On the set of “All The Small Things”

di Tame_san_03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le riprese ***
Capitolo 2: *** “Ti va di uscire con me?” ***
Capitolo 3: *** “Lei o il cibo?” ***



Capitolo 1
*** Le riprese ***


Non potevo credere a quello che i miei occhi stavano vedendo.

 

Scossi la testa, esasperata: avrei dovuto pensarci meglio prima di accettare quell'incarico.

 

La nostra troup stava preparando le attrezzature delle registrazioni, mentre quei tre tipi strani si stavano vestendo completamente di bianco. Uno di loro era basso, molto magro, ricoperto da tatuaggi e sul volto aveva un'espressione che sembrava dire: "Accidenti, chi me l'ha fatto fare?"

 

Dando un'occhiata agli altri due soggetti capii che non aveva tutti i torti e che probabilmente quel ragazzo pieno di inchiostro sottopelle era in realtà il più tranquillo del gruppo.

 

Poco più in là, alle prese con una chitarra verde chiaro, che, seguendo le mie poche conoscenze in fatto di punk rock, identificai come una chitarra elettrica, stava parlando con un regista. Era magro, alto e con le spalle larghe. Una bandana a scacchiera bianca e nera gli copriva in parte i capelli scuri, che dalla mia postazione mi parevano più blu notte che marroni. Mi sembrava anche di vedere qualcosa sul suo labbro inferiore, probabilmente un piercing. Stava canticchiando sottovoce ed era piuttosto carino, anche se aveva un po' la faccia da idiota.

 

Spostai lo sguardo sull'altro ragazzo. Anche se era leggermente più basso del chitarrista, era senza dubbio il maggiore: avrebbe potuto avere quasi trent'anni, a differenza degli altri due che ne avevano probabilmente meno di venticinque.

 

Ma, a quando pareva, questo non gli impediva di fare lo scemo del villaggio... seriamente, era completamente fuso: girava intorno agli altri due membri con una chitarra che, riguardo alla forma, era simile a quella del compagno, ma aveva il manico più lungo e solo quattro corde al posto di sei, era di colore bianco sporco e ricoperta di adesivi. Il suo possessore aveva tutta l'aria di essere al settimo cielo: indossava dei pantaloni bianchi e larghi, delle scarpe anch'esse bianche e una camicia del medesimo colore ancora non abbottonata. In volto aveva un'espressione infantile e divertita e i capelli castani totalmente in aria gli conferivano un'aspetto un po' sbarazzino. Anche lui era bello, sopratutto per quei due occhi azzurro ghiaccio che, nonostante la distanza, riuscivo a vedere alla perfezione.

 

Ad un tratto si mise a cantare a squarciagola e a muovere freneticamente le dita sulle corde, producendo un suono caldo e profondo e solo allora mi resi conto che, nonostante fosse collegata all'implificatore, quella che stava suonando non doveva essere una normale chitarra elettrica.

 

"Mark! Mark! Senti questo" disse poi il ragazzo alto con il piercing al labbro. Iniziò a suonare un pezzo molto veloce, probabilmente inventato al momento.

 

"Sì fratello!" gli rispose quello che dedussi chiamarsi Mark.

 

Il terzo ragazzo, quello basso e tatuato, provò ad accompagnare quel riff con dei colpi statici della batteria.

 

Anche il maggiore era intento a cercare il ritmo giusto, ma non riuscí a metterlo in pratica perché venne fermato da un uomo con i capelli brizzolati, abbastanza alto e dall'aria sveglia che annunciò l'inizio delle riprese. Era Jonas, il nostro aiutoregista.

 

"Ragazzi, si comincia... su forza. Hoppus?" chiese voltandosi verso Mark.

 

"Si è il mio cognome" esclamò lui saltellando sul posto, contento come un bambino a cui i genitori avevano appena comprato il gelato.

 

In effetti aveva un po' un'aria infantile.

 

"Ecco, abbottonati la camicia, si gira!" disse entusiasta Jonas prima di allontanarsi dalla band.

 

Sentii il ragazzo con il piercing incitare i suoi compagni "Dai ragazzi, siete pronti?! Dobbiamo spaccare i culi"

 

Non riuscii ad udire la risposta degli altri due perché l'aiutoregista mi venne incontro e mi chiese se fosse tutto al suo posto.

 

Guardai la scaletta sul foglio che tenevo in mano: "Telecamere posizionate con i nostri colleghi già sul posto, copione studiato...  mancano solo gli strumenti da posizionare"

 

"Quelli hanno insistito per portarli loro"

 

Gettai un'occhiata al set e li vidi alle prese con piatti, tamburi, casse e chitarre.

 

"Certo che sono proprio strani" commentai.

 

"Più che strani direi fuori di testa" rispose ridendo lui "Non li hai mai sentiti?"

 

Scuotendo la testa mi sentii quasi in colpa.

 

"Andiamo! Veramente? I Blink-182! Dammit, Josie... no?"

 

"Beh, magari li ho sentiti alla radio, ma non li ascolto"

 

"Per me è un onore lavorare con loro" i suoi occhi si illuminarono come davanti ad una nuova videocamera "Non sai quanto sono emozionato"

 

Iniziammo a girare dopo qualche minuto e rimasi scioccata da quello che i miei occhi videro. Nella prima scena uscirono da un aereo imitando i Backstreet Boys e dopodiché, vestiti con delle strane giacce nere che mi sembravano molto dei giubbotti antiproiettile, si misero a ballare una strana coreografia da loro inventata così su due piedi.

 

Fin qui tutto secondo il copione, finché si misero a fare gli stupidi; crearono nuove scenette e alla fine stravolsero praticamente l'intero programma. Dico solo che mi ritengo molto fortunata a non averli visti correre nudi in riva al mare.

 

Tutto sommato però il video stava pian piano prendendo forma e perfino il regista dovette ammettere che, nonostante l'idiozia, quei ragazzi ci sapevano fare: avevano fantasia, ritmo e una dose fin troppo abbondante di energia.

 

In quelle quattro ore di registrazioni li conobbi meglio. Quello basso e tatuato si chiamava Travis, era calmo, simpatico e gentile; se ne stava tranquillo dietro la sua batteria e certe volte mi sembrava addirittura timido dato che davanti alle telecamere abbassava spesso lo sguardo per non farsi riprendere in volto. Peccato... aveva dei gran begli occhi azzurri.

 

Il chitarrista con i capelli blu si chiamava Tom e oltre al piercing aveva un tatuaggio sulla spalla sinistra che scendeva fino all'avambraccio. Era divertente, un po' pervertito e molto socievole ,e fu quello che si comportò più da idiota sul set: a differenza del compagno non aveva vergogna a mostrarsi al pubblico in condizioni disagianti.

 

In All The Small Things lui era il solo cantante. La sua voce era abbastanza alta, tanto che la definirei quasi acuta, tuttavia era piuttosto orecchiabile e si prestava alla perfezione con il tono della canzone.

 

Mark, il terzo componente della band nonché il maggiore, era molto estroverso e propenso agli scherzi: durante una delle piccole pause rubò le chiavi dell'appartamento al cooproduttore per farlo rimanere fuori casa, ma venne scoperto e rincorso per cinque minuti di fila, fino a che, sfinito, non si rinchiuse in uno sgabuzzino ad aspettare che il suo inseguitore si calmasse.

 

Quando questo accadde, riprendemmo le prove e Mark spruzzò Travis con la canna dell'acqua. Lui e Tom si sganasciarono dalle risate, mentre il povero batterista, bagnato fradicio da capo a piedi, dovette stare a torso nudo per non inumidire tutti i tamburi.

 

A quel punto mi chiesi come quel povero ragazzo potesse sopportare Mark ogni giorno: io al suo posto l'avrei già strozzato, insieme a quell'altro.

 

Nonostante tutto però ci divertimmo molto a girare.

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Capitolo 2
*** “Ti va di uscire con me?” ***


Alle sei e un quarto cominciammo a ritirare l'attrezzatura per  riportarla negli uffici.

 

Stavo smontando l'ultimo treppiedi quando questo cominciò a sbilanciarsi, e mi sarebbe caduto addosso se solo un lungo braccio maschile non l'avesse fermato ad un centimetro dal mio naso.

 

"Cavoli... grazie" dissi voltandomi, aspettandomi di vedere un mio collega.

 

Solo dopo mi accorsi che quel braccio aveva un tatuaggio nero e circolare appena prima del gomito, e apparteneva a Tom.

 

"E di che? Hoppus non avrebbe voluto che una stupida videocamera rovinasse quel tuo bel visino"

 

Rimasi un po' confusa.

 

"Cosa?" chiesi ridacchiando "Intendi Mark?"

 

Tom sorrise facendo risaltare il piercing al lato del labbro e alzò le sopracciglia, come se si aspettasse che io intendessi qualcosa: "Si, proprio lui"

 

"Non vuole che la mia faccia si rovini?" risi "Cioè? Non mi ha nemmeno mai visto..."

 

"Oh, puoi scommettere che oggi non ti ha persa di vista nemmeno per un secondo"

 

Spalancai gli occhi: Mark mi aveva fissata tutto il giorno e non me ne ero accorta?

 

"Veramente?"

 

"Oh si, credo che tu abbia fatto breccia nel cuore del nostro bel bassista"

 

Rimasi basita: "Oh"

 

"Ti va di uscire con lui?"

 

Spalancai gli occhi, non credendo alle sue parole: mi stava veramente chiedendo un appuntamento con Mark? Non ci avevo nemmeno mai parlato... e poi, a dirla tutta, non è che mi sembrasse proprio un genio.

 

"Ehm..."

 

Gli occhi di Tom sprizzavano scintille "Si?"

 

Abbassai lo sguardo, dispiaciuta nel dare tali delusioni al suo amico.

 

"No?" chiese ancora, lo sguardo perso nella speranza di una mia risposta affermativa.

 

"No" dissi alla fine "Non sono interessata, digli che però è divertente e che con quel basso ci sa davvero fare... veramente, mi dispiace ma non voglio uscire con lui. Non mi sembra il mio tipo"

 

Tom rimase visibilmente un po' deluso, ma non si perse d'animo: "Ma se non lo conosci non puoi sapere come è... andiamo! Una cena... poi se non ti piace potrai cacciarlo via a calci nel culo"

 

"Tom..."

 

"Hey!" chiamò una voce da lontano "DeLonge! Per oggi abbiamo finito... andiamo a mangiare?"

 

Mi voltai e riconobbi Mark, che ci stava raggiungendo correndo. Si era cambiato i vestiti, ma gli abiti non erano molto più normali di quelli di prima: indossava dei pantaloni ocra un po' larghi, con dei risvoltini alle caviglie, su di essi c'erano degli stemmi di vecchie band e una piccola catenella argento vi pendeva dalla cintura. Una maglietta nera, con la scritta grigia Atticus nel centro, gli faceva sembrare le spalle ancora più larghe di quanto già non lo fossero. Ai piedi portava delle Vans, a scacchiera bianche e nere.

 

Alzai lo sguardo per guardarlo negli occhi azzurri e notai un leggerissimo rossore sulle guance. Era quasi buffo. Mi guardava attentamente e dalla sua espressione dedussi che non stesse pensando a cose molto caste.

 

"Ehm, ciao" dissi con un cenno della mano. Lui fece un sorriso che mi parve quasi innocente.

 

Tom gli lanciò un'occhiata triste: "Amico, ha detto di no"

 

Mark rimase sorpreso e confuso allo stesso tempo, poi capì.

 

"Sei un coglione!" gli urlò, dandogli una manata sulla spalla "Non dovevo raccontarti nulla, ma perché te l'ho detto porca puttana!?"

 

"Hey, hey, hey!" intervenni "Calmi tutti"

 

Riuscii, con non pochi sforzi, ad allontare il bassista di qualche centimetri.

 

"Che c'è che non va?" chiese Tom con il solito sorrisetto, che faceva salire dal profondo del cuore una terribile voglia di prenderlo a schiaffi "Non volevi mica un'appuntamento con lei?"

 

"Si, ma non ti ho chiesto di farmi da messaggero"

 

Mark mi lanciò uno sguardo fugace e i suoi occhi brillarono. Pensai che dovesse proprio essere totalmente preso da me per comportarsi in quel modo: era da quella mattina che lavoravo con lui e non mi era mai sembrato un tipo aggressivo o attaccabrighe.

 

"L'ho fatto per te, amico" disse Tom. Si guardarono per pochi secondi e mi accorsi di quanto fosse forte il loro legame: era come se un filo invisibile tenesse sempre collegati gli occhi castani del chitarrista a quelli del compagno, azzurro ghiaccio come il polo nord. Questi, al primo impatto, potevano anche sembrare cinici o distaccati, visto quella tonalità fredda, ma il suo sguardo, in quel momento, mi provocò una sensazione di forte calore, come se un fuoco caldo e scoppiettante mi si fosse acceso nel profondo del costato e stesse per salire fino alla gola.

 

Mark era un tipo interessante, intrigante e divertente. Pensandoci bene sarebbe stato bello poter uscire con lui, una volta, ma sotto sotto sapevo che era soltanto un bambino troppo cresciuto e ciò che mi attraeva in lui era soltanto la fantasia e il desiderio di tornare ragazzi, per rivivere la frenesia dei primi amori, delle attrazioni, della voglia di cambiamenti...

 

Quell'Hoppus era un gran giocherellone e i tipi come lui volevano solo giocare. Io avevo quasi ventisette anni, non ero un'adolescente alle prese con cotte giovanili e non potevo permettermi di cadere in una delle sue trappole.

 

Eravamo senza parole, o meglio Mark lo era, dato che non faceva che studiarmi attentamente senza battere ciglio. In effetti mi sentii un po' osservata, ma fortunatamenta Travis li chiamò in lontananza.

 

"Arriviamo!" fu il grido squillante di Tom.

 

Lui e il bassista erano un'accoppiata strana. Funzionante, altroché se funzionante... ma comunque strana: il primo con quella voce accesa, quasi stonata, che ammaliava e allo stesso tempo faceva venir voglia di tapparsi le orecchie; e l'altro quel un tono basso, roco e vibrante, che penetrava nelle orecchie degli ascoltatori come un rimbombo in una grotta dopo il lancio di un sasso, che bloccava i pensieri e stordiva loro la mente per qualche millesimo di secondo.

 

DeLonge lo prese per un braccio e lo trascinò a fatica.

 

"Saluta la tua Skye, Hoppus, muoviti"

 

Finsi di tossire: la sua Skye?

 

"Mollami coglione" fece Mark senza però apparire scontroso "Tu comincia ad andare, io arrivo tra due minuti"

 

"Ti sistemo il basso?" chiese il compagno avviandosi, a ritroso, verso il batterista.

 

"No, lo faccio io, non ti preoccupare, grazie"

 

E così restammo soli, con un'aria densa di imbarazzo tra di noi.

 

"Ti dò una mano a portarla" disse indicando la telecamera accanto a me. In effetti, insieme al treppiedi e a tutto il resto, era piuttosto ingombrante da trasportare.

 

"Oh, grazie"

 

Stavo per afferrare il piedistallo ma lui mi fermò toccandomi la mano e facendomi sussultare. Era piuttosto calda.

 

"Lascia, è pesante, Tu porta i cavi"

 

"Sei sicuro?" chiesi. Non dubitavo certo della sua forza ma non volevo che si facesse male, in fondo era un mio compito.

 

"Certo, invece tu sei sicura di non voler proprio uscire con me?"

 

Nonostante non mi aspettassi quella domanda mi venne da ridere.

 

Mark sorrise e si mise l'attrezzatura in spalla, mentre io raccoglievo e arrotolavo su se stessi i fili elettrici.

 

Ci incamminammo al parcheggio per mettere tutto sul furgone, e lui ricominciò a parlare: "No, veramente... cosa c'è che non va in me? So di non raggiungere la tua bellezza ma... ecco nessuna mi ha mai dato un due di picche"

 

Nascosi il rossore dovuto a quel piccolo complimento "Sai come si dice?"

 

"No, non lo so, dimmelo" 

 

Mi rivolse un'occhiata furba e mi resi conto che in realtà sapeva di cosa stavo parlando. Stetti zitta e roteai gli occhi: con un tipo come lui era impossibile ragionare.

 

"Sei mai uscita con un bassista?"

 

Capii che non avrebbe ceduto molto facilmente.

 

"No" risposi.

 

"Beh, sai come si dice?"

 

Mi stupii della sua faccia tosta.

 

pensai, ma non gli diedi la soddisfazione di sentirselo dire.

 

"Si, lo so" esordì soltanto.

 

Credetti di aver risposto con un tono troppo scontroso dato che, per tutto il breve tragitto fino al nostro furgone, lui non proferì parola, nemmeno una sillaba, un sospiro o un ritornello movimentato.

 

Un mio collega ci aiutò a collocare l'attrezzatura nel vano posteriore del veicolo.

 

Mark si rivolse di nuovo a me, sorridendo come per cercare di ammaliarmi: "Beh, io ora devo andare, ma se... se per caso ti capitasse una serata libera e noiosa... e se cambiassi idea..."

 

"Ci penserò ok?" lo interruppe velocemente, più per farlo stare zitto che per altro. In effetti ero già piuttosto convinta di non voler uscire con lui e non avevo bisogno di pensarci.

 

Mio bassista fece un sorriso a trentadue denti, come se sperasse veramente di avere qualche vaga speranza: "Ok, guarda che ci conto" concluse avviandosi verso gli altri due compagni.

 

A quel punto le parole mi uscirono di loro spontanea volontà "Aspetta! Non ho il tuo numero"

 

Giuro che non lo volevo dire, nè tantomeno urlarlo bellamente alle orecchie di tutti i miei colleghi, superiori compresi.

 

Evitai di proposito il loro sguardo: cosa avrebbero pensato se avessero saputo quello che Mark e io ci eravamo detti? E sopratutto quello che lui mi aveva chiesto.

 

Mark fece un passo indietro e, con l'indice alzato di chi vuole fare la figura del tipo sveglio, sussurrò: "Giusto..."

 

Ritornò di fronte a me e rubò la penna dalle mani del regista, con la quale quest'ultimo si stava appuntando non so che su un blocchetto degli appunti, poi mi afferrò delicatamente l'avambraccio e ci scarabocchiò alcuni numeri. Li scrutai per un paio di secondi prima di appurare che aveva una scrittura davvero pessima.

 

"Ehm, scusa... questo è un sei, oppure uno zero?"

 

Lui seguì il mio sguardo: "È uno zero, si capisce dai"

 

Aggrottai le sopracciglia, un po' confusa "Se lo dici tu..."

 

Mark non la smetteva di sorridere, e questo mi mandava un po' su di giri, lo ammetto: gli occhi azzurri chiaro scintillavano a quella forte luce pomeridiana, i capelli castani erano schiariti dal sole e scompigliati dalla leggera brezza del Pacifico.

 

Lo guardai bene in tutta la sua figura: non sapevo cosa fosse, ma percepii qualcosa di diverso, qualcosa che prima non c'era e che era apparso solo dopo il mio incontro. Un non so che di più... non so... più adulto, maturo, ma probabilmente era solo una mia impressione.

 

"Questa era l'ultima videocamera, giusto?"

 

Mi voltai e capii che era arrivata l'ora di andare.

 

"Si, è tutto pronto" risposi al regista, mentre altri due colleghi chiudevano le porte del furgone.

 

Mark restituì con un lancio la penna al suo legittimo proprietario.

 

"Beh, allora, aspetto quell'appuntamento"

 

Ci credeva davvero tanto, e mi dispiaceva digli esplicitamente che non ero molto interessata, quindi feci un gran sorriso e un cenno con la mano.

 

"Salutami Tom e Travis"

 

Lui, visibilmente agitato ed emozionato, saltellò un po' sul posto, come se fosse una cosa involontaria e lo facesse senza pensarci, cosa che probabilmente era vera.

 

"Sicuro... ci vediamo Skyeeeee!" esclamò prima di correre dai suoi compagni.

 

Gli altri componenti della troup lo seguirono con lo sguardo, confusi ed esasperati dal comportamento infantile di quel bassista.

 

Sorrisi involontariamente: era piuttosto strano il fatto che quel ragazzo avesse ventisette anni e qualche mese in più di me.

 

Jonas interruppe i miei pensieri e richiamò l'attenzione dell'intero gruppo "Domani danno pioggia" annunciò "E non credo riusciremo a registrare le altre scene. Domattina vi manderò un messaggio per informarvi del programma"

 

"Fanno sempre gli scemi, cambia qualcosa per loro farlo sotto il sole o sotto l'acqua?" chiese ridendo una voce dietro di me.

 

"Beh, sono sicuro che a loro piacerebbe molto, chiedete al batterista, che è stato bagnato fradicio per più di mezz'ora"

 

Qualcuno rise, un paio scossero la testa e altri mi guardarono di sottecchi. Abbassai gli occhi a terra. Non mi piaceva il fatto che tutti avessero visto Mark mentre mi scriveva il numero di telefono sul braccio: avrebbero potuto fraintendere.

 

"E non credo gli sia piaciuto molto" aggiunsi a bassa voce.

 

"Concordo" fece il regista "E ora, tutti a casa. Siete stati bravissimi, ragazzi"

 

Non fece quasi nemmeno in tempo a finire la frase che tutti i dipendenti, stanchi e accaldati dal forte sole pomeridiamo, si precipitarono alla velocità della luce al parcheggio lì accanto.

 

Raccolsi il mio zaino e mi diressi anche io alla mia auto, accompagnata de Charlotte, la mia collega preferita.

 

Stavamo per salire in macchina quando tre figure maschili fin troppo riconoscibili ci raggiunsero contenti.

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Capitolo 3
*** “Lei o il cibo?” ***


Tom si appoggiò al cofano dell'auto accanto alla nostra e lanciò un mazzo di chiavi al bassista.

 

"Guarda chi si rivede" commentò quest'ultimo, felice.

 

"Già, ci siamo lasciati dieci minuti fa, non ti ho già visto abbastanza oggi?" gli domandai scherzosamente facendolo ridacchiare.

 

"Avete di meglio da fare, fanciulle?" chiese Tom, sfoggiando il suo migliore sorriso.

 

La mia collega alzò le mani, sorridendo: "Io vorrei evitare di impazzire, con voi tre non si è mai sicuri di quello che può accadere"

 

"Non potrebbe essere più vero" concordai, guardando di sottecchi Mark e sorridendogli lievemente.

 

"Sicure di non voler venire a mangiare qualcosa con noi?" ci chiese quest'ultimo, inserendo la chiave nella serratura della macchina, come se non aspettasse altro che portarci a fare un giro.

 

"Io devo essere dal mio ragazzo per le otto e devo ancora fare la doccia e mangiare. Magari un'altra volta, grazie lo stesso" fece Charlotte. Lo disse piuttosto velocemente, come se volesse chiarire subito il fatto che non sarebbe mai uscita con tre punk rocker barra skater barra pazzi scatenati.

 

"E tu, Skye?" mi chiese Mark dando uno spintone a Tom per farlo spostare dal cofano della sua auto.

 

Lo sventurato, dopo aver fatto un volo di un metro e mezzo per la spinta, gli fece la linguaccia. Travis alzò gli occhi al cielo.

Pensai che nonostante tutto mi sarebbe piaciuto passare un po' di tempo con quei ragazzi, mi sarei sicuramente divertita.

E fu questo il pensiero che mi spinse ad annuire.

 

"Va bene, ok... dove andiamo?"

 

Dalla reazione di Mark, capii che non se l'aspettava.

 

"Beh, dovunque la principessa d'onore voglia andare" si affrettò a rispondermi.

 

Tom lo richiamò con aria impaziente "Perfetto. Ora muoviti rubacuori, fai partire 'sta catapecchia e portaci da qualche parte, non stavi mica morendo di fame?"

 

"Catapecchia sarai tu, come ti permetti di chiamare così la mia auto, Delonge!?"

 

"Ragazzi! Se non la piantate di litigare vi ficco le bacchette della batteria dove dico io" intervenne Travis cercando di sembrare minaccioso.

 

Mi accorsi che era prima volta che lo sentivo parlare, ed era strano che un tipo come lui avesse una voce così alta e delicata.

Mark e Tom rimasero interdetti: probabilmente il fatto che il batterista avesse alzato il tono era un fatto senza precedenti.

Purtroppo lo shock non durò molto: i due ragazzi, con una faccia infantile, si avvicinarono al compagno e gli strizzarono le guance come se avessero di fronte un bambino di cinque anni.

 

"Attenzione, Barker si è alterato"

 

"Cucciolo" aggiunse Tom scompigliandogli i capelli.

 

Lui si levò di dosso le mani del compagno "Piantatela scemi. Hoppus, muovi quel culo e metti in moto 'sta macchina"

 

Mi fece sorridere il fatto che, nonostante avesse usato un tono un po' scontroso, i suoi occhioni azzurri non riuscivano a non apparire timidi o dolci come di consueto.

Mark aprì la portiera del passeggero, facendomi segno di accomodarmi.

 

"Grazie" dissi entrando in auto, roteando gli occhi per quelle maniere troppo galanti e a lui visibilmente estranee.

 

"Dove ti va di andare, Skye?" chiese inserendo la chiave e facendole fare un giro.

 

"Non lo so, per me è uguale"

 

"Oh, andiamo, ci sarà un posto che ti piace" intervenne Tom dopo aver sbattuto con forza la portiera ed essersi guadagnato un'altra occhiataccia da parte del bassista.

 

Pensai velocemente ad un posto carino a Los Angeles "Beh, ci sarebbe quel ristorante italiano sulla Westwood Boulevard, è uno dei miei preferiti"

 

"Oh, si lo conosco" fece Mark.

 

"Lo conosci? Ma scusa tu non sei di San Diego?"

 

"In realtà sono nato a Ridgecrest, hai presente quel posto sperduto, nel deserto, appena sopra L.A., in cui il tuo unico vicino di casa è il nulla? Ecco, io sono nato là, in culo ai lupi" spiegò facendomi ridere, cosa che lo rese piuttosto soddisfatto "Perché me lo chiedi?" aggiunse poi uscendo dal parcheggio.

 

"Beh, mi sembra strano che tu conosca questa zona"

 

A quel punto Travis si schiarì la gola e Tom finse stupore: "Stiamo parlando di Mark Allan Hoppus, giusto? Colui che è stato in ogni bar, ristorante, fast food, osteria o pasticceria in tutto lo stato della California... ?" disse guardando di sottecchi il batterista come per cercare una sua conferma, che non tardò un secondo ad arrivare:

"Certo, colui che, mentre registriamo, si deve prendere mille pause per i suoi... snack" aggiunse, virgolettando l'ultima parola.

 

"Se non vi cucite quelle bocche giuro che vi lascio qua"

 

"Ok ok, non ti scaldare, Hoppus" fece Tom, alzando la mano in segno di resa.

 

Finalmente quei tre di tranquillizzarono e smisero di bisticciare.

Certo... "tranquillizzarsi" è una parola grossa parlando dei Blink, ma comunque si impegnarono a restare più quieti, almeno per il primo mezzo minuto.

 

"Ragazzi, mi annoio"

 

"Nessuno guida per divertimento, Hoppus"

 

"Cantate, no? Siete così bravi a farlo" proposi io, ansiosa di sentire una live in macchina.

 

"Siamo bravi a farlo?!" esclamarono all'unisono Mark e Tom.

 

Rimasi un attimo confusa e mi chiesi se mi fossi persa qualcosa, ma per fortuna la risposta del batterista mi chiarii le idee.

 

"Intendendeva a cantare, idioti"

 

"Ahh"

 

Alzai gli occhi al cielo, chiedendomi se fosse possibile che a venticinque anni quei ragazzi ragionassero ancora con il cervello di due adolescenti in piena fase ormonale.

 

"Certo che siete veramente degli idioti" commentai.

 

Tom ridacchiò, ma Mark sorrise malinconico, più per coprire una nota di vergogna che altro.

 

"Scusate... ecco, io... non avevo la minima intenzione di infierire, stavo solo scherzando" mi affrettai ad aggiungere.

 

Non volevo passare per una donna schizzinosa, insomma... anche io sapevo divertirmi.

 

"No, tranquilla... hai ragione" fece Mark a bassa voce, cercando di ridacchiare "Siamo solo degli idioti"

 

Volevo aggiungere dell'altro, ma non mi venne in mente nulla da dire e pensai che Mark se la fosse un po' presa con me.

A quel punto sentii un rumore di nastri e plastica provenire dai sedili posteriori, e Tom allungò una mano verso di me.

Afferrai la cassetta che mi stava porgendo e me la girai tra le mani: sulla facciata anteriore c'era stampata la foto di un toro, mentre, tutt'intorno, quelle che supposi essere delle scritte di Tom e Mark incorniciavano l'immagine.

 

"Mettila dentro" mi disse il chitarrista, indicando con un cenno della testa la radio vicino a me.

 

Cercai di ignorare quel piccolo broncio che ancora persisteva sulle labbra del bassista e inserii la cassetta. Dopo pochi secondi una canzone leggermente familiare mi perforò i timpani facendomi sussultare e mi affrettai ad abbassare un po' il volume.

 

Tom aveva già cominciato a cantare a squarciagola, ma data la sua voce leggermente alta per quella canzone, noialtri non resistemmo e scoppiammo a ridere.

 

Anche Mark cominciò a canticchiare, dimenticandosi del mio commento precedente. Staccò una mano dal volante per sistemarsi il ciuffo di capelli e i suoi occhi tornarono a brillare felici e spensierati, cosa che mi fece tirare mentalmente un sospiro di sollievo.

 

Travis cominciò a battere freneticamente le dita sul sedile del guidatore e in meno di dieci secondi quel viaggio divenne un concerto live. Ogni componente dell'auto tremava al suono della chitarra elettrica di Tom, del basso di Mark e delle tamburellate del batterista.

 

Prima che potessi smettere di ridere, vidi due figure maschili camminare sul marciapiede fianco a fianco. Una di loro aveva in mano una telecamera, mentre l'altro era intento a studiare un foglio che teneva in mano. Solo quando intravidi i loro volti riconobbi Jonas con il mio capo.

 

Non feci in tempi ad avvertire la band che Mark abbassò il finestrino e rallentò un po', per poi cominciare a cantare, con una voce un po' più alta e roca del normale, quasi come se fosse rovinata dagli anni:

"The timing, and structure... did you hear... he fucked her!?"

 

I due uomini per strada si spaventarono leggermente prima di riconoscere il ragazzo alla guida dell'auto e metabolizzare la frase appena sentita.

 

Jonas fece quasi cadere il foglio tra le dita "Hoppus?!"

 

Sperai con tutta me stessa che non mi avessero vista sul sedile del passeggero.

Tom non la piantava di ridere, il che non mi aiutava, considerando che a spaccarmi i timpani ci pensava già la musica assordante della cassetta.

 

"Per favore, possiamo abbassare il volume?" riuscii a chiedere cercando di sembrare gentile.

 

Tom non mi sentì e continuò a cantare, mentre fortunatamente Mark prese atto della mia richiesta e mi accontentò.

 

"Grazie" risposi massaggiandomi le orecchie "Voi siete pazzi"

 

Dopo pochi minuti arrivammo al ristorante italiano di cui parlavo. Mark parcheggiò l'auto in un vialetto con un cartello gigante iniziale "divieto di sosta" facendo finta di nulla.

Inserì il freno a mano e spense la musica, anche se Travis continuò imperterrito a picchiettare a tempo le dita sul vetro del finestrino.

Mark, quando capì che stavo per avvertirlo del divieto, fece un sorrisetto.

 

"È troppo grande" mi disse.

 

"Cosa?" chiesi con una mezza risata, non capendo cosa volesse intendendere.

 

"Il cartello è troppo grande, mi acceca e non riesco a leggere la scritta" si giustificò lui facendo ridacchiare Tom.

 

"Diresti veramente così ai poliziotti se ti volessero dare la multa?" domandai, nonostante sapessi già la risposta.

 

Lui fece un gran sorriso e scendemmo tutti dall'auto dirigendoci all'entrata del ristorante, piuttosto affamati e un po' accaldati dal sole di quel pomeriggio particolarmente afoso.

 

Appena entrammo fummo investiti da una piacevolissima aria fresca e Tom si inginocchiò sotto il condizionatore sopra l'entrata.

Alcuni clienti rimasero con le forchette all'aria, gli occhi spalancati, le mani che andavano a cercare i telefonini, per chiamare un amico o, nel caso dei cellulari più moderni, scattare una foto.

Commenti come "Ommidio! I Blink!" e "Oh, cazzo, non ci credo!" cominciarono a farsi sentire tra i tavoli occupati dai più giovani.

 

Mark ridacchiò, si avvicinò al chitarrista e lo sollevò afferrandolo da sotto le braccia: "Vieni via dall'aria fredda, altrimenti ti ammali, poverino" disse tutto imbronciato e con gli occhi dolci.

Tom si mise in piedi e gli accarezzò la spalla come se volesse flirtare con lui.

 

"Amore, non qui" gli sussurrò Mark sorridendo sornione.

 

Scossi la testa, chiedendomi per l'ennesima volta se avessi fatto la cosa giusta accettando quell'invito a pranzo.

Travis incontrò il mio sguardo e mi fece un cenno verso un tavolo libero, un po' isolato e lontano da fan troppo sfegatati.

 

Gli altri due ci seguirono, passando sotto gli occhi scintillanti di alcuni ragazzi con addosso magliette larghe e pantaloni fino a metà polpaccio, con ai piedi della vans colorate e, appoggiati alle sedie su cui erano seduti, due skateboard consunti.

 

Mark e Tom diedero il cinque ad ognuno di loro e ci raggiunsero saltellanti.

Uno dei giovani disse ai compagni che non si sarebbe mai più lavato la mano.

 

Ci radunammo intorno al tavolo rettangolare. Tom e Mark decisero, non so come, forse tramite telepatia, la disposizione dei posti a sedere e mi fecero cenno di mettermi accanto al maggiore, cosa che avrei già potuto intuire. Gli altri due si posizionarono dall'altro lato del tavolo, di fronte a noi.

 

Una cameriera sui vent'anni ci raggiunse con uno scatto fulmineo e squadrò Tom da capo a piedi, facendo poi la stessa cosa con il batterista e il bassista.

 

"Allora, cosa volete ordinare, ragazzi?"

 

La sua voce lasciava intendere il suo comportamento da gatta morta.

Roteai gli occhi un po' infastidita: odiavo quel genere di persone.

 

"Skye, tu cosa vuoi?" mi chiese Mark, guardandomi negli occhi più profondamente di come avrebbe fatto un semplice conoscente. Ma, nonostante mi sentissi un po' troppo al centro dell'attenzione, non riuscì a trattenere un sorrisetto per essere stata messa al primo posto da lui.

 

"Beh, a me andrebbe bene anche u..."

 

Tom batté le mani con enfasi, facendo voltare un gruppo di adulti seduti al tavolo accanto al nostro: "Una pizza, vero?"

 

"Si, stavo per dire quello" ridacchiai.

 

"Te l'avevo detto che era una ragazza da pizza, voi non ci credevate..." fece Mark con un gran sorriso, che mi lasciò incantata per un paio di secondi.

 

La cameriera finse di tossire: "Ehm ehm"

 

Mi lanciò un'occhiataccia, per poi riporre l'attenzione, molta attenzione, di nuovo sui componenti della band: "Allora, quattro pizze?"

 

Tom sbatté le mani sul tavolo facendomi sussultare: "Perfetto, allora... io e Travis margherita, quel deficiente lì una americana, e..." mi fece un cenno.

 

"Anche io margherita, grazie, però è probabile che non riuscirò a finirla tutta"

 

Travis ridacchiò: "Non fa niente, abbiamo qui la discarica di cibo ambulante in persona" disse guardando il maggiore.

 

Mark fece una smorfia: "Ahahah"

 

La cameriera cercò di non scoppiare a ridere di fronte al bassista e si limitò a sorridere.

 

"E da bere cosa vi posso portare?"

 

Tom gettò un'occhiata a Travis, che annuì.

 

"Tre birre medie, grazie" rispose.

 

"Skye?" mi chiese Mark

 

"Ehm, io una piccola, ma non una di quelle forti, per favore"

 

"Ok, grazie, vi metterò in lista d'onore" esclamò la gatta morta facendo volteggiare la coda di cavallo dopo aver fatto un'occhiolino ai due cantanti.

 

"Beh, grazie" disse Tom con espressione sornione.

 

La ragazza si allontanò dal tavolo lasciandoci soli. Travis, senza bisogno di specificarlo, impugnò immediatamente le posate e posizionò di fronte a sé tutti i bicchieri presenti, ma Mark allungò un braccio e gli afferrò un polso.

 

"Credo che Skye voglia mantenere i suoi timpani intatti, almeno per oggi" gli disse.

 

Mi guardò di sottecchi e io sorrisi: "Beh, mi fa piacere che ti preoccupi per me, Mark, ma non c'è bisogno di fermare il suo genio creativo, se vuole può tintinnare sui bicchieri, non mi dà fastidio"

 

Travis mi sorrise e fece una smorfia al bassista, che per vendetta gli mollò un calcio negli stinchi da sotto il tavolo.

 

"Ahia, porca p..."

 

"Hey! Hey!" esclamò Tom, tappando con una mano la bocca del compagno "Cerchiamo di moderare i termini in presenza di Skye, eh"

 

Travis annuì con il capo e il chitarrista gli liberò le corde vocali.

 

"Cazzo che male, Hoppus"

 

Tom sbatté la mano sul tavolo, di nuovo "Ho detto niente parolacce, coglioni!" disse facendoci ridere.

 

Con la coda dell'occhio vidi che Mark continuava a guardarmi, ma, a differenza di quanto mi sarei aspettata da me stessa, non mi sentivo particolarmente in soggezione.

Mi calmai e mi asciugai le lacrime agli occhi, ignorando il forte dolore alla pancia dovuto alle troppe risate.

 

Dopo pochi secondi, un ragazzo sui sedici anni raggiunse il nostro tavolo con uno skateboard sottobraccio e un pennarello indelebile nero nella mano. Era un po' basso, piuttosto magro e con un ciuffo di capelli verdi sull'occhio destro.

 

Si fermò alle spalle di Mark, visibilmente incapace di trovare le parole giuste da dire. Il bassista non si accorse di lui, quindi gli picchiettai la spalla con delicatezza, ma dovetti rifarlo un po' più forte perché si voltasse verso di me.

 

"Che c'è, Skye?" disse, i grandi occhi azzurro chiaro incatenati ai miei.

 

Gli feci un cenno e lui si voltò.

 

"Oh, hey!"

 

"Ehm, ciao" disse il ragazzo, cominciando a diventare un po' rosso sulle guance "Siete davvero forti"

 

"Grazie amigo, i tuoi capelli spaccano" rispose Tom mettendolo ancora più a disagio.

 

Lui si passò le dita nel ciuffo colorato "Wow, grazie" prese un bel respiro, facendo sorridere Mark, poi continuò "Ecco, io mi chiedevo se... beh, se potevate firmarmi lo skate"

 

Mark sorrise e si alzò dalla sedia, seguito da Tom. Quest'ultimo gli rubò il pennarello dalle mani: "Sicuro, da' qua"

 

Il giovane fece un piccolo passo indietro e dal suo stupore capii che non si aspettava una tale imponenza di quei due.

 

"Qui va bene?" chiese il chitarrista voltando lo skateboard dalla parte delle ruote.

 

"Si si, grazie"

 

I due fecero entrambi la loro firma mentre Travis, tenendo ancora in mano una forchetta, li raggiunse e afferrò il pennarello. Prese in mano la tavola e per poco non infilzò Tom con l'arma che aveva tra le dita.

Mark gliela sfilò dalle mani e la rimise sul tavolo con la sua massima delicatezza, che secondo gli standard normali equivaleva ad un fracasso terribile.

 

"Oh scusami, DeLonge" fece Travis con un sorrisetto.

 

Tom ricambiò il ghigno "Si, certo Barker"

 

Il batterista restituí lo skateboard al ragazzo, facendo comparire sul suo viso l'espressione forse più felice ed emozionata che io avessi mai visto.

 

"O mio dio, grazie, cazzo che cosa eccitante, ho il cuore che batte a mille" disse rimettendo il tappo al pennarello.

Mark gli si avvicinò e gli mise una mano sulla spalla "Hey hey, calmo, non sia mai che ti venga un infarto"

Il ragazzo guardò prima il bassista, poi la sua mano sul proprio braccio, poi di nuovo lui.

 

Gli occhi coperti dal ciuffo verde scintillavano più di una stella cadente in un cielo notturno d'estate e lo skate di nuovo tra le braccia vibrava per il suo adorabile nervosismo.

 

Sarebbe stato lì ancora qualche secondo incantato e allibito se non fosse stato per l'arrivo della cameriera, che, aiutata da un altro uomo, ci stava portando le quattro pizze che avevamo ordinato.

 

Il sedicenne fece qualche passo indietro: "Beh, ora... vado, non vorrei disturbarvi, grazie di cuore... la vostra musica spacca"

 

Gli feci un sorriso amichevole mentre i tre componenti della band lo ringraziavano e lo salutavano, tornando a sedersi ai propri posti.

 

I due camerieri ci servirono le pizze e se ne andarono in fretta per occuparsi di altri clienti, ovviamente contro la volontà della ventenne, che, se fosse stato per lei, non si sarebbe allontanata da Mark e Tom per più di mezzo metro.

Per fortuna però riuscii ad avviare una conversazione prima che la ragazza potesse aprire bocca e così, delusa e amareggiata, dopo avermi rivolto un'occhiataccia, girò i tacchi e ci lasciò soli.

 

"Allora, cosa avete intenzione di fare dopo l'album?"

 

"Concerti, che domande!" esclamò Tom impugnando il coltello per cominciare a tagliare la sua pizza margherita.

 

"E speriamo di suonare ancora durante il Warped Tour, quello di due anni fa è stato davvero pazzesco" aggiunse Mark prima di bere un sorso di birra.

 

"Quello in cui ci sono un sacco di band e un pubblico sfegatato di rocker?" chiesi afferrando le posate.

 

"Esatto" confermò il batterista.

 

Cominciammo a mangiare ognuno la propria pizza e parlammo di tutto di più. Ammetto che non avrei mai pensato di trovare così tanti argomenti su cui confrontarmi, ma scoprii di avere molte cose da raccontare: discutemmo del mio lavoro, delle scuole che avevamo frequentato, di come Tom fu espulso dal liceo dopo aver giocato a basket ubriaco; di quando Mark, nel '92, il giorno in cui lui e il chitarrista si incontrarono per la prima volta, si ruppe le anche provando a fare il gradasso con lo skateboard; di come conobbero Scott, il primo batterista, e del perché avesse lasciato la band... di moltissime cose insomma.

 

Mark fu il primo a finire la pizza e a svuotare con un ultimo sorso il bicchiere di birra.

 

"Hey, non è che ne vuoi un po' della mia?" feci, spostando il braccio dal tavolo per dargli accesso al mio piatto.

 

"Ok" disse afferrando una fetta.

 

Tom, intento a bere un sorso dal bicchiere, diede una leggera gomitata a Travis, che sorrise complice.

"Che c'è?" chiesi ridacchiando.

 

Il ghigno del chitarrista sembrò allargarsi ancora di più "Oh, no niente"

 

Stette in silenzio per un paio di secondi prima di aggiungere ridacchiando: "Non credo che Mark sia in grado di rifiutare un'offerta del genere, soprattutto se si tratta di pizza"

 

Travis fece un sorrisetto e Mark li ignorò, continuando a mangiare imperterrito la sua cena.

 

Ammetto che era piuttosto carinuccio. Nel senso, non voglio essere fraintesa ma, ecco... non era poi così male come mi era sembrato al primo impatto.

 

"Che c'è?" chiese lui guardandomi.

 

Mi accorsi che lo stavo fissando e mi inventai qualcosa "Niente..." ridacchiai leggermente "Sei un po' buffo"

 

In effetti, con la forchetta in mano rivolta all'insù, quei capelli spettinati, lo sguardo concentrato sulla fetta di pizza che teneva in mano e quella felicità sul volto tipica di un bambino davanti ad un cono di gelato al cioccolato, era per davvero un po' buffo.

 

Tom lo guardò e scoppiò a ridere "Ma quanti anni hai, Hoppus? Ti stai sbrodolando tutto..." disse facendo ridere anche noi.

 

"Non è un caso che abbia scritto What's my age again?, non pensi?" chiese Travis al chitarrista, che rispose con un "Touchè"

 

Entrambi finirono la loro pizza e io diedi l'ultima fetta della mia al bassista, che non esitò ad accettarla e, mentre lui mangiava, Tom gli tenne gli occhi puntanti addosso con il semplice scopo di provocargli fastidio.

 

Bevvi un sorso di birra e faticai a mandarla giù.

 

"Non ti piace?" mi chiese Travis, che doveva essersi accorto della mia smorfia.

 

"No no, è buona, ma quella gatta morta me ne ha portata una troppo forte" risposi facendoli ridacchiare.

 

"Vuoi che ne prendo un sorso?" mi domandò il chitarrista.

 

"Si grazie, finiscila pure"

 

"Hey, lasciamene un po', coglione" fece Mark ficcandosi in bocca il punultimo morso di pizza.

 

Sia lui che Tom si ingozzarono con la birra per la troppa fretta e, dopo essersi ripresi, Travis guardò il maggiore con espressione dubbiosa "Hoppus, una domanda... cosa è che ti piace di più? Il cibo... oppure Skye?"

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