse
la sua magia curativa può liberarti dalle catene di tuo padre".
Ebbe
la sensazione di cadere nel vuoto, si sentì un fantoccio
lanciato in
un pozzo, eppure i suoi occhi le dicevano che era ancora immobile,
forse ancora in piedi.
"Glielo
hai già chiesto?"
"Non
ancora"
"Sei
decisa a farlo?"
Non
aveva risposto. Non aveva mai e ancora risposto. Ma nel frattempo la
ragazzina a cui non voleva recare il dolore di dover uccidere una
persona era diventata qualcosa di più, una luce nel buio,
una risata
nel silenzio. Sorella. Non era solo un capriccio, ma il sentimento di
una persona sola che desiderava solo poter tornare ad amare qualcuno
come l'aveva amato in passato. Qualcuno che fosse più che
una
semplice conoscente, una vecchia amica della seconda persona
più
importante che avesse mai avuto in vita sua. Wendy stringeva tra le
mani la sua intera esistenza, aveva il potere di liberarla, di
realizzare il suo sogno più grande, quello di diventare
umana, o di
ucciderla. Wendy era la cosa che più somigliava a
ciò che aveva
perso, un fratello, un amico. Lei con la sua innocenza, la sua
gentilezza, il suo buon cuore e la magia che le accumunava e che le
aveva insegnato a padroneggiare meglio. Wendy era tutto.
Aveva
sempre pensato che sarebbe stata in grado di proteggerla in qualsiasi
occasione, perché era pronta a dare anche la vita, era
pronta a
rinunciare alla sua libertà solo per il desiderio di vederla
ancora
felice. Sarebbe stata pronta a lanciarsi per prendere il suo posto,
se solo l'avesse visto. Perché non l'aveva visto?
Perché ancora una
volta il mondo intero era stato crudele con lei?
«Calma,
ragazzi» una voce, dall'alto. «Dice».
«Horologium!»
esultò Lucy, alzando gli occhi al soffitto, dove lo spirito
stellare
si era aggrappato. «Sto bene, dice».
Il
mondo pian piano sembrò tornare ad avere senso.
«Sono
entrato in modalità automatica di emergenza»
spiegò Horologium.
«Perché
i suoi vestiti sono rimasti qui?» chiese Lucy.
«Ho
dato precedenza al salvataggio del suo corpo» rispose
Horologium.
«Aspetta!
Allora significa che Wendy lì dentro è
nuda?» sussultò Gray,
rosso in volto.
«Kyaaah»
rispose Horologium, cercando di dare enfasi alla frase, per poi
tornare a ripetere: «Dice».
«Grazie
comunque per averla salvata» sorrise Erza.
«Purtroppo
sono al limite, non potrò proteggervi di nuovo»
disse Horologium,
sparendo e facendo infine cadere a terra Wendy tutta intera e con
degli abiti nuovi. «State all'erta, per favore» e
con quell'ultima
raccomandazione sparì del tutto.
Priscilla
guardò Wendy atterrare pochi passi davanti a lei e
nonostante la
gioia di vederla ancora viva, non riuscì a liberarsi di
quelle
oscure sensazioni che per quei brevi istanti l'avevano
ottenebrata.
«Dunque
sono questi i marmocchi di Makarov» commentò
Hades, guardando la
ragazzina che lo fissava a pugni stretti. «Molto
interessante».
«Conosci
il vecchio?» chiese Natsu, sorpreso per la confidenza che
pareva
dare al loro master.
«Dunque
non sapete niente di me» ridacchiò
Hades. «Sono stato il
secondo master di Fairy Tail, con il nome di Purehito. Sono stato io
ad affidare la gilda a Makarov, quando me ne sono andato».
«Bugiardo!»
ruggì Natsu, furioso.
«Hai
tentato di far del male a Wendy» una voce che parve emergere
direttamente dall'inferno. L'aria intorno a loro iniziò come
a
vibrare, sembrava che da un momento all'altro il cielo stesso gli
sarebbe caduto addosso. Il vento si alzò delicato, soffiando
tra le
loro gambe con un sibilo sinistro, come voci di fantasmi.
«Ma
che...» la sorpresa colse persino i compagni stessi di
Priscilla.
«Hai
quasi ucciso Wendy» mormorò ancora. Immobile, con
le braccia
delicatamente stese lungo i fianchi, la testa china in avanti, il
ciuffo nero che le copriva gli occhi dalle pupille tanto ristrette da
non sembrare neanche umana. L'intera nave tremò
improvvisamente.
«Attenti!»
gridò Erza, spingendo Gray appena in tempo prima che un
colpo di
vento sfondasse il tetto stesso, tagliandolo in due come fosse un
coltello. Hades saltò per schivare il colpo, anche se si
trovò lui
stesso a sorprendersi della velocità e potenza del colpo.
Natsu non
fu abbastanza rapido, ma per sua fortuna venne solo sfiorato, anche
se ciò bastò a tagliargli di netto alcune ciocche
di capelli e Lucy
urlò terrorizzata notando l'effetto di quel semplice colpo
di vento.
Piccoli tornadi nacquero numerosi intorno a Priscilla, ancora morbida
e ferma, come se fosse una semplice bambola di pezza. L'aria si
congelò, tanto che Lucy si ritrovò a battere i
denti, e all'interno
dei tornadi si formarono migliaia di frammenti di ghiaccio, allungati
e affilati. Frammenti che infine Priscilla lanciò contro
Hades come
una mitragliatrice, seguendolo e continuando a sparare anche quando
schivava. Hades creò uno scudo magico che riuscì
infine a fermare
il colpo di proiettili di ghiaccio, si sentì soddisfatto, ma
nonostante l'immagine di Priscilla fosse immobile al suo posto un
colpo lo raggiunse sulla schiena. Priscilla era china dietro di lui,
braccio teso, pugno rigido, ma a colpirlo a tal punto fu una bomba
d'aria che diedero al colpo l'effetto di un vero e proprio sparo. E
per quanto persino il Natsu di fuoco non l'avesse scalfito, questo
riuscì a recargli il giusto accecante dolore. Venne sbalzato
via e
per un attimo gli mancò il fiato. Un tornado cadde dal cielo
e lo
colpì in volo, facendolo schiantare al suolo e sparando
ancora su di
lui proiettili di ghiaccio. Hades mosse la testa verso la ragazza e
allungò una mano verso di lei, ignorando il dolore per i
colpi.
Puntò su di lei l'indice, alzando il pollice, come fosse una
pistola, e sparò un proiettile di energia. La
colpì a un braccio e
Priscilla si mosse per lo sbalzo, ma tornò subito immobile,
in
piedi, nonostante parte di braccio le fosse stato mangiato via dalla
magia di Hades.
«Che
potenza incredibile» mormorò Gray, portandosi le
braccia al viso
per proteggersi gli occhi da tutto quel vento che gli impediva
persino di camminare.
«Ha
perso la testa per l'attacco a Wendy» disse Erza.
«Da
dove prende tutta quella magia?» chiese Lucy, guardando Hades
liberarsi dall'attacco di Priscilla e tentare di spararle proiettili
di energia mentre lei camminava nella sua direzione, colpita, ma
senza fermarsi. Sembrava non provare più dolore, aveva perso
il
pieno controllo del proprio corpo.
«Priscilla-nee!»
la richiamò Wendy, guardando i buchi che i colpi di Hades le
lasciavano e di cui non sembrava neanche preoccuparsi.
Altri
colpi di aria compressa diedero a Hades qualche difficoltà e
rincarò
la dose usando altri tornadi per bloccargli le vie di fuga. Tutta la
stanza era inondata di vento, se non si aggrappavano a qualcosa
persino Lucy e gli altri rischiavano di venirne inghiottiti, e lei
non si fermava nel sparare proiettili di ghiaccio e colpi di aria
compressa, molti dei quali andavano anche a segno.
«Ce
la può fare!» sorrise Lucy, ignorando che
rischiava di coinvolgere
anche loro e concentrandosi sul fatto che Hades sembrasse in
difficoltà.
«Priscilla-nee
fermati!» urlò Wendy con le lacrime agli occhi.
Quel volto,
quell’assurda richiesta visto che sembrava stesse vincendo,
cominciò a far venire loro il dubbio che ci fosse qualcosa
di
strano, qualcosa di pericoloso. La guardarono con maggior attenzione
e lì compresero...
La
gamba destra di Priscilla era sparita fino al ginocchio e lei si
teneva in piedi solo grazie al proprio vento. Una luce azzurra che
nasceva da dentro di lei, quella che di solito si occupava di
rimetterla in sesto, invece quella volta sembrava mangiarsela pian
piano. Anche il piede sinistro cominciò a sparire
lentamente,
bruciando in quel leggero velo azzurro.
«Sta
usando la magia che compone il suo corpo come riserva per
combattere!» gridò Erza, con gli occhi sbarrati
per lo sconcerto e
la paura.
«Finirà
per consumarsi del tutto! Potrebbe addirittura...»
mormorò Lucy,
portandosi entrambe le mani alla bocca.
«Priscilla-nee!!!»
gridò Wendy con tutta la voce che aveva, ma nemmeno quello
parve
avere l'effetto di risvegliarla.
«Fermati!»
l'urlo di Natsu, sorprendentemente in piedi e vicino alla ragazza.
Era riuscito a combattere con quel potere, a muoversi e raggiungerla,
e si preparava ora a colpirla con un pugno infuocato nella speranza
di farla tornare in sé o, nel peggiore dei casi, metterla
fuori
gioco e impedirle di andare oltre.
Ma
Priscilla alzò un braccio nella sua direzione,
sparò un'altra bomba
d'aria compressa, e scaraventò Natsu dall'altro lato della
stanza.
Quella distrazione le fu fatale e Hades trovò uno spiraglio
per
riuscire a fare la sua mossa. La catena di ferro che guidava con la
sua magia afferrò il suo polso sollevato e lo
bloccò.
«E
così alla fine ti ha chiamata Priscilla»
ridacchiò Hades. Un
battito, riuscì a sentirlo nel suo petto, la prima
sensazione dopo
lunghi minuti di torpore. Ma non era piacevole, non era felice, era
un battito di terrore. Cosa significava quella frase?
Alzò
gli occhi, finalmente, guardando Hades ma ancora si ritrovò
distratta tanto da permettergli di afferrare la sua seconda mano con
un'altra catena e bloccarle entrambe le braccia. La spinse in avanti,
contrastando il suo potere del vento, e la sbatté al muro
sopra la
testa di Lucy e Wendy, bloccandola.
«Diedi
al figlio di Makarov i segreti della magia della vita e un aiuto per
riuscire a portarlo a termine, convinto che questo l'avrebbe in
realtà consumato e ucciso, ma desideravo ardentemente
studiare
l'effetto di una così antica e oscura magia che avrei
volentieri
sacrificato qualche stupido ribelle. E poi era divertente che fosse
proprio il figlio di Makarov» disse stringendo la presa sui
polsi di
Priscilla che ora pareva aver cambiato completamente espressione. Il
vento nella stanza cessò di ruggire, le sue gambe smisero di
consumarsi, e lei cominciò a tremare come una foglia.
«Chi
l'avrebbe detto che infine ci sarebbe riuscito davvero!»
scoppiò a
ridere. «La magia più grande di Zeref, la magia in
grado di dare la
vita, solo lui è mai riuscito a portarlo a termine senza
controindicazioni grazie ai miei insegnamenti. Studiai a lungo,
bramando di conoscerne l'essenza, poi arrivò tuo padre che
mi chiese
un'arma in grado di rafforzare l'incapace figlioletto piagnucolone.
Era la mia occasione, era la cavia perfetta, gli insegnai come fare,
lo assistetti... e ora eccoti qui davanti a me! Priscilla! Ti ha
persino dato un nome!» rise come fosse la cosa più
divertente che
avesse mai sentito in tutta la sua vita. E Priscilla, colta da un
terrore primordiale, si trovò incapace persino di respirare.
Solo le
lacrime le cadevano giù dalle guance a segnalare che fosse
ancora
viva.
«Lasciala!»
ringhiò Gray, lanciandosi verso il nemico. Erza non lo
lasciò solo
e fece altrettanto, entrambi imbracciando le loro armi, corsero verso
di lui pronti a ucciderlo. Hades tenne le catene con una mano sola,
mentre l'altra la rimise come fosse una pistola e sparò
contro i due
una serie di colpi rapidi e potenti tali da togliergli il respiro.
Caddero a terra, incapaci di muoversi ancora.
«Erza»
piagnucolò Lucy, sconvolta.
«Ruggito
del drago del cielo!» si alzò Wendy e
sparò, ma Hades saltò e
schivò per poi colpire anche lei con gli stessi
colpi.
«Ruggito
del drago di fuoco!» la voce di Natsu, prima che comparisse
da sotto
le macerie che gli erano cadute addosso per l'attacco di Priscilla e
provasse a colpirlo, ma lui ancora deviò e
contrattaccò.
«La
vuoi sapere una cosa ancora più divertente?» disse
Hades,
atterrando, indenne. «Nipote di Makarov»
sghignazzò. «Ho
insegnato io quella magia a Ivan... ne conosco i segreti».
Priscilla
si lasciò scappare un lamento dalla gola, in qualche modo
consapevole di cosa avrebbe detto da un momento a un altro.
Pregò
che fosse una bugia, pregò che fosse un incubo.
«Io
so come ucciderti» una sentenza, una condanna a morte che
anticipò
un fascio di luce nero che nascendo dalla sua mano percorse l'intera
catena fino alla ragazza. Il dolore che le recò, nato dai
polsi e
poi vibrato in tutto il resto del corpo, fu qualcosa che mai prima di
allora aveva provato. Era come se avesse dentro tanti piccoli esseri
che la stavano divorando, lentamente, e pian piano si sentiva le
forze venir meno, le energie dissiparsi. Urlò,
urlò in lacrime con
tutta la voce che aveva, mentre la luce nera l'avvolgeva e la
dilaniava.
«Priscilla!»
urlò Natsu, guardando sconvolto la ragazza che si contorceva
per il
dolore, per quanto fosse ancora piantata al muro.
«Fa
male, vero? È come se ti strappassi il cuore dal petto a
mani nude.
Poi non sentirai più niente, fino a quando ogni residuo di
magia non
avrà lasciato il tuo corpo» disse Hades,
infierendo con quella
tortura.
«Bastardo!»
urlò Erza, alzandosi nonostante tutti i dolori, e tornando
alla
carica.
«Priscilla!»
chiamò anche Gray, unendosi all'amica e tornando a caricare.
Natsu
dietro di lui urlò semplicemente, infiammandosi di una
fiamma
scarlatta.
«Bang
bang bang» disse Hades, sparando ancora contro i tre e
lanciandoli a
terra. Ma nonostante le ferite sanguinanti, nonostante i lividi scuri
e i dolori lancinanti, si alzarono nuovamente e tornarono a colpire.
Ancora a terra, e ancora colpirono, sotto le risate divertite di
Hades e le urla strazianti di Priscilla.
«Tauros,
taglia le catene!» chiamò Lucy in lacrime e
Tauros, evocato, provò
subito ma un altro colpo lo raggiunse prima che potesse riuscirci.
Lucy impugnò un'altra chiave, ma un colpo raggiunse anche
lei,
sbattendola contro il muro.
«Priscilla-nee!»
urlò Wendy, in preda ai singhiozzi, e colta dalla
disperazione
afferrò una catena intorno al suo polso a mani nude e
provò a
tirarla via. «Priscilla-nee! Priscilla-nee!»
chiamò e chiamò e
chiamò, fino a quando non si accorse che Priscilla aveva
già smesso
di urlare. Abbandonata a se stessa, la testa reclinata in avanti,
priva di vita, gli occhi vitrei non erano più neanche umidi
per le
lacrime. Solo una, l'ultima, penzolava da una ciglia aggrappata come
la sua ultima essenza di vita.
«Avevo
promesso… di aspettarlo» un sussurro a labbra
schiuse, l'ultimo
respiro, l'ultimo pensiero rivolto a chi per anni aveva rincorso
nella speranza di poterlo ancora incontrare.
«Laxus...» un sibilo
quasi impercettibile in mezzo ai pianti silenziosi di chi aveva
ancora la forza di farlo, le urla di Wendy.
«Ho
paura».
La
lacrima cadde.
«Priscilla-neeee!!!»
Un
fulmine colpì la goccia salata della sua lacrima prima che
potesse
schiantarsi a terra.
Wendy
cadde a terra, portandosi istintivamente le braccia al volto per
proteggersi. La stanza venne illuminata a giorno, mentre dallo
squarcio sul tetto aperto dal vento di Priscilla finiva di penetrare
un fulmine sceso dal cielo in tempesta. L'aveva colpita in pieno,
sotto lo sguardo attonito dei presenti, e infine dalla luce dissipata
emerse Priscilla, delicatamente sorretta dalle braccia di un uomo dai
biondi capelli e l'elettricità che ancora gli vibrava
intorno. Le
catene che l'avevano prosciugata fino a tal punto erano ora distrutte
e la magia di Hades evaporò in quell'istante. Wendy lo
fissò
sorpresa, non avendo idea di chi si trattasse, ma provando una
gratitudine infinita per essere riuscito a salvare Priscilla.
«Dunque
sei tu la causa di tutto» disse l'uomo con voce bassa e roca.
Anche
da quella posizione Wendy riuscì a intravedere sul volto
esanime di
Priscilla comparire un sorriso, uno di quelli sereni, come se stesse
facendo un bellissimo sogno.
«Laxus»
un sussurro tanto sottile da essere udibile solo da lui, Wendy
riuscì
a coglierlo solo grazie all'udito raffinato del Dragon Slayer. E
d'istinto si portò le mani alle labbra, sorpresa e anche un
po'
intimorita.
"È
lui Laxus" pensò, sentendo il cuore nel petto cominciare a
correre all'impazzata.
"Priscilla-nee,
quindi hai un fratello? Non me ne avevi mai parlato prima. Dove si
trova adesso?"
"Chissà..."
un sospiro, un desiderio, glielo aveva letto negli occhi allora e
continuava a farlo tutte le volte che passavano di fronte alla casa
per cui stavano lavorando sodo. Osservò le scintille di
elettricità
che ancora avvolgevano il ragazzo, inginocchiato al suo fianco, con
Priscilla poggiata sul suo braccio. Si era voltato a guardarla in
viso, quando l'aveva sentita pronunciare il suo nome, ma non aveva
fatto altro.
"Ti
piace il temporale, Priscilla?"
"Già"
Wendy se lo ricordava il suo sorriso, il suo sguardo rapito, mentre
generava una piccola nuvola in tempesta sulla mano tutte le volte che
restava sola. "Mi
piace davvero tanto"
i fulmini che le colpivano il palmo della mano, pizzicandole la
pelle, e lei che li guardava come avrebbe guardato un fiore delicato.
Si sentì bruciare la gola dall'emozione, le veniva da
piangere ma
non per il dolore, ma per la gioia. Il temporale sulla sua mano,
l'elettricità sul corpo di Laxus, ora riusciva a
capirla.
"Penso
che per Priscilla sia più di un semplice fratello".
Ora
riusciva a capirla.
«Laxus...»
chiamò Natsu, alzando la testa e sorridendo felice di
vederlo.
«È
arrivato Laxus!» mormorò Erza, altrettanto
sollevata.
«È
venuto per noi» pianse Lucy, sollevando appena la
testa.
Laxus
si abbassò verso Wendy e le porse Priscilla, chiedendole
anche se
indirettamente di badare a lei, e allontanandosi per rialzarsi disse
semplicemente: «Guarda come ti sei fatta ridurre».
Priscilla
aveva gli occhi chiusi e sembrava dormire, eppure per quel poco che
riusciva a respirare trovò anche la forza per
ridacchiare.
«Mi
dispiace» mormorò, sforzandosi per aprire un
occhio e rivolgerlo a
lui, ora in piedi davanti alle due ragazze. Wendy strinse la testa di
Priscilla al petto, decisa a accollarsi pienamente quella
responsabilità e proteggerla. Laxus sparì
nuovamente in un fulmine
e comparve davanti a Hades, tirandogli una testata e facendolo
barcollare indietro. Il master di Grimoire Hearts si riprese
rapidamente e fissò Laxus che scoppiettava di
elettricità davanti a
lui.
«Quindi
sei tu il figlioletto piagnucolone per cui Ivan cercava
un'arma»
osservò Hades con uno strano sorriso interessato e a quelle
parole
Laxus strinse di più i pugni, corrucciandosi fino a far
scoprire le
vene sulla fronte.
«Arma?»
ringhiò semplicemente.
«Provi
dei sentimenti per lei... Cielo, che risvolti che ha dato questo
esperimento» insisté Hades, sempre più
eccitato.
«Priscilla
non è un esperimento e tanto meno un'arma! È un
essere umano come
noi!» ruggì Natsu, sollevando la testa da terra.
"Io
non posso morire"
la voce di sua sorella, in lacrime, l'ultima sera che l'aveva vista
quando l'aveva ferita in quel modo terribile, rimbombò nelle
sue
orecchie come uno dei suoi fulmini.
"Ma
puoi soffrire!"
il ruggito di Natsu, che aveva dissipato ogni cosa.
Li
ricordava, marchiati a fuoco nella memoria li aveva sognati per notti
intere. Quel pianto disperato, "Desideravo
così tanto essere come voi",
non avrebbe mai potuto dimenticare il suo pianto.
"Sono
stata creata per questo."
Creata.
"Mi
insegnasti a provare dei sentimenti".
Insegnare
i sentimenti.
"Non
hai forse anche tu sulla tua pelle il simbolo di Fairy Tail?"
Quel
simbolo che aveva a lungo portato nascosto, negando la sua
appartenenza a quella gilda, restandoci solo perché in quel
modo
sarebbe potuta restare al suo fianco.
"Sai
piangere, sai ridere, sai scherzare e soprattutto... sai amare. E lo
fai insieme a noi, ai tuoi amici e la tua famiglia. Non capisco
davvero di cos'altro tu abbia bisogno per essere come noi!"
La
rabbia di Natsu, era stata quella a sconfiggerlo quel giorno in
quella cattedrale, perché doveva capire, lui doveva
ricordare.
"Io
ero solo la marionetta che doveva renderti migliore, che doveva
prendersi cura di te e del tuo potere".
"Sono
stata creata per questo".
"Il
motivo per cui mi è stata data la vita era per darti
qualcosa contro
cui combattere".
"Mi
insegnasti a provare dei sentimenti".
"Ohy,
Pricchan! Perché tu non sorridi mai? C'è qualcosa
che ti preoccupa,
sorellina? A me puoi dirlo. Sono forte, lo sai! Se qualcosa ti fa
soffrire me ne occupo io!"
ricordava persino quella sciocca promessa infantile che le aveva
rivolto quando era appena un bambino. Una promessa fine a se stessa
che era servita solo a cercare di tirarle su il morale… e
che poi
aveva stupidamente dimenticato.
"Sorridere?"
la sua innocente domanda, incapace ancora di comprendere cosa fosse
un sentimento.
Priscilla,
la bambina di carta. La bambina dallo sguardo vuoto e triste, la
bambina che nessuno voleva avvicinare perché metteva i
brividi, la
bambina che mangiava solo se le veniva detto di farlo, la bambina che
non sorrideva mai, che si ammalava spesso, che si nascondeva
nell'armadio... perché aveva paura del temporale. La bambina
che lui
aveva promesso di proteggere.
"Se
non vuoi uscire da lì, allora entro io. Così
potrò proteggerti
fino alla fine del temporale!"
«Fino
alla fine del temporale» mormorò a pugni stretti.
Una frase
sconnessa da tutte, senza logica né apparente motivo,
lasciò solo
confusi la maggior parte dei presenti. Tutti, tranne l'unica che
avrebbe potuto coglierne il significato, ben vivo nella sua memoria
non moriva mai quel bambino che si chiudeva nell'armadio con lei per
proteggerla fino alla fine del temporale. Con quell'unico occhio che
riusciva a tenere aperto, Priscilla riprese a versare qualche
lacrima, ma nessuna di esse aveva il sapore amaro della tristezza e
del dolore.
Laxus
aveva ricordato e sarebbe rimasto, per proteggerla, almeno fino alla
fine del temporale. Richiuse l'occhio e rilassandosi tra le braccia
di Wendy sorrise d'un sorriso armonioso, mentre davanti a loro
cominciò a imperversare la peggior tempesta di fulmini mai
esistita
prima.
Sentiva
il rumore assordante dei tuoni che anticipavano le mosse e i colpi di
suo fratello, ogni lamento, ogni colpo, era associato a
quell'assordante crack
tanto
familiare. A occhi chiusi venne proiettata in uno dei suoi ricordi,
un giorno di temporale, chiusa nell'armadio calda tra le braccia di
un fratello che spesso si addormentava per la noia ma mai la lasciava
sola.
«Laxus...»
il suo sussurro arrivava sempre quando lui russava bella grossa.
«Posso
restare per sempre con te?»
non rispondeva mai. Come poteva? Trovava il coraggio di porgergliela,
quella domanda, solo quando lo vedeva in quell'espressione innocente,
appoggiato a lei per qualche motivo, che fosse proteggerla o
semplicemente rilassarsi sulle sue ginocchia mentre lei applicava su
di lui la magia riequilibrante per evitargli di soffrire i mezzi, le
volte che viaggiavano per le loro missioni. Non rispondeva mai, ma il
suono delicato della voce di Priscilla lo portava a muoversi appena
nel sonno, ad avvicinarsi di più, a stringerla maggiormente,
e a lei
quello bastava.
Un'esplosione
le fece palpitare il cuore dallo spavento, riportandola con violenza
al presente, e la forza di quel colpo fece volare via entrambe, sia
lei che Wendy. Rotolò per qualche metro a fianco della
ragazzina che
per l'urto aveva perso la presa su di lei. Con un lamento Wendy
riuscì poi a risollevare la testa e frettolosamente
cercò il corpo
dell'amica, trovandolo non troppo distante. Tremante, Priscilla si
reggeva su di un gomito, e guardava con occhi spalancati ciò
che era
appena accaduto. Laxus, in uno dei suoi fulmini, era rimbalzato via
dal polverone creato dall'ultimo colpo di Hades, che l'aveva comunque
colpito, e gli era piombato addosso con un calcio tanto violento da
stenderlo. Hades si era rialzato con fatica, ricoperto di ferite per
il combattimento che si stava svolgendo contro il nipote di Makarov,
ma anche Laxus non vantava l'incolumità, soprattutto per
quell'ultimo colpo micidiale. Ebbe un cedimento, l'espressione si
contrasse in una di dolore, e cadde in ginocchio a terra.
Priscilla
provò a chiamarlo, spaventata, ma la gola le
bruciò e tutto ciò
che riuscì a fare fu solo tossire.
«Laxus!»
chiamò per lei Natsu, guardando terrorizzato l'amico a terra.
«Resisti!»
provò a incoraggiarlo Gray. Era stato l'unico tra loro che
era
riuscito a tener testa ad Hades, era la loro unica speranza, non
doveva mollare, non poteva essere sconfitto. Era il solo che avesse
la forza e le capacità di affrontare un nemico come
quello.
«Il
mondo è davvero vasto» gracchiò Laxus,
a testa china. «Chi
immaginava che esistesse un mostro del genere?»
«Che
stai dicendo?» sussultò Natsu, furioso per l'aria
improvvisamente
arrendevole che l'amico sembrava aver assunto. Si stava davvero
arrendendo? Non poteva farlo! Lui poteva sconfiggerlo, non poteva
arrendersi!
«Finalmente
hai capito qual è il tuo posto, Laxus» disse
Hades, puntandogli
contro una mano e caricandola di energia luminosa.
«Alzati,
Laxus!» urlò Erza. Ancora una volta Priscilla
schiuse le labbra,
per dire qualcosa, ma non riuscì a far niente se non lasciar
andar
via dei lamenti doloranti.
«Non
sono più un membro di Fairy Tail...»
mormorò Laxus, chinando la
testa in avanti e poggiando un pugno a terra. «Ma se accade
qualcosa
al vecchio e a Priscilla... posso ancora arrabbiarmi, vero?»
«Certo
che puoi!» ruggì Natsu un istante prima che Hades
sparasse il colpo
definitivo. «Ora scompari!» urlò come
una sentenza.
«Schivalo!»
urlò Lucy, terrorizzata.
«Se
ti lasci colpire è la fine!» si unì
Gray, pallido in volto,
osservando il fascio di energia che lo raggiungeva.
«Stupido!»
finalmente la voce di Priscilla riuscì a uscire dalla sua
gracchiante gola. Ma non era lì dove l'aveva lasciata,
sorprendendolo.
«Senza
magia in corpo, ti ucciderà!» un soffio di vento,
di appena qualche
secondo, ma abbastanza potente da spingerla e scaraventarla come una
catapulta proprio dove desiderava essere. Di fronte a Laxus, venne
travolta in pieno dal colpo di Hades. Non provò nemmeno a
difendersi, le mancavano persino le forze per muoversi e tentare di
portare le braccia di fronte al volto, si lasciò colpire
nonostante
la piena indifesa. Non fu sufficiente a bloccare definitivamente il
colpo, ma ne assorbì parte del potere in modo che quando
raggiunse
Laxus dietro di lei fu abbastanza indebolito almeno da farlo
sopravvivere. Fu trascinata in avanti, nella sua traiettoria, fino a
raggiungere il fratello che a occhi spalancati per la sorpresa e la
paura nel vederla in quella situazione allargò le braccia.
Riuscì a
prenderla al volo, la strinse al petto avvolgendola più che
poté,
digrignò i denti per il dolore che la magia di Hades gli
recò e
insieme a lei infine cadde a terra.
«Priscilla-nee!»
urlò Wendy, terrorizzata.
«Laxus!»
chiamò Erza, altrettanto spaventata.
L'esplosione
fu tale che persino parte della fiancata della nave venne coinvolta,
aprendosi in un enorme buco, e dal fumo ora diradato videro cadere al
suolo un Laxus completamente ricoperto di ferite, i vestiti
stracciati, ma le braccia ben tese intorno al corpo di Priscilla, che
stringeva come se avesse voluto e potuto proteggere.
«Natsu...»
mormorò. «Questo è il mio regalo per
te».
«Grazie
per il pasto» la voce roca di Natsu, che dalla polvere si
rialzava
come se niente fosse, mentre dei fulmini lo avvolgevano e
scoppiettavano intorno al suo corpo.
«Ha…
mangiato il fulmine?» mormorò Lucy, cominciando a
capire cosa fosse
successo. Laxus non aveva poggiato il pugno al pavimento per
sostenersi, colpito e ferito, ma per trasmettere a Natsu ciò
che
restava del suo potere. Il rimprovero di Priscilla era nato da
quello, nell’istante in cui il colpo di Hades
l’aveva raggiunto
lui si era appena svuotato, avrebbe rischiato la vita se ne fosse
stato travolto direttamente.
«Ti
ho donato fino all'ultima goccia del mio potere»
mormorò Laxus,
immobile a terra, tenendosi ancora Priscilla stretta al petto. Non si
muoveva, a occhi chiusi era quasi sicuramente svenuta, però
riusciva
ancora a sentirla respirare. Riusciva ancora a sentirla mormorare:
"Io
non posso morire",
anche se sapeva veniva tutto solo dai suoi ricordi. Sapeva era ancora
viva e quella stretta che la teneva ben serrata al suo petto non
l'avrebbe lasciata tanto facilmente. Le avrebbe permesso di riposare,
di riprendersi, di curare ogni paura e ferita come quando andava a
chiudersi nell'armadio insieme a lei, e avrebbe nel frattempo
vegliato su di lei. Gli insulti, le urla, le minacce, Lucy le
ricordava ancora. Ricordava il volto contratto di Laxus mentre le
dava dell'immondizia e le ordinava di non chiamarlo più
fratello, lo
ricordava eccome, ed era bello vedere come tutto di quello adesso non
esistesse più. Priscilla, immobile su di lui, poteva
riposare
tranquilla protetta dal suo abbraccio. Gli occhi di Laxus, rivolti a
lei, non avevano più nemmeno l'ombra di ciò che
era stato un tempo.
Lo sentì sospirare, dolorante, e infine anche lui si
rilassò
lasciando cadere la testa all'indietro e spostando gli occhi su
Natsu.
«Perché
l'hai fatto?» chiese Natsu, caricandosi di energia.
«Io sono più
debole di te...»
«Non
è questione di chi sia più forte, ma di chi sia
stato più colpito
da questa faccenda. Dev'essere qualcuno con il marchio della gilda ad
occuparsene. Prendi il dolore che è stato causato alla tua
gilda e
restituiscilo cento volte» sorrise, spostando la testa in
modo da
poterlo rivolgere a Natsu che ora si infiammò.
«Già...
prenderò il dolore e lo restituirò con una
potenza cento volte
superiore» disse lui, mentre fuoco e fulmini lo avvolgevano.
E
infine anche Laxus, ora sereno e fiducioso, chiuse gli occhi e si
abbandonò al riposo lasciando che un drago di fulmini e
fuoco
ruggisse nella stanza e ponesse definitivamente fine a tutto quanto.
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Capitolo 34 *** Bentornato Laxus ***
Bentornato
Laxus
I
ruggiti, il fuoco, il tuono, luce e ombra, la nave tremava e
ondeggiava sotto la furia di un vero e proprio drago contro l'inferno
assoluto. Fino all'ultimo briciolo di energia, Natsu
utilizzò tutte
le carte che aveva per riuscire a stendere definitivamente Hades,
infine crollò esausto. Ma il demone si rialzò
ancora, dopo pochi
secondi di riposo, ferito ma ancora pieno di energie. La paura li
attanagliava, sembrava che niente fosse in grado di funzionare, che
mai avrebbero visto la fine e ora che tutti loro erano ormai allo
stremo la speranza cominciò a dissipare. Non avevano magia,
non
avevano forza, non gli restava niente se non un disperato bisogno di
vivere e salvare i propri amici. E con quel terrorizzato desiderio
combatterono ancora contro i mostri dell'inferno, evocati da un Hades
che sembrava essere detentore di qualsiasi magia oscura esistesse al
mondo.
Poi
il miracolo... come un colpo di aria fresca, la magia tornò
improvvisamente a scorrere nuovamente dentro loro. L'isola di Tenrou,
distrutta da Azuma in precedenza, era la loro protettrice.
Rinvigoriva e proteggeva chiunque portasse su di sé il
simbolo di
Fairy Tail, ma quando era stata distrutta quella protezione era
venuta a mancare. Avevano usato gli ultimi stralci di magia residua
che avevano in corpo, Priscilla addirittura aveva usato quella del
suo stesso corpo rischiando di consumarsi e morire, ma qualcosa, un
miracolo, riportò improvvisamente l'isola allo stato
originario.
Sentirono l'energia scorrere in loro, la speranza di poter ancora
fare qualcosa, e i membri di Fairy Tail tornarono a combattere
più
agguerriti che mai contro un nemico che ancora non sembrava cedere a
nessun colpo. Ma anche così, anche con la magia che di nuovo
aveva
preso a scorrere dentro loro, si ritrovarono nuovamente in ginocchio,
tremanti.
«Il
simbolo sul palmo della mano destra» un mormorio
riuscì a far
riaprire gli occhi a Laxus. «Posso stringerlo tra le dita,
proteggerlo, o porgerlo in aiuto di chi ha bisogno» la mano
destra
di Priscilla si mosse lentamente sul petto di Laxus, fino a
raggiungere la mano del ragazzo appoggiata alla sua spalla ancora in
quel rinvigorente abbraccio. Incrociò le dita con le sue, ci
scivolò
in mezzo con delicatezza, fino a stringerle e unire così i
loro
palmi. Laxus non aveva certo idea di cosa le stesse passando per la
testa, ma poteva facilmente intuirlo. Finché avesse avuto
forza di
rialzarsi, non avrebbe lasciato i suoi compagni da soli. Strinse la
sua mano, deciso a unirsi a lei in quell'ultimo disperato tentativo
di intervento, con l'ultima briciola di energia che aveva e che era
riuscito a ricaricare in quei minuti di riposo a terra. Il vento
soffiò sotto di loro, aiutandoli ad alzarsi da terra, e con
quell'unico stralcio di forza che avevano corsero incontro ad Hades
nell'istante in cui Natsu si ritrovò nuovamente in
ginocchio.
Strinsero le proprie mani più forte, dandosi coraggio, e con
l'altra
mano spinsero in avanti il pugno più arrabbiato che avessero
mai
tirato in vita loro. Centrarono Hades in pieno viso e lo fecero
cadere all'indietro in un'espressione contorta di dolore.
«Laxus!»
si meravigliò Natsu e con lo stessa sorpresa Erza
chiamò il nome di
Priscilla.
«Alzate
la vostra testa, ora!» ruggì Priscilla.
«Andate,
Fairy Tail!» urlò Laxus voltandosi a guardare i
suoi compagni.
Non
era stato altro che un disperato gesto, dall'utilità
abbastanza
limitata, ma quelle urla e quell'ultimo desiderio che aveva spinto i
due più moribondi a provarci ancora diede loro la carica di
non
arrendersi.
«Attacco
d'ala del cielo!»
«Ice
Bringer!»
«Apriti
portale del Capricorno!»
«Tenrin:
spada pentacolare!»
«Esplosione
cremisi della lama del fulmine!»
E
con quell'ultimo attacco, quell'ultimo straziante sforzo, videro
finalmente Hades cadere a terra tra macerie e polvere, ferite e
sangue, il volto steso in un'espressione ormai vinta che
difficilmente sarebbe sparita.
Era
finita.
Natsu
cadde in ginocchio, lanciando al cielo un urlo che più
pareva un
ruggito, libero finalmente di potersi scrollare da tutta quella
tensione che l'aveva quasi ucciso. Priscilla sorrise,
sollevata
e felice, poi finalmente la tensione lasciò andare anche il
suo
corpo privandola dell'ultimo briciolo di forza che le era rimasto.
Perse l'equilibrio, su quell'unica gamba che le era rimasta, e cadde.
Laxus si sporse rapidamente verso di lei e la tirò per
quella mano
che ancora stringeva saldamente. La prese per un fianco e
riuscì a
sorreggerla, impedendole la caduta a terra. Priscilla si
lasciò
aiutare e si aggrappò a lui saldamente, mentre le portava il
braccio
dietro il proprio collo per tenerla in piedi. Ansimava per la fatica,
a malapena riusciva a tenere sollevata la testa, e il sudore
continuava a colarle dalla fronte. Aveva decisamente bisogno di
riposare, ma l'espressione del suo volto non trasmetteva nessun
accenno alla fatica. Era serena, distesa e felice, saldamente
aggrappata all'uomo riuscì persino a voltarsi e rivolgergli
uno
sguardo. Non parlò, forse non ne aveva la forza o forse non
sapendo
bene come trasformare in parole tutti quei pensieri, ma Laxus
riuscì
comunque a leggere nei suoi occhi la gratitudine per essere tornato e
aver loro salvato la vita. Un grazie non espresso, ma che non aveva
bisogno di parole. E questo gli permise di non dover cercare scuse
per giustificare il suo improvviso interesse nella loro
incolumità,
ma poté semplicemente ricambiare il suo sorriso. Avevano di
nuovo
combattuto assieme. Erano passati cinque anni dall'ultima volta che
aveva sentito quell'eccitazione in corpo, cinque anni dall'ultima
volta che avevano potuto stringere le loro mani, guardarsi in volto e
darsi forza, cinque anni dall'ultima volta che avevano tirato insieme
un pugno. Era come se tutto quel tempo non fosse mai trascorso,
improvvisamente si sentirono di nuovo normali, come se non avessero
fatto altro che dormire e si fossero svegliati solo in quel momento.
Niente di quanto era successo tra loro, stranamente, sembrò
avere
significato. Avevano temuto l'imbarazzo, la rabbia, il disagio di
quando si sarebbero di nuovo visti, si erano più volte
chiesti come
sarebbe stato allora... invece era tutto così naturale,
così
normale, che solo i sorrisi avevano significato.
Priscilla
cadde in avanti con la testa, ancora troppo stanca, ma
riuscì a
restare sveglia e tenersi in piedi benché fosse totalmente
sorretta
da Laxus.
«Dannazione»
ridacchiò, divertita. «Sono troppo stanca ora per
riuscire a
parlare».
«Non
credo ci sia molto da dire in verità» disse lui,
evasivo, cercando
di evitare quel lungo discorso da cui non sapevano nemmeno da dove
iniziare. Cosa gli era successo, dove era stato, cosa pensava ora,
cosa aveva pensato allora, cosa provava, perché era tornato,
cosa
aveva fatto lei nel frattempo, aveva continuato ad aspettarlo? Erano
così tante le domande, così tante le cose da
dire, che anche solo
pensarle tutte era faticoso. E il disagio e l'imbarazzo di doversi
aprire e raccontarsi era tale che lui ne avrebbe volentieri fatto a
meno.
«Sei
il solito» rise lei, con una giovialità esagerata.
Fu come una
catena che si ruppe, permettendo a un cancello di spalancarsi con un
fragore assordante per far uscire e crollare una valanga che aveva a
lungo trattenuto. Scoppiò a ridere, scoppiò a
ridere rumorosamente
ed esageratamente, a testa bassa lasciava uscire la voce con tale
abbondanza che il fiato riuscì poco a starle dietro e a
volte la
costringeva a grossi respiri. A testa bassa, il volto coperto dai
capelli, Laxus riuscì a intravedere solo poco dopo piccole
gocce che
si staccavano da lei e cadevano a terra. Non era sudore, lo
capì
subito, dal momento che quella risata sganasciata a volte assumeva i
connotati di un lamento. Quella slavina non era gioia, ma era ogni
sorta di emozione che aveva trattenuto dentro sé per tutta
la durata
di quei cinque anni. Il dolore, la gioia, il tormento, la
felicità,
il desiderio, il sollievo, la rabbia... c'era ogni cosa, mescolato
l'uno nell'altro, lottavano per uscire finendo col fondersi e trovare
rifugio in una battuta e una risata. Laxus la lasciò
sfogarsi, non
sapendo nemmeno cosa avrebbe potuto dire o fare. Era ancora tutto un
enorme punto interrogativo, il futuro, il loro futuro, quello della
gilda, non aveva idea di cosa sarebbe successo da quel momento in
poi. Sarebbe tornato a vagare, l'avrebbero cacciato via come l'ultima
volta, o forse avrebbero deciso di reintegrarlo, magari addirittura
di perdonarlo... che razza di pensieri faceva? Chi avrebbe perdonato
uno come lui dopo aver minacciato la vita di tutti loro e del master
stesso? Erano troppe le cose da aggiustare, troppi pensieri a cui
pensare, perciò semplicemente decise di lasciarsi
trasportare dagli
eventi. Avrebbe riportato tutti a casa e poi, semplicemente, se ne
sarebbe andato di nuovo... forse.
Certo
era che tutto quel dolore che Priscilla ora stava lasciando andare,
sapeva bene di esserne la causa, e non poteva far a meno di
tormentarsi. Qualsiasi decisione avrebbe preso, ne avrebbe portato
per sempre sulle spalle il loro peso. Sentì la mano fredda
di
Priscilla aggrapparsi alla sua maglia, proprio mentre i suoi pensieri
lo stavano trascinando altrove. Neanche aveva fatto prima caso che
quella mano era stranamente più fredda del resto del corpo,
era
curioso. Strisciò dietro al suo collo, si
aggrappò in una specie di
abbraccio che, data la fatica che faceva nel restare in piedi,
sembrava più un modo per aggrapparsi a qualcosa.
Alzò finalmente
gli occhi, anche se rossi per il pianto, l'espressione contorta tra
il sorriso e il dolore, e infine si illuminò in un modo che
mai le
aveva visto fare.
«Bentornato»
singhiozzò, tirando il viso in un enorme sorriso. Una parola
che per
cinque anni si era tenuto ben segregata dentro, come un segreto che
non aveva mai trovato il coraggio di rivelare. Una parola che per
cinque anni aveva spinto all'interno del suo petto, desiderosa di
uscire, senza però averne mai l'occasione, e più
era passato il
tempo più aveva logorato e distrutto quella prigione in cui
era
stata rinchiusa. Una singola parola che ora poteva finalmente uscire
e liberarla.
Non
era veramente tornato, lo sapeva, era lì solo di passaggio.
Era lì
solo perché il cuore gli aveva detto di andarci, aveva
voluto
aiutarli, ma sapeva che non l'avrebbero mai riaccettato. Molto
probabilmente sarebbe di nuovo dovuto partire quanto prima, anzi
aveva desiderato farlo anche prima di incrociare suo nonno, ma ora...
per quel breve istante, stupidamente, desiderò restare.
«Grazie»
balbettò semplicemente, scosso da un certo imbarazzo.
Probabilmente
anche perché, nonostante la fine della battaglia avesse
portato in
ciascuno dei loro compagni il desiderio di chiedersi come stavano, di
parlare e abbracciarsi, comunque l'evento del loro ritrovamento e le
urla del pianto-risata di Priscilla avevano attirato su di loro gli
sguardi degli altri. Lucy stava addirittura piangendo. Era
decisamente imbarazzante.
«Natsu!!!»
la voce di Happy vibrò dal corridoio, prima che gli Exceed
potessero
entrare nella stanza dove si trovavano i loro compagni.
«Ragazzi!
Aiutateci!» chiamò Charle, correndo al suo fianco,
mentre Lily
cercava di proteggerli dalle retrovie. Dietro di loro un numero
indefinito di persone, soldati di Grimoire Hearts sicuramente, li
inseguiva minacciandoli di ucciderli.
«Happy!»
sobbalzò Priscilla, guardandoli sorpresa.
«Priscilla
ti manca una gamba!» pianse Happy, correndo verso di loro e
portandosi dietro la folla di manigoldi.
«Fosse
la prima volta» ridacchiò lei imbarazzata e
provò a separarsi da
Laxus per prepararsi a combattere di nuovo, ma ancora ebbe un
cedimento e il ragazzo al suo fianco dovette sorreggerla per
impedirle di finire a terra.
«Ci
hai preso familiarità con ‘sta faccenda»
quasi la rimproverò
Laxus, che invece trovava la cosa ancora strana, quasi fastidiosa
perché legata a ricordi di cui avrebbe volentieri fatto a
meno.
«Si
mette male» disse Gray, provando a richiamare un po' della
sua magia
senza riuscirci.
«Siamo
tutti senza forze, non abbiamo più energia magica a
disposizione»
notò Erza, trovando le stesse difficoltà nel
riequipaggiarsi.
«Che
facciamo?» chiese Lucy, preoccupata e senza idee.
«Fermi
lì!» l'urlo imperativo di una voce familiare e
confortante, proprio
dietro di loro. Makarov, insieme a tutto il resto dei compagni che
erano rimasti alla base, compresi i feriti, erano in piedi
all'ingresso della stanza e fulminò l'intero plotone che
stava
rincorrendo gli Exceed.
«Ragazzi!»
salutò Natsu allegro.
«Nonno!»
salutò anche Priscilla, tanto felice di vederli che per poco
non
tornò a piangere.
«C-ce
ne sono altri!» esclamarono terrorizzati alcuni dei soldati
di
Grimoire Hearts.
«Quello
è Makarov! Il loro master!»
«Hanno
sconfitto Master Hades! È a terra
guardate!»
E
lentamente il panico e la paura non solo li costrinse a fermare
l'inseguimento, ma addirittura ad arretrare. Se nemmeno master Hades
era riuscito a sconfiggerli, che speranza potevano avere loro?
«Sparite
da quest'isola» ordinò Makarov e l'intero gruppo
di uomini scappò
via, senza farselo ripetere due volte, urlando dalla paura. Non ci
era certo voluto molto, ma era ugualmente di grande conforto sapere
che non avrebbero dovuto combattere ancora.
«Evvai!»
urlarono felici mentre si riabbracciavano e piangevano nel rivedersi
tutti interi. Cana abbracciò Lucy, Wendy salto stringendo
Charle,
Erza andò a chiedere a Mirajane come stesse, Gajeel pianse
riabbracciando Lily e nel caos di felicità Makarov fu
l'unico a
volgere a Laxus e Priscilla uno sguardo. Rivolto soprattutto a Laxus,
ma lei gli era ancora aggrappata perciò fu inevitabile
trovarsi tra
loro. Laxus con una smorfia orgogliosa voltò semplicemente
gli occhi
altrove, facendo finta di niente, anche se la testa incassata nelle
spalle tradiva il suo imbarazzo.
«Sono
felice di vederti qui» disse Makarov con tono serio, poco
prima di
ingigantire la propria testa con quella sua bizzarra magia e
trasformarsi in una specie di leone famelico, urlando e sputacchiando
contro al ragazzo: «Credevi ti avrei detto una cosa simile,
testa
bacata?». Laxus semplicemente afferrò Priscilla
per i fianchi, la
sollevò e la spinse in avanti, tenendola ben ferma tra lui e
suo
nonno. Tutta la furia e soprattutto la saliva incontrollabile del
furibondo anziano non arrivò perciò a lui ma
colpì l'innocente
sorella, che terrorizzata aveva da subito cominciato a
urlare.
«Come ti è saltato in mente di mettere piede su
quest'isola mentre
sei ancora in esilio, eh?» ruggì Makarov, davanti
a una Priscilla
ormai in lacrime.
«Sì,
ma che c'entro io?» piagnucolò lei, inascoltata.
«Master,
si calmi» provò a intervenire Levy.
«Sta'
zitto, vecchio» rispose a tono Laxus, orgoglioso.
Fu
solo allora che Fried, prima di tutti, riuscì a distogliere
l'attenzione dalla gioia di essere ancora tutti vivi e aver vinto
quella battaglia apparentemente impossibile e notò la
presenza di
Laxus.
Balbettò
il suo nome, sconvolto di vederlo lì, poi in lui come negli
altri
due Raijinshuu la gioia esplose come una bomba e chiamandolo a gran
voce gli saltarono al collo senza contegno né attenzione per
le sue
ferite. Priscilla ovviamente si trovò nuovamente
coinvolta,
visto che era tenuta ancora sollevata a mo' di scudo da Laxus.
Caddero tutti a terra, ma nessuno si preoccupò né
delle sue urla né
dei lamenti di Laxus, troppo impegnati a piangere e chiamarlo,
stritolandolo come poterono.
«Dimmi
che te li riprendi, ora che sei tornato, ti scongiuro» pianse
Priscilla, incapace di muoversi, schiacciata come una sottiletta tra
Laxus a terra e i tre Raijinshuu sopra di lui.
«Non
è che sia stato esattamente reintegrato, a dire il
vero» provò a
sibilare lui con il poco di aria che aveva.
«Oh,
Priscilla, ci sei anche tu?» si accorse solo allora
Fried.
«Baby,
stai bene?» chiese Bickslow felice di vederla tutta intera.
L’afferrò per il collo, abbracciandola, e
sollevandosi in
ginocchio la tirò via da quell'intrigo di corpi dei loro
amici. Un
metodo non del tutto delicato e confortevole, che la ridussero a
urlare ancora per il dolore della presa, perché incastrata a
qualcosa, ed era finita con l'essere allungata e stritolata in modi
che un corpo umano in realtà non sopportava.
«Siamo
stati attenti a lei, in questi tempi, hai visto Laxus?»
chiese
Fried, brillando di emozione.
«Ci
siamo occupati di lei come ci avevi chiesto» si
unì Evergreen,
altrettanto entusiasta, mentre Bickslow alle loro spalle continuava a
stritolarla per abbracciarla e lei cercava di allontanarlo
piazzandogli le mani in faccia.
«Quando
esattamente vi avrei chiesto una cosa simile?» chiese Laxus,
confuso, ma nessuno di loro ascoltò quell'affermazione e
continuarono a brillare, standogli ben appiccicati, come cagnolini
che aspettavano il biscotto per premio.
«Bene,
ora possiamo riprendere con la prova!» urlò Natsu,
alzando le
braccia al cielo.
«Stai
scherzando, vero?» sussultò Priscilla, ancora
serrata nella ferrea
presa di Bickslow.
«L'ultima
parte della prova è stata interrotta, perciò non
conta! Non ci
resta che deciderla combattendo!» insisté Natsu
infervorato,
tirando pugni al vento.
«In
verità, Cana l'ha portata a termine, a regola spetta a
lei...»
insisté ancora Priscilla, ma venne interrotta da Gajeel che
ringhiando si portò di fronte a Natsu: «Credi
davvero di potermi
combattere conciato così? Ti è saltata qualche
rotella?»
«A
occhi chiusi! Ora ho il potere fiammeggiante del drago del
fulmine!»
rispose Natsu.
«Io
non voglio più combattere nessuno»
piagnucolò Priscilla,
accasciandosi sulla spalla di Bickslow, arrendevole persino in
quello. «Portami a casa, Bicks-chan».
«Bicks-chan!»
sussultò lui, arrossendo per l'emozione di una tale
confidenza.
«Ma
che gli prende a quei due?» chiese Laxus, guardando
corrucciato la
scena tra Bickslow e Priscilla. Evergreen si limitò a
ridacchiare
nervosa, mentre Fried più rassegnato disse semplicemente:
«Credo
che Bickslow voglia parlarti».
«Eh?»
chiese Laxus curioso, chiedendosi che c'entrasse lui.
«Giusto!»
sussultò Bickslow e corse ai piedi di Laxus, tenendosi
Priscilla ben
salda su una spalla. «Laxus chiedo umilmente la mano di tua
sorella!» disse solenne e Priscilla sussultando
urlò: «Giammai!»
«La
sua... mano?» chiese Laxus con occhi spalancati e un lieve
rossore
in volto. Quando era successo che tra loro nascesse un simile
rapporto? Certo era che lui non c'entrava proprio niente, Priscilla
era liberissima di fare quello che voleva e il suo volere non contava
assolutamente nulla. Sbuffò, incrociò le braccia
al petto, senza
riuscire a trattenere un vago sentimento irritato e ringhiò
semplicemente: «Come vi pare».
«Cosa?!»
gridò Priscilla in preda al panico.
«Ha
accettato!» saltò Bickslow.
«No!
No! Aspetta!» cominciò a scalciare e dimenarsi, ma
Bickslow era
certamente più in forma di lei ed era in grado di gestirla.
Tenendola in spalla come un sacco di patate si rimise in piedi e
cominciò a correre verso l'uscita, diretto verso
chissà quale prima
chiesa avesse incontrato o forse semplicemente per rapire la ragazza
e sparire nel nulla ora che aveva avuto il benestare dell'unico che
gli interessava. Priscilla si allungò in avanti e
riuscì in un
gesto disperato ad afferrare il colletto della giacca di Fried,
trascinandolo con sé, ma il tutto fu tanto improvviso che
Fried
semplicemente perse l'equilibrio, mugolò soffocato e cadde
all'indietro. Allungò una mano in avanti, cercando qualcosa
dove
appigliarsi, e colpì involontariamente Evergreen facendole
saltare
gli occhiali.
«Avete
finito voi tre, allora?!» ruggì Evergreen, furiosa
per essere stata
messa in mezzo. Una furia come quella era rara in Evergreen e proprio
per questo faceva venire la pelle d'oca. Priscilla si
ritrovò ad
abbracciare Bickslow per lo spavento e Fried si schiacciò
contro di
loro, altrettanto intimorito.
«Scusami»
sussurrarono all'unisono, facendo così calmare, almeno
parzialmente,
la donna più terrificante che conoscessero.
«E
tu impara a rispettare le volontà altrui!»
ruggì Priscilla non
appena Evergreen ebbe loro voltato le spalle e poté sentirsi
sicura.
Alzò il braccio e tirò in pieno viso a Bickslow
un pugno tanto
potente da fargli voltare la testa dall'altro lato. Questo lo
portò
a perdere la presa su di lei, che cadde con un tenero <<Kyah!>>,
sbattendo il sedere a terra. Si massaggiò la zona colpita,
con un
lamento, mentre Fried allarmato si inginocchiava e chiedeva
pressante: «Ti sei fatta male? Ti portiamo
all'ospedale!»
«Io
non vi sopporto più, tornateve dal vostro proprietario e
lasciatemi
in pace una buona volta» disse Priscilla scoppiando
praticamente a
piangere come una bimba.
«L'hai
fatta piangere!» abbaiò Fried verso un Bickslow
che ora si grattava
la nuca imbarazzato. «Io sta solo scherzando»
confessò.
«Siete
due incapaci, non avete idea di come si tratta una donna!»
intervenne di nuovo Evergreen, riappropriatosi dei suoi occhiali.
«Su, su! Vieni da Ever-nee» disse lei prendendo
Priscilla tra le
braccia e stringendola, quasi soffocandola, sul proprio seno.
«Questi
omaccioni cattivi ti trattano male?» chiese come una tata
confortante e lei fulminando sia Bickslow che Fried annuì.
«Non
è vero! È stato Bickslow!»
balbettò Fried, cercando di
difendersi.
«Stavo
solo scherzando per vendicarmi che non mi ha riconosciuto al campo
base prima. Mi ha maltrattato senza motivo»
mormorò Bickslow,
cercando di giustificarsi. Priscilla in un flashback ricordò
ogni
cosa, non solo il non averlo riconosciuto ma anche che sotto
quell'elmo che aveva sempre pensato fosse la sua vera faccia c'era in
realtà un ragazzo in carne e ossa che aveva ingenuamente
anche
considerato carino. Arrossì violentemente e
affondò di più il
volto sul seno di Evergreen, che intuì nel suo atteggiamento
qualche
fastidio e imbarazzo. Perciò se la prese con lui, abbaiando
un: «Che
le hai fatto?»
«Niente!»
sussultò lui.
Un
voce, una risata soffocata, sfuggita al suo controllo solo per
qualche secondo, ma Priscilla non fu l'unica a coglierla con una
palpitazione. Sollevò il volto dal petto di Evergreen e
rossa per
l'emozione si voltò verso Laxus, cosa che fecero anche gli
altri
tre. Era seduto a terra, gambe e braccia incrociate, cercava di fare
l'indifferente e neanche li stava guardando, ma dal petto leggermente
in movimento usciva comunque una debole risata sicuramente causata da
quel quadretto ridicolo che i suoi amici avevano messo su insieme a
Priscilla. La voce roca e cupa, ben chiusa all'interno della gola,
eppure nel suo piccolo riusciva comunque a farsi sentire.
Quella
risata...
"Quando
Laxus tornerà troverà una casa allegra e felice
ad accoglierlo,
proprio come piace a lui. È questa la mia promessa"
se l'era dimenticata. Quella promessa che aveva fatto a Makarov, ma
forse più a se stessa, quando aveva infine accettato il suo
ruolo
all'interno della gilda, dopo il loro litigio. A Laxus era sempre
piaciuta quell'atmosfera, non lo diceva spesso, era assurdamente
orgoglioso, ma lei lo conosceva e sapeva che lui amava passare il
tempo dentro Fairy Tail per sentirne la gioia e le risate. Priscilla
stessa era cresciuta con quel particolare carattere solare e
infantile, aveva imparato a provare quei sentimenti, solo
perché
aveva visto che così riusciva sempre a strappargli un
sorriso. Era
orgoglioso, ma in realtà era una persona molto solare a cui
piaceva
quell'atmosfera raggiante. Ci aveva messo cinque anni, non aveva mai
smesso di ridere e cercare di far ridere chi aveva intorno solo per
mantenere viva l'atmosfera allegra di Fairy Tail, solo
perché lui
avrebbe così potuto tornare sempre in una casa allegra e
felice.
Come gli piaceva, anche se non lo dava a vedere. Dopo il
combattimento contro di lui alla cattedrale e il suo esilio, con
tutto quello che era successo successivamente, se l'era dimenticata.
Ma nel profondo non aveva mai smesso di portare avanti il suo
compito, il suo ruolo, quello di occuparsi di lui... e renderlo
felice.
"È
questa la mia promessa".
Ce
l'aveva fatta. Era passato così tanto tempo, aveva sofferto
e
lottato molto, ma alla fine ci era riuscita. Laxus era tornato e ad
accoglierlo c'erano state risate e scherzi, era riuscita a renderlo
felice...a farlo ridere di nuovo. Gli occhi le si inumidirono, le
guance si arrossarono e portandosi una delicata mano vicino alle
labbra sorrise timida ed emozionata, guardando il volto disteso di
suo fratello e il suo petto che ancora sobbalzava per la flebile
risata che si teneva chiuso dentro.
«Bentornato...
Laxus».
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Capitolo 35 *** Me l'hai insegnato tu ***
Me
l'hai insegnato tu
Fecero
ritorno al campo base, dove tutti si presero il loro spazio per
riposare o prendersi cura di chi ne aveva bisogno. Natsu era crollato
addormentato non appena aveva messo piede all'interno della tenda,
Mirajane aveva preparato un pasto caldo per tutti, Wendy si occupava
delle cure con quel poco di magia che era riuscita a recuperare. Uno
alla volta vennero tutti assistiti e soccorsi, aiutati e rimessi in
piedi, fino a quando l'atmosfera non tornò quella di
sempre.
Priscilla
sedeva vicino a Happy e Charle, abbuffandosi con foga di ciò
che
Mirajane le passava e ascoltando i loro racconti. A quanto pareva
Hades aveva una incredibile longevità ed era stato
considerato
addirittura come un Dio perché all'interno della nave c'era
un cuore
demoniaco che lo alimentava costantemente, rendendolo praticamente un
immortale. Happy, Charle e Lily l'avevano distrutto e questo aveva
permesso ai loro amici di dare il colpo di grazie ad Hades.
«Dhunke
è sholo ghashie a voi she abamho vintho»
bofonchiò Priscilla con
una forchettata stracolma di cibo in bocca.
«Per
favore, puoi ingoiare prima di parlare almeno» la
rimproverò
Charle, irritata. Priscilla obbedì e deglutì
rumorosamente, prima
di tornare a sorridere e allungare una mano verso Lily esclamando:
«Ottimo lavoro, socio!»
Lily
sorrise di rimando, fiero e felice, e le batté il cinque
orgoglioso.
«Ehy!
Lui è il mio gatto, non il tuo!» ruggì
Gajeel intervenendo nella
discussione, irritato nel vedere un tale feeling tra i due.
«Sta'
zitto» disse semplicemente Priscilla.
«A
Priscilla-nee piacciono particolarmente gli Exceed» disse
sorridente
Wendy, sedendosi accanto a lei.
«Trovatene
uno tuo allora!» ruggì Gejeel prendendo Lily tra
le braccia e
stringendoselo al petto.
«Io
ne volevo uno ma mi avete detto che non potevo prenderlo,
uffa!»
sgambettò lei, infastidita.
«Non
te ne puoi semplicemente appropriare» la
rimproverò Charle.
«Ne
avevi presi sotto braccio almeno tre e non avevi chiesto il loro
parere, Priscilla-nee» si accodò Wendy.
«Uffa!
Voglio un gatto! Gatto! Gatto!» piagnucolò,
capricciosa.
«Vattelo
a cercare come hanno fatto tutti!» insisté Gajeel,
contrariato e
continuando a difendere Lily.
«Sta'
zitto, uomo ruggine!» brontolò lei, inforchettando
un pezzo di pane
umido di minestra e usando la posata come catapulta glielo
lanciò
dritto in fronte, lasciandolo interdetto e furioso. Gajeel prese a
ruggire e agitarsi come un animale, arrabbiato, mentre Priscilla
seduta di fronte a lui scoppiava a ridere e gli puntava un dito
contro.
«Nonnino!
Allora, che ne è della prova?!» si alzò
Natsu e a grandi passi
raggiunse Makarov sotto la tenda.
«È
già sveglio?» chiese Priscilla, guardandolo
sorpresa.
«Ve
l'ho già detto. È sospesa» disse
Makarov risoluto, facendolo
sbraitare furioso: «Non capisco perché
sospenderla!»
«Ve
l'ho già spiegato. Un membro del concilio si è
infiltrato tra i
candidati e Grimoire Hearts ha distrutto tutto, non posso agire
diversamente» insisté Makarov ma Natsu
continuò a sbraitare e
insistere.
«Natsu,
piantala!» provò a intervenire Priscilla scocciata
da tutto quel
rumore.
«Vediamocela
con un combattimento! Decideremo chi diventerà mago di
classe S con
un combattimento tra noi! L'ultimo che resta in piedi vince!»
ringhiò lui, puntando furioso un dito contro Priscilla ma
lei non si
perse d'animo e generando un piccolo tornado sul palmo della mano
disse semplicemente, maligna: «Vuoi davvero sfidare la donna
che ha
sconfitto Erza?»
«Priscilla-nee
fai paura» sibilò Wendy, spaventata, mentre Natsu
non fece che
sibilare ora intimorito.
«Va
bene, non ho altra scelta» sospirò Makarov.
«Natsu, ti sottoporrò
a un'ultima prova! Farò un'eccezione solo per te, questa
volta».
«Yuppi!»
esultò lui, rinvigorito.
«Sconfiggimi
e diventerai mago di classe S» disse Makarov, facendogli
cenno con
la mano di avvicinarsi. «Davvero?»
sbarrò gli occhi lui,
cominciando subito ad allungare i muscoli. «Bene, non vedo
l'ora!
Fatti sot...» ma non terminò nemmeno la frase che
con un pugno
gigante Makarov lo schiantò contro il tronco di un albero e
lo mise
fuori gioco. Priscilla scoppiò a ridere, guardandolo ora a
terra
senza respiro, gli puntò un dito contro e con l'altra mano
cominciò
a sbattere contro il tavolino al suo fianco.
«È
la solita casinista» sospirò Charle, guardando il
modo decisamente
poco aggraziato di Priscilla. Wendy ridacchiò divertita nel
guardarla, la metteva sempre di buon umore soprattutto quando era
così solare, ma poi, sentendosi osservata, voltò
lo sguardo verso
qualche albero lontano. Laxus era appoggiato a uno di questi, seduto,
già fasciato e con gli abiti cambiati, stava riposando con i
Raijinshuu che gli gironzolavano attorno. Su una cosa aveva
però
sbagliato, il suo sguardo non era rivolto a lei, ma a Priscilla al
suo fianco. La guardava con velato sorriso in viso, probabilmente
già
da prima. Wendy si sentì un po' a disagio e con un sospiro
puntò
gli occhi alle proprie gambe, imbarazzata.
«Che
succede, Wendy?» chiese Charle notando lo stato d'animo della
ragazzina.
«Sono
un po' in soggezione. Non sono ancora nemmeno riuscita a
presentarmi»
confessò lei, timida.
«Parli
di lui?» chiese Charle, volgendo lo sguardo a Laxus.
«Perché mai
dovrebbe intimorirti?» la rimproverò, stufa di
vederla sempre così
debole e timida.
«Hai
paura di Laxus?» chiese Priscilla innocentemente, che aveva
sentito
la chiacchierata tra le due. Wendy sussultò e
arrossì, sventolando
le mani davanti al viso provò a balbettare una serie di
scuse: «No,
è che si tratta di tuo fratello, e dopo quello che mi hai
raccontato... io...»
«Capisco»
sorrise Priscilla, comprensiva, prima di rallegrarsi come soleva
fare. «A Laxus piace abbaiare, ma in realtà
è un tenero
cucciolone, te lo assicuro. Sta' tranquilla, ti presento io!»
«Eh?!»
sobbalzò la ragazzina ma Priscilla era già in
piedi e la prese per
mano, cominciando a trascinarla.
«Laxus!»
chiamò, correndogli incontro. Prese poi Wendy tra le mani,
alzandola
come un trofeo, aiutata dalla sua magia per renderla più
leggera, e
con un sorriso innocente e felice esclamò una volta che gli
fu
davanti: «Lei è la mia sorellina, Wendy! Ti
piace?»
«Eh?»
chiese lui stralunato, non riuscendo a capire se a sconvolgerlo di
più fosse il fatto che fosse sbucata un'altra sorella dal
nulla o il
fatto che Priscilla gli chiedesse candidamente se "gli piaceva",
come fosse un oggetto.
Priscilla
si sedette di fianco a Laxus e prese Wendy tra le braccia,
stringendola e strofinando la propria guancia sulla sua testa
esclamò
emozionata: «Ha detto che si vergognava a presentarsi, che
carina!!!
Non la trovi dolcissima?!»
«Priscilla-nee
mi stai mettendo in imbarazzo» balbettò Wendy,
rossa in volto come
un pomodoro.
«Lei
è una Dragon Slayer del cielo!» spiegò
Priscilla, sempre più
emozionata. «È un po' come se fosse me e te messi
insieme» scoppiò
a ridere divertita, continuando ad abbracciare e accarezzare la testa
di Wendy.
«Santo
cielo, Priscillanee-san!» sibilò Wendy, sempre
più in imbarazzo.
«Sorellina?
Un'altra?» mormorò Laxus, alzando un sopracciglio
pensieroso e
chiedendosi da dove saltasse fuori ora quell'altra presunta sorella.
«Non
essere sciocco!» lo rimproverò Priscilla, come se
avesse appena
detto un'assurdità. «Lei è solo mia!
Non tua!» e strinse ancora
di più Wendy tra le braccia.
«È
un'assurdità quello che hai appena detto, lo sai?»
le disse lui,
non capendo cosa stesse accadendo.
«Ci
siamo conosciute quando abbiamo combattuto contro Oracion
Seis»
spiegò Priscilla, ignorando il suo commento.
«È una gilda oscura
al pari di Grimoire Hearts, fanno parte della stessa alleanza. Io in
realtà non ero invitata a prendere parte alla battaglia, ma
mi sono
imbucata perché volevo conoscerla. Sai è una
vecchia amica di
Mistgun, mi ha parlato molto di lei» raccontò
entusiasta,
dondolando su se stessa.
«Questo
non lo sapevo nemmeno io» osservò Wendy, sorpresa,
ma Priscilla
ignorò anche lei e proseguì: «Oracion
Seis voleva appropriarsi di
Nirvana, una magia incredibile che inverte luce e oscurità,
e voleva
distruggere Cat Shielter, la vecchia gilda di Wendy, perché
erano
loro ad aver creato Nirvana. Allora noi insieme ad altre gilde
abbiamo combattuto tutti insieme e siamo riusciti a vincere, ma la
gilda di Wendy si è rivelata fittizia, era un'illusione
creata per
dare a lei una famiglia e non appena abbiamo distrutto Nirvana anche
loro sono scomparsi e l'hanno lasciata sola. Allora l'ho invitata a
entrare nella nostra gilda, così non sarebbe rimasta sola!
Usa la
magia del cielo, tra cui anche il vento, ma non era molto brava a
combattere perciò mi ha chiesto di insegnarle. Ora
è diventata
fortissima, ci siamo allenate molto, vero Wendy?» sorrise e
tornò
ad abbracciarla, dondolando ancora. Presa com'era dal suo racconto
neanche si era accorta dello sguardo sereno e rapito di Laxus, che
l'ascoltava con dolcezza mentre lasciava uscire in un fiume tutti
quei ricordi e pensieri. «Wendy ha Charle, come Natsu ha
Happy. Sono
Exceed! A proposito! Sai da dove arrivano gli Exceed, Laxus? Questa
devo raccontartela, è davvero incredibile!» Wendy
riuscì a trovare
modo di sgattaiolare fuori dal suo abbraccio e Priscilla era talmente
presa dal suo racconto che neanche se ne accorse. Si voltò
verso
Laxus, per poterlo guardare in viso mentre gli raccontava di Edoras e
della sua avventura con il Laxus e Ivan dell'altro mondo, gli
raccontò di Mistgun che in realtà era il Gerard
di questo mondo e
che laggiù era un Principe. Gli raccontò
dell'affetto che aveva
scoperto che li legava, di come si era finta la dea del vento per
aiutarlo a riprendersi il trono, gli raccontò delle
avventure dei
mesi successivi insieme a Wendy quando aveva deciso di risparmiare
per ricomprare la loro casa, gli racconto di Phantom Lord, di come
aveva combattuto e sconfitto Aria, di come aveva ricostruito la
gilda, delle missioni insieme a Mistgun per chiudere Anima e
diventare più forte in vista del suo combattimento contro di
lui,
gli raccontò dei Raijinshuu che l'avevano presa sotto l'ala,
delle
missioni svolte insieme a loro perché ce la trascinavano
sempre,
dell'esame per diventare mago di classe S a cui era stata appena
selezionata, del suo combattimento con Erza e di come l'aveva
addirittura vinta, delle sue tecniche migliorate considerevolmente e
soprattutto di come mai e poi mai era più rimasta sola. E
Laxus,
sorriso in volto, non la interruppe nemmeno una volta.
«E
tu? Dove sei stato?» chiese infine, sorridendo esattamente
come la
ricordava. Laxus non smise di osservare ammaliato quel volto solare
che per tanto tempo aveva pensato che non avrebbe più
rivisto. Non
rispose, non subito, semplicemente sospirò un vago:
«In giro».
«Hai
scoperto qualcosa?» chiese lei, una domanda che lo
lasciò sorpreso
non solo per la sua curiosità ma anche per la dolcezza con
cui
gliel'aveva posta. «Sei stato in alcuni dei luoghi che
abbiamo
visitato insieme, anni fa, quando facevamo le missioni per conto di
Fairy Tail. Non passi molto inosservato, sai?»
ridacchiò divertita.
«Cercavi informazioni su di me, su ciò che sono,
vero?»
«Mi
hai tenuto d'occhio» disse lui, divertito e lei dondolando
ammise
innocente: «Un po'!» e
ridacchiò.
«Come
sta la tua gamba?» chiese lui, incupendosi improvvisamente.
Non
riuscì neanche a spostare gli occhi e guardarla.
«Meglio.
Si rigenera velocemente, probabilmente è anche grazie alla
magia di
Tenroujima» rispose lei e ascoltò il silenzio che
cadde tra loro,
come un mattone sullo stomaco.
«Ti
ricordi quel vecchio libro che mi leggevi da bambini? Quello sulle
fate» chiese lei, voltandosi per guardare il suo stesso punto
nel
vuoto e spostandosi gli si avvicinò maggiormente.
«Creature
fantastiche, leggiadre ed eleganti, da cui prendeva il nome la gilda
del nonno. Mi dicevi che su quest'isola esistevano davvero».
«Mi
pregasti di portarti qui a cercarle, un giorno» disse lui,
soffocato
da una pesante malinconia.
«È
vero» ridacchiò lei, divertita. «Sai...
non mi importa più ciò
che sono o non sono. E non importa nemmeno a loro, perché
semplicemente sono Priscilla, maga di Fairy Tail, creatura
fantastica... come le fate di Tenroujima» sorrise ancora
sporgendosi
oltre la sua spalla, per cercare il suo sguardo. «Come per
tutte le
cose, anche questo me l'hai insegnato tu. Te ne sono grata».
«Non
essere sciocca» disse quasi irritato.
«Dico
sul serio. Lasciandomi sola mi hai costretto a guardare meglio dentro
me e intorno a me, sono riuscita a vedere qualcosa che non credevo
esistesse. Non per me, almeno. Quando sono venuta al mondo mi
è
stato detto che l'unico motivo per cui esistevo era per starti
accanto e occuparmi di te. È stato quello che ho fatto fino
a poco
tempo fa, credevo di non avere altra ragione di vita, ma poi tu sei
sparito e mi hai costretto a cercarmene un'altra di ragione di vita.
Mi hai costretta a restare con loro, a non seguirti, perché
sapevi
che erano le persone adatte a questo compito. Insegnarmi a vivere.
È
bello, sai? Vivere, amare, è qualcosa che mi piace davvero
molto. Io
non sono come loro, questo è innegabile, ma ciò
non toglie che non
possa lo stesso stare insieme a loro» si
rannicchiò, tirando su un
ginocchio e appoggiandoci una guancia sopra. «Non
è questo il senso
di una famiglia? Accettare tutti per quello che si è,
indipendentemente da ciò che si è fatto in
passato, guardare avanti
insieme, nonostante tutto».
«Non
tutto può essere perdonato» mormorò
lui, duro, ma lei rispose con
una risatina divertita e un sospirato: «Laxus».
Allungò una mano
verso la sua testa e lo colpì delicatamente con un buffetto,
ridacchiando e innervosendolo ancora di più.
«Che
vuoi?» chiese infastidito.
«Hai
il cuore tenero» sorrise lei e lui arrossendo distolse lo
sguardo,
mirando altrove. «Ti senti in colpa perché hai il
cuore tenero. Non
mentire! C'è un delizioso bombolone alla crema qui dentro,
vero?»
disse spogendosi verso di lui e punzecchiandolo al petto.
«Piantala!»
ruggì lui, offeso. Priscilla insisté,
ridacchiando e
punzecchiandolo con la punta del dito, sporgendosi sempre
più verso
di lui mentre lui arretrava furioso. E si stuzzicarono, ridacchiando,
fino a quando Priscilla non riuscì ad aprirsi un varco e
insinuarsi
tra le sue braccia, stringendolo e affondando il volto sul suo petto.
Un abbraccio così tenace anche se delicato, erano secoli che
non ne
aveva uno.
«Mi
sei mancato da morire» confessò con la voce rotta
e bastò quello a
cancellare ogni dubbio e ogni timore. Non le importava niente, non le
importava di ciò che facevano da bambini, dei combattimenti
che la
portavano a passare giorni nel letto in convalescenza o del fatto che
lui avesse quasi ucciso tutti quelli che conosceva pochi mesi prima,
colto da un attimo di pazzia. A lei interessava solo che lui fosse
lì, in quel momento, finalmente dopo tanto tempo.
Il
senso di una famiglia era quello di accettare tutti, e guardare
avanti, nonostante tutto. Ancora una volta provò il
desiderio di non
andarsene più.
«Sei
cresciuta davvero tanto, Pricchan» disse, poggiandogli una
mano
affettuosa sulla testa. «Già» sorrise
lei, stringendolo ancora più
forte, ancora più felice. Le accarezzò la testa,
lasciandola stare
dov'era, stranamente rasserenato. Aveva viaggiato a lungo e spesso,
lo ammetteva, aveva ripercorso i propri passi all'indietro andando
alla ricerca di un passato che ricordava a macchie. Alla ricerca
della vera essenza di quella ragazza che diceva di essere venuta al
mondo solo per lui, che sembrava non avere un'anima propria, la
bambina che prendeva parte ai suoi ricordi più belli era in
realtà
l'essere più triste che fosse venuto al mondo e la causa era
sempre
stato solo lui. A lungo si era tormentato e aveva cercato indizi,
informazioni, solo per poterla scoprire di più, forse
speranzoso di
trovare un modo per salvarla da quella maledizione. Ma la
verità era
solo che lei era Pricchan, solo Pricchan, e nient'altro aveva
importanza.
«Ti
sei fatta crescere i capelli» osservò assorto nei
suoi pensieri,
mentre faceva scorrere una delle sue ciocche tra le dita. La
sentì
sussultare, non poté guardarla in viso ma gli parve che
fosse
improvvisamente più agitata, e balbettante cercava qualche
giustificazione.
«Guarda
un po'» una voce tonante, prima che un paio di pesanti mani
gli si
posassero sulle spalle. «I fratelli tempesta sono di nuovo in
azione, chi l'avrebbe detto!» rise Gildarts alle spalle di
Laxus.
«Che
vuoi? Vecchio?» ruggì Laxus, improvvisamente
furioso, stringendo
Priscilla tra le braccia con più enfasi.
«Darti
il benvenuto, so che eri stato esiliato» rise l'uomo, dando
al
ragazzo un paio di pacche pesanti sulla schiena. «Che
sfigato!»
«Sparisci!»
«Su,
sto solo scherzando, non prendertela» poi un'idea, un
ricordo.
L'esame di Laxus, nei suoi diciassette anni, che... aveva avuto
qualche piccolo incidente. «Aspetta, non ce l'avrai ancora
per la
faccenda del tuo esame?» chiese, notando quanto stesse
stringendo
Priscilla tra le braccia, tanto da soffocarla.
«Fuori
dai piedi!» ruggì Laxus, insistente.
«Dai,
è stato solo un incidente» rise lui.
«Cosa
è stato un incidente?» chiese Natsu, che l'aveva
raggiunto non
appena l'aveva visto comparire dal bosco.
«Vedi,
quando Laxus diede il suo esame di classe S...»
cominciò a
raccontare Gildarts, ma Priscilla colta da un profondo imbarazzo
anche solo nel ricordare quell'assurda scena, uscì
dall'abbraccio di
Laxus urlando: «Kyaaaah,no!!!» e con un turbine di
vento improvviso
fece sbattere la faccia di Gildarts contro un albero lì
vicino,
sotto lo sguardo attonito e sconvolto di Natsu.
Ma
quella serenità parve improvvisamente disintegrarsi come uno
specchio.
Il
cielo ruggì sopra le loro teste, tanto forte da far tremare
l'aria.
Qualcosa di simile non l'avevano mai sentito prima di allora,
chiudeva i polmoni dal terrore. In molti si portarono le mani alle
orecchie, trovandolo insostenibile, altri urlarono spaventati
guardando pallidi il cielo alla ricerca della fonte di tale
fracasso.
«C-che
cos'è?» balbettò Priscilla, alzando la
testa dal petto di Laxus e
cercando tra le nuvole la fonte di quello che sembrava ora un vero e
proprio ruggito. Non fu l'unica a dire o chiedere qualcosa, ma non
riuscì a sentirli per quell'assurdo rumore che quasi faceva
male
alle orecchie. Poi vide Lily puntare un dito al cielo, gridando
qualcosa, e anche se non riuscì a sentirlo capì
che aveva visto
qualcosa di incredibile. Alzò gli occhi al cielo e lo vide,
come un
angelo della distruzione, volava sopra le loro teste. Era tanto
grosso che la sua ombra copriva gran parte dell'isola, facendoli
cadere in un mondo di tenebre e oscurità.
«È...»
balbettò Priscilla, intuendo che razza di creatura fosse, ma
il solo
nominarla faceva venire la pelle d'oca.
«Un
drago?» riuscì sentire qualcuno che con meno
panico di lei era
stato in grado di pronunciare quel nome.
«In
carne ed ossa?» balbettò Wendy.
«Com'è
possibile?» sibilò anche Lisanna, portandosi le
mani alle labbra
terrorizzata.
Non
c'era persona, a quel mondo, che non conoscesse la natura e la storia
dei draghi. Erano vissuti quattrocento anni prima, ma da allora si
credevano estinti e pensarlo era un sollievo visto che gran parte di
loro detestava gli umani. La loro potenza non era minimamente
paragonabile a nessuna esistente al mondo, potevano spazzare via
paesi interi con un solo soffio, facevano venire i brividi. Ma si
erano creduti estinti, questo aveva rasserenato a lungo
l'umanità,
perciò vederne uno vivo non solo li sorprese
perché li portava a un
faccia a faccia con una creatura leggendaria ma li
terrorizzò. Era
un pericolo decisamente superiore a qualsiasi esistente.
«Acnologia»
balbettò Makarov, facendo qualche passo avanti e guardando
la
creatura nel cielo. «Il drago nero dell'apocalisse».
«Sta
scendendo!!!» urlò Fried, vedendolo per prima in
quella traiettoria
che lo portò in picchiata verso la loro isola.
«Attenti!»
disse qualcuno cominciando a correre lontano dalla zona in cui si
sarebbe schiantato, ma non fecero in tempo a fare neanche pochi metri
che Acnologia atterrò non troppo lontano da loro, facendo
tremare la
terra. Tutto ciò che si trovò sotto le sue enormi
zappe in
collisione venne distrutto e raso al suolo, metri e metri di alberi e
vecchie costruzioni crollate in un solo istante. Acnologia
alzò la
testa oltre gli alberi e guardò all'interno della radura
dove Fairy
Tail aveva allestito il proprio campo base. Paralizzati per la paura,
non riuscirono nemmeno a trovare le forze per alzare le braccia e
difendersi dai calcinacci che gli volarono addosso. Si trovavano
faccia a faccia con un vero drago, ma non uno qualunque... il
peggiore che la storia conoscesse. Acnologia li osservò per
qualche
interminabile secondo, poi spiccò quello che
sembrò un salto anche
se raggiunse una quota incredibile, e puntando la testa su di loro
cadde nuovamente a zampe ben tese, pronto a schiacciarli.
«Scappate!»
ordinò Gildarts, facendo un gesto con la mano per
enfatizzare. Non
ci fu bisogno di ripeterlo, presero tutti a correre cercando di
essere abbastanza veloci da riuscire a schivare almeno quel colpo.
Acnologia non li prese, ma distrusse comunque l'intero accampamento,
sfondando il terreno e lanciando macerie ovunque. Nonostante non
furono colpiti, vennero comunque sbalzati tutti via dall'onda d'urto,
facendoli atterrare metri più avanti.
«Stiamo
scherzando?» urlò Elfman, rialzando la testa.
«Guarda
cos'ha combinato con un solo colpo!» tremò Levy.
«Da
dove diavolo è uscito?!» gridò Cana,
mentre si guardava attorno
per assicurarsi che stessero tutti bene.
«Alle
navi, presto!» insisté Gildarts.
Acnologia
abbassò la testa, fauci spalancate, pronto ad afferrare i
primi che
si fosse trovato nella traiettoria. Bickslow e Fried si ritrovarono
sbalzati via appena in tempo e vennero solo sfiorati, mentre dieci
passi indietro Priscilla ansimava per la fatica di quella magia
appena usata per salvar loro la vita.
«Via,
presto!» urlò Erza, indicando la direzione da
prendere.
«Merda»
sibilò Priscilla, chinando la testa in avanti. La magia di
Tenroujima le permetteva un rapido recupero, ma ciò non
toglieva che
l'intera magia assorbita stava venendo utilizzata nella guarigione,
non ne aveva per combattere. Anche solo quel piccolo soffio di vento
usato per mettere in salvo i suoi amici le era costata una gran
fatica, senza contare che doveva usarne costantemente un po' per
tenersi in piedi visto che ancora parte della gamba le mancava. Le
sfuggì un urlo sorpreso, quando si sentì
afferrare da dietro e
sollevare da terra. Laxus la prese in braccio rapidamente e si
voltò
verso i suoi amici, urlando: «Fried! Bickslow! Di qua,
muovetevi!».
Priscilla
si aggrappò al suo collo e si sporse oltre la sua spalla,
guardando
Acnologia che ancora si agitava con il collo e cercava di prenderli
alzando non solo un gran polverone ma sradicando a ogni movimento
alberi e rocce che volavano in ogni dove. Tremante per la paura, si
strinse a Laxus, intento a correre e scappare nonostante il suo peso
da sorreggere. Non che questo sembrasse costargli fatica, ma l'idea
di dover dipendere da lui, di essergli di impiccio, non le piaceva
molto anche se la sua preoccupazione era stato un atto di estrema
dolcezza. Ancora un altro colpo, macerie che volarono nella loro
direzione, e Laxus inciampò nel terreno sconnesso sotto al
colpo del
drago. Priscilla rotolò poco distante, urlando di dolore, ma
Laxus
si rialzò immediatamente, la prese di nuovo in braccio e
ricominciò
a correre. Denti stretti, ansante non solo per la fatica ma
soprattutto per la paura, si voltava solo per assicurarsi che gli
altri membri fossero ancora tutti lì con lui. Un ruggito,
Acnologia
non ebbe nemmeno bisogno di muoversi, bastò un ruggito per
scaraventare di nuovo tutti a terra e contro gli alberi. Ancora a
terra, Priscilla alzò la testa e vide Laxus che fece
altrettanto
pochi passi da lei. Allungò una mano nella sua direzione,
mano che
venne ricambiata, e inciampando e arrancando Laxus tornò al
suo
fianco. L'afferrò e si preparò a riprendersela in
braccio e correre
di nuovo, quando videro Makarov correre verso Acnologia e fermarsi
davanti a lui, pochi passi indietro rispetto a tutti i membri della
gilda.
«Andate!»
ordinò, alzando un braccio severo.
«Cosa...»
mormorò Priscilla.
«Vecchio!
Aspetta!» ringhiò Natsu, intuendo le sue
intenzioni.
«Master!»
chiamò anche Happy, già con le lacrime agli occhi.
Makarov
iniziò a gonfiarsi e farsi sempre più grosso,
trasformandosi pian
piano nel gigante da sempre temuto e che gli permetteva di calibrare
la sua forza con lo stesso rapporto. Voleva combattere. Makarov
voleva combattere contro Acnologia per permettere ai suoi ragazzi di
mettersi in salvo, ma per quanto la forza di Makarov fosse leggenda
non era sicuramente abbastanza da lottare contro un drago, senza
considerare le ferite che ancora lo debilitavano.
«No,
no» sibilò Priscilla, gattonando verso di lui, ma
Laxus l'afferrò
e la bloccò.
«Ho
detto di scappare!» ruggì Makarov ingigantendosi
fino a raggiungere
la stessa stazza di Acnologia e aprendo le braccia gli
afferrò la
testa, bloccando la sua marcia verso i suoi ragazzi.
«Nonno!»
urlò Priscilla, provando ad opporsi alla forza di Laxus e
allungando
una mano verso di lui, desiderosa di raggiungerlo.
«Ho
detto di andare alla nave!» ripeté Makarov,
imperativo puntando i
piedi a terra per bloccare Acnologia. Sollevò enormi zolle
di terra
e le bende intorno al suo fianco presero a macchiarsi di sangue, a
testimoniare che quello sforzo aveva riaperto alcune delle
sue
ferite.
«Se
lui combatte, combatteremo anche noi!» urlò
Evergreen, correndo
verso le gambe del vecchio.
«Distruggeremo
quel coso tutti insieme!» gli fece eco Bickslow, al suo
fianco,
insieme a Fried.
«Avete
intenzione di disobbedire anche agli ultimi ordini del vostro master,
schifosi marmocchi?» ruggì Makarov, nero di rabbia.
Ultimi.
Faceva
così male, faceva così male che l'aria
sembrò improvvisamente
pregna di un veleno irrespirabile. Nessuno riuscì nemmeno a
sibilare, mentre il cuore nel petto doleva per la potente e
incontrollata agitazione.
«Che
significa... ultimi?» mormorò Priscilla, prima che
una lacrima le
sfuggisse dagli occhi e le pulisse via la polvere dalla
guancia.
«Io
sono un Dragon Slayer» urlò Natsu. «Se
c'è qualcuno in grado di
affrontarlo quello sono...» ma non terminò la
frase che Laxus,
caricatosi su una spalla una Priscilla praticamente inerme,
afferrò
il collo della maglia di Natsu e cominciò a trascinarlo via.
«Andiamo
via, Natsu!» ordinò, correndo.
«Laxus!
Bastardo!» ruggì lui, voltandosi per guardarlo e
fulminarlo, ma
tutta l'ostilità scomparve quando notò una
lacrima volare via dal
suo viso forzatamente concentrato. Era doloroso per lui, era doloroso
per tutti, ma se quegli erano gli ordini del master... la sua ultima
volontà... che altra scelta avevano?
Priscilla,
accasciata a testa in giù oltre la sua spalla, non si
muoveva ma
stringeva la maglia di Laxus tra le dita e singhiozzava, nascosta e
paralizzata. Tremò, ascoltando pian piano la voce e i passi
di tutti
i membri della gilda che li seguivano, ognuno nel proprio dolore,
ognuno nei propri singhiozzi. Sollevò infine la testa,
puntandola
alla gigantesca figura di Makarov che veniva atterrato dalla potenza
di Acnologia.
«Nonno!»
urlò con tutta la voce che aveva.
"È
così che tratti i tuoi figli, Ivan?"
la sua voce imperativa, la ricordava ancora, il giorno che era
finalmente riuscito a scoprire cosa Ivan facesse fare a loro due.
Ivan quel giorno la stava trascinando a peso morto nella sua stanza,
per permetterle di riprendersi e rigenerarsi, mentre Laxus svenuto
per il lavaggio del cervello dormiva già. Makarov l'aveva
colpito
tanto violentemente da sfondare la porta della stanza in cui stavano
per entrare e aveva preso Priscilla delicatamente con un braccio, per
niente disgustato dal suo volto sradicato in parte e dalle bruciature
che le rinsecchivano il collo e il petto. "Se
è questa la considerazione che dai al sangue del tuo sangue,
come
posso sperare che tu possa cambiare atteggiamento per quanto riguarda
Lumen Histoire e il resto della gilda? So bene che cosa stai cercando
di fare, so quali sono i tuoi scopi, ho cercato di sopportarti e ho
cercato il modo di riportarti sulla retta via. Ma questo... questo
non posso accettarlo. Laxus e Priscilla sono parte della mia gilda,
non posso più permetterti di far del male ai miei ragazzi!
Sei
bandito!"
quelle parole che per lei erano state come il rumore delle proprie
catene che si aprivano, che la lasciavano finalmente andare. Non
l'aveva mai dimenticato. Eppure... eppure nonostante tutto non era
mai riuscita veramente a confessarglielo, quanto gli fosse grata. Non
l'aveva capito subito, nonostante la liberazione e la
felicità di
non essere più costretta a tremare per le minacce di suo
padre,
Laxus aveva da subito cambiato atteggiamento e lei si era sentita
scivolare in un incubo. Quando si era risvegliata, aveva sempre
sentito che era troppo tardi per confessargli quanto in
realtà gli
volesse bene. Makarov l'aveva salvata, Makarov l'aveva accudita,
curata, assecondata e protetta da ogni sorta di attacco, persino dal
concilio stesso quando volevano ucciderla perché "proibita".
I giorni passati ad Edoras, a casa di un Ivan amorevole e
accogliente, le avevano fatto nascere nel cuore il desiderio di una
casa e una famiglia che sentiva in realtà non aveva mai
avuto, ma si
era sbagliata. Si era sbagliata profondamente. Makarov, da sempre,
era stato il padre che aveva desiderato.
"Dove
lo vuoi il tuo simbolo, Priscilla?"
"Sul
palmo della mano destra".
"Hai
le idee chiare, vedo"
aveva
sghignazzato.
"Il
palmo della mano destra è la prima cosa che si porge a
coloro che
hanno bisogno di aiuto".
"È
molto romantico".
Allungò
la mano destra, allungò invano la mano destra verso la
figura di suo
nonno che andava scomparendo tra gli alberi, schiacciato e
sanguinante, urlante per il dolore, sotto un Acnologia che non
sembrava intenzionato a lasciargli nemmeno un cenno di
speranza.
«Nonno!»
l'ultimo urlo.
"Non
aver mai paura di porgerla, quella mano, Priscilla".
Piazzò
una mano in faccia a Laxus e con un gesto irruento riuscì a
sgusciare via dalla sua presa, spingendolo a terra. Si tenne
sollevata per aria e mano ancora tesa volò spedita verso
Makarov.
Intercettò Natsu, poco più indietro, con quella
stessa mano
marchiata e lo afferrò per il collo della maglia.
«Priscilla!»
sussultò Charle, guardando il suo folle gesto. In quel volo
veloce e
disperato, si tirò dietro un Natsu che, dopo un attimo di
sorpresa,
sorrise infervorato intuendo le sue intenzioni.
«Ridiamo
insieme, piangiamo insieme, scherziamo insieme!» pianse lei,
volando
come un razzo, pronta a intervenire. Levy, Cana, persino Erza con le
lacrime agli occhi la guardarono e strinsero i pugni.
«È questo che
significa essere una gilda! È questo che significa essere
una
famiglia! Me l'hai insegnato tu, stupido vecchio!»
urlò con tutta
la forza che aveva e nemmeno si sorprese quando sentì dietro
di sé
l'urlo carico e disperato dei suoi compagni che avevano cominciato a
seguirla. Correvano a pugni alzati, lacrime agli occhi, dolore sul
viso, ma l'avrebbero seguita perché era questo che aveva
insegnato
loro Makarov: nessuno sarebbe stato lasciato indietro. Nessuno. Con
un urlo, Priscilla lanciò Natsu in direzione del drago e
lui,
avvolto da una fiamma, gli si aggrappò addosso e
cominciò ad
arrampicarsi per raggiungere la testa.
«N-Natsu...»
balbettò Makarov, ma la sua voce venne interrotta da quella
di Erza
che urlò, decisa: «Carica!!!»
«Ridacci
il vecchio!» ruggì Natsu, aggrappato ad Acnologia,
provando a
colpirlo inutilmente, visto quanto si agitava e si dimenava. Il
vento, le spade, il ghiaccio, l'acqua, ed esplosioni magiche, pugni e
calci, ruggiti di vento, ruggiti di ferro, colpi di frusta, e tuoni,
lampi, scintille, fuoco e frecce. Niente, niente venne risparmiato in
quell'ultimo disperato tentativo di restare uniti fino alla fine.
Anche nella morte.
«V-voi...»
pianse Makarov guardando i suoi ragazzi che non risparmiavano nemmeno
un briciolo di forza.
«Tanto
per essere chiari, io ero contrario» disse Laxus
avvicinandosi a
lui. «Ma credi davvero che questa sia gente che scappa
lasciando
indietro un vecchiaccio come te? È la tua gilda,
dopotutto».
«Idioti»
singhiozzò Makarov.
Un
altro colpo, ad Acnologia gli bastò sollevare una zampa e
riposarla
a terra per sbaragliarli tutti, ma si rialzarono e tornarono
all'assalto, feriti ma sempre più carichi e disperati.
«Priscilla,
bloccalo!» ordinò Erza e lei si tirò
immediatamente in ginocchio,
preparando la posizione delle mani per la sua magia. «Ci
provo!
Fried, Levy, Gray, aiutatemi!»
«Rune!»
«Solid
Script!»
«Ice
Make!»
Tornadi
nacquero alla base delle zampe del drago, provando a chiuderlo al
loro interno e bloccarlo. Fried e Levy incisero rune e usarono
scritte per creare barriere e catene per intrappolarlo, mentre Gray
usò il suo ghiaccio per fare altrettanto.
«Colpite
al viso! Cercate i punti deboli!» continuò Erza e
furono i tre
Dragon Slayer ad alzarsi in volo nel cielo, aiutati dai loro Exceed,
mirando così agli occhi con i loro ruggiti. Spade volarono
nel
cielo, cercando di penetrare all'interno di quella carne
imperforabile, lampi luminosi, fulmini lo colpirono in altrettanti
numerosi punti. Elfman, Mirajane e Lisanna tentarono attacchi
diretti, usando la loro forza per colpire con quanta più
potenza
avessero. Persino Gildarts dava tutto se stesso in quei pugni che
spazzavano via l'aria.
«Non
fermatevi!» ordinò ancora Erza e con un urlo gli
attacchi si fecero
più intensi, più disperati e selvaggi e per un
breve istante sembrò
loro dare un briciolo di speranza. Ma Acnologia si liberò
con
facilità dalle magie che lo tenevano intrappolato, si
voltò e con
un colpo di coda spazzò via ogni cosa, prima di volare in
cielo.
«State
tutti bene?» chiese Erza, rialzandosi e guardando i suoi
compagni
che altrettanto mal ridotti almeno sollevavano la testa dalle
macerie.
«Merda!»
ruggì Elfman, alzandosi tanto velocemente da lanciare via un
masso
che aveva addosso.
«I
nostri attacchi non funzionano!» lamentò Mirajane,
preoccupata.
«Dov'è
andato, adesso?» chiese Cana, alzandosi a sua volta.
«Guardate!
Nel cielo!» indicò Happy e tutti volsero gli occhi
al drago che
sopra le loro teste stava accumulando una quantità enorme di
energia
intorno alle sue fauci. Sembrò prendere un grosso sospiro,
lungo
innumerevoli secondi, e non ci volle molto a capire che intenzioni
avesse.
«Sta
per attaccare con un ruggito!» disse Gajeel,
impallidendo.
«Scherziamo?»
balbettò Lisanna.
«Quel
colpo raderebbe al suolo l'intera isola!» urlò
Cana.
«Dobbiamo
usare magie difensive! Chiunque sia in grado, la scagli a piena
potenza!» ordinò Erza, voltandosi e passando in
rassegna i volti
dei suoi compagni.
«Non
ho abbastanza tempo per scrivere i sigilli delle barriere!»
digrignò
i denti Fried, sapendo che tra tutti era quello che poteva dare loro
più speranza in quanto a difesa ma sentendosi
impotente.
«Ci
sono un sacco di magie difensive che non richiedono l'uso di sigilli
o scrittura di simboli!» ideò Levy, dando speranza
a Fried di poter
fare lo stesso qualcosa.
«Concentrate
tutta la vostra energia magica su Fried» disse Erza e
Mirajane le
fece eco, suggerendo: «Prendiamoci tutti per mano!».
«Laxus»
la voce di Priscilla, che anticipava la mano destra allungata nella
sua direzione. Il simbolo ben in vista, brillava orgoglioso su quel
palmo ben disteso.
"Il
palmo della mano destra è la prima cosa che si porge a
coloro che si
vuole aiutare".
"Entrerò
in questa gilda perché Laxus desidera farlo. Io
l'aiuterò
semplicemente".
L'afferrò,
quasi orgoglioso. Nonostante la drammatica situazione, nonostante
stessero combattendo per la sopravvivenza e le possibilità a
loro
favorevoli fossero così misere, non poté
trattenere un sorriso di
fronte a quei nostalgici ricordi. I ricordi del team più
giovane e
forte di Fairy Tail, quando lui viaggiava e lei non faceva che
porgergli la mano, aiutandolo semplicemente nella scalata che si era
imposto. Era come fare un salto indietro nel passato, spazzare via
ogni cosa, tornare a essere "i fratelli tempesta".
L'afferrò
e si voltò poco dopo a cercare quella di suo nonno,
porgendogli a
sua volta il palmo della propria mano destra. Un sorriso sul volto, a
scacciare via ogni peccato e ogni brutto ricordo in onore solo di
quel gesto d'amore e solidarietà. Persino verso il nonno e
la
sorella che per anni era stato convinto di odiare.
Niente
aveva più importanza, ora che quelle lacrime lavavano via i
dolori
dal viso.
«Torniamo
a casa, insieme».
Il
colpo risuonò nel cielo per chilometri, venendo percepito
persino
sul continente. Un presagio oscuro, la sentenza di una condanna,
scosse i cuori di chi persino non aveva idea di cosa fosse e da dove
arrivasse. Il cerchio di Fairy Tail, stretti ognuno nelle proprie
mani, chiusero gli occhi sentendo scendere sopra di loro quella fine
disgraziata. Strinsero le propria dita più forte, qualcuno
non
riuscì a non piangere, ma il calore nel cuore
sembrò essere
abbastanza confortevole da affrontare anche una morte come
quella.
L'isola
di Tenroujima sparì, lasciando al suo posto solo un immenso
buco nel
mare.
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Capitolo 36 *** 7 anni ***
7
anni
Furono
il rumore, le voci e le urla, a svegliarla. Cercò di
muoversi,
lentamente per il dolore che ancora provava e per lo strano torpore
che gli faceva formicolare la testa. Spostandosi, si liberò
della
polvere e dei sassi che l'avevano ricoperta. Le faceva veramente un
gran male la testa e la luce era più accecante di quanto
pensasse.
Improvvisamente si ricordò: Acnologia li aveva uccisi. O
almeno
questo aveva temuto. Sobbalzando alzò la testa e si
guardò attorno,
apprensiva. Laxus, Bickslow, Evergreen, Fried, suo nonno, Wendy...
stavano tutti bene e anche loro, come lei, si stavano lentamente
rialzando.
«Siamo...»
mormorò con la gola gracchiante. «Siamo
vivi».
«Acnologia...
dov'è Acnologia?» mormorò Bickslow,
alzando gli occhi al cielo
azzurro.
«È
andato via?» chiese Evergreen.
«Priscilla,
anche tu!» una voce alle sue spalle, prima che due ragazzi le
saltassero sulla schiena e la stendessero nuovamente a terra.
«Ma
che....» lamentò lei, voltandosi e guardando con
sorpresa i due
compagni.
«Warren?
Max? Cosa ci fate qui?» chiese sorpresa.
«Quando
siete arrivati?» chiese Wendy, assalita con la stessa enfasi
da
Bisca. Qualcosa di strano... c'era qualcosa di assurdamente strano in
tutto quello. Strinse le palpebre, poi le riaprì,
sbatté gli occhi
un paio di volte.
«Ma
che vi è successo?» sussultò infine,
notando che Droy fosse
ingrassato enormemente e Jet avesse una capigliatura diversa.
«Siete
invecchiati!» notò Evergreen, a occhi spalancati.
«E
ingrassati!» si accodò Bickslow, guardando
sconvolto Droy.
«Un
attimo... quanto abbiamo dormito?» balbettò
Priscilla, cominciando
a intuire quale fosse la verità.
«Sette
anni» rispose una voce candida, eterea.
«Quanto?!»
urlò Priscilla, insieme ad almeno la metà dei
suoi compagni. Puntò
gli occhi alla fonte della voce, una ragazza dai lunghi capelli
biondi, un vestito chiaro, il viso di un angelo.
«Chi
è lei?» chiese Evergreen, sistemandosi meglio gli
occhiali sul
naso.
«Una
fata!» Priscilla si portò le mani al volto,
emozionata. Allungò
una mano verso Laxus, che si trovava sicuramente da qualche parte al
suo fianco, e mancò almeno un paio di volte la presa prima
di
riuscire ad afferrarlo per la maglia e strattonarlo brutalmente.
«Laxus,
guarda! Avevi ragione! È una fata! Ci sono le fate su
quest’isola!
L'hai vista, Laxus? Eh?! L'hai vista?»
«L-l'ho
vista, lasciami ora» balbettò lui, scosso avanti e
indietro come un
giocattolo. La ragazza dai capelli biondi sorrise, divertita, e
infine disse: «Hai indovinato per metà,
Priscilla».
«Conosce
il mio nome!!!» si emozionò ancora di
più Priscilla.
«Sono
la prima fata della vostra gilda. Il mio nome è Mavis
Vermilion,
sono il primo Master di Fairy Tail» spiegò la
ragazza sollevando un
coro di «Eh?!» tanto assordanti che probabilmente
anche sulla costa
del continente vennero sentiti.
«Grazie
alla forza del vostro legame e delle vostre speranze sono riuscita a
convertire i vostri sentimenti in potere magico e ho evocato
così
una delle tre grandi magie fatate: Fairy Sphere»
spiegò Mavis. «Una
magia in grado di proteggere la gilda da ogni male, una magia
difensiva assoluta. Tuttavia siete stati confinati in uno stato di
congelamento e ci sono voluti sette lunghi anni per riuscire a
liberarvi».
«Siamo
stati protetti dal primo Master, tu pensa»
piagnucolò emozionato
Makarov.
«Questo
è solo una forma eterea, per riuscire a evocare la magia di
Fairy
Sphere ho dato fondo a tutte le mie energie. Ora sparirò di
nuovo»
disse lei, cominciando ad alzarsi in cielo e brillando di luce
propria. Sorrise, emozionata, rendendo quella sua tiepida immagine
ancora più bella. «È diventata proprio
una bella gilda, terzo»
disse e infine sparì. Ci volle molto tempo prima che
qualcuno di
loro riuscisse di nuovo a proferire parola, era tutto così
assurdo
che non poteva essere reale. Ciò nonostante il desiderio di
tornare
a casa fu tale da convincerli a rimandare lo stupore e la gioia di un
simile evento a quando avrebbero finalmente rivisto tutti.
Sulla
nave per il porto di Hargeon, come da previsione, tutti e tre i
Dragon Slayer -tranne Wendy- dovettero affrontare un'ulteriore
fatica, anche se Laxus riusciva comunque a mantenere una certa
dignità a differenza di Gajeel e Natsu. Wendy si
offrì di lanciare
su di loro l'incantesimo Troia, ma quando si voltò per
chiedere
l'aiuto di Priscilla -visto che comunque erano tre persone e non una
sola e lei aveva rivelato che conosceva una magia simile-
sorprendentemente non la vide. Curò rapidamente il mal di
mare di
tutti e tre, poi si avvicinò a Bickslow, chiedendo
innocentemente se
sapesse dove fosse. Era assurdo che nemmeno lui lo sapesse e Wendy
dovette girovagare a lungo, chiedendo a molti, prima di riuscire a
trovarla: era seduta sulla cima di una vela, dove probabilmente era
volata usando i suoi poteri, e guardava il mare di fronte a
sé col
viso assorto.
«Priscilla-nee!
C'è del cibo in cabina! Vieni a mangiare qualcosa anche
tu» provò
a chiamarla, portandosi una mano vicino alle labbra per amplificare
la sua voce, ma rimase inascoltata.
«Che
cosa ci fa lassù?» chiese Charle, curiosa.
«Non
lo so, sembra però che qualcosa la turbi»
confessò Wendy, prima di
voltarsi verso la gatta e chiederle: «Charle! Potresti
portarmi da
lei?»
Charle
acconsentì, in fondo anche se per loro era come se non fosse
passato
nemmeno un giorno, e quindi aveva ancora su di sé la fatica
della
battaglia affrontata sette anni prima, aveva comunque ancora forza
necessaria a volare un po'.
«Priscilla-nee»
chiamò Wendy, una volta che le fu accanto.
«Wendy»
si sorprese Priscilla di vederla. «Che fai qui?»
«Volevo
chiederti la stessa cosa. Qualcosa non va?» chiese Wendy,
sedendosi
di fianco a lei sull'albero maestro.
«Stavo
solo pensando...» mormorò Priscilla, tornando a
guardare il mare.
Il silenzio in cui cadde nuovamente preoccupò un po' Wendy,
perché
dava conferma che c'era qualcosa che la turbasse.
«Sette
anni... sembra assurdo. Ma scommetto che sarà tutto uguale a
prima,
alla gilda ci accoglieranno a braccia aperte!» sorrise,
sperando di
incoraggiarla.
«Già»
annuì Priscilla, sempre pensierosa.
«E
poi siamo vivi! È incredibile, possiamo tornare a casa! Ah,
ci
scegliamo subito qualche missione da fare insieme? Così
mettiamo da
parte qualche altro soldo per la tua casa. Ora che Laxus è
tornato,
chissà, forse vorrà addirittura
aiutarti» sorrise, trovando l'idea
allegra e confortante, ma ancora una volta Priscilla rispose con un
atono: «Già».
Sette
anni...
Non
era certo la paura di ciò che avrebbero trovato, a turbarla
tanto,
ma di ciò che si era persa in tutto quel tempo. Non
l'avrebbe mai
ammesso a Wendy, quella ragazzina aveva troppo a cuore la vita di
Priscilla per scoprire certi segreti e mai le aveva rivelato fino in
fondo che tipo di legame ci fosse tra lei, suo padre e la vita
stessa. Mai aveva avuto il coraggio di chiederle di usare la sua
magia per renderla umana, perché nella quasi
totalità dei casi
quella stessa magia l'avrebbe uccisa come l'aveva quasi uccisa Hades.
Interrompere il collegamento era la cosa che più bramava e
la cosa
che più la terrorizzava, e proprio quel collegamento ora le
dava
molto da pensare. Lei era rimasta congelata nei suoi ventun anni per
tutto quel tempo, il suo corpo era rimasto immutato, ma la sua anima?
Quella stessa anima che proveniva da quella di Ivan... la sua anima
era invecchiata, insieme a tutto il resto. Ivan sarebbe potuto
addirittura morire in quei sette anni, per un qualsiasi motivo: un
nemico, un incidente, una malattia. E lei aveva rischiato di non
potersi svegliare mai più, al contrario dei suoi amici, e
nemmeno
accorgersene. Solo pensarci le faceva venire la pelle d'oca dalla
paura. Nel momento in cui Ivan sarebbe morto, nel migliore dei casi
di vecchiaia, anche lei avrebbe cessato di vivere. E anche se il
corpo non era cambiato di una virgola, comunque la sua anima si era
accorciata di altri sette anni senza darle modo di poterseli godere
almeno un po'. Lei era comunque sette anni più vecchia, e
quel tempo
l'aveva passato a dormire, congelata.
«Senti...
Wendy» mormorò infine, assorta. «Credi
che quella casa sia sempre
lì?»
Wendy
ebbe un colpo al cuore e credette di capire perché Priscilla
sembrasse così triste. Sette anni erano davvero tanti e
niente
vietava a una casa di crollare, di essere sostituita, o anche di
essere comprata in tutto quel tempo. Il sogno di Priscilla, di poter
tornare a casa sua, sarebbe potuto essere già morto. Wendy
avrebbe
tanto desiderato darle speranza, assicurarle che ovviamente era
ancora lì ad aspettarla, che loro avrebbero realizzato quel
sogno e
l'avrebbero ricomprata. Ma era ovvio che nessuno poteva assicurarlo a
lei. Guardò Charle, speranzosa di qualche idea, ma la gatta
rivolse
a lei lo stesso sguardo preoccupato e dispiaciuto, senza sapere dove
andare a parare.
«Quante
cose abbiamo perso in questi sette anni?»
La
gilda si trovava da tutt'altra parte, rispetto a dove l'avevano
lasciata. Quasi in periferia, sembrava un misero mulino a vento. Era
diroccata, triste e minuscola, cadeva decisamente a pezzi.
«Quella
è la gilda?» chiese sconvolta Lucy, camminando a
fianco dei suoi
compagni.
«Già»
sospirò Max.
«Sono
successe molte cose in questi sette anni, e non piacevoli a dire il
vero» disse Warren.
«Ohy,
chi sono i tizi all'ingresso?» chiese Priscilla, puntando il
dito
verso un gruppo di persone che invadeva l'entrata.
«Twilight
Ogre!» sibilò Jet.
«Sono
tornati!» lamentò Droy, tremolante.
«Twilight
Ogre?» chiese Lucy.
«La
gilda rappresentativa di Magnolia, attualmente. Ci hanno superati, ci
hanno prestato soldi per aiutarci e ora distruggono il nostro
orgoglio e la nostra sede pretendendo soldi che non abbiamo. Sono una
piaga» raccontò Max, infastidito.
«Beh,
comunque ci sono di intralcio» ringhiò Natsu,
guardandoli severo
prima di avvicinarsi a loro a grandi passi. Il suo fine udito era
riuscito a percepire le minacciose parole di quegli uomini, rivolti
verso chissà chi all'interno, che screditavano l'orgoglio e
il nome
della sua gilda. Bastò quello a farlo infuriare.
Calciò via il
primo del gruppo all’ingresso, irritato, e poco dopo il resto
dei
suoi compagni diede il colpo decisivo anche agli altri invasori,
stendendoli tutti in poco tempo. L'interno della gilda era anche
peggio dell'esterno, tutto cadeva a pezzi, i tavoli si reggevano per
miracolo, molti erano accatastati in un angolo già rotti. La
bacheca
degli annunci era praticamente vuota, eppure i volti dei loro
compagni, benché tutti invecchiati di sette anni, bastarono
a
riempire quella lugubre sala di luce e gioia.
«Siamo
a casa!» annunciò Natsu, alzando la mano per
primo, e dietro di lui
esplose il coro allegro e felice di tutti gli altri superstiti di
Tenroujima.
«Ra-ra-ragazzi!»
balbettò Macao a bocca spalancata e il viso già
ricoperto di
lacrime.
«Guarda
come sono giovani!» pianse Laki, correndo loro incontro per
salutarli.
«Che
cosa vi è successo?» pianse anche Nab.
«Natsu-nii»
piagnucolò Romeo in piedi di fronte all'ingresso. Il viso,
nonostante le lacrime, si distese in un sorriso incontenibile e
continuò a piangere anche quando provò a
formulare: «Bentornati».
«Sei
cresciuto molto, Romeo!» salutò Natsu, altrettanto
allegro.
«Romeo?»
spalancò gli occhi Priscilla, volandogli incontro.
«Accidenti,
quasi non ti riconoscevo!»
«Priscilla-san»
singhiozzò lui, continuando a sorridere. «Continui
a farti staccare
i pezzi» provò a sdrammatizzare, ridendo
addirittura, notando parte
del polpaccio che ancora si stava rimarginando: la magia di Mavis
aveva bloccato i loro corpi e perciò anche la sua magia,
impedendole
di rigenerarsi in quei sette anni.
«Che
vuoi che ti dica» rise lei, portandosi le mani dietro la
testa e
svolazzando avanti a indietro. «È un vizio che non
mi toglierò
mai» scoppiò a ridere.
«Festeggiamo!»
l'urlo non era ben chiaro da dove fosse arrivato, se dai superstiti
di Tenroujima o dai restanti membri di Fairy Tail, ciò che
fu chiaro
è che senza rendersene conto si trovarono improvvisamente
tutti
coinvolti in balli, mangiate, bevute e brindisi.
«Reedus!
Sei dimagrito un sacco!» osservò Priscilla
volandogli a fianco.
«Mi
sono messo a dieta!» disse lui con orgoglio.
«Priscilla-nee!
Reedus-san mi stava dicendo che ha fatto dei nostri disegni provando
a immaginarci come saremmo stati dopo tutti questi anni»
spiegò
Wendy, emozionata.
«Ah?!
Davvero?!» si illuminò Priscilla. «Fammi
vedere il mio! Fammi
vedere il mio!» esultò come una bambina, fino a
quando Reedus non
consegnò ad entrambe il loro foglio. Un attimo di silenzio,
da parte
di entrambe, confuse e forse deluse per ciò che avevano tra
le mani.
«Sono
esattamente come prima» disse Priscilla, voltando il foglio e
mostrando una sé uguale e identica al passato.
«Ho
pensato che essendo immortale non saresti cambiata affatto»
rise
Reedus, imbarazzato.
«Ha
senso!» si illuminò Priscilla, convinta e
stranamente emozionata.
«Da
quando sei nata sei cresciuta come un normale essere umano, non ne ha
a dire il vero» la riprese Charle, ma venne ancora una volta
ignorata.
«E
il tuo?» chiese Priscilla, sporgendosi e guardando quella di
Wendy.
«È
piatta» sussurrò Wendy, pallida in volto.
«Carina!!!»
urlò Priscilla, stringendosi e avvinghiando il collo della
ragazzina. «Anche sette anni più grande sei
adorabile, Wendy-chan!»
«Il
mio seno...» continuò a mormorare invece Wendy, in
un limbo di
tristezza e sconforto, osservando una sé più
alta, più femminile e
sinuosa, ma ancora senza l'accenno di un seno ben formato.
«Su, su,
vedrai che crescerà» disse Priscilla, volando alle
sue spalle e
facendo scorrere le mani sotto le sue braccia andò a
palparle il
petto semi-piatto che si trovava. «Possiamo chiedere a
Polushka se
ha qualche unguento magico, non credi? E poi ti aiuto a
metterlo!»
«Priscilla-nee
che dici?!» urlò Wendy, rossa come un peperone.
Mollò il disegno a
Reedus con tale foga da fargli volare via il blocco intero e
scappò
a nascondersi dietro la schiena di Lucy.
«Wendy!
Dai, scherzavo!» scoppiò a ridere Priscilla,
guardando la bambina
che la fulminava da dietro l'amica confusa. I fogli di Reedus le
volarono tutti intorno, mentre lui disperato cercava di recuperarli
tutti. Priscilla venne attirata da molti di quei disegni, alcuni
assurdi, altri eccezionali, fino a quando non ne notò uno in
particolare. Lo prese in mano prima che lo afferrasse Reedus e
chiese, innocentemente: «E questo?»
«No,
ferma!» sussultò Reedus, più spaventato
che imbarazzato, ma
Priscilla volò più in alto di lui e fece in modo
di impedirgli di
prenderlo. Le guance le si riempirono di aria nell'istante in cui una
risata la colse dal profondo della gola.
«Laxus!»
urlò, volandogli praticamente addosso. In un angolo,
circondato dai
Raijinshuu, Laxus stava semplicemente mangiando e bevendo dal suo
boccale senza attirare troppo l'attenzione, come sua solita
abitudine. Priscilla gli piombò sulle spalle con una ferocia
tale
che gli fece sbattere la testa contro il muro, alla sua destra. La
fulminò con lo sguardo, ma lei gli restò
arpionata addosso e gli
sventolò il disegno di Reedus di fronte al naso.
«Guarda!
Sei tu!» disse mostrando quello che era un vero e proprio
demonio,
con sguardo malefico, corna sulla testa, un aspetto orribile e i tre
Raijinshuu che inginocchiati davano a lui quelli che sembravano
sacrifici umani.
«È
terrificante» commentò lui, irritato e imbarazzato
nello scoprire
la visione che Reedus aveva di sé. Priscilla
scoppiò a ridere così
forte che Laxus ebbe il timore avrebbe potuto sfondargli un timpano,
gli si accasciò tra le braccia costringendolo a farle spazio
per
potersi stendere parzialmente su di lui e continuando a ridere
sgambettò per aria e si tenne la pancia.
«Sei
un mostro orribile!» si portò una mano al viso,
poi si voltò di
nuovo a puntò un dito al disegno chiedendo: «E
questo? Sembra la
testa di un bambino! Guarda con che devozione Fried te lo sta
porgendo» rise ancora, continuando a prendersi lo spazio
vitale di
Laxus e agitandosi addosso a lui.
«Togli
quell'affare da sotto al mio naso» disse lui, irritato anche
se non
capiva se era più il suo modo di fare invasivo o il disegno
che lo
ritraeva come il peggiore dei mostri a fargli ribollire così
il
sangue nelle vene.
«Oh»
si sollevò lei, piazzandogli le mani sulle ginocchia e
puntando lo
sguardo al piatto che aveva di fronte. «Che mangi?
È buono?»
chiese, prendendone un boccone a mani nude e infilandoselo in bocca.
«Ohy!
Quello era mio!» la rimproverò, contrariato.
«Come
puoi mangiare il cibo di Laxus così impunemente!»
intervenne Fried,
furioso.
«Che
vuoi tu?» mormorò Priscilla, lanciandogli
un'occhiata tanto
glaciale da convincerlo a farsi nuovamente da parte. Non era un
semplice "fatti gli affari tuoi", ma sembrava più "non
rompermi mentre sto con mio fratello", un ordine difficile da
ignorare visto che sembrava essere disposta a proteggere
quell’attimo
tanto ambito e prezioso anche con l’uso della forza.
«Che cos'è?
Dove l'hai preso? Ne voglio una porzione anche io!»
insisté lei,
tornando solare, e infilò di nuovo le mani nel suo piatto
per
rubarne un'altra porzione.
«Che
cavolo...!» mormorò lui, irritato.
Afferrò il proprio piatto con
la mano sinistra e lo alzò, allontanandolo dalla portata di
Priscilla, mentre l'altra mano gliela piazzò in piena faccia
per
tenerla lontana. «Ti lascio sola per qualche anno e diventi
così
incivile. Il vecchio non ha fatto un gran bel lavoro con te, dovevo
aspettarmelo».
«Di
che stai parlando?» bofonchiò lei, a naso
schiacciato contro il
palmo della sua mano. «Dai, non essere cattivo, danne un po'
anche a
me! Da bambini condividevamo tutto!»
«Prenditi
la tua porzione!» la rimproverò.
«Ma
io voglio la tua!» insisté lei, cercando di
allungare le mani verso
il piatto.
«Non
ha niente di diverso da quella degli altri!»
inarcò le sopracciglia
Laxus, chiedendosi perché dovesse asfissiarlo a quel modo
per quel
piatto di carne e verdure. Lasciò improvvisamente andare la
sua
faccia, facendola cadere in avanti per lo squilibrio, e con
rapidità
bloccò la sua testa tra il braccio e il proprio petto.
Posò
nuovamente il piatto sul tavolo e tenendo bloccata Priscilla con il
braccio destro, tornò a mangiare serenamente con quello
sinistro. La
ragazza lanciò una serie di urletti, tentando invano di
liberarsi,
tirando indietro la testa, senza successo. I muscoli di Laxus la
incastravano perfettamente e la sua forza era sicuramente su un
livello superiore del proprio. Tirò, e tirò
ancora, lamentandosi e
piagnucolando di lasciarla andare, mentre indisturbato Laxus
continuava a bere e mangiare come se non avesse una specie di
anguilla che continuava a colpirlo al fianco destro. Alla fine decise
di allentare la presa e Priscilla con un respiro profondo
riuscì a
liberarsi.
«Mi
hai fatto male, hai esagerato» piagnucolò,
cercando di sistemarsi i
capelli tutti scompigliati.
«Non
ci ho nemmeno provato a farti male» commentò lui,
ancora con aria
superiore e distaccata.
«Guarda
come mi hai ridotto i capelli» lamentò
ancora.
«Da
quando in qua ti importa dei capelli?» insisté lui
per niente
ferito dal tentativo di Priscilla di farlo sentire in colpa. Ma la
domanda era lecita, Priscilla non era mai stata tipo da preoccuparsi
troppo del suo aspetto, le interessava solo essere funzionale al suo
scopo. Non aveva la minima idea di quando avesse cominciato a
preoccuparsi dei capelli, ma stranamente le tornò in mente
la frase
di Evergreen quando l'aveva portata dal parrucchiere insieme a Wendy.
"A
molti ragazzi piacciono i capelli lunghi!"
Che
sciocchezza, pensava, certo non le interessava davvero una cosa del
genere. Eppure quel contrasto di pensieri, alla ricerca di una
risposta a quella domanda, la portarono a irritarsi. Incassò
la
testa nelle spalle, si voltò dall'altra parte, e
bofonchiò qualcosa
di incomprensibile, forse semplicemente uno scimmiottio di
ciò che
Laxus le aveva appena chiesto. Lui la guardò qualche secondo
spostando solo lievemente gli occhi, senza scomporsi, mantenendo il
suo atteggiamento distaccato e isolato. Forse era stupido ed egoista
per uno come lui, ma si ritrovò a provare un briciolo di
felicità.
La stessa che aveva provato per anni, prima del loro litigio, quando
portarsi dietro quella che sembrava più un cagnolino che una
sorella
era la cosa più bella che ci fosse al mondo. In qualche modo
riusciva sempre a metterlo di buon umore e quell'affetto, anche se
faticava a riconoscerlo, non l'aveva mai dimenticato. Non poteva
mentire, anche se forse ora probabilmente non l'avrebbe mai detto ad
alta voce, ma quando erano piccoli lei era davvero la cosa
più
importante che avesse. E non aveva mai desiderato altro che vederla
sorridere in qualsiasi occasione. C'erano state volte, innumerevoli,
in cui Priscilla sembrava spegnersi ed era lì che lui aveva
sempre
giocato tutte le sue carte per riuscire a tirarle su il morale, anche
se non aveva mai saputo quale fosse il vero motivo dietro a quello
sguardo di vetro che ogni tanto le nasceva in volto. Ora invece lo
ricordava il motivo, lo odiava ma lo ricordava: erano le volte in cui
lui le faceva del male nei loro combattimenti, le volte in cui Ivan
la prendeva in disparte per parlarle e probabilmente minacciarla, le
volte in cui la usava come una vera e propria marionetta di carta.
Quando Priscilla finiva a terra, nei loro combattimenti, Ivan non la
degnava nemmeno di un sguardo. La trascinava per un piede, o per i
capelli, fino alla sua camera dove la chiudeva per nasconderla al
mondo fino a quando non sarebbe tornata nuova. Ora lo sapeva, ma al
tempo ricordava solo che a volte Priscilla, soprattutto dopo la sua
periodica influenza -o almeno, quello voleva fargli credere che
fosse- tornava ad essere un essere vuoto, privo di vita, e lui
detestava quei giorni. Ricordava, ora, la gioia e l'emozione che
nascevano quando finalmente riusciva a strapparle un sorriso. Quel
volto, l'aveva sempre pensato, non era fatto per essere triste. Il
sorriso era l'unica cosa che avesse un senso, su di lei.
Ora
lo ricordava.
Un
sorriso gli sfuggì da un angolo delle labbra, scaldato da
quella
sensazione di nostalgia e felicità, divertito da quel suo
solito
modo di fare rumoroso e caotico. Aveva la straordinaria
capacità di
trascinarlo, talvolta, al suo stesso livello solo con la sua
insistenza e la sua rumorosità. Ed era sempre uno spasso
istigarla,
visto quanto fosse innocente, e non ci voleva molto per prendersi
gioco di lei.
Qualcosa
nel profondo del cuore... che fosse quella la sensazione legata alla
mancanza di qualcuno? Avrebbe potuto dirle la verità, in
quel
momento di quotidianità che tanto ricordava il suo passato,
avrebbe
potuto semplicemente dirle: "Sai, mi sei mancata anche tu",
ma certo quello non era il suo stile.
Allungò
la forchetta nella sua direzione, continuando a guardarla solo di
traverso, senza sporgersi troppo. Una gentilezza, quella di offrirle
il suo boccone, in ricordo di quando da bambini condividevano tutto.
Priscilla, come si era aspettato, si illuminò gioiosa e
sporgendosi
nella sua direzione addentò il pezzo di carne che lui, con
finta
indifferenza, le aveva offerto. Illuminandosi tanto da sembrare un
cagnolino che scodinzolava, masticò il boccone che Laxus le
aveva
offerto dondolandosi felice sul posto. Fino a quando l'occhio non
cadde su un'ombra, ai piedi del tavolo, che sbucava al di sopra di
esso solo per un paio di occhi scintillanti. Priscilla saltò
terrorizzata e istintivamente si aggrappò a Laxus, che
mantenne
certamente più il contegno, ma che non poté
nascondere anche lui lo
sguardo terrorizzato verso quello che sembrava uno spettro sbucato
dal nulla.
Solo
successivamente, quando il cuore di entrambi cominciò a
calmarsi
dalla paura, riconobbero nel volto che li fissava da così
vicino lo
sguardo di Lluvia.
«Anche
Lluvia vuole imboccare Gray-sama con il suo cibo!» pianse e
singhiozzò, restando però nascosta sotto al loro
tavolo e spiandoli
da quella posizione.
«L-Lluvia»
balbettò Priscilla, ancora scossa per lo spavento.
«Da quanto tempo
sei lì?»
«Da
quando gli hai mostrato il disegno» confessò
Lluvia.
«Così
tanto!» sobbalzò Priscilla, ancora più
inquietata. Era stata lì
tutto il tempo e nessuno dei due l'aveva notata, faceva venire la
pelle d'oca.
«Terrificante»
balbettò Laxus, guardando inquietato la donna sotto al
tavolo.
«Perché
Gray-sama non accetta il cibo di Lluvia?!» scoppiò
a piangere.
«Dai,
Lluvia, non fare così» balbettò
Priscilla, imbarazzata.
«Falla
smettere» mormorò Laxus, infastidito.
«Falla
smettere tu! Che vuoi che faccia io?» rispose lei a
tono.
«È
tua amica» le rispose diretto.
«Ci
conosciamo appena!» ringhiò lei.
«Priscilla
è crudele con Lluvia! Non vuole essere sua amica!»
pianse ancora
Lluvia e Priscilla sobbalzò, rossa in volto. «Ma
tu odi le ragazze!
Pensi che tutte ci provino con Gray!»
«Priscilla
ha ben altri interessi, questo Lluvia lo ha capito»
annuì Lluvia,
convinta.
«Non
ho idea di cosa tu stia dicendo» mormorò Priscilla
in un sospiro
arrendevole: avrebbe smesso di tentare di capire cosa passasse per la
testa a quella ragazza stramba. Una risatina non troppo lontano,
dall'altro lato del tavolo, e Priscilla spostò lo sguardo su
Evergreen che la guardava sottecchi e ridacchiava in maniera sinistra
ed inquietante.
«Che
cosa ti prende, ora?» ruggì lei, infastidita del
fatto che quelle
due stessero complottando qualcosa e non capisse cosa.
«Sei
ingenua, Priscilla. Sottovaluti le capacità delle donne di
vedere
oltre le apparenze» disse Evergreen, sventolandosi con il
ventaglio.
«Continui
ad irritarmi, lo sai?» disse Priscilla, contraendosi in un
falso
sorriso che serviva solo a mantenere la calma. E nemmeno capiva
perché la cosa la infastidisse a tal punto. Lluvia
sgusciò vicino a
Evergreen, restando sempre nascosta sotto al tavolo, facendola
sembrare ancora di più un fantasma inquietante.
«Evergreen
capisce capisce ciò che Lluvia intende»
mormorò Lluvia continuando
a fissare Priscilla.
«L'ho
già capito da tempo, non è complicato. Sei come
un libro aperto»
annuì Evergreen. «Nemmeno ti accorgevi delle volte
che ti lanciavo
qualche segnale per vedere se confermavi le mie ipotesi».
«Segnali?»
chiese Priscilla, cominciando ad arrossire. Di che diamine parlava?
Cosa stava succedendo?
«Tu
hai capito di cosa stanno parlando?» Bickslow si
voltò verso Fried,
confuso e curioso, ma Fried mantenne la sua compostezza e rispose
semplicemente: «Discorsi da donne, immagino. Un mondo in cui
non
possiamo nemmeno avvicinarci».
Priscilla
gli lanciò un'occhiataccia e repentinamente rispose, sempre
più
irritata, «Tu sei più donna di chiunque
altro».
Fried
sussultò alla provocazione e semplicemente
arrossì, sentendosi
offeso in un modo che non era semplice contrastare... perché
forse,
sotto sotto, tanto errato non era.
In
quella posizione voltata verso Fried, Priscilla ebbe modo di far
cadere lo sguardo al piatto di Laxus, ora vuoto se non per l'ultimo
boccone che stava prendendo proprio in quel momento.
Dimenticò
improvvisamente tutti quei discorsi e tornando a scodinzolare si
riappoggiò alla spalla di Laxus, chiedendo dolcemente:
«Posso
averlo io quello?»
Laxus
non rispose, spostò nuovamente gli occhi per guardarla senza
mostrarle nemmeno chissà quale emozione, e infine le
avvicinò
quell'agognato ultimo bocconcino alle labbra. Rallegrandosi come una
bambina Priscilla aprì la bocca, pronta a gustarsi il morso,
ma
proprio quando stava per chiudere le labbra e prenderselo Laxus lo
tolse dalla sua traiettoria e se lo mangiò lui.
«Prenditi
la tua porzione» rispose, ancora masticando, con una
Priscilla ora
pietrificata ancora aggrappata alla sua spalla. Ci era rimasta
talmente tanto male che nemmeno riusciva a chiudere la bocca,
rimanendo immobile per qualche secondo. Poi scoppiò,
lamentosa.
«Sei
cattivo!» si lagnò e cominciò a
tirargli una serie di colpi sulla
testa, frignando come una bambina. Laxus la lasciò fare,
semplicemente alzò un braccio per proteggersi da quella
scarica
incessante che erano solo fastidiosi, certo non dolorosi. E ancora
una volta gli sfuggì una risatina divertita dal profondo
della gola.
Evergreen li osservò, lanciando loro quel suo sguardo
glaciale che
tutto voleva significare, e tornò a sghignazzare tra
sé e sé.
Priscilla la sentì, interruppe la sua aggressione a Laxus, e
la
guardò, sentendosi di nuovo sotto esame. Lluvia, ancora
rannicchiata
sotto al tavolo al suo fianco, annuì come se Ever avesse
appena
detto qualcosa su cui era d'accordo.
«Mi
fate venire i brividi, lo sapete?» mormorò
Priscilla, inquietata,
ma loro non risposero più sentendosi già
soddisfatte così.
I
festeggiamenti proseguirono tutta la notte, tanto che la maggior
parte di loro si addormentò dentro la sede della gilda senza
nemmeno
tornare ognuno a casa propria. Natsu spalmato su di un tavolo, al
posto di un tacchino mezzo mangiato ora buttato a terra. Gray
più
composto, a braccia conserte, seduto a terra ai suoi piedi. Avevano
lottato almeno una decina di volte, in tutta la serata, ed entrambi
non ne potevano più. Mirajane abbracciata a Lisanna,
entrambe
appoggiate al gigantesco petto di Elfman. Makarov steso sul bancone,
Cana abbracciata ad un barile ormai vuoto, Gildarts al suo fianco
russava malamente con la faccia schiacciata al tavolo. Sull'isola di
Tenrou Cana gli aveva confessato che lei era sua figlia e da quando
erano tornati perciò Gildarts non aveva fatto altro che
urlarlo a
tutti e avvinghiarsi a lei ogni volta che poteva, con conseguente
urla irritate della ragazza per il suo essere troppo appiccicoso.
Lucy era appoggiata con le spalle a un pilastro, vicino a Wendy, ed
entrambe tenevano tra le braccia Charle e Happy. Gajeel steso su un
altro tavolo, a testa abbandonata all'indietro, Levy ai suoi piedi e
Jet e Droy al suo fianco. Bisca e Alzack poggiate testa contro testa,
con la piccola Asuka, la loro figlioletta, stretta tra le braccia di
entrambi. Laki, Macao, Wakaba, Romeo, Max, Warren, persino Reedus...
tutti avevano trovato un angolo dove accasciarsi, pieni di alcol e
cibo, e crollare senza avere la forza di tornare a casa, come se
avessero avuto timore che nell'istante in cui avessero lasciato la
gilda il giorno dopo si sarebbero accorti che era stato tutto un
sogno.
Laxus,
ancora chiuso nel suo angolo di fianco ai Raijinshuu, aveva in
realtà
pensato a un certo punto di andarsi a cercare una stanza di Hotel ma
Priscilla continuava a volergli parlare, gli stava a fianco
continuamente, gli saltava al collo con qualsiasi scusa, e aveva
temporeggiato fino a quando la ragazza non si era addormentata. La
testa appoggiata alle sue ginocchia, il corpo rannicchiato sulla
panca su cui sedeva e le braccia ben serrate intorno ai suoi fianchi;
nonostante il sonno, le dita stringevano i vestiti del ragazzo
costantemente, e a ogni movimento si faceva più rigida e
più
stretta nel suo disperato appiglio. Il terrore che lui fosse potuto
sparire, una volta riaperti gli occhi, era più consistente
di quello
di chiunque altro. Lo aveva rincorso per cinque anni, decisamente
troppo tempo per permettergli di svanire al primo cedimento che
aveva, lo teneva intrappolato come il più bramato dei sogni.
Laxus
non aveva avuto il coraggio di farla spostare né di
andarsene,
consapevole del significato di quell’abbraccio,
perciò alla fine
persino lui si era addormentato lì. Schiena appoggiata al
muro,
gambe allungate sulla sedia che aveva a fianco, testa reclinata su
una spalla e braccia conserte. Ma nel sonno i muscoli si erano
allentati, le braccia erano scivolate giù e la mano destra
era
finita col poggiarsi delicatamente sulla spalla di Priscilla, come a
voler ricambiare timidamente l'abbraccio disperato che lei mantenne
per tutta la notte. Discreto, in linea con la sua figura, ma comunque
non immune alla ferita che si era portato dietro per così
tanto
tempo e che, con la debolezza del sonno, non era riuscito a
nascondere. Per loro due, più di chiunque altro, era stato
un
ritrovamento che meritava di essere festeggiato e preservato da
qualsiasi ombra. Persino un uomo apparentemente disinteressato come
Laxus lo sapeva e quel suo debole gesto dimostrava la sua
volontà a
proteggere e rispettare il dolore che Priscilla stava lasciando
andare in quell’abbraccio notturno, per la prima volta dopo
più di
cinque anni. Quella sera non erano stati più solo
l’ombra di un
ricordo malinconico, quella sera loro, su quel tavolino alla
finestra, c’erano tornati davvero a ridere, a giocare, di
nuovo a
parlare, di nuovo a viversi.
Non
avrebbero permesso più a nessun incubo di distruggerlo.
Allora
io ti aspetto qui… Laxus.
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Capitolo 37 *** La ragazza che aspettava ***
La
ragazza che aspettava
Quando
la mattina dopo sorse il sole, lentamente tutti si risvegliarono e
ciò che fu incredibile fu che man mano che ognuno di loro
tornava in
piedi i festeggiamenti sembrarono riprendere esattamente da dove si
erano fermati la sera prima. Cana si appropriò di un altro
barile,
Gildarts tornò a urlare felice che lei fosse sua figlia e a
dedicarle brindisi, Natsu afferrò il mezzo tacchino a cui
aveva
fregato il posto per dormire e riprese a masticarlo nonostante fosse
ancora mezzo addormentato, mentre Gray lo rimproverava di essere uno
schifoso, Gajeel si irritò con loro per il fracasso che
stavano
facendo e che non gli permetteva di dormire e alla fine i tre
ripresero a litigare e a fare a botte. Elfman si unì a loro,
senza
un motivo preciso, urlando qualcosa sull'essere uomo, Mirajane
sistemò un po' il locale mentre Lisanna le dava una mano
portando a
tutti altro cibo e altro alcol. Lucy si stiracchiò
e ridacchiò
divertita del rumore che riuscissero a fare già di prima
mattina, ma
soprattutto come questo non disturbasse molti di quelli che ancora
stavano dormendo. Tra cui anche Laxus e Priscilla. Incuriosita e
soprattutto intenerita da quella scena che mai nemmeno nei suoi sogni
migliori si sarebbe aspettata di vedere, si voltò verso
Wendy che si
stava anche lei alzando e le fece cenno di raggiungerla. Le guance di
Wendy si arrossarono per l'emozione ed entrambe guardavano intenerite
la posizione in cui i due stavano beatamente sonnecchiando. Lluvia
comparve sotto di loro, inginocchiata e ancora parzialmente nascosta
sotto al tavolo come la sera prima. Lisanna attirata da quel piccolo
gruppetto si unì alle sue amiche, e così anche
Laki e persino Erza,
tutte con l'espressione emozionata e trasognante.
«Che
fate tutte qua?» chiese Natsu, sbucando oltre la spalla di
Lucy, e
lei lo fulminò con un
«Ssshhh!».
«State
spiando delle persone che dormono, siete inquietanti» disse
Gray,
scoprendo che anche lui si era infilato in quel gruppo dove ora, per
qualche ragione, comparivano anche i Raijinshuu.
«E
tu perché sei qua?» lo provocò Elfman,
rivelando così anche la
sua di presenza, incuriosito più dal gruppo che si era
creato che
dall'evento stesso.
«Potrei
chiederti la stessa cosa?» ruggì Gray, infastidito
che la predica
arrivasse proprio da lui.
«Cinque
anni, eh?» mormorò Lucy, sorridendo intenerita.
«Se ripenso a
quando si sono incrociati, in occasione dell'attacco da parte di
Phantom Lord, quanta cattiveria e quanta tristezza che hanno mostrato
allora. Sembra di avere davanti delle persone diverse».
«Sembra
di essere tornati indietro di almeno dieci anni, che
nostalgia»
commentò Mirajane e Lucy sussultò nel notare
anche lei lì al
proprio fianco.
«Disegniamo
le loro facce» ghignò Natsu, incredibilmente fuori
dal coro, e con
lo sguardo inviperito si fece avanti con un pennarello in mano.
«Natsu!»
lo rimproverò Lucy e cercò di fermarlo, insieme
ad altri,
afferrandolo per i vestiti. Ma il ragazzo si dimenò e
cercò a tutti
i costi di raggiungere i due, finendo col fare più baccano
di quanto
già non ci fosse. Alcuni persero l'equilibrio, pressati
com'erano
tra loro con un famelico Natsu tra le mani, e caddero sul tavolo
davanti a Laxus ribaltandolo. I due fratelli sobbalzarono dalla paura
e si svegliarono, fissando stralunati tutti i compagni che avevano
intorno e che ora sghignazzavano nervosi. Non avevano idea di cosa
stessero combinando, ma solo la loro presenza così
soffocante li
irritò.
«Ohy,
voi...» ringhiò Laxus, pronto a tirar pugni a
chiunque fosse la
causa di tutto quello.
«Fate
paura!» tremò Priscilla.
«Stavamo
fermando Natsu che voleva scrivervi sulla faccia» disse
candidamente
Mirajane, dando al ragazzo tutta la colpa.
"Mira-chan
è malefica!" impallidì Lucy, facendosi venire la
pelle d'oca.
Lo sguardo di entrambi i fratelli si spostò verso il ragazzo
ora a
terra, pennarello ancora alla mano. Qualcosa sembrò tremare,
forse
l'universo stesso, mentre in quegli occhi pietrificanti Natsu poteva
benissimo vederci la collera di una tempesta di fulmini e tornadi
pronta a travolgerlo. Urlò terrificato, divenne pallido come
uno
straccio e infine si accasciò a terra senza nemmeno la forza
di
respirare. Mai in vita sua aveva avuto così tanta paura,
quei due
erano spaventosi già da soli quando ci si mettevano, ma
insieme
erano la vera e propria apocalisse.
«È
già fuori combattimento solo con la forza dello
sguardo!» sussultò
Lucy, sconvolta.
Le
porte della gilda si spalancarono e alcune persone fecero il loro
ingresso, attirando ora l'attenzione.
«Vedo
che la gilda è tornata al solito chiasso» Leon
camminava a capo di
alcuni membri di Lamia Scale che erano andati a trovarli. Cherry si
sbracciò, gioiosa come sempre, dando il bentornati. C'erano
persino
Jura, Toby e Yuka e tutti salutarono con un gran sorriso. Priscilla
si drizzò improvvisamente, allargando il volto in un sorriso
gigantesco, e infine saltando spiccò il volo verso di loro
urlando:
«Cherry! Leon!»
Allargò
le braccia e prese entrambi, stringendoli in un abbraccio. Un tornado
nacque ai piedi di tutti e tre, facendoli roteare insieme, mentre
Priscilla li stringeva e rideva felice.
«Pricchan!»
ricambiò Cherry con altrettanta gioia.
«Ehy...
f-fermati!» lamentò invece Leon cominciando a
provare la nausea per
tutto quel girare che un po' gli ricordava le punizioni della loro
master.
«Che
bello rivedervi! Mi siete mancati così tanto!»
insisté lei.
«Avevo
paura foste morti!» pianse Cherry, ricambiando l'abbraccio.
«P-puoi
lasciarmi andare?» balbettò anche Leon, a disagio
in quell'incastro
tra donne e quel continuo roteare.
«Vi
abbiamo cercato così tanto insieme a Blue Pegasus,
nonostante
sentissimo strane tracce di magia dell'isola non c'era mai traccia.
È
stato così triste!» disse ancora Cherry e solo
allora Priscilla
smise di far girare tutti e tre.
«Avete
aiutato nelle ricerche? Che carina, eri preoccupata per noi!»
disse
felice e si aggrappò al collo di Leon, stringendolo e
strozzandolo.
«Perché
abbracci me se parli con lei?» chiese lui, rosso in
volto.
«Perché
ho continuato a sentirti dentro me per tutto questo tempo, che
emozione!» disse priscilla, arrossendo e portandosi una mano
alla
guancia in un gesto timido. Leon avvampò ancora di
più e le urlò
contro: «Smettila di essere equivoca!»
«Anche
questo è amore!» le fece eco Cherry, affiancandola
e arrossendo
allo stesso modo.
Ma
un improvviso e bizzarro brivido colse la schiena del mago del
ghiaccio, una goccia di sudore freddo, la sensazione di un pericolo
imminente che a breve avrebbe potuto ucciderlo. Non capiva cosa
stesse accadendo, sentì solo che tutto a un tratto la sua
vita era
in grave pericolo. Seguì la sensazione, che lo
portò a voltare la
testa e guardare un angolo ben preciso della gilda, come se
lì ci
fosse stata la risposta a quell'orribile sensazione di morte e dolore
che aveva allungato la propria ombra minacciosa verso di lui. E
incrociò con enorme sorpresa un paio di occhi sottili e
affilati che
parvero accoltellarlo nell'istante stesso in cui li vide. Laxus
sedeva ancora dove l'avevano lasciato, gambe accavallate, braccia
incrociate, un atteggiamento quasi disinteressato ma dalla testa
reclinata in avanti sbucavano quegli occhi che invece parvero
strappargli l'anima dal corpo e farla a brandelli. Leon non aveva
idea di chi lui fosse, né perché lo guardasse in
quel modo, ma se
ne terrorizzò e rabbrividì ancora.
«Non
sei più gelosa di Leon» disse Priscilla a Cherry,
inconsapevole
della minaccia incombente che stava per cadere sulla testa del suo
amico.
Cherry
arrossì lievemente e, altrettanta ignara di ciò
che stesse
accadendo, confessò: «In verità
io...»
«Si
è fidanzata con Ren!» urlò Toby dietro
di lei e Priscilla sussultò
portandosi entrambe le mani al volto.
«Quello
di Blue Pegasus!» esclamò sorpresa.
«Come
dire... è stato amore a prima vista» disse Cherry
portandosi le
mani al petto, all'altezza del cuore.
«Ma
quando?!» chiese Priscilla, guardandola emozionata.
«Già
dall'incontro di Oracion Seis qualcosa è iniziato»
spiegò Cherry.
«Non
ci credo!» esclamò Priscilla, sempre
più sorpresa.
«A
me sembrava abbastanza evidente, a dire il vero»
mormorò Lucy,
ascoltando la chiacchierata tra le due.
«Perciò
ora se vuoi Leon, te lo lascio volentieri» ammise infine
Cherry, con
un sospiro, e Priscilla si voltò sghignazzante verso il
ragazzo, già
pronta a continuare quel gioco che aveva iniziato ai tempi di
Nirvana, chiedendo: «Hai sentito Le...» ma si
interruppe, notando
improvvisamente che fosse sparito. «Eh?» si chiese,
sbattendo le
palpebre confusa. Si guardò rapidamente attorno, curiosa di
sapere
che fine avesse fatto, e quasi urlò dalla sorpresa quando lo
vide
insieme a Lluvia, che la guardava rosso sulle guance e tenendole le
mani.
«Ma
che succede?» stridulò, sconvolta.
Lluvia
arretrò rossa in volto, balbettando: «A-aspe...
no, non posso...
Lluvia è... Gray-sama...»
«Un
triangolo amoroso!» esclamò Cherry, guardando la
scena tra i tre
con un'espressione appassionata.
«Come
nei romanzi!» Esclamò Priscilla, altrettanto
rapita e ora
interessata.
«È
ovvio che alla fine sceglierà Leon-sama, nessuna
può resistere al
suo fascino» speculò Cherry e Priscilla
annuì convinta,
sostenendo: «E Gray la maltratta sempre, è ovvio
che alla fine la
perderà».
«Smettetela
con queste stronzate!» intervenne Gray, mettendosi disperato
le mani
nei capelli, ma entrambe lo ignorarono.
«Mi
devi raccontare di Ren, comunque! E di cosa avete fatto in questi
sette anni!» esclamò Priscilla, lasciando perdere
immediatamente la
faccenda Leon-Gray-Lluvia e si sedette a un tavolo lì vicino
insieme
a Cherry, cominciando a parlare animatamente insieme a lei per
ore.
La
festa a Fairy Tail proseguì per tutto il giorno seguente,
insieme a
Lamia Scale ma anche Blue Pegasus che andò loro a far
visita. Sette
anni erano stati lunghi, riuscire a racchiuderli tutti in solo un
paio di giorni era difficile ma nessuno di loro sembrò
demotivato a
provarci. Avrebbero proseguito per settimane, se ne avessero sentito
la necessità.
Quella
notte Priscilla e Wendy tornarono insieme al dormitorio, decise a non
voler passare un'altra notte su una panca ma godersi un bagno caldo e
poi il meritato letto. Il rientro non fu piacevole come si
aspettavano, ad aspettarle ci furono sette anni di arretrati per
l'affitto e pulizie. Le stanze erano in stato di abbandono, con
polvere ovunque, vestiti divorati dalle tarme e oggetti rovinati. La
notte di riposo e pace che si erano sognate, non solo loro due ma
chiunque fosse tornata al dormitorio, l'abbandonarono in poco tempo
costrette a risistemare le cose. Il giorno dopo era pomeriggio
inoltrato quando Wendy fece il suo ingresso alla gilda, quella
mattina aveva dormito fino a tardi per riuscire a recuperare un po'
di sonno perciò non si era sorpresa quando al risveglio si
era
ritrovata sola in stanza. Priscilla era già dentro Fairy
Tail da
chissà quanto tempo, come aveva sospettato, anche se il suo
aspetto
non era altrettanto fresco. Era appoggiata al tavolo, vicino a Laki e
Cana che ancora beveva. Sembrava ascoltare i loro discorsi, ma lo
sguardo in realtà era perso nel vuoto.
Wendy
la salutò e lei bofonchiò in risposta.
«Sai,
pensavo che avremmo dovuto prendere un lavoro per riuscire a
cominciare a ripagare il debito dell'affitto al dormitorio, ma la
bacheca è praticamente vuota» disse la ragazzina,
pensierosa.
Priscilla si mosse, ma continuò a restare distesa sopra il
tavolo a
cui era appoggiata. «Meglio così, dopo il caos a
Tenroujima ho
bisogno di almeno un paio di settimane per riprendermi»
bofonchiò,
apparentemente stravolta.
«La
tua gamba sta ancora guarendo, vero?» chiese Wendy, capendo
perché
sembrasse ancora così stanca.
«Ha
finito questa notte, da quando mi sono unita alla magia Anima il
recupero è diventato molto più veloce»
sollevò la gamba, muovendo
animatamente il piede, e finalmente sorrise: «Guarda che
bella
gambetta nuova che mi ritrovo!»
«Sei
un po' come le stelle marine, se ti viene tagliato un pezzo torna
com'era prima»commentò Wendy sorridente.
«Non
mi piacciono le stelle marine» commentò Priscilla,
tornando ad
accasciarsi sul tavolo.
«Io
penso invece siano molto affascinanti» e si
illuminò, in vista di
un'idea. «Perché non andiamo al mare ad allenarci
come ai vecchi
tempi?» propose.
«Non
mi va» disse semplicemente Priscilla.
«Il
mare! Che meraviglia! È da un po' che penso di provare ad
abbronzarmi un po'» intervenne Cana, passandosi le dita lungo
la
pelle del braccio. «Vengo io con te, Wendy».
«Voglio
venire con voi!» si unì Levy, entusiasta, e poco
dopo anche Lucy,
Natsu, Gray, Lluvia e Erza si unirono al coro. Quella che era partita
come un'idea per allenarsi, un'idea per provare a tirare un po' su il
morale di Priscilla che per qualche motivo sembrava a terra, si era
trasformata presto in una gita tra amici a cui però
Priscilla si
incaponì e non prese parte, restando alla gilda. Wendy si
sorprese
molto quando la sera, tornando, la vide ancora lì, nella
stessa
identica posizione e stato d'animo del mattino stesso.
«Priscilla-nee,
va tutto bene?» chiese preoccupata.
Priscilla
sospirò, vinta e forse convinta che non ci fosse motivo di
tenerlo
nascosto, e confessò: «Oggi Laxus non si
è fatto vedere».
«È
per questo che non sei voluta venire?» chiese
sorpresa.
«Il
tuo attaccamento a quell'uomo supera quasi quello di Lluvia con
Gray»
disse Charle, irritata nel vederla così succube.
«Non
è questo...» disse Priscilla, abbassando gli
occhi. «Siamo tornati
da praticamente tre giorni e ancora non è stato
ufficialmente
riammesso alla gilda. Io... sono un po' preoccupata».
«Temi
non voglia rientrare?» chiese Wendy dispiaciuta.
«L'hai
potuto riabbracciare solo ora dopo cinque anni, capisco che tu possa
provare un po' di timore al pensiero che voglia sparire di
nuovo»
annuì Charle, ora più comprensiva visto che
dietro
quell'atteggiamento sembrava esserci un motivo ragionevole.
«È
cocciuto e il nonno peggio di lui. Se si incaponiscono che non
vogliono parlarsi, finisce che non si risolve niente solo per
l'orgoglio di due stupidi testoni» rifletté
lanciando un'occhiata a
suo nonno, come sempre seduto sul bancone a bere qualche
bicchierino.
«Perché
non provi a parlare tu col master. Sono sicura che a te darà
ascolto» provò Wendy.
«Laxus
non accetterebbe mai di rientrare perché raccomandato da sua
sorella, è testardo, te l'ho detto. È una
faccenda che deve
risolvere da solo. E comunque scommetto che anche il nonno vuole solo
che sia lui a prendersi le sue responsabilità e farsi
avanti, senza
aggrapparsi a nessuno. Mettere da parte l'orgoglio e chiedere scusa,
è questa la sua punizione. Santo cielo, perché
gli uomini devono
essere così complicati» sospirò
Priscilla, massaggiandosi la
fronte.
«Benvenuta
nel mondo, sorella» commentò Cana tornando a
sedersi al suo fianco
armata di un paio di bottiglie. «Tieni, sfogati come una vera
donna»
e gliene porse una.
«Cana-san,
non credo quello sia il metodo ideale» ridacchiò
Wendy, nervosa.
«Non
so nemmeno se posso ubriacarmi» mormorò Priscilla,
con una guancia
poggiata sul pugno chiuso.
«È
giunto il momento di scoprirlo» spinse Cana. «Su,
su, fammi
compagnia».
«Dicono
sia sbagliato affogare i dolori nell'alcol»
mormorò ancora
Priscilla, afferrando però la bottiglia e portandosela sotto
al naso
per sentirne l'odore.
«Sciocchezze!
L'alcol è il miglior amante di una donna, capisce e non
tradisce. E
soprattutto non ti lascia mai sola!» disse Cana e forse fu
proprio
quell'ultima frase che fece nascere nello stomaco di Priscilla un
moto di nervoso tale che la convinse a bere. Aggrottò la
fronte
irritata per essere stata sola tutto il giorno e aver aspettato come
una stupida che lui facesse il suo ingresso e buttò
giù un lungo e
infinito sorso. Rimase per un attimo in contemplazione, aspettando e
studiando gli effetti che aveva sul suo corpo, per poi voltarsi verso
Cana e dire: «Non funziona».
«Prova
con questa» disse Cana, porgendole un'altra bottiglia.
«Cana-san,
credo sia esagerato» disse Wendy, preoccupata nel vedere
Priscilla
tracannare anche quella bottiglia. Ma lei la ignorò e
continuò a
porgere bicchieri e bottiglie a una Priscilla che beveva
sempre
con più rabbia e foga, fino a quando non sentì
qualcosa cambiare in
lei. Tutto si era fatto più leggero, soprattutto il peso che
aveva
sullo stomaco.
«Così
Gildarts è tuo padre, eh?» biascicò con
quel poco che riusciva a
parlare.
«Non
lo sapevi? In molti l'avevano capito» borbottò
Cana, altrettanto
ubriaca.
«Non
sono mai stata molto tempo alla gilda, nessuno mi aveva detto
niente»
buttò giù un altro sorso. «Lo sai che
tuo padre una volta ha
distrutto la mia maglietta e mi ha fissato le tette?»
«Quel
porco maniaco!» sobbalzò Cana, lanciando la sedia
contro il muro
dietro di sé. Priscilla scoppiò a ridere per la
sua reazione, forse
anche troppo esageratamente, e per poco non cadde dalla sedia.
«Laxus
ne approfittò per sconfiggerlo e superare l'esame per la
classe S,
ma da allora lo detesta» rise e si accasciò
nuovamente sul tavolo.
«Allora
è questa la leggenda che si nasconde dietro il superamento
dell'esame di Laxus» rise Cana, prendendo un'altra sedia e
tornando
a sedersi.
«Non
dirgli mai che te l'ho raccontata» rise Priscilla.
«Laxus»
sputacchiò Cana. «Tuo fratello è
veramente un bastardo! Passa
cinque anni a insultarti e farti soffrire, poi quando fa pace con se
stesso sparisce di nuovo».
«Non
è mio fratello» disse Priscilla, quasi offesa,
versandosi un altro
bicchiere. «Non sono geneticamente legata a nessuno dei suoi
genitori» bevve e rifletté sulla questione, prima
di dire: «Però
ho nel petto parte dell'anima di suo padre. In pratica la mia essenza
è Ivan... per questo possiamo dire che... tecnicamente... io
sono
suo padre».
«Laxus
è tuo figlio!» scoppiò a ridere Cana,
battendo colpi sul tavolo, e
Priscilla fece altrettanto aggrappandosi poi a lei e ondeggiando al
suo fianco.
«Mi
viene da vomitare» mormorò infine e Cana la spinse
via,
urlando:«Non da questa parte, che schifo!»
Priscilla
si accasciò di nuovo sul tavolo, ormai con gli occhi
semi-chiusi
mentre l'intero mondo intorno a lei vorticava impazzito.
«Non
riesco a pensare che a lui» confessò,
raggomitolandosi all'interno
delle sue stesse braccia. «Che fastidio, perché se
deve sparire non
lo fa una volta per tutte anche dalla mia testa e la facciamo
finita?»
«Parli
come un'innamorata» l'ammonì Cana, bevendo ancora.
«Non
dire assurdità, Laxus è mio
fratello!»
«Tuo
figlio» la corresse Cana e Priscilla si portò le
mani alla testa,
strapazzandosi i capelli e urlando: «Ah! Che confusione! Non
ci
capisco più niente!»
«Dì
un po', è vera la storia che sei stata creata per
lui?» chiese
Cana.
«Dovevo
essere il suo pungiball, Ivan cercava qualcosa per allenarlo
brutalmente senza avere problemi ed incrementare così il
potere
della Lacryma di drago dentro lui. Dar vita a un vero essere vivente
non era proprio nei suoi piani, cercava forse qualcosa da spacciarlo
per tale. Dammi un altro sorso di quello!» disse allungandosi
e
attaccandosi direttamente alla bottiglia. «Diceva che se non
avessi
combattuto seriamente con Laxus mi avrebbe uccisa. Lui può
farlo. È
strano perché al tempo non provavo niente, eppure la morte
mi
spaventava. La paura è stato il primo sentimento che abbia
mai
provato in vita mia. Che squallore» e bevve ancora.
«Chissà
qual è stato il mio primo sentimento»
mormorò Cana, pensierosa.
«Scommetto
però che indovino qual è stata la tua prima
parola!» disse
Priscilla, sghignazzando prima di urlare come un pianto di un
neonato: «Alcol! Alcol! Alcol!»
Cana
rise di nuovo in maniera esagerata e sganasciata e Priscilla
sghignazzò divertita, guardandola, ma poi tornò
ad accasciarsi sul
tavolo. Il sonno stava cominciando a prendere possesso dei suoi occhi
stanchi e ormai tutto era così confuso da non capire nemmeno
se si
trattava di un sogno o realtà.
«Cana»
mormorò. «Credi dovrei aspettarlo
ancora?»
Un
tentennamento, il primo di tutta una vita. Non aveva mai messo in
dubbio i suoi sentimenti per Laxus, né il suo obiettivo.
Sapeva che
era venuta al mondo per lui e qualsiasi cosa sarebbe successa niente
su quell'aspetto sarebbe cambiato. Era sempre stata convinta che
avrebbe potuto sopportare ogni cosa, pur di vederlo felice, pur di
adempiere al suo scopo. Era pronta ad aspettarlo per
l'eternità, ma
più di una volta in quei mesi di attesa si era ritrovata di
fronte
alla vera morte, soprattutto negli ultimi giorni con Hades sull'isola
di Tenroujima. Aveva pensato a tante cose, soprattutto a lui, aveva
pensato a lui fino a quando aveva avuto capacità di pensare.
Ma
stranamente quel pensiero non l'aveva legata al suo destino, quanto
allontanata. La sua vita, avrebbe davvero accettato di passarla a
seguire un'ombra? Aspettare era così doloroso, davanti alla
prospettiva che forse non sarebbe servito a niente. Forse avrebbe
dovuto semplicemente rinunciare, lasciarlo andare, e smettere di
soffrire provando a combattere invece per voltare lo sguardo altrove.
Era la prima volta che succedeva una cosa come quella e faceva un
gran male. Laxus era da sempre stato il suo tutto, ma aveva rischiato
di perderlo ben prima di poterselo godere. Quanto sarebbe stato
triste per lei se fosse morta prima di poter sentire ancora una volta
la sua voce. E Laxus continuava a voltarle le spalle, come se non gli
interessasse, legato più al suo orgoglio che al suo
desiderio.
Poteva davvero accettarlo, di restare un passo indietro per tutto il
resto della sua vita?
«Pricchan»
disse Cana, stranamente più seria anche se non per questo
più
sobria. «Dimmi una cosa, per te lui è importante,
vero?»
Rossa
in volto, forse più per l'alcol che altro, Priscilla si
rannicchiò
nelle sue stesse spalle. «Ha dato un senso alla mia
esistenza»
mormorò.
«E
allora se quello stupido è tanto stupido da non capirlo da
solo, vai
e prenditelo!» ringhiò Cana, sbattendo la
bottiglia sul tavolo.
«Prenderlo?»
chiese Priscilla, sorpresa.
«Basta
essere la fanciulla in pericolo che aspetta il principe azzurro, sei
una donna ormai, se vuoi qualcosa... te lo prendi! Anche con la forza
se necessario!»
«Che
dovrei fare? Picchiarlo?» ridacchiò Priscilla.
«Se
necessario sì!»
«Non
credo sia un buon metodo per conquistare il cuore di qualcuno, sembra
più un consiglio da Natsu» rise, lasciandosi
andare lentamente al
sopore del sonno.
«Conquistare?»
mormorò Cana, sorpresa dal termine usato dalla ragazza. Ma
lei non
l'ascoltò nemmeno più e si addormentò
rapidamente, appena prima
aver biascicato con un ultimo sghignazzo: «Hai detto stupido
due
volte nella stessa frase. Sei proprio una scema, Cana».
«Oh,
cielo... è completamente andata»
ridacchiò Cana, tornando a bere e
lasciando che la ragazza iniziasse a russare al suo fianco.
«Sì,
direi che l'alcol ha effetto su di lei».
La
mattina dopo Priscilla si svegliò misteriosamente nel suo
letto,
anche se con un gran mal di testa. Ondeggiò fino al bagno,
si lavò
e cercò di darsi una svegliata, poi esattamente come il
giorno prima
tornò alla gilda e lì rimase, immobile, ad
aspettare.
«Pricchan!
Ancora qui?» salutò Lucy, entrando nel tardo
pomeriggio. Le si
sedette a fianco e chiese a Mirajane di portarle qualcosa da mangiare
e bere. Natsu e Gray arrivarono poco dopo, con loro anche Wendy e
Erza.
«Dove
eravate?» chiese Priscilla, curiosa.
«A
fare un giro per la città, abbiamo pensato che se ci
facciamo vedere
magari la gente ricorda i vecchi tempi e comincia a fare nuovamente
richieste alla nostra gilda» disse Lucy con uno sguardo
abbattuto.
«Credo in realtà Erza volesse solo andare a vedere
se c'era ancora
la pasticceria dove andava sempre sette anni fa, non ho capito
però
perché abbia trascinato anche noi in giro per tutta
Magnolia».
«Priscilla-nee!
Come ti senti?» chiese Wendy, sedendosi al suo fianco.
«Ieri sera
Cana ti ha riportata al dormitorio sulle spalle, non sembravi molto
in te».
«Non
ho ricordi di ieri sera. Non molti in verità...»
confessò lei,
corrucciandosi per pensare e lottare contro il mal di testa.
«Credo
che Cana mi abbia consigliato di picchiare Laxus per qualche
motivo... o forse di farci un figlio».
Erza
sputò la bevanda con cui si stava rinfrescando e rossa come
un
peperone fissò Priscilla che ancora assorta aveva cominciato
a
mormorare tra sé e sé: «O forse che io
ho un figlio da qualche
parte che si chiama Laxus... o magari è lei ad avere un
figlio...
che picchiava... no, io l'ho picchiato. Ma per quale motivo? E chi ho
picchiato? Ah, che confusione!!!» urlò alla fine,
tormentandosi la
testa.
«Cana
non ci è andata leggera con te, vedo»
ridacchiò Lucy.
«Come
fa a piacervi questa sensazione? È terrificante non riuscire
a
ricordare, chissà cosa avrò mai detto o fatto!
Non capisco perché
a voi piaccia tanto ubriacarvi».
«Lo
dici solo perché hai i postumi, vedrai che appena ti
ricapiterà
l'occasione lo farai di nuovo» ridacchiò Gray.
«Bah
non saprei...» mormorò Priscilla, tornando ad
appoggiare la testa
al tavolo, tra le braccia. "Anche oggi non si è fatto
vedere"
rifletté e per qualche strano motivo le venne in mente Cana
e la sua
forza nello sbattere la bottiglia al tavolo. Non ricordava cosa fosse
successo la sera prima, ma c'era qualcosa in lei che si muoveva. Una
strana determinazione a non restare più con le mani in
mano.
Notò
la porta della gilda aprirsi e Fried entrò, seguito come
sempre da
Bickslow e Evergreen.
«Ah!»
si sollevò Priscilla, notandoli. «Sono
tornati!» e corse loro
incontro, sotto lo stupore di Lucy e Wendy che mai si sarebbero
aspettati di veder Priscilla cercare i Raijinshuu. Di solito era il
contrario.
«Fried!
Posso chiederti una cosa?» chiamò lei,
avvicinandosi al ragazzo.
Poche parole, pochi secondi, poi con un sorriso Priscilla
scappò
via.
«È
raro vedere Priscilla venirvi incontro» osservò
Lucy, quando i tre
gli passarono a fianco. «Cosa vi ha chiesto?» si
incuriosì.
«Se
sapevo dove Laxus avesse trovato alloggio per il momento»
rispose
Fried, pensando che semplicemente volesse andare a trovarlo. Ma Cana,
pochi tavoli più avanti, esclamò improvvisamente
luminosa un:
«Oh-oh!» che fece venire a tutti uno strano
presentimento.
«Laxus
ha detto a voi dove alloggiava ma non a lei,
perché?» chiese Wendy,
rattristata della cosa.
«Perché
siamo i Raijinshuu» ridacchiò Fried orgoglioso, ma
Bickslow rovinò
ogni cosa spiegando semplicemente: «L'abbiamo
seguito».
«Spaventosi!»
rabbrividì Lucy.
Priscilla
arrivò all'albergo indicato da Fried, corse al suo interno e
chiese
di Laxus. Saltellando allegra come una bambina raggiunse la sua
stanza e bussò, ma nessuno rispose. Provò ancora,
lo chiamò, ma
nessuna voce venne dall'interno.
«Che
non sia qui?» si chiese lei, uscendo nuovamente.
Spiccò il volo,
contando le finestre infine riuscì a trovare la sua. La
stanza era
vuota, la luce spenta, ma la finestra era accostata nella parte
superiore e lei riuscì con uno sforzo a infilarsi al suo
interno.
«Chissà,
magari è in giro» mormorò, lasciandosi
ondeggiare fino al letto
sotto la finestra dove ci si sedette a gambe incrociate.
«Potrei
aspettarlo qui» rifletté, restando per i
successivi minuti seduta
nella stessa posizione. Si alzò, si sgranchì le
gambe, poi tornò
sul letto e fissò il soffitto. Dalla noia, aprì
qualche cassetto
tirando fuori un libro e cominciando a sfogliarlo pigramente. Lo fece
svolazzare sopra la sua testa, lei stessa svolazzò in giro
per la
stanza e infine tornò nuovamente a stendersi.
«Sì,
ma che noia!» si agitò alla fine, scocciata come
poche volte lo era
stato. «Uffa, Laxus, dove sei andato?»
bofonchiò guardando il
cielo ora scuro per la notte appena scesa. Si stese nuovamente,
tenendo lo sguardo fisso al cielo, immersa nei suoi pensieri che
spaziavano dai ricordi dell'infanzia, alle parole da dire ora che lui
sarebbe arrivato, alle ipotesi dove fosse, a tutta quella situazione.
Chissà, forse proprio la storia dei sette anni persi
l'avevano
spinta a rendersi così testarda su quella faccenda. La
sensazione di
aver perso il suo tempo, di essere da un giorno a un altro sette anni
più vicina alla morte, l'averla provata sulla sua stessa
pelle per
la prima volta la paura di non poter vivere più. Tutto
quello che
era successo, tra Nirvana e Tenroujima, l'avevano cambiata
profondamente. Non riusciva più a essere la Priscilla che
sorridente
restava sulla soglia, pronta ad accoglierlo quando si fosse deciso a
farsi vedere. Qualcosa... aveva qualcosa nel petto,
un’emozione mai
provata prima che aveva imparato ad ascoltare forse solo da poco,
forse da sempre senza mai riconoscerla, ma non sapeva bene che nome
attribuirgli. Sentiva solo che aveva bisogno di vederlo.
"Avevo
promesso di aspettarlo".
Quelle
erano le parole che aveva pronunciato davanti a Hades, legata e
svuotata, proprio quando si trovava a un passo dalla morte. Aveva
pensato a molte cose durante quel combattimento, era impazzita per la
quasi morte di Wendy che ora era diventata una delle cose
più
importanti che avesse. Aveva pensato alla gilda, a suo nonno
moribondo, all'esame interrotto, al pianto dei suoi amici, alla
speranza morente, ma non a Laxus. Non c'era stato tempo, non in
quella frazione di tempo, le sue preoccupazioni erano altrove, la sua
mente ingabbiata nel terrore di veder sparire ancora una volta la
bambina a cui si era legata così ossessivamente. Mistgun,
sì, aveva
pensato anche a lui.
Eppure
quelle parole, le sue ultime parole se Laxus non fosse arrivato in
tempo a salvarla, erano andate a lui senza che nemmeno se ne rendesse
conto. Erano stati lontani così tanto tempo, aveva avuto
modo di
pensare a tutt'altro, di crearsi una vita, una famiglia. La sua
testa, il suo corpo, il suo cuore... quante cose erano cambiate.
C'era stato un tempo in cui Laxus era stato l'unico mondo dove
credeva fosse possibile per una come lei esistere, ma era stato un
tempo così lontano. Ora c'erano Happy con le loro scommesse
stupide,
Natsu con la sua presenza rumorosa in grado di divertirla e
innervosirla contemporaneamente, Gajeel che si divertiva a volte a
punzecchiare, Lily con la sua affidabilità e i racconti di
un
Mistgun bambino, Charle con la sua presenza materna, Wendy e la sua
tenerezza, Evergreen e il suo modo di trattarla come una piccola
bambola da pettinare e trascinare in giro, Bickslow e la sua presenza
ossessiva, che per quanto dicesse di odiare in realtà era
anche
simpatico, e poi c'erano Leon, Cherry, Lucy, c'era Fried, c'era suo
nonno, anche Cana, c'era Erza, c'era Mira... c'erano tutti. C'era un
mondo intero, tutto nuovo, apposta per una Priscilla non umana ma
amata, forse proprio per questo, più di altri. Era tutto ok,
era di
nuovo viva, era di nuovo con una famiglia, e non aveva mai desiderato
niente di diverso da tutto quello. Allora perché l'ultimo
pensiero
prima di morire era andato istintivamente, di nuovo, a lui?
Sospirò,
strinse la federa del cuscino tra le dita, e lo abbracciò
come fosse
potuto essere un mezzo di conforto. Riusciva a percepire, delicato,
l'aroma del suo profumo impregnato in quella federa dove lui aveva
dormito la sera prima. Chiuse gli occhi e ci affondò il
viso,
lasciando che la sua espressione si rilassasse in un delicato
sorriso.
«Pricchan»
l'eco di un ricordo, mescolato a un sogno. «Che
fai qui, davanti alla bacheca?»
«Ieri
sei diventato di classe S, Laxus! Volevo farti un regalo per
congratularmi, ma ho scoperto di non avere un soldo. Allora cercavo
un lavoro».
«Ora
che me l'hai detto non sarà più una sorpresa
però»
l'ombra di un sorriso, divertito come sempre dalla sua
semplicità e
innocenza.
«Maledizione,
è vero!»
ma questo non l'aveva abbattuta troppo ed era tornata alla bacheca,
dalla quale aveva già strappato un foglio. «Guarda!
Voglio fare questa!»
«Guardiani
allo zoo di animali selvatici?»
aveva chiesto lui inarcando le sopracciglia, non troppo convinto
dall'incarico.
«Arrivano
nuovi animali, molto pericolosi, cercano qualcuno che possa aiutarli
fino a che saranno messi in sicurezza. Allo zoo! Che bello, non ci
sono mai andata! Tu sai quali animali ci sono allo zoo? Non vedo
l'ora!»
ricordava bene l'emozione di quel giorno, la prospettiva di vedere
qualcosa di nuovo e affascinante come degli animali selvatici.
Neanche le interessava il lavoro, voleva solo una scusa per andare a
vederli... e nel frattempo ci avrebbe guadagnato.
«Divertiti
allora»
le aveva detto.
«Aspetta...»
l'imbarazzo di una confessione. «Chiedono
la presenza di almeno due persone. Vieni con me?»
«A
fare la guardia alle bestie dello zoo? Scherzi?! Sono appena
diventato mago di classe S, vado di sopra a prendere qualche missione
degna di me».
«Ma...»
«Non
ci penso nemmeno a sprecare il mio potenziale con due animaletti, che
figura ci farei se la prima missione da classe S fosse "fare il
guardiano"? Chiedi a quello stupido di Natsu, scommetto che
accetterebbe volentieri».
«Natsu
li arrostirebbe e se li mangerebbe»
aveva bofonchiato, offesa.
«Sì,
immagino di sì»
era scoppiato a ridere. «Lascia
perdere lo zoo, sennò. Se ci tieni a trovare dei soldi puoi
venire
con me nella missione che sceglierò io di sopra».
«Io
volevo andare allo zoo...»
aveva mormorato avvilita ed era tornata a fissare il suo foglio,
profondamente abbattuta. Ci aveva pensato almeno qualche minuto,
cercando una soluzione, ma la verità era che anche se nella
gilda
c'erano persone valide a cui poteva chiederlo, lei non riusciva ad
immaginare di passare una giornata come quella lontana da Laxus.
Sarebbe stata un'esperienza incredibile, voleva farla in sua
compagnia. Ma capiva il suo stato d'animo, era così
orgoglioso del
nuovo titolo e trascinarlo allo zoo come prima missione l'avrebbe
screditato. Perciò alla fine ci aveva rinunciato e aveva
deciso di
accettare la sua proposta, unendosi a lui qualsiasi cosa avesse
scelto. La ricordava bene la mattina della partenza. Laxus l'aveva
aspettata con i bagagli già pronti e lei si era
già dimenticata
della faccenda dello zoo. Aveva saltellato all'interno della gilda e
gli aveva chiesto, rossa in volto per la felicità di
quell'importante giorno per lui: «Allora
signor mago di classe S, quale sarà la sua prima incredibile
impresa?»
Il
suo sorriso, come dimenticare quel sorriso? Laxus le aveva posato una
mano sulla testa, in quell'affettuoso gesto che le dedicava
continuamente.
«Andiamo
allo zoo. Non ci sei mai stata, giusto?»
Con
i soldi di quella missione Priscilla gli aveva poi regalato un lungo
cappotto scuro, con la pelliccia bianca sugli estremi. Il suo
cappotto... l'aveva tenuto con sé anche nei cinque anni in
cui
diceva di odiarla. Come non notarlo?
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Capitolo 38 *** Io... voglio... ***
Io...
voglio...
Laxus
rientrò nella sua camera d'albergo che era già
molto tardi. Era
stato in giro tutto il giorno per delle faccende, a partire dal
trovare un nuovo lavoro al trovarsi una nuova casa, un posto dove
stare. Ricostruire la propria vita dopo un gap di sette lunghi anni
non era qualcosa che aveva impegnato solo i membri di Fairy Tail,
anzi forse per lui era stato anche più complicato visto che
non
c'era stato nessuno ad aspettarlo e accudire per lui la sua casa.
Aveva perso tutto, dall'affitto, al lavoro momentaneo che si era
trovato per riuscire a sopravvivere. Ripartire da zero era veramente
una gran scocciatura, anche se con ancora qualche vecchio risparmio
che almeno gli aveva permesso di trovarsi una stanza d'albergo
momentanea e fare qualche pasto. Si era fermato per strada a comprare
delle cose in un negozio, qualche stuzzichino per la sera, per la
noia, e dei vestiti nuovi visto che i suoi vecchi erano tutti da
buttare. Persino il suo vecchio cappotto era rovinato dal tempo, ma
quello aveva preferito portarlo in sartoria nella speranza di
ripristinarlo.
Aprì
la porta della sua camera, accese la luce, ma si bloccò
all'ingresso
sorpreso quando vide il suo letto occupato. Priscilla dormiva
beatamente, rannicchiata su se stessa e il cuscino ancora
parzialmente abbracciato. Il respiro pesante le usciva delicato dalle
labbra schiuse, muovendole appena le spalle. Si chiese cosa ci
facesse lì, come fosse entrata e soprattutto da quanto era
lì visto
che aveva avuto persino il tempo di addormentarsi. Ma dormiva
così
beatamente che svegliarla sarebbe stato alquanto crudele. Richiuse la
porta alle sue spalle, poggiò il sacchetto con le sue
compere vicino
al comò e rispense la luce per evitare di disturbarla
troppo. Prese
una coperta dall'armadio e gliela stese addosso, infine si tolse la
giacca dalle spalle e cominciò ad allentare i bottoni della
camicia,
dirigendosi verso il bagno.
Era
nella doccia già da qualche minuto, impegnato a sciacquarsi
i
capelli dal sapone, quando sentì la porta del bagno aprirsi.
«Laxus,
quando sei tornato?» biascicò Priscilla,
affacciandosi, con la voce
e la faccia ancora addormentati.
«Pricchan!»
urlò Laxus, sentendosi paralizzare. I muscoli rigidi dallo
spavento,
il volto ora rosso dall'imbarazzo. La fulminò, oltre la
parete di
vetro della doccia e, sorprendentemente, invece di vederla uscire e
chiedere scusa Priscilla entrò del tutto e
riaccostò la porta alle
spalle. «Davvero entri nel bagno altrui senza nemmeno bussare
o
preoccuparti?» la rimproverò, cercando di
afferrare con rapidità
l'asciugamano appeso al bordo superiore della porta della doccia.
Chiuse l'acqua e si coprì più in fretta che
poté, per quanto
sapesse ormai essere già abbastanza tardi. Sperava solo che
gli
occhi addormentati di Priscilla non le avessero permesso di avere una
vista abbastanza attenta.
«Bagno
altrui? Che dici? Questo è il tuo bagno, mica quello di
qualcun
altro» mormorò lei, avvicinandosi al gabinetto e
sedendosi sopra il
coperchio.
«Che
stai facendo?» chiese lui, ancora sconvolto.
«Ho
bisogno di parlarti» disse lei, sbadigliando.
«Ti
sembra il momento?!» ruggì Laxus, sempre
più sconvolto e
imbarazzato.
«Ti
ho aspettato tutto il giorno! Non stai facendo niente, adesso,
perché
ti devi ancora far desiderare?!»
piagnucolò lei.
«Sto
facendo la doccia!!!» urlò al limite
dell'esasperazione.
«Lo
vedo» disse leggermente irritata per l'essere presa
così scema da
non accorgersi cosa stesse facendo. «E stai usando l'acqua
troppo
calda, sei tutto rosso. Non ti fa bene» aggiunse poi.
«Dici
sul serio?!» strillò ancora.
«Perché
ti arrabbi? Mi stavo solo preoccupando per la tua salute»
sospirò
poggiando i gomiti sulle ginocchia.
«Cortesemente,
potresti uscire solo per qualche minuto?» tentò la
via esplicita
del favore, visto che non sembrava capire da sola quale fosse il
problema. «Mi rivesto e poi parliamo, ok?»
Priscilla
spalancò gli occhi e la sua espressione diede sollievo a
Laxus
perché era esattamente quella di una che aveva capito... o
almeno
così sperava.
«Ti
vergogni di me?» chiese lei, sconvolta.
«Quando
è successo che hai perso così il senso del
pudore?» sospirò
Laxus, stupito della sua innocenza.
«Com'è
possibile, Laxus?» piagnucolò lei, ferita.
«Un tempo facevamo
addirittura il bagno insieme».
«Eravamo
bambini, abbiamo smesso non appena è arrivata la
pubertà!» ruggì
ancora lui.
«È
vero, ora ricordo, ti chiudevi sempre a chiave quando entravi in
bagno» rifletté lei, presa da un attacco
nostalgico che comunque
non la convinse a uscire.
«Mi
ero dimenticato dell'importanza fondamentale della chiave quando ci
sei tu in giro» sospirò lui.
«Te
lo ricordi? Anche allora mi sgridavi sempre»
ridacchiò lei e solo
il fatto che invece che uscire e capire si fosse messa a ricordare i
vecchi tempi lo irritò ancora di più.
«Esci,
per favore?» chiese minaccioso.
«Perché?!
Voglio solo parlare!» sgambettò lei, infastidita.
«Mi giro
dall'altro lato e non ti guardo se la cosa ti disturba tanto».
«Qual
è il problema di aspettare pochi minuti?!» la
sgridò di nuovo.
«Ma
è urgente!» continuò a
frignare.
«Tanto
da non poter aspettare un paio di minuti?» le chiese, per
niente
smosso dalla sua posizione.
«Ho
aspettato per quasi sei anni, Laxus!» si fece improvvisamente
minacciosa, pronta a giocare la carta del senso di colpa. Si
voltò,
pronta a puntargli un dito contro, ma strillò spaventata
quando se
lo trovò a fianco, non aspettandosi di vederlo uscire dalla
doccia
con tale rapidità. Laxus si chinò e la
sollevò di peso,
caricandosela su una spalla. Uscì dal bagno ignorando i suoi
continui capricci e i colpi che gli dava alla schiena per cercare di
liberarsi, si avvicinò al letto e ce la fece cadere sopra
con tale
foga da strapparle un altro urlo. Priscilla riaprì gli
occhi, chiusi
per lo spavento, e si preparò a parlare ancora, insistendo
sulla
faccenda, ma qualcosa gli chiuse improvvisamente la gola. I capelli
di Laxus erano ancora bagnati, tanto che le gocciolarono addosso nel
momento in cui si sollevò sopra di lei per allontanarsi e
rimettersi
in piedi. La pelle ancora calda per l'acqua della doccia, a contatto
con l'aria più fredda della stanza da letto faceva evaporare
alcune
delle gocce che gli scivolavano lungo le spalle, le braccia e il
petto nudi. Lo sguardo intransigente, a breve distanza dal suo viso,
e le braccia tese, poggiate al letto ai due estremi delle proprie
spalle. Era nudo, bagnato, chino su di lei stesa su un letto. Nessun
pensiero, non ebbe nessun pensiero particolare e questo la confuse
ancora di più perché non riuscì a
capire il motivo di
quell'improvviso batticuore e agitazione. Laxus ebbe tempo di
rialzarsi e allontanarsi, sorpreso che finalmente lei avesse capito,
non sapendo in realtà che a convincerla a non muoversi non
era stata
la comprensione del suo gesto tanto quanto una sottospecie di
paralisi che le aveva mandato in tilt completamente ogni
facoltà
mentale. Priscilla parve risvegliarsi solo quando sentì la
chiave
nella serratura del bagno scattare e mettere perciò un
confine netto
tra loro due.
«M-ma...»
balbettò lei, mettendosi a sedere sul letto e sentendo
l'improvviso
bisogno di nascondersi da qualche parte. «Che diamine era
quella
sensazione?» balbettò ancora e afferrò
il cuscino alle sue spalle.
Si rannicchiò nelle sue stesse ginocchia, strinse il cuscino
tanto
forte che avrebbe potuto farlo esplodere delle piume che conteneva e
ci immerse il viso all'interno. Chissà perché
ancora una volta le
tornò in mente Cana che sbatteva la bottiglia sul
tavolo.
Laxus
uscì dal bagno, finalmente vestito, dopo pochi minuti ma
ancora
Priscilla trovò il modo di sorprenderlo. Era infilata nel
suo letto,
la coperta tirata fin sopra il petto, seduta con la schiena poggiata
allo schienale. La mano sinistra sorreggeva una patatina presa da un
pacchetto appoggiato al suo fianco, mentre la destra portava una
lattina di birra alle labbra di tanto in tanto. Usando la sua magia
del vento teneva un libro sollevato davanti agli occhi, per poterlo
leggere, e ogni tanto girava la pagina sempre usando la magia.
«Tranquilla,
fa' pure come se fossi a casa tua» disse sarcastico, ma
Priscilla
non colse il tono di voce e sorrise allegra, esclamando:
«Meno male!
Ammetto non mi sentivo molto a mio agio, temevo di essere
invadente».
«Mi
stai prendendo in giro?»
Lei
non rispose, diede giù un lungo sorso di birra e
tornò a fissare la
pagine di fronte a sé.
«Questo
libro è interessante» biascico con una manciata di
patatine in
bocca. «Non pensavo ti piacesse leggere storie simili. Levy
ne ha
decine di questo genere, ogni tanto me ne presta qualcuno».
«Alla
fine sei riuscita a legare anche con loro, eh?»
sospirò lui,
sollevato. Prese una sedia e si mise al suo fianco, vicino al
letto.
«La
sera che Gajeel ci mandò all'ospedale, Levy mi aveva
invitato nella
sua stanza per fare un pigiama party. Penso che sia da lì
che
abbiamo iniziato a parlare un po' di più. Sa davvero un
sacco di
cose, è sempre bello stare a sentirla parlare. Ah! Lo sai
Lucy
scrive romanzi? Non vuole farli leggere a nessuno, ma qualche volta
io e Natsu ci siamo intrufolati in casa sua e l'abbiamo letto di
nascosto» spiegò innocentemente.
«Ecco
da chi hai preso il vizio di violare gli spazi altrui»
commentò
lui.
«Ah!
Ti racconto questa! Una volta per sbaglio Natsu ha distrutto uno dei
libri di Lucy, gli ha proprio dato fuoco, per poi scoprire che era
uno dei più importanti che aveva nella biblioteca. Gliel'ha
tenuto
nascosto per un po' e ha girato mezzo mondo nella speranza di
trovarne una copia per sostituirlo e far finta di niente. Alla fine
non ci è riuscito e si è arreso nel rivelarle la
verità. Beh, è
saltato fuori che quello in realtà era uno dei libri scritti
dalla
stessa Lucy che per l'imbarazzo di dover ammettere che era opera sua
si era inventata la storia che apparteneva a sua madre, morta.
Poverina, scrive ancora lettere alla madre defunta, deve mancarle
proprio tanto. Mentre suo padre era una canaglia, è stato
lui a
mandare Phantom Lord e fare tutto quel caos! Lo sapevi che Lucy
è
scappata di casa? In realtà è stra-ricca! O
meglio, lo era visto
che suo padre ha poi perso tutto. Sua madre era una maga degli
spiriti stellari, come lei! È stata lei a regalarle
Acquarius quando
era bambina... l'hai mai vista Acquarius? È fantastica!
Anche se
decisamente scorbutica, se la prende sempre con tutti. Forse un po'
ti somiglia» disse infine, mandando giù un'altra
manciata di
patatine. Laxus si lasciò scappare un sorriso, divertito dal
flusso
di pensieri in cui era caduta di nuovo come se avesse voluto
recuperare quei cinque anni in pochi minuti.
«Comincia
a piacerti davvero molto Fairy Tail, vero? Non penso sia mai stato
così, in passato» commentò,
divertito.
«Sai,
penso che dopo quello che è successo... potrebbe piacere
anche a te,
se decidessi di tornare» e il viso le si fece improvvisamente
serio
e cupo. Era arrivato il momento di affrontare quella questione
apertamente.
«Sono
stato bandito, non posso tornare, lo sai» rispose lui,
semplicemente.
«Ci
hai salvati contro Hades, se solo provassi a chiederlo al nonno
scommetto che...» ma venne interrotta da un severo:
«Pricchan!»,
come un rimprovero.
«Perché
non vuoi tornare, Laxus? Ti stiamo aspettando tutti» disse
lei,
avvilita.
«Non
posso tornare. La questione è chiusa».
«Se
tu lo volessi veramente faresti qualcosa!» strillò
Priscilla, colta
da un improvviso moto di rabbia e frustrazione.
«Credi
che costringere il vecchio a riammettermi tirando in ballo la
questione del "mi devi un favore" sia un gesto degno di un
mago di Fairy Tail?» tentò di provocarla.
«Non
devi costringere nessuno! Hai salvato la gilda, questo dimostra la
tua redenzione, cosa c'è che non va in questo
discorso?» insisté,
sempre più furiosa.
«Non
è questione di redenzione. Non si può fare e
basta».
«Non
essere così categorico, dammi una motivazione!»
«Non
insistere, Pricchan!» il tono di Laxus si fece
improvvisamente più
duro e più forte, tanto che Priscilla ebbe un tentennamento.
Non era
questione di volere o meno, Laxus non avrebbe mai accettato la sua
proposta né le sue motivazioni. Aveva sperato di riuscire a
vedere
la luce, finalmente, dopo tutto quel tempo e ora invece le veniva
nuovamente strappato di nuovo. Quella pallida speranza, quel
sentimento di felicità e sollievo, solo illusioni.
"Cana...
Credi dovrei aspettarlo ancora?"
Strinse
le coperte tra le dita e gli occhi le si fecero più umidi.
Il petto
non aveva mai fatto male fino a quel punto, nemmeno quando nei cinque
anni precedenti lui diceva di odiarla. Allora c'era una motivazione,
c'era sempre stata una motivazione, delle cause maggiori, non era
colpa sua. Non era mai stata colpa sua, continuava a ripeterselo,
continuava a crederlo. Ma in quel momento... qual era la motivazione?
«Non
posso essere sempre lasciata indietro, Laxus»
lamentò, sentendo la
voce morirle nel dolore di un pianto. «Avevo promesso di
aspettarti,
è quello che ho fatto. Ma se tu non hai intenzione di
tornare, io
cosa ti aspetto a fare? Non ti importa... neanche un po'?»
sulle
mani strette nella coperta caddero le prime lacrime, incontrollabili.
Aveva da sempre basato la sua vita sagomandola secondo l'ombra di
Laxus, tutto ciò che desiderava era potergli stare a fianco
e
vederlo felice, non importava cosa facesse o cosa le facesse. Era la
prima volta in tutta la sua vita che cominciava a pensare a
ciò che
voleva lei, a se stessa, a quanto fosse il suo valore.
Perché valore
non ne aveva mai avuto prima, era sempre stata solo un corpo magico
che si muoveva con un unico scopo, era questo che era sempre stata.
Una macchina, uno strumento... un'arma.
"Un'arma
in grado di rafforzare l'incapace figlioletto piagnucolone".
Poteva
davvero una creatura come lei poter avere dei desideri, dei sogni,
dei sentimenti verso se stessa.
"Quanto
mi piacerebbe essere come voi".
"Avevo
promesso... di aspettarlo".
"Voglio
ricomprare questa casa".
«Io...»
singhiozzò.
"Priscilla,
non credi sia il caso di cominciare a pensare un po' anche a te
stessa?"
la
voce di Erza.
«Io...».
"Sei
una donna ormai, se vuoi qualcosa... te lo prendi!"
La
voce di Casa.
«Io
voglio...».
"Laxus...
posso restare per sempre con te?"
una
domanda che puntualmente gli rivolgeva tutte le volte che lui non
poteva sentirla, solo quando era addormentato. Un desiderio, il primo
e unico che avesse mai avuto e che mai si era sentita in diritto di
esprimere ad alta voce, anche se non desiderava farlo sentire al
resto del mondo, come se se ne vergognasse.
Si
irrigidì e schiuse le labbra, pronta a pronunciarlo ad alta
voce
quel sogno, quel desiderio, che aveva sempre e solo sussurrato quando
lui non poteva sentirla. Ma una scossa elettrica le pizzicò
il
braccio e lei sussultò più per lo spavento che
per il dolore.
Fulminò Laxus con lo sguardo, chiedendosi che diamine gli
fosse
preso e irritata più che mai visto che aveva interrotto il
suo unico
moto di coraggio per aprirgli finalmente il suo cuore. Lui la
guardava pigramente, chino sul letto, appoggiato al materasso col
gomito e guancia piantata sul pugno.
«Spostati»
le ordinò.
«P-perché?»
chiese lei confusa, con ancora le guance umide nonostante la sorpresa
le avesse interrotto il pianto.
«Fammi
spazio, non ci sto» e nell'istante in cui lo disse
alzò le coperte
e cominciò a infilarcisi all'interno, premendo per
costringere
Priscilla a farsi più in là.
«Ma...
che stai facendo?» lamentò lei, arrancando per
riuscire a ritrovare
la comodità visto quanto spazio occupasse lui e chiedendosi,
sorprattutto, che diamine stesse combinando. Laxus si chinò
e infilò
una mano nella busta di patatine dove Priscilla aveva già
rovistato
abbastanza, prese un'altra lattina di birra e se
l'aprì.
«Quel
libro fa parte di una trilogia. Quello è il più
lento tra tutti, ti
consiglio di leggerlo superficialmente e passare presto agli altri
due, sono più avvincenti» disse lui, prendendo tra
le mani il libro
che Priscilla stava leggendo fino a poco prima.
«Parli...
del libro?» balbettò lei, avvilita.
«Ma... mi stavi...»
«Ti
ho ascoltata» la interruppe di nuovo, con sguardo serio. Lui
l'aveva
ascoltata, l'aveva ascoltata più di quanto lei fosse
riuscita a
dire. Non voleva vederlo sparire di nuovo, l'aveva capito e ci aveva
riflettuto abbastanza. Per quanto una parte di lui ancora non
riuscisse a perdonarsi quanto successo, per quanto si urlasse da solo
di sparire dalla circolazione per il bene di tutti, capì che
non
poteva continuare a ignorare ciò che lei gli chiedeva.
L'aveva fatto
per troppo tempo.
«Oggi
pomeriggio sono andato a vedere un appartamento in periferia, non
sono nemmeno venti minuti da qui. Potrei farci un
pensiero...» disse
e Priscilla sentì improvvisamente il cuore più
leggero. L'aveva
ascoltata, l'aveva sentita e forse avrebbe addirittura realizzato
quel suo desiderio. Probabilmente il discorso Fairy Tail era ancora
un tabù, ma lui sarebbe rimasto nei paraggi, disponibile e
reperibile. Lei avrebbe sempre saputo dove andare a cercarlo. Pian
piano il sorriso tornò ad adornarle il volto, sollevata, e
si
sistemò perciò meglio al suo fianco.
«Ci
pensi tu?» chiese Laxus, indicando il libro steso ai loro
piedi.
Priscilla annuì e lo sollevò di nuovo per aria,
tenendolo ben
aperto in modo che entrambi potessero leggerlo. Laxus
allungò poi un
braccio dietro le sue spalle, poggiandoglielo intorno e sorseggiando
la sua birra prese a leggere in silenzio, insieme a lei.
«Gira»
disse poi.
«Aspetta,
io non ho ancora finito» lo ammonì lei.
«Quanto
ti manca?»
«Se
parli non riesco a leggere, sta' zitto!»
E
lui sbuffò annoiato, aspettando qualche secondo prima che
finalmente
la pagina venisse voltata. Ancora qualche attimo di silenzio,
entrambi immersi nella lettura, fino a quando fu di nuovo lui a
parlare per primo.
«Gira».
«Aspetta
un attimo!»
«Ma
quanto ci metti?»
«Mi
godo le parole»
«Sei
lenta».
«Stai
zitto!» lamentò lei, scocciata.
E
ancora sbuffò, scocciato.
«Alla
prossima sarò più veloce io!» sorrise
lei, girando ancora la
pagina.
«È
una sfida?» sorrise Laxus, improvvisamente interessato.
«Via!»
annunciò lei, corrucciandosi e concentrandosi.
«Finito!»
disse lui per primo, dopo neanche un paio minuto, e lei sobbalzando
lo fulminò.
«Stai
imbrogliando!» lo accusò.
«Ma
figurati» disse lui, superiore.
«Scommetto
non hai letto nemmeno una parola, hai solo fatto scorrere gli occhi
sulla pagina» insisté, offesa.
«Ti
dico che ho letto»insisté Laxus.
«Non
è vero! Imbroglione!» si allungò ad
afferrare il libro e se lo
portò vicino alla faccia, volgendo la copertina verso di
lui.
«Avanti, dimmi che cosa dice!» lo
provocò, pronta a rinfacciargli
la scorrettezza di cui era certa.
«I
quattro per sfuggire all'attacco del nemico si lanciano in acqua e
nuotano fino alla barca, a largo, salendoci sopra e mettendosi al
sicuro. Poi iniziano a remare per raggiungere la riva
opposta» disse
lui con tranquillità e sicurezza e Priscilla
iniziò a sgambettare
sotto le coperte, irritata. «Non è giusto! Tu
l'hai già letto, lo
sapevi già!»
«Come
facevo a ricordare che era proprio quella parte se non la
leggevo?»
ridacchiò Laxus, divertito dal suo modo di fare infantile e
giocoso.
«La
prossima volta non mi batti!» brontolò, rimettendo
il libro in aria
sopra di loro e voltando pagina cominciò a far correre gli
occhi
sulle righe con una velocità incredibile. Tanto concentrata
e
irritata da quella sfida da corrucciarsi enormemente e bofonchiare
tra sé e sé.
«Finito!»
esclamò infine, felice di essere stata la prima. Si
voltò verso
Laxus, pronta ad annunciare la sua vittoria, ma lo trovò con
gli
occhi già spostati su di lei e un vago sorriso sornione sul
viso. E
capì.
«Avevi
finito prima di me ma non me l'hai voluto dire per farmi
vincere!»
brontolò tirandogli pugni al petto.
«Perché
ti arrabbi? Ti ho voluto dare un vantaggio»
ridacchiò ancora,
subendo i suoi colpi frustrati.
«Perché
potevi fingere meglio, l'hai fatto apposta per farmi capire che stavi
fingendo e prenderti comunque il merito! Sei malvagio!»
gracchiò
continuando a colpirlo e quella volta Laxus non riuscì a
trattenersi, complice forse anche le quattro mura in cui erano
rinchiusi dove poteva permettersi di non mantenere un certo
atteggiamento ma poteva essere più libero.
Scoppiò in una fragorosa
risata, esclamando: «Malvagio? Ma come
parli?»
«Esiste
come parola, l'ho letto in un libro» borbottò lei,
infastidita.
«Lo
so bene che esiste, Priscema» e le scompigliò
ancora i capelli.
«Priscema?!»
sobbalzò lei. «Non chiamarmi in quel modo,
bastardo!» tornò a
colpirlo, sempre più furiosa.
«Credevi
me lo fossi dimenticato?» sghignazzò lui.
«Lo
odiavo al tempo e lo odio adesso».
«A
me piace» sghignazzò maligno.
«Non
azzardarti a chiamarmi in quel modo di fronte agli altri!» lo
minacciò.
«Altrimenti?»
«Vuoi
davvero saperlo?» e il tono fu incredibilmente più
minaccioso di
quanto si sarebbe aspettato. L'aria prese a vorticarle intorno,
scompigliandole e sollevandole tutti i capelli, e lui capì.
Quando
Priscilla si arrabbiava davvero con lui cominciava a farlo roteare in
uno dei suoi tornadi ad alta velocità, senza l'aiuto della
sua magia
stabilizzante inevitabilmente cadeva vittima della nausea. Lo odiava.
«Va
bene, va bene, calmati» mormorò, intimidito e per
fortuna quello
bastò a tranquillizzarla. Tornò a sedersi
normalmente, di fianco a
lui, con gli occhi sul libro anche se ancora infastidita per quella
sfida persa miseramente. Poi Laxus afferrò il libro,
strappandolo
alla sua magia, e rispose allo sguardo incuriosito di Priscilla con
una proposta di pace: «Leggo io ad alta voce, così
resti al passo».
Quando
erano piccoli Priscilla non aveva nessuno che le insegnasse a
leggere, e comunque Laxus era più grande di lei di due anni,
perciò
aveva imparato prima. Nonostante fosse ancora il periodo di Priscilla
la bambina di carta, senza anima sul volto, Laxus aveva notato come
quegli occhi comunque si muovessero incuriositi spesso, intorno a
sé,
in cerca forse di risposte. Avevano iniziato per gioco, per trovare
qualcosa che comunque potessero fare insieme e li accumunassero, ma
era stato lui a prendere i primi libri e leggerli ad alta voce per
coinvolgerla. Nonostante Priscilla fosse ancora la bambina di carta,
nel sentire quelle storie e l'entusiasmo di Laxus che poi gliele
spiegava o gliele imitava, i suoi occhi assumevano sempre un colore
diverso. Erano stati quelli i primi momenti di vera vita di
Priscilla, quando lui parlava e raccontava le storie che leggeva o
anche semplicemente se le inventava. I primi sentimenti di Priscilla,
meraviglia ed emozione, felicità e curiosità,
erano nati tutti da
quel gioco che Laxus aveva creato per loro. Lui leggeva ad alta voce,
almeno un'ora al giorno, e lei ascoltava fissando il suo volto
incantata.
Fare
quel salto nel passato, tornare a essere la bambina ammaliata dalla
voce di suo fratello che con solo il potere della fantasia la
prendeva per mano e la trascinava nei suoi mondi, era incredibile. In
quei mondi... persino lei poteva essere umana e libera. Si
illuminò,
gli si lanciò addosso e cercando una posizione comoda si
stese
meglio, poggiando la testa al suo ventre. Lo abbracciò,
chiuse gli
occhi, e infine rimase in attesa dell'inizio del racconto con un
sorriso emozionato in volto.
Durò
almeno una buona mezz'ora, poi Laxus la sentì mugolare, col
respiro
pesante, e capì da quello che doveva ancora una volta
essersi
addormentata. Le fece una carezza sulla testa e delicatamente chiuse
il libro, riponendolo sul comodino. Cercò lentamente di
scivolare
sul materasso per potersi stendere anche lui, senza svegliarla, poi
allungò una mano a spegnere la luce.
E
infine anche lui chiuse gli occhi, per quella sera.
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Capitolo 39 *** L'hai picchiato? ***
L'hai
picchiato?
Quando
Priscilla si svegliò era mattino forse da non molto. La luce
entrava
timida da uno spiraglio della tenda, mossa leggermente dal vento che
soffiando delicato entrava nella stanza da una piccola apertura, la
stessa dalla quale lei si era infilata la sera prima. Fu come
risvegliarsi in un sogno. La luce delicata del mattino, l'aria fresca
che circolava nella stanza, il calore di un abbraccio e il respiro
ancora cadenzato della persona che le dormiva a fianco. Il braccio
infilato sotto la testa, girato sul fianco destro, e il sinistro
poggiato pigramente su di lei. Priscilla sorrise divertita nel notare
che persino quando dormiva le sopracciglia restavano parzialmente
aggrottate, in quell'espressione che sembrava perennemente seria e
irritata. Allungò una mano, spinta dal desiderio di
sfiorargliele
quelle rughe che si formavano tra le due sopracciglia, ma poi si
fermò a pochi millimetri dalla sua pelle. Non voleva
svegliarlo,
desiderava vederlo dormire ancora un po'. Ritirò la mano,
portandosela vicino al viso, e restò per secondi, forse
minuti, a
fissare il suo volto disteso dal sonno. La cicatrice sull'occhio, ne
ripercorse gli angoli e la storia, portandosi a sorridere ancora. Era
stato solo un incidente quando era ancora bambino, un esercizio per
allenare la sua tecnica Dragon Slayer che era finita male, non
essendo ancora perfettamente in grado di padroneggiarla. Aveva temuto
di vederlo restare cieco, si era preoccupata e occupata di lui per
tutto il tempo della degenza. Ricordava la sorpresa quando, tolte le
bende, aveva visto che nonostante fosse guarito gli era rimasto sulla
pelle quel segno indelebile a sfregiarlo. Era rimasta sorpresa
perché
era ancora piccola, non aveva che esperienze di se stessa, e solo
allora aveva cominciato a prendere consapevolezza della differenza
che c'era tra loro due. La sua pelle, quando dilaniata, tornava
sempre uguale. Non esistevano cicatrici nel mondo di
Priscilla
la bambina di carta. Qualche volta ammetteva di averla odiata quella
cicatrice: era come una bandiera sempre alzata a indicare cosa fosse
umano e cosa no, a calciarla via, a renderla diversa e lontana. Poi
le era stato messo il simbolo di Fairy Tail sulla mano.
Quello
era l'unico segno che le fosse sempre rimasto, l’unico che la
sua
pelle non avesse cancellato per rigenerare l'idea primordiale di una
bambina di carta di Ivan. Il simbolo di Fairy Tail era l'unica cosa
che l'aveva per prima volta coinvolta nel loro mondo, resa parte di
loro, resa uguale a lui.
Essere
come lui.
Per
quanto tempo aveva portato quel sogno nel petto? Come uno scrigno
prezioso, l'apriva solo quando si sentiva sicura, quando non c'era
nessuno nei paraggi ad osservarla. Essere umana, essere come lui,
sarebbe stata la realizzazione del più grande dei sogni. Si
era
accontentata, si era accontentata per tanto tempo accettando di
essere chiamata sorella perché era la cosa che
più di altre le
permetteva di avvicinarlo. Aveva accettato di essere membro di Fairy
Tail perché anche quello era un velo che poteva indossare
per
sentirsi parte del suo mondo, per sentirsi come lui, ma era come una
maschera a carnevale. Però l'aveva accettato, si era
accontentata
per tanto tempo. Essere sua sorella, essere sua compagna di gilda,
essere sua partner... bastava davvero, lo era sempre stato, anche se
mai aveva dimenticato.
"Wendy
è la persona che cerchi. La sua magia curativa
può realizzare il
tuo sogno"
Wendy poteva curarla da quel corpo fittizio di meccanismi magici
pre-costruiti, poteva curare la sua pelle, liberarla dal suo
incantesimo, addirittura renderla umana al cento per cento curando i
suoi organi, i suoi processi biologici, rendendoli veri come quelli
di qualunque essere vivente. Poteva farlo, anche se probabilmente
aveva bisogno di diventare più potente di quanto lo fosse al
momento, ma era una vana speranza.
"La
sua magia può anche ucciderti"
rompere il collegamento, rompere la magia, avrebbe quasi certamente
fermato i suoi processi biologici anziché "curarli dalla
maledizione della magia". Eppure c'era stato un momento della
sua vita in cui avrebbe accettato anche la morte, purché
avesse
potuto anche solo per un istante sentire di potersi presentare di
fronte a lui come un vero essere umano. Un duro compromesso, la morte
in cambio di una sensazione sfuggevole di dignità,
appartenenza,
uguaglianza... la sfuggevole speranza di essere degna di poter
provare quei sentimenti e non sentirsi una sciocca, manipolata da una
finta illusione di vita. Quei sentimenti erano reali? Aveva imparato
a mangiare, aveva imparato a dormire, perché gli era stato
insegnato
e ordinato di farlo. Aveva imparato ad amare, perché gli era
stato
ordinato di farlo. Aveva imparato a piangere perché anche
quello le
era stato insegnato. Niente di tutto quello che faceva o provava era
naturale, era vero, ma tutto nasceva da un meccanismo di adattamento
e apprendimento. Era solo una macchina...
Quale
futuro avrebbe mai potuto sognare una come lei?
Sarebbe
persino morta prima di tutti gli altri, nell'istante in cui suo padre
sarebbe stato troppo vecchio per continuare a donarle il miracolo
della vita. Ma stare lì, in quel letto, sotto al possente
braccio di
Laxus, vicino al suo viso tanto da poter sentire il suo respiro
accarezzarle una guancia. Persino per una macchina come lei
quell'assaggio di felicità era consentito averla. E le
bastava, le
bastava davvero. Avrebbe sì potuto scegliere la via della
liberazione, chiedere a Wendy di ucciderla e renderla umana anche
solo per un breve istante, ma poteva anche scegliere di
accontentarsi. Indossare quella maschera per poter avere piccoli
assaggi, fino a quando ne avrebbe avuto la possibilità.
Poter
sentire il suo respiro sulla pelle. Lo aveva fatto per anni, aveva
già accettato il compromesso nell'istante in cui, dopo
avergli
promesso di aspettarlo, aveva poi scelto di non chiedere a Wendy di
liberarla. Per non ferirla, prima di tutto, la bambina sarebbe potuta
morire dai sensi di colpa per quel genere di compromesso, ma
soprattutto perché alla fine aveva accettato di vivere la
sua vita a
modo suo, ma pur sempre viverla! Sorridere, festeggiare, persino
piangere... era tutto così bello per rinunciarvi.
Ma
allora, perché proprio in un momento come quello, all'apice
della
gioia potendo di nuovo stare al suo fianco, tornava a provare quelle
contrastanti sensazioni?
Perché
proprio in un momento come quello tornava a ripensare al suo
desiderio di umanità?
Qualcosa
bruciava nel suo petto, era infernale, faceva davvero un gran male. E
più osservava il volto dell’uomo che aveva a
fianco, serenamente
rilassato e abbandonato alla debolezza del sonno, più il
fuoco
dentro lei cresceva e ardeva. E per una bambina fatta di carta il
fuoco era il peggior nemico. La consumava, rapidamente e
violentemente. Poté sentire il suo calore raggiungere
addirittura il
viso, bruciare nella gola e scaldarle le guance. Il petto sembrava
essersi fatto tanto sottile, consumato dal bruciante dolore, che
aveva la sensazione che il cuore battendo meccanicamente stesse per
sfondarlo, indebolito, e uscire all'esterno. Quel respiro sulla sua
pelle...
«Laxus...»
un sussurro tanto delicato che persino lei stessa fece fatica a
percepirlo. Osservò la sua reazione, come sempre faceva,
assicurandosi della pesantezza del suo sonno. Non doveva sentirla,
non doveva realmente sentirla. «Posso restare per sempre con
te?»
E
come nei ventun'anni precedenti, non ricevette risposta. Non la
riceveva mai, ma era proprio quello il motivo per il quale faceva
quella domanda solo quando lui non poteva sentirla. Per non avere una
risposta. Non voleva sentirla, perché nel profondo
già la
conosceva.
No,
non poteva restare per sempre con lui. Perché lei non era
umana,
perché lui avrebbe vissuto la sua vita, un giorno si sarebbe
allontanato insieme ad un'altra famiglia e lei avrebbe dovuto fare un
passo indietro. Era cresciuto, erano entrambi cresciuti, ma era
innegabile la differenza dei loro mondi. Gli umani crescendo si
evolvevano, si trasformavano, tutto sarebbe cambiato. Una nuova casa,
una nuova famiglia, una nuova vita, magari in un nuovo paese. Mentre
lei sarebbe per sempre rimasta Priscilla... la bambina di
carta.
Lui
non poteva rispondere e lei avrebbe così avuto la speranza
di
poterlo ancora sognare, di poterglielo chiedere ancora, e ancora,
fino a quando non sarebbe arrivata alla fine dei suoi giorni senza
mai doversi realmente scontrare con quella dura
realtà.
Sollevò
delicatamente il braccio di Laxus, usando il suo vento poteva evitare
di muoversi troppo e rischiare di svegliarlo. Sgusciò fuori
dalle
coperte, riprese le sue cose in silenzio e infine volò via
esattamente come era arrivata. C'era solo un posto dove poteva
accettare di essere se stessa, senza preoccuparsi del futuro,
perché
lì tutto sarebbe stato immutato. Un luogo che sembrava una
dimensione parallela dove ogni realtà cadeva, schiacciata
dall'alcol, dal cibo, dai giochi e dai balli. La porta di un mondo
incantato, il mondo delle fate.
Raggiunse
Fairy Tail e già quando vide l'insegna, poco lontano,
cominciò a
sentirsi meglio. Entrò nella gilda che era tornata a
sorridere,
allegra, come se niente fosse appena successo. Aprì la porta
e alzò
una mano, pronta a salutare, ma un vero e proprio uragano la
travolse. Non capì assolutamente niente di quanto stesse
accadendo,
ma quando tornò ad avere facoltà mentali adeguati
a comprendere la
situazione si ritrovò a essere trascinata per il collo della
maglia
da un Natsu in piena corsa olimpica. Di fianco a lui Gray correva con
altrettanta enfasi, urlando per darsi la carica, e nessuno dei due
parve dare molto importanza a una Priscilla che strisciava alle loro
spalle lungo la strada, colpendo talvolta sassi che non erano proprio
un buon piacere per la schiena.
«Ma
che succede?!» gridò terrorizzata.
«Hanno
aperto dei nuovi bagno pubblici in città, dicono siano
eccezionali!»
spiegò Gray vicino a lei.
«Arriverò
prima di Gray, sicuro!» ruggì Natsu, accellerando
la corsa.
«Aspetta,
ma che c'entro io?!» ruggì ancora Priscilla,
sentendosi ben
intrappolata dalla mano ferrea di Natsu. Lui si voltò e le
rivolse
un gioioso sorriso, allegro e innocente, dicendo: «Sembravi
giù di
morale in questi giorni. Vieni con noi, così ti sentirai
meglio!»
Fairy
Tail era un luogo magico, un mondo incantato di fate e di draghi,
dove ogni realtà perdeva di significato di fronte alla
meraviglia di
quella famiglia e la felicità dei giorni che scorrevano al
loro
interno. Era come le storie dei libri che Laxus le leggeva ad alta
voce, dove a tutti era permesso avere un lieto fine. Persino a una
macchina, creata per essere solo un'arma, che accidentalmente aveva
persino imparato ad amare e avere dei sogni. Non aveva nemmeno messo
piede al suo interno, che quell'incantesimo aveva già
cominciato a
funzionare. Natsu, tra tutti, era forse il più incredibile
nel fare
quelle magie. Sorrise, felice e intenerita dalla sua comprensione e
dal suo gesto volto ad aiutarla, e annuì, acconsentendo alla
sua
proposta.
«Però
ora potresti anche lasciarmi andare!!!!» urlò
all'ennesimo sasso
che le colpì la schiena.
«Siamo
quasi arrivati, resisti!» incalzò Natsu.
«Perché
mai dovrei resistere?! Lasciami! Posso camminare da sola!
Aiutoooo».
Natsu
e Gray arrivarono insieme all'ingresso dei bagni pubblici e
naturalmente cominciarono a litigare e picchiarsi, in contrasto su
chi fosse arrivato prima. Priscilla, stesa a terra di fianco a loro,
sembrava invece essere pronta a stendere il proprio testamento. La
schiena le avrebbe fatto male per giorni per colpa di quella follia
in cui era caduta vittima. Fecero in tempo ad arrivare anche gli
altri che Natsu e Gray erano sempre lì, impegnati a
litigare.
«Oh,
c'è anche Priscilla» osservò Lucy,
vedendola stesa a terra, con la
testa poggiata al muro della struttura.
«Quando
è arrivata?» Chiese Charle, volando verso
l'interno dei bagni.
«Chissà,
magari l'hanno incrociata per strada» sorrise Mirajane,
entrando
dietro le sue amiche.
«Io...
ero... davanti... alla... gilda» biascicò
Priscilla, troppo
moribonda per riuscire anche solo a seguirle.
«Ohy
ohy, guarda chi si vede!» scoppiò a ridere Cana,
inginocchiandosi
vicino a lei e dandole violente pacche sulla schiena.
«Natsu,
Gray, cercate di non farci cacciare. Sembra un buon posto»
disse
Fried, superandoli ed entrando insieme al resto dei Raijinshuu.
«Come
un uomo!» ruggì Elfman, dietro di loro.
«Sei
consapevole di avere dei problemi con questo tic, vero?»
chiese
Evergreen, guardando di traverso l'uomo al suo fianco.
«Priscilla-nee»
mormorò Wendy, inginocchiandosi vicino alla ragazza
dall'altro lato.
«Hai bisogno di aiuto?»
«L'acqua
calda del bagno la sveglierà e le farà passare la
sbornia» disse
Cana, afferrandola per un piede e trascinandola all'interno dei bagni
pubblici.
«Io
sono sobria» piagnucolò Priscilla, incapace di
lottare ancora e
lasciandosi trascinare come una bambola fino agli spogliatoi.
Riuscì
fortunatamente a trovare la forza di spogliarsi per conto suo e
infine, tornando lentamente in sé, raggiunse il resto delle
sue
amiche all'enorme vasca nella sezione femminile. Si tuffò,
urlando
gioiosa e schizzando acqua ovunque, per poi accasciarsi e rilassarsi
per il torpore e il benessere che quel calore le dava sulla
pelle.
«Che
meraviglia» mormorò appoggiandosi al bordo della
vasca con le
braccia e poggiandoci la testa sopra. Erza si sistemò al suo
fianco
ed entrambe a occhi chiusi si lasciarono andare per lunghi minuti
solo a sospiri rilassati.
«Per
un attimo sull'isola di Tenrou ho avuto davvero paura che non
avessimo più potuto vivere momenti come questi»
disse Lucy,
altrettanto rilassata.
«L'isola
di Tenrou ci ha messo tutti a dura prova, ma per fortuna siamo
riusciti a tornare indietro sani e salvi» disse
Erza.
«Anche
se con un sacco di problemi» commentò Levy.
«Non
ho più i miei risparmi» piagnucolò
Wendy.
«E
abbiamo sette anni di arretrato sull'affitto» disse
Charle.
«La
gilda è veramente in condizioni pessime, ci vorrà
un sacco di
lavoro per sistemare tutti i debiti e ridare un po' di luce al nome
di Fairy Tail» sospirò Evergreen.
«Spariamo
noi per un po' e loro si ritrovano allo sfascio, chi pensava di
essere così fondamentali» mormorò
Priscilla, sghignazzando.
«Alla
fine eravamo tutti lì per sostenere o aiutare con l'esame di
classe
S, eravamo i migliori, penso sia normale» disse Evergreen.
«Poveracci
quanto hanno dovuto patire in queste sette anni»
sospirò Lisanna,
dispiaciuta.
«Sapete
niente di quella gilda che minacciava Macao per il prestito?»
chiese
Priscilla, curiosa.
«Pare
che il master abbia intenzione di andare a fare due chiacchiere con
loro... se capisci che intendo» rispose Levy.
«Ha
chiesto a me e Erza di andare a dare man forte» sorrise
innocentemente Mirajane e bastò quello a far capire dove
sicuramente
sarebbero finiti quel giorno.
«Poveri
loro, non vorrei essere nei loro panni» sospirò
Priscilla, cercando
di immagine l'apocalisse che un Makarov, Erza e Mirajane avrebbero
potuto scatenare insieme.
«Perciò
il master... cioè Makarov-san, ha intenzione di riprendersi
il posto
di Master? Che dice Macao?» chiese Erza, voltandosi verso
Bisca.
«Pare
che per il momento Macao manterrà il posto per un po', per
il volere
di Makarov» rispose Bisca.
«Il
nonno non ne può proprio più di essere a capo di
questa mandria di
pazzi» ridacchiò Priscilla.
«Gli
abbiamo dato un bel po' di grattacapi, è vero»
rise Lucy,
ondeggiando con i piedi nell'acqua.
«Probabilmente
ha solo bisogno di tempo per sistemare un po' di cose, prima»
disse
Erza, guardando Priscilla che tirava indietro la schiena per
stirarla.
«Mio
dio, ho la schiena a pezzi. Stupido Natsu, mi ha distrutta»
brontolò, tirandosela più che poté.
Quasi non terminò la frase
che sentì un peso piombarle addosso e un paio di mani
cominciare a
palparla ovunque e non solo sulla schiena dove aveva lamentato
dolore.
«Se
vuoi posso farti un bel massaggio, Pricchan»
ridacchiò Cana.
«Cana!»
sussultò Priscilla, urlando il suo nome.
«Poi
andiamo a farci un goccetto insieme» sorrise la donna,
continuando a
toccarla.
«Lontana
da me, demone tentatore!» ruggì Priscilla,
piantandole le mani al
petto e cominciando a spingerla per allontanarla.
«Si
dev'essere divertita molto insieme a Priscilla, l'altra notte, se le
chiede di bere insieme di nuovo» ridacchiò Lucy.
«Cana-san
devi sentirti molto sola, vero?» ridacchiò Wendy
mentre Mirajane al
suo fianco cercava insieme a Lisanna di convincere Lluvia a uscire da
dietro una colonna e unirsi a loro.
«Dai,
Pricchan, facciamoci un'altra bella nottata insieme! Raccontami tutti
i tuoi problemi di cuore, Cana-nee è pronta ad
ascoltarli» insisté
Cana aumentando le palpate al seno.
«Problemi
di cuore?» sobbalzò Priscilla, confusa ma
soprattutto molto
imbarazzata. Di quali problemi parlava? Quando mai le aveva
raccontato i suoi problemi di cuore?
«Parli
di Bickslow? Sono molto curiosa anche io di saperne qualcosa»
sorrise Lisanna, avvicinandosi alle due.
«Bickslow?!»
urlò Priscilla, sempre più rossa in volto.
«Io ti avrei parlato di
Bickslow? Aspetta... cosa ho detto di preciso?» si
alzò in piedi,
tesa come una corda di violino. Perché diamine non riusciva
a
ricordare niente di tutto quello?
«Eh?»
storse il naso Cana, ancora seduta praticamente sotto di lei.
«Non
mi hai mai parlato di Bickslow. Perché? C'è
qualcosa che devo
sapere?» sghignazzò poi, eccitata all'idea del
pettegolezzo.
«Ma
come? Non stanno insieme quei due?» chiese Lisanna, non
capendo.
«Credo
sia un fraintendimento» ridacchiò Lucy, che
già conosceva quella
storia.
«Chi
è stato a dire una tale fesseria?!»
ruggì Priscilla, furibonda.
«Ma
non ha chiesto a tuo fratello se poteva sposarti, sull'isola di
Tenrou?» insisté Lisanna, sempre più
confusa.
«Spo-spo-spo...»
tentò di balbettare Erza, in preda a un rossore tale che
sarebbe
potuta esplodere da un momento a un altro.
«Hai
assistito a quella scena» piagnucolò Priscilla,
accasciandosi di
nuovo e tornando a immergersi in acqua. «Sono condannata, non
me ne
libererò mai».
«Quindi
davvero non c'è del tenero tra voi?» chiese
Lisanna, sorpresa.
«Credo
che Priscilla-nee non abbia interesse in Bickslow-san, cerca sempre
di evitarlo» ridacchiò Wendy, tentando di
difenderla.
«Posso
confermare, Bickslow non ha l'attenzione della nostra
Pricchan»
sghignazzò Evergreen, seduta su uno scalino. Tenendo immersi
solo i
piedi, si sventolò col suo ventaglio con fare superiore,
come di chi
la sapeva lunga.
«Ti
sei portata dentro il ventaglio?!» sussultò Lucy,
spalancando gli
occhi.
«È
solo un pervertito» mormorò Priscilla con
metà volto immerso
nell'acqua, cosa che rese estremamente difficile parlare e alla fine
tutto ciò che le altre compresero fu in realtà
una serie di
«Blu-blur-blu-blblbl».
«Che
peccato e io che speravo in qualche pettegolezzo vecchio
stile»
sospirò Bisca, portandosi una mano alla guancia.
«In
effetti Priscilla è l'unica che non si è mai
trovata in mezzo a
qualche flirt all'interno della gilda prima dell'ultimo periodo,
è
normale che siamo tutti curiosi» disse candidamente Mirajane.
«Se
non consideriamo Wendy, visto che è ancora troppo piccola
per queste
cose» annuì Lisanna.
«Che
significa?» chiese Lucy, sorpresa. «Anche io non mi
sono mai
trovat-»
«Natsu!»
la interruppero in coro praticamente tutte.
«Quando
mai?!» urlò lei, sconvolta.
«Quindi
tutte quante avete avuto dei flirt?» chiese Wendy, curiosa.
«Anche
tu, Mira-chan?»
«Mirajane
è la stella di Fairy Tail, non c'è uomo che non
ci abbia provato
con lei. Volente o nolente si trovava sempre coinvolta in
qualcosa»
annuì Bisca.
«Beh,
Bisca si è sposata alla fine» disse Lisanna.
«E Lluvia corre
ovviamente dietro a Gray, penso che l'abbiano capito persino i
sassi».
«Erza
ha quella drammatica storia d'amore con quel suo amico d'infanzia,
quel Gerard» sospirò Mirajane, trasognante e
dispiaciuta come si
trovasse di fronte a un film romantico dal finale straziante.
«Chi
te lo ha detto?» balbettò Erza, rossa in volto
tanto da far invidia
ai suoi capelli.
«Levy
ha Jet e Droy che le corrono dietro praticamente da quando l'hanno
vista la prima volta» disse Bisca.
«Ma
no, siamo solo compagni» ridacchiò Levy,
beccandosi una serie di
«Figurati!» per niente convinti.
«Ecco
un bel pettegolezzo!» esclamò Cana, alzando un
dito, maligna. «Pare
che negli ultimi tempi si sia aggiunto un terzo contendente per la
bella letterata della gilda. E forse ha addirittura qualche
chance!»
ridacchiò.
«Davvero?
Chi?» chiese Lucy, spalancando gli occhi.
«Ma
cosa dici!» urlò Levy, agitandosi tanto da
schizzare acqua ovunque.
«Non è assolutamente vero! Non c'è
nessuno!»
«Chi
è, Cana?» chiese Lisanna.
«Diccelo!»
insisté Bisca e sorprendentemente anche Erza le si fece
molto
vicina, annuendo convinta, anche se ancora troppo imbarazzata per
parlare. Le questioni d'amore la mettevano incredibilmente a disagio,
più del normale, il che la rendeva tenera visto che di
solito era
quella forte e superiore a tutti.
«Non
c'è nessuno! Piantatela subito!» urlò
Levy, lanciandosi sul gruppo
di ragazze e cercando di smuoverle fisicamente. «Vogliamo
piuttosto
parlare di Evergreen e Elfman, allora?» disse, sperando
così di
depistare l'attenzione su altro.
«Eh?!»
urlarono praticamente tutte, voltando lo sguardo a una pietrificata
Evergreen.
«Non
ho la più pallida idea di quali siano le vostre idee e
comunque non
mi abbasso a fare certi discorsi con voi» sventolò
lei, sempre
altezzosa.
«Ma
se finora sembravi interessatissima!» la riprese Lucy.
«Persino
Cana ha avuto una mezzo storia con Macao»
ridacchiò Mirajane,
divertita.
«Quel
vecchio bacucco!» sobbalzò Priscilla, uscendo
finalmente con la
faccia da sotto l'acqua.
«È
stato molto tempo fa» sospirò Cana.
«Ma
è molto più grande di te! Ha persino un
figlio!» insisté
Priscilla, sempre più sconvolta.
«Te
l'ho detto, si parla del passato» disse Cana, per niente
imbarazzata
di parlare di quella questione, al contrario di tutte.
«Smettetela
di parlare di quanto sia sexy Gray-sama! Lui appartiene solo a
Lluvia!» intervenne infine Lluvia, sbracciandosi e
lanciandosi in
acqua pronta a combattere se necessario.
«Chi
è che esattamente parlava di Gray?»
mormorò Lucy, non capendo
l'intervento di Lluvia. Ma probabilmente solo il fatto che si
parlasse di flirt, pettegolezzi e storie d'amore l'avevano mandata in
tilt abbastanza da non farle capire più quale fosse
l'argomento.
«E
tu Lisanna?» chiese Wendy, sempre più
curiosa.
«Sono
mancata a lungo, datemi tempo di riambientarmi e magari qualche
pensierino posso cominciare a farlo anche io» disse lei,
portandosi
una mano alla guancia.
«Per
come ne parli, sembra che tu non aspetti altro»
ridacchiò Lucy.
«Quale
ragazza non sogna il principe azzurro?» si
giustificò lei.
«Blu-blur-blu-blblbl»
disse Priscilla, con la testa di nuovo parzialmente infilata
sott'acqua e lo sguardo frustrato per qualche motivo.
«Se
te ne stai lì sotto non capiamo cosa dici,
Pricchan» le disse Cana.
«Blblblurlurlur-blbl-blu-blr»
insisté Priscilla, sempre più irritata, e Cana ci
rinunciò a
cercare di capire cosa stesse cercando di comunicare.
«Lluvia
sogna Gray-sama tutte le notti» sospirò Lluvia,
ondeggiando per
l'emozione.
«Chissà
perché me lo aspettavo» ridacchiò Lucy
e Lluvia la fulminò con
una tale intensità che nonostante il calore della stanza
Lucy
cominciò a tremare. «È
perché lo trovi sexy anche tu, vero?
Rivale in amore!» ruggì come un animale.
«Hai
frainteso» balbettò Lucy, intimorita e scoraggiata
all'idea di far
capire a Lluvia quale fosse il suo ruolo.
«A
Lucy piace Natsu, non Gray» disse candidamente
Mirajane.
«Non
è vero!» urlò Lucy, rossa in
volto.
«Lui
ti pppppiace» intervenne Happy, a bordo vasca.
«E
tu cosa ci fai qui?! È il bagno delle donne!»
urlò Lucy sempre di
più, al limite dell'esasperazione.
«Io
sono un gatto» rispose lui candidamente.
«Quando
c'è questo gioco Happy è sempre presente,
è bravo a dirigere la
situazione» annuì Erza, per niente sorpresa della
sua presenza.
«Giochi?»
chiese Lucy.
«A
Fairy Hills, il dormitorio femminile. Ci riuniamo qualche volta e
spettegoliamo, Happy riesce a tenere in ordine tutte quante e trovare
un buon filo conduttore» spiegò Levy.
«Da
poco ho iniziato a prenderne parte anche io» sorrise Wendy.
«È
divertente, una bella serata solo tra ragazze. Anche ieri sera ci
abbiamo riprovato, ma non tutte potevano. Cana e Priscilla, ad
esempio, erano fuori a bere insieme».
«Io
non ero con Priscilla» disse Cana, sorpresa di essere stata
presa in
considerazione in quel fraintendimento. Per quanto potesse sembrare
una cosa innocente, calò lo stesso il silenzio tra tutte
quante. Per
qualche motivo si erano convinte che le due fossero state di nuovo
insieme, proprio come la sera prima, e scoprire che invece non era
così era una sorpresa.
«Sei
mancata tutta la notte...» mormorò Wendy,
pensierosa,
assottigliando ancora di più quel silenzio. Lei poteva
confermarlo
con precisione, visto che le due avevano deciso di condividere la
stanza per dimezzare la spesa dell'affitto e permetterle di
risparmiare maggiormente. Priscilla era stata fuori tutta la notte,
da sola... o forse no? Magari erano i discorsi in cui erano appena
cadute a far loro pensare, a farle emozionare inutilmente, ma
inevitabilmente cominciarono a pensare ad ogni
eventualità...e in
tutte quelle c'era qualche ragazzo di mezzo, per qualche strano
motivo. Forse Leon, dopo essersi ritrovati dopo sette anni di
lontananza? O quello stesso Bickslow che diceva non interessarle? O
magari c'era qualcun altro? Qualcuno di insospettato? Warren? Gray?
Natsu? Gajeel? Nab? Fried?
«Sei
stata con Gray-sama?» ringhiò Lluvia, pronta a
saltarle al collo.
«Ma
di che parli?» chiese Priscilla, immune a quell'atmosfera
improvvisamente pregna di eccitazione ed interesse. Si alzò
e si
avvicinò al bordo della vasca, per potersi sedere e
strofinare un
po' la pelle con una spugna. «Ho passato la notte da
Laxus» disse
tranquillamente, senza notare l'effetto che fece quella frase
sull'intero plotone di ragazze emozionate e nel pieno dei sentimenti
romantici. Occhi spalancati, bocche schiuse, guance arrossate. C'era
sorpresa e c'era soprattutto emozione di fronte a quell'assurda,
eppure stranamente accettabile, idea che i due non avessero solo
dormito. Evergreen solamente non si unì al loro sentimento,
ma
semplicemente rese il suo sguardo ancora più affilato,
sorrise
sogghignante e si sventolò più
rapidamente.
«Oh-oh!»
urlò Cana, lanciandosi su di lei con tale foga da spingerla.
Priscilla, lottando anche contro l'acqua fino alle cosce, perse
l'equilibrio, cadde in avanti, scivolò sul fondo della vasca
e con
un urlo atterrò di faccia sul bordo della piscina
lasciandoci su una
piccola pozza di sangue uscitole dal naso colpito.
«Priscilla-nee!»
chiamò Wendy, spaventata nel vederla ferita.
«Sei
impazzita, Can-» urlò Priscilla, rialzandosi e
voltandosi verso di
lei, pronta a sbranarla, ma le parole le morirono in gola. Cana,
Lisanna, Evergreen, Erza e Bisca erano in cerchio praticamente sopra
di lei. La sovrastavano con la loro possente ombra, rinchiusa in un
circolo della morte, sentiva i loro sguardi acuminati penetrarla e
incatenarla.
«Devi
raccontarci ogni cosa» ruggirono come mostri assetati di
sangue,
chiudendosi su di lei e allungando le mani per bloccarla e impedirle
di fuggire.
«Sono
le regole del gioco, non puoi tralasciare nemmeno un
dettaglio»
aggiunse Erza.
«A-aspettate...»
balbettò Priscilla, rannicchiandosi e schiacciandosi contro
la
parete della piscina. «Possiamo parlarne. Un
moment-blubblblblbrbrublu»
si reimmerse completamente, nella speranza che l'acqua avesse potuto
probabilmente scioglierla e salvarla da quella situazione. Ma le
cinque l'afferrarono e la tirarono di nuovo su, trascinandola poi al
centro della vasca dove la fecero sedere, immersa fino al petto, e la
circondarono.
«Voglio
andare a casa» mormorò imbarazzata ed agitata da
quella situazione
che sembrava essere la sentenza di un condannato a morte.
«Non
prima di aver sputato il rospo» decretò Cana.
«E
bada bene a dire tutta la verità! Altrimenti per te, come da
regolamento, ci sarà una severa punizione!»
insisté Erza,
puntandole un dito contro ed ergendosi come un generale.
«Ma
di quale regolamento parli?» piagnucolò
Priscilla.
«Prima
domanda!» annunciò Lisanna, alzando l'indice.
«Quando sei andata
da lui?»
«Ieri
sera, appena dopo il tramonto. Subito dopo aver chiesto a Fried
l'indirizzo del suo hotel» rispose Priscilla atona e
scocciata. Non
capiva tutta l'importanza data a quell'evento, ed era proprio quello
il motivo che la spingeva a rispondere con tranquillità.
Cosa c'era
di sconvolgente nel fatto che fosse stata con suo fratello?
«Seconda
domanda!» disse Bisca. «Perché sei
andata da lui?»
«Volevo
parlargli» borbottò Priscilla, sempre
più immusonita e
rannicchiata in se stessa.
«Di
cosa?» incalzò Lisanna.
«Sono
affari miei» mormorò Priscilla, infastidita
all'idea di dover
rivelare loro quel dettaglio. Con una rapidità inaudita Erza
fece
scattare la propria mano verso di lei, gridando:
«Punizione!» e
nonostante si trovasse sott'acqua riuscì comunque a colpirle
il
sedere con uno schiaffo schioccante. Priscilla si irrigidì e
urlò,
forse per lo spavento o forse per il dolore, o forse entrambe le
cose.
«Erza!»
sobbalzò Lucy.
«Erza-san
stai esagerando» mormorò Wendy.
«Suvvia
Priscilla» si unì Mirajane, con il solito tono
innocente e
vagamente preoccupato. «Cerca di non ribellarti troppo, per
il tuo
bene» e stranamente il tono sembrò molto meno
rassicurante e più
minaccioso di quanto si fossero aspettate.
«Mira-san
fai paura!» pigolò Wendy.
«Alla
fine è interessata anche lei!» sobbalzò
Lucy, sconvolta quanto la
ragazzina.
«Voi...»
blabettò Lluvia, rossa in volto, emergendo come un mostro
marino di
fianco a Cana. «Voi... avete...»
«Lluvia
vuole fare una domanda» osservò Bisca, sorpresa e
felice che anche
lei si fosse unita.
«Acconsentito!»
sentenziò Erza, severa.
«Cosa
sei? Un giudice?» chiese Lucy continuando a sentirsi a
disagio per
la povera Priscilla che si era ritrovata in mezzo a quella
follia.
«Voi...
il letto... avete...» continuò a balbettare
Lluvia, stringendosi in
se stessa e ondeggiando sempre più imbarazzata.
«Credo
voglia chiedere se avete condiviso il letto»
suggerì Lisanna e Erza
rossa come un peperone urlò: «Ottima domanda,
Lluvia-chan!»
Priscilla
a sopracciglia aggrottate le squadrò, corrucciata e
rannicchiata
nelle sue stesse spalle. Voleva sparire, ma sapeva che in qualunque
posto avesse provato a infilarsi quella pazza di Erza l'avrebbe
scovata e magari sculacciata ancora.
«Abbiamo
dormito insieme» confessò, malvolentieri.
«Oh
mio dio!» strillò Lucy, sentendosi stranamente
coinvolta. Erza
perse per un attimo i sensi e cadde all'indietro, tanto rossa da far
preoccupare le sue amiche. Lluvia si portò le mani al
voltò e
completamente su di giri iniziò a roteare su se stessa
urlando: «Un
amore incestuoso!»
«Ma
che diavolo vi siete messe in testa! Siete impazzite?»
gridò
Priscilla, rossa in volto. Cana si alzò improvvisamente in
piedi,
sollevando l'acqua tutta intorno e si puntò le mani ai
fianchi,
guardandola con severità dall'alto al basso.
«Lo
hai picchiato?» chiese seria.
«Eh?»
mormorò Lucy, chiedendosi se stesse puntando nella direzione
del
sadomaso.
«P-picchiato?»
balbettò Priscilla, altrettanto confusa ma meno esagitata.
Qualcosa
le aveva dato una strana sensazione, forse lo sguardo deciso di Cana
, forse il suo tono, ma sentiva che quella domanda era abbastanza
sconnessa a quell'assurdo gioco che stavano facendo e aveva qualcosa
di importante.
«Sì»
insisté Cana, sempre più decisa. «Lo
hai picchiato?»
E
una finestra si aprì improvvisamente in quella parete buia
dei
ricordi che aveva della sera in cui si era ubriaca insieme a lei. La
sua voce, la voce di Cana che furiosa cercava di darle la motivazione
a reagire a un dolore che già conosceva.
"Basta
essere la fanciulla in pericolo che aspetta il principe azzurro, sei
una donna ormai, se vuoi qualcosa... te lo prendi! Anche con la forza
se necessario!"
Abbassò
gli occhi, corrucciata e strinse tra loro le dita ora nervose.
"Laxus..."
Quello
che voleva.
"Io...
io voglio..."
Arrossì,
ma non per l'imbarazzo ma per il dolore, la tristezza e tutte le
emozioni che arrivavano nel ripensare a ciò che la sera
prima aveva
provato a tutti i costi a riprendersi. A ciò che aveva
provato
quella mattina, a quel primitivo sogno che si era di nuovo
risvegliato in lei.
A
ciò che non era ancora una volta riuscita a dire ad alta
voce.
"Posso
restare per sempre con te?"
Si
alzò, improvvisamente cupa in volto, colta da una tristezza
che
avrebbe potuto farla scoppiare a piangere da un momento a un altro.
Si voltò e, ignorando le ragazze intorno a lei,
camminò decisa,
lontana, verso l'uscita, mormorando semplicemente: «Non ho
più
voglia di giocare, ora».
«Pricchan...»
mormorò Lucy, dispiaciuta nel vederla improvvisamente
così diversa,
così triste.
Cana
spostò tanta di quell'acqua muovendosi verso di lei che fece
lo
stesso rumore di uno tsunami e con la stessa foga la prese per un
polso e la costrinse a voltarsi. Una mano dietro la nuca, l'altra
dietro le spalle e la strinse in un abbraccio. Caldo, amichevole,
confortante, niente a che vedere con le sculacciate di Erza
sicuramente, eppure non meno stimolanti nel convincerla ad arrendersi
a loro e fare ciò che volevano.
«Credi
non sappia che significa avere accanto la persona più
importante
della tua vita e non riuscire a rivelargli i tuoi reali sentimenti
perché non riesci a sentirti degna nemmeno di
provarli?» le disse e
la sentì sussultare, consapevole e colpita da quanto Cana
fosse
stata in grado di comprenderla. «Non ti senti all'altezza e
per
questo ti accontenti, ma restano lì, a macerare... e te lo
dico per
esperienza, possono portarti a commettere errori».
«So
che stavi per lasciare la gilda perché non ti sentivi degna
di
essere la figlia di Gildarts» mormorò Priscilla,
ammorbidita e
consolata da quelle parole.
«Hai
capito perfettamente» sorrise Cana.
«Continuo
a non capire cosa vi aspettiate da me» ridacchiò
lei,
sdrammatizzando. Non riusciva ancora a comprenderlo al cento per
cento, era assurdo anche solo provare a pensarlo, ma nonostante
questo il discorso di Cana l'aveva in qualche modo confortata. Cana
ne sorrise, divertita e tornando anche un po' ghignante, ma
più
rilassata rispetto a prima.
«Siediti
e ne parliamo tutte insieme» le disse, spingendola lentamente
a
rimettersi a mollo, con le spalle appoggiate al bordo della vasca.
«Lasciate
fare a me» sospirò Evergreen camminandole incontro
e mettendosi a
sedere di fianco a lei, dall'altro lato rispetto a Cana.
«Sono
un'esperta quando si tratta di queste cose»
sogghignò. «Vedi cara
Pricchan, la natura ha fatto in modo che uomo e donna fossero
sì due
entità diverse ma comunque complementari...»
cominciò a spiegare e
Priscilla tagliò corto con un secco ed imbarazzato:
«So come
nascono i bambini, Ever».
«Chi
te lo ha insegnato?!» sobbalzò Evergreen.
«Levy
mi ha prestato qualche libro» disse guardando la ragazza che
ora
prendeva ad agitarsi e rossa in volto diceva: «È
solo a scopo
scientifico ed informativo! Non leggo certo romanzi a luci rosse
io!»
«Sei
una piccola porcellina, Levy-chan» sghignazzò
Lucy, facendola
urlare per l'imbarazzo una serie di: «No!»
«Credo
che vi siete fatti un'idea totalmente sbagliata, ho capito dove
volete arrivare. Io e Laxus siamo fratelli» disse Priscilla e
Lluvia
sussultò di nuovo, con le guance color pomodoro, portandosi
le mani
al viso e iniziò a roteare urlando: «Amore
incestuoso!»
«Piantala!»
abbaiò Priscilla.
«Sei
la prima che tutte le volte ribadisce che non avete nessun tipo di
legame di sangue!» disse Lucy, dando corda all'idea delle
ragazze
intorno a lei. «Non perdi mai occasione per ricordare a tutti
che
chiami Ivan "papà" solo perché è la
parola che più gli
si addice in quanto tuo creatore, ma che geneticamente non avete
nessun legame».
«L'hai
ripetuto anche due sere fa, mentre bevevi» asserì
Cana.
«Quante
cose ho detto quella sera, maledizione? Non riesco a
ricordare!» si
disperò Priscilla portandosi le mani ai capelli e Cana
sogghignò
con un: «Non puoi immaginare!» che la fece agitare
ancora di più.
«Ciò
non toglie che io e lui siamo cresciuti insieme»
provò a insistere
Priscilla.
«Anche
Natsu e Lisanna sono cresciuti insieme eppure tra loro c'era del
tenero» ridacchiò Mirajane.
«Mira-nee!
Era solo un gioco!» borbottò Lisanna, rossa in
volto.
«Io
davvero non capisco come vi siate potute fare un'idea del
genere»
borbottò Priscilla, stringendosi nelle spalle.
«"Ha
dato un senso alla mia vita"» rispose repentina Cana,
ripetendo
le sue stesse parole di qualche sera prima.
«"È
la ragione per la quale sono venuta al mondo"» si
unì Erza.
«Quella
è una ragione logica e veritiera non c'entra con i
sentimenti!»
tentò di difendersi Priscilla.
«"Se
tu te ne vai, quale sarà il mio scopo di vita?"»
si unì Lucy,
ricordandosi di una delle frasi che lei gli aveva detto il giorno che
Laxus era stato bandito.
«Hai
origliato?!» ruggì Priscilla.
«Ti
piace il temporale! A nessuno piace il temporale!» si
unì Wendy,
contenta di trovare anche lei qualcosa per sostenere quella
tesi.
«Wendy!
Anche tu!» piagnucolò Priscilla.
«Volevi
ricomprare la casa dove avete vissuto da bambini» disse
Charle.
«Davvero?»
chiese Lucy, sorpresa.
«L'hai
aspettato per quasi sei anni» disse Mirajane, portandosi una
mano
emozionata alle labbra. «Com'è
romantico».
«Giustificavi
ogni suo errore, non facevi che proteggerlo» annuì
Bisca.
«Basta
guardare quanto ti brillano gli occhi quando lo vedi»
esclamò
Lisanna.
«Hai
passato due giorni alla gilda a fissare la porta nella speranza di
vederlo comparire» annuì Levy.
«Tutto
questo non dimostra niente» bofonchiò Priscilla,
rossa in volto,
con la testa infossata nelle spalle.
«Hai
detto che non ti importava niente dei capelli, ma non appena ho detto
che a Laxus piacciono le ragazze con i capelli lunghi sei corsa dal
parrucchiere» si unì Evergreen.
«Ever!»
esclamò Priscilla, sconvolta per l'attenzione a quel
particolare.
Ma
la cosa ancora più sconvolgente fu che lei non si
fermò e continuò,
come una mitragliatrice: «Ti raccontai di quella volta che
Laxus
puntò una ragazza in un bar e per tutta la notte non fece
che
raccontare le sue gesta e offrirle da bere, hai passato tutto il
giorno a grugnire e prendertela col mondo intero, era evidente che
eri gelosa. Ti chiesi una volta di provare a descrivermi quale
sarebbe stato il tuo uomo ideale per gioco, mi hai dato la
descrizione sputata di Laxus, compresa la "cicatrice sul viso
perché rende un uomo figo". Chiesi a Levy se aveva qualche
libro che parlava di storie d'amore tra familiari, qualche rapporto
incestuoso, pare che tu non l'abbia ancora restituito. Devo andare
avanti?» sghignazzò lei e Priscilla le
urlò contro, tesa come non
mai e sconvolta al limite: «Sei una vipera!»
«Dunque
possiamo dire di essere arrivati tutti a una conclusione!»
Happy si
alzò in volo e batté un piccolo gong con aria
solenne, come un
piccolo giudice che non aveva fatto che ascoltare, imparziale. Poi si
portò la zampetta alle labbra, increspò le
sopracciglia e
sghignazzante disse: «Lui ti ppppppppiace».
«blu-blublblb-brr-blr-bru»
Priscilla si era di nuovo immersa parzialmente sott'acqua e faceva
bollicine di dissenso. Incrociò le braccia al petto, offesa
e
irritata, e infine si immerse completamente tornando a blubrare
sempre più sonoramente per trasmettere il suo disaccordo. Le
sentì
scoppiare a ridere, oltre il pelo dell'acqua, divertite dalla sua
reazione che ovviamente confermava le loro teorie e la rendeva
estremamente tenera nel suo imbarazzo.
Le
lasciò fare, che altro poteva dire? A quale altra scusa
poteva
appigliarsi? Avevano torto, lo sapeva, la sua mente glielo urlava in
tutti i modi. Non poteva essere vero, a lei non era concesso, un
sentimento come l'amore non poteva esistere nel suo mondo. Anche
fosse esistito, non poteva rivolgerlo a una persona così
diversa da
lei. Cosa poteva offrirgli? Un corpo fittizio, una macchina creata ad
hoc, un'esistenza manipolata, una vita che non avrebbe potuto dargli
niente e che comunque sarebbe morta molto prima di lui, lasciandolo
solo. Lei non era umana...
E
forse per quello aveva sempre desiderato così ardentemente
diventarlo?
Diventare
come lui.
La
sensazione dell'acqua sulla pelle e tutti quei pensieri la portarono
a riflettere anche sulla sera prima. Una scena, in particolare, che
aveva trovato inspiegabile e che non riusciva a togliersi dalla
testa. Quel batticuore e quel bruciore allo stomaco provato nel
vedere Laxus sopra di lei, così vicino, nudo se non per un
asciugamano intorno alla vita. Non era riuscita a spiegarsi quella
paralisi, quel rossore sul volto, nonostante di libri a tema
romantico ne avesse letti a bizzeffe. Sapeva cos'era, sapeva come
funzionava, eppure non era riuscita a riconoscerla su di sé
forse
proprio perché non aveva voluto riconoscerla. Ma era
così, era
veramente così. In quel momento aveva provato la
palpitazione tipica
dell'innamoramento, affascinata dal suo corpo, ubriaca da quella
vicinanza inaspettata e incredibilmente piacevole. Era davvero
così?
L'aveva da sempre chiamato fratello perché sapeva che quella
era la
massima aspirazione a cui poteva puntare. Fratello era ciò
che la
legava a lui maggiormente, il massimo a cui poteva ambire, e
perciò
era così legata a quell'appellativo ma lei per prima, Lucy
aveva
ragione, negava ogni sorta di parentela effettiva. Lo era davvero, lo
ricordava quando da bambina averlo intorno non significasse niente.
Aveva cominciato a provare quel primordiale sentimento di
felicità e
vita solo nell'istante in cui aveva scoperto il suo sorriso, solo
nell'istante in cui lui le aveva regalato la magia di una carezza, il
calore di un abbraccio, la presa ferrea della sua mano che si
insinuava tra le proprie dita per afferrarla. Ricordava come da
allora fosse diventato per lei una sorta di angelo, da seguire e con
cui stare, per riuscire a raggiungere la felicità. Niente a
che
vedere con il vero sentimento di fratellanza, ma solo puro e ingenuo
amore.
"Che
abbiano ragione?"
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Capitolo 40 *** Parfum ***
Parfum
«Priscilla-nee!»
Wendy corse all'interno della gilda, sorridente e allegra, e
cercò
rapidamente la ragazza tra i presenti. Da quando la gilda era finita
nel dimenticatoio e le finanze erano crollate avevano dovuto spostare
la sede a una struttura decisamente più piccola,
perciò era molto
più semplice cercare qualcuno al suo interno. Infatti
riuscì a
trovarla subito, accasciata su di un tavolo, insieme ad Happy, Natsu,
Gajeel ed Elfman. Tutti nella stessa identica posizione, con lo
stesso sguardo rammaricato, depresso.
«Priscilla-nee?»
chiese, avvicinandosi. «Qualcosa non va?» si
preoccupò. Ma né lei
né gli altri sembravano essere in condizioni di rispondere e
si
limitarono solo a mormorare e bofonchiare.
«Hanno
fatto una stupida scommessa» spiegò Lucy, seduta
al tavolo di
fianco. «Lei e Happy hanno scommesso su chi avrebbe resistito
di più
respirando la fiamma puzzolente di Romeo. Natsu e Gajeel l'hanno
presa come una sfida e si sono uniti a loro... non so che ci faccia
lì Elfman, a dire il vero» osservò poi,
sorpresa di vedere anche
lui nel circolo dei disgustati. Non aveva preso parte alla sfida,
quando era arrivato?
«Non
trovare lavoro è da uomo» mormorò lui,
piagnucolante, spiegando
così il motivo della sua partecipazione al tavolo degli
pseudo-defunti.
«Le
cose vanno male» sospirò Lucy.
«È difficile trovare qualche
richiesta decente, effettivamente. Come possiamo pagare i debiti in
questo modo?»
«A
proposito!» saltò Wendy, ricordandosi il motivo
per il quale era
andata a cercarla. «Priscilla-nee, ho trovato un
lavoro!»
«Eh?»
chiese Lucy, spalancando gli occhi.
«Davvero?»
si alzò Priscilla di scatto, dimenticando la nausea che
aveva avuto
fino a quel momento.
«Possiamo
venire anche noi?» chiese Lucy, bramosa di avere qualche
soldo per
sé.
«Mi
dispiace Lucy-san, ma la paga è già abbastanza
bassa così»
mormorò Wendy, dispiaciuta. «Se andassimo in
troppi, finiremmo con
l'avere pochi spiccioli a testa, sarebbe abbastanza inutile».
«Cercatene
uno tuo, come abbiamo fatto noi» la riprese Charle, con il
solito
tono altezzoso.
«Voi
dividete persino l'affitto, avete metà delle spese che
abbiamo noi,
non è giusto» piagnucolò Lucy.
«Tuo
padre ha pagato tutti i tuoi debiti, credi che non lo
sappiamo?» la
riprese Priscilla, facendola arrossire per l'imbarazzo. L'espressione
si tirò in un triste sorriso, mormorando con malinconia:
«È stata
la sua ultima lettera prima di morire. Mi ha lasciato tutti i suoi
risparmi per aiutarmi. Dopo quello che c'è stato tra noi,
è
incredibil-»
«Andiamo
Wendy! Il lavoro ci aspetta!» la interruppe Priscilla,
ignorando la
sua nostalgia e prendendo la bambina per mano corse all'esterno
mentre Lucy dietro le urlava piangente: «Ehy!!! Io vi stavo
aprendo
il mio cuore!!! Insensibili!»
«Pri...scilla...
hai... visto? Ho... vinto... i... i...» balbettò
Happy, moribondo,
ancora sciolto sul tavolo.
«È
andata via, Happy» cercò di dirgli Lucy e lui
sussultando urlò:
«Eh?! Non mi ha dato i soldi! Mi ha ingannato...» e
di nuovo, verde
in volto, si accasciò sul tavolo.
Ai
margini di Magnolia, non troppo lontano dalla città, una
famiglia
aveva appena comprato una nuova casa. Era il giorno del trasloco, ma
nessuno di loro aveva forza sufficiente a spostare ogni cosa sul
camion per potersele portare via. Ecco il motivo della richiesta
d'aiuto, anche se la paga era tanto bassa -visto il rango povero di
quella famiglia- e tanto degradante che avevano potuto spedirla solo
alle gilde di minore importanza. Fairy Tail fu la prima a rispondere,
mandando loro due dei loro maghi migliori... per un triste lavoro
sottopagato utile a raccimolare almeno qualche briciola.
«Beh,
sempre meglio di niente» disse Charle volando all'esterno
della casa
con un vaso tra le zampe ed entrando nel furgone.
«Da
qualcosa dovremmo pur partire, no?» disse Wendy
incoraggiante,
portando tra le braccia uno scatolone pieno di libri.
«Ho
sopraffatto Nirvana, sconfitto gli Oracion Seis, ribaltato un'intera
nazione, combattuto contro Grimoire Hearts...» disse
Priscilla
immobile fuori dalla porta di casa. A gambe e braccia incrociate,
galleggiava a un metro da terra, mentre davanti a lei sfilavano
scatoloni più grossi e interi mobili sollevati dal vento e
diretti
al camion. «Ero una delle candidate per diventare mago di
classe S e
ora mi riduco a fare i traslochi» piagnucolò,
sentendosi umiliata.
«Da
quando ti interessa la tua immagine come maga?» la
rimproverò
Charle.
«Non
mi interessa» mormorò lei, pensierosa.
«In realtà penso che io
abbia solo voglia di sfogarmi e prendermela con qualcosa».
«Almeno
è onesta con se stessa» commentò
Charle, volando all'interno della
casa per prendere altri soprammobili ben imballati.
«Qualcosa
ti turba, Priscilla-nee?» chiese Wendy, saltando
giù dal camion e
andando verso l'interno della casa per raccogliere un altro
scatolone.
«Sono
stati quegli stupidi discorsi di ieri al bagno pubblico!»
iniziò a
sgambettare, strappandosi i capelli per il nervoso.
«Ci
stai ancora pensando?» chiese Charle.
«Penso
che le ragazze volessero solo divertirsi un po', non prenderle troppo
sul serio» provò a consolarla Wendy, ma Priscilla
si immusonì
maggiormente e abbaiò: «Erza mi ha
sculacciata!»
«Già»
ridacchiò Wendy, nervosa. «Forse ha esagerato un
po'».
«Se
te la sei presa tanto e continui a rimuginarci dopo ventiquattro ore
chissà che però non abbiano colto nel
segno» la provocò Charle,
trovando bizzarro e interessante il fatto che ancora ci stesse
riflettendo su.
«Colto...
nel segno?» balbettò Priscilla, cadendo in una
specie di vortice
oscuro fatto di parole e provocazioni.
"Ti
sei fatta crescere i capelli".
"Dici
che ha dato un senso alla tua vita".
"Ti
sei ingelosita quando ti ho raccontato di quella volta che
provò ad
attaccar bottone con una ragazza".
"Sei
la prima che nega ogni rapporto di sangue con lui, dicendo che non
siete proprio proprio fratelli".
"L'hai
aspettato per quasi sei anni... com'è romantico".
"Lo
proteggevi sempre, giustificando ogni suo errore".
"Un
amore incestuoso!"
«Priscilla-nee!!!!»
la richiamò Wendy, terrorizzata, strappandola con violenza
dalla
confusione che aveva in testa e che per qualche secondo le aveva
addirittura annebbiato la coscienza. Si risvegliò dal suo
incanto e
guardò nella direzione della ragazzina, che l'aveva
chiamata: era
vicina al camion ormai praticamente distrutto, ribaltato e sovrastato
da parte dei mobili di quella casa, che ancora uscivano dall'ingresso
con la velocità di un uragano e gli si schiantavano addosso.
Presa
dai suoi pensieri turbolenti, anche la magia che stava usando era
diventata improvvisamente turbolenta sparando letteralmente gli
oggetti di quella famiglia contro il camion invece che poggiarceli
delicatamente dentro. Non solo il camion era distrutto, ma anche
tutte le loro cose cadevano ormai a pezzi. Priscilla urlò
per lo
spavento di quanto avesse appena combinato e interruppe il suo
circolo d'aria all'istante, facendo crollare a terra quelli che
ancora galleggiavano, finendo col distruggere anche loro. Pochi metri
da lei i due figlioletti, di appena sette e tre anni, erano stesi a
terra. Il maschietto, più grande, aveva salvato la
più piccola dal
crollo di un tavolo, spingendola via appena in tempo. Lei aveva le
lacrime agli occhi, mentre sul volto di lui si stagliava uno sguardo
fiero e preoccupato, come un vero eroe.
«Grazie,
onii-san» piagnucolò la bambina.
«È
tutto a posto, ci sono qua io» provò a
rassicurarla lui,
abbracciandola per farla calmare. Un'ombra calò su di loro,
facendogli venire i brividi. Era come trovarsi di fronte al mostro
peggiore di tutti, con quello sguardo omicida e l'aura di un vero
serial killer.
«Tanto
quando crescerà ti abbandonerà, come fanno tutti
gli uomini»
gracchiò Priscilla come un demone appena uscito dall'inferno
che
sentenziava la loro condanna. I due bambini si abbracciarono ancora
di più, terrorizzati, e dopo infiniti secondi passati a
tremare di
fronte a quella terrificante donna scoppiarono entrambi a piangere
chiamando i propri genitori.
Di
fronte a quel pianto straziato Priscilla parve di nuovo tornare in
sé
e rendersi conto di ciò che aveva appena combinato. Li
guardò
estremamente imbarazzata e ridacchiò nervosa.
«Dai,
scherzavo...» balbettò, provando a inginocchiarsi
e avvicinarsi a
loro. Ma i due bambini presero a urlare ancora di più,
completamente
avvolti dal terrore, e lei deglutì con preoccupazione e
imbarazzo.
Due piedi caddero pesanti al fianco dei due bambini, facendo
sobbalzare Priscilla tanto che dovette indietreggiare con la schiena.
Il padre e la madre di quei due bambini, nonché proprietari
della
casa praticamente distrutta, sembravano stessero ruggendo come
animali tanto erano furiosi.
«M-mi
dispiace» balbettò inutilmente Priscilla,
ridacchiando nervosa.
«Non
dovevi dirle quelle cose, Charle» sussurrò Wendy,
vicino alla
gatta, che sobbalzò e urlò contrariata:
«Come potevo immaginare
che avrebbe perso così la testa?!»
Wendy
e Priscilla rientrarono alla gilda non troppo tempo dopo, ma non
servì chiedere loro come fosse andata la missione per
scoprire che
qualcosa era andato storto. Wendy era palesemente in imbarazzo,
Charle furiosa e Priscilla ondeggiando si avvicinò a suo
nonno con
la faccia di un cadavere.
«Ohy!
Priscilla! Com'è andata la tua prima missione dopo il nostro
ritorno?» chiese Makarov, non notando, o forse non volendo
notare,
la sua espressione. Priscilla non rispose ma sospirando gli
allungò
un foglio che lui lesse rapidamente, incupendosi riga dopo riga.
«Dobbiamo
al mandante cento mila Jewels di danno e si sono rifiutati di
pagarti!» urlò Makarov, portandosi le mani alla
testa per la
disperazione e alzandosi in piedi.
«Mi
dispiace» pianse Priscilla.
«Per
fortuna non sono più io il Master, ora»
sospirò improvvisamente
Makarov, tornato sereno così rapidamente da essere surreale,
e
allungò il foglio a Macao che sbiancò come un
fantasma.
«Il
debito aumenta invece di diminuire, è una
tragedia!» mormorò,
accasciandosi a terra come un corpo privo di anima.
«È
praticamente un mese di affitto, ti rendi conto?!»
ruggì Charle
contro la ragazza che scoppiò a piangere come una bambina e
biascicò: «Mi dispiace».
«Con
sette anni di arretrati credo che un mese più o un mese meno
non
faccia molta differenza, alla fine» provò a
difenderla Wendy.
«Mi
dispiace» pianse ancora Priscilla.
«Smetti
di difenderla sempre!» la rimproverò Charle.
«Mi
dispiace!» continuò Priscilla come un disco rotto.
«Dobbiamo
fare qualcosa per quel tuo problema, non c'è altra
soluzione!»
decretò infine Charle, puntando un dito contro Priscilla, e
infine
decise: «Andiamo da tuo fratello!»
Priscilla
smise di piangere, anche se aveva ancora il viso ricoperto di lacrime
e la faccia arrossata e inebetita. «Eh?»
mormorò semplicemente,
confusa e anche un po' intimorita. A cosa pensava Charle? Che
intenzioni aveva? Sicuramente niente di buono e certamente Priscilla
non era intenzionata ad andare da lui e rivelargli tutti i suoi
pensieri e turbamenti. Non quegli
specifici
turbamenti,
non in quel momento.
«Laxus?»
chiese Laki, seduta poco lontano, chiedendosi curiosa cosa c'entrasse
Laxus nella distruzione della casa della missione da cui erano appena
tornate.
«Charle!»
si avvicinò Priscilla, timida in volto, e portandosi un dito
alla
punta del naso sibilò un imbarazzato:
«Sssshhh».
«Non
mi interessa! Andiamo e risolviamo questa faccenda una volta per
tutte! È da quando siamo tornate da Tenrou che non sei
più in te,
la cosa rischia di diventare anche pericolosa come hai potuto
vedere»
insisté Charle.
«È
solo stato un incidente, non c'è bisogno di prendersela
tanto.
Prometto farò più attenzione, ora calmati
però» tentò di dire
Priscilla, sforzandosi di sorridere.
«È
fuori discussione! Mi rifiuto di dover subire di nuovo un'umiliazione
come questa!» insisté Charle furiosa.
«Charle,
forse la stai prendendo troppo sul personale»
balbettò Wendy,
cominciando a sospettare che tutta quella rabbia fosse un po'
esagerata. Non era la prima volta che Fairy Tail distruggeva
qualcosa, ci erano passati un sacco di volte soprattutto con Natsu,
eppure era la prima volta che Charle si infuriava in quel modo. Certo
era che tra Charle e Priscilla non scorreva buon sangue, le due
andavano d'accordo ma per qualche strano motivo erano sempre in
conflitto tra loro. Un po' come Natsu e Gray, erano amiche, parlavano
spesso insieme, ma non facevano che stuzzicarsi e infastidirsi a
vicenda. C'era una specie di incompatibilità tra loro.
«Era
un lavoro misero, da quattro soldi! E guarda che disastro! Hai
coinvolto in tutto questo anche me e Wendy che dovremmo pagare a
causa tua!» insisté Charle.
«Allora
sono i soldi il problema?» provò a indagare Wendy.
«Ho
già detto che non lo farò più, smetti
di urlarmi contro»
piagnucolò Priscilla.
«Andiamo
e risolviamo la questione! Sono stufa di vederti ridotta in questo
stato per colpa di quell'uomo» ruggì Charle
puntandole un dito
contro, sempre più furiosa. E Wendy ebbe il sentore di
cominciare a
capire cosa stesse accadendo. Tra le due non correva buon sangue,
erano sempre pronte a riprendersi e stuzzicarsi, erano amiche ma non
riuscivano a fare altro che bisticciare per qualche motivo... per
questo era stato difficile per Charle ammettere apertamente che era
preoccupata per lei.
«Non
ci vengo!» si piccò Priscilla, rossa in volto. Non
voleva un
confronto aperto con lui, non l'avrebbe mai voluto. Dove avrebbe
trovato il coraggio di affrontare non solo il più intimo dei
suoi
segreti ma anche le sue più profonde paure?
«Smetti
di fare i capricci! Sei più infantile di Wendy, delle
volte!»
«Io
non sono poi tanto infantile, Charle» mormorò
Wendy, a disagio per
essere stata messa in mezzo.
«Non
voglio! Non voglio! Ho detto no!» sbatté i piedi a
terra, come una
bambina in un negozio di giocattoli, e Charle nera in volto per la
rabbia passò infine alle maniere forti. Le volò
addosso tanto
rapidamente che lei nemmeno la vide e senza rendersene conto
Priscilla si ritrovò a testa in giù, presa per un
piede, trascinata
via con la forza. Urlò e si sbracciò, cercando di
afferrare la
testa di qualcuno, ma Charle si alzò abbastanza di quota per
evitarle di arrivarci.
«A-aspettate!»
provò a chiamarle Wendy, correndogli dietro.
Charle
volò fuori dalla gilda con la massima velocità
che la sua magia
poteva concederle, continuando a tirare Priscilla per un piede,
portandosela dietro. Appena fuori dalle porte della gilda, Priscilla
riuscì nel suo turbinio di mani e dita ad afferrare qualcosa
a cui
aggrapparsi ma non fu abbastanza per tenersi e impedire a Charle di
alzarsi nel cielo.
«Che...?»
mormorò Priscilla, abbassando lo sguardo a ciò
che aveva artigliato
nel tentativo di salvarsi dalla furia di Charle e che ancora
stringeva tra le dita. Gli occhi spalancati, rimase senza parole
quando Laxus, tenuto ancora per il collo della maglia, alzò
lo
sguardo accusatore su di lei. Non sembrava agitato, era come se non
fosse successo niente al di fuori delle sue aspettative,
benché
fosse stato afferrato all'improvviso e trascinato lontano da terra in
pochissimi secondi.
«Laxus?!»
sussultò, sentendosi morire dentro.
«Cosa
stai combinando?» le chiese con tono di rimprovero, intuendo
che
sicuramente in quella storia c'entrava lei con qualche suo tipico
disastro. Era incredibile come fosse in grado di trasmettere timore
anche in un momento come quello, a metri e metri di altezza da terra,
tenuto per la maglia, da una sorella che trascinata per un piede da
un Exceed non aveva fatto che urlare fino a quel momento. A braccia
incrociate, la fissava gelido.
«Che...
che ci fai qui?» chiese lei, confusa.
«Ero
di passaggio».
«Ohy...»
lamentò Charle, rallentando improvvisamente il volo.
«Siete
pesanti» digrignò i denti, sforzando la sua magia
per riuscire a
tenersi ad alta quota, ma pian piano perse potenza fino a cedere del
tutto, facendo scomparire addirittura le proprie ali, sotto troppo
sforzo.
«Charle!»
chiamò Priscilla, panica in volto poco prima di cominciare
la
pericolosa discesa verso il suolo. Urlò per i primi secondi,
sbracciandosi per la paura e il vuoto allo stomaco, infine
riuscì a
tornare in sé. Afferrò Charle per la coda e Laxus
per una mano, usò
la propria magia del vento e bloccò la loro rovinosa caduta
ad
almeno una ventina di metri da terra.
«Perché
ti sei aggrappato a lui?» ruggì la gatta, restando
appesa a testa
in giù per la coda.
«Smettila
di darmi ordini! Se ti dico che una cosa non la faccio non la faccio
e basta!» ruggì Priscilla, alzando Charle tanto da
poterla guardare
in faccia.
«Priscilla!!!»
l'urlo di Macao li sorprese e li spinse ad abbassare lo sguardo verso
l'ingresso della gilda, dove l'uomo sgambettava furioso. «Hai
cercato di imbrogliarmi modificando il documento! Sono trecentomila
Jewels di danni, non cento! Maledetta, scendi subito!»
«L'ha
già scoperto!» sbiancò lei,
irrigidendosi.
«Hai
modificato un documento?!» la rimproverano in coro Charle e
Laxus,
fulminandola da entrambe le estremità a cui erano
appesi.
«Iiiihc!»
rabbrividì Priscilla, consapevole di essere nei
pasticci.
«Stupida
ragazzina! Trecento! Ti rendi conto?! TRECENTO!»
Gridò Charle in
un'escalation di furia omicida che la portarono ad agitarsi come un
animale selvaggio. Tirò addirittura fuori le unghie e
cercò più
volte di raggiungere il volto di Priscilla con la chiara intenzione
di distruggerlo come un foglietto di carta.
«Che
diamine vuoi? Pagherò ogni cosa, come ho sempre fatto! Sta'
zitta,
gattaccia di strada! Quante volte ho pagato io per tutte e tre prima
di oggi, eh?!» strillò dall'altra parte Priscilla
con gli occhi
iniettati di sangue e prese a scalciare furiosa e fuori
controllo.
«Mai!
Spendi sempre tutto in cibo! Dobbiamo sempre essere noi a sistemare
le cose!»
«Prenderti
i meriti non ti aiuterà a renderti più
simpatica!»
«Come
osi mettere in dubbio la mia simpatia?!»
«Non
so come faccia Wendy a sopportarti!»
«Non
capisco perché abbia accettato di dividere con te la
stanza?! Sei
caotica anche nel quotidiano! Lasci sempre i tuoi vestiti nella
doccia! Quale essere umano dall'intelligenza moderata si spoglierebbe
mentre apre la doccia! Ci si spoglia prima, anche i bambini lo
sanno!»
«Cosa
vuoi saperne tu di spogliarsi! Sei un dannato gattaccio e ti metti
gli abitini come se ti dovessi coprire! Hai del pelo per una ragione,
bestiaccia!»
«Sei
una stupida!»
«Vanitosa!»
«Sei
sciatta peggio che i barboni di strada!»
«Altezzosa
e antipatica!»
«Quando
dormi russi come un drago!»
«I
tuoi peli sono ovunque! OVUNQUE!»
«Ohy,
ohy... potreste almeno lasciarmi andare e parlarne tra voi?»
mormorò
Laxus affranto, continuando ad essere ben sorretto dalla mano
sinistra di Priscilla.
«Priscilla-nee!
Charle! Smettetela di litigare. Ci troveremo un altro lavoro e
pagheremo i danni di questo, non c'è bisogno di arrabbiarsi
tanto!»
provò ad urlare Wendy da terra, ma le due continuarono a
scalciare e
urlare, senza ascoltare nessuno.
«Ci
penso io!» intervenne Happy, volando al fianco di Wendy e
infine
scattò verso Priscilla urlando: «Max
Speed!»
evocando la sua magia che gli permetteva di volare a gran
velocità.
Centrò Priscilla dritta in faccia e la sbalzò
all'indietro per il
colpo. Lei mollò la presa sia su Laxus che su Charle e
roteò un po'
su se stessa come una trottola, prima di cadere verso terra
completamente frastornata dalle vertigini e dall'equilibrio perso a
causa di tutto quel vorticare. Laxus si tramutò in fulmine
per
riuscire ad atterrare senza subire danni, Charle venne presa al volo
da Wendy e infine Priscilla cadde a picco.
Si
sarebbe sfracellata a terra, se Laxus non fosse stato di riflessi
abbastanza pronto per prenderla al volo.
«Mi
gira la testa» lamentò, verde in
volto.
«Non
potete cercare di andare un po' più d'accordo voi
due?» chiese
Wendy, affranta nel vedere entrambe le sue amiche fuori combattimento
per così poco. E a quella frase Charle si
raddrizzò, benché Wendy
la tenesse ben ferma tra le braccia, e tornò ad urlarle e
ringhiarle
contro. Cosa che fece anche Priscilla, nel sentirla, tenuta ben ferma
e bloccata da Laxus.
«Va
bene, ho capito, alla prossima missione ci vado da sola senza voi
due! Così se succede qualcosa la responsabilità
è solo mia!»
gridò Priscilla, puntando un dito contro Charle che parve
invece
infervorarsi ancora di più e continuando a scalciare
urlò con tutta
se stessa: «Il fatto che fossimo con te non ci rende tue
complici!
La responsabilità è anche ora solo tua! Hai
distrutto la casa di
una famiglia innocente, ti rendi conto? E hai spaventato a morte quei
due bambini! Cosa volevi fare? Mangiarteli?!»
«Perché
loro sono felici e io no!» gridò Priscilla in un
lamento, prima di
accasciarsi sul braccio di Laxus, ormai stanca di agitarsi.
«Non è
giusto. Ho bisogno di coccole... Laxus» piagnucolò
in maniera
estremamente infantile.
«C-coccole?»
chiese lui, sconvolto e lievemente imbarazzato. Increspò
maggiormente le sopracciglia e, stranamente per uno come lui,
arrossì
addirittura.
«Non
voglio più andare in missione per tutta la mia vita, non ne
posso
più di nessuno e di niente» piagnucolò
ancora Priscilla.
«E
come hai intenzione di ripagare i tuoi debiti?» la
brontolò ancora
Charle e Priscilla rispose con una strana serietà e poca
preoccupazione: «Venderò il mio corpo».
Il
gelo cadde in quel cortile, persino negli occhi di Macao dove fino a
poco prima era possibile leggere un misto di disperazione e furia
omicida. Nessuno ebbe più il coraggio nemmeno di respirare
di fronte
a una proposta tanto assurda quanto immorale. E proprio la sua
serietà e la poca cura nell'esclamare una cosa del genere
aveva
raggelato il sangue di tutti quanti, mentre scene poco pudiche si
aprivano la strada nel loro immaginario. Probabilmente a rendere il
tutto maggiormente sconvolgente era il fatto che una come Priscilla
avrebbe anche potuto farlo, con una ingenuità disarmante,
senza
rendersi conto di cosa realmente significasse.
«P-Priscilla-nee»
sibilò Wendy con quel poco di voce che aveva.
«Beh,
è pur sempre un lavor...» cominciò
Macao, il primo a riprendersi
anche se aveva lo sguardo di chi ancora non aveva smesso di pensarci
e forse non l'avrebbe più fatto. Ma un fulmine cadde dal
cielo
interrompendolo e sfiorò Macao, che urlando cadde a terra
per lo
spavento. «È...È.... è ovvio
che io in qua-quanto Master non lo
per-permetterei mai» balbettò modificando del
tutto le parole che
aveva cominciato a pronunciare e che sembrava essere intenzionato a
dire. Lo sguardo gelido di Laxus, fisso su di lui, bastò
come
minaccia e lo convinse a dimenticarsi persino le immagini che aveva
pensato pochi istanti prima.
«P-poteva
ucciderlo» balbettò Wendy, guardando l'angolo
della giacca di Macao
fumare ancora per aver ricevuto il colpo di Laxus.
«Spaventoso»
sibilò Charle, altrettanto sconvolta.
«Ho
bisogno di bere» continuò a frignare Priscilla,
l'unica a non
essere rimasta sconvolta dal fatto che Macao se la fosse quasi fatta
nei pantaloni per quell'esagerata reazione di Laxus. Anzi, era come
se non se ne fosse nemmeno accorta.
«Andiamo»
disse Laxus, caricandosi la sorella moribonda su una spalla e
avviandosi verso l'interno della gilda.
«Beh...
non si può certo dire che lui non ci tenga»
osservò Wendy,
cercando come sempre del buono in ogni cosa.
«Andiamo,
Wendy! Cerchiamo di creare l'atmosfera!» disse Charle,
stranamente
determinata, stringendo i pugni come se si stesse preparando a
un'intensa battaglia.
«Atmosfera?
Che dici, Charle?» sussultò Wendy.
«Non
capisci!» si voltò lei e prese il volto della
bambina tra le zampe,
avvicinandosela. «È il momento che stavamo
aspettando! Dobbiamo
spingerla a rivelargli ogni cosa! Il momento della dichiarazione!
Dobbiamo rendere l'ambiente romantico!»
«Ti
sei lasciata influenzare anche tu dai discorsi di ieri delle
ragazze?» chiese lei divertita.
«Assolutamente
no! E non mi sono mai fatta prestare il libro di Levy sull'amore
incestuoso che ha dato anche a Priscilla!» disse con uno
strano
fuoco negli occhi.
«Ora
comincio a capire il tuo accanimento su questa storia»
ridacchiò
nervosa Wendy.
«Ho
un'idea grandiosa!» si illuminò Charle.
«So che Ichiya dei Blue
Pegasus era in città in questi giorni! Lui ha quegli
intrugli
profumosi magici... avrà qualcosa per stimolare il
romanticismo!»
«Cosa?
Charle non credo sia una buona idea forzare così le
cose» tentò di
dissuaderla Wendy.
«Wendy!»
la prese nuovamente tra le zampe. «Vuoi che Priscilla sia
felice o
no?»
«Certo
che lo voglio!» disse Wendy.
«Hai
sentito cosa ha detto? Che quei bambini, tanto legati tra loro, erano
felici e lei no e questo la rendeva triste! È il momento,
deve
riuscire a riprendersi quell'uomo! Dobbiamo intervenire per il bene
di Priscilla!»
Wendy
la guardò qualche istante, ascoltando attentamente le sue
parole,
poi qualcosa si accese in lei. Una determinazione mossa dal desiderio
di vedere Priscilla finalmente felice. Si corrucciò e
annuì infine
convinta.
«Bene!
Osservali e impedisci a quell'uomo di andarsene!»
«Ma
a me lui fa paura» ammise Wendy.
«Per
la felicità di Priscilla!» insisté
Charle, anche se aveva già
dimostrato che non era tanto Priscilla in sé a stimolarla
quanto
l'entusiasmo di poter vivere con i propri occhi il romanzo che stava
leggendo e che, a quanto pareva, l'aveva rapita particolarmente. In
lei era scattato l'animo femminile romantico che portava una donna a
passare le serate davanti a una Lacryma per film con un cuscino
abbracciato e un coro di "aaww"
a ogni scena. Con la sola differenza che quel film l'avrebbe vissuto
in prima persona.
Wendy
si lasciò ingenuamente coinvolgere e annuì
perciò convinta,
ripetendo: «Per il bene di Priscilla!»
«Vado
come un fulmine! Happy, vieni con me, in due faremo prima a trovare
l’uomo di Blue Pegasus!» ordinò e Happy,
stranamente senza
chiedere nessun tipo di spiegazione, urlò semplicemente:
«Aye sir!»
e entrambi volarono via.
«Fate
presto! Charle! Happy!» incitò Wendy, prima di
correre all'interno
della gilda e cercare Laxus e Priscilla. Li vide, seduti a un
tavolino in un angolo, e sgattaiolò dietro a dei barili
vicino a
loro per poterli tenere d'occhio e origliare, pronta a intervenire
nel caso avessero accennato a volersene andare. Laxus beveva il suo
boccale con aria apparentemente disinteressata mentre Priscilla, come
sempre faceva negli ultimi giorni, era letteralmente spalmata sul
tavolo anche se aveva la mano ben ferma sul manico del boccale. I
Raijinshuu non appena avevano visto comparire il loro beniamino gli
si erano andati a mettere intorno, fedeli come cagnolini, e
così si
erano uniti alla loro bevuta.
«Perciò
hai fatto piangere due bambini» disse Laxus di punto in
bianco,
cercando di indagare su quella faccenda. Priscilla si
irrigidì,
sentendosi nuovamente sotto accusa.
«Un
demone si è impossessato del mio corpo»
sibilò con un filo di
voce, non sapendo che altra scusa inventarsi. Laxus
ridacchiò a voce
bassa e roca, prima di bere un altro sorso.
«E
i trecentomila Jewels di danno?» chiese Evergreen,
curiosa.
«Un
demone si è impossessato della mia magia» disse
ancora Priscilla,
sempre più rossa per l'imbarazzo.
«Non
doveva essere un semplice trasloco? Anche senza magia era un compito
facilissimo» commentò Fried, bevendo un sorso dal
suo boccale.
«La
mia baby dev'essersi agitata per i vostri discorsi di ieri»
rise
Bickslow, divertito.
«Discorsi
di ieri?» storse il naso Evergreen, prima di accusare:
«Avete
origliato?!»
Un
boccale partì dal tavolo di Natsu anche se nessuno
sembrò averlo
lanciato e con rapidità raggiunse il volto di Bickslow,
colpendolo
alla fronte tanto forte da farlo cadere indietro dalla sedia.
Priscilla lo guardò oltre il proprio braccio, ancora stesa
sul
tavolo, con la fronte corrucciata benché avesse ancora gli
occhi
spenti, ammettendo così che era stata sua la colpa di
quell'attacco.
«Sei
un pervertito» lo accuso.
«Non
è colpa sua, urlavate non era difficile sentirvi»
lo difese Fried.
«Urlavamo?»
chiese Evergreen, confusa. Non le pareva di aver urlato e la cosa la
fece sobbalzare improvvisamente, ricordandosi che l'argomento aveva
più o meno toccato tutte. «Un attimo! Avete
sentito tutti?».
«Rilassati»
disse Bickslow, rialzandosi da terra. «Solo io e
Fried».
«Come
potevamo urlare e renderci perfettamente "sentibili" se
solo voi due avete ascoltato?» mormorò Priscilla
per niente
convinta e ancora più sospettosa.
«Avete
origliato!» insisté Evergreen, ora più
convinta.
«Eravamo
solo preoccupati per voi per quanto riguardava le intenzioni del
gatto, quando l'abbiamo visto volare verso i vostri bagni»
disse
Fried e Priscilla reagì questa volta contro di lui. Anche
senza
muoversi, un potente soffio di vento provò a colpirlo per
sbatterlo
a terra, ma si infranse su un muro violaceo che poi sparì
lentamente.
«Rune
antivento» ridacchiò Fried fiero della sua trovata
e Priscilla lo
fulminò, ringhiando: «Abbasserai la guardia prima
o poi».
Laxus
lasciò il boccale sul tavolo e poggiò una mano
sulla spalla di
Priscilla, prima di chinarsi lentamente verso di lei. Si
coprì
parzialmente il volto con l'altra mano, mentre vicino al suo orecchio
andò a sussurrarle qualcosa che solo lei riuscì a
sentire.
Priscilla sbarrò gli occhi, sorpresa da ciò che
lui le aveva appena
detto, e sollevandosi parzialmente dal tavolo chiese sconvolta:
«Sul
serio?!»
Laxus
annuì tornando in posizione seduta e riprendendo a bere.
Priscilla
voltò lo sguardo malefico verso Fried e
sghignazzò, fissandolo in
maniera sinistra, il che fece intuire che qualsiasi cosa Laxus le
avesse detto doveva essere qualcosa contro di lui.
«Un
attimo! Laxus! Da che parte stai, insomma?» chiese Fried,
spaventato
all'idea che le avesse detto qualcosa di sconveniente. Magari il suo
punto debole, così da permetterle di potersela prendere
anche contro
di lui come già faceva con il povero Bickslow.
«Da
nessuna» rispose lui semplicemente.
«Difende
i più deboli, tipico dello spirito nobile di
Laxus!» osservò
Evergreen con un velo d'orgoglio per il leader del loro piccolo
gruppo.
«Che
cosa ti ha detto?» chiese Fried agitato e Priscilla
continuò a
sghignazzare, rispondendogli: «Lo scoprirai».
L'agitazione
prese possesso di lui, soffocato nel limbo dell'ignoto. Cosa sapeva?
Cosa gli avrebbe fatto? Cosa le aveva detto Laxus? Era ovvio che lui
sapesse tutti i punti deboli e i segreti di Fried, quale di questi
aveva usato contro di lui? Da cosa doveva difendersi?
«Anche
io posso rivelare un segreto!» disse infine, alzandosi in
piedi. E
Priscilla sapeva bene a cosa si stava riferendo, visto che avevano
appena ammesso di aver origliato la loro conversazione del giorno
prima. Si alzò in piedi a sua volta, col volto rosso dalla
vergogna
e dalla rabbia: Laxus era lì con loro, non doveva nemmeno
accennare
al fatto che quel fantomatico discorso che tanto le aveva agitate
riguardava lui, non voleva nemmeno provare a dare delle spiegazioni.
Sarebbe stato estremamente imbarazzante.
«Provaci
e puoi dire addio alla tua Action Figure di Hibiki dei Blue
Pegasus!»
minacciò puntandogli un dito contro.
«Quella
era un segreto!» urlò Fried portandosi le mani al
volto, moribondo
per l'imbarazzo.
«Io
so dove la tieni nascosta» sghignazzò Priscilla.
«Anche in questo
momento posso spedire laggiù il mio vento e farla a
pezzi!»
«È
un pezzo raro! Non osare neanche sfiorarla!»
«E
allora obbediscimi!» ordinò Priscilla.
«Questo
è un colpo basso, Laxus!» brontolò
Fried, tremando dal nervoso.
«Mh?»
aprì un occhio Laxus, disinteressato come sempre.
«Non le ho detto
questo, io».
«Eh?»
squittì Fried, più confuso che mai. Bickslow
emerse da sotto al
tavolo ridacchiando nervoso e lentamente confessò:
«Ecco, forse
quello è sfuggito a me».
«Traditore!»
rabbrividì Fried e Priscilla finalmente, dopo giorni interi
di
tristezza, riuscì a scoppiare a ridere come non faceva da
tempo.
Wendy ebbe un tepore al petto nel sentirla, erano davvero passati
giorni dall'ultima volta che l'aveva sentita in quel modo, se non
contava la sera in cui si era ubriacata con Cana. La presenza di
Laxus, anche solo la sua presenza, senza che per forza fosse stato
costretto a fare niente o dire niente, era riuscita a sbrigliare il
nodo in cui si era incastrata ormai da giorni. Sorrise, intenerita, e
continuò ad osservarli.
«Hai
visto, Fried!» esclamò Priscilla, saltando in
ginocchio sul tavolo
per poter avvicinare la propria faccia a quella del presunto nemico.
«I fili della mia tela si allungano da ogni parte! Il mio
potere è
infinito!»
Un
ginocchio sul tavolo, l'altra gamba ben tesa ancora verso terra,
entrambe le mani poggiate sul tavolo e il corpo sporto in avanti. E
Laxus al suo fianco che per un istante era stato addirittura
costretto a spostarsi da un lato, per farle spazio e permetterle di
mettersi in quella posa proprio davanti ai suoi occhi. Qualche
istante, gli ci volle qualche istante prima di riuscire a tornare con
gli occhi puntati al proprio boccale, anche lievemente irritato da
quella particolare debolezza in cui era caduto proprio con lei. Si
sentì osservato e leggermente infastidito da questo, si
voltò verso
Evergreen che si sventolava e sogghignava. Sicuramente aveva notato
il suo sguardo cadere dove non avrebbe dovuto e la cosa le aveva dato
molto da pensare, oltre che essere divertente.
«Ti
piace il nuovo look di Pricchan? Gliel'ho scelto io»
ridacchiò,
divertita dal fatto che quei pantaloncini così corti
avessero in
qualche modo svolto il loro lavoro, anche se in un momento che certo
non si aspettava.
«Dovrebbe
importarmi?» grugnì lui, irritato all'idea che
l'avesse scoperto.
«Chiedevo
tanto per sapere» ridacchiò ancora Evergreen,
attirando persino
l'attenzione dei due litiganti, confusi sul motivo per il quale lei
avesse tirato in ballo i vestiti proprio in un momento come quello.
Priscilla ebbe un sentore e si voltò appena, notando come
effettivamente cosce e sedere, senza volerlo, fossero puntati
direttamente in direzione del viso di Laxus e nemmeno troppo distanti
da lui. Avvampò, abbassando gli occhi, e Fried sopra di lei
ridacchiò malefico sapendo che avrebbe potuto giocare
benissimo
quella carta a suo vantaggio se avesse voluto.
«Non
fiatare» sibilò lei, tornando lentamente alla sua
sedia.
La
porta della gilda si spalancò improvvisamente proprio in
quel
momento con un tonfo e Happy entrò, sudato e ansimante per
il volo
frenetico. Stringeva tra le zampe un flaconcino, fiero ed orgoglioso,
che sventolò per aria urlando: «Ce l'ho!»
Ma
Charle arrivò appena dietro di lui, non aspettandosi di
trovarlo
immobile proprio davanti all'ingresso, e gli andò addosso.
Il
flacone gli scivolò dalle zampe, sotto lo sguardo
terrorizzato di
Happy, Charle e persino Wendy che aveva immaginato cosa potesse
essere. Cadde a terra e si frantumò.
«Che
disgrazia!» urlò Happy, pallido in viso.
«Perché
ti sei fermato così?» chiese Charle, altrettanto
bianca in viso.
Un
aroma particolare si alzò lentamente dalla pozza che si era
creata a
terra, intenso, sapeva di fiori e di frutti, di cioccolato e dolci
vari, il leggero pizzicore di un peperoncino, l'aspro di un limone.
Odori che si susseguivano e si mischiavano, insinuandosi pian piano
nei nasi di tutti quelli che si trovava nei paraggi.
«E
ora?» balbettò Charle, spaventata a cosa sarebbe
successo da lì a
poco.
Priscilla
si sentì pizzicare il naso e starnutì almeno un
paio di volte
consecutivamente.
«Ti
sei presa un raffreddore?» chiese Bickslow, preoccupato.
«C'è
qualcosa nell'aria...» mormorò lei, pulendosi con
un tovagliolo.
«Pizzica» e starnutì
nuovamente.
«Funzionerà?»
chiese Charle, guardando Priscilla attentamente e con un leggero
batticuore.
«Laxus...»
la voce abbandonata, ammaliante, di Evergreen un attimo prima che si
stringesse all'uomo. Gli avvolse un braccio, stringendo contro i suoi
muscoli il proprio petto prosperoso, e con la mano sinistra
risalì
lungo il petto dell'uomo. «Ti ho mai detto che quella
cicatrice è
veramente affascinante?»
Laxus
tentò di arretrare lievemente, sorpreso e soprattutto
inquietato da
quell'improvviso atteggiamento di Evergreen.
«Ever?»
balbettò Bickslow, sconvolto, mentre la vedeva abbandonata
su di lui
che gli accarezzava sensualmente le spalle.
«Perché
lei?» gridò Charle, portandosi disperata le zampe
alla testa.
«Natsu»
la voce di Lucy, altrettanto ammaliante, mentre la ragazza cercava
come Evergreen di abbracciare e accarezzare il ragazzo. «Mi
accarezzi il mento come fai sempre?» mormorò.
«Quando
mai l'ho fatto?!» sobbalzò Natsu, shockato.
«Anche
lei!!!» urlò Happy, sempre più
pallido.
«Macao»
la voce di Cana, che lentamente strusciava su di lui con lo stesso
atteggiamento suadente di Lucy e Evergreen. «L'età
ti ha reso molto
più sexy».
«Wakaba-kun,
perché non mi inviti da qualche parte una volta? Ti mostro
la mia
collezione di Bikini» si unì Mirajane,
abbracciando e stendendosi
lentamente su Wakaba che perdendo sangue dal naso svenne
nell'immediato.
«Persino
Mira!» gridò Charle.
«Gray-sama!
Ho comprato un nuovo costume, vuoi vederlo?»
esclamò Lluvia,
cercando di avvinghiarsi a Gray.
«Lluvia
è rimasta uguale» osservò Happy, per
niente stupito.
Levy
che si sporgeva su Gajeel, schiacciandosi contro di lui e cercando di
arrivare al suo viso. Lisanna che si stendeva su Jet, Kinana
addirittura che si strofinava su Elfman, Bisca che facendo cerchi sul
petto di Alzack gli rivolgeva proposte abbastanza esplicite, Erza in
ginocchio davanti a Makarov che le chiedeva di accarezzarla
perché
era diventata un gattino.
«Ha
coinvolto tutte quante!» si portò le zampe alla
testa Happy.
«Sì...
ma perché solo le donne?!» gridò
Charle, sconvolta, guardando come
invece i ragazzi fossero sorpresi e confusi, per niente sotto
l'effetto di quel profumo a detta di Ichiya "romantico". «E
perché hanno tutte atteggiamenti sessualmente espliciti? Non
c'è
niente di romantico in tutto questo! Che razza di visione del
romanticismo ha quell'uomo perverso!» e lentamente si
accasciò a
terra, sentendosi svenire. «Abbiamo commesso un
errore».
«Su
di te non ha effetto» osservò Happy.
«Forse perché sei un
Exceed».
«Nemmeno
su di me ha avuto nessun effetto» si avvicinò
Wendy, presa dal
panico di quanto stesse succedendo.
«Probabilmente
è perché sei ancora una bambina»
azzardò ancora Happy, mentre
Charle sembrava non essere più in grado di riprendersi.
Il
caos stava scendendo sull'intera Fairy Tail, con le donne che si
strofinavano, chiedevano, adulavano e corteggiavano gli uomini
più o
meno accondiscenti. Alcune azzardavano persino la via diretta della
proposta o del bacio, ma il risultato era che era evidente che ci
fosse qualcosa di sbagliato in tutte quante e più passavano
i minuti
più la cosa si faceva intensa. Erza era diventata
aggressiva,
minacciò Makarov con la spada di obbedire a tutte le sue
richieste.
Mirajane si era addirittura trasformata per minacciare Wakaba di non
svenire e pensare a coccolarla. Lentamente stavano tutte peggiorando,
diventando sempre più aggressive in quelle richieste
assurde,
pretendendo non solo le attenzioni ma iniziando persino a contendersi
gli uomini tra di loro. Lucy e Lluvia iniziarono a litigare per Gray,
strattonandolo, ferendolo e finendo col combattere tra loro e farci
finire lui in mezzo. Natsu provò a scappare, ma Erza lo
schiacciò
sotto al proprio piede, ordinandogli di leccarglielo.
«Erza
ha fantasie feticiste!» si portò le mani al volto
Wendy, sconvolta.
«Che
razza di perversioni ha quella donna?!» si accodò
Charle. Mirajane
stava pretendendo di mettere il guinzaglio a Macao e Wakaba, ma Cana
era scena in difesa di quella che a detta sua era il suo uomo e anche
tra le due scoppiò la lite. Tutte litigavano, urlavano e si
minacciavano, si abbandonavano sugli uomini chiedendo chi di loro
preferissero, poi li strattonavano, se li bisticciavano e loro
piangenti cominciarono a cadere, uno dopo l'altro, esausti.
Priscilla
riuscì a smettere di starnutire e si guardò
attorno con occhi
spalancati, notando la strage che stava avvenendo proprio davanti a
lei.
«Che
è successo a tutte?» chiese confusa e ora
spaventata.
«L'unica
su cui doveva funzionare non ha funzionato!!!»
urlò Charle,
sentendosi morire. E di nuovo si accasciò a terra, ormai
sconfitta.
«Charle!»
la chiamò Wendy preoccupata. «Non
arrenderti!»
«Hai
ragione, dobbiamo fare qualcosa!» si rialzò
Charle, decisa a
trovare una soluzione a tutto quello.
«Natsu
è stato sconfitto!» pianse Happy, guardandolo a
terra, moribondo,
con Erza che lo sculacciava.
Priscilla
sentì Laxus al suo fianco sporgersi verso di lei e
schiacciarsi con
la schiena, come se stesse cercando di allontanarsi da qualcosa. Si
voltò e solo allora notò Evergreen che,
temeraria, aveva cominciato
ad arrampicarsi sul suo petto per cercare di arrivare al suo volto e
probabilmente tentare di baciarlo. Priscilla lanciò un urlo
furioso
e terrorizzato, prima di lanciarsi oltre la spalla di Laxus e colpire
Ever con un pugno in faccia, lanciandola via.
«Sei
impazzita?!» le gridò contro, stringendo la testa
di Laxus tra le
braccia con fare protettivo. Evergreen si rialzò da terra
con una
luce malefica negli occhi e sogghignando come un demone si
lanciò
nuovamente sui due, pronta a lottare per il suo uomo. Priscilla
strinse ancora di più Laxus al petto, forse anche troppo, ma
il suo
desiderio di protezione in quel momento trascendeva ogni evidenza. E
Laxus si trovò quasi soffocato all'interno del suo seno,
mentre lei
cercava di tenere lontana Evergreen con un piede.
«Raijinshuu!»
provò chiamare in sua difesa, ma sia Fried che Bickslow
erano a
terra, caduti vittime delle ragazze prima che potessero rendersene
conto.
«Charle!»
disse Wendy, stringendo i pugni determinata. «Vai a cercare
Ichiya-san! Lui avrà sicuramente qualcosa per riportarle
alla
normalità!»
«Sì!»
si alzò lei, pronta a tornare a volare. «Fai
attenzione, Wendy».
La
ragazzina annuì e si separò dall'amica che con
velocità massima
era di nuovo uscita dalla gilda. Corse verso il trio Laxus, Priscilla
ed Evergreen e intervenne in difesa dell'amica, cominciando a
spingere via una Evergreen che si dimenava come un serpente urlando
di lasciar andare il suo uomo.
«Wendy!»
chiamò Priscilla, felice di vedere che almeno qualcuno, come
lei, si
era salvata da quella follia. «Che sta succedendo?»
chiese,
sperando che lei avesse qualche risposta. Notando come Ever fosse
tenuta sotto controllo dalla bambina rilassò i muscoli,
permettendo
a Laxus di riprendere a muoversi, anche se non lo liberò del
tutto
dalla sua presa. Laxus stringeva tra le dita la maglia di Priscilla e
aiutandosi in quel modo, tirandola un po', riuscì almeno a
tirar
fuori dal suo seno gli occhi per guardarsi attorno.
«Fairy
Tail la ricordavo caotica, ma non fino a questo punto»
commentò con
voce palesemente imbarazzata. Priscilla abbassò gli occhi su
di lui
e solo allora notò che nel disperato tentativo di
proteggerlo se
l'era stretto proprio sul petto, da dove ora emergeva ora
parzialmente per guardarla con occhi pieni di vergogna.
«È
colpa di uno dei profumi di Ichiya!» spiegò Wendy.
«È una lunga
storia, ma Charle è andata a cercarlo per una soluzione.
Cerca di
resistere, Priscilla-nee».
«Lunga
storia o meno, bisogna che me la spiegate poi»
mormorò lei,
incredula per l'assurdità di quell'evento.
«Laxus»
la voce di Levy, come fosse quella di uno spettro appena riemerso
dall'ombra. Con un urlo Priscilla lo strinse nuovamente al petto,
tornando a soffocarlo, e si voltò verso l'amica che
procedeva verso
loro come uno zombie. Dietro di lei, anche Lucy, Laki, Cana... tutte
erano lì, che li circondavano, e lentamente gli si
avvicinavano.
«Hanno
messo tutti fuori gioco!» sussultò Priscilla,
panica nel volto.
«Laxus
è l'ultimo ancora in piedi! Lo vogliono tutte!»
disse Wendy
terrorizzata, un attimo prima di essere sopraffatta non solo da Ever
ma anche dal resto delle ragazze di Fairy Tail che la schiacciarono
come fosse un insetto per procedere verso la coppia Priscilla-Laxus.
«Wendy!»
chiamò Priscilla, disperata come se l'avesse appena vista
morire
divorata da un mostro. Ma non poté concentrarsi troppo su di
lei che
le ragazze, con le loro affusolate mani, erano già su di
loro.
«No!»
tremò Priscilla, cercando di schiacciare Laxus tra lei e il
muro
alle loro spalle. «Non lo avrete mai! Non ve lo
permetterò!» disse
lottando per riuscire a restare frapposta tra loro e lui, come uno
scudo umano. E pian piano vennero schiacciati, sopraffatti, come
un'onda che li fece cadere a terra. Ma Priscilla non si arrese e
continuò a tenersi a protezione dell'uomo, che in
realtà l'unica
cosa che faceva era cercare di tornare a respirare e tirar fuori la
testa dal quel loculo dell'imbarazzo che era il seno di Priscilla.
Presero Priscilla per le spalle e iniziarono a tirarla via,
costringendola ad alzarsi, ma lei si portò ancora dietro
Laxus,
avvinghiata come un polipo non era intenzionata a lasciarlo andare
per nessun motivo. Ma questo permise al gruppo femminile di Fairy
Tail di circondarli, e mentre il lato sinistro tirava via Priscilla,
quello destro riuscì ad afferrare Laxus.
«Questa
storia sta cominciando a scocciarmi» bofonchiò lui
per quanto
potesse.
«Non
azzardarti a usare la magia!» lo riprese Priscilla,
abbassando gli
occhi e incrociando i suoi ancora schiacciati al proprio
petto.
«Non
sono più in loro» cercò di
giustificarsi lui.
«Sono
mie amiche! Non puoi far loro del male! Dobbiamo solo resis-»
«Laxus»
la voce mugolante di Lucy, mentre sgusciava sulla sua schiena e
infilava una mano in una fessura che si era creata tra lui e
Priscilla, accarezzandogli il ventre pronta a scendere verso il
linguine. Un colpo di vento, potente da riprodurre il rumore di uno
sparo, e Lucy venne scaraventata contro il muro sfondandolo. Perse
sangue da un taglio sulla testa e svenne infine, sotto lo sguardo
incredulo di Laxus. Non solo Priscilla aveva mandato in barba in un
secondo tutte le parole sull'amicizia e il resistere, ma l'aveva
ferita forse anche gravemente.
«Ora
mi avete stancata» sentì il ruggito di Priscilla,
cupo e tetro,
mentre il vento cominciava a scorrere lentamente intorno a loro,
insinuandosi nei pochi spiragli tra i corpi che avevano avvinghiati
addosso.
Un
turbine improvviso lanciò tutte lontano, molte delle quali
sbattendo
su sedie e muri persero i sensi. Ma minacciosamente due figure
restarono invece illese, avvolte dalla loro aura oscura.
Mirajane
e Erza, la prima trasformata in demone e la seconda equipaggiata con
una sexy ma potente armatura, la guardarono furiose, per niente
smosse dal suo attacco. Sia Priscilla che Laxus ebbero un
sussultò nel vederle non solo ancora in piedi ma
più cariche e
incazzate che mai. Ed entrambi seppero che non c'era nessuna
speranza, di fronte alle peggiori creature che il mondo della magia
avesse mai potuto partorire.
«Morirò»
sibilò Priscilla, pallida in viso per il terrore.
Laxus
prese un grosso respiro e approfittando della debolezza che parve
prendere i muscoli, ora molli, di Priscilla poggiò le mani a
terra e
si rialzò, separandosi da lei.
«No,
se combattiamo insieme» disse lui, guardando le due
determinato.
«Eh?»
chiese Priscilla, guardando Laxus sopra di sé con aria ora
più
sollevata e anche un po' emozionata. Bastava l'idea che lui non
volesse finire nelle loro mani a farla sentire molto meglio.
«Non
dobbiamo per forza sconfiggerle e far loro del male. Ci basta
resistere il tempo che la micetta torni con la soluzione,
giusto?»
chiese Laxus, tirandosi in ginocchio e cominciando a caricarsi di
elettricità. La guardò appena, rivolgendole un
sorriso deciso. «Un
gioco da ragazzi per i fratelli tempesta» e le porse la mano,
per
aiutarla ad alzarsi. L'emozione che le arrossò le guance,
l'intenso
batticuore nel petto. Con lui a fianco, persino il duo Erza-Mira non
sembrava poi così pericoloso.
«Sì»
annuì, prendendogli la mano e rialzandosi insieme a lui. Il
vento
cominciò a soffiare ai loro piedi, l'elettricità
li avvolse come
uno scudo, mano nella mano fissarono le due nemiche pronti a
qualsiasi evenienza. Fecero la loro mossa.
Mira
e Erza si lanciarono su di loro, armi spiegate, pronti a colpirli. Un
colpo di vento li fece saltare entrambi, permettendogli di schivare
il loro attacco che ebbe come effetto solo quello di sfondare il
pavimento. Vento ed elettricità si scagliarono contro di
loro,
insieme ai due detentori di quella magia, dopo essere rimbalzati sul
muro lasciando in essi profondi solchi e buchi. Tentarono di
colpirle, ma le due schivarono e il buco nel pavimento si
amplificò
inghiottendo l'intera gilda, facendone cadere le fondamenta e
portando l'intera struttura ad inclinarsi.
«Arrivano!»
disse Laxus, voltandosi e soffiando il suo ruggito del drago
aprì
uno squarcio sull'intero fianco nord della gilda. Ma ancora le due
riuscirono a schivarlo.
«Tornado»
richiamò Priscilla, sfondando il tetto con un tornado che
penetrò
all'interno e cominciò a inseguire le due donne sotto ai
propri
comandi. Erza si trasformò ancora, lanciando le proprie
spade
ovunque nel tentativo di colpirli ma ancora il vento di Priscilla li
protesse mentre Laxus lanciava fulmini ovunque nel tentativo di
colpirle. Si tennero testa a lungo, con nessuno che riusciva a
colpire nessuno, fino a quando Erza non cominciò a
concentrarsi su
Priscilla. Quest'ultima si trovò costretta a cedere a lei
tutte le
sue attenzioni e questo permise a Mirajane di approfittarne,
attaccandola da sinistra.
"Si
sono organizzate, unendo le forze contro quella che considerano la
più debole" pensò Laxus, voltandosi verso
Priscilla.
«Pricchan!» chiamò preoccupato, prima di
trasformarsi in fulmine
per raggiungerla in tempo. La spinse via, salvandola dall'attacco di
Mira, e strinse i denti pronto a sentirne il dolore su di
sé. Ma
questo non avvenne.
Impegnati
com'erano nella lotta si erano dimenticati il motivo per il quale
essa era scaturita. Mirajane non lo colpì ma
allargò le braccia e
si aggrappò a lui, stringendolo e schiacciando il proprio
viso sul
suo petto mormorando un trasognante: «Laxus».
Laxus
tirò indietro la testa e il petto, nella vana speranza di
allontanarsi da lei. Il volto ora deformato in un'espressione di
imbarazzo e disperazione, un "maledizione" colmo di
vergogna stretto tra i denti.
E
ora scoperto anche per Erza fu facile raggiungerlo e avvolgerlo tra
le braccia, sul fianco destro, schiacciando lentamente il seno contro
il suo viso.
L'ultimo
sguardo di Laxus, prima che i suoi occhi venissero inghiottiti dal
petto di Erza, andò a Priscilla verso cui allungò
una mano come a
volerle chiedere aiuto. La vide rimettersi in piedi, gli occhi in
lacrime, disperata, che correva verso di lui chiamando il suo nome.
Priscilla saltò verso i tre, tirando un pugno indietro
pronta a
colpire e cercare di salvare l'uomo, ma con grande sorpresa da parte
di entrambi sia Mirajane che Erza ebbero uno svenimento. Persero i
sensi, caddero a terra, lasciando andare Laxus proprio quando
Priscilla era vicino a lui. Il braccio si tirò in avanti,
ora verso
il vuoto che quell'improvviso evento aveva cambiato la posizione
delle sue nemiche. Superò il volto, ora libero, di Laxus,
diretto
alle sue spalle, e lei trascinata ancora dalla potenza di esso si
scontrò contro l'uomo che cadde a terra. Con il fiatone lei
alzò la
testa e aprì gli occhi, scoprendosi così stesa
sopra Laxus, caduta
insieme a lui. Poteva sentire il suo respiro, altrettanto affannato
per la lotta appena sostenuta, sfiorarle il naso tanto i loro volti
erano vicini. Il cuore le batté in petto tanto forte che la
tensione
e l'emozione le impedì di muoversi per qualche istante. Gli
occhi
persi in quelli dell'altro, anche Laxus parve per un istante incapace
di muoversi, e restarono lì, a guardarsi, labbra dischiuse,
i
respiri che si toccavano, i profumi che li inebriavano, gli sguardi
che parevano scavare a fondo in quello dell'altro, avidi, come se
avessero potuto scoprire al loro interno un prezioso tesoro. Potevano
sentire, attraverso i loro petti, il battito del cuore accelerato
dell'altro. Colpa del combattimento, così si dissero,
lasciando però
che quei battiti si coordinassero e risuonassero insieme.
«Wendy!»
la voce di Charle, disperata mentre correva dalla bambina a terra,
ruppe quella specie di incantesimo in cui stavano affogando. Si
voltarono a guardarla mentre scuotendo il corpo della bimba Charle
cercava di risvegliarla. In piedi vicino alla porta d'ingresso c'era
Ichiya, boccetta ancora in mano, sguardo come sempre da duro e un
occhio nero.
«Sono
arrivato appena in tempo, men»
commentò, guardando i due stesi a terra salvati in extremis
dal suo
intervento.
"Perché
l'occhio nero?" si chiesero entrambi, anche se già potevano
immaginare cosa fosse successo visto che a cercarlo e portarlo
lì
era stata Charle. Probabilmente non gli aveva risparmiato prima una
bella lavata di capo su quanto quella sua pozione fosse pericolosa e
soprattutto disgustosa.
«Charle,
fai presto ti prego» piagnucolò Wendy, ancora
troppo colpita da
quell'evento per rendersi conto che la micetta era già
lì e aveva
già risolto tutto.
Priscilla
si rialzò lentamente, mettendosi a sedere a gambe incrociate
vicino
a Laxus, anche lui che si tirava su, e si guardò attorno,
contando
ora danni e feriti.
«Che
razza di maleficio era?» chiese, potendosi ora concedere un
po' di
sorpresa e curiosità, visto la tranquillità della
situazione.
«Il
parfum dell'amore, i suoi micidiali effetti non lasciano scampo a
nessuno. L'ho ideato io stesso, men» roteò Ichiya
fino ad
avvicinarsi a lei.
«Su
di me non ha funzionato» si indicò Priscilla,
sottolineando così
il fatto che tanto micidiale e infallibile quel coso non fosse.
«Forse
perché non sei abbastanza donna» suppose Ichiya,
ferendo tanto
Priscilla che il crash del suo cuore che andava in pezzi fu udibile
quasi a orecchio nudo. Il pugno di Laxus fu rapido come uno dei suoi
fulmini e lo centrò in pieno nell'altro occhio, quello
ancora sano,
non solo completando l'opera e annerendo anche quello ma impresse in
quel colpo abbastanza forza da lanciare l'ometto fuori da uno degli
squarci nei muri della gilda lanciandolo lontano fino a destinazione
ignota.
Il
suo «meeeeeeeen»
fu comunque udibile a lungo.
«Così
la prossima volta ci pensa su due volte prima di inventare queste
schifezze» così giustificò il suo colpo
e lo sguardo furioso, ma
Priscilla, in cuor suo, sentiva che non era stato proprio quello il
motivo di quello scatto d'ira, quanto l'ultima frase che Ichiya aveva
detto proprio riguardo a lei. Forse era solo un suo desiderio, ma si
concesse di crederci che Laxus l'avesse difesa ancora una volta, e
sotto quel dolce pensiero, ripercorrendo con la mente gli eventi
appena passati tra il combattimento fianco a fianco e quel batticuore
di poco prima, sorrise e arrossì.
Un
lamento attirò la sua attenzione, primo fra tutti Macao
aprì gli
occhi e cercò di rialzarsi, guardandosi attorno confuso. La
gilda
pendeva da un lato, gran parte delle fondamenta erano crollate, il
tetto ormai era praticamente inesistente, come tutta la fiancata
sinistra e gran parte di quella frontale. Danni come quelli erano
riparabili solo con la demolizione e la ricostruzione dall'inizio,
con una spesa tanto alta da essere incalcolabile. Non ebbe neanche la
forza di urlare, sembrò perdere l'anima tutto a un tratto, e
crollò
a terra nuovamente.
Ci
sarebbero volute ore e decine di tentativi, prima di riuscire a farlo
riprendere del tutto.
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Capitolo 41 *** Sii forte ***
Sii
forte
Erano
passate due settimane, alla fine, dal ritorno dei dispersi di
Tenroujima. La gilda era stata rapidamente ricostruita su minaccia di
Macao, in pochi giorni, costringendo Priscilla a usare tutto il
potere che aveva, giorno e notte. Natsu l'aveva vista come l'ennesima
sfida e aveva per fortuna deciso di aiutarla, coinvolgendo in
quell'assurda idea anche Gray e Gajeel. Wendy e Charle si sentivano
dirette responsabili e anche loro aveva contribuito offrendo lavoro
non solo per la manodopera ma anche per ricomprare i materiali
necessari. Laxus se lo sarebbe volentieri risparmiato, ma Priscilla
aveva brontolato così tanto sul fatto che anche lui avesse
la sua
parte di colpe in quella distruzione, che non poté far altro
che
accettare e dare anche lui il suo contributo. Erza si era unita per
un qualche motivo ancora ignoto, blaterando di battaglie. Lucy e
Happy si erano ritrovati a dover sollevare pietre senza sapere
né il
perché né come fossero finiti lì,
sapendo però che era
sicuramente colpa di Natsu che li coinvolgeva in tutto quello che
faceva. I Raijinshuu si erano categoricamente rifiutati di lasciare
soli i loro due beniamini in quel lavoro, Evergreen in particolare si
era sentita talmente tanto in colpa per aver cercato di baciare Laxus
di fronte a Priscilla che si era accollata i lavori più
pesanti...
per poi scaricarli sulle spalle di Elfman, che aveva coinvolto in un
qualche misterioso modo. Lisanna aveva desiderato aiutare suo
fratello, Mirajane aveva sostenuto tutti con delle bevande e del
cibo, Kinana, Levy, Cana, Droy e Jet... alla fine tutti, per qualche
motivo, si erano ritrovati coinvolti nei lavori, tranne Makarov e
Macao che guardavano tutti come genitori severi che si assicuravano
che le punizioni ai figli maldestri venissero rispettate.
Erano
passate due settimane dalla ricomparsa dei superstiti di Tenroujima e
la gilda era appena stata ricostruita, dopo il terribile incidente
del parfum
di
Ichiya -che nessuno, in realtà, capì mai come
fosse potuto arrivare
all'interno della loro gilda né il motivo per il quale fosse
lì.
Il
giorno successivo all'inaugurazione del nuovo edificio, Makarov
radunò tutti i membri per un importante annuncio. Non perse
troppo
tempo nei convenevoli e andò dritto al sodo.
«Sono
qui oggi per annunciarvi il mio ritiro come Master e presentarvi il
mio ufficiale successore» disse e Macao, rosso in volto,
cominciò a
sistemarsi la giacca speranzoso.
«Il
quinto Master di Fairy Tail sarà... Gildarts
Clive!» disse
indicando Mirajane alle sue spalle. Un gesto che certo andava a
cozzare con quanto avesse appena annunciato, anche se Mirajane
sorrideva e salutava allegra.
«Mira-chan
ha cambiato nome?» chiese Priscilla, chinando la testa da un
lato.
«Eh?»
chiese Makarov, non capendo e voltandosi a guardare laddove era
convinto si trovasse Gildarts. «Dov'è
Gildarts?!» gridò
sconvolto, notando anche lui che non fosse lì e che avesse
messo
Mira al suo posto.
«Ha
lasciato una lettera» disse Mirajane, porgendola a
Makarov.
«Cosa
dice?» chiese curioso Natsu, vedendo il volto di Makarov
impallidire
riga dopo riga.
«Al
master e a tutti i miei compagni di gilda...» lesse ad alta
voce.
«Per quanto riguarda la questione del master mi dispiace ma
non è
proprio cosa per me. Ma dal momento che ne sono stato investito, ne
approfitto per impartire alcune direttive in qualità di
quinto
master. La prima è di reintegrare Laxus a Fairy Tail,
così forse
potrà finalmente perdonarmi per quella faccenda di sua
sorella» e
per quanto fosse una notizia magnifica per i due fratelli Dreyar, si
ritrovarono entrambi ad arrossire e cadere nel mutismo assoluto
mentre gli sguardi dell'intera gilda si voltavano a loro, curiosi e
confusi.
«Che
diavolo gli passa per la testa?!» ruggì Makarov,
sgambettando
furioso, prima di dire in un finto tono furibondo: «Bene. Se
è un
ordine del quinto Master, non posso che sottostare a questa
condizione».
Evergreen
e Bickslow saltarono alle spalle di Laxus, festeggiando per il suo
ritorno, mentre Fried piangeva commosso al loro fianco. Laxus li
lasciò fare, non mostrando né particolare
entusiasmo ma nemmeno di
essere contrario, anche se chi lo conosceva bene sapeva leggere
dentro i suoi occhi un pizzico di felicità e sorpresa.
Priscilla,
stranamente per una come lei, non fu molto rumorosa né prese
parte
ai festeggiamenti. Restò al fianco dell'uomo, mani unite
dietro la
schiena, lo guardava sorridendo con una certa soddisfazione, leggendo
la felicità negli occhi di Laxus e beandosi solo di questo.
Lui la
notò e non gli ci volle molto per riuscire a mettere insieme
i
pezzi. Cominciò a capire, Priscilla seppe che lo stava
facendo, e
sorridendo luminosa gli rivolse un occhiolino.
«Gliel'hai
chiesto tu?» chiese conferma e lei semplicemente
ridacchiò. «Ho
solo provato a suggerirgli che forse poteva essere un buon modo per
sistemare quella vecchia faccenda dell'esame»
ridacchiò
ondeggiando.
«Quale
faccenda?» chiese Bickslow, curioso.
«Già!
Perché Gildarts ha qualcosa da farsi perdonare da te,
Laxus?»
chiese Evergreen, altrettanto curiosa.
«Non
ne ho idea e non mi interessa!» rispose seccamente Laxus,
tornando
ad arrossire benché lo sguardo fosse dei più
furiosi che avesse mai
assunto.
Priscilla
ridacchiò divertita, restando semplicemente vicino a lui, a
gongolare silenziosamente per la buona riuscita del suo piano. Non ce
l'avrebbe mai fatta se non avesse avuto a fianco Cana, doveva
ricordarsi di ringraziarla.
"Sei
una donna ormai, se vuoi qualcosa... te lo prendi!"
Il
consiglio migliore che qualcuno le avesse mai dato.
«E
la seconda» riprese a leggere Makarov.
«È nominare Makarov Dreyar
come sesto master di Fairy Tail... DI NUOVO IO?!»
Urlò, sconvolto e
disperato. Sembrava che qualcuno lo avesse appena condannato a morte.
Lasciò cadere la lettera, privo persino della forza di
proseguire,
ma Mirajane la prese da terra e finì di leggere per lui:
«Io girerò
il mondo e al momento giusto tornerò. Fino ad allora statemi
bene.
Cana, scusa se ti lascio di nuovo sola, ma ogni volta che sentirai la
mia mancanza puoi infondere i tuoi sentimenti in questa
carta» e
porse a Cana una carta da gioco con sopra disegnato il volto di
Gildarts e sotto inciso il suo nome. «Quei sentimenti
arriveranno a
me tramite la carta che ho io e non appena li sentirò
correrò da
te» proseguì Mirajane, ma Cana con un sorriso in
volto strappò la
carta sostenendo: «E chi la vuole! Stupido vecchio, te l'ho
già
detto: le cose mi stavano bene già com'erano
prima».
«Fairy
Tail» continuò Mirajane. «Fairy Tail
è la mia casa. Prometto che
tornerò. Fino ad allora il mio desiderio è che
Fairy Tail possa
diventare di nuovo la gilda numero uno di tutta Fiore. Ma questa non
è una mia responsabilità... è vostra.
Master, questo è il tuo
ultimo compito. Riporta Fairy Tail sulla cima di Fiore».
«Ultimo
compito un corno, cretino!» ruggì Makarov,
agitandosi per il
nervoso. «Ti faccio vedere io! Non cederò mai
più a qualcuno il
titolo di master! Rimarrò Master fino a che non
tirerò le cuoia!
Ora portatemi da bere, presto!» e per quanto le sue urla
furono
serie, la sua rabbia tangibile, non ebbe altro effetto nei suoi
compagni che quello di farli scoppiare a ridere divertiti nel vederlo
così su di giri.
«Cana!»
l'urlo Priscilla anticipò il suo salto che la
portò ad appendersi
al collo della ragazza. Sorrideva felice come poche volte lo era
stata, tanto che le guance non assunsero un colore diverso da quello
del rosso per tanto tempo. «Beviamo assieme!» le
propose per
festeggiare e Cana si infervorò, decretando:
«Essia! Mira-chan!
Dell'alcol anche di qua, presto!»
«Io
l'avevo detto che alla prima occasione ci sarebbe ricaduta»
annuì
Gray, convinto.
«Priscilla-nee,
credi sia una buona idea? L'ultima volta le cose non sono andate
granché bene» provò a fermarla Wendy,
ma le due erano già sedute
con i propri boccali in mano e stavano brindando al magnifico giorno.
Un boccale si poggiò pesantemente di fianco a quello di
Priscilla,
poco dopo. Laxus afferrò la sedia al suo fianco e ci si
lasciò
cadere sopra, poggiando poi una pesante mano sulla testa di
Priscilla. Un gesto che sembrava una carezza ma che assunse
più le
sembianze di un atto di tortura dal momento che la stritolava e
spingeva verso il tavolo. Bevve un sorso, lasciando che la ragazza si
lamentasse per il dolore alla testa e i capelli sfatti, prima di
fulminare Cana oltre la spalla della sorella.
«Di'
un po', sei stata tu a portarla sulla via dell'alcol?» si
informò,
anche se era pronto a scommettere sulla risposta. Suonava come una
minaccia, sembrava pronto a prendersela con la donna per aver portato
la sorella su una cattiva strada, ma Cana non si lasciò
intimorire e
anzi esclamò con orgoglio: «Ci puoi scommettere!
Non hai idea di
che gioiellino sia Pricchan quando è ubriaca, può
rivelarti ogni
suo più profondo segreto con estrema legger-» si
interruppe, colta
da un'idea improvvisa che nacque proprio dalle sue stesse parole.
Un'intera conversazione avvenuta all'interno di una piscina in un
bagno pubblico, con Pricchan che aveva praticamente lasciato
intendere quali fossero i suoi reali sentimenti verso l'uomo che
adesso sedeva al suo fianco. Scattò come una faina verso la
ragazza,
la prese per i capelli e tirandole indietro la testa le
infilò una
bottiglia ancora del tutto piena in bocca rovesciandone all'interno
l'intero contenuto.
«Avanti,
piccoletta, butta giù senza troppe storie!» la
incitò
improvvisamente infervorata, mentre Priscilla si dimenava nel
tentativo di liberarsi da quella presa e quella tortura.
«Ohy...»
provò a richiamarla Laxus, preoccupato, ma senza avere le
forze di
intervenire realmente. Nessuno aveva mai visto Cana in quelle
condizioni, metteva quasi i brividi con quel suo sguardo
malefico.
«Cana-san!
Così la soffochi!» esclamò Wendy,
terrorizzata.
«Non
essere sciocca! Non può morire, ricordi?»
sghignazzò Cana,
continuando a rovesciare nella gola di Priscilla litri e litri di
alcol.
«E
questo basta a tranquillizzarti?!» chiese sconvolta Charle,
notando
come non le importasse del dolore che stesse recando alla povera
malcapitata. Finalmente la bottiglia venne svuotata, anche se era
più
l'alcol che era uscito e caduto a terra piuttosto quello che
effettivamente Priscilla aveva bevuto, e Cana la lasciò
andare.
Priscilla si accasciò sulle gambe di Laxus, al suo fianco e
dall'altro lato rispetto a Cana, un modo non solo per cercare la pace
ma anche per allontanarsi dal suo aggressore sentendo la vicinanza di
chi invece avrebbe potuto tranquillizzarla.
«Sei
crudele ad approfittarti di questa mia debolezza per dirvertirti,
Cana» biascicò, moribonda.
«Stupida,
lo faccio per te lo sai» sghignazzò Cana,
impugnando un'altra
bottiglia e sporgendosi con un piede sulla sua sedia. «Non
abbiamo
ancora finito!»
Priscilla
urlò terrorizzata e cominciando a tirare calci si
trascinò in
braccio a Laxus, abbracciandolo e cercando di mettere lui come muro
tra le due per difenderla. Cana l'afferrò per i vestiti e
cominciò
a tirarla per staccarla dalla presa dell'uom0, che ancora una volta
rimase impassibile se non lievemente scocciato per essere ancora
messo in mezzo a quel genere di questioni.
«Aiuto!
Cana è impazzita!» provò a dire
Priscilla, restando arpionata a
Laxus benché Cana avesse adesso messo un piede sul lato
della loro
sedia per fare leva e trascinarla. Charle e Wendy presero Cana per le
spalle e in aiuto a Priscilla tentarono di tirarla via, per
convincerla a staccarsi dalla ragazza, ma la presa di Cana sulla sua
vittima era ferrea. Urlarono e si dimenarono ancora, con Priscilla
che chiedeva pietà, un Laxus che restava impassibile
benché avesse
la sorella aggrappata a lui che lo strattonava con la stessa forza,
Charle e Wendy che tiravano dall'altro lato e Cana sempre
più
infervorata nel suo desiderio di farla ubriacare il prima
possibile.
Fino
a quando quella ridicola scena non venne interrotta dall'urlo di
Macao, che imperativo ordinava: «Romeo, smettila! Ne avevamo
già
parlato, quest'anno non parteciperemo!»
«Dobbiamo
farlo! Facciamolo!» insisté Romeo, per niente
spaventato da suo
padre.
«No,
no, e poi no! Mi oppongo totalmente!» ruggì ancora
Macao.
«Che
succede?» chiese Cana.
«Partecipare?»
chiese curiosa Priscilla.
«Non
hai l'autorità per decidere, papà! Non sei
più Master!» si impose
Romeo.
«Ma
posso sempre esprimere un'opinione in quanto membro della gilda! Chi
è contrario a partecipare alzi la mano!» e dietro
a lui anche tutti
i membri che non facevano parte dei dispersi di Tenroujima alzarono
lentamente la mano, chi più o meno titubante.
«Ma
questa volta è diverso! Abbiamo i membri dispersi di
Tenrou!»
insisté Romeo. «Ci sono anche Natsu-nii, Erza-nee
e Priscilla-nee!»
E
Priscilla sentendosi nominare insieme ai più forti, anche se
non
sapeva quale fosse bene l'argomento, sorrise allegra e
staccò una
mano dal collo di Laxus -dove era ancora aggrapata- per fare un
allegro segno di vittoria.
«Sei
diventata un membro dell'élite in mia assenza»
osservò Laxus con
un pizzico di orgoglio nella voce. «Sono diventata
fortissima!»
disse lei, inorgoglita e stringendo il braccio su se stesso contrasse
il bicipite per sottolineare quel concetto. Un gesto che
portò ad
avere ancora meno presa sul collo di Laxus e sbilanciò
l'equilibrio
della loro posa, con Cana che in piedi sull'altra sedia ancora la
tirava all'indietro per i piedi, e fece cadere all'indietro
quest'ultima facendo volare via la sedia dove stava. Priscilla perse
completamente la presa, sotto quell'improvvisa spinta, trascinata
dalla povera Cana che urlando cadeva addosso a Charle e Wendy alle
sue spalle, e con un urlo atterrò sopra di lei. Era
cominciato come
un gioco, dove Cana aveva il controllo e voleva far sbronzare
Priscilla, ed era finito con tutte e quattro fuori combattimento per
quell'orribile caduta.
«Priscilla-nee...
sei pesante» piagnucolò la bambina, sotto a tutto
il cumulo di
corpi.
«Perché
l'hai fatto, Cana?» piagnucolò Priscilla e l'amica
con quel poco di
voce che aveva sibilò un semplice: «Volevo
aiutarti ad aprire il
tuo cuore».
«Ancora
con questa storia, lasciatela in pace per l'amor del cielo!»
sobbalzò Charle, preoccupata e agitata visto che l'ultima
volta che
aveva provato a metterci lei lo zampino era finita con la gilda
distrutta e tutti i membri fuori combattimento.
«Insomma,
si può sapere di cosa state parlando?» chiese
Natsu a Romeo,
incuriosito come tutti quelli che per sette anni erano stati lontani
da casa.
«Mentre
voi non c'eravate è stato indetto un torneo
annuale» spiegò Romeo.
«Per decretare la gilda numero uno di Fiore. Partecipano
tutte le
gilde del continente, è un torneo tra maghi!»
«Wow!
Sembra una figata!» si infiammò Natsu, eccitato
all'idea.
«Si
chiama "I Grandi Giochi Della Magia"!» concluse Romeo,
suscitando l'entusiasmo in tutti i membri dispersi di Tenrou.
«Sembra
divertente!» esclamò Happy.
«È
come una festa» sorrise Gray, animato allo stesso modo.
«Potrebbe
essere una via diretta per riuscire a riportare il nome della gilda
in cima» osservò Erza, sorridendo.
«Tutte
le gilde partecipano? Ci saranno anche Leon e Cherry!»
sorrise
Priscilla, entusiasta, piantando le mani sul petto di Cana e
sollevandosi da terra. Ma quel gesto fece ancora più peso
sulle tre
che invece erano ancora sotto di lei, trovandosi ancora più
schiacciate.
«Priscilla-nee»
sibilò Wendy, allungando una mano nel vuoto.
Bickslow
dovette intervenire, prendendo Priscilla da sotto le braccia e
sollevandola da terra come una bambina. Evergreen prese Cana per le
braccia e la trascinò per spostarla da sopra Wendy, che
infine venne
raccolta da Fried e tirata nuovamente in piedi.
«Grazie
Fried-san» mugolò Wendy, tremolante.
«Charle,
stai bene?» si avvicinò Happy, guardando la
gattina ancora a terra,
senza neanche la forza di alzare una zampa.
«Quella
donna...» ringhiò Charle, già pronta a
prendersela e litigare di
nuovo con Priscilla... non appena fosse stata in grado di
rialzarsi.
«Sì,
ma il gruppo di Tenrou ha sette anni di vuoto davanti! Oggi
pomeriggio Max ha persino dato del filo da torcere a Natsu»
spiegò
Jet e Natsu abbaiò un offeso: «Questo non
è vero!»
«Ha
ragione, il nostro livello è uguale a quello di sette anni
fa mentre
loro sono diventati tutti più forti»
osservò Lucy, preoccupata.
«Se
Leon è diventato più forte allora anche io lo
sono! In fondo lui ha
messo la sua magia dentro il mio corpo» disse Priscilla,
tornando a
sorridere e arrossire come sempre faceva quando pronunciava quella
frase.
«Cos'ha
messo quel tizio nel tuo corpo?» chiese Laxus,
improvvisamente
corrucciato, non conoscendo bene nei dettagli quella parte di storia
se non per ciò che Priscilla continuava ad esclamare con
emozione
"Leon ha messo della magia nel mio corpo".
«Non
capisco perché ti diverte tanto creare quel tipo di
ambiguità su
quella faccenda» sospirò Fried, stanco di
sentirglielo ripetere e
sapendo bene quale fosse la realtà dei fatti.
«Che
c'è Laxus? Sei geloso?» lo provocò
Evergreen, sventolandosi col
proprio ventaglio e avvicinandosi all'uomo sogghignando.
«Sono
affari suoi» rispose lui, infastidito e cercando di tornare a
essere
indifferente.
«Ambiguità
o meno, ha osato intaccare il corpo della mia baby! Può
essere
l'occasione per fargliela pagare!» sostenne Bickslow,
stringendosi
Priscilla al petto come fosse una bambola. «Non sono tua... e
comunque Leon è mio amico, non osare fargli del
male» lo minacciò
Priscilla.
«Mmh...»
mormorò Makarov, pensieroso. «Pensate davvero di
poter partecipare
al vostro livello attuale?» chiese, dubbioso.
«La
gilda vincitrice si becca in premio trenta milioni di
Jewels!» disse
Romeo repentino, sapendo perfettamente dove andare a punzecchiare con
il master. E, come previsto, ebbe effetto visto che Makarov
saltò in
piedi urlando deciso: «Partecipiamo!».
«Impossibile!
Ci sono Lamia Scale e Blue pegasus» disse Droy preoccupato.
«Per
non parlare di Sabertooth! Sono i numero uno di Fiore!» si
accodò
Jet.
«Tutte
le volte che abbiamo partecipato siamo arrivati sempre
ultimi» disse
Warren, altrettanto contrario.
«Non
vi preoccupate! Ce la caveremo bene!» sostenne Makarov,
convinto più
che mai.
«Sono
tutto un fuoco!» esclamò Natsu, soffiando fuoco
come un vero drago.
«Quando si terrà questo evento?» chiese
poi.
«Fra
tre mesi» rispose Romeo e Natsu si infuocò ancora
di più,
sorridendo deciso: «Abbiamo tutto il tempo per allenarci!
Fairy Tail
è pronta a tornare a essere la gilda numero uno di
Fiore!» e dietro
di lui si alzò un coro di decisione ed entusiasmo da parte
del
gruppo di Tenroujima, più convinta e più eccitata
all'idea.
«Ma
dite sul serio?» mormorò Droy.
«Io
continuo ad essere contrario» si unì Alzack,
imbarazzato.
«Abbiamo
già deciso ormai!» esclamò Makarov, col
volto di chi aveva
certamente cattive intenzioni. «Andiamo a prenderci
quei
trenta milio... ehm... il titolo di gilda numero uno!»
E
Fairy Tail trovò in questo un ulteriore motivo per fare
festa e
baldoria, nonostante gli unici a mostrare interesse ed
entusiasmo continuarono a essere i membri di Tenroujima.
Il
giorno dopo alcuni di loro erano già partiti dalla mattina
presto,
verso varie destinazioni dove andare ad allenarsi per prepararsi.
Priscilla era all'interno della gilda insieme a molti di questi, che
faceva gli ultimi preparativi prima della partenza. Era entusiasta,
aveva deciso di partire con Laxus, riunirsi insieme a lui dopo tutti
quegli anni. L'idea di allenarsi insieme, affrontare viaggi e
avventure con lui come ai vecchi tempi, la eccitava tanto che non era
nemmeno riuscita a dormire. I fratelli tempesta sarebbero veramente
tornati e solo pensarci le scaldava il petto. Ne aveva parlato con
Wendy tutta la notte, preoccupata per lei, ma la bambina l'aveva
più
volte rassicurata che se avesse deciso di andare con Laxus e i
Raijinshuu lei ne sarebbe solo stata felice. Charle, che non vedeva
l'ora non solo di liberarsi della sua fastidiosa presenza ma ancora
sosteneva che quei due avessero bisogno di passare del tempo assieme,
non fece che incitarla. E così Priscilla, insieme ai
Raijinshuu, si
ritrovò ad aspettare l'unica ritardataria prima della
partenza:
Evergreen. Fu durante quell'attesa che successe qualcosa che avrebbe
sconvolto del tutto i suoi piani.
«Priscilla,
posso parlarti solo un istante?» chiese Makarov interrompendo
il
solito bisticcio tra lei e Bickslow, che sembrava più
emozionato di
chiunque altro all'idea di passare i successivi tre mesi insieme
all'oggetto delle sue più profonde fantasie.
Per
Priscilla fu solo una liberazione, si staccò da Bickslow con
un
colpo di vento e seguì suo nonno dentro un microstanzino
adibito a
ufficio.
«Credo
di essere il più felice tra tutti voi nel vederti riunita a
tuo
fratello» esordì lui, sedendosi a una scrivania e
invitando la
ragazza a fare altrettanto. «Vedere te e Laxus
sorridenti e
felici, quando partivate insieme, è sempre stata la cosa
più bella
che un nonno possa mai sperare di vedere».
«Perché
tanto romanticismo, vecchio? Che succede?»
«Vorrei
solo farti capire che se avessi potuto avrei scelto sicuramente un
momento migliore per mostrarti questo» disse lui con un
sospiro,
porgendo alla ragazza un foglio di carta.
«Che
roba è?» chiese Priscilla, afferrandolo e
guardandolo con
curiosità. Era un semplice foglio di carta, senza nessun
segno
specifico, con su scritto una richiesta di un lavoro anche abbastanza
mediocre e una cifra come ricompensa di medio valore. Niente di
eclatante, una missione come molte altre di media importanza, quasi
nulla, che non avrebbe destato l'interesse di nessuno. Se non fosse
stato che sopra di esso c'era scritto, specificatamente, "Priscilla
del vento".
«Una
richiesta specifica per me?» chiese lei. «Non
capisco, perché
tanto mistero?»
«Tu
sei detentrice della magia del Mirage, una magia unica e originale
che Mistgun ha ideato solo per te, sfruttando la tua abilità
di
controllo dell'aria» disse Makarov e Priscilla, sorpresa nel
sentir
tirare fuori quella questione, tornò a concentrare la sua
attenzione
sul foglio di carta che aveva tra le mani. Solo allora notò
la sua
particolarità. Era come se fosse ricoperto da un sottile
velo di
aria dalla consistenza anormale. Quel foglio, ora riusciva a
capirlo, nascondeva un segreto.
«Solo
una maga dell'aria può riuscire a percepire la differenza
tra
l'ambiente circostante e ciò che tiene nelle mani,
perché è
proprio l'aria che ne modifica l'aspetto. Se avessero usato una vera
e propria magia illusoria sarebbe stato più facile
individuarne il
segreto da parte di chiunque avesse un minimo di consapevolezza
magica. E solo chi possiede l'arte del Mirage può spezzarne
l'effetto».
«Questo
foglio... è sotto l'effetto del Mirage?» chiese
lei, sconvolta.
«Probabilmente
è perché tra tutte le magie dell'illusione
è quella più sicura
perché non è diretta, ma sfrutta l'ambiente
circostante» ipotizzò
Makarov. «Un ottimo modo per arrivare a noi senza farsi
scoprire. È
arrivata due giorni dopo il nostro ritorno da Tenrou, all'inizio non
ci avevo fatto troppo caso pensando a una richiesta come un'altra, ma
c'era qualcosa che non riusciva a convincermi, un sesto senso che mi
ha portato a indagare piuttosto che mostrartela subito. Tre giorni
dopo ne è arrivata un'altra, identica alla precedente, e poi
una
settimana dopo ancora una terza. Sono riuscito a scoprirne il segreto
solo questa notte e ho pensato fosse importante mostrartelo quanto
prima, vista anche l'insistenza del mandante che pare avere una certa
fretta».
Priscilla
poggiò il foglio sul tavolino che aveva di fronte e ci
avvicinò il
palmo della mano, chiedendo: «Sai già cosa
nasconde?»
«No,
sono solo riuscito a capire quale fosse l'incantesimo che lo
protegesse. Visto che partirai per tre mesi, ho pensato fosse il caso
parlartene prima».
«Mirage...»
sussurrò Priscilla, prendendo così possesso
dell'aria che
circondava il foglio di carta e dissolvendola all'istante, liberando
la piccola pergamena dal suo incantesimo. Le frasi, le parole, la
ricompensa e l'immagine scomparvero all'istante, lasciando al centro
del foglio solo un grande e scuro simbolo. Una specie di teschio, con
un cappello da strega.
«Che
cos'è?» chiese Priscilla, non riuscendo ad
attribuirlo a nessun
simbolo che conoscesse.
«Come
immaginavo» sospirò Makarov, prima di pronunciare
con una certa
solennità: «Crime Sorcière».
«Crime
Sorcière?» chiese Priscilla, non capendo ancora di
cosa si
trattasse.
«Una
nuova gilda fondata pochi anni fa» disse Makarov, portando al
simbolo lo sguardo.
«Perché
mai una gilda dovrebbe cercare proprio me?» chiese Priscilla,
continuando a non capire. Non aveva mai sentito nominare quella
gilda, non aveva mai avuto rapporti con loro, come la conoscevano?
Perché la cercavano?
«Perché
probabilmente sei l'unica di cui avrebbero potuto fidarsi e che non
fosse loro troppo emotivamente attaccata. Natsu, Gray o Erza
avrebbero perso la testa e non avrebbero mantenuto troppo il profilo
basso».
«Continuo
a non capire. Chi sono?» insisté Priscilla, tesa
per quella
faccenda che ancora non riusciva a collocare al suo posto.
«Ultear,
la figlia di Ur, la mentore di Gray. Meldy, sua fidata alleata fin
dai tempi di Grimoire Hearts e infine Gerard Fernandez... ex membro
del concilio» disse Makarov facendo sussultare tanto
Priscilla che
nell'agitarsi colpì la gamba del tavolo e per poco non lo
ribaltò.
«Aspetta!
Di che parli?! Grimoire Hearts è stata sconfitta! Gerard poi
è
stato arrestato, l'ho visto con i miei occhi!»
esclamò Priscilla.
«Proprio
perché tu eri lì quel giorno che Gerard deve aver
pensato di
contattarti. Non sei legata a lui emotivamente, non ci sono
trascorsi, però hai comunque provato a difenderlo e sei
dalla parte
di Erza. Pensa di potersi fidare di te e che tu possa fare da
perfetto intermediario, visto che comunque devono restare nell'ombra
e usare fogli magici per riuscire a mettersi in contatto col mondo
esterno. Crime Sorcière è una gilda nata da poco
che non rientra
tra quelle ufficiali ma nemmeno tra quelle oscure, in questi anni si
sono sempre e solo occupati di eliminare le gilde fedeli alla causa
di Zeref. È nata appena dopo l'evasione di Gerard da
prigione, per
questo benché non ci siano ancora conferme si pensa che ci
sia
proprio lui a capo. Visto il suo passato con Zeref, è anche
plausibile. Non mi sono interessato troppo alla causa, a essere
sincero, ero solo sollevato all'idea che quel ragazzo avesse trovato
un modo per redimersi. Ma questo foglio...».
«Perché
ci hanno cercati?» chiese Priscilla, guardando attentamente
il
simbolo di Crime Sorcière stampato su di esso.
«Non
ne ho idea, ma continuano a mandare questa richiesta da ormai due
settimane. Non voglio chiederti di rinunciare al tuo allenamento con
Laxus, ma...»
«Laxus
è tornato appena ieri!» disse Priscilla, prendendo
il foglio tra le
mani e riavvolgendolo di quel sottile strato di vento che aveva
appena dissolto. «Ci saranno tante altre occasioni per
andarmene a
spasso con lui, adesso qui c'è qualcuno che ha bisogno
dell'intervento di Priscilla del Vento» disse con un
occhiolino e
alzò il foglio tornato allo stato originale, con la finta
richiesta
stampata sopra.
«Forse
dovresti portare qualcuno con te» provò a
suggerire Makarov,
preoccupato.
«Meglio
di no. Ho conosciuto Gerard... il nostro Gerard, intendo, non quello
di Edoras. Ha avuto i suoi problemi, ma sono sicura che alla fine sia
una brava persona. È l'innamorato di Erza, non
può certo essere
malvagio» ridacchiò, sperando di strappare un
sorriso a Makarov ma
senza riuscirci. «E poi questa richiesta è inviata
a me
specificatamente, perciò è giusto che sia io ad
andare. Se avessero
avuto cattive intenzioni non si sarebbero rivolti a me in maniera
così specifica e aperta. No, va bene
così» e guardando ancora il
foglio con su scritto quella falsa richiesta, sorrise e si
alzò.
«Cercherò
di farti avere notizie quanto prima» disse uscendo
dall'ufficio, ma
Makarov la richiamò con un solenne:
«Priscilla».
La
ragazza si fermò sull'uscio e rientrò appena solo
con la testa,
guardando suo nonno con curiosità. Un leggero sorriso sul
volto
invecchiato dell'uomo, prima che riuscisse a confessare:
«Grazie per
non essertene mai andata».
Quante
volte aveva minacciato di lasciare la gilda, anni addietro, quante
volte ci aveva provato e quanto aveva lottato Makarov per
impedirglielo. Alla fine lei, con la sua forza e la sua presenza, non
solo aveva permesso a Laxus di tornare, riportando indietro il suo
amato nipote, ma aveva sempre avuto un ruolo di rilevanza nella
protezione della sua gilda anche quando lui non poteva essere
principalmente presente. Priscilla sorrise con quel suo solito
candore, prima di mostrar lui il palmo della mano destra marchiato.
«Il
simbolo sul palmo della mano, ricordi?» disse semplicemente,
sottintendendo tutto il significato che avesse dietro. Il tendere la
mano, il stringerlo delicatamente, prendersi cura e aiutare.
Priscilla era venuta al mondo per quel motivo, indipendentemente da
ciò che quello stupido di Ivan sostenesse, Priscilla era
venuta al
mondo solo per proteggere gli altri. Era come un angelo custode su
cui Makarov sentiva di poter fare pieno affidamento.
«Torna
tutta intera... almeno per questa volta» l'ammonì
visto che in ogni
missione in cui avesse preso parte perdeva sempre qualche pezzo.
Annuì decisa e infine uscì del tutto dalla
stanza, raggiungendo
Laxus con dei saltelli allegri.
«Sei
pronta?» chiese lui. Evergreen li aveva raggiunti da poco e
finalmente erano pronti a partire, non appena Priscilla avesse
concluso la sua chiacchierata con Makarov. Lei sorrise luminosa,
candida come una bambina, ed esclamò: «Non
vengo!»
«Eh?»
chiese Bickslow sorpreso e anche un po' deluso. Priscilla
alzò il
foglio della finta richiesta, indicandolo con allegria ed
esclamò:
«Guarda qua! Una richiesta esclusiva per Priscilla, la Dea
del
vento! Hanno bisogno del mio incredibile potere da qualche parte in
questo mondo» cercò di pomparsi, gonfiando le
spalle per sembrare
più grossa.
«Una
missione specifica per te?» chiese Evergreen, avvicinandosi e
sistemandosi gli occhiali sul naso. «Quando è
arrivata?»
«Questa
mattina, per questo il nonno voleva parlarmi. Quel povero vecchio si
peritava nel chiedermi cosa volessi fare, non sai quanto ha insistito
"nooo, non lasciare quel buono a nulla di Laxus da solo! Ha
bisogno di te!"» disse sempre allegra e orgogliosa.
«Ha
davvero detto così?» chiese Bickslow sconvolto.
«Certo!»
annuì Priscilla, convinta.
«Figurati»
sbuffò Laxus, che non ci credette nemmeno un po'.
«Potremmo
venire con te, sarà pur sempre un allenamento»
propose Fried e
Priscilla si strinse il foglio della richiesta, ruggendo con un:
«Scordatelo! La paga è già bassa
così, non dividerò i miei soldi
con nessuno! Con tutti i debiti che ho ancora da pagare»
finse di
piagnucolare. «Macao continua ad aggiungere zeri al mio conto
da
saldare, è crudele!»
«Hai
distrutto la gilda» le disse Fried.
«Anche
Laxus è complice!» si difese lei.
«Per
me puoi tenertela tutta la paga, mi basta provare l'ebbrezza della
prima missione insieme a non uno ma ben due Dreyar!»
esclamò
Bickslow, eccitato.
«I
Fratelli Tempesta di nuovo in azione, insieme alla loro Guardia
Reale! Che emozione!» si accodò Evergreen.
«Scherziamo?
Inviano una richiesta specifica per Priscilla Dea assoluta del vento
e mi presento con la scorta?! Che razza di figure volete farmi
fare?!» ruggì lei.
«Dea
assoluta?» chiese Fried, per niente convinto.
«La
Dea più bella che ci sia» rise Bickslow al suo
fianco.
«Muoviamoci»
disse Laxus, interrompendo così la loro chiacchierata.
«La strada è
lunga, mettiamoci in cammino».
«Eh?»
chiese Evergreen, guardandolo mentre si avviava all'uscita.
«Vuoi
veramente mandarla da sola, Laxus?»
«Quella
richiesta è specifica per lei, noi non c'entriamo niente.
Pensiamo
al nostro allenamento» incalzò e Fried fu il primo
a seguirlo,
senza indugiare troppo. Bickslow e Evergreen, un po' più
pensierosi,
si guardarono a vicenda non troppo convinti ma alla fine accettarono
e uscirono, raggiungendo i due compagni. Erano già qualche
passo
lontani da lei quando Laxus, in cima al gruppo, alzò
un
braccio, a pugno serrato, il gomito piegato su se stesso e il
bicipite ben gonfio. Un segno, un semplice gesto, che sapeva bene
essere rivolto a lei. Le stava dicendo di essere forte e di fare
attenzione. Le parole che aveva rivolto ai suoi compagni,
l'atteggiamento nel portarli via, poteva farlo sembrare come se non
gli fosse interessato del rischio che avrebbe potuto correre nel
mandarla da sola in qualche missione. Ma quel gesto bastò a
farla
sorridere: non solo si era preoccupato, ma l'aveva compresa
più
degli altri. Quella missione, l'aveva capito, non era così
mediocre
come volesse far sembrare. C'era qualcosa sotto, lui l'aveva capito,
e aveva capito che l'atteggiamento di Priscilla aveva il suo motivo.
La sosteneva, ma le stava chiedendo comunque di fare attenzione e
tornare indietro tutta intera. Doveva metterci forza. Come lui le
aveva sempre insegnato.
Sorrise,
annuendo, e infine anche lei uscì dalla gilda e
spiccò il volo,
diretta lontana, verso le montagne a nord.
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Capitolo 42 *** Tre mesi ***
Tre
mesi
Il
foglio non indicava nessun luogo preciso, solo un'ampia zona che
ricopriva quasi interamente una delle montagne della catena montuosa.
Atterrò in un punto non troppo specifico, guardandosi
attorno e
cominciando da interrogarsi su dove fossero i suoi mandanti. La gilda
Crime Sorcière.
Camminò
a lungo nei boschi, tra gli alberi, aspettandosi di vederli sbucare
probabilmente da un momento a un altro, ma passarono ore intere e di
loro neanche l'ombra. Non era difficile capirne il motivo, erano
comunque ricercati e dovevano restare nell'ombra, se qualcuno avesse
mai potuto intercettare quel foglio e fosse andato laggiù al
posto
suo non dovevano correre il rischio di essere visti.
"Una
richiesta specifica per me" cercò di riflettere, chiedendosi
se
non ci fosse proprio in quello il segreto per riuscire ad
incrociarli.
"Priscilla
del vento" era quello che avevano scritto. Non Priscilla,
semplicemente, o Priscilla Dreyar...ma Priscilla del vento.
«Dovete
essere voi a trovare me» capì con un sorriso e
fermandosi in mezzo
a una radura fece scendere su di sé il turbine di un
tornado. Rimase
al suo interno per intere ore, aspettando e continuando a farlo
ruggire sopra quei monti, fino a che uno degli alberi che aveva
abbattuto col suo tifone non tornò miracolosamente in piedi.
Non
sapeva quale magia ci fosse dietro, ma capì che quello
doveva essere
il segnale. Cessò la sua magia, scese nuovamente a terra e
attese
vedendo infine comparire tre figure dall'ombra del bosco.
«Hai
accettato la nostra richiesta» commentò una voce
femminile, prima
di mostrare il suo volto. Non la conosceva, così come non
conosceva
la ragazza dai capelli rosa dall'altro lato, ma fu facile per lei
riconoscere invece Gerard in mezzo alle due donne.
«Crime
Sorcière» disse. «Allora è
vero quello che si dice. Perciò voi
due dovete essere Ultear e Meldy, giusto?»
«Sull'isola
di Tenrou non abbiamo avuto il piacere di incrociarci, ma abbiamo
sentito comunque il frastuono del tuo vento durante le nostre
battaglie» disse Ultear.
«Non
che mi dispiaccia essermi risparmiata altri due dei sette fratelli
del purgatorio, ad essere sincera» commentò
Priscilla, accennando
un sorriso.
«I
sette fratelli del purgatorio...» ridacchiò Ultear.
«È
stato tanto tempo fa» disse Meldy.
«Sette
lunghi anni» sospirò Priscilla, che ben sapeva il
significato di
quelle parole. «Ci siete in debito di sette anni».
«Se
non avessimo commesso quel terribile gesto, sette anni fa, Acnologia
forse non vi avrebbe attaccati» mormorò Meldy.
«Non
credo ci sarà mai modo per porre rimedio ai nostri
errori» concordò
Ultear, a sguardo chino, rammaricato.
«Ho
perdonato cose ben peggiori» commentò Priscilla,
più
superficialmente. Tirò su le gambe, incrociandole a
mezz'aria e
restando galleggiante ad almeno un metro da terra. «Ma penso
che non
siano le scuse il motivo per il quale mi avete fatta venire qui,
giusto?»
«Probabilmente
è ipocrita da parte nostra» intervenne questa
volta Gerard. «Ma
sì, abbiamo una richiesta da farti».
«Siete
dei ricercati e vi esponete a tal punto da mandare una richiesta ad
una gilda ufficiale, dovete essere proprio disperati»
ridacchiò
Priscilla. «Qual è il mostro da sconfiggere,
sentiamo».
«Non
riguarda te, specificatamente, ma vorremmo che tu ci facessi da
portavoce» disse Ultear.
«Portavoce?»
chiese Priscilla, curiosa.
«Siete
tornati solo da un paio di settimane, non so se avete avuto modo di
sentir parlare dei Grandi Giochi della Magia» disse Gerard e
Priscilla si lasciò sfuggire un sorriso divertito:
«Ho interrotto
il mio allenamento in vista dei Giochi per venire qui, quindi
sì, ne
abbiamo sentito parlare».
«Avete
intenzione di partecipare, allora?» chiese Gerard con uno
strano
luccichio negli occhi. «Mi risparmiate il dovervelo
chiedere»
ridacchiò nervoso.
«Ora
sono proprio curiosa» commentò Priscilla,
inarcando le
sopracciglia. Cosa avrebbe potuto spingere Crime Sorcière,
Gerard e
altre due fuggitive, a chiedere a Fairy Tail di partecipare a un
semplice torneo? Cosa li legava tutti?
«Ti
spiegherò tutto» annuì Gerard.
«Intanto vorrei che sia chiaro che
non siamo vostri nemici. Ho recuperato la mia memoria, ricordo bene
gli errori che ho commesso e non ci sarà mai modo di
rimediare a
tutto questo. Anche Ultear e Meldy hanno i loro peccati impossibili
da scrollarsi di dosso, ma ciò che conta è le
nostre intenzioni
attuali e future. Tutti e tre siamo colpevoli e sappiamo di esserlo,
per questo dopo che Ultear e Meldy mi hanno fatto evadere di prigione
abbiamo fondato Crime Sorcière: una gilda indipendente che
non è né
oscura né ufficiale. Il nostro obiettivo è
aiutare quante più
persone possibili e soprattutto combattere contro la piaga di Zeref
che ancora annebbia questa terra. Esistono un sacco di gilde e maghi
che lo venerano e portano avanti le sue volontà, per questo
Crime
Sorcière è nata per lottare contro tutto
questo».
«Insomma,
adesso siete i buoni ma avendo un passato oscuro non potete
permettervi di uscire alla luce del sole» commentò
Priscilla.
«Vedo
che hai compreso bene la situazione».
«Ma
questo cosa c'entra con il torneo dei maghi?» chiese ancora
la
ragazza.
«Ogni
anno, durante i giochi, abbiamo avuto modo di percepire una strana e
oscura forza magica. È una presenza malvagia che somiglia
incredibilmente a quella di Zeref, probabilmente è proprio
per
questo che sembra che solo noi, che abbiamo avuto direttamente a che
fare con lui, riusciamo a percepirla».
«Credete
che Zeref si trovi lì?» chiese Priscilla.
«Non
penso sia lui personalmente, ma temo possa essere comunque qualcosa
che abbia a che fare con lui. Qualche tipo di magia originata da lui
stesso. Vorremmo indagare più a fondo, pensiamo che
attraverso
questo riusciremmo persino ad arrivare a lui»
continuò Gerard.
«Ma
non potete avvicinarvi all'arena perché siete
ricercati» concluse
Priscilla.
«Esatto.
Per questo abbiamo pensato di chiedere a voi se poteste indagare
durante il vostro torneo» annuì Gerard.
«Ovviamente
questo non ha niente a che vedere col vincere o perdere, noi faremo
il tifo per voi da debita distanza!» sorrise Meldy.
«Vi chiediamo
solo di fare qualche ricerca nel frattempo».
«Ci
saranno tutte le gilde del continente, sono passati sette anni, e
solo ora chiedete aiuto proprio a noi» sorrise Priscilla.
«Il
vostro livello di fiducia nei nostri confronti è
toccante».
«Vi
conosciamo bene, ormai, sappiamo che se c'è qualcuno su cui
si può
far affidamento siete voi» disse Ultear.
«Volevamo
contattare direttamente Erza, Natsu e Gray ma Gerard ha pensato fosse
meglio coinvolgere prima te, cercare loro direttamente sarebbe stato
pericoloso» disse Meldy.
«Vi
serviva qualcuno di fidato, ma che non fosse troppo vicino a voi per
non destare sospetti. Oltretutto il Mirage è una magia che
ben si
prestava al nascondere le prove senza lasciare troppe tracce magiche,
ed è una mia magia» confermò Priscilla
e Ultear sorrise, prima di
dire: «Sei veramente sveglia come dicono».
«Eh?
Chi lo dice?» chiese Priscilla, innocentemente, ma ancora la
risposta fu solo una risata divertita.
«Ci
aiuterai... Priscilla del vento?» chiese Gerard con una certa
solennità e speranza. Lei sorrise, infervorata, e battendosi
un
pugno sul petto esclamò: «Fairy Tail porta sempre
a termine i
propri incarichi! State tranquilli. Mi occuperò di informare
Erza e
gli altri da parte vostra e insieme indagheremo su quella strana
fonte magica».
«Grazie»
sorrise Gerard, sollevato.
«Parliamo
ora della tua ricompensa» intervenne Ultear, facendo un passo
avanti.
«Eh?»
chiese Priscilla, inebetita. La storia della richiesta era solo una
copertura per spingerla ad incontrarli, neanche ci pensava a una
ricompensa e questo la lasciò alquanto confusa.
«Hai
interrotto il tuo allenamento per accettare la nostra richiesta di
aiuto, non hai detto questo?» chiese Ultear e Priscilla
annuì,
ancora confusa.
«Hai
davanti a te un ex membro del consiglio della magia, un ex membro dei
sette fratelli del purgatorio e il loro ex leader. Sta' tranquilla
che in questi anni non ce ne siamo stati con le mani in mano. Credo
che potremmo essere abbastanza per una come te, cosa ne
pensi?»
chiese Ultear e Priscilla si illuminò, emozionata,
esclamando:
«Volete addestrarmi?!»
«Addestrarla?
Cos'è un cagnolino?» chiese Meldy,
ridacchiando.
«Se
diventare più forte è ciò che desideri
davvero sì, io, Ultear e
Meldy ti alleneremo e useremo tutte le nostre carte per incrementare
il tuo potere» annuì Gerard.
«Figata!»
esclamò Priscilla, al culmine della gioia.
«Accetto! Farò una gran
sorpresa a tutti gli altri quando mi vedranno tornare molto
più
potente!»
«Sembra
una bambina» ridacchiò Meldy divertita nel vederla
esultare e
sorridere in quel modo così luminoso e allegro.
«Per
questa sera riposati, partiremo domani mattina. Preparati
perché hai
solo tre mesi di tempo, non ci andremo molto leggeri»
comunicò
Gerard, voltandole le spalle e preparandosi ad andarsene.
«Sarò
prontissima! Un allenamento intensivo con Gerard come ai vecchi
tempi, che emozione» ridacchiò dondolandosi per
aria come una
barca.
«Con
me?» chiese Gerard, confuso e sorpreso. Non ricordava di aver
mai
avuto a che fare con lei, né tanto meno di essersi allenato.
«Lascia
stare, a volte dimentico che non siete la stessa persona anche se
avete la stessa faccia» ridacchiò lei per niente
turbata dal
piccolo incidente commesso.
«Capisco»
annuì Gerard. «Ti riferisci all'altro me, quello
di Edoras. Ho
sentito alcune cose sulla faccenda dell'altro mondo».
«Mistgun»
sospirò Priscilla, improvvisamente nostalgica.
Alzò gli occhi al
cielo stellato, come se fosse stata in grado di vedere oltre quei
bagliori luminosi per incrociare i suoi occhi. "Per me è
come
se fosse passato solo qualche mese, ma per lui sono passati ben sette
anni. Chissà come vanno le cose, adesso, su Edoras"
pensò
malinconica. Persino quella foresta, quegli alberi, il fresco vento
di montagna, ogni cosa ricordava i tre anni passati al suo
fianco.
«Perciò
l'altro me è il vostro Mistgun» osservò
Gerard.
«Non
lo sapevi?» chiese lei, incuriosita, tornando ad
osservare
Gerard che lentamente annuiva. «Non ci sono più
notizie di lui da
molto tempo, pensavamo fosse scomparso con voi a Tenroujima ma pare
non sia così. È tornato a casa, vero?»
Una
frase come quella lasciava molto a cui pensare, così una
bizzarra
idea cominciò a balenare in testa a Priscilla.
«Sì» mormorò
pensierosa. «È a casa».
«Doveva
essere una persona speciale, mi avrebbe fatto piacere
conoscerlo»
disse Gerard semplicemente e si voltò, seguendo infine
Ultear e
Meldy nel bosco.
"Non
sanno che è tornato ad Edoras..." era plausibile in fondo,
tutto ciò che quel mondo aveva appreso era che per qualche
giorno
Magnolia era scomparsa dentro un vortice nel cielo per poi tornare
come niente fosse successo. Le informazioni trapelate parlavano di
Edoras e del mondo parallelo, ma nessuno aveva effettivamente mai
accennato al principe Gerard e alla sua reale identità.
Mistgun era
rimasto sempre e solo Mistgun.
Tornò
a guardare il cielo, pensierosa e improvvisamente concentrata.
«Potrebbe
anche funzionare...» mormorò trascinata dalla scia
della sua
pericolosa ma geniale idea.
Il
corpo di Priscilla non aveva bisogno di dormire, non effettivamente,
anche se spesso cadeva comunque vittima del sonno per noia, abitudine
o semplicemente perché aveva scoperto che in quel modo il
recupero
delle forze era velocizzato. Ma se voleva poteva anche scegliere di
non dormire affatto, esattamente come faceva da appena nata quando
non era stata addestrata a essere umana. Aveva solo tre mesi per
allenarsi, rendersi più forte abbastanza da fare la
differenza nel
torneo ma non solo per quel motivo. Ciò che si portava
dentro da
giorni e che, soffocata dall'evento Laxus, non aveva avuto mai modo
di palesare nemmeno a se stessa era che ancora tremava al ricordo di
quella semplice parola.
Inutile.
Sei
inutile.
Aveva
combattuto contro Grimoire Hearts con tutte le sue forze, aveva
veramente desiderato proteggere la gilda che stringeva tra le dita
della mano destra. Era impazzita di fronte a Wendy che aveva
rischiato più volte la vita, eppure non era mai riuscita a
fare
niente. Azuma l'aveva miseramente sconfitta, Zancrow era stato
così
al di sopra che non aveva potuto far altro che farsi da parte e Hades
era sembrato irraggiungibile. Solo mettendo a repentaglio la propria
vita era riuscita a tirargli qualche colpo, decente a confonderlo e
costringerlo ad impegnarsi di più, ma la verità
era che lei sarebbe
potuta morire di fronte a un nemico che nemmeno aveva accennato a
cadere in ginocchio.
"Il
simbolo sulla tua mano destra... puoi stringerlo, per proteggerlo".
Non
aveva potuto fare niente e la minaccia di Zeref stava diventando
sempre più reale e consistente. Se si fossero mai presentati
nemici
forti come Grimoire Hearts, o addirittura peggiori, come avrebbe
potuto impedirsi di impazzire? Come avrebbe potuto proteggerli, se
non era forte abbastanza? E ora che anche Laxus era definitivamente
tornato, nel suo cuore tornava a riscaldarsi il bisogno primordiale
di far fede alla sua ragione di vita. Non le interessava se a
ordinarglielo era stato l'essere peggiore del mondo, suo padre, lei
nel cuore sentiva che doveva farlo o non avrebbe avuto ragione di
esistere. Doveva diventare più forte anche di Laxus per
proteggerlo,
perché altrimenti, sigillata in
quell'immortalità, non avrebbe
dovuto aspettarsi altro che la pazzia eterna senza nemmeno avere
l'onore di perdere la vita.
Con
il suo attuale potere... lei era inutile.
"Devo
essere forte" e con quel pensiero decise di tornare, solo per
quel piccolo lasso di tempo, la bambina di carta che era stata una
volta. Abbandonare ogni traccia di umanità, mettere
momentaneamente
da parte quel profondo sogno, per una causa maggiore. Non avrebbe
mangiato, non avrebbe dormito, avrebbe solo pensato a rafforzare il
corpo e la magia che suo padre le aveva donato. Mai più si
sarebbe
ritrovata di fronte all'incapacità di rialzarsi, mai
più avrebbe
visto i propri amici, la propria famiglia, piangere e soffrire di
fronte ai propri occhi.
Fairy
Tail l'avrebbe stretta delicatamente tra le dita, una volta per
tutte.
Passò
la notte in meditazione, sospesa per aria respirava tutta l'aria che
la circondava, la studiava, la rendeva parte di se stessa e usava
l'ethernano intorno a lei per rafforzare la propria anima magica. La
sentiva scorrere dentro di sé, cercava di trattenerla, di
controllarla, di renderla parte di se stessa. Fino a mattino non si
mosse, completamente assorta e immersa nella sua stessa magia, e
quando Gerard tornò insieme a Ultear e Meldy la trovarono
ancora lì,
avvolta da un'aura magica spaventosa che aveva raccolto per tutte
quelle ore.
«Non
ha dormito?» mormorò Meldy, sorpresa e un po'
preoccupata.
«È
stata lì tutta la notte» si unì Ultear.
«La
bambina di carta» sussurrò Gerard, consapevole di
cosa avesse di
fronte. La ricordava dopo lo scontro con gli Oracion Seis, aveva il
corpo formato a metà di ghiaccio ed era stata Erza a dargli
le
giuste incredibile spiegazioni. La magia creazionale assoluta, la
magia della vita, l'opera suprema di Zeref era stata manipolata da un
essere umano e tramite un escamotage era riuscito a farla funzionare.
Quello era il vero volto di Priscilla la bambina di carta, un essere
di pura magia che per anni non aveva fatto che alimentare quel
piccolo potere che le era stato donato dalla nascita.
«Riesco
a percepire ciò che mi circonda in un raggio di dieci metri,
come se
si trovasse dentro il mio stesso corpo» disse Priscilla, a
occhi
chiusi. «Voglio arrivare almeno a cinquecento»
decretò infine.
«È
una bella ambizione» disse Ultear.
«Cinque
cento è davvero molto!»
«Quando
hai imparato ad estendere le tue percezioni utilizzando il vento come
fosse un tuo prolungamento?» si informò Gerard,
prendendo in
considerazione la sua richiesta. Ma prima di partire con
l'addestramento aveva bisogno di più informazioni riguardo a
quella
sua capacità.
Priscilla
aprì gli occhi e si voltò per volgere ai tre uno
splendente
sorriso. Infine rispose, allegra: «Questa notte!»
«Questa...?»
balbettò Meldy.
«In
così poco tempo?» si sorprese Ultear.
«È
stata una lunga notte e ho riflettuto molto, prendendo alla fine due
decisioni» disse lei, voltandosi definitivamente e allungando
le
gambe verso terra per poggiarci poi i piedi.
«Primo:
Il mio corpo è composto praticamente esclusivamente di
magia. È la
magia che crea questo stato fisico/biologico. Muscoli, organi, ossa
non sono altro che una conseguenza del mio potere magico
perciò
è su quello che devo concentrare la mia attenzione. Devo
potenziare
la mia magia e soprattutto il mio controllo, la precisione della
manipolazione, come se potessi prendere con la punta delle dita ogni
singolo ethernano e muoverlo a mio piacimento. Così
potrò
raggiungere il potere» spiegò.
«È
ragionevole. Credo sarà quella la nostra strada»
annuì Gerard.
«E
secondo?» si informò Meldy, curiosa di sapere su
cos'altro avesse
riflettuto. Priscilla sogghignò, determinata e stranamente
potente
nello sguardo. Puntò un dito contro Gerard e
decretò: «Ti renderò
un perfetto Mistgun e verrai con me al torneo».
«C-cosa?»
balbettò Gerard.
«Voi
potete sentire quella magia a differenza di altri perché
avete avuto
contatto diretti con Zeref. Alcuni di noi anche li hanno avuti, ma
questo non significa che possiamo fare il vostro lavoro in egual
maniera. Non abbiamo mai avuto a che fare con quella magia, potremmo
non riuscire a percepirla a dovere o magari non riuscire a
riconoscerla. Se è possibile è bene che siate voi
stessi a prendere
parte alle indagini» spiegò Priscilla.
«Esatto!
Se è possibile!» disse Meldy, preoccupata.
«E
lo è! Avete detto che pensavate che Mistgun fosse sparito
insieme a
noi, non è difficile credere che sia sparito per un po',
rientra
nelle sue abitudini quello di non farsi mai vedere in giro. Se
nessuno sa che è tornato a Edoras, nessuno sa che ha
lasciato la
gilda e nessuno sa chi sia... perché non usare questo a
nostro
vantaggio?»
«È
pericoloso! Qualcuno potrebbe scoprirlo!» disse Ultear,
preoccupata.
«Sì,
potrebbe, è per questo che mi impegnerò in questi
tre mesi e ti
renderò un perfetto Mistgun. Ho viaggiato e vissuto insieme
a lui
per tre anni, conosco a memoria ogni sua singola magia e abitudine,
se seguirai le mie indicazioni non ci sarà nessun
rischio».
«Ma...»
balbettò ancora Meldy, preoccupata, ma Gerard la interruppe
esclamando un deciso: «Va bene. Ci sto».
«Gerard!»
lo richiamò Ultear, preoccupata come poche volte lo era
stata.
«Priscilla
ha ragione. Se potessi entrare io stesso nello stadio sarebbe molto
più semplice indagare e visto che Mistgun ci ha lasciato
questa
opportunità dovremmo sfruttarla».
«Bene»
esclamò Priscilla con un sorriso. «Cominciamo il
nostro
addestramento, allora» e una luce le brillò negli
occhi prima di
pronunciare: «Mistgun».
Furono
tre mesi estenuanti ed impegnativi. Come si era ripromessa, Priscilla
non mangiò e non dormì per tutta la durata
dell'addestramento,
utilizzando invece i momenti di pausa per rifocillare e allenare il
controllo sulla propria energia magica tramite la meditazione.
Alternava il proprio allenamento con quello di Gerard, insegnandogli
tutte le magie di Mistgun, le abitudini, la sua storia e tutto
ciò
che lo riguardava. Nell'ultimo mese Priscilla lo costrinse ad
assumere a pieno titolo l'identità di Mistgun, per abituarlo
a
quella nuova identità e impedirgli di commettere errori.
Persino il
suo allenamento avveniva usando le magie di Mistgun e non
più quelle
di Gerard, bandite del tutto fino a nuovo ordine. Ultear e Meldy li
aiutarono nel loro addestramento, non solo affrontandoli per allenare
la loro magia ma anche assicurandosi che Gerard non commettesse
errori nel suo ruolo di Mistgun non appena Priscilla voltava lo
sguardo. Fu estremamente difficile per entrambi, ma terminati quei
tre mesi poterono infine ritenersi soddisfatti e pronti alla loro
missione. Una settimana prima dell'inizio del torneo decisero di fare
la mossa successiva, contattando Erza e gli altri e mettendo loro al
corrente della situazione. La decisione di aspettare così
tanto
prima di informarli fu presa all'unanimità, visto che anche
loro
avevano bisogno di concentrazione per il proprio allenamento era bene
tenere le loro menti sgombre da preoccupazioni e sentimenti. Una
settimana prima dell'inizio del torneo, Priscilla assunse il suo
primo ruolo importante: quello di informatore e tramite.
Volò verso
il mare, sulla spiaggia dove sapeva che il gruppo di Natsu si era
riunito per il proprio allenamento, e lì rimase in attesa su
un
albero per qualche ora fino a che non vide comparire Jet e Droy.
Si
calò dall'albero alle loro spalle, silenziosamente, mentre i
due
discutevano tra loro di niente di importante. Un soffio di vento
improvviso ai loro piedi li fece roteare per aria, urlando
terrorizzati più che per il colpo in sé, e
Priscilla scoppiò a
ridere divertita come una bambina guardando i loro volti.
«P-Priscilla?»
balbettò Droy.
«Quando
sei arrivata?» chiese Jet, pallido dalla paura.
«Poco
fa! Vi cercavo! Ho terminato il mio allenamento con ben una settimana
di anticipo, signorsì! E ho portato a termine anche un paio
di
missioni per la gilda, nel frattempo. Sono carichissima, una
forza!»
esclamò mostrando il bicipite e poggiandoci sopra una mano
orgogliosa.
«Non
ero lontana da qui perciò ho pensato di venir a trovare
Wendy-chan!
Quanto mi è mancata! È diventata forte anche lei?
Dove sono?»
chiese allegra e vivace come sempre.
«Ecco...»
mormorò Jet, arrossendo per l'imbarazzo e guardando Droy al
suo
fianco. Un gesto inaspettato che certo la sorprese e
cominciò a
preoccuparsi.
«È
successo qualcosa?» chiese vedendo come i due continuassero a
mantenere il silenzio.
«Tre
mesi fa Lucy ha ricevuto la visita da uno dei suoi Spiriti
Stellari»
cominciò a dire Jet. «Diceva che c'era un problema
nel loro mondo,
una catastrofe».
«Ha
parlato di distruzione o qualcosa del genere» disse Droy.
«E?»
incalzò Priscilla, cominciando a sudare freddo.
«E
non abbiamo più avuto notizie di loro da allora»
concluse Jet, con
un sospiro rammaricato.
«Eh?!»
urlò Priscilla, sconvolta. «Vuoi dire che sono
andati nel mondo
degli Spiriti Stellari e non sono ancora tornati?!»
«È
quello che abbiamo detto» annuì Droy.
«Ma
il torneo è tra una settimana!» gridò
ancora lei, panica in
volto.
«Non
sappiamo cosa fare, siamo stati lasciati indietro e non abbiamo
più
avuto notizie» disse Jet.
«Noi
li stiamo aspettando da allora» confermò Droy.
«Tre
mesi!» balbettò Priscilla, sempre più
bianca. «Sono spariti da
tre mesi. E chissà quando torneranno... il piano... il piano
rischia
di andare tutto in fumo».
Se
il gruppo di Natsu non era lì chi avrebbe preso parte ai
giochi
della magia? Come avrebbero portato a termine la loro missione
riguardo alla magia di Zeref che percepivano all'interno dello
stadio?
«È
una tragedia!» esclamò sempre più
disperata, prima di corrucciarsi
e cominciare a riflettere attentamente. «Un piano di riserva.
Mi
serve un piano di riserva. Pensa, Pricchan, pensa. Hai solo una
settimana di tempo».
«Non
credevo fosse così importante il torneo per lei»
disse Jet,
curioso.
«Ha
sempre detto che odiava combattere» annuì Droy,
prima che Priscilla
scattasse verso lui e gli poggiasse le mani sopra le spalle urlando:
«Ho trovato!»
Droy
urlò spaventato per l'improvviso attacco perciò
fu Jet a provare a
chiedere: «Di che stai parlando?»
«Non
c'è tempo! Ho solo una settimana!» urlò
Priscilla e non diede
altre spiegazioni. Volò via rapidamente, sotto lo sguardo
attonito
dei due ragazzi che ci avevano certamente capito ben poco di quanto
fosse successo, e infine sparì così come era
arrivata.
«Per
prima cosa devo avvertire Gerard» disse Priscilla tra
sé e sé,
mentre volava a tutta velocità verso Magnolia. Estrasse da
una borsa
a tracolla che si era portata dietro una Lacryma di comunicazione e
mentre era ancora impegnata nel suo volò contattò
con essa Gerard,
informandolo della tragedia dei suoi compagni scomparsi.
«Cerca di
restare tu nei paraggi, se mai dovessero tornare, e pensateci voi a
informarli su quanto succede. Io mi occuperò del piano
B!» disse
dopo aver loro dato le indicazioni per la spiaggia dove si trovavano
Jet e Droy e chiuse in fretta la comunicazione, troppo impegnata a
volare e pensare al daffarsi.
«Adesso
devo trovare gli altri... dunque, c'era Laxus, poi Mirajane se non
sbaglio è partita per conto suo con i suoi fratelli. Anche
Gajeel
non era qui con loro, potrei provare a rintracciarlo. Accidenti,
nessuno ha detto a nessuno dove fosse diretto e dopo tre mesi
potrebbero essere ovunque. Ci vorrà un bel po' per trovarli
tutti»
mormorò, accelerando il volo e raggiungendo Magnolia con la
rapidità
di una saetta. Atterrò di fronte alla gilda e corse al suo
interno,
sbattendo la porta con un sonoro: «Nonno!»
«Priscilla...»
balbettò Macao, guardandola con gli occhi
spalancati.
«Ohy,
Pricchan!» salutò Makarov, seduto come sempre
sopra il bancone del
bar. «Tornata finalmente dalla tua missione! Non ho
più avuto tue
notizie».
«Sono
qui apposta per questo. Possiamo parlare?» chiese lei,
indicando la
porta del piccolo ufficio in fondo alla stanza. Makarov
barcollò un
po', segno della sua evidente ubriachezza, e insieme a Priscilla
andò
a chiudersi dentro la stanza dove Priscilla si apprestò a
raccontargli ogni cosa riguardo a Gerard, al suo allenamento, della
magia malefica che avevano sentito sull'arena dei Giochi di Magia e
della scomparsa di Lucy e del gruppo di Natsu.
«Una
catastrofe nel mondo degli Spiriti Stellari, non ci voleva proprio in
un momento come questo» mormorò Makarov,
pensieroso.
«In
un'altra occasione ti avrei suggerito di rinunciare al torneo, visto
che comunque i nostri compagni stanno combattendo lontano da noi e
forse potrebbero aver bisogno di aiuto. Ma vista la minaccia di Zeref
e quello che Gerard mi ha raccontato non credo sia il caso di lasciar
perdere» disse Priscilla.
«Ma
i membri che sono rimasti qui in questi sette anni si rifiutano di
partecipare e la quasi totalità del gruppo di Tenroujima
è sparita
nel nulla, non ci restano molte carte in mano da giocare»
commentò
Makarov.
«Quanti
devono essere i membri di ciascun team? Cosa dice il regolamento del
torneo? L'hai letto?» chiese Priscilla.
«Certo
che l'ho letto e più volte! Ci devono essere cinque membri e
ci
possono essere delle riserve» spiegò Makarov.
«Allora
ne abbiamo in abbondanza!» esclamò Priscilla.
«Io e Gerard siamo
già due, basta rintracciare almeno tre degli altri membri
sperduti
per il mondo e siamo a posto! Se trovassi Laxus e i Raijinshuu
saremmo già a cavallo. Sai dove si trovano?»
chiese.
«Mi
spiace, non ho più avuto notizie di nessuno da quando siete
partiti.
Sono tutti troppo impegnati ad allenarsi per preoccuparsi di
informare la gilda dei loro spostamenti» mormorò
Makarov.
«Non
ho altra scelta, allora» sospirò Priscilla.
«Comincerò a cercarli
sperando di riuscire a fare in tempo per l'inizio del torneo. Ho con
me una Lacryma di comunicazione» disse toccandosi la borsa a
tracolla che si era portata dietro. «Informami non appena
saprai
niente di Lucy o se dovessero tornare Laxus e gli altri» gli
disse e
Makarov annuì semplicemente prima di veder Priscilla di
nuovo
scappare via, con la stessa rapidità con cui era arrivata.
«Ho
solo una settimana! Dove sei Laxus?»
Il
viaggio di Priscilla durò interi giorni. Non aveva idea di
dove
partire, perciò semplicemente aveva deciso di seguire il
vento,
lasciandosi guidare dall'istinto. Non era un Dragon Slayer, non aveva
un buon olfatto o un buon udito, ma aveva perfezionato
incredibilmente la sua nuova tecnica di percezione, Aerial
Perception,
e con essa era come i suoi sensi potessero allungarsi fino a un
raggio di un chilometro e sentire, percepire, tutto ciò che
era a
contatto con l'aria stessa. Aveva girato tutta la zona circostante a
Magnolia e pian piano si stava allargando, cercando, percependo, alla
ricerca anche solo di un semplice indizio. Erano passati cinque
giorni, ne mancavano due all'inizio del torneo quando finalmente la
sua Lacryma di comunicazione risuonò. Seduta su di un tetto,
in una
cittadina all'estremo ovest, guardava la strada acciottolata sotto di
sé pensierosa quando rispose.
«Splendide
notizie! Abbiamo il nostro Team A!» esclamò
Makarov, luminoso
all'interno della sua Lacryma.
«Sono
tornati?» chiese entusiasta Priscilla.
«Natsu,
Erza, Lucy, Wendy e Gray saranno i nostri rappresentati.
Stanno
bene e hanno detto che non c'era nessuna emergenza ma hanno
partecipato ad una festa» spiegò brevemente
Makarov.
«Per
tre mesi?!» sussultò Priscilla sconvolta della
loro negligenza.
«Pare
che tre mesi nostri fossero in realtà un giorno da loro, per
questo
non sapevano del tempo che passava. Però sono comunque
rinforzati,
pare abbiano incontrato i mandanti della nostra richiesta»
spiegò
Makarov.
«Hanno
incontrato Gerard! Bene!» esclamò Priscilla,
entusiasta.
«Hanno
usato una magia particolare per risvegliare i poteri dentro loro, non
so bene i dettagli ancora ma posso assicurarti che sono molto
più
forti di prima» annuì Makarov.
«Allora
siamo a cavallo! Posso rientrare senza preoccuparmi di cercare ancora
gli altri» sorrise Priscilla, ma Makarov si fece
improvvisamente
cupo e ordinò severo: «Negativo!»
«Eh?!»
chiese Priscilla, non capendo.
«Non
è che non mi fidi di Erza e gli altri, eh!» disse
per niente
convincente. «Ma pensavo solo che potremmo usare tutte le
nostre
carte per quei trenta mil...ehm, per diventare la gilda numero uno di
Fiore! E magari sfruttare l'asso nella manica di Mistgun per
amplificare le ricerche per quella faccenda, sai».
«Stai
mentendo spudoratamente, vecchio. Ti interessano solo i soldi,
dì la
verità» lo rimproverò
Priscilla.
«Mi
chiedevo solo se tu sapessi niente dei nostri amici, tutto qua. Sai,
Lluvia pare interessata a prendere parte ai giochi in qualche
modo»
disse lui insistente.
«Che
hai in testa, vecchio?» insisté Priscilla, per
niente fiduciosa.
«Beh,
semplicemente pare che da regolamento sia possibile iscrivere
più di
un team per gilda... perciò pensavo che avremmo potuto
tentare, come
dire, di approfittare dell'occasione e mettere su un team B. Per
così
dire» ridacchiò nervoso.
«Per
così dire?» chiese Priscilla, alzando un
sopracciglio. «Sei una
canaglia. E non ci credo che Lluvia abbia accettato di fare squadra
contro Gray!»
«E
proprio qui il bello! Ho avuto una bella trovata!» disse lui,
allegro.
«Sentiamo»
sospirò Priscilla.
«Il
team che vincerà potrà costringere l'altro a fare
tutto ciò che
vuole per un giorno intero! Non è geniale?» rise
Makarov,
orgoglioso.
«Sei
malefico, ma astuto» sospirò Priscilla, rassegnata.
«Allora,
li hai trovati? I nostri temerari membri del team B! Non dimenticarti
di dir loro della giornata di schiavitù totale!»
disse Makarov e
Priscilla sghignazzò, divertita dal suo modo di fare e da
quanto a
volte potesse essere scemo suo nonno.
«Tranquillo»
disse lanciando uno sguardo all'incrocio sotto di sé dove
proprio in
quel momento svoltarono l'angolo Laxus insieme ai tre Raijinshuu. Un
sorriso delicato, felice di poter finalmente rivedere quel volto dopo
ben tre mesi di allenamento estenuante. «Il team B
è quasi pronto
ad entrare in azione».
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Capitolo 43 *** Sky Labyrinth ***
Sky
Labyrinth
La
città di Crocus, la capitale di Fiore, era splendente come
poche
città avesse mai visto prima. La roccia bianca, illuminata
dal sole,
era decorata da palloncini e festoni in onore della gara che sarebbe
iniziata il giorno successivo. Ovunque c'erano fiori, profumi
intensi, musica e banchetti per la vendita di gadget e leccornie.
Priscilla sbarrò tanto gli occhi che sembrò che
da un momento
all'altro sarebbero potuti uscirle dalle orbite. Le mani davanti alle
labbra, spalancate anch'esse, e le guance rosse per l'emozione.
«Che
bella» commentò sentendo il petto batterle nel
petto in piena
corsa. «Animali!» indicò, come una
bimba. «Fiori! Dolci!
Innamorati sulla panchina!» e ogni cosa che
scorgeva la
indicava e urlava emozionata. «Lluvia! Guarda che
meraviglia!»
saltellò impazzita, afferrando l'amica per le spalle e
agitandola
come uno shaker.
«Lluvia
vorrebbe andare a cercare Gray-sama» confessò la
ragazza, guardando
i due innamorati sulla panchina che Priscilla aveva additato poco
prima. «Ah, è vero! Saranno arrivati anche
loro!» esclamò
Priscilla, voltandosi verso il suo gruppo.
«Salamander
non si aspetta di vederci, gi-hi»
sorrise Gajeel. «Propongo di nasconderci e saltare fuori il
giorno
delle gare, voglio vedere la sua faccia disperata quando ci
vedrà
come avversari».
«Non
mi interessa della faccia di Natsu, ma il consiglio mi sembra
sensato» disse Laxus, accennando appena con il capo Mistgun
dietro
di lui. «Meno se ne sta tra la gente più
sarà facile mantenere la
copertura» aggiunse.
«Giusto!
Andiamo in Hotel a lasciare tutte le nostre cose, prima»
annuì
Priscilla per poi iniziare a saltellare piena di gioia. «E
poi
andiamo a cercare gli altri! Sono tre mesi che non vedo Wendy-chan!
Sarà cresciuta? Magari ha bisogno di abiti nuovi! Potremmo
andare in
giro per negozi insieme! Che bello, non vedo l’ora!»
«Fatico
a credere che uno silenzioso e riservato come Mistgun abbia passato
volentieri tre anni insieme ad un uragano come lei»
commentò
Gerard, sorpreso dalla frenesia di Priscilla che sembrava anche ben
diversa da quella dei tre mesi passati insieme.
«Forse
è proprio di un uragano come lei che i tipi silenziosi hanno
bisogno, invece» commentò Laxus con un accennato
sorriso in volto.
Gerard, nascosto dalla sua bandana, spostò gli occhi verso
l'uomo al
suo fianco leggendogli attraverso lo sguardo. Chiunque, anche chi non
lo conosceva abbastanza come lui, avrebbe potuto intuire i suoi
pensieri in quel momento. Averla intorno non solo non gli dispiaceva
affatto, ma gli riscaldava il petto.
«Riesce
a riempire il vuoto, eh?» sospirò Gerard,
sorridendo nascosto dal
suo fazzoletto.
«Già»
annuì Laxus, guardandola mentre ancora una volta si
allontanava dal
gruppo e si schiacciava contro la vetrina di qualche negozio. Da una
strada perpendicolare arrivò il suono di musica, il rumore
di
tamburi e trombe, applausi e urla entusiaste. Priscilla si
staccò
dall'ennesima vetrina e corse in quella direzione, attirata dalla sua
curiosità. Si sollevò da terra, alzandosi di
qualche centimetro
sopra le teste delle persone, e vide passare in mezzo alla strada un
carro tutto decorato con gente in maschera, ballerine, giochi di
magia e musicisti.
«Una
parata!» esclamò lei, guardandola con gli occhi
che brillavano.
«Credo
che ora sarà più difficile trascinarla
via» sospirò Laxus.
«Ricordatevi
solo che entro mezzanotte, come da regolamento, dovete essere in
hotel» disse Gerard, semplicemente voltandosi e tornando
sulla sua
strada. Li avrebbe lasciati lì, sapeva che sarebbe stato
impossibile
trascinare via Priscilla e probabilmente Laxus sarebbe rimasto a
farle compagnia. Avrebbero raggiunto l'hotel anche da soli, non
importava in fondo.
«Cercate
solo di non farvi scoprire da Salamander!» ruggì
Gajeel, severo.
«Andiamo Lluv-» si voltò a cercare la
ragazza, che misteriosamente
era sparita. «Quando se n'è andata?!»
strillò sconvolto.
«Ha
mormorato qualcosa su Gray circa dieci minuti fa e poi non l'ho
più
vista» disse Gerard, incamminandosi insieme al Dragon Slayer
che
brontolava di sorprese rovinate e soddisfazioni infrante.
La
parata durò a lungo e per tutto il tempo Priscilla
restò ad
osservarla con gli occhi che le brillavano, emozionata come una
bambina. Quando finì si voltò verso Laxus,
convinta di vedere anche
Gerard e gli altri, ma si sorprese di scoprire che erano soli.
«Eri
talmente assorta che non ti sei accorta che se ne sono
andati» le
disse Laxus, incamminandosi per allontanarsi dalla strada in
festa.
«Mi
dispiace» ridacchiò lei, rimettendo i piedi a
terra e camminandogli
a fianco.
«A
questo punto facciamoci quel giro che volevi fare» disse lui,
guardandosi attorno con curiosità. «Anche io non
sono mai stato in
questa città».
«Ah!»
esclamò lei, prendendo Laxus per una mano e cominciando a
saltellare. «Ho visto dei mercatini da quella parte, andiamo
a dare
un'occhiata?» e cominciò a camminare nella loro
direzione, tirando
Laxus per un braccio e tenendo su di lui lo sguardo per tutta la
durata della frase. Cosa che la portò a scontrarsi contro
qualcuno
che aveva attraversato l'incrocio proprio in quel momento.
«Ouch»
mormorò dolorante per il colpo di spalla dato contro quello
che
sembrava un'armatura. Alzò lo sguardo sulla persona di
fronte a sé,
un uomo alto e possente, vestito di armatura e con un'enorme maschera
che sembrava un leone, a coprirgli il volto.
«Guarda
dove cammini, ragazzina» una tetra voce provenne dal suo
interno,
distorta per il loculo in cui era rinchiusa. Un'oscurità
improvvisa,
il gelo intorno a lei. Si sentì come congelata, tanto che
prese
persino a tremare come una foglia. La città cessò
improvvisamente
di risplendere, il cuore di battere, sentiva solo un gran dolore
provenire da dentro di sé. Come un fuoco, che bruciava, che
l'ardeva
e lentamente le consumava l'anima. Qualcosa sembrò
risvegliarsi
dentro lei, l'ombra di un passato angustiante, una paura primordiale
di cui non ne conobbe né la provenienza né la
ragione. Sentì solo
che ne era terrorizzata.
L'uomo
dalla maschera leonina si voltò e si allontanò
senza aggiungere
altro, seguito da una ragazza dai lunghi capelli rossi e un uomo
alto, anch'egli con una maschera, dalla lunga tunica scura.
«Quelle
persone non mi piacciono molto» confessò Laxus,
osservandoli con lo
sguardo corrucciato. Si sorprese di non sentire Priscilla
rispondergli e si voltò, allarmandosi quando la vide pallida
e
tremante come fosse sul baratro della morte.
«Pricchan»
la chiamò poggiandole le mani sulle spalle, cercando il
contatto con
quegli occhi che sembravano essersi persi in un incubo. «Ehy,
che ti
prende?»
«Voglio
tornare in albergo» riuscì a sussurrare nel
terrore.
«Stai
tremando» osservò lui, ancora più
preoccupato.
«Ti
prego, Laxus» sibilò. «Voglio andare via
da qui».
«Andiamo»
sospirò lui, senza riuscire a capire ancora cosa fosse
successo ma
certamente Priscilla non era più in condizioni di andarsene
in giro
per la città. La prese per mano e camminando attraverso la
folla la
trascinò fino al loro albergo, dove si chiusero fino allo
scadere
della mezzanotte. Gerard provò a chiedere cosa fosse
successo,
vedendo la ragazza ridotta a uno straccio rannicchiarsi sul proprio
letto, ma né lei né Laxus seppero dare una
risposta.
«Ho
solo avuto un'improvvisa paura...» confessò lei,
ore dopo, quando
fu in grado di tornare in sé. «Non so
perché».
«Che
fosse la magia oscura di Zeref di cui parlavamo?» chiese
Gerard,
allarmato ma felice all'idea di averlo trovato subito.
«Non
lo so, non so dare una risposta. So solo quello che ho sentito.
È
come...» balbettò, guardandosi d'istinto il
simbolo sulla mano
destra. «È come se fossi potuta morire da un
momento a un altro».
«Magari
ti sei fatta suggestionare. Hai avuto brutte esperienze con i leoni
in passato?» chiese Gajeel, ingenuamente.
«No»
mormorò lei, rannicchiandosi ancora di più.
«Non con i leoni» e
qualcosa cominciò a scavare dentro sé, un dubbio,
un'idea folle e
orribile.
"Non
può essere" cercò invano di rassicurarsi. "Il
nonno l'ha
mandato via tanti anni fa, non può essere qui".
«Magari
hai ragione» sospirò infine, cercando con forza di
riprendere il
controllo della propria mente. «È solo stata
suggestione»
«È
mezzanotte» disse Laxus, in piedi vicino alla finestra. Da
quando
erano tornati si era messo in quella posizione, a guardare fuori
pensieroso, e come Priscilla non si era più mosso. Non aveva
accennato a niente di tutto quello, ma Priscilla aveva come la
sensazione che anche lui avesse sentito qualcosa di strano in quelle
persone contro cui si erano scontrate.
La
campana della chiesa in centro alla città
cominciò a suonare,
rimbombando lungo tutte le vie silenziose. Un evento particolare e
bizzarro, vista la tarda ora e il fracasso che stava facendo. La
porta si spalancò in quel momento e Lluvia entrò,
tremante e con il
fiatone, all'interno della stanza.
«Lluvia
è tornata appena in tempo» disse, accasciandosi a
terra.
«Ohy!
Dov'eri?! È tardissimo!» la rimproverò
Gajeel, furioso, ma Lluvia
non ebbe modo di rispondere e spiegare il suo ritardo. Una
voce
sbarazzina, nasale e bizzarra, inondò l'intera cittadina
notturna.
«Un
buongiorno a tutte le gilde partecipanti ai Grandi Giochi della
Magia!» esclamò.
«Buongiorno?»
chiese Priscilla, stranita.
«Non
mi sembra ancora giorno» mormorò Gerard,
altrettanto poco convinto.
«Chi
sei? Fatti vedere, bastardo?» ruggì Gajeel.
«Datti
una calmata, santi numi» sospirò Priscilla, stufa
di sentirlo
ringhiare per ogni cosa come un animale rabbioso.
Delle
luci partirono da ogni parte della città e andarono ad
illuminare un
punto ben preciso: enorme, sopra il centro cittadino, c'era la statua
di un gigantesco uomo con la testa a forma di zucca. E da
lì,
scoprirono, arrivò la voce che continuò a
parlare: «Al fine di
ridurre le squadre da centotredici a otto inizieremo ora la fase
preliminare» spiegò.
«Da
cento a otto è una bella scrematura!»
commentò Priscilla,
sorpresa.
«Ecco
spiegato il motivo della regola che obbligava tutti a essere nelle
proprie stanze a mezzanotte» osservò Gerard,
avvicinandosi insieme
al resto dei suoi compagni alla finestra.
«Ogni
anno partecipano sempre più gilde, questo significa che
questo
evento viene preso troppo alla leggera, per questo quest'anno abbiamo
ristretto il numero di gilde ammesse a otto. Le regole della fase
preliminare sono semplici!» e non appena finì di
parlare la terra
iniziò a tremare, l'intero hotel sembrò mosso
come una barca su
delle onde, costringendoli ad aggrapparsi alla finestra per non
cadere a terra.
«Che
succede?» balbettò Gerard.
«Mezzo
di trasporto» bofonchiò Gajeel, già
verde in volto, e Priscilla
gli ruggì contro: «Datti un contegno!»
ma, sempre più sorpresa
della loro delicatezza di stomaco, sentì anche Laxus
lamentarsi
anche se più pacatamente.
«Laxus!»
lo richiamò, sconvolta.
«Dovrete
competere gli uni contro gli altri» continuò a
spiegare l'enorme
uomo zucca. «Per arrivare all'arena dei giochi, il Domus
Flau! Le
prime otto squadre che arriveranno verranno ammesse ai
giochi».
«È
praticamente una sfida a tempo» commentò Lluvia,
ancora aggrappata
alla finestra mentre il loro hotel, ora lontano metri da terra, si
stabilizzava e smetteva di muoversi. «La linea di partenza
è il
vostro alloggio» spiegò ancora la voce, mentre una
scala cominciò
improvvisamente a prendere forma davanti alla finestra della loro
camera. «Usate tutta la magia che volete, non ci sono
restrizioni.
L'importante è riuscire ad arrivare tra i primi otto. Ma
dovranno
essere presenti tutti e cinque i membri o sarete considerati
squalificati».
«Perciò
dovremmo arrivare in fondo insieme, non possiamo mandare solo uno di
noi avanti» commentò Gerard.
«E
un'ultima cosa: Non ci assumiamo la responsabilità se
qualcuno
perderà la vita nello Sky Labyrinth» concluse la
voce.
«Sky
labyrinth?» chiese Priscilla e Lluvia si sporse in avanti per
prima,
indicando qualcosa davanti a loro ed esclamando:
«Guardate!»
Una
struttura gigantesca dalla forma sferica si stagliava sopra la
città
di Crocus, all'interno della quale penetravano tutte le scale che
partivano dai vari alloggi di tutta la città.
«Che
roba è?» chiese Priscilla, sconvolta.
«Che
la fase preliminare dei Grandi Giochi di Magia abbia inizio!»
annunciò infine la voce e in quell'istante furono in molti a
saltare
fuori dalle proprie finestre e correre verso la struttura.
«Andiamo!»
disse Laxus, saltando per primo e cominciando a correre a sua volta,
seguito dal resto della sua squadra.
«Non
abbassate la guardia, non sappiamo cosa ci aspetta lì dentro
se non
altre centododici gilde pronte a qualsiasi cosa per
superarci» disse
Priscilla.
«Che
ci provino!» sorrise Gajeel, già pronto a menar
pugni a chiunque si
fosse ancora solo lontanamente avvicinato. Non furono tra i primi ad
entrare nel labirinto, riuscirono a vedere altri che erano stati
più
veloci di loro, ma si presero comunque qualche istante quando vi
entrarono per osservare la situazione. Le scale proseguivano dritte,
poi si sperdevano all'interno di un muro. Intorno a loro altre scale,
altre porte, messe apparentemente a casaccio. Sembrava di essere
entrato nel mondo del caos e si chiesero se molte di quelle scale,
porte e muri non fossero lì solo per confondere ancora di
più
l'ambiente. Questo fino a quando qualcuno non urlò sopra le
loro
teste. Un gruppo di cinque uomini si lanciò da una di quelle
scale,
in picchiata verso di loro, urlando per darsi la carica. Laxus
alzò
un braccio verso l'alto, non si scompose troppo, e generò
una serie
di fulmini dal suo pugno che andarono a colpire e arrostire tutti e
cinque gli assalitori.
«Da
dove sono arrivati?» chiese Lluvia.
«Direi
che il nome ci suggerisce il tipo di prova»
commentò Gerard. «È
un labirinto, il tutto sta nel trovare l'uscita».
«E
farlo prima delle altre squadre, soprattutto»
confermò Lluvia,
preoccupata, cercando di pensare a un modo veloce per riuscire a
orientarsi e arrivare all'uscita. Priscilla, in cima al gruppo, si
voltò verso i suoi compagni e sorrise radiosa e colma di uno
strano
orgoglio.
«Meno
male c'è Pricchan con voi» ridacchiò,
gioiosa.
«Vuoi
giocare subito uno dei tuoi assi nella manica?» chiese Gerard
che,
conoscendola, capì perfettamente a cosa si
riferiva.
«Questa
sfida sembra pensata apposta per me» disse e improvvisamente
allargò
braccia e gambe, chiudendo gli occhi. «Datemi solo qualche
secondo».
«Che
vuole fare?» chiese Gajeel, sorpreso.
«Asso
nella manica?» chiese Lluvia, altrettanto confusa.
«Aerial
Perception»
mormorò delicatamente e chiuse gli occhi.
Spalancò la bocca e tirò
su un paio di boccate d'aria ampie e profonde, concentrandosi.
Aspirò
dentro sé quell'aria sconosciuta, l'aria di Crocus, l'aria
dello Sky
Labyrinth. La fece sua, se ne impadronì e riuscì
infine a lasciarla
andare, estendendosi come un invisibile e impercettibile telo. Le sue
percezioni si allungarono, si aggrapparono ai soffi d'aria, ai
respiri, e divenne essa stessa l'aria. Si insinuò in ogni
angolo,
con rapidità invase l'intero labirinto, incrociò
tutte le
centododici gilde avversarie e poté avere come la sensazione
di
vederle, di sentirle. Se si concentrava poteva persino capire di cosa
stessero parlando. La sua mente viaggiò all'interno del
labirinto,
come se fosse lei stessa un uccello in grado di volare sopra le loro
teste. Trovò persino l'uomo con la maschera da leone
incrociato
quello stesso pomeriggio, seguito cinque compagni, due dei quali
già
conosceva: la ragazza dai capelli rossi e l’uomo con la
tunica e la
maschera.
"Sono
partecipanti" realizzò, aggrappandosi a quello per
confermare
che non potevano trattarsi del suo incubo peggiore. Suo padre aveva
fondato una gilda oscura, una volta esiliato, e alle gilde oscure non
era concesso partecipare. Non potevano essere loro, anche se quella
voce, quelle sensazioni, quegli odori, tutto la riportavano indietro
di quindici anni e la facevano tremare. Li lasciò andare e
proseguì
la sua ispezione nel labirinto, tanto concentrata da non rendersi
conto di altre due gilde che nel frattempo li avevano raggiunti e
avevano costretto i suoi compagni a lottare per concederle il tempo
che aveva richiesto.
«Ho
trovato Natsu» sorrise a un certo punto, rallegrata.
«L'hai...
trovato?» balbettò Gajeel, ancora
confuso.
«Sta
andando dalla parte sbagliata» confessò poi,
rammaricata, ma si
illuminò e gridò: «Ah! L'ho trovata! Ho
trovato l'uscita!»
Aprì
gli occhi e si guardò attorno, notando Laxus che proprio in
quel
momento atterrava un uomo che per poco non l'aveva colpita,
approfittando della sua distrazione.
«Da
che parte?» chiese Laxus, deciso a rimandare successivamente
le
domande su quel suo nuovo potere.
«Dunque...»
mormorò lei, riflettendo sulle strade possibili. Aveva
trovato
l'uscita, ma questo non assicurava loro di poter arrivare per primi.
«Ci sono gilde ovunque, qualsiasi strada prenderemo ci
costringerà
ad altre lotte e a perdere altro tempo. Sono già in molte ad
essere
quasi arrivate, questo torneo è pieno di maghi davvero
promettenti»
commentò, continuando a studiare tutte le vie possibili.
Infine,
prese la sua decisione. «Ho trovato la nostra via»
e un improvviso
soffio di vento sollevò da terra lei e il resto del
gruppo.
«C-che
strana sensazione» balbettò Lluvia sorpresa, ma
comunque trovando
piacevole quel leggero tocco del vento sotto di sé che la
teneva
sollevata da terra. «Andiamo di fretta, scusatemi se
sarò poco
delicata!» disse Priscilla e con un boato fece partire tutti
e
cinque a gran velocità, volando attraverso il labirinto
senza
seguire le direzioni arbitrarie che esso imponeva a tutte le altre
gilde, costrette a camminare. Lo videro cambiare conformazione, molte
gilde caddero nel vuoto trovandosi improvvisamente senza appiglio.
Priscilla schivò con rapidità e precisione i
piloni o le strade
della struttura che muovendosi sembravano cercare di impedirle di
procedere. La sua concentrazione era assoluta, riusciva a vedere
tutti i movimenti che avvenivano intorno a lei e procedeva spedita,
senza indugio, elaborando volta volta tutte le possibili deviazioni
migliori.
Un
urlo davanti a loro, fanciullesco, e una voce familiare
chiamò da
una delle strade che avevano davanti: «Chelia!»
Una
ragazzina dai capelli rosa aveva perso l'equilibrio all'ennesimo
movimento della struttura ed era caduta prima che i suoi compagni
fossero riusciti a prenderla, compagni che si rivelarono essere i
membri di Lamia Scale. Un colpo di vento e Chelia venne lanciata
nuovamente sulla strada, davanti a Leon che aveva per primo cercato
di afferrarla.
«Eh?»
chiese sorpresa la ragazzina, trovandosi per qualche motivo di nuovo
insieme ai suoi compagni.
Priscilla
saettò davanti a loro insieme alla sua squadra e gli
gridò contro:
«Sono venuta qui anche per passare un po' di tempo insieme a
voi,
non azzardarti a perdere ai preliminari, Leon!»
«Priscilla?»
chiese Leon, guardando sconvolto la ragazza che volava via.
«Partecipano
anche loro? Ma non è la squadra di Natsu a rappresentare
Fairy
Tail?» chiese Yuka.
«Il
regolamento non vieta di iscrivere più team a rappresentanza
delle
gilde» spiegò Jura, tirando in piedi
Chelia.
«Come
se questo possa dar loro un vantaggio» sorrise Leon.
«Sarà un bel
torneo. Vediamo di conquistarci il nostro posto nei primi
otto!» e
ricevendo l'approvazione dal resto dei compagni riprese a correre,
più eccitato e convinto che mai di voler prendere parte ai
quei
giochi.
«Hai
aiutato uno dei nostri avversari!» Gajeel, ancora trascinato
dal
vento di Priscilla, le ruggì contro furioso.
«Che
dici?! Leon è mio amico! E con lui c'era anche Jura! Che
bello,
sento tanta nostalgia» sorrise, allegra.
«Hai
fatto un po' del favoritismo» disse Gerard, divertito dalla
sua
innocenza.
«Uffa!
Quanto siete pignoli tutti quanti» brontolò lei,
ma tornò
immediatamente a illuminarsi, allungando un dito di fronte a
sé.
«L'uscita!» gridò, indicandola.
«Ci
siamo!» sorrise Gajeel, dimenticandosi subito la faccenda di
Lamia
Scale.
«Sembra
che siamo i primi» commentò Lluvia, ma proprio in
quel momento un
altro gruppo uscì da dentro una porta e corse verso l'uomo
dalla
testa di zucca che si trovava di fronte all'uscita.
«Ci
hanno superati!» commentò Lluvia, vedendoli andar
via poco prima di
loro.
«Sabertooth»
disse Laxus, riconoscendo il simbolo sopra la loro pelle.
«Poco
importa» sorrise Priscilla, facendo finalmente atterrare
tutti
davanti all'uomo con la testa di zucca.
«Che
sorpresa, kabo!» saltò lui nel suo scarso metro di
altezza. «La
seconda gilda classificata è il Team B di Fairy
Tail!»
«Team
B?» chiese Laxus, lanciando un'occhiataccia a Priscilla.
«Avevi
detto che saremmo stati il Team A! Perché dobbiamo essere
secondi?!»
ruggì Gajeel e Priscilla semplicemente ridacchiò
nervosa,
grattandosi la nuca.
«Una
bugia a fin di bene» cercò di
giustificarsi.
«Lluvia
già lo sapeva» annuì la donna.
«Se
vi avessi confessato che saremmo stati il "Team B" vi
sareste fatti vincere dal vostro stupido orgoglio virile e non
avreste accettato» borbottò Priscilla, cercando di
giustificarsi.
«Certo
che non avrei accettato! Non voglio essere il B, voglio essere la A!
I numeri uno!» brontolò Gajeel, furibondo, ma
Priscilla mantenne il
suo contegno e cercò di dire seria e orgogliosa:
«B sta per "Best"!
Ovvero, migliori!»
Gajeel
scoppiò a ridere, pieno di orgoglio, gridando:
«Allora saremo il
favoloso Team Best!»
«Non
ci è voluto molto a convincerlo»
commentò Gerard, guardando Gajeel
ridere sempre più infervorato. Al contrario Laxus non era
tanto
sempliciotto, anche se il discorso sull'orgoglio virile certo poteva
applicarsi anche a lui, per questo non smise di guardare male sua
sorella, sentendosi ingannato e soprattutto svilito. Lei
semplicemente ridacchiò nervosa, grattandosi la nuca, per
poi
limitarsi a tirar fuori la lingua e assumere un'espressione infantile
e birichina.
«Mi
perdoni?» chiese semplicemente, stringendosi nelle spalle con
innocenza. Lui continuò a fulminarla con gli occhi,
apparentemente
per niente convinto, ma poi spostò lo sguardo altrove e
sospirò un
rassegnato: «Non mi interessa il nome del nostro Team, tanto
siamo
arrivati prima di loro».
«È
stato anche più facile che con il Dragon Slayer del
ferro» commentò
ancora Gerard, stupito ancora più di prima. Lluvia al suo
fianco si
portò le mani al volto, arrossendo improvvisamente, ed
esclamò
emozionata: «La forza dell'amore!»
«Ma
di che parli?» chiese Gerard, confuso e in qualche modo
rassegnato
all'idea di essere circondato da persone che certo non rientravano
molto nei canoni della normalità.
«Mi
dispiace disturbarvi, kabo» intervenne l'uomo zucca,
imbarazzato.
«Ma ne stanno arrivando altri, se non entrate nella porta
verrete
superati».
Gajeel
allungò le braccia di ferro da entrambi i lati e le
usò per
raccogliere e spingere via tutti e quattro i suoi compagni,
trascinandoli all'interno del goal con una certa fretta e pressione.
Avrebbe di gran lunga preferito arrivare primo e battere anche quelli
di Sabertooth, ma il secondo posto andava bene comunque considerato
che Natsu ancora non si era fatto vivo. Non aveva nessuna intenzione
di farsi superare da lui.
Vennero
accompagnati all'interno di quello che era un vero e proprio
spogliatoio, dove poterono riposare, cambiarsi e rinfrescarsi prima
dell'inizio della cerimonia, prevista per quella mattina. Ma in piena
notte, appena due ore dopo la qualificazione al torneo, Makarov
bussò
alla loro porta, seguito da Cana e Mirajane. Lo sguardo di tutti e
tre era torvo, cupo, non prometteva niente di buono e questo li
portò
a sentire un'improvvisa preoccupazione.
«Priscilla»
cominciò Makarov, con tono cupo. «Avevo pensato di
non dirti niente
per non farti preoccupare e deconcentrarti dal tuo torneo, ma
comunque avresti scoperto da sola che qualcosa non andava non appena
aveste visto il Team A».
«Team
A? Di che parli?» chiese lei, sentendo il cuore battere in
petto
sempre più forte.
«Elfman
sostituirà Wendy per almeno questo primo giorno»
disse Mirajane.
«Fino a quando non si sarà ripresa».
«Wendy?
Un attimo... che cosa è successo a Wendy?»
sbiancò e cominciò a
tremare.
«Qualcuno
l'ha attaccata ieri notte, mentre visitava la città. Ora
è in
infermeria, Polushka si sta occupando di lei» disse Makarov e
il
mondo di Priscilla parve crollarle addosso. Wendy in infermeria per
qualcuno che aveva provato a farle del male? Era inconcepibile! Chi
poteva prendersela con una bambina in quel modo? Saltò in
piedi e
corse via, ignorando i richiami dei suoi compagni. Voleva dirsi che
non era niente di grave, voleva dirsi che sarebbe andato tutto bene,
ma come poteva sottovalutare gli occhi di Makarov? La preoccupazione
sul volto di Mirajane? Come poteva pensare che non era niente di cui
avere paura?
Corse
a perdifiato fino all'infermeria, spalancando infine la porta con un
tonfo ed entrò urlando il nome della ragazzina. La vide,
pallida,
sudata, stesa in un letto vicino a Charle. Entrambe faticavano a
respirare, erano a pezzi come mai le aveva viste prima.
Sentì la
gola chiudersi dal dolore, la vista appannarsi. Era davvero niente di
grave? Doveva esserlo, doveva sapere che sarebbe stata meglio nel
giro di qualche ora, o sarebbe nuovamente impazzita. La piccola
innocente Wendy, dalla dolcezza smisurata, gli occhi sempre attenti,
che era pronta ad aiutare chiunque anche chi meno se lo meritava. Era
la sua piccola protetta, se l'era ripromesso più volte,
nessuno
doveva neanchesfiorarla. E invece ora non riusciva nemmeno ad aprire
gli occhi.
«Wendy!
Wendy!» la chiamò, terrorizzata, avvicinandosi al
suo letto.
Avrebbe dato qualsiasi cosa per sentire la sua voce chiamarla,
pronunciare in quel modo sempre timido e piacevole il suo solito:
«Priscillanee-san».
Ma
a risponderle fu solo il suo respiro, affannato, e gli occhi
restarono chiusi.
«Makarov
avrebbe dovuto trattenerti» una voce femminile, alla sua
sinistra.
«Polushka»
la riconobbe. «Che cos'ha? Cosa le è
successo?»
«Fai
troppo rumore. Deve riposare un po'».
"Deve
solo riposare" una verità che conosceva fin troppo bene e
che
mai le era piaciuta. Quella frase, per lei, non era mai stata
positiva.
«Chi
è stato?» ringhiò, sentendo i nervi
tendersi.
«Non
se lo ricorda. Dice che ha visto uno strano esserino scuro e poi
è
svenuta. Dev'essere deficienza magica. Perderne tanta in modo
drastico può portare a ripercussioni fisiche. Ma
è curabile, deve
solo riposare un po'» spiegò Polushka, ma quelle
parole parvero non
rasserenare nemmeno un po' Priscilla che continuava a tendersi come
una corda di violino. Strinse le coperte di Wendy tra le dita, i
denti serrati, le sopracciglia corrucciate, la rabbia tanto palpabile
che prese persino possesso dell'aria della stanza, cominciando a
smuoverla e farla roteare intorno a sé tanto da farle
svolazzare
vestiti e capelli.
«Mi
aveva parlato di un libro che Grandine le aveva lasciato in
eredità.
Voleva imparare quelle magie in tempo per il torneo, voleva dare il
suo contributo. Era disposta a impegnarsi così tanto e io la
conosco, scommetto che lo ha fatto. Scommetto che ha dato tutta se
stessa!» gracchiò, fuori di sé.
«Chi è stato? Voglio sapere il
suo nome!» urlò.
«Non
lo sappiamo. Ma forse...» mormorò Polushka,
turbata nel vedere la
ragazza così fuori controllo.
«Qualcuno
che partecipa al torneo» ipotizzò la stessa
Priscilla. «Chiunque
osi sfiorare anche solo con un dito Wendy deve prima passare sul mio
cadavere. Lei...» lei l'avrebbe potuta curare. Lei l'avrebbe
potuta
rendere umana. Non aveva mai avuto il coraggio di chiederglielo,
forse non lo avrebbe mai fatto, ma ciò non toglieva che se
mai un
giorno avesse desiderato avrebbe sempre potuto provarci.
Finché
Wendy era accanto a lei il suo sogno, anche se irrealizzabile, poteva
sempre essere sognato. Era il suo faro, la sua luce di speranza. La
sua piccola e dolce sorellina. «Lei è la cosa
più preziosa che ci
sia al mondo. Gliela farò pagare. Gliela farò
pagare molto cara,
vedrai».
«Dovresti
concentrarti sul torneo, lei sicuramente ti direbbe questo»
provò a
calmarla Polushka e si sorprese quando Priscilla spostando gli occhi
su di lei mostrò uno sguardo sì furioso, ma
concentrato e lucido
come poche volte lo era stata. «Lo sono» disse
decisa Priscilla.
«Adesso ci penso io a tutto quanto» una sentenza,
una minaccia che
lasciava poco scampo. Avrebbe fatto sul serio, impiegando tutte le
sue risorse, avrebbe scoperto e vendicato Wendy, avrebbe riportato il
nome della sua gilda al primo posto, avrebbe ridato a tutta la sua
famiglia gioia e serenità e avrebbe infine portato a termine
quella
missione che aveva cominciato insieme a Gerard. Niente avrebbe
impedito a nessuno di loro di tornare a casa insieme, felici.
Restò
al fianco di Wendy per tutta la notte, vigile e attenta, osservando
il suo viso affaticato nel recupero. Troppe cose stavano accadendo,
più di quante ne avesse previste, e sentiva che non tutte
riguardavano la magia misteriosa che Gerard aveva sentito negli anni
precedenti. Doveva essere un semplice torneo tra maghi, un gioco, un
luogo dove riunirsi insieme a vecchie e nuove conoscenze, ma non
erano nemmeno cominciati che qualcosa le fremeva in petto.
Quell'accecante terrore di quel pomeriggio e la piccola Wendy ferita,
debilitata, da uno sconosciuto che probabilmente minava alla sua
famiglia. E quell'uomo, dalla maschera a forma di testa di leone, non
faceva che pensare a lui con una certa inquietudine.
Cominciò a
sentire il rumore delle urla provenire dall'interno dello stadio e fu
solo quello a darle un indizio sull'ora che si era appena fatta. Era
mattina, lo stadio si stava riempiendo e i giochi sarebbero iniziati
da lì a poco.
«Priscilla-nee»
la voce delicata e flebile di Wendy gracchiò al suo fianco,
sorprendendola.
«Wendy!»
chiamò. «Sei sveglia?»
«Sei
venuta a fare il tifo per noi?» chiese Wendy con la poca voce
che
aveva. Priscilla si lasciò scappare un sorriso intenerito:
aveva da
poco riaperto gli occhi e la prima cosa che andava a pensare era quel
torneo per cui tanto si era impegnata. «Non mi sarei mai
potuta
perdere un grande evento come questo» disse e la ragazzina
sembrò
tornare ad addormentarsi, incapace di parlare ancora e troppo
indebolita. «Mi dispiace» piagnucolò
invece, pochi secondi dopo.
«Fairy Tail contava su di me».
«È
per questo che devi riposare. Non preoccuparti, Elfman ti
sostituirà
fino a che non sarai pronta a scendere in campo»
cercò di
rassicurarla e ancora Wendy parve crollare addormentata.
Probabilmente lottava per restare sveglia, si sforzava di parlare, ma
continuava a cadere vittima della stanchezza.
«Fai
il tifo per noi, Wendy-chan» sussurrò Priscilla
dandole un tenero
bacio sulla fronte sudata. Si alzò, lasciandola riposare, e
infine
si avvicinò alla porta pronta a tornare dai suoi compagni.
Sentirla
parlare, vederla pian piano riprendersi, l'aveva aiutata a ritrovare
un po' di pace e calmarsi. Allungò una mano sulla maniglia
ma ancora
la sentì sussurrare, con quella poca voce che
aveva.
«Nee-san»
un lamento, più che una parola. «Tu non puoi
morire... vero?»
Una
domanda come quella, per quanto era palese che Wendy stesse delirando
per la malattia, certo non se l'aspettava in un momento come quello.
Intensificava l'angoscia nel suo petto, i timori e i dubbi. Forse era
solo un caso, forse solo un sogno, ma perché proprio di
fronte a
quella primordiale paura, perché proprio di fronte a quei
dubbi sul
ritorno di Ivan, Wendy andava preoccupandosi per la sua
incolumità?
Perché tutto doveva succedere proprio in un momento come
quello?
«No»
lamentò, abbassando gli occhi cupi. «Io non posso
morire».
Una
condanna per tutta la sua intera vita che ora, dopo tanto tempo,
tornava a prendere la forma di un desiderio. Non poteva morire, non
voleva morire. Tornò a concentrarsi sulla maniglia della
porta, per
aprirla e uscire, ma si sorprese quando si scoprì a
tremare.
Perché
proprio in un momento come quello?
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Capitolo 44 *** Raven Tail ***
Raven
Tail
«Priscilla!»
sussultò Lluvia, vedendo tornare la ragazza dopo l'intera
notte
passata in infermeria. «Come sta Wendy?» chiese
Gerard.
«Deve
solo riposare un po'» rispose Priscilla avvicinandosi
all'armadietto
che le era stato designato e cominciando a sistemarsi, per prepararsi
all'ingresso nell'arena.
«Che
cosa è successo alla mocciosa?» chiese Gajeel,
fingendo che gli
importasse poco ma lasciandosi sfuggire un briciolo di
preoccupazione.
«Non
lo sappiamo. Dice che ha visto un esserino scuro e poi è
svenuta.
Polushka dice che è deficienza magica, qualcuno l'ha
prosciugata di
tutta la magia tutta in una volta e questo l'ha portata a qualche
ripercussione fisica» spiegò, finendo di legarsi i
capelli.
«Qualche
nemico di Fairy Tail? Magari qualcuno che partecipa ai
Giochi» provò
a ipotizzare Lluvia.
«È
probabile» disse Priscilla, chiudendo l'armadietto. Lo
sguardo duro,
furioso, si mosse lentamente verso i propri compagni.
«Sinceramente
lo spero» disse infine, corrucciandosi in un sguardo deciso.
Una
dichiarazione di guerra, non era altro che sete di vendetta a cui
avrebbero volentieri preso parte anche gli altri. Quel torneo non era
solo divertimento, ma erano lì per riscattarsi di ogni cosa.
Riscattarsi dei sette anni in cui i propri compagni erano stati
costretti ad abbassare la testa, riscattarsi delle sofferenze, delle
derisioni e di tutti quelli che li colpivano alle spalle credendo
così di indebolirli. Avrebbero mostrato la furia vendicativa
di una
Fairy Tail che non tollerava veder piangere i propri compagni.
«Ghi-hi»
sorrise Gajeel, altrettanto determinato. Una determinazione che
emerse anche negli occhi degli altri compagni, ognuno furioso a modo
suo di quanto il mondo si fosse preso gioco della loro famiglia fino
a quel momento. Avrebbero messo fine a tutto quello, senza
cedimenti.
Le
urla fuori dallo stadio si fecero più intense e un uomo
entrò nel
loro spogliatoio, vestito con la divisa degli addetti ai Giochi
Magici.
«Prego,
da questa parte» indicò, facendo loro strada fino
al corridoio che
li avrebbe infine portati all'esterno, nell'arena. «Quando
annunceranno il vostro nome potete entrare» spiegò
l'uomo,
facendosi da parte e lasciandoli infine soli.
«Stiamo
per cominciare dunque» commentò Laxus,
sgranchendosi il collo.
«Lluvia
darà il massimo» disse Lluvia,
determinata.
«Ghi-hi,
non vedo l'ora di vedere la faccia di Salamander quando ci
vedrà
arrivare per secondi» ridacchiò Gajeel, euforico.
«Gerard»
chiamò Priscilla, accostandosi all'uomo. «Non fare
pazzie e ricorda
il nostro addestramento. Sono io responsabile di te per il momento,
non mettermi nei guai o Ultear me la farà pagare
cara» sorrise
divertita e come da copione Gerard non rispose, ma si limitò
ad
annuire semplicemente. Mistgun, in fondo, non era mai stato tipo da
molte parole.
«E
anche quest'anno si aprono i Grandi Giochi della Magia!» la
voce del
commentatore sovrastò le urla del pubblico e il frastuono
della
musica. «Io sarò il vostro cronista, Chapati Lola!
Con me, come
commentatore, c'è l'ex membro del Concilio della magia
Yajima-san.
Grazie per essere con noi!»
«È
un piacere» rispose la voce dell'anziano.
«Questo
complica le cose» sospirò Gerard, teso all'idea di
essere
riconosciuto da uno dei suoi ex colleghi del Concilio.
«Andrà
bene, stai tranquillo» sorrise Priscilla, divertita nel
vederlo in
quella debolezza.
«Solo
per oggi sarà nostra ospite Miss Fiore: Jenny Realight-san
di Blue
Pegasus!» continuò Chapati.
«Attenti,
quest'anno siamo qui per vincere» commentò la
delicata voce
femminile di Jenny.
«I
partecipanti stanno facendo ora il loro ingresso! Ecco che vediamo
comparire per primi gli ottavi qualificati ai preliminari,
riusciranno a rievocare i fasti del passato? Non fatevi
ingannare dal nome, sono i tosti e feroci membri di Fairy
Tail!»
«Ottavi?»
storse il naso Priscilla.
«Per
il rotto della cuffia» commentò anche Laxus,
mentre Gajeel
semplicemente se la rideva sganasciante.
«Questo
non giova al nostro nome» sospirò Lluvia e non
fece nemmeno in
tempo a dirlo che un coro di fischi e insulti si alzò dal
pubblico.
«Siamo
messi peggio di quanto pensassi!» sobbalzò
Priscilla, sconvolta nel
sentire tanto odio nei confronti della propria gilda.
«Più
in basso di così non potevamo cadere» si
unì Laxus.
«Nonostante
siano sempre arrivati ultimi, quest'anno sono riusciti a superare
almeno i preliminari, anche se ottavi» commentò
Chapati. «Con il
ritorno del gruppo di Tenrou che anni fa spadroneggiava sulla
regione, riusciranno a scalare la vetta?»
«Sono
contento di vedervi! Complimenti Fairy Tail» disse il vecchio
Yajima.
«Ora
i settimi classificati ai preliminari» continuò
Chapati. «I segugi
dell'esercito infernale: Quatro Cerberus!» e il tono del
pubblico
cambiò nuovamente, tornando alle ovazioni e al tifo.
«Siamo
gli unici che deridono» sospirò Priscilla
affranta.
«Come
osano deridere Gray-sama!» ruggì Lluvia, irritata,
e Priscilla la
guardò sconcertata chiedendole: «Solo di questo ti
interessa?» per
poi rendersi conto dell'inutilità della sua domanda.
Sì, era ovvio,
solo di quello le interessava.
«Al
sesto posto» tornò a parlare Chapati.
«Una gilda composte di sole
donne! Le danzatrici dei profondi oceani, Mermaid Heel!»
E
per quanto fossero seste e probabilmente non le favorite, le urla e i
fischi di ovazione sembrarono amplificarsi, soprattutto quelli
maschili.
«I
quinti arrivati! Le ali azzurre che brillano nel buio: Blue
Pegasus!»
continuò Chapati e Priscilla ebbe un brivido improvviso nel
ricordarsi di Ichiya e del suo inquietante attaccamento al parfum
delle donne. L'idea di incrociarlo di nuovo non la entusiasmava
affatto.
«Classificati
quarti, i distruttori sacri, la dea di amore e guerra: Lamia
Scale!»
annunciarono ancora e Priscilla saltellò felice, esclamando:
«Leon
ce l'ha fatta! Evviva!»
«Il
tuo aiuto è stato eccessivo!» ringhiò
Gajeel, ancora infastidito
per quanto successo nel labirinto. «Non so di cosa
parli» sbuffò
lei, facendo finta di niente e Gajeel sbraitò ancora di
più,
minacciandola che se avessero vinto loro per colpa sua gliel'avrebbe
fatta pagare.
«Pricchan»
l'improvviso richiamo di Laxus, greve più di quanto si fosse
aspettata, e smise immediatamente di bisticciare con Gajeel.
«Classificati
a sorpresa al terzo posto abbiamo una gilda al suo debutto»
uno
strano brivido lungo la schiena di Priscilla, che per qualche ragione
aveva cominciato a capire cosa si sarebbe dovuta aspettare. La
sensazione, quell'orrenda sensazione, era troppo pressante per essere
solo illusione.
Tornò
a sentirla schiacciare all'interno del suo petto, tornò a
sentirla
lungo la pelle, facendola rabbrividire.
«I
predoni di mezzanotte: Raven Tail!»
Il
mondo sembrò farsi improvvisamente cupo, oscuro e terribile.
Sentì
le ombre allungarsi, assottigliarsi come artigli affilati,
circondarla, pronti a stritolarla. Aveva già provato una
sensazione
accecante e soffocante come quella, lo ricordava il macabro mondo in
cui Nirvana aveva provato a trascinarla tempo addietro. La sua paura
peggiore, il suo incubo primordiale, e la voce di Wendy che dolorante
la supplicava di confermarle che non sarebbe morta, come se anche lei
avesse avuto quell'orrenda profezia.
Lui
era lì.
In
quello stadio, a guardarla, a giudicarla, a strozzarla. Poteva
sentirla la catena intorno al collo che si stringeva, ne sentiva il
freddo metallo sulla pelle, il rumore agghiacciante vicino
all'orecchio, la sua libertà e umanità che veniva
improvvisamente
lacerata e sviscerata.
"La
mia bambina di carta".
I
ricordi di un'infanzia infelice e tormentata le caddero addosso,
senza darle tempo di schivarli, schiacciandola con un impatto tale
che si sorprese nel non urlare veramente per quanto male fecero.
Sentì su di sé ogni colpo, ogni minaccia, ogni
schiaffo, pugno,
calcio, ogni singola parola rivolta a quella che non era altro che un
giocattolino di cui giurava di sbarazzarsi non appena si fosse
annoiato di lei. Il primordiale terrore della morte, la sua vera
morte, improvvisa e incomprensibile, perché eternamente
legata al
demone peggiore che potesse esistere al mondo. Eternamente schiava,
eternamente oggetto... lei era la sua bambina di carta.
Una
presa ferrea le catturò la mano, incrociando tra loro le
dita. Poté
addirittura sentirne il fragore, di quel fulmine che squarciava a
metà il mondo, liberando il cielo e lasciando che la luce
arrivasse
persino a una come lei. Vide il cielo improvvisamente schiarirsi, le
ombre dissiparsi, inghiottite dal calore e dalla forza con cui la sua
mano veniva stretta. La prima e unica persona che fosse mai stato in
grado di darle una via d'uscita. La persona che l'aveva resa
più
umana di quanto fosse potuta riuscirci alcuna magia. Riusciva sempre
a sbrigliare le sue catene, con un abbraccio o un sorriso, la faceva
respirare di nuovo.
Si
voltò a guardare il volto corrucciato e duro di Laxus,
rasserenata
da quella sua severa espressione. Non avrebbe dimenticato, non
più,
a discapito di un padre manipolatorio e folle. Non l'avrebbe
più
lasciata andare, poteva sentirlo urlare in quella presa che la teneva
ancora stretta nella sua mano. Lui era lì con lei, quella
volta
forse per sempre. E la paura scomparve. I fratelli tempesta avrebbero
combattuto di nuovo insieme per sconfiggere il più grande
dei loro
demoni.
«Rimangono
solo due squadre che hanno superato i preliminari»
annunciò Chapati
e gli altri membri di Fairy Tail si avvicinarono ai due fratelli,
pronti a entrare in scena.
«Classificatosi
al secondo posto ai preliminari una sorpresa inaspettata! Che le loro
ali li abbiano fatti volare fino a qui? L'impronosticabile,
l'incredibile Team B di Fairy Tail!»
Il
Team B fece finalmente il suo ingresso sotto lo sguardo sconvolto di
praticamente tutto lo stadio. Camminarono fino alla loro postazione,
dove si fermarono, osservando incuriositi soprattutto la reazione di
Natsu e gli altri che non mancò. Occhi sbarrati, bocche
spalancate,
lamenti e urla di sconcerto.
«Che
fanno loro qui?!» gridò Natsu, sconvolto.
«Cosa?!»
sussultarono anche Gray, Elfman e Lucy. Erza avrebbe volentieri preso
parte alle urla sconvolte, ma il suo occhio si era soffermato prima
sulle mani ben intrecciate di Priscilla e Laxus, in testa al gruppo,
e non aveva resistito dall'arrossire e balbettare semplicemente:
«La
mano».
«Un
team capitanato dai fratelli Dreyar, che ventata di nostalgia.
Ricordo quando molti anni fa facevano parlare l'intera regione per le
loro incredibili capacità» commentò
Yajima, con un sospiro che lo
rese molto vecchio e nostalgico.
«Non
si può certo negare che Fairy Tail quest'anno ci stia
regalando
incredibili emozioni!» commentò Chapati.
«Ben due team
classificati! Ha dell'incredibile».
«M-ma...»
balbettò ancora Natsu, incontrollabile nella sua reazione.
«Quello
è Mistgun?!»
«Mistgun?»
chiese Erza, notandolo parzialmente nascosto dietro le spalle dei
suoi compagni. «Aspetta... non sarai mica...»
balbettò,
cominciando a comprendere. Gerard si portò un dito ad
altezza naso e
semplicemente sibilò un imperativo:
«Ssshh».
«Sul
serio?!» gridarono Lucy e Gray, trovando allucinante quanto
stesse
accadendo davanti a loro.
«Fairy
Tail ha due squadre? Possibile?» sentirono mormorare dal
pubblico,
più e più volte, nel silenzio
dell'incredulità che aveva colto
tutti quanti.
«A
quanto pare c'è molta gente confusa dalla revisione del
regolamento
rispetto all'anno scorso, non credi, Yajima-san?» chiese
Chapati
all'anziano che intervenì spiegando:
«Sì, a quanto pare da
quest'anno una gilda può avere più di una squadra
in gara».
«Ma
nessuno ce l'aveva detto!» lamentò Lucy,
voltandosi verso la
tribuna dove Fairy Tail aveva allestito il loro striscione per il
tifo alla propria gilda. Makarov si alzò in piedi sulla
balaustra e
rise a gran voce, gridando: «È così che
si fa a Fairy Tail!»
«Tuttavia
c'è anche il rischio che i due team della stessa gilda
debbano
affrontarsi a vicenda, riusciranno a combattere con i loro stessi
compagni?» si chiese Chapati.
«Mi
sembra però scorretto» commentò Jenny.
«Se ci fosse una gara
strutturata come un tutti contro tutti, Fairy Tail sarebbe ovviamente
avvantaggiata essendo in dieci, no?»
«Delle
oltre cento gilde partecipanti, Fairy Tail è stata la sola
in grado
di superare i preliminari con ben due squadre, è un
vantaggio perciò
che si sono guadagnati» rispose Chapati.
«Non
diciamo stronzate!» ruggì Natsu, fulminando il
gruppo dei loro
compagni. «Io sono qui per fare sul serio!»
«Contro
Natsu non puoi sperare in nessun tipo di favoreggiamento»
ridacchiò
Priscilla, portandosi divertita entrambe le mani dietro la nuca e
sollevandosi in volo incrociò le gambe tra loro.
«Chiunque
mi ritroverò davanti lo affronterò con tutte le
mie forze, non
importa di che gilda sia!» insisté Natsu.
«Non osate nemmeno
pensare di trattenervi! Non perderò contro nessuno,
tantomeno contro
di voi!»
«Non
chiedo di meglio, signor ottavo classificato» disse
Gajeel,
avvicinandosi a Natsu con lo sguardo di chi era pronto a
divorarlo.
«Gajeel-kun,
siamo arrivati secondi grazie a Priscilla, non hai fatto niente tu.
Non dovresti pavoneggiarti in questo modo» intervenne Lluvia
e
Priscilla svolazzò dietro di lui, imitando la risata di
Gajeel:
«Gih-ih».
«Non
ridere in quel modo!» la rimproverò Gajeel,
offeso.
«Gray!»
si avvicinò Leon. «Non dimenticare la nostra
promessa. Se vinceremo
noi, Lluvia diventerà membro di Lamia Scale».
«Quando
mai ho fatto una promessa simile?!» ruggì Gray e
Lluvia si portò
le mani ai capelli, lamentandosi disperata per quel triangolo amoroso
in cui era caduta vittima.
«Questo
è interessante!» commentò sempre
Priscilla, svolazzando al suo
fianco e mangiucchiando dei pop corn con interesse.
«E
quelli da dove li hai presi?!» sussultò Lucy,
strabuzzando gli
occhi, e Priscilla indicò innocentemente una venditrice di
Popcorn
sulle tribune che le urlava contro che quelli avrebbe dovuto pagarli.
«Lu-chan!»
sorrise poi, mettendo da parte i pop corn. «Prometto che non
ci
andrò troppo pensate con te se dovessimo trovarci insieme in
qualche
scontro! Non sono mica come loro, io» disse allegra e Lucy
parve
cominciare a piangere, lamentando: «Non so se è
peggio la tua bassa
considerazione della mia forza o il fatto che tu possa veramente
farmi a pezzi se volessi».
«Mistgun...»
Erza si avvicinò a Gerard, squadrandolo come un delinquente.
«Pensavo che non ti fosse permesso avvicinarti allo stadio.
Oltretutto non sei un membro della gilda, questo è contro il
regolamento. Di chi è stata l'idea?»
rimproverò sapendo però già
quale sarebbe stata la risposta. Ed essa non tardò ad
arrivare, da
una squillante Priscilla che confessò con una bizzarra
allegria:
«Colpa mia!»
«Non
dovresti vantartene!» la rimproverò Erza.
«Però
funziona» provò a giustificarla Gerard.
«Guardalo,
Erza!» disse Priscilla, orgogliosa, volando addosso a Gerard
e
prendendolo sotto braccio. «È perfetto! L'ho
addestrato benissimo,
vuoi vedere?»
«Lo
farai abbaiare a comando?» chiese Erza provocatoria, visto
che
sembrava stesse parlando di un cane.
«Lo
farebbe se glielo ordinassi!» disse lei con una strana luce
negli
occhi e Gerard sussultò con un: «Non è
vero!»
«Comunque,
Mistgun» disse Priscilla improvvisamente più
seria, dandogli un
lieve pugno sulla testa. «Ricordati che sei un tipo piuttosto
silenzioso» mormorò, tornando solo per quel breve
istante la seria
e determinata Priscilla che era stata dentro a quegli spogliatoi. Per
quanto giocasse a fare l'allegra ragazza casinista, non era certo
tipo da perdere di vista i proprio obiettivi e quel rimprovero era
giustamente finalizzato al loro piano e sicurezza. Se avessero
scoperto che Mistgun non era veramente Mistgun sarebbe stata la fine
di tutto.
«Hai
sentito niente di quella strana forza magica di cui
parlavate?»
chiese poi Erza, fingendo di guardare altro per non dare
l'impressione che stesse parlando con lui.
«No,
ancora niente. Voi avete visto niente di strano?»
«A
parte la sospetta Raven Tail, niente» disse Erza e lentamente
si
allontanò dai due tornando nel suo gruppo.
"La
sospetta Raven Tail" ripensò Priscilla, facendosi nuovamente
seria e voltando leggermente lo sguardo in direzione della gilda
oggetto di quei pensieri. L'uomo con la maschera da leone era vicino
alla donna dai capelli rossi e l'uomo con la maschera e la tunica che
aveva visto anche in città. Vicini a loro c'erano gli altri
due
partecipanti, un uomo interamente vestito di nero con degli strani
occhi da serpente, e un altro che più che un uomo sembrava
un
mostro. Piccolo, squadrato, dalla pelle bluastra e il sorriso
inquietante. Guardavano nella loro direzione e ridacchiavano tra
loro, solo quello bastò a farle capire quanto la loro
presenza non
fosse dettata dal semplice torneo. Pensare che quegli uomini erano al
servizio di suo padre le faceva ribollire il sangue nelle vene. Era
certa che Ivan si trovasse lì, probabilmente guardava tutto
dagli
spalti, e quello era il motivo per il quale ancora non aveva alzato
lo sguardo nemmeno quando aveva sentito il tifo provenire dalla
tribuna di Fairy Tail. Vedere il volto dei suoi incubi peggiori dopo
così tanti anni temeva avrebbe potuto farla
impazzire.
Poi
il suo sguardo cadde su un particolare: un esserino scuro, poggiato
sulla spalla dell'uomo con la tunica. Sghignazzava più degli
altri,
ciondolando di qua e di là.
"Ricorda
solo di aver visto uno strano esserino scuro" le parole di
Polushka le piombarono addosso come macigni, mentre lo sguardo e la
risata di quell'essere sembrava volessero confermarle il dubbio che
sapevano le si era appena insinuato dentro.
«Sono
stati loro» mormorò colma di una rabbia che
difficilmente avrebbe
trattenuto. Strinse i pugni, serrò la mascella e ancora il
vento
divenne incontrollabile intorno a lei, specchio della sua anima. Non
fu violento, ma anzi delicato, leggiadro, per questo pesante e
inquietante, come il respiro di un demone che soffia dietro la
propria nuca. Spostava appena la polvere ai piedi di Priscilla che
continuava a guardare la gilda di suo padre con uno sguardo che
avrebbe potuto ucciderli se solo ne avesse avuto il potere. Una mano
si posò sulla sua spalla, Laxus le si mise a fianco
condividendo la
sua rabbia e la sua silenziosa minaccia. Ma fu lui poi a mormorare:
«Andiamo» e portarla via, prima che avesse potuto
perdere il
controllo.
«E
ora il team classificatosi primo ai preliminari!»
annunciò Chapati,
riprendendo il controllo dello stadio. «Sapete tutti di chi
sto
parlando! I più forti! Gli invincibili! I
dominatori!»
«Già
non li sopporto» biascicò Priscilla, infastidita
per tutto quel
clamore.
«Sabertooth!»
il boato che esplose nello stadio fu tale che persino l'aria parve
tremare, mentre i cinque membri della gilda proclamata la
più forte
di tutte faceva il suo ingresso sotto una pioggia di palloncini e
festoni.
L'antipatia
fu precisa e diretta, tra Natsu, Gajeel e i due draghi gemelli, Sting
e Rogue. Probabilmente per qualche retroscena, per qualche vicenda
passata, ma sicuramente tra loro non scorreva decisamente buon sangue
benché fossero tutti e quattro Dragon Slayer. Dalle tribune
arrivò
il tifo non solo dell'intero pubblico, ma anche quello acclamato ed
eccitato di due piccoli Exceed, uno rossiccio e uno con su un costume
da rana, che gridavano il nome di Sting e Rogue entusiasti. Priscilla
li notò e li fissò qualche secondo, prima di
spostare lo sguardo
deluso e rammaricato su Laxus.
«Perché
tu sei l'unico Dragon Slayer a non avere un gatto?»
mormorò
infastidita.
«Eh?»
chiese Laxus, non capendo nemmeno di cosa stesse parlando. Ma lei
incrociò le braccia al petto e sbuffò,
imbronciandosi come una
bimba: «Sapevo che me ne sarei dovuta tenere uno».
«E
con questo abbiamo concluso la presentazione dei
partecipanti!»
disse ancora Chapati. «Grazie a tutti per l'attesa, ora
passeremo in
rassegna le modalità di questo torneo!»
Una
pietra gigantesca emerse dal terreno, portando sopra di essa incise
una lista dei sette giorni che avrebbero appena affrontato, con
spiegati gli eventi quotidiani. Accanto a ciascun giorno c'era
segnato un punto interrogativo, a indicare una gara, e poi una
battaglia che avrebbe coinvolto tutte e otto le gilde
partecipanti.
«Ecco
svelato il programma dei Grandi Giochi della Magia!» vicino
al
giorno uno vennero cancellati i punti interrogativi e al loro posto
comparve il nome della prima gara che avrebbero affrontato:
Nascondino.
«Ed
ecco come verranno ripartiti i punti!» spiegò
ancora Chapati. «I
primi classificati si prendono dieci punti, i secondi otto, i terzi
sei, i quarti quattro e gli altri a seguire sempre meno punti fino
all'ottavo posto che prende zero punti. Per la parte della gara
saranno le squadre a selezionare i partecipanti, per quanto riguarda
le battaglie invece i duellanti saranno selezionati dai nostri
organizzatori. Le regole per la battaglia sono semplici, il vincitore
prende dieci punti, il perdente ne prende zero, in caso di pareggio
le due squadre prendono cinque punti a testa».
«Perciò
alla fine vince chi ha accumulato più punti»
osservò Laxus,
studiando lo schema che gli era stato proposto.
«È
semplice e non è discriminatorio. In caso di qualche
sconfitta si ha
sempre la possibilità di rimontare»
commentò Priscilla,
altrettanto interessata allo schema.
«Senza
ulteriori indugi, diamo inizio ai Grandi Giochi della Magia!»
esclamò Chapati e ancora una fanfara diede inizio a una
melodia
allegra e motivante. «Vi presento ora la prima gara di questi
giochi: Nascondino! Ogni squadra scelga il proprio rappresentante,
dopodiché spiegherò le regole».
I
primi a scegliere il proprio furono i Quatro Cerberus, poi Marmed
Heel, a seguire Raven Tail e Blue Pegasus. Sabertooh mandò
in campo
Rufus, un uomo dall'aria aulica e l'abbigliamento di un moschettiere,
poi fu il turno di Lamia Scale che schierò dalla sua Leon.
Nel
vedere Leon farsi avanti Gray non poté che fare altrettanto,
sempre
in eterna rivalità con il vecchio amico d'infanzia, e come
una
catena infine anche Lluvia si offrì prepotentemente
volontaria.
«Credo
che in una gara come "Nascondino" sia più utile il Mirage
di Priscilla» provò a intervenire Gerard,
più razionale e più
calcolatore, certamente meno legato a quei sentimenti che correvano
tra le loro gilde. Priscilla sghignazzò, portandosi le mani
dietro
la nuca ed esclamò: «Pare che tra quei tre ci sia
un qualche
risvolto amoroso. Lasciamola andare! Sarà
divertente!»
«Se
ti azzardi a perdere di proposito contro Gray ti prendo a
calci!»
ruggì Gajeel, meno convinto.
«Si
facciano avanti i partecipanti di Nascondino! Gli altri potranno
seguire la gara dai palchetti a loro assegnati, da dove non
è
permesso allontanarsi durante lo svolgimento della gara»
disse lo
stesso ometto alto un metro con la testa da zucca che li aveva
annunciati nei preliminari, il cui nome si scoprì essere
Mato.
«Metticela
tutta, Lluvia! Ricordati del premio!» disse Priscilla,
allontanandosi e andando a prendere posto dove le era stato indicato.
«Finalmente
siamo pronti a cominciare!» disse Chapati.
«Chissà di cosa trarrà
questo Nascondino. Yajima-san chi è da tenere maggiormente
d'occhio,
secondo lei?»
«Beh,
conosciamo tutti il valore di Rufus-kun, ma sono curioso di vedere
come se la caverà Gray-kun» rispose l'anziano.
«E
secondo te, Jenny-san?»
«Eve-san,
ovviamente! È fortissimo!» rispose la ragazza,
sicuramente di
parte.
Il
gruppo designato degli sfidanti si avvicinò a Mato, pronti
ad
ascoltare i particolari di quella gara che avrebbero affrontato, ma
Nulpting, l'uomo di Raven Tail, intervenne.
«Scusate
un attimo» avanzò. «Ancora non siamo
stati messi al corrente della
modalità di gara, ma di qualsiasi cosa si tratti per Fairy
Tail è
un vantaggio enorme avere due membri, no?»
«Ma
che diamine vuole ora quella sottospecie di melanzana»
digrignò i
denti Priscilla, irritata all'idea che proprio Raven Tail fosse la
prima ad avere qualcosa in contrario sui loro sui Team.
«Avrà
paura di noi, gih-hi»
sogghignò Gajeel, in qualche modo soddisfatto da quella
situazione.
«Codardo!»
ruggì Priscilla verso Nulpting, dando corda a
Gajeel.
«C'è
poco da fare, kabo»
rispose Mato. «Sono stati bravi a superare i preliminari con
due
squadre, ora ne godono il vantaggio».
«A
me sta bene» rispose Rufus, di Sabertooth. «I miei
cassetti della
memoria mi ricordano che avere due partecipanti in gara alfine non
garantisce un cosiddetto vantaggio».
«A
me non fa alcuna differenza» disse Yaeger, di Quatro Cerberus.
«Anche
a me va bene» sorrise la piccola Beth, di Mermaid Heel.
«Tié!»
disse Priscilla dagli spalti, facendo verso l'avversario una
linguaccia infastidita.
«Sei
particolarmente agguerrita, oggi» sogghignò Laxus,
trovando
divertente il suo infantile modo di gestire lo stress di un
avversario fastidioso come Raven Tail.
«Come
non potrei non esserlo?!» disse offesa e frustrata.
«Quei
maledetti...» strinse il marmo del balcone tra le dita,
furiosa,
prima di iniziare a urlare e sbraitare: «Fallo a pezzi,
Lluvia!
Disintegralo!»
«Non
farti distrarre da Gray! Hai capito?» ruggì Gajeel
al suo fianco.
«Quei
due bastano a fare il tifo per tutta la gilda intera»
sospirò
Gerard, di fronte a tutto quel baccano, e Laxus rispose con una
semplice risata a labbra chiuse.
«Si
eriga il campo!» esclamò Mato e dal terreno emerse
e venne
ricostruita un'enorme città, ben più grande
dell'arena concessa, ma
l'uso della magia permise anche una cosa inconcepibile come quella.
Degli enormi schermi comparvero all'esterno della città, per
permettere al pubblico di seguire le vicende al suo interno e tramite
quelli furono in grado di vedere come tutti gli sfidanti fossero
stati separati e trasportati nei vari punti del campo da gioco.
«Allucinante!»
commentò Priscilla, a occhi spalancati.
«È
gigantesca» annuì Gajeel.
«Bene!
Attraverso i Lacryma Vision è possibile vedere i vari
partecipanti.
Possiamo notare come nessuno di loro sappia dove si trovano gli
altri, in questo momento» commentò Chapati.
«Le regole di
Nascondino sono semplici! Tutti dovranno cercare tutti. Trovate gli
altri all'interno della città. Siete liberi di usare tutta
la magia
che volete! Basta colpire un avversario e verrà aggiunto un
punto
all'attaccante, togliendolo alla vittima. L'entità del danno
è
ininfluente» e proprio in quel momento intorno ai vari
partecipanti
si materializzarono centinaia di copie di loro stessi. Centinaia di
Gray, centinaia di Lluvia, Leon o Rufus. Tutti intorno, tanto che
persino camminare risultava difficile senza scontrarne uno.
Alcuni erano immobili, altri invece si muovevano lentamente.
«Quelle
sono tutte copie» spiegò Chapati. «Se ne
attaccherete una per
errore perderete un punto».
«Aaahh!!»
lamentò Priscilla, sgambettando infastidita per aria.
«Sarei dovuta
andare io! Col mio Mirage sarei stata mille volte
avvantaggiata!»
«Io
te l'avevo detto» mormorò Gerard, sospirando
rassegnato. Quella
ragazza a volte sembrava decisamente più una bambina che una
vera
ragazza, ed era incredibile che lo fosse visto che nei mesi passati
ad allenarsi assieme niente di tutto quello era mai emerso prima di
allora. Era come avere di fronte una persona del tutto diversa, non
era per niente la Priscilla fredda e potente con cui aveva avuto a
che fare per tre mesi. Che fosse la presenza di Fairy Tail ad aver
stimolato quel lato del suo carattere?
«Bene,
svanite nell'anonimato!» annunciò Chapati.
«Cacciate come pantere
col favore delle tenebre! Che abbia inizio Nascondino!» e col
suono
di un gong la gara ebbe ufficialmente inizio. Era passato almeno
qualche secondo quando su di una delle Lacryma fu possibile vedere
Lluvia impazzire, con le mani rannicchiate vicine al volto, chiamando
Gray in continuazione.
«Ci
sono troppi Gray!» esclamò Priscilla, sconvolta e
anche un po'
spaventata nel vederla roteare praticamente su se stessa chiamando in
continuazione: «Gray-sama!».
«Sta
andando in confusione» commentò anche Laxus e
Gajeel scattò in
avanti, urlando come se lei avesse potuto sentirlo: «Lluvia!
Smettila con queste stronzate!»
«Ce
ne sono così tanti! Che male c'è se ne prendo uno
solo?» disse
lei, lanciandosi su una delle tante copie e abbracciandola
amorevolmente. Gajeel impallidì, lasciandosi sfuggire un
sibilo
dalla bocca spalancata, mentre Priscilla semplicemente
scoppiò a
ridere tanto forte che dovette accasciarsi sulla balaustra.
Lluvia
venne improvvisamente avvolta da una luce magica e tra le sue urla
spaventate venne fatta sparire.
«Guardate!
Lluvia ha appena attaccato una delle copie e perciò ha perso
un
punto!» commentò Chapati e Priscilla si
accasciò a terra con le
lacrime agli occhi e i crampi allo stomaco per il troppo ridere.
«Fra
dieci secondi verrà ritrasferita in un'altra zona della
città. Si
può essere ritrasferiti all'infinito, entro i limiti di
tempo. La
gara durerà trenta minuti, alla fine dei quali si conteranno
i
punti. Oh! Guardate! Pare che ci sia il primo incontro tra i
partecipanti!» esclamò ancora Chapati, alzandosi
dalla sedia per
l'entusiasmo. La Lacryma Vision mostrò Gray, intento a
correre tra
la folla di copie, venir raggiunto da Nulpting, pronto a
colpirlo.
«Melanzana»
la voce di Priscilla sembrò quella di uno spettro mentre si
affacciava oltre la balaustra del suo balconcino. Ancora in ginocchio
a terra, con solo gli occhi che sporgevano oltre la balaustra,
guardò
la Lacryma sibilando come un serpente.
«E
così sei uscito allo scoperto?» disse Gray,
cominciando a caricare
il colpo. «Mi hai risparmiato la fatica di cercarti!
Ice
Hammer!»
creò un enorme martello col ghiaccio, che cadde dall'alto
sul suo
nemico e lo colpì in pieno. Sorrise soddisfatto,
preparandosi a
ricevere il suo punto, ma con sua somma sorpresa venne avvolto
anch'egli da una luce magica che lo trasferì altrove,
sottraendogli
un punto. Il vero Nulpting uscì infatti da dietro la copia
ora a
terra, mostrando il suo trucco: si era mosso dietro di esso, traendo
in inganno Gray che aveva colpito la copia invece che quello
reale.
Gray
venne ritrasferito tra un'altra parte della città, dove si
rialzò e
cominciò a camminare lentamente, insieme al resto delle
copie.
«Si
sono mischiati alla folla» commentò
Laxus.
«In
questo modo sarà più difficile
trovarli» disse anche Gerard.
«Gray-san!»
la voce improvvisa di Nulpting costrinse Gray a voltarsi, allarmato,
e Nulpting poté così scoprire quale dei tanti
fosse il reale e
perciò attaccare ingigantendo il proprio braccio pieno di
spuntoni.
«L'ha
preso di nuovo!» esclamò Gajeel, mentre ai suoi
piedi Priscilla
continuava a sibilare sempre più nervosa:
«Melanzana!»
«Subito
dopo... non credo che sia un caso» commentò Laxus.
«Probabilmente
l'ha preso di mira» disse Gerard e a quell'affermazione,
fastidiosamente vera, persino Laxus si ritrovò a irritarsi
tanto da
lasciarsi sfuggire uno «Tch»
contrariato. L'unica ragione per cui quel Nulpting avesse preso di
mira Gray era sicuramente solo perché apparteneva a Fairy
Tail, e
questo lo faceva incazzare. Quel bastardo psicopatico di loro
padre... cosa voleva ancora da loro?
Gray
si rialzò e riprese a camminare lentamente, cercando di
guardarsi
attorno senza attirare troppo l'attenzione, anche se sul suo viso era
difficile non riuscire a distinguere il sentimento della
frustrazione.
«In
una situazione come questa, dove l'intera area di gioco è
riempita
di copie incredibilmente realistiche, come faranno i partecipanti a
riconoscersi a vicenda?» chiese Chapati, continuando a
commentare.
«Beh,
ci sono molti modi. Uno di questi può essere quello di
percepire la
forza magica proveniente dalle altre persone» rispose Yajima
e in
quel momento si poté vedere il pavimento ai piedi di Gray
smuoversi
e aprirsi rapidamente.
«Missili
carota!» urlò una voce femminile, prima che una
serie di carote
venissero sparate contro il ragazzo. Beth uscì da sotto
terra e
guardò il suo avversario, incredibilmente incolume, e
mormorò:
«Accidenti! Mancato!»
Una
pianta grassa uscì da sotto Beth, colpendola, e ancora il
fascio di
luce magico l'avvolse a decretare la sua sconfitta.
«Beccata!»
rise Yaegar di Quatro Cerberus, ma anche lui venne colpito in pieno
viso proprio in quell'istante da un getto di ghiaccio.
«Beccato
lo dico io» disse Leon.
«Leon!»
esclamò Gray, sorpreso di vederlo arrivare.
«Ti
ho trovato, Gray» sogghignò Leon, ma in quel
momento un urlo
femminile attirò l'attenzione di entrambi, sopra le loro
teste.
«Gray-sama!»
urlò Lluvia, lanciandosi da sopra un tetto dritto in testa a
un Leon
troppo imbarazzato alla vista della sua gonna che svolazzava via per
riuscire a reagire.
«Usare
la propria femminilità per confondere l'avversario, ottima
trovata,
Lluvia!» approvò Priscilla, soddisfatta del
risultato che riuscì a
portare nuovamente Lluvia da meno un punto a zero.
«È
sleale» le disse Gajeel, contrariato.
«Siete
voi che siete troppo stupidi per cascare in un trucco
simile!»
rispose Priscilla a tono. «E in guerra tutto è
concesso! Usa il
seno la prossima volta, Lluvia!» suggerì in un
tifo alquanto
particolare.
«Tua
sorella è diabolica» mormorò Gajeel a
Laxus, al suo fianco, che
sorprendentemente si ritrovò ad annuire con
convinzione.
«Gray-sama!
Lluvia non ha intenzione di perdere, ti avverto. L'ho promesso al
master» annunciò Lluvia, scendendo dalla testa di
Leon che come gli
altri scomparve in un fascio luminoso.
«L'hai
promesso al vecchio?» chiese Gray, storcendo il
naso.
«Sì!
Ha detto che chi dei due team avrebbe vinto la competizione avrebbe
fatto fare all'altro tutto quello che voleva per un giorno
intero»
spiegò prima di iniziare ad arrossire e ondeggiare
emozionata.
«Lluvia non vede l'ora di passare una giornata intera insieme
a
Gray-sama!»
«Stai
scherzando?!» sussultò Gray, prima di urlare al
cielo: «Vecchio!
Perché noi non ne sapevamo niente? Stai facendo dei
favoritismi?!»
«Anche
a me sembrava divertente» sorrise Priscilla, tornando ad
appoggiarsi
con i gomiti alla balaustra e guardare la competizione con un sorriso
in volto. «Non vedo l'ora di punire Wendy portandola con me a
fare
shopping per un giorno intero! Le comprerò un sacco di bei
vestiti!
E poi le agghinderò i capelli! E faremo un pigiama
party!» ondeggiò
emozionata ed entusiasta.
«Quella
sarebbe una punizione?» chiese Laxus, per niente convinto.
«Non
è quello che fate già ogni giorno?»
borbottò anche Gajeel, ma
Priscilla non ascoltò nessuno dei due e continuò
a ridacchiare
emozionata all'idea della giornata che avrebbe passato insieme alla
piccoletta.
«Tana
alle fate!» gracchiò l'improvvisa voce di
Nulpting, prima che
roteando colpisse sia Lluvia che Gray.
«È
di nuovo lui!» esclamò Gajeel, sporgendosi dalla
balaustra.
«Fino
ad ora non ha fatto che cercare e colpire noi di Fairy Tail, penso
sia abbastanza ovvio ormai che ce l'abbia con noi»
commentò Laxus.
«Lo
fa di proposito» gracchiò Priscilla, irritata nel
vederlo
nuovamente su schermo. «Maledetto».
«Cosa
sta succedendo?» esclamò improvvisamente Chapati
non appena i primi
fiocchi di neve cominciarono a cadere su di loro. «Nevica
sulla
città!»
«Questa
è sicuramente opera di Eve-kun»
commentò Jenny, con un sorriso
soddisfatto in viso.
«Eve
ha un simile potere?» mormorò Priscilla, sorpresa,
e Gajeel ancora
sussultò e le ruggì contro: «Ci hai
lavorato insieme e non sapevi
nemmeno quale magia usasse?!»
«Scusami
tanto, ma ero impegnata a non morire!» rispose lei a tono,
irritata.
Ma
Gajeel non si perse d'animo e continuò ad urlarle contro,
sempre più
irritato: «Tu non puoi morire!»
Si
sarebbe aspettato un'altra risposta diretta e altrettanto feroce,
perciò quando questa non avvenne sentì una strana
sensazione allo
stomaco. Priscilla parve diventare improvvisamente seria, strano per
una persona come lei, e senza dire altro tornò a fissare lo
schermo
della Lacryma Vision per seguire la gara.
"Nee-san...
tu non puoi morire, vero?"
Ancora
non aveva avuto il coraggio di guardare verso gli spalti, ancora non
aveva avuto il coraggio di vedere il volto di suo padre.
Il
pericolo, riusciva a sentirlo, era in agguato alle sue spalle e
avrebbe potuto prenderla da un momento a un altro. Non voleva
vederlo, non voleva nemmeno credere fosse possibile.
Eve
scattò improvvisamente, sorridendo soddisfatto, esclamando
vittorioso che riusciva a vederli. Il freddo della neve
portò le
persone reali a generare nuvolette di vapore acqueo nei loro respiri
e questo permise a Eve di identificare i reali dai cloni.
Attaccò,
strappando in un solo colpo ben tre punti. Leon comparve alle sue
spalle, ininfluente da quell'attacco, ed esclamando che quel trucco
con un mago del ghiaccio non funzionava riuscì a colpirlo e
prendersi un altro punto. La gara proseguì per qualche altro
minuto,
tra colpi presi e colpi ricevuti, punti guadagnati e persi, in una
lotta di numeri che andava aumentando e diminuendo
continuamente.
«Questa
gara è troppo semplice» l'improvvisa voce di Rufus
attirò
l'attenzione degli spettatori. Immobile sul tetto di un edificio, si
esponeva pericolosamente ma con una certa sicurezza ai suoi
avversari. Il sorriso sul suo volto era quello di chi sapeva di aver
già vinto.
«Rimembro
a menadito le sfumature dei vostri movimenti, la pesantezza dei
vostri passi e le vostre energie magiche. Rimembro, rimembro tutti
voi! Lago della memoria!» dei fasci luminosi sembrarono
partire da
intorno a lui, intrecciandosi e annodandosi tutto intorno alla
città.
Qualcosa prese forma, dando perciò indizio su che tipo di
magia
utilizzasse.
«Magia
della creazione!» esclamò Erza, riconoscendola per
prima.
«In
una notte di stelle cadenti!» disse ancora Rufus e dal lui
partirono
sette fasci di energia magica, brillanti come stelle cadenti,
andarono a rincorrere e colpire con precisione assoluta tutti e sette
i suoi nemici. Solo Nulpting riuscì in qualche modo a
schivare il
colpo, dando ancora dimostrazione delle sue capacità, e si
lanciò
all'attacco di Rufus. Colpì, ma l'immagine di Rufus
svanì
all'interno del suo braccio come un'ombra evanescente.
«Miraggio?»
esclamò Priscilla, trovando quella situazione
incredibilmente
familiare.
«Quella
era solo un ricordo di me» spiegò Rufus,
comparendo di fianco a
Nulpting.
«Ha
creato una illusione di se stesso» spiegò Gerard,
trovando
sorprendenti le capacità di quell'uomo.
«Non
ho bisogno di esche» disse Rufus e un altro fascio luminoso
colpì
Nulpting, regalando così al rappresentante di Sabertooth il
settimo
punto dal settimo avversario.
«Li
ha presi tutti» mormorò Laxus, sorpreso, mentre
nello stadio
scoppiava un tifo incredibile e potente.
«Organizzatori,
questa gara non è affatto interessante. Non c'è
neanche bisogno che
mi nasconda» disse Rufus, allargando le braccia con fare
superiore.
«Quanto
mi sta antipatico» confessò Priscilla, digrignando
i denti dal
nervoso. Afferrò Gajeel per il colletto e cominciando a
scuoterlo
con rabbia urlò: «Lluvia! Gray! Alzatevi
immediatamente!
Distruggetelo! Non state lì immobili! Fate
qualcosa!»
Gray
e Leon furono i primi a rialzarsi e partire carichi verso Rufus, ma
il primo venne bloccato da un calcio di Nulpting, apparso nuovamente
al suo fianco.
«Ancora
lui! Scherziamo?!» ruggì Gajeel e quella volta fu
lui a prendere
Priscilla e scuoterla con la stessa foga, ruggendo contro Gray per
incitarlo a fare di meglio. Ma il gong suonò di nuovo
interrompendo
non solo la gara ma persino l'ira con cui Gajeel scuoteva una
Priscilla che tentava di liberarsi piazzandogli le mani in faccia.
Guardarono sorpresi gli schermi che si annerivano e la città
che
lentamente scompariva.
«È
finita» esclamò infine Chapati.
Sabertooth
aveva vinto.
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Capitolo 45 *** Voce ***
Voce
«Mostriamo
dunque la classifica!» e gli schermi neri mostrarono la lista
delle
gilde in gara con i rispettivi punti di fine gara. Sabertooth, come
da pronostico, si era posizionata al primo posto e perciò si
era
guadagnata dieci punti. Sotto di loro padroneggiava con otto punti
Raven Tail e a seguire Lamia Scale, Blue Pegasus, Mermaid Heel,
Quatro Cerberus, con un solo punto seguiva il Team B di Fairy Tail e
infine con zero punti il Team A.
«È
andata male» sospirò Priscilla, avvilita.
Lluvia
e Gray, sotto di loro, a testa china tornarono ognuno all'interno del
proprio corridoio che avrebbe portato al balconcino delle rispettive
squadre.
«È
stato un duro colpo» commentò Gerard.
«Povera
Lluvia» disse ancora Priscilla, guardando il volto abbattuto
dell'amica prima che sparisse dall'arena.
«Ci
sono ancora le battaglie, possiamo rimontare a suon di pugni»
cercò
di essere positivo Gajeel.
«Ed
è solo la prima gara, niente vieta di ribaltare il risultato
già
domani» annuì Laxus. Ma non fu tanto la sconfitta
ad abbattere i
due membri di Fairy Tail, anche se certamente aveva influito, quanto
le parole che il pubblico rivolse a loro e alla loro gilda. Insulti,
derisioni, che non facevano male tanto perché rivolti a loro
stessi
ma perché rivolti alla propria famiglia. Lottavano per far
risplendere il nome di Fairy Tail, invece non avevano fatto che
affossarla ancora di più.
«Che
cazzo avete da ridere, pezzi di merda?» urlò Natsu
tanto forte da
essere sentito dall'intero stadio, ma Erza gli poggiò una
mano sulla
spalla e cercò di farlo indietreggiare. Le risate e gli
insulti non
cessarono, ma anzi parvero aumentare di fronte all'espressione di
Natsu che non venne affatto preso sul serio.
«È
difficile concentrarsi in una situazione simile»
commentò
Priscilla, guardando con rammarico il balcone del Team A.
«Cerchiamo
di non farci abbattere, o non avremo modo di riprenderci»
disse
Laxus.
«Mi
dispiace» la voce rotta e rammaricata di Lluvia li raggiunse
alle
loro spalle. La ragazza stanziava all'ingresso del balconcino, a
testa china e sguardo avvilito.
«Non
abbatterti, siamo solo all'inizio» disse Gajeel, sperando
bastasse
per rassicurarla. Priscilla la guardò qualche istante, prima
di
correre verso di lei e donarle uno dei suoi splendenti sorrisi, di
quelli che le coloravano le guance di rosso.
«Siamo
sopra Natsu e gli altri di un punto grazie a te, di questo passo ci
conquisteremo la nostra giornata speciale. Hai già qualche
progetto
per quanto riguarda Gray?» chiese prendendole le mani e
ammiccando.
Lluvia arrossì al solo pensiero, dimenticandosi
miracolosamente
dell'umiliazione appena subita. E Priscilla, avendo trovato il suo
aggancio, non lasciò la presa e cominciò a
sgomitarla,
ammiccando in maniera sempre più evidente.
«Perché
non mi racconti qualcosa, eh? Una bella cena romantica al chiaro di
luna? Una passeggiata in spiaggia? Mano nella mano? Oh! Ho
capito!»
esclamò poi, notando il rossore in viso della ragazza
aumentare
secondo dopo secondo. «Farete il bagno insieme e lo
costringerai a
lavarti la schiena!» esclamò e Lluvia si
portò le mani al viso ora
rosso come un tizzone ardente. Immaginare una cosa come quella era
decisamente troppo persino per una come lei e si trovò a
mugolare e
lamentarsi, senza controllo, ormai completamente fuori combattimento,
mentre ondeggiava e si copriva la faccia con le mani.
Priscilla
scoppiò a ridere divertita nel vederla in quella reazione e
l'abbracciò amichevolmente, dandole qualche tenero buffetto
sulla
nuca.
«Capisco,
capisco, ci sono i ragazzi, è imbarazzante»
insisté lei, ridendo
divertita. «Stasera ci chiudiamo in stanza solo io e te,
discorsi da
donne, e mi racconti tutto! Potrei darti qualche utile consiglio,
sai?»
«Proprio
tu, parli di consigli?» lamentò Lluvia, aprendo
due dita tanto da
mostrarle uno dei suoi occhi che la guardavano con sconforto. Questo
riportò alla mente di Priscilla tutti i discorsi che avevano
fatto
ai bagni pubblici, che più volte aveva tentato di
archiviare. Ed era
proprio quel suo disperato tentativo di negare qualsiasi cosa, di
nascondersi dietro un dito di fronte all'evidenza di ciò che
provava
per Laxus, ad aver portato Lluvia a lanciarle quella provocazione.
Provocazione che Priscilla accusò maggiormente proprio a
causa della
vicinanza di Laxus in quel momento, che la portò in un
istante a
pregare che non facesse domande o che non intuisse niente.
Arrossì,
spalancando gli occhi, ma decise di prenderla ancora col sorriso nel
tentativo di tirare su di morale Lluvia. Ridacchiò nervosa,
tirò
fuori la lingua e semplicemente assunse un'espressione colpevole che
le dava palesemente ragione. Espressione che portò come una
potente
magia a strappare un sorriso anche a Lluvia, nonostante gli insulti
da parte delle persone che avevano attorno non fossero
cessati.
«Touché»
ridacchiò ancora Priscilla e Lluvia abbassò le
mani, scoprendosi il
viso ancora arrossato ma ora più sereno tanto che
riuscì persino a
sorridere.
«Bene,
stanno per i iniziare le battaglie del giorno in cui le squadre si
batteranno le une contro le altre. Basta già questa fase a
stravolgere completamente il risultato, stiamo a guardare!»
esclamò
Chapati, attirando l'attenzione dell'intero stadio.
«Stanno
iniziando!» esclamò Priscilla emozionata,
saltellando vicino a
Laxus che già aveva ripreso a guardare l'arena.
«Chi combatterà?»
chiese.
«Ce
lo diranno tra poco» rispose lui, prima di lanciare uno
sguardo alle
sue spalle, osservando Lluvia che incredibilmente serena si
avvicinava anche lei per assistere. Era un potere incredibile, quello
del sorriso di Priscilla, lo ricordava. Quando viaggiavano insieme lo
faceva sempre anche con lui. Prima del litigio decisivo Laxus aveva
già da anni assunto comunque un carattere silenzioso e
burbero su
certi aspetti, comunque sentiva su di sé l'effetto di tutte
quelle
manipolazioni che anche se non le conosceva lo portavano a essere
sempre irritato e di cattivo umore. Oltretutto aveva cominciato a
odiare l'idea di essere additato come "il nipote del Master",
nessuno sembrava riconoscere il suo reale valore, e questo l'aveva
portato già all'inizio dell'adolescenza a cambiare
atteggiamento
diventando quello che era stato. Questo significava che erano decine
le volte in cui, per un motivo o un altro, era di cattivo umore. E
ricordava perfettamente come ogni singola volta bastasse vederla
ridere in quel modo, scherzare e saltellare al suo fianco per sentire
una strana sensazione di benessere. Quante volte era riuscita a farlo
sorridere, nonostante le situazioni lo portassero a essere sempre
più
nervoso.
Era
bello vedere come nonostante gli anni quel suo incredibile potere non
fosse scemato nemmeno un po', ma anzi lo avesse esteso all'intera
gilda.
«Ma
come ci riesci?» mormorò lasciandosi sfuggire un
sorriso
divertito.
«Eh?»
chiese lei, non capendo di cosa parlasse e lo guardò con
innocenza e
curiosità. Un'altra di quelle espressioni che la rendevano
scaldante
e confortevole. Le posò una mano sulla testa,
accarezzandogliela
affettuosamente, e disse: «Niente. Guardiamo gli
incontri».
«Ecco
che viene presentato il primo match del giorno!»
esclamò Chapati,
vedendo comparire le due sfidanti in centro all'arena.
«Lucy
di Fairy Tail A e Flare di Raven Tail!» presentò
mentre le due
ragazze si posizionavano l'una di fronte all'altra.
«Quella
ragazza mi mette i brividi» commentò Priscilla
notando lo sguardo
allucinato di Flare, mentre ridacchiando ondeggiava di fronte a Lucy.
«Se
la caverà?» chiese Lluvia, preoccupata.
«Lucy
è in gamba, più di quanto si pensi»
disse Priscilla, prima di
assottigliare lo sguardo e lasciarsi sfuggire un'espressione
preoccupata mentre pronunciava: «Ma Raven Tail...».
«Hanno
colpito Wendy, si sono accaniti contro Gray, non penso che ci
andranno leggeri con lei» disse Laxus.
«Per
qualche motivo hanno preso di mira Fairy Tail» disse Gerard.
«Mi
chiedo perché».
«Sinceramente
non mi interessa» disse Priscilla, mentre le due sfidanti
venivano
presentate. «Spero solo che non commettano qualche
vigliaccata».
«Non
mi sorprenderebbe se commettessero qualche scorrettezza»
annuì
Laxus.
«Oh!
Pare che i master delle due gilde siano padre e figlio» disse
Chapati. «Che ne pensa, Yajima-san?»
«Beh,
in un torneo come questo penso che i rapporti di parentela contino
ben poco» rispose l'anziano.
«Per
la parte della battaglia il campo da gioco sarà l'intera
arena!»
disse Mato, al centro dello stadio. «I due sfidanti si
facciano
avanti!»
E
Flare e Lucy si avvicinarono, fissandosi negli occhi per
interminabili istanti.
«Il
limite di tempo è di trenta minuti. Se uno dei contendenti
non è
più in grado di combattere prima dello scadere dei trenta
minuti,
sarà considerato sconfitto» continuò
l'arbitro a spiegare, prima
di dare il via: «Che il primo incontro del giorno
inizi!»
Fu
Lucy a fare la prima mossa, estraendo una chiave dalla sua pochette
ed evocando: «Apriti, portale del toro! Taurus!»
Taurus
fece la sua comparsa muggendo con ferocia e sventolando la sua enorme
ascia per aria, pronto a menar colpi. Si lanciò contro la
sua
avversaria, che riuscì a schivare il primo colpo senza
troppa
difficoltà. Lucy non perse altro tempo e tirò
fuori una seconda
chiave, chiamando: «Scorpio!»
«Due
Spiriti contemporaneamente!» sussultò Priscilla,
guardando la
ragazza meravigliata. «È migliorata veramente
tanto».
«Sand
Buster!» ruggì Scorpio, sparando dalla punta della
sua coda un
turbine di sabbia che andò a centrare in pieno Flare.
L'avversaria
però sciolse i propri capelli, tenuti fino a quel momento
legati in
due trecce, e questi presero a muoversi autonomamente come fossero
vivi. Si piazzarono di fronte al viso di Flare e riuscì a
dissipare
l'ondata di sabbia di Scoprio con quelli.
«Taurus,
usa la sabbia di Scorpio!» suggerì Lucy e lui
tirò indietro
l'ascia, assorbendo intorno a essa tutta la sabbia del compagno
Spirito Stellare.
«Che
forza!» esclamò Priscilla, rimanendo affascinata
dall'ingegno e
dalla potenza con cui Lucy stava combattendo. Si alzò sulle
punte,
si sporse oltre la balaustra e gridò eccitata:
«Forza Lucy!»
Taurus
caricò su Flare con la propria ascia, ora avvolta dal
turbine
sabbioso, e il colpo che scaricò sulla ragazza fu tale da
stendersi
per qualche metro intorno a lei. Flare venne colpita, ma non
accusò
troppi danni e dopo essere stata scaraventata più lontano si
rialzò
immediatamente.
«Hair
Shower: Wolf Fang!» urlò Flare e i suoi capelli si
allungarono con
rapidità verso Lucy, assumendo i connotati di un lupo
gigantesco.
Lucy non si perse d'animo ed ebbe riflessi abbastanza pronti da
afferrare un'altra delle sue chiavi, chiamando:
«Cancer!»
Cancer
entrò in scena con le forbici già sguainate e in
un solo colpo
tagliò via i capelli di Flare, disintegrando il lupo che ne
aveva
preso forma.
«I
miei capelli!» esclamò Flare sconvolta nel vederli
volare via ormai
a brandelli, ma non si perse d'animo. Inginocchiata ancora a terra si
incupì, furiosa, e lanciò ancora i propri capelli
ma questa volta
colpì il terreno e vi penetrò.
«Vola
Lucy!» si agitò Priscilla e Laxus le
mormorò semplicemente
sconfortato: «Lei non può volare».
Priscilla
si portò le mani al volto, rendendosi conto della cosa, ed
esclamò
un sorpreso: «Oh no! È vero!»
«Eri
talmente presa da non pensarci?» chiese lui,
incredulo.
I
capelli di Flare sbucarono da sotto al terreno esattamente ai piedi
di Lucy e le avvolsero le caviglie. La tirarono e la sballottarono,
facendola cadere a terra con violenza.
«Lucy!»
gridarono almeno una decina dei suoi compagni di Fairy Tail, tutti
estremamente preoccupati.
«I
miei capelli possono muoversi a mio piacimento»
sghignazzò Flare,
guardando la ragazza a mugolante a terra. Ma ancora Lucy
sembrò non
accusare il colpo se non nel fisico, afferrò la frusta
magica che
Virgo le aveva portato dal mondo degli Spiriti Stellari e la
lanciò
contro Flare.
«Se
è per questo anche la mia Fleuve D'Etoiles può
muoversi a mio
piacimento!» disse mentre il fascio magico della frusta
raggiungeva
Flare rapidamente e l'afferrò per un polso. La
sbalzò via e Flare
fece altrettanto con lei, ancora tenuta ben ferma per le caviglie. Le
due ragazze caddero entrambe al suolo, mugolanti e doloranti, ma Lucy
fu la sola a rialzarsi con lo sguardo di chi non aveva ancora finito,
al contrario di Flare che invece sembrava essere sorpresa di aver
trovato un'avversaria tanto tenace.
«I
suoi stivali...» mormorò Priscilla, guardando Lucy
togliersi dai
piedi quel che ne restava. Sembravano sciolti, come fossero stati
immersi in un forno crematorio.
«Devono
essere stati i suoi capelli» disse Laxus, mentre Lucy si
rimetteva
in piedi, ora scalza.
«I
miei capelli...» balbettò Flare, con lo sguardo
allucinato. «I
miei bellissimi capelli rossi! Biondina!» ruggì e
rialzandosi
infilò nuovamente i propri capelli all'interno del terreno.
«Di
nuovo!» esclamò Priscilla, tesa.
«Se
la dovessero prendere adesso che ha le caviglie scoperte sarebbe un
bel problema» commentò ancora Laxus, al suo fianco.
«Fai
attenzione, Lucy!» gridò Priscilla, sempre
più sporta in avanti
oltre la balaustra. Lunghi attimi di tensione, mentre Lucy si
guardava attorno concentrata, chiedendosi probabilmente da dove li
avrebbe visti uscire. Passarono interminabili secondi, fino a quando,
distratta da qualcosa, Flare non poté che approfittarne e
colpirla.
I suoi capelli rossi le avvolsero la bocca, impedendole di urlare, e
di nuovo la scaraventò a terra. Lucy si rialzò, a
denti stretti
fissò Flare dal basso, ma ancora non fece niente fintanto
che Flare
nuovamente non la colpì e ancora, e ancora, e ancora,
ridendo
soddisfatta del suo operato mentre la maga a terra urlava di dolore e
non faceva niente per difendersi.
«Lucy!»
urlò Priscilla, spaventata.
«Ma
che combina?! Perché non reagisce?»
ruggì Gajeel. Lucy ancora non
si mosse e i capelli di Flare continuarono a colpirla, a lanciarla a
terra, scaraventarla in giro, e ancora colpirla.
«Qualcosa
non va» mormorò Laxus, che per quanto non
conoscesse bene il
livello di Lucy poté comunque notare la differenza troppo
marcata
tra le due rispetto a pochi minuti prima.
«Magari
l'attacco di poco prima? Forse quei capelli hanno un qualche effetto
secondario?» provò a ipotizzare Lluvia,
altrettanto preoccupata
benché non sopportasse poi molto Lucy.
«O
magari è troppo tesa per la ciocca di Flare ancora infilata
nel
terreno, non sapendo da dove attaccherà si è
paralizzata» provò a
ipotizzare anche Gerard.
«Raven
Tail» ruggì semplicemente Priscilla, serrando il
marmo della
balaustra tra le dita tanto forte che avrebbe potuto incrinarlo da un
momento a un altro. Non sapeva cosa stava succedendo, non riusciva a
proprio a capirlo, ma era ovvio che quella non fosse la Lucy che
tutti conoscevano e sicuramente c'era di mezzo qualche sporco trucco.
Stavano giocando sporco, ne era certa, anche se non riusciva proprio
a capire come.
I
capelli di Flare avvolsero nuovamente Lucy in faccia, chiudendole la
bocca, e altre ciocche la presero per braccia e gambe.
«È
scoperta! Se usa nuovamente lo stesso potere che ha sciolto i suoi
stivali sono guai!» commentò Gajeel teso, e
Priscilla si irrigidì
sempre più, accecata dalla furia. Un'altra ciocca
di capelli,
che ora fumava di calore, si avvicinò pericolosamente alla
pelle di
Lucy ora bloccata e prese la forma del simbolo della gilda di Raven
Tail.
«Vuole
marchiarla!» urlò Gajeel, sconvolto. Persino
Lluvia si portò le
mani al volto, pallida per l'angoscia di quell'orribile punizione.
«Le vuole marchiare il simbolo della gilda nemica sopra
quello di
Fairy Tail» mormorò con un filo di voce.
«Stiamo
scherzando?» ruggì Priscilla, con tanta di quella
rabbia in corpo
che avrebbe potuto prendere fuoco. «Bastarda, fermati
subito!»
«È
scorretto! Giudice!» ruggì Gajeel al suo
fianco.
«Lucy!»
urlò Priscilla con tutta la voce che aveva in corpo.
«Vai
Lucy, è la tua occasione!» la voce incoraggiante
di Natsu,
sorprendentemente, non provenne dal suo balconcino ma dagli spalti
dove era riunita l'intera gilda per il tifo alle due squadre.
Stringeva tra le dita i capelli di Flare che sbucavano proprio da
sotto i piedi di Asuka, la piccola figlia di Bisca e Alzack, e li
stava strappando. Lucy riuscì finalmente a muoversi,
nonostante le
ciocche la tenevano ancora prigioniera si mosse e con uno scatto
riuscì a liberarsene, evocando a gran voce:
«Gemini!»
«Si
è liberata!» esclamò Lluvia,
felice.
«Avevano
preso in ostaggio Asuka-chan» mormorò Priscilla
con meno voce, ma
non per questo più calma. «Maledetti. Maledetti
bastardi!»
Mise
un piede sulla balaustra e si diede lo slancio, pronta a lanciarsi
diretta probabilmente verso il balconcino di Raven Tail. Laxus,
nonostante la sorpresa, fu abbastanza pronto da allungarsi in avanti
e afferrarla per i vestiti, tirandola nuovamente indietro. Priscilla
iniziò a scalciare e tirare pugni al vento, usando
addirittura la
propria magia nel tentativo di volare via dalla presa di Laxus che la
teneva ben ferma, e con il volto contratto in un'espressione che la
somigliava più a una bestia che a un essere umano
cominciò a
rivolgere alla gilda di suo padre ogni sorta di insulto che
conoscesse e qualcuno, forse, addirittura inventato.
Gemini,
nel frattempo, colpì Flare e aiutò Lucy a
liberarsi che già pronta
in piedi ordinò: «Facciamo quella
tecnica!»
«Non
siamo ancora pronti» disse il primo dei due gemellini.
«Non
ci siamo ancora allenati abbastanza» disse il secondo.
«Proviamoci
lo stesso! Diventa me!» insisté Lucy e Gemini si
trasformarono
all'istante, prendendo le sembianze di una Lucy in
accappatoio.
«Perché
vestito così?!» urlò Lucy, sconvolta, e
Gemini si giustificò
timido: «Non è colpa nostra. Eri vestita
così l'ultima volta che
ti abbiamo copiato».
«Non
fa niente» tagliò corto, Lucy.
«Facciamolo!»
Si
presero per mano, chiusero gli occhi, e una luce cominciò ad
avvolgerli.
«Sonda
i cieli, spalancali. Fatti riconoscere da me attraverso il bagliore
di tutte le stelle della volta celeste» recitarono
all'unisono
facendo echeggiare la propria voce in quella che sembrava un'altra
dimensione. «Oh, Tetrabiblos, dominatore degli
astri» e la luce si
intensificò, avvolgendo non solo Lucy e Gemini ma anche
Flare
qualche metro più avanti. «Mostra il tuo volto!
Apri la tua porta
maligna!» l'energia si intensificò tanto che
chiunque poté
sentirne la sua potenza vibrare sulle corde della propria anima. Era
come trovarsi di fronte a una benedizione divina, il cielo che
prendeva il posto della terra, le stelle e viaggiavano nella loro
incredibile velocità tra le due ragazze avversarie.
«Ottantotto
segni! Risplendi! Uranometria!» Il mondo si fece scuro, la
volta
celeste scese su di loro, stelle e pianeti li circondavano e Lucy
stessa iniziò a risplendere come una di esse. Era la mossa
definitiva, il colpo che avrebbe messo fine a qualsiasi scontro la
cui potenza poteva egualiare quella di una stella in piena
esplosione. Avrebbe vinto, tutti lo sapevano, persino la stessa Flare
che tremante si portò le mani a coprirsi il viso per
proteggersi
impacciatamente.
Ma
tutto scomparve in un istante, come una bolla di sapone che veniva
fatta scoppiare, e Lucy cadde a terra.
«Che
succede?» mormorò Priscilla, guardando sconvolta
la scena. Era
talmente atterrita, che aveva persino smesso di agitarsi ancora
tenuta ben salda dal braccio di Laxus.
«Si
è vanificata?» chiese Gajeel, cercando anch'egli
una spiegazione a
tutto quello.
«Perché?»
sibilò Priscilla, guardando l'amica a terra che non sembrava
più
capace di muoversi.
«La
magia di Lucy non si è attivata!»
commentò Chapati. «Yajima-san,
cosa crede sia successo?» Ma l'anziano per la prima volta non
rispose e rimase a fissare la scena, con un terribile sguardo in
volto.
«Lucy
cade a terra! La battaglia è finita!»
annunciò Mato, arbitro della
gara. «Flare di Raven Tail è la
vincitrice!»
Un
coro, un boato, e il pubblico che esaltato urlava il nome della gilda
in un tifo eccitato.
«Non
è possibile» mormorò ancora Priscilla,
incapace di riprendersi.
«Povera
Lucy» sussurrò Lluvia, abbassando lo
sguardo.
Il
braccio di Laxus, ancora intento a sorreggere Priscilla nella sua
precedente lotta per trattenerla, si fece più teso e
stritolante.
Non ci fu bisogno di chiedere spiegazioni, anche se non sapevano bene
cosa fosse successo, erano assolutamente certi che qualsiasi cosa
avesse fermato Lucy era partito da Raven Tail nel loro ennesimo
imbroglio.
Il
coro del pubblico si trasformò pian piano in una risata di
scherno e
il nome di Lucy venne più volte pronunciato insieme a
aggettivi
certamente poco gradevoli. La deridevano, deridevano la loro gilda,
l'atterrivano, e Lucy non riuscì nemmeno a rimettersi in
piedi
eppure fu possibile vederla tremare scossa dai singhiozzi.
Natsu
comparve all'interno dell'arena e si avvicinò all'amica,
ancora
intenta a piangere e singhiozzare. Il suo sorriso contrastava con
tutto quello che li circondava, contrastava con l'umiliazione, con lo
scoraggiamento, col dolore. Ma proprio per quello fu più
potente di
una tempesta. Allungò una mano verso Lucy, cercò
di incoraggiarla,
e riuscì, con la sua solita incredibile forza d'animo, a
farla
rialzare. L'incontro era finito, Lucy venne accompagnata in
infermeria per un semplice controllo e l'arena venne preparata in
fretta per gli incontri successivi. Priscilla sembrò essersi
calmata
e questo convinse Laxus a lasciarla andare, anche se qualcosa sul suo
volto continuò a turbarlo. Era pensierosa, era
eccessivamente
pensierosa e cupa, cominciò a preoccuparsi un po' ma sapeva
quale
poteva essere l'unico motivo di tutto quello. Non c'era niente che
potesse fare o dire, lo sapeva, doveva solo darle tempo e aspettare
di potersi riprendere la loro rivincita non solo per la sconfitta di
Lucy, ma per tutto quello che Raven Tail stava facendo da quando
erano arrivati. Lunghi minuti di silenzio, strani per una come lei, e
infine Priscilla si voltò e si allontanò.
«Dove
vai?» le chiese.
«In
bagno» rispose semplicemente.
«Gli
incontri delle altre gilde stanno per cominciare! Tra poco
toccherà
anche a noi» disse Gajeel.
«Torno
subito, non preoccuparti» una frase che portava qualsiasi
tipo di
sentimento, tranne il non preoccuparsi. Lluvia provò a fare
un
passo, per seguirla, ma fu lo stesso Laxus a bloccarla con un braccio
e negare con la testa. Voleva restare sola e per quanto anche il suo
istinto lo spingesse a correrle dietro, preferì concederle
quel
piccolo attimo per sé credendo fosse la cosa
migliore.
Priscilla
camminò lentamente, a testa bassa, verso la toilette in
fondo a un
lungo corridoio. Aveva scelto di proposito di recarsi a quella
più
distante per il semplice motivo che aveva bisogno di muoversi,
camminare per sciogliere i muscoli e la tensione. Si era sforzata
molto, aveva fatto di tutto per cercare di lottare con quella
sensazione, ma per quanto fosse facile fingere un sorriso, certamente
era ben diverso il liberarsi il petto da quel macigno. Ogni istante,
da quando aveva incrociato l'uomo con la maschera da leone, non aveva
fatto che rivivere quelle orribili sensazioni, ogni istante da
allora. Poteva distrarsi con la gara, poteva sforzarsi di sorridere
per consolare un'amica, poteva lasciarsi travolgere dalla rabbia,
cedere al desiderio di vendetta, ma qualsiasi cosa facesse lui era
lì. La catena intorno al suo collo era invisibile, ma non
per questo
meno pesante. La portava a fare strani pensieri, la inghiottiva in un
vortice di follia, e i residui di Nirvana dentro di lei certo non
l'aiutavano a essere più forte di fronte a quei
fantasmi.
Avevano
ferito Wendy, avevano umiliato Lucy, avevano ostacolato Gray
impedendogli con ogni trucco di dare il meglio di sé.
Qualsiasi cosa
facessero, loro erano lì, a sghignazzare oltre le loro
spalle.
Avevano
persino minacciato la piccola Asuka, una bambina innocente la cui
unica colpa era essere nata da genitori che portavano su di loro il
simbolo della gilda tanto odiata.
Poteva
fingere un sorriso, ma la verità era che più
passava il tempo più
la paura la inghiottiva impedendole di muoversi.
Una
voce, un urlo e un pianto. Alzò la testa, incuriosita da
quanto
avesse appena sentito, chiedendosi chi stesse piangendo in quel modo.
Si voltò verso la porta socchiusa, appoggiata al cardine,
oltre il
quale sentiva provenire quella voce femminile lamentosa. Quando le fu
vicina riuscì a sentire altro: cose che cadevano, sedie che
si
spostavano, un tavolo forse urtato, il rumore delle percosse.
Qualcuno stava picchiando una donna e non ci andava certamente
leggero. Per quanto il buon senso le dicesse di farsi gli affari
suoi, il suo istinto di maga le disse di intervenire. Qualcuno
lì
dentro aveva decisamente bisogno di aiuto. Scostò appena la
porta,
pronta a entrare e fare qualcosa in difesa di chiunque fosse, ma non
appena l'occhio riuscì a penetrare all'interno della stanza
e vedere
quanto stesse accadendo si bloccò. Paralizzata.
Il
Nirvana la risucchiò completamente, la rese cieca,
inconsistente,
sola con il proprio dolore. Ivan Dreyar era in piedi, imponente, per
niente cambiato nonostante tutti gli anni trascorsi, se non per
qualche ruga in più sul viso. La mano ferma, sul collo di
Flare,
spinta contro lo spigolo di un mobile a perforarle la schiena. Ma
Priscilla era cieca, Priscilla non riuscì nemmeno
più a sentire la
sensazione del proprio corpo al suo posto. Non era Flare che teneva
tra le mani, ne era certa, lo vedeva chiaramente. I suoi occhi
ingannati dal suo stesso terrore, ma avrebbe potuto scommetterci,
quella che veniva strozzata e torturata era lei stessa di dieci anni
prima. Si vedeva, abiti lacerati, lividi sulla pelle, una ferita
sulla testa tanto profonda che avrebbe potuto uccidere chiunque
altro. Il braccio ripiegato all'indietro, spostato dalla sua
originale posizione, era come avere di fronte un terrificante
racconto dell'orrore. Si portò le mani alle labbra,
serrandole per
costringerle a tacere, soffocandosi per non attirare l'attenzione,
per non respirare nemmeno. Umide di lacrime che chissà
quando aveva
iniziato a rovesciare. Il pugno di Ivan partì, centrando la
se
stessa di molti anni addietro dritta nello stomaco, e lo spigolo del
mobile infine penetrò con quell'ultimo colpo all'interno
della
carne.
«Non
hai fatto abbastanza!»
un ruggito, un eco o forse era la realtà?
«Mi
hai umiliato».
«Mi
dispiace»
la sua voce di bambina, che tentava invano di implorare
pietà. A
quel punto non era nemmeno più certa di ciò che
realmente stesse
accadendo, riusciva solo a vedersi incastrata in quel ricordo come se
ne fosse stata inglobata.
«Hai
perso contro Laxus di proposito! Non ci hai nemmeno provato?! Come
credi possa migliorare se non lo porti a fare sul serio? A che servi,
tu, spiegamelo?»
e come un macigno, la sentenza cadde su di lei: «Sei
inutile».
La
bambina urlò con tutto il fiato che aveva, mentre suo padre
con un
ultimo colpo le rompeva l'osso del collo e la lasciava cadere a
terra, disumana, smontata come una bambola da torturare, un
giocattolo divertente per un sadico bambino. Priscilla strinse di
più
le dita intorno alla sua bocca, soffocando un lamento, e si
voltò
poggiando le spalle al muro accanto. L'ultima immagine sfocata, di se
stessa a terra, si mescolo a quella reale di Flare, anche se
certamente lei era in realtà conciata molto meglio. Un
normale
essere umano non sarebbe sopravvissuto a una tortura simile, ma era
stata comunque abbastanza da farle perdere i sensi. Ricoperta di
lividi e graffi, venne lasciata sul pavimento, ma Priscilla in quel
momento non la guardava nemmeno più. I suoi occhi, giogati
da quei
folli sentimenti, le avevano mostrato in realtà una ben
altra scena.
«È
l'ultimo avvertimento, la prossima volta ti toglierò la
magia e ti
eliminerò definitivamente. Di una bambola che non sa come si
gioca
non me ne faccio niente»
era nella sua testa, era sicuramente solo nella sua testa, ma era
stata così forte, così chiara, che non
riuscì a crederci. Lo
sapeva... lui sapeva dov'era, cosa faceva, lui vedeva tutto. Lui
poteva ucciderla in qualsiasi momento, glielo ripeteva in
continuazione in ogni sogno, in ogni pensiero, in ogni
ricordo.
Sentì
i passi nella stanza, pesanti: stava per uscire. Ebbe almeno la forza
di scappare.
Raggiunse
il bagno ed entrò sbattendo la porta, senza neanche
preoccuparsi se
qualcuno avrebbe potuto vederla o sentirla. Entrò dentro uno
dei
loculi della toilette e ci si chiuse dentro, schiacciando infine le
spalle contro la porta. Cadde a terra, le gambe troppo molli per
riuscire a sostenerla. Sentiva freddo, sentiva un freddo glaciale
come mai lo aveva sentito prima. Si rannicchiò cercando un
po' di
calore, sperando di riuscire a farsi talmente piccola da sparire, ma
tremava troppo e persino la sua voce non riusciva a salvarsi a quel
tormento, uscendo incontrollabile dalla gola in lamenti e
guaiti.
"La
mia bambina di carta".
Non
poteva fuggire, non poteva nascondersi, ovunque andasse lui era
sempre lì. Il suo macabro sorriso, le sue finte lusinghe
quando
cercava di convincerla ad obbedirgli, quelle stesse mani che potevano
in un attimo recarle il dolore peggiore di tutti. A confronto delle
sue torture e delle sue percosse, i fulmini di Laxus erano carezze. E
comunque aveva sempre preferito, un attimo prima di svenire, vedere
le lacrime e il volto preoccupato di Laxus che il sadico sorriso di
chi soddisfatto si puliva le mani dal proprio sangue.
"La
mia bambina di carta".
Le
parlava, ogni istante della sua vita l'aveva fatto, a ricordarle cosa
fosse in realtà, quale fosse il suo scopo, quale fosse la
sua
prigione. Lei non era umana, lei non era una figlia, lei non aveva
nemmeno un nome. Mai l'aveva chiamata Priscilla, se non davanti a chi
avrebbe potuto fare qualche scomoda domanda. Lei era solo una bambina
di carta, una bambola, un giocattolo. La sua marionetta meglio
riuscita, ma pur sempre solo una bambina di carta.
E
soprattutto... gli apparteneva.
Si
afferrò la testa, immerse le dita artigliate tra i capelli.
Qualcuno, era certa, venne strappato via. Bruciava, ogni cosa dentro
lei bruciava, faceva un gran male. Nemmeno le lacrime di cui era
ricoperta riuscirono a dare un fresco sollievo alle guance bollenti.
Sentì il sapore del sangue in bocca, il labbro morso
chissà quando
non faceva nemmeno male. Qualcosa nel suo petto spingeva per uscire,
ma era segregato in una catena che mai si sarebbe spezzata. Lo
sentì
scoppiare dentro sé, lacerarla, e la sua voce... lui le
parlava.
Riuscì
solo a sibilare.
«Sento
la sua voce nella mia testa».
La
mia bambina di carta.
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Capitolo 46 *** Ombra dalle dita fameliche ***
Ombra
dalle dita fameliche
«E
ora l'ultimo incontro in programma per oggi!» la voce di
Chapati fu
tanto forte da rimbombare all'interno del corridoio.
«Sono
già all'ultimo?» mormorò Priscilla,
avvicinandosi al balconcino
assegnato alla propria squadra. «Sono stata via
più di quanto
credessi» sospirò, rattristata. Superò
infine l'arco dell'ingresso
e alzando una mano salutò, timida: «Sono
tornata!»
«Priscilla»
salutò sorpresa Lluvia.
«Si
può sapere dove ti eri cacciata? Ti sei persa tutti gli
incontri!»
la rimproverò Gajeel e lei si grattò la nuca,
imbarazzata,
confessando: «Mi dispiace, mi ero persa. Questo posto
è immenso!»
Una
palese bugia, visto che era stata in grado di orientarsi senza
problemi all'interno dello Sky Labyrinth, ma stranamente a nessuno
venne in mente di indagare approfonditamente. Per quelli che
credevano di conoscerla, poteva benissimo non aver pensato a usare la
sua magia per tornare o magari si era lasciata distrarre da qualche
curiosità in giro per lo stadio.
«Dov'è
Mistgun?» chiese lei, avvicinandosi alla balaustra per
guardare chi
stesse per affrontare l'ultimo incontro del primo giorno. Laxus
semplicemente indicò con un dito il centro dell'arena e lei,
vedendolo, sobbalzò tanto da lasciarsi scappare un piccolo
urlo
panico. «Cosa fa lui lì?!» chiese
fissando Mistgun davanti a Jura
di Lamia Scale.
«È
stato chiamato a combattere» rispose Laxus.
«Già
il primo giorno?!» chiese lei, palesemente agitata.
«È un
disastro! Una catastrofe!»
«Non
avevi detto di averlo addestrato bene?» chiese Laxus, non
capendo il
motivo di tanta agitazione. Andava fiera dell'allenamento e dell'idea
avuta con Gerard, quando aveva proposto la cosa ai suoi compagni e al
master era sembrata subito convincente e ora invece si agitava in
quel modo.
«Sì,
ma speravo che si esponesse comunque il meno possibile!»
disse lei,
grattandosi la testa nervosa. «Ti prego, fa' che non faccia
niente
di stupido!» pregò a chissà quale
divinità.
«Per
quest'ultimo incontro abbiamo Mistgun di Fairy Tail B e Jura Neekis
di Lamia Scale!» annunciò Chapati e Priscilla si
agitò ancora di
più:«Contro Jura, oltretutto! Lo
costringerà a dare il massimo,
siamo nei guai! Siamo nei guai!»
«Penso
dovresti avere più fiducia» azzardò
Gajeel.
«Persino
tra i ranghi di Fairy Tail, pochi conoscono il suo vero volto.
Mistgun è il mago del mistero» commentò
ancora Chapati, mentre i
due avversari si preparavano a scontrarsi. «Il suo
avversario
è uno dei maghi più forti del torneo, niente meno
che uno dei dieci
maghi sacri, Jura Neekis! I due avversari sono pronti l'uno di fronte
all'altro, attendiamo il via dell'arbitro!» via che non
tardò ad
arrivare con una sonora suonata di gong.
«Mistgun
non fare stronzate, chiaro?!» urlò Priscilla dagli
spalti, per poi
mormorare tra sé e sé: «Ricorda cosa ti
ho detto e non strafare!»
Mistgun
partì per primo, impugnando uno dei suoi bastoni magici,
mentre
altri presero a galleggiargli intorno. Ma Jura fece solo un gesto con
la mano e dal terreno salirono rapidamente decine di pilastri di
roccia, che ostacolarono l'attacco di Mistgun. Lo lanciarono in aria
e altri pilastri nacquero e si mossero per raggiungerlo e colpirlo,
come fossero vivi. Con una serie di piroette Gerard riuscì a
schivare i loro colpì ed evitò di restare
schiacciato al loro
interno. Corse lungo uno di essi e infine lanciò i
propri
bastoni contro Jura, conficcandoli nel terreno tutti intorno a
lui.
«Cerchio
magico a cinque punte: canzone sacra!» evocò e una
colonna magica
dalle dimensioni imponente scese dal cielo e schiacciò Jura,
facendolo sparire al suo interno.
«Quello
è uno degli incantesimi di Mistgun»
osservò Laxus e Priscilla
sospirò lasciando andare un po’ la
tensione.
«Sta
andando bene per il momento» mormorò,
sollevata.
Dalla
colonna magica di Gerard emerse Jura, apparentemente illeso, insieme
a un'altra colonna di roccia che prese forma di un pugno e
volò in
direzione di Gerard.
«Cerchio
magico a tre punte: specchio acquatico!» chiamò
ancora Gerard e il
colpo di Jura venne riflesso e rispedito indietro, verso di lui. Ma
Jura colpendolo rispedì nuovamente la colonna verso Mistgun
che
questa volta, preso di sorpresa, venne centrato e lanciato
via.
Priscilla
congiunse le mani e incrociò le dita portandole di fronte
alla
testa, cominciò a mormorare come una preghiera:
«Non reagire male,
non reagire male, non reagire male».
«Priscilla,
stai sudando» osservò Lluvia incuriosita al suo
fianco.
«Meteora!»
la voce di Gerard cadde su Priscilla come una sentenza, che
urlò
pallida e terrorizzata: «Ha reagito male!»
Gerard
scattò lungo tutta l'arena di gioco con una
velocità tale che
sembrò essersi trasformato in una stella cadente, avvolto da
una
luce magica era praticamente impossibile vedere i suoi movimenti.
Puntò Jura dopo una serie di movimenti confusionari utili a
confonderlo, ma Jura fu rapido nei riflessi e fece alzare di fronte a
sé un muro di pietra per proteggersi. Gerard lo
deviò e riuscì con
la sua incredibile velocità a colpire Jura, dietro il suo
scudo di
pietra. Tornò a piroettare sopra di lui mentre Jura,
cercando di
rimettersi in piedi, preparava già il prossimo attacco con
una serie
di pietre che generava e scagliava verso l'alto per colpirlo. Gerard
riuscì a schivarle tutte, persino l'ultima che lo
sfiorò appena, e
infine tornò a terra.
«Ha
disegnato nel cielo» commentò Gajeel e Priscilla
guardando dove
indicava urlò: «Le sette stelle!» prima
di accasciarsi a terra e
mormorare: «È la fine».
«Grande
Carro!» richiamò Gerard e una pioggia di meteore
parve abbattersi
su Jura.
«Quella
non è palesemente una magia di Mistgun»
commentò Gajeel al fianco
di una Priscilla che sembrava aver perso persino la voglia di
esistere.
«Sta
esagerando» commentò Laxus.
Jura
si difese anche da quell'attacco evocando un gigante di roccia che
riuscì a bloccare ogni colpo. Il mago di Lamia Scale
guardò il suo
avversario con un sorriso soddisfatto e divertito in volto, lo
sguardo di chi aveva cominciato a capire, ma Gerard non se ne
preoccupò e passò all'attacco successivo.
Entrambe le mani rivolte
verso il basso, due dita allungate, una mano prese a risalire verso
l'alto.
«Adesso
che fa?» chiese Gajeel, curioso.
Priscilla
sollevò la testa oltre la balaustra, guardando il compagno
con lo
sguardo di chi avrebbe sicuramente visto qualcosa che non le sarebbe
piaciuto. E così fu.
«No,
quella no!» urlò, portandosi le mani al
volto.
La
magia della distruzione stellare era la magia più famosa di
Gerard,
del Gerard che conoscevano tutti, ex membro del consiglio e
ricercato. Se l'avesse usata ci sarebbe stato sicuramente qualcuno
che l'avrebbe riconosciuta, anche solo la presenza di Yajima tra i
commentatori bastava a svelare la sua reale identità.
«Fermati,
brutto scemo!» gridò lei provando a lanciarsi
giù, per raggiungere
l'arena e il suo compagno. Gajeel sussultò nel vedere la sua
reazione, spaventato a ciò che avrebbe fatto, e allungandosi
prese
la ragazza da sotto le braccia e la trattenne. Priscilla
insisté e
sgambettò, usò addirittura la sua magia, e Gajeel
fu costretto a
piantare i piedi sulla balaustra per fare da leva e impedire alla
ragazza di volare via. Anche Lluvia e Laxus diedero il loro
contributo, afferrandola e tirandola indietro.
«Fermati!»
la rimproverarono.
«Non
puoi intervenire, rischiamo di essere squalificati!»
provò a
spiegarle Lluvia, ma lei era incontrollabile e sempre più
furiosa.
Un buco si creò nel cielo, l'energia cominciò a
vorticare intorno a
loro, nuvole addensate che minacciavano una catastrofe e Gerard che
si preparava a pronunciare le parole che avrebbero evocato la sua
magia definitiva. Ma poi improvvisamente tutto si dissolse.
«Che
succede?» chiese Gajeel, guardando oltre la spalla
dell'amica.
«Ci
ha ripensato?» chiese speranzosa Priscilla, immobile a
mezz’aria.
Gerard
fermo al centro dell'arena si portò le mani alla bocca
ancora
coperta dal fazzoletto che lo nascondeva. Mugolò e
lamentò qualcosa
di indecifrabile, sofferente.
«Che
succede?» chiese Chapati al microfono. «Mistgun
sembra soffrire per
qualcosa».
«Eh?»
mormorò Priscilla, non riuscendo a comprendere cosa stesse
accadendo. Ma poi Gerard, dopo una serie di mugolii sofferenti,
scoppiò a ridere e si accasciò a terra.
Iniziò a muoversi in
maniera incontrollata, lamentando, piangendo, o ridendo. Era come se
una forza esterna misteriosa lo stesse torturando senza che lui
potesse fare niente e continuò qualche minuto, sotto lo
sguardo
perplesso e sconvolto degli spettatori e persino del suo stesso
avversario. Fino a quando non cadde a terra, esausto, e questo non
decretò la fine dell'incontro.
«A-abbiamo
perso?» balbettò Laxus, shockato per quanto
successo.
«Come
è successo?» chiese Lluvia.
«Dev'essere
stata Meldy» sospirò Priscilla, sollevata, e si
accasciò sul petto
di Gajeel che ancora in posizione orizzontale la sorreggeva per le
braccia e faceva leva sulla balaustra del balcone per trattenerla. Il
vento cessò improvvisamente di fare forza, Priscilla aveva
smesso di
combattere, ma la posizione dei due non era favorevole a un morbido
atterraggio e Gajeel trovandosi improvvisamente senza appoggio cadde
di schiena a terra, schiacciato da Priscilla che cadde su di lui. La
ragazza non accennò né a rialzarsi né
a preoccuparsi per la salute
del compagno e piagnucolando semplicemente mormorò infine:
«Grazie
al cielo».
«Devi
smetterla di voler saltare giù dal balcone a ogni minima
cosa!»
ruggì Gajeel sotto di lei, furioso come poche volte lo era
stato.
«Dovremmo
chiedere agli organizzatori di far installare una gabbia per
uccelli»
concordò Laxus, irritato per l'ennesimo tentativo di fuga
della
sorella. Priscilla continuò a piagnucolare, ora non
più di gioia ma
un po' anche di vergogna, e semplicemente mormorò:
«Mi dispiace».
«Il
vincitore di questo incontro è Jura Neekis!»
decretarono gli
organizzatori.
«Si
conclude qui il primo giorno di questi Giochi Magici! Vediamo la
classifica di oggi: Sabertooth si piazza come da pronostico al primo
posto con ben venti punti, a seguire Raven Tail con diciotto punti,
Lamia Scale con sedici punti, Blue Pegasus ne ha quattordici, Mermaid
Heel solo tre, Quatro Cerberus appena due e in fondo alla classifica
abbiamo infine Fairy Tail B con un solo punto e Fairy Tail A con zero
punti!» disse Chapati e ne seguì un coro di risate
e insulti verso
le due squadre Fairy Tail che per quel primo giorno non avevano
mostrato altro che fallimenti, uno dietro l'altro, molti dei quali
anche assurdi e incomprensibili.
«Eravamo
partiti così bene con il labirinto»
sospirò Lluvia, mentre Laxus
tirava su di peso Priscilla da terra e permetteva a Gajeel di
rimettersi in piedi.
«Non
è stata colpa nostra, alla fine ci sono stati un paio di
eventi che
ci sono stati contro» commentò Laxus.
«Domani
parteciperò io alla gara e vedremo!»
ruggì Gajeel, furioso.
Mistgun fece ritorno dai suoi compagni, ma non si fermò da
loro e
proseguì silenzioso e abbattuto verso l'uscita.
«Mi
dispiace» mormorò semplicemente, allontanandosi.
Ma Priscilla parve
animarsi di un nuovo fuoco e ruggendo come un drago lo rincorse a
passi pesanti. Saltò e volò, catapultandosi con i
piedi ben dritti
verso la sua nuca. Gerard venne scaraventato contro il muro con tale
forza da lasciarci qualche crepa, ma Priscilla non demorse e lo prese
per il colletto cominciando a scuoterlo con furia.
«Sei
impazzito, razza di cretino che non sei altro? Hai idea di cosa stavi
per fare? Stavi mandando tutto all’aria! Tu e il tuo stupido
orgoglio! Che ti passava per la testa? Parla, canaglia!» ma
per
Gerard fu impossibile persino respirare, tanto vigorosamente era
scosso, figuriamoci provare a rispondere.
«Calmati,
Pricchan» provò a dirle Laxus.
«Magari
voleva solo aiutarci» cercò di difenderlo Lluvia.
«Come
hai potuto perdere in quel modo?!» ruggì invece
Gajeel, nota
stonante del coro che aveva desiderato solo riuscire a vincere
quell'incontro e non gli importava niente della missione sotto
copertura. Ma Priscilla non ascoltò nessuno di loro,
continuò a
maltrattare Gerard per qualche altro secondo insultandolo in tutti i
modi conoscesse, per poi decidere di lasciarlo lì moribondo
e
allontanarsi a passi pesanti.
«Vado
a trovare Wendy!» disse, furiosa, e scomparve
nuovamente.
Wendy
stava ancora riposando, abbracciata a Charle, ma a differenza di
quella notte aveva un colorito decisamente diverso e un pacifico
sorriso sul volto. Bastava quello a confermarle che stava bene e
probabilmente quello sarebbe stato uno degli ultimi pisolini che
avrebbe fatto per riprendersi. Polushka aveva fatto un eccezionale
lavoro, in meno di ventiquattro ore sembrava essere tornata quasi
nuova. Priscilla si sedette al suo fianco e restò insieme a
lei per
minuti, forse ore intere. Non seppe dare una quantità al
tempo che
passava, la sua mente era ancora troppo annebbiata per riuscire a
rimettersi sui giusti binari. Era riuscita a godersi l'incontro di
Mistgun solo perché la paura di essere scoperti aveva per un
attimo
messo un tappo a tutto quello, unito allo sforzo di sembrare normale
e non far preoccupare nessuno dei suoi compagni. Ma alla fine,
nuovamente, aveva avuto il bisogno di fuggire e rintanarsi da qualche
parte dove avrebbe potuto lasciarsi ingoiare da
quell'oscurità senza
essere giudicata. La presenza di Wendy rendeva persino quelle
sensazioni meno dolorose di quanto non fossero in realtà.
Era la sua
boa sicura, lo era stata fin dall'inizio anche se col tempo aveva
perso il suo reale obiettivo e Wendy era diventata una vera sorella
per lei, da accudire e stringere ogni volta che ne aveva bisogno. La
dolcezza di quella bambina era infinita, tanto che persino un corpo
senza vita come il suo poteva arrivare a percepire il calore
dell'affetto.
Si
sentiva vuota, sempre più vuota e senza forza, gli occhi
accecati si
stringevano su un'unica via d'uscita. Irraggiungibile per lei.
"Io
non posso morire" ora suonava come una sentenza. Se solo fosse
morta, se solo avesse anche solo potuto sperare di riuscirci, avrebbe
potuto provare l'ebrezza almeno una volta di sentirsi libera. La sua
vita era stata un tormento solo per quel motivo: la sentenza di
un'eternità senza uscita. Quante persone avevano provato a
raggiungere l'immortalità, quanti maghi avevano usato magie
più o
meno proibite per ottenerla, e lei che la possedeva fin dalla nascita
la percepiva come una maledizione perché finché
avrebbe potuto
vivere… avrebbe potuto essere torturata.
«La
mia condanna» mormorò e come una cantilena
tornò a recitare,
vittima di un incubo che più volte aveva vissuto in passato:
«Il
mio scopo. Il mio ruolo. Il mio compito. La mia
condanna».
Si
guardò i palmi delle mani e notò il simbolo della
sua gilda sul
palmo della mano destra. Desiderò coprirlo. Dopo
così tanto tempo,
desiderò solo coprirlo. Era un insulto, la sua presenza in
quella
gilda era solo un gioco che insultava chi veramente faceva parte di
quella famiglia. Tremante, allungò una mano verso un
armadietto poco
lontano. Si alzò e andò ad aprirlo, prendendo dal
suo interno un
rotolo di bende. Si fasciò la mano destra, coprì
il simbolo che
portava stampato indelebile sulla sua pelle, lo nascose ancora una
volta dopo così tanti anni. Lei non era come loro, lei non
sarebbe
mai potuta essere come loro, lei era solo... una bambina di carta. La
sua bambina di carta. Quel gioco, Fairy Tail, era stato bello, era
stato divertente, ma la presenza di Raven Tail a quell'evento serviva
a quello: rimetterla al suo posto, ricordarle chi era e soprattutto
cos'era.
«Priscilla-nee»
la voce delicata di Wendy, mentre la bambina stropicciandosi un
occhio si metteva a sedere sul letto. Priscilla sussultò e
sentì le
ombre intorno a lei scomparire improvvisamente, facendole vedere
nuovamente la luce.
«Ti
sei fatta male?» chiese Wendy, guardando Priscilla che
terminava di
fasciarsi la mano destra.
«Già»
ridacchiò, nervosa, e terminò rapidamente.
«Sono inciampata
e mi sono graffiata» mentì. «Ma niente
di preoccupante, lo sai che
guarirò presto».
«I
Giochi di oggi sono finiti?» chiese Wendy,
sbadigliando.
«Sì»
e lanciò uno sguardo a un orologio a muro, sorprendendosi di
scoprire che era già passato il tramonto. Era stata
lì più tempo
di quanto avesse creduto. «Da qualche ora»
mormorò.
«Come
sono andati?» chiese ancora Wendy e Priscilla
ridacchiò nervosa,
prima di sospirare un: «Ce l'abbiamo messa tutta».
«Sono
andati così male?» lamentò Wendy,
intuendo dalle sue parole la
cattiva notizia.
«Ultimo
e penultimo posto» rispose Priscilla, imbarazzata.
«E
pensare che ci siamo allenati così tanto!»
piagnucolò Wendy,
mentre Priscilla si sedeva nuovamente accanto a lei.
«Siamo
solo stati sfortunati, ma domani ha detto Gajeel che
prenderà parte
alla gara e sai com'è lui quando si impunta su
qualcosa» sorrise
Priscilla.
«Scommetto
che anche Natsu-san farà il diavolo a quattro per andare,
allora»
disse Wendy.
«Scommetto
che lo ha già fatto» sospirò Priscilla,
che conosceva fin troppo
il ragazzo. Aveva anzi trovato assurdo che non avesse partecipato
già
quel primo giorno.
«E
tu hai già partecipato? Mi hanno detto Natsu-san e gli altri
che vi
siete iscritti come Team B» chiese Wendy.
«Beh»
mormorò lei, sempre più imbarazzata e le
tornò in mente la
quantità di volte che aveva cercato di saltare
giù dal balcone e
intervenire. «Ho dato il mio contributo con un tifo
affiatato».
«Scommetto
che hai combinato qualche pasticcio» mormorò
Charle,
stiracchiandosi.
«Charle!
Come ti senti?» chiese Priscilla, guardando la gattina
sbadigliare.
«Ci
stiamo riprendendo. Secondo Polushka Wendy potrebbe addirittura
partecipare negli ultimi giorni» disse Charle e Priscilla
sorrise,
esclamando: «Sarebbe fantastico».
«Spero
solo di non ritrovarmi a combattere contro di te, Priscilla-nee.
Sarebbe davvero dura» disse Wendy e Charle rispose repentina:
«Scommetto che si butterebbe a terra al primo colpo
lamentando di
essere stata ferita a morte, pur di farti vincere».
«Non
lo farebbe mai» la difese Wendy, ma la risata nervosa di
Priscilla
confermò in parte la frase di Charle.
«Priscilla-nee!
Mi racconti come sono state le gare di oggi?» chiese poi
Wendy con
gli occhi che le brillavano. «Le gare?»
mormorò Priscilla e solo
in quel momento si rese conto che non poteva raccontare troppo di
quel giorno. Ricordava poco, se non qualche dettaglio, e per la
grande maggioranza degli scontri era rimasta chiusa in bagno a
piangere e non li aveva seguiti. Provò lo stesso a riportare
qualcosa, quel poco che ricordava di Nascondino e dell'incontro di
Lucy e Mistgun. Per quanto fosse misero e confuso, Wendy si
emozionò
lo stesso e cominciò presto a commentare insieme a Charle
quanto le
sarebbe piaciuto esserci e assistere. Priscilla fu stranamente
silenziosa, le lasciò parlare e nel frattempo si stringeva
la mano
bendata, sorridendo semplicemente. Fairy Tail, la piccola Wendy
soprattutto, aveva ancora potere su di lei, riusciva a prenderla e
trascinarla via da qualsiasi tormento, ma quella volta era tutto
così
sfocato. Si sentiva sollevata, ma non abbastanza. Per quanto
riuscisse ad avere una visione più chiara di ciò
che aveva attorno,
le ombre dietro di lei continuavano ad allungare i loro artigli nella
sua direzione.
Poteva
sentirle sfiorarle la schiena.
Lasciò
la stanza di Wendy qualche ora dopo, con lo stesso stato d'animo con
cui vi era entrata. Sembrava non esserci nessuna via d'uscita,
ovunque andasse quelle orribili sensazioni, quei pressanti pensieri
erano sempre lì con lei. E la sua voce, che la chiamava, non
smetteva un attimo di accompagnarla. Camminò lungo il
sentiero
acciottolato, dirigendosi a un bar vicino alla locanda di Natsu dove
le era stato detto che si erano riuniti tutti. Desiderava restare
ancora sola, desiderava fuggire via, ma sapeva che così
facendo
avrebbe fatto preoccupare eccessivamente chi le stava accanto e
almeno per il momento avrebbe preferito evitarlo. Continuava a donare
i suoi sorrisi, continuava a donare la Priscilla che era diventata,
ma dentro si sentiva svuotata e consumata. Era come una crisalide, la
farfalla che aveva contenuto fino a quel momento sembrava
intenzionata ad andarsene, lasciandola sola a marcire.
Cominciò
a pensare di parlare a Wendy, tornare al suo obiettivo originale,
chiederle di curarla e liberarla. Ma per quanto l'idea della morte la
sollevasse, contemporaneamente ne aveva una paura folle. Non voleva
morire, era quello il motivo che la spingeva ad avere così
paura di
suo padre. Lui poteva ucciderla, ma l'unica via d'uscita era la morte
stessa, come poteva scivolare via da quell'intrigo che sempre
più
stringeva la sua catena intorno al collo? Esisteva davvero una via
d'uscita che non sfociasse nella follia e nella disperazione?
Forse
doveva solo arrendersi, smettere di lottare in quelle tetre acque,
lasciarsi affogare. Forse non c'era altro modo per alleviare la
sofferenza, che accettare la sua tremenda verità. Non era
umana, mai
lo sarebbe stato, mai sarebbe stata libera. E quella vita, quei
sentimenti, erano solo un'illusione.
«Ti
ho ritrovata».
Quella
paura, il cuore che batteva folle in una corsa senza tempo, i dolori
lancinanti tra petto e testa. Tutto quello non esisteva, se lo
credeva intensamente forse avrebbe anche potuto scoprire di aver
ragione. Forse poteva scoprire che era veramente tutta una semplice
illusione. Lei era vuota, non poteva provare un sentimento lancinante
come la paura. Eppure, quella voce...
La
risata alle sue spalle, la risata di chi sa di avere in pugno la
situazione. Di chi crede di conoscere ogni cosa.
«Siamo
in questa città tutti e due da ieri e ancora non hai pensato
di
venir a salutare il tuo vecchio?»
Si
voltò, per quanto riuscisse a muoversi, più per
la paura di un
colpo alle spalle scoperte che per assicurarsi di chi avesse davanti.
Arretrò, inciampò, e si schiacciò
contro il muro di una casa lì
vicino sotto lo sguardo divertito di Ivan e dei suoi compagni di
gilda. Nulpting, Obra e Kurohebi sghignazzavano appena dietro le sue
spalle. Non sapeva cosa ci facessero lì, ma il suo sesto
senso le
diceva che non era un incontro casuale. O forse era il suo angoscioso
terrore ad urlarglielo: lui l'aveva cercata. E con ogni
probabilità
l'avrebbe nuovamente incatenata. Era pronto a riprendersela, a usarla
nuovamente per chissà quale nuovo obiettivo. In fondo lei
gli
apparteneva, lo sapeva, lei era la sua marionetta.
«Ho
sentito molte cose su di te, mentre ero via»
continuò Ivan,
guardando la ragazza che tremava come una foglia, schiacciata sempre
più contro il muro. «Priscilla del
vento» disse con una certa
solennità. Sentir pronunciare il proprio nome dalla sua voce
era
qualcosa che aveva desiderato fortemente che non succedesse
più.
C'era sempre qualcosa di macabro e agghiacciante nel suo modo di
pronunciare Priscilla. Scandiva le lettere, come se le misurasse,
come se studiasse e fosse pronto a smontarle per farci ciò
che
desiderava. Esattamente come il suo corpo e la sua vita.
«Nonostante
la mia lontananza ti sei evoluta molto, sei diventata più
forte»
non riusciva nemmeno ad attribuirle dei verbi umani come il
"crescere". Lei era uno strumento, si era evoluta, era
diventata più forte, non era cresciuta. Il crescere era
qualcosa che
solo gli esseri viventi erano in grado di fare. Lei non lo era. Lei
non cresceva.
Le
tornarono alla mente le parole di Laxus, quando aveva lasciato Fairy
Tail tempo addietro.
"Sei
davvero cresciuta molto, Pricchan"
una dolcezza tale era da tempo che non la sentiva. E faceva a pugni
con la realtà che suo padre le lanciava addosso, come
incantesimi da
cui non si sarebbe potuto sottrarre.
«Lasciarti
con mio padre, piuttosto che portarti con me, è stata una
buona
scelta» e il mondo crollò definitivamente. Lei non
era stata
salvata, lei non aveva mai smesso di essere quella bambina di carta
nemmeno negli anni in cui Ivan era stato mandato via. A lungo aveva
creduto che la forza di suo nonno fosse stata la sua salvezza,
l'aveva mandato via e aveva trattenuto Priscilla alla gilda per
proteggerla, ma ora veniva a scoprire che niente di tutto quello era
reale. E sapeva che poteva avere anche ragione. Se Ivan avesse
voluto, avrebbe tranquillamente potuto portarla via con sé:
sarebbe
bastato minacciarla. La sua paura era talmente accecante che avrebbe
accettato qualsiasi cosa, anche l'abbandonare per sempre Fairy
Tail... forse abbandonare per sempre anche Laxus.
"Laxus...
posso restare per sempre con te?".
Un
corpo senza vita, un corpo senza passato, un corpo senza speranze.
Quante illusioni aveva visto e in cui aveva creduto, ingenuamente. I
suoi stessi sentimenti, erano anch'essi solo illusioni create sotto
l'ordine di un creatore. Lei doveva sembrare umana per non attirare
l'attenzione, aveva cominciato a dormire e mangiare per quel motivo,
perché Ivan glielo aveva ordinato. Era tutto un'illusione...
ma
allora perché non riusciva a liberarsene?
Ivan
allungò una mano verso il suo viso ora pallido, gli occhi
umidi,
spalancati e centrati su quelle dita che aveva visto arrivare nella
sua direzione centinaia di volte. E mai per una carezza.
«La
mia bambina di carta».
Chiuse
gli occhi, pronta a ricevere qualsiasi dolore le avesse inferto, e si
irrigidì per la tensione. Una mano l'afferrò per
le spalle, ma
provenne da una direzione diversa da quella che si aspettava. Il
rumore di un colpo, lo schiocco di uno schiaffo, e si sentì
tirare
verso sinistra, stretta da un braccio ben fermo che la
schiacciò
contro un corpo possente e muscoloso. Aprì gli occhi per la
sorpresa
e in qualche modo sentì già la paura cominciare a
sciogliersi sotto
al calore di quell'abbraccio e la solidità di quella presa
che tanto
sembrava dirle "Non ti lascerò cadere".
Il
braccio destro di Laxus la teneva ben stretta a sé, tanto
che
persino il suo cappotto, scendendo dalle spalle, la copriva e la
nascondeva. Il braccio sinistro invece era ancora parzialmente alzato
dopo aver colpito la mano di Ivan per allontanarla dalla ragazza che
ora teneva sotto la propria ala.
«Sono
passati tanti anni e ancora non riesci a chiamarla con il suo
nome»
disse Laxus, tenendo lo sguardo fisso su suo padre. Obra e gli altri
due scagnozzi che si era portato dietro fecero un passo avanti,
sghignazzando, forse pronti ad un eventuale combattimento.
«Non
dovresti girare sola a quest'ora, Pricchan» la voce di Fried
e sia
lui che gli altri due Raijinshuu si accostarono ai due fratelli.
Sguardo concentrato, muscoli tesi, non si sarebbero risparmiati se la
situazione avesse chiesto loro di intervenire per proteggere i loro
compagni.
«Il
Master era molto preoccupato per te» disse anche Evergreen,
incrociando le braccia al petto e fulminando le persone che aveva di
fronte. Un avvertimento, più che una minaccia. Loro erano i
Raijinshuu, il Commando del Dio del Tuono, avrebbero protetto sia
Laxus che sua sorella a qualsiasi costo. Non dovevano nemmeno pensare
di sfiorarla senza prima essere passati sui loro corpi.
«Ti
stavamo aspettando per cominciare a festeggiare»
sghignazzò
Bickslow, trovando quasi divertente quella situazione, consapevole
della loro forza e superiorità. Ivan li guardò
con la mano colpita
ancora sollevata per aria, laddove era stata spostata. Non
sembrò
reagire, a differenza di Nulpting che ridacchiando fece il primo
passo verso di loro, pronto a combattere. Ma Ivan stesso gli
piazzò
una mano davanti, fermandolo, e con un sorriso in volto disse
semplicemente: «Scontri tra gilde al di fuori dei Giochi sono
proibiti. Lasciamoci il divertimento per i prossimi giorni,
all'Arena» e Nulpting obbediente fece un passo indietro.
«E
comunque non era certamente mia intenzione cominciarne uno. Ero solo
di passaggio» disse voltandosi e lanciando un'ultima occhiata
a
Priscilla, stretta sotto al braccio di Laxus, disse infine:
«Sono
felice di vedere che stai bene, Pricchan» una provocazione
tanto
consistente che persino i Raijinshuu, che poco sapevano di lui, la
colsero con tutta la sua malignità. Persino l'usare il
diminutivo
che Fried aveva usato poco prima serviva solo a sottolineare la sua
minacciosità. Lui non la considerava umana, certo non la
considerava
degna di un nome, tanto meno di un nomignolo. Il modo in cui aveva
pronunciato “Pricchan” era solamente denigratorio,
divertito
probabilmente nel vedere come tutti fossero stati coinvolti dal suo
gioco della bambina di carta, la bambina che fingeva di essere umana.
I Raijinshuu li guardarono andar via, tenendoli d'occhio, mentre
Priscilla si stringeva di più contro il petto di suo
fratello per
cercare di dissipare tutta la paura provata fino a quel
momento.
«Non
credergli» disse Laxus, continuando a fissare il punto in cui
Ivan
era sparito. «Qualsiasi cosa ti abbia fatto pensare, non
credergli.
Sai bene che tipo di persona sia» lo faceva anche con lui,
quando
era più debole. Lo manipolava, era bravo con le parole, con
le
minacce, sapeva dove andare a colpire. Era sempre stato in grado di
aizzare Laxus contro Priscilla tanto da ridurla a brandelli, sapeva
fare dei veri e propri lavaggi del cervello.
«Quale
pensi sia il suo obiettivo?» chiese Fried. «Ha
attaccato Wendy,
umiliato Lucy e Gray ai Giochi di oggi e ora minaccia Priscilla.
È
ovvio che ce l'ha con Fairy Tail».
«Non
ne ho idea» disse Laxus, cominciando a incamminarsi verso il
pub
dove tutti erano riuniti. Priscilla ancora ben stretta sotto al suo
braccio, finché l'avrebbe sentita tremare in quel modo non
l'avrebbe
lasciata più andare. «Ma non gliela lasceremo
certa vinta. Non ha
ben chiaro con chi ha a che fare» la presa sulla spalla di
Priscilla
si fece più forte, prima che pronunciasse con una certa
decisione:
«Sta facendo incazzare le persone sbagliate».
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Capitolo 47 *** L'ultimo desiderio ***
L'ultimo
desiderio
Varcarono
la soglia del pub e furono in molti ad illuminarsi, nel vederli
entrare.
«Eccola!»
esclamò Lucy.
«Ti
aspettavamo» sorrise Mirajane.
«Sei
riuscito a trovarla, meno male!» esclamò anche
Lisanna.
Una
serie di frasi ed espressioni che pian piano riuscirono a far
sciogliere i nervi di Priscilla. Non ci aveva creduto in un primo
momento, alle parole di Bickslow ed Evergreen. Le aveva credute solo
scuse per convincerla ad andare con loro, forse per convincere anche
suo padre che non era sola e perciò avrebbe dovuto temerli,
ma
vederli realmente in quegli atteggiamenti dava a quelle parole una
consistenza diversa. Loro l'aspettavano realmente, si erano veramente
preoccupati e davvero Laxus era andato a cercarla per quei motivi.
Aveva cercato a lungo la solitudine, quel giorno, credendo che
così
avrebbe potuto proteggerli, che tutto quel dolore non li avrebbe
contagiati, ma ora che tornava con quella sofferenza tra le dita e li
vedeva così calorosi il freddo che aveva sentito sulla pelle
si
sciolse. I loro sorrisi, tutti i loro sorrisi, li scrutò uno
a uno e
ne fece tesoro. Persino la minaccia di suo padre si crepava di fronte
a tutti quei sorrisi, le ombre che l'avevano attanagliata e soffocata
rimpicciolirono improvvisamente. Si ritrovò a sorridere
timidamente
senza che neanche se ne accorgesse e semplicemente mormorò:
«Scusatemi».
Laxus
la lasciò scivolare via dalla propria presa nell'istante in
cui Cana
le si avvicinò, appoggiandosi a lei forse più per
sorreggere se
stessa che per abbracciarla.
«Sei
già ubriaca, Cana?» ridacchiò
Priscilla, guardando il suo viso
arrossato.
«Lo
era anche quando siamo partiti noi per venirti a cercare»
sussurrò
Evergreen, avvicinandola dall'altro lato.
«Sciocchezze!»
esclamò Cana a voce decisamente troppo alta, cosa che
divertì
ancora Priscilla. «Siediti con me, amica
confidente!» disse
trascinandola via.
«Confidente?»
sussultò Priscilla, preoccupata per cosa le sarebbe successo
nel
restarle accanto. Ma in quel momento Natsu e Gray, in piena lotta
cominciata chissà quando, gli caddero davanti e distrussero
il
tavolo dove erano dirette facendo un gran casino.
«Natsu!
Bastardo!» ringhiò Cana, frustrata, e gli
tirò calci in faccia
mentre era ancora steso a terra intento a prendersela con
Gray.
«Marmocchi!
Smettetela subito o distruggerete anche questa locanda!»
ruggì
Makarov da un altro tavolo e l'ombra di Erza si fece improvvisamente
possente e imponente, mentre ruggiva sui due: «L'avete
sentito il
master?»
Gray
e Natsu si abbracciarono improvvisamente, rabbrividendo di fronte
alla donna, e cominciarono a balbettare qualcosa sull'essere in
realtà grandi amici. Elfman si alzò in piedi sul
tavolo, stimolato
da chissà che cosa, e ruggì che le risse tra
amici era cosa da
uomini. Mirajane gli comparve a fianco e con candore gli disse di
scendere dal tavolo e sedersi composto. Gajeel sbuffò
qualcosa
contro Natsu e sul fatto che facesse sempre casino, cosa che
portò
Natsu a reagire e i due cominciarono a litigare... di nuovo. Si
sarebbe unito volentieri anche Gray, ma Lluvia aveva cominciato a
delirare su quanto fosse sexy dal momento che si era ritrovato senza
vestiti e si era aggrappata a lui. Levy sospirò, poco
lontano,
borbottando che almeno gli slip poteva tenerseli e Jet e Droy
intervennero, gelosi, brontolando contro Gray e le sue manie di
protagonismo. Scene quotidiane, in una gilda che ormai era
più una
famiglia, e per quanto Priscilla cercasse di prenderne le distanze,
non sentendosi degna di tutto quello, non poteva far a meno di
sorridere di fronte a quei soliti eventi. Cana aggrappata a lei la
spingeva a bere, Erza bullizzava Natsu e Gray, Natsu se la prendeva
sempre con tutto e tutti, Gray perdeva ogni dignità non
appena si
distraeva. Lucy, Levy, Lisanna, Mirajane ma anche Jet e Droy, Wakaba
e Macao, ora persino il piccolo Romeo che era cresciuto così
tanto,
e la nuova arrivata Asuka, per non parlare dei Raijinshuu sempre
così
attenti e affezionati. Tutti avevano qualcosa da regalarle, tutti
riuscivano con qualche bizzarro incantesimo ad afferrare un lembo di
quell'oscurità che l'accecava e la strappavano via, senza
fatica. Un
pezzo alla volta, fino a quando magicamente non tornava ad essere
serena, addirittura felice. E poco importava se istanti prima si era
sentita in procinto di cadere nella follia più disperata,
poco
importava se aveva provato l'accecante paura della morte, bastava
veramente così poco e persino lei riusciva a sorridere. Di
nuovo. Si
portò timida una mano alle labbra, come se non avesse voluto
dar
corda a quell'emozione, come se avesse voluto nascondersi, e ci
sghignazzò all'interno divertita dall'ennesimo delirio
sull'essere
uomo di Elfman e dal litigio che ancora nasceva tra Natsu e chiunque
gli si parasse davanti.
Era
incredibile la facilità con cui Fairy Tail fosse in grado di
risollevarle il morale e ancora una volta, come in passato, a
trascinarla dentro quella gilda era stato Laxus. L'aveva fatto
già
da bambini, quando correva nella sua stanza, la prendeva per mano e
la trascinava alla gilda di suo nonno per andare a salutare gli eroi
che tornavano dalle loro missioni. Le raccontava con entusiasmo tutto
quello che facevano, le storie dei membri, i loro poteri. Da piccolo
era un vero appassionato di Fairy Tail, un piccolo fan esuberante che
trascinava l'apatica sorella ovunque andasse nella speranza di
coinvolgerla in quelle emozioni. E ci riusciva. Ci riusciva sempre.
Ci era riuscito anche quando superati i dieci anni si erano
ufficialmente uniti anche loro, Laxus per realizzare un sogno,
Priscilla solo perché lui gliel'aveva chiesto per poter
lavorare
insieme. Ci era riuscito persino quando una decina d'anni dopo si
erano ritrovati a litigare, quando lui aveva lasciato la gilda
chiedendole esplicitamente e obbligandola a restare insieme a loro.
Laxus conosceva il potere curativo di quelle persone, i sentimenti
che erano in grado di trasmettere, e aveva sempre fatto di tutto per
dare tutto quello anche a lei, leggendo fin da bambini all'interno
dei suoi occhi una tristezza incurabile. Fairy Tail riusciva a farla
sorridere, Fairy Tail era capace di eliminare l'oscurità dal
suo
cuore, e per questo lui continuava a prenderla per mano e portarcela.
Esattamente come quella sera. Anche se crescendo era diventato
più
burbero e meno allegro, esattamente l'opposto di quello che era da
bambino, comunque non aveva perso il suo desiderio di proteggere sua
sorella... fino alla fine del temporale.
Un
pensiero che le scaldò il petto, nell'istante in cui si rese
conto
di ciò che Laxus aveva appena fatto per lei. Non solo
l'aveva
salvata da quel terribile incontro, non solo l'aveva protetta e aveva
promesso di farlo ancora, ma l'aveva portata laddove sapeva che ogni
male sarebbe stato curato, come una medicina. L'aveva consegnata
nelle mani dei suoi compagni, si era fatto da parte lasciando a Fairy
Tail il compito di sistemare le cose perché ben sapeva che
ci
sarebbero riusciti. E dall'angolo della stanza, dove adesso era
seduto a bere un boccale di birra, la guardava, come ad assicurarsi
che tutto andasse secondo i piani. Anche se si era fatto da parte
lasciandola nelle mani di Cana e degli altri, riusciva a sentirlo il
calore del suo abbraccio, il suo sussurro, l'eco di un ricordo che
tornava a distanza di anni: "C'è
qualcosa che ti preoccupa, sorellina? A me puoi dirlo. Sono forte, lo
sai! Se qualcosa ti fa soffrire me ne occupo io!"
Il
sorriso, ora, non sembrava intenzionato a lasciarle il volto.
Girò
appena gli occhi, superando con lo sguardo il braccio di Cana che
aveva ancora avvolto sulle spalle, cercando Laxus dietro di
sé. Lo
trovò seduto a bere, ma con lo sguardo fisso su di lei,
un'attenzione che le fece battere il cuore e con le guance lievemente
arrossate per l'emozione dedicò a lui uno dei suoi sorrisi,
per
ringraziarlo. Laxus alzò il boccale, portandoselo alle
labbra, ma
lei riuscì comunque a vederlo, anche se nascosto, l'angolo
delle
labbra tirate in un sorriso di risposta. Le ci volle qualche secondo
per staccare lo sguardo da lui e quando lo fece le sue guance erano
ancora più arrossate, l'emozione negli occhi ancora
più evidente,
il batticuore praticamente incontrollabile... e al suo fianco Cana,
Lucy, Happy, persino Lisanna e Levy la guardarono
sghignazzanti.
Quando
erano arrivate non seppe dirlo, ma almeno riuscirono a contenersi un
po' e non farsi sentire troppo quando in coro arrovelarrono la lingua
in quella osservazione che pareva più un'accusa:
«Lui ti
ppppppppiace».
«Iiiiich»
non seppe cosa stesse a significare, la sua gola aveva semplicemente
generato quel suono nel misto tra il panico e la vergogna, mentre
diventava tanto rossa che avrebbe potuto benissimo fare invidia al
fuoco di Natsu.
«Ich?»
chiese Cana, arricciando il naso.
«Sembrava
un topolino» scoppiò a ridere Lisanna, trascinando
in quell'ondata
di divertimento anche il resto delle sue amiche.
«Bene,
ora che ci siamo tutti!» esclamò Makarov,
dall'altro lato della
locanda, saltando su di un tavolo. Alzò il suo boccale per
aria,
dando enfasi al discorso che avrebbe appena effettuato.
«Ascoltatemi
bene!» agitò il bicchiere e qualche goccia di
birra volò in giro.
«La sconfitta di oggi è il punto di partenza per
la vittoria di
domani. Ci rialzeremo e faremo vedere a tutti cosa siamo in grado di
fare. Noi non sappiamo cosa significa arrendersi! Diventeremo i
numeri uno di tutta Fiore!» gridò tanto che la
voce gli gracchiò,
ma questo non gli impedì di esaltarsi sempre più
trascinando in
quell'euforia anche tutto il resto della sua gilda. Le urla non si
placarono, le risate si fecero più intense, cibo e alcol
vennero
ordinati in continuazione, senza mai fermarsi. Anche senza musica,
c'era chi si mise a ballare, chi a cantare. Natsu sfidò Max
in una
rissa e vinse senza alcuna difficoltà, cosa che
lasciò sconvolti
alcuni membri visto che appena tre mesi prima si erano sfidati di
nuovo e Max aveva quasi avuto la meglio. Gray continuava a spogliarsi
con Lluvia che usciva di testa tutte le volte, inutile era
brontolarlo. Persino Makarov, completamente ubriaco, si
ritrovò
senza maglia a ballare insieme a Visitor. Gajeel si alzò in
piedi
non appena vide Natsu vittorioso e decise di prendere parte alla
sfida, sempre in eterna rivalità con il Dragon Slayer del
fuoco.
«Sarò
io il tuo avversario!» decretò, alzandosi in piedi.
«Lascia
perdere» sospirò Laxus, dietro di lui.
«Ogni scherzo con Natsu
finisce sempre male».
«Oh-oh»
esclamò Gajeel e cominciò a picchiettare sulla
testa di Laxus con
una mano, come avrebbe fatto con un cagnolino. «Da quando sei
diventato un pacifista, Laxus?»
«Come
se fosse mai stato tipo da prendere parte alle risse»
sghignazzò
Priscilla, al suo fianco. Aveva bevuto un po' insieme a Cana, a cui
si erano uniti poco dopo Bickslow e Evergreen, ma non aveva esagerato
come loro e li aveva perciò infine lasciati moribondi al
loro tavolo
mentre lei si era avvicinata a qualcuno di ancora sobrio abbastanza
da poterle fare compagnia. Beveva ancora, aveva le guance arrossate a
testimoniare la sua ubriachezza, ma riusciva comunque a restare
lucida abbastanza da comprendere cosa avesse attorno.
«Laxus-dono è
superiore a voi insetti per unirsi a simili futilità, dico
bene?»
ridacchiò, prendendo in giro il fratello che a volte era
anche
troppo silenzioso per i suoi gusti. Laxus si limitò a
corrucciarsi,
non capendo se provava più fastidio verso i colpi di Gajeel
che
continuavano a scendere sulla sua testa, o le provocazioni di
Priscilla. Fried, seduto di fronte a loro, balzò in piedi
torvo in
viso urlando: «Bastardo! Come osi comportarti così
con Laxus? Hai
appena ferito l'orgoglio delle sue guardie del corpo, il commando del
Dio del tuono! In formazione!» gridò a dei
compagni troppo
moribondi persino per rispondergli. Priscilla lo fulminò,
chiaramente infastidita, infine alzò una mano e
cominciò a
picchiettare sulla testa di Laxus, lasciata in pace da Gajeel appena
qualche secondo prima perché trascinato via da Levy.
«Che
stai facendo?» sobbalzò Fried, furioso e
sconvolto.
«Sto
ferendo il tuo orgoglio» disse esplicitamente Priscilla e
Fried si
corrucciò sempre più, arrivando a digrignare i
denti dal nervoso.
Era pronto a saltarle al collo e forse sbranarla, quando la
sentì
squittire. Laxus con lei si permetteva di avere reazioni ben diverse
da quelle che avrebbe avuto con qualcun altro, per questo aveva
cercato di ignorare la molestia di Gajeel ma non quella di Priscilla.
L'aveva afferrata per il collo, avvolgendola sotto al proprio
braccio, e come altre volte l'aveva bloccata, quasi strozzata, tra il
bicipite e il petto. Lei si agitava, si dimenava, cercava di tirare
via la testa bloccata in quella scomoda e sottomessa posizione, ma
Laxus era decisamente più forte e neanche si scomponeva
nonostante
l'anguilla che aveva sotto braccio. Continuò a bere e a
mangiare,
ignorando il fracasso che faceva la ragazza e le minacce che gli
rivolgeva nella speranza che la liberasse. Fried la guardò
soddisfatto, sghignazzando malignamente, e questo la infuriò
ancora
di più. Lanciò un'occhiataccia a Laxus, intento a
bere con
superiorità mentre la teneva ancora bloccata sotto la sua
ascella.
Alzò un braccio e diede un rapido colpo dietro al bicchiere,
sbilanciandolo in avanti e finendo col rovesciare il contenuto sul
viso e sulla camicia del ragazzo. Sghignazzò divertita e
orgogliosa
della riuscita della sua vendetta, guardando il volto di Laxus che si
guardava sorpreso la camicia ora zuppa di birra. Fulminò la
sorella,
ancora bloccata, e palesemente irritato finì di svuotare il
boccale
sopra la sua testa ignorando le sue urla di ribellione. Fried
scoppiò
a ridere fragorosamente, reazione eccessiva ma necessaria a
sottolineare la sconfitta di quella che era stata sua nemica per i
precedenti cinque minuti. In qualche modo il Commando del Dio del
tuono aveva avuto la meglio, anche se lui non c'entrava niente, ma
questo bastava a inorgoglirlo.
Finalmente
Priscilla venne lasciata libera e guardandosi la maglia fradicia per
la birra che ancora le gocciolava dalla testa si mise a piagnucolare
insulti verso Laxus in maniera decisamente infantile.
«Così
impari a metterti contro i Raijinshuu!» decretò
Fried, orgoglioso.
«Ma
non ne facevo parte anche io, adesso?» chiese lei, alternando
il
pianto lamentoso alle occhiatacce che mandava a quello che stava
diventando un vero e proprio rivale.
«Sei
espulsa!» decretò lui, puntandogli un dito contro.
«Non
hai potere decisionale in merito!» ruggì Priscilla.
«Laxus,
a te l'ultima parola!» annuì Fried convinto.
«Che
scocciatura che siete, smettetela con tutto questo chiasso e fate
quello che volete» sospirò Laxus, scocciato, e
Fried annuì
convinto e felice come se quello avesse dato ragione a lui.
«Non
annuire come se avessi vinto tu, non è ancora stato deciso
niente!»
lo rimproverò Priscilla, ma Fried la ignorò e si
avvicinò a Laxus
gongolante, brandendo un fazzoletto. «Vuoi che ti aiuti ad
asciugarti, Laxus?» chiese notando la sua camicia ancora
umida per
la birra rovesciata.
«Non
ignorarmi!» ruggì ancora Priscilla e volando sulle
gambe di Laxus,
allungò un piede per centrare la faccia di Fried, mentre con
le
braccia avvolgeva il collo del biondo e gli stringeva la testa al
petto in una sorta di abbraccio protettivo. «E tieni le tue
manie da
donnicciola lontano dal mio Laxus, hai capito? Vai a flirtare con
qualcun altro!» una palese gelosia che non era riuscita a
tenere
segregata, troppo annebbiata dall'alcol che stava tracannando da
tutta la sera.
«Mio?»
mormorò Laxus, sorpreso, ma nessuno dei due gli diede
ulteriore
ascolto, troppo impegnati a litigare e colpirsi come due bambini che
bisticciavano per il loro giocattolo preferito. Fino a quando, di
punto in bianco, Priscilla non si addormentò lì
dov'era subito dopo
aver tirato il calcio definitivo che era stato in grado di sfruttare
l'ubriachezza di Fried e stenderlo colpendolo sulla fronte. Neanche
avvisò o si spostò, semplicemente si
appoggiò alla spalla di
Laxus, restò avvinghiata al suo collo, seduta sulle sue
ginocchia, e
cominciò a russare di punto in bianco.
«Quindi
ora toccherà a me portarti in hotel»
sospirò dopo qualche minuto
Laxus, alzandosi e tenendo Priscilla in braccio. La maggior parte dei
suoi compagni ormai era a terra, chi più o meno ubriaco, i
restanti
erano invece quelli ancora vispi abbastanza da bisticciare e fare
gare tra loro, altri invece già se n'erano andati assonnati.
Per
questo passarono abbastanza inosservati quando se ne andarono.
Priscilla dormì profondamente per tutta la durata del
viaggio e
continuò a dormire anche quando arrivarono alla loro stanza
di
hotel. Nonostante la tarda ora furono i primi ad arrivare: Lluvia era
rimasta alla locanda per stare insieme a Gray, nonostante fossero
ormai entrambi esausti. Gajeel si era addormentato su un tavolino e
probabilmente sarebbe stato l'ultimo a tornare, quando i locandieri
stessi l'avrebbero sbattuto fuori per chiudere il pub. Mistgun era
sparito da quel pomeriggio e non si era più visto,
probabilmente in
giro per cercare informazioni su quella fantomatica fonte magica
simile a quella di Zeref. Laxus si chiuse la porta alle spalle e si
avvicinò al letto di Priscilla, dove ce la poggiò
sopra. Si tolse
il cappotto dalle spalle e si annusò la camicia,
corrucciandosi:
l'odore di alcol era terribile. Così come lo era lui
sicuramente lo
era anche Priscilla, che aveva fatto un vero e proprio bagno di birra
per colpa sua. I suoi capelli, oltretutto, erano ancora bagnati
fradici e la maglia umida.
«Ti
prenderai un raffreddore a dormire in quelle condizioni»
disse
avvicinandosi a lei. La prese per una mano e la tirò su,
cercando di
farla alzare, ma lei continuò a dormire
profondamente.
«Non
ci credo che tu stia dormendo a tal punto. Forza, svegliati»
le
disse provando a scuoterla, senza successo. Sbuffò e fece un
verso
lamentoso, prima di piegarsi e raccoglierla dal letto. Se la
caricò
su una spalla e si avviò verso il bagno, dove
aprì l'acqua della
doccia.
«Ultima
chance per svegliarti e fare da sola, ti avverto!» le disse
provando
ancora a scuoterla e chiamarla. «L'hai voluto tu»
disse infine,
stufo di provarci, e tenendola sollevata da sotto le braccia la mise
sotto il getto dell'acqua fredda. Come sperava quello bastò
almeno a
svegliarla e urlando per l'acqua congelata Priscilla
cominciò a
dimenarsi. Si liberò dalla presa di Laxus e cercò
di fuggire via,
finendo però con l'incespicare sui suoi stessi piedi e
cadere
addosso al ragazzo. Lui non si arrese e la spinse nuovamente sotto
l'acqua, mentre lei si avvinghiava alla sua camicia tanto che avrebbe
potuto strappargliela.
«È
gelata!» pianse.
«Ti
aiuterà a farti passare la sbornia!» le disse,
spingendola via
nuovamente.
«Perché
vuoi torturarmi così?» pianse ancora,
aggrappandosi alla tenda
della doccia e cercando di usarla come corda per uscire.
«Devi
darti una ripulita, non puoi metterti a letto in queste
condizioni»
la rimproverò ancora.
«È
stata colpa tu-kyah!»
urlò infine, scivolando sul pavimento bagnato della doccia e
finendo
a terra sotto lo sguardo spaventato di Laxus. Si inginocchiò
vicino
a lei, guardandola mentre si metteva a sedere, e chiese preoccupato:
«Stai bene?»
«Sono
scivolata e mi sono fatta male» scoppiò a
piangere, come una bimba
a cui si era appena sbucciato il ginocchio. Un atteggiamento
infantile, amplificato dai fumi dell'alcol che palesemente ancora
l'accecavano, anche se per lo meno ora era sveglia. Laxus
sospirò,
rassegnato, anche se in parte quella scena lo divertiva in
realtà.
Si tirò su le maniche della camicia e sistemò la
temperatura
dell'acqua che ancora le cadeva addosso, facendo in modo che fosse
calda abbastanza da essere almeno tollerabile. Prese del sapone e
sporgendosi appena all'interno della doccia lo rovesciò
sulla testa
di Priscilla, che seduta a gambe incrociate minacciava nuovamente di
riaddormentarsi da un momento a un altro.
«Non
dovresti bere così tanto se non sei in grado di
reggerlo» le disse
cominciando a strofinarle la testa e lavarle i capelli per toglierle
l'odore dell'alcol.
«Non
sono ubriaca, ho solo la testa che gira un poco»
biascicò lei,
lasciandosi massaggiare la testa. «E tanto sonno»
aggiunse infine.
«Sono
esattamente i sintomi di una sbornia, lo sai?»
ridacchiò lui,
finendo di lavarla e alzandosi a prendere il doccino glielo
puntò
sui capelli insaponati.
«Tieni
gli occhi chiusi» le disse, cercando comunque di evitare che
il
sapone le andasse in faccia.
«Ma
così mi addormento» disse lei, ciondolando in
avanti con la testa.
«Non
addormentarti» le disse lui, semplicemente, come se
quell'ordine
fosse bastato.
«Laxus»
biascicò ancora e lui rispose con un semplice:
«Mh?» troppo
impegnato in quel compito arduo, visto che lei non pareva collaborare
nemmeno un po'.
«Perché
mi sto facendo la doccia da vestita?» chiese e afferrandosi
la
maglietta cominciò a sollevarsela. Laxus sobbalzò
e lasciò andare
il doccino di colpo, allungando le mani verso le sue per impedirle di
proseguire, balbettando un imbarazzato: «A-aspetta!
Pricchan!»
Il
doccino lasciato andare così bruscamente cadde nel vuoto e
colpì
sfortunatamente la ragazza sulla nuca, prima di ondeggiare
incontrollato, sparando acqua ovunque.
Lei
scoppiò nuovamente a piangere come una bambina e portandosi
una mano
alla testa gridò: «Mi hai fatto male?
Perché?»
«N-non
l'ho fatto apposta» balbettò lui, ancora rosso in
volto per
l'imbarazzo. Priscilla allungò una mano alla sua sinistra,
prese il
doccino ancora incontrollabile, e lo puntò al viso di Laxus
con lo
sguardo di chi aveva chiaramente intenzione di fargliela pagare. Lui
non si scompose, rimase a subire per tutta la durata dello scherzo,
cercando semplicemente di non abbassarsi al suo stesso livello e
cercando di restare il più calmo dei due. Si
alzò, si allungò alle
manopole dell'acqua e la chiuse semplicemente. Prese poi per mano
Priscilla e la tirò via dalla doccia, facendola sedere sulla
tavoletta chiusa del water. Le fece cadere sulla testa umida un
asciugamano e cominciò ad asciugarla. Stranamente Priscilla
restò
ferma e calma per tutta la durata del trattamento, forse troppo
addormentata per dire o fare altro. Con un phon terminò
infine
l'operazione nonostante la testa ciondolante di Priscilla minacciasse
di crollare a terra da un momento a un altro.
«Vado
a prenderti dei vestiti asciutti. Mi allontano solo un minuto, cerca
di restare sveglia» le disse e lei obbediente rispose solo
con un
mormorato: «Ok».
Laxus
uscì dal bagno e si avvicinò alla valigia di
Priscilla, vicino al
suo letto. L'aprì, cercò al suo interno quello
che poteva sembrare
un pigiama e giusto quando stava per richiuderla e tornare indietro
sentì un fracasso provenire da dentro il bagno. Spaventato,
corse
indietro e trovò Priscilla stesa a terra, caduta, insieme a
un
portasaponette che si era trascinata giù dal lavandino nel
movimento.
«Mi
sono fatta male di nuovo» pianse nuovamente e Laxus, per
quanto
preoccupato, non riuscì a non sorridere divertito dal suo
modo di
fare imbranato e impacciato. «Ohy, ohy»
ridacchiò,
inginocchiandosi vicino a lei per aiutarla a rialzarsi. «Ti
avevo
detto di non addormentarti» le disse, accarezzandole la testa
nella
speranza di calmarla un po'.
«E
non ci sono riuscita!» piagnucolò.
«Sei
proprio una stupidina» ridacchiò ancora e le porse
i suoi vestiti
asciutti.
«Dai,
cambiati che ti porto a dormire» le disse e lei
cominciò
immediatamente a sollevarsi la maglietta per sfilarsela, mormorando
un semplice e abbattuto: «Ok».
Rosso
in volto, Laxus si coprì gli occhi con una mano e si
voltò
dall'altro lato rapidamente. «Potresti almeno aspettare che
esco!»
la rimproverò, ma lei lo ignorò e con grande
fatica riuscì a
togliersi la maglia. Prese quella del pigiama che Laxus ancora le
porgeva e gli lasciò in mano quella bagnata, appena tolta.
Se la
infilò e infine, seduta a terra e con gran fatica
riuscì a
togliersi anche i pantaloni. Ma non si mise quelli asciutti che
Laxus, ancora voltato dall'altro lato, le porgeva. Si alzò
in piedi
e barcollò verso l'uscita del bagno, poggiandosi addirittura
al
ragazzo che era in ginocchio davanti a lei, per aiutarsi. Laxus fu
costretto ad aprire nuovamente gli occhi, per cercare di capire che
stesse combinando, e si allarmò quando la vide uscire dal
bagno con
solo una maglia addosso.
«Ferma!»
le disse, prendendola per le spalle e tirandola nuovamente dentro.
«Voglio
andare a letto» disse lei.
«Condividiamo
la stanza anche con Gajeel e Mistgun, non puoi andartene in giro
senza pantaloni!» la rimproverò sul ciglio della
porta.
«Non
è vero, non ci sono, guarda» lamentò
lei, capricciosa, indicando
la stanza da letto vuota.
«Torneranno
tra poco» rispose Laxus, arreso all'idea che non sarebbe
stato
semplice con lei quella sera. «Avanti, mettiti
questi» le ordinò,
alzando i pantaloncini del pigiama e mostrandoglieli.
Priscilla
sbuffò più per la fatica che per disobbedienza, e
si accasciò tra
le braccia di Laxus, mormorando: «Mi aiuti?»
«Aiutarti?»
arrossì nuovamente chiedendosi che genere di aiuto si
aspettasse.
Erano fratelli, questo genere di consapevolezza era stata certamente
maggiore in passato, quando era abituato ad averla in casa ogni
giorno. Forse era colpa degli anni passati lontani l'uno dall'altra,
o forse semplicemente l'aver ricordato chi e cosa fosse realmente, o
ancora poteva essere semplicemente dovuto al fatto che ormai entrambi
erano belli che adulti sia nel corpo che nell'atteggiamento.
Qualunque fosse il motivo, il risultato non cambiava: anche se si
sforzava di pensare che fosse sua sorella, e perciò quel
genere di
pensieri erano certamente sbagliati, non riusciva a non vederla
comunque come una donna. Una donna dal corpo neanche troppo male. E
lei, con quella sua ingenuità e totale mancanza di pudore,
non lo
aiutava nel tentativo di rimettere i pensieri sui giusti
binari.
«Ho
tanto sonno, Laxus» mormorò lei, roteando tra le
sue braccia e
aggrappandosi così al suo collo. Si lasciò
cadere, abbandonandosi
alla stanchezza, e Laxus fu costretto a sorreggerla per evitare che
cadesse a terra. Le sua braccia morbide intorno alle sue spalle, la
testa poggiata sul suo collo, la prese per la vita con tale foga e
rapidità che parte della maglietta si sollevò
costringendolo a
poggiare le mani sulla pelle nuda dei fianchi. «Aspetta...
Pricchan.
Vestiti prima!» provò a balbettare, sempre
più imbarazzato.
«Voglio
andare a letto» biascicò già con gli
occhi chiusi, per poi
sorridere allegra e aggiungere: «Vieni a letto con
me?»
Cominciò
a essere decisamente troppo persino per lui. Si corrucciò e
cominciò
a fare uno sforzo disumano per riuscire a controllare ogni sorta di
immagine che gli nacque in testa di fronte a quell'assolutamente
ambigua frase e situazione.
Era
così ingenuamente provocante anche in passato? La ricordava,
sì,
quanto gli stesse vicino. Dove andava lui, lei lo seguiva, qualsiasi
cosa faceva ce l'aveva sempre attorno. Ma non aveva ricordi di una
Priscilla tanto esagerata né tantomeno coinvolta in simili
atteggiamenti. Quando era successo che fosse diventata tanto
scostumata?
Cominciò
a passare in rassegna una serie di nomi, cercando a chi dare la
colpa. Cana, sicuramente, non era una buona amicizia. L'aveva portata
sulla via dell'alcol e non era mai stata una donna tanto pudica,
probabilmente era stata la sua vicinanza a rendere Priscilla
così
tentatrice. Probabilmente anche Lucy aveva fatto la sua parte, era
abbastanza rinomato quanto fosse legata alla sua femminilità
e
quanto le piacesse sedurre gli uomini. Per non parlare di Erza, che
in quanto a sensualità era una maestra. Certo era che fosse
palese
che Priscilla non lo stesse facendo di proposito, ma avere accanto
persone che l'avessero portata sulla strada della
femminilità
sicuramente aveva le sue colpe.
«Sei
fradicio» mormorò lei, aprendo un occhio e
fissando la sua camicia
bagnata.
«Mi
hai puntato addosso l'acqua della doccia, ricordi?» rispose
lui,
irritato più per quanto stesse accadendo che per la frase in
sé.
«Spogliati,
non puoi venire a letto così» biascicò
lei, infilando un dito
all'interno della sua camicia e sbottonandolo lentamente, con quel
poco di forza che aveva. Un tocco, quello del suo dito che gli
sfiorava delicatamente il petto, che certo non aiutò il suo
autocontrollo. Non in un momento come quello. Afferrò la sua
mano,
per fermarla, e si voltò verso di lei pronto a lamentarsi
che
avrebbe potuto fare benissimo da solo, ma non riuscì a dire
nemmeno
una parola. La mano destra di Priscilla era ora più salda
dietro la
sua nuca, con la forza sufficiente a tirarlo verso di lei. Alzata in
punta di piedi, raggiunse le sue labbra prima che potesse parlare,
chiudendole in un assurdo bacio rubato.
Era
stato un gioco fino a quel momento, strano, particolarmente
realistico e coinvolgente, ma pur sempre un gioco. Un gioco di
fraintendimenti, con una Priscilla ingenua che stuzzicava la fantasia
di un Laxus fin troppo maturo e sveglio. Un uomo e una donna che si
lasciavano andare a stupidi scherzi, lei spontanea fin troppo lui
certamente malizioso ma all'interno di un limite che mai si sarebbe
sognato di varcare. Era stato a tratti divertente, sicuramente la
mattina dopo ci avrebbe anche riso su se si fosse fermato a
ripensarci, a quanto la sua sorellina fosse ingenua e per niente
pudica. Avrebbe dato la colpa al suo carattere infantile, ai suoi
sentimenti legati a una relazione vecchia di anni, quando erano
bambini e facevano addirittura il bagno insieme. Avrebbe dato la
colpa alla sua mascolinità, era abbastanza adulto ormai da
comprendere certi meccanismi ed erano passati anni da quando nella
prima adolescenza aveva cominciato a capire cosa significasse provare
attrazione per un corpo femminile. Avrebbe dato colpe di cui avrebbe
riso, imbarazzato, perché tutta quella situazione era al
limite del
ridicolo, una barzelletta.
Ma
quello...
Non
c'era niente di divertente, niente di ingenuo, di stupido, di
imbarazzante. Poteva dare tutte le colpe che voleva sia a se stesso
che a lei, per aver creato una serie di equivoci di cui ci aveva
creduto davvero. Solo equivoci. E forse lo erano davvero, certo
Priscilla non sembrava nelle condizioni di ragionarci troppo su. Ma
c'era qualcosa di disperato in quel gesto del tutto incomprensibile
per uno come lui che aveva sempre creduto, fin da bambino, che quella
ragazza non fosse altro che un legame di sangue come altri. Ogni cosa
era appena crollata e la cosa che lo colpì di più
fu che non ci fu
bisogno di chiedere spiegazioni: era come se l'avesse sempre saputo.
"Sono
stata creata per occuparmi di te, del tuo potere"
non era nata come una sorella, non era mai stata progettata per
quello. Non era stata progettata per provare un simile sentimento,
per essere legata a una simile relazione. Lei era stata creata solo
per stare al suo fianco.
"Mi
presentò a te e al mondo come tua sorella minore, per
evitare che
facessero domande scomode"
non lo era mai stata sul serio, lei l'aveva saputo da sempre. E
mentre nella sua mente venivano instillate false immagini di una
sorellina che in realtà prima dei tre anni non era mai
nemmeno
esistita, lei aveva sempre saputo, fin dal principio, quale fosse la
loro diversità, quali fossero i loro rispettivi ruoli.
C'era
qualcosa di disperato in quel bacio, come fosse stato l'ultimo
desiderio di condannato a morte.
Qualcosa
che aveva sacrificato a lungo, qualcosa che forse nemmeno sentiva di
meritare, qualcosa che le era proibito ma che si era voluta concedere
in quello strappo di tempo di pochi secondi tanto annebbiati da
sembrare un sogno. Aveva bevuto, aveva riso, aveva abbandonato ogni
pensiero, ma non aveva ancora dimenticato. Lo sentiva dentro
sé, la
mano soffocante di suo padre che l'avrebbe uccisa da un momento a un
altro. Laxus poteva combatterlo quanto voleva, ma non sarebbe
riuscito a salvarla. Quel bacio avevano lo stesso sapore delle ultime
parole di un condannato prima della morte. Non ebbe coraggio di
allontanarla, non ebbe coraggio nemmeno di chiederle perché
lo
avesse fatto. La guardò mentre nel completo silenzio, col
volto
apatico di chi ormai si è arreso al proprio destino, si
avvicinava
al suo letto e ci si lasciava cadere sopra, addormentandosi.
Sospirò
e le si avvicinò, sistemandole le coperte addosso.
Lasciò i suoi
pantaloncini sul comodino, dove li avrebbe trovati al risveglio e
magari avrebbe avuto il buonsenso di non alzarsi in mutande ma
coprirsi prima. Si mise a sedere poi sul proprio letto, di fianco a
quello di Priscilla, e guardò a lungo il suo viso
addormentato.
«Sei
stata creata per me» mormorò ricordando le esatte
parole che lei
gli aveva detto. «Stupida. Stai confondendo gli ordini di
nostro
padre per i tuoi sentimenti» sospirando ancora si
portò una mano
davanti agli occhi, massaggiandosi la testa che ora sembrava fargli
male da quanto era affollata di pensieri. Infine si alzò,
deciso a
farsi anche lui una doccia e andarsene definitivamente a dormire
nella speranza che la notte avesse in qualche modo messo ordine in
quel caos che aveva ora nella testa.
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Capitolo 48 *** Io sono qui ***
Io
sono qui
«Buongiorno
a tutti!» esclamò Priscilla, raggiungendo i membri
della sua gilda
all'interno dello stadio. Erano già stati chiamati dagli
organizzatori per prendere ognuno i propri posti, il secondo giorno
di giochi sarebbe iniziato a breve, ma lei aveva prima desiderato
fare un salto da Wendy per vedere come stava, per quello aveva
tardato un po'.
«Pricchan!»
salutò Levy, vedendola arrivare saltellante.
«Sei
di buon umore stamattina, baby» disse Bickslow, notando il
suo
sorriso radioso.
«Ieri
sera mi sono divertita tantissimo con voi alla locanda, mi avete
tirato su il morale e oggi mi sento carica e pronta ad affrontare
qualsiasi cosa!» disse gonfiando un bicipite per dare
dimostrazione
del suo stato d'animo. «Anche se devo aver bevuto un po'
troppo,
visto che non ricordo quando sono tornata in albergo» rise
poi,
imbarazzata.
«Io
l'avevo detto che tanto ci saresti ricascata» alzò
le spalle Gray.
«Cana
ti ha portata su una cattiva strada» annuì Lucy.
«Ha
persino dormito in mutande» si unì Lluvia e
Priscilla scoppiò a
ridere, esclamando: «È vero! Dovevo essere
talmente andata che mi
sono dimenticata di mettere i pantaloni!»
«In
camera con tre uomini?!» sussultò Lucy, arrossendo
di vergogna.
«Perché
non faccio parte anch'io del team B?!» si disperò
Bickslow,
portandosi le mani alla testa.
«Grazie
al cielo, non voglio nemmeno immaginare cosa avresti potuto fare per
approfittare della situazione» sospirò Priscilla,
per niente
rassicurata all'idea.
«Mi
sottovaluti» disse Bickslow, mettendo un braccio sulle spalle
della
ragazza. «Sono un galantuomo io, cosa credi?»
«Non
ci credo manco se lo vedo» disse Priscilla e Bickslow, ancor
meno
rassicurante, scoppiò a ridere divertito. Risata che
morì in un
lamento terrorizzato, quando incrociò lo sguardo di Laxus,
poggiato
con le spalle al muro non troppo lontano. Non era raro che Laxus
lanciasse occhiatacce in giro, non era certo famoso per la sua
serenità e se qualcosa gli faceva girare le scatole era
bravissimo a
farlo capire con la semplice forza dello sguardo. Ma ciò che
era
raro era vedere un tale carico di rabbia diretto tutto in una volta,
addirittura verso uno dei suoi amici più fidati.
«Sei
già arrivata in ritardo, non perdere altro tempo in
chiacchiere.
Andiamo» ringhiò Laxus e si allontanò,
diretto al proprio
balconcino.
«Quanto
è nervoso...» commentò Priscilla,
storcendo il naso. «Che gli
prende?»
«Sembra
di pessimo umore» annuì Lucy, altrettanto sorpresa
di vederlo così
eccessivamente furioso.
«Aveva
una pessima cera, in effetti» si unì Levy,
pensierosa.
«Pare
che non abbia chiuso occhio tutta la notte. Lluvia l'ha sentito
più
volte agitarsi nel letto e alzarsi» disse Lluvia e Priscilla
la
squadrò, chiedendole curiosa: «E tu che ci facevi
sveglia?»
«Priscilla
dormiva nel letto a fianco a lui senza pantaloni! Lluvia doveva
sapere!» si animò lei, arrossendo improvvisamente,
e Priscilla
altrettanto rossa in volto sussultò e sbraitò un
agitato: «Ma che
stai dicendo?!»
«Chissà
che forse non era per quello che non riusciva a dormire»
sghignazzò
Lucy, avvicinandosi a Priscilla che sempre più rossa si
agitava e
cercava di cambiare discorso.
«Ora
che ci penso, ieri sera non siete andati via insieme voi
due?»
chiese Levy, schiacciandosi contro l'amica insieme a Lucy e
guardandola maliziosa.
«Eh?
Davvero?» chiese Priscilla, sorpresa, e corrucciandosi si
portò un
dito al mento per riflettere. «Non ricordo»
confessò, anche un po'
infastidita per quella piccola amnesia. Un avviso all'interfono in
quel momento attirò la loro attenzione, l'ultimo richiamo ai
concorrenti di andare a mettersi ai loro posti in vista dell'inizio
della gara. Dimenticarono all'istante ciò di cui stavano
parlando ed
emozionati per quel secondo giorno si salutarono rapidamente, si
fecero gli in bocca al lupo, e poi ognuno scappò alla
propria
tribuna.
«Eccoci!»
esclamò Priscilla, raggiungendo il balcone a loro assegnato
insieme
a Lluvia. «Oh, Mira-chan! Che fai qui?» chiese
curiosa, notandola
mentre le sorrideva radiosa.
«Sono
il membro di riserva» spiegò lei.
«Gerard
ha già dato forfait?» chiese Priscilla,
scoraggiata.
«Pare
sia in giro a cercare informazioni sulla fonte magica» disse
Mirajane, mentre Priscilla, sospirante, raggiungeva la balaustra e ci
si appoggiava per guardare l'arena sotto. «Così si
farà scoprire,
quel ragazzo è incontrollabile» disse, cominciando
a lasciarsi
andare all'evidenza che forse non era stata un'idea troppo buona
quella di portarlo con loro alla gara.
«È
un membro di Fairy Tail, dopotutto» ridacchiò
Mirajane,
giustificandolo, e Priscilla disse scoraggiata: «No, non lo
è».
«Gajeel-kun
è già sul via?» chiese Lluvia,
avvicinandosi al suo gruppo per
guardare curiosa i Lachryma Vision che avrebbero trasmesso la
corsa.
«Sì,
stanno per partire» annuì Mirajane.
«Che
tipo di gara… è?» cominciò a
chiedere Priscilla, alzando lo
sguardo sui Lachryma, ma sibilò l'ultima parola di quella
domanda
quando cominciò a intuire cosa li aspettasse: i concorrenti,
tra cui
Gajeel e Natsu, erano in piedi su dei carri in pieno movimento lungo
le strade di tutta Crocus.
«Una
corsa sui carri» spiegò Mirajane, già
consapevole di quale sarebbe
stata l'obiezione.
«Non
ci posso credere» sibilò Priscilla, sconvolta. Tra
tutte le gare
che potevano loro capitare, avevano scelto di partecipare il giorno
peggiore. L'arbitro non aveva ancora nemmeno dato il via che i due
Dragon Slayer già barcollavano, verdi in volto per la
nausea.
«Sono
stati un po' sfortunati» commentò Lluvia, mentre
Priscilla si
accasciava sulla balaustra e mormorava: «Il destino ci
è contro».
Finalmente
l'arbitro diede il via dopo qualche minuto di attesa e tutti i
concorrenti alla gara Chariot partirono e corsero più veloce
che
potevano lungo i carri. Tutti, tranne Natsu, Gajeel e
sorprendentemente anche Sting che partecipava per i Sabertooth.
«Anche
lui soffre i mezzi di trasporto?» chiese Lluvia.
«Dev'essere
qualcosa di genetico dei Dragon Slayer» disse
Priscilla.
«Quindi
anche Laxus...?» chiese Mirajane, curiosa, e lui si
corrucciò
rispondendo: «Guai a te se lo dici a qualcuno».
«Penso
sia abbastanza ovvio, ormai» disse Lluvia e Priscilla al suo
fianco
rise divertita.
«La
gara è cominciata solo da pochi minuti ma abbiamo
già una prima
classifica» commentò Chapati, sempre presente
sulla tribuna d'onore
insieme a Yajima e l'ospite, che quel giorno si trattava del reporter
del Sorcier. «In prima posizione vediamo già
Kurohebi di Raven
Tail, mentre in coda con un notevole distacco abbiamo Natsu di Fairy
Tail A, Gajeel di Fairy Tail B e Sting di Sabertooth. Tutti e tre
imperversano nelle stesse condizioni, sembrano in uno stato
catatonico».
«Per
lo meno anche quelli di Sabertooth avranno la loro piccola
umiliazione» commentò Priscilla, guardando
sbuffando la gara.
«Dietro
Kurohebi possiamo subito trovare Ichiya di Blue Pegasus, Yuka di
Lamia Scale e Risley di Mermaid Heel» continuò
Chapati e Priscilla
si rianimò, alzando un braccio e gridando: «Vai,
Yuka!»
«Fai
il tifo per il nemico?» chiese Lluvia, alzando un
sopracciglio.
«Tanto
noi non abbiamo speranze e allora tifo per la gilda che mi sta
più
simpatica» alzò le spalle lei.
«Povero
Gajeel» sospirò Mirajane, portandosi timidamente
una mano alla
guancia.
«Leggermente
distaccato c'è Baccus, il membro di riserva dei Quatro
Cerberus»
disse ancora Chapati e la Lachryma Vision lo inquadrò,
mentre
arrancava dietro al gruppo dei tre davanti a lui che si facevano
guerra con la magia per andare in vantaggio. Durò un po'
quella
disparità, fino a che con un colpo di piede Baccus non
schiacciò il
carro su cui si trovava, facendo volare per aria quello davanti per
contraccolpo. Gesto che fece volare via i tre avversari e gli permise
di superarli.
«Che
forza incredibile!» commentò Priscilla,
spalancando gli occhi e
sporgendosi in avanti, oltre la balaustra. «L'hai visto,
Laxus?»
chiese, indicando il Lachryma Vision e voltandosi verso il fratello.
«L'ho
visto» rispose lui, seccamente.
Priscilla
si imbronciò, trovando irritante il suo modo di fare quel
giorno.
Era davvero intrattabile e antipatico, probabilmente colpa del sonno
mancato ma certo poteva sforzarsi un po' di più visto che
stavano
gareggiando per una causa importante.
«Oh,
Baccus passa in testa!» esclamò Chapati e
Priscilla tornò a
voltarsi per guardare lo schermo con gli occhi che brillavano per
l'emozione. Per quanto il suo compagno si trovasse in fondo, a
gareggiare contro la propria nausea, trovò comunque
entusiasmante
quella gara. Si sporse ancora, sollevandosi sulla punta dei piedi,
fino a che non perse l'equilibrio e per poco non cadde giù.
Laxus
scattò in avanti e l'afferrò per la maglia,
sollevandola e
rimettendola con i piedi a terra. La fulminò con lo sguardo,
rimproverandola senza usare le parole, mentre lei ridacchiava timida
grattandosi la nuca.
«Ed
ecco che ci siamo! Baccus arriva a gran velocità e taglia il
traguardo per primo!» la voce di Chapati attirò
nuovamente
l'attenzione di Priscilla, che tornò a guardare l'evento con
entusiasmo. «Quatro Cerberus riceve dieci punti!»
«Che
forza! Quel tizio è davvero incredibile»
commentò lei.
«Inizierai
a corrergli dietro come fai già con quel Leon?» la
provocò Laxus,
infastidito da chissà cosa esattamente.
«Uffa» sbuffò Priscilla,
voltandosi e facendogli una linguaccia. «Oggi sei veramente
fastidioso! Non è colpa mia se soffri di insonnia, datti una
regolata!» lo rimproverò, infastidita, e lui parve
irritarsi ancora
di più. Ma lei, che non ricordava niente dopo la serata al
bar, non
poteva certo immaginare che invece sì, era colpa sua
eccome.
«Al
secondo posto arriva Kurohebi!» annunciò Chapati e
lo schermo
mostrò l'uomo di Raven Tail tagliare il traguardo per
secondo. «A
seguire ecco Risley e poi Yuka... ed ecco che arriva anche Ichiya!
Gli ultimi tre sono ancora nel bel mezzo della corsa e si stanno
dando battaglia per non arrivare ultimi!»
«Sono
abbastanza ridicoli» commentò Lluvia, guardando
Gajeel, Natsu e
Sting barcollare da una parte a un'altra tirandosi fiacche
spallate.
«Non
arrenderti Gajeel!» provò a incitare
Priscilla.
«Io...
vado avanti!» ruggì Natsu, accasciandosi e
procedendo gattoni.
Gajeel si lanciò in avanti e lo imitò,
barcollando e cadendo, ma
procedendo appena dietro di lui con tutte le forze che aveva. E
Priscilla si animò ancora di più, iniziando a
saltare e urlare un
tifo incontrollato verso i due Dragon Slayer di Fairy Tail. Anche se
ridicoli e palesemente nei guai, ce la stavano mettendo tutta,
lottando contro tutto quello che erano pur di riuscire a portare a
casa anche solo un punto.
Bastava
quello, non importava arrivare primi da subito, loro lo sapevano.
Fino a quando non si sarebbero arresi, anche di fronte alle
più
grandi delle evidenze, nessuno li avrebbe fermati e al contrario di
molti altri sarebbero arrivati presto o tardi alla vetta. Urlando,
lottando, avanzarono lasciandosi alle spalle uno Sting ormai arreso.
«Posso
solo chiedervi una cosa?» chiese Sting, accasciandosi sul
carro,
deciso a non combattere più. «Perché
state partecipando ai Giochi?
Per la Fairy Tail del passato forza e prestigio non contavano niente.
La Fairy Tail che conoscevo io faceva le cose a modo suo,
fregandosene della propria immagine e reputazione».
«È
per i nostri compagni!» rispose un Natsu sforzato oltre ogni
limite.
«Per sette anni loro ci hanno aspettato! Per quanto fosse
dura o
triste, hanno sopportato di tutto, proteggendo la gilda. Per i nostri
compagni vi dimostreremo che Fairy Tail non si è mai fermata
e che
continuerà sempre ad andare avanti!»
ruggì, mentre sforzando ogni
muscolo si avvicinava al tanto agognato Goal. Un discorso che
riuscì
a commuovere non solo i propri compagni, che entusiasti si mostrarono
felici anche solo del sesto posto che Natsu andò a
guadagnare, ma
anche l'intero pubblico che per la prima volta da quando erano
arrivati non li fischiarono, né li insultarono, ma urlarono
in un
coro accalorato e felice per quella disgraziata gilda che tanto
faticosamente si era guadagnata il sesto e settimo posto mettendoci
tutte le loro forze.
Priscilla
esultò come se avessero vinto l'intero torneo,
abbracciò Lluvia e
insieme a lei saltò dalla felicità nel vedere il
loro compagno
prendersi quel tanto affaticato punto di vittoria. Nella classifica
generale restavano comunque agli ultimi due posti, ma lentamente,
passo dopo passo, Fairy Tail aveva cominciato a scalare la vetta.
Natsu e Gajeel vennero portati poco dopo in infermeria, troppo
moribondi, avevano bisogno del sostegno di Polushka per riprendersi
il prima possibile dal malore da mezzi di trasporto. Attesero qualche
minuto per permettere di sgomberare il campo e preparare la fase
successiva, quando finalmente diedero inizio alla seconda fase di
quella giornata: le battaglie. Un biglietto arrivò ai membri
di
ciascuna gilda, a comunicargli la decisione degli organizzatori per
quanto riguardasse le coppie di sfidanti di quel giorno. A leggere
quello di Fairy Tail B fu Laxus, che cupo in volto lo passò
infine a
Priscilla.
«Ok»
disse semplicemente, senza mostrare nessun tipo di sentimento, e si
allontanò. Era la prima di quella giornata, lei era stata
selezionata per dare dimostrazione del suo potere. Niente di cui si
sarebbe dovuta preoccupare, se non fosse che il suo avversario
sarebbe stato un membro di Raven Tail. Ricordava l'uomo dagli occhi
di serpente, era insieme a suo padre la sera prima, quando l'avevano
bloccata per la strada. Era già abbastanza felice che non le
fosse
stato chiesto di vedersela con l'uomo con la maschera da leone, lui
era stranamente più tetro degli altri, ma in
verità nessuna di
quelle persone era abbastanza terrificante per lei. Non avrebbe mai
reagito come aveva fatto la sera prima se non fosse stata per la
pressante presenza di Ivan. Suo padre… ancora non aveva
avuto il
coraggio di cercarlo tra gli spalti.
«Pricchan»
la voce di Laxus che la chiamava, dietro di sé. Si
voltò appena,
cercandolo con gli occhi, incrociando il suo sguardo solamente. Laxus
non disse una sola parola, ma alzò un braccio, a pugno
serrato,
gonfiò un bicipite: un semplice messaggio di
solidarietà, il loro
gesto di sostegno, un po' stupido ma pur sempre efficace. Lo
ricordava, l'avevano creato quando erano appena bambini, senza
neanche troppo impegno. Laxus lo faceva sempre tutte le volte che
voleva rassicurarla che lui era forte abbastanza da risolvere tutti i
problemi che l'affliggevano, e lei aveva presto cominciato a imitarlo
le volte che voleva rassicurarlo che sarebbe stata forte abbastanza.
Senza accorgersene avevano iniziato a farlo così spesso che
era
diventato il loro gesto, un messaggio silenzioso diretto ai loro
cuori.
Sii
forte.
Sarò
forte.
Sorrise,
rispose a quel gesto, indurendo il bicipite e sollevando il braccio
ad altezza della spalla. E si allontanò, carica di una nuova
energia.
Fairy
Tail aveva un potere incredibile, la sera prima era riuscita in pochi
minuti a salvarla dall'oscurità che l'aveva attanagliata da
quando
era arrivata a Crocus, le aveva concesso una notte di sonno e una
serata di allegria, ma in quell'arena lei sarebbe stata sola. Sotto
lo sguardo di suo padre che, chissà da dove, l'osservava e
giocava
con la sua vita.
Non
le importava. Sentiva che poteva farcela, sentiva che poteva riuscire
a non importarle. Poteva mettere da parte ogni cosa, poteva non
essere egoista almeno per quel giorno e guardare avanti. Raven Tail
aveva ferito Wendy, la sua piccola e innocente Wendy. Aveva giurato
che gliel'avrebbe fatta pagare e a quello si sarebbe aggrappata,
stimolata dal discorso esortativo di un Natsu che aveva fatto
l'enorme fatica del primo passo verso la vittoria. Lo doveva a tutti
loro, doveva salvarli, doveva proteggerli. Stringere quel simbolo tra
le dita, delicatamente. Prese il lembo delle bende con cui si era
fasciata la mano destra, mentre camminava verso l'ingresso all'arena,
e le strinse, pronta a strapparle. Mostrare il simbolo che portava
sulla pelle, mostrarlo a se stessa, con orgoglio. Lo desiderava, lo
desiderava davvero, ma tremò.
Li
avrebbe aiutati con tutte le forze che aveva, ma davvero meritava
quel posto? Lei, creatura fittizia, bambola dimenticata in uno
scatolone da un sadico bambino. Li aveva ingannati così a
lungo,
fingendosi come loro, fingendosi la loro famiglia, ma ricordando i
loro sorrisi lo capiva sempre più. Lei non possedeva quel
sorriso,
ogni cosa dentro lei era solo formula e risultato di calcoli magici,
meccanismi che si muovevano in sincronia grazie a un brillante
calcolo. Voleva togliersi quelle bende, voleva poter urlare che era
esattamente come loro, ma non ci riuscì. Avrebbe combattuto
contro
Raven Tail, lo avrebbe fatto davvero, ma non come Priscilla di Fairy
Tail. Quella era la sua battaglia e lei avrebbe vinto come Priscilla,
la bambina di carta. In nome di una vita avvolta dalle torture, in
nome di un essere che aveva sempre e solo desiderato essere libero,
essere reale. Lei avrebbe rivendicato il suo diritto alla vita,
lì,
in quel momento, di fronte agli occhi di un padre che ne pretendeva
la possessione e che non riusciva a chiamarla per nome. L'avrebbe
cercato, l'avrebbe guardato, e fissando quegli stessi occhi che per
anni erano stati solo portatori di morte e sofferenza avrebbe
sconfitto tutte le ombre che la strozzavano.
«Guardami,
perché io sono Priscilla del vento».
«Diamo
inizio alla prima battaglia di questa seconda giornata di
giochi!»
esclamò Chapati dall'esterno di quel lungo corridoio che la
portava
esattamente al centro di un'arena sabbiosa e polverosa. «In
questo
primo combattimento vedremo la gilda debuttante e attualmente
capolista della competizione! Raven Tail rappresentata da
Kurohebi!»
e il coro di approvazione si alzò tra il pubblico, in un
applauso
accalorato ed emozionato. «Contro una delle gilde che
più di tutte
sta facendo parlare di sé in questa edizione! La gilda dal
cuore
infuocato, Fairy Tail B rappresentata in questo incontro da
Priscilla!»
L'entusiasmo
che Natsu aveva appena lasciato nel pubblico fu tale da spingere
almeno parte di esso a tentare un applauso, mentre la ragazza faceva
il suo ingresso nell'arena. Muscoli rigidi, sguardo tetro, il vento
che già accompagnava i suoi passi decisi mentre si
avvicinava al
centro dello stadio. Quello era il vero sguardo di Priscilla del
vento, lo sguardo che anticipava ogni sua mossa più
pericolosa.
Avrebbe combattuto con tutta se stessa e per questo i suoi nemici non
potevano che tremare.
«Al
centro, per favore!» chiamò Mato,
l’arbitro, e i due si
posizionarono l'uno di fronte all'altro.
«Lo
tiene ancora coperto» mormorò Laxus, guardando con
preoccupazione
sua sorella dal loro balcone.
«Eh?»
chiese Mirajane, non capendo a che si riferisse.
«Il
simbolo sulla mano destra» e parve irrigidirsi ancora di
più,
nervoso per quanto sarebbe successo di lì a poco.
«Priscilla
è molto forte, sono sicura non avrà
problemi» disse Mirajane,
speranzosa e fiduciosa.
«Non
è questo che mi preoccupa» confessò
Laxus, facendo infine scorrere
gli occhi dall'arena lungo gli spalti del pubblico, fino a trovarlo.
Ivan era in piedi in fondo al primo livello delle gradinate. La
schiena appoggiata al muro alle sue spalle, le braccia incrociate tra
loro e un inquietante sorriso soddisfatto sul volto.
«Assistiamo
nuovamente a uno scontro tra le gilde dei master padre e figlio, che
ne pensa Yajima-san?» disse Chapati, pronto a commentare ogni
istante di quello scontro. «L'emozione è
certamente triplicata se
pensiamo che Priscilla sia figlia di master Ivan» disse
Yajima.
«Priscilla
del vento, figlia del master della gilda avversaria, è
così
cooool!» urlò Jason del Wekly Sorcier, ospite di
quel giorno.
«Sarà
dura» commentò Erza, vicina al resto della sua
squadra.
«Eh?»
chiese Lucy, voltandosi verso l'amica.
«Priscilla
non si sta trattenendo, riesco a sentire la vibrazione del suo potere
già da adesso» commentò Gray.
«È davvero incredibile. Non credo
perderà tanto facilmente».
«Ricordi
cosa ti disse fuori dalla cattedrale, la sera che ci rivelò
la
verità sulla sua natura?» chiese Erza, torva in
viso.
"Dunque
sei veramente immortale? Niente può ucciderti"
ricordava quella piccola chiacchierata di qualche minuto insieme a
lei, mentre Natsu la sosteneva e cercava di portarla alla gilda per
curarsi.
"No,
esistono cose che possono uccidermi".
"E
cosa?"
l'insolente domanda di Natsu che proprio in quel momento dava tutte
le risposte, inquietanti e terribili risposte: "Mio
padre".
«Pensi
potrebbe fare una cosa simile?» sobbalzò Gray,
pallido in volto.
«Nessuno
conosce la verità su Priscilla, tranne i membri della gilda
e
qualche amico esterno. Se dovesse morire lì, durante il
combattimento, potrebbero semplicemente pensare a un malore o a una
ferita troppo profonda inferta dal nemico. Nessuno lo
scoprirebbe»
commentò Erza, guardando i due avversari che si preparavano
a
combattere. Kurohebi piegò leggermente le ginocchia, pronto
a
colpire, ma Priscilla rimase invece immobile a fissarlo, sguardo
tanto fisso che nemmeno sbatteva le palpebre. La sua concentrazione
era assoluta.
«Non
può farlo! Dobbiamo impedirglielo?!»
sussultò Lucy, cercando Ivan
tra il pubblico sugli spalti.
«E
come?» digrignò i denti Gray. «Se ci
avviciniamo a lui, passeremo
noi dalla parte del torto!»
«Non
credo lo farà» disse poi Erza. «Non l'ha
uccisa per tutto questo
tempo, probabilmente ha qualcosa in mente. Tenere in vita un secondo
essere vivente consuma grandi quantità di energia magica,
è sempre
stato un sacrificio avere quella figlia da sostenere ogni singolo
giorno della sua vita, eppure lei è ancora qui. Penso che le
serva a
qualcosa. Ciò non toglie che la verità
è una sola: questo incontro
è nelle mani di Master Ivan e anche Priscilla ne
è perfettamente
consapevole. Sarà difficile riuscire a vincere,
indipendentemente
dalle capacità del suo avversario».
«Metticela
tutta Pricchan!» gridò Lucy, alzando un braccio
per aria.
«Dimostra
di che pasta è fatta Fairy Tail!» ruggì
anche Elfman.
Priscilla
riuscì a sentirli, nel caos delle urla, del tifo e della
musica di
fanfara. Sentì le voci di ogni singolo compagno, che la
chiamava e
urlava, che la sostenevano. Sentiva il loro calore sulla schiena,
come un abbraccio.
«A
pezzi! Fallo a pezzi! Disintegralo!» l'urlo di suo nonno
riusciva in
qualche modo a superare la voce di tutti gli altri, nonostante
l'età
lo portasse a gracchiare come una rana strozzata. Sorrise, divertita
nel vederlo con la coda dell'occhio mentre saltava sul bordo della
balaustra e i compagni che gli stavano attorno che cercavano di
calmarlo, impauriti che potesse cadere e farsi del male.
«Pronti?!»
chiese l'arbitro, alzando un braccio. Si allontanò
rapidamente,
infine, e diede il via che venne annunciato ufficialmente dalla
campana del gong. Priscilla fu la prima a partire, correndo verso
l'avversario e caricando il proprio braccio destro di vento.
Caricò
con un pugno, mirando al viso dell'avversario, ma spostandosi verso
sinistra rapidamente Kurohebi riuscì a schivarlo senza
troppe
difficoltà. Sorrideva, probabilmente convinto della sua
superiorità
e guardò il volto di Priscilla mentre il suo pugno volava
alla
sinistra del suo viso, senza nemmeno sfiorarlo. Ciò
nonostante un
dolore lancinante gli prese al fianco destro, senza riuscire a
comprendere chi e cosa fosse stato. Venne sbalzato via, lanciato da
una forza misteriosa e nel volare per l'impatto attraversò
l'immagine di Priscilla che ancora era al suo fianco, intenta a
concludere quel colpo andato a vuoto. L'oltrepassò e la sua
immagine
si vaporizzò, mentre un'altra Priscilla compariva sempre di
fronte a
lui ma con la gamba ancora tesa ad altezza del fianco colpito.
«Ha
usato il Mirage per ingannare l'avversario e fargli credere che
avrebbe attaccato frontalmente!» osservò Gray,
sbalordito.
«Riesce
a creare immagini in movimento, adesso?!» chiese Lucy,
altrettanto
stupefatta.
Priscilla
partì nuovamente, spinta da un soffio di vento tanto potente
da
lasciare un solco nel terreno colpì con una ginocchiata
Kurohebi,
facendolo ancora piroettare per aria. Ancora vento, ancora
partì
veloce tanto che avrebbe fatto invidia persino a Jet, e gli comparve
alle spalle. Una gomitata e lanciò il nemico a
terra.
"Troppo
facile" pensò lei, dubbiosa su cosa Kurohebi stesse cercando
di
fare. Cadde nella sabbia, ma in essa si dissolse, sparendo alla vista
prima che potesse impattare.
"È
inutile che ti nascondi, posso vederti" rifletté e
chiuse
gli occhi, concentrando le sue sensazioni sull'aria che aveva
intorno, estendendo a essa le sue percezioni. Poteva diventare
invisibile, ma lei l'avrebbe sentito lo stesso con il suo Aereal
Perception . Ciò che non si sarebbe aspettata era di
trovarselo alle
spalle con una tale rapidità. Si voltò, a occhi
sbarrati per la
sorpresa, e tentò di incrociare le braccia davanti al volto
per
proteggersi dall'attacco imminente. Il braccio di Kurohebi si
ingrossò a dismisura e con una potenza incredibile la
colpì in
pieno, lanciandola verso terra. Priscilla accusò il colpo
con una
certa sofferenza, per quanto avesse provato anche a evocare un po'
del suo vento per bloccarlo era comunque riuscito a sfondare la sua
difesa. Cadde a terra e rotolò nella polvere per l'impatto,
ma
piantò subito dopo un piede a terra e fermò la
sua incontrollabile
caduta bloccandosi in ginocchio. Alzò lo sguardo sul nemico
sopra di
lei e ancora la sorpresa ebbe un ruolo decisivo nella riuscita del
suo attacco, nell'istante in cui vide un enorme martello di ghiaccio
caderle dritto sulla testa.*
«La
mia magia?!» sussultò Gray, guardando Priscilla
alzare il braccio
sinistro per bloccare il colpo. Il martello si distrusse
nell'impatto, grazie a una buona difesa di Priscilla che aveva unito
il suo vento come scudo difensivo e il ghiaccio di Leon che aveva
nella parte sinistra del suo corpo. Ora, nel punto colpito, parte
della pelle mancava lasciando completamente scoperto un avambraccio
di ghiaccio.
«L'ha
conservato» sorrise Leon, riconoscendo in quel braccio il suo
tocco
di molti anni addietro, quando disperato le aveva donato quel potere
per riuscire a riprendersi dopo l'attacco di Racer. Il giorno che lei
gli aveva salvato la vita, non avrebbe mai potuto
dimenticarlo.
«Dove
l'hai presa? Dove hai preso quella magia?» ringhiò
Priscilla,
fissando Kurohebi di fronte a lei con lo sguardo di chi non si
sarebbe trattenuto nell’uccidere. Ma Kurohebi semplicemente
sghignazzò e non disse niente.
«Attenta!»
urlò Droy improvvisamente dalle tribune, tanto spaventato
che i pop
corn che aveva tra le braccia saltarono da tutte le parti. Priscilla
saltò appena in tempo, poco prima che delle piante uscissero
dal
terreno e cercassero di afferrarla. Volò in alto, lontano,
evitando
i rami di quella pianta che allungandosi cercava di prenderla come
una mano.
"Piante,
ghiaccio... e quella mano!" rifletté, cominciando a
capire.
«Non
dirmi che...» disse voltandosi nuovamente, sentendo la sua
presenza
dietro di lei. Kurohebi era lì, ancora alle sue spalle, e
con un
pugno avvolto completamente dalle fiamme si allungò in
avanti e la
colpì in pieno stomaco. Questa volta non riuscì a
non trattenersi
dall'urlare per il dolore, mentre cadeva nuovamente verso il suolo.
«Pricchan!»
chiamò Lucy, sporgendosi in avanti. Priscilla
poggiò le mani a
terra e dolorosamente si alzò, alzando lo sguardo e cercando
il suo
avversario. Ma vide solo un'improvvisa colonna d'acqua che la
travolse, l'avvolse e al suo interno la intrappolò.
«Quella
è l'acqua di Lluvia!» esclamò Lluvia,
guardando Priscilla che
all'interno della bolla d'acqua cercava invano di respirare.
«Usa
le nostre magie!» disse Mirajane, altrettanto
preoccupata.
«Mimica»
mormorò lo spirito di Mavis, il primo Master della gilda che
si era
presentato a loro il giorno prima per far da supporto e tifare per la
gilda che lei stessa aveva fondato. «È una magia
rara. Copia le
magie degli altri» disse.
Priscilla
si dimenò un po' all'interno della bolla d'acqua, cercando
il modo
di uscirne, cercando una fonte d'ossigeno, senza riuscirci. Lei non
poteva morire, non per una attacco simile, ma l'assenza di ossigeno
avrebbe comunque rallentato i suoi processi biologici e
necessariamente prima o dopo sarebbe caduta in uno stato catatonico.
Un sonno che avrebbe preservato il suo corpo, in attesa delle
condizioni ottimali per ritornare a funzionare. Questo avrebbe
causato la perdita dell'incontro e ciò non poteva
permetterlo. Non
dopo una scoperta come quella.
"Hai
rubato le magie dei miei amici!" pensò irrigidendosi e si
rannicchiò su se stessa. Intorno alla bolla d'acqua caddero
una
serie di piccoli tornadi, sempre più numerosi, che li
avvolsero e li
circondarono.
"Non
posso perdonartelo!" digrignò i denti e la punta di ciascun
tornado si mosse dal suolo, alzandosi e puntando lei stessa
all'interno dell'enorme bolla d'acqua. Come una serie di piccoli
trapani perforarono la bolla d'acqua, raggiunsero Priscilla e
l'avvolsero poco prima di disintegrare l'intero incantesimo nemico.
Il corpo di Kurohebi prese forma dall'acqua appena distrutta,
mostrando una serie di ferite in vari punti, laddove probabilmente i
tornadi aveva colpito. Priscilla uscì indenne dalla sua
trappola e
si rimise rapidamente in piedi, guardando il nemico che cadeva a
terra.
«L'acqua
di Lluvia è il corpo di Lluvia, colpendo essa colpisco
te» disse
prima di corrergli incontro pronta a un ulteriore attacco. Mosse il
braccio sinistro con uno scatto, come se si fosse voluta liberare di
qualcosa, e l'intero braccio ora divenne completamente di ghiaccio
liberandosi della sua forma corporea umana. Con quello stesso pugno
mirò lo stomaco di Kurohebi, che tornò ad usare
la magia di Lluvia
per difendersi. Il suo corpo d'acqua non gli permise di accusare il
colpo, ma il pugno di Priscilla lo penetrò, restando
impiantato al
suo interno.
Un
sorriso sul volto della ragazza.
«Credi
di conoscere i miei amici meglio di come li conosco io?»
sghignazzò
e il corpo di Kurohebi cominciò laddove era infilato il
pugno di
Priscilla a congelare, lentamente, poco alla volta.
«Lo
sta congelando!» urlò Chapati, guardando la scena
altrettanto
sconvolto.
«Non
posso usare il ghiaccio di Leon, ma il corpo che mi ha donato mi
permette di abbassare considerevolmente le temperature. Non
è
esattamente l'ideale per dell'acqua, non credi?»
sghignazzò
Priscilla e Kurohebi, digrignando i denti per il nervoso, la
colpì
frontalmente con una testata. Priscilla tirò indietro la
testa e
saltò via per schivarlo estraendo così il pugno
dal suo corpo. Ma
non si arrese: alzò il braccio di ghiaccio verso il cielo
dove andò
ad addensarsi sempre forte e ruggente un turbine di vento.
«Anima
del vento!» richiamò la propria magia e un cerchio
magico si
materializzò sopra il proprio pugno alzato. «Cuore
del circolo
polare!»
Un
soffio di vento cadde dal cielo, avvolgendo i due avversari in quella
che sembrava una vera e propria tempesta. I loro respiri si
addensarono, le temperature calarono drasticamente, persino tra il
pubblico che comunque era rimasto fuori dalla magia di Priscilla in
molti si strinsero nelle spalle e iniziarono a battere i
denti.
«Ha
unito la sua magia del vento a quella del ghiaccio di Leon. In questo
modo Kurohebi non può usare l'acqua di Lluvia e nemmeno le
piante di
Droy possono crescere in un clima simile» osservò
Erza,
meravigliata.
«Ne
ha sempre una per la testa, quella» ridacchiò
Gray, nudo nonostante
lo sferzante vento gelato che li sfiorava.
«Sì,
ma che freddo!» balbettò Lucy, tremante al loro
fianco.
Kurohebi
ancora non disse una parola, tanto che Priscilla cominciò a
chiedersi se sapesse parlare. Smise di essere l'acqua di Lluvia, ma
ancora si avvolse del fuoco di Natsu, questa volta completamente.
Priscilla sorrise ancora, gli puntò una mano contro e chiuse
la mano
a pugno, tirando infine come se avesse strappato lui qualcosa. Il
fuoco cessò di bruciare, lasciando Kurohebi un po' perplesso.
«Puoi
copiare le magie degli altri ma non hai minimamente la loro potenza.
Il fuoco non può bruciare in carenza di ossigeno, ma
scommetto che
quello di Natsu ci sarebbe riuscito comunque» sorrise.
«Prova
ancora, magari alla prossima ti andrà meglio»
ridacchiò.
«Tch»
la prima parola di Kurohebi, palesemente frustrato, e si mise in
posizione d'attacco scrutando la sua avversaria. Priscilla fece
altrettanto, piegando lievemente le ginocchia e concentrando la sua
attenzione sul suo avversario, ora immobile.
«Che
incontro incredibile! Kurohebi ha un arsenale praticamente infinito,
gioca ogni carta diversa a ogni mano, ma Priscilla sembra sempre
avere a disposizione una contromossa! Quale sarà il loro
prossimo
gioco? Chi può prevederlo?» si sollevò
Chapati, tanto euforico che
il parrucchino che aveva in testa si spostò dal suo asse
centrale.
Gli
occhi di Priscilla si fecero sottili, il volto corrucciato, infine
tirò indietro il pugno benché si trovasse a
notevole distanza dal
suo avversario.
«Io
posso vederti!» ruggì colpendo a piena potenza il
vuoto di fronte a
sé, vuoto che improvvisamente prese le sembianze di un
Kurohebi
colpito in pieno volto e scaraventato di nuovo indietro. La sua
immagine immobile a pochi metri di distanza perse di consistenza,
rivelando così il suo imbroglio e l'uso di una tecnica che
Priscilla
ormai conosceva meglio di chiunque altro: il Mirage. Kurohebi aveva
copiato persino la sua stessa magia, in previsione di
quell’incontro.
«Se
è questo tutto ciò che sai fare, adesso tocca a
me!» ruggì e
allungò un braccio verso l'avversario, di nuovo a terra.
Esplosioni,
bolle d'aria che si addensavano improvvisamente, si comprimevano e
poi esplodevano con la forza di una vera e propria bomba. Ne
generò
a decine, tutte intorno a Kurohebi, che lo scaraventarono un
po' ovunque per i successivi secondi, ferendolo tanto che non ebbe la
forza di contrattaccare.
Un
ultimo colpo, ma questa volta non lo ferì. Di dissolse nella
sabbia,
scivolò rapidamente sul terreno e raggiunse Priscilla
sogghignando e
preparandosi a colpirla con un pugno. Ma non la raggiunse.
Deviò,
spinto via da un altro soffio di vento potente come uno schiaffo.
Priscilla piegò le gambe e colpì Kurohebi in
pieno ventre,
caricando il colpo con il vento per aumentarne almeno di dieci volte
la potenza. Una spada comparve al fianco dell'avversario,
l'afferrò
nel suo sbilanciamento all'indietro e la fece roteare in avanti per
arrivare a lei e colpirla. Alzando il braccio di ghiaccio Priscilla
riucì a proteggersi, ma venne comunque scheggiata e questo
la portò
a corrucciarsi in un'espressione di sofferenza.
«La
mia magia!» esclamò Erza, viola in volto per la
gelosia nel vedere
una delle sue spade in mano al nemico. Kurohebi trovò il suo
punto a
favore e cominciò a colpire rapidamente contro il braccio di
ghiaccio di Priscilla, che perdeva schegge a ogni fendente non
rispandiandole il dolore di una ferita. Uno scudo di vento
deviò
nuovamente il colpo, ma Kurohebi ridendo evocò un'altra
spada,
diversa dalla prima, che indirizzò nuovamente a lei. Lo
scudo di
vento venne tagliato a metà e Priscilla venne raggiunta dal
colpo
dell'avversario. La sorpresa fu tale che non riuscì a
schivarlo e il
colpo di spada la ferì sul braccio destro, quello scoperto.
Indietreggiò e si strinse la ferita con il braccio sinistro,
gocciolando sangue a terra, ma la sua espressione non
vacillò
nemmeno per un istante.
«Eppure
dovresti essere informato su di me» ridacchiò,
consapevole che un
attacco come quello non avrebbe mai potuto sconfiggerla. Un'altra
immagine di sé comparve al suo fianco e poi ancora un'altra,
e
un'altra ancora. Decine di Priscilla si materializzarono tutte
intorno a Kurohebi, come se si stesse letteralmente sdoppiando.
Sorrise, ciascuna di loro sorrise.
«So
che sai che si tratta di un miraggio. Puoi copiare la mia magia, ne
conosci sicuramente i segreti» dissero tutte insieme, a
testimoniare
che quella magia aveva fatto un salto di qualità e ora
poteva creare
immagini in movimento. «E scommetto che sei anche in grado di
capire
dove io sia realmente, se ti sforzassi» uno strano sorriso,
mentre
lei stessa ammetteva quella che doveva essere la sua debolezza.
Kurohebi si guardò attorno, si concentrò e
usò le carte che aveva
per ottenere quell'informazione. Infine... sudò.
«Sono...
tutte...» balbettò e la prima delle copie si
lanciò contro di lui,
colpendolo con un pugno. Subito dopo una seconda fece altrettanto,
rimandandolo indietro con un calcio. Una terza una gomitata. Poi un
altro pugno dalla quarta. Una ginocchiata, una testata, un destro,
poi un calcio, e un sinistro. Kurohebi venne travolto da una pioggia
di colpi da ciascuna di quelle che doveva essere semplicemente una
copia.
«Si
è sdoppiata!» sussultò Happy,
terrorizzato all'idea di avere un
esercito di Priscilla. «No, è sempre
lei» rispose Mavis,
ondeggiando i piedi per aria. «Si muove con una
velocità
incredibile da una copia a un'altra, prendendone il posto giusto il
tempo necessario a colpire, per poi ricreare la copia e spostarsi
sull'altra. Velocità di movimento e velocità di
esecuzione,
combinando le due cose da l'effetto che lei si sia veramente
sdoppiata. In questo modo sfrutta la confusione mentale del nemico.
È
davvero forte, tua nipote, sesto» sorrise il primo Master e
Makarov
puntandosi le mani ai fianchi scoppiò a ridere orgoglioso.
«Fin'ora
Kurohebi non ha fatto granché, lei gli ha dato veramente del
filo da
torcere» commentò Erza.
«È
decisamente su un altro livello, non ci sono speranze per l'uomo
serpente» annuì Gray al suo fianco, mentre Elfman
e Lucy si
sgolavano in un tifo appassionato.
«È
migliorata davvero tanto» sorrise Laxus e Mirajane accanto a
lui
ridacchiò divertita, cogliendolo in quella debolezza, e
facendogliela notare: «Sei fiero di lei, vero?»
Un
lieve rossore e grugnendo si voltò dall'altro lato,
infastidito per
quella specificazione.
Dall'altro
lato dello stadio, sul balcone di Raven Tail, tutti e quattro i
membri che erano rimasti fuori dai giochi guardavano l'incontro con
un certo nervosismo. Era ovvio chi dei due fosse in vantaggio e chi
avrebbe vinto quell'incontro e la cosa non gli piaceva affatto. Orga
fece un leggero movimento in avanti, ormai deciso a entrare
nuovamente in azione esattamente come aveva fatto con quella Lucy, il
giorno che si era scontrata con Flare. Ma Alexei, l'uomo con la
maschera da leone, gli piazzò una mano sul petto per
fermarlo.
«Ha
ancora una carta da giocare. Sarà divertente, sta' a
guardare».
Kurohebi
sorrise, nel vortice di colpi che Priscilla gli scaricava addosso
come ultimo attacco decisivo, quello che avrebbe posto fine a
quell'incontro. Spostò appena gli occhi, puntandoli
sull'ennesima
figura di Priscilla che gli si lanciava addosso, e una strana
scintilla fece vacillare Priscilla, capendo che lui stava per fare la
sua mossa. Non ebbe però tempo di capire cosa o da dove
avrebbe
attaccato, una scarica di fulmini scese dal cielo e colpì
ciascuna
di quelle copie dissolvendola. Con un urlo la vera Priscilla venne
colpita da una di esso e cadde a terra, la pelle ustionata in
più
punti e i vestiti fumanti. Ci mise qualche interminabile secondo a
riprendersi, il colpo era stato decisamente devastante sia in potenza
che in sorpresa. Tremolante si rimise in ginocchio e alzò
gli occhi
sull'avversario che ora le stava camminando incontro. Il cuore fece
un ultimo battito, più forte degli altri, tanto da essere
doloroso,
poi sembrò fermarsi del tutto. Non riuscì
più neanche a respirare
mentre guardava la figura che con sguardo severo le si avvicinava,
lentamente, a pugni stretti. Sentì su di sé il
tocco delle ombre,
dita sottili che le sfioravano la nuca, facendola rabbrividire, e
lentamente afferravano i suoi vestiti, come se volessero ammaliarla e
infine catturarla. E ci stavano riuscendo. Ci stavano maledettamente
riuscendo.
«L...»
balbettò, pallida in viso.
«Quello
è Laxus?!» sussultò Erza, spalancando
gli occhi. Si voltò
istintivamente verso la balconata di Fairy Tail B, cercando l'uomo, e
lo trovò esattamente al suo posto. Poi dopo capì
l'assurdità del
suo pensiero: Quello non era Laxus, ma lo era stato. Molti anni
addietro.
Una
t-shirt gialla sopra una maglia a maniche lunghe, nera. Pantaloni
verdi militare, capelli più lunghi e scompigliati e un paio
di
cuffie alle orecchie, le sue caratteristiche headphone. Il viso era
molto più giovane di quello di ora, almeno cinque anni
addietro,
forse anche di più. Era un Laxus adolescente che con le mani
nelle
tasche si avvicinava a una Priscilla a terra, appena colpita da uno
dei suoi fulmini.
«Un’illusione?»
chiese Gray, sbattendo più volte gli occhi per riuscire a
capire se
stesse sognando. **
«Perché
prendere le sembianze di quello di tanti anni fa?» chiese
Elfman,
non capendo il loro gioco. «È ovvio che non sia
reale, Priscilla
non ci cascherebbe mai».
«Non
penso che imbrogliarla sia il loro obiettivo» disse Erza,
digrignando i denti. E aveva ragione, avevano ragione entrambi. Era
ovvio che quel Laxus dall'aspetto adolescente non fosse quello reale,
chiunque poteva capirlo, persino la stessa Priscilla. Eppure,
nonostante tutto, non riuscì comunque a muovere un muscolo.
Lo
sentiva, nel petto lo sentiva, il dolore che sembrava aver
dimenticato. Quello stesso dolore che era costretta a subire tutte le
volte che vedeva il volto del suo amato fratello contorcersi in
quell'espressione di follia, manipolato al fine di vedere nel volto
di Priscilla un nemico da eliminare. Il dolore nel sapere che non
poteva fare niente se non sottostare a quelle assurde e
insopportabili regole. Doveva combattere, doveva combattere con tutte
le sue forze e la disperazione, fino a quando Laxus non l'avrebbe
uccisa... ancora... e ancora... e ancora... e poi avrebbe sentito le
sue lacrime, la sua agonia e i sensi di colpa che lo tormentavano.
"Lei
è...?"
quanto dolore che era costretto a sopportare, quanto dolore che suo
padre gli faceva subire prima di cancellare ancora la sua memoria,
eliminare dai suoi ricordi ogni traccia della Priscilla debole e
ferita per stimolarlo a combattere nuovamente.
"È
stata colpa mia?"
Non era mai colpa sua, eppure non riusciva mai a dirglielo, troppo
dilaniata dalle ferite per riuscire anche a parlare. E se anche ci
avesse provato, avrebbe poi subito l'ira di suo padre. Una bambola
doveva fare solo ciò per cui era stata creata.
«Solo
un incubo» sussurrò, scuotendo la testa. Non era
reale, lo sapeva,
la testa glielo urlava con tutta la forza che aveva. Era solo un
incubo, come tutte le altre volte. Non doveva credere a ciò
che
vedeva, doveva solo seguire la voce nella sua testa. Si
rialzò e si
rimise in posizione d'attacco, nonostante tremasse per il dolore del
fulmine che l'aveva appena colpita e probabilmente anche per qualche
altro motivo. Laxus, o almeno l'immagine che Kurohebi aveva creato di
lui, alzò un braccio nella sua direzione. Lento, la fissava,
cercava
i suoi occhi e attraverso essi sembrò incatenarla.
Un fulmine
partì dal palmo della sua mano e la raggiunse, colpendola e
avvolgendola. Priscilla si tese, irrigidita dal dolore, e
urlò per
tutta la durata dell'attacco fino a quando di nuovo fumante non cadde
a terra.
«Pricchan!»
chiamò Lucy, spaventata.
«Poteva
evitarlo benissimo!» disse Gray, preoccupato per la lentezza
dei
suoi riflessi. Dall'altro lato dello stadio, sulla balconata di Fairy
Tail B, Laxus si irrigidì e irrigidì i muscoli
nella sua posizione
a braccia incrociate. Il volto corrucciato e dai denti serrati non
riuscì a uscire altro che uno «Tch»
snervato.
Makarov
iniziò a sbraitare come un animale, agitandosi e minacciando
di
saltare giù dagli spalti per raggiungere quello che
chiamava: «Quel
bastardo di Ivan» e probabilmente prenderlo a pugni fino a
che non
si sarebbe sentito soddisfatto. Dovettero trattenerlo in quattro per
riuscire a tenerlo al suo posto, mentre Ivan dagli spalti
sghignazzava forse divertito forse orgoglioso della sua diabolica
trovata. A parte i membri di Fairy Tail, che ben conoscevano il
significato di quella trovata, nessuno tra il pubblico aveva idea di
cosa stesse accadendo e in molti restavano in silenzio, confusi,
semplicemente a guardare e chiedersi perchè la ragazza che
fino a
quel momento aveva combattuto egregiamente si fosse improvvisamente
paralizzata.
«Il
fulmine che poco fa ha colpito Priscilla deve averla tramortita,
Signori e Signore!» provò a giustificare
Chapati, nel suo
commento. «Assistiamo ora a un'altra magia copiata di Fairy
Tail, è
ben rinnomato il potere del fulmine che appartiene a Laxus Dreyar,
fratello di Priscilla! Yajima-san, crede che averne assunto anche le
sembianze abbia amplificato il suo potere?» provò
a chiedere ma
Yajima era cupo in volto e non riuscì a rispondere in nessun
modo se
non con un verso pensieroso. Priscilla, stesa a terra, venne
raggiunta da un'altra scarica di fulmini a cui rispose a ciascuno di
essi con un urlo sofferente, ma senza potersi ancora muovere. Era
paralizzante, vivere quel ricordo sulla propria pelle, caderci
nuovamente all'interno era paralizzante. Aveva vissuto gli ultimi
anni della sua vita con la consapevolezza e speranza che mai
più
tutto quello sarebbe tornato, che mai più avrebbe dovuto
affrontare
suo fratello per un desiderio folle di suo padre. Sapeva che quello
che aveva davanti non era il vero Laxus, eppure non riusciva lo
stesso a muoversi dal terrore.
«Pricchan!»
chiamò ancora Lucy.
«Reagisci!
Alzati!» incitò Elfman ma ancora Priscilla rimase
a terra. Alzò la
testa, guardò ancora una volta il suo avversario, cercando
inutilmente una via d'uscita. Era un incubo, era solo un incubo che
tornava dopo tanto tempo. Ma la sua forza riusciva comunque ad
inghiottirla e quei fulmini che continuavano a colpirla... avevano la
stessa consistenza amara di quelli di molti anni addietro. Era
legata, intrappolata dalle catene di quel ciclo che non riusciva a
spezzare in nessun modo. Laxus la colpiva, Laxus l'atterriva, la
feriva profondamente nel corpo come nello spirito, poi ricordava, poi
tornava sempre. Laxus le dava tutto ciò che aveva. E poi
tornava. E
la colpiva. E l'atterriva. Non poteva liberarsi, non poteva
districarsi, poteva solo restare immobile nascosta dentro al proprio
armadio ad aspettare che il temporale si scaricasse e infine
svanisse. Era inutile ripetersi che non fosse reale, era inutile
cercare di appigliarsi alle voci dei suoi amici per cercare di uscire
da quel mare catramoso che la inglobava e la soffocava.
L'irragionevolezza di quel sentimento era più forte di
qualsiasi
voce. E lei stava, ancora una volta, per l'ennesima, morendo davanti
agli occhi di Laxus.
«Arbitro!
Forse dovremmo interrompere!» suggerì qualcuno,
preoccupato nel
vedere la ragazza esanime a terra, ustionata dai colpi che non
cessavano di scendere sopra di lei. «Uh...
sì» balbettò Mato e si
avvicinò, pronto a decretare la fine dell'incontro.
«Pricchan!»
la voce di Laxus, dalla balconata di Fairy Tail, tremò
all'interno
dello stadio come il rumore di un tuono. Si rifiutava di vederla
perdere in quelle condizioni, di vederla perdere di nuovo in un
duello assurdo e senza logica contro se stesso. Si rifiutava di
vederla nuovamente dilaniata dal suo potere e dai suoi sentimenti
annebbiati. Doveva reagire, poteva farcela, lui lo sapeva.
«Io
sono qui, Pricchan!»
Fu
l'unica voce che riuscì a sentire nell'assordante incubo in
cui era
caduta. La sua voce ruggente, come quella di un drago,
penetrò oltre
il muro di ombre che l'avevano del tutto avvolta e arrivò
non solo
alle sue orecchie ma anche al suo cuore. Lui era lì,
fisicamente,
era lì. Non era la persona che aveva davanti, per quanto lo
sapesse
sentirlo dire dalla sua voce era certamente differente. Il Laxus che
la colpiva non era lui, perché lui era lì, su
quella balconata. Ed
era insieme a lei. Quell'incubo non esisteva più, non
l'avrebbe più
rievocato in nessun modo, perché lui ora era lì
con lei,
definitivamente. Non se ne sarebbe più andato, non l'avrebbe
più
lasciata, non le sarebbe più stato nemico. Poteva sentirlo,
accanto
a sé, che le prendeva la mano e l'aiutava a rialzarsi. Il
fulmine
successivo la colpì nuovamente, ma lei non lo
sentì neppure. Era
come averlo accanto, poteva sentire il suo braccio che l'avvolgeva e
prendeva per lei quei colpi, proteggendola.
Lui
era lì.
«Lo
so» disse alzandosi in ginocchio, sotto lo sguardo sorpreso
non solo
di un arbitro che cominciò a chiedersi se non fosse
prematura
definire conclusa quella gara. Ancora un altro fulmine, ma ancora non
sentì più nemmeno il dolore del colpo.
«Ti
ho sentito» aprì gli occhi e li puntò
contro il finto Laxus che
aveva davanti, riuscendo a non tremare alla sua vista. Alzò
il
braccio e delle bolle d'aria nacquero tutte intorno a lui, colpendolo
più duramente di quanto avessero fatto poco prima. Il vento
si alzò
sull'arena, riflesso dell'anima di Priscilla che ora turbolenta si
preparava a scaricare su di lui tutta la furia che celava negli
occhi.
«Hai
usato quel volto» gracchiò, irrigidendosi.
«Hai indossato quel
corpo per usarlo contro di me. Come hai potuto macchiarlo per i tuoi
scopi?» urlò cieca di rabbia e il vento prese a
girare intorno a
lei sempre più forte, sempre più impetuoso,
avvolgendosi intorno a
entrambe le sue braccia ora stese verso il cielo. Il parrucchino di
Chapati volò via definitivamente e dovette afferrare un paio
di cose
della scrivania per evitare che venissero risucchiate dal tornado che
andava formandosi sopra Priscilla. Yajima stesso si aggrappò
a un
muretto, così come molti altri del pubblico. Per quanto
cercasse di
circoscrivere l'attacco solo alla zona dell'arena per non coinvolgere
nessuno, quel vento era tanto potente che non riuscì a non
colpirli
comunque anche se in minima parte. Una cosa come quella se fosse
stata scagliata contro la città sarebbe forse stata persino
in grado
di distruggerla.
Il
vento si accumulò sopra di lei sotto forma di tornado, ma il
gelo
che nacque dal suo braccio sinistro lo avvolse di una brina che lo
rese quasi consistente e si modellò prendendo
sembianze di un
enorme pugno.
«Che
diamine è quel coso?!» urlò Lucy,
guardando terrorizzata l'enorme
mano di vento e ghiaccio che Priscilla aveva creato come
prolungamento del suo stesso corpo.
«La
mano della giustizia di Fairy Tail cadrà su di te»
sogghignò
Priscilla, fulminando il suo avversario atterrito e palesemente
terrorizzato. «Master's Hand!» gridò e
quel nome dato a quel colpo
specifico non fu difficile capire a chi si fosse ispirata per avere
l'idea di un'enorme mano in grado di schiacciare i propri avversari.
Ma quella era Priscilla: lei guardava, osservava attentamente ogni
cosa, curiosa, e imparava. Imparava tutto. Imparava a combattere,
imparava a sopravvivere, imparava ad essere viva... imparava ad
amare. E con l'amore che aveva per il nonno che l'aveva salvata e
liberata, era decisa a porre fine a quello scontro che avrebbe
regalato i primi dieci punti alla sua squadra. Kurohebi, ancora nelle
sembianze di un Laxus di appena diciassette anni, la guardò
pallido
in volto mentre cadeva su di lui. Riusciva a percepirne il potere, il
pericolo, e sapeva che se solo fosse anche sopravvissuto sarebbe
stato fortunato. Si portò impacciatamente un braccio davanti
agli
occhi e attese che il colpo lo raggiungesse, spinto verso il basso da
una Priscilla ormai sveglia e consapevole di cosa avesse realmente
attorno. La vittoria sulla punta della lingua.
"Priscilla-nee...
tu non puoi morire, giusto?"
Come
aveva potuto dimenticare una cosa come quella? La voce di Wendy,
dolorante, che arrivava proprio un istante prima della vittoria.
Proprio quando era stata in grado di riaprire gli occhi, vedere la
realtà, aveva infine incrociato il suo sguardo... sugli
spalti.
Applaudiva. Ivan applaudiva per lei e sorrideva.
«La
mia bambina di carta»
riuscì a sentirlo, anche se a una tale distanza era come se
glielo
avesse sussurato all'orecchio, e in quei brevi attimi prima
dell'impatto la verità le arrivò abbagliante
davanti agli occhi.
«Morirò»
sibilò soffocata dal terrore. La grossa mano di vento si
dissolse
nell'istante in cui avrebbe colpito Kurohebi e lei per lo sbalzo
cadde in avanti, carponi a terra.
«Che
succede?» gridò Chapati, interrompendo il silenzio
che era caduto
sull'arena. «L'attacco di Priscilla sembra essersi dissolto
nel
nulla, che abbia perso le sue forze un attimo prima del momento
decisivo?» si animò e puntò gli occhi
alla ragazza, inginocchiata
a terra, con la testa reclinata in avanti. Tremava, tremava come una
foglia a pochi passi di distanza da Kurohebi, ancora nelle sembianze
di Laxus, steso a terra e altrettanto scosso per quanto appena
successo. Gli occhi le si riempirono di lacrime e nel silenzio
dell'arena poteva ancora sentirlo, il suo applauso schernitore, la
sua voce che la chiamava, che ne reclamava l'appartenenza. Poteva
lottare contro gli incubi, vincere le paure, ma non sconfiggere una
realtà. Se avesse portato a termine quell'attacco, Ivan
l'avrebbe
uccisa con ogni probabilità. Lei era una sua marionetta, lei
era la
sua bambina di carta, e se l'obiettivo di Raven Tail doveva essere
quello di umiliare e spazzare via Fairy Tail da quei giochi non le
avrebbe permesso di impedirglielo. La sua catena intorno al proprio
collo era ancora troppo stretta per sentirsi libera di fare a modo
suo. Doveva stare al suo posto, aveva provato a dirglielo
nell'istante in cui Kurohebi aveva preso le sembianze di Laxus. Era
un messaggio: doveva restare a terra, perdere quell'incontro, era
quello che doveva fare per obbedire al suo ennesimo ordine.
Singhiozzò, avvilita dalla rabbia e schiacciata dal terrore,
ma non
poteva ignorare tutto quello. Non poteva ignorare la voce di Wendy.
"Non
puoi morire, vero?"
quella vana speranza.
Chiuse
gli occhi, strozzando le lacrime al loro interno, ma senza riuscire a
impedir loro di uscire comunque. Poté così
ricordarlo, il giorno in
cui aveva cominciato a temere anche la morte, invece che desiderarla.
Aveva imparato tante cose, aveva imparato tanti sentimenti e
sicuramente il primo era stata la paura, ma non la paura di morire ma
la paura del dolore. La morte era da sempre stata sinonimo di
libertà
e di umanità, la bramava tra le altre cose, ma ricordava il
giorno
in cui aveva cambiato completamente idea e aveva cominciato a temerla
ciecamente. Non era stato nemmeno troppo tempo addietro, ma
ricordò
il giorno in cui si pensò che Lisanna fosse morta. Era il
giorno del
suo funerale e Laxus aveva raggiunto Priscilla sotto un albero. Le
aveva lanciato addosso un cappotto scuro e le aveva detto,
bruscamente: «Andiamo.
Siamo in ritardo»
«Ritardo?»
la voce innocente, di chi non ricordava e continuava a vivere la sua
vita come se niente fosse. Il suo sguardo da bambina, l'aveva
imparato tempo addietro, aveva imparato a sorridere.
«Il
funerale di Lisanna».
Priscilla
si era battuta un colpo sulla fronte, sorridendo timida, e aveva
confessato: «Me
l'ero scordata, che scema!»
«Come
puoi sorridere?»
l'accenno di un rimprovero, l'irritazione di chi non comprendeva la
sua illogica allegria anche in un momento come quello. Era sempre
brutto quando Laxus la trattava in quel modo, anche se non ne capiva
il motivo non sopportava vederlo in quello stato. L'avrebbe sempre
voluto sorridente e gioviale, insieme a lei. «Possibile
che la morte non abbia significato per te?!»
una frase che era stata come una coltellata. No, la morte per una
come lei, non aveva significato. Ma poteva dirglielo? Poteva
spiegarglielo? Lui dimenticava così spesso...
«Lo
fai sempre. Che sia qualcuno di lontano o vicino a noi, se si parla
della morte sembra che non ti interessi e continui a sorridere in
quel modo così irritante».
«Mi
dispiace»
aveva mormorato, rannicchiandosi nella sua colpevolezza. No, quando
Laxus se la prendeva con lei per qualche motivo non le piaceva
affatto.
«Scusami»
aveva sospirato lui, consapevole forse di aver esagerato. «È
che... questa faccenda... Elfman e Mirajane sono veramente a pezzi»
si era seduto accanto lei, pensieroso e affranto, cosa che era rara
da vedere in lui. Nonostante fossero in ritardo, nonostante l'avesse
appena sgridata di sbrigarsi, si sedeva al suo fianco e perdeva
qualche secondo di tempo a guardare un cielo annerito che minacciava
pioggia da un momento a un altro. «Senti,
Pricchan... se io dovessi morire, almeno quel giorno, riusciresti a
versare una lacrima?»
Se
lui fosse morto. Era qualcosa che nemmeno voleva provare a pensare e
solo l'averlo ipotizzato era bastato a mandarla nel panico
più
assoluto. Se lui fosse morto... di lei cosa ne sarebbe rimasto? Un
corpo senza anima, una bambola senza neanche più il
desiderio di
provare ad alzarsi in piedi. Avrebbe sopportato le percosse e le
minacce di suo padre per il resto della sua vita, non le sarebbe
più
importato. Non avrebbe più sentito nemmeno il
dolore.
«Perché...»
aveva continuato Laxus timido, ma soprattutto addolorato. Era ovvio
che quella faccenda l'aveva scosso enormemente, non solo per la
perdita di un compagno di gilda ma perché aveva rivisto i
suoi occhi
riflessi in quelli di Elfman e Mirajane. E probabilmente i silenziosi
ricordi che gli erano stati cancellati per anni, di una sorella che
cadeva al suolo centinaia di volte, sempre più dilaniata,
erano
comunque tornati a galla sotto forma di orribili sensazioni. Si era
rivisto sul volto di Elfman, mentre in lacrime ammetteva di fronte a
tutti che era stata colpa sua. Non sapeva il perché, non ne
aveva
consapevolezza, ma sentiva che poteva sentire lo stesso strazio
all'interno del proprio petto. E l'aveva fatto impazzire. «Perché,
sai... io penso che se tu morissi, Pricchan... io credo che vorrei
morire insieme a te».
La
morte mai prima di quelle parole aveva avuto una consistenza tanto
tetra e terrificante. Non sapeva nemmeno spiegare quale delle tante
cose dette era stato lo stimolo a farle nascere quel sentimento in
petto, forse l'accecante dolore di fronte all'idea che anche Laxus
prima o poi sarebbe potuto morire, o forse l'idea che la propria
morte sarebbe stata fonte di tanto dolore per lui. Sapeva che se suo
padre l'avesse anche solo desiderato, lei sarebbe potuta
morire… e
per la prima volta aveva cominciato a temerlo veramente.
«Non
voglio morire» un sibilo e Priscilla inginocchiata nell'arena
di
Crocus si abbassò, fino a sfiorare il suolo con la fronte.
Pianse
lacrime infinite, lacrime amare, di rabbia e dolore. «Mi
dispiace»
singhiozzò e i pensieri andarono a tutti i suoi compagni,
che
avevano tifato per lei fino a quel momento. L'intera Fairy Tail di
cui si era fatta carico e portatrice, aveva giurato di vendicare
Wendy, aveva promesso che avrebbe portato Fairy Tail in cima alla
vetta. Sapeva che se voleva poteva farlo, c'era quasi riuscita, le
bastava solo allungare una mano e avrebbe potuto regalare alla
propria gilda tutta la gioia di cui aveva bisogno. Ma non
l’avrebbe
fatto.
«H-hai
detto qualcosa?» chiese Mato, avvicinandosi timidamente a
lei,
intimorito forse che sarebbe potuta scoppiare nuovamente nella furia
che aveva dimostrato poco prima. Ma Priscilla pianse, pianse tutte le
sue lacrime rivolte alla gilda che l'amava più di ogni cosa
e che
lei stava per tradire.
E
tra le lacrime, infine, singhiozzò: «Mi
arrendo».
NDA
*Piccola
osservazione per quanto riguarda il potere di Kurohebi. Non viene
molto approfondito nel manga/anime, ma Mavis accenna al fatto che lui
possa usare la magia “Mimic”, ovvero una magia che
permette di
copiare le altre magie. Infatti, per quel poco che si vede, Kurohebi
riesce ad usare ad esempio il potere della sabbia di Max.
Ciò che
Mavis ipotizza (e unendo il fatto che Ivan dice che Raven Tail
è una
gilda creata apposta per contrastare Fairy Tail) mi ha portato a
pensare come canon il fatto che lui possa copiare TUTTE le magie di
Fairy Tail. Perciò la sabbia di Max, ma anche la
velocità di Jet o
il potere del ghiaccio di Gray… e anche altri. Usando questa
info
ho potuto creare uno scontro plausibile xD Volevo però
specificarlo,
nel caso qualcuno si chiedesse da dove ho tirato fuori L’ice
Hammer
e tutte le altre mosse successive xD
**Sempre
per chiarire, i fulmini ovviamente sono di Laxus e quindi è
la sua
magia copiata. Ma Kurohebi ha anche preso le sembianze di Laxus, non
a caso, ma è una delle magie di Mirajane, quella che le
permette di
cambiare forma. Quindi è sempre la magia Mimic, usata in
combinazione.
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Capitolo 49 *** Io ti libererò ***
Io
ti libererò
«Si
è arresa!» la voce di Chapati inondò lo
stadio pochi istanti dopo,
riuscendo ancora una volta a interrompere l'incredulo silenzio che si
era creato. «È incredibile, dopo uno scontro
mozzafiato proprio
quando sembrava avere la vittoria in pugno Priscilla di Fairy Tail B
si è arresa dando così la vittoria a Raven Tail!
Altri dieci punti
vengono aggiunti alla gilda che sembra ora essere
inarrestabile!»
continuò, animandosi e agitandosi tanto da dimenticarsi
della
parrucca volata via un attimo prima. Il pubblico nell'intero stadio
lentamente cominciò a tifare ed entusiasmarsi per la
vittoria di
Raven Tail, ma molti di loro restarono dubbiosi su quanto accaduto,
altri invece trovarono in quel gesto la conferma della
mediocrità di
Fairy Tail. Nessuno di quelle voci Priscilla riuscì a
sentire, ma
continuò a piangere disperata, singhiozzando e lamentandosi.
Si mise
a sedere sui propri talloni, liberando le mani dalla sabbia in cui
aveva artigliato le dita, e se le portò al volto per
coprirsi e
asciugarsi. Era una maledizione da cui sentiva non sarebbe mai
riuscita a sfuggire, condannata per l'eternità, tanto da
portarla a
tradire coloro che avevano più fiducia in lei. Mai come in
quel
momento si era sentita sporca e vigliacca, mai come in quel momento
aveva desiderato strapparsi via il simbolo dal palmo della mano.
Natsu aveva fatto di tutto per regalare a loro anche solo due punti,
aveva parlato dell'amore per i propri compagni, del desiderio di
ridar loro la gioia, di sottrarli al dolore di essere sempre ultimi e
derisi. E dopo tutto quello lei regalava dieci punti all'avversario
volontariamente. Sottomessa al gioco maligno di Ivan Dreyar, era la
sua bambina di carta, la sua marionetta, mai sarebbe stato
diversamente per quanto l'avesse desiderato e sognato. Lei era sua. E
lo odiava, si odiava, con tutta se stessa.
Qualcosa
le cadde sulla testa, un peso delicato e scaldante, che la
coprì
fino a terra. Venne presa per un polso e trascinata via,
delicatamente. Ordine a cui non si oppose, benché non
aprisse gli
occhi per assicurarsi chi fosse e dove la stesse portando. Si
alzò, a occhi chiusi, continuando a rovesciare lacrime anche
se ben
nascosta da quell'enorme cappotto, seguì Laxus che la
tirò fin
dentro lo stadio.
«Mi
dispiace» singhiozzò ancora, provando ad aprire un
occhio e
guardarlo. Camminava davanti a lei, silenzioso e teso, continuando a
tirarla lungo il corridoio buio che dall'arena portava all'interno
dello stadio. Pianse ancora più forte, interpretando quel
suo
silenzio come delusione, e tornò a coprirsi gli occhi.
Tirò
indietro il polso, sottraendosi alla sua presa, e
indietreggiò
prendendo le distanze. Lui si voltò e si allungò
rapidamente,
riafferrandole il polso e tirandola ancora, ma di nuovo Priscilla si
tirò indietro e cercò di sottrarsi alla sua presa.
«No»
mugolò. «Non voglio tornare da loro»
confessò, per quanto
riuscisse a parlare smossa dai singhiozzi. «Vi ho traditi. Vi
ho
delusi. Mi dispiace».
«Ma
di cosa stai parlando?» la rimproverò lui,
prendendola di nuovo per
un polso e deciso questa volta a non lasciarla andare. Ma lei non
smise di piangere e ripeté ancora, tra i singhiozzi:
«Mi dispiace
tanto!»
Laxus
la tirò in avanti, verso di lui, e con un lungo passo
eliminò
definitivamente la distanza tra loro. L'abbracciò,
immergendo il
volto tra i suoi capelli, le avvolse un braccio intorno alle spalle a
la strinse a sé con una forza tale che le fece quasi male.
Le dita
infilate tra i suoi capelli, a premerla contro la propria spalla,
strinse tanto che avrebbe potuto strapparglieli.
«Non
farmi mai più preoccupare in questo modo» le
sussurrò vicino
all'orecchio, in un sospiro liberatorio e ora rasserenato. Era come
se avesse tenuto il fiato fino a quel momento e solo allora avesse
concesso ai propri polmoni di liberarsi.
«Preoccupare?»
balbettò lei, sorpresa, lasciando che in quella presa
stritolatoria
Laxus sfogasse tutti i nervi che erano stati tesi fino a quel
momento.
«L'istante
in cui hai dissolto la tua magia e sei caduta a terra, io...»
la
strinse ancora di più, teso, senza riuscire a terminare la
frase. Si
corrucciò e si sforzò ancora di più,
nel tentativo di pronunciare:
«Io...» ma anche solo pensarci era
un'eventualità troppo
dolorosa.
«Hai
pensato... mi avesse uccisa» mormorò Priscilla
comprendendo le
parole che avrebbe voluto dirle ma che con tale difficoltà
riusciva
persino a pronunciare. Aveva mai sentito dentro sé, prima di
allora,
una tale dolcezza? Di fronte alla più bruciante delle
sconfitte, di
fronte a un pilastro dei loro ideali che Priscilla aveva brutalmente
abbattuto, quello di non arrendersi mai, di non fermarsi mai, lui
neanche aveva dato considerazione a tutto quello. Era corso
giù
dalla balconata, lungo i corridoi, nell'istante in cui l'aveva vista
cadere a terra, la mente annebbiata solo da quell'accecante e
soffocante eventualità. Le tornò nuovamente in
mente il giorno del
funerale di Lisanna, la tristezza nei suoi occhi mentre tremava al
pensiero che un giorno sarebbe potuta morire. Nonostante tutto,
quella tristezza, non l'aveva persa. E per quanto fosse egoista era
comunque bello sapere che qualsiasi cosa sarebbe successa lui non
avrebbe mai smesso di amarla a tal punto da desiderare di morire
insieme a lei. Fu talmente scaldante che persino le lacrime versate
fino a quel momento smisero di uscire, a discapito di tutto il dolore
provato. Si sentì pervadere dal tepore di quella sensazione,
il
calore che partiva dal suo petto e la irradiava, fino alle guance. Si
ammorbidì all'interno di quella presa, poggiando la fronte
sul suo
collo, le mani delicatamente poggiate sul suo petto, restò
chiusa
all'interno di quel bozzolo come una farfalla pigra che non avrebbe
voluto mai rompere la propria crisalide. Disposta a rinunciare al
proprio giorno di vita all'aria aperta, per godere di tutto
ciò che
quella preziosa crisalide aveva da offrirgli.
«Mi
fai male, Laxus» ridacchiò timidamente, sentendo
come ancora i
muscoli tesi del ragazzo sembrassero intenzionati a stritolarla. Lui
sospirò ancora e permise a tutta la tensione di fuoriuscire
con
quell'ultimo respiro. Si ammorbidì, ma non la
lasciò andare.
Sollevò il collo indolenzito da quella posizione ripiegata,
ma era
ancora troppo scosso per riuscire a separarsene del tutto.
Poggiò la
propria fronte su quella di Priscilla, continuando a respirare
ritmicamente per cercare la pace. E lei da lì sotto
guardò
divertita le rughe del suo volto che pian piano si distendevano,
così
vicine a lei in quel momento. Sorrise, sempre più
intenerita, sempre
più felice. Nessuna parola valeva il confronto con l'averlo
così
vicino a sé, debole in quell'espressione che faticava a far
tornare
al suo posto. Leggeva sul suo volto tutta la preoccupazione di cui
aveva parlato fino a quel momento ed era estremamente raro
vederlo
cedere a una simile debolezza. Mostrare i propri sentimenti, non era
qualcosa che gli succedeva spesso, troppo orgoglioso persino per
ammettere di averceli dei sentimenti. Sollevò una mano e la
poggiò
delicata sulla sua guancia. Il tocco delle sue dita, leggere come un
soffio di vento, aiutavano quelle rughe di rabbia e tensione a
sparire più velocemente.
«Ti
libererò» disse lui, prima che quei sentimenti di
apprensione
sparissero del tutto. «Troverò un modo».
«Lo
so» rispose lei più convinta di quanto si fosse
aspettato. Riaprì
gli occhi, trovando quelli di Priscilla così vicini ai suoi
a causa
delle loro fronti che ancora si toccavano. Sorrideva, sorrideva di
una grazia e un'armonia che mai avrebbe potuto vedere sul viso di
qualcun altro. Aveva appena affrontato il peggiore dei suoi incubi,
aveva appena perso contro quello stesso incubo, si era lasciata
inghiottire del tutto, si era portata addosso il peso di quella
sconfitta come fosse stato il peggior tradimento che avesse potuto
rivolgere alle persone che amava. Eppure ora sorrideva in quel modo,
grazie a quelle poche parole che lui le aveva detto, come se non
avesse nessun dubbio a riguardo.
«Tu
puoi fare qualsiasi cosa, Dio del tuono» sorrise luminosa e
gli
accarezzò con un polpastrello la guancia su cui ancora
teneva
poggiata la propria mano. Non c'era nemmeno l'ombra di un timore, di
un dubbio, in quegli occhi brillanti e sorridenti. La fiducia che
riponeva in lui era superiore a qualsiasi cosa. Ricordava quegli
occhi, quante volte ci aveva giocato inventando qualche assurda
storia su delle avventure che diceva di aver affrontato ma che mai
erano vere. Poteva raccontarle qualsiasi cosa, poteva persino dirle
di aver sconfitto un drago a mani nude, e lei assurdamente gli
credeva. Gli credeva sempre, mai riusciva a mettere in dubbio la sua
forza nemmeno di fronte alle più grandi evidenze. Lo
idealizzava
decisamente troppo, per quanto facesse bene al suo ego e lo spronasse
a non volerla mai deludere, sentiva che niente di tutto quello era
giusto. Lui non aveva fatto altro che farla soffrire per tutta la sua
vita, persino Kurohebi lo sapeva ed era solo quello il motivo che
l'aveva spinto ad assumere le sue sembianze per potersi conquistare
la vittoria. Era stato così doloroso, vedere come l'incubo
peggiore
che Priscilla avesse, tanto da destabilizzarla e portarla a perdere,
fosse lui stesso. E nonostante tutto lei era sempre lì, a
sorridergli con quegli occhi brillanti e baciarlo le notti troppo
ubriache per riuscire a capire cosa stesse facendo. Perché?
Perché
provava quei sentimenti verso di lui? Perché l'aveva baciato
la sera
prima? E continuava a restare un passo indietro a lui, come se
seguirlo e basta, come un'ombra, fosse più che sufficiente.
Come se
tra i due fosse lei quella che non si meritava niente. Come se fosse
colpa sua. Tornò a chiudere gli occhi, a corrucciarsi, e
schiacciò
maggiormente la fronte contro la sua. Afferrò le dita della
mano di
Priscilla ancora poggiata sul suo volto e le strinse, come se avesse
voluto levarle da lì ma non ne avesse avuta la forza.
Un
tormento interno, strano agli occhi di Priscilla che non aveva idea
di cosa avesse per la testa.
«Laxus?»
chiese, preoccupata, chiedendosi cosa lo tormentasse in quel momento.
«Pricchan...»
mormorò, serrando gli occhi e irrigidendosi ancora di
più. Quanto
poteva essere forte il suo egoismo per non riuscire a trovare la
forza di mettere un muro definitivo tra loro? Per non riuscire a
proteggerla e difenderla dall'ennesimo abbaglio, probabilmente sempre
causato dalla follia di un padre che le aveva inculcato nella testa
le cose peggiori che avesse potuto inculcare in un essere vivente.
Quanto poteva essere grande il suo egoismo per arrivare a desiderare
che lei commettesse ancora la follia della sera prima…
approfittare
della sua debolezza per assaggiare nuovamente le sue labbra. Folle,
folle ed egoista.
«Pricchan!»
le voci di molti dei loro compagni risuonarono in coro lungo il
corridoio, alla loro destra. Voltarono entrambi appena gli occhi,
senza muoversi dalla loro posizione, attirati dal loro fracasso.
Lucy, Levy ed Erza inchiodarono nell'istante in cui li videro
abbracciati e con i volti così vicini tra loro, lasciandosi
sfuggire
un «Iiiih»
e un brivido le percorse tanto che si scossero come fossero animali.
Fecero immediatamente retro-front e insieme ad Evergreen e Cana
afferrarono il resto dei loro compagni, compresa Erza stessa che si
era completamente paralizzata e Lluvia che era per poco svenuta, e
trascinandoli via dissero: «Non fa niente, torniamo
più tardi!»
«Che
è successo?» chiese Laxus guardando sbigottito le
ragazze che si
allontanavano in quel modo sospetto.
«Vorrei
poter dire che non lo so, ma temo di averne un'idea»
sospirò
Priscilla, abbattuta e imbarazzata. Non ci volle molto anche per
Laxus per riuscire a intuire a che si riferisse, bastò
tornare con i
piedi per terra e guardare la situazione più lucidamente. I
loro
visi erano così vicini che si potevano sfiorare e certo
quelle
carezze e quegli abbracci potevano anche essere fraintendibili.
Increspò le sopracciglia e lievemente rosso in volto prese
un minimo
le distanze, pur restando ancora aggrappato alle sue spalle.
«Pricchan!»
l'urlo di Makarov fu completamente diverso da quello degli altri
compagni: era colmo di gioia e saltava per il corridoio come
una capretta sui monti. Saltò in testa ai membri di Fairy
Tail per
superarli e correre incontro ai due nipoti, quando Erza
improvvisamente rianimata e folgorata da una carica combattiva
ordinò
ai suoi compagni: «Fermatelo immediatamente!»
puntando un dito
contro il vecchio che li aveva superati. Senza capire bene il
perché
di quell'ordine Jet, Droy, Macao, Wakaba e Elfman provarono comunque
ad afferrarlo, senza riuscirci. Il vecchietto sgusciava via come un
serpente e continuava a saltellare.
«Ice
Make!» intervenne addirittura Gray, pronto a bloccare la via
a
Makarov con l'uso coatto della magia ma quest'ultimo roteando e
ingrossando la propria mano lo colpì prima che potesse fare
qualcosa. Makarov ribalzò poi sulla testa di Natsu, che era
saltato
come un animale che braccava la propria preda, e con quello slancio
si lanciò a braccia aperte contro Priscilla.
Piazzò una mano in
faccia a Laxus, spingendolo malamente a terra con uno scocciato:
«Togliti tu» e infine assalì Priscilla
con gioia e foga.
«Ohy,
vecchio!» lo rimproverò Laxus, irritato per il
trattamento, ma non
ebbe cuore di continuare a brontolare quando lo vide praticamente in
lacrime che abbracciava una divertita Priscilla che rideva senza
freni.
«Makarov's
Hand! Che magia sublime!» piagnucolò Makarov,
stritolando il collo
della ragazza in un abbraccio e strofinando la propria rugosa guancia
contro la sua.
«Sarebbe
Master's Hand, a dire il vero» rise Priscilla.
«Elegante»
pianse ancora Makarov.
«A
me sembrava terrificante» commentò Lucy,
avvicinandosi a lei. Tanto
ormai la magia del romanticismo era stata rotta, non c'era molto che
potessero fare per ripristinarla.
«Che
potenza! Che stile!» insisté Makarov.
«Sei
un po' di parte, Master?» disse Macao.
«La
farò diventare una delle magie sacre di Fairy
Tail» concluse
Makarov, illuminandosi.
«Sei
decisamente di parte» ridacchiò Levy.
«E
comunque non sei tu che decidi, sesto» mormorò lo
spirito di Mavis,
lì insieme a loro.
«Oh!
La metteremo ai voti! Chi è d'accordo?» e
alzò un braccio teso,
tesissimo, tanto che avrebbe potuto toccare il soffitto. Ma fu il
solo. «Perfetto, è deciso! Allora Makarov's Hand
è da oggi una
magia sacra di Fairy Tail!»
«È
Master's Hand» lo corresse ancora Priscilla.
«Sei
stato l'unico a votare!» lo rimproverò Macao e lui
rispose burbero:
«Sono il master, il mio voto è assoluto!»
«Io
voto contraria» alzò la mano Mavis ed essendo lei
oltre che master
anche fondatrice, secondo la logica di Makarov, aveva sicuramente
più
potere decisionale di lui. Il vecchio spalancò la bocca e si
lasciò
andare a un verso abbattuto e demoralizzato, mentre il resto dei loro
compagni scoppiavano a ridere divertiti da quella reazione.
Priscilla, ancora segregata tra le braccia di Makarov,
ridacchiò
qualche secondo altrettanto divertita ma per qualche motivo quella
risata si trasformò presto in un pianto senza
controllo.
Affondò il volto sulla spalla di suo nonno e lentamente
diede sfogo
a tutte le lacrime e al dolore, mentre lui ora di nuovo serio le
poggiava una mano sulla spalla e una sulla testa per
consolarla.
«Mi
dispiace tanto» mugolò tra i singhiozzi,
confessando così quale
fosse il motivo di quell'improvvisa e profonda tristezza. Lei li
aveva traditi, sentiva di averli traditi profondamente, eppure loro
erano tutti lì a ridere e scherzare, addirittura
complimentarsi per
una mossa nuova. Nessuno, nemmeno per un istante, aveva accennato al
dispiacere di quella sconfitta, come se non ci fosse stata nessuna
sconfitta. Persino Natsu, dopo quel magnifico discorso sul non
arrendersi, era lì a ridere insieme a loro, insieme a lei
che si era
arresa!
«Sei
proprio una stupida, Priscilla» gracchiò Makarov,
cercando la sua
mano destra e prendendola saldamente. Prese le bende che fasciavano
il suo simbolo, sul palmo, e lentamente le sciolse portandolo di
nuovo alla luce. «Quanto volte dovrò ripetertelo
che anche tu fai
parte di questa famiglia? Continui a coprirlo e non capisci che
vedertelo addosso è il nostro più grande
orgoglio».
«Hai
fatto venire i capelli bianchi a quel Kurohebi!»
ridacchiò Lucy,
orgogliosa.
«L'ho
visto chiaramente farsela nei pantaloni» rise Cana, nello
stesso
stato d'animo dell'amica.
«L'intero
stadio era ammutolito, hai lasciato tutti senza parole!»
saltellò
Levy, altrettanto felice.
«Grazie
a te, difficilmente la gente che uscirà di qua si
dimenticherà del
nome di Fairy Tail» disse Jet, alzando un pollice in segno di
vittoria.
«Anche
io ho fatto parlare di Fairy Tail, perché nessuno mi ha
acclamato in
questo modo?» bofonchiò Natsu, geloso di tutte
quelle attenzioni
che non erano rivolte a lui.
«Perché
la tua esecuzione ha fatto schifo» rispose secco Warren.
«Anche
se hai portato due punti» si unì Droy.
«Patetico»
annuì Macao.
«È
stato imbarazzante» si unì anche Wakaba, demolendo
così a poco a
poco l'autostima e l'orgoglio del ragazzo, che si lasciò
andare a
terra come un gelato sciolto al sole. Scoppiarono a ridere nel
vederlo in quella ridicola posizione, risata a cui persino Pricilla
non riuscì a trattenersi nell'essere coinvolta. Strinse
ancora suo
nonno, in un abbraccio sollevato e bisognoso.
«Grazie»
sussurrò infine, stimolando così Makarov ad
accarezzarle ancora
testa e spalla, cercando di rassicurarla. «Nessuna
maledizione
scioglierà mai i nostri legami. Questo è
importante che te lo
ricordi» le disse ancora e lei, finalmente sollevata anche se
non
intenzionata a separarsi da lui, non ancora, annuì e
sorrise.
«Preghiamo
tutti i nostri ospiti di tornare ai propri posti. Il secondo incontro
del giorno sta per avere inizio» comunicò una voce
all'interfono e
Elfman alzò i pugni al cielo, urlando entusiasta:
«Tocca a me!»
«Metticela
tutta, Elf-niichan!» disse Lisanna, stringendo i
pugni.
«Pricchan,
vuoi fare un salto in infermeria?» chiese Mirajane,
premurosa.
«Ti
accompagnamo» si unì Lisanna e lei lasciando
finalmente andare suo
nonno, mostrò fiera e orgogliosa un brillante sorriso
risollevato.
Negò con la testa e disse, allegra: «Voglio
seguire gli incontri e
fare il tifo per Elfman!»
«Come
un uomo!» ruggì Elfman alzando i pugni per aria e
Priscilla scoppiò
a ridere, esclamando divertita: «Non significa
niente!»
«Rinunciaci,
fidati» sospirò Evergreen, sventolandosi sempre
altezzosa con il
proprio ventaglio.
«Io
vado!» disse lui determinato, anche se ora si poteva notare
sul suo
volto una vena preoccupata.
«Contro
chi dovrà vedersela?» chiese Priscilla, alzandosi
da terra e
rimettendosi finalmente in piedi.
«Baccus
di Quatro Cerberus» rispose Mirajane e Priscilla si
voltò verso
Cana, chiedendo sorpresa: «Non è il tizio che ti
ha battuto ieri
sera a bevute?»
«E
si è preso il mio reggiseno!» ruggì
Cana, furibonda. «Elfman! Se
ti azzardi a perdere ti spacco la faccia!»
abbaiò.
«Andiamo,
Cana!» incitò Lisanna, prima di correre verso la
propria tribuna.
Si allontanarono rapidamente tutti quanti, diretti ai propri spalti
pronti a riprendere con un tifo incontrollato. Lucy ed Erza tornarono
al balconcino della loro squadra insieme a Natsu e Gray e infine
anche Priscilla fece ritorno al proprio balcone insieme al resto
della sua squadra.
Elfman
era già nell'arena, di fronte a Baccus, e stavano aspettando
la fine
delle presentazioni iniziali per dare il via dell'incontro. Priscilla
si mise nuovamente appoggiata alla balaustra, per guardare meglio,
quando notando Laxus al suo fianco le venne in mente di restituirgli
il cappotto che ancora aveva sulle spalle.
«Tienilo»
le ordinò. «Nasconderà le ferite che si
rimarginano. Eviteremo di
attirare l'attenzione».
«Ok»
arrossì, stringendocisi di più all'interno.
Portava il suo profumo
e il suo calore, averlo sulle spalle era come un delicato abbraccio.
«Grazie» mormorò, cercando di tornare
all'incontro, anche se fu
difficile concentrarsi su di esso per i successivi minuti. Era
tornato serio e distaccato nell'istante in cui erano arrivati tutti
gli altri, ma quelle immagini, la passione del suo abbraccio, la
dolcezza delle sue parole, erano tutte cose che non avrebbe
dimenticato facilmente.
L'incontro
iniziò e bastò pochi minuti per portare subito
Baccus in vantaggio,
di fronte a un Elfman mal ridotto che neanche riusciva a sfiorarlo. A
peggiorare lo stato d'animo di Elfman c'era anche la ridicola
scommessa che Baccus il pervertito aveva lanciato a inizio incontro:
se avesse vinto lui, Elfman avrebbe dovuto concedergli di passare una
notte insieme a Mirajane e Lisanna. Solo l'idea era bastata a mandare
Elfman su tutte le furie, aveva dato il meglio di sé, ma la
disparità era accecante. Per l'ennesima volta Elfman
tentò un Take
Over con un altro dei mostri di cui aveva preso possesso in passato,
ma ancora una volta Baccus sgusciò via come un'anguilla,
schivò il
colpo e portò il palmo della mano contro il suo mento
facendolo
roteare via. Faceva movimenti precisi, ma del tutto imprevedibili, si
muoveva secondo uno stile che mai nessuno aveva visto. Eppure era
tutto ben calcolato, visto come riuscisse a schivare ogni singolo
colpo e penetrare nella difesa avversaria al momento opportuno.
Ancora un colpo, ancora un Take Over a vuoto, e Elfman si
ritrovò
ancora una volta a terra.
«Quel
tipo è pericoloso» commentò Laxus,
osservando con attenzione
l'incontro.
«Non
arrenderti, Elfman!» ruggì Priscilla, sperando di
poter almeno in
parte contribuire al suo stato d'animo.
«Elfman
sarà in grado di rialzarsi?» chiese Chapati, ma
pochi secondi dopo
lo vide rimettersi in piedi. Nonostante fosse in grave svantaggio il
sorriso non aveva abbandonato il suo volto, sicuro di sé,
sapeva che
avrebbe trovato il modo per vincere.
«Ehy,
allupato» disse Elfman, sghignazzando. «Non abbiamo
ancora deciso
che succede se vinco io».
«Non
credo sia importante, visto che non hai speranze, ma di'
pure»
concordò Baccus.
«Se
vinco io dovrai cambiare il nome della tua gilda in "Quattro
Cuccioletti" fino alla fine dei Giochi» sorrise Elfman e
Baccus
stesso a sentire quel nome non riuscì a trattenere una
risata,
benché fosse dispregiativa nei suoi confronti.
«Ok, ok» disse
infine, sporgendosi a prendere la propria fiasca di alcol che era
rimasta intonsa fino a quel momento. «Allora direi di finirla
alla
svelta».
«Beve?»
chiese Priscilla, storcendo il naso.
«Il
falco ubriaco» mormorò Mirajane, preoccupata.
«Ho sentito ieri
Erza che ne parlava. Più beve e più la sua forza
aumenta».
«Eh?!
Allora sarà ancora più difficile!»
esclamò Priscilla, sporgendosi
per guardare meglio. «Non abbatterti Elfman! Mostragli quanto
sai
essere uomo!»
«Beast
Soul!» richiamò Elfman e la sua pelle
cominciò nuovamente a
mutare, mentre di fronte a lui Baccus si metteva in una bizzarra
posizione di attacco. Quest’ultimo scattò verso di
lui con una
rapidità tale che fu quasi impossibile vederlo e
riuscì a colpirlo
almeno una decina di volte in un solo secondo, esclamando infine
vittorioso: «È tutto inutile!»
Ma
qualcosa lo distolse dal suo attimo di gloria, un dolore accecante
laddove non si sarebbe aspettato: le sue mani erano completamente
ricoperte di tagli, lividi e ferite.
«Che
diamine è successo alle mie mani?»
«Uomo
lucertola» grugnì Elfman, mostrandosi infine nella
polvere. La
pelle ricoperta di scaglie, completamente, alcune ancora gocciolanti
di sangue a dimostrare che erano state loro la causa di tutto quello.
«Anche se non posso colpirti, tu devi pur sempre colpire me!
Fatti
sotto! Vediamo se si romperà prima la mia corazza o le tue
mani».
«Geniale»
mormorò Priscilla, con gli occhi brillanti per l'emozione e
ancora
si sporse, sempre più. Laxus al suo fianco sbuffò
scocciato e per
l'ennesima volta la prese per il colletto e la riportò
indietro,
rimettendola con i piedi per terra. Erano solo al secondo giorno e
già l'aveva dovuto fare un sacco di volte, era incredibile,
non
imparava mai.
«È
un po' azzardata» commentò Lluvia.
«Uno
scontro di logoramento, potrebbe essere rischioso ma è una
buona
strategia» si unì Mirajane, tesa per lo scontro
che vedeva
coinvolto suo fratello. I due uomini si lanciarono nuovamente l'uno
contro l'altro, entrambi sorridenti di sicurezza ed eccitazione. Ero
uno scontro emozionante, iniziato con una chiara disparità
ora
portava a chiedersi chi dei due avrebbe ceduto prima. Colpo su colpo,
Baccus anche con le mani sanguinanti non diede tregua alla corazza di
Elfman che accusava ogni colpo con maestria. E proseguirono, minuto
dopo minuto, mentre dal pubblico ormai era difficile anche sentir
volare una mosca, tutti col fiato sospeso. Fino a quando entrambi,
stremati, non caddero in ginocchio l'uno di fronte all'altro.
«Ti
chiami Elfman, eh?» tremò Baccus, prima di
rialzarsi e puntare le
braccia al cielo.
«Baccus
è in piedi!» annunciò Chapati, sapendo
che quella sarebbe stata
probabilmente la fine dell'incontro.
«Lo
sai...» mormorò ancora Baccus, prima di lasciarsi
cadere
all'indietro e andare a terra. «Sei un vero uomo»
ridacchiò, ormai
privo di forze.
«È
a terra!» esclamò di nuovo Priscilla, sporgendosi
dalla balaustra
in punta di piedi, con Laxus che ormai come un riflesso la riprendeva
e la tirava indietro.
«Baccus
è a terra!» dichiarò ancora Chapati.
«L'incontro è finito!
Elfman è il vincitore!»
Mirajane
con le lacrime agli occhi per l'emozione sorrise felice, insieme a
Lluvia, mentre accanto a loro Priscilla aveva cominciato a saltare
per l'euforia. Nello stadio un coro eccitato, un urlo di emozione, e
anche al balcone di Fairy Tail A e sulle tribune di Fairy Tail non ci
furono che salti e festeggiamenti.
«Il
vincitore è Elfman, regalando così a Fairy Tail i
suoi primi dieci
punti!» l'emozione per un simile evento fu sicuramente
doppia, vista
la fama che aveva Fairy Tail vederla finalmente vittoriosa
regalò
una ventata di novità e eccitazione. Il tifo durò
per minuti
interi, persino mentre i due giocatori venivano portati via verso
l'infermeria. «Vado a vedere come sta!» disse
Priscilla, scappando
via subito dopo senza neanche dare tempo agli altri di rendersi conto
di cosa stesse accadendo. Entrò in infermeria praticamente
sbattendo
la porta, con la solita grazia che non la caratterizzava, ed
urlò
emozionata: «Elfman!»
Si
tuffò sul letto dove Elfman era stato adagiato, mentre
Polushka
terminava le varie medicazioni, e si appoggiò al bordo di
questo
gongolando di felicità. «Eccezionale! Sei stato
eccezionale!»
«Faremo
tesoro della forza d'animo che ci hai trasmesso»
annuì Erza, al suo
fianco.
«Parlate
come se fossi morto» sbuffò Elfman, sentendosi in
imbarazzo.
«Però
è stato davvero emozionante» annuì
Wendy, in piedi anche lei
vicino al letto. Priscilla parve accorgersi di lei solo in quel
momento e si illuminò ancora di più, prima di
lanciarsi al collo
della bambina e stritolarla con un entusiasta: «Wendy! Stai
bene!»
«È
sovraeccitata» ridacchiò Lucy, vedendo come
Priscilla non facesse
che urlare e saltare da tutte le parti. «Meno male, vuol dire
che
sta bene ed è tornata la solita» disse
Lisanna.
«Mi
dispiace, ma in queste condizioni non credo di poter partecipare ai
prossimi incontri» sospirò Elfman, prima di
guardare Wendy che
cercava di sopravvivere all'abbraccio stritolatore di Priscilla.
«Lascio tutto a te, ora, Wendy».
«Ce
la metterò tutta!» disse Wendy, felice, ignorando
la ragazza che
ancora l'abbracciava e strusciava la propria guancia sulla testa
della bimba.
«Ora
ha bisogno di riposare» intervenne Polushka. «Ed
è bene che
torniate a guardare gli incontri, osservare il nemico è la
prima
mossa vincente».
«Tranquilli,
resteranno i Raijinshuu a proteggerlo» disse Fried.
«Le mie rune
impediranno agli estranei di entrare».
«Proteggerlo?»
chiese Priscilla, guardando curiosa il trio.
«Raven
Tail aveva mandato poco fa un gruppo di mercenari per rapire
Lucy»
spiegò Charle, con un sospiro.
«Raven
Tail? Di nuovo?» chiese Priscilla, sgranando gli
occhi.
«Ma
hanno sbagliato e hanno preso me e Charle» sospirò
infine Wendy e
Priscilla parve prendere improvvisamente fuoco dalla furia,
ringhiando come un animale:«Cosa hanno fatto a te e
Charle?»
«Tranquilla,
Natsu-san ci ha salvate» cercò di calmarla Wendy,
inutilmente.
«Beh,
comunque sia, non permetteremo che attacchino una seconda volta
questo posto» si fece avanti Evergreen. «Potete
starne certi».
«E
nel caso in cui Elfman abbia bisogno di compagnia per riposare,
possiamo sempre contare sul sostegno della nostra Ever»
ridacchiò
Bickslow spingendo la donna malcapitata sul letto, sopra
Elfman.
«Smettetela
con questa storia!» ruggirono entrambi, rossi in volto,
mentre il
resto del gruppo cominciò a ridere divertito. Il rumore
degli
applausi e dei fischi che provenivano dalle tribune attirò
la loro
attenzione, facevano certamente più chiasso e rumore del
solito e
per questo lo trovarono curioso.
«Hanno
già ripreso?» chiese Lucy, sorpresa.
«A
chi toccava adesso?» chiese Natsu.
«Non
doveva combattere il tizio canino di Lamia Scale?» chiese
Gray.
«Quanto
entusiasmo, chissà che staranno combinando»
osservò Lucy, sempre
più sorpresa.
«Andiamo
a vedere Toby, Wendy!» disse Priscilla con entusiasmo,
prendendo la
bambina per un braccio e cominciando a correre lungo il corridoio.
«Aspetta,
Priscilla-nee! Io sono nell'altra squadra!» tentò
invano di gridare
lei, non potendo controllare l'entusiasmo con cui la ragazza la
tirava durante la sua corsa. Arrivarono al balcone di Fairy Tail B
che Priscilla ancora la tirava con decisamente troppo entusiasmo per
rendersi conto dell'errore e quando Laxus le vide arrivare la domanda
fu spontanea: «E lei?»
«C'è
stato un errore» piagnucolò Wendy.
«Dov'è
Toby-chan?» chiese Priscilla, ignorando i due e avvicinandosi
alla
balaustra. Wendy si rimise finalmente in piedi e d'istinto anche lei
portò lo sguardo all'arena, curiosa di vedere l'incontro che
si
stava svolgendo, ma entrambe si trovarono fortemente deluse e
sconvolte.
«Che
succede?!» gridarono, sbiancando.
Mirajane
era al centro dell'arena, di fronte a Jenny, l'ex modella che faceva
parte della squadra di Blue Pegasus. Entrambe in costume da bagno,
assumevano in continuazione pose provocanti tipiche da ragazze
copertina, sotto le urla sempre più caotiche del pubblico
eccitato.
«Volevano
fare una pausa e hanno chiamato quelle due per intrattenere il
pubblico nel frattempo, vista la loro fama» spiegò
Gajeel.
«Ma
alla fine si è trasformata in una gara di pin-up»
sospirò Lluvia.
«E
sono tutti d'accordo?» sibilò Priscilla, guardando
sempre più
sconvolta le due che ancora cambiavano posizione.
«Così
pare» sospirò nuovamente Lluvia, quando ancora
Mirajane e Jenny
cambiarono posa.
«È
imbarazzante» sibilò Priscilla, arrossendo nel
vedere quanto poco
pudore le due avessero nella scelta delle pose. Lanciò
istintivamente uno sguardo a Laxus, al suo fianco, che pareva una
statua di bronzo. Che stessero combattendo o meno, aveva sempre la
stessa faccia concentrata, ma certo quello non era un combattimento
che meritava di essere studiato così attentamente. Con uno
scatto
felino fece volare la propria mano verso la sua faccia, piazzandosi
sopra i suoi occhi per coprirli con una tale rabbia che al contatto
improvviso avvenne lo schiocco simile a uno schiaffo. Laxus
addirittura ne venne leggermente destabilizzato, portando indietro la
testa e lasciandosi sfuggire dalla gola un lamento per il dolore del
colpo.
«Abbi
un po' di rispetto per la tua compagna di squadra!» lo
rimproverò,
cercando in quella scusa il motivo di tanta ira.
«Non
capisco di cosa parli» provò a rispondere lui, ma
questo certo non
convinse Priscilla a togliergli la mano da davanti agli occhi e lui
si rassegnò all'idea di starsene in quelle condizioni per i
successivi minuti.
«Un
attimo solo!» la voce della rappresentante di Mermaid Heel
echeggiò
nello stadio, mentre lei e due delle sue compagne comparivano
nell'arena, non troppo lontano dalle due sfidanti. In costume da
bagno anche loro, assunsero una posa di gruppo che avrebbe fatto
perfettamente da copertina a qualche rivista. «Quando si
tratta di
bellezza unita a forza, Mermaid Heel sono la numero uno!»
esclamò e
il pubblico si infervorò ancora di più.
«Fermi
tutti!» la voce femminile e squillante di Cherry comparve
poco dopo
e lei, insieme a Cheria, la sua cuginetta, fece il suo ingresso
abbracciandosi in un'altra posa da copertina. «Voi ragazze
non avete
abbastanza amore! Se pensate di soddisfare il pubblico posando
semplicemente in costume da bagno, avete fatto un grosso
errore!»
disse.
«È
tutta questione di amore, senza amore non potete batterci!»
diede
sostegno Cheria.
«Cherry!»
urlò Priscilla, portandosi entrambe le mani alla testa per
la
disperazione. «Sta diventando virale, è
terribile!»
«Succedono
anche cose come queste durante i giochi?» chiese Wendy,
portandosi
le mani al viso arrossato.
Priscilla
fulminò nuovamente Laxus che ora senza mano a coprirgli gli
occhi
aveva osato provare ad aprire un occhio. E lo colpì
nuovamente, più
forte di prima, coprendogli la vista e facendolo lamentare ancora per
il dolore.
«Su
su, non è il momento di starsene con le mani in
mano!» Mavis
comparve improvvisamente davanti al loro balconcino, facendole
sussultare. «Le altre stanno già scendendo in
campo! È tempo di
far vedere di che pasta è fatta la nostra Fairy
Tail!»
«Sta'
scherzando, vero?» sussultò Priscilla,
indietreggiando.
«Ho
portato costumi anche per voi!» sorrise allegra Mavis
mostrando
orgogliosa i due indumenti.
«Non
voglio!» pianse Wendy, ma Mavis afferrò entrambe
le ragazze per la
maglia e le trascinò al centro dell'arena ignorando le loro
urla e i
loro pianti disperati. Priscilla tentò inutilmente,
addirittura, di
allungare una mano verso Laxus sperando nel suo aiuto ma lui
restò
ancora una volta impassibile deciso a non mettere bocca in quella
ridicola situazione.
Arrivarono
in mezzo alle altre e si guardarono attorno in un misto tra
l'imbarazzo e lo sconvolto, chiedendosi perché mai fossero
state
coinvolte in tutto quello. Solo in un secondo momento, sentendo
qualcosa di strano, abbassarono lo sguardo ai propri vestiti
scoprendo che non li avevano più addosso ma Mavis aveva
già
provveduto a cambiarle senza che potessero accorgersene.
«Quando
è successo?!» strillò Priscilla,
cercando di coprirsi con
imbarazzo con il cappotto di Laxus che aveva ancora sulle spalle -E
che Mavis le aveva lasciato su per qualche strana benedizione.
«Priscilla-nee
non mi sento a mio agio» piagnucolò Wendy,
cercando di coprirsi.
«Siete
arrivate, finalmente» disse Lluvia avvicinandole.
«Ma
tu eri con noi!!!» sussultò ancora
Priscilla.
«Quando
sei scesa?» si unì Wendy, altrettanto sorpresa.
Lluvia ridacchiò
graziosamente, portandosi una timida mano alle labbra e infine
spiegò: «Se si tratta di gare in costume da bagno
nessuno può
battere Lluvia, Signora dell'acqua» per poi girarsi verso gli
spalti
e urlare: «Gray-sama! Guarda Lluvia! Sono qua!»
«Voleva
mettersi in mostra» mormorò Priscilla, scoraggiata
dal
comportamento della ragazza follemente innamorata. Un braccio avvolse
le spalle di Priscilla e il delicato peso di Cana la spinse quasi a
terra nella sua poca femminilità. Sghignazzò,
guardandola in un
modo decisamente sinistro.
«Sei
tutta nuda sotto quel cappotto, mattacchiona» la riprese,
facendola
arrossire per l'imbarazzo.
«Anche
tu sei in bikini!» provò a difendersi, chiedendosi
cosa avesse da
ridere in quel modo. Almeno lei in qualche modo riusciva a coprirsi,
anche se solo in parte.
«Sì,
ma io non ho su il cappotto del mio uomo, così adesso quando
se lo
rimetterà porterà con sé il ricordo e
l'odore di questa stoffa a
diretto contatto con la tua pelle nuda» ridacchiò
ancora infilando
una mano all'interno del cappotto e cominciando a palparla ovunque
riuscisse. Priscilla completamente rossa in volto le piazzò
una mano
sulla faccia, nel tentativo di allontanarla, ma Cana, come ormai
faceva da sempre, divenne sempre più appiccicosa e
insistente.
«Vedo
e non vedo, brava, è sexy! Gli uomini impazziscono per le
donne che
nude indossano solo i loro vestiti» rise ancora infilando
entrambe
le mani sotto al suo cappotto e cominciando con lei una vera e
propria guerra di palpeggio. Fino a quando Cana vittoriosa non
tirò
via le mani portandosi dietro come trofeo il reggiseno di Priscilla
slacciato.
«Tadan!»
esclamò, sventolandolo vittoriosa mentre Priscilla
praticamente a
terra sotto di lei urlava per la disperazione. Si chiuse il cappotto
di Laxus il più possibile, cercando di coprirsi il petto
completamente nudo, e rincorse la donna pronta a fargliela pagare
urlandole dietro insulti a raffica. Fino a quando non
inciampò. Fu
come vedere la scena a rallentatore, ben consapevoli di cosa sarebbe
accaduto da lì a pochi istanti successivi. Per lo slancio
Priscilla
allargò le braccia in avanti, lasciando andare i lembi del
cappotto.
Il vento sollevò la parte inferiore, scoprendo le gambe che
volteggiavano per aria incontrollabili. Atterrò di faccia,
braccia
ben aperte davanti a sé, cappotto completamente alzato fino
alla
schiena dove rigirato le finiva ora sulla testa. Si sollevò
carponi,
non sapendo se mettersi a piangere o urlare dalla rabbia. Certo era
che l'imbarazzo di essere a gattoni, con il sedere completamente
scoperto e a malapena parte del cappotto ora storto a coprirle la
schiena, facendo addirittura intravedere parte del seno, era
abbastanza da convincerla a desiderare solo di sparire
improvvisamente.
«Cana!»
ruggì mettendosi a sedere sui talloni e sollevando intorno a
sé
vento e polvere per la furia.
«Priscilla-nee,
copriti santo cielo!» urlò Wendy lanciandosi sulla
ragazza con un
costume di ricambio e provando a coprirle il seno.
Tornò
in sé pochi istanti dopo, anche se la rabbia e la vergogna
mai più
l'avrebbero abbandonata. Ancora seduta a terra, in ginocchio ma con
le gambe morbidamente divaricate in entrambe le direzioni, si
coprì
il seno con le braccia. Rossa in volto come un peperone, i capelli un
po' scompigliati, prese il lembo del cappotto di Laxus su di una
spalla e cercò impacciatamente di ricoprirsi come
poté. Fulminò
Cana, cercando di pensare a come e quando fargliela pagare, ma la
vide sbuffare annoiata e le lanciò indietro il suo
reggiseno, prima
di allontanarsi.
«Che
significa? Ora non ti importa più?»
ruggì furiosa più che mai.
Dopo averla umiliata a tal punto aveva persino il coraggio di
scocciarsi e andarsene? Ripensò solo in quel momento alla
direzione
in cui aveva guardato prima di voltarsi e sbuffare e le venne in
mente, rimettendo ordine al suo orientamento, che era il balcone
della propria squadra. Si voltò a guardarlo anche lei e
notò che
c'era solo Gajeel, appisolato sulla sedia che russava.
«È
andato via!» sussultò, rendendosi conto che Laxus
era sparito. Si
accasciò a terra e ormai priva della forza persino di
arrabbiarsi,
piagnucolò: «L'ho messo in imbarazzo, mi
starà odiando».
Ma
a lei, come a chiunque si trovasse nell'arena in quel momento, non
era possibile vedere ciò che realmente stava accadendo nella
sezione
di Fairy Tail B. Laxus, nascosto appena dietro l'ingresso al balcone,
in un angolo in ombra del corridoio, era appoggiato con una mano tesa
al muro. Il suo viso aveva raggiunto una colorazione talmente
amaranto che restare lì, a guardare ciò che stava
accadendo, era
diventato impossibile senza che potesse essere notato. Una mano
piazzata sul volto, a coprirsi gli occhi con disperazione, i muscoli
tesi e nervosi, cercava nella solitudine una possibilità di
ritrovare la calma e soprattutto la dignità. Non poteva
concedersi
di cadere vittima di certe debolezze, almeno non di fronte agli altri
o ne sarebbe andato di mezzo il proprio orgoglio. Ma più che
quello
c'era una lotta interna a cui avrebbe dovuto far fronte come minimo
per i giorni successivi, nel disperato tentativo di togliersi dalla
testa quelle immagini di cui si sentiva addirittura colpevole. E
ancora quel dannato bacio che Priscilla gli aveva concesso la sera
prima, che era già di per sé un disastro,
andò a peggiorare la
situazione scavando nella sua consapevolezza che se solo avesse
ceduto anche solo per un istante ai suoi maschili istinti avrebbe
persino avuto una chance. Il modo in cui Priscilla lo vedeva e il
modo in cui lui stranamente aveva cominciato a vederla
chissà
quando, non rientravano in nessuna regola anche se poteva avere
addirittura una sua logica. Era una vergogna, era un disonore, per
anni l'aveva da sempre chiamata solo sorella e scoprire tutte quelle
cose in quell'ultimo periodo, tra il non reale legame di sangue e
ciò
che lei probabilmente provava nei suoi confronti, aveva avuto un
effetto inaspettato e assurdo su tutte le sue percezioni. E
più lui
cercava di rimettere ordine in quel caos, più lei sembrava
fare di
tutto per riportarlo sulla cattiva strada in maniera più o
meno
consapevole. Sicuramente era anche colpa sua, di una certa
perversione sottostante legata alla sua natura maschile, ma in quel
momento addirittura cercare di riportare alla mente la sua voce che
lo chiamava "fratellone", nella speranza di ritornare alla
normalità, non aveva l'effetto desiderato ma si mischiava
alla sua
immagine in bikini sotto al proprio cappotto, peggiorando il
tutto.
Si
tolse un paio di dita da un occhio, concentrando la sua attenzione
sul muro che aveva di fronte e che avrebbe volentieri iniziato a
prendere a testate se questo sapeva poteva servire a calmarlo.
Sospirò infine, affranto e al limite della disperazione.
«Questo
mi porterà alla pazzia».
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Capitolo 50 *** Cappotto ***
Cappotto
La
gara di costumi proseguì con un susseguirsi di temi sempre
diversi,
tra ragazze in divisa scolastica, ragazze con gli occhiali, ragazze
con le calze, per arrivare addirittura ai vestiti da sposa.
«Ma
chi li sceglie questi temi?» chiese Priscilla che ancora
coinvolta
contro la propria volontà si era ritrovata nuovamente
cambiata,
senza che se ne rendesse conto.
«Però
sto cominciando a divertirmi» ridacchiò Wendy,
ondeggiando nel suo
abito bianco. Priscilla sorrise per la prima volta da quando era
scesa nell'arena e con gli occhi che le brillavano disse, emozionata:
«Wendy-chan! Ti sta benissimo!»
«Anche
tu sei molto bella Priscilla-nee» sorrise Wendy, guardando
con
ammirazione l'abito dell'amica... per poi vederla sollevare da
qualcuno alle sue spalle. Priscilla nemmeno si rese conto di chi
fosse né di quando fosse arrivato, urlando per lo spavento e
la
sorpresa fu presa in braccio e sollevata da terra. Si voltò
a
guardare il suo assalitore, o pretendente a seconda dei punti di
vista, e scoprì con sorpresa che si trattava di Bickslow.
Vestito
con un abito elegante maschile azzurro, senza l'elmo sulla testa, era
decisamente tutta un'altra cosa rispetto che i suoi soliti
abiti.
«Che
ci fai tu qui?!» sussultò Priscilla, rossa in
volto per la
vergogna.
«La
gara chiede di trovare un partner, baby!» disse prima di
scoppiare a
ridere come suo solito, con la lingua marchiata Fairy Tail ben in
mostra.
«Ma
non dovresti essere con Elfman?» chiese lei, senza neanche
troppa
voglia di ribellarsi. «E poi da quando è diventata
una gara?»
mormorò.
«C'è
Fried con lui, per qualche minuto può bastare! Quando ho
sentito che
c'era in corso una gara d'abito a cui partecipavate tutte sono corso
qui: non potevo mancare!» rise ancora.
«Dovevo
immaginarlo» mormorò ancora, prima di riflettere:
«Fried? E Ever
non è rimasta?» chiese, curiosa. Bickslow fece un
cenno col capo a
indicare poco avanti e Priscilla si voltò a guardarla,
mentre con un
abito magnifico addosso si guardava attorno come un rapace, gambe
larghe, pronte a saltare al collo del primo che le fosse passato
davanti. Faceva decisamente paura e per lo spavento Priscilla si
aggrappò al collo di Bickslow e si strinse di più
su di lui,
urlando, inquietata: «Ever!»
«Vuole
un partner» spiegò Bickslow, guardando la donna
con altrettanto
timore.
«Sembra
un predatore in cerca di un pasto»
mormorò.
«Bene,
ora torniamo ai costumi!» annunciò Chapati e
Bickslow si voltò
verso di lui, furioso, esclamando: «Un attimo! Non ci siamo
ancora
sposati!»
«Stai
scherzando, vero?» sussultò Priscilla, spaventata
all'idea che lui
facesse sul serio.
«Fermi
tutti!» una gracchiante voce provenne dall'alto.
«Direi che è
giunta l'ora di entrare in scena» e da sopra una delle
tribune saltò
nel mezzo dell'arena Oba Babasama, l'anziana Master di Lamia Scale.
«Vi mostrerò qual è il vero fascino di
una donna!» decretò un
istante prima di togliersi il mantello dalle spalle e scoprire il suo
striminzito e raggrinzito corpo flaccido e anziano, avvolto solo da
un costume da bagno. Mettendosi addirittura in una posa provocante,
con le natiche secche ben all'aria, iniziò a roteare il
bacino.
Bickslow con un urlo lasciò andare Priscilla, che cadde a
terra
squittendo come un topolino, e si portò entrambe le mani
agli occhi,
coprendosi. «Bruciano! I miei occhi bruciano!»
urlò, tirando
indietro la testa per il dolore. Le urla euforiche del pubblico
improvvisamente cessarono, il silenzio calò come un mattone
sullo
stomaco dell’intero stadio.
«Direi...
che il break può ritenersi concluso» disse Chapati
con un filo di
voce, mentre lentamente tutti i partecipanti a quella follia
tornavano ai loro posti con la morte sul volto. «Oh, sono
arrivate
le votazioni del pubblico proprio in questo momento!»
esclamò poi,
attirando nuovamente l'attenzione di chiunque fosse lì
presente.
«Votazioni?»
chiese Priscilla mentre trascinava verso l'interno dello stadio un
Bickslow ormai privo forza anche solo per respirare.
«Un
risultato incredibile anche se per molti prevedibile! Mirajane
è la
vincitrice! Fairy Tail B si prende ben dieci punti!!!» disse
saltando sul tavolino per l'entusiasmo.
«Era
una gara?!» chiese Priscilla sconvolta, portandosi le mani ai
capelli. «Ma non era un break?»*
«Pare
che Jenny abbia lanciato una sfida a Mirajane, anche se poi hanno
partecipato tutte» spiegò Lucy, ridacchiando
imbarazzata. «Chi
conquistava più consensi dal pubblico vinceva dieci punti
per la
propria squadra. Agli organizzatori non è
dispiaciuto».
«Questa
gente si può permettere di manipolare così le
regole di un torneo?
Ma dove diamine siamo finiti?» chiese, sempre più
sconvolta.
«Beh,
alla fine erano tutte le ragazze contro tutte le ragazze. Non c'erano
grandi disparità, è stato un tutto contro
tutti» provò a
giustificare Mirajane, che tornava soddisfatta.
«Noi
siamo solo uomini» arrivò la voce piagnucolante
dei Quattro
Cuccioletti da un angolo dell'arena, che non solo si erano trovati
col nome completamente stravolto ma non avevano nemmeno potuto
prendere parte a quella gara improvvisata.
«La
presenza di Mirajane e Jenny ha sicuramente influenzato la decisione,
sono in fondo tra le ex modelle più famose del
paese» disse Lucy,
camminando insieme a parte delle sue compagne dentro lo stadio.
«Master!
Ci ha fatte perdere!» lamentò Cherry verso la
vecchia Oba Babasama
che iniziò a strillare e sbraitare quanto invece fosse colpa
loro e
infine le fece roteare su se stesse usando la sua magia per scaricare
la frustrazione.
«Comincio
ad aver voglia di tornare a casa» mormorò
Priscilla camminando per
i corridoi con ancora Bickslow tenuto per un piede e trascinato per
riportarlo dentro insieme a lei. Wendy, al suo fianco, la
guardò
qualche istante prima di mettersi a ridere divertita.
«Priscilla-nee,
sembra che tu stia portando Bickslow all'altare contro la propria
volontà» confessò divertita.
«Sembra
una scena da romanzo, è vero! Una cosa tipo: "se scappi ti
sposo"» si unì Lucy, ridacchiando divertita.
«Oh,
eccolo!» esclamò Evergreen arrivando da un altro
corridoio poco
dopo e puntando gli occhi su Bickslow. «Dobbiamo tornare da
Elfman,
che è successo a Bickslow?» chiese notando come
fosse privo di
sensi e trascinato da una Priscilla ancora vestita da sposa.
«Mio
marito ha cercato di scappare prima del matrimonio, lo sto riportando
all'altare» disse lei con una serietà quasi
convincente, tanto che
Lucy e Wendy scoppiarono a ridere divertite mentre Evergreen la
guardava perplessa. La presa di Priscilla sulla caviglia di Bickslow
si fece improvvisamente inconsistente, lasciandola per un po'
confusa. Si accorse che non c'era più solo troppo tardi,
quando
Bickslow ormai era in piedi e l'aveva catturata, caricandosela su una
spalla come un sacco di patate.
«Bastava
dirlo prima, Baby! Non ti farò aspettare ancora! Dateci un
prete,
ora!» gridò lui, cominciando a correre tanto
rapidamente che per
poco non lasciò il polverone dietro di sé come
Jet durante i suoi
scatti. E Priscilla adagiata sulla sua spalla, allungandosi verso le
ragazze, urlò disperata, senza avere nessuna
possibilità di fuga.
Quando
Priscilla riuscì a ritornare al proprio balcone, dal resto
della
squadra, era ormai passata quasi mezz'ora. Arrivò a passi
pesanti,
il volto corrucciato, di nuovo con i suoi abiti normali addosso e il
cappotto di Laxus tra le braccia.
«Non
voglio più saperne di matrimoni per il resto della mia
vita!»
ruggì, avvicinandosi ai suoi compagni.
«Si
può sapere dov'eri finita?» brontolò
Gajeel.
«All'inferno»
grugnì lei, ripensando a quanto le ci era voluto per
riuscire a
liberarsi di Bickslow. Anche se poi era stata costretta a perdere
altro tempo: aveva deciso di cambiarsi e togliersi di dosso
quell'abito che cominciava a detestare e aveva perso almeno un altro
quarto d'ora a cercare il cappotto di Laxus che nel caos della gara
di Mirajane aveva perso da qualche parte.
«Blue
Pegasus e Lamia Scale hanno già combattuto. Hanno vinto
quelli di
Blue Pegasus» spiegò Mirajane.
«Mi
sono persa l'incontro di cagnolino-man» piagnucolò
Priscilla
avvicinandosi alla balaustra per guardare chi stesse combattendo in
quel momento.
«Ora
stanno combattendo Sabertooth e Mermaid Heel» disse Lluvia e
Priscilla sussultò quando vide l'arena invasa da due enorme
pesci
giganti che si lanciavano contro la donna con la spada. «Che
mostri
sono quelli?» chiese, sconvolta.
«Pisces»
rispose Mirajane. «Pare che anche Yukino sia una maga degli
spiriti
stellari».
«Ce
n'è un'altra, che forza!» esclamò
Priscilla, sorpresa.
«Apriti,
porta della bilancia! Libra!» evocò ancora Yukino
e una donna con
due bilancieri in mano fece la sua comparsa. Kagura di Mermaid Heel
si trovò improvvisamente in difficoltà,
schiacciata a terra da una
forza invisibile, si contraeva per riuscire a sottrarsi a
quell'attacco mentre Pisces ancora le giravano attorno.
«Due
porte contemporaneamente! È forte davvero!»
esclamò Priscilla,
guardando l'incontro. Mentre Libra appesantiva il corpo di Kagura,
costringendola a chinarsi e lottare per restare in piedi, Pisces
puntò nuovamente l'avversaria e ci si lanciò
contro per colpirla.
Nonostante il peso sovraccaricato, Kagura fu lo stesso in grado di
saltare e schivare il colpo.
«Nonostante
la gravità riesce comunque a muoversi abbastanza da schivare
e
continuare a combattere» osservò Lluvia.
«Non
sapevo Mermaid Heel avesse una persona del genere nella loro
gilda»
disse Mirajane, sorpresa.
«Hai
intenzione di farmi aprire la tredicesima porta?» chiese
Yukino,
severa come una minaccia. «È proprio una sfortuna
per te» disse,
brandendo la chiave nera tra le dita.
«Fin
da quando sono nata non mi sono mai affidata alla fortuna!»
disse
Kagura, brandendo la propria spada e preparandosi a colpire la sua
avversaria.
«Combatte
con il fodero?» chiese Priscilla, notando come ancora fosse
ben
sigillata e non sembrava nemmeno intenzionata a sguainarla.
«Da
quando hanno cominciato non l'ha sguainata nemmeno una volta»
rispose Gajeel, facendo sussultare Priscilla con un sorpreso:
«Eh?».
Era
davvero incredibile, quel torneo era incredibile, pieno di colpi di
scena e persone dalle capacità infinite. Più
guardavano le gare e
più capivano che nessuna di loro era da sottovalutare,
nemmeno per
un istante. Ognuno di quelle persone era forte abbastanza da
piazzarsi al primo posto.
«Apriti
porta dell'incantatore di serpenti!» disse Yukino.
«Ophiuchus!» e
un enorme serpente dalla testa corazzata fece la sua comparsa,
invadendo quasi tutta l'arena.
«Enorme!»
sussultò Priscilla, guardandolo a occhi spalancati per la
paura. Ma
Kagura non fu dello stesso stato d'animo e senza indugio si
scagliò
contro il nuovo Spirito Stellare con la propria spada ben salda tra
le mani, anche se ancora chiusa dentro il proprio fodero.
«Stile
dello spadone foderato!» esclamò saltando da un
lato all'altro del
serpente e colpendolo tanto selvaggiamente da riuscire ad aprire la
sua carne in più punti. Piombò davanti a Yukino e
si preparò a
colpire anche lei, approfittando della distrazione causata dallo
shock di vedere il più forte dei propri spiriti decimato in
così
poco tempo. E colpì, elegante e precisa, mandando a terra la
propria
avversaria. Attimi di silenzio, mentre Kagura si rimetteva in piedi,
perfettamente indenne, lasciandosi alle spalle una Yukino sconfitta e
sconvolta.
«Il...Il
match è finito!» annunciò finalmente
Chapati, dopo infiniti
secondi di attesa. «La vincitrice è Kagura di
Mermaid Heel!»
«E
pensare che Sabertooth era la più quotata. Oggi non ha preso
nemmeno
un punto, tra la gara e la battaglia» disse Priscilla,
guardando la
vincitrice che silenziosa e trionfante tornava all'interno dello
stadio.
«Certo
è che quella Kagura è veramente forte»
disse Gajeel.
«Tu
oggi hai fatto schifo!» disse Priscilla a Gajeel,
concedendogli un
sorriso allegro, come se gli avesse fatto un complimento. «Io
almeno
un punto l'ho preso!!!» ruggì in risposta Gajeel,
offeso, e
Priscilla come una macchinetta automatica si inumidì gli
occhi e
cominciò a piagnucolare come una bambina.
«Anche
Lluvia ieri è riuscita a prendere due punti» disse
Lluvia,
orgogliosa, e questo non fece che aumentare la tristezza di Priscilla
che cominciò a piangere. Si strinse il cappotto di Laxus al
petto,
come fonte di conforto, poi Mirajane l'abbracciò e le diede
delle
carezze sulla testa. «Su, su» le disse amorevole.
«Sei stata
bravissima anche tu» cercò di consolarla.
«Persino
tu hai preso dei punti, Mira-chan!» pianse disperata.
«Anche
Mistgun non ha vinto niente» provò ancora a
consolarla.
«Mistgun
è uno stupido» bofonchiò Priscilla,
ricordandosi di come si era
quasi fatto scoprire e provando rabbia.
«Anche
Laxus non ha ancora vinto niente» aggiunse Lluvia e Priscilla
lanciò
un'occhiataccia al fratello, bofonchiando: «Tu cosa sei
venuto a
fare qua?» disse provocatoria, visto che ancora non aveva
preso
parte a nessuna battaglia e nessuna gara, a differenza loro.
«Dai
la colpa a me, ora?» chiese lui, chiedendosi che gioco stesse
giocando.
«Lluvia
vuole andare da Gray-sama!» intervenne improvvisamente
Lluvia,
ondeggiando per l'emozione.
«Giusto,
riuniamoci agli altri e andiamo a mangiare qualcosa» propose
Mirajane e Priscilla saltellò felice, gridando:
«Yeah!
Festa!»
«Avranno
del ferro decente questa volta?» chiese Gajeel cominciando a
incamminarsi. «Gajeel-kun, non dovresti mangiare le posate
della
locanda però» l'ammonì Lluvia,
camminandogli a fianco. Mirajane
ridacchiando divertita li seguì e Priscilla fece i primi
passi,
pronta a fare altrettanto, ma poi si fermò e si
voltò verso Laxus,
dietro di lei. Gli allungò il cappotto, sorridendo allegra,
e disse:
«Grazie! Le ferite stanno meglio, ora».
Lui
lo guardò qualche secondo, pensieroso, per poi allungare una
mano
sopra la testa della ragazza e concederle qualche affettuosa carezza.
«Perché non lo tieni tu, per oggi? Ti stava bene,
sai?» sorrise,
mentre lei tornava ad arrossire appena di fronte a quel lieve
complimento.
«Da
l'aria di un Dio, superiore a tutti gli altri» disse lei,
ricordandosi il motivo per il quale glielo aveva regalato. Era il Dio
del Tuono, al tempo adorava quell'appellativo che lo rendeva assoluto
e unico, e quel cappotto dava al suo stile una nota in più.
«Esatto»
sorrise ancora, accarezzandole ancora la testa, prima di dire:
«Dea
del Vento».
I
loro giochi da bambini, quegli stupidi appellativi che si erano dati
per poter far correre la propria fantasia, li ricordava ancora anche
lui. Probabilmente quello era solo il suo modo di coccolarla un po',
vista la pesante giornata che aveva avuto. Un modo per abbracciarla,
tenerla tra le braccia, anche se non fisicamente, ma quel cappotto
l'aveva portato con sé talmente a lungo che era diventato
ormai
parte di lui. Con le guance arrossate timidamente, Priscilla si
lasciò andare ad un radioso sorriso. Fece roteare il
cappotto dietro
le proprie spalle e se lo poggiò addosso, cominciando a
correre
davanti a lui per raggiungere i suoi amici e facendolo svolazzare ad
ogni movimento. Era così lungo che le copriva persino le
caviglie,
era decisamente enorme rispetto a lei, ma vederglielo addosso era
stranamente piacevole. Era come se portasse con sé una parte
di lui,
ovunque fosse andata. E per quanto i suoi sorrisi fossero ancora una
volta tornati sapeva che non avrebbe potuto abbassare di nuovo la
guardia, per il suo bene. Voltò lentamente gli occhi alle
tribune
che ora andavano svuotandosi, riuscendo a intravedere i membri di
Raven Tail un attimo prima che sparissero dentro i corridoi dello
stadio. Riusciva ancora a sentire l'eco delle lacrime di Priscilla di
quel pomeriggio, la sua silenziosa preghiera: "Non voglio
morire". Si corrucciò e strinse i pugni. L'aveva promesso e
non
aveva nessuna intenzione di infraggerla: in un modo o in un altro,
avrebbe trovato il modo per liberare Priscilla. E finché non
ci
fosse riuscito non l'avrebbe più lasciata sola.
Era
quello il significato di quel dono.
Erano
tornati ognuno al proprio albergo per cambiarsi e lavarsi, riposare
un po' prima di cena, per poi ritrovarsi nuovamente tutti insieme
alla locanda del giorno prima, non troppo lontana dagli alberghi di
tutti i membri. Quel giorno, a differenza del primo, aveva portato
con sé centinaia di soddisfazioni. I piccoli passi mossi per
primo
da Natsu si erano trasformati in una frenetica corsa grazie a Elfman
e Mirajane che erano riusciti a prendersi i primi punti consistenti.
C'era molto di più da festeggiare, non solo la voglia e la
determinazione, ma anche la consapevolezza che ce la potevano fare.
Erano ancora agli ultimi posti, ma era solo il secondo giorno e loro
erano carichi più che mai. Ordinarono cibo in abbondanza,
forse
anche più di quanto fossero realmente in grado di mangiare,
e
svuotarono la cantina del povero locandiere che, per quanto portasse
alle sue casse un introito sostanzioso, l'avrebbe costretto la
mattina dopo a correre a fare rifornimenti se voleva tenere aperto
per i successivi giorni dei Giochi. E avrebbe dovuto anche comprare
posate e pentole in più, tutta la ferraglia del caso, visto
che
misteriosamente erano sparite anche quelle. Urlavano, per farsi
sentire da tutti quando parlavano e sovrastare la voce degli altri,
cantavano per liberare gli animi, ballavano per accompagnare quella
gioia. E nessuno di loro riusciva a stare veramente fermo, alzandosi
continuamente dai loro posti e lanciandosi su ogni singolo tavolo per
stare in compagnia, un po' per volta, con tutti quanti. A pance
piene, anche se mai abbastanza di alcol, in molti cominciarono a dar
sfogo alla loro euforia con piccole risse e giochi che costrinsero il
locandiere ad appuntarsi sulla lista della spesa qualche sedia e
tavolo in più -che avrebbe ovviamente addebitato alla
gilda.
Priscilla
fu certamente una di quelle, ma era anche comprensibile vista
l'andatura delle sue emozioni di quella giornata. Era passata
dall'oscurità più tetra alla luce più
accecante, ai giochi e agli
abbracci, era veramente sovraccarica di eccitazione per ogni motivo
pensabile. Buttò giù un paio di barili, si stese
sopra una tavola
di legno -probabilmente uno dei tavolini a cui avevano appena rotto
le gambe- e usando il proprio vento per spingersi surfò
lungo tutta
la locanda, da una parete a quella opposta, in ginocchio sulla
tavola, sguardo sorridente ma corrucciato, come fosse una bandita
pronta all'assalto. Il cappotto di Laxus ancora sulle spalle
svolazzava come un mantello e in testa aveva un enorme cappello con
piuma che teneva parzialmente piegato in avanti a coprirle un
occhio. Nessuno aveva ancora capito dove avesse preso quel cappello,
anche se furono in molti a sostenere che somigliasse in maniera
abbastanza decisa a quello di Rufus di Sabertooth. Preferirono non
chiedere, anche se il sospetto che glielo avesse rubato era intenso.
Attraversò tutta la locanda con una posa e uno sguardo
fiero,
urlando: «Largo alla Regina dei Pirati!» fino a
quando non si
schiantò sulla parete opposta. Natsu sputando fuoco come un
drago le
corse dietro ridendo come uno scemo, rimise a posto i barili e non
attese neanche un secondo per imitarla e lanciarsi in scivolata
urlando per la felicità.
«All'arrembaggio,
mozzo!» disse Priscilla saltando in piedi su quella stessa
asse e
mettendosi con un piede sopra la schiena di un Natsu accovacciato.
«Mozzo?» mormorò lui, decisamente poco
convinto per l'appellativo,
ma ancora una volta iniziarono la scivolata lungo tutta la locanda.
Stavano per superare Lucy e andare oltre, fino alla parete opposta,
quando Priscilla indicandola urlò: «Sirena in
vista!»
«Sirena?»
chiese Lucy, guardando i due già con il terrore in volto. La
consapevolezza di ciò che sarebbe successo non la
salvò comunque
dalle grinfie di Natsu che passandole a fianco l'afferrò per
i
vestiti e la trascinò con loro. Si scontrarono contro un
asse di
legno del pavimento che era leggermente dissestata, cosa che nei
precedenti giri non era successa, e questo causò la
distruzione
della loro "nave" e la collisione di tutti e tre su di un
tavolo vicino. Altro tavolo distrutto, altri danni da aggiungere alla
lista di Makarov.
«Lucy»
mormorò Priscilla, stesa con uno degli assi di legno del
tavolo che
le premeva sulla schiena e la bionda stesa addosso a lei.
«Sei
pesante».
«È
vero!» intervenne Happy e la ragazza, sotto accusa,
reagì
prendendosela col gatto e urlandogli contro un: «Chi ha
chiesto la
tua opinione?!»
Si
tirò lentamente in ginocchio e questo permise a Priscilla di
mettersi a sedere. Fissò la ragazza davanti a sé
per qualche lungo
istante prima di affermare: «Secondo me è colpa
delle tette» e
nell'istante in cui lo disse allungò le mani e le
afferrò entrambe.
«Che taglia porti? La quinta?» chiese
palpandogliele vistosamente.
Lucy urlò e divenne violacea per l'imbarazzo. Con un calcio
colpì
Priscilla sul viso, stendendola, e si portò entrambe le
braccia
intorno al seno per coprirsi e proteggersi.
«Dov'è
il tuo pudore, Pricchan?» strillò, sommersa dalla
vergogna.
«A
me sembrava una domanda lecita» disse Gray fingendo
indifferenza.
«Solo
curiosità tra donne, non serve prendersela tanto»
annuì Macao, che
era decisamente meno velato di Gray e non riuscì a
nascondere il
rosso delle proprie guance.
«Pervertiti!»
ruggì Lucy contro entrambi, mentre dietro Gray Lluvia era
caduta
vittima in un circolo di paranoia di cui non si sarebbe districata
tanto facilmente. Palpandosi il seno passava dalla furia omicida,
guardando Lucy, alla depressione più profonda guardando
invece
Gray.
«Ohy!»
ruggì Priscilla, tirandosi nuovamente su con la schiena. Uno
stuzzicadenti in bocca si era unito al suo nuovo look
piratesco, ispirato dal cappotto di Laxus che, nell'istante in cui
aveva superato il quarto boccale di alcol, le aveva dato l'idea di un
invincibile criminale, un essere superiore, una Regina e una Dea
della malavita. Giocherellando con lo stuzzicadenti con la bocca,
tenuto ben fermo tra i denti, si alzò in piedi e
piantò
violentemente un piede sul legno vicino a Lucy, ad altezza della sua
testa. Appoggiò un gomito sul ginocchio ripiegato e
avvicinò il
volto, contratto in un'espressione rozza e violenta, alla ragazza
spaventata.
«Come
osi colpire la Dea dei Pirati?» disse arrovellando la lingua.
«Non
era Regina?» chiese Wakaba, alzando un sopracciglio.
«Pricchan
ha di nuovo bevuto troppo» commentò invece
Evergreen, seduta al
tavolo di fianco a Laxus.
«Dovrò
farle un discorso il prima possibile» disse Laxus,
corrucciato e
visibilmente innervosito da quella situazione.
«Ciurma!»
ruggì Priscilla, alzando la testa per permettere alla
propria voce
di espandersi per tutta la locanda. Natsu, Happy e Erza si
presentarono alle sue spalle, dritti come soldati, portandosi una
mano alla fronte in segno di saluto militare.
«Erza?!»
sussultò Lucy, sconvolta nel vederla coinvolta in quella
situazione.
«Punite
questa insolente!» ordinò, puntando un dito contro
Lucy a una
vicinanza tale da poggiarglielo praticamente sulla punta del naso. E
la bionda lanciò un altro urlo terrorizzato quando vide
l'espressione di tutti e tre farsi maligna e oscura, mentre si
avvicinavano a lei lentamente. Priscilla voltò le spalle a
tutti e
quattro nell'istante in cui la punizione del solletico cadde su Lucy,
portandola a una risata volgare e incontrollabile mentre tutti e tre
i suoi assalitori non davano tregua a nessun centimetro della sua
pelle. Saltò sopra un tavolo e camminò senza
preoccuparsi di
calpestare e calciare piatti e bicchieri dei commensali che ci erano
seduti sopra. Tra vari lamenti e proteste, saltò sul tavolo
successivo e proseguì, diretta a una sedia vuota vicino a
quella che
era diventata l'amica migliore per quelle serate di follia e sbronza:
Cana.
Fino
a quando non saltò sul tavolo dei membri di Quatro Cerberus,
ora
Quatro Cuccioletti, trascinati lì da un Baccus che aveva
trovato
particolarmente interessante i membri di Fairy Tail e aveva deciso di
passarci un'altra serata insieme... anche se alla fine l'unica a cui
si era avvicinato era ancora Cana. Passò anche sui loro
piatti, con
l'atteggiamento superiore di chi non gliene frega niente, sentendosi
ancora padrona di quella locanda e Regina dei Pirati. Rocker
battè
un pugno sul tavolo, alzando lo sguardo alla ragazza che le passava
davanti.
«Mocciosa!
Guarda dove vai!» abbaiò furioso e Priscilla si
fermò,
lanciandogli dall'alto un'occhiataccia furiosa. Si voltò
rapidamente
e gli piazzò il piede destro sul petto con tale foga da
sbilanciarlo
indietro. Sarebbe caduto a terra se una ventata non l'avesse spinto
nella direzione opposta, tenendolo così in una situazione di
equilibrio perfetto. Priscilla si piegò in avanti e
tornò a
poggiare un gomito al proprio ginocchio, puntando gli occhi a quelli
dell'uomo che teneva sotto al proprio piede.
«Qualcosa
non va, cagnolino?» chiese rallentando la voce nel
pronunciare il
nomigliolo attribuitogli, assumendo quasi un tono suadente
benché
minaccioso. Rocker sbatté gli occhi un paio di volte,
certamente
scosso dalla posizione appena assunta, ma in quel momento la gamba di
Priscilla, ben vicino a lui, aveva di più la sua attenzione,
fino
allo stacco di coscia pronunciato anche dai suoi pantaloncini. Ed era
ubriaca. Era palesemente ubriaca fradicia.
Forse
avrebbe potuto ottenere dei vantaggi da quella situazione, se se la
fosse giocata bene. Allungò il volto in un malizioso
sorriso, e
disse provocatorio: «Vuole punirmi, capit-aaahhh».
L'urlo
terrorizzato interruppe il suo tentativo di abbordaggio nell'istante
in cui un fulmine, arrivato da chissà dove, gli era passato
sopra la
testa tagliando via di netto entrambe le enormi ciocche dei suoi
capelli e lasciando al loro posto solo qualche ciuffo ancora fumante
e abbrustolito. Si portò le mani alla testa ora crespa,
tastando per
studiarne i danni e controllando con incredulità se fosse
ancora
vivo. Con una serietà decisamente strana per una gilda come
Fairy
Tail, tutti, nessuno escluso, interruppero qualche secondo le loro
attività per guardarlo e negare rassegnati con la testa,
come a
suggerirgli che avesse commesso il più grosso e banale degli
errori.
Persino Baccus, che non conosceva né la gilda né
i retroscena di
quella ragazza, si unì al loro triste negare. Solo qualche
istante,
poi tutti tornarono alla loro serata come se non fosse successo
niente, con un Rocker che ancora piangeva di terrore e di dolore per
i capelli persi per sempre.
«Bene!»
esclamò Priscilla, interpretando quel suo modo di fare come
una
risposta alla sua domanda, come se avesse vinto lei. Diede la spinta
decisiva al petto di Rocker e smise di sostenerlo con il suo vento,
facendolo cadere di colpo a terra e tramortendolo definitivamente. La
spinta le era servita per tornare con entrambi i piedi sul tavolo, ma
il giramento di testa per l'alcol fu più forte e lei si
ritrovò a
barcollare per qualche attimo prima di cadere all'indietro senza
più
equilibrio. Con le braccia spalancate cadde di schiena verso i tre
Cuccioletti rimasti, prendendo il primo con una testata e gli altri
due con rispettivamente la mano destra e sinistra. Li
trascinò tutti
a terra, insieme a lei, facendo sbattere a tutti la testa e
tramortendo anche loro in quell'ultimo colpo. Si guardò
attorno e
quando notò i tre uomini stesi e fuori combattimento
scoppiò a
ridere e alzando i pugni al cielo gridò: «Dieci
punti a Fairy Tail
B!»**
Si
rialzò fiaccamente, calpestando senza pudore ciò
che restava dei
corpi dei tre poveri Cuccioletti vittime innocenti, e
barcollò fino
al tavolo di Laxus. Si lasciò cadere tra Bickslow e Fried, e
poggiò
la testa sul tavolo sospirando.
«Laxus,
torniamo in hotel?» mormorò. «Quei tizi
mi hanno fatto venire mal
di testa».
«Credo
che la colpa non sia esattamente la loro» rispose lui,
infastidito.
«Ma
io voglio andare a letto» piagnucolò.
«Fatti
portare da qualcun altro, io non ho ancora finito» rispose
bevendo
un altro sorso dal suo boccale. La sera prima era andata esattamente
come quella, lei aveva bevuto eccessivamente e lui era stato
costretto ad occuparsene, con un risultato che avrebbe volentieri
evitato di replicare.
«Ma
io voglio andare con te!» insisté, capricciosa,
prima di stendere
le braccia in avanti e aggiungere con un sorriso intenerito:
«Così
facciamo la doccia insieme come ieri».
Per
poco Laxus non si strozzò con il sorso di birra che aveva
buttato
giù in quel momento e l'imbarazzo aumentò a
dismisura quando
alzando lo sguardo trovò gli occhi di tutte e tre i suoi
compagni
puntati a lui, strabuzzati, e le bocche spalancate.
«Non
abbiamo fatto la doccia insieme!» tentò di
difendersi, lasciando
trapelare più nervosismo di quanto fosse necessario.
«Che
dici?» chiese Priscilla, offesa. «Ricordo
perfettamente: eri tutto
bagnato. E anche io lo ero! Poi tu hai aiutato me a spogliarmi... e
io ho iniziato ad aiutare te... e poi... e poi... mh...»
mormorò
alzando gli occhi arrossati per la stanchezza al soffitto,
concentrandosi per ricordare. Laxus ebbe l'istinto di iniziare ad
urlare, ma era fin troppo sconvolto e pieno di vergogna anche solo
per provarci. Non erano informazioni sbagliate, ma messe in quel modo
era sicuramente equivoco e la cosa lo irritava fino alla follia, ma
il suo orgoglio gli impediva di darne dimostrazione. Sapeva che un
atteggiamento come quello avrebbe solo fomentato le idee, piuttosto
che smorzarle. Perciò, nella confusione, non
riuscì a fare altro
che restare paralizzato come uno di quegli animali che attivavano
come meccanismo di difesa contro i predatori la finta morte.
«E
poi cosa è successo? Non me lo ricordo»
confessò lei,
massaggiandosi la testa affaticata.
«Ti
sei addormentata» mormorò lui, non sapendo che
altro fare se non
risponderle.
«Sei
andato in bianco, eh?» sghignazzò Evergreen,
tirandogli un paio di
gomitate.
«Non
è andata affatto così» disse lui,
cercando di mantenere la calma
nonostante dentro stesse esplodendo.
«Certo
che non è andata così!» si
alzò Fried, tremando dalla rabbia.
«Davvero credi alle parola di una come lei piuttosto che a
Laxus?!
Sei o non sei un Raijinshuu, Ever! È ovvio che si
è inventata
tutto, fino all'ultima parola!»
«Perché
ti scaldi tanto?» chiese confuso Bickslow. Laxus si
alzò, lasciando
il boccale praticamente a metà sul tavolino, e senza dire
una parola
si avvicinò a Priscilla. Tenerla ancora lì stava
cominciando a
diventare persino pericoloso, perciò la prese in braccio e
senza
dire una parola uscì dalla locanda deciso a portarla in
hotel come
aveva chiesto. I Raijinshuu lo guardarono, cercando di capire cosa
esattamente l'avesse convinto ad accettare la richiesta di Priscilla,
ma probabilmente la risposta era data dal fatto che lei aveva
già
cominciato ad addormentarsi sul tavolo.
«Dicono
che ieri sera Pricchan abbia dormito senza pantaloni» disse
improvvisamente Evergreen, con una certa serenità visto che
per lei
non era niente di strano che tra quei due stesse finalmente nascendo
qualcosa. Bickslow si portò invece le mani alla testa dalla
disperazione, chiedendosi probabilmente perché non fosse
toccato a
lui, e si deprimette subito dopo.
«Devo
lasciargli il passo, non ho speranze contro Laxus»
biascicò,
abbattuto.
«Su,
su, vedrai troverai qualcun’altra» provò
a rincuorarlo Evergreen,
divertita, per poi notare al suo fianco anche Fried abbattuto e
ricoperto di lacrime.
«Tu
perché stai piangendo, ora?» chiese, storcendo il
naso, ma non
ricevette risposta alcuna.
Laxus
tenne Priscilla sollevata per le gambe, poggiata al proprio petto,
permettendole così di appoggiare la testa sulla sua spalla e
cominciare a sonnecchiare. Le braccia avvolte intorno al suo collo
per reggersi, anche se erano abbastanza morbide, visto la stanchezza.
Il cappotto che portava ancora sulle spalle ondeggiava davanti a lui
e continuava a coprirla proteggendola così almeno dal fresco
della
notte.
Camminavano
ormai da minuti, quando sentì all'improvviso la presa di
Priscilla
intorno al proprio collo farsi più stretta e il viso
schiacciarsi di
più sulla sua spalla. Non dormiva, lo sentiva, e sicuramente
stava
pensando a qualcosa.
«Laxus»
un sussurro, addolorato e affaticato.
«Mh?»
chiese semplicemente.
«Non
smetteremo mai di bere, mangiare e ridere insieme... Vero?»
la sua
voce trasmetteva tutto il dolore che quella frase portava con
sé. La
paura di veder sparire per sempre quei giorni felici, la paura che
ancora tornava perché serate come quelle erano la cosa
più bella
che le fosse mai capitato.
«Non
devi più preoccuparti di questo, lo sai?» disse in
un sospiro,
cercando come poteva di esserle di conforto.
«Ho
ripensato al funerale di Lisanna» confessò,
nascondendo i propri
occhi completamente nell'incavo del collo del ragazzo e stringendolo
maggiormente.
«Penso
tu debba smettere di bere così tanto»
l'ammonì, chiedendosi come
fosse stato possibile che tra le risate e gli scherzi si fosse messa
a pensare a qualcosa di tanto deprimente.
«No,
l'ho pensato durante l'incontro, non stasera» disse.
«Elfman era
disperato, Mirajane è diventata praticamente un'altra. Quel
giorno
mi rimproverasti perché sembravo insensibile. Lo
ricordi?»
«Sì,
lo ricordo» le diede corda.
«Ora
riesco a capirli» ammise con la voce rotta dal dolore.
«Se tu
morissi... penso che cercherei di morire insieme a te».
«Che
sciocchezza» commentò Laxus, riuscendo a
nascondere lievemente la
sensazione di fastidio per quella frase. Non tanto per aver
ipotizzato la sua morte, quanto per l'aver ammesso che avrebbe
cercato di uccidersi. Per lui. Era follia. Non doveva nemmeno
pensarlo.
«È
la verità» insisté. «Resta
sempre con me, ti prego».
Un
dolore al petto, inspiegabile, e come un macigno gli tornò
in mente
tutto quello di cui era consapevole. Dalla sua assillante presenza
quando erano ragazzi, ai suoi occhi brillanti quando lui la
coinvolgeva nei giochi quando erano bambini, i suoi sorrisi e la sua
gioia svanita il giorno che avevano litigato, i mesi reclusa, dove
era caduta nel baratro del "mago più scarso di Fairy Tail",
gli esami che si era rifiutata di fare. Ogni cosa... persino il bacio
della sera prima. Priscilla provava per lui qualcosa di molto
più
intenso di semplice affetto, riuscì a comprendere il
significato
delle sue parole il giorno in cui gli aveva confessato tra le lacrime
che lui era la sua ragione di vita.
Il
non avere idea di come gestire tutto quello, la paura di ferirla
qualsiasi cosa avrebbe fatto o detto, tutto era così
insostenibile.
«Pricchan...»
mormorò, corrucciato. «Tu non ricordi proprio
niente di ieri sera,
oltre alla doccia?»
Una
domanda improvvisa e inspiegabile, ma gli diede comunque la sua
attenzione.
«No...
perché? Ho fatto qualcosa di strano?» chiese
ridendo preoccupata,
chiedendosi quale bizzarro evento avesse sconvolto a tal punto Laxus.
Forse aveva di nuovo improvvisato una ciurma di pirati?
«No,
non hai fatto niente» disse, abbozzando un sorriso per
tranquillizzarla. Forse era meglio così, tenerlo custodito,
in uno
scrigno sicuro. Finché non sarebbe stato scoperto del tutto,
chissà,
forse avrebbe ancora potuto proteggerla. Non era poi l'unica a
desiderare di tenerla con sé per sempre e se avesse permesso
a tutto
quello di uscire fuori non avrebbe potuto controllarlo. Il suo
egoismo, non avrebbe potuto evitare di ferirla con esso. Lei doveva
essere libera, era tutto ciò che desiderava, libera
dall'assurda
vita che il folle chiamato padre le aveva costruito. Libera da
qualsiasi catena, persino da quelle che la legavano a un bambino di
cui "doveva occuparsi". Non sarebbe stato giusto, non
avrebbe potuto accettarlo, visto che d'altra parte quel bambino non
aveva fatto che ferirla per tutta la loro vita. Sarebbe cambiato,
quel potere che aveva accudito così a lungo e con tanta
fatica non
l'avrebbe più usato per ferirla ma per proteggerla, da quel
momento
in poi. Proteggerla... anche da se stesso. Se tutto quello fosse
venuto fuori, un giorno, avrebbe sicuramente provocato una rottura di
qualche sorta e se lei si fosse allontanata non sarebbe stato in
grado di portare avanti quell'obiettivo. Tutto doveva restare
esattamente com'era in quel momento, senza avvicinarla
perché
avrebbe stretto ancora di più la catena del suo collo,
né
allontanarla perché altrimenti non avrebbe avuto potere
sufficiente
a per prendersi cura di lei. Una promessa silenziosa, un dovere di
cui si sentiva obbligato, un senso di colpa che probabilmente non
avrebbe mai dissipato del tutto. In quei momenti si sentiva un po'
come Gerard, era stato accecato così a lungo, aveva fatto
cose
orribili che per sempre l'avevano macchiato, aveva persino ferito la
persona più importante della sua vita. Forse per quel motivo
quando
Priscilla gli aveva spiegato il suo piano per farlo infiltrare,
renderlo Mistgun, aveva accettato praticamente nell'immediato. Poteva
comprenderlo, erano uguali. Colpevoli e vittime, non potevano far
altro che prendere l'unica decisione che al momento sembrava sensata:
dedicare il resto della vita ad espiare le proprie colpe. E comunque
non sarebbe stato lo stesso abbastanza.
«Pensa
a riposare, adesso. Ci penso io a tutto quanto» riportarla in
hotel,
aiutarla nel mettersi il pigiama, metterla a letto. Avrebbe pensato a
tutto lui... per il resto della vita.
"Questo
è Laxus, è tuo fratello. Occupati di lui"
un promessa che lei aveva fatto il primo giorno che era venuta al
mondo, di fronte a un padre dispotico e sadico. Quelle stesse parole,
che per anni aveva ignorato, ora se ne sarebbe fatto carico al posto
suo. Priscilla si sarebbe liberata da ogni macigno che lui avrebbe
preso, masso dopo masso, sulle proprie spalle. Era una promessa
silenziosa.
La
sentì respirare pesantemente, vicino al proprio orecchio. La
delicatezza di una bambina, l'accenno di una leggera ronfata aiutata
dalla serenità che provava in quel momento. Ne sorrise,
ascoltandola
compiaciuto, ed infine esternò la sua promessa sigillandola
in
quell'attimo.
«Mi
occuperò io di te».
NDA
*Avendo
modificato un po’ gli incontri per permettere a Priscilla di
partecipare e scontrarsi con Kurohebi, per questioni di trama, dovevo
trovare poi il modo di far tornare però i numeri alla fine
xD
comunque Mirajane doveva vincere quei dieci punti per fare in modo
che tutto tornasse come doveva, perciò ho un pochino
modificato le
cose trasformando l’incontro Mirajane/Jenny in una gara di
bellezza
tra tutte.
**DIECI
PUNTI A GRIFONDORO!
.....Scusate,
dovevo.
|
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Capitolo 51 *** Fairy Shot ***
Fairy
Shot
Era
il terzo giorno dei Grandi Giochi della Magia, a metà
dell'evento, e
la classifica aveva già avuto i primi accenni di
un'instabilità
sorprendente, considerata l'ascesa di Fairy Tail e il declino di
Sabertooth. Al primo posto si era piazzata Raven Tail, con i suoi
metodi poco accettabili ma sempre funzionali che l'avevano portata ad
avere una notevole disparità rispetto al resto delle gilde.
Sabertooth, con i zero punti del giorno precedente, era decaduta a un
sorprendente ma pur sempre dignitoso secondo posto. Lamia Scale,
Mermaid Heel e Blue Pegasus seguivano con una differenza di un paio
di punti tra loro. Quatro Cerberus, come da scommessa, aveva cambiato
il suo nome in Quatro Cuccioletti ed era decaduta al sesto posto
nonostante la forza di Baccus dalla loro parte e il primo posto
conquistato nella gara del giorno prima. Fairy Tail B e A erano
sempre agli ultimi posti, ma avevano comunque cominciato a
collezionare i loro primi pericolosi punti, tanto da metterli alla
pari di Quatro Cerberus e solo cinque punti di distanza da Blue
Pegasus. Il resto delle gilde, soprattutto coloro che avevano
già
avuto modo di conoscere la potenza nascosta di Fairy Tail in passato,
potevano sentire il loro fiato sul collo e la cosa li metteva in
particolare disagio.
I
preparativi di quella mattina erano terminati da poco, il pubblico
era già pronto e aveva cominciato da un po' a far sentire la
sua
voce in un coro sempre più confusionario nel loro sostenere
tutte e
otto le squadre. Chapati aveva di nuovo cambiato parrucca ed era
già
da un po' che dava fiato alla gola, commentando l'inizio di
quell'entusiasmante terzo giorno. Al suo fianco, come d'abitudine,
era pronto a intervenire anche Yajima e come ospite del giorno era
stato invitato Lahar, il capitano della squadra di custodia forzata
del Consiglio della Magia. Le squadre erano già pronte,
ognuno ai
propri posti, per scendere in campo alla gara del giorno.
«La
gara di oggi sarà Pandemonium! Ci sarà un
partecipante per ogni
gilda e come le volte precedenti non appena essi saranno stati decisi
spiegheremo le regole di questa gara» disse Chapati,
cominciando
successivamente a fagocitare commenti sulle varie squadre, ipotesi
sulla gara in preparazione e sui futuri risvolti. Tutto questo per
dar tempo a ciascuna squadra di schierare il proprio campione.
«Pandemonium»
mormorò Laxus, pensieroso.
«Questa
volta non abbiamo molte informazioni che possano suggerire che tipo
di gara sia. Le volte precedenti siamo stati un po' avventati, forse
ci conviene ragionare un po'» provò a suggerire
Lluvia.
«Nascondino
era più indicato per Priscilla e invece abbiamo schierato
Lluvia,
mentre Chariot era l'unica gara a cui non avrebbe dovuto partecipare
Gajeel... ma Pandemonio... cosa potrebbe essere?» si chiese
Mirajane, portandosi un dito al mento.
«Il
nome suggerisce qualcosa di caotico, forse dovremmo puntare sulla
forza e resistenza fisica?» osservò Lluvia e
Mirajane annuì prima
di provare a suggerire: «Forse questa volta sarebbe
più indicato
Laxus?»
«Mandate
me» intervenne improvvisamente Priscilla, con uno sguardo
più cupo
e severo di quanto si fossero aspettate. «Capisco i vostri
discorsi,
penso abbiate ragione, ma...» serrò la mascella e
si corrucciò,
tesa per qualche motivo. «Io...» tentò
di nuovo, ma era come se
non sapeva in che modo avrebbe potuto formulare i suoi sentimenti in
maniera adeguata. La mano destra, ora libera, che portava il simbolo
di Fairy Tail si strinse tanto che avrebbe potuto affondare le sue
stesse unghie nella carne. Li aveva traditi, il giorno precedente
sentiva di averli traditi regalando al nemico una vittoria immeritata
e ingiusta. Non riusciva a vivere ancora con il senso di colpa,
doveva riprovarci, riscattarsi. Notò lo sguardo preoccupato
e poco
convinto di Mirajane e Lluvia, sapevano che quella richiesta non
aveva niente a che vedere con il loro ragionamento di scegliere la
persona più indicata invece di andare a istinto, e forse il
sapere
che Raven Tail era ancora lì, pronta a turbarla, le
preoccupava un
po'. Lo sapeva, lo sapeva benissimo, e sapeva che la stessa Raven
Tail avrebbe potuto nuovamente ingannarla e giocarsi di lei per avere
la meglio, ma quel desiderio era troppo forte per essere ignorato.
«Per
favore» supplicò, irrigidendosi.
«Forza
e resistenza comunque non ti mancano» disse Laxus.
«E
quando si parla di caos è difficile non pensare a una
pazzoide
schizzata come te» grugnì anche Gajeel, che per
quanto avesse il
desiderio di lanciarsi contro ogni sfida a petto duro, era persino
lui disposto a mettersi da parte. Riuscivano a comprenderla,
riuscivano a sentirlo quel desiderio sfrenato di riscattare il
proprio posto all'interno di quella gilda. Loro avevano sempre fatto
molto per lei, desiderava ripagarli in qualche modo e visto il
fallimento del giorno prima il desiderio era diventato ora
più
intenso. Un modo, forse, per chiedere scusa.
«Non
sappiamo cosa ci aspetta, perciò non possiamo prepararci
prima, ci
vuole capacità di improvvisazione e adattamento... tra tutti
credo
tu sia effettivamente la più indicata. Io mi
fido!» sorrise infine
Mirajane.
«Lluvia
è ancora preoccupata» confessò invece
Lluvia, ma questo non la
portò a opporsi. Priscilla abbandonò
l'espressione costernata che
aveva, ammorbidendosi e tornando lentamente a sorridere.
«Grazie!»
disse sincera.
«Cerca
solo di non strafare» disse Laxus. Un avvertimento non troppo
chiaro, ma che in realtà conservava dentro sé
un'intensa
preoccupazione. Non avrebbe più voluto andare a raccoglierla
in
lacrime, non avrebbe più voluto tormentarsi con l'angoscia
che quei
folli avrebbero potuto farle del male da un momento a un
altro.
«Va
bene!» sorrise e infine uscì nei corridoi,
dirigendosi verso
l'ingresso dell'arena.
«Ecco
che vediamo i primi partecipanti fare il loro ingresso! Pare che le
gilde abbiano finalmente deciso chi schierare dalla loro
parte!»
commentò Chapati, alzandosi in piedi per l'eccitazione.
«Per Fairy
Tail A ecco vediamo scendere in campo Erza! Uno dei maghi
più
potenti che la gilda dispone il cui soprannome leggendario non sfugge
a nessuno: Titania! Per Mermaid Heel scende in campo Miriana! La
gattina sarà in grado di mantenere alto l'orgoglio femminile
della
sua gilda? Per Raven Tail vediamo fare il suo debutto Obra!
Silenzioso e misterioso, scopriremo quali poteri cela dietro la sua
maschera? Ecco anche il campione scelto da Fairy Tail B: Priscilla!
Dopo l'inspiegabile declino di ieri la vedremo nuovamente rialzarsi
in una bufera di vento e ghiaccio? Oh, ecco anche il campione di Blue
Pegasus! Hibiki! L'uomo che ogni donna sogna al proprio fianco. E
anche Sabertooth ha preso la sua decisione, vediamo fare il suo
ingresso Orga, il Dio del fulmine nero! Anche i Quatro Cuccioletti
schierano il loro campione scegliendo tra i loro membri di mandare
Novally! Torneranno a essere wild? E per ultima Lamia Scale
rappresentata da Jura, una delle stelle di questo torneo in quanto a
mago sacro! Che gara incredibile, si ritroveranno faccia a faccia dei
pilastri sacri della storia della magia come Jura e Titania, senza
dimenticare di Orga che nella battaglia di due giorni fa ha sconfitto
il suo avversario con un solo colpo. Yajima-san, cosa pensa di queste
scelte?» si voltò già sudato per
l'emozione crescente.
«Di
qualsiasi cosa si tratti sarà un vero e proprio scontro tra
titani,
vedremo sicuramente cose molto interessanti. Sono davvero
curioso»
commentò Yajima.
«Sentiamo
ora le regole di questa sfida!» disse Chapati, lasciando la
parola a
Mato, l'uomo Zucca.
Dal
centro dell'arena, ben prima che Mato potesse cominciare a parlare,
nacque e si erse un enorme struttura dall'aria sinistra. Sembrava un
enorme castello dell'orrore, con scheletri e Gargoyle, potevano
sentirne il fetido odore arrivare fin lì.
«Pandemonium
è il tempio dove si annidano i mostri maligni!»
disse Mato,
presentando la struttura. «Questa è
l'ambientazione! Dentro al
tempio ci sono cento mostri. Beh, li chiamiamo così, ma sono
in
realtà oggetti magici che abbiamo creato noi stessi
perciò non
attaccheranno nessuna delle persone del pubblico, potete stare
tranquilli. I mostri sono divisi in cinque livelli di potenza: A, B,
C, D e S. I mostri di classe S sono i più forti, all'interno
ce n'è
uno solo. I mostri di classe A sono leggermente più deboli
di S e
così a scendere la B, C, e D. Come dicevo di classe S ce
n'è uno
solo, di A ce ne sono quattro, di B quindici, C trenta e D cinquanta
per un totale di cento. Per farvi capire la difficoltà della
prova,
ecco un video di uno dei mostri di classe D» disse e una
Lachryma
Vision mostrò loro un gigantesco essere, ruggente e
famelico, con
semplicemente camminando e muovendosi distruggeva ogni cosa intorno a
sé.
«Perciò
sarà una caccia al mostro» mormorò
Priscilla, cominciando a fare
le prime valutazioni.
«Quello
è solo un classe D?» tremò Novally.
«A
salire di livello la potenza sale esponenzialmente»
spiegò ancora
Mato. «Il classe S ha una forza tale che nemmeno uno dei
dieci maghi
sacri avrebbe certezza di sconfiggerlo» e quell'ultima
informazione
diede molto da pensare a Jura, che rientrava proprio in quella
categoria.
«Ciascuno
di voi entrerà a turno e sceglierà il numero di
mostri da
affrontare. Questo si chiama "diritto di sfida". Se ad
esempio un concorrente sceglie tre, appariranno tre mostri e se
sarà
in grado di sconfiggerli otterrà tre punti. Il successivo
concorrente può quindi esercitare il proprio diritto di
sfida sui
rimanenti novantasette mostri. Si procederà a turno fino a
che il
numero dei mostri non arriverà a zero e a quel punto si
conteranno i
punti».
«È
praticamente un gioco di calcolo» disse Miriana.
«Esatto!»
confermò Mato. «Saper valutare la situazione
diventa molto
importante. Comunque, come dicevo prima, i mostri hanno dei gradi ma
che scegliate un mostro o cinque, il sistema è progettato
affinché
compaiano casualmente».
«In
altre parole è necessaria una sorta di strategia per evitare
di
evocare il classe S» disse Hibiki, pensieroso e
già sorridente,
consapevole che la sua strategia di calcolo e grande intelligenza gli
avrebbe giocato un grande favore.
«Se
compaiono a caso, quella strategia non funzionerà»
commentò Orga
di Sabertooth.
«No,
invece. Con il mio Archive e un buon calcolo delle
probabilità è
possibile mettere a punto una strategia vincente» sorrise
invece
Hibiki.
«I
punti vengono assegnati in base al numero di mostri sconfitti, senza
considerare il loro grado!» aggiunse poi Mato. «Una
volta entrati
nel tempio, inoltre, non potrete ritirarvi fino a che non avrete
vinto».
«E
se si viene sconfitti?» chiese Novally.
«Allora
il numero dei punti che avrete guadagnato fino ad allora
rimarrà
invariato, il numero di vittorie per quel turno verrà
considerato
zero e perciò uscirete in questo modo»
spiegò Mato.
«È
più complicato di quanto sembri»
mormorò Priscilla, pensierosa.
«Non bisogna né strafare né essere
troppo coscienziosi, o si
rischia in ogni caso di restare indietro».
«Detto
questo! Ciascuno estragga il proprio numero!» disse Mato,
mostrando
una scatola con una serie di bastoncini che ne uscivano.
«Deciderà
l'ordine dei partecipanti che entreranno nel tempio».
Ciascun
partecipante si avvicinò a Mato, uno alla volta, ed estrasse
il
proprio bastoncino per il sorteggio. La prima che sarebbe dovuta
entrare fu Erza, mentre a Priscilla toccò il numero otto,
l'ultimo.
«Essere
ultima del primo giro darà un vantaggio numerico agli altri,
ma può
aiutarmi però a prendere delle decisioni più
ponderate e puntare
meno sulla fortuna» rifletté con attenzione.
«Bene»
sorrise Erza. «Sapevo che questo gioco si basava sulla
fortuna del
numero estratto».
«Numero
estratto?» mormorò Priscilla, guardando Erza con
curiosità.
«Beh,
no!» provò a correggerla Mato. «In
realtà... come posso dire? Si
basa sul saper valutare la situazione...»
«No»
lo interruppe Erza con un sorriso.
«Quella
faccia non mi piace» si corrucciò Priscilla,
cominciando a capire
che avesse qualcosa per la testa.
«Questo
gioco finisce qui» disse infine Erza. «Esercito il
mio diritto di
sfida su tutti e cento i mostri!»
«Tutti?!»
sussultò Priscilla con un urlo, pallida in volto.
«A-aspetta!
Non è previsto che una persona riesca a sconfiggerli tutti
in una
volta!» provò a intervenire Mato, altrettanto
sconvolto.
«Erza!!!
Come puoi farmi questo? Se li batti tutti tu a noi che
resta?!»
lamentò Priscilla, sollevata in aria prese a
sgambettare
roteare su se stessa, agitandosi per scaricare la tensione.
«È
convinta che li batterà tutti?» sibilò
Novally.
«Non
è giusto! Arbitro!» si impuntò
Priscilla.
«Beh...
non esiste una regola specifica in merito,
però...» balbettò lui.
«Se
non esiste una regola allora posso farlo. Entro» disse Erza,
camminando all'interno del tempio.
«Uffa!»
bofonchiò Priscilla, incrociando le gambe seduta a mezz'aria
e si
rannicchiò, imbronciandosi come una bambina.
«Questa me la paghi»
decretò infine.
L'incontro
di Erza venne trasmessa dai Lachryma Vision e tutti poterono
perciò
assistere allo spettacolo di Titania, la fata danzante. Uno dopo
l'altro, colpo dopo colpo, i mostri cominciarono a cadere
giù. Erza
non fu immune alla loro furia, ne subì di altrettante e
più il
livello dei mostri aumentava più cadeva in
difficoltà, ma secondo
la logica e il morale di Fairy Tail si rialzava sempre e tornava a
combattere più agguerrita di prima. Il numero degli Requip
salì
molto, mostrando numerosi lati di sé a seconda
dell'avversario che
aveva di fronte. Ricoperta di ferite, con i vestiti logori, Titania
si rialzava sempre e abbatteva vertiginosamente il numero dei nemici
sotto lo sguardo attonito di chi di Fairy Tail aveva sempre e solo
sentito parlare male. Chi non ricordava i tempi d'oro, prima della
scomparsa del gruppo di Tenroujima, chi li conosceva sempre e solo
per i loro fallimenti. Erza, che ne fosse uscita vittoriosa o meno,
stava comunque portando con sé il nome di Fairy Tail per
farlo
brillare di una gloria inaspettata. E persino Priscilla, offesa per
essere stata lasciata indietro e non averle concesso la
possibilità
di riscattarsi, sorrise alla fine orgogliosa. Quella era Erza, una
delle maghe più eccezionali che la loro gilda conoscesse,
una delle
maghe più incredibili al mondo. Lei era sua amica, lei era
la sua
famiglia, e al suo fianco di fronte a tutti quei mostri risplendevano
le anime e i cuori di tutti i membri della gilda. Nessuno avrebbe
più
avuto il coraggio di ridere di loro.
Per
ultimo, anche il mostro di classe S venne distrutto, e Erza ferita,
affaticata, piena di sudore e sangue, non cedette nemmeno di fronte
ad esso. Alzò orgogliosa la sua spada, in onore di una gilda
di cui
aveva portato fiera il nome. Il coro di eccitazione e festa esplose
nell'arena, coinvolgendo addirittura le gilde avversarie, affascinate
nell'avere tra le file dei propri avversari persone di quel calibro e
potenza.
«Erza
Scarlet di Fairy Tail A ha dominato la scena!»
ruggì Chapati con
tanta foga che la voce venne persino a mancargli. «Una
vittoria che
non ammette discussioni! Sentite l'enfasi del pubblico, ancora non
riesce a fermarsi nonostante la sfida sia terminata già da
qualche
minuto!»
Ad
accoglierla fuori dal tempio Erza trovò la propria gilda in
visibilio, caotica come sempre, un infinito coro di applausi e urla
di incoraggiamento, e parole di ammirazione persino da parte di
avversari anche notevoli. Una vittoria su tutti i fronti per Fairy
Tail.
«Fairy
Tail A guadagna così dieci punti!»
annunciò Chapati e il suo
commento si portò avanti per infiniti minuti, su quanto
appena
successo nel Pandemonium, mentre gli organizzatori discutevano tra
loro il da farsi. Fino a quando Mato non tornò all'arena
insieme a
uno strumento magico. Una grande palla, una Lachryma sicuramente,
sorretta da una struttura volante.
«Dopo
un'attenta analisi siamo giunti alla conclusione che le altre squadre
devono comunque completare la classifica. È un po' banale,
ma
abbiamo preparato un gioco molto semplice» spiegò
Mato, indicando
l'oggetto al suo fianco. «Questo è il
Magic Power Finder,
l'MPF».
«In
pratica dovremo perciò confrontare solo il nostro potere
magico»
disse Hibiki, che informato sempre su ogni cosa non poteva non
conoscere uno strumento come quello. «Questo potrebbe
mettermi in
una situazione di svantaggio. A proposito, Priscilla-san, non ti ho
ancora detto che sono molto felice di rivederti. Sei molto
più bella
rispetto all'ultima volta che ci siamo incrociati» disse,
provando
ad avvicinarsi alla ragazza che con uno sguardo inebetito chiese:
«Eh? Ci conosciamo?»
«Abbiamo
combattuto insieme Nirvana» piagnucolò Hibiki,
ferito
tremendamente. Non era frequente che una ragazza non solo non si
abbandonasse alle sue avance, ma che addirittura non lo riconoscesse.
Priscilla si portò pensierosa un dito al mento, sforzandosi
di
ricordare e accompagnando quello sforzo da una serie di «Mh?
Mh!
Mh...» per poi illuminarsi con un: «Ah!»
Hibiki
tornò a sorridere, felice che si fosse ricordata, ma poi
Priscilla
tornò a concentrarsi e disse: «No»,
confermando che di chi si era
ricordata non era certamente lui.
«Continueremo
con l'ordine stabilito prima» disse Mato, ignorando la scena
tra i
due concorrenti, e Miriana si fece avanti già carica.
«Bene,
inizio io allora!» disse cominciando a caricarsi di energia.
«Vado!
Kitten Blast!» disse e lanciando le mani in avanti una serie
di
fruste, simili a code di gatto, nacquero dai palmi delle sue mani e
colpirono la Lachryma. Dei numeri nacquero appena sopra di esso,
salendo rapidamente fino a fermarsi sulla cifra di 365.
Dal
pubblico non arrivò nè approvazione né
dispiacere, semplicemente
rimasero confusi e pensierosi. «Non avendo termini di
paragone non
sappiamo dire se sia un valore alto o meno» disse Chapati,
dando
voce al pensiero di tutti i presenti.
«Quello
strumento lo usiamo anche noi cavalieri della runa per
allenarci»
spiegò Lahar. «È un valore alto!
È sufficiente a diventare
capitano di squadra».
«Il
prossimo è Novally dei Quatro Cuccioletti!»
annunciò Chapati,
guardando il ragazzo avanzare verso la Lachryma e infine
colpirla.
«Punteggio
124, un po' bassino, eh?» commentò sempre lui,
guardando i numeri
che andavano formandosi sopra la Lachryma.
«È
il mio turno» si fece avanti Hibiki, sistemandosi con
orgoglio la
cravatta. Come i suoi avversari precedenti, caricò il colpo
e infine
centrò la Lachryma con tutto il potere che aveva.
«Solo
95 punti per Blue Pegasus!» commentò
Chapati.
«Povero
me» piagnucolò Hibiki, tornando avvilito al
proprio posto.
«Forse
è per questo che non mi ricordo di te, non sei molto
forte» disse
Priscilla allegra, ma per quanto, a parer suo, dovesse essere una
giustificazione in grado di tirarlo su di morale invece lo
abbatté
ancora di più e Hibiki finì la sua gara steso a
terra,
completamente demoralizzato.
«Il
prossimo è Obra, di Raven Tail» chiamò
Mato, invitando l'uomo ad
avvicinarsi. Priscilla perse momentaneamente la brillantezza del suo
viso, osservandolo con una certa inquietudine. Quello era uno degli
uomini di suo padre, aveva già avuto l'onore di scontrarsi
con uno
di loro e non era stato affatto semplice. Certo era che una gara come
quella non dava molto spazio a scorrettezze, perciò rimase
semplicemente attenta e curiosa. Quanto poteva essere forte? Quanto
avrebbe dovuto impegnarsi per riuscire a superarlo? L'avrebbero di
nuovo costretta ad abbassarsi e sottostare ai loro desideri?
Obra
spalancò le braccia e lo stesso esserino scuro che aveva
attaccato
Wendy partì rapidamente, tirando alla Lachryma una spallata.
Fu
Mato a dare voce al risultato che tutti vedevano: «Quattro
punti!»
«Scherziamo?!
Se starnutissi farei molto meglio!» scattò nervosa
Priscilla, colta
da una furia accecante. Che razza di scherzo era quello?
«Davvero
una sfortuna, ma la prova non può essere ripetuta»
disse Mato,
guardando Obra tornare al suo posto sotto lo sguardo sempre
più
infuocato di Priscilla.
"È
un insulto! Certo! È questo il motivo! Ci hanno umiliato e
ora fanno
finta di essere degli sprovveduti, così da farci sfigurare
come
quelli che hanno perso contro degli escrementi simili!"
pensò
sempre più furiosa, vergognandosi enormemente per aver perso
l'incontro del giorno prima contro uno di loro.
«Orga
di Sabertooth è il prossimo!» chiamò
ancora Mato, mentre l'enorme
uomo dal petto nudo e i tatuaggi sulle braccia avanzava verso la
Lachryma. Fulmini neri scaturivano dalle sue mani, carico come una
batteria. Il pubblico urlò incoraggiante ed entusiasta,
festeggiando
già quello che a parer loro era sicuramente il vincitore.
Caricò il
colpo a due mani, un'ondata di elettricità scura che
colpì la
Lachryma tanto da farla vacillare e il punteggio fu ben visibile a
tutto pochi istanti dopo.
3825.
«Incredibile!
Con un colpo micidiale Orga fa un salto in avanti non indifferente,
mettendo tra lui e gli altri avversari una distanza praticamente
dieci volte maggiore» commentò Chapati con gli
occhi luminosi
dall'eccitazione.
«C'era
da aspettarselo» mormorò Priscilla, per niente
sorpresa. Non
sarebbe stato il God Slayer del tuono, se non fosse stato in grado di
così tanto.
«Bene,
vediamo ora Jura, uno dei dieci maghi Sacri. Sarà in grado
di
sorpassare quel risultato?» chiese Chapati, guardando l'uomo
vestito
praticamente da sacerdote che con un sorriso sicuro si avvicinava
alla Lachryma.
Jura
unì le mani davanti al petto e chiuse gli occhi, cercando
concentrazione. Durò solo qualche istante poi il terreno
parve
esplodere e l'ondata di energia unita e terra e polvere
colpì
interamente la Lachryma. Il punteggio che nacque sopra di essa
zittì
lo stadio da quanto fu incredibile: 8544.
Un
punteggio quasi triplo a quello del God Slayer, non a caso Jura era
uno dei dieci Maghi Sacri. Sicuramente c'era da aspettarsi che
avrebbe fatto parlare di sé, ma una cosa come quella
riuscì a
sorprendere persino chi lo conosceva da tempo.
«Accidenti,
Jura-san» ridacchiò Priscilla volando verso a
Lachryma e
incrociando l'uomo che invece tornava indietro.
«Così mi metti in
difficoltà. È praticamente impossibile fare di
meglio».
«Sempre
pessimista, piccola Priscilla?» ridacchiò Jura ma
la luce negli
occhi della ragazza lo rincuorò immediatamente. Una
determinazione
come quella non l'aveva mai vista, se non negli occhi di una Fairy
Tail che non avrebbe lasciato scampo al proprio nemico. Quegli occhi,
portavano l'orgoglio della sua gilda e con essa non avrebbe perso
facilmente. Priscilla tornò nuovamente con i piedi per
terra,
fissando la Lachryma che aveva di fronte. Jura e Orga erano due
pilastri insormontabili, solo loro bastavano a convincerla a dare
tutta se stessa, ma la verità era un'altra. La sua mano
destra, in
quel momento, era ben scoperta. Lei non era lì per Jura, per
Orga e
nemmeno per suo padre. Lei era lì per Fairy Tail.
«È
davvero dura» mormorò Lluvia, guardando
preoccupata la ragazza.
«Priscilla è forte, ma sarà
all'altezza?»
«Jura
potrebbe dare del filo da torcere persino a Gildarts»
commentò
anche Mirajane, altrettanto preoccupata. Ma Laxus, al loro fianco,
sorrise e basta, senza aggiungere altro. Come se non avesse avuto
bisogno neanche di chiederselo. Aveva una fiducia accecante nei suoi
confronti, forse perché lui più di chiunque altro
la conosceva e
sapeva a cosa poteva arrivare se solo si fosse messa a fare sul
serio. D'altro canto, era cresciuta con l'intenzione di allenarlo,
era praticamente alla sua stessa altezza se non a un livello
addirittura maggiore. Priscilla non era affatto da sottovalutare.
La
guardarono sentendo la tensione annodar loro la gola, chiedendosi
quale colpo avrebbe sferrato e che punteggio avrebbe raggiunto. Poi
lei alzò una mano verso il cielo. A occhi chiusi, testa
china, il
braccio ben dritto verso il cielo... indice e pollice, le uniche dita
che si allontanavano dal palmo della mano. Il loro simbolo, il
simbolo di Fairy Tail nato dai suoi giochi di bambina insieme a un
fratello che aveva amato più di ogni cosa. Il significato
più
dolce, nascosto in due semplici dita: anche se non posso vederti, io
sono con te. E non solo i membri attuali di Fairy Tail le passarono
per la mente, mentre si concentrava, ma era per tutti quelli che non
erano lì ma lo erano stato in passato. Tutti quelli che bene
o male
avevano sempre incrociato il suo cammino. Quel simbolo... Priscilla
avrebbe sferrato quel colpo per tutti loro.
L'aria
cominciò a muoversi lentamente su tutta l'arena, andando in
direzione di Priscilla. Sempre di più, sempre più
distante, persino
ai confini di Crocus fu possibile sentire la brezza che cambiava
direzione e andava verso lo stadio. Chilometri e chilometri di aria,
era pienamente sotto al suo controllo e si dirigeva verso di lei,
verso la punta del suo indice alzato al cielo. Aumentò di
potenza e
intensità fino a creare un vero e proprio vortice sferico
sulla
punta del dito, col diametro di appena pochi centimetri. Tutta l'aria
della città si stava raccogliendo e comprimendo in quella
semplice
sfera turbinosa che tremava ogni istante di più. Di
dimensioni
minuscole, per riuscire a inglobarsi tutta in quel semplice punto era
costretta a una compressione incredibile, e su quello che si basava
quel colpo. Più aria avrebbe compressa l'una sull'altra,
sfidando le
leggi della fisica, più sarebbe stata distruttiva
nell'istante in
cui l'avrebbe rilasciata. L'evoluzione della sua magia caotica e
senza controllo: non era più un solo scaraventare cose in
giro o
giocare con le molecole, schiacciarle o allentarle tra loro per
generare campi di pressione. Le ci volle tempo, tempo nel quale
sempre più aria, sempre più furiosa e frenetica
correva e si
stringeva in quel singolo punto sull'indice destro. La concentrazione
era assoluta, riuscire a destreggiarsi con una quantità
d'aria come
quella non era semplice così come era complicato il riuscire
a
tenerla tutta insieme nonostante la forza che faceva per liberarsi.
Le leggi della natura erano leggi a cui i maghi elementari dovevano
sottostare, gliel'aveva insegnato lei a Wendy, lo sapeva bene. Lei
non dominava l'aria, aveva solo imparato a conviverci, ma quel colpo,
quella nuova tecnica, mandava tutto all'aria e per questo la
costringeva a un utilizzo di magia esagerato. Un solo colpo, sapeva
che quel genere di magia le avrebbe permesso di generare un solo
colpo, dopodiché sarebbe probabilmente crollata a terra
esausta.
"Di
più", per Fairy Tail avrebbe dovuto usare tutta se stessa.
Ed
esagerò, corrucciandosi quando cominciò a sentire
i muscoli cedere
per la fatica, la magia cominciare a mancarle. Ma non si
arrese.
"Di
più".
Fairy
Tail, quella famiglia che l'aveva accolta nonostante tutto, che
l'aveva liberata dalle sue catene, che continuava ad abbracciarla e a
proteggerla, meritava tutto ciò che avesse. E quella tecnica
era
nata solo con quello scopo.
Era
nata solo per loro.
Spalancò
gli occhi, sentì che era pronta, e abbassò il
braccio portandolo a
novanta gradi con il terreno. Quelle dita sempre ferme nella loro
posizione, con quella palla d'aria compressa sulla punta dell'indice
ora puntato alla Lachryma dell'MPF come se fosse stata una pistola.
Si afferrò il polso destro con la mano sinistra, per
sostenerlo in
quell'enorme fatica, e infine sparò.
«Fairy
Shot!»
Gridò
il nome di quella tecnica con un orgoglio che poche volte aveva avuto
e infine la pallina che racchiudeva in sé tutta l'aria di
Crocus,
forse dell'intera regione, venne rilasciata. La violenza con cui si
liberò dal suo dito fu tale che persino Priscilla venne
scaraventata
indietro dal rinculo e dovette fare appello a tutta la sua forza per
restare in piedi. La sfera d’aria compressa quasi non venne
vista,
tanto fu la potenza che aveva accumulato dentro sé, e si
schiantò
contro la Lachryma con un boato e un’esplosione che fece
tremare
l'intero stadio. Dal polverone che generò emerse lentamente
il
numero del punteggio, sospeso per aria nel vuoto, visto che dell'MPF
non c'era più traccia.
9999.
Un
punteggio che probabilmente sarebbe salito ancora, se ne avesse avuto
la possibilità, ma non era stato concepito per sopportare un
colpo
come quello.
Priscilla,
inginocchiata a terra per la forza del rinculo, guardò con
orgoglio
il proprio risultato e sghignazzò vincente. Poi una fitta la
trafisse da capo a piedi, le controindicazioni di quella che era
diventata la sua arma più potente: uno svuotamente magico
completo.
E cadde a terra... addormentata.
«Alla
fine ha strafatto» sospirò Laxus, rassegnato,
ricordandosi
dell'unico avvertimento che le avesse dato prima di vederla andar
via.
«Questa
è la nostra Priscilla» rise Mirajane, guardando
divertita il volto
beato con cui la ragazza ora russava sonoramente in mezzo
all'arena.
«Ha...
ha distrutto...» balbettò Chapati, senza parole.
Il boato di
incitamento esplose sull'intero stadio, colti da un'eccitazione
incontrollabile. Ciò che avevano appena visto era talmente
incredibile che se lo sarebbero ricordato fino alla vecchiaia, quando
l'avrebbero raccontato increduli ai propri nipoti: l'anno in cui
Fairy Tail spazzò via decine di avversari e sette anni di
fallimenti
con un solo gesto della mano.
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Capitolo 52 *** Perché non muori?! ***
Perché
non muori?
Priscilla
riaprì lentamente gli occhi ma già prima di
ritornare a vedere ciò
che aveva attorno sentì una strana sensazione di disagio
addosso. Un
respiro le soffiava sulla punta del naso, qualcuno le stava
tremendamente vicino. Aprì un occhio infastidita e
trovò così il
volto luminoso e infuocato di Natsu eccessivamente e fastidiosamente
vicino.
«Priscilla,
combatti con me!» urlò come se si trovasse
dall'altro lato della
stanza e lei per lo spavento reagì con un pugno sul
naso.
«Natsu!»
l'ammonì Lucy prendendolo per la sciarpa e tirandolo
indietro.
«Lasciala in pace!»
«È
da quando ha visto il risultato del MPF che non si è calmato
un
attimo, è sovraccarico» spiegò Erza.
«Priscilla-nee!»
Wendy saltò sul suo letto, avvicinandosi a lei. Era
sicuramente meno
fastidiosa di Natsu, averla vicina anzi era piacevole. «Sei
stata
fantastica! Dove hai imparato quel colpo?»
Priscilla
si leccò le labbra e cercò di inumidire
nuovamente una bocca secca
e impiastricciata dal sonno: sicuramente aveva dormito a bocca
spalancata, per ridursi in quel modo. «Sono stati tre mesi di
allenamento intensi» disse, sbadigliando. «Il
Gerard di questo
mondo è anche più forte di quello di Edoras, non
ci andava piano e
mi ha aiutata molto. Anche Ultear è stata di grande
aiuto».
«Almeno
per te sono stati tre mesi di allenamento vero»
ridacchiò Lucy,
ripensando nervosa al fatto che loro invece l'avessero passati a far
baldoria con gli Spiriti Stellari.
«Non
è però un'arma che posso utilizzare in battaglia,
come vedete»
ridacchiò nervosa, grattandosi la nuca. Si era addormentata
subito
dopo averlo usato, aveva a malapena visto il suo risultato e
chissà
per quanto aveva dormito. A sufficienza, sicuramente, per essere
portata in infermeria senza che se ne rendesse conto.
«Ha
permesso però alla tua squadra di prendersi otto
punti» disse Erza,
con orgoglio.
«È
la prima gara dove dominiamo! Fairy Tail A al primo e Fairy Tail B al
secondo! Sono così eccitata!» sorrise Lucy,
felice.
«Sono
stata fortunata a prendere il primo turno, se fosse entrata Priscilla
al mio posto probabilmente si sarebbe presa lei tutti e cento i
mostri e io sarei rimasta a bocca asciutta» disse Erza,
sorridendo
con un pizzico di orgoglio.
«Non
essere sciocca» rise Priscilla. «Non sono mica
pazza come te».
«Come
ti senti adesso? Hai bisogno di dormire ancora?» chiese
Mirajane,
materna e gentile come sempre.
«Sto
già meglio, grazie» sorrise lei, per poi passare
in rassegna con
curiosità i volti dei compagni che erano andati a trovarla.
Una nota
discordante, mentre vedeva Gajeel seduto su una sedia distante e
Lluvia vicino al letto insieme a Mirajane.
«Dov'è
Laxus?» chiese dispiaciuta di non vederlo lì.
«Era
qui fino a poco fa, ma è dovuto allontanarsi»
rispose Mirajane,
lasciandosi sfuggire un'espressione più triste e preoccupata
di
quanto si sarebbe aspettata. Qualcosa le dava da pensare e certo
questo non rasserenò l'animo di Priscilla.
«Hai
dormito quasi per un'ora e mezza, si sono svolte le altre battaglie
nel frattempo» disse Lluvia, come fosse una spiegazione.
«Toccava
a lui, adesso» tagliò corto Gajeel.
«L'hanno
chiamato in battaglia?!» sussultò Priscilla,
cominciando a
irritarsi per il fatto che non l'avesse svegliata. Aveva riposato a
lungo e quello era l'incontro di Laxus, perderselo era fuori
discussione. «Contro chi?» chiese poi, curiosa, e
l'ombra negli
occhi dei suoi compagni si fece più scura.
«Raven
Tail» disse infine Mirajane, colpendo con quelle due semplici
parole
dritta nel petto di Priscilla. Raven Tail era di nuovo contro di
loro, se l'erano vista prima contro di lei e ora anche contro Laxus.
Era assurdo, sembrava fatto di proposito, forse gli organizzatori
avevano solo desiderio di vedere figli contro padre. Ma questo non
cambiava le cose: lei doveva esserci!
Saltò
giù dal letto, scaraventando via le coperte, e spintonando
Natsu e
Lucy per riuscire a passare raggiunse la porta e infine corse
via.
«Ci
aveva chiesto di tenerla qua e farla riposare» disse Lluvia,
guardando dubbiosa la porta che era rimasta aperta.
«Come
puoi farle una cosa simile? Sai bene cosa significa questo incontro
per lei» sospirò Charle, alzandosi in volo e
uscendo insieme al
resto dei compagni fuori dall'infermeria.
«Io
comunque voglio vederlo» grugnì Gajeel, alzandosi
e camminando a
passo svelto verso il proprio balcone e Lluvia annuì,
concordando
con lui. Era la battaglia della loro squadra, indipendentemente dai
risvolti che potevano esserci, era comunque la battaglia di Fairy
Tail B e loro dovevano essere lì per sostenerlo. Natsu lo
sapeva
bene, per questo l'aveva molestata al punto da svegliarla. Inoltre
Raven Tail era ben famosa, ormai, per i suoi metodi poco morali e
anche se si trattava di Laxus era bene tenere lo stesso sotto
osservazione la situazione.
Raggiunsero
il proprio balcone poco dopo, trovando Priscilla già
affacciata
dalla balaustra col fiatone di chi aveva corso con tutte le sue
forze. Laxus al centro dell'arena osservava ancora il nemico,
immobile, aspettando il via dell'arbitro per quell'incontro. Di
fronte a lui c'era Alexei, l'uomo con la maschera da leone che aveva
fatto venire i brividi a Priscilla fin dal loro primo incontro.
«Laxus!»
chiamò con tutto il fiato che aveva, riuscendo ad attirare
così la
sua attenzione. Non aggiunse altro, non ce n'era bisogno, aveva solo
avuto il desiderio di comunicarglielo: lei era lì. Per lui.
Laxus
si lasciò sfuggire un sorriso divertito, prima di tornare a
guardare
il proprio avversario. «Fate sempre come vi pare,
vero?» mormorò
tra sé e sé, divertito dal fatto che non solo non
l'avessero
ascoltato nella sua richiesta di tenerla lontana dall'arena ma anche
che con ogni probabilità l'avessero svegliata di proposito.
«Entrambe
le parti si facciano avanti!» chiamò Mato, alzando
un braccio. Li
guardò, assicurandosi delle loro posizioni e che fossero
pronti, per
poi decretare: «Che l'incontro abbia inizio!»
Il
suono del gong ufficializzò quelle parole e Laxus si prese
il suo
tempo, per studiare la situazione. «Della gilda del mio
vecchio,
eh?» mormorò, osservando attentamente
l'avversario. «Chi sei?» ma
a quella domanda Alexei rispose con un attacco che lo colse di
sorpresa. Una gomitata e Laxus venne scaraventato via. Roteò
a
mezz'aria, si liberò del cappotto e puntò piedi e
ginocchia a terra
per fermarsi e cercare di rimettersi in piedi il prima possibile.
Alexei gli fu immediatamente di fronte e gli tirò un calcio
che lo
scaraventò via di nuovo.
«Non
è possibile!» sussultò Lluvia,
preoccupata.
«L'ha
colpito per ben due volte!» osservò Gajeel,
sorpreso della velocità
e della potenza di quell'Alexei.
«Che
succede?» mormorò Mirajane, preoccupata. Laxus
aveva qualcosa di
strano, Alexei poteva anche essere forte ma era assurdo vedere Laxus
così in difficoltà con così poco.
Alexei unì le dita tra loro, un
raggio magico nacque dalle sue mani e colpì Laxus in pieno
stomaco,
tagliandogli il respiro. Un colpo verso l'alto e sul petto di Laxus
si aprì addirittura una ferita che versò sangue,
macchiando il
terreno su cui cadde nuovamente.
«Qualcosa
non va» mormorò Priscilla, prima di chiudere gli
occhi.
«Non
ci credo che Laxus stia venendo battuto in questo modo!»
disse
Mirajane e si voltò a guardare il volto concentrato di
Priscilla.
«Riesco
a sentire il suo respiro» sussurrò infine lei.
«È calmo.
Immobile. Quasi impercettibile».
«Non
si direbbe, guarda come muove il petto per prendere aria»
commentò
Lluvia, sorpresa.
«È
affaticato!» annuì Mirajane, notando anche lei
come faticasse a
respirare mentre Alexei continuava a tormentarlo di pugni e calci
tanto da riempirlo di ferite.
«Non
è lui» disse decisa Priscilla, sempre a occhi
chiusi. «Riesco a
vederlo».
«Stai
usando la magia?» chiese Lluvia, sorpresa e preoccupata. Se
li
avessero scoperti forse avrebbero passato qualche guaio. Priscilla
spalancò improvvisamente gli occhi, guardando ora la scena
di suo
fratello che veniva maciullato dal nemico. Ma la ignorò. I
suoi
occhi si posarono su un punto lontano, dove sembrava non esserci
niente e lì rimasero.
«Lui
è lì» disse infine, corrucciandosi.
«Come...?»
balbettò Lluvia, confusa.
«Che
stiano usando uno dei loro trucchetti?» ringhiò
Gajeel, furioso.
«Bisca,
Warren e anche Lisanna e i Raijisnhuu stanno tenendo d'occhio Raven
Tail e master Ivan. Pare però che non abbiano notato niente
di
strano» disse Mirajane, chiedendosi con preoccupazione quali
fossero
i loro scopi. Priscilla digrignò i denti, guardando come
quelle
fittizie immagini stessero umiliando non solo Fairy Tail ma lo stesso
Laxus. Non sapeva cosa avessero in mente, ma qualcosa stava
succedendo e trattandosi di Raven Tail, lo sapeva, non era niente di
buono. Ma lei riusciva a vederlo, lei riusciva a sentirlo. E riusciva
a sentire anche tutti i cinque membri di Raven Tail davanti a lui,
non solo Alexei. Volevano combatterlo in cinque? Speravano
così di
soggiogarlo? Quali intenzioni avevano?
«Laxus!»
chiamò con tutto il fiato che aveva prima di alzare in aria
indice e
pollice, nel loro simbolo di solidarietà e amore.
«Sono con te»
mormorò, guardando con determinazione il punto dell'arena
vuoto dove
in realtà li sentiva.
Alexei,
il vero Alexei, bloccato all'interno dell'illusione che aveva creato
per imbrogliare gli occhi di giudice e spettatori, si lasciò
scappare una risatina vedendo Priscilla sul balcone, alle spalle di
Laxus, guardarli come se potesse realmente vederli.
«Quella
mocciosa...» sibilò, procurando sul volto di Laxus
una contrattura
in più. «Era diventata una spina nel fianco
già molto tempo fa».
Si
portò una mano alla maschera, che cominciò a
sollevare, deciso
infine a mostrare la sua reale identità. Laxus non si
stupì molto,
quando si trovò di fronte lo stesso Ivan, suo padre.
«Chissà
perché, ma me lo immaginavo» mormorò
infastidito, prima di
aggiungere, in un'implicita richiesta: «Dici che è
una spina nel
fianco, ma l'hai tenuta in vita fino ad ora».
«Sì,
l'ho fatto» sghignazzò Ivan. «Sono qui
proprio per parlartene e in
base all'esito della nostra chiacchierata deciderò la vostra
sorte,
non solo quella della mocciosa ma anche del nostro incontro e del
vostro torneo».
«Credi
di tenerci tra le dita?» chiese irritato Laxus.
«Fino
ad ora è stato così. Ieri la mia bambina di carta
si è arresa,
ricordi?» ridacchiò e qualche scintilla nacque
intorno al corpo ora
irrigidito di Laxus. Chiedersi se a infuriarlo tanto fosse stato
l'averla chiamata "mia bambina di carta" o l'avergli
ricordato del giorno prima era superfluo, tutto di quell'uomo lo
mandava in bestia. «Andrò subito al dunque: dove
si trova Lumen
Histoire?»
«Non
ho idea di cosa tu stia parlando» disse Laxus, sempre
più nervoso.
«È
impossibile che Makarov non te ne abbia parlato! Non fare il finto
tonto. O preferisci che lo chieda direttamente a lei?»
sghignazzò
maligno e per quanto non ci fosse bisogno di specificare a chi si
riferisse fu chiaro a tutti che Priscilla era diventata la loro merce
di scambio. E Ivan nel vedere la furia crescere nei suoi occhi
ridacchiò ancora di più, sapendo di averlo in
pugno. «Il vostro
legame non era nei miei piani, quando l'ho creata mai avrei pensato
che tu fossi tanto debole da prenderla così a cuore. La cosa
è
andata crescendo negli anni, ancora adesso... è molto
importante per
te, non è così?»
«La
ucciderai?» chiese Laxus, chiedendo conferma di quanto
sospettasse.
«Al
contrario. Se deciderai di collaborare, la libererò. Per
sempre»
ridacchiò Ivan. «Esiste un modo, l'ho scoperto.
Può diventare un
essere completo e finito, senza più essere legata a me. Non
vivrete
più nel terrore che un suo passo falso possa costarle la
vita».
«L'hai
portata ad arrendersi ieri per ricordarci questo, vero? Non ti
interessava l'esito della gara» osservò Laxus.
«Questo
torneo non è mai stato nei miei interessi. Posso regalarti
fino
all'ultimo punto, da qui alla fine, se lo desideri. Volevo solo
incontrarvi... e scambiare due chiacchiere con voi»
ridacchiò
ancora.
«Ha
vissuto nel terrore per tre giorni interi, a causa tua» Laxus
digrignò i denti sempre più furioso. Tutto quello
era voluto, lui
aveva giocato con i suoi sentimenti, con i suoi timori, fino ad
allora solo per un personale tornaconto. Come avrebbe fatto a
dimenticare le lacrime versate da lei, il giorno precedente? Come
avrebbe potuto perdonarlo per averla portata a un simile dolore?
«Non
ho idea di cosa tu stia parlando, ma anche se lo sapessimo nessuno di
noi due te lo direbbe».
«Lei
lo so bene, è così stupida che accetterebbe di
morire pur di non
tradirti. Ma tu sei davvero disposto a barattare la sua vita per un
piccolo segreto... Laxus-chan?» ce l'aveva in pugno, lo
sentiva. Da
quando avevano messo piede a Crocus e avevano visto entrambi in
quelle strade, ogni singola mossa era stata finalizzata a tutto
quello. Portare Priscilla alla pazzia per stuzzicare il cuore di
Laxus e costringerlo così a vuotare il sacco, legato a un
affetto di
cui Ivan conosceva ogni segreto. Li aveva visti crescere insieme, li
aveva visti combattere insieme, aveva assistito a ogni singola
lacrima di ciascuno di loro. Aveva più volte pensato di
separarli,
impedire a Laxus di legarsi così a lei, ma Priscilla era una
marionetta difficile da gestire. Attirava troppo l'attenzione, nei
suoi primi anni di vita, con quello sguardo di vetro che si portava
appresso. Aveva cominciato ad avere qualche accenno di
umanità solo
nell'istante in cui Laxus l'aveva presa sotto l'ala, per qualche
strano motivo lei l'aveva trovato affascinante e aveva imparato ad
imitarlo. Imitava le sue abitudini, imitava i suoi gesti, imitava la
sua umanità, le sue espressioni, imitava qualsiasi cosa e
questo
l'aveva infine resa più simile a un umano di quanto fossero
stati in
grado di fare i suoi ordini e minacce. Per questo aveva alla fine
accettato quel loro bizzarro legame, anche se aveva portato qualche
effetto collaterale successivo. Convincere Laxus a combattere contro
di lei con tutte le sue forze era sempre più difficile, ma
Priscilla
aveva il terrore di Ivan e bastava questo a convincerla nel dare
tutta se stessa per portare Laxus all'atto estremo di usare tutta la
sua magia. Ora, quel legame che aveva deciso di permettere, gli aveva
dato delle carte in più da giocare e questo bastò
a renderlo
orgoglioso e felice delle sue scelte.
«Pensaci
bene, Laxus-chan. Anche in questo momento potrei ucciderla e se solo
tu ti azzardassi a farmi del male anche lei ne risentirebbe
gravemente. Lascia perdere, accetta le mie condizioni, non hai che
vincerne. Dimmi dov'è Lumen Histoire»
insisté.
«Sei
un vecchio schifoso» rispose Laxus, fulminandolo con lo
sguardo, e
Ivan ridacchiò ancora di più. «Ma hai
perso il potere persuasivo
che un tempo mi portava a fare simili stronzate».
«Cosa?»
si corrucciò Ivan, non aspettandosi una simile risposta.
Cominciò a
irritarsi: «Bada bene a quello che dirai. Voltati e guardala
negli
occhi, mentre decidi».
«Non
lo farò» disse Laxus, deciso.
«Perché sono solo stronzate. Tu non
puoi ucciderla» e gli occhi di Ivan gli dissero che aveva
trovato la
verità, in fondo al barile. «Lei è
già libera».
«Che
stai dicendo?!» ruggì Ivan, colto da una bizzarra
rabbia.
«Primo
aveva ragione» mormorò Laxus, lasciando che alla
mente gli tornasse
una fresca chiacchierata di appena pochi minuti addietro, quando
aveva da poco lasciato la stanza di Priscilla. Era carico ma turbato
per l'incontro che avrebbe affrontato da lì a pochi minuti,
camminava a testa bassa. Non riusciva a smettere di ripensare alla
promessa che le aveva fatto il giorno prima, lui doveva trovare il
modo di liberarla, ma era stato avventato. Non aveva nemmeno idea di
dove cominciare.
Ma
Mavis -o almeno il suo spirito- , il Primo Master di Fairy Tail,
l'aveva intercettato in quei corridoi.
«Tu
sei il secondo nipote di sesto, giusto?»
gli aveva chiesto con la sua candida aria innocente. «Secondo?»
aveva chiesto lui, non molto contento di essere identificato come
"secondo", visto che in realtà tra i due lui era quello di
età più grande. E poi l'idea di essere secondo
non gli era mai
piaciuta.
«Perché
sei attratto da tua sorella? È perverso»
una domanda diretta, provocatoria, ma sicura di quello che sosteneva
e lui non aveva potuto far altro che arrossire e paralizzarsi. Ma era
una domanda che aveva invece portato a una riflessione che gli aveva
aperto una finestra sul mondo. «Forse
perché non è realmente tua sorella, vero?
Non
la conosco, eppure ho la sensazione di poterla comprendere fino
all'ultima cellula. La magia della vita... un miracolo e una
maledizione, una delle magie supreme di Zeref. È incredibile
che un
normale essere umano sia stato in grado di portarla a compimento.
Ivan ha sicuramente una mente deviata, ma è stato abile nel
riuscire
a dar la vita a quella ragazza».
«Il
Secondo Master pare gli abbia spiegato come fare»
aveva mormorato Laxus, dando qualche risposta.
«Purehito!
Certo... capisco. Purehito avrebbe potuto farcela, è vero.
La sua
abilità era leggendaria, la ricordo bene. Ma nessun essere
umano ha
davvero la capacità di creare un anima, per quanto abile
sia. O
sbaglio?»
Aveva chiesto, curiosa di sapere come fosse stato possibile. Laxus
aveva negato e aveva ancora una volta spiegato: «Pricchan
non ha un'anima propria. È legata a quella di nostro padre,
un
collegamento invisibile che la tiene in vita».
«Certo!
Un collegamento spirituale! Solo uno come Purehito poteva pensare a
qualcosa di tanto incredibile»
aveva detto con gli occhi che le brillavano.
«Lo
stai ammirando troppo per i miei gusti»
aveva mormorato lui infastidito.
«Vi
ha dato un bel po' di problemi, vero? Adesso comprendo il motivo per
il quale ieri lei ha deciso di arrendersi proprio di fronte alla
vittoria e comprendo tutte le sue lacrime. Dev'esserne stata
tormentata, povera ragazza. Però, vedi, è proprio
questo il punto!»
aveva detto alzando l'indice, decisa.
«Quale
punto?»
aveva chiesto lui, infastidito per il fatto che non riuscisse a
seguirla.
«Lei
piange! Piange veramente. E ride, l'ho vista con i miei stessi occhi!
Ha dedicato un attacco a suo nonno e un altro all'intera gilda. Il
suo amore per i suoi compagni glielo si legge negli occhi e quello
che prova per te è evidente anche a una sconosciuta come me»
tutti quei discorsi gli avevano riportato alla mente le parole di
Natsu, sul fatto che lei fosse esattamente come loro proprio
perché
provava dei sentimenti. E cominciò a rifletterci, per la
prima
volta, in maniera più attenta. «La
magia nasce sempre dal cuore, è qualcosa che non dobbiamo
dimenticare, e il miracolo della vita è la magia suprema».
«Che
stai cercando di dirmi?»
«C'è
qualcosa di molto strano in tutto questo, non lo credi anche tu? L'ha
tenuta in vita per anni, avrebbe potuto utilizzarla per i suoi scopi,
invece l'ha lasciata libera di vivere nella nostra gilda. Davvero
credi che uno come Ivan avrebbe accettato di cedere parte della sua
anima a una creatura che neanche considera umana, quando non avesse
più avuto bisogno di lei?»
aveva chiesto pensierosa e sempre più quei dubbi avevano
cominciato
a insinuarsi nella sua mente.
«Magari
ha ancora bisogno di lei»
aveva azzardato.
«Magari
sì, ma c'è qualcosa che non consideri, forse
perché sei abituato
ad averli intorno e non ci hai riflettuto».
«Su
cosa non ho riflettuto?»
l'agitazione, il nervoso, mille emozioni che l'avevano portato a uno
stato di preoccupazione profonda. Cosa, di tanto fondamentale, gli
era sfuggito?
«Il
tuo amico Bickslow si è preso una bella cotta per quella
ragazza.
Lui non ha il potere di vedere le anime? Credi davvero che avrebbe
potuto invaghirsi di un'anima sudicia come quella di Ivan?»
L'anima
di Ivan era veramente sudicia, lo sapeva e in quel momento ne stava
avendo un'ulteriore conferma. Conosceva Bickslow, si sentiva uno
stupido a non averci pensato prima lui stesso, ma sapeva che mai
avrebbe potuto provare quei sentimenti verso un corpo senz'anima o
addirittura verso un'anima orribile come quella di loro padre.
L'unica risposta possibile era che Priscilla avesse, in qualche
inspiegabile modo, un'anima tutta sua ormai.
Chissà
da quanto tempo.
«Lei
era già libera e tu hai comunque giocato al padrone per
indurla a
cadere ai tuoi piedi. Per usarla come merce di scambio, per
ingannarci» la furia lo accecò a tal punto che non
contenne più
l'elettricità del suo corpo, facendo nascere intorno a lui
una
scarica continua di scintille e piccole saette. E Ivan si
corrucciò
sempre di più, sentendosi smascherato e sorpreso.
«Ti
sbagli!» provò a negare, ma la sua faccia non era
abbastanza
convincente. Ormai Laxus aveva capito e non c'era niente che potesse
convincerlo del contrario.
«Da
quanto tempo?» chiese, digrignando i denti. Le sue lacrime...
come
poteva dimenticare le lacrime versate perché costretta a
scegliere
tra la propria vita e l'orgoglio della sua gilda? Pensare che era
stata ingannata, che era stata accecata per tutto quel tempo, pensare
che tutto quel dolore non aveva fondamenta su cui poggiarsi. Lo
mandava in bestia.
«Da
quanto tempo?» chiese talmente furioso che non
riuscì a trattenersi
dall'urlare, ruggire come un drago. Ma Ivan, di fronte a sé,
si
rifletteva in quella rabbia e non riuscì a controllare
più la
propria calma di fronte a quel vergognoso e tanto odiato ricordo: il
giorno che aveva trovato i fili della sua marionetta dondolare inermi
dalle sue dita, mentre lei correva beata lontana da lui.
«È colpa
tua!» ruggì con altrettanta furia.
«Mia?»
chiese Laxus, non capendo.
«La
magia nasce dal cuore, quello stupido di papà non faceva che
ripetermelo. Lui sapeva, ne sono sicuro, lui sapeva tutto fin dal
principio! Si prendeva gioco di me. Per questo non c'era giorno che
non me lo ripetesse, con quell'aria da paparino superiore, e tu,
moccioso, non facevi che portarmela via! Le insegnasti a provare
quegli stupidi sentimenti! La mia bambina di carta... lei è
mia!
Mia! Ridammela!» impazzì e allungò la
mano di fronte a sé. Dalla
manica della sua giacca nacquero e partirono come un'onda delle
piccole marionette di carta, ritagli a forma di uomo stilizzato che
obbedendo ai suoi ordini vorticarono l'uno a fianco all'altro e
attaccarono Laxus. Il ragazzo alzò un braccio e
riuscì a
difendersi, anche se sentì comunque la potenza di quel colpo
sulla
pelle.
«Non
lo è mai stata!» ruggì Laxus,
rimandando indietro quel getto di
marionette magiche ma altre ne nacquero e arrivarono da ogni
direzione, colpendolo ancora.
«Ma
lei non lo sa» Ivan sorrise di un sorriso folle e
inquietante. «Me
la riprenderò con le minacce e la costringerò a
portarmi dal Lumen
Histoire! Lei mi ascolterà, lei mi teme. Ho aspettato
nell'ombra per
tutto questo tempo, ma ora... questo è il mio momento! Obra,
prendilo! Annulla la sua magia!» ordinò a uno dei
suoi sottoposti
che scattò senza repliche. «È stato lui
a colpire Wendy e Charle,
dunque!» disse Laxus e si avvolse in uno dei suoi fulmini.
Sfondò
senza difficoltà la barriera di marionette di carta di Ivan
e
raggiunse Obra prima che potesse anche solo pensare di attaccare,
colpendolo con una tale forza da atterrarlo immediatamente. Flare e
Nulpting intervennero, la prima allungando i propri capelli il
secondo caricando un colpo col proprio braccio colmo di spuntoni.
Laxus schivò i capelli di Flare e si lanciò su
Nulpting,
guardandolo in un modo che mai avrebbe probabilmente dimenticato.
«Questo è per Gray» disse colpendolo con
un pugno e un tuono
subito dopo avvolse l'avversario, tramortendolo. I capelli di Flare
gli avvolsero un braccio e lei sorrise, felice di esserci riuscita,
ma quella felicità fu mal riposta.
«E
questo è per Lucy!» Il fulmine di Laxus, colmo
d'ira, percorse i
suoi capelli a ritroso e la raggiunse, colpendola tanto brutalmente
da farle perdere i sensi.
La
sabbia si mosse ai suoi piedi e da essa prese forma Kurohebi, alle
sue spalle, pronto a fare la sua mossa. Laxus lo fulminò con
lo
sguardo e la rabbia lo irrigidì nuovamente.
«Tu...»
ringhiò, mentre nella testa gli tornarono pesanti come un
masso le
immagini del giorno prima. Priscilla, inginocchiata a terra, che
tremava nel vedere quel vile che aveva preso le proprie sembianze e
con esse la attaccava. «Hai riportato alla mia mente il
peggiore dei
ricordi» lo afferrò per la gola e strinse,
furioso, fino a che
altri fulmini non scaturirono dalla sua pelle e misero fuori gioco
anche quell'avversario.
«E
adesso io e te faremo i conti» disse voltandosi a fulminare
quello
che chiamava padre. «Hai manipolato tutta la mia vita, mi hai
portato a fare cose atroci e hai da sempre ferito la mia famiglia.
Per questo sarai annientato».
«Prendertela
con me non ti salverà dalle tue colpe, Laxus»
ridacchiò Ivan,
nervoso e agitato di fronte alla sua intera gilda anti-Fairy Tail
sbaragliata con una tale facilità. «Eri tu quello
che colpiva,
ricordi? I tuoi crimini sono forse anche più gravi dei miei.
Io le
ho dato la vita, tu gliela toglievi tutte le volte. Ho sentito che
eri stato bandito anche tu dalla gilda... sbaglio?»
«Tsk!»
sibilò tra i denti Laxus, ascoltando disgustato e furioso
quell'ennesimo tentativo di manipolazione. «Delle mie colpe
me ne
occuperò io stesso, ma non permetterò
più a nessuno di far del
male alla mia famiglia d'ora in avanti» urlò e
riempiendo i polmoni
sparò infine il proprio ruggito di drago del fulmine contro
Ivan.
Dalla polvere e dalle macerie, Ivan alzò appena la testa e
guardò
l'ombra di suo figlio, sopra di lui, pronto a dargli il colpo di
grazia. Aveva pensato attentamente a quella strategia, conosceva
perfettamente la mente di Laxus e di Priscilla, li aveva cresciuti
lui, sapeva come manipolarli. Tutto era sembrato andare per il verso
giusto, persino l'incontro con Kurohebi era stato perfetto
perché
aveva permesso alla ragazza di cadere completamente nel baratro del
suo abbraccio. Tutto era perfetto e corretto, ma allora dove aveva
sbagliato? Ancora una volta... aveva commesso un errore inspiegabile
ancora una volta!
«Lei
doveva morire» ringhiò tra i denti, ormai accecato
dalla follia non
gli interessava più nemmeno che Laxus l'avrebbe sconfitto e
il suo
piano sarebbe andato in fumo. Troppa rabbia covava dentro, da troppo
tempo.
«Lei
doveva morire! Perché? Perché non è
morta?!» una frase, una
semplice e viscida frase come tutte le altre, che però
aprì
l'ultima delle finestre a illuminare l'ultimo angolo buio del suo
passato.
"Perché
non muori?!"
era stato il suo urlo furioso e disperato, condito dalle lacrime e
dalle urla di una Priscilla incapace di muoversi, a svegliarlo da
quella specie di coma in cui era entrato tanti anni addietro. Ora
ricordava... il giorno in cui Makarov aveva preso l'estrema decisione
di esiliare suo figlio, che per quanto folle e pericoloso continuava
ad amare e pregare per lui, dandogli una fiducia immeritata.
Ivan
quel giorno di tanti anni addietro li aveva costretti a combattere,
per l'ennesima volta. Quel giorno Laxus non ne aveva nemmeno
particolarmente voglia, c'era da poco stato il funerale di Lisanna,
si portava ancora addosso l'angoscia di quel terribile evento. Ma suo
padre era persuasivo e manipolatorio, riusciva a muovere i meccanismi
dei suoi pensieri con eccessiva sicurezza e tranquillità, e
li aveva
fatti di nuovo combattere. Era passato molto tempo dall'ultima volta,
forse addirittura quasi un anno. Da quando Laxus aveva cominciato a
scalare la vetta di Fairy Tail, avvicinandosi sempre più
alla classe
S, le manie di suo padre sembravano essersi placate. In fondo, non
c'era bisogno di ulteriore allenamento, era già perfetto
così. Però
ogni tanto li faceva combattere lo stesso e portava comunque Laxus a
colpirla a morte. La prendeva come una vecchia bambola, la riportava
nella sua stanza col volto contratto dalla rabbia e pochi giorni dopo
Priscilla tornava ad essere la solita, splendida, sorridente
sorellina appiccicosa. Era arrabbiato, a differenza di quando erano
più piccoli, gli ultimi anni a fine combattimento lui era
sempre
furioso. E ora cominciava a capire perché: quei
combattimenti non
servivano più ad allenare il debole e impacciato
figlioletto. I
combattimenti dei loro ultimi anni assieme servivano esclusivamente a
tentare di ucciderla, perché non serviva più,
perché diventata
inutile, e perché non averne più il controllo lo
faceva impazzire.
Ricordò
il giorno del loro ultimo scontro, il giorno dell'esilio di Ivan.
Sicuramente
era stata colpa del funerale di Lisanna, non riusciva a scrollarsi di
dosso il dolore all'idea della perdita di una sorella, e questo
l'aveva portato a colpire Priscilla con meno violenza. Semplicemente,
non ne aveva voglia. L'aveva perciò ferita profondamente,
come
sempre, ma non tanto da distruggerla come aveva fatto molte altre
volte.
«Ti
sei trattenuto! Sei un debole!» aveva ruggito Ivan, furioso
per come
fosse andato l'incontro e Priscilla, nonostante le ferite che le
impedivano comunque di camminare, si era sporta in avanti gridando:
«Non fargli del male, ti prego!»
Mai
era successo, prima di allora, che lei provasse a interferire. Di
fronte a Ivan lei chinava sempre la testa, perdeva la luce dei suoi
occhi, si lasciava colpire fino allo sfinimento pregando per una
morte che mai sarebbe arrivata. Ma quel giorno no... quel giorno lei
aveva parlato. Terrorizzata all'idea che Ivan avesse potuto scaricare
su Laxus la stessa furia che scaricava su di lei, era intervenuta.
Chissà che forse non fossero state proprio le parole di
Laxus a
portarla a tanto. Anzi, ora che ci ripensava, ne era certo. La
consapevolezza della morte, il terrore di perdere l'unica persona che
amasse davvero, era nata proprio da quelle parole il giorno del
funerale di Lisanna.
"Se
tu morissi, credo che vorrei morire insieme a te".
E
ora cominciava a comprendere anche il motivo che aveva spinto Ivan a
quella reazione esagerata. Lei aveva cominciato a provare sentimenti,
quegli stessi sentimenti le avevano donato la vita perché
dal cuore,
dall'amore, nasceva ora la magia che la teneva in vita. Ivan non le
serviva più, i fili erano stati tagliati, la sua marionetta
non era
più sua e lui era furioso come un bambino viziato a cui era
stato
negato il giocattolo preferito. Vederla in quell'atteggiamento
protettivo, tanto da sorvolare il suo terrore verso suo padre,
vederla rivolgere ancora a lui tutto il suo amore l'aveva accecato
completamente e aveva perso la ragione.
Lei
doveva morire.
Laxus
era stato di nuovo manipolato, i ricordi annebbiati, probabilmente
l'aveva addormentato e reso inoffensivo. Ma ricordava, ora, che in
quella stanza lui si era risvegliato sotto l'urlo furioso di Ivan che
colpiva Priscilla con tutta la furia che aveva e le urlava a gran
voce: «Perché
non muori? Perché non muori? Perché non muori?»
e ogni parola era un colpo, una tortura per quella ragazza che
urlando di dolore non poteva che coprirsi il volto impacciatamente e
piangere. Semplicemente piangere.
Priscilla
doveva morire, probabilmente era una sentenza che aveva lanciato su
di lei ben molti anni prima. Aveva tentato di interrompere il
collegamento, rendendosi conto solo allora che non funzionava, che
niente aveva effetto, e nonostante le battaglie e le torture lei
tornava sempre in piedi. Lei non moriva mai, anche se lui aveva
desiderato farlo. Sentirla sfuggire dalle dita l'aveva portato alla
pazzia, la sua magia più grande, la sua arma più
incredibile, gli
aveva voltato le spalle dopo anni di soddisfatto utilizzo. Non le
apparteneva più e questo l'aveva logorato più di
ogni altra cosa.
Priscilla quel giorno, il primo di una lunga vita, era stata accecata
dal terrore di morire. Forse per via di quelle parole, forse per i
colpi più furiosi del solito volti non a punirla ma ad
ucciderla, e
quella frase che le martellava la testa.
Se
lei fosse morta... Laxus avrebbe provato a morire con lei? Non poteva
permetterglielo, non l'avrebbe mai accettato. Lei non aveva mai
desiderato altro che restare insieme a lui per sempre, glielo
chiedeva ogni notte. Lei aveva cominciato a sognare.
Aveva
colpito Ivan usando le ultime forze rimaste, in lacrime era corsa
via, gattonando, strisciando, lasciando una scia di sangue dietro di
sé... fino a che Makarov non l'aveva trovata e non l'aveva
accolta
tra le braccia, disgustato e sconvolto.
«È
così che tratti i tuoi figli, Ivan?»
Il
giorno dell'esilio di suo padre. E lui non aveva fatto che
colpevolizzare Priscilla, accecato dal potere di Ivan, dimenticandosi
di ogni cosa, aveva persino accusato lei di tradimento. Per cinque
infiniti anni non aveva fatto che odiarla, disprezzarla,
insultarla... per il suo semplice desiderio di voler continuare a
vivere.
«Perché
non è morta?!» urlò ancora, sempre
più furioso, e Laxus decretò
la fine di quell'incontro con un ultimo scaricante pugno. L'illusione
venne dissolta, tutti nello stadio videro il vero Laxus emergere al
posto di quello fittizio. In piedi, i cinque membri di Raven Tail a
terra, lo stesso Ivan adesso privo di sensi.
Una
lacrima gli cadde infine dal viso.
Ignorò
la voce di chiunque scoprisse la verità in quel momento. Il
pubblico
sconvolto, l'arbitro disperato nel scoprire che lui stesso era stato
ingannato a tal punto, la rabbia nello scoprire l'imbroglio di Raven
Tail, le regole che non erano state rispettate e soprattutto
l'incredulità di fronte a Laxus, l'unico che fosse riuscito
a
sconfiggerli tutti insieme, master compreso. Ignorò ogni
cosa e
semplicemente si allontanò, tornando all'interno del lungo
corridoio
che riportava dentro lo stadio, per tornare alla propria postazione.
Camminò per qualche metro, mettendo finalmente una decisiva
distanza
tra lui e le voci, riuscendo infine a nascondersi nell'ombra. Si
fermò, tremante, e aprì solo in quel momento la
mano che aveva
tenuta serrata per tutto il tempo. Sul palmo della mano riposava ora
una bambola di carta, una sagoma vagamente umanoide, le armi di
Ivan.
"Sono
nata da una delle sue marionette di carta"
lei era come loro. La Pricchan di cui aveva ricordo, piccola appena
di tre anni, aveva preso forma da una di quelle. Per quanto si fosse
da sempre sforzato di vederla diversamente, avere la verità
ben
visibile, stretta tra le mani, rendeva tutto di una consistenza ben
diversa. Era così doloroso, era così accecante. E
lei lo sapeva,
lei l'aveva sempre saputo che quella era in realtà il suo
vero
aspetto, il suo legame col mondo. Il desiderio più profondo,
il
desiderio di diventare umana... come loro. Quanto aveva pianto, quel
giorno che lui aveva colpito la gilda e che gli era costato l'esilio.
Quanto aveva pianto, nel pronunciare una frase che aveva sempre
faticato a comprendere: "Desideravo
così tanto essere come voi... essere come te".
Riusciva a comprendere, ora, il suo dolore più angosciante.
La
consapevolezza di essere solo una marionetta di carta che amava
fingere di essere umana. Priscilla era la sua bambina di carta,
poteva vederlo chiaramente e fece un male incredibile. Tutti quei
ricordi, tutte le volte che l'aveva vista cadere per mano sua, i
ricordi di una Priscilla che con lo sguardo vuoto guardava il cielo
mentre si riprendeva da una "delle sue malattie", o che si
nascondeva nell'armadio perché terrorizzata dal temporale.
La
bambina di carta, che quando aveva appena tre anni non sapeva nemmeno
sorridere, era stato lui a insegnarglielo. Era stato lui a insegnarle
ogni cosa. Ora che anche l'ultimo tassello era andato al suo posto,
l'ultimo ricordo che forse proprio perché il più
doloroso era stato
così ben nascosto, il più difficile da evocare...
ora che anche lui
era tornato, sentì che sarebbe potuto cadere nella follia da
un
momento a un altro. Non c'era al mondo senso di colpa più
intenso di
quello, non c'era al mondo dolore più accecante. Lei era
davvero la
cosa più importante che avesse sempre creduto di avere,
eppure...
come poteva lui essere un mostro del genere? Come aveva potuto farle
un male simile per tutta la sua vita? Quanto forte e disperata poteva
essere quella ragazza che per anni aveva nascosto la verità,
subìto
le peggiori barbarie e crudeltà chiusa in un angolo, sola
più di
chiunque altro, per mostrare al mondo solo il meglio di sé
in quello
che era il gioco della vita.
«Laxus!»
la sua voce, cristallina, sembrava l'eco di un angelo che lo chiamava
dal cielo. Si voltò, riuscendo solo in quel momento ad
allentare
leggermente la tensione dei suoi muscoli, tesi tanto da fargli male.
Si sorprese quando la trovò più vicina di quanto
si fosse
aspettato: quando era arrivata? Aveva spiccato un salto,
probabilmente si era alzata in volo per arrivarci meglio e gli era
saltata addosso abbracciandolo con una tale enfasi da sbilanciarlo
indietro e farlo cadere. Osservò il suo volto, in quei brevi
istanti
in cui cadevano entrambi, farsi sempre più vicino al
proprio. Sentì
il tocco delle sue labbra sfiorare le proprie, il respiro sulla
guancia, un bacio velato e nascosto dalla scusa di un incidente nella
caduta. La vide, una volta seduto a terra, allontanarsi da lui con un
luminoso sorriso in volto, le guance arrossate rigate da lacrime che
non sembravano intenzionate a smettere di scendere.
«Sapevo
che ce l'avresti fatta» una sicurezza che aveva riposto in
lui fin
dal primo momento e a cui mai aveva ceduto. Quelle lacrime, ora le
riconosceva, erano lacrime di gioia. Lei era libera, dopo una vita in
catene, incubi e terrore, poteva finalmente considerarsi libera e
felice. E sapeva che doveva tutto a lui, che aveva combattuto in suo
nome.
«Non
sono stato io» mormorò con quel poco di voce che
ancora gli
rimaneva, ancora soffocato dal dolore di tutti quei ricordi e
pensieri con cui era stato costretto a scontrarsi.
«Che
dici?» sorrise lei. «Certo che sei stato tu, l'ha
detto anche Ivan!
La magia nasce dal cuore... giusto?» inclinò la
testa da un lato,
si strinse nelle spalle. Un ciuffo di capelli scivolò dalla
sua
testa, accarezzandole la fronte. Sembrava risplendere come il
più
delicato e scaldante dei soli. Era il suo sorriso più bello,
il suo
preferito, riusciva sempre a tirarlo via da qualsiasi tenebra,
riusciva sempre a far sorridere anche uno scorbutico e sempre cupo
come lui. Quel viso... se solo ripensava a quante volte l'aveva
ferito, senza consapevolezza.
Tremò,
tremò come mai aveva fatto.
«Laxus?»
mormorò lei, preoccupata. E la sorpresa aumentò
quando lo sentì
stringere i propri vestiti tra le dita, una foga tale che avrebbe
potuto strapparglieli. La tirò a sé e nascose il
proprio viso sul
suo petto. La stringeva, la stringeva tanto da farle male, e tremava
tanto che persino i polmoni facevano uscire aria nella sua gola senza
controllo, scontrandosi con delle corde vocali altrettanto instabili.
Era un lamento, un incessante e doloroso lamento. Aveva mai provato
prima di allora qualcosa di così doloroso?
Pianse,
nascosto e protetto dal suo abbraccio, pianse silenzioso se non per i
respiri che non riusciva a controllare, i singhiozzi che lo facevano
sobbalzare. E lei non poté che tenerlo appoggiato a
sé, proteggerlo
in quell'attimo di estrema debolezza che persino per lei, che lo
conosceva da una vita, era una novità incredibile.
«Perdonami»
riuscì a sussurrare, senza smettere di piangere.
«Perdonami,
Pricchan».
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Capitolo 53 *** Amiche ***
Amiche
«Ed
eccoci all'incontro finale di oggi, dopo la truffa di Raven Tail
costatagli l'espulsione da questo torneo mi chiedo cos'altro ci
aspetterà! È un escalation di sorprese,
quest'anno, non riesco a
placare l'emozione!» disse Chapati, guardando finalmente le
due
ultime concorrenti fare il loro ingresso e posizionarsi l'una di
fronte all'altra. «Per l'ultimo scontro abbiamo le ultime due
gilde
rimaste: Fairy Tail A contro Lamia Scale! Ed ecco le due concorrenti:
Wendy per Fairy Tail contro Chelia di Lamia Scale! Sarà un
incontro
tra piccoli angeli!» si emozionò Chapati, anche
forse in maniera
esagerata.
«Sta
iniziando l'incontro di Wendy... Priscilla non è ancora
tornata?»
chiese preoccupata Lluvia, guardando l'ingresso al proprio balcone.
«Ci
stanno mettendo decisamente troppo, quei due»
gracchiò Gajeel.
«Dubito
che se lo perderebbe, arriverà a momenti» disse
Mirajane,
fiduciosa, e come una premonizione appena un paio di secondi dopo
Priscilla fece il suo ingresso al balcone di Fairy Tail B. Trafelata,
dopo la corsa, si lanciò verso la balaustra e
guardò l'arena sotto
di loro.
«Metticela
tutta Wendy-chan!» gridò portandosi le mani
intorno alle labbra per
amplificare la propria voce. Wendy, sentendo la sua voce, mosse gli
occhi verso di lei e un sorriso felice e deciso le adornò il
volto.
«Però cerca di non farti troppo male!»
la rimproverò, come una
madre preoccupata.
«Che
razza di incoraggiamento sarebbe, Priscilla-nee»
mormorò Wendy,
sospirando affranta. Quella ragazza non sarebbe probabilmente mai
cambiata, continuava a trattarla con estremo senso di
protezione nonostante col tempo fosse diventata più forte e
capace
di badare a se stessa.
«Hai
capito, Chelia? Vedi di andarci, piano, capito?»
insisté Priscilla,
cambiando improvvisamente tono, lasciandosi travolgere da
quell'ondata di maternità come un fiume in piena contro cui
non
avrebbe lottato. E presto tramutò, fino a diventare vera e
propria
collera: «Se ti azzardi a torcerle un capello te la
farò pagare,
chiaro?»
«Come
osi dire queste cose alla mia cuginetta!» ruggì
Cherry dalle
tribune di Lamia Scale, un urlo isterico tanto potente da poter
essere sentito persino da loro, dall'altro lato dello stadio.
«Insegna
ai tuoi parenti a stare al loro posto!» si
incattivì Priscilla.
«Non
azzardarti mai più a minacciare la mia famiglia!»
rispose a tono
Cherry, allungando un piede per scavalcare la tribuna e sporgersi
maggiormente per farsi sentire. I membri della sua gilda dovettero
afferrarla per evitare che si lanciasse nel vuoto e forse tentasse di
correre incontro a Priscilla, che dal suo balconcino aveva cominciato
a fare altrettanto tenuta da un rassegnato Laxus e un incazzato
Gajeel, stufo di vederla sempre tentare di saltare giù dal
balcone.
«Ti
faccio vedere io, racchia!»
«Ti
faccio passare la voglia di sorridere, puttanella!»
«Com'è
bella l'amicizia tra donne» sorrise intenerita Mirajane e
Lluvia
sussultò, incredula, chiedendo sconvolta: «Quelle
due sono
amiche?».
«Wendy,
spaccale la faccia!» urlò infine Priscilla.
«Chelia,
spezzale le braccia!» fece eco Cherry.
E
due bambine, al centro dell'arena, abbassarono gli occhi rosse in
volto per la vergogna.
«Priscilla-nee,
ti prego...» sibilò Wendy.
«Cherry-san,
mi stai mettendo in imbarazzo...» confessò Chelia,
con lo stesso
tono rammaricato. Alzarono gli occhi l'una sull'altra, sorprese nello
scoprire che stavano condividendo in quel momento lo stesso
sentimento e la cosa le divertì timidamente.
«Siete
pronte?» chiese infine Mato, giudice anche di quella gara. Si
allontanò rapidamente e infine diede il via all'incontro. Le
due
ragazzine riacquistarono lo sguardo determinato e concentrato che
avevano avuto all'inizio e non persero tempo. Wendy fu la prima a
lanciare una magia, colpendo se stessa con tutte le magie di supporto
che conoscesse: «Arms x Vernier! Enchant!»
«Quelle
le ha imparate da me» sorrise Priscilla orgogliosa, facendo
un gesto
di vittoria verso Laxus per mostrargli quanto fosse orgogliosa di
quella ragazzina. Aveva già dimenticato la sua piccola
disputa con
Cherry, ora troppo concentrata sulla bambina.
«Attacco
d'ala del drago del cielo!» gridò Wendy e dei
turbini di vento
nacquero dal suo corpo e colpirono Chelia con una potenza tale da
essere in grado di spazzarla via. Ma Chelia poggiò una mano
a terra
e rapidamente riprese l'equilibrio, dandosi lo slancio per roteare e
tornare dritta.
«Dio
del cielo Boreas!» gridò a sua volta, sparando
altro vento contro
la stessa Wendy, di una colorazione tanto scura da essere quasi nera
e una potenza decisamente maggiore.
«Magia
del cielo?!» sussultò Priscilla,
sconvolta.
«Anche
lei?» chiese Lluvia, altrettanto sorpresa.
Wendy
si mise rapidamente in posizione di difesa e riuscì a
bloccare
l'attacco senza subire troppi danni.
«Oh,
wow! Sei riuscita a bloccarlo!» disse Chelia, emozionata e
sorpresa.
Le corse incontro, nascosta dal suo vento nero, così che
quando fu
vicina a Wendy lei non fu pronta non avendola vista arrivare.
«Che
ne dici allora di Danza del Dio del Cielo!» Wendy
volò via,
travolta, colpita, e roteò per aria alzandosi per metri
sopra da
terra.
«Wendy!
Vola!» urlò Priscilla, guardando preoccupata la
ragazzina che
urlava per il colpo che ancora la trascinava verso l'alto.
«Mi
sto solo scaldando!» urlò Chelia, saltando e
raggiungendola
rapidamente, mentre Wendy riuscì a usare il vento per
stabilizzarsi
e bloccare il suo impazzito volteggiare.
«Artiglio
del drago del Cielo!» ruggì Wendy, dando un calcio
dal quale
scaturì l'ennesimo colpo d'aria che andò a segno,
colpendo Chelia.
«Ruggito...»
caricò, prendendo aria, ma Chelia fece altrettanto
mormorando:
«Urlo...»
«Che
fa?!» sussultò Lluvia.
«Non
può essere!» si sporse Priscilla, guardando Chelia
con gli occhi
sconvolti.
«Del
Drago del Cielo!»
«Del
Dio del Cielo!» gridarono all'unisono, ognuno con
la propria
magia, simile, quasi identica, l'una all'altra se non per la
colorazione che possedevano: bianca per Wendy, nera per Chelia, era
uno scontro cromatico tra luce e ombre. La collisione tra le due
magie generò un'onda d'urto non indifferente, che travolse
l'intero
pubblico. Volarono via cappelli, oggetti vari, persino i bambini
dovettero essere presi e ben tenuti per evitare che potessero essere
sbalzati via. Ma alla fine, chi dalla sabbia emerse in ginocchio,
ferita in maniera più che profonda, fu Wendy. Chelia, di
fronte a
lei, sorrideva per niente intaccata.
«God
Slayer del Cielo...» mormorò Laxus, riconoscendo
il tipo di magia
che la cugina di Cherry possedeva e usava con maestria.
«Che
disparità incredibile!» osservò
Mirajane sorpresa e preoccupata.
«Non
abbatterti nee-chan!» urlò Priscilla con quanto
più fiato avesse.
«Forse
ho esagerato un pochino, mi dispiace» sorrise Chelia,
chinandosi in
avanti con grazia per guardare meglio Wendy in volto. «Ti sei
fatta
male?»
«È
tutto ok» disse Wendy, alzandosi anche se con gran
fatica.
«Ci
divertiamo ancora un po', ok?» sorrise Chelia, sempre con
estremo
candore.
«Combattere
non è affatto divertente. Ma per amore della mia gilda non
mi tirerò
indietro!» disse Wendy, combattiva, e dal palco di Fairy Tail
B
Priscilla sorrise amorevolmente gongolando con un gioioso:
«Ha preso
tutto da sua sorella!»
«Tu
non sei sua sorella» provò ad ammonirla Gajeel,
inutilmente.
«Nessun
problema! Per me va bene!» disse Chelia, allungando le mani
in
avanti e generando altri vortici di vento nero. «Io
farò lo stesso,
per amore della mia gilda».
Con
un urlo Wendy venne nuovamente colpita e scaraventata via, ma con una
determinazione incredibile piantò di nuovo i piedi a terra e
riuscì
a restare in piedi nonostante le evidenti ferite su tutto il corpo.
Alzò la testa al cielo e cominciò a risucchiare
aria nei polmoni,
sempre più, masticandola come se stesse mangiando qualcosa.
«Oh!
Allora anche tu sei in grado di mangiare l'aria!»
esclamò Chelia,
sorpresa. «Penso allora che mi unirò a
te!» e alzando la testa
cominciò a fare altrettanto. Mangiarono per qualche secondo,
ricaricandosi di forza e energia, poi Wendy divaricò le
gambe e
allargò le braccia puntando sull'avversaria uno sguardo
deciso e
severo.
«Tecnica
segreta del Drago! Onda Brillante!» vento violento e
tagliente come
lame cominciò a girare intorno a entrambe, intrappolandole
al suo
centro in una gabbia da cui sarebbe stato estremamente pericoloso
uscire. E infine Wendy diede il colpo finale, richiamando la magia:
«Trivella del cielo!»
Un
fascio di luce colpì Chelia, una colonna di vento ed
energie, era
come se il cielo stesso fosse caduto su di lei e l'avesse atterrita.
Fu tanto potente che volò via, verso l'alto, trascinata
dalla sua
incredibile forza che la colpiva secondo dopo secondo. E infine
Chelia cadde a terra, ferita e apparentemente esausta.
«Wow!»
mormorò Priscilla, guardando la piccola Wendy con gli occhi
che le
brillavano. «È molto più forte di tre
mesi fa!»
Wendy
barcollò, senza più forze, avendo dato fondo a
tutte le sue
energie. Riuscì a restare in piedi per miracolo, ansimando
per la
fatica e il dolore, ma il sorriso ebbe comunque la forza di brillare
quando sentì il giudice cominciare ad annunciare la sua
vittoria.
Annuncio che venne interrotto da Chelia stessa, che si
rialzò come
se niente fosse, esclamando: «Sono proprio sbadata»
divertita.
«È
stato davvero un bel colpo, Wendy!» sorrise allegra, mentre
dalla
pelle scomparivano tutte le sue ferite, tornando a donarle una pelle
liscia e perfetta.
«Ce
n'è un'altra?!» gridò Priscilla
sconvolta, portandosi le mani ai
capelli, interpretando quell'incredibile rigenerazione come il segno
che Chelia fosse fatta unicamente di magia come lei.
«Non
credo sia così» disse invece Laxus, più
pacato e attento. «God
Slayer del Cielo... ha sicuramente anche lei poteri curativi,
probabilmente può indirizzare quello stesso potere
verso se
stessa al contrario di Wendy».
«Ma
allora è imbattibile!» sussultò Lluvia,
preoccupata.
«No,
può farcela se riuscisse a colpirla con la giusta forza.
Deve solo
fare in modo che il suo potere sia maggiore di quello curativo della
ragazzina di Lamia» disse ancora Laxus.
«Però
Wendy ha già giocato le sue carte migliori e questo
è il risultato»
mormorò ancora Lluvia.
«Può
farcela» disse Priscilla, tesa. «Wendy non
è debole, non lo è
nemmeno un po'» e sporgendosi ancora in avanti
gridò qualche altro
incoraggiamento alla ragazzina.
«Ti
reggi a malapena in piedi» osservò Chelia.
«Forse dovresti
arrenderti».
Ma
Wendy, anche se ansimante e tremante, restò in piedi e ben
concentrata.
«Io
non odio combattere» continuò Chelia.
«Ma quando c'è un chiaro
vincitore è inutile continuare. Non c'è niente di
male se ti
arrendi, sai?»
«Non
posso» mormorò Wendy, ancora affaticata.
«Il fatto che io sia qui
significa che sono disposta a tutto per combattere per la mia gilda.
Non ho bisogno della tua pietà! Finché non
sarò caduta a terra,
priva di forze e incapace di muovermi, ti prego non
risparmiarti!»
Una
determinazione che riuscì a cogliere nel profondo non solo
la sua
gilda, commossa di fronte a tutta quella forza di volontà
che la
bambina metteva per loro, ma anche la stessa Chelia, che sorrise
convinta. «Va bene, allora! Lo faccio per buona
educazione» e alzò
le braccia al cielo, raccogliendo altro vento scuro ed evocando
un'altra magia, pronta ad attaccare. Dalla sua pelle iniziarono a
nascere come delle piume nere che andarono ad accumularsi,
raggruppandosi in fasci e muovendosi nell'aria sotto ai suoi comandi.
«Amatsu no marakumo!» chiamò e il fascio
soffice di aria e piume
si lanciò contro Wendy, roteando e vorticando fino a lei. Ma
non la
colpì, mancandola, probabilmente per l'affaticamente
accumulato.
Wendy approfittò per lanciarsi contro la sua avversaria e
tornare a
colpirla, anche se subito le sue ferite tornavano a rimarginarsi.
Calci su calci, pugni su pugni, magia e strategia, continuarono a
lungo con una che cedeva da una parte e l'altra che cedeva
dall'altra, ma poi tornavano e di nuovo si scontravano. Uno scontro
tra piccoli pugni, la definirono i commentatori, ma in
realtà era
più uno scontro tra determinazioni. Nessuna delle due
lasciava la
presa nemmeno per un attimo, nonostante il continuo colpirsi, ferirsi
e accasciarsi dalla stanchezza.
"Io
non sono in grado di combattere"
di fronte a quell'incredibile dimostrazione di forza e coraggio, a
Priscilla non poterono che tornare alla mente le parole che la
bambina le disse il giorno che la invitò a unirsi a Fairy
Tail, dopo
lo scontro con Nirvana. Ricordava il suo viso rattristato, lo sguardo
pieno di vergogna mentre confessava di ammirarla perché
sapeva usare
la magia del vento anche per combattere mentre lei non sapeva fare
altro che guarire ferite.
"Devi
solo crescere un po', vedrai che diventerai un'ottima Dragon Slayer!"
erano state le sue parole d'incoraggiamento di fronte a quel
dolcissimo viso rammaricato. Inutili, allora, solo fumo al vento, ma
avevano una consistenza tanto diversa ora. Quel giorno Wendy le
chiese di insegnarle, di prenderla sotto la sua ala. Aveva iniziato a
chiamarla Nee-san, seguiva duri allenamenti insieme a lei, la
osservava e la seguiva, ammirandola e cercando di apprendere tutto
ciò che poteva. Tutto quello... era inevitabile che tornasse
di
fronte a quello spettacolo.
Sorrise,
raddolcita e colta da un inevitabile malinconia.
«Non
c'è più niente che debba insegnarti adesso,
Nee-chan» mormorò
guardandola mentre dava vita a colpi dalla potenza incredibile e
strategie sempre più astute per sfruttare quel poco di forza
che le
era rimasto. «Sei diventata proprio un'ottima Dragon
Slayer».
«E
il tempo è scaduto!» annunciò Chapati,
ponendo infine termine a
quell'incontro. «L'incontro è terminato!
È un pareggio! Cinque
punti a ciascuna delle due gilde».
Entrambe
le ragazzine caddero in ginocchio, ansimanti, ma Chelia fu la prima
ad allungare una mano verso di lei e chiederle: «Ti fa tanto
male?
Mi dispiace».
«Non
è niente» provò a rispondere Wendy e
Chelia sorridente le si
avvicinò. Allungò le mani verso di lei e un
piccolo fascio di luce
l'avvolse poco prima che le ferite di Wendy cominciassero lentamente
a sparire.
«È
stato divertente, Wendy» sorrise, mentre la curava.
«Sì...
anche per me è stato divertente... un po'»
mormorò timida.
«Diventiamo
amiche?» chiese infine Chelia, con un sorriso tanto luminoso
che
avrebbe fatto invidia al sole stesso.
«Sì!»
rispose Wendy, altrettanto contenta ed entrambe si strinsero la mano,
unite in quel nuovo legame.
Gajeel
sentì poco dopo accanto a sé uno snif
sospetto
e sporgendosi verso il viso di Priscilla, ora chino e nascosto, le
chiese incredulo: «Stai piangendo?»
«Non
sto piangendo!» rispose repentina Priscilla, ma il tono di
voce la
tradì miseramente rivelando perciò a tutti la sua
commozione.
Commozione che quella sera, nella solita locanda, si
trasformò in un
vero e proprio pianto scrosciante. Abbracciata alla bambina, con le
guance rosse non solo per il dolore ma anche per l'alcol che ancora
una volta aveva buttato giù a fiotti, Priscilla piangeva
disperata
stritolando la bambina al petto.
«Non
lasciarmi Wendy» continuava a ripetere, intensificando sempre
più
la propria voce disperata.
«Non
voglio andare da nessuna parte, Priscilla- nee» provava
inutilmente
a consolarla Wendy.
«Sei
diventata così grande! Così grande! Adesso che
non ti servo più mi
abbandonerai come un calzino sporco... sei una donna forte e
indipendente adesso» arrivò persino a strillare,
incontrollabile
nel suo dolore.
«Continueremo
a stare insieme, Priscilla-nee! Davvero» tentò
ancora e ancora
Wendy, fino a che finalmente un barlume di speranza. Priscilla
tirò
rumorosamente su col naso e guardandola negli occhi le chiese:
«Davvero resteremo insieme per sempre?»
«Certo!
Sei la mia nee-san, giusto?» sorrise Wendy, felice di essere
riuscita a consolarla, ma Priscilla scoppiò nuovamente in un
violento pianto e tornando a stritolare la bambina si
disperò in un:
«Sei così dolce Wendy-chan! Così
dolce!»
Laxus
rientrò in quel momento insieme a Makarov. I due si erano
allontanati per qualche istante per poter parlare, i discorsi di Ivan
sul Lumen Histoire l'avevano un po' preoccupato soprattutto visto
quanto sembrasse follemente desiderarlo. Avevano così avuto
modo di
parlare, anche se non gli era stata comunque rivelata la
verità per
lo meno era bastato a tranquillizzarsi e capire che non era niente di
preoccupante.
Ovviamente
il pianto di Priscilla lo attirò subito, non tanto
perché era lei,
quanto perché urlava così tanto da essere in
grado di sovrastare
tutte le voci dei suoi compagni. La guardò in un misto tra
lo
sconforto e l'incazzato, chiedendosi nervoso: «Mi allontano
solo
qualche minuto e lei si ubriaca di nuovo! Vi avevo chiesto di tenerla
d'occhio» disse poi ai Raijinshuu, voltandosi a cercarli, ma
li
trovò tutti e tre abbandonati e accasciati sul tavolo
insieme a
Cana. Rossi in volto, sguardi addormentati, biascicate risatine che
nascevano ogni tanto, dal nulla: quello bastò a fargli
capire che
pure loro non ci erano andati molto leggeri.
«La
tua influenza è decisamente pericolosa» disse a
Cana, l'unica che
nonostante l'ubriachezza fosse ancora in piedi e sveglia. La donna
scoppiò a ridere, orgogliosa del suo operato e a Laxus non
restò
che sospirare un rassegnato: «Questa storia non
avrà mai fine».
Quella
sera però fu in realtà molto diversa dalle
precedenti. Priscilla
era molto più carica e non si addormentò poco
dopo. Bevette ancora,
mangiò, cantò e ballò. Cherry, Chelia,
Leon e altri membri di
Lamia Scale li raggiunsero poco dopo e con la prima Priscilla
passò
il resto della serata. Rise, rise a non finire, e continuò
nei suoi
scherzi e giochi con Natsu e altri membri. Volava da ogni parte,
rideva, importunava chi voleva stuzzicare, scommetteva con Happy su
ogni cosa, tornava ad abbracciare Wendy e poi a parlare con Cherry.
Il fatto che Wendy e Chelia avessero legato tra loro portò
Priscilla
e Cherry a stare più tempo assieme, ribandendo in
continuazione
quanto fossero carine. Organizzarono un pigiama party tutte insieme,
una volta che il torneo sarebbe finito, e di andare a fare Shopping
da qualche parte. Priscilla e Cherry cominciarono a trattare le due
bambine come fossero le loro bamboline, ipotizzarono vestiti e
capigliature che le avrebbero provato anche per renderle più
simili
a sorelline e questo le entusiasmò. E proseguì...
proseguì tutta
la notte, senza stancarsi e fermarsi mai, come se avesse avuto paura
che a chiudere gli occhi poi quel giorno sarebbe svanito nel nulla.
La sua prima notte di libertà, di consapevole
libertà, fu la più
bella della sua vita. Non aveva passato molto tempo con Laxus, troppo
impegnata a rincorrere e stare insieme a tutti gli altri, a godersi
la serata, ma non c'era stato attimo in cui non approfittasse per
voltarsi, guardarlo, e rivolgergli un sorriso, come a ringraziarlo.
Che lo accettasse o meno, tutto quello era solo grazie a lui. Non
l'avrebbe mai dimenticato.
Riuscì
persino a tornare in albergo da sola e mettersi nel letto senza il
bisogno di aiuto da nessuno, era talmente arzilla che
continuò a
parlare e ridere fino a quando non cadde nel sonno che era ormai
notte fonda.
Eppure,
nonostante la sua ormai indipendenza e libertà, Laxus al
mattino al
risveglio la trovò accanto a sé. Non aveva idea
di quando avesse
lasciato il proprio letto per infilarsi nel suo, non l'aveva neanche
sentita, ma quando aprì gli occhi il quarto giorno del
torneo
Priscilla dormiva beata appoggiata contro la sua schiena, sul fianco
destro. Le dita ancora strette delicatamente sul tessuto della
propria maglia, il respiro pesante di chi è ancora immersa
nel
proprio assorto sonno, il sorriso però ben stampato sul
volto.
Qualsiasi libertà avesse deciso di regalarle, non avrebbe
smesso mai
di tenere ben stretta la sua mano ora che era riuscita a ritrovarla.
Era egoista da parte sua, lo sapeva, ma non riusciva a non sorriderne
felice.
Quel
quarto giorno si aprì ai grandi giochi con la sfida di
"Battaglia
Navale". Il nome aveva suggerito loro un ambiente d'acqua, o per
lo meno qualcosa che ne avesse a che fare -speravano- così
avevano
sapientemente mandato di nuovo Lluvia. La speranza fu ben riposta,
dal momento che proprio di un combattimento in acqua si trovava e per
una come Lluvia quella era una sfida che era già vinta.
Ciascuna
squadra schierò il proprio campione, Jenny di Blue Pegasus,
Chelia
di Lamia Scale, Risley per Mermaid Heel, Lucy per Fairy Tail A ma per
Sabertooth si presentò una nuova concorrente, vista
l'espulsione di
Yukino: Minerva. Una sfida tra sole donne se non si contava Rocker
per i Quattro Cuccioletti.
Lucy
giocò subito la sua carta migliore, chiamando Aquarius a
sostegno.
Con il solito volto contratto dalla furia, Aquarius attaccò
subito
con violenza, senza riserve. Ma Lluvia dominò la sua acqua e
gliela
rispedì indietro. Jenny approfittò per prima
della confusione
creata da Lucy e Lluvia per colpire il primo dei concorrenti,
mandando fuori dall'enorme bolla d'acqua Rocker per i Quattro
Cuccioletti.
«Quel
tipo fa proprio schifo» commentò Priscilla,
guardandolo con un
certo disgusto.
«Mi
chiedo cosa sperasse di fare» mormorò Laxus,
guardandolo con un
certo astio. Una frase apparentemente collegata al torneo, forse un
po' cattiva, ma in realtà a tornargli in mente non era stata
altro
che la sera che aveva tentato l’approccio con Priscilla. Uno
così
non aveva il diritto nemmeno di guardarla.
Chelia
e Risley si colpirono a vicenda, approfittando a loro volta della
distrazione delle più pericolose avversarie: Lucy e Lluvia,
che
continuavano a lanciarsi addosso turbini di acqua con pari potenza.
Fino a quando Aquarius, parlando di un appuntamento, non
sparì
lasciando sola la propria padrona. A salvare Lucy dall'eliminazione
furono Virgo e Aries, che la trattennero e le impedirono di uscire
dalla bolla d'acqua.
Lluvia
prese in mano la situazione, pronta a sconfiggerle tutte in un solo
colpo e lanciò una nuova tecnica... piena di cuori e
amore.
«Gray-sama
Love!» era il suo nome e Gray, dalla sua tribuna, non
poté che di
nuovo scattare dal nervoso per essere sempre in mezzo a quella
situazione.
Jenny,
Risley e persino Chelia non poterono niente contro la sua potenza e
caddero fuori dalla bolla d'acqua una dopo l'altra, perdendo
così la
sfida. Lucy venne ancora trattenuta da Virgo e Aries, mentre Minerva
usò i suoi poteri con la minima fatica per riuscire a
manipolare lo
spazio intorno a lei e restare intoccata.
«Inredibile!
Lluvia ne ha sconfitte tre con un colpo solo!» disse Chapati,
mentre
Lluvia a braccia aperte si prendeva il suo meritato applauso con una
fierezza rigogliosa. Si voltò infine, rossa in volto, verso
Gray
guardandolo colma di speranza, chiedendosi se lui l'avesse notata. Ma
questo le costò una tremenda distrazione che la
portò senza
rendersi conto a uscire dalla bolla e cadere a terra.
«Quell'idiota»
commentò Gajeel, frustrato, mentre Priscilla scoppiava a
ridere
fragorosamente.
«Abbiamo
perso cosa c'è da ridere?» ruggì
Gajeel, iracondo.
«Quando
si tratta di Gray non capisce più niente. È
troppo divertente!»
rise, sollevandosi in volo e chinandosi a metà si tenne la
pancia
ora dolorante.
«Restano
solo Minerva e Lucy, dunque! Chi delle due
vincerà!» commentò
Chapati. «Entra ora in vigore la regola dei cinque minuti! Se
in
questi cinque minuti una delle due cadrà fuori dall'arena,
finirà
automaticamente all'ultimo posto!»
«È
una regola crudele» commentò Priscilla.
«Gli
organizzatori farebbero di tutto per tenere alta l'attenzione del
pubblico, non hanno grande interesse nelle sorti delle gilde»
osservò Mirajane.
Minerva
attaccò per prima generando una bolla di calore che
colpì Lucy con
una violenza incredibile. Un'altra bolla, non più bollente,
ma
pesante come piombo le cadde sulla schiena. Lucy non si arrese e
allungò una mano verso le proprie chiavi, pronta a sfoderare
qualche
altro colpo, ma con sua somma sorpresa non le trovò al loro
posto.
Minerva stringeva le chiavi, fiera di aver neutralizzato la sua
avversaria, e la colpì ancora con l'intenzione di mandarla
fuori dal
campo. Ma Lucy diede fondo a tutte le sue energie, lottò a
mani nude
contro quella forza e con qualche potente bracciata riuscì a
rimanere dentro l'acqua. Minerva trovò interessante la sua
ostinazione e fu proprio questa a spingerla a giocare di più
con
lei. La colpì e la rispedì al centro dell'arena,
poi la colpì di
nuovo e la sparò lontano per colpirla ancora a riportarla
indietro.
Fece di lei un vero e proprio yo-yo, continuando a ferirla e colpirla
con quella bizzarra e potentissima magia.
«Lucy!»
chiamò Priscilla, guardandola con preoccupazione.
«Perché
la riporta sempre indietro?» chiese Lluvia, preoccupata.
«Vuole
torturarla!» esclamò Gajeel.
«Questo
incontro è già terminato» strinse i
denti Laxus, altrettanto
irritato nel vedere una sua compagna trattata in quel modo.
«Basta,
fermati!» insisté Priscilla, sempre più
furiosa, ma Minerva non
accennò nemmeno a tentare di darle tregua e
continuò, continuò e
continuò, fino a quanto Lucy non ebbe più nemmeno
la forza di
urlare.
«Fermatela!
Fermate la gara!» dovette intervenire il capo delle guardie,
orripilato per quanto stesse accadendo e Mato non esitò a
interrompere arbitrariamente l'incontro. Minerva rise, divertita, e
prese Lucy per il collo portandola all'esterno della bolla mentre lei
si prendeva la gloria della vittoria. Lucy, bloccata dalla sua mano,
non si mosse più.
E
infine Minerva la lasciò andare, facendola cadere nel vuoto
per
quella ventina di metri sopraelevati.
«Lucy!»
chiamò Priscilla, portando automaticamente le mani in
avanti. Un
soffio di vento accolse il corpo dell'amica, portandola delicatamente
a terra, mentre Gray e Natsu correvano da lei per vedere come
stava.
«Portate
immediatamente Lucy al pronto soccorso!» esclamò
una delle guardie,
mentre Wendy correva davanti a tutti ed esclamò:
«Le darò io le
prime cure».
«Vi
aiuto!» esclamò Chelia, correndo al fianco della
ragazza.
«Lucy!»
si avvicinò anche Lluvia, preoccupata.
L'immagine
di Priscilla si materializzò di fronte a Minerva, ancora
chiusa
nella bolla d'acqua, e con un colpo di braccio le strappò di
mano le
chiavi di Lucy approfittando dell'effetto sorpresa che il suo Mirage
le aveva concesso.
«Queste
non sono tue» ruggì, fulminandola. Minerva
sghignazzò, per niente
intimorita, e incrociando le braccia disse semplicemente:
«Fa' pure,
non mi interessano» e cominciò a scendere verso
terra, abbandonando
l'arena d’acqua che pian piano si dissolse con la stessa
magia con
cui era nata. «Cos'è quello sguardo?»
chiese, continuando a
sentirsi superiore. «Non ho infranto nessuna regola.
Piuttosto
dovreste ringraziarmi per aver fatto arrivare seconda quel rifiuto di
ragazza».
Mentre
Lucy veniva portata via, diretta all'infermeria, Natsu, Gray e Erza
si trovarono di fronte a una Minerva sempre più orgogliosa
di sé.
Sarebbero volentieri tutti partiti in quell'istante per prenderla a
pugni, furiosi per il suo modo ma soprattutto per le sue parole, ma
Erza fu lucida abbastanza da bloccare soprattutto il Dragon
Slayer.
«Non
mi interessa se siete la gilda numero uno di Fiore» disse
lei,
portavoce della sua squadra. «Ma sappiate che se avete deciso
di
farvi dei nemici, avete fatto incazzare la gilda peggiore».
Una
dichiarazione di guerra, nient'altro che quella per il momento, poi
il gruppo di Fairy Tail fece dietrofront e corse verso l'infermeria
per stare affianco alla compagna ferita.
Infiniti
minuti di attesa, estenuanti cure da parte di Chelia e Wendy, e
finalmente Lucy con estrema fatica riuscì a riaprire gli
occhi
quando si trovò già sotto le coperte del letto
dell'infermeria.
«R-ragazzi...
scusate» balbettò. «Ho... perso di
nuovo» un accenno di un
singhiozzo, una tortura a cui non riusciva resistere.
«Ma
che dici? Sei arrivata seconda, grazie a te abbiamo ottenuto otto
punti» cercò di rincuorarla Gray, ma lei
nascondendo il volto sotto
le coperte non riuscì che a pensare ad un'unica cosa, il
più grande
dei dolori.
«Le
mie chiavi...» le erano state rubate ed era stato come se
avessero
attentato alla vita dei suoi affetti più cari.
Chissà che forse, in
realtà, non fosse veramente così. Non c'era
niente al mondo che
Lucy amasse più dei suoi Spiriti, questo ormai era risaputo
non solo
ai suoi compagni. Un tintinnio familiare e il suo mazzo di chiavi le
ondeggiò davanti al viso. Priscilla le sorreggeva e dietro
di loro
cercò di sorridere rincuorante, dicendo semplicemente:
«Ecco a te».
«Pricchan...»
tremò Lucy, prendendo il suo mazzo e stringendoselo
amorevolmente al
petto. «Grazie».
E
con quell'ultima parola affaticata, infine, Lucy si
addormentò.
Priscilla restò china davanti al suo letto, guardando il suo
volto
graffiato ma ora finalmente sorridente, e le concesse una carezza
sulla fronte sudata.
«Resto
io con lei. Andate pure voi, tra poco inizieranno le
battaglie»
disse.
«Solo
un attimo, per favore» la voce di Makarov anticipò
la sua entrata
in quella stanza. «Visto che siete già tutti qui
posso parlarvi».
«Che
succede?» chiese Lluvia, incuriosita.
«Non
so se è la cosa migliore» sospirò
Makarov. «Ma l'organizzazione
mi ha ordinato di unire le due squadre».
«Unire?»
chiese Gray.
«Perché?»
domandò Mirajane, non capendo il motivo di una tale
scelta.
«Con
la squalifica di Raven Tail sono rimaste solo sette squadre, un
numero dispari. Questo crea difficoltà per gli accoppiamenti
per le
battaglie. Perciò ci hanno chiesto di unire le due squadre
in una,
formata dai cinque elementi più forti di entrambe»
spiegò il
Master.
«E
i punti?» chiese Charle, preoccupata.
«Prenderemo
quelli della squadra in svantaggio, perciò
trentacinque» spiegò
Makarov.
«Ma
non è giusto!» brontolò
Priscilla.
«Se
l'ha deciso l'organizzazione non possiamo farci niente»
commentò
Erza.
«A
pensarci, unendo i membri più forti di entrambe diventeremmo
ancora
più potenti» disse Cana.
«Chi
manderemo?» chiese Lluvia.
«Io
direi che a questo punto mi tiro indietro. Penso che Natsu, Gray e
Erza possano fare molto più di me» disse Wendy.
«E poi così posso
restare insieme a Lucy per aiutarla in caso di bisogno».
«Mi
sembra una buona idea» annuì Erza e Gray si
mostrò altrettanto
d'accordo.
Priscilla
alzò una mano, chiedendo parola come se si trovasse a
scuola, e con
solennità e una certa superiorità disse:
«In quanto Leader del
team B...»
«Leader?»
storse il naso Gajeel, già pronto a incazzarsi.
«Io
offro della mia squadra Gajeel e Laxus» annunciò.
«Mi
sta bene» si calmò Gajeel improvvisamente.
«Chi
ti ha dato il diritto di decidere per gli altri?» si
informò Laxus,
divertito da quella sua improvvisa posizione di potere.
«Ho
fondato io il team, decido io. Ammetto che potrei commettere un
grosso errore, sarebbe molto meglio se andassimo io o Mirajane invece
che Gajeel...»
«Come
hai detto?!» si corrucciò nuovamente il Dragon
Slayer.
«Ma
so già che non mi darebbe pace, quel rompiscatole,
perciò glielo
concedo. Tanto accanto a Laxus e Erza, persino uno come lui
può
riuscire a vincere qualcosa» insisté Priscilla e
questa volta,
insieme a Gajeel, scattarono anche Gray e Natsu ringhiando:
«E noi
non contiamo niente?!»
«Brutta
stronza! Vuoi prenderle?!» ringhiò Gajeel, offeso,
ma Priscilla non
lo guardò nemmeno in volto. Un minitornado prese possesso di
lui,
avvolgendolo, e cominciò a farlo roteare come una trottola a
velocità particolarmente elevata. Ma non fu tanto la potenza
del suo
tornado a disturbarlo, quanto il senso di nausea tipica dei mezzi di
trasporto che lo colse e lo rese incapace di altre repliche.
«Che
questo ti serva di lezione» disse Priscilla, incrociando le
braccia
al petto con una superiorità da Dea.
«È
meglio non farla incazzare» mormorò Laxus, ben
conoscendo quel suo
diabolico modo di prendersi gioco dei Dragon Slayer. Poche volte lui
se l'era risparmiato, quando erano ragazzi e tentava di stuzzicarla
un po' troppo.
«Bene,
allora è deciso. Vado a dare comunicazione ai giudici, voi
fatevi
trovare pronti. Tra poco inizieranno le battaglie a coppie»
disse
Makarov, uscendo nuovamente dalla stanza.
«Mettetecela
tutta!» disse Cana, incoraggiante.
«Vendicherò
Lucy, ad ogni costo!» ringhiò Natsu, ancora
furioso per quanto
successo alla sua compagna.
«Andiamo.
Prepariamoci» disse Erza, uscendo per prima dalla stanza.
Gray e
Natsu furono i primi a seguirla, subito dopo si incamminò
anche
Gajeel, insieme al resto di Fairy Tail che sarebbe andata sugli
spalti per assistere nel tifo. Per ultimo si avviò Laxus, ma
si
voltò verso Priscilla, prima di allontanarsi da lei, e le
chiese
semplicemente: «Tu resti qui?»
Lei
annuì e disse: «Faccio compagnia a Wendy e
terrò al sicuro questo
posto. Sabertooth al contrario di Raven Tail almeno rispetta le
regole, ma è sempre meglio non fidarsi» e infine
con un occhiolino
disse: «Lascio a te la Leadership!»
«Che
sciocchezze» mormorò Laxus, apparentemente
disinteressato, e infine
uscì dalla stanza. Priscilla si accostò vicino a
Wendy e portandosi
una mano vicino alle labbra le disse, come se le rivelasse un
segreto: «In realtà gli piace da matti
l'idea» e la bambina
ridacchiando si portò una mano alle labbra unendosi al suo
scherzo.
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Capitolo 54 *** Lotta tra draghi ***
Lotta
tra draghi
Wendy
e Priscilla poterono vedere le battaglie di quel giorno attraverso
una Lacryma Vision installata all'interno della stanza
dell'infermeria, mentre Lucy ancora riposava accanto a loro. Il primo
incontro vide come protagonisti Blue Pegasus, che schierò in
campo
Ichiya e un tizio col costume da coniglio di cui ancora non si
conosceva l'identità. Avrebbero dovuto combattere contro
Rocker e
Baccus di Quattro Cuccioletti.
«Tu
chi credi che ci sia sotto a quel costume?» chiese Wendy,
curiosa.
«Chissà...
comunque non credo possano comunque farcela contro Baccus. Ichiya
è
inquietante, mentre Baccus un vero figo»
sghignazzò.
«Non
dovresti giudicarli dall'aspetto, lo sai?»
l'ammonì Charle ma lei
sghignazzò divertita. Non appena il giudice diede inizio
all'incontro il coniglio fece la sua prima mossa... togliendosi il
costume e scoprendo così che sotto a essa c'era un Exceed.
Un Exceed
oltretutto conosciuto.
«Ehy,
ma quello...?» chiese Priscilla, guardando il gatto
attraverso lo
schermo.
«Nichiya?!?!»
sobbalzò Charle, sbiancando.
«È
identico a Ichiya! Questo incontro sta diventando un film
dell'orrore» rabbrividì Priscilla. Con estrema
commozione Ichiya si
affiancò a Nichiya, l'Exceed che un tempo su Extalia era
capo delle
guardie della Regina Chagot. A occhi socchiusi diedero inizio a un
romantico e intenso racconto per spiegare il loro miracoloso ed
emozionante incontro di qualche tempo prima. Rocker parve perdere la
propria anima, di fronte a quell'inquietante duo, ma Baccus invece si
animò ancora di più e partì alla
carica ben prima che potessero
anche solo cominciare. Colpì e atterrò con un
solo gesto l'Exceed,
portandolo perciò a perdere i sensi.
Priscilla,
sulla sua sedia, si infervorò e, sicuramente di parte,
cominciò a
tifare per la stella dei Quattro Cuccioletti tirando pugni al vento
per incitarlo a colpire più forte. Rocker partì
subito dopo,
prendendosela con uno sconvolto Ichiya. Lo colpì, spedendolo
ben
lontano, e Baccus tornò alla carica e si preparò
a stenderlo
definitivamente.
«Forza
cagnolini!» insisté Priscilla, guardando come
Baccus e Rocker
continuassero a colpire Ichiya.
«Un
po' mi dispiace per lui, però» confessò
Wendy, sempre troppo
dolce.
Ma
all'ennesimo pugno, improvvisamente, Ichiya si animò e
ingrossò il
proprio corpo in una forma muscolosa e robusta. Nonostante il fisico
scolpito, però, mantenne la sua inquietante faccia che ora
era
peggiorata dal fatto che avesse addirittura perso un dente.
«Fa
ancora più schifo di prima» biascicò
Priscilla.
«Non
essere così cattiva, Nee-san»ridacchiò
Wendy, sempre dispiaciuta
per le sorti di quell'ometto. Ichiya caricò con un singolo
pugno,
colpendo entrambi i suoi avversari e spedendoli dritto contro il muro
opposto dell'arena. Priscilla sbiancò, sconvolta,
nell'istante in
cui l'arbitro decretò la vittoria di Blue Pegasus.
«Non
ci credo!» sibilò.
«È
forte, alla fine» osservò Wendy,
sorpresa.
Il
secondo incontro vide Leon e Yuka contro Kagura e Miriana, di Mermaid
Heel. Priscilla saltò in piedi sulla sedia e non smise un
solo
istante di agitarsi, incitando Leon tanto forte che Charle dovette
intervenire più volte per cercare di calmarla o avrebbe
svegliato
Lucy. Ma l'incontro si chiuse in parità, con nessun vero
vincitore
alla fine del tempo limite.
Infine
come ultimo incontro della giornata ci fu il tanto atteso Fairy Tail
contro Sabertooth. Natsu e Gajeel scesero l'uno di fianco all'altro,
contro Sting e Rogue, i draghi gemelli di Sabertooth. Un incontro che
dava le palpitazioni solo nel suo preludio, conoscendo perfettamente
forza e pericolosità di tutti e quattro i membri delle due
gilde,
sarebbe stato sicuramente un evento che avrebbero ricordato in molti.
Persino nella stanza di Lucy cadde finalmente il silenzio, nonostante
Priscilla fosse una persona totalmente avversa all'assenza di rumore.
A braccia conserte, concentrata, guardò con attenzione e
nervoso
l'intera durata dell'incontro. Lucy, al loro fianco,
continuò a
riposare ma il pensiero era sicuramente rivolto a loro dal momento
che mormorò nel sonno il nome di Natsu. Natsu e Gajeel
ebbero un
primo vantaggio, cogliendo gli avversari di sorpresa, mossi dal loro
desiderio di far loro pagare ogni cosa. Quelle persone insultavano i
loro sentimenti, si facevano chiamare gilda, li denigravano e
offendevano i loro compagni, non avevano la minima idea di cosa
volesse dire avere una famiglia. Solo questo bastava a mandar su
tutte le furie chi, come loro, aveva trovato in una gilda una nuova
ragione di vita, chi aveva disperato per tutta la sua esistenza, chi
aveva commesso errori ma era stato perdonato, chi amava e chi era
stato amato nel momento in cui ne aveva avuto più bisogno.
Sabertooth non meritavano di essere chiamata gilda, non allo stato
attuale, e considerato ciò che avevano anche fatto a una
loro
compagna non meritavano nemmeno un briciolo di indulgenza. La furia
nei loro occhi era assoluta e con essa colpirono duramente entrambi i
draghi gemelli. I loro ruggiti andarono a vuoto, gli attacchi
speciali annullati, Gajeel e Natsu sembravano su un altro livello.
Erano passati appena cinque minuti e Gajeel e Natsu erano incolumi,
solo tanto arrabbiati, mentre Sting e Rogue contavano già
numerose
ferite e della fatica negli occhi. Ma non si arresero e scatenando
tutta la loro energia si coprirono di luce bianca e ombra. Era
bastato solo quello, caricarsi appena, che Sting e Rogue fecero un
grosso balzo in avanti nella loro potenza riuscendo infine a colpire
e stendere sia Natsu che Gajeel in brevissimo tempo. L'ago della
bilancia ora era di nuovo finito dalla parte di Sabertooth, mentre
Natsu si trovava in grosse difficoltà con addosso un
incantesimo in
grado di paralizzarlo. Ma lo bruciò... E Gajeel, poco
lontano,
riuscì incredibilmente ad afferrare le ombre di Rogue e
bloccarlo.
Nonostante la forza amplificata dei due draghi gemelli, Natsu e
Gajeel riuscirono comunque a rimettersi al loro stesso livello e
colpirli con tutta la rabbia e la determinazione che avevano.
Un attacco supremo, da parte di Sting, illuminò l'intera
arena ma
Natsu, al suo centro, restò impassibile e lo
bloccò senza mostrare
nessun tipo di affaticamento. Gajeel, nonostante la
difficoltà
iniziale causate dalla magia di Rogue che lo rendeva intoccabile,
trasformandosi in ombra, riuscì anche lui infine a trovare
il modo
di colpirlo e mandarlo a terra a fianco al proprio spocchioso
compagno. Fairy Tail era pronta a dare una lezione a chi aveva osato
pestargli i piedi.
Sting
e Rogue tornarono a rialzarsi e un'altra magia li avvolse,
trasformando la loro pelle in scaglie e dando una consistenza alla
propria energia bianca e nera che li inondava.
Dragon
Force, la forza segreta del Dragon Slayer, loro dimostrarono di
essere in grado di attivarla a loro piacimento. Sting si fece avanti,
chiedendo al compagno di restare indietro, consapevole o forse illuso
che sarebbe bastato lui a stenderli entrambi. Nonostante l'orgoglio
di Gajeel mormorava di non sottovalutarli, fu impossibile non notare
l'evidente disparità con quelli che erano stati fino a poco
prima.
Sting si trovò di fronte a Natsu che questo non era nemmeno
riuscito
a vederlo e riuscì a mandare un pugno a segno. Gajeel lo
mancò e
ancora Sting fece la sua mossa vincente, con palle di luce bianca che
esplosero sul Dragon Slayer del ferro. Natsu provò ad
approfittare
della sua distrazione, ma ancora Sting fu più veloce e lo
colpì.
Mandò di nuovo al tappeto Gajeel e infine si
preparò a ruggire con
il suo soffio sacro del Drago Bianco: un attacco che fu in grado di
disintegrare il terreno dell'arena, creare un'immensa voragine in cui
caddero i due Dragon Slayer di Fairy Tail. Ma non si arresero e
tentarono ancora, usando tutte le loro carte in gioco. Sting venne
scaraventato a terra, ma senza un graffio né nessun tipo di
difficoltà si rialzò e ancora si
preparò a fare la sua mossa: un
raggio di luce bianca che li colpì e li mise al tappeto. Si
rialzarono, tentarono ancora e ancora, a Sting continuava ad avere la
meglio, fino a quando i due non finirono completamente a
terra.
Il
giudice era già pronto a decretare la loro vittoria, Chapati
aveva
già cominciato con il suo commento sulla forza di
Sabertooth, quando
però Natsu e Gajeel tornarono in piedi. Ricoperti di ferite,
lamentandosi per il dolore, ma ancora arzilli e carichi, pieni di un
strano ottimismo. Natsu sorrise e con esso annunciò di
averlo
compreso, aver compreso il suo metodo di combattimento e
perciò
avrebbe finalmente vinto. Ma nel riportare qualche esempio, per
spiegare in che modo l'avesse studiato, si ritrovò a
bisticciare con
Gajeel in quanto disaccordo sul modo di piegarsi di Sting.
«Sono
seri?» mormorò Priscilla, guardando la Lacryma con
nervoso.
«Quei
due non riusciranno mai ad andare d'accordo»
ridacchiò Lucy,
sollevandosi lentamente dal letto e puntando gli occhi alla Lacryma.
«Lu-chan!»
disse Priscilla.
«Sei
sveglia» osservò Wendy, felice di vedere che stava
bene.
Il
bisticcio tra Natsu e Gajeel continuò qualche secondo,
sembravano
pronti a cominciare a combattere tra di loro dimenticandosi
dell'incontro e dei loro avversari, quando Natsu, stufo, lo spinse
infine su una carriola. Questa, posta su dei binari, venne spinta via
dallo stesso Natsu e si portò infine dentro cunicoli
sperduti nei
sotterranei di Crocus un Gajeel troppo moribondo per la nausea da
mezzi di trasporto per riuscire a ribellarsi.
«Che
imbecilli!» commentò Priscilla.
«È
già molto che siano riusciti a collaborare fino a questo
punto»
ridacchiò Wendy.
Natsu
decretò con quel gesto e con poche parole la sua
superiorità di
fronte ai due draghi gemelli. Sostenne di poter essere in grado di
sconfiggerli da solo e quell'affermazione condita da quell'immenso
orgoglio mandò in bestia entrambi gli avversari. Sting
tornò a
caricare con la stessa identica potenza di poco prima, ma a
differenza di allora Natsu riuscì a pararlo.
Contrastò il ruggito
di Rogue con il proprio, riuscendo addirittura a sovrastarlo. I due
ragazzi non si arresero e tornarono alla carica, sempre più
furiosi,
ma ormai Natsu era deciso a mettere fine quell'incontro e riusciva a
tener loro testa in maniera sublime e perfetta. Fino a quando,
sconfiggendo da solo persino il loro unison raid, non ebbe per
sé la
campana della vittoria di fronte a Sting e Rogue a terra
completamente inermi.
«Alla
fine ce l'ha fatta davvero, quel bastardo»
ridacchiò Priscilla.
«Natsu»
mormorò Lucy, guardando commossa lo schermo dove il suo
migliore
amico si prendeva la gloria di quel momento. E con un risvolto
inaspettato Fairy Tail, ultima gilda di Fiore per sette anni,
superò
Sabertooth.
Wendy
abbracciò Charle, esultando dalla felicità,
mentre dallo stesso
stadio si sentivano arrivare le urla di un pubblico decisamente
sovraeccitato. Lucy sorrise, con gli occhi umidi dalla gioia, e
Priscilla al suo fianco dondolava per aria a gambe incrociate come se
si trovasse su un'altalena, ridacchiando felice.
Anche
il quarto giorno dei Giochi della Magia, superando un ulteriore
incredibile ostacolo, ebbe fine portando con sé
l'eccitazione di un
incredibile ribaltamento della situazione. Niente era scontato,
niente era noioso, Fairy Tail quell'anno aveva fatto davvero grandi
cose.
«Andiamo
, Lucy! Andiamo a salutarli!» disse Priscilla, prendendo per
mano
Lucy. Quest'ultima non ebbe neanche tempo di assimilare la frase
detta che Priscilla aveva cominciato a tirarla, tenendola sollevata
per impedirle di camminare, ed era corsa fuori dall'infermeria.
Correva a una velocità incredibile, trascinandosi dietro una
Lucy
urlante per la sorpresa e lo spavento, lungo tutti i corridoi dello
stadio fino a quando non videro in lontananza il gruppo di Fairy Tail
che faceva rientro.
«Cut
Fastball!» gridò Priscilla tirando indietro la
spalla per prendere
lo slancio e infine con forza lanciò letteralmente Lucy
contro il
gruppo, ben mirando contro Natsu. Ovviamente la sua magia
aiutò la
ragazza a cadere nel punto giusto e nel modo giusto, evitandole
dolori, ma comunque l'arrivo di Lucy non fu delicato e finì
con il
buttare a terra Natsu.
«Perfect
Game!» saltò Priscilla entusiasta.
«Lucy!
Che fai qui?» chiese Natsu, guardando sconvolto Lucy che
tremava tra
le sue braccia.
«Non
ne ho idea» mormorò lei, ancora scossa.
«Dove sono? Quando sono
arrivata? Natsu... che fai tu qui?»
«Lucy
voleva salutarvi!» disse Priscilla avvicinandosi sorridente.
«Hai
fatto tutto da sola!» le ruggì contro
Lucy.
«Stai
bene, Lucy?» chiese Natsu, ignorando ciò che era
appena successo.
La ragazza smise di agitarsi per il viaggio turbolento e sorrise,
annuendo semplicemente.
«Certo
che sta bene! È stata curata da Wendy, dopotutto!»
sorrise
Priscilla orgogliosa dei poteri della bambina.
«Dov'è
Gajeel?» chiese Lucy, guardandosi incuriosita
attorno.
«Eh?»
chiese Natsu con voce nasale e sguardo sperduto. «Mi ha
mollato da
solo nel bel mezzo della battaglia, dove si è
cacciato?»
«Sei
stato tu a spingerlo via, idiota!» gli urlò contro
Gray, furioso
nel vedere quanto fosse debole la memoria del Dragon Slayer.
Priscilla, come sempre faceva quando vedeva qualcun altro
battibeccare, scoppiò a ridere fragorosamente, tenendosi la
pancia.
«Eccoli
i nuovi quotati per la vittoria di quest'anno»
commentò Leon
camminando a capo della propria squadra. Erano diretti all'uscita e
stavano passando di lì quando avevano sentito il caos delle
loro
voci. «Non pensate che vi permetteremo di vincere
tan...» ma si
interruppe quando Priscilla gli saltò al collo urlando il
suo nome
con tutta la voce che aveva. Lo abbracciò e usando il
proprio vento
portò entrambi a girare come una trottola, mentre lei rideva
e lo
stringeva.
«Siete
stati bravissimi! Anche se avete finito in parità, davvero
incredibili!»
«Priscilla!
Lasciami!» tentò di chiedere lui, cominciando ad
avere i primi
capogiri per quell'incessante girare e vorticare. Ma Priscilla non
smise e continuò in quella tortura fino a che, girando
girando, Leon
non intravide la figura di Lluvia raggiungerli. Piantò i
piedi a
terra e allungò una mano verso di lei, urlando:
«Lluvia! Non è
come credi!»
Ma
Lluvia gli diede la minima importanza e si limitò a pensare
che
fosse un po' un cascamorto che ci provava con tutte. La cosa in
realtà un po' la tranquillizzava, sarebbe stato
più facile
districarsi in quel triangolo amoroso in cui era caduta se Priscilla
riusciva a togliere Leon di mezzo prendendoselo lei.
«Ma
voi due non stavate insieme?» chiese Natsu, innocentemente.
«Eh?!»
urlò Leon tanto forte che poterono sentirlo per tutto lo
stadio.
«Chi ti ha detto una cosa simile?»
ruggì, rosso in volto come un
peperone. Accanto a sé Priscilla si portò
innocentemente le mani
dietro la testa e ridacchiando ammise: «Credo che sia colpa
mia».
«E
lo ammetti con tanta innocenza?» urlò Leon, al
limite della
disperazione.
«Perciò
non è vero che avete fatto zozzerie quando siete rimasti
soli tu e
lei in quel bosco, durante lo scontro con Nirvana» disse
Levy, con
innocenza.
«Che
cosa abbiamo fatto noi?!» impallidì sempre
più Leon.
«Eppure
siete stati via così tanto» ripensò
Lucy, ricordando il volto di
Priscilla mentre raccontava loro cosa era successo. E come se fosse
uscita direttamente dalla sua testa, Priscilla tornò ad
arrossire,
si portò le mani alle guance e gongolando come una ragazza
innamorata disse con candore: «Leon ha messo la sua magia
dentro al
mio corpo».
«Smettila
di essere equivoca!» strillò di nuovo Leon, sempre
più al limite,
fino a quando un piede pesante non si posò vicino a lui
attirando la
sua attenzione. Più che un uomo sembrava una montagna
oscura, ma
comunque Laxus mantenne la sua compostezza nonostante lo sguardo
stesse palesemente cercando di ucciderlo.
«Non
sono sicuro che io e te ci siamo mai presentati» disse col
tono di
voce che faceva presagire una condanna a morte. Leon iniziò
a sudare
freddo ma cercò comunque di mantenere una certa
dignità, nonostante
Priscilla fosse tornata ad appendersi al suo collo. Cosa che fece
infuriare ancora di più Laxus, tanto che i lembi del suo
cappotto
cominciarono addirittura a muoversi sotto l'effetto della sua magia
fuori controllo, un'energia sprigionata anche senza volerlo.
Levy,
Lucy, Erza e Lluvia si rannicchiarono tra loro, fissando il ragazzo
con lo sguardo sorpreso, gli occhi sbarrati, le guance arrossate di
chi aveva ben capito.
«È
geloso!» mormorò Lucy, emozionata.
«Che
carino» si unì Levy e le altre due annuirono
convinte. Osservazioni
che sfortunatamente raggiunsero l'orecchio di Laxus e ne
uscì ancora
più irritato ma colmo di vergogna.
«Mi
sono stufato di stare qua. Vado a bere un goccio» disse
irritato,
voltando le spalle a Leon e Priscilla e allontanandosi con le mani
nelle tasche.
«Aspetta!
Laxus! Vengo con te» disse Priscilla staccandosi finalmente
da un
Leon distrutto e correndo dietro al biondo. Non disse niente, non
chiese il motivo di quell'apparente nervosismo, semplicemente lo
affiancò e saltellando continuò a stargli accanto
sorridendogli.
Avevano visto tante Priscilla in quegli anni, l'avevano vista vestita
di mille sorrisi diversi, ma nessuno di quello era mai sincero e
splendente come quello che dedicava sempre a Laxus. Avevano
affrontato di tutto, qualsiasi difficoltà, qualsiasi pazzia.
Erano
stati persino cinque anni separati, accecati da un litigio che non
aveva nessun senso, ma avevano affrontato anche quello, avevano
affrontato il più grande e angoscioso dei demoni. Ne avevano
fatta
di strada, molta di quella anche separati, addirittura avversari,
eppure ora vederli camminare l'uno di fianco all'altro con quei
sorrisi sul volto, come se non ci fosse altro nella vita che
avrebbero voluto, dava finalmente un senso di quiete e di pace.
Cos'altro avrebbe potuto dividerli?
«Domani
hanno detto che avrete il giorno libero!» esclamò
lei, prima di
sparire dietro un angolo.
«Che
cosa vuoi fare?» le chiese Laxus, ben consapevole che quella
frase
avrebbe portato sicuramente a una richiesta.
«Ho
sentito dire che c'è una piscina qui vicino. Un parco
acquatico! Ci
andiamo?» e con quel sorriso e quella domanda, i due
sparirono del
tutto.
Era
passata un'altra serata di svago e divertimento alla locanda, con
cibo e alcol forse anche più del solito per festeggiare il
primo
posto di quel giorno di Fairy Tail. Ancora caos, ancora risate e
Priscilla quella sera non aveva fatto che passarla al tavolo con
Laxus. Per quanto lui fosse sempre di poche parole e sempre
apparentemente distaccato, lei si agitava abbastanza per tutti e due
e questo riusciva nella totalità dei casi a strappargli un
sorriso.
Vedere Laxus sorridere era qualcosa di praticamente assurdo, eppure
quando aveva Priscilla intorno lo faceva in continuazione. La
guardava mentre si agitava, mentre mangiava e beveva, la guardava
ridere, scherzare, prendersi persino gioco degli altri. Fece
addirittura un paio di scherzi, usando la magia del Mirage e del
vento per fregare soprattutto Natsu, il più stupido e
ingenuo di
fronte a quelle cose, e stringendosi a Laxus per sussurrargli qualche
battuta verso il ragazzo persino lui si ritrovò almeno un
paio di
volte a ridere divertito. Parlarono tutta la sera, Priscilla non
riuscì a stare zitta nemmeno mentre masticava anche se
quello la
portò ad essere rimproverata un paio di volte per la
maleducazione,
ma alla fine non importava. Anche vederla così sfacciata e
sciatta
era comunque dolce e divertente. Tornarono insieme verso l'hotel e
lei continuò a ridere e parlare persino dal bagno, impegnata
a
lavarsi e cambiarsi per la notte. Si lanciò infine sul
proprio
letto, saltandoci sopra come un canguro, ancora troppo esagitata per
mettersi a dormire. Tentò di provocare Laxus, tirandogli un
paio di
volte il cuscino addosso, nella speranza di innervosirlo e magari
cominciare qualcuna delle loro lotte per giocare. Ma lui si
dimostrò,
come sempre, superiore e distaccato, fino a che all'ennesima
cuscinata non perse la pazienza e con una presa di lotta libera non
la ribaltò sul letto e quasi la stritolò fino a
che lei non si
arrese.
«Vai
a letto, adesso» cercò di insistere, infilandosi
sotto le coperte
del suo letto e provando a prendersi il suo spazio, stendendosi sul
fianco destro e voltandole le spalle. Priscilla gli saltellò
accanto, ancora euforica, confessando: «Non ci riesco, sono
troppo
emozionata! Possiamo addirittura vincere questo torneo, ti rendi
conto?» sorrise e stendendosi vicino a lui poggiò
il proprio mento
oltre la sua spalla per riuscire a guardarlo in viso.
«Sarebbe
una bella soddisfazione. Se pensi a quanto hanno sofferto i nostri
compagni durante la nostra assenza, se lo meritano» rispose
Laxus e
Priscilla nel sentirlo parlare così sorrise ancora di
più.
«Che
hai da fissare così? Sei inquietante, lo sai?»
provò a difendersi
lui, sentendosi imbarazzato dal suo sguardo fisso.
«È
bello vederti così» rispose lei, allegra, restando
appoggiata alla
sua spalla. Lui si corrucciò, cercando di interpretare
quelle parole
ma finì solo con l'arrossire un po' per quella specie di
complimento
che doveva essere.
«Hai
sempre avuto il cuore grande, Laxus. Io lo sapevo, non l'ho mai
dimenticato nemmeno per quei cinque anni» disse, con dolcezza.
«La
persona di cui parli non avrebbe mai fatto le cose che ho fatto
io»
rispose lui.
«Eri
annebbiato, lo abbiamo capito tutti. Non è stata colpa tua.
È per
questo che ti hanno riaccettato nella gilda» ma lui
non
rispose, pensieroso e cupo. Questo però non
abbatté Priscilla che,
sempre sorridente, chiese infine con dolcezza: «Riuscirai mai
a
riaccettarti anche tu... Laxus?»
Non
rispose, ma si lasciò scappare un sorriso, a confessarle che
aveva
colto nel segno. «Perché io e te siamo sempre i
primi e i soli a
rientrare in hotel?» chiese lievemente nervoso, sperando di
cambiare
discorso e non entrare nel merito di quei sentimenti che certamente
non l'avrebbero lasciato mai più in pace.
«Gajeel
finisce sempre con l'addormentarsi in giro e Lluvia vuole stare
insieme a Gray fino al mattino» spiegò sorridente
Priscilla.
«Gerard è sparito già da un po',
comincio a preoccuparmi. Mi
chiedo se abbia scoperto qualcosa per quella storia della fonte
magica simile a Zeref. Sono stata così assorta da questi
giorni di
torneo che non ci pensavo nemmeno più e pensare che si
trattava
della mia missione» sospirò affranta.
«Starà
bene. Se avesse scoperto qualcosa probabilmente sarebbe venuto a
dirtelo» la rassicurò.
«Sai
a volte mi chiedo ancora come sta l'altro Gerard, su Edoras.
È
passato davvero molto tempo... quanto mi piacerebbe incontrarlo di
nuovo» sospirò, malinconica.
«Ti
sei affezionata, alla fine» commentò Laxus.
«Mi
ha dato una speranza quando ho pensato non ce ne fossero
più.
Forse... dovrei confessarti che per i primi mesi non ero molto
convinta di ciò che sarebbe successo. Ho pensato fosse
veramente la
fine. Non mi avevi mai trattata in quel modo prima di allora,
nonostante tutte le volte che papà ti aveva
manipolato».
Laxus
non rispose ma il verso che gli uscì dalla gola trasmise lo
stesso
tutto il suo disagio e dolore, legato a quei ricordi. Priscilla si
lasciò scivolare dalla sua spalla lungo la sua schiena,
poggiando la
testa sul cuscino al suo fianco. Fece scorrere la mano oltre il
fianco, appoggiandosi sul ventre e infine lo
abbracciò.
«Il
nonno ha provato molte volte a cercare di consolarmi e convincermi
che avrei potuto essere lo stesso felice, ma è stato Mistgun
alla
fine a darmi la scintilla per rimettermi in vita. Quando si
è
avvicinato a me, incuriosito dalla mia natura, ho avuto l'idea
dell'addestramento. Ho pensato che se ti avessi combattuto come ai
vecchi tempi, ad armi pari, e ti avessi spinto a dare tutto te stesso
forse saresti tornato indietro con la memoria e saresti tornato. E a
quanto pare avevo ragione» sorrise allegra e immerse il volto
nella
sua schiena, schiacciandosi contro di lui.
«È
stato crudele» sospirò Laxus. «Ci ho
messo giorni ad accettare i
ricordi che mi tornavano alla mente».
«Non
è stata colpa mia» provò a difendersi
lei, imbronciandosi come una
bambina e lui ridacchiò divertito e intenerito. Prese la sua
mano,
poggiata sul proprio petto e la strinse delicatamente.
«Senti,
Laxus...» mormorò Priscilla pochi minuti dopo,
ignorando il fatto
se lui stesse dormendo o meno. Fece scorrere le proprie dita tra le
sue, fino a incrociarle e stringerle delicatamente.
«Mh?» chiese
lui, già parzialmente addormentato.
«Cosa
pensi ne sarà di me, adesso?» una domanda
inaspettata, vista la
gioia di cui si vestiva in quei giorni mai si sarebbe aspettato di
vederla ancora turbata da qualcosa. Riaprì gli occhi, ma non
rispose
subito, cercando il modo migliore per indagare e riuscire a capire di
cosa avesse bisogno.
«Insomma...
Non sono umana, ma non sono più nemmeno una marionetta di
Ivan.
Credevo di avere delle certezze che ora non ci sono più. Non
fraintendermi, ne sono felicissima, ma non posso far a meno di
chiedermi a questo punto... cosa io sia e quale sarà il mio
destino».
«La
cosa ha veramente importanza?» chiese lui, cercando di
riempire
quelle parole di leggerezza e inutilità. Che fosse umana o
meno,
l'importante era che fosse libera e felice. Era questa l'unica cosa a
cui doveva pensare: a vivere e farlo sempre con il sorriso.
Tormentarsi su quelle cose non aveva senso, portava solo una
tristezza inutile. Ma Priscilla esitò, esitò fin
troppo.
C'era
molto più in tutto quello, una consapevolezza di cui aveva
preso
coscienza solo di recente e che cominciava addirittura a considerare
come reale. Persino tenerlo abbracciato nella notte, dormire
semplicemente vicino a lui, sentirne l'odore, non faceva che
scaldarle il petto. La verità era che loro avevano ragione,
tutte
loro, le ragazze della gilda, per quanto imbarazzante fosse,
cominciava a capirlo. Avevano stramaledettamente ragione. Il tocco
delle sue dita tra le proprie la faceva arrossire, il calore del suo
corpo, le chiacchiere fino a notte fonda, o di fronte a un piatto di
cibo e un bicchiere di alcol. Era tutto meraviglioso ed
emozionante.
Cominciava
a capirlo, cominciava ad accettarlo, e lei... lei forse lo amava
davvero.
Ma
avrebbe potuto una come lei averne il diritto? Poteva un essere come
lei, un essere unico che non aveva nemmeno idea di cosa fosse, amare
un essere umano?
«Potrebbe»
rispose alla sua domanda, con uno sforzo palpabile.
Laxus
fece un profondo sospiro, muovendosi nel letto, e lentamente si
voltò
dall'altro lato. Non aveva certo idea di cosa le passasse per la
testa, ma era ovvio che avesse bisogno di qualche sorta di
rassicurazione e conforto. Allungò una mano dietro la sua
nuca, le
afferrò la testa e lentamente si mosse per portarsela al
petto. Le
labbra che le sfioravano la fronte, e se la schiacciò
contro,
abbracciandola teneramente.
«Sei
Pricchan. La mia sorellina solare e caotica. Ti può
bastare?» le
chiese con una dolcezza che in realtà fece solo
male.
Sorellina.
Poteva
bastarle, forse un tempo avrebbe detto di sì. C'era stato un
tempo
in cui era convinta che essere sua sorella fosse il livello
più alto
che a cui sarebbe potuta arrivare. C'era stato un tempo in cui aveva
amato essere chiamata con quell'appellativo perché li
rendeva
legati, uniti e vicini in maniera assoluta. Ma erano successe
così
tante cose... e lei era cresciuta. Era cresciuta non solo di
età, ma
soprattutto come entità. Aveva compreso molte cose del
mondo, aveva
compreso molte cose di se stessa, e ora cominciava persino a
comprendere quale fosse il reale nome di quei sentimenti che da
sempre si era portata dentro. Un tempo, sorellina era la cosa
migliore che potesse dirle. Era egoista, forse stupido, ma no... non
le bastava neanche un po'. Ed era così doloroso.
Aveva
alzato la testa, aveva scoperto che poteva esistere dell'altro a cui
poteva arrivare, un mondo nuovo e forse ancora migliore. Aveva
allungato una mano, curiosa di potercisi immergere, ma lui con una
semplice parola l'aveva rimessa al suo posto. Che altra scelta aveva?
Era normale, l'aveva da sempre chiamata in quel modo, nonostante la
realtà emersa comunque il passato non poteva essere
cambiato. E lei
sarebbe stata per sempre solo la sua sorellina.
Almeno
quello le avrebbe permesso di dormire nel letto insieme a lui.
«Sì»
mentì. «Può bastare».
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Capitolo 55 *** Parco acquatico ***
Parco
acquatico
Ryuuzetsu
Land si chiamava il parco acquatico e non era troppo lontano da
Crocus. Arrivarono che era mattina presto, eppure nonostante
ciò
c'era già un sacco di gente. Le piscine erano immense e ce
n'erano
di svariate per tutti i gusti, con scivoli più o meno
ovunque.
Qualche chiosco posto in giro che vendeva cibo, bevande e frutta
fresca. C'era persino un acquario dove poter passeggiare, ammirando
le vasche di pesci dalla forma e colori incredibili. Priscilla, colta
dall'eccitazione, iniziò a spogliarsi ben prima di arrivare,
lanciando in giro maglia e pantaloni e infine correndo verso
l'ingresso. Con meno enfasi, anche Erza, Lucy e Wendy la
seguirono.
Lluvia si prese qualche istante in più, Bisca le fece
compagnia
insieme a Levy. Quando entrarono, trovarono i ragazzi che
già erano
pronti e avevano già cominciato a girare per il
posto.
«Pricchan!
Andiamo a comprare qualcosa da bere, vieni con noi?» le
chiese
Fried, indicando il chiosco più avanti. Priscilla si
voltò a
guardare le sue amiche, vedendo come bene o male tutte avessero
già
preso la loro strada, perciò saltellando annuì e
seguì lui e
Bickslow.
«Evergreen
non è voluta venire?» chiese camminando al fianco
dei due ragazzi.
«L'abbiamo
lasciata con Elfman in infermeria» disse Fried.
«In
realtà non glielo abbiamo nemmeno detto»
scoppiò a ridere
Bickslow.
«Che
crudeli! Perché mai?» chiese lei, dispiaciuta.
«Sono
certo che starà bene» sghignazzò
Bickslow.
«Credi
che possa davvero nascere qualcosa tra quei due?» chiese
Priscilla,
curiosa e allegra.
«Probabilmente
è già nato, ma non vogliono dircelo»
rispose Fried, appoggiandosi
al bancone del chiosco e cominciando a pensare a quale bibita
prendere. Priscilla spostò lo sguardo su una vetrina con
dentro vari
bicchieri di frutta e si illuminò come una bambina di fronte
a un
negozio di dolciumi. Ne scelse uno grande di anguria e mangiandolo si
rallegrò tanto che riprese, come suo solito, a svolazzare
invece che
camminare. I capelli, lasciati sciolti quel giorno, ondeggiavano
sulle punte come fossero stati immersi in acqua.
«È dolcissima»
disse con le guance rosse per la gioia e ne addentò un
secondo
pezzo.
«A
proposito...» disse poi, svolazzando a fianco ai due.
«Avete visto
Laxus? Siamo arrivati insieme, ci siamo divisi per gli spogliatoi...
pensavo poi di trovarlo con voi».
«Negativo,
è sparito. Ma sarà qui da qualche
parte» disse Bickslow.
«Sperando
che non si sia perso» disse Fried, scoraggiato all'idea che
non
sarebbe mai riuscito a migliorare quel piccolo difetto che aveva col
senso dell'orientamento. Priscilla anche lo sapeva bene, era qualcosa
che si portava dietro fin da bambino e non c'era verso che ritrovasse
da solo la strada. Si strinse nelle spalle e scoppiò a
ridere
divertita a quel pensiero. Ondeggiò leggiadra per aria,
ridendo con
una voce candida e rilassata, e nel vederla nella morbidezza delle
sue curve senza veli, con solo il costume addosso, i capelli sciolti
e la sua solita tenerezza, Bickslow cadde di nuovo nella sua
trappola, benché si fosse ripromesso che avrebbe lasciato il
passo a
Laxus.
«È
una sirena» mormorò con lo sguardo
inebetito.
«Sai,
penso che tu abbia fatto male a rinunciarci. In fondo tra lei e Laxus
non c'è assolutamente niente, ti sei solo fatto dei castelli
in
aria» disse Fried, risoluto e anche lievemente
infastidito.
«Questo
è quello che speri tu» rispose Bickslow, guardando
l'amico che
ancora negava l'evidenza e in tutta risposta lui ruggì
furibondo: «È
la nuda realtà!».
«Eh?»
mormorò Bickslow, voltandosi poi per tornare a guardarla e
restando
sorpreso nel non vederla più. L'aveva persa di vista solo
per un
brevissimo istante e lei era sparita completamente.
«Dov'è
andata?» si chiesero entrambi prima di sentire la sua voce
urlante
provenire da qualche metro più in là. Volava via,
distesa in
orizzontale, le braccia allungate indietro che lasciavano cadere
anguria da tutte le parti e una mano attaccata a un lunghissimo
braccio che la teneva per una caviglia e la stava trascinando via con
violenza. Nessuno dei due ebbe neanche la forza di chiedersi cosa
stesse accadendo e di chi fosse quella mano disumana, restarono
semplicemente perplessi fino a quando non la videro sparire dietro a
una finta montagna che rovesciava una cascata dentro una
piscina.
Priscilla
venne trascinata con violenza dentro un'altra piscina, poco lontana,
e solo quando atterrò dentro l'acqua la mano che l'aveva
presa la
lasciò finalmente libera. Riemerse lentamente, solo per una
parte
della testa, lasciando naso e bocca sommersi e facendo bollicine
d'aria contrariata. Puntò gli occhi su suo nonno, seduto a
bordo
piscina non troppo lontano da un Laxus abbattuto e scocciato.
«Finalmente
sei arrivata anche tu» disse Makarov.
«Avevo
scelta?» chiese lei, restando immersa in acqua.
«Volevo
te fin dal principio, ma ho trovato prima lui e speravo fosse
abbastanza. Cosa che invece non è» disse Makarov,
indicando Laxus
al suo fianco. Poi fece un gesto della mano per incitarla ad andare e
disse: «Forza, falla divertire».
«Eh?»
si chiese lei, non avendo la più pallida idea di cosa stesse
parlando. Fino a quando non sentì l'acqua al suo fianco
muoversi e
si voltò appena in tempo per vedere Mavis lanciarsi su di
lei
saltando fuori dall'acqua della piscina. Urlò spaventata, ma
venne
immersa dal peso cadutole improvvisamente addosso e sempre mentre era
sott'acqua Mavis le piazzò un piede in faccia per darsi la
spinta e
tornare a nuotare allegra. Priscilla roteò per un po'
sott'acqua,
perdendo il senso del sopra e del sotto, fino e quando non
arrivò a
bordo piscina con la testa immersa, la schiena poggiata alla parete,
e i piedi sollevati fuori dall'acqua. Li lasciò cadere in
avanti,
facendo un altro mezzo giro usando il peso della caduta delle sue
gambe e con quel poco di forza che aveva riemerse e si
aggrappò alla
parete della piscina.
«Ma
non doveva essere uno spirito?» chiese completamente
distrutta da
quella specie di attacco.
«Così
doveva» rispose Laxus, scocciato di essere stato coinvolto
anche lui
in quella faccenda.
«Pare
possa toccare alcune cose, tra cui noi membri... visto che abbiamo il
simbolo e possiamo anche vederla» spiegò Makarov,
come fosse
qualcosa di semplice ed ovvio.
«A
me sembra assurdo lo stesso» mormorò Priscilla.
Mavis
saltò fuori dall'acqua nuovamente al suo fianco e
saltellando per la
gioia disse: «Facciamo una gara di nuoto! Da qui a
lì!» disse e
cominciò a nuotare rapidamente verso la parte opposta della
piscina.
Priscilla la guardò ancora intimorita, chiedendosi cosa si
aspettassero da lei e perché mai fosse stata trascinata in
quella
storia, ma alla fine decise di non fare troppe domande e
semplicemente godersi il momento. Si spinse via dal bordo e
nuotò
per cercare di raggiungere Mavis, che nel frattempo era già
arrivata
al lato opposto.
«Ancora,
via!» disse Priscilla, raggiungendola poco dopo e ridendo
divertita
si tuffò di nuovo e prese a nuotare con rapidità
verso l'altro
lato. Nonostante non avesse idea di cosa stesse accadendo e
perché
mai avesse avuto il compito di farla divertire, trovò lo
stesso la
situazione piacevole e presto si dimenticò del modo in cui
era stata
tirata lì in mezzo. Nuotando, ridendo, cominciò a
giocare con Mavis
come se fosse una vecchia amica e non lo spirito del primo Master
della loro gilda. Si schizzavano, si facevano scherzi, nuotavano e si
immergevano, provarono a fare qualche gara a chi teneva di
più il
fiato e così passarono almeno la prima ora di quella
giornata. Fino
a quando, stanca, Priscilla non tornò di nuovo a bordo
piscina.
Restò immersa in acqua e si rilassò, poggiando
braccia e testa sul
marmo vicino a un Laxus che non faceva che sbuffare annoiato.
«Perché
non ti fai una nuotata anche tu invece di tenere il broncio?»
gli
chiese Priscilla e lui in tutta risposta sbuffò
ancora.
«Sei
noioso» disse lei, infine, tornando a rilassarsi coccolata
dal tocco
dell'acqua leggera sulla pelle.
«È
per questo che ho chiamato anche te» disse Makarov e Laxus
borbottò
sempre più irritato: «Potevi pensarci da solo,
vecchio».
«Su,
su! Divertiamoci!» disse Mavis, avvicinandosi di nuovo a
Priscilla e
prendendola per le spalle. Lei spalancò gli occhi, colta di
sorpresa, ed esclamò con un filo di terrore:
«Ancora?!»
Si
aggrappò a Laxus quando Mavis provò a tirarla
nuovamente in mezzo
alla piscina , ma lui restò immobile, impassibile, e alla
fine Mavis
vinse di nuovo. Come una bambina, si lanciò di nuovo sulla
ragazza,
cercando di coinvolgerla nel suo divertimento ma finendo solo con il
stremarla ancora di più e tentare più volte di
affogarla.
«E
va bene!» esclamò infine Priscilla, alzandosi in
piedi. «Vuoi il
divertimento? Essia!» esclamò fingendo di tirarsi
su una manica.
Urlando per darsi carica generò battendo le mani tra loro un
tornado
che nacque proprio nel centro della piscina e coinvolse tutta la sua
acqua e la stessa Mavis.
«A-aspetta,
Pricchan!» provò a richiamarla Laxus, preoccupato,
ma Priscilla
ormai aveva cominciato la sua missione: sfinisci Mavis. Fece roteare
lo spirito della loro master portandola lentamente sempre
più in
alto, e incredibilmente Mavis rispose a quel trattamento con una
risata e urla divertita come se si trovasse su di una giostra. Quando
Mavis raggiunse un'altezza decente la lasciò andare,
facendola
cadere nel vuoto e ancora lei urlò e rise divertita. Un
soffio di
vento catturò ancora l'acqua e lei e la trascinò
verso destra, poi
verso sinistra, la fece piroettare e la lanciò ancora in
aria.
«E
su! E giù! Scivola scivola!» disse Priscilla,
sempre più presa e
concentrata in quel nuovo gioco che portava il proprio vento a essere
un mega scivolo e una giostra per lo spirito. «E ora... giro
della
morte!» disse allargando le braccia e Mavis venne sbalzata in
alto
con potenza. La videro rapidamente volare verso l'altra parte del
centro e solo quando fu troppo tardi si resero conto che era ora
fuori il controllo di Priscilla.
«Mi
è sfuggita!» gridò lei, guardandola
terrorizzata mentre cadeva
verso il suolo anche se ancora rideva come una matta. «Laxus!
Prendila!» urlò Makarov pallido in volto e insieme
al ragazzo
cominciarono a correre come folli per raggiungere Mavis prima che si
schiantasse a terra.
«A-aspettate!»
gridò Priscilla, saltando fuori dalla vasca vuota e
cominciando a
correre dietro di loro. Tutti e tre a testa alzata, guardavano la
figura di Mavis pallidi in volto cercando di calibrare le misure in
quel pochissimo tempo che gli restava. Laxus si voltò,
credendo di
trovarsi sotto la sua traiettoria e alzò le braccia pronto a
prenderla al volo. Suo nonno alle sue spalle invece ancora correva in
avanti e guardava lo spirito sopra di loro, cercando ancora di
prendere bene le misure. Priscilla li raggiunse e allungò le
braccia
verso Mavis, pronta a usare il suo vento per riprenderla, ma il
pavimento della piscina era bagnato e questo la portò a
scivolare
miseramente. Urlò e cadde in avanti a braccia ben tese,
afferrando
la prima cosa che trovò sulla traiettoria in un impacciato
tentativo
di salvarsi... inconsapevole che quello fosse proprio il costume di
Laxus. Il ragazzo rosso in volto per la vergogna lasciò
perdere il
primo master che ancora cadeva e rideva come una matta, si
afferrò
il costume prima che fosse troppo tardi riuscendo a coprirsi e
restare nella decenza, ma il gesto, unito allo spavento e al fatto
che ancora stesse correndo all'indietro per intercettare Mavis, lo
fecero inciampare. Cadde all'indietro, atterrando dritto dritto sopra
Makarov e schiacciandolo. Mavis arrivò a terra, ma non
toccò il
freddo e duro pavimento in quanto in un ultimo disperato tentativo
Makarov aveva allungato il proprio braccio e ingrandito la propria
mano tanto da riuscire a prenderla come fosse una pallina da baseball
durante una partita. Esultò e alzò le braccia al
cielo, urlando:
«Ancora! Ancora!» e tutti e tre, stesi l'uno
sull'altro, più o
meno feriti -sia nel fisico che nell'orgoglio- sospirarono
abbattuti.
Makarov
e Laxus tornarono a una delle piscine, riportando Mavis in acqua per
far in modo che si sfogasse e divertisse ancora. Priscilla invece si
offrì di andare a comprare per tutti qualcosa da bere per
cercare di
rilassarsi almeno un po'. Tornò con un bicchiere per tutti e
quattro, dando a Makarov e Laxus i loro rispettivi. Provò a
chiamare
Mavis più volte, ma lei continuò a nuotare
allegra e neanche
l'ascoltò. Appoggiò il suo drink a bordo piscina
e tenendo infine
il proprio si sedette di fianco a Laxus, a gambe incrociate,
guardando il primo Master che si divertiva come una bambina.
«Si
stancherà prima o poi» commentò
guardandola.
«È
uno spirito, ha davvero un "corpo da stancare"?» rispose
lui sorseggiando dal proprio bicchiere e Priscilla ridacchiò
nervosamente in risposta, sapendo quale sarebbe potuta essere la
risposta. «Oh, sai una cosa?! Mentre tornavo ho intravisto
Elfman ed
Evergreen. Pensavo fossero rimasti in città e invece si
nascondono
qui in giro» ridacchiò e ondeggiò
divertita. «Tu sapevi della
loro storia clandestina?»
«Mi
avevano accennato qualcosa» mormorò lui
semplicemente, dandole la
minore delle attenzioni. «Sul serio?»
esclamò lei, sbarrando gli
occhi. «Pensavo fossero solo fantasie di Bickslow invece
è vero.
Sono carini, non credi?»
«Bah,
non saprei» sospirò ancora.
«Ah!
E poi ho visto Natsu cavalcare un treno acquatico» disse
ancora «Ma
poi gli è venuta la nausea» scoppiò a
ridere divertita e a quel
pensiero persino Laxus riuscì ad accennare un sorriso e
sospirare:
«Quell'idiota».
«Ho
visto poi Happy andare verso l'acquario. Spero non abbia intenzione
di mangiarli quei pesci» mormorò pensierosa e
preoccupata.
«Hai
visto molte cose per essere semplicemente andata a prendere da
bere»
le disse Laxus, abbozzando un sorriso divertito. Lei arrossì
dall'imbarazzo e ridacchiò nervosa, tornando a bere dal
proprio
bicchiere. «Ho solo fatto un giro un po' più
lungo, per camminare
un po', tutto qua» tentò di
giustificarsi.
«Stavi
tentando di evadere, vero?» e lei sempre più rossa
bevve sempre più
forte dal proprio bicchiere, evitando di rispondere. Ma dopo infiniti
secondi di sorseggiamenti rumorosi, confessò:
«Avrei solo voluto
godermi un po' di più questo posto, invece che stare fermi
qui»
confessò imbarazzata.
«A
me sta bene» disse improvvisamente Mavis, comparendo davanti
a loro
tanto inaspettatamente da farli sobbalzare.
«Perché non andate a
fare una passeggiata da qualche parte? Io posso restare insieme a
sesto» sorrise e alle sue spalle Makarov sbiancò
all'idea di
restare solo con lei e trovare qualcosa per intrattenerla.
«Ah!»
si illuminò Priscilla, colta da un'idea. Si
inginocchiò a fianco di
Laxus e si appoggiò a lui, aggrappandosi a una sua spalla,
prima di
dirgli: «Ho visto che c'è uno scivolo incredibile!
Gigantesco! Ci
andiamo insieme?»
«Sembra
divertente» le diede corda Mavis e Priscilla si strinse
ancora più
su Laxus, finendo col schiacciare il proprio seno ancora bagnato
dall'acqua della piscina contro il proprio bicipite. Certo le sue
intenzioni non erano maliziose, semplicemente inclinò la
testa da un
lato e disse come una bambina: «Ti preeego!» ma
ancora una volta la
mente di Laxus non riuscì a non tornare a tutto
ciò che era
successo nei giorni precedenti e ciò che ne aveva
conseguito. Voltò
la testa dall'altro lato, sforzandosi di non cedere alla tentazione
di posare gli occhi sul suo corpo ora avvinghiato a lui, e maledisse
ancora una volta l'ingenuità di Priscilla che la portavano
in simili
atteggiamenti senza rendersi conto di ciò che poteva fare
alle
persone.
«Non
mi interessa. Vacci da sola» disse cercando di prendere le
distanze.
«Ma
dicono che bisogna andarci per forza in due»
lamentò lei,
continuando ad agitarsi e di conseguenza strusciarsi contro il suo
braccio. «Laxus» brontolò con un tono di
voce supplichevole che
certo non aiutavano la sua mente a tornare a pensieri meno perversi.
«Che
razza di scivolo è che ha questa assurda regola?»
lamentò lui,
sempre più sotto tensione nel sentire la pelle del suo petto
strofinargli contro il bicipite.
«Quello
lì» indicò allungando il braccio verso
l'enorme scivolo che si
diramava per metri e metri, in curve e discese alte decine di metri
da terra. Sulla cima, all'inizio dello scivolo, l'enorme
scritta rosa dava il nome a quell'attrazione unica: Lo scivolo
dell'amore. Lo fissò qualche istante, incredulo e ormai
rassegnato
all'idea che non avrebbe mai trovato una via d'uscita a quel
problema.
«Parli
sul serio?» mormorò semplicemente, non avendo
più neanche la forza
di imbarazzarsi, trovandolo semplicemente assurdo.
«Vieni
con me?» chiese innocentemente, facendo penzolare la testa da
un
lato e stringendosi al suo petto.
«No»
rispose lui, secco e irritato.
«Uffa!»
sbuffò lei, finalmente separandosi da lui. «Sei
veramente noioso,
volevo solo fare un giro sullo scivolo».
«Vai
su un altro scivolo» le rispose secco.
«Ma
quello è il più grande di tutti! Io volevo andare
su quello» si
imbronciò, rattristata. Ci rifletté qualche
istante, poi il sorriso
le tornò pensando a una soluzione: «Ho visto Leon
prima, magari lui
accetterà di venirci con me!» batté le
mani, allegra della
trovata. Poggiò un piede sul bordo della piscina e si diede
giusto
lo slancio per alzarsi in piedi, ma non riuscì mai a
drizzarsi del
tutto. La mano di Laxus la bloccò, scorrendole lungo i
fianchi e
infine prendendola per la vita. La sollevò da terra, come un
sacco
di patate, e se la caricò su una spalla mentre si alzava.
«Che
fai?!» lamentò lei, scalciando e tirandogli pugni
sulla schiena.
«Ti
porto lassù» disse cominciando a camminare verso
lo scivolo con la
ragazza ben ferma sulla spalla. «Così smetti di
fare i capricci e
mi lasci in pace» una scusa stupida, visto che aveva
già deciso di
lasciarlo in pace, ma era ben intenzionato a non lasciare che quel
Leon la sfiorasse nemmeno.
"Perché
mai deve irritarmi così tanto?" si chiese, facendo
così
aumentare l'imbarazzo e soprattutto il nervoso ora rivolto anche
verso se stesso che era di nuovo caduto in quello stesso errore.
Prendeva decisioni ponderate e ben ragionate, ma alla prima
provocazione di Priscilla finiva sempre col mandare tutto a monte e
non solo rendersi così ridicolo ma farsi anche coinvolgere
in
situazioni che eviterebbe volentieri. Sentì Priscilla
puntare
delicatamente i gomiti sulla sua schiena, forse per poggiarci la
testa e tenerla alzata nonostante la scomoda posizione. Non le
avrebbe dato peso se solo non avesse visto la punta dei suoi piedi
ondeggiare allegri avanti e indietro, colmi di spensieratezza.
«Stai
sorridendo?» chiese infastidito, non potendola vedere in
volto.
«No,
affatto» disse, ma il suo tono di voce era in
realtà decisamente
troppo allegro.
«L...L'hai
fatto di proposito?!» cominciò a realizzare,
tremando all'idea che
avesse scoperto quel suo punto debole. Quella gelosia che non aveva
motivo di esistere ma che comunque non riusciva a tenerlo sotto
controllo.
«Ti
dico di no» disse lei ancora allegra e per niente
convincente. E
questo lo innervosì ancora di più, maledicendo
quella sua stupida
debolezza che era stata palesemente scoperta. Spostò lo
sguardo
verso di lei, appesa alla sua spalla, ma tutto ciò che
riuscì a
vederci furono le sue gambe e il sedere nudo se non per quello
striminzito costume che la copriva appena nelle zone più
delicate.
Non seppe se odiarla o lasciarsi ancora travolgere da quei perversi
pensieri che ultimamente non facevano che venirgli tutte le volte che
potevano. Cedette però a un infantile istinto di punirla e
con la
mano che non la sorreggeva le diede un pizzicotto sulla coscia. Lei
squittì dal dolore e sobbalzò, ma non disse
niente anche se
l'offesa era stata immensa. Pochi secondi dopo e lei si
vendicò con
un morso ben deciso sulla schiena di Laxus, che lo fecero mugolare e
irrigidire. Le diede una spinta con la spalla su cui era poggiata e
si aiutò con l'altro braccio, tirandola via da quella
posizione e
portandola sul davanti, sempre tenendola in braccio ma facendo
così
in modo di allontanare la sua faccia dalla sua schiena. Priscilla si
aggrappò al suo collo per non cadere a terra e approfittando
della
posizione che le permetteva di vederlo in volto gli fece una
linguaccia. Laxus era pronto a rispondere a sua volta, sempre
più
offeso e irritato, ma l'urlo di Natsu li distolse da quel silenzioso
battibecco un attimo prima che potessero vederlo arrivare a bordo di
un enorme cuore dritti verso di loro scivolando giù per
l'enorme
scivolo verso cui erano diretti. Priscilla si aggrappò
ancora di più
al collo di Laxus, temendo il peggio, e vennero travolti ben prima
che potessero pensare a qualche modo per reagire o capire cosa stesse
accadendo. Vennero trascinati via con lui, ma a differenza sua
caddero poco dopo dritti nell'acqua dello scivolo. Laxus steso di
schiena nell'acqua, Priscilla praticamente sopra di lui che ancora lo
abbracciava. Riaprirono gli occhi, chiedendosi cosa stesse
succedendo, e si lanciarono reciprocamente uno sguardo perplesso.
Sentirono da un lato differente dello scivolo anche Levy urlare,
seguita da un paio di ringhi di Gajeel, e si voltarono per guardarli
mentre anche loro scivolavano via fuori controllo.
«Ma
che è successo?» chiese Priscilla, non capendo
come e quando
fossero finiti lì.
«È
colpa tua!!!» l'urlo di Erza, poco più avanti,
abbracciata a
Mistgun e diretta furiosa verso un Natsu che ancora biascicava sopra
l'enorme cuore che cadeva giù.
Laxus
sotto di lei si lamentò, silenziosamente, ma comunque non
riuscì a
trattenere un verso gutturale dal profondo della gola. Priscilla
tornò a guardarlo preoccupata e lo trovò con gli
occhi serrati,
l'espressione concentrata e corrucciata, tanto che i denti si
stringevano tra loro. Lo conosceva abbastanza da sapere di cosa si
trattasse: «Ti... ti è venuta la
nausea?!» sobbalzò lei, non
sapendo se preoccuparsi o ridere di quanto il suo stomaco fosse
dannatamente debole a certe cose. Non reggeva nemmeno uno
scivolo.
«Maledetto...
Natsu...» gorgogliò, prima che un conato lo
costringesse a
irrigidirsi ancora di più.
«Resisti!
Ci penso io!» disse lei, allarmata. Alzò le mani
sopra la sua
testa, poggiando i gomiti sulle sue spalle per trovare una posizione
ideale e si concentrò per generare quella magia di supporto
che
aveva imparato proprio per lui anni addietro. Usava il vento e la
pressione dell'aria per riuscire a ristabilire un minimo l'equilibrio
all'interno del suo padiglione auricolare, riusciva ad aiutarlo, ma
la costringeva ad un uso continuo di magia e concentrazione che la
portavano poi a non poter fare altro.
Laxus
riuscì nuovamente a riaprire gli occhi, sentendosi meglio
grazie
alla magia di Priscilla, e tenendola per la vita con un braccio
cercò
di far leva sull'altro e poter cercare Natsu con lo sguardo.
L'avrebbe incenerito non appena l'avesse visto, ma questo fece
perdere l'equilibrio precario di Priscilla che non poteva reggersi
con le mani e scivolò sulla sua spalla. Urlò
mentre veniva sbalzata
in avanti e perse contatto con la sua magia. Fu inutile per Laxus
provare a tirare indietro la testa, nel cadere comunque il seno di
Priscilla arrivò dritto dritto al suo viso,
schiacciandolo.
«L-Laxus?!
Stai bene?» provò a chiedergli e lui non seppe se
a farlo stare
peggio era il luogo in cui era finito o ancora il senso di nausea che
tornava a tormentarlo. L'urlo di Lucy attirò nuovamente la
sua
attenzione e lei la guardò curiosa e perplessa mentre la
vedeva
scivolare poco lontana ben stretta a Lluvia.
«Lucy?»
mormorò, sorpresa.
«P...
Pricchan...» biascicò Laxus, tentando di
riprendere la sua
attenzione e portarla a fare qualcosa prima che fosse potuto
impazzire.
«Ah!»
sobbalzò lei. «Scusa!» e si
sollevò nuovamente, cercando di
tornare in una posizione migliore. Poggiò di nuovo i gomiti
sulle
sue spalle e portò le mani a sfiorargli la testa, tornando
poi a
concentrarsi. Certamente Laxus si sentì nuovamente meglio,
ma ci
avrebbe messo giorni interi per riuscire a cancellare quei ricordi e
sensazioni dalla testa. Quand'è che il suo seno era
cresciuto così
tanto? Perché era dovuta dannatamente crescere
così tanto e
diventare così stramaledettamente sexy? Perché
non riusciva più a
pensare a lei come a una sorella e smettere di avere quegli stupidi
pensieri?
Rosso
in volto, decise che la cosa migliore era restare immobile e
semplicemente aspettare che la discesa finisse quanto prima. Ma non
arrivarono in fondo come aveva sperato, perché l'acqua sotto
di loro
cominciò a congelarsi sempre più rapidamente,
tanto che non lo
scoprirono fino a che non ne furono travolti.
«Ma
che...» ringhiò lui, cercando di stringere
Priscilla e provando in
maniera istintiva e infantile a proteggerla, sollevandola come
poteva.
«Kyaaa»
urlò Priscilla aggrappandosi a lui ma venendo comunque
congelata. «È
fredda» balbettò.
«Perché
diamine mi sono fatto coinvolgere in tutto questo?»
mormorò Laxus
ancora una volta schiacciato contro il suo petto.
«Gray!»
ruggì Natsu, saltando in piedi sullo scivolo completamente
congelato. «Idiota! Non congelare la piscina!»
ringhiò e caricò
il proprio pugno di fuoco prima di saltare e puntare contro il
ghiaccio.
«Natsu!»
richiamò Priscilla spaventata, già sapendo come
sarebbe potuta
andare a finire. Natsu non aveva mezze misure e la sua rabbia verso
il compagno del ghiaccio era tale che certo non l'avrebbe aiutato a
trattenersi.
«Quell'idiota!»
disse Laxus, vedendolo mentre puntava contro lo scivolo ma incapace
di poter intervenire.
E
l'intera struttura esplose e venne completamente distrutta dal colpo
infernale di Natsu, che soddisfatto non fece che ridere e
complimentarsi con se stesso per essere riuscito a vincere.
Spostando
quello che probabilmente una volta era un pezzo di muro, Laxus
riuscì
a liberare sia lui che Priscilla e rialzarsi. Lei cadde subito dopo a
terra, piagnucolando per il dolore, ma lui aveva fin troppa rabbia da
scaricare. Si avvicinò a Natsu come un mostro pronto a
divorarlo, lo
colpì in testa tanto forte da mandarlo a terra e poco dopo
destinò
lo stesso trattamento anche a Gray.
«Chi
è stato?!» sentì urlare Makarov,
uscendo anche lui da sotto un
paio di sassi crollati, e Laxus semplicemente sollevò da
terra
entrambi i ragazzi già fuori combattimento.
«Natsu!»
ringhiò Makarov, già pronto ad assalirlo e
probabilmente
decapitarlo, ma un addetto gli si avvicinò tossendo
rumorosamente.
Il preludio di una disgrazia che già, purtroppo, conosceva
fin
troppo bene.
«Metto
tutto a spese di Fairy Tail, giusto?» chiese l'uomo e
Makarov, con
lo spirito di Mavis al suo fianco dello stesso umore,
scoppiò in
lacrime senza neanche riuscire più a rispondere.
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Capitolo 56 *** Assi nella manica ***
Assi
nella manica
Era
ormai sera inoltrata quando Laxus e Priscilla lasciarono la locanda
con l'intenzione di andarsene finalmente a letto. Dopo il disastro
alla piscina c'era voluto un po' prima di riuscire a raccogliere
tutti i loro compagni, si era fatto intanto ora di cena ed erano
andati tutti insieme a mangiare qualcosa. Avevano passato
così ore
intere a parlare e mangiare e infine, due tra gli ultimi, Laxus e
Priscilla si erano messi sulla sua via dell'hotel.
«Certo
che stasera è stato misteriosamente tranquillo»
osservò lei,
stiracchiandosi e sbadigliando.
«Non
c'erano né Natsu né Gajeel, mi pare
normale» commentò lui.
«Già,
che strano. Chissà dov'erano tutti» si chiese,
curiosa ma anche un
filo preoccupata.
«A
distruggere un'altra piscina, probabilmente» disse Laxus e
Priscilla
scoppiò a ridere, esclamando: «A Natsu servirebbe
un guinzaglio!»
«A
Natsu servirebbe una gabbia» specificò e Priscilla
ancora rise di
gusto. «Un po' come a te» aggiunse poi Laxus e a
lei passò subito
la voglia di ridere.
«Oh,
dai! Io sono stata brava oggi!» rimproverò,
incrociando le braccia
al petto. Laxus avrebbe potuto replicare almeno in dieci modi
diversi, considerato il numero di volte che l'aveva più o
meno
intenzionalmente provocato, ma ciascuno di esso poi avrebbe
comportato delle spiegazioni che si sarebbe volentieri evitato.
Perciò si limitò all'unica scusa che sembrasse
normale: «Hai
sparato il primo Master praticamente in orbita».
«È
stato un incidente!» ruggì, offesa.
«Sei
una maga eccezionale ma continui ad essere distratta e impacciata.
Hai imparato a volare solo per evitare di inciampare ogni tre
passi!»
insisté.
«Questo
non è vero!» si voltò offesa, ma
camminando di lato il suo
precario equilibrio sui piedi venne meno e si ritrovò a
inciampare
su se stessa. Barcollò, sventolò le mani per aria
mentre cercava di
riacquistare l'equilibrio. Non cadde, rimettendosi presto in piedi,
ma il suo imbranato tentativo certo non restò nell'ombra e
Laxus si
ritrovò a ridere soffusamente mentre lei a guance arrossate
si
imbronciava sempre più. Alzò la testa verso il
cielo stellato,
coperto solo da poche nuvole su cui si rifletteva il candore della
luna. Era una notte silenziosa, estremamente silenziosa e pacifica.
«Si
sta proprio bene, stanotte» commentò Priscilla
alzando il mento e
respirando profondamente l'aria fresca di quella notte.
«Andiamo
lassù» propose Laxus improvvisamente,
sorprendendola. «Come quando
eravamo ragazzi» un timido ricordo, di notti insonne passate
a
sorvolare la città insieme, nel completo silenzio se non per
il
timido rumore del vento. Era rilassante, dava pace e
serenità. E
vedere il mondo dall'alto era anche divertente: di notte succedevano
molte più cose di quanto ci si fosse aspettati. Priscilla
sorrise,
colta dallo stesso desiderio. Era passato già del tempo da
quando si
erano ritrovati, ma ancora non avevano avuto modo di riprendersi
tutte le esperienze e le abitudini che avevano costruito nella loro
infanzia. I momenti felici e piacevoli, come il passare le nottate a
sonnecchiare per aria, sopra i tetti, guardando il mondo dall'alto,
non tutto ancora erano stati in grado di riprendersi. In
realtà,
solo in quel momento lo realizzava, aveva creduto di essere tornata
normale ma niente di tutto quello lo era. Quei cinque anni,
ciò che
ne aveva conseguito, li aveva cambiati entrambi molto profondamente.
Era bello poter tornare, potersi concedere per una volta, di tornare
quelli di un tempo. Sorrise, prese Laxus per mano e si alzò
in volo,
sempre più verso il cielo, superando i tetti di qualche
metro.
Arrivarono a una quota che li permetteva di avere una piena visuale
dell'intera città e lì si fermarono,
semplicemente galleggiando.
Laxus assunse una posa rilassata, come se si trovasse steso su una
sdraio, con le braccia dietro la nuca e restò in completo
silenzio
ammirando il mondo che lo circondava. Priscilla, accanto a lui, era a
pancia in giù e la testa poggiata sulle braccia incrociate
come se
si trovasse su di un letto e guardava le strade sotto di lei.
«Ammettil0,
ti è mancato tutto questo» disse lei e Laxus,
nonostante il suo
orgoglio, non poté negarglielo. Sorrise, semplicemente,
divertito
dall'essere stato scoperto in quella debolezza. «Gli Dei
hanno
dimora nel cielo» recitò Priscilla con
solennità, riportando alla
mente alcune parole con cui quando era piccolo giustificava il fatto
che starsene lassù gli piacesse così tanto.
«Ti ricordi quando
facevo volare i mobili di casa nostra e tu ci saltavi sopra fingendo
di essere un avventuriero?»
«Ho
rischiato di farmi male sul serio davvero un sacco di volte»
commentò lui, con un sospiro.
«E
trattenevi le lacrime fingendo che non ti fossi fatto niente
perché
non volevi ammetterlo, eri orgogliosissimo fin da bambino!»
rise
Priscilla, ricordando la sua buffa espressione arrossata quando
dolorante mentiva tra le lacrime dicendo che stava bene ed era
forte.
«Non
si tratta di orgoglio» provò a difendersi lui, ma
lei disse
repentina: «Sì che è
orgoglio!»
«Affatto»
insisté, lievemente offeso.
«Figurati»
ridacchiò Priscilla sapendo di avere perfettamente
ragione.
Sentirla
ridere in quel modo, vivere ancora una volta esperienze come quelle,
potersene stare tranquillo, rilassato, a vivere pacificamente il
mondo al suo fianco. Sorrise e spostò gli occhi su di lei,
ancora a
pancia in giù che guardava rilassata le strade sotto di
loro. Non
poteva negarlo, non poteva negarlo davvero quanto tutto quello gli
fosse effettivamente mancato. Si sentiva un tale stupido ad essere
caduto così miseramente nella trappola di suo padre, in quei
sentimenti dolorosi e frustranti che da anni si era portato dietro.
Non era stato solo l'esilio di Ivan a fargli perdere la testa, ma
tutto ciò che aveva accumulato negli anni. Anche se suo
padre
manipolava i suoi ricordi, eliminava le immagini di ciò che
Priscilla doveva subire per mano loro, i sentimenti permanevano... e
lui per un'intera vita si era ritrovato ad accumulare frustrazione,
rabbia, dolore, senza riuscire a capire il motivo di tutto quello.
Aveva dato la colpa a suo nonno, perché il fastidio che
provava nel
non vedere i propri sforzi avere il giusto merito era un ottimo
incanalatore di tutta quella rabbia. Ce l'aveva dentro, da anni, e
aveva trovato in quella scusa il motivo perfetto. Era stato tutto
inconscio ovviamente, ma l'aveva portato a vivere in maniera
esagerata qualcosa che in realtà avrebbe potuto gestire
benissimo.
L'esilio di suo padre era stata un'altra ragione in cui depositare
tutti quei sentimenti negativi, mettendoli assieme lo aveva
perciò
portato a far nascere un vero e proprio odio verso suo nonno per
primo ma anche verso Priscilla. Perché l'aveva sempre
sentito, anche
se non sapeva come, che lei era uno dei motivi per cui provava tutto
quell'odio. Era bastato poco, una frase storta, una presa di
posizione e lui era riuscito a trovare la sua valvola di sfogo
ripudiandola e dichiarandole guerra e odio. Senza sapere cosa stesse
accadendo realmente, aveva persino programmato di eliminarli tutti,
li aveva messi in pericolo... aveva messo in pericolo lei. Eppure
avrebbe dovuto ricordarlo, sapere, che l'unica cosa che fosse mai
riuscito a farlo sorridere era vederla viva come in quei momenti. La
bambina di carta, la ricordava nei suoi primi anni di vita, era come
un fantasma. Lo sguardo vuoto, l'espressione sempre abbattuta,
sembrava non vedere mai ciò che aveva attorno ma vivere in
un mondo
tutto suo. Era così triste, non poteva sopportarlo
perché nel cuore
aveva sempre nutrito e sostenuto gli ideali di suo nonno. Proteggere
e difendere era la cosa più bella che ci fosse al mondo,
perciò
aveva cominciato a farlo. Aveva lavorato davvero molto e forse
proprio perché era stato molto faticoso e impegnativo,
quando tanti
anni addietro vide il suo primo sorriso abbozzato, la
felicità nel
cuore per essere riuscito nel suo intento fu tale che quel compito lo
svolse sempre con più passione. Ogni suo sorriso era una
vittoria
per il piccolo mago Laxus, difensore dei più deboli, Dio del
tuono,
membro d'eccellenza di Fairy Tail la gilda migliore che ci fosse al
mondo. Era questo quello che aveva provato e pensato a lungo e
nonostante tutto quello che fosse successo, vederla sorridere era
ancora motivo di profonda felicità.
«Pricchan»
mormorò, senza nemmeno sapere bene lui cosa avrebbe dovuto o
potuto
dire. Sentiva solo quel calore nel petto e il bisogno di
rivelarglielo, in qualche modo. Di allungare una mano nella sua
direzione, stringerla e avvolgerla in un bozzolo sicuro e
indistruttibile. Mai più, mai più avrebbe
permesso a quel viso di
storpiarsi nelle lacrime. Quella era la sua missione.
«Mh?»
chiese lei, curiosa, vedendolo titubare.
«Prometti
che non piangerai mai più da sola» le sopracciglia
lievemente
corrucciate, mentre esprimeva quel desiderio che solo a pensare il
contrario lo tormentava.
«Eh?»
mormorò, non capendo il motivo di una tale frase
né il suo
significato.
«D'ora
in avanti, qualsiasi cosa dovesse succedere, qualsiasi cosa dovesse
farti del male... non cercare più di restare sola, va
bene?» il
tormento di Ivan di quei giorni passati lo aveva vissuto nella
solitudine, il suo dolore di tutta la vita, tutte le disgrazie che
aveva sopportato, era sempre stata sola. Non aveva mai rivelato a
nessuno le barbarie di Ivan, le lotte con Laxus che la colpiva
così
duramente, non lo aveva rivelato nemmeno a lui che era da sempre
stato suo angelo protettore. Era rimasta sola persino quando lui le
aveva voltato le spalle, distaccandosi dalla gilda, distaccandosi
dalla sua umanità, dalla sua famiglia. Aveva vagato nella
solitudine
da sempre, persino quando lui le era stato effettivamente a fianco,
lei aveva sempre pianto in silenzio, nascosta in un armadio. Non
doveva più farlo, come avrebbe potuto proteggerla altrimenti?
"C'è
qualcosa che ti preoccupa, sorellina? A me puoi dirlo. Sono forte, lo
sai! Se qualcosa ti fa soffrire me ne occupo io!"
quella voce, poteva sentirla perfettamente quella voce che tanti anni
addietro le aveva detto praticamente le stesse cose anche se con
parole diverse. Sotto la sua maschera di timidezza e orgoglio, Laxus
aveva conservato tutti i suoi desideri e tutta la sua dolcezza.
Priscilla sorrise, con le guance arrossate per l'emozione. Era come
se riuscisse perfettamente a sentirlo su di sé l'abbraccio
protettore del ragazzo che da quel momento non l'avrebbe mai
più
lasciata sola.
«Ok»
disse semplicemente.
A
interrompere l'atmosfera fu una voce, familiare, ben forte nella sua
isteria. Mossero entrambi gli occhi alla sua provenienza, lungo la
strada non troppo distante dal castello del Re, incuriositi.
«Natsu?»
mormorarono entrambi, vedendo il ragazzo agitarsi come poche volte
aveva fatto mentre Gray, Gajeel e Wendy cercavano di
trattenerlo.
«Che
succede?» chiese Priscilla.
«Andiamo»
sollecitò Laxus e lei annuendo cominciò a volare
nella direzione
dei loro compagni, scendendo giù verso la strada.
«Ragazzi!»
chiamò un attimo prima di atterrare insieme a Laxus e
avvicinarsi a
loro.
«Priscilla-nee!»
esclamò Wendy, sorpresa ma felice di vederla.
«Che
fate qui?» chiese lei, cercando di indagare, ma a risponderle
fu
Natsu che ancora dimenandosi urlò: «Lasciatemi
andare! Vado a
riprenderla! Vado a riprendere Lucy! Lasciatemi!»
«Piantala,
idiota!» ruggì Gray, sforzandosi per trattenerlo.
«Lucy?»
domandò Priscilla, cominciando a preoccuparsi, ma nessuno di
loro
riuscì a trovare il modo di spiegare e parlarle, troppo
impegnati a
calmare e tenere Natsu.
«Lascialo
andare» ordinò infine lei, stufa di sentirlo e
irritata da quella
confusione.
«Eh?!»
sobbalzò Wendy. «Non possiamo, se lo lasciamo
andrà sicuramente a
palazzo. Saranno guai».
«Perché
dovrebbe andare a palazzo? Che cosa è successo?»
chiese Laxus,
increspando le sopracciglia. Priscilla al suo fianco annuì
semplicemente con convinzione, convincendo così Gray a
mollare la
presa. Natsu saltò in avanti e si allungò, pronto
per iniziare a
correre, ma un colpo di vento lo travolse e lo sollevò per
aria,
impedendogli di procedere.
«Lasciami!»
ruggì dimenandosi come un forsennato, ma il vento sotto ai
suoi
piedi iniziò a girare su se stesso, sempre rapidamente,
coinvolgendolo in un vero e proprio micro-tornado. Il volto di Natsu
si fece verde e improvvisamente smise di urlare e agitarsi, colto dal
tipico malessere debilitante che gli causavano i mezzi di trasporto.
«È
crudele» mormorò Laxus alla sorella, trovando
sempre irritante come
fosse in grado di prendersi gioco di quella che per loro era un vero
e proprio tasto delicato.
«Almeno
così starà zitto» rispose lei, secca,
prima di chiedere: «Cosa è
successo a Lucy?»
«È
stata rapita» mormorò Wendy, abbassando lo sguardo
costernato.
«Rapita?»
sobbalzò Priscilla, non riuscendo a spiegarsi una cosa come
quella.
«È
una lunga storia» disse Gray. «Ma adesso
è sotto la custodia delle
guardie reali. Quei bastardi» digrignò i denti.
Laxus e Priscilla
si scambiarono uno sguardo preoccupato, capendo che la situazione era
certamente grave.
«Il
nonno era ancora alla locanda fino a poco fa» disse lei,
pensando
subito a coinvolgere chi di dovere.
«Probabilmente
è ancora lì, se ci sbrighiamo riusciamo a
trovarlo» annuì Laxus e
insieme al resto dei compagni, seguiti dal tornado che ancora teneva
calmo Natsu, corsero per tornare alla locanda ormai buia, in procinto
di chiudere.
«Nonno!»
chiamò Priscilla, spalancando la porta.
«Master!
Un'emergenza!» si unì Gray, alle sue
spalle.
Dentro
la locanda, come speravano, c'era ancora Makarov e insieme a lui solo
Mirajane, Erza e Lluvia erano ancora rimasti.
«Ragazzi...»
mormorò lui confuso.
«Che
succede?» chiese Mirajane preoccupata.
«Hanno
preso Lucy» disse Gray, avvicinandosi al vecchio seduto su di
un
tavolino. «Le guardie la tengono segregata nelle
prigioni».
«Lucy?»
sobbalzò Mirajane, portandosi una mano alle labbra.
«Perché?»
chiese Erza, preoccupata.
«Abbiamo
scoperto cose che non dovevamo scoprire e pensano che lei sia una
minaccia» disse Wendy, costernata e preoccupata.
«Di
cosa parlate?» chiese Erza.
«Raccontateci
tutto» incitò Makarov.
«Quando
ieri Gajeel è stato cacciato da Natsu nei sotterranei della
città,
durante il loro scontro con Sabertooth, è finito molto in
fondo e ha
scoperto che nel sottosuolo è nascosto un vero e proprio
cimitero di
draghi» disse Wendy e la domanda fu immediata e lecita:
«Draghi?!».
«Sì!
C'erano ancora dei residui di pensieri, tracce di anime, e con una
delle ultime magie che ho imparato di recente sono riuscita ad
evocare uno dei loro spiriti. Ci ha detto che quattrocento anni fa
c'era stata una guerra tra draghi che consideravano gli umani come
cibo e quelli che invece sostenevano che potevano vivere tutti
insieme pacificamente» continuò Wendy.
«I
Dragon Slayer sono nati in quel periodo, erano umani addestrati dai
draghi stessi per dargli la forza di combattere quella guerra contro
gli oppositori» spiegò Gajeel.
«Acnologia
era uno di loro» disse Gray, facendo spalancare gli occhi a
tutti
quanti.
«Un
attimo! Acnologia era un Dragon Slayer? Era umano?!» chiese
Priscilla, sconvolta.
«Pare
che usare troppo la magia del Dragon Slayer porti questo effetto
collaterale, trasformando gli umani in draghi»
annuì Gray.
«Il
punto è che mentre parlavamo con lui è comparsa
Yukino, di
Sabertooth, accompagnata dal capo delle guardie reali. Ci hanno
scoperti e ci hanno spiegato del segreto che c'è dietro il
torneo»
disse Wendy.
«Quale
segreto?» chiese Mirajane.
«Eclipse»
disse Gajeel.
«È
un portale magico che hanno alimentato per tutti questi anni rubando
la magia dei maghi durante i vari tornei» disse Gray.
«Hanno
rubato la magia per sette anni?» sobbalzò
Mirajane, portandosi le
mani alle labbra.
«E
a che serve?» chiese Erza.
«A
tornare indietro nel tempo» rispose Gray e un coro di
«Eh?!»
sconvolto si alzò nel resto dei loro compagni.
«Vogliono usarlo per
tornare indietro e uccidere Zeref quando ancora non era un mago
immortale e potente come oggi».
«Zeref...»
mormorò Priscilla, prima di illuminarsi. «Che
abbia a che fare con
la faccenda della strana magia che Gerard sentiva in questi
giorni?»
«Penso
che ormai sia abbastanza evidente» rispose Laxus.
«E
Lucy in tutto questo cosa c'entra?» chiese Mirajane,
preoccupata per
la sua compagna.
«Il
portale per funzionare ha bisogno della magia degli Spiriti Stellari.
Ecco perché Yukino era con lui, lei ha due delle dodici
chiavi...»
disse Wendy e Lluvia la interruppe mormorando, ora cominciando a
capire: «E Lucy ha le altre dieci».
«Perciò
l'hanno rapita per costringerla a usarle?!» chiese Erza.
«No,
l'hanno rapita per impedirglielo» disse Gray, prima di
spiegare.
«Pare che il piano Eclipse sia un'esclusiva del capitano
Arcadios,
in realtà il primo ministro non accetta tutto questo e vuole
impedirglielo. Dice che cambiare il corso della storia è
pericoloso.
E perciò ha arrestato lui, Lucy e Yukino».
«Beh,
potrebbe non avere torto» mormorò Lluvia, trovando
logico quel
discorso ma restando comunque turbata. Turbamento a cui Mirajane
diede voce: «Ma addirittura arrestare Lucy per questo.
È
esagerato!»
«Perché
invece voi vi ha lasciati andare? Potreste diffondere questo genere
di informazioni e mettere in pericolo l'impero» disse
Erza.
«Forse
vuole che testimoniate contro Arcadios» ipotizzò
Lily.
«E
metterebbero a rischio queste informazioni per una cosa
simile?»
chiese Charle, mettendo in evidenza come quella giustificazione non
reggesse.
«Forse
perché siete partecipanti alla gara» disse
Mirajane.
«Per
tenere il segreto avrebbero dovuto catturarci tutti e se
improvvisamente domani non partecipassimo sicuramente non passerebbe
inosservato» annuì Gray.
«Anche
se si tratta di un impero probabilmente non ha intenzione di farsi
nemica una gilda» disse Lluvia.
«Hanno
catturato una nostra compagna, è troppo tardi per cercare di
sistemare le cose. Si sono già fatti dei nemici!»
disse Priscilla,
galleggiante per aria a gambe incrociate.
«Ci
hanno dato una possibilità, però» disse
Wendy, speranzosa.
«A
me sembrava più un contentino per stimolarci a partecipare
domani,
come se niente fosse» disse Gajeel.
«Non
possiamo certo fidarci della loro parola» annuì
Gray.
«Di
che si tratta?» chiese Mirajane.
«Hanno
detto che il Re ha simpatia per la nostra gilda e per questo se
domani riuscissimo a vincere il torneo ci concederebbe di chiedergli
un favore. Potremmo così chiedergli di liberare
Lucy» spiegò Gray.
«Decisamente
poco convincente» disse Priscilla pensierosa.
«Probabilmente
vogliono che ci comportiamo come se niente fosse per non destare
sospetti, per evitare che qualche nostra azione o decisione possa
insospettire il paese».
«Non
penso che manterranno la parola data» annuì Laxus,
altrettanto
convinto.
«D'altra
parte non possiamo nemmeno lanciarci a testa bassa contro l'intero
impero e cercare di riprendercela con la forza» aggiunse
Priscilla.
«Dobbiamo
rifletterci attentamente» disse Makarov, pensieroso.
«questa volta
abbiamo un nemico ostico davanti. D'altro canto, restare in silenzio
non rientra nel modo di fare di Fairy Tail».
«Ci
vuole un piano» disse Mavis, comparendo in quel momento al
loro
fianco.
«Primo?!»
si sorprese Makarov di vederla comparire in loro aiuto.
«È
la forza dei vostri sentimenti ad aver richiamato il mio spirito, non
posso certo restare a guardare mentre questi ribollono dentro voi. La
forza di Fairy Tail risiede in loro, è quello che ho sempre
sperato
di ottenere da questa gilda. Ho già pensato a un paio di
strategie,
permettetemi di spiegarvele e aiutarvi» disse Mavis e non ci
fu
nessuno che neanche per un istante pensò di rifiutare
un'offerta
come quella. In fondo la sua fama era legata al suo soprannome: la
fata stratega. Mavis aveva vinto infinite battaglie solo con la forza
delle sue strategie, sapevano che se lei li avesse aiutati niente
sarebbe andato storto.
«Ho
avuto modo in questi giorni di analizzare ogni vostro aspetto e
quello dei vostri avversari di domani, se i miei calcoli sono
corretti vinceremo su entrambi i fronti così da garantirci
una
riuscita del cento per cento» disse Mavis.
«Entrambi
i fronti?» chiese Priscilla, inarcando le
sopracciglia.
«Dobbiamo
sottostare alle loro regole, domani parteciperete ai Giochi e
vincerete questo torneo. Ma nel frattempo una seconda squadra si
muoverà nell'ombra, approfittando dell'attenzione che
l'intero
impero sta dando ai giochi per passare inosservata e si
occuperà del
piano B: nel caso in cui non dovessero mantenere la parola, ci
riprenderemo comunque Lucy».
«Quindi
la squadra dei giochi parteciperà come di consueto ma
un'altra si
infiltrerà nel castello e salverà Lucy. Ho capito
bene?» chiese
Priscilla e Mavis sorridendo indicò sia lei che Laxus
esclamando:
«Voi due siete i miei assi nella manica».
«Eh?»
arrossì Priscilla, voltandosi a guardare Laxus confusa.
«Squadra
di sfondamento, punterà tutto sulla forza per la vittoria di
domani
e tra i presenti sicuramente Laxus è quello che ha
più potere visto
come sia riuscito a sconfiggere da solo un'intera gilda e senza
neanche troppa fatica» spiegò Mavis.
«Che
Laxus sia il più forte qui dentro penso sia abbastanza
chiaro»
annuì Erza e Natsu, ancora intrappolato nel vortice di
Priscilla,
biascicò qualcosa contrariato.
«Squadra
di infiltrazione! È necessaria capacità di
improvvisazione e buona
velocità di calcolo e sfruttamento degli elementi
circostanti.
Priscilla adattava perfettamente la sua magia, anche se semplice
aria, per difendersi da ogni sorta di attacco di Kurohebi.
Rapidamente inventava una contromossa e riusciva sempre a cavarsela,
sfruttando le debolezze del suo avversario che scovava
immediatamente. Hai una buona capacità di strategia,
osservative e
di problem solving. Per questo affido a voi due le rispettive squadre
e la buona riuscita del piano».
«Mi
sento un po' sotto pressione» confessò Priscilla,
intimorita.
«E
poi Priscilla sei in grado di tenere Natsu a bada, che sicuramente
vorrà venire a salvare Lucy invece che partecipare al
torneo, perciò
c'è bisogno che qualcuno possa domarlo e impedirgli di
combinare
guai» aggiunse Mavis con un sorriso.
«In
pratica dovrà fare da baby sitter»
sospirò Gray, consapevole che
il Primo avesse ragione. C'era bisogno che qualcuno si occupasse di
Natsu e gli impedisse di rovinare tutto.
«Lluvia
prenderà il posto di Natsu per il torneo di domani, per il
resto la
squadra resterà immutata. Invece con Priscilla si
unirà Wendy,
Mirajane i tre Exceed e ovviamente Natsu. Bene, ora passerò
a
spiegare a entrambe le squadre le rispettive mosse. State molto
attenti, ho calcolato tutto nei minimi particolari ho bisogno che
facciate molta attenzione perché ci sono variabili che hanno
bisogno
della vostra forza più che della mia strategia»
disse Mavis e con
precisione e meticolosità passò la successiva ora
a spiegare, passo
dopo passo, come si sarebbero dovuti muovere per ottenere la
più
alta percentuale di riuscita.
«Dunque
ora tocca a noi» mormorò Laxus, a termine della
riunione quando
ormai tutti avevano cominciato ad allontanarsi.
«I
fratelli tempesta di nuovo in azione! È
emozionante!» ridacchiò
Priscilla, alzando il pugno e gonfiando il bicipite in segno di
forza.
«Cerca
di fare attenzione, ok?» le disse lui, lasciando trapelare un
pizzico di preoccupazione.
«Me
la caverò... come sempre» disse portando le mani
dietro la testa e
assumendo una posizione più sbarazzina, mentre camminava al
suo
fianco per tornare al proprio hotel. Laxus sorrise, convinto, e
disse: «Ne sono certo».
Mavis
restò a guardarli fino a quando non sparirono oltre la
porta,
apparentemente incuriosita da quel piccolo scambio che avevano avuto,
ma questo servì solo a sostenere in realtà la sua
strategia.
"I
sentimenti per la gilda di quei due sono stati quelli che sono emersi
meno degli altri, non hanno dimostrazioni troppo esuberanti come
può
averle Natsu, ma proprio per questo sono i più intensi. Non
si
mettono in prima linea urlando il loro nome, ma restano nelle
retrovie, affidandosi completamente ai loro compagni, ed entrano in
azione solo quando ce n'è bisogno. Fiducia, stima, affetto e
attenzione... hanno tutto questo ed è ciò che li
rende perfetti per
questo piano. Più di tutti hanno istinto protettivo nei
confronti
dei loro amici, tanto da spingerli ad affrontare i loro peggiori
demoni, anche a costo della vita, anche a costo della loro
integrità
e sanità mentale. Sono riusciti a vincere contro Raven Tail
solo
grazie a questo, nonostante Ivan avesse completo possesso della loro
mente e dei loro cuori. Se qualcuno dei loro compagni dovesse non
farcela per qualche motivo, ci penseranno loro a sistemare tutto. Ne
sono sicura. E poi..." sorrise, di fronte a quei pensieri. "Il
loro legame sarà la loro forza. Renderli consapevoli che
sono di
nuovo una squadra, che l'altro gli guarda le spalle, che hanno una
responsabilità verso ciascuno di loro... i tempi dei
leggendari
fratelli tempesta torneranno. È come un invisibile e
costante Unison
Raid. La vicinanza all'altro li rende più forti. Andate...
date al
mondo la dimostrazione della potenza dei vostri sentimenti, Fairy
Tail!"
La
mattina dopo Priscilla correva a capo della piccola squadra che le
era stata affidata, quando sentirono infine le urla del coro
provenire da dentro lo stadio.
«La
finale sarà cominciata» commentò
Mirajane.
«Le
strade sono effettivamente deserte, come aveva detto Primo»
commentò
Wendy, guardandosi attorno.
«Ci
permetterà di passare inosservati, ma non dobbiamo comunque
abbassare la guardia» disse Priscilla. «Anche se
facilitati è pur
sempre il castello reale, non sarà semplice
entrare».
«Come
faremo? Useremo il Mirage?» chiese Wendy intuendo quale
sarebbe
potuta essere la sua strategia.
«Lo
sto già usando» disse Priscilla, facendo
sussultare tutti: quando
aveva iniziato?
«Siamo
dentro una bolla d'aria che ricrea le immagini delle strade come se
non ci fosse nessuno, se qualcuno ci avesse visto correre in questo
modo in direzione del castello si sarebbe potuto fare due domande.
Potrò usarlo fino a quando non arriveremo all'interno del
castello,
ma poi starà a noi» spiegò Priscilla.
«Non conosciamo la
struttura del castello e la posizione delle prigioni, perciò
dovrò
concentrare tutta la mia magia sul dilatamento percettivo, l’Aereal
Perception.
La stessa tecnica che ho usato nel labirinto della prima prova per
trovare l'uscita rapidamente. Ma il dilatamento percettivo e il
Mirage sono entrambe magie molto dispendiose, non posso usarle
contemporaneamente senza affaticarmi eccessivamente. Non sapremo se
dovremo affrontare lotte o qualche trappola, perciò
è bene che
risparmi energia almeno in parte».
«Perciò
una volta entrati dovremmo solo fare attenzione a non farci scoprire
perché non saremo più invisibili» disse
Lily.
«E
soprattutto fare silenzio. Il mio Mirage può manipolare le
immagini,
ma non i suoni».
«Ti
è chiaro, Natsu?» chiese Mirajane, accennando un
sorriso divertito,
e il ragazzo reagì ruggendo a voce eccessivamente alta:
«Che
diamine vuoi da me?!»
«Sono
molto preoccupata» mormorò Priscilla,
già irritata.
«Ecco
il castello!» Wendy indicò un enorme portone in
legno, subito dopo
un lungo viale che attraversava i giardini e un arco con un ponte
levatoio abbassato. Si fermarono e si nascosero dietro a una siepe,
per poter studiare la zona senza sentirsi eccessivamente esposti.
«È
chiuso» disse Charle.
«E
ci sono guardie all'ingresso» aggiunse Lily.
«Dovremmo
convincerli ad aprire per noi. Come possiamo fare?» chiese
Wendy e
fu Priscilla, dopo qualche istante di riflessione, a chiamare:
«Mira-chan».
«Sì?»
chiese lei, pronta a intervenire qualsiasi cosa avesse avuto in
mente.
"Non
dimenticare la tua forza. La tua capacità risiede nel
sfruttare ciò
che hai attorno, amici e nemici compresi, per trarne vantaggio. Tieni
ben a mente tutte le capacità di chi ti sarà a
fianco"
le parole di Mavis l'avevano accompagnata fino a quel momento e non
era intenzionata a lasciarle perdere proprio in quel momento.
«Usa
la tua magia di trasformazione, prendi le sembianze di uno di loro.
Natsu e Wendy saranno i tuoi prigionieri, dirai che li avevi trovati
in giro a bazzicare da queste parti» disse.
«Essendo
Fairy Tail sicuramente si allarmeranno e cercheranno di portarci dai
loro superiori per un giudizio, non ci lasceranno semplicemente
andare» disse Wendy.
«Esatto.
Ma con ogni probabilità in questo momento saranno tutti al
torneo,
non solo per diletto ma perché vorranno tenerci d'occhio. Ti
chiederanno di portarli in prigione, per aspettare che tornino i
capi. Io e i gatti ti resteremo dietro coperti dal Mirage, ti
seguiremo fino all'interno» disse.
«Ok!»
rispose Mira, determinata e in pochi istanti assunse le sembianze di
una delle guardie. «Si va in scena!» sorrise e
legò sia Natsu che
Wendy, per simulare l'arresto. Si avvicinò alle due guardie
al
cancello, mostrando i prigionieri e come da programma disse di averli
trovati in giro da quelle parti che avevano cercato di entrare.
«Intrusi
Fairy Tail? Che facciamo?» chiese il primo delle guardie.
«Al
momento non ci sono né il Re né il Ministro della
Difesa.
Mettiamoli in cella per ora» confermò il secondo e
Priscilla
sorrise alle spalle di Mirajane, avvolta dal Mirage insieme ai tre
Exceed. Si scambiarono uno sguardo complice e annuirono,
confermandosi così la buona riuscita del piano.
«Entra»
disse una delle guardie aprendo per Mira il cancello e permettendo
così all'intera squadra di entrare.
«Da
che parte?» sussurrò Mirajane una volta che fu
qualche passo
distante dalle due guardie alla porta.
«Non
lo so. Non posso ancora usare l'Aerial
Perception,
non finché dovrò mantenere il Mirage
attivo» mormorò lei vicino
al suo orecchio per evitare che le guardie alle loro spalle li
sentissero.
«Allora
improvviso» disse Mirajane provando a svoltare a sinistra e
prendere
il primo corridoio. «Ehy!» urlò una
delle guardie, alle loro
spalle, facendoli rabbrividire. «Le prigioni sono di
là!» indicò
davanti a sé, lungo una perpendicolare.
«Ah,
scusi» disse Mirajane, cercando di mantenere il sangue
freddo. «Sono
nuovo» inventò e la cosa, per quanto banale, parve
funzionare.
«Ben
fatto!» esclamò Priscilla, orgogliosa.
«Perfetta
come sempre, Mira-san» ridacchiò Wendy e infine il
gruppo, non
appena fu fuori dalla vista delle due guardie alla porta, si nascose
dietro a un angolo che dava su un vicolo cieco con una semplice
finestra. Un rientro nel muro, dove si apriva una porta.
«Tenete
d'occhio la situazione, mi ci vorrà qualche
secondo» disse
Priscilla liberandosi del Mirage. Natsu piantò la schiena
sulla
porta che avevano di fianco, mettendosi così a guardia di
questa,
mentre Mirajane e Wendy si occupavano di controllare che nei corridoi
non passasse nessuno. Priscilla fece qualche sospiro profondo,
concentrandosi ed entrando in pieno contatto con l'aria circostante.
«Aerial
Perception»
mormorò e un cerchio magico le si disegnò sotto
ai piedi. A occhi
chiusi, restò concentrata a lungo mentre le sue percezioni
si
dilatavano lungo tutti i corridoi del castello. Si infilava sotto le
porte, attraversava spifferi nei muri, si scontrava con le guardie
rimaste a curarsi del castello, saliva e scendeva scale e in pochi
minuti ebbe ben impiantata nella mente la mappa dell'intero
castello.
«Priscilla-nee?»
chies Wendy, cominciando a preoccuparsi nell'istante in cui vide un
paio di guardie andare verso di loro.
«Ho
fatto!» decretò lei, riaprendo gli occhi.
«Le ho trovate!»
«Le?»
chiese Natsu, chiedendosi a chi altro si riferisse.
«È
insieme a Yukino... ma non sono invece riuscita a trovare il
comandante Arcadios, questo è molto strano»
mormorò preoccupata.
«Lo
avranno portato da qualche altra parte?» chiese Mirajane.
«Arrivano»
sussurrò Wendy, preoccupata e Priscilla reagì
repentina con un:
«Mirage!»
giusto un istante prima che le due guardie di pattuglia gli
passassero davanti, riuscendo a nascondere tutto il gruppo alla loro
vista.
«Andiamo»
sussurrò Priscilla, sciogliendo il Mirage una volta che
furono
sparite. «Da qui alle prigioni non dovrebbero essercene
altre».
«Vado
avanti io, così controllerò i corridoi. Resta
indietro ed evita di
usare ancora la magia se non è necessaria» le
disse Mirajane,
riprendendo nuovamente Natsu e Wendy come fossero due prigionieri.
Per quanto Priscilla avesse usato con parsimonia entrambe le magie
era comunque impossibile nascondere il leggero fiatone che
già la
stava cogliendo. Erano magie intense, l'Aerial Perception anche
più
del Mirage, e usarle così a lungo con un'alternanza
così serrata
comunque la stancava. Era meglio se risparmiasse le forze,
perciò
accettò di buon grado quel suggerimento.
Come
previsto non trovarono altre guardie fino all'arrivo delle scale che
avrebbero portato alle prigioni sotterranee. Mirajane
utilizzò lo
stesso stratagemma, presentando Wendy e Natsu come due prigionieri,
mentre ancora Priscilla nascondeva lei e gli Exceed con il Mirage.
Fino a quando non arrivarono di fronte alla cella di Lucy e Yukino.
«Lucy!»
chiamò Mirajane, sorridendo allegra. La ragazza
stesa nel
letto aprì gli occhi da quello che doveva essere il suo
pisolino e
sussultando chiamò: «Natsu! Mira-san!»
«Sssh!»
le disse Natsu.
«Ci
sono anche Wendy e Priscilla» mormorò Lucy,
sorpresa e felice di
vederle.
«Sto
usando Aerial Perception per assicurarmi che non arrivi
nessuno»
disse Priscilla a occhi chiusi. «Ciò non toglie
che siamo un po' di
fretta e dobbiamo cercare di fare piano».
«Nessun
problema!» disse Natsu, afferrando le sbarre della cella e
cominciando a riscaldarle tanto che divennero rosse per
l'incandescenza. «State indietro».
«Siamo
venuti anche noi!» salutò Happy, insieme a Charle
e Lily.
«Ragazzi...»
mormorò Lucy, commossa di vederli.
«Come
avete fatto a trovarci?» chiese Yukino.
«È
stato facile, alla fine» sorrise Wendy lanciando un'occhiata
a
Priscilla che ancora a occhi chiusi restava concentrata sulla sua
magia.
Natsu
scaldò tanto le sbarre che parte del ferro
cominciò a colare, fuso,
e approfittando della sua ora malleabilità le
sforzò fino ad
allargarle e romperle. Dal buco creato Lucy e Yukino riuscirono
finalmente a uscire.
«Ora
dobbiamo andarcene» disse Charle.
«Sarebbe
bene passare inosservati» disse Lily.
«Priscilla-nee
comincia ad essere stanca, forse non dovremmo chiederle di usare
ancora il Mirage» mormorò Wendy, guardando
preoccupata una goccia
di sudore che colava dalla fronte dell'amica.
«Nessun
problema, sono ancora piena di energie!» sorrise Priscilla,
cercando
di tranquillizzarla.
«Aspettate!
Prima devo trovare le mie chiavi!» disse Lucy.
«Chissà dove le
avranno messe» non terminò neanche la frase che il
pavimento sotto
ai loro piedi si spalancò all'improvviso. Vennero colti
talmente
tanto di sorpresa che caddero tutti, compresi gli Exceed che non
ebbero prontezza di spirito di spalancare le loro ali e volare.
L'unica che non rimase coinvolta in quella botola fu Priscilla,
rimasta sollevata per aria fino a quel momento era così
concentrata
nella sua magia rivolta ad eventuali soldati che avrebbero potuto
scoprirle che non fu veloce abbastanza nel cessare quella magia e
provare a usare l'aria per riportarli tutti sopra. Il pavimento sotto
i suoi piedi si chiuse prima che potesse allungare una mano e usare
la sua magia del vento per impedir loro di cadere. Fissò
silenziosa
il pavimento ora richiuso, dopo aver inghiottito tutti i suoi amici,
per poi solo dopo qualche secondo portarsi le mani alla testa e
gridare in preda al panico: «Che cosa è
successo?!»
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Capitolo 57 *** Diecimila draghi ***
Diecimila
draghi
«Ridammeli!
Ridammeli immediatamente!» ruggiva Priscilla da ormai qualche
minuto, intenta a tirare calci e pugni contro un pavimento sigillato.
Si sollevò nuovamente per aria, a gambe incrociate, e
rifletté
molto attentamente su quanto fosse appena accaduto. Si era distratta,
concentrata su altri tipi di minacce, e questo aveva permesso al
nemico di giocare con vantaggio e "rubarle" gli amici da
sotto al naso.
«Come
glielo dirò a Primo che me li sono fatta rapire
così da sotto al
naso?!» si portò le mani alla testa e
iniziò a sgambettare, sempre
più spaventata e preoccupata. «Aveva dato a me
tutta la
responsabilità, con che coraggio torno indietro e le dico
che ho
fallito?» piagnucolò, sempre più in
preda al panico.
«Eccola
là!» sentì urlare alle sue spalle e un
gruppo di soldati le corse
incontro ad armi spianate. «Adesso che è sola,
prendetela!»
«Tch»
le sfuggì dai denti, guardandoli mentre le correvano
incontro.
Attivò nuovamente il Mirage, svanendo così come
una nuvola di fumo
che veniva cancellata con la mano.
«È
sparita!» esclamò qualcuno.
«Può
rendersi invisibile! Cercatela!» ordinò qualcun
altro,
inconsapevole che lei in quel momento stava volando sopra le loro
teste.
«Chiudete
le uscite! Non permettetele di scappare!» e a quell'ordine
dei
pesanti portoni cominciarono a cadere dall'alto, chiudendo
così
tutte le vie d'uscita di quella prigione sotterranea.
«Era
una trappola, dunque?» si chiese Priscilla, accelerando tanto
la
propria velocità di volo che il suo Mirage ne
risentì e la
costrinse a rendersi visibile, non riuscendo a tenerne il
passo.
«Eccola!
Sparate! Sparate!» ordinarono e a quell'ordine frecce e
proiettili
volarono nella sua direzione. Priscilla proseguì la sua fuga
di
spalle, voltandosi verso coloro che la attaccavano e con un soffio di
vento rilanciò indietro sia frecce che proiettili. Raggiunse
la
porta un istante prima che si chiudesse del tutto, tanto che volando
di spalle senza guardare bene dove fosse diretta non notò e
non era
stata in grado di predire il livello raggiunto dalla grata. Ci
sbatté
la testa, roteò col corpo per il contraccolpo passando sotto
di essa
e infine riuscì a passare oltre ma senza essersi risparmiata
un
dolore dilaniante alla nuca. Si rialzò a gattoni e si
portò una
mano dietro la testa, massaggiando laddove già sentiva
nascere un
terribile bernoccolo.
«E
che male!!» lamentò con le lacrime agli occhi.
Voci e rumore di
passi alle sue spalle, tornò ad allarmarsi: «Ne
arrivano altri»
mormorò, prima di rimettersi in piedi e cominciare a correre
lungo
un corridoio adiacente per sfuggire.
«Come
hanno fatto a scoprirci? Era tutto tranquillo, riuscivo a
percepirli»
mormorò, cercando di riflettere. «Forse ci
osservavano? O magari
hanno fatto in modo che noi salvassimo Lucy. Forse volevano che noi
lo facessimo! Per quale motivo?»
Girò
un angolo ma un gruppo di soldati le si parò di fronte e
lei,
piantando i piedi a terra, tentò invano di fermarsi, urlando
per lo
scontro che avrebbe avuto di lì a poco.
«Trattenetela!»
ordinò qualcuno, vedendola stesa a terra sopra un paio di
soldati
travolti. Furono almeno in cinque a circondarla e la presero
bloccandole mani e piedi, cominciando a legarla il più
rapidamente
possibile.
«Portiamola
dalla Principessa. Deciderà lei la sua sentenza»
disse uno di loro,
affermazione che fece riflettere Priscilla:
«Principessa?»
C'era
un nuovo personaggio da tenere perciò in considerazione, una
certa
Principessa che probabilmente era a capo di quell'imboscata.
Un’imboscata che probabilmente come stava cogliendo lei stava
cogliendo anche i suoi amici, ovunque fossero finiti. Certo c'erano
Natsu, Wendy e Mirajane, c'era poco di cui preoccuparsi, ma era anche
vero che né Lucy né Yukino avevano con loro le
loro chiavi. Se
davvero fossero caduti vittima di un’imboscata, come stava
accadendo a lei, avrebbero anche potuto usare la debolezza momentanea
delle due ragazze a loro vantaggio.
«Loki
può attraversare la porta a suo piacimento»
mormorò riuscendo a
svincolarsi da quella confusione e formulare il primo accenno di un
piano. Un'idea. «Bene!» esclamò e un
turbine di vento le nacque da
sotto ai piedi, scaraventando tutti i soldati che aveva attorno quel
momento contro le mura del corridoio. Si alzò in volo,
avendo ora le
mani legate dietro alla schiena, e aumentò la
velocità del vento
all'interno di quel corridoio. Si lanciò a gambe tese contro
uno dei
pochi soldati che non erano impegnati a difendersi dall'attacco
magico e lo stese a terra, atterrandogli sul petto.
«Dove
tenete gli oggetti requisiti ai prigionieri?» chiese,
schiacciandogli la gola con il piede e assumendo un'aria minacciosa.
«Io...
non lo so...» balbettò questo e subito dopo un
altro le arrivò
alle spalle, cercando di dare man forte al proprio compagno. Si
sollevò nuovamente in volo e colpì l'uomo in
faccia con un calcio,
roteando su stessa. Ne spinse un altro contro il muro, usando sempre
i piedi come unico metodo di combattimento e ripeté la
stessa
domanda minacciosa, schiacciando il nemico contro il muro.
Stessa
risposta, lo scaraventò via e passò al
successivo. Altri tre,
quattro, cinque interrogati e nessuno che si decideva a
collaborare.
«C'è
qualcuno qui dentro che sappia dove si trovano gli oggetti requisiti
ai prigionieri, accidenti?!?!» ringhiò a un certo
punto furiosa, ma
come si poteva aspettare nessuno di loro rispose e pensarono
principalmente ad attaccarla.
«Quando
qualcuno vi fa una domanda dovete rispondere, maleducati che non
siete altro!» urlò furiosa e ormai al limite della
pazienza. Un
colpo di vento li travolse tanto rapidamente e tanto potente che con
solo quel singolo istante vennero tutti sbaragliati, restando a terra
fuori combattimento.
«Potevate
evitare di farmi arrabbiare e provare a rispondere»
ringhiò
Priscilla, allontanandosi a gambe larghe e passi pensati.
Usò
nuovamente la magia del vento per sollevare da terra una delle spade
appartenute ai soldati e portarsela dietro la schiena per tagliare le
corde che le tenevano i polsi legati. Sentì nuovamente dei
passi
provenire dai corridoi adiacenti e con rapidità si nascose
nuovamente all'interno del suo Miraggio, per evitare di essere
vista.
Un
piccolo gruppo di soldati comparve pochi istanti dopo proprio in
quello stesso corridoio dove ancora a terra giacevano i corpi
moribondi dei loro compagni. Si avvicinarono a loro, preoccupati,
assicurandosi delle loro condizioni, prima di scambiarsi qualche
osservazione.
«Credete
sia stata lei?» chiese il primo.
«Non
sappiamo di cosa sia capace, non è da negare»
rispose un secondo e
fu proprio quella frase a far riflettere Priscilla. L'avevano vista
ai Giochi Magici, sapevano perfettamente chi fosse e cosa sapesse
fare Priscilla del vento perciò c'era solo una spiegazione.
"Non
parlano di me. Stanno cercando qualcun altro?" rifletté
chiedendosi quali altri risvolti avrebbe assunto quella
storia.
«Meglio
continuare a cercarla. Eseguiamo gli ordini» disse un terzo e
un
quarto si alzò, esclamando: «Vado ad assicurarmi
che le chiavi
siano al sicuro. Se è davvero quello che sta cercando allora
avranno
bisogno di rinforzi».
"Qualcuno
che cerca le chiavi e che non sono io. Questo è un bel
mistero"
pensò Priscilla cominciando a volare, nascosta dal suo
Mirage,
dietro al gruppo di soldati che si era staccato dal resto del gruppo.
Non ci volle molto per arrivare a una stanza chiusa da delle sbarre,
oltre la quale stanziavano altri due soldati ben dritti con le armi
pronte.
«Tutto
ok?» chiese il primo dei soldati di pattuglia.
«Fin'ora
niente di strano» annuì la guardia.
«I
fuggitivi di Fairy Tail sono caduti nella trappola della Principessa,
non dobbiamo preoccuparci di loro» commentò uno di
loro,
affiancando i compagni per guardare le chiavi delicatamente
appoggiate dentro una teca di sicurezza.
«La
Legione dei Lupi Famelici si occuperà di loro»
Concordò il collega
e un altro sghignazzò ammettendo: «Poveracci, un
po' mi fanno
pena».
«Quei
tizi sono terrificanti, fa venir la pelle d'oca pensare che un gruppo
di mercenari come loro sia al servizio del Re» si
accodò l'altro.
«E
per quanto riguarda l'altra? L'intrusa?» chiese una delle
guardie.
«La
stanno cercando. Pare che un battaglione l'abbiano incrociata, non ne
sono usciti granché bene. Siamo venuti a darvi
rinforz-» non
terminò la frase che un improvviso turbine di vento li
colpì tutti
quanti e li scaraventò con furia contro le pareti della
stanza.
Nessuno di loro restò cosciente dopo un simile colpo.
«Ho
ascoltato abbastanza» disse Priscilla, tornando visibile
sopra di
loro. Si avvicinò alla teca e caricò il proprio
pugno destro con un
turbine di vento, per poi caricare contro il vetro e disintegrarla.
Prese i due mazzi di chiavi, uno di Lucy e uno di Yukino, e li
osservò per qualche secondo.
«Qualcun
altro si è infiltrato nel castello e vuole queste»
mormorò
pensierosa. «Beh, prima di tutto vediamo di aiutare gli altri
dal
gruppo dei lupi affamati di cui parlavano»
cominciò a far scorrere
le varie chiavi tra le dita fino a quando finalmente non
trovò
quella che faceva al caso suo. La chiave col simbolo del segno
zodiacale del leone.
«Loki!
Ho bisogno di te!» gridò puntando la chiave
davanti a sé, ma
nonostante tutta la buona volontà e la voce alta abbastanza
da
essere sentita da chiunque lo Spirito Stellare non accennò
nemmeno
alla propria comparsa.
«Andiamo,
ti sembra il momento di fare lo schizzinoso?!»
ruggì lei,
cominciando a scuotere la chiave con rabbia. «Ok, non sono
maga
degli Spiriti Stellari! Ok, non ho detto le parole magiche! Mi
dispiace, va bene?! Ora però esci di lì! Loki!
Loki, maledizione,
mi senti?!» urlò portandosi la chiave vicino alla
bocca.
«Lucy
ha bisogno di aiuto, l'hai capito o no? Loki brutto pervertito
donnaiolo infedele che non sei altro, guarda che se non esci subito
vengo lì io e ti concio per le feste!»
urlò sempre furiosa e
cominciò a sbattere la stessa chiave contro il tavolo,
urlando e
ruggendo sempre più furiosamente il nome dello Spirito. Fino
a
quando non fu troppo stanca per continuare a provarci.
Sbuffò
e incrociò le braccia e le gambe, galleggiando a mezz'aria.
Chiuse
gli occhi e tentò di concentrarsi, cercando una soluzione a
quell’ennesimo problema.
«Non
ho molto tempo» mormorò, cominciando a
preoccuparsi e scavando
nelle varie ipotesi che le si palesavano nella mente. L'intrusa
cercava le chiavi, c'era alta probabilità che sapesse
utilizzarle,
ma chi glielo diceva che era amica e non nemica? Avrebbe potuto
perdere altro tempo in uno scontro? Un'altra strada che aveva
intenzione di percorrere era quella della Principessa: trovarla e
parlarle, minacciarla se necessario, ma voleva capire quale fosse il
suo ruolo in tutto quello. C'era qualcosa di molto strano, ma nessuno
le diceva che trovare la Principessa l'avrebbe aiutata a portare Loki
da Lucy. La salvezza dei suoi amici era la priorità, doveva
prima di
tutto trovare un modo per parlare con Loki.
«Lascia
che ti aiuti» una voce amica, una voce familiare, femminile,
improvvisamente le parlò dalla porta. Era così
assorta, e i nemici
fino a quel momento erano stati tanto ridicoli, che aveva abbassato
la guardia e non l'aveva sentita arrivare. Una figura incappucciata,
a testa china per non farsi riconoscere, con un lungo mantello scuro
sulle spalle.
«Sapevo
che avresti trovato difficoltà, anche se Loki mi aveva detto
che eri
stata tu a mandarlo da me» mormorò, accennando un
sorriso. «Ho
fatto bene a volerti cercare».
«Eh?
Cercavi me?» chiese Priscilla, aguzzando la vista per
riuscire a
cogliere i suoi lineamenti sotto all'enorme cappuccio. La figura
allungò la mano in avanti, porgendole il palmo.
«Dammi la chiave.
Chiamerò io Loki per te».
E
finalmente la voce, anche se rotta e ovattata, riuscì a
trovare una
figura all'interno della sua memoria. I capelli biondi scivolarono
fuori dal cappuccio, la mano allungata scopriva in parte i vestiti
che credeva ormai di conoscere bene.
«Lucy?!»
sussultò Priscilla, lanciandosi su di lei e scoprendole con
forza il
viso. «Sei riuscita a uscire da lì? Dove sono gli
altri?» le
chiese felice di vederla, ma comunque preoccupata. Perché
aveva il
viso così triste? Gli occhi arrossati? Cosa le era successo?
«Non...
non sono quella Lucy» mormorò lei, arretrando di
un passo. «È...
difficile, Pricchan. Ma è così bello poter aver
visto nuovamente il
tuo volto» confessò, lasciandosi sfuggire una
lacrima che eliminò
dalla guancia con la mano destra tremante. Una mano candida, pulita,
priva di qualsiasi segno... proprio di ogni segno. Il simbolo della
gilda sul dorso della mano non era lì dove era sempre stato.
«Lucy...»
mormorò Priscilla, confusa e ora profondamente preoccupata.
«Tu...
tu sei Lucy, vero?» chiese, cominciando a dubitare, e la
ragazza
annuì.
«Non
c'è tempo, Pricchan. Dammi quella chiave, manda Loki da me
non
appena sarà apparso e cerca il modo di far uscire gli altri
dai
sotterranei. Anzi, io verrò con te... ricordo questi
corridoi, forse
posso aiutarvi a evitarli».
«Evitare
chi? Di cosa stai parlando?» insisté Priscilla,
sempre più
confusa.
«Eccola
lì!» la voce dei soldati li interruppe, comparendo
dal fondo del
corridoio. Un intero plotone, una truppa infinita e lei non aveva
tempo da perdere con loro. Prese Lucy per un polso e volò
lungo il
corridoio, più rapidamente che potesse. Svoltò
l'angolo, ma altri
soldati arrivavano da entrambi i lati, chiudendole così in
una morsa
da cui sarebbero potute uscire solo aprendosi la strada a pugni. Ma
non c'era tempo, lo sentiva sulla pelle il brivido dei secondi che
scorrevano sempre più pericolosamente. Lasciò
andare il polso di
Lucy, anche se continuò a farla volare al suo fianco, e si
voltò e
fissare il muro alla sua destra. Puntò entrambe le mani
contro di
esso e un tornado nacque dai suoi palmi, sparandosi con violenza
contro di esso. Si corrucciò e rafforzò la
propria magia, notando
la difficoltà nello sfondare la spessa pietra, fino a quando
finalmente non riuscì a creare un varco che portò
entrambe
all'esterno. Volarono via e facendo ancora appello alla magia nascose
entrambe con il Mirage, prima di deviare e cercare di trovare un
appoggio dove andarsi a posare. Trovò un balcone che ben
faceva al
caso loro e si avvicinò ad esso, sbirciando con
circospezione la
stanza all'interno della finestra: vuota e apparentemente sicura.
Infiltrò uno spiffero di vento sotto lo stipite e usando
tutta la
concentrazione che aveva riuscì a manovrarlo e dar lui la
giusta
potenza per poter aprire la portafinestra e permettere loro di
entrare. Chiuse in una stanza, avrebbe potuto abbandonare il Mirage
per un po' e restare nascoste senza ancora sfruttare appieno la sua
magia. Prese di nuovo il polso di Lucy ed entrò rapidamente,
chiudendosi alle spalle finestra e tende, prima di correre alla porta
e poggiare un orecchio sul legno cercando di ascoltare ciò
che
succedeva fuori.
«Qui
forse saremo tranquille per un po'» disse ansimando per la
fatica.
Stava decisamente usando troppa magia, il Mirage e L'Aerial
Perception erano due magie incredibili ma molto dispendiose.
Soprattutto il Mirage su immagini in movimento o in ambienti poco
illuminati, aveva imparato a perfezionarlo su quel punto di vista ma
consumava il triplo della magia che consumava solitamente. Doveva
cercare di essere parsimoniosa, ma gli eventi la stavano portando a
non risparmiarsi. Riprese in mano il mazzo di chiavi di Lucy e glielo
porse, avvicinandosi rapidamente.
«Tieni!
Non ci ho capito niente di quello che sta succedendo, ma faremo
quello che dici tu» le disse e Lucy esitò,
guardandola con occhi
sorpresi e commossi.
«Tu...
ti fidi di me?» chiese, titubante.
«Di
che stai parlando? Perché non dovrei?» chiese
Priscilla,
continuando a porgerle le chiavi che lei prese con mani tremanti.
«Perché...
io...» balbettò, sicuramente turbata da qualcosa
che non riusciva a
trovare le parole per confessare apertamente.
«Perché
non sei la Lucy di questo mondo?» chiese Priscilla, riuscendo
in
parte a sviscerare la verità. E la cosa non sembrava
turbarla
neanche un po'. «Esiste un altro mondo oltre Edoras? Vieni da
lì?
Beh, poco importa al momento! Hai detto che non c'è tempo,
giusto?
Bene, facciamo quello che hai detto e poi mi spiegherai. Sei venuta
fin qui per aiutarci, no?» e a quell'ultima domanda Lucy
alzò gli
occhi, annuendo, e di nuovo si inumidirono di lacrime.
«È per
questo che mi cercavi. Mi spiace, se lo sapevo mi sarei fatta trovare
più facilmente» ridacchiò, imbarazzata,
grattandosi la nuca. Quel
suo tipico sorriso cordiale e luminoso, sbarazzino e infantile che
quella Lucy, la Lucy del futuro, trovò splendido
più del solito. Se
solo lei avesse saputo... se solo avesse saputo che quel sorriso, la
Priscilla del suo futuro, non riusciva più nemmeno a
ricordarlo. Se
solo avesse saputo della morte di Laxus e di come lei, disperata, non
potendosi nemmeno togliere la vita, fosse impazzita. Se solo avesse
saputo che alcune delle morti dei loro compagni era stata causata
proprio dalle sue lacrime, dalle sue urla, furiose, che evocando
enormi quantità di vento aveva colpito gran parte della
città
uccidendo indiscriminatamente chiunque si trovasse lì
intorno. E
invece ora poteva nuovamente vederla sorridere, non più
sentirla
urlare, non più vederla dilaniarsi, impazzire sempre
più di fronte
alla sua immortalità che l'avrebbe portata a
un'eternità di
solitudine e dolore di cui mai si sarebbe liberata. Quel sorriso...
quel sorriso ora faceva così male.
Afferrò
la chiave di Loki con entrambe le mani, tremanti per il dolore che
sentiva in quel momento nel petto. Ed infine chiamò:
«Apriti,
portale del Leone! Loki!»
Lo
Spirito Stellare comparve di fronte a loro e Priscilla, commossa
della buona riuscita del piano, gli saltò al collo gridando
e
piangendo: «Finalmente sei qui!»
«Priscilla,
non sapevo che...» disse Loki, guardando affabile la ragazza
che
aveva appesa al collo. «Potevi semplicemente dirmelo, avrei
potuto
darti molte più attenzioni».
«Cosa
stai dicendo?» chiese lei, cominciando a capire con un certo
disagio
a cosa si stesse riferendo.
«Potremmo
andare a cena da qualche parte, se per Lucy non è un
problema»
disse sistemandosi gli occhiali sul naso.
«Hai
frainteso ogni cosa» gli disse, allentando la presa sul suo
collo e
allontanandosi. «E la prossima volta rispondi anche a me,
quando ti
chiamo! Era una cazzo di emergenza!» ringhiò poi,
roteando su se
stessa e piantando così un potente calcio sul fianco di
Loki, calcio
che lo fece cadere senza fiato a terra, contro un tavolino.
Ridacchiando divertita, Lucy porse a Priscilla le chiavi che aveva
appena utilizzato e lei poi le fece oscillare davanti alla faccia di
Loki.
«Muoviti
tra i mondi come fai sempre e porta queste a Lucy.
È in
pericolo, ha bisogno del tuo aiuto» spiegò
rapidamente e Loki,
confuso, indicò la Lucy del futuro alle sue spalle:
«Ma è lì»
sibilò, ancora tramortito dal calcio.
«Non
è la nostra Lucy! Non riesci a percepirlo nonostante tu sia
un suo
spirito?» lo rimproverò.
«Ci
sono due Lucy!» esclamò Loki, entusiasta,
rialzandosi e guardando
la bionda con il volto arrossato dall'emozione.
«In
realtà credo sia normale che non senta la
differenza» mormorò
Lucy. «Non sono un'altra Lucy, sono sempre io».
«Eh?»
mormorò Priscilla, sempre più confusa.
«Ora davvero non capisco».
«Vengo
dal futuro, Pricchan. Ho usato Eclipse per tornare indietro»
spiegò
finalmente e Priscilla sbarrò gli occhi, quasi urlando:
«Che
figata! Allora quell'affare funziona davvero!»
«Perché
sei tornata indietro?» chiese Loki, intuendo che qualsiasi
motivo
l'avesse spinta lì non era certamente positivo.
«Per...
avvertirvi» disse Lucy con un filo di voce.
«Qualcosa di orribile
sta per accadere, dobbiamo trovare il modo di impedirlo»
confessò,
portandosi una mano davanti alle labbra e non riuscendo a trattenere
un singhiozzo.
Loki
e Priscilla si lanciarono uno sguardo preoccupato mentre Lucy ora
scoppiava nuovamente a piangere. Senza aggiungere altro, Loki prese
le chiavi che Priscilla gli porgeva.
«Vado
dalla nostra Lucy. Lascio lei a te» disse lui, prima di
sparire
portandosi via le chiavi.
«Lucy»
disse Priscilla, avvicinandosi alla ragazza. L'avvolse in un
abbraccio e se la tirò contro una spalla, lasciando che
sfogasse su
di essa tutte le lacrime che la scuotevano.
«Perché
non hai più il simbolo, Lucy?» chiese anche se non
si aspettava in
realtà una vera risposta. Lucy in futuro avrebbe perso il
simbolo e
sarebbe tornata indietro, piangendo disperata, da sola, per avvertire
i loro compagni di una presunta catastrofe. Non poteva esserci altra
spiegazione se non la più terribile: Fairy Tail sarebbe
stata
spazzata via.
Lucy
singhiozzò ancora, ma, come previsto, non rispose
confermando così
la dolorosa ipotesi di Priscilla.
«Che
cosa dobbiamo fare?» le chiese, pronta ad affrontare
qualsiasi cosa
le avesse detto.
«Io
non lo so» singhiozzò. «Mi spiace, sono
venuta qui e non ho
nemmeno un piano».
«Che
cosa accadrà?» chiese Priscilla, cercando almeno
di scoprire a cosa
si sarebbe dovuta preparare.
«Draghi»
mormorò Lucy, corrucciandosi per il dolore. «Oltre
diecimila.
Attaccheranno questo paese domani».
«Q-quanti?»
balbettò Priscilla, pallida in volto. «Io non so
come fermarli, ma
dovevo fare qualcosa! Devasteranno ogni cosa, tutti...
tutti...»
singhiozzò. Priscilla le posò una mano
sulla spalla,
costringendola nuovamente a portare a lei il volto.
«L'ho
trovata» disse infine.
«Eh?»
chiese Lucy, non capendo a che si riferisse.
«L'uscita
dai sotterranei. So dov'è. Vai incontro a Natsu e gli altri,
parla
anche con loro e portali fuori da qui in tempo. Dobbiamo riunirci
tutti, affrontare la cosa insieme alla gilda» disse.
«Hai
usato...» mormorò Lucy, sorpresa.
«L'Aerial
Perception mentre parlavamo, sì. E ho trovato anche la
Principessa.
Ha sicuramente un ruolo in tutto questo, devo capire quale. Vai da
Natsu, io penso a lei. Puoi farcela?» le chiese infine e
Lucy, dopo
qualche secondo, semplicemente annuì. Non aveva idea di cosa
fare,
la disperazione l'aveva attanagliata così a lungo, ma quello
sguardo... aveva dimenticato com'era lo sguardo di un membro di Fairy
Tail quando decideva di proteggere le persone che amava. Scaldava il
petto, dava forza. Si alzò, si tirò il cappuccio
sulla testa e
Priscilla le spiegò rapidamente come raggiungere la porta
che
avrebbe permesso ai suoi compagni di uscire dai sotterranei. Infine,
volò dalla finestra, diretta al balcone della
principessa.
Avvolta
ancora dal suo Mirage si affacciò al balcone che dava su una
stanza
aperta, dove all'interno la principessa era seduta su di una grossa
poltrona. Guardava una Lacryma Vision che trasmetteva in quel momento
la finale dei Giochi della Magia. Vicino a lei c'erano decine di
guardie e anche il Ministro della Difesa, Darton. C'era sicuramente
molta più gente di quanto avesse sperato, ma certo non
l'avrebbero
fermata. Volò invisibile e silenziosa alle spalle della
Principessa,
lanciando una curiosa occhiata alla Lacryma che in quel momento
trasmetteva lo scontro tra Lluvia e Gray contro Leon e Chelia. In un
angolo dello schermo erano riportati i punteggi attuali, aggiornati
al secondo. Sorrise nel constatare che tutti i suoi compagni erano
ancora in gara, a differenza delle altre squadre che erano state
eliminate o erano rimaste con solo qualche membro. Stavano
palesemente vincendo e per quanto la situazione fosse critica e molto
più importante che di un torneo, non poté far a
meno di rallegrarsi
anche di quella piccola vittoria che si stavano prendendo. Laxus non
stava deludendo le sue aspettative e lei avrebbe fatto altrettanto,
mettendoci tutta se stessa in quella missione che le era stata
affidata.
Diede
inizio allo spettacolo.
Un'immagine
fittizia di sé arrivò dal cielo, atterrando nella
stanza. Non solo
sorpresa ma anche paura nacque nei presenti e fu il Ministro della
Difesa ad allungare una mano verso di lei, urlando:
«È di Fairy
Tail! Prendetela prima che possa far male alle Principessa!»
Un
gruppo di guardie si lanciò contro l'immagine
realistica di
una Priscilla che in realtà ancora si trovava alle spalle
della
Principessa, ma un colpo di vento li sbalzò tutti via. Hisui
si
sollevò, pronta a dire qualcosa, allarmata, ma si
sentì afferrare
da una forza invisibile. Una mano sulla bocca e una forza misteriosa
la paralizzò.
«Assecondami
solo per un istante, voglio solo parlare. Non ti farò del
male» le
sussurrò una voce femminile vicino all'orecchio,
benché non vedesse
ancora nessuno. Spostò lo sguardo su Darton, chiedendosi per
quale
motivo nessuno di loro reagisse di fronte al fatto che lei avesse
palesemente bisogno di aiuto. Ma con sua grande sorpresa, nessuno di
loro sembrò notarla.
«Non
possono vederti» sussurrò ancora la voce al suo
orecchio e volando
si spostò dalla sua poltrona a un angolo, lontano da soldati
e
Darton. Eppure, nonostante lei si trovasse lì, bloccata da
quella
che sembrava un fantasma, la sua immagine continuava a restare seduta
su quella poltrona e guardava l'intrusa con lo sguardo terrorizzato.
Un illusione in cui lei era lì e l'intrusa era alla finestra
e non
alle sue spalle. L'immagine di Priscilla volò contro quella
di
Hisui, facendosi largo tra gli attacchi delle guardie a colpi di
vento, infine la raggiunse e l'afferrò. Volò via,
trascinandosi con
sé l'immagine della Principessa che teneva serrata e con una
mano
sopra la bocca, così da giustificare il suo silenzio. Infine
volò
di nuovo dalla finestra, portandosi via quella che era un ostaggio.
Le guardie si affacciarono terrorizzate, mentre Darton urlava nel
corridoio per avere rinforzi.
«Hanno
preso la principessa! Presto!» urlò.
«Dovremmo
avvertire il Re?» azzardò uno dei soldati ma
Darton lo ammutolì
con un: «No! Risolviamo questa faccenda tra noi! Cercatela e
portatela qui, immediatamente!»
«Si
è infilata in una finestra del sesto piano! Cercate di
intercettarla!» gridarono altri soldati e non attesero molto
per
partire alla carica, seguiti da Darton che corse verso le sue stanze
per organizzare un piano di salvataggio.
«Come
speravo e immaginavo, se si venisse a sapere che si è fatto
fregare
la Principessa da sotto al naso passerebbe dei guai lui prima di
tutti, perciò non fermerà i Giochi e
terrà tutto nascosto» disse
Priscilla con sollievo ridando sia a lei che a Hisui la propria
immagine. La stanza ormai era svuotata dei soldati, corsi a cercare
un’illusione creata a regola d’arte, ignari del
fatto che la vera
Principessa e il suo aggressore non si erano mai mossi di
lì. Il
Mirage le dava grandi possibilità di manovra e inventiva,
era
sicuramente la magia che più apprezzava, non avrebbe mai
smesso di
essere grata a Mistgun per avergliela insegnata. Chiuse la porta con
l'aiuto del vento, così da restare nascosta,
poggiò i piedi per
terra ma non lasciò andare Hisui.
«Adesso
ti lascerò andare» disse infine alla Principessa.
«Ma ti avverto,
l'aria è sotto al mio totale controllo, se provi a scappare
ti
riprendo. Se provi a urlare posso privarti dell'ossigeno necessario a
respirare. Perciò non fare niente di sciocco.
D'accordo?» Hisui,
stranamente poco spaventata, annuì semplicemente e Priscilla
mantenne la parola data, liberandola.
«Che
diamine era quello?» mormorò Hisui, guardando la
finestra da dove
aveva visto volare entrambe.
«Un
Miraggio. Una chicca che ho imparato anni fa e continua a essere
utilissima. Solo un’illusione, se ne accorgeranno
presto» rispose
Priscilla. «Volevo parlare con te, solo con te senza impicci
in
mezzo, avevo bisogno di un escamotage».
«Potevi
semplicemente chiedermi di mandarli via» disse Hisui.
«Non
sono sicura avesse funzionato... siamo dalla stessa parte?»
chiese
Priscilla, lanciandole uno sguardo provocatorio. Tutto girava intorno
a quella domanda, capire chi fosse la principessa e che ruolo avesse
in tutto quello.
«Ti
stupiresti della risposta» rispose Hisui e Priscilla
sghignazzò,
confessando: «Ti stupiresti nel scoprire che non mi
stupirei».
Un
urlo di gioia provenne dalla Lacryma Vision ed entrambe spostarono lo
sguardo, curiose e attratte, allo schermo che in quel momento
mostrava un Gajeel vittorioso su Rogue e un punto venne aggiunto a
quelli di Fairy Tail.
«È
davvero stupefacente quello che sta succedendo»
commentò Hisui,
corrucciandosi e ripensando alla profezia che le era stata rivelata.
Un risultato stupefacente ai Grandi Giochi della Magia avrebbe
testimoniato che il terribile futuro predetto, con i diecimila
draghi, poteva essere realtà.
«No,
non lo è» sorrise Priscilla, piena di fiducia
verso i suoi
compagni. «Ma probabilmente pensavate che fossimo persone
più
deboli, quando avete deciso di intrappolarci nei vostri sotterranei e
minacciarci. Credevate davvero di averci in pugno? Leggo nei tuoi
occhi l'ignoranza che porti nei confronti della nostra gilda, tu non
ci conosci realmente».
«Stai
cercando di spaventarmi?» chiese Hisui e Priscilla
ridacchiò,
confessando: «Forse un po'. Ma se avessi la totale
convinzione che
tu fossi un nemico allora ti avrei già conciata per le
feste,
piuttosto che chiederti un semplice colloquio».
«Che
colloquio? Cosa vuoi dirmi?» chiese Hisui.
«Sei
stata tu ad aprire il pavimento delle prigioni e intrappolare i miei
amici lì sotto. L'hai fatto nel momento più
opportuno, sapendo che
lì sotto avrebbero trovato la morte. È ovvio che
ci osservavi,
eppure nonostante tu abbia visto che io invece ero rimasta
lassù non
hai aperto nemmeno quando sono stata io stessa a chiederlo. Mi hai
mandato contro qualche soldato da quattro soldi, per una come te che
guarda tanto attentamente i Giochi credo fosse abbastanza ovvio che
non mi avrebbero torto nemmeno un capello. Non capisco il motivo
dietro a tutto questo, ma l'ho trovato particolarmente
strano» disse
Priscilla.
«Ho
solo pensato che qualcuno doveva pur tirarli fuori da
lì» mormorò
Hisui, camminando verso la finestra e lanciando uno sguardo
fuori.
«Allora
catturarci non era nelle tue reali intenzioni, avevo ragione»
osservò Priscilla. «Sei stata nell'ombra fino ad
ora. Qual è il
tuo ruolo, Principessa?»
«Non
potevo andare direttamente contro il Ministro della Difesa, non
potevo creare troppo caos... non prima di aver compreso».
«Compreso
che cosa?»
«Se
quello che diceva quella persona era la verità. Ho simpatia
e
fiducia verso la tua gilda, ho visto la vostra forza durante questi
giochi per questo ho...» un attimo di esitazione, prima di
riuscire
a confessare. «Arcadios si trovava lì sotto. Il
progetto Eclipse
non può essere realizzato senza di lui. Ho bisogno del suo
sostegno».
«Il
capitano...» mormorò Priscilla cominciando a
capire. «Perciò
tutto questo è solo uno spiacevole equivoco? Siamo tutti
dalla
stessa parte».
«Circostanze.
Ma non è ancora finita. Ho avuto una
premonizione...»
«Ha
detto anche a te dei diecimila draghi, dunque?»
mormorò Priscilla,
cominciando a mettere a posto ogni tassello.
«Hai
incontrato anche tu quella persona? La persona che dice di essere
venuta dal futuro!» esclamò Hisui, sorpresa, e
Priscilla annuì.
«Ma
se sapete di domani perché vi accanite ancora con Eclipse?
Non mi
sembra il momento di pensare a Zeref quando un'orda di draghi
può
distruggere la città» disse Priscilla.
«Eclipse
può essere usato in un altro modo. La magia accumulata in
questi
sette anni è immensa, può essere tramutata in un
cannone magico e
può essere in grado distruggere anche diecimila
draghi» disse
Hisui, avvicinandosi nuovamente alla sua poltrona. Si sedette e
tornò
a guardare la Lacryma Vision, interessata ai Giochi.
«Dici
sul serio? Allora è fatta! Possiamo vincere!»
esclamò Priscilla.
«Non
ho intenzione di attivarlo» disse Hisui, risoluta.
«Cosa?»
impallidì Priscilla e la principessa spiegò:
«Una volta usato ci
vorranno anni per mettere di nuovo da parte l'energia necessaria a
portare a termine il piano principale, quello contro Zeref.
Perciò
non ho intenzione di sprecarla e usarla indiscriminatamente. A meno
che... il futuro che quella persona ha predetto non sia vero».
«Dubiti
di lei?» chiese Priscilla.
«Non
la conosco, devo avere la certezza».
«Io
sì! Non c'è persona al mondo di cui ci si possa
fidare
maggiormente, sicuro! Dobbiamo usare quel cannone e fermare i
draghi!»
«Lo
faremo... ma aspetteremo la fine dei Giochi».
«Eh?»
mormorò Priscilla, confusa.
«Quella
persona mi ha detto che questi Giochi si concluderanno in maniera
incredibile e inaspettata, un risultato che nessuno avrebbe mai
potuto predire. Se questo sarà vero, allora saprò
che anche i
draghi sono veri e allora useremo Eclipse».
«Che
sciocchezza» mormorò Priscilla, contrariata dalla
sua mancanza di
fiducia verso Lucy.
«Tanto
i draghi non appariranno prima di domani. Possiamo aspettare e
vedere» disse Hisui, tornando a guardare i Giochi. Dalla
finestra
comparve nuovamente l'immagine proiettata dal Mirage di entrambe, che
facevano ritorno, e una volta messo piede all'interno della stanza
svanirono.
«Sicuramente
qualcuno l'avrà visto e tornerà qua»
disse Priscilla, volando al
fianco della principessa e mettendosi a sedere per aria, fissando la
Lacryma. «Dì loro che abbiamo trovato un accordo e
io resterò qua.
E digli di smettere di dar la caccia ai miei amici»
ordinò.
«Parlerò
con Darton e lo convincerò a lasciarli andare. Mi spiace
aver dato
tutti questi problemi alla tua gilda, ma non avevo molta scelta. Non
sono io che decido, talvolta» mormorò lei,
sconsolata.
«È
per questo che hai chiesto il nostro aiuto, no?» sorrise
Priscilla.
«Anche se non esplicitamente, avevi bisogno dell'intervento
di Fairy
Tail. Non deluderemo le tue aspettative. Non lo facciamo mai con
nessuno dei nostri clienti» sorrise di una sicurezza che mai
avrebbe
vacillato.
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Capitolo 58 *** Sette draghi ***
Sette
draghi
Era
ormai sera, i combattimenti si erano dilungati tanto che la luna
aveva avuto tempo di prendere il posto del sole. Sotto un cielo
stellato, i cinque membri del team di Fairy Tail l'uno accanto
all'altro fissavano l'ultimo avversario rimasto. Sting, che aveva
fatto brillare il suo simbolo nel cielo con la chiara intenzione di
essere trovato, vaneggiava di una vittoria che si sarebbe preso da
solo. Nove punti di differenza tra le loro squadre, se fosse riuscito
a sconfiggerli tutti avrebbe portato la propria gilda al primo posto
ma non sembrava essere veramente quello il suo intento. Lo sguardo
non era quello di chi lottava per i propri compagni, ma sembrava
essere più il bisogno di una personale vendetta, un
accecante
bisogno di rivalsa. Niente che avrebbe potuto intimorire nessuno dei
cinque membri, sicuri della loro forza non come umani ma come
compagni, invincibili nella potenza dei loro sentimenti. Nonostante i
loro corpi fossero tanto distrutti che a malapena si reggevano in
piedi, le loro anime si ersero verso il cielo come imponenti giganti.
E Sting tremò.
«Non...
posso farlo...» sibilò, cadendo in ginocchio di
fronte a loro.
«Questa è la mia sconfitta» pianse e
più riuscì ad alzare la
testa di fronte a degli avversari che erano stati in grado di
sconfiggerlo nel cuore prima che nel corpo.
«Tutto
come previsto» sorrise Priscilla, seduta a fianco della
principessa
Hisui che guardava con sorpresa la Lacryma Vision.
Il
tabellone segnò l'ultimo punto... e con un punteggio di
sessantaquattro Fairy Tail mise fine al torneo, guardando dall'alto
della loro vetta tutte le gilde che avevano superato con orgoglio e
potenza. L'ultima gilda di Fiore era finalmente tornata a brillare.
«Ecco
a voi i campioni dei Grandi Giochi della Magia di quest'anno: Fairy
Tail!» urlò Chapati con emozione e commozione.
Fuochi d'artificio
nacquero dalle torrette e fecero brillare il cielo, urla di gioia e
di emozione, chiunque dal pubblico non riuscì a risparmiare
la
propria euforia. Persino le squadre nemiche, nella loro sconfitta,
sorrisero con un certo orgoglio per essersela vista con una gilda
dalle capacità come quelle.
«Allora»
sospirò Priscilla, senza riuscire a nascondere un sorriso
orgoglioso
e soddisfatto. «L'abbiamo sorpresa abbastanza,
Principessa?»
Hisui
si alzò di scatto dalla sua poltrona regale, lo sguardo
serio e
corrucciato.
«Darton,
prepara i tuoi uomini. Prendi il mio soprabito»
ordinò, decretando
così con quelle singole parole la sua decisione: Eclipse
sarebbe
stata aperta, il suo potere sarebbe stato usato contro la
calamità
che, ora ne era certa, si sarebbe abbattuto su di loro poche ore
più
tardi.
«Priscilla-san...
vieni con noi» disse infine, coprendosi le spalle con il
mantello
sfarzoso che Darton le porse.
«I
miei amici non sono ancora usciti dal castello» disse
Priscilla,
camminando dietro di lei. Un'accusa, una richiesta velata: non
desiderava altro che la loro incolumità.
«La
voce si sta spargendo rapidamente all'interno del castello, spero
arrivi presto anche ai lupi famelici e al resto della truppa. Li
lasceranno andare appena possibile» disse Hisui camminando
rapidamente lungo le scale che portavano all'enorme cortile dove era
conservato il portone di Eclipse.
«Spero
non è una parola che apprezzo molto»
confessò Priscilla,
preoccupata per i suoi amici. Raggiunsero in silenzio Eclipse,
davanti al quale si fermarono per contemplarlo e prepararsi
all'uso.
«Diecimila
draghi attaccheranno veramente questo paese»
mormorò Priscilla,
guardando il portale con un certo rispetto. «Avrei voluto
parlarne
prima con i miei compagni. Spero che non gli succeda niente».
«Useremo
Eclipse contro l'orda di draghi, salveremo questo paese e i tuoi
amici, Priscilla-san. Hai la mia parola» disse Hisui con
determinazione.
«Apprezzo
il vostro buon cuore e la vostra determinazione. Mi solleva sapere di
non avere più l'impero contro, sarebbe stata una bella
scocciatura»
ridacchiò come una bambina innocente di fronte a un
divertente
accaduto.
«Principessa!»
la voce di un uomo provenne dalle loro spalle e portò tutti
a
voltarsi, scoprendo così l'arrivo di Arcadios, vestito di
una
sontuosa armatura bianca.
«Arcadios-sama!
Sei disarmato!» esclamò Hisui, guardandolo con
preoccupazione.
«Comandante...»
si fece avanti Darton. «Riguardo quell'incidente dei
sotterranei è
stato un mio errore di valutazione».
«Per
quanto mi riguarda è acqua passata. Le persone qui riunite
sono
tutte al corrente della versione di Eclipse due?» chiese
Arcadios.
«Sì,
in questo momento chi ancora non ne è al corrente
verrà informato
molto presto» rispose Hisui.
«I
miei amici? Come stanno i miei amici?» chiese Priscilla,
facendo un
passo avanti.
«Sono
usciti dai sotterranei, sono tutti interi. Abbiamo incrociato la
persona che dice di essere venuta dal futuro, ha informato anche loro
di ciò che sta per accadere» disse Arcadios e
proprio mentre
terminava si avvicinò a Hisui.
«Il
futuro predetto da quella persona si sta avverando, da questo momento
porteremo avanti il piano di Eclipse due» mormorò
lei, determinata
in volto.
«Perciò
annulleremo la prima fase? Non lo useremo per annientare Lord
Zeref?»
chiese Arcadios e Hisui confermò: «No. Dobbiamo
prima occuparci
della minaccia che abbiamo di fronte».
Arcadios
non disse neanche una parola, ma in un breve istante afferrò
l'elsa
della spada che portava al suo fianco e la sguainò.
«Come
osi?» ruggì d'istinto Darton mentre Priscilla,
mossa dallo stesso
istinto, fece un passo in avanti verso di loro, pronta a intervenire.
Ma non ce ne fu bisogno. Arcadios volse la spada verso se stesso e
mise l'elsa nelle mani di Hisui, puntandola su di lui.
«Un
cavaliere non dovrebbe mai dubitare delle parole del suo sovrano.
Quando le vostre parole si avvereranno, mi toglierò la
vita»
decretò lui.
«Eh?»
sillabò Priscilla con voce nasale, guardando sconvolta la
scena.
«I
sospetti che avevo circa le vostre motivazioni ci hanno recato molta
vergogna, sono pronto a pagare la mia trasgressione... con la
vita»
disse ancora Arcadios, di fronte a un Hisui paralizzata per la
sorpresa.
«Sei
impazzito?» chiese Darton, un po' meno pacato.
«Principessa,
vi prego, siate sincera con me» insisté Arcadios.
«Arcadios-sama,
che significa tutto questo?» chiese Hisui, sempre
più confusa.
«La
persona che viene dal futuro che abbiamo incontrato non sapeva niente
di Eclipse due. Non può essere stata lei a parlarvene. Ha
pianto
pensando all'imminente catastrofe, perché non sapeva come
porre
rimedio alla situazione» spiegò Arcadios.
«Lucy...»
mormorò Priscilla, cominciando ad essere invasa da qualche
domanda.
«Un attimo! Eclipse due non era un vostro piano?»
chiese.
«No,
mi è stato suggerito dalla persona che mi ha detto dei
draghi. Lui
era certo del modo in cui affrontarli» disse Hisui e quelle
parole,
benché contrastanti con quello che diceva Arcadios permise
comunque
di cominciare a capire.
«Lui?»
chiese Arcadios, sbarrando gli occhi.
«Lucy
è una donna» storse il naso, Priscilla.
«Lucy?
Di chi parlate?» chiese Hisui. «La persona che ha
viaggiato nel
tempo e mi ha dato quel consiglio era un uomo, non una donna».
«Un
uomo?» chiese Priscilla, sorpresa.
«Qualcun
altro è venuto indietro dal futuro?» si
interrogò Arcadios.
«Perciò
sono due le persone del futuro...» mormorò
Priscilla, cominciando a
capire.
«Non
mi sorprenderebbe se ce ne fossero anche tre o quattro» disse
Hisui
con sicurezza. «Vista la gravità della situazione
è normale
pensare che in molti abbiano pensato di tornare indietro per evitarlo
e salvarci».
«Ha
senso» mormorò Priscilla, voltando lo sguardo a
Eclipse. «Ma chi
ce lo assicura?» aggiunse poi, sovrappensiero. Non sapendo
nemmeno
di chi si trattasse, come avrebbe potuto dire con sicurezza che era
venuto per salvarli?
«Se
davvero siete un cavaliere allora dovreste puntare la spada dove
occorre. Sto per aprire le porte» disse Hisui, passando
nuovamente
l'arma ad Arcadios.
«Non
dovremmo aspettare di vedere comparire i draghi, almeno?»
chiese
Priscilla, dubbiosa, lanciando uno sguardo al cielo. La luna aveva
cominciato già da un po' a coprirsi di una luce rossastra,
la luce
dell'eclissi del sette luglio che avrebbe dato alla porta le
condizioni necessarie a sfoderare la sua potenza e liberare
così
tutta l'energia accumulata in quegli anni.
«Eclipse
ha bisogno di caricarsi prima di poter sparare, dobbiamo prepararci
prima» disse camminando di fronte alla porta. Si
voltò infine e
alzò una mano, gridando all'intero esercito che si trovava
lì: «In
risposta all'imminente attacco dei draghi diamo inizio alla procedura
di azionamento del cannone Eclipse. Ora!» ordinò.
La porta venne
attivata, dodici pilastri circolari che bloccavano la chiusura della
porta si ritrassero lentamente, uno alla volta.
Il
rumore era come quello di un enorme orologio che dava indicazione del
tempo che rimaneva loro prima di una battaglia dalle proporzioni
gigantesche.
«Ancora
nessun avvistamento dei draghi dall'osservatorio ovest!»
annunciò
uno dei soldati, mentre la porta lentamente veniva sbloccata.
«Nemmeno
dall'osservatorio est!» aggiunse un secondo, appena ricevuta
la
notizia.
«Come
procede l'evacuazione dei cittadini?» si informò
Darton.
«Tutto
sotto controllo, i soldati li stanno mobilitando rapidamente»
rispose un altro dei soldati.
"Oggi
doveva essere un giorno di festa" pensò Priscilla,
continuando
a guardare i pilastri che uno alla volta venivano sbloccati. "Avremmo
festeggiato fino al mattino. Anzi, no, per giorni interi. Doveva
essere un giorno di grande gioia" sospirò, cercando di
placare
i battiti del suo cuore.
"Ho
davvero una brutta sensazione".
«Prego
che riusciamo ad eliminarli tutti con un colpo»
sospirò Hisui. «Ci
vorranno anni per ammassare ancora una tale quantità di
energia».
Priscilla
alzò la testa per prima e la voltò a dei
cespugli, alla loro
destra, cosa che fece subito dopo anche Arcadios. Non c’era
bisogno
di avere un grande istinto per riuscire a percepire il movimento di
foglie che indicava la presenza di qualcuno.
«Non
c'è bisogno che vi nascondiate» disse il cavaliere
a nessuno,
apparentemente. «Mostratevi».
Happy
e Lily saltarono fuori per prima, a pugnetti stretti.
«Non
abbiamo fatto niente di male!» esclamò Happy,
agitandosi nervoso.
«Liberate
subito Priscilla!» disse Lily, prendendo tra le mani la
piccola
spada che si era conquistato tempo addietro. Una spada in grado di
cambiare le proprie dimensioni, era quello che faceva al caso suo.
«Liberate?»
mormorò Priscilla, prima di farsi sfuggire un sorriso
divertito.
"Credono
mi abbiano catturato" capì l'equivoco e la cosa in parte la
divertì.
Anche
Charle, Lucy e Wendy uscirono da dietro i cespugli, mostrandosi
turbate in parte, anche se confuse.
«Fairy
Tail?» chiese Hisui, riconoscendole.
«Aspettate.
Le circostanze sono cambiate» disse Darton, facendo un passo
avanti.
«Siamo tutti dalla stessa parte, adesso».
«Non
mi hanno catturata» ridacchiò Priscilla.
«Sei
stata tu a catturare la principessa, in realtà» le
disse Darton,
fulminandola ancora furioso per quanto accaduto quel pomeriggio e lei
ridacchiando si grattò la nuca imbarazzata, rispondendo:
«Solo un
evento di circostanza, è tutto risolto adesso».
«Vi
porgo le mie più umili scuse» disse Hisui,
facendosi avanti. «Data
la situazione spero mi permetterete di rimandare a un altro momento
le scuse formali».
«Charle!
La principessa!» sussurrò Wendy, portandosi
entrambe le mani al
volto emozionato.
«Ora
che ricordo» sorrise ancora Hisui. «Congratulazioni
per la vittoria
ai Grandi Giochi della magia».
«Ce
l'hanno fatta!» esclamò Wendy, felice.
«Evviva!»
si unì Happy, saltellando felice.
«Ragazzi...
dov'è Natsu? E la Lucy del futuro?»
chiese Priscilla,
avvicinandosi ai suoi compagni. I loro volti si fecero cupi, gli
occhi tristi, e solo la freddezza di un ex comandante come lo era
Lily riuscì a pronunciare: «È stata
uccisa. C'era un altro uomo
dal futuro, abbiamo lasciato Natsu che combatteva contro di
lui».
«Un
uomo dal futuro?!» sussultò Priscilla, attribuendo
immediatamente
quel nuovo evento allo stesso di cui parlava Hisui. Con ogni
probabilità era proprio lui che aveva parlato alla
principessa di
Eclipse due. Perché allora lo stavano combattendo e aveva
ucciso
Lucy?
«Quell'uomo
ha detto che io avrei interferito con l'apertura delle porte e che
quindi il cannone Eclipse non sarebbe stato azionato!» disse
Lucy.
«Per
questo ha cercato di ucciderti?» chiese Arcadios e Lucy
annuì.
«Lo
farai? Interferirai con l'apertura?» chiese Hisui,
guardandola con
preoccupazione e probabilmente già pronta a intervenire per
impedirglielo.
Ma
Lucy negò vistosamente ed esclamò, quasi offesa:
«Non lo farei
mai! Solo non capisco perché vogliate aprire Eclipse prima
che i
draghi siano comparsi» aggiunse poi.
«È
semplice. Il cannone ha bisogno di tempo per caricarsi. Se
aspettassimo il loro arrivo, non faremmo in tempo»
spiegò Hisui,
voltandosi a guardare le porte che ancora lentamente venivano
sbloccate.
Wendy
fu l'unica a voltarsi verso Priscilla, stranamente silenziosa, e si
preoccupò quando la vide col volto rabbuiato che si fissava
il
simbolo della gilda sul palmo della mano destra.
«Priscilla-nee»
mormorò, avvicinandosi a lei.
«Loki
l'aveva lasciata a me» mormorò lei, con la voce
rotta dal dolore.
Non fu difficile capire di chi stesse parlando, anche se Wendy non
conosceva quel piccolo dettaglio. La Lucy del futuro aveva detto di
aver incrociato Priscilla, prima di arrivare lì, e che le
aveva già
raccontato ogni cosa. Sicuramente sapere che era morta non l'aveva
lasciata indifferente.
«Forse
sarei dovuta andare con lei» disse, abbozzando
così un senso di
colpa di cui si stava caricando come un masso. Come avrebbe
dimenticato le sue lacrime, come avrebbe dimenticato la sua mano
priva del simbolo di cui non riusciva nemmeno a pronunciare a voce
alta il motivo della sua scomparsa? Priscila era rimasta con la
principessa, credendo di tenerla d'occhio, credendo che così
avrebbe
potuto avere controllo su Eclipse e su quanto stesse accadendo, ma
così facendo l'aveva lasciata sola... aveva lasciato sola
una sua
amica e ora veniva a scoprire che era morta. Come poteva non pensare
che fosse stata colpa sua? Strinse le dita intorno al proprio
simbolo, con rabbia e dolore.
«Non
credo sarebbe andata diversamente» disse Charle,
avvicinandosi alle
due. «La Lucy del futuro si è sacrificata per
salvare la nostra
Lucy. Nemmeno Natsu è stato abbastanza veloce da fermarla,
non credo
che se fossi stata con noi avresti potuto salvarla. Non hai
sbagliato» e se a dirlo era proprio lei, che non perdeva mai
occasione per prendersela con Priscilla per una sorta di
rivalità
che mai aveva avuto ragione di esistere, allora non poteva non
crederle. Anche se il dolore della perdita non diminuì,
riuscì
almeno a sentirsi in parte sollevata.
«Grazie,
Charle» disse, rilassando le spalle.
«Principessa»
avanzò Lucy, guardando severa la porta di Eclipse.
«Quella cosa è
davvero in grado di sconfiggere tutti i draghi?» chiese,
preoccupata.
«Non
lo so. Ma mentre parliamo sua maestà il Re starà
facendo tutti i
preparativi nel caso la situazione volga al peggio» rispose
Hisui.
«Quali
preparazioni?» chiese Happy.
«Chiederemo
aiuto e sostegno da parte di tutti i maghi che hanno partecipato ai
Grandi Giochi. Sono gli unici che possono aiutarci»
spiegò Hisui.
«Tutti
i maghi?» chiese Priscilla, riuscendo a percepire la portata
di un
tale esercito.
«Ce
ne sono davvero tanti con un grande potere, se contiamo anche i
Master» disse Wendy, sollevata all'idea di avere dalla loro
una
simile potenza.
«Sì,
ma abbiamo già avuto modo di scontrarci contro Acnologia e
non è
andata molto bene. Se sono tutti come lui...» disse Priscilla
senza
avere la forza di terminare la frase.
«Non
abbiamo altra scelta se non fidarci della nostra forza e delle nostre
armi» disse Lily.
«Sono
sicura che se lotteremo tutti insieme possiamo avere una
possibilità.
Vero, Charle?» chiese Wendy, stringendo i pugni con
determinazione.
Priscilla le posò una mano sulla testa, una carezza, un
gesto
affettuoso e solidale.
«Ben
detto, Wendy-chan» disse, carica di una nuova forza.
«Non
permetterò che nessun'altro muoia» si
corrucciò e Wendy si sentì
ancora più carica da quelle parole. Se Priscilla faceva sul
serio,
se Priscilla lottava con tutte le sue forze, non c'era niente che non
potesse fare. Aveva piena fiducia in quella che ormai da tempo si era
abituata a chiamare sorellona.
E
infine, davanti ai loro occhi decisi e pronti, le porte di Eclipse
finalmente si aprirono. Aria uscì dal suo interno, soffi di
vento
dall'odore intenso, di antico e potente. L'energia magica che
sprigionava era possibile percepirla sulla pelle, faceva venire i
brividi. La luce abbagliante che proveniva dall'interno era come un
faro di speranza per chi tremava all'idea di ciò che sarebbe
accaduto da lì a poco.
"Speriamo
serva davvero a qualcosa" pensò Priscilla, sentendo ancora
la
preoccupazione martellarle nel petto. Quella brutta, orrenda,
sensazione che qualcosa sarebbe andato storto.
«No...»
il sussurro di Lucy, mentre lentamente si avvicinava all'ingresso
della porta.
«Lucy-san?»
chiese Wendy e non solo lei si tese, come una corda di
violino.
«Questa
porta... deve restare chiusa! Dovete chiuderla!» disse, quasi
urlò,
stringendo i pugni. «Non permettete che si apra
completamente!
Chiudetele!»
«Lucy-san?»
chiese ancora Wendy, impallidendo. Il futuro che l'uomo aveva
predetto, una Lucy che avrebbe impedito alle porte di aprirsi, di
usare il cannone... si stava avverando. Nonostante la sua promessa a
non interferire, ora Lucy urlava e supplicava di chiudere
immediatamente quelle porte.
Priscilla
scattò, senza esitazione, correndo verso l'apertura della
porta. La
sensazione nel suo petto non si era ancora fermata e le parole di
Lucy erano come una conferma a ciò che sentiva, ai suoi
timori. Non
aveva idea del motivo di quella richiesta, non sapeva cosa sarebbe
potuto accadere, ma aveva imparato a fidarsi ciecamente dei suoi
amici e non avrebbe smesso proprio in un momento come quello. Se Lucy
chiedeva di chiudere le porte, allora andava fatto.
«Fermatela
immediatamente!» urlò Arcadios, mentre altri
soldati erano già
intervenuti a bloccare Lucy nonostante si stesse dimenando. Priscilla
scaraventò via chi gli si parò di fronte e
fermandosi davanti
all'enorme portone puntò a lui entrambi i palmi delle mani.
Il vento
prese a soffiare con rabbia e una potenza che avrebbe potuto
sradicare città intere, spingendo i due portoni con il
chiaro
intento di richiuderlo. Senza successo.
Non
era questione di forza, ma questione di magia, e anche se Priscilla
vantava di essere una delle maghe con più
quantità magica
posseduta, essendone lei stessa composta, non era abbastanza da
sovrastare la magia di tutti i maghi di Fiore accumulata per sette
lunghi anni. L'aria cambiò improvvisamente la sua
consistenza, un
odore, una vibrazione, poi un ruggito tanto potente da essere sentito
a distanza di chilometri. Un soffio di vento proveniente dal suo
interno, come il respiro putrefatto di chi aveva masticato morte per
secoli, colpì Priscilla e nonostante il vento fosse il suo
elemento
fu abbastanza da vincerla e scaraventarla via.
«Ma
che succede?» chiese Charle, aggrappandosi a Wendy per non
essere
lanciata via.
«Dovete
chiuderla! Chiudetela! Non capite? Quella porta non è un
cannone, è
collegata a quattrocento anni nel passato!» gridò
ancora Lucy, ma
le sue parole non ebbero tempo di finire di essere pronunciate che la
verità si palesò davanti ai loro occhi. Un
mostro, un enorme
creatura, un drago in carne e ossa poggiò la possente zampa
fuori
dalla porta e uscì camminando con fierezza nel cortile del
palazzo.
Ruggì ancora, sotto lo sguardo attonito e sconvolto dei
presenti, e
ancora si fece avanti poggiando con un altro passo la zampa a pochi
centimetri da Priscilla, quasi schiacciandola.
«Priscilla-nee!»
provò a chiamarla inutilmente Wendy, mentre lei paralizzata
guardava
il mostro che aveva sopra di sé tremando dal terrore. Solo
con la
forza del proprio ruggito l'intero cortile venne ridotto in macerie e
i presenti lanciati lontani, spinti dall'urto della sua voce.
Alzò
la zampa per aria e la riposò a terra con foga, aprendo con
solo
quel gesto un cratere che per chilometri divise la città a
metà.
E
dietro di lui altri si fecero avanti, entrando uno dopo l'altro in
quello stesso cortile per poi prendere ognuno una direzione diversa e
alzarsi in volo. Wendy si sollevò delle macerie e
guardò pallida
l'esercito di draghi che lentamente entrava dalla porta che loro
stesse avevano aperto. Uno di questi si fece pericolosamente vicino,
anche se non sembrò notarla l'avrebbe schiacciata con una
zampa se
Priscilla non fosse volata da lei e l'avesse presa appena in tempo.
«Wendy!»
la chiamò, prendendola in braccio e volando via evitando di
essere
calpestate. Atterrò poco distante e rimise la bimba a terra,
guardando i draghi che uno alla volta entravano, distruggevano e
spiccavano il volo pronti a distruggere l'intera città.
«Priscilla-nee...»
balbettò Wendy, terrorizzata.
«Dobbiamo
fermarli» mormorò Priscilla, prima di alzarsi e
cercare Lucy nel
caos di quanto stesse accadendo. «Lucy! Dobbiamo chiudere le
porte!»
le urlò, prima di riprendere a correre verso di esse.
«Priscilla!»
la richiamò inutilmente Charle, preoccupata per
lei.
Lucy
ebbe la stessa prontezza di spirito e si voltò rapida verso
la
principessa Hisui, paralizzata di fronte a quel terrificante
spettacolo. La prese per le spalle e non si preoccupò dei
convenevoli, quando le urlò: «Come si chiudono le
porte?»
Ma
Hisui non ebbe nemmeno la forza di ascoltarla, tremava e mugolava
dalla paura e dallo shock.
«Principessa!
Torna in te! Dimmi come si chiudono!» insisté
Lucy, mentre alle sue
spalle Priscilla, schivando le zampe di quei mostri era tornata a
posizionarsi davanti a loro. Urlò, urlò con tutta
la forza che
aveva, e il vento scese dal cielo su di lei con una tale potenza che
era possibile sentirlo ruggire e rombare nei suoi turbini perfino
dalla periferia.
«Non
andrete oltre!» ringhiò, lanciando nuovamente
contro le porte il
proprio potere ma questa volta non per richiudere le porte ma per
impedire ai draghi di entrare ancora piazzando davanti a loro un muro
d’aria e vento. Un ruggito provenne dal suo interno e il muro
di
Priscilla venne sfondato senza difficoltà, permettendo a un
altro
drago di entrare a Crocus. Priscilla, scaraventata nuovamente
indietro dalla potenza di quei ruggiti, piantò i piedi a
terra per
riuscire a frenarsi dalla caduta e rialzarsi dal capitombolo.
Nuovamente corse di fronte alle porte, ostinata, ripetendo ancora una
volta l'attacco.
«Principessa!
Torna in te!» urlò Lucy, dietro di lei,
continuando a scuotere
Hisui nel tentativo di farla riprendere.
«Lì...»
balbettò Hisui. «Su quel piedistallo»
riuscì finalmente a dire e
Lucy cominciò a correre verso di esso, dove era possibile
vederci
un’ampia leva. Sicuramente la loro salvezza.
Altro
vento si frappose tra i draghi e il cortile e colui che stava
tentando di uscire in quel momento ebbe addirittura dell'esitazione.
Non tanto intimorito da colei che manco notava, considerandola niente
più che un insetto da schiacciare, ma perché quel
vento magico fu
in grado di farlo indietreggiare con la sua forza di qualche
centimetro. Sbatté un piede a terra, infastidito, e
ruggì
contrariato e furioso da quella piccola ma irritante interruzione.
Bastò quello, Priscilla venne nuovamente lanciata indietro,
il muro
disintegrato e persino Lucy roteò all'indietro
allontanandosi dalla
leva che avrebbe dovuto tirare.
«Lucy!»
chiamò Priscilla, rialzandosi nuovamente.
«Sbrigati!» disse e un
potente soffio di vento raccolse la bionda da terra e la
scaraventò
nuovamente davanti, verso la leva che finalmente riuscì ad
afferrare.
«Priscilla-nee!»
chiamò Wendy, vedendola poi nuovamente correre di fronte
alla porta
e provare ancora a fermarli.
«Wendy!»
chiamò Priscilla. «Aiutami!»
«Ok!»
disse la bambina, senza neanche esitare e corse al fianco di
Priscilla. Entrambe presero nuovamente posizione e usarono la propria
magia del vento e del cielo per bloccare il cammino ai draghi, mentre
Lucy appesa alla leva la tirava con tutte le sue forze, senza
riuscire però a smuoverla. Ancora una volta lo stesso drago,
benché
fosse sembrato respinto indietro per pochi centimetri, semplicemente
ruggì e batté a terra le zampe per rimandare
indietro le due maghe
del vento.
«È
tutto inutile!» esclamò Lily, ora vicino alle due.
«Ma
che sta succedendo?» gridò Charle, cercando di
ripararsi come
poteva. «Come ha fatto Lucy a capire quello che stava
accadendo?»
«Non
sono stata io» rispose Lucy, ancora impegnata a tirare la
leva. «Ho
fatto fare delle ricerche al vecchio Kru, ha finito giusto un attimo
fa. Questa porta ha un meccanismo che collega la magia degli Spiriti
Stellari con quello dei libri di Zeref. In origine questa porta
serviva a controllare il tempo e spostarsi in esso, ma ora a causa
della luna piena e dell'eclissi, la magia contenuta al suo interno
sta uscendo all'impazzata. La porta si è connessa a
quattrocento
anni fa, quando i draghi ancora vagavano su questa terra, per questo
stanno uscendo da qui!»
«I
draghi stanno ancora uscendo!» esclamò
terrorizzato uno dei soldati
e Priscilla, al suo grido, scattò nuovamente e
allungò di nuovo una
mano verso la porta, pronta a tentare ancora per cercare di
guadagnare tempo.
Ma
non appena il vento controllato dalla maga si scagliò si
suoi
nemici, cessò improvvisamente e Priscilla cadde a terra, in
ginocchio.
«Priscilla-nee!»
chiamò Wendy, preoccupata.
«Stai
usando troppa magia!» l'ammonì Charle, capendo
l'origine del suo
cedimento.
«Merda»
gracchiò Priscilla, prendendo profonde boccate d'aria mentre
il
sudore le colava giù dalla fronte. "È tutto il
giorno che uso
Mirage e Aerial Perception, ero già affaticata ben prima di
cominciare" rifletté sentendo i muscoli tremare per la
fatica.
«Lucy!»
chiamò, guardando con disperazione l'amica che ancora tirava
la leva
con tutta la forza che aveva, inutilmente.
«Perché
non si chiude?!» ruggì Lucy, allo stremo delle
forze senza riuscire
ad avere il controllo di quella porta. Ancora un ruggito e anche Lucy
venne nuovamente scaraventata indietro dall'onda d'urto.
Rotolò tra
le rocce, ma si rialzò e di nuovo corse verso la manopola.
Priscilla
serrò pugni e denti, prima di rialzarsi e tornare a correre
verso i
draghi.
«Priscilla-nee!»
chiamò Wendy, terrorizzata all'idea di cosa avrebbe potuto
fare.
«Lo
costringerò a combattermi! Se resta fermo sulla porta,
impegnato,
gli altri dietro di lui non potranno passare. Prendo un po' di
tempo!» disse saltando e spiccando il volo.
«Ferma,
pazza!» gridò Charle.
«Ti
farà a pezzi!» provò a chiamarla Lily,
altrettanto sconvolto. Ma
nessuno dei due venne ascoltato e Priscilla con un urlo si
lanciò
contro il muso dell'ennesimo drago, caricando il proprio pugno di
vento circolante. Sparò avanti il colpo e il vento si
allungò, fino
a raggiungere il muso del drago, senza nemmeno scalfirlo. Il drago si
mosse di lato e con un semplice colpo di muso colpì
Priscilla,
scaraventandola via come un moscerino fastidioso. Priscilla
roteò
per un po' per aria, apparentemente priva di coscienza, ma poi si
bloccò a mezz'aria e tornò a fissare il suo
nemico. Ricoperta di
ferite da capo a piedi, tremante, si teneva lo stomaco colpito mentre
un rivolo di sangue le usciva dalle labbra.
«Fermo...
fermo dove sei!» gridò, tornando nuovamente
all'attacco. Alzò la
mano al cielo mentre volava verso di lui e ancora il vento di
accumulò intorno al suo braccio e si estese per almeno una
decina di
metri. Condensandosi, mischiandosi al ghiaccio proveniente dal lato
sinistro del suo corpo, prese infine la forma di una mano gigante che
lanciò in avanti, verso il nemico.
«Master's
Hand!» gridò, mentre la mano di vento chiusa a
pugno cadeva sulla
testa del drago. Lo colpì e sorprendentemente il drago
ciondolò
appena con la testa, tramortito per il colpo.
«L'ha
preso!» esultò Wendy.
«Ci
è riuscita davvero» mormorò Charle,
sconvolta dalla forza che
Priscilla dimostrava ogni volta. L'effetto del colpo durò
solo
qualche istante, non ci volle molto al drago per tornare
perfettamente in piedi e senza nemmeno un graffio.
«Ho
promesso...» ansimò Priscilla, in volo davanti a
lui, tenendosi un
fianco ferito. «Ho promesso a Primo che mi sarei occupata di
loro.
Sono il suo asso nella manica, hai capito?!» gridò
verso il cielo e
ancora un tornado scese al suo richiamo e l'avvolse al suo interno,
sprigionando una potenza che costrinse parte dei soldati ad
aggrapparsi a qualcosa per non essere lanciati via. Il vento si
condensò in un singolo punto, proprio intorno a Priscilla, e
si
raffreddò sotto al potere che Leon aveva concesso alla sua
parte
sinistra. Non solo una mano, ma lentamente il vento si divise alla
base, si allungò alle estremità, e infine prese
la forma di un vero
e proprio essere umano gigantesco formato solo di vento e ghiaccio.
Al suo interno, Priscilla era proprio laddove sarebbe dovuto esserci
un cuore e allungò in avanti le mani, sporgendosi verso il
drago. La
sagoma di vento fece altrettanto, imitando i suoi movimenti, e
poggiò
entrambe le mani sulle spalle del drago. Non seppero se a urlare
fosse più Priscilla al suo interno, il drago contrariato per
quella
forza che in qualche modo riusciva a tenergli testa, o il rombo del
vento che formava l'enorme uomo magico di Priscilla.
«Master's
Heart!» gridò lei e l'uomo di vento piantando
l'enorme piede dietro
di sé, le mani sulle spalle del drago avversario,
cominciò a
spingerlo indietro.
Una
luce brillò alle sue spalle, ma lei non poté
vederla, impegnata a
usare tutte le forze che le erano rimaste in corpo per spingere
indietro il drago. Drago che ruggendo e ringhiando, si
ritrovò
persino ad indietreggiare sotto quella forza che non avrebbe mai
pensato di trovarsi di fronte. Era con metà corpo al centro
della
porta e ancora indietreggiava, spinto all'interno dall'uomo di vento
di Priscilla, quando le voci di Lucy e Yukino risuonarono per tutto
il cortile. Avvolte dalla stessa luce accecante che brillava sopra di
loro, la luce sprigionata da tutte e dodici le chiavi, si tenevano
per mano e recitavano con solennità: «Oh, Spiriti
Stellari dei
dodici sentieri dateci il potere di sigillare questo male. Apritevi
dodici porte dello zodiaco!» la luce intorno a loro
splendette
ancora maggiormente, mentre una forza magica spingeva e raggiungeva
il cielo con tale potenza da far volare i loro vestiti e capelli.
Intorno ad entrambe tutti e dodici gli Spiriti dello zodiaco
apparvero, evocati tutti insieme, per poi lanciarsi con
rapidità
contro le due ante dell'enorme porta. Con ancora urla e rabbia,
Priscilla aveva spinto al suo interno il drago che aveva di fronte
almeno fino al collo e continuò anche quando i dodici
spiriti
cominciarono a chiudere le due ante.
«Non
sottovalutate... Fairy Tail!» gridò Priscilla in
un ultimo sforzo,
prima che finalmente l'enorme porta di Eclipse venne chiusa e il
drago contro cui aveva combattuto fino a quel momento rispedito
indietro, nel suo tempo. L'enorme uomo di vento e ghiaccio che aveva
custodito Priscilla nel petto e di cui si era fatto carico della sua
forza si dissolse all'istante e la ragazza, senza più
nemmeno un
briciolo di forza, cadde a terra senza neanche più l'energia
di
farsi galleggiare come faceva sempre.
«Pricchan!»
gridò Lucy, correndo quei pochi metri in avanti verso di lei
e si
tuffò in avanti a braccia allungate. Atterrò al
suolo sotto
Priscilla, appena in tempo per permetterle di cadere su di lei e non
a terra. Mugolò dolorante quando il peso di Priscilla le
colpì la
schiena, ma fu un dolore che accettò volentieri, sapendo di
aver
evitato alla sua amica un duro colpo sulla pietra.
«Lucy»
sussurrò Priscilla su di lei, con quel poco di forza che
aveva.
Neanche riusciva a muoversi per spostarsi e permetterle di alzarsi.
Lucy alzò la testa e si voltò per guardarla,
felice di sentirla
ancora viva. «Le tue enormi tette hanno ammortizzato il
colpo»
disse e Lucy, rossa in volto, ringhiò un furioso:
«Scherzi anche in
momenti come questi?!»
Priscilla
accennò una risata, per quanto riuscisse, tossendo appena
tra un
colpo di voce e un altro. «Sono completamente a pezzi, non
riesco
neanche a muovere un dito» sibilò, divertita dallo
stato in cui si
era ridotta, ma felice di essere riuscita a tenere testa addirittura
a un drago per proteggere i suoi amici. Vederli ancora tutti interi,
poi, dava un significato a ogni singola fitta che la colpiva ad ogni
respiro.
«Ce
l'hanno fatta!!!» esultò Happy.
«Evviva!
L'hanno chiusa!» esultò Wendy.
«Q-quella
donna è...» balbettò Lily, ancora
sconvolto dall'uomo di vento di
Priscilla che era stato in grado di far arretrare un drago e
spingerlo indietro.
«Priscilla
ne ha sempre una nuova per la testa» disse Charle, guardando
la
ragazza a terra con un certo orgoglio negli occhi.
«È
presto per esultare!» intervenne Arcadios, severo.
«Quanti ne sono
entrati?!»
«Ce
ne sono sette, signore!» rispose uno dei suoi sottoposti,
pronto e
informato.
«Dovevate
proprio ficcare il naso in cose che non vi riguardano?» la
voce di
un uomo comparve in quello stesso cortile, attirando l'attenzione di
chiunque fosse lì presente. Era un ragazzo, dal volto anche
conosciuto, la lunga capigliatura scura e un tatuaggio nero sul
volto. Priscilla, in ginocchio e sorretta da Lucy, lo guardò
con
quel singolo occhio che riusciva ora a tenere aperto e chiese,
titubante: «Ma lui non somiglia...?»
«Rogue»
sussurrò Lucy e Priscilla sussultò nel sentire il
suo nome. «Quel
Rogue?!» chiese, sconvolta.
«È
venuto dal futuro. È lui che ha tentato di
uccidermi» spiegò Lucy
e Rogue sghignazzò, prima di affermare: «Ma sette
saranno più che
sufficienti. A dire il vero, tentare di controllarne diecimila
sarebbe stato un vero incubo».
«Controllarne?»
chiese Priscilla, sgranando gli occhi.
«Che
stai dicendo?» chiese Mirajane, tornata insieme a Yukino
appena in
tempo per riuscire ad aiutare Lucy con le chiavi.
«È...
è lui che mi ha detto del futuro»
balbettò Hisui, riconoscendolo,
e Arcadios le si piazzò rapidamente davanti ordinandole:
«State
dietro di me, Principessa!»
«Così
è lui il cattivo» digrignò i denti
Priscilla, riuscendo finalmente
a capire cosa in tutta quella faccenda non le quadrasse.
«Era
questo il tuo obiettivo fin dall'inizio?!» ringhiò
Lucy, furiosa.
«Ascoltatemi,
sciocchi cittadini! Da questo momento in poi... la razza umana si
estinguerà!» esclamò Rogue, ridendo e
sogghignando. «Ora ha
inizio l'era dei draghi» e sopra la sua testa i sette draghi
che
avevano fatto in tempo a uscire dalla porta ruggirono, facendo
tremare la terra e i cuori. Volavano in cerchio, sopra le loro teste,
ma non fecero altro per il momento che far sentire la loro voce.
«Per
prima cosa trovate tutti i maghi in città ed
eliminateli!» disse
Rogue alzando la testa verso di loro e con un altro ruggito tutti e
sette si sparpagliarono nel cielo.
«I
draghi gli obbediscono!» esclamò Charle,
sconvolta.
«Ha
detto qualcosa sul controllarli... possibile che...»
mormorò Lily,
altrettanto shockato.
«L'arte
segreta del dominare i draghi» disse Rogue, mentre uno dei
draghi
gli si avvicinava alle spalle. «La magia di manipolazione dei
draghi!» disse prima di saltare e venir accolto dall'enorme
zampa di
questo. Il drago si alzò in volo, pronto ad andare
chissà dove e
portarsi dietro Rogue, quando un altro dei draghi si
avvicinò a lui.
«Puoi
fare quello che ti pare, qui» gli disse e infine
volò via.
«Zirconis!!!»
esclamarono all'unisono Wendy, Happy e Lucy, riconoscendo il drago
dalle scaglie verdi che volava ora in mezzo al cortile.
«È
lui veramente» mormorò Wendy.
«Lo
conoscete?» chiese Priscilla, voltandosi a guardare Lucy che
ancora
la teneva con un braccio appoggiato alle sue spalle per aiutarla a
rialzarsi.
«È
il drago con cui abbiamo parlato ieri nei sotterranei. O almeno,
abbiamo parlato con la sua anima» spiegò Lucy.
«Avete
parlato con me?» chiese Zirconis atterrando al centro della
piazza e
voltando gli occhi a Lucy.
«Non
ricordi, Zirconis? Ci hai raccontato di Acnologia e della guerra tra
draghi di quattrocento anni fa» provò a dirgli
Wendy, avvicinandosi
di qualche passo.
«Non
ricordo assolutamente niente! Ed è impossibile che io
l'abbia fatto,
io detesto gli umani, non ci parlo mica» disse offeso.
«Io
sono un gatto, hai parlato con me» disse Happy e Zirconis
disse,
annuendo: «Ah, capisco... in tal caso...»
«Accetta
la cosa in questo modo?!» sussultò Priscilla,
sconvolta della
semplicità di quel drago.
«È
inutile Wendy, noi abbiamo parlato con il suo spirito di quattrocento
anni dopo. È normale che non si ricordi» disse
Charle alla
bambina.
«Dici
di odiare gli umani ma in questo momento ci stai parlando»
mormorò
Lucy, alzando un sopracciglio, e Zirconis sussultò,
sentendosi
probabilmente offeso.
«Ridicolo!
Non sto parlando con voi, ma con quel gatto!» disse
indicandolo con
la punta dell'unghia.
«È
serio?» mormorò Priscilla, arrendevole.
«Io
accetto di avere a che fare con gli umani in una sola occasione! Per
pranzo» sghignazzò Zirconis. «Deliziosi
umani che fanno venire
l'acquolina alla bocca! Ben rosolati, o anche crudi, al vapore o
affumicato. In qualsiasi modo si metta sono sempre deliziosi».
«A
quanto pare gli piace molto parlare» ridacchiò
Lucy, sentendosi in
imbarazzo per lui.
«Ne
approfitto per recuperare un po' di energie, userò la magia
di
Anima. Mi affido a te, Lucy, sarò distratta per un po'.
Fatelo
parlare ancora» disse Priscilla, chiudendo gli occhi e
cominciando a
fare respiri profondi mentre i frammenti di Anima, mischiati alla
magia del suo corpo, cominciavano a risucchiare l'ethernano presente
nell'aria. Sentì a malapena la voce di Zirconis che ancora
parlava,
forse ipotizzando qualche succulenta ricetta, stimolato dalle domande
dei presenti che cercavano solo di fargli perdere tempo. L'unico che
riuscì a sentire più chiaramente fu Natsu, che
gridava dal cielo:
«Si chiama magia del Dragon Slayer per un motivo! Ci sono
sette
draghi! Noi siamo sette Dragon Slayer! È a questo che serve
la
nostra magia!»
Nella
sua concentrazione Priscilla si lasciò sfuggire un sorriso.
«Laxus,
Wendy… sta a voi, adesso» mormorò
appena e tornò a concentrarsi
sulla magia da assorbire per riuscire a rimettersi in forze
abbastanza da tornare a lottare. Fino a quando Lucy non la spinse a
terra, interrompendo così la sua fase di meditazione.
Aprì
nuovamente gli occhi, sconvolta, e vide un fascio luminoso passare
sopra entrambe, superarle appena e scagliarsi contro i soldati alle
loro spalle.
«Ha
iniziato ad attaccare?» chiese, preoccupata.
«Così
pare!» disse Lucy, schiacciandosi sopra di lei per evitare il
colpo.
Un
attimo di silenzio, subito dopo il colpo di Zirconis, e i
sopravvissuti si voltarono sconvolti a guardare lo scenario pronti a
contare il numero di vittime… che risultò essere
zero.
Un
urlo generale si alzò sulla piazza nell'istante in cui tutti
gli
uomini colpiti si ritrovarono completamente nudi, senza più
vestiti
nemmeno a coprir loro i genitali. Priscilla si portò una
mano alle
labbra e trattenne una risata, riducendosi solo a sputacchiare un
«Ppfff»
intrattenibile.
«Non
c'è niente da ridere!» l'ammonì Lucy,
rossa come un peperone.
«Gli
umani sono veramente gustosi ma i loro vestiti un po' meno. Quindi mi
sono preso la libertà di toglierli per voi» disse
Zirconis,
spiegando così cosa fosse successo.
Le
urla aumentarono, con chi esclamava semplicemente: «Non
guardare!»
e chi scappava coprendosi il volto, chi si limitava a balbettare
quanto fosse imbarazzante, e chi si copriva come meglio poteva in
maniera ridicola e inutile. Persino Darton, Ministro della Difesa,
rimase colpito dall'onda magica elimina vestiti di Zirconis e si
ritrovò completamente nudo di fronte a Hisui che timida si
copriva
gli occhi dalla vergogna.
«Ritirata!»
fu l'urlo generale che accompagnò la fuga dell'intero
esercito di
uomini nudi, mentre Zirconis si portava una zampa al mento e
rifletteva: «Ora che ci penso, anche gli uomini hanno un
cattivo
sapore. Solo le donne hanno un sapore delizioso»
ridacchiò puntando
gli occhi sulle ragazze del gruppo che aveva davanti. «Sono
un
donnaiolo dopotutto».
«Un
drago Playboy, credo che questo sia il limite persino per una come
me» disse Priscilla, guardando Zirconis con sempre meno
timore e
sempre più squallore.
«Quella
di prima era magia?» chiese Wendy.
«Perspicace!»
rispose Zirconis. «Tutti i draghi sono in grado di usare la
magia»
ridacchiò, prima di spostare lo sguardo su Lucy e Priscilla.
Tirò
in dentro l'aria e infine soffiò su di loro delicatamente.
Di punto
in bianco i vestiti di entrambe sparirono, lasciandole nude, persino
senza elastici a legar loro i capelli. Non avevano praticamente
più
niente addosso se non la propria pelle. Lucy si rannicchiò e
si
coprì come poteva, esclamando un semplice:
«No!!!» imbarazzato.
Priscilla
ignorò il suo stato e, con quel poco di forza che era
riuscita a
recuperare, semplicemente alzò un braccio e urlò
contro il drago:
«Maledetto drago pervertito!»
Ma
Zirconis sghignazzò, ignorandole, e rispose: «La
mia magia è in
grado di far perdere la dignità agli umani».
«La
mia magia...» disse Wendy, stringendo i pugni decisa.
«È quella
che ti sconfiggerà, invece!»
«Che
mi sconfiggerà, dici?» chiese Zirconis, divertito
dalla sua
provocazione.
«Sì,
ma ridatemi prima indietro i vestiti!» ruggì Lucy,
cercando ancora
di coprirsi come riusciva. Distratta, non notò la zampa che
rapidamente la raggiunse e l'afferrò. Stessa sorte
subì Priscilla,
presa dall'altra zampa, ancora troppo debole per riuscire a trovare
il modo di evitarlo.
«Kyaah!»
urlarono entrambe, sollevate da terra e portate vicino al muso di
Zirconis.
«Priscilla!»
gridò Charle, vedendola ben stretta e stritolata dalle zampe
del
drago.
«Lucy!»
chiamò anche Happy, altrettanto terrorizzato.
Le
due ragazze inutilmente tentarono di dimenarsi, scivolando via dalla
sua presa. Le sue dita erano troppo ferree, troppo strette e forti
per riuscire a trovare anche solo il modo di sgusciare via. Provarono
a lamentarsi, mentre si agitavano e cercavano di liberarsi,
inutilmente. Sotto di loro sia Wendy che Mirajane si prepararono
invece alla battaglia, caricandosi di energia.
«Lo
farò!» disse Wendy, lanciando su se stessa la
magia di Vernier e
Arms per rafforzare velocità, forza e difesa.
«Tu
piccola arrogante!» ruggì invece Zirconis con tale
potenza che
bastò anche solo la forza della sua voce a sbalzare via
l'intero
gruppo che aveva davanti. Si alzò sulle zampe posteriori e
infine
spiccò il volo, allontanandosi dal terreno.
«Voi
umani non potete neppure volare! Provate a seguirmi qui!»
provocò
orgoglioso. «E io intanto me le mangio»
ridacchiò poi, avvicinando
entrambe le ragazze nude e urlanti alla bocca ora già piena
di bava.
Ma si fermò, colto da un improvviso dubbio, o forse una
sensazione.
Lasciò momentaneamente da parte Lucy e si
avvicinò Priscilla alle
narici tirando su un paio di sniffate tanto pesanti che i capelli le
volarono verso l'alto, puntando le sue narici. Lo guardò
sconvolta,
chiedendosi che stesse facendo, ma poi Zirconis aprì la
bocca e tirò
fuori la lingua puntandola dritta a lei. Priscilla non ebbe nemmeno
tempo di urlare dal terrore e da ciò che sarebbe successo da
lì a
pochi istanti, che la bavosa e rugosa lingua di Zirconis la percorse
interamente dal ventre fino alla punta dei capelli lasciandole
addosso uno spesso e viscido strato di saliva misto a vergogna.
Restò
pensieroso qualche istante, di fronte ad una ragazza umiliata,
sconvolta e disgustata da quanto appena successo.
«Tu
hai un sapore disgustoso! Si può sapere cosa diamine sei?
Che
schifo!» disse infine Zirconis, offeso all'idea di aver perso
tempo
con qualcosa di tanto rivoltante, e come fosse stata spazzatura la
lanciò via alle sue spalle con un offeso:
«Sciò!».
Come
una stella cadente, Priscilla saettò sopra i tetti di Crocus
urlando
per ogni motivo le fosse potuto venire in mente, compresa la paura di
schiantarsi al suolo dato che la sua magia era ancora troppo debole
per permetterle di volare. Ma forse, in realtà, era
più
l’umiliazione a darle realmente la forza di gridare, tanto
accecante che non riuscì neanche a chiedersi dove alla fine
sarebbe
atterrata.
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Capitolo 59 *** Nirvana ***
Nirvana
Qualche
decina di metri dalla piazza della città Atlas Flame, il
drago
completamente di fuoco, combatteva contro i maghi di Fairy Tail.
Makarov era stato colpito duramente e ora non poteva fare altro che
dare il suo supporto al resto della squadra, lottando contro i
piccoli draghetti nati dalle uova che erano cadute dal cielo poco
prima, partorite da uno dei sette draghi entrati dal portale Eclipse
. La maggior parte dei suoi compagni stava facendo la stessa cosa,
tenendo i piccoli lontani dalla battaglia principale: Atlas Flame
contro uno dei sette Dragon Slayer presenti a Fiore, Laxus Dreyar. Il
commando del Dio del Tuono cercava di dar lui il maggior supporto di
cui fosse capace, considerato anche l'enorme quantità di
ferite che
Laxus si era portato dietro dalla finale del torneo. Nonostante fosse
Dragon Slayer, la potenza di un Drago era impressionante e per lui fu
davvero un grosso problema riuscire anche solo ad avvicinarsi,
soprattutto considerato che il nemico era completamente ricoperto di
fiamme. I Raijinshuu colpirono incessantemente, Laxus tentò
un nuovo
ruggito ma niente di tutto quello parve scalfirlo nemmeno.
«Merda!»
ringhiò Laxus, indietreggiando per l'ennesima volta.
«È
tutto inutile» mormorò Evergreen, guardando con
rabbia il drago che
non sembrava essersi nemmeno fatto un graffio.
«Non
possiamo fare altro che continuare a provare» disse Fried,
stringendo l'elsa della sua spada.
«Mh?»
mormorò Bickslow, di fianco al resto dei suoi amici, alzando
infine
lo sguardo al cielo. «Lo sentite anche voi?»
«Eh?»
chiese Fried, alzando gli occhi come il suo amico, e solo allora
riuscì a sentire una voce. Un urlo che si faceva sempre
più
intenso, proveniente dal cielo. Una figura, una sagoma indecifrabile
sembrava essere catapultata nella loro direzione e portava con
sé
quell'urlo terrorizzato sempre più forte.
«Pricchan!»
urlò Evergreen strabuzzando gli occhi, riconoscendola per
prima.
La
ragazza in piena caduta libera era rannicchiata su se stessa, ma
questo non impediva comunque di mostrare il suo corpo completamente
nudo. A occhi serrati, urlava terrorizzata mentre raggiungeva a piena
velocità il terreno sotto di lei e il gruppo di
Laxus.
«Vola
vola vola vola vola» ripeté come un mantra attimi
prima
dell'impatto, concentrandosi sul suo ormai esaurito potere con tutte
le forze rimaste. «Solo un pochino ti prego!»
piagnucolò, temendo
già il dolore lancinante che avrebbe provato nell'istante in
cui
sarebbe arrivata al suolo. Un soffio di vento improvviso e
incontrollabile, durò solo pochi istanti ma
riuscì a spingerla
verso l'alto abbastanza da impedirle di spaccarsi la faccia
sull'asfalto. Ne perse immediatamente il controllo e tornò a
cadere,
ma almeno la velocità e l'impatto sarebbero stati
decisamente
diversi avendo attutito un po’ la caduta. Urlò
nuovamente per lo
spavento, dimenandosi in aria nel tentativo di trovare una posizione
adatta all'atterraggio, ma fuori dalle sue previsioni si
ritrovò
Laxus in piena traiettoria e finì col trascinare a terra
anche lui,
atterrandogli addosso.
«P-P-Pri...»
balbettò lui, con il volto tanto rosso che avrebbe fatto
invidia
allo stesso Atlas Flame lì di fronte. La ragazza
restò immobile,
come sciolta, sopra di lui, incapace di muoversi anche se non
sembrava essere svenuta.
«È
tutta nuda!» urlò Bickslow portandosi le
mani alla testa come
se si trovasse di fronte alla più grande delle scoperte.
Laxus
riuscì finalmente a reagire, sentendo il tono di voce del
suo amico,
e roteò su se stesso in modo da stendere Priscilla a terra e
coprirla col suo stesso corpo, cosa che venne aiutata anche dal suo
giubbotto che come una coperta cadeva dalle sue spalle e copriva
entrambi.
«Non
mi sembra il momento di distrarsi!» ruggì furioso
contro un
Bickslow ora moribondo. Appoggiato a Fried, sembrava essere incapace
non solo di camminare ma anche di capire cosa stesse accadendo e
riuscì solo a sussurrare: «Ho visto il
paradiso».
«Bickslow!»
chiamò Fried, preoccupato.
«Pricchan...»
mormorò Evergreen, avvicinandosi preoccupata. «Ma
che ti è
successo?»
«Mi
ha leccata» sibilò Pricchan incapace di muoversi,
con lo sguardo
vitreo e il volto pallido.
«Che...?»
singhiozzò Evergreen, arrossendo violentemente. Ancora steso
su di
lei con l'intento di coprirla e proteggerla dagli occhi di chi aveva
attorno, Laxus si ammutolì ma i muscoli si irrigidirono
tanto che le
dita gli si conficcarono nel terreno e una roccia rimasta incastrata
nella sua mano andò in mille pezzi.
«Pricchan
ha subito una violenza sessuale in un momento come questo?»
sussultò
Fried, altrettanto rosso, e Bickslow si rianimò
improvvisamente.
«Chi
è stato?!» ruggì scavando un solco nel
terreno nell'istante in cui
allargò le gambe come se si fosse dovuto lanciare a
combattere.
Avesse avuto il potere di Natsu avrebbe probabilmente preso fuoco
come una lanterna.
«Quel...»
balbettò Priscilla, ancora sotto chock. «Quel...
quel...»
Poi
improvvisamente carica e furiosa, tornata finalmente in sé,
piantò
un piede sulla pancia di Laxus e lo lanciò via saltando
infine in
piedi. «Quel vecchio drago pervertito!»
ruggì furiosa. «Me la
pagherà! Me la pagherà cara!».
Cominciò
ad allontanarsi, camminando a gambe larghe e pestando i piedi in
terra per la rabbia. Rossa in volto, non tanto per la sua
nudità
quanto per l'umiliazione e il disgusto di essere stata assaggiata e
poi lanciata via come spazzatura, mormorò tra sé
e sé: «Disgustosa
a chi?».
«Ma
prima copriti, per l'amor del cielo!» urlò
Evergreen portandosi le
mani al volto arrossato.
«Sei
un indecente!» la rimproverò Fried e Laxus
saltò letteralmente da
terra fino a lei, lanciandole addosso il proprio cappotto. Bickslow
parve svenire di nuovo e fu ancora una volta Fried a doverlo
sorreggere, mentre ora Laxus afferrava Priscilla per le spalle e se
la stringeva al petto con fare non solo protettivo ma proprio
possessivo. Si voltò verso il gruppo di alcuni compagni che
lottavano non troppo lontano contro i cuccioli di drago, gruppo che
aveva portato al corpo nudo della ragazza i propri occhi perversi, e
li fulminò tutti con lo sguardo più aggressivo e
pericoloso che
avesse mai sfoderato contro qualcuno. I membri di Fairy Tail presenti
urlarono terrorizzati e corsero in mezzo ai draghetti, che
stranamente trovavano meno pericolosi in un momento come quello, e
ripresero la loro lotta.
Atlas
Flame, alle loro spalle, lanciò uno strano urlo. Irritato,
forse
addirittura ferito, cominciò a dimenarsi come se volesse
scrollarsi
di dosso qualcosa.
«Eh?»
mormorò Laxus, voltandosi a guardare il drago.
«Natsu!»
riconobbe Priscilla, notando il ragazzo sulla testa infuocata del
drago.
«Che
stai facendo?! Stupido umano! Scendi subito!»
ruggì Atlas,
sbattendo la testa sulle case circostanti nel tentativo di scrollarsi
il ragazzo di dosso.
«Sono
Natsu!» si presentò. «Il Dragon Slayer
di fuoco... e ora ti
mangio!» disse prima di prendere le fiamme del drago e
portarsele
alla bocca.
«Eh?!»
urlarono sconvolti tutti i membri della squadra, tranne Priscilla che
battendosi il pugno destro sul palmo sinistro esclamò:
«Ottima
trovata!»
«Scendi
immediatamente!» ruggì Atlas, continuando ad
agitarsi.
«No!
Non voglio! Ho detto che ti mangio e allora lo faccio!»
insisté
Natsu.
«Mi
prende in giro?» sibilò Laxus, guardando sconvolto
il ragazzo che
lentamente si stava mangiando la testa infiammata del drago.
«Mi
occupo... io di questo...» disse Natsu, sbattuto da una parte
all'altra.
«Si
occupa lui...» sibilò ancora Laxus, per niente
convinto di fronte a
quella che sembrava più una scena da libro comico piuttosto
che un
vero combattimento. Priscilla sobbalzò in quel momento,
colta da
un'idea. Prese Laxus per una mano e disse: «Vieni con
me!»
«Mh?»
mormorò semplicemente Laxus, cercando di capire che avesse
intenzione.
«Ho
lasciato Wendy da sola al castello! C'è Mira-chan con lei,
ma Mira
non è una Dragon Slayer e Wendy è comunque ancora
piccola e
inesperta! Natsu si occuperà di questo, tu aiuta lei, per
favore!»
disse condendo l'ultima frase con un accenno di disperazione. Non
aveva più magia, era completamente inutile e sapere che non
poteva
far niente per aiutare la bambina la preoccupava profondamente. Anche
se Mirajane era una delle maghe più forti del continente,
l'unico di
cui sentiva poteva fidarsi al cento per cento era solo Laxus. Lo
idealizzava sicuramente, ma sapeva che se lui si fosse occupato della
faccenda l'avrebbe sicuramente risolta.
«Va
bene» disse, voltandosi poi verso i Raijinshuu.
«Andiamo al
castello! Presto!»
Iniziarono
a correre per le strade assediate e disastrate, sentendo i colpi dei
loro compagni che lottavano incessantemente contro i piccoli, eppur
sempre pericolosissimi, draghi.
«Non
ingaggiate battaglia! Perderemmo solo tempo!» disse Laxus ai
suoi
compagni, invitandoli a schivare quando possibile e continuare a
correre.
«Non
faremmo prima a volare?» azzardò Evergreen.
«Già»
ridacchiò Priscilla, grattandosi la nuca imbarazzata.
«Mi spiace,
ma credo di essere a corto di magia. L'ho usata tutta per spingere un
ottavo drago dentro la porta del viaggio nel tempo prima che Eclipse
si chiudesse così da impedirgli di entrare».
«Spingere...?»
sobbalzò Fried.
«Hai
spinto un drago dentro Eclipse?» chiese Evergreen, incredula.
«Lucy
era impegnata a chiudere le porte e gli altri non riuscivano nemmeno
ad avvicinarsi, ho dovuto fare da sola e per questo ora mi riduco a
correre e cadere come voi» piagnucolò, affranta
all'idea di non
poter usare più la sua magia. «Beh, almeno ora
posso muovermi,
prima non riuscivo nemmeno a fare quello» aggiunse poi.
«Priscilla
ha creato un enorme uomo di vento e ha spinto un drago dentro la
porta!» confermò Happy, che li aveva raggiunti in
quel momento dopo
aver lasciato Natsu con Atlas Flame.
«D-davvero?»
balbettò Evergreen.
«Laxus
non riusciva nemmeno a fargli il solletico»
osservò Bickslow, che
come al solito era quello senza peli sulla lingua.
«Questo
non vuol dire niente! Laxus è stremato per la battaglia
contro Jura,
uno dei dieci maghi sacri!» ruggì Fried, in difesa
del ragazzo. «E
sicuramente il drago di Priscilla era molto più
debole».
«Sì,
lo credo anche io» ridacchiò Priscilla.
«Il drago contro cui
stavate combattendo, ho cercato di fermare anche lui ma mi ha
lanciata via con un ruggito. Questi mostri fanno venire la pelle
d'oca» confessò.
Uno
dei draghi piccoli sfondò una parete alla loro destra e per
poco non
li colpì. Piantarono i piedi a terra, fermarono la loro
corsa e
Laxus tirò indietro Priscilla appena in tempo. Happy prese
la
ragazza per il cappotto e la sollevò da terra, volando sopra
un
tetto per allontanarsi dai draghetti che li avevano attaccati, mentre
il resto dei loro amici semplicemente usarono la propria magia per
schivare il colpo e raggiungerli.
«Questi
bastardi sono ovunque» commentò Laxus,
raggiungendo Priscilla e
Happy dopo essersi trasformato in fulmine. «Dovremmo
accelerare un
po' il passo».
«Fai
strada, vi stiamo dietro Pricchan!» disse Fried alzandosi in
volo
con delle ali create dalle sue rune. Accanto a lui anche Evergreen e
Bickslow poterono volare, ognuno con la propria magia. Priscilla
puntò un dito davanti a loro ed esclamò:
«Eccolo! Laxus!»
Non
troppo lontano era possibile vedere il cortile del castello, dove
stanziava Zirconis ancora indenne e Wendy che inutilmente provava a
colpirlo con tutte le armi che aveva, aiutata da una sempre
più
stanca Mirajane.
«Sono
in difficoltà!» esclamò Fried.
«Andiamo!
Happy!» disse Laxus.
«Aye,
Sir!!!» disse Happy, prendendo nuovamente Priscilla per il
cappotto
e volando a piena velocità verso il castello seguito dai
fulmini di
Laxus e il resto dei Raijinshuu. Arrivarono rapidamente al cortile e
i Raijinshuu furono i primi a lanciarsi contro il drago, mentre Happy
portava Priscilla in una zona apparentemente sicura. Laxus li
raggiunse immediatamente dopo, già carico di energia, e
colpì il
drago con tutta la potenza che aveva.
«Laxus»
esclamò Mirajane, felice di vederlo.
«Priscilla-nee!»
chiamò Wendy, vedendola seduta a terra vicino a Happy e,
ora, al
resto dei suoi compagni. «Sei viva!»
«Ho
portato rinforzi!» esclamò Priscilla, felice.
«Ancora
tu!» ruggì Zirconis, guardando la ragazza.
«Puzzolente schifezza!»
«Iiiiccch»
squittì Priscilla, portandosi una mano all'altezza del
cuore.
Rabbuiandosi abbassò la testa, ingobbita, e si
chinò nella sua
depressione.
«Puzzolente...?»
balbettò Laxus, troppo confuso persino per riuscire ad
arrabbiarsi.
«Ci
sei anche rimasta male?» chiese Charle, guardando incredula
la
reazione ferita della ragazza.
«Come
osi dare della schifezza alla nostra splendida Pricchan?!»
sgambettò
Bickslow furioso.
«Questa
è un'offesa al nostro Laxus! Non te la
perdoneremo!» ruggì Fried.
«Che
c'entro io?» mormorò Laxus, non capendo la
connessione tra
l'insulto a Priscilla e lui.
«Raijinshuu!»
chiamò a raccolta Fried. «Carica!»
ordinò e tutti e tre si
scagliarono rabbiosi contro il drago, lanciando su di lui tutte le
magie più potenti che conoscevano.
«Che
insetti fastidiosi!» ruggì Zirconis voltandosi e
sbalzando via
tutti e tre con solo il potere dell'onda d'urto.
«Non
fatevi ingannare!» disse Charle, guardando i tre che
malridotti
provavano a rimettersi in piedi. «Può sembrare un
vecchio scemo ma
è pur sempre un drago! È molto forte!»
«Vecchio
scemo?!» sobbalzò Zirconis offeso.
«Lo
abbiamo notato» digrignò i denti Fried,
sforzandosi nel rimettersi
in piedi.
«Adesso
basta giocare» disse Laxus, facendo scoccare i fulmini
intorno a sé.
Scaricò sul drago avversario tutto il suo potere,
ruggì e saltò,
colpì e schivò, eppure qualsiasi cosa facesse
Zirconis non sembrò
muoversi nemmeno un po’. I Raijinshuu e persino Mirajane
provarono
più volte ad aiutarlo, colpendo da più fronti, ma
Zirconis sembrava
imbattibile e qualsiasi cosa facessero lui aveva sempre la meglio.
Alla fine solo Laxus riuscì a conservare le forze necessarie
a
continuare a combattere, mentre Mirajane, ferita e stremata, si
portava da parte, vicino a Priscilla.
«Quel
mostro...» mormorò.
«È
veramente forte» commentò Priscilla, turbata.
«E io non riesco a
fare niente se non guardare» digrignò i denti,
irritata all'idea di
non poter aiutare in nessun modo.
«Pensa
a recuperare le forze, hai già fatto molto prima evitando
che un
ottavo entrasse» provò a rincuorarla
Charle.
«Proverò
ad aiutarlo ancora!» disse Wendy, partendo e alzandosi in
volo per
poi lanciare contro il drago colpi d'ala magici. Un attacco
improvviso, visto che la bambina si era ritirata da un po' anche lei
stremata, insieme al resto del gruppo. Lo distrasse e mischiata ai
fulmini di Laxus gli fece provare anche un po' di dolore, ma
soprattutto diede a Laxus la possibilità di contrattaccare.
«Ben
fatto, Wendy!» esclamò l’uomo, lanciando
un altro colpo e
approfittando dell'effetto sorpresa riuscì persino ad
atterrare il
drago.
«Ce
l'ha fatta!» esclamò Charle, allegra.
«È
solo l'inizio» commentò invece Mirajane, vedendo
Zirconis tornare
in piedi.
«Mi
sto solo riscaldando» commentò Laxus.
«State
iniziando a farmi arrabbiare sul serio!» disse Zirconis,
avvicinandosi a Laxus a denti stretti. «Mi diverto a
stuzzicare le
ragazze, ma non mi sollazzo a chiacchierare con gli uomini. Vi
divorerò anche se non siete nudi»
ridacchiò e voltando lo sguardo
posò i suoi inquietanti occhi, ora più minacciosi
e pericolosi, su
Wendy.
«Eh?»
mormorò Wendy in quel breve istante in cui lo vide correre
nella sua
direzione, una velocità incredibile che a malapena diede
tempo di
realizzare cosa stesse accadendo.
«Wendy!»
gridò Priscilla, allungandosi verso di lei e porgendole la
mano. Ma
nessun vento, nemmeno una lieve brezza, nacque dalle sue dita ancora
ferite. Era la prima volta che allungando una mano verso qualcuno...
non riuscisse ad afferrarlo.
Guardò
la bocca di Zirconis spalancarsi, i denti ben umidi e affilati che si
allungavano verso di lei, incapace persino di arretrare. Gli occhi di
Priscilla erano spalancati di fronte a quell’inconcepibile
visione,
il cuore sussultante nel petto, la mano tremante che non emetteva
nemmeno un soffio di magia, il volto pallido e la gola secca.
Nonostante la paura di un imminente disastro, ciò che vide
in realtà
fu anche peggio di quanto si fosse aspettata.
«Scappa,
Wendy!» la voce di Laxus anticipò la sua mano che
spingeva via la
bambina e nello slancio ne prendeva il posto. I denti di Zirconis si
chiusero in uno schiocco, imprigionando in un fiume di sangue il
corpo dell'uomo. Il tatuaggio di Fairy Tail, sul fianco sinistro di
Laxus, era ora lacerato da quei denti affilati e macchiato di un
sangue che deciso usciva a fiotti.
Il
mondo parve paralizzarsi, scorrere lento, rallentato, mentre in un
gesto di gola e mascelle Zirconis ingoiava tutto il resto. La voce di
Fried, che chiamava Laxus con un tale sfogo da rompersi e stonare,
persino quella parve solo un eco lontano.
«Oh
no» il singhiozzo di Mirajane, mentre si portava le mani alla
bocca,
a placare la sua voce lamentosa. E Priscilla, che bloccata nel suo
mondo rallentato, non riuscì a muoversi di un millimetro,
né a
respirare. Lo sentiva, sentiva la voce delle persone intorno a lei
che lo chiamavano, sentiva chi correva, chi urlava, chi provava ad
attaccare. Qualcosa stava accadendo, lo sentiva, ma che significato
aveva ancora?
"Pricchan"
la sua voce, riusciva a sentirla ancora. "Se
io morissi... almeno in quell'occasione, riusciresti a versare una
lacrima?"
Piangeva?
Stava piangendo? Riusciva a piangere? Non riusciva proprio a capirlo,
ma era abbastanza sicura che avesse le guance asciutte. Gli occhi non
bruciavano, il cuore non pulsava, i polmoni non respiravano. Tutto
era fermo, immobile. Come il suo corpo artificiale… che
sarebbe
rimasto in vita, a scapito di qualunque desiderio.
Per
sempre.
"Perché
sai, io penso che se tu morissi... sì, io credo che vorrei
morire
insieme a te"
I
suoi sentimenti, tutto ciò che aveva imparato in quegli anni
di
vita, improvvisamente non sentì più
niente.
"Laxus"
quel nome. Riusciva a malapena a ricordarlo, in quel vuoto assoluto
in cui sentiva di essere appena caduta. Aveva significato? Quel era?
Chi era?
Il
mondo intorno a lei si mosse, scorreva alle sue spalle lentamente e
ondeggiante, neanche riusciva a rendersi conto che erano le sue
stesse gambe quelle che l'avevano sollevata da terra e la stavano
facendo avanzare verso il drago.
"Laxus"
qualcuno glielo sussurrò all'orecchio, la fece sorridere.
Era
possibile ancora sorridere? Ondeggiò, camminò, e
con gli occhi
vitrei ridacchiò. Riusciva a ricordarlo. Sentiva il rumore
dei tuoni
nel cielo, erano come una voce. Era così dolce... e
calda.
«Pricchan!
Allontanati da lì!» qualcuno provò a
chiamarla ma ancora non era
che un eco lontano.
«Vuoi
che mangi anche te?» ruggì Zirconis, ormai
furioso. Il sangue che
macchiava i suoi denti colò a terra e lei ancora
ridacchiò, folle
in quell'incubo tanto strambo. Allungò una mano verso di
lui, verso
quel sangue e quei denti, e non riuscì a vedere altro.
Ridacchiò,
ridacchiò di gusto mentre si sentiva affogare in quell'unico
colore
rosso che riusciva a vedere.
"Laxus"
di chi era quel nome?
Qualcosa
le scivolò via dalle spalle, sentì il freddo
sulla pelle e rapita
si voltò a guardarlo, chiedendosi quale altra bizzarria e
follia
sarebbe successa. Il cappotto nero cadde a terra, delicato, si
posò
al suolo sporcandosi di quello stesso sangue che ora creava
lì una
pozza in cui aveva immerso i piedi.
"Laxus"
lo vide. Piccolo, ragazzo, adulto, in qualsiasi età. Un
istante
lancinante, un mal di testa accecante, mentre vedeva quel sorriso dal
primo giorno fino all'ultimo, della sera prima. La chiamava, con
tutte le voci che aveva avuto, bambino o ragazzo, persino la voce
furiosa dei cinque anni che erano stati separati. Era lì, in
quella
pozza, in quel cappotto a terra, era tutto lì. La sua intera
esistenza, il significato della sua vita... non restava altro che
sangue di cui sporcarsi e un cappotto ora vuoto.
"Posso
restare per sempre con te?"
Un
urlo agghiacciante raggiunse non solo il cielo, ma ogni angolo di
quella città. Priscilla cadde a terra, in quella stessa
pozza di
sangue in cui si macchiò le ginocchia. Si portò
le mani al volto
mentre la sua voce incontrollabile non faceva che urlare sempre
più
forte, fino a strapparsi.
Voleva
chiudere gli occhi, voleva accecarsi, smettere di guardare, smettere
di credere che quella fosse una realtà. La gola graffiava,
sentiva
il bruciore scendere lungo l'esofago, fino ai polmoni. Ogni cosa
pareva prendere fuoco e dalla sua bocca dischiusa non riusciva a
uscire altro che urla incontrollabili.
"Almeno
quel giorno, riusciresti a versare una lacrima?"
Lacrime,
saliva e muco, aveva perso il controllo di ogni cosa. Le dita
conficcate nella pelle del volto, tra i capelli, alcuni restavano
impigliati alle sue unghie e venivano strappati.
«Priscilla-nee!»
una voce, l'unica che riuscì a sentire nonostante molte
altre
stessero urlando in quel momento. Mescolate dal rumore di una
tormenta improvvisa, fulmini che cadevano ai suoi piedi all'interno
di un ciclone che aveva avvolto l'intero cortile del castello. Non
riuscii a sentire niente che la tiepida disperazione di una bambina
che lottando era riuscita a salvarsi da quella follia. Dov'erano gli
altri, cosa era successo a ciascuno di loro, non ne aveva idea e non
riusciva nemmeno a trovare la voglia di chiederselo. La sua stessa
magia, probabilmente la magia che la componeva visto che era tutto
ciò che le restava, era esplosa incontrollata esattamente
come il
suo dolore scatenando una tormenta che aveva investito chiunque nel
raggio di un paio di chilometri… ma non la vedeva. Non
capiva cosa
stesse accadendo, non vedeva niente se non quel cappotto immerso nel
sangue.
«Priscilla-nee,
torna in te!» tentò di urlare Wendy. La testa
ferita, un rivolo di
sangue che le usciva da un profondo taglio sulla fronte le bagnava un
occhio e una guancia.
"Perché,
sai... io penso che se tu morissi, Pricchan... io vorrei morire
insieme a te".
«Io
non posso morire» sibilò con un filo di voce,
l'unica che riuscisse
a utilizzare. Tremò, singhiozzò e
guardò la ragazzina che lottando
contro vento e fulmini cercava di farsi strada per raggiungerla,
senza esserne uccisa.
"Io
vorrei morire insieme a te".
«Io
non posso morire» pianse della sua condanna più di
quanto avesse
mai fatto e per la prima volta rimpianse di non essere più
legata a
Ivan. Sarebbe stato tutto più semplice e avrebbe evitato
quell'orrendo supplizio, se avesse potuto morire insieme a
lui.
"La
magia di Wendy potrebbe anche ucciderti"
un’improvvisa voce, proveniente da chissà quale
ricordo, parve
sussurrare al suo orecchio.
«Wendy...»
biascicò alzando gli occhi spettrali sulla bambina.
"La
magia di Wendy potrebbe anche ucciderti".
«Ti
prego... uccidimi».
Aprì
gli occhi.
«Ben
fatto, Wendy!» esclamò Laxus e caricò
il pugno di elettricità,
colpendo in pieno mento Zirconis e approfittando del fatto che il
drago fosse stato distratto dal colpo di Wendy.
«Ce
l'ha fatta!» esclamò Charle, allegra.
«È
solo l'inizio» commentò invece Mirajane, vedendo
come Zirconis
tornasse in piedi.
"Che...
cosa è stato?" si domandò Priscilla, guardando
quella scena
che già sentiva di conoscere.
«Che...
sensazione strana» mormorò Lily al suo fianco,
guardandosi le
zampe.
«Un
Deja-vù?» mormorò Mirajane.
«L'avete
visto anche voi?» domandò Charle,
sconvolta.
«State
iniziando a farmi arrabbiare sul serio!» disse Zirconis,
avvicinandosi a Laxus a denti stretti, ignorando l'apparente stato
confusionario in cui sembravano tutti caduti. «Mi diverto a
stuzzicare le ragazze, ma non mi sollazzo a chiacchierare con gli
uomini. Vi divorerò anche se non siete nudi»
ridacchiò e voltando
lo sguardo posò i suoi inquietanti occhi, ora più
minacciosi e
pericolosi, su Wendy.
«Eh?»
mormorò Wendy, guardando il drago lanciarsi a gran
velocità su di
lei, tanto che nemmeno riuscì a vederlo. Ma il cuore
batté nel
petto più forte di quanto si fosse aspettata, mentre le
immagini di
quello che sembrava un possibile futuro l'assalivano. Laxus che la
spingeva via, che prendeva il suo posto e finiva sbranato. Priscilla
che impazziva, le sue urla, il rombo del vento e dei tuoni, le urla
dei suoi compagni che venivano colpiti a morte dalla loro stessa
amica fuori controllo. Quell'orrenda supplica.
"Uccidimi".
Cos'era?
Era veramente la realtà? Era veramente il futuro? Voltando
gli occhi
ebbe tempo di vederlo, Laxus allungato in avanti con un braccio,
pronto a spingerla via. Riuscì a sentire tutto in quegli
attimi così
brevi eppure così intensi. Le urla lancinanti, l'odore del
sangue.
Era lì... davanti ai suoi occhi.
Qualcuno
le aveva mostrato il futuro, ne era certa adesso.
Ma
non era stata l’unica.
Charle
superò la mano di Laxus e la raggiunse prima di questo,
afferrandola
e trascinandola via. La sua magia Aerial le permise di essere
abbastanza veloce, per evitare che entrambe venissero mangiate.
Dietro Laxus, correndo con un giusto anticipo, Priscilla
allungò le
mani verso di lui e riuscì ad afferrarlo per le bende che
gli
circondavano il ventre. Lo tirò indietro con tale forza da
inciampare e cadere, ma questo gli permise di essere solo
sfiorato
dai denti affilati del drago che avevano davanti, salvandosi.
Laxus
guardò il muso di Zirconis farsi indietro dopo quel morso
mancato, a
pochi centimetri da lui. Dall'altro lato anche Wendy lo
fissò con la
stessa incredulità e una paura che ancora non l'aveva
abbandonata,
consapevole di cosa sarebbe potuto accadere se le due non fossero
state pronte abbastanza da intervenire.
«S-sono
vivo?» mormorò l'uomo, sorpreso visto che per un
istante aveva
giurato di aver potuto vedere un futuro in cui moriva.
Poggiò una
mano a terra e cercò di rialzarsi, pronto a tornare a
combattere, ma
delle esili e tremanti braccia lo avvolsero dalle spalle. Lo
strinsero, con una decisione e una forza che non gli avrebbero
permesso di liberarsi di loro tanto facilmente. Priscilla,
inginocchiata dietro di lui, tremava e quasi conficcò le
unghie
nelle spalle dell’uomo tanto lo stringeva al petto. Quelle
immagini, la sensazione di aver perso ogni cosa, di non poter far
altro che vivere in un infinito tormento di cui mai si sarebbe
liberata. Quel dolore, ormai, bruciava nel suo petto anche se era
riuscita ad evitare che quell’orrenda visione si realizzasse.
«Hai
cercato di portarmelo via» un ringhio, profondo, gutturale.
Il
futuro era cambiato, ma quella stessa follia che l’aveva
strozzata
nella visione aveva ancora una volta accecato i suoi occhi vitrei.
Solo pensare che sarebbe potuto accadere, solo pensare che anche se
solo nella sua testa lei aveva vissuto quel momento, la portava alla
pazzia più accecante.
«Charle!»
disse Wendy, allarmata, ricordando la premonizione.
«Priscilla!
Torna in te» chiamò la gattina.
«Pri...»
provò a chiamarla Laxus, ancora artigliato nella sua presa,
pronto a
cercare di parlarle, di consolarla e risvegliarla, ma voltandosi
incrociò il suo sguardo e solo quello bastò ad
ammutolirlo. Non era
folle, non era furiosa, non era nemmeno disperata.
Era
sollevata.
E
le sue braccia così saldamente avvolte alle sue spalle e il
petto
non erano le braccia di chi si aggrappava, ma -poté ora
sentirlo-
era un guscio dentro cui stava cercando di chiuderlo. Per
proteggerlo. Priscilla non si mosse, a occhi socchiusi, un sorriso
appena abbozzato, il volto disteso e rilassato e quelle braccia che
cercavano di avvolgerlo il più possibile. Restò
immobile persino
quando sentì la terra tremare e il rumore di passi pesanti
arrivare
alle loro spalle.
«Sono
quelli piccoli!» gridò allarmato Fried, guardando
una specie di
orda di almeno quindici draghetti correre furiosi verso di
loro.
«Fate
attenzione!» urlò Bickslow, preparandosi a
combatterli, ma
Evergreen si allungò su di lui e posandogli un braccio
davanti
disse: «Aspetta un attimo!»
«Eh?»
chiese lui, confuso, venendo semplicemente spostato di qualche
passo.
«Guarda!»
disse lei, indicando i primi draghetti che li raggiungevano ma non li
attaccavano. Li superarono e proseguirono oltre, alle loro spalle,
ignorando i maghi come se non esistessero.
«Ma...cosa...»
balbettò Fried, restando immobile, sorpreso e allucinato di
fronte a
quell’assurdità.
«Non
ci attaccano...» mormorò Mirajane, voltandosi per
seguire la loro
traiettoria e capire dove fossero diretti. Superarono loro prima di
raggiungere Laxus e Priscilla, a terra, ma non si fermarono nemmeno
lì. Corsero oltre, un paio addirittura saltarono oltre la
loro testa
come se i due fossero stati d’intralcio e basta, e tutti e
quindici
si lanciarono a fauci spalancate contro Zirconis. Il grosso drago
indietreggiò in un primo momento, più per la
sorpresa che per le
ferite vere e proprie, ma questo passò in secondo piano
nell'istante
in cui tutti insieme i draghi piccoli lo attaccarono. Alcuni erano
saltati sulla sua schiena e lo mordevano, altri da terra gli
sparavano contro raggi di magia. Zirconis in un divincolarsi
continuò
si ritrovò costretto a lottare contro quelli che erano
cuccioli
della sua stessa specie. Li colpiva con la coda, li azzannava,
ringhiava loro contro, ma molti tornavano alla carica e
approfittavano della loro superiorità numerica per metterlo
in
difficoltà.
Nemmeno
dieci metri più distanti Laxus continuava a restare seduto a
terra,
tenuto ben saldo dalle braccia di Priscilla, inginocchiata alle sue
spalle. Il volto reclinato in avanti, gli occhi chiusi,
un'espressione tanto abbandonata da sembrare quasi addormentata.
«Che
succede?» balbettò Fried, sempre più
confuso.
«Sono
dalla nostra parte?» chiese Mirajane non capendo quando
avessero
cambiato idea e soprattutto per quale motivo.
Solo
pochi istanti, Wendy si prese qualche secondo prima che un'idea le
balenasse in testa. Si portò le mani al volto per la
sorpresa ed
esclamò, incredula: «Sta usando il
Nirvana!»
«Eh?!»
urlò Charle, sorpresa.
«Il
Nirvana che è nel suo corpo, finora era riuscita a usarlo
per
manipolare al massimo gli insetti e in un numero limitato. Ma le
forti emozioni provate in questo momento l'hanno fatto esplodere
dentro lei ed è riuscita a usarlo sui draghi più
piccoli, forse
anche perché non hanno una volontà propria ma
rispondono agli
ordini della madre che li ha generati. Sono comunque creature
dall'intelletto quasi nullo, per questo ci riesce!»
spiegò Wendy.
«Aspetta!
Stai dicendo che Priscilla li sta manipolando?!»
sussultò Fried.
«Non
poteva farlo prima?» chiese Evergreen.
«Probabilmente
non ne è nemmeno consapevole» mormorò
Charle. «Nirvana vive
dentro lei come una maledizione, è una magia oscura. La sua
fortuna
è stata che ne è rimasto solo qualche frammento
legato al suo
corpo, perciò non troppo influente se non per il fatto che a
volte
amplifica le sue emozioni».
«Per
questo nel futuro che abbiamo visto tutti è impazzita in
quel modo.
Nel futuro dove Laxus è morto la sua follia si è
manifestata col
desiderio di morire, in questo futuro invece la sua pazzia si sta
manifestando col desiderio di proteggerlo. Ma è comunque
accecata da
Nirvana nello stesso identico modo» disse Wendy.
«Credo
che Laxus l'abbia capito. Per questo la sta assecondando e non si
muove da lì» mormorò Charle, osservando
l'uomo che immobile nella
sua posizione non faceva che alternare sguardi tra Priscilla e
Zirconis di fronte a sé che ancora disperato lottava contro
quei
fastidiosi draghetti.
«Ragazzi!»
l'urlo di Lucy interruppe i loro discorsi e la ragazza, brandendo un
quadernetto mal ridotto, corse loro incontro.
«Guardate!» esclamò
porgendolo ai suoi amici.
«Che
cos'è?» chiese Yukino, prendendo il diario tra le
mani.
«È
il diario della me del futuro. Leggete che scrive!» disse
aprendo le
pagine e indicando una riga specifica.
«"Qualora
le porte venissero distrutte in quest'epoca anche la mia esistenza
nel futuro cesserebbe, come conseguenza di una reazione a
catena"»
lesse Yukino, ad alta voce.
«Che
cosa significa?» chiese Arcadios, avvicinandosi al fianco di
Hisui.
«In
altre parole» spiegò Lucy. «Se le porte
vengono distrutte ora,
possiamo alterare il futuro in modo che sia legato a questo evento.
Se le porte non funzionano nel futuro, Rogue non potrà
venire nel
passato».
«Capisco»
mormorò Lily. «Se Rogue del futuro perde il suo
mezzo per viaggiare
nel passato allora potremmo riscrivere la storia, in teoria».
«Ma
anche se così fosse davvero potrebbe fermare qualcosa che
è già
accaduto?» chiese Hisui, titubante.
«Nel
migliore dei casi Rogue e i draghi dovrebbero sparire,
giusto?»
chiese Happy.
«Vale
la pena tentare» sorrise Charle.
«Ma
non abbiamo i mezzi per distruggere qualcosa di così
grosso»
mormorò Arcadios, voltandosi a guardare le porte.
«Lo
colpiremo con tutta la magia che abbiamo!» esclamò
Lucy, convinta,
e Yukino le andò dietro decisa ruggendo:
«Esatto!»
Lucy
insieme a Yukino non esitò e insieme tentarono rapidamente
quella
nuova soluzione: dando sfogo a tutte le forze rimaste colpirono la
porta, ma nonostante il colpo fu in grado di far tremare persino le
pareti del castello, essa non mostrò nemmeno un
graffio.
«Impossibile...»
mormorò Lucy.
«È
fatta di una lega resistente alla magia, credo che distruggerla sia
più facile dirsi che a farsi» disse ancora
Arcadios,
corrucciandosi. Avevano la soluzione lì, a portata di mano,
eppure
non sarebbero riusciti ad afferrarla nonostante la vicinanza. Era
frustrante come non mai.
«Ci
riproveremo!» disse Lucy, per niente arrendevole.
«Tutti
insieme!» le diede corda Mirajane, avvicinandosi alle due
maghe
degli Spiriti Stellari insieme ai Raijinshuu. E una volta che furono
tutti vicini caricarono i propri colpi, disegnando in aria ognuno un
proprio cerchio magico, e colpirono ancora le porte con tutta la
forza che avevano. Ancora, ancora e ancora. Tremavano, vacillavano,
ma niente sembrava essere in grado persino di scalfirla. Fino a
quando un urlo provenne dal cielo.
«Toglietevi
tutti da lì!» la voce di Natsu attirò i
loro sguardi verso l'alto
e lì lo videro, in caduta libera, avvolto da una fiamma
brillante e
immensa. Rogue era intrappolato dentro essa e con grande stupore
persino il drago che aveva cavalcato fino a quel momento veniva
spinto dalla furia infiammata di Natsu. Lucy e gli altri scapparono e
cercarono di mettersi in salvo mentre Natsu, dietro di loro,
atterrava insieme ai suoi nemici dritto dritto sulla porta magica.
Eclipse
venne così infine distrutta.
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Capitolo 60 *** Ballo ***
Ballo
«Sei
bellissima vestita così, Yukino!» la voce di
Mirajane squillò
all'interno della stanza. Accanto a lei Lucy, ancora in reggiseno, si
accostò per guardare la ragazza vestita con un elegante
abito
sontuoso. Era rossa in volto per la vergogna, si stringeva in se
stessa con timidezza e la cosa peggiorò nell'istante in cui
anche
Lucy sorrise guardandola.
«Mira-nee»
chiamò Lisanna, alle sue spalle. Di fronte ad uno specchio
si
allungava all'indietro nel tentativo di stringere dei nodi dietro la
sua schiena, senza riuscirci troppo: «Dai una mano anche a
me?»
chiese. Mirajane si voltò verso la sorella, attirata dalla
sua
richiesta d'aiuto, e corse da lei.
«Non
dovresti stringere troppo i nodi, però, Lisanna. Hai ancora
qualche
livido» cercò di dirle, allentando appena i lacci
stretti del
corpetto.
«Sto
bene, sono già passati alcuni giorni. Sto guarendo,
davvero» cercò
di rassicurarla.
«Ci
hanno messo solo un paio di giorni a sistemare i danni maggiori in
città causati dai draghi. È davvero
incredibile» commentò Lucy,
tornando a scegliere il proprio vestito.
«È
incredibile pensare che solo pochi giorni fa c'erano draghi per la
città. Ora sembra solo un brutto sogno» disse
Lisanna e Lucy annuì.
«Per
fortuna il piano della futura Lucy ha funzionato e non appena
distrutta Eclipse sono tutti spariti e tornati nella loro
epoca»
sospirò Yukino, sollevata.
«Già...
e siamo tutti vivi» disse Mirajane, lasciando che un'ombra le
oscurasse per un istante il volto. Lucy la guardò
preoccupata poi
silenziosamente e cercando di non farsi notare spostò lo
stesso
sguardo su Priscilla che, di spalle, stava ancora scegliendo un
vestito all'interno dell'enorme armadio che la Principessa Hisui
aveva loro concesso. La vittoria contro i draghi era stato un gran
successo, non c'era stata singola persona che non fosse esplosa in un
pianto di gioia e urla di felicità. Per giorni si erano
trascinati
dentro l'entusiasmo di quell'evento, che era andato ingigantendosi
man mano che realizzavano che stavano bene ed era tutto finito. Per
tutti era stato così... tranne che per lei. Non appena
Zirconis era
sparito, dopo un breve scambio di parole con Hisui, Priscilla era
pian piano tornata in sé. Laxus aveva cercato di accogliere
con
dolcezza quel suo ritorno alla ragione, le aveva sorriso, le aveva
detto che avevano vinto e che era anche merito suo. L'aveva
ringraziata per averlo protetto, uno sforzo non da poco visto il suo
animo orgoglioso, ma lui come tutti gli altri sapeva la delicatezza
che avrebbero dovuto usare con lei fino a quando non si sarebbe
ripresa del tutto. Era stato di una dolcezza surreale, mentre cercava
di rincuorarla e rasserenarla, ma nonostante tutto... Priscilla non
aveva più sorriso. Né quella sera, né
nei giorni successivi,
nemmeno di fronte ai battibecchi tra Natsu e Gajeel o alla follia di
una Lluvia che continuava a rincorrere con ossessione Gray. Tutto era
tornato alla normalità, persino il caos della gilda
più
attaccabrighe di tutta Fiore, i sorrisi e la gioia, le bevute e il
cibo, tutto sembrava come prima. Ma Priscilla non sorrideva.
Non
glielo avevano chiesto cosa la tormentasse a tal punto, ma dentro
sentivano di saperlo: si era fatta sopraffare da Nirvana e accecata
da esso, in un futuro che per fortuna avevano riscritto, aveva
però
dimostrato di essere capace di uccidere alcuni dei suoi compagni se
fosse caduta nella follia. La conoscevano abbastanza da poter essere
certi che il motivo di un simile tormento era sicuramente un
inguaribile senso di colpa.
«Beh,
l'importante è che è tutto finito per il
meglio!» esclamò Lucy,
sforzandosi di sorridere e tornare alla normalità.
«Il passato è
passato, pensiamo solo a divertirci stasera. Non ho mai partecipato a
una festa in un castello come questo, credete ci saranno tante
persone importanti?»
«Una
festa a corte tra nobili e Reali! Che emozione incredibile!»
disse
Wendy, arrossendo appena. «Tu hai mai partecipato a una festa
simile, Priscilla-nee?» chiese, tentando di coinvolgerla come
faceva
sempre da qualche giorno.
«No,
mai» rispose lei, semplicemente.
«Credi
ci divertiremo?» chiese, avvicinandola e guardando insieme a
lei gli
abiti che fissava ormai da minuti interi.
«Credo
che Natsu rovinerà tutto come al solito» disse con
un'inquietante
apatia e a far zittire tutti fu non tanto il tono usato quanto la
verità contro cui si stavano scontrando. Le
probabilità che Natsu
facesse qualche guaio erano estremamente alte.
«Trovato!»
esclamò Charle. Si fece largo tra qualche vestito e volando
uscì
dall'armadio, dove si era nascosta fino a quel momento. A un paio di
metri da terra, teneva alzato e ben dritto un abito: «L'abito
perfetto! Che ne dici?!» sorrise orgogliosa mostrando l'abito
azzurro con i ricami dorati a Priscilla. Il corpetto decorato d'oro
scendeva in una corta gonna dai ricami squadrati che davano quasi
l'aspetto di una pelle di drago. Stesso ricamo sul seno, dove
terminava l'abito lasciando così le spalle scoperte. A dare
eleganza
c'erano strati di organza che scendevano dai fianchi fino
alle
caviglie, in una gonna asimmetrica che lasciava scoperta solo la
parte frontale delle gambe.
«È
un po' azzardato!» commentò Lucy, lievemente rossa
in volto. Era
sicuramente splendido a vedersi, ma l'asimmetria era veramente
accentuata e avrebbe lasciato le gambe di Priscilla completamente
nude.
«È
un ballo Reale, forse ci vorrebbe qualcosa di più elegante e
meno
sensuale» si unì Yukino.
«Invece
è perfetto!» disse Charle alzando il mento con
orgoglio.
Un'espressione che Wendy aveva già visto altre volte e che
non
lasciava presagire niente di buono... proprio come l'ultima volta,
quando presa dall'euforia dell'incontro romantico tra Laxus e
Priscilla aveva portato in gilda quel terribile unguento magico di
Ichiya che aveva fatto impazzire tutte le donne presenti.
«Charle,
hai ripreso a leggere quel libro, vero?» le chiese Wendy
guardandola
poco convinta.
«Un
ballo a palazzo! Tra dame e nobili cavalieri, i due giovani
incrociarono i loro sguardi e restarono ammaliati dalla bellezza
accentuata dagli eleganti abiti in cui erano fasciati! Lei,
più
delle altre, risaltava per il suo fascino e la meraviglia con cui il
suo abito faceva splendere le sua bellezza» recitò
Charle, roteando
su se stessa insieme all'abito che frusciò nel suo insieme
di veli.
«Ma
di che parla?» chiese Yukino, che non conosceva tutti i
retroscena,
e Lucy rispose semplicemente con una risata nervosa.
«A
me sembra molto bello» disse Mirajane, avvicinandosi a
Priscilla e
poggiandole le mani sulle spalle da dietro la schiena. «Ho
visto
degli splendidi gioielli nel portagioie. Potremmo aggiungere un bel
collier delicato».
«Mira-nee!
Che ne pensi di questi manicotti di raso?» chiese Lisanna,
intervenendo e stringendosi anche lei a Priscilla che ancora sembrava
mostrare apatia di fronte a tutto quello.
«Ci
vorrebbero anche delle belle scarpe» aggiunse Mirajane e
Wendy si
illuminò, correndo verso la scarpiera e disse:
«Quelle le voglio
scegliere io!»
«Aspetta,
Wendy! Ti aiuto!» disse Lisanna e le corse a fianco.
«Perché
intanto non vedi come ti sta il vestito?» chiese Mirajane e
Charle
glielo spinse addosso, costringendola così a prenderlo tra
le mani.
«Posso
chiedere a Cancer di occuparsi dei tuoi capelli!» sorrise poi
anche
Lucy, felice di quel gioco che avevano cominciato a fare. Priscilla
non rispondeva e non accennava a sorridere, ma comunque spostava lo
sguardo su ognuno di loro, le ascoltava, non era completamente
assente. Sembrava anzi addirittura incuriosita. Magari se avessero
insistito avrebbero anche potuto strapparle un sorriso.
Ma
Priscilla sospirò e abbandonandosi si mise a sedere su di
una panca,
appoggiando l'abito sulle propria ginocchia.
«Non
ti piace?» chiese Charle. «Ne posso cercare un
altro, dammi solo
qualche minuto».
«Sto
rovinando tutto, non è vero?» mormorò
rassegnata Priscilla,
ignorando la frase di Charle. Ma non riuscirono a capire di cosa
stesse parlando, si presero qualche istante di silenzio solo per
riuscire a trovare un significato a quella frase e questo permise a
Priscilla di aggiungere: «Siete tutte così
entusiaste per questa
festa e io non faccio che tenere il broncio. Forse era meglio se non
venivo».
«Ma
cosa stai dicendo? Proprio perché non ti senti molto bene
devi
venire! Stare tutti insieme ti aiuterà a tirarti su di
morale,
vedrai!» sorrise Lisanna, incoraggiante.
«Non
dirmi che non sei curiosa di vedere cosa combinerà Natsu
questa
volta» ridacchiò Lucy.
«Non
mi sentirei tranquilla sapendo che non sei con noi in un momento come
questo, Pricchan» confessò Mirajane, sempre
amorevole come una
madre. Una frase, in mezzo alle altre, senza un significato
più
profondo rispetto a ciò che avevano detto anche le sue
amiche ma che
fu in qualche modo più incisiva. Riportò alla
mente una promessa,
vecchia di nemmeno troppi giorni.
"Promettimi
che non piangerai mai più da sola".
«Priscilla-nee!»
Wendy si infilò tra le sue amiche e si avvicinò a
Priscilla,
poggiandole le mani sulle ginocchia. «Se sei triste non
importa,
resterò con te per tutta la sera e sorriderò
anche per te, fino a
quando non tornerai a farlo da sola. Così nessuno
avrà la
sensazione che tu stia rovinando niente!» sorrise e
cercò di farlo
con tutte le sue forze, come a volerle dimostrare che poteva
riuscirci. Sorridere per lei, proteggerla fino a quando non si
sarebbe sentita pronta e fare in modo che non ci sarebbe stata
nessuna conseguenza. Priscilla fu rapida nella sua reazione, anche
fin troppo, tanto da sorprenderla. L'avvolse in un abbraccio,
chinandosi in avanti per raggiungerla, e la strinse nascondendo il
proprio volto tra i capelli sciolti della bambina.
«Wendy»
mormorò lasciando uscire con la sua voce il dolore che si
portava
dentro. L'aveva promesso, non avrebbe più pianto da sola.
Doveva
farlo. «Mi dispiace tanto» disse, tremando.
«Eh?»
mormorò la bambina, non capendo assolutamente cosa le fosse
preso.
«Devo
dirti una cosa» confessò, infine.
«Io...» un singhiozzo la fece
sobbalzare, ma non le impedì di proseguire con decisione:
«Ti ho
mentito... per tutto questo tempo».
«Che
stai dicendo, Priscilla-nee?» chiese Wendy, cominciando a
preoccuparsi.
«Il
motivo per il quale mi sono infiltrata nella missione di Nirvana...
il motivo per il quale fin da subito mi sono mostrata attenta e
legata a te. Io... io sono così egoista»
tremò e singhiozzò
ancora. Poggiò una mano dietro la nuca di Wendy e se la
strinse
ancora di più, mossa dal terrore che rivelando quel
particolare lei
sarebbe potuta scappare.
«La
tua magia... io volevo la tua magia» riuscì a
dire, con grande
sforzo.
«La
mia magia?» chiese Wendy, confusa.
«Ho
da sempre desiderato liberarmi dal legame di mio padre e diventare
completamente umana, non ho mai sognato niente così
ardentemente.
Gerard mi parlò di te, della tua magia curativa, la magia
del
cielo... disse che forse avresti potuto farlo. Avresti potuto
realizzare il mio desiderio. È solo per questo che quando ho
sentito
che Cat Shelter avrebbe preso parte alla missione di Nirvana mi sono
infiltrata, è solo per questo che io... io ti ho ingannata,
Wendy,
mi dispiace tanto» scoppiò a piangere, infine, tra
le braccia di
una Wendy troppo sconvolta per riuscire persino a ricambiare
l'abbraccio.
«Può...
davvero farlo?» sussurrò Lucy.
«Ti
ho fatto credere che fossimo legate dal destino, che mi fossi
affezionata a te dal primo istante, quando invece mi interessava solo
poter usare la tua magia per realizzare il mio desiderio»
pianse
ancora Priscilla. «Ma alla fine... alla fine ti ho voluta
bene
davvero, Wendy. Ti voglio bene davvero!»
singhiozzò.
«Perché
non mi hai mai detto che avrei potuto farti diventare umana...
Priscilla-nee?» chiese Wendy, con un filo di voce.
«Perché...»
tremò ancora Priscilla, esitò, per poi riuscire a
confessare.
«Perché con ogni probabilità non
funzionerebbe e tu mi
uccideresti».
"Uccidimi".
Quella
richiesta, in quell'ipotetico futuro che erano riusciti a vedere ed
evitare, ora aveva una consistenza così diversa. La
disperazione di
Priscilla di fronte a un futuro che non aveva più senso
senza l'uomo
che aveva amato fin dal primo istante in cui aveva cominciato a
provare dei sentimenti, quella disperazione aveva colpito ogni cosa,
uccidendo persino i suoi compagni, ma lasciando in vita l'unica
speranza che poteva ancora avere. Wendy era l'unica che era rimasta
viva da quell'attacco di pazzia, aveva creduto in un caso ma la
verità era ben diversa. Wendy poteva ucciderla... e lei le
aveva
chiesto di farlo. La fata immortale, la bambina di carta, aveva da
sempre tenuto sotto l'ala l'unico suo punto debole. Proteggendo Wendy
avrebbe protetto il proprio futuro, un desiderio che sotto sotto non
aveva mai smesso di covare, una speranza da conservare per il giorno
in cui avrebbe avuto il coraggio di affrontarlo, il giorno in cui si
sarebbe sentita di non aver niente da perdere. Proteggere Wendy
significava proteggere se stessa, perché in una vita
immortale lei
poteva essere la sua fine ma anche la sua unica via d'uscita.
"Uccidimi".
Lo
ricordava quel primo giorno, il giorno in cui si erano conosciute.
Wendy era caduta miseramente all'ingresso della gilda di Blue Pegasus
e Priscilla le aveva allungato una mano, sorridente. L'aveva protetta
dall'attacco di Brain usando tutta la rabbia e la forza che aveva,
l'aveva cercata e salvata, l'aveva stretta tra le braccia dal primo
istante decisa a colpire a morte chiunque avesse provato anche solo a
sfiorarla. Il suo tesoro più prezioso.
Quanto
tempo era passato da allora? Ne erano successe di cose, ne avevano
vissute di avventure. Gli allenamenti al porto, la stanza condivisa,
le notti insonne per parlare al buio, raccontarsi e ricordare, gli
abbracci, le missioni, l'avventura a Edoras e il sacrificio di
Priscilla per cercare di salvarla finendo col venirne risucchiata per
prima. I mesi passati a risparmiare per cercare di ricomprare la casa
della sua infanzia, il ritorno di Laxus che l'aveva per un attimo
intimorita, i guai con il profumo dell'amore di Ichiya e quel torneo
che era finito in una lotta contro dei veri draghi. Quante cose...
quante volte si erano cercate, si erano sorrise, si erano protette.
Niente di tutto quello era stato finto, Wendy ne era certa.
«Nee-san»
mormorò e sentirsi chiamare così, nonostante
tutto, fece tremare
Priscilla ancora di più. «Mi hai dato una famiglia
e una casa
proprio quando ne avevo più bisogno. Mi hai resa forte, ti
sei presa
cura di me per tutto questo tempo. Io non ti credo, non credo affatto
che tu sia egoista e l'hai fatto solo per questo. Non mi importa cosa
tu abbia creduto fino a questo momento... io e Charle siamo le tue
sorelline, giusto?» sorrise e l'incoraggiante discorso,
l'amore di
quelle parole, fece commuovere le amiche che avevano intorno. Ma
Priscilla ancora non sorrise. La strinse più forte e
poté sentire
il suo respiro affaticato contro la pelle del proprio collo.
«Wendy...»
la sentì mormorare cupa e severa. «Usa la tua
magia su di me».
«Eh?»
sbiancò la bambina, chiedendosi se quel sentimento di follia
provato
nell'ipotetico futuro della morte di Laxus fosse in realtà
ancora
presente.
«Ma
non hai appena detto che...» mormorò Lucy,
altrettanto preoccupata.
«Se
non lo farai, lascerò la gilda» aggiunse Priscilla
e Charle fu la
prima a fare un passo verso di lei, balbettando un confuso e
spaventato: «Aspetta un attimo...»
«Nirvana
è presente dentro me solo in piccole quantità,
finora non era mai
stato un grosso problema portarlo con me, pensavo di essere in grado
di controllarlo e che al massimo avrei dovuto sopportare qualche
esplosione emotiva un po' più complessa del solito. Ma...
l'avete
visto anche voi...» la pazzia che l'aveva accecata, la follia
che
aveva fatto esplodere, incontrollata, la sua magia fino a colpire i
suoi stessi amici. Era stato Nirvana, anche se in quantità
minuscole
era riuscito a trovare qualcosa a cui appigliarsi, un intenso
sentimento di disperazione che gli aveva permesso di allargarsi e
spandersi come una macchia d'olio e l'aveva sopraffatta
completamente. Quel futuro che fortunatamente avevano scampato le
aveva lasciato un avviso ben più importante di quello di un
semplice
salvataggio momentaneo... quel futuro poteva accadere. Contro ogni
sua credenza e speranza, poteva succedere che poteva perdere il
controllo tanto da fare del male ai suoi stessi amici.
«Non
posso permettere che ciò accada»
confessò. «Elimina Nirvana dal
mio corpo o me ne andrò, così non sarete mai
più in pericolo a
causa mia».
«Io...
non lo so fare...» balbettò Wendy, confusa e
spaventata.
«Hai
appena detto che c'è il rischio che possa
ucciderti!» esclamò
Charle.
«È
così. La magia che mi compone, la magia che Ivan ha usato
per
crearmi, è magia nera di Zeref. Una magia purificatrice come
quella
di Wendy potrebbe entrare in contrasto con questa e annientarla,
uccidendomi. Ma non ho altra scelta» disse Priscilla.
«E
allora quello che mi stai chiedendo è
impossibile!» urlò Wendy con
gli occhi umidi.
«Perciò
non mi resta che abbandonare Fairy Tail e allontanarmi il
più
possibile da voi» concluse Priscilla.
«Non
dire sciocchezze! Non puoi semplicemente scappare e basta!»
intervenne Lucy.
«Non
eravamo preparati, per questo Nirvana ci ha colpito così
duramente
in quel futuro. Ma ora che lo sappiamo possiamo trovare il modo di
controllarlo, tutti insieme» disse Mirajane,
speranzosa.
«È
troppo pericoloso» disse Priscilla.
«Siamo
Fairy Tail! Credi che il pericolo ci spaventi?»
insisté Lucy. «Non
ti permetteremo di andartene così, non per queste assurde
ragioni!»
«Non
credo ti sarà nemmeno possibile, Laxus e i Raijinshuu
metterebbero a
soqquadro l'intero continente per ritrovarti e ti legherebbe alla
gilda per impedirti di andartene ancora» disse
Lisanna.
«Hanno
vissuto tanti anni senza di me, possono tornare a farlo»
commentò
ancora Priscilla.
«Credi
davvero che potremmo accettarlo così,
silenziosamente?» la
rimproverò Lucy e aspirò un grosso quantitativo
di aria, pronta a
scaricarle addosso tutte le sue ragioni ma Wendy la interruppe con un
deciso: «Lo farò!»
«Wendy!»
sobbalzò Charle.
«Priscilla-nee
non vuole morire e non vuole nemmeno lasciare la gilda, se
così non
fosse non ci avrebbe pensato silenziosamente tutti questi giorni, non
avrebbe esitato fino a questo punto» disse Wendy e Priscilla
si
trovò ad ammorbidirsi. Lo sguardo deciso della bambina, le
sue dure
e sicure parole: era stata in grado di capirla così a fondo
in così
poco tempo e quella forza trasmetteva solo tutto il desiderio di
aiutarla.
«Wendy...»
mormorò commossa.
«Questo
significa solo che crede nelle mie capacità e sa che posso
riuscirci. Perciò lo farò! Chiederò
aiuto a Polushka-san e anche a
Chelia, troveremo insieme il modo di eliminare Nirvana senza
intaccare la magia che la tiene in vita» disse stringendo i
pugni
con determinazione. Mirajane, Lucy e Lisanna si scambiarono uno
sguardo preoccupato, chiedendosi probabilmente se questo sarebbe
stato possibile. Ma alla fine sorrisero, decise a crederci e avere
fiducia.
«Vi
aiuteremo anche noi» disse infine Lucy. «Posso
chiedere a Crux di
fare qualche ricerca e Levy può cercare qualcosa sui suoi
libri».
«Ottima
idea!» sorrise Lisanna, guardando l'amica con entusiasmo.
«Ci
daremo da fare tutti quanti, vero Mira-nee?» chiese alla
sorella che
con un luminoso sorriso annuì.
«Ragazze...»
mormorò Priscilla, abbassando gli occhi al vestito che
ancora teneva
sulle ginocchia. Per giorni si era interrogata su quale sarebbe
potuto essere il modo migliore di proteggere quella gilda che con
fierezza e delicatezza stringeva tra le dita e qualsiasi risposta le
venisse alla mente non era mai niente di bello e confortante. Per
giorni non aveva pensato che a loro, sentendosi una bomba a
orologeria, chiedendosi come avrebbe potuto curarli e accudirli. Ma
alla fine erano loro che si erano ritrovate ad accudire lei, con
forza e dolcezza.
«Lascia
fare a noi, Pricchan! Troveremo una soluzione tutti insieme»
disse
Lucy con un sorriso allegro e convincente.
Tutti
insieme.
Era
così bello. E per la prima volta dopo quel terribile evento,
l'angolo destro delle labbra di Priscilla accennò a
sollevarsi
appena. Impercettibile, ancora abbattuto, ma vinto per un istante dal
desiderio di sorridere.
«Tu
intanto fatti sparire quel muso lungo, indossa questo splendido abito
che Charle ha scelto per te con tanta cura e stasera divertiti fino
allo sfinimento!» disse Lisanna inginocchiandosi di fronte a
lei e
alzando nuovamente l'abito in modo che aderisse al suo corpo. Ancora
una volta le sue labbra cedettero allo sforzo di tirarsi appena verso
l'alto, a segnalare che finalmente quel sorriso stava vincendo contro
la tristezza.
«Ah!»
esclamò Mirajane, battendo le mani con euforia.
«Potremmo
aggiungere un po' di trucco sul viso! Sarai tanto bella da far
invidia alla principessa!»
«Laxus
resterà senza parole» sghignazzò Lucy,
divertita ed emozionata
all'idea.
«Santo
cielo» sospirò Priscilla, cedendo totalmente a
quell'accenno di
felicità e concedendosi un divertito risolino. Le sue amiche
erano
tornate a sognare su quell'evento, forse desiderose di riportarla su
pensieri ben diversi da quelli terribili di poco prima, e per quanto
fosse da sempre stato imbarazzante doveva ammetterlo che in quel
momento in qualche modo stava funzionando. «Non mi
costringerete a
ballare con lui, spero» azzardò, cercando di farsi
trascinare da
quell'argomento abbastanza da dar loro soddisfazione e magari
attenuare un po' anche il suo senso di tensione.
«Assolutamente!»
esclamò Lucy.
«È
il minimo, diamine!»si unì Lisanna quasi offesa.
«Ti
trascineremo noi se non ci provi tu!» annuì
Charle.
«È
come una fiaba, che emozione» disse Mirajane, portandosi le
mani al
volto arrossato.
«E
noi terremo Bickslow-san lontano!» si unì Wendy
con determinazione.
«Bickslow?»
mormorò Priscilla, sorpresa di sentirlo nominare ma capendo
presto a
cosa la ragazzina si riferisse. Vedendola vestita e truccata come le
sue amiche stavano progettando, Bickslow avrebbe potuto intromettersi
e cercare di tenerla per sé per tutta la sera. Anche se
spesso lo
faceva solo per scherzare, avrebbe potuto rovinare quello che per
loro era un grande momento. Solo pensarci la metteva profondamente in
imbarazzo, ma proprio quello stesso imbarazzo le fu incredibilmente
familiare. Quante volte avevano affrontato quei discorsi "da
donne" e quante volte, anche se imbarazzanti, si era sentita...
normale. Come loro. Come una famiglia. Desiderò davvero
dimenticare
ogni cosa, almeno per quella sera, lo desiderò
ardentemente.
«Lasciate
fare a me, sarò un bellissimo diversivo»
ridacchiò Lisanna e Lucy,
accanto a lei, la guardò a bocca e occhi spalancati prima di
esclamare: «Lisanna! Tu... ti interessa... da
quando...?» balbettò
rossa in volto.
«Chissà»
sospirò lei. «Cana ha detto che troverò
presto l'uomo della mia
vita e che si trova proprio vicino a me, tutto potrebbe
essere».
«Li
vuoi girare tutti fino a trovare quello giusto?» chiese
Charle,
alzando un sopracciglio.
«Santo
cielo, per chi mi hai preso?! È ovvio che alcuni sono
già stati
presi, devo fare un'attenta selezione» commentò
Lisanna.
«Sembra
che tu debba andare a fare la spesa e ti serva la lista»
mormorò
lucy, guardando di traverso l'amica.
«Non
posso mica aspettare tutta la vita, una donna deve anche darsi da
fare per incoraggiare il destino a sorriderle»
insisté Lisanna. «E
un ballo a palazzo Reale è un sogno per ogni ragazza,
è come nelle
fiabe! Tra dame e nobili cavalieri, i due giovani incrociarono i loro
sguardi e restarono ammaliati dalla bellezza accentuata dagli
eleganti abiti in cui erano fasciati! Lei, più delle altre,
risaltava per il suo fascino e la meraviglia con cui il suo abito
faceva splendere le sua bellezza» recitò
emozionata e Wendy
mormorò, riconoscendo quelle parole: «Stai
leggendo lo stesso libro
di Charle, vero?»
Una
delicata voce singhiozzò timida alle sue spalle e
attirò non solo
la sua attenzione ma anche quello di tutte le altre. Si voltarono in
silenzio verso Priscilla e la videro a occhi socchiusi, il volto
chino, la mano timida vicino alle labbra. Le spalle si muovevano
delicatamente mentre dalla gola usciva timida e timorosa quella che
sembrava essere una risata soffocata. Spensierata, sempre
più libera
da ogni peso e dolore, si ammorbidì sempre più e
permise a quella
candida risata di uscire con più leggerezza dal suo petto.
La
tensione sparì del tutto, lasciando in loro solo tanta
gioia.
Priscilla finalmente era tornata a sorridere.
Il
salone del palazzo che ospitava quella festa era decisamente immenso.
I membri di tutte le gilde si erano riuniti al suo interno e con la
musica che già rimbalzava su pareti e pilastri avevano tutti
cominciato a mangiare, bere, ballare e festeggiare. Gli invitati
erano vestiti con una certa eleganza e classe, persino Gray aveva
addosso un papillon... anche se in mutande.
Elfman
si stava abbuffando a un tavolo, Cana ballava con una bottiglia in
mano in maniera sganasciata, mentre Macao tentava invano di
riprenderla e rimetterla al suo posto. Dall'altro lato della sala era
possibile sentire persino da lì il coro di Blue Pegasus che
elogiava
l'eleganza di Ichiya e avevano ripreso a cantare e ballare. Baccus si
avvicinò a Cana e bevve insieme a lei, temerario e pronto a
passare
la notte ad annaffiarsi d'alcol insieme alla compagna migliore che
avesse potuto trovare in quel campo. I Quattro Cuccioletti cercarono,
alle loro spalle, di prendersi un po' di attenzioni, urlando quanto
fossero Wild e unendosi ai due. Ancora altrove era possibile scorgere
i membri di Mermaid Heel, anche loro eleganti e bellissime, anche se
Kagura sembrava non trovarsi molto a suo agio in quelle vesti.
Makarov era insieme ai master delle altre gilde e Yajima, con cui
condivideva l'età avanzata e qualche vecchio ricordo, e
insieme a
loro beveva e parlottava sulle gioie della vecchiaia e la bellezza
delle nuove generazioni.
Lucy
arrivò insieme al piccolo gruppo di ragazze con cui si era
preparata, facendo qualche minuto di ritardo a causa della loro
chiacchierata, ma non se ne pentì minimamente. Da quando
Priscilla
si era sbloccata, dopo che l'avevano aiutata a vestirsi e prepararsi,
era lentamente tornata la stessa di prima. Bastava quello a rendere
magnifica quella serata. Si dispersero poco dopo, Lisanna e Mirajane
raggiunsero Elfman insieme a Yukino, Priscilla e Wendy si
avvicinarono avide al banchetto dei dolci, Lucy si avvicinò
a Gray e
Lluvia chiedendosi dove fosse Natsu e intanto cominciò a
mangiare
alcuni di quei magnifici manicaretti preparati in loro onore.
«Wow»
mormorò Priscilla, guardando con gli occhi che le brillavano
il
tavolo ricolmo di frutta e dolci. «Fragole
caramellate!» esclamò
già con l'acquolina in bocca e in pochi istanti se ne mise
un paio
in bocca.
«Mangiane
una alla volta!» la riprese Charle, ma lei la
ignorò e ne aggiunse
un'altra assumendo così un'espressione che tutto poteva
sembrare
tranne quello di una dama di corte. «Tanta fatica per
renderla
graziosa e femminile e poi scivola al primo dolcetto che incontra.
È
una battaglia persa» piagnucolò la micetta,
accanto a Wendy che
sghignazzava divertita.
«Wendy!»
la voce di Chelia attirò la ragazzina. Le due si salutarono
e
cominciarono a parlare tra loro, guardando con gli occhi brillanti i
dolci che avevano davanti e chiedendosi cosa avrebbero dovuto
assaggiare per prima. Priscilla intanto, sempre seguita e
rimproverata da una Charle ostinata nel suo tentativo di renderla una
principessa, stava percorrendo tutto il tavolo e faceva scorta sotto
braccio di tutto ciò che sembrava gustoso.
«Priscilla-san»
chiamò Hisui, avvicinandola.
«Principessa!»
esclamò Priscilla, sorridendo allegra, e poggiò
momentaneamente il piatto stracolmo sul tavolo al suo fianco per poter
salutare
decentemente la ragazza che ora aveva davanti.
«Finalmente
siete arrivate, non mancavate che tu e le altre» sorrise
Hisui. «Il
banchetto è di tuo gradimento?»
«Sembra
tutto delizioso!» commentò Priscilla, voltandosi a
guardare il
tavolo di nuovo con l'acquolina in bocca.
«Ne
sono felice! I cuochi di corte sono giorni che si danno da fare per
dare a voi maghi il meglio. Di solito non facciamo feste di questo
genere, ma vista l'occasione ci sembrava opportuno ringraziarvi.
Avete messo a rischio le vostre vite a causa nostra e avete salvato
la città, è qualcosa che vale molto di
più che qualche dolcetto»
disse Hisui.
«Oh,
i dolci basteranno, stai tranquilla» ridacchiò
Priscilla, luminosa,
e Charle dietro di lei le ruggì contro: «Sei la
solita sfacciata!»
«A
proposito...» disse Priscilla, ignorando il rimprovero di
Charle.
Arrossì imbarazzata e si grattò la nuca, prima di
confessare:
«Perdonami per il finto rapimento e il trattamento di qualche
giorno
fa. Spero capirai che... ecco stavo agendo per il bene della mia
gilda».
«Sta'
tranquilla, è stato in un certo modo divertente»
ridacchiò Hisui
ricordando l'incredibile avventura di cui era caduta vittima
nell'istante in cui aveva creduto che un fantasma le fosse apparso a
fianco. «Siete una gilda veramente incredibile, il risultato
di
questi Giochi lo hanno dimostrato ampiamente. Stavo giusto andando
ora da Laxus-sama per congratularmi, sono già stata anche
dagli
altri ma non riesco a trovare invece Natsu-san. Sai dove si
trova?»
«Sapevo
che sarebbe successo qualcosa» sospirò Priscilla,
nel sentir dire
che Natsu non si trovava in giro. Non aveva grandi speranze nel
compagno, sapeva che certo non poteva aspettarsi che si fosse messo a
riposare da qualche parte, probabilmente stava combinando qualche
guaio e presto sarebbe uscito fuori.
«Come?»
chiese Hisui, non capendo e chiedendosi se avesse sentito bene.
«No,
niente» ridacchiò Priscilla, nervosa.
«Mi spiace ma non ho idea di
dove sia».
«Se
dovessi vederlo mandalo da me, per favore, vorrei ringraziarlo
profondamente per quello che ha fatto per noi» e con
quell'ultima
frase si congedò, allontanandosi.
«Quanto
credi che ci metterà a far saltare in aria l'intero
castello?»
sospirò Priscilla, in parte consapevole di ciò
che si sarebbe
dovuta aspettare, e si voltò a cercare Charle. Con sua
grande
sorpresa però la sua interlocutrice non era più
lì. Si guardò
attorno disorientata, chiedendosi quando la gattina si fosse
allontanata e per quale motivo, ma non la trovò da nessuna
parte
inconsapevole del fatto che Erza fosse passata di lì appena
pochi
secondi prima e l'avesse letteralmente rapita infilandosela
all'interno dell'abito. Stessa sorte destinata anche a Happy e Lily
con l'unico scopo e obiettivo di comprare l'amore di Miliana che
ultimamente vacillava un po', da quando aveva scoperto che Erza era
tornata a frequentare Gerard.
Si
voltò ancora, cercando questa volta Wendy, ponderando l'idea
di
stare un po' con lei. La trovò però
già distante, impegnata a
parlare con Chelia e condividere con lei un dolcetto che il fantasma
di Mavis bravama avidamente alle loro spalle. Fece ancora scorrere
gli occhi sulla sala, trovando poco lontano Lisanna impegnata a
rimproverare la voracia di Elfman che rischiava persino di sporcarsi
l'abito. Insieme a lei anche Mirajane tentava di dire la sua. Lucy si
era fermata a parlare con Hisui, Yukino si era riavvicinata a Sting e
al resto della sua vecchia gilda, con cui sembrava stesse nuovamente
riallacciando i rapporti dopo che il vecchio master, non avendo
gradito la sua battaglia persa, l'aveva cacciata via brutalmente.
Erza parlava con Kagura e Miliana, abbracciando la prima e regalando
Exceed alla seconda per poterla convincere a tornare a sorridere.
Abbozzò
un sorriso, tornando a guardare il suo piatto di dolciumi in completa
solitudine.
«Tante
storie sul vestito e convincermi a ballare e poi mi lasciano sola
alla prima occasione» ridacchiò e
benché fosse una triste
situazione, provò lo stesso un certo sollievo. Si sarebbe
evitata
volentieri tutta una serie di imbarazzanti eventi che probabilmente
avrebbero cercato di realizzare tra lei e Laxus. Avrebbe invece
passato la serata a mangiare e godersi quel sottile vociare.
Oltretutto fuori il cielo era luminoso come poche volte, pieno di una
quantità innumerevole di stelle. In fondo era una bella
serata.
«Potrei
andare a cercarlo» mormorò tra sé e
sé, chiedendosi per la prima
volta da quando aveva messo piede lì dentro dove fosse
Laxus. Il
malumore di quei giorni passati era stato decisamente intensificato
le volte in cui lui le stava attorno. Non perché avesse
fatto
qualcosa di male, ma vederlo le portava sempre alla mente tutte
quelle orribili scene che aveva provato a dimenticare con tale
fatica. Il sangue... il suo cappotto. Bastava il ricordo per aprire
uno squarcio nel suo petto, il pensiero che quello sarebbe potuto
essere realtà, e il proprio urlo disperato rimbombava
all'interno
delle sue orecchie tutte le volte. Non era mai stata in grado di
percepire Nirvana dentro sé tanto forte come quel momento.
Di crisi
ne aveva affrontate a bizzeffe, di momenti orribili e terrificanti,
aveva collezionato infiniti momenti drammatici in quegli anni di vita
eppure mai nessuno era stato in grado di ucciderla tanto quanto
l'assistere alla morte di Laxus. Non solo la terrorizzava l'idea di
poter ricadere vittima di quell'incubo, terribile e disperato, ma
tutto quello non faceva che confermare ulteriormente i suoi
più
grandi timori: i suoi sentimenti verso di lui erano decisamente
più
intensi di quanto avesse mai sospettato. E non era qualcosa contro
cui voleva scontrarsi, non con quella profonda consapevolezza di
cos'era e chi era lei in realtà. Una sorella, una bambina di
carta,
certo non un essere umano... che speranze avrebbe mai potuto avere
con lui? Perciò non restava che prendere dei provvedimenti:
dimenticarlo. Allontanarsi. Smettere quel divertente gioco che la
portava a spingersi sempre oltre, mangiando dal suo piatto,
abbracciandolo così spesso, dormendo nel suo stesso letto,
ridere
dei pettegolezzi che nascevano con le altre ragazze. Si era
avvicinata troppo, aveva giocato col fuoco e aveva finito col
scottarsi. Ora sapeva che tutto ciò che doveva fare per
evitare di
venirne incenerita era fare un passo indietro.
«Chissà
che al mondo non esista qualcuno di adatto a me»
ridacchiò,
giocando con una amarena all'interno di un piattino. La inseguiva con
una forchetta, cercava pigramente di infilzarla, ma questa sfuggiva e
correva via e lei ancora la rincorreva, la fermava e ci riprovava.
«Qualcuno come me» mormorò sempre
più pensierosa.
«Eccolo!»
la voce di una ragazza squillò non troppo lontana da lei e
Priscilla
si distrasse dalla sua amarena, per guardarla curiosa. La ragazza
afferrò l'amica che aveva a fianco per un braccio e
allungando una
mano indicò, rossa in volto: «Laxus-sama!
L'abbiamo trovato!»
«Wow!
È anche più muscoloso di come sembrava nella
Lacryma Vision»
ridacchiò la seconda, portandosi una mano alla guancia
arrossata.
«Come
vorrei che mi invitasse a ballare» sospirò la
prima e la seconda la
tirò per una mano, incitandola: «Vieni, andiamo a
salutarlo».
Priscilla
le seguì con lo sguardo, dimenticando il gioco con la sua
amarena
nel piatto, fino a quando le due ragazze non arrivarono alle spalle
dell'uomo. Vestito di un abito bianco elegante, i capelli
più
pettinati del solito anche se ancora indomabili, restava a braccia
conserte appoggiato a una colonna mentre un gruppo di ragazze intorno
a lui lo adulavano e si congratulavano per il torneo. Alcune,
più
temerarie, si erano persino appoggiate alle sue braccia e
ridacchiavano imbarazzate commenti adulatori sulla sua prestanza
fisica. Era un vero e proprio divo e inutili erano le minacce di un
geloso ed irritato Fried verso le ragazze che gli stavano troppo
addosso. Evergreen e Bickslow al suo fianco semplicemente non ci
facevano caso, come se fosse cosa normale, e parlavano tra loro
mentre sorseggiavano dello spumante da un calice.
Quelle
ragazze... almeno due o tre di loro non erano neanche male, con la
giusta dose di bellezza e delicatezza. Notò che qualcuna tra
loro
aveva persino i capelli lunghi, morbidi sulle spalle, e si
ricordò
delle parole di Evergreen quando le confessò della debolezza
di
Laxus per quel genere di taglio. Lo sentiva quel qualcosa premerle
nel petto di profondamente spiacevole, ma semplicemente lo
ignorò.
Non ebbe neanche il desiderio di provare a raggiungerlo, la voce
nella sua testa ora sempre più consapevole la convinse che
era
giusto così e che anzi sarebbe stata anche una bella cosa
per uno
musone come lui riuscire ad aprirsi un po' con qualche ragazza.
Probabilmente avrebbe trovato chi l'avrebbe reso felice, senza troppe
complicazioni. In fondo, a guardarle, erano sicuramente molto meglio
di una bizzarra creatura per niente femminile come lei. Era nata come
una sorella, era nata come una bambina di carta, negare l'evidenza
non l'avrebbe aiutata a stare meglio.
Riuscì
persino a sorridere, mentre una piccola fiammella dentro lei ebbe
forza di convincerla che una parte, microscopica ma presente, del suo
cuore era persino felice per lui. Laxus aveva sognato così a
lungo
di diventare un famoso e potentissimo mago, ora ci era riuscito,
quello era il risultato della sua fama. E lei riuscì ad
esserne
felice. Nonostante tutto. Perché era quella la sua promessa,
lo era
sempre stata… prendersi cura di lui.
Sorrise
timidamente, tornando ad osservare la sua amarena. Tutte quelle
sensazioni, dolore mischiato alla felicità, paura e
rassegnazione,
serenità e solitudine... tutte così diverse tra
loro, eppure
mescolate armoniosamente a generare un semplice calore all'altezza
del petto, fastidioso ma ammaliante, come una falena folle che non
trovava la forza di allontanarsi troppo dalla sua fiammella
nonostante le stesse lentamente bruciando le ali. Lasciò il
piattino
ancora pieno sul tavolo che aveva a fianco e si allontanò,
diretta a
uno dei balconcini esterni alla sala, in cerca di silenzio e
solitudine insieme all'unica cosa che era sicura le appartenesse:
l'aria e il vento. Accostò la porta alle sue spalle e si
avvicinò
alla balconata, dove ci si poggiò con i gomiti.
Alzò la testa al
cielo, chiaro e luminoso di stelle, tanto che le fu possibile
riconoscere la maggior parte delle costellazioni. Era sicuramente uno
spettacolo incredibile, ma sorrise divertita dal pensiero che una
come lei forse preferiva un bel cielo in tempesta a uno sereno come
quello. E per quanto fosse passato ormai tanto tempo, guardare il
cielo inevitabilmente le riportava alla mente Edoras e il tempo
trascorso laggiù. Pensare a Ivan, dopo il torneo appena
superato
dove si era ritrovata a scontrarsi contro Raven Tail, era
inevitabile. Ma per quanto l'Ivan del suo mondo le avesse sempre
portato brutte e spiacevole sensazioni, aver conosciuto la sua
controparte amorevole e gentile aiutava a demonizzarlo meno. Un nodo
di malinconia le si formò in petto, chiedendosi come
stessero Gerard
e Laxus di Edoras, come stesse la Fairy Tail senza magia che abitava
in quel mondo. Decisamente, preferiva i cieli in tempesta... erano
quelli che le avevano permesso di raggiungerli e conoscerli.
Le
voci dall'interno della sala si fecero più intense, tanto da
sovrastare la musica, e la porta poco dopo si aprì
maggiormente per
un attimo facendole uscire in tutto il loro fragore. Si
voltò,
curiosa, e vide Laxus camminarle incontro poco dopo aver richiuso la
porta alle sue spalle.
«Che
succede lì dentro?» chiese lei, trovando bizzarro
il caos appena
formatosi. A meno che non fosse già arrivato Natsu, allora
tutto era
nella norma.
«Pare
che le gilde abbiano cominciato a contendersi la ragazza di
Sabertooth, la vogliono tutte nella propria»
spiegò lui, mettendosi
al suo fianco.
«Per
quale motivo?» chiese lei, sempre più curiosa.
«Non
ne ho idea, ma cominciavano a fare troppo chiasso per i miei
gusti»
sospirò.
«Finiranno
in rissa?» ridacchiò lei, divertita all'idea.
«Probabilmente»
mormorò Laxus, rassegnato e irritato all'idea. Priscilla si
portò
rapidamente una mano alle labbra, ma non fu abbastanza per contenere
il suono della sua risata divertita. Un evento nuovo in quei giorni,
che sorprese piacevolmente Laxus: da quando la battaglia di Eclipse
era terminata non l'aveva vista più sorridere. La
guardò in
silenzio, lasciando che quel lieto evento si appropriasse di tutto il
tempo e lo spazio necessario. Come un colpo di spugna,
cancellò con
quel semplice potere il dolore e la preoccupazione di quei giorni
passati. Sentire la sua risata era sempre stata la medicina migliore
per ogni male, e quando avveniva persino uno come lui riusciva
addirittura ad allentare i muscoli del viso in un rilassato e
piacevole sorriso.
Il
caos all'interno del salone si fece più intenso, fu
possibile
sentire il rumore e il frastuono di sedie e tavoli, oltre che urla e
insulti di ogni genere. Voleva solo significare una cosa.
«Eccoli
che cominciano» sospirò Laxus.
«E
pensare che Natsu non è neppure qui» rise
Priscilla.
«Se
ci fosse stato a quest'ora saremmo già stati
cacciati» commentò
Laxus con un velo di rassegnazione nella voce. La risata di Priscilla
si fece più intensa di fronte a quella frase tanto vera
quanto
assurda. Doveva essere qualcosa di spiacevole e di cui vergognarsi,
ma era proprio quello che le piaceva tanto di quella gilda: qualsiasi
cosa facessero era sempre divertente.
«Ricordi
qualche giorno fa alla piscina?» disse lei, asciugandosi una
lacrima
dall'angolo dell'occhio destro.
«Che
imbecille» commentò lui, ricordandosi di come
l'avesse distrutta
con una tale semplicità e stupidità. La ragazza
al suo fianco
continuò a ridere, sempre più divertita, e
facendo un passo verso
di lui gli si appoggiò a un braccio. Tocco che lo spinse a
voltarsi
nuovamente verso di lei, a guardare il suo viso disteso e luminoso. E
ancora quella sensazione piacevole di calore e felicità gli
distese
il volto, tanto che a lungo andare si lasciò trascinare
dalla sua
voce e cadde anche lui vittima di una soffocata e divertita risata.
«Non
siamo proprio fatti per questo genere di eventi»
ridacchiò lui,
ascoltando il rumore della rissa che si faceva intensa all'interno
della sala.
«Tu
non stai tanto male in questi panni» disse Priscilla con tono
lievemente provocatorio. «Sei la pecora nera» lo
canzonò.
«Hai
trasformato in pochi istanti un complimento in un insulto, hai del
talento» commentò lui, ma lei lo ignorò
e proseguì divertita:
«Sarà per questo che hai tanto successo con le
donne. Dove le hai
lasciate, a proposito?»
«Di
che diamine parli?» chiese lui, tornando a irritarsi e
facendo finta
di non avere idea di cosa si riferisse. Priscilla gli avvolse il
bicipite con un braccio mentre con l'altra mano cominciò ad
accarezzarlo. Strinse il proprio petto contro di lui e chinandosi
lievemente sculettò con fare civettuolo.
«Laxus-sama,
che muscoli portentosi che hai» disse imitando esageratamente
le
ragazze che aveva visto poco prima stargli attorno. Laxus non rispose
ma si irrigidì, guardandola infastidito per la provocazione
e sempre
più rosso in volto per l'imbarazzo dell'argomento.
«Non
fare il finto tonto» rise poi lei, tirandogli un lieve pugno
sulla
tempia. «La cosa non sembrava nemmeno dispiacerti troppo, non
credere di cercare di fregarmi. Ti conosco da troppo tempo»
aggiunse
sempre divertita e lo lasciò finalmente andare.
«Non
ho interessi nei loro confronti» disse Laxus cercando di
tagliare
corto, ma il rossore del suo viso e l'imbarazzo con cui gli
uscì la
frase di gola lo fecero più sembrare una ricerca disperata
di una
giustificazione.
«Fai
il timido, adesso?» rise di nuovo Priscilla.
«Povere ragazze coi
sogni infranti. Sei crudele. Potevi almeno invitarne qualcuna a
ballare, anche solo per dar loro il contentino».
«Non
mi sembra che qualcuno stia ballando, lì dentro»
commentò lui,
trovando nella rissa che stava avvenendo all'interno del salone la
scusa perfetta per districarsi da quell'argomento.
«Non
sono nemmeno certa che i nostri compagni lo sappiano fare»
scoppiò
a ridere lei, dandogli corda e pensando divertita a quanto fossero
più abituati a situazioni più rozze e meno di
classe. La loro idea
di ballo si limitava alle sgambettate di Visitors o agli
sculettamenti sul tavolo di Natsu, niente che avesse la minima
somiglianza con un ballo a corte.
«Ho
visto i tizi di Blue Pegasus improvvisare un ballo in onore di Ichiya
poco fa, erano abbastanza raccapriccianti» disse Laxus, dando
corda
a quel discorso che era decisamente molto più divertente. E
come
sperava, Priscilla rise di nuovo ben consapevole di quale sarebbe
potuto essere il famigerato raccapricciante ballo.
«Io
una volta ho provato a imparare» disse poi e Laxus chiese
sorpreso:
«Davvero?». Non che non ce la vedesse, soprattutto
con addosso un
abito come quello era graziosa come poche volte, ma non sembrava il
tipo che potesse interessarsi a quel genere di cose. Era rozza,
caotica, esuberante, più sullo stile di Fairy Tail che
quello di un
ballo elegante.
Priscilla
annuì, prima di rispondere: «Quando ero piccola,
non ti ricordi?
Eravamo andati alla gilda per salutare il nonno e c'erano alcuni
maghi che si stavano esercitando perché una delle missioni
che
avevano accettato prevedeva che si infiltrassero in un castello
durante una cerimonia. Tu avevi storto un po' il naso, trovandolo
assurdo e strano, mentre io ne ero rimasta più incuriosita.
Avevo
letto qualche libro su principesse e castelli, mi
affascinava».
«Ah,
sì! Adesso ricordo» disse lui, abbozzando un
sorriso divertito.
«Il
nonno mi fece salire sopra i suoi piedi e mi fece ballare in mezzo a
loro» ridacchiò Priscilla.
«Al
tempo poteva farlo, eravate della stessa altezza»
ridacchiò Laxus
con un pizzico di malizia nella voce, velando così il lieve
insulto
che aveva appena rivolto alla bassezza di suo nonno. Priscilla
scoppiò invece in una risata più fragorosa ed
esclamò: «Povero
vecchio!».
Ancora
una volta Laxus si lasciò coinvolgere dal suono armonioso
della sua
voce, lasciando che una risata sfuggisse anche a lui. Il petto gli si
mosse sotto lo sforzo e la voce roca gli uscì dalla gola, ma
più
sentiva lei ridere in quel modo, più ripensava all'altezza
bambino
di suo nonno, e più l'ilarità finiva per farsi
incontrollabile.
Pochi istanti, in cui la voce cresceva sempre più, fino a
quando non
si trattenne e per la prima volta dopo chissà quanti anni
anche
Laxus scoppiò in una risata più aperta e
sganasciata, una di quelle
che lo costringevano a chiudere gli occhi e spalancare la bocca.
Riprendeva fiato, tornava a ridere, e proseguì per minuti
interi
accompagnato tutto il tempo dalla stessa voce cristallina di
Priscilla al suo fianco.
«Credo
che ora sarebbe un po' in difficoltà» disse lei,
man mano che la
risata si placava. «Il che è un peccato, mi
divertii molto allora»
aggiunse divertita.
«Non
hai più imparato?» chiese lui.
«Perché,
tu sì?» gli rispose lei, imbronciandosi per quel
lieve difetto che
era appena emerso. Laxus continuò a ridacchiare, ancora
trascinato
dall'ilarità di poco prima, e semplicemente la prese per
mano e si
voltò mettendosi di fronte a lei. Le si avvicinò
rapidamente con un
solo passo e lei arrossì tutto in una volta, colta di
sorpresa per
quell'improvviso e intimo gesto. Lo guardò, cercando di
capire che
stesse facendo, e restò per un istante paralizzata e col
fiato
corto. Laxus le strinse la mano e gliela sollevò a mezz'aria
mentre
con l'altra le avvolse i fianchi per tirarsela contro e farla
avvicinare.
«Puoi
salire sui miei piedi, se vuoi» ridacchiò
canzonatorio, mentre
guidava la mano di Priscilla sopra la propria spalla, intorno al
collo.
«Non
prendermi in giro, dovresti essere più gentile con le
ragazze che
inviti a ballare» bofonchiò lei, timida,
incassando la testa nelle
spalle. Espressione che lo fece sghignazzare ancora, prima di
cominciare a muovere i primi passi. Impacciata e sempre più
rossa in
volto, lei provò a seguirlo concentrandosi smisuratamente
sui propri
piedi in movimento. Era rigida come un tronco e decisamente troppo
tesa, staccata da lui di almeno trenta centimetri si fissava i piedi
e non si muoveva in nessun modo che facesse pensare che stesse
ballando.
«Cerca
di starmi dietro» le disse Laxus lievemente rimproverante,
notando
come a volte lei sembrasse andare per i fatti propri.
«Ci
sto provando» mormorò lei irritata, tenendo gli
occhi puntati sui
piedi di entrambi e cercando di imitare i suoi movimenti. Lui
alzò
gli occhi al cielo, sapendo di trovarsi di fronte a una causa persa,
ma la cosa continuò ancora a farlo divertire e lo spinse a
proseguire nel suo disperato tentativo di farla ballare. Priscilla
era proprio come una bambina a volte, le andavano spiegate le basi di
ogni cosa e se la prendeva persino quando qualcuno cercava di fare
una carineria. Era sciocca... e a suo modo adorabile. Laxus
lasciò
andare la sua mano per portare infine le dita al mento della ragazza.
Con un solo gesto la costrinse ad alzare il volto, puntando i propri
occhi nei suoi, e la strinse contro il proprio petto così da
chiuderle la via che l'avrebbe riportata ad abbassare lo sguardo ai
loro piedi.
«Non
fissarli, ti distraggono» la rimproverò e lei
restò più immobile
di quanto si sarebbe aspettato, come se fosse appena stata
pietrificata. «Sono più distratta ora»
confessò Priscilla senza
rifletterci, con le guance completamente colorate di rosso, il
respiro più affannato, e gli occhi intrappolati in quelli di
Laxus
tanto da essere quasi incapaci di battere ciglio. Piccola e minuta,
schiacciata contro il suo petto, aveva appena iniziato a tremare
stretta all'interno del suo braccio. Lo guardava a così
breve
distanza, paralizzata, probabilmente spaventata, ma incapace anche
solo di pensare di voltarsi e sciogliere la tensione delle spalle. Il
mento sorretto dalle dita di Laxus, in un gesto che era nato con
l'intenzione di alzarle il volto, avrebbe anche potuto trasformarsi
ora in una guida per tirarla ancora più verso di
sé. Poteva
avvicinarla, direzionarla verso se stesso, raggiungere quelle labbra
schiuse che per qualche strano motivo avevano adesso tutta la sua
attenzione. Non era la prima volta che lui provava quelle bizzarre e
folli sensazioni, ma era certamente la prima volta che non riusciva a
trovar loro un posto dove stare e controllarle. Uno strano vuoto
esplose nella sua testa dove non c'erano domande, ragioni, non c'era
il passato a tormentarlo, a deriderlo e umiliarlo, a ricordargli
quale sarebbe dovuto essere il suo posto. Non c'era futuro, non c'era
niente che potesse sembrare una domanda, un dubbio, su cosa sarebbe
potuto accadere se solo...
Solo...
socchiuse gli occhi. La presa sul mento di Priscilla si fece
più
ferrea, più decisa. Poté sentire il
respiro della ragazza
farsi più accelerato, il cuore battere impazzito contro il
proprio
petto. I suoi eccezionali sensi di drago lo aiutarono molto in quella
particolare nuova ed incredibile esplorazione. Il profumo di
Priscilla parve farsi più intenso, la pelle più
calda, la sentiva
tremare fragile all’interno del suo abbraccio ora
più serrato,
quasi violento. Ascoltava il rumore del suo cuore tamburellante come
se si fosse trovato poggiato contro il proprio orecchio. Avrebbe
potuto raggiungerla, avrebbe potuto assaggiarla e lei con ogni
probabilità non gliel’avrebbe nemmeno
impedito.
Un
urlo provenne dall'interno della sala, diverso da quelli che avevano
sentito fino a quel momento. Un urlo corale, sconvolto, allucinato, e
in mezzo a questo poterono sentire qualcuno gridare il nome di Natsu.
Fu un appiglio abbastanza sicuro a cui aggrapparsi per uscire da
quella follia che li stava accecando e tornare alla realtà.
Si
voltarono verso la porta del balcone, riuscendo a distogliere lo
sguardo l'uno deall'altro, e si chiesero cosa stesse accadendo
intorno a loro, anche se sentir chiamare Natsu da più fronti
dava
già un indizio. Con sorpresa videro Chelia affacciata oltre
la porta
del balcone che li fissava, con gli occhi trasognanti, le guance
arrossate, e continuò a farlo a lungo ignorando il fatto che
fosse
stata colta in pieno sul fatto di sbirciare. Una mano piccola e
minuta uscì da dietro di lei, la prese per il colletto del
vestito e
la tirò via con forza, strappandola da
quell’imbarazzante
situazione. Con ogni probabilità si doveva trattare di Wendy.
«Quella
non era la ragazzina di Lamia Scale?» mormorò
Laxus, confuso.
«La
cuginetta di Cherry» sospirò Priscilla, rassegnata
all'idea che
probabilmente quella storia avrebbe fatto presto il giro di tutte le
gilde. "Vista la sua faccia, scommetto che ha la stessa
fissazione sull'amore come ce l'aveva Cherry" pensò
interpretando l'immobilità con cui li aveva
fissati.
Scivolando
via dalla sua stretta con un’incredibile maestria, Priscilla
si
allontanò rapidamente da Laxus, che non oppose resistenza.
Era
tornato alla realtà, anche se ancora confuso e su di giri,
ma era
abbastanza lucido ora da rendersi conto del bisogno di prendere le
distanze quanto prima. La guardò mentre precedendolo si
avvicinava
alla porta del balcone e l’apriva per rientrare. La
seguì
silenzioso e ora nuovamente corrucciato, entrando nella sala dopo
poco di lei. Non ci fu bisogno di chiedere cosa stesse accadendo, il
disastro era abbastanza palese di fronte ai loro occhi e
bastò come
spiegazione: Natsu urlava e rideva dal balcone più alto
della sala,
vestito con un mantello sontuoso, e indossava una corona imperlata di
diamanti e pietre preziose. La corona del Re.
«Sono
il Re! Sono diventato il Re!» urlava a braccia alzate, sotto
lo
sguardo sconvolto e furioso di tutte le gilde e le guardie
presenti.
«Che
imbecille!» scoppiò a ridere Priscilla, tornando
all'umore di poco
prima con una facilità incredibile. Era come se niente fosse
appena
successo, e forse per lei lo era davvero, visto che aveva
già preso
consapevolezza da un po' di ciò che aveva nel cuore, cosa
completamente diversa per Laxus. Lei era ormai abituata a vivere quei
momenti di desiderio ed emozione, tornare alla normalità non
era
difficile, l’aveva già fatto un sacco di volte. Ma
lui... era
tutto ancora completamente confuso, folle. Un'incrinatura nella sua
solida certezza che si aggiungeva a quelle avute nei giorni
precedenti, ma a differenza di quelle ultime questa aveva seriamente
rischiato di mandare tutto in pezzi. Non erano più solo
imbarazzanti
situazioni messe su da un mascolino istinto e dei loschi pensieri che
nascevano nel momento in cui si fissava sul suo maturo aspetto
esteriore. Non era più un semplice far cadere lo sguardo sul
suo
sedere o sul seno ben formato, come un qualsiasi idiota, non era
più
un semplice arrossire di fronte alla sua sfacciata nudità e
il
comportamento innocente che la portava ad atteggiamenti talvolta poco
pudici. Non erano più solo stupidi pensieri giocosi.
Era
successo qualcosa di diverso, di profondamente diverso.
Nonostante
la voce di Priscilla, cristallina al suo fianco, ridesse con tale
divertimento che avrebbe potuto trascinarlo ancora, non ebbe in
realtà lo stesso effetto rilassante e scaldante delle altre
volte.
Si corrucciò, turbato, e per il resto della serata non fece
che
restarsene in silenzio, pensieroso.
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Capitolo 61 *** Ritorno a Magnolia ***
Ritorno
a Magnolia
La
mattina dopo si svegliarono tutti relativamente presto, per preparare
bagagli e infine partire almeno prima di pranzo. Ci sarebbero volute
ore per tornare a Magnolia, almeno mezza giornata, e la speranza era
quella di riuscire a tornare prima che facesse buio. Avevano molte
cose da sistemare, l'idea di tornare a casa li elettrizzava dopo la
settimana passata fuori e l'incredibile disavventura con i draghi.
Nonostante tutto, un velo di malinconia non riuscì a
lasciarli.
Proprio quell'incredibile disavventura l'avrebbero portata in eterno
nel cuore: aveva lasciato il segno, non solo in negativo, ma
soprattutto in positivo. Avevano conosciuto la Principessa Hisui e il
suo cavaliere bianco Arcadios, dimostrandosi entrambi delle persone
veramente deliziose e amichevoli. Il torneo era comunque stato una
fonte infinita di emozioni e gioia, aveva regalato ogni singolo
giorno qualcosa di eccezionale e unico, li aveva persino trasformati.
Priscilla soprattutto si lasciava alle spalle una vita intera di
prigionia e paure, pronta a vivere una nuova vita totalmente libera
dall’ombra di suo padre. E poi avevano conosciuto e legato
con
molte altre persone, tra cui Sabertooth che, nonostante i trascorsi,
alla fine si erano dichiarati grandi amici. Ma anche Mermaid Heel e
Quatro Cerberus avevano regalato la loro dose di emozioni e nuovi
legami. Gente che avrebbero rivisto più frequentemente e
gente che
invece non avrebbero più incontrato per lungo tempo, ma la
cosa
importante era che fossero tutti lì, nel petto, a cui
attingere nei
momenti di desiderio.
Priscilla
fu l'ultima del gruppo a uscire dall'hotel, con ancora un panino
dolce in bocca a testimoniare che il suo ritardo era stato dovuta a
una lunga e intensa colazione.
«Crocus
ha i dolci migliori del mondo» aveva provato a giustificarsi,
ma
tanto sapevano che avrebbe detto la stessa cosa di qualsiasi
città.
«Dove
sono gli altri?» chiese, notando come gli unici ad aspettarla
fossero i Raijinshuu e Laxus.
«Sono
già partiti» rispose Fried e lei, portandosi le
mani ai capelli,
esclamò abbattuta: «Mi hanno lasciata
indietro!»
«Ti
abbiamo aspettata noi» cercò di rincuorarla
Bickslow.
«Tanto
era scontato che fossi venuta nella nostra carrozza, visto che
sicuramente qualcuno avrà bisogno del tuo aiuto»
ridacchiò
Evergreen, lanciando un'occhiata a Laxus che, appoggiato alla
carrozza, faceva finta di niente. Lui si corrucciò e
voltando gli
occhi altrove si limitò a fare un verso gutturale
infastidito.
«Possiamo
anche noi prendere i mezzi di trasporto ora che c'è
Pricchan» disse
Bickslow trasognante.
«Niente
più chilometri a piedi» si unì
Evergreen, altrettanto commossa.
«Non
siate stupidi! Il viaggio a piedi era il momento migliore di tutte le
missioni!» li rimproverò Fried, sempre dalla parte
del suo amato
Laxus.
«Li
costringevi a camminare per chilometri?» ridacchiò
Priscilla,
lanciando un'occhiata divertita a Laxus. «Io non costringevo
nessuno. Erano loro che volevano venire con me».
«Come
se avessimo potuto lasciarti solo! Ti saresti perso appena uscito di
casa» lo rimproverò Evergreen, salendo per prima
nella carrozza che
li attendeva. Bickslow le andò dietro, ridendo
sganasciamante,
e Fried li seguì subito dopo continuando a rimproverarli per
le
accuse, a suo dire infondate, che stavano rivolgendo al loro
leader.
«Mi
mette in imbarazzo pensare che una volta sarei potuta sembrare
ossessiva come te nel difenderlo da ogni cosa» disse
Priscilla,
andando dietro a Fried, prima di aggiungere: «No, aspetta...
non
credo di aver mai raggiunto certi livelli».
«Non
sei degna di essere un Raijinshuu» disse repentino Fried,
orgoglioso
di sentirsi l'unico lì dentro degno.
«Come
se l'avessi mai chiesto» mormorò Priscilla,
mettendosi a sedere di
fronte ai tre. «Mi avete praticamente rapita»
aggiunse, ricordando
come i primi tempi la trascinassero ovunque senza che lei lo
chiedesse.
«Era
nostro dovere provvedere alla tua salute e
incolumità» disse Fried,
solenne, mentre anche Laxus saliva e si metteva a sedere per
permettere alla carrozza di partire.
«E
quelle poche volte che ti perdavamo di vista tornavi a casa a
pezzi»
aggiunse Evergreen, annuendo.
«Come
quando sei tornata dalla missione contro gli Oracion Seis.
Metà di
ghiaccio e contaminata da una magia oscura»
ricordò Bickslow.
«O
quando sei sparita per settimane, risucchiata da Anima e finita ad
Edoras» insisté Evergreen.
«Devo
ricordarvi grazie a chi siete tornati tutti sani e salvi?»
cercò di
difendersi Priscilla, alzando il mento orgogliosa. Si
appoggiò con
la schiena allo schienale e cercò di sedersi il
più composta
possibile, prima di picchiettarsi un paio di colpi con le mani contro
le gambe per indicare a Laxus che poteva poggiarsi.
«Non
saremmo mai finiti lì se non fosse stato per te»
continuò ad
accusarla Evergreen, mentre Laxus, ignorando quei discorsi, si
limitava a guardare fuori dal finestrino e cercare di ignorare
l'invito di Priscilla. Dopo tutto quello che era successo, anche una
cosa normale come quella sembrava azzardatissima, senza contare la
vergogna nel doversene stare poggiato lì come un bambino per
tutta
la durata del viaggio. Era imbarazzante a dir poco.
«È
stato un grande gesto invece, ho permesso al Principe di tornare a
casa e ho sistemato per sempre quel problema di Anima e della magia
ad Edoras» disse Priscilla con orgoglio, prima di lanciare
uno
sguardo contrariato a Laxus che ancora si rifiutava persino di
guardarla. «Sono un'eroina, altroché!»
«Ti
abbiamo perso di vista anche su Tenroujima e sei tornata senza una
gamba. Saresti morta addirittura, se non fosse arrivato
Laxus!»
insisté Evergreen.
«Quella
non è stata certamente colpa mia!»
brontolò Priscilla.
«Però
conferma che non appena ti allontani da noi ti succede qualcosa di
brutto» disse ancora Evergreen.
«Ti
ostini a voler seguire Natsu e gli altri e guarda cosa
succede» la
rimproverò ancora Fried.
«Io
non seguo Natsu, io seguo Wendy è ben diverso»
disse Priscilla
orgogliosa e alzò le mani, facendo spazio davanti a
sé,
nell'istante in cui una forte folata di vento penetrò dal
finestrino. Colpì Laxus in pieno e lo spinse con impeto di
lato,
costringendolo così ad appoggiare la testa sulle sue gambe.
«Piantala di fare l'orgoglioso, perderesti la tua
dignità alla
prima curva» lo rimproverò e poggiò una
mano sulla sua testa,
liberando così la magia che permetteva di sistemare il suo
equilibrio ed evitargli la nausea. Lui restò immobile, ben
consapevole che avesse ragione e decise di assecondarla, anche se non
smise di restare corrucciato e contrariato.
«Approfittane
per riposare un po', hai delle occhiaie assurde. Hai dormito questa
notte?» chiese Evergreen, studiando il volto
dell'uomo.
«Ho
dormito!» rispose lui, nervoso, voltandosi a pancia in su e
sistemandosi meglio. Incrociò le braccia al petto,
poggiò un piede
sul sedile e il ginocchio alzato e poggiato sullo schienale, mentre
l'altra gamba la lasciò pigra verso terra. Una posizione che
gli
permetteva almeno in parte di mantenere la sua dignità e
anche di
rilassarsi. Priscilla gli tenne il braccio poggiato addosso,
avvolgendogli il collo e continuando a tenere le dita poggiate contro
la sua tempia per continuare a svolgere quel delicato lavoro
sulla sua testa.
«Pricchan,
ho la chinetosi anche io» provò a intromettersi
Bickslow, guardando
con invidia Laxus che poteva riposare appoggiato alle sue coscie
avvolto dal suo delicato braccio.
«Puoi
appoggiarti sulle mie gambe, se ti va» ridacchiò
Evergreen,
stuzzicandolo di proposito. «Ti curo io».
Più
che una proposta di aiuto sembrava una minaccia e Bickslow d'istinto
sussultò, spingendosi dall'altro lato per cercare di
prendere le
distanze. Gesto che schiacciò Fried contro il finestrino e
lo portò
a brontolare più animatamente, prima di spingerlo nuovamente
contro
Evergreen. La donna non apprezzò vedere il proprio spazio
violato e
l'irruenza con cui venne spinta, perciò tornò a
fare altrettanto,
irritata, per poi scoppiare in un infantile lite con i due amici.
Priscilla li guardò, di fronte a sé, con occhio
pigro e la testa
poggiata su una mano con il gomito contro il finestrino. Sorrise,
lievemente divertita, e accompagnata dal suono delle loro litigiose
voci spostò gli occhi alla campagna che correva di fianco
alla
carrozza. Erano successe veramente tante cose, eppure niente sembrava
cambiato e tutto era tornato alla normalità. Quella era
veramente la
felicità più grande a cui poteva ambire: che il
mondo fosse andato
avanti esattamente come lo era sempre stato, immutato nella sua
semplicità e felicità. Immutato... esattamente
come lei. Per
sempre.
Raggiunsero
Magnolia e la carrozza li lasciò all'ingresso della
città. Gli
altri compagni erano già arrivati ma stavano scaricando gli
ultimi
bagagli e sistemandosi per poter fare l'ultima tratta, all'interno
della città, verso la propria gilda. Ciò che non
si aspettavano fu
l'accoglienza che l'intera città e persino stranieri giunti
lì per
curiosità gli diedero. Feste e musica, applausi e urla,
coriandoli e
festoni, manifesti e cartelloni. Urlavano i loro nomi, salutavano e
alcuni addirittura piangevano.
«Bentornati!»
«Congratulazioni!»
Erano
le parole che più sentivano, ma man mano che passavano nelle
strade
i più temerari si facevano avanti e salutavano i loro
beniamini. Chi
più e chi meno vistosamente i membri di Fairy Tail
esprimerono la
loro gioia e il loro stupore nel vedere così tanta gente
accorsa per
salutarli. Natsu e Happy, in cima alla colonna, ridevano e si
sbracciavano. Mirajane correva da una parte all'altra a stringere
mani e salutare candidamente tutti. Makarov prese la piccola Asuka
sulle spalle che eccitata si sbracciava e salutava tutti quanti. Cana
correva e barcollava in giro, afferrando qualsiasi bottiglia gli
capitasse tra le mani e tracannando tutto ciò che poteva.
Wendy
semplicemente si inchinava e ringraziava educatamente, sotto uno
sguardo rassegnato di Charle che sapeva che mai l'avrebbe vista
più
sciolta e meno sottomessa. Elfman prese Lisanna sulle spalle,
nonostante la ragazza fosse più imbarazzata che felice, ma
la gioia
era troppa. Bickslow, poco dietro di lui, volle imitarlo preso dallo
stesso entusiasmo e si piegò per prendere su una spalla
Priscilla.
La sollevò per aria con Fried che gli diede una mano
dall'altro lato
e Evergreen che camminava davanti a loro come una dama che apriva un
corteo. Con un sorriso, Laxus semplicemente camminò dietro
di loro,
guardando sua sorella che nonostante la paura e la sorpresa iniziale
si stava lasciando portare in giro come un trofeo e ridendo
si
univa ai festeggiamenti, salutando e ringraziando.
«Lucy-san,
ben fatto!»
«Erza-san,
il combattimento nel Pandemonium è stato
eccezionale!»
«Laxus-sama
complimenti per la vittoria contro Jura!»
«Bravissimi,
complimenti!»
«Mira-san
sei sempre la più bella!»
E
i cori proseguirono, gli incitamenti sempre più calorosi, la
gioia
sempre più incontenibile.
«Ora
vi mostro qualcosa che vi farà spalancare la
bocca!» esclamò
Natsu, sogghignando divertito e infilò una mano dentro la
sua sacca
per cercare il famigerato tesoro. Con un «Tadan»
vittorioso sollevò
infine la corona Reale, sotto lo sguardo inebetito e l'urlo sconvolto
di chi scopriva in quel momento il deplorevole furto.
«L'hai
rubata?!» esclamarono Wakaba e Macao, sentendosi
già venir meno
mentre squillò sopra ogni cosa la risata esilarata di
Priscilla.
«No,
non era questa» mormorò Natsu, disinvolto, prima
di rimetterla via.
«E
che altro hai rubato?» mormorò Wendy, altrettanto
bianca in volto.
«La
prova della nostra vittoria! Il trofeo Reale!»
urlò sollevando per
aria l'enorme coppa d'oro imperlata di gioielli. Un coro di euforia
si alzò intorno a lui, mentre gran parte dei suoi compagni
lo
accerchiavano per esultare insieme a lui. Natsu prese Romeo sulle
spalle e gli passò la coppa, esclamando: «Romeo
sollevala tu!» e
il ragazzino non se lo fece ripetere due volte, alzando tanto le
braccia al cielo che avrebbe potuto raggiungerlo.
«E
ora il sindaco di Magnolia conferirà a Fairy Tail un dono
commemorativo» annunciò un uomo distinto, in
presentazione del
sindaco che schiarendosi la voce si fece avanti.
«Un
dono... non ce n'è bisogno» mormorò
Makarov, imbarazzato anche se
felice.
«Membri
di Fairy Tail, per favore ammirate» disse il sindaco prima di
allungare un braccio in avanti e farsi da parte per mostrare cosa li
avrebbe aspettati in fondo alla strada che stavano percorrendo. I
loro occhi si inumidirono, iniziarono a brillare, mentre nel petto
sentivano il cuore battere sempre più forte.
Fiera
in tutto il suo splendore, con gli stendardi che si muovevano al
vento, la loro vecchia gilda, quella splendida e gigantesca che si
erano costruiti tempo addietro, splendeva a cancelli aperti, pronti
ad accoglierli.
«Abbiamo
contribuito tutti e abbiamo ricostruito la vostra gilda»
spiegò il
sindaco mentre tra i membri c'era chi si metteva a urlare per la
gioia, chi piangeva e chi semplicemente se ne stava a fissarla,
inebetito.
C'era
solo una cosa che aveva senso dire, di fronte a tutto quello:
«Siamo
a casa».
E
l'emozione non terminò nemmeno quando finalmente poterono
attraversare le porte della gilda. Nonostante il silenzio di un luogo
rimasto incontaminato tanto a lungo, il freddo delle mura che mai
erano state scaldate prima di allora, sentirono il tepore di casa
invaderli lo stesso.
«È
esattamente come a sette anni fa» piansero Jet e Droy, mentre
il
resto della gilda entrava e si guardava attorno.
«Evviva!»
gridò Priscilla, roteando a mezz'aria come una bambina su
una
giostra e Natsu le faceva volentieri eco, gridando e correndo in
cerchio.
«Che
casino che fanno» mormorò Lucy, guardando la scena
tra i due più
euforici.
«Chissà
se ci sono scorte di alcol nella dispensa» disse Cana,
avvicinandosi
al bancone seguita da Mirajane, pronta a prendere la sua
postazione.
«Che
aria di casa, è così bello essere di nuovo
qui» disse Levy,
aspirando quell'aria a grandi polmoni.
«Chissà
se anche la piscina è stata ricostruita» chiese
Wendy a Charle, al
suo fianco. Curiosità che fece fermare il vorticare
impazzito di
Priscilla. Spalancò gli occhi, un'espressione colma di
curiosità ma
che non lasciava presagire niente di buono. Volò verso Wendy
con una
velocità incredibile, tanto che nemmeno la vide avvicinarsi,
e si
accorse di quanto stesse accadendo solo nell'istante in cui si
sentì
trascinare senza controllo. Tenuta da Priscilla per il collo della
maglia, volava a gran velocità verso la porta che dava sul
cortile
sul retro. Si lasciò scappare un'esclamazione di sorpresa ma
questa
aumentò e divenne un vero e proprio urlo quando vide che
nell'altra
mano Priscilla teneva Lisanna per un piede, finita chissà
come nella
stessa trappola. Sfondò con un colpo di vento la porta e
uscì nel
cortile, lanciando letteralmente le due amiche verso la piscina. Con
un urlo, caddero nell'acqua con ancora tutti gli abiti addosso e non
appena riemersero, guardandosi paniche gli abiti fradici, tornarono a
urlare nel vedere Priscilla in fase di atterraggio proprio verso di
loro. Il tuffo generò un'onda che andò a
inzuppare parte del
pavimento intorno alla piscina, ma questo non la mise a disagio
nemmeno un po'. Tornò a galla e scoppiò a ridere
guardando le due
ragazze nuotare al suo fianco, ancora sconvolte per l'accaduto.
Lisanna sogghignò dopo qualche secondo e la
guardò maliziosa prima
di esclamare: «Ah sì?» e le si
lanciò addosso, spingendola per le
spalle e facendola di nuovo immergere.
«Vuole
affogarla!» esclamò Wendy, portandosi le mani al
viso, mentre le
due cominciavano una guerra di spintoni e schizzi. Guerra interrotta
dall'urlo di Cana che, anche lei ancora interamente vestita, si
lanciò dal bordo della piscina verso le due e le
investì a sua
volta ridendo come una matta.
«Bagno
vestiti in piscina!» gridò euforico Bickslow e
ridendo come un
matto afferrò Fried, se lo caricò su una spalla e
corse verso
l’acqua. Si fermò sul bordo e semplicemente
lanciò l'amico, senza
unirsi a loro, ridendo di lui. Natsu prese Lucy per la vita e la
sollevò da terra, ridendo sganasciamente, e ignorando i
calci di
ribellione dell'amica la trascinò con sé fino a
quando non caddero
entrambi nell'acqua.
«Oh,
il bagno in piscina è un buon modo per festeggiare il nostro
ritorno» esclamò Erza, avvicinandosi con l'aria di
chi non si
sarebbe mai lasciata scappare una simile occasione.
«Che
scemenza» sospirò Gray, avvicinandosi solo per
guardarli, ma per
qualche ragione Jet e Droy gli arrivarono da dietro scivolando e
roteando sul pavimento bagnato. Lo travolsero e sempre roteando come
una trottola finirono in piscina anche loro, continuando a schizzare
in giro e peggiorare le situazione. L'onda che l'arrivo dei tre
generò fu tale da superare il bordo e travolgere in pieno
Erza ben
prima che potesse prepararsi e saltare, cosa che la lasciò
frustrata
e nervosa non potendo aver realizzato il tuffo perfetto a cui si
stava preparando da qualche secondo.
Priscilla,
riemersa e finita la guerra con Cana e Lisanna, la guardò e
scoppiò
a ridere tanto che dovette reggersi la pancia con una mano mentre con
l'altra la indicava canzonatoria. Kinana e Laki si guardarono,
esprimendo solo con quello sguardo il loro entusiasmo, e corsero
verso il bordo a braccia alzate pronte a tuffarsi anche loro.
«Che
gioco infantile» ridacchiò Evergreen,
sventolandosi con superiorità
vicino alla porta, affiancata da un Laxus sempre silenzioso ma per
qualche ragione sempre presente.
«Credi
che non tocchi anche a te?» esclamò Priscilla
nuotando fino al
bordo e uscendo dalla piscina, pronta a inseguirla. Si
liberò
rapidamente delle scarpe, che in quella situazione le erano
più di
intralcio che altro e corse verso di lei. Ma il pavimento bagnato non
aiutò il suo già sempre precario equilibrio e
scivolò
rovinosamente, cadendo in avanti a braccia tese in maniera scomposta
e infantile. Si aggrappò alla prima cosa che
trovò, ma non l'aiutò
a restare in piedi. Quando rialzò la testa, dolorante e
abbattuta
per la misera figura, si trovò di fronte Lucy senza
più la maglia
addosso. La bionda infatti aveva provato a uscire, allontanandosi da
il principio di rissa che già stava nascendo tra Gray e
Natsu per
qualche motivo, ma Priscilla nel cadere aveva afferrato la sua
maglietta e l'aveva strappata via. Urlando, si coprì il
petto nudo,
mentre Natsu alle sue spalle la guardava rassegnato e rammaricato,
dicendole: «Lucy, non hai capito il senso di bagno
vestiti».
«Non
perde mai occasione per mostrarsi nuda» lo
assecondò Gray,
guardandola allo stesso modo, e Lucy lo attaccò con un
esasperato:
«Senti da che pulpito!»
Macao
e Wakaba guardarono la scena con gli occhi spalancati, il volto
arrossato e un procinto di sangue pronto a uscire dal naso. Tipico
sguardo da pervertiti che Romeo, frustrato dall'atteggiamento di suo
padre, rimproverò imbarazzato. Levy prese Gajeel per la
maglia e
indicò la piscina, chiedendogli di unirsi a loro, ma Gajeel
sempre
scorbutico si era rifiutato trovandolo ridicolo. Non aveva nemmeno
finito la frase che una sdraio gli era arrivata in testa, lanciata da
chissà chi, ma per qualche motivo decise che la colpa era di
Natsu e
ringhiando il nome di Salamander corse verso la piscina, pronto a
menar pugni. Levy lo guardò irritata e si
imbronciò, prima di fare
retro front e prepararsi a rientrare scocciata dal fatto che lui non
le desse mai corda e soddisfazione.
«Giocare
in acqua è da uomini!» gridò Elfman
correndo fuori, superando
Levy, e dirigendosi verso la piscina a pugni alzati e muscoli gonfi.
Il gelo scese sull'intero cortile mentre guardavano, pallidi in
volto, l'enorme uomo che saltava dal bordo e si tuffava in acqua.
Volti che, man mano che l'ombra gigantesca di Elfman si faceva largo
nella piscina, assumevano sempre più l'espressione del
panico,
consapevoli di cosa sarebbe successo. E come previsto, l'arrivo di
Elfman non solo generò una vera e propria onda anomala ma
svuotò
quasi del tutto la piscina coinvolgendo nell'impeto tutti i compagni
che aveva attorno. L'acqua arrivò fino a Levy e Laxus,
vicino
all'ingresso, travolse Evergreen, Macao e Wakabe poco lontani, e
chiunque fosse dentro la piscina venne scaraventato fuori spinto
dall'onda. Rotearono, si ribaltarono, sbatterono su qualsiasi cosa
trovassero nella traiettoria, si colpirono tra di loro e alla fine,
quando tutto si placò non restò che un cortile
completamente
fradicio, una piscina semi vuota e la quasi totalità dei
membri di
Fairy Tail fuori gioco sparpagliati a terra, sui tavoli e lettini
ribaltati, sugli stessi ombrelloni abbattuti, contro il muro o anche
ammucchiati tra loro.
«Questa
è lo forza di un vero uomo» rise orgoglioso
Elfman, guardando con
fierezza il risultato del suo micidiale tuffo. Rise per qualche
secondo abbondante, potendo godere della sua notorietà e
vincita,
poi lentamente Gray, Natsu, Gajeel e altri si alzarono furiosi. Si
lanciarono contro Elfman al centro della piscina e con lui
ingaggiarono battaglia, in una rissa tipica di cui certamente non
sentivano la mancanza. In qualche modo ne vennero coinvolte
anche
Erza, Evergreen (furiosa per essere stata bagnata) e Cana.
«Lucy»
la voce di Priscilla, bofonchiante e dolorante, provenne da sotto il
sedere di Lucy e solo allora si accorse che trascinata dall'onda di
Elfman era finita col cadere sopra di lei. «Sei
pesante» piagnucolò
Priscilla, sofferente, e Lucy urlando spaventata si lasciò
cadere di
lato per permetterle di riprendere fiato. Con un profondo sospiro
Priscilla tornò a riprendere colore e si voltò,
lentamente,
poggiando le mani a terra e cercando di rialzarsi. Guardò la
rissa
che si stava svolgendo all'interno della piscina, chiedendosi
probabilmente quando e perché avessero cominciato, ma alla
fine
sentì qualcosa di caldo emergere in fondo al cuore. Si
voltò a
guardare Lucy, inginocchiata al suo fianco che ancora si teneva e si
copriva il petto nudo, ma non dissero una parola. Semplicemente si
guardarono, forse ponendosi le stesse domande o sentendo la stessa
sensazione di felicità in fondo al petto.
E
semplicemente scoppiarono a ridere.
Era
mattina appena e la gilda aveva fatto ritorno da nemmeno ventiquattro
ore, quando tutti i membri di Fairy Tail che avevano fatto parte
delle due squadre ai giochi della magia si ritrovarono gli uni di
fronte agli altri all'interno di quello stesso salone.
Braccia
conserte, sguardi severi, pronti a tutto pur di vincere
quell'ennesima battaglia. Gli organizzatori dei giochi avevano deciso
a metà torneo di unire le due squadre e questo aveva
perciò mandato
in fumo un loro grande obiettivo, che ora si ritrovavano proprio per
portarlo a termine.
«Le
squadre A e B ora salderanno i conti» annunciò
Makarov severo, in
piedi su un tavolo proprio in mezzo alle due squadre che non
smettevano di squadrarsi. Avevano già scelto i loro
campioni, i loro
leader da mandare in campo per quella resa dei conti che valeva ogni
cosa. Il più forte, il migliore, Laxus e Erza ora si
guardavano a
pochi centimetri l'uno dall'altro pronti a ingaggiar
battaglia.
«Come
d'accordo, la squadra perdente dovrà obbedire a qualsiasi
cosa il
team vincente gli ordinerà. Questo per l'intera durata della
giornata, fino a mezzanotte» spiegò Makarov e
Priscilla con un
sogghigno aggiunse: «O fino a che non cadrete a terra
esausti»
ridacchiò malefica.
«Che
intenzioni hai, psicopatica?!» sussultò Lucy,
già sudando freddo.
«Non
possiamo assolutamente perdere» disse Laxus, schioccandosi le
dita.
«Spiacente,
ma saremo noi a vincere» disse Erza, risoluta e dietro di lei
Natsu
ruggì furioso: «Finiscilo, Erza!»
«Nella
squadra B sono più equilibrati»
commentò Gray, preoccupato.
«Chissà
cosa succederà se dovessimo perdere»
piagnucolò Lucy, ancora
spaventata per la frase che Priscilla gli aveva rivolto.
«Pronti?»
Makarov richiamò la loro attenzione e Laxus e Erza si
prepararono.
«Via!»
«Sasso
carta forbice!» dissero in coro i due sfidanti prima di
lasciar
cadere ognuno la propria mano. Erza la forbice... Laxus il
sasso.
«Evviva!»
esultò Priscilla mentre Makarov annunciava allegro:
«Vince il team
B!»
Con
lo sguardo vitreo i membri del team A non poterono fare altro che
sibilare, terrorizzati: «Che ne sarà di
noi?»
«Sembra
divertente» ridacchiò Happy.
«Ci
sarà da soffrire, Wendy» sorrise malefica persino
Charle, che per
quanto fosse sempre dalla parte della sua amica non poteva trovare
quella situazione che divertente.
«Lo
stesso vale per voi» Lily ruppe la loro allegria con quella
semplice
frase, prima di spiegare: «Come loro partner, voi subirete la
stessa
cosa».
«Ma
che razza di regola è?!» sussultò
Charle, guardandolo con terrore.
«Bene...»
sghignazzò Laxus, facendosi avanti per primo dopo una
piccola
riunione di consultazione. «Ho trovato il vostro primo
compito» e
sollevò un foglio disegnato a matita che rappresentava una
specie di
mappa.
«Dovrete
attraversare la palude e portarmi una pietra magica»
spiegò.
«Una
pietra magica?» chiese Wendy, cercando di studiare la mappa
disegnata.
«Questa
foresta viene chiamata la Porta dell'Inferno. Avrete tempo fino a
mezzogiorno» spiegò ancora lui.
«È
impossibile!» brontolò Happy.
«Io
questo tratto di matita lo conosco...» mormorò
Charle, avvicinando
il naso alla mappa disegnata. Wendy al suo fianco fece altrettanto,
ma non poté che rabbrividire all'idea che avrebbero davvero
dovuto
affrontare una foresta e una palude piena di quei mostri disegnati.
Ridacchiando nervosa cercò lo sguardo dell'unica persona che
sapeva
avrebbe potuto salvarla da tutto quello. Priscilla sedeva sul tavolo
a gambe incrociate e non aveva smesso nemmeno per un istante di
sorridere luminosa e gioiosa, come una bambina che si preparava a una
divertente giornata di giochi e scherzi.
«P-Priscilla-nee...»
mormorò Wendy, sperando che il suo amore per lei l'avesse
convinta a
provare a parlare un po' con Laxus e cercare qualcosa di meno
crudele.
«Buon
viaggio, Wendy-chan» disse lei semplicemente, alzando la mano
per
salutarla. Wendy si portò una mano al petto ferita,
trattenendo a
stento le lacrime, mentre Charle finalmente urlava sconvolta:
«L'ha
disegnata Priscilla!»
«Sentii
parlare di quella pietra tempo fa, durante una missione, ma ho sempre
pensato che non valesse la pena affrontare simili pericoli per una
semplice pietruzza come quella perciò ho sempre
rinunciato» spiegò
lei, alzando le spalle.
«È
stata tua l'idea?!» chiese ancora più sconvolta
Lucy, che mai si
sarebbe aspettata una simile cattiveria da quella che sembrava la
più
dolce, ingenua e gentile del gruppo.
«Quella
pietra non vale i pericoli che dobbiamo affrontare» pianse
Wendy,
già disperata.
«Non
c'è problema» disse risoluta Erza. Piena di
orgoglio non gli
avrebbe mai dato la soddisfazione di vederla abbattuta.
«Affronteremo
senza problemi la palude. Andiamo! Natsu! Gray!»
ruggì, afferrando
i due ragazzi e trascinandoli via.
«Priscilla-nee»
pianse Wendy, tirata via da una Charle rassegnata.
«Elfman
tu resta» chiamò Laxus, prima che lui potesse
seguire i suoi
compagni e cominciare a incamminarsi. «Avrai l'onore di
massaggiarmi
la schiena» disse indicandosi le spalle, già
rilassato, pregustando
il trattamento.
«Perché
solo tu ti senti in diritto di trattenerne uno per i tuoi
scopi?»
mormorò Priscilla, sentendosi un po' fregata visto che
avrebbe
volentieri trattenuto anche lei Wendy ma aveva ritenuto più
adeguato
mandarli tutti insieme.
«Perché
voglio un massaggio alla schiena» rispose Laxus,
semplicemente.
«Ti
basta fischiare e Fried te ne fa quanti te ne pare, lo sai?»
insisté
Priscilla ma Laxus la ignorò e si tolse la giacca,
sistemandosi
sulla sedia in modo che Elfman potesse iniziare subito il suo
imbarazzante e umiliante compito.
«Perciò
ora non ci resta che aspettare che tornino» disse Gajeel,
cominciando a dubitare del divertimento di quella punizione. Se non
potevano vederli soffrire che gusto c'era?
«Quando
torneranno inventeremo nuove punizioni» disse Mirajane,
avviandosi
verso il bar e preparandosi a cominciare una normale giornata
lavorativa. Priscilla fece penzolare i piedi giù dal tavolo
e
ondeggiò come una bambina, alzando lo sguardo al soffitto.
Sbuffò e
realizzò, un po' rattristata: «E io ora che
faccio?»
Domanda
a cui rispose chi non c'entrava niente, ma aveva comunque qualcosa da
dire: Cana le mise il braccio intorno alle spalle e se la
tirò
contro, schiacciandosela al petto, e sventolò una bottiglia
sopra la
sua testa.
«Perché
non fai compagnia alla tua sorellona?» ridacchiò
con una scintilla
negli occhi.
«Lo
sai che in realtà io sono più grande di te,
vero?» rispose
Priscilla, senza scomporsi di fronte a quella che sembrava una vera e
propria proposta indecente.
«In
teoria, ma in pratica no. Sei nata che avevi già tre anni,
perciò
la tua vera età è di tre anni meno»
disse Cana, stranamente lucida
nel fare i conti nonostante fosse già ubriaca.
«Quindi abbiamo la
stessa età, ma tu sei nata in autunno mentre io in primavera
perciò
sono la tua sorellona».
«Come
facevi a saperlo?» chiese Priscilla, sorpresa, e lei
semplicemente
mostrò le proprie carte magiche ridacchiando. La magia delle
carte
aveva mille diversi utilizzi, tra cui quello delle predizioni e della
lettura dei tarocchi, non aveva fatto perciò altro che
leggere nel
suo passato.
«Da
quanto ci pensavi a questa faccenda?» chiese Priscilla,
divertita
dal fatto che avesse avuto tempo e premura di mettersi a fare i
tarocchi solo per poter dire di essere la sua sorellona. Cana la
ignorò e sorrise in un modo molto più serio, meno
sbronzo rispetto
al solito, quando le disse: «Vieni a fare una passeggiata
insieme a
me». Un tono insolito, fin troppo deciso, che smosse la
curiosità
di Priscilla tanto da convincerla ad accettare. Camminarono per un
po', semplicemente in silenzio, mentre Cana beveva al suo fianco.
Eppure la curiosità di quel gesto fu tanta e solo dopo un
po'
Priscilla trovò il coraggio di lasciarsi andare a chiedere:
«Siamo
diretti da qualche parte, Cana?»
«Non
ti si può nascondere niente, eh?»
ridacchiò Cana e Priscilla
ancora arrossì, sentendosi presa in giro.
«Chissà perché non
riesco a prenderti sul serio» mormorò mentre Cana
accanto a lei
scoppiava a ridere, probabilmente già sbronza. Svoltarono
l'angolo e
proseguirono ancora per un po', fino a quando Cana non si
fermò
davanti a un piccolo cancello in ferro battuto. Sulla cima di questo
e oltre, sul tetto della costruzione che racchiudeva, risaltava una
modesta croce in ferro.
«Una
chiesa?» si chiese Priscilla, notando come essa avesse la
più
completa attenzione di Cana.
«Quando
mia madre morì restai sola, vagai per cercare mio padre ma
non
entrai subito a Fairy Tail. In quegli anni, quando ero sola, ho
vissuto qui. Mi hanno accolto e ospitato, mi hanno dato veramente
molto» spiegò Cana.
«Questa
era la tua casa?» chiese Priscilla, curiosa, e Cana ancora
annuì.
«Il parroco della chiesa offre letto e alloggio agli orfani,
si
occupa di crescerli grazie anche alle offerte dei volontari. Ma
ciò
non toglie che sono comunque bambini soli, senza genitori e con
qualche speranza di troppo. Ogni tanto vengo a trovarli»
spiegò,
prima di avvicinarsi al cancello. «Vieni, te li
presento».
Entrarono
all'interno e subito un uomo dalla bassa statura e la capigliatura
bianca, spettinata, gli andò incontro. La prima cosa che
fece fu
quella di redarguire Cana per il fatto che bevesse alcol nella casa
del Signore, lei ovviamente ci scherzò su e lo
ignorò, camminando
fino al cortile. Un numeroso gruppo di bambini andò loro
incontro,
salutandoli calorosamente e alcuni si schiacciarono persino contro
Priscilla.
«Tu
sei la maga del vento!» esclamò qualcuno.
«Ti
abbiamo visto ai Giochi della Magia!» disse qualcun altro.
«Sei
incredibile! Hai distrutto la Lacryma per la misurazione del potere
magico con un solo colpo!»
«Perché
ti sei arresa contro l'uomo di Raven Tail? Stavi andando alla
grande!»
«Hanno
seguito i Giochi?» chiese Priscilla, voltandosi verso una
Cana
felice e orgogliosa.
«Già»
rispose l'amica. «Sono dei piccoli accaniti fan di Fairy
Tail».
«Wendy
ha veramente la nostra età?» chiese qualcuno,
timoroso.
«Wendy...?»
mormorò Priscilla, sorpresa nel sentirla tirare in ballo. E
in pochi
istanti tutto le fu chiaro: quello strano atteggiamento di Cana, la
sua richiesta di fare una passeggiata, il portarla a conoscere quei
bambini.
«Vuoi
portare qui Wendy?» chiese a Cana, intuendo le sue intenzioni.
«Credi
accetterebbe?»
«Che
domande!» rise Priscilla, trovando ridicolo anche solo
pensare il
contrario. Una persona dalla dolcezza infinita come quella di Wendy
mai avrebbe rifiutato una cosa simile. «Perché non
l'hai chiesto
direttamente a lei?»
«Beh,
volevo farlo, ma pare che oggi lei sia sotto la tua giurisdizione
perciò ho pensato fosse prima il caso di chiedere il
permesso»
disse, sghignazzante, alzando le spalle.
«O
forse volevi solo far parte della famigerata punizione»
provò a
coglierla in fallo Priscilla e vista la reazione sganasciata che ebbe
Cana, con la sua sonora risata, poté dire di averci visto
lungo.
«Beh, in fondo avevo pensato che quando sarebbe tornata a
mezzogiorno l'avrei voluta portare a comprare qualche nuovo vestito.
Può essere una buona occasione».
«Però
non le diciamo niente e le facciamo credere che la stiamo preparando
per qualcosa di malefico» sghignazzò Cana,
accendendosi di fronte
alla crudele idea.
«Sembra
divertente!» esclamò Priscilla, prima di sospirare
affranta: «Così
anche gli altri non avranno da ridire che sono troppo morbida con
lei».
«Ma
tu sei troppo morbida con lei» l'ammonì Cana e lei
si imbronciò
sbuffando nell'immediato un infastidito: «Non è
vero!»
Mezzogiorno
arrivò prima di quanto si fosse aspettata e tornando alla
gilda
trovò Natsu e gli altri già lì, con la
famigerata pietra tra le
mani, vittoriosi. La vasca era già stata montata
praticamente in
mezzo al salone e mentre Laxus si appropriava della sua ambita
vittoria, Gajeel e Mirajane alle sua spalle in costume da bagno si
stavano già immergendo. Priscilla e Cana si cambiarono poco
dopo ed
entrarono insieme al resto dei suoi compagni quando anche Laxus era
già immerso in acqua calda e bollicine. Bollicine rese
possibile
proprio dall’effetto magico della pietra che Erza e gli altri
erano
andati a prendere. L'unica che non volle prenderne parte fu Lluvia,
per qualche motivo sempre timida del suo corpo, preferì
restare
vestita e fuori dall'acqua.
«È
veramente piacevole come dicevano» mormorò
Priscilla, accasciandosi
sempre più dentro l'acqua fino a rannicchiarsi.
«Perché
lei è qui?» mormorò Gajeel, guardando
Cana contrariato. Lei non
faceva parte del team B, perché si appropriava dei loro
trofei? Ma
Cana rispose sghignazzante e vittoriosa, stringendosi al petto una
Priscilla ormai in trance per il piacere dell'idromassaggio.
«Com'è
andato il vostro viaggio?» chiese Mirajane, curiosa di
conoscere i
dettagli della loro traversata. Soprattutto perché Gray
sembrava
averne risentito molto: pallido in volto, non aveva aperto bocca se
non per lasciarsi sfuggire lamenti e piagnucolii.
«Lucy-san
è stata attaccata da una sanguisuga gigante»
mormorò Wendy,
abbattuta.
«Erza
ha decimato un'intera specie di coccodrilli» si
accodò Lucy,
altrettanto costernata.
«Gray
è stato...» iniziò Happy ma Lucy
scattò in avanti e gli tappò la
bocca, sussurrando: «Forse questa parte è meglio
lasciarla
perdere».
Forse
per evitare che Lluvia, sapendo che Gray era stato baciato da una
scimmia, desse di matto o forse semplicemente per evitare che loro
sapessero che quella pietra veniva proprio dalla sua bocca, cosa che
non gli avrebbe fatto piacere. Qualunque fosse il motivo, era bene
che restasse nascosto e per loro fortuna la vasca idromassaggio
rilassò talmente tanto i loro compagni che non ebbero la
forza di
sollecitare la curiosità.
«Beh,
comunque ora faremo sul serio» annunciò Laxus
sogghignando già
pregustandosi la giornata che lo aspettava.
«Sul
serio? Questo non era abbastanza?» lamentò Natsu.
«La
giornata non è ancora finita» sorrise Laxus,
malignamente, prima di
annunciare: «Io prendo la coppia Natsu Elfman».
«Lluvia
vuole prendere Gray-sama!» esclamò Lluvia,
aggrappandosi al braccio
di Gray.
«Io
prendo Erza» sorrise Mirajane, uscendo dalla vasca.
«Scelgo
te!» esclamò invece Gajeel, puntando il dito
euforico contro una
Lucy che già piangeva dalla disperazione.
«Oh
beh...» mormorò Wendy, abbozzando un sorriso. Non
era difficile
immaginare a chi le toccasse obbedire per il resto della giornata e
conoscendo Priscilla sapeva che non sarebbe potuto accaderle niente
di così orribile. Ma con sua grande sorpresa fu Cana ad
alzarsi
dalla vasca e andarle incontro, pronunciando un inquietante:
«Ci
penserà la tua sorellona ad occuparsi di te»
annunciò mentre
Priscilla alle sue spalle, quasi del tutto addormentata,
sventolò
semplicemente una mano e disse: «Ti lascio nelle sue mani. Ha
un
paio di idee interessanti».
«Perché?!»
pianse la bambina disperata, mentre Cana la prendeva per una mano e
la trascinava fuori dalla gilda.
«Non
volevi portare Wendy a comprarsi qualche vestito nuovo?»
chiese
Evergreen, raggiungendoli e immergendosi nella vasca insieme ai due
fratelli Dreyar, gli unici rimasti visto che anche Mirajane e Gajeel
stavano trascinando le loro vittime altrove.
«Quello
posso farlo quando voglio, ora voglio godermi questa vasca»
mormorò
lei.
«O
forse non hai il coraggio di punire Wendy e lasci il lavoro sporco a
qualcun altro» ridacchiò Fried, mettendosi al loro
fianco. «Sei
troppo morbida con quella bambina» aggiunse e questo
bastò a far
corrucciare Priscilla, infastidita.
«Non
sono morbida» lamentò mentre Bickslow li
raggiungeva, si immergeva
a sua volta e scoppiava a ridere in quella sua fragorosa e folle
risata.
«L'averla
lasciata nelle mani di Cana in realtà penso sia una
punizione
abbastanza severa. Povera bambina, chissà cosa le
accadrà» sospirò
Evergreen, ma Priscilla non rispose. Semplicemente sorrise,
consapevole che probabilmente tra tutti sarebbe stata quella
più
felice di quella giornata. Incontrare quei bambini non avrebbe fatto
bene solo a loro, ma anche a lei che da sempre era stata spinta a
vivere e comportarsi più come un'adulta che come una
ragazzina della
sua età. Aveva bisogno di stare un po' con qualche coetaneo,
qualcuno come lei, e se non lo capiva Priscilla un bisogno come
quello nessun'altro poteva capirlo.
«Laxus,
comunque grazie per averci invitato» disse Fried sorridendo
amichevolmente verso il compagno. «Oh, ho trovato! Posso
strofinarti
la schiena per ringraziarti».
«Ogni
scusa è buona, eh?» mormorò Priscilla
infastidita, immergendo le
labbra sotto al pelo dell'acqua appena dopo e mescolando
così il
suono della sua voce con quello delle bollicine.
«Hai
qualcosa da dire?» rispose stizzito Fried e Priscilla
semplicemente
si voltò di spalle, scostandosi i lunghi capelli dalle
spalle. Si
voltò verso Fried e con un occhiolino gli disse:
«Perché non
strofini anche la mia di schiena, Fried caro?»
Per
qualche secondo la guardò sbattendo semplicemente gli occhi,
chiedendosi a che gioco stesse giocando e se dovesse aspettarsi un
tiro mancino da parte sua. Poi Bickslow come una faina gli
strappò
dalle mani il panno umido che lui aveva già preso per
sé e si
sporse verso la ragazza, pronto a prendere il posto del suo amico
esitante e certamente non meritevole di un simile onore. Nonostante
fosse l'ennesimo intervento di un Bickslow asfissiante e con sempre
non tante buone intenzioni, Priscilla si sentì decisamente
troppo
rilassata anche solo per provare a pensare di dargli contro.
Alzò le
spalle e poggiò le braccia sul bordo della vasca, dove ci
appoggiò
poi anche la testa.
«Mi
sta bene lo stesso» disse volgendo le spalle a Bickslow che
rosso in
volto ed eccitato per l'occasione che Priscilla gli stava fornendo,
cominciò a strofinarle la schiena con delicatezza e
attenzione.
«Quello
era mio» brontolò Fried.
«Trovatene
un altro» lo zittì subito l'amico mentre
Priscilla, a occhi chiusi
per il relax, borbottava: «Ci vorrebbe qualche
stuzzichino».
«Ohy»
mormorò Laxus, voltandosi a guardare i due ragazzi che aveva
deciso
di schiavizzare per quel giorno. «Andate a comprare del
pane».
«Panini
dolci per me!» esclamò Priscilla, con allegria,
mentre Natsu
sudando freddo tratteneva dentro sé tutti gli insulti che
desiderava
in realtà rivolgere all'uomo.
«Hai
cinque minuti» insisté Laxus e Natsu, insieme a
Elfman, si ritrovò
costretto a correre e obbedire. Tornarono poco dopo, ansanti e
trafelati per la corsa, porgendo ai due fratelli il pane richiesto.
Priscilla addentò il suo, sorridendo felice come una bambina
mentre
Bickslow ancora le massaggiava le spalle.
«Però
ci vorrebbe anche del latte per buttarli giù
meglio» disse poi.
«Non
è questo il pane che volevo io» disse invece
Laxus, facendo così
sussultare entrambi i suoi schiavetti.
«E
non potevate dirlo prima?!» strillarono, offesi e infastiditi.
«Natsu»
biascicò Priscilla, imbronciandosi. «Non farmi
arrabbiare» e Natsu
rabbrividì all'idea che lei avesse potuto farlo di nuovo
roteare nei
suoi tornadi e fargli venire la nausea approfittando della sua
chinetosi.
«Da
qualche giorno ha aperto un nuovo forno. Dicono che il loro pane sia
delizioso. È quello che voglio» spiegò
Laxus e i due, urlando per
la rabbia, non poterono che scappare nuovamente fuori dalla gilda
pronti ad obbedire alle loro richieste.
«Hanno
risvegliato il lato sadico di Laxus» ridacchiò
Evergreen.
«Se
era solo del pane che voleva non poteva mandarci me?»
borbottò
invece Fried, verde d'invidia.
«Io
quello comincio a non sopportarlo più»
mormorò Priscilla riferita
a Fried. Tornò a incassare la testa nelle spalle e ancora
una volta
furono le bolle e il suo tono eccessivamente basso ad evitarle di
essere sentita... tranne che da Bickslow che sghignazzò e si
affacciò oltre alla sua spalla per sussurrarle:
«Sei gelosa, baby?»
Forse
il baby o forse proprio la frase la irritarono così tanto
che la
spinsero ad afferrare la sua testa con forza e spingerla verso il
basso, dentro l'acqua per annegarlo direttamente. E nonostante stesse
letteralmente uccidendo un uomo con la mano sinistra, con la destra
sollevò uno dei panini dolci che Natsu le aveva portato e
l'offrì
amichevolmente a Laxus al suo fianco.
«Credi
ci metteranno troppo?» chiese divertita, mentre Laxus
accettava
l'offerta e le faceva compagnia nel pasto. Finalmente Bickslow
riuscì
a riemergere pochi secondi dopo, prendendo ampie boccate
d’aria. Si
accasciò da una parte e lì rimase, ad essere
consolato da una
sempre materna Evergreen.
«Spero
di no. Ho altre cose per la testa» sogghignò
Laxus.
«Pane
e latte non sono grandi idee, lasciatelo dire» lo
canzonò lei ma
lui non si lasciò abbattere e semplicemente rispose:
«Lo sono,
fidati».
Ci
rifletté qualche istante, cercando di interpretare il suo
sguardo
soddisfatto, per poi farsi nascere un dubbio: «Che razza di
posto è
questo nuovo forno?» e Laxus semplicemente
sghignazzò, ben
consapevole di quanto quei due avrebbero sofferto nel tentativo di
appropriarsi del pane e del latte in quello che era un vero e proprio
parco dei divertimenti... con montagne russe e giochi di precisione,
per niente adatti a uno con la chinetosi e la delicatezza di presa di
un uomo nerboruto come Elfman.
«E
comunque il latte è stata una tua idea» aggiunse
lui poi.
«Ma
io lo volevo veramente» sorrise Priscilla, angelica. Un
sorriso,
quello stesso sorriso con cui era cresciuto, che era sempre stato in
grado di spazzare via ogni oscurità e malessere. Era rimasto
pensieroso e nervoso da quando c'era stato il ballo a palazzo,
nonostante si fosse sforzato di tornare normale non era mai riuscito
ad eliminare del tutto la ruga di preoccupazione che gli era nata
sulla fronte, nonostante non ci avesse neanche più pensato
-o almeno
ci aveva provato- a quello che per poco non era successo su quel
balcone. Aveva temuto che quella crepa avrebbe distrutto tutto e
sarebbe stato impossibile tornare come prima, ma vederla sorridere in
quel modo lo aiutò a sentire la serenità della
quotidianità. E la
ruga scomparve, lasciando il posto a un finalmente rasserenato
sorriso.
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Capitolo 62 *** Storie di dolci ***
Storie
di dolci
«E
poi Cana-san mi ha fatto provare addirittura un abito da sposa. Ero
così agitata!» esclamò Wendy con un
sospiro, entrando nella gilda.
Priscilla svolazzava al suo fianco e non appena la sentì
raccontare
di quella disavventura scoppiò a ridere fragorosamente.
«Scommetto
però che ti stava da dio! Che peccato non averti potuta
vedere»
sospirò.
«Cana-san
ha detto che se fossi venuta anche tu non saresti riuscita a
mantenere il gioco e avresti subito fatto capire che stava
scherzando» disse Wendy e Priscilla si imbronciò,
bofonchiando:
«Malfidata!»
«Diceva
che mi avrebbe portata da un vecchio a cui piacevano quelle cose.
Priscilla-nee io ho veramente avuto paura»
confessò Wendy, ancora
pallida in viso per l'orribile esperienza anche se poi il tutto si
era rivelato uno scherzo di cattivo gusto. Wendy si sarebbe aspettata
una punizione, come d’accordo per l’aver perso
contro il Team B
dei giochi magici, e invece si era ritrovata a vivere una bellissima
esperienza. Stare l'intero pomeriggio con quei bambini
dell'orfanotrofio, bambini della sua stessa età che la
guardavano
come un'eroina, era stato veramente incredibile ed
emozionante.
«Che
crudele» rise ancora Priscilla, avvicinandosi insieme a Wendy
al
bancone oltre al quale c'era come sempre Mirajane. Seduti lì
di
fianco Happy e Charle stavano bevendo un succo di frutta mentre
Asuka, la figlioletta di Bisca e Alzack, supplicava Natsu di
comprarle della torta.
«Mi
spiace Asuka-chan, l'abbiamo già terminata per
oggi» disse
Mirajane, dispiaciuta.
«Allora
Natsu, vai in città a comprarne un pezzo!» disse
la bambina.
«Devo
andare fino in città per un po' di torta?! Dai, te la compro
la
prossima volta» lamentò Natsu e la bambina rispose
con un lamento
deluso.
«Natsu-san»
intervenne Wendy. «Se vuoi posso prepararne una io».
«Sai
fare le torte?» chiese Mirajane, sorpresa, e Wendy sorrise
orgogliosa mentre al suo fianco Priscilla ondeggiava come una barca
ridacchiando. Non ci fu bisogno di spiegazioni, si leggeva sui loro
volti il reciproco favore che si facevano con quella passione nata
chissà quando. Wendy preparava torte per divertimento e
Priscilla se
le spazzolava tutte con gioia.
«Ne
ho preparate tante da quando sono arrivata qua» disse Wendy.
«Farò
del mio meglio!» sorrise poi, determinata.
«Bene!»
esclamò Erza, pochi tavoli più in là,
e si alzò in piedi. «Se
insisti allora ti aiuterò!»
«Insisti?»
mormorò Priscilla, inarcando un sopracciglio e chiedendosi
quando
esattamente l'avessero tirata in causa.
«Prepareremo
insieme la miglior torta di tutta Fiore, Wendy»
disse Erza,
avvicinandosi.
«Io
l'assaggerò per voi, così da assicurarmi che sia
perfetta per la
piccola Asuka» disse Priscilla, sghignazzando, senza riuscire
a
nascondere il suo secondo fine.
«Servono
delle fragole d'oro! Sono le fragole di qualità
migliore al
mondo» spiegò ancora Erza.
«Fragole
d'oro?» chiese Priscilla curiosa e già con
l'acquolina in bocca.
«Esatto!
Sono rarissime, crescono una volta ogni mille anni» rispose
Erza.
«E
sono buone?» chiese ancora Priscilla, sempre più
su di giri.
«Le
migliori» annuì Erza e Priscilla non si trattenne
più. Alzò le
braccia al cielo e urlò, entusiasta: «Allora
andiamo! Andiamo a
cercare le fragole d'oro!»
«Bene,
allora! Andiamo a caccia di fragole!» esclamò Erza
e cominciò a
camminare a passi pesanti e decisi verso l'uscita. Priscilla, dietro
di lei, canticchiava e saltellava a braccia sollevate, allegra come
poche volte lo era stata. L'idea di andare a caccia di fragole la
entusiasmava non solo perché sembrava una cosa divertente,
ma anche
perché non vedeva l'ora di mettere le mani su quelle
deliziose
fragole così rare. Uscirono e incrociarono i Raijinshuu
sulla soglia
che invece stavano entrando. Si voltarono a guardare curiosi Erza e
Priscilla che uscivano insieme, chiedendosi dove fossero dirette, e
Priscilla ancora saltellando e ridendo allegra si voltò ed
esclamò:
«Andiamo a cacciare fragole preziose!»
Salutò
con una mano, continuando ad andare dietro ad Erza, e disse:
«A più
tardi!»
«A
caccia?» mormorò Bickslow cercando di immaginarsi
fragole con le
gambe che scappavano via.
«È
sempre la solita» ridacchiò invece Evergreen,
felice di vederla
così di buon umore.
«È
bello essere di nuovo tornati a casa. Quest'atmosfera mi era
mancata»
disse Fried, camminando dietro Laxus.
«Speriamo
solo non combini qualche guaio» sospirò il biondo,
rassegnato e
nervoso nonostante fosse una così bella giornata.
«Chissà
perché non riesco a tranquillizzarti in merito»
ridacchiò nervoso
Fried.
«Andiamo,
sta andando a raccogliere fragole! Cosa potrebbe mai
succedere?»
alzò le spalle Bickslow e scoppiò a ridere.
Fuori
dalla gilda Erza e Priscilla salirono su di una carrozza che in
neanche mezz'ora riuscì a farle arrivare a destinazione. Il
paesaggio sconfinato mostrava una vera e propria catena montuosa
davanti ai loro occhi, l'aria fresca di montagna non era nemmeno
troppo fredda, in un clima adatto a far crescere fragole. Scesero
dalla carrozza e si guardarono attorno, vedendo montagne ovunque lo
sguardo si posasse.
«Bene!
Dove sono queste fragole epiche?» chiese Priscilla, tornando
a
svolazzare e guardandosi attorno emozionata.
«Qui
da qualche parte su queste montagne» rispose Erza.
«Qui...
da qualche parte?» mormorò Priscilla, cercando di
interpretare
quelle parole. «Aspetta! Dovremmo cercare su tutte queste
montagne?!
Sono troppe, come facciamo?» sussultò, ma Erza
sogghignò con
orgoglio e decisione. Aveva in mente un piano infallibile e ne andava
enormemente orgogliosa, glielo si leggeva negli occhi.
«Requip!»
esclamò e un fascio luminoso l'avvolse per pochi secondi.
Quando
finalmente se ne liberò, al posto dei vestiti aveva un
enorme
costume da fragola, tanto grosso che era possibile per lei muovere
all'esterno solo le mani e a malapena i piedi.
«Avevi
davvero una cosa simile tra le tue scorte?» chiese Priscilla,
guardandola con imbarazzo. Dire che era ridicola, all'interno di quel
costume, era dir poco.
«Bisogna
sempre essere pronte a tutto» rispose Erza con orgoglio.
«E
a cosa serve? Attirerai le fragole spacciandoti per una di
loro?» la
provocò Priscilla, chiedendosi come quel costume avrebbe
potuto
aiutarle.
«Non
essere sciocca!» l'ammonì Erza.
«Quest'armatura...»
«Armatura...»
mormorò Priscilla sempre più imbarazzata,
interrompendola, ma Erza
proseguì come se non l'avesse sentita: «Questa
armatura mi da un
dolce aroma di fragola».
«E
quindi?» incalzò Priscilla.
«Usa
il tuo vento e spargi questo profumo ovunque nei dintorni»
ordinò
Erza e Priscilla, sempre meno convinta, decise comunque di
assecondarla. «Speri che l'odore attiri le fragole a
te?» chiese,
sempre più dubbiosa.
«No,
non le fragole» ridacchiò Erza.
«Vedrai».
E
neanche pochi minuti dopo poterono sentire la voce gutturale di
bestie che si avvicinavano trafelate, battendo a terra i piedi tanto
forte che quasi sentirono il suolo tremare. Spostando lo sguardo
verso destra poterono poco dopo veder arrivare un branco di scimmie
gigantesche, dal pelo verde a macchie rosa a forma di cuore sulle
braccia, con lo sguardo eccitato e famelico.
«Una
donna che sa di fragola!» esclamò uno di questi
ansimando e
correndo verso di loro.
«Scimmie
pervertite!» sussultò Priscilla, guardandole con
timore.
«A
loro piacciono molto le fragole, possiamo chiedergli dove si trovino
le nostre fragole d’oro» spiegò Erza e
Priscilla, finalmente
capito il suo piano, sorrise e si poggiò una mano sul
bicipite
gonfio in segno di forza. «Bene, allora, non ci resta che
catturarne
un-» si interruppe quando vide con sorpresa quanto veloci
arrivarono. L'averle finalmente trovate aveva dato loro uno sprint
inaspettato e Priscilla si ritrovò per un attimo
paralizzata,
guardandole allucinata mentre le si lanciavano addosso.
Urlò
quando venne afferrata da una delle scimmie che se la strinse
praticamente al viso, schiacciandola tra le proprie braccia.
Piantò
le mani in faccia a questa e cercò di allontanarla,
arretrando col
busto mentre lei schiacciava invece il proprio viso contro il suo
seno e rideva con perversione. Stufa e umiliata, caricò
indietro il
pugno e lo colpì in pieno naso con tale forza da fargli
perdere i
sensi, ma altre le furono di nuovo addosso. La presero per i piedi,
per le braccia, qualcuno le mise addirittura le mani sulle cosce nude
tra le parigine e i pantaloncini e altre ancora azzardarono ad
afferrarle la maglia.
«Donna,
donna, donna» continuavano a pronunciare con lo sguardo
sempre più
pervertito, intenti a prendersi ognuno la propria parte di corpo.
«Perché
ce l'hanno tutte con me se quella che odora di fragola sei
tu?!»
ruggì Priscilla verso Erza, mentre cercava di dimenarsi e di
liberarsi da quelle fameliche mani.
«Probabilmente
è per via del vento» mormorò Erza, per
niente turbata ma
affrontando la questione con un'eccessiva serietà.
«La magia del
vento che parte dal tuo corpo ha fatto sì che il profumo si
concentrasse intorno a te, piuttosto che me. Approfittane, Priscilla!
Prendile!»
«Sono
loro ad aver preso me!» rispose lei, furiosa.
«Sta'
tranquilla! Vengo ad aiutarti!» disse facendosi comparire in
mano
una spada con l'elsa a forma di fragola. Camminò goffa e
lenta nel
suo enorme costume, cercando di avvicinarsi a Priscilla presa
d'assalto, e tentò di colpire qualcuna di quelle scimmie.
Per quel
poco che riusciva a fare fu anche utile, non aveva certo perso le sue
capacità nonostante il costume non l'aiutasse minimamente
nei
movimenti, ma le scimmie continuarono ad essere troppe e troppo
accanite. Fino a che una di essa non riuscì a strappare a
Priscilla
il lembo superiore della maglia, scoprendo così il suo seno.
Parvero
impazzire, con le guance rosse cominciarono ad urlare estasiate, ma
Priscilla, ormai al limite, decise che non avrebbe fatto prigionieri
e perciò non ci sarebbe più andata piano. Un
tornado scese dal
cielo e li colpì tutti, senza risparmiare nessuno, persino
Erza. Con
lei furiosa al centro, si ritrovò scimmie e Erza roteare
tutti
intorno a una velocità tale da mandare KO la quasi
totalità dei
loro assalitori. Infine, ansimante più per l'agitazione che
per la
fatica, tenendosi le braccia strette al petto per coprirsi, fece
cessare il turbine di vento e permise a tutti loro di ricadere a
terra.
«Hai
esagerato» disse Erza, rialzandosi come se niente fosse
successo.
«Non
mi interessa!» ruggì Priscilla, spettinata,
scomposta e soprattutto
furiosa.
«Ora
a chi chiederemo dove si trovano le fragole?» chiese Erza,
cercando
di afferrare una delle scimmie e provando a schiaffeggiarla per farla
riprendere. Priscilla si avvicinò a passi pesanti verso la
prima di
loro che aveva accanto e gli piantò un piede nello stomaco,
facendolo svegliare per il dolore del colpo.
«Dove
sono le fragole dal massimo sapore» chiese in quello che era
più un
ordine che una richiesta. La scimmia mugolò qualcosa di
insensato,
in un misto tra l'eccitato per essere preso a calci da una donna
senza maglietta e lo spaventato per quanto fosse pericolosa.
Alzò
una mano e indicò una direzione, continuando a fare versi
indecifrabili.
«Portateci
lì!» ordinò ancora Priscilla e con
rapidità la scimmia balzò in
piedi e cominciò a dare colpetti a tutti i suoi compagni per
risvegliarli.
«Ben
fatto, Priscilla» sorrise Erza e usando il suo requip fece
materializzare una corta canotta senza spalline su di una mano.
«Tieni, mettiti questa per il momento» disse
porgendola a Priscilla
che ancora a braccia conserte cercava di coprirsi. Questa
accettò
volentieri la maglia offerta da Erza, anche se più che una
maglia
sembrava un reggiseno tanto era scoperto, e salì infine
sulle spalle
di una delle scimmie ormai rianimate. Erza, al suo fianco, si mise
invece a sedere sulle braccia di un'altra ed entrambe così
trasportate vennero condotte sotto la loro scorta ad un enorme campo
di fragole.
«Wow!»
esclamò Priscilla, puntando gli occhi sulle gigantesche
fragole che
scendevano a grappoli dalle piantine rigogliose che avevano di
fronte. Era un campo infinito, pieno di fragole enormi e succose, con
alcune di queste che erano addirittura più grosse di
angurie.
«Devono essere buonissime!»
«Dunque
è questo il famoso giardino di fragole»
commentò Erza.
«No,
queste sono delle normalissime fragole giganti. Le fragole dal
massimo sapore sono qui, ai nostri piedi» spiegò
la scimmia che
portava Erza in braccio e indicò con un gesto del capo il
terreno ai
loro piedi. Piccole e nascoste, sorgevano come pepite alcune fragole
dorate più minute e meno numerose, ma dalla bellezza
eterea.
«Bene,
ne raccoglieremo una per la nostra torta!» esclamò
Erza scendendo
dalle braccia della scimmia.
«Una
sola?!» sussultò Priscilla, contrariata.
«Sarà
una torta speciale, la migliore di tutte, prenderemo solo quella
necessaria e che sembra più gustosa delle altre»
disse Erza,
cercando infervorata tra le fragole quella che le sembrava la
migliore.
«Ma
così basterà solo per Asuka»
piagnucolò Priscilla, ancora seduta
sulle spalle della scimmia che aveva deciso di schiavizzare.
«Non me
ne andrò a mani vuote, no Signore! Scimmia! Raccogli una di
quelle
gigantesche e portiamola alla gilda!» ordinò e la
scimmia, con un
verso accondiscendente, prese tra quelle che avevano di fronte la
più
grossa, tanto che Priscilla potè abbracciarsela come un
cuscino al
petto. Erza nello stesso istante emerse dal fogliame del sottobosco
brandendo la sua bramata fragola dorata e chiudendola di una
minuscola teca di vetro tornò a sedersi sulle braccia della
sua
scimmia.
«Bene!
Possiamo fare ritorno!» disse, puntando un dito di fronte a
sé.
«Alla gilda!»
A
Fairy Tail, intanto, Wendy aveva da poco finito il pan di spagna e
Charle stava terminando la panna montata quando proprio in quel
momento le porte si aprirono. Il branco di scimmie dei monti fece il
loro ingresso, capitanate da Erza seduta come una nobil donna sulle
braccia di una e Priscilla che cavalcava le spalle di un'altra al suo
fianco.
«Siamo
tornate in groppa alle scimmie perverse!» esclamò,
ridendo
divertita dal loro ingresso trionfale e certamente inusuale, visto
che spesso in realtà quelle scimmie erano più una
minaccia e un
problema che una nota positiva. Averle nel pieno centro di Magnolia
non era assolutamente una buona idea, infatti poco dopo molte di
quelle che si trovavano in coda al corteo, e che quindi non erano
sotto la vista delle due donne, sparirono e cominciarono a seminare
il panico per la città andando in cerca di donne. Erza corse
rapidamente da Wendy, pronta a terminare la loro torta con
quell'incredibile fragola che aveva raccolto esclusivamente per
quell'evento mentre Priscilla ancora se la rideva e sventolava la sua
enorme fragola vittoriosa. Addosso aveva un top che non era quello
con cui era uscita, mentre il suo era possibile vederlo a brandelli,
ancora tra le dita della scimmia che cavalcava. Non sapevano cosa
fosse successo, ma era facilmente intuibile.
«Cosa
potrebbe mai accadere, eh?» disse Fried tirando
un'occhiataccia a
Bickslow.
«Questo
è un vero talento» rise invece lui, trovando
divertente la capacità
di Priscilla di creare il caos da cose così insignificanti
come
l'andare in cerca di fragole.
«Ci
toccherà sistemare le cose in città»
sospirò Evergreen. «Verranno
di sicuro a cercare noi per quanto sta succedendo».
«Laxus!»
chiamò Priscilla, saltando giù dalle spalle della
sua scimmia.
«Guarda cosa ho trovato!» esclamò
correndo verso di loro con
l'enorme fragola tenuta sopra la propria testa.
«Fermatela!»
esclamò Fried, già terrorizzato da cosa avrebbe
potuto ancora
combinare.
«Pricchan,
non correre!» tentò di dirle Evergreen, ma
esattamente come
previsto e come accadeva praticamente sempre, quando Priscilla
poggiava i piedi per terra finiva con l'inciampare. Non c'era niente
contro cui avesse potuto inciampare, né un dislivello del
terreno né
un oggetto tra i suoi piedi, lei semplicemente inciampò nel
nulla
perché non era in grado di far andare i piedi come avrebbe
dovuto. E
cadde in avanti, facendosi sfuggire dalle dita la fragola che
volò
verso una traiettoria ben precisa. L’enorme frutto
atterrò dritto
sulla testa dello stesso Laxus, verso il quale Priscilla stava
correndo, e nell'impatto si frantumò ed esplose in una
pioggia di
succo e polpa. Laxus non si mosse nemmeno di un centimetro,
benché
avesse tutti i capelli completamente appiccicati e fradici di
fragola, con gocce e pezzi che cadevano sul viso e sulle spalle.
Restò immobile, per niente sorpreso e senza neanche la forza
di
arrabbiarsi perché dentro sé l'aveva saputo fin
dall'inizio che lei
avrebbe combinato qualcosa. Quella era solo l'ennesima riprova che
non era in grado di fare niente senza combinare guai, perciò
si
limitò a fissarla infastidito ma rassegnato.
«La
mia fragola» piagnucolò Priscilla, tirandosi in
ginocchio e
guardando Laxus con le lacrime agli occhi. «Hai rotto la mia
fragola».
«Io
ho
rotto la tua fragola?» mormorò Laxus, sempre
più irritato.
«Tanta
fatica per trovarla. Doveva essere buonissima» pianse ancora
lei,
avvicinandosi gattoni e raccogliendo con tristezza da terra alcuni
brandelli ora immangiabili.
«Laxus,
aspetta! Ti ripulisco io!» disse Fried, armato di tovagliolo
e le
guance già rosse per l'emozione di poter essere utile al suo
amato
Laxus -e persino toccarlo con quella semplice scusa.
«Adesso
saprai di fragola per tutto il giorno» commentò
Evergreen
osservando il succo che gocciolava dai suoi capelli. Un pezzo di
polpa scivolò lungo la sua tempia, fino allo zigomo e
sarebbe
probabilmente caduta a terra se Priscilla, colta da un inspiegabile e
irrazionale raptus, dettata solo dalla golosità, non si
fosse
sollevata da terra fino a raggiungerla... e mangiarla raccogliendola
dalla sua guancia direttamente con la bocca. Labbra e lingua
scivolarono sulla pelle di Laxus delicatamente, raccogliendo e
intrappolando quel piccolo pezzo di fragola che infine Priscilla
ingoiò con la gioia di una bimba che aveva appena dato una
leccata
al suo gelato preferito. Neanche notò la paralisi che aveva
colto
non solo Laxus, tanto rigido che era diventato praticamente una
statua, ma anche i Raijinshuu al suo fianco sconvolti per l'innocenza
e la naturalezza con cui Priscilla aveva appena compiuto un gesto
dalla sensualità così accentuata.
«Era
buona davvero!» esclamò innocentemente.
Poggiò
una mano sulla gamba di Laxus e si sporse in avanti per raggiungere
nuovamente il suo volto. Raccolse con le dita un altro pezzo di
fragola che stava scivolando dalla fronte del ragazzo e se lo
portò
allegra alle labbra, mangiando anche quella sotto lo sguardo dei
Raijinshuu troppo sconvolti per riuscire a intervenire. Laxus, dal
canto suo, sembrava aver persino smesso di respirare e forse neanche
si stava accorgendo che ancora Priscilla raccoglieva brandelli di
fragola dalla sua faccia per mangiarli. Non riusciva a togliersi di
dosso la sensazione umida e delicata della sua bocca contro la
propria pelle, e probabilmente non ci sarebbe riuscito mai
più.
Aveva da poco ripreso il controllo delle sue emozioni dopo il ballo a
Crocus, era stato finalmente in grado di rimetterle al loro posto, di
dimenticarsene, ed ecco che lei tornava ad essere così
innocentemente equivoca e lui finiva di nuovo col perdere la
ragione.
Le
piantò finalmente una mano sulla fronte dopo qualche secondo
di
accecante black out, fermandola dal procedere oltre, e la
allontanò
con una certa irruenza.
«Piantala!»
le ruggì contro, stranamente poco pacato per uno come lui.
Era
palese la sua agitazione che, più di altre volte, non
riuscì a
controllare. Era raro vederlo così poco composto, di solito
il suo
orgoglio e il suo senso di superiorità lo rendevano sempre
molto
silenzioso e controllato, tanto che mai aveva preso parte a una rissa
se non per porne fine. Ma non quella volta, quella volta Priscilla
era riuscita a disintegrare persino la sua dignità e pareva
averlo
fatto arretrare di almeno una decina di anni, rendendolo un ragazzino
rumoroso come tanti altri. Era un evento eccezionale e non era
nemmeno difficile comprendere come fosse stato possibile: Laxus aveva
decisamente raggiunto il limite.
«Sto
solo raccogliendo ciò che è mio!» si
giustificò lei, dimenandosi
per liberarsi dalla sua presa e tornare a raccogliere pezzi di
fragola dalla sua faccia. Ma lui, corrucciato e tremante di
agitazione, non le rispose e continuò invece a fare di tutto
per
tenerla lontana da sé. Fried al suo fianco era ora scosso da
fremiti
di imbarazzo e probabilmente di rabbia nel aver visto Priscilla
letteralmente leccare Laxus, ma tornò lo stesso silenzioso
nella sua
operazione, cercando di ripulire la testa del ragazzo come meglio
riusciva, mentre quest’ultimo immobile, frustrato e
imbarazzato, si
impegnava solo nel placare l'agitazione della ragazza al suo fianco
con l'unico metodo che conosceva: la forza fisica. Lottò
contro il
suo continuo agitarsi, fino a che Priscilla infine non si
stancò.
Rattristata all'idea di non aver potuto godere della bontà
di quella
fragola, si accasciò sul tavolo e cominciò a
giocherellare
nervosamente con un bicchiere. In silenzio… per il resto
della
giornata.
Erano
passati alcuni giorni dal loro ritorno a Magnolia dopo l'avventura a
Crocus con Eclipse e i draghi. Priscilla uscì dalla sua
stanza di
Fairy Hills canticchiando allegra, tutto sembrava tornato alla
normalità ed era persino riuscita a fare qualche missione e
racimolare qualche soldo nel frattempo. Si portò entrambe le
mani
dietro la testa e camminando spensierata lungo il corridoio si
avvicinò alle scale per scendere nella hall e infine uscire,
ma già
da quei primi passi sentì qualcosa di strano. Una presenza,
una
sensazione, come se qualcuno la stesse seguendo. Si voltò
curiosa e
un po' intimorita, ma con stupore e una certa inquietudine non vide
nessuno. Uscì da Fairy Hills e percorse le strade di
Magnolia con
ancora quell'inquietante sensazione addosso. Arrivò alla
gilda e
alzò una mano, salutando con allegria: «Buongiorno
a tutti!»
«Buongiorno
Priscilla» salutò Mirajane, guardandola con un
sorriso. «Buongiorno
Lluvia» aggiunse poi dopo qualche secondo.
Priscilla
si voltò sorpresa, chiedendosi quando la maga
dell’acqua fosse
arrivata e rabbrividì nel vederla rannicchiata,
incredibilmente vicino a lei. «Lluvia!»
sussultò per la paura.
«Mi... mi hai seguita?» chiese poi, cominciando a
dare una forma e
un significato a quella sensazione che le aveva fatto venire i
brividi per tutto il tempo.
«Ecco...»
mormorò Lluvia, arrossendo imbarazzata. «Lluvia ha
bisogno di farti
una domanda».
«E
non potevi farmela e basta senza pedinarmi?»
mormorò Priscilla.
«Lluvia
è imbarazzata, voleva trovare il momento ideale»
confessò Lluvia,
arrossendo.
«Imbarazzata?»
chiese Priscilla, inclinando la testa da un lato in segno di
curiosità.
«Ecco...
Priscilla-san, che cosa hai regalato a Laxus-sama per il vostro
anniversario?» chiese infine, arrossendo
violentemente.
«Anniversario?»
mormorò Priscilla, arrossendo a sua volta di fronte all'idea
che
loro avessero potuto avere un anniversario.
«Del
giorno che vi siete incontrati» specificò Lluvia.
«Si
chiama compleanno» provò a difendersi Priscilla,
trovando ancora
imbarazzante l'idea che venisse considerato come un anniversario. Ma
Lluvia ignorò il suo disagio e facendo un passo in
avanti le
afferrò entrambe le mani, supplicando: «Per
favore, Priscilla-san,
so che puoi aiutare Lluvia!»
«Perché
vuoi fare un regalo a Laxus?» si informò
Priscilla, sentendo anche
un lieve fastidio nascerle alla bocca dello stomaco.
«Non
essere sciocca, Priscilla-san, Lluvia non ti ruberebbe mai il
fidanzato» arrossì Lluvia e Priscilla
insisté, sempre più a
disagio: «Cominci a irritarmi, lo sai?»
«Il
fatto è che oggi è il 413esimo anniversario
dell'incontro tra
Lluvia e Gray-sama» spiegò Lluvia, continuando a
ignorarla.
«413esimo?
Che data sarebbe?» chiese Priscilla, sempre più
confusa.
«Oggi
sono 413 giorni che Lluvia e Gray-sama si sono incontrati, è
un
giorno speciale! Lluvia aveva deciso di festeggiarlo come il 412esimo
e il 411esimo, ma Erza-san le ha suggerito di festeggiare facendo a
Gray-sama un regalo. Purtroppo Lluvia non ha idea di cosa regalargli
però» sospirò infine, affranta.
«Hai
bisogno di un consiglio, ho capito!» sorrise Priscilla,
finalmente
felice di riuscire a capirci qualcosa.
«Lluvia
ha già chiesto a Erza-san, Levy-san, Laki-san e persino a
Evergreen-san che è più adulta ed esperta ma
nessuno ha saputo
darmi un buon consiglio. Poi Lluvia ha pensato che tu sei l'unica che
conosce che abbia una vera storia d'amore, perciò sarai
sicuramente
più esperta in fatto di regali agli uomini!»
spiegò Lluvia e
Priscilla tornò a corrucciarsi, nervosa. «Continui
a fraintendere
la situazione, vero?»
«Hai
fatto regali a Laxus-sama in passato?» chiese Lluvia,
illuminandosi
e preparandosi a ricevere qualche idea.
«Regali...»
mormorò Priscilla e d'istinto voltò la testa, in
cerca del ragazzo
che aveva già visto essere all'interno della gilda, in
compagnia di
Fried. Seduto, mangiava e beveva in silenzio, con la sua solita
compostezza e il cappotto scuro appoggiato sulle spalle.
«Beh,
sì...» sorrise infine, arrossendo. Ne erano
successe talmente tante
in quegli anni che neanche ci aveva pensato più: quel
cappotto che
gli aveva comprato un po' anche per gioco, per vederlo pavoneggiarsi
di essere un Dio, ancora lo portava con sé. Aveva visto
momenti
migliori, ne aveva veramente subite di tutti i colori tra strappi e
bruciature, eppure continuava a essere in buone condizioni a
segnalare l'attenzione che Laxus gli riponeva nel portarlo tutte le
volte a riparare o lavare.
«Che
cosa gli hai regalato?» incalzò Lluvia, curiosa ed
eccitata
all'idea di poter avere un buon suggerimento. Priscilla
tornò a
guardare la ragazza di fronte a sé con un sorriso luminoso
ed
emozionato, per poi indicarsi semplicemente le spalle. Lluvia si
affacciò per guardare Laxus seduto poco lontano e
arrossì di colpo,
portandosi le mani al volto: «Il suo cappotto!»
«Già»
ridacchiò Priscilla, incamminandosi per mettersi a sedere al
bancone
e ordinare per sé qualcosa da bere. «È
stato per festeggiare il
giorno che è diventato mago di Classe S. Al tempo non era
proprio
nel suo stile, ci abbiamo scherzato a lungo quando l'abbiamo visto
nella vetrina del negozio, però alla fine glielo presi
perché mi
era sembrato di capire che era comunque sia qualcosa che apprezzava.
Aveva già iniziato a ponderare un cambio di stile, si
sentiva
importante e forte e voleva qualcosa che lo rappresentasse.
Così il
giorno che superò quell'importante traguardo glielo
regalai»
raccontò Priscilla, con un pizzico di nostalgia nella voce.
«È
stato facile, è stato lui alla fine a dirti che lo voleva.
Gray-sama
non ha mai detto a Lluvia se c'era qualcosa di particolare che
desiderava» ragionò Lluvia.
«Però sarebbe bello se fosse qualcosa
da indossare ogni giorno, in ricordo dell'amore di Lluvia proprio
come Laxus-sama!» arrossì portandosi le mani al
volto emozionato.
«Lo
indossa ogni giorno perché gli piace, non certo per quelle
scemenze
sull'amore...» mormorò Priscilla, sempre
più a disagio.
«Però
non credo che un cappotto possa piacere a uno come Gray-sama»
bofonchiò Lluvia, sconsolata.
«Considerato
che non perde occasione per spogliarsi, no, direi di no»
ridacchiò
Priscilla. «Potresti regalargli un paio di mutande, magari
almeno
quelle così facendo si ricorda di tenerle»
aggiunse poi Priscilla,
divertita dal difetto incorreggibile di quel ragazzo che,
bizzarramente, tutti avevano persino imparato ad accettare.
«È
imbarazzante!» sussultò Lluvia, prima di
ondeggiare e portarsi le
mani al volto arrossato. «Regalare delle mutande è
troppo intimo,
potrebbe contenere dei significati nascosti, significati
perversi!»
poi si voltò, guardando Priscilla sconvolta.
«Laxus-sama ti ha mai
regalato delle mutandine?!» chiese, mettendo insieme i pezzi
e
trovando in quello il motivo per il quale a Priscilla era venuta in
mente una simile idea. Priscilla per poco non si strozzò col
bicchiere di succo che stava bevendo e con ancora qualche goccia che
le cadeva dalla bocca e colpi di tosse per liberare le vie
respiratorie, urlò: «Ma come ti salta in
mente?!»
«Un
completo intimo sexy!» urlò Lluvia, in preda a un
raptus fatto di
fantasie romantiche ed erotiche su quel famigerato amore incestuoso
che ultimamente la faceva palpitare tanto.
«L-L-Lluvia!»
ruggì Priscilla tanto imbarazzata da non riuscire neppure
più a
respirare, mentre per colpa dell'amica nella sua mente compariva ora
un seducente Laxus che le porgeva un paio di slip in pizzo e le
sussurrava suadente: «Perché non lo indossi per
me?»
Parve
che del fumo le uscisse dalla testa, mentre in preda alle urla e alla
vergogna si dimenava e si tirava i capelli, sperando che
così
facendo quell'assurda fantasia le sparisse dalla mente.
«Ohy»
la voce di Laxus comparve alle sue spalle appena prima che la sua
mano si posasse sulla spalla della ragazza. Priscilla urlò
come mai
aveva fatto prima e saltò via, lanciandosi addosso a Lluvia,
finendo
entrambe col cadere a terra. Lluvia era con ancora il volto arrossato
ed entrambe le mani vicino alla bocca, emozionata, mentre Priscilla
era completamente disordinata e le guance che sembravano avrebbero
potuto prendere fuoco. Si voltò a fulminare Laxus,
chiedendosi come
diamine avesse fatto ad avere un simile tempismo tanto irritante, e
lui semplicemente alzò un sopracciglio, confuso per
quell'eccessiva
reazione.
«Che
c'è?!» ruggì Priscilla, ancora stesa
sopra Lluvia e per niente
intenzionata ad alzarsi.
«Abbiamo
preso un incarico. Saremo di ritorno entro domani. Non combinare
niente mentre non ci siamo» le disse, minaccioso.
«Starò
buona» sibilò lei, ancora troppo turbata per
quanto era appena
accaduto per riuscire a prenderlo sul serio. In quel momento sperava
solo che se ne andasse il prima possibile.
«Perché
non vieni con noi, baby?» disse Bickslow inginocchiandosi
vicino
alle due.
«Penso
che starò qui, devo aiutare Lluvia con una
faccenda» ridacchiò
Priscilla nervosa trovando in quello la scusa perfetta. In altre
occasioni avrebbe pagato oro per potersene andare in giro con Laxus
come ai vecchi tempi, ma in un momento come quello aveva solo bisogno
di restare sola e eliminare quell'assurda immagine dalla sua testa.
Averlo intorno l'avrebbe costretta a ripensarci in continuazione,
sarebbe potuta impazzire. Lluvia, ancora bloccata sotto di lei con le
mani vicino alla bocca e lo sguardo emozionato, annuì
semplicemente
dando corda all'amica.
«Andiamo»
disse Laxus, incamminandosi per primo.
«Cerca
di non combinare guai mentre non ci siamo, ok?»
l'ammonì Fried e
insieme al resto dei Raijinshuu uscì infine dalla gilda.
Priscilla
sospirò finalmente rasserenata quando non li vide
più e rimase
accasciata su un'ancora paralizzata Lluvia.
«Avete
legato molto voi due» squillò la voce di Lucy al
loro fianco, pochi
minuti dopo.
«Ah!
Lucy!» si illuminò Priscilla nel sentirla. Tornare
al discorso
regalo per Gray era la cosa migliore da fare per liberarsi l'anima da
tutta quella sovraeccitazione, perciò finalmente si
sollevò da
dosso Lluvia e restando inginocchiata disse: «Ottimo
tempismo! Tu
cosa regaleresti a un uomo per conquistare il suo cuore?»
«Cibo!»
esclamò Natsu, sbucando al suo fianco con un paio di
cosciotti
arrosto tra le mani.
«Ti
sei decisa a dichiararti apertamente a Laxus?»
ridacchiò Lucy,
portandosi una mano alle labbra, e Priscilla tornò ad
arrossire e
agitarsi, gridando: «Piantatela tutti con questa storia! Si
tratta
di Lluvia! Parlo in vece di Lluvia, chiaro?!»
«Ho
capito, non ti scaldare» ridacchiò Lucy.
«Oggi
è l'anniversario di Lluvia e Gray-sama e Lluvia sta cercando
un'idea
per un regalo» spiegò Lluvia, rialzandosi da
terra. Priscilla al
suo fianco restò invece seduta a gambe incrociate e
semplicemente si
sollevò, volando, restando nella sua posizione ma arrivando
almeno
ad altezza delle ragazze.
«Regalagli
un pesce!» esclamò Happy, seduto vicino a Natsu e
impegnato a
mangiare del pesce fresco.
«Non
credo che Gray-sama sarebbe felice di ricevere del pesce»
rispose
Lluvia candidamente.
«Questo
non è vero!» disse Happy e Natsu gli diede corda
confermando: «Io
sarei felice di ricevere del pesce per cinque persone tutto in una
volta».
«Gray
non ha certo il tuo appetito» disse Lucy, ridacchiando
imbarazzata
per la risposta dei suoi amici. In quel momento Priscilla
notò
passare Elfman accompagnato da Gajeel, che cercavano entrambi un
posto dove sedersi e mangiare la propria porzione. «Elfman,
Gajeel!»
li chiamò Priscilla. «Voi cosa vorreste ricevere
come regalo?»
«Cosa
vorrei ricevere?» chiese Elfman prendendosi una pausa per
riflettere. «Io vorrei ricevere... uomo!»
esclamò poi, fiero, e
Priscilla sospirò un: «Dovevo
aspettarmelo».
«Non
riesco a capire cosa voglia dire» si unì Lucy.
«A
me piacerebbe un vestito bianco e una chitarra» disse Gajeel,
sorridendo già all'idea di poterne avere una. «E
una rosa rossa,
sarebbe perfetto!»
«Una
rosa rossa? Fai il romantico?» ridacchiò
Priscilla, tirando al
ragazzo un paio di sgomitate.
«È
per creare l'atmosfera!» ruggì Gajeel, offeso di
non essere
compreso.
«Ho
la sensazione che gli starebbero bene» disse Lluvia, cercando
di
immaginarsi Gray sotto quelle sembianze.
«Ma
non credo che siano proprio adatti a Gray» disse Lucy, che
non
riusciva a immaginarsi uno come Gray conciato in quel modo.
«Per
un regalo penso che sarebbe carino qualcosa di fatto a mano»
intervenne Mirajane, attirata dalla loro chiacchierata.
«Ma
sì! Sembra una buona idea!» esclamò
Priscilla, convinta.
«Per
esprimere i propri sentimenti, qualcosa di fatto a mano è la
via
giusta» annuì Mirajane.
«Una
chitarra fatta a mano non mi dispiacerebbe riceverla» disse
Gajeel,
confermando così che quella poteva essere una buona via.
«Un
completino fatto a mano» mormorò Lluvia, spostando
lo sguardo su
Priscilla che di nuovo torva in volto ruggì furibonda:
«Basta con
questa storia!»
«Io
voglio del cibo!» esclamò Natsu, sventolando il
suo cosciotto
arrosto.
«Smettila!
Non ci interessa cosa vuoi tu!» lo rimproverò Lucy.
«L'idea
di Natsu invece è buona» disse Mirajane,
sorridendo. «Questo mi
ricorda la deliziosa torta che Erza e gli altri hanno preparato per
Asuka la settimana scorsa».
«Ma
certo! Una torta fatta a mano, Lluvia!» disse Priscilla,
illuminandosi e battendosi un pugno sull'altra mano per enfatizzare
la buona idea avuta.
«Una
torta...» mormorò Lluvia, cominciando a sorridere
convinta. «Sì!
Ci proverò!» esclamò infine,
decisa.
«Ce
la fai da sola?» chiese Priscilla, già
pregustandosi i vari assaggi
che avrebbe sgraffignato con la scusa di aiutarla.
«Certo!
Lluvia farà un tentativo!» disse lei, felice e
convinta.
«Quando
hai finito fanne un po' anche per noi!» disse Happy.
«Non
posso! È tutta per Gray-sama» rispose Lluvia e
Priscilla le diede
corda, aggiungendo: «Una torta fatta a mano è il
simbolo
dell'amore, non può certo condividerlo con
chiunque!»
Sia
Natsu che Happy sospirarono, dispiaciuti, e Lluvia stringendo i pugni
vicino al volto con determinazione infine disse: «Bene! Vado
a
mettermi subito al lavoro!» e scappò via, diretta
rapidamente a
Fairy Hills. Dopo una buona mezz'ora Priscilla, accompagnata da Lucy,
Charle e Wendy decisero di andare a controllare come stesse andando,
ma quando arrivarono al dormitorio tutte le loro speranze andarono in
fumo. Dalla finestra di Lluvia era proprio del fumo quello che usciva
e bastò quello a dar loro un indizio su come stesse andando
la sua
operazione. Le sue urla di rabbia erano la ciliegina sulla torta, era
come se stesse lottando contro qualcuno.
«Ohy
ohy» sospirò Priscilla.
«Proprio
come avevamo pensato» disse Wendy preoccupata.
«Andiamo
a vedere!» disse Lucy e le ragazze corsero verso l'interno
del
dormitorio, per dirigersi rapidamente alla stanza di Lluvia. Non
c'era niente che si fosse salvato dal suo attacco, c'erano pezzi di
torta e ingredienti ovunque, parte della stanza era addirittura
bruciata, una finestra rotta, ogni cosa era sottosopra. E Lluvia
ansimante per la fatica le accolse con in braccio un pupazzo Gray e
un grosso sorriso sul volto.
«Lluvia
ce l'ha fatta!» esclamò, indicando un piatto sul
tavolo dove sopra
era poggiata una torta bruciata, terrificante e dalla decorazione
pessima.
«No,
non ce l'hai fatta» sospirarono in coro le quattro ospiti.
«Non
è venuta bene?!» sussultò Lluvia,
cadendo dalle nuvole.
«Beh...
c'eri quasi...» mormorò Priscilla, imbarazzata
all'idea di
rivelarle apertamente che era terribile.
«Sicuramente
ti sei impegnata molto» disse Lucy, altrettanto incoraggiante.
«Ma
anche le parole sono scritte male» sospirò Wendy,
leggendo la
decorazione che recitava "Lovery" invece che "Lovely"
e “SamaGa” invece di
“Gray-sama”.
Tutto
totalmente sbagliato.
«Fa
schifo» disse più diretta Charle e Lluvia,
abbattuta, cadde a terra
colta da un attacco profondo di depressione.
«Forse
la torta non era la scelta giusta» disse Priscilla, poggiando
una
mano sulla spalla dell'amica.
«Però
forse è buona da mangiare!» esclamò
Wendy, cercando una via
d'uscita da quel disastro. Si avvicinò alla torta e con un
dito
raccolse un po' di glassa al cioccolato, portandosela alle labbra.
Non disse niente, ma la sua espressione schifata e rattrappita lo
fece per lei. Era decisamente immangiabile.
«Eppure
ho usato normali ingredienti» sospirò Lluvia.
«Potrebbe
essere un qualche tipo di talento, il tuo» disse Charle.
«Cosa
dovrei fare?» mormorò Lluvia, affranta,
stringendosi al petto il
pupazzetto a forma di Gray che si era tenuta tra le braccia fino a
quel momento.
«Magari
puoi provare con qualcosa di diverso, più adatto alle tue
capacità»
suggerì Priscilla.
«Magari
qualcosa che non abbia a che fare con la cucina» disse
Charle.
«Penseremo
noi a pulire qui, così tu potrai pensare a qualcos'altro per
Gray-san» disse Wendy.
«Facile
a dirsi... ma cosa potrebbe andare bene?» mormorò
ancora Lluvia,
sempre più abbattuta.
«Che
ne dici di un accessorio? O qualcosa che possa indossare?»
provò a
suggerire Charle e Priscilla si illuminò, esclamando:
«Mi sembra
un'ottima idea!»
Persino
Lluvia riuscì a sorridere di nuovo, colta da un nuovo
ottimismo, ed
esclamò: «Ha senso! Lluvia farà un
tentativo! Vado subito a
mettermi al lavoro» disse e si alzò, uscendo dalla
cucina e
andandosi a mettere su di un divanetto in camera. Prese ferri e lana
e cominciò a lavorare a maglia, concentrata su quella che
sembrava
l'inizio di una sciarpa.
«Ce
la sta davvero mettendo tutta, eh?» sorrise Lucy, buttando
nel
cestino la torta mostro immangiabile.
«Ci
tiene davvero molto» sorrise Wendy, prendendo una scopa e
mettendosi
a pulire.
«Anche
se l'occasione non ha alcun senso» disse Charle, prendendo un
panno
e andando verso un mobile lercio. Priscilla, in silenzio, prese le
ciotole e gli utensili sporchi e si avvicinò al lavandino
per
poterli ripulire e rimettere a posto.
«Ma
per lei resta molto importante. È una bella cosa»
sorrise Wendy,
prima di affacciarsi verso Priscilla e chiedere: «Non
è vero,
Priscilla-nee?»
«Certo»
rispose lei, distrattamente. Improvvisamente assorta nei suoi
pensieri, aveva chissà quando iniziato a smettere di
ascoltare ciò
che le sue amiche avevano da dire. Wendy la guardò curiosa,
ma non
si preoccupò dal momento che il suo viso, anche se assorto,
sembrava
stranamente sereno.
"Un
regalo..."
Laxus
tornò dalla sua missione il giorno dopo, come previsto. Non
fece
rientro direttamente alla gilda, ma preferì prima passare da
casa
sua per potersi lavare e cambiare. Oltretutto avevano passato
tutte quelle ventiquattro ore in viaggio e impegnati, senza neanche
il tempo di riposare, e aveva davvero bisogno di farsi una lunga
dormita. Grattandosi la nuca pigramente e mugolando già per
la
fatica, aprì la serratura di casa sua ed entrò
nell'appartamento.
La sua attenzione fu catturata nell'immediato dalla luce nella sua
camera accesa, ma più che preoccuparsi si
infastidì all'idea che
qualcuno fosse potuto entrare in sua assenza. Priscilla si
voltò a
guardarlo nell'istante in cui lo sentì aprire la porta della
camera.
Era stesa sul suo letto, i piedi sollevati per aria che ciondolavano
come fosse una bambina pigra, i gomiti erano piantati sul materasso e
aveva un libro che teneva sotto di sé e che l'aveva tenuta
assorta
talmente tanto che non aveva fatto caso alla serratura che veniva
aperta. Si illuminò nel vedere Laxus e sollevandosi col
busto,
mettendosi poi in ginocchio sul letto, esclamò allegra:
«Bentornato!
Com'è andata la tua missione?»
«Che
ci fai a casa mia?» le chiese, vagamente irritato. Quando e
soprattutto come era entrata? Chi le aveva dato il permesso? Era
incredibile come non perdesse mai occasione per violare i suoi spazi,
non aveva la minima idea di cosa fosse la privacy e il pudore.
«Ti
aspettavo» sorrise candidamente e per quanto lui trovasse
irritante
quel suo modo di fare invasivo, non rimase immune alla dolcezza di
quella scena. Morbidamente appoggiata al proprio letto,
inginocchiata, con i piedi nudi, stretta nelle spalle e il viso
candido e allegro mentre gli dava quella dolce accoglienza. Per un
istante provò il desiderio di averla sempre lì, a
dargli il
benvenuto tutti i giorni.
Si
tolse la giacca dalle spalle e la lasciò cadere su di una
sedia
vicino all'ingresso della camera, prima di cominciare a rimboccarsi
le maniche della camicia per dare più libertà
alla pelle.
«Come
sei entrata?» si informò, trovando divertente
quella sua
incredibile capacità di intrufolarsi ovunque.
«Dalla
finestra! Dovresti chiuderla almeno quando sei via, qualcuno potrebbe
intrufolarsi in casa tua, lo sai? È pericoloso» lo
ammonì
con severità e preoccupazione e lui non poté che
sghignazzare
divertito e ammettere un: «Me ne sono accorto».
Priscilla
inclinò la testa da un lato, senza dire niente, assumendo
semplicemente un'espressione incuriosita e confusa. Probabilmente non
le era chiaro che l'intrusa era lei, forse sentendo come tutto quello
fosse normale.
«Ecco
io...» mormorò poi, arrossendo lievemente e
lasciando subito da
parte il discorso della finestra. «In verità, sono
venuta qui
perché volevo darti una cosa» confessò
e Laxus, che era già
andato all'armadio a cercare un cambio d'abito pulito, si
voltò a
guardarla con curiosità.
«Ti
ho portato un regalo!» esclamò, sorridendo allegra.
«Un
regalo?» chiese li, arrossendo lievemente per l'imbarazzo.
Priscilla
annuì e si allungò ora sul comodino, dove
notò solo in quel
momento che c’era appoggiato un piatto vicino anche a un
pacchetto.
Priscilla prese prima il piatto e lo porse a Laxus, togliendo da
sopra la pellicola trasparente usata per proteggerne il
contenuto.
«Biscotti
al limone! Li ho fatti io!» disse felice.
«Assaggia!» invitò e
Laxus, dapprima esitante, si lasciò alla fine convincere. Si
avvicinò a lei, le si sedette pesantemente a fianco facendo
sobbalzare un po' il letto su cui lei era ancora inginocchiata e
osservò il piatto ricolmo di biscotti. Lei
continuò a sorridere e
con un gesto lo invitò ancora a prenderne uno, cosa che lui
fece
poco dopo. Se lo portò alle labbra e lo assaggiò,
sotto lo sguardo
emozionato di Priscilla che attendeva con fervore l'esito.
«Sono
buoni» confessò Laxus, dopo qualche secondo in cui
non aveva fatto
altro che cercare le parole adatte per evitare che trapelasse
l'emozione di quel momento. Era stato un gesto inusuale, di una
dolcezza infinita, persino una statua di marmo come lui non poteva
non trovarla deliziosa nelle sue attenzioni. Priscilla
allargò
maggiormente il sorriso, felice di sentirglielo dire, e infine
spiegò: «Da quando sei tornato sono successe
così tante cose che
non abbiamo nemmeno avuto il tempo quasi di rendercene conto. Prima
Acnologia, i sette anni, il torneo a Crocus... ti ho aspettato
così
a lungo e oggi, visto che era un giorno tranquillo e felice, mi
è
solo tornato in mente che non ti ho ancora dato il bentornato come si
deve. È un grande momento, finalmente abbiamo messo un punto
a tutta
questa faccenda che è durata fin troppo, ho solo pensato che
dovessimo festeggiare! Siamo di nuovo insieme» e le guance
presero a
colorarsi di rosso, sotto una palese emozione che faticava a
nascondere. Per Laxus era stato imbarazzante trovarla improvvisamente
a casa sua, con tutte quelle gentilezze che sembravano senza ragione
e servivano solo a riempirla di una dolcezza forse anche esagerata.
Ma ora era tutto così chiaro che la vergogna venne spazzata
via in
un attimo, lasciando posto solo a un felice benessere.
«Già»
mormorò lui semplicemente, lasciandosi sfuggire a sua volta
un
sorriso. Erano di nuovo insieme, dopo tutto quel tempo, tutto quel
dolore e quella follia, erano di nuovo insieme. Era stato tutto
spazzato via, anche se ci avevano messo decisamente troppo tempo,
ogni cosa era sparita e lasciava spazio solo al futuro che avrebbero
d'ora in avanti percorso insieme. Di nuovo.
«Oh!
E ho un'altra cosa!» disse lei, lasciando il piatto con i
biscotti
sulle ginocchia di Laxus e tornando ad allungarsi a prendere anche il
pacchetto che era stato lasciato sul comodino. Laxus si
portò alla
bocca un altro goloso biscotto e la guardò ora con
curiosità,
chiedendosi cos'altro avesse ideato per celebrare quel
momento.
Priscilla
poggiò il pacchetto sulle proprie gambe e ne
sollevò il coperchio,
mostrando al suo interno le vecchie cuffie che erano appartenute a
Laxus un tempo. Cuffie a cui era stato talmente legato che si era
portato dietro ovunque, in qualsiasi occasione, per anni interi da
quando era ragazzino.
«Si
erano rotte...» confessò lei, arrossendo un po'
forse per
l'imbarazzo o forse per il dolore nel ricordare quel momento.
«Durante il nostro scontro alla cattedrale di Caldia, quando
sei
stato poi esiliato. Le avevi lasciate lì, si erano rotte. Le
ho
prese con me... e le ho fatte aggiustare» spiegò,
sentendosi in
imbarazzo nell'ammettere che aveva avuto quell'attenzione.
«Dovrebbero
funzionare, adesso» disse prendendole tra le mani e
porgendogliele.
Per quanto fosse un gesto come un altro, anche se incredibilmente
dolce e premuroso, a colpirlo fu principalmente l'attenzione che
riportò a quel famigerato giorno. Il giorno in cui avevano
combattuto, il giorno in cui lui si era ricordato e si era reso conto
di tutti gli errori fatti, di tutto il male che le aveva recato.
Quell'orrendo giorno, che non aveva fatto che tormentarlo. Le mani di
Priscilla si allungavano nella sua direzione a porgergli
quell'insignificante oggetto che lei aveva preso a cuore, le stesse
mani che si erano preoccupate di risanare ciò che era
rimasto di
quel giorno. Quelle ferite, riportate anche su quelle cuffie, ormai
erano sparite grazie alla cura che lei aveva avuto nei loro
confronti. Non era un semplice regalo, era qualcosa di molto
più
grande. Il dolore di una ferita che spariva, il rendersi conto che
tutte le sue cure e le sue attenzioni erano state in grado di
disinfettarlo e richiuderle, eliminarle per sempre. Quel giorno
sembrava ora così distante da sembrare... solo un incubo.
Quella
sera avrebbero festeggiato il loro ritrovamento, la loro di nuovo
unione, ma soprattutto avrebbero festeggiato tutte le sofferenze che
finalmente avevano abbandonato definitivamente alle spalle. Quella
sera loro erano lì per ricominciare da capo. Guardare solo
avanti
perché niente di quello che era stato aveva più
bisogno di essere
riparato... persino quelle cuffie.
Poggiò
una mano sulle sue, abbassandole per potersi fare spazio e spingere
da parte quelle cuffie che ora non avevano più
così importanza.
Allungò infine le braccia dietro la schiena della
ragazza e se
la tirò contro, stringendola con tutto il desiderio che
aveva
trattenuto dentro sé per tutto quel tempo. Una mano dietro
la nuca,
con le dita che si incastravano tra i suoi capelli, vi
affondò il
volto tra quei capelli dal profumo così familiare. Il
profumo di
casa. Finalmente a casa.
«Pricchan»
sussurrò, scaricando in quell'abbraccio tutto se stesso.
«L-Laxus...»
mormorò lei, rossa per l'imbarazzo e l'emozione che il suo
tocco e
la sua vicinanza le davano. Non era difficile giocare all'amata
sorellina, ormai c'era abituata, le riusciva bene, ma talvolta
accadeva che quel ruolo le stesse stretto e tornasse in lei l'unico
sentimento che sapeva ora essere reale. L'amore che provava nei suoi
confronti, non l'avrebbe più negato anche se consapevole di
non
averne il diritto, avrebbe comunque continuato a tenerlo nascosto.
Momenti come quello, dove la barriera del gioco veniva sfondata e lei
poteva avvicinarsi così tanto a lui, le facevano perdere il
controllo di tutto quello e per un attimo diventava una semplice
ragazza innamorata piuttosto che una sorellina affezionata.
Quell'abbraccio valeva così tanto, eppure proprio per questo
aveva
lo stesso sapore amaro del sangue. Era bello poterlo avere
così
vicino, ma ricordarsi qual era in realtà il suo posto e
costringersi
sempre a tenere un passo indietro era così doloroso. Ma
aveva
imparato ad accontentarsi... già molto tempo prima. Prese
timidamente la sua camicia tra le dita e tentò un goffo
abbraccio di
ricambio, rilassandosi sotto la sua ferrea e disperata presa.
Restò
immobile, permettendogli di prendersi tutto il tempo che desiderava.
«Grazie»
sussurrò lui, infine. Una parola che andava ben oltre il
semplice
regalo, che avvolgeva anni e anni di sacrificio che lei aveva fatto
solo per amor suo. «Grazie» ripeté
più deciso e lei semplicemente
sorrise e arrossì, non riuscendo a trovare le parole
adeguate a
rispondergli. Attese fintanto che non fu lui ad ammorbidirsi e
allontanarsi nuovamente, anche se non lo fece mai del tutto. Le
poggiò una mano sulla guancia e si allungò,
cedendo al desiderio di
un contatto, stampandole un deciso bacio sulla fronte. Prese poi le
cuffie dalle mani di Priscilla, si portò la destra al
proprio
orecchio destro mentre la cuffia sinistra la poggiò
all'orecchio
sinistro della ragazza. Fece partire la musica e socchiudendo gli
occhi restò rilassato ad ascoltarla, con la testa poggiata
su quella
della ragazza al suo fianco. Prese un altro biscotto dal piatto e poi
ancora un altro. Priscilla, restando incastrata sotto al suo braccio,
con la testa poggiata alla sua, mangiò insieme a lui. E solo
ore
dopo, nel silenzio se non per la musica che risuonava nelle orecchie,
riuscirono a finirli.
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Capitolo 63 *** La città dei fulmini ***
La
città dei fulmini
Priscilla
era alla gilda già da quella mattina e da quando era
arrivata non
aveva fatto altro che canticchiare e ondeggiare sulla propria sedia.
Con le guance arrossate, il volto trasognante, sembrava non notare
niente di quello che le stava accadendo intorno, ignorò
persino
l'ennesima rissa a cui Happy le chiese di scommettere.
«Sei
di buon umore stamattina, Priscilla» osservò
Mirajane, contenta di
vederla sorridere in quel modo. Priscilla gongolando trasognante
semplicemente si sfiorò la fronte con la punta delle dita e
mormorò:
«Non mi laverò mai più questa
zona».
«Eh?»
mormorò Mirajane, non capendo cosa le fosse successo di
tanto bello
e perché mai non avrebbe più dovuto
lavarsi.
Priscilla
si strinse di più nelle spalle, nascondendo il volto
arrossato tra
le braccia poggiate sul bancone, e ridacchiò sempre
più emozionata.
Era ovvio che fosse successo qualcosa di incredibile, ma
probabilmente non l'avrebbe raccontato con tale facilità.
Non
avrebbe più potuto liberarsi dei pettegolezzi, se avesse
rivelato
loro che il motivo di tanta felicità ed emozione era la
serata
passata insieme a Laxus, appena il giorno prima. I biscotti, la
musica, la dolcezza del suo abbraccio... e quel bacio sulla fronte.
Per quanto da ragazzino fosse stato più aperto di quanto lo
era
adesso, mai si era spinto a tanto. Il suo modo di esprimere affetto
nei suoi confronti si era sempre e solo fermato a una carezza sulla
testa come fosse stata un cagnolino. Persino gli abbracci erano
rarissimi, potevano contarsi sulle dita, ed era Priscilla quella che
di solito gli si appendeva al collo per ogni occasione. Ma un
bacio... il tocco delle sue labbra morbide sulla propria pelle,
calde, la carezza fugace del suo respiro contro i propri capelli.
Solo ripensarci la fecero emozionare e tornò a ridacchiare,
portandosi le mani alle gote accaldate e sgambettando come una
bimba.
«Chissà
che le è successo?» ridacchiò Lucy,
prima di spostare lo sguardo
su Natsu e Happy, seduti non troppo distanti ma con un umore
decisamente diverso da quello della compagna. Appoggiati al bancone,
sospiravano affranti e rattristati, piagnucolando di tanto in tanto.
«E
voi invece che avete?» si informò, curiosa ma
già pronta a
brontolarli per qualsiasi cosa avessero combinato. Perché
loro
combinavano sempre qualcosa.
«Fame»
risposero in coro.
«Perché
non usate i soldi dell'ultimo incarico per comprarvi
qualcosa?»
chiese Lucy, domandandosi per quale motivo stessero a piangersi
addosso e basta.
«Li
abbiamo già spesi tutti» rispose Natsu.
«C'era
da aspettarselo» mormorò Lucy, per niente sorpresa.
«Moriremo»
piagnucolò Happy. «Lucy, prestaci dei
soldi» disse poi.
«Non
posso, anche io sono alle strette» rispose la ragazza.
«Perché
invece non vi mettete a lavoro? Chi non guadagna non mangia!
Guardate, lì c'è una richiesta» disse
indicando l'unico foglio
rimasto sull'enorme bacheca riaperta da poco tempo.
«Quella
non possono prenderla» si intromise Mirajane.
«È una richiesta
specifica per Laxus» disse notando come proprio in quel
momento i
Raijinshuu si stessero avvicinando alla bacheca.
«Una
specifica per Laxus?» chiese Priscilla, riuscendo finalmente
a
riprendersi dal suo sogno ad occhi aperti. Svolazzò al
fianco di
Fried mentre lui osservava il foglio e leggeva mandante e compenso.
Priscilla si affacciò oltre alla sua spalla e
studiò anche lei ciò
che c’era scritto, curiosa.
«Da
quando abbiamo vinto i giochi le richieste specifiche sono aumentate
un sacco. Persino Gray e Natsu ne hanno ricevuta qualcuna»
disse
Fried.
«In
molti hanno avuto modo di studiare le nostre tecniche durante i
giochi e per questo se hanno delle esigenze specifiche sanno
già a
chi rivolgersi» disse Evergreen.
«Io
non ne ho ancora ricevuta nessuna» sbruffò
Priscilla, lasciandosi
scappare con quella frase un sentimento di dissenso e invidia.
«Non
sei certo l'unica, non prendertela» disse Fried, passando a
Laxus il
foglio con la richiesta per permettergli di esaminarlo.
«Uffa»
sbruffò ancora lei, per niente consolata, mentre Laxus si
metteva in
cammino. I Raijinshuu lo seguirono subito dopo e Priscilla insieme a
loro.
«Vieni
con noi, baby?» chiese Bickslow, felice di poterla avere
intorno.
«Non
ho niente da fare, perciò...» alzò le
spalle lei, con fare
disinteressato.
«Wendy
è partita per una missione insieme ad Erza questa mattina e
non
l'hanno invitata» disse invece Fried, dando una spiegazione
più
sensata al suo volersi intrufolare. Quando Evergreen si
voltò a
guardare il volto di Priscilla, pronta a chiedere spiegazioni
sull'accaduto, la trovò rannicchiata in se stessa con le
lacrime
agli occhi. Nonostante continuasse a seguirli, volando, si stringeva
nelle ginocchia e tirava su col naso per la tristezza.
«Wendy-chan
si è dimenticata di me» piagnucolò
affranta.
«Oh,
no Pricchan, sono certa che non è così»
provò a consolarla
Evergreen, abbracciandola e schiacciandole il viso contro il proprio
prosperoso seno con fare materno.
«Mi
ha lasciata sola» singhiozzò ancora Priscilla,
aggrappata
all'amica.
«Ci
sarà sicuramente qualche spiegazione, non
abbatterti» insisté
Evergreen, dandole amorevoli pacche dietro la nuca.
«Su,
su, quando torneremo ci fermeremo da qualche parte a prendere un
gelato alla faccia di Wendy, eh?» la consolò
Bickslow, come se
si trattasse di una bambina. E vedendola annuire in quel modo,
timida, sembrò proprio che lo fosse.
«La
viziate troppo, voi due» mormorò Fried,
contrariato.
«E
tu invece sei sempre troppo duro» lo rimproverò
Evergreen.
«Inizialmente
non eri così, che cosa ti è successo?»
provò a chiedere Bickslow,
ricordandosi come i primi tempi fosse anche lui molto protettivo e
attaccato a Priscilla. A rispondergli fu Evergreen che,
sghignazzando, disse: «Sarà la gelosia».
Un
sola frase che ebbe il potere di colpire e far avvampare entrambi,
stranamente consapevoli di cosa la donna stesse parlando. Erano
entrambi particolarmente attaccati a Laxus, anche più del
normale,
per quel motivo da quando il biondo era tornato loro due avevano
cominciato con i loro battibecchi.
Per
loro fortuna l'oggetto del loro interesse sembrò aver
già smesso di
ascoltarli da molto, e anche se così non fosse stato
comunque non si
mostrava interessato e continuava a camminare per la sua
strada.
«Comunque»
sospirò dopo un po' Priscilla, costringendosi a cambiare
argomento
per cercare di smorzare l'imbarazzo. «Che posto è
Borwatt? La
richiesta dice che è piena di fulmini, per questo hanno
chiesto di
Laxus».
«Non
ne ho mai sentito parlare» mormorò Evergreen,
pensierosa.
«Andiamo a dare un'occhiata» concluse.
«Prendiamo
il treno?» chiese Priscilla, entusiasta.
«Andiamo
a piedi» disse invece Laxus, irritato. Il solo pensare
all'oscillazione del mezzo lo faceva già stare
male.
«Ma
ci metteremo un'eternità» brontolò lei,
irritata.
«Cammineremo
velocemente» rispose lui.
«E'
lo stesso troppo!» lamentò lei, capricciosa come
una bambina.
«Ancora
problemi con la chinetosi? C'è Priscilla che può
aiutarti,
sbaglio?» chiese Evergreen, inconsapevole del fatto che il
problema
fosse proprio quello. Laxus non aveva dimenticato, anche se sembrava
essere tornato a una specie di normalità, non poteva
dimenticare
quella sensazione che ultimamente lo accecava tutte le volte che
aveva un contatto troppo prolungato con lei. Non aveva nessuna
intenzione di ricaderci ancora.
«Infatti!
Un tempo ti stava bene» lamentò Priscilla.
«Ho
detto a piedi» insisté Laxus, risoluto, e lei si
imbronciò,
incrociando infastidita le braccia al petto. «Che
noia» disse dopo
neanche un quarto d'ora di cammino, per poi illuminarsi
improvvisamente. «Ho avuto un'idea!»
esclamò.
Un
soffio di vento raccolse tutti i suoi compagni da terra, sollevandoli
rapidamente. Si lasciarono sfuggire uno squittio sorpreso, ma ben
presto si ammorbidirono sorretti dalla corrente di Priscilla.
«Volando arriveremo prima!» sorrise.
«Fried, indicami la via».
Seguendo
le indicazioni del compagno, volarono per ore intere ma almeno
riuscirono ad arrivare alla città che era pieno pomeriggio.
Priscilla si fermò però ben prima di entrarci
dentro, atterrando
insieme ai suoi compagni qualche chilometro più indietro.
«Che
succede? Perché ci fermiamo qui?» chiese Bickslow,
risvegliandosi
in quel momento da quello che era stato un vero e proprio sonnellino,
cullato dal vento di Priscilla.
«Non
posso volare lì dentro» spiegò lei, con
uno sguardo tetro. Sopra i
tetti della città c'era un'enorme nube scura, ruggente e
scintillante in più punti, ad indicare il temporale a cui
era
soggetta. Non era un semplice cielo in tempesta, c'era molto di
più,
le nuvole avevano come una consistenza fisica, massiccia. Sembravano
sarebbero potute cadere su quelle persone da un momento a un altro, e
tutto, sotto alla sua ombra, era tetro e oscuro.
«Andiamo»
disse Laxus camminando avanti al gruppo.
Per
le strade non c'era anima viva, tutto era silenzioso se non per il
rumore dei tuoni sopra le loro teste, persino il vento sembrava aver
paura di soffiare tra quelle mura.
«Quest'aria
pizzica» disse Priscilla, guardandosi la punta delle dita.
«Elettricità
statica» commentò Fried, notando le scintille che
i suoi vestiti
facevano ad ogni movimento. Priscilla si voltò a guardarlo e
rimase
qualche secondo perplessa, osservando i suoi verdi capelli tutti ben
ritti diretti verso il cielo. Con un urlo sorpreso si portò
le mani
alla sua stessa testa, chiedendosi se stesse subendo la stessa sorte
e scoprì che, come sospettava, anche lei aveva tutti i
capelli
sparati verso l'alto.
«Io
non ho il vostro stesso problema con i capelli»
ridacchiò Bickslow,
guardando quel poco di cresta che gli usciva dall'elmo che era
esattamente nella stessa posizione di sempre. «Anche i
tuoi»
aggiunse poi, guardando Evergreen che subiva la stessa sorte.
«Stai
zitto» lo rimproverò lei, cercando di nascondere
l'offesa dietro
una maschera di disinteresse. Priscilla guardò tutti e tre i
suoi
compagni, vittima di quell'elettricità: anche se lei stava
subendo
la stessa sorte li trovò comunque esilaranti come poche
volte.
Scoppiò a ridere e puntò contro Fried un dito
denigratore. A
interrompere la sua candida e divertita risata, fu il rumore dei
fulmini che infine con un potente rombo caddero dal cielo colpendo i
parafulmini della città. Laxus fece rapidamente un passo
avanti e
alzò un braccio al cielo, attirandone così su di
sé la maggior
parte per evitare che si scatenassero su alberi e soprattutto sui
suoi compagni.
«Laxus!»
lo chiamò preoccupato Fried, ma lui semplicemente si
sgranchì il
collo e rimase in posizione per raccogliere i successivi.
«Scendono
senza sosta» commentò Priscilla, alzando gli occhi
al cielo e
studiando le nuvole che erano la causa di tutto quello.
«Forse
potrei dissiparle con una corrente d'aria ideale, ma penso che
l'elettricità statica li attirerebbe di nuovo qui dopo
poco» disse,
notando come l'aria di quella città e quel cielo non fossero
per
niente di normali. Una semplice ventata d’aria non avrebbe
mai
potuto risolvere il problema.
«Sono
però troppi, di questo passo neanche Laxus sarà
in grado di
contenerli tutti» disse Evergreen, guardando come uno dopo
l'altro
Laxus li attirasse tutti.
«Devo
dargli una mano!» esclamò Priscilla preoccupata e
correndo provò
ad avvicinarlo per fare qualcosa. Ma, con sorpresa, uno dei fulmini
scesi dal cielo arrivò da lei ben prima che potesse
accorgersene,
cadendo proprio ai suoi piedi. Priscilla squittì dalla paura
e si
tirò indietro tanto velocemente, per evitarlo, che cadde a
terra.
«Che...
spavento...» lamentò, pallida in volto.
«Stai
indietro» le disse Laxus, alzando gli occhi al cielo ora
più calmo
ma sempre minaccioso. «Che spina nel fianco»
sussurrò scocciato,
prima di prendere fiato e preparare il proprio colpo:
«Ruggito del
drago del tuono!»
Sparò
contro le nuvole e per quanto fosse elettricità contro
elettricità
il suo attacco fu in grado di distruggerle, dissiparle e soprattutto
disperdere momentaneamente l'elettricità del luogo. Il cielo
tornò
sereno, mostrandosi sotto la coltre ora sparita, e il sole
brillò su
di loro e su quelle case ormai nere per il numero incredibile di
elettricità che avevano dovuto subire.
«Non
durerà a lungo, presto le nuvole si raduneranno di
nuovo» disse
Laxus.
«E
l'elettricità statica è ancora qui»
commentò Evergreen,
avvicinandosi al compagno. Fried si avvicinò a Priscilla e
senza
chiederle niente, semplicemente le porse una mano per aiutarla ad
alzarsi da terra.
«Dovrebbe
almeno darci il tempo di indagare, giusto?» chiese aiutando
la
ragazza al suo fianco.
«Già»
annuì Laxus con un sospiro, ma ben presto la sua attenzione
fu
catturata da ben altro. Le persone uscivano dalle porte delle case
tutte intorno a loro, ragazzi e ragazze, anziani e bambini, uomini e
donne, pian piano, timorosi, si avvicinarono e radunarono intorno al
gruppo di maghi. I loro volti, dapprima sorpresi e impauriti, presto
si trasformarono in un sorriso e mormorii felici.
«Che
succede?» si chiese Priscilla, guardando quelle persone che
presto
li accerchiarono. Un bambino corse loro incontro, sorridendo con
allegria, e si fermò proprio davanti a Laxus chiedendo:
«Tu sei
Laxus di Fairy Tail, vero? Tu sei il mago fortissimo che ha battuto
Jura ai Grandi Giochi della Magia!» e dietro di lui altre
voci,
sempre più emozionate, gli fecero eco riconoscendo l'uomo e
soprattutto adulandolo.
Un'enorme
schiera di fan che puntava a lui tutta la loro emozionata ed eccitata
attenzione, chiamandolo e congratulandosi con lui per la sua forza e
capacità. Priscilla si avvicinò a Laxus, sbucando
al suo fianco con
timidezza e semplicemente rivolse a lui un sorriso felice. Quello era
esattamente quello che aveva sempre sognato, vederlo realizzato nel
suo infantile sogno di diventare il mago più forte e famoso
di tutto
il continente. Laxus semplicemente la guardò spostando
appena gli
occhi, ma non appena notò la sua candida felicità
arrossì appena e
distolse lo sguardo cercando ancora una volta di tornare il solito
disinteressato di sempre.
«Ehm...»
la voce imbarazzata di una ragazza attirò la loro attenzione
e
questa si mostrò alla guida di un piccolo gruppo di quattro
ragazze,
sue amiche probabilmente. «Ecco... potresti stringere la mia
mano?»
chiese rossa per l'emozione.
«Eh?»
mormorò lui, confuso.
«Anche
la mia!» disse un'altra ragazza al suo fianco.
«Mi
faresti un autografo sulla schiena?» chiese una terza e sulla
scia
di questa molti altri si fecero coraggiosamente avanti, chiedendo una
stretta di mano, un autografo o semplicemente desiderando parlargli.
Gli corsero letteralmente incontro, sotto lo sguardo perplesso e
anche un po' spaventato di Priscilla, che si ritrovò
spintonata via
con violenza e schiacciata tra alcuni di loro. Dovette farsi largo a
spintoni, per riuscire a uscire dalla calca, e nonostante questo si
ritrovò comunque a sgusciare via con fatica finendo
nuovamente col
perdere l'equilibrio e cadere a terra.
«Ehy!
Che modi!» gridò frustrata contro la gente che
l'aveva non solo
ignorata, allontanata da suo fratello, ma trattata persino come se
fosse spazzatura fastidiosa da spostare.
«Questo
è il nostro Laxus» commentò invece
Fried, orgoglioso nel vederlo
al centro dell'attenzione dell'intera città.
«Sono
un po' invidioso» rise Bickslow.
«Finge
che gli dia fastidio, ma in realtà sappiamo benissimo che
gli piace»
ridacchiò Evergreen notando come cercasse di ignorare tutte
le
richieste che le venivano fatte. Priscilla si voltò verso il
trio
alle sue spalle, restando seduta per terra, e mostrò solo in
quel
momento il suo volto ricoperto di lacrime.
Si
indicò con l'indice, tremolante, e tirò su col
naso piagnucolando:
«Ma ho partecipato anche io ai Giochi, perché
nessuno mi
riconosce?»
«Ecco...»
mormorò una bambina dall'altezza che non raggiungeva nemmeno
il
metro. Ciondolando sui piedi, rossa in volto per la vergogna, si
avvicinò alla ragazza a terra e balbettò con un
filo di voce: «Tu
sei la sorella di Laxus-sama, vero? Io mi ricordo di te. Posso avere
un tuo autografo da portare al mio fratellone?»
Un
attimo di gelo tra i Raijinshuu, sapendo che quello avrebbe dato a
Priscilla il colpo di grazia.
«L'ha
riconosciuta come la sorella di Laxus» sibilò
Evergreen.
«E
non lo vuole nemmeno per sé» commentò
Fried.
«Probabilmente
suo fratello è suo fan persino per i motivi sbagliati, quel
pervertito» commentò Bickslow.
«Questa
è una conclusione affrettata» gli disse Evergreen,
ma la loro
attenzione ora andava alla ragazza a terra. Avrebbe fatto una
sfuriata, lo sapevano, si sarebbe messa a piangere come una bambina e
forse forse se la sarebbe addirittura presa con quelle persone che
continuavano a inneggiare Laxus ignorando lei. Senza contare il
numero spropositato di voci femminili che aumentavano, nel chiamare
il nome del ragazzo, cosa che sicuramente avrebbe fatto aumentare la
sua gelosia. Era una tragedia.
«Pr-Pricchan»
sibilò Fried, allungando una mano verso lei che ora sembrava
paralizzata come una statua. La calma prima della tempesta.
«Che
carina!» strillò Priscilla, saltando al collo
della bambina e
stringendola come fosse una bambolina. Strofinò la propria
guancia
contro la testa della piccola, che ora rideva divertita per il
trattamento euforico e amorevole che stava ricevendo... forse
esagerato. Ma Priscilla sembrò essersi del tutto ripresa e
dimenticata della faccenda, troppo emozionata per la sua piccola
timida fan.
«Certo
che ti faccio l'autografo! Te ne faccio quanti ne vuoi! Come ti
chiami piccolo angioletto prezioso?! Quanto sei dolce! Mi ricordi
tanto qualcuno...» aggiunse poi, senza però
soffermarsi troppo su
quella sensazione di familiarità.
«Eh?»
mormorò Bickslow, inclinando la testa e chiedendosi a chi
somigliasse quella bambina di cui Priscilla sembrava essersi ora
innamorata.
«Capelli
blu» notò semplicemente Fried, puntando gli occhi
alla chioma
colorata della bambina. Non ci fu bisogno di altro. Tutti e tre
annuirono convinti, esclamando un semplice e ora comprensivo:
«Ah,
ecco».
Non
somigliava per niente a Wendy, a dire il vero, ma il semplice fatto
che fosse una bambina e che avesse in comune con lei la colorazione
dei capelli era bastato per rasserenare l'animo tormentoso di
Priscilla.
«Ti
porto a casa con me» decise infine Priscilla e Fried
scattò
furibondo, rimproverandola con un: «Non puoi rapire
bambini!»
«Antipatico»
bofonchiò Priscilla, contrariata ma comunque sottomessa alla
sua
volontà. Laxus riuscì a liberarsi dall'assalto
delle persone,
deciso a incamminarsi per andare a parlare con il mandante della sua
richiesta. Fu per un po' scortato dalle continua voci adulatorie
della gente della città, soprattutto le femminili che non
smettevano
di esclamare quanto fosse figo e affascinante.
I
Raijinshuu gli andarono dietro, seguendolo, e subito dopo anche
Priscilla si alzò lasciando sola la sua piccola fan con un
foglio
scarabocchiato che aveva la presunzione di chiamarsi autografo. Corse
per raggiungerli, si avvicinò al resto dei suoi compagni
giusto in
tempo per sentire il mormorio perplesso di Laxus che si chiedeva,
stranito: «Qualcuno vorrebbe davvero stare con me?»
Priscilla
sentì come una fitta al cuore, un colpo di cannone che
pareva averla
raggiunta e centrata in pieno petto, demolendola definitivamente. Si
portò una mano a stringersi gli abiti all'altezza del cuore
e tornò
a piangere, silenziosamente, in un'espressione sconvolta e
addolorata. Dopo tutto quello che lei faceva e provava verso
quell'uomo, davvero aveva dei dubbi in proposito? Come se non
bastasse si era perfettamente reso conto degli atteggiamenti
flirtanti di perfette sconosciute, li aveva valutati e per
come
ne parlava sembrava non aver neppure disdegnato quelle attenzioni.
Questo confermava solo le sue addolorate teorie: lui la vedeva sempre
e solo come una sorella, non avrebbe mai letto nei suoi occhi l'amore
folle che provava verso di lui. Le sue speranze erano state
violentemente sbattute a terra, schiacciate dai piedi di decine di
ammiratrici e belle donne che avevano sicuramente più
possibilità
di lei. Sempre troppo lontana, sempre alle sue spalle.
Tremolante
e piagnucolante, ferita a morte, Evergreen tornò a
consolarla con un
amorevole abbraccio e qualche carezza sulla testa. Poi un lamento
attirò la sua attenzione e si voltò verso Fried,
rimasto indietro
di un passo, sorprendendolo nello stesso abbattuto stato emotivo di
Priscilla.
«Anche
tu?! Perché?!» sussultò Evergreen.
«Ne
ha distrutti due con un colpo solo, questo è il nostro
Laxus!» rise
divertito Bickslow notando come con una semplice frase, mormorata tra
sé e sé, fosse riuscito a decimare le speranze e
la voglia di
vivere di ben due persone.
«Mh?»
si voltò Laxus, inconsapevole di cosa stesse accadendo ai
suoi amici
e per quale motivo. «Che vi prende?»
«Sono
triste per questa povera gente» risposero in coro Fried e
Priscilla,
trovando in contemporanea la stessa scusa perfetta a cui aggrapparsi
per non giustificare le loro lacrime.
«Datevi
una regolata, santo cielo» disse irritato e Priscilla e Fried
reagirono aumentando il tono di voce nel loro pianto disperato,
sentendosi oltretutto incompresi.
«Povera
piccola» disse Evergreen, materna, stringendo la ragazza al
petto e
accarezzandole i capelli. Dall'altro lato Fried si appoggiò
a
Bickslow, altrettanto disperato, ma al contrario di Evergreen
Bickslow si tirò indietro e lo rimproverò con un:
«Io non ti
coccolo».
«Bene,
bene, bene» la voce nasale di un ometto dall'altezza
discutibile
attirò la loro attenzione, interrompendo così
quel patetico
quadretto di disperati d'amore. Si avvicinò a loro,
salutando con la
mano e un caloroso sorriso sul volto, seguito da quello che sembrava
in tutto e per tutto un maggiordomo.
«Salve,
salve, salve» disse.
«Perché
parla così, così, così?»
mormorò Priscilla, ancora aggrappata al
seno materno di Evergreen.
«Non
lo so, non lo so, non lo so» rispose Evergreen, dando corda
all'amica.
«Oh,
il sindaco!» esclamò qualcuno dalla folla che
avevano ancora alle
spalle.
«Il
sindaco?» chiese Laxus, camminandogli incontro.
«Avete
mandato voi la richiesta, giusto?» chiese Fried,
ricomponendosi
rapidamente e tornando al fianco di Laxus.
«Salve,
piacere di conoscervi» rispose il maggiordomo.
«Questo è il
sindaco di Borwatt, Mr. De Cybele» disse indicando l'ometto
al suo
fianco. «E io sono il suo segretario, Ga Maille»
continuò e con
uno scatto felino porse a tutti e cinque un biglietto da visita.
«Sono stato io a mandare la richiesta»
«Ti
ho osservato! To ho osservato!» disse ancora con voce nasale
il
sindaco. «Sei fantastico! Il più grande uomo del
fulmine del mondo.
Mi piaci. Sì, mi piaci molto».
«Questo
tipo ha la voce da psicopatico, sembra un pervertito»
sussurrò
Priscilla, vicino all'orecchio di Evergreen che semplicemente
annuì.
«Avete
la vista acuta sindaco Cybele» osservò il suo
segretario, con
ammirazione decisamente eccessiva. Priscilla spostò lo
sguardo su
Fried, guardandolo in malo modo,e bofonchiò denigratoria:
«Che
somiglianza incredibile».
«Che?!»
sussultò Fried, offeso per essere messo a paragone di
quell'uomo che
non aveva niente di simile a lui.
«Grazie
a voi abbiamo di nuovo un buon clima» continuò il
segretario. «Ma
possiamo anche non parlare per strada. Se non vi dispiace, posso
chiedervi di accompagnarci alla residenza del sindaco dove
potrò
spiegarvi nel dettaglio le nostre condizioni?»
«Certo»
rispose Fried e l'intera squadra seguì così il
segretario
chiacchierone e il sindaco inquietante fino in cima a un'altura, dove
sorgeva l'enorme villa lussuosa. Con lunghi corridoi, statue e
colonne, sembrava più una reggia che una villa e questo dava
un'idea
della ricchezza che portava quell'uomo nonostante la città
in molti
punti cadesse a pezzi -probabilmente a causa dei fulmini. Vennero
fatti accomodare su un divano, in un'enorme sala, e fu loro servito
del tè e dei biscotti. Priscilla fu l'unica a non fare
troppi
complimenti, cominciando a bere e mangiare, poco dopo seguita da
Evergreen, che prese solo il té, e Bickslow, anche se
sicuramente
più pacati ed educati.
«Dunque,
parlando dell'incarico» disse Fried, scuro in volto.
«Quando è
cominciato il fenomeno?»
Il
volto del sindaco si fece più cupo e tenebroso, accusatorio
nel
rispondere infine con un tono del tutto diverso dal precedente:
«Da
quando sei arrivato tu, Laxus».
«Che
scemenza» commentò Priscilla, senza troppi peli
sulla lingua.
«Abbiamo visto le nuvole e i fulmini da lontano, ben prima di
mettere piede in città. Non può essere stato
lui».
«Non
parlo di oggi» disse il sindaco. «E' successo circa
una settimana
prima dei Grandi Giochi della Magia. Non ti ricordi?»
Laxus
abbassò il volto, pensieroso, cercando sicuramente di
ricordare. Poi
si illuminò, colto da un pensiero. Sì, ora
ricordava.
«Avevo
svolto un lavoro non troppo lontano da qui, ero di passaggio quella
stessa sera» spiegò. «Un gruppo di
delinquenti si è avvicinato,
cercando di attaccare briga e gli dato una lezione».
«Ti
sei messo a far rissa con dei ragazzini come un qualunque
teppistello?» lo rimproverò Priscilla e lui,
imbarazzato, ammise:
«Ero un po' alticcio per l'alcol».
«Non
è certo una giustificazione!» lo
rimproverò.
«Dunque...
i fulmini hanno cominciato a cadere dopo quell'episodio?»
chiese
Laxus, diretto al sindaco.
«Esatto,
sì!» disse il sindaco, sempre con lo sguardo
furioso. «Borwatt era
una prosperosa città di provincia, ma a causa dei fulmini
non viene
più nessuno, quindi ora siamo considerati una
città fantasma. E ciò
che ha dato inizio alla piaga dei fulmini è stato il tuo
primo
fulmine, quella sera».
«Che
accuse infondate!» disse Evergreen, in difesa di Laxus, ma fu
lui
stesso a interromperla con un serio: «Aspetta» per
poi rivolgersi
di nuovo al sindaco. «Che cosa volete da me?»
«Beh,
facile» sorrise il sindaco. «Libera la
città dai fulmini».
«Liberarla?»
mormorò Fried, pensieroso.
«Sì!
Dopotutto sei tu quello che ha dato inizio a tutto, perciò
prenditene la responsabilità. È naturale,
no?» disse sempre il
sindaco, con un tono di voce decisamente diverso. Le accuse e ora
quel tono che sembrava quasi volerlo prendere in giro, la forza con
cui martellava il senso di colpa di Laxus l'avrebbe potuta percepire
anche un idiota. Priscilla smise di mangiare e in silenzio
restò
semplicemente ad ascoltare.
«I
cittadini ti vedono come eroe, ma la tua sciocca rissa nel vicolo ha
portato a tutto questo» aggiunse il segretario. «Se
si venisse a
sapere la tua reputazione e quella di tutta Fairy Tail cadrebbe.
Abbiamo un accordo?»
Il
silenzio cadde in maniera così improvvisa che
sembrò avere la
stessa consistenza di un mattone che cadeva sullo stomaco. Solo il
rumore dei piattini, che venivano poggiati sul tavolino, ruppe quel
silenzio.
«Faremo
sparire questi fulmini» decretarono semplicemente, nonostante
sul
loro volto non ci fosse nessuna traccia di positività.
Quello non
era un accordo, era un ricatto, e l'aver tirato in ballo la
reputazione dell'intera gilda grattando così furiosamente il
senso
di colpa di Laxus non faceva che alimentare la rabbia in ciascuno di
loro. Silenziosamente, uscirono e cominciarono a ripercorrere la
strada a ritroso verso la città sotto a un cielo che
nuovamente si
era annuvolato e tuonava, pronto a scaricarsi.
«Sta
per ricominciare» sospirò Fried, notando con
tristezza quanto poco
ci avesse messo.
«È
una stronzata» disse Priscilla improvvisamente, a braccia
conserte e
tono severo.
«Pricchan!»
la ripresero Evergreen e Fried, sorpresi dal suo tono e dal
linguaggio.
«Sono
anni che Laxus usa il suo potere, non ho mai visto una cosa simile
prima di oggi. Sicuramente non è la
verità» disse severa.
«Non
voglio mettere in dubbio che tutto sia iniziato da me, quel giorno.
Ricordo la rissa, è plausibile» disse Laxus,
pensieroso.
«Come
se tu non avessi mai preso parte a una rissa! Ricordi tutte le volte
che combattevamo io e te? Usavi molto più potere e non
è mai
successo niente di simile» lo ammonì Priscilla.
«Anche
durante il combattimento alla cattedrale di Caldia hai dato tutto te
stesso e non è successo niente di tutto questo»
annuì Fried. «C'è
sicuramente qualcosa di losco sotto».
«Quel
tizio è il primo ad essere sospettato, per quanto mi
riguarda»
disse Evergreen, d'accordo con loro.
«Ho
già provveduto a lasciare uno dei miei babies dentro una
delle sue
statue, non appena troverà qualcosa di compromettente
verrà a
riferircelo» spiegò Bickslow.
«Bene»
disse Laxus. «Per il momento noi occupiamoci di questa
scocciatura»
disse alzando gli occhi al cielo che aveva già ripreso a
tuonare.
«Conta
pure su di noi» sorrise Bickslow.
«Dicci
solo cosa fare. I Raijinshuu ti seguono perché credono in
te!»
disse Fried.
«Anche
se dissipassimo ancora una volta le nuvole, queste torneranno a
riformarsi» osservò Priscilla, guardando il cielo
sopra le loro
teste. «È come se fossero attratte da
qualcosa».
«Ho
una strana sensazione» commentò Laxus, riflettendo
sulle parole di
Priscilla. E rispose poco dopo al suo sguardo interrogativo:
«Fin da
quando siamo arrivati in questa città sono stato attirato
dall'elettricità. Ho come la sensazione che la mia magia ne
stia
venendo attirata».
«Che
sia lo stesso principio?» mormorò Priscilla,
pensierosa. Poi si
voltò verso Laxus, che ora le camminava a fianco, e
sorridendo
allegra esclamò come se avesse appena avuto una brillante
idea:
«Perché non dai un'annusata in giro come fa Natsu
e seguiamo questa
tua sensazione? Magari ci porterà alla fonte».
«Come
Natsu?» chiese lui, guardandola offeso. «Per chi mi
hai preso?»
«Per
un Dragon Slayer» rispose prontamente Priscilla, beccandosi
uno
sguardo irritato dal ragazzo. «I Dragon Slayer fanno
così! Anche
Wendy e Gajeel annusano quando devono trovare qualcosa».
«Non
paragonarmi a Natsu» disse lui, infastidito.
«Ti
sei fermato lì? Guarda che ho detto altro dopo la parola
Natsu»
disse lei. A interrompere quel piccolo battibecco fu il rumore
dell'elettricità che ora, più di prima,
cominciava a vibrare
nell'aria tra le pareti delle case.
«Va
sempre peggio» commentò lei, guardando preoccupata.
«Davvero
qui vivono delle persone? E' pericoloso» si
corrucciò Evergreen.
«Andiamo»
disse Laxus, prima di iniziare a correre seguito dal resto del suo
gruppo giù dalla collina, verso la città. Il
rumore dei tuoni si
fece sempre più intenso e l'elettricità statica
si trasformò in
vera e propria corrente elettrica che scoppiettava dentro vicoli e
strade.
«Ce
n'è molta più di prima»
commentò Fried.
«Che
sia la presenza di Laxus a stimolarla?» azzardò
Priscilla, ma non
le venne risposta. Si accorse di uno dei tuoni che scendevano verso
di loro appena in tempo e con un colpo di vento riuscì a far
spostare tutti quanti dalla sua traiettoria.
«Ma
che...?» balbettò Fried. Altri scesero verso di
loro, uno dopo
l'altro, mentre altri ancora corsero lungo la strada come veri e
propri serpenti di elettricità puntando ancora verso di loro.
«Tch»
disse Priscilla tra i denti e di nuovo, tenendo l'intero gruppo
intrappolato dal suo vento, riuscì a muoverli in modo da
tale da
schivare i vari colpi.
«Perché
ci puntano?» disse Evergreen.
«Puntano
me» rispose Laxus. «Pricchan! Pensa a
loro» ordinò e senza
esitare Priscilla lasciò libero Laxus, permettendogli di
allontanarsi e correre avanti. Il ragazzo intercettò uno dei
fulmini
e lo colpì con un pugno, assorbendolo all'interno del
proprio
braccio. Poi un altro e un altro ancora, e ancora. Priscilla, notando
come l'intervento di Laxus avesse placato gli attacchi verso di loro,
poggiò i suoi compagni nuovamente a terra.
«Non
sono sicura, ma posso provare a usare l'Aerial Perception per
scoprire se c'è un punto d'origine»
azzardò.
«Laxus!
Ti stai sovraccaricando» disse Fried preoccupato, vedendo
come pian
piano a furia di assorbire elettricità l'uomo stesso stesse
cominciando a risplendere e emettere scariche.
«Non
ho altra scelta! Se non l'assorbo voi e la città potreste
restare
feriti» rispose Laxus, continuando a colpire
l'elettricità che gli
arrivava addosso.
«Non
ha senso, se veramente c'è un generatore di fondo non si
consumerà
mai» disse Priscilla preoccupata. Evergreen si
voltò verso di lei e
le disse: «Pricchan! Fallo! Cerca il punto d'origine, ci
occupiamo
noi di voi e di tenere la zona al sicuro».
«Ok»
annuì Priscilla prima di fare un grosso sospiro. Chiuse gli
occhi e
si concentrò, cercando di prendere il pieno contatto con
l'aria che
la circondava, il suo elemento. Intorno a sé
sentì le voci dei suoi
compagni che richiamavano le proprie mosse, combattevano, e il
crepitio dell'elettricità che continuava ad arrivare addosso
a loro.
Altri due respiri profondi e infine fu pronta.
«Aerial
Perception!» chiamò e in quell'istante
sentì come se il proprio
corpo esplodesse e si frantumasse in mille particelle. Si allargava,
la sua percezione e sensazione si allargava con rapidità
incredibile, inglobando al suo interno tutto quello che li
circondava. Riuscì a sentire e vedere i movimenti di
Evergreen, le
mosse di Bickslow, il respiro affaticato di Laxus. Alzò il
mento,
allargò il petto, e ne assorbì di più.
Più aria, più spazio, si
infilatrava nelle case, vedeva e sentiva le persone al loro interno.
I pianti di paura, le rassicurazioni dei genitori ai propri figli. E
l'elettricità. Tutta quell'elettricità pizzicava
l'aria stessa ed
era come se pizzicasse la sua stessa pelle. Si corrucciò,
sentendola
come fastidiosa, ma poter usare quella mossa su quel genere di magia
le permise di capire una cosa molto importante: quella era proprio
l'elettricità di Laxus. La poteva riconoscere, l'aveva avuta
sulla
pelle talmente tante volte che ormai la conosceva a memoria. La sua
consistenza, il suo prurito, il calore e il pizzicore, erano
caratteristici. E infine riuscì a sentirla: c'era una zona,
non
troppo lontana, dove più di altri posti
l'elettricità era
concentrata. Un tombino appena sotto una fontana spenta,
riuscì a
intrufolarsi tra le grate ed entrare con la propria percezione
all'interno delle fogne dove l'elettricità era
incredibilmente
maggiore.
«Trovata!»
esclamò infine.
«Che
rapidità!» disse Bickslow, con un sorriso
orgoglioso.
«Nelle
fogne» disse Priscilla, riaprendo gli occhi e cominciando a
correre.
«Laxus, vieni!»
«Lasciate
fare a noi qui» disse Evergreen verso i due che annuendo si
allontanarono rapidamente.
«Ce
la faranno?» chiese Priscilla, lanciando uno sguardo alle sue
spalle
preoccupata.
«Non
preoccuparti. Sanno come gestire una cosa come questa, sono in
gamba» la tranquillizzò Laxus e quella
frase ebbe molto più
effetto di quanto avesse potuto immaginarsi. Laxus nel corso della
missione aveva nominato la gilda, si era preoccupato per la
reputazione di Fairy Tail, si era preoccupato per quei cittadini, per
i suoi stessi amici e ora dimostrava di avere fiducia nelle persone
che aveva accanto. Vederlo in quel modo, così legato a
qualcuno
nonostante il carattere burbero e il passato tormentoso dove non
aveva fatto che odiare tutti quanti, era miele per il cuore. Quello
era il Laxus che Priscilla conosceva e di cui si era innamorata tempo
addietro, il Laxus che si preoccupava e che accudiva gli altri.
Più
lo notava e più la gioia la portava a sorridere.
«Lì»
disse infine, indicando la fontana spenta e lo scolo ai suoi piedi.
«Là sotto».
«Questo
è il posto dove ho atterrato quella gente, ora che ci
penso»
mormorò Laxus, guardandosi attorno.
«Il
che avrebbe senso» disse Priscilla, usando un turbine di
vento per
aprire la grata e permettere a entrambi di entrarci dentro. Si
guardarono attorno nell'istante in cui poggiarono i piedi sul rialzo
in pietra di quella che era una fogna, accanto a loro viscide e
putride acque puzzolenti scorrevano ma proprio quell'umidità
aiutava
l'elettricità a intensificarsi. Priscilla guardò
dietro di sé e
poi davanti, prima di indicare la strada e tornare a correre seguita
da Laxus.
«Eccolo
lì» disse infine lei, indicando quella che era
un'enorme sfera di
energia ed elettricità.
«Quella
è la mia elettricità»
constatò Laxus, riconoscendo il tocco della
propria magia.
«È
come concentrata in quel singolo punto, è da lì
che nasce e si
rigenera in continuazione» commentò Priscilla.
«Ancora non capisco
come sia stato possibile però».
«In
qualche modo deve essere successo» disse Laxus.
«Non mi interessa
come, metterò fine a questa cosa».
«Come
hai intenzione di agire?» chiese Priscilla.
«La
colpirò» disse lui e lei lo guardò
perplessa e stranita,
mormorando un semplice e confusissimo: «Eh?».
«Userò
l'elettricità che ho assorbito fino ad ora per
neutralizzarla»
cercò di spiegare lui.
«Non
credo sia una buona idea» tentò di prendere parola
lei.
«Ne
hai una migliore?» la provocò lui.
«Beh...
no» mormorò, pensierosa.
«Però se è un nucleo che attira
elettricità non penso che lanciargliene addosso dell'altra
serva a
neutralizzarla».
«Userò
la potenza del colpo per neutralizzare il nucleo, così il
resto
dell'elettricità semplicemente si scaricherà e si
disperderà.
L'importante è eliminare la fonte che la attira»
spiegò lui,
avvicinandosi all'enorme sfera che, come attratta dalla sua presenza,
reagì scaricandogli addosso altra
elettricità.
«Il
metodo Fairy Tail, eh? Beh, di solito funziona... oppure ti manda su
Edoras, ma di solito funziona!» disse lei, arretrando di un
passo
per riuscire a proteggersi dall'elettricità scaricata dal
nucleo che
cominciava a diventare sempre più reattivo e
pericoloso.
«Quel
metodo non ha mai avuto senso» disse Laxus con un sorriso
divertito
e Priscilla ricambiò l'ilarità, confermando:
«Sono d'accordo.
Forse proprio per questo funziona».
«Bene»
disse lui, tirando indietro il pugno e caricando tutta la forza che
aveva in un attacco segreto da Dragon Slayer. Il rombo del colpo fu
enorme, tanto da stordire, e la sfera esplose letteralmente in
un'onda micidiale di elettricità e potenza. Esplosione che
si
restrinse, senza dilatarsi e infine colpì il suolo in un
solo
minuscolo punto fino a scaricarsi e scomparire. Laxus guardò
sorpreso la scena che ora si presentava calma, priva di qualsiasi
scarica. Il suo piano era riuscito, ma ciò che lo
sorprendeva era
che la sfera non fosse esplosa e non avesse causato danni, ma
semplicemente si fosse scaricata a terra. Alzò lo sguardo,
attirato
da un'ombra, e solo allora notò delle nuvole nere sopra la
sua testa
che andavano lentamente dissipandosi fino a scomparire. Riconosceva
quella magia. Si voltò verso Priscilla che ora cadde in
ginocchio,
ansimando e tremando per la fatica.
«Pricchan»
la chiamò preoccupato, avvicinandosi a lei. Si
inginocchiò e la
prese per le spalle, aiutandola a stare dritta.
«Sei
un vero idiota» disse lei semplicemente, senza aggiungere
molto
altro. Le labbra tirate in un sorriso, nonostante la fatica
nell'evocare una magia in grado di contenere e manipolare
l'elettricità. La magia Tempesta era una magia che Laxus
stesso le
aveva insegnato sfruttando la sua capacità del controllo
molecolare
e il poter ricreare nuvole e tempeste. Non poteva generare veri e
propri fulmini, se non qualche piccola scintilla, ma l'avere il
controllo dell'ambiente molecolare le permetteva di creare una specie
di strada dove costringere i fulmini di Laxus, o più in
generale
l'elettricità, a percorrere. Un modo per manipolarli,
costringendoli
ad andare dove voleva lei. Non la usava spesso e non era una magia
semplice, per questo il suo modo di utilizzarla era sempre molto
grossolano e la stancava incredibilmente. Ma nonostante tutto, era
riuscita a prendere il controllo dell'esplosione che Laxus stava per
generare e direzionarla al suolo, per scaricarsi ed evitare
così di
distruggere l'intera città. In qualche modo gli aveva
coperto le
spalle, sacrificandosi molto.
«Sei
davvero uno stupido casinista» ridacchiò.
«Come tutti gli altri
membri di Fairy Tail».
Lui
era come tutti gli altri, lui era un membro di Fairy Tail esattamente
come gli altri e quel semplice gesto, secondo lei, lo dimostrava. A
nessuno importava più cosa avesse fatto, i sentimenti di
astio nei
confronti della gilda da tempo erano spariti e per quanto avesse da
sempre pensato di essere diverso, di essere migliore, era esattamente
come loro. Anche lui faceva parte di quella famiglia. Priscilla
l'aveva offeso, chiamandolo idiota e stupido, ma mai un'offesa era
stata tanto apprezzata.
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Capitolo 64 *** Olympos ***
Olympos
Un
rumore attirò la loro attenzione, ed entrambi alzarono lo
sguardo.
Una palla di vetro era caduta a terra e rotolava nella loro
direzione. Si alzarono e le si avvicinarono per raccoglierla.
«Una
Lacryma?» chiese Laxus, riconoscendola.
«Deve
essere a causa di questa che la tua elettricità è
rimasta
intrappolata qui e si è amplificata a tal punto»
realizzò
Priscilla.
«Come
può essere successo?» chiese lui e Priscilla si
corrucciò,
arrivando finalmente alle sue conclusioni. «Credo un'idea di
essermela fatta» disse semplicemente e Laxus non ebbe bisogno
di
chiederle altro, pensando anche lui alla stessa cosa. Non c'era altra
soluzione se non che qualcuno avesse organizzato tutto e l'unico che
sembrava loro tanto viscido e fastidioso da poterlo fare poteva
essere solo il sindaco e quel suo segretario riverente.
«Laxus!
Pricchan!» chiamò Evergreen, raggiungendo i due
insieme a Bickslow
e Fried.
«Ever
aveva ragione!» disse Bickslow. «È stato
il sindaco, ha
organizzato tutto lui. Il mio piccolo è tornato e ci ha
raccontato
tutto» spiegò, indicando uno dei suoi totem.
Laxus
e Priscilla si scambiarono uno sguardo irritato e complice. I loro
fastidiosi sospetti erano perciò fondati: il sindaco aveva
organizzato ogni cosa, a discapito di quella città,
probabilmente
per estorcere qualche soldo a Fairy Tail con la scusa dei danni che
avevano e avrebbero potuto provocare.
Non
dissero una parola, ma si allontanarono torvi in viso, seguiti dal
resto dei Raijinshuu. La loro direzione era ovviamente la casa del
sindaco, dove sarebbero andati per scambiare con lui due
parole.
«Restate
qui» disse però Laxus, non appena furono fuori
dalle fogne.
«Cominciate a cercare una carrozza per tornare a casa, vado
io a
parlare con quel bastardo».
«Eh?»
mormorò Bickslow, chiedendosi perché li stesse
lasciando indietro.
Ma non se ne preoccupò molto, era normale che Laxus volesse
trovarsi
solo faccia a faccia con quell’uomo. D'altra parte un lamento
di
Priscilla diede un’ulteriore motivazione. Evergreen
scattò in
avanti appena in tempo per prenderla per le spalle e aiutarla a
restare in piedi.
«È
stato difficile contenere e manipolare tutta
quell'elettricità»
disse con un sorriso imbarazzato, mentre cercava di rimettersi in
piedi. «Una parte di questa mi ha colpito, ho i muscoli un
po'
rigidi, mi spiace» ridacchiò.
«Va
bene, allora» disse Fried a Laxus, avvicinandosi a Priscilla
per
aiutarla a mettersi a sedere sulla fontana. «Ti aspettiamo
qui».
«Cerca
di non strafare, ok?» disse Priscilla, riuscendo
così a strappargli
ancora una volta un sorriso divertito. Strafare era nello stile di
Fairy Tail, ovviamente avrebbe strafatto e lei lo sapeva bene.
Si
allontanò, lasciando la ragazza nelle mani dei suoi amici
per
aiutarla a riprendersi, e si incamminò verso la casa del
sindaco
portandosi dietro un fiume di potenti e incazzati fulmini che
cadevano dal cielo intorno a lui. Dopo qualche minuto uno di questi
centrò in pieno la casa del sindaco, sfondando il tetto e
disintegrandone gran parte del fianco sinistro. Nello stesso identico
punto altri fulmini caddero, violenti, uno dopo l'altro, fino a
quando un ultimo non esplose a mezz'aria, nel cielo sopra di
loro.
«Alla
fine ha strafatto» ridacchiò Priscilla, seduta sul
bordo della
fontana, intenta a guardare il cielo.
«Tipico
di Laxus» disse Evergreen al suo fianco. Priscilla sorrise,
socchiuse gli occhi e restò immobile per lunghi istanti
mentre
intorno a loro il vento cominciava a soffiare leggermente
più forte.
Le nuvole sopra la loro testa si mossero fino a quando in
più punti
non cominciarono ad aprirsi squarci che lasciavano intravedere
l'azzurro candido dietro di loro. In pochi minuti sparirono tutte,
dissolte, e Priscilla con un sospiro raccoglitore tornò ad
aprire
gli occhi.
«Il
cielo in tempesta a me non dispiace, ma penso che queste persone se
ne siano ormai stancate» disse, spiegando così il
motivo che
l'aveva spinta a far sparire con la magia quelle nuvole senza
permettere a loro di farlo con i propri tempi. E mentre aspettavano
il ritorno di Laxus dalla casa del sindaco una folla li
circondò
lentamente, inneggiando al loro valore e alla loro incredibile forza.
Urlavano il nome di Fairy Tail, chiamavano con entusiasmo i nomi dei
membri lì presenti, salutavano e ringraziavano, e quando
Laxus fu di
nuovo insieme a loro vennero accompagnati con la stessa euforia sino
al confine della città, dove trovarono solo lì
una carrozza
disposta a riportarli indietro. Apparteneva a uno dei cittadini di
Borwatt che per tutto quel tempo l'aveva tenuta chiusa, al sicuro,
insieme agli animali che la trainavano. Finalmente poteva tornare a
fare il suo lavoro, senza più temere i fulmini, e il modo
migliore
che aveva per ringraziarli era quello di riportarli a Magnolia
evitando loro la strada a piedi. Laxus ebbe ovviamente bisogno della
magia di Priscilla per evitare di star troppo male e di nuovo si
appoggiò con la testa sulle sue gambe, mentre lei tenendogli
una
mano sulla tempia usava il suo potere per aiutarlo. Come spesso
accadeva, finì con l'addormentarsi in quella rilassata
posizione, e
stanchi per la missione appena compiuta anche gli altri Raijinshuu
finirono pian piano con l'addormentarsi. La stessa Priscilla cadde
nel sonno, smettendo così di utilizzare la sua magia sul
centro
dell'equilibrio di Laxus, ma dormendo anche lui difficilmente si
sarebbe accorto del cambiamento.
Nessuno
di loro seppe perciò avere idea alla strada che
stavano
percorrendo, non sapevano quanto tempo fosse passato né di
dove
fossero quando improvvisamente vennero svegliati da una vera e
propria esplosione. La carrozza venne sbalzata via, con loro
all'interno, e schiantandosi contro rocce e alberi finì in
frantumi.
«Che
succede?» ringhiò Fried. Spostò un asse
di legno della carrozza
esplosa e cominciò a rialzarsi, guardandosi attorno confuso.
Non
troppo lontano anche Bickslow e Evergreen si stavano lentamente
rialzando, doloranti e con lo sguardo corrucciato. Dall'altra parte
sentì altre macerie che venivano spostate e anche Laxus
uscì
indenne da sotto un pezzo di carrozza. La terra tremò e
sentirono
l'urlo di Priscilla, a pochi metri da loro. Un ruggito tanto potente
da scuotere gli alberi con le loro stesse radici, e dal bosco che li
circondava un gigantesco mostro emerse sfondando almeno una decina di
alberi. La testa di un facocero, camminava a quattro zampe ma poteva
benissimo alzarsi su due. Il corpo massiccio, ricoperto di muscoli e
artigli alle zampe che usava per raspare il terreno. Correva furioso,
lanciando bava in giro, dritto verso Priscilla che nell'esplosione
era finita incastrata con una gamba sotto a un albero, sbalzato e
atterrata proprio su di lei.
Laxus
tese i muscoli, pronto a correrle incontro. Bickslow e Fried erano
già pronti a mettersi in piedi per seguirlo, diretti contro
l'enorme
bestia, mentre Evergreen sarebbe corsa ad aiutare Priscilla a
liberarsi. La ragazza stessa aveva già alzato le braccia,
pronta a
usare il suo potere per difendersi come poteva. Ma nessuno di quei
gesti venne portato a compimento.
Con
un grugnito spaventato e dolorante il facocero interruppe la sua
corsa, come se fosse stato tirato da qualcosa dietro di sé.
Si voltò
e vide la causa del suo blocco: un uomo. Un singolo uomo dagli occhi
rossi, i capelli scuri, un tatuaggio intorno all'occhio sinistro, il
petto nudo, scalzo, vestito di solo un paio di pantaloni scuri,
anonimi. L'aveva afferrato per una zampa e nonostante la differenza
di stazza fosse di almeno cento volte la sua sola forza fisica si
rivelò abbastanza da trattenerlo. L'uomo ghignò e
piantò un piede
meglio a terra con tale forza che ne scavò un solco.
Iniziò a
tirare, irrigidendo ogni singolo muscolo delle sue massicce spalle e
braccia, e il mostro grugnì per lo spavento sentendosi
tirare
all'indietro. Era un microbo, al confronto suo, un insetto minuscolo
eppure aveva una forza tale in grado non solo di contrastare la sua
corsa ma anche trascinarlo indietro.
Priscilla,
come il resto dei suoi compagni, restò talmente scioccata
che smise
di muoversi. Sentì, in quel frangente di tempo in cui si era
paralizzata, il terreno sotto di lei farsi più morbido e
viscoso.
All'improvviso si mosse, come fango che veniva manipolato sul momento
da una forza invisibile, circondarono la sua gamba incastrata sotto
l'albero e si allungò verso l'alto, spingendo via il
tronco.
Arretrò,
terrorizzata benché il terreno ora fangoso l'avesse in
realtà
appena salvata, ma non andò troppo lontano. Alle sue spalle
il
terreno si sollevò come vicino alla sua gamba, ma questa
volta da
esso prese forma e consistenza una testa e un mezzo busto che si
piazzò alle sue spalle e contro cui si scontrò.
Spaventata si voltò
a guardare chi fosse e scoprì una -mezza- donna fusa col
terreno
sotto di sé. Aveva la pelle dello stesso colore del fango,
scura,
gli occhi neri erano protetti da un paio di occhiali da lavoro, di
quelli che aderiscono alla pelle ed evitano che ci possa entrare
qualcosa. I capelli verdi, corti, macchiati ancora di fango che
però
scivolava giù con un'inusuale facilità
lasciandola pulita.
«Niente
di rotto?» chiese semplicemente, senza nessun tipo di
emozione sul
volto se non forse addirittura una velata noia. Il mostro davanti a
loro urlò e grugnì ancora, dimenandosi nel
tentativo ora di
liberarsi e riprendere a correre, ma l'uomo, anche in mezzo al
polverone delle sue zampe, riusciva a tenerlo ben fermo dov'era.
«Eris!»
gridò con voce roca e spazientita.
«Ecco,
arrivo» sbuffò una ragazza alle spalle dei
Raijinshuu. «Che palle»
aggiunse, facendo scoppiare fuori dalle labbra la bolla di una gomma
da masticare. Capelli corti, rosa con sfumature viola e bianche,
aveva sul viso un trucco pesante nero e viola intorno agli occhi e un
rossetto rosso acceso. Giacca in pelle, top bianco e giallo, una
collana borchiata, pantaloncini strappati praticamente inguinali, una
calza parigina rossa e l'altra nera e un paio di guanti gialli. Non
c'era niente di sensato in quel look, sembrava essere saltata
nell'armadio di un membro di un gruppo punk ed esserne uscita con le
prime cose che aveva trovato, senza abbinarle troppo. Stringeva nella
mano destra un'enorme spada dall'aspetto inusuale, probabilmente
più
lunga di quanto lei fosse alta, nera all'interno, gialla nella parte
esterna della lama. La fece roteare al suo fianco, spostando con quel
semplice gesto un enorme quantitativo d'aria, e infine corse verso il
mostro trascinando la lama che con la punta poggiata a terra
lasciò
un solco al suo passaggio. Urlò, saltò e
atterrò
sull'articolazione dell'arto anteriore del mostro. Saltò di
nuovo,
come uno stambecco, atterrando ora sulla spalla, poi sulla zanna, poi
sul naso e con un ultimo salto arrivò sopra la sua testa.
Alzò
l'elsa della spada sopra di questa, indirizzando la punta dritto tra
gli occhi del mostro all'interno del quale penetrò. Con un
ultimo
ruggito il mostro scosse la testa, dilaniato dal dolore del colpo che
l'aveva centrato in testa. Eris rimase aggrappata all'elsa della
propria arma e venne sballonzolata per un po', prima che il mostro
infine privo di vita non si accasciasse a terra. L'uomo lo
lasciò
andare e con un sospiro si asciugò il sudore della fronte
con dorso
della mano. Eris, anche quando riuscì a disincastrare la
propria
spada dal cranio del mostro, ci restò sopra sedendosi in
quello
stesso punto. A gambe divaricate, in una posa sciatta e volgare,
tornò a masticare rumorosamente la propria gomma mentre
guardava il
mondo da lassù.
La
donna fango alle spalle di Priscilla si allungò verso
l'alto, dando
forma a un corpo completo che si staccò dalla terra.
Tirò su
Priscilla in quel gesto, permettendo anche lei di mettersi in piedi.
Le diede un paio di pacche sulle spalle, le tolse la polvere dai
vestiti, una foglia dai capelli e infine annuì soddisfatta
guardandola compiaciuta per essere riuscita a ripulirla e rimetterla
in ordine.
«Tutto
a posto, mocciosa?» chiese Eris, guardando Priscilla rigida e
ancora
sotto shock di fronte alla donna dalla pelle scura.
«Eris,
sii educata» la rimproverò l'uomo con tono
annoiato e apatico,
sintomo che era sicuramente qualcosa che le ripeteva talmente spesso
da aver perso le speranze di vederla cambiare.
«Non
rompere» rispose lei a tono, facendo scoppiare un'altra bolla
fuori
dalle labbra. L'uomo superò le zampe posteriori del mostro
appena
atterrato e si avvicinò a Priscilla, ancora assistita dalla
sua
silenziosa, inquietante e invadente compagna. Ma non appena
riuscì a
intravedere il suo volto si paralizzò, sgranando gli occhi,
e restò
per qualche secondo a fissarla esterrefatto. «Aspetta...
aspetta un
attimo...» balbettò.
«Ehy...
che ti prende?» chiese Eris, curiosa e stranita nel vedere il
proprio compagno così sbigottito.
«Lei...
lei...» balbettò, senza riuscire a concludere la
frase.
«Athena
aveva ragione» disse la donna dalla pelle scura,
allontanandosi da
Priscilla di un passo con fare solenne.
«Athena?»
mormorò Priscilla, cercando di capire cosa stesse accadendo.
«Pricchan!»
chiamarono in coro i tre Raijinshuu. Le corsero incontro trafelati e
subito la presero d'assalto, esaminando ogni centimetro della sua
pelle e del viso.
«Stai
bene? Sei ferita?» chiese Evergreen prendendole il viso tra
le mani
con tale irruenza da schiacciarle le guance.
«Mi
fai male, Ever» bofonchiò Priscilla a labbra
strette, incapace di
parlare decentemente con la donna che la stringeva in quel
modo.
«Che
diamine era quel coso?» chiese Bickslow, guardando il mostro
a
terra.
«Dobbiamo
ringraziarvi» disse Fried avvicinandosi alla donna dalla
pelle
scura. «Ci avete salvati da quella bestia» ma la
donna parve non
ascoltarlo nemmeno e continuò a tenere gli occhi, ora liberi
dagli
occhialini da lavoro poggiati sulla testa, su Priscilla che veniva
ancora maneggiata e studiata da un iper apprensiva Evergreen.
«Pricchan»
mormorò Eris, storcendo il naso e cercando di esaminare
probabilmente dei ricordi. Infine si illuminò e spalancando
bocca e
occhi gridò: «Per la miseria! Tu sei
Priscilla!»
Saltò
in piedi e cominciò a correre sgraziatamente giù
dal mostro,
inciampando e arrancando sui peli e sulla pelle granulosa del suo
naso.
«Eris,
piano!» cercò di dirle l'uomo, vedendola cadere di
faccia a terra
non appena fu giù dal mostro. Ma la ragazza lo
ignorò e corse a
perdifiato verso Priscilla, senza neanche alzarsi del tutto,
procedendo in un primo momento a quattro zampe.
«Fuori
dai piedi!» ruggì una volta raggiunta Priscilla e
lanciando in
avanti entrambi i pugni colpì sia Evergreen che Bickslow,
scaraventando entrambi a terra. Prese Priscilla per le spalle e se la
tirò contro, per guardarla meglio in volto, ma il suo
trattamento
irruento durò ben poco.
«Ilizia,
per favore» sospirò l'uomo, mentre lentamente li
raggiungeva. La
donna dalla pelle scura si fece di nuovo malleabile e
allungò il
proprio corpo come fosse fatto di plastilina. Si attorcigliò
intorno
a Eris, la intrappolò e le chiuse la bocca, per poi tirarla
via.
Eris provò a ribellarsi, si dimenò e
urlò, ma Ilizia la teneva ben
serrata nel suo corpo di gomma come fosse un serpente che stringeva
la propria preda e le impediva di far sentire troppo la sua voce.
L'uomo si avvicinò a Evergreen e Bickslow, stesi a terra, e
porse
loro la propria mano per aiutarli ad alzarsi.
«Perdonate
mia sorella. A volte le ci vorrebbe la museruola» disse
ignorando la
voce di Eris che alle sue spalle si fece più forte e potente
nei
suoi lamenti.
«Oh,
non è successo niente, è solo una ragazza
esuberante» disse
Evergreen alzandosi da terra come se niente fosse appena successo, e
benché avesse ancora la guancia rossa e gonfia per il colpo
si
strinse nelle spalle con fare femminile e cominciò a
sventolarsi
civettuola. Era ovvio che non fosse rimasta indifferente al corpo
scultoreo dell'uomo.
«Che
direbbe Elfman se ti vedesse adesso» le disse Priscilla,
colpendola
nel profondo e facendola sussultare. «Che c'entra Elfman
adesso?»
ruggì Evergreen, cercando di difendersi
inutilmente.
«E
così conoscete la nostra piccola stella, eh?»
ridacchiò Bickslow
mettendo un gomito sulla testa di Priscilla per appoggiarsi e in
qualche modo marchiarne anche il territorio. «L'avete vista
ai
Grandi Giochi? Un vero spettacolo, non è
così?»
«Beh...»
mormorò l'uomo, spostando gli occhi ora diventati neri e non
più
rossi su Priscilla. La guardò dritta negli occhi
così a lungo e
così intensamente che lei, anche se non ne capì
il motivo, finì
con l'arrossire. «Sì, l'abbiamo vista ai
Giochi».
«È
davvero notevole» mormorò Laxus, avvicinandosi a
loro e guardando
il mostro a terra morto. «Non è facile uccidere un
mostro del
genere. Siete maghi anche voi, devo pensare» disse, guardando
poi
Ilizia che ancora teneva prigioniera Eris nel suo corpo
deformato.
«Già»
annuì l'uomo, prima di guardare il mostro. «Da
queste parti siamo
abituati, bestiacce come lui non sono rare, anche se di solito se ne
stanno volentieri per i fatti loro. Probabilmente il passaggio della
vostra carrozza deve averlo disturbato».
«A
proposito!» sussultò Priscilla.
«Dov'è l'uomo che la guidava?»
chiese preoccupata, guardandosi attorno.
«Siamo
molto lontani dalla strada per Magnolia, come siamo finiti
qui?» si
chiese poco dopo Fried, studiando l'ambiente circostante.
«Probabilmente
è colpa della magia del sonno di quegli uomini se non vi
siete
accorti di niente» commentò l'uomo.
«Accorti?»
chiese Priscilla.
«Magia
del sonno?» chiese anche Evergreen.
«Una
gilda di ladri, hanno sede non troppo lontano da qui e sono una vera
piaga. Sono anni che gli diamo la caccia. Vi hanno addormentati,
compreso l'uomo alla guida, e hanno preso possesso della vostra
carrozza portandovi su questa strada. Athena, nostra sorella, ha un
potere simile ad Archive. Questa è la sua zona e riesce a
vedere
tutto quello che accade, vi ha visti e ci ha mandati per aiutarvi.
L'incidente col facocero non era previsto, ma non è niente
che non
abbiamo già affrontato. Probabilmente vi hanno seguiti
dall'uscita
di Borwatt, volevano appropriarsi della ricompensa per la missione
svolta» spiegò.
«Come
sapete della nostra missione a Borwatt?» chiese Laxus
corrucciandosi
appena e l'uomo si grattò la nuca, imbarazzato, mormorando
un
preliminare: «Oh, beh...» ma una voce infantile lo
interruppe
gridando: «Athena sapeva anche questo!»
L'uomo
parve paralizzarsi nel sentirla ma sul suo volto sorpreso si dipinse
immediatamente un'espressione furiosa, mentre una seconda voce di un
ragazzino gridava con la stessa enfasi: «Athena sa sempre
ogni cosa,
è fighissima!»
«Ti
stava cercando, Priscilla!» disse il primo, poi il secondo
subito
dopo: «Guarda, Ares! Abbiamo preso i cattivi!»
«Cercando?»
mormorò Priscilla, mentre l'uomo, che scoprirono in quel
momento
chiamarsi Ares, si voltava verso i due ragazzini che si erano
intromessi nella discussione. Non avevano sicuramente più di
quattordici anni, uno aveva capelli rossi, ricci, spettinati a tal
punto da sembrare un vero e proprio cespuglio. Un sorriso sdentato,
lentiggini sul viso, vestito come un campagnolo dal rango
estremamente povero e completamente ricoperto di macchie e sporco
vario. Il secondo era un pochino più alto del primo, con i
capelli
rasati sui due lati e un accenno di cresta sulla testa.
L'abbigliamento era meno da contadino del primo, ma comunque restava
strappato e sporco in più punti, con addirittura un buco
nelle
scarpe. Nessuno dei due emanava un odore gradevole, chissà
da quanto
tempo non si lavavano o in quale fogna erano andati a nascondersi, ma
avevano comunque in tutto e per tutto l'aspetto di due incivili. I
tipici ragazzini a cui piaceva far scherzi, far rumore e cacciarsi
nei guai. Tenevano sollevati sopra la testa due uomini fuori
combattimento, svenuti e reduci sicuramente da un violento
combattimento viste le innumerevoli ferite che avevano addosso.
Nonostante fossero ben più grossi di loro, li tenevano
sollevati
sopra la testa come due trofei e li sventolarono allegri di fronte ad
Ares che pareva ora ingrossarsi e gonfiare di più i propri
muscoli.
«Voi
due...» ringhiò con voce roca e questo
bastò a far terrorizzare i
due ragazzini. Urlarono, lasciarono andare i corpi dei due uomini che
avevano catturato e si voltarono pronti a scappare ma Ares fu
più
veloce e li prese entrambi per la testa. Li sollevò da
terra, mentre
loro urlavano, sgambettavano e inutilmente cercavano di liberarsi
dalla presa stritolatrice di Ares.
«Non
vi avevo forse detto di restare alla gilda insieme a nostro padre e
ai gemelli?» ruggì Ares.
«E'
stata Athena a mandarci qui!»
«Ci
annoiavamo!»
«Papà
sta benissimo, poteva stare da solo pochi minuti!»
«C'era
Ebe con loro».
«E
Dike!»
«Volevamo
solo aiutarvi!»
«Siamo
grandi abbastanza da andare anche noi in missione, ora!»
«Volevamo
conoscere Priscilla!»
«Athena
diceva che era qua!»
«Alla
fine abbiamo preso noi i cattivi, tu non hai fatto niente!» e
urlarono maggiormente sotto la stretta sempre più furiosa di
Ares
che pareva volergli sfondare il cranio da un momento a un
altro.
«Conoscere...
me?» mormorò Priscilla, sempre più
confusa. Quella gente parlava
di lei come di una diva, di un sogno a cui sembravano aver ambito da
chissà quanto tempo. Aveva partecipato ai Giochi, non c'era
da
stupirsi se era conosciuta, ma il loro modo di parlare e di fare
sembravano andare ben oltre la semplice ammirazione.
«Siete
parte di una gilda?» chiese Fried, chiedendosi con
curiosità quale
gilda si trovasse nella zona. Ares lasciò andare i due
ragazzini
solo al sentire quella domanda, convinto probabilmente di averli
puniti abbastanza anche se avrebbe volentieri preso ancora a calci
entrambi. La loro disobbedienza era incredibile, lo facevano
diventare matto. Si indicò un bicipite, mostrando
così un simbolo a
forma di montagna aguzza, circondata da nuvole, e disse con orgoglio:
«Olympos».
«La
casa degli Dei!» esclamò il ragazzino con la
cresta, sporgendosi
oltre Ares per guardare Priscilla.
«Siamo
la gilda degli immortali!» gli fece eco il rosso, sbucando al
suo
fianco, e Ares fu costretto a fare un passo di lato per permettere a
entrambi di guardarla senza doverlo usare come pilastro per
nascondersi dietro.
«I-immortali?»
balbettò Evergreen, turbata e confusa. I due ragazzini
lanciarono
uno sguardo corrucciato ad Ares, prima di bofonchiare contrariati:
«Non glielo hai ancora detto?»
«Non
c'è ancora stato modo» disse Ares, imbarazzato.
Eris, incastrata
tra le spire di Ilizia, tornò a bofonchiare qualcosa e
Ilizia la
guardò come se stesse capendo ciò che diceva. Poi
sospirò e disse
timidamente: «È complicato».
«Noi
siamo come te!» esclamò invece con esuberanza il
ragazzino con la
cresta e al suo fianco il rosso disse, altrettanto rapido:
«Guarda!»
Estrasse
un coltellino dalla tasca e con una velocità tale da essere
praticamente invisibile pugnalò l'amico dritto al petto. Il
ragazzino con la cresta aprì la bocca, sputando sangue e
cercando
invano dell'aria, sorpreso in quell'attacco improvviso. Si
accasciò
a terra, sotto lo sguardo attonito e le urla spaventate e preoccupate
dei membri di Fairy Tail. Ma loro furono gli unici a spaventarsi
tanto. Ares tirò un calcio al rosso, stendendola a terra, e
gridò
furioso: «Idiota!»
Prese
il ragazzino con la cresta per il collo della maglia, lo
sollevò da
terra e gli tolse il coltello dal petto. Iniziò poi a tirare
calci
dietro la nuca del rosso, ruggendo sempre più furioso:
«Quante
volte devo dirvi che non dovete fare questi stupidi giochi!»
«Fa
male» pianse il ragazzino con la cresta afferrandosi la
ferita che
ancora grondava sangue.
«Certo
che fa male! Cosa credevi?! Essere immortali non significa che non
potete farvi del male, cretini che non siete altro!»
insisté Ares,
continuando a colpire il ragazzino a terra.
«Ehy...
un attimo...» balbettò Bickslow, il primo che
sembrò cominciare a
riprendersi da quello shock.
«Non
stanno scherzando, vero?» sibilò Evergreen,
pallida in volto.
«Sono...»
mormorò Fried, ma il fiato sembrò sparire
improvvisamente e non
riuscì a concludere la frase. Laxus, al suo fianco, d'altro
canto
sembrava aver già smesso di respirare da un pezzo,
probabilmente già
da quando avevano accennato alla gilda degli immortali e al fatto che
volessero conoscere Priscilla. Priscilla si portò le mani
tremanti
al volto, coprendosi le labbra dalla quale ora usciva un fiato
spezzato, rotto dal dolore di un pianto che avrebbe potuto iniziare
in qualsiasi momento, visti anche gli occhi lucidi.
«Sono...»
sibilò, lievemente, e il ragazzino con la ferita al petto
sorrise
allegro notando la sua espressione. Si alzò la maglietta e
le mostrò
il taglio che aveva appena smesso di grondare sangue. Una luce
sottile, azzurra, usciva dall'interno del suo corpo e da quella
stessa luce la pelle pian piano si andava allungandosi e
rinchiudendosi. «Sono come me».
Ilizia
lasciò andare infine Eris, che parve ora calma e tranquilla.
Ares
cessò di colpire il rosso ai suoi piedi e rimise a terra
l'altro
ragazzino, che stava pian piano guarendo dal colpo e aveva
già
smesso di lamentarsi. Si voltarono tutti verso Priscilla e le
concessero solo un amichevole sorriso, uno di quelli dolci e
rassicuranti, il sorriso di chi dava il benvenuto a un fratello tanto
mancato.
«So
che siete in viaggio per tornare a casa, ma vorrei tanto che
accettaste la nostra ospitalità anche solo per questa
notte» disse
Ares. «Nostro padre sarebbe felicissimo di conoscerti, e
anche il
resto della gilda».
«Il
resto...» balbettò Bickslow. «Aspetta,
siete tutti...?» cercò di
chiedere, non sapendo bene come formulare la domanda, ma Ares
riuscì
comunque a cogliere la sua curiosità. Annuì prima
di spiegare:
«Nostro padre è il Master di Olympos, ha dato vita
alla gilda
mettendo al mondo noi figli. Purtroppo non siamo ancora una gilda
ufficiale, anche se non facciamo del male a nessuno rientriamo ancora
nel rango delle gilde oscure per il semplice motivo che il Concilio
non ha molta simpatia per quelli come noi. Un'intera gilda formata da
immortali non li entusiasma molto, ci stanno dando un po' di
grattacapi ma papà ci sta lavorando molto».
«Un'intera
gilda... quanti siete?» chiese Fried, ancora sotto shock.
«Dunque...
con l'arrivo dei gemelli, tre mesi fa, direi che siamo più o
meno
una quindicina di persone» provò a ragionare Ares.
«Quindici?!»
sussultò Evergreen.
«Una
sola persona che riesce a tenere in vita tutti voi?»
mormorò Fried
e Ares annuì imbarazzato, confessando:
«Sì, nostro padre è un
uomo molto potente. Vi posso raccontare tutto per la via, possiamo
anche farla a piedi, la gilda non è molto lontana da
qui» disse
Ares, invitandoli ancora a seguirli. Laxus e i Raijinshuu esitarono
di fronte a quella richiesta, voltandosi verso l'unica che avrebbe
dovuto dire qualcosa in merito. Priscilla era pallida, sconvolta, e
ancora non riusciva né a respirare né a
parlare.
«Pricchan...»
mormorò Fried, chiedendole in quel semplice richiamo cosa
avesse
voluto fare. Lei deglutì e tremando ancora, semplicemente
annuì.
«Fantastico!»
si illuminò Ares, lasciando che l'emozione gli sfuggisse non
solo
dagli occhi ma anche dalla voce. «Fantastico!»
ripeté voltandosi a
cercare i due ragazzini che aveva malmenato fino a quel momento.
«Hermes! Dioniso! Andate avanti, veloci. Avvertite tutti
quanti.
Preparate dei letti, per tutti e cinque, e un banchetto! Uno ricco e
abbondante».
«Un
banchetto?» storse il naso il ragazzino con la cresta,
Dioniso.
«Che
diamine è un banchetto?» gli fece eco Hermes, il
ragazzino dai
capelli rossi.
«Un
banchetti, imbecilli! Cibo! Cibo umano! E da bere! Acqua, vino,
birra... chiedete ad Athena, saprà sicuramente cosa
fare» disse
Ares.
«Oh,
beh! Salta in groppa, socio!» disse Hermes, cominciando a
correre
sul posto per riscaldare le gambe. Si abbassò e Dioniso gli
saltò
sulle spalle, urlando entusiasta poco prima che Hermes partisse
correndo a una velocità incredibile, lasciandosi alle spalle
un gran
polverone e sparendo dalla vista nel giro di mezzo secondo.
«Che
velocità!» esclamò Evergreen, notando
come fossero già spariti.
«Seguitemi,
da questa parte» indicò Ares e cominciò
a camminare. Priscilla gli
andò subito dietro, affiancandolo, seguita poi dai
Raijinshuu e da
Laxus. Ilizia e Eris semplicemente restarono qualche passo indietro,
ma li seguirono anche se più pigramente.
«Cibo
umano...» mormorò Laxus. «Voi non
mangiate?»
«Priscilla
sì?» chiese Ares di rimando, voltandosi curioso
verso la ragazza
che ancora muta annuì. «Oh, capisco»
sorrise Ares, per niente
sorpreso. «Sei cresciuta in mezzo agli umani, hai assunto le
loro
abitudini. Quindi immagino che dormi anche».
«Il
sonno mi aiuta a recuperare le forze» disse lei,
semplicemente.
«Sì,
capisco. Anche i gemelli dormono, loro sono ancora bambini non hanno
imparato a recuperare gradualmente e volontariamente. Non
ancora».
«Volontariamente?»
chiese Fried.
«Quando
usiamo troppa magia, magari per svolgere qualche lavoro, il nostro
corpo va ovviamente in una specie di risparmio energetico. I
più
inesperti si lasciano travolgere da questa sensazione e si
abbandonano al sonno per il recupero, chi ha un po' più
consapevolezza di sé riesce invece a evitarlo. Basta non
fare
sprechi, starsene buoni seduti a riposare, prendersi del tempo,
magari aiutare con un po' di meditazione e tutto passa. Lo stesso
vale per il cibo, il nostro corpo anche se biologicamente funzionante
non ha bisogno perché si nutre di Ethernano che si trova
nell'aria,
intorno a noi».
«Pricchan
mangia più di tutti noi, è un po' diversa su
questo» rise
Bickslow, trovando divertente quella piccola e particolare
caratteristica della ragazza.
«Sono
stata abituata a farlo» rispose semplicemente Priscilla,
ricordandosi con dolore le innumerevoli volte che suo padre l'aveva
sgridata perché doveva somigliare a un umano e come tale,
perciò,
dormire e nutrirsi. Una risposta che zittì i suoi amici, ma
che
ancora di più portò Laxus a corrucciarsi e avere
quell'orrenda
sensazione in petto. Quelle persone erano così diverse da
loro,
rendersi conto che Priscilla fosse più simile a loro che a
lui lo
portava a dover sopportare un fastidioso dolore. Erano cresciuti
insieme, l'aveva sempre chiamata sorella, qualunque fosse la
verità
non era mai stato in grado di vederla come un essere diverso da
ciò
che era lui. Pricchan era semplicemente Pricchan, aveva incredibili
capacità, ma era parte della loro famiglia, era esattamente
come
loro. Niente di diverso da un umano... ma ora gli veniva invece
buttata in faccia una realtà totalmente differente. Una
realtà che
addirittura lo spaventava. Una realtà che avrebbe potuto
farla
persino allontanare.
«È
naturale, è stata cresciuta come un umano. Nostro padre,
benché sia
un umano, ci ha da subito fatto conoscere e accettare la nostra vera
natura e per questo non siamo abituati a dormire o mangiare, anche se
lui lo faceva» continuò a spiegare Ares.
«Un'intera
gilda di immortali nati dalla stessa magia di Pricchan»
rifletté
Fried. «Perché non ne siamo mai venuti a
conoscenza? Dicevi che la
stavate cercando».
«Perché
non sapevamo dove fosse, non prima di qualche settimana fa. Vedete,
io sono stato il primo a nascere e sono venuto al mondo circa sette
anni fa, poco prima che spariste tutti con l'isola Tenroujima. Mi ero
già messo in viaggio per venire a Magnolia e cercarti, mio
padre ti
conosceva, mi ha parlato molto di te. Ma quando sono arrivato scoprii
della tragedia dell'isola e perciò semplicemente me ne sono
tornato
a casa con la coda tra le gambe. Mio padre mise al mondo Athena, dopo
di me, concentrando la sua capacità magica sull'intelligenza
e su
Archive. Sperava che lei sarebbe stata in grado di trovarvi, ma
così
non è mai stato. Intanto papà ha
scoperto il piacere di avere
intorno dei figli e ha cominciato a nutrire il desiderio di allargare
la famiglia. È sempre stato un uomo molto solo,
perciò quando ha
iniziato a scoprire il piacere di averci intorno ha provato a darci
dei fratelli... per noi è meraviglioso poter avere qualcuno
con cui
condividere la nostra natura, una famiglia, un'appartenenza e lui ci
amava così tanto che, anche se questo è sempre
andato a discapito
della sua magia e forza vitale, ha continuato a dar vita ad altri
fratelli per non farci sentire soli. Senza nemmeno rendercene conto
abbiamo infine formato una gilda. Gli ultimi ad essere nati sono i
gemelli, Apollo e Artemide, hanno solo tre mesi di vita anche se le
sembianze di bambini di cinque anni».
«Capisco
i timori del Concilio, in soli sette anni vi siete allargati a
macchia d'olio» mormorò Fried, pensieroso.
«Noi...»
mormorò Ares, abbassando lo sguardo abbattuto.
«Non facciamo niente
di male».
«Credi
che siamo pericolosi solo perché non siamo umani?»
ringhiò Eris,
affiancando Fried e lanciadogli un'occhiataccia traversa.
«No,
assolutamente!» sussultò lui, preoccupato per
essere stato
frainteso.
«Stai
calma, Eris. Non c'è bisogno di arrabbiarsi»
provò a
tranquillizzarla Ares, ma lei disse offesa: «Ci ha dato dei
criminali!»
«Non
mi pare proprio che abbia detto una cosa del genere»
sospirò Ares,
rassegnato all'idea che Eris non perdesse occasione per attaccare
briga con qualcuno.
«Scommetto
che pensi che siamo dei mostri, non è
così?!» si corrucciò
maggiormente Eris e Fried cominciò a sudare freddo, ma per
fortuna
gli venne di nuovo in soccorso Ares dicendo: «Sono la
famiglia di
Priscilla, come credi che possa anche solo pensare una cosa simile?!
Lascialo in pace, smettila di fraintendere volontariamente».
«Non
sto fraintendendo volontariamente!» disse Eris, offesa.
«Sì,
invece, perché vuoi solo litigare con qualcuno! Piantala,
adesso»
la rimproverò, prima di sospirare ancora.
«Perdonala, ha un tale
caratteraccio».
«No,
ok, va bene così. È colpa mia, non dovevo dire
quelle cose» disse
Fried imbarazzato.
«L'evidenza
della morte è qualcosa a cui siete molto legati»
proseguì Ares,
cupo in volto. «Poter uccidere qualcuno è qualcosa
che vi
rassicura. Se una persona è nemico, basta ucciderlo e tutto
si
risolve. Con noi questo ragionamento non è applicabile,
capisco i
timori del Concilio e di voi umani di fronte a una gilda come la
nostra. Non vi biasimo».
«Ma
questo non è totalmente vero!» esclamò
Evergreen. «Priscilla ha
rischiato la vita un sacco di volte, ci sono cose che possono
uccidervi».
«E
comunque possono sempre imprigionare i delinquenti, non per forza
bisogna ricorrere alla morte» le diede corda Bickslow.
«I
ragionamenti del Concilio sono assurdi e illogici»
annuì
Evergreen.
«Ciò
non toglie che chi non comprende a fondo la nostra natura,
può
rimanerne spaventato. È molto complesso in
realtà. Penso che
Priscilla sia stata solo molto fortunata, è cresciuta come
fosse una
di voi e questo ha facilitato la sua accettazione» disse per
poi
lasciarsi sfuggire un verso di dissenso e aggiungere:
«Scusate, sono
stato indelicato».
«No,
capiamo. State lottando da molto per farvi accettare, è
normale che
pensiate di essere discriminati» disse Fried e Ares,
sentendosi
appoggiato, si sentì libero di aggiungere: «Gli
umani ci temono, o
ci vedono come un esperimento, un oggetto. È difficile per
loro
comprendere che siamo esseri viventi anche noi, per questo ci siamo
chiusi tra questi boschi e non facciamo molto parlare di noi. Ci
siamo un po' isolati, probabilmente per questo motivo abbiamo
scoperto che eravate ancora vivi e in circolazione solo quando siete
apparsi ai Grandi Giochi. Abbiamo da allora pensato più
volte di
tornare a Magnolia, venirci a presentare, ma confesso che siamo
sempre stati frenati da un certo timore. Sai, non potevamo aprire le
porte della vostra gilda e presentarci con un semplice "ehy,
siamo immortali, creati con la magia anche noi". Abbiamo
titubato un po', ma alla fine il destino ci ha fatti comunque
incontrare qui. È... eccezionale» sorrise,
emozionato.
«Sette
anni fa...» mormorò Fried, sempre pensieroso e
sorpreso.
«Già!
Abbiamo fatto ricerche, pare che siamo gli unici ad essere
così. Per
questo volevamo conoscere Priscilla... lei è stata la
prima».
«Ed
è nata da un padre diverso! Insomma, volevamo vedere
com'era»
aggiunse Eris.
«Nostro
padre ti conosceva già da molto tempo, è per
questo che ha voluto
provare anche lui. In qualche modo siamo venuti al mondo grazie a te.
Capisci il nostro entusiasmo?» chiese Ares con timidezza,
volgendo
lo sguardo a Priscilla.
«Sei
l'origine di ogni cosa! La capostipite di una nuova razza!»
saltellò
Eris, guardando Priscilla con gli occhi che luccicavano.
«Io...»
mormorò lei. «Io sono solo Pricchan»
disse ancora annebbiata e
confusa. Un tocco sulla propria testa, delicato ma ben presente, una
carezza che conosceva ormai fin troppo bene. Alzò lo
sguardo, in
quel mondo confuso e assurdo, terrificante e del tutto nuovo, ma in
mezzo al caos e alla paura trovò una luce familiare e
confortante.
Laxus le si era avvicinato, per quanto non avesse parlato molto, era
ben deciso comunque a farle sentire la sua presenza. Le aveva
accarezzato la testa, in quel suo solito modo di fare affettuoso, e
solo questo era bastato a riportarla con i piedi per terra.
Incrociare i suoi occhi, gentili e amorevoli, lo sguardo di chi le
sarebbe stato a fianco di fronte a qualsiasi cosa, le avevano infine
acceso una luce di tranquillità e fiducia. Un semplice
gesto, era
bastato per sentirsi meglio, meno sola e terrorizzata. Con un solo
sospiro riuscì a far uscire tutta l'angoscia che l'aveva
strozzata
fino a quel momento. Finché Laxus era con lei, niente
avrebbe potuto
atterrirla.
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Capitolo 65 *** Zeus ***
Zeus
«È
tornato Ares!» gridò un bambino nel cortile. Si
alzò da terra,
dove era seduto per giocare con degli insetti, e corse lungo il
vialetto erboso incontro al gruppo sbucato dagli alberi proprio in
quel momento. Il cancelletto che delimitava il cortile
cigolò come
un vecchio lamentoso, quando Ares lo aprì.
«È
tornato Ares! È tornato Ares!» fece eco la bambina
che era con lui.
Si alzò anche lei e saltello a braccia alzate, prima di
avvicinarsi
correndo.
«Ehy,
piccoletti!» ridacchiò Ares, vedendosi i due
bambini correre
incontro. Prese il primo in braccio e si avvicinò alla
seconda, che
ancora entusiasta chiese: «Ci hai portato qualche
souvenir?»
«Non
sono andato così lontano da poter trovare dei
souvenir» disse Ares
e la bambina scoppiò a piangere istantaneamente, come fosse
stata
una macchina programmata per farlo, urlando: «Ares non ci
vuole
bene!»
«Non
fare i capricci!» ruggì Ares, infastidito
dall'improvvisa accusa.
«Artemide
stava facendo ballare le formiche, lo sai?» disse il bambino
che
aveva in braccio, ignorando le urla e i pianti della sorellina. Ares
si abbassò e prese la piccola sotto un braccio, alzandola da
terra
come fosse una borsa, ma lei non parve infastidirsi per il
trattamento. Probabilmente era abituata, perciò
semplicemente
continuò a piangere rumorosa.
«Non
dovreste disturbare il lavoro delle formiche per intrattenervi, lo
sapete?» provò a correggerlo.
«Davvero?»
chiese il bambino, innocente, e la bambina smise di piangere con la
stessa meccanica con cui aveva cominciato, chiedendo curiosa e ora di
nuovo allegra: «Le formiche lavorano?»
«Certo
che lavorano» rispose Ares, continuando a camminare
tranquillo lungo
il vialetto dirigendosi verso l'interno di una casetta in legno. Un
po' diroccata, con molte riparazioni di emergenza poste qua e
là,
era comunque graziosa nella sua semplicità. Il cortile era
pieno
zeppo di fiori e per questo anche abitatissimo da insetti e animali
di vario genere, che andavano e venivano per niente turbati dalla
presenza di quelle persone. Alberi, cespugli e piante, ovunque c'era
del verde e natura incontaminata. Sulla destra e sulla sinistra si
alzavano altre due strutture, sempre di legno, organizzate su due
piani con balconcini pieni di vasi ben curati. Da uno di questi
svolazzavano delle lenzuola, appese ad asciugare al sole. Su tutte e
tre le strutture, infine, sventolava sulla cima una bandiera dipinta
a mano con su lo stesso simbolo che Ares portava sul bicipite: una
montagna con il cucuzzolo aguzzo circondato da nuvole.
«E
che lavoro fanno?» chiese il bambino, curioso.
«I
carpentieri!» rispose Artemide.
«I
muratori!» disse altrettanto entusiasta il bambino.
«I
cuochi!» disse di nuovo Artemide con rapidità ed
entusiasmo e
ancora il bambino, alzando le braccia al cielo, disse a gran voce:
«I
supereroi!»
Ares
scoppiò a ridere nel sentirli e la sua risata fu calda,
avvolgente,
luminosa come il sole stesso che riscaldava la loro pelle. Una donna
uscì da uno dei balconi delle due case ai lati del cortile e
rovesciò sulla balaustra una coperta, prima di cominciare a
batterla
con un battipanni per liberarla dalla polvere. Eris, in fondo alla
colonna di persone, chiuse il cancelletto del cortile e infine corse,
superando tutti quanti, verso la casa che avevano di fronte.
«Siamo
tornati!» gridò a gran voce. «Athena!
Afrodite! Efesto! Siamo a
casa! Abbiamo una sorpresa, padre Zeus!»
«Una
sorpresa?» mormorò Artemide, tenuta ancora
sollevata da terra come
una borsa sotto braccio. Il bambino, aggrappato alle spalle di Ares,
voltò la testa a guardare le persone che li seguivano. Erano
stati
così entusiasti del ritorno di Ares che non li avevano
notati e solo
ora li guardava e studiava. Si corrucciò e si strinse al
collo di
Ares, fulminandoli tutti quanti con severità e rabbia. Era
palese
che non apprezzasse la visita, forse perché non abituati ad
averne,
e i Raijinshuu provarono inutilmente a sorridere e cercare di
sembrare amichevoli.
«Ciao
Ares!» gridò la ragazza al balcone.
«Così sono loro i nostri
ospiti?»
«Ospiti?»
squittì una voce dietro di lei e una ragazza, inciampando e
portandosi dietro il rumore di vari oggetti distrutti e caduti, si
affacciò improvvisamente per guardare chi stesse arrivando.
Poggiò
le mani sul piumone appoggiato alla ringhiera, sporgendosi per
guardare il vialetto, ma il piumone stesso sotto la sua presa
scivolò
in avanti e lei con lui. Con un urlo cadde nel vuoto, giù
dal
balcone del secondo piano, atterrando miseramente sul cortile
esterno.
«Sei
la solita, Ebe» sospirò la ragazza sul
balcone.
«Questo
è quello che ti meriti per esserti messa a correre ed
esserti
sporta!» ruggì un'altra ragazza, da dentro la
casa.
«Fa
malissimo!» urlò Ebe, alzandosi da terra con il
collo girato in una
posizione decisamente innaturale, probabilmente spezzato.
«Ahia!
Ahia!» continuò a urlare, sfiorandosi la testa nel
tentativo di
afferrarla e rimetterla al suo posto, ma il troppo dolore le impediva
persino di toccarsela.
«È...»
sibilò Evergreen, pallida nel vedere la macabra
scena.
«Abbastanza
raccapricciante» completò per lei Fried e
Bickslow, dietro di loro,
annuì altrettanto pallido e sconvolto.
«Scusateci»
disse Ares, torvo in un misto tra il furioso e il rassegnato.
Un'altra ragazza uscì dalla porta principale di quella
stessa
struttura, si avvicinò silenziosa a Ebe che ancora si
disperava a
terra con la testa al posto sbagliato e gliela afferrò.
Senza darle
tempo di dire niente gliela rigirò e la mise nella posizione
corretta, con un inquietante crack.
«Ecco
fatto» disse pigramente, prima di tornare dentro casa e
riafferrare
la scopa che aveva appoggiato al muro. Ebe rimase perplessa qualche
secondo, tastandosi testa e collo e assicurandosi che fosse tutto
tornato normale. Poi si voltò verso la porta lasciata aperta
e ruggì
un infastidito: «Mi hai fatto male!»
Un
vaso volò nella sua direzione e la prese in pieno viso,
disintegrandosi sulla sua fronte e lasciandole graffi più o
meno
profondi che iniziarono a grondare sangue.
«Ringrazia
la prossima volta» le disse la stessa voce pigra della
ragazza che
le aveva aggiustato la testa, anche se non si mostrò.
«Insomma,
voi due, mi avete stancato!» ruggì l'altra ragazza
dal secondo
piano, che aveva rimproverato Ebe di essere maldestra.
«Tornate
immediatamente al lavoro o vi punirò come si deve!»
«Chi
ti da il diritto di punire gli altri!» ruggì Ebe e
finalmente
l'altra ragazza si mostrò, uscendo sul balcone e
affacciandosi urlò:
«Sono la sorella maggiore! Ho la vostra
responsabilità!»
«Io
sono più maggiore di te!» gridò Ebe.
«Più
maggiore non si dice, capra!» ruggì l'altra e la
ragazza al suo
fianco, ancora intenta a colpire le coperte con un battipanni
sospirò
un rassegnato: «Ecco che ricominciano».
«Ne
vuoi, eh?!» gridò Ebe, alzandosi in piedi e
mostrando alla ragazza
contro cui stava litigando un pugno.
«Sei
stupida e infantile, le dispute non si risolvono con i pugni ma se
è
questa la lingua che parli, allora...» disse lei
rimboccandosi una
manica e preparandosi a saltarle addosso, dal secondo piano in cui si
trovava. Ares, avvicinatosi a Ebe senza che se ne accorgesse,
lasciò
cadere un piede pesante al suo fianco, sbattendolo rumorosamente a
terra. Il segnale, per attirare la sua attenzione, e la
fulminò con
lo sguardo più severo che fosse capace di
esprimere.
Artemide,
ancora sotto alla sua ascella, sgambettò allegra e rise:
«Ares vi
picchia a tutte e due!»
Ebe
impallidì e con un «iiich»
terrorizzato, arretrò prima di scappare in casa gridando:
«Magari
un'altra volta, eh?!»
«Io
torno al lavoro!» gridò la seconda, altrettanto
spaventata, e da
allora non ci fu altro che il rumore di scope e battipanni. Ares
sospirò, affranto e sconsolato, per poi alzare lo sguardo
alla
ragazza ancora impegnata a spolverare il piumone.
«Dike,
dove sono tutti gli altri?» chiese Ares.
«Hermes
ci ha detto che sarebbero arrivati ospiti importanti, per questo sono
tutti impegnati a pulire e sistemare la gilda» rispose Dike.
«Eunomia, Nemesi ed Ebe mi stanno aiutando a sistemare i
letti e le
stanze per questa notte, mentre Persefone ad Eirene e
Afrodite
sta dando una rassettata al giardino dietro. Efesto si stava invece
occupando del camino alla sede principale ed Hermes e Dioniso sono
andati a comprare del cibo giù al paese».
«Athena?»
chiese Ares.
«Con
Padre Zeus, raggiungili pure, sono nella sala comune» disse
Dike,
indicando la struttura al centro, alla fine del vialetto. Ares
annuì
e tornò indietro, raggiungendo nuovamente il gruppo che
aveva
lasciato solo con Ilizia. «Venite» disse
semplicemente, facendo
loro strada verso la sede principale. Mise a terra entrambi i bambini
prima di aprire la porta in legno cigolante ed entrare in un salone
non troppo grande. Aveva più le sembianze di una sala da
pranzo, con
un grosso camino sulla destra all'interno del quale si potevano
vedere i piedi penzoloni di un uomo -Probabilmente l'Efesto di cui
aveva parlato Dike. Eris era seduta proprio lì davanti e lo
osservava come ipnotizzata, senza fare niente per aiutarlo. Al centro
della stanza c'era un grosso tavolo, messo a ferro di cavallo con una
ventina di posti disponibili. Proprio al centro, invece che una sedia
normale in legno, ce n’era una un po' più
raffinata, imbottita e
vellutata. Sulle mensole e sugli scaffali ai muri c'erano decine,
centinaia di libri, e al centro della sala, in mezzo al ferro di
cavallo formato dal tavolo, dei giochi abbandonati a terra.
«Noi
non siamo abituati a mangiare ma nostro padre sì, lui
è umano, e a
noi piace fargli compagnia. È un modo per stare tutti
insieme»
spiegò Ares, giustificando la presenza del tavolo e delle
sedie. Si
avvicinò infine al camino, di fronte al quale si
inginocchiò e
lanciò uno sguardo verso l'interno, dove penzolavano i piedi
di
Efesto.
«Tutto
bene?» chiese.
«Ares!
Non ti avevo sentito!» urlò l'uomo da dentro il
comignolo. «Sì, è
tutto ok. Sono arrivati anche gli ospiti speciali di cui parlavano i
due mocciosi?»
«Sì,
sono qui con me. Vuoi conoscerli?» chiese Ares e Efesto,
senza
uscire dal camino, rispose imbarazzato. «Magari
più tardi».
«È
incastrato» spiegò Eris senza preoccupazione sul
volto, né
interesse. Probabilmente lo trovava divertente e sarebbe rimasta
lì
a guardare i suoi piedi disperati per il resto della giornata.
«Sicuro
di non aver bisogno di aiuto?» chiese Ares, imbarazzato per
la
situazione.
«Assolutamente!
È tutto sotto controllo! Vai pure nell'ufficio, Athena e
Padre Zeus
si trovano lì» disse Efesto e Ares decise di
ascoltarlo, sapendo
che avrebbe probabilmente trovato da solo il modo di uscire
dignitosamente. Superò il tavolo, attraversò la
stanza e infine
entrò in una porta sulla destra facendo cenno al gruppo di
Fairy
Tail di seguirli. La stanza dentro cui entrarono era talmente stretta
che Fried e Laxus furono costretti a restare all'esterno, mentre
Bickslow non poté andare oltre che la soglia. In
realtà sarebbe
stata abbastanza ampia da poter ospitare tutti, ma i libri avevano
invaso ogni singolo centimetro di quel luogo. Accatastati,
ammucchiati, vere e proprie montagne di libri e al centro solo un
paio di poltrone e un minuscolo tavolino dove ora era poggiata una
teiera fumante e una tazza. In piedi, davanti a una libreria, c'era
una donna dai lunghi capelli argentei e l'aspetto delicato come
quello di un fiore. Un paio di sottili occhiali poggiati sul naso, il
kimono orientale che indossava era semplice nei colori tenui e
ondeggiava e frusciava ad ogni passo. Aveva appoggiati su un braccio
un paio di libri, ma stava prendendo un terzo in quel momento dallo
scaffale scelto. Alle sue spalle, su di una delle poltrone, sedeva
invece un uomo anziano. I capelli bianchi, lunghi, la barba
altrettanto lunga e folta, gli occhi socchiusi racchiusi sotto delle
spesse sopracciglia. Leggermente ingobbito, sembrava essere
appisolato, ma non appena sentì la porta aprirsi si
raddrizzò
lentamente e puntò i piccoli occhi grigi ai suoi
ospiti.
«Oh»
gracchiò con la sua profonda e vecchia voce.
«Ares, siete arrivati»
disse emozionato, prima di allungare una mano tremante al fianco
della poltrona. Prese un bastone e lo portò vicino a
sé, facendo
leva su di esso cominciò lentamente e con grande sforzo a
sollevarsi
in piedi. Ares scattò in avanti e gli si mise al fianco,
prendendolo
per le spalle. «Padre, non affaticarti» gli disse
preoccupato, ma
il vecchio poggiò una rugosa mano sulla sua e gli diede
qualche
pacca affettuosa, prima di dire: «Sei sempre così
attento. Non
preoccuparti, figliolo, ho riposato abbastanza per
oggi».
«Appoggiati
a me» disse Ares, offrendogli il braccio e l'uomo
accettò ben
volentieri. Si tenne in piedi con il bastone sulla destra, mentre con
la sinistra si teneva ben aggrappato al suo braccio. «Athena,
per
favore prepareresti dell'altro tè? Ci spostiamo nella sala,
qui
stiamo stretti».
«Certo,
ci penso io» disse la donna, rimettendo i libri che aveva
preso al
proprio posto. Lentamente Zeus, accompagnato da Ares, si
avvicinò al
tavolo a ferro di cavallo e si sedette sulla sedia più
morbida,
imbottita.
«Accomodatevi»
invitò, facendo un cenno ai suoi ospiti che gli si sedettero
attorno
ben volentieri. Athena si avvicinò al camino, dove ora stava
finalmente uscendo Efesto, un uomo grosso di spalle e pelato,
ricoperto completamente di fuliggine e carbone.
«Eris,
vai ad aiutare le tue sorelle insieme a Ilizia e portate con voi i
bambini» le disse Athena e lei, come previsto,
sbuffò uno
scocciato: «Che palle». Ma comunque
obbedì, alzandosi e uscendo
dalla sala insieme alla sorella e ai due gemelli. Efesto rimase
ancora un altro po', aiutando Athena ad accendere il fuoco per
mettere su una teiera colma d'acqua.
«Una
gilda quasi completamente al femminile» commentò
Bickslow, notando
come le ragazze fossero in netta maggioranza.
«Acuta
osservazione» mormorò Zeus, accennando un sorriso.
«Non è un caso
che sia così. È una questione di genetica e
biologia, le femmine
sono più facili da creare e da far vivere, piuttosto che un
genere
maschile. In fondo, anche tra gli umani statisticamente parlando sono
superiori le donne agli uomini».
«Creare...»
mormorò Evergreen, corrucciandosi. «Che brutto
termine».
«Ma
è quello che è realmente. Loro sono stati creati,
non vedo perché
disdegnare e rifiutare qualcosa solo perché lontano dalla
nostra
comune visione. I miei ragazzi hanno imparato già da tempo
ad
apprezzare e conoscere la loro natura, per ciò che sono
realmente.
Non pretendo però che riusciate a capire in una sola sera,
non
preoccupatevi, comprendo ogni vostro dubbio e perplessità. I
miei
figli hanno vissuto a lungo con le discriminazioni del mondo esterno,
per questo tendiamo a restare isolati, ma questo non abbatte
minimamente il nostro spirito. Io sono umano, loro sono immortali,
siamo cose completamente differenti e non ci sogniamo di costringerci
a chiuderci tutti in uno stesso sottoinsieme. L'amore è tale
per
quello che è, non per forza dobbiamo amare qualcosa che sia
come
noi. La diversità, in fondo, è completezza. Ha
una bellezza molto
caratteristica che ci piace preservare. E anche parlare di qualcuno
che è stato creato, invece che nato, non significa denigrare
o
sminuire. È solo diverso, e perciò non per questo
meno eccezionale
di una vita che viene al mondo spontaneamente. Non possiamo amarla
semplicemente per ciò che è realmente?»
«Sono
nobili parole» sorrise Fried, trovando quel discorso molto
poetico e
illuminante.
«La
nostra Pricchan è fantastica così
com'è» esclamò Bickslow, dando
una scompigliata di capelli alla ragazza al suo fianco.
«Fa
parte della nostra famiglia» sorrise Evergreen, volgendo un
sorriso
rassicurante alla ragazza che ancora restava cupa e in silenzio,
spaventata e ancora sconvolta da quella novità.
«È
esattamente quello che intendevo» sorrise Zeus.
«Conoscere la
piccola Priscilla, vi confesso, da al cuore di questo povero vecchio
un paio di palpitazioni di troppo» sghignazzò.
«Ho tanto sentito
parlare di te».
«Mi
conoscevi?» chiese Priscilla. «Cioè...
sapevi già di me, da
prima?»
Solo
i membri di Fairy Tail conoscevano il suo segreto, e comunque anche
loro ne erano venuti a conoscenza solo da poco tempo, dall'incontro
alla Cattedrale con Laxus. Prima, se non per il suo premuroso e dolce
nonno, era tutto un segreto che teneva solo per sé.
Zeus
annuì lentamente, sospirando profondamente. «Come
forse avrai
capito, Zeus non è il mio vero nome. Lessi un libro una
volta, un
libro che parlava di vecchie divinità e credenze e c'era la
figura
di Zeus che emergeva come padre degli dei. Visto quello che avevo
intenzione di creare, mi sembrò un nuovo nome appropriato
per
ricominciare da capo».
«Ricominciare
che cosa?» chiese Fried e Zeus con un altro sospiro disse:
«La mia
vita. Prima di Zeus non ero affatto un buon uomo rispettabile,
ammetto di aver fatto cose di cui mi pento profondamente. Ma tra
queste ce n’è una che, per quanto discutibile, non
credo ripudierò
mai».
«Che
cos'è?» chiese Fried, curioso, e Zeus
voltò gli occhi su Laxus e
Priscilla, seduti uno di fianco all'altro. «Aver aiutato
vostro
padre» confessò infine, turbando visibilmente
l'animo di entrambi.
Zeus
alzò uno scheletrico dito verso Laxus e facendolo lentamente
ondeggiare si corrucciò, dicendo: «Mi ricordo di
te. Eri una vera
preoccupazione per tuo padre, gracile e piagnucolone. Ricordo come
Ivan trovasse frustrante l'idea di aver dato vita a un figlio
apparentemente tanto debole e probabilmente non saresti mai stato in
grado di usare la magia, vista la tua debolezza. Se ripenso a com'eri
mingherlino, fatico a riconoscerti Laxus»
ridacchiò e sospirò
ancora, malinconico. «Quanti anni sono passati da allora. Al
tempo
ero una vera testa calda, passatemi il termine volgare ma possiamo
dire che ero proprio una testa di cazzo» rise, divertito.
«Facevi
parte di Fairy Tail?» chiese Laxus, cercando di mantenere
comunque
un certo autocontrollo.
«Oh,
no. Tuo nonno non mi avrebbe mai accettato» rispose Zeus.
«Facevo
parte di una gilda oscura, è stato così tanto
tempo fa che non
riesco nemmeno a ricordarne il nome. Tuo padre aveva agganci con
l'esterno, aveva amici potenti, sapeva su chi fare affidamento e
anche se portava su di sé il marchio di Fairy Tail
frequentava i bar
più puzzolenti della città. Era un uomo sempre in
cerca di qualcosa
di nuovo, di potere, e per uno come lui l'aver dato al mondo un
figlioletto misero come te era una vera vergogna e disgrazia. C'era
quest'uomo, ricordo, un certo Purehito... diceva di essere l'ex
Master della gilda di Fairy Tail. Eravamo entrati in contatto tempo
prima per alcuni affari, cercava magie oscure, libri proibiti, cose
del genere e io sapevo dove trovarli. Fu Purehito a presentarmi tuo
padre, spiegandomi la situazione, e proposi lui di provare a
instillare dentro te la Lacryma di Drago. Avevo sentito appena di
recente di un bambino a cui era stata appena fatta la stessa cosa, un
certo Erik, anche se in realtà alcune fonti dicevano che non
fosse
sopravvissuto ho pensato che se avessimo studiato attentamente il
caso noi saremmo riusciti a farcela».
«Cobra...»
sussurrò Priscilla, capendo di chi si trattasse, e
benché avesse
parlato più a se stessa che a lui fu sentita comunque.
«Sai
di chi parlo?» chiese Zeus, curioso, e Priscilla
annuì. «Ci siamo
incontrati, qualche tempo fa».
«Oh,
beh...» sorrise Zeus. «Allora le voci erano
infondate, non è
morto, è un sollievo».
«Perciò...»
mormorò Fried, turbato. «Sei stato tu a fornire
a...» tentò, non
sapendo bene come formulare la domanda, ma Zeus riuscì a
anticiparlo. «Ho dato io la Lacryma del tuono a Ivan e
insieme a
Purehito l'abbiamo messa nel corpo di Laxus. Non è stato un
giorno
piacevole per te, Laxus. Le tue urla di dolore, ogni tanto, le sogno
ancora. Mi sento così costernato»
sospirò.
«Io
non mi ricordo di quel giorno, né tanto meno di
te» confessò
Laxus.
«È
normale, eri così piccolo» rispose Zeus.
«Senza
la Lacryma di Drago, probabilmente Laxus oggi non sarebbe quello che
è diventato» disse Fried, rassicurante.
«Indipendentemente da
quali fossero le vostre intenzioni, non possiamo che esserne comunque
grati».
«Senza
questo potere avrei rischiato di morire molte volte»
confermò Laxus
e Zeus tornò a sorridere, rasserenato. «Siete
davvero persone
eccezionali, non avete esitato a perdonare il passato di un vecchio
come me».
«È
stato molto tempo fa» disse Fried e Zeus annuì.
«Il passo
successivo fu quello di creare un essere vivente»
continuò. «Ivan
e Purehito tornarono dopo breve tempo con questa nuova bizzarra idea.
Purehito al tempo lavorava molto duramente sulle magie proibite che
riguardavano la vita e la morte, ne era affascinato per qualche
strano motivo. Magie che avrebbero potuto donare
l'immortalità, che
avrebbero riportato in vita i morti, o ucciso, o che avrebbero potuto
modificare lo scorrere del tempo. Ce ne sono così tante e
tutte,
come ben sapete, sono estremamente proibite perciò si
serviva di
gente di poco conto come noi per procurarsi i tomi necessari allo
studio. Mi disse di aver sentito parlare di un libro oscuro, un libro
di Zeref che spiegava come creare la vita a partire da un'idea. Era
pura fantasia, ma avevo già lavorato con loro alla Lacryma
di Drago
e il risultato mi aveva lasciato senza parole. Ero eccitato all'idea
di provare qualche altra stranezza, perciò mi misi subito al
lavoro
e trovai quei volumi per loro. Lavorammo per mesi interi e penso che
non ce l'avremmo mai fatta se non ci fosse stato il genio di Purehito
a mettere insieme i pezzi. Infine il tuo corpo venne concluso, ma
continuava a restare l'incognita dell'anima. Per quanto provassimo,
niente sembrava funzionare e per un anno intero sei stata solo una
bambina morta. Poi Purehito trovò la soluzione...»
«Il
collegamento...» mormorò Priscilla, sapendo
già cosa avrebbe
detto.
«Già.
Ivan rischiò molto, la sua vita è rimasta in
bilico sul precipizio
della morte per giorni interi, era decisamente una magia troppo
pericolosa. Ma quell'uomo era un pazzo visionario e voleva avere il
pieno potere su un essere vivente, l'idea di poterti controllare come
una marionetta lo eccitava. Diceva che eri la sua bambina di
carta»
e sentire dopo tanto tempo di nuovo quel raccapricciante soprannome
le fece venire di brividi lunga la schiena. Sentire i ricordi
tornarle alla mente, rivivere nuovamente quei terribili momenti che
sono stati i primi anni della sua vita quando in lei non c'era altro
che obbedienza e paura, tutto quello era sempre un colpo al
petto. Anche se aveva fatto enormi passi in avanti, anche se aveva
superato ogni incubo del suo passato, sconfitto l'ombra di suo padre,
era pur sempre qualcosa che aveva vissuto. Un fardello di cui non si
sarebbe mai liberata del tutto.
«Quell'uomo
mi da il voltastomaco» confessò Ares,
corrucciandosi.
«Ma
non è poi la stessa cosa che hai fatto tu? Dare la vita,
usare una
magia proibita...» azzardò Bickslow, che aveva
certamente meno peli
sulla lingua di altri.
«Sì,
puoi vederla così» rise Zeus.
«È
certamente diverso!» rispose invece Ares, offeso.
«Noi siamo una
famiglia, quell'uomo invece la picchiava!» disse indicando
Priscilla.
«Conoscete
anche questa parte di storia, eh?» disse Priscilla,
abbozzando un
timido sorriso e sperando così di sdrammatizzare.
«Venne
da me dicendo che voleva un'arma per allenare il figlioletto che
aveva da poco imparato a usare la magia che gli avevamo dato. L'idea
di dargli un fantoccio contro cui prendersela sembrava entusiasmante,
avrebbe potuto sperimentare varie cose senza temere nessuna
ripercussione perché tanto tu non saresti morta e saresti
sempre
stata sotto al suo controllo. Perciò, sì, conosco
anche questa
parte di storia. Anche se dopo la tua nascita Purehito è
sparito
dalla circolazione, andando in cerca di altro, e questo ha causato
una rottura anche nel rapporto con Ivan, sono comunque rimasto
informato» annuì Zeus, accettando la tazza di
té caldo, ora
pronto, che Athena gli porse prima di versarlo anche agli altri.
«Immagino
che quel bastardo non abbia avuto fortuna nel suo piano»
disse Ares,
lanciando uno sguardo provocatorio a Laxus prima di dire: «Io
non
avrei mai accettato di colpire mia sorella».
Laxus
non rispose, ma ebbe comunque la forza di tenere gli occhi fissi nei
suoi, sostenere lo sguardo per non cedere a quella provocazione che
andava a infierire più di quanto avesse potuto immaginare.
Uno
squarcio gli si era aperto in petto, l'odio e la rabbia di fronte
all'evidenza che lui aveva invece ceduto, il dolore nella
consapevolezza che lui era la causa della più grande
sofferenza di
Priscilla... tutto quello lo faceva ancora impazzire. Nonostante
l'apparente indifferenza, i muscoli si tesero e si irrigidirono tanto
che sarebbe potuto scattare ed esplodere da un momento a un
altro.
«Comunque
siano andate le cose, l'importante è il presente. La
redenzione, il
perdono, sono gioielli tanto brillanti e preziosi forse anche
più di
una vita vissuta senza peccato» disse Zeus, rompendo la
tensione.
«Parlo come un uomo che l'ha sperimentata su di
sé. Ho accettato di
collaborare a simili atrocità, influendo su due bambini, e
ho fatto
tante altre cose orribili nella mia vita. Non meritavo il perdono,
non meritavo nemmeno la vita stessa, pertanto non posso esporre
né
accettare giudizi del genere» un velato rimprovero verso
quella che
era stata la provocazione di suo figlio a un caro ospite.
«Mi
spiace» disse semplicemente Ares, rilassando le spalle e
comprendendo il suo errore.
«Un
giorno, tanti anni dopo, ho sperimentato sulla mia pelle le
conseguenze di tutti gli orrori che avevo commesso in vita»
disse
Zeus, sorseggiando il suo té. «Mi sono ritrovato
solo e ho compreso
l'importanza di avere una mano da stringere nei momenti più
bui. Ma
ormai era troppo tardi, mi chiedo se possiate capirmi, ma a volte le
lezioni più severe che la vita vuole impartire arrivano
sempre
quando non c'è niente che si possa fare per rimediare. La
vita a
volte è così matrigna... prima ti punisce e solo
dopo ti impartisce
l'insegnamento» sorrise, ancora malinconico. «Sono
rimasto solo a
lungo, rifiutato dal mondo intero, senza un posto dove andare e nel
frattempo ho continuato a pensare ai due bambini di Ivan. Vi
incontrai un giorno, ma non ebbi coraggio di farmi avanti e
presentarmi a voi. Non eravate che ragazzini, allora, di rientro da
una missione. Eravate così allegri, così felici,
così dolci l'uno
di fianco all'altro mentre vi sorridavate e parlavate con tale
entusiasmo di cosa avreste fatto una volta tornati a casa. Ne rimasi
colpito, affascinato, e ammetto egoisticamente di aver
pensato
che un po' vi sentivo miei. È stato quello il momento in cui
ho
cominciato a pensare a dei figli miei, una famiglia, il calore di una
casa, l'amore di chi ti da il bentornato. Ricordavo perfettamente
tutti i passaggi che avevamo fatto, al tempo, per portare in vita
Priscilla. Per questo alla fine cedetti e ci provai... ci volle molto
più tempo del previsto, senza l'aiuto di Purehito ci misi
anni
interi prima di riuscire a ricreare tutte le condizioni ideali alla
vita. Infine, sette anni fa, venne finalmente al mondo Ares. La prima
cosa che feci fu parlargli di te, della graziosa bambina che mi diede
l'ispirazione e fece nascere in me il desiderio di crearlo. Volle
conoscerti e, benché spaventato all'idea di mandarlo solo
per il
mondo, acconsentii e gli permisi di partire per venirti a
cercare».
«Questa
parte ve l'ho già raccontata per strada»
intervenne Ares.
«Raggiunsi Magnolia, ma solo quando fui lì venni a
sapere che
l'isola Tenrou dove eravate era sparita nel nulla, portandosi voi
dietro. Perciò tornai a casa con la coda tra le
gambe».
«Vederlo
così triste mi strinse il cuore, aveva così tanto
desiderato
trovare qualcuno come lui, qualcuno in grado di condividere la sua
esistenza unica e incredibile. Io per primo sapevo benissimo cosa
significasse essere soli, perciò con ostinazione ci riprovai
e diedi
vita ad Athena. Poi venne Efesto, Eris, Ebe e Ilizia, Persefone,
Nemesi, Afrodite, Dike e Eirene, Eunomia, Dioniso ed Hermes e infine
i due gemelli Apollo e Artemide. Mi sono lasciato prendere un po' la
mano» ridacchiò, nervoso. «Ma ammetto
che vederli insieme, ogni
giorno della mia vita, tutti intorno a me è la cosa
più bella che
fosse mai potuta capitarmi. Ecco perché non riesco a
pentirmi di ciò
che vi feci, tanti anni fa, nonostante sia stato complice di quegli
orribili esperimenti e la causa, probabilmente, di tutti i vostri
problemi. Se non fosse stato per voi non avrei mai avuto tutto
questo».
«Io...»
mormorò Priscilla. «Non avrei mai immaginato
che...» ma non seppe
bene nemmeno che cosa dire con precisione.
«È
davvero una storia incredibile» disse Bickslow, voltandosi
verso
Evergreen che sorrise e disse: «E pensare che ci siamo
incontrati
per caso».
«Non
proprio per caso. Ci stavate cercando, giusto?» disse Fried.
«Vi
abbiamo visto ai Grandi Giochi» disse Athena, restando in
piedi al
fianco di Zeus. «Lì abbiamo scoperto che eravate
ancora vivi ed
eravate tornati».
«Perciò
abbiamo cominciato a pensare che forse avremmo potuto incontrarti e
presentarci» disse Efesto, alzandosi finalmente da davanti al
camino. «Tutto pronto, fatelo bruciare per il pomeriggio
intero e
stasera avremmo un bel tepore a cena per scaldarci» disse
indicando
il fuoco alle sue spalle.
«Hai
davvero mandato i due marmocchi a fare la spesa da soli?»
chiese
Ares, voltandosi verso Athena. «Senza nessuno che li tenga
d'occhio?
L'ultima volta sai bene cos'è successo!»
«Li
ho redarguiti abbastanza» rispose Athena. «Sono
certa questa volta
sapranno prendersi le loro responsabilità, in nome dei
nostri
ospiti».
«Scommetto
che mi toccherà scendere in paese e andarli a prendere,
invece»
sospirò Ares, nervoso.
«Riponi
più fiducia nei tuoi fratelli, tutto questo è
funzionale alla loro
crescita» insisté Athena con un tono solenne e
delicato, ma Ares
piantò la guancia sul pugno chiuso e sputacchiò
un semplice e poco
convinto: «Bah».
«Avete
ragione, abbiamo parlato abbastanza» ridacchiò
Zeus, notando lo
scambio dei suoi figli e interpretandolo come stanchezza
nell'affrontare certi discorsi. Non avevano perso tempo a cambiare
argomento, interessati più a tornare alle loro normali vite.
«Fate
come se foste a casa vostra, Athena e gli altri miei figli sono a
vostra completa disposizione. Se posso consigliarvi, alle spalle
della gilda, sul lato sud-est, c'è un laghetto veramente
delizioso
con acque purificative. Una vera chicca di questo posto, potete
immergervi i piedi e in pochi minuti vi sentirete ristorati
completamente, anche se avete appena affrontato una camminata
faticosa di chilometri. Athena, Ares, perché non gli fate
vedere
dove si trova?» chiese ai suoi due figli che annuirono con
serenità.
«Farà bene anche a me farmi un bagno
rinfrescante» disse Ares,
alzandosi e sgranchendosi le spalle.
«Potrebbe
essere un'esperienza interessante, provare qualche nuova fonte per la
bellezza della pelle» disse Evergreen con un pizzico di
malizia
negli occhi, mentre già si pregustava la visione dei muscoli
di Ares
bagnati dall'acqua del laghetto intento magari in qualche vigorosa
nuotata.
«Credo
che verrò anche io, non vorrei che il povero Elfman dovesse
ricevere
qualche triste notizia» ridacchiò Bickslow,
lanciando occhiate
derisorie a Evergreen e alla sua palese debolezza.
«Alcune
specie botaniche sono caratteristiche di questo posto, mi piacerebbe
mostrarvele. È l'orgoglio della nostra gilda, spero mi
concediate
questa piccola superbia» disse Athena sempre con eleganza e
questa
volta fu Fried a sorridere e rispondere con un: «Ho sentito
parlare
di alcune piante di sottobosco che nascono solo qui intorno, sono
proprio curioso».
«Se
poi vorreste andare a riposare, Dike e le altre dovrebbero ormai aver
finito di sistemare i vostri letti. Efesto può accompagnarvi
alla
vostra stanza» disse Zeus e ad alzarsi, intenzionato a
seguire quel
consiglio, fu Laxus mormorando un semplice: «Se non
è un
problema...».
Aveva
ancora addosso la stanchezza della missione a Borwatt, che con tutta
quell'elettricità accumulata e riversata l'avevano stremato.
Aveva
dormito un po' sulla carrozza, ma certo non poteva avere paragoni con
un letto serio. E poi aveva davvero un gran bisogno di starsene solo
per un po', riflettere e mettere pace al proprio animo. Quelle
persone... era egoista e stupido, ma in qualche modo aveva cominciato
a sentire la mano di Priscilla scivolare via dall'istante in cui li
avevano incrociati. Una strana angoscia, un doloroso turbamento e un
celato nervoso che doveva soffocare in qualche modo lontano dagli
sguardi di tutti.
«Affatto.
Ti faremo chiamare per la cena, quando i ragazzi saranno
tornati»
disse Zeus. «Efesto, per favore...» disse poi,
verso il figlio,
chiedendogli indirettamente di accompagnarlo.
«Certo»
rispose il figlio, aprendo la strada a Laxus e conducendolo verso la
piccola casetta con balcone dove avevano visto Dike al loro arrivo.
Priscilla si alzò, senza comunicare cosa avrebbe fatto e
dove
sarebbe andata, probabilmente avrebbe seguito qualcuno di loro solo
per inerzia. Ma Zeus la bloccò con un timido: «Ah,
Priscilla...»
attirando la sua attenzione. Tornò ad afferrare il proprio
bastone e
provò ad alzarsi, faticosamente. «Faresti
compagnia a questo
vecchio durante la sua passeggiata del pomeriggio? Mi aiuta a tenere
in forma le gambe e ho davvero desiderio di parlare un po' con te.
Raccontami qualcosa di te, per favore».
Priscilla
si avvicinò rapidamente al vecchio, vedendolo in
difficoltà, e
l'aiutò a mettersi in piedi. Gli restò a fianco e
lui prese
saldamente il suo braccio, prima di cominciare a camminare verso
l'esterno della gilda, lentamente e faticosamente.
«C'è
un sentiero davvero piacevole da quella parte, vieni, passeggiamo un
po'» disse Zeus, facendo lentamente strada verso il bosco
fuori dal
cortile della gilda. Ci misero un po', data la lentezza dei passi
dell'uomo anziano, ma pian piano riuscirono a prendere e tenere un
ritmo ben serrato. Entrarono nel bosco, seguendo un sentiero leggero
di pendenza, quasi del tutto privo di buche, tiepido nell'ombra degli
alberi e profumato per l'odore di fiori e foglie.
«Allora...
ora che siamo solo io e te, vuoi dirmi come ti senti?» disse
Zeus
spezzando quel silenzio.
«Come
mi sento?» mormorò lei.
«Sì.
Non ti conosco così bene, ma ti ho vista quel giorno tanti
anni fa
con Laxus e ti ho vista durante i Giochi. Sei una ragazza molto
solare e caotica, riesco a leggere anche io la stranezza di questo
tuo comportamento» disse Zeus e lei, accennando un sorriso
imbarazzato, confessò: «Mi spiace. Non
è facile da accettare, così
su due piedi».
«Certo,
è normale. C'è qualcosa in particolare che ti
turba? Magari se ne
parli, riesco ad aiutarti» insisté lui, premuroso
in
quell'attenzione.
«Ecco...»
sospirò lei, un po' titubante. «Sono confusa... e
un po' spiazzata.
Io...» ma ancora esitò, lasciando andare infine un
sospiro
arrendevole. «Ho sempre detestato la mia natura»
confessò. «Ero
sola, sapevo di essere unica nel mio genere e per questo assurda. Non
avevo nessuno che potevo definire uguale a me, perciò ho
sempre
pensato che... sì, ecco, il mio desiderio più
grande è sempre
stato quello di diventare umana per poter avere... una specie. Un
posto mio, dove stare. È... è qualcosa che non
dovrei dire,
probabilmente, visto quanto la mia famiglia tiene a me e stia facendo
di tutto per farmi sentire parte di loro. Il nonno, soprattutto, ha
sempre insistito sul fatto che meritassi Fairy Tail esattamente come
tutti gli altri. Probabilmente soffrirebbe se mi sentisse dire certe
cose».
«È
naturale» annuì Zeus. «Anche se ti
sforzi, non puoi negare
l'evidenza. Tu non sei come loro e non essere come il resto del mondo
include che uno possa sentirsi solo. È ciò che ha
provato Ares per
un po', prima che mi decidessi a far nascere anche Athena. Ma ora
eccoti qua, non sei più sola, non è
perciò bellissimo?»
«Sì»
rispose Priscilla, mostrandosi ancora titubante. «Ma... ma io
ho
Fairy Tail. Insomma...»
«Vi
siete tutti appena scontrati con una realtà che avevate
invece
imparato a surclassare, l'avevata inglobata nella vostra, pensando
che fosse parte di un unico mondo. Tutto questo invece ha dato un
taglio netto, non è così? È come se ti
venisse sbattutto in faccia
che fino ad ora hai sbagliato e che è vero che non sei come
loro,
proprio quando aveva iniziato a credere il contrario».
«Esatto,
è questo...» annuì Priscilla.
«E poi... perché...» arrossì
e
si corrucciò, sempre più imbarazzata.
«Mi sono sentita veramente a
casa, qui».
«Senti
di averli traditi?» chiese Zeus, sorpreso e lei ancora piena
di
vergogna annuì.
«Oh,
piccola Priscilla» sospirò lui, facendole un
sorriso. «Come ti
chiamano, loro? Pricchan?» e lei annuì, sorridendo.
«Una
persona può avere più di una casa, lo sai? Una
casa...» sorrise.
«Sono le persone che fanno di un posto una casa, non certo
delle
mura. E non puoi certo credere che qualcuno possa legarsi solo a una
persona o un gruppo di persone di una certa cerchia. Prova a pensare,
non hai amici al di fuori di Fairy Tail?»
E
Priscilla, pensierosa, annuì ripensando a Leon e Cherry.
«E
non ti sentiresti a casa stando in loro compagnia?» chiese
ancora
Zeus.
«Credo
di sì» rispose lei.
«Questo
significa tradire gli altri? O scordarti dell'altra casa? I legami,
le persone, di qualunque consistenza siano fatti e qualunque sia la
loro natura, non si dimenticano. Ripensa al tuo Laxus... suo padre
gli cancellava la memoria, gli faceva dimenticare le barbarie che lo
costringeva a commettere, ma non restava comunque dentro lui
turbamento e senso di colpa nei tuoi confronti? Non vedevi in lui il
dolore e la confusione? I ricordi cambiano, possono essere
manipolati, ma i sentimenti sono per sempre».
«Hai
detto che non hai più avuto contatti con Ivan... come sai
di...»
azzardò Priscilla, un po' turbata, ma lui ancora sorrise e
disse:
«Bambina mia, io vedo tutto. Come credi che abbia trovato la
Lacryma
di Drago e il libro per la magia della vita, se non fossi stato in
grado di vedere ogni cosa?» ridacchiò.
«È
per questo che hai ripreso Ares prima, quando ha provato a provocare
Laxus» disse lei. «Sapevi».
«Ho
parlato più volte ad Ares della vita disgraziata che vi
siete
ritrovati a fare per colpa di quell'uomo, non sono entrato nei
particolari perciò lui non sa esattamente se Laxus abbia
fatto
quello che ha fatto o meno. Ma, anche se è un bravissimo
ragazzo, ha
il difetto di avere un po' troppo fuoco dentro e a volte è
troppo
istintivo nelle reazioni. La sua provocazione serviva solo a scavare
dentro tuo fratello e capire se realmente aveva fatto quelle cose o
meno, perché in tal caso avrebbe probabilmente perso la
testa. L'ho
rimesso in riga appena in tempo. Ares...»
ridacchiò. «Tiene
insieme i pezzi di questa baracca, ormai, si occupa di ogni cosa e
riesce tenere unita la famiglia. Si occupa di crescere i suoi
fratelli, di educare i più piccoli e tenere in riga le
più grandi.
È un pugno di ferro, sono felice che sia così
perché io ormai non
sarei più in grado di correre dietro ai gemelli per impedir
loro di
farsi del male. È davvero un bravo ragazzo, anche se a volte
un po'
attaccabrighe. Non voglio essere ipocrita e dirti che sono felice
così, perciò sarò sincero con te... ti
confesso che mi piacerebbe
davvero molto averti qui con noi. I ragazzi ti ammirano molto,
soprattutto dopo che ti hanno vista combattere ai Grandi Giochi, ti
credono eccezionale. Sei una leggenda, sono sicuro saresti una guida
eccezionale per questo povera gilda di reietti».
«Guida?!
Io?!» sobbalzò lei, sorpresa di sentire un
discorso come quello. Si
conoscevano appena, anche se loro l'avevano sempre seguita, ma
comunque si erano appena incontrati e già accennavano a
farla
restare e addirittura a essere la loro guida. Zeus sospirò,
tristemente, anche più di quanto si aspettasse.
«Ho
un desiderio in fondo al cuore, piccola Priscilla. Capisco sia
eccessivamente prematuro, soprattutto considerando il tuo attuale
turbamento, ma ho timore di non avere altre occasioni se non questa.
Dimmi una cosa, bambina mia... tu sei libera, non è
così?» e
Priscilla restò semplicemente in silenzio, perplessa e
sorpresa nel
sentire che era riuscito a scoprire anche quello di lei. «Il
collegamento con Ivan è stato spezzato, riesci a vivere di
una vita
tua, esclusiva, non è così?»
«Sì...»
mormorò lei.
«È
un evento incredibile, probabilmente più unico che
raro» commentò
Zeus e Priscilla cominciò a comprendere. «Loro...
non lo sono?»
«Già.
Ma non per volere mio. Ti assicuro sono anni che continuo a cercare,
insieme ad Athena, la più intelligente delle mie figlie. La
sua
magia della conoscenza sta sfogliando da anni decine di libri,
cercando risposte e soluzioni, senza riuscire a trovarne. E io
intanto sono invecchiato. Guardami... ho bisogno di un braccio e di
un bastone per camminare. Cosa credi succederà quando
persino il mio
cuore sarà troppo debole per continuare a battere?»
Una
straziante immagine le pervase la mente, una dolorosa
verità, e in
un istante vide in un ipotetico futuro tutta quella gente morire in
un sol momento. Persino i gemelli, i piccoli bambini allegri che
facevano ballare le formiche, a terra, vuoti, privi di anima e di
vita.
«Tenerli
in vita tutti quanti consuma un sacco di magia, mi ha portato a un
invecchiamento precoce, la mia vita è sempre più
breve e la
rapidità con cui arriva per me il fato della morte
è troppo veloce
per permettermi di perdere altro tempo. Potrebbe succedere anche
domani stesso» e Priscilla si portò istintivamente
una mano alle
labbra.
«Purehito...»
mormorò. «Master Hades, lui aveva trovato il modo
di diventare
immortale!» disse Priscilla, trovando in breve tempo una
soluzione.
«Purehito
era sceso a patti con il mondo dell'oscurità, si era
lasciato
corrompere dai demoni per poter ottenere l'immortalità ed
è
diventato infine un uomo corrotto e violento, benché nei
suoi primi
anni di vita fosse famoso per la sua bontà e giustizia.
Posso
davvero accettare lo stesso destino? Diventare il master di una gilda
di demoni immortali? Diventeremmo peggio di Grimoire Hearts»
era uno
scenario apocalittico che certamente non avrebbero mai voluto vedere.
«E
allora...» mormorò lei, spaventata e
confusa.
«Una
soluzione esiste, per fortuna Athena e il suo incredibile genio
è
riuscita a trovarla. Ha studiato gli stessi libri di Purehito e ha
compreso a fondo il segreto di questa magia che vi tiene in
vita»
disse Zeus e Priscilla, rapida, chiese: «E qual
è?»
«Il
collegamento può essere passato...» disse Zeus,
prima di aggiungere
più preciso: «O meglio, può esserne
creato un secondo così che
quando il primo morirà ci sarà la seconda fonte a
sostenerli.
Qualcun altro prenderebbe a carico l'anima di Ares e gli altri
così
che quando io morirò loro non subiranno la stessa sorte e
potranno
proseguire nella loro incredibile vita. Ma stiamo parlando di
quindici persone, non è cosa che possono sostenere tutti
quanti,
inoltre il mio desiderio più profondo... ciò che
vorrei più di
ogni altra cosa è che la vostra natura venga rispettata per
quello
che è realmente e che siate felici di questo. Priscilla,
siete nati
da immortali... dovete restare immortali! È questo che siete
voi, è
questo che dovete accettare di essere e dovrete essere per sempre.
Non è giusto che qualcuno possa cambiarvi o pretendere che
voi siate
qualcos altro per compiacerli. Voi siete immortali e questa
è
Olympos, la casa degli Dei! Priscilla... ascolta questa mia
preghiera» disse mentre la ragazza pallida, ora ferma in
mezzo al
viale, aveva cominciato a negare debolmente. Cominciava a capire,
cominciava a capire ogni cosa, ma non poteva farlo. Non avrebbe mai
potuto accettare... di lasciare Fairy Tail.
«Prendi
il mio posto. Il tuo potere è in grado di sostenerli tutti
quanti,
li salverai da morte certa, ed essendo immortale non vi esuarirete
mai. Io sono l'ultimo ostacolo da abbattere per rendere questa gilda
ciò che è realmente, una gilda di dei, una gilda
di immortali.
Diventa Master... salva le vite dei miei figli, te ne prego».
|
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Capitolo 66 *** Banchetto ***
Banchetto
Stava
calando la sera quando Evergreen, Bickslow, Ares e Athena rientrarono
alla gilda dalla loro passeggiata. La sala era ben scaldata dal fuoco
che aveva bruciato per tutto il giorno, e il camino ancora acceso
illuminava di un colore caldo e pacifico tutto ciò che li
circondava. La tavola stava finendo di essere apparecchiata da Apollo
e Artemide, piccoli ancora, tanto che dovevano salire in ginocchio
sulle sedie per riuscire a mettere i piatti, ma ben volenterosi di
aiutare. Dike, in piedi vicino al camino, stava assaggiando una zuppa
da un pentolone proprio in quel momento per assicurarsi del suo
gusto. Dioniso e Hermes, seduti a terra, giocavano rumorosi con delle
carte mentre Eirene li guardava, curiosa, e Nemesi li sgridava invece
per il troppo baccano. Efesto era chino sotto al tavolo, impegnato a
sistemare una gamba un po' troppo traballante, infine Zeus era seduto
su una poltrona vicino al caminetto, per scaldarsi. Priscilla gli
faceva compagnia su una sedia al suo fianco, gli teneva una mano e
parlava ancora con lui, mentre Ilizia e Eris se ne stavano a terra ad
ascoltarli e ogni tanto intervenire.
«Ah,
siete tornati» osservò il vecchio, guardando i
Raijinshuu entrare
con un sorriso. «Allora, com'è stata la vostra
scampagnata?»
«Quel
posto è paradisiaco» disse Evergreen, visibilmente
rilassata
probabilmente per il bagno nel laghetto.
«Saresti
dovuta venire con noi, Pricchan» disse Bickslow.
«Ti sarebbe
piaciuto da matti».
«Magari
domani mattina faccio un salto» sorrise lei.
«Poi
però è meglio se ci rimettiamo in marcia, o non
arriveremo più a
Magnolia» disse Laxus, comparendo all'ingresso proprio in
quel
momento. Subito dietro di lui, entrarono infine altre due ragazze che
quel pomeriggio non avevano avuto piacere di incontrare. Una dai
capelli d'ebano, mossi, lunghi fino al ginocchio, lo sguardo perso
nel vuoto e un semplice abito di veli bianco, tanto sottili da
lasciar intravedere al di sotto di essa alcune delle forme del corpo.
L'altra era una ragazza molto giovane e dal fascino decisamente su di
un altro livello. Bionda, capelli mossi, ben curati, vestito color
pastello, fiori nei capelli, lasciava al suo passaggio una scia di
profumo delicato.
«Potete
restare anche di più, se lo volete» disse Dike,
prendendo in
braccio Artemide e sollevandola per aiutarla a mettere un fiore sulla
tavola.
«Non
vedo che fretta ci sia, abbiamo ancora tanto da raccontarci»
disse
Ares, lasciando trapelare un pizzico di fastidio dalla voce e anche
se Laxus non rispose, preferendo sempre cercare di non esporsi
troppo, lo trovò irritante.
«A
casa potrebbero preoccuparsi se non ci vedono tornare»
rispose
Evergreen, avvicinandosi al tavolo e prendendo il suo posto. Fried si
avvicinò a Priscilla proprio mentre Apollo, ora libero dagli
incarichi, le saltava sulle ginocchia e cercava di mettersi a sedere
in braccio a lei. «Come ti senti?» le chiese,
vedendola finalmente
più serena e sorridente.
«Meglio.
Ho avuto tempo di parlare e riflettere molto, e poi... beh... forse
non avrei dovuto» ammise, rossa in volto per l'imbarazzo.
«L'ho
aiutata io» disse Eris, intenta a togliersi delle pellicine
da un
unghia.
«Il
potere di Eris è molto particolare, riesce a vedere le
emozioni
delle persone addosso a loro come fossero colori»
spiegò Zeus.
«Quando queste sono molto intense è persino in
grado di manipolarle
e cambiarle a suo piacimento».
«Il
tormento ha un colore veramente sgradevole, un marroncino fogna,
disgustoso. La paura invece è viola, la rabbia nera,
l'invidia
verde... e così via. Ho solo dato una mano, eliminando il
suo
turbamento» spiegò Eris.
«Che
forza» disse Bickslow.
«Riesci
a farlo con tutte le emozioni?» chiese Fried,
curioso.
«Tutte»
confermò Eris.
«Sapete
tutti usare la magia qui dentro, dunque» disse Bickslow,
sedendosi
vicino a Evergreen.
«Esatto»
annuì Zeus, prima di allungare una mano e accarezzare la
testa di
Apollo. «Persino questi piccoletti qui. Sono ancora
inesperti, ma
sanno già il fatto loro».
«Io
so usare i veleni!» disse il bambino allegro, ciondolando con
le
gambe. «Artemide invece sa comandare gli animali!»
«E
siete entrambi degli arcieri incredibili» aggiunse Zeus e
Apollo
disse allegro: «Ares ci insegna!»
«Ares
insegna a tutti noi» aggiunse Artemide, raggiungendo il
gruppo e
appoggiandosi alla gamba di Priscilla sopra il quale era seduto il
piccolo Apollo.
«E
tu, Priscilla-sama, che magia usi?» chiese la
bambina.
«Sei
forte?» chiese subito dopo Apollo e Artemide ancora aggiunse,
senza
dar tempo alla ragazza di rispondere: «Come Ares?»
«Ares
usa i pugni!» disse ancora Apollo.
«E
i calci!» aggiunse Artemide, ancora entusiasta.
«È forte!»
aggiunse.
«Può
sollevare un elefante intero!» rise Apollo sollevano le
braccia al
cielo.
«Che
peperini» ridacchiò Evergreen, notando la loro
vitalità che li
portava a parlare in continuazione.
«La
mia è una magia un po' rozza e rudimentale»
ridacchiò Ares, dando
una carezza alla testa della piccola Artemide. «Aumenta la
mia forza
fisica, niente di speciale e spettacolare. Quella di Persefone la
trovo invece molto bella e scenografica» disse voltandosi poi
a
cercare la ragazza, ma rimase paralizzato quando la vide. Nascosta
sotto al tavolino, timida e impacciata in quel tentativo di non farsi
notare, fissava i piccoli totem che galleggiavano intorno a Bickslow
e il ragazzo stesso con uno sguardo affascinato, trasognante e un
vivido rossore sul volto.
«Persefone?»
balbettò Ares, chiedendosi che diamine le fosse preso.
Bickslow si
voltò, seguendo lo sguardo di Ares, e la vide alle sue
spalle che lo
fissava inginocchiata e nascosta sotto al tavolo. Cercò di
rivolgerle un amichevole sorriso e alzando una mano disse
semplicemente: «Ehy, ciao!»
Persefone
lanciò un urlo e si coprì il volto con le mani,
prima di scappare
via e andarsi a rannicchiare in un angolo. Con il volto schiacciato
al muro, inginocchiata a terra, disegnava cerchi depressi a terra con
la punta del dito. Dall'ombra che partiva dai suoi piedi scalzi
nacquero figure scure, sagome vagamente umanoidi, che l'avvolsero e
cominciarono a ondeggiare e lamentarsi intorno a lei con delle
protuberanze vagamente simili a mani premute contro il volto.
«Ma
che...?» balbettò Ares, guardandola ancora
sorpreso.
«È
di colore rosso» disse Eris, indicandola.
«Intenso».
«Eh?!»
sobbalzò Ares. «Rosso? Così in
fretta?!»
«Che
sentimento è il rosso?» chiese Priscilla curiosa e
Ares, alzando lo
sguardo imbarazzato, semplicemente sospirò:
«Preferirei non
dirtelo».
«È
molto strano da parte di Persefone, di solito è
così cupa» osservò
Ilizia.
«Quelle
sono anime» riconobbe Bickslow, vedendo gli esseri umanoidi
che
partivano dalla sua stessa ombra e che ancora ondeggiavano e si
lamentavano intorno a lei.
«Potere
degli spiriti» spiegò Ares. «Riesce a
entrare in contatto col
mondo ultraterreno, anime e spiriti, anche di defunti, e gestirli a
suo piacimento».
«Se
avete qualcuno di morto che desiderate reincontrare lei forse
può
trovarlo e farvi parlare con lui. È una specie di
Medium» disse
Ilizia.
«Fa
venire i brividi» confessò Evergreen, stringendosi
nelle spalle.
«Ecco
perché era tanto interessata ai tuoi totem»
osservò Fried e
Bickslow scoppiò a ridere, accarezzando un paio di questi ed
esclamando: «I miei bambini!».
Gli
spiriti nati dall'ombra di Persefone lanciarono un lamento ancora
più
forte quando lo sentirono parlare e si agitarono ancora di
più,
intorno a Persefone.
«Bordeaux»
osservò Eris, indicando nuovamente Persefone con fare
annoiato e
accusatorio.
«Datti
un contegno!» ruggì Ares verso la ragazza
nell'angolo con ancora il
volto nascosto. Zeus si lasciò andare a una tiepida risata,
intercalata da qualche colpo di tosse, ma comunque divertita e
libera.
«È
pronto! Metto il cibo in tavola» disse Ebe, prendendo il
pentolone
dal fuoco aiutata da Dike. «Servitevi pure! Padre Zeus,
potete
restare anche lì se lo preferite, vi porto io la vostra
porzione».
«Non
sarei mai così scortese da non mettermi a tavola insieme ai
nostri
ospiti in un giorno di festa come questo» disse Zeus e
allungò una
mano verso Ares, chiedendogli indirettamente di aiutarlo ad alzarsi.
Ares lo prese per le spalle e gli permise di appoggiarsi a lui, poi
lentamente lo portò al suo posto a tavola.
«Che
profumino» disse Priscilla alzandosi dalla sua sedia e
tenendo
Apollo in braccio si avvicinò anche lei alla tavola.
«Ho una fame».
«Eh?!»
esclamò il bambino, storcendo il naso. «Mangi
anche tu?» chiese,
stupito.
«Ma
non eri come noi?» chiese Artemide, vicino a lei.
«Sì,
ma mangiare è bello lo stesso. Il cibo ha un sapore
buonissimo e la
sensazione della pancia piena è estasiante»
sorrise lei, allegra e
gioiosa, finalmente tornata se stessa. Forse anche grazie a Eris, ma
comunque era bello rivederla di nuovo sorridere.
Hermes
e Dioniso interruppero il loro gioco di carte, la guardarono curiosi
e perplessi per un po' mentre lei si sedeva di fianco a Laxus e si
poggiava nuovamente Apollo sulle ginocchia. Artemide saltò
invece
sulla sedia a fianco e restò vicino a lei, anche se Athena
dovette
metterle un paio di cuscini per permetterle di guardare sopra la
linea del tavolo.
«Sarà
vero?» mormorò Hermes e Dioniso saltò
in piedi, urlando: «Voglio
provarci!»
«Se
lo fa Priscilla-sama allora lo faccio anche io!» disse Ebe,
alzando
il mento orgogliosa e decisa, come se si trovasse di fronte a
un'incredibile prova di coraggio.
Dike
prese i primi piatti e cominciò a riempirli, passando il
primo a
Zeus e i successivi a tutti gli altri.
«Dike»
disse persino Ares, allungando il proprio piatto. «Mi sembra
una
buona occasione per provare qualcosa di nuovo».
«Soffiate
bene, è calda» disse la ragazza ma non fece
nemmeno in tempo a
finire che proprio Hermes lanciò un urlo, portandosi le mani
alla
gola e urlando: «Scotta!»
«Che
cosa ti ha appena detto Dike?!» ruggì Nemesi,
contrariata.
Dioniso,
a fianco del ragazzino invece, non appena mise in bocca il primo
boccone spalancò gli occhi e così rimase per
lunghi infiniti
secondi, senza neanche avere la forza di masticare e ingoiare.
«Questo... è il paradiso»
mormorò e dopo un po' finalmente
rinsavì e si lanciò avidamente e follemente su
tutto ciò che aveva
davanti, ingoiando e trangugiando qualsiasi cosa.
«Cos'è questo?!»
chiedeva a bocca piena e prima di ingoiare infilava dell'altro,
chiedendo: «E questo? Come si chiama? Che cos'è?!
Persefone tu non
mangi, vero?» e questo riportò l'attenzione alla
ragazza ancora
inginocchiata nell'angolo, lamentosa.
«Dovremmo
fare qualcosa per lei?» azzardò Evergreen,
preoccupata, ma non ebbe
risposta.
«Afrodite,
perché non ci suoni qualcosa?» propose Zeus e la
ragazza dai
capelli biondi e il profumo floreale si alzò rapidamente.
Sorrise
con allegria e si mise al centro della stanza, imbracciando un
violino che aveva raccolto da un angolo. «È sempre
un piacere
esibirmi per voi» commentò con voce melodiosa,
prima di iniziare a
suonare un motivo dolce e delicato. Priscilla prese un pezzo di pane
inumidito di salsa dal proprio piatto e sorridendo lo porse ad
Apollo, invitandolo ad assaggiarlo. Il bambino lo prese con entrambe
le mani, guardandolo dubbioso, per poi voltarsi verso la sorellina
che dondolava i piedi sotto la sedia allegra e ascoltava la musica di
Afrodite mentre masticava una carota croccante. Alzò un
sopracciglio
dubbioso, poi si fece coraggio e socchiudendo gli occhi si
portò il
pezzo di pane alla bocca. Con espressione sempre dubbiosa e poco
contenta continuò però a succhiare il pane
inumidito e il contrasto
tra l'accanimento sul proprio cibo e l'espressione al limite del
disgustato fece ridere Priscilla. Sentire la sua voce finalmente
serena e tranquilla convinse persino Laxus ad ammorbidirsi. Non aveva
smesso di essere in tensione nemmeno per un istante, da quando
avevano incontrato Ares nella foresta. Ogni cosa, di quelle persone,
lo portava a provare strane sensazioni fastidiose ma ora, vedere
finalmente Priscilla più serena, l'aiuto a fare un sospiro
liberatorio e convincersi a rasserenarsi.
«Adesso
suono io!» esclamò Dioniso, scattando in piedi
tanto velocemente da
far saltare via la sedia. Non furono pochi quelli che sobbalzarono
terrorizzati dall'esclamazione, mentre Dioniso con furia spingeva via
Afrodite e ne prendeva il posto. Alzò le braccia sopra la
testa e
una chitarra elettrica si materializzò in quel punto,
cadendo poi
sulle sue mani. La imbracciò, sorridendo euforico, e
alzò il
braccio destro pronto a dare la prima pennata.
«Hermes!
Fermalo!» ordinò Ares, scattando in
piedi.
Dioniso
diede il primo colpo alle corde della chitarra e un rumore
assordante, capace di far vibrare persino gli alberi del bosco dietro
la gilda, li travolse. Ma non ebbe tempo di proseguire che Hermes
scattò e gli fu vicino in mezzo decimo di secondo.
Alzò una gamba e
colpì l'amico in pieno viso, stendendolo, e gli
urlò furioso: «La
tua musica fa schifo!»
«Non
è vero!» ruggì Dioniso rimettendosi in
piedi e usando la propria
chitarra come una clava colpì Hermes dritto in testa. I due
presero
a litigare furiosamente tra loro, anche abbastanza violentemente,
colpendosi abbastanza da aprirsi ferite in più
punti.
«Eirene,
li fai smettere per favore?» chiese Athena, seduta anche lei
al
tavolo anche se al contrario degli altri non aveva provato a mangiare
niente. Con gli occhiali ben tirati sul naso, teneva una mano aperta
davanti a sé e sopra di essa fluttuava un libro evocato con
la magia
che si sfogliava da solo. Una ragazza seduta al suo fianco teneva la
testa poggiata sul tavolo e guardava con occhi pigri e assonnati i
ragazzini che si picchiavano al centro della stanza.
«Zitti»
ordinò, allungando un braccio pigro verso di loro. I due
ragazzini
si immobilizzarono, per poi accasciarsi a terra con lo sguardo vacuo.
«La
magia di Eirene potrebbe calmare anche il peggiore dei
demoni»
spiegò Zeus, al fianco di Priscilla.
«Ne
conosco uno su cui sarebbe interessante provare»
commentò Laxus e
non ci fu bisogno di chiedere spiegazioni: sapevano che al mondo non
c'era nessuno di più caotico e agitato di Natsu.
Chissà se fosse
stata in grado di calmare anche lui.
«Tieni»
disse poi Laxus, tornando a guardare Apollo ancora dubbioso nel
succhiare il pezzo di pane ammollato. Prese dal proprio piatto un
cosciotto di piccione caramellato e lo porse al bambino sulle
ginocchia di Priscilla. «Prova questo».
Apollo
lasciò il proprio pane mezzo masticato sulla tavola e
allungò le
manine a prendere l'offerta dell'uomo, meno dubbioso e più
curioso
rispetto a un attimo prima. Se lo portò alla bocca,
ciucciandolo un
po' prima di decidersi a tirarne un vero morso. L'espressione ancora
pesantemente corrucciata, probabilmente intimorito da quella nuova
esperienza, ma pian piano si distese e infine si illuminò
addirittura, segno che il piccione era sicuramente più
apprezzato
del pane. Si sporse in avanti, una volta divorato il suo piccolo
assaggio, e senza chiedere permesso a nessuno infilò una
mano nel
piatto di Laxus e ne prese un altro boccone.
«Ehy...»
lamentò Laxus, sorpreso dalla sua impertinenza, ma non si
mise certo
a discutere e fare storie con un bimbo così piccolo.
Sospirò
rassegnato e spinse il suo piatto di lato, offrendolo completamente
ad Apollo, e Priscilla ancora rise divertita quando lo sentì
mormorare un contrariato: «Piccola canaglia».
Un
tocco sulla gamba, una pressione sotto al proprio braccio e Laxus fu
costretto a spingersi un po' da parte quando Artemide si
intrufolò
tra lui e Priscilla. Si aggrappò alla sua camicia e la
usò per
sollevarsi, arrampicarsi e salire sulle sue ginocchia, ancora una
volta senza chiedere il permesso. La bambina, una volta seduta sulla
gamba dell’uomo, si sporse verso il fratellino e
iniziò anche lei
a rubare cibo da quello che ormai non era più il piatto di
Laxus.
«Prego,
servitevi pure» disse Laxus sarcastico, alzando un
sopracciglio
sconcertato ma senza riuscire a trattenere un sorriso
divertito.
«Ehy!
Io vi ho dato i vostri piatti, chi vi ha dato il permesso di mettere
le mani in quello degli altri!» rimproverò Dike,
vedendo i due
piccoli della gilda importunare gli ospiti. Ma restò
inascoltata,
troppo impegnati ad assaggiare ogni cosa ci fosse dentro quel piatto
rubato.
«Tanto
ci sono abituato» commentò Laxus, abbozzando un
sorriso divertito.
«Stai
insinuando qualcosa?» lamentò Priscilla,
imbronciandosi, ben
consapevole che quelle parole erano rivolte a lei. Ma lui non rispose
e si limitò a ridacchiare divertito, poggiando il gomito sul
tavolo
e il mento sul proprio pugno chiuso.
«Signor
uomo...» disse Artemide, voltandosi poi verso Laxus.
«Signor
uomo?» mormorò lui, chiedendosi che razza di
appellativo fosse
quello.
«Si
chiama Laxus» ridacchiò Priscilla, spiegandolo
alla piccola che
però, ingenuamente, disse: «Signor uomo
Laxus...» e Priscilla
scoppiò a ridere sonoramente. «Signor uomo
Laxus» riprese
Artemide. «Tu sei forte? Sei grosso quasi quanto
Ares...»
«È
perché mangi tanto? Dicono che gli uomini che mangiano tanto
diventano grossi» disse Apollo e Priscilla rise sempre
più forte,
fino ad arrivare a battere una mano sul tavolo e tenersi la pancia
con l'altra.
«A
noi non succede!» disse Artemide, sempre con
rapidità e senza dar
tempo all'interlocutore di rispondere. Ce l'avevano di vizio, ormai
l'avevano capito, cercavano di parlare con gli altri ma alla fine si
rispondevano tra loro senza dare possibilità di appello.
«Perché
non mangiamo!» disse Apollo.
«Ma
tu ora stai mangiando» osservò Artemide.
«Diventerò
grosso anche io?» chiese Apollo a Laxus.
«Come
Ares» esclamò Artemide.
«Wow!
Dike-san mettine ancora!» disse Apollo porgendo il piatto
semi-vuoto
alla ragazza.
«Andateci
piano, non siete abituati a mangiare, rischiate di farvi venire il
mal di pancia» disse la ragazza, mettendone comunque un altro
po'.
«Che
cos'è il mal di pancia?» chiese Apollo.
«Forse
è quando la pancia ti cresce tanto
così!» disse Artemide e allargò
le braccia intorno al proprio ventre, dando una misura
esagerata.
«Non
la voglio la pancia così!» esclamò
Apollo, contrariato e
spaventato dall'evenienza. Artemide prese un'ala di piccione e
voltandosi di colpo la puntò al viso di Laxus, ordinando:
«Mangiala
tu!» ma nel gesto un po' di salsa schizzò via dal
cibo tenuto in
mano da Artemide e colpì Fried, al loro fianco, dritto in
faccia.
Con un faccia di bronzo, Fried fece finta di niente, si
allungò a
prendere un tovagliolo e si pulì con eleganza. Artemide lo
guardò
qualche istante, prima di scoppiare a ridere, puntandogli un beffardo
dito contro.
«Dunque
è così che la mettete?» Fried
abbozzò un sorriso maligno.
«Il
commando del Dio del tuono è pronto ad entrare in azione
contro i
bambini pestiferi!» esclamò Bickslow, scattando in
piedi e
mettendosi a ridere. Fried, con più lentezza ma non per
questo meno
minaccioso, si alzò a sua volta e fissò Artemide
dall'alto al
basso.
«Commando
del Dio del tuono?» mormorò Apollo, alzando un
sopracciglio poco
convinto.
«Siamo
le guardie del corpo di Laxus, abbiamo un nostro orgoglio»
disse
solenne Fried e Artemide storse il naso, dicendo: «Eh?!
Guardie del
corpo?!»
«Allora
non sei tanto forte se hai bisogno di essere protetto»
commentò
Apollo ferendo l'orgoglio di Laxus come pochi erano riusciti a fare
in passato. Non troppo lontano, Ares non riuscì a trattenere
una
risata soffusa, divertito da quell'ingenua provocazione. Laxus lo
fulminò con lo sguardo, irritato come non mai, ma sapeva che
poteva
certamente fare ben poco se non ignorare la questione.
«Quel
tizio mi da sui nervi» confessò poi a denti
stretti, a voce tanto
bassa che non venne sentito da nessuno. Anche perché in
quell'istante Bickslow riprese a urlare e ridere, malignamente:
«Preparatevi! Veniamo a prendervi e vi divoreremo!»
Apollo
e Artemide lanciarono un urlo spaventato, anche se non realmente, e
saltarono giù dalle ginocchia di Laxus e Priscilla.
Cominciarono a
correre per la stanza, urlando e ridendo divertiti, mentre Fried e
Bickslow dietro di loro si rendevano abbastanza ridicoli fingendo
facce cattive e correndo palesemente a velocità ridotta per
permettere loro di scappare. I bambini si infilarono sotto una
poltrona, riuscendo a passare facilmente dall'altro lato strisciando
e continuando a correre. Fried fu il primo a lanciarsi nello stesso
punto, per continuare a inseguirli, ma Bickslow non aspettò
di
vederlo scivolare via e fece altrettanto... finendo con l'incastrarsi
tra il pavimento e le gambe della poltrona. Cominciarono ad agitarsi,
dimenarsi per spingersi via, prendersela tra loro e colpirsi sotto lo
sguardo attonito dei due bambini.
«Sono
più infantili quei due dei bambini»
commentò Evergreen e Afrodite,
trovando un posto libero ora al suo fianco le si sedette accanto
commentando: «Gli uomini, che siano umani o immortali, sono
tutti
uguali». Era palesemente irritata e infastidita per essere
stata
cacciata via da Dioniso, durante il suo spettacolo, e aveva solo
voglia di sfogarsi con qualcuno.
«Come
negarlo» sospirò Evergreen, d'accordo.
«A
volte anche Efesto e Ares iniziano a bisticciare come due poppanti, e
pensare che sono i fratelli maggiori e dovrebbero dare
l'esempio»
aggiunse Afrodite.
«Su
quei due potrei raccontartene un'infinità»
sospirò Evergreen
rassegnata, guardando i due compagni che ancora litigavano per
riuscire a uscire da sotto quella poltrona.
Laxus
roteò appena con la sedia, uscendo con le gambe da sotto al
tavolo,
e chinandosi in avanti chiamò l'attenzione di Apollo e
Artemide con
un gesto della mano. I due bambini gli corsero incontro, curiosi di
sapere cosa volesse, e lui semplicemente sussurrò
qualcosa
vicino alle loro orecchie. Fried sapeva che quello non era un buon
segno, era capitato altre volte che suggerisse a Priscilla il modo
per prendersi gioco di lui, perciò reagì
impanicandosi ancora di
più. I due bambini si scambiarono uno sguardo complice,
prima di
mettersi a ridere e urlare. Corsero verso i due incastrati sotto alla
poltrona e approfittando dei punti scoperti iniziarono a far loro il
solletico, facendoli ridere così sganasciamente da far
perdere a
entrambi ogni cenno di mascolinità. Tolsero a Fried persino
una
scarpa e iniziarono a solleticargli il piede, portandolo alle
lacrime.
Evergreen
sghignazzò, volgendo uno sguardo a Laxus che ora guardava la
scena
soddisfatto e divertito, prima di dirgli: «E tu fai tanto il
duro,
ma poi non resisti nell’unirti ai giochi, eh?!»
Laxus,
come sempre, non rispose ma semplicemente incrociò le
braccia al
petto e rosso in volto provò a spostare lo sguardo altrove,
nonostante persino Priscilla avesse cominciato a ridere al suo
fianco. Ares si alzò e trascinando pigramente la propria
sedia andò
infine a riposarla tra Laxus e Priscilla, restando dietro di loro di
un passo. La girò al contrario e ci si sedette cavalcioni,
poggiando
il braccio su quello che era in realtà lo
schienale.
«Ti
fai chiamare Dio del tuono?» chiese rivolto a Laxus, curioso
e
palesemente intenzionato a fare conversazione.
«È
solo un soprannome» disse Laxus, disinteressato e troppo
orgoglioso
per ammettere apertamente che era qualcosa che gli piaceva da matti.
«È
un po' arrogante» commentò Ares, corrucciandosi, e
non appena vide
l'espressione di Laxus farsi più irritata scoppiò
a ridere. Gli
diede un paio di potenti pacche sulla spalla, tanto forti da farlo
vibrare per il colpo, e rise con voce grossa e potente:
«Stavo
scherzando!»
«È
un nome nato per gioco, quando eravamo bambini»
spiegò Priscilla,
sorridendo come sempre faceva quando si ritrovava a rivivere la
nostalgia di quei bellissimi ricordi. «Lui era il Dio del
tuono e io
la Dea del vento» ridacchiò divertita.
«Dea...»
ripeté Ares, illuminandosi in un sorriso. «Ti si
addice molto».
«Ares,
sei un po' di parte» commentò Eunomia, un'altra
delle sorelle della
gilda che era stata fino a quel momento tanto tranquilla da passare
quasi inosservata. Ares scoppiò nuovamente a ridere
fragorosamente e
tornò a tirare potenti pacche sulla spalla di un Laxus
sempre più
irritato, esclamando: «Hai certamente ragione!»
«Non
dovresti andarne fiero» mormorò Eunomia, rossa in
volto per
l'imbarazzo.
«I
nostri nomi sono stati presi da un libro che parla di vecchie
divinità» spiegò Ares a Priscilla.
«Ci diverte perciò definire
anche noi stessi Dei, perché siamo immortali come loro.
Anche il
nostro è solo un gioco, ma ammetto che sentire un mortale
definirsi
Dio ha un che di esilarante».
«Anche
se non è immortale, Laxus è tanto forte che
può essere chiamato
Dio» disse Priscilla, sorridente e orgogliosa.
«Hai
un debole per lui, eh?» chiese Ares, divertito, e Priscilla
arrossì
di colpo lasciandosi scappare uno squittio dalla gola. «Ma
no, è...
è mio fratello! Lo ammiro molto... è
solo...» balbettò, agitata,
e Ares fece ancora una volta sentire la sua grossa e potente risata.
Colpì ancora le spalle ormai martoriate di Laxus, che aveva
cominciato ormai da qualche minuto una lotta interna per evitare di
cedere alla tentazione di spezzargliele quelle mani.
«Che
invidia, amico mio. Sei fortunato ad avere una sorellina deliziosa
come lei» esclamò Ares, ignorando il palese stato
d’animo furente
di Laxus.
«Deliziosa?»
sibilò Priscilla, sempre più rossa.
«Direi
che di sorelle ne hai abbastanza» rispose Laxus.
«Non
siamo deliziose per te, Ares?!» ruggì Afrodite,
alzandosi di colpo
in piedi qualche posto più a sinistra.
«Ma
tu non stavi parlando con Evergreen? Che razza di orecchio
hai?»
mormorò Ares, trovando inquietante la sua attenzione per
certi
particolari. «Scherzi a parte» tornò a
parlare poi, ignorando la
furia di Afrodite. «Ho visto i Grandi Giochi, sei davvero in
gamba,
fulminato».
«Fulminato?»
mormorò Laxus, trovando fastidioso persino quel nomignolo.
Tutto di
quel tizio lo mandava in bestia e più parlava e
più ne aveva la
certezza.
«Sei
la roccia della tua gilda, vero?» chiese Ares. «Un
po' come me con
queste piccole canaglie. Tenere tutti a bada è una bella
responsabilità ma è un bene per loro sapere di
poter contare su
qualcuno di forte quando ne hanno bisogno. Avevo proprio voglia di
conoscerti, è bello poter parlare con qualcuno della mia
altezza».
«Adesso
chi pecca di arroganza sei tu»gli disse Laxus e Ares
scoppiò
nuovamente a ridere. «Beccato! Sei davvero una forza, lo
sai?»
disse, prima di appoggiare i gomiti allo schienale della sedia e
chiedere con un sorriso: «Ehy! Parlatemi della vostra gilda.
Sono
curioso di sapere dove siete cresciuti».
«Fairy
Tail» mormorò Priscilla con un sorriso orgoglioso.
«È un po' come
questo posto. Caotico, ma caldo e accogliente. Loro... sono la nostra
famiglia» e Ares poggiò il mento sulle proprie
braccia, ascoltando
Priscilla con un'attenzione tale da sembrare ipnotizzato. Vederlo
così interessato, così curioso,
stimolò il desiderio di Priscilla
di parlarne maggiormente e perciò cominciò
animatamente: «Il
Master è nostro nonno! È un vecchietto piccolo e
scemo, ma è solo
perché gli piace divertirsi. È molto forte e ha
molto a cuore noi
della sua gilda, dice che siamo tutti suoi figli. Ci protegge in
qualsiasi occasione, è veramente incredibile. E ha fatto
così tanto
per noi, sacrificandosi tantissimo un sacco di volte. Può
sembrare
un po' scemo, ma in realtà è molto
saggio» ridacchiò, divertita
lei stessa dallo "scemo" che ben si addiceva a suo nonno.
Si alzò lentamente in volo, senza neanche accorgersene,
desiderando
trovare una posizione più comoda. E lei odiava stare con i
piedi a
terra. Incrociò le gambe e svolazzò di fronte ad
Ares, sopra il
tavolo su cui si sedette, così da poterlo guardare bene in
volto
mentre proseguiva: «Ad aiutare il nonno nelle faccende
burocratiche
e alla gilda c'è Mirajane. È bellissima, ha fatto
la modella per
tanti anni. A vederla può sembrare piccola, minuta e
indifesa ma in
realtà è una delle maghe più forti
della gilda. Se si arrabbia c'è
da scappare via, è pericolosissima. Lei fa il take over sui
demoni,
non c'è davvero da scherzare. Anche i suoi fratelli sanno
fare il
take over, ma non sui demoni. Elfman è enorme, anche
più di te o di
Laxus, fa il take over sui mostri che riesce a sconfiggere, mentre
Lisanna, la sorellina più piccola, lo fa sugli animali.
È molto
graziosa e anche tanto gentile, ha preso tutto dalla sorella in
questo. Ma Mirajane non è l'unica fortissima della gilda,
c'è anche
Erza che è un vero mostro. Ha partecipato ai Grandi Giochi,
è la
donna dai capelli rossi che ha affrontato tutti e cento i mostri di
Pandemonium».
«Ah
sì! Mi ricordo di lei!» esclamò Ares.
«Che magia usa?» chiese
curioso.
«Il
Requip! Può evocare armi e armature di qualsiasi genere, a
una
velocità incredibile, ma la sua più grande
qualità è proprio la
forza. Il suo spirito non si lascia vincere da niente e da nessuno.
Ah! Nella nostra gilda abbiamo anche dei Dragon Slayer, umani con i
poteri e la forza di un drago. Laxus è uno di loro, ma ci
sono anche
Natsu, Wendy e Gajeel. Loro tre, a differenza di Laxus, dicono di
essere stati cresciuti da un vero drago, sono micidiali!» e
animandosi sempre più, lasciandosi andare alla gioia di
ricordare
con affetto quelli che erano i suoi amici più cari,
parlò di Fairy
Tail così a lungo che quando finì era
già notte fonda. Athena
aveva portato via i gemelli, che tra di loro erano ancora quelli che
avevano un controllo magico tanto rudimentale che avevano ancora
bisogno di dormire per recuperare le forze. Efesto e Afrodite,
insieme a Dike, avevano accompagnato Zeus nella propria stanza per
permettergli di riposare per la notte. Ebe aveva cominciato a
sparecchiare e riordinare, insieme a due delle sue sorelle. Persefone
era sparita, scappata via probabilmente approfittando della
confusione. Eris era rimasta invece seduta vicino al camino, a terra,
a rilassarsi. Eirene, ancora appoggiata al tavolo, sbuffava
silenziosa e i Raijinshuu ormai avevano decretato la loro sconfitta
contro il sonno. Salutarono, ringraziarono e accompagnati da Ebe
raggiunsero le loro stanze. Priscilla e Laxus furono gli ultimi ad
allontanarsi, lasciando infine Ares nella sala comune insieme ad
alcuni dei suoi fratelli. Il rumore del fuoco rumoreggiò per
un po',
accompagnato solo da quello delle stoviglie che venivano raccolte e
portate al lavello. Pochi secondi, pochi minuti, ma attesero il tempo
necessario ad assicurarsi di essere soli.
«Ti
sei divertito?» chiese Eris rivolta ad Ares, anche se non si
voltò
a guardarlo. Lui ridacchiò, prima di chiedere:
«Era così
evidente?»
«Non
puoi proprio farne a meno, vero?» lo rimproverò.
«Athena
ha detto di essere amichevoli» bofonchiò Eirene.
«Non
ero abbastanza amichevole?» chiese Ares, alzando un
sopracciglio.
«Non
facevi che punzecchiarlo, era palese» disse Dike.
«E
con la scusa delle pacche amichevoli per poco non gli lussavi una
spalla. Stava persino per strozzarsi con la birra a un certo
punto»
insisté Eris, prima di aggiungere, irritata: «Hai
rotto le palle a
me per farmi stare tranquilla e poi sei tu quello che attacca
briga!»
«Già»
sghignazzò Ares, divertito ma non per questo pentito.
«Hai ragione,
ma non posso farci niente. Quel tipo ha una faccia che proprio non mi
piace».
«Stronzate!»
disse Eris, alzandosi e raggiungendolo. «Ti diverti e basta,
è
questo il punto».
«Diverte
anche a te, altrimenti non mi avresti rivelato che tra quei due c'era
del rosso» sogghignò Ares, lanciando alla sorella
uno sguardo
malizioso.
«Amore»
sghignazzò lei, saltando sul tavolo e mettendosi a sedere al
suo
fianco. «Che sentimento becero. È un colore
così pacchiano e
irritante».
«Meglio
la gelosia, vero?» la punzecchiò Ares e lei
ridacchiando ammise:
«Ha sfumature interessanti».
«Allora
sei dalla mia parte».
«Siete
solo due idioti» la voce di Athena li sorprese, nell'istante
in cui
rientrò nella sala comune. «Avete rischiato molto,
potevate
metterci in una cattiva situazione. Persefone!»
chiamò, puntando
gli occhi a un punto vuoto della stanza. Poco dopo la ragazza prese
pian piano forma dal nulla, emergendo da un'ombra avvolta da
una foschia eterea. «È tutto tranquillo. Possiamo
parlare» disse
lei con un filo di voce.
«L'uomo
con l'elmo ha il potere di domare le anime, non poteva venirvi in
mente che avrebbe potuto inserire una di queste in questa stanza e
ascoltarvi mentre parlavate stupidamente di quanto vi siete divertiti
a punzecchiare il Dragon Slayer?» e tutti e due i fratelli
rimproverati risposero semplicemente con un verso gutturale
infastidito.
«Abbiamo
conquistato la loro fiducia, perché mai avrebbero dovuto
spiarci?»
chiese Eris, infastidita.
«Sei
assolutamente certa di aver conquistato la loro fiducia?»
chiese
Athena, provocatoria.
«I
sentimenti non mentono» rispose Eris ma Athena la
zittì con un: «Ma
possono essere vinti dalla logica».
«Sono
solo umani!» alzò le braccia Eris.
«Quale logica vuoi che
abbiano?!»
«Non
sottovalutare i tuoi avversari, Eris. Qualunque cosa essi
siano».
«È
per questo che la mente qui è lei e non sei tu»
disse Ares verso la
sorella irritata e rimproverata.
«E
tu smetti di giocare con loro, Ares!» lo
rimproverò Nemesi,
entrando appena dopo.
«Voglio
solo prendere a pugni quel biondino schizzato»
confessò lui, come
se non ci fosse stato niente di male. «Ha una faccia di
cazzo»
aggiunse.
«È
solo perché è il più forte del gruppo
e hai voglia di mostrare la
tua superiorità!» lo accusò Eris.
«Sei
superbo» mormorò Eirene e lui alzò le
spalle, per niente ferito.
«Ho le mie ragioni».
«Persefone
hai chiamato gli altri?» chiese Athena, ignorando i discorsi
dei
suoi fratelli. «I miei spiriti li hanno avvertiti della
riunione e
altri stanno in questo momento tenendo d'occhio gli ospiti»
disse
lei sempre con un filo di voce.
«Bene»
disse Athena portandosi al centro del ferro di cavallo.
«Perché
questa riunione? Non è pericoloso parlarne mentre loro sono
qui?»
chiese Ebe, uscendo dalla cucina dove aveva portato il resto delle
stoviglie.
«Anche
se Ares è stato imprudente con il Dragon Slayer, ha comunque
svolto
un ottimo lavoro. Ha scoperto qualcosa di molto importante,
è bene
valutare tutto questo insieme perché al novantotto per cento
domani
mattina attueremo una nuova strategia, in vista di questi
risvolti»
spiegò Athena.
«Problemi?»
chiese Dike, asciugandosi le mani e raggiungendo il resto dei suoi
fratelli.
«Uno
sicuramente, il resto solo curiosità»
spiegò Athena.
«Di
cosa si tratta?» chiese Eris, curiosa.
«Wendy
Marvell» disse Athena con una certa solennità.
«Marvell?»
mormorò Eunomia.
«Non
è la bambina che ha partecipato ai Giochi?» chiese
Ebe.
«Perché
mai una mocciosa come quella dovrebbe essere un problema?» si
irritò
Eris.
«Aspettiamo
che arrivino gli altri, affronteremo tutte le questioni per gradi. Vi
anticipo solo che molto probabilmente Ares avrà il suo
scontro col
Dragon Slayer» disse Athena e Ares allargò il
sorriso, eccitato,
mentre nuovamente le iridi gli si coloravano di rosso come quando
aveva combattuto contro il mostro cinghiale nella foresta. Si
leccò
le labbra e mormorò, rauco: «Questa è
musica per le mie orecchie».
NDA.
Buongiorno
a tutti! Finalmente sono tornata xD sto pubblicando molto
più di
rado ultimamente e mi dispiace, ma col rientro a lavoro è
diventato
tutto molto più complicato. Il tempo è molto meno
e quel poco che
ho lo sto dedicando a un progetto più importante e corposo,
faticoso
come pochi altri, ma che mi sta comunque riempiendo l’anima:
un
romanzo (uno vero!!! OMG!). Mi piacerebbe dirvi di più ma
penso che
non sia questo il posto ideale, anche perché di spoiler ne
sto
facendo ancora ben pochi essendo tutto in fase di costruzione.
Però
se avete piacere e interesse a seguirmi anche in questo io ne sarei
felicissimissima!
Mi
trovate sui vari social (vari… 2 sono…
vabbè, atteggiamoci a
influencer quale non sono XD).
Su
FB con il nome: La Deny
https://www.facebook.com/ladenyautrice
Ma
anche (e soprattutto) su instagram: ladeny_deny https://www.instagram.com/ladeny_deny/?hl=it
Lì
trovate alcune OS original inedite e qualche spoiler/aggiornamento
sulla stesura del romanzo. Non sono presente quotidianamente, lo
ammetto, però ogni tanto faccio capolino con qualche news.
Ci tengo
molto, anche se non sembra ahahah
Spero
di vedervi anche di là :D
A
presto!
Ray/Deny
:P
|
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Capitolo 67 *** Piano ***
Piano
Non
ci volle molto prima che tutti i loro fratelli, nonché
membri della
gilda, si facessero vedere. Ognuno prese il proprio posto, seduto al
tavolo o vicino al camino. Dioniso e Hermes erano comodamente buttati
a terra, Eris con un piede sul tavolo si dondolava sulla sedia,
Eirene non si era mossa dalla sua posizione pigra con la testa
poggiata al tavolo, Persefone invece galleggiava ancora
semi-trasparente in un angolo. Athena sedeva sulla poltrona vicino al
camino e nell'attesa aveva evocato un altro dei suoi libri, che
leggeva con attenzione e minuzia. Per ultimo, dalla porta, fece il
suo ingresso Padre Zeus sostenuto da un attento Efesto che lo
accompagnò sulla morbida sedia a metà del tavolo
a ferro di
cavallo, così da avere un'ampia visuale su tutti quanti. Gli
unici a
mancare, per ovvie ragioni, erano solo i gemelli. Erano ancora troppo
piccoli per riuscire anche solo a comprendere cosa stesse accadendo.
Athena chiuse il suo libro con uno schiocco e si alzò in
piedi,
portandosi al centro della stanza.
«Facciamo
il punto della situazione» iniziò, incrociando le
braccia sotto al
seno, ma senza neanche darle il tempo di iniziare Dioniso
alzò la
mano per prendere parola. «Sì, Dioniso»
acconsentì Athena.
«Perché
ci sono anche gli umani?» chiese lui repentino e Hermes si
accodò
rapido con un: «Già! Cosa c'entrano loro? Non
potevamo prendere
solo Priscilla?»
«Fanno
schifo» annuì Dioniso e Hermes gli diede corda
specificando:
«Puzzano!»
«Ma
di che parlate?» bofonchiò Eirene. «Io
non ho sentito nessuna
puzza».
«Ti
dico che puzzano! Puzzano di umano!» ruggì Hermes,
inviperito.
«Hermes,
calmati» cercò di intervenire Athena ma fu Ares ad
ammutolirlo,
fulminandolo con un: «Non penso che voi due siate nelle
condizioni
di esprimere un parere in merito, visto il casino che avete fatto
nella foresta!»
«Quella
era una missione riservata ad Ares, Eris e Ilizia. Non eravate
autorizzati a intervenire» annuì Athena.
«Avete
pagato troppo quei due stupidi umani per rapire la carrozza di
Priscilla» disse Dioniso.
«Ci
siamo ripresi i soldi!» annuì Hermes, d'accordo.
«Se
disgraziatamente i due che avete pestato avessero aperto bocca mentre
eravate in compagnia di Priscilla e avessero lasciato intuire che
erano d'accordo con noi, tutta la copertura sarebbe saltata»
li
rimproverò Athena.
«Non
capisco perché fare tutta questa sceneggiata. Non potevamo
rapirla e
basta?» bofonchiò Dioniso.
«Dobbiamo
andarci cauti, abbiamo bisogno che la ragazza sia dalla nostra parte.
L'obiettivo è quello di stimolare i suoi sentimenti
angosciosi a tal
punto da poter dare a Eris la possibilità di impadronirsene.
Una
volta sotto al controllo di Eris sarà tutto in
discesa» spiegò
Zeus. «Per questo le abbiamo subito rivelato che voi siete
uguali e
abbiamo organizzato la cena per farla sentire a casa, per darle
questo bel quadretto di vita felice e famiglia amorevole».
«Perché
mai questo dovrebbe angosciarla?» chiese curiosa Eirene.
«Perché
io le ho detto che morirete» disse Zeus abbozzando un
sorriso. «Il
vecchio umano decrepito, è un ruolo che riesco a
impersonificare
bene. Lei ha vissuto sulla sua pelle l'esperienza del rischio di
morte a causa del collegamento spirituale, sa cosa significa vivere
ogni giorno col timore che chi ti nutre possa cadere per motivi che
tu non puoi gestire. Quando era ancora legata a suo padre, in ogni
istante lui avrebbe potuto ucciderla, quella paura ha caratterizzato
la quasi totalità della sua vita. Le abbiamo mostrato i
nostri
sorrisi, la nostra gioia, il calore e l'amore di una famiglia
così
che sarà più doloroso per lei pensare che
potrebbe essere la causa
della sua cessazione. Oggi durante la nostra passeggiata le ho detto
che stavo morendo e le ho chiesto di prendere il mio posto, formare
un collegamento con voi così che almeno voi sareste potuti
sopravvivere. Questo la terrà in bilico per un po' e Eris
avrà
possibilità di giocare con lei».
«Ci
ha creduto?» chiese Efesto.
«Assolutamente.
È una ragazza così ingenua, non ha la minima idea
di trovarsi
invece davanti un demone di Zeref. La recluteremo, diventerà
nostra
alleata, così la gilda degli immortali sarà al
completo e non ci
sarà nessuno che sarà in grado di
ostacolarci» disse Zeus.
«Averla
come nemica non sarebbe stato vantaggioso»
concordò Athena.
«Avevamo già studiato abbastanza le
possibilità future e abbiamo
già concordato che averla dalla nostra sarebbe stato
necessario per
portare a termine la nostra missione».
«Mio
fratello, Marde Guille, è ossessionato dal libro di E.N.D.,
è un
conservatore legato alle tradizioni» spiegò ancora
Zeus. «Lord
Zeref ci trasmise la consapevolezza, quando ci creò, che
E.N.D.
fosse il demone assoluto, colui che avrebbe potuto ucciderlo. Ha
creato una gilda tutta sua, Tartaros, e persegue con essa i suoi
scopi. Ho lavorato per un po' con lui, ma quando Purehito mi venne a
trovare e mi chiese di aiutarlo nella creazione della bambina
immortale mi si aprii un mondo. Priscilla la bambina di carta, la
bambina che non poteva morire, e chi meglio di un immortale
può
uccidere un altro immortale? Una gilda di immortali... divenne un
sogno che ora ho qui davanti ai miei occhi» disse, allargando
le
braccia. «Figli miei, Dei immortali, siete coloro che
porteranno a
compimento tutte le volontà del nostro Signore Oscuro e non
posso
permettere a nessuno di togliervi la vita prima che abbiate compiuto
la vostra missione. Priscilla è come voi, conosce ogni
vostro più
piccolo segreto, come se non bastasse ora è persino libera e
non c'è
modo di ucciderla per questo dobbiamo averla dalla nostra piuttosto
che come nemica».
«In
realtà un modo c'è» intervenne Ares e
alzando lo sguardo severo
sui suoi fratelli aggiunse: «E vale anche per noi».
«È
per questo che ho voluto fare questa riunione» disse Athena.
«Ares
è riuscito a spingerla a fidarsi tanto di lui da
raccontargli tutto
ciò che riguarda i suoi alleati e da questo è
emerso un particolare
importante».
«Wendy
Marvell» disse Ares. «La ragazzina è una
Dragon Slayer del cielo e
come tale ha poteri curativi».
«E
con questo?» chiese Ebe.
«È
solo un'ipotesi, ma ha una sua logica e un suo valore» disse
Athena.
«La magia che ci tiene in vita alla fine è magia
nera, magia di
Zeref. La magia curativa è magia bianca, rischia di essere
in grado
di neutralizzare il nostro funzionamento. "Curando" il
nostro corpo lo purifica e perciò lo libera della magia
oscura.
Questo può renderci umani, se i nostri organi fossero in
grado di
continuare a funzionare autonomamente, oppure ucciderci
perché è
proprio quella magia che li fa funzionare e ci fa
sopravvivere».
«Una
stupida ragazzina può essere in grado di
ucciderci?» storse il naso
Dioniso.
«Non
possiamo rischiare» insisté Athena.
«Priscilla
ha inoltre detto che quella stessa magia può anche essere in
grado
di liberarci dal collegamento col Padre» aggiunse Ares.
«Sempre per
lo stesso principio della cura e purificazione, può donare
alla
nostra anima la possibilità di autorigenerarsi. È
sempre
un'ipotesi, ma con questa possibilità tra le mani dubito che
accetterà di unirsi a noi spontaneamente o si
turberà tanto che
Eris potrà usare i suoi sentimenti a nostro vantaggio.
Probabilmente
ci proporrà di provare questa via e così il piano
di Padre Zeus
decade».
«E
quindi che facciamo?» chiese Nemesi.
«Rapiamo
anche la bambina?» azzardò Ebe.
«Io
dico di passare al pugno di ferro!» disse Hermes, battendosi
un
pugno sul palmo della mano aperta.
«Sì!
Andiamo ed eliminiamoli tutti senza scrupolo!»
annuì Dioniso.
«Siamo
la gilda degli immortali, che paura vuoi che ci facciano degli
stupidi umani?!» asserì Ebe.
«Questo
è quello che farebbe quello sciocco di mio
fratello!» disse Zeus.
«Crede che con un pugno possa risolversi ogni cosa, non
capisce
invece l'importanza della strategia e della pazienza. Lord Zeref
è
un uomo molto strategico, intelligente e paziente... e noi saremo
esattamente come lui. Athena, lasciamo tutto nelle tue mani».
«Ci
sono molte variabili in ballo» osservò Athena.
«Dobbiamo liberarci
degli umani che hanno accompagnato qui Priscilla, prendere possesso
della sua volontà e infine eliminare Wendy Marvell. Ma se ci
pensiamo in tutto questo c'è un unico filo conduttore: Fairy
Tail».
«Purehito
era affascinato dalla magia di Zeref più che dalle altre,
per questo
è venuto a cercare me, un demone di Zeref di
Tartaros» disse Zeus.
«Pare che un tempo Zeref abbia avuto contatti particolari
proprio
con questa gilda. Una volta l'ho sentito dire che è stato
proprio
Zeref ad uccidere la loro fondatrice, una certa Mavis».
«E
quindi?» chiese Ebe.
«Quindi
sto cominciando a valutare l'ipotesi di un attacco diretto. Anche se
azzardato, siamo comunque superiori a loro in forza e natura,
possiamo ucciderli. Per diminuire i rischi effettueremo un attacco a
sorpresa. Rimandando indietro i quattro uomini che hanno accompagnato
qua Priscilla l'effetto aumenterà perché oggi
abbiamo
familiarizzato con loro. Rimarranno sopraffatti, sorpresi di vederci
ostili e questo ci darà un vantaggio. Porteremo con noi
anche i
gemelli, non avranno il coraggio di far del male a due bambini e
anche se riusciranno comunque non daranno sfogo a tutta la loro
potenza. Il nostro obiettivo è Wendy Marvell, ma
è protetta perciò
non possiamo far a meno di doverci prima scontrare col resto della
gilda. Questo, inoltre, ci dà una possibilità in
più per quanto
riguarda il nostro secondo fine: se veramente Lord Zeref ha un legame
con quella gilda, vederla sterminata dovrebbe riuscire ad attirare la
sua attenzione. Nel migliore dei casi si mostrerà a noi e
noi
compiremo il nostro destino».
«Attaccare
Fairy Tail era comunque nei piani per evocare Zeref» disse
Eunomia.
«Alla
fine stiamo solo anticipando il tutto per eliminare la
ragazzina»
annuì Dike.
«Resta
però l'interrogativo su Priscilla»
osservò Ebe e, con sorpresa di
tutti, Eris che fino a quel momento non aveva fatto che ascoltare in
silenzio, dondolandosi sulla sedia, alzò una mano per
prendere
parola.
Non
aspettò il permesso, ma le bastò avere la loro
attenzione per dire:
«Forse riesco a prenderla anche così».
«Come
sarebbe?» chiese sorpresa Nemesi.
«Che
significa che "riesci anche così"?» chiese curiosa
Dike.
«È
successo quando Zeus mi ha chiesto di usare i miei poteri per
tranquillizzarla. Ho manipolato la sua angoscia per vedere se
riuscivo ad averne il controllo, per instaurare un primo legame con
lei e perché Zeus voleva che si godesse la
felicità della cena così
da stimolare maggiormente i suoi sentimenti. Entrando in contatto con
questi, in quel momento, mi sono accorta di qualcosa di
strano»
confessò.
«Di
cosa si tratta?» incalzò Athena.
«C'è
qualcosa in lei di strano, oscuro e maligno. È minuscolo,
come una
piccola macchia ad angolo del foglio, l'ho notato solo in quel
momento ma ha una strana vibrazione. Sembra come se fosse pronto da
un momento a un altro a esplodere e prendersi tutto ciò che
c'è. Ed
è nero pece» spiegò.
«Una
malignità?» mormorò Dike, pensierosa.
«Segregata
nel profondo» rifletté Eunomia.
«Che
sia un residuo della magia oscura di Zeref?»
azzardò Nemesi.
«Dubito.
Noi non ce l'abbiamo» disse Eris.
«Eris»
si avvicinò Athena. «Saresti in grado di
mostrarmela?»
Eris
annuì e si lasciò cadere in avanti con la sedia,
smettendo di
dondolarsi. Si sporse in avanti con la testa e concesse ad Athena di
poggiare al centro della sua fronte due dita. Chiuse gli occhi e
disegnò sulla fronte di Eris un cerchio magico.
Riuscì a entrare
nella sua testa. Scavò tra i pensieri, i ricordi, le parole
e le
immagini, fino a quando non giunse laddove desiderava. Il ricordo di
Eris di quel pomeriggio. Vide Priscilla fare grossi respiri mentre
Eris lavorava con la sua magia sui suoi colori. Ne aveva
un'infinità,
ma il viola della paura era predominante e di quella Eris si stava
appropriando per modificarlo col suo pennello magico. Non sembrava
esserci niente di strano, fino a quando il pennello non fece
scintilla contro qualcosa dal rumore e consistenza ferrosa. Gli occhi
di Eris si erano concentrati su quel minuscolo punto, scovando solo
con molta fatica il globo nerastro dalla consistenza viscida e la
forma instabile. Si agitava e si dimenava, come se avesse voluto
liberarsi di una catena che lo imbrigliava e contro proprio quella
catena il pennello di Eris si era scontrato creando una scintilla. Il
ricordo terminava poco dopo, con Priscilla che sospirava più
lentamente e stava molto meglio e Athena ne uscì, riaprendo
gli
occhi.
«Che
cos'era?» chiese Ebe, curiosa.
«Cos'hai
visto, Athena?» chiese Ares ma lei non diede una risposta
repentina.
«Che
strano» mormorò, evocando uno dei suoi libri
magici e cominciando a
sfogliarlo rapidamente. Lesse per qualche interminabile secondo,
cambiando libro, cambiando pagina e mormorando pensierosa man mano
che trovava informazioni. Infine sussurrò:
«Nirvana».
«Nirvana?»
mormorò Zeus che aveva altre volte sentito quel nome.
«Non
ho idea di come sia finito dentro di lei, ma sono certa che sia lei.
La magia Nirvana. Ne è macchiata» disse e
tornò a leggere i suoi
libri e mormorare tra sé e sé, intenta a
riflettere e calcolare
strane percentuali. «Potrebbe...» disse dopo un
po'. «Se Eris....»
continuò e tornò a borbottare.
«Sì... potrebbe.... potrebbe
funzionare» annuì e infine sollevando la testa con
solennità
sorrise.
«Ho
un piano, ascoltatemi tutti molto attentamente».
Era
da poco mattino ma già tutti i rumori del giorno avevano
cominciato
a farsi sentire. Il fruscio delle foglie, il canto degli uccelli, il
rumore delle cicale, il ronzio delle api. Immerso in un silenzio
soprannaturale, sembrava di trovarsi in un Eden prezioso e curato. A
rompere quella religiosità furono le voci dei gemelli,
Apollo e
Artemide, che ridendo aprirono la porta della camera dove dormivano
Priscilla e i suoi compagni. Data l'ora, stavano ancora tutti
dormendo, tranne Priscilla stessa che seduta sul letto, con il
lenzuolo sulle ginocchia, guardava la luce del sole fuori dalla
finestra. Con ogni probabilità non aveva dormito per tutta
la notte
e quello spiegava il suo essere mattiniera e già assorta nei
propri
pensieri. Ares comparve poco dopo alle spalle dei due bambini e
chinandosi su di loro, con un sorriso divertito, si portò
l'indice
alla punta del naso suggerendo ai due di fare silenzio. I bambini
annuirono e camminando goffamente si avvicinarono alla ragazza in
punta di piedi, che li osservava ora curiosa e divertita dalla loro
ingenua semplicità. Ma non appena arrivarono ai piedi del
suo letto
ci saltarono sopra e ripresero a parlare a voce alta, dimenticandosi
probabilmente il motivo di far silenzio.
«Andiamo
al laghetto, Onee-san» disse Apollo.
«La
mattina ci sono tanti animali carini, vieni a vederli?» disse
Artemide rimbalzando sul morbido materasso con euforia. Ares si
avvicinò ai due sospirando affranto, per poi afferrarli
entrambi per
la testa e fermare i loro movimenti agitati che facevano cigolare il
letto. «Cosa esattamente non avete capito di "fate piano e
non
svegliateli?"» brontolò in un sussurro.
«Abbiamo
fatto piano» bofonchiò Artemide confusa, non
comprendendo il suo
errore.
«Onee-san
era già sveglia» cercò di giustificare
Apollo ma a rispondergli
non fu più Ares, quanto Laxus nel letto a fianco che
bofonchiò
irritato per la sveglia poco garbata.
«Laxus-sama
si è svegliato!» esclamò Artemide,
felice di vederlo aprire gli
occhi.
«Dike
ha preparato per tutti una bella colazione, ha detto di raggiungerla
alla sala grande quando vi sarete svegliati» disse Apollo.
«Dike
fa sempre tante cose» sorrise Artemide.
«Quanto
chiasso» mormorò Laxus, grattandosi la testa
ancora assonnato.
«Perdonali,
sono bambini rumorosi» disse Ares in un sorriso
imbarazzato.
«L'ho
notato» commentò Laxus, lasciandosi andare a uno
sbadiglio.
«Onee-san,
allora vieni con noi?!» insisté Apollo.
«Ares
ha detto che ci insegna a pescare!» disse Artemide e Ares,
alzando
le spalle, ammise: «Ci tenevano».
Priscilla
si strinse timidamente nelle ginocchia e sorrise, intenerita dai due
piccoli casinisti della gilda. «Va bene» disse
infine. «Datemi
solo cinque minuti per cambiarmi».
«Ricordati
poi che dobbiamo ripartire» le disse Laxus, alzandosi dal
letto.
Camminò pigro verso il bagno, continuando a grattarsi e
stendere i
muscoli, impegnato a svegliare anche il resto del corpo oltre che la
testa.
«Te
la riporto indietro in tempo, sta' tranquillo Mr Tuono»
sorrise
Ares, divertito, facendo ancora una volta scattare per qualche motivo
i nervi a Laxus.
«Forza,
fuori di qua! Diamo tempo a Onee-san di cambiarsi» disse poi
ai due
bambini, spingendoli verso la porta. Priscilla esitò qualche
minuto,
continuando a fissare la porta da cui erano usciti pensierosa. Aveva
qualcosa nel petto, una forte angoscia che non voleva lasciarla in
pace fin dal giorno prima se non fosse che solo nella sera si era
attenuata grazie all'intervento di Eris. Quelle persone sarebbero
morte... Ares, Athena, Eris, Dioniso e Hermes e persino i due piccoli
gemelli. Poteva veramente una come lei riuscire a salvarli? A quale
prezzo?
Si
alzò dal letto e cominciò a cambiarsi, mentre
lentamente anche
Evergreen e Fried si svegliavano. Non appena Laxus uscì dal
bagno ci
entrò lei, concludendo la preparazione e infine
uscì dalla stanza
che i suoi compagni, chi più o meno sbadigliante, si stava
alzando.
«Vado
a fare una passeggiata» comunicò. «Hanno
detto che Dike vi ha
preparato la colazione, potete raggiungerla nella sala
comune»
spiegò e infine uscì, correndo verso l'esterno
della struttura. I
due gemelli stavano giocando a rincorrersi, sotto lo sguardo vigile e
attento di Ares che ogni tanto veniva usato come albero per
arrampicarsi e saltare.
«Ecco
Priscilla!» urlarono quando la videro arrivare.
«Sei
pronta?» chiese Ares, avvicinandosi e lei annuì.
«Non
staremo via molto, vero?» chiese, preoccupandosi di non far
aspettare troppo i suoi compagni.
«Tranquilla,
torneremo in tempo» sorrise lui e cominciò a
incamminarsi, dietro
ai gemelli che per l'emozione avevano invece iniziato a correre.
«Allora...» sospirò, dopo qualche
secondo, cercando probabilmente
la forza e il coraggio di formulare quella fatidica domanda:
«Hai
deciso che te ne andrai?»
«Mi
dispiace» confessò lei, abbassando lo sguardo
avvilita. «Scoprire
di tutti voi non mi ha sicuramente lasciata indifferente, devo ancora
riuscire ad accettarlo e rendermene pienamente conto. È
qualcosa di
talmente incredibile che non riesco a dare un ordine a tutte le
emozioni che provo. Ma questo non cambia le cose: io ho una casa.
Gente che mi aspetta... persone con cui voglio passare il resto della
mia vita».
«Già»
mormorò Ares, comprensivo forse anche più di
quanto Priscilla si
sarebbe aspettata. Un'ombra nei suoi occhi, un dolore inespresso che
lasciò uscire in silenzio, mentre guardava con affetto i due
bambini
che aprivano loro la strada tra gli alberi.
«Zeus
mi ha...» cominciò lei, ma Ares la interruppe:
«Lo immaginavo» un
sorriso avvilito. «Si preoccupa sempre così tanto
per noi.
Probabilmente sarebbe morto già da un pezzo, in
realtà, se non si
fosse aggrappato alla forza di darci qualche altro giorno di vita in
più».
«Forse
potete trovare qualcun'altro che...» azzardò lei,
ingenuamente, ma
lui ancora chiese interrompendola: «E chi? Chi accetterebbe
una
simile responsabilità verso dei totali sconosciuti con cui
non ha
niente da spartire? Chi, che non voglia usarci per qualche scopo
personale?»
«Ma
anche io sono così, Ares» disse lei.
«Cerca di capire, non è
facile. Siete una scoperta eccezionale, ma per me non siete che dei
totali sconosciuti. Non è la natura, l'origine, la razza o
il luogo
o il metodo di nascita che fa una famiglia, ma lo sono i sentimenti,
i legami che hanno le persone. E i miei si trovano a Fairy Tail,
questo è qualcosa che niente potrà cambiare. Lo
so che per voi non
è facile da comprendere, io stessa l'ho capito solo poco
tempo fa.
Per tutta la vita non ho fatto che sentirmi sola, ma le persone che
avevo intorno a me mi amavano e alla fine sono riuscite a farmi
aprire gli occhi. Anche se non sono come loro, io sono una di loro.
Capisci?»
«Mi
ferisci un po'» confessò lui, prima di abbozzare
un sorriso
raddolcito. «Ma forse questo è un po' colpa mia.
Padre Zeus mi ha
parlato così tanto di te che non riesco a vederti come
estranea.
Prendi le distanze...»
«Non
voglio farlo!» rispose lei, con un sorriso determinato.
«Non vi
lascerò soli, questo ve lo prometto. Magnolia non
è molto
distante da qui, posso tornare... e vi aiuterò»
disse poi,
attirando così l'attenzione di Ares. «Non posso
accettare di
abbandonare la mia famiglia, non posso prendermi la
responsabilità
delle vostre vite, ma non vi lascerò soli. Conosco delle
persone...
un'esperta guaritrice e una maga eccezionale nella magia curatrice.
Padre Zeus conosce tutti i segreti della magia che ci tiene in vita,
insieme a loro sono certa possiamo trovare una soluzione. Sciogliere
il collegamento è possibile, io ne sono la dimostrazione,
dobbiamo
solo trovare il modo. Le porterò qui e ci lavoreremo
insieme. Va
bene?» sorrise, radiosa, sperando di riuscire a rassicurarlo
almeno
in parte. E ancora lui esitò, corrucciato, osservandola per
infiniti
secondi. Infine, riuscì a sospirare e lasciar andare via
tutta la
tensione. «Sono stato un po' sfacciato, vero?»
«Eh?»
mormorò lei, non capendo.
«Mi
dispiace. Ho insistito sulla questione, non avrei dovuto. È
un mio
piccolo difetto, non riesco a controllare la lingua certe
volte»
confessò con un sorriso imbarazzato.
«Sei
preoccupato per la tua famiglia, lo capisco. Sei stato il primo a
nascere, in fondo, ti sei sempre preso cura di tutti loro»
osservò
lei, guardando l'allegria dei gemelli che giocavano a saltare le
buche.
«Athena
ed Efesto mi aiutano molto, ma alla fine sono io quello che si deve
preoccupare di tenere tutti in riga» ridacchiò.
«Athena si
preoccupa più dell'organizzazione, della parte burocratica e
delle
regole. È lei che raccoglie le richieste per farci fare
qualche
lavoro, ogni tanto. Mentre Efesto è troppo pacato e ingenuo,
non sai
quante volte Dioniso e Hermes si prendono gioco di lui. Però
è lui
che ha costruito la nostra casa, ha una manualità
eccezionale».
«Dioniso
e Hermes devono essere quelli che ti danno più
pensieri» ridacchiò
Priscilla e Ares, alzando gli occhi al cielo sbuffò:
«Non sai
quanto! Sono due pesti» e Priscilla scoppiò a
ridere.
«Essere
il fratello maggiore è una bella responsabilità,
vero?!» rise, ma
lui si fece stranamente silenzioso. Gli occhi scuri ancora puntati ai
due bambini, il volto disteso in un intenerito sorriso. «Non
mi
dispiace» confessò dopo qualche secondo.
«Sai, prima che Athena
venisse al mondo sono passati due anni. Due infiniti anni di
solitudine. Padre Zeus non è mai mancato, mi ha sempre dato
tutto
quello di cui avevo bisogno, ma ho sempre sentito qualcosa dentro me,
una voce, che mi diceva che era tutto sbagliato. Lui mi amava come se
fossi un vero figlio, ma certo non si può negare la
realtà. Lui
dorme, lui mangia, lui... se viene ferito, non guarisce subito. Ti
senti un'ombra, in questo mondo equilibrato. È come se ci
fosse
qualcuno a ricordarti ogni istante della tua vita che tu non dovresti
trovarti qui».
«Conosco
la sensazione» mormorò Priscilla. «La
gente intorno a te non fa
che ripeterti quanto sei preziosa, ti ama con tutto quello che ha, ma
a te resta sempre quel "sì, ma..." sospeso. Hai visto la
cicatrice di Laxus, sul suo occhio?»
«Sì»
annuì lui, curioso di sentirla proseguire.
«È
stato un incidente di quando era piccolo, i primi tempi che allenava
il suo potere di Dragon Slayer. Un potere che ti viene iniettato
è
ben diverso da uno con cui nasci fin dall'inizio, i primi tempi era
instabile ed è stato difficile per lui imparare a
controllarlo. Si
ferì per sbaglio e restò per almeno un mese per
una benda
sull'occhio, per aiutare la guarigione. Io al tempo ero piccola e
ancora inesperta su molte cose. Sai, mio padre è stato molto
diverso
dal tuo, non si è mai preso la briga di aiutarmi a capire
cosa fossi
e come funzionasse il mondo. Quando mi fece nascere mi disse solo che
ero in vita per l'unica ragione di occuparmi di Laxus, nella mia
testa non c'era altro, neanche ero consapevole di cosa volesse dire
essere in vita. Perciò non mi preoccupai della sua ferita
all'occhio, nella mia esperienza tutte le ferite si rimarginavano e
tutto tornava come nuovo. Quando invece gli tolsero la benda e vidi
la cicatrice, quello fu il momento in cui capii di essere diversa. Un
segno sulla pelle, un segno che sarebbe rimasto per sempre, a me non
succedeva mai, qualsiasi ferita mi venisse inferta, e sapevo che mai
sarebbe accaduto. Cominciai chiedermi cosa fosse realmente la vita,
cosa fossi realmente io e più avevo le mie risposte
più mi sentivo
sola perché capivo che nel mondo intero quella che era
diversa ero
io, non gli altri. Il mondo era armonico, ben costruito, tutto
funziona allo stesso modo. La vita e la morte, non cambiano per loro,
che siano umani o animali l'essenza della vita è sempre la
stessa.
Ma non per me. Non per noi».
«Ti
senti una distorsione, una macchia» mormorò Ares,
consapevole di
provare esattamente le stesse cose.
«Quella
cicatrice che Laxus si porta in faccia fin da quando era bambino
è
sempre stata una condanna più per me che per lui. Non
faceva... non
fa» si corresse. «Non fa che ricordarmi quanto io e
lui siamo
diversi».
«Vorresti
essere come lui?» chiese Ares, non potendo non notare i
sentimenti
addolorati che avevano accompagnato quella frase.
«È...
complicato» confessò lei, lievemente imbarazzata.
«Beh...»
sorrise lui, deciso a non indagare oltre per evitare di metterla
ancora più a disagio. «Adesso però
dovrebbe essere diverso. Con me
è stato così. Quando Padre Zeus mi
parlò di te ti venni a cercare
immediatamente, ammetto anche abbastanza ossessivamente, ma
perché
avevo disperato bisogno di trovare un'identità. Smettere di
sentirmi
solo, smettere di sentirmi quella macchia, ma non ti trovai. Padre
Zeus lesse la tristezza e la solitudine dentro me, per questo diede
vita ai miei fratelli. Questo ha messo a repentaglio la sua vita,
gliel'ha accorciata, forse puoi pensare che sia stato uno
sconsiderato ma in verità lo faceva perché ci
amava e non
sopportava di vedere la tristezza dentro noi. Ci ha dato una famiglia
e ti assicuro che nessuno meglio di noi può capire come ti
senti e
ti sei sentita per tutto questo tempo. Anche se vorrai tornare a
Fairy Tail... potrai tornare tutte le volte che vorrai. Siamo vicini,
possiamo comprenderci, confortarci e per quanto tu possa amare gli
umani che hai accanto lo sai anche tu che non potranno mai
comprenderti fino in fondo, a differenza di noi. Perché
siamo
uguali».
«Voi
siete come me» mormorò lei, lasciandosi sfuggire
un sorriso
emozionato. Più volte nella vita si era ritrovata a
chiedersi se mai
avesse trovato un posto adatto a lei, un posto dove incastrarsi
perfettamente. Si era da sempre sentita come un pezzo di puzzle ma di
una scatola diversa, si incastrava in qualche modo al posto a lei
assegnato ma non apparteneva a quel disegno. La sua
realtà era
un'altra, da qualche parte. Forse al tempo si era legata tanto a
Mistgun perché in qualche modo condividevano quella sorte:
vivevano
in quel mondo, appartenevano a quella famiglia, ma erano di una
realtà ben diversa da quella. Così
diversi...
E
ora lei aveva trovato la sua Edoras.
«Onee-san!»
gridarono Apollo e Artemide da più avanti. «Siamo
arrivati, vieni!»
dissero prima di correre via, lasciando il sentiero. Si tuffarono tra
le siepi alla loro destra e sparirono tra la vegetazione abbastanza
fitta in quel particolare punto del bosco.
«Eccomi!»
disse lei, accelerando il passo e preparandosi a seguirli, ma la mano
di Ares la fermò istintivamente, prendendole una spalla e
lasciandosi sfuggire un preoccupato: «Priscilla...»
«Sì?»
chiese lei, curiosa di sentirlo improvvisamente così
turbato. Ma
lui, dopo qualche istante di esitazione, tornò poi a
rilassarsi e la
lasciò andare. Negò con la testa, abbozzando un
sorriso. «Niente»
disse. «Solo... quei cespugli hanno le spine, fai
attenzione» e
camminò, mettendosi davanti a lei.
«Ares»
chiamò lei, dolcemente, mentre si infilava tra la
vegetazione alle
sue spalle. «Chiamami Pricchan, per favore» sorrise
dolcemente ma
il volto di Ares ora sembrò improvvisamente così
duro, così serio.
«Non
credo che lo farò» disse severo, stranamente
severo.
«Cosa...?»
mormorò lei, confusa non solo da quell'improvviso
cambiamento ma
anche da una strana sensazione che le prese subito alla testa.
Girava, tutto cominciò a girare vorticosamente, sempre di
più,
tanto che stare in piedi divenne difficoltoso. Perse improvvisamente
il contatto col resto del suo corpo, che si accasciò
disarticolato,
fuori dal suo controllo e inutile fu provare ad alzare una mano verso
l'uomo al suo fianco. Provò a chiamarlo, ora terrorizzata,
ma
persino la sua lingua e la bocca non rispondeva ai comandi che gli
dava e non riuscì a pronunciare nemmeno una
sillaba.
«Pricchan
è il soprannome che ti hanno dato loro» disse
Ares, guardandola a
terra senza nessuna preoccupazione. «Non ti
appartiene. Non
sei come loro, perciò non ti chiamerò nel modo
che loro desiderano.
Tu sei Priscilla e basta».
«Onee-san!»
esclamò Apollo, saltellando allegro fino a mettersi sopra di
lei e
guardarla in viso. «Adesso resterai sempre con noi!»
«Giocheremo
insieme per sempre, Onee-san!» disse Artemide, altrettanto
allegra.
Per quanto fossero innocenti parole di bambini, furono la cosa
più
spaventosa che sentì quel giorno. Per sempre... l'avrebbero
tenuta
con loro per sempre. Quanto poteva essere lungo un per sempre? Lei lo
sapeva bene, supplicava sempre Laxus di trascorrere con lei
quell'enorme lasso di tempo. Insieme per sempre... quanto poteva
essere terrificante.
«Ben
fatto, Dioniso» la voce di Afrodite la portò a
spostare gli occhi
nella sua direzione. Camminava delicata e bellissima come sempre,
accompagnata da Eris e Persefone. Pochi passi da loro, Dioniso era
accucciato a terra, sghignazzante e divertito si dondolava sui
talloni.
«Tu
che ci fai qui?» chiese Eris, guardando Ares.
«Athena ti aveva
detto di restare alla gilda» e lui semplicemente
sghignazzò
divertito, mentre a rispondere fu Afrodite: «Voleva far
ingelosire
il biondino, di nuovo. Non è ovvio?»
«Athena
si arrabbierà molto» sussurrò
Persefone, nascondendo il viso tra
le maniche del proprio abito bianco.
«Che
vuoi che succeda? Il piano sta comunque proseguendo come previsto,
no?» si giustificò Ares, alzando le
spalle.
«Beh»
ghignò Eris, stirandosi le spalle. «Direi che a
questo punto tocca
a noi».
«Hai
visto come si fa, Afrodite?» chiese Dioniso.
«Sì,
sì» sventolò una mano lei.
«Che scocciatura, è tutta la notte
che cerchi di insegnarmi questa magia».
«Cerca
di impararla come si deve, piuttosto» la riprese Ares.
«Il
fulminato ti chiederà sicuramente di usarla e non possiamo
rischiare
che tu venga scoperta».
«Grande
e grosso e poi vomita se sale su un mezzo di trasporto, che
schifo»
ridacchiò Afrodite, avvicinandosi a Priscilla ancora stesa a
terra,
incapace di muoversi. Le posò la punta del dito su una
tempia e
lasciva lo fece scorrere lungo tutto il perimetro del volto,
guardandola con sguardo sensuale. «Non
preoccuparti» le sussurrò.
«Il tuo centro dell'equilibrio sarà ripristinato
da Dioniso non
appena sarai pronta. Nel frattempo mi occuperò io del tuo
prezioso
uomo» staccò la punta del dito dal suo mento non
appena terminata
la frase e in quel preciso istante la sua immagine divenne confusa e
sfocata. Durò solo pochi istanti, prima che potesse tornare
a essere
ben visibile ma a quel punto non aveva più le sue sembianze.
Capelli
neri, lunghi, legati in una disordinata treccia, occhi azzurri,
aspetto grazioso e minuto. Quella che Priscilla aveva davanti ai suoi
occhi era una perfetta immagine di sé stessa, identica
persino nei
più piccoli particolari. Roteò su se stessa,
alzando le braccia, e
disse con la stessa voce di Priscilla: «Come sto?»
«Cerca
di tirartela meno o ti scopriranno al primo cenno» la
rimproverò
Eris e Afrodite sbuffò un: «Tranquilla, sono
un'ottima attrice, lo
sai».
«Adesso
camufferò anche la tua anima» disse Persefone con
un filo di voce,
avvicinandosi ad Afrodite e direzionando a lei un incantesimo.
«Il
tizio che può manipolare le anime è una vera
rottura, è una
fortuna che abbiamo Persefone dalla nostra» disse Eris.
«Sarebbe
stato in realtà molto più semplice se non ci
fosse stata la donna
con loro. Mi sarebbe bastato usare la magia Charme e quei tre stupidi
sarebbero caduti sotto al mio controllo» disse Afrodite
lasciando
che Persefone ultimasse il suo incantesimo che avrebbe reso anche la
sua anima simile a quella di Priscilla, così che nemmeno
Bickslow
avrebbe potuto scoprirla. «Nessun uomo può
resistermi» aggiunse
poi con un occhiolino.
«Quanto
mi dai sui nervi» le disse Eris, lasciandosi sfuggire uno
sbuffo
infastidito.
«Ricordati»
le disse Ares. «La magia per l'equilibrio sul fulminato per
fargli
passare la nausea, così non avranno sospetti, e cerca di
esporti il
meno possibile. Almeno fino a quando non arriveremo anche
noi».
«Non
appena sarai alla gilda va' a cercare il vecchiaccio» le
disse Eris.
«Athena dice che deve essere il primo ad essere eliminato,
approfitta della fiducia che ha verso di lei».
«Superato
l'ostacolo del master, il resto dovrebbe essere un gioco da
ragazzi»
disse Ares e i suoi occhi tornarono a diventare rossi, non appena
ghignando aggiunse: «Però lasciate il fulminato a
me».
«Non
avevo dubbi» sospirò Eris, arrendevole.
Apollo
saltellò vicino ad Afrodite e allungando le mani le porse
una
minuscola boccetta con all'interno un liquido dal color amaranto.
«Apollo ha preparato il veleno per te!» disse
felice e Afrodite gli
diede una carezza sulla testa, mentre la prendeva.
«Diventi
ogni giorno più bravo, tesoruccio» gli disse e lui
luminoso
esclamò: «Vero!»
«Anche
Afrodite è sempre più brava! Ucciderà
più esseri umani di te,
vedrai!» disse la bambina, gelosa delle attenzioni che
Afrodite dava
solo ad Apollo. Afrodite aprì bocca, pronta a consolare
anche la
bambina, ma la sua attenzione venne attirata invece da alcuni lamenti
che provenivano da Priscilla. Tremava, tremava come una foglia, anche
se immobile e incapace di muovere un solo muscolo. Il volto ora
bagnato di lacrime, guardava le persone intorno a sé con gli
occhi
terrorizzati. A labbra socchiuse, provava a parlare, ma solo lamenti
uscivano dalla sua gola.
"Non
riesco nemmeno a usare la magia" realizzò sempre
più in preda
al panico. Né il suo corpo né la sua mente
riuscivano a rispondere
ai suoi comandi, completamente disconnessa dal suo corpo e dalle sue
capacità. Poteva solo osservare, passiva, quell'assurda e
terrificante scena.
«Eris...»
disse Ares, voltando le spalle alla ragazza a terra. «Cerca
di fare
in fretta».
«Non
ti starai lasciando impietosire da lei!» lo
rimproverò Eris,
guardandolo mentre si allontanava.
«È
pur sempre nostra sorella» rispose Ares, semplicemente, e
insieme ai
gemelli uscì infine dalla vegetazione tornando sul viale.
Afrodite,
ora perfetta nell'interpretazione di Priscilla, lo seguì
pronta a
tornare indietro, verso la gilda, insieme a loro.
«Va
bene» sospirò Eris, avvicinandosi a Priscilla a
terra. Si sgranchì
le dita e il collo, prima di evocare dal nulla un pennello magico.
«Vediamo se riesco a prendere possesso di questo tuo Nirvana.
Vedrai, diventerai completamente nera come la pece. Il mio colore
preferito» ridacchiò e Priscilla sibilò
ancora più terrorizzata,
mentre lei con un ghigno aggiungeva un inquietante:
«Onee-san».
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Capitolo 68 *** Cos'è una Pricchan? ***
Cos’è
una Pricchan?
La
carrozza si fermò proprio di fronte ai cancelli di Fairy
Tail. Fried
aprì la portiera e uscì per primo, seguito dai
Raijinshuu,
un'allegra Priscilla e infine Laxus. Pagarono il cocchiere, che se ne
andò pochi istanti dopo, e infine rientrarono alla gilda.
Priscilla
corse davanti a tutti e fu la prima a spalancare le porte, urlando un
allegro: «Siamo a casa! Mira-san, ti è rimasta un
po' di torta?»
chiese repentina alla ragazza che le stava passando davanti con un
vassoio.
«Bentornati»
sorrise Mirajane, aprendo la strada alla ragazza fino al
bancone.
«Com'è
andata la vostra missione?» chiese servendo alla ragazza una
fetta
di torta alle fragole.
«Alla
grande!» esclamò Priscilla, sedendosi sullo
sgabello per mangiare.
«Nessun intoppo, ovviamente. In fondo stiamo parlando di
Laxus e i
Raijinshuu» ridacchiò orgogliosa. «A
proposito! Dov'è il nonno?
Devo parlargli».
«È
successo qualcosa?» chiese Mirajane, curiosa.
«Beh...»
mormorò lei, timida e un po' intimorita. «In
realtà sì... ma
vorrei prima parlarne con lui».
«Capisco»
sorrise Mirajane comprensiva. «È fuori per alcune
faccende
burocratiche, ma dovrebbe tornare nel pomeriggio».
«Ho
capito» sorrise Priscilla. «Allora lo
aspetterò».
«Priscilla-nee!»
una timida e squillante voce al suo fianco la fece voltare.
«Sei
tornata anche tu!»
«Wendy-chan!»
esclamò Priscilla, felice di vederla.
«Com'è andata la tua
missione?»
«È
successa una cosa incredibile! Abbiamo conosciuto Warrolt-sama, uno
dei fondatori di Fairy Tail. E abbiamo scoperto di un villaggio di
giganti! Era tutto congelato e noi dovevamo trovare il modo di
liberarli» Wendy saltò sullo sgabello di fianco al
suo e cominciò
a raccontarle con emozione e incredulità l'avventura che
avevano
vissuto e da cui avevano fatto ritorno solo quella mattina. Priscilla
silenziosa l'ascoltò per tutto il tempo, giocherellando con
la
propria fragola nel piatto, assorta e pensierosa. I Raijinshuu si
sparpagliarono, avvicinandosi a chi volevano salutare, bevendo e
mangiando per festeggiare il loro ritorno e furono un po' meno vaghi
e misteriosi sulla scoperta della gilda Olympos. Mantennero la voce
bassa, pensando che per Priscilla sarebbe stato bene trovare il
proprio modo di raccontare la faccenda, ma misero già alcuni
dei
loro compagni al corrente di quella incredibile scoperta. Laxus
invece, fin da quando avevano messo piede nella carrozza per tornare
a casa, non aveva ancora aperto bocca nemmeno per fiatare.
Più cupo
del solito, silenzioso e assorto, non aveva nemmeno avuto voce per
salutare. Si era seduto non troppo lontano, a bere, e sottecchi
continuava a fissare Priscilla con uno strano sguardo assorto.
Probabilmente ancora preoccupato per lei, visto quello che era
successo, o forse altrettanto turbato all'idea che al mondo
esistessero altre persone che condividevano con lei la stessa natura.
Era ovvio che tutta quella faccenda lo turbasse enormemente, non
aveva fatto che restarsene corrucciato fin dall'incontro con Ares
nella foresta e, anche se aveva provato durante la cena ad allentarsi
un po', l'umore rabbuiato continuava a permanere nel suo
petto.
«Sembra
stare molto meglio» disse Evergreen, sedendosi dopo un po'
vicino
all'uomo e guardando a sua volta Priscilla che ascoltava il racconto
di Wendy.
«Già»
mormorò lui, senza distogliere gli occhi dalla ragazza che
ancora
giocherellava con la fragola nel piatto. «Perché
non la mangia?»
mormorò, fissando il frutto ormai ricoperto di panna residua
della
torta che ancora rotolava qua e là spinta dalla sua
forchetta. Non
era da lei temporeggiare sul cibo, senza divorarlo.
«Eh?»
mormorò Evergreen, non capendo invece di cosa stesse
parlando.
Una
strana sensazione, una fastidiosa e irritante percezione proprio
all'interno del suo cuore. Da ore non faceva che punzecchiarlo, ma
non ne comprendeva il significato. Non c'era niente di strano, tutto
era normale, il viaggio era stato tranquillo e il rientro sereno. Ma
forse proprio per quello era così turbato... era tutto anche
troppo
normale. E un fastidioso mal di testa non faceva che rimbombargli
nelle orecchie.
«Niente»
sbuffò alla fine, alzandosi. «Sono solo un po'
nervoso,
probabilmente è perché non ho dormito molto bene
questa notte. Vado
a casa a riposare» disse e si allontanò
rapidamente, senza dar
tempo a Evergreen di replicare o indagare su cosa avesse. Lo sguardo
di Priscilla, dal bancone, si spostò momentaneamente su di
lui e lo
vide uscire dalla gilda. Solo un attimo, per poi tornare subito a
guardare e ascoltare ciò che Wendy aveva da raccontarle.
Allegra
come sempre, per niente diversa dal solito, se non per quella fragola
con cui continuava a giocare piuttosto che mangiarla.
Era
tornato a casa, si era steso sul proprio letto e si era messo le
cuffie alle orecchie lasciando che fosse solo la musica a farsi
sentire. Occhi fissi al soffitto, cercava tutti i modi per riuscire a
domare quella sensazione che nel petto diventava sempre più
pesante
e irritante. Tante cose gli vennero in mente, ricordi, parole, suoni
e odori... i suoi. Olympos poteva voler significare tanto, anche se
ammetterlo per lei non era semplice, lui non poteva dimenticare.
"Volevo
tanto essere come voi... essere come te"
la sua supplica in un pianto.
"Mi
insegnasti a essere un'umana"
certi desideri, certe parole, non erano superate, lo sapeva bene. Il
suo desiderio di appartenere a qualcosa, di avere un posto in cui
stare, il desiderio di non essere ciò che era solo per poter
avere
qualcuno da chiamare famiglia.
"Guardami...
sono un mostro"
i singhiozzi quando di fronte a Natsu, nella cattedrale di Caldia,
aveva ammesso la sua natura che odiava e ripugnava. Col tempo aveva
fatto pace con se stessa, si era accettata, ma solo di fronte alla
convinzione che non fosse diversa da loro. Invece lo era, Olympos
glielo aveva sbandierato di fronte al volto, loro erano diversi e lei
poteva non essere più sola. Eppure non aveva fatto che
sorridere per
tutto il tempo, da quando era tornata dalla passeggiata con Ares e i
gemelli nella foresta. Non aveva fatto... che evitare il suo sguardo.
Era come se avesse tirato su un muro, si fosse corazzata, avesse
fatto un passo indietro. La sua mano, poggiata sulla sua testa mentre
cercava di aiutare la sua chinetosi, era sembrata così
fredda e
immobile. Il tocco che gli aveva destinato era sembrato così
diverso. Il suo sorriso, il suo sguardo, il rossore delle sue guance,
nei suoi ricordi ce n'erano a bizzeffe e nemmeno troppo lontani. La
delicatezza del suo tocco contro il proprio collo la sera che a
Crocus avevano ballato sul balcone del palazzo, il sorriso con cui
gli aveva dato il pacchetto con le proprie cuffie in regalo,
l'armonia della sua voce quando chiamava il suo nome, il suo odore...
...
il
suo odore...
«Laxus»
la sua voce rotta dal pianto rimbombò nella propria testa,
scuotendolo tanto da costringerlo a riaprire gli occhi e scoprire
solo in quel momento che si era addormentato. E in un sonno privo di
sogni, immerso nel buio che aveva susseguito quegli ultimi pensieri,
aveva chiaramente sentito nella sua testa la voce disperata di
Priscilla che lo chiamava. Il cuore in petto pulsava furiosamente,
come se avesse appena affrontato un incubo, di cui però non
aveva
ricordi. La fronte sudata, le mani tremanti, fece solo qualche
profondo respiro per cercare di calmarsi. Spostò lo sguardo
fuori
dalla finestra, attirato dal rumore della pioggia che ora cadeva da
un cielo nero come la pece. Non sapeva quanto aveva dormito, che ore
erano, ma certamente era passato molto tempo visto che il cielo aveva
avuto tempo di annerirsi di nuvole. E ripercorrendo rapidamente tutti
i pensieri che l'avevano accompagnato prima e durante il sonno,
trovò
subito ciò di cui aveva bisogno.
Il
suo odore.
Come
aveva fatto a non notarlo prima? Turbato dai suoi pensieri e
sensazioni, egoisticamente incentrato su di sé aveva
probabilmente
attribuito istintivamente quel cambiamento alla sua passeggiata tra
alberi e fiori. Non gli aveva dato importanza, ed era stato uno
sciocco perché tutta quella superficialità ed
egocentrismo
l'avevano accecato e non gli avevano dato modo di capire da subito
che quello non era l'odore di Priscilla. Si alzò rapidamente
dal
letto, strappandosi via le cuffie dalle orecchie, e corse fuori dal
suo appartamento lanciandosi a perdifiato lungo la strada, sotto una
scrosciante pioggia che non lo risparmiarono dall'inzupparsi dopo
solo tre passi. Corse verso la gilda che, rincuorato,
trovò
ancora al suo posto, senza percepire niente di strano. Le voci dei
suoi compagni venivano dall'interno, rumorose e allegre come sempre,
e questo gli suggerì che era arrivato in tempo.
Entrò, sotto lo
sguardo sorpreso di chi venne attirato dalla furia con cui
spalancò
la porta, e si guardò rapidamente attorno. La vide:
Priscilla era
ancora ferma al bancone, che parlava con suo nonno, entrambi con un
boccale tra le mani. Si corrucciò, ricordandosi della prima
domanda
che lei aveva fatto entrando alla gilda: cercava il master. Non
sapeva il motivo, ma non gli importava. Si corrucciò,
sapendo del
pericolo che stava correndo non solo lui ma anche il resto dei suoi
compagni e agì rapidamente, seguendo solo il suo istinto.
Mescolandosi a uno dei suoi fulmini, scattò alle sue spalle
prima
che lei potesse sentirlo, e l'afferrò. La spinse con tale
violenza
in avanti che sfondarono il bancone e si schiantarono entrambi al
muro, pochi passi da Mirajane che indietreggiò
spaventata.
«Laxus!»
esclamò Macao, alzandosi in piedi.
«Che
ti prende?» gli diede corda Wakaba, alzandosi di fianco al
suo amico
con altrettanto vigore, pronto a intervenire in difesa della ragazza
che ora restava premuta contro il muro, tenuta per la gola.
«Ohy...»
ringhiò Gray, altrettanto turbato da quella scena ma Fried,
al suo
fianco, allungò una mano e gliela mise davanti al petto, per
fermarlo. Il volto serio, per niente spaventato come gli altri, come
se sapesse benissimo cosa stava accadendo.
«Avevamo
ragione allora a preoccuparci» disse Fried.
«Abbiamo
fatto bene a restare qui per tenerla d'occhio» si
accodò Evergreen.
«Tenerla
d'occhio?» mormorò Lucy, confusa.
«Quei
tipi non mi sono piaciuti fin dal primo momento in cui li abbiamo
incrociati» disse Bickslow, altrettanto serio e torvo e Fried
annuì,
concordando con lui.
«Di
che parlate?» balbettò Lucy, non capendo e
tornando a guardare
Laxus che teneva ben ferma per la gola una Priscilla che si dimenava
e lo guardava terrorizzata.
«Dov'è
lei?» ringhiò Laxus a voce bassa e roca. Priscilla
afferrò con
entrambe le mani il polso di Laxus, cercando invano di allentare la
sua presa, e continuò a guardarlo a lungo con terrore.
«Laxus...»
provò a mormorare, ma non vide in lui nemmeno un accenno di
tentennamento. Guardò i suoi occhi a lungo, scavando in
essi,
esaminandoli fino in fondo, e trovò infine
l'inutilità della sua
insistenza. L’uomo aveva capito e nessun giochetto lo avrebbe
ingannato ancora.
Sogghignò.
«Abbiamo
sopravvalutato la vostro stupidità, umani» disse
con una voce che
chiaramente non era la sua. «Credevo non l'avreste capito
nemmeno
nell'istante in cui ponevamo fine alle vostre vite».
«C'erano
degli spiriti nella nostra stanza ieri notte che ci osservavano, ci
stavate tenendo d'occhio, era ovvio che nascondavate
qualcosa» disse
Bickslow.
«Il
sesto senso femminile non sbaglia mai, avevate una strana
aura»
incrociò le braccia al petto Evergreen.
«Sapevate
che eravamo a Borwatt, ci stavate palesemente seguendo eppure avete
aspettato che fossimo ben lontani prima di intervenire. Oltretutto vi
siete comportati come se foste sorpresi di vederci lì,
quando voi
stessi avete detto che ci tenevate d'occhio. C'era qualcosa di strano
in quella faccenda fin dall'inizio» disse Fried.
«Perciò
non vi fidavate di noi, capisco» sogghignò
Priscilla. «Dev'essere
stato questo l'errore di Athena. Ma avete comunque perso»
ridacchiò.
«Perso?»
mormorò Fried, corrucciandosi.
«Non
siete riusciti a smascherarmi prima, quando avreste potuto
fermarmi»
insisté lei.
«Che
significa?» mormorò Fried.
«Sono
a dire il vero comunque sorpresa che siate riusciti a scoprirmi,
anche se dopo così tanto. Avevo mascherato persino la mia
anima»
ridacchiò ancora lei e Laxus le disse: «L'olfatto
di un Dragon
Slayer è superiore a quello degli altri. Era una sfumatura
minuscola, tant'è che nemmeno Wendy ci ha fatto caso, ma
comunque
non eri perfetta».
«Non
ha importanza» sogghignò la falsa Priscilla,
assumendo
un'espressione inquietante.
«Dove
l'avete nascosta?» chiese Laxus, sempre più
furioso ma la falsa
Priscilla, per niente intimorita, rispose repentina:
«È troppo
tardi, ormai».
«Master!»
gridò Mirajane in quel momento e Laxus si voltò
appena in tempo per
vedere suo nonno crollare in avanti, verso il pavimento.
«Sono
qui» sussurrò la falsa Priscilla e in un istante
l'intera gilda
venne riempita da una fitta e lugubre nebbia, tanto spessa che
nessuno di loro fu più in grado di vedere oltre il proprio
naso. Si
guardavano attorno, confusi, cercandosi, senza riuscire a trovarsi.
Laxus tornò a guardare di fronte a sé: anche se
non poteva vederla,
la sentiva, era ancora tra le sue mani, e si preparò a
minacciarla,
farle del male se necessario. Un pugno improvviso sbucò
dalla nebbia
e lo colpì in pieno sul fianco con una tale potenza da
togliergli il
fiato. La mano cedette e poté sentire il collo della ragazza
che
aveva tra le dita scivolare via, scappare, approfittando del suo
cedimento. Cadde in ginocchio a terra, tremante, ma strinse i denti e
cercò di riprendersi il prima possibile. Un altro colpo
arrivò però
dall'alto, prima che riuscisse a tornare anche a respirare e lo stese
definitivamente a terra con tale forza da spaccare le assi del
pavimento. Sentì la voce del suo assalitore, grossa e
sadica,
divertita di quel massacro: la voce di Ares che rideva soffusamente,
nascosto dalla nebbia. Dietro di lui altre voci arrivarono alle sue
orecchie e riuscì a riconoscerle tutte, mischiate a quelle
della
propria gilda che urlava per i colpi inaspettati che arrivavano a
ciascuno di loro. Poté sentire le voci di tutti i membri di
Olympos.
Un
piede arrivò sulla sua testa e lo schiacciò
ancora a terra con una
forza bruta e sovrumana, mentre il ghigno di Ares restava
impermeabile nell'aria e rideva a ogni colpo.
«Figlio...
di...» mormorò Laxus, tremante e
dolorante.
«Ma
che succede?!» ruggì Natsu, esasperato,
cominciando a sputare fuoco
in giro senza una logica. La voce dei suoi compagni arrivò
poco
dopo, che lo brontolavano e lo rimproveravano perché nella
furia
colpiva anche loro. Teso e altrettanto furioso, Laxus lasciò
andare
tutta la sua rabbia e anche se non riusciva a muoversi da terra,
continuamente colpito, poté almeno utilizzare la propria
magia. Si
caricò di elettricità che sparò in
ogni direzione intorno a sé,
sapendo che ovunque Ares fosse l'avrebbe comunque colpito, ma alle
sue orecchie non arrivò nessun segnale che gli dimostrassero
la
riuscita del suo attacco.
«Che
credevi di fare, eh, biondino?!» ruggì Ares
improvvisamente e un
altro calcio arrivò al suo fianco. Il fiato ancora gli
mancò,
probabilmente addirittura una delle sue costole venne incrinata, e
nell'impatto venne lanciato via, contro un tavolo e un paio dei suoi
compagni di gilda.
«L-Laxus?!»
sussultò Droy, guardando il ragazzo apparentemente privo di
sensi
sopra di lui.
«Hanno
sconfitto Laxus?!» urlò Jet, pallido in volto.
«Che
succede?! Chi sono queste persone?!» gridò
Lisanna, prima di urlare
per un altro colpo ricevuto da chissà dove.
«Ora
mi sono stancato!» ringhiò Elfman. «Take
Over: Beast Souls!»
«Wendy!»
disse Charle e la ragazzina rispose repentina:
«Sì!»
«Vi
aiuto anche io!» disse Lucy e chiamò pochi istante
dopo Scorpio.
«Solid
Script: Air!» si unì anche Levy e tutti insieme,
ognuno con la
propria magia, generarono delle correnti d'aria tali da riuscire a
dissipare finalmente la terribile nebbia che impediva loro di
guardarsi attorno.
Jet
e Droy urlarono terrorizzati quando, potendo finalmente vedere,
videro l'enorme stazza di Ares fermarsi proprio di fronte a loro.
L'uomo si chinò, scrutando entrambi con i suoi macabri occhi
rossi,
e afferrò Laxus per la camicia sollevandolo da
terra.
Bickslow
stava in quel momento terminando un attacco, tirando un pugno in
avanti dove aveva visto l'anima di una persona e sapeva era suo
nemico, ma si bloccò improvvisamente quando invece si
trovò davanti
Evergreen.
«Ever!»
esclamò, evitandola e preoccupandosi che per colpa di quella
nebbia
per poco non aveva colpito un'amica. Evergreen sgranò gli
occhi,
sorpresa e spaventata da quello scontro evitato per un soffio, ma
quando lui fu ormai vicino e distratto sogghignò. Roteando
su se
stessa colpì Bickslow in faccia con un calcio e lo stese a
terra.
Solo mentre cadeva, Bickslow notò una seconda Evergreen
-quella vera
probabilmente- più lontano rispetto a loro due e
capì di essere
stato ingannato da una copia.
A
terra, vicino al bancone, Eirene era seduta. Tra le braccia teneva il
corpo di Makarov, come fosse un bambino, e stesi intorno a lei
c’erano anche Mirajane e altri due membri della gilda. Non
erano
feriti, probabilmente non erano stati colpiti se non da qualche
incantesimo. Non si muovevano, ma avevano gli occhi vitrei,
spalancati, e respiravano pigramente come fossero
addormentati.
Natsu,
al lato opposto della gilda, aveva appena tirato un pugno laddove
aveva sentito la presenza di un estraneo ma questo non ebbe l'effetto
sperato. Il pugno penetrò in un corpo ardente e liquefatto,
un corpo
di lava pura dalle temperature tanto esponenti che il legno intorno a
loro era nerastro e bruciato. In tutta la gilda volavano decine di
inquietanti spettri, lamentosi, mentre sul terreno si stendeva pian
piano del fango da cui erano già usciti, e continuavano a
uscire,
mostri umanoidi costituiti di quello stesso materiale.
Dioniso
era in piedi su un tavolo, brandendo la sua chitarra, si divertita a
tirare calci alla faccia di Gajeel messo fuori gioco da una nausea
stordente più di qualsiasi attacco di chinetosi che gli
fosse preso
prima di allora. Hermes correva per tutta la gilda a una
velocità
tale da essere quasi invisibile e tirava pugni a destra e a manca,
scappando prima che il colpito avesse potuto reagire.
Dalla
finestra un esercito di formiche continuava a entrare e avevano
già
colpito e assediato Levy, Cana e Erza, disperate nel dimenarsi per
togliersele di dosso inutilmente. Vicino all'ingresso infine,
Eunomia, Ebe e Nemesi restavano momentaneamente da parte insieme a un
Apollo che entusiasta gridava: «Morite, umani!»
Dike
prese forma dalla nebbia residua proprio accanto a loro e
guardò la
gilda che aveva di fronte.
«Ohy...
ma chi diamine siete?!» ruggì Gray, facendo un
passo in avanti.
Eunomia mosse una mano nella sua direzione e apatica disse, in un
ordine: «Siedi».
Una
scritta luminosa comparve sulla fronte di Gray e un istante dopo una
forza misteriosa lo costrinse a sedersi a terra, lasciandolo per un
po' lì immobile non tanto per la forza della magia quanto
per
l'incredulità di quanto appena successo.
«Ascoltatemi,
umani» parlò Nemesi, facendo qualche passo
all'interno della gilda.
«Siete condannati a morte con l'accusa di essere deboli e
inutili.
Servirete la gilda Olympos, verrete sterminati per l'ultima
finalità
di evocare il grande Zeref e così compiere il nostro
destino. Oggi
morirete per un bene superiore e noi, dei immortali, porremo fine
alle vostri insulse vite. Questa è la vostra
sentenza».
«Zeref?»
mormorò Lucy, terrorizzata nel sentire di nuovo quel nome.
«Perciò
era questo il vostro obiettivo fin dall'inizio»
ringhiò Fried.
«Dove...
avete messo... Priscilla?» digrignò i denti Laxus
e afferrando la
mano di Ares, che ancora lo teneva sollevato, riuscì ad
aprire un
occhio e guardarlo.
«Oh,
allora sei ancora vivo» sogghignò lui.
«Meno male, temevo di aver
esagerato. Così mi sarei perso tutto il
divertimento».
«Che
l'esecuzione abbia inizio» decretò Nemesi e a
quell'ordine il caos
scoppiò all'interno della gilda. I fantasmi di Persefone si
lanciarono contro i primi, trapassandoli si aggrapparono alle loro
anime e la tiravano via, come se avessero voluto strappargliele.
Coloro che ne venivano colpiti soffrirono come se fossero state
portate via dal loro corpo interiora stesse, ma riuscirono
disperatamente a resistere nonostante i solleciti di Persefone.
Bickslow intervenì appena in tempo. Si tolse l'elmo,
riuscì a
prendere possesso di un paio di loro con il potere celato nei propri
occhi e li usò per attaccare le altre e proteggere
così i suoi
compagni di gilda. Dioniso ancora in piedi sul tavolo colpì
tutti
quelli che aveva attorno con la magia sull'equilibrio e la
dissociazione corpo-mente, la stessa magia che aveva immobilizzato
Priscilla nel bosco e che sembrava funzionare particolarmente su
Wendy e Gajeel. Natsu, sputando fuoco dalla frustrazione,
cominciò a
colpire Efesto sempre più rabbioso ma il suo corpo di lava
non ne
risentiva minimamente. Iniziò così tra i due un
furioso corpo a
corpo che pian piano incenerì gran parte della gilda stessa.
Dike si
tramutò nuovamente in nebbia e restò bassa,
all'altezza delle
caviglie, emergendo solo di tanto in tanto per colpire ora uno e ora
l'altro. Ilizia creò dei soldati di fango che si lanciarono
all'attacco contro il resto della gilda, Artemide chiamò a
raccolta
altri insetti che diedero loro grandi difficoltà, Apollo
lanciava
frecce avvelenate che quando centravano il bersaglio portava loro
dolori e malesseri tali da renderli inoffensivi. Nemesi si
lanciò a
suo volta nel combattimento e si ritrovò faccia a faccia con
Cana,
ma la prima la bloccò puntandole semplicemente un dito
contro.
«Leggo
nel tuo passato» disse. «Sei colpevole di aver
abbandonato una tua
compagna al pericolo su un'isola durante un combattimento, per
perseguire il personale scopo di vincere una sfida» in poco
tempo
era riuscita a leggere nel suo cuore, scavare le sue colpe e trovare
la più grande: la volta che aveva abbandonato Lucy, durante
l'attacco di Grimoire Hearts a Tenroujima. «Colpevole! La tua
pena
sarà il tuo braccio destro!» e fece un semplice
gesto della mano.
Il braccio destro di Cana le trasmise un dolore lancinante, come se
fosse esploso, e lei se lo afferrò, urlando, mentre questo
violaceo
e ricoperto di lividi e contusioni diventava inutilizzabile.
«Che
razza... di magia...» sibilò, troppo dolorante
persino per parlare.
«Magia
del giudizio. Scovo nei vostri cuori le vostre colpe più
vili e
infliggo su di voi la giusta punizione. E nessun uomo è
senza colpa»
sogghignò, prima di tornare a parlare con voce solenne:
«Colpevole
di ubriachezza e atti osceni in luogo pubblico! Pena: Alluce
destro!»
e il suo alluce subì la stessa terribile sorte del braccio,
implodendo, disintegrandosi dall'interno. Viola e livido, rotto
probabilmente, la portò nuovamente a urlare di dolore e
strazio.
«Cana!»
urlò Lucy e corse in soccorso della sua amica, lanciando
contro
Nemesi uno dei suoi spiriti stellari. Nemesi saltò via e
schivò il
colpo, prima di puntare gli occhi su Lucy ed esclamare:
«Leggo il
tuo passato! Sei colpevole di abbandono verso il proprio genitore!
Pena: il fianco destro!» e anche Lucy cadde a terra,
tenendosi il
fianco ora nero e livido ma non si arrese e chiamò a
raccolta un
secondo Spirito Stellare. Tauros si unì a Virgo e insieme
provarono
a colpire Nemesi, che saltando e schivando abilmente, diede ai due la
stessa sorte.
«Colpevole
di molestie sessuali! Colpevole di masochismo!» e anche a
loro
inflisse le proprie severe pene.
Gray,
poco lontano, provò a tornare all'assalto di Eunomia
assistito di
Lluvia ma anche loro ebbero le loro difficoltà con la maga
dell'ordine e della legge. Imprimeva su ciascuno di loro un ordine,
semplice e conciso, a cui però non riuscivano a sottrarsi e
questo
li portò persino a tirarsi un paio di colpi tra loro.
Jet
tentò di rendersi utile partendo all'inseguimento di Hermes,
che
ancora correva, colpiva e scappava. Anche se non era particolarmente
forte, la sua velocità gli permetteva di mettere in
difficoltà i
membri della gilda facendo loro perdere la stabilità o
distraendoli
appena in tempo per dar modo ai suoi compagni di colpirli. Ebe
lottava con una lancia, con agilità e abilità
incredibile, ma la
sua temibile magia trasformò Kinana, Laki e Lisanna in
poppanti e
impedì loro di continuare a combattere. Si lanciò
su tutte e tre,
per dar loro il colpo di grazia, ma Elfman, Macao e Wakaba
intervennero per difenderle. Macao e Wakaba vennero improvvisamente
trasformati in vecchi, ma questo non impedì loro di usare
comunque
la propria magia e riuscire a difendere le ragazze. Su Elfman invece
la magia di Ebe non funzionò, probabilmente
perché il Take Over
sulle bestie in qualche modo lo proteggeva. Afrodite, benché
avesse
una magia abbastanza inutile al combattimento, riuscì lo
stesso a
tenere testa a Evergreen con il corpo a corpo e anche se veniva
colpita e ferita in pochi istanti si rimarginava. Anche se Fairy Tail
si trovò comunque in svantaggio, in un primo momento,
qualche colpo
riuscirono a tirarlo ma tutti poterono presto notare come questo
fosse inutile. Le ferite dei loro nemici si rimarginavano in pochi
secondi, con la stessa luce bluastra che ben conoscevano grazie a
Priscilla.
«Ma
che hanno questi tizi?» lamentò Droy, guardando
terrorizzato Ebe
rimettere a posto il proprio collo dopo un brutto colpo.
«Sono
come Priscilla!» urlò Fried, impegnato a lottare
contro le copie di
fango di Ilizia. «Sono stati creati con la magia, possono
rigenerarsi!»
«Cosa?!»
urlò Levy, spaventata.
«Ma
allora sconfiggerli è impossibile!»
piagnucolò Jet, fermandosi per
riprendere fiato mentre Hermes ancora correva in giro senza sosta e
con molta più energia e velocità sua.
«Un
attimo...» si fermò Gray un istante. «Ma
se quella non era la vera
Priscilla... lei dov'è?»
Non
terminò nemmeno la domanda, i fulmini di Laxus esplosero
all'interno
della gilda, sfondando il tetto e gran parte del muro. Lui e Ares
avevano cominciato a combattere non appena Laxus aveva riaperto gli
occhi, pugno contro pugno, forza contro forza, e più erano
andati
avanti più il loro potere aveva fatto tremare il pavimento.
Laxus,
tenendo ben fermo Ares per il collo, lo trascinò con
sé dentro uno
dei suoi fulmini fin fuori dalla gilda, sfondando il muro.
Atterrò
al suolo e lo trascinò su di esso per decine di metri, prima
di
saltare via, finito lo slancio. Ansimando per la fatica, si
pulì il
sangue dalla bocca e guardò furioso Ares che ancora una
volta si
rialzava sghignazzante. Nonostante la sua forza fosse estrema e
certamente al di fuori della portata di un umano, amplificata dalla
sua magia, non era comunque riuscito a uscire del tutto indenne dalla
furia del mago più forte di Fairy Tail. Graffi e ferite su
tutto il
corpo erano intente a rimarginarsi, ma comunque erano state
procurate.
«Niente
male» ridacchiò Ares, rialzandosi. «Era
quello che speravo».
«Ti
piace farti prendere a calci? Posso andare avanti tutto il giorno, se
ci tieni» ringhiò Laxus, caricando uno dei suoi
pugni con
l'elettricità e Ares scoppiò a ridere prima di
urlare: «Dio,
quanto mi stai sul cazzo!»
«Mi
sembravi più furbo e intelligente quando fingevi di essere
buono»
disse Laxus e ancora caricò contro di lui con tutta la
rabbia che
aveva in corpo. Pugno contro pugno, l'aria stessa vibrò per
l'incredibile potenza che i due uomini si riversavano addosso.
L'elettricità di Laxus si diffondeva sul corpo di Ares,
portandolo
comunque a irrigidirsi e risentirne, ma la forza fisica di Ares era
superiore alla sua e anche Laxus ne risentiva a ogni colpo.
Ciò
nonostante nessuno dei due sembrava intenzionato a mollare.
«Dimmi
dove l'avete nascosta!» urlò ancora Laxus, prima
di lanciare su di
lui uno dei suoi attacchi migliori: la morsa del drago del
fulmine.
«Neanche
vi siete accorti che era un falso e ora pretendete di averla per voi?
Ipocriti!» urlò Ares, rialzandosi e colpendo
l'uomo al mento.
«Non
vi permetterò di farle del male!» urlò
Laxus, roteando a mezz'aria
e fermando la sua caduta con mani e piedi contro il terreno.
Aprì la
bocca e lanciò il ruggito del drago contro il suo
avversario, che
riuscì con un salto a schivare il colpo.
«Farle
del male?» scoppiò a ridere Ares. «Siamo
la sua famiglia, non
preoccuparti, ci prenderemo cura di lei».
«La
sua famiglia?» Laxus tremò per la
rabbia. «Siamo noi la sua
famiglia» digrignò i denti. «Sono io
la
sua famiglia!»
«Tu?!»
ruggì Ares, atterrando su di lui con un piede e
approfittando dello
slancio per dargli un calcio. Laxus riuscì a proteggersi con
un
braccio ma ancora una volta il colpo fu carico di una potenza tale
che il terreno ai suoi piedi si incrinò.
«Tu
non hai fatto altro che farla soffrire per tutta la vita! E ancora
non riesci ad accettarlo...» urlò tornando a
tirare pugni contro di
lui. «Non riesci ad accettare che sia diversa! Distogli lo
sguardo
dalle sue ferite, non è forse così?»
E
quella verità fece più male di quei colpi da cui
si stava
difendendo con rabbia e tenacia. Era vero, riuscire ad accettare che
per tutta la vita aveva vissuto una menzogna, che aveva vissuto
accanto a qualcuno che non conosceva appieno, ancora non era facile.
Ma non per lei, per se stesso. Sapere che per anni non era mai stato
in grado di accorgersi, di ricordare, chi e cosa fosse realmente...
che razza di fratello era? Che razza di uomo pretendeva di essere?
Odiava le sue ferite, ne distoglieva lo sguardo, perché
continuavano
a ricordargli quanto vile e bastardo, quanto cieco ed egoista, era
stato in passato.
«Non
pensi forse che sarebbe stato molto meglio se fosse stata umana? Se
fosse stata come voi?» urlò Ares, caricando
l'ennesimo pugno, ma
con sua estrema sorpresa quello di Laxus arrivò prima del
previsto.
Lo colpì dritto in faccia, sfondando con rapidità
la sua guardia,
ma fu soprattutto il suo sguardo a ferire di più il suo
orgoglio, ad
animare quel misero sentimento della paura e della sconfitta.
Quell'uomo... quel misero, debole e sciocco umano era in grado di
tenergli testa e forse poteva addirittura sconfiggerlo. Lui,
l'immortale dalla forza sovrumana… poteva davvero essere
schiacciato da un essere umano?
«Come
osi dire una cosa del genere?» ringhiò Laxus dando
a quel pugno la
forza necessaria ad atterrare il suo avversario. Dietro di lui le
pareti della gilda tremarono e infine il muro stesso venne sfondato
da un soffio di fuoco inarrestabile. I membri di Olympos volarono
allesterno, chi più o meno bruciato, mentre la voce di Natsu
si
faceva sentire nel suo furioso: «Ridateci indietro
Priscilla!»
Dalle
fiamme di Natsu, chi più o meno ferito, almeno
metà dei membri di
Fairy Tail uscirono e raggiunsero i loro avversari ora stesi nel
cortile. Sul volto avevano lo sguardo furioso di chi non si sarebbe
arreso nemmeno alla morte e non gliene importava niente se ancora una
volta le ferite dei loro nemici erano tornate a rimarginarsi.
Avrebbero lottato ancora e ancora, fino a che non si sarebbero
stancati persino di rialzarsi.
«Avete
rapito una nostra compagna» Erza strinse i pugni.
«E avvelenato il
nostro Master. Vi faremo pentire di essere immortali, pregherete
affinché la morte possa portarvi via da tutto
questo».
«Avete
scelto gli avversari sbagliati» gli diede corda Gray,
schioccandosi
le dita delle mani. Ares, di fronte a Laxus, tornò
nuovamente ad
alzarsi anche se ansimante e ricoperto di ferite. Sogghignò
ancora,
pulendosi del sangue dal naso con una strusciata di polso.
«Adesso
comincio veramente a divertirmi» confessò,
puntando nuovamente gli
occhi a Laxus.
«Ares»
l'improvvisa voce imperativa di Athena lo sorprese e lo costrinse a
voltarsi, cercando la donna. Di fianco a lei camminava, ora dritto e
senza nessun problema apparente, anche Zeus dimostrando così
che
anche la faccenda del vecchio in fin di vita era tutta una finta.
Dietro di loro Eris camminava con le mani nelle tasche e infine,
ancora dietro, Priscilla avanzava a testa bassa e gli occhi coperti
dall'ombra dei propri capelli.
«Pricchan!»
chiamò Laxus, sorpreso e felice di vederla tutta intera.
«Priscilla...
stai bene?» chiese anche Erza avanzando di un passo.
«Ares...»
chiamò ancora Athena. «Adesso basta. Hanno detto
che rivogliono la
loro compagna».
Ares
sputò a terra, contrariato, ma si alzò e
lentamente si allontanò
da Laxus.
«Che
scocciatura» mormorò infastidito, mentre Eris e
Zeus si facevano da
parte per permettere alla ragazza alle loro spalle di passare.
Priscilla alzò la testa e si guardò attorno come
se avesse aperto
gli occhi solo in quell'istante, sorpresa e anche un po'
spaventata.
«Dove...
come...?» mormorò confusa.
«Ti
abbiamo riportata a Fairy Tail, Priscilla» disse Zeus,
permettendo
alla ragazza di avanzare.
«Priscilla-nee!»
chiamò Wendy, correndo rapidamente verso di lei.
«Cosa
le avete fatto, si può sapere?» ruggì
Gray furioso, mentre anche
Lucy e Cana correvano verso la ragazza insieme a Wendy.
«A...
Fairy... Tail?» mormorò ancora Priscilla,
camminando lenta verso le
tre che le correvano incontro. «Ah già»
disse infine con una nuova
e strana luce negli occhi.
«Aspettate!
Lucy!» gridò Erza, ma non fece in tempo. Un'enorme
folata di vento
colpì tutte e tre le ragazze di Fairy Tail e le
scaraventò via,
spingendole a terra.
«Ma
che...?» chiese Evergreen, ma non fece in tempo a terminare
la frase
che l'aria intorno a loro iniziò a rombare furiosa con tale
forza
che costrinse tutti ad aggrapparsi a qualcosa e proteggersi il viso
da ciò che veniva sollevato da terra e lanciato loro
contro.
«Fairy
Tail...» mormorò ancora Priscilla, mentre il suo
viso si scuriva
sempre più. Gli occhi accecati di una strana follia e la
rabbia
manifestata in quel tornado che ora avvolgeva sia lei che la gilda.
«La mia vecchia casa» disse con una voce quasi
spettrale. «La casa
che non mi ha voluta. La casa che mi ha abbandonata e sempre
disprezzata per quel che sono».
«Ma
che dice? Noi non l'abbiamo mai disprezzata!» disse Lucy,
aggrappata
a Natsu per evitare di essere trascinata via.
«Priscilla-nee,
torna in te, ti prego! Siamo la tua famiglia!»
urlò Wendy,
inutilmente.
«Me
la pagherete, me la pagherete cara!» ruggì lei,
aumentando
l'intensità del proprio vento. Sentì, nonostante
tutto, dei passi
al suo fianco e si voltò appena in tempo per veder arrivare
Laxus
verso di lei. Correva, combattendo contro la forza del suo vento, e
la stava per raggiungere. Allungò un braccio verso di lui e
gli
sparò contro bolle di aria compressa che non solo lo
colpirono
violentemente, ma lo allontanarono nuovamente. «Io volevo
solo
essere come voi» digrignò i denti. «Ma
non mi avete mai accettata.
Non mi mettevate mai al vostro stesso piano!»
insisté sempre più
furiosa e accecata dall'ira. L'urlo di Natsu arrivò di
fronte a lei
e vide anche il secondo Dragon Slayer correrle incontro, con un pugno
infuocato. «Torna in te!» ruggì,
preparandosi a colpirla, ma il
vento gli soffiò contro e spense il suo fuoco. Si
piegò, schivando
il colpo, e dandosi slancio con un piccolo tornado colpì
Natsu con
un pugno in pancia. Lo sbalzò via, facendolo rotolare per
terra, e
Efesto corse nuovamente verso di lui. Un calcio, un pugno e
tornò ad
assorbire completamente la sua attenzione.
«La
fermo io!» annunciò Gray preparandosi a congelare
il terreno, ma
uno spirito di Persefone sbucò da sotto ai suoi piedi e lo
colpì,
tramortendolo. Bickslow intervenì nuovamente, l'unico che
avesse
qualche speranza di vincere contro degli spiriti, e di nuovo anche
Dike, Nemesi e tutti gli altri tornarono in piedi, pronti a
combattere.
«È
stata Eris, Laxus!» gridò Fried, prima di tornare
a impegnarsi
nella battaglia. «Può manipolare le
emozioni! Ha usato le
paure di Priscilla» disse.
Erza,
non appena sentì nominare la ragazza e capì che
la colpa era sua,
si lanciò verso di lei iniziando a schivare gli attacchi
degli altri
membri di Olympos. Eris sghignazzò, imbracciò la
propria gigantesca
spada e corse incontro al nemico temeraria e per niente intimorita.
La spada di Erza e quella di Eris si scontrarono provocando scintille
nell'aria, ma nessuna delle due ebbe la meglio in quel primo colpo e
fecero un salto indietro prima di tornare a lottare. Spada contro
spada, ad armi pari, le capacità spadaccine di Eris erano
veramente
incredibili e questo diede ad Erza qualche difficoltà.
«Perciò
sei tu la causa?!» ringhiò Erza, all'ennesimo
colpo.
«Non
ho fatto altro che liberare la gabbia del suo Nirvana, è
tutta opera
sua in realtà» sghignazzò Eris,
schivando l'ennesimo colpo.
«Rabbia, paura, gelosia, pazzia, invidia, passione... tutta
la sua
oscurità era rinchiusa dentro la bolla di Nirvana, mi
è bastato
poco per farla esplodere. Ora è completamente nera, nera
come la
pece, accecata dalla follia e l'odio»
sghignazzò.
«Falla
tornare normale!» ordinò Erza.
«Impossibile!
Ormai è una dei nostri!» disse Eris, per niente
intimorita. «Non
esiste colore al mondo che sia in grado di sopraffare il nero. Una
volta macchiata, un'anima non tornerà mai come prima.
È la legge
dei colori!»
«Pricchan!»
chiamò Laxus, spostandosi di dosso una trave e cercando di
rimettersi in piedi. «Ascoltami, devi calmarti!»
tentò di dirle,
ma restò inascoltato e il vento di Priscilla si fece tanto
intenso
che pezzi della gilda vennero risucchiati verso l'alto, smantellati,
distrutti e fatti sparire nel cielo. Lisanna, Laki e Kinana, ancora
infanti, vennero quasi trascinate anche loro ma fu Elfman a prenderle
al volo ed aggrapparsi a qualcosa per evitare di perderle anche se
con gran fatica. Droy si aggrappò a una trave, Jet prese il
suo
piede, Gajeel piantò i propri piedi di ferro al suolo e
tenne
stretta Levy a sé per evitare che subisse la stessa sorte.
Happy,
Charle e Lily provavano inutilmente a lottare contro quella forza
usando la propria magia, con grande sforzo. Evergreen tenne stretta a
sé Mirajane, ancora moribonda per la magia di Eirene, mentre
Fried
teneva il Master svenuto e ancora ammalato.
«Pricchan,
fermati!» disse ancora Laxus e provò nuovamente a
correrle
incontro. «Sono Laxus, sono io!» provò a
chiamarla, nella speranza
che sentir pronunciare il suo nome avrebbe sortito qualche effetto.
Priscilla finalmente mosse lo sguardo e lo puntò su di lui,
ma ciò
che vi lesse dentro non fu niente di piacevole. Odio, profondo odio e
follia.
«Laxus»
sibilò. «È colpa tua. È
tutta colpa tua...» disse con voce rotta
dal dolore e dalla rabbia. Il vento cessò improvvisamente,
lasciando
finalmente andare i membri della gilda e macerie che cominciarono a
schiantarsi pericolosamente al suolo. Si lanciò infine
contro di
lui, spinta dal suo vento, e gli ruggì contro un attimo
prima di
colpirlo con un pugno: «È colpa tua se sono venuta
al mondo!»
"Sono
stata creata per te"
nonostante avesse fatto pace da tempo ormai con quel passato,
tornò
lo stesso a fare male più del pugno da cui Laxus si fece
colpire.
Piantò i piedi a terra e nonostante il dolore del colpo,
restò lo
stesso in piedi.
«È
colpa tua... la mia condanna. Sei la mia condanna»
ringhiò lei.
"Sei
la mia ragione di vita, il motivo per cui sono venuta al mondo"
era esattamente la stessa storia, ma con parole molto diverse.
Priscilla caricò ancora, si avvolse nel vento e
tornò a colpire,
furiosa e impazzita, con pugni e calci potenziati dal vento. Laxus
cercò semplicemente di pararli, ma non reagì a
nemmeno uno di
questi e finì lentamente col cedere. All'ennesimo calcio
cadde
addirittura a terra, tremante.
«E
a te non importava...» ruggì lei, ancora
più nera di rabbia. «Non
importava mai niente. Sorridevi... sorridevi sempre come se niente
fosse. E poi mi colpivi con tutta la furia che avevi e mi facevi
male. Mi hai sempre fatto un gran male, maledetto!»
insisté e tornò
a colpirlo con calci sempre più forti, mentre Laxus,
lamentoso per
il dolore, non faceva che subire e starsene immobile.
«Maledetto!»
ringhiò ancora e colpì con tutto ciò
che aveva. Pressione,
ascensione, discensione, ogni sorta di magia in grado di infliggere
ferite le usava e le riusava. «Ma ora te la farò
pagare» sogghignò
e tenendolo alzato a mezz'aria, facendolo volare, cominciò a
colpirlo con forza e insistenza con pugni e calci caricati
all'inverosimile dalla potenza della propria aria. «Ti
ucciderò
come tu hai sempre ucciso me. Vedrai cosa si prova a morire, Laxus.
Morire lentamente, per mano di chi ami, ogni singolo giorno. Ti
ucciderò...» un altro sorriso e inutili furono le
voci di supplica
dei suoi amici alle sue spalle, ancora impegnati e trattenuti dal
resto della gilda Olympos.
«Laxus!»
chiamò Fried, disperato.
«Perché
non contrattacca? Che lo scontro con Ares l'abbia stremato?»
chiese
Bickslow, altrettanto preoccupato di vedere il loro amico e leader
non alzare nemmeno un dito se non per provare a difendersi.
«No,
lui...» mormorò Evergreen, mordendosi un labbro
per il dolore. «Non
vuole farle del male».
«Che?!»
sussultò Bickslow.
«Non
mostra emozioni, ma le parole di Priscilla lo stanno ferendo
realmente. Anche se è acqua passata, non riesce a
dimenticare»
mormorò Fried, preoccupato.
«Tu...
tu sei mortale» disse Priscilla, con una strana euforia e
follia
negli occhi. «Perciò puoi morire. Tu puoi
morire» sghignazzò. «E
io ti ucciderò» ancora dei colpi di aria compressa
lo travolsero
con tale forza da creare in più punti del suo corpo lividi e
contusioni. Lo sentì lamentarsi, ma il volto ancora coperto
dalle
braccia per proteggersi banalmente nascosero la sua espressione di
sofferenza.
«Laxus
devi fermarla!» urlò Fried, prima di trovarsi
nuovamente coinvolto
nella battaglia contro Ilizia.
Laxus
venne ancora lanciato via, sbattuto per terra più e
più volte e
infine lasciato sull'asfalto. Piantò le mani a terra e
tremò mentre
cercava di rialzarsi, tanto affaticato da ansimare e perdere gocce di
sudore dalla fronte.
«Laxus!
Fa' qualcosa!» gridò anche Evergreen, prima di
essere colpita da
una sghignazzante Afrodite.
«Ci
sto provando!» ruggì lui, furioso. Le braccia
continuamente tenute
contro il volto per proteggersi, nessuna parola detta, e solo in quel
momento, all'ennesimo richiamo, era riuscito a manifestare
ciò che
stava accadendo in lui in quell'istante. Ciò che provava...
era solo
rabbia e terrore. «Lo so bene... lo so bene che devo
fermarla. Ma
tutte le volte che provo a...» la voce gli morì in
gola e i muscoli
tremarono ancora di più. «Vedo quel
sorriso» sibilò con quel poco
di voce che riusciva a usare. Si accasciò lentamente, fino a
poggiare la fronte a terra e tutto ciò che riuscì
ancora a
pronunciare fu un disperato: «Maledizione...»
Quel
sorriso, il sorriso di una Priscilla morente mentre veniva uccisa dai
suoi colpi finali. Il sorriso che, a volte rigato di sangue, gli
diceva "sta' tranquillo". Come poteva stare tranquillo?
Come poteva trovare pace nel cuore, quando scopriva cosa le faceva?
Come poteva accettarlo e amarlo nonostante tutto? Aveva ragione, la
Priscilla folle che continuava a sfogare la sua rabbia in pugni e
calci aveva perfettamente ragione. Lui non era la ragione della sua
vita, lui era da sempre la sua condanna. Lo era sempre stato.
Eppure...
"Mi
insegnasti a vivere, a provare dei sentimenti".
Priscilla
lo sollevò da terra, chiudendolo in una bolla
d'aria.
"La
magia nasce dal cuore e la magia è ciò che mi da
la vita".
Lo
fissò con quei suoi occhi ora colmi di una follia che non le
apparteneva, ma di cui era accecata. Tutti i dolori di una vita, le
sofferenze, ogni cosa era riemerso come un sottomarino portando con
sé tutto ciò che aveva celato fino a quel
momento. Le onde che ne
aveva provocato, non facevano che investirlo e affogarlo.
Eppure...
"Ce
l'hai fatta... mi hai liberato".
Eppure
se al mondo c'era qualcuno che poteva dire di averle veramente dato
il dono della vita, per ciò che era realmente, quello era
lui. Suo
padre aveva creato una macchina, lui l'aveva resa umana. E non gli
importava niente se in lei scorreva magia bianca, nera, o un'anima
vera o finta. Lei era Pricchan. Solo... Pricchan.
«Ti
ucciderò» decretò lei infine e avvolse
la bolla d'aria in cui
aveva chiuso Laxus con un incantesimo, il più pericoloso che
avesse
mai imparato. Il controllo molecolare, la deprivazione dell'ossigeno,
che avrebbe portato chiunque intrappolato all'interno della sua bolla
a morire soffocato, senza via di scampo.
Ma
Laxus sorrise.
A
braccia aperte, bloccato nella sua presa, di fronte al suo attacco
peggiore... semplicemente sorrise. Come aveva sempre fatto lei. Quel
sorriso delicato, amorevole, che non recriminava niente e che
semplicemente sussurrava delicato "sta' tranquilla". Perché
alla fine non era colpa sua. E ora lo sapeva, sapeva cosa significava
trovarsi dall'altra parte, essere colpito a morte dalla persona che
più si amava. A lungo si era chiesto cosa avesse spinto
Priscilla a
non odiarlo, per quello, e finalmente trovava risposta
perché ora
che toccava a lui... non riusciva a fare altro che sorriderle,
rassicurarla. Sarebbe andato tutto bene, sapeva che non era colpa
sua.
"Mi
occuperò io di te".
E
i suoi demoni scomparvero mentre lentamente sentiva l'aria mancargli,
i polmoni bruciare, il petto gonfiarsi sempre più,
disperato, in
cerca di un'aria che lei aveva deciso di togliergli definitivamente.
La vista si annebbiò, cominciava a perdere i sensi, non
riusciva a
respirare e questo lo faceva impazzire ma riuscì comunque a
restare
calmo... e guardarla, fino a quando avrebbe avuto
possibilità di
farlo.
Sorrise.
Semplicemente.
Così
che quando lui sarebbe morto e lei sarebbe magari tornata in
sé
avrebbe saputo, avrebbe avuto la certezza, che lui non
l’aveva mai
odiata, che non l’aveva colpevolizzata. Che l’aveva
amata fino
all’ultimo istante.
Priscilla
si toccò una guancia, sorpresa, sconvolta a dir il vero.
Trovò le
dita umide, come le proprie guance, ma non riuscì a
comprenderle. Da
dove arrivavano quelle lacrime, adesso?
«Piangi?
Per me?» ridacchiò Laxus con quel poco di forza
che gli restava.
"Pricchan...
se io dovessi morire, almeno in quell'occasione, riusciresti a
versare una lacrima?"
una voce, un ricordo, un pensiero. Di chi era? Da dove arrivava?
«Dunque
sei ancora... la mia piccola Pricchan» mormorò e
la testa infine
gli cadde in avanti, mentre alle sue spalle i suoi compagni gridavano
disperati il suo nome.
«Pri...»
mormorò Priscilla, ma la voce le morì in gola
mentre un'improvvisa
ondata di immagini e parole le travolsero la mente. I temporali da
cui si nascondeva, chiusa nell'armadio, insieme a Laxus che la
stringeva e la rassicurava. Le storie, i libri che lui comprava
sempre solo per lei, per portarglieli. Le sere stesi di fronte al
camino, mentre lui leggeva e le insegnava a distinguere le lettere.
Le sue lacrime, quando scopriva la verità, un attimo prima
che
dimenticasse ancora. Le visite continue che faceva in camera sua,
quando sapeva che lei aveva l'influenza. I giochi, le storie, gli
abbracci, le innumerevoli volte che si metteva di fronte a lei a
braccio teso per proteggerla da qualcosa, che fossero animali o
qualche stupido bulletto. E un funerale, sotto la pioggia, quando
nascosti dietro a una Mirajane e un Elfman in lacrime non avevano
fatto altro che stringersi la mano, come a volersi supplicare di non
lasciarsi mai.
«Vieni
Pricchan, ti porto a vedere il nido che ho trovato ieri!»
la sua voce di bambino, mentre saltellava in una foresta. Da un sasso
a un altro, era ancora tanto piccolo che rischiava di cadere ad ogni
passo, e lei non aveva ancora imparato granché della vita.
Però lo
seguiva volentieri, era piacevole, lo faceva già da
così tanto
tempo.
«Laxus...»
un dubbio, che da tempo la tormentava e che finalmente aveva deciso
di chiedere. «Che
cos'è una Pricchan?»
«Che
cosa...?»
aveva mormorato Laxus, divertito da quella domanda, quasi derisorio.
Aveva fatto un passo indietro e le si era avvicinato, per poi darle
un tenero buffetto sul naso. «Sei
tu, stupidina!»
Aveva riso.
«No...»
aveva mormorato confusa. «Io
sono Priscilla, non una Pricchan».
«Lo
so bene!»
aveva riso ancora. «Ma...
ecco... Ho sentito un amico di papà dire una volta che il
nome
Priscilla ha un significato così crudele. Non so quale sia,
a dire
il vero, ma non mi piace. Priscilla... è così
freddo... e triste. E
tu non devi essere triste, mai! Questa è la mia promessa!»
«Che
cosa significa essere triste?»
aveva chiesto lei, ancora ingenua e curiosa.
«Essere
triste...»
ci aveva riflettuto qualche istante per poi spiegare, diligente e
attento a rispondere ad ogni sua curiosità: «Essere
triste significa che ti fa male il cuore, che ti bruciano gli occhi e
che ti escono le lacrime! Quando succede vuol dire che sei triste. Ti
è mai capitato?»
Il
cuore in fiamme, gli occhi brucianti e le lacrime che uscivano
incontrollate. Non solo l'aveva provato decine di volte, quando da
piccola suo padre aveva avuto il pieno potere e controllo sulla sua
vita, quando aveva combattuto contro suo fratello, ma tornava
ancora... a distanza di anni. Si era dimenticata di nuovo cosa
significasse essere triste. Dunque quelle lacrime che ora, di fronte
a un Laxus morente, le erano uscite dagli occhi senza apparente
motivo, avevano in realtà un significato. Lei era... triste.
«La
mia piccola Pricchan non è mai triste, ma sorride sempre! Ed
è
sempre felice! Per questo ti ho dato questo soprannome: trasmette
allegria perché sembra il verso di un animaletto».
Il
verso di un animaletto.
«Allora...
ti piace? Vuoi essere la mia piccola Pricchan?»
«Pri…
chan» mormorò tremante e si premette ancora le
dita sulle guance
fradice di lacrime, mentre dal suo volto spariva ogni cenno
dell'espressione furiosa che l’aveva accecata fino a quel
momento.
"Se
io morissi..."
«Laxus»
sibilò con un filo di voce, strozzata.
«Che
succede?!» gridò Eris, voltandosi improvvisamente
verso di lei. Il
nero della sua anima, quell'oscurità pece che aveva
rilasciato dal
Nirvana residuo che aveva trovato, si ritirò improvvisamente
e
spontaneamente. Qualcosa di incredibile, che mai avrebbe potuto
nemmeno immaginare. Non esisteva al mondo colore capace di sovrastare
il nero, eppure, in quel momento, il miracolo stava avvenendo.
Un'esplosione di colori, un vero e proprio arcobaleno, e il Nirvana
color pece si restrinse immediatamente tornando ad essere la bolla
piccola, quasi invisibile, che era stata all'inizio. La bolla d'aria
in cui Laxus era imprigionato si dissolse all'istante e lui cadde nel
vuoto, ora libero di respirare ma privo di sensi. Priscilla lo
accolse tra le braccia e lo sorresse, inginocchiandosi a terra per lo
sforzo. Lo strinse a sé e rovesciò su di lui
urla, lacrime e
singhiozzi incessanti.
«Non
va» commentò Ares allarmato, facendo un passo
avanti.
«Si
è liberata dall'incantesimo di Eris!» disse
Athena, sistemandosi
gli occhiali sul naso e evocando un paio di libri da cui lesse
rapidamente informazioni. «Com'è possibile una
cosa del genere?»
«È
lo stesso potere usato per liberarsi dal controllo di Ivan»
commentò
Zeus, aggrottando le sopracciglia.
«Che
razza di potere è?» chiese Athena, irritata e per
la prima volta
agitata. Il non avere risposte, il non sapere, la rendeva inquieta e
nervosa.
«Un
potere che non si impara dai libri, a quanto pare»
mormorò
osservando Priscilla inginocchiata a terra, col corpo esanime di
Laxus appoggiata a sé, alla sua spalla, contro cui
continuava a
piangere disperata mentre lo stringeva e lo accarezzava.
«Ares!»
chiamò lui. «Il piano è cambiato, farla
dei nostri è stato un
errore. Distruggi lei e questi schifosi umani».
«Ricevuto»
commentò lui e a passi pesanti si avvicinò alla
ragazza, ma
un'improvvisa folata di vento lo colpì. Non cedette, la sua
forza
fisica era superiore a ogni cosa e mentre almeno
l'elettricità di
Laxus poteva perlomeno scalfirlo, il vento di Priscilla non gli
avrebbe fatto che il solletico. Sogghignò, per niente
intimorito e
proseguì verso di lei, ma improvvisamente si
bloccò colto da uno
strano timore. Gli occhi di Priscilla si erano riaperti e ora lo
fissavano con una furia che mai aveva visto in nessun'altro. Una
bolla d'aria compressa gli esplose all'altezza dello stomaco e per
quanto Ares vantasse la forza muscolare degna di un Titano quel
misero colpo riuscì comunque a togliergli il fiato e
destabilizzarlo.
«Che...
cazzo...?» sibilò, respirando ad ampie boccate.
«Come
avete osato?» ringhiò Priscilla a denti stretti.
«Come avete
potuto usarmi per far del male alla mia famiglia?» centinaia
di
piccoli tornadi cominciarono a scendere dal cielo e uno a uno
colpirono tutti i soldati di fango di Ilizia, decimandoli in poco
tempo. Un altro raccolse la nebbia di Dike, risucchiandola al suo
interno, e così intrappolò anche lei. Altri
scesero contro Nemesi,
Eunemia, Dioniso, Ebe ed Efesto, colpendoli e intrappolandoli. Un
urlo dopo l'altro, i membri di Olympos venivano sottratti alla loro
battaglia, bloccati e immobilizzati. Alcuni riuscirono a sfuggirle,
Hermes con la sua grande velocità ad esempio, Eris per la
sua
prestanza e agilità, Persefone in quanto Spettro o Eunomia
riusciva
ancora a imprimere ordini nonostante la sua difficoltà,
usando i
membri stessi di Fairy Tail come soldati contro il resto dei loro
compagni, ma comunque il suo intervento fu decisivo. Fairy Tail
tornò
a combattere più furiosa e decisa di prima, ignorando le
ferite dei
loro nemici che continuavano a rigenerarsi, aggrappandosi
all'evidenza che prima o poi avrebbero consumato del tutto la loro
magia e si sarebbero arresi. Fried e Evergreen riuscirono a liberarsi
dai loro scontri e corsero verso Priscilla, preoccupati per Laxus che
ancora non accennava a muoversi o aprire gli occhi. Ares, ora furioso
più che divertito, tornò a caricare, deciso a
stendere lei e Laxus
una volta per tutte, ma altri tornadi scesero dal cielo e puntarono
con la propria punta verso di lui. Ne schivò due, poi tre,
poi
quattro ma il quinto lo centrò in pieno e per quanto si
trattasse
solo di aria lo crivellò comunque come fosse stato un
trapano.
«Che...
diamine?» si chiese, guardando la propria ferita al braccio
perdere
sangue. Diede uno sguardo più attento al tornado che lo
aveva
colpito e notò al suo interno infinite schegge di ghiaccio
che
roteavano e che sulla punta si concentravano formando una vera e
propria punta aguzza.
«Che
cos'è? Ghiaccio?» chiese, confuso.
Priscilla
lasciò delicatamente andare Laxus, affidandolo a Fried, e si
avvicinò al proprio avversario avvolta lei stessa dal un
vento
furioso che le faceva svolazzare in maniera sinistra capelli e
vestiti. Contrasse il braccio sinistro e lo distese con un colpo
secco, come se avesse dato un colpo di frusta, e in quel gesto lo
strato superficiale di pelle parve sparire come polvere lasciando il
posto a un braccio completamente di ghiaccio.
«Il
dono di un amico» rispose lei. «Il desiderio di
salvare una vita,
l'affetto che lega le persone. Hai idea di cosa io stia dicendo...
Ares?» chiese provocatoria, prima di muovere ancora il
braccio di
ghiaccio in linea orizzontale. Una bufera si scatenò al suo
gesto,
un vento talmente gelido da congelare l'acqua presente nell'aria e
renderla brina, neve e grandine che lanciò violentemente
contro il
suo avversario. Ares alzò le braccia per cercare di
difendersi, ma i
proiettili formati erano tanto piccoli e affilati che riuscirono ad
aprire decine di squarci nella sua pelle. Anche se li rigenerava,
altri, costantemente, ne venivano aperti da quella bufera che non
sembrava avesse avuto intenzione di fermarsi. Avrebbe probabilmente
continuato a colpirlo fino a che lei sarebbe rimasta in piedi.
Digrignò i denti, irritato, e infine furioso tirò
indietro il
braccio. Il bicipite si gonfiò mostruosamente, mentre
urlando
caricava uno dei colpi più forti che avesse mai scagliato, e
infine
tirò il proprio pugno in avanti colpendo l'aria stessa. Fu
solo
l'onda d'urto a essere sprigionata, ma fu tale da contrastare quella
bufera di grandine e arrivare fino a Priscilla, colpendola. Venne
scagliata all'indietro, ma restò comunque tesa nella sua
posizione
difensiva e usando ancora il proprio vento riuscì a fermarsi
e
rimettere i piedi a terra.
«Non
hai usato questo potere poco fa» ringhiò lui,
accecato dall'ira.
«Mi
avete macchiata, mi avete accecata, ma il mio cuore è sempre
rimasto
al suo posto e non ha mai smesso di battere in modo corretto, anche
se sigillato. Per questo ho pianto e per questo non ho usato nemmeno
un briciolo della mia vera forza per colpire i miei amici»
spiegò
Priscilla, prima di rialzarsi e cominciare a correre verso di lui
urlando: «Non lo capisci, Ares?».
Saltò,
si diede lo slancio col vento e arrivò contro l'uomo col
pugno
avvolto da un piccolo tornado caricando così il proprio
colpo. Pugni
e calci, cominciò a colpirlo con tutto ciò che
aveva con una
velocità incredibile e una potenza via via crescendo, ma
nessuno di
quei colpi scalfì nemmeno un po' l'uomo che aveva di
fronte.
«È
questa la vita! Nasce dal cuore, si ciba dei sentimenti, è
così che
io mi sono liberata dalle catene di mio padre»
continuò a urlare,
intenta a colpirlo.
«Sei
solo debole!» ringhiò Ares, infine, stufo. Un solo
pugno, gli bastò
un solo pugno e Priscilla cessò la sua scarica di colpi e
cadde in
ginocchio senza fiato, tenendosi la pancia ora livida. Ares
la
guardò solo qualche istante, dall'alto al basso, per poi
sogghignare
vittorioso. Mosse la gamba, le diede un violento calcio in pieno viso
e Priscilla cadde a terra. Il vento intorno a lei e soprattutto i
tornadi che avevano intrappolato alcuni dei membri di Olympos si
dissolsero, come effetto della sua coscienza annebbiata per il colpo
subito. Svenuta, o almeno così era sembrata. Non appena Ares
passò
oltre, diretto verso Laxus con chiari intenti omicidi, venne in
realtà afferrato. La tremante mano di Priscilla, ancora
stesa a
terra ma ancora forte abbastanza da non arrendersi, afferrò
la sua
caviglia e gli impedì di proseguire oltre.
«Che
stai facendo?» sibilò Ares, furioso. Tutto
quell'accanimento,
quella determinazione... era inspiegabile. Si voltò
nuovamente verso
di lei e le piantò un altro calcio dritto nella schiena,
schiacciandola a terra e facendola urlare per il dolore delle ossa
sicuramente frantumate. Tornò ancora sui propri passi,
intenzionato
ad andare a dare il colpo di grazia a Laxus, ma ancora una forza lo
trattenne per il piede. Un piccolo tornado gli si era attorcigliato
alla caviglia e lo teneva ben fermo a terra, mentre dentro di lui
continuavano a nascere schegge di ghiaccio che lo ferivano in
continuazione. Solo graffi, fastidiosi e infiniti graffi che
continuavano sempre a rimarginarsi. Con rabbia tirò via il
piede,
consapevole che la sua forza sarebbe bastata a liberarlo, ma con
sorpresa questo non avvenne. Priscilla, ricoperta di ferite e sveglia
per miracolo, alzò la testa e
sghignazzò.
«Sei
molto più duro di me» disse. «Ma non per
questo diverso.
Rimarginare le tue ferite consuma la tua magia, prima o poi la
finirai. Ti stai indebolendo e se continuerò a ferirti pian
piano
cadrai dalla fatica».
Ringhiando
come un animale furente, Ares roteò su se stesso restando
con la
caviglia impiantata nella trappola di Priscilla, e tentò di
colpirla
con l'altro piede. Il colpo attraversò una foschia, la sua
immagine
che venne immediatamente dissipata dal colpo, e scoprì solo
in quel
momento che era appena stato ingannato da un’illusione. Colpi
di
aria compressa gli esplosero dietro la schiena e ancora ghiaccio e
schegge si unirono, a creare di nuovo quei minuscoli tagli che non
gli facevano niente ma che portavano la sua magia a consumarsi sempre
di più. Tentò di voltarsi, di cercarla per
colpirla, ma non trovò
altro che aria e vento, freddo e ghiaccio, a imprigionarlo, a ferirlo
e indolenzirlo.
«Il
freddo intorpidirà i tuoi muscoli» disse ancora
Priscilla, nascosta
dal proprio Mirage, invisibile agli occhi. «Arrenditi, Ares.
Più
passa il tempo più ti indebolisci e se non puoi muoverti,
non puoi
colpirmi».
«Ti
stancherai anche tu, prima o poi» sogghignò Ares.
«Credi di
conoscere i miei punti deboli perché siamo uguali, ma
dimentichi che
questi sono anche i tuoi. Chi credi cederà prima? Questa
è una
battaglia di logoramento perché sei ben consapevole che se
mi
affrontassi a viso aperto perderesti. Ma anche tu sei stanca,
Priscilla. Hai immobilizzato solo un piede, in fondo»
ridacchiò e
in tutta risposta altro vento e altro freddo si abbatté su
di lui,
che nonostante il respiro pesante continuava a restare sempre ben
fermo e dritto. Si guardò attorno, attento e preciso,
cercandola
senza trovarla.
"Sa
che i miei pugni possono creare onde d'urto tali da colpirla anche a
distanza, per questo si è nascosta" rifletté, ma
non si sforzò
nemmeno di trovare un modo per sopperire alla mancanza. Sapeva che
Olympos aveva in realtà un grande vantaggio.
Zeus
alzò semplicemente un dito, verso il cielo, e dalla sua
punta nacque
l'oscurità. Fu come se tutta la luce della zona fosse stata
assorbita e risucchiata da quel dito, di loro non ne restò
che ombre
più o meno definite. E senza luce, il Mirage di Priscilla
non poteva
funzionare. Ares la vide, una sagoma nera che però era
perfettamente
riconoscibile, sollevata da terra dal proprio vento per evitare di
fare rumore, tremava per la fatica ma era ancora in forza abbastanza
da combattere. Tirò indietro il pugno, caricò
tutta la forza che
aveva e di nuovo colpì nient'altro che l'aria generando
un’onda
d'urto che, avanzando rapida, la colpì in pieno. La luce
tornò
appena in tempo per vedere Priscilla ancora una volta cadere a terra,
urlante per il dolore.
«Adesso
mi sono stufata, non mi importa se sei più forte di
noi» urlò
Evergreen, correndo verso Ares. «Non ti lasceremo uccidere
così i
nostri compagni!»
«Ever,
no!» urlò Priscilla, guardandola mentre preparava
il suo attacco.
Ares tirò nuovamente indietro il pugno e con un sorriso
sadico si
preparò a colpirla con tutta la forza che aveva. Il vento
soffiò
sotto Priscilla e le diede lo slancio per arrivare in tempo, spinse
via la sua amica e il colpo di Ares centrò nuovamente lei.
Ma questa
volta non cadde a terra. Il braccio di ghiaccio era teso davanti al
proprio viso, incrinato, cadeva a pezzi in più punti. Le
ossa rotte,
ma la sua magia era ciò che la teneva in vita e
ciò su cui avrebbe
fatto affidamento per restare in piedi. Il vento la teneva dritta,
guidava i suoi movimenti, la muoveva come una bambola e la teneva in
piedi.
«Avresti
potuta ucciderla con un colpo simile» ringhiò,
notando un pezzo di
ghiaccio del suo braccio cadere a terra in frantumi.
«Era
quello che speravo» ridacchiò Ares. «La
morte... per un immortale
come me che mai ne conoscerà il sapore è qualcosa
di tanto
affascinante, quanto esilarante. Bramo vederla sul volto dei miei
nemici, scoprire ciò che essa ne comporta, non è
curioso?»
«Sei
ancora solo un bambino» disse Priscilla, irritandolo per il
velato
insulto. «Giochi a uccidere le formiche per sentirti
onnipotente,
per scoprire il significato di qualcosa che è infinitamente
lontano
da te. Tuo padre... tuo padre è stato anche più
crudele del mio».
«Tch»
sputacchiò Ares e sempre più furioso
cercò di colpirla con un
pugno, per farla stare zitta, ma lei con una velocità
sorprendente
viste le sue condizioni riuscì a schivarlo.
«Non
hai mai avuto paura di morire» continuò lei,
schivando altri dei
colpi di Ares ora incredibilmente rallentati visti la
quantità di
magia spropositata che aveva usato fino a quel momento.
«Credi che
sia qualcosa che non ti appartenga e se non sai cosa significa morire
allora non sai cosa significa vivere. È per questo che voi
non siete
ancora liberi, mentre io sì. Non siete immortali, Ares...
non siete
immortali perché non siete nemmeno vivi. Siete solo
marionette».
«Sta'
zitta!» ruggì lui provando disperatamente a
colpirla, senza
riuscirci.
«Burattini»
sussurrò lei, schivando l'ennesimo colpo. Un tornado scese
dal
cielo, il rumore di un ruggito, il rombo di un tuono. Nuvole
addensate sopra la loro testa le avevano portate a scontrarsi e
generare, con quel gioco di atmosfera e umidità, un freddo e
affilato temporale. Le gocce di pioggia che scendevano dal cielo
erano vere e proprie schegge di ghiaccio che continuavano a cadere su
di loro e un tornado scese proprio sopra Ares, portando con
sé la
potenza di un tuono che aveva raccolto ed era riuscito a direzionare
proprio nella sua direzione. La combinazione ghiaccio, vento e tuono
fu fatale e Ares cadde a terra, ferito come mai lo era stato prima di
allora.
«Io
non volevo uccidervi» confessò infine Priscilla,
con un filo di
voce. «Volevo liberarvi, volevo aiutarvi, ma la
verità è che voi
non volete essere aiutati e io mi sto accanendo nel voler salvare dei
giocattoli troppo pericolosi. Voi non siete vivi, non posso salvarvi
in nessun modo».
«Non
essere stupida» digrignò i denti Ares,
sollevandosi da terra. Alzò
improvvisamente la testa e volgendole uno sguardo furioso le
urlò
contro con rabbia: «Tu sei esattamente come noi, lo vuoi
capire o
no? Salvare questa gente non ti renderà come loro, non sono
la tua
famiglia! Dici che con noi hai preso un abbaglio ma ti sbagli, sono
loro il tuo errore, Priscilla! Guardaci... guarda le nostre ferite,
guarda la magia che scorre dentro noi. Se noi siamo burattini, lo sei
anche tu... un burattino che crede di essere un umano, un burattino
che crede di essere vivo, una bambola di pezza convinta che la
bambina che chiama sorella non si dimenticherà mai di lei e
giocheranno per sempre insieme. In quale ridicola storia i bambini
non crescono mai e continuano a giocare per sempre con le stesse
bambole, eh?! Loro moriranno Priscilla, che tu lo voglia o no! E
vivranno! Si dimenticheranno di te, come le bambine che troppo
cresciute smettono di giocare con le bambole. Siamo immortali, io e
te, e mentre le nostre strade non muteranno mai e proseguiranno per
sempre, loro, in un modo o in un altro, spariranno dalla tua vista.
Aggrapparti al desiderio di appartenergli non cambierà la
realtà e
tu stai combattendo ora le uniche persone che possono veramente darti
un futuro».
Priscilla
restò in silenzio, ad ascoltarlo, per tutto il tempo. Paroli
forti,
parole piene di un significato che non poteva negare e lei lo sapeva.
Sapeva che Ares aveva ragione... ma non le importava.
«Conosco
una storia in cui una bambola è infine diventata
umana» disse lei,
severa. Aprì il palmo della mano destra e lo
puntò contro Ares,
mostrando con orgoglio il simbolo giallo che primeggiava sulla sua
pelle. «Ho imparato a provare dei sentimenti, a dormire, a
mangiare,
a sognare e desiderare, ho imparato a provare paura, a soffrire, ho
imparato a combattere e soprattutto ho imparato ad amare. Ho imparato
a vivere... posso imparare anche a morire. Che io sia una bambola, un
gatto o un essere umano, fintanto che questo simbolo resterà
su
questa mano io sarò sempre e solo Pricchan, una maga di
Fairy Tail.
Niente di più e niente di meno. E in questo momento sto
combattendo
le uniche persone che stanno cercando di portarmi via tutto
ciò che
ho e che sono. Sinceramente del futuro me ne frego, per il momento.
Non è la fine del percorso che conta, ma i passi che
facciamo per
arrivare ad esso. Io e te... siamo completamente diversi, Ares. Io
non sono come voi, neanche un po'».
«Stronzate!»
urlò Ares cercando di alzarsi e tornare a colpirla, ma un
altro
tornado ricolmo di fulmini e ghiaccio lo atterrò
nuovamente.
«Ho
pietà di voi, perché è ciò
che sono stata anche io in passato. Vi
darò un'opportunità... una sola. Andatevene,
adesso, e non toccate
più la mia famiglia» minacciò, severa,
ma Ares non si lasciò
intimorire nemmeno un po'. Sogghignò, orgoglioso, e i suoi
muscoli
cominciarono a gonfiarsi. «Ci minacci? Credi che immortali
come noi
possano provare qualcosa come la paura? Priscilla... cosa credi di
fare? Come ci fermerai? Noi non possiamo morire»
sghignazzò.
«Sì,
invece» e una pallida ombra nei suoi occhi fece per la prima
volta
venire i brividi all'uomo che aveva davanti a sé.
«Voi potete
morire... esattamente come me. Vi farò capire che significa
avere
paura della morte, vi farò provare lo stesso terrore che ha
strozzato me per vent'anni... Ares, vi insegnerò la vita e
lo farò
uccidendovi».
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Capitolo 69 *** Dissolvenza ***
Dissolvenza
C'era
solo un modo per porre fine a degli immortali come loro, ancora
legati allo spirito e all'anima del loro creatore. Zeus era
lì,
osservava e vegliava sui suoi figli, ma non faceva la sua mossa,
affiancato da un'altrettanta silenziosa e giudiziosa Athena.
Così
come Ivan aveva da sempre minacciato il suo spirito, la sua
esistenza, così come Ivan aveva insegnato lei il primo
sentimento
che avesse mai imparato, quello della paura, lei ora poteva
insegnarlo a loro. Uccidendo Zeus... loro sarebbero caduti come
burattini senza vita.
Ombre
su di lei, spalancò gli occhi sorpresa e si voltò
a guardarsi le
spalle. Ebe e Eris sbucarono dalla nebbia che Dike aveva fatto
avvicinare silenziosamente alle sue spalle e si prepararono a
colpirla. Un soffio di vento, poté schivarle, ma questo la
spinse a
sporgersi verso Ares alle sue spalle che trovò finalmente
l'occasione per colpirla. La scaraventò via, facendola
rotolare, e
Ebe e Eris caricarono nuovamente, ad armi spianate. Con un urlo Erza
tornò alla carica, piena zeppa di ferite, ma ancora forte e
determinata. Intercettò la lama di Eris, mentre Bisca e
Alzack
riuscirono a sparare contro Ebe. Ares, ora libero e di nuovo carico,
tornò a puntare Priscilla ma un fulmine lo colpì
in pieno
trascinandolo al suolo per almeno un paio di metri. Laxus emerse da
esso, ora di nuovo in piedi, e lo spinse via. Efesto
strisciò
all'interno della sua lava fino a lei e saltò fuori appena
in tempo
per travolgerla, ustionarla e bruciarla col calore del proprio corpo,
ma l'urlo di Natsu anticipò la sua mossa e riuscì
a salvarla,
trascinando via il proprio nemico. Persefone lanciò contro
di lei i
propri spettri, ma Bickslow prese possesso di un paio di loro e li
usò per rivoltarsi contro i suoi compagni.
«Ti
aiuto!» gridò Fried, incidendo delle rune al suolo
che avrebbero
distrutto tutti gli spettri che fossero finiti al suo interno. Hermes
corse verso di lei ma Gray ghiacciò il terreno, lo fece
scivolare e
Jet poté finalmente prenderlo. I soldati di fango di Ilizia
tentarono anche loro il proprio attacco ma Levy, Cana e Lucy
riuscirono a distruggerne un po'. Gajeel colpì la chitarra
di
Dioniso e la distrusse prima che avesse potuto usarla per far loro
esplodere le orecchie dal frastuono che era in grado di produrre, un
suono acuto e terribile in grado di distruggere persino i neuroni.
Wendy usò la propria magia curativa per contrastare
l'effetto della
magia dell’immortale che colpiva l'equilibrio e Romeo diede
al
ragazzino il colpo di grazia colpendolo con il proprio fuoco. Lluvia
riuscì a prendere il controllo dell'umidità della
nebbia di Dike e
così manipolarla per allontanarla, combatté
contro di lei corpo a
corpo, nebbia contro acqua, alla pari ma comunque abbastanza forti
entrambi da restare impegnate. Apollo e Artemide diedero il loro
contributo lanciando frecce, ma i proiettili di Bisca e Alzack le
neutralizzavano tutte. Eirene, Eunomia e Nemesi, ciascuna di loro
provò a modo suo a lanciarsi furiose contro Priscilla ma
vennero
come le altre intercettate e bloccate, impegnate in una lotta furiosa
contro una gilda che colpivano sempre più duramente ma che
non
sembrava aver intenzione di cedere nemmeno di fronte alla morte
stessa.
«Pricchan!»
chiamò Laxus, tornando a tirar pugni furiosi contro l'uomo
più
forte che avesse incontrato fino a quel momento. Prima Ares, poi
Laxus, ciascuno di loro restava ferito e colpito, atterrito, si
rialzava, colpiva di nuovo, sempre più furioso, sempre
più feroce,
facendo vibrare l'aria e il terreno. Priscilla si alzò da
terra e
cominciò a correre verso il suo ultimo e unico obiettivo.
Zeus.
«Fermatela!
Athena!» gridò Ares, guardando la ragazza correre
indisturbata
verso il loro creatore, in mezzo a lotte che non sembravano turbarla
nemmeno un po'. Ciascuno di loro dava il proprio contributo per
proteggerla, aprirle la strada, e Zeus era sempre più vicino.
«È
l'ultimo avvertimento, Ares! Andatevene adesso!»
ruggì Priscilla
avvolgendo il suo intero corpo di vento che l'avrebbe protetta e
avrebbe caricato il suo colpo di una forza necessaria a
uccidere.
«Athena!»
gridò ancora Ares, prima che Laxus gli tirasse un colpo di
testa in
grado di destabilizzarlo.
Con
un urlo Priscilla ingrossò il vento presente sul braccio.
«Vi
spazzerò via tutti e due!» gridò
preparandosi a colpire. Un passo
dopo l'altro, finalmente a pochi centimetri dal suo bersaglio, il
tempo era come rallentato. Zeus alzò di un solo centimetro
da terra
il bastone che usava per camminare e lo sbatte al suolo, con un tocco
secco e deciso... e Priscilla cadde in avanti. Non un alito di vento
le accarezzava più la pelle, né un briciolo di
energia le permise
di muovere anche solo un dito. Zeus la tenne sollevata da terra con
un braccio, sorreggendola come fosse stata una bambola senza vita, e
non si scompose minimamente.
«Pricchan!»
gridò Laxus, terrorizzato nel vederla in quelle condizioni.
«Priscilla-nee!»
gli fece eco Wendy, già con le lacrime agli occhi.
Dioniso,
di fronte a lei, sghignazzò orgoglioso e soddisfatto prima
di dirle:
«Nessuno può avvicinarsi a Padre Zeus, lui
risucchia ogni cosa.
Magia, energia, luce... la vita stessa. Se ne impadronisce,
ciucciandola via dagli altri. Come credi che possa tenersi ancora in
vita e in forma nonostante la fatica di dare un'anima a ben quindici
figli?»
«Risucchia...»
mormorò Wendy, cercando di comprendere appieno
quell'informazione.
«Risucchia
questo allora!» ruggì Natsu, furioso, prima di
gonfiare la propria
pancia e lanciare contro Zeus e Athena il suo Ruggito del Drago. La
palla di fuoco dalle dimensioni imponenti raggiunse rapidamente Zeus,
ma Athena mosse una mano e un enorme libro comparve davanti a loro.
Il colpo di fuoco di Natsu colpì le pagine aperte e vi
entrò, come
se stesse attraversando un portale magico, e ne venne
risucchiato.
«Natsu,
vai ancora!» incalzò Laxus tirando ad Ares
l'ennesimo pugno per
allontanarlo. Si voltò subito dopo e in un istante
gonfiò anche la
propria di pancia, lanciando addosso a Zeus il proprio ruggito di
fulmini. Natsu, da un'altra angolazione ripeté l'attacco e
Gajeel,
da un'altra ancora, non si tirò indietro. Ruggito del Drago
di
Fuoco, del Fulmine, del Ferro, del Cielo con Wendy, e poi i
proiettili di Bisca e Alzack, il fumo di Wakaba, l'ombra di Macao, le
carte di Cana, il ghiaccio di Gray e l'acqua di Lluvia. Un attacco
combinato a distanza, da parte di tutti i membri della gilda, anche a
costo di voltare le spalle al proprio nemico e dar ai membri di
Olympos un vantaggio per colpirli. Decine di libri si aprirono
intorno a Zeus e Athena e assorbirono con facilità ciascuno
di
quegli attacchi, lasciando intaccati i due al centro se non per una
nube di fumo e polvere che la potenza di Fairy Tail aveva scatenato
su di loro. Intoccati, nonostante avessero ricevuto su di loro la
scarica magica di una gilda intera, più di tutti quei due
dimostravano di meritare il ruolo di Master e assistente. Ma proprio
da quel fumo che ora occludeva loro la vista una piccola saetta
bianca sbucò a una velocità incredibile e
imprevista, afferrò
Priscilla per la maglia e la trascinò via, in volo. Priscila
riuscì
ad aprire gli occhi, sentendo l'energia tornarle piano piano man mano
che si allontanava da Zeus, e curiosa di vedersi sollevata da terra
spostò pigramente lo sguardo a colei che la teneva per la
maglia con
le sue piccole e tremanti zampe bianche.
«Charle»
mormorò, vedendola in lacrime.
«Non
azzardarti a morire qui, stupida ragazzina!» la
rimproverò, tirando
su col naso. Priscilla non ebbe nemmeno la forza di rispondere, si
sentiva come se si fosse appena svegliata da un infinito sonno e
dovesse ancora riprendere piena coscienza di sé.
Abbassò lo sguardo
al suolo, guardando le due gilde ancora impegnate in quell'estenuante
combattimento dove Fairy Tail dava fondo a tutta la sua disperazione
mentre Olympos, per quanto venisse colpita, riusciva sempre a
rialzarsi come se avesse appena cominciato. Ogni attacco, ogni colpo,
ogni speranza sfumava via di fronte all'ennesima ferita che si
rimarginava e a un Master inavvicinabile e intoccabile. Si
corrucciò,
addolorata, quando vide che quell'ultima mossa che aveva permesso a
Charle di aprirsi una breccia e venirla a salvare era costato
così
tanto. I membri di Fairy Tail, per sparare quell'attacco all'unisono,
avevano voltato le spalle ai loro avversari e questo aveva permesso
di dar loro il colpo decisivo. Caddero a terra, distrutti, feriti,
disperati, sfiancati e probabilmente privi di ogni speranza.
Riuscì
a intravedere, nel pigro ondeggiare delle sue braccia, il proprio
simbolo di Fairy Tail stampato sul palmo della mano e
ripensò al suo
significato.
"Il
palmo della mano destra è la prima cosa che si porge a
coloro che si
vuole aiutare"
aprì la mano e l'allungò, delicata e affaticata,
verso terra, verso
i membri di Fairy Tail, come se avesse voluto afferrarli. "Il
simbolo di Fairy Tail puoi stringerlo delicatamente tra le dita,
proteggerlo, curarlo"
e delicatamente strinse le dita, in quell'azione simbolica,
portandosi poi quella stessa mano al petto, all'altezza del cuore.
Dove avrebbe portato per sempre ciascuno di loro.
Charle
cedette improvvisamente, le sue ali scomparvero prima che avessero
potuto raggiungere una distanza di sicurezza, ed entrambe
cominciarono a cadere verso terra.
«Quell'uomo
ha una magia... assurda» commentò Charle, ora
priva di forza e
energia. Solo passargli accanto, per prendere Priscilla e poi
allontanarsi, era bastato per risucchiare la totalità della
sua
magia ed energia nonostante gli fosse stata accanto solo per un
brevissimo istante.
«Charle!»
chiamò preoccupata Priscilla, prendendola al volo e
stringendola al
petto mentre entrambe cadevano verso terra. Si corrucciò e
un
improvviso soffio di vento riuscì a sorprenderle dal basso,
facendole galleggiare per qualche istante e poi atterrare
delicatamente sui propri piedi. Strinse la gatta, che ora respirava
faticosamente, al petto.
«Priscilla»
ansimò lei, sforzando un sorriso. «Possiamo...
ancora vincere,
vero?» chiese, in un ultimo guizzo di speranza e desiderio.
Intorno
a loro, con urla di dolore, uno a uno, tutti i suoi compagni cadevano
per mano di un nemico che era praticamente invincibile. Lacrime,
urla, speranze che non volevano cedere nemmeno di fronte all'ennesima
ferita. Eppure almeno la metà di loro, ora, non riusciva
più
nemmeno ad aprire gli occhi.
«Sì»
strinse i denti Priscilla. La fronte si corrucciò, ma lo
sguardo,
benché invaso di lacrime, era di una sicurezza
indiscutibile.
«Possiamo ancora vincere, Charle».
E
lo credeva davvero.
Poggiò
delicatamente Charle a terra e fece un paio di passi avanti,
distanziandola appena ma restando frapposta tra lei e i nemici, per
proteggerla. Fissò intensamente Zeus e Athena, con uno
sguardo
infuocato di rabbia e ora determinazione.
L'avrebbe
fatto. Non c'era altra scelta.
Sapeva
che quella mossa avrebbe potuto farli vincere, ne era certa,
soprattutto se Zeus era un risucchiatore come aveva appena spiegato.
Quella era la sua unica debolezza, poteva sfruttarla al massimo,
poteva vincere certamente. Eppure... non riusciva a smettere di
tremare.
Athena
aveva il potere della lettura. I libri erano la sua arma, ma la sua
incredibile capacità risiedeva nella lettura. Poteva leggere
qualsiasi cosa, decine, centinaia di libri anche in lingue
sconosciute e perdute da tempo, ma soprattutto poteva leggere le
persone. Passato, presente, futuro, i pensieri e le intenzioni,
chiunque era come un libro da scoprire e da leggere fino in fondo. E
parole uscirono dalla testa di Priscilla, parole che lei
poté
leggere con chiarezza. Spalancò gli occhi e per la prima
volta da
quando l'avevano incontrata abbandonò l'espressione
superiore e
concentrata che aveva in un solo istante.
«Stupida,
se userai quella magia non potrai più tornare
indietro!» ruggì,
lasciandosi sfuggire uno sguardo panico dal viso. Una voce, una
frase, che non riuscì a non attirare l'attenzione
dei
presenti. Chi per il significato di quelle parole, chi
perché
sorpreso e spaventato di vedere proprio su Athena un'espressione
terrorizzata come quella. Che stava succedendo?
«Se
la cosa ti spaventa tanto allora significa che ho ragione... posso
uccidervi con questa ultima mossa» disse Priscilla abbozzando
un
sorriso, benché stesse ancora tremando come una foglia.
Athena
digrignò i denti e non esitò a chiamare a
raccolta alcuni dei suoi
libri, che lanciò violentemente contro di lei. Priscilla
saltò e
volò, schivando i loro colpi. Erano ottimi per difendersi,
come
avevano visto, ma in attacco erano alquanto carenti. Erano lenti e
imprecisi, schivarli era una passeggiata soprattutto per una maga del
vento come lei.
«Il
tuo master ti ha proibito categoricamente di usarla,
ricordi?!»
ruggì ancora Athena, furiosa, leggendo nel suo passato
qualcosa a
cui avrebbe potuto aggrapparsi per fermarla.
«Il...
master?» mormorò Wendy, in ginocchio per
l'ennesimo colpo andato a
vuoto e che aveva permesso a Dioniso di colpirla.
«Una
mossa che il master le ha proibito di usare...»
mormorò Lucy, stesa
al suo fianco, ormai stremata.
«Credi
che questo mi fermerà? Sono pronta a tutto per salvare la
mia gilda,
anche rinunciare al mio corpo!» gridò lei, prima
di spazzare via
quei fastidiosi libri con un colpo di vento.
«Cosa...?»
mormorò Laxus, in ginocchio di fronte a Ares che lo teneva
per la
maglia. Aveva preso pugni in faccia fino a quel momento, ma di fronte
a quelle parole entrambi avevano per un istante abbandonato il loro
istinto belligerante.
«Cosa
significa...?» insisté lui, pallido in viso.
«L'aria
è instabile, le molecole si disperdono, ti sparpaglierai per
tutto
il mondo e per te sarà impossibile tornare indietro. Non
potrai più
ricomporti! Che razza di vittoria è quella in cui non sarai
qui?! Ti
stai sacrificando per una gilda che non rivedrai mai
più!» ruggì
Athena ma lei restò irremovibile. Nonostante le guance umide
di
lacrime, sul volto di Priscilla nacque un sorriso. L'ultimo sorriso.
Era quello il ricordo che era intenzionata a lasciare di sé
nei
membri della sua famiglia. Una Priscilla sorridente, felice di averli
a fianco. Divaricò appena le gambe e incrociò le
braccia a forma di
X tra loro sopra la sua testa, stringendo i pugni.
«A-aspetta
un attimo...» mormorò Laxus, che ancora non capiva
di che razza di
mossa fosse ma non gli importava. Gli bastavano quelle parole per
comprendere che non avrebbe voluto mai nemmeno scoprirlo. «Un
attimo
solo... Pricchan!» balbettò, spingendo via Ares
con una mano e
cominciando a gattonare verso di lei.
«Ragazzi»
disse lei con un tono inquietantemente amorevole e sereno.
«L'aria
che vi circonda, che respirate, di cui vivete...» un
singhiozzò la
interruppe, ma non smise di sorridere. «Anche se non potrete
vedermi... sarò sempre con voi» tremò.
Evergreen si portò le mani
alle labbra, mentre una lacrima le scese dal viso, ma non fu la sola
di cui si udì lamenti e singhiozzi. Ares scattò,
rapido come una
faina, anche senza l'ordine di Zeus. Il volto panico, disperato e
furioso. Superò Laxus, tanto ferito da non essere nemmeno in
grado
di alzarsi in piedi, e corse a pugno teso verso Priscilla. Non disse
una parola ma saltò e spinse il pugno in avanti a piena
forza,
pronto a colpirla con tutta la violenza che aveva dentro. Ma
Priscilla, un attimo prima di essere colpita, allargò le
braccia
sopra di lei, formando un semicerchio le portò rapidamente
in
orizzontale. Spalancò le mani, assumendo una forma come di
un
crocefisso e infine urlò il nome di quella terribile mossa
che
persino suo nonno le aveva sempre proibito di utilizzare.
«Dissolvenza!»
Il
pugno di Ares colpì il vuoto, attraversando solo qualche
immagine
residua di una Priscilla che come farina si sgretolava e si
disperdeva nell'aria circostante.
«P...»
la voce di Wendy, di fronte a una scena tanto assurda che sicuramente
aveva iniziato a pensare fosse solo frutto di un incubo. Pallida, gli
occhi vitrei, le spalle abbandonate a se stesse.
«Priscilla-nee?»
chiamò con un filo di voce, come se da un momento a un altro
lei
fosse potuta apparire da qualche parte e risponderle: «Sono
qui».
Ma niente di ciò accadde, solo il vuoto e un inquietante
silenzio
rotto dal rumore di un vento delicato e caldo che accarezzava loro la
pelle, in un soffio lamentoso.
«Pricchan!»
l'urlo disperato di Laxus fece tremare quello stesso vento da cui
erano circondati. Una voce imponente, una voce straziata, una voce
strappata dal supplizio e dal rancore di non essere riuscito a essere
tanto forte da impedirle quell'ultimo folle gesto. Tremò e
tentò di
gattonare in avanti, per raggiungere il punto dove lei era scomparsa,
ma le ferite, il dolore e la disperazione gli obnubilavano la
testa. Arrancò e non riuscì che a strisciare.
Intorno a lui, per
qualche strano maleficio, il mondo intero sembrava come congelato.
Non un fiato respirava, solo lamenti da chi era più emotivo,
sussurri di incredulità, il vuoto che era crollato sulle
loro teste.
Persino i membri di Olympos si erano paralizzati, confusi,
spaventati, chiedendosi probabilmente cosa sarebbe successo a
ciascuno di loro.
«Ares?»
la voce di Eris, un sibilo, mentre lei avanzava di un passo verso il
suo compagno immobile. Una goccia di sudore freddo le
scivolò giù
dalla tempia e pallida, come se la vita l'avesse già
abbandonata da
un pezzo, allungò una mano verso di lui. «Ehy...
Ares... fa'
qualcosa, no?»
«Noi...
non possiamo morire, giusto? Ares, è vero?» chiese
anche Ebe con la
stessa voce rotta dal terrore, ma a rispondere a quel quesito fu lo
stesso Zeus. Un lamento gutturale, si portò straziato una
mano
tremante al petto. Perse la presa sul proprio bastone e si
accasciò,
in ginocchio, respirando faticosamente ad ampie boccate. Athena al
suo fianco lo guardò, senza muovere un dito, non facendo che
tremare. Si interrogava, interrogava le sue infinite conoscenze, su
un modo per riuscire a difendersi da tutto quello, ma non c'era
risposta. Priscilla era diventata l'aria stessa, era penetrata nei
tessuti di loro padre, ogni respiro era un accesso libero per lei
all'interno del suo corpo e da lì lo stava distruggendo.
L'unico
modo per impedirle di proseguire era privare padre Zeus della stessa
aria che lo circondava, ma anche quello voleva dire ucciderlo.
«Padre
Zeus!» gridò Dike, terrorizzata.
«Padre!»
gli fece eco Eirene e insieme a Eunomia, Efesto, Dioniso e Hermes, lo
circondarono. Cercarono di tenerlo sollevato, lo guardavano e lo
studiavano, ma nessuna risposta arrivava alla loro mente. Athena, al
suo fianco, fece un passo indietro. Si portò le mani al
volto e negò
debolmente con la testa, fissando suo padre che ai suoi piedi cadeva
a terra. L’anziano tossì, sputò sangue,
mentre le molecole di
Priscilla dentro di lui distruggevano ogni organo e chiudevano ogni
vena.
«Athena!»
chiamò in lacrime Ebe. «Che
facciamo?»
«Ares!»
chiamò Eris, puntando all'unico punto di riferimento che
avesse, ma
lui continuava a restare immobile. Spalle abbandonate, testa china in
avanti, gli occhi non erano più rossi. Aveva perso ogni
istinto
combattivo.
«Ares...
ti prego» singhiozzò Afrodite, ora inginocchiata a
terra.
«Padre
Zeus!» l'urlo disperato di Dike, che tenendolo tra le
braccia, lo
sentì spirare l'ultima volta. «Padre
Zeus!» chiamò ancora e un
lieve lamento nacque tra di loro, sempre più forte. Dioniso
cadde in
ginocchio, in lacrime, Hermes subito dopo lo imitò. Ebe,
Dike,
Nemesi, Persefone... Eunomia prese tra le braccia i due gemelli e li
strinse entrambi forti al petto, Ilizia si avvicinò a Eris,
ora
seduta per terra, e le mise una semplice mano sulla spalla. Afrodite
cominciò a singhiozzare, coprendosi il volto con le mani,
Efesto si
lasciò cadere steso a terra, stanco per la battaglia, decise
di
dedicare quegli ultimi istanti di vita che gli rimanevano per
ammirare il cielo.
«Athena
l'aveva detto» mormorò Eris, abbandonata si
appoggiava alla sua
spada conficcata a terra, ormai rassegnata. «Averla come
nemica è
stato un errore».
«Eunomia-nee»
mormorò Apollo, confuso, ancora troppo piccolo per
comprendere.
«Perché piangete tutti?»
«Hanno
vinto loro, Eunomia-nee?» chiese Artemide, altrettanto
confusa.
«Vinto»
mormorò Ares e lentamente spostò gli occhi di
fianco a sé.
Respirando faticosamente, più per il dolore che per la
stanchezza,
Laxus si era trascinato fino a lì. Dalla gola serrata
continuavano a
uscire lamenti mentre una guancia si inumidiva di una lacrima che
persino un uomo orgoglioso e virile come lui non era riuscito a
trattenere. Si aggrappò, con le dita tremanti e rigide,
all'unica
cosa che restava di Priscilla... i suoi vestiti, abbandonati a terra.
Singhiozzando e lamentandosi, se li avvicinò al viso e ci
affondò
il volto, chiudendo gli occhi. Poteva ancora sentire il suo odore,
non solo su di essi, ma tutto intorno a sé. Poteva sentire
la sua
voce chiamarlo, in quel leggero soffio di vento che gli fischiava
nelle orecchie. Poteva sentirla ridere, divertita, in un eco caotico
dei loro compagni di gilda mentre si azzuffavano. Non voleva alzare
gli occhi, non voleva alzarsi da terra e rendersi conto che tutto
ciò
che aveva sempre avuto in un solo istante l'aveva perso. Era stato
lui a voltarle le spalle per ben due volte, a prendere le distanze,
era stato sempre lui quello che decideva di andarsene perché
dentro
sé sapeva, egoisticamente, che quando voleva tornare
indietro
l'avrebbe sempre ritrovata. L’aveva sempre data per scontata,
convinto che lei sarebbe sempre stata lì per lui. Una casa
allegra,
una casa accogliente, il calore di un sorriso, di un abbraccio, di
una parola gentile... sapeva che mai avrebbe perso tutto quello e
appoggiarsi a quella realtà l'aveva da sempre spinto a
temporeggiare, a voltarsi dall'altra parte, a non guardare. Adagiato
a una quotidiana presenza, al desiderio di lasciare tutto com'era,
era rimasto immobile anche quando la realtà andava ben
oltre, sempre
più avanti, e solo ora che sentiva di averla persa per
sempre si
rendeva conto di quanto fosse stato sciocco. La sua presenza,
costante ed eterna, l'aveva da sempre rassicurato così
tanto. Ma
ora... quando avrebbe voluto tornare a casa, dove sarebbe andato?
Quale posto era degno di chiamarsi casa, se a riceverlo non c'erano i
suoi sorrisi? Persino quando l'aveva allontanata, all'alba dei suoi
diciotto anni, aveva avuto bisogno di lei. Era stata una presenza
fissa, eterna, a cui si era sempre appoggiato. Tutto ciò di
cui
aveva davvero avuto bisogno. E ciò che faceva più
male... era che
non glielo aveva mai detto. Che non le aveva mai risposto, che aveva
sempre eliminato dai ricordi un bacio che lei gli aveva
coraggiosamente rubato o il sussurro di una supplica che da sempre
gli rivolgeva quando pensava che lui non potesse sentirla. Lei lo
amava e lui aveva sempre fatto finta che non fosse vero, di non
vederlo, per paura di quello che poi ne sarebbe stato di loro.
Convinto, stupidamente, che se l'avesse negato tutto sarebbe rimasto
immutato per l'eternità e lei avrebbe per sempre condito
ogni suo
ricordo con quel suo candore primaverile. Come se non fosse mai
potuta sparire, come se avessero potuto entrambi vivere per sempre
nella semplicità di quella felicità genuina e
quotidiana.
Ma
ora... non restavano che degli abiti vuoti e un'aria tanto dolce e
tiepida a tormentarlo, perché sapeva che quelle erano le sue
carezze, i suoi abbracci, i suoi sussurri d'amore, ma lui non poteva
più sentirli. Ormai lui non avrebbe più potuto
sentirla sussurrare
nella notte, speranzosa di non essere sentita, di tenerla sempre con
sé.
«C'è
davvero un vincitore?» mormorò Ares, guardando
Laxus a terra che
tremava e piangeva nascosto negli abiti abbandonati di Priscilla. Il
vento gli scompigliò i capelli, facendo svolazzare il lembo
dei suoi
pantaloni, e lui alzò il naso verso il cielo, socchiudendo
gli
occhi. Ne assaporò il tocco e un amaro sorriso infine gli
adornò il
volto.
«Adesso
riesco a capirlo» mormorò, prima di aggiungere in
uno sforzo
improvviso: «Priscilla...». Il dolore gli
accecò la vista, poté
sentirlo all'altezza del petto che parve stritolargli il cuore. La
vista si oscurò, la mente si annebbiò, i muscoli
persero
improvvisamente tutta la loro forza. Cadde in ginocchio e respirando
affannosamente si portò una mano al petto. Vide con la coda
dell'occhio metà dei suoi compagni già stesi a
terra, immobili,
mentre altri stavano subendo la sua stessa sorte. Padre Zeus era
morto, i suoi organi collassati per mano di Priscilla che sfruttando
l'aria era penetrata dentro lui e l'aveva distrutto dall'interno. La
magia difensiva di Athena era stata inutile, ogni magia era inutile,
persino il suo risucchio non l'avrebbe salvato ma anzi aveva
accellerato il processo risucchiando dentro sé sempre
più molecole
magiche di una Priscilla ormai dissolta e dispersa per l'intero
mondo. E con la morte della loro unica fonte di vita, anche loro, uno
dopo l'altro, esaurivano la scorta di vita che gli restava e cadevano
a terra. Olympos stava morendo, la gilda degli immortali era stata
uccisa e con quell'ultimo atto, solo in quei brevi attimi, avevano
finalmente vissuto e l'avevano fatto liberi. Solo pochi istanti,
brevi minuti, eppure anche se per così poco loro erano stati
liberi
e avevano compreso cosa significasse vivere in un mondo come quello.
Avevano compreso la vita... attraverso il sentimento della paura.
«Ares»
fu l'ultimo respiro di Eris, stesa a terra vicino alla sua spada, con
la mano allungata verso il fratello maggiore. Una preghiera, una
supplica, che lui colse appieno. Lo stava pregando di salvarla, i
suoi occhi spalancati, anche se ora vuoti, erano umidi di lacrime.
Sua sorella, nell'ultimo istante, aveva rivolto a lui la sua unica
speranza perché sapeva, sentiva, che lui poteva salvarli.
Ingenuamente, lo credeva. Ares si era sempre occupato di tutti loro,
fin dalla loro nascita, Eris era certa che poteva farlo ancora. Ma
quella certezza, lui lo sapeva, era mal riposta. Non poteva
salvarla, non poteva salvare nessuno di loro. Tutti i suoi fratelli,
che tanto aveva desiderato avere a fianco, di cui si era occupato con
tutto l'impegno che aveva avuto fin dal primo giorno della loro vita,
tutti i fratelli che quando avevano bisogno sapevano che potevano
chiamare il suo nome... tutti loro, ora, giacevano a terra senza
vita. E la colpa era solo sua.
Ares
cadde a terra, primo della sua generazione, ultimo nella sua
cessazione, seguito dalla prima lacrima che fosse mai stato in grado
di versare.
Così
moriva la gilda degli immortali.
Così
iniziava a vivere Olympos.
Dioniso
fu il primo a tirare un grosso respiro, come se fosse appena riemerso
da una terribile apnea. Hermes tossì e poco dopo anche lui
riprese a
respirare, Ilizia dopo di lui e poi Ebe, Eunomia, Eirene, Afrodite, i
gemelli ed Eris. Uno a uno, chi prima e chi dopo, tornava a respirare
e a riaprire gli occhi. Confusi, increduli, neanche avevano la forza
di chiedere cosa stesse accadendo e se magari Athena o Ares fossero
stati in grado di fare qualcosa. Si guardavano attorno, constatando
che anche gli altri fratelli uno a uno si tiravano nuovamente su, in
ginocchio, seduti, tornando a respirare e vivere.
Wendy,
pochi passi da Dioniso, infine crollò a terra e venne
sostenuta da
Cana vicino a lei. Sudata fradicia, ormai priva di forze, si
lasciò
andare a un meritato riposo ansimando un soddisfatto: «Ci
sono
riuscita... appena in tempo».
«Wendy...
stai bene?» si avvicinò Happy, preoccupato,
mettendole una zampa
amichevole su un ginocchio. Lei annuì, nonostante non avesse
nemmeno
le forze di tenersi in piedi. «Da quando Priscilla-nee mi ha
detto
che la mia magia forse avrebbe potuto liberarla e darle la vita,
insieme a Polushka-san abbiamo studiato molto su questo aspetto. Non
ero sicura di poterlo fare, ma visto che in alternativa sarebbero
morti... ci ho voluto provare» spiegò.
«È stato molto più
difficile del previsto» ammise, per giustificare la sua
stanchezza.
I
membri di Olympos, sentita la spiegazione di Wendy, cominciarono a
lanciarsi silenziosi sguardi di vario tipo. Chi sorpreso, chi ancora
confuso, chi cominciava invece a manifestare la prima vergogna. Il
nemico, coloro che avevano insultato e cercato di uccidere fino a un
attimo prima, proprio quello stesso nemico aveva loro salvato la
vita.
«Però...»
mormorò poi Wendy, spostando gli occhi poco più
avanti. Nonostante
tutto quello che era successo, nonostante Zeus fosse stato sconfitto
e Olympos liberata, nonostante fossero quasi morti... nonostante
tutto quello che stava ancora accadendo, Laxus non si era mosso
nemmeno per alzare gli occhi e guardarsi attorno. Ancora accasciato a
terra, i muscoli tesi, i lamenti che ancora gli uscivano dalla gola,
versava lacrime su quegli abiti che ancora stringeva tra le dita
tanto che avrebbe potuto strapparli. «Non sono riuscita a
riportarla
indietro» mormorò Wendy, abbassando lo sguardo per
nascondere un
singhiozzo. «Ho usato tutto il mio potere per salvare i
membri di
Olympos, non ho forza di cercarla. A quest'ora sarà
sparpagliata per
tutto il continente» singhiozzò ancora, portandosi
poi le mani al
volto e lamentando un supplichevole:
«Priscilla-nee».
E
per quanto anche i più duri cercassero di restare calmi,
persino
membri del calibro di Elfman o Gray non riuscirono a trattenere una
lacrima. Levy si strinse contro il petto di Gajeel, soffocando su di
lui i propri lamenti, Lucy stesa a terra non trovò la forza
di
alzarsi e Lluvia, stringendosi in se stessa, si asciugava inutilmente
una guancia.
«È
colpa nostra» la voce rotta di Dioniso diede un suono a
ciò che
macerava dentro i petti di tutti i suoi compagni. Abbassavano lo
sguardo, lacerati dai sensi di colpa, ma solo lui aveva avuto il
coraggio di esprimere a parole ciò che realmente sentivano.
Hermes,
che era un'anima pura e spontanea come lui, lo seguì poco
dopo
mettendosi a piangere e tirando su col naso.
«Mi
dispiace tanto essermela preso con voi» singhiozzò
il rosso.
«Non
pensavamo fosse sbagliato» singhiozzò Dioniso,
vicino a lui.
«Non
volevamo che Onee-san morisse o soffrisse» insisté
Hermes.
«Volevamo solo che restasse con noi».
«Non
sapevamo cosa volevamo» mormorò Eris, tirandosi su
con le braccia a
mettendosi a sedere. «Facevamo solo quello che ci veniva
detto».
«Ci
siamo legati molto a Priscilla perché lei, a differenza
nostra, era
riuscita a liberarsi e sembrava sapere perfettamente cosa
significasse stare al mondo. Abbiamo insistito per averla con
noi»
disse Ilizia, vicino all'amica. «Athena ha fatto in modo di
convincere Padre Zeus che lei fosse necessaria».
«Desideravate
che vi insegnaste, che vi aiutaste... ed è quello che ha
fatto» la
voce di Makarov, seppur rotta dalla stanchezza, arrivò non
troppo
lontana da loro.
«Master!»
chiamò Lisanna, sorpresa e felice di vederlo sveglio. Al suo
fianco
sedeva Apollo, con in mano una fiala vuota e uno sguardo colpevole,
mentre Afrodite dietro di lui gli accarezzava la testa sussurrandogli
quanto fosse stato bravo a conservare l'antidoto.
«Athena
ha detto di portarlo» confessò Apollo e pian piano
la matassa
sembrava sbrigliarsi. Erano perfetti soldatini, macchine progettate
per uccidere, obbedienti avrebbero seguito il loro master fino
all'inferno, ma dentro loro già da tempo aveva cominciato a
macerare
il bruciante desiderio di avere qualcosa di più di un
semplice
percorso precostruito da seguire. Il bruciante desiderio di camminare
con i propri piedi, verso luoghi diversi da quelli che gli erano
stati ordinati. Il desiderio di libertà, di vita e amore,
che Athena
aveva silenziosamente accudito di nascosto. Costretta a seguire suo
padre, aveva nell'ombra cercato di portare i propri fratelli sempre
più vicini alla realizzazione di quel sogno di cui forse
erano
persino inconsapevoli. Uccidere delle persone non era mai stato la
loro reale indole, per questo Athena aveva spinto Apollo a portare
con sé l'antidoto che avrebbe potuto salvare il loro
master.
Makarov
sospirò, cercando di nascondere in quel gesto di
rassegnazione e
fatica il dolore di scoprire che la sua amata nipote gli aveva
disobbedito, usando una mossa che l'avrebbe condannata per
sempre.
«Priscilla
porge sempre la mano destra verso chi chiede aiuto. È
qualcosa
contro cui non posso combattere» mormorò.
«Ha provato a stimolare
i vostri sentimenti, perché è da essi che nasce
la magia, ma
eravate troppo accecati da vostro padre per ascoltarla.
Perciò si è
aggrappata al sentimento primordiale, quello che ha provato anche lei
prima di tutti gli altri... la paura. Ha cercato di insegnarvi il
significato della vita, ha stimolato il vostro cuore e con l'aiuto
della magia di Wendy è riuscita infine a liberarvi, salvando
al
contempo anche la sua amata gilda. Di fronte all'aspettativa di poter
salvare tutti quanti, il sacrificio del suo corpo era ciò
che le
interessava meno. È questo il prezzo... che ora dobbiamo
pagare»
terminò Makarov, lanciando uno sguardo straziato al nipote
che
ancora inginocchiato a terra, con la testa poggiata al suolo,
sembrava non si sarebbe mai ripreso.
«Ares!»
la voce imperativa di Athena si alzò insieme a lei, mentre
tornava
ad assumere una posa piena di orgoglio e superiorità. L'uomo
a
terra, che seduto guardava silenzioso ciò che gli stava
accadendo
intorno, si voltò curioso verso la sorella ma non
proferì parola.
«Terminiamo ciò che abbiamo iniziato»
ordinò, lasciando persino
Ares stesso sorpreso. Dopo tutto quello che era successo, dopo tutto
ciò che avevano passato, proprio lei non si arrendeva?
«Uccidili»
continuò Athena. «Uccidi Fairy Tail».
«Aspetta...»
mormorò Ilizia, sconvolta.
«Athena,
solo...» fece un passo avanti Afrodite, ma uno spettro le
nacque da
sotto i piedi e la bloccò. Persefone prese timidamente forma
da esso
e alzando le mani sussurrò con la sua solita sottile e
timida voce:
«Aspettate, per favore. Solo un attimo... per
favore» si strinse
nelle spalle, vergognandosi probabilmente di quell'atto di coraggio
che era stato parlare a voce alta e mettersi contro i suoi stessi
fratelli. Ma proprio quello fece capire che c'era qualcosa sotto... e
li convinse a stare semplicemente a guardare.
Ares
si alzò in piedi e si sgranchì il collo, si
schioccò le dita, e si
avvicinò infine a Laxus. Si fermò a un passo da
lui e alzando il
mento sogghignò.
«Patetico»
disse e sentire anche solo la sua voce ebbe un primo effetto. Piccole
scosse elettriche cominciarono a schioccare intorno ai muscoli di
Laxus. «Si è sacrificata per cercare di ucciderci
e guarda... siamo
ancora tutti qua. Inutile e patetico. Cosa sperava di ottenere?
Sperava che bastasse questo a spingerci a cambiare idea? Spaventarci,
credeva sarebbe bastato per cominciare a provare ridicoli sentimenti
e magari convincerci a lasciarvi in pace... debole e patetica. Vi
ucciderò, e lo farò mentre lei non
potrà fare niente per fermarci,
sotto al suo sguardo» sghignazzò e
guardò dall'alto al basso Laxus
che reagiva alla sua provocazione esattamente come aveva sperato.
Alzò finalmente gli occhi da terra, accecati da una rabbia
folle,
tanto che i denti serrati avrebbero potuto rompersi da quanto erano
stretti dalla mascella. Avrebbe persino cominciato a sbavare come un
cane rabbioso da un momento all'altro, probabilmente l'avrebbe fatto
davvero. E l'elettricità intorno al suo corpo aumentava di
scariche
e intensità.
«Guarda
un po'» sogghignò Ares, sempre più
provocatorio, e sorrise
malignamente. «Tante belle parole, biondino, eppure non sei
ancora
riuscito a proteggerla come promesso. Tu sei anche più
patetico di
lei».
Con
un urlo furioso Laxus si sollevò da terra e tirò
ad Ares un
cazzotto avvolto dal proprio potere dei fulmini. Ares riuscì
a
pararlo, anche se dovette indietreggiare di un paio di passi e questo
gli costò una bella bruciatura sul braccio sinistro.
Parò un altro
colpo e contrattaccò, riprendendo così con lui la
lotta esattamente
da dove avevano lasciato... con un’unica differenza: Ares non
aveva
gli occhi rossi, ma scuri. Il suo intento non era uccidere,
né tanto
meno combattere.
«Sei
la sua condanna, non è ciò che ti ho
già detto? E non sei nemmeno
riuscito a sentire da subito che la Priscilla che ti ha
riaccompagnato a casa non era lei» insisté Ares e
più parlava, più
l'elettricità intorno a Laxus aumentava, segno della sua
rabbia che
cresceva, del suo potere che veniva sprigionato nonostante fosse al
limite già da tempo. «Pretendi di amarla, ma ti
fai fregare così
sotto al naso. Tante belle parole, solo tante belle parole e poi non
sei che una delusione, una palla al piede! E ora vi
uccideremo...»
continuò, tirandogli una testata. «Così
tutti i suoi sforzi
saranno stati vani» ridacchiò e in un ultimo
accecante atto di
follia Laxus urlò di rabbia, si caricò con la
restante elettricità
che aveva in corpo e tirò ad Ares un potente pugno in pieno
viso.
Lui non provò nemmeno a difendersi. Venne lanciato via di
qualche
metro e restò seduto a terra, massaggiandosi il volto
colpito, e
guardando ciò che stava accadendo. Non aveva idea del
perché Athena
gli avesse chiesto di continuare, aveva intuito che doveva aver a che
fare con Laxus visto che aveva indicato lui, ma si fidava di sua
sorella e anche se non sapeva cosa nascondeva l'aveva assecondata. Fu
una sorpresa anche per lui quando vide una sagoma azzurra prendere
sempre più forma proprio davanti a Laxus, in ginocchio di
nuovo per
la fatica, ma ancora avvolto dall'elettricità per la rabbia
accecante di cui non riusciva a liberarsi. Un pulviscolo azzurro si
radunava sempre più, si accumulava di fronte a lui, fino a
prendere
una sembianza vagamente umana . E più i fulmini di Laxus
schioccavano più rapidamente il pulviscolo riusciva a
radunarsi e
condensarsi. Quando Laxus si accorse della figura che aveva di
fronte, Priscilla era ormai quasi del tutto riformata. Aggrappata al
suo collo, stretta come se avesse paura di sparire di nuovo, ansimava
per la fatica ed era madida di sudore. Terminò finalmente di
ricomporsi e si abbandonò sulla sua spalla, senza avere
persino le
forze di tenersi sulle ginocchia. Laxus dovette afferrarla a
stringersela contro per evitare che cadesse a terra. La nebbia di
Dike li avvolse immediatamente e quando lei vi emerse si
affrettò a
poggiare sulle spalle nude della ragazza la giacca di Laxus, raccolta
da terra non troppo lontano. Si allontanò poi lentamente, a
testa
bassa, lasciando ai due il loro spazio e sottolineando così
la sua
intenzione di non interferire se non per coprirla.
«Grazie...
Athena...» ansimò Priscilla con un filo di voce,
troppo stanca
persino per restare sveglia. Quella era stata la magia più
sfiancante e straziante che avesse mai provato prima di allora,
sentire il proprio corpo andare in frantumi aveva toccato un livello
nella scala del dolore che mai prima di allora aveva anche solo
sfiorato. Ma più di tutti era stato quasi impossibile
riuscire a
ricomporsi. Il vento, ribelle e irrequieto, l'aveva in poco tempo
sparpagliata ovunque. Una parte di lei era rimasta lì, ad
occuparsi
di Zeus, ma il resto di sé era subito stato pronto ad
allontanarsi e
raggiungere luoghi infinitamente più lontani. Si era arresa
al
destino nell'istante in cui aveva deciso di usare quella magia,
quando l'aveva attuata l'aveva fatto con la consapevolezza che quello
sarebbe stato il loro ultimo addio, ma poi qualcosa di incredibile
era successo e a quell'effimera speranza si era aggrappata
disperatamente.
«Persefone
mi ha detto che ha visto la tua anima lottare con tutte le tue forze
per restare aggrappata a lui» disse Athena, abbandonando la
sua posa
colma di superiorità e avvicinandosi al resto dei suoi
compagni.
Artemide le corse in contro e lei si inginocchiò per
prenderla in
braccio a stringerla, rassicurarla. «Era
l'elettricità dunque, come
avevo intuito. L'elettricità della sua magia ha creato un
campo
elettromagnetico che si è rivelato particolarmente
attrattivo nei
confronti delle tue molecole. Hai usato ciò che restava
della tua
magia per aumentare questa forza attrattiva e restare almeno nei
paraggi, ma bisognava che questa aumentasse per permettere a tutte le
parti di te di radunarsi nuovamente e permetterti di ricomporti
definitivamente. Probabilmente la forza attrattiva è dovuta
al fatto
che tu sei stata creata su misura per quella magia. Ares non
è
delicato, ma sapevo che avrebbe saputo toccare i tasti giusti per
stimolare quell'uomo a dare fondo a tutto ciò che aveva e
permetterti di riuscire nel tuo disperato intento».
«E
io che speravo che tu volessi che lo uccidessi davvero»
ridacchiò
maligno Ares, benché fosse ormai palese che stesse solo
scherzando
per stuzzicare Laxus, cosa che ancora non aveva smesso di
divertirlo.
«Spero
così di aver ripagato il nostro debito»
confessò Athena,
stringendo la piccola Artemide al petto. «Non vi chiediamo di
perdonarci, ma spero che almeno così non ci riserverete
rancore»
aggiunse e tolse dai capelli della bambina dei pulviscoli causati dal
combattimento di poco prima. Parole forti, colme di una vergogna che
tutti provavano e di cui lei si era fatta portavoce. Sapevano che
niente avrebbe potuto perdonare quel loro attacco insensato, avevano
messo a repentaglio troppe vite, non gli interessava nemmeno la
redenzione. Ma era giusto che loro potessero andare avanti con le
loro vite senza ripercussioni, dimenticandoli se necessario.
Mirajane, finalmente sveglia, si avvicinò a lei a passi
lenti e
delicati. Le si inginocchiò di fronte e diede una tenera
carezza
alla testa di Artemide, sorridendo amorevole ad Athena.
«È
sempre difficile occuparsi di tutti, vero? Però è
divertente
poterli avere attorno, anche se ogni tanto esagerano» disse
con una
leggerezza che la colpì profondamente. Non c'era traccia di
odio né
tantomeno di rancore in quegli occhi.
«Accidenti,
piccoletto, sei veramente un fulmine!» esclamò
Jet, avvicinandosi a
Hermes e guardandolo con le braccia conserte e un allegro sorriso in
volto.
«Hai
tenuto a bada da solo due Dragon Slayer e sei così giovane.
Mi fai
quasi invidia, lo sai?» disse Droy, inginocchiandosi di
fronte a
Dioniso.
«Ci
riusciva solo perché ci faceva venire il mal di
mare!» ruggì
Gajeel, offeso del fatto che lui e Wendy fossero stati messi alle
strette da un moccioso come quello. Dioniso tirò su col naso
e
guardò con uno strano fascino il pacchetto di patatine da
cui Droy
si stava abbuffando -e chissà dove da dove aveva preso.
«Cosa
sono?» chiese timido, ma affascinato. Era stato l'unico che
dopo la
cena che avevano fatto insieme a Priscilla e i membri di Fairy Tail
era rimasto veramente affascinato dal sapore del cibo. Almeno la
metà
di loro aveva finto, solo per sembrare simpatici verso Priscilla, ma
lui aveva scoperto un vero e proprio paradiso terrestre. Il cibo era
vita!
«Patatine!
Vuoi assaggiare?» chiese Droy porgendogli il pacchetto e
Dioniso
annuendo timidamente allungò una mano, prese una manciata di
patatine e iniziò ad abbuffarsi selvaggiamente.
«Ehy,
piano! Così le finisci!» sussultò Droy,
contrariato dal fatto che
un atto di gentilezza si fosse tramutato in un vero e proprio furto.
«E
così hai bisogno di trasformarti in altre donne per sedurre
un
uomo?» chiese Evergreen provocatoria verso Afrodite, che in
tutta
risposta si trasformò in lei... ma senza vestiti.
«Posso fare anche
tante altre cose» disse Afrodite, per niente timida della sua
nudità
-anche perché era quella di Evergreen. Elfman
lanciò un urlo nel
vederla per poi diventare tutto rosso e assumere un'espressione per
niente innocente. Evergreen, quella vera, reagì cominciando
a
colpire l'uomo con tutta la furia e la vergogna che aveva addosso.
Bickslow scoppiò a ridere di fronte a quella scena, senza
risparmiarsi nel tornare a sottolineare come tra i due ci fosse del
tenero sicuramente, e anche lui si beccò qualche insulto
dall'amica.
Nascosta dietro Fried, che ora raggiungeva il compagno,
sbucò la
timida faccia di Persefone che lanciò lunghi e intensi
sguardi a
Bickslow, perfettamente visibile nonostante avesse cercato di
nascondersi dietro l'amico. Non appena Bickslow la vide
provò ancora
a salutarla, visto che la prima volta era andata male, ma lei ancora
reagì lanciando piccoli urletti di imbarazzo e si
rannicchiò
maggiormente dietro Fried decisa a restare lì tutto il
giorno. Erza
si sedette vicino a Eris, che si voltò dall'altro lato
apparentemente astiosa e per niente intenzionata a socializzare, ma
poi lei le mostrò una delle sue spade e il fascino della
lama attirò
l'attenzione dell'immortale tanto da farle dimenticare tutti i
rancori. Efesto e Natsu iniziarono a scherzare tra loro senza neanche
il bisogno di sforzarsi, cominciando una sfida a chi dei due fosse
stato in grado di raggiungere temperature più elevate.
Chiesero a
Lucy di fare da giudice ma la ragazza si rifiutò
categoricamente.
Cana si avvicinò a Nemesi, Lisanna al piccolo Apollo e al
Master che
ancora aveva bisogno di riposare e riprendersi dagli effetti del
veleno, Lluvia a Dike, Ebe e Ilizia e infine anche Eirene... tutti,
senza bisogno di chiederlo apertamente, vennero coinvolti in qualche
discorso o gioco come fosse una normale rimpatriata tra amici, come
se non ci fosse stato tra loro nessuno scontro mortale fino a poco
prima.
E
Priscilla, finalmente salva e a casa, poté piano piano
riprendere le
forze tra le braccia dell'uomo che inconsapevolmente le aveva salvato
la vita. Lo sentì, che ancora tremava, scosso da quanto era
successo
poco prima. Nascondeva il volto sul suo collo, la stringeva tanto da
farle male, si copriva con i suoi capelli come se si vergognasse, e
in quell'antro tanto familiare poté sfogare del tutto la
propria
frustrazione e la propria felicità, mentre non poco lontano
da loro
il resto della sua famiglia riempiva quel luogo, che fino a poco
prima era stato avvolto dalla morte, di gioia e vita.
«Laxus...»
mormorò Priscilla con quel poco di voce che aveva. Quella
voce...
sentire quella voce pronunciare il suo nome, aveva temuto che non
sarebbe più accaduto. La strinse ancora di più,
lasciando che un
lamento gli uscisse dalla gola, e questo la intenerì
immensamente.
Era la prima volta in tutta la sua vita che lo vedeva così
debole,
così fragile. E per quanto desiderasse proteggerlo, evitare
che
potesse sprofondare nella vergogna per aver fatto scappare un lato di
sé come quello, sentirlo così aggrappato a lei,
sentirlo così
disperato per lei, le portava al petto un'intesa gioia
egoista.
"Se
io morissi... almeno in quell'occasione, verseresti una lacrima?"
«Laxus,
stai piangendo... per me?» chiese amorevole e
riuscì ad alzare una
mano per potergli accarezzare la nuca. Sapeva che il suo orgoglio
l'avrebbe portato a rispondere in un certo modo, perciò si
preparò
a sentirlo sbraitare o brontolare, accennando un sorriso divertito di
fronte a quell'evenienza. Ma si sorprese molto quando invece Laxus
reagì stringendola ancora di più e con voce
lamentosa le disse,
imperativo: «Non azzardarti mai più a morire senza
di me».
"Perché
sai, io penso che se tu morissi... sì, io credo che vorrei
morire
insieme a te".
Il
cuore prese a batterle nel petto tanto forte che faticò a
tenere
sotto controllo il respiro. Era sciocco e forse era colpa dei suoi
sentimenti, ma quelle semplici parole ebbero lo stesso effetto che
avrebbe potuto avere una vera dichiarazione d'amore. Li legava, li
legava indissolubilmente, li rendeva una cosa sola, li costringeva a
stringere le dita le une nelle altre e non lasciarsi mai più
andare.
Il suo desiderio più grande, il suo sogno di averlo per
sempre
accanto a sé, era esattamente lì. Tra le sue
dita... ed era lui
stesso che glielo stava offrendo.
«Ok...»
mormorò lei, con le guance arrossate per l'emozione.
«Va bene»
balbettò non sapendo come altro rispondere, e
semplicemente si
beò della dolce sensazione di poterlo stringere a
sé in tutta
quella bontà e in tutto quell'amore che aveva solo per
lei.
«Onee-san!»
l'urlo simultaneo sia di Apollo che Artemide fu la freccia che ruppe
definitivamente quella bolla in cui si erano rifugiati. Si voltarono
entrambi a guardare i due bambini che gli correvano incontro,
rincorsi da Lucy e Evergreen che imploravano loro di fermarsi e
lasciarli stare. Inutilmente.
Apollo
e Artemide saltarono tra le braccia di Priscilla e l'abbracciarono,
scoppiando in lacrime e chiedendole scusa per non essere stati bravi.
La loro interruzione permise a Laxus di staccare la testa da
quell'oblio in cui sembrava caduto, tornare alla normalità e
anche
ripulirsi il viso dalle lacrime che aveva smesso solo allora di
versare. Tornare normale... in un certo senso gli fu grato. Gli
permise di ricomporsi.
Priscilla
strinse entrambi i bambini, accarezzò loro le teste e li
rassicurò,
amorevolmente. Nessuno di loro, nessuno di Fairy Tail, portava
rancore nei loro confronti. Sapevano benissimo cosa significava avere
un padre manipolatore e viscido.
Li
consolò per un po', per poi spostare infine lo sguardo
sull'unico,
di tutta la gilda Olympos, che ancora non avesse accennato nemmeno a
un sorriso o a una parola amichevole. Ares se ne stava da solo,
ancora seduto a terra dopo l'ultimo colpo subito da Laxus, a pochi
metri da loro. Con lo sguardo torvo, silenzioso, non faceva che
guardare la sua famiglia che stringeva amicizia con coloro che
avevano tentato di uccidere fino a quel momento. Non c'era bisogno
certo di conoscerlo bene per capire e leggere sul suo volto che tra
tutti lui fosse quello più turbato. In fondo era stato il
capostipite di quella generazione, era stato lui l'inizio di ogni
cosa, era stato lui a crescerli, a guidarli e infine era stato lui a
vederli morire fino all'ultimo. Quella lacrima che aveva versato un
istante prima del suo ultimo respiro non poteva dimenticarla.
Priscilla si alzò da terra, coprendosi con il cappotto di
Laxus, e
si avvicinò a lui. Benché potesse comunque
vederla e sapesse
perfettamente di averla a fianco non le rivolse minimamente la sua
attenzione.
«Quel
pugno...» disse Priscilla, anche se ancora non ebbe da parte
sua un
minimo di considerazione. «Quello che hai cercato di darmi
quando ho
fatto la dissolvenza... non me l'hai dato per impedirmi di uccidervi,
vero?» ma lui ancora non rispose. «Volevi impedirmi
di sparire per
sempre, non è così?» insisté
ma ancora nessuna risposta. Lei
sorrise, capendo che quel silenzio, quel mutismo frustrato, era solo
la conferma di quanto lei stesse dicendo.
Non
era molto diverso da Laxus, in fondo.
«Le
cose che mi hai detto erano vere, nonostante tutto»
continuò,
volgendo lo sguardo alle proprie rispettive gilde che in quel momento
ridevano e scherzavano. «Lo so bene, anche se vuoi farmi
credere che
erano tutta una finzione. Eri sincero. Ti senti un'ombra, una
distorsione, senti che è tutto sbagliato... ti sei sentito
solo così
tanto che quando Athena ed Efesto sono venuti al mondo hai iniziato a
dubitare del reale significato che avesse la tua vita. Ti importava
solo proteggerli e crescerli... e proprio per questo hai continuato
ad assecondare i desideri di Padre Zeus, purché lui avesse
continuato a darti dei fratelli. Questa guerra non ti è mai
interessata... avevi solo bisogno di avere qualcosa da chiamare casa.
È la stessa cosa che provavano tutti i tuoi fratelli, ma
loro ne
erano inconsapevoli a differenza tua. Perché tu sei il
più forte...
e sapendo che a te si sono sempre appoggiati, sentendo sulle tue
spalle la responsabilità di tutte le loro vite, hai lottato
fino
alla fine contro le tue volontà sperando così di
proteggerli»
disse lei e Ares, che fino a quel momento era stato in silenzio,
assorto, apparentemente arrabbiato, si sciolse in un sorriso.
«Adesso
lo capisci, Ares?» chiese ancora lei, dolcemente.
«La forza del
legame, il calore dell'amore, il desiderio di salvare una
vita...»
«Comincio
a capirlo» confessò Ares, prima di abbozzare un
sorriso divertito.
«Sei una pazza spericolata. Ti sei spinta a tanto solo per
darci una
lezione».
«In
realtà ho pensato veramente che sarebbe stata la fine per
me! E non
avevo idea che vi sareste salvati, ho solo pregato che Wendy ci
riuscisse e tutto andasse per il meglio. Che fortuna, eh?»
ridacchiò
e Ares sbarrò gli occhi, sussultando con un: «Stai
scherzando,
vero?!».
Sospirò,
ignorando quanto appena successo, e tornò a guardare i
membri delle
due gilde che familiarizzavano amichevolmente tra loro. Assunse
un'aria meno orgogliosa, più debole e preoccupata, svelando
così il
suo reale animo.
«Che
ne sarà ora di noi?» chiese. «Non
abbiamo più né una guida né
un posto dove andare, non sappiamo più nemmeno chi e cosa
siamo».
«Ma
che stai dicendo?» ridacchiò Priscilla, voltandosi
e guardando Ares
con un enorme sorriso. «Non è cambiato
assolutamente niente. Avete
una casa non troppo lontana da qui, lo scopo di diventare una gilda
ufficiale, avete un nome e un'identità, potete usare il
vostro
incredibile potenziale per fare del bene e potete cominciare ad
esplorare il mondo... le vostre vite sono appena iniziate, ci sono
così tante cose da fare e scoprire. Ma
soprattutto...» e si voltò,
per poi porgergli una mano e aiutarlo ad alzarsi da terra. Un
simbolico gesto di amicizia, di fraternità, ma soprattutto
di
sostegno. Tutti i suoi fratelli si erano rialzati, ora doveva farlo
anche lui. Soprattutto lui. «Loro hanno ancora una
guida» gli
sorrise, facendogli capire che fosse lui il soggetto della sua frase.
Era stato il primo a nascere, era quello con maggiore esperienza, era
stato lui a desiderarli e soprattutto era stato lui a crescerli. Eris
ed Ebe erano diventate forti grazie ai suoi allenamenti, Dioniso ed
Hermes avevano la testa sulle spalle grazie ai suoi rimproveri,
Athena si rivolgeva sempre a lui per primo quando aveva bisogno di un
confronto e qualcuno di affidabile a cui dare qualche incarico, era
lui che tirava fuori dai guai Efesto, era lui che si occupava della
crescita dei gemelli, era lui che aiutava, che indicava, che
spiegava, che teneva tutti sotto controllo... era lui che
guidava.
«Non
sono tanto diverso da loro» sorrise Ares, divertito, ma
nonostante
l'apparente rifiuto non disdegnò la sua mano.
L'afferrò e si
rialzò, aiutato. «Sarebbe meglio se a guidarci
fosse qualcuno che
ha già percorso questi passi» le disse, senza
lasciar andare la sua
mano.
«Ancora
ci provi» inarcò un sopracciglio lei, divertita.
«Non
ho proprio speranze di convincerti a venire con noi, vero?»
ridacchiò lui, arrendevole.
«Ares»
sospirò lei, intenerita da quella sua titubanza che
dimostrava solo
la sua fragilità. Aveva paura di quello che sarebbe
successo, una
simile responsabilità lo terrorizzava, ma era pronto a
prendersela
per amore della sua famiglia. «Hanno chiamato te»
sottolineò
Priscilla e fu proprio quell'affermazione a dissolvere ogni suo
dubbio. Un istante prima di morire, di fronte alla novità di
quel
terrore, con il loro ultimo respiro loro avevano chiamato il nome di
Ares. Non di Priscilla e nemmeno Padre Zeus... loro avevano bisogno
solo di Ares.
«Ho
capito» sospirò e sorrise. Era pronto, pronto ad
affrontare quella
nuova vita e soprattutto pronto a farlo insieme alla sua famiglia, le
persone che più amava al mondo... perché adesso
sapeva bene cosa
significasse amare.
«Forse
è meglio così» aggiunse poi, alzando le
spalle e abbozzando un
sorriso malandrino. «Se fossi venuta con noi mi sarebbe
toccato
avere intorno quel fulminato biondastro e certo non ho voglia di
vedere ancora il suo brutto muso» provocò ed ebbe
effetto, visto
che Laxus reagì ingrugnendosi e lanciandogli occhiatacce
furiose.
L'antipatia sicuramente era ricambiata. Potevano essere entrati in
pace, ogni ostilità era cessata, ma non cambiava la
situazione tra
loro... quel tizio gli dava sui nervi. E la cosa era sicuramente
reciproca.
«Ciò
non toglie che ci mancherai, piccoletta» aggiunse poi
suadente,
guardando Priscilla. Fece un passo verso di lei, usò la mano
che
ancora stringeva per tirarla più vicino a sé e
sfruttando la sua
forza a suo vantaggio e l'effetto sorpresa la prese per la nuca e se
la portò al volto. Le proprie labbra intrappolarono le sue
con una
tale rapidità che lei riuscì a comprendere che
quello si trattava
di un bacio solo qualche secondo dopo, quando addirittura lui stava
già allontanandosi soddisfatto del furto. Aprì
gli occhi
guardandola divertito, ma pochi istanti dopo volse lo sguardo a colui
che veramente gli interessava stuzzicare. Sogghignando
lanciò a
Laxus, alle spalle di Priscilla, l'occhiata più maligna che
avesse
sfoderato fino a quel momento facendo ben intuire che quel gesto
aveva forse più l'intenzione di provocarlo e punzecchiarlo
ancora
piuttosto che dimostrare i propri sentimenti verso Priscilla. Una
risatina diabolica gli uscì dalla gola quando lo vide livido
in
volto, a pugni stretti, la mascella serrata, tanto furioso che
tremava dalla voglia di scattare in avanti e ammazzarlo di
botte.
Priscilla
restò ancora paralizzata qualche secondo, persa in
chissà quale
mondo incantato, con le guance leggermente arrossate... e poi
urlò.
Si voltò di spalle e si portò le dita alle labbra
profanate,
piagnucolò e tremolò come una foglia, agitata e
sconvolta come
poche volte lo era stata.
«Come
hai potuto?!» pianse, piena di vergogna. «Quello
era il mio primo
bacio... me l'hai rubato così» sibilò,
sotto shock, e la fronte di
Laxus si corrucciò ancora di più mentre alla sua
mente
esplodeva come una bomba l'immagine della loro prima nottata a Crocus
dove lei ubriaca l'aveva baciato un attimo prima di
addormentarsi.
«Non
è esattamente così»
sussurrò, imbarazzato e ora altrettanto
agitato di fronte a quella confessione: se Ares era arrivato dopo di
lui e lei sosteneva di non aver mai baciato nessun altro prima,
allora il famigerato primo bacio l'aveva dato proprio a lui... e ne
diventava consapevole solo in quel momento. Era come un masso che gli
cadeva sulle spalle.
«Il
primo, eh?» si leccò le labbra Ares, e sempre
più divertito e
provocante si accostò a lei, per sussurrarle. «Se
vuoi posso
regalarti altri primi momenti altrettanto emozionanti, sai?»
Priscilla
rabbrividì e la faccia le prese letteralmente fuoco di
fronte a
quella che era una vera e propria proposta sessuale senza troppi
veli. Si coprì il volto completamente rosso con le dita
tremanti e
lanciò un altro urlo pieno di imbarazzo e vergogna, quando
Laxus
intervenne mandando al diavolo ogni cenno di orgoglio. Strinse
Priscilla al petto, protettivo, e sporgendosi da un lato
piantò
violentemente la propria fronte contro quella di Ares.
«Che
intenzioni avresti, sentiamo un po', stupida montagna?»
ruggì
furioso, spingendo Ares con la fronte per dimostrare la propria
forza.
«Hai
i criceti nel cervello, fulminato? C'è bisogno che sia
più
esplicito di così perché altrimenti non ci
arrivi?» ringhiò Ares
con altrettanta furia, respingendo Laxus dal suo lato.
«Non
azzardarti più nemmeno a guardarla»
ricambiò ancora Laxus,
contrastando la sua forza e tornando a spingerlo lontano con la sola
forza della testa.
«Qual
è il tuo problema? Sei suo fratello, mica il suo ragazzo,
no?» una
palese provocazione, visto che ormai era ovvio persino ai loro occhi
cosa ci fosse tra quei due. Laxus continuò a rispondere e
Ares
rispondeva a sua volta, spingendosi a vicenda con solo la fronte,
tanto da farsele diventare rosse per lo sforzo a cui erano
sottoposte. E nel frattempo Priscilla, stretta nell’abbraccio
protettivo di Laxus, continuava a lamentarsi e cercare riparo
all’interno delle sue stesse mani, nascondendo il volto color
peperone.
«Che
succede tra quei due?» chiese Evergreen, notandoli pochi
secondi
dopo.
«Hanno
capito che abbiamo finito di lottare?» si sporse Lucy,
curiosa.
«Santo
cielo» sospirò invece Afrodite.
«Quando
Ares si fissa con qualcuno non c'è verso di
tenerlo» disse Eris,
avvicinandosi alla sorella.
«Ha
odiato il biondino dal primo istante in cui l'ha visto»
annuì
Afrodite. «È come un bimbo, farà sempre
i capricci per potergli
tirare due cazzotti».
«Forse
è il caso di andarcene» disse Athena avvicinandosi
alle due sorelle
e i due gemelli sembrarono essere della sua stessa idea, visto che si
avvicinarono ad Ares per chiamarlo. Lo strattonarono per il pantalone
per attirare le sua attenzione e sbadigliando e stropicciandosi un
occhio chiesero, pigramente: «Ares... possiamo andare a casa,
ora?»
A
casa...
Ares
sorrise e finalmente lasciò in pace Laxus e Priscilla,
ammorbidendosi di fronte alla tenera richiesta del piccolo della
famiglia. Un semplice gesto, una frase innocente, ma che gli
riportava alla mente e al cuore quanto sarebbe successo da
lì in
poi. Le parole di Priscilla... loro avevano ancora una casa, un luogo
dove tornare, una vita da vivere e lo facevano aggrappandosi a lui.
Apollo e Artemide si erano avvicinati a lui, per chiedere il permesso
di poter tornare, per quanto sembrasse banale lo riportava con i
piedi nelle proprie scarpe. Avrebbe preso sulle spalle ciascuno di
loro e li avrebbe guidati, come aveva sempre fatto e forse anche con
più amore di prima. Ares sarebbe stato il secondo Master di
Olympos
e avrebbe accettato quel ruolo con responsabilità e
orgoglio.
Si
piegò e prese in braccio entrambi. Questo permise ai due
bambini di
appoggiarsi alle sue spalle e poter cominciare a riposare. Eris,
Afrodite, Athena e poi anche Efesto, Dike, Dioniso e tutti gli altri
pian piano gli si avvicinarono, lo circondarono e volgevano a lui i
loro sguardi speranzosi. L'avrebbero seguito ovunque e sempre,
qualsiasi cosa avesse deciso di fare.
«Sì»
annuì verso il piccolo Apollo, per poi guardare tutti gli
altri.
«Torniamo a casa».
Inaspettatamente
ci fu gioia nella loro voce, mentre esultavano e cominciavano a
progettare come avrebbero impiegato il resto della giornata. Alcuni
volevano provare a dormire, Dioniso voleva andare a comprare del cibo
in paese, Eris e Ilizia progettavano di andare ad esplorare le
montagne a nord, Athena avrebbe liberato lo studio... per riempirlo
con libri nuovi. Si incamminarono, parlando tra loro, felici, quando
Efesto si avvicinò ad Ares che guardava ancora immobile il
resto
della sua famiglia che lo precedeva.
«Che
facciamo con lui?» chiese con voce bassa, volgendo uno
sguardo al
cadavere di Padre Zeus. Ares lo guardò qualche istante,
pensieroso,
per poi spostare lo sguardo su Priscilla. Era stata lei a ucciderlo,
e probabilmente era anche la prima volta che uccideva qualcuno, ma
nonostante tutto non c'era rimorso nei suoi occhi. Senza Padre Zeus
Olympos avrebbe potuto vivere realmente la sua vita e non riusciva a
pentirsi di una cosa come quella. Lei aveva donato a quelle persone
speranza e futuro.
«Ai
membri di una gilda ufficiale non è permesso uccidere
nessuno,
nemmeno se questo si trattasse di un nemico» disse,
ricordando anche
a lei la regola a cui avrebbe dovuto sottostare. Se il Concilio
avesse scoperto ciò che era successo con ogni
probabilità l'avrebbe
arrestata. Priscilla non tentennò, dimostrando di essere
pronta a
prendersi persino una responsabilità come quella.
«Ma
una gilda oscura non è costretta a sottostare alle stesse
regole»
aggiunse poi Ares, voltandosi verso Efesto che semplicemente
annuì,
comprendendo. Si avvicinò al corpo di Zeus, lo raccolse da
terra e
si incamminò portandoselo via.
«Non
vi permetteranno mai di diventare una gilda ufficiale se vi
prenderete la responsabilità di un omicidio! Ares,
aspetta...»
disse Priscilla, facendo un passo verso di lui. «Sono pronta
a
prendermi la mia responsabilità, non fate
sciocchezze!»
«No,
non è vero che sei pronta» sogghignò
Ares, lanciando uno sguardo a
Laxus e poi al resto di Fairy Tail. «Devi restare qui, con
loro. Per
noi non farà molta differenza, ci odiavano già
prima».
«Ma...»
insisté lei, ma Ares la interruppe: «Vedila come
una forma di
ringraziamento. Il nostro modo di ricambiare il favore. Ti dobbiamo
la vita... Pricchan» quel soprannome.
Proprio
quel pomeriggio, all'ingresso del bosco, Ares aveva rifiutato
categoricamente di chiamarla in quel modo. Era il soprannome che le
aveva dato la sua famiglia, che le avevano dato gli umani, non si
sarebbe mai abbassato a pronunciarlo perché lei non era come
loro. O
almeno questo aveva sostenuto, fino alla fine non aveva fatto che
ripetere ostinato che lei appartenesse a Olympos e non agli umani, ma
ora con quel semplice soprannome ammetteva di voler fare un passo
indietro. Priscilla non era Priscilla e basta, Priscilla apparteneva
agli umani, era come loro... e per questo meritava di restare
lì.
Era questo che quel semplice soprannome stava a significare. Lei non
era Priscilla l'immortale, lei era Pricchan... Pricchan e basta. Maga
di Fairy Tail, sorella di un umano, forse umana lei stessa anche se
con qualche potenziale in più. Non avrebbe mai permesso che
un loro
errore le avrebbe negato tutto quello. E lei, di fronte a quell'atto
di ammissione, di coraggio e soprattutto di gentilezza non
potè che
chinare la testa e accettare le loro condizioni.
«Grazie»
mormorò semplicemente, tornando di fianco a Laxus che,
nonostante
tutto, non aveva ancora smesso di essere così protettivo e
possessivo nei suoi confronti da voler togliere il braccio dalle sue
spalle. Se la strinse vicino e guardò infine anche Ares, con
i
gemelli in braccio, e Efesto che teneva il corpo di Zeus allontanarsi
e seguire il resto della loro famiglia.
«A
presto» sussurrò ancora Priscilla, abbozzando un
sorriso
malinconico nel vederli andar via.
«Tornate
a trovarci!» urlò Lucy per prima, alzando una mano
per salutarli, e
subito la seguirono anche il resto di Fairy Tail urlando saluti,
sbracciandosi, augurando loro il meglio per il futuro. Apollo e
Artemide furono i primi a ricambiare, allungandosi oltre le spalle di
Ares per alzare le mani e salutare gioiosi. Davanti a loro anche il
resto di Olympos si voltarono per salutarli, alzando una mano,
saltando dall'allegria come nel caso di Dioniso e Hermes o
semplicemente gridando con felicità una promessa che
avrebbero
volentieri mantenuto.
«A
presto!»
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