Raccolta di racconti brevi

di MorganaRed
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La Morte ***
Capitolo 2: *** Una sigaretta ***
Capitolo 3: *** Pubblico di anime ***
Capitolo 4: *** Io vivo Oscillando ***



Capitolo 1
*** La Morte ***


LA MORTE

 
Un giorno, in tempo di guerra, quando ero soldato, vidi la morte camminare. Portava sul teschio una corona avvizzita, fatta di ossa e biancospino. Intorno allo scheletro si era avvolta un mantello d'oro lacero e, alle sue spalle, si stringevano le anime dei miei commilitoni di recente strappati alla vita. Molti li conoscevo.
Accadde il secondo giorno di novembre, durante la battaglia; il nostro reggimento era intrappolato nella foresta. Camminavamo da giorni, per arrivare alla terra di nessuno, così chiamavamo la landa desolata che divideva la nostra trincea da quella nemica, nessuno mai avanzava su quella scacchiera. Inaspettatamente il nemico ci sorprese, un colpo di cannone e la boscaglia andò in fiamme: non riuscivamo a capire da che parte progredisse la battaglia, eravamo intrappolati tra il fitto degli alberi  e i fucili nemici che sopraggiungevano.  Lontano, rumore di cavalli, briglie e bardature, vicino, le urla strazianti dei caduti.
Erano anni che combattevamo, non sapevo nemmeno più dire quanti; come i miei commilitoni mi ero battuto con tutto il mio valore, anche se sapevo che la nostra era una causa persa. Intorno a me giacevano i corpi di coloro che erano già morti e di quelli che tra poco lo sarebbero stati, e il loro sangue - il nostro sangue - tingeva il tappeto di foglie di viva porpora, più di quanto l’autunno si fosse ripromesso di fare.
Fu allora che vidi la morte.
Non sembrava sorpresa nè colpita dal numero sterminato di anime che quel giorno era venuta a prendere. La vidi tendere la mano verso i caduti e loro, accoglierla come una vecchia amica. Perchè la morte ha un dolce sorriso, solleva gli uomini dalle loro terrene sofferenze. La vita, invece, grava su di loro, trattenendoli in luoghi di dolore, costringendoli a vivere nonostante tutto, senza un attimo di tregua, con l’illusione di essere pari nella partita e non pedine. Perché è la vita, non la morte, che non conosce pietà.
Quando ella venne da me, esitò, e, semplicemente, mi chiese se anche io sarei andato con lei. Guardai l’esercito di spettri e sapevo che sarebbe stato meglio seguirla, perchè della guerra ne avevo avuto abbastanza e, troppe volte, avevo visto quanto crudele può diventare il cuore degli uomini.
Fu allora che, senza pensarci, mi voltai e iniziai a correre. Dietro di me la battaglia era ancora in corso. Ma io corsi, corsi fino a quando ogni muscolo, ogni legamento, ogni tendine, si stirarono fin quasi a strapparsi. Corsi fino a quando non ebbi più fiato, ed i miei stivali cedettero, poco dopo anche le gambe si fermarono da sole e caddi a terra. Allora rimasi li, sdraiato senza riuscire a guardare la volta di foglie d’oro che, volteggiando, mi cadevano sul volto. Tesi l’orecchio allo scalpiccio degli zoccoli, il tanfo acre della polvere da sparo, il fruscio della foresta, lo scorrere di un fiume in lontananza, il respiro pesante di un orso nella boscaglia . Sapevo bene che se non mi aveva ucciso la battaglia, ci avrebbe pensato la foresta, perchè l’odore del sangue avrebbe impregnato l’aria. Restai lì, con un proiettile nel fianco ed una ferita alla spalla, a guardarla. Era bellissima e lo sapeva. La vita mi sorrise, ma vidi solo un ghigno beffardo: il sorriso della vera oscura signora. Quando la morte mi aveva offerto il suo dito tutt’ossa, forse, avrei fatto meglio ad andare con lei.
 
 
 

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Capitolo 2
*** Una sigaretta ***


UNA SIGARETTA


Mi é sempre piaciuto fare il primo passo: nel torto, nella ragione, poco importava, l'importante era cominciare. In quasi tutto, quasi sempre, ho fatto la parte di chi, consciamente o non, iniziava. Ho sempre pensato che, per circa venti secondi, il mio corpo decida d’irradiarsi di un qualche folle coraggio. Venti secondi di imbarazzante audacia, che ho sempre, fieramente, mostrato. L'iniziativa è parte di me, istintivamente, fino a quando ti ho incontrato. Quella sera ci siamo seduti, abbiamo parlato, solo quello, parliamo sempre troppo io e te, ma mai abbastanza, perché voglio sapere sempre di più. Ed io, durante questi discorsi, mi sento libera: libera di dire  cosa penso e provo, i miei amori, i conflitti con me stessa, i miei ricordi, le cose stupide, quelle più serie e, magicamente, parlare dei miei demoni. Mi sento a mio agio e forse, anzi spero, anche tu.
Poi hai estratto dalla tasca un pacchetto, hai appoggiato la sigaretta sulle labbra screpolate ed hai aspirato. Mi sono persa in quel momento, anzi, mi sono bloccata, per la prima volta dopo tantissimo. Tu mi parlavi e te ne stavi appoggiato alla tua sedia, infagottato, stretto in te stesso, come per sfuggire all'inverno; ad ogni tiro, prima di espiare, alzavi gli occhi ed osservavi il fumo mischiarsi al cielo. Mi piace il modo in cui guardi che cose,  esprime sempre una dolce malinconia.
Non so dirti per quanto sia rimasta a osservarti, ipotizzata. Forse troppo, forse avrai pensato che ero presa dai miei pensieri, che non ero lì, che non ti ascoltavo, ed invece ricordo ogni singola parola che mi hai detto in quell'istante. Ed ho sentito l'impulso dei miei venti secondi di  coraggio bruciarmi dentro, ma non mi sono mossa, non ho detto una parola. Ero affascinata da te: da come socchiudi gli occhi per proteggerli dal fumo, delle tue dita che, sorreggendo la sigaretta, da come le muovi per accompagnare il tuo parlato; il suono che fai un secondo dopo aver aspirato, dal tuo visto, quando senti il vapore bruciati la gola e quando mi guardi. Mi piace davvero quando mi guardi, mi intimidisce. E ti giuro, che quando hai appoggiato la sigaretta tra le labbra per l'ennesima volta, avrei voluto avvicinarmi, toglietela dalla bocca e, al suo posto, posarci la mia. Volevo conoscere il tuo sapore, sapere se era amaro come il fumo o dolce come il tuo sguardo. Ed era il momento, lo era, avrei eliminato la realtà per venti secondi, senza pensare a niente, né alle ripercussioni delle mie azioni, né ai danni, niente, solo il mio cuore che, come un tamburo, mi suonava nel cervello e mi rimbombava in tutto il corpo. Ma, non ho fatto niente di niente. Sono rimasta seduta ad ascoltarti, annuendo, mentre un vortice dentro mi risucchiava, le emozioni si alternavano impazzite, il mio corpo si bloccava e le parole mi morivano in gola. Avevo paura.

Per la prima volta, dopo molto, avevo paura: di fare il primo passo, dell'imbarazzo, come i bambini, minuscola e impotente sulla mia seggiola.E prima che me ne resi conto, l'attimo era fuggito e tu, con l'odore acre e dolce delle sigarette, con lui.

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Capitolo 3
*** Pubblico di anime ***


PUBBLICO DI ANIME

POESIA

Loro sono qualcosa che non posso spiegare. Loro sono tutte le parole che mi provocano dolore; il fatto compiuto davanti a cui mi sono trovata, le urla, la paura, la causa e la conseguenza del mio dolore.
Loro sono tutte le cose che era meglio non sapere. Loro sono il mio bene e il mio male, il gentiluomo e l’animale. Loro sono tutta questa nebbia che sento dentro, come una pioggia, che annacqua le emozioni; dolce come una carezza agghiacciata dal terrore. Loro sono i seccatori, gli schernitori, i seduttori ed i suonatori, sono lo sproloquiare e gli urlatori.
Loro sono la noia, l’attesa, loro sono tutto questo e altro ancora.
Loro sono tutte le voci che mi parlano in testa, loro sono le parti di me che non riconosco, cristallizzate in un momento, perché il dolore che ho provato era troppo per rimanere da sola.
Loro sono la mia vergogna taciuta.
Loro sono la mia salvezza e la mia sicurezza; i salvatori, i protettori, che nascondono ciò che io non sono in grado di sopportare. Loro sono i miei ricordi, i miei sorrisi, le mie lacrime e i miei mali; le amarezze che ho provato, i pianti strozzati, e i profumi dimenticati.
Loro sono il mio segreto.
Di tutte le voci LEI è l’urlo più forte.
Questo è il celato che mi porto: loro sono me e io sono loro. 
- ART


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Capitolo 4
*** Io vivo Oscillando ***


Io vivo oscillando


Io vivo oscillando
Loro vivono aspettando
Le mie emozioni sono annacquate
e i miei sentimenti annebbiati,
la mia coscienza frammentata.
Vivo nella mia solitudine claustrofobica,
perché loro sono con me.
Quando sano è delirante?
Quando giusto è sbagliato?
Quando me è te?
Oscillando cerco di rimisurare il vero e il falso
mentre il pubblico di anime mi osserva.

ART

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