These are my salad days

di Mel_deluxe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gold ***
Capitolo 2: *** These boots are made for walkin' ***
Capitolo 3: *** Don't think twice, it's all right ***
Capitolo 4: *** Girl on fire ***
Capitolo 5: *** Fancy shoes ***
Capitolo 6: *** Lovely ***
Capitolo 7: *** Jealousy ***
Capitolo 8: *** Call me baby ***
Capitolo 9: *** For no one ***
Capitolo 10: *** Location ***
Capitolo 11: *** Lose it ***
Capitolo 12: *** I do adore ***



Capitolo 1
*** Gold ***


Nota dell'autrice:
Sinceramente avevo solo voglia di scrivere una storia d'amore carina e divertente e che mi prendesse poco tempo, perciò eccoci qua. Sono anche stata a Londra poche settimane fa quindi avevo voglia di dedicare qualcosa alla cara città inglese. 
So che il fake dating è un cliché assurdo, ma penso che sia una delle mie più grandi guilty pleasure del momento (mi sa che ho letto troppe fanfiction lol). Mi sono ripromessa di aggiornare (speriamo) almeno una volta a settimana, dato che i capitoli non sono molto lunghi e non saranno moltissimi.
Sappiate che mi fa sempre piacere ricevere recensioni, anche se negative, anche se con su scritto "abbababaddba" e basta ;))
Enjoy (lo spero)
Mel.

 

Parte I: Crepuscolo
 
 

Dicono che ci si innamora veramente solo una volta nella vita e a questo punto Wendy ne è più che certa, la caffeina è senza dubbio l’amore della sua vita.
Conosce fermamente a memoria ogni singolo codice della macchinetta al secondo piano del suo ufficio, tanto che ormai non ricorda nemmeno i reali nomi dei vari tipi di caffé, semplicemente quando va davanti alla macchinetta pensa “mmmh potrei prendere un 04 oggi, con zucchero livello 5”; probabilmente se andasse in un vero bar non sarebbe più in grado di comunicare al barista quello che vuole.
Questa mattina è nella sala relax al secondo piano (tanto per cambiare) e alla radio stanno trasmettendo una canzone che è sicura di aver già sentito da qualche parte. Ha un buon ritmo, e Wendy si ritrova a muovere lievemente le sue anche a ritmo di musica, mentre aspetta che il suo 05 livello zucchero 3 della giornata si prepari.
La sala relax ha ben due macchinette, il che è un gran sollievo in quanto si evitano le file, ma anche un enorme spreco di spazio, dato che la mattina quasi nessuno, oltre a lei, prende un caffé. Il che rende la sua mattinata estremamente solitaria, ma per questo estremamente piacevole.
Wendy sta ancora ballando, concedendosi di cantare anche le parole in playback, mettendoci anima e corpo nella performance, quando improvvisamente qualcuno entra nella minuscola saletta e si dirige verso la macchinetta libera alla sua sinistra senza indugiare oltre.
La ragazza si blocca improvvisamente, pregando e ripiegando tutte le divinità induiste presenti che quell’essere appena entrato non l’abbia vista scuotere il bacino a suono di “you’re indistructibleeeee always believiiiing”.
Quando riesce finalmente a riprendersi dall’imbarazzo e la sua coda dell’occhio riesce a scorgere il viso del nuovo intruso, Wendy si deve trattenere dal non lasciarsi uscire un rumoroso “UGH” dalla bocca, perché l’intruso appena entrato altri non è che Mr. Martin Forres in persona. 
«Buongiorno, Wendy» la saluta lui, senza nemmeno guardarla in faccia.
«Martin…».
Lei e Martin non si piacciono molto, anzi può anche dire che si detestano.
Lavorano insieme da tre anni, ma il loro astio risale a molti anni prima che diventassero colleghi, precisamente ad un imbarazzante e preistorico passato nel lontano 2008, quando Wendy aveva quindici anni e sua sorella Vicky era all’ultimo anno di liceo. Wendy era single da tutta una vita e Vicky si era appena fidanzata con il ragazzo più conteso della scuola, il bellissimo e spericolato Martin Forres, il divo della scuola, colui che tutte le ragazze bramavano.
Sua sorella e Martin erano stati insieme per soli cinque mesi in realtà, finché lui non aveva deciso di scaricarla il giorno del loro diploma, per andarsene in Australia a inseguire il suo sogno di studiare lingue aborigene.
La storia tra lei e Martin sembrava essersi conclusa lì, se non fosse che, ben sette anni dopo, ecco che lei e l’ex di sua sorella si erano ritrovati per caso a lavorare per la stessa casa editrice nello stesso ufficio nella stessa zona a Londra.
La prima cosa che Wendy gli aveva detto quando si erano incontrati era stata: “Perché non sei in Australia?” e Martin le aveva risposto con un sarcastico: “C’erano troppi serpenti”.
Wendy e il ragazzo che aveva spezzato il cuore di sua sorella in mille pezzi per andare in Australia per poi tornare in Inghilterra sette anni dopo si erano ritrovati (ovviamente) a lavorare sullo stesso piano, ma dopo tre anni a stretto contatto nello stesso ufficio, anche adesso è raro che si rivolgano la parola. (E se lo fanno, quasi sicuramente è solo una scusa per litigare).
Il fatto è che Martin non piace a Wendy per tre principali e sensatissimi motivi: il primo riguarda ovviamente ciò che è successo tra lui e Vicky al liceo e, sebbene già allora non parlassero molto, il suo atteggiamento nei confronti di sua sorella è stato assolutamente inaccettabile.
Il secondo motivo è un po’ più recente, ovvero il fatto che, passandoci praticamente tutti i giorni insieme, Wendy si è resa conto che lei e Martin Forres sono due persone completamente diverse.
Martin Forres è un metro e ottantasei di pura beatitudine e di amore per se stesso fin troppo esagerato. Wendy Kaligan è alta un metro e sessantadue, adora tingersi i capelli di un colore diverso ogni mese, le sue principali caratteristiche sono che ama il frozen yogurt e non riesce a indossare scarpe diverse da quelle bianche da tennis.
Martin ha ventisette anni, è originario di Brighton, ma vive a Camden, è figlio di un amministratore delegato e vive da sei anni da solo in un appartamento con tre bagni e due cucine.
Wendy ha venticinque anni, vive da sola da pochi mesi in un appartamento a Greenwich, i suoi genitori sono parrucchieri e in casa sua nemmeno ce l’ha una cucina.
Il terzo e ultimo motivo riguarda invece il romanzo che un mese fa Martin ha pubblicato con la sua stessa casa editrice, Il sentiero di un uomo, diventato un best seller in poche settimana.
Sarebbe stato un fatto che Wendy avrebbe tranquillamente ignorato, se non fosse che quello era il sogno di Wendy, quello era ciò che Wendy stava cercando di concludere da più di due anni, e Martin Forres le ha rubato il sogno, le ha rubato il sogno e poi si è preso tutto il merito.
Sono due anni che Wendy sta preparando il suo romanzo, due anni in cui passa notte insonni, lavorando su ogni parola su e rimuginando su ogni frase finché non diventa perfetta, due anni in cui sogna di poter diventare lei stessa un'autrice bestseller, e non può concepire il fatto che qualcuno che odia così profondamente sia riuscito a raggiungere il suo traguardo prima di lei.
A questo punto della sua vita Wendy è arrivata a detestare e a invidiare Martin Forres con tutta se stessa, tanto che quasi non sopporta nemmeno la sua presenza.
Oggi Martin indossa come al solito un completo elegante, con tanto di cravatta e orologio d’acciaio al polso, che sulla sua figura così alta e slanciata lo fanno sembrare più un modello di Gucci che il dipendente di una casa editrice.
Wendy ammette tranquillamente che Martin è davvero un tipo attraente, con i capelli neri sempre in regola, quelle sopracciglia dalla forma perfetta che la fanno morire di gelosia ogni volta che lo vede e il viso dalla forma a cuore sempre e in qualunque situazione completamente sbarbato.
Il problema è che Martin è bello e sa di essere bello, e ciò lo rende ancora più insopportabile agli occhi di Wendy.
Ha sempre saputo di essere bello, fin dai tempi del liceo, cioè quando le ragazze gli morivano dietro e Wendy passava giorno e notte a studiare come fosse possibile che un maschio riuscisse ad avere delle sopracciglia così dannatamente perfette.
Martin le fa un veloce sorriso, poi si prende qualche secondo per andare verso la macchinetta di fianco a lei e schiacciare il numero 08 per il suo caffé.
Decaffeinato, riconosce Wendy. Che schifo, poi ovvio che non sono amici.
«Senti, ho bisogno che tu mi faccia un favore questo weekend» dice lui all’improvviso, portandosi il bicchierino di plastica alla bocca non appena la macchinetta gli annuncia che è pronto.
Wendy alza lo sguardo, leggermente sorpresa. Si conoscono da quasi dieci anni ed è la prima volta che Martin viene da lei per un favore.
«Oh, okay, dimmi pure».
«Ho bisogno che tu venga a Brighton con me per tre giorni e faccia finta di essere la mia fidanzata davanti alla mia famiglia».
Wendy fissa il suo collega in silenzio.
Il suo caffé è pronto, glielo conferma il biiiip prolungato della macchinetta, ma non riesce a fare a meno di guardare Martin senza nemmeno sbattere le palpebre. Mantiene un’espressione apatica per quasi dieci secondi, prima di riprendersi dallo shock e riuscire a formulare una risposta sensata. Ma tutto quello che riesce a dire è un confuso:
«Ehm… no…?»
Martin pare sinceramente stupito da quella risposta.
«Perché no?»
A questo punto Wendy non sa più se prenderlo sul serio o meno.
«Scusa, è così che ti approcci ai colleghi di solito? Vai da loro e gli dici “ehi ti va di far finta di essere la mia fidanzata per tre giorni, sarà divertente, dai!” perché sei disperatamente annoiato o cosa?»
Martin sbuffa rumorosamente, portandosi una mano tra i capelli neri. Si allontana dalla macchinetta, in modo da guardare Wendy più attentamente.
«Senti, lo so che è molto random come cosa da chiederti. Ma ho davvero bisogno del tuo aiuto questa volta».
Wendy si piega per prendere il suo caffé, ormai diventato freddo, dalla macchinetta, senza staccare gli occhi da Martin.
«E hai bisogno proprio… di me?» domanda, inarcando le sopracciglia.
«Sì» risponde Martin, iniziando a mescolare il suo caffé. Stranamente è molto nervoso. Wendy non si ricorda l’ultima volta in cui ha visto Martin Forres nervoso. «Ho questa… sorta di evento con la mia famiglia che è a quanto pare un affare super importante per loro, e i miei fratelli porteranno i loro partner super perfetti e l’evento stesso è pieno di gente importante che viene solo per mostrare il proprio partner e quando mia madre mi ha chiesto se avrei portato una ragazza da conoscere le ho detto di sì, ma il problema è che non ho una ragazza, quindi ora mi serve qualcuno che faccia finta di esserlo. Insomma, puoi farmi questo piccolissimo favore, ti prego?»
Wendy deve riprendersi da tutte quelle nuove informazioni.
Per prima cosa non sapeva nemmeno che Martin avesse dei fratelli, dava per scontato che fosse figlio unico, con tutti i soldi che ha. Ma si rende conto perfino lei che ha altro a cui badare al momento.
Prende un lungo respiro e dopo aver finito il suo caffé, dice:
«Lo sai che questo ufficio è pieno di donne, vero? Perché proprio io? Perché non lo chiedi… che ne so, ad Alice dell’ufficio stampa?»
Martin fa una faccia disgustata.
«Chi? Alice Gambe Lunghe? Nah, è troppo alta per me. Ci farei brutta figura».
Wendy lo guarda con fare offeso, ma non ha tempo di replicare, perché Martin se ne esce con una seconda risposta che riesce a sconvolgerla ancora di più:
«E perché… insomma, non sono amico con nessuna di loro. Io e te ci conosciamo da tanto, almeno non sarebbe imbarazzante, dai».
Wendy emette una risata che cerca di trattenere al più presto.
«Uhm… lo sai che io e te ci odiamo, vero?» gli dice, sempre più confusa.
Martin la guarda per un secondo, aggrottando le sopracciglia.
«Ah sì? Non ne ero al corrente».
Wendy non riesce a credere alle sue orecchie.
Questo lurido
«Senti Martin» inizia Wendy, il suo tono diventato improvvisamente serio. «Non so a che gioco tu stia giocando. Ma non ho intenzione di venire a Brighton e spendere dei soldi per… cosa? Essere la tua finta ragazza per tre giorni così che tu possa fare bella figura con la tua famiglia e-»
«Pagherò tutto io» la interrompe Martin, facendo un passo verso di lei. «Il trasporto, il cibo, tutto quanto. E dormirai nella nostra casa e sarà tutto a spese mie. Tu non dovrai sborsare un soldo, te lo prometto».
«Oh, ma grazie mille, Gandhi! Pensi che sia davvero solo quello il problema?» ribatte Wendy, voltandosi dall’altra parte per buttare il bicchierino di plastica, sentendosi leggermente infastidita da tutta quella insistenza. «Cosa dovrei dire alla mia famiglia? Che sono scappata a Brighton per il weekend con l’ex di mia sorella perché improvvisamente siamo diventati amici per la pelle?»
«Non devi dire loro per forza che sei con me. Inventa una scusa, che ne so, che passi il weekend da Sally e Hannah alla loro casa al lago, o che sei ad una convention per lavoro!»
Wendy si volta verso di lui, spazientita. Martin ha una ridicola espressione triste stampata sulla faccia, sembra quasi sul punto di inginocchiarsi e scoppiare in lacrime davanti a lei.
«Ti supplico, Wendy. Io… farò qualsiasi cosa. Qualsiasi» finisce per dirle Martin, con un filo di voce.
A questo punto però Wendy è intrigata dalla proposta. Si mette a braccia conserte e inizia a scrutarlo dall’alto in basso con un mezzo sorriso stampato sulle labbra.
«Avevi in mente?»
«Caffé».
«Ha! Passo».
«Non del semplice caffé» si affretta a spiegare Martin, mettendo le mani davanti a sé. «Caffé vero. Quello puro, delizioso, di prima qualità, dalla Colombia!».
Wendy rilassa improvvisamente le braccia. Lo guarda per un secondo intrigata.
Caffé vero, puro, delizioso, di prima qualità, dalla Colombia….
Oh, possono esistere parole più belle di queste?
«Ma stai zitto…» riesce a dire solamente, mentre la sua mente inizia già a bramare quel caffé. «Non sei così ricco da poterti permettere davvero un-».
«Lo farò» annuncia Martin, prima che lei possa finire la sua frase. «Ti darò un sacco intero di puro caffé testato e proveniente dalla Colombia, Ma tu devi promettermi che verrai a Brighton con me».
Wendy scoppia in una rumorosa risata. Inizia a dirigersi verso l’uscita della sala relax, girandosi per guardarlo. Martin è davvero stupido a volte.
«Certo, Gandhi! Accetterò la tua offerta solo il giorno in cui un fattorino busserà alla mia porta e mi consegnerà un sacco stracolmo da capo a fondo da nient’altro che puro caffé di prima qualità e proveniente nientemeno che dalla Colombia!»
Due giorni dopo un giovane ragazzo in divisa bussa alla porta del suo appartamento, e Wendy è presa da un’improvvisa voglia di strangolare Martin quando sente il fattorino dire: «Un sacco da sei chili di caffé di prima qualità dalla Colombia per… ehm? “La futura Mrs. Forres”?»






Nota post scriptum:
Capitolo dedicato all'amore della mia vita, il caffé, senza il quale io non potrei mai vivere.
Mel.

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Capitolo 2
*** These boots are made for walkin' ***


Nota autrice:
è passato poco tempo, lo so, ma dato che avevo il capitolo già pronto ho deciso di pubblicarlo subito, dato che il primo capitolo era un tantino troppo breve. Inoltre vado abbastanza fiera di questo capitolo, ma mi sa che per il prossimo dovrete aspettare un po' di più, sorryyy.
((Comunque già quattro persone hanno inserito la storia tra i seguiti woooow grazie mille thx ily!!!))
Ci sono altre note in fondo, ma per ora gustatevi capitolo ;)
Mel.


 


Il mattino seguente Wendy si decide che il suicidio dopotutto non è un’idea poi così terribile, quando Hannah muove le rotelle della sua sedia e, una volta posizionatasi davanti alla sua scrivania, le chiede se le andrebbe di trascorrere il week end alla casa al lago con lei e Sally.
Wendy ha una gran voglia di sbattere la testa contro la superficie dura della sua scrivania e in effetti è quello che fa, salvo poi ricevere una reazione preoccupata di Hannah, che la guarda storto e le chiede:
«Che ti prende, Wen?»
Wendy si tira su con tutta la calma del mondo e appoggia pigramente la testa sulla sua mano.
«Ti giuro, se te lo dicessi non mi crederesti mai».
«Ora sono curiosa però».
Hannah le lancia un sorriso ammaliato, ma tutto quello che Wendy riesce a dire in sua risposta è uno sbuffo annoiato.
Hannah improvvisamente apre la bocca, sorpresa.
«Wendy!» le dice in tono accusatorio, con un ghigno divertito sulle labbra. «Non mi dire che è per un ragazzo
A quel punto Wendy si lascia uscire un lamento a voce alta.
Perché quello che vorrebbe dire ad Hannah in quel momento è “Sì, è per un ragazzo, ed è per cazzo di Martin Forres, odio la mia vita, uccidimi, ti prego”, ma sa che se lo dicesse ad alta voce Hannah finirebbe per fraintendere.
La sua migliore amica le ha già propinato fin troppo dettagliatamente le sue assurde teorie secondo cui lei e Martin sono in realtà destinati a stare insieme, perché lui è Sagittario e lei è Gemelli e a quanto pare questo indica che sono segretamente anime gemelle, ed è convinta e che tutta quell’astio tra di loro avrebbe portato solo a, citazione testuale, “una tensione sessuale coi controcazzi”.
Wendy vuole un sacco di bene ad Hannah ma sa anche molto bene che, al momento, dirle dell’assurdo accordo che ora vige tra lei e Martin è la cosa più sbagliata da fare.
«Lo sapevo!» inizia a dire Hannah, puntandole un dito accusatorio contro. «Wendy Kaligan ha un ragazzo e me lo ha tenuto nascosto!»
«Non ho un ragazzo» la interrompe Wendy, afferrandole il dito e costringendola ad abbassare la mano. «Ho solo… come dire, una certa cosa con una certa persona».
Hannah apre la bocca, ancora più sconvolta.
«Wendy ha uno scopamico!»
«No! Non ho uno-»
«Wendy ha uno scopamico?!»
La testa di Wendy ritorna a sbattere contro la superficie della scrivania, quando anche Sally si unisce alla loro conversazione, spuntando all’improvviso da dietro la testa di Hannah, con un caffé americano in mano.
«Heyy!» le fa Hannah dolcemente, non appena la vede, e Sally si abbassa per lasciarle un veloce bacio sulle labbra. «Stavamo parlando delle novità della settimana. Lo sai che Wendy ha uno scopamico adesso?»
«Ho sentito!» Sally prende una sedia vuota dalla scrivania vicina e si posiziona di fianco ad Hannah così da osservare bene Wendy in faccia. «Wen, quando pensavi di dircelo, mh?»
«Non. Ho. Uno scopamico» prova a convincerle Wendy, ma le due donne la fissano in silenzio, non ancora del tutto convinte.
Hannah e Sally sono le sue più care migliori amiche, ma il fatto che siano sposate da un anno rende tutto il più complicato quando si tratta di avere scontri faccia a faccia uno conto due.
«Allora, Wendy?» continua Sally, sorseggiando il suo caffé e guardandola come se attendesse di ricevere un grande segreto. «è per questo che ti sei messa questi stivali oggi? Devi vedere il tuo fidanzato
«Wen, ti voglio un mondo di bene, ma lasciatelo dire» si intromette Hannah, con un tono improvvisamente serio. «quegli stivali sono davvero orribili».
Wendy si guarda d’impulso gli stivali che ha ai piedi.
Sono un paio di stivali di pelle bordeaux che sua madre le ha regalato circa otto anni fa. Dato che Wendy è alta un metro e sessanta da quando era alle medie, non ha mai avuto problemi ad indossare scarpe anche vecchie di decenni. La sua filosofia è “finché non si rompono si indossano” e in effetti quegli stivali le sono sempre piaciuti per questo motivo.
Perciò lancia uno sguardo offeso alle due neo mamme e domanda, esterrefatta:
«Perché? Cos’hanno che non va?»
«Sono bordeaux, Wendy» ribatte Hannah, pronunciando la parola “bordeaux” come se fosse una sorta di insulto. «Andava di moda nel 1998. Anzi, non penso che sia mai andato di moda, tesoro mio».
«Già» l’appoggia Sally, annuendo ripetutamente. «Solo perché siamo lesbiche non significa che non  ci preoccupiamo per il tuo stile».
«Puoi dirlo forte» continua Hannah, dando il cinque a sua moglie.
Wendy le lancia uno sguardo esasperato.
Lei e Hannah si conoscono da ormai cinque anni, per la verità è stata la prima persona con cui ha stretto amicizia quando ha iniziato a lavorare lì alla casa editrice, e fin da subito era nata un’intesa tra le due. Hannah ha cinque anni in più di lei, in realtà, ma la cosa non dispiace a Wendy, che in lei ha sempre visto una sorta di sorella maggiore a cui chiedere consigli, soprattutto in campo sentimentale. Poiché Hannah lavora come curatrice di collane, ed è specializzata in romanzi rosa, Wendy la considera una vera e propria guru dell’amore.
Non era mai stato un problema il fatto che Hannah fosse una regina del queer, aveva ben presto reso chiaro a Wendy come, in fatto di amore e sesso, uomini e donne funzionavano praticamente allo stesso modo.
Il team Wendy&Hannah si era poi allargato, quando, due anni dopo, al loro stesso piano era arrivata Sally, che, con i suoi riccioli scuri e le sue labbra rosee, aveva fin da subito attratto l’attenzione della sua amica.
Il gaydar di Hannah aveva fatto un ottimo lavoro in effetti, dato che dopo soli due mesi dal suo arrivo in ufficio, lei e Sally stavano già insieme.
Wendy, Hannah e Sally si erano ritrovate così ad essere un trio inseparabile di migliori amiche, e a Wendy non importava che loro due stessero insieme, perché in tutti quegli anni passati insieme, non si era mai sentita esclusa da loro, neanche in un’occasione, né le due ragazze l’avevano mai fatta sentire in imbarazzo.
Perciò aveva riso fino a scoppiare in lacrime quando le due si erano messe praticamente a litigare davanti a lei perché entrambe volevano Wendy come testimone al loro matrimonio, erano poi scoppiata in lacrime per davvero al loro matrimonio, e si era sentita estremamente onorata quando le avevano chiesto di fare da madrina a loro figlia Mia.
Wendy le adora entrambe, ma in questo momento non può permettere che sappiano dell’accordo che c’è attualmente tra lei e Martin.
(Primo perché ne va della sua reputazione, secondo, perché preferirebbe farsi ammazzare piuttosto che ammettere di stare facendo un favore a Martin Forres).
Tuttavia Wendy vede tutti i suoi piani andare in fumo, nell’esatto momento in cui scorge Martin da lontano, venire direttamente verso la sua scrivania con un abnorme mazzo di violette in mano.
Dapprima non se ne accorge nemmeno, vede solo una persona dalla faccia nascosta dietro a quei millemila petali viola e pensa “pf, che sfigato”. Ma l’allarme inizia a suonare nella sua testa quando si rende conto che quel mazzo di fiori ambulante è il suo mazzo di fiori ambulante, trasportato da una figura alta un metro e ottantasei, vestita in giacca e cravatta, che si sta dirigendo proprio verso di lei.
D’impulso Wendy scatta in piedi, poco prima che la catastrofe avvenga.
«Scusate, ragazze, devo solo-» annuncia, alzandosi dalla sedia così velocemente che Hannah e Sally nemmeno hanno il tempo di rendersi conto di cosa stia succedendo.
Wendy si dirige in fretta verso di lui, afferra la manica della giacca di Martin, e senza dire altro lo trascina via e lo lancia con violenza dentro lo sgabuzzino in fondo all’ufficio.
Martin non ha nemmeno il tempo di protestare, che Wendy ha già acceso la lievissima luce e si è richiusa la porta alle spalle.
«Che diavolo stai facendo?» gli sibila Wendy in piena faccia, una volta che è al sicuro da orecchie estranee all’interno dello sgabuzzino.
Il mazzo di fiori di Martin è così grande che Wendy non riesce ancora a vederlo in faccia, ed è costretta a frugare tra i fiori e ad aprirsi un varco tra di essi per poterlo guardare.
Uno volta che il viso di Martin le appare davanti, lui le concede un inaspettato sorriso.
«Buongiorno anche a te, Wendy!» le dice allegramente, cercando di togliersi i petali dalla faccia. Lo sgabuzzino in cui sono rinchiusi è così piccolo che Wendy e Martin hanno letteralmente il viso a pieno contatto con le violette.
«Cosa diavolo sono questi?» esclama Wendy, gesticolando contro i fiori. «L’accordo riguardava tre giorni a Brighton. E basta. Non ricordo di averti mai dato il permesso di mettermi in imbarazzo davanti all’intero ufficio!»
«Io… mi dispiace, volevo solo fare qualcosa di carino per te, per ringraziarti di aver accettato». Martin ha improvvisamente assunto un tono dispiaciuto, il che fa quasi sentire in colpa Wendy di avergli praticamente urlato in faccia pochi secondi prima. «E poi pensavo di farti abituare a questo comportamento, insomma… così quando dovrò far finta di essere romantico con te davanti alla mia famiglia non ti sentirai morire dentro ogni volta».
«E pensavi di farmi abituare a questo tuo cambio di personalità improvviso con delle violette?» domanda sprezzante Wendy.
Martin guarda per un secondo il mazzo di fiori, quasi fosse offeso.
«Sono pervinche!» la corregge Martin, spostando lo sguardo su di lei. «Come il colore dei tuoi capelli».
Wendy è stupita, del fatto che Martin sappia cosa sia il colore pervinca e soprattutto è sconvolta dal fatto che Martin sappia che i suoi capelli sono color pervinca. Tutti hanno sempre definito i suoi capelli “viola”, mentre Martin Forres (un maschio) è riuscito a darle la definizione più completa, tanto che Wendy inizia a domandarsi se Martin non abbia veramente passato la nottata prima interamente su internet a cercare su google “Di quale sfumatura di viola sono i capelli di Wendy Kaligan?” per fare bella figura con lei.
«Va bene, accetto le tue scuse!» strepita Wendy, completamente esasperata. «Ma non è per via dei fiori!»
«È perché sono irresistibilmente bello e non riesci a resistere alle mie divine proporzioni da modello, vero?»
Wendy inizia a chiedersi se l’omicidio sia ancora illegale in Gran Bretagna, perché al momento ne avrebbe davvero bisogno.
«Sono ancora in tempo per far saltare questo accordo, Forres» gli dice Wendy a denti stretti, puntandogli un dito contro, che sbuca, come per magia, tra le foglie delle pervinche. «Abbiamo ancora due giorni prima di Brighton e se tu provi un’altra volta a fare finta di corteggiarmi o a portarmi dei regali mentre sono al lavoro, davanti a persone che conosco, non esiterò a… rompere questo finto fidanzamento, o qualunque cosa sia. È chiaro?»
Si sarebbe aspettata che Martin rispondesse “è chiaro!” quasi all’istante, invece continua a guardarla come sul punto di rivelarle una catastrofica notizia.
Wendy sospira, cercando di mantenere la calma.
«Cosa c’è ora?»
«Ecco… potrei o potrei non averti già comprato un regalo…».
«Che genere di regalo?» domanda seriamente Wendy, senza lasciar trascorrere neanche un attimo.
Martin le sorride, in un modo che suona molto come un “ti prego, ti prego, non uccidermi!”
«Wendy, ti prego, non ti offendere, ma la mia famiglia è, come dire… di un certo livello, ci tengono parecchio all’apparenza e al modo in cui si veste una persona e a queste stronzate qui» continua Martin, respirando profondamente. «E, insomma, conoscendoti, ho avuto paura… e ti ho comprato un nuovo paio di stivali».
Wendy sbatte le palpebre in silenzio per qualche secondo.
«Sul serio?» dice con un filo di voce.
«Insomma, non devi per forza indossarli!» si affretta a specificare Martin, mettendosi subito sulla difensiva. «Cioè, intendevo dire, sono tuoi ovviamente, e puoi farci quello che vuoi, non devi restituirmeli o quant’altro, ho solo pensato che sarebbe stato più appropriato se-»
«Che cos’hanno i miei stivali che non vanno?» grida Wendy, che ormai non crede più alle sue orecchie.
Martin le fa un altro sorriso.
«Beh, tanto per iniziare sono bordeaux, e-»
«UGH!»
E con questo suono molto significativo, Wendy finalmente esce dallo sgabuzzino, senza preoccuparsi di lasciare Martin indietro.
Quando ritorna alla sua scrivania Hannah e Sally sono immobili davanti a lei e la stanno fissando incredule.
«Cosa?» sbotta Wendy, guardandole.
«Wendy» inizia Hannah, lanciandole uno sguardo divertito. «Ti sei davvero rinchiusa in uno sgabuzzino per dieci minuti insieme a Martin Forres?»
«Devi forse dirci qualcosa, Wen? Mmmh?» commenta Sally, appoggiandosi sulla scrivania e piegandosi verso di lei.
Wendy non ha nemmeno il tempo di ribattere, quando sente un timido tap tap sulla punta della sua spalla. Quando si volta, si ritrova davanti Martin, con ancora in mano il mazzo di fiori, che con le guance rosso fuoco e i capelli tutti scompigliati, si abbassa verso di lei e le bisbiglia:
«Ehm… Wendy, dove te li metto i fiori?»
Wendy lo ignora, invece si rigira per guardare Hannah e Sally in faccia, dopodichè con voce ferma e sostenuta annuncia:
«Ragazze, ho bisogno di annunciarvi una cosa. Io e Martin abbiamo ufficialmete portato il nostro rapporto al livello successivo».
Si gusta per un attimo il silenzio imbarazzante, reso ancora più piacevole facce sconvolte di Hannah, Sally e dello stesso Martin.
Wendy si rigira verso l’uomo, lanciandogli un’occhiata di sfida.
«Ora a quanto pare è il mio nuovo sugar daddy».
Dopo un attimo di silenzio, finalmente Hannah e Sally scoppiano in risate isteriche, mentre Martin diventa sempre più rosso in faccia e Wendy si gusta fiera la scena.
Quella stessa sera Wendy ritorna a casa con un fastidiosissimo e decisamente scomodo da portare mazzo di pervinche in mano e un nuovo finto sugar daddy.
Quando arriva alla porta di casa, inaspettatamente trova già un pacco appoggiato sulla soglia del suo appartamento. Piegandosi impacciatamene verso il pacco (per colpa degli assai ingombranti fiori), afferra il bigliettino scritto a mano, appoggiato sopra il pacco:
 
Scusami davvero, non è perché ti vesti male, lo giuro. Il bordeaux è il mio colore preferito ;)
xoxo, M.F.
 
Wendy si ritrova a sorridere involontariamente.
Una volta entrata nel suo appartamento e dopo aver messo le sue pervinche dentro un vaso pieno d’acqua, Wendy inizia a scartare il pacco che le ha inviato Martin.
Rabbrividisce leggermente alla vista della scritta GUCCI a caratteri cubitali sulla scatola, ma quando ne tira fuori un paio di bellissimi stivali nuovi, di tessuto beige, con il tacco forse leggermente più alto a ciò a cui è abituata, non riesce a fare a meno di emettere un sussurrato e affascinato “wow”.
Wendy afferra d’impulso il suo cellulare, scorrendo tra i nomi salvati in rubrica trova il nome di Martin Forres e inizia a scrivere velocemente:
 
Grazie degli stivali. Sono molto belli, lo devo ammettere. Mi chiedo se tu stia spendendo davvero dei miliardi solo per far bella figura davanti ai tuoi genitori (?).
 
Non ricorda di avergli mai scritto un messaggio da quando si conoscono, questo sarebbe il primo della serie. Diamine, nemmeno si ricordava di avere il suo numero salvato in rubrica.
Ma deve aver sborsato davvero un sacco di soldi per quegli stivali, quindi un misero ringraziamento è davvero il minimo che può fare.
Perciò Wendy si fa forza e preme invio, lanciando il cellulare dall’altra parte del tavolo per evitare di guardarlo di nuovo.
Riceve una risposta pochi minuti dopo, mentre è intenta ad osservare le sue nuove pervinche, posizionate davanti alla finestra ed illuminate dalla luce del crepuscolo.
Sente il suo telefono vibrare e d’impulso lo afferra per leggere la risposta di Martin.
 
Tranquilla, ne vale ASSOLUTAMENTE la pena C:
 
Wendy giura di non aver sorriso leggendo quel messaggio. Giura di non aver pensato immediatamente al bel viso di Martin ricoperto dai petali violacei dei fiori, e a quanto sembrasse adorabile in quel momento.
Giura anche di non essere stata presa da una voglia matta di indossare quei nuovi stivali di Gucci al lavoro per far morire Hannah e Sally di invidia.
Ma soprattutto giura di non aver automaticamente rivolto lo sguardo verso le sue pervinche e di aver pensato, con una leggera punta di euforia, che quella è la prima volta che un ragazzo le regala dei fiori e che, in fondo, è una sensazione che le piace da morire.






Altre Note (
♫♪)
Lmao onsestamente l'unico motivo per cui ho scritto questo capitolo è perché ho appena visto il musical di Kinky Boots. WOOOOOW!
-Per gli stivali bordeaux di Wendy mi sono ispirata proprio a quelli usati nel film:

-Per gli stivali di Gucci invece mi sono ispirata a questi reali stivali di Gucci:
Che,per chi lo volesse sapere,costano appena 980 euro!

-Qui finisce la brevissima prima parte della storia, dal prossimo capitolo ci spostiamo a Brighton ;)

See ya <3
Mel.
 

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Capitolo 3
*** Don't think twice, it's all right ***


N.d.A.
Chiedo perdono perché questo capitolo è un po' più breve degli altri, ma il prossimo invece sarà moltoooo più lungo, quindi sarà compensato.
Ho pubblicato anche stavolta abbastanza in fretta, allo scatto della mezzanotte del 13, data speciale poiché tra quattro mesi esatti è il mio compleanno (sì inizio già a contare da adesso, don't judge).
Grazie millissima a tutte le belle persone che stanno preferendo/seguendo la storia anche dopo così pochi capitoli, vi adoro un sacco!
Grazie ancora e alla prossima!

Mel.


 


Parte II: Tramonto
 
 
 
Il venerdì pomeriggio il treno per Brighton è molto più affollato di quanto Wendy avesse mai immaginato, ma per fortuna Martin ha comprato dei biglietti in prima classe per entrambi, il che significa che al momento le sue gambe hanno molto più spazio di quanto gliene servirà mai.
«Sul serio, quanti soldi hai esattamente?» domanda curiosa Wendy, mentre controlla le ultime mail sul suo cellulare e cerca di smettere di pensare a quanto cazzo sono comodi quei sedili.
«Abbastanza per potermi permettere un sacco da sei chili di caffé dalla Colombia per una certa persona e due posti in prima classe per un viaggio da un’ora e mezza» risponde semplicemente Martin. Poi però aggiunge: «E poi il mio libro ha fruttato molto di più di quanto tu possa credere».
Wendy gli lancia uno sguardo assassino.
«”E poi il mio libro ha fruttato molto di più di quanto tu possa credere”» lo imita subito dopo, con una fastidiosa vocina in falsetto, ma la cosa non fa che ammaliare Martin, che subito scoppia a ridere.
L’uomo ridacchia divertito, sentendosi fiero di aver recapitato con successo quell’acida provocazione.
Wendy ruota gli occhi irritata, ma nulla è comparabile al momento in cui Martin si distende sul suo sedile e, dopo aver inspirato profondamente, si rivolge nuovamente a Wendy con un:
«Rilassati, tesoro».
Wendy è profondamente schifata. Non stacca gli occhi dal suo cellulare, non ha il coraggio di farlo, ma con un piccolo sforzo riesce a ribattere:
«Chiamami “tesoro” un’altra volta e giuro su dio che-»
«Che? Che cosa? Che farai saltare tutto?» la interrompe Martin, ritornando a guardarla in faccia. «Mi dispiace informarti, tesoro, ma sei letteralmente seduta di fianco a me su un treno per Brighton che partirà tra cinque minuti. Direi che è un po’ tardi per cambiare idea… tesoro».
Wendy gli lancia una veloce occhiata disgustata, poi ritorna a concentrare l’attenzione sul suo cellulare.
Non passano neanche dieci secondi che Martin le domanda:
«Allora? Hai detto alla tua famiglia che eri da Sally e Hannah?»
Wendy sospira infastidita, ma di certo non può passare tutto il viaggio ad ignorare Martin. Dato che dovranno passare tre giorni interi, meglio che ci faccia subito l’abitudine.
«No, ho detto loro che andavo a Brighton per un evento editoriale» gli risponde Wendy, mettendo finalmente via il cellulare. «Mia madre ha questa strana ossessione… di, come dire, hackerare nel nostro iCloud e controllare sempre la nostra posizione quando siamo via, anche se sono qualcosa come dodici anni che viaggio da sola. Perciò non sarebbe stato credibile».
Martin la osserva in silenzio per un attimo. È appoggiato con la spalla destra sul sedile, e la testa leggermente inclinata per osservarla meglio. Sembra quasi carino messo in quella posizione, pensa Wendy. Cerca subito di scacciare quel pensiero malsano dalla testa.
Martin Forres non è carino, è tutto tranne che carino, no, è una iena selvatica ascesa direttamente dalle viscere dell’inferno, ecco.
«E… come sta Vicky?» le chiede improvvisamente Martin, e dal tono della sua voce Wendy comprende che gli interessa sinceramente.
«Bene» risponde lei, e con ciò sprofonda anche lei nel suo comodissimo sedile. «Sta bene…»
Il capotreno annuncia la partenza e quando il treno finalmente parte, il silenzio torna a vigere definitivamente tra i due.
Wendy osserva le scarpe ai suoi piedi, basse, comode e bianche, come piacciono a lei, e si rende solo adesso conto che quelli sono i suoi ultimi attimi che passerà da Wendy Kaligan prima di diventare a tutti gli effetti “la fidanzata di Martin Forres”.
Wendy si rende anche conto che tra meno di quattro ore dovrà indossare quegli scomodissimi stivali di Gucci e sperare che di fare bella figura davanti ai genitori di Martin.
Ancora non riesce a credere di aver passato l’intera sera del giorno prima a messaggiarsi con Martin chiedendo consigli su quali vestiti poter portare e quali no, quasi come stesse andando al suo debutto in società. Wendy ha cercato di mettere in valigia tutti i vestiti più costosi che possedeva, sperando che fossero abbastanza accettabili, e ha protestato per ore quando Martin le ha proibito di portare scarpe che non avessero almeno una minima di tacco e quasi gli ha riattaccato il telefono in faccia, quando la sua giustificazione era stata “Il problema è che sei troppo bassa, Wen”.
“Non sono bassa!” aveva sbraitato Wendy direttamente nel ricevitore. “Sono nella media, sei solo troppo ignorante per poterlo sapere!”
“Sarai anche nella media, ma sei comunque venti centimetri più bassa di me, quindi non rompere e metti quelle cazzo di scarpe col tacco in valigia altrimenti vengo lì e le infilo io per te, non so se mi sono spiegato”.
Non sa ancora perché Martin abbia chiesto proprio a lei di fare questo assurdo lavoro. Non è che Wendy sia una così grande esperta di moda, né una persona di alta classe, né qualcuno che una normale persona porterebbe per “impressionare” la sua famiglia.
Ma soprattutto non comprende affatto come Martin abbia bisogno proprio di lei per poter impressionare la sua famiglia. È già bello e ricco da morire, è uno scrittore di successo e vive nel centro della capitale del proprio paese, cos’altro potrebbero pretendere in più da lui?
Come se non bastasse lei e Martin non sono mai andati d’accordo, né potrebbero mai passare per una coppia credibile, nemmeno se facessero per finta.
Wendy è letteralmente la persona meno qualificata tra tutte per fare questo lavoro, ma non le dispiace, in fondo, di essere qui: passare del tempo insieme a Martin Forres non è poi così tanto male dopotutto.
 
 
Erano pronti.
Avevano pronta una storia su come si erano conosciuti, su come avevano iniziato a frequentarsi e addirittura a eventuali risposte a domande invadenti dei suoi parenti.
Un semplice piano da seguire per rendere la loro finta più credibile: ci siamo conosciuti al lavoro, ci parliamo da anni ma solo qualche mese fa Martin mi ha chiesto di uscire, stiamo insieme ma non stiamo ancora pensando al futuro.
Wendy ha dovuto perfino prepararsi un finto background sul suo conto, una versione non tanto distorta da come è lei in realtà, solo che in questa nuova versione Wendy abita a South Kensington e i suoi genitori sono dei ricchi banchieri.
Nulla di più semplice.
E allora perché, quando Wendy finalmente sente pronunciare a Martin il fatidico «Mamma, papà, questa è Wendy, la mia ragazza», l’unica cosa che riesce a fare capolino nella sua testa è la frase: “merda merda sono nei casini”?
Il fatto è che i genitori di Martin sono più carini con lei di quanto si aspettasse, che dice, sono degli autentici angeli scesi in terra e la cosa la turba da morire.
Non appena arrivati a Brighton, Wendy si è presentata cordialmente, mentre loro hanno ricambiato la sua stretta di mano con entusiasmo e subito dopo hanno iniziato a vomitarle addosso miliardi di complimenti.
A quanto pare i suoi capelli pervinca hanno fatto colpo sulla madre di Martin, mentre il signor Forres continua a congratulare il figlio per essersi trovato una così bella ragazza.
Wendy è estremamente confusa e imbarazzata da quella reazione così tanto positiva. Aveva immaginato che i genitori di Martin fossero degli autentici snob, a giudicare da come li aveva descritti lui, il che aveva reso il tutto più facile per lei, considerando che avrebbe praticamente dovuto ingannare delle persone anziane, e ingannare le persone anziane non è di certo sulla lista delle cose più etiche da fare.
Ma ora Wendy si sente terribilmente in colpa, perché sta ingannando delle persone anziane che non hanno mai fatto niente di male e che anzi, la stanno già trattando come una figlia dopo averla conosciuta da appena cinque secondi.
Decide quindi di farlo notare a Martin poco più tardi, nel preciso momento in cui stanno entrando in casa con le loro valigie; Wendy si posiziona al suo fianco e gli sussurra:
«Credevo che i tuoi genitori fossero degli stronzi! Non mi sento a mio agio con tutta questa carineria. Mi fa sentire una persona orribile».
Martin le risponde con un inaspettato tono serio:
«Oh, tranquilla, avrai l’occasione di vederli in tutta la loro reale forma stasera».
Stasera. Giusto.
La grande serata di beneficenza di cui Martin le ha parlato tanto, il motivo principale per cui Wendy si trova qui in primo luogo. L’evento in cui tutte le famiglie più ricche e benestanti di Brighton si ritrovano, presentando e sfilano i loro migliori abiti e, soprattutto, i loro migliori accompagnatori.
«Ci saranno anche i miei fratelli stasera» la informa Martin qualche ora dopo, mentre sono intenti a prepararsi poco prima di uscire. «Mi raccomando, tieniti alla larga soprattutto da loro».
La casa dei genitori di Martin è un’adorabile villa in stile coloniale a tre piani, con tanto di giardino e di piscina sul retro. Le pareti all’interno sono tutte bianchissime e candide, e lo stesso design interno ha un non so che di estremamente accogliente. Wendy pensa che darebbe via tutti i suoi soldi per poter vivere in una casa del genere per sempre, ma al momento si deve accontentare di soli tre giorni.
Lei e Martin sono attualmente chiusi nella stessa stanza al secondo piano, dato che i genitori di Martin hanno giustamente pensato di far condividere ai due nuovi fidanzatini lo stesso letto, il che renderà sicuramente le cose molto divertenti stasera, quando torneranno dall’evento.
Ma al momento hanno un problema molto più grosso a cui pensare.
Wendy si sente terribilmente in ansia.
Finisce di infilarsi gli stivali di Gucci che le ha regalato Martin pochi giorni prima e, subito dopo, emette un grave sospiro e si lascia cadere con la schiena sul materasso, allargando le braccia il più possibile.
«Comunque mettiamo subito in chiaro le cose: questa sera ci dormo io in questo letto» annuncia, guardando Martin attraverso il riflesso nello specchio.
Martin aggrotta le sopracciglia.
«Quello è il mio letto da quando sono praticamente nato. Ho più diritto io a dormirci».
«Ah-ah, non ci provare!» dice Wendy, puntandogli un dito accusatorio contro. «Mi hai portata in questa assurda situazione e pretendo di avere il mio letto stanotte!».
«Stavo scherzando, Gesù!» la interrompe Martin, voltandosi verso di lei. «Certo che ti farò dormire nel mio letto stanotte. Va bene tutto, ma non sono ancora così tanto stronzo».
Wendy vorrebbe rispondergli un “ah no?” sarcasticamente, ma al momento non è molto in vena per fare battute, soprattutto perché è terribilmente, irreparabilmente nervosa per stasera.
Alzandosi in piedi si sposta verso lo specchio, spingendo Martin leggermente di lato per riuscire a vedersi nel riflesso. Gli lancia un’occhiata indignata, quando si rende conto che anche su dei tacchi alti, Wendy sembra comunque alta quanto un nano da giardino non appena si pone al suo fianco.
Non sono bassa, sono nella media, pensa Wendy, sorridendo al suo riflesso con fare assolutamente convinto, sì, nella media, giusto Wendy, nella media.
Al momento indossa un suo vecchio vestito nero con la gonna corta e le maniche a sbuffo, mentre sugli occhi ha un marcato strato di ombretto viola che richiama il colore dei suoi capelli.
Non è male, pensa, almeno spera sia accettabile.
«Ho una paura matta per questa sera. Avevo bisogno di dirlo a qualcuno, scusa» gli confessa Wendy, rigirandosi ripetutamente da un lato all’altro per poter osservare al meglio le forme del suo corpo. Il vestito per fortuna le entra ancora, nonostante abbia messo su qualche chiletto ultimamente. Wendy riconosce di avere un bel viso e una vita abbastanza stretta, per sua fortuna, ma di certo si piacerebbe di più se solo fosse un tantino più alta di così e se il suo petto non fosse così dannatamente piatto.
Improvvisamente sente la mano di Martin afferrarle delicatamente una ciocca di capelli e scuoterla in aria. Wendy lo guarda con aria interrogativa.
«Mi ricordo ancora quando avevi i capelli verdi al liceo» le dice, con un sorriso divertito.
A quel ricordo, Wendy non fa a meno di sorridere a sua volta.
Si era quasi scordata che Martin l’ha conosciuta durante l’imbarazzante periodo del suo primo tentativo di farsi le tinte in casa, una decisione veramente pessima, deve ammettere ora, dato che l’azzurro che aveva deciso di farsi non era decisamente un colore adatto da tingere su dei capelli così scuri come i suoi.
Wendy aveva sfoggiato quegli orrendi capelli verdi per quasi un anno, convincendosi che non dovevano essere poi così male in fondo, ma rivedendo alcune delle foto del liceo di recente, si è resa conto che oh, quanto si sbagliava.
Erano passati anni e nel frattempo i suoi capelli erano diventati blu, fucsia, rossi, prima di decidersi una volta per tutte sul viola e capire che quello era decisamente il suo colore.
Wendy si passa una mano tra le ciocche cercando di sistemarsi i capelli, ormai rovinati da dieci anni interi di tinte sfrenate, ma, chissenefrega, le piacciono di più così tanto.
«Non ci pensare. Stai molto bene, comunque» le dice Martin poco dopo, osservandola nel riflesso, mentre finisce di allacciarsi la cravatta. «Non dovresti essere nervosa. Sono sicuro che ti adoreranno tutti».
Wendy non capisce se dovrebbe intendere quell’ultima frase come un complimento diretto a lei oppure come rivolto a se stesso, del tipo “sono stato veramente geniale a portare te a questo evento di gala, sei davvero un genio, Martin, grazie Martin, anche tu”.
Qualunque sia la risposta esatta non le importa davvero, in realtà, perché quelle semplici parole riescono effettivamente a rassicurarla per un attimo.
Perciò decide replicare con un semplice:
«Grazie, anche tu».
E lo intende veramente questa volta.
Martin non è mai stato un brutto ragazzo, ma al momento, con addosso il suo più bel completo blu con tanto di giacca in seta sulla sua figura così alta e slanciata e con i capelli perfettamente acconciati nello stile di un giovane Alain Delon, Wendy deve ammettere che ha proprio superato se stesso.
«Bene!» esclama Martin una volta finito di allacciarsi la cravatta, dando un’ultima occhiata al riflesso di lui e Wendy fianco a fianco. «Siamo favolosi. Di certo ci invieranno tutti».
Con quest’ultima frase, Martin esce dalla stanza e si precipita giù dalle scale, senza nemmeno considerare la ragazza.
E Wendy non è di certo un’esperta in queste cose, ma a giudicare dal tono di voce e dal modo in cui se l’è svignata all’istante, le pare più che ovvio che a questo punto sia lui quello nervoso tra i due.

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Capitolo 4
*** Girl on fire ***


N.d.A
Sono tornata e innanzitutto grazie mille a tutte le persone che mi stanno seguendo/preferendo la storia! Siete già un sacco e davvero non me l'aspettavo, quindi grazie<3<3<3<3. Per seconda cosa, scusate il capitolo lunghissimo, ma lo scorso era molto corto, quindi dovevo compensare in qualche modo :3.
Infine, ci tengo ad avvisare che durante le vacanze di Natale non avrò la possibilità di scrivere/pubblicare per vari motivi. Proverò a fare del mio meglio ma molto probabilmente il prossimo capitolo arriverà a fine dicembre, scusatemi tantissimissimo :c
Detto questo, godetevi il capitolo e lasciatemi pure qualche recensione se vi va ;)
Buone vacanze e buon (quasi) Natale a tutti/e!
Mel.
 
 
 
La serata di gala è forse l’evento più posh a cui Wendy abbia mai partecipato in vita sua, ma non è sicura che sia un male, perché il cibo al buffet è fin troppo buono per essere vero e i camerieri passano letteralmente ogni dieci secondi per chiederle se vorrebbe altro champagne nel suo bicchiere.
Al momento Wendy ha perso Martin di vista ed è in compagnia dei suoi genitori e di un altro gruppo di invitati che, a quanto pare sono cari amici dei Forres, ma anche in questo contesto, i genitori di Martin non abbandonano il loro atteggiamento da adulatori seriali e continuano imperterriti a farle complimenti su quanto è bella questa sera.
«Sei davvero una bella ragazza» le dice la signora Forres, mettendole una mano sulla spalla. «E questo vestito ti dona molto. Sei proprio graziosa, Wendy».
«Mhf, gra’ie».
Wendy non sa quanto possa essere considerabile vero quell’apprezzamento, in quanto al momento è impegnata a cercare di non versare lo champagne nel suo calice con una mano, mentre con l’altra è intenta a strafogarsi di tartine al caviale.
Wendy si sente leggermente a disagio a quella festa.
Quasi tutte le donne lì presenti sono alte più di un metro e settanta e quasi tutte hanno delle autentiche forme da modelle, (tanto che inizia a chiedersi se non siano per davvero tutte modelle) rese ancora più evidenti da quei vestiti lunghi stracolmi di paiette che quasi tutte indossano.
Nonostante i numerosi commenti dei genitori di Martin, Wendy è convinta che, molto probabilmente, lei è la ragazza più brutta di tutta la serata.
Prende un sorso del suo champagne, mentre guarda invidiosa e sognante tutte le favolose ragazze intorno a lei, pensando amaramente a quanto le basterebbe essere solo un po’ più alta di così…
«Allora, Wendy» la chiama improvvisamente il signor Forres, risvegliandola di colpo dalla sua trance. «Martin mi ha detto che sei una correttrice di bozze, giusto?»
Wendy quasi soffoca sul suo champagne. Inizia a tossire ripetutamente, cercando di riprendere un normale ritmo respiratorio, mentre il cerchio di persone davanti a lei la osservano confusi.
«Ehm… no…» si affretta a riferire Wendy, con ancora una leggera tosse tra le parole. «Sono un’editor. È – è  molto simile, in effetti,come cosa, perciò molte persone si confondono. Diciamo che io ho il compito di curare un romanzo per renderlo adatto alla pubblicazione, discutendone con l’autore, modificando o anche aggiungendo parti… Il correttore di bozze deve semplicemente valutare che non ci siano errori o refusi nel testo».
Un generale e comprensivo ‘ah’ si sparge nella stanza.
«Quindi sei una sorta un revisionatore di libri?» domanda un uomo sulla cinquantina del gruppo.
«Sì, beh, una cosa del genere…»
Per qualche motivo sembrano tutti delusi dalla sua risposta, quasi avesse appena detto di essere uno spazzino dopo avergli rivelato di lavorare alla NASA.
«Ed è simile al lavoro di Martin, giusto?» domanda invece la signora Forres e Wendy si ritrova a guardarla in totale smarrimento. 
«Ehm, no. Martin è un agente letterario, è una cosa un tantino diversa» le fa notare Wendy. Prova a spiegarlo nel modo più gentile possibile, ma capisce come sia possibile che una madre non conosca il lavoro del proprio figlio. «Lui, insomma, deve poter rappresentare l’autore nei suoi rapporti con la casa editrice, discutere su diritti, guadagni, eccetera».
«Ah, capisco».
«Certo che questo mondo dell’editoria è proprio complicato, eh!» dice qualcun altro, generando leggere risate di tutto il gruppo.
Due secondi dopo il discorso cambia completamente, vertendo ora sui nuovi costosissimi gioielli in oro di tale Mrs. Smith da York.
Ancora una volta la reazione che ne esce è di totale disinteressamento. Sembra quasi che le stiano facendo domande per pura noia, piuttosto che perché gli interessa veramente quello che ha da dire.
Wendy si ritrova a sentirsi di nuovo a disagio, questa volta però la sensazione è raddoppiata.
Per fortuna pochi secondi dopo sente una mano spostarsi sulla sua schiena e stringerle la vita. Quasi sospira di sollievo, quando vede che è Martin, che con gentilezza si rivolge ai suoi genitori:
«Scusate, ho bisogno di rubarvela solo per un attimo. Wendy, vieni, devo farti conoscere la padrona di casa».
I suoi genitori nemmeno gli rivolgono uno sguardo, troppo presi animatamente dalla conversazione che stanno avendo con gli altri invitati, così Wendy e Martin sono liberi di slittare via dal gruppo e di allontanarsi senza che nessuno se ne accorga.
«Senti, ma tu non ci parli mai con i tuoi genitori?» bisbiglia a Martin, una volta che hanno distanziato di abbastanza il gruppo. «Quelli non sanno nemmeno che lavoro fai».
«Avventato da parte tua credere che a loro importi veramente di quello che faccio».
Martin continua a camminare, trascinandosi nel frattempo anche Wendy dietro. La ragazza non si è nemmeno accorta che l’uomo ha ancora il braccio stretto intorno alla sua vita.
Si blocca di colpo, costringendo Martin a fare lo stesso.
«D’accordo te lo devo chiedere, perché mi stai confondendo sempre di più ogni minuto che passa» inizia a dirgli, mantenendo sempre un tono di voce assai basso. «Continui a dare degli stronzi ai tuoi genitori, ma quando sono con me sembra che siano fatti di miele. A quale delle due versioni devo credere?»
Martin le fa uno strano sorriso.
«Ancora non l’hai capito?» dice, spostando lo sguardo sui suoi genitori a qualche metro di distanza. «Stanno facendo finta, è tutta una grande, gigantesca finta. Si comportano in questo modo perché vogliono fare bella figura con le altre persone, perché vogliono sembrare gente di classe. Non ti fanno quei complimenti perché lo pensano veramente, lo fanno perché pensano che sia ciò che tu vuoi sentirti dire da loro».
Wendy inizia pian piano a comprendere.
Tutti quei complimenti erano fin troppo esagerati perfino per lei. Era tutto quanto molto sospetto, e la rivelazione di Martin inizia a rendere subito più chiare le cose.
«Quindi tutti i complimenti che mi hanno fatto…»
Martin alza le sopracciglia in segno di sorpresa.
«Oh, credevi davvero che fossero tutti complimenti sinceri
Wendy non sa che cosa credeva o che cosa si aspettasse da questo viaggio, ma se se le cose stanno così allora perché diamine lei si trova ancora lì a Brighton?
«Scusa, ma se sapevi che non sarei piaciuta ai tuoi genitori in qualunque caso, perché mi hai chiesto di venire qui in primo luogo-?»
«Ma guarda, guarda, il piccolo Martin di ritorno a Brighton!»
Wendy viene interrotta all’improvviso e si gira di scatto verso quella voce squillante.
Davanti a lei appare una ragazza, che dovrà avere più o meno la sua stessa età. Indossa un vestito accuratamente ricamato, mentre i suoi capelli sono un ammasso di riccioli scuri e voluminosi, simili alla criniera di un leone.
“E adesso questa chi è?” pensa, mentre la nuova arrivata le lancia uno sguardo tutt’altro che simpatico.
Wendy nota soprattutto le sopracciglia della donna, così folte e curate, che le ricordando qualcuno.
«Malindi» dice Martin, in tono quasi sprezzante. Dopodichè, senza mai staccare i suoi occhi dalla nuova arrivata, si decide a presentare le due ragazze:
«Malindi, questa è Wendy, la mia fidanzata»
Wendy stringe la mano a Malindi, sperando in una reazione quantomeno gradevole, ma tutto ciò che riceve in cambio è il suo sguardo irritato e giudicatorio.
«E Wendy, questa è Malindi…» continua Martin, tenendo lo sguardo fisso su di lei. «Mia sorella».
“Oh” pensa Wendy.
Ecco perché quelle sopracciglia erano così familiari. Diamine, allora è proprio un pregio di famiglia.
«Tanto piacere» le dice Malindi, in un tono che lascia intendere che non lo pensa affatto. «Devo ammetterlo, credevo che non fossi reale. Martin non ha una ragazza da quando è al liceo, eravamo tutti convinti che si fosse inventato di averne una giusto per fare bella figura con noi».
«AH AH, ma che divertente che sei, Malindi!» esclama di colpo Martin, con un sorriso tirato.
Wendy riesce a rimanere molto più composta di lui, per fortuna, e in tutta risposta riesce ad alzare le spalle e a farle un leggero sorriso.
«Beh, sono reale invece».
«Carini i tuoi stivali, Wendy» continua Malindi, con il suo solito tono secco e privo di simpatia. «Se non fosse che il beige è andato fuori moda tre mesi fa. Peccato, nuova fidanzata di Martin, ci eri quasi».
Martin a questo punto ha già percepito la catastrofe in arrivo. Perciò inizia a camminare avanti e indietro, passandosi ripetutamente le mani tra i capelli, mentre le due ragazze sono intente a scambiarsi sguardi di ghiaccio in silenzio.
Wendy riesce, con enorme sforzo da parte sua, a mantenere la calma. Fa un altro sorriso a Malindi, e riesce a ribattere allegramente:
«Beh, mi dispiace di non aver accordato i tuoi gusti, Malindi. Ma in mia difesa anche io ho sempre pensato che i capelli da afroamericana su una ragazza bianca facessero davvero pena».
Wendy è certa che Malindi le avrebbe tirato un pungo in faccia, se non fosse che pochi secondi dopo un altro degli invitati si unisce alla conversazione.
Questa volta è un uomo sulla trentina, incredibilmente alto, con i capelli e la barba biondi e un elegante completo blu scuro addosso. Al suo fianco, immobile e sorridente, c’è un altro uomo, altrettanto attraente, con i capelli scuri tirati all’indietro e la pelle di un particolare tono olivastro che, Wendy deve ammetterlo, riesce a farla arrossire anche con la sua sola presenza.
Ma sono tutti dei modelli di Vogue in questa città o cosa?
«Martin, Martin, ma che piacere rivederti qui! Come sta andando la tua vita londinese, mh?» dice l’uomo con il completo blu, con un accento così elegante che non può che essere finto. «E tu, Malindi, non iniziare già subito ad importunare la nostra nuova ospite».
Malindi gli fa una smorfia, ma non dice altro, mentre l’uomo dal completo blu allunga la sua mano per stringere quella di Wendy.
«Io sono Geoffrey, piacere, sono l’altro fratello di Martin» si presenta, con un caldo sorriso. «E questo qui è Juan Paul, il mio fidanzato e, a brevissimo, marito».
Juan Paul si inchina improvvisamente per baciare la mano di Wendy, lasciandola di stucco.
«Encantado» dice, con un sorriso.
Wendy arrossisce ancora di più, mentre Juan Paul ritorna al fianco di Geoffrey, quasi meccanicamente, senza dire altro.
Dopo aver messo una mano intorno alla vita del suo fidanzato, Geoffrey allunga lo sguardo per rivolgersi direttamente a Martin, ora praticamente nascosto dietro a Wendy.
«Allora Martin?» gli chiede impaziente. «Non hai intenzione di presentarmi questa bella ragazza?»
«Ehm… sì» risponde Martin balbettando, lasciando che tutto il suo nervosismo si manifesti. Wendy osserva Geoffrey e Malindi e dai loro sorrisetti divertiti, è evidente che provano piacere a vederlo in quello stato. «Geoff, lei è Wendy. È la mia, ehm… la mia…»
Non appena Wendy nota la difficoltà di Martin nel finire la frase, subito afferra nuovamente la mano di Geoffrey e si presenta, con un radiante sorriso.
«Sono la sua ragazza».
Wendy si rende conto che è la prima volta che pronuncia quelle parole ad alta voce. Anche se solo per finta, Wendy si sente felice di essersi appena affermata come ragazza di Martin.
Geoffrey la guarda ammaliato e, a differenza di Malindi, quando le dice «Tanto piacere» sembra intenderlo veramente. «Martin ci ha parlato tanto di te. È stato solo molto generico a riguardo. Lavori anche tu alla casa editrice o sei una delle sue-?»
«Sì! Lavora insieme a me!» si affretta a dire Martin, con una fretta tale che Wendy inizia a domandarsi che cosa stesse per dire Geoffrey.
«Wendy è un’editor» conclude Martin, mettendole le mani sulle spalle.
«Oh, mi fa piacere» dice Geoffrey con un sorriso. «Quindi revisioni libri di altri, giusto?»
«Sì, è un buon lavoro e mi piace molto» ammette Wendy con una leggera risata che spera, rilassi un po’ l’aria così tesa intorno a loro. «Almeno ho la possibilità di leggere molti libri».
«E… hai editato anche il libro di Martin?»
Wendy riesce a sentire la stretta di Martin stringersi e le sue mani irrigidirsi, non appena Geoffrey le fa quella domanda. Wendy cerca di mantenere il suo sorriso innocente con un’enorme sforzo.
«No, sfortunatamente era stato assegnato ad un altro collega» dice infine, cercando di tralasciare la parte in cui lei stessa si era presentata alla porta dell’ufficio del suo capo Dennis, rifiutandosi categoricamente di leggere una sola parola di quell’ignobile romanzo scritto dalla sua più grande nemesi, al che Dennis non aveva avuto altra scelta se non assegnare il lavoro di editing a qualcun altro.
«Oh, insomma, non parliamo ancora del mio libro, è così noioso!» all’improvviso Martin lascia la stretta dalle spalle di Wendy e si rivolge ai suoi fratelli. «Che mi dite voi, ragazzi? Non ci sentiamo praticamente mai!».
«È più o meno la stessa situazione di sempre, Martin» risponde Malindi, rigirando il suo calice di vino con fare annoiato. «Io sono co-direttore dell’azienda di trucchi di zia Rose, mentre Geoffrey è ancora nella fase di documentazione per ereditare l’azienda di Papà…».
«E Juan Paul fa il modello per Dolce e Gabbana, nel caso te lo stessi chiedendo» aggiunge Geoffrey, rivolgendosi esclusivalmente a Wendy.
No che non me lo stavo chiedendo!” pensa lei, mentre si sente morire dentro ad ogni secondo che passa insieme a quelle persone, che sono molto più realizzate di lei e che continuano a sbatterle in faccia i loro successi e i loro fidanzati-modelli-di-DolceeGabbana con gran fierezza.
«Tu invece, Martin, che ci dici? Ancora alle prese con i firma copie?» domanda Malindi, alzando lo sguardo verso suo fratello.
«No, beh, con quelli ho finito mesi fa… Ora mi sto dedicando maggiormente alle attività di agente» risponde Martin, con un filo di voce.
«Beh, ne sono molto sollevato» dice invece Geoffrey. «Lo sai, il tuo solito lavoro è molto meglio di quella mezza carriera da scribacchino che ti stavi scegliendo, anche Papà lo pensa».
Wendy non fa a meno di aggrottare le sopracciglia confusa, e quando vede Martin abbassare la testa e rimanere in silenzio, si decide a chiarire la cosa per conto suo:
«Uhm… “mezza carriera da scribacchino”?» chiede, incredula, cercando di nascondere la sua irritazione con una risata.
«Oh, insomma, non è così che chiamano gli scrittori al giorno d’oggi?» Geoffrey ridacchia, ricevendo l’appoggio di Malindi e di Juan Paul (il quale tuttavia ride in un modo che lascia intendere che non capisce una parola di quello che sta accadendo intorno a lui).
«Meglio lasciare il lavoro da scrittori a quella massa di egocentrici avari che sostengono che scrivere romanzi sia essenziale al mondo, non trovi?»
Wendy rimane letteralmente a bocca aperta. Ma lo sanno, almeno, che lei e Martin lavorano in una casa editrice? Una CASA EDITRICE.
«Gli scrittori non sono egocentrici avari, è semplicemente gente che vuole farlo per passione!» ribatte Wendy, alzando sempre di più la voce.
Ora ha iniziato a prendere la cosa leggermente sul personale.
«Oh, insomma, ecco che ritorna il discorso “l’ho fatto per passione non per soldi”!» dice Malindi, tra una risata e l’altra. «Tu e Martin siete davvero fatti l’uno per l’altra, dite anche le stesse identiche cose! È esilarante».
Wendy stringe con forza il bicchiere di champagne tra le sue dita.
«E allora, anche se fosse? Non vi siete mai resi conto che lavoro stesso è stato inventato per fare soldi? Che alla gente solitamente nemmeno piace il proprio lavoro, e lo fa solo per lucro? Ogni singolo lavoro su questa terra esiste perché la gente vuole fare soldi, il vostro non è un’eccezione!».
Ormai Wendy ha iniziato ad urlare infuriata, tanto che una grossa quantità di gente intorno a lei inizia a smettere di parlare per rivolgere la sua attenzione alla drammatica scena davanti a loro.
«Andiamo, come se scrivere libri fosse un vero lavoro!» aggiunge Geoffrey, che ancora è deciso a controbattere. «Ti dico come sarebbero dovute andare le cose, visto che ci tieni così tanto a difendere il tuo ragazzo: Martin avrebbe dovuto spendere il suo tempo in modo migliore, piuttosto che sradicare alberi e stamparci sopra parole che non hanno alcun senso di esistere! E tu e lui siete dei grandissimi stolti se credete ancora che scrivere libri serva in questo mondo».
A questo punto Wendy rimane in silenzio, lasciando che tutto il padiglione taccia.
Poco dopo inizia a guardarsi lentamente intorno. Ormai quasi tutti gli invitati alla festa li stanno fissando in silenzio, attendendo chissà quale risposta. Perfino i signori Forres sono tra la folla, che li osservano con occhi curiosi.
Geoffrey e Malindi sono ancora davanti a lei, che le lanciano occhiate di sfida, aspettando il suo responso.
Wendy continua a guardarsi intorno per un attimo. Ci saranno almeno un centinaio di persone lì fermi ad assistere alla scena.
D’accordo Wendy, cerca di mantenere la calma e di ribattere in modo composto e intelligente, per una buona volta. So che detesti quando le persone criticano il lavoro dei tuoi sogni, ma sei comunque in mezzo alle persone più ricche di Brighton, che pretendono un po’ di classe da te. Non lasciarti andare come fai di solito, mi raccomando.
Wendy fa un lungo sospiro, pronta a dare la sua risposta.
Ma quando con la punta dell’occhio scorge Martin, nascosto al suo fianco, con la testa bassa e gli occhi quasi lucidi, si dimentica immediatamente di cosa volesse dire.
Fanculo.
«Sì, beh, almeno non siamo dei grandissimi pezzi di merda come voi due».
Uno sconvolto e generale “OH!” squarcia la grande sala del ricevimento. Tutti gli occhi, compresi quelli di Geoffrey e Malindi, sconvolti ed indignati, ora sono rivolti esclusivamente a Wendy.
Poco le importa.
Wendy finisce il suo bicchiere di champagne in modo teatrale e lo sbatte con violenza sul tavolo dietro di sé.
«Andiamocene via, Martin» gli dice, allungandogli il braccio per potergli prendere la mano. Martin l’afferra senza dire nulla, ma espira profondamente non  appena sente le dita di Wendy allacciarsi intono alle sue. «Tanto questo champagne fa schifo».
Wendy inizia a dirigersi verso l’uscita.
Martin la segue senza protestare, senza nemmeno aprire bocca. L’intera sala rimane nel più tombale silenzio fino al momento in cui escono. 
Una volta liberatisi da quell’infernale luogo, Wendy si gusta immediatamente il gelido clima di dicembre e ha solo una grandissima voglia di imprecare.
«Cazzo!» esclama finalmente, lasciando andare la mano di Martin. «Senza offesa, Martin, ma sei proprio sicuro che quelli siano tuoi fratelli?»
«Perché? Perché sono entrambi molto più belli e molto più realizzati di me?»
La risposta di Martin esce fuori come un sussurro, quasi stesse per scoppiare in lacrime da un momento all’altro.
Wendy lo guarda sconvolta. È la prima volta che sente Martin Forres screditarsi in questo modo, con che razza di clone alieno lo hanno sostituto?
«No, idiota!» continua Wendy, ancora infuriata per ciò che è appena successo. «Perché sono degli stronzi!»
Ora lo vede chiaramente. Capisce come la stronzaggine scorra bene in quella famiglia, e che Martin è probabilmente l’eccezione che conferma la regola.
«Voglio dire, non dico che tu sia un santo, però cazzo, che stronzi!»
Tra i due trascorre qualche secondo di silenzio, prima che Martin si decida a parlare di nuovo:
«Sono miei fratellastri» la informa lui, stringendosi nel cappotto per via del freddo. «Loro… sono i figli della moglie precedente di mio padre, che è morta quando erano piccoli. Credo sia per questo motivo non gli sono mai andato molto a genio».
Wendy inarca le sopracciglia, non del tutto certa di sapere come reagire a quella nuova informazione.
Non ha mai saputo tutte queste cose su di lui, e all’improvviso si sente in colpa per tutte le volte in cui l’ha giudicato e in cui l’ha trattato con i piedi.
Per fortuna poco dopo Martin decide di aprire di nuovo bocca:
«Non avrei mai dovuto portarti qui, mi dispiace» le dice, e nel farlo tiene lo sguardo fisso in alto, come per costringersi a ricacciare le lacrime in dentro. «Mi dispiace di averti fatto accordare a tutto questo. Non avrei mai dovuto farlo, scusa. È- è stata solo una pessima idea».
«No, non importa» dice automaticamente Wendy e subito dopo è presa da una grandissima voglia di abbracciare Martin quando lo vede asciugarsi violentemente le lacrime con le maniche del suo cappotto. «Davvero, non è-»
«Sono stato davvero così stupido da pensare che se avessi portato loro una ragazza da conoscere allora loro avrebbero iniziato ad accettarmi?». A questo punto Martin è in preda alle lacrime e Wendy si sente morire dentro a vederlo in quello stato. «Ma che cazzo di idiota che sono stato!»
«No, no– hey! Dai, non fare così». Wendy non ha più pallida idea di come gestire la situazione. Non è che lei e Martin abbiano mai avuto delle conversazioni del genere, né si è mai ritrovata nella situazione di doverlo consolare. «I tuoi fratelli sono degli stronzi, te lo dico sinceramente. E, fidati, se lo dico pure io che li conosco da tre minuti allora vuol dire che è la verità».
«Tu mi odi, vero?» le chiede Martin in un sussurro.
«No, non ti odio!». La risposta di Wendy è già pronta molto prima del previsto. «Non mi andavi molto a genio, quello sì, e ti invidiavo perché credevo che tu avessi tutto ciò che io non avevo e che avevo sempre voluto».
Dopo qualche secondo di pausa in cui Martin si è leggermente calmato, Wendy decide di continuare con il suo discorso:
«Ma sto imparando che la tua vita non è poi così perfetta come mi ero immaginata, e che forse sono sempre stata io quella più fortunata tra i due in realtà. Tanto per cominciare, non ti offendere, ma la mia famiglia è decisamente meglio della tua…»
Martin si lascia uscire una risata e Wendy si sente fiera di averlo fatto sorridere di nuovo.
«E poi devi promettermi una cosa, Martin» continua Wendy, guardandolo questa volta negli occhi. «Non devi mai e poi mai pensare che fare lo scrittore sia un lavoro di cui vergognarsi. È chiaro».
Martin aspetta per qualche secondo che le lacrime si esauriscano definitivamente, prima di annuire e rispondere:
«È chiaro»
Wendy sospira felice, poi guarda per un attimo il suo orologio al polso.
«Senti, sono appena le nove. Abbiamo ancora tutta la serata davanti. Possiamo prenderci qualche cibo disgustoso da fast food e poi mangiarlo sulla spiaggia, così facciamo morire di cancro i gabbiani che mangeranno i nostri avanzi. Ti andrebbe?».
Martin improvvisamente ride. Ed è una risata soave, che suona alle orecchie di Wendy come il suono di millemila violini.
«D’accordo» dice semplicemente, e con ciò le concede un bellissimo sorriso.
Una volta che si sono incamminati, Wendy prova a mettere un braccio intorno alla sua spalla, ma Martin è così dannatamente alto che deve accontentarsi di lasciargli una leggera pacca sulla schiena.
«Va bene, Forres» enuncia Wendy, una volta che si ritrovano alla fine della strada. «Andiamo a prenderci una birra».

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Capitolo 5
*** Fancy shoes ***


N.d.A.
Avevo detto che avrei pubblicato a fine dicembre e pubblico letteralmente L'ULTIMO giorno di dicembre, ah ah come sono furba.
Ho ufficialmente rotto il mio record di gente che segue la mia storia, e pensare che l'ho fatto con un testo che ho scritto solo perché mi annoiavo. Ma a parte gli scherzi, grazie davvero <3.
Perdonate il capitolo ancora una volta lunghissimo, mi sa che devo perdere questa maledetta abitudine a scrivere troppo xD
Premetto che non sono mai stata a Brighton, quindi non prendete tutto quello che c'è scritto in questo capitolo come verità assoluta, potrei benissimo aver sbagliato un sacco di cose, ma ho fatto del mio meglio.
Altre note a fondo, nel frattempo godetevi il capitolo!
Mel.



 

 


«Te lo dico sinceramente: è la cosa più buona che abbia mai mangiato».
«Altro che quel mezzo raviolo alla salsa teriyaki che ci hanno servito all’evento. Questa sì che è pura arte culinaria!».
«Oh, mh, forse avremmo dovuto prenderne un altro?».
«E tu che hai anche avuto la faccia tosta di dirmi di non averlo mai mangiato prima. Puah, ti stavo per revocare la cittadinanza inglese, sappilo».
«D’accordo, se tu fossi un cibo, che cibo vorresti essere?»
«Ma che ne so, non è che mi sveglio tutti i giorni e mi chiedo che cibo vorrei essere. Ma che domanda è poi? Non vorrei essere nessun cibo, non voglio finire per essere divorata da denti umani, che schifo».
«Io vorrei essere del cioccolato invece».
«Perché?»
«Non so. È buono e dolce e piace a tutti. Specialmente ai bambini».
«Così finiresti per essere divorato da una marea di denti da latte. Wow, proprio un’ottima scelta, complimenti.
Devi scegliere un cibo che non piace a nessuno, che ne so, un broccolo. Così preservi una lunga vita felice e in più hai un cappello buffo sulla testa».
«A me piacciono i broccoli».
«Sappi che sono a tanto così dal vomitarti in faccia. Non istigarmi oltre».
Wendy prende un’altra patatina dal cartoccio, degustando quel sapore di fritto per togliersi di testa l’immagine di quei disgustosi broccoli apparsa all’improvviso nella sua mente.
È passata meno di un’ora da quando lei e Martin sono fuggiti da quell’infernale evento di beneficenza. Una volta arrivati in riva al mare Wendy aveva proposto di prendersi delle birre e magari un Fish & Chips perché, per quanto buone, le tartine al caviale dell’evento erano ben lontane da essere un pasto che riuscisse a saziarla.
Era stato in quel momento che Martin le aveva rivelato di non avere mai mangiato un Fish & Chips, alché Wendy lo aveva preso per la manica del cappotto e lo aveva letteralmente trascinato per tutta Brighton alla ricerca di un chiosco che vendesse Fish & Chips.
Non era stato difficile in realtà trovarlo, dato che a Brighton c’era un negozio di Fish & Chips praticamente ogni due metri, e dopo aver acquistato il cartoccio più economico che erano riusciti a trovare, Wendy e Martin si erano posizionati su una panchina sulla strada davanti al mare, poco al di sopra della spiaggia, per godersi la loro lussuosa cena.
È metà dicembre e il sole era tramontato da un pezzo; la spiaggia davanti a loro è deserta e la strada, leggermente bianca per via delle nevicate dei giorni prima, è popolata solo da qualche occasionale coppietta che passeggia in silenzio.
Poi ci sono loro due, che urlano e discutono ad alta voce, adagiati su una panchina con le loro mani sommerse tra le patatine fritte e un forte odore di birra che aleggia nell’aria.
Wendy prende un veloce sorso di birra e poi appoggia la bottiglia di vetro sull’asfalto, di fianco agli stivali di Gucci che Wendy si è momentaneamente tolta per poter posizionare i piedi sulla panchina e sedersi a gambe incrociate, con il cartoccio davanti a lei.
Anche se fa leggermente troppo freddo per i suoi gusti, a Wendy non dispiace di trovarsi all’aperto, esposta al suono delle onde e della notte (o meglio, non le dispiace di trovarsi finalmente lontano da quella maledetta festa e da quegli adorabili invitati che, a quanto pare, condividono perfino dei geni con Martin).
 Mentre Martin è intento a ingozzarsi di pesce fritto, Wendy si prende un attimo per guardare davanti a lei, in mezzo al mare scuro come una chiazza di inchiostro, dove a pochi metri dalla spiaggia fa capolino lo scheletro di una struttura. Un’inquietante massa di travi di ferro incastrate tra di loro che giacciono come un palazzo mai costruito e lasciato lì a morire.
«È il West Pier» la informa Martin, con la bocca ancora piena di cibo, evidentemente notando la curiosità di Wendy nello scheletro di ferro. «era uno dei moli più importanti di Brighton nel 1900, poi è caduto in crisi durante la seconda guerra mondiale. È stato chiuso nel 1975 e poi un incendio nel 2003 lo ha distrutto completamente. E beh… è rimasto così da allora».
Wendy sospira, senza staccare gli occhi dallo scheletro del molo.
«Che cosa stupida, avrebbero potuto benissimo abbatterlo piuttosto che lasciarlo in quello stato per tutto questo tempo».
«A me non dispiace invece» commenta Martin, prendendo un altro boccone di pesce. «Penso dia alla spiaggia un certo fascino, dopotutto».
«Non so, mi mette tristezza il pensare che c’è gente che lo ha visto nascere e decadere, nel corso della loro vita» Wendy si abbassa per recuperare di nuovo la birra, tuttavia non stacca ancora gli occhi dal West Pier. «Mi fa ripensare che tutte le cose in questo mondo non sono eterne».
«Oof!» esclama improvvisamente Martin, guardandola con un leggero sorriso. «Quanta allegria».
Wendy finalmente sposta i suoi occhi per lanciare uno sguardo assassino a Martin.
«Tu pensala come vuoi. Ho solo espresso una mia razionale opinione».
Rimangono in silenzio qualche secondo, il rumore delle onde e dei gabbiani come unico sottofondo. Anche Martin si abbassa per recuperare la sua birra e, dopo un veloce sorso, si volta verso di lei e le dice:
«Parlami di te».
Wendy lo guarda sforzandosi di non scoppiare a ridere, tuttavia fallendo e sbrodolandosi delle gocce di birra addosso, cosa che cerca di nascondere al più presto, pulendosi la faccia con la manica della sua giacca. Tuttavia Martin non sembra nemmeno accorgersene e continua a tenere uno sguardo serio e fisso su di lei.
«Che razza di domanda sarebbe?» chiede Wendy, ancora ridendo e tossendo leggermente. «Cosa dovrei dirti su di me esattamente?»
«Non lo so, ci conosciamo da così tanto tempo eppure io non so praticamente nulla di te». Martin le fa improvvisamente uno smagliante sorriso. «Prima alla festa hai spaccato e ora mi hai reso molto curioso, lo devo ammettere».
Wendy cerca di nascondere il suo sorriso bevendo un altro sorso di birra.
«Non ho nulla di che da raccontare, davvero. Ho una vita alquanto monotona e normale».
«D’accordo, allora vorrà dire che sarò io a farti le domande». Martin fa finta di pensarci su qualche secondo in silenzio. «Fammi indovinare: i tuoi genitori erano dei grandi fan di Peter Pan».
Wendy non riesce ad evitare di sbuffare, in quanto è più o meno la milionesima volta che qualcuno le fa una domanda del genere.
«Ah ah, molto originale» risponde Wendy in tono secco. «No, il mio nome non ha nulla a che fare con la Wendy di Peter Pan, è semplicemente il nome di una delle mie prozie» lo informa Wendy, ritornando a osservare il West Pier in lontananza. «Io e le mie sorelle abbiamo tutte nomi delle nostre prozie, Victoria, Wendy, e Millicent; a quanto pare i miei dovevano esserci parecchio legati»
«Millicent?» domanda Martin confuso. «Credevo che avessi solo Vicky come sorella».
Wendy ritorna a guardarlo, rendendosi improvvisamente conto che, sebbene di conoscano da dieci anni, Martin non ha mai visto né sa nulla di sua sorella Millie.
«Sì, Millie è…» inizia Wendy, non sapendo bene come spiegarsi. «Sì, insomma, è mia sorella minore. Ha nove anni».
Martin alza le sopracciglia sorpreso.
«Oh» dice semplicemente. «È parecchio giovane».
«Sì, i miei genitori devono aver pensato che gli mancava avere un bambino in casa e così una mattina hanno svegliato me e Vicky e ci hanno detto con entusiasmo che avremmo avuto una nuova sorella, anche se noi due eravamo già al liceo» inizia a ricordare Wendy, con un leggero sorriso. «Ma non mi dispiace di avere una sorella di sedici anni più piccola di me, in fondo. E poi Millie è già parecchio intelligente»
E con “parecchio intelligente” Wendy intende che Millie è un autentico genio del male.
Ha nove anni e sa già più cose di Wendy che ne ha venticinque, Millie le ha perfino raccontato che le sue maestre hanno paura di lei perché ritengono che sia molto più competente di tutte loro messe insieme. La cosa divertente è che Wendy sembra essere l’unico membro della sua famiglia ad essersene accorta: i suoi genitori e sua sorella trattano e descrivono Millie come un autentico angelo sceso in terra, senza sapere che in realtà la sua adorabile sorellina ha un quaderno nascosto sotto al suo cuscino, in cui ha pianificato per filo e per segno come acquistare la cittadinanza americana e diventare presidente degli Stati Uniti nel prossimo futuro.
È tanto furba e tanto sveglia da quasi irritare Wendy. Qualche settimana Wendy le ha perfino dovuto dare venti sterline perché Millie aveva minacciato di rivelare a Vicky che era stata lei a rompere i suoi orecchini preferiti.
Ma, nonostante tutto, le vuole bene come vuole bene a Vicky e farebbe qualsiasi cosa per lei, pur di renderla felice.
Con la punta dell’occhio Wendy riesce a notare che Martin la sta fissando in silenzio con un mezzo sorriso sulle labbra.
«Cosa c’è?» gli chiede Wendy, a sua volta ricambiando il sorriso.
Martin scuote leggermente la testa.
«Niente, è solo che…» inizia a dire, volgendo il suo sguardo verso terra. «Hai una famiglia così particolare ed è così evidenge che ci tieni molto a loro. Devono... devono essere davvero fantastici».
Wendy sorride e, come per istinto guarda il West Pier all’orizzonte.
«Lo sono…»
Le travi dello scheletro del molo sembrano risplendere sotto la luce delle stelle.
«E comunque meglio della tua sicuramente».
«Beh, non che ci volesse molto».
Sebbene non lo stia guardando, Wendy riesce quasi a percepire il sorriso triste sulla bocca di Martin.
Si rende conto solo ora che è passata meno di un’ora da quando Martin è praticamente scoppiato in lacrime davanti a lei, solo una misera ora da quando ha assistito alle terribili provocazioni dei suoi fratelli e alla totale indifferenza dei suoi genitori.
Wendy lo fissa intensamente, mentre Martin non sembra nemmeno accorgersi di lei e continua a giocare, imbarazzato, con l’orlo del suo cappotto.
«Posso chiederti una cosa?» domanda Wendy all’improvviso.
«Cosa?». Martin finalmente alza lo sguardo verso di lei.
Wendy lascia passare qualche secondo di silenzio, in cui studia il viso di Martin, i suoi lineamenti delicati, le sue labbra a cuore, i suoi occhi così intensi e le sue sopracciglia lunghe e ordinate.
«Che cosa ti è successo esattamente in Australia?»
Martin non risponde subito, anzi, fa la stessa cosa di Wendy e inizia a guardare il West Pier, tuttavia lasciandosi sfuggire un sorriso imbarazzato.
«Se avessi letto il mio libro lo sapresti».
Wendy sbuffa rumorosamente, tirandosi indietro e appoggiando la schiena contro la panchina.
«Oh, ma dai!»
«Sul serio, è di quello che parla il mio libro» continua Martin, ridendo vigorosamente. «Se vuoi sapere davvero cosa è successo, avresti dovuto leggerlo. Comunque non è nulla di troppo speciale: ho semplicemente passato cinque anni della mia vita a studiare lingue aborigene per poi rendermi conto che nessun aborigeno aveva bisogno di uno straniero che comunicasse con loro, né che saperle parlare mi sarebbe mai servito a nulla. Perciò sono tornato in Inghilterra e ho iniziato a lavorare per varie case editrici».
«E va bene, leggerò il tuo maledettissimo libro, allora» si arrende Wendy.
«Come se ci credessi davvero» ridacchia Martin, guardandola ammaliato. «Il tuo libro di che parla invece?»
Non è assolutamente un grande segreto che anche Wendy abbia scritto un romanzo, né il fatto che sia terribilmente invidiosa di Martin per il fatto che lui sia riuscito a pubblicarlo e lei invece no.
Wendy pensa di averlo reso abbastanza evidente, il giorno in cui Martin si è presentato al lavoro annunciando a gran voce “Pubblicheranno il mio libro!” e lei gli ha prontamente scaraventato addosso l’intero malloppo di carta che erano le milletrecento pagine del romanzo epic fantasy che stava editando in quel momento.
Ma Wendy si rende conto, con estrema sorpresa, che quella è la prima volta che qualcuno sembra così interessato al suo libro, soprattutto se quel qualcuno è il suo presunto acerrimo nemico.
Wendy scuote la testa, abbassando lo sguardo.
«Se te lo dicessi, mi prenderesti in giro».
Martin scoppia improvvisamente a ridere, sorpreso da quella risposta.
«E perché dovrei?»
«D’accordo, diciamo che parla di un ragazzo che… uhm…» inizia a raccontare Wendy imbarazzata, dato che non è abituata a parlare del suo libro con una persona. Lo ha sempre ritenuto qualcosa di così intimo e personale, tanto che raramente ne ha parlato con qualcuno, ad eccezione di sua sorella e di Hannah e Sally. «Un ragazzo che possiede un negozio di artefatti antichi…»
Martin le sorride, sembrando quasi intrigato, quasi che Wendy inizia a prendere più confidenza in quello che dice.
«Okay…»
«E, insomma, non è che sono semplicemente oggetti vintage che ha acquistato. Sono oggetti che solitamente la gente gli lascia gratuitamente perché sono rotti, oppure troppo vecchi, oppure semplicemente perché non lo desiderano più» continua a spiegare la ragazza, ora presa animatamente dal racconto. «E lui - il protagonista - li tiene nel suo negozio e cerca di riparare questi oggetti, riparandoli, rendendoli migliori e infine esponendoli in vetrina, sperando che qualcuno gli riacquisti. E c’è questa ragazza che un giorno, passando davanti alla sua vetrina, trova un oggetto che è certa appartenga al suo patrigno scomparso da anni, perciò entra nel negozio e cerca di scoprire come quell’oggetto sia finito lì e-»
«D’accordo ti fermerò qui. Perché è davvero interessante e voglio assolutamente leggerlo».
Martin le lancia un sorriso e Wendy vorrebbe uccidersi quando si rende conto di stare arrossendo.
«Come se ci credessi davvero» ripete Wendy, ricevendo un altro sorriso divertito da parte di Martin «Davvero, non- non è nulla di che… Non penso di riuscire mai a pubblicarlo, comunque».
«Chi lo sa. Tu aspetta e spera».
Wendy ricambia automaticamente il sorriso di Martin e con ciò alza la bottiglia di birra contro la sua.
Le due bottiglie si toccano e il suono del tintinnio aleggia nell’aria, un caldo brindisi a quella serata dalla svolta così stranamente piacevole.
 
 
Wendy e Martin finiscono per prendersi un altro Fish & Chips e un altro paio di birre.
Okay, forse più di un semplice paio.
Per la verità finiscono per comprare un paio dopo paio di birre, una bottiglia di vino bianco e, per concludere, una piccola bottiglia di whiskey, giusto per digerire il pasto.
Mangiano e bevono, e bevono e bevono finché non sono entrambi ubriachi fradici e tornano a casa ballando e strillando canzoni in mezzo alle buie strade di Brighton delle due di notte.
Cantano canzoni di vario genere, dalle canzoni pop del momento alle prime ballate di Elton John, fino a decidersi definitivamente sul cantare a squarciagola l’intero repertorio di inni alla Rivolta Irlandese del 1916.
Wendy è felicissima, perché ha finalmente scoperto qualcosa in cui Martin fa veramente schifo, e cioè cantare. Ma al momento non sa nemmeno distinguere le dita delle sue mani da quelle dei piedi, quindi non è esattamente nelle condizioni di giudicare le qualità canore di qualcuno.
Quando finalmente Martin e Wendy riescono a raggiungere la casa dei Forres (dopo un viaggio durato circa quaranta minuti più del previsto, in quanto nessuno dei due aveva la più pallida idea di dove stessero andando), aprono la porta trovandoci nient’altro che un buio silenzioso.
Martin sta ancora cantando a squarciagola una frase di The Foggy Dew quando varcano la porta principale, così Wendy si volta verso di lui e gli intima un rumoroso “sssh!”, continuando tuttavia a ridacchiare.
«Oh, ma tanto a loro mica non importa se canto! Non ve ne importa di nulla, vero?» continua a urlare Martin, ricevendo solo un macabro silenzio, ora che probabilmente i suoi genitori si sono addormentati da un pezzo, senza preoccuparsi di sapere che il figlio stesse bene e fosse tornato a casa incolume. «Visto? Niente di niente»
Wendy continua a ridere ininterrottamente, anche quando lo prende per un polso e inizia a salire le scale sforzandosi di non cadere. Martin si unisce a lei e inizia a ridacchiare, mentre salgono gli scalini ad uno ad uno con la velocità di un bradipo, mettendoci venti minuti per riuscire a salire trenta scalini.
Giusto dieci secondi per aprire la porta ed entrare, e Wendy si lancia immediatamente sul materasso del letto, senza curarsi di Martin, che si getta praticamente addosso a lei, con un braccio a cincerle lo stomaco.
Rimangono così per qualche secondo, con Wendy intrappolata dal braccio di Martin, che è sdraiato a pancia in giù di fianco a lei, cercando di smettere di ridere e di trovare un normale ritmo respiratorio dopo tutti quei minuti passati a sgolarsi cantando.
Wendy tiene il suo sguardo fisso sul soffitto bianco. Non le importa nemmeno che Martin sia abbracciato a lei in questo momento, né che il suo viso sia a pochissimi centimetri di distanza dal suo. Si è divertita con Martin questa sera, lo deve ammettere. Ammette di aver sbagliato tante cose riguardo a lui, di aver sbagliato ad averlo giudicato così negativamente, e che, in fondo, passare del tempo con Martin è anche abbastanza divertente.
Certo, non è che possono già definirsi amici, è ancora un po’ presto per quello, ma Wendy inizia a pensare che, magari col tempo, riuscirebbe davvero a diventare sua amica.
Ormai hanno entrambi finito di ridere da un po’, ora sono fermi immobili sul letto ancora fatto, a godersi i pochi attimi di silenzio.
Improvvisamente Wendy sente Martin muoversi dalla sua posizione. Vede l’uomo sollevarsi leggermente dal materasso, per poterla guardare meglio in faccia.
«Lo sai che mia madre è svedese?» le sussurra, quasi fosse un segreto di stato.
Wendy ci crede dato che ha notato come sua madre, sebbene non sia più tanto giovane, è di certo una bellissima donna, ma scoppia a ridere comunque, per via della totale casualità con cui l’ha detto, al che Martin si sente in dovere di ribadire:
«Lo è davvero! Per questo mio padre l’ha sposata, nonostante abbia vent’anni in meno di lui. Faceva la modella in Svezia. Per questo motivo sono uscito così bello. Ho ereditato i geni belli di famiglia».
«Oh, e anche il narcisismo lo hai ereditato da tua madre o cosa?»
Martin inizia a ridere come se fosse la battuta più divertente che abbia mai sentito e Wendy non può fare a meno di assecondarlo.
Martin si rigetta sul materasso, ponendo questa volta il suo viso a pieno contatto con il collo di Wendy.
«Andiamo, lo so che mi trovi bellissimo» sbiascica a bassa voce Martin, ora che ha il viso incastrato tra le coperte e il collo di Wendy.
«Vero» risponde lei, e con ciò inizia automaticamente ad accarezzare il braccio di Martin che ancora le stringe la vita. Per qualche motivo si sente estremamente a suo agio in quel momento. «Hai delle sopracciglia meravigliose».
«Wow, ho delle belle sopracciglia, che fortuna…» ridacchia Martin, stringendosi sempre di più a lei.
«Scherzi, ma la gente spesso sottovaluta le sopracciglia. Sono un gran pregio fisico invece».
Rimangono ancora in silenzio per un attimo in quella posizione, mentre Wendy continua a spostare la sua mano su e giù lungo il braccio di Martin. Quando non lo sente muoversi per così tanto tempo da convincersi che si è addormentato, Martin improvvisamente si alza e la osserva per qualche secondo.
«Du är söt» dice semplicemente, guardandola sognante.
«Mh?» Wendy alza le sopracciglia confusa, tuttavia mantenendo un sorriso ghiacciato sulle labbra, perché vedere Martin in quello stato, con i capelli scompigliati e un’espressione così felice sulla faccia è talmente piacevole che non ne può fare a meno. «Spero non sia nulla di offensivo…».
Martin continua a ridere e ricade di nuovo sul materasso, vicino al suo viso, continuando a borbottare parole che Wendy non comprende nemmeno.
«Du är så söt» ripete, la voce quasi un bisbiglio, le risate vanno pian piano svanendo, finché non diventano delle confuse parole farfugliate a bassa voce, pronunciate direttamete sul collo di Wendy. «Du är så vacker och så söt».
«D’accordo…».
E Wendy si dimentica improvvisamente della promessa di Martin di lasciarle il letto per stanotte e lascia che si addormenti di fianco a lei, con ancora un braccio legato intorno al suo stomaco. Se ne dimentica e pochi secondi dopo lei e Martin si sono già addormentati, lì sdraiati sul letto ancora fatto e con le scarpe ancora ai piedi.
Tuttavia Wendy pensa di non essersi mai sentita così bene in tutta la sua vita.
 





N.d.A. pt. 2
Scusate, ma dovevo tirarmela un pochino perché sto studiando svedese all'università, ma dato che lo faccio solo da due mesi non è che mi potevo permettere di scrivere chissà cosa, eh eh. In sostanza Martin dice semplicemente "Sei carina. Sei così bella e così carina".
"Söt" è un termine che può significare molte cose, "carino", "adorabile", "dolce"; è una parola che mi piace molto ma non saprei bene come tradurla lol. 
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto, che il vostro 2018 sia stato un buon anno e auguro un buon 2019 a tutti!!!
Ci rivediamo nel nuovo anno con il prossimo capitolo ;)
Mel.



 

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Capitolo 6
*** Lovely ***


 


Il giorno dopo Wendy apre gli occhi e si sente come se un miliardo di elefanti le siano appena passati sulla faccia. La testa le fa male, le sue labbra sono secche come un deserto e sente le sue palpebre come appesantite da un’incudine. Vorrebbe urlare e lamentarsi, ma la sua gola le brucia e non ha il coraggio di pronunciare alcun suono.
Certo non aiuta il fatto che la ragazza venga svegliata di soprassalto dalla suoneria del suo cellulare, un’atroce e acutissimo RIIIIIING che suona nelle sue orecchie come l’autentico suono delle porte dell’inferno che si aprono.
Wendy si rigira nelle coperte, lasciandosi sfuggire un forte lamento, che non fa altro che farle ritornare il dolore alla gola. Il cellulare sta ancora squillando e, Wendy giura, è a tanto così dall’afferrarlo e lanciarlo fuori dalla finestra. Cerca a tastoni il telefono sul suo comodino e, quando finalmente lo trova, non si prende neanche un attimo per guardare il nome di chi la sta chiamando alle cazzo di otto del mattino che subito risponde con un assonnato:
«Mmh, -ronto…?»
Non sente alcuna risposta dall’altro lato della linea.
Wendy è sul punto di mettere giù, quando all’improvviso sente una voce famigliare risponderle:
«…Wendy?»
«Vicky?» Wendy riconosce immediatamente la voce di sua sorella maggiore, così chiara e squillante, e sarebbe anche felice di risentirla, se non fosse che al momento si sente come un cumulo di spazzatura. «Cosa… (sbadiglio) Cosa c’è? Hai bisogno di qualcosa?»
«No, io…» la voce di Vicky è strana e indecisa, quasi non si fosse aspettata che Wendy rispondesse quando è stata lei stessa a chiamarla. «Ehm, scusami Wendy, credo di aver sbagliato a chiamare numero».
Wendy si lascia uscire un grugnito, consapevole che, se Vicky non avesse fatto questo stupido errore lei sarebbe ancora nel suo favoloso mondo dei sogni a godersi i suoi pochi attimi di sonno.
«Sì, va bene, ci sentiamo, ciao».
Senza nemmeno lasciare a Vicky il tempo di replicare, Wendy mette giù la chiamata e poi lancia il suo telefono sul comodino, senza la minima delicatezza.
Poi rigetta la faccia sul suo morbido cuscino, prendendosi qualche secondo per guardare Martin, che dorme silenziosamente al suo fianco con la schiena rivolta verso di lei.
Non ricorda esattamente il momento di ieri notte in cui lei e Martin si sono tolti le scarpe e si sono infilati comodamente nel suo letto, per la verità ricorda solo pochi momenti della sera precedente: la festa, gli ignobili fratelli di Martin, il Fish&Chips, una frase che c’entrava con il norvegese, o qualcosa del genere… tutto quanto dal momento in cui lei e Martin hanno aperto quella maledetta bottiglia di whisky in poi è molto sfuocato e confuso, ma al momento a Wendy non potrebbe fregare di meno di sapere cosa hanno fatto ieri sera lei e Martin, perché l’unica cosa che riesce a pensare è vogliodormirevogliodormirevogliodormire.
Wendy si volta dall’altra parte della finestra, cercando di evitare le accecanti luci del primo mattino e, pian piano, inizia a ricadere nel mondo dei sogni.
RIIIIIING
Wendy si rigira verso il suo comodino esasperata, quando neanche tre secondi dopo, il suo cellulare squilla di nuovo.
Assurdo, generalmente non la chiama mai nessuno, e per una volta che ha bisogno di una dannatissima dormita, tutto il mondo inizia a farle squillare il telefono. Una cosa è certa: deve assolutamente cambiare quella maledetta suoneria.
Si allunga per afferrare di nuovo il suo cellulare e se lo porta all’orecchio in tutta fretta.
«Pronto?» sbotta nel ricevitore, questa volta non più tanto cordiale come prima.
«Ehm… Wendy?»
Wendy non vuole crederci. È ancora Vicky.
«Sì, sono sempre io» sospira, cercando di rimanere calma, ma la frustrazione della mancanza di sonno prende il sopravvento e inizia a farsi notare nel suo tono di voce. «Che cosa vuoi adesso?»
«Niente, io…» ancora una volta dal suo tono di voce Vicky sembra completamente presa alla sprovvista. «Credo… credo che il mio cellulare abbia incasinato i miei contatti. Sto cercando a chiamare… una persona, ma continuo a chiamare te per sbaglio…»
«Sì, beh, tu smettila di chiamarmi!»
«Ma-»
Wendy riattacca senza dire altro e butta di nuovo via il telefono come se fosse pattume.
Si rigetta sul letto, provando a riaddormentarsi, ma dopo due chiamate di prima mattina ormai è sveglia e non riesce più a prendere sonno.
Due secondi dopo, tuttavia, il telefono risuona nuovamente e quell’infernale RIIING ritorna a farle scoppiare le orecchie.
Wendy ormai è esasperata. Si alza ed afferra il cellulare, tenendolo così stretto da quasi spaccarlo in mille pezzi. 
«Pronto?!» risponde, quasi urlando.
«Ehm… ciao Wendy, credo di aver sbagliato ancora-»
Wendy mette giù il telefono in faccia a Vicky di colpo e si rigetta sul cuscino con una gran voglia di urlare e di prendere a calci l’intero mondo.
Evidentemente Martin la sente rigirarsi ripetutamente nel letto, perché dopo qualche minuto si volta verso di lei e, con ancora una nota di sonno nella voce le chiede:
«Chi era?»
«Nessuno» risponde seccata Wendy, cercando ancora una posizione comoda che la faccia addormentare. «Vicky continua a chiamarmi per sbaglio. Ora torna a dormire».
Wendy tuttavia si calma leggermente e cerca di reprimere un sorriso, quando vede Martin sotto le coperte di fianco a lei, che ancora indossa i vestiti di ieri sera, con gli occhi mezzi socchiusi e i capelli arruffati sulla testa e pensa che in quel momento è talmente carino.
nO NO, Wendy, Martin Forres non è c a r i n o, ne abbiamo già parlato, su!
«Mmmh, sì, Vicky…» mormora Martin, come canticchiando, mentre si volta nuovamente per darle le spalle. «Mi sono appena ricordato che le avevo detto di chiamarmi stamattina, per… parlare…»
Wendy ridacchia, ignorando il fatto che Martin si è probabilmente già riaddormentato di fianco a lei.
«Sì, beh, invece di chiamare te, Vicky ha continuato a chiamare il mio numero, ah ah, ti sembra normale come cosa da-»
Wendy si blocca improvvisamente.
Un terribile presentimento le spunta in mente.
Guarda con orrore Martin, che dorme come un angelo, poi sposta i suoi occhi spalancati verso il comodino di fianco a lei, dove due cellulari neri, quasi identici, sono posti uno di fianco all’altro.
no nO NO
Afferra con uno scatto entrambi i cellulari e, guardando i due sfondi, si rende conto che uno dei due è di certo il suo cellulare, riconoscendo la foto che ha come sfondo del suo vecchio cane (riposa in pace) Sparkly, da mentre l’altro, che non ha mai visto prima, deve appartenere automaticamente a Martin.
E Wendy si rende improvvisamente conto di non aver mai avuto quell’atroce RIIING come suoneria.
Si rende conto di non aver mai salvato sua sorella come “Victoria Kaligan”, ovvero il nome che ha letto sullo schermo l’ultima volta che le ha messo giù in faccia.
Si rende conto di aver appena commesso il più grande errore della sua vita.
Si rende conto… di aver risposto per ben tre volte a sua sorella dal cellulare di Martin.
Si rende conto che Vicky ha provato a contattare Martin ma invece si è ritrovata dall’altra parte del telefono… Wendy.
«Martin…» Wendy inizia a chiamarlo, gli occhi vuoti puntati sul muro bianco davanti a lei. «Martin, svegliati».
«Mh?» le risponde un mezzo addormentato Martin, con la faccia ancora premuta contro il cuscino. «Cosa c’è?»
«Credo… credo di aver appena fatto saltare la mia copertura per sbaglio».
 
 
 
Martin si alza di scatto, guardando Wendy con occhi all’improvviso completamente svegli.
«Cosa… come?!» le domanda, ma Wendy è ancora impegnata a processare tutto quello che è appena successo. «Come hai fatto?»
Proprio in quel momento il telefono di Martin squilla nuovamente. E quando Wendy legge sullo schermo il nome Victoria Kaligan, inizia a sudare freddo. Lancia il cellulare contro Martin quasi fosse in fiamme, lasciandosi sfuggire un “eeek!” dalla bocca, e quando Martin si sente arrivare un cellulare addosso la guarda con sguardo confuso.
Wendy si rende conto della stronzata che ha appena fatto, ma non fa in tempo a risolverla, perché due secondi dopo Martin ha già risposto a sua sorella.
«Ehm… pronto?»
Wendy rimane immobile ad ascoltare, pronta a notare ogni singolo cambiamento di espressione nella faccia di Martin.
«Sì, sì sono io» risponde lui, continuando a guardare Wendy con le sopracciglia aggrottate. «No… io… Perché? Wendy? No, ma che dici! Perché- perché dovrebbe…?»
Wendy osserva Martin ridacchiare nervosamente, salvo due secondi dopo cambiare completamente espressione, quando Vicky gli dice qualcosa che Wendy non riesce a cogliere.
«Sì… sì… okay…» la voce di Martin è diventata improvvisamente seria. Wendy rimane lì immobile, finché Martin non la fissa in silenzio. Poi si toglie il telefono dall’orecchio e lo allunga verso di lei.
«Ti vuole parlare» le dice semplicemente.
Wendy deglutisce a fatica, poi afferra il cellulare di Martin e, senza pensarci troppo, si alza dal letto ed fugge fuori dalla stanza, richiudendosi con delicatezza la porta alle spalle. Non si è nemmeno resa conto fino ad adesso che indossa ancora il vestito nero della sera prima.
Dopo aver preso due lunghi respiri, Wendy si porta finalmente il telefono all’orecchio e risponde con un innaturale allegro:
«Pronto!»
Dopo qualche secondo di silenzio sente l’inconfondibile sospiro di disapprovazione di sua sorella dall’altra parte del ricevitore.
«Wendy…» la sente dire e Wendy vorrebbe solo seppellirsi sotto dieci chilometri di terra in questo momento. «Credevo fossi a Brighton per una convention».
«L-lo sono, infatti!» Meglio cercare di non dire tutto per il momento, dato che è alquanto complicato da spiegare, meglio invece mantenere il danno il più tenue possibile, pensa Wendy. «Ma ieri sera io e Martin ci siamo incontrati per caso e… lo sai che Martin è di Brighton, no?»
«Certo che lo so. Siamo stati insieme al liceo, se non ti ricordi». E, a quelle parole, chissà perché, Wendy si sente terribilmente in colpa per il fatto che sta mentendo spudoratamente alla sua amatissima sorellona.
«Comunque tutto qui!» riprende la ragazza, cercando di mascherare il suo nervosismo con una leggera risata. «Ci siamo incontrati e abbiamo passato una serata insieme. Fine».
«Wendy» sente chiamarla sua sorella, il tono della sua voce quasi preoccupato. «tu e Martin avete…»
Wendy coglie immediatamente l’allusione di Vicky.
«Cosa? No, ew! Che schifo! Come di viene in mente? No, ti prego! Aah!» ribatte, cercando di scacciare quella disgustosa immagine dalla sua mente. «Ci siamo solo ubriacati e poi siamo andati a letto insieme!»
Alla risposta silenziosa di Vicky, Wendy si rende conto di aver appena fatto una terribile scelta di termini.
«Cioè- volevo dire… che abbiamo dormito nello stesso letto… cioè, letteralmente dormito e basta. Siccome ero leggermente fuori di me ieri sera mi ha proposto di dormire a casa sua e… non c’erano letti disponibili così abbiamo dormito nello stesso letto matrimoniale a- a debita distanza e con i nostri vestiti addosso… intendo».
Vogliomorirevogliomorirevogliomorire
«Okay…»
Per qualche motivo Vicky non sembra affatto soddisfatta di questa risposta. E Wendy se ne rende conto, quando pochi secondi dopo sua sorella le domanda:
«Wendy, sei proprio sicura che non devi dirmi nulla? Che tra te e Martin non ci sia assolutamente nulla?»
«No, lo sai che lo detesto, andiamo!» Wendy si lascia uscire una risata forzata. «Non potrei mai con… lui! Oddio, ma come ti è venuto in mente? Siamo solo… colleghi
E anche acerrimi nemici e finti fidanzati per il momento e forse forse amici nel prossimo futuro e chi lo sa che altro è una situazione piuttosto complicata in effetti
«D’accordo» le risponde Vicky, di nuovo sospirando. «Ma voglio solo dirti che tra me e lui è finita da tempo. Sono passati dieci anni, quindi non sono assolutamente gelosa se tu hai…»
«Perché la stai facendo suonare come se mi importasse del rapporto che c’è tra te e Martin?!» Wendy detesta essere scortese con sua sorella, che è forse l’essere più dolce e amabile di questo mondo, ma per qualche motivo si sente parecchio attaccata da queste assurde presunzioni. «Te l’ho già detto, non c’è niente tra di noi. Siamo solo… usciti insieme una sera. E basta!».
«Va bene. Ti credo».
«D’accordo» improvvisamente Wendy sospira, rilassandosi di colpo. «Ora devo andare. Ci sentiamo più tardi, okay? Ti voglio bene».
«Anche io. Va bene, ci sentiamo più tardi. Ciao».
Quando Wendy chiude la chiamata si sente trionfante per aver finalmente convinto sua sorella, ma all’improvviso le viene in mente un particolare piuttosto strano che non aveva notato fino ad ora:
Perché diamine sua sorella stava chiamando Martin Forres alle otto del mattino?!
 
 
«Quindi… da quando tu e Vicky vi scambiate chiamate?»
«Non è che ci chiamiamo regolarmente. È solo che ultimamente stiamo facendo una… cosa insieme, e ne discutiamo spesso per telefono».
Wendy fissa Martin con occhi sospettosi, mentre seduta a gambe incrociate sul letto lo osserva sistemarsi i capelli davanti allo specchio.
Non è che è solamente stupida dal fatto che Martin e Vicky si parlino ancora, si sente anche terribilmente tradita da ciò.
Dopo tutte le volte che Wendy è corsa da Vicky per lamentarsi del suo insopportabile collega, dopo tutte le volte che hanno parlato del liceo e da come sua sorella evitava sempre di nominare il nome di Martin Forres quasi come quei cinque mesi della loro storia non fossero mai esistiti, si era più che convinta che sia lei che sua sorella riservassero la stessa quantità di odio per il ragazzo che aveva spezzato il cuore a Vicky e che aveva rubato il sogno a Wendy.
Ora però, di colpo, scopre che i due sono in realtà segretamente amici e chissà da quanto tempo.
«Okay, scusami» Wendy alza le mani, in un provocatorio segno di resa. «Non sapevo che tu e mia sorella foste migliori amici».
«Non è che siamo migliori amici, pero… insomma, abbiamo un bel rapporto, sì».
Che. Schifo.
Wendy non ricorda che Vicky le abbia mai detto che lei e Martin in realtà si sentivano ancora, anzi, era certa che i due non si parlassero dai tempi della loro rottura.
«Martin Forres…» gli dice minacciosa Wendy, guardandolo con occhi socchiusi. «Giuro su dio che se osi fare di nuovo del male a mia sorella-»
«Rilassati tesoro, ti ho detto che siamo solo amici» si volta un attimo per lanciarle uno sguardo. «Sono passati dieci anni da quando eravamo al liceo, non pensi che io sia almeno un po’ cambiato da allora? Ora capisco perché scrivi di ragazzi che possiedono negozi di artefatti antichi, perché sei sempre così ossessionata dal passato»
Wendy si ritrova profondamente infastidita da tutta quella presunzione da parte sua che decide di cambiare subito argomento.
«E che cos’è questa cosa così importante di cui dovevate parlare così presto al mattino?» domanda Wendy, cercando di risultare disinteressata, quando in realtà dentro di sé sta morendo di curiosità.
Sente Martin ridacchiare, e in quel momento Wendy non sa se ha più voglia di gettarsi lei stessa dalla finestra o di prendergli quel bel visino a schiaffi.
«È un segreto» risponde Martin e Wendy gli lancia uno sguardo incredulo.
Esattamente quante volte si sono parlati alle mie spalle e cosa si sono detti senza che io lo sapessi?
Pochi secondi dopo, quando Wendy è pronta a formulare una domanda del genere, Martin la zittisce in fretta, annunciando di volersi fare una doccia e richiudendosi dentro il bagno.
Wendy sbuffa, quando sente il rumore dello scorrere dell’acqua. Si getta sul letto ed inizia a guardare il suo telefono annoiata, domandandosi cosa dovrebbe fare, adesso che è a Brighton per altri due giorni rinchiusa in una casa in compagnia di nessun’altro se non il suo più grande nemico e i suoi genitori.
Dopo circa venti minuti in cui Wendy ammazza il tempo giocando a candy crush, sdraiata sul letto con le gambe sul cuscino, Martin non è ancora uscito dalla doccia e, dal modo in cui canta così stonatamene, è ovvio che ha intenzione di rimanere in bagno per ancora un altro po’.
A questo punto Wendy decide di scendere giù in cucina, ora che è sveglia da quasi un’ora e le sta già iniziando a venire un certo languorino.
Scendendo le scale che, si rende conto, sono molte di meno di quante sembrassero ieri sera quando lei e Martin hanno provato a salirle da ubriachi, raggiunge la cucina. Si stupisce quando trova la madre di Martin, ancora in pigiama, seduta sul tavolo da sola, che sorseggia da una tazza.
«Oh…». La signora Forres alza gli occhi dalla tazza, accorgendosi della sua presenza. «Uhm… buongiorno…».
Wendy non sa ancora come comportarsi con i genitori di Martin dopo tutto quello che è successo ieri sera. Dopo che ha si è umiliata pubblicamente e ha praticamente insultato davanti a tutta Brighton i suoi due figliastri, dopo che ha rubato suo figlio per chissà quante ore, facendolo mangiare cibo fritto e facendolo ubriacare per tutta la notte.
Wendy si guarda intorno con fare indeciso, ma una volta che la signora Forres ha messo giù la tazza, le concede un inaspettato sorriso smagliante.
«Buongiorno, Wendy» le dice la signora Forres, con estrema gentilezza nella voce. «Vuoi qualcosa per colazione?».
Sebbene estremamente confusa da quella reazione così innaturalmente cortese, Wendy riesce a bofonchiare qualcosa che suona come un “sì, solo del tè, grazie”.
Le due donne siedono in silenzio ai due lati opposti del tavolo, sorseggiando il loro tè ed evitando in tutti i modi di guardarsi.
«Allora…» inizia a parlarle la signora Forres, una volta che ha finito di bere dalla sua tazza. «Cosa… cosa avete fatto ieri sera tu e Martin?»
«Oh» risponde stupita, non del tutto sicura di aspettarsi una domanda del genere da parte sua. «Siamo solo usciti a… mangiare qualcosa e berci un paio di birre…» Wendy prega tutti gli dei in cielo che non li abbiano sentiti entrare in casa ubriachi la sera prima. «Perché Martin era un po’ giù di morale dopo l’evento e… sì, insomma, voleva distrarsi un attimo».
Wendy è terribilmente imbarazzata e a disagio al momento, ma il dolce sorriso della signora Forres, per qualche motivo, è rassicurante.
Wendy si prende un attimo per osservarla bene in faccia. Ora che la guarda più attentamente, nota una certa somiglianza con Martin, specialmente per via di quegli occhi grandi e azzurri che condivide con lui, e che la fanno ricollegare subito alle ascendenze nordiche della donna. Anche i suoi capelli neri, leggermente mossi, sono identici a quelli di Martin.
È senza dubbio una donna affascinante e che possiede un bel viso, sebbene ormai contornato da qualche ruga.
Wendy continua a guardarla con un leggero sorriso, pensando allegramente a tutte queste cose.
La sua mente rimane spensierata fino al momento in cui, pochi secondi dopo, il sorriso così solare della signora Forres sparisce all’improvviso, il suo viso si contrae.
La donna scoppia improvvisamente in lacrime.
Wendy rimane di sasso, osservandola senza avere la più pallida idea di cosa fare.
Ha- ha detto qualcosa di sbagliato, per caso?
«Uhm…»
Si guarda intorno disperata, sperando in chissà quale aiuto. Si sente a disagio quando le persone piangono davanti a lei, soprattutto se sono persone con cui non è affatto in confidenza.
La signora Forres continua a emettere singhiozzi, mentre le lacrime le rigano il viso e guarda imperterrita le piastrelle a terra. Wendy non ha la più pallida idea di cosa fare, se scusarsi ed andarsene, provare a consolarla o fare semplicemente finta di niente, continuando a sorseggiare il suo tè tranquillamente.
Decide di optare per la prima opzione, che è di certo la meno spiacevole da affrontare.
«Ehm… vuole che-?»
Proprio mentre Wendy è sul punto di alzarsi dalla sedia, la signora Forres alza lo sguardo verso di lei e inizia a parlarle:
«Scusami Wendy, è solo che…» dice la donna, tra le lacrime. «Ieri sera è stato così terribile per lui e sono terribilmente dispiaciuta, ti chiedo scusa! E- e dal modo in cui tu hai reagito… Martin ha sempre avuto un sacco di persone contro e io… io nemmeno una volta sono stata così coraggiosa da riuscire a difenderlo».
Wendy si risiede lentamente sulla sedia, pensando che evidentemente la signora Forres abbia voglia di parlare con lei al momento, sebbene sembri una cosa totalmente assurda da voler fare. Ogni secondo che passa Wendy sente sempre più agiata, ma cerca di nasconderlo il meglio che può.
«Io e mio marito… gli vogliamo così tanto bene, sai?» continua la madre di Martin, calmandosi leggermente. «Anche se non è una persona di successo come i suoi fratellastri, gli ho sempre voluto bene, e gliene voglio ancora, non hai idea di quanto io gli voglia bene. Ma ieri sera…»
La signora Forres prende un lungo respiro, cercando di ricacciarsi in dentro le lacrime, prima di riprendere a parlare. Wendy ascolta in silenzio, stranamente sentendosi molto più rilassata di prima.
«Ma ieri sera, mi sono all’improvviso resa conto di tutti gli errori che ho fatto. Mi sono guardata allo specchio e non riuscivo più a guardare il mio riflesso, mi capisci, Wendy? Ho capito di essere stata una madre terribile, di come l’ho ignorato per tutto questo tempo, nonostante tutto quello di cui aveva bisogno fosse un po’ di affetto e magari una mia piccola approvazione»
La signora Forres scuote il viso, guardando sempre in basso.
«Quando ho visto il modo in cui tu lo hai difeso così… diretta e così piena di spirito… Ho pensato che io non avrei mai avuto il coraggio di farlo. Perché mi preoccupavo troppo dell’opinione degli altri, ma che, in fondo, anche io volevo farlo… Perché Martin è mio figlio e io gli voglio bene. Ma come posso definirmi una buona madre se non ho nemmeno il coraggio di difenderlo? Difenderlo in modo così scaltro come hai fatto tu, Wendy, che di certo lo ami a tal punto da fare una cosa così avventata e valorosa…»
Wendy spalanca gli occhi, sorpresa, cercando di non soffocare al sentire pronunciare quelle parole.
Lo ami a tal punto.
Oddio, non è che Wendy ama Martin, ha appena appurato che non lo odia, quello sì, ma diciamo che per il momento è arrivata a tolleralo a malapena. Wendy ha semplicemente difeso Martin perché era la cosa giusta da fare in quel momento, perché qualunque persona che viene attaccata in quel modo così spregevole merita di essere salvaguardata…
Ma forse è semplicemente così che l’hanno abituata i suoi genitori.
«Non lo so, io…» per la prima volta Wendy finalmente parla, con la signora Forres che la guarda a tutte orecchie. «Non penso di conoscere Martin così bene, ma…»
Ed è vero, lei non conosce affatto bene Martin. Non si era mai resa conto, fino alla sera prima, di tutto quello che passava, del fatto che deve aver trascorso tutta la sua vita sentendosi umiliato e sempre messo dietro l’ombra dei suoi fratelli maggiori, quando, alla fine, tutto quello che chiedeva da sua madre era che leggesse il suo libro e magari gli dicesse che aveva fatto un buon lavoro.
Wendy non può dire di aver avuto una brutta infanzia, i suoi genitori, per quanto ultraprotettivi, sono fantastici e l’accetterebbero in qualunque caso, ha due sorelle meravigliose e una casa accogliente da cui tornare ogni volta che ne ha bisogno.
È tutto l’opposto di Martin, in effetti.
E Wendy non osa immaginare una vita in cui i suoi genitori sono totalmente indifferenti verso di lei, in cui le sue sorelle non perdono un secondo per degradarlo e in cui è costretta a vivere in un’altra città perché la sua casa d’infanzia non fa che ricordarle quanto è fredda e assente la sua famiglia.
Si rende conto solo ora (fa molta fatica ad ammetterlo ma deve farlo per forza) che le dispiace da morire per la sorte di Martin.
«…ma penso che a lui non servano grandi gesti d’amore per essere soddisfatto di qualcuno» continua Wendy, guardando d’istinto la tazza vuota davanti a lei. «Penso… che l’unica cosa che voglia veramente sia che qualcuno gli dimostri che ci tiene veramente a lui. Insomma, che… che qualcuno gli faccia capire che ha valore e che non è semplicemente un peso da portarsi dietro…».
La signora Forres la guarda raggiante e di colpo le guance di Wendy diventano color pomodoro, una volta che si rende conto di cosa ha appena detto.
Diamine, ma da dove le sono uscite tutte quelle parole così smielate?
Non è che a Wendy importa veramente di Martin Forres, cosa diavolo le è venuto in mente di dire, a sua madre per giunta?!
«Ehm… almeno, questo è quello che penso io…»
«Sei una cara ragazza, Wendy»
La ragazza in questione alza lo sguardo sbalordita, verso la madre del suo collega, che la guarda con occhi benevoli. Dopo tutti i complimenti che le ha fatto la signora Forres il giorno prima, questo risulta essere l’unico veramente sincero alle orecchie di Wendy.
«Sono così contenta che Martin abbia trovato qualcuno come te, che lo rende così felice: perché è così evidente che è felice quando è con te» continua la signora Forres, mentre Wendy si sente morire dentro ogni volta che ritorna a pensare che è tutto un grande inganno in realtà. «E… grazie per avermi detto queste cose. Ora capisco, ora so che posso fare molto di più per lui di quello che sto facendo. E adesso so cosa preparare per la festa di compleanno di stasera…».
Wendy aggrotta le sopracciglia, confusa.
«Ehm… stasera c’è una festa di compleanno?»
«Sì» risponde stupita la signora Forres, quasi fosse una cosa talmente ovvia. «Non lo sai? Oggi è il compleanno di Martin».
Wendy rimane a bocca spalancata.
«Cosa?!» urla, presa completamente alla sprovvista, guardandosi indietro e rendendosi conto dell’errore madornale che ha commesso ieri sera e stamattina. «Perché… perché diamine non me lo ha detto? Non lo sapevo… io…!»
«Non abbiamo mai festeggiato il suo compleanno, neanche quando era bambino» dice la signora Forres, sospirando e Wendy si calma, riprendendo ad ascoltarla. «Non è mai stata una tradizione così importante per noi. Niente feste e niente regali. Ma quando lo vedevo, da piccolo, sospirare e guardare fuori dalla finestra con fare assente finivo sempre per pensare che… che in fondo non gli sarebbe dispiaciuto essere solo un bambino normale, come tutti gli altri, al pari di tutti i suoi coetanei…»
Wendy la guarda in silenzio, sorridendo leggermente.
«Ho in mente di preparare una sorpresa per stasera» continua la signora Forres, scambiandosi uno sguardo con la ragazza di fronte a lei entusiasta. «Ti andrebbe di darmi una mano, Wendy?»
Wendy sorride calorosamente, felice che le cose stiano leggermente migliorando in questa famiglia ed che la cosa sia anche per merito suo (riespone: specialmente per merito suo). 
«Certo che sì»
Le labbra della signora Forres si aprono in un largo e bellissimo sorriso.
«D’accordo» inizia la donna, piegandosi leggermente verso di lei per poterle parlare a bassa voce. «Ecco il piano…»
 
 
 
«Perché non mi hai detto che oggi è il tuo compleanno?!» strilla Wendy, non appena, dopo essersi lavata e cambiata in vestiti un po’ più comodi del vestito di tulle di ieri sera, apre la porta della sua stanza e ci trova dentro un tranquillissimo Martin, appoggiato alla ringhiera del suo letto, intento a leggere un libro.
Martin alza gli occhi dalle pagine e la osserva in silenzio per qualche secondo, per poi rispondere con un sereno e monotono:
«È solo un compleanno. È un giorno normale, come tutti gli altri».
«Ooh, ma perché devi essere sempre così noioso
Wendy sbuffa rumorosamente, trascinandosi sul letto e gettandosi sul materasso al fianco di Martin. L’uomo le sorride leggermente, quando la vede distendersi e osservare il soffitto intensamente.
«In casa mia non si è mai festeggiato un compleanno. In realtà non credo di averne mai festeggiato uno invita mia» Martin ripete la stessa cosa che le ha detto sua madre poco prima in tutta naturalezza, come se quella non fosse la cosa più triste che qualcuno possa dire. Ritorna a guardare il suo libro, illuminato dalla luce del sole. «E poi perché dovrei voler festeggiare qualcosa che mi ricorda che sono ventisette lunghi anni che sono in vita e che sono sempre più vicino alla mia crisi di mezza età?».
«Ventisette, eh?» Wendy alza lo sguardo verso di lui, sorridendo. «Sei vecchio».
Si rende conto solo ora che Martin sta indossando un paio d’occhiali, grandi e neri come i suoi capelli. Strano, non ricorda di averlo mai visto indossare degli occhiali al lavoro, e, suo malgrado, Wendy si rende conto che gli donano proprio.
La ragazza si accorge anche che Martin si è cambiato e che indossa una normale felpa grigia con cappuccio e dei banalissimi jeans chiari.
È tutto così diverso dal solito stile elegante e acconciato che Wendy è abituata a vedergli addosso tutti i giorni. Tutto così sobrio, tutto così semplice.
È tutta un’altra cosa.
Ed è così assurdo e strano da pensare, ma la semplicità gli dona veramente.
Gli dona così tanto che Wendy riesce ad ammettere, per la prima volta in dieci anni, che Martin Forres vestito così è veramente adorabile.
Ultimamente le è molto più facile ammettere le cose che pensa, che strano.
Sei adorabile, adorabile. Non dovrei pensarlo, perché siamo nemici in realtà, ma lo sei davvero…
Wendy gli lancia un largo sorriso e poi gli mette una mano in faccia, tanto per distrarlo dal suo libro e tanto per dargli fastidio.
«Allora, festeggiato?» gli chiede, mentre Martin è intento a lamentarsi e ad allontanare quella mano dalla sua faccia. «Cosa vuoi che ti regali per il tuo compleanno?»
«Niente, davvero, solo…» sospira Martin. «Vorrei solo passare una giornata tranquilla… Tutto qui».
Wendy continua a sorridergli, anche mentre si rimette a sedere sulle coperte bianche, e con una mano gli afferra il libro, lanciandolo dall’altra parte del letto. Martin le lancia uno sguardo di protesta, ma non riesce a ribattere, perché poco dopo Wendy lo guarda negli occhi e con un sorriso malefico gli dice:
«Beh, indovina un po’, Martin Forres, perché nel preciso istante in cui hai deciso di portare qui la tua più grande nemica, hai anche fatto l’errore più grande della tua vita. Acconsento al fatto che avrei potuto farti fare tutto quello che volevo. E… indovina? Non ho affatto intenzione di esaudire il tuo desiderio di compleanno!».
Senza dire altro Wendy afferra il polso di Martin e inizia a trascinarlo via dal letto, lottando contro la protesta dell’uomo che inizia a strillare e ad aggrapparsi alle coperte come se ne dipendesse della sua vita.
«Questo. È periodo. Di saldi» dice Wendy, ad ogni strattone in cui cerca di far staccare Martin dalle coperte. «E ho detto a tua madre che mi avresti portato a comprare. Nuovi. Vestiti».
«Vacci da sola! Perché devo venirci anche io?!»
«Perché non conosco Brighton così bene, dato che l’ho vista esclusivamente di notte e con una bottiglia di whisky nelle vene!»
Con un nuovo deciso strattone, finalmente Martin lascia la presa e cade in piedi davanti a lei. Tuttavia continua a resistere, cercando di tirarsi indietro mentre Wendy, con entrambe le mani, fa di tutto per trascinarlo fuori dalla porta.
«Non puoi farmi questo! Come fai ad essere così crudele?!» protesta Martin, mentre quegli adorabili occhiali continuano pian piano a scendergli sul naso. «Oggi è il mio compleanno! Ho tutto il diritto di-»
«Credevo avessi detto che il tuo compleanno è “un giorno un giorno normale, come tutti gli altri”»
«Ma-»
«SIGNORA FORRES MARTIN SI STA RIFIUTANDO DI FARE QUELLO-»
«D’accordo, va bene!» urla Martin esasperato, lasciando finalmente andare la presa. «Andiamo, per l’amor del cielo!»
Wendy sorride fieramente, mentre osserva un Martin infastidito scendere le scale e afferrare le chiavi della sua macchina. In sala la signora Forres è seduta sul divano e quando Wendy la incrocia uscendo, le due si scambiano un occhiolino.
Il piano della signora Forres sta andando come previsto.
E con questo Martin Forres passerà il miglior compleanno della sua vita.
 





 
 
Sei così adorabile con addosso quegli occhiali, quando ridi, quando guardi spazientito fuori dal parabrezza, quando ti lamenti e aggrotti quelle bellissime sopracciglia quando ti infastidisco.
Ecco, sto di nuovo pensando a te in modo positivo, che palle. Non dovrei farlo, ma non ne posso fare a meno ultimamente, mi domando il perché.
È tutta colpa tua, lo sai?
È colpa tua, perché sei così adorabile.
 
 
 
 

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Capitolo 7
*** Jealousy ***


N.d.A.
Uff, non so ancora quando riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo perché ho una caterva di roba da fare, ma mi impegnerò più che posso, ve lo prometto ;)
Volevo scrivere una commedia perché con le robe serie/drammatiche non sono mai stata tanto brava né molto in confidenza, quindi vi chiedo scusa se la parte di drama famigliare qui sembra un po' buttata a caso e scritta molto in stile telenovela, ma cercherò di nascondere il tutto con un sacco di comicità  la prossima volta muahahah.
Buona notizia: la mia idea iniziale era di scrivere solo 10 capitoli, ma dato che sto aggiungendo un sacco di roba mi sa che saranno un po' di più
Vabbé vi lascio al capitolo,
Mel.

 


Wendy cerca di sprecare il maggior tempo possibile all’interno dei negozi per poter tenere occupato Martin tutto il pomeriggio. La sua strategia di guardare ogni singolo capo, chiedere informazioni ai commessi, provare tutto e poi non comprare niente funziona per la maggior parte del tempo, finché Martin non inizia ad essere sospettoso e a stancarsi di tutto quanto.
«Non capisco se stai facendo sul serio o vuoi solo rovinarmi la giornata perché la cosa ti diverte» le dice, mentre Wendy è intenta a guardare alcune giacche che costeranno 700 sterline l’una.
Wendy gli lancia un sorriso divertito.
«Perché, il fatto che io possa interessarmi ai vestiti ti sembra così strano?»
«Non so». Martin si sposta annoiato verso una sezione di fianco a lei e inizia a scorrere i vari appendiabiti con fare disinteressato. «Ti vedo letteralmente tutti i giorni al lavoro e non ti ho mai vista così tanto presa da qualcosa. Nemmeno dai libri che editi, e dici sempre che sono la tua cosa preferita in assoluto».
«Uhm… perché, tu solitamente mi ascolti quando parlo?» ridacchia nervosamente Wendy, sperando di celare il fatto che le sue orecchie stiano arrossendo.
«Certo».
«Oh».
Wendy si rende conto che probabilmente è stata un’idea davvero idiota il ritenere che Martin non si sarebbe accorto di questo suo improvviso interesse per la moda.
Lo osserva in silenzio con occhi mezzi spalancati, pensando a quale scusa inventarsi per il momento, ma è difficile concentrarsi quando Martin ha quell’adorabile espressione imbronciata sul viso e il modo in cui sbuffa guardando le magliette è talmente carino e-
«Wendy?»
La ragazza si rende improvvisamente conto che Martin la sta guardando con occhi interrogativi.
«Mh?» dice Wendy, fingendosi disinteressata.
«Mi… mi stai guardando con fare sognante da tutto il giorno. Si può sapere che c’è?»
Wendy vorrebbe solo sparire in quel momento. È talmente una pessima attrice che, non solo non è in grado di inventare scuse, ma sa nemmeno celare i suoi pensieri.
«Niente solo…» Trova una scusa, trova una scusa! «Mi piacciono i tuoi occhiali. Ti stanno bene».
Il che è abbastanza la verità, ma Martin non sembra affatto convinto.
«Pf, stai mentendo di nuovo» le dice, abbassando il viso, ma Wendy è quasi del tutto certa di averlo appena visto sorridere.
«Come mai lo pensi?» Wendy si ritrova automaticamente a sorridere, totalmente ammaliata da quella reazione.
«Niente».
Martin di colpo si gira dalla parte opposta, dandole le spalle.
«Allora, compri qualcosa?»
«Tu che dici?»
Sente Martin sbuffare, e mentre Wendy sta ancora ridacchiando, si dirigono insieme verso l’ufficio.
Wendy riesce a tenere occupato Martin per un’altra mezzora, fino a che, poco dopo il tramonto, decide di averlo torturato abbastanza per la giornata, e decide che è arrivato il momento di tornare a casa una volta per tutte.
Siccome Wendy non voleva rendere l’intero pomeriggio inutile (e anche per sollevare per il momento ogni sospetto) finisce per comprare una spilla a forma di Big Ben da uno di quei negozi pessimi di souvenir, pagando in totale due sterline e mezzo.
«Mi hai portato in giro per negozi per quasi quattro ore solo per comprarti una spilla» l’ammonisce Martin mentre sono in macchina, ma Wendy riesce a vedere che si sta sforzando di non ridere.
Wendy osserva la sua nuova spilla alla luce del tramonto, raggiante e fiera di se.
«È carina, dai».
Una volta che sono arrivati davanti alla casa dei Forres e hanno parcheggiato, Wendy si sporge verso di lui e, fermandolo con una mano, attacca la spilla alla felpa di Martin. Lui abbassa lo sguardo verso di lei, con fare interrogativo.
«So che non è granché ma… volevo comunque farti un piccolo regalo. Buon compleanno, Martin».
Martin ritorna a guardare la spilla, questa volta sorridendo leggermente. Wendy lo osserva per un attimo mentre esamina la spilla con le sue dita, toccandola con delicatezza.
«Grazie» dice semplicemente e Wendy pensa che quasi quasi vorrebbe far durare all’infinito quel magico istante.
 
 
Quando lui e Wendy scendono dall’auto, Martin nota immediatamente che c’è qualcosa che non va.
«Come mai le luci sono tutte spente?» domanda, voltandosi verso Wendy.
Wendy finge di non trovarci nulla di strano e invece si dirige verso la porta in silenzio, facendo attenzione che Martin entri in casa prima di lei.
«Lo giuro, se sono andati a cena fuori li ammazzo» commenta Martin sussurrando, mentre apre la porta principale. «Avrebbero almeno potuto avvisarmi-»
«SORPRESA!»
Un urlo generale sovrasta la casa, insieme a mille luci che si accendono all’improvviso.
Wendy ride affascinata, richiudendosi la porta alle spalle perché Martin è improvvisamente diventato una statua di ghiaccio, con ancora le chiavi in mano e gli occhi spalancati dall’incredulità.
Davanti a loro una decina di persone sono appollaiate sotto un enorme cartello rosso con la scritta “Tanti auguri Martin! Ti vogliamo bene!”. I genitori di Martin sono davanti alla piccola folla, insieme alla maggior parte di persone. Molti devono essere gli amici di Brighton di Martin, più due amici dall’Australia, intorno a loro un enorme banchetto, grande quanto quello della serata di beneficenza è stato allestito.
Dei fratelli di Martin invece non si vede neanche l’ombra, ma forse è meglio così.
Martin è ancora immobile, che guarda la scena davanti a sé totalmente esterrefatto.
«I-io…»
«Buon compleanno, tesoro!» la signora Forres avanza improvvisamente, vedendo il figlio in totale stato di dispersione. «T-ti abbiamo organizzato una piccola festa a sorpresa, sempre che non ti dispiaccia».
Martin sembra ancora più disperso di prima. Si volta di scatto verso Wendy, lanciandole uno sguardo sbalordito.
«T-tu sapevi…»
Wendy annuisce con decisione, e Martin si rigira, guardandosi intorno e assaporando tutto l’amoe che aleggia intorno a lui in quel momento.
«Wow…»
«Spero… insomma, spero che ti piaccia». La signora Forres si fa avanti, posizionandosi davanti a suo figlio. «So che non è molto, ma ho comunque pensato di fare qualcosa di carino, per chiederti scusa per… tutto quanto. So che io e tuo padre non siamo stati molto presenti negli ultimi anni, ma… se per te va bene, Martin, ricominciamo da capo. Mi dispiace per tutto, e ti chiedo di perdonarmi. Da questo momento in poi voglio poter far parte della tua vita, in ogni suo aspetto».
«Lo stesso vale anche per me». Anche il padre di Martin si è fatto avanti adesso. «Mi dispiace di aver sempre dato più luce ai tuoi fratelli ma ho capito che non meriti nulla di tutto questo… So di aver fatto un sacco di scelte sbagliate e che capisco che non riuscirai a perdonarmi facilmente, ma voglio solo che tu capisca che ti voglio un mondo di-»
«No, è tutto a posto, io…»
Improvvisamente Martin si gira dall’altra parte e si copre la faccia con entrambe le mani.
Wendy, che era rimasta per tutto il tempo in silenzio a osservare la scena con un sorriso ammaliato, subito si accorge della cosa e si avvicina a lui, preoccupato.
«Martin?» gli domanda, mettendogli una mano sul braccio e cercando di guardarlo in faccia. «Tutto okay?»
«Sì, sì, è tutto okay».
Martin sta ridendo, ma allo stesso momento Wendy riesce a capire dalla sua voce così flebile che sta anche piangendo.
Senza neanche pensarci due volte sorride e lo abbraccia, stringendosi come un koala al suo torso, lasciando che Martin le metta le braccia intorno alle spalle. Martin continua ad asciugarsi violentemente le lacrime via dagli occhi.
«Scusatemi, sono solo leggermente commosso» sospira Martin, calmandosi un attimo, e con questo si stringe ancora di più a Wendy, poggiando delicatamente il suo mento contro i capelli pervinca della ragazza. «Wow, sono… è davvero bellissimo… grazie, io non so nemmeno… wow».
Wendy si ritrova a ridacchiare felice, contro il tessuto della maglietta di Martin. È incredibile, pensa: non aveva mai visto Martin Forres triste in vita sua, e dopo sole quarantotto ore passate insieme a lui è già la seconda volta che lo vede scoppiare in lacrime davanti a lei.
Adorabile.
Ma il lato positivo è che questa volta si tratta di lacrime di gioia.
Subito un generale “aaaawww!” rompe il silenzio e i genitori di Martin, insieme a tutti gli invitati si raggruppano intorno a loro.
Subito si stringono tutti intorno a Martin, in un enorme abbraccio di gruppo che, Wendy percepisce, spruzza amore ed affetto da ogni suo poro.
E anche se si trovano in silenzio, salvo qualche risata e qualche commento affettuoso, Wendy riesce quasi a sentire la frase “Ti vogliamo bene, Martin” urlata all’infinito nella testa di tutti i presenti.  
 
 
Dal momento in cui la signora Forres le aveva chiesto il favore di tenere occupato Martin per tutto il pomeriggio, lei si era subito sentita elettrizzata all’idea di stare facendo qualcosa di carino per qualcuno. Anche se quel qualcuno era la sua acerrima nemesi ed eternamente insopportabile Martin Forres, Wendy non si pente di nulla.
Non ha ancora visto Martin parlare con i suoi genitori, ma è ovvio che le cose si rimetteranno a posto col tempo.
Ma è già un piccolo inizio, pensa tra sé e sé, con un piccolo sorriso sulle labbra.
Wendy si sente felice di aver dato una piccola mano da parte sua, e spera, con tutta se stessa, che Martin riuscirà a riconciliarsi con loro un giorno.
Per fortuna dopo essersi ripreso dallo shock della sorpresa, Martin sembra in realtà apprezzare parecchio la festa a sorpresa che sua madre ha organizzato per lui, come si evince dal fatto che sono due ore che non fa che ridere e ballare spensieratamente.
Dopo qualche ora la festa sta ancora procedendo perfettamente, con Martin che chiacchiera animatamente con tutti i suoi amici e Wendy non può che esserne contenta.
Wendy ha perfino iniziato a fare amicizia con alcuni degli invitati, in particolare i due amici dall’Australia, che si trovavano a Cardiff per lavoro e hanno preso un treno per Brighton solo per festeggiare il compleanno loro ex-coinquilino, Cole e Ryan, che oltre ad essere due bellezze assolute, sono anche due tipi piuttosto divertenti e interessanti.
Sono entrambi ricercatori marini, come le hanno raccontato, che hanno vissuto per quattro anni insieme a Martin a Darwin, durante il suo periodo australiano. Wendy si perde così tanto ad ascoltare storie della barriera corallina che quasi si dimentica completamente di essere ancora lì, nell’umida a Brighton alla festa di compleanno di Martin Forres. Ma non se ne dispiace in fondo. Davanti a tutte queste persone lei e Martin potranno anche sembrare due fidanzati, ma non è abituata a passare così tanto tempo insieme a lui: hanno entrambi bisogno di un po’ di spazio dopotutto, soprattutto dopo che hanno passato un’intera giornata insieme a spaccarsi le gambe vagando per negozi di vestiti. Così Wendy si limita a guardarlo da lontano, mentre balla e si diverte, mentre lei è alle prese con questi due dèi australiani davanti a lei.
In particolare il più giovane dei due, Cole, che ha una bellissima pelle abbronzata, due profondi occhi verdi e una risata così  soave, riesce particolarmente a cogliere la sua attenzione.
(Non che sia in cerca di una storia sera al momento, ma crede che, se riuscirà a mettere da parte un bel po’ di coraggio prima della fine della festa, non le dispiacerebbe chiedergli di ballare insieme a lei, e magari dopo quello chiedergli anche il numero).
«Dunque sei tu Wendy?» le domanda Cole, non appena si presentano, guardandola con fare quasi ammaliato.
«Mh, mh» risponde lei, che ha la bocca impegnata a sorseggiare del vino.
«Oooh!» fa improvvisamente Ryan, volgendo uno sguardo d’intesa verso il suo amico. «Capito, Cole. È quella Wendy…»
«Wendy, intendi come la Wendy dai capelli verdi del liceo?» domanda stupito Cole.
«Ehm… sì?» Wendy li guarda confusa, non capendo il perché di quell’assurda reazione.
«Oh, capisco…»
«Perché, che succede?» chiede Wendy, sorridendo ai due. «Che vi ha detto esattamente Martin di così imbarazzante su di me?»
«Ci ha detto solo cose belle, stai tranquilla». Cole le fa un occhiolino e Wendy sposta lo sguardo, sforzandosi di non arrossire.
Dopo che Wendy ha passato sufficientemente tempo a parlare con loro e sta giusto tirando fuori il coraggio per chiedere a Cole se gli andrebbe di ballare con lei, qualcos’altro coglie la sua attenzione: il suo sguardo ricade casualmente sulla piccola pista da ballo allestita in mezzo al salotto, dove nota Martin insieme ad una delle invitate. La ragazza è molto bassa, anche più di lei (finalmente qualcuno più basso di lei in quella città, diamine), è molto minuta, ma ha dei begli occhi azzurri e un adorabile baschetto biondo, che continua a scuotere a ritmo di musica.
Lei e Martin stanno ballando insieme, sorridendosi e ridacchiando allegramente. E dal modo in cui sono così stretti l’uno all’altra è evidente che sono parecchio in confidenza.
Uno strano sentimento fa di colpo capolino nel cuore di Wendy, qualcosa che non sa identificare al momento con certezza, ma che di sicuro non è qualcosa di positivo.
«Chi… ehm…» prova a domandare Wendy ai due ragazzi australiani, cercando di risultare il più possibile a suo agio. «Chi è quella ragazza con Martin?»
Ryan sposta lo sguardo verso la pista da ballo e subito il suo sguardo si illumina.
«Oh, quella deve essere Cindy Beey» dice, con ovvietà. «è un’amica di infanzia di Martin, ci ha parlato anche di lei ogni tanto. Abitava qui anni fa e i due conoscono da tutta la vita praticamente».
«Oh».
Quello strano sentimento non l’abbandona purtroppo, anzi non fa che peggiorare sempre di più, quando vede Martin sorridere e ridere a qualcosa che gli ha detto Cindy Beey, e Cindy Beey toccare il braccio a Martin e dargli una pacca sulla spalla e oh mio dio era un abbraccio quello?
Wendy cerca di distrarsi, continuando a parlare con Cole e Ryan, ma nulla sembra riuscire più a farle staccare l’attenzione da Martin e Cindy, felici come una coppietta alle prese con il loro ballo in mezzo al salotto. E quando parte un lento e i due amici si avvicinano per ballare guancia a guancia, Wendy si ritrova a stringere il suo bicchiere sempre di più.
Cole continua a provare a intrattenere una conversazione con Wendy, ma lei continua ad ignorarlo, finché i due ragazzi non si stancano e decidono di smettere di provarci e di parlare esclusivamente tra di loro, ma poco le importa. Ormai non le importa più di nulla. Non le importa di nulla tranne della visione di Martin che balla insieme alla sua bellissima e adorabile amica, così felici e innamorati da sembrare appena usciti da una scena de Il tempo delle mele.
Al diavolo Cole, al diavolo il suo numero, l’Australia e i suoi delfini albini, come fa anche solo a pensare in positivo quando vede tutto quello accadere proprio davanti a lei?
Proprio mentre sente che il suo bicchiere sta per rompersi per via della sua eccessiva stretta, la madre di Martin viene in suo soccorso. La donna viene verso di lei, sorridente e del tutto ignara dell’irritazione che, probabilmente, è stampata sulla faccia di Wendy e le domanda se potrebbe gentilmente andare in cucina e andare a riempire alcune ciotole di patatine.
Wendy accetta all’istante. Tutto, pur di allontanarsi da quell’atroce visione.
Così si dirige in cucina, al silenzio e lontano da tutti, ma la sua testa è costantemente piena di pensieri.
Come diavolo fa ad abbracciarlo e a stringersi a lui così naturalmente voglio dire io non ho mai abbracciato Martin e certo lo so che è un situazione un tantino diversa e che non siamo esattamente abbastanza in buoni rapporti per poterlo fare ma comunque non ritengo appropriato che una persona abbracci un'altra così dal nulla, voglio dire, la decenza è ancora in vigore in questi paesi-
Mentre sta aprendo alcuni sacchetti di patatine, Wendy sente che in salotto la musica da lento è (per fortuna) finita e che ora è rimpiazzata da un allegro swing.
Neanche dieci secondi dopo e sente dei passi allegri e affrettati entrare in cucina. Wendy non ha bisogno di alzare lo sguardo per capire di chi si tratta.
«Hey!» la saluta allegro Martin, avvicinandosi a lei.
«Hey». La risposta di Wendy esce particolarmente secca.
«Ugh! Sono distrutto!» sente esclamare Martin, che si piega in due per poter prendere fiato. «Comunque grazie davvero, Wendy! Non mi divertivo così da… beh, da sempre».
«Sì, figurati…»
L’atmosfera è diventata improvvisamente fredda.
Cade il silenzio, Wendy continua a ignorarlo e a pensare a versare le patatine nelle ciotole. Sente Martin avvicinarsi a lei, ma non ha il coraggio di girarsi per guardarlo.
«Hey, ehm… serve una mano?»
Martin si posiziona al di fianco di Wendy e la ragazza riesce a vedere con la coda dell’occhio le sue mani sbracciate appoggiarsi al bancone della cucina, e  - oddio - è quasi sul punto di perdonarlo perché ha davvero delle braccia meravigliose, ma poi si ricorda che quelle braccia fino a poco prima erano strette intorno alla vita di Cindy Beey e così ritorna a stringere il sacchetto di patatine e a sbrigarsi velocemente, versandole sgraziatamente nella ciotola.
«Ho visto che stavi ballando con quella tua amica prima» se ne esce Wendy poco dopo, con tono involontariamente seccato.
Wendy non sa che cosa le sia preso in questo momento, ma tutte le volte che ripensa a quella Cindy, al suo sorriso così bello e così solare… chissà perché, ma tutta la sua gioia scompare all’improvviso, e ha solo voglia di prendere Martin e scappare via con lui il più lontano possibile.
Martin la guarda senza capire il perché di tutta quella freddezza.
«Cindy? Ehm… sì e allora?» domanda, cercando di ridere leggermente, per rendere l’atmosfera un po’ meno tesa di così.
Wendy prende le due ciotole ormai piene e fa per andarsene, ma prima di uscire dalla porta si blocca davanti a Martin e gli dice:
«Nulla. Ho solo pensato che siete davvero carini insieme».
Martin rimane a guardarla immobile, ancora senza capire, finché Wendy non se ne va con fare offeso, senza nemmeno voltarsi per guardarlo. Martin sospira deluso, e anche leggermente preso alla sprovvista da quella reazione così strana, ma in fondo, è il suo compleanno e non dovrebbe essere triste per via di uno stupido scambio di battute.
“Peccato”, pensa tra se e se.
E pensare che era venuto a cercarla solo per chiederle di ballare con lui la prossima canzone.

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Capitolo 8
*** Call me baby ***


N.d.A
Credo di aver letto troppi romanzi ottocenteschi ultimamente, perché questo capitolo è venuto più retorico di quanto avessi pensato lol. 
Grazie a tutte le belle persone che mi seguono e grazie soprattutto agli autori delle fanfiction sugli EXO, senza le quali non avrei mai imparato a scrivere. Love you, mi mancate, questo capitolo lo dedico a voi.
Mel.


È poco dopo le undici, quando molti degli invitati sono già andati, che Wendy sente una mano afferrarle il braccio e quasi sobbalza per lo spavento.
Alzando lo sguardo scopre che si tratta di Martin, ma non ha nemmeno il tempo di elaborare il tutto che subito lui dichiara:
«Ho voglia di uscire un secondo, fa troppo caldo qua dentro».
Wendy lo fissa in silenzio, senza sapere per quale motivo sia venuto lì da lei solo per dirle quelle cose.
«Va bene… e quindi?»
«Vieni con me, no?».
Wendy aggrotta le sopracciglia confusa, ma Martin si affretta a specificare:
«Dai, ho voglia di compagnia».
«Eddai no! Fa freddo!» si lamenta Wendy. «Perché devo venirci io poi? Perché non ci vai con qualcun altro? Che ne so, con Cindy ad esempio?». Wendy pronuncia Cindy in un modo che lo fa quasi sembrare un insulto.
Si sente leggermente in colpa a prendersela con una persona che in fondo non c’entra nulla e con cui non ha nemmeno mai parlato in vita sua, ma in questa situazione proprio non riesce a farne a meno, e ancora non si spiega il perché.
«Nah, Cindy mi sta stancando, e poi ho passato poco tempo con te stasera» risponde Martin con un sorriso.
Wendy è quasi sul punto di ribattergli che non è che sia obbligato a passare del tempo con lei in fondo, dato che in teoria loro due non sono nemmeno amici, ma la gioia che prova a sentire le parole “Cindy mi sta stancando” è fin troppa per poter rifiutare qualunque proposta.
Sono una persona orribile.
Wendy corre a prendere il suo cappotto, e mentre sta aspettando sul vano della porta principale che Martin saluti i suoi amici e li ringrazi per la festa, vede la signora Forres avvicinarsi pian piano a lei.
«Hey, dove state andando?» le domanda, più incuriosita che preoccupata.
«Fuori» Wendy gesticola verso il giardino, dove qualche strato di neve deve essersi formato durante la notte precedente. «Martin vuole aria, o quel cavolo che è…».
«Va bene, non preoccuparti, tanto ormai la festa è quasi finita» le dice la signora Forres, lanciando uno sguardo alle ultime persone rimaste. «Solo… non fate nulla di stupido stavolta, mi raccomando».
Wendy sta per chiederle incredula “Ad esempio?”, ma poi si ricorda che il giorno prima sono tornati ubriachi fradici alle tre di notte e che quindi non è esattamente nelle condizioni adatte per poter ribattere.
«No, non si preoccupi» Wendy fa un caldo sorriso alla donna. «Credo che Martin sia già abbastanza felice questa sera».
«Già…»
La signora Forres guarda suo figlio, intento ad abbracciare e salutare gli invitati rimasti, con un sorriso sulle labbra che, per la prima volta in tanti anni, non sembra affatto finto o forzato.
«Pensi… che la festa gli sia piaciuta?» le chiede la signora Forres, senza staccare gli occhi da Martin.
Wendy ci impiega qualche secondo a rispondere, forse perché è anche lei intenta a osservare Martin con il più solare sorriso sulle labbra.
«Penso proprio di sì».
 
 
 
Camminano nella notte buia, fianco a fianco, con il solo rumore delle loro suole che calpestano il lieve strato di ghiaccio sotto di esse.
La città è completamente silenziosa intorno a loro e, chissà perché, Wendy trova la cosa molto accattivante.
Così si lascia guidare da Martin senza dire nulla, con le mani fermamente al sicuro nelle pesanti tasche del suo cappotto e il gelo notturno appoggiato contro il suo viso, guardandosi intorno e rendendosi conto che, sebbene non ci sia un singolo rumore intorno a lei, le luci accese delle case le tengono comunque compagnia.
Wendy e Martin proseguono in silenzio, finché la ragazza non lo vede fermarsi davanti ad un cancelletto in ferro verniciato in un orribile verde. Per via del buio Wendy non riesce a scorgere cosa ci sia dall’altra parte del cancello, ma decide di seguire Martin senza protestare.
Una volta entrata, si rende conto dell’assurda verità.
«Oh, no».
Martin si gira per lanciarle un sorriso, poi prosegue con convinzione.
Un parco giochi per bambini, pensa Wendy, incredula. Mi ha chiesto di uscire all’aperto con sei gradi sottozero perché voleva andare in un parco giochi per bambini.
A questo punto sta seriamente riconsiderando tutte le scelte che ha fatto in vita.
Ma la sua amarezza scompare quasi nell’esatto istante in cui vede Martin correre verso la sezione in cui due altalene sono poste una di fianco all’altra, e subito ritorna involontariamente a sorridere, quando Martin la guarda con occhi scintillanti di gioia, come un bambino che ha finalmente ottenuto quello che desiderava.
Vabbé, almeno il lato positivo è che è il bel mezzo della notte e che non ci sono effettivi bambini intorno a loro, perché se c’è una cosa che Wendy Kaligan non sopporta sono una marea di bambini strillanti rinchiusi nello stesso luogo, per questo in genere evita sempre i parco giochi.
«Scommetto che io riesco ad andare più in alto di te» le dice Martin.
«Cos’hai, dieci anni?» domanda lei, sarcasticamente. «Credevo ne avessi appena compiuto venitsette, non mi avevi detto che la tua mente era ferma alla terza elementare».
«Tecnicamente è ancora il mio compleanno, quindi mi offendo se non vieni qui subito» l’avvisa Martin, guardandola improvvisamente serio. «E non accetti la sfida sappi che mi riterrò l’unico padrone di questo parco giochi».
Con un sorriso intrigante e gli occhi che gli brillano per l’elettrizzazione, Martin inizia a dondolarsi sull’altalena, senza staccare lo sguardo da Wendy, nemmeno quando inizia a salire sempre più in alto. Wendy lo osserva a bocca aperta per qualche secondo.
«Maledetto-».
Wendy Kaligan ha questo strano problema, che molti potrebbero reputare insignificante, ma che l’affligge da tutta una vita.
È un problema che ha più o meno da sempre, ovvero che non può fare a meno di accettare ogni sfida che le venga proposta, qualunque essa sia. Anche se non ha speranze di vincere, anche se la sfida è già stata persa prima ancora di essere iniziata, Wendy non può proprio farne a meno. E non importa quante volte si ripeta nella propria testa “non farlo Wendy, è una stupidaggine, fidati, starai meglio se non accetti”, perché ogni maledetta volta la sua bocca si muove indipendemente dal suo cervello, e le parole “d’accordo, accetto” escono senza che lei se ne renda nemmeno conto.
Wendy in un veloce secondo si ritrova a correre e salire sull’altalena. In un attimo ha già iniziato a spingere, finché non si ritrova alla stessa altezza di Martin.
Così iniziano ad andare sulle altalene, su e giù ripetutamente, come due bambini durante l’intervallo del pomeriggio. Ma Wendy deve ammettere, si sente così splendidamente felice in quel momento che continua ad assecondare Martin e a spingersi sempre più in alto. Nel frattempo parlano un po’ di tutto e lanciano, di tanto in tanto, strilla divertite e risate che aleggiano come echi nell’aria, quasi dimenticandosi di trovarsi in un quartiere residenziale alle undici e mezza di sera. Finiscono perfino a giocare a obbligo o verità, o meglio, una versione di obbligo o verità che suona più come “verità o verità”, dato che nessuno dei due ha la minima voglia di scendere per poter eseguire gli obblighi.
«Obbligo o verità?» gli domanda Wendy, una volta che è arrivato il suo turno.
Martin non esita nemmeno più a scegliere:
«Verità, ormai non penso ci sia più nemmeno bisogno di chiederlo».
«Va bene, allora… c’è mai stato qualcosa tra te e la tua amica Cindy?»
Wendy ha aspettato che passasse qualche turno prima di chiedere quella fatidica domanda, per non rendere ovvio il fatto che stia morendo dalla voglia di saperlo. Ma Martin, di rimando, comincia a ridere, come se si fosse aspettato quella domanda fin dall’inizio.
«Mi spieghi perché sei così ossessionata con Cindy?»
«Non sono ossessionata» ribatte Wendy, subito sulla difensiva. Il fatto è che non sa spiegarsi nemmeno lei il perché di quella sua assurda fissazione con Cindy Beey. «R-rispondi alla domanda e basta, su».
«No. Non so nemmeno perché tu abbia dovuto chiederlo. Siamo amici da una vita, è come mia sorella praticamente…». Martin si dondola per qualche secondo, prima di riprendere inaspettatamente a parlare. «Oh no, aspetta, ci siamo baciati una volta in seconda elementare per via di una scommessa che io avevo perso. Credo che sia stato il mio primo bacio, in effetti. Strano, me ne ero completamente dimenticato».
Wendy guarda davanti a sé e socchiude le labbra, senza sapere esattamente cosa stia provando in quel momento. È sempre così confusa ultimamente, ancora non è riuscita a trovarne il motivo. Sicuramente è colpa di questa stupida città. Non vede l’ora di tornare a Londra e abbandonare questa stupida finta con Martin per potersi sentire nuovamente come se stessa.
Solo… non è proprio sicura di volerlo fare davvero…
Oddio, che cosa sta dicendo, certo che vuole smettere questa finta con Martin, per quale irragionevole, sconsiderato, avventato, illogico, balordo, squilibrato, dissestato motivo non dovrebbe voler-
«Mio turno!» esclama Martin improvvisamente, interrompendo i suoi pensieri di colpo. «Obbligo o verità?»
Wendy sbuffa.
«Verità».
«D’accordo, mmh… hai mai avuto una cotta per qualcuno dell’ufficio?»
Wendy scoppia a ridere improvvisamente, spingendosi sempre più in alto per l’imbarazzo.
«Mh-mh» risponde affermativamente, cercando di sforzarsi di smettere di sorridere.
Con la coda dell’occhio vede che Martin ha spalancato gli occhi per la sorpresa.
«Non ci credo! Chi?»
«Prometti di non prendermi in giro?»
«Prometto».
Wendy lascia passare qualche secondo di silenzio, per poter aumentare la suspence. Poi sospira rumorosamente e ammette:
«Dennis».
«COSA
Wendy scoppia di nuovo a ridere per via della sua reazione, esattamente ciò che si era aspettata, e Martin non può fare a meno di stopparsi un secondo e guardarla, a sua volta ridendo, cercando di spillare fuori tutti i dettagli della cosa:
«Dennis inteso il nostro capo Dennis, giusto? Dennis capelli rossi sempre scompigliati e camicie a quadri colorate come unico vestiario in qualunque stagione?»
«Dai, avevi detto che non mi avresti preso in giro!» commenta ironicamente Wendy, rallentando a sua volta l’altalena. «E poi quelle camicie sono bellissime, sono nel suo stile!»
«Non ci posso credere… Quando è successo?»
«Quest’estate. Ho praticamente passato tutti i giorni a cercare di mandargli indizi e messaggi segreti criptati nelle mail che gli inviavo, ma lui niente, completamente ignaro. Un giorno allora gli ho chiesto di uscire con me e lui ha cortesemente declinato ed è finita lì. Ma siamo comunque in buoni rapporti; e ormai la cotta mi è quasi passata».
«Ah, quasi
Wendy si alza dall’altalena ridacchiando, ora che la testa ha iniziato leggermente a girarle, e inizia a giocare con la neve, prendendola tra le sue mani.
«Ti ho già concesso troppe domande e troppe risposte. È il mio turno adesso» dice, dando ancora le spalle a Martin. «Ti rigiro la stessa domanda: hai mai avuto una cotta per qualcuno dell’ufficio?»
Passa qualche secondo di silenzio prima che Martin risponda:
«Sì. Ma non ho intenzione di dirti di chi si tratta».
«Dai, non vale! Io te l’ho detto!»
«Mi dispiace, acqua in bocca».
Wendy si volta verso di lui e prova a lanciargli una palla di neve, tuttavia fallendo miseramente la mira.
«Tanto lo so che è Alice Gambe Lunghe» gli dice, con un sorriso compiaciuto sulle labbra. «C’era un periodo dell’anno scorso in cui continuavi a fissarle le gambe da lontano».
«Oh, quindi anche tu mi stavi fissando da lontano?»
Wendy arrossisce di colpo, non del tutto sicura del perché, dato che quella supposizione è, da ogni punto di vista, completamente falsa e del tutto assurda.
«Cosa? No… non intendevo… Sta zitto, no».
Martin è altamente dilettato da quella reazione, come si evince dal ghigno che continua a rivolgere a Wendy, anche quando si alza dall’altalena per andare verso di lei.
Wendy si sarebbe aspettata che iniziasse una lotta a palle di neve con lei, mentre invece Martin fa tutt’altro: si getta a terra, distendendosi sulla neve e spalanca le braccia. Sul suo viso inizia a dipingersi un’espressione di totale pace interiore.
«Che stai facendo?» domanda Wendy, ridacchiando leggermente.
«Sdraiarsi sulla neve è la cosa più bella del mondo».
Così Wendy, forse per invidia, forse perché è curiosa di provare come sia, si abbassa per distendersi sulla neve, di fianco a Martin.
Il freddo all’improvviso si attacca a tutto il corpo, dalle gambe alla schiena, ma è bellissimo, è tutto bellissimo, perché il freddo la fa inaspettatamente sentire così bene, quasi annullasse ogni dolore interiore ed esteriore che sia. Il cappuccio appoggiato alle sue orecchio attenua, per un attimo ogni rumore intorno a lei, e guardando in alto, davanti a sé, riesce a vedere il suo respiro, l’aria che esce dalla sua bocca è così chiara e concreta che a Wendy sembra quasi di stare vedendo la sua stessa anima uscirle dal corpo. Il cielo è completamente nero, salvo qualche occasionale stella che ancora si è sottratta alla luce dei lampioni. E quando chiude gli occhi, e la sua mente riesce solo a percepire i suoi respiri e quelli di Martin di fianco a lei, Wendy sente di trovarsi in un luogo esterno, un luogo che non è nessun posto ma che è tutti i posti di questo mondo contemporaneamente.
«Wow» sussurra, rimanendo ancora ad occhi chiusi, ma sente Martin ridacchiare di fianco a lei.
«Te l’avevo detto»
Rimangono in silenzio per un altro po’, gustando quel momento così perfetto.
Il silenzio sembra durare un’eternità, fino a quando Wendy non vede Martin osservarsi il cellulare al polso e lasciarsi sfuggire un “Oh” bisbigliato.
«Cosa c’è?» domanda curiosa Wendy.
«È mezzanotte». Martin lascia di nuovo che il suo braccio cada sulla neve. «Non è più ufficialmente il mio compleanno». 
«Okay, wow…» fa Wendy, la sua voce quasi un sospiro. «È stato un buon compleanno?»
«Il migliore».
Come d’istinto Wendy gira il viso verso Martin e scopre che anche lui si è voltato verso di lei. Si guardano negli occhi per un secondo, completamente in silenzio, ma con dei leggeri sorrisi sulle labbra.
E Wendy si dimentica quasi delle città e della neve e della sua voglia di ritornare a Londra, perché si sente così bene mentre guarda quegli occhi chiari di Martin e pensa, improvvisamente, che non le importa affatto delle mille stelle nel cielo o dei lampioni o delle luci delle case di Brighton, perché Martin in quel momento è la cosa più splendente che abbia mai visto.
Martin splende davanti a lei come mille soli in una notte di inverno, come se tutte le luci di questo mondo si fossero messe insieme e si fossero concretizzate in quella persona che ora è lì accanto a lei. Ma non è una luce fastidiosa, di quelle che non riesci nemmeno a guardare da quanto sono forti, è una luce bellissima, accattivante, di quelle da cui non riesci nemmeno a staccare gli occhi perché pensi che se lo facessi potresti seriamente morire.
Perché si sente in quel modo? Perché si sente come se volesse che lo scambio di corpo fosse possibile così da poter essere Martin per un secondo e scoprire se, anche nei suoi occhi, Martin riesce a vedere la stessa luce?
La colpisce come una rivelazione: Martin le ha mentito, perché le aveva detto stare in mezzo alla neve è la cosa più bella del mondo; ma osservare Martin Forres mentre si è sdraiati in mezzo alla neve, quella che è la cosa migliore del mondo.
Quando Martin le sorride Wendy è arci-convinta: non esista posto migliore di quello.
Martin si stacca dai suoi occhi e si alza in piedi velocemente.
Wendy si sente morire.
«La senti anche tu?» domanda con un sussurro Martin, allontanandosi in fretta.
Wendy è ancora troppo sconvolta da tutto ciò che è appena successo e i suoi pensieri sono troppo rumorosi per far sì che lei riesca a sentire qualcosa intorno a lei.
«Cosa?» domanda confusa, ma Martin ha già iniziato a correre ed ha iniziato ad avviarsi fuori dal parco. Wendy lo segue infastidita mentre Martin prosegue con passo sicuro, attraversando la strada e arrivando dall’altra parte del marciapiede, finendo davanti alle accecanti luci di un market 24h. Martin le fa segno di entrare, e Wendy lo segue, non prima di avergli lanciato uno sguardo esasperato.
Il piccolo market è completamente deserto, salvo un singolo cassiere all’entrata che, non appena entrano, smette di colpo di fare quello che stava facendo, nascondendo in fretta qualcosa sotto il suo bancone e inizia a far finta di leggere un giornale con fare annoiato. Wendy gli lancia uno sguardo sospettoso, ma il cassiere non li degna di uno sguardo.
Una volta dentro il negozio, Wendy capisce subito a cosa Martin si riferiva prima al parco: nell’autoparlante del market stanno trasmettendo una canzone, decisamente a volume fin troppo alto considerando che è appena passata la mezzanotte.
«Adoro i market 24h» commenta sottovoce Martin, iniziando a vagare per i vari corridoi, ascoltando la musica e seguendone leggermente il ritmo. Wendy lo segue, senza sapere bene il perché lo stia facendo. «Sono come dei mondi a parte dove è sempre festa, mentre il resto del mondo continua la loro monotona vita. E di giorno sono il regno della gente comune, mentre di notte sono il rifugio di pochi avventurieri».
«Credo sia cosa più strana che abbia mai sentito dire da qualcuno, ma che diavolo ti sei fumato?» commenta Wendy, facendo uno scatto e ritrovandosi al suo fianco, solo per potergli intimare a voce bassa: «Martin, andiamocene. Siamo stati fuori abbastanza e sono quasi del tutto certa che quel cassiere abbia un cumolo di eroina sotto il suo bancone-»
Ma Martin improvvisamente si volta verso di lei.
«Balliamo. Ho voglia di ballare»
Wendy lo guarda sconvolta. Ora si chiede per davvero che cosa diamine abbia bevuto Martin a quella festa.
«Cos- hai ballato tutta la sera!» gli intima, cercando di sussurrare il più possibile, per far sì che il cassiere sospetto non senta le loro conversazioni, ma Martin la ignora completamente. «Anche adesso hai- no, oddio no, ti prego…»
Martin non la sta minimamente ascoltando, perché ha già iniziato a muoversi a ritmo di musica, chiudendo gli occhi e muovendosi da una parte all’altra del corridoio.
Wendy non ha mai sentito prima la canzone che stanno suonando nell’autoparlante, ma deve dire che ha proprio un buon ritmo. Deve essere straniera, perché non capisce una parola di quello che i cantanti stanno dicendo, ma forse è meglio così, perché tutto ciò su cui vuole concentrarsi è il bel viso di Martin che si contorce in espressioni esilaranti.
Wendy lo guarda in imbarazzo per qualche secondo, prima di pensare “al diavolo, tanto non c’è nessuno” perché ammette che in questo momento ballare con Martin è la cosa che desidera di più al mondo.
Così Martin le afferra una mano e inizia a farla girare, e insieme si gettando da una parte all’altra del corridoio, ridendo si spostano da un corridoio all’altro, aprendosi un varco tra i prodotti per potersi guardare attraverso gli scaffali. E si lanciano a capofitto nella parte da interpretare, cantando a voce alta frasi che nemmeno conoscono e nemmeno capiscono, ma chissene importa, chissene importa di tutto. Martin sta brillando, Wendy sta brillando, così fortemente che tutte le stelle del mondo non potrebbero mai competere con nessuno dei due.
Ci sono molti che brillano, ma tu guarda solo ciò che c’è di reale tra di loro
In quel momento non esiste nient’altro e nessun altro, se non quelle due persone di nome Wendy Kaligan e Martin Forres, che cantano e ballano insieme in un mini-market 24h di Brighton, nel pieno della notte.
 
 



 
P.s. alla fine il cassiere non aveva un cumolo di eroina sotto il bancone. Solo una serie di romanzi rosa erotici che legge esclusivamente quando il negozio è completamente vuoto.

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Capitolo 9
*** For no one ***


N.d.A
Scusate il ritardo e anche il capitolo eccessivamente lungo, ma spero ne valga la pena :)
Grazie a tutti,
Mel.
 



Parte III: Alba
 
 
 
Il giorno dopo Wendy si sveglia di colpo, sebbene controvoglia, e l’unica cosa che riesce a pensare è: oggi è l’ultimo giorno a Brighton.
Non sa dire se è triste o felice.
Insomma, è di certo felice di ritornare a Londra dopo tutte le disavventure che ha vissuto qui, dalla sua casa, dai suoi genitori, dalle sue sorelle, da Hannah e Sally e dal suo solito vecchio lavoro, ma nel suo cuore si è insinuato anche all’improvviso il dubbio che forse c’è qualcosa di Brighton che le mancherà… anche se ancora non capisce cosa esattamente.
Sono stati i tre giorni più strani della sua vita, questo è certo.
Martin in questo momento è seduto sul divano all’angolo della loro camera, con il portatile appoggiato sulle gambe incrociate, mentre controlla delle mail di lavoro attraverso le lenti dei suoi adorabili occhiali.
Wendy è distesa sul letto, senza avere nient’altro da fare se non osservare annoiata fuori dalla finestra della stanza. È una bellissima serata, il cielo è chiaro e la luna e le stelle risplendono serenamente. Wendy aveva anche pensato di uscire fuori e di stendersi sulla neve un’ultima volta, ma non si sente affatto in vena di farlo.
Non quando ha questo gran senso di vuoto nella testa che ancora non si sa ben spiegare.
Wendy sposta lo sguardo dalla finestra a Martin. Sorride tra sé, nel notare che ha ancora i capelli scompigliati dalla sera prima, qualche ciuffo di capelli neri gli ricade sulla fronte e Wendy ha una grandissima voglia di alzarsi ed andare verso di lui, per poterglieli spostare delicatamente dalla faccia.
Sente il bisogno di parlare, di poter dire qualcosa. Ha bisogno di distrarsi.
«Senti, stavo pensando… Volevo chiederti una cosa…» inizia improvvisamente a dire ad alta voce, senza neanche rendersene conto.
Martin alza gli occhi sorpresi verso di lei, tuttavia senza smettere di scrivere sul computer.
«Dimmi pure» le risponde lui, dopo pochi secondi di silenzio.
Wendy deve per un attimo mordersi le labbra per riuscire a riprendere a parlare. Sposta gli occhi nuovamente al di fuori della finestra, evitando in tutti i modi di guardarlo in faccia.
«Ecco…» riprende, leggermente balbettando. «Hai… hai per caso una copia del tuo libro da prestarmi qui, a portata di mano? Così, insomma, così posso leggerlo non appena ritorno a casa…»
Martin smette di colpo di scrivere.
Silenzio.
Dopo interminabili secondi di nulla assoluto, Wendy non resiste più, così ritorna a fissare lo sguardo su di lui. Martin la sta sfortunatamente già guardando quando i loro occhi si incontrano, e Wendy si sente quasi esplodere quando si rende conto  che Martin ha un leggero, adorabile, sorriso stampato sulle labbra.
La sta fissando attentamente, con quegli occhi che sprizzano di estrema gioia e Wendy lo odia, lo detesta, perché deve smetterla di essere così carino, così dannatamente adorabile, perché la sta pian piano facendo impazzire sempre di più…
«Certo» risponde con calma Martin, una volta che riabbassa lo sguardo sul suo computer e riprende a scrivere sulla tastiera. Tuttavia c’è una punta di commozione nella sua voce, che sta evidentemente cercando di nascondere. «Te lo vado a prendere subito se vuoi».
Così Martin si alza, e dieci secondi dopo è di nuovo sulla porta con in mano un libro dalla copertina rosso fuoco, con le pagine bianche e lucide, ancora del tutto incartato.
«Scusami, è ancora nuovo di zecca…» ride Martin imbarazzato, togliendo l’involucro di plastica dal libro. «Era il regalo per i miei genitori, ma evidentemente non lo hanno nemmeno mai aperto».
Martin consegna il libro a Wendy.
«Quindi direi che è meglio che lo abbia tu».
Wendy sorride, accarezzando la copertina rossa, sfogliando rapidamente le pagine e osservando con felicità le scritte in caratteri cubitali sul fronte.
 
Martin Forres
Il sentiero di un uomo
 
In basso a destra sulla copertina è stampato il logo della loro casa editrice.
Wendy sta per ringraziarlo del regalo, ma subito Martin riprende a parlare:
«Oh, aspetta» esclama Martin all’improvviso, riprendendo il libro dalle mani di Wendy. «Ti scrivo una dedica».
Così Martin appoggia per un attimo il libro sulla scrivania, aprendolo sulla prima pagina. Scrive velocemente, come se avesse già in mente da tempo ciò che voleva dire, e conclude con una maestosa firma.
Quando riconsegna il libro a Wendy, lei apre immediatamente sulla prima pagina per vedere che genere di dedica le abbia scritto.
Guarda per un secondo l’inchiostro nero della scritta, poi rialza lo sguardo su Martin, poi torna a guardare la scritta.
«Sul serio?» domanda divertita.
«Cosa c’è? È una frase carina».
Wendy scuote la testa per un attimo incredula, poi richiude il libro con un leggerissimo mezzo sorriso sulle labbra, ma dentro di sé si sente più felice che mai.
«Grazie» dice, intendendolo sinceramente. «Ti farò sapere cosa ne penso».
«Non vedo l’ora».
Quelle parole escono dalla bocca di Martin quasi immediatamente e Wendy si ritrova per un attimo a guardarlo confusa.
Martin abbassa lo sguardo, con occhi spalancati, una volta resosi conto di quello che ha detto.
«Ehm…» inizia Martin con imbarazzo, cercando di rimediare al più presto. «Se- se vuoi uscire stasera a Brighton, possiamo anche-»
«A- a dire il vero pensavo di fare un bagno!» lo interrompe Wendy, allontanandosi leggermente da lui e sfoggiando un enorme sorriso finto. «Se… se per te va bene».
«Oh, assolutamente». Martin cominicia già a dirigersi verso l’uscita della stanza. «Allora io scendo giù, così parlo un po’ con i miei…».
«Okay!».
Una volta che Martin è scomparso dietro la porta, Wendy può finalmente respirare.
Grazie al cielo Martin se n’è andato in tempo. Non avrebbe saputo dare spiegazioni sul perché il suo cuore in quel momento stesse battendo all’impazzata.
 
 
Wendy pensava che un bagno l’avrebbe aiutata a rilassarsi, ma purtroppo non è così.
Non è affatto così.
Anzi, ora che è da sola e al silenzio, la sua mente è nel caos più completo e i suoi occhi sono spalancati a osservare il soffitto del bagno.
Non sa ancora perché si sente in questo modo. È da qualche giorno che non riesce proprio a capacitarsene. È come se fosse diventata impossibilitata a rilassarsi. È da qualche giorno, ovvero da quando è arrivata lì a Brighton che non ha avuto un secondo di pace: il suo stomaco fibrilla in continuazione, il suo cuore continua a battere così forte che teme le esca dal petto da un momento all’altro e la sua testa è un insieme di pensieri sconnessi e illogici uno dietro all’altro.
Wendy sprofonda lentamente tra la schiuma dell’acqua calda con un rumoroso sospiro.
Si sforza ancora a rilassarsi, con che scopo poi, dato che ogni sforzo è completamente inutile. Si costringe a smettere di pensare, eppure non smette neanche un secondo. Non riesce a evitare di pensare agli occhi così azzurri e così limpidi di Martin, alle sue lacrime la sera dell’evento, al suo timido e dolcissimo sorriso quando si è ritrovato quella spilla a forma di Big Bang sulla felpa, al modo in cui quegli occhiali gli cadevano leggermente sul naso, al suo bel viso spensierato mentre ballava nel market e al modo in cui brillava, così luminescente e irreale, sdraiato sulla neve in mezzo al parco giochi…
Martin, Martin, Martin, Martin, Martin
«Oh mio dio».
Wendy si alza improvvisamente, mettendosi seduta nella vasca da bagno e schizzando fuori qualche goccia d’acqua per via dell’improvviso movimento.
Ma la rivelazione l’ha presa alla sprovvista.
Decisamente alla sprovvista.
Che la cosa le vada a genio o meno, si è appena resa conto che a lei piace Martin.
Oddio, che schifo.
Anche solo pensando quelle parole si ritrova a fare una faccia disgusta.
Però deve ammetterlo, non c’è altra spiegazione.
A lei piace Martin Forres.
Il motivo per cui ha continuato a pensare tutte quelle cose riguardo a lui, il motivo per cui si sentiva così gelosa di Martin e Cindy Beey, il motivo per cui si sentiva così attratta da lui l’altra sera al parco… certo, era così ovvio, eppure non aveva mai avuto il coraggio di ammetterlo.
Con un sospiro, Wendy ricade nuovamente nell’acqua della vasca da bagno, rimanendo distesa in silenzio.
Pensava che la rivelazione avrebbe reso le cose più semplici, invece le ha rese un milione di volte più complicate di così.
Che cosa dovrebbe fare adesso? Uscire dal bagno e dichiarare il suo ipocritissimo amore, così su due piedi, dopo anni e anni di insulti e di antipatici commenti alle sue spalle? E perché mai Martin dovrebbe mai volerla ricambiare?
Wendy ha già troppi pensieri nella testa per poter valutare il fatto se lei piaccia o meno a Martin. Non ha tempo di pensarci su, non ha nemmeno il coraggio di farlo per la verità. Sebbene la rivelazione, è ancora troppo confusa e troppo spaventata per poter pensare al futuro.
Così fa ciò che è più abituata a fare: decide di ignorare per il momento i suoi sentimenti.
Wendy si alza in piedi ed esce dalla vasca, incredibilmente più rilassata di prima.
Ignorare per il momento la sua stupida cottarella per Martin, nulla di più semplice. D’altronde non è detto che ci debba pensare adesso. Ci ripenserà una volta tornata a Londra, certo, quando le cose saranno tornate alla normalità e avrà più tempo per far ordine con i suoi sentimenti.
Una volta indossata una comoda tuta e una semplice maglietta a maniche lunghe, Wendy esce dal bagno e si sorprende leggermente nel trovare la stanza completamente vuota. Evidentemente Martin deve essere ancora di sotto a parlare con i suoi genitori.
Wendy si passa un asciugamano pulito sui capelli e nel frattempo nota che, sul divano, Martin ha abbandonato il suo laptop ancora acceso.
Wendy ci passa davanti per caso, e quando lancia uno sguardo rapido allo schermo, si accorge che Martin ha lasciato per sbaglio la sua mail aperta e in bella vista a chiunque.
Idiota”, pensa, e automaticamente lo sposta sulla scrivania, la sua mano in un attimo vola sul mouse per poter chiudere la casella.
Ma, prima che possa cliccare sulla X in alto a destra, qualcosa di eccessivamente strano coglie la sua attenzione.
Ci sono una serie di mail, le uniche recenti che non si trattino di lavoro, Wendy nota, tutte ricevute dallo stesso indirizzo mail, un indirizzo che Wendy riconosce all’istante.
 
10/12/2018
Da: vick.kaligan@gmail.com
A: martin.forres@tted.net
Oggetto: Capitoli 25-26
 
Quindi non solo sua sorella chiama e si contatta regolarmente con Martin, ma i due a quanto pare si sono scambiati un centinaio di e-mail nel corso dell’ultimo anno.
Ottimo.
Wendy non ha tempo di pensare al perché Vicky non le abbia detto nulla, perché un secondo dopo la curiosità l’ha già divorata tutta intera e ha già aperto una delle mail.
 
Martin, ecco gli ultimi capitoli del libro. Dovrebbero andare bene, anche se c’è forse qualche errore nella decima pagina (fine del capitolo 25). Discutine con Sharon e poi dimmi che ne pensa. Ci risentiamo per telefono.
Vicky.
 
11/12/2018
Da: martin.forres@tted.net
Da: vick.kaligan@gmail.com
Oggetto: Re: Capitoli 25-26
 
Cara Vicky, scusa se non ti ho risposto subito, purtroppo ho avuto numerosi impegni in questi ultimi giorni. Io e Sharon abbiamo finito l’editing e ho già inviato il libro a Dennis, che dovrebbe darmi una risposta entro settimana prossima! Se per te va bene possiamo discuterne per telefono domani mattina presto, dato che stasera non sarò disponibile.
Fammi sapere,
Martin.
 
Wendy si concede un attimo per osservare le mail scritte da sua sorella e da Martin. Poi prende fiato, si fa coraggio e apre l’oggetto collegato alla mail.
Quasi soffoca nel rendersi conto che quelli sono gli ultimi capitoli del suo libro.
Riesce a riconoscere all’istante le parole che lei stessa ha scritto mesi, anni prima, su cui ha rimuginato e che ha modificato numerose volte nel corso di tutti quegli anni, e si domanda come è possibile che siano lì, davanti a lei, nella casella postale di nientemeno che Martin Forres.
Solo dopo qualche secondo nota alcune scritte ai lati del documento, scritte rosse aggiunte da qualcun altro che di certo non è lei, e non riesce più a guardare oltre.
Chiude in fretta la mail, sentendosi quasi terrorizzata, e di colpo ne riapre un’altra.
 
06/12/2018
Da: vick.kaligan@gmail.com
A: martin.forres@tted.net
Oggetto: Capitoli 21-24
 
Martin, ho qui allegato altri capitoli, ho aggiunto correzioni da parte mia, ma di certo tu saprai farci qualcosa di meglio.
Grazie mille di tutto,
Vicky.
 
 
Un’altra.
 
27/11/2018
Da: martin.forres@tted.net
A: vick.kaligan@gmail.com
Oggetto: Re: Capitoli 18-20
 
Cara Vicky, ti allego qui sotto i capitoli editati da me e Sharon.  Uniscili agli altri e poi inviami il formato completo. Possiamo sentirci per telefono se vuoi. Domani sera sei disponibile?
 
27/11/2018
Da: vick.kaligan@gmail.com
A: martin.forres@tted.net
Oggetto: Re: Re: Capitoli 18-20
 
Domani sera va bene, sono da amici fino alle 18, quindi magari posso chiamarti io.
Avvisami se succede qualcosa.
Grazie ancora,
Vicky.
 
 Wendy continua ad aprire le mail, una dopo l’altra e a leggere i messaggi tra Martin e sua sorella, e tutto sta diventando più confuso di prima.
Apre ogni oggetto collegato alle mail e si rende conto, che si tratta sempre di capitoli del suo libro; la maggior parte delle volte sono gli stessi capitoli che si ricorda di aver scritto lei, ma ci sono un paio di volte in cui le basta leggere le prime righe del capitolo per rendersi conto che il testo è stato editato, da qualcuno evidentemente molto bravo che è riuscito a rendere il suo libro un prodotto decisamente migliore.
Wendy scorre tra le mail e ne trova centinaia del genere, alcune che risalgono perfino ad aprile. Trova tutti i suoi capitoli, perfettamente corretti ed editati, uno dopo l’altro e inizia a sudare freddo. Perché non capisce che cosa ci facciano lì, nella mail di Martin, non capisce come sia possibile che qualcuno che nemmeno conosce abbia fatto tutto quel lavoro per lei, come sia possibile che sia Martin che Vicky abbiano messo le mani sul suo romanzo senza nemmeno dirglielo-
«Hey…».
Wendy sobbalza e di scatto chiude la casella della mail, voltandosi dall’altra parte in pochi secondi e trovandosi Martin sulla soglia della porta, che la guarda in silenzio.
«Hey!»  Wendy cerca di risultare svogliata naturale, ma finisce per urlare il saluto ad alta voce. «Io… ehm, stavo solo… controllando la mia posta dal tuo computer, spero non ti dispiaccia. Perché sai, uhm domani, il lavoro, eh eh…»
Wendy cerca di ridacchiare leggermente, risultando incredibilmente innaturale, ma Martin le lancia solo una breve occhiata e poi si dirige verso l’armadio, facendo finta di nulla.
«Okay» commenta semplicemente, iniziando a tirare fuori dall’armadio un paio di magliette. «Senti, dovremmo iniziare a preparare le valigie. Domani mattina partiamo da qui alle sei e mezza, perciò meglio se ci sbrighiamo».
Wendy rimane immobile a guardarlo, mentre Martin si sposta velocemente dall’armadio ai cassettoni con aria annoiata. Non alza nemmeno lo sguardo verso di lei.
 
 
Martin continua a preparare vestiti e a ignorare completamente il fatto che ha colto Wendy nel pieno di un misfatto, ma non sembra essersi accorto che la ragazza stava frugando tra le sue mail. Così Wendy si fa sfuggire un sospiro di sollievo e inizia anche lei a preparare la sua valigia, il tutto mentre tra lei e Martin vige il più totale silenzio.
Qualche minuto dopo Wendy e Martin stanno ancora riponendo i propri vestiti nelle rispettive valigie, il tutto senza aprire bocca e senza nemmeno guardarsi, ma per il momento a lei sta più che bene così.
Wendy alza lo sguardo verso la finestra davanti a sé. Il tempo ha fatto in fretta a cambiare e ha ripreso a nevicare; la ragazza osserva con una leggera nota di malinconia i fiocchi cadere e insidiarsi contro il davanzale della finestra.
«Cavolo, sta nevicando…» commenta a bassa voce, non del tutto sicura che Martin la voglia sentire parlare. «Speriamo che a Londra ci sia un tempo migliore».
Per un attimo sente Martin interrompersi e sente il suo sguardo su di lei. Wendy è sicura che le stia mancando il fiato, perché da quando ha avuto quell’ atroce rivelazione nella vasca da bagno, ogni volta che Martin la guarda sente che i suoi polmoni interrompono il loro corretto funzionamento per un attimo.
«Già» dice invece Martin, dopo eterni secondi di silenzio, e riprende a preparare la valigia come se non fosse successo nulla.
Wendy allora ridacchia e non sa bene il perché. Forse perché si sente imbarazzata dal fatto che il suo cuore stia battendo sempre di più e teme che il rumore eccessivo si faccia notare, forse perché non sa bene come gestire la situazione, soprattutto dopo la sua epifania nella vasca da bagno e dopo tutto quello che ha visto nella casella di Martin…
Così ride a bassa voce e continua per qualche secondo, finché la sua risata non si dissolve nel silenzio. Per un attimo si sente anche tranquilla, in quel silenzio, ora che si è sfogata per poco.
«Wendy» la chiama improvvisamente Martin.
«Mh, mh?» canticchia allegramente lei, mentre sta prendendo le ultime cose dall’armadio. «Che cosa c’è? »
«So che hai visto le mail».
Wendy si blocca improvvisamente. Il suo sorriso svanisce in un secondo.
Più vicino.
Non osa muoversi di un millimetro, perfino la sua faccia non riesce a muoversi; non osa –figuariamoci– voltarsi verso di lui, perché sa che se lo facesse, soffocherebbe all’istante.
Più vicino.
E infatti già si sente il fiato mancare quando percepisce dei passi lenti dirigersi verso di lei e poi stopparsi proprio a pochi metri di distanza.
Più vicino.
Ma non può rimanere a osservare le ante dell’armadio per sempre, se ne rende conto perfino lei. Perciò con calma, con molta, estrema, calma, Wendy colleziona tutto il coraggio che riesce a trovare in quel momento e finalmente si volta.
Deve sforzarsi di respirare ancora una volta, quando vede che Martin si è fermato a pochi metri davanti a lei, costringendola a stare con le spalle attaccate alle ante dell’armadio, impossibilitata a scappare. È talmente vicino che potrebbe tranquillamente fare un passo avanti, bloccarla contro l’armadio e baciarla in un attimo, e Wendy non potrebbe farci nulla a riguardo.
Martin la sta fissando in silenzio, ma lei non osa alzare lo sguardo, preferendo invece concentrare i suoi occhi su un punto fisso del parquet a terra.
«I-io… non capisco» riesce infine a pronunciare, sebbene con un filo di voce che risulta quasi impercettibile. «Perché lo hai fatto?»
Martin non risponde subito. Lascia passare qualche secondo di silenzio, senza smettere di guardare Wendy con quegli occhi che, sinceramente, la stanno pian piano uccidendo.
Martin sospira, lasciando che l’aria esca dai polmoni nel modo più lento possibile.
«Lo sai benissimo il perché».
Ed è vero, Wendy lo sa, lo ha sempre saputo forse, ma lo ha capito veramente solo nel momento in cui ha visto quelle mail. E non sa bene se riesce a crederci, forse perché non vuole crederci, forse perché è tutto così nuovo e irreale, che si sente totalmente terrorizzata dalla cosa.
Così l’unica cosa che riesce a fare è evitare di guardare Martin e commentare con un sussurrato:
«Credevo che tu mi odiassi»
«No, io-» subito Martin si interrompe e guarda in alto, passandosi le mani nei capelli e respirando profondamente, quasi la frase di Wendy lo avesse fatto di colpo arrabbiare. «Non… non ti ho mai odiata, non so da cosa tu abbia mai dedotto questa idea!»
Wendy prova a sospirare diverse volte mentre di guarda intorno, cercando di calmarsi. L’unica cosa che vorrebbe in quel momento è andarsene da lì. Ma Martin è ancora davanti a lei, che le blocca la strada verso la porta della stanza e che continua a osservarla con quei maledetti occhi.
Perciò, se vuole svignarsela in fretta è meglio che risolva la situazione da sé:
«D’accordo, allora, uhm…» incomincia, ancora terrificata dal proporre quella fatidica domanda. «Da quanto tempo… ehm, da quanto tempo ti piaccio, esattamente?»
Pronuncia quell’ultima frase con cautela, quasi fosse una parola proibita che non aveva mai avuto il coraggio di chiedere.
Stranamente Martin sembra quasi colto alla sprovvista dalla domanda.
«Ehm, non saprei… più o meno da sempre, credo» risponde timidamente. «Mi piaci fin dai tempi del liceo, insomma, anche quando stavo con Vicky intendo. La verità è che non mi è mai importato nulla di Vicky. Eri… eri sempre stata tu quella che volevo».
Ora è Wendy quella presa completamente alla sprovvista.
«Oh! O-okay…»
«E anche se ho passato sette anni in Australia senza vederti, non c’era un secondo in cui non pensassi a te, davvero, in cui non rimpiangessi di non averti detto tutto in tempo… E quando poi ti ho ritrovata, a lavorare nel mio stesso ufficio, il mio cuore stava esplodendo e-»
«Oh, ti prego!» all’improvviso Wendy si sente più sicura (e anche leggermente più nauseata da tutta questa smieliatezza a cui non è mai stata abituata). «Non dirmi che hai accettato questo lavoro solo per stare più vicino a me!»
«No, certo che no!» esclama Martin, offeso da quella supposizione. «Non sono un fottuto stalker, diamine, non sapevo nemmeno lavorassi lì quando ho accettato quel lavoro!»
«Perché mi stai dicendo queste cose adesso?» sbotta improvvisamente Wendy, finalmente riuscendo ad alzare lo sguardo e ritornando sull’argomento principale. «Tu… tu non parli mai con me! Mi tratti sempre da inferiore, mi prendi sempre in giro per la mia altezza, e- e io e te non facciamo altro che litigare e-»
«Io… mi dispiace, non ho mai avuto intenzione di trattarti male. Fin dai primi tempi mi era chiaro che io non piacessi a te» continua Martin, con uno strano sguardo disperato negli occhi. «Ma ho sempre fatto del mio meglio, per essere gentile, per lasciarti i tuoi spazi, perché tu sei assolutamente meravigliosa, Wendy. Sei bellissima, sei premurosa, sei divertente, metti un sacco di passione in tutto ciò che fai e non ti importa mai di quello che pensano gli altri e-»
«E mi hai chiesto di venire a Brighton con te» conclude Wendy, all’improvviso rendendosi conto della cosa e spalancando gli occhi dalla sorpresa.
Ora tutto quadra, ora tutto ha completamente senso.
Martin sospira di nuovo, oramai completamente messo allo scoperto.
«Già…»
«Non- non c’era nessun motivo per cui venissi io a fare questo lavoro» continua la ragazza, mettendosi a braccia conserte e guardandosi introno, all’improvviso il mondo diventato più chiaro e più soffocante del solito. «Avresti benissimo potuto chiederlo ad Alice Gambe Lunghe e probabilmente questo weekend sarebbe andato molto meglio di così. L’unico motivo per cui hai chiesto proprio a me di venire a Brighton era-»
«Sì» ammette sconfitto Martin. «Perché volevo che fossi tu a venire con me a Brighton».
Wendy non sa più come rispondere, perciò l’unica cosa che riesce a fare e coprirsi la faccia con le mani, come per la vergogna, e dirigersi verso il letto. Si siede con calma sul bordo del materasso, e prova a riprendere un normale ritmo respiratorio, ma ancora non ci riesce.
«Oh mio dio… non posso credere che la mia vita sia arrivata davvero a questo punto» pensa tra sé e sé, ma si ritrova involontariamente a dirlo ad alta voce.
«Wendy, lo so che è piuttosto brusco scoprirlo così, ma…» riprende Martin, con una gran tenerezza nella voce. Ma Wendy ancora non riesce a guardarlo, non riesce ancora a togliere le mani dai suoi occhi. «Volevo solo dirti che tu sei fantastica. Tutto di te è fantastico, la tua vita, la tua personalità, i tuoi capelli… perfino il tuo romanzo è fantastico!»
In un veloce attimo Wendy riesce automaticamente a staccare le mani dal viso e si sente quasi sul punto di urlare.
«Tu hai letto il mio romanzo?!» strilla Wendy, alzando gli occhi su di lui, sconvolta e nervosa allo stesso tempo.
«Beh, sì» risponde Martin, imbarazzato. «Io… dovevo pur lavorarci sopra, parlarne con degli editor che non fossi tu, discuterne con Dennis e gli agenti letterari e-»
«Quando?» domanda la ragazza, il tono di voce incredibilmente serio e deciso. «Quando l’hai letto per la prima volta?»
Martin rimane in silenzio per un attimo, consapevole che la sua risposta porterà ad ancora più vaneggiamenti.
«L’anno scorso».
«L’anno scorso?!» ripete Wendy, quasi strillando. «Hai letto il mio romanzo per oltre un anno e hai fatto finta di nulla quando te ne ho parlato l’altra sera?»
Martin rimane a fissarla con occhi disperati in silenzio, evidentemente senza trovare più nulla da dire. Wendy si riporta le mani alla faccia. Non vuole vedere Martin in questo momento; vorrebbe solo che lui se ne andasse in un’altra stanza e la lasciasse sola, che la lasciasse in pace con le sue inutili paranoie, che la lasciasse piangere in silenzio e senza vergogna, perché, diamine, sente di stare impazzendo ad ogni secondo che passa in sua compagnia.
Ma Martin non fa nulla di tutto questo.
Wendy sente pian piano dei passi leggeri venire verso il letto, e quando sente Martin sedersi proprio di fianco a lei, non vede altra scelta se non rassegnarsi e guardarlo in faccia una volta per tutte.
Ha una patetica espressione triste sul volto che Wendy non fa a meno di notare, e la guarda con sopracciglia aggrottate, quasi in stato di preoccupazione.
«Wendy» inizia Martin; questa volta il tono della sua voce è pacato e sicuro. La ragazza riesce perfino ad avere il coraggio di guardarlo negli occhi, senza staccare lo sguardo dopo due secondi. «Lo so che deve essere sconvolgente per te. In effetti non volevo dirtelo ora. Avrei voluto aspettare di tornare a Londra e solo allora, magari te ne avrei parlato con calma, e ti avrei detto tutte queste cose. Ma tu mi piaci davvero, non sai quanto, e… so di non essere stato proprio eccellente nel dimostrarlo ma-».
Martin si interrompe ma Wendy ha ormai acquistato coraggio. Si guardano negli occhi per un attimo in silenzio, Wendy sospira leggermente.
«Come faccio anche solo a piacerti?» chiede infine la ragazza, con un leggero sorriso. «Sono un casino…».
Martin le concede un dolcissimo sorriso e Wendy è talmente contenta di poterlo ammirare così da vicino.
«Un po’ lo sei, ma mi piace anche questo di te» le dice Martin, senza staccare gli occhi dai suoi. «Allora, vediamo… mi piaci perché sei divertente. E hai sempre un sacco di cose interessanti da dire. Mi piaci perché sei così coraggiosa e perché non ti fai mai abbattere da nulla, perché sei decisa a ottenere quello che vuoi, ma senza approfittarti o ferire nessuno. Mi piace… come sei legata alla tua famiglia e come sei leale con le tue amiche, e come ti preoccupi per gli altri indipendentemente dal rapporto che hai con loro. E mi piace il modo in cui sorridi guardando in basso quando sei felice per qualcosa che non vuoi dire a nessuno, e il modo in cui arrossisci sulle guance ogni volta che qualcuno ti fa un complimento…».
A quel punto Wendy non può proprio farne a meno di distogliere lo sguardo e fissare per un attimo per terra, e dal modo in cui Martin ridacchia sottovoce, è certa di essere appena arrossita in faccia.
Wendy non riesce ancora a crederci. Non può credere che, tra tutte le persone che conosce, Martin Forres è stato quello a fargli una confessione del genere.
Martin Forres, lo stesso Martin Forres che ha odiato inesorabilmente per quasi dieci anni interi.
Questi tre giorni devono aver pure cambiato qualcosa, questo è certo.
Ma Wendy si ritrova ancora confusa nel profondo.
Martin le piace, è ovvio che le piace, e non le basterebbe nulla per dire di sì in questo momento e tutto si risolverebbe nel più idilliaco e romantico dei modi. Non le basterebbe nulla, e di certo sia lei che Martin sarebbero assai felici della cosa.
Però…
Però
«Lo sai quando ho capito per la prima volta che mi piacevi veramente?» domanda Martin all’improvviso, avvicinandosi pian piano a lei.
Wendy si volta verso di lui, con espressione impassibile.
Più vicino.
Martin la sta fissando negli occhi, amabilmente, come se fosse l’unica persona della sua vita, come se non esistesse nessun altro oltre a lei. Wendy si sente esplodere dentro, lo deve ammettere, ogni volta che Martin la guarda in quel modo, tanto che d’istinto sposta lo sguardo sulle labbra di Martin.
Lui se ne accorge, e poco dopo anche Martin sta fissando le labbra di Wendy.
Più vicino.
Wendy osserva il viso di Martin avvicinarsi pian piano al suo, mentre lei rimane completamente immobile, decisa a subire semplicemente la situazione.
Più vicino.
Così attende con ansia, quando le sue labbra sono a pochi centimetri dalle sue, e Martin decide di risponderle pronunciando le parole direttamente sulla sua bocca:
«Il giorno in cui ti sei presentata con quegli adorabili capelli verdi a scuola».
Wendy lo guarda in faccia solo per un altro secondo, poi finalmente chiude gli occhi. Attende immobile e impassibile, e solo quando sente le labbra di Martin incontrare le sue, solo allora si sente pienamente sollevata. Le sue spalle si rilassano e le sue mani ricadono sul materasso ai suoi lati, ma ancora non riesce a muoversi.
Tuttavia Martin la bacia cautamente e con lentezza, concedendosi di catturare il labbro inferiore della ragazza tra le sue e di avvicinarsi di più a lei, per far durare il bacio ancora più a lungo.
Wendy, che è ancora decisa a non muoversi di un millimetro, di certo non protesta quando sente quelle labbra muoversi così accuratamente contro le sue e ammette di sentirsi leggermente elettrizzata, quando sente Martin sospirare in mezzo al bacio e cingerle il collo con una mano.
La mano poggiata sul collo di Wendy scivola giù per il suo braccio, fino a staccarsi da lei, e un attimo dopo Martin si è allontanato, interrompendo il loro bacio.
Si guardano in silenzio per un momento.
«Wendy» pronuncia semplicemente Martin, perché il suo nome per il momento è l’unica cosa che vuole poter pronunciare.
Martin fa per avvicinarsi a lei, ma quando prova a ribaciarla, Wendy si scosta infastidita dall’altra parte.
Lui si allontana leggermente, colto totalmente alla sprovvista. Rimane a fissarla un secondo con occhi confusi.
«Wendy, io…»
«Oh, oh, cosa?» Wendy lo fissa di rimando, lasciandosi sfuggire, suo malgrado, un’antipatica risata amara. «Credevi davvero che ti avrei detto di
Martin continua a fissarla in silenzio, questa volta con lo sguardo di chi sta pregando internamente perché la tragedia non succeda. Ma la tragedia sta purtroppo già succedendo, Wendy lo aveva già deciso e oramai ne ha la più assoluta certezza.
«Credevi che ti avrei di colpo ricambiato, dopo tutto quello che mi hai appena rivelato?» continua la ragazza. Di certo non voleva risultare meschina quando aveva preparato quel discorso nella sua testa, ma al momento si sente così infuriata e così offesa nel profondo, che non ne può fare a meno. «Dopo che mi hai trascinata qui con l’inganno, dopo che ti sei approfittato per mesi di mia sorella anche se non ti piaceva nemmeno, dopo che hai tramato insieme a lei per un anno intero alle mie spalle, dopo che hai letto, modificato e dato all’asta il mio libro senza il mio consenso, dopo che mi hai mentito spudoratamente svariate volte… credevi davvero che ti avrei ricambiato?»
Martin la fissa in silenzio, con occhi disperati.
«Io…» balbetta Martin, cercando di giustificarsi, ma senza trovare nulla di valido da proporre come scusa. «I-io lo so che-»
«Lo sai, lo sai, continui a dirmi che sai di aver sbagliato!» a questo punto Wendy ha iniziato ad alzare la voce, totalmente in collera. «E allora dimmi, Martin, se lo sapevi, perché lo hai fatto comunque, mh? Se ti piaccio veramente così tanto come dici, allora avresti dovuto sopportare tutto! Non avresti inscenato questa gigantesca finta solo per portarmi più vicino a te! Avresti potuto tranquillamente fermarmi un giorno mentre uscivo dal lavoro, o mentre ero davanti alla macchinetta in sala relax e chiedermi di uscire, oppure invitarmi a cena... e io magari ti avrei anche detto di no, perché col cavolo che avrei mai accettato ad uscire con te… ma tu avresti continuato a chiedermelo tutti i giorni, insistentemente, avresti potuto regalarmi dei fiori, magari delle pervinche come il colore dei miei capelli, chiedere consigli alle mie amiche, e io a quel punto magari ti avrei finalmente detto di sì, magari perché mi avevi finalmente convinto o magari perché volevo semplicemente farti smettere… e allora saremmo usciti a cena insieme e mi avresti raccontato di te, dell’Australia e del tuo libro, e io avrei pensato, “wow, devo ammettere che Martin Forres non è poi così male come pensavo” e allora forse ti avrei concesso una chance e sarei uscita con te per una seconda volta!»
Wendy non è più tanto sicura di essere arrabbiata a questo punto. Sa solo che di colpo si è alzata in piedi e che un attimo dopo, nel bel mezzo del suo discorso, le lacrime sono iniziate ad arrivarle agli occhi. Martin continua a sedere sul letto, e la fissa senza dire nulla, soffrendo in silenzio.
«Ma per chi mi hai preso, eh?» Wendy continua a parlare con voce incrinata, ma ormai che ha iniziato non riesce più a smettere di andare avanti, anche se il modo in cui la guarda Martin, così sconfortato e implorante, la sta facendo morire. «Cos’è? Credevi che, siccome tutte le ragazze alle medie hanno letto Orgoglio e Pregiudizio, allora tutte noi desideriamo un fidanzato bipolare e infantile, che tratta di merda la sua amata e poi si rimangia di colpo tutto quello che ha detto? Ma che razza di idiota…»
A questo punto si interrompe e il silenzio cala nella stanza. Un freddo, gelido silenzio, che punge in gola come un affilato pugnale.
Wendy si passa una mano tra i capelli, spostando lo sguardo e per un attimo smettono di guardarsi.
La ragazza all’improvviso rompe il silenzio, con un rumoroso sospiro.
«Senti, dormo sul divano in salotto stanotte» annuncia la ragazza con calma e compostezza, le lacrime ormai scomparse definitivamente. «Domani dobbiamo alzarci presto…».
Wendy si sposta per prendere un cuscino e una coperta, mentre Martin rimane ancora fermo senza dire nulla. Solo quando Wendy è ormai sulla soglia della stanza e sta per chiudersi la porta alle spalle, lo vede alzarsi di colpo e venire velocemente verso di lei.
«Wendy, ti prego…»
«Buonanotte, Martin».
«Wendy, mi dispiace».
Wendy attende per un secondo, mordendosi il labbro inferiore. È così tentata dal ritornare in quella stanza e dimenticare tutto, fregarsene di quanto Martin le ha detto e dirgli che non le importa e di non preoccuparsi, e subito dopo pregarlo di baciarla di nuovo, perché le sue labbra erano così morbide e così umide e così belle…
Ma non può ancora farlo.
Non finché Martin non le porrà delle dovute scuse.
«Ho detto, buonanotte, Martin» ripropone, questa volta con tono estremamente secco.
La porta della stanza si chiude con un fracasso infernale.






N.d.A II
#emo
Scusate per la tristezza eccessiva, so che volevate le rose e i fiori e l'ammmore, ma spero riusciate comunque a capire sia i motivi di Martin sia quelli di Wendy in questo capitolo. (Tranquilli, c'è ancora tempo per risolvere tutto <3)
Spero di riuscire ad arrivare viva al prossimo capitolo,
Mel.

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Capitolo 10
*** Location ***


N.d.A
Io ce provo anche a scrivere cose brevi, ma abbiamo capito che non fa proprio per me xD
Scusate ancora l'immenso ritardo, ero persa nei siti di fanfiction inglesi a leggere tutto il giorno e a sentirmi uno schifo perché ho un grande complesso di inferiorità verso tutti quegli autori  stanca ahahaha.
Grazie a voi che continuate a stare appresso - (grazie tantissimo a chi61 che mi lascia sempre le sue recensioni; scusami se non ti rispondo, perché non so mai cosa dire, ma sappi che mi fanno sempre un sacco piacere!!!) - ed ecco il capitolo, per me, più noioso in assoluto da scrivere. Spero che sia un po' più piacevole da leggere. Scusate se ci sono errori, l'ho un po' controllato di fretta.
Mel.




 


E va bene, lo confesso, non mi stavi simpatico fin dal primo istante in cui ti ho conosciuto. Ma, ammettiamolo, non puoi decisamente darmene una colpa: chiunque avrebbe reagito allo stesso modo in quella situazione.
Puoi darmene una colpa? Certo che non puoi darmene colpa, su.
E non era per il fatto che avessi già dei pregiudizi su di te prima ancora di averti conosciuto, perché a scuola eri già popolare e tutti sapevano chi eri e ti amavano e ti lodavano o perché non capissi proprio il motivo per cui potessi piacere a mia sorella così tanto.
Quando ripercorro quella nostra primissima serata nella mia testa, trovo tante cose che sarebbero potute andare diversamente. Mia sorella innanzitutto non avrebbe mai dovuto chiedermi di uscire con lei un venerdì sera solo perché voleva avere qualcuno al primo appuntamento con il ragazzo per cui aveva una cotta, era una cosa talmente stupida da fare, specialmente perché si stava parlando di me, che nel campo della socializzazione con nuove persone ero ai livelli del pattume.
Secondo, perché ero ancora minorenne e non potevo legalmente bere, terzo, perché odiavo uscire la sera, odiavo gli alcolici e decisamente odiavo trovarmi lì in quel momento.
Per questo, quando Vicky sorseggiava il suo mojito dal bicchiere e alzava preoccupata ogni due secondi gli occhi verso di me chiedendomi “è già arrivato?”, io non facevo altro che sbuffare e alzare gli occhi al cielo.
Quando finalmente ti ho visto arrivare e ho dovuto avvisare Vicky con gli occhi, lo ammetto, a quel punto ho pensato che eri carino (perché effettivamente eri carino, molto carino) ma solo per un istante, poi il disgusto è ritornato, quando ti sei seduto di fianco a Vicky e l’hai salutata con un viscido  bacio sulla guancia.
«Comunque lei è mia sorella Wendy, spero non ti dispiaccia se resta con noi per oggi» mi ha presentata Vicky, senza nemmeno guardarmi.
Tu hai risposto cordialmente che no, non ti dispiaceva, ma era così ovvio che sotto sotto mentivi, perché a quale malato di mente piacerebbe avere la sorella minore della propria  ragazza ad un appuntamento?
A me dispiaceva essere lì invece, dispiaceva eccome. Rimpiango il fatto di non avervelo detto ad alta voce, ma non volevo di certo interrompere quell’idillico quadretto davanti a me.
«Wendy, certo, ci conosciamo già» hai detto tu, con quel tuo disgustoso, falsissimo sorriso, stringendomi la mano da sopra il tavolo. «Ti vedo ogni tanto, in corridoio. Sei al terzo anno giusto?»
«Quarto» ho precisato io seccata, senza alzare lo sguardo dal mio drink.
Non mi interessava entrare nelle vostre conversazioni. Ero lì perché mi ci aveva portato (-obbligato-) Vicky, e non di certo perché mi interessava conoscerti. Ma tu continuavi a rivolgermi la parola, a farmi domande, a farmi quei maledetti, larghi sorrisi. Non volevo parlare con te, non volevo neanche vederti, per la verità, ma tu insistevi fin troppo e io ero troppo educata per dirti di smetterla.
Ora che ci penso avrei dovuto capirlo già da allora.
E quando Vicky si è alzata per andare in bagno, lasciandoci soli, hai fatto quella stupida domanda che ha rovinato tutto:
«Perdona se te lo dico ma… non sei forse un po’ troppo giovane per bere?»
Ho alzato lo sguardo indignata.
«Ho quindici anni».
«Appunto».
«Stai zitto, hai solo due anni in più di me, non è che sei legittimato a farmi la paternale!»
Forse mi disgustava un po’, il fatto che Vicky volesse stare con un ragazzo più piccolo di lei, o forse eri solo tu, il tuo atteggiamento, la tua voce o il tuo accento a darmi fastidio, non so.
«D’accordo, non certo voglio dirti quello che puoi o non puoi fare» hai risposto tu, sorridendo di nuovo. (Dio, quanto eri irritante!) «Solo… se sai già di non reggere bene l’alcol, non dovresti bere solo per fare bella figura con gli altri…»
Ma come ti sei permesso di dirmi una cosa del genere, sentiamo?
Era vero, forse non reggevo l’alcol, forse mi sentivo già brilla dopo solo due sorsi di quel drink che Vicky aveva ordinato per me, e FORSE si notava anche, ma che diritto avevi di farmelo sapere, eh?
Non avevi alcun diritto di lanciarmi su un piatto d’argento quella sfida, era ovvio che l’avrei accettata: sarebbe stata una sconfitta troppo scoraggiante per il mio ego.
Lo sai che non riesco a rifiutare le sfide. Che cosa mi hai fatto fare?
Non avevi alcun diritto di osservarmi ordinare un drink dopo l’altro, ovviamente usando la carta di credito di mia sorella, perché mai avrei potuto accettare che mi si dicesse una cosa del genere; non avevi alcun diritto di preoccuparti per me quando avevi già Vicky lì di fianco a cui pensare.
E di certo non avevi il diritto di tenermi i capelli mentre vomitavo l’anima piegata sulla tazza del wc pubblico del pub qualche ora dopo, mentre mia sorella era fuori che si disperava perché che cosa avrebbe mai dovuto dire adesso ai nostri genitori? Che mi aveva portata fuori, speso centinaia di soldi per farmi ubriacare irresponsabilmente e, soprattutto, illegalmente?
Era tutta colpa tua, perché Vicky ora stava piangendo e tu eri nel bagno con me a osservarmi rigurgitare i litri di alcol che avevo ingerito, sempre e solo per colpa tua.
«Te l’avevo detto che non dovresti bere così tanto» ti ho sentito ridacchiare dietro di me, e a quel punto ti avrei preso anche a schiaffi, ma il vomito non me lo permetteva.
Così ho semplicemente cercato di calmare la tosse e ho commentato, con tutta la sincerità che allora possedevo:
«Vaffanculo, Martin Forres…»
Quindi forse è vero, non mi piacevi già dall’inizio, ma puoi davvero darmene una colpa?
Di certo no, dato che la colpa è solo tua, tu al nostro primissimo incontro hai avuto la faccia tosta di farmi ubriacare e di rinfacciarmelo subito dopo.
Non lo vedi? Non lo vedi che sono io quella ad avere ragione?
Era colpa tua, tutta colpa tua.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
(E va bene, forse era anche un po’ colpa mia)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
A Londra sta nevicando.
Wendy ha scoperto, non appena tornata al lavoro, che il sole ha avuto la faccia tosta di rimanere alto in cielo per tutto il periodo in cui lei è stata via, e solo il lunedì in cui ha rifatto piede a Londra, la neve ha cominciato a cadere leggera dal cielo.
Ma non le dispiace in fondo, osservare i fiocchi volteggiare lentamente fuori dalla finestra del suo ufficio, con il mento appoggiato sulla mano, mentre si passa la penna rossa tra le dita.
«Ancora a pagina 7?»
Wendy alza sorpresa lo sguardo verso Sally, che è appena apparsa davanti alla sua scrivania con un caffé dalla macchinetta in mano.
Sally appoggia il caffé sulla scrivania di Wendy senza dire altro e la ragazza la guarda con gratitudine.
«Ho dedotto che, dato che in questi giorni non passi mai dalla macchinetta, ne volessi uno».
È da una settimana intera, ovvero da quando è tornata a Londra, che Wendy non entra nella sala relax e, di conseguenza, non ha ancora avuto l’occasione di bere il suo adorato caffé della macchinetta.
Wendy sorride leggermente, senza dire altro e accetta con un piccolo “grazie” il suo caffé.
È da una settimana che sta cercando in tutti i modi di evitare Martin. Dopo il loro imbarazzante viaggio silenzioso lunedì mattina, vederlo al lavoro è l’ultima cosa che vorrebbe. Si sono incrociati qualche volta, in corridoio, guardandosi con occhi spalancati in imbarazzo e ogni tanto si sono anche lanciati degli sguardi da lontano, ma Wendy preferisce cambiare direzione ogni volta che lo vede venire dalla sua parte, piuttosto che affrontarlo direttamente.
Non è esattamente felice in questo modo, ma non sa davvero come fare per esserlo.
Sally poco dopo si prende la briga di posizionare una sedia davanti alla sua scrivania, come fa di solito quando hanno dei momenti di pausa.
Wendy per la verità al momento non è in pausa, è impegnata a editare qualche osceno romanzo rosa-erotico scritto da una delle solite scrittrici cinquantenni dalla prosa asciutta ed essenziale che Dennis le ha consegnato tre ore fa. Forse per il fatto che il romanzo è scritto atrocemente, forse per il fatto che deve aggiungere una correzione ogni due righe, o forse perché la sua testa al momento è da tutt’altra parte, Wendy è riuscita a lavorare solo su sette pagine nelle abbondanti tre ore che ha avuto a disposizione.
Così inizia a sorseggiare il caffé che gentilmente le ha portato dalla macchinetta, ma si rende conto, non ha alcun sapore. Se la Wendy di una settimana fa avesse bevuto quello stesso caffé, forse avrebbe sospirato di gioia e lo avrebbe buttato giù tutto in un solo sorso, ma adesso tutto le pare vuoto e insapore.
Dopo neanche un sorso, Wendy riappoggia il caffé sul tavolo, senza fare commenti per evitare di offendere Sally e voltandosi verso il romanzo davanti a lei senza dire nulla. Ma la sua migliore amica è più sveglia di lei e si accorge immediatamente dell’inaspettato comportamento:
«Wow, avevo capito che la situazione era brutta, non pensavo fosse così tanto tragica» le fa Sally ridacchiando, e sporgendosi verso di lei. «Allora, Wen? Cos’è successo questo weekend di tanto terribile da farti improvvisamente rifiutare perfino il caffé».
Wendy vorrebbe risponderle, vorrebbe davvero raccontare tutto. È vero, conosce Sally da meno tempo di Hannah, e di certo con lei non ha lo stesso intimo rapporto che ha con l’altra sua migliore amica, ma Sally ha comunque la sua stessa età e ed è un’editor anche lei: in certe cose sono molto più simili di quanto possa pensare, e si fida enormemente di lei.
Ma non ce la fa, non è ancora pronta per parlarne. Forse perché la fa ancora troppo soffrire, forse perché si trova in una situazione di paralisi che non può, non vuole, ancora risolvere…
Così si limita a sorridere tristemente e a scuotere la testa.
«Scusa Sally… è solo…» inizia a dire. «Per adesso non voglio parlarne. Spero che tu capisca…»
«Ma certo» le dice Sally, prendendole una mano. «Solo, quando sei pronta per parlarne sappi che sono sempre qui per te».
A Wendy viene quasi da piangere. Che cosa ha fatto esattamente di tanto straordinario nella sua scorsa vita per meritarsi delle amiche tanto meravigliose come Hannah e Sally?
«Per la verità, Wen… » riprende all’improvviso Sally, alzando leggermente il viso per guardarla negli occhi. «Non sono venuta qui solo per chiederti come stai. Dennis mi ha mandato a chiamarti».
Wendy la guarda per un secondo in silenzio, sbattendo le palpebre ripetutamente.
«Dennis…?» domanda confusa. «Perché, di che vuole parlare?»
«Non lo so. Ha detto solo che ti vuole subito nel suo ufficio, è urgente a quanto pare».
«Oh… oh!»
Wendy si alza di colpo, sistemandosi i vestiti e cercando di fare in modo che la sua agitazione non si noti troppo.
Forse Dennis si è finalmente accorto che Wendy sta lavorando decisamente male da quando è tornata dal suo weekend. Magari l’ha fatta chiamare perché vuole rimproverarla o peggio, è già pronto a licenziarla in tronco…
Oddio.
Inizia a sudare freddo e i pensieri non l’abbandonano nemmeno quando, pochi secondi dopo, bussa timidamente alla porta del suo capo ed è accolta da un allegro:
«Avanti!»
Quando finalmente entra nell’ufficio, leggermente tremante, Dennis è in fondo alla stanza, in piedi dietro alla sua scrivania intento a leggere un fascicolo di fogli tra le sue mani.
«Oh, Wendy, eccoti, accomodati pure!»
Non è che Wendy abbia avuto tanti lavori nella sua vita: prima di lavorare qui ha fatto un mese da au pair in Francia e lavorato come cameriera in un cafè mentre ancora frequentava l’università, ma Dennis è decisamente il capo più strano che abbia mai avuto.
Deve avere pochi anni in più di lei, ma la sua crescita deve essersi evidentemente fermata a quando ne aveva quindici, perché è alto un metro e settantadue, ha ancora una faccia da bambino e una voce squillante che metterebbe in imbarazzo perfino un gruppo di neonati strillanti.
È fin troppo amichevole e fin troppo allegro con tutti i suoi dipendenti, trattandoli come dei vecchi amici e invitandoli occasionalmente a bere tutti insieme al pub dietro l’isolato.
Detto questo, a Wendy non dispiace affatto questo suo atteggiamento, tanto che i suoi sorrisi amichevoli e i suoi commenti affettuosi avevano colto la sua attenzione per quasi tutta la durata dell’estate scorsa, almeno fino al momento in cui lui non le aveva fatto notare – e solo allora lei lo aveva capito – che si comportava in quel modo con tutti e che, sebbene voleva bene a Wendy come qualcosa di più di una dipendente, non aveva comunque intenzione di uscirci insieme.
Wendy era stata talmente imbarazzata dalla sua cotta non ricambiata per il suo capo, che era stata quasi sul punto di dare le dimissioni il giorno dopo, ma Dennis aveva per fortuna reso il tutto più semplice tra di loro: già il giorno dopo si era comportato come se quella stupida e avventata dichiarazione non fosse mai avvenuta e, fino ad oggi, i due non ne avevano mai parlato apertamente.
Meglio così. Wendy si sentiva ancora morire dentro ogni volta che ci ripensava.
Dennis si siede alla sua scrivania quasi nello stesso istante in cui Wendy si posiziona sull’unica sedia posta davanti ad essa, tremando e reggendosi ai braccioli come se ne dipendesse della tua vita.
 «Allora?» le dice Dennis, con uno sfizioso sorrisetto sulle labbra, dopo qualche secondo di imbarazzante silenzio, in cui Wendy è certa di aver urlato interiormente almeno dieci volte. «Perché non me lo hai detto prima?»
Wendy lo fissa in silenzio per una attimo, più confusa che mai.
«Ehm… detto cosa?»
Il sorriso di Dennis si allarga ancora di più.
«Che avevi scritto un libro così bello, no!» esclama con ovvietà.
Oh, no.
Wendy d’istinto alza lo sguardo al soffito, imprecando sottovoce.
Una volta capito al volo il motivo per Dennis l’ha mandata a chiamare, Wendy si rilassa improvvisamente sulla sua sedia, sentendosi stupida ad essersi preoccupata così tanto inutilmente.
Era ovvio che non ci sarebbe stato nessun richiamo, ma che cosa si aspettava?
Così si limita a guardare il suo capo, seduto davanti a lei, con sguardo tediato. Dennis intanto continua a sorriderle, quasi fosse più emozionato di lei per la cosa.
«Immagino tu abbia parlato con Martin…» commenta seccata la ragazza, appoggiandosi allo schienale della sedia e incrociando le braccia al petto.
«Sì beh, deduco che ci abbia parlato anche tu!». Wendy non ha tempo di capire quello che intende Dennis con questa frase, perché subito dopo ha già cambiato discorso: «Lasciatelo dire, Wendy, è un romanzo grandioso… insomma, dato che fai l’editor di lavoro era ovvio che sapessi già scrivere bene, ma ammetto che mi hai… beh, parecchio stupito!»
Wendy non commenta nemmeno. Non sa perché Dennis sembri così entusiasta della cosa o il perché le non lo sia tanto quanto lui.
Non lo sa nemmeno lei… si sente come se avesse appena vinto alla lotteria, ma senza ricevere un premio che le piaceva.
Bello schifo.
«Allora…» continua Dennis, appoggiando le dita sul fascicolo che prima stava leggendo, ora lasciato davanti a lei sulla scrivania. «Sei già pronta a firmare il tuo contratto?»
Wendy spalanca gli occhi, completamente presa alla sprovvista.
«Mphf, cosa?» esclama, dopo una brevissima risata nervosa. «D-di già?»
«Beh, Martin mi ha consegnato il vostro contratto stamattina, quello su cui avete lavorato, quindi pensavo che sarebbe meglio sbrigarci con le pratiche-»
«Aspetta, aspetta, aspetta» lo interrompe Wendy, inclinandosi in avanti. «Stai… stai dicendo che hai intenzione di pubblicare davvero il mio libro? Così com’è, adesso, oggi, in questo momento e con questa… con la nostra casa editrice? E che Martin Forres, quello stesso Martin Forres che lavora qui, sta cercando di farmi da agente?»
È tutto sbagliato. È tutto completamente sbagliato.
Lei non dovrebbe vincere in questo modo. Non dovrebbe vincere così facilmente e poi rendersi conto che non è affatto felice che stia succedendo.
Maledetto, maledetto Martin Forres per aver reso il suo sogno così semplice da realizzarsi, e poi aver ucciso tutto il suo amore un secondo dopo averlo fatto.
«Beh, è ovvio, che lo voglia pubblicare, Wendy! Sarebbe un suicidio economico non farlo, il tuo romanzo è oro puro!» dichiara Dennis con il suo solito entusiasmo. «E poi credevo che tu e Martin andaste d’accorto, non è così? Beh, d’altronde ha creato un contratto davvero coi fiocchi per te!».
Wendy non si sofferma su ciò che le ha detto all’inizio: non ricorda che lei e Martin siano mai andati d’accordo (escludendo ovviamente i tre giorni a Brighton, di cui però Dennis non è a conoscenza), ma non ha nemmeno tempo di protestare, che il suo capo le ha già posto sotto gli occhi il famoso contratto creato da (apparentemente) il suo nuovo agente.
Wendy lo prende in mano con calma e, dopo un ultimo, velocissimo sguardo di rassicurazione al suo capo, inizia a leggere lentamente il contratto.
Lo legge tutto, in silenzio, prendendosi il suo tempo, e Dennis attende senza protestare, aspettando tutto il tempo senza dire una parola.
A metà del contratto, Wendy sospira rumorosamente.
È incredibile: Martin ha creato un affare decisamente troppo buono per qualunque scrittore, garantendole tutti i diritti riservati, il 60% dei guadagni sulle vendite, promozioni, eventi dedicati nelle librerie, nelle scuole e altro ancora…
Senza dire altro, Wendy appoggia il contratto sulla scrivania di Dennis. Lui la guarda incuriosito, poi però le sorride amabilmente, quando la vede prendere una delle penne davanti a lei e con un sorriso triste sul viso, porre una firma l’ultima pagina con enfasi.
«Wow…» commenta sottovoce Dennis, con un leggero sorriso. «è stato veloce».
Wendy richiude il tappo della penna con decisione, rimettendola al suo posto, ma si tiene il contratto ancora per sé, continuando a guardarlo sconsolatamente.
«Già» dice, prima di ritornare a osservare attentamente il suo nuovo, ufficializzato contratto. «Era decisamente un buon affare».
«Certo. Se posso chiedertelo, ma solo perché solo molto curioso… hai già scelto un titolo, vero?»
«Mh?». Wendy alza improvvisamente gli occhi, salvo poi riabbassarli in totale vergogna. «Un titolo? Oh, giusto, dovrei pensarci in effetti…»
Il fatto è che non ha mai penato ad un titolo per il suo libro perché dubitava che qualcuno l’avrebbe mai letto.
E ora, invece, in un attimo è tutto diventato vero, proprio qui, proprio ora, proprio davanti a lei.
È fatta, pensa.
Tutti i suoi sogni sono appena diventati realtà.
E allora perché…
E allora perché si sente così vuota dentro?
«A proposito, Wendy» esclama improvvisamente Dennis, abbassando la faccia, quasi imbarazzato, e facendo finalmente staccare gli occhi di Wendy dal contratto. «So che è passato un po’ tempo e… non voglio di certo metterti a disagio, perciò puoi tranquillamente dire di no, sia chiaro… ma- oddio, probabilmente mi darai dell’ipocrita, dato che ho improvvisamente cambiato idea, ma…»
Wendy lo guarda mentre cerca a fatica di buttare fuori quelle parole, senza capire dove voglia arrivare.
«Ecco, riguardo alla cosa che mi hai chiesto qualche mese fa…» continua Dennis, diventando sempre più rosso in faccia, quasi dello stesso colore dei suoi capelli. «Non lo so… forse il tuo libro deve avermi fatto realizzare che dopotutto non è poi una così cattiva idea provarci… Insomma, ti andrebbe di prendere una birra giù al pub con me, questa sera?»
Wendy lo fissa per un attimo incredula, cogliendo finalmente ciò che voleva dirle.
«Oh!» esclama, ancora scioccata dalla richiesta. «Oh, io…»
Dennis le ha appena chiesto di uscire.
Il suo capo Dennis, quello per cui aveva un’imbarazzante cotta adolescenziale meno di cinque mesi fa, le ha appena chiesto di uscire…
Potrebbe dire di sì, in effetti. E nel retro della sua testa sta iniziando ad insinuarsi un pensiero che forse dire di sì sia la scelta più appropriata da fare al momento.
Dennis d’altronde è carino, è amichevole, è interessante, e ha un buon lavoro; di certo guadagna più di lei, è quasi del tutto certa che abbia un appartamento a Westminster (cosa che le farebbe decisamente comodo), le sta molto simpatico e la  tratta parecchio bene. Lei se n’era accorta già da tempo, che Dennis è, sotto ogni aspetto, una persona con la quale vale la pena provarci, e sotto sotto lo pensa anche adesso.
Ma questo è tutto ciò che aveva sempre voluto: pubblicheranno il suo libro, fa da anni un lavoro che le piace, ha una famiglia che le vuole bene, delle amiche meravigliose e, se ora dicesse di sì a Dennis, potrebbe anche avere un ragazzo che è più che perfetto per lei, e allora tutto sarebbe ancora più incredibile di quanto non sia già per lei.
Tutto quello che ha sempre desiderato è proprio qui, a portata di mano, tutto quello che le basterebbe per ottenerlo è dire un misero “” e la sua vita sarebbe, da ogni punto di vista, perfetta.
Ma, per quanto si sforzi a volerlo, non riesce a dire di sì.
Perché per quanto quel piccolo pensiero sia insistente e decisamente presente, la sua mente, nel momento in cui Dennis le ha fatto quella domanda, è immediatamente volata ad un certo ragazzo con i capelli neri, decisamente troppo alto per lei, a cui piace dondolarsi sulle altalene nella notte come un bambino di dieci anni, che adora sdraiarsi nella neve e fare commenti azzardati (non sempre appropriati) e che è assolutamente adorabile quando indossa il suo paio di occhiali.
Perciò sorride amaramente, perché ormai ha capito che è troppo tardi per poter riuscire a oscurare completamente quel pensiero.
È troppo tardi per dire sì a Dennis, è troppo tardi per dire sì a chiunque: per quanto non lo desideri affatto, è troppo tardi per riuscire a togliere Martin Forres dalla sua testa.
Perciò alza lo sguardo verso il suo capo, pronta per declinare cortesemente, quando Dennis sembra leggerle automaticamente nel pensiero:
«Ovviamente non voglio metterti pressione» le dice, dopo interminabili secondi di silenzio. «Sappi che, anche se mi dici di no, questo non cambia niente tra… uhm, noi: non ho intenzione di trattarti diversamente da come faccio tutti i giorni, insomma».
Wendy gli sorride amabilmente. Forse non si merita nemmeno tutto questo.
«Scusami davvero, Dennis…» gli risponde Wendy, sospirando. «Non prendertela, ma non penso che sia una buona-»
«È tutto okay» si affretta a ribadire Dennis, senza nemmeno lasciarla finire. «Capisco perfettamente. Non volevo rischiare di dirti che già lo sapevo, dato che non ne avevo avuto conferma da te, ma sono certo che Martin è bravissimo ragazzo…».
Wendy spalanca gli occhi, non sicura di aver sentito bene.
«Cosa?» esclama, incredula. «N-no… devi aver frainteso! Non è per quello che-»
«Wendy, andiamo…» ridacchia Dennis, appoggiando la schiena alla sedia. «Pensi che non l’abbia capito? Tutti nell’ufficio lo hanno capito, tutti hanno notato, il modo in cui bisticciate, in cui vi fate sempre commenti alla spalle, ma poi lui si presenta con un mazzo di pervinche al lavoro e scappate per un weekend insieme… non pensi sia l’ora di finirla con tutto questo diniego?»
«Sul serio, non è affatto così!» continua Wendy, insistente, senza dare troppo peso alle confusionarie parole di Dennis. - Cosa intende con “tutti nell’ufficio lo hanno capito”??? -  «Stai andando fuori strada. Tra me e Martin non c’è assolutamente nu-»
«Insomma, avevo già dei sospetti da tempo, ma credo di averlo capito quando ho ricevuto questo contratto qui». Dennis indica con decisione il contratto nelle mani di Wendy, come per evidenziare il suo punto. «Deve essere davvero un rapporto speciale, se ha fatto così tanto per te».
Ha fatto così tanto per te…
Wendy sospira esasperata, dopodiché si alza in piedi all’improvviso, probabilmente  rossa in faccia, a giudicare dal modo in cui Dennis la fissa ridendo.
«Non so che genere di pettegolezzi tu abbia sentito dagli altri…» dice Wendy, avviandosi verso la porta. «Ma non c’è nulla di vero».
Ed è così, non c’è nulla, nulla di vero tra di loro.
Wendy inizia a domandarsi se ci sia mai stato qualcosa di minimamente vero.
 
 
 
Dopo il suo fatidico incontro con Dennis, Wendy ritorna alla sua postazione che già fatica a reggersi in piedi. Di certo non aiuta il fatto che, non appena arriva alla sua scrivania, un enorme mazzo di pervinche è posto al centro di essa, dentro ad un vaso di vetro dall’aspetto decisamente costoso.
Wendy attende un attimo, prima di lasciarsi andare e sospirare, per la milionesima volta in quella giornata. In un veloce scatto, stacca il biglietto di carta pinzata al mazzo, scritto a mano da una scrittura che riconosce all’istante:
 
Scusa ancora per tutto. Spero che il contratto ti sia piaciuto.
Ti ho vista sorridere. Sei bellissima quando sei felice.
M.F.
 
 
 
Sabato pomeriggio Wendy decide di uscire con Hannah, perché dopo una settimana del genere, ha davvero il bisogno psicologico di parlarne con la sua migliore amica della sua situazione.
Con il fatto che Hannah e Sally adesso hanno una figlia di due anni a cui badare, è molto più difficile incontrarsi fuori dal lavoro, ma una volta che Hannah ha sentito per telefono la notizia della pubblicazione del libro, era talmente felice per la cosa, che ha accettato con entusiasmo e ha deciso di risolvere portando sua figlia appresso a loro, in una tranquilla passeggiata ad Hyde Park, ora che finalmente hanno un week-end libero dalla neve.
Wendy decide di fermarsi per prendersi un caffé americano doppio (perché il caffé le manca decisamente a questo punto della sua vita) dopodichè si posizionano sull’unica panchina del parco illuminata dal sole, con il passeggino di Mia in mezzo a loro.
Mentre Wendy sta sorseggiando il suo caffé, Hannah si sporge per prendere Mia in braccio.
«Allora?» inizia, voltandosi verso di lei. «Di cosa volevi parlarmi?»
Wendy finisce con calma il suo caffé. Sorseggia in silenzio, si alza per buttarlo nel cestino più vicino e si rigetta sulla panchina, asciugandosi le labbra con un violento gesto della mano. Prende fiato due volte, prima di voltarsi verso di lei e risponderle.
«D’accordo, allora, uhm…». È strano, di solito lei ed Hannah hanno sempre condiviso tutto, è la prima volta che le nasconde un problema per così tanto tempo. Wendy si rende conto, il motivo è anche perché non sa bene come spiegarsi senza far sembrare il tutto completamente irragionevole. «Mettiamo che tu… insomma, immagina che ci sia questa persona che proprio non sopporti. Che conosci da tanti anni, che sei costretta a vedere tutti i giorni, e, anche se pensi che è decisamente attraente, non riesci proprio a fare a meno di sentirti irratata ogni volta che la incroci…»
Hannah la osserva per un secondo in silenzio, con uno sguardo che lascia intendere che ha già capito dove il discorso voglia arrivare, e che non ne è assolutamente sorpresa.
«Mh-mh?» fa Hannah, in un tono deciso, per capire che ha capito benissimo a chi si riferisca Wendy, ma la ragazza decide di continuare lo stesso con il suo discorso mantenendo il più assoluto anonimato:
«E… mettiamo che tu e questa persona che tu detesti vi troviate in una situazione insieme, non desiderata da te, sia chiaro, in cui sei costretta a passarci un sacco di tempo. E durante tutto questo tempo ti accorgi che dopotutto questa persona non è così male e che forse, forse (dico per modo di dire, molto teoricamente, sia chiaro) potrebbe anche piacerti un filino…»
Hannah continua ad ascoltarla in silenzio, senza battere ciglio, mentre fa saltellare leggermente Mia, seduta sulle sue cosce, lanciandole ogni tanto dei veloci sguardi. Wendy prende un lungo sospiro, prima di riprendere:
«Poi però questa persona ti fa una cosa brutta, che ti fa molto male, e la sua giustificazione è che in realtà tu anche tu gli piacevi già da tempo e che tutto questo lo ha fatto solo e solamente per te. E anche se piace anche a te, tu non puoi proprio fare a meno di offenderti. Così cerchi di andare avanti con la tua vita, ma sebbene gli sforzi, proprio non ci riesci. Anzi, sei tentata di tornare indietro da lui e di lasciar perdere tutto, ma il tuo orgoglio proprio non te lo permette.
Insomma, dato che hai sempre i consigli più adatti, volevo chiederti… che cosa faresti tu in questa situazione… sempre teoricamente parlando?»
Una volta finito il discorso, Wendy si ferma a prendere fiato, dato che improvvisamente non ne ha più in gola.
Hannah sospira rumorosamente, alzando Mia dalle sue gambe per rimetterla con delicatezza nel passeggino davanti a lei.
«Innanzitutto, se stiamo parlando di Martin come penso…»
«Martin? Martin chi? Non ho detto nessun nome, questo è solo un discorso astratto, si sta parlando…»
«…teoricamente, lo so, l’hai già detto. E allora, mettiamo per un attimo – sempre teoricamente parlando – che questa… “misteriosa persona” sia il nostro collega, di nome Martin Forres. Ora, se immaginiamo tu e Martin in questa situazione che tu mi hai appena descritto… non pensi che lui abbia tutto il diritto di fare le cose in segreto?»
Wendy la guarda scandalizzata.
«Cosa? No! Come fai a dire una cosa del genere?» protesta lei, mantenendo sempre un tono di voce basso per non spaventare Mia, ora felice e spensierata al sicuro nel suo passeggino. «Se gli piacessi veramente, allora dovrebbe avere il coraggio di dirmi le cose in faccia!»
«Wendy, te lo dico perché ti conosco, ma il tuo problema è che quando ti metti in testa una certa cosa, non riesci a cambiare idea, per quanto gli altri cerchino di convincerti. Sapevamo tutti quanti che Martin aveva una cotta per te: io, Sally, Dennis, perfino Alice Gambe Lunghe se n’era accorta, non è che lui sia mai stato così tanto attento a nasconderlo, per la verità» continua Hannah, guardandola negli occhi. «Ed è così: è come sei fatta tu, non dovresti dargliene una colpa perché ha cercato di farsene una ragione. Dimmi, perché ti ha fatto così tanto arrabbiare il fatto che ti abbia tenuto delle cose nascoste?»
Wendy sbuffa, voltandosi dall’altra parte. Non le importa nemmeno più che la sua copertura sia crollata e che ora stiano parlando di lei e Martin apertamente. Non le importa, perché pian piano sta iniziando a capire quello che intende Hannah e, in effetti, si sta drammaticamente rendendo conto che ha ragione.
È colpa sua. È sempre stata colpa sua, dannazione.
«Non lo so, forse…» dice in un sussurro, puntando lo sguardo sulla punta delle proprie scarpe. «Forse perché mi ha fatto sentire esclusa. Mi ha fatto sentire come se non si fidasse di me…»
«Beh, non puoi dargliene una colpa, tesoro. Ti voglio bene, lo sai, ma la verità è  che Martin ha provato numerose volte ad avvicinarsi a te; sei sempre stata tu l’unica ad essere scortese tra i due».
Wendy si gira di scatto verso la sua migliore amica, ora completamente indignata.
«Uh? Questo non è assolutamente vero!» esclama ad alta voce, sentendosi sotto accusa improvvisamente. «Quando mai gli ho risposto male senza motivo, sentiamo?»
Hannah la guarda per un secondo in silenzio, alzando un sopracciglio in segno di sfida.
«Sul serio, Wendy? Vuoi che ti tiri fuori una lista?»
 
 
11/9/2015, ore 12.12
«Ho una domanda divertente: a che servono esattamente dieci penne colorate sulla scrivania?»
«Non so, la tua esistenza a che serve invece?»
 
31/3/2016, ore 8.45
«Ciao».
«Oddio no, ti prego, ancora tu, lasciami in pace, AGH, aria, per piacere!»
«Ho solo detto ciao…».
 
21/10/2016, ore 10.22
«Hey-»
«Giuro che se non la smetti di parlare in questo istante, mi butto giù dalla finestra».
«Non siamo al piano terra?»
«Sì. Ma voglio un’uscita drammatica».
 
5/5/2017 ore 9.10
«Hey, Wendy, stavo pensando che per il tuo libro potresti chiedere a Dennis se-»
«La cosa mi stupisce: tu sai pensare?»
 
 
«E va bene! Forse gli ho risposto male qualche volta, forse sono stata scortese ogni tanto, ma questo non cambia che lui mi abbia mentito, che mi abbia ingannata per mesi e solo perché, per qualche assurdo motivo che ancora non comprendo, gli interessava il mio culo piatto!»
«Senti Wendy, le relazioni tra voi etero sono fin troppo complicate per me da capire ancora a pieno, e ho letto così tanti romanzi rosa osceni da fare invidia a qualunque comare di questa città, ma lascia che ti dica una cosa…» riprende Hannah, ora con un tono decisamente più calmo e gentile del suo. «Conosci Martin da così tanto tempo e hai sempre detto, fin da quando ti conosco, che odi tutto di lui. Il suo modo di fare, il suo credersi migliore di te, eccetera. Poi però dopo soli tre giorni passati insieme a lui, tutto il passato improvvisamente si cancella e ti rendi conto che addirittura ti piace? Non credi, allora, di avere un tantino sbagliato a giudicare? Che tu ti sia semplicemente fissata troppo quei difetti che tu vedevi in lui, che tanto te lo facevano odiare, perché hai semplicemente deciso che volevi odiarlo a tutti i costi?»
Wendy la guarda per un attimo, poi sbuffa di nuovo, incrociando le braccia e girandosi dall’altra parte, per fissare il parco davanti a sé, con i bambini che giocano sul prato con gli ultimi rimasugli di neve, e le loro madri sedute sulle panchine a chiacchierare senza degnarli di uno sguardo.
Detesta tutto questo. Detesta questo stupido dramma all’Orgoglio e Pregiudizio (romanzo che, tralatro, non le è mai neanche piaciuto), detesta Martin per averlo creato, detesta rendersi conto dell’amara realtà, detesta rendersi conto di essere sempre stata quella in torto tra i due…
E soprattutto detesta Hannah che glielo ha appena fatto realizzare.
Così si volta di nuovo verso di lei, con uno sguardo offeso negli occhi, e le rivela:
«Lo sai, ti odio, perché hai questo strano talento nel dire la verità, e quasi sempre è una verità che detesto».
Hannah le sorride fieramente. Prende in braccio Mia per un ultima volta e le stampa un bacio sulla guancia prima di rispondere a Wendy allegramente:
«Lo so. Sono sorpresa che tu ci abbia messo così tanto per capirlo».
 
 
Wendy, una volta tornata a casa, si getta sul divano di casa sua lanciando un urlo di sollievo, senza nemmeno togliersi il cappotto, ormai completamente stremata dalla giornata.
Respira per qualche secondo con gli occhi chiusi, provando a rilassarsi.
Quando riapre gli occhi appaiono davanti a lei, appoggiati sul tavolo da pranzo che si trova esattamente nel suo campo visivo, i due mazzi di pervinche che Martin le ha regalato. Quello più vecchio, ormai risalente a due settimane fa, è ormai leggermente appassito, ma lì alla luce del crepuscolo sembra nuovamente risplendere.
Vede il suo tavolo, che è improvvisamente diventato un’ enorme, bellissima esplosione di viola, verde e azzurro. I fiori scintillano così tanto alla luce del sole, che, senza rendersene conto, Wendy si ritrova a sorridere sotto i baffi.
Si alza lentamente a sedere, prendendosi il suo tempo per togliersi finalmente il cappotto e le scarpe, tuttavia rimanendo incollata con il sedere al divano.
Una volta sistematasi, rivolge la sua attenzione al libro posto sul tavolino davanti a lei.
Si tratta di Il sentiero di un uomo, il libro scritto da Martin, quella stessa copia nuova di zecca che lui le ha regalato prima di partire, e che lei ha lasciato momentaneamente su quel tavolino da quando è tornata a Londra, non del tutto sicura sul che cosa farsene. La sua copertina rossa è leggermente illuminata dai raggi del tramonto e il nome di Martin risplende sotto i suoi occhi, a culminare quel meraviglioso quadro.
Wendy fissa pensierosa il libro in silenzio, con le mani a mo’ di preghiera appoggiate sul mento.
Dopo qualche secondo di dilemmi inutili, sospira un convinto “oh, al diavolo” e afferra con decisione il libro, aprendolo di scatto sulla primissima pagina.
Senza neanche volerlo, Wendy si ritrova davanti agli occhi la pagina su cui Martin le ha scritto la sua dedica:
 
 
Dedicato ad una meravigliosa pervinca, da parte del tuo scrittore preferito:
 
“(…)si intrecciano, con le loro lucide foglie, i tralci della mite pervinca, il fiore caro a Rousseau, azzurro-cielo come nessun cielo è mai stato azzurro”
-J.P. Jacobsen, da “Niels Lyhne”
 
Grazie di tutto,
Martin Forres
 
 
Wendy sorride con una nota di malinconia, passando lentamente le sue dita sulla carta e sull’inchiostro asciutto, quasi potesse sentire le mani di chi ha scritto quelle parole.
Dopodichè, dopo aver preso un lungo respiro ed essersi fatta abbastanza coraggio, Wendy volta la pagina e incomincia a leggere.
 
 
Capitolo Primo
 
C’è una storia interessante, che mi piacerebbe raccontare, riguardo ad un ragazzo che conoscevo bene, il quale un giorno come un altro ha deciso di salire sul primo aereo per l’Australia e di dedicarsi al suo folle, follissimo sogno. Perché i sogni, di sa, sono belli proprio perché sono  folli…

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Capitolo 11
*** Lose it ***


N.d.A
Capisco completamente il dolore di non ricevere aggiornamenti per un po' da una storia che seguite (sono una che controlla gli account dei miei autori preferiti praticamente ogni ora per vedere se ci sono aggiornamenti, per farvi capire), quindi scusate moltissimo per questo ritardo, ma si trattava di un capitolo abbastanza importante da scrivere :)
Non sono esattamente soddisfatta di come è uscito in realtà, ma spero comunque che apprezziate la storia nonostante i suoi evidenti difetti. 
Ci stiamo avvicinando alla conclusione, ma non preoccupatevi che riserberò delle sorprese per voi ;)
Scusate ancora,
Mel.


 
 
Wendy non sa esattamente che cosa stia facendo: a stare lì impalata davanti alla porta dell’appartamento di Martin Forres con un sacchetto di plastica in mano si sente estremamente stupida e patetica, ma non ha ancora avuto il coraggio di bussare.
È già una gran fortuna che abbia Dennis come capo, così a Wendy è bastato chiedergli se sapesse l’indirizzo di Martin e lui gliel’ha subito rivelato, senza fare ulteriori domande.
Ora che è qui davanti però, Wendy non ha la più pallida idea di come procedere.
Prende un lungo respiro, due, forse meglio farne tre, tanto per essere più sicuri.
Poi, lentamente, prende coraggio e inizia a bussare alla porta. Tre tocchi forti e veloci, tanto per essere sicuri che abbia sentito.
Quando, dopo quasi venti secondi non riceve nessuna risposta, Wendy è già sul punto di girare i tacchi e andarsene sfiduciata, improvvisamente sente dei passi affrettati avvicinarsi alla porta.
All’interno dell’appartamento scoppia un leggero frastuono, quasi una serie di mobili fossero stati rovesciati di colpo, ma Wendy non ha nemmeno il tempo di elaborare il tutto, perché un attimo dopo la porta davanti a lei si spalanca in un veloce scatto.
Wendy rimane per un istante con gli occhi spalancati a fissare Martin davanti a lei. Indossa i suoi soliti occhiali, una semplice maglietta bianca fin troppo larga per lui ed è leggermente rosso in faccia, quasi come se avesse corso per arrivare ad aprire la porta.
I due si guardano in silenzio per qualche secondo, quando poi Wendy sposta leggermente la testa per osservare l’interno dell’appartamento di Martin, e vede una lampada completamente rovesciata per terra, è lui il primo a rompere il ghiaccio:
«Hey!» esclama all’improvviso, spostandosi di lato per coprire la vista della lampada. «Non sono assolutamente inciampato in quella lampada prima di venire ad aprirti, non so che cosa tu stia fissando».
Un giusto modo per rompere il ghiaccio, e Wendy ridacchia d’istinto.
«Ciao, ehm…» comincia a dire lei, una volta che la sua risata si è calmata. «So che è passato un po’ di tempo dall’ultima volta che ci siamo parlati, ma… insomma, Dennis mi ha dato il tuo indirizzo e così ho pensato di passare a trovarti, se per te va bene…»
Wendy si interrompe un attimo per respirare profondamente, con Martin che la guarda in silenzio, senza capire.
«Ho- ho comprato del Fish&Chips per due» continua, sorridendogli e alzando il sacchetto il sacchetto di plastica che ha in mano. «Oh, e poi volevo dirti che ho letto il tuo libro. È meraviglioso, davvero… il libro intendo, non il Fish&Chips».
Wendy si sente morire dentro, e il silenzio che segue è atroce, ma davvero  non sa proprio che altro dire.
Dovrebbe scusarsi, ringraziarlo del contratto, fare finta di nulla e andarsene?
Rimane ad osservarsi le punte delle sue scarpe per qualche secondo, quando Martin improvvisamente le dice, con la sua voce calma e composta:
«Ti ringrazio, ma in teoria ho già cenato».
Wendy si morde le labbra, cercando di non imprecare verso il cielo, pensando a quanto diamine è stata idiota a pensare che dello schifosissimo pesce fritto da due soldi avrebbe mai potuto risolvere qualunque situazione del cazzo si sia creata tra loro due.
«Certo, scusa il disturbo allora» decide di dire in fine, con un sorriso tirato che nasconde in tutto e per tutto la sua delusione. «Ci… ci possiamo vedere sempre al lavoro tanto!»
«No, Wendy, aspetta-»
Wendy, che era già corsa sulla soglia delle scale, si volta di colpo. Un lievissimo filo di speranza si riaccende in lei.
«Ecco… puoi sempre cenare qua se vuoi. Non voglio farti sprecare quel delizioso Fish&Chips» le dice Martin con un adorabile sorriso, e Wendy si sente quasi il cuore in gola. «Sto cucinando dei biscotti, se vuoi aiutarmi…».
«Sì. Mi piacerebbe» dice Wendy, forse troppo in fretta, ma non si sente in imbarazzo per il suo sorriso smagliante che appare sulla sua bocca in quel momento. «Mi piacerebbe molto in realtà»
 
 
Wendy non si sarebbe mai aspettata che il libro di Martin le sarebbe piaciuto così tanto. Forse il fatto che abbia letto oltre trecento pagine in una sola notte, sacrificando preziose ore di sonno solo per riuscire a finirlo non è abbastanza un indizio evidente, ma lei adora quel libro.
Dentro c’era tutto, lo struggimento di una persona, i sentimenti che portano al fallimento, il dolore e la nostalgia di casa. Era come se Martin avesse preso un pezzo di se stesso e lo avesse stampato a parole. Ammette di aver divorato quel libro, di averlo amato con tutta se stessa, sebbene sia stato un breve amore da una notte soltanto, di essersi rivista in tutto e per tutto nel protagonista.
Queste sono le uniche cose che Wendy vorrebbe poter dire a Martin una volta entrata nel suo appartamento, ma l’imbarazzo che aleggia nell’aria glielo impedisce.
«Allora…» le dice Martin, mentre lei è intenta a togliersi il cappotto e le scarpe. «Vuoi che ci spostiamo in cucina? Scusami davvero, è solo che non aspettavo esattamente ospiti».
«Va bene. Che genere di biscotti stai facendo?».
«Semplici. Quelli al burro con le scaglie di cioccolato. Se resti anche dopo cena puoi assaggiarne un po’»
«Certo. Adoro i biscotti con le scaglie di cioccolato»,
«Ottimo allora».
Senza dire altro Martin si dirige verso una stanza illuminata che, Wendy deduce, sia la cucina, lasciando la ragazza in mezzo all’atrio a guardarsi intorno, senza sapere esattamente cosa fare.
L’appartamento di Martin è decisamente meno lussuoso di quanto avesse immaginato. Si sarebbe aspettata dei tavoli in vetro e scaffali di legno, con sopra appoggiate robe inutili come statue di Buddha e ceneri di nonni defunti, oppure un qualche quadro cubista-moderno attaccato alle pareti, ma non c’è nulla di tutto ciò. Non c’è nemmeno una foto attaccata al muro.
Non che possa considerarsi un brutto appartamento, è praticamente il triplo del buco dove vive lei, ma non può frenarsi dal pensare che le pare tutto incredibilmente spoglio e triste.
«Hai un bell’appartamento!» dice invece Wendy ad alta voce, vagando sul parquet con il sacchetto ancora stretto tra le mani, osservando le pareti bianche immacolate.
«Sì beh, almeno dopo sette anni passati a vivere in casupole in riva alla barriera corallina, sono riuscito a comprarmi qualcosa di carino» sente esclamare Martin dalla cucina.
Quando Wendy finalmente lo raggiunge nella cucina lo ritrova piegato sul forno intento a inserirci la sua teglia di biscotti. Impacciatamene si siede ad un lato del tavolo e apre il contenitore di uno dei due Fish&Chips.
«Ehm…» inizia a dire, non del tutto sicura di che cosa fare.
«Oh, certo scusami» le dice Martin, spostandosi verso il suo cassetto per prendere una forchetta.
Wendy incomincia perciò a mangiare in silenzio, mentre Martin la ignora completamente, dedicandosi esclusivamente a pulire la sua cucina.
Così la ragazza rimane a osservarlo pulire i piatti nel lavandino con le spalle verso di lei, riempiendo la sua bocca di pesce fritto e di patatine per evitare di parlare.
Wendy pensa che potrebbe soffocare da quanto imbarazzo riesce a sentire nell’aria tra loro due, ma non sa esattamente come iniziare il suo discorso.
Martin continua a comportarsi come se non fosse mai successo nulla tra di loro e non sa dire se sia questa la cosa che le fa più male tra tutte.
Forza, digli qualcosa! Digli che ti dispiace, parlagli del suo libro, ringrazialo del contratto! Dì qualcosa per l’amor del cielo!
È tutto così dannatamente sconfortante e spiacevole, che, non appena Wendy ha finito di mangiare, chiede a Martin se può dare un’occhiata al suo appartamento. Martin acconsente, ma continua a dedicarsi alla pulizia dei suoi piatti senza seguirla.
Così qualche minuto dopo Wendy si ritrova a vagare per il salotto, con il solo rumore dell’acqua del lavandino che scorre in cucina come sottofondo.
Passa delicatamente la mano sulle varie mensole, sulle piante da interno e sui piccoli fiori che iniziano a spuntare da esse. In fondo ad una delle mensole, riconosce una piccola pianta, dai fiori violacei e azzurri che fanno capolino tra le foglie.
Pervinche.
Non appena lo realizza, allontana la mano in fretta e si gira completamente dall’altra parte della stanza, cercando di dimenticare la visione di quei fiori, e notando così un interessante oggetto appoggiato su uno dei comò della sala.
«Hey!» si rivolge a Martin che è ancora occupato in cucina. «Hai un giradischi!»
Mentre Wendy si avvicina in fretta al giradischi, sente che lo scorrere dell’acqua del lavandino finalmente si interrompe e qualche secondo dopo Martin emerge dalla cucina, intento ad asciugarsi le mani con un panno.
«Sì, era di mia nonna. Me l’ha regalato qualche anno fa. Cioè in realtà qualche anno fa è morta, io me ne sono solamente appropriato» le dice, mentre si avvicina anche lui all’oggetto.
Wendy vorrebbe davvero ascoltare quello che Martin ha da dirle, ma al momento è completamente ipnotizzata dal giradischi, passandoci delicatamente le mani sopra quasi fosse un inestimabile tesoro. Ne ha sempre voluto avere uno, ma non ha mai avuto lo spazio per tenerlo in casa, perciò vederne uno lì davanti è come un sogno che diventa realtà per lei.
Piegandosi in ginocchio, Wendy inizia a scorrere gli album in vinile che si trovano nello scaffale sotto il giradischi e non si limita a lanciare rantoli di meraviglia nel vedere quanti dischi bellissimi possiede Martin.
«Wow, hai praticamente tutta la discografia di David Bowie, qui sotto, è incredibile!» commenta lei, inserendo sempre di più la faccia tra i vinili. «E di Billy Joel, e di Neil Young, dei The Smiths, e… o mio dio, hai anche la colonna sonora di Alice’s Restaurant! Ma come diavolo fai ad avere queste cose, al giorno d’oggi sono introvabili!»
Martin continua ad osservarla senza dire nulla, mentre Wendy è troppo impegnata a emettere urla di meraviglia ogni volta che trova qualche altra perla nascosta.
Wendy non si rende nemmeno conto della naturalezza con cui le cose si stanno svolgendo in quel momento.
Forse non si confrontano ancora su ciò che è successo tra di loro, è vero, ma per lo meno hanno trovato un momento per rilassarsi e per parlare spensieratamente di qualcosa di semplice e di quotidiano come la musica.
Dopo aver tirato fuori e osservato quasi ogni singolo disco, finalmente Wendy decide di alzarsi in piedi, trattenendosi dal domandare a Martin se per caso possono inserire un vinile nel giradischi, giusto per poter vedere come funziona.
«Wow, tu hai… davvero dei bei gusti musicali». Lo dice come se non se lo fosse minimamente aspettato. «Come diavolo ho fatto a non notarlo?»
forse perché non me lo hai mai chiesto” è certa di averlo sentito dire a bassa voce, e di certo non vorrebbe ignorarlo, ma la sua attenzione viene immediatamente colta da un altro piccolo tesoro che l’appartamento di Martin nasconde.
«Non ci credo: hai anche un ukulele!»
Wendy prende con gioia il piccolo strumento, appoggiato all’angolo del comò, permettendosi di suonare qualche corda, salvo rendersi conto che è terribilmente scordato.
«Sì, beh, l’ho accidentalmente rubato da casa di mia sorella qualche mese fa» sente Martin dire, ma al momento Wendy è completamente presa dallo strumento. «Era lì, abbandonato da anni, e non ho potuto fare a meno di portarlo via con me».
«Il tuo appartamento è come una caverna delle meraviglie. Lo sai suonare?» chiede a Martin, alzando lo sguardo verso di lui, senza nemmeno pensarci due volte.
(È troppo entusiasta del ritrovamento anche solo per stupirsi del fatto che loro due stanno parlando, si stanno comportando come dei vecchi amici e l’aria è improvvisamente meno tesa di prima!)
Martin la guarda in silenzio per un attimo, spostando il peso da un piede all’altro in imbarazzo.
«In realtà no» ammette poco dopo. «Ma sto cercando di imparare, con quegli osceni video di youtube fatti per bambini scemi, per intenderci, quindi non credo diventerò mai un grande ukulelista, ma non ce la faccio proprio a lasciarlo lì a prendere polvere».
«Io lo so suonare invece» gli rivela fiera Wendy, spostandosi e sedendosi ad uno dei braccioli del divano, con le gambe appoggiate sui cuscini. Martin si avvicina e siede immediatamente sul divano di fianco a lei, sebbene a parecchi metri di distanza.
«Sul serio?»
«Sì, mi ha insegnato mio padre. Nessun video di youtube fatti per bambini scemi, ma faccio comunque schifo» dichiara lei con un sorriso.
Wendy inizia a pizzicare le corde e, pian piano, le accorda ad orecchio ad una ad una.
È un bene che abbia ereditato i geni musicali nella sua famiglia. Sua madre, così come Vicky e Millie non saprebbero riconoscere il suono di un flauto da quello di un fagotto, mentre tra lei e suo padre c’è sempre stata una passione comune. Wendy ricorda tutti i pomeriggi passati a suonare in coppia con suo padre, chitarra e ukulele, o chitarra e pianoforte, o semplicemente chitarra e voce, e tutte le canzoni che hanno cantato a squarciagola in macchina durante i loro viaggi in campagna, e non fa a meno di sorridere in quel momento, mentre accorda l’ukulele lì davanti a Martin.
«Suonami qualcosa» le dice Martin, una volta che ha finito di accordare lo strumento.
Wendy normalmente avrebbe detto di no, dato che, da quando lavora e ha uno stipendio e una casa e una vita sociale da mantenere non di certo molto tempo per poter suonare, perciò le sue doti da suonatrice di ukulele sono decisamente arrugginite al momento.
Ma c’è un modo, nel quale Martin la guarda speranzoso, con quel mezzo sorriso ammaliato, che proprio riesce a non farle dire di no.
«D’accordo…» acconsente dunque, sebbene ancora dubbiosa. «Ma ti avviso che non sono un granché».
Wendy non sa esattamente cosa stia facendo, a malapena si sta rendendo conto di cosa stia succedendo, ma c’è come una piccola, fiebile voce dentro di lei che le intima di continuare, di andare avanti e di suonare quei quattro maledetti accordi che conosce a memoria, e di cantare quella vecchia canzone che suonava insieme a suo padre quando ancora era bambina…
 
 
“True love will find you in the end” – Daniel Johnston
 
True love will find you in the end
You'll find out just who was your friend
Don't be sad, I know you will
But don't give up until

 
True love will find you in the end
This is a promise with a catch
Only if you're looking can it find you
'Cause true love is searching too

 
But how can it recognize you
Unless you don't step out into the light, the light
Don't be sad I know you will
Don't give up until
True love will find you in the end

 
 
Quando Wendy finisce di suonare l’ultimo accordo, cala un tetro silenzio nella stanza.
Martin la sta guardando senza dire nulla e Wendy prende quel segno per poter smettere definitivamente di suonare e avere finalmente il coraggio per parlare.
Le parole che le sono rimaste attaccate in mezzo alla gola per fin troppo, finalmente riescono a uscire libere, come un soffio d’aria:
«Mi dispiace» spiffera fuori in un attimo, senza nemmeno rendersene conto. «Mi dispiace, davvero».
Martin la fissa in silenzio, con un’espressione confusa sul viso.
«E per cosa? Non hai fatto mica così schifo…»
«No, intendevo… mi dispiace per come ti ho trattato, per tutto quanto!» esclama Wendy esasperata, stringendo la stretta intorno al manico dell’ukulele. «Ti ho trattato così ingiustamente in tutti questi anni, lo ammetto, non avrei nemmeno il diritto di stare qui a casa tua a parlarti così tranquillamente, a…suonare il tuo ukulele. Ma tu sei sempre così buono con me, e io non lo merito nemmeno. Come dovrei comportarmi secondo te?»
Wendy si sente terribilmente frustrata, mentre Martin è davanti a lei che ridacchia incredulo:
«Beh, Wendy non è che lo faccio apposta ad essere gentile».
Wendy lo guarda sconvolta.
«No, non è quello che intendevo! Non… non sono arrabbiata con te, Martin!» si affretta a specificare la ragazza, finalmente lasciando andare l’ukulele e appoggiandolo sul divano. Oh, ma perché deve sempre sbagliare tutto quanto? «Volevo solo dire che tu-»
«Merda, i biscotti!»
Wendy non ha nemmeno il tempo di rendersi conto di cosa stia succedendo, che subito Martin scatta in piedi e incomincia a correre verso la cucina, lasciandola da sola sul divano. Quando poi sente arrivare un leggero odore di bruciato dalla cucina, si rende conto della cosa.
Certo, i biscotti.
Wendy si sposta lentamente dalla sala alla cucina, dove un filo di fumo si sta pian piano alzando dal forno in fondo alla stanza.
Ormai i biscotti sono insalvabili, è così evidente, ma Martin, per qualche folle motivo, si ostina a voler aprire il forno e a volerci infilare una mano dentro, prontamente senza guanti.
«Aspetta, non-» prova a fermarlo Wendy, ma Martin ha già afferrato la teglia dei biscotti a mani nude.
Accade tutto così velocemente: Martin lascia cadere la teglia con un lieve grido di dolore, ed è così inevitabile l’assordante suono del metallo che si scontra contro le piastrelle. In un attimo i biscotti si spargono a terra, rompendosi e sfracellandosi sul pavimento della cucina, arrivando perfino a toccare i piedi di Wendy, sebbene sia rimasta a parecchi metri di distanza fino ad ora.
Il silenzio cala di nuovo, e Wendy non ha nemmeno il tempo di reagire, che Martin si è già gettato a terra con un grugnito di frustrazione, sedendosi a terra e appoggiandosi con la schiena contro il banco della cucina.
Nonostante la situazione comicamente drammatica e il fatto che Martin sia visibilmente irritato, Wendy non fa a meno di trovarlo carino in quel momento.
I suoi occhiali si sono leggermente appannati per via del fumo, e il leggero broncio che ha sul viso è la visione più gradevole di tutto agli occhi di Wendy.
Non riesce proprio a fare a meno di nascondere il sorriso che si forma sulle sue labbra, dopodichè inizia ad avvicinarsi lui lentamente, facendo slalom tra i pezzi di biscotto sparpagliati a terra, e si siede accanto a lui, con la schiena contro gli armadietti bianchi della sua cucina.
«Beh, forse avresti dovuto usare un guanto, che dici?» commenta ridendo, una volta che ha disteso le gambe lungo il pavimento, in mezzo alle briciole dei biscotti bruciati.
Si volta verso di lui con un sorriso, sperando che di rallegrare la situazione, ma capisce dall’espressione amareggiata che Martin continua a mantenere, che non è esattamente un buon momento di fare battute.
Martin continua a guardare un punto fisso davanti a sé in silenzio e né la presenza di Wendy, né il completo delirio che si è appena creato sul pavimento della sua cucina sembrano minimamente interessargli.
Non capisce che cos’abbia. Sono solo dei maledetti biscotti, dannazione!
«Dai, non preoccuparti, possiamo sempre mangiarli da terra». Wendy afferra due dei pochi biscotti da terra e ne posiziona uno davanti a Martin, nel frattempo sfoggiando uno dei suoi sorrisi più convincenti, in un ultimo disperato tentativo di rallegrarlo. «Mh
Martin sospira rumorosamente, ma almeno decide finalmente di degnarla di uno sguardo e di prendere il biscotto dalle sue mani per assaggiarlo.
Anche Wendy prova ad assaggiare uno dei biscotti color carbone, ma un secondo dopo si rende conto di aver fatto un madornale errore.
«Oh, beh, non sono… così male» cerca di dire Wendy, mettendocela tutta per costringersi a non sputare tutto all’istante.
«Non mentire, fanno schifo».
Martin rigetta con disprezzo il mezzo biscotto che ha assaggiato a terra in mezzo agli altri, dopodiché si lascia nuovamente andare sul bancone con aria sconfitta.
«Dai, non fare così» prova a consolarlo Wendy, senza avere esattamente idea di cosa poter fare di più. «Sono sicura che se ci mettiamo sopra un po’ di glassa riusciamo-»
«Potresti smetterla di cercare in tutti i modi di rallegrarmi, per favore?!»
Wendy si interrompe di colpo, forse dal modo eccessivamente irritato in cui Martin si è rivolto a lei.
Si rende conto solo ora, forse venire qui non è stata l’idea migliore del mondo, forse è solo una stronza egoista che non merita di trovarsi qui, seduta sul pavimento della sua cucina, a cercare di convincerlo che i suoi biscotti al cioccolato bruciati non fanno così schifo come pensa.
«Hai ragione, scusami» dice infine a bassa voce, concentrando lo sguardo sulle scarpe bianche ai suoi piedi. «Solo… mi dispiace vederti così».
Wendy sente Martin sospirare. Quando si fa coraggio e alza lo sguardo verso di lui, però, ha ancora lo sguardo fisso davanti a sé.
«Senti, ho già capito cosa stai facendo, Wendy» incomincia a dire Martin poco dopo, e Wendy rimane in ascolto. «Stai cercando di comportarti da amica con me perché ti senti in colpa, e perché vuoi rendere il tuo rifiuto meno devastante. Ti ringrazio ma non è davvero necessario-»
«No, no, aspetta, che cosa?» si affretta a interromperlo Wendy. Ha inteso la situazione nel modo più sbagliato. Ma perché è sempre così difficile per lei dichiarare le cose chiaramente? «Io non voglio essere tua amica!»
Quando Martin la fissa con occhi spalancati e offesi, Wendy si rende conto che la frase detta così risulta un po’ distorta, così si precipita a spiegarsi meglio:
«Voglio dire… voglio esserlo, ovviamente; ma voglio essere anche qualcosa di più per te. Cioè voglio dire che voglio stare con te, sul serio, come… come in una relazione come… Oh mio dio, faccio troppo schifo a queste cose».
Non è mai stata brava con le dichiarazioni d’amore. Forse perché non ne ha mai fatta veramente una, ma pensava se la sarebbe comunque cavata se avesse improvvisato, e invece si sta rivelando tutto più difficile del previsto.
Wendy prende un lungo sospiro, cercando di farsi chiarezza in testa.
«Quello che intendo è che mi piaci anche tu. Molto. E scusami se ci ho messo quasi dieci anni per rendermene conto, ma forse mi sei sempre piaciuto e io ero solo troppo testarda per ammetterlo» continua, questa volta con calma e guardando Martin negli occhi. «Ma non sono venuta qui per rifiutarti. Sono venuta per chiederti di essere la tua ragazza. Per davvero questa volta».
Una volta finito, Martin la guarda con una strana espressione che Wendy non riesce a decifrare. Sembra confuso, quasi sconvolto dalla rivelazione.
«Tu… vuoi stare con me?» chiede poco dopo.
Wendy annuisce insistentemente.
«Perché
«Non lo so! Perché… perché mi piaci e basta, okay? È così che succede alle persone solitamente: accade e basta. Mi piace come ti preoccupi per me e come mi supporti, indipendentemente da come mi comporto nei tuoi confronti, mi piace come sei riuscito a starmi accanto per così tanto tempo sebbene io sia una spina nel fianco per la maggior parte delle persone. Mi piace come non hai paura ad ammettere le cose, come sei adorabilmente timido a volte e come non cerchi mai una scusa per fare bella figura con gli altri, come tutto quello che fai sia vero. Perché tu sei vero, Martin, tu sei tu, e non fingi di essere nessun altro, ed è questo che adoro più di te».
Okay, non avevo idea che avrei mai potuto dire quelle cose. Wow.
Vorrebbe fermarsi a quel punto, ma ormai il treno delle sue parole è partito e non riesce proprio a fermarlo:
«E il tuo libro, oh, il tuo libro è meraviglioso! Come diavolo ho fatto a notarlo prima? Sono stata così idiota a essere invidiosa, quando invece avevo così tanto da imparare da te» esclama, sentendosi così felice, così libera in quel momento. «Tutto… tutto quanto di te è meraviglioso, Martin».
Di certo non aveva pianificato quel discorso, ma ora che ha buttato tutto fuori Wendy si sente incredibilmente leggera, come se si fosse appena liberata da un fardello.
Non può dire lo stesso di Martin davanti a lei, che la guarda ancora più confuso di prima.
«Sei… proprio sicura che vuoi stare con me? Sono un tale casino».
Wendy scoppia a ridere, lasciando cadere la testa contro il balcone.
«Sì, ne sono sicura. Siamo entrambi un casino: siamo diversi e di certo non ti prometto un rapporto perfetto da commedia romantica con Julia Roberts, né ti posso assicurare che sarai sempre felice… Ma forse, se stiamo insieme, riusciremo ad essere meno incasinati di quello che siamo già».
Wendy si rende conto di stare sorridendo e quando sposta lo sguardo verso Martin, anche lui la sta guardando con un sorriso.
«Allora, cosa dici?» domanda Wendy con un sussurro. «Sembra abbastanza convincente?».
Il sorriso di Martin si allarga ancora di più.
«Aspetta, ci devo pensare…» dice lui. Dopo giusto due secondi, si rigira verso Wendy, di nuovo sorridendo. «Fatto. Direi che è un sì per me».
«Ottimo». Wendy lo ammette, non riesce a smettere di sorridere, sebbene si stia sforzando con tutta sé stessa. Di certo non è la dichiarazione d’amore struggente sotto un mare di pioggia dei film romantici che vedeva da bambina, ma non è andata poi così male, dopotutto. Ma Martin è così bello davanti a lei, così felice, così brillante, che non riesce a smettere di guardarlo. «E comunque… Jag älskar din glasögon*».
Martin le sorride.
«Och jag älskar ditt hår*».
Wendy deduce che quello sia il loro modo per accordarsi.
Due completi idioti, mezzi scrittori, mezzi editori, che si sono innamorati nel modo decisamente più inconveniente tra tutti, ma che finalmente sono felici insieme, in mezzo ad una marea di biscotti bruciati.
Wendy si appoggia con le mani al pavimento, poi si inclina in avanti. Martin rimane fermo, piegandosi leggermente in avanti per assecondarla.
E quando Wendy socchiude le labbra contro le sue, non riesce a fare a meno di sorridere in mezzo al bacio, quando sente che hanno il sapore di scaglie al cioccolato.









*da svedese: 
"Amo i tuoi occhiali"
"E io amo i tuoi capelli"

(Master of swedish mode on)

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Capitolo 12
*** I do adore ***



Vi lascio con questo capitolo che è più che altro 5 pagine di smielatezza a tema Natale perché boh, ho caldo e mi manca l'inverno. Spero rinfreschi un po' anche voi.
Love love love,
Mel.


 
 
È veramente assurdo, Wendy non ha mai comprato dei fiori per qualcuno. Si stupisce della cosa, in realtà nessuno dei pochi ragazzi che ha avuto in vita sua le ha mai regalato dei fiori. A parte Martin, si intende.
Così, quando sbatte il suo mazzo di fiori, in un involontario brusco gesto dovuto dall’imbarazzo, sulla scrivania di Martin, non fa a meno di sentire la vergogna esplodere dentro.
Come risvegliato dal rumore di fiori e foglie buttate sul banco della scrivania, Martin alza all’improvviso lo sguardo verso di lei, a metà tra il sorpreso e il confuso da tutta quella asprezza.
«Ehm… buon quasi Natale?» azzarda Wendy, solo per sentirsi incredibilmente ridicola un attimo dopo.
È assurdo, perché si sente così in imbarazzo in questo momento? Lei e Martin stanno insieme da poco più di due settimane, e già si sente in imbarazzo per degli stupidi fiori.
Martin non è mai sembrato imbarazzato quando le regalava dei fiori, si ricorda lei, e a quel punto non stavano nemmeno insieme!
Ma quando Wendy, sulla via verso l’ufficio, ha notato una piccola boutique piena di mazzi e vasi di fiori colorati, ha subito pensato che quei fiori sarebbero stati bellissimi se abbinati allo splendido sorriso di Martin, così è entrata in un piccolo atto di follia a comprare praticamente ogni singola tipologia di fiore che le piaceva.
È stato tutto un enorme, avventato impulso, non dettato da una particolare occasione, ma dalla sua imbarazzante cotta adolescenziale che ha in questo momento per il suo collega, e non riesce proprio a farsene una ragione.
Wendy è sul punto di riprendersi il mazzo di fiori e di lanciarlo dalla finestra, chiedendo a Martin di dimenticare tutto quello che ha appena visto, ma viene, giusto in tempo, bloccata dal sorriso sul suo viso, così raggiante e sincero che Wendy vorrebbe fargli una foto in questo momento e tenerla incorniciata per sempre.
«Sono per me?» domanda eccitato Martin, osservando i fiori sulla sua scrivania con gioia.
L’imbarazzo sembra volare via da Wendy in quel preciso istante.
«Sì, dei bellissimi fiori per un bellissimo Martin. Non sapevo che generi di fiori ti piacessero, perciò ho praticamente comprato l’intero negozio» afferma lei con un sorriso, abbassando gli occhi su quel caotico ammasso di colori e foglie differenti che è il suo bouquet, rendendosi conto solo in questo istante che non è affatto splendido come pensava. Anzi, fa schifo. Oddio, deve sembrare davvero un’idiota in questo momento. «Mi dispiace… è forse un po’ troppo esagerato?»
«No, mi fa piacere che combatti gli stereotipi di genere in questo modo» dice Martin, afferrando finalmente il mazzo di fiori e portandoselo al viso, senza smettere di sorridere neanche un secondo. «E poi nessuno mi aveva mai regalato dei fiori prima. Sono davvero belli, grazie!».
Wendy finalmente sospira, sentendosi vittoriosa di non aver rovinato tutto come fa di solito.
È solo a questo punto che si decide a prendere una sedia libera e a posizionarsi davanti alla scrivania di Martin, mentre lui è ancora disperso a esaminare ogni singolo petalo del suo nuovo mazzo di fiori.
«Scusami, è solo che non so mai come comportarmi con te. Volevo solo fare qualcosa di carino per dimostrarti che, insomma… ci tengo a te».
«Non devi farlo per forza» risponde Martin, con una nota di premura nella sua voce. «Voglio dire, mi fa piacere che tu voglia farlo, ma non devi sentirti obbligata. Riesco a capirlo anche senza un grande gesto romantico, Wen».
«Devo sembrarti ridicola in questo istante, ma è da molto tempo che non mi piace qualcuno così tanto; per questo la mia testa è completamente incasinata in questi giorni».
Ed è la verità, in tutti i sensi. In pochi giorni era riuscita a perdere pagine di romanzi da editare, a sbagliare indirizzi e-mail e a dimenticarsi riunioni da dover seguire, e tutto perché non era in grado di controllarsi. È davvero patetica.
Ma Martin, che sta ancora tenendo occupate le sue dita accarezzando ogni foglia dei suoi fiori, le lancia un sorriso malizioso.
«Oh, quindi ti piaccio?»
«Sì» ridacchia Wendy, inclinandosi leggermente sulla scrivania. «Credevo lo avessimo già stabilito».
«Scusa, è che mi realizza troppo sentirtelo dire ad alta voce».
«Sei… davvero uno stronzo» commenta Wendy. Vorrebbe risultare cattiva nel dirlo, ma il suo sorriso impresso sulla bocca tradisce ogni sua intenzione.
Vorrebbe anche continuare a fare battute o a fingersi offesa, ma non fa in tempo a farlo, quando Martin si avvicina a lei e preme le labbra contro le sue.
Baciare Martin è sempre così bello. Le sue labbra sono bellissime, lui è bellissimo, tutto quanto, in questo istante, è bellissimo.
E Wendy non riesce proprio a farne a meno, non riesce a convincersi a staccarsi da quel bacio, a quelle labbra così distraenti, fin quando non sente un forte tum di fianco a lei, il rumoroso colpo di una mano sulla scrivania, che la risveglia da quella specie di ipnosi che Martin le causa ogni volta con i suoi baci.
«Che schifo». La voce di Hannah le arriva alle orecchie mentre la sua migliore amica si sta già allontanando da loro per dirigersi verso la fotocopiatrice in fondo all’ufficio. «Almeno risparmiate a noi povere vittime spettatrici le vostre viscide smancerie da adolescenti in calore».
Sebbene il commento spiacevole, il sorriso e il tono scherzoso di Hannah lasciano intendere che non è tutt’altro che infelice di vedere Wendy e Martin lì insieme.
«Stai zitta, ti ricordo che tua moglie lavora in questo stesso ufficio, e io ho dovuto per mesi sorbirmi i tuoi capricci e piagnistei perché non riuscivi ad ottenere un appuntamento insieme a lei» rilancia Wendy, voltandosi verso di lei, sforzandosi di non scoppiare a ridere.
«Oh, non sapevo fossi gelosa! Non esserlo, mia dolce Wendy, posso limonare anche con te se vuoi, tesoro!» esclama Hannah, dirigendosi velocemente verso di lei. «Posso limonare con tutti, se ti fa più piacere! Martin, posso limonare anche con te?»
Martin è quasi sul punto di risponderle per davvero, quando Wendy riesce ad essere più veloce di lui e a rispondere ad Hannah con un esasperato:
«Va bene, ho capito! Niente smancerie davanti a te, ora vattene via!»
Hannah conclude la sua breve visita con un sorriso vittorioso e un bacio sciatto impresso sulla nuca di Wendy.
«Ti voglio bene anche io!» la sente urlare, mentre si allontana di nuovo verso la fotocopiatrice.
Wendy scuote la testa, rigirandosi verso Martin che a sua volta si sta sforzando di non scoppiare a ridere. Wendy gli prende una mano, giocando delicatamente con lei sue dita, senza staccare gli occhi dalle iridi azzurre di Martin.
Oh, è così bello, è così adorabile, è così perfetto.
Lei detesta tutto questo, detesta le smancerie, il mostrarsi così cotta di qualcuno in pubblico, ma non riesce a farne a meno con Martin. Potrebbe anche trovarsi in mezzo ad uno stadio con una folla in ascolto o in diretta mondiale in tv e non perderebbe un secondo per dichiarare il suo amore per Martin. È così tanto cotta.
«Allora» le dice Martin, mentre Wendy è ancora intenta ad accarezzargli ogni singolo dito della sua mano. «Che ne dici di un appuntamento romantico questo sabato?»
Sabato. Oggi è giovedì quindi è a due giorni di distanza. Ugh, perché devono aspettare così tanto? Perché non possono avere un appuntamento romantico ogni giorni?
Wendy è quasi sul punto di rispondere di sì con entusiasmo, quando ritorna alla realtà ricordandosi di qualcosa.
«Oh, questo sabato non posso…» ammette a malavoglia. «c’è la festa di compleanno di mia sorella».
Martin inarca le sopracciglia.
«Di Vicky?» domanda confuso, dato che sono consapevoli entrambi che il compleanno di Vicky è ad ottobre ed è già passato da un pezzo.
«No, di Millie. Sai, la mia sorellina di nove anni di cui ti ho parlato a Brighton…».
«Ooh, giusto». Martin annuisce abbassando lo sguardo. Wendy si sente quasi in colpa per averlo appena rifiutato.
«Sì insomma, normalmente avrei saltato qualunque festa per te, ma dato che Millie è ancora piccola mi sembra brutto non esserci per il suo compleanno».
Le parole le escono di bocca prima ancora che se ne renda conto. Martin spalanca gli occhi, fissandola con un largo sorriso e adesso è lui quello a prendere le mani di Wendy tra le sue e ad iniziare ad accarezzarle.
«Oh, salteresti qualunque festa per me, davvero?»
Wendy serra gli occhi chiusi, sentendosi sempre più ridicola ad ogni momento che passa con lui.
«Ssshh, ti prego, sono già abbastanza imbarazzata della mia intera esistenza in questo momento, non peggiorare la situazione» sussurra con serietà, ma Martin invece comincia a ridere contento. La sua risata è come una melodia angelica, l’autentico suono dei cancelli del paradiso che si aprono.
«Non fa niente. Dimenticherò che lo hai detto. Allora, possiamo uscire domenica?» domanda Martin, dandole un piccolo bacio sul lato della bocca.
Wendy non trova alcuna possibile obiezione a quella nuova proposta.
«D’accordo, domenica va benissimo» risponde con un sorriso smagliante.
«Posso concederti un bacio per farti perdonare».
Wendy non ha bisogno che glielo si ripeta due volte. Bacio e Martin sono la sua correlazione preferita. Non potrebbe rifiutarla per nessuna ragione al mondo.
Così si perde a baciare le deliziose labbra di Martin per un momento e niente potrebbe mai rovinare quell’istante, nemmeno la voce squillante di Hannah che passa di fianco a loro e li saluta con un:
«Eeeeww, credevo avessimo firmato un accordo, Kaligan!»
Wendy è ancora a pochi centimetri dalla faccia di Martin quando si sposta leggermente per poter urlare verso la schiena di Hannah che già si allontana:
«Ti voglio bene anche io!»
 
 
Le feste di compleanno di Millie sono sempre state spaventose.
Il fatto che sua sorella sia nata a fine dicembre non aiuta affatto in quanto le sue feste sono sempre, incondizionatamente, insolubilmente a tema Natale.
A Wendy piace il Natale, non ci trova nulla di male nell’apprezzare il Natale, ma l’ossessione di Millie supera veramente qualunque limite umano. Nessuna bambina sana di mente chiederebbe come regalo per il suo nono compleanno un abete vero e decorazioni natalizie per il suo giardino. Nessuna bambina sana di mente pretenderebbe un Babbo Natale finto che faccia visita a lei e ai suoi invitati durante le sue feste di compleanno.
Ma in effetti, Millie non è poi tanto sana di mente e questo forse è ciò che le piace più di lei.
Sua sorella ha avuto la richiesta (anzi no, la pretesa) che tutti gli invitati alla sua festa indossassero un colore a scelta tra il verde e il rosso. Qualunque altro colore non era accetto.
Ed eccola quindi, trotterellare da un lato all’altro della stanza con il suo vestitino dalla gonna verde con su ricamati delle renne e degli zuccheri canditi (costume creato da loro madre in persona), con il suo cerchietto con le orecchie da renna tra i riccioli scuri, a passare da un invitato all’altro per ritirare i suoi pacchi regali. Bambini e bambine dentro enormi gonne rosse e verdi saltellano e strillano per tutto il salotto e Wendy vorrebbe morire, ma allo stesso tempo è così tremendamente felice.
«Ricordami ancora perché partecipiamo a queste feste ogni anno» dice Vicky, prendendo un sorso del suo champagne. Lei e sua sorella, con addosso i loro identici vestiti rossi con un aberrante Babbo Natale sorridente stampata sulla gonna, sono rimaste in un angolo della stanza, a osservare la scena del cumulo di bambini al centro del tappeto che dimenano le anche e i bacini al suon di Jingle Bells Rock mentre adulti seduti intorno a loro battono le mani a tempo.
Vicky scoppia a ridere, appoggiando la schiena contro il muro. In testa indossa un cappello da Babbo Natale che si affloscia contro i suoi capelli castani. Anche Wendy avrebbe dovuto indossarlo per completare il look, ma si è rifiutata categoricamente, dato che sarebbe risultato troppo in contrasto con il colore dei suoi capelli.
«Ma come, Wen, credevo adorassi darti alla pazza gioia su Santa Claus Is Coming To Town e abbuffarti di dolci natalizi come ogni anno».
«Dimentica quello che ti ho detto: ricordami perché non ho ancora provato a scappare neanche una volta da una di queste feste» ribatte Wendy, ma cerca di nascondere il suo sorriso bevendo un altro sorso di champagne.
«Oh, così puoi correre dal tuo nuovo fidanzato
Wendy per poco non soffoca nel suo champagne. Vicky la sta guardando con un ammaliato sopracciglio alzato, mentre sente la sue guance diventare sempre più rosse.
«Non… non è affatto così!» prova a dire Wendy tra i colpi di tosse.
«No certo, e tu non diventi del colore di un aragosta ogni volta che parliamo di lui».
Merda.
Maledetto il giorno in cui ha finalmente detto a Vicky che lei e Martin stavano insieme. Non solo si era dovuta sorbire esaltazioni e abbracci entusiasti, oltre alle assolutamente evitabili battute sul “siamo state con lo stesso ragazzo, siamo anche sorelle di pene”, adesso deve anche subire le costanti stuzzicate di Vicky a riguardo.
«Sul serio, però» riprende sua sorella poco dopo, in un improvviso tono serio. «Sono felice per te e Martin, davvero. Era da tanto che tu gli piacevi».
«Ehm, a proposito, grazie… per il libro» dice Wendy, tenendo gli occhi fissi sul giallo del suo champagne. «Voglio dire, so che hai praticamente rubato e venduto il mio libro a mia insaputa, ma penso che se non lo avessi fatto io starei ancora qui ad abbattermi e a piagnucolare su quanto faccia schifo come scrittrice».
«Non devi ringraziare me, è Martin che ha fatto tutto alla fine. Io ho solo fatto il lavoro sporco da criminale». Vicky le fa l’occhiolino e Wendy si ritrova a riflettere il suo sorriso. «Ma devo anche chiederti scusa. So di non aver avuto il comportamento più onesto nei tuoi confronti. Ti ho mentito sul libro, e su Martin e su tutto il resto. E, ti giuro, ogni volta che lui mi pregava di tenere il tutto segreto mi sentivo morire dentro, perché ti ho sempre detto tutto e avrei dovuto mentire alla mia amata sorellina e per questo mi sentivo tremendamente in colpa. Ma l’ho fatto perché ti voglio bene, e perché non voglio nient’altro che vederti felice».
«Lo so, e ti voglio bene anche io» dice Wendy, guardando negli occhi sua sorella. Poi si lascia uscire un lungo sospiro, pensando a ciò che sta per dire. «E grazie per non odiarmi perché il tuo primo amore si è scoperto essere sempre stato innamorato di me in realtà».
«Oh, lo sapevo! L’ho sempre saputo, Wendy!» afferma Vicky, e a questo punto Wendy si ritrova a fissarla con occhi spalancati, causando la risata di sua sorella. «Parlava in continuazione di te, mi faceva così tante domande che un giorno, penso fosse giusto poche settimane prima che ci lasciassimo, per l’esasperazione mi arrabbiai con lui e gli gridai contro: “cosa c’è, ti piace mia sorella per caso?”. Indovina che cosa mi rispose».
Wendy rabbrividisce solo all’idea.
«Non oso immaginare l’imbarazzo».
«Fu decisamente imbarazzante, ma ormai è inutile continuare a rimuginare sul passato» Vicky inizia a osservarsi intorno, e Wendy automaticamente inizia a fare la stessa cosa. «Guardaci adesso, Wen. Sei felice, hai un ragazzo, un libro in arrivo, oltre ad avere una sorella meravigliosa come me. A che ti serve pensare al passato?»
Forse Vicky ha ragione, forse non serve a niente pensare al passato. Forse era veramente ossessionata dal passato, come le aveva detto Martin quella volta, ma forse le cose sarebbero cambiare adesso.
Wendy non lo sa, ma si sente così leggera, così felice. E non le interessa di sapere cosa è successo, né le può importare nulla di cosa succederà in seguito, perché è adesso quello che conta. Se ne sbatte di dove sarà tra vent’anni, di cosa ne sarà del suo libro o se mai ne scriverà un altro, delle eventuali difficoltà che arriveranno, non le interessa nulla di nulla. Ciò che le interessa per il momento è di trovarsi alla festa della sua amata sorellina, con un’enorme faccia di babbo natale stampata sulla gonna, e la sorella migliore del mondo di fianco a lei.
Wendy sta quasi per ringraziare Vicky di tutto, quando sua sorella la precede e parla prima di lei.
«A proposito, non odiarmi, ma dovevo farmi perdonare in qualche modo…»
Wendy aggrotta le sopracciglia, senza capire a cosa si stia riferendo.
«Cosa-»
All’improvviso il campanello di casa suona.
Wendy non ha nemmeno il tempo di registrare cosa stia succedendo, che sua madre è già corsa ad aprire la porta. Da dietro spunta fuori Martin, vestito elegantemente e con un colorato mazzo di fiori in mano.
«Oh, Martin Forres, da quanto tempo!» esclama sua madre, guardandolo sorpresa. «A che cosa devo la splendida visita?»
Wendy si precipita verso di loro prima che Martin possa risponderle e causare ulteriori disastri.
«Martin! Cosa- cosa ci fai-»
Non ha nemmeno il fiato per continuare la frase. Si lancia sguardi confusi in silenzio con sua madre e Martin, nessuno sembra capire la situazione.
«Ehm…» è Martin il primo a parlare. «Io…»
«Sono stata io ad invitarlo».
Wendy si volta sconvolta verso Vicky, che li ha raggiunti e si è posizionata di fianco a lei dopo averle rivelato la catastrofica notizia.
«Eh?» sussurra Wendy, avvicinandosi a sua sorella, sempre più confusa. «…Perché?»
«Oh, insomma, Martin fa parte della famiglia adesso. Lo conosciamo da anni e in più adesso che state insieme-»
Wendy deve trattenersi dallo strillare a quel punto.
Cosa diavolo è venuto in mente a Vicky di dire una cosa del genere davanti a sua madre? Per ora sua sorella è l’unica a sapere di lei e Martin, non passano neanche due settimane e ha già rivelato il segreto al mondo intero?!
La reazione di sua madre tuttavia è ciò che la sconvolge più di tutto il resto.
La donna alza semplicemente le sopracciglia ed esclama, senza la minima sorpresa:
«Oh, ottimo. Ce ne avete messo di tempo».
Mh… Cosa?
Quindi anche sua madre sapeva che Martin aveva una cotta per lei?
Wow, deve fare veramente schifo a capire i segnali se perfino sua madre, una persona che non sa nemmeno usare google senza causare una guerra nucleare di scala mondiale, ci era arrivata prima di lei. Wendy si morde le labbra, mentre Martin sposta lo sguardo sulle tre donne vestite da Mamma Natale davanti a lui.
«Io… mi dispiace, non lo sapevo» si scusa lui, mentre le guarda confuso (Wendy non sa se sia per via della situazione altamente imbarazzante o per via dei vestiti che indossano – ugualmente imbarazzanti) «Vicky mi aveva detto che non c’era problema se passavo… posso anche andarmene se-»
«Assolutamente no! Grazie per i fiori comunque!» lo interrompe Vicky, strappandogli di mano il mazzo di fiori con talmente tanta violenza che alcune foglie si staccano e cadono per terra. Sua sorella si avvicina poi velocemente a sua madre e la prende a braccetto. «Vieni mamma, credo che lo zio Thomas si sia soffocato con una tartina…».
In un attimo impercettibile, sua madre e sua sorella si rifugiano in salotto, dove la musica e la festa stanno continuando, abbandonando Wendy e Martin in silenzio sul vano della porta.
«Ehm, scusami, Vicky mi aveva detto che ne eri al corrente» dice Martin, interrompendo per primo l’imbarazzante silenzio tra i due. «Me ne vado se ti creo problemi-».
Martin si volta per andarsene ma Wendy gli afferra una mano fermamente.
«No! No… Davvero, non sono arrabbiata con te. È solo Vicky che…insomma, ha dei modi un po’ strani nel risolvere le cose. Resta, mi fa piacere, davvero».
Martin evidentemente si lascia convincere da quelle parole, perché le mostra un sorriso e la segue all’interno della casa, la sua mano ancora stretta a quella di Wendy.
Non fanno nemmeno in tempo a incamminarsi verso il salotto, che si ritrovano Millie in piedi davanti a loro a sbarragli la strada, in tutto il suo metro e venti di magnificenza, che fissa Martin dall’alto in basso con sguardo truce.
È ovvio che Martin si sente in imbarazzo ad essere guardato dall’alto in basso da una bambina di nove anni con delle corna da renna in testa, per questo resta per un attimo in silenzio, ma Millie interviene prima che possa fare domande:
«Sei il ragazzo di Wendy?» domanda la bambina bruscamente.
Martin lancia uno sguardo confuso a Wendy, a cui la ragazza non sa davvero come rispondere.
«Ehm… sì…?» risponde Martin.
A quel punto Millie sposta i suoi occhi minacciosi da Martin e li posiziona invece su Wendy.
«Wendy, perché il tuo ragazzo è così bello? Voglio sposarlo io. Lascialo, così si può sposare con me».
Wendy ricambia lo sguardo truce di sua sorella. Martin adesso è evidentemente ammaliato dalla situzione, dato che Wendy lo sente ridacchiare dietro di lei.
Ah, quanto detesta quella bambina.
«Non è un tantino troppo vecchio per te, eh Millie?» dice Wendy a denti stretti.
«Fa niente! Aspetterò qualche anno così divento abbastanza grande per sposarlo, va bene?»
Wendy sta per trascinare via Martin dalle grinfie di quel mostro sotto mentite spoglie che è la sua sorellina, quando Millie la supera in velocità, e afferra la mano libera di Martin e inizia a spingerlo via da lei.
«Comunque mi serve qualcuno che metta la stella sull’albero» dice Millie, rivolgendosi esclusivamente a Martin. «Sei alto, quindi sei perfetto, vieni».
Martin non ha nemmeno il tempo di ribattere che viene letteralmente trascinato in salotto da Millie. Tuttavia, a giudicare dal sorriso ammaliato sulle sue labbra, è evidente che gli sta bene così.
Wendy è lasciata da sola davanti all’ingresso ad ascoltare le strilla divertite dei bambini e le canzoni natalizie al massimo volume nella stanza di fianco.
Sospira.
È quasi del tutto certa che un giorno finirà per uccidere le sue sorelle.
Non sa ancora in quale ordine, ma ci sta lavorando.
 
 
«Bene, direi che hai fatto ufficialmente colpo su tutta la mia famiglia» ridacchia Wendy, prendendo l’ultimo sorso di champagne rimasto nel suo bicchiere. «Non che sia difficile, ovvio».
Martin sta ancora ridendo quando si posiziona stremato contro la parete davanti a lei. In due ore è riuscito a conquistare non solo i suoi genitori, che lo amano follemente, e i suoi zii, che si sono rivelati tutti dei grandi fan del suo libro e hanno passato quasi tutta la serata a fargli domande a riguardo, ma è anche diventato l’idolo di tutti i bambini presenti alla festa, Millie compresa, cosa della quale Martin è decisamente lusingato.
In due ore ha anche guadagnato un cerchietto con orecchie da renna identico a quello di Millie e degli enormi occhiali verdi di plastica con la scritta “Buon Natale” in alto, che sta indossando in questo momento.
È veramente ridicolo ma vedere Martin in quello stato, a sorridere incessantemente come se stesse vivendo il giorno più bello della sua vita, fa fare al cuore di Wendy certi salti mortali da Cirque du Soleil.
«Grazie, apprezzo immensamente il commento».
Si guardano per un attimo in silenzio e in quel momento Wendy è certa di vedere delle supernove negli occhi di Martin.
«Dimmi, Wendy…» le dice Martin, senza staccare i suoi occhi-supernova dai suoi.
«Mh-mh?»
«Per caso lo hai fatto apposta a posizionarti in questa parte della stanza?»
«Perché me lo chiedi?»
«Perché sei esattamente sotto a un vischio».
Wendy mentirebbe se dicesse che non lo ha fatto apposta, ma non osa rivelarlo ad alta voce. Perciò commenta:
«Può darsi».
Sì, può darsi che si sia posizionata apposta sotto al vischio ad aspettare Martin. Può darsi anche che le supernove nei suoi occhi siano esplodendo altrettanto, non le è dato saperlo, ma le sente più che mai.
Può darsi che baciare un ragazzo con addosso delle orecchie da renna sotto a un vischio sia più spettacolare di quanto avesse mai creduto.

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