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di lisi_beth99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


-Bene ragazzi! Il piano lo conosciamo tutti. – Thomas era in piedi davanti ad un tavolo su cui c’erano appuntati i vari punti del piano. Ci trovavamo in una stanza ampia, con dei minuscoli fori che un tempo erano state delle finestre. Frypan osservava ancora gli schemi sul tavolo, mentre Jorge lucidava la sua pistola e Brenda aveva gli occhi puntati sull’ex Velocista. Newt, accanto a me, si guardava distrattamente una mano e Vince stava in piedi davanti ad uno di quei fori nelle pareti ad osservare quello stralcio di mare che si poteva vedere. – Domani è il grande giorno. Domani riusciremo a salvare Minho! – terminò Thomas spostandosi di qualche passo.
Erano passati sei mesi da quando la W.C.K.D. aveva attaccato e distrutto l’accampamento del Braccio Destro; sei mesi da quando mia madre era stata uccisa da Janson e sei mesi da quando Minho era tornato nelle grinfie dell’organizzazione.
Ripresici dall’attacco e dalle innumerevoli perdite avevamo cercato un luogo sicuro in cui portare i ragazzi che riuscivamo a salvare. Fu così che trovammo una vecchia cittadina sulla costa. Era stata distrutta ed ora era abbandonata. Abitavamo, se così si poteva dire, in un edificio grigio a tre piani proprio sul mare. Nella baia antistante giacevano mezzi sommersi, scheletri di navi e barchette; tutti arrugginiti e distrutti. Tutti tranne uno: c’era una nave che ancora poteva navigare. Subito avevamo iniziato a metterla apposto, sarebbe stata lei a portarci via da quel luogo e farci approdare in un nuovo mondo, dove avremmo potuto vivere in pace e lontani dalla W.C.K.D.
La riunione fu sciolta poco dopo. Thomas aveva studiato un piano nei minimi dettagli. Scoprimmo che i ragazzi venivano spostati su dei treni ed avevamo individuato la ferrovia e l’orario in cui, il giorno seguente, sarebbe transitato il treno con una sessantina di ragazzi, tra cui Minho.
Ci separammo e, visto che era calata la notte, ognuno andò a per la sua strada, la maggior parte a dormire. Io e Newt ci appropinquammo nella stanza che, gentilmente, ci era stata lasciata dal resto del gruppo. In teoria si dormiva in stanzoni ma, dopo infinite battutine su quello che avremmo fatto da soli, ci lasciarono uno stanzino che, probabilmente era stato uno sgabuzzino.
-Dovremmo dormire. – disse il mio ragazzo mentre si sfilava il giubbotto di pelle marrone che avevamo trovato in quello stanzino. – Già – risposi con un sospiro.
Dopo ciò che era successo nella Zona Bruciata, il mio contagio, tutte le bugie che gli avevo detto, la morte di mia madre, il tradimento di Teresa… Troppe cose erano successe in poco tempo… Però, appena avevamo avuto la possibilità di stare da soli, io e Newt avevamo lascito tutto alle spalle e ci eravamo lasciati trascinare dall’amore che provavamo l’una per l’altro. E così, quasi ogni sera, ci eravamo lasciati trasportare dal desiderio, facendo l’amore come se fosse per l’ultima volta.
Anche quella sera non fu diverso. Dopo essersi tolto anche le scarpe, il biondo mi si avvicinò lentamente. Cominciò a bacarmi, approfondendo poi con la lingua. Ci spostammo sul letto dove mi lasciai ricadere all’indietro. Gli tolsi la maglia e lui slacciò i miei pantaloni blu notte. Mi scappò un sorriso quando il suo respiro mi fece il solletico al basso ventre; il resto fu perfetto. Come ogni volta.
Aprii gli occhi con i primi raggi del sole che illuminavano la stanza. – Buongiorno splendore! – la voce calma di Newt e le sue labbra calde che scendevano sulle mie mi svegliarono completamente. Mi misi a sedere tenendo il lenzuolo a coprirmi, il pavimento della stanzetta era cosparso di abiti. – Dobbiamo smetterla Newt. La notte dovremmo passarla a dormire non a fare l’amore… - dissi ridendo mentre mi alzavo e recuperavo gli slip buttati in un angolo. – E dove starebbe il divertimento tesoro? – rispose lui con lo stesso tono scherzoso mentre cominciava a vestirsi. – Sai? – richiamai la sua attenzione – Non ti ho mai chiesto come tu faccia a sapere che mi amassi già prima del Labirinto. – ricordavo bene il giorno in cui W.C.K.D. attaccò l’accampamento del Braccio Destro. Newt aveva affermato che mi aveva impedito di essere sbattuta nel Labirinto perché mi amava già allora… ma gli avevano cancellato i ricordi. Come faceva a ricordarselo?
Il biondo sembrò non capire immediatamente poi mi si avvicinò – Anche se mi hanno cancellato la memoria, appena ti ho vista nella Scatola ho capito di amarti. È abbastanza facile per me pensare che fosse lo stesso anche prima di essere mandato nella Radura. – e con un sorriso mi scoccò un bacio sulla guancia.
-Andiamo! Altrimenti gli altri partono senza di noi… - continuai sovrappensiero, aprendo la porta della camera. – Lane tu non vieni. Lo sai. Non ti voglio in pericolo per nulla! – rispose diventando, di punto in bianco, serio. Mi morsi la lingua e continuai lungo il corridoio che portava all’esterno.
Newt era stato categorico: io non avrei partecipato alla missione di quel giorno. Per un po’ tentai di farlo ragionare, poi decisi di assecondarlo.
Lui non sapeva però, che io e Brenda avevamo passato quei mesi a migliorarci nel combattimento corpo a corpo e nell’uso di armi da fuoco. Eravamo state aiutate da Jorge, ma anche Thomas era al corrente di ciò che facevamo.
Nel frattempo avevamo raggiunto gli altri. Thomas era già seduto sul sedile del passeggero nell’auto di Vince. Frypan stava caricando le ultime armi in un fuoristrada e mi guardò salutandomi con un sorriso.
Prima di salire sul fuoristrada, Newt mi prese una mano – Promettimi di non fare cavolate. Resta qui con gli altri. – disse lasciandomi un bacetto sul dorso. Lo guardai infastidita. Poi lasciò la presa – Ti prego Lane. Fallo per me. – feci di sì con la testa e mi allontanai dandogli le spalle.
In quel momento uscì Brenda – Pronta? – domandò sottovoce. – Certamente! – risposi mentre mi spuntava un ghigno divertito sulle labbra.
Il gruppo partì, lasciandosi dietro un polverone.
Brenda e Jorge erano su un altro fuoristrada. Il loro, in realtà anche il mio, compito sarebbe stato quello di tenere occupati i macchinisti il tempo necessario affinché Thomas riuscisse a salire sopra al treno.
Partimmo qualche minuto dopo gli altri. Percorremmo una strada sterrata in mezzo a delle colline ricoperte da uno strato di erba verdognola e fermammo la vettura su un’altura poco lontana dalla ferrovia su cui sarebbe passato il treno che cercavamo da giorni.
Jorge spense il motore e rimase in attesa. Tutti e tre fissavamo fuori dai finestrini impazienti di mettere in pratica il piano.
-Sono in ritardo. – disse dopo un po’ l’uomo ispanico osservando l’orologio da taschino che teneva in mano. – Arriveranno. – risposi più per me stessa che per gli altri.
Da lì a poco si sentì il suono di ruote che sferragliavano sulle rotaie e il fischio che annunciava l’avvicinarsi del treno.
Un sorriso apparve sul viso di tutti e tre. Jorge tirò su una protezione al suo finestrino mentre metteva in moto e dava gas. Brenda caricò il suo fucile ed io controllai il mio.
Ci affiancammo in pochi secondi al treno, all’altezza dei vagoni in cui erano rinchiusi i ragazzi. – Questa è la mia fermata! – urlai eccitata per sovrastare il fracasso delle ruote che sferragliavano sulle rotaie. Mi alzai dal mio sedile e prendendo una buona dose di coraggio, mi lanciai verso la scaletta di metallo del vagone.
Mi aggrappai saldamente e rimasi immobile guardando la vettura di Jorge raggiungere la locomotiva.
Pochi istanti dopo, Brenda si mise in piedi sul suo posto con il fucile in braccio e mirò alla cabina dei macchinisti. Sparò un colpo che avvertì tutto il treno della nostra presenza. Se i conti erano stati fatti bene, nessuno si era ancora accorto della mia presenza.
Con Thomas, in privata sede, avevamo studiato un piano per me. In questo modo solo lui sapeva quello che avrei fatto.
Rapidamente salii sul tetto del vagone e mi affrettai a spostarmi su quello che lo precedeva. Corsi per tutta la lunghezza fino a raggiungere delle casse assicurate con delle cinghie, all’estremità del vagone. Mi nascosi tra le due, in attesa dell’arrivo degli uomini di W.C.K.D., in modo da ottenere l’effetto a sorpresa
Sentii degli spari provenire dalla testa del treno, probabilmente cercavano di scacciare Brenda e Jorge.
Una Berga fece la sua comparsa nel cielo e puntò i fucili contro i due che mi avevano fatta arrivare lì. Fecero fuoco e una decina di colpi furono esplosi contro il fuoristrada.
Dal mio nascondiglio riuscii a vedere solo una nuvola di polvere alzarsi. Pregai che non gli fosse successo nulla.
La Berga si spostò e, pochi secondi dopo, intravidi Jorge e Brenda ancora in pista, mentre conducevano il velivolo verso la trappola che avevamo pianificato.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ci vollero diversi minuti perché vedessi Thomas e Vince spuntare sul tetto del vagone su cui ero salita poco prima. Come mi vide, Thomas fece un cenno con il capo, informandomi così che le guardi erano in avvicinamento.
Caricai il mio fucile e mi preparai. Thomas salì sul mio vagone e puntò la pistola verso un punto sopra alla mia testa.
Un secondo dopo sentii i passi degli uomini di W.C.K.D. sul tetto del container dietro alle mie spalle.
Vince stava posizionando una carica esplosiva per staccare l’ultima parte del convoglio dal resto. Un paio di soldati saltarono sul mio vagone e li colpii immediatamente.
-Ci sono! – urlò Vince – Mettiti al riparo! – stava parlando con Thomas. Il moro rinfoderò la pistola mentre io lo coprivo dal mio nascondiglio.
Altri soldati corsero verso di loro. Thomas e Vince si protessero dallo scoppio della carica, tenendosi alle scalette ai lati del vagone. Diversi uomini di W.C.K.D. furono investiti dall’onda d’urto dell’esplosione, quelli che erano rimasti troppo indietro si ritrovarono con me alle loro spalle.
Presi la mira e li colpii ad uno ad uno, sapendo di avere poco tempo per saltare giù dal treno.
Quando fui sicura che tutti fossero inermi, presi la rincorsa e saltai atterrando sul suolo polveroso e rotolando per qualche metro.
Mi rialzai in velocità, notando che i vagoni staccati si trovavano ad una certa distanza.
Senza perdermi d’animo cominciai a correre, continuando a controllare che dal pezzo principale del treno non arrivassero guardie.
Da delle rocce poco lontane dal binario, apparvero Newt e altri due ragazzi che corsero verso Thomas.
Un proiettile mi mancò per pura fortuna, mi voltai e vidi una ventina di soldati correre nella mia direzione. Ricaricai il fucile e feci fuoco, atterrandone un paio.
Ripresi a correre guardando. Per fortuna che ero ancora veloce!
Raggiunsi il resto del gruppo mentre Thomas e Vince agganciavano delle corde con dei moschettoni al vagone in cui c’era anche Minho.
Da un lato c’era Newt, dall’altro gli altri due ragazzi, uno dei quali era appostato pronto a far fuoco con un fucile uguale al mio.
Un altro colpo dei nemici mi fischiò a pochi centimetri dalla testa, il giovane sparò e colpì l’uomo di W.C.K.D. che aveva cercato di farmi fuori. – Grazie! – gli dissi mentre assicuravo la mia arma dietro alla schiena e salivo sul tetto del vagone.
-Sicuri che sia questo? – domandai mentre mi posizionavo sdraiata in modo da prendere meglio la mira. – Direi che è troppo tardi cambiare vagone! – disse trafelato Vince. Thomas mi passò accanto – Sì Lane, è questo! –
Ricominciarono a sparare. Riuscii a colpirne alcuni, così come fece il ragazzo a terra. Thomas si precipitò accanto a me puntando la sua pistola. -Newt sali presto! – urlò al biondo che ancora stava cercando, con una fiamma ossidrica, di staccare il container con i ragazzi dalla parte delle ruote del treno.
Continuai a sparare pregando perché nessuno della W.C.K.D. colpisse il mio ragazzo.
-Ho quasi finito! – urlò di rimando il biondo. Nel frattempo Vince era saltato giù e si era posizionato a difendere Newt. Grazie! Pensai continuando a sparare colpi che andavano a segno.
Grazie al cielo avevo fatto molta pratica in quei mesi!
Pochi istanti dopo, Newt apparve sul tetto. Come mi vide si immobilizzò, poi però dovette buttarsi a terra per non essere colpito. Strisciò fino a noi – Che ci fai tu qui? – domandò sbalordito. – Lei ci serviva Newt. – disse solo il moro, prima che io potessi prendere parola.
Tornai a fissare i soldati e mi focalizzai su uno in particolare. Lo seguii per qualche istante poi sparai, mandandolo al tappeto – Non avrai pensato veramente che ti avrei aspettato sulla spiaggia come una fidanzatina qualunque, spero! – dissi senza spostare la mia attenzione dagli uomini, tutti vestiti di nero.
-Non sarebbe stato da te. È per questo che ti amo! – rispose il biondo divertito. Io sorrisi mentre colpivo un altro uomo.
-Dove sono gli altri? – domandò dopo qualche istante a Thomas – Non lo so! – disse l’altro mentre l’ennesimo proiettile rimbalzava sul metallo a pochi centimetri da noi – Attenta Lane! – Newt mi spostò un attimo prima che fossi colpita. – Grazie amore! – e gli mandai un bacio.
Anche gli altri due ragazzi salirono e si affiancarono a noi, proprio mentre si sentiva il rumore di eliche di una Berga. Si posizionò sopra di noi e fu aperto il portellone da cui calò una fune di metallo con un gancio.
Erano arrivati!
Newt e Thomas assicurarono le funi al cavo in acciaio e diedero il comando di sollevare il container mentre io continuavo, assieme agli altri due giovani, a tenere lontani i soldati.
Mi sentii sollevare in aria mentre ci staccavamo dal suolo. Mi tenni ad una fune per paura di cadere. Appena trovata la stabilità mi misi in piedi.
-Ce l’abbiamo fatta! – dissi ridendo e abbracciando Newt che ricambiò con un bacio sulla testa.
Esultammo per il resto del viaggio che, grazie al cielo, fu tranquillo. Jorge si rivelò un buon pilota di Berga.
Dopo un po’ cominciai a percepire un leggero senso di nausea. Forse non mi piaceva volare?
Mi sedetti tenendomi ad una fune cercando di guardare il paesaggio sottostante. Era stupendo, nonostante fosse tutto arido e polveroso. – Tutto bene? – il mio ragazzo si sedette acanto a me – Sì tranquillo, è solo l’adrenalina che se ne va. E forse il mio stomaco non ama fluttuare in questo modo. – dissi sorridendogli. – Tra poco saremo arrivati. Poi, finalmente, potremmo smetterla con questa vita e iniziarne una tranquilla. – mi baciò e tutta la tensione svanì di colpo.
Atterrammo accanto al casolare di pietra in riva al mare.
Saltai giù insieme agli altri, ma non rimasi per l’apertura del container. Infatti la nausea era aumentata, costringendomi a correre verso il bagno più vicino.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Quando uscii dal bagno e ritornai al container, diversi ragazzi erano già stati accolti dai pochi rimasti del Braccio Destro. Chi aveva una coperta sulle spalle, chi un bicchiere di acqua in mano e chi si teneva abbracciato ad un suo compagni di sventura.
Cercai fra quelle decine di teste quella per cui avevamo messo in piedi tutta quell’operazione. Poi vidi Newt parlare con Thomas poco lontano da dove mi trovavo, così mi avvicinai a falcate – Dov’è Minho? – chiesi temendo di conoscere già la risposta. Newt mi circondò le spalle con un braccio – Stai bene? – domandò lui invece di darmi una risposta – Sì… ma io voglio sapere di Minho! – dissi scostandomi leggermente dall’abbraccio. – Non c’era… - rispose Thomas fissando un punto nel vuoto.
Sbarrai gli occhi – Com’è possibile? – sussurrai più a me stessa.
Il moro si allontanò con lo sguardo perso. E quando faceva così non ci si poteva aspettare nulla di buono: l’ultima volta se n’era uscito con “ucciderò Ava Page”. Quindi…
-Buongiorno ragazzi! – la voce possente di Vince proveniva dal molo a cui era ancorata l’unica nave ancora intera di tutta la baia, quella che ci avrebbe portati via da lì.
-State a sentire. – continuò l’uomo, mentre mi avvicinavo a Thomas che si era appoggiato ad una parete grigia del casolare – So che avete passato l’inferno, vorrei potervi dire che il peggio è passato… purtroppo non è ancora finita. W.C.K.D. è lì fuori e non si arrenderà mai perché voi avete qualcosa che vogliono. Vi hanno catturato perché siete immuni ad un virus che sta sterminando la razza umana e sono pronti a sacrificare voi per trovare una cura. Beh, io no! – affermò mentre un coro di voci esultavano – Perciò, tra due giorni, quando avremo sistemato questo rottame – continuò indicando la nave – Ce ne andremo da qui! Andremo in un posto dove W.C.K.D. non vi troverà mai! Un posto dove ricominciare. Un posto che chiamerete casa. – a quelle parole Thomas diventò ancora più serio e se ne andò. Io rimasi per la fine del discorso. Tutti i ragazzi erano euforici ed elettrizzati all’idea di non essere più nelle grinfie della W.C.K.D. e potevo capirli benissimo.
Ma noi cosa avremmo fatto senza Minho? Era ancora una cavia… se non era già morto.
Due braccia mi circondarono da dietro – Tutto bene tesoro? – chiese una voce a me molto nota. Rimasi a crogiolarmi nel suo abbraccio – Certo… Però… Minho? Che ne sarà di lui? – chiesi continuando a guardare il mare. Newt mi fece voltare – Non lo so. Non possiamo lasciarlo a Janson e alla Page. Se conosco Thomas, starà già pensando a qualcosa. Ma intanto… - disse tirando fuori da una tasca del suo giubbotto un cordoncino a cui era legata una piccola conchiglia che sfumava dal rosa al corallo – L’ho trovata sulla spiaggia qualche giorno fa. Non è molto, ma prendila come segno del mio amore. Come una promessa per la vita. La speranza che tutto questo finirà e noi due potremo avere una vita felice. – disse continuando a guardare la conchiglia. Il mio cuore quasi esplose di gioia – Scherzi? Newt non puoi neanche immaginare come questo piccolo segno mi renda tanto felice! Tra pochi giorni saremo liberi. Potremo iniziare una vita nuova, lontani da tutto. E l’idea di passare il resto della mia vita con te mi fa così… - ma non riuscii a terminare la frase perché le parole mi morirono in gola e scoppiai a piangere. Lui mi avvolse ancora nel suo abbraccio e, con una mano, disegnava dei cerchi sulla mia schiena. Come sempre, quel gesto fu un calmante. Mi scostai quel tanto per guardarlo nei suoi splendidi occhi marroni – Scusa, non so che mi è preso. – dissi cominciando a ridere seguita dal biondo.
Rimanemmo ad osservare i nuovi arrivati che cominciavano ad ambientarsi per qualche minuto – Sai? Nel container c’erano Aris e Sonya. – disse ad un tratto Newt. Io lo guardai – Cosa aspettavi a dirmelo? Magari sanno qualcosa. Dove sono ora? – domandai colpendogli un braccio con un leggero pugno scherzoso. – Harriet li ha portati dentro. Aris sembra che sia stato picchiato… - continuò mentre mi prendeva per mano e ci dirigevamo verso la porta del casolare.
Il sole cominciava a calare e illuminava la stanza con una luce arancione. Aris e Sonya erano seduti su degli sgabelli; lui aveva la faccia piena di lividi e graffi e lei cercava di pulirgli via il sangue con un panno. Newt si sedette di fronte ai due ed io rimasi in piedi alle sue spalle.
Thomas entrò subito dopo di noi, seguito da Brenda, e si avvicinò ad Aris. Questo lo guardò sorridendo – Ce ne avete messo di tempo a salvarci! – esclamò guardando l’ex Velocista – è sempre un piacere vederti. – rispose – Cos’è successo? – Thomas tornò serio – Mi sono ribellato. O almeno ci ho provato. – Aris sembrava maturato rispetto alla prima volta che ci eravamo incontrati nella mensa di quello che credevamo un posto sicuro. Ora era più sicuro di sé e combattivo.
-Per fortuna ci avete trovato. Ci spostavano di continuo. – proruppe Sonya dopo alcuni attimi di silenzio – Stava per succedere qualcosa. -.
Newt intervenne – Sapete dov’erano diretti? - . –So solo che parlavano sempre di una città. – rispose Aris.
Allora avevo ragione! Pensai mentre gli altri si scambiavano sguardi indagatori. – Non credevo che ci fossero ancora delle città! – esclamò sorpresa Harriet. – Infatti non ce ne sono. Ancora intere, per lo meno. – rispose senza enfasi Brenda.
Per un attimo Thomas mi fissò, poi rispostò lo sguardo su Aris – Okay, sapete niente di Minho? Perché non era sul treno? – seguì un momento di silenzio in cui Aris e Sonya si scambiarono degli sguardi che non lasciavano pensare a nulla di buono – Mi dispiace Thomas, c’era anche lui! – disse amareggiato.
Calò il silenzio nella stanza. Eravamo stati ad un passo dal nostro amico ed avevamo sbagliato il vagone… come era stato possibile? Va bene, avevamo trovato Aris e Sonya però Minho era ancora nelle mani di W.C.K.D. E ora?
Lasciammo Aris e Sonya a riposarsi e uscimmo dalla stanza. Harriet volle restare con i suoi amici mentre noi ci riunimmo nella stanza in cui avevamo progettato il piano appena sfumato.
Mentre camminavamo nei corridoi del casolare mi avvicinai a Thomas – Che ti avevo detto? Esiste una città sotto il controllo di W.C.K.D. E voi che mi avete tanto sfottuta! – dissi scherzosa.
Quando avevamo cominciato a pianificare, io avevo portato all’attenzione di tutti le voci che avevo sentito nei Laboratori che circondavano il Labirinto: W.C.K.D. aveva una città, l’unica rimasta in piedi, in cui avevano gli uffici principali e teneva al sicuro gli alti funzionari rimasti in vita. Tutti l’avevano presa come notizia poco attendibile, tutti tranne Jorge che, in separate sede, mi confessò di averla vista una volta. In più, dopo aver intercettato delle comunicazioni del nemico, avevamo appurato che i soggetti immuni venivano spostati con dei treni tra varie basi; così la mia informazione passò nel dimenticatoio. Ma ora cambiava tutto.
-Lane non ho mai pensato che dicessi delle caspiate. – si fermò un attimo rendendosi conto di aver usato un termine da Raduraio e gli comparve un sorriso nostalgico – Ma avevamo delle informazioni sicure… - io lo interruppi – Ed infatti erano giuste. Ora però ci toccherà entrare nella fortezza più inespugnabile che possa esistere nell’universo. –
Arrivammo nella sala di “comando”, il luogo più sicuro del porto. Dove c’erano i generatori di tutto il casolare e le radio da cui intercettavamo le comunicazioni. Era l’unica stanza senza finestre e quella più grande.
Thomas aspettò che ci raggiungesse Vince, era rimasto fra i nuovi ragazzi per rispondere alle loro domande.
Dopo la morte di mia madre ci vollero giorni perché superasse la cosa. Mi confidò di averla amata e mi disse anche che Mary gli aveva parlato più volte di me; rimpiangeva di avermi abbandonata ma, non sapendo cosa l’aspettasse fuori dai Laboratori, aveva deciso di lasciarmi lì: pensava sarebbe stato più sicuro per me…
Avrei dovuto parlarle quando ne avevo avuto l’occasione ma, ormai, non potevo farci nulla. I rimpianti non servono a niente. Avevo preso una decisione, ora avrei dovuto conviverci per il resto della mia vita.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


-Ecco qui! – Thomas aveva aperto una cartina logora e ingiallita sull’unico tavolo presente nella stanza ed indicava un punto cerchiato di nero – A poche centinaia di chilometri. Stando a quello che ha detto Aris, dev’essere lì che sono diretti. È lì che troveremo Minho! – stava spiegando a Vince – Portiamo chi riesce a combattere. Seguiamo la strada se si può. Ci vorrà una settimana. – e, come al solito, aveva già pensato a tutto.
-Una settimana? – chiese l’uomo col pizzetto fissando il moro – C’abbiamo messo sei mesi ad arrivare qui. Ci sono più di cento ragazzi adesso. Non possiamo restare qui in eterno, dopo quello che abbiamo combinato! Tu vuoi raggiungere un punto a caso sulla mappa! Non sai neanche cosa c’è lì! – Vince si stava alterando. Il resto del gruppo rimase in silenzio a fissare la cartina aperta sul tavolo.
-Io lo so. – Jorge apparve dalla stanzetta adiacente – è passato qualche anno ma ci sono stato. L’ultima città, così la chiamava W.C.K.D. Era la loro base operativa. – si avvicinò al tavolo.
Thomas mi indicò col pollice – Anche Lane sa della sua esistenza. Può aiutarci a trovarla! – quasi mi strozzai con la saliva – No, no, calmo! – esclamai alzando le mani - Io ho solo detto che l’ho sentita nominare svariate volte mentre lavoravo in quel maledettissimo laboratorio. Non ho la più pallida idea di come sia fatta o dove si trovi. – per un attimo pensai che Thomas volesse incenerirmi con lo sguardo ma Jorge riprese la parola – Se quella città esiste ancora, è l’ultimo posto in cui andare, hermano! Nella tana del lupo. – terminò l’uomo ispanico.
-Niente che non abbiamo già fatto! – provò a replicare il moro. – Sì, ma con mesi di progettazione, informazioni affidabili, l’elemento sorpresa… tutte cose che non abbiamo ora! – intervenne Vince. – Vince ci ho pensato bene e poi… - ma l’uomo biondo lo interruppe nuovamente – Hey! L’ultima volta che abbiamo agito senza organizzarci, ho perso tutto. Te lo ricordi? – domandò indicando il moro. – So che si tratta di Minho, lo so. Ma non chiedermi di mettere in pericolo tutti quei ragazzi per un solo uomo. Non lo farò! –
Seguì un momento interminabile di silenzio poi dalla radio provenne un rumore debole… - Settore A, completato. Scansione settore B. – la voce gracchiata di un uomo della W.C.K.D. fece bloccare il respiro a tutti i presenti.
In pochi istanti si sentirono le eliche di più Berghe – Merda! Spegnete le luci! – esclamò Thomas correndo verso l’esterno. Jorge si precipitò al generatore principale mentre io mi fiondai verso quello che controllava le luci del portico sul molo.
Newt mi raggiunse velocemente. Come ogni volta, la tensione si poteva toccare. Bastava un bagliore e gli uomini di W.C.K.D. ci avrebbero scoperti.
Quando non sentimmo più il rumore dei velivoli, decidemmo di uscire dalla stanza. Jorge riaccese il generatore e se ne andò a cercare Brenda.
Io e Newt decidemmo di andare verso la nostra stanza. Lungo il tragitto trovammo Thomas – Allora? Che si fa? – domandai avvicinandomi. Lui sollevò le spalle – Ha ragione Vince. Non possiamo restare qui… - e scomparve in una delle camerate piene di amache. Per un attimo mi sembrò di essere tornata nella Radura…
Arrivati in stanza, Newt chiuse la porta cercando di fare meno rumore possibile. – Cosa ne pensi? – chiesi mentre mi levavo la giacca e mi sedevo sul letto – Credi che Thomas farà qualcosa di avventato? – terminai mentre sfilavo le scarpe. Il mio ragazzo si sedette sull’altra sponda del letto – Non lo so… Mi sembra strano che molli così facilmente... Spero solo che non faccia caspiate. – si sdraiò accanto a me facendo cigolare la struttura del letto che era vecchia e mezza rotta. Lo guardai in faccia un attimo prima che spegnesse la luce; qualcosa nel suo sguardo non mi convinceva. Sembrava che stesse pianificando anche lui qualcosa. – Newt… - avrei voluto dirgli di non fare cavolate, che ormai eravamo ad un soffio dalla libertà e che rischiare tutto per poi essere catturati senza trovare nemmeno Minho non aveva senso, ma non ci riuscii – Ti amo. – sussurrai accoccolandomi fra le sue braccia e chiudendo gli occhi. – Anche io ti amo! – rispose accarezzandomi il braccio che avevo appoggiato sul suo petto.
In pochi minuti ci addormentammo, o almeno così credevo.
Sono in piedi difronte a mia madre. La guardo negli occhi e vedo che sono bagnati dalle lacrime. – Ti prego Madeleine… - singhiozza mettendo le mani davanti a sé per proteggersi. Non capisco da cosa ma, quando abbasso lo sguardo, vedo che sto impugnando una pistola e la sto puntando contro di lei. – No… - sussurro senza capire. Parte un colpo che colpisce mia madre in pieno petto. – Cosa ho fatto? – urlo lasciando cadere la pistola e correndo ad abbracciarla – Mi dispiace! Mi dispiace così tanto. Io non volevo che ti succedesse tutto questo tesoro. – mi dice ansimando mentre io la guardo senza riuscire a muovermi – Mamma ti perdono! Ti perdono! Ti prego, non mi lasciare di nuovo… - comincio a piangere mentre la luce svanisce dai suoi occhi e si accascia senza vita fra le mie braccia. – No! –
Mi svegliai di soprassalto con un urlo bloccato in gola. Tastai la parte del letto in cerca di Newt, ma la trovai vuota. Mi passai una mano sul viso sudato e mi alzai.
Uscii dalla stanza e andai a vedere se per caso fosse nel bagno più vicino alla nostra camera; in me cominciava a farsi sentire un brutto presentimento.
-Newt – sussurrai per non disturbare il resto dei ragazzi. Nessuno rispose.
Decisi di andare a vedere se Thomas era nella sua amaca. Entrai con delicatezza nello stanzone, accorgendomi subito che nemmeno il moro c’era. Dove cavolo sono? Pensai mentre cercavo di individuare Frypan. Almeno lui speravo che non facesse cavolate.
Nulla. Nemmeno lui era nel casolare. Le prime luci del mattino cominciavano a farsi vedere all’orizzonte, illuminando debolmente la zona.
Entrai nell’altra stanza – Brenda. – sussurrai mentre la scuotevo gentilmente per un braccio – Brenda, svegliati! – ma come risposta ebbi solo un mugolio di disappunto. – Brenda dai! Thomas se n’è andato! – come percepì il nome del moro scattò in piedi – Che? – chiese completamente sveglia.
A mio parere aveva una cotta per lui, ma non osavo provare a parlarne per paura di essere uccisa dalla brunetta.
-Quei tre cretini se la sono svignata durante la notte. – le stavo dicendo mentre recuperavamo uno zaino e lo riempivamo di cose indispensabili per la missione. – Scommetto che Thomas ha fatto di testa sua. – Jorge apparve con le chiavi del suo fuoristrada in mano e un sorriso da “lo sapevo benissimo” stampato in faccia. – Sì e quei due sconsiderati di Newt e Frypan gli sono andati dietro! – ringhiai assaporandomi il momento in cui avrei preso il mio ragazzo a randellate. Avrebbe dovuto portarmi con loro! Non abbandonami lì come una donzella da proteggere. Questa cosa ancora non gli era entrata in quella testa da caspio che si ritrovava!
Salimmo sul veicolo quando il sole spuntò sopra il livello del mare e partimmo sapendo esattamente dove andare.
I ragazzi si erano fregati pure la mappa ma, fortunatamente, Jorge conosceva la strada.
Attraversammo zone aride fino ad arrivare su un’altura rigogliosa e rocciosa. La strada era abbastanza praticabile così evitammo di dover andare a passo d’uomo per paura di rompere l’auto.
Dopo un paio d’ore passammo accanto ad un cartello che diceva “Controllo obbligatorio dell’infezione. Fra due chilometri. Tutti i veicoli devono fermarsi”.
Due chilometri dopo trovammo un cancello col filo spinato completamente arrugginito e, in parte, divelto. Altri cartelli erano appesi qua e là. Uno spiegava i segni per riconoscere l’infezione. Dietro al cancello c’erano decine di carcasse di auto buttate da ogni parte e abbandonate a loro stesse.
Proseguimmo in quel luogo di controllo fino ad arrivare davanti ad una galleria ai piedi della montagna che si stagliava sopra alla zona.
Subito prima dell’ingresso nella galleria c’era l’ennesimo cartello “Punto di controllo sensibile. Coloro che oltrepasseranno saranno fucilati”. – Cavolo, non scherzavano mica… - disse Brenda, leggendo il cartello.
Prima che qualcun altro potesse dire qualcosa si sentirono degli spari provenire dal fulcro della galleria, poi urla lamenti.
-Andiamo! – disse risoluto Jorge, mettendo nuovamente in moto la vettura.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Jorge guidò a tutta velocità stando attento a non colpire le vetture abbandonate lungo la galleria.
Poco dopo ci imbattemmo in un gruppo di Spaccati. L’uomo accelerò maggiormente e ne investì parecchi.
-Sono loro! – esclamò Brenda mentre indicava tre figure in mezzo a decine di Spaccati. – Vai, vai! – dissi afferrando la pistola che avevo tenuto fino a quel momento nello zaino.
Jorge passò sopra a qualche altro ex umano ed inchiodò il veicolo accanto ai tre ragazzi. Brenda spuntò dal tettuccio e cominciò a sparare verso un gruppo di Spaccati – Hey, salite! – urlò centrandone un paio. Io sbucai dal sedile dietro a Jorge e feci fuoco su quelli che provavano ad avvicinarsi dal lato opposto. I tre non se lo fecero ripetere e saltarono sul fuoristrada.
-Parti Jorge! – gridò Thomas, mentre si sedeva dietro al mio posto. Newt era accanto a me e fissava quel gruppo che si faceva sempre più lontano.
In poco tempo fummo fuori dalla galleria.
Il mio ragazzo finalmente si voltò a guardarmi e la mia faccia doveva dire tutto su quello che pensavo in quel momento, perché lui fece un sorrisetto di scuse – Volevo tenerti fuori da questa storia. – disse avvicinandosi, probabilmente per darmi un bacio. – Non è una scusa plausibile mio caro! Non avresti dovuto lasciarmi lì. –
-Sono sbalordito. – esclamò Jorge, continuando a guidare – siete sopravvissuti quasi un giorno. -.
Brenda si voltò a guardare Thomas con faccia di disappunto, probabilmente assomigliava alla mia. Il moro ricambiò lo sguardo nello stesso modo di Newt – Scusa, non volevo mettervi in mezzo. – disse con tono di scuse.
Io e la bruna ci scambiammo un’occhiata – Ve la siete preparata lungo la strada? – domandi cominciando a ridere e subito seguita dall’altra ragazza.
-Quello che stavano cercando di dire è grazie per averci salvati. – Frypan spuntò da dietro Newt sorridente come suo solito. – Non c’è di che! – rispondemmo entrambe.
-Non fatevi strane illusioni. Quel posto era l’ultimo baluardo della città. – disse Jorge riportando la serietà – Se era pieno di Spaccati, in città sarà lo stesso. –
-A meno che non abbiano trovato un altro modo per tenerli lontano. – esclamò Newt guardando fuori dal finestrino. Tutti ci voltammo a sinistra, scoprendo che al centro di una vallata si ergeva una città con palazzi in vetro che si stagliavano verso il cielo. Era circondata da delle mura ma subito fuori le case erano decadenti e lasciate a loro stesse, segno che W.C.K.D. fosse interessata a tenere fuori tutto quello che non era parte della loro organizzazione.
Jorge fermò la vettura e scendemmo tutti. In quel momento fui colta da una nausea simile a quella del giorno prima; dovetti allontanarmi dal resto del gruppo e vomitai tra dei cespugli sperando di non essere vista né sentita, specialmente da Newt.
Mi ricomposi velocemente, la nausea era svanita così com’era apparsa. Mi voltai per tornare dagli altri e vidi che Frypan mi stava fissando preoccupato. Affrettai il passo e lo tirai da una parte – Non dire nulla. Probabilmente era indigestione. Voi tre non mi avete certo reso la colazione un pasto digeribile questa mattina. – cercai di buttarla sul ridere anche se ero leggermente preoccupata che potesse essere altro. Forse il virus si stava ripresentando a distanza di mesi?
Fry mi strinse delicatamente una spalla – Se avessi bisogno, sai che puoi sempre parlare con me. – disse sorridendo – Grazie! – risposi cercando di celare la mia preoccupazione.
Risalimmo a bordo e ripartimmo. La differenza tra la città all’interno delle mura e quella fuori era abissale. Come potevano lasciare centinaia di persone a combattere contro l’Eruzione mentre loro se ne stavano comodi dietro alla loro protezione?
Raggiungemmo la città ma, dopo poco, fummo costretti ad abbandonare il fuoristrada e continuare a piedi.
Per le vie la gente camminava abituata a quelle condizioni ma per noi era qualcosa di disumano. Alcuni uomini caricavano su un furgone una decina di sacchi contenenti dei cadaveri. Molte persone avevano delle maschere, forse con la speranza di non contrarre il virus?
Mi feci più vicina a Newt che mi prese la mano controllando con sguardo attento la gente che ci si avvicinava.
-Si nascondono dietro le loro mura! – un uomo su una camionetta parlava attraverso un megafono alla marea di persone che camminava per quelle strade. Ci spostammo per non essere investiti – Pensano di poter tenere la cura tutta per loro. E guardando il resto di noi deperire e marcire! – la vettura passò accanto a noi. Con quell’uomo ce n’erano altri, uno dei quali puntò lo sguardo proprio su di noi. Mi sembrava vagamente familiare…
-Ma noi siamo molto più numerosi di loro! – stava continuando l’uomo col megafono – E io dico: ribelliamoci! E riprendiamo ciò che è nostro! – la folla esultava ad un’unica voce mentre il convoglio di quelli che potevano essere definiti “ribelli” passava.
Continuammo a camminare cercando di avvicinarci alle mura. Ci imbattemmo in un corteo che continuava a gridare – Fateci entrare! – rivolto al perimetro di sicurezza attorno all’Ultima Città.
-Entreremo da lì! – esclamò Thomas indicando una spaccatura fra la muraglia.
Ci mischiammo con i manifestanti e spintonammo per arrivare il più vicino possibile alle mura. – In che casino ci siamo cacciati? – domandò Frypan guardandosi attorno.
Newt mi circondò le spalle per impedirmi di essere portata via dalla bolgia di gente che ci circondava.
Mi sentii osservata. Mi voltai e intravidi uno degli uomini sulla camionetta di poco prima che ci fissava. Anche Newt lo notò.
Si fece largo per raggiungere Thomas che era riuscito ad arrivare alle barricate che impedivano di avvicinarsi maggiormente alla muraglia.
-Dobbiamo andarcene subito! Guardate! – urlò il biondo per farsi sentire sopra alla folla. Quelli di poco prima stavano cercando di accerchiarci. Istintivamente ci chiudemmo a riccio. Newt e Frypan si misero davanti a me e Brenda mentre Jorge e Thomas stavano dietro.
Un clangore metallico fece tacere tutti. Osservammo le armi sul perimetro venire messe in posizione per colpire la folla. Scoppiò il caos. Tutti iniziarono ad urlare e scappare.
-Dobbiamo allontanarci! – urlò Jorge ma non fummo abbastanza veloci. I primi colpi si schiantarono a pochi metri da noi. Ci mettemmo a correre mentre la confusione si faceva sempre maggiore.
Corremmo verso un edificio abbandonato. Nella fuggi fuggi generale, un uomo dai capelli neri e unticci inciampò sui miei piedi. Persi la presa e mi staccai dalla mano di Newt –Lane! – gridò voltandosi ma fu spinto da Thomas verso il varco. Una donna mi piombò addosso senza che me ne rendessi conto, continuando ad urlare e cercando di rialzarsi.
Caddi al suolo sbattendo violentemente la testa contro un calcinaccio che giaceva tra le altre macerie. Persi i sensi.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Quando rinvenni, mi trovai il viso mascherato di un dei soldati di W.C.K.D. a fissarmi. – Guardate chi ho trovato! – disse trionfante ai suoi compagni – Janson sarà felice. – ma un altro fece un verso di scherno – Vuole Thomas. Non questa qui! – il primo mi diede un’ultima occhiata – Meglio di niente. – e mi colpì con il calcio della sua pistola in testa.
 
 
Riaprii gli occhi, trovandomi distesa su un lettino. I polsi e le caviglie legati. – Ciao Lane. – la voce di Teresa mi arrivò un po’ ovattata. La mora apparve alla mia destra con una siringa in mano. Istintivamente cercai di allontanarmi, senza grandi risultati. – Stai calma! Ti prelevo solo un campione di sangue. – continuò lei mentre infilava l’ago nel mio braccio.
-Come hai potuto tradirci Teresa? Thomas si fidava di te… - lei mi guardò con una tristezza velata – Ho fatto quello che ritenevo giusto per salvare centinaia di vite. – poi si allontanò e parlò con una guardia – Potete portarla con gli altri. – ed uscì dalla stanza senza più degnarmi di uno sguardo.
L’uomo mi slegò e mi mise delle manette. Mi aiutò ad alzarmi e mi condusse in un ascensore.
La vista era un po’ annebbiata, non riuscivo a capire dove mi stesse portando. Le porte dell’ascensore si aprirono su una sala circolare con diverse porte con chiusura centralizzata. Un paio di guardie erano sedute ad un pannello nel centro della camera e fecero cenno a quello che mi reggeva verso quale porta avvicinarsi.
Ci fu un “click” e la serratura scattò. L’uomo aprì la porta, mi tolse le manette e mi spinse nella cella. La porta si richiuse immediatamente dietro di me.
Ci volle qualche secondo perché ritrovassi l’equilibrio e mi abituassi alla luce bluastra della lampada a neon.
Nella cella c’erano tre ragazzini sui tredici anni, tutti molto spaventati. – Lane? – mi voltai verso l’unico sdraiato. Quella voce la conoscevo, anche se ora era graffiata e stanca. – Minho! – esclamai sedendomi per terra davanti alla sua faccia.
Il giovane, a fatica, si mise seduto, permettendomi così di mettermi accanto a lui. – Che ti hanno fatto? – chiesi guardando il viso stanco dell’ex capo dei Velocisti – Esperimenti. Se così li possiamo chiamare. – rispose cercando di sorridere per rendere il tutto meno drammatico – Tu, piuttosto. Che ci fai qui? – rimasi muta per qualche secondo. Mi veniva da piangere ma dovevo riuscire a ritrovare la calma. Presi alcuni respiri profondi – Mi hanno presa. Eravamo venuti per salvarti… ma c’è stata una confusione e io sono stata catturata… spero che gli altri riescano a trovarci. – conclusi appoggiando la testa sulla sua spalla.
-Ne dubito… - sussurrò dopo qualche secondo – Non riusciranno mai a penetrare le difese di Janson. Questa volta se lo aspettano… - sospirai sconsolata.
Newt avrebbe fatto di tutto per trovarmi! E se questo l’avesse ucciso? Non potevo pensare che morisse per colpa mia… Avrei dovuto trovare una soluzione da sola.
Con quei pensieri mi addormentai, sfinita dai colpi ricevuti alla testa in troppo poco tempo.
Mi svegliai con una coperta addosso. Mi sedetti sul letto e ricordai ciò che era successo. Uno dei ragazzini rinchiuso con noi mi fissava – Chi sei? – domandò continuando a guardarmi – Mi chiamo Lane. Tu? – gli porsi la mano – Sono Josh. E loro sono Theo e Maggie. – indicò gli altri due ragazzi, senza capire per quale motivo la mia mano fosse protesa verso di lui. Non mi ero accorta che ci fosse una femmina in quella cella.
In quel momento notai che mancava una persona – Dov’è Minho? – domandai a Josh. Lui divenne triste – Oh… loro l’hanno portato via poco fa. – mi alzai cercando di guardare fuori dallo spiraglio della porta – E sai anche dove lo hanno portato Josh? – continuai cercando di capire dove fossero le guardie. – Di solito nel laboratorio… - Maggie si avvicinò scendendo dal suo letto. La voce era quella di una bambina spaventata – Cosa fai? – domandò cercando di guardare dove guardavo io. – Cerco un modo per uscire da qui. – risposi massaggiandomi il collo.
Sfiorai il cordoncino con la conchiglia e lo tirai fuori dalla maglietta che, solo in quel momento, mi accorsi non essere la mia. Mi avevano cambiato i vestiti, perché mi avevano lasciato la collana?
Sorrisi debolmente ripensando a pochi giorni prima quando Newt mi aveva fatto quel regalo – Cos’è? – chiese il terzo ragazzino, Theo. A differenza degli altri sembrava più guardingo. – Un regalo. – dissi accarezzando la piccola conchiglia – E di chi? – fece Maggie incuriosita – Di una persona importante. Di una persona che rischierà la vita per trovarmi… – guardai i tre ragazzini, i loro visi provati trasmettevano speranza. – Vi tirerò fuori di qui. Lo prometto! – non avrei aspettato l’arrivo di nessuno, anche perché non era così sicuro che qualcuno sarebbe riuscito a superare le difese della W.C.K.D.
Per un bel po’ ci fu silenzio nella cella. Io continuavo a fissare quel poco che riuscivo attraverso la fessura: due guardie erano sedute ai pannelli di controllo, qualche volta facevano un giro a controllare che i ragazzi fossero al loro posto, come se qualcuno potesse scappare… In quelle occasioni mi riparavo alla loro vista attaccandomi alla porta, accanto alla fessura, così da non essere vista. Ma nessuno se ne accorse; probabilmente nemmeno sapevano che ero rinchiusa in quella cella.
Maggie sembrava molto incuriosita da me e da quello che facevo, continuava a ronzarmi attorno facendomi domande di tutti i tipi. Così mi ritrovai a raccontare praticamente tutta la mia vita a quei tre ragazzini, ottenendo il risultato di calmarli un po’.
-Quindi tu sei immune… - disse Theo, dopo che avevo raccontato di Winston – Già. Così pare. Ma non tutti lo sono… Quelli che sono qui, voi, lo siete. Altrimenti W.C.K.D. non rischierebbe così tanto per dei soggetti non immuni. – avevo ricominciato a ragionare ad alta voce, notai troppo tardi che quelle parole stavano spaventando i ragazzi – Scusate! – mi affrettai a dire – Non volevo… Troveremo un modo per andarcene. I miei amici verranno a prenderci! Spero – l’ultima parola la sussurrai tornando a guardare fuori dalla cella. Dovevo dargli quella speranza che io non riuscivo a trovare…
Da lì a pochi minuti si sentì il solito ‘click’ della serratura e una guardia entrò imponente, nel solito abito totalmente nero.
Mi si avvicinò e mi afferrò per un braccio – Muoviti! – esclamò brusco mentre mi strattonava fuori dalla cella e mi metteva delle manette – Dove andiamo? – cercai di usare un tono minaccioso, ma non sortì nessun effetto sull’uomo. Non si degnò nemmeno di darmi una risposta.
Prendemmo l’ascensore, poi camminammo per dei corridoi, tutti uguali, tutti di vetro e di metallo verniciato di bianco.
In uno di quei lunghi e interminabili corridoi incontrammo un'altra guardia che trascinava Minho. Il volto era pallido, gli occhi semichiusi, la pelle imperlata di sudore. Che gli hanno fatto? Pensai mentre lo superavamo.
Finalmente entrammo in una stanza con le pareti rigorosamente in vetro. Al centro c’era un tavolo con due sedie di metallo. – Siediti! – impartì la mia guardia dandomi uno spintone verso una delle sedie.
L’uomo si posizionò accanto alla porta, così da potermi tenere d’occhio. Io non fui da meno: puntai i miei occhi nei suoi, come una sfida.
La porta si aprì ed entrò Teresa, in un completo nero e tacchi – Puoi uscire. – disse rivolta alla guardia. Questo fece un leggero cenno col capo e si appostò fuori dalla stanza.
-Non tu! – esclamai esasperata. Il suo tradimento non sarei riuscita a digerirlo facilmente.
La mora si sedette di fronte a me – Ancora io, Lane. Devo parlarti di una cosa importante. – rispose seria.
Io mi portai in dietro con la schiena a toccare lo schienale: un tentativo di mettere più distanza fra di noi.
-Non mi interessa. – feci vagare lo sguardo per la stanza. Teresa si fece più vicina e posò una mano accanto alle mie – Invece sì Lane. Ho esaminato il tuo sangue e… - ma non la feci finire – Sono immune. Lo so. – non misi enfasi nelle mie parole. Sapevo esattamente ciò che significava essere immuni e stare nelle grinfie di W.C.K.D.
-Sì, anche. Ma non è quello di cui volevo parlarti. – seguì un attimo di silenzio in cui la traditrice mi guardò negli occhi cercando di attirare la mia attenzione. – Dall’esame è emersa una cosa. – la sua mano si mosse a posarsi sulle mie ancora ammanettate – Sei incinta Lane. -

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


-Cosa? – domandai incredula – Non può essere… - sussurrai abbassando lo sguardo sulla mano della ragazza ancora appoggiata sulle mie.
-Invece è proprio così. Ho rifatto l’esame tre volte per sicurezza. Non ci sono dubbi: aspetti un bambino. – sembrava eccitata e preoccupata al tempo stesso.
Scostai le mie mani in malo modo – Perché me lo stai dicendo? È una qualche tecnica per portarmi dalla parte tua e di quella pazza della Page? – sbraitai incapace di capire in che razza di situazione mi stavo ritrovando. Teresa si alzò e mi si avvicinò maggiormente, arrivando ad inginocchiarsi accanto alla mia sedia – No Lane, tu non capisci. Ti sto dicendo tutto questo per proteggerti. È vero, vi ho traditi tutti. Ma l’ho fatto perché credevo che fosse il modo giusto. E lo credo ancora. Ma se sapessero che aspetti un bambino, che un’immune aspetta un bambino… Ti userebbero come cavia, farebbero esperimenti su quella creatura – indicò la mia pancia – questo non lo posso permettere. Già si sfiorano dei limiti su cui è difficile passare sopra, ma un neonato… NO! Non riuscirei a guardarmi più allo specchio. Capisci? – domandò sorridendo gentilmente.
In quel momento rividi la ragazza con cui credevo di poter instaurare un rapporto, quella con cui avevo parlato appena arrivate nella struttura che credevamo un posto sicuro… Ma potevo fidarmi di lei? Ci aveva traditi tutti poco più di sei mesi prima…
-Cosa proponi di fare? – chiesi restando il più distaccata possibile. Lei si rimise in piedi – C’è una dottoressa, una di cui mi fido, che potrebbe farti un’ecografia, così da sapere di più sulla creaturina che cresce nella tua pancia. Poi parleremo con la dottoressa Page, le diremo che ti ho fatto capire quanto il nostro lavoro qui sia importante e le chiederò se puoi venire a stare da me. Poi il resto lo vedremo mano a mano. Ci stai? – mi guardò speranzosa.
Sembrava volesse trovare un modo per redimersi da ciò che aveva fatto all’accampamento del Braccio Destro.
-Va bene. Fammi uscire da qui. – in quel momento riuscivo solo a pensare al bambino che stava crescendo dentro di me, il mio bambino.
Teresa sorrise raggiante, chiamò la guardia appostata fuori e gli ordinò di liberarmi – Le ho fatto tornare la ragione. – esclamò prendendomi per un braccio e accompagnandomi fuori.
Attraversammo alcuni corridoi, venendo superate da diverse persone con camici bianchi. – Questa dottoressa è qui da non molto, ma sono sicura che terrà la bocca chiusa. – mi stava dicendo la mora mentre entravamo in un piccolo laboratorio con un lettino e poco più al suo interno. In quel momento entrò una donna bassina, dai capelli biondo miele e la pelle chiarissima. Tirò una tenda, così da coprire la vista a chi era fuori.
-Io sono Rebecca. – disse rivolta a me, poi si voltò verso Teresa – Sai che sto rischiando molto vero? Se la Page lo scopre mi fa uccidere… - nel frattempo stava estraendo un macchinario dall’unico armadio presente nella stanza. –Tranquilla. Non lo verrà a sapere. – le rispose la mora dando una sbirciatina fuori dal vetro.
Era tutto così assurdo! La mia testa stava per esplodere. Fino a quel momento avevo considerato quelli che lavoravano per W.C.K.D. come dei pazzi, dei mostri che torturavano giovani senza colpa. Ma in quel momento… non lo so, mi sembravano delle persone come me. Persone che cercavano di andare avanti senza farsi uccidere dal virus o dalla Page. Forse avevamo avuto sempre un’impressione sbagliata. Anche mia madre si era rivelata diversa da ciò che credevo… E Teresa… Era lì in quel momento, con me, che cercava un modo per salvare me e il mio bambino. Forse anche lei era come me…
No! Erano sicuramente gli ormoni che mi facevano pensare quelle cose. W.C.K.D. non è buono! E nemmeno quelli che ci lavorano.
-Guarda! – esclamò Rebecca girando il monitor dell’ecografo così che lo potessi vedere – Dalle dimensioni direi che è di circa tre mesi… - disse stampando una foto del bambino e passandomela.
Mi ritrovai con la foto di mio figlio, o figlia, fra le mani. La guardai per quelli che mi sembrarono secoli. Da tutta quell’orribile situazione era nato qualcosa di meraviglioso. Mi commossi mentre vedevo la foto in bianco e nero di un fagiolino arrotolato su se stesso. A malapena si distingueva quella che immaginai essere la testa. Mi asciugai velocemente una lacrima che era scappata al mio controllo. Se solo Newt fosse stato lì…
-Dobbiamo andare Lane. – disse Teresa mentre mi passava un panno per pulirmi dal gel che mi aveva messo sull’addome per fare l’ecografia. Non mi ero nemmeno accorta che lo avessero fatto, ero proprio su un altro pianeta in quel momento. Ma dovevo ritornare con i piedi per terra! Non eravamo ancora al sicuro.
Riabbassai la maglietta ed uscii dalla stanza con la mora. – Ora andiamo a cercare la dottoressa Page. Dobbiamo essere credibili. – stava sussurrando al mio orecchio mentre camminavamo.
-Eccoti qui Teresa. Ti stavo cercando. – quella voce non poteva essere confusa: era la Page. Ci voltammo cercando di mantenere la calma. Quando la donna mi vide si bloccò sul posto - Lane? – chiese dubbiosa. Teresa le si avvicinò – Io e Lane abbiamo fatto una chiacchierata. Le ho fatto capire quanto siano importanti i nostri esperimenti. Ha capito. Ora vuole aiutare. – era rimasta impassibile, era stata bravissima a mentire. E se lo avesse fatto anche con me?
Istintivamente portai una mano nella tasca dei pantaloni in cui avevo messo l’ecografia e la strinsi forte.
-Ah, è così? – la bionda si voltò a guardarmi. Io abbassai il capo in segno di scuse – Voi state facendo tutto il possibile per salvarci tutti. Thomas ha sbagliato a ribellarsi e, così, anch’io. Ma Teresa mi ha fatto ricordare tutta la miseria che c’era prima che W.C.K.D. cominciasse il suo lavoro. Le chiedo scusa, dottoressa Page. – sperai di non aver esagerato con le parole melliflue…
La donna sembrò crederci, le spuntò un sorriso – Speravo che avresti capito. Mi dispiace per tua madre, ma lei aveva perso di vista l’obiettivo finale… - mi fissò, quasi sperando in un mio passo falso. Io la sorpresi – Capisco. Non deve chiedere scusa, io l’avevo data per morta quando mi abbandonò quindi… - sentii il mio cuore rimproverarmi per quelle parole. Non avevo detto una bugia… e lo sapevo benissimo.
-Bene, se è così, allora sarai felice di aiutare Teresa a somministrare la cura ad una nostra giovane paziente. – disse Ava mentre si incamminava nella direzione da cui era venuta.
Seguimmo la bionda fino ad un’ampia stanza piena di macchinari di cui ignoravo l’uso. Io e Teresa entrammo passando da un getto di aria che serviva a sterilizzare i nostri abiti. Indossavamo un camice, portatoci da un infermiere. Poi la vidi: era una ragazzina, sdraiata su un lettino, con le vene ingrossate e blu. Mi ricordò molto me nei giorni in cui ero stata infettata. E mi ricordò ancora maggiormente Winston…
-Ciao Teresa – salutò debolmente la piccola mentre la mora le si avvicinava – Come ti senti? – le chiese l’altra mentre un infermiere disinfettava il braccio alla ragazzina – Così… Con quello starò meglio? – domandò con un filo di voce guardando una sorta di siringa che teneva in mano Teresa – è quello che spero. – sul viso della mora comparve un sorriso rassicurante.
Io ero rimasta in disparte, cercando di cogliere anche il più piccolo cenno che Teresa fosse ancora la traditrice e volesse in qualche modo fregarmi… ma nulla. In quella scena vedevo solo una persona che cercava di far stare meglio una bambina che soffriva molto.
Era davvero chi diceva di essere. Vero?
Le iniettò la cura e sembrò stare meglio anche se l’iniezione era stata dolorosa…
Dopo qualche minuto Teresa si rialzò dalla sedia e mi fece cenno di uscire. – Ora ti porto nel mio appartamento. Così ti puoi riposare un po’. – disse togliendosi il camice e lasciandolo su un tavolo cosparso di provette. Io la imitai e la seguii fuori da quel posto.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Uscite dall’edificio, sede della W.C.K.D. ci incamminammo per le strade dell’Ultima Città. Mi ritrovai spaesata, in mezzo a una miriade di persone che camminavano freneticamente in ogni direzione. Molti di loro indossavano delle mascherine su bocca e naso, come quelli che avevo visto il giorno prima, fuori dalle mura.
Cercai di memorizzare il percorso che facemmo, così da sapere come tornare alla sede. Se fossi riuscita a trovare i ragazzi, avrei potuto condurli direttamente dalla Page.
-Da questa parte. – disse Teresa, indicando un edificio di una decina di piani. Entrammo nell’atrio decorato in argento e prendemmo l’ascensore. – Spero che ora tu ti fidi di me. – fece la mora mentre le porte si riaprivano al quinto piano.
-Non ne sono ancora sicura. – le risposi onestamente – Ma ti ringrazio per quello che hai fatto per me e per il mio bambino. – sorrisi mentre entravamo nell’appartamento.
Dall’entrata si accedeva immediatamente ad un ampio soggiorno con un divano bianco. La proprietaria mi fece fare un rapido giro della casa: sulla sinistra c’erano le due camere da letto e un bagno, sulla destra c’era una piccola cucina e una dispensa.
-Non l’ho praticamente usata quella parte della casa. Non ci sto molto qui dentro. – confessò mentre appoggiava la giacca sul divano e andava verso la cucina – Fai come se fossi a casa tua. Fatti una doccia, mangia qualcosa e vai a riposare un po’. – continuò mentre si prendeva un bicchiere d’acqua.
Io ero ancora spaesata. Come aveva fatto ad abituarsi a quella vita in soli sei mesi? Si aggirava per l’appartamento come se fosse la cosa più ovvia al mondo.
-Lane? – domandò rispuntando dalla cucina – Tutto bene? – mi si avvicinò con un bicchiere d’acqua e me lo porse – Sì… - risposi prendendolo – Devo solo mettere in ordine i pensieri. Tess sono incinta. Ho avuto qualche segnale ma credevo fosse qualche strascico del virus… - dissi senza accorgermi che l’avevo chiamata Tess.
Lei si sedette sul divano – Tu sei stata infettata? Quando? Potrebbe essere un problema per il bimbo. – era più preoccupata di quanto non fossi io. – Sono guarita il giorno in cui siamo arrivati all’accampamento del Braccio Destro. Non c’è alcun rischio per lui… - spiegai accarezzando istintivamente la pancia. Mi lasciai cadere sul divano, accanto alla mora che mi sorrideva come una vecchia amica.
-Lo dirai a Newt? – chiese dopo qualche istante di silenzio. Sollevai le spalle – Quando tutto questo sarà finito… e se mai dovessimo rivederci. – purtroppo c’era ancora il dubbio che potessi riuscire a rivedere il mio amato, il padre del mio bambino.
Forse non ci saremmo mai più riuniti, forse…
-Te l’ha regalata lui vero? – domandò ancora la mora alludendo alla conchiglia che, distrattamente, stavo accarezzando con la punta dell’indice. Annuii con un sorriso triste sulle labbra mentre il ricordo delle sue parole riaffiorò nella mente. La speranza che tutto questo finirà e noi due potremo avere una vita felice. Ripetei nella mia mente.
-Immaginavo fosse stato Newt. È per questo che te l’ho rimessa dopo che ti avevano cambiato gli abiti. – continuò guardando fuori dalla finestra.
Quindi era stata lei… Senza secondi fini. Potevo finalmente tornare a fidarmi di lei?
-Io devo tornare in laboratorio. Tu resta e fai quello che vuoi. Ti lascio un mio vestito sul letto. – Teresa si alzò e mi strinse un ginocchio con fare amichevole.
Sparì nella sua camera; io estrassi l’ecografia dalla tasca dei pantaloni. – Ciao piccolino. – sussurrai mentre accarezzavo quella che poteva assomigliare alla fronte di mio figlio.
-Il color corallo dovrebbe starti bene! – urlò Teresa, probabilmente da dentro l’armadio. – Te l’ho lasciato sul mio letto. Ora vado. A questa sera. – riemerse dalla sua camera dopo cinque minuti, con dei pantaloni blu, una maglietta bianca, una camicia sui toni del bordeaux e degli stivaletti marroni. Prima di aprire la porta d’ingresso riprese il cappotto beige dal divano e mi salutò con un sorriso. – Ci vediamo! – esclamai mentre la porta si richiudeva.
Rimasta sola mi guardai un po’ attorno, poi decisi di farmi una doccia e cancellare l’odore di cella che avevo addosso.
In bagno trovai un asciugamano color glicine appoggiato sul lavandino, pronto per essere usato. Teresa sembrava completamente cambiata da quando l’avevo vista sparire a bordo della Berga, portandosi dietro Minho.
-Minho! – esclamai mentre aprivo il getto della doccia. Mi ero completamente dimenticata di lui. E così avevo fatto con Maggie, Theo e Josh. –Dannazione! – dissi a me stessa mentre una nube di vapore cominciava a riempire il bagno. Gli avevo promesso che li avrei portati fuori di lì e mi ritrovavo a farmi una doccia tranquillamente nell’appartamento di una di quelli che li aveva torturati…
Avevo avuto troppi pensieri in troppo poco tempo. In quel momento nella mia testa c’era solo mio figlio e il suo benessere.
Mi misi sotto al getto caldo e lasciai che l’acqua mi scorresse lungo la schiena e mi rilassasse. Mi ricordai della doccia con Newt, appena arrivati in quel luogo che credevamo sicuro.
Accarezzai la mia pancia – Tranquillo piccolino. Il tuo papà verrà a prenderci. Ci potrei giurare. – sorrisi e rimasi a godermi ancora un po’ l’acqua calda.
Per qualche motivo, mi ritrovai a pensare a mia madre. Quale sarà stata la sua reazione quando aveva scoperto di essere incinta? In che modo era riuscita a dirlo a suo marito? E come l’aveva presa lui quella notizia? Immancabilmente mi trovai a fare dei paragoni. Newt sarebbe stato felice? Mia madre aveva sempre detto che erano stati colmi di gioia, dopo aver ricevuto quella notizia, ma… Non è ciò che tutti i genitori dicono ai propri figli?
Mio padre era morto poco dopo la mia nascita, così mamma era sempre stata il mio unico punto di riferimento. Quando mi aveva abbandonata avevo creduto di sprofondare… Poi però avevo trovato le forze per riprendermi e combattere. L’avevo odiata; eccome se l’avevo odiata! Per tutto il male che era scaturito da quella sua maledettissima decisione di scappare senza di me; per avermi fatta crescere in un posto orribile; per non avermi mai rivelato i veri piani di W.C.K.D. Certo, ero solo una bambina però…
Poi, quando l’avevo ritrovata in quell’accampamento non avevo nessuna intenzione di perdonarla. Eppure… in qualche modo mi era stato chiaro il motivo che l’aveva spinta a lasciarmi.
Qualche mese dopo il nostro arrivo al porto, Vince mi aveva portata sulla spiaggia per parlare.
 
Seguo silenziosamente l’uomo baffuto. Non chiedo nulla: sarà lui a parlare. Poi si ferma proprio davanti ad uno scoglio e fissa l’orizzonte. –Sai? Tua madre ti amava tantissimo. E non passava giorno che non rimpiangesse la sua decisione. – si volta per guardarmi e noto quell’immancabile vena di tristezza nei suoi occhi. Doveva averla amata veramente molto…
Ancora non apro bocca. Non so cosa dire. – Ogni volta che portavano nuovi ragazzi al Braccio Destro, sperava che ci fossi anche tu. – fa un’altra pausa. Forse spera che io chieda qualcosa, o dica qualcosa. Capendo che non aprirò bocca, decide di continuare – Però poi Mary temeva il vostro incontro. Temeva di leggere l’odio e il disgusto che provavi per lei nei tuoi occhi. – una fitta al cuore mi fa scendere una lacrima silenziosa lungo la guancia. Se le avessi parlato… Invece avevo rimandato e poi… e poi era successo di tutto e non avevo avuto modo di sedermi e dirle tutto quello che pensavo e avevo provato.
-Ti amava con tutto il suo cuore Madeleine. Avrebbe fatto di tutto per tenerti al sicuro. – conclude Vince, tornando poi a guardare il mare. Rimaniamo lì per svariati minuti, a contemplare la maestosità di quella distesa blu. – Grazie. – dico solo, prima di allontanarmi e raggiungere Newt che mi chiama dal molo.
 
Ritornai al presente, ricordando con il magone quelle parole e ciò che ne conseguivano.
Quando riemersi dal bagno, dopo una ventina comoda di minuti, andai nella stanza di Teresa, trovando un abitino color corallo, con la manica a trequarti e la gonna che cadeva morbida. Non mi sarei mai aspettata di poter indossare nuovamente un abito…
Indossai l’abito e decisi di curiosare un po’ in giro per provare a capire meglio Tess. In soggiorno c’era solo il divano ed un tappeto, nessun segno che ci abitasse realmente qualcuno. Come se la mora non si fosse trovata realmente a casa sua…
Anche il resto dell’appartamento era scarno di soprammobili o foto…
Mi sdraiai sul divano con l’intento di riposarmi solo un po’, per poi tornare alla sede di W.C.K.D. Avevo infatti pensato che, avendo il libero accesso alla struttura, ora che ero “passata dalla loro parte”, forse avrei potuto trovare un modo per salvare almeno Minho e gli altri tre ragazzini.
Purtroppo però non mi ero accorta di quanto fossi stanca e fui accolta nel mondo dei sogni.

 

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Quando riaprii gli occhi, il cielo si stava tingendo di sfumature che andavano dal viola al blu e dal rosso all’arancione. Mi alzai pigramente dal divano, grata per quel riposo che mi aveva ricaricata. Accarezzai distrattamente la mia pancia, leggermente più visibile di qualche mese prima (anche se, a quel tempo, non vi avevo dato importanza) e andai a recuperare le scarpe di tela bianche che mi erano state messe, al posto delle mie vecchie, quando ero stata portata all’interno delle mura dagli agenti della W.C.K.D.
Avevo dormito forse troppo, perdendo così minuti preziosi per il mio piano di salvataggio. D’altra parte però quel riposo mi aveva permesso di tornare in forza dopo i giorni difficili e pieni di notizie sconvolgenti.
Rapida infilai un cardigan nero sopra al vestito, le scarpe e uscii da quell’appartamento. Non prima di aver nascosto nel reggiseno la foto dell’ecografia, sarebbe stata vicino al mio cuore…
In strada mi trovai catapultata in un mondo che non credevo avrei mai più rivisto. Le persone camminavano freneticamente sui marciapiedi di pietra, incuranti di ciò che li stava circondando, abituati a quella frenesia. Cominciai a camminare cercando di rifare a ritroso il percorso che, dalla sede di W.C.K.D., mi aveva portata a casa di Tess. Continuai a guardarmi attorno, cercando di notare anche i più piccoli dettagli. Una donna camminava con una mascherina a coprirle naso e bocca, in mano una borsa piena di documenti, nell’altra un bambino che camminava con lo sguardo basso, anche lui con una mascherina. Dalla parte opposta della strada, un uomo di mezza età si era fermato per osservare un pannello luminoso, affisso sulla facciata di un edificio totalmente di vetro. Incuriosita, seguii lo sguardo dell’uomo, notando un grande orologio nel pannello. I secondi passavano e, quando scoccò il minuto, una scritta in giallo comparve nella parte inferiore dello schermo: “40 minuti al coprifuoco”.
Avevano un coprifuoco? Pensai notando la reazione delle molte persone che, a quella vista, avevano accelerato il passo. Alcuni saltarono su un autobus che passò proprio in quell’istante; altri presero il telefono per controllare qualcosa. Una donna che mi urtò involontariamente, stava parlando al telefono con una nota di preoccupazione – Dove sei? Non perderti per strada o non farai in tempo. Sai cosa fanno a chi infrange il coprifuoco… Ti voglio bene anch’io. – e ripose l’apparecchio nella borsa sospirando.
Dovevo sicuramente affrettarmi, o non sarei arrivata al quartier generale in tempo e non sarei riuscita nel mio intento.
Camminai velocemente, schivando i vari individui che mi circondavano. A vederli in quel modo, mi sembravano molto simili a coloro che vivevano fuori dalle mura…
Raggiunsi un incrocio e dovetti attendere lo scattare del verde. Con la coda dell’occhio notai una figura alta, snella e dai capelli neri ferma dalla parte opposta dell’incrocio. Teresa sembrava persa nei suoi pensieri. Poi però sembrò notare qualcosa proprio difronte a lei.
Provai a seguire il suo sguardo ma, la marea di persone ferme come noi, mi impedì la visuale.
Quando il semaforo divenne verde la vidi tentennare e poi, come sbloccata da qualcosa, schizzare in direzione di una stazione di treni poco più lontana; stava inseguendo di certo qualcuno.
Non ci pensai un attimo. Mi affrettai per attraversare la strada e seguire la mora. Per un attimo la persi di vista. La vidi entrare nella stazione ma poi non riuscii subito a comprendere che direzione avesse preso. Mi bloccai nel centro dell’edificio, provando a guardarmi attorno. Le persone stavano svanendo velocemente dalle strade, tutti troppo preoccupati a rincasare per potersi accorgere di me.
Dopo qualche secondo intravidi un movimento in una zona deserta della stazione. Mi avvicinai con cautela, sbirciando da dietro un muro. Per una frazione di secondo riuscii a vedere due figure trascinarne via un’altra, quest’ultima incappucciata. Dal cappotto beige capii essere Tess quella portata via di peso. Che fossero quelli di W.C.K.D.? Si erano forse accorti di qualcosa? O ancora peggio, sapevano della mia gravidanza?
Quelle domande mi bloccarono dal seguire subito il gruppetto. Poi però riuscii a sbloccarmi dalla mia paura e, con molta cautela, gli andai dietro.
Restando sempre ad una distanza di sicurezza e stando attenta a non rivelare la mia presenza, riuscii a perderli solo una volta. Il percorso che fecero sembrava quasi senza logica… Passammo per dei binari sotterranei, sperando in cuor mio che non passassero treni proprio in quel momento. Poi riapparimmo oltre le mura, almeno così credevo.
Continuai il mio inseguimento fino ad una cattedrale diroccata. I due rapitori di Teresa la spinsero con poca grazia oltre un portone massiccio. Qualcosa dentro di me continuava a dire che non erano della W.C.K.D. che senso avrebbe avuto portarla in quel luogo se avevano un quartier generale a cui fare affidamento? A meno che non necessitassero di un luogo isolato per porre fine alla vita della giovane…
Quel pensiero mi fece rabbrividire, se così fosse stato, come avrei potuto fermarli da sola e, per di più, con la costante paura per mio figlio? Quella condizione mi precludeva dal compiere molti gesti che, prima, avrei fatto senza pensarci.
Prendendo un respiro profondo trovai il coraggio per entrare. Pregai perché in quei pochi minuti che ero rimasta fuori, non fosse successo nulla alla mora.
Prestando la massima attenzione a dove mettevo i piedi, mi inoltrai nell’edificio semi buio. Controllavo ogni pertugio a cui mi avvicinavo, con la costante paura che sbucasse fuori qualcuno all’improvviso e mi aggredisse. Poi percepii delle voci provenire da quella che un tempo doveva essere la cappella.
-Fatemi quello che volete! – era la voce di Tess – Non riuscirete a superare la porta. I sensori vi riveleranno… - ma non poté finire perché qualcun altro la interruppe – Lo so. Siamo segnati. – quello sembrava essere Thomas.
Mi bloccai nell’oscurità cercando di decifrare ciò che avevo appena sentito. Thomas aveva rapito Teresa?! Cosa era successo nel tempo che ero stata via?
-Ci aiuterai anche in questo. – concluse l’ex velocista. In quel momento qualcosa mi passò sopra ad un piede, forse un topo, ma dallo spavento mi mossi andando ad urtare una maceria che, ovviamente, provocò un rumore sordo quando venne spostata.
Nella cappella calò il silenzio più assoluto. Con molta cautela sbucai con la testa dal mio nascondiglio provvisorio; notai subito la stanza illuminata da decine di candele. I miei amici erano sparsi in giro: Brenda era seduta ad un tavolino, Jorge a pochi passi da lei, Newt passava lo sguardo da Thomas al punto in cui ero nascosta mentre il moro non staccava lo sguardo da Teresa. In mano aveva un bisturi. Frypan aveva estratto la pistola e una settima figura che non riconobbi immediatamente si stava avvicinando con un coltello in mano.
Avanzai rapidamente di qualche passo, così che la luce delle candele mi rendesse visibile – Sono io! – esclamai alzando le mani in segno di difesa. –Lane! – Newt sembrò ringiovanire di dieci anni alla mia vista. Potevo immaginare solo quanto si fosse angosciato nel non sapere che mi fosse capitato. Quello col coltello abbassò rapidamente l’arma e un sorriso stupito mi comparve sul volto – Gally? – non mi sarei mai aspettata di ritrovarmelo lì. Lo abbracciai di slancio, constatando che non era morto come avevo creduto. Mi staccai rapidamente – Che bello vedere che non sei morto… - dissi guardandolo negli occhi. Lui si voltò verso Thomas – Non tutti la pensano così. Però grazie! – mi diede una pacca affettuosa sulla spalla.
Newt, che nel frattempo si era avvicinato, sembrava impaziente di riavermi fra le sue braccia ma, al contempo, notavo una sorta di preoccupazione mista a rabbia che gli velava lo sguardo. Senza indugiare ulteriormente mi lanciai dal biondo che, come speravo, mi avvolse calorosamente. –Ho temuto per il peggio… - sussurrò al mio orecchio.
Mi scostai quel tanto per poterlo guardare negli occhi – Non ti libererai così facilmente di me. Ricordi? Nemmeno il virus ce l’ha fatta! – lo dissi col sorriso, oramai anche quella era una cosa superata ed accantonata. Ma nel mio amato notai qualcosa di strano: irrigidì la mascella e sciolse il nostro abbraccio, interrompendo al contempo il contatto visivo.
Avrei voluto indagare maggiormente ma Thomas richiamò la mia attenzione con un leggero colpo di tosse – Sono felicissimo di vedere che stai bene Lane, ma Minho è ancora nelle grinfie della W.C.K.D. – il tono del moro non lasciava adito a dubbi: aveva già elaborato il suo piano d’attacco.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Dopo un paio d’ore eravamo pronti a scendere in campo. Teresa stava finendo di espiantare i cip di localizzazione che W.C.K.D. aveva impiantato alla base della nuca delle sue cavie da laboratorio. Io, essendo fino all’ultimo destinata al lavoro d’ufficio non ne avevo uno innestato; probabilmente, quando avevano deciso di mollarmi nel labirinto, non avevano avuto il tempo o la voglia di inserirmene uno. D'altronde mi avevano data per spacciata.
Newt aveva recuperato delle divise, così da mescolarsi con i soldati e ognuno sapeva quale sarebbe stata la sua parte. Quando mi avevano affiancata a Brenda per recuperare un mezzo su cui avremmo portato fuori dalle mura tutti i 28 ragazzi rinchiusi, non avevo minimamente protestato. La cosa risultò alquanto strana agli occhi di tutti, specialmente del mio amato, ma sembrava che a nessuno importasse la motivazione. “Meglio così” mi dissi mentre lanciavo un’occhiata a Teresa. Speravo vivamente che fino alla fine avrebbe mantenuto il segreto, altrimenti sarebbe stato tutto più complicato e Newt si sarebbe preoccupato incessantemente per la mia condizione.
C’era questa costante sensazione allo stomaco che mi faceva lanciare occhiate al mio ragazzo quando sapevo che non mi stava guardando. Qualcosa in lui non andava…
Avevo notato, mentre si infilava la giacca della divisa, che faticava a piegare il braccio destro. Così mi avvicinai a lui – Va tutto bene? – domandai a bassa voce, in modo che gli altri non sentissero. Lui non mi guardò negli occhi, segno che mi nascondeva effettivamente qualcosa – Certo. – rispose continuando a pulire la sua pistola. Gli posai una mano sulla sua – Newt… cos’è che non mi stai dicendo? – la voce era dolce, mascheravo la paura al meglio che potevo.
Il biondo posò l’arma e mi rivolse uno dei suoi sguardi carichi di amore e che mi trasmettevano sempre un’immensa pace – Tesoro, te l’ho detto. Non ho nulla. Spero solo che troviamo Minho il prima possibile, così che questa storia possa finire. – sorrise e mi strinse in un abbraccio.
Forse stavo sbagliando, forse avrei dovuto dirgli del bambino, del nostro bambino… ma qualcosa mi bloccò. Magari la paura di un suo rifiuto, o magari l’angoscia che non si sarebbe concentrato e si sarebbe fatto ammazzare…
-Siete tutti pronti? – Thomas sembrava impaziente. Terminò di sistemarsi la divisa da soldato e, assieme a Gally e Teresa, si apprestò ad uscire. Newt, prima di seguirli, mi diede un bacio rapido sulle labbra – Ce la faremo. – disse mentre si staccava e si allontanava da me.
Rimasi a guardare Brenda e Frypan. – Andiamo? – li incitai mentre afferravo una pistola carica e la infilavo nella cintura che avevo aggiunto all’abito di Tess. Non era di certo l’abbigliamento giusto per una battaglia, ma non avevamo trovato nulla di meglio.
In poco tempo ripercorremmo la strada che mi aveva portata alla cattedrale diroccata. Appena dentro alle mura noi ragazze ci separammo da Frypan: a lui spettava un altro compito.
Con non poca difficoltà, riuscii a ricondurci alla torre della W.C.K.D., stando sempre attente a non farci vedere. Raggiungemmo il parcheggio sotterraneo che Teresa ci aveva indicato su una mappa, lì avremmo rubato un mezzo per portarci tutti fuori da quella città.
Ci ritrovammo davanti diversi autobus parcheggiati in perfetto ordine. Il problema era la sorveglianza stretta. Feci segno a Brenda di girare da una parte del muro dietro il quale ci eravamo appena nascoste – Io attiro la guardia dalla parte opposta. – sussurrai alla brunetta. Lei fece un cenno di assenso e, quatta quatta, seguì la mia idea.
Io raccolsi una spranga che giaceva vicino a me e la impugnai pronta per colpire il soldato che stava passando in quel momento. Prima ci fu il rumore sordo della sbarra sul suo cranio poi il tonfo del corpo che cadeva al suolo. Rapidamente gli tolsi i pantaloni della divisa, la giacca e gli sfilai l’arma dal collo.
Una volta infilatami gli indumenti dell’uomo, stretto la cintura con la mia pistola per evitare di perdete i pantaloni e controllato quante cariche elettriche erano presenti nel fucile, mi avvicinai al veicolo che Brenda aveva messo in funzione. – Sai? La divisa non ti dona! – mi disse sorridendo, mentre mi faceva segno di salire sull’autobus che, a giudicare dalla scritta luminosa sul parabrezza, doveva portare alla zona rossa della città. Chi sa che diamine volesse dire…
Rimanemmo ad osservarci attorno sempre sull’attenti per un bel po’. Notai che Brenda continuava a lanciarmi strane occhiate, lasciai correre fino a quando non diventarono insistenti. – Che c’è? – domandai leggermente scocciata alla brunetta che sedeva al posto dell’autista. Lei scosse le spalle – Nulla. Mi chiedevo solo per quale motivo tu abbia accettato così di buon grado di venire con me. Conoscendoti, avresti dovuto fare una mezza lotta con Newt per poter seguire il resto dei ragazzi… - senza spostare lo sguardo dalla rampa di fronte a me, cercai di trovare una scusa plausibile.
Dopo alcuni attimi di silenzio la guardai in faccia – Mentre ero nelle loro mani ho scoperto una cosa. – tentennai perché ancora non ero certa di voler rivelare quel “dettaglio” – Brenda, promettimi di mantenere il segreto a tutti i costi. – lei rimase sorpresa dal mio tono ma sorrise come suo solito e fece un cenno col capo – Te lo prometto. Qualunque cosa sia, ti aiuterò! –
Presi un respiro profondo e mi preparai per dirle la verità. Un rumore ci fece scattare sull’attenti e notammo un gruppo di ragazzi correre verso la nostra posizione. “Brenda dove sei? Noi siamo qui!” era Gally che ci chiamava alla radio. Senza perdere tempo la ragazza ingranò la marci e ci rendemmo visibili dal gruppo.
-Forza salite! – esclamò la mia amica mentre io scendevo per far cenno ai ragazzini di sbrigarsi. – Salite tutti e restate seduti. – ordinò il biondo.
-Lane! – la voce spaventata di Maggie mi giunse dal fondo del gruppo. Mi corse in contro e mi buttò le braccia attorno alla vita. – Ehi, sta’ tranquilla. Usciremo tutti da qui. – dissi guardando anche gli altri ragazzi. Theo si sporse dal gruppo – Hai mantenuto la promessa. – sembrava ancora diffidente nei miei confronti ma chi poteva biasimarlo? Gli strinsi una mano sulla spalla – Non vi avrei mai lasciati lì. –
Brenda, che continuava a spingere delicatamente i ragazzi sull’autobus lanciò un’occhiata preoccupata a Gally – Dov’è Thomas? –. In quel momento mi accorsi che né lui né Newt erano nel gruppo. Temetti per il peggio.
-Speravo che fosse con voi. – rispose il biondo guardandomi con gli occhi sbarrati. –Aspettateci qui. Io… io lo troverò. – continuò mentre si allontanava di qualche passo. Scostai Maggie forse con un po’ troppa impazienza – Aspetta! Vengo anch’io! – recuperai il fucile dal sedile su cui l’avevo lasciato e feci un cenno di incoraggiamento a Brenda. – Tu aspettaci, okay? – urlò Gally mentre correvamo fuori dal parcheggio sotterraneo.
-Perché vi siete separati? – chiesi lasciandomi trasportare dalla paura. Il mio corpo non stava reagendo bene a quello stato; iniziavo a sentire le forze diminuire drasticamente: tutta quella situazione non giovava di certo al mio bambino. –Minho non era con gli altri. Sono andati a cercarlo. – Gally, che era poco più avanti di me, mi bloccò prima che sbucassimo dalla rampa di accesso al parcheggio. In strada gli uomini di W.C.K.D. avevano creato un posto di blocco. – Facciamo molta attenzione. – sussurrò il biondo mentre mi faceva segno di seguirlo.
Attaccandoci al muro perimetrale, dovemmo fare il giro più lungo per raggiungere il palazzo centrale sede di W.C.K.D. Dopo poco fui costretta a fermarmi per riprendere fiato. Mi appoggiai ad un muro poco lontano, sperando di riacquistare in tempi record le energie. Gally si accorse della mia assenza dietro di lui così tornò sui suoi passi e mi raggiunse – Tutto bene? – alzai lo sguardo su di lui – Sì certo. Solo un calo… - mi rimisi dritta con la schiena e feci un passo – Andiamo! Gli altri non possono aspettarci! – Newt non poteva rischiare di farsi ammazzare… dovevo farlo per lui, per nostro figlio. Non potevo lasciarmi sopraffare dalla stanchezza e dallo stress che, in quel momento, stava stringendo sia il mio stomaco che il mio cuore.
“Sto arrivando amore.” pensai mentre guardavo oltre la spalla di Gally per valutare quanta strada ci mancasse.

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


-Lane. – Gally mi fermò prendendomi per un polso – Vai al punto di ritrovo. Non stai bene, non saresti d’aiuto a nessuno in queste condizioni. – la voce dispiaciuta ma allo stesso tempo ferma e autoritaria. – Ma… - provai a replicare guardandolo negli occhi – Ascoltami. Ti prometto che ti riporterò Newt! Ma tu ora va’ fuori dalle mura, al punto di raccolta con Brenda e Frypan. Stai fuori da questo casino! Ti prego… -
Abbassai il capo sconfitta. Non dovevo dimenticarmi di aspettare un bambino. Se mi fosse successo qualcosa? Se fosse successo qualcosa al mio piccolo?
Mi portai le mani sul ventre – Va bene. Ma giurami che farai di tutto per proteggere Newt! – Gally mi strinse la mano in segno di conforto – Devi amarlo veramente molto. – un sorriso mi comparve sul viso - è così. -. Ci separammo ed io mi diressi verso le mura della città.
Le strade, per mia fortuna, erano quasi totalmente sgombre. Forse le forze di W.C.K.D. si concentravano al quartier generale dove, oramai, avevano sicuramente individuato gli intrusi. Usai a mio favore le ombre che si creavano tra i palazzi, per restare nascosta ai soldati. Dovetti fermarmi un paio di volte per riprendere fiato e per cercare di riportare ad un ritmo stabile il mio cuore che martellava incessantemente nel petto.
Dopo un tempo indefinibile, raggiunsi il punto d’incontro. Avevo usato il passaggio indicatomi da Thomas su una mappa prima che dessimo via al piano di salvataggio.
Mi lasciai scivolare al suolo e appoggiai la schiena alle mura, mi concentrai profondamente per trovare la calma e scacciare un po’ di quell’ansia che mi stringeva il cuore.
Dall’altra parte del muro c’era una gru su cui si era arrampicato Frypan quando ci eravamo separate da lui.
Alzai lo sguardo al cielo, attendendo di veder spuntare l’autobus su cui avevamo fatto salire tutti quei ragazzini. Ed infatti, dopo solo pochi attimi, sentii la gru che veniva messa in azione. Almeno quella parte del piano sembrava andare per il verso giusto.
Mi ghiacciai sul posto quando vidi l’autobus penzolare nel vuoto attaccato solo al muso del veicolo con il cavo della gru.
L’urlo generale che si propagò nell’aria quando, probabilmente Frypan, fece scendere di velocità il mezzo di una decina di metri, fece schizzare il mio cuore in gola. Temetti per il peggio.
Tutto si bloccò quando l’autobus si fermò a pochi metri dal suolo. Sembrava che, anche solo un respiro troppo profondo, avrebbe causato lo staccamento del cavo. E così fu. Il mezzo atterrò di botto sul terreno con un altro coro di urla. Io indietreggiai il più possibile per non rischiare di essere schiacciata e mi nascosi dietro ad una rientranza delle mura.
Quando ebbi il coraggio di uscire e controllare come stessero le cose, ritrovai l’autobus sulle quattro ruota, come se nulla fosse successo, e Brenda ed i ragazzi fuori dall’abitacolo che si guardavano attorno.
-Brenda! – quasi la stritolai quando la raggiunsi. Lei ricambiò l’abbraccio – Avete trovato gli altri? – c’era speranza nella sua voce. Dovetti però spegnere il suo sorriso – Gally è andato avanti da solo. Io non riuscivo a stargli dietro… - mi vergognai di me stessa in quel momento. La brunetta mi strinse nuovamente in un abbraccio – Non oso nemmeno immaginare cosa ti abbiano fatto… -
In breve tempo ci raggiunse Frypan, appena sceso dal suo nuovo “mezzo preferito”, per citare le sue parole.
Lui e Brenda ci fecero strada verso il rifugio di coloro che li avevano accolti quando ci eravamo separati giorni prima. Accanto a me ebbi Maggie e Josh per tutto il tempo. Non parlarono, non dissero nulla, l’unica cosa che fecero fu guardarmi negli occhi e sorridermi. Speravo che avremmo potuto uscire da lì sani e salvi per dirigerci verso il fantomatico “paradiso”. Ma in quel momento sembrava tutto molto, troppo, lontano…
Feci un enorme sforzo per seguire il gruppo senza star male. Il fiato era corto e il cuore martellava a più non posso; però non demorsi e, finalmente, raggiungemmo l’edificio in cui saremmo stati al sicuro.
-Lawrence! – Brenda urlò quel nome non appena mettemmo piede all’interno della costruzione. Dalle poche informazioni che avevo ricevuto, questo Lawrence era il capo degli Spaccati che viveva fuori dalle mura.
Ci guardammo attorno ma io non vidi altro che oscurità e oggetti lasciati sparpagliati per tutto il pavimento. – Dove sono gli altri? – Frypan guardò la brunetta senza capire. Sembrava quasi che il resto degli abitanti di quel posto fosse svanito nel nulla.
I miei amici cercarono qualcuno che, a quanto sembrava, non c’era più mentre io rimanevo con i ragazzi, molti dei quali erano spaventati e stanchi. –Vedrete che andrà tutto bene. – dissi più a me stessa che a loro.
Maggie si avvicinò maggiormente – Stai bene? – domandò; doveva aver notato la mia stanchezza. – Sta’ tranquilla. – le dissi solo. Poi mi avvicinai a Brenda – Non c’è più nessuno… - constatò la giovane guardandomi sconfortata.
-Che si fa ora? – domandò un ragazzino, uscendo dal resto del gruppo. Seguirono alcuni attimi di silenzio in cui io, Frypan e Brenda ci scambiammo occhiate eloquenti. – Aspettiamo. – dissi risoluta.
Ci sistemammo alla bell’ e meglio usando qualunque tipo di oggetto che trovammo. Molti ragazzi si sistemarono su una coperta cercando di non lasciarsi prendere dallo sconforto. Josh e Theo, soprattutto Theo, andarono a sedersi il più vicino possibile a noi tre. Immaginai volessero captare ogni nostra parola… A Theo, inoltre, era stata affidata una sacca contenente le fiale di siero che Gally aveva sottratto alla W.C.K.D.; era un compito che stava prendendo molto seriamente: ogni trenta secondi controllava che tutto fosse a posto e che nessuna fiala si fosse rotta.
Brenda mi fece segno di allontanarci dal resto dei presenti e andammo a sistemarci in un cunicolo poco lontano. Temevo già di sapere cosa volesse.
Quando ci fummo appartate la brunetta mi guardò con serietà – Abbiamo una conversazione in sospeso noi due. – disse sporgendo poi con la testa per controllare che nessuno ci avesse seguite. – Non è così imp… - ma non riuscii a terminare la frase – Lane. – il suo sguardo diceva tutto. Aveva capito che quello che dovevo dirle non era una cosa sciocca.
-Va bene… ma giurami che non lo dirai a nessuno. Nemmeno se lo ritenessi fondamentale. Giuramelo! - l'altra mi appoggiò le mani sulle spalle – Lo giuro. –
Feci un respiro profondo, la paura per Newt ancora mi rendeva il respiro pesante ed irregolare. Con due dita andai a recuperare la foto dal reggiseno. Con cura la spiegai e la mostrai a Brenda senza dire nulla.
Inizialmente lessi confusione sul suo viso – Che vuol…? – cominciò, poi però sembrò realizzare cosa fosse. Si portò entrambe le mani sulla bocca – Non ci credo… - sussurrò prendendomi l’ecografia dalle mani e portandola meglio alla luce.
-Lane non dirmi che… - mi guardò quasi sperando di aver capito male. – Sì. – espirai rumorosamente – Sono incinta. –
Calò il silenzio che durò per diversi minuti; minuti nei quali Brenda osservava prima l’ecografia, poi la mia pancia ed infine il mio volto.
Lei era la prima a cui lo dicevo e la sua reazione non era quella che avevo sperato… Certo, una gravidanza in quel momento sembrava la cosa più sbagliata e pericolosa. Ma dall’altra parte dava speranza, dava a me speranza! Speranza in un futuro, speranza che tutto quello che avevo passato potesse portarmi a qualcosa di felice, speranza che finalmente tutto sarebbe finito e che avrei potuto avere una vita normale.
C’era ancora un ultimo ostacolo da superare: raggiungere il “Porto Sicuro” tutti insieme. Io, Newt, Thomas, Brenda, Frypan, Gally, Teresa e Minho. Dovevamo riuscirci a tutti i costi!

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Rimanemmo in attesa per un tempo che mi sembrò infinito. Senza accorgermene, continuavo ad accarezzarmi distrattamente la pancia mentre con l’altra mano tenevo stretta la conchiglia che mi aveva regalato Newt. Il pegno del suo amore. Pregavo che non gli fosse successo nulla, che avessero trovato Minho e che stessero arrivando tutti e quattro sani e salvi.
Fissavo il fuoco che Frypan aveva acceso in un bidone di metallo, mentre Brenda giocava a carte accanto a me. “Rispondete!” la radio che avevamo lasciato appoggiata lì accanto trasmise la voce graffiata di Thomas “Brenda. Brenda ci sei?” come sentì pronunciare il suo nome, la ragazza scattò in piedi e si allontanò con la radio fra le mani – Thomas sono qui! – esclamò appoggiandosi ad un muro.
“Non ce la facciamo.” Quella frase mi gelò il sangue nelle vene. La brunetta mi rivolse uno sguardo preoccupato – Che dici? Perché? –. Non fui in grado di sentire la frase che seguii, però riuscii a captare un “No!” deciso di Brenda. Aveva voltato le spalle a tutti noi, probabilmente per non permetterci di capire cosa stesse succedendo.
Il cuore mi martellava nel petto ed avevo l’orribile sensazione che tutto stesse precipitando in un baratro. Il piano non doveva aver funzionato. Speravo solo che il mio amato stesse bene…
Si sentì il rumore dei rotori di una Berga in avvicinamento. Lanciai un’occhiata speranzosa a Frypan che, come me, aveva percepito quel suono. Ci avvicinammo alla brunetta per uscire a controllare.
Mai fummo più felici di vedere una Berga sorvolare l’edificio in cui eravamo nascosti.
Ci sbracciammo tutti e tre per far segno al pilota di far atterrare il velivolo. –Thomas non preoccuparti! Vengo io da te! – urlò Brenda nella radio per sovrastare il rumore delle eliche.
Forse non tutto era perduto. L’arrivo dei soccorsi mi aveva dato una nuova speranza.
-Aspettaci vicino ai tunnel. – disse ancora la bruna prima di interrompere la comunicazione con l’ex velocista.
La Berga atterrò nel cortile semi distrutto del casolare. Incitammo i ragazzi a correre il più in fretta possibile – Andiamo su! Correte! – esclamai mentre spingevo delicatamente Maggie.
Nel frattempo il portellone si stava aprendo e, dalla rampa, fece la sua comparsa Vince.
-Vince? – Frypan sembrava sorpreso quanto me. – Anch’io sono felice di vedervi! – esclamò l’uomo sorridendo.
Jorge spuntò accanto all’altro uomo – Sì lo so. L’ho raccolto per strada! Andiamo via da qui, okay? – fece segno di salire ma Brenda lo interruppe – Non possiamo andarcene. Thomas è ancora lì dentro… - io mi agganciai alle sue parole – E Newt! –
-Andiamo a prenderli allora! – esclamò Vince stringendomi una spalla con la sua mano.
In breve tempo facemmo salire tutti i giovani sulla Berga, facendoli sedere sui vari seggiolini posti ai lati del velivolo.
Decollammo nel giro di pochi minuti, Jorge ormai ci aveva preso la mano a comandare quei cosi.
Appena superammo le mura ci ritrovammo davanti ad uno spettacolo orribile. Incendi erano scoppiati in diversi punti della città; uomini e donne si riversavano per le strade e combattevano in ogni modo contro i soldati di W.C.K.D. Sembrava a tutti gli effetti una guerra. Il fumo che saliva al cielo, rendeva quasi impossibile la visuale.
-Fa’ che non gli sia successo nulla. – sussurrai incapace di distogliere lo sguardo da quello scenario.
Atterrammo nella piazza accanto ai tunnel a cui Brenda aveva dato appuntamento a Thomas. Il portellone si aprì e uscimmo per controllare la situazione. In quel momento un’esplosione a pochi metri da noi ci costrinse ad indietreggiare di alcuni passi.
-State indietro ragazzi! – li ammonì Frypan. Brenda mi si mise davanti per proteggermi. Fu una cosa istintiva, glielo lessi negli occhi non appena si girò per controllare se stavo bene. – Grazie. – sussurrai per non farmi sentire da nessun altro.
Jorge scosse la testa – Non possiamo stare qui Brenda. – ma la mia amica non voleva arrendersi, così come me- Non preoccuparti, arriveranno! – disse continuando a fissare il punto da cui sarebbero dovuti spuntare gli altri.
Furono attimi infiniti, minuti in cui non facevo altro che rivedere il volto di Newt il giorno in cui mi aveva regalato la conchiglia. E continuavo a domandarmi “Se non dovesse farcela? Cosa farei in quel caso?” era una costante domanda che mi stava assillando. Strinsi la mano di Brenda per cercare un po’ di conforto. Anche lei non ce la faceva più a stare lì ad attendere – Vedrai che ce la faranno. – mi disse ricambiando la stretta.
“Thomas” la voce amplificata di Teresa invase tutte le strade e ci fece immobilizzare. “Mi senti?” io e Brenda ci lanciammo uno sguardo interrogativo. Sul palazzo di fronte a dove eravamo atterrati era comparsa una scritta: Trasmissione di emergenza in corso.
Jorge si affiancò a noi.
“Ho bisogno che mi ascolti. So che non hai motivo di fidarti di me, ma ho bisogno che torni indietro. Thomas, tu puoi salvare Newt!” a quelle parole sentii il cuore perdere un colpo. – Che vuol dire? – sussurrai portandomi una mano sul ventre. “Può ancora farcela.” Stava continuando Teresa mentre la mia mente cercava di elaborare le sue parole.
“C’è una ragione se Brenda non è più malata. È il tuo sangue! Lo capisci? Lei non è più malata, perché tu l’hai guarita.” La ragazza in questione guardò attonita Jorge. “Ma non dev’essere l’unica! Basta che torni qui e finalmente tutto questo finirà. Per favore, torna qui da me. So che lo farai!” Teresa concluse e la trasmissione si interruppe.
Io però ormai stavo pensando solo alle parole che riguardavano Newt. – Perché ha detto che può salvarlo? Cos’è successo che io non so? – lo dissi quasi con rabbia mentre afferravo Frypan per la manica della giacca – Lane! – provò a dirmi qualcosa ma non lo ascoltai, mi misi a correre fuori dalla Berga
-Brenda! – Minho apparve dalla scalinata poco lontana da lì, dietro di lui c’era Gally. Non mi fermai per chiedere loro spiegazioni, continuai la mia corsa percorrendo la strada da cui erano appena arrivati loro due.
-Lane! – la voce preoccupata di Gally mi raggiunse appena, mentre saltavo gli ultimi tre gradini della scalinata e continuavo senza dar conto del fiato corto o del cuore che rimbombava.
Evitai per un soffio l’ennesima esplosione e dovetti nascondermi dietro un’auto abbandonata per evitare che qualche proiettile mi colpisse.
Superai un paio di postazioni create dai ribelli per proteggersi e, incurante di tutto ciò che mi circondava, continuai la mia corsa.
Sul mio percorso mi imbattei nella stazione in cui era stata rapita Teresa solo poche ore prima; era deserta, probabilmente era lì che si erano rifugiati Thomase e Newt.
Fui urtata da una donna che cadde al suolo ma non ci badai quasi. Dietro di me sentii la voce di Brenda che mi chiamava.
Entrai nell’edificio e raggiunsi il cortile interno. Mi ghiacciai sul posto quando mi ritrovai davanti agli occhi l’unica immagine che mai avrei voluto vedere.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


-Newt… - sussurrai incapace di muovermi. Il mio amato era a terra, immobile, con un coltello piantato in pieno petto, gli occhi chiusi e il viso ricoperto di vene blu. Era stato infettato dal virus.
Thomas era chino sul suo amico e lo guardava con gli occhi spenti. Quando si accorse della mia presenza alzò di poco lo sguardo. Vi lessi solo disperazione.
-No! – esclamai mentre, a passo malfermo, mi avvicinavo al corpo di Newt. Thomas si fece di poco da parte, incapace di dire qualunque cosa.
Non volevo crederci, non potevo crederci! Eravamo ad un passo dalla libertà, dalla vita che sognavamo, ed ora?
Mi lasciai cadere sconfitta accanto al mio amato. Lo guardai sperando che riaprisse gli occhi. – Newt ti prego… - sussurrai accarezzandogli il viso stravolto.
Dietro di me percepii che erano arrivati gli altri. Con la coda dell’occhio vidi Brenda immobilizzarsi. In mano teneva qualcosa: il siero.
Con la mente offuscata dal dolore mi alzai di scatto e le andai incontro –Dammi il siero! – le ordinai afferrandole la mano. Lei non oppose resistenza, anche se era conscia del fatto che non sarebbe servito più a nulla. Stappai l’ago e mi riavvicinai a Newt.
Nel frattempo Thomas era sparito. Ma non mi importava nulla di lui! Lui aveva ucciso il mio amore.
Iniettai il siero nel braccio del biondo e rimasi a fissarlo per attimi interminabili. – Ti prego. Ti prego torna da me! – lo scossi leggermente sperando di vederlo sorridermi nuovamente – Torna da noi! – questa volta quasi urlai.
Ormai nulla aveva più senso. Mi portai una mano sul ventre per cercare di ritrovare la calma ma l’unica cosa che sentii fu un grande buco, una voragine, che si stava aprendo nel mio petto. Grosse lacrime cominciarono a scorrermi irrefrenabili lungo il viso – Perché? Perché?! Ce l’avevamo quasi fatta! Ce l’avevamo… - due braccia mi strinsero cercando di darmi un po’ di conforto.
Minho mi teneva stretta mentre guardava incredulo il suo migliore amico giacere al suolo esanime.
Gally si accasciò accanto a noi e Frypan lo vidi sedersi senza capire cosa fare.
-Perché non me l’ha detto? – domandai sbiascicando le parole per via del pianto. Minho mi scostò di poco e mi spostò una ciocca di capelli che si era appiccicata alla mia guancia – Forse non voleva farti preoccupare… - aveva la voce rotta, come se stesse trattenendo le lacrime.
Un’altra esplosione fece tremare la terra.
-Dobbiamo andare. – disse senza enfasi Gally, rimettendosi in piedi. Io non ero più in grado di pensare o ragionare. Rimasi lì dov’ero, immobile, a fissare senza sosta il viso di Newt.
-Lane, andiamo… - il biondo mi prese delicatamente per un braccio e mi costrinse ad alzarmi, nemmeno provai a fare resistenza. Minho si alzò con me e continuò a tenermi stretta fra le sue braccia.
-Non possiamo lasciarlo qui. – dissi con voce tremante. I tre ragazzi si scambiarono svariate occhiate. Poi Frypan e Gally si preoccuparono di sollevare il corpo del padre di mio figlio e fecero cenno di andare.
Ormai nulla aveva senso. Abbandonai le braccia dell’ex capo dei Velocisti e mi incamminai da sola, volevo che il terreno si aprisse e mi inghiottisse… strinsi forte fra le mani la conchiglia che tenevo legata al collo ed un’altra ondata di lacrime mi colse in pieno.
Un gruppo di ribelli passò accanto alla stazione proprio mentre stavamo uscendo. Gli uomini di W.C.K.D. lanciarono diverse granate, una delle quali cadde a pochi passi da me.
Ebbi solo pochi istanti per reagire, ma il mio cervello annebbiato impiegò troppo tempo.
La granata esplose, scaraventandomi al suolo.
Prima di perdere i sensi sentii un coro di voci gridare il mio nome. Ero così sopraffatta dal dolore che mi sembrò di percepire la voce cristallina di Newt.
 
-Dal momento in cui ti ho vista ho pensato di amarti! – Newt mi bacia intensamente, poi si stacca di qualche centimetro – Ti amo Lane! Non potrei stare senza di te! – mi bacia nuovamente ed io ricambio attaccandomi al suo corpo. Le nostre lingue si rincorrono e una scarica mi percorre tutto il corpo. Sento le sue mani scendere verso l’orlo della mia maglietta sgualcita ed infilarvici sotto. Comincia ad accarezzarmi la pelle e salire verso il reggiseno.
 
Un ragazzino biondo si scaglia contro l’uomo che mi sta conducendo ai laboratori. Cadiamo al suolo ed io rimango immobile dallo spavento. Il ragazzino mi strattona delicatamente per un braccio –Riprendi il controllo! – urla mentre mi costringe a correre nella direzione opposta a dove stavamo andando.
 
Siamo nella mensa dei laboratori di W.C.K.D., guardo disgustata il piatto che mi è stato dato poco prima dall’inserviente. Newt, accanto a me, mi stinge la mano – Vedrai che andrà tutto bene. – un sorriso rassicurante gli spunta sulle labbra. Io sbuffo – Come può andare bene?! Ho sabotato in ogni modo i piani di quei pazzi! Il minimo è spedirmi in un labirinto… - sposto con la forchetta delle carote cotte al vapore. – Vedrai che andrà bene. – ripete il biondino ricominciando a mangiare.
 
Newt tira fuori da una tasca del suo giubbotto un cordoncino a cui è legata una piccola conchiglia che sfuma dal rosa al corallo – L’ho trovata sulla spiaggia qualche giorno fa. Non è molto, ma prendila come segno del mio amore. Come una promessa per la vita. La speranza che tutto questo finirà e noi due potremo avere una vita felice. – dice continuando a guardare la conchiglia
 
La scatola in cui mi trovo arresta la sua ascesa. Il cuore mi martella nel petto. Sento dei rumori provenire da sopra la scatola, come dei passi, poi delle voci. Si apre una botola e vedo una decina di ragazzi che guardavano me. Uno si fa avanti, apre la grata ed entra. È un ragazzo alto, magro, con gli occhi scuri e i capelli biondo scuro. Mi studia per alcuni secondi poi mi sorride e mi porge la mano –Vieni, ti porto fuori da qui! –
 
Apro gli occhi, il sole entra tenue dalla finestra della stanzetta che ci hanno lasciato gli altri del gruppo. Muovo la mano nella parte del letto occupata da Newt ma, stranamente, la trovo vuota. Mi metto a sedere temendo sia successo qualcosa, magari W.C.K.D. ci ha trovati…
-Newt! – esclamo scendendo dal letto ed afferrando la mia maglia dal pavimento. La infilo mentre agguanto anche i pantaloni. Metto la mano sulla maniglia della porta ma questa si apre prima che io abbia fatto qualunque cosa.
Con un balzo indietreggio. – Tesoro… - Newt mi guarda perplesso dall’entrata. Mi porto una mano al petto ed inspiro profondamente per ristabilizzare i battiti del mio cuore – Mi hai fatto prendere un colpo! – dico mentre lui si avvicina con un sorrisino sornione – Ti sei preoccupata per me… - comincia a ridere, una delle sue risate più belle, di quelle che partono dal cuore e sono in grado di mettermi il buon umore anche quando siamo in piena guerra.
Gli tiro un pugno sulla spalla – Non farlo mai più! Non potrei vivere senza di te… lo sai che sei tutto per me, vero? – l’atmosfera è tornata seria. Lui mi stinge in un abbraccio pieno di sentimento – Certo che lo so. E tu sei tutto per me. Ti amo infinitamente Lane! – quelle parole sono suggellate da un bacio profondo, intenso, che contiene tutto il sentimento che non siamo in grado di manifestare a parole. – Ti amerò per sempre… - sussurro al suo orecchio.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Quando riaprii gli occhi, mi aspettai di voltarmi e trovare Newt che mi sorrideva come suo solito. Poi, come un fiume, ricordai ciò che era accaduto e non fui in grado di trattenere le lacrime. Era tutto perduto…
Mi misi a sedere sul letto su cui avevo dormito, per quanto?
Ero in una sorta di casa fatta di rami e legname vario, più che una casa sembrava una capanna; simile a quelle costruite dai Radurai nel Labirinto. Per un secondo temetti di esserci tornata poi però mi cadde l’occhio su un bigliettino appoggiato accanto al letto.
 
Il tuo bambino sta bene. Tranquilla, l’ho detto solo ad una dottoressa del Braccio Destro. Quando esci da qui ti dico tutto.
Brenda
 
Fui sollevata di sapere che non era successo nulla al mio piccolo. Mi misi in piedi e decisi di uscire. Per quanto volessi stare lontana da tutti coloro che mi ricordavano Newt, non potevo vivere per sempre isolata, aspettavo un bambino e dovevo dargli tutto l’amore di cui necessitava. Anche quello del padre…
A quel pensiero, una lacrima mi rigò il volto ma mi affrettai ad asciugarla. “Basta piangere!” mi imposi.
Feci un respiro profondo e scostai la tenda che fungeva da porta.
Mi ritrovai catapultata su una spiaggia, il mare limpido, potevo vedere una nave ancorata a poca distanza da lì. Dovevamo trovarci su un’isola, dovevamo aver raggiunto il “Porto Sicuro”. Almeno eravamo salvi.
Mentre passeggiavo mi imbattei in gruppetti di ragazzi che coltivavano degli orti, altri si stavano adoperando a costruire delle case. Sembrava che tutti avessero trovato qualcosa da fare.
Con la coda dell’occhio notai un gruppetto a me molto famigliare. Mi fermai ed osservai i volti di Minho, Gally, Brenda e Frypan. Feci qualche passo verso di loro ma mi bloccai dopo poco. Non ero ancora pronta a tornare nel gruppo. Li guardai dispiaciuta però loro spostarono lo sguardo verso qualcosa dietro di me e un sorriso sincero si dipinse sulle labbra di tutti.
Non capendo mi voltai per cercare di vedere ciò che guardavano loro e mi pietrificai.
-Non è possibile… - sussurrai rimanendo immobile a fissare Newt che era in piedi a pochi metri da me.
-Ciao tesoro. – disse lui facendo un passo nella mia direzione. Mi portai una mano alla bocca – Non ci credo! – corsi fra le sue braccia e lo strinsi per cercare di capire se fosse reale o solo una mia immaginazione.
Lui però soffocò un lamento di dolore. Subito mi staccai e lo guardai perplessa. – Attenta alla ferita. – si massaggiò il centro del petto, dove era stato conficcato il coltello.
-Io non capisco… ti ho visto morire… - le lacrime scendevano senza sosta. Il biondo ne asciugò un paio mentre sorrideva calorosamente – A quanto pare il coltello si è fermato sullo sterno e, grazie a qualcuno che mi ha iniettato il siero, sono tornato lucido il tempo sufficiente perché mi facessero una trasfusione del sangue di Thomas. Ora sono completamente guarito! –
Lo guardai incredula. – Ti amo! – fu l’unica cosa che riuscii a dire in quel momento. – Lo so. Anch’io! – si chinò sulle mie labbra e suggellò quelle parole con un bacio che sapeva di molte cose, tutte bellissime.
Quando ci staccammo mi passò un braccio dietro alle spalle e mi condusse dagli altri.
-È bello vedervi di nuovo assieme ragazzi! – Frypan abbracciò prima me poi Newt, stando attento alla sua ferita. Mi avvicinai a Brenda – Grazie di tutto! – ci stringemmo come due sorelle.
Minho si soffermò maggiormente mentre mi stringeva – Grazie per avermelo riportato. – gli sussurrai ad un orecchio – Sei tu che lo hai riportato da noi! – sussurrò a sua volta l’ex capo Velocista. Sorrisi a quell’affermazione e mi scostai per andare a salutare Gally.
Ci sedemmo sulla spiaggia a guardare l’orizzonte. – Cos’è successo dopo che sono svenuta? – domandai stringendo la mano di Newt.
-Siamo andati a recuperare Thomas. – cominciò Gally, la voce era tornata spenta. Temetti per il peggio – Non ditemi che è morto! – gli occhi mi si velarono ma Brenda si affrettò a continuare il racconto – Lui no. Però Teresa… si è sacrificata per salvarlo. Thomas è stato ferito e lei lo ha salvato – sbarrai gli occhi.
Fino a pochi giorni prima non mi avrebbe minimamente turbata quell’informazione ma dopo quello che aveva fatto per me…
Una lacrima sfuggì al mio controllo. Mi affrettai ad asciugarla – Capisco. – dissi mentre mi alzavo e mi allontanavo. Non avevo perso l’amore della mia vita, ma avevo perso una persona cara. Per quanto fosse stata una traditrice, nel momento giusto aveva capito da che parte stare… Mi aveva salvata e, soprattutto, aveva salvato il mio bambino.
Newt mi seguì, rimanendo a qualche passo di distanza. Quando mi fermai e mi voltai per guardarlo lui mi strinse a sé. – Tu non puoi saperlo, ma Teresa mi ha aiutata moltissimo quando sono stata catturata… mi ha protetta. – il biondino mi asciugò un paio di lacrime con i pollici – Credo di sapere a cosa ti riferisci. – e mentre diceva quelle parole, estrasse dalla tasca dei pantaloni una foto piegata in quattro. La spiegò rivelando essere l’ecografia che avevo fatto qualche giorno prima. – L’ho trovata nella mia divisa… Credo l’abbia messa lei quando ha visto che ero stato infettato. -
Seguirono attimi di silenzio; non sapevo se fargli quella domanda che mi tormentava da quando avevo scoperto di essere incinta. Lui continuava a guardarmi e a guardare l’ecografia.
-Newt… - alla fine trovai il coraggio per cominciare quel discorso. Gli presi le mani e lo guardai nei suoi profondi occhi scuri – Te lo volevo dire ma… - non mi lasciò finire. – Lane, non mi importa! – inizialmente rimasi pietrificata da quelle parole – Non mi importa se non me l’hai detto. Nemmeno io ti ho detto che ero stato infettato, non volevo farti preoccupare… - gli strinsi maggiormente le mani mentre riordinava i pensieri – Aspettiamo un bambino e questa è l’unica cosa che mi importa. Ti amo infinitamente! – sentii un peso sciogliersi dal mio cuore e non potei trattenermi dal buttargli le bracci al collo e baciarlo.
-Non sai quanto avrei voluto dirtelo. Però avevo così tanta paura… - ci stringemmo nuovamente in un abbraccio. Poi, quando ci staccammo, il biondo mi guardò negli occhi e un sorriso caloroso gli illuminò il viso – Non dobbiamo più pensarci. Ora è tutto finito. Siamo in salvo, abbiamo raggiunto il “Porto Sicuro” e stiamo per diventare una famiglia. Cosa potremmo volere di più? –
“Già!” Pensai “Cosa potremmo volere di più?”
Quando tornammo dai nostri amici trovammo Thomas di nuovo in piedi. Lo sguardo spento di chi ha perso tutto. Gli andai incontro e lo strinsi in un abbraccio, l’ennesimo di quel giorno. – Credeva in ciò che faceva. Voleva salvare l’umanità. – gli sussurrai ad un orecchio mentre una lacrima mi rigava la guancia. Il moro non rispose, si limitò a stringermi maggiormente a sé.
 
 
Quella sera ci riunimmo, assieme a tutti i ragazzi che avevamo salvato e quelli rimasti del Braccio Destro, attorno ad un falò.
-Ne abbiamo fatta di strada assieme. – Vince era in piedi davanti a tutti – In tanti si sono sacrificati per rendere possibile questo posto. I vostri amici, le vostre famiglie. Un tributo a chi non può essere qui. Agli amici perduti! – tutti alzammo il nostro bicchiere per brindare – Questo posto è per voi, è per tutti noi! Ma questo – e Vince indicò una pietra conficcata nella sabbia – Questo è per loro. Quando sarete pronti, a modo vostro, venite a ritrovare la pace. – conficcò un coltello in un ceppo poco lontano dalla pietra. Poi si voltò nuovamente verso tutti noi ed alzò ancora il bicchiere – Benvenuti a Porto Sicuro! – un coro di esultazione scoppiò fra tutti i ragazzi. Io e Newt ci abbracciammo per l’ennesima volta e il biondo mi lasciò un bacio sulla tempia – Ce l’abbiamo fatta! – esclamai alzando ancora una volta il bicchiere.
Dopo quel discorso ci radunammo assieme ai nostri amici in disparte. Gally propose un brindisi – Alla liberta! – esclamò seguito da tutti noi. Stavamo per bere quando Newt mi fermò la mano – Questo è meglio se non lo bevi. – disse sorridendo.
Tutti si fermarono a guardarci – E perché no, scusa?! – domandò Frypan non capendo. Girai leggermente il capo per guardare il mio amato – Glielo diciamo? – domandai sorridendo. Lui fece un cenno di assenso con le labbra piegate all’insù. Passai in rassegna i volti di tutti quelli che mi avevano accompagnata in quel viaggio – Sono incinta. – quando lo dissi quasi sicuramente mi brillavano gli occhi.
Gally mi strappò il bicchiere di mano – Allora è decisamente meglio se non lo bevi questo! – lo appoggiò accanto a sé e si fiondò a farci i complimenti assieme a tutti gli altri.
Quella sera segnò l’inizio di una nuova vita. Una vita di pace, tranquillità ma soprattutto di libertà.

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Capitolo 15
*** Epilogo ***


Cinque anni dopo
-Mamma! Mamma! – una bimbetta di quattro anni, capelli castani e occhi nocciola, mi corse incontro con le sue gambette ancora non completamente stabili. Si fiondò fra le mie braccia ed io sorrisi – Che succede Tessa? – le domandai mentre la sollevavo da terra. Lei indicò dietro le sue spalle. – Lo zio non sa giocare! – mise un broncio e incrociò le braccia guardando Minho malissimo.
Ridendo per la scena misi di nuovo a terra mia figlia e le diedi un bacio sulla fronte. Senza indugiare ulteriormente, Tessa ricominciò a correre per scappare dall’ex Velocista che, naturalmente, più che correrle dietro, camminava ad un passo leggermente sostenuto.
Mi sentii avvolgere da dietro e il viso di Newt comparve sulla mia spalla destra – Non so chi sia più bambino. Se nostra figlia o quella testa di caspio di Minho! – scoppiammo a ridere. Poi lui mi prese la mano e mi condusse sulla spiaggia dove ci sedemmo a guardare l’orizzonte in silenzio.
-Te lo saresti mai aspettato, cinque anni fa, che saremmo arrivati qui? – domandai dopo un po’. Newt si voltò a guardarmi – L’ho sempre sperato. Però, se devo essere sincero, non lo credevo possibile… - sospirai rumorosamente – Già, nemmeno io. –
In lontananza vidi Brenda e Thomas passeggiare mano nella mano. C’era voluto più del previsto perché il moro si rendesse conto dei sentimenti che provava per la ragazza e, ancora più tempo, perché realizzasse che quei sentimenti erano ricambiati.
Sorrisi tra me e me. Finalmente anche loro avevano trovato il loro angolo di paradiso. Newt mi diede un bacio sulla mano – Vado a vedere che combina nostra figlia. – esclamò alzandosi e spolverandosi i pantaloni – Va bene. Ci vediamo dopo! – gli mandai un bacio volante e tornai a guardare l’orizzonte.
Mi soffermai sulla pietra piantata in mezzo alla spiaggia. Nel tempo erano comparsi i nomi di tutti quelli che non ce l’avevano fatta: amici, familiari… Chi era riuscito a sopravvivere aveva avuto bisogno di tempo per elaborare il lutto, alcuni pochi giorni, altri ancora non ci riuscivano.
Il nome di mia madre era apparso pochi giorni dopo il nostro arrivo sull’isola. Vince aveva voluto scolpirlo nella pietra per primo, come esempio per gli altri. Avevo capito però che l’aveva fatto più per se stesso.
Un mattino, quando la gravidanza mi impediva di dormire più di un paio di ore a notte, lo incontrai sulla spiaggia a fissare quello che era diventato un monumento ai caduti. Mi avvicinai e gli misi una mano sulla spalla. Rimanemmo a fissare quella scritta, “Mary”, per un tempo indefinito. – L’amavo molto. – disse quando stavo per andarmene. Lo guardai e gli sorrisi – Anche lei, ne sono certa. –
Avevo deciso di abbandonare ogni emozione negativa nei suoi confronti, non aveva più senso rivangare il passato, finalmente avevo trovato la pace e un luogo da chiamare casa. Mia madre sarebbe rimasta per sempre nei miei ricordi, anche in quelli brutti. In fondo, sono tutti gli avvenimenti della nostra vita a definirci e, se lei non mi avesse abbandonata, quasi sicuramente non avrei conosciuto Newt e non avrei avuto una bambina meravigliosa a cui insegnare ad essere una persona buona e coraggiosa.
Quando il sole cominciò a tramontare tornai dalla mia famiglia. In quegli anni avevamo sistemato le case, ora erano delle vere costruzioni non più delle capanne, e riuscivamo a produrci tutto ciò di cui avevamo bisogno. Per certi versi ricordava la Radura, senza però delle mura a tenerci rinchiusi.
Andai a sedermi accanto a Brenda e Gally che mi salutarono con un cenno della mano. Di lì a pochi minuti arrivarono anche Newt, Tessa e Minho. La piccola mi si rannicchiò in grembo stanca dal pomeriggio di corse con lo zio.
Il resto della serata lo passammo a chiacchierare del più e del meno. Ormai era finito il tempo in cui si facevano piani per attaccare quelli di W.C.K.D. Ci furono molte occasioni in cui mi domandai cosa stesse succedendo nel resto del mondo poi però guardavo la serenità negli occhi di mia figlia e quei pensieri svanivano dalla mia mente.
Pregavo perché lei non conoscesse mai quell’aspetto della nostra vita, desideravo rimanesse sempre sorpresa da ogni cosa e che guardasse tutto con i suoi occhioni pieni di meraviglia.
Quella sera, dopo averla messa a letto, tornai nuovamente sulla spiaggia. Era il luogo che preferivo, da lì potevo vedere l’orizzonte: una linea che ci separava dal resto dell’universo.
Le onde si infrangevano sugli scogli poco lontani e la leggera brezza si infilava fra i miei capelli. – Sei qui. – Newt si avvicinò e si sedette accanto a me. Mi rintanai fra le braccia del mio amato mentre giocherellavo con la conchiglia che mi aveva regalato anni prima.
-Sai? A volte mi capita di svegliarmi e credere che tutto questo sia solo un sogno… poi mi volto e vedo te dormirmi accanto e vedo il lettino di Tessa. E allora mi dico che no, non è un sogno. Tutto questo è reale! – dissi continuando a guardare il mare – Finalmente, dopo tanti sforzi e sacrifici, ce l’abbiamo fatta… è che mi sembra quasi impossibile. – il biondo mi strinse maggiormente – Succede anche a me. Mi domando cosa sarebbe successo se fossi morto quella sera… cosa sarebbe successo a te e a nostra figlia. Ma Lane, così continuiamo a vivere nel passato. Dobbiamo lasciarci tutto alle spalle e cominciare a vivere come avremmo sempre voluto. Lo dobbiamo a noi, ma lo dobbiamo anche a Tessa! – mi baciò appassionatamente, trasmettendomi le sue emozioni.
Aveva ragione, ora era tempo di godersi la vita che ci era stata regalata. E non solo per noi e per la nostra bambina. Dovevamo farlo anche per tutti coloro che non ce l’avevano fatta: Winston, Alby, Zart, mia madre, Teresa.
Baciai nuovamente Newt, poi gli sorrisi e mi misi in piedi – Torniamo da nostra figlia! – ed insieme rientrammo nella nostra casa, mano nella mano.








ANGOLO DELL'AUTRICE
Ringrazio tutti coloro che hanno seguito questa storia fino alla fine. Spero che lascerete un commento, così da farmi sapere cosa ne pensate in generale.
Non sono brava con le note dell’autrice, per questo motivo concludo così un percorso che è durato diversi anni.
 
Grazie a tutti di cuore
Lisi

 

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