Doing All Right

di Evola Who
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 7: *** VI ***
Capitolo 8: *** VII ***
Capitolo 9: *** VIII ***
Capitolo 10: *** IX ***
Capitolo 10: *** X ***
Capitolo 11: *** XI ***
Capitolo 12: *** XII ***



Capitolo 1
*** I ***


Doing All Right
 

 
 
Whitechapel, aprile 1971, venerdì.
 
“Eccoci qua! Benvenuti da ‘Mister Diamonds’!” disse Abel Diamonds con entusiasmo, indicando con le braccia semi-aperte il locale.

Era un uomo sui trent'anni, di corporatura robusta, il viso paffuto e le guance lisce e rosee, quasi come quelle di un bambino. I capelli color castano scuro corti e lisci erano pettinati all’indietro e gli occhi dello stesso colore, calorosi e luminosi, donavano un'aria rassicurante al suo sguardo, addolcito ulteriormente da un sorriso gentile.

Indossava abiti senza pretese: una polo senza maniche blu, sotto la quale portava una camicia color caramello e pantaloni marroni scuri come le sue scarpe. L’unico oggetto “vistoso” che indossava era la sua fede nuziale, infilata all'anulare della sua mano sinistra.

Era lucida e liscia, come se fosse ancora nuova, ed era quasi sempre la prima cosa che si notava in quell’uomo dall’aria così semplice.

Era il proprietario di un tipico pub inglese, con il pavimento di legno lucido e il bancone con tanto di sgabelli. Ma, allo stesso tempo, era un luogo diverso dal normale.

Le pareti, a cui erano attaccati qualche quadro antico e vecchi manifesti pubbliciatri dell'Ottocento, erano tappezzate di un'elegante carta da parati color rosso scuro, ed i tavoli rotondi e le sedie color nero lucido erano disposti tutto attorno; dal soffitto pendeva un piccolo lampadario di finto cristallo color oro che diffondeva una luce tenue e calda; il tutto contribuiva a creare un'atmosfera austera, quasi gotica.

“Spero che vi troverete bene. E vi ringrazio davvero tanto di aver accettato di venire a suonare qui. Non vi immaginate nemmeno la fatica per trovare una band disposta a suonare per questo weekend!” disse con tono cordiale, guardando i musicisti che erano appena arrivati.

Erano quattro ragazzi sui vent’anni, probabilmente ancora studenti, dai capelli lunghi  – o, in un caso, dalla foltissima accocciantura riccia - vestiti con pantaloni larghi, scarpe con le zeppe e giacche e camicie sbottonate con qualche fantasia colorata. Formavano una rock band dal nome un po’ strano, i Queen, e si erano già fatti un nome abbastanza noto tra i locali e i college in giro per Londra.

“Non ci deve ringraziare, signor Diamonds” rispose il cantante, Freddie Mercury.

“In fondo, siamo noi che dobbiamo ringraziarla per averci invitati a suonare qui. E le assicuro che, in queste tre serate, mostreremo il nostro valore e suoneremo da dio!” e concluse con un sorriso sicuro e l’aria un po’ ambiziosa, facendo ridere sia i suoi amici che il proprietario.

“E, comunque, dobbiamo anche ringraziarla per averci aiutato con l'attrezzattura” aggiunse il chitarrista Brian May con tono cordiale, ripensando a quanto successo qualche minuto fa.

Avevano trovato il signor Diamonds già fuori da suo pub ad aspettarli, pronto a riceverli mentre il gruppo parcheggiava il furgone; dopo le presentazioni, aveva insistito per aiutarli a portare dentro tutto il necessario.

Adesso, tutti i loro strumenti ed amplificatori erano stipati in un piccolo angolo in fondo al pub, un palchetto di forse un metro quadrato, tutto di legno e senza –ovviamente - né delle tende e né un dietro le quinte.

Il signor Diamonds lo aveva ironicamente battezzato “Il primo palco montabile e smontabile.”

In questo momento, il batterista Roger Taylor era proprio lì sopra indaffarato a montare la sua batteria insieme al bassista, John Deacon.

“È stato davvero un gesto gentile di parte sua” continuò il chitarrista con tono sincero.

“Non c’è bisogno di ringraziami per questo nonnulla. Del resto, gestisco un pub, e so che cosa significhi portare e spostare cose pesanti. Soprattutto da solo!” rispose allegramente, lasciandosi andare ad una piccola risata, che contagiò il gruppo.

Quando la risata si fu spenta, Freddie notò una cosa che lo colpì parecchio.

“Quello è un pianoforte?” domandò, indicando con il dito.
In fondo al muro di destra, c'era una pianoforte verticale di legno scuro e lucido, con la tastiera lucente; sul davanti, c'era anche uno sgabello quadrato imbottito.

Abel seguì il dito del cantante e guardò il piano.

“Oh, sì!” rispose compiaciuto. "È il mio vecchio Barratt and Robinson!”

Si avvicinò allo strumento e fece segno al gruppo di seguirlo. Freddie non se lo fece ripetere due volte, mentre Brian e il resto del gruppo parvero po’ titubanti, non volendo interrompere i loro preparativi; ma, alla fine. lo seguì anche lui ed il batterista e il bassista scesero dal palco.

Il cantante si fermò davanti al piano, ammirandolo meglio e, dopo averne avuto il permesso dal gentile proprietario, iniziò a suonare qualche nota.

“È davvero un bel suono. Ha un'ottima melodia” commentò.
“Vedo che se ne intende!” disse Abel, entusiasta. “Lo accordo almeno due volte all’anno. È un vecchio cimelio di famiglia.”

Appoggiò il gomito sul ripiano alto dello strumento e guardò i tasti con un sorriso.

“L’ha comprato mia nonna per conquistare mio nonno, mio padre lo suonò per conquistare mia madre…”

“E lei l’ha usato per conquistare sua moglie” concluse Freddie, intuendo la fine del suo racconto.

“No" rispose, sollevando la testa, "è stata lei a insegnarmi a suonarlo.”

Notò gli sguardi sorpresi per quel colpo di scena nel suo racconto e rise, dicendo: “Io e mia sorella eravamo davvero pessimi a suonare! È stata mia moglie ad insegnarmi le basi del pianoforte... in pratica, fu lei a conquistarmi con il mio stesso piano.” E ritornò a fissare i tasti, con un sorriso nostalgico e gli occhi divenuti malinconici per qualche instante.

“Comunque, sto divagando.” Si riscosse dai suoi pensieri e tornò a guardare la giovane band, autorizzando il cantante ad utilizzare il pianoforte se ce fosse stato bisogno; però, dubitando che potesse starci sul palco, suggerì di spostarlo lì vicino.

Freddie fu molto colpito dalla disponibilità del signor Diamonds, cercando di rifiutare con gentilezza e di non approfittarne troppo; ma, davanti alle sue insistenze, accettò la sua proposta.

“E… posso farle una domanda, signor Diamonds?” chiese John, con il braccio semi alzato e la voce un po’ incerta.

“Per favore, chiamatemi solo Abel. Signor Diamonds mi fa sentire fin troppo vecchio. E diamoci anche del tu. E, comunque, sì. Potete farmi tutte le domande che volete.”
Il bassista si sentì un po’ più rassicurato e domandò: “È la prima volta che assume una band musicale dentro al suo locale?”

Era una domanda che tutti e quattro si erano posti fin da quando avevano visto quel “palcoscenico smontabile”. Ma fu il più giovane componente del gruppo ad avere il coraggio di chiederlo.

“Domanda legittima. E comunque… beh… a parte quella volta che ho ingaggiato dei musicisti scozzesi di cornamusa per il mio primo anniversario di matrimonio…” fece una breve risata per il ricordo, prima di ritornare alla domanda rispondendo un po’ incerto: “Ma dopo di quello… no. Non ho mai assunto altri musicisti o band musicali.”

I Queen non rimasero molto sorpresi da quella risposta – che si erano aspettati, a giudicare dallo stile un po’ insolito del locale e del palcoscenico fatto a mano - ma apprezzarono l'ospitalità, la gentilezza e la sincerità da parte sua.

“La verità è che non ho mai avuto bisogno di assumere dei musicisti fin da quando ho comprato…”

Raccontò rapidamente come avesse aperto il suo pub subito dopo aver conseguito il diploma, sfruttando la fama sinistra del quartiere per la figura di Jack lo squartatore; aveva attirato appassionati di misteri e di racconti horror ed aveva ospitato vari scrittori e storici di mestiere perché presentassero le loro ricerche e libri; la clientela non mancava mai e poteva dirsene davvero soddisfatto.

“Ma… ho saputo che, di questi tempi, altri gestori stanno assumendo molte rock band locali per via dei grandi guadagni che ne ricavano dalle consumazioni. E visto che devo chiudere il pub per un po’ di tempo… be', mi farebbe comodo fare qualche sterlina in più.”

“E come mai ha deciso di chiudere?” chiese Roger, senza pensarci, guadagnandosi occhiataccie da parte del cantante e del chitarrista per quella domanda così impulsiva, che poteva nascondere una risposta fin troppo personale. Ma il biondo batterista non si rese conto di quella figuraccia e non notò nemmeno gli sguardi dei suoi amici.

“Oh, be'… nulla di che. Devo chiudere baracca e burattini per un po’. Devo solo sistemare e organizzare certe cose e passare un po’ più di tempo in famiglia. Riaprirò solo dopo Pasqua. Ma prima, però, mi piacerebbe finire tutte le scorte di birra ed avere una clientela diversa dal solito, almeno per una volta” rispose gentilmente, guardando il gruppo con la sua solita aria rassicurante.

“Non si preoccupi per la clientela, Abel” disse Freddie, con aria convinta e le mani sui fianchi in un atteggiamento frizzante.

“Quando ci siamo noi, l'incasso è garantito. Riempiremo il locale come se fosse uno stadio di calcio, per tutte e tre le sere, e la faremo diventare il barista più ricco di tutta Whitechapel!”

Detto questo, il cantante sollevò il braccio con fare trionfale, facendo ridere i suoi amici.

Anche Abel sorrise per quella scena e per il gesto esagerato da parte del cantate, rispondendo divertito: “Be', non so se diventerò proprio il barista più ricco di tutta Whitechapel, ma apprezzo il vostro estuiamo e…” si interruppe, sentendo il cigolio di una porta che si apriva, accompagnata una piccola ed esile voce femminile.

“Ciao, papà…”


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Note:
Salve! :D 
Seconda storia su Queen! 
Spero che vi piaccia! Questa storia mi è
venuta in mente dopo la seconda versione del film.
Dove mi sono chiesta, che tipo di presone erano
i primissimi fan dei Queen mentre non erano ancora
famosi? Ed è nata questa storia :)
E no. Non sarà una storia d'amore tra una fan con uno di loro.
(che il 99% è Roger) e il prossimo capirete il perchè. 
Sorry per tutti che pensarono il contrario...  Ovviamente, questo film avrà alcuni richiami al film. Come si capisce già dal titolo
I capitoli avranno una pubblicazione regolare, perchè è ancora
il corso di correzione. 
Qundi, vi ho avvertiti. 
Alla prossima e rigrazio ad tutti che hanno
letto :)
Evola

 

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Capitolo 2
*** II ***


“Nancy!” disse Abel con tono leggermente acuto e un sorriso nervoso.

Davanti a loro, sulla parete destra del locale, si scoprì che c'era una porta segreta leggermente aperta – oltre la quale si potevano intravedere delle scale - e proprio da lì era sbucata una ragazzina che adesso se la stava richiudendo alle spalle.

Indossava una severa divisa scolastica color blu scuro e teneva in mano una cartella marrone di finto cuoio; i capelli erano legati in due trecce che le cadevo dietro le spalle. Aveva lo stesso colore dei capelli e degli occhi del signor Diamods, solo che il volto era meno paffuto, era alta poco meno di un metro e cinquanta e poteva avere sì e no tra i dodici e i tredici anni.

Abel la raggiunse a passo svelto – mentre lei gli stava dando ancora le spalle - ed alzò il dito verso la band in segno di attesa. Si fermò davanti a lei, abbassandosi alla sua altezza e dicendo: “Tesoro! Come mai sei venuta fin qui? È successo qualcosa alla casa?” sorrideva, ma il tono della sua voce era un po’ troppo alto, come se stesse cercando di nascondere un certo nervosismo.

“Hai dimenticato di mettere le chiavi dentro al portaombrelli. Di nuovo.”

Abel rimase stranito da quella affermazione, finché non controllò le tasche, sospirando rassegnato a testa bassa. Diede un piccolo mazzo di chiavi alla figlia, scusandosi della dimenticanza. La ragazzina le prese, ma senza dire nulla.

Il genitore aveva notato l’aria nervosa che nascondeva evitando il suo sguardo, e per questo motivo cominciò a preoccuparsi.

“Com'è andata a scuola, oggi?”

“Bene…” rispose, con tono piatto.
“Abigail ti ha preso di nuovo in giro?”

“Quella stupida oca snob del cavolo!” sbottò la ragazzina alzando la testa e stringendo i pugni. “Lei e le sue stupide amiche, anche loro snob del cavolo!”

I membri della rock band – che stavano parlando tra di loro sempre accanto al pianoforte - sentirono le parole della giovane studentessa, rimanendoci di sasso, più per il suo tono aggressivo che per la frase in sé.

“Perché, per una buona volta, non perde la sua stupida voce stridula per sempre! Lei e le sue stupidissime amiche! Così, almeno, faranno un favore al resto del mondo!” e si mise a braccia conserte facendo il muso.

Abel fece un lungo sospiro paziente, ignorò le ultime parole riferite alla coetanea della figlia e domandò: “Che cosa ti ha detto?”

Così, Nancy spiegò quello che era accaduto a scuola: era l’ora di pranzo ed in mensa stava discutendo in modo tranquillo con un suo compagno di classe, su chi fossero i migliori nemici del Dottore tra i Cyberman e i Dalek.

Lei era molto convinta della sue affermazioni, che stava portando avanti in modo civile, finché non arrivò Abigail con le sue amiche dietro di lei, dicendo che ai ragazzi non piacciono le ragazze troppo arroganti e che se avesse fatto sempre così, non si sarebbe mai trovata un fidanzato.

“Come se volessi uno stupidissimo fidanzato! Per farci che cosa, poi?”

Roger – ormai tutto il gruppo stava ascoltando dal proprio angolo - pareva lì per lì per dire qualcosa in proposito, ma fu fermato in tempo dallo sguardo non troppo amichevole di Brian e dalla sua aria severa, come se avesse letto nel pensiero del batterista.

Il biondo alzò gli occhi al cielo con aria irritata, bisbigliando: “Tanto me la sarei tenuta per me…” e fece un piccolo sospiro.

Abel ascoltò tutto con pazienza, dicendo: “E tu, che cosa hai risposto?”

Nancy continuò a tenere la testa bassa, ma con un'espressione irritata. Sembrava che non volesse rispondere, finché non fece un lungo sospiro, dicendo con tono monotono: “Ho girato la testa dall'altra parte e non le ho risposto…”

“Brava la mia ragazza!” esclamò il padre con tono entusiastico e mettendo le mani sulle spalle della figlia. "Sono molto fiero di te! Hai preso la decisione più giusta da fare in queste situazioni!”

“Ma è stupido!”

Nancy alzò la testa guardando il genitore con aria interrogativa, mentre lui parve confuso da quelle parole.

“Perché devo fare finta di niente e non rispondere? Perché devo starmene zitta quando la gente mi prende in giro?”

“Perché l’ultima volta che l’hai fatto, vi siete spinte, vi siete tirate i capelli e siete finite in presidenza. E, se non avessi chiesto scusa, saresti stata sospesa” rispose Abel con tono calmo. Aveva un'espressione confortevole negli occhi e lei sollevò lo sguardo per guardarlo.

“Ma se tu non rispondi alle sue provocazioni, non solo non ti abbassi al suo livello, dimostrando che sei più matura di lei, ma le togli anche il potere che ha su di te, ossia quello di vederti reagire alle sue parole. E se tu le togli tutto questo, non solo ti dimostri migliore di lei, ma alla lunga ti lascerà in pace.” E sorrise, in maniera calda e dolce, sperando di essere ricambiato. Ma non fu così.

Nancy guardò il padre con aria inespressiva, quasi assente.
Abel non ci rimase male per quello sguardo, anzi ne comprese il significato, dicendo: “So che per te tutto questo è difficile da capire e da gestire. Ma vedrai, più crescerai, più capirai, e non potrai fare a meno di comportati così. Ma so che è una cosa molto difficile e complessa. Ricordati: io e tua madre ci saremo sempre ad aiutarti, per qualsiasi cosa.” Aveva ancora il sorriso sulle labbra; e, questa volta, fu ricambiato da un mezzo sorriso da parte di sua figlia.

Dopo un attimo di silenzio, Nancy chiese con tono serio: “Ma la mamma?”

A quella domanda, l’espressione di Abel mutò radicalmente; da un sorriso dolce, si trasformò in un'espressione quasi spaventata: gli occhi spalancati e le labbra semiaperte, per un paio di secondi. Finché non rispose con tono incerto ed a bassa voce: “La mamma… la mamma passerà la notte in ospedale…”

“Di nuovo?” rispose Nancy quasi sbottando, prima di aggiungere con aria sconfortata: “Ma è la quarta volta in una settimana...”

“Lo so, lo so, lo so…” rispose, stringendo delicatamente le spalle della figlia. “Ma non è che la mamma stia proprio male, tranquilla. È solo che…. Lei soffre di un calo di pressione un po’ più bassa della norma…” spiegò che la mamma soffriva di questa piccola patologia e che se non la controllava si sentiva sempre debole e poteva svenire in qualsiasi momento; e l’unico modo per tenerla sotto controllo era passare molto tempo in ospedale per curarsi.

“Ma non esistono medicinali, pillole o gocce per queste cose?”
“Purtroppo, non tutti i mali del mondo si possono risolvere con le medicine…”

Dopo pochi attimi di silenzio, Abel alzò gli occhi verso di lei, riacquistando il suo volto sorridente e rassicurante, dicendole di ritornare a casa, che c'era già la merenda pronta sul tavolo.

Ma gli occhi di Nancy si spostarono, notando la batteria mezza montata sul quel piccolo palco ed i quattro ragazzi in piedi in un angolo.

L'espressione musona della ragazza cambiò immediatamente, trasformandosi in pura gioia davanti a quella scena, dicendo con non poco entusiasmo: “Abbiamo una rock band?!”

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Note:
Sopresa! :D
Nuovo capitolo! In anticipo! :D
Volevo pubblicare domani ma,
devo finirlo di copiare al pc,
qundi visto che non ho niente da fare,
lo pubblico oggi!
Ora, capite perchè su "tipo di coppia"
ho messo "nessuna"?
Perchè, sarebbe stato un pò
Illegare come cosa XD
Grazie mille ad tutti quelli che
hanno letto questa storia,
ad tutti quelli che hanno recesito
e.... buona domenica!
Evola

 

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Capitolo 3
*** III ***


Nancy si sfilò la cartella e la buttò contro il petto del padre, raggiunse a passo svelto il palco e lesse il nome sulla grancassa della batteria, per poi spostarsi verso i quattro ragazzi iniziando a sparare domande a raffica: “Siete voi la band? Siete una cover band o cantate canzoni originali? Siete ancora emergenti? Avete già pubblicato un album? Avete già fatto dei tour? Cantate tutti insieme o solo uno di voi? Che genere fate? Rock pop? Rock and Roll? Hard rock?”

Poi fece un'espressione sbigottita, aggiungendo: “Rock psichedelico?” e fissò i giovani con occhi spalancati ed un sorriso a trentadue denti di pura emozione.

I ragazzi, invece, la guardarono sorpresi e pure un poco confusi. Erano sconvolti dal suo entusiasmo davanti ad una rock band sconosciuta e profondamente colpiti dalle sue domande così dirette e specifiche.
Freddie scambiò una breve occhiata con gli altri, interdetti da quello che avevano appena udito e indecisi su quale risposta dare per prima, mentre la ragazzina non gli staccava gli occhi di dosso.

Il cantante stava per decidersi a rispondere, ma fu preceduto dal tono calmo e paziente di Abel.
 “Nancy, non tormentare la band e lasciali provare.” Prese la figlia per le spalle, accompagnandola di nuovo verso la porta nascosta.

“Sono loro? La rock band che suonerà per tutto il weekend?”

“Sì. Sono loro.”

“E posso venire ad ascoltarli stasera? Ti prego, ti prego, ti prego!” fece qualche piccolo salto, appoggiandosi ad un braccio del padre.

Lui si strinse nelle spalle, dicendo: “Certo.”

Nancy trattene il respiro per un momento, per poi abbracciare il padre attorno ai fianchi, dicendo entusiasta: “Oh, grazie! Grazie! Grazie!”

Abel fu contento e addolcito da quel gesto - esattamente come la band, che guardava tutta la scena con un sorriso, godendosi quel dolce rapporto tra padre e figlia - mise la mano dietro la testa della figlia, accarezzandole i capelli, e rispose: “Ma solo perché domani è sabato e non hai scuola. Ma prima…” restituì la cartella nera alla sua proprietaria, “devi finire i compiti che ci sono qui dentro.”

Nancy la prese con aria ben poco entusiasta: “E se non ci sono?” chiese, e guardò suo padre con occhi dolci e un sorriso teso.

Ma Abel non cedette al suo sguardo, mise le mani sui fianchi e disse, con tono neutro: “Nancy…”

“Va bene! Farò i compiti!” borbottò la ragazzina, alzando gli occhi al cielo e mettendo il broncio. “Ma, almeno, posso fare merenda e guardare un po’ di TV?”

“Certo.”

Ascoltò le ultime raccomandazioni di suo padre, poi lei se ne andò sulle scale dietro la porta segreta che, probabilmente, portava alla loro casa, sopra il pub.

Non appena ebbe richiusa la porta, il proprietario fece un lungo e profondo sospiro, quindi ritornò verso il gruppo, dicendo: “Vi chiedo scusa per mia figlia. Ma è sempre stata una grande appassionata di musica.” E lo disse sorridendo, mettendo una mano dietro al collo e continuando: “In fondo, è sempre stata lei a volere una rock band dentro al pub fin da piccolissima! E quindi…” fece un sorriso allegro, ma gli occhi rimasero bassi ed un po’ malinconici.

“Non si deve scusare” rispose Freddie, “in fondo, è bello vedere una ragazzina così eccitata per una band musicale sconosciuta.” E sorrise.

Abel ricambiò il sorriso, spiegando che Nancy era sempre stata circondata dalla musica: dalla passione per il jazz e per il blues della madre, da quella per il Rock and Roll e per il Rockabilly della zia, per poi iniziare ad essere vittima della beatlesmania, delle rock band inglesi e dei cantautori americani.

I Queen rimasero colpiti da queste parole, ripensando alle domande sparate a zero dalla piccola.

“E quanti anni ha?”

“Undici anni.”

“Undici?!” ripeté Roger, sorpreso da quella risposta, con tono un po’ troppo sconcertato, guadagnandosi le occhiatacce degli altri, anche se parvero tutti molto colpiti di sapere che quella giovanissima studentessa dalla divisa severa, con le trecce e con una evidente conoscenza musicale, che dimostrava di avere tra i dodici e i tredici anni, ne avesse solamente undici.

Ma Abel non fece caso al tono esagerato di Roger e rispose con tranquillità: “Compiuti la settimana scorsa.”

“E sa suonare qualche strumento?” chiese Freddie, un po’ incuriosito.

“Certo. Mia moglie le ha dato lezioni di pianoforte fin da bambina.” E con gli occhi indicò lo strumento. “Mia sorella, poi, le ha insegnato a suonare l’ukulele ed il banjo.”

“Davvero?” domandò Brian, stupito.

“Già” rispose ridendo. “Mia sorella li ha portati con sé, dopo un lungo viaggio in America due anni fa. E, così, le ha insegnato a suonare entrambi gli strumenti!”

Raccontò che da due anni a questa parte, li suonava quasi senza sosta, divertendosi un mondo ad inventarsi accordi e canzoncine da metterci sopra. Anche questa, fu un’altra cosa che fece sia sorridere sia stupire la band nei suoi confronti, dato che, in fondo, neanche loro alla sua età, o anche dopo, avevano sviluppato un amore così profondo verso la musica.

Il proprietario continuò spiegando che il suo contributo verso la passione della figlia era consistito nel regalarle un kazoo. Raccontò dei piccoli e brevi aneddoti su sua figlia che lo suonava insieme a lui, tutto sotto gli occhi pazienti della moglie.

“Bene” disse infine Abel, smettendo pian piano di ridere e mettendosi le mani sui fianchi, fissando la rock band. “Io sono nel retro. Se avete bisogno di me, bussate alla porta dietro il vicolo, e io scatterò come una molla!” facendo ridere di nuovo il gruppo.

Freddie lo ringraziò per tutto il suo aiuto e per il suo incoraggiamento.

Abel stava per uscire, ma prima gli diede un’ultima avvertenza.

“Se volete fumare, potreste per favore farlo per fuori?” e lo chiese con un tono calmo e un’espressione un po’ incerta.

“È solo che… detesto l’odore del fumo stantio. E già devo sopportare quell'odore da parte dei miei clienti. Ma, finché non apro il pub, vorrei mantenere l’aria incontaminata. Per voi non è un problema?”

“No” rispose Freddie. “Non è un problema. Anzi, grazie per avercelo detto.” Sorrise convinto.

“Bene! Fantastico!” rispose Abel, ricambiando il sorriso. Ricordò che era sul retro e che potevano chiamarlo in qualsiasi momento, quindi se ne andò.

Quando i membri del gruppo furono da soli, Roger commentò tutta la situazione con una sola frase: “Che tipo strano.”

“Perché?” domandò John. “A me sembra una persona a posto. Anzi, è stato molto gentile e disponibile.”

“Soprattutto, non ci ha giudicato per via dei nostri capelli lunghi, del nostro abbigliamento o per il fatto che siamo una rock band” disse Brian.

“Inoltre, ci ha aiutati a scaricare la roba dal furgone” aggiunse il bassista a braccia conserte e fissando gli amici, “visto che sono quasi sempre io a dovermene occupare. Ogni volta. Da solo.” E li guardò con aria paziente.

“Deaky, Deaky, Deaky, caro…” rispose il batterista, con aria beffarda, passandogli il braccio attorno alle spalle.

“Siccome tu sei sia il più giovane di noi, sia l’ultimo arrivato della band… ti facciamo scaricare tutta la nostra attrezzatura, da solo, per rafforzarti il carattere!”

Roger lo guardò con un mezzo ghigno divertito, mentre John lo fissò con aria neutra.

“Come succede nelle caserme. Il novellino viene destinato a tutti i lavori più umili, per rinforzare il suo carattere, prima di metterlo in carica. Ed è quello che stiamo facendo con te.” E con la mano diede un veloce pizzicotto sulla guancia del bassista.

Ma il più piccolo del gruppo non reagì. Anzi, lo guardò e rispose con sicurezza: “Be', almeno sono un po’ più alto di te.”

E le espressioni si invertirono: John fece una faccia sfacciata e sorridente, mentre Roger lo fissò con aria neutra e si staccò da lui, dicendo: “Non sai stare agli scherzi!”

“Sul serio?”

John e Brian iniziarono a ridere per la sua faccia irritata – più simile ad un broncio - e per il fatto che, senza rispondere, si limitò ad alzare gli occhi ed a sospirare irritato. Per non continuare con quel discorso, iniziò a guardarsi intorno per bene, studiando meglio il locale:

“Hey… ma pensandoci bene, questo non è lo strano pub in cui succedono cose ancora più strane?”

John e Brian lo guardarono con aria perplessa per quelle sue affermazioni. Roger, allora, raccontò che alcuni suoi amici e compagni di corso poco tempo prima andarono in un pub in stile gotico a Whitechapel, dove si diceva che le sedie e i tavoli si spostassero da soli, i quadri seguissero con gli occhi i passanti e, addirittura, che i boccali di birra si riempissero da soli.

“O, forse,” azzardò Brian, con aria neutra, “non è vero niente, ed è tutto nato da una suggestione per lo strano arredamento di questo posto? O, magari, per qualche pinta di troppo…” e guardò il batterista.

“O, forse, è la tua ‘mente da scienziato’ che ti impedisce di credere a queste cose?” e lo fissò con sfida.

“Roger, tu studi medicina!”

“Bambini, vi prego! Smettetela di litigare così!” prese la parola Freddie, che per tutto il tempo se n'era rimasto zitto, a fissare il piccolo palco e pensando a come avrebbero potuto sfruttare quel mezzo quadrato nel modo migliore possibile.

Ma ora stava fissando i suoi amici con aria seria e le braccia incrociate. “Non mi interessa se qui dentro ci sono i fantasmi o gli spiriti maligni. Anzi, se il pianoforte inizia a suonare da solo e a tempo con me, allora ben venga! Ma ho promesso a quel buon uomo di Abel che avremmo dato il meglio di noi stessi, facendolo arricchire. E, visto che anche sua figlia ha già una grande aspettativa verso di noi, non voglio deludere nessuno dei due. Se facciamo colpo su di lei adesso, state pure certi che diventerà una nostra fan per tutta la vita quando saremo famosi! Quindi, iniziamo a provare e smettiamola di perderci in chiacchiere inutili!”

Freddie si volse e, con il suo passo felpato, raggiunse rapidamente il palco.

“Sì, vostra altezza” rispose Roger con aria paziente, seguendolo insieme agli altri due.

Terminarono di sistemare strumenti ed amplificatori e iniziarono a provare le loro canzoni da soli.
O quasi…


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Note:
Ecco! Il terzo capitolo! :D
E sì, mi sono divertita ad renddere Roger un
idiota totale! XD 
Sorry Roger.
Comuque, ecco un capitolo un pò più
spiegativo su Nancy e l'inizio cariera dei Queen.
Ma notiziona! Il nuovo capitolo,
lo pubblicerò mercoledì ;)
Buona domenica!
Evola 


 

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Capitolo 4
*** IV ***


Il gruppo andò avanti con le sue prove quasi senza sosta –facendo solo una piccola pausa per il tè, quando il signor Dimandos gliene portò una teiera alle cinque in punto.

Come furono rimasti di nuovo da soli, ripresero a provare “Keep Yourself Alive” con tranquillità e senza troppi problemi, perlomeno finché Roger non iniziò a provare la strana sensazione di essere osservato.

Pur continuando a suonare, iniziò a guardarsi intorno – chiedendosi se anche gli altri stessero provando la medesima sensazione - e finì inevitabilmente col pensare alle teoria degli spiriti. Infine, come attratto da qualcosa, guardò verso il bancone.

Vide un viso ed un paio di occhi scuri che lo fissavano di nascosto emergendo appena dal retro del banco.

Finalmente, Roger comprese da dove arrivasse quella sua sensazione e, mentre suonava il suo assolo, indicò con le bacchette da quella parte, gridando: “Tana per te!”

Il gruppo smise immediatamente di suonare e guardò il batterista, con aria confusa, per poi seguire la direzione indicata dalle sue bacchette.

Nel voltarsi, fecero appena in tempo a vedere quegli occhi scuri e spalancanti che scomparivano dietro il bancone.

“È inutile che ti nascondi! Ormai ti ho vista!”

Seguì qualche secondo di silenzio, finché non si sentì una voce femminile.

“Accidenti!” 


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Note:
Ecco il nuovo capitolo fuori programa! :D
E... avete già capito il perchè, ho pubblicato
questo capitolo oggi... perchè era troppo inutile
pubblicare questo breve capitolo domenica.
Qundi, lo pubblico oggi e domenica, ci sarà
un capitolo moooolto più sostazioso! ;)
Lo prometto!
Comuque, grazie mille per aver letto
e recensito questa piccola
storia!
Davvero tanto!
Evola

 

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Capitolo 5
*** V ***


Ci fu un attimo di silenzio, finché la ragazzina non uscì dal suo nascondiglio. All’inizio la band ebbe un momento di smarrimento, perché la ragazza si era cambiata: non indossava più quella severa divisa scolastica, bensì aveva una maglia gialla a strisce nere, dei pantaloni a zampa color rame in tessuto di jeans ed un paio di All Star blu scuro.

Anche i capelli erano diversi, dato che non c'erano più le trecce che gli cadevano dalla schiena. Adesso aveva, invece, una cascata di capelli che gli scendevano sulle spalle in modo arruffato e disordinato. Così, senza più quella severa uniforme e quelle trecce, sembrava realmente una bambina tra i dieci e gli undici anni.

Rimase in piedi, a braccia conserte, gli occhi bassi e l’espressione leggermente imbarazzata, che pareva nascondere un’aria corrucciata. Non sembrava minimante vogliosa di avvicinarsi al palco né, tantomeno, di parlare.

“Lo sai che non è carino spiare le persone?” ruppe il silenzio il chitarrista, mantenendo un tono calmo.

“Non stavo spiando!” ribatté subito lei con sicurezza e senza staccare gli occhi da terra. “Stavo solo ammirando da lontano, come le persone dietro le quinte!”

I Queen rimasero confusi da quell'affermazione, guardandosi per un momento tra di loro mentre la ragazzina continuava a parlare: “In fondo, voi suonate per il pubblico davanti a voi, e il pubblico vi ascolta. Ma anche le persone dietro le quinte…. vi ascoltano o vi spiano?” e alzò finalmente gli occhi, guardandoli con convinzione.

Il quartetto fu davvero impressionato da quel ragionamento così elaborato, ma nessuno la prese seriamente, eccetto uno.

 “Effettivamente, ha senso” approvò Roger.

Gli amici lo fissarono con aria clemente e Brian gli chiese: “Sei serio?”

E, per tutta risposta, lui scrollò le spalle con aria perplessa, rispondendo: “Perché non dovrei esserlo?”

“Comunque,” continuò il chitarrista, ritornando a guardare Nancy con pazienza, “è pur sempre spiare. E non è un gesto da fare. Lo sai, vero?”

“Volevo solo ascoltavi! Okay?” rispose lei, e lo disse a testa alta e con espressione sicura. “Volevo solo ascoltare la vostra musica, tutto qui. Ma, visto che mio padre mi ha detto di non disturbarvi, e visto che non volevo nemmeno interrompere le vostre prove… è stato più semplice ascoltarvi di nascosto che chiedervelo…” e ritornò a guardare in basso, anche se, questa volta, con un velo di tristezza nello sguardo.

“Perché so che molti provano fastidio nel trovarsi in mezzo ai piedi una bambina di appena undici anni.” Girò la testa dall’altra parte, cercando di nascondere quella piccola espressione di malinconia e di senso di colpa.

Al quel punto, l'intera band iniziò a provare una piccola sensazione di imbarazzo e nessuno seppe bene come fare a risponderle.

Infine, però, Freddie prese la decisione di scendere dal palco e raggiungerla.  La guardarlo e domandò in tono dolce: "Nancy, giusto?"

La ragazza annuì senza però incrociare il suo sguardo.
“E immagino che tu abbia ascoltato qualche nostra canzone, mentre eri ‘dietro le quinte’…” e guardò il bancone per qualche secondo, con aria meditabonda.

“Be'… ero lì da due canzoni e mezzo…”

“Allora, puoi darci un tuo parere oggettivo in merito. No?”

Nancy voltò la testa di scatto, incrociando per la prima volta lo sguardo del cantante, con aria sorpresa e segnata dallo stupore.

“Vuoi sapere che cosa ne penso?” chiese, colpita da quella richiesta.

“Certo” rispose Freddie, con aria rassicurante. “In fondo, dalle tue domande hai dimostrato di avere una certa conoscenza per quello che riguarda la musica. E, poi, tuo padre ci ha parlato della tua passione per le band. Quindi presumo che tu possa avere una tua opinione sulla nostra musica, giusto?”

Nancy era rimasta quasi allibita di fronte a quella richiesta inaspettata, esattamente come gli altri membri della band, che si scambiarono sguardi confusi per le parole del loro cantante che, invece, continuò a sorridere verso la ragazzina. Era quel sorriso gentile e luminoso che solo lui riusciva a fare e che sarebbe riuscito a rassicurare persino un condannato a morte.

E, infatti, davanti a quello sguardo Nancy si sentì più sicura e cercò di rispondere ricambiando il sorriso, pur essendo parecchio imbarazzata: “Be'… siete a dir poco fantastici! Davvero e… anche se avete delle cose simili ad altri, in senso musicale, credo che riusciate davvero a trasmettere qualcosa che… che non penso di aver mai sentito prima in altre band o cantanti…”

Quindi, si lanciò in una concitata descrizione di tutta la musica che ascoltava abitualmente: dai Beatles ai Rolling Stones, dai Beach Boys ai The Monkees, dagli Who ai Pink Floyd. Ed oltre ai gruppi, ascoltava ovviamente molti cantanti sia americani che inglesi, come David Bowie, Jimi Hendrix, Eric Clapton, Bob Dylan, Elton John, Janis Joplin e parecchi esponenti del country e del blues rock.

“Ma nemmeno nelle canzoni tradizionali bangladeshi ho sentito qualcosa di simile!” concluse, con entusiasmo.

“Aspetta, cosa?” chiese Roger, confuso dalla sua ultima affermazione.

“Whitechapel ospita la più grande comunità del Bangladesh e araba di tutta Londra" spiegò subito lei. "E, visto che mio padre è amico di tutti, spesso veniamo invitati alle loro feste, dove ho scoperto le loro tradizioni musicali e culturali.”

I Queen erano sempre più colpiti da quella ragazzina e dalle sue parole ma, soprattutto, dalla sua conoscenza musicale, così vasta nonostante la giovanissima età.

“Ma… avete qualcosa di diverso. Ho sentito in giro, in diversi pub, molte rock band che si spacciano come ‘gruppo originale’ ma che, in realtà, non fanno altro che copiare la musica o gli stili dei cantanti o delle band più famosi…” e fissò il pavimento con una smorfia di disgusto, per poi tornare a guardare il gruppo continuando il suo commento: “Voi siete diversi. Avete uno stile unico, delle vere canzoni originali e ben composte ed una parte cantata ad dir poco eccezionale! Anzi, quasi incredibile!” e sorrise. Un sorriso sincero e pieno di allegria che si allargò sopra il suo viso rotondo.

Freddie fu molto colpito da quelle parole, nonché un po’ compiaciuto per quei complimenti, ma la cosa che più lo stupì fu la sua sincerità, quella sincerità e spensieratezza che sanno avere solo i bambini.

E non fu solo il cantante ad esserne profondamente colpito, dato che anche gli altri membri del gruppo apprezzarono le sue parole, sentendosi all'improvviso un po’ più sicuri della propria musica.

Il frontman si abbassò verso Nancy, per poter essere alla sua stessa altezza, la guardò dritto negli occhi e con tono confortevole chiese: “Sei mai stata ad un concerto?”

La ragazzina scosse mestamente il capo, rispondendo: “No. I miei dicono che sono ancora troppo piccola per portami ad un concerto rock. Ho visto solo band locali tra fiere e pub. E non posso certo considerarli come dei veri concerti!” ed il suo sguardo si corrucciò.

Freddie sorrise un po’ divertito per quell'espressione, chiedendo: “Allora, vorresti assistere alle nostre prove?”

La giovane alzò subito la testa, con gli occhi spalancati per la meraviglia, esclamando: “Davvero posso?!”

“Certo. In fondo, sei la figlia del proprietario. Insomma, credo che sia un tuo diritto. Non credi?”

“Ma… ma… mio padre mi ha detto di non disturbarvi. Anche se, alla fine, l’ho fatto…”

“Allora, perché non continui ad ascoltarci senza nasconderti e giudicando il suono acustico del pub? Per noi, non è un disturbo.”

Freddie la guardò con espressione serena, il sorriso schiuso e gli occhi caldi e luminosi.

Nancy lo ricambiò, rispondendo: “Grazie.” Guardò anche il resto del gruppo. “Grazie davvero tanto.”

Pure Roger, Brian e John ricambiarono il suo sorriso, sentendosi un po’ rassicurati per l'esisto della serata.

“Ma, prima, vorrei sapere come vi chiamate... nel senso, quali sono i vostri nomi?”

Freddie si rimise in piedi e decise di rispondere in modo teatrale, nello stile di presentazione che usava durante i concerti: “Alla chitarra abbiamo Brian May, al basso John Deacon ed alla batteria Roger Taylor. E, alla voce, l’incredibile ed insostituibile Freddie Mercury!” Mentre parlava, aveva indicato tutti con il braccio alzato in un gesto esagerato, facendo scoppiare a ridere sia Nancy che i suoi amici.

E lei sorrise ancora di più quando Roger aggiunse, con espressione arrogante: “Se per metti… Il leggendario batterista della Cornovaglia, Roger Taylor.”

Quando Nancy ebbe finito di ridere e la band di lanciare occhiatacce al biondo, Freddie li invitò a ricominciare a suonare. Prima, però, Roger volle fare una domanda che lo tormentava da un po' alla giovanissima appassionata di musica: "Ma come sei arrivata a nasconderti dentro il bancone, senza farti vedere?”

Brian, John e Freddie ritornarono a fissarlo, questa volta con aria interrogativa, chiedendosi se stesse parlando sul serio o meno.

“Dalla botola” rispose Nancy con naturalezza.

Il quartetto girò la testa verso di lei, rimanendo colpito dalla sua risposta.

“Quale botola?”

“La botola del pavimento dentro al bancone. La botola di Jack lo Squartatore…”

La ragazza quindi raccontò che, prima di essere convertito in pub, quello era un vecchio magazzino abbandonato fin dall'epoca vittoriana; e si mormorava che, dopo aver mietuto la sua quarta vittima, il famigerato assassino di Whitechapel lo avesse usato per continuare ad uccidere, attirando con un tranello le sue vittime e nascondendo i cadaveri sotto il pavimento per mezzo di una botola, senza lasciare nessun traccia…

Il gruppo ascoltò tutto con interesse e Roger sì alzò leggermente sulla punte per cercare di intravedere la presunta botola dietro al bancone. “Davvero?” domandò.

Nancy cercò di trattenere la risata, rispondendo: “No”, prima di cominciare a ridere sguaiatamente.

Roger e Brian la guardarono scuotendo il capo con indulgenza, mentre John fu davvero colpito da quel racconto e di come la ragazzina avesse candidamente ammesso di essersi inventata tutto. Freddie, dal canto suo, sorrise divertito.

“Sono entrata alla porta segreta e mi sono lanciata dietro al banco in un momento in cui eravate tutti girati. Svelta come un gatto!” spiegò quindi, sorridendo fiera delle proprie scaltre gesta.

Freddie iniziò a provare molta simpatia verso di lei, cominciando ad apprezzare l’atteggiamento sfrontato e risoluto della bambina.

“Lo sai che non è carino inventarsi storie per spaventare le persone?” chiese Brian, con aria paziente e mettendo le mani sui fianchi.

Non voleva fare la parte dell'antipatico, ma gli sembrava coretto farle notare che certe cose non erano belle da fare o da dirsi.

Nancy alzò gli occhi con aria paziente, rispondendo: “Cavolo! Per essere una rock band, siete davvero noiosi! Non apprezzate nemmeno una piccola e sciocca storiella dell'orrore...” Detto questo, si diresse verso il piccolo palco, seguita dagli sguardi del gruppo.

“Ha ragione" affermò Freddie. “Siete un branco di fifoni noiosi. E non voglio gente noiosa, nella mia band!” e anche lui si incamminò per tornare verso il palco.

Roger lo scrutò con aria irritata e lo seguì sbottando: “La tua band? Ti ricordo che siamo stati noi a scoprirti!”

Brian e John non poterono far altro che assistere a quella scena, ascoltando le loro parole.

“Oh, poveri noi, si ricomincia…” borbottò rassegnato il chitarrista, seguendoli insieme al bassista.

“Non ti preoccupare, Brian” disse John, con un sorriso quasi infantile. “In fondo, credo che questa serata stia iniziando ad essere più divertente.”


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Note:
Ecco il nuovo capitolo! Come promesso,
un pò più pieno dell'utimo!
E da lì, la storia inizia ad spiccare un pò di più con la trama
e con il rapporto tra Nancy con i Queen. 
Sono felice che la storia vi stia piacnedo, perchè io mi sono
divertita un sacco ad scriverla! 
E come "regalo" ecco un ritrato di Nancy! ! :D 
Spero che si veda...

E l'ho creata dal sito http://azaleasdolls.com Perché non so disegnare XD 
Buona domenica Evola  

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Capitolo 7
*** VI ***


Così Nancy iniziò ad assistere alle prove dei Queen. Si sentiva emozionata come non mai, ma era anche determinata ad ascoltare con attenzione per scoprire quanto fossero preparati.

Seguì il consiglio di Freddie, ovvero di controllare l'acustica del locale, spostandosi da un capo all'altro del pub, dando suggerimenti su dove posizionare gli amplificatori, in maniera da ottenere un suono migliore ed allo stesso tempo avere più spazio per i movimenti.
Il quartetto accettò più che volentieri i suoi suggerimenti; in fondo, conosceva il locale molto meglio di loro.

Ora, era seduta sullo sgabello del pianoforte, ascoltando la canzone “Liar” ed ammirando lo spettacolo, dovuto soprattutto alla voce straordinaria di Freddie, a cui facevano da contorno i suoi movimenti teatrali - tali che pareva quasi che stesse ballando con l’asta del microfono - e l'esecuzione sopraffina del resto della band.

Era elettrizzante ascoltare quel ritmo tra il lento e il veloce, quei cori in falsetto che uniti sembravano diventare una voce unica, che accompagnava quella del frotman, ed era quasi incredibile come quella canzone riuscisse a fondere vari generi differenti in diversi momenti.

E di colpo capì che, in vita sua, non le era mai capitato di ascoltare o di assistere a qualcosa di simile, tanto che poté quasi considerarsi una privilegiata nell'essere lì, nell'essere la prima fan a cui fosse stato concesso di testimoniere a quelle prove.

Quei quattro ragazzi londinesi un po' stravaganti avrebbero riscosso un grandioso successo che li avrebbe resi immortali, se ne rendeva conto nota dopo nota; e la sua, in fondo, non era una semplice speranza, bensì una certezza che le proveniva dal fondo dell'anima. E lei, un giorno, avrebbe potuto avere il privilegio di essere stata la loro prima, grande fan. Quando il brano terminò, Nancy non riuscì a trattenersi dal lasciarsi andare in un applauso a dir poco entusiasta, accompagnandolo con un sorriso altrettanto colmo di entusiasmo.

Freddie si girò verso di lei con un inchino teatrale, rispondendo: “Grazie per la vostra gentilezza, mia piccola lady”, il che fece ridere sia la piccola ragazza che i suoi amici.

Quando il frontman si fu rialzato ed ebbe rimesso a posto il microfono, le domandò: “Allora, che cosa ne pensi, di questa canzone?” avvicinandosi ed appoggiando il braccio sul lato superiore del pianoforte.

“Be'… devo dire che questo brano è la cosa più eccentrica ed elettrizzante che io abbia mai sentito!” rispose sinceramente e piena di entusiasmo. “In fondo, posso dire di aver ascoltato moltissime canzoni di vari generi diversi, come il primo album dei Black Sabbath...”

“Hai ascoltato i Black Sabbath?” ripeté Roger, stupito, avvicinandosi al piano con Brian e John.

“Sì. Me l’ha prestato un ragazzo del liceo. L’ho sentito e devo ammettere che hanno creato una buona atmosfera sinistra e cupa con tanto di pioggia di sottofondo. Ma… non è il mio genere preferito. Preferisco album e brani molto più elaborati tecnicamente, con melodie dolci ma che allo stesso tempo sappiano richiamarsi al rock pop, all'hard rock ed al rock psichedelico, come gli ultimi dischi dei Beatles e dei Pink Floyd, oppure come le canzoni di David Bowie.”

Più i componenti del gruppo la ascoltavano fare quei suoi paragoni musicali e più rimanevano abbagliati per la sua vasta conoscenza su certe questione musicali, roba che loro, invece, avevano imparato soltanto durante l'adolescenza.

“Ma le vostri canzoni…” continuò a rispondere alla domanda. “Sono così... così diverse e insieme simili a quelle di altri cantanti. E, di certo, posso dire di non aver mai visto nessuno muoversi in modo tanto aggrazziato sopra un palco.” E fissò il cantante con aria di sincera ammirazione e un sorriso sulle labbra.

“Non avrò mai visto un concerto dal vivo, va bene, ma in televisione sì. E posso giurare che a ‘Top of The Pops’ non hanno mai fatto vedere nulla del genere.”

Freddie ricambiò il sorriso con aria a metà tra il malizioso e il beffardo, rispondendo: “Mia cara e giovane amica…”

  Appoggiò entrambe le braccia sopra il pianoforte, incrociò le gambe tenendo un piede sollevato, mise la testa sulle mani, assumendo così un atteggiamento un po’ effeminato, e continuò: “Io uso il mio stile nel modo più espressivo ed originale possibile. Mi piace essere eccentrico, voglio divertimi al massimo e desidero condividere questo divertimento con il pubblico. Bisogna fare in modo che la gente venga ad ascoltarti, capisci, perché puoi fare tutte le più belle canzoni di questo mondo, ma se non trasmetti qualcosa in più per accendere interesse nelle persone…. di certo, non ti verranno mai dietro. E, di sicuro, non imito lo stile di qualche altro cantante, diventando una sua versione grezza e parodistica. Io sono come una diva e, come tale, non voglio nascondermi mentre canto. Inoltre, posso sfruttare queste doti a mio vantaggio quando voglio, in ogni momento, anche quando sono giù dal palco.” E concluse con un sorriso dolce e arrogante, mentre con la mano scompigliò i capelli di Nancy, per poi rimetterla sotto al mento.

La ragazza lo fissò con un'espressione di pura confusione, cercando di capire un po’ meglio le sue parole: non aveva idea su come fare a rispondere, però dovette ammettere con se stessa di essere rimasta affascinata da quell'atteggiamento così frizzante ed energico, che denotava certo una personalità unica.

Stava per decidersi a rispondere qualcosa, ma Roger l’anticipò dicendo, con un ghigno divertito: “In pratica, mentre lui si diverte a ballare con l’asta del microfono attirando tutta l’attenzione su di se, noi ce ne stiamo nel nostro angolino a fare tutta la fatica di suonare senza meritarci neppure un minuto di celebrità."

I suoi compagni risero tutti tranne Freddie, che lo fissò con un'occhiata stizzita, prima di rispondere con strafottenza: “E sentiamo, allora. Tu saresti in grado di intrattenere un pubblico scatenato? Con il mio stesso carisma? Io non credo. Anzi, se devo essere sincero, nessuno ci voi ci riuscirebbe.” E con le braccia indicò gli altri membri del gruppo, dicendo con fare esuberante: “Non credo proprio, tesori miei.”

Il biondo batterista sollevò gli occhi al cielo con l'espressione di chi ormai si sia arreso, tirando un profondo sospiro, il tutto sotto gli sguardi un poco irrequieti del chitarrista e del giovane bassista.

Nancy assistette a tutto questo con incredulità, ma allo stesso tempo divertita; trovava questi continui battibecchi piacevolmente surreali e davvero simpatici, come se si fossero trovati dentro ad una scenetta non troppo demenziale dei Monty Python.

“Se, un giorno, qualcuno di voi prendesse il mio posto come frontman, vorrei che fosse il nostro caro e giovane Deaky!”

Il gruppo fece una piccola risata guardando il bassista, che era in piedi accanto a Roger: teneva la testa bassa per nascondere la sua espressione timida, alla quale si sommava però un sorriso divertito.

“Già a malapena riesco a suonare davanti ad un pubblico di più cinquanta persone senza svenire!" si schermì il ragazzo. "Figurati se riuscirei ad intrattenere un sacco di gente. E, dettaglio non meno importante, non so nemmeno cantare!”

“Oh, smettila di sottovalutarti come se non fossi capace di combinare nulla nella tua vita! Sappiamo bene che, quando vuoi, riesci farti valere ancora più di noi!”

Freddie fissò John con aria ironicamente allusiva, sbattendo le palpebre. “Sappiamo tutti che, alla fine, non sei così timido come vorresti far credere.”
Il cantante iniziò a ridere, mentre il membro più giovane del gruppo arrossì sulle guance con la testa sempre più in basso e guadagnandosi, così, una pacca di conforto da parte di Roger.

“Be', se un giorno, per uno strano caso del destino, dovessi non suonare più con noi, potrei prendere io il tuo posto" propose Brian.

“Senza offesa, mio caro amico, ma… a nessuno piace vedere in prima fila uno spilungone con più capelli che altro, per di più intento a suonare la chitarra.”

Il cantante fissò il moro riccioluto con aria beffarda, mentre lui ricambiò il suo sguardo con un'espressione non troppo contenta.

“Sempre diretto e schietto, vero?”

“Sempre. Lo sai che non ho mai avuto peli sulla lingua, gioia.” E fece un'espressione apertamente innocente, con le mani sulle guance.

“Ma voi, vi comportate sempre così?” domandò Nancy, incuriosita.

Aveva assistito a scene simili da parte dei ragazzi del liceo mentre aspettavano l’autobus, ma mai in quel modo così eccentrico ed assurdo che la stava facendo divertire come una matta.

“No, non ci comportiamo sempre così” la rassicurò il chitarrista, con tono pacato.

“Infatti" sottolineò il cantante, con un sorriso malizioso. “A volte siamo anche peggio.”

La giovane ragazza rise più divertita che mai, insieme ai quattro membri del gruppo.

“Ma spero che, la nostra esibizione, abbia risposto alle tue domande" disse Freddie, fissando Nancy dopo che ebbe finito di ridere.

La giovane rimase un po’ confusa dalle sue parole, ma il cantante le ricordò la sua sfilza di domande fatte una mezzoretta prima, iniziando a rispondere.

“Non siamo una cover band, siamo ancora alla ricerca del successo, scriviamo le nostre canzoni, non abbiamo pubblicato un album – non ancora, almeno - abbiamo girato un po’ per tutta Londra e fuori e cantiamo tutti insieme. Sul genere… non saprei dire. Secondo te, che genere suoniamo?”

La ragazza, colpita da quella risposta, guardò con occhi spalancati e bocca un po' aperta il cantante; non riusciva a credere che avesse risposto a tutte quelle domande, che lei aveva posto così velocemente parecchio prima.

“Di certo, non è rock psichedelico!” commentò Brian con ironia.

“Ma posso farti un’altra domanda?” chiese lei, sempre più incuriosita.

“Certo.”

“Perché vi fate chiamare Queen, se siete in quattro?”

Non era la prima volta che qualcuno porgeva una domanda simile. Del resto, si erano già sentiti chiedere mille volta cose del tipo: “Ma perché vi chiamate Queen, se siete tutti uomini?” e ci avevano ormai fatto l'abitudine.

Però, restarono abbastanza interdetti dal fatto che a lei interessasse il perché avessero utilizzato il sostantivo Queen al singolare, pur essendo in quattro, anziché perché degli uomini avessero scelto un nome tanto ambiguo per una rock band.

“Insomma, capisco che parole come King o Kings non avrebbero suonato bene come Queen. Ma, allora, non sarebbe stato meglio Queens, al purarle? In fondo, chi è la regina tra di voi?”

La band la guardò stupefatta per quel tipo di domanda. Nessuno, prima di quel giorno, aveva posto una domanda così diversa riguardo il loro nome; ne rimasero spiazzati e non seppero come rispondere. Tutti, tranne Freddie.

Il quale, con la sua solita sicurezza, rispose: “Perché il nome Queen è dolce, ambiguo, diretto, chiaro e glamour. In pratica, perfetto!” e lo disse spostandosi dal suo posto per mettersi davanti a lei, abbassandosi sulle ginocchia per guardarla.
“E, in più, ha un suono regale ed un po’ melodrammatico quando lo pronunci.” Si posò la mano sul petto, alzò il mento in alto e girò la testa dall'altra parte, in modo elegante e teatrale, pronunciando la parola “Queen” con un tono altezzoso ed acuto. Una cosa che riuscì a divertire ancora di più Nancy.

“E, dopo aver sentito di una band dal nome del genere, è ovvio che molti siano incuriositi di andarla a vedere, rimanendo giustamente sorpresi per lo straordinario risultato finale.”

Si guardarono tutti con aria complice, scambiandosi un sorrisetto.

“Certo, potevamo chiamarci anche Queens, ma… ammettilo, non avrebbe avuto lo stesso effetto, no?”

Nancy ci pensò per qualche secondo, per poi annuire in segno di accordo.

“E poi, in questo gruppo, come tu avrai notato, c’è solo una regina da ascoltare ed alla quale inchinarsi. E penso che tu abbia capito chi sia.” Il cantante pronunciò queste ultime parole compiaciuto e con vanità.

La giovanissima studentessa lo guardò con aria curiosa, cercando un modo per decifrare, e giustificare, quei suoi eccentrici atteggiamenti.

“Sai una cosa, Freddie?" confessò. "Penso che tu sia la persona più strana, assurda, stravagante, e anche un po’ pazza, che io abbia mai incontrato nella mia vita.”

Il frontam fu un po' scosso per quell'affermazione, come il resto dei suoi amici. Erano convinti di aver conquistato l'ammirazione di Nancy grazie alla loro musica ed al loro carisma ma, dopo aver sentito quelle parole, non seppero più che cosa pensare.

“E questo mi piace davvero tanto!” concluse però Nancy, con un'espressone a dir poco entusiasta ed un immenso sorriso disegnati sul volto.

Al quel punto, allora, i quattro musicisti compresero il significato di quelle parole e si sentirono un po’ più apprezzati e, in un certo senso, più compresi musicalmente.

“Be', sai com'è, essere considerati normali è diventato troppo... normale, ecco. E, secondo noi, è molto meglio essere strani ed assurdi, piuttosto che normali e tutti uguali. Non credi?”

Freddie le sorrise e le fece un occhiolino, mentre Nancy lo fissò sempre più affascinata.

“Adesso, posso farti io una domanda?” intervenne il biondo batterista, guadagnandosi gli sguardi di tutti verso di sé. “Sapresti dirmi qualcosa in più, su questo ritratto?"


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Note:
Nuovo capitolo ad sorpresa! :D
Il perché? Beh, visto che domani vado al cinema e sarò fuori
per quasi tutto il giorno e domenica sta divettando un giorno un pò
troppo complesso per pubblicare un capitolo -ovviamente, per me-
Qundi, ho deciso di pubblicarlo oggi! :D
Spero che vi piaccia questo lungo capitolo un pò... deliziale...
Ma spero vi abbia divertito.almeno un pò, sopratutto durante i loro 
litigi ;)
E il prossimo capitolo sarà ispirata da molte cose, tipo storie di contesse e quadri inquietanti :P
Buon weekand ad tutti! Ha! Comunque, spero di pubblicare una piccola storia diversa, che non sarà su i Queen. Ma posso dire che è molto disagata! XD
Evola.
P.s
Se non conoscete i 
Monty Python,
allora non avete il VERO senso umoriso inglese U.U 

 

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Capitolo 8
*** VII ***


Roger puntò il dito verso un quadro appeso sopra al pianoforte, e tutti si voltarono per vedere a che cosa stesse alludendo.

Era un dipinto ad olio su tela, con una cornice marrone di legno scuro, che rappresentava una giovane donna, vestita di nero, con un fiocco bianco attorno al collo e mezzo petto scoperto.

Aveva una grande e vaporosa capigliatura nera raccolta dietro la testa, che sovrastava una grossa massa di ricci legati, dai quali un boccolo le cadeva sopra una spalla, mentre un orecchino nero e bianco le pendeva dall'orecchio ed un mazzolino di fiori rossi era attaccato ad un lato della fronte.

Lo sguardo era fisso e rivolto di fronte a sé, con un'espressione neutra, gli occhi scuri, le labbra rosse e chiuse, le sopracciglia curatissime ed il naso diritto. Era ritratta dal mezzo petto in su e, l’unica cosa che si poteva notare del resto del suo corpo, era una parte della sua mano.

Dietro di lei uno sfondo scuro faceva risaltare maggiormente il candore della sua pelle, di un bianco così sfavillante da risultare quasi abbagliante.
Roger, fin da quando lo aveva notato, lo aveva trovato un po’ inquietante, mentre Freddie ne fu subito affascinato, al punto di domandarsi chi fosse quella donna ed in quale epoca fosse stato realizzato quel dipinto.

“Oh, quello” disse Nancy, girandosi per osservare a sua volta il ritratto. “È un vecchio quadro che mio padre comprò da giovane durante un’asta in Galles. Onestamente, non ne sappiamo molto. So solo che risale al millesettecento, più o meno nel periodo del regno di Maria Antonietta e di Re Luigi XVI di Francia. Ma nessuno ci ha mai spiegato chi sia o chi l’abbia dipinta. Ne conosciamo solo il titolo, ovvero La Regina Nera.” E, con il piano, suonò le prime note della Toccata e fuga in Re minore di Bach.

Tutti i membri del gruppo fecero un sobbalzo nell'udire quelle note inaspettate. Guardarono la giovane ragazza, che con in innocenza rispose: “Era per creare atmosfera”, quindi comincio a raccontare la storia del ritratto.

L’ex proprietario sapeva di avere un’antenata che era stata regina di uno stato dell’Est Europa, ma che tutto ciò che la riguardava scomparve misteriosamente. Tranne una cosa: la sua fama di essere una spietata assassina ed una praticante della magia nera.

La Regina Nera era nota per aver ucciso sulle trecentocinquanta o quattrocento persone, tra servitori e nobildonne. Uccideva tutte le sue vittime con vero sadismo, inventando i modi peggiori, più umilianti e barbari di sempre, come lasciarle nude all'esterno in pieno inverno, per farle morire di ipotermia, oppure appendendole a testa in giù dopo averle torturate; le piaceva anche impalare la gente, o lasciarla morire dissanguata.

E non si limitava solo a questo, ma dopo aver ucciso vergini nobili e belle, prendeva il loro sangue per berlo o addirittura  per farci un bagno, credendo che, così, sarebbe rimasta giovane per sempre. Inoltre, praticò riti di magia nera con il sangue dei servi o degli animali, per portare sfortuna ai suoi nemici.

“…. Ma, un giorno, i suoi crimini vennero scoperti e fu condannata a morte. Anziché essere uccisa, venne murata viva in una stanza del suo castello, dove patì fino a morire, nel giro di un anno o due. In verità, la stanza non venne mai più riaperta, quindi non si conosce davvero la sua sorte, se morì sul serio o se, in qualche modo, riuscì a scamparla. Ormai, l'unica cosa tangibile che abbiamo di lei, della spietata Regina Nera, è proprio il suo ritratto...”

Tutti fissarono il dipinto, Nancy con un'espressione neutra, mentre il resto dei ragazzi con aria sconcertata per quel racconto.

“Wow…” disse John, colpito.

“Ma è vero?” chiese Brian, girando la testa verso la giovane, quasi temendo che la tremenda Regina del ritratto potesse prendere vita.

La ragazzina non rispose subito, continuando a fissare il quadro finché la sua espressione non si tramutò in una smorfia, che trattenne a stento, prima di scoppiare a ridere a crepapelle.

“No! Non è vero niente! Me lo sono inventata!” esclamò, senza smettere di ridere.

Il chitarrista alzò gli occhi con pazienza davanti a quella confessione, Roger si girò di nuovo verso il dipinto con ancora più interesse, Freddie invece si divertì insieme a lei, apprezzando la sua tendenza agli scherzi, mentre il povero John trasse un sospiro di sollievo per quella rivelazione.

Dopo la sua grassa risata, Nancy spiegò che quello non era altro che un vecchio racconto imbastito per far divertire i turisti che entravano nel pub, ispirato alla storia vera di Erzsébet Báthory, una contessa ungherese del Quattrocento, nota per essere stata una delle serial killer più feroci della storia e nota come contessa sanguinaria.

Tutti la fissarono con aria a dir poco stupefatta per quelle parole e per quella breve ma accurata spiegazione, mentre Nancy appoggiò i gomiti sulla tastiera del piano, con le mani sulle guance e con un sorriso angelico.

“E…” chiese il batterista, un po’ titubante, “dove… dove hai sentito questa storia?”

Nancy alzò le sopracciglia, rispondendo: “Sul serio me lo chiedi? Ma avete notato che tipo di arredamento ha questo pub?”

I Queen si guardarono intorno, notando per la seconda volta, ma con più attenzione, la carta da parati, il lampadario, le vecchie locandine e tutta l’atmosfera gotica che permeava il locale.

“Mio padre, per anni, ha ospitato scrittori e giornalisti interessati alla figura di Jack lo squartatore e non solo. Ed è quindi ovvio che, da quando ho memoria, mi affascinino queste tipo di storie, oltre a quelle macabre dell’Est Europa, come la contessa sanguinaria, Vlad l'impalatore, e poi storie su spiriti e fantasmi.”

La ragazzina fece una pausa, quindi riprese.

“E non vi immaginate neppure quante teorie sulla presunta identità di Jack lo squartatore che ho ascoltato in questi anni. Tipo quella secondo cui fu Amelia Dyer ad uccidere quelle donne.”

Amelia Dyer?” ripeté John.

“Detta anche Jill the Ripper" specificò Nancy. "In epoca vittoriana fu un'allevatrice di bambini e si dice che abbia ucciso tra le duecento e le quattrocento vittime.” Il suo tono era rilassato, come se stesse parlando del tempo. “Si dice che lei e Jack lo squartatore siano in realtà la stessa persona, più che altro per un fattore cronologico.  C’è anche una filastrocca su di lei…”
Muovendo la testa, iniziò a canticchiare:
 
“That Old Baby farmer the wretch mrs Dyer.
At the old bailey her wages is paid,
In thes long ago we’d I have made big fire,
And so nicely that wickead old jade.”
 
Non appena la filastrocca fu terminata, le tornò il solito sorriso sulle labbra. Ormai, più la ascoltavano e meno sapevano come reagire alle sue parole. Di una cosa potevano però essere sicuri, ossia che Nancy Diamonds fosse la bambina più atipica e strana che avessero mai conosciuto.

Nonostante il suo gusto per l'orrido e per il sangue, dovevano comunque ammettere che la stavano apprezzando anche per questo. In fondo, ricordavano molto bene che anche loro, alla sua età o pure prima, erano stati ragazzini diversi da tutti gli altri e, forse, era stata proprio quella atipicità a spingergli a scegliere di praticare un mestiere non convenzionale, dedicandosi alla musica.

“Non per fare sempre la parte del bacchettone, ma non hai mai avuto paura a sentire tutte queste storie oscure di assassini e di mostri?” chiese il chitarrista, con curiosità e non con ostilità come la prima volta.

Nancy fece spallucce, rispondendo “No. Mi spaventano di più le immagini, come ad esempio i film horror. Invece, con le storie è più emozionate, perché puoi immaginare tu le scene e gli eventi. Quindi no, non mi fanno paura.”

A quel punto, i quattro musicisti non poterono far altro che ricambiare quello sguardo tanto dolce quanto impavido; e, in un certo senso, non poterono che dirsi d’accordo con lei.

Freddie, incuriosito, chiese quale fosse la vera storia del quadro, immaginandosi che fosse solo un vecchio ritratto dimenticato in soffitta o acquistato per due soldi ad un mercatino delle pulci.

Nancy li sorprese di nuovo, dicendo di essere lei stessa la persona raffigurata sulla tela; o, meglio, lei aveva solo posato come modella, mentre il pittore aveva modificato la forma del volto, trasformando le sopracciglia ed il colore degli occhi.

Praticamente, due anni prima, sua zia Linnea era ritornata a casa da un viaggio a Parigi e le aveva mostrato un libro che raccoglieva alcuni dei ritratti più belli del Diciottesimo secolo e dello stile Rococò. Lei se n'era innamorata talmente tanto che aveva voluto a tutti costi un vestito in quello stile, con tanto di parrucca cotonata.

Sua madre, viste le sue insistenze, decise di accontentarla ed in occasione di Halloween le cucì con pazienza un abito in quel determinato stile, ispirandosi sia agli abiti di Maria Antonietta sia alla Regina di Cuori del cartone animato Disney “Alice nel paese delle meraviglie”; ne era uscito un bellissimo abito nero e bianco, con tanto di immensa parrucca nera.

Quando il padre l'ebbe vista con indosso quel costume, ebbe l'idea di farla posare per un ritratto da appendere nel pub, per aumentarne ulteriormente l'atmosfera gotica ed affascinante. Così, la mattina del 31 Ottobre Nancy si mise in posa davanti ad un pittore, assumendo un'aria pensosa vagamente ispirata al quadro “Madame X” di John Singer Sarhent.

Poi, la sera, era uscita a far dolcetto e scherzetto urlando “tagliatele la testa!” per spaventare gli altri bambini.

Visto che il ritratto era stato fatto apposta per non assomigliarle, aveva anche deciso di inventarsi una macabra storia per i visitatori, una storia che lei stessa modificava di volta in volta per rendere il tutto ancora più affascinate ed oscuro.

“Perché, in fondo, le leggende sono questo: la stessa storia, raccontata di volta in volta in un modo diverso, al punto che, poi, non si sa più se sia vera o falsa. Però, si sa sempre che… le leggende nascondono anche un pizzico di verità".

Raccontò l'intera faccenda con un'espressione ambigua sul volto, gli occhi rivolti alla tastiera di cui, ogni tanto, suonava qualche tasto a casaccio.

“Ti piace davvero tanto raccontare questo tipo di storie e spaventare la gente, non è vero?” chiese il chitarrista, paziente.

Lei alzò la testa, rispondendo: “È l’unica cosa che faccio per aiutare mio padre qui dentro: inventarmi storie per impressionare gli avventori e spaventare quegli idioti dei miei compagni di scuola.” E rise compiaciuta.

Anche la band si fece contagiare da quella risata, nonostante Brian avesse alzato gli occhi al cielo per un momento, prima di ridere a propria volta.

“Ma… allora, chi ha dipinto il quadro?” domandò John, incuriosito.

“Un amico di famiglia. Un vero pittore professionista, esperto soprattutto con i ritratti."

“Ah, e ha fatto carriera?”

“No, era un falsario esperto. L'anno scorso, è stato arrestato per contrabbando di documenti falsi e spaccio di moneta falsa mentre tentava la fuga al confine tra la Francia e l'Italia.”

I quattro spalancarono gli occhi per quella risposta che, di sicuro, non si erano aspettati.

Fu Roger il primo a ridere, credendo che fosse la sua ennesima storiella, dicendo: “Okay, questa…. Era davvero bella.”

“No, questo è vera…” replicò la ragazzina con aria neutra, facendoli rimanere di sasso per questa rivelazione. “Povero signor Driessen. Era così gentile…”

Dopo un attimo di imbarazzo, il cantante propose di ritornare sul palco a provare, con l'approvazione della fan. Suonarono qualche canzone, poi Roger disse di aver bisogno di una pausa per concedersi una sigaretta fuori dal locale. Gli amici concordarono con lui e Nancy rispose che li avrebbe aspettati, così si diressero tutti e quattro verso la porta.

Il cantante stava andando con i suoi compagni, quando sentì una vocina dietro le spalle: “Freddie…”

Si girò, vedendo Nancy a testa bassa, con un'espressione incerta, che sembrava all'improvviso volersi fare piccola piccola, come se tutta la sicurezza, la franchezza e la strafottenza ostentate poco prima fossero all'improvviso scomparse, tramutandola nella persona più timida che lui avesse mai incontrato.

“...grazie.”


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Note:
Okay, dopo questo capitolo, volete delle spiegazioni. 
Lo capisco. 
Allora, Quando scrivevo questa storia a mano
-perchè sì, sono una quelle sbop che scrive la storia
a mano e poi al computer-
ero ossesonata dalla mitica canzone "
The March Of The Black Queen"
Canzone che amo con tutto il mio cuore perchè è bellisisma.
E ho pensato: "Perchè non metterla? Ho meglio la sua ispirazione?"
Così, per far credere che quella canzone, è nato da quel ritratto.
(E poi, io ADORO lo stile rococò! E pensavo che quella Black Queen avesse
quello stile un pò chic ;) )
Ha! E se volete conoscere tutte le cose macrabe di questo capitolo, ecco delle
piccole note:
Un video non troppo "serio" sulla Contessa Sangunaria ;)
Il ritratto di Madame X E il video della nascita di quel dipinto che vi invito
ad vederlo perchè è molto interesante
:)
E il quadro della Regina Nera :D 




Spero che questo capitolo un pò macrabo vi sia
piacutto. Perchè i prossimi capitoli saranno un pò più 
profondi.
Comuque, grazia ad tutti quelli che leggono e recisocono
questa storia! :D
Spero che durante la prossima settimana di pubblicare una
piccola storia stupida non-Queen. Altrimeti, aspettate ancora e...
buon weekand ad tutti!
Evola.
P.s
Sì. Anche la storia di Anche la storia di Amelia Dyer, la filastrocca e che la gente pensava che forse lei Jack Lo Squartatore. 
Non mi sono inventata niente.
Inquietate, no? 

 

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Capitolo 9
*** VIII ***


Freddie rimase colpito da quelle parole, non capendone il motivo.

“Grazie per avermi permesso di assistere alle vostre prove. In fondo, non tutti vorrebbero avere una bambina di undici anni in mezzo ai piedi. E, credimi, lo so bene.”

Il frontman notò l’aria triste della ragazzina, che tenne gli occhi costantemente fissi sul il pavimento, come se non avesse neppure il coraggio di guardarlo, ed iniziò a provare una forte empatia nei suoi confronti; quindi, si girò verso gli altri, che lo aspettavano fuori dalla porta, e gli fece cenno di andare senza di lui, per poter rimanere da solo con lei.

“Beh, non mi devi ringraziare. In fondo, so che cosa voglia dire avere una brutta giornata e desiderare solo di potersene tornare a casa per lasciarsi tutto alle spalle.” Nel dirlo, si sedette accanto a lei sullo sgabello. “Soprattutto, dopo una brutta giornata a scuola. E, guarda, ho detto cose ben peggiori delle tue alle spalle dei miei compagni di classe!”

Sia Freddie che Nancy risero di gusto per quell'uscita, ed il cantante fu felice di averle restituito l'allegria.

“Tanto, non mi importa di loro…”  ammise lei con convinzione, ma senza staccare gli occhi da terra.

“A giugno finirò le elementari ed a settembre me ne andrò in una nuova scuola, diecimila volte meglio di questa, nella stupenda Scozia. E, soprattutto, lontana da quegli idioti!”

“Andrai in un collegio?”

Freddie si aspettava una sua semplice risposta, ma Nancy, per un attimo, restò con gli occhi spalancati, iniziando a balbettare con vaghezza, come se non sapesse che cosa dire. “Sì…. In un collegio. In un collegio in Scozia….”

Poi, ritrovata la propria sicurezza, continuò: “È un po’ isolato e sconosciuto da queste parti. Quindi è inutile che ti dica come si chiama. Ma è molto valido e poco rigido, sono certa che mi ci troverò bene. Inoltre, è lo stesso che hanno frequentato i miei genitori ed è stato proprio lì che si sono conosciuti...” Quindi, fece un mezzo sorriso.

Il cantante ne fu davvero intenerito, ma sentì che, nonostante tutto, mancasse qualcosa, come se non avesse completato la frase, quindi domandò: “Ma...?”

Nancy non rimase colpita da quella domanda. In fondo, si poteva capire perfettamente che non era poi così entusiasta di andarsene tanto lontana da casa.

 “Ma, a volte, ho paura di ritrovarmi da sola…” ammise.

Spiegò che, nella sua vita, non aveva mai avuto dei veri amici, il che l'aveva portata a sentirsi isolata, una cosa cui, col tempo, si era abitutata fino a non farci più caso. Però, di certo, non desiderava ritrovare la stessa situazione anche della nuova scuola, visto che era molto lontano da casa.

“Beh, se inizi fin da adesso con questo atteggiamento, è ovvio che potrebbe ricapitarti.”

Nancy alzò la testa di scatto, girandosi verso di lui con aria stranita, mentre Freddie le passò il braccio intorno alla schiena, avvicinandosi a lei con aria fraterna.

“Se andrai laggiù, o in qualsiasi altro luogo, con questo atteggiamento negativo, è ovvio che sarà tutto esattamente come te lo aspetti. Ma se, invece, assumerai un atteggiamento più aperto e positivo, le cose andranno sicuramente per il meglio.”

Freddie si sentì compiaciuto per le sue parole di saggezza. Tuttavia, nell'espressione della ragazzina non trovò gratitudine, bensì una sorta di smorfia annoiata che sembrava quasi dire: “Cavolo. Questa l’ho già sentita.”

“Non ti ho convinta molto, vero?”

“No, non proprio.”

“Beh, almeno ci ho provato.”

Nancy si sentì leggermente turbata, mentre il cantante assunse una finta espressione rassegnata, prima che entrambi scoppiassero un'altra volta a ridere.

Quando si furono ricomposti, Freddie iniziò a dire con serietà: “Comunque, anche io ho frequentato un collegio. Però, avevo otto anni, quindi ero abbastanza piccolo. Forse, un po’ troppo per stare lontano da casa... Ma… i miei volevano che ricevessi un’ottima istruzione e che frequentassi un buon collegio; ritenevano che fosse una cosa giusta da fare.”

In quel momento, Nancy si rese conto che sul volto di Freddie non c'era più alcuna traccia di allegria, sorrisi o sperieratezza; piuttosto, appariva quasi inespressivo, non fosse stato per gli occhi tristi.

“Ed è stata una brutta esperienza?”

“No, al contrario. Anzi, direi che è stato uno dei periodi più belli della mia vita.” Le sorrise, ma sempre con un po’ di malinconia negli occhi.

“Avevo un sacco di amici,” raccontò. “Mi esercitavo con il canto e con il piano. È lì che ho messo su le mie prime band e… ho fatto un sacco di stupidaggini!” e iniziò ad ridacchiare.

Nancy ricambiò il suo sorriso e continuò ad ascoltare.

 “Certo, mi mancava la mia famiglia, i miei genitori, la mia sorellina… ma è stata un'esperienza molto importante per la mia vita. Mi ha formato come musicista e come persona. Ne ho conservato tantissimi ricordi, alcuni molto belli ed altri un po’ meno. Ma è sempre così. Nella vita avrai sempre belle e brutte esperienze.”

Nancy rifletté attentamente su quelle affermazioni, continuando ad ascoltarlo.

“E, secondo me, se vai lì con l’atteggiamento giusto, sarai una delle persone più carismatiche ed interessanti di tutta la scuola.”

La ragazza sorrise per quell'incoraggiamento, sentendosi un po’ più sicura di sé e meno preoccupata per il suo futuro anno scolastico. E Freddie la ricambiò.

“In fondo, che cosa vorresti ottenere dalla tua nuova vita scolastica?”

Lei ci pensò, anche se non molto a lungo, rispondendo: “Degli amici." Fece una pausa, quindi continuò:

 "Dei veri amici, che non mi giudichino al primo istante né che mi diano dei nomignoli stupidi, come ‘Nancy il maschiaccio’, ‘Nancy la stramba’, ‘Nancy la racchia’, ‘Nancy la pazzoide’ o ‘Creepy Nancy...” E fece un lungo sospiro paziente, mentre alzava gli occhi al cielo ricordando tutti quei soprannomi spregiativi.

 “Io voglio solo qualcuno nella mia vita che mi chiami solo Nancy, Nancy e basta. Persone a cui possa aprimi, condividere le mie passioni, fare pazzie insieme e… creare un rapporto così intenso da sentirci come dei fratelli, che faranno parte della mia vita per molto tempo…. Un po’ come una piccola famiglia da scegliermi da sola.” Un sorriso malinconico le si allargò sul volto.

Freddie comprese ciò che volesse dire e intuì che fosse figlia unica -anche considerato che Abel non aveva fatto cenno a qualche altro figlio. Anche se lui aveva avuto una sola sorella minore, poteva immaginare come dovesse sentirsi sola una bambina senza un fratello o una sorella con cui poter giocare.

E l’unica speranza per lei, quindi, era quella di trovare degli ottimi amici con cui costruire un rapporto fraterno. E non sarebbe certo stato lui biasimarla per un simile desiderio.

“Come il vostro rapporto” riprese lei, alzando gli occhi verso il cantante.

“Immagino che, in quasi tutte le band, si instauri un rapporto di amicizia tra i musicisti, quasi fraterno. E da come vi ho visti comportarvi tra di voi, direi proprio che sia così.”

Si scambiarono un sorriso, poi Freddie rispose: “È vero, è così.” Con la mano le accarezzò il braccio.

“Io, John, Roger e Brian non siamo solo una Rock Band. Siamo dei grandi amici, semmai, una squadra, dei fratelli. In pratica, una famiglia.” Disse tutto questo con sincerità.

“Certo, a volte discutiamo e litighiamo tra di noi, a volte non ci rivolgiamo la parola per giorni, per vedere chi cede per primo dalle sue posizioni. Molto spesso, mi viene voglia di picchiarli.”

“E lo hai mai fatto?”

“No, ma un giorno potrei anche pensarci.”

Freddie ridacchio divertito, mentre Nancy lo fissò dubbiosa.

“Non mi sembra una cosa molto carina…”

“Quando crescerai, capirai che cosa voglia dire avere degli amici così irritanti da sentire l'irrefrenabile voglia di prenderli a calci in... insomma, di picchiarli! Per poi farci pace e riderci su!”

Il cantante fece un'espressione spensierata, mente la giovane rifletté su quelle parole.

“Ma sì, noi siamo dei grandi amici" continuò "E, senza di loro, non sarei qui, non sarei proprio nessuno, esattamente come loro, senza di me, non sarebbero niente. Quindi, ci siamo incontrati ed eccoci qui. Insieme, a suonare verso il successo.” Lo disse con sincerità, senza dubitare di nessuna delle proprie parole.

Calò il silenzio, un dolce silenzio; Freddie tenne lo sguardo in alto, ripesando a tutti i suoi bei ricordi ed a tutti i bei momenti che aveva diviso con i suoi compagni d'avventura: l’incontro con Roger e Brian, la convivenza un po' complicata con il batterista, la caccia al bassista perfetto fino a trovarsi tutti insieme, uniti per dare la scalata al successo.

Nancy ne fu davvero ammirata e provò anche una certa invidia per la fortuna del cantante.

“E… secondo te, avrò anche io degli amici così?”

Freddie la guardò e sorrise, rispondendo con tono dolce: “Solo se saprai essere positiva e, soprattutto, te stessa. Devi imparare a fregartene di quello che gli altri dicono su di te. E, sinceramente, sai che cosa penso?” Con il braccio la strinse leggermente a sé, appoggiando il mento alla sua spalla e mormorando: “Penso che la gente farebbe la fila, pur di avere un'amica tanto interessante, divertente, simpatica e, soprattutto, così brava ad inventare storie…”

Nancy ridacchiò, ma continuò ad ascoltarlo.

“Insomma, pur di avere un'amica come te. Sono sicuro che, un giorno, avrai anche tu una piccola famiglia fatta di amici fedeli, e sarai la persona più felice del mondo.”

I due si guardarono con aria serena, poi Nancy lo abbracciò con dolcezza, sentendosi grata per quelle parole tanto sincere e sentite da parte sua. Freddie ricambiò l’abbraccio, sentendosi invadere da una grande sensazione di felicità per aver cercato di infonderle un po’ di speranza e di sicurezza.

In fondo, chi non si era mai sentito cosi almeno una volta, nella vita? E, in quei momenti, tutti avrebbero voluto sentire parole come quelle. Quando l’abbraccio di sciolse, si guardarono con aria serena.

“Nancy, posso farti io una domanda?”

“Certo.”

“Visto che ci hai sentiti, e che hai un grande gusto musicale… secondo te, i Queen potranno avere almeno un po' di successo?”

Nancy ci pensò, un po’ perplessa per quella domanda; in fondo, perché mai chiederlo ad una ragazzina di appena undici anni, che non era certo una grande esperta e che, di sicuro, non poteva prevedere il futuro?

Tuttavia, decise di essere sincera, rispose: “Sì. Secondo me, i Queen avranno un gran successo.”

Fece un'espressione sicura, continuando: “E, se diventerete famosi, non solo vi prometto che comprerò ogni singolo album e singolo che inciderete, ma anche che vi ricorderò sempre come i quattro ragazzotti simpatici, gentili e stravaganti che, per tre sere, hanno suonato nello strano pub di mio padre. Porterò questo ricordo con me, per tutta la vita.”

Nancy atteggiò le labbra in un sorriso sincero, come quelli di suo padre. E Freddie non fu solo veramente felice per quelle parole, ma si disse determinato a rendere quel ricordo il più bello ed indimenticabile possibile, come se fosse una promessa solenne od un obbiettivo personale.

Il cantante la strinse di nuovo a sé, ringraziandola e assicurandole che sia lui che i suoi amici avrebbero dato il meglio di sé, ed aggiunse che Nancy doveva ascoltare le parole di suo padre: imparare a non rispondere agli insulti e fregandosene; perché, se anche adesso le sarebbe potuto sembrare difficile, prima o poi sarebbe diventato uno stile di vita di cui non avrebbe più potuto fare a meno.

Nancy si sentì profondamente rassicurata, promettendo che avrebbe fatto tesoro di quei consigli.

“Ne sono certo" rispose Freddie.

Rimasero abbracciati ancora per qualche secondo, finché il cantante non si alzò in piedi, dicendo: “Bene, sono davvero contento di aver parlato con te, ma adesso devo proprio andare a fumare quella famosa sigaretta, o diventerò ancora più irritabile ed isterico di prima.”

“Ma... il fumo non potrebbe rovinare la tua voce da cantante?”

“Tesoro, non per vantarmi, ma… ho una voce troppo bella, incredibile ed unica per essere ‘rovinata’ da una cosa così stupida come il fumo. E, di certo, non sarà quello ad uccidermi!”

Nancy rise di gusto per l’espressione e l’atteggiamento un po’ strafottente del cantante. Lo guardò dirigersi verso la porta, finché Freddie girò nuovamente i tacchi verso di lei, domandando: “Posso chiederti un'altra cosa?”

“Certo.”

“Hai qualche indumento o vestito tra il nero e il bianco?”

La ragazza rimase perplessa per quella richiesta tanto particolare.

“Credo di sì... perché?”

“Così, per sapere…” rispose Freddie, un po’ vago.

“Ma, se riesci, mettitene qualcuno per stasera, anzi... vestiti nel modo più stravagante possibile con quei due colori, se puoi…” e lei fece l’occhialino, prima di uscire finalmente dal locale, con l'accendino già in mano.

La ragazzina comprese ed iniziò a pensare alla serata sempre più vicina...



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Note:
Nuovo capitolo e buon sabato ad tutti :)
Dopo vari capitoli su i litigi e storie di sangue e 
assasini, ecco un capitolo molto dolce tra
Nancy e Freddie :)
Spero che questo capitolo vi sia piacuto.
Ma attezione! Siamo quasi vicini al finale
della storia e forse, pubblicerò un capitolo
durante la prossima settimana ;)
Grazie ad tutti ad quelli che leggono
e che recesicono questa storia!
Spero che vi sia piacuto e ci vediamo 
un pò presto del solito ;)
Buon weekand!
Evola 

 

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Capitolo 10
*** IX ***


Dopo la pausa sigaretta, la band tornò a provare, sempre sotto gli occhi di Nancy seduta ad uno dei tavoli accanto al palco.

Ad un certo punto fece ritorno Abel, che sorrise assistendo alle prove, perlomeno finché non notò la presenza di sua figlia nel locale e la chiamò: “Nancy!”
La ragazzina voltò la testa di scatto, guardando il padre con un'espressione a metà tra il contrariato e l'indifferente; anche la band, nell'udire la voce del proprietario, smise di suonare.

Si avvicinò alla figlia tenendo le mani sui fianchi, forse speranzoso di apparire almeno un poco severo, ammonendola: “Ti avevo detto di non disturbare la band.”

“Ma io…”

“Le abbiamo chiesto noi se volesse assistere alle nostre prove” intervenne subito Freddie, rivolto ad Abel.

Il proprietario ne restò un po’ confuso, ma il cantante spiegò che Nancy aveva accettato di ascoltare la loro musica – ovviamente, non fece alcun cenno al fatto che, prima, li stesse “ammirando” di nascosto - e che, grazie al suo aiuto, avevano potuto sistemare i vari amplificatori per ottenere un’ottima acustica. Il padre fu sorpreso per quelle affermazioni e si girò di nuovo a guardare sua figlia che sorrideva vittoriosa.

Dopo la spiegazione, Abel ritornò alla sua espressione dolce e rassicurante di sempre, scusandosi con lei.

“Ma" gli venne il dubbio, "hai finito i tuoi compiti?”
Nancy spalancò gli occhi per pochi secondi, prima di rispondere in tono vago: “Sììììì…”

Ovviamente, Abel comprese subito che non era vero, e la richiamò: “Nancy…”

“Li farò domenica mattina! Promesso!”

“E io che cosa ti rispondo, ogni volta che mi dici così?”

La ragazzina abbassò gli occhi con aria rassegnata, rispondendo a malavoglia: “Mai rimandare un lavoro a domani, se puoi farlo oggi.”

“Esatto!” rispose lui con entusiasmo “E, visto che manca ancora un’ora abbondante alla cena…”

Abel guardò la figlia con eloquenza, mentre lei sollevò gli occhi al cielo e si alzò dal tavolo, rispondendo irritata: “Va bene!” e si incamminò verso la porta segreta.

“Questa è la mia ragazza!” replicò lui fieramente.

“Smettila di chiamarmi così! È imbarazzate.” E sparì dentro la porta, sbattendosela alle spalle.

Abel ci rimase un po’ male per quelle parole, borbottando con un sorriso forzato: “Anch'io ti voglio bene, tesoro!”, quindi fece una risatina.

I Queen osservarono la scena po’ imbarazzati, ma cercarono tutti di far finta di niente.

Non appena ebbe smesso di ridere, tornò a voltarsi verso il gruppo, dicendo con un sorriso un po' tirato: “I figli. Sono come delle bombe ad orologeria!” quindi fece un'altra piccola risata, fissando la porta segreta.
“Una bomba pronta ad esplodere in ogni momento... in qualsiasi momento. E non importa affatto che tu sia il miglior artificiere del mondo, perché quando hai in mano una ‘bomba’ del genere… qualsiasi cosa che farai, giusta o sbagliata che sia… il rischio di esplodere è sempre decisamente alto. Soprattutto, quando inizi ad essere da solo…” ed abbassò la testa verso il pavimento, con un'espressione alquanto drammatica dipinta sul volto.

I quattro i ragazzi si sentirono un po’ a disagio per quelle parole inaspettate, ma non risposero.

“Comunque…” ritornato padrone della situazione, Abel alzò di nuovo la testa verso i Queen, con aria serena.
Visto che mancava poco meno di un’ora alla cena, suggerì loro di andare a rifocillarsi al ristorante che sorgeva proprio di fronte al pub; il proprietario era un suo vecchio amico che – almeno a suo dire - preparava i miglior pasticci di carne di tutta Londra e non solo.

Inoltre, era sufficiente dire che era lui a mandarli e non solo avrebbero potuto avere il miglior tavolo del locale, ma soprattutto la cena sarebbe stata gratis.

“Veramente?” chiese il batterista, sconvolto da quella notizia.

“Ma certo!” confermò Abel. “Come già ho detto, è un mio vecchio amico, e sono stato suo cliente da quando ha aperto; ci festeggio gli anniversari ed i compleanni praticamente ogni anno. E, inoltre, gli ho parlato che stasera avrò ospite una rock band e sarebbe più che lieto di conoscervi!”

Tutti furono davvero increduli per quella gentilezza da parte sua, fin quasi al punto di sentirsi a disagio.
Brian cercò di rifiutare con gentile fermezza, assicurando che erano già più che a posto con la loro “cena al sacco”; ma Abel non stette ad ascoltarlo ed insistette, dicendo che avevano bisogno di mettere in pancia qualcosa di un po' più sostanzioso per poter suonare fino a tardi.

Allora, di fronte a quell'insistenza, il complesso cedette e finì con l'accettare la sua offerta.

“Bene!" rispose il proprietario, fregandosi le mani tutto contento.

"Vi assicuro che vi piacerà la sua cucina!” 

Assicurò loro che il pub sarebbe rimasto chiuso fino alle otto di sera, e che, quindi, gli strumenti sarebbero rimasto al sicuro; inoltre, se avessero avuto bisogno di aiuto, avrebbero potuto suonare in qualsiasi momento alla porta del suo apertamente del piano di sopra.

A quel punto, dunque, il proprietario salutò i quattro ragazzi, augurando loro una buona cena, e se andò non appena ebbero ricambiato il suo saluto.

Non appena i musicisti furono rimasti da soli nel pub, Brian domandò, ancora stranito: “Soltanto io trovo tutta questa gentilezza un po’… surreale?



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Note:
Nuovo capitolo ad sopresa! :D
Un pò corto ma sepro che vi sia piacuto!
Ormai siamo quasi al finale di questa
storia e presto ci sarà la scena calt di tutta
questa storia.... ma non ancora! :P
Sì, sono una sadica! XD
Sabato nuovo capitolo come sempre :)
Buona serata e grazie mille ad tutti
quelli che hanno letto, leggerando e
ci lascia una recesione! :)
Ciao!
Evola 

 

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Capitolo 10
*** X ***


Il resto della band lo fissò confusa da quella domanda, che non si capiva neppure se fosse una vera domanda oppure un'espressione retorica o sarcastica.

“In che senso?” chiese Roger.

“Insomma…" riprese Brian. "Non vi sembra quantomeno bizzarro che un uomo della sua età, proprietario di un pub e padre di famiglia, sia così gentile con quattro ragazzi un po’ scapestrati che suonano in una rock band?”

Fece una pausa, come riflettendoci, poi continuò.

“Insomma, è un po’ strano incontrare un uomo così gentile, che non ci voglia giudicare per i nostri capelli o per il nostro modo di vestire, oppure che non lanci qualche frecciatina razzista verso Freddie.”

“Se è per questo, me le lanciano anche i miei coetanei, o anche di più giovani ancora…” commentò Freddie, indifferente.

“Esatto. Lui, invece, è sempre stato gentile, disponibile, confortante, incoraggiante e si è persino preoccupato per noi, al punto di farci avere un pasto gratis.”

E, in quel momento, anche gli altri iniziarono a capire meglio che cosa volesse dire.

“E, non lo so… non vi sembra che, tutta questa gentilizia, sia un po’ anormale? Come se, come dire... provenisse da un altro mondo?”

“Beh, se lui viene da un altro pianeta un po’ più interessante e migliore di questo, allora propongo di domandargli dove sia che, così, ci andiamo pure noi" commentò Roger sarcastico, mettendosi a ridere.

Brian roteò gli occhi, un po’ irritato, mentre John decise di rispondere con sincerità: “Beh, secondo me, stiamo semplicemente generalizzando un po' troppo le persone che ci ingaggiano.”

Tutti lo guardarono un po' stupiti per le sue parole e gli fecero cenno di continuare.

“Insomma, soltanto perché lui è un uomo adulto, proprietario di un pub e padre di famiglia… non vuol mica dire che debba per forza essere un tizio severo, arrogante, burbero e che odia il rock e disprezza la nuova generazione, interessato ad assumerci solo per guadagnare di più con le consumazioni. Almeno, Abel conosce l'importanza della musica e intende sfruttarla per aumentare la qualità del suo locale. Sinceramente, io lo apprezzo moltissimo per la sua gentilezza e lo rispetto tanto, anche perché si vede benissimo che è un brav’uomo. E tutto quello che possiamo fare noi per sdebitarci è rispettarlo e dimostrargli che siamo un'ottima band, soprattutto considerato che Freddie ha ‘un pochino’ esagerato nel decantarci.”

“Hey!” ribatté il cantante, un po’ offeso per quelle ultime parole. “Noi siamo veramente bravi e vi assicuro che riempiremo questo locale fino all'ultimo posto disponibile!” e alzò la testa con espressione fiera.

Quindi, rivolgendosi al chitarrista con espressione un po’ annoiata, aggiunse: “E tu, invece, smettila una buona volta di trovare cose ‘strane’ nelle situazioni e nei luoghi perfettamente normali. Stai iniziando ad essere abbastanza noioso.”

“A volte, nella vita, le cose più insolite e strane si trovano in luoghi e persone apparentemente normali. E sta a noi scoprirli e conoscerli” filosofeggiò Brian, fissando il cantante con espressione solenne, mentre lui voltò la testa dall’altra parte, sempre con aria annoiata, borbottando: “Come ti pare, tesoro.” Quindi, si allontanò a grandi passi.

“Beh, in un certo senso, Brian ha ragione” ammise Roger. “In fondo, se un tizio ha aperto un pub a tema horror con tanto di ritratto inquietante della figlia appeso in bella vista… beh, di certo non è uno che ci sta molto con la testa” e rise divertito.

Il chitarrista lo guardò un po’ rassegnato, rispondendo: “Veramente, il pub è l’unica cosa normale in tutta questa situazione.”

Roger lo fissò confuso per le sue affermazioni.

“È vero, Rog” intervenne il bassista. “Non è la prima volta che si apre un locale, un pub od un hotel incentrato sul tema dell'orrore. In America, è una cosa molto diffusa. È di fatto un business che…”

“A me non me ne frega un cazzo di queste stronzate!” lo interruppe il batterista, con tono sgarbato.

“Non mi interessa il business americano sui locali a tema di assassini, di squartatori di gente e di altre schifezze simili! In questo momento, sto morendo di fame e tutto quello che mi importa è un buon pasticcio di carne!”

Così, dopo avergli rivolto un ultimo sguardo paziente e rassegnato, si incamminarono tutti verso l’uscita per andare a mangiare.

 All'ultimo istante, però, Brian girò lo sguardo verso il bancone, notando una piccola cosa che non aveva visto prima: attaccata al muro, c'era una piccola bandierina, simile a quelle delle squadre di calcio, ma con dei colori insoliti: era gialla con  strisce nere verticali, con un animale ricamato sopra, ossia un tasso del miele nero e bianco.

Rimase per qualche istante a fissarla con aria perplessa: non aveva mai visto una bandierina del genere. E, di certo, anche se non era un gran appassionato di calcio, era sicuro che non esistesse nemmeno una squadra di calcio al mondo con quel tipo di colori né, di certo, con un animaletto tanto insolito come mascotte.

Il chitarrista si lasciò trasportare da quei pensieri, finché il suo stomaco che brontolava dalla fame lo riportò alla realtà; quindi, lasciati perdere tutti i suoi sospetti su quella strana bandierina e sul suo ancora più strambo proprietario, raggiunse gli altri che erano già quasi arrivati al ristorante, concentrandosi solo sul concerto che li avrebbe attesi di lì a poche ore.



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Note:
Surprise Bitches! I'm back! XD
Okay, so che ho detto che: "Avrei pubblicato sabato."
Ma, visto che domenica è pasqua, qundi immagino che moltio
patirando per le ferie, o saranno troppo occupati per le fierie
(o alcuni non faranno niente) così, ho deciso di pubblicare oggi!
Così, per togliermi il pensiero e godermi le ferie! E l'asciare
hai i miei lettori qualcosa da leggere :)
Comuque, spero che questo capitolo vi sia
paicuto, prossimo pubblicerò il prossomo
capitolo. 
Il preultimo capitolo con tanto di scena coul di tutta la storia! ;)
Qundi, grazie a tutti quelli che hanno letto e recersico la storia.
E buona pasqua ad tutti!
Evola.
P.s
La bandiereina e la mascotte,
non sono state scelte ad caso.
Anzi, fa parte di un modo magico... ;)
Evola 

 

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Capitolo 11
*** XI ***


Arrivò la sera e, con essa, il momento del concerto. Grazie a tutti i manifesti affissi nel quartiere ed al passaparola, il pub era quasi pieno.

Aber si sistemò dietro al bancone a servire i primi clienti, tutti giovani tra i diciotto ed i ventotto anni, attirati dalla curiosità di scoprire quella rock band e dal fascino macabro pub, il che contribuiva a dare a tutto un atmosfera frizzante; e lui, ovviamente, non avrebbe potuto essere più felice di così.

Anche Nancy si sentiva emozionata per la serata imminente, a tal punto che seguì il suggerimento del cantante di vestirsi solamente di bianco e nero.

Quindi, dopo averci pensato bene, indossò una camicia bianca dall'ampio colletto che le cadeva sul petto, una giacca nera abbottonata con le maniche arrotolate fino ai gomiti, una mini gonna nera vaporosa ornata con del pizzo bianco, calze bianche aa strisce nere ed alti stivaletti, sempre neri e con i lacci bianchi. Con un nastro bianco, legò i capelli in un'alta coda e, per l'occasione, si mise un po’ di rossetto rosso ed un po’ di fard.

Quando suo padre la vide conciata così, restò alquanto confuso, ma lei gli spiegò che si era vestita in quella maniera perché la gente era solita indossare questi colori duranti i concerti, quindi Abel acconsentì a lasciarle indossare quello che preferiva e sorrise nel vederla correre lungo il pub, felice come non mai.

Adesso la ragazzina era vicina al palco, mostrando con orgoglio il suo nuovo look ai musicisti mentre finivano di provare per il soundcheck; anche loro erano completamente vestiti di bianco e nero, ma in un modo molto più eccentrico di lei.

Freddie, nel vederla, ne rimase talmente colpito che esclamò: “Tesoro, ti avevo detto di essere stravagante, ma non di rubarmi la scena!”

“Ma se tu sei quasi a petto nudo!” ribatté Nancy, indicando la vertigionosa scollatura della sua maglia nera, che mostrava una parte parecchio estesa del suo petto villoso.

“È per attirare più gente. Metti in mostra qualche parte di te che, solitamente, tieni nascosta alla vista ed immancabilmente attirerai l’attenzione della persona! È la regola del successo!” e le rivolse un sorriso malizioso.

Ma Brian, udendo tali parole, intervenne subito, dicendo: “Ma non è una cosa che funziona sempre! Anzi, nel tuo caso, sarebbe assai meglio studiare ed impegnarsi ad essere una persona intelligente!”

Il chitarrista guardò con uno sguardo molto eloquente il cantante, cercando di fargli capire che certe cose non erano adatte ad una bambina, mentre lui se la rideva sotto i baffi.
Nancy non capì molto di quei discorsi, per cui fece spallucce, fingendo di aver capito e rispondendo con un generico "Okay."

Superato quel momento di imbarazzo, Freddie le indicò un tamburello, dicendole che avrebbe potuto suonare la prima canzone insieme a loro.

La ragazza spalancò gli occhi e, per poco, non le cadde a terra la mascella. Non poteva credere che quell'offerta fosse reale! Avrebbe tanto voluto rispondere di sì, ma ci rifletté un istante e rispose che non voleva né disturbarli né rovinare la loro esibizione.

Freddie, però, la rassicurò: considerato che quello sarebbe stato, per loro, il primo concerto nel pub e che lei aveva assisto alle loro prove per tutto il pomeriggio e con il loro consenso, avevano deciso che la figlia del gentile proprietario avrebbe avuto l’onore di suonare la prima canzone con loro; e non avrebbero accettato un no come risposta.

A Nancy, al settimo cielo e grata per quel gesto inaspettato, parve di vivere un sogno ad occhi aperti e, per una volta, poté ricevere un po’ di gioia dopo anni interi di prese in giro e di dispetti.

Così, quando finalmente arrivò il momento, dopo le presentazioni degli altri membri del gruppo, il cantante annunciò che sarebbero stati accompagnati dagli straordinari virtuosismi di Nancy Diamonds.

Poi, tutti e cinque, iniziarono a suonare la prima canzone della serata, che fu “Keep Yourself Alive”.

Sia lei che il cantante stringevano in mano il tamburello per suonare, ma Freddie non si limitò a percuotere il proprio, bensì cominciò a fare avanti e indietro con gestri teatrali e cantando con in mano l’asta del microfono.

In quanto a Nancy, che si era posizionata davanti al bassista, non avrebbe certo potuto fare molti movimenti, sopra quel piccolo parco. Però, cominciò a muovere i fianchi e le ginocchia a ritmo di musica senza mai smettere di suonare, guardando con un ampio sorriso quel piccolo ma numeroso pubblico; ad attirare la sua attenzione, comunque, era soprattutto la faccia divertita di suo padre che, da dietro il bancone, ogni tanto scattava delle fotografie, fiero come non mai e felicissimo per la gioia della sua unica figlia.

Ad un certo punto, durante la parte strumentale della canzone, Freddie iniziò ad imitare i movimenti della ragazza, continuando anche lui a suonare il tamburello, come se il loro fosse stato un ballo coordinato e preparato e non qualcosa di appena improvvisato.

I loro sguardi si incrociarono più volte ed entrambi sorrisero divertiti per la situazione che si era creata, finché Freddie, con la mano, le mise l’asta del microfono davanti alle labbra e lei, senza pensarci, iniziò a cantare a squarcia gola: “Ooh, it'll take you all your time and money”, per poi urlare insieme: “Honey you'll survive!”

Quando la prima canzone finì, ricevette un grande applauso dal pubblico. La ragazzina salutò con felicità e fece un piccolo inchino flettendo le ginocchia ed alzando leggermente i due lati della gonna, prima di andare a sedersi al posto d’onore, ossia sullo sgabello del pianoforte. Dato che lo strumento era quasi attaccato al palcoscenico, godé della visione migliore per tutta la serata ed ammirò il cantante da vicino mentre lo suonava con grazia stando in piedi.

Per il resto della serata, andò tutto bene: suonarono e cantarono e la clientela entusiasta parve aumentare canzone dopo canzone; Abel sprizzava felicità da ogni poro, apprezzando la musica, e Nancy pensò senza dubbio di star vivendo la serata più bella della sua vita.

Ad un certo, punto, per sbaglio, si appoggiò con i gomiti ai tasti del piano, provocando un suono abbastanza forte da sovrastare la musica.

Sia i Queen che il pubblico girarono la testa verso di lei, fissandola con un silenzio teso.

Nancy, imbarazzata, avvampò e si diede della stupida per quello sbaglio, abbassando gli occhi a terra e stringendosi nelle spalle per farsi piccola piccola; avrebbe desiderato poter scomparire sottoterra piuttosto che essere fissata in quel modo.

Ma il giovane Brian le si fece incontro e, con la sua chitarra Red Special, suonò un breve assolo, decisamente simile alla melodia che era uscita dal piano.

La ragazza alzò la testa di scatto, guardandolo con stupore insieme a tutti gli altri; sebbene ancora un po' imbarazzata, provò a suonare un Re ef un Sol a caso, e il chitarrista imitò subito tutto con il suo strumento.

Il pubblico parve interessato a quella specie di spettacolino improvvisato, così Freddie, con lo sguardo, incoraggiò Nancy a continuare e lei lo fece. Iniziò a suonare subito qualche melodia al piano e Brian imitò tutto alla perfezione con la sua chitarra; e più andavano avanti e più la gente si divertiva, gratificandoli con parecchi applausi.

Dalle meloide un po’ a caso, passarono a brevi brani dei più grandi classici, come “Canone" di Pachelbel, “Air on the g string” di Bach e “Halleujah” di Messiah a qualcosa di più comico, come il “Can Can” di Offenbach, “The Entertainer” di Joplin e, infine, “Yellow Sumbarine”.

Dopo quest'ultima canzone, Nancy decise di terminare la sua esibizione, ricevendo applausi generosi e risate divertite sia dal pubblico che dalla stessa band.

La ragazzina sorrise di gioia, si alzò i pedi e rifece il suo breve inchino come ringraziamento, per poi ritornare al proprio posto e godersi il resto del concerto.

Ma l’applauso più bello e sonoro fu senz'altro quello di suo padre, che la guardava senza mai smettere di sorridere; era sinceramente fiero e orgoglioso di sua figlia e, soprattutto, si sentiva leggero come una piuma nel vederla entusiasta e allegra come non mai.

E tutto questo grazie ai quattro ragazzi che suonavano con passione ed energia.


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Note:
Eccolo qui! Il PER-ulitmo capitolo della storia! :)
Non l'utimo. (Che pubblicerò mercoledì)
E questo mi è divertita molto di più a scriverlo.
Sia per i vestiti di Nancy, la "competizione" tra pianoforte e chittara
tra lei e Brian e la scena dove cantano tutti insieme "Keep Yourself Live" :D
(Ovviamente un GRANDE riferimento al film "Bohemian Rhapsody")
E... neinte, La scena colut è dove Nancy canta con i Queen!
Spero che ci sia piacuta e ci vediamo mercoldiì per il ultimo capitolo!
Grazie mille a tutti quelli che hanno letto, recesito e seguito la storia!
Siete voi i veri erori che leggete queste stupidagenni! XD
Buon weekand a tutt*!
Evola
P.s
Ecco il look in bianco e nero di Nancy! ;)


 

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Capitolo 12
*** XII ***


Ormai erano le tre e mezza della notte ed il pub era stato chiuso.
La gente se n'era andata, Abel stava spazzando il pavimento, mentre il gruppo finiva di smontare gli amplificatori e la batteria.

“Beh, non so davvero come ringraziarvi!” disse infine il proprietario, guardando i quattro ragazzi con aria soddisfatta. “Non solo avete suonato divinamente, ma mi avete riempito il locale! Tutti si sono divertiti ed io ci ho anche guadagnato, molto più del solito! Davvero, in sedici anni di attività, non ho mai avuto il locale così pieno! E, in trentacinque di vita, non ho mai assistito ad una serata così piena di energia!”

I Queen apprezzarono davvero molto quelle parole, specialmente Freddie. Si sentiva di aver fatto qualcosa di buono grazie alla sua passione e di aver mantenuto la promessa che aveva fatto ad Abel ed a Nancy.

“Beh, l’ho detto che con noi il successo è garantito!" rispose il cantante, sorridendo.

"Quindi, non ci deve ringraziare. Abbiamo fatto solo il nostro lavoro.”

Abel fece uno dei suoi sguardi rassicuranti, ma sapeva bene che le parole e le intenzioni di Freddie erano molto più profonde di quanto volesse dare a credere.

“E, comunque, sono molto più contento per mia figlia.”

Tutti si girarono verso il bancone, guardando la ragazzina addormentata con la testa appoggiata ad un braccio, la giacca slacciata ed il rossetto un poco sbavato.

Quando il locale stava per chiudere, si era seduta davanti al bancone, ciondolante dal sonno, e vi si era appoggiata, ignorando tutto e tutti attorno a lei, addormentandosi come un sasso. In fondo, nonostante la sua buona volontà di restare sveglia, era pur sempre una bambina di appena undici anni e doveva aver iniziato a sentire la voce calda di Morfeo già verso metà serata.

“Forse, non avrei dovuto tenerla sveglia per tutto questo tempo” commentò Abel, avviandosi verso di lei, “ma mi sarei sentito in colpa per tutto il resto della vita se le avessi impedito di ascoltare il suo primo concerto. E poi, non ci sarà niente di male se dormirà per dodici ore di fila.”

Fece una piccola risata, mentre guardava la sua bambina con aria serena. Poi tornò a voltarsi verso i Queen, dicendo: “Penso che le abbiate regalato la serata più bella della sua vita e ve sono davvero riconoscente.”

I quattro ragazzi si sentirono un po’ imbarazzati per quelle parole, ma anche felici mentre guardavano la loro piccola fan addormentata.

“Non solo ha assistito al concerto, ma ne ha pure fatto parte! E, di certo, non se lo dimenticherà mai.”

“Beh… un artista disse che, un giorno, tutti avranno i loro quindici minuti di celebrità. Ed io glieli ho donati ben più che volentieri!” rispose Freddie con gentilezza.

“E, poi, quell'idea dello scontro tra piano e chitarra... devo ammettere che è stato davvero divertente e interessante” ammise Brian. “Forse, dovremmo ripeterla anche per le prossime due sere.”

“Per me va bene” rispose Roger, facendo spallucce.

“Anche per me” aggiunse il cantante.

“E avete il mio consenso” finì Abel

Dopo un attimo di silenzio, il proprietario si propose di aiutarli a finire di smontare tutto e di portare le attrezzature dentro il furgone e che gli avrebbe dato un anticipo per la loro prima serata.

Prima di tutto, però, doveva mettere a letto sua figlia, dicendo che gli mancava di portala in braccio, come quando era più piccola e si addormentava dentro il pub.

Appoggiò la mano sulla spalla di Nancy e la scrollò un po’, finché lei non iniziò a mugugnare, assonnata: “Lasciami in pace, pà. È sabato... Non c’è scuola...”

“È vero. È sabato e non c’è scuola. Ma è sabato da circa tre ore solamente.”

La ragazza si sollevò leggermente dal bancone, voltando la faccia verso suo padre con gli occhi socchiusi e assonati. Abel le sorrise, l’aiutò ad alzarsi e, insieme, andarono alla porta segreta del muro.

“Sono stata brava?” chiese Nancy con tono assonato, mentre si strovinava gli occhi con un pugno.

“Sei stata bravissima!”

“La prossima volta posso invitare Abigail e le sue stupide amiche, solo per far loro vedere quanto sono brava?”

“Vedremo…”

Freddie e gli altri risero per quello scambio di battute. La guardarono allontanarsi, sentendo un piccolo saluto da parte sua, fino a che entrambi scomparvero oltre la porta segreta.

Non appena furono rimasti da soli, Freddie commentò con soddisfazione: “Beh, è stata davvero una bella serata.”

“Hai ragione” rispose Brian, “Nonostante tutto, abbiamo suonato veramente molto bene. E sono contento che sia Nancy che Abel si siano divertiti ed abbiano apprezzato ogni cosa.”

“Detto da te, è un po’ strano, Bri” disse Roger, mettendosi in mezzo tra il cantate e il batterista.

“Proprio tu che dicevi che tutta quella gentilezza fosse anormale ed ora lo trovi nomale... i miei complimenti!”

“Certo! Davvero strano, per un tipo scientifico come te!”

E mentre il biondo ed il moro ridevano a crepapelle, il più alto alzò gli occhi al cielo irritato.

“Comunque,” aggiunse John, “Io sono molto felice che siamo riusciti a coinvolgere Nancy; anche in quel momento di imbarazzo l’abbiamo aiutata ad uscirne nel migliori dei modi.”

Il trio guardò il bassista con aria un po’ sorpresa per le sue parole – era strano che avesse parlato un po’ più del solito: era un loro amico, grande musicista e confidente ma, a volte, la sua timidezza ed il suo starsene sempre per i fatti suoi lo rendeva quasi invisibile in certe situazioni - mentre lui sorrideva beato.

“In fondo, probabilmente anche noi, alla sua età, avremmo voluto assistere ad un concerto e magari suonare davanti ad un pubblico senza timore. E sono contento che le abbiamo dato questa piccola opportunità e che continueremo a farlo anche per le prossime due serate. E spero anche che, un giorno, abbia la sua rivincita contro i bulli e possa avere una vita felice, proprio come faremo noi contro le persone che dicono che non sfonderemo mai…” e pronunciò quelle ultime parole sottovoce e chinando un poco la testa.

“John, John, John…” Freddie andò da lui, gli passò il braccio attorno alle spalle e continuò, con convinzione: “Ma certo che noi sfonderemo!”

Il bassista sollevò lo sguardo, fissando il sorriso vittorioso del cantante.

“Ma, per riuscirci, dobbiamo farci un nome per bene in giro per la città, fare qualche tour fuori Londra e, se tutto andrà bene, incidere anche un album! E poi… saremo finalmente pronti per entrare di prepotenza nell’Olimpio del successo!”

Freddie lo disse guardando in alto ed immaginandosi tutta la scena con aria sognante, mentre l’amico lo fissò un po’ stranito.

“E sono certo che anche Nancy avrà la sua rivincita, proprio come noi saremo la più grande rock band di sempre. E, chi sa? Lei vivrà una stupenda adolescenza, accompagnata dalle nostre canzoni, che saranno sempre prime in tutte le classifiche!”

Il gruppo rise per quelle affermazioni, ma Freddie sapeva che quelle parole erano molto profonde e sincere: ci sperava veramente tanto, sia per lei sia per loro.

Per il momento, tuttavia, tutto quello che potevano fare era suonare nei locali e regalare qualche gioia ai loro futuri fan, proprio come con Nancy. E, di questo, si sentiva veramente molto fiero.

Intanto, poteva farsi due risate e divertirsi con i suoi amici, proiettati com'erano verso il culmine del successo.

“Okay, tutto molto bello. Ma, per ora, vedo solo la tua dentatura” commentò ironicamente John, fissando il profilo di Freddie.

Brian e Roger - che nel frattempo si erano appoggiati al bancone - risero per quel commento.

“Beh, in sostanza possiamo dire che sia stata una bellissima serata” commentò Roger divertito, portandosi alla bocca una pinta di birra.

Il chitarrista fissò il batterista, chiedendo: "Rog, ma ti sei servito una birra da solo?”

“No, era già piena.”

“Ma quel bicchiere non era vuoto, un attimo fa?”

Il biondo ci rifletté un attimo, osservando il banco ancora colmo di boccali vuoti, per poi ritornare a guardare l’amico chitarrista, rispondendo con tono dubbioso: “Io.... non lo so…”

Tutti rimasero un po’ perplessi ma soprattutto straniti per quella misteriosa circostanza…
 

 
Siamo quattro emarginati male assortiti che suonano per altri emarginati.
I reietti in fondo alla stanza che sono piuttosto certi di non potersi integrare.
Noi apparteniamo per loro.”

Bohemian Rhapsody” 2018


 
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Note:
Ultimo capitolo! :D
Questa volta, quello vero XD
Non so che dire... mi dispiace per quel finale un pò
affrettato. Ametto di non essere brava con i finali, e con 
questa storia non sapevo bene come finire....
Qundi, finale divertente e un pò strano, e una belle frasi
più belle del film
"Bohemian Rhapsody". 
E penso che, questa frase abbia senso, visto che Nancy
si sente una reietta, e i Queen suonano per lei <3
Ringrazio ad tutti quelli che hanno letto questa storia!
Sopratutto alla mitica Carmaux_95 e la gentile Sick_Girl! 
Che hanno sempre recensito questa storia con entusiasmo! 
E ringrazio con il tutto il cuore, il mio caro amico IndianaJones25.
Che, senza di lui e le sue correzioni, non pubblicherei mai le mie storie!
E sopratutto, grazie anche tutti ad quelli che leggono in silenzio.
Non so se pubblicherò un'altra storia su i Queen.. visto che
mi sto concentrando da un altro cantante
croff, croff *Elton John* croff, croff...
Ma, mai dire mai ;)
Qundi, questo è tutto!
Buon primo maggio ad tutti
e...
a presto!
Evola P.s Sabato, nuova storia! Ma su un pianista eccentrico. E non è Jerry Lee Lewis! XD Sì, sono davvero simpy... Sorry per la battuta... 



 

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