Gli Elementi- L'interno

di killian44peeta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'interno- Parte uno ***
Capitolo 2: *** L'interno- Parte due ***
Capitolo 3: *** L'interno- Parte tre ***
Capitolo 4: *** L'interno- Parte quattro ***
Capitolo 5: *** L'interno- Parte cinque ***
Capitolo 6: *** CIACK! SI GIRA ***



Capitolo 1
*** L'interno- Parte uno ***


 

Gli Elementi ~ L'interno
Short story
 

Lilhian

-No, non proprio. Non volevo essere baciato da lui. Volevo essere baciata da... te- questo avevo detto.

Mi si incise perfettamente nella mente l'espressione di Diana in quei secondi che passavano a rilento, come se qualcuno avesse rallentato ogni singola cosa fino a farla diventare di troppo.

Non riuscivo a distogliermela dalla testa, non a cancellarla neppure di un minimo, non a rilasciare la tensione che questa mi scatenava inesorabilmente.

Era rimasta tra lo shock e il paralizzato, un espressione che mi aveva stretto lo stomaco e mi aveva portato un dolore immenso al petto, come se mi avessero tirato un calcio pesante e intenso proprio in quello stramaledetto punto.

"Tanto lo sapevo" mi ero detta, pregando che i miei occhi non iniziassero a bruciare come folli, stringendo i pugni "Lo sapevo che non mi avrebbe degnata di una sola, vera attenzione"

"Lei non è come me. Non lo è mai stata... E a dimostrarlo è la sua faccia"

-Penso che non dovremmo essere più amiche- avevo quindi continuato, sentendo l'insulso desiderio di scoppiare in lacrime, sapendo perfettamente che mi sarei allontanata da lei.

Mi sarei allontanata dalla mia migliore amica, dalla persona che mi piaceva da morire almeno da quattro anni, quella stessa persona da cui avevo deciso di scappare nel momento esatto in cui quel Broome le aveva strappato il primo bacio senza che io potessi farci davvero qualcosa.

Mi sarei allontanata da quegli occhi indaco che mi pregavano di dirle che tutto non era vero, che le emozioni che provavo non fossero reali .

Ma dannazione, lo erano.

Lo erano fin troppo.

Lei cercò di dire qualcosa, la voce bloccata in gola che  riproduceva soltanto  dei gorgoglii uniformi e bizzarri : un ennesimo pugno in cui, nel frattempo, mi costrinsi a gelare il mio tono per sembrare straordinariamente calma.

-Non posso essere solo amica di qualcuno che mi piace, non sono così masochista e forte da poterlo fare. So quando è una battaglia persa e so quando una non è come me, non so come tu la pensi ma ... stavolta non mi importa, questo...questo è un addio-

La avevo squadrata per gli ultimi secondi, come per tenermi in testa il colore del suo sguardo e i capelli lisci, perfetti nel loro brillare, abbinato al pallore latteo della pelle della ragazza.

Mi girai, socchiudendo le palpebre, sentendo le lacrime scivolare giù dalle guance, lasciate finalmente libere da quelle emozioni amare di contenimento, mentre una tempesta distruttiva sembrava correre in direzione del mio stomaco per mandare all'aria ogni cosa che potesse trovare.

E mi svegliai di colpo, con la faccia bagnata per via di una secchiata che mi era stata buttata addosso, gelida come non mai, la quale mi fece sussultare di colpo e trattenere il fiato, con i brividi che mi attanagliavano ovunque e le gocce che colavano da tutte le parti, provocando un rumore che già si riproduceva per tutta la prigione.

Borbottai parole di dissenso al trovarmi di fronte il capo di quella cella.

Era una donna dai capelli corti, tenuti in un taglio militare di un color biondo cenere.

Aveva un espressione sempre mezza sogghignante ogni volta che mi svegliava.

Non sapevo perché, ma quella sembrava avercela molto con me e non mi pareva di averle mai fatto nulla.

- Stella038, alza quel culo da terra, sei stata richiesta per pulire le latrine-

Feci una smorfia disgustata all'ultima parola, mettendomi in piedi decentemente, cercando di non crollare al suolo come un idiota per una semplice perdita di equilibrio e per delle gambe che non volevano proprio smetterla di tremare come foglie.

L'aria che entrava dagli spifferi nelle pareti era proprio fredda e la tuta da carcerato a maniche corte non era proprio il massimo.

-Ad aiutarti nel lavoro vi saranno Foglia04, Foglia05, Foglia06 e Teschio29. Al contrario tuo, loro sono già lì-

Guardai la donna con sguardo fisso e vuoto, senza dire una parola, con le manette che mi si formavano improvvisamente ai polsi e che andavano a collegarsi con un collare che mi stringeva fin troppo il collo, portandomi a faticare nell'inghiottire.

-Sissignore- asserii con voce roca, vedendo la donna prendere le catene che mi fermavano i polsi e trascinarmi fuori con la forza,  facendomi strascicare i piedi nel tentativo di seguire il ritmo, anche se li sentivo decisamente troppo, troppo irrigiditi.

Sbattei perfino contro altri carcerati e, cosa peggiore di tutte, riuscii a scontrarmi con una sbarra del cancello che impediva a tutti di uscire se non con il permesso della capo reparto.

Con un mugolio di disappunto, riuscii a sopravvivere da quella stramaledetta cella, uscendone, anche se sapevo che avrei avuto un attività spiacevole da svolgere per tutta la mattina e tutto il probabile pomeriggio.

Già mi sentivo in ansia: l'idea di mettermi a pulire quello schifo mi rivoltava nettamente lo stomaco.

Speravo soltanto che i miei momentanei compagni di lavoro si dimostrassero affabili e bravi lavoratori, altrimenti col cavolo si sarebbe concluso questo lavoro il prima possibile.

Iniziai quindi a dirigermi verso i bagni, spinta e ben controllata da quell'insopportabile guardia.

L'unico punto a favore di questo lavoro era che c'erano meno possibilità che ti chiamassero in seguito per il prelevamento.

Poteva sembrare strano per persone che erano in una prigione, ma il prelevamento era quello da cui tutti scappavano per certi versi.

Tutti vi scappavano per un semplice e unico motivo.

Continuai a camminare a lungo, lasciando correre lo sguardo in direzione degli altri carcerati.

Tute arancioni più e meno accese si disponevano per tutte le celle tra persone sveglie che mi fissavano a loro volta e quelle addormentate, sdraiate o sedute.

In totale, le celle erano cinque, suddivise per via della targhetta che era scritta sulla manica del vestiario.

Ognuna di esse aveva un disegno inciso su di esso e un numero preciso.

In suddivisione, i simboli erano il teschio, la macchia, la foglia, la stella e la mela.

Poi, cosa significassero esattamente, non lo sapevo, ma più di tanto non mi importava.

L'importante era che tutte le persone qui radunate erano, come me, state rapite e andavano dai cinque ai ventiquattro, trent'anni.

Camminai a lungo in corridoi che venivano illuminati a malapena e che portavano alla principale destinazione, cercata fin dall'inizio, nonostante la poca voglia di arrivarci seriamente.

La raggiunsi, sentendo il fiato sul collo della donna che continuava a fissarmi, come se non aspettasse altro che io facessi un passo falso per mettersi a picchiarmi completamente senza motivo.

Come controllore era proprio una strega.

"Deve avere dei problemi mentali. Tutti qui devono averne" mi dissi, irritata, trattenendomi dall'insultarla a voce, ma di certo non limitandomi a tal punto da non farlo mentalmente.

"Brutta idiota, strega, bastarda, baldracca con la mentalità marcia, stronza di merda con il cervello di gallina, sei perfino più lurida delle latrine stesse "

-Siamo arrivati- disse la donna, sillabandomi in faccia, facendomi stringere la mandibola dal disgusto generale.

"Dall'alito sembra poi che ti si sia arenato un cadavere di balena in gola" pensai tra me e me con una smorfia schifata " Guarda, forse l'odore dei bagni fa meno schifo"

Mi costrinsi ad annuire, vedendola girarsi poi per aprire la porta di legno dei servizi pubblici e buttarmici praticamente dentro, chiudendo la porta a chiave dietro di me.

Il bagno era una stanza chiusa e senza finestre, illuminato sempre dalle solite torce che, a tratti, sembravano sul punto di spegnersi.

Le pareti erano tutte colorate di bianco, con mattonelle che si susseguivano in maniera ben ordinata e che mostravano lo sporco in maniera assurda.

Certi punti delle latrine erano segnate di giallo, di polvere e in certi punti, cosa che mi strappò un conato, anche di marrone e verdastro.

Le persone che mi avrebbero accompagnato in questo particolare lavoretto erano praticamente davanti a me.

Vi erano due bambine gemelle, un ragazzo e una ragazza.

La ragazza era di bassa statura, parecchio magra e decisamente molto fragile di aspetto, dai capelli neri, un poco ricci e aveva come denominazione Foglia04.

Era molto carina, ma aveva lo sguardo spento, cosa che sinceramente mi lasciava una sensazione di pena indescrivibile addosso.

Le bambine erano Foglia05 e Foglia06, anche loro dai capelli neri, ma raccolti in due codini e con un aria preoccupata e spaventata come non mai.

-Fratellone Scorpius mi manca- piagnucolò una a bassa voce, stringendo le palpebre.

-Anche a me- le rispose l'altra, andando invece ad alzare la testa in direzione della corvina per incrociare il suo sguardo -Gli manchiamo anche noi?- domandò poi alla ragazza.

-Sicuramente- rispose, sempre sottovoce la corvina, accarezzando le teste delle due che singhiozzarono appena, scosse da dei sussulti leggeri.

Il ragazzo invece aveva capelli viola, disordinati, una statura poco più alta della corvina e gli occhi arancioni, tra sfumature gialle e rosse che si mischiavano in maniera particolare.

Lui era il Teschio29 e il suo leggero dondolarsi, prima da una parte e poi dall'altra, rendeva l'idea che fosse decisamente pazzo.

-Beh- iniziai io, attirando l'attenzione di tutti e quattro i presenti - Direi che possiamo iniziare a lavorare-

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Capitolo 2
*** L'interno- Parte due ***


Lilhian

Pulire le latrine non era mai stato così difficile.

Le bambine parevano affaticarsi ogni tre per due e il ragazzo dai capelli viola non sembrava voler lavorare molto, rifugiandosi spesso negli angoli, quasi a contemplare i muri, dondolandosi costantemente, con i secchi che buttavano fuori acqua da tutte le parti ad ogni movimento che faceva.

Alzavo gli occhi al cielo dall'irritazione cosí spesso che non mi sembrava di poter fare altro a momenti, ma nonostante tutto, non gli dicevo nulla.

Era mezzo matto e per qualche strano motivo sentivo che, anche se avessi soltanto provato a protestare, ogni tentativo sarebbe stato più che vano, con una quantità di ascolto sotto lo zero.

Difatti, neanche nel giro di tre minuti contati, si mise a parlare da solo dicendo cose parecchio inquietanti di cui avrei fatto a meno, partendo a canticchiare.

- Uccello in gabbia, morte sicura.
Non aver timore, non aver paura.
Uccello che vola, le fauci di una bestia lo ferman'e lo ingoian~.
Sogni liberi spariscono, più non tornan~.
Chi si prende un ala, l'altra ruberà, trascinando il cadavere nella fossa.
Suvvia, suvvia, dì addio alle tue ossa.
L'animale la carne ti spolpa, la sottopelle seppellisce nella terra...
Il sangue cola, il rosso macchia mentre il demone gli attacchi sferra-

La cantilena continuava, raccapricciante, mentre il ragazzo dai capelli viola, ogni tanto, ridacchiava, agitandosi con scatti abbastanza inquietanti a destra e manca, muovendosi come un pendolo.

Sì, decisamente quel ragazzo era ben poco affabile e questo diminuiva ancora più che in precedenza la voglia che fosse a 'collaborare' per questo lavoro.

Mi avvicinai, anche senza accorgermene seriamente, alla ragazza corvina, l'unica che lavorava per tutto il tempo, costantemente e che pareva parecchio assorta in esso, facendolo soltanto per via del pulire generale.

Un ricciolo nero le era appiccicato alla fronte sudata e gli occhi tra nero e grigio fissavano con decisione le pareti da sciacquare.

Per istinto, mi venne da parlarle, non volendo ascoltare altro della canzone del Teschio29.

-Ciao- la salutai, continuando a strofinare le pareti nel punto a cui mi ero dedicata, vedendola con la coda dell'occhio che si girava leggermente a guardarmi, tornando sul lavoro.

-Ciao a te- rispose al saluto, agitando leggermente la testa con un che di affermativo e di composto.

-Come ti chiami?- continuai abbastanza tranquilla, piegandomi sulle gambe e cominciando ad usare olio di gomito per fare anche le parti più in basso, nonostante fossero disgustose e risultassero le più sporche in generale.

-Lilíh Crew- fece una pausa, come se stesse studiando il proprio stesso cognome - E tu?-

-Lilhian- asserii - Lilhian Meyer-

-I nostri nomi sono molto simili- commentò lei, piegandosi a sua volta, lavorando nell'angolo dove sorgeva il legno a dividere i vari scompartimenti del bagno con le turche sporche da schifo.

C'era sempre qualcuno che si divertiva a lasciare la  sezione usata in maniera disgustosa, oppure era per causa maggiore, siccome davano una particolare quantità di tempo nei bagni.

Se ci mettevi troppo ti tiravano fuori con la forza, ancora sporco e ti buttavano nella vasca per evitare eventuali cattivi odori di troppo, ma questo avveniva sotto lo sguardo di tutti e non finiva quasi mai bene.

O venivano prelevate quasi subito le persone così, o venivano soffocate sott'acqua in quel bagno particolarmente lungo, rendendo quella sorta di tinozza enorme inutile per circa tre giorni di fila, rendendo il clima ben poco piacevole tra paura e un cadavere che sarebbe stato scaricato a breve.

-Già- concordai in poco tempo, dopo aver rimuginato rapidamente sui vari pensieri, provocando un ennesimo silenzio in cui si sentiva solo la voce del ragazzo che aveva preso a dire cose sempre meno sensate, portando me stessa a riscuotermi da  quello zittirmi improvviso - Le due bambine sono...?-

-Si chiamano Giocelyn e Phoebe-

-Sono figlie tue?- feci, per certi versi, a bruciapelo.

La vidi arrossire di colpo e iniziare a tossire senza tregua, scuotendo il capo, cosa che mi fece ridere leggermente e sussurrare uno -Scusa, ho detto una stupidata-

Si riprese in un paio di minuti, prendendo un grosso respiro -Sono le mie sorelle minori, nostra madre e nostro padre sono morti da tempo-

-E allora come avete...- non riuscii a completare la frase che lei mi rispose praticamente subito.

-Fatto a sopravvivere fino al punto in cui siamo finite qui? Ho chiesto un permesso speciale per lavorare a dieci anni-

-Te lo permettevano davvero?-

-Piuttosto di avere altri orfani da mantenere in una casa famiglia o  in un vero e proprio orfanotrofio? Ovviamente-

-E che lavoro hai fatto?-

-Ero l'aiutante di una sarta. Non mi piaceva, ma almeno portavo qualcosa a casa-

-E... Chi sarebbe 'fratellone Scorpius'?- chiesi, riprendendo le stesse due parole precise che una delle due sorelline più piccole aveva detto, guardandola con incertezza.

Lei prese a guardarsi fisso i piedi, probabilmente imbarazzata e io sentii una sorta di crampo allo stomaco, anche se non seppi definirne la ragione.

-Era un amico. Ci veniva a trovare spesso per fare compagnia alle bambine, a Giocelyn e Phoebe piaceva tanto... Riusciva sempre a farci  tornare il sorriso, anche quando era una giornata di magre soddisfazioni, lui c'era. Era davvero gentile -

-Lo amavi?-

-N-No! Era solo un amico!...- si strinse ancora di più su se stessa, smettendo di pulire, arrossendo a dismisura - Era davvero solo un amico! E poi anche se fosse stato così, anche se mi fosse piaciuto per davvero, era impossibile che lui mi ricambiasse in ogni caso-

-Per quale motivo?-

- Perché lui è alla ricerca di qualcuno di particolare, qualcuno che sconvolga la sua vita. E quel qualcuno non sono io-

Annuii, rimanendo in silenzio, mordendomi il labbro inferiore, chiedendomi come non avesse fatto a venire stravolto da un viso simile.

Era così carina e dolce, pensava sempre alle sorelle e non sembrava una che avrebbe mai tradito la tua fiducia.

Mi resi conto che, come descrizione mentale era spiccicata a Diana e sentii un crampo occuparmi lo stomaco.

"Basta. Devo smettere di pensare a lei, devo aprire una nuova pagina"

-Ho un altra domanda, poi ti lascerò in pace- dissi, lanciando un occhiata alle due bambine che, in contemporanea sbadigliarono appena per la probabile stanchezza, facendo lacrimare gli occhi ad entrambe.

Lilíh rise leggermente, con un che di davvero dolce e gli occhi che sembravano, in maniera vaga, più illuminati -Non mi stai dando fastidio, non come magari pensi tu... Però va bene, chiedi pure la tua ultima domanda-

E guardandola fissa negli occhi, non potei sentirmi più tranquilla, forse perché mi sembravano già più vivaci, anche se, per certi versi, mi rimandavano nella testa sempre lo stesso colore di occhi abbastanza preciso, inciso nella mia testa, che mi costrinsi a cacciare frettolosamente.

"Devi girare pagina, nulla di più, nulla di meno"

Presi un respiro, voltando anche il corpo completamente in sua direzione, prendendo una mano della ragazza, la quale aggrottò la fronte, improvvisamente preoccupata mentre assottigliavo lo sguardo, rimanendo in silenzio a fissarla con intensità, facendola probabilmente sentire pienamente a disagio.

-Come fai a distinguere le gemelle? Sono identiche!-

Lei rimase a bocca aperta, lo sguardo assolutamente stralunato e confuso di chi si sarebbe aspettato di tutto.

Rimase così per un po', mettendosi, in seguito, a ridere fragorosamente, quasi senza respirare, diventando sempre di più tendente al colore di un pomodoro in faccia, portandosi le mani al volto, mollando completamente la spugna.

-É vero- insistetti io, cercando di non ridere a mia volta, vedendo le due gemelle avvicinarsi alla sorella, cercando di comprendere lo scoppio improvviso, quasi avessero preso un abbaglio o che fosse un miracolo.

-Sono così identiche che sinceramente non capisco come tu le distingua!-

-Veramente siamo molto diverse, vero Phoebe?- rispose la prima, prendendo ad agitare la testa con frequenza e decisione.

-Mmh, mmmh- mugugnò la seconda -Sì veramente non capiamo dove ci vedete uguali-

-Siamo diverse, sì, sì! Io sono più alta di lei di un centimetro!-

-E lei, lei ha gli occhi meno grigi dei miei-

- Basta essere con noi per dieci mincondi per capirlo-

-Vorrai dire secondi- corresse subito Phoebe

- È la stessa cosa- ribatté Giocelyn facendo la linguaccia alla prima, portandole quindi a bisticciare animatamente.

Nel frattempo Lilíh aveva smesso di ridere, ma sorrideva in una maniera tale che mi fece percepire i brividi lungo la schiena, portandomi a ricambiare con tutta me stessa.

Riprendemmo a lavorare con buon ritmo in poco tempo, tempo in cui io e la corvina ci scambiammo sguardi che non avrei potuto definire se non in una maniera soltanto.

Mi stavo prendendo una cotta per lei, mi piaceva fin troppo per risultare un amica normale e ogni attimo che passava mi aumentava la convinzione che fosse così.

L'unico dilemma era che eravamo in un posto ben poco consigliabile per iniziare una qualsiasi relazione e in ogni caso non sapevo se fosse anche solo possibile la probabilità che arrivasse a ricambiarmi.

Come se non bastasse c'era il fatto che eravamo in due celle completamente diverse e che quindi non avrei potuto vederla con alta facilità, se non con delle sbarre a dividerci o in questo genere di occasione.

Beh, di certo non potevo chiedere loro di offrirsi per i turni successivi.

A quanto pareva, il fato non era buono con me.

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Capitolo 3
*** L'interno- Parte tre ***


Lilhian

O forse, in parte, il fato non mi voleva poi così male, se dovevo ammetterlo.

Non così tanto da non permettermi di vedere più Lilíh, almeno.

Difatti, contro mia ogni aspettativa, forse per il lavoro ben svolto in generale, forse perché faceva loro comodo, ci avevano messo come addetti alla pulizia in una nuova parte della prigione, così che non ci fossero problemi nel passare di cella in cella a cercarci per farci fare il nostro lavoro di 'bidelli' settimanale.

Avevamo piú spazio a disposizione, non c'era nessuno che mi rubasse la mia razione di cibo giornaliera e potevamo utilizzare il letto a turni, dandoci il cambio quando uno sembrava sul punto di cedere e di crollare al suolo dalla stanchezza.

Certo, il materasso non era la cosa più comoda sulla faccia del mondo di Athlas, ma rispetto ad il terreno gelido e alle mattonelle che ti lasciavano le righe rosse sulla pelle era molto meglio.

Sentivo di avvicinarmi sempre di più alla corvina: le stavo vicino il più possibile, ascoltavo le storie sue e quelle delle sue sorelle che, chiacchierone, perdevano spesso il filo del discorso nelle conversazioni, finendo col battibeccare anche per questo.

Una delle due gemelle una volta si era perfino addormentata addosso alle mie gambe , cosa che mi aveva portato a prenderla in braccio nella maniera che Lilíh mi aveva insegnato nelle settimane a seguire di quello strano primo incontro.

E quando era Lilíh ad addormentarsi, beh.

Quando lei si addormentava, mi ritrovavo spesso a sedermi affianco a lei, come per farle la guardia e allo stesso tempo per essere la prima persona che avrebbe visto al suo risveglio.

Certo, forse non mi avrebbe mai ricambiata, ma almeno potevo dire di avere quella priorità, ciò che altri non avrebbero mai avuto.

Anche lei, dopo un po', aveva preso a fare lo stesso e questo mi dava una sensazione di gioia sconfinata che veniva accompagnata da un accelerare di battiti o da un brivido.

Un unico e caldo brivido così piacevole da scaldarmi perfino il petto.

Poi ovviamente, oltre ad esso vi era il solito isterismo mentale, la solita seccatura totale che mi afferrava ogni volta che il ragazzo dai capelli viola si metteva a canticchiare, mentre nel tempo restante se ne stava zitto, in silenzio, accasciato in una posizione fetale.

In quegli unici momenti mi faceva un po' pena, ma non mi avvicinavo a lui in ogni caso.

Le due gemelle ci avevano provato, ma dopo che si era messo ad urlare, proprio mentre loro avevano cercato di avviare l'approccio... Diciamo che aveva perso punti con loro.

Nel suo isolamento, il ragazzo sembrava però stare meglio che con noi, quindi iniziai a credere che lo facesse più che altro per allontanarci e per starsene sulle sue.

O così continuai a pensare fino ad un momento esatto, un momento in cui me lo ritrovai davanti.

Era accovacciato, aspettando chissà che cosa con un espressione molto, molto inquietante, gli occhi arancioni che brillavano di un che di strano mentre mi fissava ancora e ancora.

Lo faceva, semplicemente rimanendo in silenzio, creando una sorta di attesa che si riproduceva lasciandomi in sospeso per l'ansia.

Aspettavo che lui dicesse qualcosa, che irruppesse magari con un ennesima cantilena, ma soltanto continuava a starsene zitto.

Mi osservava poi in modo tale che sembrava quasi che i suoi occhi gli uscissero dalle orbite.

Le sue labbra erano piegate in un espressione in parte sorridente che io avrei definito abbastanza spaventosa.

Tossii leggermente per schiarirmi la gola, portandolo a sorridere ancora di più, scoppiando in una risata sguaiata che mi lasciò di sasso.

-Tremi come una foglia, gattina, è per freddo o è per me?-

Lo guardai, completamente di stucco, per poi riscuotermi rapidamente e dire semplicemente un -Cosa vuoi?- a cui lui rise ancora di più di prima.

-Che c'è da ridere?!- continuai innervosita, cercando di mantenere la calma, sentendo lo sguardo di tutte e tre le altre che erano su di noi.

Si erano svegliate da poco, probabilmente per il riso del viola che aveva interrotto il loro sonno.

-Nulla, nulla- fece dunque Teschio29, asciugandosi lacrime false dagli occhi, andandosi a mordere le labbra fino al punto che pareva sarebbero potute sanguinare -Solo mi sembra che la gabbia ti si stringerà addosso-

-Eh?-

Si mise in piedi, prendendo a dondolarsi, passandosi la lingua sulle labbra, sgranando le palpebre e portando le mani verso l'alto con un che di teatrale.

-La gabbia ti si stringerà addosso, la gabbia...-  e improvvisamente prese a tossire, piegandosi su se stesso con entrambe le mani artigliate alla faccia, precisamente agli occhi, graffiandosi il volto con le sue stesse unghie, facendosi sanguinare.

Subito dopo prese ad urlare a squarciagola fino a non avere più fiato, lamentandosi con rantoli incomprensibili e raccapriccianti fino a ridursi in un uno stato di coma momentaneo condito da fremiti.

Io ero paralizzata, non riuscivo né a muovermi né a respirare decentemente.

Sentivo come una tensione enorme e invincibile che mi premeva addosso senza tregua, mentre le parole del ragazzo mi sbattevano in testa fino a mandarmi in esasperazione.

'La gabbia ti si stringerà addosso'

- Lilhian!-

'La gabbia...'

-Lilhian, tutto okay?-

'Uccello in gabbia, morte sicura.
Non aver timore, non aver paura.
Uccello che vola, le fauci di una bestia lo ferman'e lo ingoian~.
Sogni liberi spariscono, più non tornan~.
Chi si prende un ala, l'altra ruberà, trascinando il cadavere nella fossa.
Suvvia, suvvia, dì addio alle tue ossa.
L'animale la carne ti spolpa, la sottopelle seppellisce nella terra...
Il sangue cola, il rosso macchia mentre il demone gli attacchi sferra'

-Ehi, stai bene? Ti prego, dì qualcosa- Lilíh mi riscosse più e più volte con un espressione agitata che notai solo in quel momento, forse per il totale assorbimento che mi aveva preso completamente fino a rendermi una specie di bambola, esiliata dal resto del mondo.

La guardai, riuscendo ad annuire a stento, sentendo la sua attenzione su di me, accompagnato da un che di amaro che però non si basava su di lei, ma solo su di me stessa.

Certo, poteva essere un caso, potevano essere i delirii di un pazzo alla ricerca della confusione altrui... Ma qualcosa mi faceva dubitare in parte di questa tesi.

Era una sorta di sesto senso, lo stesso che mi aveva detto fin dall'inizio che Diana non era stata fatta per me.

E due parole continuavano a ruotarmi in testa senza tregua, come rimbombando, due parole semplici, sempre le stesse.

-Credo che tu abbia bisogno di riposare... Mi sembri abbastanza stressata e decisamente parecchio pallida-

-No... Non credo di averne bisogno- mi limitai a rispondere, socchiudendo le palpebre e stendendo le labbra in un sorriso, mentre quella sensazione si espandeva sempre più, diventando tale da essere impossibile da ignorare.

-Sicura?-

-Mmh mmh-

Lilíh non pareva per nulla rassicurata dalla mia risposta finale, ma si limitò ad annuire appena, storcendo il labbro.

Lanciai un ultima occhiata al ragazzo privo di sensi, sdraiato al suolo, prima di immergere le mani tra i capelli, sospirare e falsificare un sorriso.

-Credo che tra poco verranno a prenderci per l'ennesima lavata dei bagni, non ha senso provare a chiudere occhio se poi tanto verranno a rompere appena ci provo-

-Giusto- borbottò lei, abbassando lo sguardo - Scusa-

-Per cosa ti scusi?-

-Non lo so-

-Come non lo sai?- aggrottai la fronte, vedendola sedersi affianco a me, circondando le proprie gambe con le sue stesse braccia, immergendo le guance tra le due ginocchia.

-Non ne ho idea e basta, so solo che dovevo dirlo...-

-Sorellona- interruppe di colpo Giocelyn, andando ad aggrapparsi al gomito della corvina -Cos'é successo al signore?-

- Non ne ho idea, cucciola- rispose con tono tranquillo -Adesso però è a nanna-

-Ma sembrava soffrire molto prima- insistette invece Phoebe - É colpa nostra?-

-No- la corvina prese ad accarezzare la testolina in parte riccioluta della piccola, giocando con gli accenni tondeggianti e giocherellandoci in modo tale da passarli da una mano all'altra con un ritmo quasi coordinato.

Phoebe sembrò rilassarsi al di sotto delle carezze delicate della sorella.

A tratti la invidiavo, avrei voluto essere io al posto suo.

Non aveva senso come richiesta per certi versi, ma era così.

Desideravo chiederle di toccarmi.

Anche solo con un dito e per qualche secondo, non chiedevo baci o un altro tipo di carezze, di quelle che un innamorata poteva seriamente desiderare con tutta se stessa.

Mi bastava che mi sfiorasse per un attimo sfuggente che avrei impresso nella mia testa per la mia vita restante.

Sarebbe rimasto fino alla fine e non perché avessi una memoria fotografica nel tatto, non perché riuscissi a protrarre la sensazione, ma per il semplice motivo che il mio intuito mi ripeteva a non finire.

Lo sapevo.

Lo sapevo e lo vedevo nello sguardo serrato di coloro che venivano a prenderci per lavorare, insieme a quella donna bionda, assolutamente odiosa, il cui mio odio veniva ricambiato pienamente.

Lo sapevo, siccome il prelevamento sarebbe arrivato stasera, poco dopo la fine del trattamento dei bagni di questo posto a dir poco infernale.

L'avevo scampata forse per un mese, due massimo, ma ora mi aspettava, siccome il destino, quel destino tanto crudele che sembrava soltanto volermi strappare via tutto quello che possedevo, me lo diceva.

Sarei morta, oggi.

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Capitolo 4
*** L'interno- Parte quattro ***


Lilhian

Sarei morta.

Il pensiero della mia stessa fine mi era così addosso da impedirmi di respirare, punzecchiandomi la testa senza darmi tregua.

Per questo potevo solo strofinare le pareti con foga, reprimendo i crampi allo stomaco che salivano senza darmi una pausa, senza darmi respiro, mentre quasi mi salivano le lacrime agli occhi.

Avevo paura.

Avevo una paura folle, così folle che non riuscivo a cacciarla.

Non sapevo cosa sarebbe potuto accadere dopo l'essere esportata, soprattutto per ciò che si udiva durante le notti dei trasferimenti.

Avevo paura, perché sapevo che non avrei avuto più la possibilità di vedere Lilíh sorridermi, non avrei più potuto stare con quelle bambine così esuberanti che mi erano entrate nel cuore man mano senza che nemmeno me ne potessi accorgere.

Mi ero affezionata a loro, probabilmente molto di più di quanto mi sarei davvero aspettata agli inizi.

Forse... Forse avrei potuto avere un pretesto, permettermi di non lavorare per quel giorno, almeno.

Permettermi di veder ridere le piccole, permettermi di pensare anche carnalmente alla ragazza dai capelli neri, immaginare un futuro fuori da quelle prigioni che mi stavano soffocando e schiacciando nell'attesa.

Permettermi di fantasticare su una vita in cui sarei stata mano nella mano con quella ragazza.

Permettermi di pensare, anche se agli ultimi, a Diana e a come sarebbe stato bello se fossi riuscita a rimanere amica con lei, per incontrare in seguito quei bellissimi occhi grigi che mi ero ritrovata a fissare fino a rimanere in apnea.

Eppure ormai ne ero certa.

Sarei affondata fino al punto tale di ritrovarmi sepolta viva per non avere più niente, tanto, dopo la morte non vi erano pretesti... O forse sì?

Di certo non potevo saperlo, nessuno era mai tornato indietro per dirne i contenuti, ovviamente.

E quella insicurezza, la paura di morire, del nulla, del rimanere con il rimorso accalcato perfino sotto pelle... Non sparivano affatto, inutile limitarsi ad immaginarla come un silenzio privo di drammi o di richieste mentali.

Lanciai uno sguardo alla mia cotta, vedendola intenta a cacciarsi un ricciolo dietro all'orecchio, un ricciolo che non voleva starsene fermo e che, a quanto pareva, la irritava alquanto.

Diedi poi uno sguardo alle gemelle, sentendo un peso sul petto.

"Vi prego, non dimenticatevi di me... Non sarà possibile per me restare, ma non dimenticatemi."

-Li...an-

"Non fatelo, non voglio essere scordata"

- Lilhian?...-

"Per favore"

-Lilhian, stai... piangendo?-

Sussultai dall'improvviso ritorno alla realtà e dal richiamo della corvina, ma non solo.

Sussultai nel sentire la mano di Lilíh che si congiungeva alla mia, strappandomi una scossa elettrica.

Le sue mani erano calde,  morbide e piccole; un po' graffiate in certi punti, ma perfette per il mio tatto, perfette per me.

La guardai, sbigottita, mentre si avvicinava e mi passava le dita al di sotto delle palpebre, facendomi notare di delle piccole gocce rapide che scivolavano lungo i miei lineamenti, senza interrompersi neppure per un istante,  scatenando  poi un calore incredibile che mi si diffuse per tutte le guance, rendendole, probabilmente, di un color rosso pomodoro.

Quel tocco era ciò che più piacevole potessi trovare nella vita.

Il mio cuore probabilmente perse talmente tanti battiti da lasciarmi boccheggiante, immobile, a fissare con costanza il volto di colei che mi aveva acceso come una torcia umana dall'interno, per quanto carica di emozioni fossi arrivata ad essere.

-Mi spieghi che succede? É da tutto il giorno che mi sembri tesa... È per quello che ha detto il pazzo?-

Per un istante venni colpita da un flashback, lo stesso che mi aveva torturato inizialmente durante le mie notti... La discussione che avevo avuto con Cathy.

Era bastata la prima frase per provocarmelo e mi costrinsi, per questo, a scuotere frequentemente la testa.

"Non é il momento di riportare alla mente quella scena"

-Dimmi qualcosa- continuò con tono implorante la corvina.

Non risposi, non a voce almeno, limitandomi ad agitare appena il capo per una seconda volta, vedendola scurirsi in volto, con un dolore lieve già inscritto sul volto.

-Ti prego-

"Dio, quanto sei perfetta... Se ci fossimo incontrate per un altra circostanza, forse..." Strinsi leggermente la mano che era ancora intrecciata alla mia "Magari... In una prossima vita"

-Perché fai finta che non ci sia nulla? Mi sembra tutt'altro che così e... E se mi guardi in questa maniera, come faccio a pensare anche solo per un istante che tu non mi stia mentendo?-

-Lilíh...-

- Forse... Forse non ha senso che io mi impicci, é vero... Ma non so perché dovrei evitare di farlo! Potrebbe essere solo... Solo una mia pretesa, ma ti vedo come una di famiglia- mi lasciò, abbassando lo sguardo -E tra famigliari ci si aiuta... Però forse questo tipo di pensiero era solo da parte mia e anche se provassi a farti sputare il rospo per farti star meglio, per te potrebbe sembrare una cosa completamente inutile- fece tutto in un fiato, lo sguardo puntato in basso.

-Già... Scusami ancora, mi sto comportando da perfetta idiota, oggi-

-Non... Non é vero- borbottai

-Non importa. Non dirmi nulla, fai come vuoi, probabilmente ti ho dato anche fastidio-

Il suo tono era talmente tanto incrinato che non sapevo cosa rispondere, anche perché, in realtà, non avrei mai pensato che mi pensasse davvero come parte della sua famiglia.

Credevo di essere al massimo un amica per lei, non di certo una parte delle persone a cui, probabilmente, teneva di più.

E già l'idea mi portò a stringere il centro della stoffa della maglia con la mano per quanto il mio battito cardiaco risultasse forte al solo pensiero che mi giudicasse come tale.

Si girò, riprendendo ad avvicinarsi al muro, tirando fuori la spugna, lasciandomi immobile, con ancora i battiti accelerati che correvano nel mio petto disperatamente.

Ero rimasta totalmente e completamente priva di fiato dal discorso che mi aveva fatto.

Tutto quello che avrei voluto fare in quel momento era abbracciarla, stringerla, cancellare l'idea amara che mi opprimeva, cancellare quella sorta di semplice amicizia che fingevo  di provare nei suoi confronti e sostituirla, davanti ai suoi occhi, in quello che era davvero.

Sostituirla per portare al di fuori del mio petto quelle richieste particolari, forse esagerate, che il mio cuore e il mio cervello stavano iniziando a propormi.

Per questo forse mi avvicinai nuovamente a lei, schiarendomi appena la gola, portandola a girarsi.

-Scusa- asserii a bassa voce- Comunque non è vero quello che hai detto agli ultimi, non mi dava fastidio che ti preoccupassi per me... Cioè, non penso che tu debba farlo, ma non mi dà fastidio per niente- presi un grosso respiro, cacciandomi una mano tra i capelli- La mia distrazione era... Era più che altro un chiedermi se fosse stato possibile incontrarci... Se fosse stato possibile incontrarci in un posto che non fosse costantemente monitorato da obblighi, mi stavo chiedendo se, nel caso in cui tutto questo non fosse accaduto, saremmo riuscite comunque a ritrovarci insieme essendo fuori da qui per vivere davvero, per augurarci un 'a domani', sapendo che saremmo state insieme non per pulire dei bagni, ma per uscire, correre per le campagne, studiare, fare cavolate e ridere davvero-

Lei mi fissò in silenzio per poi annuire appena, con uno sguardo addolcito -E... Stavi piangendo perché...-

-Perché l'idea, l'immagine era troppo bella per essere reale e non credo sia possibile... Per quanto ci speri, mi sembra allo stesso tempo improbabile-

-Dici quindi... Che secondo te rimarremo qui in eterno?-

-No... Forse voi no-

-Ma tu sì?-

-É... Probabile-

Incroció le braccia, prendendo a scuotere frequentemente la testa, decisamente poco d'accordo dal mio commento.

-Io... Non so più cosa dire, Lilhian- fece una pausa -Vorrei che non la pensassi in questa maniera e vorrei anche dire che non ha senso... Ma in questo posto nulla sembra aver un senso vero e proprio. Rapire persone e chiuderle in massa in delle celle, esportarle per poi non far fare più loro ritorno... Non è una cosa davvero sensata-

-Già. É da malati mentali- risposi  semplicemente, sospirando e mordendomi il labbro.

Riprendemmo a strofinare le pareti del bagno per un po', in silenzio, prima che la mia mente mi proponesse per l'ennesima volta la stessa identica richiesta, accompagnata dai frequenti sguardi che lanciavo a Lilíh.

Rimasi comunque zitta a pensarci per il resto del tempo del lavoro, finendo per concludere il lavoro anche prima di accorgermene seriamente, tornando dunque alla cella riservata.

"Cos'hai da perderci? Assolutamente nulla... Giusto? Diglielo"

Lasciai vagare lo sguardo ovunque, stringendo leggermente i pugni.

"Diglielo. Adesso"

- Comunque volevo anche dire una cosa...- azzardai in sua direzione, vedendo il suo sguardo incerto accogliermi subito e diminuire sempre di più il mio coraggio, tanto che mi tremarono le gambe.

Ansia.

Come richiesta era probabilmente insensata, ma se dovevano essere gli ultimi momenti, allora era un bene gettarsi, che fossi poi rifiutata o no, non mi importava più, eppure mi sudavano le mani e sentivo il cuore battere troppo forte per risultare normale.

-Sarebbe?-

Le parole mi dovevano uscire dalla bocca.

"O ora o mai più" mi dissi mentalmente, prendendo un grosso respiro.

-Io... Io ti...-

- Stella038-

Trattenni istantaneamente il respiro, girandomi leggermente, quasi meccanicamente in direzione della donna bionda e straordinariamente ghignante che era alle mie spalle.

- Sei prelevata da questa cella e dimessa dal tuo lavoro-

Un brivido mi corse lungo la schiena, mentre il sudore mi scese dalla fronte e mi venne istantaneo chiudere gli occhi.

Subito sentii il formarsi del collare e delle manette attorno ai miei polsi.

-N...no, aspettate! Lilhian! Non portatela via! Aspettate!-

-Lilíh- la chiamai, avvicinandomi brevemente a lei -Va bene così. Ti amo, Lilíh... E questo mi basta-

Appoggiai le labbra alle sue in un bacio casto per qualche secondo scarso, sentendo le ultime lacrime a bagnarmi le guance al vedere lo sbigottimento delle bambine che si erano aggrappate alle mie braccia.

-Sorellona-

-Sorellona, non te ne andare-

-Prenditi cura delle nostre sorelline, Lilíh... -

Le sorrisi appena, girandomi in direzione della guardia spazientita, con espressione a dir poco schifata.

Non mi voltai più, non mi permisi di farlo nonostante i pianti, i singhiozzi e le urla delle bambine.

-Sono pronta- dissi semplicemente

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Capitolo 5
*** L'interno- Parte cinque ***


No pov.

Nella cella era tornato ad esserci soltanto il ragazzo dai capelli viola e gli occhi arancioni.

Teschio29 era abituato ad essa, era praticamente un anno che faceva cambi su cambi di compagni.

Lui non veniva mai toccato, forse perché era pazzo, forse perché, comunque, le torture lo divertivano.

Non provava dispiacere con esse, lo aiutavano a non pensare, il dolore poi era un segno di vita, no?

E lui spesso non capiva se fosse già morto, o se quello che accadeva fosse soltanto una immagine trasmessa al suo cervello, una delle tante a cui, in ogni caso, aveva fatto abitudine.

Beh, dopotutto sempre meglio i tagli che le bruciature provocate da strumenti da fabbro.

-Domani arriverà qualcun'altro- cantilenò - Domani avrò la possibilità di trovare altri come me!-

Il ragazzo rise, prendendo a rotolare lungo il pavimento della stanza, scalciando in avanti e all'indietro.

E canticchiò di nuovo la stessa musica, la stessa che aveva tormentato l'ultimo giorno di vera vita che Lilhian aveva avuto, quella canzone che veniva dipinta dalle urla disperate che sentiva ogni notte, quelle urla che provenivano dagli esportati delle prigioni.

Lui una volta, due era stato portato fuori; non era vero che nessuno era mai sopravvissuto e mai tornato da esse.

Lui lo era, nonostante tutti i lividi che si era trovato sulla pelle.

Il ragazzo smise di canticchiare la solita cantilena, per poi riportarsi alla mente le scene più importanti che avevano marchiato l'incontro con le due bambine e le due ragazze.

Sorrise vagamente, aprendo la mente ad una nuova melodia, simile ad una nenia, con altre parole.

-Quattro piccoli usignoli ed una cornacchia.
Due ali, una delle più piccole, sbatacchia.
Versi esemplari il più grande ode.
Crolla, crolla, la carne rode.
I vermi putridi si nutrono di uno.
Rubano il suo corpo, ne fanno un nessuno.
Malattia grave ne prende due.
Crepano, crepano, private delle anime sue.
L'ultimo usignol piange disperato
Privo di compagni è rimasto, il sangue della famiglia è versato.
La cornacchia ride, non é più sola.
Pazza la rimasta è diventata, il liquido cola.
Sbatte la testa, si migliora la forma.
Il cervello é infiammato e fuori di sé, meglio che dorma.- il viola di colpo si interruppe, per sorridere in maniera ancora più inquietante, abbassando in seguito la voce, come se non volesse essere sentito, nonostante non ci fosse nessuno in quel momento che potesse davvero udirlo -Buonanotte uccellino, sogni d'oro-

Le immagini che aveva evocato con le parole, navigavano nella sua testa.

Vedeva le due bambine, magre, pallide, tra le braccia dell'unica rimasta.

Dopotutto, un pezzo di pane e poco altro per delle bambine non era abbastanza a permettere loro di sopravvivere senza incorrere alla morte.

E poi, le stesse, si erano sfiorite man mano dopo che la ragazza dai capelli rossi era stata portata via.

Per quanto la sorella avesse provato ad aiutarle, dando loro anche la propria porzione, nel giro di una settimana, le piccole erano morte.

Dopo questo, non vi era stata più storia, non per la giovane che era impazzita, vedendosi portare via perfino le gemelle.

Per tutto il giorno seguente, ella aveva preso a tremare, a farfugliare, a dondolarsi, proprio come lui.

E Teschio29 si era sentito felice, aveva finalmente trovato qualcuno come lui, qualcuno che non poteva più giudicarlo, perché era pazzo quanto lui.

Ma entro una giornata, la ragazza si era suicidata, prendendo a sbattere la testa contro la parete fino a fracassarsi il cranio.

E così, anche il filo dell'ultimo usignolo era stato tagliato ed il suo cadavere portato via da una delle guardie che quando lo vedeva, ammiccava, la stessa con cui andava ogni tanto, ricevendo tanto dolore quanto piacere.

A volte lo legava, altre si inventava qualcosa di diverso.

Lo frustava, lo maltrattava, lo utilizzava come un giocattolo anche in rapporti a tre, dove, solitamente, era un maschio a fare il terzo.

Nonostante questo, a lui andava bene.

Aveva smesso di giudicare il dolore come qualcosa di negativo, aveva smesso di piangere... O forse non del tutto.

C'era qualche volta, qualche volta in cui la sua luce mentale si ribellava, portandogli immagini molto, molto peggiori di un atto di sadomasochismo.

C'era qualche volta in cui si sentiva stretto in quella cassapanca delle bambole da cui non riusciva ad uscire.

C'era qualche volta in cui le bruciature del marchio di ogni singolo tatuaggio sulla sua pelle si faceva sentire, riducendolo ad un piccolo, gracile bambino, che chiedeva alla madre di salvarlo, senza però aver alcun risultato.

C'era poi invece qualche volta in cui si vedeva con il coltello svizzero tra le mani, ridotto al perforare le budella rosa e molli di colui che odiava di più al mondo e così rideva, rideva fino a soffocarsi e a strapparsi la pelle al di sotto degli occhi, per poi svenire e risvegliarsi in seguito come se niente fosse accaduto.

Delle tre opzioni, l'ultima era la migliore.

Non rimpiangeva affatto il gesto, non se n'era mai pentito e probabilmente non lo avrebbe mai fatto.

L'unica cosa che rimpiangeva era una, un idea, una chance che lo torturava mentalmente ogni tanto, più di quanto la sua testa fosse già maltrattata da pensieri poco lucidi che salivano in superficie come bolle.

La cosa che rimpiangeva... Era di non averlo colpito più forte, più dolorosamente.

Di non averlo accecato, di non avergli strappato i denti ad uno ad uno, di non avergli staccato le unghie, rotto le dita, girato le braccia fino a sentire quell'adorabile e amabile scrocchiare provocato dal rompersi completamente della struttura ossea.

E ancora meglio... Strappato la pelle dalla faccia pezzo dopo pezzo, osservando il suo cervello, finendo col cibarsene, seminando di sangue e organi ogni parte dei suoi vestiti, dei suoi capelli e  della piccola stanza in cui aveva vissuto per quattordici lunghi anni, odendo le grida della madre maltrattata e subendo le sofferenze in una disperata impotenza.

A paragone con quella cella, il vero inferno era stata casa sua, non l'interno di quella piacevole struttura bianca e fresca.

L'inferno era e sarebbe rimasto soltanto nella sua mente, guardando storie di altri personaggi che venivano scritte per poi essere cancellate con rapidità.

Storie di persone che, per certi versi, diventavano un reticolo di narrazioni nella sua vita, una ragnatela tra mille in una cantina priva di vitalità.

End?...

 

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Capitolo 6
*** CIACK! SI GIRA ***



Lilhian: Seriamente, che scopo avrebbe questa short Story?! *Irritata*

Me: ... Introdurre ciò che sta accadendo ad una parte di mondo lontana da Gli Elementi! Mostrarti, mostrare le piccole Phoebe e Giocelyn, mostrare Lilíh e introdurre la storia di Teschio29

Teschio29: Che avrei anche un nome, eh! Solo che non hai voluto nemmeno accennarlo

Lilíh: Beh, almeno a te hanno introdotto per avere un futuro.

Lilhian, Giocelyn e Phoebe: Vero ;-;

Teschio29: Ma sono un pazzo! Che ruolo potrei avere?

Me: Leggi e scoprirai, leggi e scoprirai

**

Guardia1: Stella038, alza quel culo da terra, sei stata richiesta per pulire le latrine

Lilhian: Ma... L'educazione? E il mio culo é sexy se sto seduta!

Guardia1: fa vedere

Lilhian *si mette, da seduta, in una posizione sexy*

Guardia1: é vero *scioccata*

**

*Lilhian sbatte contro la ringhiera della cella*

Lilhian: IIIIIIIIIIIIIHHHH

Guardia1: ma che verso è?

Lilhian: il verso di una che ha appena perso un anno intero della propria vita

**

Phoebe: Fratellone Scorpius mi manca

Scorpius: ANCHE A ME SIETE MANCATEEEE AAAAAAA

*Fa per abbracciare tutte le due gemelle, ma le gemelle gli saltano addosso prima, facendolo cadere...*

*Di nuovo lol*

**

Lilhian: Beh... Direi che possiamo iniziare a lavorare

*Silenzio*

*I cinque si guardano*

*Altro silenzio*

Lilhian *si mette a ridere completamente a caso senza sapere nemmeno perché*

*Anche i restanti fanno lo stesso*

*Tutti gli attori stanno quasi soffocando dalle risate*

**

Narratrice: Pulire le latrine non era mai stato così difficile

Lilhian: *si fa aria con un ventaglio mentre sorseggia un non alcolico* cavolo, certo che é proprio complicato

*Lilíh si mette su uno sdraio e inizia a mettersi la crema solare*

Teschio29: eh sì, é proprio duro come lavoro

Lilhian: Comunque tu dovresti prendere un po' di sole, sei veramente cadaverico

**

Teschio29: Uccello in gabbia, morte sicura.
Non aver timore, non aver paura.
Uccello che vola, le fauci di una bestia lo ferman'e lo... Lo.... Cacchio non mi ricordo più.

Lilhian *ride*

Teschio29: Cos'era?

Lilhian: ingoian~

Teschio29: okay. E poi... Credo che dobbiamo rifarla

**

Teschio29: Uccello in gabbia, morte sicura.
Non aver timore, non aver paura.
Uccello che vola, le fauci di una bestia lo ferman'e lo ingoian~.
Sogni liberi spariscono, più non tornan~.
Chi si prende un ala, l'altra ruberà, trascinando il cadavere nella possa.

Lilíh: ?

Teschio29: ??

Lilíh: Possa?

Teschio29: ho detto Possa?

Lilíh: sì

Teschio29: merda, volevo dire fossa!

**

Lilhian: Ciao

Lilíh: Ciao a te

Lilhian: Come ti chiami?

Lilíh: Lilíh Crew *fa una pausa* e tu?

Lilhian: Lilhian, Lilhian Meyer

Lilíh: i nostri nomi sono molto simili

Lilhian: Vero. Perché la scrittrice era in fase nomi con L e H ... E non aveva fantasia

Me: ma :d

**
Lilíh: N-No! Era solo un amico!... * si stringe ancora di più su se stessa, smettendo di pulire, arrossendo a dismisura* Era davvero solo un amico! E poi anche se fosse stato così, anche se mi fosse piaciuto per davvero, era impossibile che lui mi ricambiasse in ogni caso

Lilhian: Per quale motivo?

Lilíh: Perché lui è alla ricerca di qualcuno di particolare, qualcuno che sconvolga la sua vita. E quel qualcuno non sono io

Scorpius: si prevede così la prima ship Canon.

**

Giocelyn: Siamo diverse, sì, sì! Io sono più alta di lei di un centimetro!-

Phoebe: E lei, lei ha gli occhi meno grigi dei miei

Giocelyn: Basta essere con noi per dieci mincondi per capirlo

Phoebe: minicondi? Wtf

Giocelyn: mi si é impappinata la bocca xD. Scusate.

Me: ...

Me: A me piace, teniamola

Phoebe: SERIAMENTE?

**

Teschio29: Tremi come una foglia, gattina, è per freddo o è per me?

Three seconds later

Teschio29: La gabbia ti si stringerà addosso, la gabbia...

Teschio29: ...

Teschio29: ma wtf? Che frasi mi fai dire? *Facepalm*

**

Lilíh: Ehi, stai bene? Ti prego, dì qualcosa

Lilhian: ...

Lilhian: Sposami

*Awweggiamento generale*

Me: Ci starebbe benissimo... Ma no *sad*

**

Narratrice: Sarei morta, oggi.

Tutti: ...

Tutti: ...

Tutti: MA PORCA PUT****!!!!!

**

Lilíh: Già... Scusami ancora, mi sto comportando da perfetta idiota, oggi

Lilhian: Non... Non é vero *borbotta*

Lilíh: Non importa. Non dirmi nulla, fai come vuoi, probabilmente ti ho dato anche fastidio

Me: STOP

Lilíh & Lilhian: ?

Me: *si soffia il naso* queste scene sono illegali *piange e cade dalla sedia*

**

Narratrice: O ora o mai più

*Lilhian prende un grande respiro*

Lilhian: Io... Io ti...

Guardia1: Stella038

Le shipper: MA VAFFAN *BEEEEEEEEEEEEEEEEEEEP* PEZZI DI ME*BEEEEEEEEEEEEEEEEEEEP*
CHE ROVINATE LE SCENE BBELLE. ANDATE A *BEEEEEEEEEEEEEEEEEEEP*

**

Lilíh: N...no, aspettate! Lilhian! Non portatela via! Aspettate!

Lilhian: Lilíh- *la chiama sottovoce avvicinandosi brevemente a lei* Va bene così. Ti amo, Lilíh... E questo mi basta

*Coro di "oooooooh"* in sottofondo*

Teschio29: Sei stata crudele Killian44peeta! Insomma, si può?

Fangirl: no, non si può *singhiozzano e lanciano sedie*

Me:... Ehm... Scusate xD, non date fuoco a casa mia!!

**

Giocelyn: Sorellona

Phoebe: Sorellona, non te ne andare

Lilhian: Prenditi cura delle nostre sorelline, Lilíh...

*Le sorride, girandosi in direzione della guardia*

Guardia1: *getta il fazzoletto dietro di sé* Non sto piangendo. No no

Me: Ma riusciamo a finire ste scene? Lol

**

Lilhian: Prenditi cura delle nostre sorelline, Lilíh...

*Le sorride, girandosi in direzione della guardia*

*Non si volta*

Giocelyn, Phoebe e Lilíh *  piangono, singhiozzano e urlano*

Lilhian: Sono pronta

Tutti *si mettono ad applaudire a random*

**

Teschio29: Quattro piccoli usignoli ed una cornacchia.
Due ali, una delle più piccole, sbatacchia.
Versi esemplari il più grande ode.
Crolla, crolla, la carne rode.
I vermi putridi si nutrono di uno.
Rubano il suo corpo, ne fanno un nessuno...

Teschio29: ...

Teschio29: Ma perché solo a me questo tipo di frasi?!

**

Teschio29: Quattro piccoli usignoli ed una cornacchia.
Due ali, una delle più piccole, sbatacchia.
Versi esemplari il più grande ode.
Crolla, crolla, la carne rode.
I vermi putridi si nutrono di uno.
Rubano il suo corpo, ne fanno un nessuno.
Malattia grave ne prende due.
Crepano, crepano, private delle anime sue.
L'ultimo usignol piange disperato
Privo di compagni è rimasto, il sangue della famiglia è versato.
La cornacchia ride, non é più sola.
Pazza la rimasta è diventata, il liquido cola.
Sbatte la testa, si migliora la forma.
Il cervello é infiammato e fuori di sé, meglio che dorma
*Si interrompe, per sorridere in maniera ancora più inquietante*

Teschio29: Buonanotte uccellino, sogni d'oro *sussurra*

*Silenzio tombale*

Teschio29: E fa***** a queste frasi *smile*

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