Another you

di Nao Yoshikawa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Non sparire ***
Capitolo 2: *** Chi sei tu? ***
Capitolo 3: *** Un altro te ***
Capitolo 4: *** Così vicino ***
Capitolo 5: *** La mia unica canzone d'amore ***



Capitolo 1
*** Non sparire ***


Cose che dovete sapere: La trama di My only love song è sempre quella, Soo-Jung è una pop star famosa in tutta la Corea, ma un giorno mentre si trova alla guida del suo camioncino Boong-Boong finisce in un portale temporale che la porta mille anni indietro nel tempo, precisamente durante il regno Goryeo. Qui incontrerà On Dal, uomo avaro e interessato solo al guadagno di denaro. Poi accadono robe e appaiono altri personaggi, ma ciò che dovete tenera a mente è il finale della serie, finale che vede Soo-Jung tornare nel suo mondo, ma senza On Dal. La ragazza in un certo senso cerca di rassegnarsi, ma in compenso è tornata diversa da prima, non più una “vip” viziata a capricciosa, bensì una persona più matura e consapevole. Siccome così era troppo triste, gli autori ci hanno dato una gioia, e hanno fatto arrivare On Dal nel suo mondo. I due si incontrano e vissero per sempre felici e contenti.
Quindi io ho pensato, perché non cambiare un po’ le cose e rendere tutto più difficile e drammatico? Questa  è la mia versione di come On Dal e Soo-Jung si sono ritrovati.

 


 

 
 
Soo-Jung era stufa. Ogni giorno era uguale ad un altro. Non è che non fosse felice di avere successi e notorietà, semplicemente la vita da attrice sapeva essere molto stressante.
Forse avrebbe dovuto rinunciarvi quando aveva avuto occasione, ma in fondo quella era la sua vita, che altro avrebbe dovuto fare, altrimenti?
«Andiamo, Soo-Jung. Cosa c’è che non va? Non ti piace il copione?»
Alzò gli occhi al cielo. Il mondo andava comunque ed era giusto che così fosse. Anche lei avrebbe dovuto guardare avanti.
«No, Sam-Yong. Non è il copione il problema. Ma un altro dramma storico? La gente si stufa se non ha delle novità.»
«Questo dovresti dirlo al regista, non a me», piagnucolò.
La ragazza allora si sollevò. Aveva provato il costume di scena, ma adesso sentiva il bisogno di indossare i suoi soliti vestiti. Sam-Yong le andò dietro.
«Almeno prova queste battute! Andiamo!»
Era stato come parlare al muro. Soo-Jung si era rinchiusa nel suo camerino e aveva sospirato rumorosamente, per poi slacciarsi l’hanbok.
Quel costume le donava, doveva ammetterlo, tuttavia indossarlo la metteva a disagio. In verità qualsiasi cosa oramai le provocava disagio.
Più precisamente da dopo il suo incidente, avvenuto un anno prima.
Scosse il capo, non aveva intenzione di pensarci. Si liberò dell’abito di un bel colore viola e indossò i suoi jeans a vita alta e una maglietta dallo scollo a barca, decidendo di lasciare i capelli sciolti.
Dopodiché riaprì la porta, Sam-Yong era ancora lì.
«Oh, ti sei cambiata? Aspetta, vai a casa?»
«Dì al regista che non mi sento bene.»
L’amico sapeva che non stava mentendo. Soo-Jung era mansueta, calma, accondiscendente, da un po’ di tempo a quella parte. E ciò non era normale.
«Ma… aspetta! Oh, perché sempre a me?»
 
 
Guidò fino a casa e gettò il mazzo di chiavi in un angolo. Sapeva che probabilmente più tardi si sarebbe beccata una bella strigliata da parte del suo agente, ma non erano i capricci a guidarla ultimamente. Era più che altro un profondo e incolmabile senso di vuoto.
Era stanca. Non aveva mai sofferto di insonnia. Non aveva problemi ad addormentarsi, il vero problema erano i sogni che faceva ogni dannatissima notte. Non si trattava di sogni vividi, anzi, tutto il contrario.
Frammenti, nulla più, luoghi e persone che non aveva mai visto, parole che non aveva mai udito, un nome che tentava di ricordare.
Ma il nome di chi?
Era importante?
Si portò un braccio sul viso, aveva le palpebre incredibilmente pesanti.
Non aveva mai creduto a cose come i sogni premonitori, ma oramai si era convinta del fatto che dovesse esserci un motivo, motivo che però sconosceva totalmente.
Voleva solo essere lasciata in pace, tornare a riposare tranquillamente.
Si girò da un lato e chiuse le palpebre. Non avrebbe dovuto aspettare molto prima di scivolare nel sonno.
 
Nan-nyeon, Nan-nyeon!
 
Cosa? Chi è Nan-nyeon? Non è il mio nome.
 
Sono io, Nan-nyeon! Non ti ricordi di me?
 
Mi dispiace, ma io non capisco. Non conosco questo luogo, non conosco te.
 
Nan-nyeon, qualsiasi cosa accada non sparire.
 
Ma io…
 
Non sparire.
 
Qual è il tuo nome?
 
Il mio nome è…
 
Labbra che si muovono senza emettere alcun suono.
 
Il nome che ho dimenticato.
 
Si svegliò annaspando, come se fino a quel momento fosse stata sott’acqua.
Dai raggi che entravano dalle finestre, convenne che il sole doveva star tramontando.
Che buffo, e lei che credeva di essersi appena addormentata.
Avvertì sulla guancia una lacrima.
La stessa lacrima che oramai l’accompagnava ad ogni risveglio.
Lacrima che asciugò con un gesto della mano.
Considerando quanto aveva dormito, sapeva che avrebbe passato una notte insonne. Quindi si alzò, decide di farsi una doccia e dopodiché, con i capelli ancora umidi, si preparò un tè caldo da sorseggiare davanti lo schermo del PC.
Aveva preso l’abitudine di navigare su internet, in alternativa leggeva dei libri.
Cercando sul web, non poteva che incappare in notizie che riguardavano proprio lei, la star della Corea. La notorietà portava anche a questo. Prima dell’incidente non le era mai pesato, anzi. Ma adesso tutto ciò la metteva a disagio.
Quasi come se non appartenesse a quella vita, a quel mondo, a quel tempo.
Mandò giù un sorso di tè verde, leggendo la notizia sullo schermo.
L’attrice Soo-Jung Song sta lavorando ad un nuovo dramma che vedrà la luce probabilmente l’anno prossimo. Molti dei suoi fans sono stupiti dalla veloce ripresa delle ventisettenne, dopo l’incidente che l’ha vista coinvolta l’anno precedente. Dopo un periodo di pausa, Soo-Jung è poi tornata nel mondo dello spettacolo. Tuttavia appare diversa, non trovate? L’attrice, infatti, sempre disponibile ad interviste e alle partecipazioni  a  spettacoli televisivi, sembra essersi chiusa in se stessa ed evita il più possibile di apparire in pubblico.
Che ne è dell’aggressiva e sicura  di sé Soo-Jung Song?
Già, effettivamente se lo chiedeva spesso anche lei. Ricordava com’era la sua vita prima. Poi c’era un periodo di buio, una sorta di black-out, infine quella nuova lei. Non pensava di essere troppo diversa da prima. Piuttosto si sentiva più matura, consapevole, ma anche più malinconica e fuori posto.
Dopo l’incidente, aveva avuto diverse sedute con una terapista esperta che le aveva detto una cosa tipo «È perfettamente normale sentirsi confusi e turbati dopo un’incidente, soprattutto dopo essere rimasti in coma per qualche giorno. Devi solo tardi tempo”.
E lei di tempo se n’era anche dato abbastanza, eppure c’erano delle sensazioni che non accennavano ad abbandonarla.
Erano sempre lì.
Il mondo andava avanti e lei era come bloccata in un limbo da cui non riusciva ad uscire.
Avvertì male alla testa. Non riusciva neanche più a sopportare il gossip sul suo conto, era diventata intollerante.
Decide di spegnere il PC. Avrebbe dovuto mangiare qualcosa, ma lo stomaco era chiuso, motivo per cui optò per dei noodles precotti, di cui aveva una scorta notevole. A farle compagnia un buon libro.
Rimase a leggere fin quando, alle prime luci dell’alba, non cadde di nuovo addormentata. Ad attenderla sempre lo stesso sogno, il viso e il nome che aveva dimenticato, la vita che aveva lasciato alle spalle, senza però saperlo.
 
La suoneria riecheggiò forte per la stanza e Soo-Jung allungò una mano per afferrare il telefono, tenendo ancora gli occhi chiusi. Dopo vari tentativi riuscì ad afferrare lo smart-phone. Non si disturbò neanche di controllare il mittente, anche perché ne aveva una qualche idea, pertanto rispose.
«Pronto?» domandò senza riuscire a trattenere uno sbadiglio.
«Soo-Jung! Ma che fine hai fatto? Sono già le undici, non possiamo iniziare senza di te!»
Sam-Yong non era la sveglia migliore che  si potesse avere, ma almeno era bravo a ricordarle i suoi impegni.
Controllò l’orario dallo schermo del telefono e le venne un colpo.
«Maledizione! Sto arrivando!»
Dopo aver imprecato mentre si vestiva alla rinfusa, Soo-Jung si sbrigò a raggiungere il set. Non era per niente entusiasta. Non voleva essere la protagonista dell’ennesimo dramma storico. Il suo regista però l’aveva tanto pregata che alla fine si era vista costretta ad accettare. Tutti le dicevano che era praticamente perfetta per quel ruolo, ed ogni volta non poteva che rispondere con un sorriso forzato. Uno dei suoi costumi di scena era un bellissimo hanbok viola ed indossarlo ogni volta le provocava una strana sensazione. E non perché non si vedesse in quei panni, tutto il contrario. Si ci si vedeva stranamente bene e questa sensazione la spaventava.
La truccatrice le stava ritoccando il viso, mentre Soo-Jung attendeva di entrare in scena. Davanti a lei i suoi colleghi attori. Colui che avrebbe interpretato il grande amore della sua vita sarebbe arrivato a giorni, ,a onestamente non saltava dalla gioia all’idea.
Giusto, perché non esiste dramma storico senza una buona storia d’amore.
E ciò non faceva che accrescere il suo disagio.
«Sto, stop, stop! Ragazzi, qual è il problema?»
Il regista, il signor Park Minjo, era estremamente buono quanto facilmente esasperabile. Quello era uno di quei casi.
Gli attori davanti a lui gli mostrarono le spade finte che si erano malamente rotte al primo finto scontro.
«E non è tutto. Il mio hanbok si è strappato in più punti», si lamentò uno degli attori.
«Questa settimana abbiamo avuto diversi problemi con i costumi e gli oggetti di scena. Sam-Yong mi ha detto che se ne sarebbe occupato. Sam-Yong, per l’amor del cielo, cos’hai combinato?!»
Soo-Jung puntò lo sguardo sul diretto interessato. Il ragazzo stava ora sorridendo timidamente.
«I-Io? Ho fatto quello che avevo detto! Mi sono occupato personalmente di acquistare gli oggetti di scena e i costumi!»
«E com’è possibile? La qualità è palesemente più bassa, i nostri soliti fornitori non… Sam-Yong?»
«Io… Stavo per contattare i nostri soliti fornitori, però… poi mi sono imbattuto in questo negozio e… vende tutti oggetti risalenti a più di mille anni fa! Mi sono messo a parlare con il proprietario e mi ha detto che poteva essere una buona opzione per… Insomma, io sono solo un road manager!»
«Cosa? Ma sei stato tu ad offrirti volontario! Come ti è venuto in mente di fare di testa tua senza neanche avvertirmi? Con tutto quello che abbiamo speso, poi!»
Soo-Jung si era avvicinata, interessata alla conversazione.
«Quanto avete speso?»
Calò il silenzio. Poi Sam-Yong si schiarì la voce.
«Circa 893.676 won*»
Tipico di Sam-Yong combinare una cavolata dopo l’altra.
«Per un prezzo del genere e una qualità così bassa vi hanno truffati. Anche se il mio hanbok in verità non è poi così male…», fece notare Soo-Jung.
«Poco importa! Sam-Yong, sai quanto ti voglia bene, ma farai meglio a tornare indietro, restituire la merce e farti ridare il denaro!»
«Cosa?! Ma il venditore non mi ridarà mai i soldi! Vi prego, non fatemelo fare, non sono brava a contrattare!»
Sicuramente, lasciando la situazione in mano a lui, non si sarebbe risolto nulla.
Soo-Jung alzò gli occhi al cielo e afferrò l’amico per un orecchio.
«Stupido. State tutti calmi, d’accordo? Posso vedere di risolvere la questione, so essere molto persuasiva.»
Tutti tirarono un respiro di sollievo.
«Oh, Soo-Jung, effettivamente chi direbbe di no alla super star della Corea?» domandò il regista sollevato.
Oramai era normale amministrazione. Sam-Yong faceva casini e lei li risolveva. Ma lui era pur sempre il suo migliore amico, quello era il loro lavoro, quindi tanto valeva buttarcisi a capofitto.
Dopo la fine delle riprese, Soo-Jung si fece dare l’indirizzo di questo negozio d’antiquariato che in verità non aveva mai sentito. Il nome era Geun** e si trovava in un affollata viuzza del centro di Seul, fortunatamente non troppo lontana dal set.
Ci arrivò in auto e tutto ciò che sperò fu che il cosiddetto venditore – o anche imbroglione, sarebbe stato più opportuno – non le creasse troppi problemi.
Non aveva voglia di tirar fuori il lato peggiore di sé, oramai sopito.
Scese dalla macchina ed entrò al negozio. Un campanellino sopra la testa annunciò il suo arrivo.
Immediatamente fu colta da un odore familiare, fu come essere catapultata in un altro mondo, un mondo antico di mille anni. Vide hanbok coloratissimi tutti ben esposti, vasi, spade, statue e maschere disposte ordinatamente.
Ne fu attratta. Aveva familiarità con oggetti del genere, dopotutto quello era il secondo dramma storico di cui era la protagonista. Ad attrarla particolarmente fu una collana rossa con dei pendenti azzurri. La sfiorò con le dita e le venne da sorridere senza neanche sapere il perché.
In quel luogo c’era una bella atmosfera, incredibilmente calda e familiare.
È come se ci fossi già stata.
«Posso aiutarla?»
Una voce le giunse alle spalle. Soo-Jung lasciò perdere la collana  e si voltò.
«In effetti sì. Io sto cercando…»
Le parole le morirono in gola. Un viso davanti a lei, due occhi, una bocca. Lineamenti che sentì nell’immediato di conoscere, pur non avendo mai visto quell’uomo.
 
Labbra che si muovono senza emettere alcun suono.
 
Il nome che ho dimenticato.
 
 
Non sparire.
 

*circa 700 euro
**significa “oro” in coreano.
 
Nota dell’autrice
“Another you” è il titolo della colonna sonora di My only love song, cantata da YuNa.
Come ho scritto sopra, questo vuole essere una sorta di finale alternativo. Per quanto io abbia adorato il finale di serie, sentivo il bisogno di scatenare la mia vena angst, come se non lo avessi già fatto abbastanza.
Questo è il primo di sei capitoli di quella che dovrebbe essere una commedia a tratti MOLTO malinconica.
Soo-Jung ha avuto un’incidente che l’ha portata al coma, e da quando si è risvegliata la sua vita non è stata più la stessa a causa dei continui sogni che stanno cercando di dirle qualcosa… ma cosa?
Sam-Yong come sempre combina guai, ma è anche una sorta di angelo custode per la ragazza, che alla fine, per tentare di risolvere i guai combinati dall’amico si ritrova davanti a…? Ovviamente, non può che essere lui accidenti xD
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto :)
 

 

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Capitolo 2
*** Chi sei tu? ***


 
«Posso aiutarla?»
Quella domanda le risuonò per la testa più di una volta, le parve incredibilmente strana e innaturale pronunciata da quella persona.
Una persona che doveva essere più o meno sua coetanea. Un ragazzo.
Piuttosto affascinante in realtà, ma poco importava.
Soo-Jung tentò di tornare in sé.
«Effettivamente può aiutarmi eccome. Io sto cercando il proprietario di questo negozio.»
Quello allora si poggiò al bancone, osservandola a braccia conserte e chinando leggermente la testa.
«Ce l’ha davanti»
Quello? Cioè, quel tipo era davvero il proprietario?
Non se l’era aspettato, tuttavia tentò di non mostrare il suo stupore.
«Bene, meglio ancora. Sono venuta qui perché lei ci ha truffati!»
«Truffati? Questa è bella. Io non ho mai truffato nessuno.»
Aggrottò la fronte. Era un po’ che non arrabbiava seriamente, che la sua parte “peggiore” non veniva fuori. Era un po’ che non aveva a che fare con certi tipi, in effetti.
«Non mi prenda in giro! Il mio collega ha acquistato della merce qui, dalla dubbia qualità e ad un prezzo assurdo! Scommetto che lo ha irretito con quattro chiacchiere, è facile persuadere Sam-Yong!»
«Mi sta accusando di avervi venduto robaccia?»
Soo-Jung a quel punto, che si era già preparata ad un’evenienza simile, tirò
fuori dalla sua borsa l’elsa di una delle finte spade ormai rotte.
«E quello che cos’e?»
«Fa finta di non riconoscerlo? È un pezzo della sua spada! Questa roba è scadente! Mi ridia indietro i soldi!»
Il ragazzo assunse l’espressione di chi era stato appena colto in flagrante.
Ma non si sarebbe di certo arreso.
«Non è assolutamente roba scandente. A quanto pare non ne capisce nulla. E poi non posso ridarle il denaro.»
Quel tipo stava iniziando ad irritarla.
«Come osa? Ma lo sa chi sono io?»
«In sincerità no.»
Quella era troppo.
Troppo.
«Io sono Soo-Jung Song! Sono praticamente una star qui in Corea, ma dove diavolo vive?»
«Oh, ma allora ho a che fare con una ricca ragazzina viziata.»
«Come si permette, lei…!» lo indicò e fece per insultarlo. Ma non seppe che appellativo usare.
«Il mio nome è On Dal», disse lui, presentandosi con un sorriso.
«Beh, lei è uno stolto, signor On Dal. E ha anche un nome strano»
«È un nome di origine antica e molto impo-»
«Senta, non me ne importa nulla! Mi ridà i soldi sì o no?»
On Dal rise. Andò dietro il bancone senza mai staccare lo sguardo da lei.
«Venderei l’anima al diavolo piuttosto che rinunciare a del denaro»
Dalla sua espressione, Soo-Jung capì immediatamente con che razza di persona aveva a che fare: una dannatamente attaccata ai soldi!
«Lei è un truffatore! E io la denuncerò.»
«Non vedo per quale motivo. Io ho solo svolto il mio compito. Concluso l’affare, quello che accade dopo non è di certo un mio problema.»
Il ragazzo aveva carattere. Ma lei era ancora peggio. L’aveva fatta arrabbiare e l’aveva anche insultata chiamandola “ragazzina viziata”.
Nessuno aveva mai osato trattarla così.
«Bene, staremo a vedere! Non mi dimenticherò di lei, On Dal, ci rivedremo presto, mi creda!»
On Dal non nascose una risata.
«Ne sono sicuro, signorina Song.»
 
 
 
Non appena uscita dal negozio, la prima cosa che Soo-Jung aveva fatto era stata chiamare Sam-Yong e sbraitare al telefono come oramai non faceva da mesi, mentre si infilava nervosamente in auto.
«Sam-Yong! Sono stata da quel tipo che ti ha venduto quella robaccia, e vuoi sapere che ti dico? È uno stolto ladruncolo da quattro soldi! Come hai potuto farti infinocchiare? Non ha voluto ridarmi il denaro, ma non credere che finisca qui. Mi ha anche insultato, come si è permesso? Io sono Soo-Jung Song, la star  della Corea, com’è possibile che non mi conosca…?»
S’interruppe quando sentì l’amico ridere. Adesso anche lui si divertiva a prenderla in giro?
«Sam-Yong! Che diamine c’è da ridere?»
«Scusa, mi dispiace! È solo che mi sembra di sentir parlare la Soo-Jung di prima. Quella prima dell’incidente! Mi era mancata.»
Nell’udire quelle parole si zittì. Effettivamente non aveva torto. Si era talmente fatta prendere dalla foga da dimenticarsi dei suoi pensieri.
Scosse il capo.
«Comunque sia risolverò la situazione»
«Guarda che non c’è bisogno, possiamo trovare un’altra solu-»
«È una questione di principio, va bene? Adesso scusa, devo chiudere e andare a casa. Quel tizio mi ha fatto venire il mal di testa!»
Senza neanche dargli il tempo di rispondere, chiuse la chiamata, gettando il mal capitato telefono sul sedile posteriore.
Subito dopo si portò le dita sulle tempie. Effettivamente era un pezzo che non si lasciava andare a quel modo, ma non avrebbe saputo dire se ciò fosse un bene o un male. Una cosa era certa, quel tipo, On Dal, non le piaceva.
Assolutamente no.
 
 
 
Il giorno dopo il suo agente la contattò per informarla che le aveva appena organizzato un’intervista con dei giornalisti. La vecchia Soo-Jung si sarebbe lamentata, ma non avendo altra scelta che andare, non avrebbe mantenuto segreto il suo malcontento, rispondendo acida a tutte le domande che in seguito le avrebbero fatto. La nuova Soo-Jung aveva espresso il suo dissenso una sola volta, tuttavia non si era dilungata troppo.
Mancavano due ore all’evento e se non fosse stato per le truccatrici che si stavano occupando di lei, probabilmente sarebbe andata conciata per com’era dalla mattina. Tutte le attenzioni erano focalizzate sul cellulare.
Le era venuta l’intrattenibile curiosità di cercare quel tipo oltremodo maleducato sui social, dopotutto di quei tempi chiunque era facilmente rintracciabile.
Ma le sue ricerche furono vane.
«Accidenti, questo è veramente ridicolo! Non è su facebook, né su instagram, né su twitter! Ma dove diamine vive, nel medioevo? Se non lo avessi visto, crederei che questa persona non esiste!»
Soo-Jung sentì poi Sam-Yong ridere alle sue spalle. Quando quest’ultimo si accorse del suo sguardo, cambiò immediatamente espressione.
«Io non sto ridendo di te.»
«Certo, come no. Oh, ma alla fine che mi importa!»
L’amico decise di inferire ancora, consapevole del rischio a cui andava incontro.
«Deve averti fatto arrabbiare molto se arrivi addirittura a stalkerarlo.»
«Prima di tutto, io non lo stalkero! Seconda cosa, certo che mi ha fatto arrabbiare. La colpa è solo tua, tu mi hai cacciato in questo guaio!»
Sam-Yong avrebbe avuto da ridire. Dopotutto era stata lei a voler prendere quella situazione in mano a tutti i costi, quindi era innocente.
Per fortuna Soo-Jung non ebbe modo di sfogare ancora la sua rabbia su di lui.
Dopo essere stata accuratamente truccata e pettinata, indossò un abito blu, e profondamente rassegnata attese l’auto che l’avrebbe portata fino alla sede dell’incontro.
Si sentiva a disagio a dover rispondere a certe domande. Se un tempo avrebbe risposto tranquillamente per le rime, adesso non era più così facile. Questo le altre persone sembravano capirlo, perciò aveva rabbrividito davanti al sorriso falso di Ae Haeun, giornalista anche abbastanza famosa a Seoul per via della sua passione per gli scoop.
«Soo-Jung, ti trovo davvero in forma. Pare che tu ti sia ripresa benissimo dopo l’incidente.»
Lei sorrise forzatamente. Non apprezzava molto il fatto che quella donna si rivolgesse a lei come se fossero amiche di vecchia data, ancor più che le facesse domande circa il suo spiacevole incidente. Dopotutto era ormai storia vecchia.
«Già. È tutta questione di impegno. Inizialmente non sapevo se sarei mai tornata a fare l’attrice, ma alla fine è ciò che amo fare. Quindi eccomi qui. Non credo che qualcosa possa abbattermi.»
Una risatina. E Soo-Jung ne lesse tutte le cattive intenzioni possibili.
«Bene, molto bene! I tuoi fans ti sono rimasti vicini, e immagino che quello che vogliano sapere è… con l’amore? Come va?»
Domanda più sbagliata non avrebbe potuto porgerle.
Le sembrava un concetto così astratto e lontano da non riuscire neanche ad immaginarsi accanto ad un uomo. Tutte le volte che ci pensava arrivava una forte fitta al cuore.
«Per il momento ho messo da parte le questioni amorose», rispose secca.
«Posso immaginare ma… Soo-Jung, non hai forse ventisette anni? Stai appassendo! Dovresti trovarti un uomo. Con il tuo bel faccino e la tua notorietà sarà facile.»
Forte fu per lei l’istinto di tirarle un pugno. Tuttavia decise di trattenersi.
«Io non credo proprio di stare appassendo. Arriverà l’amore prima o poi ma… non adesso», si limitò a rispondere, nonostante avesse in mente tante altre parole poco gentili nei confronti di Ae Heun.
Di positivo c’era che peggio di così non poteva andare. E infatti le successive domande furono abbastanza tranquille, nonostante Soo-Jung avesse la sensazione – quasi una certezza  - che quella donna stesse facendo di tutto per trovare qualcosa di compromettente.
Sfortunatamente per lei, non avrebbe trovato nulla di interessante.
Alla fine dell’intervista, Soo-Jung desiderava ardentemente dell’alcol.
In verità cercava di evitare quando poteva, visto che tendeva a reggerlo poco o nulla, ma dopo due giorni di stress era più che meritato.
Chiese quindi al suo autista di portarla in un locale nei pressi del distretto di Ganggnam. C’era già stata una volta e non era un luogo particolarmente frequentato, ergo, poteva starsene tranquilla senza essere assalita dai fan.
Una volta entrata, osservò le luci soffuse e due uomini annoiati che se ne stavano seduti al bancone, dandole le spalle.
Tranquillità e musica soft in sottofondo, esattamente ciò di cui aveva bisogno.
Si avvicinò al barista battendo i tacchi – quanto li detestava – sul pavimento.
«Senta, mi dia qualcosa di forte, non importa cosa» sospirò stanca, sistemandosi sullo sgabello.
Ciò che in seguito le fu servito in un bicchierino aveva un colore scuro. Il primo sorso fu amaro, forse era whisky?
Oh, ma che importava, tutto ciò che voleva era distrarsi un po’, alleggerirsi.
«Non dovresti bere alcolici a quest’ora.»
La voce che le giunse alle spalle la fece andare di traverso ciò che stava bevendo.
E poi imprecò. Per quale stramaledetto motivo On Dal era accanto a lei?!
Prese alla svelta un tovagliolo e si pulì le labbra.
«Lei?! Che cosa ci fa qui? È una specie di stalker o cosa?»
Aveva sperato di rimanersene tranquilla, ma forse il karma le si era accanito contro. Lo vide sorridere e lo trovò irritante.
«Si dia il caso che sono un cliente abituale. Perché dovrei preoccuparmi di seguirla?»
«Senta, io sono…»
«Soo-Jung Song, una famosa attrice. Mi è bastato fare qualche ricerca, ho letto un sacco di articoli riguardanti il suo conto.»
On Dal aveva preso a  giocherellare distrattamente con il bicchiere di vetro vuoto.
Lei fece spallucce, scocciata.
«Beh, gran bella scoperta. Praticamente era l’unico a non conoscermi.»
Poggiando la schiena contro il bancone, finì di bere il whisky e sentì le guance divenire rosse. Forse l’alcol stava già iniziando a darle alla testa.
Non doveva assolutamente dire niente di stupido.
«Andiamo, non mi dica che ce l’ha ancora con me per la discussione dell’altro giorno?»
Stupido idiota, smettila di guardarmi in quel modo languido. Non sei bello.
Proprio per niente.
«Certo che sì. Ero così arrabbiata che l’ho cercata su tutti i social, ma non l’ho trovata…»
Aveva detto qualcosa di stupido, ma iniziava ad essere troppo stordita per potersene rendere conto.
«Bene, e adesso chi è lo stalker, sentiamo?»
Soo-Jung alzò gli occhi al cielo.
«Al diavolo. Ne voglio un altro!» esclamò sollevando il bicchiere.
«Io non sono sicuro che sia una buona idea.»
«Silenzio. Io faccio quello che voglio.»
A On Dal venne da ridere. Quella ragazza era proprio forte, inoltre lo faceva divertire.
Circa venti minuti dopo, Soo-Jung era accasciata sul bancone, rideva e sembrava incredibilmente disponibile al dialogo, anche con quell’uomo che fino a qualche attimo prima aveva desiderato uccidere.
«Io sono un adulta, ho ventisette anni, quindi faccio ciò che mi pare», borbottò.
«Ah, ha due anni in più di me. Devo chiamarla “signora”?»
Lei gonfiò le guance.
«Non osare. Anzi, dammi del tu e non ne parliamo più. È stata una giornata orribile e ho bisogno di svagarmi. E non voglio tornare a casa, non voglio. Non riesco neanche a dormire, faccio sempre lo stesso sogno. A te capita mai?»
«In verità sì, alle volte…» ammise piuttosto vagamente. «Però penso davvero che adesso dovresti fermarti…»
«Non essere noioso. Io voglio uscire di qui, ma il mio autista ha accostato proprio di fronte, quindi ce la filiamo dal retro. Andiamo», si era alzata in piedi sulle sue instabili gambe.
«Perché dovrei venire con te?»
Già, perché? Non voleva essere coinvolto nelle avventure di un’attrice pazza e che evidentemente aveva qualche problema nel reggere l’alcol.
«Suu, stolto On Dal! Chiunque vorrebbe passare del tempo con me, andiamo!» lo afferrò per un braccio e lui la guardò di traverso.
«Come mi hai chiamato?»
«Eh? Stolto On Dal, perché? Ah, senti. Non importa. Usciamo di qui e facciamola finita.»
On Dal si chiese come fosse possibile cacciarsi in certe situazioni improvvisamente. Soo-Jung da ubriaca era piuttosto molesta, doveva ammetterlo. Come se non bastasse, era costretto a sorreggerla per evitare che cadesse rovinosamente al suolo. Ma chi glielo faceva fare? Avrebbe potuto lasciarla lì al suo destino, ma non era ancora diventato tanto disumano.
Però non si stava divertendo, per niente. Era già tardi, quasi mezzanotte, e Soo-Jung se la rideva alla grande.
«Ti dispiace almeno dirmi dov’è che vivi di preciso?»
«Io non dico queste cose agli sconosciuti! Ho sonno e ho fame e ho male dappertutto!»
Aveva preso a strillare come una gallina. L’ultima cosa che voleva era attirare l’attenzione, ma se avesse continuato a darle corda, non sarebbe andato da nessuna parte. Prese quindi una decisione. Senza alcuna grazia la afferrò saldamente e se la caricò in spalla come un sacco di patate. Soo-Jung, dal canto suo, iniziò a dimenarsi.
«Che cosa stai facendo? Come osi trattare così una star? Pagherai per questo.»
«Donna folle, fa silenzio, te ne prego!»
 
Era stato un lungo calvario, ma alla fine On Dal era riuscito ad arrivare a casa propria. Di certo non un posto adatto per una signora, fortunatamente quella sulle sue spalle non poteva essere considerata una signora, quanto più un primate fastidioso e petulante.
«Dove siamo? Cos’è questo posto? Ho fame, voglio dei gamberi fritti.»
«Questo non è un ristorante» sussurrò mestamente. Si fece strada nel buio e andò a sbattere contro qualcosa, imprecando. Almeno però era riuscito ad arrivare al letto, su cui adagiò la ragazza. Quest’ultima si stiracchiò, sorridendo ad occhi chiusi.
«Ah, mi piace questo posto. Così comodo… amh…»
«Mi sa che ho già capito come finirà questa storia», sospirò On Dal accendendo una lucetta e chinandosi per guardarla.
Soo-Jung si era stretta al cuscino e con un sorriso giovale da bambina si era subito appisolata. Non capì perché si fosse tanto soffermata a guardarla, dopotutto lei era una come tante, notorietà esclusa.
Eppure trovò il suo viso incredibilmente bello, i suoi lineamenti qualcosa di estremamente familiare. Sentì di conoscerla e non capì il motivo.
Così calma e tranquilla potrebbe somigliare quasi ad un angelo.
Poi la ragazza prese a russare sonoramente e On Dal alzò gli occhi al cielo.
«Ritiro quello che ho detto.»
Cercò una coperta e si premurò di sistemargliela addosso affinché non si raffreddasse. Poi spense la luce. Capì che sarebbe stato meglio starle lontano.
 
Era da tanto tempo che Soo-Jung non si lasciava andare ad un sonno tanto dolce e ristoratore. Quando si svegliò, infatti, ancora con gli occhi chiusi, le venne istintivo sorridere, mentre si stiracchiava.
Poi però si guardò intorno e si rese conto di una cosa terribile: non era in casa sua!
Si mise seduta così velocemente che la testa prese a farle male. Ricordava di esserci andata giù pesante con l’alcol la sera prima, ma cosa aveva mai combinato?
Ad un tratto la porta si aprì e On Dal, senza maglietta e con un piatto pieno di toast in mano, entrò.
«Buongiorno, hai fame?»
Soo-Jung spalancò gli occhi e cacciò fuori un urlo.
«CHE COSA CI FACCIO IO QUI? TU COSA CI FAI QUI?!»
«Ehi, calma d’accordo? Questa è casa mia!»
Si guardò intorno, rendendosi effettivamente conto di trovarsi in un ambiente del tutto sconosciuto. Stava anche dormendo in un letto che non era il suo, completamente esposta dinnanzi a… quel tizio!
Si coprì il più possibile.
«Cos’hai fatto?! Te ne sei approfittato di me?»
On Dal posò il piatto e tentò di tranquillizzarla.
«Approfittarmi di te? Io ti ho salvato la vita!»
«E allora perché sei mezzo nudo?»
«Sono appena uscito dalla doccia! Senti, non ti ho neanche sfiorata, eri completamente priva di sensi, io non faccio certe cose. Ho dormito sul divano, che tra parentesi è anche scomodo!»
Soo-Jung si sentì stupida. Effettivamente non poteva arrivare e accusarlo in quel modo.
«Amh… d’accordo, mi dispiace. Ho un mal di testa atroce, ma non hai qualcosa da darmi?»
On Dal, che sembrava aver immaginato una cosa del genere, aprì uno dei cassetti e le porse una scatoletta di aspirine.
«Faresti meglio a mettere qualcosa nello stomaco, prima.»
Lei annuì, lievemente rossa in viso. Era a dir poco impresentabile  e aveva dormito nel letto di un uomo che conosceva appena.
«Ah, dimmi, ti ubriachi spesso in questo modo?»
«Stai… zitto, d’accordo? È stata una giornata dura ieri, non volevo ridurmi in quel modo… che razza di figura» borbottò mentre masticava il toast. «Piuttosto, non potresti rivestirti?»
«Che esagerazione, non siamo due adolescenti. Non penso sia una visuale così orribile.»
«Infatti non è quello il punto!»
Già, non era quello il punto. Anzi, ciò che vedeva era fin troppo apprezzabile e ciò non andava bene!
On Dal sospirò, cercando una camicia da indossare. C’era una domanda che gli premeva urgentemente farle.
«Amh, senti Soo-Jung… ieri mi hai detto delle cose e…»
«Oh, cielo. Cosa ho detto?»
«Niente, a parte il fatto che a quanto pare mi stalkeri sui social.»
«Io… cosa?! Non… oh, ma nemmeno tu sei normale! Nel duemila diciotto chi non ha un profilo facebook?»
«Ma non è di questo che volevo parlarti! Mi hai accennato ad un tuo problema che riguarda… dei sogni ricorrenti che fai spesso. Ecco… posso sapere cos’è che sogni, di preciso?»
Soo-Jung mandò giù un bicchiere d’acqua e poi lo guardò. Cosa voleva quel tipo da lei?
«Ma che ti importa? Queste sono cose private, accidenti!»
Si scoprì con il viso rosso e immediatamente si alzò, doveva darsi una sistemata e andare via da quella casa, la situazione era già abbastanza equivoca.
«Beh, potresti anche essere più gentile con chi ti ha praticamente salvato la vita!»
Soo-Jung, che aveva appena raccolto disordinatamente le sue cose, si voltò a guardarlo con un sorriso di scherno.
«Ah, quindi adesso mi hai salvato la vita? Bene, ti ringrazio, sei stato gentile, ma adesso devo proprio andare, non ho tempo da perdere con gli stolti, ciao ciao!»
On Dal rimase interdetto. Quella maledetta donna… e pensare che era stato così gentile e lei l’aveva ricambiata con una scortesia incredibile.
Sbuffò e si voltò, notando poi qualcosa di estraneo sul suo tavolino: una borsa.
«Mi rifiuto di crederci», mormorò fra sé e sé.
 
Era stato un risveglio orribile. Aveva dormito magnificamente bene, questo era innegabile, ma ciò che era successo dopo… non voleva neanche pensarci.
Accidenti Soo-Jung, c’è chi ucciderebbe per svegliarsi accanto ad un figo del genere e… un momento, stop, calma! Non è chissà cosa, è semplicemente passabile.
Questi erano i pensieri che le attraversavano la mente. Sarebbe stato opportuno andare a casa e farsi una doccia, dopotutto aveva ancora addosso i postumi della sbornia. Ma era già in ritardo e le riprese sul set iniziavano alle nove, lei era la protagonista e non poteva assolutamente mancare.
Peccato che quando arrivò sul set, tutti i suoi colleghi la guardarono come se davanti avessero avuto un cadavere.
«Sono in ritardo, lo so. Ma non guardatemi così», borbottò, pallida come un fantasma e i capelli in disordine.
Park Minjo, il regista, aveva un’espressione impagabile.
«Ma cosa ti è mai successo?!»
«Non me lo faccia dire, serata storta», borbottò.
«D’accordo! Non perdiamo tempo allora. Truccatori, all’opera, ridatele un po’ di vita, presto, deve essere in forma!»
Sospirò al pensiero che avrebbe potuto rilassarsi mentre i truccatori si apprestavano a renderla presentabile, ma sfortunatamente la sua quiete durò poco.
Quel giorno avrebbero dovuto girare una delle scene madri del dramma storico. La storia era semplice: una ragazza dei giorni odierni, in punto di morte, riusciva ad arrivare nel passato, durante il regno Goryeo precisamente. Lì, conosceva un principe dal pessimo carattere e temperamento e finiva coinvolta nelle sua vicende familiari e politiche*. Il problema era che non aveva ancora conosciuto il co-protagonista, nonché suo amante nel dramma.
E fu per tale motivo che Minjo si avvicinò a lei, seguita da un giovane trentenne circa.
«Scusate, scusate! Soo-Jung, è ora che ti presenti il tuo co-protagonista, ma ovviamente vi conoscerete già di fama. Lui è Kim-Woo Bim**»
Quest’ultimo le rivolse un sorriso.
«Soo-Jung, è un piacere per me fare finalmente la sua conoscenza.»
La ragazza rimase interdetta per qualche attimo e dopodiché si alzò, porgendogli una mano.
«Piacere mio. Ho visto molti dei tuoi film.»
«Ne sono lusingato. Anche io, posso ritenermi un esperto della tua filmografia.»
«Bene, vedo che andate già d’accordo, eccellente direi. È esattamente quello di cui abbiamo bisogno, vista l’atmosfera. Soo-Jung, fra dieci minuti iniziamo.»
«Sì, d’accordo», sforzò un sorriso mentre Woo-Bim la guardava. Il suo approccio al sesso maschile era diventato vergognosamente impacciato dopo l’incidente. E proprio non si spiegava il motivo.
Sam-Yong se n’era rimasto ad osservare i due chiacchierare, e solo quando l’attore si era allontanato, finalmente si avvicinò all’amica.
«C’è feeling, eh?» domandò con un certo tono di polemica.
«Sam-Yong, non uscirtene con una delle tue battute. Dobbiamo soltanto recitare insieme. A quest’ora altrimenti avrei avuto una storia praticamente con tutti i miei coprotagonisti.»
«Io non ho detto nulla di tutto ciò. Piuttosto, che hai combinato? Sono stato tutta la mattina a chiamarti.»
«Mi dispiace, non ho sentito il mio…»
In quel momento fu il panico più totale. La borsa. Aveva dimenticato la borsa da On Dal. Non si preoccupò del denaro o delle carte di credito, quelle in genere non le portava dietro ma… lo stra-maledetto telefono! Nelle mani di quello stolto. Chissà cosa avrebbe potuto combinare? Con tutto ciò che succedeva al giorno d’oggi alle povere super star come lei…
«Il mio telefono. Quel maledetto! L’ho lasciato a casa sua. Stupido On Dal!»
«Aspetta, hai passato la notte a casa sua?»
«Fa silenzio, Sam-Yong! Adesso non posso muovermi di qui, ma non appena finiscono le riprese vado dritta al suo negozio! E spero vivamente per lui non abbia combinato nulla di strano!»
Tentò di ignorare la voce nella sua testa che le diceva che quella fosse solo una scusa per rivederlo. Non aveva motivo per desiderare una cosa del genere.
 
Finite le riprese, Soo-Jung si diresse al Geun, di fretta e furia con una grande ansia nel cuore. Era certo che fosse questo, dal momento che esso batteva così forte, in maniera incontrollata.
Lo scampanellio sopra la porta in vetro annunciò il suo arrivo. Dentro non vi era nessuno, ma i vari oggetti antichi, gli abiti, le spade e gli accessori erano come sempre tutti ben disposti e in ordine. Avvicinandosi ai gioielli esposti, si accorse che quella collana che l’aveva tanto colpita la prima volta, era ancora lì. Si sentiva terribilmente attratta da quell’oggetto. Avvertiva qualcosa di familiare ogni volta che lo sfiorava, come in quel momento.
C’è una storia che sento di conoscere qui dentro.
«Vedo che quella collana ti interessa.»
Soo-Jung sussultò violentemente. Voltandosi, si ritrovò On Dal davanti, a braccia conserte e con su sempre quell’irritante espressione divertita.
«Giusto te! Sono venuta qui per riprendermi la mia borsa. L’ho dimenticata a casa tua, dentro c’era il mio cellulare! Spero per te che tu non abbia fatto nulla di strano!»
On Dal alzò gli occhi al cielo, andò dietro il bancone e ne estrasse subito dopo una borsa Gucci.
«Pensando avrei potuto rivenderla… Ma sapevo che saresti tornata a riprenderla, per cui. A proposito, dovresti inserire una password nel tuo telefono.»
«Le mie cose! Un momento, cos’hai fatto?!»
«Nulla, l’ho tenuto spento. Quel tipo di nome Sam-Yong continuava a chiamarti.»
«Bene! Sono molto lieta di ciò», affermò completamente rossa in viso. In effetti, dopo la notte precedente, era un po’ imbarazzante anche solo guardarlo negli occhi. On Dal parve intuirlo, e con molta semplicità le passò davanti.
«Sono abbastanza certo che ti starebbe bene.»
Inizialmente Soo-Jung non capì. Poi lo vide voltarsi con in mano quella collana che tanto aveva destato la sua curiosità.
«A me? Oh, per favore… io sono abituata a portare gioielli di marca.»
«Sarà anche vero, ma non credo troverai nulla di simile da nessuna parte. Permetti?»
Lei deglutì a vuoto, non seppe dirgli di no. Annuì lentamente e scostò i capelli. Quando On Dal si avvicinò, poté sentire il suo respiro sulla pelle. Ciò, per qualche attimo, le provocò i brividi.
«Proprio come pensavo. Ti sta davvero bene», affermò lui mostrandole lo specchio.
La ragazza si specchiò. Effettivamente aveva ragione.
È strano, è come se non fosse la prima volta che la indosso, eppure sono certa che sia così.
«Sì… carina», mormorò abbassando lo sguardo.
«Molto. Te la regalo.»
«Aspetta, cosa? Oh, no. Dimmi dove sta la fregatura. Io ho capito che tipo di persona sei tu, una molto attaccata ai soldi!»
«E va bene, d’accordo. Vuoi ripagarmi? Esci con me.»
«Questo si può…. Cosa?!»
Soo-Jung si era aspettata di sentirsi dire una qualche cifra assurda ma… quello!
Capì molto bene come sarebbe andata a finire…
 
*Siccome mi piace inserire le citazioni, questa è la trama di un altro drama che amo, ovvero “Moon Lovers – Scarlett Heart Ryeo”.
 
**Quest’attore esiste davvero :P
 
Nota dell’autrice
On Dal e Soo-Jung si sono conosciuti, e ovviamente le cose non vanno affatto bene, esattamente come la prima volta che si sono incontrati… peccato che non lo ricordino!
La vicinanza però farà loro capire qualcosa? Inoltre On Dal mica si tira indietro, e invita la super star ad uscire con lui per farsi ripagare.
La collana che a Soo-Jung piace tanto è un dono che On Dal le fa prima di andare in guerra (parlando ovviamente del passato in cui si sono conosciuti).
Quindi niente, soffro.
 

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Capitolo 3
*** Un altro te ***


 
Soo-Jung non poteva crederci. Come aveva potuto accettare di uscire con quel tipo?
Era a dir poco assurdo. Cosa ci faceva lei, una superstar, in un caffè qualunque con un commerciante disonesto?
Si sistemò gli occhiali da sole nervosamente, non aveva neanche toccato la tazza di cappuccino davanti a lei. Era fin troppo agitata anche solo per pensare di mettere qualcosa nello stomaco.
«Perché ti agiti tanto? Questo posto non è affatto frequentato, chi vuoi che ti veda?»
A quella domanda, Soo-Jung si fece scivolare leggermente gli occhiali sul naso, in modo da guardarlo negli occhi.
«Ma è pieno giorno. E l’ultima cosa che voglio è che mi vedano con te, non voglio che girino storie strane su un mio ipotetico fidanzato.»
«Com’è possibile? Credevo che le super star fossero circondate da uomini.»
«Beh, questo non è il mio caso, d’accordo?»
Soo-Jung si sentì infastidita da quell’affermazione, tant’è che prese a mescolare nervosamente il suo cappuccino. Era meglio cambiare discorso.
«Stavo pensando al tuo nome.»
«Il mio nome? Intendi quello che hai tanto preso in giro la prima volta che ci siamo incontrati?»
«Per forza! Insomma… On Dal, come il generale?»
Lui fece spallucce.
«Io non so che dirti, questo è il mio nome.»
Sbuffò, abbassando lo sguardo.
«Sai, l’ultimo film di cui sono stata protagonista è un dramma storico. Si chiama My only love song, e parla della storia d’amore tra il generale On Dal e la principessa Pyeong-gang. Io ovviamente interpretavo la principessa. Immagino che tu non lo abbia mai visto.»
«In realtà no. Ma mi pare familiare.»
«Per forza, è un dramma storico, sono cose che tutti sanno! Visto che hai fatto ricerche sul mio conto, saprai certamente che poco più di un anno fa sono entrata in coma in seguito ad un incidente. Beh, quando mi sono ripresa sono tornata a recitare in quel film. Dovevo. Sentivo che dovevo esserne protagonista»
Adesso era stato On Dal ad abbassare lo sguardo. E non stava neanche più sorridendo.
«Capisco. Sì, effettivamente ho letto molti articoli sul tuo incidente. Sarei indiscreto a chiedere com’è successo?»
L’atmosfera divenne incredibilmente seria. Soo-Jung non provava fastidio, ne aveva parlato così tante volte.
«L’ultima cosa che ricordo è che stavo guidando il mio furgoncino. Poi niente. Mi sono risvegliata dopo un paio di settimane, non avevo riportato danni, tuttavia mentalmente non ero più la stessa.»
«Perché no?»
«Io… non lo so. Sento che c’è qualcosa che ho dimenticato.»
Qualcosa che ogni volta tormenta i miei sogni. Un nome, un viso, una voce.
Un’emozione.
Un sentimento.
On Dal annuì.
«Qualsiasi cosa sia la ricorderai, se è davvero importante. Comunque è strano»
«Cosa?»
«Anche io poco più di un anno fa mi sono risvegliato dal coma. Ma a differenza tua, non ricordavo nulla se non proprio il mio nome. Non sapevo cosa fosse successo, ero completamente stordito e confuso, come se… come se mi trovassi in un mondo che non mi apparteneva.»
Soo-Jung avvertì un brivido. On Dal le stava parlando con molta calma di qualcosa di terribile. E si sentì anche in colpa, perché lo aveva trattato malissimo.
«Cioè… tu non ricordavi nulla? Della tua famiglia, della tua vita?»
«Una famiglia non credo di averla, nessuno mi ha mai cercato. I ricordi non sono mai tornati al loro posto. È stato strano, perché ho dovuto imparato a fare nuovamente tutto. Quando mi hanno rimesso, ho trovato lavoro al negozio. Il proprietario mi ha accolto a braccia aperte e mi ha anche dato un posto in cui stare. Purtroppo se n’è andato qualche mese fa e mi ha lasciato tutto. Non gli sarò mai abbastanza grato per questo.»
Tremò di nuovo e questa volta fu per Soo-Jung naturale allunare una mano e stringergli il polso.
«Io… mi dispiace. Davvero, mi dispiace, non avrei mai immaginato una cosa del genere. Non ricordare… deve essere terribile.»
«Non preoccuparti. Sono certo che i miei ricordi torneranno presto. Alle volta durante la notte mi capita di vedere delle cose, delle persone. Non sono sicuro che siano sogni, magari sono sprazzi di vita che ho dimenticato.»
Soo-Jung si portò la tazza alle labbra e bevve finalmente un sorso di caffè. Allora forse non era l’unica ad essere tormentata con dei sogni ogni notte. Ma non era la stessa cosa, lei non aveva dimenticato nulla, o almeno di ciò aveva cercato di convincerti.
«Capisco. Dovresti farti aiutare.»
«Lo sto già facendo. Mi seguono diversi neurologi e psicologi, ma non ci sono stati molti progressi. Tuttavia c’è qualcosa che sogno in continuazione. Un nome. Nan-nyeon.»
Tossì rumorosamente dopo che la bevanda le fu andata di traverso.
«Mi dispiace, ho detto qualcosa che non dovevo?» domandò On Dal porgendole un fazzoletto.
Soo-Jung scosse la testa, pulendosi la bocca.
Nan-nyeon. Quel nome non le era affatto nome. Era lo stesso nome che sentiva ogni notte, la voce che ogni notte chiamava lei, ne era sicura, sebbene non capisse il perché. Quello non era il suo di nome.
«No, niente, sta tranquillo. È tutto a posto, davvero. Se continui a sognare questo nome forse è importante. Forse è il nome di una persona che devi ricordare», disse ciò senza neanche capirne il motivo. Cosa poteva saperne lei?
Erano accomunati dallo stesso destino, perfino i loro sogni sembravano collegati, motivo per cui si inquietò parecchio.
«Lo penso anche io. Spero un giorno di riuscire a ricordare. Ah, mi dispiace, l’atmosfera è diventata tesa per colpa mia.»
«Non fa niente. Apprezzo questo tuo lato serio, molto più di quello da sbruffone», sospirò la ragazza. «Piuttosto, quanto deve durare quest’appuntamento?»
«Oh, adesso è un appuntamento?»
Soo-Jung arrossì. Non era colpa sua, le parole venivano fuori da sole senza che potesse fermarle.
«Comunque non saprei, in genere cosa fanno le super star?» chiese ancora On Dal.
«Bevono champagne nei loro yatch privati, ma eviterei di dare nell’occhio, voglio solo stare tranquilla»
«Tranquilla? Allora potremmo andare al Namsan.[1] Non è neanche il week-end, quindi non ci sarà molta gente.»
Lei gonfiò le guance. L’idea di prendersi una pausa per camminare sotto gli alberi di ciliegio, in tranquillità, non le dispiaceva. E poi era in compagnia di On Dal, che anche se non sopportava, sentiva in parte di apprezzare.
Provava curiosità nei suoi confronti, doveva ammetterlo.
«D’accordo. Ma voglio salire sulla torre. E andiamo in auto, non intendo fare tutti quei chilometri.»
On Dal sorrise.
«Affare fatto.»
 
Soo-Jung, tu sei una pazza. Una star come te dovrebbe pensare a ben altro che passare il tempo con un bellissimo ragazzo che ha perduto la memoria.
Oh, no. Cos’è, la Sindrome della Crocerossina? Provo pietà nei suoi confronti?
No, non è questo. Ma ciò che ha detto, quel nome, quel nome! Nan-nyeon… tormenta anche i miei sogni, ma non riconosco la voce che mi chiama. Cos’è che ho dimenticato?
Per quale motivo ci  siamo incontrati?
«Per essere un’attrice hai molto tempo libero.»
Con quell’affermazione, On Dal riportò Soo-Jung alla realtà. Si trovavano in auto e grazie alla mancanza di traffico sfrecciavano senza problemi per le strade di Seoul.
«Per il momento le riprese del nuovo film sono solo la mattina. Ma i miei orari saranno diversi più avanti. E poi cos’è che vuoi? Sto uscendo con te soltanto perché non voglio essere in debito.»
«Questo è per la collana. E che mi dici di quando ti ho portato a casa mia dopo che ti eri ubriacata? O il fatto che ho tenuto da parte la tua costosissima borsa?»
«Ah, lascia perdere. Non ce l’hai una fidanzata?»
«No, esatto. Ti fa piacere?»
«Ma figurati. Non farti strane idee, non sei il mio tipo.»
On Dal rise. La stava forse prendendo in giro? Nonostante ciò non riuscì ad arrabbiarsi. Il suo sorriso era splendido. Illuminava ogni cosa.
Già. E farai meglio a scostare lo sguardo se non voglio rimanere abbagliata.
 
Arrivarono a Namsan alle cinque circa. Il sentiero che andava verso la montagna era coperto dai rami degli alberi che intrecciandosi tra loro coprivano il cielo. La poca gente che passava, più che altro in bici, non li degnava neanche di uno sguardo. Soo-Jung sospirò a fondo, avvertendo profumo di fiori. Rose… margherite… fiori di ciliegio… che altro?
Ma soprattutto, di cosa avrebbero dovuto parlare lei e On Dal adesso che camminavano fianco a fianco?
Stava iniziando a provare un leggero imbarazzo. Ma se sollevava lo sguardo, poteva vederlo con il viso rivolto verso l’alto e i petali dei fiori che ogni tanto gli cadevano addosso. Lui allora allungava una mano e li osservava.
E a lei piaceva guardarlo.
«Quali sono  i tuoi fiori preferiti?» domandò ad un tratto.
«I miei preferiti? Beh, i mie fans mi mandano spesso le rose, che mi piacciono anche, ma i miei preferiti rimangono le peonie. Soprattutto quelle rosa o viola.»
«Capisco.»
«Perché? Vuoi spedirmi dei fiori?»
«Assolutamente no», fu la sua risposta.
Soo-Jung ci rimase un po’ male, ma tentò di negarlo a se stessa.
Dopo poco arrivarono alla Namsam Tower, da cui era possibile osservare una panoramica dell’intera Seoul. Stava anche iniziando ad imbrunire, quindi la visuale si prospettava essere ancora migliore.
Quando arrivarono in cima, On Dal assunse un’espressione meravigliata dinnanzi le vetrate: davanti a loro il cielo colorato di azzurro e arancio e le prime luci che iniziavano ad accendersi.
«Wow. Che vista. È davvero… wow… wow…!»
«Ma non sai dire altro? Ti comporti come un bambino, è la prima volta che ci sali?»
«Sì! O almeno, non ricordo di esserci mai salito prima.»
Soo-Jung fece una smorfia. On Dal era un tipo strano, e non tanto per la sua perdita di memoria, semplicemente pareva venire da un altro mondo. La sua anima non faceva parte di quel posto, poteva sentirlo a pelle.
Gli si mise accanto.
«Visto che adesso siamo così amici, mi ridai indietro i soldi sì o no?»
«Neanche per sogno. Il tuo amico ha tanto insistito, quindi è colpa sua.»
«Sam-Yong ha le sue colpe ma tu… oh, vienimi incontro, accidenti!»
«D’accordo. Allora facciamo che ti ridò indietro i soldi. Ma in cambio tu devi uscire di nuovo con me.»
Senza accorgersene, Soo-Jung si era ritrovata con la schiena contro la vetrata e On Dal l’aveva praticamente intrappolata.
Lo guardò negli occhi.
«Lo fai a posta. Queste sono molestie.»
«Denunciami, allora.»
«Oh, sei insopportabile. E va bene, lo faccio, contento?»
«Sì, molto» la sua espressione sorridente divenne ad un tratto seria, quando si spostò di nuovo a guardare la città. «Sai, ho come l’impressione di aver già visto un panorama del genere.»
«Avevi detto che è la prima volta che salivi quassù!»
«Infatti è così. Il paesaggio che ricordo io è diverso. Ma adesso sto parlando a vanvera, non voglio annoiarti di nuovo.»
Soo-Jung abbassò lo sguardo. Dei suoi sogni notturni tendeva a non parlarne con nessuno, ma On Dal poteva capirla. Erano inquietantemente simili.
«Capisco esattamente che significa. Anche io ogni notte faccio dei sogni. Visi, nomi, persone… ma quando mi sveglio, sono spariti tutti. E non riesco a capire.»
«Oh, però tu non hai perso la memoria. Insomma, la tua vita prima dell’incidente la ricordi tutta, no?»
Avrebbe tanto voluto rispondere che sì, ricordava tutto. Ma aveva sempre avuto la sensazione che mancasse un tassello importante nella storia della sua esistenza, e che quei sogni e quella voce che la chiamava con quel nome, stessero cercando di dirle qualcosa. Ma evitò il particolare su “Nan-nyeon”, aveva paura di approfondire la cosa.
«Infatti. Per questo, posso capirti solo in parte. Comunque, non ti dispiace se indosso la tua collana durante le riprese, vero? Mi fa sentire un pochino più a mio agio. Odio vedermi con addosso gli abiti tradizionali. Mi fa sentire… strana.»
«Io penso invece che staresti benissimo con un hanbok.»
«Razza di stolto, vuoi lusingarmi?»
«Ci sono riuscito?» domandò con un sorriso speranzoso. Soo-Jung lo guardò. Il sole morente alle sue spalle gli illuminò gli occhi.
 
Era stata una giornata incredibile. On Dal non era poi così male, ma guai a dirlo! L’avrebbe tormentata per sempre, altrimenti. Da bravo cavaliere, lui la accompagnò a casa, rimanendo sorpreso dalla modestia del quartiere.
«Vivi qui, Soo-Jung? Ma un’attrice non dovrebbe avere una super villa?»
«Ho anche quella. Grazie per avermi accompagnato. Dammi il tuo telefono.», borbottò velocemente.
«Perché?»
Stupido.
«Per motivi che sfuggono al mio intelletto, non sei su nessun social network. Ti lascio il mio numero.»
Si vietò di guardarlo negli occhi mentre On Dal, piuttosto sorpreso, le porgeva il telefono. Molto velocemente lei digitò il numero.
«Va bene, fatto! Ci vediamo, ciao!», continuando a non guardarlo aprì lo sportello e uscì, lasciandolo On Dal a fissare il telefono con fare attonito.
 
Non posso credere, l’ho fatto, ma perché? Fin ora ci siamo incontrati per cause di forza maggiore, ma adesso sono io che me le cerco?
Soo-Jung, stai perdendo la testa!
Si tolse le scarpe ed entrò, accasciandosi a terra con la schiena contro la porta. Doveva rimettere a posto i pensieri, o sarebbe rimasta travolta. Lei e On Dal erano testardi, per questo si scontravano sempre, ma allo stesso tempo erano molto affini. Poi, come se non bastasse, dalla prima volta che lo aveva incontrato, non riusciva a liberarsi dell’asfissiante sensazione di conoscerlo.
Un po’ come se ci fossimo incontrati in un’altra vita.
Ma cosa dico? Mi ricorderei se ci fossimo già incontrati.
Credo.
«Non combinare guai, Soo-Jung. Non hai rimesso la tua vita a posto per poi mandarla in frantumi, contieniti», borbottò dandosi un colpetto sulla testa.
Dopodiché il telefono prese a vibrare. Sullo schermo era apparso un numero non memorizzato.
On Dal!
Con il cuore in gola, rispose.
«Pronto?»
«Sono io, questo è il mio numero! Eh… come va? Che fai?»
«Stupido, ci siamo lasciati cinque minuti fa. E poi parli al telefono e guidi? È così che si fanno gli incidenti!»
«Ah, non preoccuparti per me. Senti, stavo pensando che al prossimo appuntamento potremmo andare a Changgyeonggung[2]. Visto che io vendo oggetti di quell’epoca e tu reciti in film ambientati in quell’epoca, forse…»
«Ora sei tu a chiamarlo appuntamento. Comunque d’accordo, ci sto. Adesso devo andare, è tardi.»
«Va bene, Buonanotte.»
Chiuse la chiamata e sospirò.
Ecco che aveva guadagnato un altro appuntamento. Ma tutto ciò perché?
Cosa c’era che la legava a quell’uomo?
Decise che non era tempo per pensarci, piuttosto doveva andare a dormire. Ma sapeva bene che i sogni l’avrebbero tormentata ancora.
 
Nan-nyeon, Nan-nyeon!
 
Chi sei? Perché mi chiami così?
 
Mi hai trovato, Nan-nyeon. Sono vicino a te, devi solo ricordare.
 
Io non capisco cosa. Chi sei? Qual è il tuo nome? Mostrati, voglio vedere il tuo viso.
 
Io sono …
 
Cosa? Non riesco a sentirti!
 
Sono…
 
Labbra che si muovono, nessun suono che ne esce.
 
Si svegliò nel cuore della notte, senza respiro, il viso imperlato di sudore.
Ancora quella voce lontana, quel nome che non gli apparteneva.
La testa faceva male, tanto male.
Si sentì così fragile, Soo-Jung, che non poté far altro che farsi piccola, nel buio della sua camera.
E allora pianse.
 
 
Dopo una nottataccia, seguiva la solita tiritera per cercare di apparire presentabile, una doccia, bei vestiti, del trucco e tanta pazienza al pensiero della giornata piena di impegni . Nonostante fosse una professionista, non era per niente dell’umore per girare le scene del dramma. Anzi, se ne sarebbe rimasta volentieri a casa, ma era la protagonista e senza di lei non si andava avanti.
Arrivò sul set con degli spessi occhiali da sole, salutando annoiata i suoi colleghi. Si sedette ad un tavolino, sotto l’ombrellone e sospirò.
Le andava proprio un bel…
«Cappuccino dolce per la nostra protagonista!» Sam-Yong le arrivò accanto.
«Oh, Sam-Yong. Sei il road manager migliore del mondo», lei afferrò subito la bevanda, mandandola giù tanto in fretta da quasi scottarsi, ma non le importò.
Sam-Yong le si sedette di fronte, notando subito la sua nuova collana dai colori vivaci.
«E quella? Non mi pare di avertela mai vista addosso.»
«Questa? È solo un regalo da parte di On Dal…» affermò distrattamente, rendendosi conto troppo tardi che forse non era stato saggio lasciarsi scappare quell’informazione. L’amico la stava già guardando con gli occhi sgranati e un’espressione entusiasta.
«Davvero? Adesso siete diventati amici?»
«Amici? Che sciocchezze. È solo che per una serie di casualità ci siamo ritrovati ad incontrarci più di una volta e… io sono stata a casa sua», abbassò lo sguardo. «Siamo usciti insieme e…»
«Praticamente siete una coppia? Ma è fantastico, Soo-Jung!»
«Calma, noi non siamo una coppia. E poi lui è un furfante, non mi piace proprio.»
«Ah, non pensare più a quella storia. Non capisco perché dovresti farti problemi. Devi trovarti un bravo ragazzo con cui…»
«Ti ci metti anche tu adesso? Che c’è, come gli altri pensi che sia troppo vecchia?!» esclamò Soo-Jung nervosa.
«No! Non è questo. È solo che… insomma, voglio vederti felice con una persona che ti ama. Te lo meriti, tutto qui.»
Quasi si sentì in colpa nell’averlo attaccato in quel modo. Non è che non volesse innamorarsi, ma sentiva che per il momento aveva troppi problemi a cui pensare, tipo i suoi sogni. Sam-Yong era il suo migliore amico, sapeva cosa stava passando.
«Amh… Sam-Yong…»
«Oh, eccola qui la star indiscussa! Buongiorno, Soo-Jung!»
Kim Woo-Bin! Come aveva potuto dimenticarsi del suo collega con cui avrebbe dovuto recitare il giorno stesso?
Sorrise nervosamente, alzandosi in piedi.
«Amh… buongiorno a te. Allora… sei carico?»
«Assolutamente sì. E tu, Soo-Jung? Ti vedo stanca»
«Ah, io ho… solo qualche problema d’insonnia.»
«Oh, capisco. Sai che i massaggi aiutano a rilassarsi prima di dormire? Io sono molto bravo, se vuoi posso massaggiarti.»
Sam-Yong fece una smorfia, borbottando qualcosa.
«Bah… illuso.»
«Ma Sam-Yong!», gridò lei. Insomma, che gli passava per la testa? E soprattutto, perché quell’aitante attore stava filtrando con lei?
Per fortuna la discussione non andò avanti, poiché in seguito arrivò il regista e ordinò loro di cambiarsi per iniziare a girare.
Soo-Jung indossò un hanbok e si lasciò acconciare i capelli. Doveva cercare di essere più passionale e convincente possibile, dopotutto si trattava di girare una scena struggente. Di certo, Woo Bin ci metteva impegno.
«Mia sola e unica regina, devi capire che per me tu sarai sempre e solo l’unica, anche se sposerò un’altra il mio cuore sarà sempre legata a te!»
Ci credo che è famoso, ci sa fare il ragazzo. Ma io continuo a sentirmi a disagio. Mi sento come se tutto ciò mi fosse familiare… oh grazie tante, ho già recitato in un dramma!
«Come posso vivere sapendo che condividerai la vita con una donna che non sono io? Siete un principe, io una comune dama di corte, tuttavia ciò non mi ha impedito di amarvi», recitò.
Lui le afferrò, avvicinandola a sé.
«Siete la mia persona. Lasciate che vi dimostri quanto mi ami.»
«Sono qui per questo mio adorato… On Dal?»
Woo-Bim fece una smorfia.
«On Dal? Ma non era un altro dramma quello?»
Soo-Jung non era pazza. Effettivamente On Dal c’era per davvero, accanto al cameramen , e la stava salutando come se nulla fosse.
«Qual è il problema?» chiese il regista.
«Io… possiamo fare una pausa?» propose la ragazza.
«E va bene, cinque minuti!»
Ma che diamine ci fa lui qui?!
Afferrando due lembi della gonna, Soo-Jung si avvicinò con il fiato in gola ad On Dal.
«Ciao!» saluto lui allegramente.
«On Dal! Cosa… emh… cosa ci fai qui?»
«Avevo chiesto a Sam-Yong di te e mi ha detto che eri impegnata, così mi ha proposto di venire a vederti.»
«Ah… ah sì. E da quando tu e Sam-Yong siete amici?» domandò osservando il diretto interessato, che pareva evitare a posta il suo sguardo.
On Dal però cambiò subito discorso.
«Cavolo, avevo ragione! Stai davvero benissimo con l’hanbok. Sembri essere nata per indossarlo.»
Si ritrovò ad arrossire a quel complimento. Improvvisamente ecco che tornava il batticuore e che ogni vuoto veniva colmato.
Woo-Bin decise di presentarsi a On Dal.
«Salve! Piacere di conoscerti! Sono Kim Woo-Bin, recito insieme a Soo-Jung!»
«Ah, piacere mio!»
«Sei il suo fidanzato?»
Cosa?
«Oh, Woo-Bin, che spiritoso! Certo che non  è il mio fidanzato, eh… eh…»
Dacci un taglio Soo-Jung. È tutto così disagiante.
«Ehi, signor Park! Ma non ci mancava una comparsa?»
Sam-Yong, imbecille! Adesso cosa stai combinando?!
Gli occhi del regista si illuminarono alla visione di On Dal. Gli andò infatti subito incontro, guardandolo.
«Ma è perfetto! Tu sei perfetto!»
«Perfetto per cosa?!»
«Una delle nostre comparse ha avuto un contrattempo! Ti dispiacerebbe sostituirlo? Sei adatto. Forse hai i capelli un po’ troppo corti, ma  a quello c’è rimedio.»
«Io non ho mai recitato in vita mia!»
«Non dovrai fare nulla, devi solo essere un soldato silenzioso e serio, tutto qui. Ti pagheremo qualcosa ovviamente.»
On Dal cambiò espressione.
«Fare la comparsa è la mia più grande aspirazione.»
Soo-Jung desiderò implodere in quel momento. Che problema aveva il destino con lei?
Deve essere un incubo. Se il regista sapesse che On Dal è il tipo che ci ha truffati, non sarebbe così gentile. La colpa è tutta tua Sam-Yong, maledetto.
Effettivamente sembrava proprio che il destino ce l’avesse a morte con lei. Per quale motivo il suo destino e quello di On Da dovevano sempre incrociarsi?
Adesso addirittura lavoravano insieme.
«Eccoci qui! Riprendiamo subito. On Dal, tu entri scena al mio via!» esclamò a quel punto il regista.
La ragazza sollevò lo sguardo e rimase per qualche secondo interdetta.
On Dal indossava degli abiti tradizionali e ci stava molto bene in quei panni che le parvero stranamente familiari.
«Ehi. Che te ne pare? Ci sto proprio bene, non ne avevo mai provati di vestiti così. E questo è strano, considerando il lavoro che faccio», sussurrò il diretto interessato.
Soo-Jung annuì, ancora visibilmente scossa.
Io una cosa del genere l’ho già vissuta. Mi è tutto troppo familiare e una voce della testa mi dice che è così. Ma perché? È un tormento.
«Soo-Jung! Woo-Bim ti aspetta!»
«Sì, vado subito!»          
 
Quando si recitava bisognava avere la mente vuota, eppure per tutto il tempo, la sua mente era stata da tutt’altra parte. Fino  a quel momento, Soo-Jung aveva cercato di ignorare i suoi problemi e i suoi tormenti, sebbene non con molto successo. Aveva sempre cercato di auto convincersi che i suoi fossero sogni e nulla più. Ma adesso non era solo il suo sonno ad essere tormentato, anche da sveglia avvertiva qualcosa, delle sensazioni che era certa di aver già vissuto. Poteva trattarsi di ricordi legati ad una vita precedente?
Era un opzione affascinante, ma dubitava fosse ciò. Forse cera davvero qualcosa che aveva dimenticato?
E cosa può essere? Ricordo tutto fino a prima dell’incidente, ma tra quest’ultimo e il mio risveglio c’è un buco nero.
Quel pensiero sarebbe potuto diventare un chiodo fisso…
 
«Tutti molto bravi! Per oggi è tutto!»
Soo-Jung era andata in camerino a cambiarsi e una volta uscita aveva deciso di parlare con On Dal. Per dirgli cosa esattamente non lo sapeva neanche lei. Fortunatamente quest’ultimo non era andato via come temeva, anzi, lo trovò a parlare in modo affabile con Sam-Yong.
Ci manca solo che quei due diventino amici.
Sospirò profondamente e si avvicinò con un sorriso forzato.
«Non sapevo steste diventando tanto amici. È piuttosto bizzarro in effetti.»
«Soo-Jung! Stavo giusto parlando con On Dal e volevamo andare a bere qualcosa stasera. Perché non ti unisci a noi?»
Ma certo, è chiaro, vuole organizzarmi un appuntamento. Ah! Come se ce ne fosse bisogno poi…
«S-stasera? Io non so se è il caso, lo sai che se non dormo abbastanza poi mi vengono le rughe.»
«Andiamo. Non mi dirai che hai paura di ubriacarti di nuovo, vero?» la provocò On Dal.
Soo-Jung schioccò la lingua. Non gli avrebbe dato soddisfazione alcuna.
«Beh, magari posso venire e bere una cosina…»
Alle sue spalle comparve Woo-Bin, il quale le aveva poggiato una mano sulla spalla.
«Bel lavoro, ragazzi! Di cosa stavate parlando?»
«Niente, stavamo organizzato un’uscita stasera», rispose lei distrattamente.
«Un’uscita. Vi dispiace se mi unisco a voi?»
Sam-Yong fece una smorfia.
«Sono certo che uno famoso come te ha davvero troppo da fare.»
«Ma va, posso sempre spostare i miei impegni, e poi avrei proprio bisogno di una pausa. A che ora ci vediamo?»
Respiro una leggera aria di disastro. Perché ho l’impressione che non finirà bene?
 
 
Se avesse saputo che sarebbe finita così, probabilmente Soo-Jung ci avrebbe riflettuto un attimo prima di accettare l’invito. On Dal e il suo collega Woo-Bin insieme? Non prometteva bene. Ma oramai c’era dentro, motivo per cui si era infilata un vestito blu elettrico, si era truccata e aveva aspettato che Sam-Yong venisse a prenderla. Talvolta era bello anche fare cose da persone normali, come andare da qualche parte con un amico alla guida al posto dell’autista.
«Andiamo al Maloneys pub![3] C’è il karaoke lì!» aveva esclamato un entusiasta Sam-Yong.
Come se poi non cantasse abbastanza.
«Per me va bene, l’importante è che non ci sia gente, lo sai com’è.»
«Sì, tranquilla, lascia fare a me!» la rassicurò prontamente.
Arrivarono al luogo stabilito alle nove in punto. On Dal era già lì e quando li vide arrivare li salutò.
«Ciao a tutti e due. Grazie per l’invito, Sam-Yong.»
«Ma figurati, perché non entriamo?»
«Non aspettiamo Woo-Bin?» chiese Soo-Jung.
«Woo-Bin se ne farà una ragione. Andiamo!» esclamò alla fine frettolosamente.
Per fortuna il pub si rivelò essere molto tranquillo, la poca gente che c’era era troppo brilla per badare a loro. Woo-Bin arrivò con dieci minuti di ritardo, motivo per cui Sam-Yong lo aveva poi definito sottovoce un egocentrico.
Le guance di Soo-Jung si colorarono di rosso mentre  beveva il suo martini. On Dal e Woo-Bin parlavano in maniera cordiale, ma la cosa non le piaceva, sembrava più che altro il preludio di qualche tragedia. Come se non basasse, Sam-Yong l’aveva scaricata per andare a cantare.
Meraviglioso!
«Quindi hai un negozio di oggetti antichi tradizionali? Questo è affascinante, ti piace la storia?»
«Non particolarmente, ma penso che ci sia un certo fascino negli oggetti antichi. Hanno molto da raccontare.»
Nel dire ciò punto gli occhi su Soo-Jung, la quale strinse la collana che lui gli aveva donato.
«Ben detto! E dimmi, come hai conosciuto la fantastica Soo-Jung?»
Quest’ultima si strozzò.
«Se devo essere sincero è venuta al mio negozio accusandomi di averli fregati. Non è stato cordiale da parte sua.»
«Io non sono stata cordiale? E tu allora? Neanche sai che sono le buone maniere!»
«Almeno io non ti ho accusata ingiustamente.»
«Ma… ah, razza di stolto!»
Woo-Bin spalancò gli occhi, per poi ridere.
«Voi due formereste proprio una coppia fantastica.»
«Sì, lei è già pazza di me», affermò On Dal sorridendo.
Soo-Jung avrebbe avuto da ridere, ma non ebbe modo. Un allegro Sam-Yong l’aveva afferrata per un polso.
«Coraggio Soo-Jung, canta una canzone! E non cominciare a dire che ti vergogni, è il tuo lavoro!»
«Che? Ti prego, no… io voglio mantenere un profilo basso!»
«A me piacerebbe sentirti cantare», ammise On Dal.
Lo guardò. Stranamente adesso dire di no le risultava difficile.
«Oh, per Dio. Va bene. Una canzone sola.»
«Perfetto, ho già scelto quale! Coraggio, seguimi!»
Sam-Yong la metteva sempre nei guai. Prima che se ne rendesse conto si era ritrovata con un microfono in mano e lo schermo davanti a lei.
Poi la musica iniziò.
Eh? Ma perché Sam-Yong ha scelto proprio questa?
Fece un profondo sospiro. Senza sapere perché i suoi occhi si puntarono su On Dal e allora cantò.
 
L’amore è arrivato pian piano, riempiendomi solo per metà.
Con questo cuore in agitazione ti guardo.
Senza parole, i miei occhi ti vogliono.
 
Lui sorrise.
Questo momento… questo momento… io l’ho già vissuto.
 
Un altro te, non dire altro.
A causa tua, tutto è possibile.
Da quando mi sono innamorata di te, solo tu puoi realizzare i miei desideri.
Penetrante come la neve che sfiora la punta delle dita.
 
Sento come se non fosse la prima volta che guardandoti pronuncio queste parole.
E scomparve il resto del mondo, rimasero solo loro e nessun altro. Poté giurare di aver visto gli occhi di On Dal brillare.
 
Ogni giorno lo stesso desiderio, tra le tue braccia con gli occhi chiusi
Innamorata, avviciniamoci ancora un po’.
Prendi le mie mani, Ti amo.[4]
 
Quando la canzone finì, Soo-Jung avvertì il bisogno di piangere, ma si trattenne. Il suo cuore si era scaldato e stava avvertendo adesso una malinconia e una dolcezza senza eguali.
On Dal… io e te ci siamo già incontrati?
Adesso era il silenzio.
Se è così, dove e quando? E perché non ricordo nulla?
Qualcuno si alzò di scatto, indicandola.
«Ma quella è Soo-Jung Song!»
E la magia si interruppe.
Cavolo, la colpa è sempre e solo di Sam-Yong!
On Dal fu svelto ad alzarsi e ad afferrarla per mano.
«Che… che fai?!»
«Tienimi stretto. Adesso devi correre.»
 
[1]famoso parco di Seul che circonda la Namsan Tower
[2]palazzo che si trova a Seul. Era originariamente stato costruito come dimora estiva dell’imperatore Goryeo, nel 1484.
[2] Questo pub esiste davvero.
[4] Testo della canzone “Another you”, colonna sonora di My only love song. La cosa che più mi fa fangirlare, è che nella serie Soo-Jung canta davvero questa canzone a On Dal. E niente, muoio.
 
Nota dell’autrice
Sam-Yong è il nuovo imbranato cupido! Direi che sta facendo di tutto per far mettere insieme On Dal e Soo-Jung, e ci sta riuscendo. Probabilmente farà fuori Woo-Bin, ma questi sono dettagli.
Il loro appuntamento è andato benissimo, e Soo-Jung sente qualcosa. Purtroppo la magia viene interrotta dai paparazzi, quindi On Dal la salverà!
A proposito, alla fine i capitoli saranno cinque e non sei, poiché ho accorpato gli ultimi due :D

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Capitolo 4
*** Così vicino ***


 
Soo-jung non voleva crederci. Non era umanamente possibile che capitassero tutte e a lei. C’era un motivo se aveva detto a Sam-Yong di voler passare inosservata. Ovviamente lui l’aveva ascoltata? Certo che no.
Ma dare tutta la colpa a lui sarebbe stato inutile. Come se non bastasse, ora non poteva che considerare On Dal il suo salvatore. Sì, il ragazzo l’aveva letteralmente salvata da un’orda di fan impazziti, afferrandola e trascinandola via da lì. Avevano dovuto correre molto e più di una volta Soo-Jung aveva rischiato di perdere le scarpe lungo il cammino.
Tacchi! Se avessi saputo che sarebbe finita così, avrei indossato le scarpe da ginnastica!
Quando finalmente On Dal fu certo di essere al sicuro, arrestò di colpo la sua corsa, tant’è che per poco la ragazza non gli finì addosso.
Lei si poggiò contro il muro. Erano andati a finire in un vicolo buio e tranquillo, almeno lì nessuno li avrebbe disturbati.
«Li abbiamo seminati. O almeno spero. Ma è così tutte le volte?» ansimò On Dal.
«All’incirca. È per questo che quando esco evito di andare nei posti affollati. Abbiamo lasciato Sam-Yong  Woo-Bin in balia dei fan impazziti.»
«Sono abbastanza sicuro che se la caveranno. Però, chi avrebbe mai detto che un giorno mi sarei ritrovato a salvare la pelle ad una super star», affermò divertito.
Soo-Jung alzò gli occhi al cielo, massaggiandosi le caviglie.
«Ti prego, non voglio essere in debito con te. Piuttosto, quella corsa mi ha sfiancato. Stupide scarpe.»
«Se vuoi posso portarti in braccio io.»
«Per andare dove?»
«Beh, non mi sembra il caso di farsi rovinare la serata. Perché non andiamo a Changgyeonggung? Avevamo in programma di visitarlo comunque.»
«Ma è buio!»
«Favorisce l’atmosfera. Coraggio!» le porse una mano, sorridendole.
Magari fosse così facile dire di no a quel sorriso. Questo dannato uomo ha su di me un effetto devastante.
«E va bene, ma non  c’è bisogno che tu mi prenda in braccio. Ce la faccio da sola. Andiamo!» esclamò passandogli davanti. On Dal annuì, esultando silenziosamente.
 
In seguito Soo-Jung non lo avrebbe ammesso, ma On Dal aveva avuto ragione. Il fatto che fosse sera dava all’atmosfera qualcosa in più, forse anche a causa del cielo stellato. Poi la temperatura era perfetta. Insomma, non c’era assolutamente nulla che non andava.
Arrivata di fronte il palazzo, la prima cosa che fece fu togliersi le scarpe e tirare un lungo sospiro di sollievo.
«Ah, adesso si che ragioniamo. Sai, stranamente non ero mai venuta qui.»
«Io sì e non è solo l’unico palazzo storico che ho visitato. Changgyeonggung è stato costruito nel 1484, ma andò distrutto  durante l’invasione giapponese da un incendio, nel 1592.  Fu ricostruito oltre duecento anni dopo, negli anni trenta dell’ottocento e…»
«Wow, certo che ne sai parecchio tu!» si complimentò stupita.
«Con il lavoro che faccio certe cose si finiscono con l’imparare. Questa era la casa estiva dell’imperatore Goryeo» sospirò a fondo. «Guardare certe cose, certi monumenti mi mette sempre una grande malinconia.»
«Malinconia?» domandò Soo-Jung.
«Sì. Io… nei miei sogni vedo sempre luoghi del genere. È strano, perché  è come se ci fossi stato. Sono arrivato a pensare che magari… non so, ci sono stato davvero in una vita passata. Credi a queste cose?»
Non avrebbe saputo cosa rispondere. Anche a lei quei luoghi erano maledettamente familiari, ma continuava a dubitare che si trattasse di una vita precedente. No, era qualcosa di più vicino.
«Non saprei, ma ammetto che è un concetto affascinante. Incredibile come l’antichità e la modernità si fondano così bene» sussurrò indicando i palazzi moderni e illuminati che erano visibili da dietro. «Mi chiedo come sarei stata a quei tempi.»
«Forse una principessa?»
Fece una smorfia.
«No, non credo. Tu saresti stato un truffatore.»
«Ah, ti ringrazio.»
«Ma anche un guerriero impavido, una persona che mette il bene dei propi cari prima di tutto…» disse lentamente. Non seppe neanche lei il perché, ma le era venuto così naturale immaginarselo in quel modo.
«Oh, mi piace questa descrizione. Penso che ci saremmo incontrati anche in quel caso. Magari ti avrei salvato la vita.»
«Oh, vedo che qui qualcuno ha un’indole romantica. Umh… non so tu, ma voglio sedermi sull’erba.»
On Dal vide la ragazza avvicinarsi al manto d’erba con le scarpe in mano. Gettò quest’ultime e poi si sedette comodamente e anche in maniera poco femminile. La cosa divertente era che mai gli parve  bella come in quel momento.
Si avvicinò e si sedette accanto a lei. Sopra di loro le stelle non erano mai sembrate così luminose.
«Da qui sì che si vedono bene. In città non è possibile con tutte quelle luci», sussurrò lei stringendo le gambe al petto.
Era tutto strano. Strano in modo bello. On Dal la faceva sentire al sicuro.
«Wow, hai proprio ragione. Non tutte le sere mi capita di vedere un cielo così. Non è stata un totale disastro questa serata, non credi?»
Soo-Jung sforzò un sorriso, non riuscendo tuttavia a convincere del tutto On Dal. Era tutto cos’ idilliaco da farle quasi paura. In un certo senso, era come se lui colmasse il vuoto e ciò non sapeva spiegarselo. Perché lui avrebbe dovuto colmare il suo vuoto?
«Ehi, che ti prende? Non sarai di nuovo arrabbiata con me, spero»
La ragazza borbottò, gonfiando le guance.
«Non sono arrabbiata, razza di stolto. Stavo solo pensando a quanto sia inquietante il fatto che io e te ci somigliamo tanto. Abbiamo anche vissuto le stesse cose. Perfino i sogni che facciamo si somigliano.»
«Lo so, è una cosa davvero forte.»
«E non ti disturba?»
Lui fece spallucce.
«Non saprei dire se mi disturba. Ma sento che da quando ti ho conosciuta, tutto inizia ad avere senso. E so che non dovrebbe essere così, però lo è.»
«Stai cercando di dirmi che hai un debole per me?»
«Anche se fosse, non te lo direi di certo. Sei già abbastanza presuntuosa.»
«Ma sentilo!» borbottò dandogli un pizzicotto su un braccio. «Io non sono presuntuosa. Anzi, da dopo l’incidente il mio caratteraccio si è sopito, ero tranquilla e pacata, fin quando non ti ho incontrato.»
«Sono stato fortunato allora» sospirò, guardando il cielo. «Chissà, magari eravamo destinati ad incontrarci. Ha una certa poeticità la cosa, non trovi?»
On Dal aveva preso a parlare piano e Soo-Jung non aveva potuto non guardarlo negli occhi.
Io sono invece fermamente convinta che io e te dobbiamo esserci incontrati prima, sono certa di aver già visto i tuoi occhi e di aver bacia to le tue labbra.
«Forse… potresti avere… ragione…» sussurrò con gli occhi socchiusi.
Non se n’erano neanche resi conto, ma ora i loro respiri si erano fatti pericolosamente vicini, i loro cuori battevano alla stessa velocità.
Avvicinarsi fu naturale, naturale fu per On Dal poggiarle una mano sul viso e scostarle una ciocca di capelli.
Sento che non è la prima volta che mi tocchi così. Sento che di baci ce ne sono stati tanti. È possibile o sono forse pazza?
Nan-nyeon?
Sussultò all’improvviso, come se si fosse svegliata da un sogno. Ma quello non era un sogno, era la realtà, On Dal era reale, così com’era reale ciò che stava sentendo.
«Va tutto bene?» chiese lui preoccupato.
Cosa stavo facendo?
Stavo per baciarlo?
Nel formulare quel pensiero, Soo-Jung si accarezzò le labbra. Aveva quasi ceduto allo strano desiderio di sentirlo più vicino, ma sul momento si era violentemente retratta.
«S-scusa. Sì, sto bene. Solo che, amh… vorrei andare a casa, adesso»
Perché mi sento così codarda? Dopotutto non posso baciarlo, io… non lo conosco neanche così bene, giusto?
On Dal non parve particolarmente sconvolto, anzi, fu così gentile da riaccompagnarla a casa senza battere ciglio. Anche se, certo, un po’ di imbarazzo c’era eccome, considerando che si erano quasi baciati.
Una volta accompagnata, lui si era congedato con un timido sorriso. La guardava in modo diverso, se ne rendeva conto, e Soo-Jung non poté che sentirsi felice, ma confusa. Si chiese perché tutto ciò stesse capitando a lei.
Dopo un anno aveva creduto di rassegnarsi e di non trovare mai una spiegazione ai suoi sogni. Poteva essere On Dal la soluzione?
Era una cosa da pazzi!
Più tardi, mentre se ne stava a letto a rimuginare, massaggiandosi le tempie, le arrivò un messaggio da parte di Sam-Yong.
“Solo a scopo informativo, ma sto bene! On Dal è stato provvidente a salvarti dai tuoi fan!”
Soo-Jung gonfiò le guance, per poi rispondere.
“Come se non sapessi che è stato tutto un tuo piano. Che cos’hai in mente?”
“Io? Niente di male, ovviamente”
“Ah, certo. Non lo so, Sam-Yong. Ho paura di star perdendo la testa con quei dannati sogni. Da quando è comparso On Dal sono diventati più insistenti. Dici che c’entra qualcosa?”
“Potrebbe anche essere, no?”.
Non era esattamente la risposta che sperava di sentirsi dire. Sbuffò e decise di ignorarlo. Poi gli arrivò un altro messaggio. Questa volta il mittente era On Dal.
“Sono contento della serata che abbiamo passato. Dovremmo farlo più spesso, se non ti dispiace”.
Lei, sorridendo, decise di metterlo alla prova.
“Attento. Così rischi di innamorarti di me”.
“Beh, magari io non ho paura dei rischi”.
Uscì dalle sue labbra un sospiro.
Oh… ma davvero?
“L’hai detto, eh. Comunque adesso devo proprio andare. Buonanotte”
“Buonanotte, Soo-Jung”.
Con il cuore leggero si addormentò, anche se sapeva, sapeva che ad attenderla ci sarebbe stata sempre quella voce. Quel nome a chiamarla.
 
Nan-nyeon! Mi hai trovato!
 
Ti prego, dimmi il tuo nome. Non posso capire chi sei, altrimenti. Dici che ti ho trovato, ma non riesco a capire.
 
Ti sono vicino, Nan-nyeon. Devi solo ricordare.
 
Ma io non capisco. Ricordare cosa?
 
Ricordati. Ricordarci.
 
E un’altra notte passò.
 
Quando il giorno dopo Soo-Jung arrivò sul set, sperò in una giornata tranquilla. Aveva ovviamente sperato troppo, poiché si accorse immediatamente dell’atteggiamento strano dei suoi colleghi che la guardavano, sussurrando qualcosa.
«Emh, buongiorno. Va tutto bene?» chiese stranita.
Sam-Yong fu il primo a farsi avanti, sorridendo in maniera assai tirata.
«Soo-Jung, ciao! Qui va tutto a meraviglia, non c’è assolutamente niente di cui devi preoccuparti!»
«Allora perché mi guardate tutti così? È successo qualcosa?»
«No! No, affatto. Senti, perché non ti vai a cambiare, eh?»
Soo-Jung però non si sarebbe fatta ingannare dall’amico, così indicò Woo-Bin, il quale sembrava nascondere qualcosa dietro la schiena.
«Tu! Dimmi immediatamente cosa succede?»
«Io, ecco… emh…»
Woo-Bin non dovette sforzarsi poi molto, poiché subito la ragazza gli strappò il giornale dalle mani. In prima pagina, una notizia che la riguardava personalmente.
“La famosa attrice Soo-Jung Song si trova al centro di un triangolo amoroso. Da un lato un giovane sconosciuto, dall’altro il famoso attore Kim Woo-Bin. Chi sarà il fortunato a contendersela?”
Riconobbe immediatamente le foto.  Una era stata scattata la prima volta che On Dal l’aveva accompagnata a casa, la seconda durante la loro uscita al locale.
Il viso le divenne rosso dalla rabbia. L’ultima cosa che voleva era essere al centro di uno scandalo.
«Amh, Soo-Jung», la chiamò Sam-Yong.
«Che razza di storia è mai questa?! Chi ha scritto quest’articolo? È un’assurdità unica!»
«Lo sai, la gente farebbe di tutto per creare gossip», disse il suo collega.
A quel punto a Soo-Jung venne un’illuminazione.
«Ma una persona in particolare! Oh, quella donna maledetta, lo sapevo che avrei dovuto prestare più attenzione. Deve avermi fatta seguire! Non posso badare anche a questo.»
«Tranquilla, vedrai che tra qualche giorno nessuno se ne ricorderà più»
«Ma davvero, Sam-yong? Sarebbe così se si parlasse di un’attrice di quart’ordine, non di me! Possibile che nessuno mi dia mai tregua?!»
Il regista arrivò in quel momento.
«Amh, scusate, scusate! Soo-Jung, è vero quello che dicono i giornali? Un triangolo con Kim e il tizio dell’altra volta?»
«Ci si mette anche lei adesso? Ho bisogno di richiudermi nel mio camerino!»
Le sue speranze di una giornata tranquilla erano ufficialmente andate a farsi benedire. Sam-Yong sospirò avvilito. Questo rendeva le cose molto più difficili.
«Povera Soo-Jung, deve essere così difficile trovarsi al centro di uno scandalo.»
«Tanto lo so che a te fa piacere. Tu hai un debole per lei.»
A Woo-Bin venne da ridere.
«E come potrebbe non piacermi? Lei è forte, ma… ho l’impressione che ci sia già qualcuno nel suo cuore, dico bene?»
Sam-Yong sembrò sorpreso.
«Sei molto più intelligente di quel che sembri.»
 
 
Dopo essersi rinchiusa nel suo camerino, Soo-Jung sospirò. Non era nuova a certe cose, essendo famose le era capitato tante volte di trovarsi al centro di uno scoop… ma quello scoop in particolare la metteva a disagio. E poi aveva anche messo in mezzo On Dal, aveva distrutto la sua quiete da persona normale.
«Va bene, d’accordo, devo stare calma! Mi è già successo. Passerà. Eccome se passerà. Perché doveva succedere adesso?»
Strofinò nervosamente le mani e il telefono prese a squillare. Immaginò che si trattasse di On Dal e infatti poco dopo vide il suo nome sul display.
E adesso che gli dico?
«Amh… pronto?»
«Soo-Jung! Ciao, emh… tutto bene?»
«Non è esattamente il termine più adatto. Perché?»
«Ho qui il giornale e… cos’è questa storia? Perché sono finito in prima pagina?»
On Dal era leggermente agitato.
«Rilassati, d’accordo? Mi è già successo.»
«E sei così tranquilla? Io se fossi al posto tuo non uscirei più di casa.»
«La colpa non è mia, è colpa di quella specie di giornalista di quart’ordine! Ae-Heun mi ha preso di mira da un pezzo, vuole creare scandalo e sarebbe disposta ad inventare qualsiasi cosa! Senti, risolverò la questione, d’accordo? Tu è meglio se ne stai rinchiuso in negozio.»
«Troppo tardi, sono già qui.»
«Che cosa?! Ma tu non lavori mai?!»
Non aveva voglia di vederlo. Non tanto per la notizia sul giornale, ma per quello che era successo la sera prima, il loro quasi bacio, la vicinanza che diveniva giorno dopo giorno sempre più forte.
Oh, ma non poteva farsi mettere sotto in quel modo.
Decise di ricacciare il suo malumore e uscì dal suo camerino. Trovò On Dal intento a parlare con Woo-Bin.
Triangolo amoroso? Davvero ridicolo!
Corrugò la fronte e si fece vicino.
«Che cosa sei venuto a fare qui?»
«Come sarebbe a dire cosa? Mi hai messo nei guai e tu mi tiri fuori. E poi non voglio stare da solo in negozio. Metti caso che i giornalisti mi prendono d’assalto?»
«È per questo che ti ho chiesto di rimanere dentro!»
«Su, Soo-Jung, non essere così dura, dopotutto questa cosa riguarda anche lui.» disse Woo-Bin.
Questa poi… cos’è, una congiura nei miei confronti?
«D’accordo, capisco lo shock per tutto, ma lo spettacolo deve continuare!» fece presente il regista. «Oh, ma guarda un po’. On Dal, sei venuto a fare da comparsa?»
«Eh? No, questa volta sono qui solo per guardare… se mi è possibile»
«Naturalmente, rimani quanto vuoi. Attori principali, preparatevi!»
Soo-Jung fece una linguaccia a On Dal, il quale la ignorò. Sì, meglio non dire che era venuto lì per il semplice fatto che lei gli mancasse ogni istante di più.
In seguito si perse a guardarla mentre, con l’hanbok addosso, recitava perfettamente il suo ruolo di amante sfortunata. Era bellissima e senza capirne il motivo gli vennero in mente  i sogni che da tanto tempo lo tormentavano.
«È brava vero?» chiese Sam-Yong accanto a lui. «Pensa che  è la seconda volta che interpreta un ruolo del genere. È veramente portata, non lo pensi anche tu?»
«Eh? Sì, in effetti è molto brava… e più la guardo in queste vesti e più ho l’impressione di averla già vista.»
«Di averla… già vista?»
«Sì…. Ah, probabilmente non ha senso, ma io credo di avere dei ricordi legati a lei. Almeno credo che siano ricordi. O forse mi sto solo aggrappando disperatamente ad una soluzione impossibile.»
Sam-Yong annuì.
«Chi può dirlo? Non so se lo sai, ma anche Soo-Jung ha un problema simile al tuo. Sente di aver dimenticato qualcosa, ogni notte fa sempre lo stesso sogno, c’è una voce che la chiama “Nan nyeon”.»
«Aspetta, che cosa hai detto? Nan-nyeon?»
«Emh sì… mi ha raccontato che ogni notte sente questa voce che la chiama in quel modo.»
On Dal si portò una mano sulla testa. Stava iniziando a dolergli parecchio,  stava iniziando ad avere dei flash riguardanti una memoria ormai perduta.
«Questo è veramente inquietante. Perché ogni notte sogno me stesso che chiamo quel nome, pur non sapendo chi lei sia.»
«Oh… come dici tu è inquietante. Non credi che allora voi abbiate un legame?»
 
On Dal, non andare.
Ti amo.
Non ti dirò addio. Perché noi due ci rincontreremo.
Una violenta fitta alla testa lo portò ad indietreggiare.
«Ehi, tutto bene?» domandò Sam-Yong.
«Io? Sì, va tutto assolutamente bene.»
Mentì. Chi aveva pronunciato quelle parole? Facevano parte della vita che avevo dimenticato? Udiva una voce, ma non vedeva ancora nessun viso e più si sforzava di capire e meno comprendeva.
Le sensazioni vivevano ancora in lui, non se n’era scordato. Ma ciò che c’era intorno ad esso era stato cancellato e non ne capiva il perché.
 
La giornata di riprese servì a Soo-Jung per distrarsi almeno un po’ dai suoi problemi.  E pensare che aveva fatto di tutto per cercare di stare lontana dagli scoop, non voleva neanche immaginare le voci che dovevano girare nei meandri di internet. Forse poteva richiedere un’intervista con quella dannata donna e provare a mettere le cose in chiaro ma… oh, sarebbe davvero servito a qualcosa?
«Molto bravi, ragazzi! Soo-Jung, che passione che avevi oggi!» esclamò il regista.
«Passione? Sono incazzata nera», borbottò cercando alla rinfusa i suoi occhiali da sole nella borsa, valeva almeno camuffare la sua espressione stralunata. Lei, On Dal e Woo-Bin avevano di che parlare.
«Allora, come ci comportiamo al riguardo?» domandò quest’ultimo. «Dovremmo fare finta di niente? A me  è già successo, quindi non è un problema.»
«Per te, ma per me lo è eccome. Io sono un normale cittadino», disse On Dal.
«Il punto è proprio questo. Insomma, pensa che gran scoop, una super star che esce con una persona ordinaria. Senza offesa, eh.»
«Va bene, piantatela. Per quanto io odi fare certe cose, smentirò Ae-Heun in qualche modo. Ma non so come. Adesso posso andare a casa per favore?»
On Dal e Woo-Bin si guardarono negli occhi. Ebbero l’impressione che farla andare da sola non sarebbe stata esattamente una buona idea.
«Ma… aspetta, dove stai andando?!» esclamò il primo andandole dietro.
Soo-Jung aveva bisogno di mettere a posto i pensieri. Avrebbe risolto quel problema. Almeno quello. E poi avrebbe pensato al resto.
Purtroppo aveva dimenticato quanto uno scoop potesse portare tutte le attenzioni su si di sé. E una volta messo un piede fuori dal set, si ritrovò circondata da un gruppo di giornalisti con tanto di videocamere e microfoni.
«Soo-Jung Song, da questa parte!»
«Soo-Jung, è vero quello che si dice di te? Stai con Kim Boo-Wim? Chi è l’altro uomo che è stato avvistato con te l’altra sera?»
Questo. Deve. Essere. Un incubo.
La borsa quasi la cadde di mano. Non era esattamente così che si era aspettata che andassero le cose. Da sola però avrebbe potuto cavarsela, peccato che si dimenticò di quei due testoni che le erano venuti dietro.
«Soo-Jung ma… ma che succede?!» esclamò On Dal stordito e confuso dinnanzi tutti quei flash.
Poi si udirono altre commenti.
«Guardate, erano insieme, ma allora sarà vero!»
A quel punto, l’artefice di quel disastro, Ae-Heun, si fece avanti con tanto di microfono tra le mani.
«Buonasera a tutti, solo una domanda. Se non sbaglio, il suo nome è On Dal e lavora al Geun, negozio di antiquariato, dico bene?»
«Ma… ma come fate a saperlo? Mi avete stalkerato? Che paura! E comunque sì.»
«Interessante. In che rapporti è con Soo-Jung Song?»
«Noi? Beh, noi siamo molto amici e…»
«Sta zitto, idiota!» la ragazza gli diede una gomitata. «Tutto ciò che dirai potrà essere usato contro di noi!»
La giornalista si rivolse poi a Woo-Bin.
«Lei e On Dal siete quindi rivali in amore? È interessato a lei, dico bene?»
«Soo-Jung è una mia collega, recitiamo insieme e abbiamo molto feeling.»
«Ti ci metti anche tu adesso? Fatemi il favore di tacere!» esclamò portandosi una mano sulla testa. Quella dannata giornalista l’avrebbe rovinata, e le altre due vittime non facilitavano di certo la situazione.
Sorprendentemente, la sua  salvezza arrivò in Sam-Yong, il quale riuscì ad insinuarsi tra la folla e ad afferrarla.
«Di qui! L’auto ci aspetta! E toglietevi di mezzo, fateci passare!»
In seguito lo avrebbe ringraziato parecchio. Anche se quello era il minimo che lui potesse fare, dopo averla cacciata in nei  guai.
«La folla non mi piace. Troppe attenzioni, non sono fatto per questo genere di cose», si lamentò in seguito On Dal.
«Ci siamo cacciati proprio in un bel guaio mediatico», sospirò Woo-Bin con consapevolezza.
Soo-Jung sbuffò a braccia conserte.
«Voglio andare a casa.»
«Ma casa tua sarà accerchiata dai giornalisti. Per non parlare di quella di Woo-Bin. Possiamo sperare in On Dal.»
«Mi hanno stalkerato, probabilmente sanno anche dove vivo!»
«Va bene, d’accordo, allora venite da me!» esclamò  Sam-Yong esasperato.
L’idea non piaceva particolarmente a Soo-Jung, non che ci fosse altro che poteva fare.
 
L’appartamento di Sam-Yong era poco più piccolo del suo, ma molto più disordinato. Dopotutto il suo road manager, nonché migliore amico, viveva da solo. E la cosa era abbastanza evidente.
Woo-Bin guardò attraverso i vetri della finestra, dall’ottavo piano era possibile avere una bella visuale.
«Sembra che li abbiamo seminati. Grazie per l’ospitalità, Sam-Yong.»
«L’ho fatto per Soo-Jung, in quanto suo migliore amico e road manager è mio dovere. Piuttosto dovremmo pensare a nutrirci»
Soo-Jung uscì dal bagno dopo essersi data una rinfrescata, con lo sguardo afflitto, sedendosi sul divano.
«Fate voi, per me è uguale.» On Dal allora la guardò. E Sam-Yong si sentì in dovere di intervenire.
«Qui sotto casa c’è un take-away, siamo proprio fortunati! Woo-Bin, perché non mi accompagni?»
«Non sarà meglio se rimango qui?»
«Beh, non posso portare tutto io, ti pare?» esclamò sorridendo in modo forzato, afferrandolo per un braccio. «Noi torniamo subito!»
Era abbastanza palese il fatto che Sam-Yong avesse agito così esclusivamente per lasciarli soli, ma nessuno dei due parve badarci troppo. Soo-Jung era stanca, così tanto che probabilmente di lì a poco si sarebbe addormentata. On Dal le stava seduto accanto, seppur a debita distanza.
Si portò una mano tra i capelli, in imbarazzo.
«Mi dispiace per quello che ti sta accadendo. Per me è una scocciatura di certo, ma per te deve essere anche peggio.»
«No, non scusarti. Ti ho messo nei casini e mi dispiace, avrei dovuto pensarci. Quella giornalista… sembra che tutti aspettino che mi metta con qualcuno!»
A lui venne da ridere.
«Non sarebbe così strano. Woo-Bin per esempio… sarebbe proprio alla tua altezza.»
Si schiarì la voce. In verità si era dovuto sforzare non poco, ma aveva bisogno di sapere cosa Soo-Jung ne pensasse.
«Woo-Bin è simpatico ed è un bravissimo attore. Sicuramente saremmo la coppia ideale secondo molti. Il problema è che da un po’ di tempo a questa parte non riesco a pensare di avere una relazione.»
«C’entra… qualcosa il tuo incidente?» azzardò.
«Probabilmente. Io non so cosa sto cercando, ma sento che c’è qualcosa di preciso, che è vicino eppure così lontano. Perdonami, non so spiegarmi per niente», sospirò portandosi le mani sulla testa. A On Dal venne da sorridere e gli vennero alla mente le parole di Sam-Yong. E se in qualche modo davvero lei e Soo-Jung fossero stati collegati? E se per assurdo fosse stata lei la Nan-nyeon che chiamava in sogno?
«Ti sei spiegata benissimo. Per me è lo stesso. E ora come non mai sono certo che i miei sogni stiano cercando di dirmi qualcosa. Penso che Nan-nyeon sia una persona che ho dimenticato e che devo trovare. E io… la troverò».
Soo-Jung rabbrividì. Non poteva essere un caso, lui chiamava quel nome e lei si sentiva chiamare a quel modo. Erano collegati. Ma lei non ricordava di averlo conosciuto. Non ricordava niente di niente e ciò la faceva impazzire.
«Spero tanto che tu trovi quello che stai cercando», sospirò, poggiando la testa sullo schienale. Ben presto i pensieri divennero sogni e cadde addormentata.
On Dal rimase a guardarlo. Pensò che fosse bella e pensò che la collana che gli aveva regalato le donasse davvero molto.
Lentamente si avvicinò, sfiorandole una guancia, ben attento a non svegliarla.
«Sei tu che tormenti i miei sogni?» domandò fra sé e sé.
Cosa succederebbe ora se provassi a baciarla?
Chiuse gli occhi e lentamente si avvicinò.
«Siamo tornati! Oh, ma si è addormentata?»
On Dal sentì di non aver mai odiato Woo-Bin come in quel momento. E la stessa cosa valeva per Sam-Yong, a giudicare da come lo guardava.
«Scusaci… abbiamo fatto più in fretta di quanto pensassi.»
«Non fa niente. Sarà meglio non svegliarla», convenne infine.
Soo-Jung dormiva tranquilla. Avendolo così vicino, i sogni non l’avrebbero tormentata.
 
Nota dell'autrice
E così siamo quasi giunti alla fine. Il rapporto tra On Dal e Soo-Jung è sempre più stretto, le "disgrazie" sembrano unirli di più, ma Soo-Jung ha paura di scoprire cosa si nasconde dietro i suoi sogni e il suo legame con On Dal.
Alla prossima :)

 
 
 

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Capitolo 5
*** La mia unica canzone d'amore ***


 
Soo-Jung pensò che fosse incredibile. Per colpa di uno stupido scoop falso, la sua vita era divenuta ancora più frenetica del solito. E non bastava il lavoro, non bastavano  i suoi problemi personali e i problemi dii cuore, adesso anche quello!
Come se non bastasse, la stessa giornalista che l’aveva messa nei guai l’aveva invitata per l’ennesima intervista. Con quale faccia tosta poi!
Il suo agente però aveva tanto insisto, almeno in questo modo avrebbe messo a tacere le dicerie sul suo conto. Anche se c’era effettivamente qualcosa che la disturbava.
«Devi far finta di stare con Woo-Bin?» domandò Sam-Yong sconvolto. Lui e Soo-Jung avevano approfittato del bel tempo e si erano sistemati in balcone sotto il sole, a sorseggiare del tè freddo. In verità Soo-Jung se ne stava sulla sua sedia a sdraio con su gli occhiali da sole.
«È una fesseria. “La gente non crederà mai che fra te e Woo-Bin non ci sia nulla, dopotutto recitate insieme, siete belli, famosi, popolari, è quello che si aspettano tutti. Sarà solo una facciata, basterà tagliare fuori il terzo incomodo”.»
«Il terzo incomodo sarebbe On Dal?»
«Già. Senti, farò qualsiasi cosa pur di librarmi di questa seccatura.»
«Io non credo dovresti farlo.»
«Ti ci metti anche tu adesso? Non è una cosa che mi fa piacere, ma non ho altra scelta. Tra l’altro non potrei uscire di casa, attirerei l’attenzione. Puoi darmi un passaggio tu al Geun?»
«Geun? Vuoi andare da On Dal?» domandò speranzoso.
«Non voglio andare da On Dal, ma mi serve un nuovo hanbok per il dramma.»
«Da quando in qua ti rifornisci da lui?»
«Beh, me lo deve considerando il ciarpame che mi ha venduto. E poi è stato lui a suggerirmelo…»
«Ah… adesso capisco qual è la questione» affermò lui con un sorriso malizioso.
Soo-Jung sbuffò.
«Dai, smettila.»
«Okay adesso sono serio. Non ci sarebbe nulla di male se fra te e lui nascesse qualcosa. Qual è il problema? È perché è una persona comune?»
«Lo sai che non è questo! Senti, è complicato. E comunque non capiresti. Adesso puoi accompagnarmi sì o no?»
Sam-Yong annuì. Se solo la sua amica avesse saputo quanto si sbagliava. Lui capiva, e capiva anche benissimo. Tuttavia non aggiunse altro e decise di scortarla fino al negozio di On Dal.
Quest’ultimo l’aveva attesa con impazienza. L’ultima volta che le era stato accanto, l’aveva quasi baciata. Sentiva che quella era la soluzione a tutti i loro problemi, non c’era alcuna razionalità in quel pensiero, ma era portato a credere che così fosse. E poi, fra lui e Soo-Jung c’era qualcosa di speciale, non sarebbero altrimenti stati così legati
Soo-Jung entrò e tentò di rimanere quanto più seria possibile. Ma la veniva davvero difficile se lui le sorrideva in quel modo.
«Benvenuta, Soo-Jung.»
«Umh, cosa sono tutte queste formalità? Avanti, pensiamo alle cose serie. Come sai mi serve un hanbok per la scena madre del dramma storico. Mi auguro che tu non voglia rifilarmi qualcosa di scarsa qualità… o farmi pagare», disse con un certo tono di polemica, che fece sorridere ancor di più On Dal.
«Oh, no. Tranquilla, ho una cosa che credo potrebbe piacerti. Guarda qui.»
Posò sul bancone un capo d’abbigliamento che già solo a vedersi sembrava così morbido. Stupita, Soo-Jung allungò le mani e ne accarezzò la stoffa.
«Wow… è cos’ morbida. Ricorda un po’ gli abiti da sposa tradizionali» convenne poi osservando i colori che andavano dal rosso al blu e le maniche larghe.
«Lo so, è per questo che l’ho scelto. Tra l’altro, trovo che si abbini bene alla tua collana.»
La ragazza strinse tra le dita il gioiello, schiarendosi la voce.
«D’accordo, posso provarlo da qualche parte?»
«Sì, lì in fondo c’è una porta.»
«Va bene, ma non sbirciare.»
«Tranquilla, non lo farò di certo!»
Soo-Jung si sentì a disagio. On Dal era strano. Era strano più del solito, era sempre lui ma poteva percepire anche qualcosa di diverso.
Si infilò alla svelta l’hanbok, non avendo la possibilità di guardarsi allo specchio. Pertanto, il primo a vederla sarebbe stato proprio lui!
«Amh» uscì con i capelli spettinati. «Così non rende, dovrei essere ben truccata e pettinata ma… dici che nel complesso può andar bene?» domandò poi allargando le braccia.
On Dal si perse a guardarla. Lei era così bella. Lei era una figura così lontana, ma anche così vicina. Gli sarebbe bastato allungare una mano.
«Sei bellissima», sussurrò.
Si era fatto più vicino e Soo-Jung aveva sentito il cuore balzare via dal petto. Lui era caldo, era vivo, era il pensiero fisso nella sua mente, era qualcosa che aveva a che fare con i suoi ricordi perduti. Era ciò che aveva perso di se stessa.
Abbassò lo sguardo, mentre un sorriso le si dipinse sulle labbra.
Sembravano venire da due epoche totalmente diverse, così per com’erano.
«Sai… dovrò fare un’intervista», disse poi all’improvviso, senza neanche sapere il perché. «E dovrò fingere di stare insieme a Woo-Bin. Può sembrare una cosa assurda, ma nel mondo dello spettacolo molto spesso si sta insieme per facciata e nulla più.»
Perché glielo stava dicendo? Lo avrebbe scoperto comunque, ma si era sentito in dovere di dirglielo.
«Sei sicura che non state insieme davvero?» domandò lui.
«Accidenti, no. Te l’ho già detto. Woo-Bin sarebbe sicuramente il mio ideale  secondo tutti ma… ma non per me. Non so ben spiegarmi.»
«Io… capisco. Allora, se davvero è così… io potrei… potrei…»
Non concluse la frase, ma Soo-Jung capì nel momento in cui poggiò una mano sul suo viso. Tremò profondamente, non voleva che smettesse mai di toccarla, ma allo stesso tempo aveva paura.
Ho paura di sapere. Anche se da un lato vorrei, ho paura che baciandoti tutto il mio mondo e tutto ciò che conosco possa cambiare.
Chiuse gli occhi. Sentì il respiro di On Dal su di sé.
Questo tocco, questo respiro. Ha qualcosa a che fare con quella voce che tormenta i miei sogni? E se così fosse… come cambierebbero le cose?
Entrambi avevano la sensazione che nulla sarebbe più stato come prima, nel momento in cui le loro labbra si sarebbero sfiorate.
E terrorizzata, spaventata a morte da tale consapevolezza, Soo-Jung si scostò, quasi con violenza, al punto che On Dal si ritrovò a sussultare.
Il ragazzo sollevò lo sguardo, scorgendo negli occhi di lei un certo sgomento.
Era ritornato in sé, si era reso conto del suo gesto. Aveva forse sbagliato? Aveva forse esagerato? E perché lei lo guardava ora così, come se fosse stata ferita?
«Soo-Jung, io… mi dispiace. Mi dispiace, io non volevo…»
Volevo sì, ma questo era uno dei motivi per cui volevo anche trattenermi.
Tu non vuoi me, dico bene? Hai paura?
La ragazza deglutì pesantemente. Adesso iniziava a sentirsi soffocata, sentiva il bisogno viscerale di scappare via di lì e di riprendere aria.
«Scusa, On Dal. Scusa, devo andare» disse frettolosamente.
Non si premurò neanche di togliersi l’hanbok, e d’altro canto On Dal non riuscì a richiamare la sua attenzione. La lasciò andare, non potendo fare a meno di sentirsi un totale idiota.
 

 
Soo-Jung afferrò due lembi della lunga gonna e con gli occhi velati di lacrime si sbrigò a raggiungere l’auto in cui Sam-Yong la stava aspettando.
L’amico stava tranquillamente ascoltando la musica a tutto volume alla radio, motivo per cui si ritrovò a sussultare violentemente quanto sentì lo sportello aprirsi.
«Soo-Jung? Ma che succede?» domandò.
«Sam-Yong, andiamo via di qui. Portami da qualche parte, dove c’è aria.»
«Ma come, vestita così? Sicura che non vuoi cambiarti?»
«No, Sam-Yong, andiamo!»
Non osò porgere ulteriori domande. Soo-Jung era sconvolta e assolutamente doveva capirne il motivo. Guidò a lungo tra le strade trafficate di Seoul, fin quando non giunsero allo stesso parco in cui, qualche tempo prima, lei era stata assieme ad On Dal.
Fra tutti i posti, proprio questo.
Si ricordò di quando avevano camminato sotto gli alberi in fiore, e a ripensarci provò qualcosa che identificò come malinconia.
Rimase in silenzio a lungo mentre si affacciava dalle ringhiere e osservava il piccolo torrente scorrere sotto di sé, sapendo che Sam-Yong la guardava e sapendo che di lì a poco le avrebbe domandato qualcosa.
«So che probabilmente la cosa ti farà arrabbiare, ma ho diritto di chiederti che è successo. Perché sono il tuo migliore amico e perché se fosse qualcosa di grave non potrei perdonarmelo. Allora?»
Lei si lasciò andare ad un profondo sospiro. Poteva parlare con lui, poteva fidarsi, probabilmente aveva capito.
«On Dal ha provato a baciarmi», disse tutt’ad un tratto, senza smettere di guardare dritto davanti a sé.
Sam-Yong spalancò gli occhi e la bocca.
«Che?! Cosa?! Che significa “ha provato”? Lo hai rifiutato?»
«Certo! Mi sono allontanata prima che le sue labbra potessero sfiorare le mie.»
«Ma perché?!»
«Come sarebbe a dire perché? È veramente così strano?» domandò visibilmente nervosa.
L’amico tentò di mantenere i toni abbastanza tranquilli.
«Non è questo. E solo che pensavo provassi qualcosa per lui.»
Soo-Jung borbottò qualcosa di indefinito e poi si passò una mano tra i capelli.
«Non è questo. È solo che… è tutto un casino, Sam-Yong. Ho la netta sensazione che lui abbia a che fare con i sogni che faccio. Abbiamo una storia troppo simile, siamo collegati in un modo che mi fa paura. E quando ha provato ad avvicinarsi a me più del dovuto… ho avuto paura. Forse è meglio così, dopotutto siamo così diversi… Sam-Yong?»
Lo vide assumere un’espressione fin troppo seria.
«Adesso non mi dirai che ce l’hai con me! Ho capito che On Dal ti sta simpatico, ma non puoi pretendere che stiamo insieme.»
«Soo-Jung, tu non capisci proprio nulla.»
«Come osi dirmi che non capisco nulla?»
«È così, accidenti! Possibile che non te ne rendi conto? Tu e On Dal siete collegati, c’è un motivo se fai quei sogni!»
Si spaventò. Non stava scherzando, non stava scherzando affatto.
«Cosa… vuoi dire?»
Il ragazzo si lasciò andare ad un profondo sospiro.
«Il coma ti ha fatto dimenticare, ma non tutto. Le sensazioni e i sentimenti sono rimasti. Ricordi quando poco più di un anno fa sei scappata dal set sul nostro furgoncino? Non hai avuto un’incidente! Tu, anzi, entrambi, siamo andati nel passato, siamo stati teletrasportati lì!»
Soo-Jung lo guardò come se davanti avesse avuto un pazzo. Se aveva iniziato a prenderlo sul serio, ovviamente adesso non ne era più in grado.
«Ti sei drogato?»
«Ascoltami! Sto dicendo la verità! Io e te siamo tornati mille anni indietro. Ed è lì che hai conosciuto On Dal. E Pyeong-gang, Moo-Myung, tutti loro! Tu e On Dal vi siete innamorati, voleva anche sposarti! Poi lui è andato in guerra, ma dopodiché siamo ritornati qui e… ed è allora che tu hai perso i sensi!»
Parlava veloce, con affanno, stava vomitando letteralmente tutte quelle informazioni, come se le avesse tenute per sé per tutto quel tempo.
Avrebbe voluto prenderlo in giro, dirgli di smetterla con quello scherzo, ma non ci riuscì. C’era qualcosa di inquietantemente reale nelle sue parole.
«Ma cosa stai dicendo…?»
«È vero», sospirò più calmo. «Forse per il tuo corpo è stato un trauma e sei rimasta priva di sensi per qualche giorno. Quando poi ti sei risvegliata e ho capito che non ricordavi più nulla, non sapevo che fare. Perché io invece ricordavo tutto…»
Ad un tratto divenne triste. Soo-Jung ci impiegò un po’ ad assimilare quelle informazioni.
«Quindi mi stai dicendo che prima che perdessi i sensi, io e te abbiamo vissuto nel passato e io e On Dal siamo stati insieme?»
Era assurdo anche solo a dirlo. Eppure non si poteva dire che non avesse senso, perché in questo modo tutto tornava.
«È esatto. E stavo perdendo le speranze, non sapevo come farti riacquistare la memoria senza sembrare un pazzo. Poi, qualche settimana fa… l’ho visto… ho visto On Dal. E lì ho capito. Lui deve aver attraversato il portale temporale che collega la nostra epoca alla sua, lui era venuto a cercarti! Ma una volta arrivato deve aver perso la memoria esattamente come te. Capisci? Siete stati vicini senza saperlo! Ti prego, Soo-Jung. Tu devi ricordare! Non puoi aver dimenticato tutto!»
Si sentì male. La testa aveva preso a girare, il cuore a battere veloce. Sam-Yong doveva star mentendo. Sì, doveva essere per forza così.
Allora perché quella piccola vocina nella sua testa continuava a ripeterle che no, non era una bugia quella, bensì una verità che aveva dimenticato? Dei ricordi che aveva lasciato alle spalle, che le erano stati strappati via?
Le venne poi da piangere. E provò una sensazione di malinconia.
«Pensi che io… possa credere ad una cosa del genere?»
«E allora che spiegazione avresti a tutto ciò? È per questo che fai quei sogni, è per questo che ti senti vuota. Il vostro è un amore che va oltre il tempo, oltre ogni ragione. Non so se funzioni, ma se magari provassi a baciarlo, qualcosa in te si risveglierebbe… Dico sul serio, Soo-Jung. Non ti sto prendendo in giro.»
Sam-Yong tentò di allungare una mano nella sua direzione, ma lei prontamente si scostò. Tremava incontrollata, aveva iniziato a provare paura.
«Io… adesso vorrei andare a casa.»
Lui sospirò. Forse era stato avventato a dirle tutto così, ma non aveva visto altra soluzione.
«Allora ti accompagno.»
«Preferisco andare da sola.»
«Stravolta per come sei, preferisco non farti andare da sola. Prometto che non dirò una parola.»
Ed effettivamente, Sam-Yong mantenne la promessa. Non accennò minimamente al discorso mentre la riaccompagnava a casa. Soo-Jung, dal canto suo, aveva un’espressione indefinibile, sembrava persa nei suoi pensieri più profondi.
Quando fu finalmente a casa, gettò il telefono in un angolo e si lasciò cadere con la testa sul cuscino. E rifletté.
Sam-Yong le era sembrato incredibilmente serio ed esasperato, e doveva ammettere che per quanto assurdo fosse, nella sua assurdità tutto aveva senso, tutto veniva automaticamente collegato.
Ma era davvero possibile che fosse tornata indietro nel tempo e si fosse innamorata di On Dal? E che poi lui fosse venuto a cercarla dopo che lei era andata via?
Si portò le dita sulle tempie a applicò una leggera pressione.
Avrebbe senso, sì. On Dal sogna una donna chiamata Nan-nyeon, io sogno che qualcuno mi chiami con questo nome. Ma non conosco il viso di chi mi chiama così. È tutto assurdo, confuso.
Si rigirò da un lato e allora pensò che forse, se si fosse addormentata, avrebbe avuto la possibilità di sognarlo ancora, di captare qualcosa che fino a quel momento aveva ignorato.
Tentò di rilassarsi il più possibile e di svuotare la mente. Dovette andare circa venti minuti prima di addormentarsi.
 
C’era qualcosa di diverso dalle altre volte. Le immagini non erano sfocate, tutto era chiaro, colorato, intenso. Attorno a lei c’erano tanti alberi, un fiume d’acqua cristallina che scorreva. E lei indossava un bellissimo hanbok viola. Al collo la sua collana rossa e azzurra. Quel luogo, quei boschi, quel cielo infinito, doveva averlo visto da qualche parte, in una vita che non era poi così lontana.
«Nan-nyeon.»
Ancora quella voce, questa volta non così distante. Si voltò di scatto e allora vide distintamente un uomo. Eppure non riusciva a vederne il viso, quest’ultimo appariva quasi sfocato. E sebbene le parole pronunciate fossero chiare, non riusciva a capire se conoscesse o meno quella voce.
«Allora ha funzionato», sussurrò fra sé e sé. «Questo posto… io ci sono già stata…?»
«Probabilmente è così, Nan-nyeon. Tutto ciò che c’è sogni sono frammenti di ciò che hai vissuto o sentito.»
La figura stava a debita distanza da lei, di qualche metro.
«Perché mi chiami così?»
«È il tuo nome. O almeno, quello con cui ti chiamo io.»
«Sei On Dal?»
«Forse. Ma anche se ti dicessi di sì, ci crederesti?»
«Io onestamente non credo a nulla di tutto ciò sta accadendo. È assurdo», mormorò rendendosi conto di quanto la sua irrequietezza cozzasse con la tranquillità di quel posto.
«Non credo sia così. Il fatto che il luogo in cui siamo ha assunto un aspetto più definito, vuol dire che in fondo hai cominciato a crederci. Anche io ho assunto finalmente una forma.»
«Ma non il tuo viso. Che devo fare? Per me non è affatto semplice. Queste cose sono… impossibili. E poi perché ho dimenticato?»
«Avrai dimenticato gli eventi, ma non le sensazioni, non ciò che hai sentito. Ami On Dal?»
Sentì il cuore prendere a battere forte.
«Come potrei farlo? Non lo conosco neanche. Anche se sento di conoscerlo molto più di quanto pensi. Ma è ridicolo. Ho dovuto rimettere la mia vita a posto dopo il mio incidente, eppure c’è qualcosa che mi tormenta. Ma ho paura, ho paura perché non riesco a capire fino in fondo.»
La figura allungò una mano nella sua direzione.
«Devi provare a credere che non è impossibile, provare a credere a ciò che senti. Hai trovato ciò che ti manca, devi solo allungare una mano e…»
«Aspetta!»
-
Tutto sfumò e lei si alzò di scatto. A svegliarla era stato l’insistente squillare del telefono. Imprecò mentre si alzava per cercarlo e si innervosì ancora di più quando vide il mittente della chiamata, ovvero proprio On Dal.
Tentò di darsi un controllo, per poi rispondere.
«Pronto?»
«Ehi, Soo-Jung. Scusa, per caso ti disturbo?» la sua voce era particolarmente imbarazzata.
«On Dal, no. Dimmi, che cosa c’è?»
«Ascolta… so che probabilmente una persona normale ignorerebbe ciò che è successo, ma… ho bisogno di vederti per…»
«Facciamo tra un’ora da te», affermò con un tono che non permetteva repliche.
Si sentiva arrabbiata e probabilmente sarebbe esplosa di lì a poco.
 
Andò a casa di On Dal più nervosa che mai, mentre le parole di Sam-Yong e quelle del suo maledetto sogno continuavano a rimbombargli per la testa.
On Dal la accolse con un timido sorrise, era evidente che fosse in imbarazzo per il loro quasi bacio. E lei lo trovò adorabile nel suo modo di fare, ma non doveva dimenticarsi del motivo per cui era lì.
Quindi si accomodò, sentendosi sul divano con fare molto impettito, mentre On Dal cercava di essere ospitale.
«Emh… grazie per essere venuto. Volevo dirti che… insomma, mi spiace per quanto successo oggi», si scusò subito sedendosi accanto a lei però a debita distanza.
«Perché lo hai fatto?» domandò guardando il vuoto.
«Cosa intendi?»
«Mi ami, On Dal? È per questo?»
Il ragazzo si ritrovò spaesato a quella domanda.
«Io non so quello che sento, ma sento che è qualcosa di forte e… sento che non posso trattenermi. Tra noi deve esserci un legame che non possiamo conoscere …»
«Oh, no. Ti prego! Tu e Sam-Yong vi siete messi d’accordo? Quali assurdità andate dicendo adesso?!»
«Nan-nyeon, aspetta, lasciami spiegare,  io…»
Lei si voltò a guardando con la fronte corrugata. Quel nome, quel maledetto nome che tanto la tormentava.
«Come mi hai chiamato…?»
«Io… mi dispiace, ma mi è venuto naturale. Nan-nyeon, forse sei tu quello che cerco, io..»
«Io non mi chiamo Nan-nyeon! Io sono Soo-Jung Song, sono una star e non ho mai viaggiato nel tempo e non ti ho mai incontrato se non in questa vita!»
Aveva perso la ragione. Forse era per questo che adesso On Dal la guardava con fare sconvolto.
Decise che era giunto il momento di andare.
«Io… mi dispiace On Dal. Non sarei dovuta venire, domani ho un intervista. Scusami.»
E se ne andò, mentre lui cercava invano di trattenerla. Ebbe la spiacevole sensazione che non l’avrebbe più rivista.
 
 
Era stata una nottata orribile. Soo-Jung non aveva chiuso occhio, ma forse da un lato era meglio così. Sicuramente gli incubi l’avrebbero tormentata se solo avrebbe provato a dormire. Era finita.
Probabilmente aveva perso la ragione. Sì, sarebbe finita con l’essere rinchiusa in qualche casa di cura. Alla fine, lui non aveva  fatto nulla di male. Aveva semplicemente detto delle cose che non voleva sentire, e poiché lui e Sam-Yong la pensavano allo stesso modo, non è che era forse lei quella a sbagliarsi?
Il fatto è che non riesco proprio a capacitarmi. Io non pretendevo tanto, volevo soltanto una vita normale, tranquilla per quanto possibile. Ma quel maledetto incidente – che a detta loro è stata preceduto da altro e che non è un vero incidente – ha cambiato tutto. E adesso il vuoto sembra essere diventato più profondo.
Il telefono non aveva squillato neanche una volta. E neanche uno straccio di messaggio. Cosa si aspettava, che On Dal la cercasse? Dopo come lo aveva trattato, non meritava proprio nulla.
Non era dell’umore giusta per l’intervista, ma si trovava ormai in auto. Sam-Yong era seduto accanto a lei, eppure non diceva una parola. Non voleva forzarla o turbarla ulteriormente, ma allo stesso tempo sapeva che se non avesse insistito, Soo-Jung sarebbe stata infelice per sempre.
Quando l’auto si fu fermata, la ragazza sospirò.
«Ah, Woo-Bin mi starà sicuramente già aspettando. Beh, se proprio dobbiamo, facciamo questa cosa», sospirò.
Il ragazzo le sorrise, apparendo tuttavia poco convinto.
«Quindi con On Dal è proprio finita?»
«Non so. Forse semplicemente non eravamo destinati. Può succedere. No?»
«Può succedere, sì. Ma non credo sia questo il vostro caso.»
Soo-Jung lo osservò meglio.
«Perché ti sforzi di farmi capire? Alla fine non è una cosa che ti riguarda.»
«Mi riguarda eccome, invece. Per me sei una sorella. E io ho visto il vostro amore sbocciare. È come se fosse il mio compito. Soo-Jung, io non so cosa accadrà in futuro. L’unica certezza che ho, è che tu e On Dal dovete stare insieme. Non devi scappare. Fermati, rifletti. E se è il caso torna indietro.»
Ma da quando in qua è diventato così saggio? Il ragazzino è cresciuto.
Cosa vedrò se deciderò di voltarmi indietro?
«D’accordo. Adesso però dobbiamo andare.»
«Certo. Andiamo.»
Sarebbe finita in fretta. Tutto quello che doveva fare era rispondere alle domande di Ae Heun e fingersi la fidanzata di Woo Bin. Quest’ultimo l’aveva accolta con uno splendido sorrise.
Certo, se stessi con lui sarebbe molto più semplice. Ma c’è qualcosa che mi frena, sento che non è quello che devo fare. Forse dovrei credere di più alle mie sensazioni come mi ha detto Sam-Yong?
I due attori furono fatti accomodare in studio. Ae Heun, elegantemente vestita e con le unghie placcate di rosso, teneva la sua cartella con su scritte le domande che avrebbe fatto ai due. Accolse calorosamente Woo-Bin, in maniera più distaccata Soo-Jung, ma dopotutto era nella norma.
«Vi prego, accomodatevi pure! È un vero onore avere qui la coppia più discussa del momento, ma a questo ci arriveremo dopo! Come state cari?»
«Molto bene Ae Heun. È un piacere per noi essere qui», rispose Woo Bin.
«Sei davvero un caro ragazzo. Ma veniamo subito al dunque. In questi giorni sono circolati parecchi pettegolezzi circa la vostra relazione e un eventuale… triangolo.»
Soo-Jung si lasciò andare ad una smorfia.
Grazie tante, sei stata tu a diffondere delle notizie false.
«Sì, io e Soo-Jung stiamo insieme. È una storia nata di recente, non volevamo che si sapesse troppo in giro ma… immagino sia normale con la notorietà»
La giornalista si lasciò andare ad una risata stridula.
«Oh, allora è confermato, state insieme! E per quanto riguarda quel giovane uomo che è stato avvistato in tua compagnia, chi è? Forse un tuo spasimante, Soo-Jung?»
Era stata chiamata in causa. Non avrebbe potuto non rispondere.
Sospirò e si sedette dritta con la schiena.
Chi è On Dal?
Chi è lui per me?
Uno stolto, un idiota attaccato ai soldi. Colui che mi fa ridere, divertire, che mi fa sentire bene, che mi aiuta. Colui che tormenta i miei sogni.
Colui che forse io ho dimenticato.
«Non è un mio spasimante. Non è proprio da lui.»
«Sembra che tu lo conosca bene», disse Ae Heun interessata.
È vero? Forse io l’ho conosciuto, in un altro tempo, in una vita che non è questa, l’ho solo dimenticato.
«Cosa dire di On Dal?» sussurrò portandosi la collana tra le dita. «È così diverso ma anche tanto simile a me. In un’altra vita devo averlo incontrato, ma quei ricordi mi sono stati strappati via. Sono certa che in un altro tempo la nostra storia d’amore sarebbe stato qualcosa di epico», sussurrò assorta, come se stesse parlando da sola.
«Soo-Jung, ma che dici?» bisbigliò Woo-Bin.
Sam-Yong, dietro le quinte, aveva drizzato le orecchie. Forse qualcosa stava accadendo? Soo-Jung si stava finalmente svegliando?
La stessa giornalista parve non capire.
«Non capisco. Sei innamorata di lui?»
Soo-Jung sollevò lo sguardo.
Strinse forte la collana.
 
On Dal, non andare.
 
Ti amo
 
Non andare.
 
Ti amo.
 
Ti amo anche io
 
Non dirò addio… perché noi ci rivedremo.[1]
 
Cos’era stato quello? Un sogno ad occhi aperti? Un frammento dei suoi ricordi?
Spalancò gli occhi e immediatamente capì una cosa. Quella collana le era stata donata di On Dal. Non in quel mondo, ma in un mondo molto più lontano.
Quello era stato il suo dono prima di andare in guerra.
È successo. Io non l’ho sognato.
«On Dal è… è sempre stato lui. Sarà sempre lui», sussurrò.
Non era pazza, nessuno di loro era impazzito. Soltanto che la sua vita aveva avuto una svolta straordinaria, l’aveva dimenticato, ma adesso iniziava a ricordare.
La giornalista fece una smorfia confusa.
«Non riesco a capire.»
La ragazza si alzò in piedi, guardando il vuoto.
«Mi dispiace, Woo-Bin. Sei un bravo ragazzo e un ottimo attore, ma non posso neanche fingere di stare con te. Non è giusto. Adesso ricordo, adesso so quello che dovevo fare. Scusatemi!»
Si udirono dei sussurri di sgomento. Ae Heun era sconvolta e lo stesso Woo-Bin non sapeva che dire. L’unico che sembrava aver compreso e ora sorrideva era proprio Sam-Yong, il quale si era ritrovato ad esultare silenziosamente.
Soo-Jung guardò l’amico.
«Sam-Yong, tienili tu a bada per me.»
«Sarò fatto!» esclamò lui entusiasta.
E fu così che la super star della Corea, sotto gli occhi di milioni di fan e telespettatori, lasciò lo studio con un obiettivo bene in mente.
 
«Amh, chiedo scusa. Non siamo sicuri di cosa sia esattamente successo, ma come potete ben vedere, Song Soo-Jung ha lasciato lo studio senza alcuna spiegazione.»
Una sconvolta Ae Heun parlava guardando verso la telecamera. E On Dal, seduto nella solitudine del suo appartamento, aveva un’espressione di piena sorpresa stampata in viso. Non sapeva esattamente cosa fosse successo. Ma Soo-Jung si era comportata in maniera molto strana. Forse c’era qualcosa che non andava?
Ad un certo punto il suo telefono squillò e alla fine il suo dubbio fu risolto, si trattava proprio di lei che lo stava chiamando.
«Soo-Jung? Ma che è successo? Ti stavo guardando in televisione ma… dove sei?»
«On Dal, dobbiamo vederci a Changgyeonggung. Adesso.»
«Adesso? Ma sei sicura che sia tutto a posto?»
«Sono sicura. Ti aspetto lì tra mezz’ora. È importante.»
Soo-Jung non era mai stata così sicura di qualcosa. Era stanca di fuggire, avere paura e avere dubbi. Aveva bisogno di sapere, voleva ricordare ciò che aveva dimenticato. E, sì, voleva credere a quell’impossibile probabilità e al sentimento assurdo che le scoppiava in petto.
Si presentò a con largo anticipo, pregando intensamente che On Dal non avesse cambiato idea sul suo conto, dopotutto ne avrebbe avuto diritto per come l’aveva trattato. Congiunse le mani e guardò il cielo azzurro. Il vento fece ondeggiare lentamente la sua collana.
L’aria profuma di fiori di ciliegio.
Pensò ad occhi chiusi.
«Soo-Jung?»
Spalancò gli occhi e si voltò. On Dal aveva il fiato corto, sembrava affannato, era stravolto ma evidentemente contento di trovarsi lì.
«Allora sei venuto», disse lei seria.
«Certo che sono venuto. Ma cosa è successo, perché sei scappata?»
È vero. Ho continuato a scappare fino ad ora, ma adesso basta. È giusto che entrambi sappiamo.
Compì un sospiro  e sollevò lo sguardo.
«Per tutto questo tempo ho avuto un profondo vuoto. Probabilmente è una sensazione che hai avuto anche tu, e da quando ti ho incontrato quel vuoto sembra essersi colmato. Pensavo fosse assurdo… in realtà penso ancora che sia assurdo. Ma non mi importa. Voglio crederci.»
«Credere a cosa?»
A noi.
«A noi. Credere che io e te siamo molto più di quello che pensiamo. Perdonami se non l’ho fatto prima.»
On Dal non capì. Ma comprese un attimo dopo, quando le sue labbra si furono avvicinate alle proprie, quasi sfiorandole. Rabbrividì profondamente e non si tirò indietro, perché non aveva aspettato altro che quel momento.
Inizialmente avvertirono un dolcissimo calore. E poi fu come se il cielo si fosse rischiarito dopo la tempesta. Soo-Jung iniziò a ricordare, la sua mente si affollò di mille immagini e suoni, non sogni, non illusioni, ma ricordi.
Si ricordò di essere finita nel passato, della prima volta che lo aveva incontrato, chiusa in una cella. Si ricordò di quando si erano innamorati, di quando lui le aveva chiesto di sposarlo, quando l’aveva salvata, più di una volta, ed infine la sua partenza in guerra. L’ultima immagine che aveva avuto di lui, prima di andarsene, era una spada che lo trafiggeva.
Si staccò e annaspò come se le mancasse d’aria. Osservò On Dal per qualche istante e attese.
Lui batté le palpebre.
Silenzio.
«… Nan-nyeon…»
Le venne da piangere. Aveva finalmente trovato il volto a quella voce che per mesi l’aveva chiamata. Lui era sempre stato lì, così vicino.
«Sono io. Sono io, sei tu, siamo sempre stati noi!» gridò piena di gioia, abbracciandolo stretto e soffocando le lacrime sul suo petto. On Dal sospirò sollevato, accarezzandola.
«Allora non ero pazzo. Tutto quello che sentivo… era… è reale. Mi ricordo, Nan-nyeon. Ho viaggiato per giorni cercandoti. E poi, non so come, sono arrivato qui, ma quando mi sono risvegliato non ricordavo più nulla.»
«On Dal! Prima di sparire ho visto la spada di Ko che ti trafiggeva!»
«Lo so, ma non è riuscito ad uccidermi. Sono io che ho ucciso lui. Quando ho saputo che eri andata via, ho deciso che dovevo trovarti. E ci sono riuscito.»
«Mi dispiace, mi dispiace! Perdonami se non ho capito prima!»
«Non chiedermi perdono. Ma com’è che hai cambiato idea?»
Soo-Jung si asciugò il viso.
«Sam-Yong. È lui che ci ha fatti rincontrare. Lui non ha mai dimenticato.»
«Ah, quel ragazzino! Ha fatto un ottimo lavoro!» afferrò con due dita il mento della sua dolce metà e la guardò negli occhi. «Nan-nyeon. Questa volta nessuno dei due dovrà scomparire. Io sono venuto fin qui… per restare.»
La ragazza sorrise radiosa.
«Lo sapevo. Ti amo, stolto On Dal.»
«Ti amo anche io, mia Nan-Nyeon.»
E si baciarono ancora, questa volta non riuscendo più a staccarsi.
E l’aria profumava ancora di fiori di ciliegio.
 
 
Un anno dopo…
 
«Io non voglio uscire di qui», proclamò On Dal, stretto nel suo elegantissimo smoking. Soo-Jung alzò gli occhi al cielo, sistemandosi il lungo abito rosso.
«Non fare l’idiota. È la prima assoluta del mio nuovo film, non possiamo mancare.»
«Allora vacci tu. Non ci tengo a vedere scene di te e Woo-Bin che vi baciate.»
«Non ci sono poi tutte queste scene! E poi tu e Woo-Bin siete amici alla fine. Andiamo, non avrai paura di quattro giornalisti?»
«A me non sembrano quattro», borbottò lui guardando dal finestrino della limousine.
«Cioè, hai combattuto guerre, affrontato eserciti e sei sfuggito alla morte e hai paura dei paparazzi? Oh, che razza di idiota! Questa è la mia serata e tu devi esserci in quanto mio fidanzato, nonché promesso sposo! Hai capito?»
«Va bene, d’accordo, ho capito!!» tentò di rabbonirla. «E sia, facciamo questa cosa»
Soo-Jung sorrise soddisfatta, dopotutto otteneva sempre quello che voleva. Lei e On Dal scesero dalla limousine e furono subito acciecati dal flash delle fotocamere puntate su di loro.
Essere il fidanzato di una super star non era affatto semplice, ma prima o poi On Dal ci avrebbe fatto l’abitudine. Non poteva essere peggio che andare in guerra, o almeno sperava. Camminarono sul tappeto rosso e raggiunsero il signor Park e Woo-Bin, il quale fece il baciamano a Soo-Jung.
«Soo-Jung, sei davvero splendida stasera! Anche tu stai bene, On Dal.»
«Grazie. Rimpiango il mio hanbok comodo», sussurrò.
«Cosa?»
«Non ho detto nulla! Oh, guardate, c’è Sam-Yong!»
Quest’ultimo, tirato a lucido, se ne stava a salutare i giornalisti e i fan come se fosse il protagonista indiscusso.
«Soo-Jung, On Dal! Siete davvero la cosa più bella che i miei occhi abbiano mai visto!»
«Santo cielo, datti un contegno!» lo rimproverò lei.
La giornalista Ae Heun si avvicinò con la sua truppa, con molto brio.
«Cara Soo-Jung, sei un vero splendore! Come ti senti ad assistere alla prima del tuo film?»
«Oh, bene, è come sempre una grande emo-»
«E cosa mi dici invece, On Dal?» la donna si era subito rivolta a lui. «So che ai chiesto a Soo-Jung di sposarla. A quando le nozze?»
«Quando? Fra otto mesi circa»,  rispose un po’ a disagio.
«E io faccio da testimone!» intervenne Sam-Yong.
«Che bella notizia! Immagino che non sia facile stare accanto ad una popstar come lei! Ti darà del filo da torcere!»
«In effetti è così.»
«Bene, vedo che siete diventati amici», borbottò la ragazza. Subito On Dal le portò un braccio intorno alle spalle.
«Ma ne vale la pena. Noi ci amiamo molto.»
«Che cosa tenera! Ma diteci, ci racconterete mai come vi siete incontrati e innamorati?»
I due si guardarono, sorridendo.
«Forse», rispose Soo-Jung.
In effetti la nostra è proprio una bella storia.
Sei sempre stato tu, sempre io, sempre noi.
Dovevamo solo ricordare
 
[1] Dialogo preso dalla serie
 
Nota dell’autrice
Ed è finita :D Sono felice di aver scritto questo finale alternativo, è stato divertente. In verità c’è una cosa di cui non ho parlato, e cioè della love story di Sam-Yong. Sì, perché nella serie, una volta tornato nel suo presente, lui incontra niente meno che Gwan-nyeon (non c’è dato sapere se sia davvero lei o magari una sua… discendente [?])), comunque, anche lui ha il suo lieto fine, solo che qui ho preferito mettere un attimo da parte la cosa.
Anche se, è stato proprio Sam-Yong il salvatore di questa storia. Lui sapeva tutto fin dall’inizio e ha fatto riavvicinare On Dal e Soo-Jung, che adesso vivranno felici e contenti nel nostro mondo. C’è voluto un po’, ma ce l’abbiamo fatta. Grazie a tutti i coloro che sono arrivati/arriveranno fin qui <3

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