Make us feel alive

di Shizue Asahi
(/viewuser.php?uid=47580)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #1 ***
Capitolo 2: *** #2 ***
Capitolo 3: *** #3 ***
Capitolo 4: *** #4 ***
Capitolo 5: *** #5 ***
Capitolo 6: *** #6 ***
Capitolo 7: *** #7 ***
Capitolo 8: *** #8 ***
Capitolo 9: *** #9 ***
Capitolo 10: *** #10 ***
Capitolo 11: *** #11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** #14 ***



Capitolo 1
*** #1 ***


  • Questa sarà una raccolta disomogenea sul pairing Bolin/Jinora, quindi ogni capitolo non va letto come il continuo del precedente. Potranno esserci AU, nel caso verranno segnalate nelle note. Più che altro ho deciso di riunirle tutte insieme per non infestare il fandom con millemila storie su di loro;
  • prompt: ridere all’improvviso;
  • 721 parole;
 
 
 
 
 
Jinora è una nuvola di capelli castani e occhi chiari; è piccola e silenziosa, col passo felpato e i movimenti fluidi e impercettibili dei Dominatori dell’Aria. La prima volta che Bolin la incontra, quasi non la nota, troppo preso dal chiacchiericcio esuberante di Ikki o dagli scherzi rumorosi di Meelo. Jinora rimane in un angolo e li guarda, le labbra incurvate in un sorriso pacato e lo sguardo sereno.
Quando le sue visite al tempio si fanno più frequenti, la ragazzina è ancora un giunco che sembra muoversi spostato dal vento; si occupa dei fratellini, aiuta la madre nelle faccende e poi si concentra negli allenamenti il tutto con una flemma e un silenzio che talvolta Bolin quasi le invidia.
Bolin è chiassoso e rumoroso, ha il passo pesante dei Dominatori della Terra e una risata fragorosa che riecheggia per il tempio e disturba Tenzin durante la meditazione. I bambini lo adorano e ingaggia con loro giochi e avventure immaginarie. Talvolta Jinora si unisce a loro e Bolin rimane sempre sorpreso dal silenzio di quella figura sottile e piccolissima. Col tempo Jinora dimostra di avere la lingua un po’ tagliente di nonna Katara e di aver preso la  propensione a cacciarsi nei guai di nonno Aang.
 
*
 
Crescendo, Jinora non cambia. Rimane pacata e sorridente, un’oasi di silenzio a cui Bolin approda di tanto in tanto, quando la giornata è stata particolarmente lunga o impegnativa. La ragazza lo accoglie con quel sorriso sottile e amorevole – quasi materno – e Bolin avverte immediatamente la tensione e la stanchezza scivolare via. Tenzin non approva che rimangano da soli, ma Jinora non è più una bambina – la sua bambina – e si limita a rivolgere a Bolin una serie di occhiatacce e a sproloquiare proverbi e ammonizioni ricchi degli insegnamenti dei Nomadi dell’Aria sull’astinenza. Bolin non capisce cosa voglia dirgli e Jinora diventa improvvisamente tutta rossa quando prova a chiedere a lei.
 
*
 
Talvolta Jinora legge per lui e a Bolin piace molto il modo in cui modula la voce per tenere alta la sua attenzione o per enfatizzare questo o quel passaggio. Rimangono stesi per ore sul prato del tempio, con l’erba che gli pizzica appena la pelle e i piccoli piedi di Jinora abbandonati sulle sue gambe. Ogni volta che sono da soli, la distanza tra di loro diminuisce
Bolin è timido e impacciato, anche se è più grande di lei e ha già avuto altre – disastrose – esperienze prima; Jinora è quasi la sorellina di Korra – o sua nipote, non ha mai capito come funzionasse la faccenda della reincarnazione dell’Avatar – e l’ha vista crescere sotto i suoi occhi, hanno combattuto insieme e si sono salvati reciprocamente la vita tante volte, ma sul prato, là, da soli, le cose si fanno solamente più confuse e non è tanto sicuro di dove finisca la zona sicura dell’amicizia fraterna e inizi quella più scabrosa dell’attrazione.
Jinora sembra ignara di tutto, assorta nella lettura e Bolin la trova bella e sa irrimediabilmente che Korra lo ucciderà.
 
*
 
Non si era mai reso conto che Jinora avesse le lentiggini, finché non si è ritrovato il suo viso a un palmo dal naso e le ha viste. Una decina di macchioline appena più scure del resto della pelle, sul naso e sulla guancia sinistra, vicino l’angolo dell’occhio. La pelle è liscia e appena arrossata dal sole e Jinora è cresciuta tanto che ormai la sua testa castana gli arriva al mento. Ha diciotto anni ed è una donna, con la fronte e il corpo tatuati con i segni dei mastri del Dominio dell’Aria e improvvisamente Bolin realizza che c’è una certa aspettativa nel modo in cui lo guarda, socchiude le labbra e chiude gli occhi.
Bolin borbotta una serie di cose, sentendosi di nuovo l’adolescente impacciato e incapace di qualche anno prima, con le orecchie che gli prudono per l’imbarazzo e spinge il naso contro quello della ragazza chiedendosi se ha toccato una di quelle lentiggini tanto graziose.
Il libro che Jinora gli stava leggendo giace abbandonato tra di loro e Jinora sbuffa e mastica un maledizione prima di arrendersi ed essere lei a baciarlo.
 
Avvertono appena la risata improvvisa di Meelo e Ikki, nascosti chissà dove e Bolin registra con meno attenzione del dovuto che probabilmente è un uomo morto.
 
 
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** #2 ***


  • 710 parole;
  • prompt: cadere e farsi male;
 
 
 
L’aria è libera, leggera e spensierata. Jinora è una Dominatrice dell’Aria di primordine, una maestra ed è un tutt’uno con quell’elemento a cui appartiene e che da sempre ha sentito proprio, anche prima di produrre il suo primo mulinello d’aria e palesarsi come la prima Dominatrice dell’Aria della nuova generazione e diventare l’orgoglio di suo padre.
Non ha mai invidiato la solidità del Dominio della Terra o la ferocia di quello del Fuoco, anche quello dell’acqua le è sempre stato indifferente, anche se per i movimenti e la malleabilità di quell’elemento le cose in comune col suo sono tante.
Avrebbe potuto ereditare il Dominio dell’Acqua, da sua nonna Katara. Era un’eventualità di cui suo padre è sempre stato conscio e che, in segreto, lo ha sempre accompagnato durante la crescita di ognuno dei suoi figli. Inutilmente, perché Jinora, Ikki, Meelo e Rohan si sono rivelati tutti essere Dominatori dell’Aria, senza nessuna eccezione, e Tenzin ha avvertito una nota di vergogna per il sollievo di non aver generato domini diversi dal proprio.
 
Jinora si libra nell’aria come un uccello, si lascia trasportare dal vento e, se la si guarda abbastanza a lungo, si ha quasi l’impressione che non tocchi mai terra. È silenziosa, pacata e ha la capacità di parlare con gli spiriti e perdersi nella meditazione anche per giorni interi.
Jinora è felice, insegna il Dominio dell’Aria agli adulti che lo manifestano e poi, negli anni, anche ai nuovi bambini che affollano il tempio. È la Nomade dell’Aria che suo padre, suo nonno, ha sempre desiderato e non riesce a immaginarsi diversa, né lo desidera.
Bolin è il suo opposto naturale, pesante e rumoroso come può essere solo un Dominatore della Terra, ma a Jinora piace lo stesso e lo guarda allenarsi con l’occhio curioso di chi si approccia a un mondo completamente diverso dal proprio. È solido e fermo per terra, i suoi piedi non abbandonano il terreno mai per più di qualche attimo e non salta o sguscia via, affronta il proprio nemico di petto e ne porta addosso i segni, in una miriade di piccole cicatrici e graffi, a eterna memoria delle battaglie passate e di quelle che lo aspettano in futuro.
Talvolta Bolin e Jinora si allenano insieme e danno uno spettacolo piuttosto curioso dei loro Domini, con due elementi che sono opposti per natura e con stili di combattimento che non hanno nulla in comune. Non dura mai troppo. Bolin la afferra, ci riesce sempre, e lei smette di sgusciare via, e la bacia – o la fa ridere, se c’è Tenzin nei paraggi.
 
*
 
Jinora conosce a memoria tutte le sue cicatrici e quando sono soli le bacia una a una o in missione gli medica le ferite e si chiede che forma avrà la nuova venuta. Bolin lo trova un po’ strano, ma quelle labbra sulla sua pelle non gli dispiacciono e la lascia fare. Ogni nuova ferita è un bacio in più e dentro di sé gioisce, quando se ne fa una. Non sono mai cose gravi, solo piccole escoriazioni o graffia, ma Jinora tende a prendere tutto con la massima serietà.
- Sei troppo violento – gli dice un giorno, con una nota di rimprovero nella voce – Dovresti schivare, non colpire il nemico con la faccia –
- I Dominatori della Terra non scappano – le risponde Bolin, con una punta di fastidio che non riesce a trattenere.
 
*
 
Succede tutto così rapidamente che Bolin neanche se ne accorge. La terra frana sotto i suoi piedi e lui perde il controllo in un modo ridicolo e vergognoso per un Dominatore della Terra. Cade e ruzzola per terra e avverte appena qualche cosa fare crack prima di perdere conoscenza.
 
Jinora si stringe le mani e se le rigira sul grembo, non sapendo cos’altro fare. Si sente improvvisamente oppressa e legata a terra senza alcuna via di fuga. Bolin giace nel lettino dell’infermeria e lei lo veglia incapace di concentrarsi su qualsiasi altra cosa.
Per la prima volta nella propria vita lo avverte, il dispiacere, il desiderio di aver ereditato il Dominio dell’Acqua da Katara, la capacità di guarire chi si ama e di proteggerlo da quei segni che irrimediabilmente gli segneranno la pelle e che nessun tocco di labbra potrà cancellare.
 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** #3 ***


 
  • Scritta per la quarta settimana del COW-T9 | prompt: addormentarsi e sognare;
  • 800 parole
 
 
 
 



Il corpo di Bolin è solido e massiccio, temprato dall’allenamento e modellato dal suo Dominio.
- Sono una roccia – le dice quando vuole fare un po’ il cretino e farla ridere – o impressionarla? – piegando il braccio e mettendo in bella mostra il bicipite.
A Jinora piace stringersi contro di lui e usare il suo petto come cuscino o infilare un piede sotto i suoi polpacci e annusare l’odore di terra e di quel dopobarba piuttosto discutibile – e che Bolin si rifiuta di cambiare – che emana.
Bolin si addormenta in fretta, dopo averla baciata e averle parlato della propria giornata. Jinora riconosce le avvisaglie del sonno nel viso del suo fidanzato e non insiste per tenerlo sveglio. Quando Bolin si addormenta, a Jinora sembra che il tempo si dilati a dismisura e prendere sonno è sempre una faccenda ardua e difficile. Pabu la fissa con i suoi occhietti neri e tondi da una delle sponde del letto, indignato per non poter più dormire acciambellato sulla testa di Bolin.
Vivono insieme da pochi mesi, in città, e a lei manca la tranquillità e il silenzio del tempio, sentire il russare lieve di Meelo o le frasi prive di senso che dice Ikki nel sonno.
- Passerà, è successo anche a me quando mi sono sposata con tuo padre – le ha detto sua madre il giorno in cui le ha confessato di sentirsi strana e fuori posto in quell’appartamento di città troppo rumoroso e poco familiare. Jinora ha annuito, perplessa. Peema le è sempre sembrata appartenere al tempio e alla vita dei monaci e le risulta difficile, se non assurdo, pensare che in realtà sua madre sia nata a Città della Repubblica e sia cresciuta in un modo molto più simile a quello di Bolin e Korra piuttosto che al suo.
 
Il sonno è un nemico furbo e insidioso e Jinora non riesce a vincerlo né con la meditazione né sforzandosi oltre il limite durante i suoi allenamenti giornalieri. Rimane lì, ferma, nel letto, in attesa che la prenda, con il nervosismo che le gratta appena sotto la pelle e qualche idiota che in strada ha iniziato a cantare una di quelle canzoni oscene che tanto piacciono agli ubriachi.
A Bolin non ha detto niente, è un peso inutile di cui caricarlo, un’inezia che passerà, come le ha detto sua madre. Hanno deciso insieme di andare a vivere in città; più perché Bolin sarebbe stato un po’ fuori posto al tempio e Tenzin non gli avrebbe dato tregua, che per il reale desiderio di Jinora di allontanarsi dalla propria famiglia. È un sacrificio necessario, si è detta con la cocciutaggine che ha ereditato da nonna Katara.
Le piace vivere con Bolin, condividere con lui i piccoli momenti della giornata, attimi intimi che da bambina vedeva avere ai suoi genitori e che sa lui aver sempre desiderato. La casa è minuscola, cucina, camera da letto e un piccolo soggiorno e si sono divertiti ad arredarla insieme, con l’aiuto dei loro amici e dei suoi fratelli. Jinora, come tutti i monaci dell’Aria, non ha interesse per i beni materiali e non le importa se il divano è di seconda mano o se una delle ante del vecchio armadio, che ha trovato con Korra in un negozio dell’usato, scricchiola; Bolin è pragmatico e ordinato, abituato ad avere sempre meno di quello di cui ha bisogno. Ha insistito solo per avere una cappelliera, anche se nessuno dei due possiede cappelli.
Jinora ha scoperto che Bolin è più ordinato e organizzato nelle faccende di casa di quanto pensasse, anche se rimane un cuoco disastroso. Sa stirare e tenere sistemata casa di gran lunga meglio di lei, ma insiste per fare tutto insieme. Talvolta, quando lavano i piatti e si disperano perché non riescono a scrostare una delle pentole dal loro ultimo disastro culinario, si dicono che dovrebbero proprio accettare uno degli inviti a cena di Asami.
 
Bolin profuma di terra, è tiepido e quando prende sonno ha il respiro pesante e russa appena; Jinora, quando lui non è cosciente, stesa nel loro letto, detesta quella casa troppo piccola e rumorosa e quando finalmente riesce a prendere sonno, i sogni sono agitati e caotici, con l’ubriaco che fino a poco prima era in strada a cantare qualche cosa di osceno e ora lo ripeterlo nella sua testa o con Pabu che è dieci volte più grande e finge di essere il suo cappello preferito.
Jinora si agita e annaspa, ma poi Bolin allunga un braccio e la afferra e la stringe a sé, ancora mezzo addormentato.
- Va tutto bene – le dice, con la voce impastata dal sonno e poi sprofonda il viso nei suoi capelli castani.
Lo fa tutte le notti e a Jinora quella casa in città sembra improvvisamente Casa.






 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** #4 ***


  • Scritta per la quarta settimana del COW-T9 | prompt: ridere all’improvviso;
  • 607 parole;
 
 
 
 
 
Jinora è piccola, deliziosa e graziosa, con gli occhi enormi e i capelli che le danzano attorno al viso tondo. Bolin le è sempre stato affezionato, come a Ikki, a Meelo e a Rohan. Quando era bambina talvolta gli capitava di chiamarla sorellina, un po’ per prenderla in giro, un po’ perché in fin dei conti l’avrebbe anche potuta considerare tale, anche se passava molto più tempo a giocare con Ikki e Meelo. Ha continuato a sembrargli una bambina anche quando le sono stati imposti i marchi dei maestri del Dominio dell’Aria e, per le regole dei monaci, è diventata adulta.
Quando poi Jinora, insieme ai fratelli, parte per il Tempio dell’Aria occidentale per allenare i nuovi Dominatori dell’Aria, ha quattordici anni e ancora l’aspetto di una bambina. Bolin le dice addio e la chiama sorellina un’ultima volta.
 
*
 
Rivederla, anni dopo, è strano e quasi uno shock. Insieme a Mako, fa da scorta all’Avatar, a Korra, al Tempio dell’Aria occidentale e lei è la prima ad accoglierli, insieme a Meelo. Ikki non c’è; sanno solo che si è invaghita di uno dei monaci privi di dominio che si occupavano dei bisonti volanti e che è scappata via. Tenzin ha dato di matto quando lo ha scoperto, ma Bolin l’ha trovata una cosa piuttosto divertente, piuttosto da Ikki e non ha battuto ciglio quando l’ha saputo, anche se nella sua mente è ancora la bambina rumorosa e un po’ petulante che seguiva lui e Mako ovunque quando andavano a fare visita a Korra.
 
Bolin non riconosce più la bambina che ha conosciuto nella donna che gli è davanti. Jinora è diventata bella, con l’aria serena e sicura e la tranquillità propria solo dei nomadi dell’Aria. Gli mostra il tempio e fa loro da guida, aggiornandoli sulle ultime novità e ascoltando con attenzione le notizie che portano con loro da Città della Repubblica.
Ha cambiato anche voce, a completare quel mutamento ovvio, ma che per Bolin si rivela più traumatico del dovuto. Non è più una bambina, dopotutto a quasi venti anni, ma sembra quasi che se ne fosse dimenticato.
Mako e Korra rimangono al tempio per poco tempo, un paio di settimane al massimo. Sbrigano gli affari per cui sono venuti, conoscono i nuovi dominatori e trascorrono un po’ di tempo con Jinora e Meelo come quando erano bambini, anche se entrambi sono impegnati con i lavori del tempio e danno loro meno attenzione del dovuto. Bolin si trattiene per un po’ più di tempo, senza un reale motivo.
 
*
 
Jinora trascorre con lui i pomeriggi, dopo gli allenamenti e la meditazione, quando è ancora presto per la cena o prima di andare a dormire. Meelo all’inizio fa lo stesso, ma a un certo punto intuisce di essere di troppo e sparisce, con la discrezione che solo qualche anno prima non avrebbe mai avuto.
Bolin la aiuta a rimettere in ordina la biblioteca de tempio, a spostare i grandi massi che giacciono ammucchiati in giardino da tempo immemore  e a svolgere tante altre piccole attività che in realtà non sarebbero compito di Jinora, ma che danno a entrambi una scusa di trascorrere insieme del tempo senza chiedersi il perché.
È imbarazzante e Bolin sa di essere anche piuttosto ridicolo; ogni tanto scoppia a ridere, nel tentativo di allentare la pressione, ma ottenendo come solo risultato quello di attirare l’attenzione di qualche curioso. Altre volte è Jinora a ridere, anche se lui non ha detto o fatto nulla di divertente e a ritrovarsi con le orecchie rosse e il desiderio di toccarlo.
 
Bolin non la chiama più sorellina e prova un disagio misto a imbarazzo nel trovarla attraente.





 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** #5 ***


  • Storia scritta per la sesta settimana del COW-T9
  • 200 parole;
  • Bolin/Jinora | modern!au
  • La storia partecipa all’iniziativa del forum Torre di Carta, «White Day Run - Romantico, Fluff, NSFW»;
  • prompt: “A e B sono in una piccola caffetteria durante il loro primo appuntamento, quando qualcuno si avvicina loro: è l’ex di B;
 



 
Rivederla dopo il college è un po’ strano ed è del tutto diversa da come Bolin la ricordava. I capelli sono più lunghi, gli occhi truccati e non sembra più la ragazzina a cui lui e Mako facevano da babysitter insieme ai fratellini.
Jinora è bella e adulta, gli racconta della vita al campus, qualche aneddoto divertente e poi gli ricorda di quando era bambina e Ikki gli chiese come nascessero i bambini. Bolin ride e si sente terribilmente a disagio nel trovarla attraente e nel realizzare che, involontariamente, l’ha portata in uno di quei bar per coppiette che piacciono tanto a Mako e Korra - e a notare che sembri che a Jinora la cosa non dispiaccia.
Gli sfiora appena le mani, gli trattiene le dita per un secondo, casualmente, mentre gli passa il telefono per mostrargli la foto del suo appartamento. Bolin si sente avvampare, non ricordava che le mani di Jinora fossero così invitanti, e si chiede come debbano apparire entrambi agli occhi di un osservatore esterno. Se sembri un appuntamento.
La risposta non tarda ad arrivare quando incrocia l’occhiata truce di un ragazzo seduto a un tavolo vicino. Kai, registra la sua mente, l’ex di Jinora.





 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** #6 ***


Storia partecipante all’ultima settimana del COWT9;

1443 parole;

Prompt: terra

 

 

Jinora ha un naso piccolo e grazioso, con la punta che si incurva appena all’insù e che, insieme al viso tondo e le guance piene, le dona un’aria deliziosa. Bolin la osserva rapito quando pensa di non essere visto e alla Dominatrice dell’Aria tremano gli angoli della bocca e deve fare forza su se stessa per non sorridere e smascherarsi.

I lineamenti del viso di Bolin non sono altrettanto delicati e in essi si può già scorgere traccia del Dominio della terra, più rozzi e squadrati, meno dolci. Bolin è belloccio, con l’aria virile, la mascella prominente e il corpo allenato dalla pratica del Dominio della Terra, lo sa che le ragazze quando passa lo guardano, anche se non possiede la bellezza immediata di Mako, ma quando è con Jinora si sente piuttosto impacciato, grosso e brutto. Jinora possiede la bellezza leggera e semplice dei Dominatori dell’Aria, col passo lieve e il corpo sinuoso. È bella anche con i marchi azzurri che le segnano la pelle, con i capelli rasati che stentano a ricrescerle e con i vestiti sporchi per l’allenamento.

Jinora è bella e quando alla fine Bolin si dichiara sconfitto e le confida che gli piace, lei non batte ciglio.

  • Lo so - gli dice solo, con la schiettezza pacata che la caratterizza.

 

*

 

Jinora è bella e deliziosa, anche se non è più leggera come qualche mese prima e i suoi piedi sono più rumorosi del solito. Bolin la guarda muoversi nel loro appartamento, la aiuta nelle faccende di casa e la cura e la coccola come la migliore delle mamme chioccia.

  • Non ce ne è bisogno - gli dice lei, ma Bolin è per natura solido nelle proprie decisioni - e ansioso. 

Le spiumaccia il cuscino, le prepara la cena e la accompagna ovunque come il migliore de compagni. Ogni visita medica, ogni babyparty, ogni giro in centro per scegliere quello o quell’altro elemento d’arredo per la cameretta.

La sera poi, quando sono entrambi nel loro letto e Jinora sembra dormire, le carezza affettuoso il pancione e parla a bassa voce con il loro bambino, raccomandandogli di fare il bravo. 

 

*

 

Quando nasce, Naoki ha il viso rugoso e schiacciato e un’espressione piuttosto contrariata simile a quella di Tenzin.

Se non fosse sua figlia, Bolin scherzerebbe sul fatto che sembri la brutta copia della nonnina Katara, ma è piuttosto sicuro che Jinora questa volta non apprezzerebbe il suo senso dell’umorismo e tiene per sé quei commenti. Quando però è da solo con la bambina, un esserino minuscolo e dalla pelle raggrinzita, con appena un accenno di peluria sulla testa, le dice che sembra davvero una vecchietta.

La bambina apre gli occhi, si acciglia e lo fissa contrariata. 

 

Per giorni Bolin le gira attorno, circospetto.

  • Sembra tuo padre, non tua nonna - esordisce alla fine, rivolto a sua moglie e Jinora lo guarda senza capire e alza un sopracciglio. La bambina gorgoglia allegra tra le braccia di sua madre e continua a fissarlo arcigna.

 

.

 

 

Naoki è l’ombra di sua madre, la segue dappertutto per casa, sgambetta dietro di lei e si nasconde tra le sue gambe quando fa qualche marachella. Crescendo un po’ ha perso l’aspetto rugoso dei primi mesi e ha le guanciotte piene e il naso all’insù di Jinora. È piccola e vispa, con il passo leggero della mamma e un sorriso sdentato ed enorme. Di Bolin ha ereditato solo gli occhi verdi e da una parte lui ne è triste, ma dall’altra è contento di avere una versione in miniatura di Jinora. 

 

Naoki lo studia e lo guarda con curiosità e  “baba” è la prima parola che dice, allungando le manine paffute verso di lui e tirandogli il naso. 

-Non mi odia - esclama Bolin a Jinora, con in faccia uno dei suoi sorrisi enormi e tutto denti e la bambina in braccio. Naoki continua a tenergli tappato il naso e a ridere un modo delizioso per il modo in cui la voce gli esca nasale a ogni parola.

 

*

 

Col tempo Naoki impara a tollerarlo e non lo guarda più con l’espressione arcigna e contrariata che ha ereditato da Tenzin, anche se la sua preferita continua a essere Jinora ed è tutta allegra e sorridente quando i nonni vanno a far loro visita.

Tenzin passa la maggior parte del tempo a studiarla, a controllare il modo in cui cammina e i movimenti delle braccia per scorgere i primi segni rivelatori del suo Dominio. 

  • È sicuramente una Dominatrice dell’Aria - conclude ogni volta lisciandosi il lungo pizzetto grigio in un gesto ridicolmente dignitoso.
  • Non ha importanza, caro - gli risponde invece sempre, come seguendo un copione, Peema, carezzandogli il braccio e già prefigurandosi l’ovvia conclusione della vicenda.  

La bambina è tutta una serie di gorgoglii deliziosi e fossette e ciocce disordinate di capelli e Bolin porta una sua foto nel portafoglio da mostrare orgogliosamente a tutti i malcapitati. Mako e Korra sono le vittime principali dei suoi vaneggiamenti genitoriali, anche se vedono la bambina tanto spesso da non avere la benché minima necessità di guardare anche delle foto per sapere della sua esistenza.

 

Naoki, dal canto suo, accetta con pacata rassegnazione la presenza di Bolin e continua a chiamarlo “baba” e a rincorrere Jinora per la casa e a imitarla nei movimenti e nelle espressioni.

Bolin, che fino a quel momento non ha mai avuto un bambino di cui prendersi cura, trova ogni cosa meravigliosa e allo stesso tempo terrificante e tanto più lui è eccitato e affettuoso, tanto sua figlia appare infastidita e accigliata.

  • Non piacevi neanche a mio padre - scherza qualche volta Jinora, mentre la bambina gli lancia uno dei tasselli colorati delle costruzioni e gli fa la linguaccia.
  • Ora piaccio a tuo padre? - le chiede allora lui speranzoso, alzando inverosimilmente le sopracciglia con quel suo modo buffo e un po’ esagerato di fare ogni cosa.

Jinora, ogni volta, glissa la questione con un silenzio strategico. 

 

*

 

Naoki cresce con una rapidità che Bolin stenta a credere possibile e impara a camminare, parlare e diventare indipendente senza che lui senta di essersi davvero potuto godere la paternità. La bambina continua a seguire Jinora, a farle compagnia nelle visite al tempio e a esercitarsi con la madre negli esercizi di meditazione e respirazione. Veste i colori dei Nomadi dell’Aria e ha le movenze delicate e silenziose dei dominatori dell’Aria. 

Talvolta a Bolin pare quasi di vederla camminare a un dito da terra, tanto è leggera e aggraziata come Jinora, ma Naoki a sette anni non ha manifestato ancora alcun tipo di Dominio. Non è raro che il figlio di due possessori di Domini opposti non sviluppi poi a propria volta alcun Dominio e Jinora è Bolin hanno ormai accettato la cosa come un dato di fatto, senza esserne minimamente turbati.  Tenzin continua a osservare la nipote attento, perché la speranza è l’ultima a morire.

 

*

 

Bolin ha dato a sua figlia il nome della madre, anche se Naoki non ha ereditato niente dal lato della sua famiglia e chiamarla per nome gli smuove sempre qualcosa dentro, un misto di dolore rappreso e felicità a cui si è rassegnato che non riuscirà mai a sfuggire. 

È stata Jinora a proporlo, quando stavano scegliendo il nome del nascituro, ancora non sapendo il sesso. Bolin ne era stato così contento che l’aveva quasi stritolata in uno dei suoi portentosi abbracci. 

 

*

 

Col tempo e gli anni, Bolin si rende conto che sua figlia da lui non ha ereditato solo il colore degli occhi, ma tutta una serie di particolari a cui non aveva mai badato. Il modo in cui arcua le sopracciglia, il sorridere in modo buffo e tutto denti, il vizio di dormire con la pancia scoperta, l’incapacità di rimanere ferma in un posto per più tempo del necessario.

Crescendo Naoki inizia a manifestare tutta una serie di dettagli e particolari più simili a quelli del padre che a quelli della madre e quando alla fine domina la terra, più per caso che per reale volontà, Jinora non ne é particolarmente sorpresa. 

  • Nessun dominatore dell’Aria poggia i piedi in quel modo - dice placidamente al padre, mentre Tenzin cerca di mandar giù la notizia e Peema gli carezza amorevole e materna il braccio. 

 

*

 

Il Dominio della Terra è solido e fermo, fatto di movimenti secchi e prese di petto. Non ci sono schivate o fughe, con la terra che spinge per essere dominata e i piedi che aderiscono per terra e avvertono e controllano ogni vibrazione. 

Col tempo Bolin si scopre un bravo maestro e Naoki una pessima allieva, con il carattere burbero del nonno materno.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** #7 ***


Raccolta disomogenea di otto drabble. Partecipa alla Corsa delle 24 ore – VI Edizione indetto dal forum Torre di Carta.
  • Innocente sensualità (113 parole);
  • Rossetto (111 parole);
  • Una ciocca di capelli che sfiora le labbra (107 parole);
  • Ombra (95 parole);
  • Pelapatate (98 parole);
  • Colore (115 parole);
  • Miagolio (112 parole);
  • Piacere personale (117 parole;)
 
 
 
 
 
 
Jinora va in giro per casa, coi suoi vestiti addosso, enormi sul corpo minuto. La maglia le scivola su una spalla, le arriva a metà coscia e si intravedono i seni nudi tra la stoffa sottile.
Ha perennemente i capelli in disordine e Bolin non ricorda di averla mai vista truccata.
Non ha la bellezza aggressiva di Asami o quella rude e un po’ mascolina di Korra.
Se Bolin l’avesse incontrata per strada, forse non l’avrebbe neanche guardata. È delicata e comune e ne è consapevole. Qualche volta non è neanche bella, ma poi si mette i suoi vestiti o si morde il labbo o gira senza reggiseno e Bolin la trova irresistibile.
 
 
 
 
A Bolin piace recitare, anche se a volte lo conciano nei modi più improponibili.
 
Jinora ride, ridacchia, trattiene a stento un risolino divertito. Ogni volta che la guarda, la becca a fissarlo, con le guance rosse, il viso contratto e gli occhi lucidi.
- Ho qualcosa in faccia? – le chiede a un certo punto esasperato, strofinandosi i palmi delle mani sul viso e arruffandosi la barba.
Jinora gonfia le guance, ride ancora e poi scuote la tesa. Poi sguscia via e lo lascia lì, come un sasso.
Quando la sera si guarda allo specchio e nota l’alone di rossetto rosa sulla sua bocca impallidisce. Tutti, li avrebbe fatti licenziare tutti.
 
 
 
 
C’è la passione, sfrenata, viscerale. Il bisogno di sentire i propri corpi, uno sull’altro, uno nell’altro. Di consumarsi e spegnere ogni ragione. Jinora è piccola e maneggevole, con i seni minuti e sodi e i capezzoli che si inturgidiscono appena li sfiora.
È umida tra le cosce, quando lo accoglie, ed è calda ed eccitante tanto che a volte Bolin si sente ubriaco e tramortito.
Condividono il letto, la casa, il sesso; nonostante ciò, Bolin non l’ha mai sentita tanto vicina e tanto sua come quando gli si addormenta sul petto, il respiro pesante e tranquillo e i capelli arruffati che gli solleticano gli angoli della bocca.
 
 
 
 
È piccola e silenziosa; si annida in casa, si nasconde negli angoli più impensabili di casa e lo osserva. Imita i suoi movimenti, studia le sue abitudini, ripete le sue parole e lo segue dappertutto.
La tua ombra la chiamano i suoi familiari e gli amici e Bolin rotea gli occhi e ride, mentre il bambino lo guarda, sorridendo sdentato e cercando di imitare la risata fragorosa del padre.
Parla, mangia, domina come lui e non c’è dubbio alcuno che sia suo figlio, ma talvolta Bolin trova doloroso osservarlo e scorgere il viso di Jinora.
 
 
 
 
La schiena gli fa male, lo sgabello su cui sta seduto è troppo piccolo e gli dà un’aria ridicola e curva e le mani sono un guazzabuglio appiccicaticcio di vesciche e piccoli tagli.
Ne pela una, poi un’altra e un’altra ancora. Ha perso il conto da un bel po’ ed è così accigliato che gli fa male la fronte e ha iniziato a confondere il pelapatate con le sue mani.
- Tuo padre dovrebbe farsi controllare i nervi – borbotta piccato.
- La prossima volta non rubargli il pranzo – cinguetta divertita Jinora e gli passa un’altra patata.
 
 
 
 
Il mondo è grigio; tutta una serie di sfumature di grigio che si ripetono monotone e tristi e che acquisiscono colore solo quando si incontra la persona giusta, la propria anima gemella.
Bolin ha creduto di essere innamorato innumerevoli volta – è uno dall’infatuazione facile – ma il mondo non ha mai cambiato colore tanto che a un certo punto ha iniziato a convincersi che fosse solo una stupida leggenda metropolitana.
Un giorno, poi, finalmente li vede e rimane incantato dal verde delle foglie e dal rosa chiaro della sua pelle. È tutto così colorato ed eccitante, tutto perfetto se non fosse che a farglieli vedere, quei colori, era stata la sorellina tredicenne di Korra.
 
 
 
 
Vivere con Bolin è strano. È invadente, rumoroso e disordinato. Jinora non riesce a meditare, non riesce a fare i propri esercizi di respirazione o a trovare un angolo della casa in cui potersi acciambellare e leggere indisturbata.
La casa è piccola e vecchia e anche l’unica che erano riusciti a permettersi, tutta una serie di cigolii, scricchiolii e rumori sospetti e non ben identificati che la fanno sobbalzate.
- C’è qualcosa di strano – gli dice e Bolin la prende in giro. Fifona.
È con un senso di insospettata gratificazione che lo vede fiondarsi nel letto e nascondersi sotto le coperte.
- Jinora, penso che il nostro frigo stia miagolando –
 
 
 
 
Bolin ha sempre trovato divertenti, spassose, quelle commedie per adolescenti con i genitori iperprotettivi. Ha iniziato a trovarle un po’ meno divertenti quando Tenzin ha scoperto della sua esistenza e da allora è stata tutta una serie di riunioni di famiglia imbarazzanti e domande scomode.
Tenzin guarda la figlia sperando di cogliere qualche sintomo di follia che spieghi quell’improbabile relazione, ma ogni giorno che passa quella speranza diminuisce, si affievolisce e pian piano muore.
Alla fine si arrende, perché Jinora è felice, felice davvero, e Bolin non è poi così male.
Le riunioni di famiglia si fanno meno imbarazzanti, le domande finiscono, ma, quando lo guarda, Bolin ha sempre l’impressione che Tenzin gli abbia fatto un piacere.




 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** #8 ***


  • Storia scritta per il COWT10;
  • 771 parole;
  • M2 - Napoli 




La stradina è un lastricato di libri, librerie e venditori di libri. Ogni angolo è occupato da una libreria, ogni centimetro di muro ha affisso un nuovo volantino su libri, cartoleria o libri. A Città della Repubblica quella è conosciuta come la Strada delle libreria - in realtà un altro nome ce lo ha, ma la gente non riesce proprio a ricordarlo. 

Bolin, che di libri ne avrà letti sì e no una decina in vita sua, non ci era mai stato. Non è un lettore, non colleziona maniacalmente volumi, non legge neanche i fumetti a dirla tutta e preferisce sempre passare la sera a guardare Netflix che a sfogliare pagine su pagine. Bolin non è mai stato in quella parte della città, anche se tutta la sua intera vita l’ha spesa a Città della Repubblica. 

Alle volte suo fratello si chiede se Bolin sappia leggere, tanto che lui e la lettura sono mondi completamente separati, ma Mako ha il tatto di non fare mai quella fatidica domanda.

 

In ogni caso, La Strada dei Libri è affollata, un miscuglio di bancarelle e libreria di tutti i tipi e di tutti i generi, dopo chiunque può trovare quello che desidera. Si va dai libri usati, a quelli della scuola, ai romanzi, ai manuali, fino ai libri da collezione. Un paradiso peri i lettori. 

Bolin gira senza meta, buttando l’occhio in ogni vetrina e sentendosi terribilmente grosso e fuori posto. Non ha mai visto tanti libri in vita sua. 

Alla fine fa il tocco ed entra in un negozio a caso. È piccolo, stipato di libri di tutte le dimensioni ed edizioni e sull’entrata porta una vecchia tarda: L’ultimo lettore. 

La commessa lo accoglie con un sorriso pacato 

- Buongiorno, posso aiutarti? - gli dice e la targhetta recita Jinora.

Bolin annaspa e fa un sorriso tutto denti.

- Mi serve un libro - dice alla fine, dopo averci pensato su un’infinità di tempo, come se fosse davvero una cosa difficile da dire. Non aggiunge altro.

La commessa rimane a guardarlo, in attesa che continui. Non lo fa e lo vede continuare a guardarsi intorno, come se si aspettasse che da un momento all’altro gli scaffali potessero cadergli addosso. 

- Puoi essere più vago? - gli dice gentile, facendo ondeggiare i capelli e arcuando un sopracciglio sottile. 

E allora Bolin va ancora più nel panico, perché lui di libri non ne capisce niente, e lo hanno mandato lì contro la sua volontà, e non si aspettava di trovare qualcuno di carino - fanculo - in negozio e ha i pantaloni bucati della tuta e i capelli in disordine. Un libro, gli serve. Concentrazione.

- Mi serve un libro - riprova - Ha la copertina rossa, l’autore è americano… o russo, non ricordo. È uscito un paio di anni fa. Ha la copertina rossa - conclude.

Jinora non è particolarmente convinta e passa la successiva ora a tirare tutti i libri con la copertina o la sopraccoperta rossa per vedere se lo riescono a trovare. Alla fine Bolin è così mortificato che di libri ne compra cinque e non uno - e non è neanche sicuro di aver trovato quello che gli avevano chiesto. 

La commessa gli dà la ricevuta e un buono sconto per il prossimo acquisto. 

- Per i nuovi clienti - gli spiega.

- Grazie - balbetta Bolin, cercando di fare uno dei suoi famosi sorrisi tutto tenti. È lì lì per dirle che non gli serve, che lui non legge, ma poi Jinora che dice a presto e non se la sente più. 

 

Mako brontola tutta la sera per i libri e per il fatto che non abbia trovato quello che gli aveva chiesto; sua madre invece è più bonaria e lo prende in giro giusto un po’.

Passa una settimana e Bolina va di nuovo a L’ultimo lettore, e ci torna, e inizia a essere un cliente assiduo. La commessa è sempre gentile, sempre con un occhio di riguardo, sa consigliargli sempre un volume nuovo o un’edizione limitata da non farsi scappare o una grafic novel che può piacergli. Bolin scopre che non gli dispiace poi tanto leggere, non quello che lei gli consiglia, così la volta dopo che si vedono ne possono parlare, mentre lei sceglie il nuovo libro da vendergli.

Insieme ai libri gli dà sempre anche qualche piccolo omaggio, un gadget, una rivista, un volantino, un segnalibro. Un giorno Bolin va a comprare un libro per l’università a Mako e poi passa la restante settimana con lui che lo prende in giro. 

- Chi è questa Jinora che ti ha lasciato il numero sullo scontrino? -

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** #9 ***


  • Storia scritta per il COWT10;
  • 421 parole;
  • M2 - Napoli





Bolin non è mai stato quello sveglio, tra lui e Mako. Lo ha accettato da tempo, da quando erano bambini e il maggiore si prendeva cura di lui. A Bolin la cosa non è mai pesata, l’ha sempre accettata con la pigrizia dovuta ai fatti inconfutabili della vita. Mako era quello intelligente, lui quello bello, a ognuno la propria croce. 

 

Jinora è piccola e graziosa, con i capelli che le incorniciano il viso e la freccia blu dei dominatori dell’ aria che le spicca sulla fronte distesa. Ha le spalle esili e la figura sottile che si addice ai portatori del suo dominio, con un viso pallido e tutte fossette. Bolin si perde a guardarla, con gli occhi un po’ lucidi e il cuore un po’ più leggero - lui è anche il fratello fortunato. 

Quando torna da un viaggio o da una missione, Jinora è una tappa fissa, la prima persona che vuole vedere e la prima che lo aspetta in stazione o al porto. Non sono una coppia, non ancora almeno, nessuno dei due ha reso la cosa pubblica, né ha dichiarato effettivamente i propri sentimenti. Nonostante ciò, da fuori è tutto piuttosto chiaro e alle volte loro stessi si dimenticano di non essere ufficialmente una coppia. L’unico che non può dimenticare è Tenzin, ma lui ha la sfortuna di essere padre di due figlie in età da marito e quindi la sua vita non può essere graziata da dimenticanze o leggerezze. 

 

È sempre un po’ imbarazzante rivedersi dopo un viaggio, non tanto perché sia cambiato qualcosa tra loro, ma perché ci sono sempre occhi a fissarlo e una domanda che aleggia che nessuno dei due vuole porre - Hai conosciuto qualcuno di interessante?

Ma Bolin non è fatto per l’imbarazzo o per la tensione, per la delicatezza o per la discrezione. Alla fine è sempre lui a fare casino, a chiamare il suo nome e a lasciarsi andare a tutta quella serie di manifestazione di affetto che fanno avere un mancamento a Tenzin. Jinora, invece, si limita ad abbracciarlo timida e a infilarsi tra le pieghe del suo collo, prendendo il posto di Pabu. 

 

Quando fa ritorno da un viaggio, Jinora è la prima persona che vuole vedere - l’unica - e le porta sempre un regalo, un libro o una serie di cartoline su cui ha scritto gli avvenimenti delle giornate nella sua grafia disordinata e tondeggiante. 

Mi sei mancata; ti ho pensato; non c’è nessuno di interessante da incontrare sono le cose che non le dice. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** #10 ***


- Storia scritta per il COWT10;
- 303 parole;
- M2 - Napoli




 

Bolin ha imparato a leggere da bambino, anche se non è mai stato particolarmente bravo e ha sempre fatto fatica a non fare confusione con l’ordine delle parole e delle lettere. La maestra aveva detto qualcosa su una terapia, ma poi i suoi genitori erano stati uccisi e non se ne era fatto più nulla. Poco male in ogni caso, a Bolin non serviva leggere più di tanto. Nei bassifondi di Città della Repubblica le qualità richiesta sono tutt’altre ed è venuto su bene comunque, anche se ogni tanto è imbarazzante quando deve leggere qualcosa ad alta voce o gli fanno recapitare una missiva un po’ troppo articolata. 

 

Di quando era bambino, ha questo ricordo di sua madre che leggeva a lui e Mako una storia prima di andare a letto, modulando la voce in modo un po’ ridicolo per interpretare i vari personaggi e canticchiando e mangiandosi le ultime lettere delle parole, quando queste chiudevano un periodo un po’ troppo lungo. A Bolin piaceva proprio tanto sentirla leggere e addormentarsi con la voce di sua madre che man mano si assottigliava nelle orecchie e la sua mano tiepida appoggiata sul petto. 

Jinora, invece, non cambia mai tono durante la lettura, ne sceglie uno e lo tiene per tutta la lunghezza del brano, senza modifiche di alcun tipo. E a Bolin piace sentirla leggere - lo sa che lo fa solo per lui - stesso a pancia in giù sul prato. Jinora è imperturbabile, con il viso pallido e i capelli tirati dietro le orecchie. Ha la voce tenera e ferma e le labbra piene e Bolin ogni tanto si distrae e perde il filo del discorso, come se fosse lui a star leggendo. 

Jinora fa finta di non accorgersene, ma di volta in volta sceglie i libri immaginando cosa potrebbe piacere all’altro.

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** #11 ***


  • Storia scritta per il cowt10
  • M2 - Napoli 
  • 477 parole

 

 

 

I regali per le ricorrenze o per i compleanni, per le feste o semplicemente per dimostrare affetto, sono una cosa che ha sempre messo a disagio Jinora. Lei, che è cresciuta abbracciando la filosofia dei monaci dell’Aria, e che quindi non ha mai posseduto niente, non capisce quel costume altrui di comprare cose e spendere soldi per far possedere ai propri cari un oggetto. 

Jinora non ha mai posseduto niente, se non il suo aliante. Tutto il resto non è mai stato suo, proprio nel vero senso del termine. I vestiti che indossa sono quelli del Tempio, i libri che legge sono i libri della biblioteca del Tempio, gli oggetti in camera - che sua non è, ma anche essa del Tempio - sono cose prestatele da Asami o da Korra o da Bolin o cose che le hanno dato i genitori e che poi, tra qualche anno, passeranno ai suoi fratelli. 

Jinora non ha niente e le piace, si sente appagata, libera. Quando deve spostarsi, fare un viaggio o andare in missione, semplicemente raccoglie qualche indumento, l’aliante ed è pronta, senza pensieri. Quella è la filosofia dei monaci dell’Aria e uno dei dogmi che hanno formato molte generazioni di dominatori prima di lei. 

Non avere niente non è mai stato un problema, così come non avere regali - gli zii ogni tanto portano a lei o ai suoi fratelli qualche souvenir, di ritorno da un viaggio, ma Jinora non lo avverte mai come qualcosa di suo; zia Kya e zio Bumi lasciano una cosa loro a lei.

 

I monaci dell’aria di generazioni e generazioni prima non hanno però pensato che uno dei loro discendenti, un giorno, avrebbe avuto un fidanzato di un’altra stirpe che avrebbe mandato in crisi tutto il loro sistema. Così Jinora, che fino a quel momento non aveva mai avuto niente da ridire sui antenati, inizia a maledirli un po’.

Lei di regali non ne ha mai dovuti fare, poi è arrivato Bolin ed è diventato tutto un po’ più rumoroso, un po’ più chiassoso, un po’ più bello, ma anche diverso e complicato. 

- Facciamo questo regalo - si era detta alla fine, decretando la propria sconfitta. 

Jinora si chiede quale dominatore, centinaia di anni prima, abbia deciso che per i compleanni ci si debba fare dei regali - sicuramente uno della terra. 

 

 

Bolin ha la faccia di un bambino contento quando scarta il proprio regalo, con gli occhi sgranati e un po’ lucidi. 

- Non dovevi - le dice, mentre la soffoca con un abbraccio e al tempo stesso cerca di disfare il pacchetto. 

Poi lo aspre e lo guarda. Un sopracciglio si inarca - Non dovevi davvero - ripete e poi ride.

La copertina del libro gli rivolge la stessa occhiata perplessa. “101 favole a colori per i Dominatori del Domani. Adatto dagli + 0 anni in su” recita il titolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** 12 ***


  • Storia scritta per il COWT10;
  • Prompt: M3 - Differenza di età;
  • ATLoK | Bolin/Jinora;
  • 807 parole;

 

 

 

 

Jinora ha ventidue anni e Bolin ha superato i trenta quando si rivedono. È un incontro casuale, ma non sgradito. Semplicemente inatteso. 

Città della Repubblica è in fermento, è il periodo della Festa dell’Avatar, delle grandi parate e delle feste di quartiere. La città si anima di visitatori, turisti e curiosi; alcuni ne approfittano per fare ritorno a casa, per rivedere la famiglia; altri ancora ne approfittano per tirare su un po’ di soldi anche se non proprio in modo legale. 

Quando era un ragazzino e viveva per strada, alla giornata, con suo fratello Mako, Bolin aspettava quei giorni come se fosse Natale, come se fosse giorno di paga: la gente era più allegra, più spensierata, più distratta e borseggiare diventava facilissimo, anche per lui che non è mai stato delicato o silenzioso o in grado di nascondere la priora presenza come Mako. 

La città diventa per una o due settimane viva, si riempie e arrivano così tante facce nuove che è impossibile pensare di riconoscerle. A Bolin, anche da adulto, piace l’aria di festa che si respira, piace il senso di nostalgia che gli fa provare e gli piace ancora di più l’idea di avere un po’ di tempo libero da trascorrere con Mako o Korra e i loro amici. 

A Bolin piace un po’ di meno essere chiamato nel cuore della notte per sedare una rissa tra ubriachi, durante una di quelle serate in onore di questo o quel quartiere, durante il periodo della Festa; oppure passare mezza giornata a rincorrere qualche ragazzino che ha rubato il portafoglio a un turista. 

- Sono i problemi del mestiere - gli ha detto una volta Mako, canzonatorio, fingendo di abbottonargli meglio la divisa da poliziotto. 

- Chi lo avrebbe detto che saremmo entrati in polizia dieci anni fa, eh? - gli ha risposto invece Bolin, in modo del tutto privo di senso. Mako ha sbuffato e il fratello non ha neanche sentito il resto della conversazione, impegnato a ricordare di quando, a sette anni, lui e Mako avevano borseggiato un turista grassissimo. 

 

 

Jinora è diventata decisamente più alta, le sono cresciuti i capelli e i tratti del volto sono meno dolci e più marcati, più maturi. Ha perso la rotondità delle guance in cambio di un corpo flessuoso e da donna. Bolin la incontra una sera, di ritorno da lavoro, e fa un po’ fatica a riconoscerla. Un po’ perché sono anni che non si vedono - sei? Sette? - un po’ perché non sapeva fosse tornata in città, un po’ perché è buio, lui è stanco e il turno è durato più del solito, un po’ perché Jinora ha sempre avuto l’incredibile capacità di passare inosservata e di sfuggire allo sguardo altrui. 

Bolin la riconosce per caso e sempre per caso le si avvicina, non per salutarla, ma per comprare la cena nello stesso chioschetto in cui anche la Dominatrice dell’ Aria sta facendo la fila. 

Jinora ha un’aria più matura, più distinta e seria di quanto Bolin potrà mai avere ed è bella e magnetica in un modo che lo fa vergognare. Realizza di conoscerla quando la vede torcersi le mani, nello stesso identico modo in cui faceva quando era ragazzina e cercava di ingannare il tempo e non dare i numeri per l’ennesimo scherzo di Ikki o di Meelo. 

È Jinora, però, la prima a parlargli e a salutarlo, con lui che rimane fermo imbambolato come un fesso e lei che apre a dismusura gli occhi grigi e chi sorride e lo abbraccia e lo saluta e gli parla tutto insieme. Bolin registra solo un po’ di fastidio alle viscere, come se qualcuno gliele stesse stringendo, e il modo delizioso in cui la pelle della fronte di Jinora si inarca e le deforma il tatuaggio della freccia. 

 

Cenano insieme, seduti su una panchina, con il cibo da asporto che minaccia di gocciolare loro addosso da un momento all’altro e le facce un po’ arrossate per il freddo. 

Bevono anche due o tre birre e Bolin si chiede se vada bene bere insieme - se i dominatori dell’aria possano bere - ma si sente piuttosto stupido e non dice nulla. 

 

Jinota ha degli occhi davvero grandi e Bolin è lì lì per informarla della cosa, con la birra che lo fa sentire un po’ pesante e gli angoli delle labbra che gli tirano verso l’alto, costringendolo a sorridere in modo buffo e scemo. Se Pabu fosse stato lì, probabilmente lo avrebbe morso per la vergogna. 

- Quando ero bambina avevo una cotta per te - gli dice con il tono pacato e tranquillo di sempre, come se gli stesse parlando del tempo e Bolin si fa andare di traverso un po’ di birra. Senza un motivo apparente, si guarda intorno per controllare che Tenzin non sia lì per reclamare la sua testa - o altro. 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** 13 ***


  • Storia scritta per il COWT10;
  • Prompt: M3 - Differenza di età;
  • ATLoK | Bolin/Jinora;
  • 724 parole;

 

 

 

 

Jinora ha diciassette anni e sa di essere in un mare di guai. Lo sa, è il suo istinto a dirglielo, a suggerirglielo, a farla sentire agitata e turbata e pronta a ricevere un pugno in faccia da un momento all’altro. Sa di aver fatto qualcosa di sbagliato e ogni volta che gli occhi di suo padre si posano su di lei, si sente avvampare. 

Tenzin, però, la guarda e vede ancora la bambina che preferiva passare giornate a leggere o a meditare piuttosto che giocare in giardino con gli altri suoi figli e quindi non si preoccupa né si accorge di nulla. 

Jinora si sente anche in colpa, quando esce di nascosto per incontrare Bolin o quando mente a sua sorella su dove sia stata. È davvero poco da Nomade dell’Aria il suo comportamento ultimamente, non se ne vergogna più di tanto.

 

Bolin ha quasi ventisei anni e da un po’ ha preso a farsi crescere un pizzetto decisamente discutibile.  Jinora sbuffa e gli tira i peli sul mento per poi ridere.

Alle volte somiglia a Ikki molto più di quanto le piaccia ammettere. 

- Sembri mio padre - gli dice quando il pizzetto inizia a essere troppo lungo e Bolin continua a rifiutarsi di tagliarlo.

Bolin vive da solo già da un po’; ha un lavato stabile che gli permette di pagare l’affitto e di vivere in modo del tutto onesto. È piuttosto fiero di se stesso e casa sua è piccola e un po’ disordinata e non riesce mai a fare la lavatrice o ad appaiare i calzini, ma ne è comunque orgoglioso. È sua - è loro, se Jinira vuole. È arrivato a una stabilità che non credeva possibile fino a qualche anno prima.

Pabu ha persino la sua stanza  - ricavata da un vecchio stanzino per le scope, ma pur sempre una stanza. 

 

Jinora passa a casa con lui molto tempo. All’inizio era andata ad aiutarlo con il trasloco insieme ai suoi fratellini, poi era tornata per aiutarlo a montare un mobiletto piuttosto discutibile; un’altra volta ancora Aveva trovato Bolin per strada con un porta cappelli decisamente brutto e non aveva potuto evitare di scortarlo fino a casa.

- Hai un problema con i porta cappelli - gli dice poi, mentre o osserva dal divano cercare una sistemazione per il nuovo mobile.

- Mmm, io non ho nessun problema con i porta cappelli - le risponde Bolin, distratto, lisciandosi il pizzetto e osservando poco convinto dove ha messo il suo ultimo acquisto. 

- Bolin - continua Jinora, senza riuscire a reprimere un sorriso e un tono a metà tra lo spazientito e il divertito - Hai tre porta cappelli per casa e neanche un cappello -

 

Una sera poi, quando Jinora ha compiuto diciassette anni e i suoi fratelli e i suoi amici le hanno organizzato una festa a sorpresa, Bolin l’ha baciata. Di nascosto, per un secondo, senza che nessuno li vedesse. Il giorno dopo Jinora ha iniziato ad andare a trovarlo con qualsiasi scusa e il Dominatore della Terra non ha dato segni di esserne dispiaciuto. 

 

Tenzin inizia a guardarla con un po’ di sospetto quando prende a tornare a casa più tardi del solito, con i capelli in disordine e i vestiti al contrario, ma non dice niente - non vuole sapere, non vuole finire in galera. 

 

Bolin la bacia e la stringe, le strofina per dispetto i peli del mento sul naso e ride nel suo modo fragoroso e allegro quando lei cerca di morderlo. 

- Stupido - gli soffia sulle labbra e finge un’espressione imbronciata che fa andare Bolin nel panico.

Il letto di Bolin è grande, due piazze, e occupa quasi tutta la stanza da letto - ed è anche il loro posto preferito. Quando non fanno sesso, ci si rigirano pigri, si scambiano qualche bacio e si raccontano le loro giornate. 

- Tuo padre mi ucciderà quando lo saprà - le dice in continuazione Bolin.

- Probabile - gli concede Jinora e poi lo bacia ancora. 

 

Quando lo va a trovare, ogni tanto, trova qualche cosa nuova, qualche altro mobiletto, qualche altro cuscino, qualche altra rivista o chincaglieria che fino alla visita precedente non c’era. Jinora sospetta che Bolin sia un po’ un accumulatore, ma non le va ancora di sollevare la questione. 

 

- Bolin, quello è un altro porta cappelli? -

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** #14 ***


Storia scritta per il COWT11;
686 parole 
Prompt: M2- Un viaggio chiamato vita 
 
 
 
 
 
 
Casa è un bilocale disordinato, con la carta da parati a fiori, in una palazzina vecchissima, abbarbicata all’ultimo piano e che, nei giorni invernali, in cui il vento soffia un po’ troppo forte, è tutta uno spiffero e dà l’idea di essere prossima a collassare su se stessa. 
L’hanno scelta insieme, più perché a entrambi ricordava immediatamente qualcosa di familiare, che per la reale comodità del posto. È lontana dall’isola dei Dominatori dell’Aria, è lontana da dove lavora Bolin, ma è piccola e confortevole, con una vicina anziana e con un numero indefinito di gatti-castagna co cui Pabu non fa che litigare e un balconcino sbilenco su cui Jinora passa metà della giornata a studiare o meditare.
È casa loro e nel tempo hanno aggiunto piccole cose, piccoli oggetti familiari o bislacchi che pian piano l’hanno resa ancora più loro, più intima. 
Il salotto è un ambiente unico con la cucina, perennemente in disordine, in cui Jinota ha iniziato ad ammassare senza vergogna pile di pergamene e libri presi in prestito alla biblioteca paterna e mai più restituiti. C’è anche una foto, di loro due, con Ikki e Meelo e Rohan, Asami e Korra da un lato, Mako dall’altro e i genitori di Jinora nel mezzo. Tenzin ha una faccia lunga e un sorriso poco convinto, mentre stringe una mano sulla spalla di Bolin, in una chiara minaccia percepita in tutta la sua pericolosità.
A Jinora piace guardarla e prenderlo in giro. 
- Sembra tu stia per essere mangiato da uno spirito malvagio – 
Non penso tuo padre si accontenterebbe solo di mangiarmi – 
 
*
 
Jinora ha ventiré anni e vivono insieme già da diversi anni – due? Tre? – e con il tempo hanno imparato a stare insieme, a dividere lo spazio e ad abbandonare quasi qualsiasi tipo di privacy o solitudine. È una convivenza piacevole, anche se insolita. Jinora non avrebbe mai immaginato di abbandonare il Tempio dell’Aria per la città – non avrebbe mai immaginato di farlo per Bolin -ma il Dominatore l’ha resa una cosa quasi facile, naturale. 
Piano piano hanno costruito una routine fatta di momenti, di calore, di una tenerezza che entrambi credevano loro estranea. Bolin è il fidanzato perfetto, è premuroso, affettuoso, insolitamente bravo a cucinare e a fare le faccende di casa. Jinora lo ama in un modo tiepido e pacato, così come è il suo carattere, e Bolin ricambia con la frenesia e il rumore che invece gli appartengono. 
Qualche volta litigano – litigano tutti, insomma – e la casa ha qualche spiffero in più e Pabu si rifugia dai gatti-castagna della vicina, improvvisamente molto più partecipi del suo dolore.
 
 
*
 
Bolin colleziona cose strane, oggetti dei loro viaggii o della sua infanzia, Jinora non ci fa quasi più caso. Finge di non accorgersene, quando ne porta uno nuovo a casa e lo nasconde tra gli altri. Quasi le piace cercare di indovinare cos’altro troverà sulla mensola del soggiorno o infilato in un cassetto. 
C’è solo una cosa che davvero non capisce e che non riesce del tutto a sopportare – e che Bolin non può cercar di nascondere in alcun modo. 
No, non me lo dire –
Non ho detto niente –
Bolin, non possiedi neanche un solo cappello! – 
 
Bolin ha una insolita passione per i portacappelli, in casa ne hanno sei o sette, anche una testa di dubbio gusto recuperata alla chiusura di un negozio di pelletteria. 
Jinora, fin da bambina, non ricorda di averlo mai visto indossare un cappello, neanche in inverno, neanche quando ha accompagnato Korra al Polo Nord. 
 
Sono mobilio inutilizzato, che Bolin spolvera sempre con una solerzia inusuale e su cui Jinora prova, con poco successo, ad appendere sciarpe e mantelli. 
Si lambicca il cervello per anni, cercando di dare un senso a quei portacappelli un po’ troppo ingombranti, poi un giorno lo trova e ne è intimamente compiaciuto. 
 
 
*
 
Un mattina casa è invasa di cappellini di filo, di quelli da neonato, di tutte le sfumature possibili e immaginabili di verde o arancione, che fanno mostra di loro su ogni portacappelli possibile. Bolin ci mette un’infinità di tempo a capire che non è uno scherzo o un nuovo feticcio di Pabu, ma che sta per diventare papà. 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3826622