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Io dico sì dico si può saper convivere è dura già, lo so.
Ma per questo il compromesso
è la strada del mio crescere.
E dico sì al dialogo
perché la pace è l’unica vittoria
l’unico gesto in ogni senso
che dà un peso al nostro vivere,
vivere, vivere.
Io dico sì dico si può
cercare pace è l’unica vittoria
l’unico gesto in ogni senso
che darà forza al nostro vivere. (“Il mio nome è mai più” – Ligabue, Jovanotti, Piero Pelù)
Antonio Orsini era a Firenze da poco tempo e si era già inguaiato fino al collo come non si sarebbe mai aspettato!
In realtà era partito da Roma soltanto perché la sorella Clarice aveva richiesto la sua presenza: fratello e sorella erano sempre stati molto uniti e lei si sentiva trascurata dal marito Lorenzo de’ Medici. La presenza di Antonio aveva rasserenato Clarice, che pian piano si era tranquillizzata ed era riuscita anche a trovare un’intesa con Lorenzo.
Era stato così che Antonio aveva iniziato a guardarsi intorno, curioso com’era sempre stato e desideroso di rendersi utile a qualcun altro… e aveva avuto la geniale idea di impegnare le sue energie per l’impossibile impresa di riconciliare le famiglie Medici e Pazzi! O meglio, nello specifico, di consolidare il rapporto appena instauratosi tra i fratelli Medici e i giovani Guglielmo e Francesco Pazzi e, progetto ancor più ambizioso quanto improbabile, coinvolgere anche Jacopo Pazzi in questa nuova idea di famiglia allargata.
Non si può dire che Antonio Orsini mancasse di entusiasmo e di coraggio, ma di certo difettava in senso pratico e realismo! Lorenzo e Giuliano, tuttavia, lo avevano preso in simpatia e speravano anche, in fin dei conti, che tanto fervore potesse rivelarsi utile perlomeno a rendere più concreta e sicura l’alleanza con Francesco, ancora non del tutto stabile.
Non c’è bisogno di dire, ovviamente, che per loro Jacopo era una causa persa, ma che Antonio ci provasse pure, ben presto se ne sarebbe accorto da solo.
Fu così, dunque, che il giovane Orsini si ritrovò ad assistere, insieme ad altri cittadini illustri, al Consiglio dei Priori in cui sarebbe avvenuta la votazione per approvare o meno il trattato con Milano, stipulato da Lorenzo con il Duca Sforza. Il ragazzo, già emozionato per quell’onore, si tratteneva a fatica dal sottolineare con qualche esclamazione felice ogni voto a favore e dovette esercitare un notevole e ammirevole autocontrollo per non urlare un entusiastico E vai! quando, inaspettatamente, Francesco Pazzi votò in favore del trattato, ancora in collera perché suo zio Jacopo aveva disconosciuto Guglielmo…
Jacopo Pazzi si era alzato infuriato e aveva lasciato il suo posto con un’aria che non prometteva nulla di buono, dirigendosi verso l’uscita mentre gli altri membri del Consiglio si congratulavano con Lorenzo e i fratelli Medici ringraziavano Francesco per il suo voto.
Antonio, con un tempismo alquanto singolare, pensò bene di scegliere proprio quel momento per fare due chiacchiere amichevoli con Jacopo Pazzi e si affrettò a seguirlo, raggiungendolo sulla piazza antistante il palazzo.
“Buongiorno, Messer Pazzi” esordì con un gran sorriso che, bisogna dirlo a suo onore, non si incrinò nemmeno davanti all’occhiata con cui Jacopo lo incenerì sul posto.
“Questo non è affatto un buon giorno” gli rispose bruscamente l’uomo, senza capire bene se quel giovane sconosciuto volesse pure prenderlo per i fondelli… “Chi sei, ragazzino, e che vuoi da me?”
“Sono Antonio Orsini, il fratello di Madonna Clarice!” rispose il giovane, senza lasciarsi smontare.
Jacopo Pazzi lo squadrò da capo a piedi come se si fosse trattato di una nuova specie di insetto strano.
Aveva tutta l’aria di pensare: Pure il cognato di Lorenzo mi doveva toccare, oggi? Ma che razza di giornata…
“Questa cosa che è successa poco fa… sì, insomma, la votazione per il trattato con Milano, non dovete prenderla per forza come qualcosa di negativo per voi” riprese Antonio. “Io penso che…”
“Chi ti credi di essere per venirmi a dire cosa devo o non devo fare?” gli rispose l’uomo, a brutto muso… e non lo prese per il collo probabilmente solo perché si trovavano in mezzo alla piazza. “Questa cosa, come la chiami tu, è un danno enorme per Firenze, un modo per arricchire ulteriormente la banca del tuo amico Lorenzo e, come se non bastasse, ha portato mio nipote Francesco a tradirmi, a votare contro di me! E io non dovrei considerarla negativa? Hai intenzione di prendermi in giro, forse?”
“Non mi permetterei mai, Messer Pazzi” insisté il giovane con un invidiabile coraggio. “E’ proprio questo il punto: vostro nipote non vi ha affatto tradito, ha semplicemente aperto la strada a una nuova collaborazione che…”
“E io ti sto pure a sentire… Ascoltami bene, ragazzo, se è Lorenzo che ti manda per farsi beffe di me, ti assicuro che non ne ricaverai niente di buono.”
“Lorenzo non mi ha mandato da nessuna parte, non sa nemmeno che vi sono corso dietro, a dire il vero” replicò Antonio con candore. “E’ stata una mia iniziativa, mi è sembrata l’occasione giusta per conoscervi di persona e potervi dire quanto sia importante per tutti noi l’unione tra la vostra famiglia e quella dei Medici!”
Jacopo Pazzi non riusciva a credere a quello che stava succedendo: con che faccia tosta quel ragazzino veniva a complimentarsi per qualcosa che per lui era la peggiore delle disfatte?
“Penso che non abbiate preso ancora in considerazione tutte le opportunità e i vantaggi che potranno derivare dall’armonia e dall’amicizia fra le vostre famiglie” insisté Antonio, sfoderando tutto il suo entusiasmo. “Due famiglie così importanti e prestigiose unite assieme renderanno questa città un posto migliore, più sicuro, più forte e…” Armonia? Amicizia? Famiglie unite? Ma si ascoltava mai, quando parlava?
“Non c’è e non ci sarà mai nessuna unione, né tanto meno amicizia, tra Medici e Pazzi” tagliò corto Jacopo. “Guglielmo e Francesco hanno tradito la mia famiglia, perciò non ne fanno più parte. E i tuoi amici Medici saranno la rovina di Firenze, non certo la sua fortuna. Ma che lo spiego a fare a te, che vieni da Roma e non sai niente di quello che succede qui? Vattene a fare i tuoi discorsi edificanti a qualcun altro e lasciami in pace!”
Antonio sembrava piuttosto deluso.
“Quindi non parteciperete al matrimonio di vostro nipote con Bianca?” domandò.
“Assolutamente no! Con che coraggio mi chiedi una cosa del genere?”
“Beh, credevo… sarebbe stata un’occasione felice per riconciliarvi con…”
“Forse non ti è chiaro il concetto: io non ho la minima intenzione di riconciliarmi con nessuno, Guglielmo e Francesco hanno fatto la loro scelta e per me è come se fossero morti” replicò l’uomo, in tono tagliente. Voltò le spalle al giovane e fece per andarsene, seccato. Non bastava aver perduto la votazione, aver visto Francesco passare al nemico… no! Adesso ci si metteva anche il cognato di Lorenzo con una pletora di discorsi deliranti su pace, amicizia e riconciliazione. Decisamente quella giornata era cominciata male e stava continuando ancora peggio. Jacopo Pazzi si diresse a passi concitati verso il suo palazzo, voleva solo chiudersi dentro e recriminare sulla sua sconfitta… ma non era ancora giunto al portone quando udì di nuovo, dietro di sé, la voce del testardo ragazzino.
“Perdonatemi se insisto, Messer Pazzi, ma non è un po’ triste che restiate da solo in questo palazzo vuoto quando potreste essere accolto con gioia a Palazzo Medici per festeggiare un matrimonio e l’inizio di una nuova era di pace e prosperità?” Non ci credo… mi ha seguito fin qui? Ma che accidenti vuole da me?
Si fermò e, con un sospiro rassegnato, si voltò verso Antonio, che continuava a mantenere un’espressione speranzosa sul volto.
Non riusciva a capire l’ostinazione di quel ragazzo, la sua assurda quanto fastidiosa insistenza su un’impossibile amicizia tra le casate dei Medici e dei Pazzi. Cos’è che aveva detto? Accolto con gioia a Palazzo Medici? Certo, già se la vedeva la gioia con cui lo avrebbero accolto. Volevano portargli via i suoi nipoti, avevano tentato fin dal principio di strapparglieli e adesso, dopo tanti anni e tante macchinazioni, c’erano riusciti.
Non c’era proprio niente da festeggiare, per lui.
Non sapeva se gli bruciava di più la sconfitta per l’approvazione del trattato o il fatto che fosse stato proprio Francesco a pugnalarlo alle spalle, dando il voto decisivo a favore di Lorenzo.
E quello sciocco ragazzino insisteva sul fatto che doveva vedere il lato positivo… ma che ne sapeva, lui? Quali erano le sue vere intenzioni? Aveva detto che non era stato Lorenzo a mandarlo e, dopo i primi sospetti, cominciava a crederci: perché mai il giovane Medici avrebbe dovuto spingere suo cognato a invitarlo al matrimonio, ad assillarlo con quelle chiacchiere? No, quella doveva essere davvero un’iniziativa personale, ma a quale scopo, allora?
Non lo capiva proprio e la cosa lo innervosiva. Non gli piaceva affatto quando qualcosa sfuggiva al suo controllo…
“Insomma, si può sapere cosa vuoi? No, non dirmelo un’altra volta, non voglio sentire altri discorsi assurdi su amicizia, pace e accoglienza. Da quanto tempo sei a Firenze? Due, tre mesi al massimo? Allora non ti impicciare di cose delle quali non sai un bel niente. La mia famiglia e quella dei Medici si fanno la guerra da anni, quei rinnegati hanno causato la rovina della mia casata e adesso pensano di aggiustare tutto con un matrimonio? I Medici distruggono tutto ciò che toccano e usano chiunque possono per i loro interessi. I miei nipoti non hanno voluto capirlo e allora peggio per loro, ma di certo non riusciranno a ingannare anche me!” disse, rovesciando tutta la sua rabbia e la sua amarezza sull’incolpevole Antonio… che, comunque, se l’era un po’ cercata.
Il giovane ascoltò attentamente, fissandolo con molta serietà. Sembrava aver perso tutto il suo inopportuno entusiasmo. Alla fine scrollò tristemente il capo.
“Vi chiedo perdono per avervi disturbato, allora. Sono sinceramente addolorato per voi e per come state vivendo questa situazione” replicò, lasciando allibito Jacopo Pazzi che di certo non si aspettava una reazione del genere. “Avete ragione, non sono di qui e non so niente delle vostre famiglie. Mi scuso se ho detto involontariamente qualcosa che può avervi offeso. Una cosa, però, credo di averla capita…”
Si fermò un istante per riprendere fiato, poi continuò, con lo sguardo fisso sull’uomo.
“Voi siete ferito, state soffrendo e per questo cercavo di aiutarvi e di coinvolgervi. Mi dispiace veramente che i vostri nipoti vi abbiano lasciato solo, speravo di trovare il modo di risolvere questo problema… ma ora capisco di essere stato presuntuoso. Vi chiedo perdono. Non vi disturberò più… anche se spero ancora che possiate cambiare idea. Vi porgo i miei saluti, Messer Pazzi.”
Antonio, a testa bassa, fece per andarsene.
Le sue parole, però, avevano colpito nel segno.
Stupito lui per primo da quello che stava dicendo, Jacopo Pazzi lo richiamò.
“Aspetta, ragazzo… giovane Orsini. Tra tutte le chiacchiere che hai fatto, non mi hai ancora detto perché ti dovresti preoccupare tanto di me. Non mi conosci nemmeno!”
Antonio si voltò con un timido sorriso.
“E’ che… non mi piace vedere qualcuno che sta male. Per quanto posso, vorrei che le persone intorno a me fossero serene. E… è vero, non vi conosco ancora, per questo volevo rimediare” disse.
Quel ragazzo era davvero strano. E disarmante. E ostinato.
Ma, per qualche strana ragione, Jacopo si sentiva più divertito che innervosito dal suo atteggiamento e questo non era necessariamente un male, anzi.
Era qualcosa di diverso dal solito, perlomeno.
E, a dirla tutta, con la sua parlantina il giovane Orsini gli aveva fatto perfino dimenticare, almeno per un po’, l’amarezza provata al Consiglio dei Priori.
Anche quello non era necessariamente un male.
“Riguardo a quel matrimonio… potrei anche ripensarci e decidere di presenziare, almeno per un po’. Forse” disse, ancora una volta sorpreso dalle sue stesse parole.
“Ne sarei estremamente lieto, Messer Pazzi. Sarebbe… no, basta, ho già chiacchierato abbastanza per oggi. Vi auguro una buona giornata e… allora spero di potervi parlare di nuovo al matrimonio” replicò Antonio, riacquistando subito la sua allegria.
“Ho detto forse, giovane Orsini.”
“E forse sia, Messer Pazzi. Buona giornata!”
Così, molto soddisfatto senza nemmeno sapere bene il perché, Antonio Orsini riprese la sua strada verso Palazzo Medici.
Jacopo Pazzi entrò nel suo palazzo senza riuscire a trattenere un sorrisetto.
La rabbia che lo aveva invaso dopo il voto dei Priori pareva essersi attenuata… chissà perché.
E quella giornata, alla fine, non era stata poi del tutto negativa.
Forse. Fine capitolo primo
Antonio
tornò a Palazzo Medici euforico e felice e si trovò in mezzo a tanta allegria:
Lorenzo e la sua famiglia festeggiavano per l’approvazione del trattato con
Milano.
“Antonio,
vieni a festeggiare con noi!” lo invitò Giuliano.
Il
ragazzo si avvicinò tutto sorridente agli amici che lo abbracciarono e gli
batterono pacche affettuose sulle spalle.
“Ci
hai portato fortuna al Consiglio dei Priori” gli disse Lorenzo. “D’ora in poi
ti inviteremo sempre ad assistere alle riunioni!”
“Ma
dove ti eri cacciato? Ti abbiamo cercato dappertutto, pensavamo ti fossi perso!
Dove sei stato?” gli domandò Giuliano.
“Oh,
no, scusatemi, mi dispiace che vi siate preoccupati per me, che sciocco, avrei
dovuto avvisarvi” rispose Antonio, rammaricato. “Sono andato a parlare con
Messer Pazzi e…”
“Che
cosa hai fatto?” trasecolò Lorenzo.
“Era
l’occasione che aspettavo per fare la sua conoscenza” spiegò candidamente il
giovane.
“E
l’hai preso proprio nel suo momento migliore, immagino” commentò Giuliano,
ironico. “Ma perché volevi proprio parlare con lui?”
“Dovevo
spiegargli che l’approvazione del trattato è una buona cosa per tutti e poi
anche insistere perché partecipasse al matrimonio di Guglielmo e Bianca” disse
Antonio, molto fiero di sé.
“Ma…
perché?” chiese Giuliano, sconvolto.
Evidentemente per lui l’eventuale assenza di Jacopo Pazzi alla festa per le
nozze della sorella non era qualcosa che gli toglieva il sonno…
“E
immagino che ti sia stato a sentire…” fece Lorenzo, ridacchiando. “E’ già molto
che tu sia tornato tutto intero. Ma che ti è passato per la testa? E poi… beh,
alla fine credo che tu abbia fatto la cosa giusta, ma spiegami un po’, è tua
abitudine invitare la gente a casa d’altri?”
Antonio
rimase di sasso, arrossì, poi cercò di rispondere, confuso, tra le risate dei
due fratelli.
“Io…
no, mi dispiace, non volevo passarti avanti, Lorenzo, però ho pensato che
sarebbe stato meglio… che sarebbe stata un’opportunità per…”
“Ma
dai, sto scherzando, non te la prendere così. Adesso anche tu fai parte della
famiglia e questa è anche casa tua” lo rassicurò il giovane Medici. “Però
adesso sono davvero curioso: cosa ti ha risposto Jacopo quando lo hai invitato
al matrimonio?”
“Ha
detto che forse verrà” ribatté
Antonio, tranquillizzato. “Sì, me l’ha fatta un po’ pesare… ma credo che alla
fine l’invito gli abbia fatto piacere. Sono sicuro che si senta solo e che sia
molto dispiaciuto che i suoi nipoti non gli parlino…”
“Oh,
poverino, mi viene da piangere!” fece Giuliano, sarcastico.
“Ha
detto davvero che verrà al matrimonio?” ripeté invece Lorenzo, il ritratto
stesso della sorpresa. Se Antonio gli avesse raccontato di aver camminato sulle
acque dell’Arno sarebbe rimasto meno sbalordito…
“Ma
sì, cioè, in realtà ha detto forse,
ma credo che volesse dire sì” ribadì convinto il giovane. “Penso che avesse
davvero bisogno di parlare con qualcuno che lo stesse ad ascoltare. All’inizio
era arrabbiato, però poi, quando me ne sono andato, sembrava più sereno. Il
matrimonio sarà un’occasione per spiegarvi e per riconciliarvi, festeggiando
tutti insieme.”
E come no?, pensò Lorenzo.
“E’
questo che hai detto a lui?” chiese
invece Giuliano, incredulo. Lui e il fratello si scambiarono una serie di
sguardi allibiti.
“Sì,
è questo che gli ho detto e penso che lo abbia capito, visto che ha deciso di
presenziare alla festa di nozze” affermò Antonio, trionfante.
“Se
sarà davvero così, penserò che sei in grado di fare miracoli, Antonio!” scherzò
Lorenzo, ancora molto scettico. Non voleva infrangere le grandi speranze
dell’amico, ma riteneva piuttosto che, se Jacopo Pazzi aveva deciso così, era
perché intendeva trarne qualche vantaggio personale.
Tuttavia
preferì non dire altro e la cosa, per il momento, finì lì.
Il
giorno delle nozze di Guglielmo e Bianca, però, Jacopo Pazzi non si fece vivo…
almeno non subito.
Mentre
gli sposi si scambiavano le promesse nuziali e poi, durante il grande e festoso
banchetto, Antonio continuava a guardarsi intorno, al contempo speranzoso e
deluso.
Com’era
che la cosa aveva iniziato a farsi tanto personale?
“Ehi,
Antonio, sei sulle nuvole, oggi? Siamo a un matrimonio, non a un funerale!” lo
prese bonariamente in giro Giuliano.
“Giuliano,
lascialo in pace, dovresti cercare di coinvolgerlo nella festa invece di
burlarti di lui” intervenne Lorenzo. “E tu, Antonio, non prendertela così
tanto, in fondo lo sapevi che Jacopo Pazzi non sarebbe venuto, mi sbaglio per
caso?”
A
Lorenzo dispiaceva vedere l’amico così malinconico, ma pensava anche che
dovesse imparare per esperienza personale che tipo fosse veramente Jacopo Pazzi.
Antonio era un ottimista, voleva vedere il buono in tutti, voleva che ci
fossero pace e amicizia intorno a lui, che diritto aveva di disilluderlo? Era
una ricchezza essere tanto sensibili, anche se poi si stava male… D’altra
parte, certe persone erano davvero una causa persa e Antonio avrebbe dovuto
impararlo da sé. Prima o poi lo avrebbe capito.
“Aveva
detto forse” rispose il giovane, a
bassa voce, “e poi Francesco è venuto, no?”
“Perché
probabilmente Francesco è ancora recuperabile” replicò Giuliano, con molto
pragmatismo. “Dai, adesso vieni con noi, non vorrai perderti il ballo.”
“Magari
tra poco” disse Antonio, sforzandosi di sorridere.
Lorenzo
e Giuliano si scambiarono uno sguardo e decisero di lasciarlo in pace. Lorenzo,
in particolare, aveva visto proprio Francesco e pensava di approfittare di quel
momento per una chiacchierata a quattr’occhi: evidentemente la propensione di
Antonio a coinvolgere i Pazzi aveva contagiato anche lui!
Antonio,
invece, si allontanò dai saloni più rumorosi e affollati per starsene un po’ da
solo a pensare. Si sentiva più triste di quanto sarebbe stato logico aspettarsi
e non capiva perché. Certo, aveva sperato che il matrimonio di Guglielmo e
Bianca fosse l’occasione migliore per riunire le due famiglie, per dimenticare
i vecchi rancori e, in effetti, sembrava che almeno Francesco ne avesse
approfittato. Sarebbe dovuto essere… soddisfatto a metà, ecco. E invece perché
si sentiva così strano?
Mentre
passeggiava nell’atrio di Palazzo Medici, chiedendosi per quale inspiegabile
motivo si sentisse così vuoto e triste, venne raggiunto dalla sorella Clarice.
“Antonio,
cosa ci fai qui da solo?”
Cosa
poteva rispondere? Che era sceso nell’atrio sperando di vedere arrivare Jacopo
Pazzi? Clarice non avrebbe capito e, a dirla tutta, non si capiva più nemmeno
lui.
“Potrei
chiedere lo stesso a te, sorellina. Perché non stai danzando con tuo marito?”
le chiese, tanto per cambiare argomento.
Clarice
strinse le labbra, rattristata e innervosita.
Forse perché mio
marito al momento sta danzando con la sua amante, pensò, ma non
volle dirlo ad Antonio che sembrava già abbastanza in crisi per conto suo.
“In
realtà volevo parlarti di una cosa che mi è venuta in mente, magari puoi dirmi
se ti sembra sensata o se è un’assurdità” iniziò a dire Clarice. “Mi è capitato
di vedere Francesco Pazzi che parlava con Novella Foscari
e mi è sembrato che fossero piuttosto presi l’uno dall’altra.”
La
notizia fece molto piacere ad Antonio, che per qualche momento mise da parte i
propri tormenti interiori non meglio chiariti.
“Pensi
a un matrimonio tra loro? Questo legherebbe anche Francesco alla famiglia
Medici, favorendo l’alleanza con Venezia!” esclamò, molto compiaciuto.
“Allora
sei d’accordo con me? Potrebbe essere un matrimonio d’amore e, allo stesso tempo,
porterebbe vantaggi a entrambe le famiglie, unendole ancora di più” spiegò la
giovane. Doveva essere una caratteristica dei giovani Orsini quella di puntare
sulla pace e l’armonia tra Medici e Pazzi…
Antonio,
entusiasta, strinse le mani della sorella nelle sue.
“Hai
avuto un’ottima idea, Clarice, sono fiero di te!” disse. “Pensi di dirlo subito
a Lorenzo o…”
“Non
ancora. Credo che Lorenzo speri che sia suo fratello Giuliano a sposare
Novella, ma lui non sembra affatto interessato. Magari gliene parlerò in
seguito. Bene, sono veramente felice che tu approvi la mia idea, adesso penso
che dovrò tornare alla festa. Vieni con me?”
Antonio
si guardò intorno, perplesso.
“Io…
credo che aspetterò ancora qualche minuto. Vai pure avanti, io arrivo tra poco”
rispose. Non voleva deludere Clarice, ma proprio non aveva voglia di tornare in
mezzo a balli e festeggiamenti, non era nello stato d’animo adatto.
Fratello
e sorella si salutarono, quindi Clarice ritornò nel salone delle feste… e
Antonio rimase nell’atrio del palazzo, a camminare su e giù continuando a
chiedersi perché mai se la prendesse tanto per l’assenza di Jacopo Pazzi. L’idea
di Clarice era stata meravigliosa, anche Francesco si sarebbe legato alla
famiglia Medici, due su tre poteva essere un buon risultato, non doveva essere
troppo insoddisfatto, la riuscita della missione di unire Medici e Pazzi pareva
sempre più vicina…
E
allora perché si sentiva così malinconico?
Poi,
improvvisamente, una voce lo riscosse, facendolo sobbalzare.
“Giovane
Orsini, dev’essere davvero noioso il matrimonio a cui mi hai invitato, se
nemmeno tu partecipi ai festeggiamenti” disse Jacopo Pazzi, che, a quanto
pareva, aveva un talento innato per le entrate a sensazione.
Ogni
tristezza svanì dal cuore di Antonio, che si illuminò tutto.
“Benvenuto,
Messer Pazzi!” lo salutò, felice. “Credevo che non sareste più arrivato, ormai.
Non avete assistito alla cerimonia nuziale e non avete presenziato al
banchetto, ma credo che i festeggiamenti si protrarranno fino a notte
inoltrata, per cui, se volete seguirmi…”
“Pensavi
che non sarei venuto, però eri qui nell’atrio del palazzo ad aspettare il mio
arrivo” insinuò l’uomo, con un sorrisetto.
Con
suo immenso stupore, Antonio si rese conto che era esattamente quello che aveva
fatto: non era sceso nell’atrio per caso, se avesse voluto restare solo si
sarebbe potuto rifugiare in una qualsiasi delle tante stanze di Palazzo Medici.
Invece era andato proprio lì, sperando contro ogni speranza che Jacopo Pazzi si
degnasse di presenziare al matrimonio… e non aveva avuto pace finché non era giunto
per davvero!
Piuttosto
confuso e turbato sotto lo sguardo divertito di Jacopo, il ragazzo non trovò di
meglio che ripetere la sua offerta di accompagnarlo nel salone dei
festeggiamenti.
“Avevate
detto forse, Messer Pazzi, così io vi
ho atteso” replicò, senza rendersi conto di mettersi in una situazione ancor
più imbarazzante. “Sono sicuro che i vostri nipoti saranno lieti di vedervi, e
anche Lorenzo vi accoglierà molto volentieri.”
“Le
tue certezze sono ammirevoli, giovane Orsini, sebbene assolutamente campate in
aria. Sai bene che i miei nipoti non mi parlano e che i Medici mi disprezzano e
mi calunniano” rispose Jacopo Pazzi, seguendo tuttavia quel ragazzo che trovava
sempre il modo di spiazzarlo.
“I
vecchi rancori con la famiglia Medici sono storia passata, da oggi cambierà
tutto e sarete un’unica, grande famiglia” annunciò il giovane con una
travolgente convinzione. “E per quanto riguarda i vostri nipoti… beh, siete
stato voi a dire che Guglielmo non era più un vostro familiare. Basterà che
andiate a congratularvi con lui per le sue nozze e vi riconcilierete
immediatamente!”
Jacopo
scrollò il capo, ma era più divertito che irritato.
“Il
mondo come lo vedi tu è molto semplice, giovane Orsini, peccato che la vita
vera non lo sia altrettanto” ribatté.
“Oh,
adesso lo diventerà” rispose Antonio in tono rassicurante. “Pensate, questo
matrimonio ha unito le vostre famiglie e, quindi, voi non avete più soltanto
due nipoti, ma anche una nipote acquisita. E, chissà, magari presto nasceranno
degli altri nipotini!”
“Dei
Medici!” sottolineò Jacopo Pazzi.
“Davvero?
Non so come funziona a Firenze, ma a Roma è il padre a dare il nome ai figli”
disse Antonio, sorpreso dalle parole dell’uomo. “Certo, avranno anche il
privilegio di essere per metà Medici, ma il nome sarà quello della vostra
famiglia.”
“Hai
dimenticato che Guglielmo non è più un Pazzi, ragazzino?”
“Con
tutto il rispetto, questo è ciò che avete detto voi” rilevò il ragazzo, con un
invidiabile sangue freddo. “Potete anche disconoscere vostro nipote,
diseredarlo e cacciarlo dal vostro palazzo, ma non potete togliergli il nome
che porta. Per cui, sono lieto di annunciarvi che, comunque la vogliate
pensare, il nome della vostra famiglia è destinato a durare per molto, molto
tempo.”
Antonio
aveva un modo tutto suo di mettere le cose sotto la loro luce migliore…
Fu
così che il giovane fece il suo ingresso nel salone dei festeggiamenti al
fianco di Jacopo Pazzi… causando un momentaneo sbigottimento tra i molteplici
invitati. Per un lungo istante ci fu un silenzio di tomba e sguardi allibiti
tra i presenti, poi per fortuna Lorenzo ebbe l’illuminazione di appoggiare l’iniziativa
di Antonio, fingendo allegramente di essere stato lui in persona a insistere
affinché l’uomo intervenisse al matrimonio.
“Messer
Pazzi, sono davvero felice di vedervi qui in questa lieta occasione” esclamò,
andandogli incontro con calore. Se fossero esistiti già allora, Lorenzo Medici
avrebbe senza dubbio vinto il premio Oscar come miglior attore… “Prego,
accomodatevi e festeggiate con noi. O volete prima salutare i vostri nipoti?”
E
così, con molta buona volontà e tanto disagio serpeggiante, i festeggiamenti
per le nozze di Guglielmo e Bianca ripresero e continuarono per tutta la notte.
L’unico
a divertirsi davvero, da quel momento in poi, fu proprio Antonio; Giuliano, di
tanto in tanto, lo guardava e poi si rivolgeva a chiunque avesse intorno in
quel momento.
“Se
non lo vedessi con i miei occhi non ci crederei ma, a quanto pare, Antonio ci è
riuscito davvero” diceva.
Con
quella serata, le cose parvero prendere una piega un tantino diversa e,
comunque, Lorenzo ne fu davvero contento, perché, pur non arrivando alle vette
di ottimismo dell’amico e cognato Antonio, era anche lui convinto che una
tregua tra Medici e Pazzi avrebbe contribuito al bene di Firenze.
Forse
la situazione si poteva ancora aggiustare e tutti ne avrebbero ricavato
vantaggi.
Capitolo terzo
Cosa stava succedendo a palazzo Medici? Proprio ora che Antonio credeva di aver favorito l’unione con la famiglia Pazzi, erano i fratelli Medici a metterlo in crisi! Non c’era pace per lui, è proprio vero che nessuna buona azione resterà mai impunita…
Giuliano stava sempre meno a casa e, quando c’era, si mostrava piuttosto nervoso. Lorenzo, dal canto suo, sembrava arrabbiato con lui ritenendolo un irresponsabile che non voleva crescere.
Antonio si trovava proprio preso nel mezzo e, oltre a questo, si preoccupava di come aiutare Clarice a favorire le nozze tra Francesco e Novella… e non bisogna dimenticare Jacopo Pazzi perché Antonio, di certo, non lo dimenticava e, anzi, non smetteva di pensare a lui nemmeno per un istante, seppur preso da un milione di altre cose.
Quel pomeriggio il giovane si trovava in camera sua cercando di fare il punto della situazione. Alcune cose positive c’erano e lui se ne rallegrava, peccato che succedesse sempre qualcosa che scombinava tutto!
Per esempio, di buono era venuto fuori che Lorenzo aveva proposto a Francesco una società tra le banche Medici e Pazzi per vendere l’allume di Volterra e aumentare le entrate di entrambe. Se la cosa fosse andata in porto, sarebbe stata un’altra opportunità per le due famiglie di collaborare e di rendere più realistico quello che Antonio si ostinava a sperare. Ed era positivo che la proposta fosse venuta spontaneamente da Lorenzo e che Francesco l’avesse considerata… insomma, sembrava proprio che Antonio non fosse il solo a volere l’unione tra le due famiglie.
Peccato che Giuliano cominciasse ad essere geloso di Francesco: era come se pensasse che Lorenzo avrebbe voluto lui come fratello…
E peccato, ovviamente, che l’idea di collaborazione tra le banche dei Medici e dei Pazzi fosse stata clamorosamente bocciata (tanto per usare un eufemismo) da Jacopo, che aveva mostrato una spiacevole tendenza a non cooperare… Antonio pensava che, probabilmente, avrebbe dovuto provare a parlargli di nuovo. In fondo, grazie alla sua insistenza, era intervenuto alle nozze di Guglielmo e Bianca, perché non sperare che potesse dare il suo benestare anche alla società tra le banche? Del resto, lui pure ci avrebbe guadagnato, no?
E poi Antonio avrebbe voluto parlare anche con Giuliano e fargli capire che non doveva essere geloso di Francesco. Sì, questa parte sarebbe stata di sicuro più facile, Giuliano si sentiva probabilmente trascurato e avrebbe solo avuto bisogno di un piccolo incoraggiamento per chiarirsi con il fratello.
Riuscire a incontrare di nuovo Jacopo Pazzi e cercare di convincerlo a vedere la positività nell’accordo per l’allume sarebbe stato tutto un altro paio di maniche…
Così Antonio decise di cominciare subito andando a parlare con Giuliano e uscì dalla sua stanza per cercare l’amico. Lo trovò che stava scendendo le scale, con l’evidente intenzione di recarsi da qualche parte.
“Buon pomeriggio, Giuliano, stavi uscendo? Avevo alcune cose da dirti, hai tempo per me?” gli chiese.
Il giovane Medici sembrava ben poco disposto ad un colloquio e molto preoccupato per qualcosa.
“Questo non è proprio il momento, Antonio. Devo raggiungere Lorenzo al Palazzo dei Priori, sta succedendo un disastro con la faccenda dell’allume e Jacopo Pazzi cercherà di convincere il Consiglio a fare guerra a Volterra!”
Antonio restò basito.
“Guerra a Volterra?” ripeté, come se non riuscisse a crederci. “Aspettami, Giuliano, voglio venire anch’io!”
“Pensi di poter convincere Jacopo con le tue belle parole? Padronissimo di provarci, tanto, peggio di così…”
Antonio seguì Giuliano e, strada facendo, ne approfittò per farsi spiegare questo inaspettato quanto spiacevole sviluppo della situazione.
“Jacopo Pazzi ha fatto in modo che i mercanti di Volterra vendessero l’allume a un prezzo inferiore, ha fatto uccidere Maffei che era dalla nostra parte e ha denunciato tutto questo come un tradimento di Volterra” disse il giovane, molto innervosito. “Ecco come lavora il tuo amico!”
“C’è sicuramente un equivoco” replicò Antonio, cercando di non perdere la fiducia. “Che motivi avrebbe Messer Pazzi per volere la distruzione di Volterra?”
“Ho rinunciato da tempo a cercare di capire le motivazioni di Messer Pazzi” tagliò corto Giuliano, mentre entrava nel Palazzo dei Priori, sempre tallonato dal giovane Orsini, “ma, visto che siete tanto in confidenza, puoi chiederlo direttamente a lui… magari non appena avrà finito la sua arringa!”
Jacopo Pazzi, infatti, stava appunto incitando i Priori a votare per muovere guerra a Volterra, nonostante l’opposizione di Lorenzo che non voleva spargimenti di sangue. Il gonfaloniere chiese la votazione e, questa volta, l’esito fu sfavorevole ai Medici.
Sembrava proprio che l’inganno di Jacopo fosse riuscito e l’uomo appariva molto soddisfatto.
Lorenzo, invece, cercò di salvare il salvabile e, in una disperata corsa contro il tempo, prese con sé il fratello Giuliano e Francesco Pazzi per organizzare con loro un ultimo tentativo di salvare la città. I tre passarono accanto ad Antonio con tanta fretta da non accorgersi nemmeno di lui e uscirono dal palazzo, continuando a parlare.
A quanto pareva, perfino Giuliano si era dimenticato di chi lo aveva accompagnato fino a lì!
Antonio, tuttavia, non se la prese. Capiva che la situazione era molto grave e, anzi, sorrise nel vedere Giuliano, Lorenzo e Francesco insieme. Il pericolo che correva Volterra aveva nuovamente unito i due fratelli e sembrava che Giuliano non fosse nemmeno più tanto ostile verso Francesco: avrebbero agito insieme per tentare di scongiurare quella guerra. Molto bene, non c’è più bisogno che io parli con Giuliano, allora. Spero che riescano a impedire la distruzione della città… e, visto che sono nuovamente uniti, come una vera famiglia, penso proprio che ci riusciranno.
Rassicurato, il giovane Orsini si incamminò verso Palazzo Medici. Non poteva fare niente per Volterra ma, poiché l’incomprensione tra Lorenzo e Giuliano pareva superata, lui poteva dedicarsi ad un altro compito: insieme a Clarice, avrebbe parlato con Andrea Foscari per convincerlo a concedere la mano di sua figlia Novella a Francesco. Il nobile veneziano era molto offeso per il rifiuto di Giuliano di sposare la giovane e aveva deciso di ritornare con lei a Venezia quella mattina stessa per poi sconsigliare al Doge di intraprendere una qualsiasi alleanza con Firenze. Clarice aveva pregato Foscari di recarsi a Palazzo Medici, prima di partire, per un ultimo colloquio, ma nessuno dei due sapeva se l’uomo si sarebbe presentato e, comunque, se avrebbe ascoltato quello che la giovane donna aveva da proporre.
Quando Antonio entrò nel palazzo, Andrea Foscari era appena arrivato e Clarice gli era andata incontro. Per una volta, il tempismo era stato perfetto!
Foscari, tuttavia, non sembrava affatto disponibile ad un colloquio.
“Madonna Clarice, ho accettato di incontrarvi solo per cortesia, ma potete dire a vostro marito che gli affari di Firenze non mi interessano e che io e mia figlia partiremo tra poco per tornare a Venezia” disse in tono gelido.
“Non vi parlo a nome di Lorenzo, Messer Foscari, lui non è qui e non sa nemmeno che vi ho chiesto questo colloquio” disse la giovane, mentre il fratello si avvicinava a lei e salutava cortesemente il veneziano. “Vi presento mio fratello, Antonio. Mi sono consultata anche con lui prima di parlarvi perché quello che veramente conta per me è la felicità di vostra figlia.”
Quelle parole accorate spiazzarono Foscari e lo indussero ad ascoltare con maggior attenzione ciò che Clarice aveva da proporre.
“So che siete rimasto offeso dal rifiuto di Giuliano di sposare Novella, ma… vedete, c’è anche un altro figlio di banchieri fiorentini che vostra figlia potrebbe sposare.”
“A chi vi state riferendo, Madonna?” domandò Andrea Foscari, subito più interessato.
“A Francesco Pazzi” rispose Clarice, con un lieve sorriso. “Credo di poter dire che Novella sarà più felice con un marito che ama e che la ama che in un matrimonio combinato soltanto per interesse. Purtroppo ho conosciuto l’infelicità di una simile unione e vorrei risparmiarla a vostra figlia.”
Foscari appariva perplesso.
“Credevo che la famiglia Medici e la famiglia Pazzi non fossero in buoni rapporti. Perché mi consigliate questa unione?”
“Le cose stanno cambiando” intervenne Antonio, dopo essersi scambiato un sorriso e uno sguardo d’intesa con la sorella. “Le due famiglie si stanno avvicinando molto e, anzi, Francesco Pazzi è considerato quasi un fratello da Lorenzo. Un matrimonio tra lui e vostra figlia sarebbe un ulteriore passo verso la pace, oltre che l’inizio di un’alleanza proficua tra Firenze e Venezia.”
“Guglielmo, il fratello di Francesco, ha sposato Bianca, la sorella di mio marito” riprese Clarice, “e fa quindi parte della famiglia. Se volete seguirmi, Messer Foscari, vi condurrò da lui, così potrete parlare di questo matrimonio.”
Il nobile veneziano rifletté per qualche istante, soppesando i vantaggi che sarebbero derivati da tale unione, poi decise di acconsentire ad incontrare Guglielmo.
“Molto bene, Madonna Clarice, sarò lieto di parlare con Messer Guglielmo” disse, offrendo il braccio alla giovane.
Mentre i due salivano lo scalone per accedere al piano superiore, Antonio vide Lorenzo e Francesco che passavano davanti all’ingresso, molto agitati e nervosi. Decise quindi di raggiungerli, visto che lì non aveva più niente da fare e che Clarice se la sarebbe cavata benissimo da sola.
Avrebbe dovuto mordersi la lingua per impedirsi di anticipare a Francesco la bella notizia, tuttavia credeva di riuscire a mantenere il segreto ancora per un po’…
“Lorenzo, Francesco, dove state andando così di fretta?”
“Dobbiamo partire immediatamente per Volterra, dobbiamo riuscire a fermare l’armata. Giuliano è già con i soldati, abbiamo soltanto questa possibilità” gli disse l’amico. “Per favore, spiega tu la situazione a Clarice, io non ho tempo, dobbiamo andare subito e temo che sia già troppo tardi!”
“A Volterra, adesso? Ma perché?” domandò Antonio, che evidentemente si era perso qualche passaggio.
“Io e Francesco speravamo di trovare il mercante pagato da Jacopo per ingannare i commercianti di Volterra, ma siamo arrivati tardi, lui lo ha fatto uccidere” spiegò in fretta Lorenzo, mentre preparava il cavallo.
“Mio zio non poteva permettere che testimoniasse contro di lui” aggiunse Francesco, già in sella.
“L’ultima possibilità che abbiamo per impedire un massacro è raggiungere l’armata e fermarla” concluse il giovane Medici, salendo anche lui a cavallo. Nei suoi occhi si leggeva chiaramente che non credeva nemmeno lui a questo tentativo disperato, ma sentiva il dovere di provarci.
I due giovani si allontanarono spronando i cavalli al galoppo, mentre Antonio restava a guardare, mille pensieri in testa, una gran confusione e una morsa gelida che gli stritolava il cuore.
Jacopo Pazzi aveva tramato per la distruzione di Volterra.
Jacopo Pazzi aveva fatto uccidere il mercante corrotto che avrebbe potuto testimoniare contro di lui.
Basta. Antonio corse a Palazzo Medici per informare la sorella della partenza improvvisa di Lorenzo e Francesco. La trovò nella sua stanza, che attendeva l’esito del colloquio tra Andrea Foscari e Guglielmo, e le spiegò tutto concitatamente.
“Temo che sia già troppo tardi, ma Lorenzo deve fare quello che ritiene giusto” commentò Clarice. “Ma tu, Antonio, mi sembri sconvolto, sei pallido, ti senti bene? E… dove stai andando? Non penserai di seguire Lorenzo e Francesco a Volterra, vero?”
“No, non a Volterra” rispose il giovane, conscio che quello che si proponeva sarebbe stato ancora più difficile e rischioso del tentativo dei suoi amici.
“E allora dove vai?” chiese preoccupata la sorella.
“Vado a parlare con Jacopo Pazzi” fu la laconica risposta di Antonio.
Ovviamente, la cosa non tranquillizzò affatto la povera Clarice, che forse avrebbe preferito Volterra… Fine terzo capitolo
Capitolo quarto
Antonio si ritrovò nell’atrio di Palazzo Pazzi e rimase lì a guardarsi intorno, senza sapere bene cosa fare o cosa dire. L’idea che gli era parsa così geniale in partenza adesso cominciava a perdere molto del suo fascino…
“E tu che ci fai qui? Si può sapere come mai ti ritrovo sempre tra i piedi, in un modo o nell’altro?” l’accoglienza calorosa di Jacopo Pazzi gli fece capire ancora di più che, forse, non era stata proprio quell’iniziativa brillante… Eppure Antonio andò dritto per la sua strada e, senza mostrarsi intimorito, rispose con tutta la tranquillità che riuscì a trovare.
“Dovevo parlare con voi, Messer Pazzi” disse.
L’uomo alzò gli occhi al cielo, a metà tra lo scocciato e il divertito… in fondo quel giorno aveva avuto la meglio e poteva anche dimostrare un po’ di pazienza.
“Avrei dovuto immaginarlo… perché te l’ho chiesto? E di cosa dovresti parlarmi con tanta urgenza?”
“Messer Pazzi, io devo chiedervelo, davvero. E’ vero che siete stato voi a organizzare tutto, che avete complottato perché Volterra si ribellasse e poi…”
Quando mai l’aveva detto! Jacopo, incredulo di fronte a tanta sfacciataggine, lo afferrò per un braccio e lo tirò dentro casa, poi lo spinse fino alle stanze più interne e si chiuse la porta dietro le spalle.
Antonio ebbe la vaga sensazione che non sarebbe uscito intero da quel palazzo…
“Ma che ti dice la testa, si può sapere? Mi accusi di una cosa del genere così, dove chiunque potrebbe sentirti” esclamò, fissandolo con occhi che mettevano paura. “Per fortuna è già abbastanza tardi e i contabili della mia banca sono tornati a casa, ma tu… Come osi fare simili insinuazioni, ragazzino?”
“Ho soltanto chiesto se eravate stato voi…” tentò Antonio.
“Certo, una domanda innocente” replicò Jacopo, spazientito. “Ti ha mandato Lorenzo, non è così? Visto che non può provare niente, vuole che confessi per poi denunciarmi ai Priori!”
Antonio sembrò scandalizzarsi a quelle parole.
“Perché credete sempre che sia Lorenzo a mandarmi da voi? Quando sono venuto qui l’ho sempre fatto di mia iniziativa” ribatté, con una tale veemenza da non lasciare dubbi sulla sua più totale sincerità. “Non voglio farvi confessare niente, io non so nemmeno se avete fatto qualcosa e, in caso, sarebbe sempre la mia parola contro la vostra. Sono un forestiero, un ragazzino venuto da Roma, a chi crederebbero, a me o a voi? E comunque, per vostra informazione, io non vi denuncerei mai, mai e poi mai, ma per chi mi avete preso?”
Niente. Antonio finiva sempre per spiazzarlo. La rabbia di Jacopo Pazzi sbollì di fronte a una risposta così disarmante…
“Forse ti ho preso per un Medici, ma tu non lo sei, anche se sei loro amico” disse, in tono più calmo. “Va bene, non ti manda Lorenzo, ma sicuramente hai sentito da lui questi discorsi sul fatto che io sarei coinvolto.”
“Questo è vero, Lorenzo e vostro nipote Francesco hanno cercato un mercante che voi avreste pagato per corrompere Volterra e lo hanno trovato morto, hanno detto che siete stato voi” rivelò candidamente Antonio. “Nessuno può provare niente, però io… ho pensato di chiedervi se fosse vero e in caso vorrei soltanto capire… perché, ecco!” Ma questo ragazzo dov’è vissuto finora? Non lo sa come funzionano la politica e la vita vera?
“Non voglio impicciarmi di cose che non mi riguardano” riprese Antonio, qui chiaramente sfacciato perché in realtà era esattamente quello che faceva, “e soprattutto non farei mai qualcosa che vi potesse danneggiare. Il fatto è che… ho paura che siate voi, spesso, a fare cose che alla fine vi si ritorcono contro.”
“Giovane Orsini, io non ti capisco proprio. Vieni in casa mia ad accusarmi di tradimento come se niente fosse, poi dichiari che, se mai fosse, non mi denunceresti. Ma si può sapere da che parte stai?”
“Devo proprio stare da una parte? Ve l’ho detto fin dall’inizio, io vorrei che le vostre famiglie si riconciliassero e collaborassero, che le vostre banche si unissero” replicò il ragazzo, con calore. Quello era un argomento che lo motivava particolarmente… “Sarebbe un’opportunità straordinaria per entrambe le famiglie e renderebbe la vostra Firenze una delle città più potenti di tutta Italia. Lorenzo voleva che le vostre banche si associassero per vendere l’allume e ancora non capisco perché voi abbiate rifiutato. Non sarebbe stato un guadagno in più anche per voi?”
“Non potrà mai esserci nessuna alleanza tra Pazzi e Medici. Niente di quello che Lorenzo può offrire sarà mai un guadagno per la mia famiglia” tagliò corto Jacopo, al quale questi discorsi risultavano indigesti.
“Ma perché?” domandò Antonio, facendo, senza saperlo, la domanda da un milione di fiorini d’oro!
“Perché? Perché i Medici sono la rovina di Firenze, perché stanno distruggendo l’intera Repubblica per il loro tornaconto, sono meschini, avidi, intriganti, irrispettosi delle antiche tradizioni della città” si infiammò l’uomo, più o meno come faceva tanto volentieri durante le riunioni del Consiglio dei Priori. “Non si fanno scrupoli di distruggere intere famiglie, come quella di mio cugino Francesco Salviati: suo padre è morto in miseria e sua madre si è uccisa e tutto per colpa dei Medici che li hanno rovinati, perché è questo che loro fanno, ogni volta che fa loro comodo!”
Antonio rimase attonito, come se non credesse fino in fondo a quello che sentiva. Aveva conosciuto Salviati a Roma e in tutta sincerità non gli era per niente simpatico, ma non sapeva che avesse vissuto una tragedia simile: forse avrebbe dovuto mostrarsi più amichevole con lui… E Lorenzo, Giuliano, erano così gentili, possibile che fossero dei mostri come Messer Pazzi li dipingeva? Oddio, era vero che anche loro dicevano più o meno lo stesso di Jacopo…
“Mi dispiace moltissimo per vostro cugino e la sua famiglia, ma sono sicuro che Lorenzo non farebbe mai una cosa del genere” ribatté, convinto.
“Infatti non è stato Lorenzo, è stato suo nonno Cosimo… ma non ha importanza, sono tutti uguali in quella famiglia!” reagì Jacopo Pazzi. “Quindi rispondimi, giovane Orsini, da che parte stai? Sei con me o contro di me?”
Non c’era una risposta a quella domanda. Antonio non poteva scegliere, semplicemente non poteva. Lorenzo e Giuliano erano suoi amici e Messer Pazzi era… beh, era Messer Pazzi, meglio non andare troppo a fondo sui motivi che lo spingevano ad affezionarsi tanto a lui senza quasi conoscerlo. Chissà, forse era anche vero quello che Jacopo Pazzi aveva detto sulla famiglia di Lorenzo… ma proprio per quello Pazzi e Medici avrebbero dovuto allearsi e collaborare, così non sarebbero più accadute cose del genere, si sarebbero controllati e equilibrati a vicenda. Quella era l’unica scelta possibile e l’unica in cui Antonio credeva, ma vallo a spiegare a Jacopo!
C’era una sola risposta da dare, l’unica che gli avrebbe consentito di restare in bilico tra le due famiglie e cercare di stare sempre un passo avanti per impedire agli uni e agli altri di nuocersi.
“Io sono con voi, lo sapete che voglio aiutarvi, ve l’ho detto fin dal primo giorno in cui ci siamo parlati” rispose dunque Antonio. “Ma sono e resterò amico anche di Lorenzo e Giuliano e non smetterò di cercare di portare la pace tra le vostre famiglie.”
“Bene, sei dalla mia parte con qualche riserva, lo posso accettare” disse Jacopo Pazzi, compiaciuto. Forse aveva sottovalutato quel ragazzo, la sua risposta rivelava una capacità di diplomazia non indifferente. “E hai detto che vuoi aiutarmi, non è così?”
“Certo, voglio aiutarvi” confermò il giovane con entusiasmo, “ma a modo mio, perché continuo a credere che la strada che avete intrapreso non vi porterà altro che rovina e io non posso permetterlo.”
“Tieni a me, dunque, anche se mi conosci appena” sorrise l’uomo, che con ogni probabilità non avrebbe permesso a nessun altro sulla faccia della Terra di discutere i suoi metodi, eppure da quel ragazzino si faceva anche fare la predica. “E vuoi renderti utile, addirittura sembra che tu voglia… proteggermi?”
“Con tutto il rispetto, Messer Pazzi, proteggervi da voi stesso, sì” ribadì Antonio, rasserenato. Sembrava che l’avesse presa meglio del previsto e lui si era tranquillizzato. Poi, senza alcun preavviso, si ritrovò schiacciato contro la parete, mezzo sollevato da terra, con Jacopo Pazzi che lo stringeva e lo baciava fino quasi a soffocarlo.
E adesso cosa stava succedendo?
Eppure, in qualche oscuro e inesplicabile modo, Antonio cominciava a rendersi conto che la cosa non gli dispiaceva affatto, che forse era quello che, senza saperlo nemmeno, aveva voluto fin dal principio. La confusione di sentimenti e emozioni che si agitava dentro il ragazzo era alle stelle…
Poi, ancora una volta all’improvviso, Jacopo Pazzi si staccò da lui, quasi respingendolo.
“E’ meglio che te ne vai, giovane Orsini” disse, pure lui evidentemente molto confuso su ciò che voleva davvero.
Antonio aveva messo il pilota automatico e si sentì rispondere senza averci nemmeno pensato un istante.
“Ma io non voglio andarmene, Messer Pazzi!”
“Vattene, ti dico, ragazzo, non sai nemmeno quello che ti potrebbe succedere se non te ne vai” il tono era quello di una sorta di minaccia ma chissà, magari quello era il modo di Jacopo di mostrare il suo interesse per qualcuno…
“No, ma voglio rimanere lo stesso, non voglio che voi restiate solo” ripeté Antonio, che in effetti dimostrava di non sapere assolutamente nulla di ciò che gli sarebbe accaduto. Senza nemmeno capire come ci fosse arrivato, si ritrovò nella stanza e nel letto di Jacopo Pazzi, completamente in sua balia, sovrastato e travolto da un uomo che, anche fisicamente, lo dominava in tutto e per tutto. Quello che provò, principalmente, fu dolore mescolato a un immenso imbarazzo e a una confusione totale, ma in tutto quel caos rimaneva la consapevolezza che, in fin dei conti, stava aiutando Messer Pazzi, lo stava distogliendo dalla sua solitudine e dai suoi pensieri negativi e, quindi, andava bene così.
E in fondo Antonio aveva sempre voluto stargli vicino e, insomma… più vicino di così!
Alla fine di tutto quell’ambaradan, il giovane restò rannicchiato nel letto, ancora sbigottito e incredulo per quello che era successo e non sapendo bene cosa fare o cosa dire.
“Pensi di poter restare qui, stanotte, o a Palazzo Medici verranno a cercarti pensando che, magari, io ti abbia assassinato?” gli domandò Jacopo. Forse non era il massimo del romanticismo, ma era una domanda piuttosto legittima, visti gli ultimi sviluppi della situazione tra le famiglie…
“No, io… nessuno mi cercherà” rispose Antonio, pensando che comunque, la mattina seguente, avrebbe avuto alcune spiegazioni da dare a Clarice e agli amici.
“Va bene, allora resta” fu la laconica conclusione di Jacopo Pazzi.
Ma il ragazzo aveva ancora qualcosa da dire.
“Messer Pazzi, ma voi… voi lo sapete come mi chiamo?”
La domanda colse Jacopo di sorpresa.
“Sei il giovane Orsini, no?”
“Eh… sì, ma il mio nome, il nome di battesimo, lo sapete?” insisté Antonio. Insomma, visto che erano arrivati a una simile confidenza, il minimo era che Messer Pazzi perlomeno sapesse come si chiamava! “Mi chiamo Antonio.”
Questa rivelazione strappò un sorrisetto all’uomo.
“Forse l’avevo sentito, ma no, non lo sapevo per certo. Antonio… curioso, porti lo stesso nome di mio fratello, il padre di Guglielmo e Francesco” disse. Nella sua voce trapelava una certa qual sorpresa… un altro Antonio nella sua vita non se lo sarebbe aspettato di certo.
“Davvero?” anche il giovane sorrise, prendendo quella coincidenza come un segno positivo.
“Sì, una strana coincidenza, non trovi? Bene, ora dormi, ragazzino” concluse Jacopo Pazzi. Ma un pensiero fugace gli balenò in testa per un momento, facendolo sentire bene come non gli succedeva da tanto, troppo tempo. Un altro Antonio nella famiglia Pazzi…
E, più o meno, fu quello che venne in mente anche ad Antonio stesso, prima di riuscire ad addormentarsi, stravolto dagli accadimenti di quella incredibile e infinita giornata.
Di sicuro era un segnale positivo, come se in qualche modo fosse predestinato a stare vicino a Messer Pazzi, ad aiutarlo e a favorire la pace tra la sua famiglia e i Medici. In fondo, non era quello che aveva sempre desiderato l’uomo che si chiamava come lui? Guglielmo e Francesco lo avevano detto, il loro defunto padre avrebbe voluto che Medici e Pazzi fossero un’unica, grande famiglia.
Adesso lui avrebbe lottato perché questo sogno potesse avverarsi. Toccava a lui… Fine quarto capitolo
Le
truppe di Firenze rientrarono vittoriose da Volterra, tra ali di folla
festante, ma Lorenzo, Giuliano e Francesco non erano affatto soddisfatti e non
li consolavano le acclamazioni della folla. Sapevano che il massacro di
Volterra era stato, in realtà, una sconfitta per i loro principi e si sentivano
abbattuti.
Lorenzo
scorse Jacopo Pazzi che, in mezzo ai Priori, sorrideva compiaciuto. Certo,
l’aveva avuta vinta lui, lui aveva voluto quella guerra e…
Il
giovane Medici rimase sbalordito e quasi cadde da cavallo nel vedere Antonio al
fianco di Jacopo, proprio nel posto dove non
sarebbe dovuto essere. Che ci faceva lì? Fu tentato di scendere da cavallo
e andare a chiederglielo, ma poi gli venne in mente un’altra cosa…
No, Antonio non
può averci traditi, non è possibile, non lo farebbe mai. E’ molto più probabile
che sia andato da Jacopo per cercare di fargli cambiare idea sulla guerra o
qualcosa del genere. Pazzi sembra molto compiaciuto, forse crede di aver
guadagnato Antonio alla sua causa, ma io non credo proprio. Anzi, se Antonio si
è acquistato la fiducia di Jacopo sarà ancora meglio per noi, standogli vicino
potrà tenerlo d’occhio e, magari, informarci in tempo per sventare i suoi
intrighi.
Sollevato,
Lorenzo riprese quella che per lui non era una marcia trionfale. Tuttavia
pensava che, forse, qualcosa di buono si potesse trarre anche da quella inutile
e insensata strage…
Eh,
sì, Lorenzo era amico di Antonio e gli voleva bene, ma l’idea di infilarlo nel
letto di Jacopo Pazzi per tenere d’occhio le sue mosse non gli era punto
sgradita!
Anche
Antonio vide Lorenzo e Giuliano e, tutto contento, si rivolse a Jacopo.
“Messer
Pazzi, i miei amici sono tornati da Volterra” disse. “Posso andare ad
aspettarli a Palazzo Medici?”
“Certo,
ragazzo” ribatté l’uomo, un po’ sorpreso da quella domanda. “Sei pur sempre il
cognato di Lorenzo, è giusto che tu abiti nel loro palazzo. Non ti ho mica
sequestrato!”
“Grazie,
Messer Pazzi, allora… vi auguro una buona giornata!” lo salutò allegro Antonio,
prima di dirigersi velocemente a Palazzo Medici dove avrebbe atteso l’arrivo
degli amici.
“Buona
giornata anche a te, ragazzino” replicò Jacopo Pazzi, divertito. Era molto
soddisfatto della compagnia del ragazzo e anche del fatto che non volesse
abbandonare i suoi amici Lorenzo e Giuliano.
In
fondo, cosa poteva sperare di meglio che avere una sua creatura così ben introdotta tra i suoi nemici? Pian piano lo
avrebbe convinto a fornirgli informazioni utili… Sì, il giovane Orsini era
stato davvero un colpo di fortuna inaspettato per la sua vita e i suoi
interessi, e per più di un motivo!
In
realtà aveva sottovalutato Antonio, che era molto più acuto e leale di quanto
il suo carattere felice e semplice facesse sospettare, ma questo lo avrebbe
scoperto solo in seguito.
Antonio
arrivò affannato a Palazzo Medici, pieno di entusiasmo. Si rendeva conto che
avrebbe dovuto sentirsi più triste per gli abitanti di Volterra, e lo era, ma
non riusciva a soffermarsi più di tanto su quel pensiero. Era contento che
Lorenzo e Giuliano fossero tornati sani e salvi, che Francesco avrebbe sposato
Novella e… ed era confuso e felice allo stesso tempo per ciò che era accaduto
quella notte con Jacopo Pazzi, il solo ricordo gli illuminava gli occhi e il
sorriso.
Fu
così che si incontrò sulla soglia del palazzo con Guglielmo che accompagnava
Andrea e Novella Foscari da Francesco per il fidanzamento ufficiale.
“E’
una splendida notizia!” esclamò, dopo aver salutato Guglielmo e i Foscari.
“Francesco è rimasto così amareggiato per come sono andate le cose a Volterra e
questo lo consolerà.”
“E’
ciò che spero” replicò Guglielmo con un sorriso. “Ma tu dov’eri?”
“Io
ero… ecco… ero a Palazzo Pazzi, proprio dove state andando voi, e poi…”
Il
rossore e la luce negli occhi di Antonio erano pari a quelli di Novella, la
promessa sposa, e Guglielmo non ci mise molto a fare due più due.
Antonio… con mio
zio? Santo cielo, sembra incredibile, eppure… beh, forse questo servirà a
rendere Jacopo più bendisposto e a non opporsi al matrimonio di Francesco. E se
Antonio è contento così, buon per lui!
Era
commovente vedere come tutta la famiglia Medici, compresi i parenti acquisiti
come Guglielmo, fosse così aperta alla possibilità di donare allegramente le
grazie di Antonio a Jacopo Pazzi pur di tenerlo sotto controllo e cercare di
renderlo più malleabile!
In
effetti Guglielmo non si sbagliava: Jacopo non si comportò con Francesco come
aveva fatto con lui, non lo cacciò dalla famiglia e non ebbe bisogno nemmeno di
troppe insistenze per fare una breve apparizione al matrimonio che, comunque,
si celebrò a Palazzo Medici. E’ vero che, ufficiosamente, si presentò soltanto
per dare un’occhiata sprezzante in giro, scambiare due parole in croce con
Antonio e poi portarselo al suo
palazzo senza tanti complimenti, ma vabbè, questo era Jacopo e non ci si
potevano aspettare miracoli in poche settimane.
E,
siccome il tempo passa in fretta quando ci si diverte tanto, i mesi trascorsero
senza che le cose peggiorassero. Antonio continuava a dividere il suo tempo tra
Palazzo Medici e Palazzo Pazzi, favorito anche dal fatto che le due dimore
erano piuttosto vicine e non ci voleva poi molto per passare dall’una
all’altra; Francesco e Novella erano felici insieme e la giovane veneziana
sperava di poter dare presto un figlio al suo sposo, per consolarlo del fatto
che i rapporti con lo zio si mantenevano piuttosto gelidi, cosa che addolorava
Francesco. Guglielmo e Bianca aspettavano un figlio e Clarice aveva dato un
maschio a Lorenzo, un bellissimo bambino a cui sarebbe stato dato il nome di
Piero. Insomma, pareva che la politica matrimoniale dei Medici e il concetto di
andare a letto con il nemico stessero
dando buoni frutti.
Purtroppo,
però, non si poteva mai stare tranquilli.
Antonio
trascorreva a Palazzo Pazzi tutte le notti, ormai, e la cosa cominciava a
risultargli più familiare e piacevole rispetto alle prime volte. La mattina
tornava a Palazzo Medici, visto che Jacopo aveva
i suoi impegni non meglio specificati e non ci teneva a far sapere in giro
gli affari suoi, e a quel punto passava il tempo con la sorella, gli amici e il
nuovo nipotino. Insomma, aveva interiorizzato con diversi secoli di anticipo
l’idea di famiglia allargata!
Quel
giorno, però, non aveva potuto resistere e si era deciso a recarsi da Jacopo
Pazzi nel primo pomeriggio, un orario inconsueto, per invitarlo al battesimo di
Piero che si sarebbe tenuto qualche giorno dopo: Francesco avrebbe fatto da
padrino per il figlio di Lorenzo e la cosa sembrava talmente meravigliosa al
giovane Orsini da voler a tutti i costi condividerla con Pazzi… che,
ovviamente, ne sarebbe rimasto schifato, ma Antonio era un ottimista, ormai si
è capito, no?
Eppure,
quando entrò nel palazzo, il ragazzo esitò sentendo Jacopo parlare con
qualcuno.
Ecco,
quella proprio non ci voleva, se Jacopo avesse saputo che lui era stato lì
mentre discuteva dei suoi affari con qualche mercante o altro banchiere non
l’avrebbe presa bene, proprio no. Perciò Antonio stava per andarsene,
ripromettendosi che avrebbe invitato l’uomo al battesimo in un altro momento
(sì, aveva ancora l’abitudine di invitare la gente a casa d’altri!), ma poi
quello che udì lo indusse a fermarsi e a… origliare.
Jacopo
stava parlando con il cugino Francesco Salviati, adesso Arcivescovo di Pisa, a
proposito del fatto che il Papa aveva intenzione di acquistare la città di
Imola da Galeazzo Sforza per tagliare fuori Firenze dalle più importanti rotte
commerciali in favore dello Stato Pontificio.
Ma
Antonio sapeva che Lorenzo aveva già un accordo con il Duca Sforza per comprare
Imola, allo scopo di incrementare i guadagni delle banche fiorentine e che,
anzi, aveva pensato di mandare Giuliano a governare la città, sebbene il
fratello non fosse convinto di partire. La cosa non gli tornava tanto.
“Se
il Papa si impossesserà di Imola, questo creerà un grave dissidio tra lui e i
Medici” diceva Jacopo, molto compiaciuto.
“Questo
è vero, cugino, ma non sarebbe una perdita anche per voi? La vostra banca ne
risentirebbe” obiettò Salviati.
“Non
necessariamente” ribatté l’uomo. “So che Papa Sisto non ha abbastanza denaro
per acquistare Imola e, se la banca dei Pazzi gli concedesse un prestito,
allora sicuramente lui sposterebbe tutti i suoi conti da noi, privandone la
banca dei Medici.”
“Credete
davvero che il Papa vorrà affidare i suoi conti ad una banca gestita da un uomo
senza discendenza? Se ci fosse Francesco sarebbe diverso, ma così la vostra
banca non ha un futuro da offrire a Sua Santità” disse Salviati.
Ma senti che razza
di bastardo,
pensò Antonio, che già dai tempi di Roma non aveva proprio simpatia per quel
prelato arrogante e spietato. Sa
benissimo, come lo so io, che Messer Pazzi soffre ancora per aver perduto tutti
i suoi figli, nati morti o vissuti pochissimo… e questo glielo va pure a
rinfacciare? E si permette di parlare anche di Francesco, poi. No, questa cosa
non mi piace affatto, bisogna che lo faccia saperesubito a Lorenzo!
E
così il giovane Orsini si avviò lentamente e il più silenziosamente possibile
verso l’uscita del palazzo. Ma, mentre se ne andava, fece in tempo a sentire
un’ultima frase di Jacopo, una frase che lo turbò alquanto.
“Cugino,
torna a Roma e informa il Papa della mia proposta di prestito. Francesco
lascialo a me, ci penserò io a riportarlo al posto che gli spetta.”
Che cosa avrà
voluto dire? Ha forse intenzione di convincere Francesco a tradire Lorenzo? Ma
non può, Francesco è felice con Novella e…
E
però Antonio sapeva bene che il rapporto glaciale con lo zio gettava un’ombra
sulla felicità del suo amico, che non riusciva a non pensarci. Jacopo avrebbe
potuto indurlo a passare di nuovo dalla sua parte, magari usando proprio
Novella?
Ma perché le cose
devono sempre andare così? Sarebbe molto più facile collaborare e aiutarsi a
vicenda, sono mesi e mesi che ci provo, ma Messer Pazzi non mi sta a sentire.
Prima o poi combinerà qualcosa e non si rende nemmeno conto che a rimetterci
sarà anche lui! E’ faticoso, ma devo riuscire a stare sempre un passo avanti a
lui… per il suo bene, per il bene di Firenze e di tutti i miei amici.
E
pensare che Antonio era fuggito da Roma proprio perché odiava gli intrighi e
non voleva che la sua famiglia lo costringesse a intraprendere la carriera
ecclesiastica come suo zio, con tutti quei giochi di potere e quell’ipocrisia…
adesso ci si trovava in mezzo ancora di più, però questo destino se lo era
scelto lui. O meglio, non lo aveva propriamente scelto, aveva solo avuto la
sventura di innamorarsi perdutamente di Jacopo Pazzi!
Il
giovane era dispiaciuto di dover disturbare Lorenzo proprio in quei giorni in
cui si stava organizzando il battesimo di suo figlio, ma cosa poteva fare? Era
chiaro come il sole che Jacopo Pazzi stava tramando qualcosa e, forse, quel
qualcosa sarebbe potuto andare anche oltre la perdita di una città importante
per i commerci come Imola.
E,
sopra ogni cosa, Antonio era preoccupato per l’ultima frase che aveva sentito
dire a Pazzi: avrebbe riportato Francesco dalla sua parte. Cosa pensava di
fare?
Entrando
a Palazzo Medici, il giovane Orsini aveva preso la sua decisione: avrebbe
informato Lorenzo della questione di Imola perché se ne occupasse, magari
tornando a Milano per parlare con Sforza e convincerlo… insomma, la politica
non lo interessava più di tanto.
Lui,
invece, avrebbe tenuto d’occhio Francesco e Novella.
Se
Jacopo Pazzi aveva in mente qualcosa su di loro, lui avrebbe fatto come al
solito: lo avrebbe anticipato.
Volere
bene a Jacopo e preoccuparsi per lui cominciava a diventare sinceramente
complicato, ma Antonio non aveva intenzione di demordere e nemmeno di lasciare
che l’uomo potesse fare del male ai suoi amici.
In
tutto ciò, cominciava a pensare che forse non sarebbe stata una grande idea
invitare Jacopo Pazzi al battesimo del piccolo Piero…
Quando
Antonio riferì a Lorenzo quello che aveva sentito dire in casa di Jacopo Pazzi,
il giovane Medici si complimentò ancora una volta con se stesso per aver
assecondato l’idea del ragazzo di cercare di aiutare quel disgraziato e, ancora
di più, di aver favorito in modo molto delicato e leggero il fatto che Pazzi se
lo portasse a letto. Altrimenti, come avrebbe fatto a ricevere informazioni
così utili in breve tempo? Senza Antonio, probabilmente sarebbe venuto a saper
della faccenda solo a cose fatte, quando il Papa avesse comprato Imola da
Sforza.
“Bene,
ti ringrazio moltissimo, Antonio” gli disse, passandogli un braccio attorno
alle spalle con fare amichevole. “Cercherò di correre ai ripari mandando subito
una lettera al Duca Sforza e, se questa non dovesse bastare, dopo il battesimo
di Piero andrò io stesso a Milano per la seconda volta a parlare con lui. Ciò
che mi hai detto è davvero prezioso e importante, ma non correrai qualche
pericolo per averlo scoperto e avermelo rivelato?”
Antonio
lo gratificò con un sorriso talmente luminoso che Lorenzo si sentì lievemente
un gran bastardo… in fondo, se il giovane si fosse messo nei guai con Pazzi,
sarebbe stata colpa sua. Ma, a quanto pareva, Antonio aveva una fiducia tanto
illimitata quanto mal riposta verso Jacopo!
“No,
non preoccuparti per me. Messer Pazzi non mi ha né visto né sentito e,
comunque, a me non farebbe niente di male” replicò con incrollabile ottimismo.
Lorenzo
sperò vivamente che Antonio avesse ragione almeno sul fatto che Jacopo Pazzi
non si fosse accorto di nulla. Sul resto era molto meno fiducioso del suo
amico.
Eppure,
a quanto pareva, il giovane Orsini aveva avuto ragione perché i giorni
passavano, giunse la data fissata per il battesimo di Piero e Pazzi non aveva
ancora strangolato Antonio, nonostante se lo portasse a palazzo tutte le notti…
quindi, con ogni probabilità, non aveva davvero saputo che il ragazzo aveva
sentito la sua conversazione con Salviati e che l’aveva poi riferita a Lorenzo.
Con
grandissima sorpresa di tutti, anzi, Jacopo Pazzi fece la sua comparsa anche al
battesimo del bambino e ostentò perfino una certa soddisfazione nel vedere che
era suo nipote Francesco a fare da padrino al figlio di Lorenzo.
“Ma
quello chi l’ha invitato? Lorenzo,
sei stato tu?” domandò sconvolto Giuliano al fratello, in un momento in cui
erano rimasti da soli.
“In
realtà no, deve averlo fatto Antonio” rispose Lorenzo, che aveva già inviato la
sua lettera a Sforza e sperava che l’ospite inatteso non venisse a saperlo.
“Ma…
perché?” chiese ancora più allibito
Giuliano. “Solo perché Antonio si infila nel suo letto tutte le notti questo
non significa che dobbiamo farcelo piacere anche noi!”
“Giuliano,
ti pregherei di essere meno esplicito su questa faccenda.”
“Beh,
in fondo tu sei stato perfettamente d’accordo nel mandare Antonio a palazzo
Pazzi a farsi…”
“Giuliano,
per favore!” sì, certo, Lorenzo aveva accettato di buon grado e con notevoli
vantaggi questo strano rapporto che era venuto a crearsi tra Antonio e Jacopo,
però preferiva non farsi nessuna immagine mentale di ciò che potesse accadere
di notte nella stanza del banchiere… anzi, cercava proprio di allontanare quel
pensiero dalla sua mente.
A
dire il vero, Jacopo Pazzi si era invitato da solo, tanto sapeva che Antonio lo
avrebbe accolto con il solito entusiasmo… e lui avrebbe avuto occasione di dare
un messaggio a Novella per invitarla ad un colloquio a casa sua, in privato. La
sua idea di riconquistare Francesco passava necessariamente tramite lei, visto
che il nipote non gli rivolgeva più la parola. Anzi, sarebbe stato un ulteriore
vantaggio riuscire a convincere sia Francesco che Novella a schierarsi dalla
sua parte: lei era comunque una nobile veneziana e così sarebbero stati i
Pazzi, e non i Medici, a poter gestire l’alleanza con Venezia.
“Messer
Pazzi, allora siete venuto!” lo salutò Antonio con, appunto, l’entusiasmo che
Jacopo si attendeva. “Perdonatemi, ma non ricordavo nemmeno di avervi invitato
ufficialmente.”
“Mi
avevi parlato del battesimo di Piero, però” lo prese in contropiede Pazzi, “e,
anche in mancanza di un invito ufficiale, ho immaginato che ti facesse piacere
che vi presenziassi. E’il figlio di Lorenzo, è vero, ma è anche tuo nipote.”
“Ma
certo!” Antonio si illuminò ancora di più. “E poi, ormai, siamo tutti una
grande famiglia, Messer Pazzi, non avete bisogno di un invito ufficiale per
presentarvi a Palazzo Medici, adesso è come se fosse la vostra seconda casa!”
Jacopo
riuscì non si sa come a contenere l’espressione di sincero schifo che stava per
imprimersi sul suo volto… e, per fortuna di Antonio, né Lorenzo né Giuliano
erano nei paraggi per sentire quella blasfemia.
“Allora,
volete vedere il mio nipotino?” lo incoraggiò Antonio, che in quanto zio di
Piero qualche libertà riteneva di potersela prendere. “Non vorrei addolorarvi,
riportandovi alla mente i figli che avete perduto, però… per cui, se preferite
non avvicinarvi al bambino, vi capirò. Del resto, tra poche settimane anche
Bianca avrà un bambino e quello sì che sarà vostro nipote, una discendenza del
vostro sangue che porterà avanti il nome della vostra famiglia! Chissà, magari
potrei chiedere a Bianca se vorrà dargli il vostro nome!”
Ma anche no…, pensò Jacopo
Pazzi, che comunque era certissimo che i Medici non lo avrebbero fatto nemmeno
in un milione di anni.
“Quello
sarà un Medici, non un mio nipote. Guglielmo non è più un Pazzi” tagliò corto
l’uomo, ma senza riuscire a disarmare Antonio.
“Sì,
sì, lo so, dite sempre così, ma il sangue non lo potete cambiare e quel bambino
avrà il sangue dei Pazzi anche se voi non lo volete ammettere. Bene, allora,
cosa facciamo?”
E
che si poteva rispondere a uno così? Anche Pazzi finì per restare senza parole
e si riprese soltanto ricordando il motivo per cui si era recato a quella
farsa: far avere il messaggio a Novella.
Ad
ogni modo, la serata passò tranquilla e, mentre Jacopo Pazzi si riportava
Antonio al suo palazzo per concludere in modo migliore la giornata, era
compiaciuto di essere riuscito a fare ciò che si era riproposto.
“Vedete
come vi è cambiata la vita, Messer Pazzi? Non avevo forse ragione a ripetervi
che sarebbe stato molto meglio anche per voi trovare un accordo con la famiglia
Medici e riconciliarvi con i vostri nipoti?” cinguettava allegramente il
ragazzo, sorvolando sul trascurabile particolare che Jacopo non aveva trovato
nessun accordo con i Medici né, tanto meno, si era riconciliato con i nipoti…
“Voglio dire, siete sempre tanto pensieroso, avete tante preoccupazioni e non
vi distraete mai. Non vi fa nemmeno bene alla salute, sapete? Almeno così avete
trascorso una giornata piacevole in compagnia!”
Non mi fa bene
alla salute… ma si ascolta mai quando parla, questo? Meno male che poi ci
penserò io a farlo stare un po’ zitto!
Eh,
sì, perché in camera da letto Antonio perdeva tutta la sua sicurezza e la sua
baldanza e diventava un ragazzino intimidito e tenero… ma su questo
sorvoleremo, così come preferiva fare Lorenzo!
La
mattina dopo, nemmeno l’avesse calcolata al secondo, le cose andarono proprio
come Jacopo Pazzi aveva pianificato: Novella giunse per il colloquio quando
Antonio era già tornato a Palazzo Medici.
Solo
che Antonio era una variabile impazzita (scusate il gioco di parole!) che
Jacopo dimenticava sempre di inserire nelle sue trame e così finì che il
ragazzo vide la giovane che si allontanava di nascosto da palazzo e che si
avviava verso la dimora dei Pazzi. Quello era il suo momento! Aveva affidato
volentieri tutta la gestione dell’affare di Imola a Lorenzo, perché quelli
erano affari suoi, ma mantenere la pace e l’armonia tra le famiglie era il
compito di cui si era incaricato lui fin dall’inizio e adesso doveva
assolutamente scoprire perché Jacopo volesse parlare in segreto con Novella.
Pur
con tutta la sua fiducia in Jacopo Pazzi, Antonio sentiva che quel colloquio
non avrebbe portato nulla di buono.
Questa
volta, però, non volle origliare. Era un ragazzo leale e già gli dispiaceva
aver tradito la fiducia di Messer Pazzi o quello che era ascoltando di nascosto
la sua conversazione con Salviati. Rimase a gironzolare per la piazza, fingendo
di ammirare le bellezze dei palazzi fiorentini, finché non vide Novella uscire
da Palazzo Pazzi e allora, con l’aria di uno che passava per caso, la
intercettò.
“Buongiorno,
Novella. Come mai sei fuori così presto e perché Francesco non è con te?” le
chiese. “Insomma, se la gente di Firenze ti vedesse potrebbe anche pensare
male!”
“Sì,
lo so, ma non è come può sembrare, Antonio. Se sono uscita da sola e di
nascosto è stato proprio per il bene di Francesco” rispose la ragazza.
“E’
successo qualcosa a Francesco?” bisogna dire che Antonio, a forza di stare con
Jacopo, aveva imparato a dissimulare quasi bene quanto lui, sebbene il giovane
lo facesse sempre per un fine più alto.
“Tu
sai che Francesco non si perdona per aver rotto i rapporti con suo zio. Sì, lo
sai sicuramente perché sei molto, come dire, intimo della famiglia Pazzi, non è così? E’ inutile che arrossisci,
credo che ormai lo sappia tutta Firenze. Comunque, Jacopo Pazzi voleva parlarmi
proprio di questo, voleva cercare una riconciliazione con il nipote e così
abbiamo parlato, però…”
“Ma,
se voleva riconciliarsi con Francesco,avrebbe potuto approfittare del battesimo di Piero! Avrebbe potuto
parlargli direttamente, perché rivolgersi a te?” Antonio era sbalordito e
capiva sempre meglio che l’intento di Pazzi era ben altro.
“Non
lo so, mi ha fatto delle domande strane, tipo se ero amica di Bianca, dove
l’avevo incontrata, se ero mai stata al matrimonio di Angelo da Forlì” la
giovane sembrava preoccupata e pentita di aver accettato il colloquio. “Quando
gli ho parlato di Guglielmo e Bianca che avranno presto un figlio si è
innervosito, al che ho capito che non voleva davvero riconciliarsi con i suoi
nipoti, e me ne sono andata.”
Antonio,
che pareva tanto assurdamente e scioccamente ottimista, comprese al volo che
Jacopo avrebbe giocato proprio su quei tanti non detto che aleggiavano tra Francesco, Novella e anche la famiglia
Medici. Per anticiparlo di una mossa era necessario agire subito e molto
semplicemente: parlarsi tutti con la massima chiarezza nel più breve tempo
possibile.
“Novella,
devi farmi un grandissimo favore: vai subito da Francesco, raccontagli dove sei
stata e che cosa hai fatto, spiegagli che volevi solo aiutarlo. Io intanto
parlerò con Lorenzo e Clarice e poi ci incontreremo tutti e cinque nello studio
di Lorenzo per chiarire una volta per tutte questa situazione. Non ci devono
essere equivoci né segreti tra due persone innamorate, non lo pensi anche tu?”
Novella
annuì ed entrò a Palazzo Medici insieme ad Antonio, poi i due si separarono per
andare a parlare lei con il marito e lui con la sorella e il cognato. Circa
mezz’ora dopo, si trovavano tutti e cinque nello studio di Lorenzo, proprio
come il ragazzo aveva chiesto.
“Insomma,
che sta succedendo qui?” fece Francesco, entrando nella stanza con la moglie.
Sembrava innervosito da quelle stranezze… beh, anche lui non era una persona
facile da prendere, in fondo non era nipote di suo zio per niente, no?
“Francesco,
dobbiamo spiegarti alcune cose e vorremmo che tu ci ascoltassi con pazienza”
esordì Lorenzo.
Il
giovane Pazzi rivolse a Lorenzo un’occhiata sospettosa, ma si calmò quando
Novella lo prese per mano. In fondo lei era stata sincera con lui e aveva
perfino sfidato suo zio cercando di rimettere le cose a posto: il minimo che
poteva fare era accontentarla.
“Quello
che ho fatto non è stato del tutto corretto, ma sono felice di vedere che,
comunque, ha portato dei risultati positivi. Devi sapere che Novella e Bianca
non si conoscevano prima di incontrarsi in occasione del matrimonio, ho detto
in giro che erano amiche perché non volevo che nessuno sospettasse: in realtà
avevo invitato io stesso Andrea Foscari e sua figlia con l’intenzione di darla
in moglie a Giuliano e favorire così un’alleanza con Venezia” rivelò il giovane
Medici.
Francesco
si rabbuiò subito.
“Tu
lo sapevi?” domandò, rivolto alla moglie.
“Sapevo
che Lorenzo aveva invitato me e mio padre, ma non il motivo. Poi mi è stato
detto di dire che avevo conosciuto Bianca al matrimonio di Angelo da Forlì e
che era stata lei a invitarmi. Non so perché, forse semplicemente i Medici non
volevano che si sapesse della loro proposta di alleanza tra Firenze e Venezia”
rispose lei, nervosa. Cominciava a capire l’enormità del suo sbaglio nel
concedere quel colloquio a Jacopo. Adesso Lorenzo e gli altri avrebbero cercato
di rimediare, ma se fosse stato troppo tardi?
“Un
intrigo politico, dunque, ancora una volta architettato da Lorenzo. Non è stato
il destino a farci conoscere” commentò Francesco, duro.
“Ti
sbagli di grosso, Francesco, e non è assolutamente giusto che te la prenda con
Novella che non ne sapeva niente!” intervenne allora Antonio, spazientito. In
certi momenti Francesco somigliava paurosamente a suo zio… “Il piano di Lorenzo
era sì cercare un’alleanza con Venezia, ma per il bene di tutta Firenze, possibile che per voialtri sia tanto difficile
capirlo? E poi, comunque, il suo piano, se così lo vuoi chiamare, era di far
sposare Novella con Giuliano. E’ stato solo un caso, oppure il destino, se tu hai conosciuto Novella, se vi siete
piaciuti e se Giuliano ha rifiutato di sposarla.”
“Infatti
Lorenzo aveva fallito e i Foscari stavano per tornare a Venezia. Il padre di
Novella era anche piuttosto offeso” disse Clarice. “Io avevo notato che tu e
Novella sembravate interessati l’uno all’altra, ne ho parlato con Antonio e
abbiamo deciso di proporre il matrimonio con… con un altro banchiere importante
di Firenze, non meno ricco e prestigioso di Giuliano.”
Francesco
rifletté su queste parole. Era vero, i Medici avevano tramato e intrigato per i
loro interessi, proprio come diceva sempre suo zio, eppure questa volta avevano
fallito perché Giuliano si era tirato indietro. Se lui e Novella non si fossero
piaciuti, la cosa sarebbe finita lì, i Foscari sarebbero tornati a Venezia e l’alleanza
sarebbe andata in fumo.
“Adesso
tu potrai pensare che, per Lorenzo e Clarice, sei stato la seconda scelta, ma non è così” riprese Antonio, infervorato. “Anzi,
questo ti dimostra che per Lorenzo sei anche tu come un fratello, perché per
lui non faceva differenza che Novella sposasse Giuliano o te ed era invece
felice che, almeno questo, potesse essere un matrimonio nato dall’amore.”
“E’
così, Francesco, io ti considero come un altro fratello… e forse per questo
Giuliano in questo periodo ce l’ha con me, pensa addirittura che io ti
preferisca a lui” ammise Lorenzo.
“E
c’è un’altra cosa. L’alleanza con Venezia, a questo punto, sarà dovuta
all’unione di una Foscari con un Pazzi, non con un Medici” sottolineò Antonio,
che a queste cose ci teneva. “Questo significa che, per Lorenzo, le vostre
famiglie sono ormai una sola, ma per la tua
famiglia significa avere un rapporto di parentela con Venezia. E’ ai Pazzi che
si deve il legame tra Firenze e Venezia, grazie a te.”
Messa
così, la cosa acquistava tutto un altro valore. Francesco si rese conto che,
ancora una volta, suo zio aveva usato le informazioni di cui era in possesso
per mettere Novella e i Medici in cattiva luce… e ci sarebbe riuscito, certo,
se sua moglie e i suoi amici non avessero deciso di chiarire la situazione
prima che fosse troppo tardi.
Consapevole
di quello che avrebbe potuto perdere se le cose fossero andate diversamente,
Francesco strinse forte tra le braccia Novella, vergognandosi di se stesso.
“Mi
dispiace, io… io ho dubitato di te e tu volevi soltanto aiutarmi!” le disse.
“Non
devi scusarti, non è colpa tua. Forse avremmo dovuto parlarci chiaramente fin
dal principio, ma quello che conta è che sia tutto sistemato e poi… e poi,
Francesco, credo di avere un’altra cosa da dirti…” mormorò la giovane
veneziana, arrossendo.
Con
un sorriso grande come tutta Firenze, Antonio prese per un braccio Lorenzo e
Clarice e li condusse fuori dalla stanza.
“Bene,
abbiamo fatto quello che dovevamo fare, adesso penso che sia meglio lasciarli
un po’ da soli, che ne dite?” disse, tutto allegro.
Clarice
era commossa, Lorenzo invece guardò il suo amico, preoccupato.
Jacopo
Pazzi sarebbe venuto presto a sapere che Antonio si era messo ancora una volta
in mezzo ai suoi piani, per non parlare della questione di Imola… il giovane
Orsini era davvero al sicuro con lui? Forse era stato troppo egoista a mettere
il bene di Firenze davanti all’incolumità di quel ragazzo tanto gentile e
generoso?
Lorenzo
ricevette le risposte che attendeva, ma non furono quelle che lui avrebbe
voluto. Mentre era nella sua stanza con Clarice e il piccolo Piero, un
servitore entrò con due lettere sigillate da consegnare al suo signore.
“Non
è possibile!” esclamò Lorenzo, leggendo la prima. “Papa Sisto afferma che
acquisterà Imola da Sforza per donarla a suo nipote Riario.”
“Ma
il Papa non ha denaro e Sforza aveva dato a te la sua parola” obiettò la
moglie. “Sei sicuro che sia autentica?”
“Sì,
c’è il sigillo papale. E’ vero, Sisto non ha denaro, ma ho una mezza idea su chi potrebbe prestargliene” rispose il
giovane, leggendo la seconda missiva. “Questa lettera è del Duca Sforza: mi
informa di essere stato costretto a cambiare i suoi piani per Imola perché
Salviati è andato da lui, minacciandolo. Gli ha riferito che Sua Santità è
pronto a scomunicare lui, la sua famiglia e tutta la città di Milano se non
accetterà di vendergli Imola. E’ tutta una manovra di Jacopo Pazzi tesa a
mettere in difficoltà la nostra Banca e a fare in modo che i rapporti tra la
famiglia Medici e il Papa divengano ostili.”
Clarice
si incupì. Possibile che quello che Antonio faceva per quell’uomo da quasi un
anno ( e a cui lei preferiva non pensare…) non fosse
servito a niente? Jacopo Pazzi continuava a essere una spina nel fianco e un
avversario pericoloso per i Medici, né più né meno di prima.
“Non
puoi fare qualcosa, Lorenzo? Vai a Milano, parla di nuovo con il Duca, ci
dev’essere un modo.”
“Parlare
con il Duca non servirebbe a niente, la minaccia della scomunica è molto
efficace. Se ciò accadesse, nessuna città accetterebbe più di commerciare con
Milano e i suoi abitanti sarebbero rovinati, per non parlare della reputazione
di Sforza. No, su questo Jacopo e Salviati ci hanno già battuti. Posso solo
sperare che il Papa non trovi il denaro sufficiente per acquistare Imola”
rispose Lorenzo.
Un’ora
dopo, il giovane Medici aveva riunito nel suo studio Giuliano, la madre,
Francesco, Antonio e il Priore Luca Soderini per parlare
dell’incresciosa faccenda.
“Mi
dispiace, avrei voluto poter fare di più per aiutarvi” disse il giovane Orsini,
che per qualche sua ragione si sentiva personalmente responsabile per tutte le
stronzate che si inventava Pazzi.
“Non
è colpa tua, Antonio, anzi tu hai cercato di avvertirmi, anche se Salviati è
stato più veloce di te. Comunque adesso dobbiamo trovare un rimedio. La Banca
Medici negherà il prestito al Papa per comprare Imola e le altre Banche
fiorentine dovranno fare altrettanto” affermò Lorenzo. “Francesco, tu puoi
garantirmi che anche la Banca Pazzi si unirà a noi e rifiuterà il prestito al
Papa?”
Il
giovane Pazzi scrollò il capo e guardò in faccia Lorenzo.
“Per
quello che riguarda me, sicuramente, ma sai che non posso parlare a nome di mio
zio” rispose, frustrato per non poter fare di più.
“Ah,
su quello possiamo starne certi” commentò sprezzante Giuliano. “Quel serpente
di Pazzi sarà prontissimo a concedere il prestito al Papa, non solo per mettere
in urto la famiglia Medici con la Chiesa, ma anche per ottenere che Sisto tolga
i suoi conti dalla nostra Banca per metterli nella sua!”
“Ma
non è giusto!” protestò Antonio, che in queste cose continuava ad essere fin
troppo idealista. “Così facendo non farà solo del male alla vostra famiglia, ma
danneggerà la stessa Firenze! Se il Papa avrà Imola tutta Firenze perderà molti
guadagni e si ritroverà anche accerchiata dalle terre dello Stato Pontificio.
Posso capire che Messer Pazzi voglia arricchire la sua Banca, ma è possibile
che voglia farlo anche a scapito della sua stessa città?”
“E’
possibile, è possibile. Messer Pazzi,
come lo chiami tu, è capace di questo ed altro. Non lo conosci ancora dopo
quasi un anno che ci vai a…”
“Giuliano!”
lo interruppe la madre, Madonna Lucrezia, che non aveva piacere neanche lei di visualizzare quello che il banchiere
potesse fare al ragazzo che aveva accolto in casa come un altro figlio. Ecco,
la cosa disgustava un po’ tutti, ma tutti la avallavano finché andava bene ad
Antonio e serviva per monitorare le mosse di Jacopo Pazzi! “Ad ogni modo non
possiamo permettergli di farlo. I profitti per la nostra gestione dell’allume
papale portano alla Banca Medici più denaro di tutti gli altri messi assieme.”
“E’
proprio quello il punto” fece Giuliano, caustico.
“Forse,
però, se parlassimo con Messer Pazzi, lui capirebbe che potrebbe anche
rinunciare a un guadagno per il bene di Firenze, no?” intervenne di nuovo
Antonio, con un candore commovente.
“Bravo,
prova a parlarci tu, magari dopo che ti ha…”
“Giuliano!”
lo riprese di nuovo la madre.
“Potremmo
fare in un altro modo” disse Lorenzo, dopo averci riflettuto. “Potremmo usare i
debiti della Banca Pazzi per metterla in difficoltà affinché non possa
concedere il prestito al Papa.”
“Ma
così facendo la nostra Banca rischierebbe il fallimento. E’ questo che vuoi?”
reagì Francesco, subito sospettoso. “Tu ti libereresti di un avversario
pericoloso e la tua Banca resterebbe la più potente a Firenze.”
“Oh,
santa pace!” esclamò esasperato Antonio. “Ma possibile che tu e tuo zio la
pensiate sempre allo stesso modo? Cercare di farvi ragionare sta diventando
piuttosto faticoso.”
“Adesso
se ne accorge…” commentò Giuliano.
“Io
non voglio rovinare la vostra Banca, Francesco, non puoi sospettare sempre di
tutto e di tutti” ribatté Lorenzo. “Vorrei che le nostre Banche, così come le
nostre famiglie, si unissero e collaborassero, ma questo non potrà accadere
finché Jacopo è deciso a rovinare noi.”
“Forse
potrei provare a convincerlo” azzardò Antonio, sempre ingenuamente convinto che
Jacopo Pazzi potesse decidersi a mettere il bene di Firenze davanti alla sua
ossessione di schiacciare i Medici.
“No,
gli parlerò io” decise improvvisamente Francesco, che era anche lui un tipo
difficile da inquadrare e decisamente instabile… probabilmente era colpa del
sangue, o magari del lavaggio del cervello subito dallo zio fin da quando era
un ragazzino. “Io e Guglielmo abbiamo la maggioranza delle quote della Banca e
se noi decidiamo di non concedere il prestito al Papa, lui non potrà
concederlo.”
“Spero
che tu riesca ad avere la meglio, Francesco, altrimenti l’unica alternativa
possibile resterà quella di sfruttare i debiti della Banca Pazzi” concluse
Lorenzo.
“Io
sono convinto che si possa trovare una soluzione che vada bene per tutti” volle
aggiungere Antonio. “In fondo nemmeno Messer Pazzi vorrà che il Papa espanda
così tanto i suoi territori, potrebbe finire per indebolire Firenze e chissà,
magari cercare di impossessarsene. Messer Pazzi non può volere questo!”
In realtà nessuno
di noi ha ben chiaro che cosa potrebbe volere Jacopo Pazzi, se non distruggere
i Medici. Quella è l’unica cosa che hanno capito anche le mura di Firenze, meno
che te, povero ragazzo, pensò Lorenzo, ma non lo disse. A volte l’innocenza
dell’amico gli sembrava troppo preziosa per mettergli davanti la cruda realtà,
se ne sarebbe accorto da solo col passare del tempo, chi era lui per togliergli
le sue pie illusioni?
Era
sera quando Francesco si ritrovò nello studio dello zio per quello scomodo
colloquio. Jacopo Pazzi sembrava calmo e tranquillo, ma in genere erano quelli
i momenti in cui risultava più pericoloso.
“Mi
fa piacere che possiamo finalmente parlarci in privato, al di fuori degli
affari che riguardano la Banca” lo accolse lo zio.
“In
realtà, zio, ero venuto proprio per…”
“Tua
moglie ti ha detto che è stata qui a colloqui con me?” insinuò subito Jacopo,
interrompendolo.
“Sì,
me l’ha detto subito dopo essere tornata a casa. Mi ha spiegato che sperava di
aiutarmi e che non mi aveva avvertito prima perché immaginava che le avrei
impedito di venire” rispose a tono Francesco.
Jacopo
non si era aspettato quella mossa di Novella, tuttavia incassò bene il colpo e
riprese il suo discorso.
“Molto
bene, allora è una moglie devota, una rara fortuna. Peccato che non sia stata
altrettanto sincera sui motivi per i quali è venuta a Firenze” disse.
“In
realtà abbiamo parlato anche di questo” replicò pronto Francesco, che
finalmente cominciava a capire quanto fosse stato importante che Antonio li
avesse riuniti tutti pochi giorni prima per chiarire una situazione che poteva
apparire equivoca. “Lei non sapeva perché Lorenzo l’avesse invitata ad
accompagnare il padre al matrimonio di Bianca, ma poi è stato Lorenzo stesso a
spiegare tutto: voleva che Foscari convincesse il Doge ad allearsi con Firenze
e, in cambio, avrebbe dato Novella in sposa a Giuliano. Giuliano, però, ha
rifiutato più volte questa unione.”
Jacopo
rimase molto male nel sentire che Francesco sapeva fin troppo di quella storia,
comunque riuscì a non darlo a vedere e a contrattaccare.
“Quindi
era un intrigo dei Medici, proprio come pensavo. Non ti ho ripetuto mille volte
che quella famiglia pensa solo ai propri interessi e sfrutta le persone come
gli torna comodo? E tu hai creduto alle menzogne di Lorenzo!”
“Non
erano menzogne, non avrebbe avuto motivo di mentire su questo: chi ci è passato
male è stato soltanto lui, che ha dimostrato di avere realmente usato Novella
per i suoi scopi” ribatté Francesco. Per la prima volta, dopo tanti anni, si sentiva
liberato da un peso e parlare con suo zio non era fonte di tensione come al
solito. Sapeva benissimo cosa lui avrebbe cercato di dirgli, ma sapeva
altrettanto bene come rintuzzare ogni sua insinuazione… e tutto questo solo
grazie a Novella e… e sì, ad Antonio. Cominciava a pensare che quel ragazzino
fosse molto più arguto di quanto non volesse sembrare. “Comunque, il piano di
Lorenzo è fallito e Andrea Foscari, offeso, sarebbe tornato a Venezia
sconsigliando qualsiasi alleanza al Doge. A quel punto sono intervenuti Clarice
e Antonio che, avendo notato un certo interesse reciproco tra me e Novella,
hanno proposto il nostro matrimonio al nobile veneziano.”
“Clarice
era d’accordo con Antonio, non con Lorenzo?” questa volta fu Jacopo a restare
spiazzato.
“Ah,
non lo sapevate?” fece Francesco, con un sorrisetto. La soddisfazione di aver
battuto lo zio al suo stesso gioco non aveva prezzo! “Certo, Lorenzo non ne era
nemmeno informato, anzi, in quei giorni era impegnato a evitare la guerra con
Volterra. Ed è stato solo per caso se
Novella e io ci siamo incontrati e piaciuti, altrimenti l’idea del matrimonio
non sarebbe venuta nemmeno a Clarice e Antonio. Se non fosse stato per questo,
i Foscari sarebbero ripartiti e la possibile alleanza con Venezia sarebbe andata
in fumo.”
Jacopo
cercò di salvare la faccia, ostentando una risatina maligna.
“Dunque
tu ti sei accontentato di essere la seconda
scelta dei Medici” suggerì.
Francesco
era incredulo: Antonio aveva previsto anche questa obiezione e per questo lui,
ora, aveva la risposta pronta!
“Non
la seconda scelta, ma piuttosto un altro figlio di banchiere fiorentino altrettanto potente e importante quanto
Giuliano de’ Medici, in caso contrario Foscari ne sarebbe stato ancora più
indignato” replicò il giovane Pazzi. “E non è tutto: Antonio mi ha fatto notare
che, sposando io Novella, ho fatto in modo che l’alleanza con Venezia fosse
resa possibile da un’unione con la famiglia Pazzi piuttosto che con la famiglia
Medici. E’ grazie ai Pazzi se potrà esserci un’alleanza tra le due città e
tutta Firenze lo saprà.”
Antonio, è stato
Antonio a fare tutto questo, ad anticipare ogni mia mossa, a starmi sempre un
passo avanti. Avevo decisamente sottovalutato quel ragazzino, eppure… eppure
non ha tutti i torti. I Foscari sono legati alla nostra famiglia, adesso, non
ai Medici, quindi in realtà lui e Clarice hanno finito per farmi un favore. E
l’arguzia di Antonio… beh, dovrò tenerla presente d’ora in poi e cercare di
usarla per mio vantaggio.
Questa
ultima riflessione parve placare Jacopo, che riprese la sua espressione più
tranquilla e si rivolse nuovamente al nipote.
“Bene,
dunque è tutto sistemato per il meglio. Tu di che cosa eri venuto a parlarmi?”
“Del
fatto che la nostra Banca non deve concedere il prestito al Papa per fargli
acquistare Imola” dichiarò Francesco, ora molto più sicuro di sé. “Non possiamo
permettere che Sisto espanda ancora i suoi domini e tanto meno aiutarlo a
ottenere maggiori guadagni a scapito di Firenze.”
A
questo punto il sorriso di Jacopo si fece veramente compiaciuto.
“Per
questo arrivi tardi, nipote. La mia
Banca ha già concesso il prestito a Sua Santità” disse.
“Ma…
ma… non potevate farlo senza consultarmi. Io e mio fratello abbiamo la maggioranza,
che apparteneva a nostro padre!”
“Mi
dispiace, ma mi risultava difficile consultarti, visto che da mesi, ormai, non
mi parli nemmeno” replicò Jacopo. “E comunque non preoccuparti, la Banca Pazzi
ne trarrà soltanto benefici, visto che il Papa ha deciso, per ricompensarci, di
trasferire tutti i suoi conti da noi, togliendoli ai Medici.”
Francesco
restò impietrito. Ancora una volta era giunto troppo tardi per fermare le trame
dello zio e poteva soltanto informare Lorenzo dell’accaduto. Tuttavia le cose
sarebbero potute andare molto peggio… va bene, il Papa avrebbe avuto Imola,
buon per lui, ma lui aveva ancora Novella e presto avrebbe avuto una sua
famiglia insieme a lei.
“Non
è una decisione che approvo, zio, ma ormai l’avete presa e non si può tornare
indietro. Molto bene, vi porgo i miei saluti” disse, e fece per andarsene ma
poi, come per un ripensamento, si fermò e sulla soglia della stanza si rivolse
nuovamente a Jacopo. “Volevo informarvi anche del fatto che io e Novella avremo
presto un figlio, un discendente della famiglia Pazzi. Abbiamo deciso che, se
sarà un maschio, lo chiameremo Antonio, come mio padre, vostro fratello.”
E anche perché è
solo grazie ad Antonio se io e Novella siamo ancora insieme e se stiamo per
avere una nostra famiglia, pensò Francesco, pieno di gioia e di gratitudine,
prima di congedarsi dallo zio.
Jacopo
Pazzi rimase seduto alla sua scrivania a riflettere su tutto ciò che era
accaduto quella sera.
Non
aveva riconquistato la fiducia di Francesco, non lo aveva allontanato dai
Medici, e questo per colpa di Antonio.
Ma
era anche vero che aveva ottenuto, o stava per ottenere, i conti papali, che
avrebbero arricchito la sua Banca e rovinato quella dei Medici.
Inoltre
ciò che aveva detto Francesco era vero: l’alleanza con Venezia si sarebbe
potuta fare grazie ai Pazzi e non grazie ai Medici.
In
fin dei conti, forse senza nemmeno accorgersene, Antonio aveva lavorato
comunque a suo favore.
Forse
davvero quel ragazzo stava cambiando le sorti della famiglia Pazzi e lui era
comunque molto soddisfatto di averlo al suo fianco… anche se avrebbe dovuto
tenerlo d’occhio più di quanto avesse pensato al principio.
Tutto
sommato poteva essere contento di quanto aveva ottenuto fin lì.
I
Medici erano riuniti a pranzo tutti insieme e con loro c’erano anche Antonio e
Francesco Nori, il contabile amico di Lorenzo. Bianca era voluta scendere a
pranzare con la famiglia, al fianco del marito, sebbene fosse ormai vicinissima
al parto; Novella e Francesco sedevano l’uno accanto all’altra e i loro volti
erano radiosi, avendo superato uno scoglio che avrebbe potuto distruggere il
loro amore e sapendo, invece, che anche loro presto avrebbero avuto un figlio.
Antonio
era felicissimo per Novella e Francesco e sognava che questo sarebbe stato il
primo passo per quell’unione vera e collaborativa tra Medici e Pazzi che lui
tanto desiderava, ma poi le parole di Lorenzo lo fecero ammutolire.
“Ieri
mattina Salviati è venuto a parlarmi” annunciò, “e mi ha riferito che la Banca
dei Pazzi ha concesso il prestito al Papa per impadronirsi di Imola. Era molto
soddisfatto, perché secondo lui il passaggio dei conti papali ai Pazzi segnerà
l’inizio della fine della nostra famiglia.”
“Salviati…
c’era da aspettarselo” mormorò Giuliano, abbattuto.
Antonio,
innervosito al semplice sentire quel nome, strinse i pugni. Aveva già un conto
in sospeso con l’Arcivescovo di Pisa per la cattiveria che aveva detto a
Jacopo, rinfacciandogli che la sua Banca non aveva un futuro poiché lui non
aveva figli suoi. Tra l’altro, era stato proprio per questo motivo che Jacopo
si era visto costretto a tentare il tutto per tutto pur di riprendere con sé Francesco…
Probabilmente Salviati era l’unica persona sulla faccia della Terra nella quale
il ragazzo non trovasse niente di buono.
“Che
peccato, avresti dovuto chiamarmi, Lorenzo” intervenne il giovane Orsini. “Mi
sarebbe piaciuto dirgli in faccia cosa penso di lui e, possibilmente,
spaccargli qualche vaso molto grande in testa!”
“Antonio,
mi stupisci!” commentò Madonna Lucrezia, dando voce alla sorpresa di tutti i
presenti. “Non ti ho mai sentito parlare così. Non sei tu quello che cerca la
pace e l’armonia con tutti?”
“Con
tutti tranne uno” chiarì Antonio,
insolitamente arrabbiato. “Quello fa il triplo e il quadruplo gioco ed è stato
lui a insistere perché Messer Pazzi trovasse il modo di riportare a casa
Francesco.”
“Beh,
non credo che il tuo Messer Pazzi abbia
bisogno di consigli su come tramare e manipolare il prossimo” insinuò Giuliano,
sarcastico.
“Forse
no, però pensateci: è quasi un anno che Francesco e Novella sono sposati e che
Francesco è in cattivi rapporti con suo zio. Se avesse voluto, Messer Pazzi
avrebbe potuto tentare di parlargli e di plagiarlo in qualsiasi momento, eppure
non lo ha fatto… finché Salviati non gli ha detto in faccia che il Papa non
avrebbe affidato i suoi conti alla Banca di un uomo senza discendenza!” replicò
Antonio, al quale quelle parole bruciavano ancora, peggio che se fossero state
rivolte a lui.
“Ah,
ecco che ora mi spiego tanto ardore. Nessuno si azzardi a toccare Messer Pazzi, no? Salviati non sa di
essersi guadagnato un nemico mortale!” rise Giuliano, mentre Antonio diventava
tutto rosso e aveva la mezza idea di nascondersi sotto il tavolo.
Anche
Lorenzo rise e quella scena servì a distrarlo, almeno per qualche momento,
dalle sue preoccupazioni.
“Antonio,
se vuoi continuare ad avere a che fare con Jacopo Pazzi ti consiglio di
imparare ad essere un po’ meno trasparente!” disse, divertito. Poi tornò a
concentrarsi sul problema che lo assillava. “Tuttavia Salviati dev’essere
riuscito a convincere comunque il Papa a trasferire i suoi conti alla Banca Pazzi,
forse perché comunque Francesco e Guglielmo hanno la maggioranza ed entrambi
stanno per avere un erede. Ad ogni modo non è questo il punto. Ho invitato Nori
qui, oggi, per risolvere la questione senza che la nostra Banca subisca una
perdita.”
“Sì,
è così” confermò Nori. “I conti papali andranno alla Banca Pazzi, è vero, ma
Lorenzo ha suggerito di separare quei conti dai proventi dell’allume, che
invece resteranno ai Medici.”
“E’
possibile farlo?” domandò Francesco.
“Certo,
sono due cose separate, è tutto legale” lo rassicurò Nori.
“Jacopo
Pazzi non sarà per niente contento quando lo saprà” commentò Giuliano.
“Questo
è un eufemismo” ribatté Madonna Lucrezia, molto preoccupata. “Lorenzo, sei
sicuro di quello che fai? Lo so che era in gioco il futuro della nostra Banca,
ma un atto del genere potrebbe portare addirittura ad una guerra tra Pazzi e
Medici!”
“Cosa?”
mormorò Antonio, impallidendo. “Ma come… perché? In questo modo entrambe le
Banche ne hanno un guadagno, no? I Pazzi avranno i conti papali e i Medici i
profitti della vendita dell’allume.”
Il
giovane Orsini capiva ben poco del mondo degli affari, ma era innocentemente
convinto che fare un po’ per uno fosse il modo più conveniente di procedere.
“Jacopo
voleva togliere tutto alla nostra Banca per mandarla in rovina” gli spiegò
pazientemente Madonna Lucrezia, “perciò potrebbe considerare ciò che ha fatto
Lorenzo alla stregua di una dichiarazione di guerra vera e propria.”
Antonio
era sconvolto, ma continuava a sperare che la madre di Lorenzo e Giuliano esagerasse.
Guerra era una parola grossa, via!
“Ma
Lorenzo non voleva certo questo” replicò, convinto. “Basterà fargli capire che
così entrambe le Banche avranno un profitto e…”
“Sì,
certo, come no? E glielo vai a dire tu, questo, a Jacopo?” ironizzò Giuliano.
“Ma
sì” rispose Antonio, il cui candore, a volte, era spiazzante. “In questo modo
non vedrà la cosa come un atto di guerra e comprenderà che anche lui ci
guadagna.”
Lorenzo
lo guardò, un lungo sguardo pensieroso. Ammirava la fiducia e l’ottimismo dell’amico,
ma temeva che, prima o poi, la delusione sarebbe stata molto amara.
Bianca
scelse proprio quello splendido momento per entrare in travaglio e così il
pranzo ebbe fine, con Guglielmo e tutti gli altri che si avvicinavano a lei per
prestarle soccorso e accompagnarla nella sua stanza. Giuliano si rivolse
sconcertato ad Antonio.
“Dicevi
davvero? Hai intenzione di andare a dire in faccia a Jacopo Pazzi della
faccenda dell’allume e spacciargliela come una buona notizia?” domandò.
“Certo
che sì” confermò il ragazzo, deciso. “Anzi, ci vado adesso, subito.”
Subito, certo,
prima di perdere il coraggio di farlo, pensò Antonio, uscendo dalla stanza e
dimostrando che, dopo tutto, le sue facoltà mentali erano ancora piuttosto
intatte. Aveva paura che Jacopo non l’avrebbe presa per niente bene e in tutta
onestà non era così fiducioso come voleva sembrare. Eppure sapeva che avrebbe
dovuto convincerlo a vedere il lato positivo della questione: una guerra tra
Medici e Pazzi era da evitare a qualsiasi costo!
Quando
Antonio arrivò alla Banca Pazzi, Jacopo aveva ricevuto da poco i conti papali
ed era insieme ai suoi impiegati per controllarli e ricontrollarli per la
decimillesima volta. Ad ogni nuovo controllo sperava di trovare qualcosa che,
magari, gli era sfuggito in tutti gli altri… Eh, no, i profitti per l’allume
non c’erano. In qualche modo Lorenzo era riuscito a separarli e alla sua Banca
sarebbero toccati solo i conti di Papa Sisto.
“Ecco,
è così che lavorano i Medici” disse l’uomo, in tono amaro, rivolto ai suoi
impiegati. “E’ questo che fanno.”
Gli
impiegati, uno dopo l’altro, cercarono di allontanarsi discretamente, temendo
che il banchiere se la sarebbe potuta prendere con loro. E proprio in
quell’istante, con un tempismo perfetto, entrò Antonio, con un’aria che voleva
sembrare ottimistica e allegra.
“Messer
Pazzi, avete ricevuto i conti papali?”
“A
te cosa sembra?” ribatté l’uomo, tagliente, indicando con una smorfia schifata
i documenti sparsi sulla scrivania davanti a sé. “Il tuo amico Lorenzo mi ha
giocato proprio un bel tiro, avrei dovuto aspettarmelo!”
“Ma
cosa doveva fare, Messer Pazzi, lasciare che la sua famiglia andasse in
rovina?” obiettò Antonio, con una logica stringente. “Voi non avreste fatto la
stessa cosa?”
“Io
avrei fatto anche di peggio, ragazzino” si lasciò scappare Jacopo, che in quel
momento era poco lucido. “Questo dimostra quanto siano falsi e ipocriti quelli
che tu chiami amici. E io dovrei
collaborare con loro? Che vadano all’inferno, non avrò pace finché non li avrò
schiacciati completamente!”
“Invece,
se voi aveste collaborato, rifiutando il prestito al Papa, tutto questo non
sarebbe accaduto” osò ribattere il giovane Orsini, che non sapeva nemmeno da
dove gli venisse tanta audacia. “Comunque le cose ormai sono andate così e voi
dovreste vedere il lato positivo, il fatto che i conti papali adesso sono
affidati alla vostra Banca e…”
Non
poté terminare la frase. Jacopo Pazzi, già nervoso di suo e sentendosi
provocato, lo colpì con un ceffone che quasi lo rovesciò per terra.
“Vuoi
anche prendermi in giro dopo che il tuo caro Lorenzo mi ha truffato?” gli urlò
contro.
Ripresosi
a fatica, ma radunando dentro di sé tutte le forze e l’orgoglio che gli
derivava dalla nobile famiglia Orsini da cui, non per niente, discendeva,
Antonio ingoiò la delusione, il dolore e le lacrime. Si piazzò davanti a Jacopo
e gli piantò in faccia uno sguardo adamantino.
“Non
sono qui per prendermi gioco di voi né tanto meno mi compiaccio del fatto che
possiate essere stato danneggiato, Messer Pazzi” disse, cercando di mantenere
la voce ferma. “Però questa cosa l’avete iniziata voi concedendo il prestito al
Papa e io ho soltanto cercato di mostrarvi che, in fin dei conti, sarebbe
potuta andarvi anche peggio. Sto facendo di tutto, da più di un anno, per mettere
pace e armonia tra le vostre famiglie e per farvi capire che voi stesso ci
guadagnereste sotto ogni aspetto. Però, la sapete una cosa? Mi sto rendendo
conto che non si può salvare qualcuno che non
vuole essere salvato. Vi auguro una buona giornata, Messer Pazzi.”
Detto
questo, Antonio girò sui tacchi e uscì dalla Banca a passo fermo, a testa alta,
ostentando una grande dignità di cui non sentiva nemmeno l’ombra.
Jacopo
Pazzi restò assolutamente disarmato.
Perché
se l’era presa con Antonio, che era l’unico che aveva dimostrato di
interessarsi davvero a lui, di volerlo aiutare?
Antonio
gli era stato sempre vicino, aveva cercato di fargli vedere le cose sotto un
altro punto di vista, di migliorare in qualche modo la sua vita, seppure
ingenuamente.
Doveva
riconoscere che, da quando c’era Antonio, lui si sentiva meglio, più rilassato,
più sereno.
E
adesso aveva allontanato anche lui, gli aveva fatto del male, aveva rovinato
tutto… com’era bravo a rovinare le cose lui non lo era nessuno!
Aveva
perso Guglielmo, poi Francesco… poteva veramente permettersi di perdere anche
Antonio?
Lorenzo
lo aveva truffato con l’allume e non poteva farci niente, ma se fosse rimasto
completamente solo avrebbe perso ben altro che l’allume.
Lorenzo,
che si trovava nell’atrio del suo palazzo in attesa che la sorella Bianca desse
alla luce il suo bambino, vide passare Antonio quasi di corsa, con lo sguardo
fisso, puntando dritto verso il piano superiore dove si trovava la sua camera.
L’atteggiamento del giovane fece subito capire quanto fosse andata male a
Palazzo Pazzi… cercò di intercettarlo e, alla fine, riuscì a fermarlo
prendendolo per un braccio. Antonio si voltò verso di lui, stranito come se si
fosse accorto solo allora della sua presenza, e Lorenzo vide che aveva gli
occhi gonfi di lacrime trattenute a stento e un vistoso segno rosso sulla
guancia.
“Cosa
ti è successo? Jacopo Pazzi ha osato metterti le mani addosso?” esclamò, scandalizzato.
“Non
è niente, ma avevi ragione tu, Lorenzo, e io ero soltanto un illuso, uno
stupido ragazzino che credeva ancora alle favole” rispose Antonio, cupo.
“Mi
dispiace, Antonio, io… non credo che tu sia uno stupido, comunque” replicò
Lorenzo. La batosta per il suo amico era giunta, ma forse era stata più aspra
di quanto sarebbe dovuta essere… “Anch’io continuo a credere alla possibilità
di pace e armonia tra le nostre famiglie e, grazie a te, ci stiamo veramente
riuscendo. Se Francesco e Novella sono ancora insieme lo devono a te, non
dimenticare il bene che hai fatto, non arrenderti, non smettere di crederci. E’
questa la tua forza.”
“Sì,
certo” mormorò il ragazzo, con voce spenta. “Bianca sta bene? Il bambino è
nato?”
“Non
ancora, ma la levatrice e le donne della famiglia sono tutte con lei. Guglielmo
è fuori dalla porta e Francesco cerca inutilmente di calmarlo” disse Lorenzo,
comprendendo il desiderio dell’amico di cambiare argomento.
“Vedrai
che andrà tutto bene” affermò Antonio, sforzandosi di sorridere. “Vado nella
mia stanza, fammi sapere quando il bambino sarà nato.”
“Naturalmente”
promise Lorenzo, rimanendo poi a guardare l’amico che saliva le scale.
Era
strano: da un lato pensava che fosse meglio per Antonio sapere la verità su
Jacopo Pazzi, dall’altro, però, vedere il giovane così spento, disilluso, senza
più la luce e il sorriso che lo contraddistinguevano, gli faceva male.
Pochi
minuti più tardi, le voci emozionate di Giuliano e Francesco lo riscossero dai
suoi pensieri.
“Lorenzo,
vieni, presto!”
“E’
nata, è una bambina. Lei e Bianca stanno bene e mio fratello sta quasi
impazzendo di gioia!”
Una
bella notizia, finalmente. Lorenzo salì in fretta le scale per andare a
conoscere la sua nipotina e, passando davanti alla stanza di Antonio, si fermò
e bussò.
“Antonio,
Bianca ha avuto una bambina, stanno bene tutte e due. Vuoi venire a vederla?”
domandò.
“Ti
ringrazio, arrivo tra poco, tu raggiungi tua sorella” la voce di Antonio era
così spenta che faceva pena sentirla.
Nella
stanza di Bianca c’era un’atmosfera gioiosa: Guglielmo stringeva tra le braccia
la moglie e guardava incantato la figlioletta appena nata, Madonna Lucrezia e
Clarice apparivano commosse e felici, Giuliano fingeva di stare in disparte ma
sorrideva soddisfatto, Novella e Francesco si tenevano per mano e il giovane accarezzava
con delicatezza il ventre della moglie, pensando a quando sarebbe finalmente
toccato a lui tenere in braccio il suo bambino. Lorenzo rimase per un attimo a
guardare quel quadretto di felicità, pensando a quanto sarebbe stato bello
poter fermare il tempo in quel momento, quando tutti erano così pieni di gioia.
Poi Lucrezia prese la bambina in braccio e andò verso di lui.
“Lorenzo,
vieni a conoscere la tua nipotina” disse, sorridendo.
Poco
più tardi, anche Antonio raggiunse gli altri nella stanza di Bianca, per
conoscere la bambina a cui sarebbe stato dato il nome di Giovanna. Tutti
notarono che non era il solito Antonio e capirono che qualcosa doveva essere
andato parecchio storto a Palazzo Pazzi, ma per rispetto del giovane non
dissero nulla e lasciarono che fosse l’atmosfera felice a distrarlo un po’.
Era
ormai pomeriggio inoltrato quando Lorenzo, trovandosi a passare nell’atrio del
palazzo, si ritrovò Jacopo Pazzi sulla soglia.
Se
ci avesse trovato il Papa in persona sarebbe rimasto meno stupito.
“Messer
Jacopo” disse, molto sorpreso. “Siete venuto per vedere vostra nipote?”
“E’
una bambina, dunque” commentò l’uomo. Per un attimo un’ombra gli passò negli
occhi, il ricordo della figlia che era morta ancor prima di vedere la luce…
“Sì, magari dopo passerò a vederla. Adesso, però, vorrei parlare con Antonio.”
Non avete già
fatto abbastanza male a quel povero ragazzo?, avrebbe voluto rispondere Lorenzo.
Ma quell’ombra negli occhi di Jacopo l’aveva vista anche lui e, per la prima
volta, gli venne fatto di pensare che, forse, Antonio non aveva tutti i torti a
voler vedere un briciolo di umanità in quell’uomo.
“Forse
Antonio non vuole vedervi, ci avete pensato?”
“Nel
caso, vorrei che me lo dicesse lui stesso” replicò Jacopo. “Chiedo solo
l’occasione per spiegarmi con lui.”
Lorenzo
esitava, non poteva veramente fidarsi di Jacopo Pazzi… ma, a ben pensarci, era
venuto lui alla sua porta e adesso gli stava chiedendo di poter vedere Antonio:
doveva essere stata dura, per il suo orgoglio. Forse poteva anche concedergli
una possibilità e poi, in fin dei conti, un buon rapporto tra Antonio e Jacopo
favoriva anche la famiglia. Era stato proprio grazie ad Antonio se Francesco e
Novella si erano potuti spiegare, no? Così il giovane Medici prese la sua
decisione.
“Va
bene, Messer Jacopo, potete accomodarvi nel salone e io andrò a chiamare
Antonio” disse, facendo cenno all’uomo di entrare.
Salendo
le scale, diretto alla camera di Antonio, Lorenzo sentiva un vago senso di
colpa e la spiacevole sensazione di stare nuovamente vendendo il suo amico per il bene della sua famiglia…
Però,
in fondo, anche Antonio non era più lo stesso e, probabilmente, riconciliarsi
con Jacopo avrebbe fatto bene anche a lui.
O
almeno così si ripeté Lorenzo per tacitarsi la coscienza!
I know the whispers they hurt
sometimes They swell and fracture my vital light But can't you see the sanity in my
epiphany Let me cure these blackened hearts Let me show you one last time Let me show you one last sign
(“Renaissance” – Skin)
Quando Antonio entrò nel salone, Jacopo Pazzi era già seduto
e lo stava aspettando, convinto che non si sarebbe rifiutato di incontrarlo
nonostante ciò che era successo. Vabbè, tanta fiducia in se stessi è da
ammirare, no?
Antonio, invece, non era altrettanto convinto e Lorenzo aveva
dovuto insistere un po’ per incoraggiarlo a scendere, ricordandogli quanto era
stato prezioso il suo aiuto, quante volte era potuto intervenire a fermare o
perlomeno a mitigare le trame di Pazzi e, insomma, quanto bene stesse facendo
alla sua famiglia e a tutta Firenze. Argomenti piuttosto importanti, che
avevano spinto il ragazzo a farsi forza e ad affrontare un colloquio che non
avrebbe voluto. Almeno, non così presto!
Jacopo, che si comportava come se fosse a casa sua (e magari
lo pensava anche), gli indicò la sedia di fronte alla sua.
“Mi fa piacere che tu abbia accettato di parlarmi, Antonio.
Siediti, ci sono molte cose che devo spiegarti” disse.
Antonio si sedette in automatico.
“Immagino tu abbia capito che non avevo davvero intenzione di
farti del male e di prendermela con te” riprese. “In tutti questi mesi mi sei
stato sempre vicino, ti sei preoccupato per me in modi che non mi sarei mai
aspettato, nessuno ha mai fatto per me quello che hai fatto tu. Dici sempre che
vuoi il mio bene, che vuoi aiutarmi. Forse qualche volta le nostre visioni non
collimano, ma a te non posso rimproverare niente, non a te. Ti impegni sempre
per fare quello che pensi sia meglio per me e anche oggi hai fatto così: non
potevi cambiare quello che hanno fatto i Medici con i profitti per l’allume e
hai fatto la sola cosa che potevi, hai cercato di rasserenarmi, di farmi vedere
il lato positivo della cosa.”
Il giovane Orsini rimase in silenzio e, del resto, non è che
Jacopo si aspettava che parlasse: parlava già lui abbastanza per tutti e due.
“Io ero in collera con Lorenzo e mi sono sfogato su di te che
eri venuto solo per tirarmi su di morale. Ho sbagliato, me ne rendo conto, non
sono abituato a qualcuno che sia gentile con me senza secondi fini, nessuno si
preoccupa mai per me e, quindi, il mio primo pensiero è stato che tu mi stessi
provocando. Ma, se ci avessi pensato su anche pochi istanti, avrei dovuto
capire che non era così, che tu sei sempre sincero e cerchi di fare la cosa
giusta. Ho agito d’impulso e mi dispiace, ti chiedo scusa, non ho riflettuto e
così ho ferito l’unica persona al mondo che tiene veramente a me. Farò in modo
che non accada più, anche se so che non è facile avere a che fare con una
persona come me. So di avere un carattere difficile” ammise, con una
sorprendente faccia tosta, “ed è per questo che i miei nipoti si sono
allontanati da me, so che è stata solo colpa mia. Ma, se ho perso i miei
nipoti, non voglio perdere anche te.”
Alcuni giorni prima, Jacopo aveva tentato un discorso del
genere anche con Francesco, del tipo so
di avere sbagliato, è solo colpa mia se ti ho allontanato…, ma col nipote
non aveva avuto successo.
Antonio, però, non era Francesco e Pazzi contava proprio su
questo.
“Ti sto chiedendo soltanto di perdonarmi e di essere quello
di prima con me” disse, lo sfacciato. “La tua compagnia mi fa davvero bene e,
se mai ci fosse qualcuno al mondo capace di farmi considerare l’ipotesi di dare
una possibilità ai Medici, questo sei tu, Antonio. Pensi di poterlo fare?
Desideri ancora aiutarmi e cercare il mio bene, anche se forse non me lo
merito?”
“Per me non è cambiato niente” riuscì a rispondere il giovane
che, se mostrava di essere acuto e sveglio su molte cose, quando si trattava di
Jacopo Pazzi perdeva improvvisamente ogni buon senso. “Io voglio ancora e
sempre il vostro bene, la pace e l’armonia tra voi e la famiglia Medici e… e il
bene di Firenze!”
Questa cosa la disse perché gliel’aveva messa in testa
Lorenzo, ma tant’era. Jacopo si ritenne soddisfatto, considerò chiusa la
questione e, tagliando corto sulla parte delle scuse, aggranfò Antonio per un
braccio e per i capelli, se lo tirò addosso e lo baciò.
Sì, gli era mancata anche quella
parte e non aveva nessuna intenzione di rinunciarci.
Dopo esserselo baciato ben bene e aver risolto ogni questione
in sospeso, almeno a suo parere, tirò fuori un altro argomento che, immaginava,
avrebbe conquistato talmente Antonio da convincerlo a tornare in tutto e per
tutto quello di prima.
“Tu sei arrivato lo scorso anno a Firenze, quindi non hai
fatto in tempo a trascorrere la Pasqua qui e a vedere lo scoppio del carro, non
è così?”
Antonio non aveva idea di che cosa Jacopo stesse parlando!
“E’ un’antica tradizione di Firenze, particolarmente legata
alla mia famiglia” spiegò Jacopo, soddisfatto nel notare la luce di interesse e
curiosità che si accendeva nello sguardo del ragazzo. “Ovviamente alla
processione e alla celebrazione della Messa parteciperanno anche i Medici e tu
potresti benissimo andare con loro, però… se vieni con me sarai in prima fila,
subito dietro il carro, al posto d’onore che spetta alla mia famiglia che ormai
da secoli organizza questa celebrazione.”
Vogliamo fermarci per un applauso? Jacopo Pazzi aveva giocato
la carta più importante, sapendo benissimo che a un’offerta del genere Antonio
non avrebbe potuto resistere…
“Io… scusatemi, Messer Pazzi, ma non ho capito molto bene a
cosa vi stiate riferendo” obiettò il giovane Orsini, tuttavia già completamente
conquistato.
“Il mio antenato e capostipite della famiglia, Pazzino de’
Pazzi, partecipò alla crociata al seguito di Goffredo di Buglione e fu il primo
a scalare le mura di Gerusalemme e a piantare il vessillo dei crociati. Come
ricompensa, Goffredo di Buglione in persona gli donò tre piccole pietre del
Sepolcro di Cristo” continuò Jacopo, compiaciuto nel notare che gli occhi di
Antonio si sgranavano ancora di più e che il ragazzo si agitava come se avesse
intenzione di chiedergli un autografo o qualcosa del genere. “Il valoroso
capitano fu accolto a Firenze con grandi onori e, da allora, le tre pietre sono
state usate per creare la scintilla con cui accendere il cero pasquale e il
fuoco santo. Nei primi tempi, i giovani di Firenze si recavano ogni Sabato
Santo nella Cattedrale per accendere delle piccole torce con cui, poi,
distribuivano il fuoco santo a tutte le famiglie fiorentine; in seguito, alla
fine del secolo scorso, è stata introdotta l’usanza del carro trainato da buoi
e riempito di fuochi artificiali per consegnare simbolicamente il fuoco sacro a
tutta Firenze in modo più spettacolare. L’organizzazione del carro e di tutta
la cerimonia è da sempre un privilegio della famiglia Pazzi ed è per questo che
noi occupiamo il posto d’onore durante la processione, acclamati da tutta la
folla dei fiorentini. Mi farebbe piacere se partecipassi a questa celebrazione
accanto a me.”
Antonio, vinto dall’emozione, si fece tutto rosso e la voce
gli si spezzò.
“Ma io… non credo che si possa… non faccio parte della vostra
famiglia…” mormorò.
“Certo che si può, se lo decido io. Per me tu fai parte della
mia famiglia quanto e forse più dei miei stessi nipoti” replicò pronto Jacopo,
che, a quanto pareva, univa e scioglieva i legami familiari con la stessa
disinvoltura con cui si respira! In quei giorni essere o meno un Pazzi
dipendeva chiaramente dalla disposizione d’animo del capofamiglia… “Allora, che
cosa mi rispondi?”
“Io… ma certo che accetto, anzi, mi fate un onore che non
merito, io…” Antonio era nella più totale confusione, il che era esattamente
quello che Jacopo si era aspettato.
“Lo meriti più di molti altri” ribatté l’uomo, senza
specificare chi fossero questi altri,
ma si poteva immaginare. Si alzò dalla sedia, contento della perfetta riuscita
della sua missione, circondò le
spalle di Antonio con un braccio e se lo portò fuori dalla stanza.
Appena usciti dal salone, si imbatterono in Lorenzo che,
chiaramente, era rimasto in attesa dell’esito del colloquio, non sapendo
nemmeno lui che cosa sperare.
“Messer Lorenzo, grazie per avermi concesso di parlare con
Antonio” disse Jacopo. Beh, ora che aveva ottenuto ciò che voleva, poteva pure
permettersi di fare il generoso… “Il colloquio è stato molto utile, ci siamo
chiariti e adesso il giovane Orsini tornerà a palazzo con me. La prossima
domenica parteciperà alle celebrazioni della Pasqua insieme alla mia famiglia,
visto che ormai lo considero a tutti gli effetti un Pazzi.”
Allibito, Lorenzo avrebbe voluto domandare in che modo,
esattamente, Antonio era diventato un membro della famiglia Pazzi, ma poi pensò
che, in realtà, non voleva affatto saperlo. Tuttavia la cosa non gli
dispiaceva, perché sarebbe stato comodo avere un amico infiltrato a Palazzo Pazzi e sapeva di poter contare sull’assoluta
lealtà di Antonio… verso entrambe le famiglie.
“Lorenzo, ma tu lo sapevi che il capostipite della famiglia
di Messer Pazzi era un valoroso cavaliere che ha partecipato alla crociata di Goffredo
di Buglione?” gli chiese Antonio, con la stessa espressione sognante di un
bambino di fronte al suo campione preferito.
“Eh, lo sapevo, sì. Messer Jacopo non perde occasione per
raccontare questa storia a tutti quelli che incontra per far capire quanto
antica e nobile sia la sua famiglia. Dovrei averla sentita come minimo una
decina di volte, non è così, Messere?” ironizzò Lorenzo.
“Io invece non sapevo niente di questa storia né del
coraggioso nobile crociato” riprese Antonio, senza notare il sarcasmo
dell’amico. “E tu, Lorenzo? Anche i tuoi antenati hanno partecipato alle
crociate?”
“Gli antenati di Lorenzo erano dei vassalli di feudatari del
contado del Mugello” si affrettò a spiegare con molto compiacimento Jacopo
Pazzi, “e in seguito si sono arricchiti con il commercio della lana, per cui
dubito fortemente che qualcuno di loro abbia preso parte a una crociata, se
non, caso mai, nella fanteria…”
Era chiaro che aveva aspettato solo il momento giusto per
dirlo! Antonio, tuttavia, non diede tanto peso a questa precisazione, tanto era
incantato all’idea delle celebrazioni pasquali di Firenze.
“Molto bene, adesso che è tutto sistemato direi che è ora di
tornare a palazzo” tagliò corto Jacopo.
“Certo, Messer Pazzi, ma… non sapete che Bianca ha avuto una
bambina? Volete vederla, prima di tornare a palazzo? E’ la vostra nipotina, in
fondo” gli rammentò il giovane Orsini, preso dall’entusiasmo di questa nascita
che univa le due famiglie.
“Volentieri, se questo non è di disturbo a Madonna Bianca”
come dicevo, l’uomo aveva già avuto quello che si era prefissato e adesso
poteva permettersi anche il lusso di strafare.
“Al contrario, sarà un piacere per mia sorella… e per vostro
nipote Guglielmo” sottolineò Lorenzo, facendo strada verso il piano superiore.
“Se volete seguirmi, Messer Jacopo…”
E fu così che, in mezzo a quell’incredibile giornata, ci fu
anche la visita di Jacopo Pazzi alla piccola discendente della sua famiglia,
per quanto lui continuasse a considerarla una
Medici…
“Zio, non sapete quanto mi faccia piacere vedervi qui!”
esclamò Guglielmo, felice, andando incontro a Jacopo con la piccola Giovanna in
braccio.
“Grazie di essere venuto, Messer Jacopo” disse Bianca,
sorridendo seduta sul letto. “Siamo molto lieti di potervi presentare nostra
figlia… vostra nipote.”
“E’ una gioia anche per me” replicò Jacopo, che ancora una
volta sembrò mostrare un briciolo di umanità nel sorriso quasi imbarazzato che
rivolse alla neonata. In fondo, checché ne volesse pensare lui, quella
piccolina era davvero la sua nipotina, sangue del suo sangue, un batuffolino
rosa come la bambina che non aveva mai potuto conoscere. Pensando a tutto
questo, Antonio per poco non si commosse: aveva già dimenticato la brutta
avventura di quel pomeriggio!
“Congratulazioni, avete una bambina bellissima” disse poi
Jacopo, che cominciava a sentirsi un po’ troppo coinvolto per i suoi gusti. “E…
ecco, Guglielmo, volevo approfittare dell’occasione per… per chiederti scusa
per il mio comportamento e per invitarti a partecipare alla processione rituale
di domenica insieme alla famiglia, come hai sempre fatto. Tu e Francesco,
ovviamente.”
Guglielmo si illuminò.
“Non immaginate nemmeno quanto questa vostra offerta mi renda
felice, zio” rispose, pensando che probabilmente la sua bambina aveva appena
operato un miracolo. “Quindi mi riaccogliete in famiglia? Sono di nuovo un
Pazzi?”
Jacopo annuì. Bene, quel giorno aveva proprio deciso di
strafare…
Antonio brillava di luce propria. I suoi desideri stavano
forse per realizzarsi proprio quando pareva che non ci credesse più nemmeno
lui?
Infine, dopo qualche altra cerimonia, Jacopo si riprese
Antonio e se lo riportò a Palazzo Pazzi, che era quello che voleva fare fin
dall’inizio.
Alla fine poteva dirsi soddisfatto di quello che aveva
ottenuto: va bene, aveva perso i profitti dell’allume che erano rimasti ai
Medici, ma aveva fatto bella figura con i nipoti (non dimenticava che, secondo
Salviati, per Papa Sisto era molto importante affidare i suoi conti ad una
Banca che garantisse una discendenza… e riconquistare Guglielmo e Francesco
poteva essere più facile del previsto, senza nemmeno dover tramare qualche
intrigo!), aveva ostentato benevolenza verso la famiglia Medici e, cosa più importante,
si era riguadagnato totalmente la fiducia e l’appoggio di Antonio,
completamente affascinato dalla storia della famiglia Pazzi.
E, in tutto ciò, lui non aveva dovuto concedere niente.
Sì, era stato proprio bravo e, quella sera, si sarebbe concesso
una bella ricompensa grazie… ad Antonio!
You can find it I can say that I can change the world But if you let me I can make another world for us…
(“Renaissance” – Skin)
Se soltanto Antonio avesse potuto immaginare lontanamente
quanto sarebbe stato più angosciato il giorno di Pasqua di due anni dopo, non
si sarebbe goduto affatto la processione solenne, lo scoppio del carro e tutto
l’ambaradan, ma non era ancora il 1478 e lui poteva vivere quell’esperienza con
l’entusiasmo e la spontaneità che lo contraddistinguevano.
E’ un bene non poter conoscere il futuro!
Nei
tre giorni precedenti la domenica di Pasqua (no, non quella, non ancora!),
Antonio era talmente agitato e felice che vagava per tutto il palazzo dei
Medici raccontando a chiunque volesse starlo a sentire, e anche a chi non
voleva, che avrebbe partecipato alla processione solenne in prima fila con
Messer Pazzi, che avrebbe visto il volo della colombina e lo scoppio del carro e
tutto quanto e che…
“Antonio,
è una bella tradizione, non lo nego, ma tu ne stai facendo un affare di Stato!”
rise Guglielmo. “Capisco che per te è la prima volta, ma è inutile che lo venga
a raccontare a me e a Francesco, che questa cosa la facciamo tutte le domeniche
di Pasqua da quando abbiamo l’età della ragione!”
“E
poi capirai che privilegio mettersi in prima fila al fianco di Jacopo Pazzi”
fece, sarcastico, Giuliano. “Così almeno tutta Firenze capirà che ti porta a
let…”
“Giuliano,
insomma, abbi pietà!” lo interruppe Lorenzo. Aveva la vaga idea che, in
effetti, il fratello avesse ragione, però proprio non voleva pensarci… anche se
era stato lui a insistere perché Antonio accettasse di riconciliarsi con
Jacopo. E altro che riconciliazione, il giovane Orsini viveva quella situazione
come se Pazzi avesse chiesto ufficialmente la
sua mano!
Eppure
doveva riconoscere che, alla resa dei conti, Antonio aveva portato un grande
miglioramento nei rapporti tra le due famiglie: Jacopo Pazzi sembrava aver
fatto pace con i nipoti, era venuto persino a conoscere la figlia di Bianca e
Guglielmo, e non aveva più rinfacciato ai Medici di averlo imbrogliato con i
proventi dell’allume.
Possibile
che si fosse veramente ammansito? Che
l’insistenza e l’affetto di Antonio avessero fatto il miracolo?
“Lorenzo,
mi è venuta un’idea meravigliosa” esclamò il ragazzo ad un certo punto, come
folgorato da un’illuminazione divina. “Perché domenica non invitate anche
Messer Pazzi a pranzare qui, tutti insieme, le famiglie riunite, festeggiando
dopo la processione e la Messa solenne? Non sarebbe perfetto per mostrare
questo nuovo clima di armonia e serenità tra Medici e Pazzi?”
“Dovrei?”
rifletté il giovane Medici. “In effetti sarebbe un bel gesto distensivo, ma
chissà se Jacopo accetterebbe.”
“No,
aspetta, Lorenzo, non vorrai invitarlo davvero? Ma… perché?” si lamentò Giuliano.
“Anch’io
penso che sarebbe un bel gesto” intervenne Francesco. “Adesso che ci siamo
riconciliati con nostro zio mi dispiacerebbe saperlo da solo nel suo palazzo
mentre noi siamo qui a festeggiare.”
Giuliano
lo guardò come se avesse bestemmiato in chiesa, mentre Lorenzo continuava a
pensarci.
“Infatti,
Francesco, hai proprio ragione!” concordò Antonio, sempre più entusiasta. “Non
possiamo lasciare tutto solo Messer Pazzi in una festa così importante.”
“Io
potrei benissimo” ci tenne a sottolineare Giuliano.
“Va
bene, inviterò Jacopo Pazzi a pranzare con noi, glielo chiederò prima di
entrare nella Cattedrale” decise infine Lorenzo, ignorando il mugolio disperato
del fratello. “Lui, comunque, potrebbe rifiutare.”
“Ecco,
bravo, lasciami almeno una speranza!”
“Ma
no, non rifiuterà, perché dovrebbe? Non può passare la Pasqua tutto solo nel
suo palazzo quando la sua famiglia è tutta qui” disse Antonio. “Grazie,
Lorenzo, è molto gentile e generoso da parte tua.”
“Potrei
sempre trascorrere la Pasqua altrove…” minacciò Giuliano, che proprio Jacopo
Pazzi in casa sua non ce lo voleva.
Ma
era in minoranza…
Arrivò
finalmente la tanto attesa mattina di Pasqua. Antonio, che ovviamente si
trovava a Palazzo Pazzi dalla sera prima (vi risparmierò i dettagli…), dopo
aver espresso tanto entusiasmo nei giorni precedenti adesso sembrava intimorito
e pensieroso.
“Francesco
e Guglielmo ci aspetteranno davanti alla Chiesa dei Santi Apostoli, da lì avrà
inizio la processione solenne e… Antonio, sei sulle nuvole?” gli chiese Jacopo,
che era già pronto e guardava divertito il ragazzo che aveva perso tutta la sua
sicurezza.
“Messer
Pazzi, mi chiedevo… ma le famiglie di Firenze cosa penseranno? Non lo
prenderanno come una specie di oltraggio? Un Orsini di Roma al vostro fianco,
in processione subito dietro il loro carro?”
Probabilmente
molti penseranno che il rapporto tra noi è piuttosto equivoco, ma non ha
importanza, perché capiranno anche che la famiglia Orsini di Roma, così come il
Papa, appoggia e sostiene i Pazzi, riconoscendoli come famiglia più nobile e
antica di Firenze, meritevole del potere molto più dei Medici, pensò Jacopo,
molto compiaciuto, ma non lo disse.
“Il
mio carro, caso mai” sottolineò
invece. “E’ la mia famiglia a organizzare la cerimonia e a sostenere tutte le
spese, per cui ho il pieno diritto di portare con me chi voglio. Comunque non
c’è assolutamente nulla di oltraggioso: sei il rappresentante di una nobilissima
e potente famiglia romana che si accompagna ad una altrettanto nobile e potente
famiglia fiorentina.”
Antonio
annuì, poco convinto. In quel momento non si sentiva per niente né nobile né
potente…
“Avanti,
ragazzino, a noi non è permesso fare tardi in una giornata simile” lo
incoraggiò Jacopo, aggranfandolo per una mano… e rimanendo alquanto stupito. “Ma
hai le mani gelide, che ti è preso?”
Il
giovane arrossì, imbarazzato.
“Scusatemi,
Messer Pazzi, mi capita sempre quando sono molto agitato…o emozionato o
spaventato!”
Jacopo
Pazzi, che non era abituato a tanta sensibilità, lo fissò sorpreso, divertito e
quasi intenerito, per quanto potesse esserlo lui. Poi lo aggranfò di nuovo per
i capelli, se lo strinse e lo baciò senza badare al fatto che lo avrebbe
scompigliato tutto. Dopo esserselo baciato quanto volle, lo risistemò un po’ e
gli mise una mano sulla spalla per condurlo fuori.
“Dovrai
imparare a nascondere meglio le tue emozioni, se vuoi vivere in questo mondo”
gli disse, ancora piacevolmente sorpreso da quel ragazzo così particolare. “Già
sei trasparente di tuo, se poi ci mettiamo anche queste mani che ti si
congelano…”
Antonio
gli rivolse un sorriso timido, sapendo benissimo di non essere affatto nato per
vivere in un mondo di intrighi e dissimulazione… e non immaginando quanto, due
anni dopo, avrebbe dovuto imparare quest’arte per salvare tutti coloro che
amava!
Jacopo
e Antonio raggiunsero così la Chiesa dei Santi Apostoli, dove li attendevano per
la processione Francesco e Guglielmo, le altre famiglie di Firenze, il
sacerdote con i chierichetti e il carro pirotecnico alle sue spalle, decorato, trainato
da una coppia di buoi e sormontato dal cero pasquale e dalla bandiera con lo
stemma dei Pazzi. Jacopo Pazzi guidò Antonio subito dietro il carro, alla testa
del corteo, al suo fianco. Qualche mormorio si propagò tra la folla e tra gli
esponenti delle famiglie più in vista di Firenze, vedendoli insieme: in un
certo senso era come se Jacopo, con quel gesto, avesse ufficializzato l’ingresso del giovane Orsini nella famiglia Pazzi,
con tutto quello che significava… ma alla fine erano fatti suoi e ben presto l’attenzione
di tutti si concentrò soltanto sulla cerimonia che stava per iniziare.
Antonio
aveva il cuore in gola per l’emozione e gli occhi non gli bastavano per
guardare tutte le meraviglie attorno a lui, quel carro spettacolare, la
processione che seguiva lui, proprio lui
accanto a Messer Pazzi, la gente che si affollava festosa attorno, intonando
canti sacri e inneggiando alla famiglia dei Pazzi, poiché quello era il loro
giorno, era la celebrazione che da secoli era organizzata e guidata dalla
famiglia e Jacopo ne era giustamente fiero. Il giovane cercava di imprimersi
ogni particolare di quella giornata speciale e unica nella memoria, per non
scordarla mai e poi mai, tutto era perfetto e incantato e lui non voleva
perdersi niente.
Jacopo
Pazzi, soddisfatto, salutava la folla a destra e a sinistra e ad ogni saluto
erano esclamazioni di giubilo, applausi e acclamazioni mentre la processione
proseguiva verso la Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Ad un certo punto l’uomo
si chinò verso Antonio che, rapito, osservava tutto come a volerselo imparare a
memoria.
“Dovresti
salutare la folla che ti sta rendendo omaggio, sai?” gli suggerì.
“Io?
Ma… no, loro stanno acclamando voi, non certo un forestiero come me” replicò
Antonio, ancora più intimidito.
“E’
così che la pensi? Prova e stiamo a vedere” lo incoraggiò l’uomo, con un
sorriso.
Molto
imbarazzato e temendo bordate di fischi o chissà che altro, il ragazzo tentò un
lieve cenno della mano verso la folla, con un sorrisetto timido ed esitante… ma
l’atteggiamento gentile di Antonio parve entusiasmare ancora di più la gente,
che raddoppiò applausi ed evviva.
Rosso
in faccia ed emozionatissimo, il giovane si voltò verso Jacopo.
“Messer
Pazzi… mi stanno acclamando davvero!” fece, con voce spezzata dal turbamento.
“Te
l’avevo detto” fu la semplice risposta di Jacopo Pazzi, che però dentro di sé
era ben contento di come Antonio fosse stato accettato con spontaneità da
tutti. Da quel giorno e per sempre sarebbe stato considerato uno della famiglia
Pazzi…
All’arrivo
della processione davanti all’ingresso della Cattedrale, Lorenzo e Giuliano con
la madre (Bianca, Novella e Clarice non erano venute quell’anno, li avrebbero
attesi a casa insieme ai bambini) osservavano la scena e a Lorenzo scappò un
sorrisetto.
“Certo
che Jacopo Pazzi ne sa una più del diavolo” commentò. “Non poteva trovare un
modo migliore per affascinare uno come Antonio…”
“Eh,
sì” dovette convenire Giuliano, “ma senti… sei ancora convinto di volerlo
invitare a pranzo da noi?”
“Giuliano,
la decisione di tuo fratello è molto saggia. Questo è un momento favorevole e
un gesto distensivo non può che essere ben accetto” disse Madonna Lucrezia, d’accordo
con il figlio maggiore.
In
quel momento il razzo a forma di colombina s’infiammò e partì sfolgorando,
attraversando la piazza e andando a incendiare il carro, che prese a esplodere
in un boato di fuochi e fiammate spettacolari.* Jacopo vide Antonio trasalire e
trattenere il fiato accanto a lui, mentre la folla esultava. Era un momento
speciale per la sua famiglia, il giorno dell’anno in cui i Pazzi venivano
omaggiati e acclamati come meritavano… ma quel giorno sarebbe rimasto per
sempre anche nella memoria di quel ragazzino.
Lo
spettacolo pirotecnico durò perlomeno dieci o quindici minuti, ma per Antonio
sarebbe potuto durare anche il resto della sua vita e, quando gli ultimi botti
esplosero fino al cielo e, pian piano, tutto tornò alla normalità, si lasciò
sfuggire un sospiro.
“Oh,
è già finito…”
“Sono
contento che ti sia piaciuto tanto, ma sì, adesso è finito… almeno fino all’anno
prossimo” lo consolò Jacopo, già mettendo le mani avanti e chiarendo che se lo
sarebbe portato con sé pure negli anni a venire!
Si
avviarono verso l’ingresso della Cattedrale, seguiti da Guglielmo e Francesco.
Lì li attendevano Lorenzo, Giuliano e Madonna Lucrezia. L’espressione di
Giuliano era tutta un programma: pareva che stesse per vomitare…
“Buongiorno
e buona Pasqua, Messer Jacopo, e anche a te, Antonio” disse Lorenzo. “Io e la
mia famiglia saremmo lieti di avervi a pranzo con noi in questa giornata di
festa.”
Jacopo
Pazzi sembrò sorpreso da quell’invito, mentre, dietro di lui, Francesco e
Guglielmo sorridevano e Giuliano mormorava lamenti appena udibili.
“No,
no, no… ma perché, perché?”
“Questa
è opera tua, non è così, Antonio?” fece Pazzi, rivolgendosi al ragazzo, che
divenne tutto rosso e sorrise, una luminosa ammissione di colpa.
Ma,
alla resa dei conti, a Jacopo non dispiaceva troppo essere circuito
affettuosamente da quel ragazzino. E questo avrebbe anche significato
guadagnarsi la fiducia dei Medici, che avrebbero abbassato la guardia… sì,
accettare il loro invito al pranzo pasquale era un’ottima idea.
“Vi
ringrazio molto, Messer Lorenzo, e accetto con piacere il vostro gentile invito”
rispose, infrangendo le ultime speranze di Giuliano. “Buona Pasqua anche a voi
e alla vostra stimata famiglia.”
Sì,
beh, poteva anche permettersi di sparare qualche stronzata, visto che era
soddisfatto!
“Buona
Pasqua un corno” mormorò Giuliano al fratello, quando Jacopo era già entrato in
Cattedrale con Antonio e non poteva più udirlo. “Con lui in casa, sarà la
Pasqua più brutta della mia vita!”
Non
poteva sapere che la Pasqua peggiore della sua vita sarebbe stata un’altra, ma tant’è…
“Messer
Pazzi, sono così felice che abbiate accettato! Non vedete anche voi quanto è
più bella la vita quando siamo tutti uniti e in amicizia? Non è meraviglioso
sentirsi così ben accolti e benvoluti?”
Jacopo
non disse niente, lasciando che Antonio interpretasse come voleva il suo
silenzio.
“Messer
Pazzi, visto che adesso siamo tutti un’unica
grande famiglia, non sarebbe un bel gesto se ci sedessimo tutti vicini,
sulla stessa panca, per mostrare a Firenze che Medici e Pazzi vivono in
perfetta armonia?” propose Antonio, preso dall’entusiasmo.
“Magari
per Natale” tagliò corto Jacopo e, aggranfando il ragazzo per un braccio, lo
condusse senza tanti complimenti verso la parte destra della navata, accanto
all’altare dove erano sistemate le panche per le famiglie più in vista di
Firenze. Quella era la panca destinata ai Pazzi, mentre i Medici sedevano di
fronte a loro, alla sinistra dell’altare.
Tale
disposizione si sarebbe ripetuta, identica, due anni dopo, ma non spoileriamo
troppo!
Quella
piccola delusione non turbò, però, la felicità di Antonio: era stata una
splendida giornata, aveva vissuto una cerimonia spettacolare ed emozionante
accanto a Messer Pazzi e, dopo, avrebbero festeggiato tutti insieme con un
pranzo a Palazzo Medici. Cosa poteva desiderare di più? Era convinto che il
peggio fosse passato e che ormai le due famiglie avrebbero collaborato e
condiviso il potere in amicizia e serenità.
Quanto
si sbagliava!
Fine capitolo
decimo
*
Le notizie storiche sulla famiglia Pazzi
e il suo legame con la tradizione dello scoppio del carro sono tutte vere. Non
sono certa che nel 1476 il carro fosse davvero incendiato dal razzo a forma di
colombina, ma in un libro di Marcello Simoni ho trovato che era proprio così
anche a quei tempi… e mi piaceva che Antonio vivesse quell’emozione che ho
vissuto anch’io!
I will fight them I can say that I can change the world But if you let me I can change the world for us…
(“Renaissance” – Skin)
Nei mesi successivi le cose parvero andare per
il verso giusto, solo che un’altra geniale illuminazione colpì la mente di
Jacopo Pazzi: si sarebbe candidato come Gonfaloniere, sfidando Petrucci, così,
una volta ottenuta quella carica, avrebbe potuto danneggiare e rovinare
allegramente ogni piano dei Medici e ostacolare tutte le loro proposte.
Probabilmente questi furono i suoi propositi per l’anno nuovo, oppure ‘ste
cose lui se le sognava di notte!
Comunque, quando espose la sua decisione ad
Antonio, trovò, come si aspettava, un entusiastico e incondizionato appoggio.
“Ma certo, Messer Pazzi, se è quello che
desiderate io sono ben felice di potervi aiutare!” si offrì generosamente il
ragazzo.
Jacopo lo guardò con un sorrisetto, consapevole
del fatto che Antonio non aveva la minima idea di cosa significasse per lui
diventare Gonfaloniere… però, perché farsi scrupoli ed esitare ad accogliere
un’offerta di aiuto concessa con tanto affetto?
“In effetti c’è qualcosa che potresti fare per
me” gli disse, dopo una breve riflessione. “Mi saresti di grande aiuto se,
quando ti trovi a Palazzo Medici, cercassi nello studio di Lorenzo dei
documenti compromettenti, lettere, prove dei loro loschi traffici, cose così.”
“E a che cosa vi servirebbe questo?” si stupì
Antonio, cadendo dalle nuvole.
“Beh, se ci fossero prove di affari illeciti
dei tuoi amici Medici o qualche lettera compromettente di famiglie loro
alleate, potrei usarle per ricattare queste persone e obbligarle a votare per
me” spiegò tranquillamente Jacopo. Sì, a questo punto non tentava nemmeno più
di nascondere le sue trame al giovane Orsini, tanto riteneva che avrebbe
trovato il modo per convincerlo a stare comunque dalla sua parte…
“Se è questo che volete da me, posso tentare di
farlo” rispose infatti Antonio, “anche se, con ogni probabilità, non troverò
niente e rischierò di farmi scoprire. In realtà io pensavo di aiutarvi in un
altro modo: potrei andare a parlare con le famiglie più importanti di Firenze,
far capire loro quanto sareste saggio e giusto e quanto bene potreste fare se
vi scegliessero come nuovo Gonfaloniere…”
Sì, certo, in questo modo tutti penserebbero semplicemente
che ti porto a letto e che per questo tu vedi in me delle qualità e delle doti
che sono ben lontano dal possedere, pensò
Jacopo, con un’invidiabile dose di cinico realismo. Ma non fu questo che disse
ad Antonio…
“Apprezzo la tua generosa proposta, ma ritengo
che sarebbe pressoché inutile: le famiglie che già mi appoggiano conoscono le
mie idee e sanno ciò che voglio fare per il bene di Firenze, mentre quelle che
appoggiano i Medici continueranno a stare dalla loro parte e a coltivare
rancore e pregiudizi nei miei confronti” replicò. “No, ciò che può essere
veramente utile alla mia causa sono prove concrete e reali della slealtà e
dell’immoralità dei Medici: allora nessuno potrà negare l’evidenza.”
Il giovane sembrava poco convinto, tuttavia
annuì.
“Come desiderate, Messer Pazzi” disse.
Ovviamente non gli piaceva affatto l’idea di ficcare il naso nella roba di
Lorenzo, ma pensava anche che sarebbe stato molto positivo quando avrebbe
riferito a Messer Pazzi che, in effetti, non
esisteva alcuna prova di truffe o affari sporchi dei Medici… così sarebbe
stato lui a doversi ricredere una volta per tutte e si sarebbe finalmente
riconciliato con loro.
Ognuno aveva la sua opinione ed entrambi erano
contenti!
Fu così che, un paio di giorni dopo quella
interessante conversazione, Antonio si trovò a giocare a fare la spia tra i documenti di Lorenzo e, com’era
naturale, fu ben felice di non trovare niente di compromettente né, tanto meno,
prove di una presunta disonestà dei suoi amici.
Eppure qualcosa gli cadde tra le mani, qualcosa
che lo fece impallidire e tremare al solo leggerla velocemente e a quel punto
ringraziò il cielo di essere stato lui a scoprirla. Che cosa sarebbe successo
se Messer Pazzi avesse mandato qualcun altro a frugare in quelle carte? Di
sicuro avrebbe usato quell’informazione per fare del male… lui, invece, avrebbe
risolto la questione e schivato il pericolo una volta per tutte.
Rimise in ordine tutti i documenti e le carte,
come se nessuno avesse mai messo piede in quello studio, e poi si precipitò
nella stanza di Giuliano. Fortunatamente lo trovò, cosa che non era affatto
scontata, visto che in quegli ultimi mesi era quasi sempre a posare per l’amico
Sandro Botticelli… ora capiva il perché… ma dove aveva la testa
quell’incosciente?
“Giuliano, ti devo parlare” gli disse, dopo
essersi chiuso la porta alle spalle e fissandolo con una serietà che il giovane
Medici non gli aveva mai visto.
“Ebbene, ti ascolto” replicò Giuliano, senza
dare troppa importanza alla cosa.
“Tu ti sei proprio bevuto il cervello insieme
al vino, vero? E’ già una cosa gravissima che tu abbia una storia con Madonna
Vespucci, una dama sposata a un uomo gelosissimo e vendicativo… ma ti fai
perfino scrivere dei messaggi e delle lettere d’amore da lei? Ma cosa ti dice
la testa?”
A quelle parole, Giuliano restò dapprima
sbalordito, poi si innervosì e alla fine si arrabbiò proprio. Quella famosa
lettera era caduta in mano a Lorenzo e già lui gli aveva fatto la predica,
adesso doveva sentire il bis anche da Antonio? Eh, no!
“Innanzitutto non sono affari che ti
riguardino, e poi come ti permetti di giudicarmi? Ma pensa se devo farmi fare
la ramanzina da uno che va a letto con Jacopo Pazzi!” sbottò.
Antonio divenne rosso come un peperone, ma non
si lasciò smontare.
“Perlomeno io non faccio del male a nessuno e,
tanto meno, metto in pericolo qualcuno a cui tengo” ribatté. “Non mi interessa
affatto la tua vita privata e non mi scandalizzo certo se hai una relazione con
la moglie di un altro, non sono fatti miei, ma il tuo egoismo e la tua
incoscienza potrebbero portare la rovina alla tua famiglia e anche a Madonna
Vespucci.”
“Cosa vuoi capire di queste cose tu,
ragazzino?” fece Giuliano, come se non avesse la stessa età del suo amico…
“Credi che il mio sia solo un capriccio? Che mi diverta con lei? Non sai niente
e non hai nessun diritto di giudicarmi: io la amo veramente e vorrei passare la
mia vita con lei!”
“Se è così, peggio ancora! La ami veramente?
Non mi pare, visto che non ti fai scrupolo di metterla in pericolo, eppure sai
benissimo che razza di uomo sia suo marito. Se l’amassi davvero, vorresti il suo bene e non il tuo.”
“Ah, perché è questo che tu fai per Jacopo
Pazzi? Vuoi il suo bene, eh? Per questo ficchi il naso in faccende che non ti
riguardano. Fai la spia per lui, adesso?” lo aggredì Giuliano.
“Sì, voglio il suo bene, è questo che si fa
quando si… quando… beh, insomma, ci siamo capiti. E tu ringrazia Dio che sia io
la sua spia, perché se fosse stato qualcun altro, qualcuno che veramente la
pensa come lui, avrebbe usato quella lettera per rovinare te e Madonna
Vespucci. Ma tu a questo non pensi, vero?” ribatté Antonio, suonando
convincente proprio perché le sue parole venivano dal cuore e dalla sua sincera
preoccupazione per il suo amico e per la donna che lui amava.
Giuliano lo comprese e si calmò.
“So che è stata un’imprudenza, infatti ho detto
a Simonetta di non scrivermi mai più” ammise. “Se Lorenzo non avesse trovato
quella lettera, l’avrei già bruciata.”
“Bravo, allora fallo adesso” gli disse subito
il ragazzo, porgendogli la missiva incriminata. Giuliano la buttò nel caminetto
acceso e la guardò mentre si consumava tra le fiamme.
“Non puoi chiedermi di rinunciare a lei,
Antonio. Questo non lo farò mai, mai. Non posso vivere senza Simonetta, riesci
a capirlo, questo?”
Il giovane Orsini lo capiva meglio di quanto
Giuliano potesse anche solo immaginare, ma allo stesso tempo sapeva che la cosa
non poteva continuare, sarebbe stata una catastrofe. Se davvero Messer Pazzi ne
fosse venuto a conoscenza… non voleva nemmeno pensarci! Si avvicinò all’amico e
lo prese affettuosamente per le spalle, continuando a guardarlo negli occhi.
“Ascoltami bene, Giuliano, io non ti sto
chiedendo di rinunciare a Simonetta, ti chiedo solo di avere pazienza, di non
commettere imprudenze per non perdere lei e te stesso” gli disse. “Sono sicuro
che le cose si risolveranno per il meglio, soltanto… non adesso, non così.”
“Beh, tu saresti capace di rinunciare al tuo Messer Pazzi? Saresti capace di
allontanarti e di non vederlo più?” lo sfidò il giovane. Per lui era pura
follia paragonare la sua Simonetta a quella specie di tiranno malriuscito… ma
gli venne in mente solo questa obiezione, visto che il ragazzo aveva perso la
testa proprio per quello!
“Se fosse l’unico modo per salvargli la vita
sì, mille volte sì!” replicò Antonio, e stavolta nei suoi occhi si leggeva uno
strazio indicibile che, da solo, eliminò ogni ulteriore obiezione e protesta di
Giuliano. “Mi allontanerei, sì, se questo fosse il suo bene… e poi morirei di
disperazione e non me ne importerebbe niente!”
Il giovane Medici ammutolì. Superò persino la
nausea nel comprendere quanto Antonio amasse sinceramente Jacopo e si vergognò
di se stesso: lui non avrebbe avuto altrettanto coraggio per Simonetta.
Non lo avrebbe avuto? E invece doveva
imporselo, Antonio aveva ragione. Se davvero l’amava più della sua stessa vita,
quello era il momento per dimostrarlo.
“Cosa devo fare, Antonio?” chiese, e quella
domanda era insieme un arrendersi e una richiesta di aiuto.
“Qualche giorno fa Sandro mi diceva che era
preoccupato per lei, che la vedeva sciupata, che temeva fosse malata” rispose
il ragazzo. “Mi ha riferito anche che ha una brutta tosse e che suo marito
voleva che si trasferisse a Genova, sperando che l’aria di mare le giovasse. Ecco,
tu devi incoraggiarla a partire per quanto la cosa ti distrugga. Devi spingerla
a fare ciò che è meglio per lei, per la sua salute e la sua sicurezza.”
“Tu non sai quello che mi chiedi” mormorò
Giuliano, impallidendo.
“E invece sì, ti sto chiedendo di salvare la
donna che ami” insisté Antonio. “A Genova lei sarà al sicuro e magari veramente
l’aria di mare la guarirà. Troverò un modo sicuro perché vi possiate scrivere
senza insospettire nessuno e poi… e poi chi può prevedere il futuro? Suo marito
viaggia continuamente per affari, in tutta Europa. Potrebbe incontrare un’altra
donna, innamorarsi e ripudiare sua moglie… allora tu la salveresti, prendendola
con te. Oppure… insomma, potrebbe succedere qualsiasi cosa. Io sono sicuro,
veramente sicuro, che vi riunirete. Magari non subito, magari dovrete
pazientare qualche anno, ma siete ancora così giovani. Ne sono certo, Giuliano,
siete destinati a stare insieme.”
“Come sei sicuro che Medici e Pazzi
diventeranno una sola grande famiglia?”
domandò il giovane, scettico.
“Certo!” Antonio annuì con convinzione. “Non lo
siete già per buona parte? Guglielmo e Bianca, Francesco e Novella, i loro
figli… Sarà lo stesso per te e Simonetta, te lo prometto, abbi solo fiducia in
me.”
A volte Giuliano, così come Lorenzo, sospettava
che Antonio avesse qualche strano e segreto potere magico… come avrebbe fatto,
altrimenti, a tenere buono quel cane rabbioso di Jacopo? A instaurarci una
specie di relazione a cui preferiva non pensare? Allora perché non credere alle
sue parole? Se poteva andare d’accordo con Jacopo, poteva praticamente fare di
tutto, miracoli compresi.
“Va bene, Antonio, mi fiderò di te. Non sarà
facile, però… posso provare…”
“Io ti aiuterò, non sarai solo. Andrà tutto
bene, Giuliano” promise il ragazzo. Giuliano, commosso, lo abbracciò forte. La
sicurezza e l’ottimismo di Antonio a volte riuscivano ad essere contagiosi e
adesso anche lui cominciava a credere, a sperare in un futuro alla luce del
sole per lui e Simonetta…
Doveva solo avere pazienza.
Così, più tardi quella sera, Antonio poté far
ritorno a Palazzo Pazzi sfoderando il suo sorriso più luminoso e assicurando a
Messer Pazzi che, pur avendo guardato dappertutto, non aveva trovato niente di
compromettente sui Medici.
“Era come pensavo, avete visto? I Medici non
tramano niente e non fanno affari disonesti con nessuno” annunciò, trionfante.
“Molto probabilmente sono soltanto bravi a
nascondere le tracce dei loro sporchi traffici” replicò Jacopo, infrangendo le
aspettative del giovane Orsini. “Bene, comunque ci hai provato. In realtà non
pensavo che fosse così facile smascherarli, tessono trame e intrighi da così
tanti anni che saranno diventati espertissimi nel celarli. Dovrò trovare un
altro modo per renderli inoffensivi…”
“Non potrebbe essere semplicemente che Lorenzo
e la sua famiglia sono veramente onesti e vogliono il bene di Firenze? Forse
voi pensate a suo nonno Cosimo, ma Lorenzo non è lui e…”
“I Medici sono tutti disonesti e mentitori e
porteranno solo male a Firenze” tagliò corto l’uomo. “Tu sei un ragazzino, non
sai niente di politica, di affari e nemmeno delle vicende di questa città. Io
non mi faccio ingannare dai bei discorsi del tuo amico Lorenzo.”
Antonio non si lasciò smontare e rispose con un
semplice sorriso alle solite sparate di Jacopo.
Era proprio una fortuna che fosse stato lui a
scoprire la storia tra Giuliano e Simonetta e che avesse messo in guardia il
suo amico.
Come sempre, doveva riuscire a restare un passo
avanti a Messer Pazzi, per il suo bene e per quello di tutti!
Quella
mattina, al Consiglio dei Priori, Antonio si sarebbe messo volentieri le mani
nei capelli.
Cosa
doveva fare che non avesse già provato mille volte?
Cosa
doveva fare con Jacopo Pazzi?
Ogni
volta che credeva di aver risolto una cosa, ecco che Messer Pazzi se ne
inventava un’altra da tramare, un altro inganno, altre malefatte…
Lo
prendeva in giro o cosa?
Non
contava niente, per Messer Pazzi, tenerlo con sé tutte le notti? Non voleva
dire niente per lui quello che facevano? Eppure Antonio pensava di aver
conquistato la sua fiducia, di aver cambiato qualcosa nella sua vita: aveva
fatto in modo che si riconciliasse con i suoi nipoti, gli aveva dato il suo
appoggio quando gli aveva annunciato che si sarebbe candidato come nuovo
Gonfaloniere…
Accidenti,
aveva persino accettato di ficcanasare nelle carte di Lorenzo per cercare di
aiutarlo!
Sì,
beh, c’era quella questione di Simonetta Vespucci e Giuliano… ma quelli non
erano mica affari di Messer Pazzi. Anzi, Antonio era stato orgoglioso del
lavoro svolto: Giuliano si era convinto a lasciar andare la donna amata e
Messer Vespucci aveva portato la moglie a Genova perché l’aria di mare giovasse
alla sua salute.
Ovviamente,
il giovane Orsini non voleva certo che l’amico rinunciasse alla sua amata:
Clarice si era dichiarata disposta a scrivere a Simonetta come se fossero
vecchie amiche… e in ogni lettera Giuliano avrebbe potuto nascondere un suo
messaggio, al quale lei avrebbe potuto rispondere fingendo di rispondere a
Clarice. Insomma, un sistema di spionaggio che nemmeno l’FBI…
Eppure
Jacopo Pazzi riusciva a rovinare in dieci minuti quello che poi ad Antonio ci
volevano almeno tre settimane per riparare!
Quella
mattina, per l’appunto…
Lorenzo
stava riferendo al Consiglio dei Priori che Giuliano si era dovuto recare a
Città di Castello per sedare delle rivolte che stavano avvenendo contro il
Gonfaloniere della città, Messer Vitelli, un uomo corrotto che aveva aumentato
le tasse per suo tornaconto. Giuliano aveva convinto l’uomo a ridurre le
imposte e poi aveva aiutato finanziariamente le famiglie più indigenti… una
cosa molto nobile, certo, pensava Antonio: peccato che fosse stato proprio
Jacopo a istigare le rivolte contro Vitelli!
Ma
perché? Cosa gli aveva fatto Città di Castello?
Oddio,
cosa gli aveva fatto anche Volterra, per dirla tutta?
“Come
al solito, i Medici sfoggiano la loro generosità per gloriarsi agli occhi dei
Priori” stava dicendo in quel momento Jacopo, in piedi davanti al Gonfaloniere Petrucci
e a tutti i presenti, con un sorriso ironico sul volto. “Ma tanta ipocrisia non
servirà a niente, visto che l’esercito papale è già in marcia per punire Città
di Castello. Ci sarà di nuovo una guerra e la falsa magnanimità dei Medici avrà
portato frutto solo alla loro immagine! La famiglia Medici ci ha grandemente
deluso ancora una volta.”
Petrucci
intervenne, visibilmente seccato.
“Lorenzo
ha mandato suo fratello a Città di Castello per convincere il Gonfaloniere ad
abbassare le tasse e a portare aiuto alle famiglie più bisognose, che altro
avrebbe potuto fare?”
“Gonfaloniere
Petrucci, voi non dovreste essere neutrale?” lo attaccò subito Jacopo, e la
sala del Consiglio si riempì di voci. Chi si scandalizzava, chi applaudiva la
provocazione di Pazzi, chi si sdegnava per la sua aperta disapprovazione
dell’operato del Gonfaloniere. In mezzo a tanta confusione non si udì il
sospiro sconfortato di Antonio…
“Santo
cielo… ora vuole mettersi pure contro il Gonfaloniere? Ma che gli è preso oggi?
Io non so più cosa fare con lui…” mormorò.
“Messer
Pazzi, ritirate immediatamente quello che avete detto!” esclamò Petrucci,
indignato.
Jacopo
sorrise soddisfatto.
“Niente
affatto. Anzi, annuncio ufficialmente che mi candiderò come Gonfaloniere alle
prossime elezioni” dichiarò, compiaciuto. “E’ giunta l’ora che Firenze abbia un
Gonfaloniere che non si occupi solo di favorire i Medici.”
Allora
sì che i presenti si infervorarono, chi a sostegno di Jacopo e contro la
supremazia dei Medici, chi a deplorare la sua inopportuna candidatura. Lorenzo
e Giuliano erano allibiti. Jacopo si rimise seduto, con un sorriso trionfante
sul volto.
Antonio
scuoteva il capo e non sapeva dove sbattere la testa…
“Non
aveva… come dire… un qualsiasi altro
momento e modo per annunciare la sua candidatura a Gonfaloniere? Ma allora
lo fa apposta…” gemette, senza che nessuno potesse udirlo per il caos che si
era creato nella Sala dei Priori dopo quell’ultima sparata di Messer Pazzi!
Certo
che, se si poneva in quel modo, non avrebbe trovato poi molti disposti a votare
per lui. E poi quella storia di Città di Castello… Antonio aveva sentito dire a
Palazzo Medici che Jacopo aveva mandato i suoi uomini di fiducia a corrompere
Vitelli e che, poi, gli stessi delinquent… uominidifiducia erano stati incaricati di fomentare i disordini in città.
Forse avrebbe dovuto chiedere qualche spiegazione all’uomo, ma ormai aveva
capito che non gliene avrebbe date, anzi, avrebbe cambiato discorso come faceva
sempre, dicendogli che lui era un ragazzino e non capiva niente di politica.
Un’idea
si fece strada nella mente del giovane Orsini, un’idea in realtà assurda, ma
che lui considerò la perfetta quadratura del cerchio: avrebbe parlato con
Lorenzo e Giuliano e li avrebbe convinti ad appoggiare la candidatura di
Jacopo. Così, poi, Pazzi sarebbe stato costretto a mostrare loro riconoscenza
per il sostegno e l’aiuto ricevuti e si sarebbe mostrato più disponibile a
collaborare con i Medici per il bene di Firenze.
In
teoria era un’iniziativa bellissima, peccato che Antonio non avesse capito un
beneamato di come stessero realmente le cose, ma tant’è!
Conclusa
quella riunione memorabile del Consiglio dei Priori, il ragazzo seguì i suoi
amici a Palazzo Medici per comunicare loro la sua brillante idea.
Com’è
ovvio, Lorenzo e Giuliano, che non vivevano sulla luna, non accolsero quella
proposta con l’entusiasmo che Antonio si aspettava…
“Antonio,
non vorrei deludere le tue aspettative, ma non esiste proprio che la famiglia
Medici possa appoggiare la candidatura di Pazzi” rispose Lorenzo. “La nostra
famiglia è sempre stata fedele a Petrucci e, del resto, il Gonfaloniere ci ha
ripagato con il suo sostegno e la sua amicizia.”
“Ah,
ma allora Messer Pazzi aveva ragione a dire che Messer Petrucci non è neutrale”
esclamò il ragazzo, cadendo dalle nuvole.
“Sveglia,
Antonio! A Firenze nessuno può essere neutrale!” replicò Giuliano, molto meno
paziente del fratello. “Cioè, nessuno a parte te, che ancora credi che possa
esistere un accordo tra noi, che siamo tuoi amici, e quell’uomo là con cui vai
a…”
“Giuliano,
lasciamo perdere questo argomento, per carità!” lo interruppe Lorenzo. “E tu,
Antonio, devi capire che, se Jacopo vuole diventare Gonfaloniere, è solo per
ostacolare tutte le nostre iniziative e portare la nostra famiglia alla rovina.
Non possiamo assolutamente votare per qualcuno che farà di tutto per
distruggerci.”
Antonio
parve molto deluso dalle parole di Lorenzo e le sue speranze di armonia e
collaborazione andarono in fumo.
“Sì,
forse avete ragione” ammise, “però allora potrei parlare con Messer Pazzi e
spiegargli che voi sareste pure disposti ad appoggiarlo se lui decidesse di non
ostacolarvi più.”
“Auguri!”
fece Giuliano, ironico. “Sei ancora convinto che quello ti ascolti?”
“Non
possiamo impedirti di tentare” disse invece Lorenzo, lanciando un’occhiata al
fratello. “Parla con lui, se pensi che possa servire. Ad ogni modo noi non
potremo appoggiare la sua candidatura finché non saremo assolutamente certi che
lui non userà il suo potere per schiacciarci.”
Era
il modo diplomatico di Lorenzo per dire che avrebbe votato per Jacopo solo
quando il fiume Arno avesse cominciato a scorrere al contrario…
Antonio,
tuttavia, parve soddisfatto.
“Farò
così, allora” dichiarò, trionfante. “Gli parlerò e lo convincerò che questo
accordo sarebbe la cosa più vantaggiosa anche per lui!”
“Certo,
come no” commentò Giuliano a bassa voce, guardando il giovane Orsini che usciva
baldanzoso dal palazzo per andare a fare il suo bel discorsetto a Jacopo Pazzi.
“Lorenzo, potevi dirgli la verità pura e semplice, no?”
“Non
voglio togliere ad Antonio le sue illusioni: lasciamo che sia lui stesso a
capire che Pazzi non ha la minima intenzione di collaborare con noi, né ora né
mai” ribatté il fratello. “Intanto io andrò a parlare con Messer Ardinghelli
per convincerlo a votare per Petrucci.”
“Molto
bene, io invece farò lo stesso con Messer Vespucci” disse Giuliano.
Povero
Antonio! Mentre lui si adoperava per favorire un accordo impossibile tra i
Medici e Jacopo, i suoi amici avrebbero convinto i Priori a votare contro di
lui… e, del resto, Pazzi avrebbe intrigato e ricattato altre famiglie per
ottenere il loro voto. La sua era proprio la tipica Mission Impossible!
Così
il giovane Orsini si recò a Palazzo Pazzi per la sua impresa e Giuliano, invece, andò a parlare con Messer Vespucci come
concordato con il fratello. Quando arrivò alla dimora dell’uomo, tuttavia, ebbe
una brutta sorpresa: sapeva già che Simonetta era a Genova da due settimane, ma
anche suo marito era in partenza e i servi stavano caricando nelle carrozze gli
ultimi bagagli. Il palazzo era ormai spoglio e abbandonato.
“Messer
Vespucci, cosa…?” domandò il giovane, allibito. “State partendo? E’ forse
accaduto qualcosa alla vostra sposa?”
“Simonetta
sta molto meglio, grazie a me che ho deciso di strapparla da questo ambiente
immorale” ribatté l’uomo, astioso. “Non mi stupirei, infatti, se si fosse
ammalata proprio a causa del tanto tempo trascorso a posare per quel depravato
del vostro amico pittore, con la benedizione vostra e della vostra viscida
famiglia!”
Giuliano
trasalì. Per fortuna Vespucci aveva creduto che fosse stato Sandro Botticelli a
corteggiare Simonetta… però, a quanto pareva, considerava anche lui un
pervertito che aveva cercato di concupirla. Meno male che Antonio ci aveva
visto giusto, almeno quella volta! Quel ragazzo era un mistero: tanto era
sveglio e capace nel comprendere le persone e valutare le situazioni, quanto si
perdeva in un bicchier d’acqua di fronte a Jacopo Pazzi…
“Sto
raggiungendo mia moglie a Genova e resterò con lei per quanto me lo
permetteranno i miei affari” riprese Vespucci, “tuttavia…”
Guardò
con disprezzo Giuliano prima di sputargli addosso il suo veleno.
“Tuttavia
sarò di ritorno a Firenze il giorno delle elezioni del nuovo Gonfaloniere, per
dare il mio voto a Messer Pazzi, com’è mio preciso dovere” concluse con
acrimonia.
“Ma…
perché?” chiese il giovane Medici, sbalordito.
E
lui che era andato a chiedergli proprio il suo voto contro Jacopo!
“Perché
è grazie a Messer Pazzi se ho aperto gli occhi sulle depravazioni di Botticelli
e della vostra vergognosa e immorale famiglia! Mi ha spiegato come perfino voi
avreste voluto traviare e perdere la mia virtuosa e innocente Simonetta… meno
male che sono intervenuto in tempo. Jacopo Pazzi merita il mio voto per avermi
svelato la verità e aver salvato l’onore di mia moglie. E ora addio, Messer
Medici, mi rivedrete soltanto alle elezioni, quando voterò per Pazzi!”
Congedato
bruscamente, Giuliano non poté fare altro che andarsene, sconfitto e
preoccupato. Vespucci avrebbe votato per Pazzi… ancora una volta Jacopo aveva
messo per primo le sue grinfie sulla preda designata. Lui poteva solo
ringraziare Antonio che lo aveva avvertito per tempo, altrimenti le cose
sarebbero potute andare molto peggio di così!
E
quell’ingenuo e illuso ragazzino continuava a credere di poter redimere quell’intrigante, subdolo e
meschino di Jacopo Pazzi. Giuliano cominciava a pensare che nemmeno un miracolo
avrebbe mai mutato il carattere di quell’uomo!
We can fight them I can say that I can win it all Come with me and I will make my worst
untold Let me do this...
(“Renaissance” – Skin)
Giuliano tornò a Palazzo Medici molto deluso, annunciando al
fratello che non era riuscito ad ottenere l’appoggio di Vespucci e che, anzi,
l’uomo era infuriato per via della relazione che credeva esistesse tra Sandro
Botticelli e Simonetta e aveva deciso di votare per Pazzi.
“Anche a me non è andata molto meglio” sospirò Lorenzo,
sconfortato. “Ardinghelli ha detto che non voterà per Pazzi, ma nemmeno per
Petrucci che ha danneggiato i suoi affari. E, come se non bastasse, anche
Soderini ha detto che voterà per Jacopo, solo Dio sa perché!”
No, in realtà oltre al Padreterno lo sapeva anche Jacopo
Pazzi, ma tutta questa storia sarebbe venuta fuori più avanti…
In quel momento i due fratelli vennero raggiunti da
Francesco, anche lui con un’aria piuttosto pensierosa.
“Vi ho sentito parlare a proposito della candidatura di mio
zio come nuovo Gonfaloniere: vi assicuro che non ne sapevo niente e che sono
rimasto sbalordito quanto voi da questa sua decisione. Come potete immaginare,
non parliamo molto ultimamente” disse.
“Non preoccuparti, Francesco, lo sappiamo” rispose Lorenzo.
“Quello che davvero conta è il tuo voto, come puoi ben immaginare.”
Francesco apparve ancora più a disagio.
“Lorenzo, io… non mi presenterò alla votazione” ammise il
giovane. “Addurrò come scusa che mia moglie Novella sta per partorire e che
desidero rimanere accanto a lei. Cercate di capirmi, io non voglio votare per
qualcuno che tenterà di rovinarvi in ogni modo, ma… non posso neanche votare
contro mio zio. Non posso farlo, semplicemente non posso!”
Giuliano sembrava voler obiettare, ma Lorenzo lo trattenne.
“Va bene, ti capisco e forse, al tuo posto, anch’io mi
comporterei come te. Non possiamo contare sui voti, dunque dovremo agire in un
altro modo per ottenere l’appoggio dei Priori e impedire a Jacopo di
distruggerci, come progetta di fare” decise.
“Qual è la tua idea?” domandò Francesco, sollevato al
pensiero che il suo mancato voto non sarebbe stato poi così decisivo.
“Potremo fare in modo che la maggioranza abbandoni Jacopo e
decida di sostenere Petrucci se riusciremo a rinsaldare l’alleanza con Milano e
Venezia” spiegò il giovane, che aveva riflettuto a lungo sulla questione.
“Giuliano, tu dovrai andare a Milano a parlare con il Duca Sforza,
presentandogli una mia lettera, e convincerlo a firmare il trattato. Nel
frattempo, io dovrò recarmi a Città di Castello per tentare di fermare le
truppe del Papa: non posso permettere un altro massacro come quello di
Volterra.”
“E sarebbe questo il modo per fermare Jacopo?” fece Giuliano,
ben poco convinto.
“Questo è tutto ciò che possiamo fare, ma questa volta non
dobbiamo assolutamente fallire. Nessuno dei due” affermò il giovane Medici con
decisione.
Così, mentre Giuliano partiva per Milano e Lorenzo cavalcava
verso Città di Castello, sperando almeno questa volta di giungere in tempo per
scongiurare una carneficina, Antonio si trovava nella tana del lupo… cioè, a
Palazzo Pazzi, per cercare di ottenere spiegazioni da Jacopo. Sì, va bene, lui
voleva diventare Gonfaloniere, era un’ambizione legittima… o almeno così
pensava Antonio… ma perché coinvolgere Città di Castello, le truppe papali e
tutta la compagnia? Cosa c’entravano con delle elezioni che riguardavano
Firenze e soltanto Firenze?
Jacopo, tuttavia, aveva sviluppato una simpaticissima abitudine: ossia, quando non voleva rispondere alle
domande troppo dirette di Antonio, si limitava a ignorarlo allegramente e a
cambiare argomento.
“Dovresti congratularti con me, giovane Orsini, invece di
farmi tante domande fuori luogo” gli disse, compiaciuto. “La carica di
Gonfaloniere sarà sicuramente mia: oltre ai sostenitori della mia famiglia ho
ottenuto i voti di Vespucci e Soderini, che hanno sempre appoggiato i Medici.”
Antonio rimase sbigottito e una lieve preoccupazione si fece
strada in lui: come aveva fatto Jacopo a convincere Vespucci? Era forse venuto
a sapere qualcosa di quella famosa lettera che lui aveva fatto distruggere a
Giuliano? Il ragazzo cominciò a temere che tutto il suo bel piano per
allontanare Simonetta e salvare lei e Giuliano fosse andato in fumo…
“Messer Vespucci?” chiese con una vocina piccola piccola.
“Non sapevo nemmeno che lo conosceste…”
“E’ vero, non lo conosco bene come gli altri Priori, ma
ottenere il suo voto è stato semplicissimo” replicò l’uomo, pienamente soddisfatto
del suo operato. “Sapevo che aveva avuto dei diverbi con Botticelli e che
sospettava che l’amico di Lorenzo fosse l’amante di sua moglie. Non ho fatto
altro che ingigantire i suoi dubbi e suggerirgli che, probabilmente, anche
Giuliano de’ Medici stava tentando di piegare Madonna Vespucci alle sue voglie.
Per questo andava così spesso nella bottega del pittore.”
“Ma… ma non è vero!” protestò Antonio, sollevato tuttavia nel
comprendere che Jacopo non sapeva niente e che si era basato solo su dicerie e
pettegolezzi. “Nessuno ha mancato di rispetto a Madonna Vespucci e Giuliano
andava sempre nella bottega di Sandro anche prima, sono molto amici e…”
Jacopo si mise a ridere.
“Sei veramente ingenuo e inesperto per quanto riguarda la
politica, ragazzino” commentò, divertito. “Non ha importanza cosa è vero e cosa
non lo è, ma cosa mi avvantaggia. Non
mi interessa che Simonetta Vespucci sia l’amante di Botticelli, di Giuliano, di
Lorenzo o di mezza Firenze, quello che conta è che suo marito si sia indignato
con i Medici e abbia deciso di votare per me, pensando che io abbia voluto
tutelare l’onore di quella donna.”
Ah,
ecco, così funziona la politica secondo lui… pensò, deluso, il giovane
Orsini. Era contento che Pazzi non avesse scoperto la relazione tra Giuliano e
Simonetta, ma quella sua mancanza di scrupoli lo feriva.
E ancora non aveva sentito la parte migliore!
“Bene, ma proprio non riesco a capire come abbiate potuto convincere
Messer Soderini, che è amico di Lorenzo e della sua famiglia da anni” disse,
meditabondo.
“Oh, quello è stato ancora più facile e non ho avuto bisogno
di inventare niente” ribatté l’uomo, ancora più compiaciuto di se stesso. “Mi è
bastato rammentare a Soderini che, anni fa, era stato lui ad appoggiare
l’attentato a Piero de’ Medici, sostenendo che fosse un debole e che avrebbe
portato la rovina a Firenze. Pare che Lorenzo non fosse a conoscenza di questo
piccolo particolare e, ovviamente, le cose resteranno così soltanto se Soderini
voterà per me.”
Questa Antonio davvero non se l’aspettava…
“Non posso crederci” mormorò, allibito. “Messer Soderini era
uno dei mandanti dell’attentato ai Medici? Ma come…”
“Te l’ho detto che non capisci niente di politica, ragazzo.
E’ così che funziona nel nostro mondo. Adesso, però, ho presentato il conto a
Soderini e mi sono guadagnato il suo voto” disse Jacopo, con un sorriso
trionfante.
Antonio, ancora più mortificato, preferì non indagare oltre
su chi altri fosse coinvolto nel famoso attentato contro i Medici, anche perché
ne aveva una vaga idea…
“Dunque voi volete diventare Gonfaloniere usando le menzogne
e i ricatti, Messer Pazzi?”
Se quella domanda gliel’avesse rivolta chiunque altro, Jacopo
l’avrebbe mangiato vivo, ma siccome si trattava di Antonio si limitò a
ridacchiare.
“Conosci forse un metodo più efficace di questo, giovane
Orsini?” gli chiese di rimando.
Antonio piantò gli occhioni neri sgranati in faccia a Jacopo.
“Io penso che il modo migliore sia un altro” replicò con
candore. “Voi dovreste offrire a Firenze qualcosa di eccezionale, un po’ come
fa Lorenzo con i suoi trattati di alleanza. Così allora tutti voterebbero per
voi e vi acclamerebbero come colui che ha reso ricca e potente la città… come
fecero i vostri antenati che conquistarono i loro privilegi con atti di valore
e magnanimità e non certo con intrighi e complotti!”
Jacopo ridacchiò ancora una volta, sebbene in realtà fosse
intenerito dalla visione idealizzata del ragazzo e lusingato dall’accenno al
valore dei suoi antenati, cui lui teneva tanto (sì, nel caso non si fosse
capito…).
“Queste tue idee non sono sbagliate, ragazzino, e magari
potrò anche seguirle una volta ottenuta la carica di Gonfaloniere” disse,
avvicinandosi al giovane, “tuttavia per ottenere il potere spesso è necessario
giocare sporco.”
Antonio continuava a non essere molto convinto, ma si sentiva
come ipnotizzato dallo sguardo e dalla vicinanza di Jacopo: insomma, quando
Pazzi era nei paraggi, Antonio iniziava a non capire più niente!
“Tu sei un ragazzo intelligente, sebbene molto ingenuo,
perciò, quando sarò Gonfaloniere, accetterò volentieri i tuoi consigli per
governare meglio, fare il bene di Firenze e mostrare quelle doti di magnanimità
e lungimiranza che… beh, che forse non sono proprio quelle che spiccano di più
nel mio carattere. Così sarò benvoluto e acclamato dai cittadini, proprio come
hai detto tu” concluse, poi lo aggranfò per baciarselo tutto, profondamente e
quasi con ferocia, acceso dall’idea di ottenere il potere che desiderava e di
essere rispettato e onorato come i suoi antenati.
Sospinse Antonio verso la camera da letto e là si impegnò in
un altro dei modi che usava spesso per farlo tacere e interrompere la pletora
delle sue domande fin troppo imbarazzanti. E, in fondo, anche per Jacopo era
piacevole e rilassante immergersi nel candore e nella dolcezza di Antonio e
dimenticare, almeno per un po’, il fango della realtà in cui viveva.
Alla fine il giovane era talmente affannato e disfatto da non
avere più nulla da domandare, con la mente completamente vuota, perso nella
stretta dell’uomo. Fu Jacopo a riprendere la parola per primo, tenendo tra le
braccia quel ragazzino che tanto lo divertiva e lo lusingava.
“Dunque quando sarò Gonfaloniere tu resterai al mio fianco e
mi appoggerai per il bene di Firenze, non è così?” chiese, dando già
disinvoltamente per scontato che il nuovo Gonfaloniere sarebbe stato lui e
tanti saluti a Petrucci.
“Per il bene di Firenze… e non solo” mormorò Antonio, del
tutto abbandonato nel suo abbraccio. “Io resterò sempre accanto a voi comunque
vadano le cose, ve lo prometto, Messer Pazzi.”
E questa promessa segnava il suo destino, sebbene il giovane
Orsini ancora non potesse saperlo…
Jacopo sorrise di nuovo, soddisfatto, ma questa volta non
rivelò ad Antonio quello che veramente pensava. Certo che sarebbe stato bello
governare la sua Firenze accanto a quel ragazzino… e lo avrebbe fatto, ma prima
si sarebbe sbarazzato dei Medici una volta per tutte. Avrebbe mandato in rovina
la loro Banca e li avrebbe cacciati dalla città, approfittando del suo potere
come Gonfaloniere.
Ovviamente, però, questo non poteva dirlo ad Antonio… ed
infatti se ne guardò bene! Il ragazzo doveva sapere soltanto quello che faceva
comodo a lui per sostenerlo e dargli il suo appoggio.
I can say that I can
change the world But if you let me I can make another world for us Let me suffer all for you Make this vision all brand new…
(“Renaissance” – Skin)
Nei giorni seguenti le cose sembrarono girare a
favore dei Medici: Giuliano aveva convinto il Duca Sforza a firmare il trattato
di alleanza con Firenze e Venezia; Lorenzo era riuscito a fermare le truppe
papali che si erano limitate a destituire il corrotto Gonfaloniere Vitelli
senza fare del male agli abitanti di Città di Castello.
Questi importanti risultati furono di grande
aiuto per la famiglia Medici che, a questo punto, poteva anche accettare il
fatto di aver perduto qualche voto per Petrucci. I Priori avrebbero sicuramente
apprezzato gli sforzi dei due fratelli e l’importanza di queste conquiste in
favore di Firenze, appoggiando quindi il loro candidato come Gonfaloniere.
Insomma, pareva proprio che, anche questa
volta, i sogni di gloria di Jacopo avrebbero dovuto ridimensionarsi. Mai ‘na gioia
per lui, in parole povere…
Antonio, come al solito, pensò che sarebbe
stato suo dovere andare a parlare con lui per anticipargli che, forse, il
risultato delle elezioni non sarebbe stato proprio quello che lui si aspettava
e, magari, sperando di non beccarsi un altro ceffone… Per Jacopo Pazzi, a
quanto pareva, non valeva il detto Ambasciator
non porta pena!
Entrando a Palazzo Pazzi, però, il giovane
Orsini udì un colloquio piuttosto concitato tra Jacopo e un’altra persona e si
fermò sulla soglia, incerto. Gli parve di riconoscere la voce di Luca Soderini
e, preoccupato, rimase fuori dalla stanza ad ascoltare. Sì, sapeva che non
stava bene origliare, ma aveva anche capito che in quel folle mondo in cui si
era trovato a vivere doveva cercare di restare sempre un passo avanti a Jacopo.
Soderini aveva detto a Pazzi che non avrebbe
tradito Lorenzo, che anzi gli avrebbe confessato la verità subendone le
conseguenze e che, quindi, avrebbe dato il suo voto a Petrucci.
Quest’uomo cambia idea a seconda di come cambia il vento, pensò Antonio, aspettandosi una reazione violenta da parte
di Jacopo.
“Siete un uomo onesto, Luca, e io vi rispetto”
disse invece Pazzi, sorprendendo tanto Soderini quanto Antonio. “Potete andare,
adesso, non c’è altro da dire.”
Con il cuore che gli batteva a mille, il
ragazzo uscì dal palazzo e finse di passare di lì per caso. La reazione
inaspettata di Jacopo non lo aveva convinto fino in fondo e poi, a dirla tutta,
aveva molta curiosità di parlare con Soderini e capire meglio la sua posizione
nei confronti di Lorenzo.
“Buon pomeriggio, Messer Soderini. Mi
permettete di accompagnarvi a casa? Vorrei parlare con voi in privato” disse il
giovane Orsini al Priore.
Se Soderini era rimasto stupito nel trovare
Antonio fuori da Palazzo Pazzi, non lo diede a vedere più di tanto e accettò la
sua offerta. I due si incamminarono insieme e Antonio iniziò con le sue domande
prendendola piuttosto alla larga e fingendo di non aver udito una parola del
dialogo che l’uomo aveva appena avuto con Jacopo Pazzi.
“Messer Soderini, vi confesso di essere rimasto
piuttosto stupito quando Lorenzo ci ha annunciato che avreste votato per Messer
Pazzi” disse. “So che siete amico della famiglia Medici da molto tempo e devo
confessarvi che Lorenzo è rimasto molto deluso dalla vostra decisione.”
Soderini sembrava a disagio. Insieme ad Antonio
imboccò un vicolo che lo avrebbe portato più velocemente al suo palazzo e,
camminando in fretta, iniziò a parlare.
“La mia decisione è cambiata” annunciò. “Non
darò il mio voto a Jacopo Pazzi e…”
In quel momento un’ombra uscì improvvisa da una
rientranza e fece per slanciarsi contro Soderini, brandendo una daga. Antonio,
colto alla sprovvista, lanciò un grido e Soderini scartò di lato, impedendo
così all’uomo armato di colpirlo, quindi cercò di afferrare il braccio del
sicario per vederlo in faccia.
Il mantello scuro che ricopriva il volto
dell’uomo ricadde da un lato e sia Antonio sia Soderini videro chiaramente il
volto patibolare dello sgherro di Jacopo. Il sicario, vistosi riconosciuto,
esitò. La sua prima intenzione sarebbe stata quella di prendere a coltellate
tutti e due, tanto per togliersi il pensiero, ma il grido di Antonio era stato
udito in strada, alcune persone cominciavano ad affacciarsi all’imboccatura del
vicolo e, fatti due conti, il sicario ritenne più prudente dileguarsi prima che
a qualcuno venisse in mente di chiamare i birri…
“Messer Soderini, state bene? Siete ferito?” si
preoccupò subito Antonio, avvicinandosi all’uomo. Intanto, le persone che si
erano raccolte all’imboccatura del vicolo, vedendo che non accadeva più niente
di emozionante, si stavano allontanando… in fondo il mondo di allora non era
poi tanto diverso da oggi!
“Sì, sto bene, ma… quell’uomo, io l’ho riconosciuto.
E’ uno degli uomini di Jacopo Pazzi!” esclamò il Priore, a metà tra lo
sconvolto e l’indignato. “Pazzi voleva uccidermi perché non dessi il mio voto a
Petrucci! Antonio, dobbiamo andare subito al Palazzo dei Priori, convocare una
riunione e denunciarlo. Tu eri con me, hai visto tutto, sarai un testimone.
Dobbiamo andare immediatamente!”
“Messere, siete turbato, è comprensibile. Vi
accompagno a casa e vostro figlio Bastiano si occuperà di voi” replicò a
sorpresa il giovane, come se non lo avesse nemmeno sentito.
Soderini si voltò a guardarlo e rimase ancora
più sconcertato: Antonio era serio in volto come non lo aveva mai visto e il
suo sguardo era fermo, duro quasi, per quanto potesse fare il duro un
ragazzetto come lui… era poco credibile, ma il giovane sperava che avrebbe
funzionato. Non aveva studiato le mosse e gli atteggiamenti di Jacopo per
niente, durante tutto quel tempo, a qualcosa sarebbe pur dovuto servire!
“Antonio, hai capito quello che ho detto?
Dobbiamo denunciare Jacopo Pazzi al Consiglio, per aver tentato di assassinare
un Priore!” ripeté Soderini, che forse non aveva ancora chiaro con chi aveva a
che fare… o forse cominciava a sospettarlo.
“Io vi accompagnerò in due posti soltanto,
Messer Soderini” disse Antonio, tirando fuori il tono di voce più cupo e grave
del suo repertorio. “A casa vostra, se volete riposare e dimenticare tutta
questa brutta faccenda; oppure a Palazzo Medici per raccontare tutto a Lorenzo…
compresa la parte che avete avuto voi nella
storia.”
Luca Soderini era allibito. Conosceva Antonio
come un ragazzo semplice, gentile e generoso, sapeva che era amico di Lorenzo e
che cercava di favorire una riconciliazione tra i Medici e i Pazzi; oddio,
sapeva anche, come ormai quasi tutta Firenze, che il suo rapporto con Jacopo
Pazzi era piuttosto ambiguo a voler
essere buoni, ma non se ne era mai curato, perché la cosa non lo riguardava.
Eh, già, però adesso la cosa cominciava a
riguardarlo. Possibile che si fosse legato a Jacopo così tanto da tirar fuori
un lato oscuro che probabilmente
nemmeno sapeva di avere?
“Di che cosa stai parlando, ragazzo?”
“Del fatto che so tutto, so che Messer Pazzi vi
teneva in pugno perché era a conoscenza del vostro ruolo nell’attentato al
padre di Lorenzo e che voi, alla fine, vi siete rifiutato di cedere al ricatto.
Vi ammiro per il vostro coraggio, ma non vi permetterò di danneggiare Messer
Pazzi” affermò il giovane, ostentando una gelida calma che in realtà non
provava nemmeno lontanamente… ma che riteneva l’atteggiamento più consono al momento.
“Antonio, non mi dirai che vuoi veramente
proteggere quell’assassino, quel…”
“Forse devo spiegarmi meglio, Messer Soderini?
Avete due sole possibilità: potete tornare a casa e fingere che non sia mai
accaduto nulla, dicendo a Lorenzo che avete cambiato idea e che voterete per
Petrucci, appoggiando la sua famiglia come avete sempre fatto; in questo caso
nessuno saprà mai niente del vostro tradimento e voi sarete libero di votare
secondo coscienza, nessuno vi intimidirà più. Oppure potete andare da Lorenzo e
raccontargli tutto, sperando che vi perdoni… in quel caso dubito che potrete
mantenere il vostro seggio in Consiglio e votare alle elezioni, tuttavia sono
propenso a credere che Lorenzo vi perdonerà e, in ogni caso, io insisterò
perché lo faccia. Non subirete conseguenze in nessuno dei due casi” promise
Antonio. E, in quel momento, probabilmente Jacopo sarebbe stato fiero di lui,
se lo avesse visto: aveva recitato perfettamente la parte di quello che ti fa
un’offerta che non potrai rifiutare.
A quanto pareva, aveva imparato dal migliore!
“Non riesco a crederci… tu mi stai ricattando, giovane Orsini? Tu? E tutto
per proteggere quell’uomo e i suoi sporchi traffici?” Soderini era sbigottito.
“Jacopo Pazzi ha tentato di uccidermi e deve essere denunciato…”
“Non oserete denunciare Messer Pazzi ai Priori,
altrimenti sarò io stesso a denunciare voi
agli stessi Priori, per l’attentato a Piero de’ Medici. Sono stato più chiaro,
adesso?” dichiarò Antonio, con maggior convinzione. Dentro si sentiva la
persona più abietta e crudele dell’universo, ma non avrebbe lasciato che
Soderini nuocesse a Jacopo, mai, a nessun costo. Non poteva permettere che
Jacopo venisse arrestato… o peggio.
Soderini scosse il capo, impotente.
“Io non ti capisco proprio, figliolo” mormorò.
“Hai visto tu stesso i metodi che usa quell’uomo, hai visto che era disposto a
farmi uccidere, eppure lo difendi. Vuoi davvero che uno come Jacopo Pazzi
diventi Gonfaloniere?”
L’espressione sul volto del ragazzo si fece
triste e delusa.
“No, Messer Pazzi non diventerà Gonfaloniere”
replicò. “Non avrà più il vostro voto e la maggioranza dei Priori appoggerà i
Medici, perché Lorenzo è riuscito a concludere delle alleanze molto vantaggiose
per Firenze. Sarà Petrucci a vincere.”
E Messer Pazzi non sarà per niente contento quando lo saprà…
“Ma, allora… se tu non condividi i suoi metodi
e se sei dalla parte di Lorenzo, perché vuoi proteggerlo?” chiese ancora il
Priore Soderini. Poi guardò in faccia Antonio e lesse la risposta nei suoi
grandi occhi scuri… “Anzi, no, non dirmelo, credo proprio di non volerlo
sapere.”
“Dunque che cosa decidete di fare, Messer
Soderini?”
L’uomo aveva scelto: questa volta non sarebbe
stato un codardo.
“Andiamo a Palazzo Medici, racconterò tutto a
Lorenzo e accetterò la sua decisione, qualunque essa sia” dichiarò, convinto.
Finalmente Antonio poté rilassarsi e regalare
un sorriso a Soderini. Sorridere ed essere amichevole gli veniva molto più
spontaneo che recitare la parte del boss
di provincia…
“Molto bene, allora vi accompagnerò a Palazzo
Medici” disse. Pensava che Soderini avrebbe dovuto rinunciare al suo seggio fra
i Priori, Lorenzo avrebbe preteso almeno quello ma, tutto sommato, era anche
convinto che sarebbe stato perdonato.
Era stata dura, durissima per lui doversi
imporre su Soderini, ricattarlo, minacciarlo perfino. Si sentiva stanchissimo,
ma sapeva che avrebbe dovuto farci l’abitudine: Jacopo a volte aveva delle alzate d’ingegno che lo mettevano nei
guai e rovinavano tutto quello che Antonio sperava potesse ottenere. Non
sarebbe stato facile restargli sempre un passo avanti… ma che accidenti gli era
venuto in mente di tentare di far assassinare Soderini? Si era bevuto il
cervello? Meno male che lui era nei paraggi… non poteva proprio perderlo
d’occhio un istante che combinava qualcosa!
E così Antonio accompagnò Soderini a Palazzo
Medici e rimase con lui mentre confessava quello che, anni prima, aveva fatto
contro suo padre. Lorenzo lo ascoltò prima incredulo, poi indignato, infine
semplicemente addolorato per il tradimento di colui che aveva sempre
considerato un caro amico della sua famiglia.
“Come avete potuto, Luca? Mio padre vi voleva
bene, si è sempre fidato di voi…”
Luca Soderini, in coscienza, si sentiva
veramente un verme. A quel punto non contava più tanto cosa avrebbe deciso
Lorenzo, lui si sarebbe comunque ritirato dalla sua carica di Priore, poiché
non se ne sentiva più degno.
“Potrei dire che l’ho fatto per il bene di
Firenze, perché sapevo che vostro padre era un debole e che ne avrebbe causato
la rovina… ma ciò non mi assolverebbe, lo so bene” mormorò l’uomo. “Ero suo
amico, avrei dovuto parlargli, non agire alle sue spalle.”
Lorenzo era molto provato, ma riuscì a guardare
l’amico negli occhi e a superare il dolore.
“Non vi avrebbe ascoltato” replicò. “Io lo so
bene, perché ho dovuto fare quasi la stessa cosa, alla fine, per salvare
Firenze. Lui l’avrebbe messa nelle mani del Duca Sforza se io non lo avessi
tradito, prendendo il suo posto a capo della Banca Medici con l’appoggio dei
Priori. E’ vero, io non ho aggredito mio padre con un’arma, ma spesso mi chiedo
se… se con il mio gesto non abbia accelerato la sua morte. Anch’io l’ho
pugnalato alle spalle e, in fin dei conti, non sono migliore di voi.”
Sia Lorenzo che Soderini erano commossi e
straziati dai ricordi. Quello che sarebbe potuto essere un confronto drammatico
diventò, con grande soddisfazione di Antonio, una riconciliazione vera, che
veniva dal cuore. I due si abbracciarono, sciogliendo il rimorso delle azioni
passate in un pianto silenzioso.
La cosa, però, non finiva lì.
“Jacopo Pazzi mi aveva ricattato,
costringendomi a promettergli il suo voto se non volevo che lui ti rivelasse
tutto” spiegò poi Luca Soderini. “Inizialmente sono stato un codardo e ho
ceduto al suo ricatto, ma poi ho compreso… ho preferito dirti tutto io stesso.
E, comunque vada, mi dimetterò da Priore: non merito più di ricoprire quella
carica.”
A questo Lorenzo non poté muovere obiezioni.
Soderini aveva sbagliato e adesso sceglieva di punirsi, rinunciando alla
carriera politica e ai suoi privilegi. Peccato che Jacopo non fosse altrettanto
lungimirante… ma già, non sarebbe stato Jacopo Pazzi!
“Credo che sia la cosa giusta da fare, Luca, ma
non temete, nessuno saprà il vero motivo del vostro ritiro” disse il giovane
Medici. “Diremo in giro che avete compiuto questa scelta per motivi di salute.
E io chiederò ai Priori di concedere il vostro seggio nel Consiglio a Bastiano,
vostro figlio.”
Soderini lo fissò, incredulo e commosso.
“Sì, la vostra famiglia non deve essere punita
per un errore che voi avete commesso anni fa e di cui siete pentito. Sono certo
che Bastiano sarà un ottimo Priore” sorrise Lorenzo.
“Non so come ringraziarti, Lorenzo, davvero,
io… ero pronto a tutto, venendo qui, e la tua generosità mi lascia senza
parole” disse l’uomo. Si voltò verso Antonio, che aveva seguito tutta la scena
con grande partecipazione, e comprese che era anche merito suo se tutto era
finito nel modo migliore. Lui lo aveva salvato e lo aveva accompagnato da
Lorenzo…
Per riguardo ai sentimenti del giovane Orsini,
avrebbe taciuto su Jacopo e su ciò che aveva tentato di fare. In fondo, anche
lui si era macchiato di una colpa simile ed era stato perdonato…
“Mi chiedo, però, come reagirà Jacopo alla
vostra decisione” fece Lorenzo, notando quella sorta di sguardo d’intesa che
era passato tra Soderini e Antonio.
“Andrò a parlargli io, naturalmente!” si offrì
subito il ragazzo, mostrando un entusiasmo quanto mai ingiustificato. “Se
volete, Messer Soderini, vi accompagnerò a casa e poi mi recherò a Palazzo
Pazzi.”
Così fece, infatti. Scortò l’uomo fino a casa
sua (hai visto mai Jacopo volesse provare una seconda volta a mandare il suo
sicario…) e poi fece per incamminarsi verso la dimora di Pazzi.
“Antonio, aspetta” lo richiamò Soderini,
preoccupato. “Sei sicuro? Voglio dire, a quest’ora Jacopo saprà benissimo che
hai sventato i suoi piani… e se volesse vendicarsi su di te?”
Antonio sorrise, ostentando una sicurezza
maggiore di quella che provava.
“Non temete, io non credo che Messer Pazzi
potrebbe farmi del male. E poi, son pur sempre un Orsini, no? Non si metterebbe
mai contro una potente famiglia romana!” ribatté. “Vi porgo i miei saluti,
Messer Soderini.”
L’uomo guardò il giovane allontanarsi, senza
trovare altre parole per trattenerlo. Poteva solo sperare che Antonio avesse
ragione e che Jacopo riuscisse a ragionare lucidamente almeno davanti a lui. Il
ragazzo, in fondo, aveva fatto di tutto per proteggerlo quando sarebbe stato
così facile denunciarlo ai Priori…
Ma Jacopo sarebbe riuscito a capire quanto
Antonio fosse generoso, coraggioso e quanto, da vero incosciente, fosse
perdutamente innamorato di lui?
I will fight them I can say that I can change the world But if you let me I can change the world for us Come with me and Make this vision all brand new We can fight them…
(“Renaissance” – Skin)
Jacopo Pazzi, purtroppo, era già informato di come fossero
andate le cose quel pomeriggio. Il delinquente… pardon, sicario (che poi è la
stessa cosa!), che lo serviva era corso subito a Palazzo Pazzi e gli aveva
riferito tutto quello che era accaduto con Soderini… compreso, naturalmente,
l’intervento quanto mai inopportuno di Antonio. Si era anche permesso di
suggerire caldamente al suo signore il metodo più efficace e veloce per
risolvere la questione con grande
soddisfazione di tutti.
“Mio signore, temo che Soderini potrebbe andare a denunciarvi
ai Priori” aveva detto quella faccia da patibolo. “Desiderate che lo elimini
prima che ne abbia la possibilità?”
“No, ormai le cose sono andate così e, anzi, ucciderlo ora
sarebbe un tantino controproducente per me. Non avrei più modo di far ricadere
la colpa su Lorenzo come avevo progettato e, al contrario, io diventerei il
primo sulla lista dei sospettati” replicò Pazzi, pensieroso. “Ritengo comunque
che Soderini non parlerà perché sa che, se lo facesse, io potrei denunciare lui al giovane Medici per l’attentato a
suo padre.”
“Allora il ragazzo… lui potrebbe parlare” riprese lo sgherro,
che non voleva rinunciare all’opportunità di tagliare la gola a qualcuno.
“Volete che ci pensi io?”
Un lampo d’ira passò negli occhi di Jacopo.
“Assolutamente no!” ruggì, indignato. “Non dovrai torcere
nemmeno un capello al giovane Orsini, mi sono spiegato bene? Mi occuperò io
stesso di lui…”
Il sicario non era per niente d’accordo, per lui sarebbe
stato molto più facile e piacevole, oltre che sicuro, accoltellare tutti quanti
e togliersi il pensiero, tuttavia non poteva certo disobbedire.
“Come desiderate, mio signore” rispose allora, ma si vedeva
che ci era rimasto parecchio male. Si inchinò velocemente e se ne andò.
Quando Antonio giunse a Palazzo Pazzi trovò Jacopo che lo
aspettava nel suo studio, seduto alla scrivania e con un’espressione
indecifrabile sul volto… che, in genere, non prometteva niente di buono.
“Siediti, giovane Orsini” disse l’uomo, indicandogli la sedia
davanti alla sua scrivania. Il ragazzo obbedì all’istante, non c’era nemmeno da
sognarsi di ribattere a Jacopo quando era di cattivo umore come in quel
momento!
“E ora vorrei che mi spiegassi chiaramente che cosa hai
combinato con Luca Soderini” riprese Pazzi in tono inquisitorio.
Antonio trasalì: era evidente che l’uomo sapeva già tutto e
che lui avrebbe dovuto far valere le sue ragioni se non voleva che la faccenda
finisse male.
“Chi ve l’ha detto?” chiese. “Sono sicuro che è stato il
vostro uomo, lui…”
“Forse non ti è chiaro che siamo in casa mia e che qui le
domande le faccio io” lo interruppe Jacopo, mettendo in chiaro le cose tanto
per iniziare col piede giusto. “Come lo so non ha alcuna importanza, tu devi
solo spiegarmi che cosa hai fatto e perché.”
Antonio trasse un lungo sospiro e cominciò a parlare.
Del resto era convintissimo di aver fatto la cosa giusta, ora
doveva solo farlo capire a Pazzi. Semplice, no?
“Ho visto Messer Soderini uscire dal vostro palazzo e mi sono
offerto di accompagnarlo a casa. Mentre attraversavamo un vicolo, un uomo ha
cercato di aggredirlo, io ho gridato e lui, per non far accorrere gente, è
fuggito lasciandolo illeso. Era il vostro sicario, l’ho riconosciuto io e lo ha
riconosciuto Messer Soderini. Cosa pensavate di fare? Farlo assassinare perché
aveva cambiato idea e non vi avrebbe dato il suo voto? Ma non avete riflettuto
sul pericolo che correvate? E’ stata un’azione sconsiderata, per fortuna c’ero
io con il Priore…”
Jacopo rimase sorpreso da tanta sincerità e, sebbene non volesse
mostrarlo, era anche contento che Antonio non avesse cercato di mentirgli.
Capitava così raramente che qualcuno fosse tanto aperto con lui… già, chissà
perché?
“Non la definirei affatto una fortuna e mi sembra che lo
sconsiderato sia tu. Non hai pensato che Luca Soderini potrebbe denunciarmi ai
Priori per aver attentato alla sua vita? E’ questo che vuoi?” lo interruppe in
tono brusco, ostentando una rabbia che non provava per mettere alla prova il
giovane.
Antonio, però, non si lasciò turbare, sicuro com’era di aver
agito per il bene di Jacopo, oltre che per salvare la vita a Messer Soderini.
“No, non vi denuncerà. Sa benissimo che, se osasse fare una
cosa del genere, sarei io a denunciare lui per aver partecipato all’attentato
contro Piero de’ Medici” replicò. Il suo tono era calmo e tranquillo, ma la
luce nei suoi occhi fece immediatamente comprendere a Jacopo Pazzi che il
ragazzo diceva la verità e che anche Soderini lo aveva capito. Questa
consapevolezza riempì l’uomo di stupore, ma anche di una sorta di fierezza:
adesso sì che quel ragazzino dimostrava di essere un degno rappresentante della
famiglia Pazzi… per quanto lo fosse soltanto perché lui se lo portava a letto,
in sostanza, ma si poteva sorvolare su questo dettaglio insignificante.
“Mi stai dicendo che hai ricattato e addirittura minacciato
Luca Soderini? Proprio tu?” gli chiese, fissandolo come se Antonio gli avesse
appena annunciato di aver appiccato un incendio a Palazzo Medici.
“Sì, l’ho fatto e non mi è piaciuto per niente” ammise il giovane.
“Mi sono sentito una persona orribile, ma non potevo fare diversamente, era
l’unico modo, dovevo essere sicuro che non vi avrebbe denunciato ai Priori!”
“Parola mia, sei pieno di risorse inaspettate, ragazzo”
commentò Pazzi, ridacchiando. “Quindi posso stare tranquillo per quanto
riguarda Luca Soderini, terrà la bocca chiusa. Ma di te cosa devo pensare? Tu
hai visto tutto, potresti essere tu a denunciarmi: proprio per questo il mio
uomo voleva eliminarti a tutti i costi. Chi mi assicura che posso fidarmi di
te?”
Era un momento di grande intensità drammatica: Jacopo non
aveva la minima intenzione di fare del male ad Antonio, ma si divertiva a
spaventarlo per capire fino a che punto sarebbe stato disposto a spingersi pur
di appoggiarlo… anche quando non approvava i suoi metodi, come in quel caso.
Antonio trasalì, non tanto per la paura quanto per il dolore.
Davvero Messer Pazzi gli avrebbe fatto del male senza pensarci due volte?
Contava così poco per lui?
“Vorreste farmi uccidere, Messer Pazzi?” mormorò, nei suoi
occhi tutta la disperazione del mondo. “Come potete anche solo pensare che io
potrei denunciarvi quando ho fatto di tutto per proteggervi? E intendo proprio di tutto?”
Sentì delle lacrime inopportune pungergli gli occhi, ma non
era quello il momento di piangere.
“Mi sono sentito la persona più malvagia del mondo mentre
ricattavo Messer Soderini e minacciavo di denunciarlo ai Priori” ammise il
giovane, con il pianto nella voce, “eppure l’ho fatto lo stesso perché non
volevo che vi danneggiasse! Io… io non potrei mai sopportare che vi accadesse
qualcosa, io…”
Jacopo, colpito, si alzò dalla sedia, girò intorno alla
scrivania e andò verso Antonio, che appariva veramente disperato.
“Tutto questo l’ho fatto per voi, per voi solo, quindi adesso,
se davvero non vi fidate comunque di me, fatemi pure uccidere da quel
delinquente del vostro sicario!” esclamò. “Dov’è? Lo so che è qui nascosto da
qualche parte… Non mi importa niente, fatemi ammazzare se vi fa stare più
tranquillo, tanto lo so che per voi conto meno del due di spade quando briscola
è bastoni!”
Jacopo Pazzi era sempre più vicino al ragazzo. Era vero, si
era divertito a metterlo alla prova, a tirare la corda per verificare fino a
che punto poteva spingersi con lui, fino a che punto gli fosse devoto e fedele
(eh, beh, si divertiva in strani modi, lui…) e adesso lo sapeva. In un attimo
gli fu addosso e lo strinse a sé con tanta foga da sollevarlo da terra.
“Ho intimato al mio uomo di non torcerti nemmeno un capello e
l’ho mandato via, ti basta?” gli disse. “So che posso fidarmi di te, volevo
solo metterti alla prova. E tu conti per me, ragazzino, non lo hai ancora
capito?”
Stringendolo tanto forte da rischiare di soffocarlo, lo baciò
con forza, a lungo, affondandogli la mano nei capelli, quasi mangiandoselo.
Nello spazio di un respiro se lo portò in camera, lo distese sul letto
sovrastandolo con la sua fisicità, continuando a baciarlo. Certo che ci teneva
a quel giovane allegro, buono e gentile che, per lui, era anche pronto a
ricattare, a minacciare, a mettere il mondo a ferro e fuoco se si trattava di Messer Pazzi. Certo che teneva ad
Antonio, al ragazzo che gli aveva cambiato la vita e gli aveva ridato la
speranza di un futuro diverso, non più in solitudine. Lo prese, lo fece suo
senza troppi riguardi, come sempre, nella frenesia di dimenticare il resto del
mondo per perdersi nel dolce incanto del ragazzino che, senza rumore, in punta
di piedi, era arrivato come un regalo tardivo nella sua esistenza. Nei momenti
in cui si fondeva con Antonio, Jacopo Pazzi arrivava persino a pensare che la
vendetta, il potere, la distruzione dei Medici non fossero poi così importanti,
che ci fosse qualcosa di più nella vita… certo, poi si riprendeva e tornava
quello di sempre, ma almeno qualche segno di miglioramento lo dava, no?
Con Antonio tra le braccia, Jacopo si addormentò tranquillo
come gli succedeva soltanto da quando lo conosceva e stava con lui. Era
convinto che sarebbe andato tutto come voleva lui, che sarebbe diventato
Gonfaloniere e che poi avrebbe trovato il modo di diminuire sempre di più il
potere e il prestigio dei Medici… diamine, per riguardo ad Antonio pensava
addirittura che, forse, non avrebbe nemmeno cercato di rovinarli completamente
e di cacciarli da Firenze! Stava facendo dei progressi fenomenali…
Anche Antonio si addormentò, stremato e stretto all’uomo, ma
i suoi pensieri erano diversi: lui sapeva che i risultati conseguiti da Lorenzo
e Giuliano con le alleanze vantaggiose per Firenze avrebbero influito
moltissimo sulla votazione; sapeva che Bastiano Soderini avrebbe votato per
Petrucci, appoggiando i Medici come la sua famiglia aveva sempre fatto; sapeva,
insomma, che anche per quell’anno Jacopo sarebbe diventato Gonfaloniere l’anno prossimo.
Messer Pazzi non ne sarebbe stato affatto contento quando lo
avesse scoperto, ma il giovane Orsini era fiducioso: sperava che l’uomo avrebbe
preso la notizia con la serenità e la moderazione che era ben lungi dal
possedere e che, magari, avrebbe potuto candidarsi in un’altra occasione; che
lui sarebbe riuscito a convincere i Medici ad appoggiarlo e che l’armonia e la
pace che desiderava si sarebbero realizzate, prima o poi.
Non sapeva che il peggio aveva ancora da arrivare… ma questa
è un’altra storia che vi racconterò prossimamente!