One day it won't hurt anymore.

di Bloody Wolf
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. ***
Capitolo 2: *** 2. ***
Capitolo 3: *** 3. ***
Capitolo 4: *** 4. ***
Capitolo 5: *** 5. ***
Capitolo 6: *** 6. ***



Capitolo 1
*** 1. ***


DISCLAIMER

Questa storia è nata da una serie di mie… no, ok, avevo (è) un momento un po' triste della mia vita e la tristezza si è impossessata di me, facendomi scrivere i primi due capitoli di questa storia che però, non penso che sarà troppo lunga.

Prima di lasciarvi alla lettura volevo scrivervi alcune righe per, diciamo, avvertirvi:

La prima riga la spendo per dirvi che questa è una storia Death Character ovvero in cui uno dei personaggi principali muore, quindi non aspettatevi il classico Happy Ending (o forse sì?… chi lo sa).

La seconda riga ve la scrivo per dirvi che ho cercato, anzi sto cercando di scrivere il meno dettagliatamente possibile la malattia in sé (ovvero il tumore), non perché non voglia ma perché ho paura di cadere in errori in cui qualcuno si può anche sentire tirato in mezzo per via di situazioni similari o altro, quindi vi chiedo principalmente scusa se qualcosa vi infastidisce e anzi se fosse così vi pregherei di dirmelo affinché io possa rimuovere la storia, grazie.

La terza riga è per il fattore hurt/comfort in cui ho riversato la storia, questo per avvertirvi che ci saranno situazioni di vomito, di autolesionismo (più psicologico che fisico) quindi se vi danno fastidio non è la storia per voi.

La quarta e ultima riga la uso per i personaggi che userò perché vorrei che capiste il perché io ho messo OoC. Tony nella mia storia non si lascerà aiutare, non vorrà alcun aiuto e già dal primo capitolo diciamo che si arrenderà al suo destino; Loki ricordate che in questa storia lo uso basandolo sulla vecchia storia in cui si narra che sia stato lui a donare agli umani il fuoco, quindi per ciò io lo vedo molto curioso verso l’uomo, diciamo diverso dal dominatore mezzo folle che hanno dipinto nei film della Marvel… un Dio furbo ma intelligente che non distrugge ma studia.

Detto ciò la storia è ambientata alcuni anni dopo la morte di Thanos (del tipo leviamoci l’omone violetto dai piedi che è meglio xD) e basta, vi ringrazio per chi ha anche solo letto le note introduttive che sono lunghissime mannaggia…

Buna lettura e scusate se questa storia è triste e orribile, scusate ancora.

1.

“Lei è Anthony Edward Stark, giusto?”

Il medico era entrato nella stanza sfogliando una cartelletta dal colore blu, aveva gli occhi abbassati su di essa e gli occhiali gli scivolarano lentamente verso la punta del naso.

Alzò gli occhi guardando l’uomo che se ne stava comodamente seduto sulla sedia di fronte alla scrivania; camminò con pacatezza accomodandosi nella poltrona, accese il monitor che aveva di fronte e, una volta aperto il fascicolo di fronte a sé ed essersi schiarito la voce, parlò dopo un cenno atto a confermare l’identità di Tony.

“Non ci girerò in torno molto, lei ha un tumore. Si è già diffuso nei polmoni, nello stomaco e nel fegato.”

Il medico fece una breve pausa cercando di scorgere qualche emozioni sul volto dell’uomo ma decise che fosse meglio finire il discorso prima di sentire cosa avesse da dire quel paziente, sfogliò quelle pagine tornando a parlare in maniera fluida ed evitando di usare termini particolarmente tecnici.

“Lei è arrivato in ospedale per via del dolore allo stomaco e per via del sangue che, sempre più spesso, si ritrovava a vomitare. Si pensava ad un’ulcera o ad una gastrite perforante ma i risultati della biopsia sono stati questi. Dalle analisi che le abbiamo fatto il fegato è quello messo meglio tra tutti e tre gli organi. I suoi polmoni sono pieni di masse tumorali maligne.”

Si schiarì la voce e girò quel fascicolo nella direzione dell’uomo, sospirò decidendosi a dargli il famigerato colpo di grazia.

“Non possiamo nemmeno operarla per via dell’irregolarità che abbiamo riscontrato nel suo sangue, possiamo solo farle delle chemio per aiutarla. Morirebbe sotto i ferri anche solo se le facessimo la anestesia quindi… mi dispiace.”

Tony si portò una mano al volto e ridacchiò, si alzò in piedi e si sistemò i polsini dell’abito firmato che indossava, quella situazione non poteva essere altro se non uno scherzo di cattivo gusto, lui era Iron Man, lui era un genio, un filantropo, un eroe e non avrebbe accettato di morire così banalmente, non poteva essere vero.

“Pensa davvero che io le creda?”

Il dottore sospirò e fissò quell’uomo che sembrava sul punto di rompersi da un momento all’altro, era sempre difficile raccontare ad un paziente che in un modo o nell’altro, tra pochi mesi o pochi anni, sarebbe morto senza possibilità di rimediare.

“Guardi lei stesso, siamo il migliore ospedale in tutti gli Stati Uniti, ci sta pagando proprio per questo motivo, non avremmo motivo di mentirle signor Stark.”

Era vero.

Era tutto vero. Stava per morire, stava per morire mangiato da un male incurabile e lui non poteva farci nulla…

Aveva combattuto di tutto: titani folli, chitauri, invasioni di robot e malvagi di ogni genere ma ora era lì, in uno studio di pochi metri a guardare negli occhi un essere umano, uno che era fatto esattamente come lui di carne e di ossa, di tessuti e di tendini. Anche il palladio aveva cercato di ucciderlo, di sconfiggerlo eppure aveva vinto anche contro quello, lo aveva superato grazie al suo genio e alla sua determinazione, doveva superare anche quella malattia con le sue forze, doveva farcela a tutti i costi, lui era l’uomo di metallo dopo tutto….

È tutto finito gli diceva la sua coscienza, sarcastica e realista come sempre.

Doveva ancora fare tantissime cose, non poteva semplicemente spegnersi in quel modo così subdolo e insulso, non lui, non poteva!

Chiuse gli occhi e si portò l’indice e il pollice a stringersi il ponte del naso con forza, gemette e decise di valutare le opzioni con freddezza: erano due mesi che vomitava senza motivo, all’inizio pensava fosse colpa della grande quantità di alcool che ingeriva ma, con il passare del tempo, il vomito venne sostituito dal sangue sempre più spesso. I dolori allo stomaco era divenuti lancinanti e soffocanti obbligandolo spesso a fermarsi per dare grosse boccate di aria, aveva semplicemente pensato a degli attacchi di panico. Non si era mai curato, aveva dato una passata di spugna sopra a tutto, aveva affogato qualsiasi cosa con fiumi di alcool e di cattiveria ma ormai il ripensarci era troppo tardi.

Friday aveva cercato di dirgli che c’era qualcosa che non andava, che i livelli nel suo sangue erano irregolari ma lui aveva attribuito tutto quello a quel maledetto alcool, quanto era stato stupido...

“Quanto tempo mi resta?”

Chiese con una voce bassa, soffocata da quel dolore immenso che sentiva già diffondersi dentro di sè, sentiva quasi quel veleno che gli scorreva nelle vene come un albero malefico che metteva radici dentro ad un terreno fertile.

Riaprì gli occhi e li puntò in quelli dell’uomo, di quel professionista che, chissà quante volte, si era ritrovato in quella terribile situazione e Tony si ritrovò a non invidiarlo nemmeno per scherzo, doveva essere orribile annunciare la morte di qualcuno e farlo per lavoro.

“Due mesi forse tre… non possiamo calcolare perfettamente quanto ci vorrà soprattutto visto il fattore che non possiamo operarla. Mi dispiace.”

Il genio si guardò attorno alzando una mano con eleganza, cercò un bagno con gli occhi e, una volta individuato, ci si fiondò all’interno mettendosi a carponi vomitando bile mista a sangue. I suoi occhi lacrimavano dallo sforzo immane mentre il dolore si diffondeva crudele in quel corpo dilaniato.

Xxx

“Tony, posso darti delle erbe medicinali per alleviare il dolore...”

Banner era immobile, tra le mani teneva delle buste con verdure ed erbe strane di cui non conosceva nemmeno l’esistenza; era tutto così patetico ora, anche la presenza di Bruce in quel momento era così noiosa e fastidiosa da obbligare il genio a ridacchiare in maniera ironica e, una volta guardato quell’uomo tramite quelle spesse lente che indossava, ringhiò alzandosi e sputandogli addosso tutta la cattiveria di cui era disposto.

“Ti facevo più sveglio, Banner… Non saranno quelle a salvarmi, men che meno la vostra schifosa e patetica...”

Si dovette fermare dal finire quella frase per via di un colpo di tosse che lo scosse a partire da quei polmoni malati fino alla punta delle dita con cui si copriva la bocca. Respirò un attimo fulminando con gli occhi l’amico che, istintivamente, aveva fatto un passo in avanti per corrergli incontro e aiutarlo.

“Non voglio la vostra pietà, ecco cosa intendevo. Sono qui per dare definitivamente le dimissioni come Avengers. Vedo che la notizia del mio stato di salute vi è già giunta.”

Prese fiato e ridacchiò puntando la penna che teneva fra le dita verso il dottore prima di tornare a parlare con quel tono sottile e quasi doloroso per chi, come Bruce, lo conosceva e sapeva quanto quel suo modo di fare fosse testardo e autolesionista.

“Nat dovrebbe imparare a farsi un po' gli affari suoi a mio avviso, dove è Fury?”

L’alter-ego di Hulk si ritrovò a sospirare e ad abbassare la testa prima di indicargli la direzione giusta, Tony annuì vedendo che l’amico non aveva saputo ribattere alle sue parole, era tutto così difficile e non voleva rendere tutto ancora più doloroso.

Camminò per quei corridoi a testa alta, incontrò alcuni agenti dello SHIELD che, cauti lo lasciavano passare prima di girarsi a guardarlo con quella pietà che iniziava a stare stretta a quell’uomo che aveva sempre fatto di tutto per evitare quella parola e quel modo di fare con tutto se stesso. Strinse i denti e si conficcò le corte unghie nei palmi per impedirsi di girarsi ed insultare quei cadetti irriverenti, sarebbe morto sì ma non sarebbe diventato un icona di sofferenza e di isterismo, quello mai!

Si fermò di fronte alla porta che il collega gli aveva indicato, era socchiusa a le voci al suo interno risuonarono chiare alle sue orecchie, obbligandolo a starsene immobile nell’ombra di quel legno sottile che li divideva, con le lacrime a bussare per l’ennesima volta in quella settimana ai suoi occhi.

“Ci deve essere un modo, Thor, consulta chi vuoi ma aiutateci a salvare Stark!”

La voce di Fury risuonò fredda e sicura alle orecchie del genio che se lo immaginò mentre puntava un dito verso il Dio nordico in maniera completamente poco minacciosa. Un piccolo sorriso si aprì sulle sue labbra stirando di un poco quelle labbra secche.

Era passata solo una settimana e ancora non si rendeva conto quanto in fretta quella malattia lo stesse divorando.

“Non c’è cura, il corpo umano è debole rispetto al nostro e Padre Tutto dice che non possiamo interferire con il ciclo della vita e della morte. Mi dispiace che Midgard debba perdere un grande guerriero come l’Uomo di Latta.”

La voce di Thor, in contrasto con quella fredda e bisognosa di monocolo, era calda e pacata, Tony quasi lo vide con quell’espressione addolorata e colpevole mentre diceva quelle parole che sembravano trapassargli l’anima come una lama avvelenata. Si appoggiò allo stipite incrociando le braccia al petto e adagiò la testa al legno cercando di non fare troppo rumore, era consapevole che più ascoltava quella conversazione e più la sua anima sarebbe stata straziata, dilaniata da quelle poche ed infime parole.

“Loki non può fare nulla? Sarà morto quattro volte e...”

La voce di Fury si bloccò, probabilmente di fronte ad una negazione con il capo da parte del dio, una terza voce si aggiunse alle loro, una voce che Tony conosceva benissimo e dalla quale non si aspettava nulla di diverso che quelle parole, quel soldato era sempre così prevedibile da fargli quasi paura.

“Possiamo solo stargli vicino, accompagnarlo e sperare che non si isoli del tutto, glielo dobbiamo. Se siamo qui oggi è grazie a lui.”

Non ce la faceva più, si staccò da quella parete fredda e si allontanò da quella stanza, camminò a passo svelto fino al garage dove aveva lasciato l’auto, ci si fiondò dentro respirando a pieni polmoni cercando di contrastare quell’amarezza che lo stava inondando con furia. Pietà, era quello che meritava dopo tutto ciò che aveva fatto? Meritava solo quella allora? Cosa aveva combattuto a fare se ora sarebbe diventato polvere da spargere in un lago assieme a finte lacrime e a quello schifoso perbenismo che sembrava averlo circondato in maniera completa?!

Parcheggiò e scese salendo in casa passo dopo passo, si fermò a metà scala e si ritrovò a scaricare il proprio dolore e la propria frustrazione contro il muro.

Il primo pugno si abbatté su quella superficie con fermezza, il secondo divenne più rapido e silenzioso mentre gli altri si susseguirono sempre più feroci e dolorosi. Il muro si stava lentamente sporcando di sangue e le sue mani si stavano sfaldando, la sua pelle si arrossava e si spaccava a contatto di quel muro ruvido e pallido che aveva di fronte.

Urlò accanendosi ancora su quella parete trasformando la furia in disperazione, si accasciò quando non sentì più le mani e i suoi occhi avevano finito le lacrime da versare a terra.

Si rialzò distrutto barcollando, andò verso il bagno con passo lento e con gli occhi stanchi, la sua mente però elaborò un pensiero semplice quanto veritiero: non voleva morire.

Si appoggiò alla parete e si lasciò scivolare a terra, si guardò per alcuni secondi le mani che tremavano di dolore e poi negò iniziando a ridere, era una risata isterica contornata da lacrime sofferte e pesanti.

Il suo corpo aveva deciso che era giunta l’ora di lasciare che si chiudesse quel sipario che più volte Tony aveva rischiato di chiudere: Afganistan, New York, Ultron, Titano e tutto ciò che aveva passato…

Aveva rischiato di morire ogni singola volta che aveva indossato quell’armatura, pensava di essere preparato a tutto quello ma ora che ci era di fronte, ne era terrorizzato, non voleva spegnersi in mezzo al proprio vomito e nel proprio letto. Una vocina dentro di lui continuava a ripetergli che era giusto così, che ormai non c’era più nulla da fare, che doveva solo attendere di stare sempre peggio ed infine rantolare fino a morire nella più completa agonia e solitudine.

I suoi occhi circondarono quella stanza accorgendosi solo in quel momento di quanto fosse vuota, c’erano molti mobili di alta fattura, c’era una tecnologia che a molti era preclusa ma nell’intero piano della sua casa non c’era nulla di suo.

Non sarebbe cambiato nulla, era cresciuto nella solitudine e nell’ombra di un padre che esigeva troppo da lui ed ora…

sarebbe morto solo, circondato da tutto ciò di cui lui andava fiero.

Solo.

“FRIDAY contatta il medico, digli che non farò le chemioterapie, tanto morirò lo stesso.”

Si portò le mani nei capelli e li strinse con forza, il suo intero corpo vibrò di dolore ma dentro di sé sapeva che tutto quello se lo meritava, era una grande ruota che girava e quel male incurabile era per tutti quegli innocenti che erano morti a causa sua, quel sangue che gli impregnava le mani senza nemmeno averlo visto.

Il sangue di Charlie Spenser gli lordava ancora le mani e lo sguardo di quella madre che, per colpa sua, aveva perso un figlio era terrificante, il solo ricordo gli riportò alla mente quel lontano giorno in cui uno dei suoi missili gli era scoppiato di fianco cambiandogli l’intera vita, era stato fortunato ad avere di fianco a sé Yinsen che lo aveva salvato da una morte orribile. Era giusta la sua scomparsa, era colpa sua, solo ed esclusivamente colpa sua!

 

Lanciò la bottiglia vuota contro la parete rimanendo immobile ad osservare quel contenitore andare in frantumi, seguì con gli occhi, resi opachi dalla quantità di alcool che aveva ingerito, quei tasselli di vetri che ora giacevano immobili sul suo pavimento.

“Merda.”

Fece un paio di passi per andare verso il bagno, era ubriaco e le sue gambe lo reggevano con fatica.

Aveva cercato di lottare, di mantenere alto il buon umore ma più le persone cercavano di avvicinarsi a lui e più lui le respingeva, forse lo faceva per la vergogna di mostrarsi conciato in quel modo o forse ancora perché non li voleva accanto.

Aveva mandato via tutti, uno dopo l’altro li aveva allontanati e rifiutati ed era certo che avrebbe continuato a farlo con chiunque si sarebbe presentato lì per vedere come stava, come se lui avesse bisogno di quello sguardo affranto su di sé!

Pepper l’aveva letteralmente mandata al diavolo chiudendola fuori dal suo appartamento e intimandole di non farsi mai più vedere.

Tony! Guardati. Guarda come ti stai riducendo, non puoi lasciarti andare in questo modo! Puoi contrastarlo, puoi ritardare l’inevitabile se decidi di fare le terapie...”

L’uomo indurì lo sguardo evitando di guardarla, irrigidì la mascella e sorridendo con quel ghigno ironico e fastidioso che lei stessa aveva sempre amato ma che, giustamente, in quel momento gli sembrò come un urlo disperato di un condannato a morte.

L’inevitabile? Pep sii realista, sto morendo e non saranno due mesi avanti o indietro a cambiare il corso della storia, della mia storia.”

La donna scosse la testa muovendo quella lunga coda a destra e a sinistra con enfasi, lui si girò camminando verso di lei e quando riuscì ad incontrare quello sguardo distrutto e infuriato, semplicemente negò con la testa ridacchiando di fronte a quel dolore e a quella voglia di non rassegnarsi di fronte a quel destino crudele.

Sto morendo, non tentate di irrorarmi la pillola, tempo due o tre mesi e dovrete organizzare un funerale, sono certo che sarà uno di quelli pieni di persone ipocrite in cui direte che ero una brava persona e tutte quelle balle da film.”

La donna lo aveva guardato con le lacrime che scorrevano sulle sue guance, non aveva mai amato quel lato crudele e realista del suo carattere perché purtroppo con il suo essere cinico mostrava tutta la realtà nella sua sfumatura più orrida.

Lasciatemi solo morire in pace, non vi chiedo molto. Vattene ora, voglio restare solo.”

La donna iniziò a urlare e cercò di farsi sentire ma le orecchie dell’uomo erano sorde ad ogni supplica e ad ogni insulto possibile, non poteva e non voleva sentirli.

Morirai solo, Tony. Ti vogliamo tutti bene, permetterci di aiutarti!”

I giorni erano scivolati uno dopo l’altro, fogli dello stesso calendario tenuti assieme da una colla ormai inesistente. La disperazione non era nella sua natura, si era buttato a capofitto su un nuovo prototipo, avrebbe realizzato quell’ultima armatura, non lo avrebbe fatto per se stesso ma per Peter, gli avrebbe lasciato tutto quello…

Gli aveva promesso che lo avrebbe difeso e sostenuto in quel mondo fatto di eroi e di cattivi, di persone buone e di persone cattive ma ora, a distanza di anni, lui semplicemente si stava spegnendo e nulla poteva ravvivare quella fiamma.

Lanciò il cacciavite che teneva stretto tra le mani, si fermò aggrappandosi alla scrivania con le dita e con le unghie prendendo dei respiri sempre più profondi per cercare di colmare quel dolore che sembrava perforarlo da parte a parte.

Strinse i denti gemendo di dolore mentre il suo corpo cedeva sotto il proprio peso obbligandolo a rannicchiarsi a terra premendosi la parte indolenzita con forza.

Stava perdendo peso, giorno dopo giorno il suo corpo stava rifiutando qualsiasi cosa, solida o liquida che fosse, vomitava spesso e la bile che gli passava nella gola gli bruciava l’aria stessa che respirava.

Le sue mani avevano preso a tremare da qualche giorno, era diventato tutto così difficile e doloroso da farlo desistere di fronte a qualsiasi cosa, nemmeno le lacrime ormai uscivano più da quegli occhi gonfi e circoscritti da occhiaie violacee.

Si sforzò di alzarsi da quel pavimento così freddo da passare attraverso i quattro strati di vestiti che indossava, sentiva quel ghiaccio entrargli sotto la pelle e, se da un lato quel freddo sembrava alleviare di un poco quel dolore atroce, dall’altra tremava sperando solo che quella tortura finisse presto.

Si lasciò cadere a peso morto sul proprio letto, strofinò il naso su quelle lenzuola che sapevano di pulito, sorrise mentre la tristezza si diffondeva nuovamente nella sua testa facendogli portare una mano ad afferrare la coperta in lana e coprirsi completamente sotto ad essa prima di sospirare e chiudere gli occhi, cercando nel sonno il conforto del sollievo.

Due volte alla settimana una donna, una allegra signora spagnola, veniva nel suo appartamento a ripulire, lo aveva trovato in situazioni imbarazzanti ma essa, consapevole di ciò che l’uomo si stava ostinando a sopportare da solo, non si era mai esposta o lamentata di nulla anzi, aveva solo sorriso a Tony.

Quel sorriso genuino e amorevole gli aveva ricordato tanto quello dolce di sua madre, gli aveva semplicemente risposto con un sorriso tirato e stanco, ma dopo settimane e giorni di apatia quello che ne uscì fu sincero, genuino e spontaneo…

Sì addormentò con quel sorriso stampato in mente, come era possibile che il sorriso di una sconosciuta fosse più confortante delle persone che conosceva?

Si addormentò così, con quella domanda nella testa che lo opprimeva e lo buttava a terra con forza.

 

“Tony è un mese che ti hanno trovato il cancro; hai intenzione di mostrarti anche solo a noi comuni bastardi chiamati Avengers? Ti ricordo che ne fai parte fino a quanto non muori!”

Tony si passò la mano sul volto stanco e, con poca convinzione, spense quella conversazione di appena dieci secondi, la bassa luce che metteva il cellulare gli dava fastidio agli occhi. Sbuffò rigirandosi nelle lenzuola e gemendo per il dolore che aveva in tutto il suo esile corpo.

Non se la sentiva di affrontare una conversazione qualsiasi, figurarsi se doveva avere a che fare con Fury, voleva solo stare da solo in quella stanza al buio sotto a quelle coperte che lo riscaldavano.

Ogni notte era diversa dall’altra, c’era la notte che si ritrovava a socchiudere gli occhi e rimanere in quello stato di dormiveglia che lo portava ad ascoltare il proprio respiro e il proprio corpo; altre notti le passava sveglio a fissare il soffitto immaginando che in esso ci fosse una risposta, una specie di cartello divino ma più ci pensava e più si intristiva ferendosi con le lacrime che correvano sulle sue guance; erano poche le notte in cui riusciva a riposare davvero, in cui riusciva effettivamente a spegnere il cervello completamente perché esse si trasformavano in nottate infernali in cui il dolore lo soffocava e lo ghermiva con una potenza tale da renderlo instabile ma senza dargli la possibilità di svegliarsi da quel tremendo sogno.

Bevi, Stark.”

Quella voce la conosceva, l’aveva già sentita da qualche parte, eppure la sua mente stanca e assonnata non riusciva a distinguerla, i suoi occhi rilevarono solo una macchia bianca che si muoveva verso la sua bocca e che la riempiva di un liquido dal gusto ferroso e speziato; quella macchia si allontanò e Tony era quasi certo che assomigliasse ad un teschio.

L’ultima cosa che si ricordò di quel “sogno” fu un tocco freddo, una mano che gelida si era posata sulla fronte dandogli sollievo da quel dolore insopportabile ed atroce.

La luce della mattina arrivò veloce e Tony si ritrovò ad aprire gli occhi sbattendo le palpebre con calma, si mise a sedere indolenzito ma, stranamente, senza il consueto urto di vomito che lo accompagnava ogni singola mattina.

Si guardò attorno notando in quel momento una macchia rossa scuro sul proprio cuscino, allungò una mano portando i polpastrelli a sfiorarne la consistenza ormai secca. Le sue dita si sporcarono di un leggero alone di magenta ma nella testa di Tony si ripresentò quello strano sogno, si diede del folle nel momento in cui si rese conto che era sicuramente il proprio sangue che, nella notte, aveva sputato probabilmente dopo un attacco di tosse.

Eppure…

Ferro e spezie. Quel sapore e quella definizione di essenza sembravano così particolari da sognarsi in un sogno dettato dalla febbre del suo corpo ormai stanco di combattere…

Si alzò in piedi e, barcollando, raggiunse il proprio bagno fermandosi sulla soglia di esso. Non se la sentiva per nulla di guardarsi allo specchio, di vedere il fantasma di se stesso, sospirò afferrando un asciugamano dirigendosi verso la cucina dove, una volta bagnato il panno con dell’acqua fresca, si ripulì dalla stanchezza della nottata tormentata. Le sue labbra erano sporche di quel liquido che non aveva un’origine sensata ma decise che forse era meglio non indagare nemmeno e continuare a pensare che esso fosse solo ed esclusivamente un rifiuto che il suo organismo stava cercando di eliminare.

Quella mattina aveva voglia di mangiare, di ingoiare qualcosa per il puro gusto di sentire qualcosa che gli scivolava giù per la gola così optò per una bella tazza di caffè, amaro come lo aveva sempre amato.

Afferrò la tazza con le mani tremanti, se la portò al volto socchiudendo gli occhi e annusando quel profumo che sembrava così delizioso e ravvivante da dargli sollievo. Sorrise mentre appoggiava la ceramica alle labbra, ne percepì il calore che non era troppo intenso e la inclinò per portare quel liquido scuro a contatto con le proprie papille: ne avvertì il calore con una sensazione piacevole, avvertì quel gusto forte ma delicato allo stesso modo invadergli la lingua e la gola, l’aroma gli fece brontolare lo stomaco che, da troppo tempo, veniva nutrito con flebo di cibo liquido.

Non avrebbe mai pensato di ritrovarsi a piangere di fronte a una tazza di caffè, mai avrebbe pensato che una semplice cosa come quella che lo aveva salvato dal sonno miriadi di volte potesse, ora, essere diventata un elemento così ricco di sfumature.

Non gli venne nemmeno da vomitare ma, dopo pochi sorsi era già stufo ed era più che certo che se ne avesse ingerito ancora lo avrebbe rimesso vanificando tutte quelle sensazioni stupende che lo avevano fatto sentire, dopo quel lungo mese di astinenza, di nuovo vivo.

Si rannicchiò sul divano, appoggiò un secchio vuoto vicino a sé per l’eventualità di dover vomitare ed infine si ricoprì di coperte pesanti accendendo la televisione mettendo un bel film d’azione.

Il dolore sembrava essere leggero quella mattina, era solo una presenza costante ma invisibile all’interno di quel corpo che lo stava lasciando giorno dopo giorno. Erano settimane che non stava così bene e la cosa lo rincuorò un poco mentre si godeva le prime battute del film.

“Signor Stark, c’è Parker che vorrebbe parlarle, dice che non ci vorrà molto.”

La voce della sua AI lo riscosse dallo stato di dormi veglia in cui era caduto, si schiarì la voce e diede il permesso di farlo passare, aveva bisogno di vedere quel giovane, di sentire quella voce allegra e innocente invadergli la testa con quella purezza che lo aveva sempre caratterizzato.

“Passavo da queste parti, signor Stark e mi sono detto che avrei potuto passare a trovarla.”

L’uomo sorrise facendo spazio sul divano al ragazzo che, dopo avergli sorriso senza guardarlo negli occhi, gli si sedette vicino spogliando la cartella e slacciandosi la giacca primaverile. Si godettero l’uno la presenza silenziosa dell’altro mentre gli attori di quel film continuavano a scorrere veloci sullo schermo.

“Signor Stark so che le mie parole non le serviranno ma mi dispiace, non ho avuto il coraggio di venire qui prima perché temevo di trovarla in condizioni pessime e… sono un vigliacco. Mi perdoni.”

L’uomo si girò verso quel giovane che lui stesso aveva strappato dai quartieri e che aveva buttato in una vita molto più pericolosa e imprevedibile, non doveva essere lui a chiedere scusa con quel tono basso e innocente, lui non aveva fatto nulla di che, dopotutto, era un ragazzo a cui era stato già strappato via qualcuno di importante e non era nei suoi piani quello di ricordarglielo…

“Non mi chiedere scusa, Parker, sono io quello che ti ha lanciato in questo mondo, devi essere tu a scusarmi.”

Sbuffò sentendo il ragazzo che singhiozzava vicino a sé, non avrebbe pianto, doveva essere forte per Peter e dimostrargli che non aveva paura di quella malattia ma i suoi occhi si velarono comunque.

“Non voglio che lei muoia, io… io… io non so che fare senza di lei.”

Si leccò le labbra prima di respirare socchiudendo gli occhi e decidendo di parlare con un tono dolce e quasi amorevole mentre con una mano, uscita da sotto la miriade di coperte, andava a scompigliare i capelli del ragazzo sorridendogli con calore.

“Mi hai dimostrato di essere degno di indossare il costume. Con il mio aiuto o senza, tu sei e sarai per sempre Spider Man, devi solo continuare ad essere te stesso e andrà tutto bene.”

Il giovane si fermò a guardare quell’uomo che aveva di fianco, era scarno e aveva un colore pallido, quasi grigiastro; il suo braccio era magro e il suo viso era inciso dal dolore che stava patendo. Iniziò a negare con il capo mentre quella mano lo scompigliava amorevolmente.

“No, la prego non se ne vada, andrà tutto bene, Signor Stark...”

L’uomo aprì gli occhi e li fissò in quelli del giovane, si sentì così sbagliato in quel momento da obbligarsi a negare, se con Pepper aveva cercato di metterla di fronte all’irreparabile, così come lo aveva definito lei, Tony non se la sentiva di parlare in quel modo a quel ragazzo.

“Peter, non sarà facile né per me né per voi, mi devi promettere che andrai avanti, che aiuterai chi ne ha bisogno e che diventerai un supereroe. Sei intelligente e sveglio per la tua età, dovrai solo supportare il team e fargli capire quanto vali.”

Prese una pausa mentre lasciava quella mano sulla testa di quel giovane in cui si rispecchiava moltissimo, spesso lo guardava e rivedeva in lui le sue stesse scelte e i suoi pensieri ed era tutto così sbagliato, così orribile perché Tony sapeva dove aveva sbagliato e in cosa aveva sempre peccato mentre quel giovane era così simile ma così diverso da obbligarlo a proteggerlo cercando di impedirgli di fare certi errori ma aveva fallito, lui era fallito ed era gli mancava solo di cadere per un’ultima volta e spegnersi, per sempre.

“Non devi essere triste per me, ragazzino. Moriremo tutti prima o poi, giovani o vecchi e se questo è il mio destino lo accetto… ho combattuto spesso mettendo in gioco la mia vita ma mi va bene così, se vuoi aiutarmi fallo capire agli altri, impediscigli di guardarmi con quegli occhi che trasudano pietà, per favore.”

Il giovane annuì sorridendogli in maniera spenta ma consapevole che quella richiesta fosse più che sensata da parte di un uomo che aveva sempre camminato a testa alta nonostante tutto, lo aveva visto spezzato dopo che aveva scoperto cosa gli nascondesse Rogers ma nonostante quello, lui era quello che alla prima occasione si era lanciato a proteggere la terra e che aveva tenuto testa al Titano.

“Lo farò, glielo prometto Signor Stark.”

[To Be Continued...]


 

Allora ora che siete giunti fino a qui devo ovviamente dire due parole perché spero di aver reso Peter il ragazzo che Miryel con le sue storie ci ha fatto amare alla follia, donna ti chiedo scusa perché lo so che tu non ami Tony con nessun altro ma ti prometto che qui la coppia verrà accennata anzi, penso che se ci sarà un bacio verso la fine sarà più che tanto quindi sarà sufficiente.

Chiedo scusa anche a Shilyss perché questo sarà un Loki a mio avviso differente, più umano nel senso completo del termine….

Detto ciò torno a piangere per via di tutto ciò e ciao.

 

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Capitolo 2
*** 2. ***


E rieccomi qui con il secondo capitolo di questa Sad Story.
Ringrazio tutte quelle personcine che hanno letto, messo tra le preferite/seguite e che hanno recensito, sappiate che siete una musa per me.
Allora ho riletto questa notte alle due quindi chiedo perdono per eventuali errori o per la trama povera... vi dico già che questo capitolo non mi ha convinto dal primo momento in cui l'ho scritto e, per questo, non lo rileggo più altrimento rischio di cancellare qualsiasi cosa e lanciare in aria il pc.
Detto ciò vi lascio alla lettura e, please, non lanciatemi pomodori.

2.
Quattro giorni erano passati da quell’incubo che, in un modo o nell’altro, l’avevano fatto stare meglio, i dolori lancinanti che aveva erano scemati e per qualche giorno era riuscito a starsene tranquillo a godersi la solitudine di quella casa.

Era patetico vedere lui, il grande Tony Stark ridotto in quello stato, lui che aveva sempre avuto gente attorno a sé, ammiratori, paparazzi, amici e colleghi mentre ora era solo.

Quella solitudine però non era male per l’uomo, forse proprio perché prima era circondato da persone che ora stava apprezzando quel vuoto attorno a sé.

Afferrò un pezzo di pane che aveva preso dalla credenza della cucina, lo girò tra le mani e, una volta strappatone un pezzetto, lo mise in bocca masticando con insistenza per evitare di farsi del male.

“Signore, ha un messaggio in segreteria da parte del suo medico, posso farglielo ascoltare?”

Stark continuò a masticare dando un lieve cenno con il capo, stava perdendo anche la forza di parlare ed era un male perché lentamente quei dolori che sembravano averlo abbandonato in maniera improvvisa stavano tornando, obbligandolo a correre in bagno per rimettere quella misera briciola di pane che aveva cercato, disperatamente, di ingoiare.

Signor Stark è passato più di un mese dalla sua ultima visita in ospedale, avrei piacere se lei venisse da me anche solo per un controllo, la prego. Oltre alla sacca con gli alimenti posso aumentarle la dose di morfina e di cortisone per i dolori. Non ignori questo messaggio, la prego.”

Ascoltò quel messaggio seduto a terra di fianco al suo bagno, con la testa poggiata sulle piastrelle e con i piedi allungati verso la doccia. Era impresentabile, si sentiva la barba lunga ed incolta mentre i capelli gli davano fastidio ma era più che consapevole che quella visita dovesse essere fatta. Annuì all’AI che, subito, si mise all’opera per contattare il medico e dare la disponibilità di Stark.

 

Camminò per i reparti di quell’ospedale con il capo chino affinché il cappuccio della felpa gli coprisse il volto, tossì un paio di volte coprendosi la bocca con l’interno del gomito notandoci alcune piccole goccioline di sangue.

“Merda.”

Non era la prima volta che tossiva sangue ma in quei due giorni non gli era più successo, aveva tossito ma senza quel sangue ad ingombrargli i fazzoletti e le coperte. Qualsiasi cosa fosse stato quel sogno gli aveva fatto bene, aveva forse inibito quella malattia con prepotenza eppure era più che consapevole di non poterne parlare, di non poter accennare nulla di quell’evento a nessuno, nemmeno a quel dottore che lo stava cercando di curare.

Entrò nello studio richiamato da un cenno del capo di quell’uomo con quel lungo camice, si sedette su quella sedia che, a distanza di un mese abbondante, gli sembrava molto più grande, spaziosa rispetto a prima.

“Quanti chili ha perso signor Stark in questi trentacinque giorni?”

L’uomo sbuffò alzando gli occhi al cielo e facendo un rapido conto rispose con tono sconsolato e quasi distaccato.

“Sei chili e mezzo…”

L’uomo scrisse sulla cartelletta con una calligrafia elegante, Tony prese un bel respiro, gemette di dolore per quel gesto ed infine iniziò a parlare spiegando a quell’esperto i vari problemi che erano subentrati in quei lunghi giorni.

“Sta seguendo le indicazioni per le flebo, vero?”

Annuì e basta, ascoltò per gli ulteriori venti minuti ogni cosa che usciva da quella bocca prendendone atto e continuando ad annuire in caso di domande.

“Le consiglierei di farsi ricoverare qui ma da quanto ho potuto capire preferirebbe starsene a casa sua, la capisco.”

Gli allungò dei fogli in cui c’erano scritti una serie di flebo da prendere alla farmacia dell’ospedale assieme a dei medicinali specifichi per alleviare quei dolori e quel vomito incessante ed odioso.

“Mi raccomando, mi faccia sapere qualcosa e, se riesce, cerchi di non rimanere solo.”

Erano passati altri due lunghi giorni dalla visita e Stark era tornato a stare male, tremava di freddo e le sue mani erano mal ferme quando doveva bucarsi la vena per inserire la flebo. Lo stomaco gli lanciava fitte fortissime e i polmoni gli bruciavano ogni qual volta che si ritrovava a dover tossire o a fare un respiro più profondo degli altri. Stava diventando un inferno tutto quello, mai avrebbe pensato di dover patire così tanto per riuscire a morire. Si rannicchiò sul divano e collassò riuscendo così a riposare un poco.

Si svegliò di soprassalto togliendosi le coperte di dosso e afferrando il secchio che teneva lì per vomitarci all’interno, il suo stomaco si stava contraendo in maniera dolorosa portandolo ad eliminare qualsiasi acido al suo interno; tossì portandosi una mano allo sterno per cercare di placare quegli spasmi che gli stringevano l’anima nelle spire di quel dolore insopportabile.

“Mi avevano detto che le malattie umane logorassero il corpo delle persone ma non avrei mai pensato di trovarti conciato in questo modo deplorevole, Stark.”

Quella voce obbligò il genio a girarsi verso il bancone del proprio piccolo bar, lì seduto con le gambe elegantemente accavallate c’era Loki, quello stesso dio che li aveva aiutati con Thanos ormai mesi se non anni prima, quello stesso dio che ormai era più un Jolly che si mostrava e che se ne andava a proprio piacimento.

“Vattene. Hanno mandato te alla fine, mi sarei aspettato Point Break...”

Il Dio rise mostrando quelle file di denti bianchi e perfetti, scese dallo sgabello e fece un paio di passi verso l’uomo decidendosi a spiegare la propria versione dei fatti.

“Ti facevo più sagace, Stark. Sono qui di mia spontanea volontà, te l’ho sempre detto in fondo che per essere un umano sei degno di nota, dimmi se forse sbaglio.”

Tony si sedette sul proprio divano e tornò a ricoprirsi di coperte fin sopra al naso mentre fissava con occhi stanchi il continuo muoversi di Loki che camminava a passo lento lungo tutta la sala, a partire dal piccolo bar fino alla grande vetrata con vista mare, aveva un passo calmo e corto e nel frattempo si guardava attorno con quello sguardo predatore che studiava ogni singolo dettaglio.

Mosse una mano facendo apparire un teschio che fece strabuzzare gli occhi a Tony, si sedette nella poltrona di fianco al divano ed appoggiò quella “reliquia” sul tavolino basso che avevano di fronte entrambe.

“Piccolo cervo mi stai mettendo alla prova? Non è uno scherzo simpatico da fare...”

Il respiro dell’uomo aumentò il ritmo obbligandolo ad iniziare a tossire mentre dalla sua bocca usciva del sangue che prontamente veniva fermato da un fazzoletto tenuto dall’uomo premuto con prepotenza sulla bocca.

“Quello che vedi è una coppa, non sto giocando con te, ho voluto provare, usarti come cavia per questo esperimento, ti aveva fatto sparire il dolore per sette giorni o sbaglio?”

Tony si bloccò ripensandoci meglio, aveva sentito quella voce, non era riuscito a riconoscerla ma ora era certo che fosse lui, allora quella mano fresca sulla fronte doveva solo che appartenere a lui, troppi tasselli mancavano all’appello nella testa dell’uomo e, memore di chi fosse quella creatura, non poteva fidarsi del tutto.

“Perchè lo staresti facendo?”

Il dio abbassò gli occhi e ridacchiò divertito da quella situazione, nonostante fossero passati anni e avessero fatto squadra molte volte quel genio umano era sempre rimasto diffidente verso di lui, non si era mai fidato sul serio e la cosa lo aveva sempre divertito.

“Cosa hai da perdere tu, piuttosto.”

Tony ricominciò a tossire in maniera violenta, si tenne lo stomaco mentre gli occhi gli bruciavano e lacrimavano, Loki semplicemente spostò lo sguardo, socchiuse quegli occhi chiari e si allungò ad afferrare quella coppa e parlò con tono calmo ma serio.

“Sono di norma abituato a restituire i favori che mi vengono fatti e, vista la tua natura debole da umano, mi ritrovo costretto ad aiutarti così. Bevi.”

Rovesciò alcune erbe apparse dal nulla e, una volta afferrato un pugnale ed essersi inciso un palmo, lasciò cadere quel sangue all’interno di quel contenitore particolare.

Tony stava agonizzando vicino a lui mentre il dio contava quelle gocce con meticolosità, mischiò il composto e poi si ritrovò ad allungare il tutto all’uomo che, restio, negò con il capo mostrandogli la sofferenza dipinta su quel volto una volta orgoglioso e fiero.

Loki si mosse alzandosi in piedi e, una volta afferrato il collo dell’uomo per impedirgli di muoversi troppo e reclinatogli il capo all’indietro, gli lasciò scivolare in gola quel composto ferroso e speziato che tornò alla memoria del genio con prepotenza. Le mani dell’uomo gli afferrarono le braccia cercando di spostarlo ma le sue forze erano nulle confronto a quella presa decisa ma per nulla dolorosa.

 

Il dio rimase immobile vedendo l’uomo scivolare in quel sonno imposto dal composto, era strano vederlo conciato in quel modo, sembrava quasi una pallida imitazione dello sfacciato Stark che aveva conosciuto in quegli anni, non sembrava nemmeno l’uomo che gli aveva offerto un drink per cercare di farselo amico senza andare alle maniere forti…

Erano davvero così fragili quegli esseri umani? Bastava così poco per abbatterli che Loki si stupì nel pensare ai millenni che avevano visto le generazioni scambiarsi tra loro, dalla nascita di un singolo bambino fino alla morte di esso per poi passare alla generazione successiva, come un lungo ed infinito mantra che si ripeteva in ogni singola parte di quel mondo debole ma perspicace.

Anche loro morivano ma era tutto diverso, le loro generazioni erano più distese lungo il tempo ed era tutto così follemente veloce su quel pianeta da lasciarlo affascinato ogni qual volta scendeva su Midgard.

Una delle prime volte in cui, ancora immaturo, posò i piedi su quel pianeta vide quegli umani ancora coperti di pelli e poco altro; si ricordava perfettamente come aveva donato loro il fuoco, si era sentito importante ed apprezzato per aver donato loro qualcosa che non era, in quel tempo, conosciuto.

Accavallò le gambe mentre si rilassò su quella poltrona, Stark inconsciamente aveva fatto qualcosa di importante per lui, lo aveva tirato fuori da quello stato di sottomissione che il Titano Folle gli aveva imposto, era riuscito a scuoterlo mostrandogli cosa stesse effettivamente accadendo attorno a loro in modo che lui potesse organizzare un piano di scorta.

Era per metà Jotun e il suo sangue aveva delle proprietà criogeniche in grado di raffreddare alcune parti del corpo, non aveva idea che potesse anche funzionare su un essere umano ma, una volta aggiustata la quantità e unito ad alcune erbe benefiche, decise di provare quella follia, non poteva fermare la morte ma rallentarla quello poteva farlo eccome…

Usò la magia per ripulire quel posto, sembrava di essere in una stalla piuttosto che in una casa di un malato e la cosa urtava il sistema nervoso del dio, spalancò le finestre lasciando che l’aria fresca ricambiasse quella viziata che c’era all’interno delle mura.

L’uomo si risvegliò dopo un paio di ore, si alzò andando ad afferrare una piccola sacca trasparente che conteneva un liquido giallognolo, Loki lo guardò curioso ma si ritrovò a sbuffare quando vide la mano tremante di Stark che teneva, a fatica tra le dita, un ago con una piccola cannetta collegata a quella sacca.

Camminò avvicinandosi a lui per togliergli l’ago dalle mani senza fare alcuna fatica, lo guardò inarcando elegantemente un sopracciglio e aspettò con la bocca leggermente aperta attendendo con calma istruzioni dall’altro.

“Devi infilare l’ago nella vena.”

Loki annuì facendo pressione nel punto subito sopra alla giuntura del gomito che, dopo poco, portò la vena in rilievo facilitandogli il compito di dover bucare la vena per inserirci quell’ago.

Tony si ritrovò stupito della delicatezza con cui quel guerriero compì quel compito, non se lo era mai fatto fare da nessuno ma lui stesso ci stava prendendo confidenza dopo mesi.

“Sei pieno di sorprese eh, Piccolo Cervo?”

Gli occhi del dio si fermarono sul suo sorriso accennato ma, poco dopo, si ritrovò a sbuffare tornando a sedersi sulla poltrona lì vicino, che aveva ormai reclamato come sua.

“Non sono sorprese, Stark, semplicemente non sono solo una testa vuota come Thor.”

L’uomo ridacchiò di fronte a quella frase, portò lo sguardo sul volto del dio ed infine sbuffò scuotendo la testa con un movimento lento ma continuo.

“Non sei mai stato una testa vuota, forse con un po' più di manie di protagonismo ma sei un ottimo alleato...”

Il silenzio cadde tra loro in maniera silenziosa ma per nulla imbarazzata, Stark si decise ad accendere la televisione guardando qualche film odioso ed addormentandosi a metà di esso.

Davvero quell’uomo la pensava così? Era davvero un buon alleato nonostante le morti che aveva generato e nonostante la sua natura da doppiogiochista?

L’umano lo aveva colpito in positivo, era riuscito a stuzzicare quella leggera curiosità che da sempre si nascondeva al di sotto di ogni sua malefatta e la cosa lo portava a ridacchiare, inconsciamente.

Doveva essere proprio messo male per aver accettato quel leggero aiuto in maniera così spontanea e senza nessun tipo di opposizione… Nella testa del dio si palesò una domanda alquanto semplice ma che, per uno come lui, era fondamentale: perché si era preso così a cuore quell’uomo?

Sì, era vero il fattore di dover ricambiare quel favore, quella gentilezza in qualche modo ma impietosirsi in quel modo arrivando ad aiutarlo in quel modo…

Socchiuse gli occhi di fronte a quel quesito, in quel preciso momento non aveva nemmeno la voglia di indagarne l’origine così se ne andò da quella casa ripromettendosi che non ci avrebbe più messo piede, ciò che andava fatto per sdebitarsi lo aveva fatto ed ora poteva continuare a farsi gli affari propri.

 

Quando Stark riaprì gli occhi la casa era vuota, il dio era sparito, se ne era andato e da un lato non poteva che capirlo, aveva dovuto aiutarlo in tutto e per tutto, dall’allevargli il dolore con il suo sangue fino ad aiutarlo a inserire un semplice ago nella propria pelle.

Si trascinò per la casa, gli faceva male ovunque ma per lo meno riusciva a starsene in piedi e ad ingoiare qualcosa di solido o di liquido. L’idea di avere attorno a sé quel dio imprevedibile non gli era particolarmente fastidiosa al pensiero, lo aveva visto mentre stava male, quella “creatura” aveva avuto rispetto invece di usare la pietà come arma per infierire, era stato educato e non invadente. Lo aveva apprezzato, era stanco di leggere sul volto di chiunque incontrasse quella sofferenza e quella pietà che non voleva, che non desiderava… Avrebbe tanto voluto qualcuno che lo guardasse come se non avesse nulla, come se non stesse per morire da un momento all’altro ed inaspettatamente quello sguardo mancato lo aveva ritrovato in quell’antico nemico che si era trasformato in un valido alleato.

Sgranocchiò qualcosina ed infine, con passo stanco e lento, tornò a sedersi sul divano, sorrise in maniera amara quando realizzò che la sua vita stava davvero diventando monotona, non usciva da quella casa da troppo tempo, la sua mente creò il pensiero di una follia, un piccolo sfizio che poteva fare intanto che il sangue del dio gli girava in corpo.

Si portò di fronte al proprio armadio, aprì le due grandi ante e valutò i vari vestiti che facevano bella mostra di sé su quelle grucce ben allineate e in ordine. Si svestì quasi in maniera divertita, rivoltò quella maglia logora che indossava ed afferrò una delle sue pregiate camicie, la indossò sentendo la frescura che quel tessuto gli donò a contatto con la sua pelle. Iniziò a chiudere il primo bottone e fu in quel momento che si stupì di quanto quella camicia che prima gli stava così divinamente bene e che gli fasciava il suo fisico perfetto, ora gli stava larga, sembrava di due o tre taglie più grande della sua. Si specchiò in uno degli specchi e subito le lacrime iniziarono a correre sulle sue guance finendo nella folta barba incolta che gli contornava il viso.

Le sue dita tolsero dalle asole quei due miseri bottoni che erano stati chiusi, si tolse con attenzione quel capo firmato e, con altrettanta delicatezza e attenzione, si ritrovò a riappendere quell’abito al suo posto.

“Appartengono allo Stark del passato in effetti… quell’uomo non ci sarà più ora.”

Cercò una tuta che potesse stringere con i laccetti in vita per poi accompagnarla ad una maglia ed una felpa che aveva scartato da anni per via delle loro dimensioni ridotte.

La indossò notando come gli andasse bene, come le pieghe di quegli abiti indicassero quanto fosse evidente quel dimagrimento dato dalla malattia. Indossò anche una grossa giacca invernale e prese l’ascensore, quel semplice gesto gli diede una scarica di nervosismo, mai avrebbe pensato che quell’azione gli richiedesse uno sforzo così ampio.

Arrivò al portone d’entrata e rimase immobile per alcuni interminabili minuti, le macchine sfrecciavano su quella strada non molto trafficata di quel paese canadese in cui si era rifugiato, le persone camminavano su quel marciapiedi con la testa china e a passo spedito.

Prese un piccolo respiro e, una volta buttata fuori quell’anidride carbonica in eccesso, si ritrovò a spalancare quella porta per respirare l’aria fresca e tipicamente invernale.

Era febbraio inoltrato ma la neve era sempre poca in quella cittadina di poco conto, era forse per la vicinanza con il mare che manteneva le temperature un poco più miti ma Tony aveva scelto quel luogo per isolarsi e poter morire in santa pace, non aveva fatto caso a mare o a montagne, al clima o alla gente che ci abitava, aveva semplicemente guardato la cartina dell’America e aveva puntato il dito ritrovandosi ad optare per quella casa quasi di lusso che si ritrovava.

Fece un paio di passi, sicuro di potere stare in piedi si dedicò ad una piccola passeggiata, passo dopo passo e non gli sembrava vero, c’erano i giorni in cui arrivare in bagno era difficile e impossibile ma ora, camminare su quella strada gli pareva così semplice da essere surreale.

Si fermò a guardare il sole che tramontava, aveva perso anche la cognizione del tempo per via delle ore che passava a dormire o a vomitare quindi si sorprese di fronte a quell’inaspettato paesaggio colorato di rosso e di oro, le nuvole erano tinte come di un arancione acquarello che lo fece sorridere.

Erano anni che non si soffermava sui particolari e sulle sfumature delle cose, ormai la sua vita era diventata troppo frenetica per potersi permettere di fermarsi ad osservare e, da un lato, gli dispiaceva.

Jarvis, quando lui era solo un bambino, lo aiutava sempre, gli indicava i colori e glieli mostrava non con lo sguardo di chi vuole insegnare qualcosa ma con lo sguardo di un bambino, era quasi come se quel vecchio maggiordomo che lo aveva cresciuto si ritrovasse sempre a tornare fanciullo quando doveva mostrargli qualcosa.

Gli mancava da morire in quel momento e si ritrovò ad asciugarsi, per l’ennesima volta in quei giorni, le lacrime che calde gli sferzavano il volto, la sua vita era andata a rotoli con una velocità impressionante, fino a pochi mesi prima era un eroe, uno di quelli che chiunque vorrebbe incontrare, uno di quelli che le folle acclamano a voce alta e se prima gli dava quasi fastidio tutto quello ora lo stava quasi invidiando alla propria figura passata.

Si sedette sulla sabbia di quella spiaggia illuminata da quegli ultimi raggi di pallido sole, si tirò le ginocchia al petto e rimase così ad osservare quegli ultimi bambini che, ridendo e scherzando, stavano facendo aspettare i genitori sul bagno asciuga. Quella scena, così normale e così tranquilla, gli fece male al petto, avvertì una fitta di gelosia perché lui, nonostante tutto, non aveva mai avuto dei genitori amorevoli che lo portavano in spiaggia, lui per loro era solo un premio da mostrare ai convegni e poco altro di più…

“Spiegami perché sei qui, Stark?”

La voce di Loki lo colse impreparato, alzò lo sguardo verso il volto dell’altro e rimase immobile nel contemplare quella figura ambigua e discordante con il mondo circostante.

Aveva un aspetto diverso, particolarmente umano con vestiti umani e i capelli raccolti in una coda leggermente mossa, si perse a guardare quella persona in maniera divertita, stirò le labbra in un ghigno di scherno.

“Ecco perché non riuscivamo a trovarti, semplicemente ti confondevi tra noi comuni mortali. Cosa fai qui?”

Sul volto del dio si mostrò una lieve sfumatura di rabbia e di odio profondo verso il genere umano, adesso sì che lo riconosceva. Vide il moro stringere i denti e sospirare negando con la testa, si sedette di fianco a Tony nella sabbia ostinandosi a non guardare quell’uomo in volto, tenendo però gli occhi puntati sugli ultimi barlumi di quel crepuscolo.

“Non lo so di preciso, mi annoiavo ad Asgard e, visto che il mio amato fratello è tornato su questo pianeta per affari vari, ho preso l’occasione per andarmene.”

Stark ridacchiò passandosi una mano tra i capelli, appoggiò il mento sulle proprie ginocchia e si godette quegli ultimi attimi di serenità, voltò il viso per riuscire a guardare il profilo del dio prima di parlare con voce serena.

“Praticamente sei tornato ad essere un fuggitivo...”

Il moro girò la testa quasi di scatto a quella frase, assottigliò lo sguardo ed emise un leggero sibilo infastidito mentre portava lo sguardo dalla parte opposta al volto di Tony. Ridacchiò l’uomo in modo divertito e gioviale.

“Se vuoi in casa mia c’è una stanza in più, giuro che non chiamerò nessuno per dirgli dove sei, promessa da Boy Scouth!”

Il dio alzò un lato della bocca per mostrare un leggero sorriso che l’uomo interpretò come assenso a quell’affermazione, la malattia doveva avergli dato al cervello, stava davvero per avere in casa quella creatura così inafferrabile ed insopportabile con la battuta sempre pronta e versatile? Stava forse impazzendo del tutto?

 

L’aria nella casa, per i primi giorni, fu strana, forse surreale per entrambe. Tony si ritrovava ad osservare dettagli e sfaccettature di quella creatura così eterea che mai avrebbe pensato di poter studiare da così vicino mentre, dall’altra parte, il dio si stava ritrovando a farsi violenza per intervenire di fronte a determinate situazioni che accadevano.

Loki si stava sforzando a pensare come un umano, stava cercando di capire cosa passasse per la testa all’altro mettendo di fianco tutto ciò che gli era stato insegnato fino a quel momento ad Asgard; tutta la storia della razza superiore a cui lui aveva creduto, a cui lui aveva fatto affidamento ma che ora, vedendo quel midgardiano in quelle condizioni, si ritrovò a rivalutare. Grandi Dei e grandi guerrieri che, però, guardavano solo e soltanto al proprio interesse personale.

La situazione si smosse solo sei giorni più tardi mentre Loki riempiva, per la terza volta in quel mese, quel teschio con il proprio sangue e con le erbe che Freya aveva consigliato.

“Sei un disastro Stark.”

Quelle tre semplici parole ebbero il potere di bloccare l’uomo, non trovò subito il coraggio di alzare lo sguardo per puntarlo in quello chiaro dell’altro, non ne aveva la forza per paura di leggerci quel sentimento che stava riuscendo a dimenticare in quei giorni proprio grazie alla presenza silenziosa di quella persona…

“Lascia che ti tagli la barba e i capelli, sei davvero penoso in questo stato.”

Alzò gli occhi su quella figura che si era già alzata dalla poltrona che, per la cronaca, aveva rivendicato come sua; stava camminando verso il bagno con quell’andatura elegante e per nulla al mondo agitata.

Guardò quel composto con una scintilla di disprezzo ma, alla fine la ingerì tossicchiando di dolore per via del petto bruciante, quel composto lo teneva sano ma l’effetto svaniva prima, lentamente il suo corpo si stava assuefacendo a quella sostanza come se fosse una droga.

Camminò con una mano appoggiata al muro per evitare di cadere e, una volta entrato in bagno, si fermò appoggiandosi allo stipite incrociando le braccia al petto e sorridendo in maniera stanca ma sincera.

“Devo fidarmi a farmi fare la barba dal dio delle malefatte in persona con una lama tra le mani?”

Il dio aggrottò un sopracciglio inarcandolo elegantemente verso l’alto, sbuffò con fare teatrale prima di sedersi sull’orlo della vasca e accavallare le gambe fasciate da un paio di pantaloni aderenti di un verde scuro.

“Se non ho mai fatto lo scalpo al pentapalmo di mio fratello penso che il tuo non gioverebbe al mio ego.”

A quella risposta acida ma sicura Tony dovette arrendersi alzando un poco le mani e segnando così la sua sconfitta facendoli ridacchiare entrambe in maniera silenziosa, si stavano semplicemente tastando cercando di tracciare l’uno lo schema dell’altro...

Tony si sedette a terra dando le spalle a Loki che, dopo aver guardato quelle spalle ossute che apparivano da sotto la maglia, sospirò ed iniziò semplicemente a tagliare recidendo quei capelli ormai divenuti lunghi ed ingestibili.

Si ricordava perfettamente il loro primo incontro, il modo che aveva Tony per porsi al mondo intero, non sono con lui era così simile al suo da affascinarlo in positivo nonostante l’influenza di Thanos nel suo cervello.

Accorciò quelle ciocche cercando di dargli un senso di ordine e di pulizia, tirò leggermente indietro la testa di quell’uomo che, ubbidiente e fiducioso, indietreggiava di qualche centimetro per permettere all’altro di lavorare al meglio.

Le spalle di Tony si ritrovarono appoggiate alle cosce spalancate del dio mentre la nuca si appoggiò sulla sua gamba inerme e silenziosa mentre i suoi occhi rimanevano chiusi a godersi quelle attenzioni per nulla al mondo fastidiose.

Allungò un braccio per afferrare la schiuma da barba e riempire quel volto sciupato dalla malattia, iniziò a rimuovere quella peluria con attenzione e calma, godendosi ogni singolo respiro che avvertiva da parte dell’uomo.

Come erano arrivati fino a lì? Fino a quell’intimità così calma e rispettosa?

Finì per lasciargli il pizzetto esattamente come se lo ricordava, inarcò le labbra in un leggero sorriso naturale, soddisfatto di ciò che aveva appena portato a compimento.

“Le tue mani sono così fredde da essere piacevoli.”

Si ritrovarono occhi negli occhi, immobili ognuno perso nei propri pensieri e nelle proprie considerazioni, fu un momento statico ma quasi magico nonostante il luogo e la situazione alquanto strano.

Loki alzò una mano passando i polpastrelli su alcune ciocche che aveva lasciato un pelo più lunghe delle altre, lasciando che la propria pelle entrasse in contatto con quella della fronte calda dell’umano, fu un tocco breve ma significativo per entrambe.

“Dovresti andare a dormire, Stark.”

L’uomo socchiuse gli occhi e annuì di fronte a quel suggerimento godendo di quel fresco che pareva provenire dal corpo del moro. Sbuffò spostando la testa lentamente e, rialzandosi, in maniera poco agile, si diresse verso la propria stanza per collassare dalla stanchezza subito dopo essersi coperto.

Loki invece rimase immobile in quel bagno, si abbassò per afferrare tra le mani una delle ciocche di capelli che aveva reciso a Tony, la guardò sul proprio palmo ed infine la strinse con forza spostando lo sguardo sulla porta da dove lui era uscito per dirigersi verso il proprio letto.

Quello sguardo era carico di qualcosa, di qualcosa di impossibile e di illeggibile che nemmeno lui era stato in grado di decifrare, sembrava quasi una richiesta silenziosa di salvataggio, un ultimo disperato tentativo di non morire solo.

Non seppe dire con precisione il perché ma qualcosa si strinse nel petto del dio delle malefatte e fu sempre per quella sensazione che si portò sulla porta di quella stanza per accertarsi che fosse lì.

Scosse la testa prima di andare a sdraiarsi sul divano e far apparire un tomo antico, preso direttamente dalla biblioteca di Asgard, un libro che narrava di Midgard e dei suoi abitanti con usi e costumi arretrati e poco evoluti. In quel libro c’era anche lui, il grande Loki che donava loro quel fuoco che li avrebbe riscaldati e sfamati anziché ucciderli.

Iniziò a sfogliare con cura quel libro mentre, pagina dopo pagina, un leggero sorriso si creava sul volto del dio.

[To Be Continued...] BloodyWolf


So che è scritto molto molto di fretta ma so che è anche un capitolo di "passaggio" nel senso che finalmente sono riuscita ad introdurre il nostro Dio dell'inganno all'interno della storia e che da questo capitolo in avanti ci saranno molte scene agro-dolci tra i due.
Voglio avvertirvi già che penso fino ad uno degli ultimi capitoli tra i due non ci sarà nemeno un bacio quindi penso che la posa leggere chiunque questa storiella da quattro soldi <3
ciaoooo

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Capitolo 3
*** 3. ***


Ed eccoci qui al terzo capitolo di questa storia strana e triste, ringrazio chiunque abbia letto o aggiunto tra le preferite/seguite questa cossssa e vi invito anche a lasciare un piccolo segno del vostro passaggio attraverso una recensione o un messaggio privato.
Vi invito inoltre a mettere mi piace alla mia pagina Facebook che ho appena aperto(Bloody Wolf è il suo nome) per sapere cosa sto per aggiornare e cosa invece vi siete già persi =)
Troverete questa storia anche su Wattpad =)
Vi lascio alla lettura, ciaoo!

3.

“Non è piacevole leggere con il rumore dei tuoi rantoli, Stark.”

L’uomo uscì dal bagno che dava sul salotto, guardò il dio che se ne rimaneva tranquillo e pacato sulla sua poltrona con le gambe accavallate ed occupate dallo stesso tomo della sera prima.

Il capo del dio era poggiato elegantemente sulla mano sinistra mentre i suoi capelli, leggermente mossi, ricadevano sulle spalle coprendogli parte del volto lasciando solo il profilo esposto.

“Non sei andato a dormire?”

La creatura divina alzò gli occhi verso la finestra per poi, distrattamente alzare il peso della proprio testa dalla mano e guardare quell’umano che se ne stava appoggiato al muro con un’espressione dubbiosa in volto, aveva esposto quella domanda con un tono curioso ma rilassato. Quegli occhi sembravano quasi carichi di pura sorpresa, quasi se quello che aveva detto Tony fosse una cosa strana...

“Dovevo? Non ho bisogno di dormire tutti i giorni, sono un Dio non un umano… abbiamo cicli differenti.”

Tony si ritrovò ad annuire ripensando che, in effetti, non aveva mai visto Thor a sonnecchiare o a dormire, forse però era perché non ci aveva mai fatto caso…

Tossì portandosi una mano sul petto cercando di trattenere quel rumore fastidioso per sé, ora che ci pensava al Dio non aveva mai dato fastidio nulla di ciò che succedeva per via della malattia, tranne quella mattina che stava semplicemente leggendo. Lo aveva forse infastidito mentre leggeva qualcosa di importante?

Si avvicinò sedendosi sul divano con un leggero tonfo, sbuffò continuando a guardare quell’Asgardiano così strano e particolare con cui stava condividendo quell’appartamento da ben quattro lunghi giorni, era quasi divertente averlo attorno, pericoloso certo, ma rimaneva quel brivido nelle vene di Tony che gli ricordava vagamente quando doveva combatterlo, un’adrenalina che, adesso che stava morendo, non poteva che farne a meno.

“Cosa stai leggendo?”

Chiese il genio con tono incuriosito e posato, appoggiò le mani sulle proprie gambe e rimase in quella posizione allungando il collo sullo schienale del divano, era abituato a non ricevere troppe delucidazioni da parte dell’altro e quando non udì una risposta immediata capì che, anche per quel giorno, le sue curiosità sarebbero state ignorate.

Chiuse gli occhi lasciandosi cullare da quel silenzio che permeava la stanza, rimase immobile con un leggero sorriso sul volto.

“Shakespeare, questo libro è la raccolta di alcuni dei suoi sonetti. Fu pubblicata nel 1609 e questa è una delle prime coppie stampate…”

Solo dopo alcuni minuti di silenzio queste parole colpirono l’udito di Stark. Raddrizzò il collo ritrovandosi a guardare l’elegante figura del Dio che, nel frattempo, continuò a sfogliare quelle pagine con occhi interessati, non aveva nemmeno alzato lo sguardo ma, già che avesse parlato, era una vittoria per l’uomo .

Sorrise semplicemente a quell’informazione, era strano che condividesse qualcosa con lui, era sempre così riservato su ciò che lo riguardava e Tony era consapevole che, nonostante lui chiedesse, il più delle volte non riceveva una risposta esaustiva o abbastanza costruita da instaurare un dialogo.

“Mi aspettavo qualcosa di più… nordico.”

Finalmente Loki alzò gli occhi da quelle pagine ingiallite e si ritrovò ad inarcare le sopracciglia con eleganza puntando quegli occhi verdi nello sguardo chiaro di Tony.

“Definisci la parola da te usata.”

Tony stirò le labbra in un sorriso docile e furbo, incrociò le braccia al petto e sbuffò, dimenticandosi di tutto quello schifo che ormai lo stava mangiando da dentro e tornando per poco il vecchio sfrontato Stark.

“Ti facevo molto più da Edda poetica o Divina Commedia… o qualche altro libro vichingo.”

Con una mano gesticolò nella sua direzione vaneggiando, ma non spostando i propri occhi da quelli magnetici che, dal primo momento che lo aveva sconosciuto, lo avevano incuriosito; voleva stuzzicare quella creatura, voleva tastare il terreno e capire fino a dove poteva tirare la famigerata corda prima che essa si rompesse, voleva solo provare quel brivido di pericolo e sentirlo vivido dentro di sé fino al momento in cui il proprio cuore non avesse ceduto.

“Libro vichingo? Davvero Stark...”

Se quello sguardo verde all’inizio era fulminante, poco dopo si ammorbidì risultando divertito. Il dio riportò gli occhi sulle pagine prima di parlare nuovamente con, però, sulle labbra l’ombra di un ghigno.

“Perchè dovrei leggere i vostri vaneggiamenti sulle gesta di Thor? I tre quarti degli scritti su di me sono…”

La sua voce si fermò per qualche secondo, il profilo risultava fermo, statico mentre la mente tornava probabilmente a quelle righe e a quegli scritti antichi di millenni, cercando in essi una parola e un termine adatti a descrivere come le sue gesta venivano trattate…

Tony ridacchiò, afferrando una coperta nelle sue vicinanze e, alzandosi per camminare verso il corridoio, con voce divertita ma sicura, finiva quella frase senza paura alcuna ma con un pizzico di malizia sulla punta della lingua.

“Ambigui.”

Tony non vide il lampo di divertimento che passò nelle iridi della creatura mitologica che aveva gentilmente accolto in casa, Loki chiuse il libro in silenzio tenendo elegantemente il segno con un dito appoggiando la schiena alla poltrona e con gli occhi seguiva quella figura che goffa camminava dandogli la schiena.

Era difficile avere a che fare con quell’umano, forse il termine difficile non era molto corretto, per uno come lui era forse… stimolante, inattendibile e stuzzicante, ecco cosa significava avere a che fare con una mente e una personalità come quella che possedeva Tony.

Non era il classico umano che si inchinava di fronte a lui, che lo temeva o che in un angolo del proprio cervello lo rigettava per via di quell’ipotetica superiorità; Tony era differente, era stato il primo ad affrontarlo mentre Steve era ai suoi piedi, sconfitto e in ginocchio; l’uomo di metallo era di fronte a lui, irriverente e sprezzante del pericolo che lo beffeggiava con quei nomignoli di cui non conosceva l’origine.

Scosse la testa, rallegrato da tutta quella situazione, si alzò e si diresse verso la propria stanza da letto, camminò pacato entrando in camera con passo felpato. Si guardò attorno e lasciò che il libro che aveva fra le mani sparisse per poi riapparire in uno degli scaffali tramite l’uso della magia, aveva riempito l’intera stanza con antichi libri e pergamene.

Quell’umano aveva usato una parola che lui non avrebbe usato come prima scelta su di sé, prima di definirsi ambiguo si sarebbe definito in mille altri modi ma Tony aveva semplificato tutto da bravo umano quale era, con una semplice parola aveva unificato l’intero universo del Dio.

 

La mattina dopo Tony si era svegliato per correre in quel bagno che ormai aveva mappato mentalmente, la bile gli risalì lungo la trachea rendendogli fastidioso anche il solo respirare. Si sedette per appoggiare la testa alla vasca e per sospirare mentre guardava quel bagno con occhi critici e tristi, erano già passati cinquanta sette giorni da quando gli avevano diagnosticato quei tumori mortali. Gli ultimi due giorni erano stati tranquilli e silenziosi, Loki era uscito poco dalla sua stanza e l’unica cosa che aveva fatto di strano era stato portargli un po' di quella poltiglia quando stava male…

Lo aveva rifatto però.

Lo aveva toccato nuovamente.

Aveva lasciato che la sua mano raffreddasse quella fronte accaldata, il tempo in quel preciso istante si era fermato, i loro sguardi si erano scontrati e si erano guardati negli occhi, occhi febbricitanti e colmi di quel dolore atroce che si intrecciavano negli occhi tranquilli e, per una volta, sinceri di quel dio dell’inganno.

Avevano sorriso, un sorriso quasi imbarazzato ed infantile prima che il corpo dell’umano cedesse in un sonno ristoratore.

“Perché le storie su di me dovrebbero essere ambigue?”

La voce di Loki era pacata ma quell’improvviso discorso fece sobbalzare l’umano che si portò una mano al petto in maniera plateale prima di rispondere in maniera canzonatoria al Dio, fingendo di essersi spaventato.

“Mi hai fatto prendere un accidente, sono un uomo malato dovresti portare più rispetto per uno nella mia condizione.”

Alzò gli occhi al cielo, Tony lo vide mentre permetteva a quelle iridi chiare di alzarsi verso l’alto come a richiamare una pazienza che non possedeva eppure sul suo viso c’era, sempre più spesso in quei giorni, un’ombra che assomigliava sempre di più ad un sorriso.

“Non mi hai risposto, Stark.”

Tossì l’uomo, si rialzò dal suo pavimento appoggiandosi al lavandino per issarsi in piedi con un po' di affanno nei polmoni. Si grattò il naso con un dito prima di ridacchiare e mostrare un sorriso divertito a quella creatura così imprevedibile.

“E tu promettimi di non defenestrarmi come hai già fatto in passato, mio caro Loki.”

Il Dio socchiuse gli occhi scuotendo la testa con calma, rassegnato, abbassò il mento e, così facendo, una volta incrociate le braccia al petto, si ritrovò a sorridere. Non si ricordava di aver riso così spesso; le sue guance erano, al solo pensiero di qualsiasi loro battibecco, inarcate verso l’alto.

“Non infierirei mai su un uomo così malato, non vorrei mai mancarti di rispetto… umano.”

Il genio si ritrovò improvvisamente serio a guardare quel nemico che lo aveva appena preso palesemente in giro, aveva scimmiottato le sue parole utilizzandole a proprio piacere, abile in quello e maestro nell’uso delle parole. Aveva trovato un degno avversario in quell’ambito e il suo ego ne era più che soddisfatto.

Fece qualche passo verso la figura slanciata e, una volta arrivatogli vicino puntò un dito sul suo petto e sbuffò mentre l’altra mano andava ad appoggiarsi delicata sul proprio fianco in una posa che nulla aveva di minaccioso. Era il primo contatto fisico che avevano oltre al necessario, quello era un gioco, un modo forse rischioso per avvicinarsi e conoscersi meglio?

“Sei sleale ad utilizzare le mie stesse parole contro di me… ma devo ammettere che mi piace questa cosa, dico sul serio, Piccolo Cervo.”

Loki fece un piccolo inchino di rispetto più verso se stesso che per Tony, lasciando che l’altro gli parlasse toccandolo con quel dito irrispettoso che lo punzecchiava vicino al capezzolo.

Con quegli abiti leggeri e così midgardiani si sentiva quasi spoglio, nudo senza la propria armatura ma in quella casa non c’erano minacce o fratelli con manie di superiorità quindi poteva stare tranquillo, poteva essere semplicemente una macchia sbiadita di se stesso, libero.

“Cosa ti aspettavi di diverso da uno che...”

Le sue parole si bloccarono in gola, rilesse mentalmente quello che l’uomo aveva appena ammesso senza alcuna remora: poteva forse leggersi come un complimento?

Aprì la bocca senza emettere fiato per poi richiuderla e leccarsi le labbra, sorrise mostrando quei denti bianchi e perfetti che aveva. Si schiarì anche la voce prima di parlare con tono basso e fintamente minaccioso.

“Siamo audaci stamattina, sono impressionato.”

Stark ridacchiò scuotendo la testa e alzando le spalle con calma, era uno straccio da vedere, un ammasso di ossa e di muscoli che si dissolvevano giorno dopo giorno con prepotenza, eppure era lì di fronte a colui che in molti regni veniva chiamato Lingua d’Argento, lo stava sfidando ed era perfino riuscito a zittirlo, a lasciarlo per pochi secondi senza parole.

“Sono riuscito a zittirti senza tapparti la bocca con altro, un punto a mio favore, non credi?”

Chiuse gli occhi la divinità, sollevò le mani vicino alle proprie spalle e ammise la propria sconfitta, se di essa si poteva parlare; mai avrebbe pensato di ritrovare qualcuno che fosse in grado di farlo divertire tanto, di riportargli alla mente quei tempi in cui lui e Thor erano solo bambini che si divertivano a combinare casini e marachelle nel grande palazzo dorato.

“Ambiguo perché sei, come dire, il male che necessita il bene per essere tale. Non ci saremmo nemmeno riunito, noi Avengers, se non fosse stato per la tua bravata di conquista del mondo a New York.”

Il miliardario abbassò la tavoletta del water e si sedette sopra di essa, lasciando che quelle parole scivolassero fuori dalla sua bocca con un leggero sentimento di nostalgia nascosto tra le righe. Loki si avvicinò a lui sedendosi elegantemente sull’aggeggio che gli umani chiamavano lavatrice, accavallò le gambe con cura prima di legarsi i capelli in una morbida coda, sapeva che non aveva ancora finito di parlare, gliele leggeva negli occhi quelle parole che mai aveva detto.

“Se non fosse per il tuo arrivo provvidenziale, io non sarei mai rientrato nel progetto, non sarei stato considerato perché ero troppo poco gestibile per lo SHIELD.”

Fece una breve pausa nella quale il dio si rispecchiò in quel sentimento di rabbia che sembrava nascere nel petto dell’umano, entrambe erano stati rifiutati da qualcuno, erano stati considerati non degni ma all’occorrenza erano stati invocati a gran voce come delle grandi toppe che non potevano però lenire quella voragine apertasi in precedenza.

“Steve era più portato, Banner era più utile, Occhi di Falco… non ho nulla contro di loro anzi, ottimi colleghi ma…”

Gli occhi dell’uomo di ferro riversarono alcune lacrime silenziose che, velocemente, vennero asciugate dalla manica della felpa prima che lui tornasse a parlare con tono sicuro evitando però di guardare il suo ascoltatore.

“Non l’ho mai detto a nessuno ma mi fido di te, non so per quale motivo lo faccio, forse perché sto morendo e non mi importa molto. Quando mi hanno detto che avere me in squadra sarebbe stato rischioso mi sono sentito inutile, messo in disparte e…. abbandonato.”

Come poteva non capirlo con la storia che aveva alle spalle? Come poteva non capire quel sentimento che, tragico, gli aveva corroso l’anima come il peggiore dei veleni. Strinse le mani sull’angolo di quell’oggetto d’arredamento e continuò a rimanere in silenzio lasciando che si sfogasse.

“Mi ero detto che me ne sarei fregato ma sono stato debole, sono corso in soccorso degli Avengers per fronteggiare te… dovresti essere onorato.”

Loki alzò gli occhi al cielo nell’udire quell’ultima breve battuta che aveva sancito la chiusura di quel discorso triste e logorante per entrambe, Tony non aveva raccontato quello per cercare pietà o nessun altro sentimento da parte del dio, lo aveva raccontato, parola dopo parola, sicuro che non gli avrebbe puntato nessun dito contro, non lo avrebbe fatto operché nonostante il lignaggio diversi erano così simili da farsi paura l’uno con l’altro.

“Onorato di aver conosciuto una banda di idioti…”

Se non fosse stato per quell’energumeno verde sarebbe andato tutto secondo i suoi malefici piani, aveva organizzato tutto in modo che quelle creature fossero in grado di individuare quella falla nel sistema lasciando che fosse proprio uno di loro, il professor Selvig, a progettare quel congegno.

Sentì la risata di Tony scuotergli i polmoni facendolo tossire ed obbligandolo a smettere di ridacchiare; si ritrovò ad incrociare le braccia al petto e spostare piccato il volto per parlare.

“Ben ti sta, così impari a ridacchiare delle mie sventure.”

Gli venivano ancora i brividi quando doveva stare a distanza ravvicinata con Hulk, avevano chiarito lui e Banner ma quella sensazione gli aveva dato fastidio, aveva anche fatto male al suo ego essere usato come la peggiore delle bambole.

...

Loki rientrò in casa spogliandosi il lungo soprabito ed appoggiandolo sulla sedia che aveva lasciato appositamente all’entrata dell’appartamento. Arricciò le maniche del maglione verde che indossava e camminò, a piedi scalzi, lungo tutta la sala seguendo, con cautela, il leggero rumore che veniva generato dalle note di qualche canzone[1] che non conosceva ma che, dalle parole, sembravano ricondurre a qualcuno che non c’era più e che non sarebbe mai più tornato indietro. Si affacciò in silenzio nella stanza di Tony, la musica proveniva da lì, dalla radio che teneva in un angolo e che aveva sempre acceso in vari momenti della giornata.

L’uomo era rannicchiato sul suo stesso letto con la testa china tra le ginocchia mentre piangeva e singhiozzava, inconsapevole della presenza dell’altro sulla soglia di quella porta che delimitava lo spazio privato dell’uno e dell’altro.

Da quando era diventato quasi doloroso guardare qualcuno in quello stato?

Da quando per lui, il dio delle malefatte, stava diventando quasi doloroso relazionarsi con quel dolore che l’umano cercava di esternare solo quando lui non c’era? Cos’era quell’accortezza? Si ritrovò a digrignare i denti di fronte a quella miriade di domande che avevano invaso il suo cervello e la sua anima, nessuna di esse aveva una risposta sensata così, semplicemente, si arrese al presente.

Camminò, passo dopo passo in quella stanza che era, a tutti gli effetti, territorio nemico. Si fermò di fronte alla figura dell’umano e si sedette con grazia di fianco a lui, si girò a guardarlo incontrando quelle iridi che spaventate si erano guardate attorno disorientate dalla sua presenza.

Loki non seppe come e perché ma passò le successive due ore con la testa del genio appoggiata sulle proprie ginocchia, Tony si era addormentato, stremato e consumato da quelle emozioni contrastanti e prepotenti. Aveva passato due lunghe ore ad accarezzare quelle ciocche corvine lasciando che la propria mano scorresse su quella testa con un tocco gentile e amorevole.

Nella sua testa la figura di Frigga si ripresentò crudele e imprevista, obbligandolo a piegare quella schiena che teneva ritta, piegò la testa portando la mano libera alla bocca per evitare di lasciarsi sfuggire alcun gemito doloroso.

 

Madre! Madre! Loki ha fatto un brutto sogno!”

Thor era corso via dalle sue stanze urlando come un folle per richiamare quella madre che, sicuramente, stava dormendo con il loro amato Padre.

La donna era giunta da lui dopo poco, in camicia da notte e con gli occhi carichi di sonno e di preoccupazione. Si era subito portata a sedersi sul letto del figlio minore, aveva teso le braccia e lui, lesto nonostante la febbre, si era lanciato tra le sue braccia accoglienti e amorevoli.

Lei lo cullò facendolo stendere sulle sue ginocchia e iniziando a giocare distrattamente con quei fili d’ebano che portava ancora corti, gli accarezzava la nuca con dolcezza sussurrandogli un’antica cantilena per conciliargli quel sonno ormai andato perduto per via di quel brutto sogno che, la mente di un innocente bambino, aveva creato.

Cerca di riposare mio adorato figlio, resterò qui, accanto a te a cantar fin quando il sole non si leverà.”

Il suo sorriso era accogliente nonostante il sonno rubato e l’ora tarda, Loki era rimasto su quelle ginocchia, si era addormentato con una ciocca del colore del sole tra le mani.

 

Non aveva nemmeno potuto assistere al suo funerale, non glielo avevano permesso ed ora, in un gesto così spontaneo e, venuto da chissà quale parte della sua mente malata, si ritrovava a piangerla per via di quel gesto così banale ma così simile a quello che lei fece per lui in un momento della sua ingenua debolezza.

Si ritrovò a stringere leggermente la mano che accarezzava ancora quei capelli come se quello fosse un mantra rilassante, era tutto così strano e semplice quando era con quell’umano da risultargli sbagliato.

Guardò quei lineamenti con calma, lasciò che il suo dito asciugasse una lacrima che era stata trattenuta da quelle folte ciglia, le guance erano scavate e marchiavano quelle ossa facendo risultare anche gli occhi quasi rientrati rispetto alla testa. Osservò le labbra ritrovandole secche mentre l’incarnato era pallido ma, nonostante tutti quei “difetti”, il dio si ritrovò a sorridere di fronte a quella visione, sì perché nonostante tutto quell’uomo che era fatto di carne e di ossa riusciva ancora a sorprenderlo e a non lasciarsi sotterrare da quella morte che incombeva, giorno dopo giorno, su di lui.

Lui in primis aveva sfidato e vinto la morte più volte ma sapeva riconoscere di essere un Dio, una creatura che aveva un concetto differente di morte e di vita, loro erano coloro che potevano giocare con la dea della morte, potevano barattare qualcosa che interessava a Lei per avere dei favori… per loro la morte non era solo una fine ma era un inizio, l’inizio di un nuovo viaggio.

Era geloso di come quella creatura terrena, quel midgardiano era in grado di affrontare tutto quello con quella forza e quella determinazione che riusciva a mettere a dura prova pure l’orgoglio del dio delle malefatte.

L’animo umano era incredibile.

Gli umani erano in grado di cogliere ciò che loro dei si perdevano, i dettagli che valevano e che significavano qualcosa, non serviva essere qualcuno a Tony Stark, lo era stato sì ma in punto di morte voleva essere solo, abbandonato o per meglio dire, voleva rimanere solo per evitarsi quello sguardo caritatevole e pietoso.

Aveva finto la propria morte svariate volte con Thor, lo aveva fatto solo per vedere in quegli occhi quella scintilla di dolore che dava un senso alla sua esistenza, quel senso che rimaneva lì a mostrare che qualcuno teneva anche al Dio dell’Inganno, che non era solo in quell’universo crudele e pieno di bugie.

“Non sei solo, nessuno lo è.”

Sussurrò con voce bassa e quasi inudibile, il suo sguardo era fermo su quella vecchia radio che continuava a far girare quella musica dai toni tetri e malinconici; mosse una mano usando la magia per interrompere quel suono, non ne poteva più di quelle parole che riportavano in lui sensazioni abbandonate da tempo.

Quando il silenzio si impossessò dell’intera casa, Loki sorrise comandando all’AI di spegnere le luci e di abbassare tutte le imposte per consentire a Stark di dormire senza alcun disturbo.

 

Faceva stranamente caldo quella mattina, aprì gli occhi sentendo sulla propria testa una mano che, leggermente, gli scostava e gli accarezzava i capelli con delicatezza. Si ritrovò a sbattere quelle palpebre per riuscire a focalizzare i vari oggetti che aveva in camera e poi si ritrovò a tossire.

Girò la testa notando la presenza di Loki, era davvero appoggiato sulle sue cosce? Si era addormentato tra le sue braccia, cullato da quella mano fresca che gli portava ristoro nelle sue membra stanche? Seriamente?

Incatenò lo sguardo con quello divertito dell’altro che sbuffò, per poi fermare quella mano e portarla alle proprie spalle e appoggiarsi delicatamente sul copriletto, inclinando la schiena e rimanendo lì senza accennare alcuna parola su quell’intera situazione.

Si alzò portandosi seduto su quel letto, guardò quella figura di fianco a sé e aprì la bocca per parlare ma, in fine, decise che sarebbe stato tutto troppo imbarazzante; si alzò, debole e traballante, sorrise in maniera sincera a quella creatura. Tese una mano verso Loki parlando con voce bassa e ancora impastata dal sonno cercando di evitare qualsiasi riferimento a quella serata imbarazzante.

“Ti preparo dei buonissimi pancake allo sciroppo d’acero, che ne dici?”

Il dio si ritrovò ad osservare ogni movimento di quel corpo, stava in piedi per miracolo ma si offriva comunque di aiutarlo nonostante tutto era pronto ad alzarsi da quel letto al fine di sdebitarsi, quell’umano era strano, decisamente.

Ottimo modo per evitare di parlare di quella serata, davvero ottima trovata, doveva ammettere che Tony era bravo ad evitare le situazioni...

Il dio accettò quella mano ma non si affidò a quella forza inesistente e si issò da solo annuendo a quella proposta insolita, seguì il genio rimanendo un passo dietro di lui, in quel momento sembrava una tigre possente e pronta a tutto per combattere, come se Tony non volesse permettere alla malattia di rubargli quegli attimi di normalità ed era bellissimo nel suo essere macabro ed inquietante.

...

“Non mi hai mai detto se preferisci che i tuoi colleghi sappiano della mia presenza qui, Stark.”

Gli occhi dell’uomo si alzarono dal portatile che teneva sulle ginocchia per portarli sulla figura longilinea che, come d’abitudine, sedeva sulla poltrona con l’ennesimo libro in grembo.

Tony si ritrovò a guardare quella creatura con un sopracciglio inarcato, si era sempre lamentato della propria iperattività che, spesso, lo teneva sveglio per giornate e nottate intere ma si stava convincendo che anche quello del dio non riuscisse a starsene per più di pochi minuti tranquillo a godersi ciò che stava facendo, doveva essere un difetto di loro incompresi… ne era sempre più certo.

I pro e i contro erano davvero limitati in quel frangente, che cosa avrebbe guadagnato dal far sapere a tutti, Thor compreso, che Loki era lì in quella casa con un umano debole e facile da manipolare? Cosa avrebbero pensato quegli “amici”, che aveva allontanato da sé, nel trovarsi di fronte a scene così pacifiche di loro due che discutevano come una vecchia coppia di sposi?

Tony tremò di fronte all’ipotetica risvolto negativo che poteva prendere quella situazione che a lui risultava piacevole, avrebbero cercato di catturare il dio con la forza pur di allontanarlo da lui, non avrebbero ascoltato né motivazioni e neppure giustificazioni, avrebbero agito perché loro erano fatti così. Lo avrebbero fatto con delle buone intenzioni ma lo avrebbero comunque fatto.

Il suo corpo vibrò mentre tossiva e la sua mente andò per alcun secondi in panico, quella creatura stava facendo inconsciamente tanto per lui, forse inconsapevolmente ma lo faceva ed era necessario per lui, stava diventando viscerale quasi.

Aprì la bocca portandosi una mano alla gola per cercare di respirare, non riuscendoci rantolò; gli occhi color giada si alzarono sulla sua figura scontrandosi in modo pacato con quel panico che si stava diffondendo nel corpo dell’umano, lo osservò scettico sul da farsi ma poi, con uno sbuffo si alzò in piedi, camminando per coprire la distanza che divideva quella comoda poltrona con quel divano assurdamente scomodo.

Si sedette vicino a quel corpo ed afferrò con una delle proprie mani quel collo pallido e strinse appena la presa mentre la mano libera andava ad afferrare un braccio di Tony con delicatezza.

Gli occhi spaventati dell’umano si voltarono verso la figura calma del dio che lo stava… strangolando?

“Respira, Stark.”

Quella voce era tranquilla, rilassata ma gli occhi dell’ingannatore erano preoccupati, alcune piccole rughe avevano deformato quel quadro perfetto facendo avvicinare le sopracciglia.

Il pensiero che Loki fosse preoccupato per lui sbloccò quell’attacco di panico portando ossigeno nei polmoni feriti di Tony che, come uscito da quella bolla di acqua, prese alcune boccate d’aria aggrappandosi ferocemente alle maniche del maglione che indossava l’altro.

Le presa sul suo collo era sparita ma quella mano era rimasta lì, fresca e pericolosa eppure… nella mente dell’uomo c’era solo un semplice ed innocente gesto di rispetto e di aiuto.

“Respira.”

Le lacrime velarono gli occhi chiari del genio, come poteva quella creatura superiore sopportare di vederlo in quello stato? Perchè non se ne andava e lo prendeva in giro?

Smise di tossire dopo diversi minuti accorgendosi di essere ancora arpionato al dio; mollò la presa lentamente notando come le proprie nocche fossero diventate bianche dallo sforzo.

“Perchè lo fai, Loki? Perchè.”

Non c’era una vera risposta a quella domanda, non esisteva ancora una risposta a questo quesito che dondolava nella mente di entrambe con quella quiete che, apparentemente, non apparteneva a nessuno dei due; era una domanda che, nella sua semplicità, stava mettendo in crisi due delle menti più argute e folli dell’intero universo.

“Ci deve per forza essere un perché, Stark? Mi sento solo di farlo, non devo dare giustificazioni o altro...”

Gli occhi si assottigliarono spostandosi a guardare quel libro abbandonato sulla sua amata poltrona, non avrebbe dato nessuna giustificazione per nessuno dei suoi comportamenti, non era nel suo carattere e forse perché, anche lui per primo, non avrebbe avuto parole.

“Tu fai quello che vuoi, quando vuoi e come vuoi giusto?”

La voce dell’umano giunse spensierata e rilassata all’orecchio del dio che, voltatosi a guardarlo, si ritrovò curioso nel vederlo ridacchiare allegramente con occhi carichi di dolore misto a un’emozione che non seppe riconoscere.

Stirò le labbra in un leggero sorriso a quell’affermazione così vera e precisa, odiava prendere ordini e dover eseguire ciò che gli altri decidevano per lui.

“Problemi con ciò, umano?”

Stark alzò le mani davanti al viso e negò con il capo, sicuro che quella divinità non fosse malvagia, non con lui almeno.

“Nessun problema, Bambi.”

La testa dell’ingannatore si spostò di lato mentre allontanava lentamente le mani del corpo caldo di Tony, lasciò che le proprie dita accarezzassero quella porzione di pelle senza alcuna fretta.

Quel corpo emetteva un calore potente, ogni volta che riusciva a toccare quella pelle l’animo di Loki si placava come se quello fosse il suo Valhalla, la sua calma.

L’uomo iniziò a ridere di cuore di fronte a quel nomignolo incomprensibile per quel suo coinquilino stravagante.

[To Be continued....] BloodyWolf

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[1] La canzone da cui ho preso spunto è la canzone Would It Matter degli Skillet.

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Capitolo 4
*** 4. ***


Ed eccoci qui, siamo quasi giunti alla fine di questa storia (sì,penso che ci saranno ancora due capitoli o al massimo, ma la vedo difficile, tre).
Ok, non l'ho riletto molto perchè sono in ritardo (ma dai!) con la pubblicazione e sono mega occupata con il lavoro quindi spero che ci troviate degli strafalcioni assurdi!
Che altro dirvi se non:
1) Qui, in questo capitolo, sono CERTA di aver mandato i personaggi OOC e la cosa mi disturba.... ma non ho trovato altre soluzioni.
2) Chiedo umilmente scusa a Shilyss perchè arrivata alla fine di questo capitolo mi fucilerai o anzi,  nel prossimo a maggior ragione lo farai, ma sappi che ti voglio bene xD
3) Vi invito a lasciarmi un commentino per farmi capire se la storia vi paice o meno perchè siete tantissimi o voi che leggete! 
Grazie mille per essere arrivati qui, grazie mille <3

Parole 4019  
 
 

4.

Loki era un coinquilino dai modi di fare strani ma rilassanti e Tony lo sapeva, lo aveva sempre saputo eppure quella mattina si risvegliò con le lacrime agli occhi per quella consapevolezza: il dio era lì per qualche oscuro motivo a lui sconosciuto.

Si tirò a sedere ed iniziò a tremare di freddo, i suoi denti avevano iniziato a battere tra loro mentre il suo corpo combatteva contro le coperte per evitare che gli scivolassero dalle spalle.

“Signore la sua temperatura corporea durante la notte si è alzata, posso contattare il dottor...”

Il genio si coprì le orecchie iniziando a negare con il capo, era un movimento brusco e meccanico mentre i suoi occhi fissavano un punto vuoto di quella stanza. Non si sarebbe fatto curare, se quello era il momento in cui doveva dire addio alla sua mortale vita lo avrebbe fatto morendo solo in quella stanza.

Si rannicchiò nuovamente imprecando e non ascoltando le parole della propria AI che, cercava inutilmente, un modo per convincere l’eroe a curarsi.

“Signore potrei farle portare delle medicine atte ad abbassare la temperatura, per farla stare meglio.”

L’uomo negò e, con voce tremante e roca, si ritrovò a parlare spaccando, parola dopo parola, quelle labbra secche e pallide.

“Voglio che tu ti silenzi, se non sarò io ad interpellarti, Friday, non devi più parlare. Chiaro?”

La voce si zittì a quella richiesta, non rispose ma nella mente di Stark si stava delineando il momento in cui aveva progettato quell’intelligenza, era stato tutto abbastanza frettoloso e per nulla curato ma aveva funzionato.

Visione, così tu non sei il mio Jarvis ma sei qualcosa di più evoluto...”

La creatura dalla pelle rossa guardò il genio e, spostata la testa leggermente verso destra annuì non molto convinto di quelle parole.

Sono un organismo a sé stante quindi, sì, oserei dire che prima ero parte di Jarvis.”

Stark sorrise e, afferrato un pennino da progettazione, si mosse verso di lui, si avvicinò cauto ma curioso come poche altre volte gli era successo.

Quindi mi stai cordialmente dicendo che ora dovrò crearmi un’altra AI.”

La creatura che aveva di fronte aggrottò le sopracciglia annuendo con un modo di fare molto pacato e rispettoso.

Tony gli sorrise con calma prima di passargli di fianco e andare a sedersi su una sua scrivania per iniziare, con tutta calma, a ridisegnare quella piattaforma multi tasking che era stato Jarvis per lui.

L’aveva creato con rapidità ma con un’intelligenza superiore, gli sembrava quasi che Friday potesse pensare con un proprio cervello, quasi che potesse dire cosa fosse meglio e cosa peggio. Si affezionò subito al proprio progetto, forse perché senza la voce amichevole di quel suo maggiordomo si sentiva solo e quindi doveva plasmare quel vuoto con un’altra voce, con un’altra presenza che a Natale, nel silenzio della propria stanza, gli facesse gli auguri o ancora una voce che, nei momenti di combattimento, si lanciasse in alcune frasi che lo portavano a sorridere di quella situazione magari disperata, Tony aveva solo bisogno di sentirsi qualcuno che gli parlava.

Si riprese da quel ricordo e si accorse di avere gli occhi lucidi, da quanto tempo che non ricordava quell’aneddoto e faceva sempre male…

Era un dolore più mentale che fisico perché Jarvis era stato il suo maggiordomo, era l’uomo che lo aveva cresciuto mentre i suoi ”genitori” erano in giro per il mondo a fare esperimenti o per mostrare l’ultimo progetto di qualsiasi cosa che loro avevano generato dalla loro mente guerrafondaia.

Si ritrovò a sbattere le palpebre per eliminare quelle lacrime che, curiose, rimanevano incastrate tra le sue ciglia, era stanco di piangere in quel periodo, era diventato emotivo e non era in grado di controllarsi.

Si faceva schifo.

Chiuse gli occhi gemendo di dolore e di frustrazione per quell’orrenda situazione generale in cui versava.

 

“Signor Loki, devo avvertirla che da questa mattina la temperatura corporea del Signor Stark è aumentata nuovamente. Sono tre ore e ventisette minuti che è stabile ai trentanove gradi punto sette.”

Loki alzò gli occhi dal libro per puntarli sul soffitto, non aveva mai amato avere a che fare con quella voce, la trovava noiosa ed irritante eppure in quel momento era più che utile per sapere cosa stesse facendo l’umano.

“Che sta facendo?”

L’Ai li mise qualche attimo prima di rispondergli con una foto direttamente sullo schermo del televisore che aveva di fianco il Dio. Dormiva. Tremava per il freddo che sentiva ma che, essenzialmente non c’era in quella stanza.

“Le suggerirei di chiamare un medico affinché possa aiutarla a far star meglio il signor Stark.”

Loki negò scuotendo la testa con calma, se non lo aveva fatto lui quando si era svegliato qualche ora prima, di scuro non si sarebbe messo a fare qualcosa che aveva capito l’umano odiasse ovvero avere a che fare con le persone negli ospedali.

“Dovremmo abbassargli la temperatura corporea, se posso consigliare.”

Si alzò andando nel bagno del corridoio dove la vasca svettava bianca nelle piastrelle scure, accese l’acqua fredda e, una volta infilataci la mano, lasciò che il proprio potere scorresse nelle sue vene e nelle sue mani.

La sua pelle tornò ad essere blu, i complicati segni tribali si mostrarono su di essa con prepotenza; l’acqua ghiacciò, creando una leggera patina di ghiaccio.

“Voglio che tu tenga d’occhio ogni singolo parametro vitale di Stark dal momento in cui lo porterò in questa stanza fino al momento in cui lo tirerò fuori da quest’acqua gelata. Sono stato chiaro, voce?”

L’AI parlò rispondendo con tono sicuro accettando di buon grado quell’ordine, forse perché lui ormai non rappresentava più una minaccia per l’umano? Oppure perché Tony stesso gli aveva dato il compito di non vedere il Dio come un pericolo?

Camminò fino alla stanza da letto, riprese le sembianze umane prima di aprire la porta con un movimento sicuro del braccio e, con pochi passi, si fermò al capezzale indurendo quella mascella sospirando.

“Stark alzati, vieni con me.”

Un mugugno contrariato si levò da quella massa di coperte e di carne, un lamento continuo e sofferto si continuò a far sentire all’interno della stanza come se quello fosse un modo concreto per allontanare quell’odioso dio che, stranamente, stava immobile ad attenderlo.

Usò la magia per far sparire quelle coperte in un solo, traumatico momento.

“Loki! C’è qualcosa di strano in questa casa, fa freddo!”

La mano della creatura si allungò per afferrare il polso del genio, cercò quello sguardo ferito ed in preda ad una follia febbricitante.

“Stark, hai la febbre alta, vieni con me.”

L’umano iniziò a ridere mentre si contorceva sulle lenzuola, madido di sudore e senza la forza necessaria per sottrarsi a quella presa salda e fredda che avvertiva sul proprio polso.

“No, io sono solo una marionetta nelle mani di Thanos. Io...”

Loki strinse quel polso afferrando, con la mano libera, quella maglia e tirandolo verso di sé. L’umano iniziò a scalciare e ad urlare come un dannato sulla ghigliottina.

Il solo nome del titano folle aveva fatto fremere l’intero corpo del Dio, come era possibile che sei semplici lettere gli mettessero una tale agitazione in corpo, tale da farlo fremere di paura?

Se quel folle aveva lasciato in un dio una reazione simile, cosa rimaneva della psiche di quegli umani che erano stati prima spazzati via e poi riportati in vita con quel sonoro scocco di dita ben stampato nei timpani?

“Tony...”

Il genio urlò piangendo e dimenandosi in maniera quasi compulsiva, afferrò anche l’altro polso per tentare di immobilizzare il corpo dell’uomo.

Era a cavalcioni, aveva il fiatone per via della lotta che aveva dovuto intraprendere per riuscire a farlo calmare da quello stato di ansia e di follia in cui era caduto.

“Stark guardami, non ho intenzione di ripetermi. Ora verrai con me a costo di usare la magia.”

Lo sguardo vacuo e assente di Tony si fece limpido, annebbiato dalla febbre ma presente, guardò Loki e gli sorrise mentre i suoi occhi erano nuovamente velati di lacrime.

Il dio si passò un braccio di Tony sulle spalle e lo aiutò ad issarsi in piedi, lo resse fino al bagno dove, senza aspettare che si spogliasse o altro, lo fece immergere nella vasca ghiacciata.

“Ho freddo... tanto freddo.”

Loki si ritrovò in piedi a guardare quell’uomo, osservò la velocità con cui quella pelle candida divenne bianca, quelle labbra screpolate divennero presto bluastre mentre le occhiaie si fecero scure.

“Signore la temperatura di Stark è intorno ai trentatre gradi ora, potrebbe andare in ipotermia da un momento all’altro...”

Il dio si lasciò cadere in ginocchio mentre allungava le mani per afferrare uno dei polsi e aiutare l’umano ad uscire da quel candido liquido.

Tony si avvolse da solo in un asciugamano cercando un modo per riscaldarsi; il suo sguardo cadde sulla creatura che era rimasta in quella posizione con gli occhi spalancati e quasi spaventati da quella vasca che, vide solo in quel momento, era ricoperta di ghiaccio.

“L-Loki...”

Tossì violentemente sporcando anche la morbida e candida stoffa che aveva attorno a sé di sangue, si piegò in due cercando di darsi un contegno ma finendo a terra senza alcuna forza nelle gambe.

Lo sguardo del dio si spostò dalla vasca portandosi ad osservare quell’ammasso di carne umana che lo guardava con occhi spaventati e innocenti.

Scosse la testa per riprendersi da quelle considerazioni che, il suo cervello, aveva creato quando aveva visto quel ghiaccio nella vasca, il suo potere era grande ma non lo aveva mai usato… si era sempre vergognato di esso perché dimostrava quell’inganno con cui era stato alimentato, imboccato fin quando giaceva ancora, innocuo, tra le calde braccia di Frigga.

“Stark devi toglierti quei vestiti o congelerai.”

Loki si alzò da terra urtando alcune lamine di ghiaccio con la gamba e ferendosi. Aiutò l’umano non pensando minimamente a sé stesso, avvolgendo il corpo gelido di Tony nella stoffa tiepida e asciutta.

“Signor Loki, la temperatura è di nuovo in aumento.”

Condusse l’eroe fino alla stanza da letto, lo avvolse nelle coperte e lo lasciò lì ad addormentarsi mentre lui usciva da quella stanza e si poggiava al muro sbattendo la testa con rabbia.

“Che mi sta succedendo?”

Loki parlò a sé stesso mentre si guardava le mani ruotandole con calma.

«Perchè io sono il mostro da cui i genitori mettono in guardia i propri figli la notte!?»

Si portò quelle stesse mani alla testa e si lasciò scivolare contro il muro fino a sedersi a terra apatico mentre guardava quella ferita che stillava qualche goccia di sangue.

Aveva sempre cercato di combattere quella parte di sé, quel gigante di ghiaccio che aveva dato il via a tutto, e ci era sempre riuscito, nonostante tutto. Cosa era cambiato allora? Non si era posto alcuna domanda per raffreddare quell’acqua, aveva semplicemente lasciato che accadesse con una naturalezza che non faceva parte di sé.

Non aveva pensato a nulla, aveva solo agito senza creare piani o strategie, era semplicemente successo.

Prese un bel respiro rialzandosi e recuperando un bicchiere pieno di uno di quei liquori costosi, lo prese a caso nella credenza e riempì quel vetro svuotandolo con cupidigia.

Si passò le mani sul volto, si stava lasciando davvero trasportare da quel cadavere ambulante? Lui era lo spietato dio degli inganni, lingua d’argento e tutti quegli epiteti poco carini che nel corso dei secoli gli erano stati affibbiati.

Allora perché, più stava assieme a quella creatura che aveva i giorni contati e più si ritrovava a farsi un esame di coscienza per ricredersi su ciò che era diventato?

Si era immolato contro Thanos per permettere a Thor di avere una possibilità, aveva aiutato gli Avengers a distruggere quel Titano perché gli conveniva ma allora cosa lo stava spingendo a tornare quel bambino che amava ridere e scherzare con gli altri bambini che frequentavano la corte, era sempre stato dispettoso e arrogante ma era anche sempre stato divertente e arguto.

 

Loki! Loki! Volstagg mi ha fatto cadere! Mi ha spinto e poi mi ha beffeggiato!”

Il moro se ne stava tranquillamente seduto su una pila di libri dai mille colori sgargianti, aveva le gambe a penzoloni mentre il tomo che stava leggendo rimaneva aperto sul tavolo e la sua testa era poggiata sul proprio pugno chiuso.

Aveva ignorato completamente le parole del fratello che,risentito di quella mancanza di considerazione, si ritrovò a sbattere i piedi e parlare nuovamente con enfasi.

Fratello? Loki? Potresti degnarmi di un po' di attenzione?”

Scocciato da tutte quelle parole dette a vuoto dal biondo, il ragazzino si voltò verso di lui fissando quei grandi occhi verdi in quelli azzurri del fratello maggiore.

Ti ha forse spettinato, fratello?”

Thor allargò le guance poggiando le mani sui fianchi in una posa imbronciata ed infantile che obbligò il moro a ridacchiare divertito da quella situazione. Erano i primi allenamenti a cui poteva prendere parte anche il primogenito di Odino e, nonostante le previsioni di grandezza, Thor era quello che veniva sempre battuto.

Mi ha sbeffeggiato di fronte a tutti, lo odio!”

Loki scese dalla pila di libri e si ritrovò a livello dell’altro, gli sorrise e sbuffò scocciato da quella situazione così palesemente contorta; Thor veniva preso di mira per via del suo lignaggio, veniva bacchettato dal maestro perché da lui esigevano il massimo e nulla di meno di ciò.

Sono stanco di queste sue angherie! Diventerò un valido guerriero, costi quello che costi!”

Il moro incrociò le braccia al petto e, una volta sorriso con innocenza a quel compagno di malefatte, si decise a parlare con voce bassa ma sicura.

Impegnati. Addestrati di più in questo tempo e, nel prossimo scontro tra te e lui, potrebbe essere che casualmente lui scivoli a faccia in giù come il maiale che ha ingerito ieri sera.”

Il biondo ridacchiò a quella battuta e,asciugatosi le lacrime del divertimento, annuì all’amato fratello e gli mostrò il braccio forzando la muscolatura.

Te lo prometto fratello, diventerò forte e dimostrerò che insieme saremo invincibili!”

I giorni erano passati tra allenamenti e antichi tomi fino a quando il gran maestro decise che era ora che Thor combattesse ancora.

Ti sei impegnato questa settimana, vediamo se riesci a non farti colpire da Volstagg.”

Il combattimento iniziò con alcuni fendenti radi e morbidi ma, non appena il rosso vide una leggera crepa nella parata del biondo, si lanciò a colpire quel punto ma qualcosa lo fece virare a destra perdendo l’equilibrio e cadendo con la faccia nel fango e nelle feci di qualche cavallo che era transitato per quella zona.

Il corpulento Volstagg si rialzò, si ripulì bonariamente il volto e, una volta sputato a terra, fù pronto per un nuovo attacco. Thor capì che, ciò che era successo era opera del fratello, si ritrovò a prendere coraggio ed ad afferrare quella forza con la consapevolezza che, dove non sarebbe arrivato lui ci sarebbe stato quel fratello tanto odiato quanto amato.

Il rosso attaccò ancora non appena il fianco del cadetto fu scoperto ma quando Loki fece per usare la magia e fermare quel colpo ben assestato una voce giunse alle sue spalle obbligandolo a fermarsi dall’usare il Seidr.

Loki Odinson. Ho permesso a tua madre di iniziarti all’arte della magia non di sicuro per salvare tuo fratello da una battaglia fanciullesca.”

Il giovane si voltò sorridendo a quel genitore con finta innocenza, nascose le mani dietro la schiena e semplicemente aprì la bocca per cercare di spiegare le proprie motivazioni ma l’ennesimo sguardo del padre lo fece desistere.

Ho vinto fratello! Grazie a te!”

Loki scosse la testa di fronte alla presenza che correva verso di lui a braccia aperto, sporco di fango e sudore.

Thor!”

 

Era crollato tutto dopo che aveva scoperto cosa era, si era chiuso in quel suo mondo fatto di crudeltà e aveva lasciato che quelle malelingue si impossessassero della sua mente.

Tony aveva ragione, lui era stato il male che aveva permesso a Thor di risplendere come la stella più luminosa, era solo incompreso, non era crudele.

“Signore, la temperatura sta di nuovo salendo le consiglierei di...”

Strinse la presa sul bicchiere che teneva saldamente tra le mani mandandolo in frantumi e tagliandosi attraverso quel cristallo. Abbassò la testa mostrando i denti bianchi e perfetti, parlò con un tono basso e minaccioso.

“Silenzio.”

Rientrò in bagno afferrando la salvietta più vicino, la aprì notando che, su di essa, c’erano alcune macchie di sangue- Stark aveva tossito, si era coperto la bocca con quella per evitare di sporcare in giro e per evitare di mostrargli quell’ennesimo disagio.

Alzò gli occhi e li puntò verso la finestra della stanza, incapace di guardare quella prova di quella sofferenza umana, avvolse la mano in un pezzo di quella stoffa e, dopo aver strappato quella superflua con i denti, la immersa nell’acqua gelida facendo ghiacciare la salvietta.

Si tolse il maglione e lo abbandonò sul divano prima di camminare ed entrare nella stanza dell’umano per poi prendere un bel respiro e parlare.

“Alza la temperatura di questa stanza.”

L’AI non fece domande e fece ciò che il dio chiese. Loki lasciò che la sua vera pelle fluisse ancora nelle sue vene e nel suo corpo, si guardò il petto e chiuse gli occhi con violenza, si stava odiando ma doveva farlo per evitare a Stark di andare in ospedale.

Tony si era arrotolato nelle coperte per sentire meno freddo così il dio si sdraiò, abbracciandolo da dietro e trasmettendogli quel gelido sollievo senza causargli alcun dolore.

Il suo corpo avvertiva il calore della stanza, era soffocante quasi; sentiva la gola secca e la sua pelle che pizzicava leggermente.

“Signore, sono passate tre ore e la temperatura del signor Stark è stabile da due.”

 

Erano settimane se non mesi che Tony non si risvegliava così riposato dopo una nottata, era riuscito a dormire e non si capacitava sul come e sul perché, si ritrovò arrotolato nelle coperte nonostante il caldo opprimente che lo stava quasi soffocando.

Si liberò da quegli strati di stoffa e respirò a pieni polmoni, si portò una mano al petto e gemette lasciandosi cadere sul letto che, stranamente era gelido, umido e confuso.

Ma soprattutto perché era in accappatoio ed era nudo? Non ricordava praticamente nulla se non la febbre alta, se chiudeva gli occhi aveva solo delle leggere e sbiadite immagini di occhi rossi e del blu eppure non erano minacciosi in quei brevi fotogrammi rubati alla febbre.

“FRIDAY posso vedere le registrazioni di ieri sera?”

Riguardò tutto, ogni singolo spostamento del dio, guardò anche quelle tre lunghe ore in cui lui si contorceva e si spingeva contro quella creatura dalla pelle blu che lo aveva trattenuto per farlo stare meglio.

Si stava preoccupando per lui, Loki, il dio degli inganni si era messo alla prova per lui, lo aveva visto sbattere la testa contro il muro e domandarsi il perché… una domanda lecita che anche lui che era solo un comune mortale si stava ponendo sempre più spesso in quella loro convivenza.

“Dove è adesso?”

L’AI si ritrovò a vagare con le varie telecamere per la casa riscontrando poi la sua posizione ed informando il genio di essa.

Tony si alzò e, dopo essersi coperto con dei vestiti decenti, uscì dalla stanza tossendo e gemendo ad ogni singolo respiro.

Quella febbre aveva peggiorato tutto, aveva ampliato quel dolore ed era difficile ammettere che se non fosse stato per Loki lui sarebbe morto lì, solo come un cane a soffrire.

Aprì con una mano la porta del bagno e, si appoggiò al muro subito lì vicino, preferendo restare fuori da quella zona occupata dal Dio. Si lasciò scivolare a terra ed appoggiare la testa pesante al muro prima di parlare.

“Se parlo adesso sono consapevole di sembrare dal lato sbagliato della porta quindi spero che tu accetterai la mia richiesta di scuse.”

Ingoiò tossicchiando ancora un poco, abbassò gli occhi sulle proprie mani che, con il passare dei giorni erano diventate magre e malferme. Sorrise più per compassione verso se stesso che altro, negò leggermente con il capo consapevole che l’altro non lo potesse vedere.

“Non… doveva succedere… non dovevi sentirti obbligato a farlo.”

Abbassò il capo gemendo di dolore ed imprecando sonoramente rendendosi conto di ciò che aveva appena permesso al proprio cervello di dire; Loki lo aveva salvato per l’amor di qualsivoglia divinità!

“Non intendevo quello che ho appena detto. Diavolo!”

Loki era immerso nella vasca, l’acqua gelida accarezzava la sua pelle ritemprandola da quella prova che aveva superato durante la notte.

Se ne era andato quando tutto era finito, si era sdraiato in quella vasca di acqua gelida e aveva combattuto contro la sua vera pelle riuscendo a domarla ma rimanendo in quel gelo per ricordarsi ciò che era.

Si alzò asciugandosi con calma mentre ascoltava quelle parole che, confuse, uscivano dalla bocca di quella creatura che in pochi mesi era stato in grado di stravolgere la sua intera esistenza.

Appoggiò la testa contro il muro che lo divideva da Tony, chiuse gli occhi e rimase ad ascoltare il suono debole di quel battito, era debole e molto probabilmente stava giungendo alla fine di quel percorso terreno, lo sentiva e lo percepiva quasi con rammarico.

Stava per aprire la bocca quando Tony parlò con voce rotta da lacrime e da singhiozzi.

“Loki… Grazie. Grazie di esserci stato senza provare pietà per me, grazie di essere rimasto.”

Il dio si ritrovò a spalancare gli occhi di fronte a quelle parole dettate dall’inconscia sicurezza di essere vicino a quella fine dalla quale non poteva scappare.

Il silenzio era rotto solo da quei suoni spezzati e dolorosi che seguivano quel pianto distrutto e rassegnato.

“Ora che ti ho conosciuto meglio, che ho visto di te quei lati che nessuno ha mai visto, ora non voglio più morire… Vorrei vivere ancora per riuscire ad...”

Un colpo di tosse impedì al miliardario di parlare nuovamente, il rumore era secco e profondo ma quelle parole non dette risuonarono nella testa di quel dio ambiguo con una prepotenza impressionante.

Fece il giro di quel muro, uscendo da quella porta a petto nudo guardando quell’uomo che, adesso, stava ricambiando quello sguardo addolorato e puro.

“Non dirlo. Sono immortale e questo sarebbe comunque successo, immondo essere umano che non sei altro.”

Loki fece ciò che gli riusciva meglio quando era messo alle strette: usare le parole come lame a doppio taglio. Lo stava ferendo invece che guarirlo solo per non stare male anche lui, era egoista e menefreghista in maniera quasi dolorosa.

Ma se le sue parole erano state veleno quel suo sguardo era stato come un balsamo che profumato ti avvolge e ti accarezza.

La voce del dio tornò per sputare ancora su quella creatura morente che giaceva a terra, parlò con foga ma nel silenzio delle sue mille parole la voce di Tony rimbombò come una valanga nel silenzio dei monti.

“Innamorarmi di te.”

La voce di Loki si placò, i suoi occhi si fissarono sull’ombra di quell’uomo che era stato un eroe, le sue spalle si distesero mentre il suo stomaco si contorceva furente per quell’inconscia confessione.

Tony aveva gli occhi bassi, una consapevolezza la sua in grado di uccidere e di spostare le montagne; lo aveva capito solo mentre guardava quei video in cui Loki inconsciamente si era messo a nudo per seguire un suo semplice desiderio: non andare in ospedale.

“Perchè?”

La voce del dio era bassa, tetra e addolorata. Ma tornò a parlare prima che l’umano potesse aprire la bocca.

“L’unica persona che abbia mai avuto il coraggio di amarmi ora non c’è più… lei era troppo fedele per fuggire al suo destino crudele ed ora Vanheim la piange da secoli.”

Tony alzò lo sguardo e semplicemente sorrise con la morte negli occhi ma con una forza che non gli apparteneva.

“Loki, fedele o no, se ti amava davvero avrebbe seguito qualsiasi destino per te, crudele o prospero che fosse.”

Il dio aprì gli occhi spalancandoli sorpreso da quelle parole, lui, quel genio che non sapendo nulla aveva snocciolato la questione con una semplicità classica da umano, aveva messo quattro parole in fila pretendendo di capire una questione antica di millenni.

Gli voltò le spalle e andò a chiudersi in camera propria senza guardarsi indietro.

[To Be Continued...] by BloodyWolf



Sto già piangendo a vedere l'epilogo di questa cosa T.T
Non lanciatemi i pomodori ve ne prego preferirei carote o finocchi xD

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Capitolo 5
*** 5. ***


E siamo giunti al penultimo capitolo, sì avete ben capito, l'ultima cosa che pubblicherò sarà la fine, FINE. (Piango già T.T)
Penso che sarà molto più corta di questi ultimi capitoli ma, mai dire mai con me.
Devo chiedere scusa a Miryel e Shilyss perchè faccio soffrire i loro personaggi solo perchè sono una persona spietata muahaha 
No bando alle ciance nel rileggere questo capitolo ho usato la scatola grande di fazzoletti Tempo (che anche qui, Tony non ha più tempo quindi anche i fazzoletti mi sono contro) accidenti a me e la mia emotività del cavolo!
Non saprei che altro dirvi quindi vi auguro buona lettura e, come sempre, vi invito a lasciare una recensione anche breve, ciao!
[ Angst a manetta | 4081 parole | Kiss ]

5.

Si era rannicchiato sulla poltrona ed aveva chiuso gli occhi, se si impegnava su quel tessuto poteva avvertire il profumo di quel dio dispotico con cui condivideva il tetto.

Non gli aveva più parlato, non si era più fatto vedere in quei lunghi tre giorni in cui lui, un umano abbandonato da tutti si ritrovava a peggiorare a vista d’occhio, stava malissimo, il suo corpo stava per cedere per l’ultima volta oppure quel malessere generale era dato da quella mancanza silenziosa che aveva strisciato sotto la sua pelle fino a farlo innamorare?

Il destino era stato crudele con lui: aveva avuto il mondo ai propri piedi ma fino alla fine non aveva mai avuto uno scopo per vivere, nessuno per cui lottare se non un ideale.

Il fato aveva rigirato quel coltello affilato in quella carne temprata da battaglie e da sofferenza, aveva rincarato la dose iniettandogli quel tumore ed infine, per dargli il colpo di grazia, gli aveva messo di fronte la persona più improbabile di tutti regni: Loki.

Se qualche anno prima gli avessero detto che sarebbe finito, morente e debole, a dichiararsi con parole contorte e facilmente traversabili a quel dio difficile e potente, sarebbe di sicuro scoppiato a ridere facendo internare quel folle che gli aveva raccontato quella barzelletta.

Barzelletta…

Sì, l’avrebbe definita così a quel tempo ma ora era tutto realtà, non una delle tante, era quella, l’unica realtà che da lì a pochi giorni avrebbe troncato il suo cuore e il suo respiro, quella realtà che non poteva essere cambiata nemmeno da degli dei vecchi di secoli.

Si strinse maggiormente su quella seduta morbida e, si ritrovò a respirare in maniera profonda, non voleva piangere o disperarsi, era finito o per meglio dire doveva essere finito il tempo di piangere, stava diventando sfiancante anche fare quello, lasciare che delle semplici lacrime, gocce di acqua tiepida, scivolassero dai suoi occhi fino a terra in un ciclo continuo e doloroso.

“Fanculo tutto.”

Sussurrò il genio a denti stretti, non voleva lasciarsi andare a quella malinconia dolorosa e auto-lesionante, doveva reagire a suo modo ma doveva farlo, se lo sentiva…

“Signore, ha una chiamata da parte di Peter Parker.”

Tony sospirò e, una volta chiusi gli occhi e scosso la testa, lasciò che l’AI accendesse il monitor mostrando il volto sorridente del suo pupillo. Un leggero sorriso si andò a formare sul volto del miliardario di fronte a tutta quella vitalità, non poteva farci nulla, Peter era contagioso, la sua sola presenza creava un’atmosfera semplice, distesa ed era come se tutti si impegnassero ad andare d’accordo per non discutere di fronte a quell’anima pura che era quel giovanissimo spider-man.

“L-La vedo bene signor Stark! Io.. Io volevo sentirla per raccontarle che oggi… o per meglio dire l’altro giorno ma questo non conta, comunque, ho fatto un compito su di lei, è una celebrità signor Stark!”

Si ritrovò ad abbandonarsi delicatamente su quella poltrona mentre un sorriso albeggiava sulle sue labbra con attenzione a non mostrare alcuna espressione addolorata a quel giovane che, nonostante non fosse nemmeno tanto bravo a fingere, si stava sforzando per sembrare rilassato.

Forse stava notando tutte quelle piccole serie di comportamenti o di sfumature, che contraddistinguevano quella bugia mal celata, per via del tempo passato assieme a quel dio delle menzogne.

Peter stava evitando di guardarlo negli occhi, spostava lo sguardo attorno a sé e, quando incontrava gli occhi stanchi dell’uomo, scansava i propri sorridendo malinconico; si era portato una mano a lisciarsi i capelli ed erano tutte sfumature che racchiudevano quella preoccupazione che lo stavano logorando.

“Va tutto bene Parker… ormai ci siamo e se da un lato non vedo l’ora di smettere di soffrire l’altra parte di me ha, forse, trovato qualcosa per cui aggrapparsi a questa vita con le unghie quindi...”

Ridacchiò sbuffando per l’ennesima volta, tornò a parlare con tono allegro e divertito, non voleva che quel giovane portasse sulle spalle pesi che non gli appartenevano.

“Che sia domani o tra un mese mi raccomando Parker, impedisci a qualsiasi costo a Rogers di indossare un completo degli anni cinquanta, potrei davvero offendermi insomma!”

Il ragazzo iniziò a ridacchiare a quella battuta e si asciugò con la mano libera gli occhi fattosi lucidi, tirò su con il naso quella parte di muco che aveva ripreso a scendere per via delle lacrime che si stavano formando.

“E per l’amore di qualsivoglia divinità a noi conosciuta, non informate della mia morte Starlord… sarebbe la volta buona che mi risveglio solo per prenderlo a calci, chiaro?”

Parker ridacchiò nuovamente e spostò gli occhi verso la skyline di New York, si leccò le labbra stringendole successivamente lasciando che le lacrime scorressero senza controllo dai suoi occhi andando a bagnare quelle lunghe ciglia.

“Mi mancherà, Signor Stark… volevo solo che lei lo sapesse.”

Si schiarì la voce prima di sorridere senza guardarlo attraverso quel monitor; Tony si ritrovò a sorridere, quel ragazzino stava evitando di guardarlo solo per non lasciare intravedere quel dolore scostante e distruttivo che lo divorava perché, per quanto potesse essere difficile o forte, preparati o no, la morte era sempre qualcosa di difficile da comprendere e da accettare…

“Diventerai un grande eroe, lo sei già lo ammetto, ma devi farne di strada per raggiungermi.”

Entrambe ridacchiarono guardandosi attraverso quel piccolo schermo che li stava connettendo e stava mostrando forse l’ultimo scorcio di quel supereroe che aveva cambiato il mondo più di una volta.

“Allora… Arrivederci, Signor Stark…. Grazie, per tutto.”

Stark stava per rispondere ma, alzando gli occhi si ritrovò a scontrarsi con la figura di Loki che, appoggiato al muro con le braccia conserte al petto, lo stava guardando con un leggero sorriso stampato sulle labbra.

Il genio si ritrovò a stringere gli occhi rispondendo a quello con un sorriso altrettanto dolce, non si capacitò del perché di quel breve scambio di sorrisi ma si ritrovò a riguardare quello schermo e sospirare prima di parlare con un tono pieno di sollievo.

“Peter, non devi ringraziarmi, hai dimostrato di essere una persona meravigliosa sia con quella maschera che senza, sei giovane ma ricordati di non cambiare mai ciò che sei.”

Parker negò con il capo incapace di trovare delle parole per colmare quel silenzio e quella mancanza che, da lì a pochi giorni, sarebbe diventata una voragine incolmabile.

“Non vi libererete facilmente di me, insomma il mio volto sarà usato comunque per spot o pubblicità quindi vi appesterò l’anima ancora per molto tempo. Sarò sempre con voi, promesso.”

Gli occhi chiari del ragazzo annuirono mentre il capo annuiva lasciando trasparire un sorrisetto felice e consapevole che, in fondo, quelle parole erano vere, doveva crederci per non impazzire…

“Peter, devo lasciarti, ho una questione che devo risolvere quindi scusami ma...”

Prima di riuscire a chiudere la conversazione sentì la voce del ragazzo che, curiosa gli chiedeva con chi doveva risolverla e si ritrovò, nel silenzio di quella stanza, a scuotere il capo divertito.

 

Il silenzio rimase immutato per diversi minuti, Loki guardava quel pavimento con serietà mentre Tony guardava quel dio con occhi seri e ansiosi, mai avrebbe pensato di dichiararsi a quella creatura così ambigua ed inizialmente così folle eppure eccoli lì, nella stessa stanza ognuno perso nei propri pensieri.

“Si chiamava Sigyn.”

Mai il genio avrebbe pensato di ritrovarsi davanti ad un dio fragile, una creatura millenaria che si mostrava nel suo passato con sofferenza e le ciglia aggrottate.

“Loki, se non vuoi parlarne io...”

Tony si era alzato e aveva mosso solo qualche passo verso di lui ed aveva già il respiro corto, stava iniziando ad arrancare per un paio di passi ed il suo corpo ormai faticava a reggerlo.

Aveva i giorni contati ormai.

Il moro negò evitando comunque di guardare quella figura preferendo fissare quell’orizzonte che gli ricordava tanto Asgard e Vanheim.

“No, voglio parlarne, voglio che tu sappia.”

Tony fece ancora un paio di passi appoggiandosi al divano prendendo fiato in maniera rumorosa e profonda che, come era ovvio, lo obbligò a tossire un paio di volte e a lacrimare dagli occhi per la fatica che tutto quel movimento gli stava costando.

“Era mia moglie, era bellissima con quei capelli che non erano né castani né biondi, non era bella come gli Aesir ma fin da quando ero piccolo lei era sempre stata presente… ogni malefatta, ogni dispetto che io e Thor pensavamo lei c’era…”

Prese un bel respiro il dio prima di sorridere in maniera dolce, le sue spalle si rilassarono come a perdersi in quel morbido ricordo.

“Il fato ci fece trovare e sposare; io, il dio delle malefatte, mi sono trovato nel giro di pochi anni legato ad una donna che veniva definita come la dea della fedeltà.”

Ridacchiò sconsolato guardando quel cielo che sfumava di rosso e di giallo mentre il sole andava a nascondersi in quella distesa di acqua.

“Abbiamo passato decenni a discutere e ad amarci, mi teneva testa a suo modo sai? Lei non era scontata e ben lungi dall’essere prevedibile...”

L’amarezza che si dipinse sul volto di Loki fu straziante per Tony, quel dio che era stato temprato da mille bugie e battaglie, inganni e sofferenza erano il suo pane ed era per quello, forse, che il genio si rese conto quanto quella donna fosse diversa e preziosa.

“Perchè la cosa non mi sorprende? Deve essere difficile trovare qualcuno che ti tenga testa e che sopporti i tuoi modi di fare da diva, o sbaglio a parlare Piccolo Cervo?”

A quel modo, ingenuo e innocente, da parte dell’umano di spezzare quell’aria addolorata che, per via di quell’argomento, stava riempendo la stanza e li stava inghiottendo con ferocia, parola dopo parola.

“Smetterai di chiamarmi con quel nomignolo disdicevole quando sarai andato nel Valhalla?”

Tony si ritrovò ad alzare un sopracciglio di fronte a quel nome impronunciabile ma, dopo aver fatto un veloce resoconto delle proprie conoscenze in materia mitologica, si ritrovò a tornare serio e rispondere con un tono divertito ma canzonatorio.

“Nemmeno se me lo chiedi in ginocchio, anzi sarà ancora più divertente.”

Loki si portò una mano a stringersi il ponte tra i due occhi e, con un accennato sorriso sulle labbra, si ritrovò a sospirare prima di tornare a parlare di quella bellissima dea con cui aveva condiviso una parte del proprio passato.

“Mi sono avvicinato a te forse perché tu come lei, a tuo modo, riesci a tenermi testa…”

Prese fiato per alcuni secondi, mostrò i denti perfetti prima di tornare a parlare evitando quello sguardo che, in quel momento di leggerezza, era tornato a ricercare come un’ancora.

“E’ morta sette mesi dopo che se ne è andata da Asgard… Avevamo litigato perché, nonostante lei mi conoscesse da tempo, non accettava il mio essere distante e inafferrabile, aveva voluto riordinare la mente perché avere a che fare con me la confondeva. Così mi aveva detto prima di partire.”

Loki strinse le mani a pugno stringendoli con forza, era sempre così doloroso ricordarla ma quel leggero sorriso che traspariva dalle labbra del miliardario lo fece respirare, era come se Tony non lo giudicasse e non gli puntasse mai il dito contro.

“Mi mandò a chiamare Freya, in preda alle lacrime e con urgenza mi dissero i servitori.”

Chiuse gli occhi addolorato per cercare di semplificare tutta quella situazione che aveva del surreale se vista da fuori.

“Cavalcai l’intero Bifrost ed Heimdallr aprì il collegamento con Vanheim, dopo di che mi ritrovai a spingere il mio fedele destriero al massimo della sua potenza… Entrai a palazzo ed era tutto così silenzioso rispetto a come me lo ricordavo io, tutto così vuoto e tetro che mi ritrovai a cercarla con lo sguardo, mi sono sentito debole in quel momento...”

 

I drappeggi che adornavano l’intero salone sembravano spenti, vacui, le damigelle camminavano a testa bassa e passo spedito evitando con maestria lo sguardo di quel dio che per anni aveva vagato come ospite e come consigliere dopo quelle nozze dai tratti strani e dissimili dalla tortura.

Loki si ritrovò a cercarla con quello sguardo carico di preoccupazione, doveva vederla, doveva ed esigeva sapere cosa stesse succedendo in quel mondo sotto il dominio di Asgard!

Freya! Come da te richiesto eccomi qui, spero per te che sia un motivo abbastanza valido da permetterti di tenere la corona attaccata alla testa.”

Un dio crudele e meschino che, improvvisamente, si scontrò con gli occhi chiari della dea che aveva appena richiamato a gran voce, l’aveva minacciata con quel tono superiore ed impudente ma la donna avanzò con le mani sporche di sangue e le lacrime che le bagnavano il volto perfetto.

Lei sta morendo…”

Non ci furono convenevoli o fronzoli a coronare quella notizia, nulla fu addolcito per lui...

Se sul volto del dio c’era una vena sadica e aggressiva, improvvisamente tutto cambiò in una frazione di secondo, le rughe sulla sua fronte si ispessirono e i suoi occhi si fecero grandi e spaventati di fronte a quel lei sussurrato tra lacrime amare e sangue sulle vesti.

Non poteva nemmeno dubitare di quelle parole perché in fondo Freya era da sempre stata un’alleata e non avrebbe mai avuto un motivo per fargli un raggiro simile; non avrebbe dubitato ma nemmeno avrebbe creduto senza vederla nonostante l’immenso abisso che si stava facendo strada in lui man mano la donna lo stava scortando.

Cosa è successo?”

La dea lo fermò prima di permettergli di entrare in quella stanza in cui i due avevano trascorso notti e giorni interi, allungò una mano e la poggiò, delicata, sulla spalla di lui prima di sorridergli e parlare con un tono accogliente e sereno.

Lei ci aveva detto di non dirtelo quando è tornata da noi perché aveva paura della tua reazione...”

Loki assottigliò lo sguardo cercando, inutilmente, di collegare tasselli che non aveva ancora afferrato in quel marasma che era la sua testa.

Ci aveva detto che non ne avevate mai parlato e che, dopo la vostra ultima discussione, non era nemmeno più certa che tu la volessi ancora.”

Sciocchezze. Lui l’aveva corteggiata, voluta con tutto se stesso, aveva lottato per farla sua e poi il fato, per una buona e significante volta, aveva voltato i suoi occhi verso di loro e li aveva fatti ritrovare in matrimonio.

Loki, figlio di Odino e di Frigga, tua moglie aspettava un bambino.”

Gli occhi di Loki si spalancarono increduli e, con la mente, cercò alcuni segnali, alcune sfaccettature che, molto probabilmente, la donna gli aveva lanciato ma che lui, troppo ottenebrato dalle loro liti, non aveva colto.

Non ne trovò. Nessun accenno, nessuna carezza rubata al ventre, nessuna premura, niente di niente.

Lei, la sua Sigyn era diventata astuta proprio come lui ed era meraviglioso quanto difficile da accettare per lui che era il supremo ingannatore, una leggera punta di orgoglio si insinuò nel suo cuore addolorato.

Spostò la mano di Freya e si diresse a passo spedito verso quella stanza, aprendone le porte con forza e determinazione.

Alcune delle ancelle si voltarono stupite e pronte a combattere per quella donna che le aveva da sempre trattate con rispetto e dolcezza.

Guaritrici, vi prego di andarvene se ciò che mi è stato detto poco fa è vero. Lasciate che il marito possa salutare, per l’ultima volta, questa nostra sorella.”

Le porte si richiusero alle spalle di quelle donne che avevano cercato di salvare la vita a sua moglie. Camminò facendo piccoli passi per avvicinarsi a quel capezzale e poterla guardare un’altra, ultima volta.

Quegli occhi chiari si aprirono lentamente mostrando uno sguardo un po' assente e delirante, le afferrò una mano stringendola alle sue cercando di infonderle un po' di quella magia che lo caratterizzava.

L-Loki… sei tu.”

Non c’era bisogno di conferme perché anche tra milioni di Aesir lei lo avrebbe distinto, avrebbe distrutto qualsiasi illusione seguendo il battito di quel cuore su cui si era addormentata molteplici volte.

Sigyn che succede?”

La vestaglia era gonfia a livello della pancia, era suo figlio quello che si trovava là dentro? Era suo? Il sangue che, come una macchia perfida ed odiata, si espandeva lentamente sotto il corpo della donna non era nulla di positivo e il dio, forse troppo giovane ed inesperto, si ritrovò a fronteggiare il panico.

Sigyn, moglie!”

Gli occhi della donna si aprivano a si chiudevano pesanti e ormai al limite di quella sofferenza indegna.

Marito… scusa… io, volevo portarti il segno del nostro amore...”

Il dio scosse il capo avvicinandosi a lei e, dolcemente, appoggiando la propria fronte contro quella della donna che scottava. I loro respiri erano vicini, le loro labbra si sfioravano ad ogni fiato ma nessuno dei due si mosse.

Non ti ho mai amato abbastanza, perdonami amore mio…”

Loki si decise a parare dopo aver sentito quelle parole che, faticate e addolorate, lasciavano la bocca di quella donna che, nonostante tutto, lo amava più della propria vita.

Non devi dire ciò, l’unico che dovrebbe dire una cosa simile sono io, Sigyn. Siamo qui per colpa mia, per le mie di azioni.”

Lei dolcemente scosse il capo senza forza ma con una determinazione che portò il dio degli inganni a fissarsi su quelle candide iridi.

Questo le Norne hanno tessuto per noi, Loki. Questo figlio che non ha voluto nascere in questo tempo e i nostri cuori che si allontanano con questa dolorosa pratica. Devo andare con lui per mostrargli la corretta strada per il Valhalla, amore mio.”

La donna aveva appena rivelato che, quel figlio che nemmeno sapeva di aspettare gli aveva appena portato via tutto ciò che nella sua lunga vita aveva amato e apprezzato di più: Sigyn.

Resta con me.”

La donna sorrise e il dio appoggiò le proprie labbra su quelle della donna in un tocco disperato e dal sapore amaro, lei alzò una mano portandola alla sua guancia e sorridendogli con tono innamorato si ritrovò a parlare nuovamente prima di spegnersi in quello stesso silenzio con cui era arrivata nella sua vita da bambino.

Amore mio, devo andare a consolare le urla di nostro figlio, ci rivedremo alla fine di tutto… addio.”

 

Loki aveva finito di parlare ed aveva gli occhi lucidi. Di fronte a Tony non c’era né un dio, né un gigante di ghiaccio e nemmeno un mostro, di fronte ai suoi occhi c’era solo un uomo che aveva perso tutto senza nemmeno averlo afferrato tra le braccia.

Si mosse facendo quei restanti tre passi con fatica, toccò la pelle del dio con la punta delle dita e, una volta fattosi guardare dall’altro, gli sorrise dolcemente e istintivamente, lo abbracciò.

Gli occhi del dio si spalancarono increduli di ciò che stava accadendo in quel momento, quel contatto era caldo, lenitivo osò pensare mentre le sue mani andavano, tremanti, ad arpionare leggermente quella maglia ormai di tre taglie più grandi di quell’uomo.

Non voleva la pietà, non l’aveva mai voluta e forse questo era uno dei tanti motivi per cui era diventato così perfido e doppiogiochista eppure… con Stark non era mai la pietà ciò che percepiva sotto la pelle, era qualcosa che assomigliava più ad una sorta di formicolio che gli attanagliava il cuore ogni qual volta che vedeva l’altro stare male.

Chiuse gli occhi perdendosi nel profumo delicato della pelle dell’umano, che diavolo gli stava succedendo?

Parlò prima di riaprire gli occhi ed allontanare il proprio corpo da quello di Tony.

“Voglio portarti su Asgard, voglio che tu possa vedere il tramonto come lo percepiamo noi, sarà stancante...”

Loki stava fissando quelle iridi scure che si muovevano curiose alla ricerca di qualche indizio che lo riportasse ad uno scherzo, un gioco di parole magari.

“Stai dando di matto, Loki? Perchè dovresti farlo?”

Il figlio adottivo di Odino guardò l’umano e portò gli occhi verso il piccolo bar che avevano in salotto, stava cercando una risposta convincente quando, semplicemente aprì un sorriso malizioso e divertito mostrando quella dentatura perfettamente allineata.

“Non ci deve sempre essere un motivo per tutto, Tony. Semplicemente mi va di farlo. Il brivido di vedere il regno degli Dei, di non poterci entrare e di percepire il brivido del proibito.”

Stark si rese conto che le sue mani erano ancora arpionate alle sue braccia, a quella leggera stoffa verde che gli ricopriva gli avambracci.

Anche le mani di Loki erano ancora ancorate a lui, incredule se lo stessero tenendo per la paura che gli scivolasse dalle mani o se semplicemente traevano piacere nel percepirlo vicino a loro.

“E sia, maledetto dio degli Inganni…”

Sorrisero entrambe come due bambini che si stavano preparando a combinare una marachella, era tutto così ovattato e… bello.

Sì, tutto era semplicemente bello in quella sfera di sapone, bello perché non dovevano rendere conto a nessuno e per nessun motivo, erano loro due da soli contro la morte e nulla di più.

 

Tony non seppe con precisione come aveva fatto ad arrivare su quella montagna ma si ritrovò a tossire mentre con gli occhi ricercava quel suo nuovo compagno di pratiche illegali.

“Ne ho combinate parecchie nella mia vita ma entrare in un palazzo di alieni senza nemmeno armatura è una cosa davvero ambiziosa persino per me.”

Loki alzò gli occhi al cielo e, una volta voltatosi verso di lui, lo zittì con una mano premuta non troppo delicatamente sulla bocca.

“Per amore delle Norne sei peggio di Thor quando ti ci metti!”

I contatti fisici tra loro erano diventati quasi una routine e la cosa sembrava non pesare a nessuno dei due, quasi che piacesse ad entrambe.

Il dio li trasportò in una stanza nella quale l’oscurità la faceva da padrona, Tony si ritrovò in ginocchio, debole e con un conato di vomito, alzò una mano per cercare di ritrovare quella sanità che, ora dopo ora, stava scomparendo.

Si rialzò in piedi, barcollando e con gli occhi velati dal dolore per quella malattia incurabile. Stava per ricadere nuovamente quando due mani forti lo afferrarono e lo tennero stretto contro quel corpo di marmo.

“Sono troppo debole, Loki.”

Il dio annuì a quelle parole, chiuse gli occhi e si ritrovò ad usare la propria magia per spalancare i drappi pesanti color smeraldo che mettevano in ombra quella stanza ricamata d’oro prezioso.

Il tramonto colpì entrambe gli uomini, li colorò con le sue mille sfumature e, non contento, giocò con le loro ombre allungandole e stringendole.

Tony spalancò gli occhi stringendosi con forza a quel dio che, per lui, stava facendo tutto.

Era uno spettacolo meraviglioso, tutto in quel preciso istante della sua vita era al posto giusto come un’immensa scacchiera in cui ogni pezzo aveva il proprio ruolo.

Aveva voltato lo sguardo su Loki per un attimo e non era più riuscito a distogliere i propri occhi da lui, il suo profilo illuminato da quei giochi di luce era meraviglioso, quegli occhi chiari ma così ambigui come lui erano pozze limpide e quei capelli ribelli e colore della pece ribollivano in contrasto con quel rosso e arancione.

Erano ancora immobili, corpo contro corpo quando il dio si voltò e, incurante di qualsiasi cosa che li circondava, si ritrovò a sorridere dolce a quel fantasma che gli era entrato sotto pelle.

Marrone che si perdeva nel verde.

Respiro che si perdeva in un sospiro strozzato.

Mani calde che ricercavano un contatto con quelle fredde per sentirlo vivo.

Le loro labbra si toccarono, si sfiorarono per un brevissimo istante, nemmeno le sentì quasi il dio quelle labbra screpolate e secche sulle proprie.

“Sto morendo, Loki. Non complicarti tutto.”

Il dio ridacchiò nel vedere l’espressione addolorata dell’umano che, inconsciamente, stava ancora tenendo quegli occhi chiusi mentre la lingua passava, ingorda, su quelle labbra alla ricerca della minima traccia del Dio su di sé.

“Il dado è tratto, Stark. Soffrirei comunque.”

Tony spalancò gli occhi ma il dio si fiondò ad assaporare quelle labbra con delicatezza e devozione; Tony era un amante che si poteva rompere da un momento all’altro, era un uomo che si piegava ma che non si sarebbe mai e poi mai spezzato, era uno dei tanti eroi che finalmente aveva trovato la sua fine.

 

La piccola creatura spostò la testa da una parte all’altra, spalancò le ali e volò via lasciando ai due amanti un attimo di solitudine.

Volò, atterrando sul trono di Odino, gracchiando e sbattendo le ali in modo da farsi sentire da Padre Tutto.

“Dove eri finito mio fedele Muninn? Sono mesi che non torni da me.”

Il corvo gonfiò il petto e, sbattute nuovamente le ali, si appollaiò sulla spalla del dio iniziando a sussurrargli ciò che aveva visto in quel breve periodo su Midgard e, successivamente, in quella loro terra bardata di oro.

[To Be Continued...]





Alla base di questo capitolo, siate sinceri: sono tutti e due OOC T.T
Lanciatemi qualsiasi cosa, avete ragione.

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Capitolo 6
*** 6. ***


Note a fine capitolo perchè se arriverete fino in fondo piangerete assieme a me T.T
| Parole: 4957 | The End |
 
6.

“I vigliacchi muoiono molte volte prima della loro morte.

L’uomo coraggioso non ha l’esperienza della morte che una volta sola.”

-Shakespeare-

 

Tony era rannicchiato nel letto, sotterrato da coperte di ogni genere mentre, seduto comodamente di fianco a lui, c'era Loki.

Era passato un intero giorno da quando era andato a fare visita a quel posto che osannava la potenza degli dei e, se il suo corpo continuava a deperirsi a vista d'occhio, la sua mente correva a ricordare quelle guglie dorate e a quel poco che aveva potuto vedere in quelle poche ore che era rimasto lì, uno spettatore silenzioso e senza alcuna domanda di fronte all'architettura degli dei.

“Piccolo cervo ora capisco il perché dei tuoi dispetti da diva…”

Loki distolse lo sguardo dal libro che stava leggendo con attenzione, portò per un attimo lo sguardo di fronte a sé per poi, lentamente, spostarlo sul corpo ormai inesistente del moro.

Alzò un sopracciglio e aspettò che l'altro continuasse a parlare.

“Asgard è bellissima: fiori ovunque, oro a perdita d'occhio e la magnificenza di un regno che era stato immenso, sparsa in ogni singolo angolo ed edificio…”

L'uomo si fermò per tossire un paio di volte, cercò di restare calmo prendendo dei bei respiri prima di continuare quel discorso che il dio non voleva interrompere.

“C'è qualcosa che stona in tutto quello, tutto troppo a mio avviso… sei cresciuto in un posto triste, un luogo in cui il passato fa più rumore del presente. Sei cresciuto dove le gesta fanno più di qualsiasi altra cosa ma immagino che tu sia sempre stato differente… più ragionevole che abile a compiere gesta di alcun tipo.”

Stark spuntò dalle coperte per girare il volto e puntare gli occhi in quelli verdi che lo guardavano con un cipiglio divertito in volto.

Il dio alzò gli occhi al cielo e tornò a leggere, posando distrattamente, una mano sul fianco del malato.

“Da quando tutta questa profonda introspezione nei miei confronti, Stark?”

L'umano ridacchiò girandosi in quelle coperte per poter, sotto a quel caldo peso, guardare quella creatura che lo stava lentamente accompagnando verso la morte. Era difficile muoversi con quelle maledette flebo attaccate al braccio, era difficile stare perennemente attenti che quell’ago non si sfilasse oppure che quelle cannette si piegassero impedendo al cortisone di scorrergli nel sangue come l’acqua di un fiume che scorre inevitabilmente verso il mare.

Era difficile perché non aveva più la forza per farlo, per sopportare tutto quello schifo…

Il suo corpo stava cedendo ma la sua mente cercava, attraverso quella presenza inaspettata, di rimanere ancorato a quella realtà carica di sofferenza focalizzandosi sui quei piccoli gesti a cui non era abituato ma che, inspiegabilmente, gli scaldavano il cuore.

Sbuffò divertito a quella battuta che l’altro gli aveva lanciato come una provocazione, sapeva quanto il dio amasse giocare a fargli scoprire le carte, così si ritrovò a chiudere gli occhi prima di fare la sua mossa; una leggera fitta allo stomaco lo obbligò a farlo gemere di dolore prima di permettergli di parlare nuovamente.

“Sono certo che sia colpa della malattia, non credi Bambi?”

Loki guardò nuovamente quell'odioso vendicatore e si ritrovò ad annuire a quell'idea, decidendo di ribattere nonostante che le loro mani si fossero sfiorate e che, momentaneamente, i loro indici fossero intrecciati.

“Una malattia che dura da sempre quindi… se lo avessi saputo prima non mi sarei nemmeno soffermato qui...”

Il genio ridacchiò con gli occhi lucidi, non aveva nemmeno più la forza di alzarsi da quel letto ma loro rimanevano quelli del loro primo incontro: strafottenti e con la battuta facile.

I loro sguardi si incatenarono per alcuni secondi, secondi dove sembrava che il tempo si fosse fermato, dove non c’era nulla oltre a loro due, non c’era quella malattia, non c’era Iron Man e non c’era nemmeno il Dio delle Menzogne, c’erano solo loro, due anime maledette che solo alla fine del percorso di una delle due si erano accidentalmente scontrate, fondendosi alla ricerca di quel calore che le univa.

“Loki...”

L’uomo negò spostando lo sguardo e sospirando addolorato, era una verità, era una sensazione che permeava l’aria fin dal loro ritorno da Asgard, come una matassa di filo che si era posata sullo sterno di entrambe come a ricordargli che il tempo delle fiabe era finito, era scomparso, svanito come la cenere che da lì a pochi giorni avrebbe ricoperto la bara di Stark.

Il dio si ritrovò a chiudere il libro con un rumore secco, le pagine che sbattevano tra loro con una violenza quasi inaudita, fissò quelle pagine con ardore prima di respirare e parlare evitando accuratamente quello sguardo debole e vacuo.

“Lo so, Stark… lo so, lo percepisco.”

Tony strinse gli occhi resi umidi da alcune lacrime che, lente, stavano cercando di scivolare dalle sue lunghe ciglia. Tossì nuovamente ma, prima di parlare, allungò una mano e la appoggiò con una debole stretta su quella del Dio che distava a pochi millimetri dalla sua.

“FRIDAY voglio che tu elimini tutte le registrazioni che hai eseguito da qui agli ultimi tre mesi, nessuno deve sapere di Loki, nessuno deve vederlo nella sua forma originale, nessuno deve sentire quelle parole oltre a me…”

Il dio si ritrovò a spalancare leggermente gli occhi e fissare le iridi chiare in quelle del moro che, deliziato da quella leggera sorpresa disegnata su quel volto bellissimo, si ritrovò a sorridergli in maniera rassicurante.

“Non mi importa se vorrai dire agli Avengers ciò che hai fatto per me o meno, non mi importa che loro sappiano perché non ti crederebbero mai e...”

Tony ricominciò a tossire spostando il volto contro il materasso cercando di darsi un contegno per riuscire, in qualche modo, a finire quelle frasi che sentiva di dovergli dirgli dal profondo del proprio cuore.

“…So che non è molto ma, voglio morire sapendo che io ho infranto un po' di quella corazza che circondava lo spesso cuore di quel tessitore di menzogne che non sei altro.”

L’angolo della bocca del Dio si innalzò in un chiaro segno di divertimento, quella battuta, quel semplice volersi mostrare per l’ennesima volta bravo e utile a qualcosa portò la mente di Loki a porsi una domanda semplice quanto veritiera:

Se non fosse stato malato, le loro anime tormentate e le loro storie così differenti si sarebbero mai scontrate ed intrecciate?

La risposta pareva nascosta in quei loro sguardi e sorrisi rubati, la morte li avrebbe già divisi e il Valhalla avrebbe accolto quel guerriero con calore, grandi banchetti si sarebbero consumati ma come in un presagio, nella mente del dio si fece largo l’immagine dell’umano che, seduto ed immobile in mezzo alla sala, si guardava attorno alla ricerca di qualcosa o di qualcuno.

Un’immagine dolorosa di un uomo che se ne rimaneva lì, una lugubre figura grigia in mezzo alla moltitudine dei colori del cielo e della terra.

Loki si ritrovò a ricambiare quella stretta, strinse le proprie dita su quella mano accertandosi di non fargli troppo male, era caldo contro il suo palmo e le ossa erano pronunciate anche su quelle mani che avevano creato così tanto per quella razza umana…

“Voglio andare in ospedale, non voglio che vengano qui, che rovinino tutto ciò che abbiamo creato… assieme.”

Il dio si mostrò impassibile a quella richiesta, Stark stava davvero decidendo di lasciarsi tutto alle spalle? Quell’improvviso cambio di rotta lo fece riflettere sulle parole dell’umano.

Stava cercando di conservare al più lungo possibile quel loro incontro, scontro forse, quel qualcosa che insieme in quei pochi mesi avevano creato. Era un’emozione fortissima perchè qualcuno di così fragile e debole era riuscito dove in millenni tanti avevano fallito, Tony era riuscito là dove solo la sua amata Sigyn era giunta.

Si specchiava in quelle iridi morenti e nel ricordo di quelle di lei poteva rivedere quella forza che gli stava facendo affrontare quella morte, una forza che andava oltre ad ogni cosa, una potenza inaudita di spirito che li portava a combattere fino alla fine per non lasciarlo completamente da solo.

Era doloroso per il dio ricordare la sua amata ed affiancarla al genio, avevano entrambe quello scintillio vivace negli occhi un guizzo che sebbene le Norne li avesse affiancati ad un mostro come lui, loro non erano per nulla spaventati da esso…

“Stark non devi farlo per me, so badare a me stesso.”

Tony ridacchiò con occhi resi scavati e circondati da un alone scuro e rossastro vicino alle palpebre, sbuffò aria dal naso prima di rispondere a quelle parole che era consapevole fossero solo un modo per ripararsi da quel dolore che, comunque, sarebbe arrivato.

“Lo so perfettamente vossignoria, ed è per questo che vorrei che per una buona volta sia qualcun altro ad occuparsi di te.”

Si preoccupava davvero di lui, ci teneva davvero…

Si spostò posando le proprie labbra sulla fronte del moro, stirò le labbra in un leggero sorriso prima di annuire e parlare senza lasciare quella mano calda.

“E sia se è ciò che desideri.”

FRIDAY si mise a parlare chiamando l’ambulanza per il trasporto in ospedale del miliardario.

“Voglio che tu sia in grado di andare avanti, Loki...”

Il dio ridacchiò mostrando quella dentatura perfetta e annuì a quella leggera preoccupazione che velava ogni singola parola che veniva sussurrata dalla bocca del miliardario.

Il momento di serietà venne interrotto da un'ultima frecciatina da parte dell'uomo.

“Se fossi in salute, Piccolo Cervo, non saremmo qui a parlare… meglio che io non ci pensi.”

Loki alzò per l'ennesima volta in quell'ultimo periodo, gli occhi al cielo mentre un leggero sbuffò lasciava la sua bocca, divertito ed annoiato da quel modo di fare nella stessa misura.

“Verrò con te.”

Tony si ritrovò a specchiarsi in quegli occhi e, non senza alcuna fatica, sì ritrovò a negare con la testa.

“Non preoccuparti, se Thor ti vede….”

Loki bloccò quelle parole rubandogli un leggero bacio a fior di labbra, uno sfregamento di pelle ruvida e secca, un semplice quanto sofferto contatto.

“Il pentapalmo non mi riconoscerà, sono bravo con le illusioni.”

Stark strinse le sopracciglia incuriosito da quell'affermazione ma si ritrovò a negare con la testa, era strano avere a che fare con Loki ma lo riempiva di brio.

“Ti prego solo di non trasformati in un muscoloso virile vichingo…”

Loki si alzò dal letto abbandonando quel loro covo fatto di dolore e sentimento, le loro mani si accompagnarono seguendosi fino a quando il dio non fu ormai ad un passo dal letto con il capo verso di lui, atto ad imprimersi quell’ultimo leggero contatto tra loro. Era straziante sentire il distacco e sapere che quello sarebbe stato davvero l’ultimo e sofferto tocco tra loro.

Camminò lungo tutto il corridoio cercando di darsi un contegno, arrivò alla porta della casa dove, qualcuno, stava bussando con insistenza.

Loki aprì la porta spalancando la porta e, sorridendo all'infermiere che si stava accomodando, ascoltò le parole dell'uomo.

“Signorina siamo stati chiamati per trasportare un malato terminale in ospedale. Lei è?”

Loki si spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio e annuì prima di muoversi facendo il percorso a ritroso fino a giungere nuovamente al limite di quella stanza decidendo di non entrare per dare spazio a quelle persone.

“Mi segua, sono un'amica che era passata a trovarlo.”

***

Erano passati due giorni da quando Tony era stato portato in ospedale, la stanza aveva le pareti bianche, i macchinari che gli avevano collegato producevano un continuo e fastidioso ronzio, l'avevano attaccato anche ad una macchina per aiutarlo a respirare che gli copriva il volto con una mascherina trasparente.

Tony era stato sedato ma riusciva, nei pochi momenti in cui riusciva a tenere gli occhi aperti, a parlare e a pensare ritrovandosi pentito di ogni singolo secondo che stava sprecando lì dentro, lì dove era solo un mero numero, lì dove non c'erano mani fresche ad aiutarlo e a salvarlo.

Una lacrima solitaria solcò la sua guancia e cadde sul cuscino producendo, nelle orecchie dell'uomo, un rumore straziante e doloroso forse in maniera maggiore di quel cancro che ormai lo aveva ucciso.

“Stark… devo sapere che fare con tutto….”

Fury era entrato nella stanza con il suo classico passo militare eppure agli occhi del malato c'era qualcosa in lui che stonava, una sorta di peso che quelle parole dovevano portare, come se non volesse trovarsi in quel posto ed affrontare quell'eroe che, infine, era caduto.

Tony stirò dolorosamente le labbra in un sorriso e cercò di parlare ingoiando un po’ di saliva.

“FRIDAY sa già tutto, monocolo.”

L'uomo portò le braccia ad incrociarsi sul petto e, sbuffando addolorato, tornò a parlare verso quell'eroe su cui nessuno avrebbe mai scommesso all'inizio.

“Non sei cambiato eh, non mi aspettavo che tu durassi tanto nella tua folle crociata contro la malattia eppure…. Sei riuscito a durare tre mesi in isolamento.”

Il genio ridacchiò consapevole che quello fosse solo ciò che gli aveva fatto credere, aveva visitato Asgard ed aveva convissuto con quel Dio dispotico e facilmente irascibile quale era Loki.

Non era mai stato solo altrimenti non avrebbe mai resistito così tanto, non avrebbe avuto un motivo per resistere così tanto.

Un'infermiera entrò in stanza invitando l'uomo ad andarsene, i parametri vitali di Stark stavano scendendo, lentamente ed inesorabilmente andavano a spegnersi.

“Ha espresso il desiderio di rimanere solo e i monitor parlano chiaro, signore. Deve uscire dalla stanza, qui rispettiamo gli ultimi desideri dei malati, la prego.”

I due uscirono e la porta venne chiusa con un rumore sordo ed ovattato, come se nemmeno lei avesse voluto disturbare quegli ultimi respiri.

Loki apparve nella stanza, decidendo di restare nella penombra che creava quella porta chiusa, rispettoso di quel desiderio che Tony aveva sussurrato ai medici mentre veniva sistemato su quel lettino d'ospedale.

Incrociò le braccia al petto e rimase lì, statuario ed immutabile come lo scorrere del tempo.

Passarono alcuni minuti che parvero infiniti, gli occhi del dio non si spostarono mai dall'osservare quel pavimento che, improvvisamente, risultava più interessante degli occhi del moro, mai avrebbe pensato che affrontare la dipartita di qualcuno fosse così difficile…

Quando Sigyn si era spenta aveva dato la colpa al suo essere giovane per quel tumulto di emozioni che gli avevano scassato il petto per la loro intensità ma ora, secoli dopo che Morte gliela aveva strappata dalle sue braccia che scusa si sarebbe inventato per affrontare tutto quello?

Il suo amabile cervello doppiogiochista cosa avrebbe elaborato per nascondere quella morte a se stesso?

Niente.

La scena si ripeteva simile ma differente ma rimaneva allo stesso modo dolorosa, li aveva assistiti entrambe, li aveva visti spegnersi in quegli ultimi barlumi di serenità che restava loro.

“Avvicinati...”

Gli occhi verdi del dio si puntarono immediatamente su quelli stanchi e distrutti dell’umano, si ritrovò a sorridere malinconico portandosi a sedere vicino a lui.

“Non prendo ordini da te, Stark… non ti entrerà mai in quel cervello poco evoluto che ti ritrovi.”

Stirò le labbra semplicemente a quella frecciatina mentre con una mano resa debole dalla malattia cercava quella fresca del Dio.

Loki si ritrovò a stringere quella mano fra le sue, chiuse gli occhi e poggiò la fronte contro quella dell’uomo, i loro respiri erano gli unici suoni oltre al rumore incessante delle macchine.

Grazie.

Il dio non seppe dire se disse o meno quella parola ad alta voce, non percepì il proprio tono e la propria lingua che si muoveva ma il leggero sorriso stampato sul volto di Tony sembrava ricordargli che le aveva dette, che le aveva sussurrate in quel breve lasso di distanza che separava le anime dei due.

Due guerrieri, due anime perse, due incompresi e due emarginati.

Tu tum. Tu tum. Tu tum…

Tony chiuse gli occhi sospirando stanco di quel corpo che non aveva la resistenza per restare lì, a godersi quei momenti rubati a quella creatura millenaria che lo aveva accompagnato lungo tutto quel tortuoso labirinto di morte.

Loki si ritrovò immobile fronte contro fronte ad ascoltare quel leggero battito che si stava spegnendo, era straziante sentirlo così forte e chiaro, sembrava quasi che esso fosse all’interno di sé, delle sue di carni.

Tu tum. Tu tum…

La mano libera di Loki andò ad artigliarsi al letto e semplicemente rimase lì, mentre l’altra ancora reggeva, con attenzione e dedizione, quella di Stark che, anche se di poco, stava cercando di stringerlo a sé come a volersi sincerare che anche in quell’ultimo momento lui ci fosse.

Quante volte aveva finto di morire solo per ingannare chi gli stava accanto? Due? Tre? O forse quattro?

Come aveva potuto essere così tanto cieco da non sentire quello che faceva?

Tu Tum…

L’immobilità circondava ogni singolo oggetto all’interno di quella spoglia stanza, tutti gli Avengers erano seduti fuori da quella stanza con gli occhi puntati sul medico che osservava i parametri vitali del grande Iron Man.

Non mancava nessuno, erano tutti disarmati, senza alcuna divisa a nasconderli, nessuna maschera a proteggerli da quel dolore…

“No, no, no, no! Non posso! Lasciatemi vedere il signor Stark!”

Peter si era lanciato verso quella porta mentre le lacrime stavano solcando il suo volto da alcuni minuti; erano giunti lì, in quella desolata località tutti assieme, consapevoli di ciò che stava per succedere, erano rimasti lì per quei due lunghi giorni senza poter fare nulla, inermi contro qualcosa di troppo potente anche per tutti loro riuniti.

Happy si era messo in mezzo tra Peter e quella porta, lo aveva afferrato e, semplicemente, lo aveva abbracciato cercando inutilmente di farlo calmare.

Il giovane Spider Man scoppiò a piangere, sfogandosi contro quell’uomo che lo stava abbracciando, quell’appoggio che per Tony era importante. C’erano davvero tutti…

Steve era seduto su una delle poltroncine, aveva la testa bassa e fissava il pavimento con sofferenza, Natasha e Barton se ne rimanevano affianco al loro capitano, anche loro in silenzio e con il capo chino; Banner era poggiato ad una delle finestre e guardava fuori, incapace di trattenere le lacrime e di impedire a se stesso tremare ricoperto di quel dolore straziante che anche Hulk avvertiva; Thor era immobile mentre fissava quel legno che li divideva dal loro amico ma nonostante tutto glielo si leggeva in volto il dolore che stava patendo…

Erano davvero tutti lì per il signor Stark.

Tum.

Loki spalancò gli occhi nel percepire quel freddo e silenzioso ultimo rumore che proveniva dal cuore di Tony, aprì la bocca cercando qualcosa da dire ma si ritrovò ad avvertire la leggera pressione della mano dell’umano che veniva a meno, ricadeva su quelle candide lenzuola con leggero tonfo.

Raddrizzò la schiena allontanandosi da quella fronte distesa e si ritrovò a scontrarsi con l’espressione di un uomo felice: i tratti erano distesi, soavi nel richiamo della morte…

Qualcosa di bagnato gli cadde sulle mani e lo obbligò a guardare in basso, lasciò che le proprie mani scivolassero verso le proprie guance ritrovandosi ad asciugarle da quelle lacrime che erano sfuggite alla maschera del dio degli inganni.

Addio.”

***

Peter si mosse con passo lento e doloroso per andare a posare una rosa sulla bara di quell’uomo che lo aveva reso ciò che era diventato.

“Grazie mille, Signor Stark… Non la deluderò, vedrà.”

Tornò al suo posto vicino a sua zia May piangendo lacrime silenziose ritrovandosi ad osservare quanta gente stesse commemorando quell’uomo che aveva fatto di tutto per risanarsi da una vita di crimini di guerra e di produzione di armi.

Tony aveva fatto tanto per tutti, era rimasto quando tutti avevano mollato la spugna, aveva combattuto anche quando nessuna mossa sembrava quella giusta ma il destino era stato avverso con lui e lo aveva semplicemente fatto cadere da quel posto privilegiato che occupava nel cuore di tutti loro.

Peter si ritrovò a guardare una donna dai lunghi capelli neri e dai grandi occhi verdi mentre si chinava e lasciava cadere la propria rosa bianca in quella fossa, non seppe spiegare il perché con precisione ma alla vista di lei gli occhi di Peter si riempirono nuovamente di lacrime incapace di trattenere quella malinconia che lo aveva colto all’improvviso.

 

Tornò a mettersi dove era stato fino a quel momento, in piedi a lato di tutta la funzione ad osservare ed ascoltare cercando di rimanere distaccato da tutto, cercando di non lasciare crollare quella maschera perfetta che era riuscito a rimettersi.

“Pensavi che non ti avrei riconosciuto, fratello?”

Thor si sedette sullo scalino vicino a Lady Loki, si passò una mano tra i corti capelli ed imprecò negando con il capo, era stato un duro colpo anche per lui ma mai avrebbe immaginato ciò che correva nel petto e nell’animo del fratello.

In fondo non lo aveva mai messo a nudo, Thor non era mai riuscito a guardare il suo vero volto eppure era diventato piuttosto bravo a capirlo…

“Non devi fingere con me. So che ci tenevi a lui ma so che mancherà anche a me.”

Loki chiuse gli occhi, avrebbe voluto rimanere da solo, lontano da tutta quella pietà e perbenismo da cui l’uomo si era giustamente allontanato ma in quel preciso momento la presenza fisica del biondo portò conforto nella mente confusa del dio.

“Stark, non è lui, è Tony Stark.”

Thor si ritrovò ad alzare lo sguardo osservando il profilo dell’illusione che suo fratello aveva costruito in maniera perfetta, era una donna bellissima ma aveva comunque gli occhi lucidi mentre fissava quella fossa dove la bara e il corpo di quell’umano valoroso erano stati adagiati.

“I morti non sono tali fino a quando qualcuno li chiama per nome, Thor.”

Si voltò il dio degli inganni per fronteggiare quel fratello tanto odiato, si ritrovò a prendere un bel respiro prima di parlare con tono deciso.

“Riportami ad Asgard, sono un fuggiasco dopotutto.”

Thor si alzò in piedi e annuì nonostante si fosse accorto che, negli occhi del fratello mancava quella scintilla di combattività e di ingenio che lo caratterizzava, i suoi occhi sembravano essersi spenti assieme a quell’uomo che stavano piangendo.

Loki ci aveva pensato e l’unica saggia soluzione a cui era giunto era quella di farsi trovare, di farsi riportare là dove almeno aveva un tetto sopra la testa, là dove avrebbe potuto leccarsi quella ferita che si ostinava a nascondere anche a sè stesso.

***

La cella era accogliente per il Dio, forse perché aveva deciso spontaneamente di tornare ad Asgard, consapevole di ciò che stava per affrontare.

Non sapeva quantificare quanto tempo fosse passato da quando Thor lo aveva portato lì senza alcuna catena od obbligo, il tempo nelle segrete si perdeva nei meandri di esse, rimaneva una sfumatura grigiastra su quei muri scoloriti.

Non era sicuro che gli mancasse, non ne era certo ma qualcosa lo tratteneva dall’impazzire e quel qualcosa era il ricordo del sorriso di scherno di Tony. Quel ricordo che ora sapeva di amaro sulla sua bocca con quel loro leggero sfiorarsi di labbra, carne contro carne.

Si passò una mano sugli occhi stanchi e doloranti per le notti insonni che stava passando, il suo stomaco rifiutava il cibo facendoglielo capire attraverso una perenne e leggera nausea alla vista di esso.

Ogni volta che chiudeva gli occhi ripassava con lo sguardo il profilo dell’umano, ogni singolo suo modo di fare, ogni sfumatura di quella mente acuminata e geniale, ogni tortura che aveva patito in quei mesi per orgoglio e si ritrovava a gemere prima di aprire nuovamente gli occhi colmi di lacrime.

Una guardia si ritrovò a comandare al figlio adottivo di rendersi presentabile a Padre Tutto per un’udienza e lui semplicemente ubbidì, si mosse con calma, passo dopo passo facendo arrabbiare quella guardia che, di per sé, non c’entrava nulla. Gli sfuggì un leggero sorrisetto, soddisfatto di quel suo “dispetto”.

“Loki Odinson, figlio mio.”

L'ingannatore ridacchiò a quel cognome ma si mise eretto, fiero di fronte a quel Dio che doveva chiamare padre.

“Fuori tutti. Voglio parlare da solo con mio figlio.”

Le guardie ubbidirono ma Thor rimase lì, titubante e incerto su quell'ordine impartito con decisione e con un tono quasi severo.

“Non hai forse udito il mio ordine, Thor?”

Impassibile la figura di Odino, il biondo si ritrovò ad annuire chinando un poco il busto ed uscendo dalla sala del trono con l'angoscia che gli attenagliava le membra.

Il silenzio strisciò tra unici due occupanti della stanza, un sibilo freddo risalì la schiena di Loki ma rimase comunque immobile ad osservare con occhi seri quell'uomo che lo fissava senza scrupoli.

“Pensavi di riuscire davvero a nasconderti da me?”

Il mago sostenne quell'occhio vigile e scrupoloso, si leccò le labbra e sorrise prima di rispondere con tono seccente e ilare.

“Mi sono consegnato a voi, non ti basta Padre? Volete forse che mi inchini di fronte a voi?”

Si alzò dallo scranno e abbandonò Gungnir poggiandola con cura alla seduta.

Camminò scendendo quei pochi scalini che lo dividevano dal figlio adottivo e, una volta giuntogli di fronte, lo guardò con rammarico attraverso quell'unico occhio sano che gli rimaneva.

“Muninn ti ha trovato, ti ha seguito e mi ha riferito tutto…”

La maschera che componeva il volto del Dio si incrinò mostrando per pochi secondi uno sguardo turbato e addolorato mentre gli occhi saettavano sulla figura di quell’odioso uccellaccio che sedeva comodamente poggiato sul trono.

Non aveva fatto caso ad esso, aveva abbassato le difese quando aveva incontrato Stark ma allora perché non erano venuti a prenderlo subito?

“È tornato da me solo pochi giorni fa… mi ha mostrato le ultime sue memorie, Loki.”

Il corvo non aveva riferito subito a Padre Tutto ciò che aveva visto perché, dall'alto della sua posizione, aveva intravisto qualcosa che lui stesso non aveva compreso se non all'ultimo secondo.

“Mi ha mostrato che sai ancora provare qualcosa…”

La maschera che stava indossando sembrava impermeabile a quei commenti ma se da fuori sembrava integra, al suo interno era tenuta assieme da lembi di pelle e sangue, dolore e ricordi.

“È forse sbagliato, Padre?”

Non era mai cambiato da quell’abile giovane che, se messo alle strette, usava la lingua e le parole come una delle armi più pericolose e infide che ci fossero.

Si proteggeva mettendosi sulla difensiva attaccando chi gli stava di fronte come una bestia che veniva messa all'angolo.

Stava per aprire bocca per tornare a parlare e sputare un po’ di quel veleno che gli scorreva nelle vene contro quell'uomo che fin dall'inizio lo aveva solo che ingannato ma la voce del Padre lo obbligò a fermarsi.

“Tua madre sarebbe fiera di te.”

Loki non riuscì a sostenere quello sguardo che, al nominare la defunta moglie, si era ammorbidito come lo sguardo di un innamorato.

Chiuse gli occhi per respingere quella tristezza che, labile, si stava insinuando sotto la sua pelle velandogli lo sguardo di lacrime.

Negò con il capo rimanendo in silenzio ed attendendo che le parole di Odino risuonassero in quel palazzo fatto d'oro e di tristezza.

“Va da lui, figlio. Non sarà Hel a dividervi, non sei più quel giovane freddo e scostante che non si è reso conto di aver perso una moglie e un figlio, ora sei un uomo, un Dio che sono certo sia capace di ingannare anche Morte per riprendersi quel midgardiano.”

L'ingannatore si ritrovò a guardare quell'unico occhio con cipiglio serio, scherzava forse nel dargli il permesso per quell'azione?

“Spero che tu stia scherzando, Odino? Le trame delle Norne ne risentirebbero…”

Il dio di ogni cosa osservò quel figlio che mesto gli poneva una domanda tanto vera e realistica.

Sorrise rispecchiandosi in quel giovane che faticosamente aveva cresciuto, doveva essere grato alla propria moglie per avergli impedito di crescere quell’infante come un gigante di ghiaccio spietato e senza remore. Lei lo aveva nutrito con tutto l'amore che possedeva ed ora, in piedi di fronte a lui, c'era un Dio che nonostante tutto, combatteva per quella breve scintilla che Frigga aveva saputo infondergli.

“Mi pareva di aver capito che nessuna legge venisse temuta da te, figlio. Non ti mentirò sulla mia preoccupazione riguardo a codesta impresa ma non posso oppormi, dopotutto le Norne sono state crudeli con te.”

Loki abbassò il capo, non aveva più parole da sprecare lì, in quella sala del trono, circondato da quell’oro che Stark gli aveva rivelato essere “triste” e mai parola più adatta trovò per quel preciso istante.

Non aveva saputo combattere per Sigyn, non era arrivato in tempo per salvare nè lei nè quel figlio che non aveva neppure potuto stringere tra le proprie braccia.

Diede le spalle a quell’uomo che lo aveva raccolto come una semplice reliquia, diede le spalle a quel trono che aveva per tanto tempo ambito; si voltò semplicemente portando gli occhi oltre a quell’orizzonte che per loro era giorno e notte, lo guardò senza alcun vero interesse prima di stringere i pugni e lasciare le braccia lungo il busto, sconfitto.

“Se questa era una prova, Odino, sono lieto di annunciarti il mio fallimento. Andrò da lui ma infine sarà lui a decidere.”

Portò il busto in avanti iniziando a muovere le gambe per muovere alcuni passi verso quell’uscita che sapeva di salvezza e di condanna, gioia e dolore, potere e umiltà.

Toccò con le dita quella porta accarezzandone le incisioni senza veramente percepirle sotto i propri leggeri tocchi.

“E’ strano come due midgardiani nel corso di questi ultimi anni siano riusciti a far maturare entrambe i miei figli… loro, un’etnia inferiore, sono riusciti dopo un popolo divino come il nostro ha fallito.”

Un leggero sorriso si mostrò sul volto di Padre Tutto, sospirò e tornò a sedersi sul proprio scranno mentre continuava, con voce bassa e calda, a parlare a quel figlio che aveva perso con lui ogni contatto.

“Quella volta che tu portasti loro il fuoco, io dovetti punirti ma solo ora mi rendo conto di quanto quel capriccio non fosse altro che l’ennesimo filo delle Norne che lentamente si stava intrecciando.”

Loki si ritrovò a chiudere gli occhi aprendo quella porta senza voltarsi indietro, ci avrebbe provato, avrebbe portando quel fuoco che, una volta diede speranza all’intera razza umana, all’unico umano di cui ora gli importava: Tony Stark.

 

[Fine.] by Bloody Wolf




 

Note finali:

Partiamo con il ringraziare chiunque abbia avuto il coraggio e la perseveranza per arrivare alla fine di questa lettura pesante e dolorosa, grazie davvero.

Questa storia era nata per un mio periodo abbastanza brutto e sono certa che in essa si sia riversata un po' della mia malinconia e del mio dolore, so che non è perfetta e a volta incongruente ma sarò sincera nel dirvi che è stata una specie di liberazione quindi spero solo di non aver urtato qualcuno nel toccare un argomento così delicato e difficile da trattare.

So che i personaggi possono essere OOC ma giuro che ci ho provato a renderli il più possibile IC quindi chiedo venia se sono troppo fuori dagli schemi…

Doveva essere un capitolo corto ma si è allungato srotolandosi su ben quasi cinque mila parole e di questo devo chiedervi davvero scusa perché vi avevo detto che sarebbe stato molto più corto degli altri ma mi risulta difficile mettere la parola fine alle storie anche se a dir la verità, questa è la prima “long” che porto a termine, mi sono sempre persa in qualche pezzo, mi sono sempre stufata, rifiutandomi di continuarle e arrivando ad eliminarle dal sito e dal PC perché insoddisfatta di tutto ciò che non riuscivo a portare a termine quindi ora posso dire che è bello essere riusciti a mettere per la prima volta una parola Fine ad una storia.

Orribile e tragica fino a livelli impressionanti ma ha un inizio, uno sviluppo e una fine. E’ una storia vera.

Spero di aver reso in questo ultimo capitolo tutto il dolore e la sofferenza che le persone che stanno vicino a qualcuno devono sopportare, reggere sulle proprie spalle nonostante tutto.

Mi sono servita di Spider Man (e qui un ringraziamento speciale va a Miryel perché il tuo Peter mi ha ispirato qui <3 quindi grazie donna) perché in entrambe i due casi in cui appare è quello più fragile, quello più giovane di tutti gli Avengers e di conseguenza è quello che, nonostante le grosse perdite che lui stesso ha dovuto affrontare, non si capacita di quella morte.

Diciamo che è un po' la voce di tutti loro, l’unico che trova quel coraggio per combattere quell’inevitabile fatto.

Un’altra importante menzione va a Shilyss alla quale non smetterò mai di chiedere scusa per aver ucciso in maniera spudorata la sua amata Sigyn (per la cronaca, la trama di questa storia è da quando ho scritto il primo capitolo che è scritta e, mi sono accorta rileggendo la tua mini-long che Sigyn aveva dato alla luce il primo figli odi Loki ma giuro che è stata una coincidenza, ma ti chiedo comunque scusa di ciò).

Vi ringrazio con tutto il cuore ragazze, siete state un faro di luce in questa storia con i vostri aggiornamenti <3

Ringrazio anche tutte quelle persone che hanno recensito questa storia, le vostre parole mi hanno spronato a continuare portandomi a pensare che,forse, non sia così pessima come la vedo io questa storia.

Sapete perfettamente quanto sono negativa e pessimista quindi grazie è poco per quello che avete supportato in me <3

Ora che questa storia è finita posso solo che chiedervi un commento generale di tutto, una breve recensione da parte di quelle persone che, silenziose, hanno letto le mie parole disprezzandole o amandole, vi sarei molto grata di ciò.

Ok, basta perché sto piangendo e non riesco a mettere una vera e propria parola fin a tutto ciò!


 

PS: Per la verdura da lanciarmi evitate sempre i pomodori <3

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