Divenfall - Le Cronache di Kaos

di Dave Coraan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Fortezza ***
Capitolo 2: *** Il Viandante ***
Capitolo 3: *** La Storia Di Kaos ***
Capitolo 4: *** Daug ***
Capitolo 5: *** La Fiamma Nella Notte ***
Capitolo 6: *** La Vecchia Capitale ***



Capitolo 1
*** La Fortezza ***


LA FORTEZZA
 
 
 
 
 

La mente faticava ancora a ragionare, ma l’effetto della pozione stava lentamente svanendo. Raiyko non ricordava da quanto tempo lo tenessero prigioniero. I polsi erano già da tempo martoriati dai troppi tentativi di fuga, sangue fresco ancora colava dalle manette dall’ultima volta. Era solo, solo e nell’oscurità più buia appeso meno di un centimetro dal terreno, costretto a stare in punta di piedi per non rischiare di spezzarsi le braccia.
D’un tratto le orecchie, ormai abituate a percepire il più insignificante dei rumori, captarono in lontananza il susseguirsi dei passi del suo carceriere; doveva essere l’ora della nuova iniezione di pozione annebbia-mente e a giudicare dai ragionamenti che riusciva a formulare dovevano anche essere in ritardo sulla tabella di marcia.
La porta della cella si aprì lentamente. La luce del corridoio lo accecò, poi, pian piano, tornò a riacquistare la vista. Le pareti e la pavimentazione erano composte dello stesso materiale, una specie di metallo nero opaco che lui non ricordava di averne mai visto o sentito parlare. Un uomo dai lunghi capelli corvini e un naso adunco si trovava sull’uscio della cella; indosso aveva un lungo camice da laboratorio bianco come un foglio privo di inchiostro. Nella mano teneva saldamente una siringa con uno strano liquido verde. Qualcosa dal profondo di Raiyko lo scosse; gli occhi si spalancarono alla vista del contenuto di quella siringa. Ricordava bene il colore della pozione annebbia-mente e non era verde ma rosa.
«Che cos’è quella roba?!?» Domandò terrorizzato.
Sul volto dello scienziato comparve un lungo sorriso e si apprestò ad entrare. Raiyko cominciò a scalciare e divincolarsi cercando di liberare le braccia dalle catene. Lo scienziato si avvicinò inesorabilmente a lui e quando gli si parò davanti piegò leggermente verso sinistra la testa del prigioniero in modo da avere una bella visuale della vena del collo. Avvicinò l’ago lentamente alla pelle, come a volersi assaporare il momento; la punta della siringa toccò delicatamente il collo proprio quando dal corridoio si sentirono le urla disperate di più persone. Questo distrasse momentaneamente lo scienziato, quel tanto che bastava per poter permettere al braccio destro di spezzare le catene che lo tenevano legato e sferrare un pugno sul suo carceriere. Con determinazione disperata che traspariva dagli occhi, Raiyko tirò anche con il braccio sinistro. Un colpo secco di un osso spezzato e le grida di dolore che ne seguirono furono il suo inno di libertà. Il braccio sinistro, troppo debole per poter replicare il destro, scivolò via dalla manetta dopo essersi spezzato il pollice per lo sforzo fatto. Le gambe atrofizzate, non riuscendo a reggere il suo peso, cedettero, e così si ritrovò sdraiato sul pavimento faccia a terra. Lo scienziato ripresosi dal cazzotto non sprecò altro tempo e si scaraventò sul corpo cercando di immobilizzarlo. Raiyko prontamente scartò di lato e con le gambe sforzate al massimo si diede uno slancio contro il nemico facendolo sbattere contro la parete. Il corpo dello scienziato rimase lì immobile; un rivolo di sangue scese lungo il muro dalla ferita nel cranio, era morto.
Rimessosi in piedi si trascinò verso il cadavere e gli frugò nelle tasche. Ne estrasse una piccola carta rettangolare impossibile da piegare, sopra vi erano scritti vari numeri e lettere che per lui non avevano alcun significato. Se la mise in tasca. Successivamente cercò la siringa così da poter avere “un’arma” di difesa, ma non la trovò. Preso dal panico scostò il cadavere sperando che fosse finita per terra, ma niente. Si toccò la schiena e scese lungo di essa. Qualcosa era conficcato dietro il suo fianco sinistro. Lo estrasse. In mano aveva finalmente la siringa. Era vuota. La disperazione prese possesso di lui e inconsciamente corse fuori dalla cella. Il corridoio che dava sulle prigioni era lungo e stretto e ad entrambe le pareti vi erano tantissime porte senza maniglia, lisce come le pareti e presumibilmente fatte dello stesso materiale. Due di esse erano aperte. Una ragazza dai capelli corti e biondi uscì da una delle due. Indosso aveva lo stesso camice da laboratorio dello scienziato che aveva appena ucciso. I gelidi occhi azzurri di lei si fermarono su di lui.
«Sei anche tu un prigioniero?» Domandò lei indicando lo straccio che lui aveva addosso.
Dall’altra porta uscì una terza figura. Le catene strisciavano sul pavimento per via delle estremità ancora legate intorno ai polsi, la mano destra era sporca di sangue. Ruggì come una bestia assetata di sangue.
«Se non volete morire sarà meglio che vi facciate da parte!»
Raiyko cercò di rimanere il più lucido possibile mentre cercava di studiare al meglio la situazione.
«Calma, amico. Potremmo tornarci utili a vicenda, in tre sarà più facile scappare da qui, non credi?» L’uomo ci rifletté, poi grugnì un verso di assenso. La ragazza lo imitò con la testa. «D’accordo, io sono Raiyko, voi chi siete?»
«Aequitas!» Rispose l’uomo.
«Yotta.» Le fece eco la ragazza.
«Bene. Yotta, Aequitas anche a voi hanno per caso iniettato un liquido verde in corpo?» Lei confermò con un cenno del capo.
«Non so di che colore fosse, ma qualcosa me l’hanno iniettata di sicuro.»
«Sarà meglio non perdere altro tempo. Andiamo, per di qua!» E si incamminò per il corridoio tenendo sulla destra la sua cella.
«Perché di qua e non dall’altra parte?» Domandò lui.
«Perché le urla dei vostri scienziati hanno distratto il mio, quindi le vostre celle erano prima della mia. L’unica soluzione possibile è che siano arrivati da destra, ed essendo questa la zona delle prigioni non penso abbiano più di una uscita, non credi?»
«Suppongo di sì.»
Percorsero tutto il corridoio fino a raggiungere una porta in metallo con al centro un pannello di vetro, su di essa non vi erano maniglie. Aequitas si avvicinò e spinse, ma invano. «Siamo bloccati!»
«I vostri scienziati avevano per caso delle chiavi?»
«No.» Rispose Yotta.
Aequitas in tutta risposta scrollò le spalle, gli altri due lo guardarono dritto in faccia completamente esterrefatti. «Che c’è?! Non mi sono messo mica a guardare cosa aveva addosso! Non potevo perdere tempo, sono rinchiuso qui da troppo, voglio andarmene!»
Raiyko aveva già smesso di ascoltarlo e stava riflettendo su tutta la situazione; senza che se ne rendesse conto le sue mani scivolarono lentamente in tasca, e la destra iniziò a giocherellare con una carta più resistente del normale. Un lampo attraversò il suo cervello e senza perdere altro tempo estrasse la carta e se la avvicinò alla faccia. La guardò minuziosamente con cura, nella sua testa era balenata una chiara idea, gli sembrava improbabile, ma tentare alla fine non gli sarebbe costato nulla. Si accostò al pannello di vetro e ci poggiò la carta dalla parte delle scritte. Il pannello si illuminò e la porta salì verso l’alto rivelando una piccola stanza quadrata con una porta per ogni parete e nell’angolo sinistro un piccolo tavolo fatto dello stesso materiale delle pareti e del pavimento. Tutti e tre entrarono nella stanza, e la porta si chiuse alle loro spalle. Aequitas si avvicinò al tavolo.
«Qua c’è un’altra cosa di vetro!»
Raiyko si avvicinò al tavolo e la esaminò. Era molto simile a quella sulla porta, però su questa vi era disegnato un piccolo quadrato. Lo premette. Sul vetro comparve quella che a prima occhiata sembrava una mappa di qualche posto. Riconobbe il corridoio delle prigioni. Era la mappa di quel luogo. L’edificio era diviso in quattro piani e ogni stanza aveva la stessa lunghezza e larghezza delle altre, fatta eccezione per quattro. Una di quelle quattro era le prigioni, che si trovavano al primo piano. Dentro di sé sentì chiaramente nascere la curiosità di sapere cosa si nascondesse dentro quelle altre tre stanze così diverse dalle altre, ma sapeva che doveva sopprimere quell’istinto che altrimenti lo avrebbe portato ad essere nuovamente catturato. Come in precedenza poggiò la tessera sul pannello di vetro. La porta che dava sulla parete di sinistra si aprì. Insoddisfatto ripremette la tessera sul pannello. La porta di sinistra si richiuse e al suo posto si aprì quella centrale. «Per di qua!»
Come aveva già visto dalla mappa, si ritrovarono in una stanza identica alla precedente. Ripeté le stesse azioni e così proseguirono per le successive quattro stanze.
«Per quanto ancora sarà così?»
«Alla prossima stanza dovremmo trovare le scale per il piano inferiore.»
«Come lo sai?» Chiese Yotta.
«Dalla mappa che ho visto nella prima stanza.» Neanche il tempo di dirlo e il gruppo raggiunse una stanza diversa dalle altre o almeno in parte, essa infatti aveva una porta in meno.
«Sinistra o destra?» Chiese Aequitas
«È indifferente. Se non ho capito male da entrambe le parti ci saranno delle scale che porteranno al piano inferiore.»
«Allora sinistra!»
Raiyko passò nuovamente la tessera e la porta di sinistra si aprì. Vi entrarono. Restò confuso. La stanza era della stessa grandezza delle altre, ma non aveva alcuna porta o scala al suo interno eccetto quella da cui erano entrati. In alto a sinistra notò un altro pannello di vetro; su di esso vi erano incise due frecce, una che indicava su e una che indicava giù. Premette la tessera sulla freccia che indicava verso il basso. Contemporaneamente la porta da cui erano entrati si chiuse e uno strano rumore di ingranaggi si propagò per tutta la stanza.
«Che cazzo hai combinato!?!»
«Non lo so!»
La stanza cominciò a scendere verso il basso come un secchio vuoto in un pozzo. Di colpo la stanza si fermò e il rumore degli ingranaggi cessò. La porta si aprì, ma la stanza dall’altra parte era diversa. Erano scesi.
«Che fantastico marchingegno, chi lo ha ideato è un genio!»
«Ehi genio, dove dobbiamo andare ora?» Chiese spazientito Aequitas.
«Non lo so.»
«Come non lo sai?»
«Ci sono due stanze diverse dalle altre su questo piano, e sono una all’opposto dell’altra. Una delle due potrebbe essere l’atrio principale, ma entrambe hanno la stessa probabilità di esserlo. Comunque, uscendo da qui e girando a sinistra arriviamo alla più vicina. Direi che non ci resta che tentare la sorte.» E senza aggiungere altre parole si incamminarono.
La stanza non era quella dell’entrata principale, bensì un laboratorio. Ampolle di ogni genere riempivano buona parte della superficie della stanza; libri a primo impatto antichi e di valore erano sparpagliati qua e là, alcuni aperti e altri chiusi. Il laboratorio era veramente grande, vi erano varie postazioni di lavoro una più disordinata dell’altra. C’erano otto porte, quattro da un lato e quattro dall’altro.
«È meglio andarsene senza toccare niente.»
Neanche il tempo di dirlo che Aequitas aprì la prima porta sulla sinistra.
«Maledizio…» Il resto della parola gli morì in gola. Dentro la stanza, in un letto a castello, uno scienziato stava dormendo. Silenziosamente Raiyko entrò nella stanza e si avvicinò all’uomo prontò ad ucciderlo nel sonno. Si paralizzò. Lo scienziato era identico a quello che aveva ammazzato dentro la sua cella, eccetto per una piccola macchia verdastra sul collo. Ci volle un po’ prima che si rendesse conto che l’uomo non respirava. Doveva essere morto mentre dormiva. «È morto… Aequitas rifletti prima d’agire!»
«Taci, non vedi che abbiamo fatto centro!» E con il ditone puntò verso una piccola cassaforte che faceva anche da comodino. A turno provarono a scassinarla. Non ci riuscirono.
«Non mi viene in mente altro modo. Scansatevi, Ci penso io!» Esclamò Yotta mentre un’aura oscura la circondò. Davanti agli occhi increduli dei suoi compagni un grosso demone con enormi corna, ali da pipistrello e una coda che poteva sembrare un enorme serpente comparve nella stanza, e con un solo pugno spaccò la cassaforte. Come era apparso il demone scomparve; su di lei non aleggiava più alcuna aura.
«Cosa diavolo era quello?!?» Strillarono in coro i suoi compagni.
«Diciamo il mio angelo custode.»
«Alla faccia dell’angelo» puntualizzò Raiyko e si mise a rovistare dentro la cassaforte. Ne estrasse cinque piccoli anelli d’oro. Su ognuno di essi una pietra di un colore diverso dalle altre: una rossa, una verde, una azzurra, una viola e una arancione. Allungò la mano per mostrare cosa aveva trovato anche agli altri. Aequitas ne prese subito uno.
«Mio!» Lo indossò. L’anello si illuminò per un attimo. Sulla liscia pietra azzurra era comparso un numero: cinque.
«Sei impazzito?!? Poteva essere maledetto!»
«Ora ne voglio uno anche io.» Replicò la ragazza.
«Voi siete pazzi.» E le porse un anello «Fatti vostri se morirete per questo. A me importa solo di uscire da qui.» Poi mise gli altri in tasca.
Yotta imitò Aequitas ed indossò l’anello. Successe la stessa cosa. Un lampo di luce scaturì dall’anello e sulla pietra arancione comparve anche a lei un numero: tre. Diedero un’ultima occhiata alla stanza, poi uscirono.
«Direi che l’uscita di sto posto si trova nell’altra stanza. Basta curiosare in giro, più rimaniamo qui dentro più rischiamo che ci scoprano e ci ricatturino.» Come un uccello del malaugurio, l’allarme scattò proprio in quell’istante. «Corriamo!»
Si precipitarono a rotta di collo verso l’altra stanza che speravano fosse la loro via di fuga. L’allarme non sembrava voler cessare di suonare; in ogni stanza una luce rossa lampeggiante andava a ritmo con il suono. Finalmente raggiunsero l’atrio principale. La stanza era grande quanto il laboratorio e dava sull’entrata, un’apertura di almeno otto metri senza alcuna porta.
«L’uscita!» Esclamarono con gioia.
Un rumore metallico alle loro spalle però attirò la loro attenzione. Si voltarono.
Un immenso essere meccanico seguito da uno molto più piccolo erano alle loro calcagna. Il più grosso emise una piccola luce rossa che puntò Aequitas dritto sulla fronte. Dal corno del robot partì un raggio laser che gli trapassò la testa e scheggiò il pavimento. Fu questione di un secondo, ma Raiyko riuscì a vedere chiaramente la scena. Proprio nel momento in cui il raggio stava per trapassare il suo compagno, Aequitas era diventato semi trasparente. La cosa doveva averlo scombussolato abbastanza perché era riverso a terra su un ginocchio e ansimava.
«Che è successo?» Chiese Raiyko.
«N-non ne ho idea, ma non mi sento molto bene!»
«Tiralo su e correte!» Urlò Yotta, riportando i due alla situazione di pericolo.
«Yotta e tu?»
«Vi raggiungo subito, il tempo di occuparmi di quei due!»
Raiyko tirò su Aequitas e corse verso l’uscita.
Una volta fuori poggiò il compagno e si apprestò a riprendere fiato, ma quello che vide all’esterno lo lasciò senza respiro. Si trovavano in una città. Ma non una città qualunque, ogni edificio era fatto dello stesso materiale nero di cui era fatta la fortezza, la quale svettava su tutti gli altri in altezza e imponenza.
«Sbrighiamoci, non è ancora finita.» E raccolse Aequitas da terra. Non fece in tempo a fare un passo che davanti a lui cadde, completamente distrutto, il robot più piccolo. Lasciò ricadere il compagno e si avvicinò alla carcassa. Notò che in mano teneva una di quelle strane armi e senza pensarci due volte se la infilò dentro i pantaloni.
«Ehi non eravamo di corsa?» Protestò Aequitas.
«Sì, scusa.»
«Aspettatemi!» Yotta, in braccio al suo demone, si stava dirigendo a tutta velocità verso di loro. Quando li raggiunse il demone scomparve e lei scese delicatamente a terra.
«Wow, ma dove siamo?»
«Non ne ho idea, non ho memoria di questo posto, deve essere colpa di quella roba che ci hanno continuato ad iniettare.»
«E ora da che parte si va?»
«Per di là c’è la strada principale, se è come una città normale, dovrebbe portarci all’uscita. Andiamo!» Raiyko fece un passo, poi tutto intorno a lui scomparve e si ritrovò nel vuoto più assoluto. Davanti gli si materializzò l’immagine dell’entrata della fortezza con nove figure che la stavano varcando. Le figure erano indefinite, tutte eccetto una, lì al centro di tutti c’era lui, con al dito l’anello con la pietra verde.
La voce di Yotta lo riportò alla realtà. Era steso a terra grondante di sudore, la testa gli pulsava dolorosamente, cercare di comporre una frase di senso compiuto gli comportava un’estrema fatica, come un infante da poco avvezzo alla capacità di parlare.
«C-ci sono. A-andiamo.»
Raggiunsero la via principale e la seguirono fino all’origine. Le abitazioni spettrali e il fatto che non ci fosse anima viva in giro appesantì l’aria circostante, pareva più un cimitero che una città. Infine, in lontananza la speranza sotto forma di carri in legno trainati da cavalli. Quell’immagine così familiare e al tempo stesso così in contrasto con l’ambiente circostante li destabilizzò. In fondo, all’inizio della carovana c’era il portone di entrata della città. Quando videro scomparire ogni carro che superava l’entrata, capirono che dovevano sbrigarsi o non ci sarebbe stata più nessuna via di fuga. Cominciarono a correre disperatamente, come a voler battere il proprio record personale. A fatica raggiunsero l’ultimo carro e con altrettanta si issarono al suo interno. Raiyko mirò per l’ultima volta la fortezza. Erano riusciti a scappare. 
    
 

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Capitolo 2
*** Il Viandante ***


IL VIANDANTE
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Erano passate due settimane dalla fuga dalla fortezza. Raiyko, Yotta e Aequitas stavano ormai iniziando a conoscersi, benché nessuno dei tre avesse memorie antecedenti alla vita da prigionieri. Aequitas era poco più grande di Raiyko ma aveva già dei saldi ideali e dei validi principi; il suo senso di giustizia veniva ferocemente elargito da un colpo della sua spada che, a detta sua, era in grado di maneggiare alquanto bene. Yotta d’altro canto era molto più introversa e silenziosa dei due uomini. Da quanto si ricordava l’Eidolon era sempre stato al suo fianco ed era il suo unico vero amico. I gusti di Yotta a volte risultavano molto anormali. Una volta addirittura Raiyko ed Aequitas si erano ritrovati a dover rimandare giù il conato di vomito. La cosa peggiore che le avevano visto fare fu ammazzare uno dei cavalli che trasportavano i carri e, assieme al suo Eidolon, mangiarne il cuore appena asportato. Per fortuna questi casi anomali erano più unici che rari.
Con la fine della terza settimana gli effetti della pozione annebbia-mente erano del tutto svaniti, Raiyko riusciva finalmente ad adoperare tutta la sua grande intelligenza, eppure ancora non ricordava niente del suo passato e non riusciva a capire dove potessero essere diretti i carri o da dove loro tre fossero partiti. Fra le mille domande che attanagliavano di dubbi i tre compagni, due crescevano di interesse e curiosità: come aveva fatto Aequitas a trapassare il raggio? E cos’erano quegli anelli? Di fatti più volte Aequitas aveva correlato le due cose, solo Raiyko sapeva che non era vero; infatti lui non indossava l’anello eppure aveva comunque sperimentato quella specie di visione per poi ritrovarsi stanco e confuso proprio come Aequitas. A suo parere quelle capacità erano collegate al siero che gli avevano iniettato, ma decise di tenersi la cosa per sé. Ancora non riusciva a fidarsi appieno dei suoi nuovi compagni di viaggio.
Al calar della sera dello stesso giorno, intravidero, in lontananza, le prime case di un piccolo villaggio.
«Scendiamo qui!» Gridò Raiyko.
«Perché?» Chiesero gli altri due in coro.
«Sbrigatevi!» E saltò giù dal carro. Entrambi lo imitarono perplessi.
«Che succede?» Chiese Yotta.
«Mettetevi questi.» Raiyko tirò fuori degli indumenti semplici e li consegnò ai compagni.
«Raiyko vuoi rispondere!?» Gli intimò Aequitas.
«Volete veramente raggiungere il villaggio su quei carri? Cosa penserà la gente? No! Ci conviene aspettare qui qualche giorno e poi comparire nel villaggio come avventurieri in sosta e alla ricerca di informazioni.»
«Sì, hai ragione.» Ammisero i compagni.
«Voi recuperate della legna mentre io preparo l’accampamento.» Disse Aequitas. Gli altri due gli fecero un cenno d’assenso e si divisero andando alla ricerca di legname per il fuoco.
Due ore dopo erano tutti accoccolati vicino al falò con lo stomaco pieno. Si divisero i turni di guardia. Raiyko fece il primo turno. Filò tutto liscio. Successivamente svegliò Aequitas per fargli fare il suo turno di veglia. Raiyko, stanco per la tarda ora, non ci mise molto ad addormentarsi.
 
* * *
 
Una mano agitata lo scosse dal suo sonno beato.
«Tocca già a me?» Chiese Raiyko frastornato.
«Non spaventarti. Non so cosa sia, ma è meglio se stiamo in guardia.»
Raiyko si strofinò gli occhi. Aequitas era in piedi davanti a lui, pugni serrati; Yotta al suo fianco con davanti l’Eidolon. Solo allora Raiyko notò la quarta figura. In netto contrasto con la luce del fuoco, la quarta figura emanava una luce azzurrognola. Appariva quasi in trasparenza, come un fantasma, ma non proprio. Il volto era completamente coperto da un cappuccio. Raiyko non riusciva a capire se quella cosa fluttuasse o fosse attaccata al suolo, sta di fatto che dava come la sensazione di essere leggero ma potente; la sua forza esercitava una pressione così grande da far sentire i tre delle piccole formiche schiacciate contro il terreno, senza essere in grado di muovere alcuna parte del corpo. L’essere sembrava fissarli intensamente, ma non si muoveva o emetteva alcun suono. Di colpo la figura sparì. Fu così veloce che il cervello non riuscì a metabolizzare cosa fosse successo, e nella loro testa cominciò a permeare l’idea di esserselo solamente immaginato. Rimasero fermi in allerta per un abbondante quarto d’ora, ma non successe nulla. Certi che quella cosa se ne fosse andata allentarono la tensione, ma nessuno di loro riuscì a riprendere sonno. Arrivò il mattino. Non erano riusciti a chiudere occhio. Senza dire alcuna parola si incamminarono alla volta del villaggio, in un tacito assenso a voler mettere più distanza possibile fra loro e quel misterioso luogo.
Il villaggio era privo di qualsivoglia barriera: naturale o artificiale. Era composto da piccole casette di legno con tre edifici più grandi che davano sulla piazza. Due di essi erano a loro volta fatti di legno mentre il terzo, che era anche il più grande, era costruito in pietra. Non appena Raiyko mise piede nel centro del villaggio ebbe una nuova visione. Tutto divenne nero, per poi subito far spazio ad una piccola collina. Sulla sua cima svettava una capanna. Una voce sussurrava nel vento. Raiyko comprese chiaramente la parola “Vieni!”. L’illusione svanì e si ritrovò, carponi a terra, nella piazza principale.
«Tutto bene?» Chiese Aequitas risollevando il compagno.
«S-Sì.» Raiyko non riuscì ad aggiungere altro. Alzando lo sguardo con sua sorpresa notò che la collina che aveva appena visto nella visione era proprio davanti a lui. In lontananza si riusciva anche a vedere la piccola capanna. Preso dall’eccitazione di poter scoprire qualcosa in più sulla sua capacità, fermò il primo passante in cerca di informazioni.
«M-mi scusi, sa dirmi chi vive in quella capanna?»
«Oh, lì ci abita il vecchio Daug. Vive lassù da quando ho memoria, ma non è un tipo molto normale, deve avere qualche rotella fuori posto.»
«Grazie mille e buona giornata…»
«Ma che buona giornata! …Aspetta, sai dirmi per caso che villaggio è questo?» Chiese Aequitas fermando lo sconosciuto.
«Questo è il villaggio di Kabila, ormai l’unico villaggio che riesci a trovare nella Piana dell’Infinito, da quando Divenfall è stata costruita e gli orchi scorrazzano indisturbati per la Piana.»
«Divenfall? Orchi?»
«Sì, scusate, ma mi state prendendo in giro?»
«No, signore, arriviamo solo da un villaggio distaccato dal resto del mondo.» Intervenne prontamente Yotta.
«Beh, ma chiunque conosce Divenfall! La Grande Fortezza Nera!»
«Ah, sì, la conosciamo! Nel nostro villaggio la chiamano sempre così. Non osiamo pronunciare il suo nome.» Replicò Raiyko per non dare troppo nell’occhio.
«Capisco, ma ora devo proprio andare, se avete altre domande sono sicuro che Lord Ramsus sarà più che felice di rispondervi. Lo potete trovare nella sua reggia proprio là!» Disse indicando l’unico edificio in pietra.
«Grazie infinite per la vostra gentilezza, buona giornata.» Concluse Raiyko e insieme ai suoi compagni si diresse verso la reggia.
A pochi passi dall’entrata un vagabondo ricoperto di stracci e dall’odore penetrante si scontrò spalla contro spalla con Aequitas.
«Ehi! Dannato barbone guarda dove vai!»
«Mi scusi.» Un lieve sorrisetto gli comparve sul viso. I tre si girarono e ripresero il loro cammino quando d’un tratto Raiyko si voltò di nuovo. Cercò con lo sguardo disperato il vagabondo ma non riuscì a vederlo più da nessuna parte.
«Raiyko che ti prende ora? Possibile che ogni volta ne hai una?» Domandò l’amico frustrato.
Raiyko strinse il compagno per il bavero. «Aequitas, non ti ricorda qualcuno quell’uomo?!?»
«No, non lo ho mai vis… Assomigliava un casino agli scienziati della fortezza!»
«Già, ma è scomparso, non lo vedo più da nessuna parte…»
Persero ancora qualche minuto a cercarlo nei dintorni della piazza, finché non si arresero. Bussarono all’entrata della reggia. In pochissimo tempo un maggiordomo aprì la porta.
«Desiderate?»
«Salve, siamo forestieri in cerca di informazioni, ci hanno detto che il suo padrone, Lord Ramsus, può darci delle risposte.» Disse Yotta.
«Vi prego di aspettare mentre consulto il mio padrone, grazie.»
Il maggiordomo scomparve dietro la porta. Passati cinque minuti ritornò.
«Accomodatevi pure.»
E così, senza pensarci due volte, entrarono nella magione.
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** La Storia Di Kaos ***


LA STORIA DI KAOS
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La Reggia risultava essere molto appariscente, oggetti antichi e ritratti vari ne adornavano ogni parte. Raiyko e gli altri salirono le lunghe scale finemente lavorate sino a giungere in un grosso studio. Al centro vi era un’immensa scrivania fatta di mogano e, a fianco ad essa, in piedi, un giovane uomo di bell’aspetto. Aveva una discreta prestanza fisica, alla pari di Aequitas. Dei lunghi capelli argentati gli cadevano sulle possenti spalle e i suoi occhi penetranti erano del colore dell’oro lucente.
«Dei viaggiatori, qui a Kabila. È curioso quanto raro. Prego accomodatevi, desiderate da bere?»
Tre sedie erano adagiate di fronte la scrivania, senza fare complimenti si sedettero. La stanza era completamente tappezzata di rosso. Lungo le pareti erano appesi vari ritratti, tutti di persone differenti. Sulla parete centrale però, proprio sopra il camino, c’era un ritratto più grande degli altri che raffigurava un uomo che non era il padrone di casa. L’uomo in questione indossava una corona fatta di luce e portava una lunga barba bruna. I vestiti raffinati facevano ipotizzare fosse un nobile o qualcosa del genere.
«Noto che siete interessati al mio quadro.» Disse Lord Ramsus non ricevendo alcuna risposta dai suoi ospiti.
«Chi è quello nel ritratto?» Chiese incuriosito Raiyko.
«Quello era il Re Mago Theon.»
«Re Mago?» Domandò perplesso Aequitas.
«Sì, il Re che governò sulle terre di Kaos più di centovent’anni fa, prima della salita al potere di Ten.» L’occhio di Ramsus cadde sull’anello che portava Aequitas alla mano. «Ditemi, da dove venite?»
«Da molto lontano.» Rispose Raiyko.
«E dove sarebbe di preciso questo lontano?»
«È troppo lungo e complicato da spiegare, non vorremmo ammorbarla.» Replicò Raiyko.
«Nient’affatto, sono curioso, e anche tanto.»
«Veramente noi saremmo qui per farle delle domande, non per riceverne. E saremmo anche abbastanza di fretta.» Tagliò corto Aequitas.
«Mi chiedevo semplicemente dove mai delle persone “comuni” come voi, avessero potuto trovare anelli del genere e percorrere indisturbati la piana dell’infinito.»
Yotta nascose istintivamente la mano con l’anello.
«Sono semplici anelli quelli che indossano i miei compagni, perché dovrebbero interessarla?»
«Se prestaste accurata attenzione a nove dei dipinti che riempiono questa stanza, potrete notare che alla mano portano anche loro anelli molto simili ai vostri. Ognuno con una gemma differente. Ora, sarei stato d’accordo nel credere che i vostri fossero dei falsi, ma l’immenso potere magico che sprigionano mi fa supporre che possano essere quelli veri; dunque mi sorge spontaneo domandarmi, conoscendo bene la loro precedente ubicazione, da dove voi possiate venire.»
«Qual era la loro precedente ubicazione?»
«Sono certo che sappiate già la risposta.» Li invitò Ramsus
«D-Divenfall?» Rispose Raiyko.
«Divenfall.» Confermò Ramsus. «Venite da lì vero?»
I tre si guardarono negli occhi, turbati da quella situazione, ma ormai mentire era del tutto inutile e volevano risposte. Fecero un cenno di assenso con la testa.
«Incredibile! Come avete fatto a scappare e a portare con voi gli anelli? C’era anche Ten a Divenfall?»
«Abbiamo avuto fortuna suppongo.» Rispose Raiyko. «Mi spiace ma non sappiamo chi sia questo Ten, noi abbiamo solo trovato degli scienziati che abbiamo ucciso con le nostre mani per poter scappare. Non ricordiamo nulla di chi siamo o di che posto sia questo. Siamo qui apposta per cercare informazioni utili a recuperare la memoria.»
«Allora deve essere stata una divinità o il fato che vi ha condotti qui da me! Voi ancora non lo sapete ma siete la chiave di tutto!»
«Illuminaci!» Disse Aequitas elettrizzato.
«Vedete, più di centocinquant’anni fa, il regno di Kaos era privo di leggi e ordine finché un giorno non comparve il Re Mago Theon, che con la sua immensa magia unificò Kaos e ne forgiò un regno divenendone sovrano. Le leggende narrano che il fulcro del suo potere fosse una corona di luce che portava sulla testa e che, durante i primi anni del suo regno, divise tale potere con nove guerrieri puri di cuore. A ciascuno di essi donò infatti un anello forgiato dalla magia della corona e che a essa li collegava. Con quegli anelli, i Nove Cavalieri Nobili ottennero il potere per aiutare il Re a mantenere la pace in tutto il regno. Inoltre, il Re forgiò per ognuno un’arma dalle capacità inimmaginabili, come dono di gratitudine per l’eroismo delle loro gesta...»
«Come si chiamavano i Cavalieri?» Lo interruppe Aequitas.
«Dunque, c’era Twice, possessore della Nightsword; Tax, mio nonno, possessore della Windaxe…»
«Tuo nonno?!» esclamarono tutti in coro.
«Sì, sono uno dei discendenti dei cavalieri nobili. Almeno uno dei pochi sopravvissuti. Comunque, dove ero rimasto… Ah, Sì! Ound, possessore dello Sunshield; Fun Jo, possessore della Bladestar; Faith, posseditrice dei Cloudknife; proseguendo c’è Stain, possessore della Snowscythe; Selena, posseditrice della Heillance; End, possessore del Meteorbluster e per concludere c’era Nina, posseditrice del Rainbow e unica Cavaliere Nobile ancora in vita.»
«Come ancora in vita?!?» Chiesero stupefatti gli altri. «Dovrebbe avere più di centocinquant’anni!» Aggiunse Aequitas.
«Si dice sia stata maledetta o che abbia bevuto una pozione di eterna giovinezza, sta di fatto che non è mai invecchiata e attualmente vive a Kinderkrown, dietro le fila di Coltrane.»
«E chi è Coltrane?» Chiese Raiyko.
«Uno degli attuali pretendenti alla corona. Ma ve ne parlerò meglio dopo. Ritorniamo alla storia. Arriviamo alla caduta del regno di Theon, circa centovent’anni fa. Quando un uomo di nome Tobia, originario di questo villaggio, creò, unendo la magia e la scienza, dieci cyborg dalle capacità incredibili con cui conquistò il regno e uccise, uno ad uno, i cavalieri nobili e successivamente Re Theon. I Cyborg equipaggiati delle armi leggendarie però, divennero impossibili da controllare, e Ten, il cyborg più potente fra tutti, si impossessò degli anelli così da avere la forza per controllare la corona e diventare il nuovo Re di tutta Kaos. Uccise il suo creatore e costrinse la popolazione ad inchinarsi a lui come nuovo sovrano. Fece costruire la capitale di Divenfall, visto che la precedente venne rasa al suolo nella battaglia contro il Re. Infine, si rinchiuse al suo interno e pretese che ogni anno venissero dati come tributi due giovani di ogni città o villaggio che facessero parte del regno, qualsiasi villaggio non avesse pagato la sua quota sarebbe stato raso al suolo. Così il popolo di Kaos ha passato gli ultimi cento anni di vita, nel timore di un essere che potrebbe essere spento ormai da anni.»
«Perché nessuno ha mai provato ad entrare a Divenfall per vedere se fosse ancora vivo o meno?»
«Ci provarono inizialmente, ma nessuno ha mai fatto ritorno. Così a un certo punto rinunciarono. Questo ci porta alla situazione dei giorni nostri. Kinderkrown, l’attuale maggiore potenza di Kaos, ha smesso di mandare tributi e ha deciso di muovere guerra contro Divenfall, guidata da Coltrane e altri pretendenti al trono. Si sta svolgendo a tutti gli effetti una lotta per la corona. E io sono uno di quei pretendenti, essendo un discendente di un cavaliere nobile penso di averne tutto il diritto.»
«E noi cosa c’entriamo?» Chiese Yotta.
«C’entrate un sacco! Voi siete la prova che Divenfall sta perdendo forza, inoltre siete in possesso di due anelli appartenuti ai cavalieri nobili! Due preziosissime armi sottratte al nemico. Non dubito che presto i vostri nomi saranno conosciuti per tutta Kaos, e quello che io desidero ora è che voi portiate il mio stemma sul vostro petto! Con voi dalla mia parte acquisterò maggiore potere e maggiori consensi dai cittadini di Kaos. Sono certo che è stato il destino a condurvi qui da me oggi. Venuti qui da me, discendente di un Cavaliere Nobile, per riforgiare questo antico ordine!»
Yotta, Raiyko e Aequitas si guardarono per un attimo. Poi Raiyko parlò a nome di tutti. «Apprezziamo il suo entusiasmo Lord Ramsus, ma noi attualmente abbiamo come priorità riacquistare la memoria. Nulla di più. Non siamo interessati a guerre e lotte di potere. Comprendiamo quanto sia delicata la situazione qui a Kaos, ma non abbiamo alcun obbligo nei confronti di questo regno. Né tantomeno nei suoi. Ci dispiace.»
Ramsus non nascose la sua delusione. Ma subito si illuminò nuovamente. «Suppongo che per riacquistare la memoria dovrete affrontare un lungo viaggio.»
«Immagino di sì.»
«Beh, se decideste di essere ai miei servigi, io potrei fornirvi l’attrezzatura e i rifornimenti necessari per la vostra missione, e in cambio di alcuni servigi verreste lautamente ricompensati con oro e gioielli per poter vivere nell’agio durante il vostro viaggio, che una volta compiuto non sarà più d’intralcio e vi permetterà di unirvi completamente ai miei ranghi. Con la mia discendenza e la nomea che vi sarete fatti, otterremo sicuramente il consenso del popolo e insieme avremo la forza per radere al suolo Divenfall così io diverrò Re, facendo di voi ufficialmente i miei Cavalieri Nobili, nonché Lord di parti delle mie terre. Che ne dite? Avete solo da guadagnarci ad accettare, no?»
«Ci lasci discutere un attimo.»
«Fate pure con calma.»
Raiyko e gli altri si chiusero a cerchio e cominciarono a bisbigliare.
«È un’offerta da non perdere, ci faremmo un sacco di soldi e nel frattempo cercheremmo un modo per recuperare la memoria!» Esclamò Yotta.
«A me lui non convince molto. Secondo me nasconde qualcosa. E poi non sappiamo se questi anelli sono realmente delle armi o meno.» Disse Aequitas.
«Concordo con Aequitas, probabilmente ci ha detto tutta la verità, ma non mi convince appieno.»
Sciolti dal cerchio Raiyko parlò nuovamente per il gruppo. «Abbiamo deciso che ci prenderemo del tempo per riflettere, intanto visiteremo meglio Kabila e potremo ponderare sulla sua offerta.»
«Comprendo la vostra indecisione, vorrei offrivi personalmente un tetto dove dormire, sempre se per voi va bene.»
«Accettiamo la vostra offerta.»
«Cadrence, mostra le camere ai nostri ospiti per cortesia.»
Il maggiordomo fece capolino nella stanza. «Certo, padrone. Seguitemi prego.»
Cadrence li condusse in tre stanze da letto comunicanti le une con le altre. «Negli armadi troverete indumenti puliti con cui potervi cambiare, la reggia chiude le porte alle ventidue, fino ad allora siete liberi di girovagare per Kabila come meglio credete. La cena verrà servita questa sera alle diciannove. Buona permanenza, signori.» E con passo felpato si dileguò nella casa.
Prima di cambiarsi d’abiti Raiyko estrasse dai pantaloni la strana arma che aveva raccolto nella fortezza; la controllò con accurata attenzione, era fatta dello stesso materiale delle pareti, dopodiché la nascose in fondo all’armadio. Successivamente raggiunse gli altri nel soggiorno.
«Ragazzi c’è un posto che vorrei visitare prima che faccia buio.»
«Quale?» Chiesero entrambi.
«La capanna sulla collina. Ho un buon presentimento.»
«Per me non ci sono problemi. Aequitas?»
«Fatemi strada.»
Uno di fila all’altro uscirono dalla tenuta.
 
 

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Capitolo 4
*** Daug ***


Come sospettato da Raiyko non ci misero molto a raggiungere la capanna. La cima della collina era particolarmente spoglia; oltre alla dimora di Daug vi era soltanto un piccolo albero solitario. Da lì il trio aveva una vista panoramica completa dell’intero villaggio, con la Piana Dell’Infinito che si stendeva fino all’orizzonte.
Davanti all’entrata della capanna vi era un grosso telo ingiallito dal tempo con sopra le cose più strane e disparate che avessero mai visto. Non conoscevano la funzione di nessuno di quei curiosi oggetti, sempre se ne avessero mai avuta una.
«Bussiamo?» Domandò Yotta avvicinandosi alla porta.
«Non credo che qualcuno vi risponderà.» Disse una vocetta strozzata dall’età.
Il trio si girò verso la fonte della voce, abbassarono lentamente lo sguardo finché non comparve un vecchietto con dei grossi baffi bianchi e una lunga barba anch’essa bianca. Indosso aveva una lunga toga ingiallita come il telo, così lunga che per una buona parte si trovava costretto a trascinarla. Il vecchio arrivava all’incirca poco più sopra della vita di Aequitas.
«Siete Daug?» Chiese Raiyko perplesso.
«Gion-giorno, chi mi cerca?»
«Siamo avventurieri…»
«Non compro niente. Gion-giorno e arrivederci.» E li superò, entrando in casa.
«Aspetti! Avrei delle domande da farle.»
«Dammi del tu ragazzo.»
«Avrei delle domande da farti…»
«Ah, i giovani d’oggi! Quanta maleducazione!»
«Ehi!» Si agitò Aequitas. «Sei tu che hai detto di darti del tu!»
«Uh! Uh! Sa parlare! Credevo fosse solo da compagnia!»
«Piccolo vecchiaccio come ti permetti!?» Raiyko trattenne Aequitas ormai pronto a pestare il vecchio.
«Senta signor Daug…»
«Solo Daug va bene.»
«…Daug…»
«Tu non sei mio amico! Non sei mio amico!»
«Ragazzi andiamo! È come ha detto quel tipo, è solo un pazzo! Stiamo sprecando tempo!» Esclamò Aequitas ormai al limite della sopportazione.
«Quale tipo? Parli del mio amico Tobia?» Domandò Daug incuriosito.
«Non stavo parlando co…»
«Sì, ci manda il nostro amico Tobia!» Raiyko prese la palla al balzo. «Tu conosci Tobia, giusto?»
«Gli amici di Tobia sono anche Quasi-amici miei. Gion-giorno. Ci siamo per caso già incontrati ragazzo?»
«Beh, ho già visto questo posto…»
«Bene… Siete venuti troppo presto però. Ascoltami.» E gli fece cenno di avvicinarsi. Raiyko si avvicinò. «Ascoltami.» E Raiyko si avvicinò ulteriormente. «Ho detto di ascoltarmi non di avvicinarti! Sono io il vecchio sordo o lo sei tu?!»
«Ma tu mi stavi facendo cenno…»
«Te guarda se ora un povero vecchio non può nemmeno muovere a caso le mani! Gion-giorno. Comunque, stavo dicendo… Ascoltami: quando il male di questo villaggio avrete sconfitto, tornate da me per un grande profitto! Che schifo ho fatto la rima, aspetta ragazzo che te la ridico: sconfiggi il cattivo e torna da me. Potrò ridarvi la vostra memoria! Ora vado! Gion-giorno.» Aprì la porta ed entrò nella capanna, ma non chiuse subito la porta. «Dovresti anche tu mettere un anello.» E si chiuse la porta alle spalle.
Raiyko corse subito a bussare contro la porta e a cercare di aprirla. «Cosa hai detto?! Come sai degli anelli?! Perché lo dovrei mettere?! Ehi, mi senti?»
«Lascia, la apro io!» Disse Aequitas incitandolo a scansarsi. Presa la rincorsa si gettò contro la porta pronto a buttarla giù. In pochissimo tempo si ritrovò spiaccicato ad essa come avesse sbattuto contro una parete fatta di pietra. «Mi sa che c’è un incantesimo sulla porta.» Aggiunse massaggiandosi la spalla.
«Beh, mi sembra chiaro. O è pazzo, ma visto che ha nominato gli anelli non direi; o non ci resta che cercare questo “cattivo” che si trova nel villaggio.» Disse Yotta.
«Scommetto dieci corone che era il vagabondo!» Esclamò Aequitas.
«Inizia ad essere tardi, ci conviene tornare alla reggia, farci una bella mangiata, riposarci e pensare a tutto questo domani, a mente rilassata. Che ne dite?»
Yotta e Aequitas acconsentirono e i tre si diressero per la strada verso la loro attuale dimora.
«Raiyko, che cosa intendevi prima con “ho già visto questo posto”? Ti sei per caso ricordato qualcosa del tuo passato?» Chiese Aequitas curioso.
«No, stavo solo cercando di seguire i suoi vaneggiamenti.» Mentì Raiyko. Aequitas sembrò accettare quella risposta e così proseguirono per il resto della discesa senza aggiungere alcuna parola.
 

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Capitolo 5
*** La Fiamma Nella Notte ***


LA FIAMMA NELLA NOTTE
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Raiyko, Aequitas e Yotta si alzarono tardi quella mattina. Non dormivano su un letto da chissà quanto tempo, e cedettero alla sua morbida tentazione. Uscirono dalla reggia senza fare colazione, con la speranza di recuperare parte del tempo perduto. Passarono quel che restava della mattinata a chiedere varie informazioni agli abitanti del villaggio. Vennero presto a conoscenza del fatto che il popolo di Kabila aveva nominato un capo villaggio, il suo nome era August, in sostituzione a Lord Ramsus, che a quanto pareva non riscuoteva una buona fama tra gli abitanti. Parecchie volte venne accusato da quest’ultimi di pensare più ai suoi interessi che ai loro, ultimo, ma non meno importante, fu quello di dichiararsi pretendente alla corona e andare contro Divenfal. Essendo il villaggio vicino alla capitale e privo di qualunque difesa, il popolo temeva una punizione da parte di Ten. Raiyko e gli altri non riuscivano a condividere i timori degli abitanti di Kabila, ma ne potevano comprendere le ragioni. Provarono a persuaderli dall’idea di sottomettersi a Divenfall, ma non insistettero troppo. Aequitas non tollerava il fatto che Ramsus stesse calpestando così la volontà dell’intero villaggio, era su tutte le furie. Raiyko lo tenne a bada e lo convinse ad aspettare la cena per discuterne direttamente con Ramsus che, magari, aveva una valida motivazione.
«Lo spero vivamente per lui! A me ormai sembra chiaro che sia lui il “cattivo” di cui parlava il vecchio pazzo!»
«Ora stai saltando a conclusioni troppo affrettate. Non penso che Ramsus abbia tutti i torti a voler cambiare le cose…»
«Raiyko, sarei d’accordo con te se avesse deciso di mettere a rischio solo sé stesso, ma lui sta mettendo a rischio l’intero villaggio solamente per i suoi sporchi fini, non per un bene più ampio!»
«Beh, ma in teoria non c’è alcun pericolo.» Intervenne Yotta.
«Questo è quello che dice lui, però intanto vuole il nostro aiuto! Se prima non mi convinceva, ora proprio mi disgusta!»
«Ripeto Aequitas, aspettiamo di sentire la sua versione dei fatti stasera a cena.»
«Bene! Ti avverto però, se non trova una valida motivazione io lo consegno al capo villaggio, sia chiaro!»
«Siamo d’accordo!»
Passarono il resto della giornata a cercare altre informazioni ma la situazione rimaneva sempre sfavorevole per Ramsus. Del vagabondo nessuno pareva sapere niente, affermarono addirittura di non averlo mai visto. In compenso scoprirono, tramite August, il nome del capo tribù degli orchi; un certo Crodon. Inoltre, nel villaggio si vociferava di una strana entità che vagava indisturbata per la Piana. Le descrizioni combaciavano con la figura che li aveva svegliati di notte. Nel villaggio la chiamavano “Il Viandante”. Il tardo pomeriggio, poco prima di cena, Raiyko e gli altri raggiunsero il cimitero del villaggio. Non era molto grande; per lo più vi erano lapidi stilizzate e solo una mostrava relativa importanza. La statua, alta circa quattro metri, raffigurava un uomo immenso con un’ascia poggiata su di una spalla. L’epitaffio recitava così: “Qui giace Il Cavaliere Nobile Tax. Possessore della Windaxe. Difensore e Lord di Kabila. Eroe di Kaos.»
«Che vergogna, è riuscito addirittura ad infangare il nome dei suoi antenati.» Commentò freddamente Aequitas. Dopo qualche minuto di silenzio i tre lasciarono il cimitero e si diressero verso la reggia per prepararsi alla cena.
La tavola era imbandita di innumerevoli pietanze: a sinistra si partiva con diversi piatti a base di carne, a seguire vi erano dei pasticci ripieni, pane e focacce cotte al forno, verdure di mille colori e per concludere frutta di ogni tipo. Ramsus li accolse con un caldo benvenuto, era seduto a capo tavola e li attendeva con estrema impazienza. Probabilmente sperava in una loro risposta.
«Prego, venite. Mangiate pure e non fate complimenti!»
«Grazie.» Rispose Raiyko, e insieme a Yotta si mise a mangiare.
Aequitas non toccò cibo e, per tutto il tempo, rimase a guadare storto il padrone di casa.
Ramsus infine si pulì la bocca con il tovagliolo. «Qualcosa vi turba, Aequitas? Il mio cibo non è di vostro gradimento?»
«Tu, non sei di mio gradimento!»
«Aequitas!» Lo fulminò con uno sguardo Raiyko.
«Che c’è?!? Io non riesco a fingere come voi! Non voglio portare oltre questa farsa!»
Uno dei maggiordomi tentò di intervenire ma Ramsus con un semplice gesto gli fece capire di restare al suo posto. «Mi fareste la cortesia di spiegarmi che cosa sta succedendo?»
«Che il tuo villaggio ti odia e tu sei un bastardo! Ecco cosa!»
«Quello che il mio compagno sta cercando di dirle…» Aggiunse Raiyko cercando di raffreddare la situazione. «È che oggi al villaggio abbiamo sentito solo brutte voci sul suo conto, e ci domandavamo se fossero vere e se voi ne foste a conoscenza.»
«Ora capisco.» Ramsus si massaggiò le tempie. «Non so cosa vi possano aver detto quei bifolchi, ma io sto facendo il loro bene. Sono solo troppo ottusi per capirlo. Credevo invece che voi foste di più larghe vedute, ma a giudicare dal temperamento del vostro amico deduco di essermi sbagliato…»
«Che cosa hai detto, scusa!?!» Aequitas si alzò in piedi.
Ramsus fece lo stesso. «Ho detto che se condividi il parere di quegli ottusi bifolchi allora non sei degno di portare l’anello che hai al dito!» Ramsus allungò la mano contro Aequitas, che cadde subito in ginocchio. Yotta e Raiyko si alzarono immediatamente in piedi. Da ogni poro di Aequitas cominciò a uscire sangue andando a tessere un unico grande filo che convergeva nella mano aperta di Ramsus. Due maggiordomi si scagliarono contro Yotta ma in men che non si dica l’Eidolon comparve e si frappose tra lei e i suoi assalitori e, con due semplici colpi, li mise al tappeto. Ramsus allora allungò l’altra mano verso di lei e iniziò a succhiare anche il suo sangue. Raiyko disperato cercò nelle tasche qualcosa che potesse usare come un’arma; la mano destra entrò in contatto con tre piccoli pezzi di metallo. Erano gli anelli. Ne estrasse uno e se lo mise al dito. L’anello si illuminò cogliendo di sorpresa Ramsus che venne distratto quel tanto che bastasse per permettere agli altri due di interrompere l’attacco magico.
Un’aura verde circondò il corpo di Raiyko, dalle spalle gli crebbero due immense ali nere, il suo anello brillava come non mai. Puntò la mano aperta contro Ramsus, davanti a lui si generò un’ampolla vuota con ai suoi fianchi due strani liquidi: uno rosso e uno verde, che galleggiavano a mezz’aria. Entrambi i liquidi entrarono nell’ampolla e si mescolarono fra loro. Raiyko prese in mano l’ampolla e la gettò direttamente nel camino. Ramsus, che fino ad allora era rimasto paralizzato a guardare, seguì con la testa l’ampolla che, s’infranse nel camino, riversando il liquido nel fuoco e facendo scaturire una vampata, seguita da una gigantesca esplosione. Prima che le fiamme potessero inghiottirli tutti, l’Eidolon tirò su Aequitas e Yotta e volò a tutta velocità verso Raiyko. Nel momento in cui Yotta toccò il braccio di Raiyko; lei, l’Eidolon e gli altri due sparirono nel nulla per ritrovarsi, subito dopo fuori dalla reggia che era completamente in fiamme. Per lo sforzo Yotta svenne, restando riversa sulla strada, l’Eidolon era scomparso. Raiyko, tornato normale, si guardò l’anello che portava al dito: la gemma era di un bel verde smeraldo e sulla parte liscia riportava il numero tre. Ci fu un’altra esplosione; una parte del tetto franò e il lato destro della casa cedette, facendola crollare per buona parte. Tutto il villaggio uscì a vedere formando un cerchio intorno alla reggia in fiamme.
«Che cosa è successo?!» Domandò Aequitas, tossendo per il fumo.
«Non lo so, credo sia stato il potere dell’anello!»
«Almeno ora sappiamo che non conviene usarlo in luoghi chiusi.» Ironizzò Aequitas.
«Guardate!» Esclamò la folla.
Raiyko ed Aequitas voltarono la testa in direzione della casa. Dalle fiamme incandescenti uscì una giovane donna dai capelli rossi e indomabili, alcune parti del suo vestito andavano letteralmente a fuoco e ai polsi portava quelle che sembravano a tutti gli effetti delle manette. Fece qualche altro passo oltre la dimora per poi accasciarsi al suolo, priva di sensi.   
 

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Capitolo 6
*** La Vecchia Capitale ***


LA VECCHIA CAPITALE
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Raiyko ed Aequitas passarono tutta la notte ad aiutare gli abitanti a spegnere il fuoco. In seguito, dovettero raccontare i fatti al capo villaggio, anche se evitarono di parlare dell’anello. Yotta e la sconosciuta erano state portate con urgenza dal medico; delle loro condizioni non si sapeva ancora nulla. Tra gli abitanti si era già sparsa la voce che fosse stata la straniera ad appiccare l’incendio. I popolani iniziarono a chiamarla “La Fiamma Nella Notte”.
La mattina del giorno dopo Raiyko ed Aequitas andarono a far visita alla loro compagna. Quando arrivarono, scoprirono che il medico l’aveva appena dimessa e proprio in quel momento Yotta uscì dalla sua stanza.
«Come ti senti?» Chiese per primo Aequitas.
«Bene, penso sia successa la stessa cosa che è accaduta a te a Divenfall quando il raggio ti ha trapassato, solo leggermente più stancante.»
«Credo che siano delle capacità originate dal siero.» Disse Raiyko aggiungendosi alla conversazione.
«Se fosse così perché a te allora non è ancora successo niente?»
«Anche a me è già successo, Aequitas. Scusate se non ve l’ho mai detto prima, ma non ero certo che quello che mi stava succedendo fosse vero o meno. E tuttora non ne ho la conferma…»
«Insomma, di che cosa stai parlando?» Chiese Aequitas frustrato.
«Credo di poter vedere il futuro. O almeno un possibile futuro.»
«Ma va, impossibile!»
«Perché, ti sembra possibile spostarsi da una casa in fiamme alla strada in meno di un secondo?»
«Allora perché non ce lo hai detto subito?»
«Ma mi ascolti quando parlo? Perché non ne sono ancora del tutto sicuro, finora non ho visto nulla che si sia realizzato. Inoltre, non decido io quando farmi venire le visioni, senza contare che non sapevo se potermi fidare di voi.»
«Cosa?! Dopo tutto quello che abbiamo passato?!»
«Temevo potesse essere un altro esperimento di quel postaccio…»
«Aequitas, calmati. Raiyko ha fatto bene. Se poi non è nemmeno certo che quello che vede è vero allora avere avuto questa informazione non ci sarebbe comunque servito a niente, ora aveva senso dirlo solo per dimostrare che queste capacità potrebbero essere derivate dal siero.»
Raiyko confermò con un cenno del capo. «Come sta l’altra ragazza?»
«Non saprei, non si è ancora ripresa. Siete già andati da Daug?»
«No, siamo venuti direttamente qui a prenderti.»
«Allora non aspettiamo oltre, andiamo!»
«Prima volevo andare alle macerie, voglio sapere se hanno trovato il cadavere di Ramsus e poi vorrei mettermi a cercare un oggetto che ho lasciato nella mia camera.» Disse Raiyko
«Va bene, facci strada.» Esclamarono in coro gli altri due.
La casa del dottore, come tutte le altre abitazioni dei paesani, non distava molto dalla piazza principale, così ci misero poco a raggiungere le macerie. Alcuni abitanti erano ancora presi nelle ricerche. Aequitas fece cenno ad uno di avvicinarsi.
«Buongiorno signori.»
«Salve.» Esclamarono i tre in coro. «Avete per caso trovato il cadavere di Lord Ramsus?» Chiese Yotta.
«No, mi spiace ancora nessuna traccia del corpo, lei come si sente?»
«Molto bene, grazie.»
«Vi dispiace se mi metto a cercare in quella zona?»
«No, figurati. Ma fai attenzione.» Rispose il signore. Raiyko senza aggiungere altro si diresse verso la zona interessata. Passò un’intera mezz’ora a cercare l’arma di Divenfall. Quando fu vicino a mollare infine la vide. L’arma era straordinariamente intatta, non era presente nemmeno un graffio, sembrava nuova.
«Che materiale incredibilmente resistente.» La infilò nello zaino e raggiunse i compagni.
«Trovata?» Domandò Aequitas.
«Sì, possiamo andare.»
Congedati gli addetti alle ricerche si diressero di buon passo verso la capanna di Daug.
A pochi passi dalla cima della collina, Raiyko fu colpito da una nuova visione. Davanti a lui comparvero le porte della fortezza di Divenfall. Come in precedenza le nove figure varcarono l’entrata. Al centro c’era lui. L’anello al dito. Pian piano anche una figura al suo fianco iniziò a prendere forma. La Fiamma Nella Notte camminava al suo fianco, alla mano portava l’anello con la gemma rossa. Di colpo tutto scomparve e ritornò sulla collina. Era sdraiato a terra, i compagni vicino a lui preoccupati. Strappò un po’ d’erba e si asciugò la fronte.
«Ho appena avuto una visione.»
«Cosa hai visto?» Chiesero i compagni.
«La Fiamma Nella Notte con indosso un anello.»
«Che cosa significa?»
«Non lo so, forse che quella ragazza è collegata in qualche modo a noi.» Ipotizzò Raiyko. «Quando si sveglierà andremo a parlarci.»
Gli altri due annuirono, poi proseguirono in direzione della capanna.
Daug si trovava seduto sul telo a maneggiare i suoi strani aggeggi quando li vide arrivare. «Gion-giorno!»
Raiyko e Yotta ricambiarono il saluto.
«Era Ramsus l’uomo “cattivo” di cui dovevamo occuparci?» Domandò Raiyko.
«Tin! Tin! Tin! Indovinato! Ma dove si trova l’altra vostra compagna?»
«Siamo solo noi tre.»
«No! Non posso aiutarvi a recuperare la memoria se non siete tutti e quattro!»
«Parli de’ La Fiamma Nella Notte?»
«Chi?»
«Nessuno, lascia stare…»
«Tornate quando sarete quattro e i ricordi torneranno senz’altro. Gion-giorno, ancora una disgustosa rima. Senti ragazzo, o siete in quattro o il nostro accordo salta. Sono stato chiaro?»
«Ma che cazzo, non ci hai mai detto che dovevamo essere quattro! Non era negli accordi! Piccolo vecchiaccio! Ridacci i nostri ricordi o giuro che…»
«Calmati Aequitas! Va bene Daug, torneremo in quattro.» Disse Raiyko.
«Perfetto, Gion-giorno!»
«Raiyko come pensi di convincerla a venire con noi?»
«Non trovi curioso il fatto che, poco prima di parlare con Daug, io abbia avuto una visione su di lei, e che poi lui abbia detto che dovevamo essere in quattro per poter recuperare i ricordi? Ora sono quasi convinto che lei possa essere legata al nostro passato, o almeno a quello di uno di noi tre.»
«Per me a furia di dar retta a quel vecchio stai perdendo le rotelle pure tu.» Concluse Aequitas.
Una volta tornati dal dottore ed ottenuto il permesso per parlare con la paziente, entrarono nella sua stanza.
La ragazza era distesa sul letto, ma era sveglia. Quando li vide entrare i suoi occhi si spalancarono all’inverosimile. Saltò giù dal letto e corse dritto verso Yotta.
  «Yotta! Ma allora sei viva!» L’abbracciò.
«Sì.» Rispose Yotta alquanto imbarazzata e confusa. «Scusa, ci conosciamo?»
«Sono io, Esmeralda!»
«Scusa ma ho perso la memoria. Tutti e tre abbiamo perso la memoria e non ci ricordiamo di niente e di nessuno.»
Esmeralda si staccò dall’abbraccio e la guardò dritta negli occhi.
«Non ti ricordi di niente? Nemmeno di me?»
«No, mi dispiace.»
«Oh, capisco.»
«Ascolta Esmeralda, c’è qualcosa che potresti fare per aiutarla a recuperare la memoria, anzi la memoria di tutti noi. Ti va di aiutarci?»
Esmeralda guardò Raiyko, poi riportò lo sguardo su Yotta. «Se c’è qualcosa che posso fare per aiutare Yotta a recuperare la memoria, allora contate pure su di me!»
«Fantastico!» Raiyko ed Aequitas esultarono di gioia.
«Che cosa devo fare?»
«Dovresti venire con noi da un vecchio che non vive molto lontano da qui.»
«Vuoi far fare tutta quella strada ad una ragazza che fino a ieri era rinchiusa in catene? Gion-giorno?»
«Daug?!?» Urlarono i tre in coro.
«Daug?» Fece eco Esmeralda abbastanza confusa.
«Vedo che ora siete finalmente in quattro.»
«Aspettate, io voglio sapere cosa sa Esmeralda sul mio conto.»
«Ci potrai parlare più tardi, ora è tempo di recuperare i nostri ricordi!» Esclamò Raiyko
«Bene, per voi è ora di andare.»
«Andare dove? E i nostri ricordi?» Brontolò Aequitas.
«Buona avventura e Gion-giorno.»
Una calda luce partì dal vecchio ed investì tutti i presenti. Quando riaprirono gli occhi, il paesaggio intorno a loro era completamente cambiato.
Ovunque girassero lo sguardo vi erano macerie o edifici parzialmente distrutti. Un luogo completamente devastato.
«Qualcuno sa dove siamo?» Chiese Raiyko.
«Questa è la vecchia capitale!» Esclamò Esmeralda. Proprio in quell’istante il paesaggio divenne completamente nero e Raiyko cadde in una nuova visione. Davanti a lui c’era un trono rivestito interamente d’oro, situato in una rovina. Su di esso si ergeva un essere incorporeo che riconobbe essere la persona raffigurata nel ritratto alla reggia di Ramsus, il Re Mago Theon. La visione si dissolse come neve al sole e Raiyko ritornò in mezzo ai suoi compagni.
«Ragazzi, questo potrebbe essere il luogo che fa da chiave ad ogni cosa!»
 
 

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