To Kanagawa

di Claudiac91
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Intro ***
Capitolo 2: *** Dove sono finita? ***
Capitolo 3: *** Amici ***
Capitolo 4: *** Occhi negli occhi. Sgranati. ***
Capitolo 5: *** Pensieri ed incontri ***
Capitolo 6: *** Contatti ***
Capitolo 7: *** Amarezza ***
Capitolo 8: *** Insieme ***
Capitolo 9: *** Farà al caso tuo? ***
Capitolo 10: *** Richieste, notizie e dubbi ***
Capitolo 11: *** Sconfitte ***
Capitolo 12: *** Next ***
Capitolo 13: *** Sfumature ***
Capitolo 14: *** Love, Sex. ***



Capitolo 1
*** Intro ***


 
 
 
 
Il mare di Kanagawa era splendido. Per non parlare dell’odore. Anko respirava a pieni polmoni, col finestrino completamente abbassato. Affacciatasi, i suoi lunghi capelli neri si sparpagliavano per l’aria.
 
Nonostante il clima freddo, quella sensazione le piaceva. Le dava benessere. Conforto. Quello di cui aveva bisogno.
 
- Anko alza quel finestrino o prenderai un malanno!- sbottò suo padre, stufo di doversi congelare.
 
Con un sospiro la ragazza si rimise ritta a sedere, chiudendo il finestrino. Accavallò le lunghe gambe mentre i suoi occhi verdi e dal taglio a mandorla si mantennero in direzione del mare. A Tokyo non aveva questo lusso, pensò.
 
Già, Tokyo…la sua città di sempre, la sua dimora. Il suo piccolo paradiso terrestre. O almeno era.
 
Ancora una volta in quel viaggio in macchina con suo padre, si chiese come diamine ci era finita in quella situazione. Come aveva fatto ad abbandonare la vita di sempre per tuffarsi senza paracadute in una nuova “avventura”. Era l’unico modo simpatico per poter definire le circostanze. Non che Kanagawa non la conoscesse. Anzi. Suo padre era nato lì. I suoi nonni paterni erano originari della Prefettura. Spesso passava qualche giorno delle vacanze estive o di primavera quando i nonni erano ancora in vita. Ma una volta deceduti qualche anno prima, non ci aveva più messo piede. Ed ora doveva farne la sua nuova casa.
 
Con la coda dell’occhio osservò suo padre, muto e pensieroso mentre guidava e teneva lo sguardo verso la strada. Non aveva parlato granchè, né aveva chiesto alla figlia se aveva bisogno di una sosta o un semplicemente “ come stai” . Raramente la ignorava, e quelle poche volte che accadeva Anko sentiva un totale disagio. Questo perché suo padre era la sua ancora. Il suo modello di vita.
 
Alla domanda che quasi tutti gli adulti fanno ad un bambino,“a chi vuoi più bene”, lei avrebbe risposto senza batter ciglio “ a mio padre Daisuke”. Avvocato di fama, cresciuto in una famiglia benestante,  Daisuke Saito si trasferì a Tokyo per frequentare la Facoltà di Legge, dove prese a pieni voti e in poco tempo la laurea. Fu all’Università che conobbe sua moglie Kaori. Anch’ella appartenente ad una famiglia benestante ed originaria di Tokyo.
 
Galeotto fu il basket.
 
Questi, infatti, presero confidenza sul campo da basket della Facoltà, dove di tanto in tanto entrambi si davano a qualche tiro al canestro. Avevano messo da parte lo sport per gli studi, ma nulla impediva loro di sgranchirsi un po’ le gambe. Passione tra l’altro trasmessa alla figlia Anko. Quest’ultima fino alla primavera scorsa aveva fatto parte della squadra femminile della sua scuola media. Se la cavava piuttosto bene, al punto tale che suo padre aveva pensato di iscriverla ad un istituto superiore privato in cui si formavano squadre femminili.
 
Tutto doveva procedere ottimamente. Come sempre. Ma per la prima volta nella sua vita, Anko si era ritrovata davanti ad un bivio.
 
C’era un motivo per la quale aveva sempre preferito suo padre. Colui che più di tutti le regalava attenzioni, tavolta anche severe se l’occasione lo richiedeva. Invece sua madre era completamente devota al suo lavoro. Di professione aveva intrapreso una strada differente da quella del marito. Si trattava di un pubblico difensore d’ufficio. Prendeva molto a cuore casi di ragazzi orfani o dimenticati completamente dalla propria famiglia, tendenti a prendere strade cattive. Spesso affermava di sentirsi in debito nei confronti di queste persone, perché meno fortunati di loro.
 
Anko alzò gli occhi nel pensare a quante volte, sua madre si era presentata di ritorno da lavoro con un ragazzo o una ragazza per ospitarli i giorni prima di un’importante udienza. E quante volte si era ritrovata a dormire di notte nella sua stanza con la porta chiusa a chiave. Aiutare i meno fortunati andava a bene, ma non fino a questo punto. Menatasi completamente nel suo lavoro, Kaori aveva forse dimenticato chi era in realtà la sua famiglia. A chi doveva tutte quelle attenzioni. Spesso la cosa aveva dato sfogo a discussioni senza fine, che si interrompevano con porte chiuse in faccia o un “ Non capisci”. Tuttavia il giorno dopo tutto tornava nella norma. O meglio nella finta norma alla quale la famiglia Saito era costretta a vivere, pur di restare in pace. Ma un ostacolo così grande non poteva essere ignorato per sempre. Un mese prima, i genitori della ragazza decisero di separarsi per un po’ di tempo, non definito, e Daisuke si sarebbe trasferito a Yokohama, sua città natale, per far si che la distanza aiutasse in qualche a modo a ricucire la relazione. Anko non avrebbe sopportato la lontananza di suo padre, così dopo schiamazzi e proteste lo convinse a portarla con sé. Non le importava di lasciare l’istituto alla quale era stata indirizzata. Non le importava di non trovare una squadra in cui giocare. Voleva fuggire via da sua madre, da Tokyo, da quell’orribile situazione in cui viveva consapevolmente in silenzio da troppo tempo. Sapeva che se fosse rimasta dov’era nata e cresciuta sarebbe stata completamente abbandonata a sé stessa. Così dopo varie organizzazioni per il trasferimento, l’iscrizione nella nuova scuola, eccetera, quel pomeriggio, senza neanche aver visto lontanamente un piatto caldo per pranzo, Daisuke e figlia avevano preso gli ultimi bagagli ed erano partiti. Il sole stava ormai calando nel mare, quando finalmente erano entrare nella Prefettura di Kanagawa. Ancora poco e avrebbero messo piede nella nuova casa. O meglio quella dei nonni. E a dirla tutta non si trattava neanche di una casa.
 
Anko spalancò gli occhi verdissimi quando l’auto si fermò per un momento dinanzi al cancello in ferro battuto. Non la ricordava così…grande.
 
Suo padre scese dall’auto per bussare ad un enorme citofono e in un nano secondo il cancello si riaprì. Entrarono in un lungo viale appena sfaltato. Ai lati di questo vi erano ciottoli di dimensioni e tonalità di colore differenti. Al di là di questi uno spazio verde ben curato. Si notava lontano un miglio che le erbe erano state appena tagliate. Il padre parcheggiò l’auto ed entrambi scesero. Anko si stiracchiò. Non stava in piedi da troppo e la schiena sembrava essersi completamente addormentata. Sospirò per poi alzare lo sguardo sulla villetta. Sicuramente, pensò, aveva subito qualche modifica ed era stata appena riverniciata, dal momento che poteva sentire ancora l’odore di vernice fresca. Si chiese se il trasferimento fosse stato nei pensieri di suo padre già da un po’…
 
La sua attenzione fu catturata dall’avvicinarsi di due persone, un uomo e una donna, un pò più anziani di suo padre, il quale manteneva ancora il fisico asciutto ed atletico di un tempo. Gli occhi dello stesso colore della figlia e i capelli tendenti al ramato. Quest’ultimo si avvicinò a quelli tendendo loro la mano e sorridendo cordiale. Fissando meglio i loro visi e sbattendo le palpebre perplessa, la ragazza pensò che probabilmente li aveva già visti da qualche parte. Poi lo sguardo si spostò sul viso di suo padre. Per la prima volta in quella giornata sorrideva. Si, era un sorriso formale. Ma stava sorridendo. Il suo cuore parve alleggerirsi.
 
Daisuke si voltò in direzione della figlia, e con un gesto della mano la invitò ad avvicinarsi. Quella obbedì in silenzio e allungò gli angoli della bocca per compiere un sorriso formale.
 
- Probabilmente non ti ricordi di loro – affermò suo padre – Sono i coniugi Kamoto, grandi collaboratori domestici dei nonni. –
 
Da che ne avesse ricordo, sia nella casa dei nonni che quella in cui abitava a Tokyo, non aveva mai alzato un dito per una faccenda domestica. Una delle fortune di appartenere ad uno strato sociale “ricco”.
 
Borbottando un “ è un piacere”, Anko tese loro la mano per un veloce saluto formale.
 
- Allora – intervenne nuovamente il padre circondandole le spalle con un braccio – Prendiamo le valigie e ci diamo una ripulita?-
 
Sorridendogli la ragazza annuì.
 
 
 
***
 
 
Dopo aver consumato la cena accuratamente preparata dalla signora Kamoto, Anko si affrettò per gettarsi sotto la doccia e successivamente sul letto, a pancia in giù . Se avesse chiuso gli occhi si sarebbe addormentata. Respirò a fondo l’odore delle lenzuola pulite. Pensò alla sua vecchia stanza di Tokyo, dove fine a ventiquattro ore prima aveva dormito. Nella sua pancia si aprì uno strano vortice, dettato dalla malinconia. Quella camera era stata nell’ultimo periodo il suo rifugio migliore. Chiudersi a chiave, luce spenta e cuffie nelle orecchie per evitare di sentire il baccano provocato dai litigi dei suoi. Ma da quella notte non avrebbe più dovuto evitare i “rumori”…e chissà per quanto.
Notò che sua madre non aveva proferito parola sulla sua decisione. Al contrario del padre che fino all’ultimo aveva cercato di persuadere la figlia per restare a Tokyo. Anko sapeva che Kaori non era cattiva. Tutt’altro. L’aveva sempre trattata da principessa e viziata in ogni modo in cui si può viziare un figlio. Ma forse tutti quei modi di fare erano dettati dal fatto che subentravano altre mancanze, molto più gravi dell’assenza di un oggetto o un abito costoso di cui una ragazza come lei avrebbe potuto benissimo farne a meno. Con l’ennesimo sospiro della giornata, Anko si mise a sedere, incrociando le gambe e perlustrando la stanza. Il letto a baldacchino e da una piazza e mezzo su cui era seduta le avrebbe regalato molti sonni comodi. Spaziosa la stanza presentava Le pareti appena pittate di color lilla, un armadio con tre ante, mensole ancora vuote e un paio di comodini, di cui uno affianco al letto. Insomma, la stanza era ancora un po’ “vuota”, e la maggior parte del pavimento era invaso da scatoloni e valigie. Dulcis in fundo, aveva un bagno privato, come nella sua vecchia dimora. Caratteristica che mancava quando abitavano i nonni paterni e conferma che il padre aveva già avviato i lavori da un bel po’. I suoi pensieri furono interrotti dal breve bussare alla porta e successivamente dall’entrata in stanza del padre. Quest’ultimo sorridendo gentile si avvicinò al letto per poi accomodarsi, accavallando le gambe chilometriche che si ritrovava.
 
- Novità?- chiese senza preamboli la ragazza.
 
Daisuke che sapeva benissimo a cosa alludeva sua figlia fece spallucce – L’ho chiamata avvertendola del nostro arrivo –
 
Anko inarcò un sopracciglio infastidita – Dovevi aspettare che fosse lei a chiamare – sbottò a mò di rimprovero.
 
Suo padre scosse il capo – Sapevo che eri ancora col piede di guerra- affermò – per questo non ho voluto che parlaste al telefono. Conoscendovi avreste bisticciato, e per oggi ci siamo stancati abbastanza –
 
La ragazza alzò gli occhi al cielo
– Scommetto che userà la mia stanza per ospitare qualche delinquente –
 Si rabbuiò al pensiero che qualcun altro potesse prendere il suo posto.
 
- Aspettati di tutto Anko – disse Daisuke – Inoltre hai preso una scelta e dovrai accettare le conseguenze -
 
Anko fece un sorriso amaro – Non bastano tutte quelle che ho subito? – chiese con ironia.
 
Suo padre non ribattè lasciandosi ad un profondo sospiro. Entrambi abbassarono lo sguardo, non aggiungendo altro per qualche minuto. Poi egli alzò nuovamente lo sguardo su sua figlia
 
- Mi sono informato per la squadra di basket della nuova scuola – esclamò.
 
Anko lo fissò nettamente curiosa ed interrogandolo con lo sguardo.
 
- Come dovevamo aspettarci non ci sono squadre femminili e quella maschile ha già un manager – aggiunse l’uomo – Tuttavia domani concluse le lezioni andremo insieme a parlare con Anzai e cercheremo di trovarti un posto in squadra -
 
Senza dir nulla Anko annuì. Prima di partire aveva cercato informazioni sullo Shohoku e in particolar modo su Anzai. In passato tale allenatore era un uomo temuto e rispettato. Fece parte della nazionale giapponese e in seguito divenne un allenatore universitario, uno dei più preparati in tutto il paese, particolarmente noto per la sua severità, ricevendo i nomignoli di “diavolo dai capelli bianchi” e “schiavista del basket”. Suo padre non aveva mai avuto a che fare con Anzai dal momento che si era trasferito allo Shohoku quando già si era diplomato. Tuttavia aveva informato il preside della scuola che avrebbe gradito un colloquio privato col mister per parlare di sua figlia.
 
- Detto ciò – il padre di Anko si alzò destandola nuovamente dai suoi pensieri – ti lascio la buonanotte -
 
- Buonanotte papà -
 
Senza aggiungere altro, Daisuke lasciò la stanza chiudendosi delicatamente la porta alle spalle. Anko si intrufolò sotto le lenzuola e spense la luce. Il riflesso della luna entrava a malapena nella stanza, dato che le finestre erano state invase dalle tende. Chiuse gli occhi cercando di dare un ordine dei suoi pensieri. Da sua madre al fatto che il giorno seguente la sua nuova vita sarebbe cominciata. Prima che il sonno e la stanchezza prendessero il sopravvento, si chiese se fosse riuscita a trovare spazio per il basket…
 
 
*** Continua**
 
 
Prima fanfiction su Slam Dunk. C’è molto lavoro da fare e credo che sarà una storia piuttosto lunga. Spero che questo primo capitolo d’introduzione vi sia piaciuto e abbia suscitato la vostra curiosità. Un bacio a tutti. Alla prossima

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Capitolo 2
*** Dove sono finita? ***


 
Tante volte nella sua vita Anko si era ritrovata a convincersi quanto affascinasse il potere dei soldi. Bastava osservare il comportamento del suo nuovo preside che fin troppo cordiale, offriva thè e biscotti a lei ed al padre, il quale spiegava il motivo per cui la figlia si fosse iscritta all’istituto in ritardo.
 
- Cose che capitano – aveva affermato il preside ridendo appena, mentre serviva altro thè nella tazza ancora fumante di Daisuke. Quest’ultimo oltre a pagare la mora per il ritardo dell’iscrizione, aveva aggiunto una generosa offerta per la struttura, al punto che si era procurato il favore del dirigente e non solo.
 
La ragazza alzò gli occhi al cielo, poi il suo sguardo si concentrò al di fuori della finestra.
 
Quel mattino dopo il suo arrivo, era grigio e velato di nuvole scure. Non era un imput necessario per l’inizio della prima giornata della sua nuova vita. I suoi occhi scrutavano al di là delle nuvole alla ricerca di un minimo raggio di sole, per poter alleggerire la tensione. Da quando era entrata in auto con suo padre, diretti in direzione della nuova scuola, non aveva proferito parola. Poche volte le era capitato di sentirsi agitata e nella maggior parte dei casi sempre prima di una partita importante. La sua vita a Tokyo era stata facile, nonostante i problemi in famiglia. Nel lusso totale, aveva sempre posseduto un carattere spavaldo e diretto che le permetteva di auto elevarsi al di sopra delle altre persone. Quest’ultime inoltre le davano lo sprono necessario per comportarsi come una ragazzina ricca, viziata e desiderata. Il suo aspetto esteriore l’aveva aiutata molto per la popolarità e non mancava occasione in cui non era al centro dell’ attenzione. Si era ritrovata ragazzi di ogni genere ed età alle calcagna pronte a corteggiarla o ad accontentare un suo capriccio. Zerbini non le erano mancati. Obiettivamente parlando, non passava inosservata. Nonostante la pelle bianca, i suoi lunghi capelli neri e gli occhi verdi e col taglio a mandorla incorniciavano perfettamente il suo viso sottile ed apparentemente ingenuo. Avendo sempre praticato il basket, aveva formato col tempo un fisico snello e slanciato, grazie anche alle lunghe gambe che si ritrovava, coperte quella mattina dalla gonna blu della sua nuova divisa. Non era male se non fosse stato per quell’enorme e fastidioso fiocco rosso che le arrivava quasi in gola. Sbuffando e distogliendo gli occhi dal cielo, cercò di allargare il nodo.
 
- Sei tesa? – le chiese suo padre che le regalò un rapido sguardo per poi tornare ad osservare in direzione della strada.
 
Anko sospirò – Un po’ – rispose, lasciando perdere il fiocco e guardando fuori dal finestrino.
 
- Non è da te – aggiunse Daisuke abbozzando un sorriso.
 
La figlia fece spallucce senza aggiungere altro. Pochi minuti dopo, l’auto entrò nel vialetto della nuova ed immensa scuola. Gli occhi di Anko vagavano qua e là studiando l’edificio bianco che spiccava distinguendosi dal cielo grigio. Vi erano pochissimi studenti in giro, dato l’orario.
 
Bruttina..” pensò. O forse era il suo pessimismo a farle pensare in tal modo.
 
Suo padre parcheggiò nello spazio concesso alle auto ed una volta spento il motore scese dall’auto. Stesso gesto non compì la ragazza che, a braccia incrociate, rimase seduta al suo posto ancora con la cintura allacciata. Girando intorno alla macchina, Daisuke le aprì la portiera e le regalò un sorriso incoraggiante. In fondo ci godeva a vederla in quello stato. Era sempre stata fin troppo sicura e un brivido di paura o tensione le avrebbe fatto bene.
 
Per qualche minuto padre e figlia si fissarono senza battere ciglio. Poi con un sospiro, Anko scese dall’auto ed afferrò la borsa ai suoi piedi. Daisuke chiuse la macchina, circondò le spalle della figlia e si avviarono insieme all’entrata. Solitamente la ragazza aveva un passo svelto, ma quel mattino le gambe sembravano pensanti come macigni. Se non fosse stato che suo padre la stesse praticamente trascinando con sé.
 
Compiuto il passo decisivo per entrare nell’edificio, un uomo di bassa statura e piuttosto anzianotto si avvicinò alla coppia chiedendo al padre di cosa aveva bisogno. Dopo che gli fu spiegato rapidamente, l’uomo li condusse a passo decisamente lento nell’ufficio del preside.
 
E così Anko si ritrovò seduta in un ufficio da quattro soldi al fianco di suo padre che discuteva amichevolmente col preside e il suo vice, mentre sorseggiavano il thè come se fossero amici da una vita. Al suono della prima campanella la loro chiacchierata s’interruppe.
 
Il preside alzò lo sguardo verso l’orologio appeso che batteva l’inizio della prima ora di lezione.
 
- Come vola il tempo quando si sta bene in compagnia!- esclamò alzandosi e provocando le risa del vice preside e di Daisuke.
 
- Vice preside accompagni la signorina nella sua aula – aggiunse l’uomo consegnando dei fogli alla ragazza e stringendo calorosamente la mano di Daisuke.
 
- Spero che mia figlia si troverà bene qui – affermò quest’ultimo sorridendo cordiale. Ma più che un’affermazione di speranza, Anko leggeva tra le righe un avvertimento…
 
- Senza dubbio! Senza dubbio! – cantilenò il preside con una leggera nota di preoccupazione.
 
Dopo varie e futili cerimonie, Anko, suo padre e il vicepreside uscirono dall’ufficio.
 
- Passo dopo le lezioni per l’appuntamento con Anzai – la informò il padre che senza aspettare risposta le schioccò un tenero bacio sul capo per poi darle le spalle ed avviarsi nel corridoio opposto.
 
Con un sospiro, Anko seguì il vicepreside in direzione della nuova classe. La prima lezione era già cominciata e l’insegnante che si ritrovava ad esercitare il suo compito fu interrotto dallo bussare del vicepreside, che entrò senza attendere permessi ed annunciò l’arrivo della nuova allieva.
 
La ragazza strinse maggiormente il manico della borsa e i fogli premuti sul petto. Abbozzò un sorriso ed entrò mogia mentre il professore presentava alla classe la nuova compagna. Quattro ragazze confabularono tra loro, mentre due ragazzi si scambiarono un sorriso malizioso.
 
- Si accomodi al banco vuoto – le consigliò il professore gentilmente.
 
Senza dire nulla Anko si diresse a passo svelto verso il banco privo di proprietario cercando di ignorare i sussulti che man mano si facevano spazio in aula.
 
Si accomodò prendendo l’occorrente dalla borsa, quando d’un tratto il professore la richiamò.
Alzò lo sguardo sull’uomo inarcando un sopracciglio – Si?- chiese infastidita di ritrovarsi nuovamente al centro dell’attenzione dal momento che tutti si erano voltati per fissarla.
 
- Mi scusi signorina Saito, dal momento che si ritrova lì potrebbe svegliare il signor Rukawa al suo fianco?- chiese quello con ironia, fissando in malo modo l’interessato al suo fianco.
 
Qualcuno rise, qualcun altro sospirò sognante.
 
Lentamente Anko si voltò alla sua destra constatando che nel bianco di fianco c’era un ragazzo che dormiva con la testa praticamente schiacciata alla superficie in legno, ignaro di tutto quello che stava succedendo. Doveva essere piuttosto alto dal momento che non sembrava poi così comodo in quel banco minuscolo a confronto. La pelle era bianchissima in netto contrasto coi capelli lisci e neri. Dormiva beato e per un momento Anko pensò che sarebbe stato un peccato svegliarlo, ma acconsentì alla richiesta del professore con un “certo” ed allungò una mano per dare una leggera pacca sulla spalla dello sconosciuto. Dopo il secondo tentativo questi non dava segni di risveglio, così decise di dargli un forte pizzico sulla guancia che pare destarlo, dal momento che afferrò improvvisamente il suo polso facendo sobbalzare lei e chi stava assistendo alla scenetta.
 
Il tizio chiamato Rukawa alzò di poco la testa aprendo gli occhi. Inizialmente sembravano neri, poi man mano che riprendevano lucidità questi presentavano un azzurro cristallino. Era piuttosto carino, ma il viso assonnato pareva impassibile al punto da non trasmettere alcuna emozione. Sbattè un paio di volte le palpebre, poi mollò il polso di Anko e ricominciò a dormire, sbattendo rumorosamente la testa sul banco.
 
Gli altri ragazzi scoppiarono in una fragorosa risata, mentre il professore scuotendo il capo cominciò a sfogliare il suo libro. Anko restò immobilizzata al suo posto col polso ancora penzolante.
 
Che personaggio…
 
***
 
Dovette ammettere al suonare dell’ultima campanella che il primo giorno scolastico non era andato poi così male. La maggior parte degli alunni presenti in quella classe si erano avvicinati a lei piuttosto curiosi. Le quattro ragazze che avevano confabulato tra loro la invitarono anche a pranzo e quella accettò di buon grado. Per un pizzico il suo vecchio alter ego era salito a galla, ma questi sprofondava ogni volta che il suo sguardo cadeva sull’inquietante ragazzo al suo fianco. Dopo aver passato le prime tre ore a dormire, aveva seguito silenziosamente tutto il resto delle lezioni senza mai dire una sola parola o dare cenni al suo fianco. Quando la campanella suonò, questi si alzò di scatto prendendo le sue cose e dirigendosi a passo svelto al di fuori dell’aula. Anko notò che una ragazza lo osservò per un momento maliziosa. Obiettivamente era bello. Ma a lei metteva inquietudine. Si alzò, prese la borsa e salutò qualche compagno per poi uscire dall’aula. Scesa al piano terra si era ritrovata, come si aspettava, suo padre che l’attendeva. Insieme, guidati dallo stesso uomo di quel mattino, si diressero nell’ufficio di Anzai, situato al fianco dello spogliatoio della squadra di basket. Da lontano si potevano ascoltare all’interno di questa risa e schiamazzi. Il collaboratore scolastico bussò alla porta e senza aspettare l’aprì facendo cenno alla famiglia Saito di entrare. Dopodichè si congedò senza aggiungere altro. Daisuke entrò per primo esclamando un   “buon pomeriggio”. Anko semi nascosta dietro di lui gettò l’occhio sull’uomo seduto comodamente dietro la propria scrivania. Sgranò gli occhi quando si accorse dello status fisico di quello. Si era aspettata un uomo di bell’aspetto e col fisico ancora asciutto e snello nonostante l’età. Invece quello che le stava stringendo la mano con familiarità era la copia esatta di Babbo Natale. A bocca aperta e perplessa, sbatteva le palpebre chiedendo se quell’uomo era davvero uno degli uomini più temuti e rispettati nella storia del basket giapponese. Obeso nel vero senso della parola, portava capelli e baffi grigi. La testa era così grossa che avrebbe potuto tranquillamente giocarci e tirare a canestro. Come aveva fatto un campione di fama nazionale a lasciarsi andare in quel modo? Capendo lo stupore della ragazza, il signor Anzai emise una strana risata come “ oh oh oh” , mettendo seriamente nella testa di quella il dubbio di essere il vero sosia di Babbo Natale. Se non Babbo Natale stesso. Mentre il padre discuteva con l’anziano con tranquillità, nella sua testa una sola domanda prevaleva a tutti i pensieri.
 
Dove sono finita?
 
Scosse di poco il capo e si passò una mano tra i lunghi capelli neri. Emise un profondo respiro e posò lo sguardo sui due uomini, cercando di comprendere a che punto era arrivata la loro conversazione.
 
- Purtroppo- affermò Anzai – le squadre miste non sono ancora accettate nelle scuole. Tuttavia potrei inserire comunque sua figlia in squadra al fianco della manager. -
 
Anko inarcò un sopracciglio. Fare la raccattapalle della manager non era una delle sue ambizioni. Essendo sempre stata abituata al gioco, le risultava difficile immaginarsi in un ruolo simile a quello della manager. Pensò alle parole di suo padre dette la sera precedente. Le sue scelte comportavano delle conseguenze. E quelle conseguenze stavano nel lasciar perdere il gioco e l’idea di giocare nella squadra femminile nell’istituto privato che le era stato trovato. Se per restare con suo padre a Kanagawa comportava fare la raccattapalle…beh l’avrebbe fatto. Anche se a malincuore. Ma allo stesso tempo una minuscola parte di lei avrebbe fatto di nuovo le valigie e sarebbe scappata a Tokyo a gambe levate.
 
- Anko cose ne pensi? – le chiese suo padre interrompendo i suoi pensieri.
 
La figlia fece spallucce scuotendo il capo.
 
Daisuke sospirò per tornare a rivolgersi all’allenatore che scrutava la ragazza attraverso le sue lenti trasparenti.
 
- Credo che vada bene qualsiasi cosa che sia legata al basket – affermò.
 
Anzai annuì – Peccato – affermò continuando a squadrarla attentamente – Rinunciare al gioco per accontentarsi –
 
Anko strinse i pugni. Ma che diamine ne voleva sapere quel vecchio del suo sacrificio?
 
Stava per ribattere quando il mister con un sorriso gentile accolse una persona che stava entrando in quel momento nell’ufficio. Anko si voltò stupita ritrovandosi davanti una ragazza, più bassa di lei, con la tuta e lunghi capelli ricci raccolti in una bassa coda. Il capo era coperto da un capellino messo al contrario. Il viso sottile e candido presentava le labbra carnose e schiuse per lo stupore. Gli occhi castani e dello stesso colore dei capelli la fissavano curiosi.
 
- Signor Saito e signorina – disse Anzai – vi presento Ayako la manager della squadra –
 
Anko e suo padre fecero un breve inchino e la manager ricambiò sorridendo appena.
 
- Mi scusi signore – disse – non pensavo che fosse impegnato -
 
Anzai si alzò e Anko dovette chiedere forza a tutti i santi per non urlare dall’orrore. Il mister era persino più basso della manager.
 
- Arrivi in un momento adatto – ribattè quello – Da questo momento la signorina Saito ti aiuterà -
 
Daisuke sorrise compiaciuto stringendo nuovamente la mano di Anzai e ringraziandolo. La ragazza chiamata Ayako guardò nuovamente Anko sorridendole cordiale
 
- Una mano in più non fa male – affermò facendole l’occhiolino.
 
Lievemente imbarazzata, non aspettandosi un gesto del genere, Anko le regalò un timido sorriso. Al suo posto avrebbe sbraitato contro il mister affermando che il ruolo poteva essere ricoperto solo da lei stessa. Forse lì avrebbe dovuto imparare molte cose…
 
- I ragazzi sono pronti per l’allenamento – aggiunse qualche secondo dopo Ayako rivolgendosi al mister. Quest’ultimo annuì e le ordinò di cominciare l’allenamento e che sarebbe arrivato a breve. La manager annuì e stava per dirigersi fuori dall’ufficio quando di colpo si bloccò per voltarsi verso Anko.
 
- E tu non vieni? – le chiese come se fosse logico.
 
Anko guardò per un istante il padre che annuì sorridendole incoraggiante. Poi annuendo anch’essa sorrise ad Ayako che ricambiò e la seguì fuori dall’ufficio.
 
- All’inizio avrai seriamente voglia di scappare – affermò la manager mentre procedeva lungo il corridoio – Ma poi vedrai che ti piaceranno -
 
Anko si limitò a sospirare. Giunte in palestra, prima di mettere piede sulla superficie in legno, si tolse le scarpe posandole accuratamente in un angolo vicino alla panchina.
 
Quando rialzò lo sguardo, trovò poco distante Rukawa che la stava fissando con la stessa espressione sbalordita con la quale lo osservava a sua volta
 
- Sei del club di basket?- domandò indicandolo con l’indice
 
- Vi conoscete? – le chiese Ayako.
 
Sia Anko che Rukawa annuirono – Compagni di classe – affermò la prima facendo spallucce
 
Il ragazzo se ne uscì con un solo – mh…- e non aggiunse altro, dirigendosi a centro campo e cominciando a palleggiare da solo.
 
Anko inarcò un sopracciglio. Era talmente disinteressato che non si era chiesto minimamente cosa facesse lì.
 
Un colosso attirò la sua attenzione. Trasalii ritrovandosi un ragazzo altissimo con la carnagione scura e i capelli neri, che la fissava dall’alto in basso con fare autoritario. Al suo fianco un ragazzo più basso ma che Anko avrebbe raggiunto in altezza se si fosse alzata sulle punte, sorrideva gentile. Portava un paio di occhiali e i capelli castani.
 
- Capitano – intervenne Ayako rivolgendosi al colosso – Abbiamo un nuovo acquisto. Anko Saito -
 
- Una nuova manager? – chiese il capitano allungando una mano e stringendo quella di Anko – Piacere, Takenori Akagi -
 
Prolungò la stretta dal momento che notò dei calli e due cerotti accuratamente posati sul medio e l’indice.
 
- Tu giochi? – le domandò lievemente confuso. Anko scosse il capo sorridendo appena
 
- Non più – si limitò a rispondere – Almeno per ora -
 
Sia Akagi che Ayako la osservaono per un momento sbalorditi dal tipo di affermazione fatto. Il ragazzo che affiancava il capitano si avvicinò presentandosi
 
- Kiminobu Kogure – disse mantenendo il suo sorriso – Cosa ti porta qui? -
 
Grattandosi il capo e trovandosi in difficoltà, Anko non riusciva a trovare le parole adatte per spiegare loro il suo nuovo ruolo in quella squadra.
 
- Mi aiuterà – intervenne Ayako con sicurezza – Diciamo una sorta di aiuto manager -
 
E detto ciò tornò ad osservarla per rifarle un occhiolino d’incoraggiamento.
 
Le guance di Anko si colorarono di poco e le regalò un sorriso come per ringraziarla.
 
- Un aiuto in più non guasta per tenere  a freno queste teste calde ora che è tornato anche Miyagi -
aggiunse Kogure
 
L’affermazione fatta da quello che doveva essere il vice capitano lasciò Anko perplessa.
 
Che intendeva?
 
- Ascoltate tutti! – esclamò Akagi rivolgendosi ai ragazzi presenti in campo invitandoli ad avvicinarsi.
 
Quando tutti o quasi, dato che Rukawa rimase un po’ più in disparte, si avvicinarono, gli occhi caddero su Anko. In altre circostanze si sarebbe sentita lusingata e spavalda, ma quella era un’altra situazione. Possibile che era diventata così intimorita?
 
- Lei è Anko Saito – affermò il capitano indicandola brevemente – Da questo momento aiuterà la squadra insieme ad Ayako. Cercate di comportarvi bene o vi schiaccio con un solo piede!-
 
La ragazza sospirò. Per arrivare a minacciarli, dovevano trattarsi seriamente di teste calde. Eppure notando i loro volti sembravano tranquilli. Più di tutti Rukawa che se ne stava più distante osservandola con fare indifferente. Il capitano si voltò e sorridendole la incoraggiò per dire qualcosa.
 
Colta alla sprovvista, Anko fece un passo in avanti. Il rossore sulle sue guance aumentò di poco e si maledì per quel suo sembrare imbarazzata. La ragazza di Tokyo,qualche mese fa, avrebbe come minimo ancheggiato passandosi una mano tra i capelli con fare snob. Ma lei non era più nella capitale. Era a Kanagawa. E questo che stava a sottolineare la grande differenza, non lo dimenticava mai. Salutò educatamente, ricevendo subito risposta e qualche cenno amichevole. Perisno Rukawa fece un cenno del capo in sua direzione. Rincuorata dall’approccio, stava per aggiungere che veniva da Tokyo e che solo quella mattina era arrivata allo Shohoku, quando d’improvviso la porta secondaria si spalancò. Stupita quanto gli altri si voltò in direzione di quella, sgranando gli occhi.
 
Due ragazzi, che differivano per altezza, se ne stavano all’erta con uno sguardo serio in direzione del canestro. Uno era piuttosto alto, con una folta chioma di capelli rossi che balzavano agli occhi come un pugno. Olivastro di pelle, il suo colorito andava a scontrarsi con la canotta blu e i pantaloncini bianchi che indossava. L’altro era alto almeno quanto lei, se non qualche centimetro in più. Di carnagione scura, e i capelli castani, di un taglio particolare. Rasati sulla nuca e ripieni di ciuffi al centro del capo. L’orecchino che portava sul lobo, splendeva in lontananza. D’un tratto si abbracciarono e con le lacrime agli occhi, strinsero di più la loro amichevole unione.
 
- Puoi contare su di me Hanamichi! – esclamò il bassino, con un tono serio e deciso.
 
- Si! – ribattè il rosso – E tu su di me Miyagi! -
 
Qualcuno sbalordito fece cadere la palla per terra.
 
- Non riesco a capire… - borbottò Akagi guardando i due ragazzi con un’espressione mista al timore e all’incredulo.
 
- Ma che diavolo è successo? – sbottò invece Ayako che manteneva la stessa espressione del capitano.
 
- Hanamichi – continuò il basketman chiamato Miyagi – Ricordati che almeno il basket ce l’abbiamo! -
 
- Si hai ragione Miyagi! – affermò il ragazzo più strano che gli occhi sgranati di Anko avessero mai visto. L’altro non doveva avere tutte le rotelle in fila, ma il rossino le dava l’impressione di essere uno strampalato.
 
- Ecco una coppia di imbecilli… - commentò Rukawa sospirando pesantemente.
 
Stupita Anko si voltò nella sua direzione. E per poco non scoppiava a ridere per la buffa espressione che aveva assunto.
 
- E tu stai zitto Volpe! – sbottò il rossino indicandolo con l’indice assumendo un atteggiamento minaccioso.
 
Gli occhi di Anko tornarono a posarsi sul ragazzo chiamato Hanamichi, nuovamente sgranati per lo stupore.
 
- ADESSO BASTA E FILATE AD ALLENARVI!-
 
La ragazza sobbalzò per l’acuto che la manager cacciò, insieme ad un ventaglio bianco sbucato da chissà dove.
 
Miyagi arrossì acconsentendo agli ordini con un “si Ayakuccia”, mentre Hanamichi si procurò un bernoccolo grazie all’arma di Ayako.
Se prima Anko aveva brevemente riso grazie a Rukawa, in quel momento guardava sconcertata tutta la scenetta venutasi a creare. Nella sua testa una sola domanda : dove sono finita?
 
 
 
 
 
*** Continua ***
 
Ed ecco pronto anche il secondo capitolo! Innanzitutto voglio ringraziare coloro che hanno inserito tra i seguiti e i preferiti questa storia, ma un ringraziamento particolare a Red_ Amortentia, per aver anche recensito e per le sue splendide parole. Spero di ricevere qualche altro commento in seguito! Come seconda cosa, da come avete letto la nuova avventura del mio personaggio sta per cominciare e da chi ha seguito l’anime o letto il manga sa in quale punto ci troviamo. Questo perché seguirò attentamente il percorso della storia originale di Slam Dunk, modificando giusto quel che è necessario per la mia storia. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto! Un bacio a

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Capitolo 3
*** Amici ***


 
- Ti stai trovando bene quindi – affermò Daisuke non alzando lo sguardo dal suo lavoro.
 
Lui e sua figlia si trovavano nell’ampio salotto in una sera fresca di primavera, dopo aver cenato. Anko era avvolta da una copertina per mantenerla calda, seduta con gambe incrociate sul divano in pelle blu e un libro di grammatica inglese aperto. I lunghi capelli neri erano legati da una bassa coda e indossava già il pigiama per la notte. Il padre, ancora vestito da lavoro, sedeva comodamente sulla poltrona a gambe accavallate appuntando di tanto in tanto qualcosa sui documenti che leggeva svogliatamente. Avevano trascorso la maggior parte della serata a parlare dello Shohoku, in particolar modo della squadra di basket, dove la ragazza dovette ammettere che trascorreva il tempo in palestra con piacere. Aveva focalizzato i volti associandoli ai nomi e ognuno a modo proprio era amichevole con lei. Persino Rukawa con le sue conversazioni a monosillabi sembrava simpatico. Ma quello che spiccava più di tutti per la personalità era senz’altro Hanamichi. Di cognome Sakuragi. Aveva sempre la battuta pronta e si auto proclamava “ genio del basket”. Per non parlare dei nomignoli che aveva donato ai suoi compagni di squadra. Si era piegata in due dal ridere quando sentì il rossino rivolgersi al capitano con l’appellativo di “gorilla”. Ed in effetti, non aveva tutti i torti.
 
- Si – confermò Anko sorridendo lievemente – Inizialmente ero spaventata. Insomma hai visto anche tu che tipacci! -
 
Il giorno in cui la ragazza fu presentata alla sua nuova squadra, infatti, Anzai si era recato in palestra insieme a Daisuke, entrambi attratti da tutto quel baccano che si era venuto a creare.
 
L’uomo inarcò un sopracciglio, osservando la figlia per un breve momento
 
- Ai miei tempi se urlavi in quel modo ti ordinavano di pulire i bagni dello spogliatoio per una settimana – affermò, scuotendo di poco il capo.
 
Anko rise – Non esagerare! E poi avrai fatto anche tu le tue bravate! Signor Azzeccagarbugli! –
 
Anche se tentò di limitarsi, Daisuke allungò gli angoli della bocca a mò di sorriso. Non era pazzo di gioia del fatto che la figlia facesse la “raccattapalle” della squadra maschile delle superiori. Ma allo stesso tempo non poteva pretendere chissà cosa, soprattutto dopo l’estrema gentilezza ricevuta da parte di Anzai. Tuttavia, raccattapalle o meno, Anko sembrava ai suoi occhi molto più serena, rispetto a quando era arrivata a Kanagawa. Forse doveva concentrarsi sul benessere di sua figlia, come aveva sempre fatto.
 
- Tua madre sarebbe contenta se le dicessi tutte queste cose – aggiunse d’improvviso mettendo da parte i documenti, appoggiandoli sul tavolino poco distante dalla poltrona. I suoi occhi indugiarono seri sulla ragazza, il cui sorriso era scomparso.
 
- Magari invece di limitarti alle risposte brevi potresti dire qualcosa di più -
 
Anko alzò gli occhi al cielo e chiuse con un scatto il libro. Sospirò scuotendo il capo
 
- Non ho intenzione di dirle niente – sbottò. Il suo tono sembrava arrabbiato e il suo volto si corrucciò al pensiero. – Già è tanto se le parlo! -
 
Daisuke inarcò un sopracciglio – Chi è che esagera adesso? – le chiese sarcastico, ma la sua battuta era senza dubbio un rimprovero.
 
Anko si strinse maggiormente attorno la coperta e le sue guance si colorarono di poco. Aveva lo sguardo fisso sul televisore spento studiando il suo riflesso. Ogni sera sentiva sua madre, ma le conversazioni non erano così lunghe e nemmeno tanto pacifiche. In quel periodo si stava occupando di un nuovo caso, un ragazzino costretto a vendere droga per mano di suo padre, e come al solito la cosa l’aveva invasa di lavoro. Data la lontananza e la tensione che vigeva tra madre e figlia, la prima non sembrò contenta quando venne a sapere che la seconda da piccola star del basket era passata a diventare una sorta di manager. Le rinfacciò del fatto che la ragazza stesse così accantonando la sua passione per orgoglio e che se fosse rimasta a Tokyo avrebbe potuto partecipare alle partite come giocatrice, che come spettatrice da una panchina tra l’altro non sua. Ovviamente Anko non era la tipa da subirsi le prediche a suo parere ingiuste, e se a Tokyo era rimasta in silenzio per il benessere familiare, a Kanawaga sembrò cacciare di nuovo la lingua per rimproverare a sua volta la madre per la sua scarsa presenza in famiglia. Insomma, tra battute velenose e reciproche accuse la conversazione aveva preso per l’ennesima volta una triste piega.
 
- Ma hai saputo che ha detto, no? – ribattè Anko alzando lo sguardo su suo padre – Che le importa se voglio o non voglio giocare a basket? -
 
Daisuke sospirò – Avrebbe solo voluto che tu restassi lì con lei – affermò.
 
La ragazza sbuffò – Si – esclamò – per vederla fare da madre a qualcun altro. In fondo anche a te non piaceva la cosa, no? E’ per questo che siamo andati via. Non dimenticarlo! –
 
Ella era sicura che oltre a questo c’era dell’altro. Altrimenti perché fare le valigie e andarsene ? Oltretutto dal primo momento che aveva messo piede nella nuova casa, aveva come il dubbio che suo padre avesse in mente il trasferimento già da un po’. Tuttavia quando si trattava di sua madre, quello sembrava prendere le sue difese. Che tipo di comportamento era?
 
Prima che potesse richiamare l’attenzione di suo padre, che era rimasto con lo sguardo basso e muto, il signor Kamoto fece irruzione nel salotto, portando su un vassoio due tisane calde. Padre e figlia Saito ringraziarono e questi con un breve inchino si congedò.
 
Daisuke si alzò, allungandosi la schiena e mantenendo saldamente la sua tazza fumante
 
- Vado a letto – disse dando una breve carezza sul capo della figlia e avviandosi fuori al salone.
 
- Papà? -
 
Richiamato dalla ragazza, questi si bloccò sull’uscìo senza voltarsi.
 
Anko si era alzata lasciando cadere la sua copertina e si avvicinò di poco all’uomo
 
- Divorzierete? – gli chiese d’un tratto con un leggero tono di preoccupazione.
 
Senza muovere un solo muscolo, Daisuke rispose con un “ buonanotte” e lasciò il salone.
 
 
***
 
- Ma dai! Non ci credo! – esclamò Anko incredula alzando lo sguardo su Hanamichi.
 
Quest’ultimo era arrossito, e si grattava il capo imbarazzato – Ti assicuro che è così!- ribattè assumendo il tono di una ragazzina dalla voce stridula e in calore.
 
La ragazza sbattè le palpebre perplessa non smettendo di fissarlo – E tu acconsenti di far parte della squadra solo per far colpo su di lei? – gli chiese.
 
Gli altri quattro inseparabili amici del rossino scoppiarono in una fragorosa risata, alludendo al fatto che fosse uno sfigato totale.
 
- Non solo schiappa con le ragazze, ma anche a basket! – affermò Takamiya, un ragazzo cicciotello, basso e con gli occhiali ma che esprimeva ironia da tutti i pori.
 
Senza smettere di arrossire, Hanamichi si rivolse contro di lui facendo cadere per poco il suo pranzo pur di afferragli il mento lardoso.
 
Erano trascorse un paio di settimane dall’arrivo di Anko allo Shohoku, e il timore di iniziare la sua nuova vita era sparito quasi del tutto. Per la prima volta si era avvicinata alle persone come Hanamichi e agli altri membri della squadra con sincera curiosità nei loro confronti e non come persone degne di avere la sua presenza. Oltretutto tipi del genere non ti facevano stare su un piedistallo, ma al loro passo… L’eccezione alla situazione era Rukawa che preferiva restare in disparte, nonostante portasse rispetto nei confronti del nuovo acquisto della squadra. La salutava con un cenno del capo o con un semplice “mh” e si dirigevano sempre insieme in palestra dopo le lezioni. Quando questi crollava sul banco, aveva imparato a coprirgli le spalle e fare in modo che l’insegnate non lo rimproverasse.
Durante l’ora di pranzo di quel giorno in cui Anko aveva invitato Hanamichi, e di conseguenza gli inseparabili amici a pranzare assieme sul terrazzo, le era stato confessato che era entrato a far parte della squadra solo per brillare agli occhi di Haruko Akagi, sorella del gorilla. Quando la vide per la prima volta, pensava che fosse soltanto una delle fan scatenate di Rukawa, dal momento che aveva una particolare cotta per lui e  che spesso si presentavano in palestra per fare il tifo. Quando scoprì che si trattava della sorella del capitano per poco non le venne un colpo. Come potevano uno scimmione del genere e una ragazzina piccola, carina e fine uscire dallo stesso grembo materno? Inoltre, oltre alle caratteristiche fisiche, i due fratelli Akagi erano diversi anche sull’aspetto caratteriale. Il primo era senza dubbio schietto, sveglio e autoritario. La seconda sembrava spesso dormire sugli allori e mostrava senza rendersene conto un’ingenuità inaudita. Al punto tale che non si era accorta dei sentimenti che il rossino provava nei suoi confronti. Tuttavia la trovava adorabile, dal momento in cui era l’unica a parte Anko a sostenere il ragazzo con effusioni amichevoli e dirette, a differenza del resto della squadra che non perdeva occasione per rimproverarlo.
 
- Però vedo che ti impegni. Oltretutto non avrei mai detto che fossi un pivellino!- intervenne la ragazza, destando Hanamichi dalle accuse contro il suo amico.
 
Questi inzialmente sorpreso, si portò le mani sui fianchi e scoppiò in una grossa risata
 
- Bellezza ti ricordo che hai davanti il genio del basket! – esclamò, convinto di sé stesso.
 
Una pernacchia da parte di Ohkusu, un ragazzo magro e dai biondi capelli,fece scomporre Hanamichi dal suo autoelogiarsi, e si mise a rincorrere l’amico, per tutto il terrazzo, disturbando gli altri allievi della scuola che avevano avuto la stessa idea di pranzare sul terrazzo. Quel giorno il sole primaverile splendeva alto.
 
Noma,uno dei componenti della banda di Hanamichi, inseguiva il ragazzo a sua volta, suonando una trombetta di carta, tipica di quando si vuole “festeggiare”. Takamiya, affiancandolo, buttava ad ogni passo dei “ coriandoli” proclamando Hanamichi un “ fallimento”.
 
Anko li osservava sorridendo divertita. Dopotutto Hanamichi le trasmetteva il buon umore, ed era talmente buffo che era difficile non ridere di lui. In senso buono…
 
- Il basket è l’unico impegno serio che Hanamichi abbia mai preso in vita sua – intervenne Mito, poggiatosi alla ringhiera grigia e consumata, mentre osservava anch’egli con un sorriso la scenetta creatasi. Era molto più basso del suo amico alla quale era fedelissimo, portava dei capelli neri tirati all’indietro e il viso sottile.
 
La ragazza si voltò nella sua direzione – In che senso? – gli chiese non capendo a cosa alludesse.
 
Mito ricambiò il sguardo con gli occhi castani, mantenendo il sorriso – Non ha mai avuto punti di riferimento e credo che questa cosa del club di basket gli faccia soltanto bene. Che sia per Haruko o per qualsiasi altro motivo –
 
Stupita da quell’affermazione, Anko tornò a guardare Hanamichi che non aveva smesso di rincorrere i suoi amici, mentre veniva schernito e preso in giro. Conoscendolo da poco poteva solo basarsi su cosa lui dimostrasse di essere. Un ragazzo allegro, buffo e con tanta voglia di imparare a giocare a basket. Probabilmente c’era dell’altro date le parole di Mito e si chiese in quel momento se anche lui avesse problemi come quelli che stava passando lei in quel periodo. Per un attimo il suo pensiero sfiorò la madre, pronta ad agire in difesa dei ragazzi più “ bisognosi”. Cercò di scacciarlo subito scuotendo il capo.
 
- E’ tutto ok? – le chiese Mito svegliandola dai suoi pensieri
 
Anko posò nuovamente gli occhi verdi su di lui e annuì, cercando di sembrare disinvolta
- Pensavo..- si giustificò, mettendo da parte il pranzo, poggiando la scatoletta che conteneva il cibo al suo fianco.
 
- Ti stai legando particolarmente a lui – sottolineò il ragazzo, osservando brevemente l’amico per poi tornare a concentrarsi su Anko con fare serio.
 
Quella allungò di poco gli angoli della bocca, a mò di sorriso. – Mi fa tenerezza – affermò – E poi sto legando con molti. Pensa che solo l’altro ieri ho scoperto che la manager è oggetto dei desideri del playmaker della squadra –
 
Mito rise e Anko fece lo stesso
 
- Ci saranno ancora molte cose che scoprirai – affermò il primo, accomodandosi con le gambe incrociate sul pavimento
 
- Lo spero – ribattè la seconda, tornando ad osservare Hanamichi con un sorriso divertito.
 
 
***
 
Anko appuntava su un quaderno tutti gli avvenimenti che accadevano durante gli allenamenti. In particolar modo riguardavano Hanamichi, che avendo cominciato da poco quel tipo di sport, si ritrovava svantaggiato rispetto ad un Rukawa o un Miyagi. Spesso veniva ripreso dal capitano, ma le scosse sembravano servigli a qualcosa, dal momento che i risultati si rivelavano un attimo dopo il rimprovero. Haruko, che anche quel giorno era presente agli allenamenti, lo incoraggiava facendolo arrossire e voltare nella sua direzione ogni qual volta sentiva la sua voce. La cosa rendeva Anko divertita, dal momento che quella scimmiotta dai capelli rossi assumeva la classica espressione chiamata “ harukina cara”.
 
Riguardo Kaede Rukawa, dovette ammettere le sue potenziali capacità. Sapeva segnare da tutte le zone del campo e in particolar modo il one – on – one era la sua tattica vincente. Il suo voler scontrarsi direttamente con l’avvversario, però, faceva si che questi ignorasse il gioco di squadra.
 
Primo errore del basket. Giocare individualmente.
 
Nonostante l’altezza, Miyagi ricopriva perfettamente il ruolo di palymaker. In certe circostanze sembrava che avesse le ali al posto dei piedi, ed effettuava preziosi assist per i compagni. Il capitano… beh era un gorilla vero e proprio! Quante volte quei poveretti delle riserve erano state letteralmente sfondate per terra durante le sue pesanti schiacciate. Tuttavia l’unico che sembrava realmente sorprenderlo era Hanamichi. Probabilmente era la sua inesperienza nel gioco a fare in modo che utilizzasse la fantasia per prendere alla sprovvista i compagni. Dopotutto quel tipo di sport richiedeva anche questo…
Anzai, comodamente seduto in panchina, notava con interesse i miglioramenti di Hanamichi. Lo notava dallo sguardo indagatorio attraverso i suoi occhiali. Uno sguardo d’interessamento…
 
A parte questo suo appuntare di continuo, aveva il compito di aiutare Ayako nelle faccende quali, pulizie, ordine ed occuparsi delle varie attrezzature come asciugamani, bibite eccetera. Essendo sempre stata concentrata sul campo fino a poco tempo prima, non aveva mai dato vero valore a chi lavorava da sempre nel ruolo che da non molto stava ricoprendo. Ancora una volta, dovette ammettere quanta immaturità e spavalderia c’era stata in lei.
 
Quando finalmente Akagi proclamò la fine degli allenamenti, chiuse rumorosamente il quaderno per poi consegnarlo al mister che con un “ oh oh oh” , lo afferrò gentile. Si diresse in campo prendendo con l’aiuto di Ayako le varie palle disperse. Come si aspettava, Miyagi era corso per aiutare la sua “Ayakuccia”, la quale approfittò di buon grado la sua gentilezza. Sorridendo, osservò l’espressione rimbambita del playmaker, mentre recuperava tra le sua braccia una alla volta le palle che la manager gli indicava. D’improvviso, Anko sentì afferrare la palla che si ritrovava tra le mani trovandosi davanti il genio del basket. Strabuzzò gli occhi per la sorpresa.
 
- E tu non eri corso da Haruko? – gli chiese scettica.
 
Con la coda dell’occhio, infatti, al momento della fine degli allenamenti, Hanamichi si era avviato a bordo campo per scambiare qualche chiacchiera con l’oggetto del suo cuore bramoso.
 
Il rossino fece spallucce, mantenendo un’espressione seria, il chè era insolito. Depose la palla nel cesto di ferro ed Anko fece lo stesso prendendo un’altra palla poco distante dai suoi piedi.
 
- Si è persa appena le è passato davanti Rukawa – affermò quella, capendo un attimo dopo.
 
Hanamichi annuì sospirando. Ma il suo volto lasciò spazio ad un’espressione malefica. Anko sorrise divertita, intuendo cosa stesse passando per la testa di quello in quell’istante.
 
- Non prendertela con Kaede – aggiunse – Non la guarda neanche -
 
Il rossino alzò la mano stringendola a pugno, rivolgendo lo sguardo altrove – Perde il suo tempo dietro ad una malefica volpe! – affermò digrignando i denti.
 
Anko scosse il capo – Posso aiutarti col basket, ma non coi problemi di cuore –
 
Senza attende risposta, spinse il carrello nella direzione di Miyagi che sembrava aver raccolto tutte le palle presenti in palestra per farsi bello agli occhi della manager. Quando le posò, questi si congedò annunciando alla sua Ayako che sarebbe corso a farsi la doccia. Lo stesso valse per Hanamichi che scambiandosi un cinque con il nuovo acquisto si diresse verso gli spogliatoi.
 
- Anche oggi è finita! – affermò ridente Ayako, osservandola.
 
Anko sospirò e si sciolse la coda alta che puntualmente portava durante gli allenamenti, facendo scompigliare i lunghi capelli dietro la sua lunga schiena.
 
- Come mai non giochi più? – le chiese d’un tratto Ayako.
 
Quella strabuzzò gli occhi , guardandola – Cosa ne sai? – le chiese alzando di poco il tono della voce.
 
Con un sguardo la manager indicò le mani prive di cerotti, ma ancora gonfie per i calli – O sei una teppistella o pratichi qualche sport in particolare…e poi lo ammetto, le ho notate dal primo giorno –
 
Anko si limitò a fare spallucce non soddisfando la sua curiosità
 
 
 
 
 
*** Continua ***
 
Dal prossimo si accenderà un bel fuoco in questa storia! E avremo un altro personaggio inserito, molto noto in questo stupendo anime! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, nonostante funga da “transizione” alla storia. Un bacio a tutti 

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Capitolo 4
*** Occhi negli occhi. Sgranati. ***


La notizia datole da Anzai il giorno precedente l’aveva scossa. Almeno un po’. A breve sarebbe cominciato il torneo interscolastico, cosa che alla ragazza era completamente sfuggito. Fino alla primavera scorsa, segnava sul calendario i giorni mancanti al grande evento della sua partita di debutto. Un anno dopo si era persino dimenticata che si giocasse un campionato di quel calibro. Cosa le stava accadendo? Il basket era stato il centro dei suoi interessi, grazie alla passione tramandata in primis da suo padre. Ma i pensieri negativi e le preoccupazioni riguardo il suo status familiare l’avevano completamente spossata. Tre sere prima, Daisuke aveva discusso pesantemente con la moglie, al punto che questa gli attaccò il telefono in faccia, senza dare cenni per le serate seguenti. Si limitava a inviare un messaggio sul cellulare di sua figlia, dalla quale non riceveva risposta. Anko era troppo orgogliosa e di parte per accettare un saluto “virtuale” come un misero messaggio. Obiettivamente parlando la sua visione delle cose era nettamente esagerata. Glielo “rimproverò” persino Haruko, con la quale aveva stabilito un certo rapporto di confidenza e amicizia. Più volte, alla fine degli allenamenti alla quale la dolce ragazza assisteva, si fermava a chiacchierare con lei insieme ad Hanamichi, affinché lo aiutasse in qualche modo a conquistare il cuore di quella. Il risultato fu che il rossino prendeva abitualmente il classico due di picche, anche se indirettamente e soprattutto ingenuamente. Tuttavia tra l’aiuto manager e la sorellina del gorilla, nacque una certa intesa. Anko, nonostante l’amicizia con Hanamichi, sentì il bisogno di una presenza femminile, che non la giudicasse e con la quale non ci fosse competizione. Cosa difficile da evitare nei rapporti. Eppure con quella ragazza sembrava riuscirci. Sin da subito aveva definito Haruko una ragazza molto ingenua. Nella sua ingenuità, trasmetteva una dolcezza alla quale non avrebbe avuto il coraggio di non ricambiare. A Tokyo le cose sarebbero andate diversamente. Lo ammetteva. Circondata da tipe del suo rango, altolocate e snob, non si sarebbe mai “permessa” di avvicinarsi o permettere ad una ragazza come Haruko di fare altrettanto. Le tipe come lei, pensava a Tokyo, non servono. Non emergono e non sono in grado di competere. Anko credeva che forse i problemi di famiglia l’avevano si cambiata, ma non era del tutto loro il merito. C’era qualcosa nell’aria di Kanagawa che aveva modificato la sua personalità.
 
Quando dicono che le persone non cambiano, non credeteci del tutto. A volte, esistono le eccezioni. E lei era una di queste.
 
Tornando alla questione rimprovero, Haruko sapeva essere schietta nel suo “dormire all’erta”, e non mancò di dimostrarlo anche quando Anko le parlò dell’ultimo litigio tra i suoi genitori. Successe una sera, in cui fu calorosamente invitata dalla ragazza a cenare a casa con lei e il gorilla. Il povero Hanamichi aveva tentato di intrufolarsi, ma con scarso successo. Così, dopo aver cenato, le ragazze si erano spostate nella camera di Haruko, cominciando a confidarsi e scambiarsi reciprocamente notizie e pensieri. Per quanto l’ Akagi parlasse nella maggior parte del tempo del basket e di conseguenza di Rukawa, aveva saputo ascoltare con pazienza un breve excursus della vita di Anko, incentrato principalmente sui problemi di famiglia. Insomma, avere un’amica del genere non era sembrato poi così terribile. Probabilmente avrebbe parlato con lei anche del torneo ormai imminente alla quale si sentiva completamente impreparata. Doveva informarsi sulle squadre, i giocatori e le tattiche che Anzai aveva in mente di escogitare. Sbuffò, mentre segnava sul suo solito quadernetto da consegnare a fine allenamento di ritirare le divise successivamente. Si trovava a bordo campo, pronta ad appuntare tutto il necessario per quel giorno, mentre i giocatori erano intenti a riscaldarsi sotto l’occhio vigile di Ayako. Quel giorno sia Anzai che il capitano sarebbero arrivati tardi, ognuno per i propri impegni e per tenere a freno quelle teste calde, Ayako utilizzava il suo ventaglio come arma indiscussa. Alzò di poco lo sguardo in direzione della porta secondaria e con un cenno del capo salutò Haruko, affiancata dalle sue più care amiche, e da Mito, che sorridente osservava il riscaldamento di Hanamichi. La sorella del gorilla, entusiasta la salutò sventolando la mano. Lo sguardo di Anko si spostò su Kogure, che aveva richiamato l’attenzione dei giocatori a centro campo per dare inizio all’allenamento. Ayako l’affiancò, mettendosi a braccia conserte e il fischietto attorno al collo, mantenendo costante tra le mani la sua arma. Quando tutti i giocatori si avvicinarono al vice capitano, gli occhi di Hanamichi si scrutarono intorno alla ricerca di qualcosa.
 
- Hey! – esclamò – Ma dov’è il gorilla? -
 
Ci fu un brusio in cui nessuno in verità si era accorto della sua assenza durante il riscaldamento.
 
- Arriverà in ritardo. Sta studiando fisica nucleare – gli rispose con calma Kogure.
 
Sul volto di Hanamichi, Miyagi e Rukawa,, i quali si erano ritrovati disposti uno affianco all’altro comparve un’espressione mista al perplesso e allo stupore. Avevano il classico viso da schiaffi di chi in quel momento sta ad immaginare una scenetta comica. Gli angoli della bocca di Anko si allungarono, ma cercò di trattenersi.
 
- Fisica nucleare?- ripetè Hanamichi incredulo.
 
- E’ molto intelligente! – ribattè Kogue arrossendo di poco sul volto.
 
Hanamichi, Miyagi e Rukawa ripresentarono la stessa espressione di prima, mostrando ancora più perplessità alla cosa. Cercando di restare silenziosa, Anko rise, coprendosi la bocca con la mano.
 
 
- Non posso crederci…- mormorò Hanamichi riducendo gli occhi a fessure e fissando un punto vuoto.
 
- Basta distrazioni! – esclamò Kogure ancora rosso in volto – Forza Shohoku!-
 
Tutti avevano risposto con un “si” all’incoraggiamento del vicecapitano che si accingeva a dare inizio all’allenamento. Anko stava segnando la data sul foglio in alto a destra, quando qualcosa catturò la sua attenzione. E non solo. Un rumore di passi aveva catturato gli sguardi di tutti verso la porta, dove solitamente Haruko assisteva agli allenamenti. Quest’ultima insieme alle due amiche che l’accompagnavano assiduamente, si era fatta indietro dando involontariamente spazio ad un gruppo di sette ragazzi. Davanti ce n’era uno abbastanza alto, ma meno di Hanamichi e Rukawa.
Portava lunghi capelli neri fino alle spalle. Gli coprivano gran parte del viso. Sorrise beffardo in direzione di Miyagi che nel frattempo aveva spalancato occhi e bocca per la sorpresa. Ma Anko aveva avvertito uno sguardo spaventato. Al fianco del ragazzo dai capelli lunghi, ce n’era un altro. Piuttosto cresciuto. Stava fumando, e il suo viso trapelava violenza. Altissimo, muscoloso, la canotta che indossava lasciava intravedere ogni parte pompata del suo busto. Alle loro spalle altri sette. Uno dei quali indossava la divisa dello Shohoku. Osservando meglio, Anko notò che anche il ragazzo in prima fila era vestito della stessa uniforme. Il suo sguardo si spostò verso Haruko che intimorita, era sgattaiolata dentro la palestra seguita a ruota dalle due amiche. Di Mito nemmeno l’ombra. Il “capo branco” prese la palla ai suoi piedi, che accidentalmente si trovava in quel punto lasciata da chissà chi dopo il riscaldamento muscolare.
 
- Che ne dici di fare una partitella con noi Myagi?- chiese mantenendo il sorriso ironico.
 
Anko guardò il playmaker che, senza dire nulla, si limitava a fissare stupito e spaventato il ragazzo.
 
Kogure avanzò nella loro direzione – Non si può entrare in palestra con le scarpe! – urlò – Fuori!-
 
Miyagi corse a fermarlo – Kogure lascia stare –
 
Il teppista mormorò un “idiota” sentito appena.
 
- Quello è Mitsui!- intervenne una riserva della squadra con la quale Anko non aveva avuto a che fare, se non cerimonie di cortesia e civiltà. – E’ finito in ospedale dopo essersi preso a botte con Miyagi-
 
Perplessa, la ragazza sbattè le palpebre, tornando ad osservare il teppista. Ma che diavolo ci faceva in palestra? Cos’era venuto a fare?
 
Il tizio grosso al suo fianco buttò la cenere per terra. Gli sguardi della maggior parte dei giocatori si posarono severamente sul pavimento in legno.
 
- Hey imbecille!- sbottò Hanamichi facendo un passo – Abbiamo appena pulito il pavimento!-
 
Miyagi lo affiancò immediatamente – Calmati Hanamichi!-
 
Anko ridusse gli occhi a fessure. Se avesse potuto li avrebbe inceneriti con lo sguardo. E se avesse avuto la forza, si sarebbe avvicinata per sferrare loro una serie di pugni.
 
- Ci stiamo allenando, niente risse! – affermò Miyagi col capo chino e lo sguardo fisso a terra, rivolto al teppista di nome Mitsui. Quest’ultimo mostrò nuovamente il suo sorriso cattivo.
 
- Non capisci? – chiese – Sono venuto qui per rovinarti il gioco -
 
Ci fu un momento breve di silenzio, in cui nessuno aggiunse nulla. Poi il tale Mitsui porse la palla verso il suo amico che la utilizzò come posacenere per spegnere la sigaretta. Anko fece cadere quaderno e penna, per portarsi entrambe le mani sulla bocca ed evitare che uscissero urla di disperazione.
 
- Ma allora vuoi che ti sfondi il cranio?!- gli urlò contro Hanamichi.
 
Ma non fece in tempo ad avvicinarsi a quel branco di teppisti, che una palla lanciata a razzo dal nulla, colpì in pieno volto l’altro ragazzo con la divisa dello Shohoku. Questi andò a sbattere letteralmente sul pavimento, portandosi le mani sul volto e lamentandosi. Tutti si voltarono nella direzione da cui era partita la palla e sgranarono gli occhi quando video che il lanciatore in questione era Rukawa. Si massaggiava il polso destro e sospirò come dispiaciuto
 
- L’ho mancato- bisbigliò
 
-Rukawa!-
 
- A quanto pare i tuoi amici sono meno vigliacchi di te Miyagi – affermò Mitsui ridendo tra i denti.
 
Nel frattempo il ragazzo colpito si mise a sedere, con una mano che gli copriva il volto sanguinante.
- Meritano una lezione! – urlò
 
Mitsui diede un calcio alla palla lanciandola contro Miyagi che fu colpito allo stomaco. Subito dopo subì un pugno dritto sul naso.
 
- Bastardo! – sbottò Hanamichi, ma la mano pronta del playmaker lo bloccò nuovamente.
 
Come un fulmine, Rukawa si pose dinanzi a Mistui. Pochi millimetri li separavano.
 
- Maledetto – bisbigliò il primo.
 
Uno dei teppisti, vestito di un’uniforme non riconoscibile e dai capelli cortissimi, colpì il capo di Rukawa con uno spazzolone. Neanche il tempo di restare stupiti per un attacco del genere, che quello scagliò un pugno in pieno stomaco. Inizialmente Rukawa parve accusare i colpi ricevuti. Ma poi come destandosi, con una freddezza inaudita, sferrò un pugno nello stomaco del teppista e un attimo dopo sotto il mento, scaraventandolo per terra.
 
- Rukawa! – esclamò Kogure paonazzo.
 
- E’ caduto nella trappola! – affermò Miyagi sconcertato.
 
Haruko per poco non perdeva i sensi, sorretta dalle sue fedeli amiche.
 
Ridendo, Mitsui si avvicinò a Rukawa, indicandolo con l’indice
 
- E bravo il nostro eroe!- esclamò – Per colpa tua ora la squadra potrà scordarsi le eliminatorie!-
 
Tuttavia non ebbe tempo di finire la frase, che il giocatore gli sferrò un pugno!
 
- KAEDE! – lo richiamò Anko rabbiosa
 
- E’ stato lui a cominciare! – ribattè quello afferrando Mitsui per i capelli.
 
Uno dei teppisti si avvicinò cercando di sferrargli un pugno che Rukawa bloccò con riflessi prontissimi. Lo tira verso sé, facendogli piegare pericolosamente il braccio.
 
- Lascialo andare! – esclamò Miyagi, premendosi una mano sul naso.
 
Con lentezza, Ayako si avvicinò, posando una mano sul braccio muscoloso del giocatore ed incoraggiandolo di fermarsi. Quest’ultimo, osservando per un momento il volto della manager, parve rilassarsi e lasciò andare il teppista. Piuttosto che pensare al braccio malridotto, questi schiaffeggiò Ayako. Ci furono una serie di conseguenza. Come un toro scatenato, Miyagi si buttò letteralmente sul corpo del tipo sferrandogli una serie di pugni ed imprecando. Il teppista con la canotta, prese Rukawa per il busto e gettandolo sul pavimento. Poi si concentrò sugli altri ragazzi. Miyagi, voltatosi, decide di fermare la furia scatenata chiamandolo “Tetsuo”. Anche se quest’ultimo riesce a parare i primi colpi, un pugno inaspettato lo fa accasciare per terra. Approfittandone, il playmaker si posiziona su di lui, colpendolo continuamente. Mitsui, col volto sanguinante, prende lo spazzolone con la quale Rukawa era stato colpito avvicinandosi alle spalle di Miyagi. Lo sguardo era carico d’odio, e la vena sulla gola sembrava pulsare.
 
Fu una questione di attimi. Anko, corse ponendosi dinanzi a Miyagi e allargando le braccia come per proteggerlo. Mitsui si bloccò di colpo, restando con lo spazzolone impugnato in aria. Occhi negli occhi. Sgranati. Stupito di ritrovarsi quella mocciosetta alla quale non aveva dato molta attenzione. O meglio non ne aveva dato affatto. E quasi parve pentirsene di non averla osservata prima. Dal canto suo Anko potè guardare meglio il volto del teppista. I lunghi capelli sembravano fare da sipario, ma da quella distanza ravvicinata poteva notare cose che da lontano le erano sfuggite. La bocca leggermente carnosa, seppur mancante di due denti quando si schiudeva, risultava invitante. La pelle senza un filo di barba, sembrava emanare un profumo particolare. Pulito. Cosa insolita data la circostanza in cui si trovava. Sembrava paradosso trovarsi un teppista che emanava un buon profumo. Lo sguardo della ragazza tornarono sull’”arma” che egli aveva impugnato, alta a mezz’aria. Le sue guance si colorarono e chiuse gli occhi, aspettando il colpo che era riservato al playmaker. Ma non arrivò.
 
***
 
Il pomeriggio seguente, Anko era in ginocchio, china sul pavimento cercando disperatamente di pulire le macchie causate dalle scarpe dei teppisti. Si era avviata in palestra prima del dovuto, per aiutare Ayako nel tentativo. Anche se con fatica pareva riuscirci. Quando il resto della squadra era arrivata per gli allenamenti, aveva incoraggiato Ayako a seguire il suo ruolo di manager, promettendole che si sarebbe occupata del pavimento. Si asciugò la fronte con l’avambraccio per poi tornare a bagnare la spugna nel secchio d’acqua posizionato al suo fianco. Nel frattempo la sua mente riviveva tutti i momenti del giorno precedente. Dai colpi che Miyagi e Rukawa avevano subito, all’entrata in scena del gorilla che aveva preso a schiaffi Mitsui. Ed infine l’arrivo di Anzai. Alla sua vista, il teppista era scoppiato in lacrime e piegandosi sulle ginocchia aveva affermato
Voglio giocare a basket ”.
 
Non aveva provato “pietà. Ma quella frase da lui detta l’aveva colpita dentro. Quante verità si nascondevano dietro quella. Quanto Anko poteva comprenderlo? A volte il suo ego sentiva il bisogno di uscire e primeggiare. Com’era sempre stata abituata a fare. Ma lo soffocava. Doveva soffocarlo, se voleva restare con suo padre. A tal proposito, Daisuke saputo della rissa, quel mattino aveva sbraitato contro il preside, accusandolo di scarsa sicurezza scolastica. Questi, rosso in viso e mortificato, continuava ad inchinarsi per scusarsi. Ma quando l’allenatore della squadra di basket era entrato nell’ufficio del preside, il signor Saito parve calmarsi. Probabilmente Anzai faceva uno strato effetto tipico di un tranquillante. Ma almeno Anko sarebbe rimasta a Kanagawa. I suoi pensieri furono interrotti, quando dalla porta secondaria entrò qualcuno che le fece ombra, in contrasto con la luce. Lentamente alzò lo sguardo sul nuovo arrivato, che nel frattempo la stava osservando dall’alto. Arrossì appena quando constatò che si trattava di Mitsui. Ricoperto di lividi e cerotti, era vestito di tenuta sportiva, lasciando travedere i muscoli ben decisi. I capelli erano stati tagliati, e il suo bel viso era libero dalla massa capillare. I loro occhi s’incrociarono.
Occhi negli occhi. Sgranati. Di nuovo.
Continua 
Spero di non avervi fatto aspettare troppo. Per chi conosce questa puntata in particolare, saprà che ho dovuto modificare qualcosina, per poter realizzare questo capitolo. Mi auguro che vi sia piaciuto e attendo i commenti. Dal momento che non è solo il “mio” teppista preferito, spero di aver colto maggiormente la vostra attenzione e di aver suscitato qualche pensiero positivo. Alla prossima. Baci a tutti!

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Capitolo 5
*** Pensieri ed incontri ***


Si sentiva una stupida ragazzina. Ma pensandoci lo era. La sua autostima l’aveva portata per troppo tempo sul piedistallo, tanto da ritrovarsi in difficoltà. Con Mistui s’intende. Lo odiava. Per tre fattori. In primis per il caos che aveva creato in palestra. Per le botte date e il rischio che aveva fatto correre alla squadra. Secondo, nonostante il suo stare lontano dal campo per due anni, si era rivelato  un ottimo giocatore. Durante la rissa, aveva scoperto insieme ad altri che all’età di 14 anni era stato proclamato miglior giocatore dell’anno. La sua specialità erano i tiri da tre punti. E a guardarlo mentre si allenava, nessuno poteva dire di non averlo meritato. Quando si dice “ la classe non è acqua”. Questo le mandava su i nervi. A lui era stata data la possibilità di tornare a giocare. Cosa che lei non poteva fare. E terzo. Gli piaceva da matti. Gli occhi verdissimi di Anko avevano indugiato forse troppo sul giocatore. Aveva osservato ogni lineamento. Ogni andatura del corpo. Ogni cosa. Ciò che portava la sua mente a pensarlo spesso e forse volentieri, era il fatto che Mitsui, dal canto suo, sembrava ricambiare gli sguardi. Il loro non – rapporto era cominciato così. Con uno sguardo. Alla fine del primo giorno d’allenamento, le si avvicinò. Non si erano parlati, né presentati dopo la sua entrata. A parte quello sguardo. Tuttavia afferrò il secchio colmo d’acqua che Anko aveva usato per pulire la parte del pavimento macchiata e allungano una mano verso di lei, l’aveva aiutata ad alzarsi. Senza dire nulla, si era diretto verso lo spogliatoio, portandosi secchio e spugna. Probabilmente il suo doveva essere un semplice gesto di cortesia. Era chiaro a tutti che l’ex migliore giocatore dell’anno fosse pentito per la situazione che si era venuta a creare. Ma la parte sfacciata di Anko credeva che dietro a quel gesto ci fosse di più. O forse si stava sbagliando? Perché, se così non fosse stato, continuare a posare gli occhi su di lei? Odiava anche se stessa, per aver perso totalmente il coraggio. Era una novità per lei trovarsi in difficoltà con una persona che le piaceva. Pochissime volte era successo, ma ne usciva sempre vincitrice. Con Mitsui tutto era un punto interrogativo. Come doveva comportarsi? Forse doveva aspettare che si avvicinasse nuovamente? In teoria lui aveva fatto la sua prima mossa. In pratica Anko si sentiva una stupida ragazzina. La risata di Haruko la destò dai suoi pensieri.
 
- Sei così tenera quando pensi a lui! – esclamò allegra e battendo le mani entusiasta.
 
Qualcuno si voltò nella loro direzione per poi tornare alle proprie cose. Anko le mimò il gesto di abbassare il volume della voce, guardandosi intorno imbarazzata. Era domenica pomeriggio, ed il giorno seguente sarebbero cominciate le eliminatorie per il campionato interscolastico. In palestra c’era una forte tensione e gli allenamenti erano stati intensificati. Persino quella mattina, da vice manager che si ritrovava, si era dovuta recare in palestra per gli allenamenti. Dopo pranzo, aveva organizzato un’uscita con la sorellina del gorilla, rifugiandosi in un bar carino del centro. Voleva includere Hanamichi all’appuntamento, ma era stato bloccato dal capitano che lo avrebbe trattenuto più a lungo agli allenamenti. Per l’affermazione di Haruko, le guance di Anko si colorarono di poco.
 
- L’essere tenera non mi riguarda – rispose in modo brusco, non riuscendo a nascondere l’imbarazzo.
 
Tuttavia Haruko non perse il sorriso divertito. Quando le era stato confessato dalla vice manager di provare un’attrazione per Mitsui, quasi le venne un colpo. Le era sembrata da subito un tipo tutto d’un pezzo, nonostante avesse aperto il suo cuore. Trovarla in quella situazione di disagio ed imbarazzo le faceva tenerezza. Oltretutto la rincuorava il fatto di non essere l’unica a rivolgere le sue attenzioni verso un giocatore della squadra.
 
- Io credo che la cosa sia reciproca – affermò, osservando Anko che nel frattempo beveva silente un sorso della sua coca.
 
Quest’ultima fece spallucce – Ci parliamo a malapena – ribattè.
Ma Haruko allargò il suo sorriso guardando oltre le spalle di Anko.
 
- Ma parlate con gli occhi, il chè non è poco! -
 
Sobbalzando di poco, la ragazza si voltò. Non si era accorta che Ayako le aveva raggiunte e senza aggiungere altro si accomodò, sfogliando distrattamente il menù posato sul tavolo.
 
- E tu da dove sbuchi fuori? – le chiese Anko sorpresa
 
Ayako le fece l’occhiolino – Mi sono sbrigata prima e sono corsa qui. Per te –
 
La vice manager inarcò un sopracciglio – Me?- chiese scettica.
 
La manager annuì – Parliamo dei tuoi problemi di cuore – affermò – Credi che non mi sono accorta che tu e il numero quattordici vi mangiate con gli occhi? –
 
Solo da qualche giorno erano state consegnate le nuove divise ai giocatori, e Mitsui ricopriva la maglia numero quattordici.
 
- Si chiama Mitsui – ribattè Anko, ma accorgendosi di essere caduta in trappola arrossì, pentendosi di aver aggiunto quella insignificante affermazione.
 
Haruko e Ayako scoppiarono in una fragorosa risata.
 
- Lo dico io che sei una tenera! – esclamò la prima non smettendo di ridere.
 
La seconda afferrò la guancia di Anko, torturandogliela con dei pizzichi – Invece di annegare nell’imbarazzo dovresti darti da fare! – la rimproverò – Non fare come questa qui che preferisce sognare che agire – E con un cenno del capo indicò Haruko che, timidamente, abbassò lo sguardo arrossendo.
 
Anko alzò gli occhi al cielo, constatando però che la manager non aveva tutti i torti.
 
Ma quale mossa sarebbe servita? Fosse stato un campo da basket, sarebbe stata in grado…
 
***
 
L’imminente partita di debutto contro il Miuradai era finalmente arrivata. Anko era particolarmente agitata, dal momento che la sua prova di manager stava per prendere una svolta definitiva. In gioco era una maestra, ma in teoria sarebbe stata capace di consigliare? Oltretutto doveva essere pronta per ogni evenienza, infortunio o altro e non poteva permettersi di dormire sugli allori. Si era posizionata in un banchetto al fianco di Ayako. Questo era stato sistemato accanto alla panchina che, per stupore di tutti, era occupata da quelli che dovevano essere i giocatori titolari : Rukawa, Miyagi, Hanamichi e Mitsui. Tuttavia Anzai aveva deciso di punirli e c’era il rischio che non sarebbero entrati in partita. Mossa poco consona, dal momento che le riserve non avevano le capacità necessaria per affrontare i titolari del Miuradai che senza preamboli, rubavano loro la palla per poi segnare. Sbuffando, Anko segnava sul quadernetto ogni avvenimento della partita. Di tanto in tanto la sua attenzione era catturata da Hanamichi che si alzava imprecando contro l’allenatore. Quest’ultimo irremovibile, sembrava non dargli corda. Quando alzava lo sguardo, i suoi occhi poi indugiavano su Mitsui. Silenzioso e corrucciato, se ne stava seduto a braccia incrociate fissando la partita. Con un sospiro Anko tornava a concentrarsi sul match borbottando una parolaccia ad ogni punto della squadra avversaria. Ayako al suo fianco sembrava ancor più disperata. Una luce di speranza parve brillare, quando finalmente Anzai si rivolse ai suoi titolari, domandando loro se avessero imparato la lezione. Entusiasta Anko balzò in piedi. Ayako sorrise rincuorata. Scoppiando a ridere Hanamichi si alzò, circondando le spalle del mister con un caloroso abbraccio e tirandogli  la parte grassa del mento.
 
- Non sa che sono un pacifista? – esclamò continuando a ridere.
 
Anko gli si avvicinò attirando la sua attenzione ed afferrandogli le mani
- E’ il tuo momento Hanamichi! – esclamò sorridendogli estasiata.
 
Arrossendo appena, Hanamichi annuì e ricambiò la stretta – Ce la farò bellezza! –
 
L’arbitro fermò il gioco e quattro dei giocatori in campo, eccetto il capitano, uscirono dal campo.
 
- Stai tranquillo! – urlò Anko rivolta al rossino e sventolando la mano.
 
Mitsui le passò davanti. Senza dir nulla, si guardarono per un momento. Poi il giocatore continuò ad avanzare, raggiungendo gli altri titolari in campo.
 
- Ora si che ci divertiamo! – affermò Ayako sorridente in volto, mentre Anko le si riaccomodava accanto.
 
La partita prese tutta un’altra piega. La velocità di Miyagi, la precisione di Rukawa, lo scudo di Akagi e i tiri da tre punti di Mitsui erano i fattori fondamentali del cambiamento. Con poca fatica, stavano riuscendo ad accorciare le distanze del punteggio. L’unico che sembrava un pesce fuor d’acqua era Hanamichi. Riceveva pochissimi passaggi e quelle poche volte che riusciva ad afferrare la palla, rischiava di fare fallo verso il proprio marcatore. Anko si era alzata e posta sulla linea che la separava dal campo, urlandogli frasi d’incoraggiamento e suggerimenti. Tuttavia il rossino pareva non ascoltarla. Quando lo Shohoku raggiunse il pareggio, l’allenatore del Miuradai aveva chiesto una pausa. In fretta e furia, Anko afferrò gli asciugamani per distribuirli ai titolari. Quando lo consegnò ad Hanamichi lo colpì con un buffetto.
 
- Hey! – esclamò quello leggermente irritato per quel gesto.
 
- Perché non mi ascolti? – lo rimproverò la vice manager osservandolo seria – Rischi di farti fischiare altri falli e così verrai cacciato! -
 
Hanamichi ridusse gli occhi a fessure – Un genio come me sa quel che fa! – affermò, gonfiando il petto e mostrando una smorfia sul volto.
 
Anko sospirò, ma qualcuno attirò la sua attenzione, quando sentì tirare l’asciugamano che aveva tra le mani. Si voltò ed arrossì quando vide che Mitsui le era troppo vicino e aveva sfiorato la sua mano.
 
- Ah scusami Mitsui! – esclamò, non accorgendosi che era l’unico giocatore alla quale non aveva consegnato l’asciugamano.
 
Mistui le sorrise appena, in un modo che la ragazza trovò tremendamente sensuale
- Con Sakuragi capita di distrarsi – affermò, spostando il suo sguardo sul compagno.
 
- Che vorresti insinuare? – sbottò Hanamichi, ma Mitsui gli diede le spalle per avvicinarsi e mormorare qualcosa al playmaker.
 
Ancora rossa in volto, Anko lo osservava. Aveva constato in quell’istante che, per la prima volta, avevano avuto una cosa simile ad una conversazione. Si autoproclamò nuovamente stupida. Come poteva restare imbambolata per una mezza parola che le era stata rivolta?
 
- Anko cara -
 
La voce dell’allenatore la destò. Si avvicinò quasi correndo al mister che, intanto, si era nuovamente accomodato in panchina.
 
- Si?- gli chiese educatamente facendo un breve inchino
 
- Avrei bisogno di un thè – rispose quello – potresti andare al distributore? -
 
Perplessa e stupita per quella richiesta annuì senza aggiungere altro. Mentre si stava allontanando sentì l’arbitro fischiare, così il gioco riprese. Corse, imboccando un lungo corridoio fino a giungere ai vari distributori. Localizzando quello delle bibite “ calde”, infilò una moneta nella serratura e premette sul pulsante interessato. Quando il bicchiere fu riempito al massimo, lo prese delicatamente, tentando di non scottarsi. Lentamente si voltò e cominciò ad incamminarsi, quando un ragazzo altissimo stava venendo nella sua direzione. Senza preamboli si fermò sul posto e lo osservò. Aveva degli insoliti capelli neri drittissimi, occhi azzurri quasi come quelli di Rukawa e la pelle bianca come la porcellana. Ma lo sguardo di Anko fu catturato dalla scritta sulla sua tuta sportiva.
Ryonan”
 
Accorgendosi dello sguardo indagatore della ragazza, il tizio si bloccò di colpo, ricambiando. I suoi occhi indugiarono sulla giacca rossa di Anko, su cui era cucita la scritta “Shohoku”.
 
- Hey – la salutò quello.
 
Anko rispose con un cenno del capo
 
- Sei dello Shohoku? – le chiese sorridendo e mostrando dei denti bianchissimi
 
Senza dir nulla, la ragazza annuì continuando a squadrarlo.
 
- Non ti ho vista all’amichevole – aggiunse quello, mantenendo il sorriso e non distogliendo lo sguardo.
 
- Non ero ancora arrivata a scuola – affermò Anko rilassandosi di poco – Sono entrata da poco in squadra -
 
Il ragazzo annuì – Sono Sendoh. – disse allungando una mano nella sua direzione – Akira Sendoh –
 
Anko sgranò in un primo momento gli occhi. Ricomposta, gli strinse la mano presentandosi. La squadra le aveva accennato qualcosa riguardo l’amichevole disputata contro il Ryonan qualche giorno prima del suo arrivo. L’argomento principale era stato proprio Sendoh, profondamente odiato da Rukawa e giocatore di gran talento e maestria.
 
- Quindi – intervenne Sendoh – sei una mascotte o … ? –
 
Anko inarcò un sopracciglio – Vice manager – ribattè con tono antipatico.
 
Sendoh fece una breve risata –Ora lo Shohoku ha anche una vice manager…molto socievole – constatò ironico.
 
Accortasi della sua antipatia immotivata, Anko allungò gli angoli della bocca per fare civile.
 
- Vedo che la tua squadra si sta dando da fare – aggiunse il giocatore – Non siete partiti col piede giusto -
 
La ragazza fece spallucce – L’allenatore si era fissato di far giocare le riserve ed abbiamo perso tempo –
 
Il sorriso dal volto di Sendoh scomparve per un momento – Come mai? – chiese realmente stupito.
 
Anko sospirò. La sua mente le ricordò per un breve attimo la rissa. – Lunga storia – si limitò a rispondere, scuotendo il capo.
 
Il ragazzo tornò a sorriderle – E’ per questo che hai preso il thè? – le chiese divertito – Per l’ansia?-
 
Anko strabuzzò gli occhi dimenticandosi totalmente di dover portare la bibita ad Anzai.
 
- No! – esclamò paonazza – E’ per il mister! Mi stavo dimenticando! -
 
Sendoh rise – Vai allora o si raffredderà – disse.
 
Anko stava per incamminarsi di nuovo, quando tornò a rivolgersi a lui.
 
- Come mai sei qui?- gli chiese.
 
Il giocatore le fece l’occhiolino – Io e la mia squadra siamo venuti per lo spettacolo –
 
La ragazza alzò gli occhi al cielo e gli mormorò un “ ciao
 
- Sorridi di più che sei carina! – aggiunse Sendoh alzando il tono della voce.
 
Senza voltarsi, Anko aumentò il passo, con le guance che si coloravano e un mezzo sorriso stampato sul volto. Tutto sommato non era male…
 
Quando rientrò nell’immensa palestra dove si stava disputando la partita, notò la presenza di un altro giocatore del Miuradai. Alto, grosso e con la testa pelata. In fretta, si avvicinò all’allenatore porgendogli il thè.
 
- E’ ancora caldo stia attento – gli consigliò premurosa.
 
La sua risposta fu semplicemente “ oh oh oh”.
 
Quando si riaccomodò al fianco di Ayako, quest’ultima la scrutava curiosa 
- Hai fatto amicizia col distributore? – le chiese sarcastica.
 
Anko scosse il capo, cercando di mantenere lo sguardo sul campo – Che sta succedendo?- le chiese sviando la domanda.
 
Brevemente, Ayako le spiegò l’andamento del match e dell’ingresso dell’ “arma segreta” del Miuradai.
 
Anko inarcò un sopracciglio – Beh – affermò – Tutto muscoli ma nessuna tecnica. Si muove come un primitivo –
 
- Era un giocatore di rugby. Si chiama Naito – aggiunse Ayako.
 
La sua vice scosse il capo sospirando pesantemente. Questa le mancava…
 
Yasuda, una delle riserve dello Shohoku, piuttosto piccolo e magro, si alzò dalla panchina per rivolgersi ad Hanamichi.
 
- Tranquillo – esclamò – Vedrai che andrà tutto liscio come l’olio -
 
Il rossino, che ricopriva la maglia numero dieci, si voltò verso la panchina infuriato
- Ma che dici Yasuda! – ribattè – Guarda che l’unica cosa liscia qui è la testa di quel pelato!-
Ed affermando ciò indico l’ex giocatore di rugby che lo guardò perplesso.
 
Metà dei presenti in palestra risero, compresa Anko che per la battuta si stava quasi per piegare in due mantenendosi la pancia con le lacrime agli occhi. Ayako al suo fianco cercò di restare seria, ma le comparve un sorriso mantenuto sul volto.
 
Con gran maestria, Rukawa rubò la palla a Naito per poi passarla a Mitsui che, di conseguenza, la lanciò in direzione di Akagi. Saltò e segnò.
 
- Kaede ha capito il punto debole di Naito – affermò sorridente Anko battendo le mani.
 
Anzai emise la sua solita risatina.
 
In pochissimo tempo, grazie alla triade d’attacco Akagi, Mitsui e Rukawa, lo Shohoku accumulò un notevole vantaggio. Oltretutto la tecnica e la velocità di Miyagi aveva creato scompiglio nella difesa del Miuradai. Tuttavia, anche se contenta, Anko poggiava di tanto in tanto lo sguardo su Hanamichi, che non faceva che accumulare falli e figuracce. Preoccupata per il suo stato d’animo, strinse i pugni sulle ginocchia, pregando che la partita finisse quanto prima. Mancavano gli ultimi quattro minuti al termine, e dopo aver commesso il quarto fallo, Hanamichi riuscì a partire in contropiede dopo aver acciuffato la palla passatagli da Miyagi. Entusiasta di quello che doveva essere un suo riscatto, Anko balzò in piedi ponendosi sulla linea di confine e intrecciando le mani come per fare una preghiera. Quando fu quasi sotto al canestro, Hanamichi saltò per compiere una schiacciata. Tuttavia colpì la testa pelata di Naito che aveva compiuto un salto per bloccarlo. Tutte le speranze di Anko crollarono. L’abirtro fischiò l’espulsione e così a capo chino ed imbarazzato il ragazzo uscì dal campo. La vice manager lo raggiunse afferrandolo per un braccio.
 
- Oh non importa! – lo incoraggiò – Era la tua prima partita! -
 
- Si – ribattè lui a voce stridula – Ma non ho segnato neanche un punto! Non ho fatto apposta il fallo su Naito!-
 
Anko sospirò passandogli una mano sulla lunga schiena sudata per consolarlo. L’arbitro fischiò la fine della partita e lo Shohoku passava al secondo turno vicendo con più di cinquanta punti di vantaggio sul Miuradai. Tutta la panchina esultò. Ayako corse in direzione di Miyagi per abbracciarlo. Quest’ultimo estasiato, ricambiò incredulo l’abbraccio. L’allenatore non disse nulla, continuando a bere silente il suo thè.
 
- Ce l’abbiamo fatta! – esclamò Kogure per dare il cinque al capitano.
 
- Si! – esclamò Ayako liberandosi dalla stretta col playmaker – Siamo i migliori! -
 
Anko si voltò, incrociando lo sguardo di Rukawa e sorridendogli. Egli ricambiò con una smorfia, per poi afferrare un asciugamano e ponendoselo sul capo. Yasuda si avvicinò ad Hanamichi per dirgli parole di conforto che sembrò apprezzare. La ragazza posò gli occhi su Mitsui che , dopo essersi scambiato una stretta di mano col playmaker, ricambiò lo sguardo. Le fece l’occhiolino e quella arrossì per l’imbarazzo abbozzando un sorriso. Tuttavia qualcosa sugli spalti catturò la sua attenzione. Un ragazzino che indossava la stessa divisa di Sendoh stava urlando frasi d’incoraggiamento nei confronti di Hanamichi che, accortosi, lo salutò a malapena con un gesto della mano. Gli occhi di Anko si spostarono sulla figura al fianco del ragazzo, e riconobbe gli occhi celesti di Sendoh.
 
 
*** Continua ***
 
Ci ho messo pochissimo, ammettetelo! L’ispirazione era nell’aria e così ho scritto tutto di getto. Le parole uscivano a fiumi e non c’è sensazione migliore dell’essere ispirata! Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Forse l’incontro con Sendoh vi ha un destabilizzato, ma non temete. Anko e il nostro teppista preferito hanno molto da fare! A meno che…shhh! Non aggiungo altro! Alla prossima! Un bacio a tutti!
 

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Capitolo 6
*** Contatti ***


Con poche difficoltà e per meraviglia di tutti, lo Shohoku stava procedendo per il campionato interscolastico. Le voci correvano, e molti giocatori di altre squadre si presentavano alle partite per osservare dagli spalti. Fenomeno da baraccone della situazione era diventato Hanamichi. Con grande dispiacere della vice manager che cercava in tutti i modi di incoraggiarlo e, soprattutto, aiutarlo. Credeva che per quanto Akagi rimproverasse il rossino, lo stesso contava molto su di lui. E in cuor suo Anko sapeva che, per quanto potesse commettere errori, andando avanti sarebbe diventato fondamentale. A volte si tratta di avere un talento innato, e probabilmente Sakuragi possedeva quest’abilità che non credeva di avere. Non gli parlava esplicitamente dell’argomento, poiché non voleva mettergli altre pressioni. Già quelle a cui era sottoposto si rivelavano piuttosto stressanti. Ma una cosa da ammirare di quel ragazzo c’era. La tenacia. Dopo essersi cambiata un pomeriggio dopo le lezioni, stava per dirigersi in palestra, quando notò che la porta dello spogliatoio maschile era aperta. Con la coda dell’occhio notò che seduto sulla panca a capo chino e pensieroso c’era Hanamichi. Sorrise e bussò alla porta. Quello alzò lo sguardo e abbozzò un sorriso.
 
- Cosa fai qui tutto solo? – gli chiese avvicinandosi.
 
Hanamichi fece spallucce – Gli altri ancora non sono arrivati – rispose. Poi la scrutò inarcando un sopracciglio – Ma Rukawa non scende con te dopo le lezioni? –
 
Anko fece una breve risata – Ha saltato l’ultima ora – affermò – Probabilmente si è messo a dormire sul terrazzo –
 
Il ragazzo annuì, dopodichè riabbassò lo sguardo. Sorpresa del suo silenzio, dal momento che non perdeva occasione per schernire la volpe, si accomodò al suo fianco.
 
- Cosa ti turba? – gli chiese squadrandolo
 
- Non capisco dove sbaglio – affermò non alzando lo sguardo – Gori dice che sono rude e non va bene -
 
Anko si passò una mano tra i capelli, pensando alla cosa giusta da dirgli. Poi sgranò per un momento gli occhi e un sorrisino le comparve sul volto.
 
- Hai presente Naito? – gli chiese d’un tratto.
 
Hanamichi alzò gli occhi su di lei. Annuì, corrugando la fronte
 
- Giocava solo di potenza e a dirla tutta non ne aveva poi così tanta dal momento che l’ho mettesti K.O. -
 
Il rossino inarcò un sopracciglio – Quindi? – chiese scettico
 
Anko sospirò – So che non vuoi essere messo a paragone – e per un momento si bloccò chiedendosi se era il caso di continuare. Ma lo fece – Secondo te qual è la differenza tra Naito e Rukawa? –
 
Le guance di Hanamichi si colorarono di poco e stava per assumere un’espressione corrucciata. Poi pensandoci su, lentamente i suoi lineamenti si rilassarono.
 
- Rukawa ha la tecnica – rispose – Ed è aggraziato –
 
 Ed ad aggiungere tal termine, fece una smorfia che provocò un sorriso divertito alla vice manager.
 
- Esatto – intervenne quest’ultima – Giocare a basket non significa giocare a rugby. E’ una questione di classe. Se tu gli chiedessi…-
 
- NO!- esclamò Hanamichi interrompendola ad occhi sgranati – Non gli chiederò nulla! –
 
Nonostante l’intervento brusco, Anko tornò a sorridergli scuotendo di poco il capo.
- Sei incorreggibile – disse – Ma se ti proponessi di fare qualche tiro con me dopo? -
 
Il ragazzo la guardò perplesso – Giocare con te?- chiese per conferma, poiché aveva sentito benissimo.
 
La vice manager annuì, assumendo un’espressione seria. Lo sguardo di Hanamichi vagò per qualche secondo sulle sue mani. Non erano più colme di calli e ormai i cerotti erano scomparsi dal un bel pezzo. Poi sorrise e fece un cenno di consenso col capo. Anko ricambiò il sorriso e gli regalò una pacca sulla spalla. In quel frangente stava entrando Rukawa nello spogliatoio, seguito da Kogure e Yasuda. Senza dir nulla si alzò per dirigersi fuori. Sull’uscio si fermò di colpo quando si accorse che si stava per scontrare con Mitsui. Quest’ultimo le aveva afferrato il braccio destro, per impedirle di andargli a finire addosso. Nessuno dei due disse nulla e si limitarono a sorridersi e scambiarsi l’ennesima occhiata. Anko avanzò per poi chiudersi la porta alle spalle. Si portò la mano sul punto in cui Mitsui l’aveva afferrata. Pensò alle parole di Ayako e capì che non poteva restare per sempre ferma al suo posto. Erano finiti i tempi in cui erano gli altri a correrle dietro. Sospirò ed avanzò dirigendosi in palestra, autoconvincendosi che quel pomeriggio si sarebbe avvicinata a lui.
 
 
 
Conclusi gli allenamenti e consegnati gli appunti all’allenatore, Anko puntò su Mitsui. Il suo sguardo vagò . Era seduto per terra intento ad allungarsi i muscoli delle gambe, massaggiandosi con la mano il ginocchio destro. Da quando aveva ricominciato a giocare aveva sempre indossato una ginocchiera. Era più che probabile che temesse di farsi nuovamente male. Fece un profondo respiro e si incamminò lentamente nella sua direzione. Senza accorgersene Ayako la osservava, mentre scambiava delle chiacchiere con Akagi. Quando si pose dinanzi a Mitsui, osservandolo dall’alto stava per aprire bocca. Ma non fece in tempo che si ritrovò Hanamichi che le urlò quasi alle spalle
 
- Bellezza, sei pronta per giocare col genio? -
 
Anko chiuse gli occhi contando fino a dieci per non dovergli urlare contro per lo spavento e il pessimo tempismo. Mitsui alzò lo sguardo, spaventato anch’egli per quell’improvviso intervento da parte del compagno di squadra. Poi il suo sguardo si posò sulla vice manager che, per quale strano motivo, gli si era avvicinato. Questa si voltò guardando Hanamichi e sforzando un sorriso
 
- Si – rispose a denti stretti – Tra un minuto arrivo. Perché non cominci a…- e non continuò pensando a quello che doveva “ ordinargli”.
 
Hanamichi sbattè le palpebre perplesso non capendo. Mitsui abbozzò un sorriso continuando ad osservare la ragazza.
 
- Hanamichi! -
 
Chiamato in causa, il ragazzo si voltò e il suo sguardo s’illuminò quando vide che in palestra era giunta Haruko. Le corse incontro esclamando “harukina cara”. Quest’ultima notando che Anko era posizionata vicino a Mitsui si limitò a sorriderle e a salutarla con la mano.
La vice manager ricambiò, poi si voltò nuovamente in direzione del giocatore che però ritrovò a poca distanza in piedi.
 
- Devi dirmi qualcosa? – le chiese il ragazzo, mantenendo quel mezzo sorriso strano ma sensuale  e squadrandola.
 
Cercando di non far colorare le sue guance più del dovuto, Anko annuì, mantenendo il contatto visivo
- Volevo sapere come andava con la gamba – affermò
 
Quel mezzo sorriso dal volto di Mitsui scomparve, lasciando spazio ad un’espressione perplessa
- Come mai? – gli chiese
 
Anko riacquistò il contegno, dandosi più coraggio e sorridendo
- Sono la vice manager e devo interessarmi sullo stato di tutti – disse con tono pacato – Anche del tuo-
 
Mitsui mostrò nuovamente il sorriso beffardo facendo una breve risata
- Sto bene – affermò – Grazie dell’interessamento -
 
Avanzò di un passo, piegando di poco il petto per avvicinare le sue labbra all’orecchio di lei. I capelli non erano stati legati quel pomeriggio, quindi le spostò una ciocca dietro l’orecchio per farsi ascoltare meglio.
 
- Qualche volta ti squillo così sarai aggiornata sul mio stato -
 
E senza aggiungere altro, si allontanò in direzione dello spogliatoio.
 
Imbambolata e rossa in viso, Anko pensò a quanto aveva guadagnato per essersi avvicinata. Ormai era chiaro. Stava prendendo una cotta per il giocatore. Erano stati così tanto solo a mangiarsi con gli occhi che la sua voce sussurrata l’aveva sciolta. E se un ragazzo come Mitsui poteva farle quell’effetto per così poco, figuriamoci se ci fosse stato di più?
 
Tuttavia non potè pensare ad altro, che si ritrovò nuovamente Hanamichi, stavolta al suo fianco che la osservava. I suoi occhi verdi si posarono su di lui con un’espressione indecifrabile
 
- Perché sei rossa in viso? – le chiese stupito – Hai caldo forse? -
 
Anko sospirò e scosse il capo.
 
- Andiamo a fare qualche tiro – si limitò a rispondere. Avanzò in direzione del canestro, seguita da un  genio del basket piuttosto confuso.
 
 
 
 
***
 
 
 
- Siamo sicuri che posso lasciarti sola? – domandò Daisuke, mentre chiudeva il cofano dell’auto dopo aver sistemato il bagaglio.
 
Anko annuì, sorridendogli con convinzione – Te l’ho detto – affermò – Ho le partite non posso mollare la squadra. E poi non sarò sola dal momento che i Kaimoto resteranno con me anche di notte  –
 
La mattina seguente infatti, lo Shohoku avrebbe disputato la partita che, in caso di vittoria, l’avrebbe portato direttamente alla sfida contro lo Shoyo. La vice manager, ricoprendo il ruolo che si ritrovava, avevo trovato alcune informazioni, per non cogliersi impreparata. La squadra del giorno successivo non era di grande rilievo, nonostante fosse arrivata fin lì. Persino Akagi non sembrava intimorito. Tuttavia da buon capitano richiedeva sempre il massimo della concentrazione. Lo Shoyo era la squadra che più riempiva i pensieri di tutti…Vantava il fatto che quattro dei giocatori superavano l’altezza media richiesta nel basket, ritrovandosi ad essere il secondo team più forte della Prefettura dopo il Kainan. Quest’ultima vincitrice del campionato nazionale da ben diciassette anni. Ma per non perdere la linearità del suo compito, Anko si era soffermata sui dettagli fondamentali, per poi tornare a concentrarsi sulla partita ormai prossima. Chi le preoccupava in particolar modo dello Shohoku era Hanamichi. Temeva in qualche modo che il ragazzo potesse, nonostante l’ultima chiacchierata, lasciarsi bloccare dalle proprie difficoltà. Probabilmente se Haruko avesse speso una parola nei suoi confronti, come sempre d’altronde, l’avrebbe senz’altro incoraggiato maggiormente.
 
- L’hai presa seriamente questa storia della vice manager – disse Daisuke, squadrando sua figlia.
 
Gli occhi verdi della ragazza si posarono sul tramonto alle spalle dell’uomo. Sospirò vagando per un momento con la mente altrove per poi tornare a concentrarsi su suo padre.
 
- Non è male – ribattè – Non giocare non è stata poi così dura -
 
E per un attimo pensò alla palleggiata con Hanamichi, abbozzando un sorriso.
 
- Fino ad adesso – aggiunse il padre interrompendola
 
Gli angoli della bocca della ragazza s’incurvarono all’ingiù. Anche se non esprimeva più di tanto pareri sull’argomento, Daisuke non era entusiasta del fatto che la figlia avesse rinunciato al gioco per ricoprire un nuovo ruolo. Ma quella risposta improvvisa pareva strana…
 
- Dialogare civilmente con mamma ti ha fatto cambiare idea? – chiese brusca incrociando le braccia al petto.
 
Daisuke sospirò passandosi una mano tra i capelli lucenti e privi di biancore. A quanto pare, tra i coniugi Saito c’era stato una riappacificazione civile, dal momento che sua madre un paio di sere prima aveva richiamato direttamente nella nuova abitazione.
 
- Sai che tua madre non può influenzarmi – disse l’uomo.
 
Anko scosse il capo – Ti ha influenzato più di quanto credi – affermò.
 
- Eppure siamo qui – ribattè pronto l’altro – E poi credo che sarebbe stata contenta di vederti -
 
Daisuke non era tipo da lasciare casa e famiglia per andare in giro a causa del lavoro. Era sempre stato un ottimo pianificatore, e nulla lo aveva portato ad allontanarsi da Tokyo per affari. Tuttavia la sua sede principale lavorativa si trovava ancora lì, nonostante il trasferimento a Kanagawa. E da bravo lavoratore che si ritrovava, era stato chiamato per svolgere alcuni compiti di persona lasciati in sospeso prima del suo allontanamento. Solo una volta la figlia l’aveva accompagnato nello studio della Prefettura e di certo aveva sottolineato la differenza dell’habitat.
A Tokyo tutti conducevano una vita diversa. Lussuosa. A Kanagawa s’erano dovuti adattare.
 
Anko fece spallucce – Ho la squadra – Poi i suoi occhi indagarono sull’uomo – Approfitterai della cosa per parlare con lei? –
 
Da come aveva compreso, Daisuke si sarebbe fermato per i prossimi giorni nella sua vecchia dimora, dove sola abitava la moglie. Questi annuì.
 
- Vedremo cosa fare – disse – Ma tu vedi di comportarti bene in mia assenza – E detto ciò le accarezzò il capo. Poi aprì la portiera dell’auto per accomodarsi.
 
In quell’istante la signora Kamoto uscì in cortile affiancando la ragazza
- Stia tranquillo signore – affermò salutandolo con la mano – Sua figlia sarà al sicuro -
 
Daisuke le rivolse un sorriso gentile – Non ho dubbi – disse. Poi salutò nuovamente la figlia con uno sguardo di “ avvertimento” . Infine accese il motore ed lentamente si avviò verso l’uscita del lungo vialetto.
 
La signora Kamoto rientrò, mentre Anko a braccia incrociate sul petto, guardava l’auto allontanarsi. Si chiedeva se quel mini viaggio di lavoro non era una scusa per rincontrare la madre. Da quando si erano trasferiti da poco più di un mese non si erano ancora visti. Qualcosa le diceva che prima o poi se la sarebbe trovata a Kanawaga per una visita. Conosceva i suoi genitori e delle volte erano fin troppo prevedibili. Il suo cellulare nella tasca vibrò. Lo prese, destandosi dai suoi pensieri. Fece un largo sorriso quando vide il mittente del messaggio. Poi, un istante dopo si rabbuiò. Se i suoi genitori si fossero riappacificati sarebbe tornata a Tokyo? Avrebbe ripreso la sua vita di sempre e avrebbe potuto seguire la strada che le era stata programmata. Ma a Kanagawa avrebbe lasciato persone care e, in particolar modo, qualcosa che doveva ancora cominciare. Scosse il capo per cacciare via quel pensiero che le parve brutto. Tante volte aveva sognato il ritorno a casa. Invece in quell’istante le sembrava qualcosa di orribile. Scrisse velocemente una risposta. Rialzò poi nuovamente lo sguardo dinanzi a sé. L’auto era sparita, il sole era calato quasi del tutto e le prime stelle stavano prendendo luce nel cielo. Sospirò ed infine rientrò in casa.
 
*** Continua ***
 
Finalmente qualcosa sta per muoversi. E dal prossimo capitolo la cosa si farà sempre più interessante. Non vi resta che scoprirlo continuando a leggere. Voglio ringraziare tutti quello che stanno seguendo questa storia. Ho notato che molti l’hanno inserita tra le seguite e le preferite. Sono lusingata. Ma un ringraziamento particolare voglio darlo a chi mi recensisce! Senza togliere nulla a nessuno. Grazie di cuore. Alla prossima. Un bacio!

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Capitolo 7
*** Amarezza ***


Le farfalle nel suo stomaco non smettevano di svolazzare felici. Mai avrebbe pensato che la serata si sarebbe svolta in quel modo. In fila al fast food di fianco all’ospedale, era in coda per prendere la cena da portar via. Non sapeva se definire la cosa come un appuntamento. Lei e Mitsui avevano cominciato a prendere confidenza l’un l’altro solo da qualche giorno. Ma chiederle di accompagnarlo all’ultima visita per il suo ginocchio, di punto in bianco, quella mattina l’aveva lasciata a bocca aperta. Si ritrovava a sistemare gli asciugamani sporchi nel borsone, dentro lo spogliatoio dopo la partita appena vinta. Il giorno dopo si sarebbe disputata quella contro il temutissimo Shoyo, e la cosa la stava già impensierendo più del dovuto. Ma quando Mitsui le si avvicinò, tutto si sarebbe aspettata tranne che le facesse quella proposta. Era comunque importante, intimo, e il fatto che aveva chiesto proprio a lei stava a significare che l’interesse da parte del giocatore c’era realmente. E non era cosa da niente. Tutto stava procedendo bene. Aveva aspettato impaziente nella sala d’attesa che Mitsui finisse la visita. L’ultima. Finalmente non doveva più tornare dal terapista. Le si brillarono gli occhi quando vide il suo volto rilassato che mostrava una lieve felicità e soprattutto serenità. Ed era quello che ci voleva, visto che la tensione era già abbastanza alta. Tuttavia, usciti dall’ospedale ed in procinto di giungere al fast food, si erano imbattuti in Tetsuo. Vestito di giacca di pelle e jeans stretti, montava sulla sua moto che emanava un baccano assurdo. Quando notò Mitsui da sotto il suo casco, si fermò di colpo. Scendendo dal veicolo, si tolse il proteggi-capo e si accese una sigaretta. Con uno sguardo provocatorio e un sorriso beffardo, dapprima osservò l’ex teppista. Poi il suo sguardo si posò su Anko. Allargò gli angoli della bocca mostrando di poco i denti i quali tenevano saldi la sigaretta appena accesa.
 
- Puoi andare a prendere qualcosa da mangiare ? – le chiese d’improvviso Mitsui non distogliendo lo sguardo da Tetsuo. – Ti aspetto nel parco qui vicino -
 
Senza dire nulla, Anko annuì e s’incamminò sfiorando appena la spalla dell’uomo che con lo sguardo la seguì. Pochi minuti dopo si ritrovava in fila attendendo il suo turno. Si chiese in quell’istante cosa aveva spinto il giocatore a voler restare da solo col teppista.
Forse avevano altro da dirsi?
Per un momento una leggera preoccupazione la invase, ma questa non ebbe tempo di espandersi che si accorse di dover ordinare. Una volta preso l’occorrente e uscita dal fast food, si voltò in direzione dell’ospedale e notò che la strada era vuota. Probabilmente Testuo era andato via e Mitsui si era avviato. Provò una sensazione di sollievo quando poco dopo, trovò il giocatore seduto su una panchina di ceramica con le gambe accavallate e lo sguardo perso mentre sorseggiava una bibita gassata presa da un distributore nelle vicinanze. Quando questo si accorse della sua presenza, abbozzò un sorriso che ella ricambiò.
 
- Tutto bene? – gli chiese, posando la busta del cibo al suo fianco.
 
Mitsui annuì – Avevo delle cose da chiarire – rispose tornando serio – E non mi sembrava il caso di coinvolgerti –
 
Anko fece una breve risata – L’ex migliore giocatore dell’anno che si preoccupa per me – esclamò
- Sono onorata -
 
Il ragazzo non ribattè limitandosi a sorridere divertito. Tra una chiacchiera e l’altra consumarono la loro cena poco leggera. Lui le chiese molto riguardo il basket e senza farselo pesare troppo, Anko soddisfò tutte le sue curiosità, tralasciando il dettaglio della scuola privata. Poi le fece domande su Tokyo, affermando che ci era stato una sola volta da piccolo in una gita coi suoi genitori coi quali stava cercando in quel periodo di recuperare il rapporto perso.
 
- Dev’essere stato scioccante per loro vederti da stella del basket a teppista – affermò Anko osservandolo perplessa. Aveva usato un tono delicato, nonostante fosse in netto contrasto con la sua affermazione.
 
Tuttavia Mitsui non si offese, limitandosi a fare spallucce e non aggiungendo altro. Consumò in silenzio la cola restante nel contenitore di carta per poi lanciarla nella spazzatura. Si voltò per osservare nuovamente la ragazza che, silente, ricambiava lo sguardo. Le sue guance si colorarono di poco quando notò lo sguardo insistente del ragazzo. Vagava su e giù per il suo viso, coperto da un trucco leggero composto solo da mascara e phard. I lunghi capelli erano sciolti e di tanto in tanto, quando un vento fresco e leggero si alzava, si muovevano di poco.
 
- Coi tuoi invece? – le chiese d’ un tratto Mitsui.
 
Sgranando di poco gli occhi per quell’improvvisa domanda Anko si mise ritta e vagò altrove con lo sguardo.
 
- Non so attualmente com’è la situazione tra i miei al momento – rispose
 
Il ragazzo inarcò un sopracciglio – Vivete sotto lo stesso tetto, dovresti saperlo –
 
Anko scosse il capo, tornando a guardarlo – In verità mia madre è rimasta a Tokyo. Qui siamo solo io e papà –
 
Mitsui si passò una mano tra i corti capelli sospirando – Uno meglio dell’altro – affermò abbozzando un mezzo sorriso. La vice manager ricambiò , prendendo una ciocca dei capelli e arrotolandola attorno l’indice destro.
 
- Immagino che avrai lasciato molti cuori infranti – aggiunse poi il giocatore, sorridendo provocatorio.
 
Anko si grattò il capo – Può darsi – ribattè – sarei ipocrita nel dirti che non ho avuto storie –
 
- Importanti?- chiese ancora quello.
 
La vice manager scosse il capo – Non così importanti – rispose – e tu? –
 
Mitsui rise di gusto – Anche troppi – affermò – Negli ultimi due anni mi sono divertito. Ma ora devo darmi una calmata –
 
Il sorriso di Anko svanì – Cosa intendi? –
 
Lo sguardo del ragazzo vagò rivoltò verso il cielo – Ora che ho ripreso a giocare il sesso può attendere –
 
Il cuore della ragazza stava accelerando. Le sue guance tornarono ad assumere un colore rossiccio e il respiro cominciò ad appesantirsi – Hai avuto solo storie di sesso quindi –
 
Mitsui sospirò – Non ho mai avuto la testa per qualcosa di serio – affermò – Quando giocavo le ragazze non erano tra i miei piani. Avuto l’infortunio ho recuperato il tempo perso. Ma ora che sono tornato niente può distrarmi –
 
Tornò a guardare la ragazza mostrando nuovamente il sorriso provocatorio – O almeno quasi niente-
 
Seria Anko ricambiò lo sguardo. L’ansia che la stava invadendo svanì, lasciando posto ad una seria curiosità. Le farfalle nello stomaco erano tutte morte e quello che aveva definito una sorta di appuntamento stava per divenire un incubo. D’un tratto si ritrovò a provare…disgusto?
L’orgoglio della ragazza di Tokyo stava per riemergere a passo lento. Si era forse sbagliata sul suo conto? Forse aveva dato conclusioni affrettate sulla sua persona, ignorando quella che era probabilmente la realtà dei fatti. Mitsui sarà stato anche un tipo tranquillo il cui pensiero era fisso sul basket. Ma era anche a causa di questo che era divenuto un teppista. E non uno qualunque. Una persona che aveva mandato un giocatore della sua squadra in ospedale e che aveva cercato di rovinare lo Shohoku. Una persona che aveva messo lo sguardo sulle ragazze solo per avere storie di sesso. Una persona orribile. E probabilmente spregevole. Lo pensava soprattutto nell’istante in cui, gli occhi di lui come una sfida si erano posati su di lei. Quest’ultima non riusciva più a vedere quel buono che l’aveva tanto attirata. Era bello da mozzare il fiato. Ma lo era stato ancor di più quando, in lacrime ed in ginocchio, aveva implorato Anzai. Aveva creduto che uno come lui, che era stato lontano dallo sport che amava per tanto tempo potesse comprenderla. Dietro quegli sguardi insistenti si era immaginata una persona profonda come gli occhi volevano far credere. Ma si era sbagliata. Una persona così non l’avrebbe mai capita. E poi si ritrovò ad essere disgustata da sé stessa. A Tokyo era una persona peggiore. A Tokyo non ci si curava dei sentimenti degli altri. A Tokyo riusciva a guardarsi allo specchio e non provare ribrezzo per quello che era. Per un momento la sua mente pensò a sua madre. A tutte le volte le volte che l’aveva rimproverata per la sua superficialità e arroganza. Solo a Kanagawa stava comprendendo tutto. Che era sbagliata. Ed era sbagliato Mitsui per lei. Uno che l’aveva fregata con la storia del ginocchio non faceva assolutamente per lei. Si alzò, distogliendo lo sguardo e volgendolo alle sue spalle per assicurarsi che l’uscita del parco fosse vicina
 
- Devo andare – disse senza degnarlo di uno sguardo
 
Sorpreso, Mitsui si alzò – Vuoi che ti accompagni? – le chiese.
 
Senza guardarlo, Anko scosse il capo – Torno come sono venuta – affermò fredda.
 
Il giocatore sbattè le palpebre perplesso – Ok – disse – Ci vediamo domani? –
 
La vice manager sospirò – Si, riposati a domani –
 
E senza aggiungere altro, si diresse velocemente fuori dal parco, senza mai voltarsi.
 
*
 
Sia Anko che la signora Kamoto sobbalzarono per lo spavento. Per poco la domestica non stava per rovesciare l’intera tisana che stava servendo su un vassoio, ma la ragazza con riflessi pronti riuscì ad evitare il danno. Si voltò poi verso la porta del salotto rimasta aperta ed intravide il padre, rosso in viso, mente si allargava il nodo della cravatta. Era entrato in casa sbattendo la porta alle sue spalle, e il rumore era risuonato per le stanze silenziose. Anko, in compagnia della signora, era semistesa sul divano in pelle mentre guardava una maratona di cartoni animati in tv. Non era molto serena a causa dell’imminente partita contro lo Shoyo. Ed in particolar modo per la conversazione avuta con Mitsui. Il padre non sarebbe dovuto ritornare prima del mattino seguente, ma per chissà quale strano motivo, si era anticipato. L’uomo alzò di poco lo sguardo accorgendosi che la figlia e la domestica lo osservavano da lontano, silenti. Sospirò, poi con lentezza entrò in salotto e abbozzò un sorriso gentile nei confronti della signora
 
- ‘Sera signora – disse.
 
La donna senza dir nulla fece un breve inchino.
 
- So che non mi aspettava prima di domani – aggiunse Daisuke – Ma sarò lieto di accompagnarla a casa-
 
La signora Kamoto mormorò un “ certo” , poi salutando velocemente Anko uscì dal salotto, con la scusa di dover prendere la sua roba. Rimasti soli, la ragazza si alzò avvicinandosi di poco al padre. I suoi occhi verdi scrutarono l’uomo alla ricerca di una risposta. Daisuke scosse il capo
 
- Per favore Anko – sbottò – Non chiedermi nulla -
 
Senza ribattere, la ragazza annuì. Il padre le sorrise appena, le regalò una carezza sul capo ed uscì anch’egli dal salotto, chiudendosi la porta alle spalle. Anko tornò a riaccomodarsi sul divano, afferrò il telecomando e mise l’opzione muto della tv per ascoltare i rumori al di fuori della stanza.
Sentì appena la domestica e suo padre mormorare qualcosa. Poi la porta dell’entrata che venne aperta e successivamente chiusa. Buttò l’occhio sulla finestra, coperta dalle tende chiuse. Potè intravedere i fari che si accendevano e udì poco dopo il motore dell’auto. Man mano si allontanò, dopodichè silenzio. Qualcosa doveva essere successo a Tokyo. E si chiedeva cosa. Un altro litigio?
Probabile. Suo padre non era uomo da sbottare. Quelle volte in cui era seriamente nervoso come quella sera, erano legate principalmente a due fattori : sua madre e il lavoro. Ma qualcosa nella testa della ragazza le diceva che il motivo riguardava la prima. Sospirò pesantemente. Non ci voleva una situazione del genere. Non solo era perplessa per il suo rapporto con Mitsui, del quale era del tutto insicura. Il giorno dopo avrebbe dovuto scontrarsi contro lo Shoyo e ciliegina sulla torta, suo padre non era di ottimo umore. Decise di alzarsi, spegnere tutto e chiudersi in camera sua. Sarebbe stato inutile parlare con suo padre. E dal canto suo non voleva che lui sapesse che in lei c’era qualcosa che si stava muovendo. Una cosa chiamata sentimento.
 
 
 
** Continua**
 
Non mi linciate! Forse ci ho messo un po’ troppo. Ma vorrei giustificarmi dicendovi che gli impegni e la mancanza d’ispirazione mi hanno bloccata. Tuttavia meglio tardi che mai! Come avete potuto leggere, il “ primo appuntamento” non è andato a buon fine e la nostra Anko è rimasta delusa. E voi? Siete delusi per il capitolo o vi è piaciuto? Fatemelo sapere! Un bacio a t

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Capitolo 8
*** Insieme ***


- Sicuro che non vuoi compagnia? – le chiese Daisuke seguendo il passo svelto della figlia.
 
Nonostante il fisico atletico ed asciutto che aveva conservato e curato con gli anni, le gambe giovani della ragazza correvano come una gazzella e starle dietro risultava delle volte faticoso. Come in quel caso.
Anko scosse il capo mentre i suoi occhi verdi si puntavano qua e là alla ricerca di un compagno di squadra. L’edificio sportivo era strapieno di gente con un via vai di facce sconosciute e dimenticate in un nano secondo. Si fermò di colpo e l’uomo dovette avere riflessi pronti per non andare a sbatterle addosso. Anko si voltò accennando un sorriso
 
- Vai a prendere posto – disse – La squadra è già nello spogliatoio -
 
Il padre annuì, allungando di poco gli angoli della bocca – D’accordo – affermò – Buona fortuna –
 
Senza aggiungere altro, la ragazza si diresse quasi correndo alla ricerca dello spogliatoio. C’era mancato poco che sfiorasse il grave ritardo. La sera precedente non era riuscita a chiudere occhio a causa dei pensieri che la tormentavano. Ma probabilmente non era stata l’unica, dal momento che anche suo padre non si era alzato di buon mattino. Oltretutto l’aveva stupita il fatto che aveva preso un giorno di ferie da lavoro per accompagnarla alla partita. Quella contro lo Shoyo. Quando finalmente inquadrò il foglio appeso fuori una porta con su scritto “ Shohoku”, afferrò la maniglia per poi entrare con fare quasi spavaldo. Si fermò di colpo quando si ritrovò Mitsui che era intento ad uscire. Senza alcuna espressione amichevole Anko lo salutò con un cenno del capo. Brevemente osservò i suoi lineamenti, duri in quel frangente, e forse stanchi. Quello ricambiò serio, per poi farle spazio in modo da farla passare. Ella mormorò un “grazie”, dopodichè sentì la porta chiudersi alle sue spalle. Qualcuno alzò lo sguardo su di lei salutandola. Non si respirava un’aria allegra, se non fosse stato per il fischiettio provocato da Hanamichi che si stava infilando le scarpe da ginnastica. Come se la cosa non lo riguardasse. Ma Anko sapeva che la sua era apparenza. In fondo immaginava che il rossino stesse morendo dalla paura. O quasi. Rukawa era comodamente seduto a gambe e braccia incrociate sulla panchina, con le cuffie infilate nelle orecchie e gli occhi chiusi. Miyagi giocherellava con la palla tra le mani, silente. A parte le riserve e Akagi che bisbigliava dei discorsi tattici con il vicecapitano, nessuno proferiva parola. Come timorosa di rompere il silenzio, Anko si diresse senza far rumore affianco ad Ayako che l’accolse con un sorriso.
 
- Com’è andata ieri? – le chiese quasi come un sussurro.
 
La vice manager sospirò pesantemente attirando di poco l’attenzione di qualcuno nelle vicinanze.
 
- Non bene – rispose.
 
La manager annuì – Lo avevo capito – disse – A stento vi siete guardati quando sei arrivata –
 
Anko fece spallucce – Al momento non è un problema – affermò – Meglio pensare alla partita –
 
Non fece in tempo a concludere la frase che Mitsui fece il suo ingresso nello spogliatoio. Era piuttosto pallido e sembrava ancora più nervoso di quando l’aveva visto prima. Cercò accuratamente di evitare il suo sguardo. Per facilitare l’impresa si avvicinò ad Hanamichi e cominciò a scambiare quattro chiacchiere col giocatore. Ma la loro chiacchierata non durò molto, dal momento che entrò Anzai e richiamò l’attenzione di tutti. La partita doveva cominciare. Tesi e in silenzio, disposti in fila, tutti i giocatori si diressero guidati dall’allenatore in palestra. Anko e Ayako restavano vicine, uno di fianco all’altra. La prima sembrava non dare segni di tensione. La seconda un po’ meno. Quando fecero il loro ingresso, dagli spalti si sentirono urla di incoraggiamento. Anko riuscì a scrutare da lontano l’immancabile truppa di Hanamichi, muniti di fischietti e tamburelli. Al loro fianco Haruko, che salutava animamente sia la vicemanager che il rossino. Quest’ultimo arrossì dinanzi alle affermazioni incoraggianti urlate dalla ragazza. Gli occhi di Anko scrutarono intorno, per darsi una panoramica della situazione. Sobbalzò appena quando notò che erano presenti, poco distanti dal campo, la squadra del Kainan e del Ryonan al completo. Sendoh, che non vedeva dal giorno in cui l’aveva conosciuto, la riconobbe. Sorridendo alzò una mano per salutarla. Anko ricambiò il gesto, con le guance che si colorarono appena. Poi si voltò per non dover scontrarsi con gli occhi azzurri dell’asso del Ryonan. Ma poco lontano da lei, si ritrovò incastrata in quelli di Mitsui.
 
 
***
 
Lo Shohoku aveva vinto. Anche se per il rotto della cuffia, aveva dimostrato allo Shoyo e non solo di non essere una squadretta qualunque. Mitsui, esausto e completamente sudato, sorrideva stringendo i pugni. Prima della fine della partita era stato costretto alla sostituzione. Il suo combattere la fatica, restare in piedi affinché continuasse a giocare, avevano risvegliato l’attenzione di Anko. Se nel parco aveva conosciuto la parte del ragazzo spavaldo, durante la partita aveva ritrovato l’amante del basket. Quello buono. Quello che avrebbe dato la vita per ciò che ama. E che sapeva chiedere perdono. Osservandolo mentre usciva dal campo per essere sostituito da Kogure, Anko sentì una morsa. Si morse il labbro inferiore, sentendosi sciocca ed immatura. Aveva giudicato troppo in fretta una persona che aveva subito delle sofferenze e probabilmente umiliazioni. E invece le era stato comodo vedere solo il marcio per poter poi dare giudizi affrettati.
 
Cosa avrebbe pensato Mitsui di lei dopo la sera precedente?
 
Era una bambina, stupida e viziata. E come tutti i bambini viziati non le piaceva guadagnarsi le cose, ma averle servite e pronte su un piatto d’oro.
 
Senza osservarla, Mitsui si diresse a capo chino e col respiro affannato in panchina. Ayako gli si avvicinò poggiandogli un asciugamano sulle spalle e dandogli una pacca d’incoraggiamento. Tuttavia l’attenzione di Anko si spostò poco dopo su Hanamichi che, dopo aver effettuato uno splendido slam dunk, fu espulso. Di conseguenza la sua magnifica azione non valse a nulla, dal momento che il punto non fu considerato valido. Persino Rukawa si era congratulato con lui. La vicemanager balzò in piedi e corse ad abbracciarlo quando fu fuori dal campo.
 
- Sei stato bravissimo Hanamichi – esclamò soddisfatta – Sono fiera di te! -
 
Anche se in difficoltà e rosso in volto, Hanamichi ricambiò la stretta
 
- Mi hanno espulso…- affermò mogio.
 
Anko lo guardò sorridendogli – E che importanza ha? Sei stato magnifico! –
 
Pochi minuti dopo l’arbitro fischiò la fine della partita e tutta la panchina dello Shohoku, Mitsui compreso, balzò in piedi per festeggiare. I giocatori andarono sportivamente a congratularsi con i vincitori. Persino il Ryonan, a differenza del Kainan, applaudiva insieme al pubblico presente sugli spalti. Per un momento Anko incrociò nuovamente lo sguardo di Sendoh. Ma limitandosi ad un sorriso veloce, distolse subito i suoi occhi altrove. Alla ricerca di Mitsui, lo ritrovò che si abbracciava calorosamente col playmaker. Dopo varie cerimonie di cortesia e amichevoli, i giocatori man mano cominciarono a lasciare il campo, in direzione degli spogliatoi. Tra questi Mitsui, affiancato da Miyagi, mentre chiacchieravano animamente tra loro. Di scatto, Anko camminò aumentando di volta in volta il passo per riuscire a raggiungerlo. A pochi passi di distanza lo richiamò a voce alta. Avevano imboccato il corridoio che conduceva agli spogliatoi e alcuni della squadra si voltarono sorpresi. Quando capirono la situazione, Miyagi in primis, preferirono avanzare per far si che la vicemanager parlasse tranquillamente col giocatore. Senza dir nulla, Mitsui la osservava dalla sua posizione rigida. Con le mani infilate nelle tasche del pantaloncino della divisa e le labbra serrate. Anko sospirò abbassando per un momento lo sguardo. Subito dopo lo rialzò, facendosi coraggio.
 
- Mi dispiace -
 
Queste due semplici, ma complicate parole fecero sgranare di poco gli occhi di Mitsui. Ma non riuscì a ribattere nulla poiché successe tutto in fretta. Maledettamente in fretta.
Anko agì d’impulso. L’afferrò per una spalla, costringendolo ad avvicinarsi. Poi si alzò in punta di piedi e lo baciò. Inizialmente Mitsui fu sorpreso, poi, onde perdere altro tempo, circondò la vita della ragazza con le braccia muscolose, stringendola di più a sé. Tutto il desiderio accumulato nei giorni in cui si erano limitati a mangiarsi con gli occhi stava finalmente espandendosi in una sorta di sollievo.
 
- Carini -
 
Una voce li fece sobbalzare per lo spavento. Rossa in viso Anko si sciolse dall’abbraccio voltandosi di scatto alle sue spalle. Ayako li stava fissando sorridendo maliziosa, con le mani posate sui fianchi. Mitsui si grattò il capo, tuttavia non sembrava in imbarazzo.
 
- Uno – esclamò Ayako avvicinandosi indicando il numero con l’indice – Finalmente ci avete dato dentro -
 
Anko e Mitsui si scambiarono un veloce sguardo.
 
- Due – continuò la manager alzando il medio – Tuo padre è uno strafigo -
 
La vice inarcò un sopracciglio – Hai conosciuto mio padre? – chiese scettica
 
Ayako annuì – E’ sceso dagli spalti e si è messo a chiacchierare con Anzai. – rispose – Dovevi dirmelo che avevi un padre così. D’ora in poi mi ritroverai sempre a casa –
 
Anko alzò gli occhi al cielo e Mitsui si limitò a sorridere beffardo
- Vado nello spogliatoio – affermò poi, posando per un momento la mano sulla spalla della ragazza.
 
Quest’ultima annuì sorridendogli radiosa. Quando il giocatore si allontanò, Ayako si avvicinò più del dovuto alla vice, posando le labbra vicino al suo orecchio
 
- Tre – sussurrò – Sendoh ti ha divorata con gli occhi tutto il tempo -
 
 
 
***
 
 
Si passava le dita sulle labbra come per sentire ancora il contatto di quel bacio. Sorrideva come una bambina e per poco non avrebbe saltato sul letto per la gioia. Ne aveva avuti di baci da ragazzi che le piacevano, ma mai si era sentita così entusiasta come quella sera. Mitsui le stava facendo perdere la testa e a lei non sembrava dispiacere la cosa. Si morse il labbro inferiore e chiuse gli occhi, cercando di rivivere quel momento. Ce n’era stato un altro di bacio, al momento dei saluti, ma a fior di labbra. Casto. Puro. Come credeva che fosse il loro rapporto. In meno di ventiquattro ore il suo pensiero nei confronti dell’ex migliore giocatore dell’anno era mutato. Non era il rozzo e spietato ragazzo che si era immaginata. Forse si. Ma non con lei. Si mise a pancia in giù abbracciando il cuscino e mantenendo il sorriso. Immaginò per un momento di stare abbracciata a lui. Si sentiva la principessina sul piedistallo che era stata capace di sciogliere il cuore del teppista. Sospirò beata. Poi il suo sguardo indugiò sul cellulare posato di fianco e il suo sorriso si allargò quando notò il nome del mittente. In un batter d’occhio, digitò i tasti per scrivere la risposta. Poi lasciò con poca cura il telefono sul materasso e con uno scatto, balzò giù dal letto e saltellando si diresse fuori dalla sua camera. Si bloccò di colpo quando arrivò fuori la camera di suo padre. Era stranamente eccitata nel fare quello che stava appunto per compiere. Posò l’orecchio sulla porta, in attesa. Quando sentì il russare anche se lieve dell’uomo, tornò a sorridere e in punta di piedi, tra l’altro, privi di ciabatte e calzini, scese le scale per dirigersi al piano inferiore. Arrivata in cucina, aprì cauta la porta di vetro che affacciava direttamente al vialetto. Prese al volo delle ciabatte posate poco distanti dalla porta e corse lungo la stradina fino ad arrivare al cancello in ferro battuto. Mitsui la stava aspettando al di là dell’entrata. Le sorrise e quella ricambiò felice. Le guance del giocatore erano colorate di poco e in mano aveva salda una birra. Gli occhi di Anko indugiarono per un momento su quella e il ragazzo parve accorgersene
 
- Oh andiamo! – esclamò – Solo una per festeggiare. Signora allenatrice! –
 
La ragazza tornò a sorridergli ed annuì. Avvicinò il viso al cancello e Mitsui non perse tempo che le schioccò un bacio a stampo nello spazio che l’ostacolo permetteva. Dopo la squadrò, constatando la tenuta da notte della ragazza. Anche se con un semplice pantalone da ginnastica e una maglia bianca che quasi scompariva in contatto con la pelle, sembrava una piccola principessa. Ogni suo movimento agli occhi del ragazzo pareva regale. Probabilmente erano anche i suoi lunghi capelli neri, sciolti anche in quell’istante a confonderlo.
 
- Non andiamo a scuola domani – propose quello.
 
Anko sbattè le palpebre perplessa – Cosa? –
 
- Ma si! – esclamò Mitsui bevendo un sorso della birra – Colazione assieme, un giro in centro… -
 
- E gli allenamenti? – lo interruppe la vice manager non del tutto convinta.
 
La mano libera del ragazzo andò ad accarezzarla sotto al mento e quella chiuse gli occhi per l’intensità che il contatto le provocava.
 
- Ci andiamo agli allenamenti – disse Mitsui ridendo appena – Non ti porto via il basket, splendore -
 
Anko annuì consenziente. – Però ci presentiamo insieme –
 
Mitsui sorrise beffardo – Si – affermò – Insieme -
 
Poi le loro bocche si unirono nuovamente anche se a malapena.
 
- Mi mandi un messaggio quando torni a casa? – gli chiese con lo sguardo indagatorio.
 
Mitsui le regalò un altro sorriso – Si signorina – rispose – Vai  o papà ti mette in punizione –
 
Anko alzò gli occhi al cielo per poi tornare a guardarlo e sorridergli. Infine gli diede le spalle e correndo appena tornò in casa. Prima di varcare la soglia si voltò notando che Mitsui era sparito. Sfilò le ciabatte e chiuse delicatamente la porta in vetro. A passo felino, sgattaiolò in camera sua, tuffandosi nel letto. Afferrò il cellulare e fissò lo schermo in attesa. Aspettò per un tempo che le parve infinito, finchè il display non s’illuminò. Sorridendo radiosa, posò il cellulare sul comodino e si raggomitolò sotto le coperte. Quella sera si addormentò col sorriso.
 
 
 
 
 
 
*** Continua ***
 
E bacio fu! Siete contenti di questo capitolo? Lo spero proprio! Adesso si aprono finalmente le danze e vedremo come sarà la relazione tra questi due matti! Non vi nego che starei volentieri al posto della mia protagonista. Come sempre voglio ringraziare tutti quelli che hanno inserito questa storia tra le seguite ( ed addirittura preferite! Sono lusingata ), a chi recensisce ed anche a chi si limita solo a leggere. Un bacio a tutti

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Capitolo 9
*** Farà al caso tuo? ***


 
- Quella contro il Kainan sarà una partita che non avrà niente a che vedere con quelle disputate fino ad adesso – sbottò Akagi mentre serio parlava ai componenti della sua squadra.
 
Affiancato da Kogure, aveva richiamato l’attenzione di tutti dopo le pulizie e prima di dare inizio agli allenamenti. Argomento principale era, ovviamente, il Kainan. Ayako e Anko si erano messe in disparte, ascoltando in silenzio. La prima aveva un’espressione seria sul volto e restava ferma a braccia conserte. La seconda parve mostrare la stessa attenzione fino a quando non aveva incrociato, anche se per puro caso, lo sguardo di Mitsui. Quest’ultimo aveva approfittato di quel contatto astratto facendole l’occhiolino e sorridendole beffardo. Ella arrossendo e con difficoltà cercò di restare concentrata sul capitano, non riuscendoci. Qualche giorno prima si erano presentati assieme agli allenamenti, dopo che avevano marinato la scuola. Mano nella mano e con un sorriso soddisfatto stampato sul volto, avevano scosso per un momento tutti i componenti della squadra. O meglio dire quasi tutti, dal momento che Rukawa non aveva mostrato il minimo interesse per la nuova coppia appena nata e aveva continuato a tirare a canestro proprio come se la cosa non lo riguardasse. Hanamichi, invece, aveva spalancato la bocca così tanto che quasi il labbro inferiore poteva toccare terra. Evidentemente era troppo distratto per aspettarsi una cosa del genere. Ma come dargli torto. Solo due cose riempivano i suoi pensieri da un bel po’ di tempo. Il basket e Harukina cara. A tal proposito, la ragazzina presente agli allenamenti anche il giorno in cui la coppia uscì allo scoperto, aveva cominciato a saltellare e battere le mani per la felicità. Bene o male, tutti sembrarono accettare che Anko e Hisashi fossero una coppia. Oppure c’era chi, come nel caso di Rukawa, non aveva la minima intenzione di interessarsi alla cosa. Fatta eccezione di un’unica volta. La mente di Anko vagò fino a tornare al ricordo di un paio di giorni prima. Dopo il suono dell’ultima campanella, mentre gli studenti si accingevano a lasciare i banchi e sgattaiolare fuori dall’aula, accadde qualcosa di insolito. Anko si alzò dalla sedia per afferrare le sue cose e nel frattempo chiacchierava animamente con Rukawa che, muto e intenzionato a rassettare la sua roba, ascoltava. Durante la conversazione, anche se involontariamente, Anko tirò in ballo il nome di Mitsui e non potè non fermarsi di colpo dal morbo del chiacchiericcio ed arrossire. Alzò lo sguardo sul compagno di classe e squadra, aspettandosi una reazione o una parola di sfottò. Ma quello restò immobile, con la borsa della palestra pronta e lo zainetto in spalla, e lo sguardo dritto davanti a sé. Sospirando di sollievo per quel silenzio, la vice manager lo incoraggiò a lasciare l’aula e a dirigersi in palestra. Quando giunsero davanti agli spogliatoi, in silenzio, Anko aveva afferrato la maniglia per aprire la porta del suo ed entrare nella stanza, quando Rukawa di colpo la richiamò.
 
- Si? – gli aveva chiesto perplessa da quel richiamo improvviso.
 
Il giocatore serio come suo solito la squadrò per un momento, dopodichè esclamò
- Sei sicura che Mitsui faccia al caso tuo? -
 
La ragazza strabuzzò gli occhi per la sorpresa. Da un lato per aver ascoltato per la prima ( e probabilmente unica ) volta l’interesse di Kaede riguardo la sua relazione. Dall’altro per il tipo di domanda che le era stata posta.
 
- Eh? – chiese scettica non capendo dove volesse andare a parare – Perché?-
 
Ma Rukawa non ribattè. Si limitò a fare spallucce e senza aggiungere altro entrò nello spogliatoio maschile.
 
Inutile dire che quella piccola inquisizione non turbò più di tanto Anko e il suo rapporto con Mitsui. Eppure ogni tanto la mente tornava a quella scena, e di conseguenza andava a perdersi in riflessioni lunghe e delle volte insensate.
 
Che ci fosse qualcosa da dover sapere? O forse quella di Rukawa era una semplice constatazione? Dopotutto ci stava che una persona esterna non “ ammirasse “ una coppia formata da due personaggi tra loro completamente diversi e che l’unica cosa che li accomunava fosse l’amore per il basket. C’era chi aveva espresso il proprio parere come le sue amiche che avevano affermato “siete una bella coppia” o chi come Hanamichi li derideva scherzosamente. Addirittura chi li invidiava come Miyagi che da tempo sognava di coronare lo stesso sogno con Ayakuccia. Non aveva più chiesto a Rukawa che cosa stesse intendendo in quell’istante, né aveva più parlato di Mitsui con lui.
 
Gli occhi verdi di Anko indugiarono sul compagno di classe che serio non perdeva una sola parola di quello che stava dicendo Akagi. Poi sospirò pesantemente e tornò ad osservare il capitano che, finalmente, pose fine al suo discorso.
 
- Bene – concluse – cominciamo con gli allenamenti -
 
Mentre la squadra si sparpagliava per il campo e Ayako prese fischietto e ventaglio per la gestione degli allenamenti, Mitsui si avvicinò alla vice manager che, nel frattempo, aveva afferrato penna e quaderno per annotare gli avvenimenti di quel pomeriggio. Alzò lo sguardo sorpresa sul giocatore e gli sorrise
 
- Miyagi dopo viene con noi – esclamò quello con un sorriso beffardo – Ovviamente perchè ha saputo di Ayako -
 
Anko si limitò ad annuire e Mitsui le fece una breve carezza sotto al mento per poi tornare in campo. Per quella sera avevano deciso di cenare insieme in una pizzeria non molto lontana dalla scuola. Era stata lei a proporre e lui non ci aveva pensato due volte. Si chiese se le sue brevi paranoie dopo la domanda inaspettata di Rukawa non fossero, appunto, solo stupide paranoie. Bastava pensare che, ogni volta che l’ex miglior giocatore dell’anno segnava a canestro, cercava lo sguardo fiero della sua vice manager.
 
 
 
***
 
 
Oltre all’amore, Anko non sapeva se avesse effettivamente conosciuto l’amicizia o meno. L’enigma per eccellenza. A Tokyo aveva avuto amiche “ intime “. Della sua stessa classe sociale. Con le stesse passioni e la classica puzza sotto al naso. Ragazze ricche, snob, pronte a tutto per primeggiare. Di compagnia, ma vipere pronte a morderti. Pensandoci no, forse non sapeva davvero cosa fosse l’amicizia. Prima di arrivare a Kanagawa. Osservava la truppa di Hanamihchi prendersi gioco del rossino, mentre ridevano su una delle tante gaffe fatte dal giocatore durante la partita contro lo Shoyo. Lo deridevano, lo prendevano in giro. Eppure erano prontamente presenti. Non mancavano ad una partita e non c’era un solo momento in cui si separavano da lui. Per non parlare degli allenamenti. Salvo impegni o imprevisti, assistevano all’allenamento del rossino ed anche se non potevano fare a meno di sbellicarsi dalle risate per i suoi errori, non si allontanavano fin quando non usciva dallo spogliatoio. Che fosse questa l’amicizia? Anko sospirò. Ripensò a quelle amiche che frequentava prima di arrivare a Kanagawa e a come nessuna di loro aveva espresso sinceramente dispiacere per il suo trasferimento. O peggio, per un palese divorzio. Si voltò alla sua destra concentrando il suo sguardo su Haruko che spettegolava con le sue due amiche inseparabili   ( e di cui puntualmente si scordava i nomi) riguardo gli ultimi flirt avvenuti nella loro classe. Allo stesso modo, quelle erano vicine ad Haruko accompagnandola ad ogni partita ed assistendo spesso agli allenamenti. Era circondata in quella pausa pranzo sulla solita terrazza da quelli che definiva amici. Eppure in quel momento si sentì come un pesce fuor d’acqua.
 
- Hai una faccia -
 
Esclamò Mitsui facendola sobbalzare e riscuotere dai suoi pensieri. Si accomodò al suo fianco porgendole la lattina di pepsi cola che aveva chiesto precedentemente.
 
- Grazie – disse la vicemanager afferrando la lattina e aprendola.
 
- Anch’io vorrei avere un ragazzo che va a comprarmi le bibite – affermò Haruko provocando le risa delle sue amiche.
 
Mitsui inarcò un sopracciglio, mentre Anko le sorrise imbarazzata
 
- Dovevo andare al bagno e mi ci sono trovato – ribattè il primo sorridendo beffardo – Mica sono andato apposta -
 
Anko alzò gli occhi al cielo e senza voler replicare si portò la lattina alle labbra. Ma non potè fare un sorso che Mitsui le afferrò il polso bloccandola e le stampò un bacio piuttosto prolungato.
 
Sorpresa per quel gesto romantico, il suo volto divenne di un colore simile al bordeaux, provocando le risa di tutti i presenti. Persino di Hanamichi e della sua truppa che si erano distratti dal casino da loro creato con il rientro di Mitsui.
 
- Guardala è tutta rossa! – esclamò il rossino puntandola con un dito e le lacrime agli occhi
 
- Ah che carina! – affermò Haruko battendo le mani
 
Anko, ancora più rossa in viso ed imbarazzata, si portò una mano per coprirsi metà del viso. Nonostante quella sua non voglia di stare al centro dell’attenzione, non riusciva a smettere di ridere. In particolar modo dinanzi alle smorfie che faceva Hanamichi nel prenderla in giro.
 
- Ma smettila! – gli urlò cercando per un momento di tornare seria, non riuscendoci.
 
Il suo grido era parso più quello di una gallina in calore e ciò non fece che aumentare il divertimento dei presenti. Anche Mitsui, dapprima perplesso, si era fatto coinvolgere. Il suo gesto voleva essere una sorta di marchio da figo, ed invece si era trasformato in un’azione comica.
 
- Ma dai Anko! – esclamò Hanamichi, tra una risata e l’altra, portandosi per un momento l’indice all’occhio per afferrare una lacrima
 
- Gli amici vanno presi in giro – intervenne Haruko circondandole le spalle col braccio e poggiando la testa sulla sua spalla – Altrimenti che sfizio c’è?-
 
E per un momento Anko tornò ad essere seria. Le parole di Haruko l’avevano scossa come uno schiaffo. Poi per mascherare i suoi pensieri tornò a sorridere e il suo sguardo s’incrociò con quello di Mitsui che le sorrideva gentile.
 
Come aveva fatto a credere di essere sola? Da quando era arrivata a Kanagawa tante cose era cambiate. Attorno a lei. In lei. Si era integrata senza problemi in squadra e nella nuova scuola andava d’accordo con la maggior parte dei compagni. La manager Ayako l’adorava, per non parlare di Haruko. Hanamichi era un che dire, ed a modo suo anche Rukawa sembrava essere almeno civile nei suoi confronti. L’amicizia l’aveva conosciuta. Finalmente. E non dovevano essere le sue insicurezze acquisiste con l’esperienza genitoriale a farla cedere. Cercò la mano di Mitsui senza puntare lo sguardo e quando la trovò la strinse forte.
 
 
 
***
 
 
Gli occhi verdi di Anko scrutavano qua e là per l’immensa ed imponente sala da cui si alzava man mano un brusio di voci. Il ristorante scelto da suo padre quella sera era particolarmente affollato. Alcuni chiacchieravano animamente tra loro o facevano un brindisi facendo sfiorare appena i costosi calici in vetro. Altri restavano silenti e consumavano le proprie pietanze dandosi alla chiacchiera solo di rado. Anko puntò lo sguardo su una coppia. Sia lui che lei avevano il capo chino sul proprio piatto e nessuno dei due alzava lo sguardo sull’altro. L’unico che sembrava dare vita alla coppia – mummia era il cameriere che, durante i suoi tanti via vai, riempiva i bicchieri non appena questi si svuotavano anche se di poco. Sospirando, Anko scosse leggermente il capo. Si chiese in quell’istante se anche i suoi genitori, quando si concedevano le loro uscita da coppia, si erano comportati allo stesso modo. Almeno nell’ultimo periodo, da come le risultava.
 
- Anko mangia o si raffredda! – la destò il padre.
 
Voltandosi di scatto, si mise ritta con  la schiena e ricominciò a tagliare la sua carne anche se ormai semifredda.
 
- Buono – mormorò masticando con veemenza.
 
Daisuke le sorrise appena per poi portarsi il bicchiere di vino rosso alle labbra, sorseggiando lentamente. Per quella sera aveva deciso che lui e sua figlia sarebbero andati a cena fuori. Dopo il trasloco non avevano mai avuto una serata particolare come quella. Tra lavoro, nuova scuola e nuove distrazioni per sua figlia, l’uomo aveva finalmente colto l’attimo e regalato alla ragazza una serata tutta padre – figlia. Cosa che accadeva quasi come da tradizione da quando era nata. O almeno da quando aveva la facoltà di mangiare da sola. Ma si sapeva oramai che nell’ultimo periodo alcune delle tradizioni erano arrivate a capolinea. Almeno quella avrebbe cercato di salvarla in qualche modo.
 
- Qui mi ci portava tuo nonno – affermò l’uomo posando il bicchiere sul tavolo delicatamente.
 
Anko annuì ingoiando l’ultimo pezzo di carne – Si – rispose – Ci venimmo anche da piccola –
 
- Nervosi per la partita contro il Kainan? – chiese d’un botto il padre, cambiando totalmente discorso.
 
La ragazza sospirò – Alquanto – rispose – Non è mai capitato loro di sfidare una squadra così forte
 
Il padre annuì, grattandosi il mento – Ricordo quando il Kainan acquisì il primo titolo nazionale – affermò – Eri appena nata. Una scuola del genere non aveva mai puntato a tanto. Sono migliorati solo negli ultimi sedici anni –
 
Anko sorrise divertita constatando quanto il padre potesse ancora conservare quello spirito di competizione che riservava sul campo da basket, stando ai suoi racconti. Quando aveva poco più l’età della ragazza aveva sfidato e battuto tante volte che il Kainan che stava ancora a credere che ormai quella squadra da ben sedici anni conquistava il titolo nazionale. Afferò il suo bicchiere di coca per bere.
 
- E il tuo ragazzo cosa dice in proposito? – le chiese d’un tratto suo padre, squadrandola seria
 
Anko sputò con poca eleganza quella poca parte di bevanda che stava per ingerire, portandosi con uno scatto il tovagliolo di una particolare stoffa alle labbra. Rossa in viso, alzò lo sguardo su suo padre che, scettico, non smetteva di fissarla.
 
- Ma cosa mi chiedi? – chiese la ragazza balbettando per l’imbarazzo.
 
Daisuke inarcò un sopracciglio – Mi chiedo se l’ex migliore giocatore dell’anno abbia una particolare prospettiva della prossima partita – affermò come se parlare della relazione sentimentale della figlia fosse la cosa più normale.
 
Anko strabuzzò gli occhi per la sorpresa – Come fai a …–
 
- Non ha importanza – la interruppe l’uomo alzando di poco la mano per darle segno di tacere – E non sei molto predisposta all’argomento. Almeno vorrei sapere credi che fa al caso tuo? -
 
La ragazza si ritrovò a spalancare nuovamente gli occhi per lo stupore. Era stata la seconda persona suo padre, dopo Rukawa, a porgerle una domanda del genere. Che egli avesse indagato sulla sua vita non era cosa nuova, ma Mitsui era un argomento particolare e che voleva tenere quanto più lontano possibile dai discorsi familiari. Fece spallucce e mormorò un “ non lo so “.
 
Daisuke scosse il capo e si portò nuovamente il bicchiere di vino alle labbra – Scegli bene chi vuoi o finirai come quella coppia apatica. O peggio. Come me e tua madre –
 
E lo sguardo di Anko si voltò per tornare a guardare la coppia anomala che non aveva mai rotto il silenzio. Per un momento immaginò i suoi genitori al loro posto e una strana e dolorosa stretta prese posto nel suo stomaco.
 
 
 
*** Continua ***
 
Ammetto di aver postato un po’ tardi, ma l’ispirazione non voleva proprio saperne. Ma come si suol dire, meglio tardi che ma. Spero che sia stato di vostro gradimento e se anche così non fosse mi piacerebbe sapere i vostri pensieri a riguardo! Un bacio 

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Capitolo 10
*** Richieste, notizie e dubbi ***


Spensierata, Anko posò il capo sulla spalla di Mitsui. Erano sudati fradici, ma a lei non importava. Seduti su una panchina dopo aver giocato nel campetto non molto lontano dalla scuola, conosciuto grazie ad Hanamichi, restarono silenti per un po’. Mancava ancora qualche giorno prima della partita contro il Kainan, e nessuno dei due, fatta eccezione per il resto della squadra, sembrava turbato. Motivo per il quale vivevano con totale spensieratezza tutti i momenti in cui potevano passare del tempo assieme. Le domande inquisitorie del padre e quella strana “ raccomandazione “ di Rukawa non l’avevano più toccato i pensieri. Anko sembrava essere sicura del ragazzo che aveva accanto. Certo, non era il più grande tra i romantici, dal momento che lei stessa non amava le smancerie. Ma sentiva che poteva lasciarsi andare con lui. O almeno voleva crederci.
 
- Non te la cavi affatto male – mormorò quest’ultimo guardandola per un secondo con la coda dell’occhio, mentre sorseggiava la sua bibita gassata.
 
Anko rise cristallina e alzò il capo guardandolo in viso – Perché avevi dubbi?- chiese con tono allegro.
 
Mitsui abbozzò un sorriso beffardo – Qualcuno –
 
Per scherzo, la ragazza gli diede un leggero pugno sulla spalla. Il giocatore alzò gli occhi al cielo per la stupidaggine del gesto.
 
- Guarda che se non fosse stato per il trasferimento avrei giocato in una squadra – ribattè Anko fingendosi offesa.
 
- Privata – aggiunse l’altro con noncuranza.
 
Senza ribattere nulla, Anko si limitò a sospirare pesantemente. Più volte si era ritrovata dinanzi al fatto che il giocatore quasi non sopportasse la sua ricchezza. Sicuramente c’erano stati casi in cui a sbagliare era lei stessa. Ma d’altronde che poteva farci se apparteneva ad una classe socialmente ed economicamente alta? Per un breve momento pensò a quando aveva invitato Mitsui in casa sua. Approfittando dell’assenza di suo padre che sarebbe stato via per lavoro tutto il giorno, avevano deciso di marinare nuovamente la scuola ( salvo gli allenamenti ) e passare la mattinata assieme.
Per quasi tutto il tempo il giocatore parve sentirsi a disagio. I suoi occhi non erano mai stati abituati a tanto lusso. Ad un certo punto sembrò anche che avesse paura di sedersi sul costoso divano che riempiva parte del salotto.
 
- Parliamo di cose serie – interruppe il silenzio Mitsui squadrandola.
Anko alzò lo sguardo su di lui inarcando un sopracciglio perplessa.
- Quando riuscirò a constatare come ti muovi a letto? – le chiese senza troppi preamboli.
La ragazza spalancò gli occhi per la sorpresa e in un lampo le sue guance candide si colorarono di un rosso acceso.
Si sarebbe aspettata che il ragazzo risollevasse la situazione com’era solito fare, con una parola o con un gesto, ma quella domanda l’aveva completamente spiazzata. Quando qualche giorno prima egli si era presentato a casa sua, l’imbarazzo e il disagio parvero svanire solo quando si erano scambiati effusioni nella camera da letto. Niente di quello che non si fa tra “ fidanzati “, ma c’era un piccolo ( o forse non troppo ) ostacolo che divideva la linea di pensiero dei due su questo ambito : Anko era ancora vergine.
Fu quasi un colpo per lui scoprirlo. Si era aspettato di aver trovato una ragazza che anche se più piccola di lui aveva già compiuto questo passo. Data la bellezza che si ritrovava aggiunta alla sfrontatezza caratteriale, era straconvinto di ciò che pensava su di lei. Ma quando quest’ultima gli tolse bruscamente la mano del giocatore dalle sue parti basse, egli reagì sorpreso non capendo il motivo del gesto.
- Stai prendendo una fissa su questa cosa! – sbottò brusca Anko passandosi una mano tra i capelli sudati – Che palle!-
Sapeva che Mitsui la desiderava. E tanto. Come anche lei desiderava lui. Ma certe volte i maschietti non sono i principi azzurri che quasi ogni donna tenta di immaginarsi. Tutt’altro.
Si aspettava che il ragazzo ribattesse pronto. Ma questi si alzò, si pose davanti a lei e l’afferrò per gli avambracci costringendola con la forza ad alzarsi. Dopodichè la baciò. Sorpresa, Anko non ebbe il tempo di ricambiare che Mitsui si staccò e mollò la presa. Stranamente sorrideva malizioso.
- Quando vorrai farmi togliere questa fissa fammi un fischio – disse.
Poi senza aggiungere altro, Mitsui le diede le spalle, afferrò la palla a poca distanza da loro e ricominciò a palleggiare. Anko lo seguì con lo sguardo, immobile e muta, chiedendosi in quell’istante cosa stesse passando per la testa del ragazzo. Quest’ultimo tornò a guardarla
- Vieni a fare altri due tiri o vuoi continuare a fare la mummia?- le chiese scherzoso.
Anko sospirò nuovamente, scosse leggermente il capo e, abbozzando un sorriso, lo raggiunse in campo.
 
***
- Ma la partita è proprio dopodomani! -
L’esclamazione di Anko si sarebbe sentita anche a chilometri di distanza. Si ritrovava in cucina con suo padre, mentre erano accomodati per consumare la cena. Stava andando tranquillamente, finchè il padre le diede una notizia. Pessima. La madre sarebbe arrivata a Kanagawa il giorno stesso della partita contro il Kainan. La reazione di Anko fu terribile. Avevano fatto cadere le posate per la rabbia, cominciando ad inveire dapprima contro la madre. Infine contro il padre.
- Tu sapevi che la mia squadra giocava contro il Kainan! – continuò – Perché non hai detto a mamma che non era il caso proprio quel giorno? -
Daisuke, senza mai alzare lo sguardo dalla sua consumazione, restava quasi impassibile di fronte alla reazione della figlia. Le aveva dato libero sfogo dinanzi agli insulti e alle proteste senza proferir parola. La signora Kamoto, che stava assistendo alla scena, decise di allontanarsi dalla cucina con una scusa. La verità era che non voleva essere presente ad una pesante discussione tra padre e figlia.
- Come puoi stare zitto e non dire nulla?- gli urlò contro Anko. Si era alzata in piedi sbattendo con prepotenza le mani sul tavolo. I lunghi capelli neri sfioravano appena la superficie del tavolo ricoperta da una costosa tovaglia. Gli occhi spalancati e le guance rosse esprimevano collera.
Finalmente Daisuke alzò lo sguardo su di lei
- Ora smettila di urlare – le ordinò con tono pacato – E’ ora che impari che per la famiglia bisogna fare dei sacrifici -
Anko strinse il labbro inferiore con forza – La verità è che tu sei succube di lei! – ribattè alzando nuovamente la voce.
Daisuke la squadrò con rimprovero – Non parlare così di tua madre – la intimò mantenendo un tono tranquillo – Stai dando spettacolo di te stessa per una partita che tra l’altro non dovrai giocare tu –
La ragazza spalancò la bocca per le parole appena pronunciate da suo padre.
Quando mai le era stato imposto il basket come secondo fine?
Approfittando della non risposta di sua figlia, Daisuke continuò riabbassando lo sguardo – Domani dirai ai tuoi compagni che non sarai presente alla partita e che dovrai passare la mattinata con me e tua madre. E’ ora di riconciliare la famiglia Anko. Quando avrai la maggiore età e sarai indipendente potrai fare quel che ti pare. Ma per ora limitati a comportarti da figlia come un genitore si aspetta –
Anko sbattè un pugno sul tavolo – Vorrà dire che quando avrò la maggiore età e sarò indipendente la prima cosa che farò sarà ignorarvi! – esclamò urlante. Senza aggiungere altro spostò bruscamente la sedia e si diresse fuori dalla cucina. Senza scomporsi, Daisuke continuò a consumare il suo pasto e solo quando sentì in lontananza una porta chiudersi rumorosamente sospirò pesantemente. Pochi secondi dopo la signora Kamoto rientrò in cucina. Si limitò a sorridere al padrone di casa e senza dir nulla, sparecchiò la parte di tavolo dove Anko era seduta fino a qualche attimo prima.
- Mi scusi signora – interruppe il silenzio Daisuke guardando appena la donna. Quest’ultima gli sorrise nuovamente e fece un breve inchino. L’uomo sospirò ancora.
 
***
Il giorno dopo, ad allenamenti conclusi, Anko si ritrovava davanti all’intera squadra. Aveva deciso di prendere coraggio e dire a tutti della sua assenza alla partita del giorno seguente. Inizialmente nessuno proferì parola, in primis Mitsui, che se ne stava al suo posto osservandola serio. Dopodichè la risata calorosa di Anzai parve rassicurarla almeno in parte.
- Non preoccuparti – affermò Akagi – I problemi familiari vanno risolti prima della squadra -
Anko non aveva approfondito il motivo della sua assenza, ma sapeva che la maggior parte dei presenti, se non tutti, era a conoscenza della sua condizione familiare. Fatta eccezione di Hanamichi, Ayako e Mitsui, agli altri aveva dato pochissime notizie di sé su tale argomento.
Ayako le si avvicinò, sorridendole ad abbracciandola – Tranquilla tesoro – le sussurrò ad un orecchio – Qui ti capiamo tutti –
Anche se goffamente, Anko ricambiò l’abbraccio della manager mormorando un timido “ grazie “.
Quando sciolsero l’abbraccio, Hanamichi si avvicinò – Peccato che non ci sarai dolcezza – affermò – Ti perdi la grande sconfitta del Kainan. Ovviamente grazie al sottoscritto, il genio del basket! –
E detto ciò si lasciò andare ad una fragorosa risata. Ma questa non durò a lungo che il rossino si beccò un pugno sul centro del capo dal capitano.
- Smettila di dire stronzate e corri a fare la doccia imbecille – affermò il gorilla, andando verso gli spogliatoi e trascinando con sé un lamentoso Hanamichi. Ayako scosse il capo ed alzò gli occhi al cielo. Poi dopo aver dato un pizzico rassicurante sulla guancia di Anko, si diresse anch’essa verso gli spogliatoi. Gli occhi verdi della vice manager andarono alla ricerca del proprio ragazzo e quando lo inquadrò gli corse incontro.
- Hey – lo richiamò ponendosi davanti e afferrandogli una mano – Non hai speso una parola –
Mitsui inarcò un sopracciglio – Cosa dovrei dire? – ribattè pronto. Anko strinse più forte la sua mano – Non so – rispose – Qualsiasi cosa –
Il giocatore scosse il capo – Tua madre è una stronza – sbottò – Ecco. Cinque parole –
La vice manager trasalì per quell’affermazione. Aprì la bocca per dire qualcosa ma quella non emise nessun suono, richiudendola subito dopo. Mitsui si limitò ad osservarla senza aggiungere nulla. Poi liberò la mano dalla sua stretta e si diresse fuori dal campo. Anko lo seguì con lo sguardo, sperando per un momento che quello si voltasse almeno. Ma niente. Rassegnata sospirò, e poggiò le mani sui fianchi incapace di muoversi. Sentendo una presenza al suo fianco, alzò lo sguardo perplessa e si ritrovò Rukawa che la osservava silente.
- Cosa pensi? – gli chiese speranzosa di udire una parola positiva.
Rukawa fece spallucce – Manda tutti a cagare e vieni alla partita –
Quella risposta lasciò per un attimo Anko basita, ma subito dopo scoppiò a ridere. Come imbarazzato, Rukawa si limitò a grattarsi il capo e senza aggiungere altro la salutò con un cenno del capo e si diresse verso gli spogliatoi. Almeno c’era qualcuno che aveva tentato di alleggerire la cosa, pensò Anko. Poi la sua testa ricordò quelle che erano state le parole del suo compagno e di suo padre. Avrebbe voluto che Mitsui la comprendesse piuttosto che sbottare in quel modo. E per la prima volta dopo tempo, si ritrovò a pensare che forse doveva stare ben attenta a chi aveva scelto.
 
 
** Continua **
 
So che è da un po’ che non aggiorno, ma la mia misera vita reale da umana e non da autrice mi ha presa più del previsto. Mi sono un attimo un attimo laureata ( in lettere moderne per chi se lo stesse chiedendo ) e davvero non ho avuto né tempo né l’ispirazione adatta! Ma stasera rieccomi! Come si suol dire : meglio tardi che mai! Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento e di non farvi attendere troppo per il prossimo! Un bacio a tutti e correte al mare

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Capitolo 11
*** Sconfitte ***


 
Anko scrutava sua madre con uno sguardo torvo, seduta al suo posto ad un tavolo del ristorante dove recentemente aveva cenato sola con suo padre. Non aveva aperto bocca, se non per un semplice “ ciao “ distaccato, quando aveva incontrato sua madre dopo il tempo in cui erano state distanti. Kaori, dal canto suo, non potè far altro che adagiarsi all’atteggiamento freddo di sua figlia. Così si limitò a compiere un sorriso con le labbra ricoperte di rossetto di un rosso non troppo colorato, e a darle un pizzico sulla guancia. Le sue unghie laccate e ben tenute le graffiarono di poco la pelle bianca e candida. Una volta giunti al ristorante ed accomodatosi, si era dedicata completamente alla conversazione con suo marito, in cui non mancavano frecciatine reciproche sui loro sbagli reciproci. Ad ogni “ battuta”, la ragazza alzava gli occhi al cielo, chiedendosi mentalmente perché mai era stata costretta ad assistere alla scenetta inutile creata dai suoi genitori, piuttosto che alla partita contro il Kainan. Sbirciò l’orologio appeso alla parete non molto distante, pensando per un momento alla sua squadra. Chissà cosa stava combinando. Ed in particolare, si chiedeva in quel momento, cosa stesse ottenendo Mitsui. Dopo quella sua brusca risposta, non aveva più avuto modo di parlare con lui. Tornata a casa, infatti, non si era sentita di chiamarlo o anche solo mandargli un messaggio. Scelta che a quanto pare era stata decisa anche dallo stesso.
 
- Allora tesoro – la destò sua madre – come ci si sente a stare in una squadra come lo Shohoku? -
 
Lo sguardo di Anko si focalizzò nuovamente sulla donna sedutale di fronte.
 
- Bene mamma – rispose – Te l’ho detto molte volte a telefono -
 
Kaori annuì, afferrando il bicchiere ripieno di vino rosso e portandoselo alle labbra. Le bagnò di poco della bevanda, poi posò nuovamente l’oggetto di cristallo sul tavolo.
- Sai pensavo che se sei stata capace di integrarti in una scuola pubblica non avresti problemi a svolgere lavori come il mio -
Sia Anko che suo padre la osservarono scettici. La prima inarcò un sopracciglio, confusa dell’affermazione appena fatta. Il secondo ridusse gli occhi a fessure pronto ad ascoltare un’altra parola della moglie. Voleva comprendere dove ella volesse andare a parare.
- Sei seria? – le chiese la ragazza scuotendo di poco il capo.
- Ho preso un altro caso che mi sta molto a cuore – continuò la madre ignorando del tutto la questione della figlia – Ho sempre voluto che interagissi con i ragazzi che seguo di volta in volta. E sono più che sicura che quello che sto seguendo ora possa anche piacerti –
Daisuke fece un colpo di tosse dal momento che per poco non gli stava andando di traverso il vino che aveva appena degustato.
- Come puoi credere che io possa frequentare uno dei teppisti che corri a salvare? – ribattè Anko. Le guance si stavano colorando di un rosso acceso e le mani  furono strette a pugno, ben salde sulle sue ginocchia. Le labbra di sua madre si dischiusero in un sorriso. Di sfida.
- Eppure so che frequenti un ragazzo dal passato non proprio lodevole – affermò, incrociando le dita delle mani e poggiandole sotto al mento, coi gomiti ben messi sulla superficie apparecchiata del tavolo.
Anko sgranò gli occhi e sussultò appena – Come fai a …-
- Ti prego tesoro! – la interruppe la madre con un gesto teatrale della mano destra – Siamo avvocati. Se vogliamo scoprire qualcosa ci riusciamo. A maggior ragione con la propria figlia -
Gli occhi della ragazza incrociarono quelli del padre che, continuando a restare muto, scosse di poco il capo e fece spallucce. Così ella capì. Non era stato lui a riferire il tutto alla moglie.
- Tuttavia – continuò la donna tornando a sorriderle – mi rallegra il fatto che ti sia avvicinata ad una persona come…com’è che si chiama? -
- Mitsui – farfugliò Anko – Hisashi Mitsui –
- Mitsui – ripetè la donna – Beh come dicevo, ho sempre saputo che in fondo avresti intrapreso una strada simile alla mia! Interessarti così tanto ad un ragazzo che ha avuto un passato così… -
- Da teppista? – suggerì Daisuke portandosi nuovamente il bicchiere ripieno di vino alle labbra
- Tormentato – lo corresse Kaori guardandolo di sbieco – Stavo per dire tormentato. Insomma non ti sarai presa una cotta per lui solo perché tira bene a canestro, no? –
Ed affermato ciò si lascio andare ad una breve e contenuta risata.
Anko la guardò scettica e sbattè le palpebre perplessa. Si chiese in quel momento che problema mentale avesse sua madre. Non tanto per le affermazioni da lei fatte, dal momento che erano anni che era costrette a sentirle, quanto per il suo atteggiamento da frivola. Essendo sua madre ben sapeva che quel suo modo d’agire non era altro che mettersi sulla difensiva. D’altronde erano passate alcune settimane prima di ritrovare marito e figlia schierati nettamente contro di lei.
- Visto che sei così informata su di lui saprai anche che all’ultimo anno delle medie è stato proclamato miglior giocatore dell’anno – intervenne Anko dopo un breve attimo di silenzio.
Daisuke spalancò di poco la bocca, fingendo con eleganza, mentre la moglie rialzò lo sguardo su sua figlia sbattendo le palpebre sorpresa.
- Questa mi mancava…- affermò mentendo spudoratamente il primo grattandosi il mento – Anzai non mi ha detto nulla a riguardo -
Anko spostò l’attenzione su suo padre – Allora è così che hai saputo di lui! – sbottò quasi infastidita
La madre emanò un risolino che alle orecchie della figlia suonarono fastidiose – E come l’avremmo saputo secondo te? –
Ma la risposta di Anko fu uno sbuffo  – Che ci crediate o no, forse ho preso una cotta per lui proprio grazie al basket –
Kaori scosse il capo, osservandola seria  - Uno sport che hai deciso di abbandonare pur di metterti contro di me. –
La ragazza ridusse gli occhi a fessure. Daisuke sospirò.
- Sai mamma – cominciò Anko – forse è arrivato il momento di chiederti il motivo per il quale tua figlia ha lasciato il basket per mettersi contro di te! -
Aveva di poco alzato il tono della voce e qualche cliente seduto ad un altro tavolo poco distante aveva indirizzato lo sguardo incuriosito verso di loro.
- E’ vero ho rinunciato a giocare in una squadra privata per fare una fottuta manager di una squadra di una scuola pubblica il cui nome è motivo di sfottò per le altre squadre – continuò – Eppure ho ricevuto più considerazioni da quei ragazzi, dalla mia squadra che da te, troppo occupata per fare la paladina della giustizia. E non credere che il mio interesse verso Mitsui sia una sorta di atteggiamento ereditario da parte tua! E’ un ragazzo normalissimo come tutti gli altri che ne ha passate tante ma ha avuto la forza di reagire! Forse persino lui avrebbe avuto più attenzioni da te di quante ne ho avute io! -
Daisuke si grattò il capo e manteneva lo sguardo verso il suo bicchiere ormai quasi vuoto. Kaori aveva chiuso le palpebre degli occhi con fare esasperato, mormorando tra sé qualcosa che non riuscì ad arrivare alle orecchie della figlia.
- Non ti sento! – la rimproverò quest’ultima guardandola in preda all’ira.
- Sempre le solite lamentele – scandì bene Kaori tornando ad osservarla – Mi faccio in quattro per aiutare tutti e guarda come mi ritrovo! – Indicò il petto con un gesto delle mani – Un marito che pensa di divorziare da me e una figlia che soffre di vittimismo materno. –
Anko scosse il capo e si alzò scostando rumorosamente la sedia, catturando di conseguenza l’attenzione del tizio che un poco tempo prima aveva rivolto loro lo sguardo curioso.
- Cos’hai intenzione di fare? – le chiese minaccioso Daisuke guardandola con rimprovero.
Lei lo guardò per un momento, poi tornò a fissare sua madre – Vado dalla mia squadra. Corro da persone che hanno bisogno di me. Proprio come te, mamma. Fammi sapere che cosa si prova ad essere messi da parte –
E senza aggiungere altro girò i tacchi e corse via, incurante del richiamo di suo padre che destò il resto della sala dal proprio pranzo.
 
 
***
 
Sendoh seduto accanto al manager della sua squadra osservava sbalordito il gioco dello Shohoku ed in particolare quello di Hanamichi. Ogni volta che lo osservava giocare, scopriva cose che puntualmente non credeva potessero accadere. Quel ragazzo stava migliorando ogni giorno che passava, e vederlo stendere senza troppi intoppi Maki, il capitano del Kainan, non potè che confermargli il suo timore. Hanamichi Sakuragi sarebbe presto diventato un avversario degno di nota e con la sua schiacciata aveva raggiunto l’ottantottesimo punteggio e distava di soli due punti rispetto al Kainan. Ma con la coda dell’occhio notò una figura che era apparsa e frettolosamente aveva sceso le scale per affacciarsi quanto più poteva verso il campo. Solo quando si voltò del tutto alla sua destra notò che la persona col fiatone e gli occhi che scrutavano per il campo da basket era Anko Saito, la manager dello Shohoku. O la mascotte come l’aveva scherzosamente definita lui tempo addietro.  Si alzò e non curando il “ dove vai “ del compagno sedutogli accanto, infilò le mani nelle tasche dei pantaloni e sfoggiando il suo sorriso mesto si diresse nella sua direzione. Le si fermò a pochi passi di distanza, ma quella sembrò non accorgersi della sua presenza tanto che era presa dalla partita. La osservava muovere la testa da destra a sinistra e da sinistra a destra, attenta a non perdere un solo passaggio. Le labbra dischiuse per lo stupore e le mani stringevano la ringhiera di ferro sulla quale si era appoggiata. Anche troppo.
- Se ti spingi più del dovuto ti ritroverai nel bel mezzo del campo – affermò Sendoh riuscendo così., finalmente ad attirare la sua attenzione -
Anko sobbalzò appena e stupita si voltò verso colui che l’aveva interrotta. Sgranò i grandi occhi verdi quando constatò chi fosse il suo “ disturbatore “ e gli angoli della bocca si allungarono di poco a mò di sorriso.
- Sendoh! – esclamò – Sei venuto a vedere la partita? -
Il giocatore annuì, conservando il suo sorriso e dandole una rapida occhiata dall’alto in basso. I lunghi capelli neri erano sciolti come la prima volta che l’aveva vista. Sul viso portava uno strato leggero di phard e mascara, e per quel giorno indossava un morbido pantalone nero con una felpa grigia ma con sopra una stampa colorata di rosso di una marca che ricordava fosse costosa. Le scarpe da ginnastica erano dello stesso colore della felpina, ma più alte rispetto alle solite rendendola così ancora più slanciata.
- E tu perché non sei con la tua squadra a fare da mascotte? – le chiese allargando il suo sorriso. Ma questo si pacò di poco quando vide che quella non era stata al gioco. Che si fosse offesa?
Ella abbassò per un momento lo sguardo e quando lo rialzò abbozzò una smorfia
- Ho avuto un contrattempo -
Sendoh non riuscì ad aggiungere altro che sia la sua attenzione che quella della ragazza si spostarono nuovamente sulla partita. Quando entrambi constatarono che Hanamichi aveva recuperato la palla con la possibilità di ritornare al pareggio con gli avversari, Anko fece un passo in avanti e si appoggiò alla ringhiera quasi come se stesse balzando giù per il campo.
- Passala Hanamichi! – urlò a squarciagola, facendo sobbalzare e voltare qualche spettatore seduto poco lontano. Hanamichi che sembrò come sentirla fece esattamente quello che lei aveva urlato. La passò e a quel punto gli occhi verdi di Anko si sgranarono e gli angoli della bocca si stavano allungando per un sorriso trionfante. Che sfumò quando capì che il passaggio non era stato fatto ad un giocatore dello Shohoku….
 
***
Con l’aria mogia, Anko beveva il suo caffè del distributore offertole da Sendoh che si limitò ad un’altra bibita gassata. Lo Shohoku aveva perso e grazie al passaggio sbagliato di Hanamichi, il Kainan aveva raggiunto il punto della vittoria. Nel mondo del basket e del gioco in generale sono errori che capitano. Nella sua mente Anko restava silenziosa sorseggiando il suo caffè e guardando fisso un punto vuoto. Avrebbe dovuto consolare il suo amico, soprattutto dopo le sue lacrime. Il rossino, infatti, durante il saluto tra le due squadre era scoppiato in un pianto deprimente. E per poco Anko non avrebbe reagito allo stesso modo, se non fosse stato per la presenza di Sendoh. Il ragazzo l’aveva incoraggiata nell’offrirle qualcosa, mentre attendevano entrambi l’uscita dallo spogliatoio dello Shohoku in un corridoio non molto distante da quello.
- Non starai mica pensando che c’entri con la sconfitta? – chiese Sendoh risvegliandola dai suoi pensieri, col suo solito sorriso mesto dipinto sul volto. Più che una domanda, sembrò un’affermazione.
Anko spostò lo sguardo su di lui sbattendo perplessa le palpebre per essere stata letteralmente letta nel pensiero.
- Una cosa simile – rispose  con un tono piuttosto pacato.
Sendoh scosse il capo e si lasciò andare ad una breve risata.
- Sono i giocatori a creare il destino delle partite. Non la loro manager o – si fermò per un momento guardandola dall’alto in basso – mascotte -
La ragazza inarcò un sopracciglio – Beh – ribattè – Meglio essere una mascotte che una delle tante ragazze pon pon di Rukawa –
A quell’affermazione Sendoh scoppiò in una fragorosa risata
- Buona questa! – affermò dando un altro sorso della sua bibita e gettandola in un cestino lì vicino facendo “ canestro “ senza troppi preamboli. Anko osservò il gesto e una strana carica di adrenalina la invase il corpo. Finì gli ultimi sorsi del suo caffè poi senza muoversi dalla sua posizione, lanciò il bicchiere vuoto nello stesso cestino, centrando in pieno. Non era la stessa cosa come tirare una palla, ma quel “ piccolo “ e forse quando inutile tiro l’aveva fatta risollevare per un briciolo dal suo malessere.
- Una mascotte dai riflessi pronti – commentò Sendoh scuotendo di poco il capo.
Anko sospirò – Sai – cominciò cercando di non guardarlo in faccia – non sono sempre stata una mascotte –
Il volto di Sendoh divenne serio. Il malumore della ragazza era tornato a galla e probabilmente in quel momento non era più dettato dalla sconfitta della sua squadra.
- Cioè? – le chiese incrociando le braccia al petto e poggiando la spalla destra al distributore.
Quella sospirò nuovamente prendendo le punte di una ciocca di capelli e torturandole tra le dita lunghe. – Fino a pochi mesi fa giocavo. Mi ero già iscritta per le superiori ed entrare nella nuova squadra, finchè sono venuta qui con mio padre. –
La cosa non stupì il giocatore. Si capiva perfettamente dato il fisico alto e slanciato che la ragazza avesse a che fare con lo sport. Maggiormente col basket dal momento che si ritrovava in stretto contatto con esso. Ma come mai accontentarsi di un ruolo come quello di “ mascotte “ ?
- Sono sicuro che sei molto brava – affermò Sendoh tornando a sorridere.
Anko lo guardò brevemente sorridendo con sfida – Ah puoi esserne certo –
- E allora perché fermarti? – le chiese inaspettatamente il ragazzo – Perché non hai cercato una squadra in cui giocare? -
Il sorriso di Anko scomparve di nuovo – Non posso – si limitò a rispondere.
Sendoh, tornato serio, scosse il capo non smettendo mai di osservarla
- Volere è potere – affermò – Guarda Hanamichi -
Anko non ebbe tempo di ribattere che si voltò di scatto verso il corridoio quando notò il diretto interessato sbucare da una porta. Hanamichi aveva gli occhi rossi e lo sguardo basso. Oltretutto era solo. La ragazza gli corse incontro – Hanamichi! –
Tuttavia il rossino non si fermò e continuò a camminare a testa bassa e lo sguardo perso altrove. Superò anche Sendoh senza degnarlo di uno sguardo, finchè svoltò all’angolo e scomparve.
Anko sbuffò passandosi una mano tra i lunghi capelli.
- Vai dalla tua squadra – la incoraggiò Sendoh scioltosi dalla sua posizione ed infilando le mani nelle tasche della tuta. – Hanno bisogno della loro mascotte -
Gli occhi di Anko indugiarono su di lui. Poi quella sorrise e s’incamminò verso la porta che era stata letteralmente spalancata. Ma prima di procedere oltre si bloccò di colpo voltandosi di nuovo verso il giocatore del Ryonan.
- Grazie – disse – Per tutto -
Con un cenno del capo e il solito sorriso, Sendoh non aggiunse nulla. Si limitò a seguire con lo sguardo la ragazza che gli aveva dato le spalle per dirigersi verso lo spogliatoio.
 
*** Continua ***
Anche se in ritardo netto, ecco un nuovo capitolo pronto. Gli impegni universitari m’intrattengono al punto tale da non avere mai tempo. Oltretutto sto scrivendo un’altra storia in concomitanza e il tutto diventa difficile da combaciare. Spero che sia stato di vostro gradimento. Un bacio a tutti!
 

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Capitolo 12
*** Next ***


Anko sapeva cosa l’aspettava una volta tornata a casa. Sua madre intenta a bere del thè verde seria e silenziosa nel salotto di casa e suo padre che, altrettanto silenzioso, la scrutava come intento a capire cosa potesse mai passare per la testa di sua moglie. Sembrava quasi che non si fossero accorti della sua presenza quando si bloccò sull’uscio della porta. Tra l’altro era umidiccia come un pulcino dal momento che, conclusa la partita contro il Kainan, era scoppiata una tempesta vera e propria ed ovviamente era sprovvista di un ombrello. Come probabilmente mezza città dal momento che quella giornata era iniziata con un sole splendente. Non era riuscita a parlare con Mistui e quindi scoraggiata se n’era tornata a casa con la coda tra le gambe, aspettandosi di trovare sua madre pronta per un nuovo confronto. Ebbe la certezza che si fosse accorta della sua presenza quando quella alzò lo sguardo sulla figlia ed inarcò un sopracciglio una volta constatato il suo status grezzo. A quel punto Anko attirò anche l’attenzione di suo padre che allungò di poco gli angoli della bocca quando i suoi occhi si concentrarono sui lunghi capelli della ragazza, completamene evaporati e le punte bagnate.
- Com’è andata la partita? – domandò sua madre tornando a concentrarsi sul suo thè fumante.
Anko sospirò. Ricambiò lo sguardo del padre che con un cenno del capo la incoraggiò, o forse ordinò, di rispondere.
- Abbiamo perso – rispose mogia.
La madre di Anko rise appena – Tesoro dovresti dire hanno perso. Tu non c’entri nulla dal momento che non giochi –
La figlia alzò gli occhi al cielo. Come poteva una donna che accudiva e ospitava ragazzi di ogni genere essere così puntigliosa con la creatura che aveva partorito?
- Anko è parte integrante della squadra – intervenne suo padre scrutando nuovamente con serietà la moglie – E’ quello che fa una manager -
- Vice manager Daisuke – lo corresse la donna  posando con nonchalance la tazza sul tavolo – Non ha neanche un ruolo principale –
- Mamma – s’intromise Anko con un tono che prometteva una sfida assicurata. Fece un paio di passi in avanti come un’attrice che voleva entrare del tutto in scena sul palcoscenico in mezzo agli altri attori che stavano fin troppo prendendo le redini del teatro
– Dove vuoi arrivare? Sei venuta qui per non so quale motivo e ti limiti a correggerci. Vuoi chiarire il punto della questione? –
Senza rispondere nell’immediato la donna allungò una mano verso la borsa firmata poggiata ai suoi piedi. L’aprì e frugandoci fece sbucare un paio di voucher rossi su cui c’erano stampate due enormi foto di un edificio. Li porse alla figlia che timidamente e timorosa li afferrò avvicinandosi più del dovuto a sua madre. Sbattè per un paio di volte le palpebre quando constatò che i voucher erano della scuola privata alla quale si sarebbe iscritta, se non fosse stato per il trasferimento a Kanagawa.
- Prima che scappassi dal pranzo – affermò la donna – volevo parlati della scuola che avresti frequentato. La squadra di basket femminile ha un nuovo allenatore. Un nostro amico dell’università. Sapeva che ti saresti iscritta e quando ha constato la tua assenza mi ha telefonato. Ovviamente gli ho spiegato per sommi capi che eri fuori con tuo padre e che avevi rinunciato alla scuola e al basket per un po’ -
Senza quasi fiatare Anko osservava sua madre con la bocca semi spalancata e ascoltava ogni singola parola come quando si guarda un interessante film di cui non si vuol perdere una battuta.
Compiaciuta anche se di poco di aver riconquistato l’attenzione della figlia, Kaori continuò
- E’ disposto a farti entrare in squadra senza dover fare alcun provino. Nel caso decidessi di tornare a Tokyo -
Gli occhi verdi di Anko si spalancarono. La parte di lei che per mesi aveva soffocato le stava facendo immaginare un film mentale vero e proprio. Le valigie pronte, la macchina che percorreva la strada verso Tokyo lasciandosi il mare alle spalle. La nuova squadra, la divisa, il campionato femminile. Un film che meritava tanto. Se solo avesse deciso di girarlo.
- Sarebbe una bella cosa – intervenne suo padre – Potresti tornare a giocare. E tutto tornerebbe come prima. -
Anko si voltò verso Daisuke – Anche voi due? –
Kaori sobbalzò appena, mentre il marito aprì di poco la bocca per la domanda che non si sarebbe mai aspettato in quel momento.
- Noi due? – chiese balbettando appena.
Anko annuì – Si papà. Se torno a Tokyo, tu torni con me? –
A quel punto Kaori sbuffò portandosi una mano sulla tempia destra e massaggiandosela.
L’espressione di Daisuke divenne seria. – No Anko –
Il film si era interrotto. La pellicola aveva smesso di girare. E così anche la fantasia della ragazza che, amareggiata, buttò i voucher sul tavolo.
- E’ una bella proposta mamma – affermò rivolgendosi nuovamente alla madre che alzò lo sguardo su di lei – Ma per ora non torno a Tokyo. -
La donna fece un amaro sorriso. – Lo immaginavo – replicò
Anko annuì, dopodichè le diede le spalle. Stava per dirigersi fuori dal salone quando il richiamo di sua madre la bloccò.
- Sei sempre stata una vincente Anko – le disse quasi con un tono di rimprovero – Quanto tempo credi di farcela lontana dai riflettori? -
Anko strinse i pugni e mordendosi il labbro inferiore, si costrinse a non rispondere. Così senza replicare, avanzò lasciando i suoi genitori soli.
 
***
Era da almeno un paio di giorni che sulla maggior parte della nazione le temperature erano rigidamente calate e il cielo sembrava voler restare capriccioso. Alla tv avevano parlato di un ritorno dell’ autunno che si sarebbe abbattuto prima dell’esplosione primaverile. Akira Sendoh se ne stava seduto al suo posto in aula durante la pausa pranzo, osservando il cielo velato di nuvole scure pensieroso. A causa di quel tempaccio non sarebbe andato a pescare e con il campionato ormai alle porte non avrebbe più trovato modo col passare dei giorni. Così doveva rassegnarsi del fatto che almeno fino all’estate non avrebbe dato spazio all’altra sua passione. A furia di pensare con lo sguardo fisso verso le nuvole, ma che in realtà era su un punto nel vuoto, stava ignorando non per sua volontà le persone a lui vicine che per più di una volta avevano cercato di risvegliarlo. Solo delle risate femminili riuscirono finalmente a destarlo.
- E’ tornato tra noi – affermò Koshino, il playmaker del Ryonan e suo compagno di classe.
Sendoh abbozzò uno dei suoi soliti dolci sorrisi e focalizzò lo sguardo sulle due ragazze accanto al compagno di squadra.
- E’ per questo che lo adoro – disse con tono squillante una delle due – Sempre così distratto e con la testa tra le nuvole. -
- Fa così anche quando state insieme? – la stuzzicò l’amica accompagnando la sua battuta con una risata seguita anche da Koshino.
- No per fortuna – replicò l’altra quasi con acidità – E’ presente quando sta con me –
Sendoh la guardò e le sorride. Poi spostò di poco la sedia e la fece accomodare sulle sue gambe. Quella tutta contenta accavallò le sue e gli cinse il collo col braccio. Era molto carina. Aveva un fisico asciutto e dei morbidi ricci castani. Erano stati quelli ad attirare l’attenzione dell’asso del Ryonan a primo impatto. Si conoscevano solo di vista precedentemente e di tanto in tanto si scambiavano un saluto dato che erano di due classi diverse. Ma quando quella senza alcun timore di un rifiuto lo invitò ad uscire, attirato anche dalla sua intraprendenza decise di frequentarla. E la cosa stava andando avanti da un po’, al punto che quella era andata ad assistere a qualche partita della sua squadra.
- Mi dispiace di non essere venuta ieri – aggiunse la ragazza sorridendogli radiosa – ma alla prossima ci sarò. Contro chi giocate? -
- Una squadretta da niente – s’intromise Koshino che nel frattempo stava gustando un dolce preparato dall’altra ragazza che aveva portato appositamente.
- Se continui ad ingozzarti di quella roba non correrai più un solo metro – incalzò Sendoh provocando le risa delle ragazze e il rossore sulle guance di Koshino.
- Oh sta zitto – replicò quest’ultimo a bocca piena – Con quello che bruciamo me lo merito –
- Beh il Kainan non sarà una squadretta da niente – continuò Sendoh mantenendo il sorriso – cerca di bruciare più del solito –
- Ma se non sappiamo nemmeno se vincerà la prossima! – esclamò il playmaker del Ryonan.
- Figurati se non vince – intervenne la ragazza seduta sulle ginocchia di Sendoh – punterà alla vincita del campionato –
Sendoh rise – Sei diventata praticante del basket ora? – le domandò
- Chissà perché – replicò quella maliziosa e schioccandoli un bacio a stampo.
- Contro lo Shohoku stava pareggiando. Se non fosse stata per la stronzata di Sakuragi – affermò Koshino finendo le ultime briciole del dolce
- Chi? – chiesero in coro le ragazze
- Uno dello Shohoku – si limitò a rispondere Koshino noncurante. – Ed è molto probabile che ce li ritroveremo davanti alle palle –
Sendoh sospirò pensando ai possibili gironi di campionato se nel caso si fossero ritrovati lo Shohoku. Avevano buone speranze contro il Kainan, ma se la partita non fosse andata come nei loro piani, la squadra di Sakuragi sarebbe apparsa loro davanti. La sua mente vagò ripensando ai grandi miglioramenti fatti dal ragazzo coi capelli rossi e a come Rukawa stesse mostrando ad ogni partita la sua abilità. Era di lui che si preoccupava maggiormente. Oltretutto il campione dello Shohoku aveva una grande sete di sfida contro la sua persona. Si chiedeva come un tipo del genere potesse praticare uno sport di squadra. Ed ecco che stava nuovamente per assentarsi poiché, mentre i suoi amici chiacchieravano, la sua mente andò a pensare alla mascotte dello Shohoku. Quella ragazza che aveva visto solo un paio di volte aveva catturato la sua attenzione e da un lato gli doleva ammetterlo. Sapeva che quella stesse con Hisashi Mitsui dato che li vide baciarsi. E non aveva mai mostrato un interesse particolare nei suoi confronti. Il che non gli aveva dato da pensare più di tanto. Eppure quando le era stato vicino l’ultima volta che la vide avrebbe voluto afferrarla e baciarla. Ma non un bacio qualunque come quello che gli era stato dato poco prima. Uno di quelli seri.
- Kainan o no – lo destò nuovamente la sua ragazza – Akira aprirà il culo a tutti -
E senza aspettare che dicesse qualcosa gli inficcò letteralmente la lingua in bocca.
 
***
 
 
Mitsui non era riuscito a tenere il muso ad Anko per più di un paio di giorni e finalmente le cose tra loro sembravano essere ritornate come prima. Nonostante ciò la ragazza sentiva come un sesto senso dentro sé. Egli era lo stesso di sempre, ma vari dubbi e domande a volte tornavano a tormentarla e si stesse chiedendo se non erano altro che le sue solite paranoie o sensazioni che avrebbero portato a qualcosa di drasticamente concreto. Per tal motivo spesso si stava dando fisicamente da fare con lui più del dovuto quando si trattava di effusioni e la cosa stava compiacendo il ragazzo che fino a poco tempo prima le aveva proposto senza mezzi termini di andare a letto insieme. Pensava che così facendo sarebbe riuscita a tenerlo vicino a sé e che prima o poi quelle paranoie si sarebbero volatilizzate come era già accaduto in precedenza. O almeno così sperava. Quanto alla squadra, sembrava aver ritrovato la serenità e l’unione dopo l’amara sconfitta contro il Kainan. A risollevare l’umore era stata anche la punizione che Hanamichi si era dato rasandosi del tutto i capelli. Quando Anko lo vide col suo nuovo look non si era data alle risate pazze com’era stata invece la reazione dei suoi compagni. Tutt’altro. Pensò che quel taglio aveva reso il rossino molto più carino. La chioma di prima non dava spazio ai lineamenti del ragazzo che si scoprirono molto più delicati di quanto si potesse credere. Anche Haruko apprezzò la cosa e chissà che non avesse scosso qualcosa in lei. Ma a giudicare da come osservava ogni volta Rukawa, non c’erano ancora speranze. La madre di Anko se n’era andata il mattino dopo la sua venuta Kanagawa e aveva lasciato un biglietto alla figlia con la scritta “ Pensaci “ e i due voucher vicino. Non aveva parlato con nessuno della proposta e non aveva intenzione di farlo. Soprattutto dopo le sensazioni che cominciava a sentire nei confronti di Mitsui. Durante uno dei soliti pomeriggi di allenamento seguiva distrattamente la partita matricole contro allievi superiori e a malapena appuntava sul suo quaderno. La sua attenzione era rivolta al suo ragazzo che, ad ogni tiro da tre punti realizzato, si voltava verso di lei regalandole un occhiolino e un sorriso malizioso. A ciò ella ricambiava sorridendo a malapena e timidamente, ma dentro di sé stava maturando una certa idea. Ad allenamento concluso si diresse in direzione di Mitsui che stava raccogliendo le palle da basket insieme a Myagi poco distante da lui.
- Hey – lo richiamò avvicinandosi
- Hey – ricambiò lui sorridendole – Sono sudatissimo meglio se non ti bacio –
Myagi che aveva capito il momento romanticismo tra i due si congedò dirigendosi dalla sua adorata Ayako.
- Ho pensato una cosa – affermò lei osservandolo serio. Sapeva che non doveva girarci troppo intorno e che sarebbe dovuta giungere al sodo.
Mitsui inarcò un sopracciglio curioso – Sarebbe? – chiese.
Anko sospirò. Si diede qualche secondo di tempo prima di sputare tutto fuori
- Voglio farlo con te -
 
*** Continua ***
 
Era da un po’ che non scrivevo. Ho avuto una sorta di blocco causa pure impegni tra lavoro e università. Ma come si suol dire e come ribadisco spesso “ Meglio tardi che mai”. Spero che questo capitolo via sia piaciuto. E prometto di fare il possibile per aggiornare quanto prima. Un bacio a tutti, A chi recensisce, mi scrive in privato o a chi semplicemente si limita a leggere. 

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Capitolo 13
*** Sfumature ***


- Non gliel’avrai chiesto davvero!? -
 
Anko alzò gli occhi al cielo e sbuffò, ignorando per l’ennesima volta l’esclamazione allibita quanto infuriata di Ayako e mangiando la sua macedonia di frutta con tanto di gelato alla panna. La sera dopo la richiesta coraggiosa di Anko nei confronti di Mitsui, si erano ritrovate lei, Ayako e Haruko a cena da quest’ultima. Fu un’improvvisata dal momento che gli allenamenti per quella sera si conclusero prima del solito e dato che la piccola Akagi soffriva un po’ dell’assenza delle sue due ormai amiche, le invitò senza indugiare troppo per cena. Quelle accettarono senza pensarci due volte e così si ritrovarono a tavola insieme alla famiglia Akagi al completo. Mentre cenavano chiacchierando animamente, Anko scrutava i genitori del cosiddetto Gorilla, non credendo ai suoi occhi. Avere una figlia come Haruko poteva capirlo. Ma come avevano fatto due persone mingherline e basse a concepire un colosso come il capitano dello Shohoku? Pensando alla cosa che trovava di gusto, dovette sforzarsi più volte per non scoppiare a ridere. A cena conclusa, le ragazze si erano ritrovate nella camera della padroncina di casa gustando la loro frutta/dessert. Fu a quel punto che Anko confessò di essere pronta a fare l’amore con Mitsui. Ayako non aveva preso di buon grado la cosa, dal momento che per orgoglio femminile aveva affermato che erano cose che succedono quando devono.
- Quindi tu non hai mai chiesto a qualcuno di fare sesso? – chiese spazientita Anko dopo il milionesimo lamento femminista della manager.
- Ma certo che no! – replicò quella quasi offesa – Ti sembro una che ha bisogno di chiedere? –
- Il che significa che tu hai già perso la verginità? – chiese timidamente Haruko, arrossendo appena. La cosa fece allungare gli angoli della bocca di Anko la quale era sicura che nella mente della piccola Akagi era apparsa per un nano secondo la figura di Rukawa. In fondo capitava spesso anche a lei con Mitsui.
- Si l’ho già persa – ammise Ayako abbassando di poco la guarda e concentrandosi tutto d’un tratto sulla sua macedonia.
- Ma dai! – esclamò Haruko quasi sobbalzando dal letto – E con chi? –
- Si Ayako – intervenne Anko con tono malizioso – Con chi? Non credo che Ryota sia stato il carnefice –
A quel punto Ayako rise di gusto – Ma ti pare? – ribattè – Era un ragazzo più grande di me. Inutile spiegarvi non lo conoscete –
- Spiega almeno com’è stato – insistette Anko squadrandola seria.
Haruko annuì eccitata.
- Orribile - rispose a bruciapelo la manager.
Anko e la piccola Akagi si guardarono stupefatte per poi tornare a concentrarsi sulla persona oggetto del loro interrogatorio.
- Che? -
- Ma sei seria? –
- Certo che sono seria – affermò Ayako portandosi una mano sul petto e sbattendo le ciglia con fare elegante – E’ stata un’esperienza orribile. Dolore, sangue ovunque. Immaginavo altro –
- Almeno non gliel’hai dovuto chiedere – commentò sarcastica Anko abboccando una fragola completamente ricoperta di panna.
Ayako prese un peluche a caso dalla scrivania dov’era seduta comodamente e glielo lanciò contro ridendo di gusto.
- Hey! -
- Hey! – s’intromise Haruko – Lasciate stare Mr. Panciok –
Ayako inarcò un sopracciglio – Dovresti pensare più ai ragazzi che a Mr. Pan…coso. Comunque sia..- spostò nuovamente la sua attenzione su Anko  puntandole minacciosamente l’indice contro
– Visto che hai già fatto cilecca chiedendogli di scopare…almeno fatti dare qualche consiglio. –
- Del tipo? – chiese Anko sinceramente curiosa.
La manager sorrise soddisfatta quando capì di aver finalmente colto l’interesse della sua vice
- Fagli usare il preservativo, non vorrai diventare ragazza madre. Ricorda che il tuo ragazzo ha un passato da teppistello e chissà che non ha messo incinta qualcuna -
- Sarebbe orribile – commentò Haruko stringendo tra le braccia il suo peluche martoriato.
- Credo sia innocente e che non abbia lasciato figli da qualche parte – intervenne Anko con tono sicuro.
- Inoltre – continuò Ayako – non fargli credere che stai godendo. Avrebbe troppa soddisfazione. Ma nemmeno che stai provando dolore. Avrebbe soddisfazione comunque –
- Come può provare soddisfazione nel farmi male? – chiese Anko quasi ridendo – E’ da masochisti -
- No – ribattè Ayako – E’ da uomini. Poco ci vuole che si sentano maschi alfa. A loro poco interessa se tu stia godendo, soffrendo o altro. Basta che dai loro soddisfazione ed ecco che cadi nella trappola dell’ingenuità –
- Ma che consigli dai? – chiese Haruko visibilmente atterrita.
Ayako sospirò – E tu verginella dei miei stivali quando pensi di svegliarti un po’? –
Anko annuì ridendo appena. Le guance di Haruko si colorarono
- Oh lasciatemi in pace – ribattè – ogni cosa a suo tempo -
A quel punto Ayako si alzò scaraventandosi contro la ragazza e seguita da Anko cominciarono a scoprirla di poco dei vestiti e farle il solletico. Le risate miste alle urla fecero risvegliare l’attenzione del capitano dello Shohoku che silenziosamente aprì la porta e quando notò la scenetta la richiuse imbarazzato senza farsi accorgere dalle ragazze.
 
***
La sera stessa, in un altro quartiere, Mitsui era in compagnia di alcuni ragazzi della vecchia banda. Di quelli che erano buoni e che non avevano avuto nulla in contrario nel suo ritorno a giocare a basket. Tra questi l’indomabile Testuo che tra una birra e l’altra raccontava aneddoti sessuali circa un paio di ragazze con cui era stato nell’ultimo mese. Tutti, seduti nel vecchio parco dove di solito si posizionavano la sera tardi a fumare canne o bere alcolici, ridevano maliziosi o facevano battutacce riguardo le esperienze avute da quest’ultimo. Persino Mitsui, privo di fumo, ma colmo di  alcol, partecipava divertito alla cosa. In fondo gli erano mancate quelle serate così, quasi spensierate e che facevano dimenticare tutti i problemi che gli aspettavano a casa e che di certo non si sarebbero risolti svanendo nel nulla. Così approfittando degli allenamenti conclusi in anticipo, aveva deciso di fare un salto direttamente nel vecchio quartiere, per cercare di rivedere i suoi vecchi amici. Non fu difficile imbattersi nuovamente in Testuo e insieme in sella avevano raggiunto il parco dove gli altri si erano già messi.
- E tu come stai messo a ragazze Hisashi? – gli chiese uno della banda
- Ma si – intervenne un altro – E’ da troppo che non ci dici qualcosa! –
- Ah lasciatelo stare – intervenne Testuo attirando l’attenzione mentre aspirava la sigaretta – Sta facendo l’innamorato con la sua bambina –
A tale affermazione ne conseguì una serie di risate e schiamazzi
- Ragazzi non devo dire niente di niente – disse Mitsui tra il timido e il divertito – Non è successo nulla –
Uno dei ragazzi si grattò il mento riflettendo – La conosco? E’ quella tipa riccia della palestra? –
- No scemo – intervenne un altro – Quella coi capelli lunghi e neri -
L’altro fece spallucce – Chi se la ricorda –
- Beh meglio così – affermò Mitsui – Ma a breve credo che dovrò farle un’iniezione -
E furono di nuovo risate e schiamazzi.
- Così il nostro teppista colpisce ancora – affermò Testuo ridendo malizioso
- Non le fa che un favore! – esclamò un altro.
Dopo altri momenti goliardici, l’attenzione di Mitsui si concentrò su un orologio di strada non molto lontano. Era il momento di ritornare dai problemi.
 - Ragazzi – richiamò l’attenzione della banda – devo andare -
- Ma come? –
- Di già? –
- Devo proprio, ma giuro che torno a fare un salto – promise il giocatore
- Vuoi che ti accompagni? – chiese serio Tetsuo
- Ma no – ribattè pronto Mitsui allontanandosi e alzando una mano a mò di saluto – Cammino un po’. Almeno mi scrollo i litri di birra che mi avete fatto bere –
Così una volta andatosene s’incamminò verso casa. Anche se in primavera, il fresco di quei giorni non se n’era ancora andato provocando dei brividi sulla schiena del giocatore. Pensò a quante cose erano cambiate e tornare dalla banda era stato come fare un tuffo nel passato. Sapeva che in fondo erano bravi ragazzi e che se solo si fossero sforzati, avrebbero potuto condurre una vita migliore, piuttosto che arrendersi così. Si chiese per un istante se non stesse facendo la stessa fine. Scosse il capo scacciando quel pensiero. Era tornato a giocare a basket. A rifrequentare la scuola. E soprattutto aveva riconquistato la fiducia di Anzai. Aveva anche cercato di mettere la testa apposto mettendosi con Anko. La bella quanto ricca vice manager sbucata dal nulla e grande appassionata del basket. Una del genere non faceva al caso suo. Lo aveva pensato sin da subito. Eppure non era riuscito a starle alla larga. Ma per quanto tempo sarebbe durato? Tante volte si era stufato delle ragazze che frequentava, tavolta per solitudine, tavolta per noia. Anko era una ragazza invidiabile. Ma gli bastava?
- Ma allora sei proprio tu! -
Una voce lo fece sobbalzare risvegliandolo completamente dai suoi pensieri. Si voltò e quando constatò la persona che aveva davanti sgranò gli occhi per la sorpresa. Quanto tempo era passato?
- Reira – disse Mitsui una volta ricomposto – Che ci fai qui? -
Reira. La ragazza finta perbenista che amava da impazzire l’alcol, il fumo, i soldi..e i casi disperati.
Come se non bastasse non si tirava indietro quando si trattava di sesso. In particolare se quello riguardava Mitsui. Ma si doveva ammettere che poteva permetterselo. Il seno prosperoso, le labbra carnose e gli occhi chiarissimi costituivano un ottimo biglietto da visita. Un biglietto che Mitsui aveva calorosamente accettato tante volte.
- Tornavo a casa – rispose quella avvicinandosi di poco e sorridendogli radiosa – Sono stata con un’amica -
- Sempre libertina eh – commentò sarcastico Mitsui – I tuoi ti lasciano sempre senza guinzaglio? –
A quella battuta se tale poteva considerarsi, Reira rise di gusto
- E’ grazie alla mia libertà che hai potuto approfittare di me. In casa mia. Di notte –
A quel punto fu Mitsui a sorridere – Approfittare – ribattè – Che parolone –
- Sta di fatto – lo interruppe quella incrociando le braccia al petto – Che da quanto sei tornato a giocare non ti sei fatto più vivo. Sono tremendamente offesa per la cosa –
Mitsui inarcò un sopracciglio – Come sapevi che sono tornare a giocare a basket? – le chiese curioso.
La ragazza gli fece l’occhiolino – Le voci girano –
A quel punto tra loro cadde il silenzio e si limitarono a fissarsi. Sul volto di lei c’era un sorriso malizioso stampato. I suoi occhi lo squadravano per bene sul viso come in cerca di qualcosa. Dal canto suo Mitsui la lasciava fare. Era stato attirato sin da subito da quel modo di fare, così sicuro e spavaldo. Niente che però andasse oltre la tentazione.
- Allora – interruppe il silenzio Reira – quando ti va di ricordare il passato…hai il mio numero – mimò il gesto del telefono con una mano le cui unghie erano accuratamente pittate.
Mitsui non disse nulla, ma si limitò a sorriderle. Poi dopo un’altra occhiata Reira gli diede le spalle ed attraversando velocemente la strada si ritrovò a svoltare l’angolo senza mai voltarsi.
Il ragazzo fissò il punto in cui Reira era sparita. Quella sera era stata strana quanto imprevista. Anch’ella consisteva in una sorta di tuffo nel passato. Anche se stavolta non era accaduto nulla.
O non ancora.
Non sapeva nemmeno perché stesse pensando di fare quello che poi si ritrovò a fare. Ma d’un tratto percorse lo stesso tragitto della ragazza sperando di raggiungerla.
 
 
*** Continua ***
 
Credo che stavolta vi ho fatto aspettare di meno. Sono stata brava! Avrei potuto pubblicare anche prima, ma ci sono stati dei problemi dal momento che mi è stata rubata una storia e mi sono dovuta mobilitare insieme agli amministratori del sito. A quanto pare la cosa si è risolta. E ho forse ammiratori silenziosi che invece di esporre la propria mi apprezzano a tal punto per spacciarsi per me. Che dire....lusingata quanto disgustata. Ma tralasciando questo piccolo sfogo, voglio sperare che questo capitolo abbia dato ancora più pepe a tutta la situazione. Un bacio a tutti

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Capitolo 14
*** Love, Sex. ***


Forse quella di andare non era stata una grande idea. Akira Sendoh lo ripeteva a mente mentre era seduto rigido su un divano che non era quello di casa sua. Si sentiva sempre un po’ spaesato quando si trattava di doversi ambientare. Cosa che, invece, non gli accadeva prima di una partita. Ed era a quella contro il Kainan a cui avrebbe dovuto pensare. Dal momento che la squadra avversaria aveva vinto l’ennesima partita, sarebbe toccato alla squadra del Ryonan il compito di fermare i campioni nazionali. La realizzazione per un’impresa del genere richiedeva sacrificio, pazienza e riposo. Sarebbe dovuto correre a casa,  nel suo letto, dopo l’allenamento, invece di ritrovarsi dov’era. Doveva ammettere che, stupidamente, aveva ragionato pensando alle parti basse, e non ad essere ragionevole come di solito era abituato a fare. Si era fatto convincere dalla bella riccia a raggiungerla nella sua dimora ad allenamenti finiti. Non era mai successo di essere invitato a casa della ragazza, e chiunque al suo posto avrebbe acconsentito senza pensarci due volte. Il suo istinto, e non solo, lo aveva portato direttamente lì, in quella casa non molto distante dalla sua, dove ad attenderlo c’era una bella ragazza dai capelli di un morbido riccio e un bel fisico che non avrebbe nascosto per molto.
I suoi pensieri furono interrotti quando tornò quella dalla cucina, con due bottiglie di birra.
- Sono di mio padre – disse la riccia porgendogliene una – ma tanto non si accorgerà di nulla –
Sorridendo appena, Akira afferrò la bottiglia già aperta e ne bevve un sorso. La ragazza gli si sedette accanto, accavallando le gambe che aveva appositamente lasciato scoperte indossando un semplice pantaloncino manco fosse stato agosto inoltrato. Gli occhi del giocatore osservarono per un attimo la pelle liscia delle cosce.
- Dove sono i tuoi? – le chiese posando lo sguardo altrove.
- Te l’ho detto – rispose pronta quella cominciando a giocare con un riccio – sono fuori. Non tornano prima di domenica –
Akira bevve un altro sorso – Si fidano per lasciarti sola così tanto tempo –
Come ad una battuta di buon gusto, la ragazza si lasciò andare ad una sensuale risata, cambiando la posizione delle gambe che riattirarono nuovamente gli occhi di Akira.
- Sono convinti che non dormirò sola – ribattè cambiando tono di voce e cominciando a scrutarlo.
- Ed è così? – chiese il ragazzo girandosi per guardarla in volto.
Lei fece spallucce – Dimmelo tu – rispose – è così? –
Sul volto di Akira comparve un ghigno. Non era scemo. Aveva ben capito che la ragazza quella sera lo avrebbe avuto tutto per sé. Ma dal passare dei momenti intimi assieme, al dormire assieme, ce ne passava.
- Dovrei risposare bene, lo sai – affermò Akira mantenendo la sua espressione quasi divertita.
La ragazza rise di nuovo – Qui si sta benissimo – ribattè – e poi ci penso io a farti riposare –
Detto ciò lasciò perdere il suo riccio ed allungò una mano per accarezzare la cresta del ragazzo che dopo la doccia non si manteneva all’insù.
- Sei troppo rigido – continuò quella – Rilassati -
Fece di poco forza coi capelli per far poggiare la schiena del ragazzo sulla morbida spalliera del divano.
- Non dirmi che hai vergogna – lo provocò quella posando per terra la birra.
Akira sorrise di nuovo – Non saresti la mia prima volta, Mia –
Sul volto della ragazza stavolta non apparve nessun sorriso. Era ora di cominciare.
- Non vuol dire che sei bravo -
Akira tornò a guardarla serio – Sono gentile, ma non uno scemo, Mia –
- Mia, Mia, Mia – scimmiottò la ragazza. E ridendo decise di sistemarsi a cavalcioni su di lui -Potresti ripeterlo mentre sono su di te -
A quel punto anche Akira posò la bottiglia sul pavimento, senza far spostare di troppo la ragazza. Quest’ultima cominciò a baciargli la parte sinistra del collo, fino ad arrivare appena sotto l’orecchio. Akira chiuse gli occhi decidendo di abbandonarsi a quell’effusione. Qualcosa sotto di lui cominciò a muoversi. Quella ragazza lo eccitava da morire. Lo aveva pensato da subito.
- Rilassati – ripetè Mia bisbigliando appena nel suo orecchio.Poi prese a mordicchiare il lobo.
Le mani di Akira cominciarono ad esplorare con le sue grosse mani il corpo della ragazza, lentamente, partendo dalle cosce fino ad arrivare al petto. Strabuzzò gli occhi quando si accorse che sotto la maglia era priva di intimo.
A quell’espressione sorpresa, Mia sorrise beffarda. Senza dire nulla, si sfilò la maglia.
Davanti a quello spettacolo, Akira decise che era giunto il momento di smetterla di fare il gentile.
- Lo hai voluto tu, Mia – affermò.
Senza aspettare una risposta, la baciò appassionatamente.
 
 
***
 
Un po’ distante, la sera stessa, Hisashi Mitsui si stava alzando da un letto che non era il suo. Era parecchio stordito, soprattutto perché non era passato molto tempo da quando aveva finito l’allenamento. Forse appena un paio d’ore. Akagi aveva deciso di intensificare gli esercizi di basket e per questo Hisashi, nell’ultimo periodo, si ritrovava ad essere più esausto del solito. E distratto.
Si grattò il capo mentre i suoi occhi andavano alla ricerca dei boxer. Sbuffò quando constatò che al buio non vedeva letteralmente nulla.
- Ma una luce no? – affermò cominciando a spostare i vari indumenti che erano stati gettati per terra.
La bella ragazza rimasta nuda sul suo letto rise – Probabilmente sono di là – rispose – Guarda che ho cominciato a spogliarti da subito –
A quel punto Hisashi sbuffò di nuovo – Questo perché non potevi aspettare –
La ragazza rise di nuovo – Lo sai come sono quando ho voglia – ribattè.
Ma Hisashi non disse nulla, e dopo aver recuperato almeno la t-shit bianca e pulita che aveva indossato dopo la doccia, uscì dalla stanza alla ricerca dei boxer e dei pantaloni.
L’espressione divertita scomparve dal volto della fanciulla che intanto si mise a sedere sul letto. Avevano ricominciato ad andare a letto insieme da poco, solo qualche giorno, ma dopo aver finito Mitsui aveva sempre una grande fretta di andarsene. Tempo addietro avrebbero chiacchierato a lungo, dividendosi una sigaretta o, a volte, una canna. Stavolta era diverso. Mitsui era diverso. Non la toccava come faceva prima. Non la guardava come prima. Persino quella sera in cui fu rincorsa da lui sapeva in cuor suo sapeva che Hisashi non lo stava facendo per un puro desiderio carnale nei confronti della ragazza. Stava prendendo una strada diversa da quella che avrebbe dovuto intraprendere. Lui era fatto così. Scappava da ciò che poteva essere una sicurezza, un qualcosa per cui impegnarsi. E una donna queste cose le nota. Qualche minuto dopo Hisashi rientrò nella camera. Stava controllando il cellulare, incurante del fatto che la ragazza fosse ancora nuda e calda a letto.
- Si è fatto tardi – si limitò a dire il ragazzo recuperando la giacca della tuta.
- E devi andare – aggiunse lei.
Per la prima volta da quando avevano finito, Hisashi la guardò. Le si avvicinò, ma senza posarsi sul letto, le diede un tenero bacio sulla fronte.
- Non fare così Reira – le disse cambiando il tono di voce – Lo sai che sono occupato -
Reira alzò gli occhi al cielo – Si – disse – con quella lì –
Hisashi si staccò bruscamente e ridusse gli occhi a due fessure.
- Ti ho detto che non devi parlare di lei – affermò con voce seria.
Ma Reira sembrò non voler demordere. Ogni volta che tentava di affrontare il discorso “ ragazza di Mitsui “, trovava in quest’ultimo un muro contro cui andare a sbattere.
– Dici tutte le volte così! – esclamò alzandosi dal letto – Ma alla fine vieni qui perché la principessina è intoccabile persino per te! -
Hisashi si ritrovò a sbuffare ancora – Reira cosa abbiamo sempre detto? –
La ragazza non disse nulla e si limitò ad incrociare le braccia al petto nudo, continuando a guardarlo torva. A quel punto Hisashi alzò le mani e scosse il capo – Devo andare –
Stava per dirigersi fuori dalla stanza quando successe una cosa inaspettata. Come un fulmine, Reira balzò in avanti e lo abbracciò da dietro, stringendolo a sé. Hisashi sospirò.
- Scusa – mormorò Reira. Poggiò il mento sulla spalla di lui tentando di guardarlo per quel poco che le riusciva in viso – Non arrabbiarti. Dai resta un altro po’ -
- Devo andare – ribattè pronto Hisashi.
- Almeno un’altra volta e poi te ne vai –
Ma non riuscì a sedurlo ancora che le forti mani di Hisashi staccarono con poca fatica le braccia della ragazza dalla sua vita. Senza aggiungere altro sparì nel buio della casa.
Quando sentì la porta dell’ingresso chiudersi, Reira strinse le mani a pugno, lasciandosi andare ad un lamento rabbioso. – Che palle! –
Non se ne sarebbe rimasta come una stupida, ancora una volta, mentre Hisashi Mitsui se ne tornava alla sua vita, ricordandosi di lei solo quando gli faceva comodo. Avrebbe fatto qualcosa. Ma cosa?
Pensierosa si rigettò sul letto senza preoccuparsi di rivestirsi. Osservava il soffitto buio, ma nel frattempo nella sua mente vagavano varie ipotesi. Non era stupida, aveva capito che in qualche modo Mitsui teneva a quella ragazza. E da un lato poteva non dargli torto. Sicuramente era troppo alta secondo i suoi canoni e aveva un fisico che considerava da manichino. Senza curve, piatta, forse troppo. Ma doveva ammettere che il viso aveva un suo perché. In conclusione amava il basket e questo ad uno come Mitsui poteva bastare. Senza nemmeno conoscerla si era ritrovata ad odiare quella ragazza. Quella Anko. Aveva saputo molte cose di lei. Non c’era voluto molto per conoscere il suo nome. Aveva delle conoscenze allo Shohoku, e la tipa non era poi così sconosciuta. Tutti sapevano chi fossero i componenti della squadra di basket, dopo che la banda di Tetsuo decise di fare un salto durante gli allenamenti. Le avevano raccontato tutto quel che accade nella palestra, capendo finalmente cosa avesse spinto Mitsui ad allontanarsi dalla sua banda e tornare a giocare. Non pensava che tra le motivazioni ci fosse anche la ragazza venuta da Tokyo, lasciando Reira nell’angolino delle dimenticanze. Mitsui si meritava un bel dispetto. E non le dispiaceva nemmeno l’idea di far scendere una lacrimuccia alla principessina del basket.
 
 
***
 
Nel frattempo, la principessina in questione si ritrovava nella camera della villa che un tempo apparteneva ai nonni e che da qualche mese condivideva solo col suo papà. Era intenta a sistemare alcuni appunti presi per quel giorno. La primavera ormai era esplosa, così come il cuore del campionato. Mancavano ancora poche partite prima dello scontro principale. Solo allora avrebbero fatto i conti con la realtà. Lo Shohoku doveva guadagnarsi la partecipazione del campionato nazionale. Quando rifletteva sul basket, i suoi pensieri verso Mitsui svanivano. Anche se non per molto. Da quando aveva detto a Mitsui di voler perdere la verginità con lui, le cose sembravano andare all’inverso. Non avevano ancora trovato il momento per farlo, il che era strano dato che il ragazzo aveva fino a poco tempo prima insistito per possederla. A peggiorare la situazione, era che il capitano della squadra, preso dall’ansia del campionato, aveva cominciato ad intensificare gli allenamenti, allungando a volte l’orario. Dopo una giornata come quella che passavano loro, il sesso era l’ultimo dei pensieri. Almeno così credeva.
Scosse il capo come per scacciare i pensieri. Poi con un sospiro lasciò finalmente perdere gli appunti e spende la luce. Stiracchiandosi si diresse verso il suo spazioso letto e uno sbadiglio la colpì d’improvviso. Spostò di poco le lenzuola e si accomodò sul morbido materasso. Afferrò il cellulare poco distante e strabuzzò gli occhi quando si accorse delle due chiamate perse di Mitsui. Senza indugiare oltre lo richiamò.
Uno squillo, due squilli, tre squilli.
- Hey – rispose
- Hey – Anko sorrise appena – Scusa avevo la vibrazione e non ho sentito -
- Studiavi? – chiese Hisashi
- Già – rispose quella – Tu? –
- Io? –
Anko alzò un sopracciglio – Beh si – aggiunse titubante – Tu cosa hai fatto? –
- Oh.. - Mitsui sembrò riflettere prima di dover rispondere – Ho..ripassato gli appunti di Kogure. Sai mi passa sempre tutto perché a lezione..-
- Non segui mai – lo interruppe Anko – si, lo so –
Susseguirono dei secondi silenziosi in cui nessuno dei due proferì parola e sentendo i loro reciproci respiri.
- Anko – interruppe il silenzio Hisashi
Anko sembrò destarsi da un breve sonno – Mh?-
Dall’altro capo del cellulare le sembrò di sentire un sospiro di Hisashi, come se dovesse accumulare coraggio prima di parlare.
- Niente è che – bisbigliò – ci tengo a te -
A quel punto Anko si lasciò andare ad una risata – E perché me lo dici? –
Hisashi sospirò di nuovo – Non sono il ragazzo perfetto, ma a modo mio ci tengo a te –
La vice manager sorrise intenerita – Lo so – affermò – Non sei tipo da fiori e cioccolatini, ma vai bene lo stesso –
- Domani dopo gli allenamenti potremmo andare a cenare insieme – propose Hisashi – Così recuperiamo il tempo perso stasera -
Anko anunuì anche se Hisashi non avrebbe potuto vederla – Si, stasera mi sei mancato un po’ –
Ella non poteva sapere che in un casa un po’ distante, Hisashi Mitsui stava stringendo così forte il cellulare a quell’affermazione che avrebbe potuto spaccarlo in due.
- Devo andare – disse per la quarta volta in quella serata – ho bisogno di dormire -
- Certo -
- A domani –
E senza rispondere Anko si limitò a chiudere la telefonata per poi gettarsi a peso morto sul letto. Anche stavolta Hisashi non aveva minimamente menzionato l’argomento “ prima volta” .
- Che fatica – sospirò Anko. Ma i suoi pensieri non ebbero lunga vita poiché, tra uno sbuffo e un sospiro, si addormentò.
 
 
*** Continua ***
 
 

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