Sorriso che non riesco a capire

di Hotaru_Key22
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Qualcuno che mi protegge ***
Capitolo 2: *** Margine di possibilità ***
Capitolo 3: *** Proposte ***
Capitolo 4: *** Piccolo favore ***



Capitolo 1
*** Qualcuno che mi protegge ***


Nda: secondo le condizioni del contest, questa raccolta si compone di quattro capitoli: i primi tre (una drabble, una flashfic e una oneshot) sono narrati dal punto di vista di Trunks, il quarto dal punto di vista di Gohan.


Qualcuno che mi protegge
Da sempre ho avuto sul braccio come un piccolo tatuaggio, che indica quanto il mio soulmate sia in pericolo. Una specie di lancetta che segnala inesorabilmente il rosso.
Sono ormai abituato al mio misuratore, ma per la prima volta, questa mattina, ho visto quello di Gohan, che oscilla tra l’arancione ed il giallo. 
«Perché il tuo soulmate è meno in pericolo del mio?» chiedo con curiosità, dando per scontato che tutti al nostro mondo abbiano ugualmente i giorni contati.
«Forse perché il mio soulmate ha qualcuno che lo protegge» risponde lui con un sorriso che non riesco a capire.

 

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Capitolo 2
*** Margine di possibilità ***


Margine di possibilità
Il sorriso di Gohan non riuscii a capirlo finché non fu troppo tardi, ma ancora mi rimane impresso come una statua scolpita nel marmo. Nonostante i miei viaggi nel tempo, nonostante la voce nuovamente solare e spensierata di mia madre, ancora non riesco a fare a meno di chiedermi come sarebbero andate le cose se fossi riuscito a decifrare prima quel maledetto sorriso. Sarei riuscito a salvarlo? Il mio misuratore sarebbe mai arrivato a segnare i settori di minore pericolo come l’arancione, o magari il giallo? Probabilmente no: cocciuto com’era, Gohan non mi avrebbe comunque consentito di proteggerlo. Eppure, c’è quel piccolissimo margine di possibilità che continua a torturarmi ogni istante della mia monotona vita.
A volte, quando chiudo gli occhi per provare a fermare il flusso dei pensieri, mi tornano alla mente i ricordi di quel giorno e non posso far a meno di serrare i denti e stringere i pugni dalla rabbia ancora persistente.
Io e Gohan eravamo distesi e ci riposavamo da un duro allenamento. Per quanto provassi, non riuscivo a trasformarmi in Super Saiyan. Gohan mi tranquillizzava, dicendomi che anche per lui era stato difficile e spiegandomi che solo la rabbia poteva aiutarmi. Mi raccontò che solo dopo la morte delle persone più care che gli erano rimaste, lui era riuscito a trasformarsi. Non l’avrei mai ammesso ad alta voce, ma la persona più cara che mi era rimasta, insieme a mia madre, era lui, ed il solo pensiero di poterlo perdere mi bloccava il respiro e mi faceva pizzicare gli occhi.  
Delle esplosioni ci distrassero dalla nostra conversazione e Gohan si trasformò quasi immediatamente in Super Saiyan. Gli feci notare che era troppo debole, lo pregai di lasciarmi affrontare gli androidi al suo fianco, ma ero solo un povero illuso. Gohan non avrebbe mai permesso che l’unica speranza rimasta all’umanità andasse sprecata e neanche che l’unico amore che il mondo gli aveva destinato rischiasse la vita a causa sua. Prima di perdere i sensi vidi ancora il misuratore di Gohan. Era quasi sul verde.
Mi svegliai un po’ di tempo dopo, non so precisamene dire quanto. L’aura di Gohan era scomparsa e, nonostante sapessi già il perché, non riuscivo ad ammetterlo a me stesso. Lo trovai riverso sulla strada di una città distrutta, la pelle pallida e gli occhi privi di vita. Lo sollevai mentre mi piegavo ad un pianto disperato e lo pregavo di parlarmi, di rispondermi, e chiamavo il suo nome.
Ricordo di aver visto il misuratore sul mio braccio vuoto, senza lancetta. Capii tutto in pochissimi secondi e mi sentii morire. Non mi ero reso conto che la persona che amavo più di ogni altra al mondo fosse proprio il mio soulmate e avevo sprecato tutto il poco tempo che ci era stato concesso per stare insieme. Ero arrabbiato con me stesso, ero arrabbiato con Gohan ed ero arrabbiato con quegli androidi. Mi trasformai per la prima volta in Super Saiyan, sapendo che per tutte le domande irrisolte avrei avuto tempo.

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Capitolo 3
*** Proposte ***


Proposte
Sento un ottimo odore di caffè appena pronto invadermi le narici e solo questo mi spinge ad abbandonare il tepore del piumone e a raggiungere la cucina, stropicciandomi gli occhi. Nonostante io sia cresciuto, Gohan è ancora un po’ più alto di me, ma non mi importa, perché questo mi consente, in punta di piedi, di poter appoggiare la testa sulla sua spalla, mentre lo stringo in un abbraccio da dietro.
Posso vedere solo parte del suo viso, ma capisco che sta sorridendo. È impegnato nell’ardua impresa di preparare delle crepes e non distoglie minimamente lo sguardo dalla padella.
«Gohan, hai molte qualità, ma cucinare non è una di queste» gli dico, trattenendo un riso di scherno.
«Da che pulpito» risponde semplicemente lui, mentre una fastidiosa puzza di bruciato inizia a coprire l’odore del caffè.
Scuoto la testa e mi avvicino al tavolo della cucina, dove una caffettiera ancora fumante è sistemata vicino a due tazze. Verso un po’ del liquido scuro in quella che riconosco essere la mia tazza preferita ed inizio lentamente a sorseggiarlo.
«Come mai ti è venuta la brillante idea di cucinare?» chiedo alla mia metà, ghignando nel vederlo innervosirsi, mentre qualcosa ai fornelli inizia a fare scintille.
Li spegne con calma, sospirando e rassegnandosi al fallimento della sua missione, poi, con la sua solita spontaneità ed il suo sorriso dolce come quello di un tempo, dichiara: «Volevo farti una sorpresa».
Sorrido, avvicinandomi a lui e lasciandogli un bacio sulle labbra. Ho passato anni senza di lui, anni in cui non riuscivo a colmare la voragine che avevo nel petto, anni vuoti e privi di senso, e ora che ho la possibilità di stringerlo a me, di baciarlo, di toccarlo, non perderò mai neanche un istante.
«Penso che dovremmo dire a tuo padre di noi» mi sussurra, mentre mi tiene tra le braccia e mi lascia un bacio sui capelli.
Lo allontano da me bruscamente, pensando che sia impazzito e chiedendo con lo sguardo spiegazioni.
Lui scoppia in una risata divertita, dicendo: «Sei uguale a quand’eri un ragazzino con questa espressione, amore!»
Io se possibile mi acciglio ancora di più e arrossisco appena. Stiamo insieme da più di otto anni, ma ancora non mi sono abituato ai nomignoli che Gohan mi affibbia così alla leggera, quando mi prende in giro, o a quelli più profondi che mi sussurra la notte, mentre siamo avvolti solo dalle coperte e dal corpo l’uno dell’altro.
Lo osservo ridacchiare ancora un po’, infine si fa serio e ordina: «Vestiti, dai, che ti porto in un posto».
Faccio come mi dice, dal momento che mi fido ciecamente di lui, ma rimango perplesso da quel tono nervoso e a tratti preoccupato. Come tutte le volte che Gohan mi sembra un po’ diverso dal solito, porto lo sguardo sul mio misuratore, anche se da più di nove anni questo è fisso sul verde.
Infilo casualmente una delle mie solite canotte nere e dei jeans un po’ sgualciti e rovinati, ma che ancora trovo comodi e non del tutto usurati.
Gohan arrossisce appena e io sorrido sornione: so che non può resistere alla sagoma dei miei addominali ben visibile anche sotto la stoffa.
Lui indossa una camicia bianca e dei pantaloni di tessuto nero. Ne rimango colpito perché solitamente non lo vedo mai così elegante. I miei occhi si posano nuovamente sul mio misuratore, ma questo è ancora nell’area verde e non accenna a modificarsi.
«Ehi» mi sussurra Gohan con un tono rassicurante, prendendomi una mano e portandosela al petto, permettendomi così di sentire il suo battito cardiaco «Sono qui, senti? Va tutto bene e andrà tutto bene».
È una cosa che facciamo da quando è tornato in vita. Nei primi mesi avevo la continua ossessione di controllare il misuratore e di notte avevo incubi ricorrenti. Avevamo stabilito fosse una cosa passeggera, che non avrebbe creato problemi, ma un giorno Gohan mi aveva trovato in lacrime a pregarlo di non lasciarmi ancora, di non andare via. Quel giorno era uscito la mattina per andare a trovare sua madre e non aveva voluto svegliarmi. Non trovandolo avevo pensato gli fosse successo qualcosa e avevo avuto un attacco di panico, senza riuscire quasi a respirare.
Così sono andato da uno specialista e Gohan ha trovato questo modo di rassicurarmi, facendomi sentire con le mie stesse mani che era vivo e stava bene.
Gli sorrido e annuisco, stringendolo ancora in un abbraccio, prima di uscire di casa e seguirlo in volo. Mi chiedo dove mi starà portando, ma quasi subito riconduco la nostra direzione ai monti Paoz.
«Comunque voglio sul serio che tu dica a tuo padre di noi» mi dice, non appena atterriamo in un piccolo spiazzo nel bosco, reso incantevole dai raggi solari che venivano filtrati dalle foglie.
«Gohan» mormoro scocciato, riconoscendo quella come la cinquantesima volta che prendiamo lo stesso discorso «Sai come la penso. Mio padre non ci accetterebbe mai! Per prima cosa mi disconoscerebbe come figlio e poi ho paura che proverebbe ad ammazzarti! Cioè, non solo suo figlio è gay, ma addirittura sta con il figlio del suo acerrimo nemico!»
Gohan si passa una mano tra i capelli e ridacchia, provando a rassicurarmi un attimo dopo: «Mio padre è morto ormai da tantissimo tempo e noi stiamo insieme già da più di otto anni, Trunks».
Sbuffo sonoramente e chiedo, leggermente infastidito: «Perché per te è così importante? Che cosa conta ciò che dice mio padre? Non ti basta ciò che abbiamo ora?»
Sorride. È un sorriso che non riesco a capire. Lo osservo per un po’ con il cuore che inizia a martellare più forte e sempre più velocemente. Si inginocchia dinnanzi a me e prende un piccolo cofanetto blu dalla tasca. Inizio a capire. Inizio a capire tutto.
«Trunks, mi vuoi sposare?»
Deglutisco a vuoto e sorrido anche io. Gohan fortunatamente è più sveglio di me quando si tratta di queste cose e riesce a comprendermi anche quando resto in silenzio.

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Capitolo 4
*** Piccolo favore ***


Piccolo favore
Guardo fisso l’entrata della Capsule Corporation, senza riuscire a convincermi a suonare. Cosa dirò a Trunks, dopo quasi dieci anni che l’ho lasciato da solo? Ancora mi sento un idiota per essermene andato in quel modo. Cosa speravo di ottenere? Credevo davvero che avrei potuto salvare qualcuno? L’unico risultato è stato quello di lasciare ad un ragazzino, che aveva ancora così tanto da imparare, la gravosa responsabilità di salvare il mondo. Sorrido nel constatare che c’è riuscito perfettamente.
Prendo un profondo respiro e busso, preparandomi a tutte le sue domande e ripercorrendo mentalmente il racconto riguardo a come sono ritornato in vita.
Dopo sette anni dalla sconfitta di Cell, nel passato, si era presentata una nuova minaccia: un certo Babidi aveva scatenato un mostro, creando parecchi problemi. Comunque, alla fine di questa avventura, il Son Goku del passato era riuscito a tornare in vita e la Bulma del suo tempo gli aveva chiesto un piccolo favore. Lei aveva costruito una macchina del tempo e lui aveva viaggiato fino ad arrivare nel mio presente, dove si era teletrasportato su un pianeta, il nuovo Namec, e aveva convinto Dende, una mia vecchissima conoscenza ad andare sulla Terra per diventare Dio. Con lui erano riapparse le sfere del drago e lo stesso Goku aveva espresso come desiderio che tutti coloro fossero stati uccisi dagli androidi potessero tornare in vita e che le città distrutte venissero ristabilite.
Sono rimasto sorpreso quando ho notato di essere stato riammesso nel mondo dei vivi, ma lo sono stato ancora di più quando ho rivisto mio padre.
«Ciao, Gohan» mi aveva salutato lui, orgoglioso, abbracciandomi.
Dopo qualche mia domanda mi ha spiegato per filo e per segno quel che era successo e io mi sono fatto promettere di ringraziare Bulma non appena fosse tornato nel suo tempo.
Come prima cosa sono andato a trovare mia madre, che è quasi svenuta non appena ha visto me e mio padre alla porta. Ha pianto moltissimo e non riusciva a smettere di sorridere. L’ho trovata una scena dolcissima. Mio padre le ha detto che poteva rimanere solo per poco tempo, perché lui era morto per un attacco di cuore e non per mano degli androidi. Non so di preciso perché le abbia mentito, ma posso immaginare lo abbia fatto perché lei non si senta a disagio a stare con qualcuno che non è propriamente suo marito. Li ho lasciati da soli, affinché mia madre possa recuperare con serenità tutto il tempo perduto.
E ora mi trovo qui in attesa, impaziente di rivedere il mio allievo, il mio più grande amico ed il mio unico amore.
La porta viene aperta dallo stesso Trunks, che sgrana gli occhi e rimane immobile a fissarmi.
«Gohan…» sussurra quasi impercettibilmente.
Io gli sorrido e mi chino appena, poi mi scuso: «Sono imperdonabile per averti lasciato da solo. Non proverò neanche a giustificarmi, io…»
Non riesco a finire la frase che le labbra dell’uomo che Trunks è diventato sono pressate sulle mie ed il mio petto sembra esplodere, incapace di contenere la furia che è diventata il mio cuore.
Ci stacchiamo dopo almeno un minuto e rimaniamo in silenzio, senza potere smettere di specchiarci l’uno negli occhi dell’altro.
L’unico suono a rompere quell’inaspettata quiete è il grido di Bulma proveniente dalla cucina. Trunks si volta a malincuore e mormora qualche scusa, prima di correre da sua madre. Io tiro un sospiro di sollievo e sorrido: Vegeta dev’essere tornato a casa.




NdA: nel volume 33 del manga (non so dove sia collocato nell’anime) Goku chiede a Junior di dividersi nuovamente dal supremo per poter ricreare le sfere del drago, ma questo gli comunica che non è possibile fare una cosa del genere. A questo punto Goku si reca sul nuovo Namec e chiede a Dende di diventare il nuovo Dio. Sarà proprio lui a ricreare le sfere del drago. Una volta che questo avviene nel passato, mi sono chiesta, perché non può avvenire anche nel futuro?

 

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