Multiverse Theory

di BellaLuna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** CardCaptorSakura!AU ***
Capitolo 2: *** Avatar, TheLastAirBender!AU ***
Capitolo 3: *** LOST!AU ***
Capitolo 4: *** Victoria!AU ***
Capitolo 5: *** TheVampireDiaires!AU ***
Capitolo 6: *** LaBellaAddormentataNelBosco!AU ***
Capitolo 7: *** FullMetalAlchemistBrotherwood!AU ***
Capitolo 8: *** DragonTrainer!AU ***
Capitolo 9: *** GossipGirl!AU ***
Capitolo 10: *** TeenWolf!AU ***
Capitolo 11: *** SKAM!AU ***
Capitolo 12: *** YourName!AU ***
Capitolo 13: *** Mulan!AU ***
Capitolo 14: *** L'IncantesimoDelLago!AU ***
Capitolo 15: *** StrangerThings!AU ***



Capitolo 1
*** CardCaptorSakura!AU ***


Capitolo Uno: CardCaptorSakura!AU




Bulma era felicemente immersa nel mondo dei sogni, quando sentì la voce squillante di Goku urlare a squarciagola – come se fosse perfettamente normale avere in casa un pupazzo a forma di scimmia parlante! – le sue due parole ormai più detestate in assoluto, che da circa due mesi a quella parte si erano conquistate la top ten, riuscendo persino a piazzarsi davanti a parole comunemente odiate da tutti come “Lunedì”, “Disconnesso” e “Foruncolo”.
 << Allarme carta! Allarme carta! Allarme carta! >>
Gettando un’occhiata sbieca verso la sveglia – le due meno un quarto del mattino, accidenti a loro! – aveva masticato fra i denti digrignati appellativi davvero poco carini rivolti al piccolo custode delle carte, e si era sbattuta invece il cuscino in faccia, provando a ignorarlo bellamente.
“Il mostro di oggi aspetterà...” pensò, cercando di ricordare il bel sogno che stava facendo, su di lei che vinceva il premio Nobel per avere inventato una qualche specie di macchina del tempo “Tanto non è che può andare da un’altra parte comunque...”
Ma Goku non sembrava essere del suo stesso parere, perché totalmente ignaro del suo bisogno fisiologico di riposo notturno, cominciò a tirarla per i capelli, strappandole di mano persino l’amato cuscino.
<< Hai sentito quello che ti ho detto, B? >> aveva pure preso a usare nomignoli per mitigare il suo malumore, quella scimmietta pestifera << Abbiamo un codice rosso: allarme Carta! C’è un altro mostro in circolazione che dobbiamo catturare, su forza, alzati! >>
Bulma provò a scacciarlo via come si fa con un insetto particolarmente fastidioso << Vacci da solo! Non vedi che sto dormendo? >>
<< E che ci vado a fare da solo? Sei tu la cattura carte! >>
Come se avesse avuto bisogno che lui glielo ricordasse.
Fino a due mesi prima la sua vita poteva dirsi perfettamente identica e noiosa a quella di qualsiasi altra ragazza di quattordici anni presente sul pianeta Terra: scuola, amici, famiglia, routine.
Ma le cose erano cambiate drasticamente quando – per sbaglio – aveva avuto la brillante idea di salire su in soffitta e lì aveva trovato un vecchio libro di suo padre che, per qualche strana e ridicola ragione, aveva iniziato a illuminarsi non appena l’aveva preso in mano e... sfidava lei, chiunque fosse stato al suo posto, a non aprirlo dopo aver visto una cosa del genere!
La cosa però si era rivelata essere davvero, davvero, davvero, una pessima idea.
Dal libro era venuto fuori Goku, una specie di Peluche a forma di scimmia volante – tipo mago di Oz – che vaneggiava di essere un grande guerriero trasformato in quella forma da un potente mago cattivo di nome Babidi che l’aveva maledetto a rimanere il Custode delle Carte fino a quando quest’ultime non avessero avuto un nuovo padrone e – sul serio, qual era il problema di questo Bibidi...Bobidi... Buu...?
Mostri, carte, maledizioni... tutto le si era scagliato contro all’improvviso e Goku le aveva riferito che adesso spettava a lei - la nuova cattura carte appunto - rimettere a posto le cose e grazie tante!
Non solo era un lavoro faticoso e nemmeno retribuito ma non le spettava nemmeno un briciolo di gloria!
Insomma, si spaccava la schiena per salvare il mondo ma nessuno avrebbe dovuto sapere dei suoi poteri sennò grandi sciagure, cataclismi, apocalissi o così le aveva detto Goku.
Sul serio, che cosa aveva mai fatto di male nelle sue vite precedenti per meritarsi una cosa del genere?
Aveva forse preso a schiaffi una qualche divinità che adesso la stava punendo a quel modo perfido?
<< Buuulmaa! Dobbiamo andare! >> tornò a incalzarla la voce petulante di Goku, che adesso aveva pure iniziato a tirarle via le coperte di dosso.
“Grazie tante, universo. In un’altra vita precedente devo essere stata davvero una pessima persona per meritarmi questo.”
C’erano poche cose nella sua vita che la infastidivano particolarmente – le ore di educazione domestica, le doppie punte, un esperimento fallito – ma nulla era paragonabile a tutte quelle notti che era stata costretta a sgattaiolare fuori di casa alle ore più improbabili, perché l’ennesimo mostriciattolo - che non aveva nulla di meglio da fare che combinare disastri in giro- aveva deciso proprio quel momento, fra le tante ore del giorno a disposizione, per romperle le scatole.
Come se non avesse di meglio da fare!
(Tipo dormire.)
Una volta buttata giù dal letto da un esuberante ed esagitato Goku, infilò le ciabatte e la vestaglia da camera, conficcando nelle tasche le carte che era già riuscita a raccogliere non senza portarsi a casa anche qualche contusione e qualche trauma.
Si era quasi – e il quasi era un dettaglio molto importante! – presa una sbandata assurda per un ragazzo bellissimo, Zarbon, che alla fine invece si era rivelato essere un lucertolone disgustoso.
A ripensarci, sentiva ancora le viscere che le si contorcevano per il disgusto.
Babidi non doveva stare molto bene di mente. Quale altro mago, sennò, avrebbe creato dei mostri che poi non sarebbe riuscito a controllare e allora per farlo li avrebbe sigillati dentro delle carte da gioco? Boh. Tutta quella storia non aveva il minimo senso e grazie alla sua inesauribile fortuna sfacciata, c’era proprio finita in mezzo. Grandi urrà per Bulma.
<< Dove si và? >> chiese a Goku, che era fra i due quello che riusciva a percepire meglio l’aura dei mostri delle carte.
<< Al vecchio Luna Park, pochi isolati da qui.>>
<< Bene. Andiamo. Prima lo catturiamo, primo potrò ritornare a letto! Che seccatura! >>
Quella notte uscire di casa non si rilevò essere un problema, sia suo padre che sua sorella maggiore erano fuori, e nessuno dei vicini si era mai posto troppe domande vedendo uscire di notte una quattordicenne in pigiama.
Infilate le scarpe da ginnastica, Bulma si chiuse la porta di casa alle spalle e iniziò a seguire lungo il viale dei ciliegi in fiore, - simbolo che la primavera era finalmente arrivata -, Goku che svolazzava in aria con la sua faccia pelosa e la sua coda da scimmietta, continuando a ripetere tutto entusiasta “Allarme carta! Allarme carta!” tanto che Bulma dovette reprimere l’impulso di afferrarlo e scagliarlo contro il muro.
La ragazza non riusciva a capire che cosa ci fosse di così divertente nel dover correre alle due di notte dietro un insopportabile mostro, che con ogni probabilità avrebbe rischiato di ucciderli tutti.
Forse, quando era stato trasformato in un pupazzo di peluche dal mago Babidi, oltre al corpo a Goku gli si era rimpicciolito pure il cervello. Le probabilità che fosse andata davvero così erano molto alte, visto che il custode delle carte non sapeva pensare ad altro che a mangiare e cacciarsi nei guai.
Nel buio della città dell’ovest, Bulma percorse le strade fino al vecchio luna park più addormentata che sveglia, ringraziando che non ci fosse un’anima viva in giro pronta a riprenderla o a chiedersi che cosa ci facesse una ragazzina fuori di casa a quell’ora e accompagnata da un pupazzo svolazzante e chiacchierone.
Arrivati al cancello dell’entrata si accorse subito che qualcosa non andava.
Il luna park sembrava aperto al pubblico, e c’era nell’aria un forte odore di zucchero filato e mele caramellate.
Ma Bulma ricordava bene che il posto era stato dichiarato inagibile molto tempo prima, l’ultima volta che ci aveva messo piede dentro era stato poco prima della morte di sua madre, quando faceva ancora le elementari.
<< Entriamo! Entriamo! >> si esaltò ancora di più Goku sentendo odore di cibo, tirandola per la manica della vestaglia, pronto a sfrecciare verso l’ennesimo pericolo.
Bulma, scettro alla mano e buona dose di coraggio racimolata nemmeno lei sapeva dove, stava per seguirlo quando sentì una seconda presenza piombarle alle spalle.
<< Siete in ritardo. >>
Sobbalzando ed emettendo uno squittio davvero poco elegante, si girò indietro notando a pochi passi di distanza la figura arrogante – e perfettamente in ordine, niente pigiama, niente capelli sparati da tutte le parti, accidenti a lui! - del principino delle scocciature.
Già era difficile sopportare la boria di Vegeta durante il giorno, quando entrambi erano costretti a fingere di essere due adolescenti normali. Ma farlo alle due di notte, con indosso una vestaglia da camera e senza nemmeno aver preso un sorso di caffè era decisamente troppo.
Cosa poteva esserci di peggio?
<< Bella mise.>>
Bulma abbassò lo sguardo sul suo abbagliamento, notando i coniglietti rosa e gli arcobaleni che adornavano il suo pigiama primaverile e si sentì sprofondare dall’imbarazzo.
Ecco cosa poteva esserci di peggio: i suoi commenti odiosi!
Arrossendo, provò a non pensare alle pessime condizione in cui dovevano essere i suoi capelli, o la sua faccia, mentre era al quanto certa che il principe perfettino – che stava persino in tenuta di combattimento, sul serio, ma c’andava a dormire vestito così? Qual era il suo problema? - fosse perfino riuscito a lavarsi i denti prima di uscire di casa.
<< Non è divertente.>> gli rispose, desiderando togliergli quel ghigno sprezzante dalla faccia a suon di cazzotti.
Il ragazzo la fissò con una luce diabolica negli occhi scuri e Bulma pensò che fosse sul punto di tirar fuori il cellulare e scattarle qualche foto imbarazzante per poi ricattarla a vita – qualcosa che lei, ecco, avrebbe fatto sicuramente. Ma dubitava che Vegeta avesse mai indossato qualcosa di imbarazzante in vita sua e comunque chi era lui per giudicare, giusto? – invece iniziò ad avanzare con aria super sicura d sè verso l’entrata del luna park, precedendola.
<< Allora, vieni o no? >>
Con il fumo che quasi le usciva fuori dalla narici, Bulma lo seguì, intanto che Goku – quel traditore! - svolazzava felicemente intorno alle loro teste.
<< Che bello, Vegeta, ci sei anche tu! >>
“Che bello un corno! Ma perché deve sempre saltare fuori? Non poteva restarsene a casa?!”
<< Sta zitto, Kakaroth.>> Vegeta chiamava Goku con il suo nome originale, e non quello che Bulma aveva dato al pupazzo trovato, insieme al maledetto libro del mago, nella soffitta di casa sua.
Anche Vegeta era un cattura carte.
Anzi, a differenza di Bulma – che la cattura carte non la voleva fare proprio per niente e... perché proprio a me, oh mondo crudele? -  lui si era addestrato tutta la vita per quel momento, il momento in cui le carte di Babidi si sarebbero liberate e lui avrebbe così avuto l’occasione di impadronirsi del loro potere e diventare in tal modo il mago più potente di sempre. E tanti urrà megalomani per Vegeta!
All’inizio, quando si era presentato nella sua scuola, nella sua stessa classe, tutto trionfo e impettito – io sono il grande Vegeta blablabla - Bulma aveva anche pensato di cedergli volentieri tutto l’occorrente: scettro, libro, carte appena catturate e... grazie tante e arrivederci, è stato un piacere, ma anche no!
Se non l’aveva fatto – accettando così di rinunciare all’unica occasione che aveva per ritornare a una vita normale – era stato proprio per l’atteggiamento arrogante di Vegeta.
La sua era ormai diventata una questione di principio. Vegeta pensava davvero di essere migliore di lei in tutto - mister io discendo da una stirpe di maghi super potenti e tu invece non sei nessuno gnègnègnè - e così, perché nessuno poteva minare al suo amor proprio, specialmente non l’ultimo arrivato da chissà dove, Bulma aveva giurato a se stessa di dargli più filo da torcere possibile, scagliarlo giù dal suo piedistallo dorato e dimostrargli che pur senza la sua super spada leggendaria, e la tenuta figa da combattimento, e tutta la serie di tecniche e incantesimi che conosceva a memoria, lei sarebbe comunque riuscita a batterlo e tiè!
Insomma, non avrebbe permesso a un ragazzino presuntuoso di metterle i piedi in testa a quel modo, perciò fra loro era una sorta di guerra aperta.
Una sfida che avrebbe avuto un solo vincitore e un solo perdente.
Avrebbe dimostrato a quel principino e a quei mostri da strapazzo di che pasta era fatta, e che se la stavano sottovalutando solo perché era una ragazza si sbagliavano di grosso.
<< Hai già capito con che mostro abbiamo a che fare stavolta? >> sentì Goku chiedere al ragazzo, intanto che tutti e tre seguivano la musichetta del carosello che portava nella piazza centrale del luna park.
L’odore di dolci adesso era così forte da diventare nauseante.
Tra l’altro, tra una bancarella di dolciumi e un’altra, Bulma intravide un sacco di statue di omini di marzapane, realizzati così bene da apparire quasi vere.
Si avvicinò a quella che mostrava una coppia di giovani innamorati a braccetto mentre osservavano un banco con il tiro a segno, e sfiorò con l’indice l’orecchino della ragazza.
La statua pareva calda.
<< Cosa diavolo è? >> bisbigliò, più a se stessa che ai compagni di avventura.
Vegeta le si avvicinò e le infilò in mano un paio di stecche di cioccolato a forma di due bambini dell’asilo, grembiule e cappellino coordinati.
Bulma lo guardò storta << Grazie, ma non ho fame.>>
Senza alcuna ragione vide Vegeta far ruotare gli occhi scocciato << Ma sei scema? Guarda che quelle sono persone vere.>>
Per la sorpresa, Bulma gettò le due barrette a terra e Vegeta scoppiò nella sua classica risata sghignazzante da principe del male << Ecco, li hai fatti cadere, ora sono morti.>>
<< Ti odio.>>
<< Aaah, ho capito tutto! >> sopraggiunse la vocina squillante di Goku alle loro spalle << Si tratta di Majin Buu.>>
<< Chi diavolo è Majin Buu? >> domandò Bulma, chinata a terra a raccogliere le due barrette di cioccolata.
Sperò che i due bambini non fossero morti veramente, e le depose ai piedi della statua dei due giovani.
<< E’ una carta buona. >> rispose con il suo solito entusiasmo Goku, mentre Vegeta lo fissava male a braccia incrociate
<< Trasforma tutto ciò che vuole in dolci. Vedi? >> e le indicò alcuni alberi che sembravano fatti di stecche di liquirizia.
Bulma afferrò il pupazzo per il collo, indicandogli la statua alle sue spalle << E tu questa me la chiami una carta buona?! Si può sapere cosa diavolo ci fa con le persone dopo averle trasformate in dolciumi? >>
Goku evitò volutamente di incrociare il suo sguardo furioso << Beh… ecco... dipende... >>
<< Dipende? >>
<< Di solito, se ha fame, se li mangia.>>
A quel punto, Bulma fu seriamente sul punto di staccare la testa di pezza a Goku e vedere se il custode delle carte fosse comunque riuscito a dire scemenze, ma Vegeta glielo strappò fra le mani, prima che fosse troppo tardi.
<< AHIO! Ma che avete tutti sta sera da strattonarmi a questo modo! >> si lamentò, sotto lo scrutinio corrucciato di Vegeta.
<< Chiudi il becco, Kakaroth, e dicci come facciamo a fermarlo. >> il tono del ragazzo era quello imperioso e professionale che Bulma aveva sentito suo padre usare spesso durante le sue conferenze all’università.
Vegeta prendeva tutta quella questione veramente tanto sul serio, e dacchè lo conosceva – un mese circa - Bulma non ricordava di averlo mai visto sorridere o divertirsi o passare del tempo insieme ai loro coetanei.
Per lo più si limitava a starsene in disparte, sempre solo e con quell’aria seria, cupa e tormentata che aveva già conquistato un mucchio di ragazze.
“Pfft. Noioso. Non è affascinante proprio per niente.”
<< Cercate di non farlo arrabbiare. >> tornò a spiegare loro Goku << Di solito è un giocherellone, ma se si arrabbia sono guai seri.>>
A quel punto, Bulma riprese la palla in balzo, facendo roteare il suo scettro come un bastone da majorette.
<< Sentito, Vegeta? Non dobbiamo fare alterare quel mostro per nessun motivo e, visto e considerato che hai un pessimo carattere e che riusciresti a far imbestialire anche un santo, non fiatare e tieni la tua spada magica nel fodero, ok? >>
Bulma aveva pensato di averlo colto sul vivo, e un altro punto per lei!
E invece l’espressione di Vegeta si era fatta ancora più mefistofelica, gli occhi accesi dal rinnovato fuoco della loro sfida.
<< Sta tranquilla, ragazza arcobaleno, ho tutta l’intenzione di godermi la scena di quel mostro che ti trasforma in un coniglio di cioccolata della Lindt.>>
Le dita le prudevano dalla voglia di schiaffeggiarlo << Come se avessi bisogno del tuo modesto aiuto.>>
<< Disse la ragazza in pigiama.>>
In uno slancio di maturità e con le guance rosse e gonfie per l’imbarazzo, Bulma si ritrovò a pestare un piede per terra << Questo non c’entra niente! >>
Presi dai loro soliti battibecchi, nessuno dei due si accorse della figura che avanzava alle loro spalle, finchè Goku non li richiamò all’attenzione << Ehm... ragazzi...? >>
<< Che c’è?! >> saltarono su in contemporanea, continuando a guardarsi in cagnesco.
Il custode delle carte puntò il dito giusto a qualche metro da loro, ai piedi dell’ingresso della casa degli specchi, dove un mostro rosa e paffuto, vestito da lottatore di wrestling, faceva l’equilibrista su un pallone gigante dello stesso colore di una BigBabol.
<< E uno, due e tre! E uno, due e tre! >> ripeteva Buu, provando a stare in piedi prima su un piede e poi sull’altro, saltellando tutto contento mentre continuava a portarsi manciate di caramelle in bocca.
Bulma guardò sconcertata nella direzione del ragazzo, come se avesse improvvisamente paura di avere le allucinazioni << E’ rosa! >>
<< Me ne sono accorto.>>
<< Quel mago Babidi doveva essere più idiota di voi due messi insieme! >> sbottò, portandosi entrambe le mani fra i capelli spettinati << Perché creare un mostro rosa ciccione che pensa solo a mangiare, se il tuo scopo è conquistare il mondo? Non ha senso! >>
Vegeta rivolse uno sguardo schifato in direzione del mostro << In confronto a lui, adesso persino la squadra speciale Ginyu mi sembra quasi seria.>>
<< Che si fa? >> scrollò le spalle Bulma, ancora scioccata dall’aspetto del mostro << Spargiamo in giro molliche di pane e lo attiriamo dentro una casa fatta di zucchero? >>
<< Quale casa di zucchero? >> chiese Goku, visto che tutto quel parlare di dolci aveva risvegliato il suo sempre vispo appetito.
La mano di Bulma incontrò la sua fronte << Era una battuta, Goku.>>
<< Prova con la carta dell’energia sferica. >> propose Vegeta, puntando poi il dito verso il centro della piazza << Io lo distraggo, e lo porto al centro del parco, dove c’è quella enorme fontana di cioccolato e tu gli spari la sfera.>>
Era un buon piano, ma Bulma sarebbe morta prima di ammetterlo ad alta voce.
<< Piano, piano... e da quando tu dai gli ordini e io eseguo? >>
Vegeta sorrise di nuovo in quel suo modo ultra odioso << Da quando nessuno prenderebbe sul serio le tue idee vestita a quel modo, sei persino più imbarazzante di lui.>>
<< Ti ammazzo! >>
Forse gli aveva urlato contro un po’ troppo forte, perché Majin Buu fermò la sua filastrocca e guardò dritto nella loro direzione << Guarda! Degli amici sono venuti a giocare con Buu. Correte o vi trasformo tutti in delle caramelleee! >>
Ignorando le sue precedenti raccomandazioni, Vegeta richiamò la sua spada magica, per poi rimbeccarla << Bella mossa! Ora viene verso di noi! >>
Bulma gli fece la linguaccia, per poi estrarre dal mazzo la carta dell’energia sferica << Io preparo la sfera, tu lo distrai, ci vediamo alla fontana.>> ricordò a Vegeta, che in tutta risposta gli ringhiò contro << Non c’è bisogno che me lo ricordi, scema! Quello è il mio piano.>>
Prima che un’altra lite scoppiasse fra i due, Goku si trascinò via Bulma, aiutandola a scansare i proiettili mentine che Majin Buu le stava tirando contro per fermarla e poi anche i rami degli alberi liquirizia che cercavano di arpionarla per le caviglie.
<< Ehy ciccione, perché non te la vedi con me! >> con il solito atteggiamento da sbruffone, Vegeta si piazzò davanti al mostro rosa che, dopo l’insulto ricevuto, cominciò letteralmente a fumare di rabbia.
<< Sei cattivo! Io non sono un ciccione! >> gridò MaJin Buu, per poi trasformare uno dei banchi dei dolci in un enorme fetta di torta con la panna e scagliarla verso Vegeta che la mancò per un pelo.
<< E addio al piano “non facciamo arrabbiare il mostro rosa...” >> borbottò sotto voce Bulma, mentre Goku scuoteva la testa rassegnato.
Molte torte in faccia dopo, e un tuffo dentro la fontana di cioccolato da parte di Vegeta – e perché non aveva mai con sé il suo benedetto cellulare quando serviva sul serio, oh mondo crudele? – Buu era finalmente stato catturato.
Visto che era stata Bulma a lanciare la sfera, la carta era scivolata dritta fra le sue dita, ma la ragazza, mentre uno schifato Vegeta cercava di togliersi le fragoline di bosco dai capelli dopo che quella fetta di torta alla panna gigante lo aveva colpito in pieno, facendolo scivolare proprio dentro la fontana, decise in un altro modo.
<< Toh. >> affermò, porgendo a Vegeta la carta appena catturata << Questo mostro te lo tieni tu.>>
Gli occhi scuri di Vegeta la fissarono come se fosse improvvisamente impazzita – e Bulma dovette fare uno sforzo immenso per non scoppiare a ridergli in faccia, perché aveva della glassa spalmata su tutto il viso e la sua espressione invece era così seria e carina.
 << Perché la stai dando a me? >>
La ragazza si ritrovò a fare spallucce << Perché il piano era tuo. E poi la scena di te che cadi dritto dritto sulla fontana di cioccolata, mentre vieni colpito da una fetta di torte gigante è stata epica. Valeva la pena di essere corsa fin qui alle due di notte vestita in modo ridicolo.>>
<< Qual è il trucco? >>
Il problema di Vegeta – anzi, uno dei tanti problemi di Vegeta – era che non riusciva mai a fidarsi di nessuno.
Non è che Bulma non avesse provato a diventare sua amica, non era certo competitiva fino al punto di arrivare a detestarlo davvero come invece sembrava star facendo Vegeta che, a parte i momenti della ricerca e della cattura delle carte, fuggiva al solo vederla come se solo la sua presenza, la sua stessa esistenza gli facesse saltare i nervi.
Lui proprio non ci riusciva a comportarsi come un essere umano decente. Era sospettoso e paranoico e, davvero, perché nonostante tutto lei continuasse a essere gentile con lui non lo aveva ancora capito!
 Forse, stava passando troppo tempo in compagnia di Goku. Sì, senza dubbio doveva essere quella la spiegazione di tutti i suoi mali.
Per tanto, roteando con esasperazione gli occhi al cielo, Bulma gli rispose: << Nessun trucco, scemo. Prendi questa benedetta carta e facciamola finita. Magari, ecco, evita di dire in giro la faccenda del pigiama con gli unicorni.>>
A quel punto, nonostante la sua fronte fosse ancora aggrottata in maniera perplessa, Vegeta le sfilò fra le dita la carta.
Bulma rabbrividì, ma erano quasi le tre di notte, e aveva sonno, e faceva freddo, quindi non sprecò più di un secondo a ragionare su quella bizzarra sensazione alla bocca dello stomaco che l’aveva appena fatta arrossire.
La faccia di Vegeta era ancora sporca di glassa, e i suoi vestiti erano un disastro di cioccolato fuso, e nei suoi capelli c’erano ancora tracce di panna, ma comunque il ghigno diabolico era ritornato a ornargli le labbra.
A Bulma parve quasi rassicurante ormai... quasi familiare.
Forse Vegeta un po’ di cuore ce l’aveva dopotutto...
<< Non prometto niente.>>
Appunto, forse.

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Capitolo 2
*** Avatar, TheLastAirBender!AU ***


Capitolo Due: Avatar,The Last AirBender!AU


La notizia del ritorno dell’Avatar aveva preso a circolare sempre più frequentemente e alla fine era giunta anche al Polo Nord, dritta al Palazzo di Ghiaccio di Freezer.
Non vi erano più dubbi al riguardo, in qualche modo, a causa di qualche strano caso, incidente, errore di percorso, l’Avatar - il guerriero leggendario - era ancora vivo.
Vegeta aveva represso un sorriso soddisfatto - che gli sarebbe sicuramente costato giorni all’interno di qualche cella di isolamento frigorifero e numerose frustrate – e posizionato alla destra dei sempre più sconcertanti Dodoria e Zarbon, continuò ad ascoltare il resoconto della squadra speciale Ginyu.
<< Pare che stavolta l’Avatar sia stato avvistato nell’Isola di Kyoshi, e secondo alcuni dei nostri soldati sopravvissuti alla ribellione il ragazzo era in compagnia di una giovane Dominatrice della Terra e un giovane Dominatore dell’Aria, purtroppo non siamo riusciti a catturarli.>>
“Questo è abbastanza ovvio, Gis.” dovette rimangiarsi la battutina acida che gli bruciava sulla punta della lingua, addestrato da quando era bambino a reprime la sua insolenza di fronte il tiranno “Ti conviene non aprire a vanvera la bocca se vuoi tenere la testa sul collo.”
<< Mi state dicendo che un nostro intero battaglione di Dominatori Dell’acqua bene addestrati si sono fatti prendere in giro da un gruppo di mocciosi? >> l’espressione di Freezer era più glaciale delle stalagmiti che adornavano il suo alto e imponente scranno di ghiaccio.
E nonostante le temperature sotto lo zero, a Vegeta sembrò comunque di veder sudare freddo tutti e cinque componenti della squadra speciale e... oh, quanto era dolce il sapore della vendetta.
<< Non hanno agito da soli, mio signore! >> squittì Guldo, non osando alzare lo sguardo verso Freezer, anche se così non si accorse del segno di tacere rivoltagli dal proprio Capitano.
“Oh-oh... le cose si stanno facendo proprio interessanti oggi, non è vero ragazzi?”
 << Hanno sobillato i Dominatori della Terra che alla fine si sono ribellati, e in poco tempo hanno messo fuori combattimento tutte le nostre guardie, sabotato le vie di comunicazione e fatto letteralmente a pezzi la miniera >>.
<< Le miniere sono campi di prigionia della massima sicurezza, entrare e operare indisturbati è impossibile. Come hanno fatto a infiltrarsi lì dentro senza che nessuno se ne accorgesse? >> domandò Zarbon, l’aria serafica di sempre che iniziava a incrinarsi, il peso della rabbia di Freezer troppo vicino a lui.
Di nuovo, Vegeta abbassò lo sguardo con espressione soddisfatta.
Vedere Freezer fremere di rabbia a quel modo – anche se non direttamente per causa sua – era comunque una scena indimenticabile, assolutamente epica.
Ginyu inghiottì amaro e scansò gli occhi del suo signore prima di continuare il resoconto << Pare che sia stata la Dominatrice della Terra, signore. >>
<< E come ci sarebbe riuscita, questa fantomatica ragazzina, a radere al suolo un intero campo di concentramento? >>
“Sempre a dare spettacolo, come al solito se non fa le cose in grande non è mai contenta, quella Bulma.”
<< I soldati sopravvissuti dicono che la ragazza usasse un Dominio particolare, lo hanno definito Dominio del Metallo, mio signore.>>
“Un’altra cosa che è sfuggita al tuo serrato controllo eh, Freezer?”   
<< Abbiamo aggiornamenti suoi loro movimenti? >>
<< No, signore, sappiamo solo che si spostano in volo.>>
Le narici di Freezer si dilatarono di rabbia, le mani afferrarono le braccia dello scranno così forte da scheggiare il ghiaccio spesso.
A Vegeta sarebbe piaciuto tantissimo, vedere quelle mani stringersi intorno ai colli flaccidi di Dodoria e Zarbon, ma ora stava fantasticando troppo, una cosa per volta.
<< Ma bene! >> affermò allora, e la luce che brillava nei suoi occhi non prometteva nulla di buono << Quindi, non solo vi siete fatti sfuggire l’Avatar sotto al naso, dopo aver distrutto una delle nostre basi più attive, ma adesso mi state pure dicendo che avete perso le sue tracce per via di qualche trucchetto da fenomeni da baraccone dei Dominatori dell’aria. Ho capito bene, capitano? >>
Ginyu si portò sull’attenti, sbattendo il tacco dello stivale a terra in segno d’assenso.
“Quell’idiota...”
<< Benissimo, mio signore.>>
<< Bene... >>
Vegeta fu il primo ad avvertirlo, forse perché era stato quello che in quella stanza era stato torturato più volte in quel determinato modo.
Il gelo divenne più intenso dentro la sala del trono - sembrò invadergli le ossa, mordergli la carne, ustionargli la pelle - e poi i membri della squadra speciale crollarono in ginocchio uno dopo l’altro, gli occhi sbarrati, le mani strette intorno alla gola mentre Freezer – alzatosi dal suo trono di ghiaccio – avanzava tranquillo verso di loro.
A vederlo, braccia incrociate dietro la schiena e spalle perfettamente immobili, nessuno avrebbe mai detto che stava usando un qualche dominio.
La luna doveva essere piena come una sfera quella notte, perché non sembrava nemmeno che il tiranno si stesse sforzando più di tanto per soffocare i membri della squadra speciale dominando il loro stesso sangue.
Se gli Dei fossero stati giusti, non avrebbero mai permesso che un simile potere cadesse nelle mani di mostri come Freezer, ma gli dei Dei non erano giusti e Vegeta aveva imparato a caro prezzo questa lezione.
Aveva nevicato sui mari caldi della Nazione del Fuoco la notte dell’attacco al Palazzo Reale, quando Freezer aveva dichiarato guerra alla sua gente, invadendo le loro acque con al seguito il suo esercito di Dominatori dell’Acqua.
Il fiordo si era ghiacciato, intrappolando e devastando le navi ancorate al porto, mentre la tempesta di neve aveva impedito alle loro mongolfiere e ai loro dirigibili di decollare.
Freezer non aveva lasciato loro alcuna via di fuga, li aveva intrappolati dentro i loro confini e aveva scatenato su di lui tutta la devastazione degli inverni gelidi del Nord.
Forse si sarebbero anche potuti salvare - i Dominatori del Fuoco erano da sempre stati considerati dei guerrieri formidabili, i più forti al mondo- se solo suo padre non fosse stato così sciocco da rischiare tutto per il suo orgoglio.
L’Agni Kai era la tradizione più antica e sacra della loro cultura, cosa di cui Freezer era ovviamente a conoscenza, così come di certo era a conoscenza dello smisurato orgoglio del Signore del Fuoco.
Lo aveva sfidato davanti ad entrambi gli eserciti schierati, una sfida all’ultimo sangue, e il Signore del Fuoco – sicuro del suo trionfo - aveva accettato.
Vegeta aveva sette anni quando aveva visto perire suo padre davanti agli occhi, la Luna Piena alta nel cielo, Freezer che non si era nemmeno dovuto sporcare le mani a dominare un po’ d’acqua e ghiaccio.
Il cranio di sua maestà era esploso come un melone colpito con un bastone nel punto giusto.
Lo sfidante straniero lo aveva ucciso dall’interno, dominando il suo sangue e facendogli implodere gli organi stretti dalla sua presa glaciale.
<< Adesso >> aveva proclamato trionfo, il viso pallido rivolto verso la Luna, le braccia spalancate << Sono io il vostro nuovo Signore.>>
Nessuno aveva fatto nulla per fermarlo, nessuno poteva.
L’Agni Kai era sacro e Freezer aveva vinto lealmente.
Ai loro occhi non sembrava più nemmeno un uomo, e da quel giorno cominciarono a circolare voci sul fatto che in realtà fosse un Demone di Ghiaccio, sputato fuori dall’oscurità degli abissi, per punire gli uomini dei loro peccati.
Ma Freezer non era un demonio, così come non era un Dio onnisciente, e questo era stato chiaro quando poco tempo dopo la morte del Signore del Fuoco, la profezia era stata annunciata – il vecchio Avatar Dominatore della Terra era morto, il nuovo Avatar era dunque nato proprio fra i dominatori del Fuoco – e Freezer aveva perso la testa, aveva fatto uccidere prima tutti i neonati, poi, non contento, aveva deciso che in fondo il pianeta poteva anche far a meno di tutti i dominatori del fuoco.
Lui solo, fra i suoi fratelli, era stato risparmiato, privato tuttavia del suo titolo e del suo onore, sfregiato pubblicamente come un segno di sottomissione di ogni abitante ancora in vita della Nazione del Fuoco.
Il messaggio che Freezer aveva voluto lanciare al suo popolo era stato chiaro: “se posso fare queste cose al vostro principe, pensate a che cosa sarei capace di fare a tutti voi.”  
 
Dopo quel giorno, ogni volta che si guardava allo specchio e vedeva il segno della sua sconfitta deturpargli il viso - un onta, un marchio che non avrebbe mai più potuto cancellare, strapparsi via dalla pelle - Vegeta si era ripromesso che in un modo o nell’altro un giorno avrebbe avuto la sua vendetta, che avrebbe fatto rimpiangere amaramente a Freezer il momento in cui aveva deciso di risparmiarlo, il giorno in cui aveva deciso di sottovalutare la forza del suo odio.
Anno dopo anno, aveva sopportato ogni genere di tortura, ubbidendo agli incarichi più umilianti, piegandosi ai suoi voleri, uccidendo per lui, sanguinando per lui, costretto a strisciare ai piedi del suo scranno di ghiaccio.  
Fino a quando, un giorno di sei mesi fa, non era arrivato alla base uno dei infiltrati nel Regno della Terra degli uomini di Freezer.
Per tanti anni il Re della Terra si era sentito invulnerabile, protetto fra le alte e possenti mura della sua capitale, Ba Sing Se, senza mai sospettare che la serpe si celava nel suo seno.
Grazie al tradimento dell’avaro Gelo e del suo gruppo di spie, i Dai Li, Freezer aveva messo in ginocchio ancora un'altra porzione di mondo, ma nemmeno il tiranno di ghiaccio sembrava essere in grado di prevedere tutto.
A quanto pare, aiutata da alcuni fedeli alla corona reale, la legittima erede al trono era riuscita a scappare prima della sua esecuzione, usando i tunnel di cristallo della città vecchia.
 A Vegeta era stato assegnato il compito di ritrovarla e riportarla da Gelo, ma gli eventi avevano preso una piega molto particolare una volta che fu arrivato nel Regno della Terra.
Infatti, non fu lui a trovare la ragazza ma fu lei a trovare lui, e per una ragione precisa.
Bulma Brief, ultima erede in vita al Trono del Regno della Terra, l’aveva denominata - con l’ironia pungente che tanto la caratterizzava - “La chiamata dell’Avatar”.
In sua compagnia, infatti, vi era un giovanissimo dominatore, di undici anni circa, dai tratti somatici tipici di chi era nato nella Nazione del Fuoco, occhi e capelli scuri come carbone.
<< Ti avevo visto arrivare... >> gli aveva rivelato il ragazzino con fare esuberante << Gli Spiriti mi avevano avvertito che ci saremmo incontrati presto. >>
<< Chi diavolo sei tu, moccioso? >>
<< Lui è Son Goku. >> gli aveva risposto Bulma in tono sferzante << E’ l’Avatar.>>
 Vegeta aveva fissato entrambi incredulo, prima di scoppiare a ridere loro in faccia.
<< L’ultimo Avatar di cui ho sentito parlare è morto pochi giorni dopo aver emesso il primo vagito. Non esiste nessun Avatar. È solo una leggenda.>>
A quel punto Bulma aveva sbuffato seccata << Dovevi proprio dirlo, non è vero? Ora gli hai fornito l’occasione giusta per fare spettacolo.>>
Prima che potesse comprendere a cosa si riferisse, Goku aveva già iniziato a dominare– anche se in maniera elementare – sia l’aria che il fuoco.
<< Ci credi adesso? >>
 
***

Il Tempio dell'Ovest dei Nomadi dell’Aria appariva come una sorta di castello al rovescio.
Vegeta aveva messo poco tempo a raggiungerlo, e nella solitudine del viaggio non aveva fatto altro che pensare all’espressione adirata di Freezer, e a quel pizzico di terrore che gli aveva letto negli occhi alla notizia che sì, la leggenda era vera, l’avatar era veramente tornato.
Ad attenderlo nel loro ritrovo segreto c’era Crillin, maestro del dominio dell’aria dell’avatar, poco più grande di Goku stesso.
Tra loro non correva esattamente buon sangue, ma la cosa, ai fini della loro missione, non aveva molta importanza e così cercavano quando potevano di ignorarsi a vicenda.
<< Dov’è Goku? >> gli chiese, non notando la presenza del ragazzino da nessuna parte.
Crillin, intento a sistemare le nuove scorte di cibo che aveva portato loro a bordo del suo dirigibile, si limitò a scrollare le spalle.
<< Lo sai com’è fatto. Di tanto in tanto salta sulla sua Nuvola Speedy e solo gli Dei sanno dove va a cacciarsi.>>
<< Si può sapere che cosa avete combinate alle Miniere di Kyoshi? Pensavo dovesse essere solo una missione di reclutamento e invece avete combinato un putiferio.>>
<< Le cose ci sono sfuggite di mano, ecco. Ma dovresti parlarne meglio con Bulma, visto che è lei che è andata in escandescenza. Ti avverto prima però, da quando siamo rientrati è davvero di pessimo umore.>>
Rimuginando, Vegeta si ritrovò suo malgrado ad attraversare i corridoi del Tempio diretto verso la stanza della ragazza.
Il comportamento di Bulma era strano, di norma, infatti, sebbene fosse una tipa impulsiva e un inguaribile testa calda, cercava sempre di rispettare i piani alla lettera. Soprattutto se erano i suoi piani, e tutti dovevano solo inchinarsi di fronte alla sua genialità.
Ripensò a una vecchia conversazione che avevano avuto qualche giorno dopo il loro primo incontro.
“Goku dice che aiutarlo a risvegliare lo Stato leggendario dell’Avatar e sconfiggere Freezer è il tuo destino. Ma ricordati sempre che il mio è quello di accertarmi che tu non commetta cazzate, chiaro?”
A quanto pareva però, adesso doveva essere proprio lui a ricordargli il suo posto.
Bussò due volte e la voce seccata della ragazza rispose << Non voglio vedere nessuno.>>
<< Sono io. >>
La sua peculiare chioma turchina sbucò fuori dall’uscio della porta pochi istanti dopo, prendendolo per mano e trascinandolo dentro la stanza per poi richiudere la porta.
Lo stupiva sempre, la familiarità con cui Bulma lo trattava, il modo in cui entrava e usciva dai suoi spazi nella maniera più disinvolta possibile.
All’inizio, quando l’idea di fare l’infiltrato alla base di Freezer era sbocciata nella mente della giovane e Vegeta aveva accettato ben più che volentieri pur di rompere le uova nel paniere del demone di ghiaccio, tutta quella confidenza l’aveva infastidito.
Bulma era fastidiosa.
Vegeta poteva capire l’astio che leggeva negli occhi di Crillin, e persino lo strano legame che da subito aveva legato lui e Goku, ma ciò che provava per Bulma era ancora oggi un mistero.
Per tanto tempo si era sentito come l’intruso della loro piccola gang, solo il soldatino al servizio di Freezer che passava loro le informazione, fino a quando Bulma una sera non gli aveva confessato << Dovresti smetterla adesso. Sta diventando troppo pericoloso per te, secondo me è arrivato il momento che resti insieme a noi e basta.>>
<< Quante volte ti ho detto di non darmi ordini, Bulma? Sono molto più forte di quello che credi.>>
<< Non lo capisci che mi preoccupo per te, stupido?! >> nel dirlo aveva afferrato il suo viso fra le mani e poi lo aveva baciato.
Vegeta l’aveva detestata ancora di più dopo quel giorno. Perché ora aveva qualcosa da perdere, ora inchinarsi di fronte allo scranno di Freezer, fingersi la sua fedele bestiola da tiro era diventato sempre più complicato, sempre più difficile.
Ma perché alle donne piaceva così tanto complicare le cose?
Soli nella sua stanza, Bulma lo invitò a sedersi sul letto insieme a lei, spalla contro spalla.
Dall’ultima volta che l’aveva vista i capelli le erano cresciuti ancora, e ora le cadevano sciolti come una cascata azzurra sulle spalle minute.
Quando era ritornato a palazzo, sei mesi fa, dalla missione che Gelo e Freezer gli avevano affidato, l’unica cosa che aveva riportato loro della Principessa del Regno della Terra era stato il suo sigillo reale e ciocche dei suoi capelli, oltre al corpo carbonizzato di una ragazza morta di febbre che avevano trovato in un villaggio e che le assomigliava.
Né Freezer né Gelo avevano sospettato nulla, e Vegeta aveva così dato il via alla sua nuova missione di spionaggio.
<< Che cosa è successo alla base? >>
<< Freezer mi ha ordinato di scovare l’Avatar.>>
<< Si fida di te a tal punto? >>
<< Non si fida di nessuno. Figurarsi di me. Mi ha messo subito Dodoria alle calcagna, ma seminare quel ciccione è stata semplice. >>
<< Sei troppo imprudente.>>
<< Hai pure il coraggio di dirlo dopo quello che hai combinato alle miniere di Kyoshi? Sul serio Bulma, c’era davvero bisogno di farle saltare in aria? Ti hanno pure vista usare il tuo dominio, quindi ora sanno che sei una Dominatrice del Metallo ed è un miracolo che nessuno ti abbia riconosciuto, mi dici per quale cavolo ti motivo hai compromesso l’intera missione? >>
Il cuore iniziò a pompargli più forte nelle vene quando sentì la fronte della ragazza appoggiarsi al suo petto.
<< Ho fatto quello che una vera principessa dovrebbe fare per il suo popolo. Ho ridato loro speranza. Le ribellioni si fondano sulla speranza, non lo sai? >>
<< Tu sei pazza da legare.>>
Vegeta percepì il suo sorriso sulla pelle, le sue labbra piegate sul suo collo, la sua nuca appoggiata al suo mento.
Bulma profumava di casa, qualcosa che Vegeta aveva sempre pensato di aver perduto tanto tempo fa insieme a ciò che restava del suo nome e di tutta la sua stirpe.
Si chinò a baciarla, ma lei allungò una mano verso la sua cicatrice, accarezzandola piano, dal sopracciglio sinistro ormai inesistente, fino a quel che era rimasto del suo orecchio.
Era stato Freezer, con il suo dominio del sangue, a costringerlo a autoimporsi quella maledizione, quel marchio di disonore sulla pelle, piegandolo ad usare il suo stesso dominio del fuoco contro se stesso.
<< Ti fa ancora male? >> gli chiese, in quel tono sorprendentemente dolce che sapeva tirar fuori di tanto in tanto.
Sì, la cicatrice aveva fatto male per tanto tempo, aveva devastato non solo il suo volto, ma anche l’animo del principe bambino che era stato una volta e per tanto tempo Vegeta aveva pensato che niente – nemmeno la sua tanto agognata vendetta – avrebbe mai potuto guarirlo da quella ferita.
Finchè Bulma, che portava sulla pelle le sue stesse ferite – l’assassinio di suo padre, la caduta del suo regno, l’umiliazione della sconfitta – non gli aveva mostrato che c’erano altri modi oltre all’odio con cui certe cicatrici se non cancellare si potevano almeno dimenticare.
Lei la chiamava speranza.

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Capitolo 3
*** LOST!AU ***


Capitolo tre: LOST!AU
 

<< Secondo te, c’è un motivo per tutto quello che ci è successo? C’è un motivo per cui è successo proprio a noi? O pensi che sia stato un caso... che sia tutta un enorme coincidenza...? >> Bulma non sa di preciso qual è la risposta che vuole sentirsi dire, non sa nemmeno se una risposta giusta a quella domanda esista, non sa nemmeno se sia lecito, arrivati a quel punto, dopo tutto ciò che avevano visto, porsi una domanda simile.
Erano passati 140 giorni ormai dal disastro aereo, e in quei 140 giorni in cui aveva dovuto rimboccarsi le mani e dire addio a tutto ciò che aveva sempre pensato le spettasse di diritto – privilegi, lusso, applausi, laboratori di ricerca – la sua percezione era andata distorta, si era ridotta alla linea sottile dell’orizzonte che definiva i confini dell’isola in cui il loro aereo era precipitato.
In un’altra vita, un’altra Bulma Brief non avrebbe mai pensato – e quasi le sembra di sentirla, la sua voce stridula da viziata ragazzina di città, gridarle impropri poco carini dal baratro della coscienza dove era stata rilegata - di potersene stare da sola, nel cuore della notte, sdraiata al fianco di un mercenario invischiato con la malavita mondiale, sperduta in un’isola abbandonata da Dio, a parlare di cose come il destino e la fede.
In un’altra vita – quella che era colata a picco insieme al loro dannatissimo volo -  avrebbe cercato di comportarsi come la brava ragazza che non era - il sorriso sempre brillante sulle labbra, il trucco perfettamente coordinato al suo outfit e mai un solo capello fuori posto – e uno come Vegeta lo avrebbe evitato come la peste, perché i cattivi ragazzi sono affascinanti certo, ma portano solo guai e no grazie!
Ma dopo tutti quei mesi passati a tentare ogni via di fuga possibile per scappare da quel luogo sperduto, dopo tutti quei mesi passati a sopravvivere, a combattere, e a vedere i propri compagni morire, si era al fine ritrovata a comprendere che c’erano cose su cui nemmeno lei poteva avere il controllo e che, anzi, era quella la vera illusione, di aver avuto nelle sue mani il controllo della sua vita.
Perciò adesso, caduta ogni certezza, una delle poche cose che davvero desidera – oltre magari, a un vasetto di burro d’arachidi, quello non sarebbe stato affatto male -  è lasciarsi cullare dall’illusione di un progetto prestabilito, di un qualche disegno provvidenziale che aveva fatto sì che quel 29 settembre si trovassero entrambi nel volo 815 diretti verso la Città dell’Ovest.
Era la linea sottile che divideva la coincidenza dalla fede, quella linea sottile che il suo cervello razionale, da brillante studentessa di Ingegneria Meccanica laureata con 110 e lode e bacio accademico all’università, ancora non riusciva ad afferrare appieno.
L’unica cosa reale, l’unica cosa di cui adesso – e al diavolo i vestiti alla moda, i galà, e tutte le sue favole da principessa perfetta salvata da un principe perfetto su un cavallo bianco – sentiva di avere davvero bisogno era Vegeta.
L’odore del suo corpo, il sapore della sua bocca, quella luce che gli accendeva gli occhi quando la guardava e le faceva battere forte il cuore.
E anche se una parte di lei, quella razionale, quella che ancora non aveva accettato tutto ciò che le era successo – lo schianto, il fumo nero, gli altri, le Stazioni Dharma – continuava ancora a chiedersi perché... quale era stato il giorno, l’attimo, il momento in cui la sua vita aveva iniziato a naufragare fino a condurla a quell’aereo porto, su quel maledetto aereo...sapeva bene che era la presenza di Vegeta al suo fianco a farle da ancora, a non farla uscire completamente fuori di testa.
Le sue braccia la stringono più forte al suo petto, con le dita lo sente giocare con ciocche sottili dei suoi capelli ormai secchi, e nella beatitudine di quelle ore che si sono ritagliati solo per loro, lontano dai disastri degli altri profughi, Bulma si perde ad ammirare il firmamento, la bellezza sfuggente di un cielo notturno che cela nel suo manto tutti i segreti della Terra, compreso il loro.
 Vegeta butta fuori un respiro stanco, prima di risponderle << Non so per quale motivo tutto ciò sia successo a una come te... >> e nel dirlo dispiacere e tormento giocano con il suo tono di voce, tanto che Bulma è costretta a spostare gli occhi dalle stelle e incrociare il suo sguardo, dove l’incertezza di un ragazzo che non ha mai avuto niente di bello che fosse caro al suo cuore, che aveva sì provato e sperato solo per essere lasciato indietro volta dopo volta, la ferì come uno stiletto appuntito piantato contro il petto.
Gli accarezza il contorno delle labbra con le punta delle dita, lasciandogli il suo tempo per terminare il discorso.
 << Ma so perché tutto questo è successo a uno come me. Questa è la punizione per tutto ciò che ho fatto. Questo è l’inferno che mi sono meritato.>>
Bulma non sa molto sulla persona che Vegeta era prima che finesse sul suo stesso aereo.
Ma ciò che sa per certo - e ha ormai capito che è questa la cosa realmente importante - è che se non fosse stato per lui – per dimostrargli che anche lei, che non era vissuta a pane e combattimenti clandestini come mister fatevi da parte arrivo io!, poteva essere abbastanza forte per sopravvivere a un disastro aereo, e utile tanto quanto poteva esserlo lui nella loro guerra aperta contro gli abitanti dell’isola e nessuno, neppure Vegeta, avrebbe mai potuto dirle cosa poteva o non poteva fare, questo era certo.
Se non fosse stato per la sfida a chi era più determinato a restare in vita che il ragazzo le aveva lanciato durante i primi giorni, molto probabilmente si sarebbe lasciata morire come una stupida.
Quindi, non aveva più alcun problema ad ammettere che era stato Vegeta – con il suo sarcasmo pungente, il suo atteggiamento da capo alfa, i suoi sicura di avere una laura in ingegneria, principessa? Perché non mi sembra che la tua radio stia andando proprio bene.  – a restituirle quella grinta, quella forza di volontà che inizialmente aveva pensato fosse andata in pezzi insiemi al loro fottuto aereo.
Lui non si era mai arreso, non si era mai abbattuto, testardo come un mulo aveva affermato che sarebbe riuscito a tirarsi fuori da quel posto di merda e Bulma, così come molti altri sopravvissuti allo schianto totale, gli aveva creduto.
Vegeta non sembrava affatto uno che diceva le cose tanto per dire, e le cicatrici sul suo corpo raccontavano la storia di un ragazzo che da sempre era stato addestrato a combattere, a sopravvivere.
Per quanto all’inizio avesse pensato che di sicuro non poteva essere una bella persona – e Dio, chissà per quale diavolo di motivo era su quell’aereo, chissà chi era, che era stato mandato ad assassinare nella Città dell’Ovest! – adesso, quando lo guardava, oltre le cicatrici, l’atteggiamento fiero ma scostante, lo sguardo sprezzante, riusciva a vedere anche qualcos’altro, qualcosa che era riuscita ad ammaliarla e ferirla al tempo stesso.
La storia di Vegeta era la storia di un soldato bambino, cresciuto in mezzo alla guerra, addestrato a rimanere estraneo ad ogni affetto perché in guerra ogni cosa a cui tieni può diventare la tua debolezza.
È questa la verità, la solitudine che legge nei suoi occhi ogni volta che lo guarda, era questo che l’aveva spinta sempre più vicina a lui, che l’aveva spinta a voler stare al suo fianco, come amica prima e come amante poi, per sperare di togliergli via di dosso tutta l’oscurità di una vita tristissima che si trascinava negli occhi.
Se un piano divino esisteva, se una qualche divinità al di là delle stelle aveva davvero voluto che loro si ritrovassero in quell’aereo porto, il 29 Settembre, entrambi diretti alla città dell’Ovest, nel volo 815, forse era perché lui era destinato a salvarla dalla catastrofe, così come lei era destinata a salvare lui da se stesso.
<< Hai perso la lingua? Niente discorso filosofico, sta sera? Mi sento quasi ferito... >> la prende in giro, afferrandogli il mento fra le dita, piegando le labbra in un sorriso cattivo, nonostante i suoi occhi siano divertiti.
Bulma si sporge a baciarlo, le loro gambe intrecciate frusciano sulla spiaggia calda che pizzica loro la pelle.
<< Oh, amore mio. Nessuno che abbia letto il Signore delle Mosche per più di sette volte di fila come hai fatto tu, può essere destinato a un qualche tipo di inferno.>> gli rivela a un soffio dalla sua bocca, sorridendo della sua espressione perplessa.
<< Perché? >>
<< Perché lo dico io.>>
 
 FINE#3
 

  NOTE DELL’AUTRICE: finalmente, si spera, riesco a terminare il tutto in un orario decente da permettermi di scrivere anche queste benedettissime note.
Allora, cominciamo dalle cose importanti: l’idea per questa raccolta mi è venuta grazie alle bellissime FAN ART realizzate da RUTBISBE che a novembre dell’anno scorso ha avuto questa bellissima idea di postare un Immagine al giorno, da lei realizzate, ritraente Bulma e Vegeta in 30 Universi Alternativi.
Da lì, mi sono detta: perché no? Proviamo a fare quasi la stessa cosa con delle One-shot e utilizzando, ovviamente, dei Fandom assenti dalla raccolta dell’artista.
Probabilmente non sarò costante e non riuscirò a pubblicare tutte le storie in tempo per problemi di impegni vari, ma pazienza! Il tutto è nato perché stavo in blocco e avevo bisogno di qualcosa che mi aiutasse ed eccoci qua.
Nel primo capitolo ho provato a fare la simpatica, e spero di avervi fatto scappare qualche risata mischiando il mondo di Dragon Ball a quello di Card Captor Sakura. In questa One-shot mi sono sforzata per cercare di arrivare a uno stile più da “anime” possibile, eliminando un’introspezione eccessiva e cercando (fallendo?) di tirar fuori un lato più “comico”.
Non volevo inoltre rendere Bulma e Vegeta come le due copie spiccicate di Sakura e Shaoran, perciò ho provato a caratterizzarli alla loro maniera, con una Bulma che non vede per quale motivo debba prodigarsi tanto per qualcosa che non le interessa minimamente e un Vegeta che deve dimostrare sempre e comunque di essere il migliore.  
Nella seconda One Shot, invece, ci ritroviamo in uno dei miei universi alternativi preferiti, ovvero quello di Avatar, l’ultimo dominatore dell’aria.
La storia di Vegeta è uguale e al tempo stesso estremamente diversa da quella del Principe Zuko (tutti e due vogliono riscattare il loro onore, ed entrambe le loro storyline si basano sul tema della redenzione, della scoperta di se stessi.) Mentre Bulma è un mix fra Toph e Katara, in particolare da quest’ultima viene ripresa la questione della speranza (perché i discorsi di Katara sulla speranza sono leggendari). Invece la sua battuta, quella in cui dice “tutte le ribellioni si fondano sulla speranza” è un Cit. di Rouge One di Guerre Stellari.
Passando ora alla Terza One-Shot (quella che fino a questo momento, almeno, mi piace e mi convince di più) l’universo alternativo scelto è quello di LOST, che per chi non lo sapesse è una Serie TV che parla di questo gruppo di persone disperse su un’isola dopo un disastro aereo.  
Tutta la Serie TV ruota, appunto, intorno a questa linea sottile fra credere che le cose avvengano per puro caso, oppure credere che tutti noi abbiamo un qualche strano destino da realizzare, che ci attende da qualche parte.
Questo scontro fra fede e scienza ho cercato di riportarlo nei pensieri di Bulma, cercando comunque di pensare lo stesso non in maniera troppo filosofica, ma in coerenza con il carattere del personaggio.
Dentro il capitolo ci sono Cit. dei personaggi, come “nessuno può dirmi cosa posso o non posso fare!” del mio amato John Locke, e altre cose come il riferimento finale al “Signore delle Mosche”, libro che viene citato un sacco da Sawyer dentro la serie.
In fine, grazie a tutti per essere arrivati a leggere sino a qui, spero di poter ricevere le vostre opinioni, positive o negative che siano, in merito a questa raccolta!
Alla prossima.

BellaLuna



 

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Capitolo 4
*** Victoria!AU ***


Capitolo Quattro: Victoria!AU



A un passo da una gigantesca crisi di nervi, Bulma provò a seminare le chiacchiere inutili di sua madre barricandosi nelle sue stanze, ma quel giorno nulla sembrava avere effetto su di lei, o dissuaderla dai suoi intenti malvagi.
<< I principi e lo zio arriveranno domani pomeriggio, Bulma! >> esordì, dopo che - senza essere nemmeno stata invitata- aveva letteralmente fatto irruzione in camera sua.
Se avesse potuto, Bulma avrebbe urlato esasperata, per poi staccarsi la coroncina di diamanti dalla testa e gettargliela contro, ma questo atteggiamento sarebbe stato imperdonabile e oltremodo indecoroso.
Non era più solo una ragazza ormai, ma la Regina del Regno della Città dell’Ovest e doveva comportarsi di conseguenza.
<< Ve l’ho già detto, madre! Non sposerò mai il principe Vegeta, qualsiasi cosa voi possiate dire o fare la mia decisione non cambierà.>>
<< Ma perché mai? Perché devi sempre essere così ostinata? >>
<< Perché non ho bisogno di un altro stupido pretendente pronto a sbavare sulla mia corona, e intanto giudicarmi con sufficienza solo perché sono una donna! >>
Bulma non pensava fosse una cosa così difficile da capire. Più aveva a che fare con queste cose, più era convinta che il matrimonio non fosse qualcosa di adatto a una come lei.
Qual era il problema in fondo? Molte altre Regine avevano regnato nella Città dell’Ovest senza avere un marito ben prima che lei nascesse.
Dopo che sua madre Anna Bolena venne decapitata per alto tradimento, sua figlia la Regina Elisabetta decise che non avrebbe mai sposato un uomo e sposò invece il suo paese.
Ecco, quello era il modello di regina a cui Bulma aspirava da sempre, mentre l’unica cosa che sua madre invece aveva sempre voluto era metterle un guinzaglio intorno al collo.
Come se non fossero già stati abbastanza tutti quegli anni passati nella completa solitudine di Kensington, facendo finta di non sentire i complotti che Lord Gelo sussurrava a sua madre nelle orecchie, tutte le volte in cui l’aveva chiamata sciocca ragazzina, tutte le volte che aveva riso di lei alle sue spalle, che fosse per la sua goffaggine o perché a diciassette anni era ancora bassa come una bambina.
No, non avrebbe mai più permesso a nessuno di farla sentire a quel modo, un giocattolo, una bambola stupida nelle mani di qualcuno che credeva di poter avere il controllo dei suoi pensieri, della sua voce.
Per smaltire la rabbia cominciò a fare avanti e indietro per la sua stanza, intanto che la lady sua madre si accasciava su una poltrona con fare sfinito.
<< Bulma... >>
Il tono che usò per richiamarla, quel tono che Bulma tanto odiava perché per tutta la sua vita era sempre riuscito a farla sentire così piccola e inesperta e inadeguata a tutto, fece al fine scattare la molla, sciogliendole la sua celebre lingua biforcuta.
<< Ditemi perché mai dovrei sposare Vegeta?! >>
Sua madre alzò il mento con fierezza, iniziando a sventolarsi con uno dei suoi ventagli << Perché a ogni donna serve un marito, persino a una regina.>> le rispose, come se fosse ovvio, come se lei fosse troppo limitata per capirlo da sola.
“Povera, piccola, stupida, Bulma…”
Le sfuggì un verso sprezzante, mentre reprimeva la voglia di spaccare tutto, stringendo troppo forte le gonne del suo ampio vestito << Ma certo! Così da poter avere un uomo sempre pronto a ricordarmi come dover essere o non essere una buona Regina, giusto madre? >>
La lady sua madre aprì la bocca per replicare e poi la richiuse, preferendo non cedere alle sue provocazioni e provò subito a deviare il discorso dove voleva << Tuo cugino Vegeta è un giovane molto affascinante, sai? Inoltre ho sentito dire che è anche estremamente... >>
<< Noioso! >> riuscì a interrompere la sua sviolinata prima che iniziassero a sanguinarle le orecchie << Sempre in silenzio, in disparte, con quell’aria severa, come se fosse l’unica persona intelligente presente nella stanza e nessuno fosse all’altezza della sua regale considerazione.>>
C’era un modo che la sua guardarobiera Chichi aveva utilizzato una volta per definire un atteggiamento del genere, qualcosa che aveva a che fare con il bastone di una scopa e il didietro di qualcuno, ma Bulma non detestava sua madre a tal punto da usare un simile linguaggio in sua presenza per poi vederla morire di infarto nella sua stessa stanza.
Comunque, Vegeta era veramente troppo rigido e legnoso per i suoi gusti.
Non sorrideva mai. Probabilmente non era nemmeno capace di farlo.
Stavolta, sua madre non riuscì a trattenere un sospiro esasperato, sbuffando come una vecchia teiera, prima di alzarsi e venirsi a piazzare davanti a lei, e provare a calmare posandole le mani sulle spalle.
<< Ti chiedo solo una possibilità, Bulma, un incontro formale. Domani il Principe Vegeta e il Principe Goku saranno qui accompagnati dallo zio Beerus, e l’unica cosa che voglio é che tu li accolga nel modo più consono a una Regina.>>
La giovane si staccò dalle mani delle madre in malo modo, come il suo tocco le bruciasse la pelle.
C’era stato un tempo in cui tutto quello che avrebbe voluto era il tocco gentile di sua madre, ma lei era troppo occupata a complottare alle sue spalle insieme a Lord Gelo per ottenere la reggenza per accorgersene. E adesso era troppo tardi.
<< Non ho bisogno che tu mi dica come fare ad accogliere gli ospiti nel mio palazzo! >> puntualizzò, ma quel giorno sua madre non sembrava proprio in vena di mollare la presa e continuò a incalzarla << Quindi lo incontrerai? >>
C’erano solo due modi in cui poteva sbarazzarsi di lei in quel momento, ragionò Bulma, uno era davvero spiacevole e poco elegante, l’altro era far finta di aver ceduto sulla questione.
Scelse il secondo perché aveva passato tutto il giorno a discutere di guerra con il primo ministro e ora aveva solo voglia di uscire fuori dal suo corpetto e mettersi a dormire.
<< D’accordo. Domani concederò al principe Vegeta un incontro. Ma solo uno.>> il volto di sua madre si illuminò all’istante e il suo trillo di gioia si diffuse in tutta la stanza.
<< Oh, tesoro, come sono felice! Sono sicura che non te ne pentirai affatto! Che felicità! >>
“Non me ne pentirò affatto... come no...”
Bulma sapeva bene come sarebbe andata a finire. Vegeta l’avrebbe guardata e non avrebbe visto nient’altro che il partito migliore sulla piazza internazionale.
L’avrebbe guardata e avrebbe visto solo un trono e una corona.
Non avrebbe mai visto una donna, non avrebbe mai visto la vera lei.

***
 
Il principe Vegeta, quarto del suo nome, ricordava bene l’ultima volta che era stato in compagnia dell’allora ancora principessa del Regno della Città dell’Ovest.
Avevano quattordici anni e si erano stati antipatici quasi fin da subito, lui troppo abituato a starsene per i fatti suoi, dedito ai suoi studi o ai suoi esercizi di scherma, e lei invece a chiacchierare vivacemente con chicchessia, a fare battute di spirito, a danzare e cantare e suonare e a dedicarsi a tutte quelle altre attività che Vegeta aveva sempre trovato particolarmente inutili.
In comune avevano poco o niente – in realtà non è che si fossero sforzati poi tanto per conoscersi meglio quattro anni fa – ed era evidente che erano entrambi due persone molto orgogliose.
Nessuno dei due avrebbe mai davvero fatto il primo passo – di sicuro non lui, dopo che Bulma lo aveva così sfacciatamente umiliato quella volta che aveva rifiutato di danzare con lei.
“Cosa vi succede, mio principe, avete per caso due piedi sinistri? O forse non siete capace di memorizzare pochi semplici passi?”
Dio, quanto sapeva essere odiosa.
<< Io e Bulma non siamo compatibili! >> aveva provato a far ragionare Beerus, durante il viaggio in carrozza che li avrebbe portati a Buckingham Palace, percorrendo i viali dagli alberi ancora spogli e ricoperti da cristalli di ghiaccio per via delle ultime gelate invernali.
Suo zio lo aveva guardato con quel suo sguardo che prometteva solo morte e distruzione totale. Seduto alla suo sinistra, Goku invece aveva trattenuto una risatina, quel traditore.
<< Sposare la Regina Bulma è il tuo destino, Vegeta. Mettitelo in testa una buona volta e smettila di seccarmi. I viaggi in carrozza già mi annoiano a morte, senza che tu ci metta anche il tuo.  >>
<< Lei non mi sopporta, e l’antipatia è reciproca! >>
<< Oh, Vegeta andiamo, non sarai ancora seccato per quella volta che ti ha costretto ad indossare quell’uniforme imbarazzante, non è vero? >>l’unica dote che Goku avesse mai dimostrato d’avere da quando era nato, pareva essere quella di aprire la bocca solo per rendere situazioni spiacevoli ancora peggiori.
<< Sta zitto, Kakaroth. Non capisci niente.>>
<< Accidenti, se penso alla faccia che avevi quando ti ha detto quelle cose al ballo... >>
<< Ti ho detto di stare zi- >>
<< Smettetela tutti e due! Non mi importa niente di quello che è successo quattro anni fa, Vegeta. Il passato è il passato, ma questo è il tuo momento, e sappi che non accetterò nessun fallimento da parte tua. Entro la fine della settimana tu dovrai convincere quella benedetta ragazza a chiederti di sposarti, ti è chiaro o no? >>
Vegeta represse da un lato la voglia di spaccare la faccia a Goku – lui e quella sua cattiva abitudine di metterlo sempre in imbarazzo, quel deficiente! – dall’altra quella di scaraventare suo zio fuori dalla carrozza Reale.
Se ci teneva tanto, perché non la sposava lui Bulma?
I suoi occhi gialli lo scrutarono a fondo, pericolosi come quelli di un felino che sta per fare un balzo sulla sua preda.
Che strazio!
Il giorno in cui si sarebbe finalmente liberato della sua presenza non sarebbe mai arrivato troppo presto.
<< D’accordo. Ho capito. >>
Tanto sapeva già come sarebbe andata a finire.
Bulma gli avrebbe rivolto giusto un’occhiata, qualche parola di cortesia, per pura educazione, e poi entrambi avrebbero ricominciato a ignorarsi come sempre.
Per quel che lo riguardava, poteva anche tenersela la sua benedetta corona!
 
***
 
L’incontro si era al fine svolto quasi in maniera indolore.
Vegeta aveva solo criticato il suo modo di suonare –dovreste allenarvi di più durante il giorno, maestà – e il fatto che facesse sempre troppo freddo nel loro benedetto paese, e per il resto, come si era aspettata, era rimasto per la maggior parte di tempo in disparte, vicino al caminetto acceso, e in perpetuo silenzio.
In silenzio a fissarla.
Un tempo l’aveva guardata come si guardava una bambina che aveva dimenticato di fare i compiti a casa e per questo si meritava di finire in punizione in un angolo, a meditare profondamente sui suoi sbagli da mocciosa maldestra, e quell’atteggiamento le aveva dato sui nervi.
Mentre quella sera, c’era stato qualcosa di diverso nel suo sguardo, qualcosa di nuovo.
L’unica vera conversazione che avevano tenuto per più di qualche minuto riguardava la politica e lui si era dimostrato interessato ai suoi discorsi come anche alle sue opinioni, e le aveva dato risposte concise ma sincere, senza lusingarla ma senza nemmeno dargliele tutte vinte.
Era stato piacevole, per quanto breve.
Qualcosa che non si era minimamente aspettata.
E c'erano anche stati dei momenti, (quando le loro mani si erano sfiorate, per esempio), in cui Bulma, nonostante i gelidi spifferi invernali che penetravano dalle finestre, aveva sentito un'ondata di calore prendere vita dal suo ventre fino a colorarle di rosso acceso le guance.
<< Pensi che il principe sia bello? >> chiese a Chichi quando ormai si fu ritirata nelle sue stanze, mentre la ragazza l’aiutava a spogliarsi per mettersi a letto.
<< Non mi sembra appropiato da parte mia, vostra altezza... >>
<< Su, rispondimi e basta, per favore.>>
<< D’accordo, allora sì, maestà, il principe è davvero un bel giovane.>>
Bulma alzò prima un piede e poi l’altro, aiutando Chichi a sfilarle la gonna.
<< Ma non sorride mai... >> ragionò ad alta voce, e almeno quella era una cosa che non era cambiata.
Era stato sempre un ragazzino serio, Vegeta, e qualunque cosa Bulma facesse nulla sembrava poter scheggiare il suo perfetto aplomb.
Vedendola sopra pensiero, Chichi le lanciò uno sguardo d’intesa << No, non sembra qualcosa a cui il principe sia molto abituato.>>
Come spesso le accadeva quando erano sole la sera lei e Chichi - e la corona scivolava via dal suo capo, permettendo alla ragazza che era in lei di riemergere - Bulma lasciò che la sua bocca parlasse prima che il suo regale cervello le desse il consenso << Per questo vorrei che lo facesse almeno una volta per me.>> e lo sguardo vagamente malizioso che Chichi le rivolse, bastò a farle andare a fuoco le guance.
<< Deduco, vostra maestà, che anche voi abbiate notato un certo non so che nel principe, dico bene? >>
 
***
 
<< Lei ti piace un sacco, non è vero? >>
Vegeta era immerso nella lettura di un buon libro, quando Goku il fastidioso era rientrato all’attacco.
Adesso non poteva starsene in santa pace nemmeno nella sua stanza, maledetto lui.
<< E’ decente, ecco... >>
<< Decente? E tu intendi conquistare il suo cuore in questo modo? Limitandoti a qualche risposta laconica durante una conversazione noiosa, e a fissarla come se volessi strapparle i vestiti di dosso? >>
Se avesse potuto aprire una buca sul pavimento e seppellirsi lì dentro, in quel momento Vegeta l’avrebbe fatto più che volentieri.
Dio, perché fra tutti i cugini a lui era capitato quello più deficiente?
<< Punto primo, Kakaroth, la politica non è noiosa, sei tu che non la capisci, è diverso. Punto secondo io non la stavo fissando affatto.>>
<< Si, come no. Il suo petto era giusto in direzione del tuo sguardo allora? >>
<< Precisamen- no! Voglio dire, certo che non era- ma te ne vuoi andare una buona volta! >> gli lanciò contro il libro, e il ragazzo lo schivò ridendo divertito.
<< Va bene... va bene... stai calmo. Comunque, lo vuoi un consiglio spassionato? >>
<< No.>>
<< E io te lo dico lo stesso. Se proprio non riesci a tirar fuori la vena poetica che è in te, allora non limitarti a fissarla e basta, ma agisci. Falle vedere che tieni a lei.>>
Vegeta gettò il capo all’indietro con fare esasperato.
Agire e basta. Dimostrare a Bulma che teneva a lei. Era più facile a dirsi che a farsi.
Non appena Goku abbandonò la stanza, Vegeta si buttò a capo fitto sul suo letto e, una volta chiusi gli occhi, ripensò all’incontro avvenuto quel tardo pomeriggio con la Regina.
La sua bellezza era un fatto evidente, chiunque a guardarla ne sarebbe rimasto rapito, con quella pelle liscia e levigata, gli enormi occhi azzurri, le labbra piene e quel modo furbo che aveva di sorridere quando stava per lanciare una delle sue leggendarie battutine sarcastiche.
Ma c’era dell’altro, qualcosa che forse prima non era stato capace di cogliere in lei perché l’ombra di sua madre e di Lord Gelo non le avevano permesso che emergesse del tutto.
Bulma era una monarca appassionata, intelligente, attenta.
Aveva conquistato la fiducia dei ministri, combattuto i pregiudizi che gli altri nobili avevano sul suo ruolo in quanto donna, e dimostrato da sola di poter essere forte e compente e indipendente tanto e forse meglio di un Re.
Se un tempo la principessa Bulma – dispotica e volubile – era stata la persona più lontana a quella che, un giorno, lui avesse mai voluto avere al suo fianco per il resto della sua vita, la Regina Bulma era tutta un’altra storia.
E non per quella benedetta corona, o per il potere a cui mirava lo zio Beerus, ma perché lei era vera.
Bulma non mentiva, non aveva schemi, non indossava alcuna maschera e sapeva comunque essere la più scaltra fra i monarchi e al tempo stesso la più divertente, intelligente, sensibile giovane donna che avesse mai conosciuto.
Quindi, forse Goku aveva ragione – quale miracolo! – ed era arrivato davvero il momento d’agire.
Forse, piani per la conquista del mondo a parte, persino Beerus aveva avuto ragione.
Sposare Bulma era il suo destino.
 
 
FINE#4



NOTE DELL’AUTRICE...
Rieccomi anche oggi con una nuova storia e un nuovo universo alternativo che spero vi siano piaciuti :)
Il fandom scelto per oggi è quello della Serie TV Victoria, e molti dei dialoghi qui presenti sono ripresi proprio dal telefilm, quindi stavolta mi sono davvero mantenuta molto fedele all’originale.
Victoria e Albert a me ricordano davvero molto Bulma e Vegeta, perciò non mi sono davvero dovuta sforzare più di tanto per immaginare i nostri due protagonisti in queste loro versione ottocentesche.
Spero che il risultato vi sia piaciuto e di poter leggere qualche vostra opinione a riguardo.
Alla prossima!

BELLALUNA

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Capitolo 5
*** TheVampireDiaires!AU ***


Capitolo Cinque: TheVampireDiaries!AU




Da quando i suoi amici avevano scoperto del debole che Vegeta aveva per lei, ogni scusa pareva essere quella buona per spedirla a casa sua – nella sua gigantesca e principesca maison – per tenerlo a bada, mentre loro si cacciavano in qualche pasticcio gigantesco, che normalmente comprendeva il triangolo amoroso Goku/Chichi/Radish, creature assetate di sangue e piani per la distruzione totale del pianeta.
Proprio per questa ragione, le aveva spiegato Goku con la sua innocentissima faccia da schiaffi, non avevano certo bisogno che Vegeta ci mettesse pure il suo, risvegliando la bestia assetata di sangue che dimorava in lui, e che riusciva a nascondere così bene sotto quei lineamenti tanto belli quanto letali.
L’ibrido originale, quando scatenato, poteva essere peggio di tutte le creature soprannaturali psicopatiche che circolavano in giro, così, mentre Goku e Radish partivano alla ricerca di una qualche miracolosa Cura per il Vampirismo per riconquistare il dolce cuore della bella Chichi, a Bulma spettava invece il lavoro sporco e... grazie tante per la gentile considerazione, amici, davvero!
Ora, Vegeta era una piaga sulla terra, e su questo nulla da dire, tutti d’accordo, ma per qualche strana e incomprensibile ragione dell’universo di cui tutti quanti ancora si stavano chiedendo l’origine, la sua sete di sangue pareva placarsi quando c’era Bulma nei paraggi.
E se il suo atteggiamento malizioso nei suoi confronti all’inizio l’aveva infastidita e basta, adesso c’erano volte in cui Bulma si sentiva lusingata dai suoi lunghi sguardi malcelati, dai rari sorrisi che sembrava rivolgere solo a lei,e dall’attenzione che mostrava sempre per tutto ciò che la riguardasse.
Una volta, durante una delle sue missioni “seduci e distrai” si era ritrovata affamata dentro una banca del sangue, e Vegeta aveva estratto da uno dei tanti frigoriferi una busta di finissimo 0 negativo senza che lei gli avesse neanche fatto accenno alla cosa.
E quando lo aveva fissato con un’espressione piacevolmente sorpresa, l’originale aveva sogghignato, rivelando due fossette alle guance davvero molto carine.
<< 0 negativo è il tuo preferito, non è vero? >>
Se fosse stata ancora umana Bulma era certa che sarebbe arrossita come una ragazzina, e avrebbe sentito il cuore battere furiosamente contro la gabbia toracica, maledetto lui.
Così, si era finta interessata allo smalto mangiucchiato delle sue unghie e con fare impettito aveva accettato la sacca di sangue che Vegeta le stava porgendo << Non mi dispiace.>> aveva risposto, ma il ghigno diabolico del leggendario ibrido originale non aveva accennato a sparire dal suo volto marcato, rendendolo ancora più dannatamente affascinante.
Da quell’episodio, Bulma aveva cercato di tenersi più lontana possibile da Vegeta, terrorizzata dall’idea di poter sviluppare una qualche sorte di attrazione nei suoi riguardi, se non peggio.
Che cosa sarebbe successo se Vegeta avesse cominciato a piacerle sul serio?
Proprio Vegeta del resto, lo stesso crudele vampiro che aveva ucciso senza pietà alcuni fra i suoi amici, e che era stato in giro a seminare morte e distruzione da mille anni a quella parte?
Inoltre, fra le tante cose, l’originale era anche stato la causa della sua rottura con Yamcha, che era partito per non sapeva dove nella speranza di liberarsi dall’asservimento a cui Vegeta lo aveva imposto, come lupo alfa.
Insomma, era tutto un gran macello, come se avere sedici anni ed essere un vampiro non fosse già strano abbastanza, non fosse già troppo da sopportare per chiunque.
Inoltre, non perché era morta soffocata a causa della doppelganger psicopatica della sua migliore amica, Bulma aveva intenzione di rinunciare alla sua brillante carriera accademica.
Questo mai: l’università della città dell’Ovest aveva ancora un posto riservato con il suo nome scritto sopra e lei aveva tutta l’intenzione di arrivarci quanto prima, e lasciarsi tutti i problemi di Paoz Falls alle spalle.
Nessuna apocalisse avrebbe mai potuto fermarla, e nemmeno nessun incredibilmente pericoloso e attraente ibrido originale dal passato tormentato.
Per tanto, non appena Goku l’aveva chiamata quella mattina di sabato spiegandole i dettagli della loro nuova ultimissima e altamente scema missione eroica per la conquista del cuore di Chichi, lei aveva già ideato un piano con cui unire l’utile a-comunque- una sorta- di parvenza- di dilettevole.
Così, messasi addosso qualcosa di carino – e non certo per Vegeta, chiaro, ma perché, semplicemente, le piaceva essere una ragazza attenta alla moda – e un filo di trucco, aveva bussato alla porta dell’originale, il quale non si era mostrato neanche così colpito dalla sua improvvisata.
Forse sospettava già qualcosa – del resto i piani di Goku erano tutto tranne che furbi- ma comunque le mostrò il suo ghigno affascinante quando la accolse in casa sua.
<< Che cosa ti porta qui questa mattina, Bulma? >>
Il modo in cui pronunciava il suo nome riusciva sempre a darle piccoli brividi lungo la schiena.
Ma perché doveva avere quell’effetto su di lei? Perché doveva avere una voce così piacevole?
Con fare studiatamente disinvolto, Bulma si sedette su una delle sedie intorno al tavolo della sua grande sala da pranzo, per poi iniziare a tirar fuori dalla borsa raccoglitori e quaderni degli appunti.
<< Durante l’alto medioevo la lingua più parlata in Europa era ancora il latino. Per tanto, visto che tu sei il vampiro più vecchio che conosco, oggi sono qui per sfruttare le tue conoscenze sull’argomento, e prendere una bella A nel compito di lunedì.>>
Vegeta si fermò a guardarla appoggiato allo stipite della porta, braccia e gambe incrociate, le sopracciglia corrugate in un’espressione scettica che Bulma trovò giusto un pò tenera, giusto un pochino.
 << Sei venuta qui per studiare? >>
Con l’espressione più angelica che riuscì a mettere su, sbattete le ciglia e annuì << Esatto.>>
La sua vista soprannaturale colse il sorrise divertito che l’ibrido si era lasciato sfuggire per qualche secondo, prima di scuotere la testa con fare esausto e avvicinarsi di più alla sua nuova postazione di studio.
Il suo odore sapeva di colonia maschile, erba tagliata e sangue, una miscela che Bulma trovava inspiegabilmente eccitante.
Vegeta si portò alle sue spalle, le braccia che la circondavano quando posò le mani sul piano del tavolo e con aria minacciosa – quasi il suo libro di letteratura latina potesse trasformarsi in una pericolosa bestia assassina - esaminò per qualche secondo tutti i suoi quaderni di appunti sparsi per il tavolo.
Avendolo così vicino, Bulma non potè evitare di rimanere imbambolata a fissarlo come una stupida.
La camicia blu gli aderiva perfettamente al petto, evidenziando le spalle larghe e i fianchi stretti, e le mezze maniche lasciavano inoltre scoperte le braccia muscolose, con le vene ben in evidenza.
Mai come allora Bulma fu felice di essere una vampira, perché se fosse stata ancora umana di sicuro il suo cuore avrebbe battuto così forte nel petto da farle venire un infarto.
La cosa peggiorò quando alla fine Vegeta riportò i suoi occhi scurissimi sui suoi, fissandola come se sapesse benissimo quali porcherie le stavano passando in quel momento per la testa.
Per un attimo, quando il suo sguardo si spostò velocemente dal suo, posandosi sulle sue labbra dischiuse, la ragazza pensò che stesse per baciarla e... Dio, che cosa avrebbe fatto se avesse davvero provata a baciarla?
“Sei fottuta, Bulma. Sei proprio fottuta.”
Invece la luce calda negli occhi di Vegeta tutto un tratto si incupì – come se un pensiero pericoloso avesse sfiorato la sua mente, facendogli scattare una qualche sorta di campanellino d’allarme – e ciò basto a spezzare l’incantesimo in cui era precipitata.  
<< E perché dovrei darti una mano? >> le chiese, facendo un cenno del mento ai suoi appunti sul tavolo.
Bulma cercò di recuperare un’espressione perfettamente innocente, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio << Per passare una piacevole giornata in presenza della mia preziosa e super richiesta compagnia. Ti sembra poco? >>
Per qualche secondo, Vegeta tornò a scrutarla accigliato, i muscoli delle braccia tesi, come se avesse paura che dalla sua borsa oltre agli appunti di letteratura nascondesse anche un paletto di quercia bianca pronta a colpirlo alle spalle.
Ma poi il suo sguardo si addolcì di nuovo, e il solito ghigno arrogante ritornò ad arricciargli le belle labbra.
<< Vado a prendere qualcosa da mangiare, allora. Presumo che sarà una sessione di studio molto intensa.>>
Bulma fece finta di ignorare l’allusione a sfondo sessuale e cominciò a mettere in ordine la sua roba.
<< Buona idea. Il mio cervello da adolescente morta ha bisogno di rifornimento.>>
<< Ti hanno mai insegnato a dire per favore o grazie? >>
<< No. Ma nemmeno a te, da quando ricordo, mister “mi prendo quello che è mio”, e “ucciderò ogni persona che ami se non farai come ti dico”. >> provò un imitazione poco ben riuscita dalla sua voce profonda da “Big Bad”, pentendosi l’attimo seguente perché Vegeta non era suo amico, avrebbe potuto incazzarsi sul serio e farla fuori.
Invece, il giovane la guardò e sorrise – un sorriso vero stavolta, con fossette in bella mostra ed espressione rilassata e tutto il resto – e alzò le braccia in segno di resa.
<< Touché.>>
 


FINE#5
 
 

NOTE DELL’AUTRICE…
Ciao a tutti!
Allora, anche il quinto capitolo è giunto al termine.
Il fandom scelto è quello di The Vampire Diaries, anche se qui non troviamo nessun triangolo amoroso, bensì una versione Bulma e Vegeta di Caroline e Klaus (perché la Klaroline regna, e né ora né mai avrei potuto associare Bulma e Vegeta ai Delena, sorry per tutti gli amanti di questa celebre coppia, ma per me è proprio no! XP).
Domani forse non riuscirò a postare in tempo per via di impegni vari, nel qual caso spero di riuscire a postare due Capitoli giorno sette in maniera tale da potermi rimettere in pari ;)
Grazie per chi è arrivato a leggere fin qui, spero di poter ricevere qualche vostra opinione a riguardo <3
Alla prossima,
BellaLuna

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Capitolo 6
*** LaBellaAddormentataNelBosco!AU ***


Capitolo Sei: LaBellaAddormentataNelBosco!AU




Introduzione: A causa di un’antica maledizione che si trasmette al ramo femminile della sua famiglia, Bulma è destinata a morire prima che il sole tramonti nel giorno del suo sedicesimo compleanno.
Così, nella speranza che nascondendo la bambina per tempo, la maledizione del Mago Babidi non si realizzi, i suoi genitori l’hanno affidata nelle mani di tre illustrissime divinità, Whis, Beerus, e KaioShin, i quali hanno deciso di crescere la bambina insieme nella solitudine del loro pianeta, sperando che i lacchè soggiogati da Babidi non siano in grado di trovarla.

 
***


Il pianeta Namecc non sembrava alla fine essere così diverso da quello in cui Bulma era cresciuta, il pianeta dei Kaioshin.
C’erano tre grandi satelliti, la cui massa si stagliava su un cielo sempre verde, e vi erano degli alberi a fusto alto sparsi un po' ovunque, grandi foreste rigogliose dal fogliame interamente blu.
L’aria non era nociva, non aveva avuto bisogno di indossare la maschera per l’ossigeno che per ogni evidenzia aveva portato con sé quando aveva deciso di rubare la navicella di Whis.
Fra i tre tutori divini che l’avevano accudita sin da quando era una neonata, Whis era sempre stato quello a cui voleva più bene, quindi si sarebbe dovuto sentire in colpa, in realtà, per averlo ingannato a quel modo, ma l’arrabbiatura verso i suoi così detti “zii” era ancora troppo fresca e recente, per provare anche solo un briciolo di rimorso.
Quei tre non le avevano lasciato altra scelta che agire, prendere in mano le redini del suo destino e combattere per salvarsi dalla maledizione più stupida mai esistita.
Che cosa c’entrava lei, con ciò che i suoi antenati avevano fatto al mago tanti e tanti secoli prima?
Che poi, prendersela così tanto per non essere stato invitato a un banchetto reale, quel mago Babidi doveva essere proprio una checca isterica.
Per fortuna che quello stupido di Beerus aveva il vizio di parlare troppo quando cominciava a bere, o sennò non avrebbe conosciuto la verità se non quando sarebbe stato troppo tardi.
Adesso l’unica cosa che doveva fare era riunire le sfere del drago ed esprimere il desiderio che la maledizione svanisse per sempre.
Era stato per puro caso che un giorno, parlando con Whis, era saltata fuori la leggenda del potente drago Shenron.  
Bulma poteva avere fra i nove e i dieci anni, e nessuna fra le storie che Whis era solito raccontarle prima di metterla al letto l’aveva colpita come quella.
Aveva tartassato lo zio divino per giorni, cercando di raccogliere più informazioni possibili e allo stesso tempo provare a convincerlo per compiere una gita tutti insieme nello spazio – e tu ci sei mi andato su Namecc? E lo hai visto mai il Drago Shenron? Ed è vero che i namecciani hanno la faccia verde-verde? E non è che potremmo andarci qualche volta a vederlo? – ma la risposta di Whis era sempre stata categorica.
Mai, per nessuna ragione, Bulma avrebbe mai dovuto lasciare il pianeta o dar confidenza a qualcuno che non fosse loro.
Per tanto tempo la ragazza si era chiesta il perché – Aveva forse fatto qualcosa di sbagliato? O era lei a essere sbagliata e gli zii erano troppo gentili per poterglielo dire? – e aveva continuato ad annoiarsi nella solitudine del pianeta dei Kaioshin, con nessun amico della sua età con cui giocare o anche solo poter parlare, e come unico svago il laboratorio che Whis aveva fatto costruire per lei quando a cinque anni Bulma aveva dimostrato una mente più geniale della media.
Era lì dentro che l’abbozzo del dragon radar era venuto fuori, e adesso – adesso che avrebbe potuto farlo davvero e non solo come un gioco, facendo finta di cercare le sfere nelle vallate del suo pianeta – era venuto il momento di compiere la sua missione.
In teoria non sarebbe dovuto essere così difficile, il pianeta Namec era un pianeta abitato dai namecciani che erano un popolo pacifico, quindi, una volta trovate le sfere, Bulma avrebbe solo dovuto convincerli a consegnargliele spiegandole le sue ragioni.
Durante il periodo in cui era stata ossessionata dalla storia di Shenron, Bulma aveva anche chiesto a Kaioshin di insegnarle a parlare il namecciano, quindi se tutto fosse andato per il meglio, non ci sarebbero dovuti essere nemmeno problemi di comunicazioni.
Avrebbe preso le sfere, avrebbe espresso il suo desiderio e poi se ne sarebbe ritornata a casa, sulla Terra, dove la sua vera famiglia la stava aspettando, dove sarebbe finalmente potuto essere libera.
Non le restava molto tempo ormai, fra meno di un ciclo di luna sarebbe stato il giorno del suo sedicesimo compleanno e se ciò che Beerus – nel suo momento poco sobrio - aveva detto fosse stato vero, potevano già esserci degli scagnozzi di Babidi nelle sue tracce.
<< Una semplice gita su Namec! >> affermò fra sé e sé, per farsi coraggio mentre si allontanava dal suo globo, verso la foresta che si estendeva per miglia davanti a lei, lì dove il puntino del suo radar continuava a lampeggiare.
<< Che cosa potrebbe mai succedere di male? >>
 
***
 
“Sai bene che devi ubbidirmi! Noi due abbiamo stretto un patto! Tu non saresti niente senza di me, non avresti avuto la forza necessaria per sconfiggere Freezer e vendicarti del tuo popolo se non fosse stato per me! Perciò portami qui quella benedetta ragazzina o sai qual è la fine che ti spetta, Vegeta!”
Era stato con quelle esatte parole che Babidi – quella dannata checca isterica! – lo aveva spedito nello spazio, alla ricerca di non sapeva nemmeno chi, di cui però Babidi sembrava provare un’ossessione profonda.
In realtà Vegeta aveva preso la palla in balzo per prendersi una pausa dalle torture di Darbula che venendo trattato a pesci in faccia dal suo signore e padrone adorato non poteva far altro poi che prendersela senza alcuna ragione con lui.
Così, Vegeta aveva accettato quasi volentieri di compiere quella missione ridicola, e aveva ottenuto il suo corpo indietro e tanto bastava.
Non essere costretto ad avere le sembianze perenni di un corvo gracchiante era sufficiente, per adesso, e gli avrebbe anche dato tempo per trovare un modo per liberarsi una volta per tutte dal controllo di Babidi.
Era stato per vendetta che due anni prima aveva ceduto al suo orgoglio, vendendosi al mago pur di avere il potere di eliminare Freezer, il tiranno bianco che aveva sterminato il suo popolo.
Ma si era comportato da stupido, accecato dall’odio non aveva tenuto in considerazione che un patto del genere avrebbe avuto un prezzo altissimo da pagare, e così si era ritrovato a essere libero da un mostro solo per essere poi costretto a servirne un altro.
Che poi, Babidi non era nemmeno un problema.
Gli sarebbe bastato schioccare le dita per eliminarlo, ma il mago era stato furbo, e nella maledizione che gli aveva lanciato il giorno in cui Vegeta aveva scontato il prezzo del suo potere, oltre il fatto di doversi trasformare in corvo ogni qual volta a Babidi girassero le scatole, vi era anche l’irritante particolare di non poter uccidere nessuno, a meno che non fosse Babidi stesso a ordinarglielo.
Era quella la parte più esasperante, più di tutti quei giorni passati ad avere un becco per bocca ed essere costretto a cibarsi di carcasse e vermi schifosi.
Il suo piano, quindi, consisteva nel trovare una scappatoia all’incantesimo di Babidi così da poterlo finalmente far fuori e libarsi in quel modo della sua maledizione.
Poi, avrebbe finalmente compiuto il suo destino, quello che Freezer gli aveva soffiato sotto il naso, quello di diventare il guerriero più temuto della galassia.
Per tanto, in nessun punto del suo piano era previsto anche il ritrovare una stupida ragazzina da consegnare a Babidi, ma era stata una missione come un’altra da accettare solo per raccogliere qualche informazione sul modo in cui poter annullare l’asservimento che lo costringeva ai suoi ordini.
Inoltre, era anche curioso di sapere come mai quella ragazzina gli interessasse così tanto.
Perché voleva che morisse a tutti i costi?
La storia del mancato invito a corte, risalante ormai a un paio di secoli prima, non lo convinceva per niente.
Vegeta era certo che ci fosse sotto dell’altro, che Babidi in qualche modo addirittura temesse quella ragazza.
Altrimenti, avrebbe inviato uno dei suoi lacchè super scemi alla sua ricerca e non lui.
Forse, la chiave per liberarsi una volta per sempre di lui, era proprio quella maledetta terrestre.
Forse, in fondo, Babidi gli aveva perfino fatto un favore ad affidargli quella missione. Il problema era trovarla, sembrava infatti che la ragazza fosse scomparsa nel nulla.
Seduto dentro la sua navicella, Vegeta rilesse la lista che il mago gli aveva consegnato prima di partire, che comprendeva gli unici tre pianeti in cui la ragazza non era ancora stata cercata.
C’era il pianeta Yardarc.
Il pianeta For.
E il pianeta Namecc.
Su tutti e tre gli abitanti erano ritenuti pacifici, ma dotati di particolari poteri magici.
Vegeta chiuse gli occhi per qualche istante, come se potesse visualizzare il suo obbiettivo nel buio, e alla fine decise a caso.
Destinazione Pianeta Namecc.
La sua navicella lo informò che gli sarebbero voluti solo due giorni per arrivare, così azionò la sveglia per poi lasciarsi cadere addormentato.
Fece un sogno alquanto strano, su una principessa che da tanto tempo lo attendeva in cima a un torre o su di lui che si batteva contro un drago pur di salvarla.
 
***
 
Bulma aveva già raccolto quattro sfere e – disobbediendo bellamente alle raccomandazioni sul non stringere rapporti con gli estranei – aveva anche fatto amicizia con un simpatico namecciano di nome Dende – che dopo aver ascoltato la storia della ragazza aveva convinto suo nonno, il capo villaggio, a cederle la sfera del drago dalle due stelle -, quando, nove giorni dopo dal suo arrivo, le cose cominciarono a farsi complicate.
Lei e Dende si erano fermati nei pressi di una fonte dentro l’ennesima foresta, giusto perché Bulma aveva la necessità di mettere qualcosa sotto i denti, e da lì avevano iniziato a chiacchierare del più e del meno.
<< Dopo che avrai chiesto di spezzare la maledizione quali saranno gli altri due desideri che chiederai al drago? >>
Alla domanda curiosa di Dende, Bulma aveva assunto un’espressione sognante << Voglio chiedergli un principe azzurro. >>
<< Un principe azzurro? >>
<< Sì, esatto, un principe bello e forte, che mi ami alla follia, che sia disposto a fare tutto solo per me. Una volta ne ho sognato uno, non sono riuscita a vederlo in volto, ma dal momento in cui è apparso ho capito che era lui la persona che stavo aspettando da tanto tempo. >>
Se solo Beerus avesse potuto sentirla in quel momento, avrebbe riso di lei fino a farsi venire mal di pancia.
Ma tutte le prese in giro del Dio della Distruzione non erano bastate ad eliminare quel sogno romantico che Bulma sin da bambina celava nel suo cuore.
Un sogno segreto, che forse si era sviluppato per via della solitudine totale in cui era cresciuta e delle favole che Whis le raccontava la sera, l’unico legame con la sua natura umana.
Dende l’aveva fissata confuso, poi però, di botto, era diventato rigido come un tronco d’albero.
Si era avvicinato di più a lei, e le aveva sussurrato in namecciano << Qualcuno ci sta spiando.>>
Bulma aveva sentito il sangue gelarsi nelle vene, e la mano destra era corsa alla fondina che portava al fianco, dove la sua pistola laser faceva bella mostra di sé.
A quanto pareva, alla fine gli scagnozzi di Babidi l’avevano trovata davvero.
Che fare adesso?
Le mancavano ancora tre sfere, non poteva riprendere la navicella e ritornare dai suoi zii, poi non avrebbe più avuto il tempo per fare ritorno su Namecc, e non era nemmeno sicura che Whis e gli altri glielo avrebbero comunque permesso.
Di sicuro erano furiosi con lei, di sicuro Beerus era già andato su tutte le furie distruggendo ogni cosa gli capitasse a tiro, sotto lo sguardo divertito di Whis e quello disperato di Kaioshin.
Che fare?
Poteva mettere in pericolo anche la vita di Dende? Poteva arrendersi ora che era così vicina al suo obbiettivo?
“No” si disse, estraendo la pistola e iniziando a esplorare con lo sguardo la fitta foresta che la circondava “Sono arrivata da sola fino qui, non ho nessuna intenzione di arrendermi adesso.”
 
 
***
 
Quando sette giorni prima Vegeta era atterrato su Namecc quasi non aveva creduto alla sua spettacolare fortuna.
C’era un’aura strana, presente sul pianeta, oltre quella dei namecciani.
Un’aurea non molto alta, ma particolare, qualcosa che al ragazzo sembrava familiare.
L’aveva seguita di nascosto e si era ritrovato proprio al cospetto della giovane che Babidi gli aveva descritto: Bulma Brief, terrestre, occhi e capelli color del cielo e labbra rosse come petali di una rosa.
Era molto bella, una di quelle bellezze pure e angeliche che era molto raro trovare nell’universo.
La ragazza sembrava stesse cercando qualcosa - delle sfere? -  a quando era riuscito a capire, ma non aveva compreso altro perché quando si rivolgeva agli abitanti del pianeta lo faceva usando la loro lingua e lui non aveva certo avuto tempo da perdere per imparare il namecciano.
Così, durante quei giorni, l’aveva pedinata a una distanza di sicurezza, foresta dopo foresta, villaggio dopo villaggio, a suo modo quasi ammaliato da lei.
Qualunque fosse la sua missione, pareva essere estremamente determinata, raramente si fermava a riposare e se lo faceva era solo per mangiare o dormire prima di rimettersi in viaggio.
L’aveva studiata a lungo per capire che cosa ci fosse di così speciale in lei. Per quale motivo Babidi avrebbe dovuto aver paura di qualcuno di così fragile, di così delicato?
Inoltre, c’era qualcosa in lei che gliela rendeva familiare, come il ricordo di un sogno passato, di qualcosa che aveva vissuto in un’altra vita.
La terrestre, durante le chiare notti di Namecc, quando era costretta a fermarsi dentro qualche albero cavo e riposare per qualche ora, cantava sempre la stessa canzone.
Una melodia dolce, ammaliante, ma anche estremamente triste.
La solitudine doveva essere qualcosa che avevano in comune. Anche lei pareva non avere nessuno al mondo, proprio come lui.
Anche lei era cresciuta con una maledizione che le scorreva nel sangue, proprio come lui.
Più la osservava, più la voglia di riportarla da Babidi svaniva, come se l’asservimento che lo legava a lui si allentasse, una sensazione che non aveva mai provato fino a quel momento.
Sentiva che più si avvicinava a Bulma, più la M che gli pulsava sulla fronte bruciava di meno.
Più si avvicinava a Bulma, più la voglia di uscire fuori dall’ombra e conoscerla e parlarle, si faceva forte dentro di lui.
Perché? Come era possibile che una semplice ragazza terrestre avesse quel potere?
Quando stava per raggiungere il quarto villaggio, era stato quasi sul punto di farlo, di mostrare la sua presenza, scoprire quale poteva essere la sua reazione, chiederle che cosa stesse cercando così disperatamente.
Ma poi il marmocchio namecciano era sbucato fuori.
Le aveva consegnato la sfera e poi aveva iniziato a seguirla ovunque, e Vegeta si era dovuto tenere sempre più distante, per paura che il piccoletto potesse notare la sua aurea.
Tuttavia, qualcosa di positivo da quell’incontro c’era stato.
La terrestre aveva iniziato a parlare usando la lingua comune – aveva una voce fiera e dolce allo stesso tempo, e una risata brillante e cristallina – e Vegeta era stato così in grado di comprendere qualcosa in più sul motivo per cui la giovane si trovasse sul pianeta Namecc.
La ragazza aveva saputo della sua maledizione solo di recente, e ora era alla ricerca di un modo in cui potersene liberare: le sfere del drago.
A quanto pareva sembravano avere il potere di esaudire i desideri e Bulma aveva costruito da sola un radar per riuscire a localizzarle tutte e sette in tempo per il suo sedicesimo compleanno, il giorno in cui per colpa di Babidi sarebbe dovuta morire.
Morire.
La notizia delle sfere avrebbe dovuto risvegliare il suo interesse, invece fu quel particolare a scuoterlo maggiormente.
Qualcosa era scattato nella sua mente, una sorta di ricordo lontano, una ragazza addormentata in una torre, un drago, una foresta di roghi, lui che era disposto a fare qualsiasi cosa pur di riuscire ad arrivare da lei, proprio come nel sogno che aveva avuto in viaggio verso Namecc.
Perché?
Quell’attimo di turbamento bastò affinchè perdesse il controllo della sua aura e il ragazzino si accorse della sua presenza.
Bulma si voltò alle sue spalle, la mano stretta intorno all’impugnatura della sua pistola laser, gli occhi spaventati che scrutavano la vegetazione che la circondava.
<< Vieni fuori. Sappiamo che sei qui. Fatti vedere se hai coraggio.>>
Vegeta avrebbe riso della stupidità del suo cuor di leone, se solo non avesse sentito il suo battere inspiegabilmente così forte dentro la gabbia toracica.
Ora non poteva più rimandare.
Era arrivato il momento di affrontare la ragazzina faccia a faccia.
 
***
 
Il giovane che uscì furi dall’ombra era tutto fuorchè ciò che Bulma si era aspettata.
Era muscoloso ma di statura media, poteva avere giusto un paio d’anni in più rispetto a lei, e il suo sguardo serio e corrucciato, il suo viso bello e austero avevano qualcosa di familiare, qualcosa che sembrava essere uscito fuori da un sogno lontano.
Un sogno che aveva sempre custodito nel suo cuore, che l’aveva aiutata ad andare avanti nella solitudine.
Non poteva essere reale... eppure... eppure...
Lo stupore di ciò che stava provando le fece abbassare la guardia.
Abbassò le mani che impugnavano la pistola, e continuò a fissare lo sconosciuto come in una sorta di stato di trance, come se il suo corpo fosse lì ma la sua mente fosse altrove, persa in un passato lontano, in cui un’altra lei era stata imprigionata in una torre e per cento anni aveva atteso l’arrivo di qualcuno che potesse riportarla alla vita.
La sensazione però venne spezzata dallo sconosciuto stesso, che le rivolse un ghigno diabolico, avanzando di ancora qualche passo verso il punto in cui si erano fermati a riposare lei e Dende.
<< Se vuoi sperare di colpirmi con quell’affare almeno cerca di mirare alla testa.>>
Il suo tono derisorio bastò per farla tornare in sé, risvegliando anche la sua linguaccia.
<< Guarda che ho un’ottima mira. Non ti conviene provocarmi.>>
Vegeta scosse la testa divertito, di sicuro il fegato non le mancava a quella terrestre.
<< Non sono un tuo nemico.>> affermò sincero, ma prima che Bulma potesse rispondergli il piccolo namecciano le disse qualcosa nella sua lingua.
Lo sguardo della ragazza divenne d’acciaio, la presa sulla sua pistola divenne sempre più sicura << Secondo il mio amico sei un bugiardo. Il simbolo che hai sulla fronte significa che sei al servizio di un mago malvagio.>>
Vegeta riservò al piccoletto un’occhiata assassina e quello andò a nascondersi spaventato dietro le gambe della ragazza.
<< Che Babidi vada pure a farsi fottere per quel che mi riguarda.>> normalmente, quando si trovava a una distanza così ravvicinata dal suo obbiettivo, la volontà del mago diventava più forte della sua, ma qualcosa stava impedendo alla magia di Babidi di fare il suo corso, qualcosa che Vegeta era sempre più convinto c’entrasse con l’aura particolare di Bulma, con il fascino che la giovane esercitava su di lui.
A soli tre passi l’uno dall’altro, circondati dagli alti alberi di Namecc, il saiyan vide la terrestre titubare un attimo, gli occhi ostinatamente fissi nei suoi, i raggi del sole che filtrando le foglie creavano ombre sulla sua pelle diafana.
<< Perché sei qui? >> gli chiese, mentre ciocche azzurre dei suoi capelli ondeggiavano al ritmo del vento.
Pareva davvero una sorta di sogno quella scena.
Qualcosa che era già accaduto, che si stava semplicemente ripetendo, come se il tempo si fosse fermato intrappolandoli al suo interno.
Vegeta gettò uno sguardo allo zaino posato a terra vicino ai piedi della ragazza.
Lo zaino che conteneva tutte le risposte ai suoi problemi, e che avrebbe potuto rubargli senza nemmeno impegnarsi troppo se solo lo avesse voluto.
Ma in quel momento, cercare di capire cosa lo legasse a Bulma sembrava essere la cosa più importante del mondo, qualcosa di cui non poteva fare a meno.
La ragazza seguì il suo sguardo e sobbalzò, come se fosse riuscita a cogliere il suo ragionamento.
<< Sei stato maledetto da Babidi anche tu, non è vero? >>
<< Sì.>>
Nonostante il suo amichetto namecciano la spronasse a non farlo, alla fine Bulma si ritrovò comunque ad abbassare la pistola, come se qualcosa dentro di lei non potesse evitare di farlo.
Come se, nonostante il suo buon senso continuasse a urlargli a gran voce di non fidarsi assolutamente di lui, una forza sconosciuta invece la spingeva a farlo.
La stessa forza sconosciuta da cui Vegeta si sentiva così attratto e che sembrava rendergli impossibile anche solo il pensiero di torcere un capello alla ragazza.
<< Un saggio mi ha detto che non dovrei fidarmi degli estranei...>> gli rivelò, non osando guardarlo negli occhi mentre, dopo aver riposto la pistola nel fodero, afferrò il suo zaino da viaggio e se lo rimise in spalla, il piccoletto namecciano ancora attaccato alle sue gonne.
Vegeta le si avvicinò ancora, fino a essere a un soffio di distanza da lei  << Ma io non sono un estraneo.>>
La sentì rabbrividire, seppur non osasse allontanarsi da lui.
<< Ah no? >>
<< No, lo hai detto tu stessa, non ti ricordi? Noi due ci siamo già conosciuti.>>
<< E dove? >>
<< Nei tuoi sogni.>>
 
 
FINE#6
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE…
Per riuscire a sviluppare in un modo degno questa trama ci sarebbe voluta una long, una one-shot e un solo giorno di tempo per realizzarla è veramente poco.
Perciò vi lascio con un finale apertissimo, e con un Vegeta che non mi convince per niente, ahimè!
Spero comunque di sentire presto vostre opinioni a riguardo :)
Alla prossima,
BellaLuna

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Capitolo 7
*** FullMetalAlchemistBrotherwood!AU ***


CAPITOLO SETTE: FullMetalAlchemistBrotherwood!AU
 



<< Ridammeli! Ridammi indietro mia madre e mio padre! Ridammeli! >>
Dal giorno in cui i suoi genitori erano partiti come medici volontari senza più fare ritorno, lasciando una bambina orfana dietro di loro, con un vuoto nel petto che non sarebbe mai più riuscito a colmare, c’erano cose che Bulma aveva iniziato a nascondere dentro un forziere sigillato nell’angolo più buio e dimenticato della sua coscienza.
Era lì dentro che aveva relegato il suo dolore, era lì dentro che aveva relegato ogni cosa orribile a cui non riusciva a dare un senso – lì dentro aveva confinato il ricordo dei suoi genitori e, per qualche tempo, quando non sapeva se sarebbe sopravvissuto alla trasmutazione umana che aveva inutilmente provato a compiere, ci aveva rilegato anche Vegeta, insieme a ciò che aveva iniziato a provare per lui, sebbene sapesse che era qualcosa di altamente stupido, qualcosa che non le avrebbe portato altro che sofferenza.
Ma adesso…
Junior è a un passo di distanza da lei.
Junior che ha ucciso i suoi genitori, Junior che, dal momento in cui Bulma ha afferrato la pistola davanti a sé, non smette di urlarle di spararle.
<< Hai tutto il diritto di volermi sparare. Io ho ucciso tuo padre. Io ho ucciso tua madre. Ma sappi, che dal momento in cui mi sparerai io considererò anche te una nemica, e non avrò alcuna pietà.>>
<< Non osare toccarla! >>
L’urlo adirato di Vegeta si perde fra la polvere di una città distrutta, lontano come se fosse mille miglia da lei.
Bulma pensa a suo padre, pensa a sua madre, pensa alla famiglia che avrebbe potuto avere e che invece ha perso e che non potrà più riavere indietro.
Pensa a tutte le cose che avrebbero potuto insegnarle, pensa a tutte le risate che avrebbero ancora condiviso se solo Junior non li avesse assassinati senza un motivo.
Il suo indice balla sul grilletto, le lacrime le offuscano la vista, la rabbia e il dolore le divorano il cuore, come un mostro che fa a brandelli la carne, graffiando e lacerando ogni più piccola parte di te fino a quando non restano piccoli frammenti di niente, di oscurità totale.
E poi Vegeta - con il suo braccio spezzato e gli occhi di chi ha issato fin troppe volte il vessillo della morte, e ora è costretto a convivere con il fardello degli errori che ha commesso, le cui ombre ancora lo tormentano – le si para dinanzi.
Le sue dita si stringono sulle sue, e la sua presa è salda lì dove la sua mano trema.
<< Basta così.>> le dice e Bulma vorrebbe urlargli contro che non è affar suo, vorrebbe urlargli contro qualcosa di orribile in modo che anche lui senta ciò che sente adesso anche lei - l’oscurità e il vuoto e il dolore che la circonda, come se stessa annegando in un mare di tenebra e non ha idea di come risalire a galla e forse nemmeno sa se ha voglia di farlo – e invece la voce le rimane incastrata in gola, mentre Vegeta le sfila via l’arma dalla dita tremanti.
Alle sue spalle qualcun altro ha trovato e circondato Junior, e il namecciano fugge via fra le macerie della capitale seguito dai cani dell’esercito.
Vegeta rimane inginocchiato di fronte a lei.
Il suo braccio di metallo – quello che lei ha costruito per lui e riattaccato non ricordava più nemmeno quante volte – è spezzato e pende dal gomito in giù con un’angolatura innaturale, i fili elettrici scoperti che emettono scintille d’argento.
La sua mano sinistra – quella ancora umana – è stretta nella sua, quella che fino a pochi minuti fa aveva puntato un’arma carica contro il petto di uomo.
Contro l’assassino dei suoi genitori.
<< Volevo sparargli davvero. >> gli confessa, e sente il sapore salato delle sue stesse lacrime colmarle la bocca, scenderle giù per la gola stretta da una morsa dolorosa che le mozza il fiato.
Vegeta la guarda come la guardava il giorno in cui era si era risvegliato dal coma, dopo aver tentato di riportare in vita suo fratello, e in cambio si era ritrovato solo con il cadavere di un mostro, e senza più il braccio destro.
A quel tempo, la guerra fra l’esercito del Comandante Supremo King Freezer e i Namecciani era appena scoppiata, e Vegeta aveva già perso ogni cosa – suo padre, sua madre, suo fratello minore – e lo sguardo che aveva negli occhi era lo sguardo di chi sta disperatamente cercando qualcosa a cui aggrapparsi per continuare a vivere.
Si era svegliato e l’aveva guardata con il vuoto negli occhi e Bulma aveva cercato di essere quell’ancora di cui lui aveva bisogno.
“Posso costruirti un braccio nuovo, un auto mail nuovo di zecca.” gli aveva detto, sperando di tirargli su il morale “così sarà tutto come prima, vedrai. Starai bene come prima, te lo prometto.”
E Vegeta aveva afferrato la sua mano, stringendola forte, proprio come stava facendo anche in quel momento.
<< Le tue mani non sono le mani di un’assassina. Sei un meccanico, tu aggiusti le cose che sono rotte, te lo ricordi? >> le sussurra, intrecciando le dita con le sue.
Bulma prova a trattenere i singhiozzi, ma li sente esplodere dentro come un bicchiere infranto i cui cocci acuminati schizzano via da tutte le parti, graffiando la carne scoperta e vulnerabile.   
Non osa spostare il suo sguardo dal suo, perché sa che nel momento in cui Vegeta mollerà la presa il peso del dolore che ha provato a seppellire tornerà a inghiottirla, schiacciandola a terra.
Scuote impercettibilmente la testa, cercando di nuovo di tirar fuori la voce dal groppo stretto che sente ustionarle la gola << Non posso aggiustare niente se sono io a essere rotta.>> gli confessa, mostrandogli per la prima volta le tante piccole crepe che circondano il suo cuore.
Crepe che Bulma aveva provato a celare come meglio aveva potuto, dietro ottimismo e sorrisi incoraggianti e valanghe di nuovi progetti per migliorare i suoi auto mail.
Cosicchè, quando Vegeta sarebbe finalmente tornato a casa da una delle sue missioni, lei avrebbe potuto corrergli incontro e avere una scusa per tormentarlo un po'. Tentare di strappargli anche solo un sogghigno compiaciuto, un’espressione soddisfatta che riuscisse a farle battere il cuore un po' più forte, che riuscisse a farla sentire solo un po' più viva, un po' la ragazza adolescente che era.
Basta il tocco delle sue dita sulla sua guancia, mentre prova ad asciugarle con movimenti goffi ma gentili, per riacquistare quel minimo controllo sul suo corpo, che le permette di ritrovare la chiave del suo forziere e ricacciargli dentro tutto ciò che era straripato all’esterno, piccoli frammenti scheggiati e insanguinati di sé che avrebbe preferito non rivedere mai più.
<< Una volta... >> le rivela Vegeta, e i suoi occhi non sono più vuoti come quelli di una volta, né strascinano dietro l’ombra della morte, ma sono caldi e vivi, colmi di un sentimento devastante che Bulma sente scorrerle sulla pelle come una scarica elettrica scatenata dalle sue dita << Una ragazzina fastidiosa mi ha detto che rotto non significa irreparabile.>>
 
FINE#7
 

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Capitolo 8
*** DragonTrainer!AU ***


CAPITOLO OTTO: DragonTrainer!AU

 
<< Che cosa diavolo stai facendo, terrestre!? >>
Bulma si stava godendo un tranquillo pomeriggio in compagnia di Sdentata, quando si accorse della presenza dell’ultima persona sul pianeta che avrebbe mai voluto che scoprisse il suo piccolo segreto.
<< Vegeta! >> sobbalzò, voltandosi a fissarlo, l’ascia in mano e il cipiglio severo di sempre.
Il ragazzo uscì dalla foresta e si diresse verso di lei, giù lungo la radura che era ormai diventata il suo posto sicuro.
Ma fu un errore, perché percependolo come una minaccia, Sdentata fece un balzo in avanti, frapponendosi fra lei e il principe dei saiyan e sfoderando le lunghe zanne appuntite.
Vegeta inciampò indietro, colto di sorpresa, cadendo sul suo regale fondoschiena e se non fosse stata ancora scioccata per essere stata colta in flagrante, Bulma avrebbe di certo riso a crepapelle per quella sua inaspettata figuraccia.
Invece, corse ad abbracciare il collo possente di Sdentata, provando a calmarla sussurrandole rassicurazione all’orecchio, prima che decidesse di divorare in un solo boccone il giovane principe.
<< Fa piano! >> gli gridò contro, continuando ad accarezzare le scaglie calde del suo drago << Così la spaventi.>>
Vegeta la fissò come se le fosse appena spuntata una secondo testa sul collo, prima di urlarle di nuovo contro << Io ho spaventato lei?! Ma sei impazzita?! >>
Non piacendole il tono odioso del principe, Sdentata ripartì all’attacco, portando il muso arrabbiato a un passo da quello di Vegeta, che in tutta risposta riacciuffò la sua ascia e schizzò in piedi mettendosi in posizione di difesa.
“Perfetto...”
<< NO! No, fermi! Niente combattimenti! >> si frappose fra i due, spalancando le braccia e cercando di calmare Sdentata tramite il contatto visivo e facendole comprendere che Vegeta non era una minaccia per nessuna delle due.
<< Buona bella... va tutto bene... il principe non vuole farci del male, giusto, Vegeta? >>
A Bulma sembrò di poter avvertire sul collo lo sguardo sbalordito del saiyan, che scandagliava prima lei e poi la pericolosa Furia Chiara.
Gli occhi di Sdentata erano di un azzurro glaciale, le pupille sottilissime continuarono a scrutare il nuovo arrivato con ostile diffidenza, finchè Bulma non le diede un buffetto sul muso e non riuscì a farla calmare nuovamente.
<< Brava ragazza! >> le sorrise, e il drago le si strusciò sul mento come un adorabile gattino, tutto questo sotto lo sguardo sempre più incredulo del giovane guerriero.
<< Ma come... cosa… tu...? >>
<< Senti, senti chi sembra essere a corto di parole... >> Bulma si staccò da Sdentata, facendole segno di andare verso il laghetto ad aspettarla, e la Furia Chiara obbedì muovendosi con la sua consueta grazia ferina.
Una volta rimasta sola con Vegeta, iniziò a pensare a un modo per convincere il ragazzo a non rivelare tutto al Re suo padre, che se avesse saputo che fra i suoi boschi, a sua insaputa, una delle sue suddite si prendeva cura di un drago ferito... di sicuro oltre la testa di quel drago – tanto più che si trattava della leggendaria Furia Chiara – avrebbe preteso anche la sua.
Di certo il Re non avrebbe sentito la sua mancanza più di tanto.
Bulma non era una saiyan, non era una guerriera, era stata adottata da loro solo per le sue incredibili capacità di scienziata, per le idee su nuove armi tecnologiche e nuovi mezzi di trasporto che era riuscita a fornire al Re.
Ma tutto questo non sarebbe mai bastato, non importava quanto intelligente fosse diventata, non sarebbe mai stata una di loro, non sarebbe mai stata considerata degna di essere alla loro altezza.
Da quando aveva sei anni e i suoi genitori erano scomparsi nello spazio, era sempre stata sola, esclusa ed emarginata da tutti, e Sdentata era stata la sua unica amica.
Sul Pianeta Vegeta veniva data la caccia ai draghi da sempre, Bulma non aveva idea del perché ma all’inizio aveva provato a sfruttare la cosa a suo vantaggio.
L’unica cosa che voleva era sentirsi accettata, avere degli amici, così aveva pensato che, se almeno fosse riuscita a uccidere un drago, finalmente i saiyan avrebbero iniziato a vederla in modo diverso, o almeno avrebbero iniziato ad accorgersi della sua esistenza.
Così, dopo giorni di viaggio, era finalmente riuscita a catturare, sfruttando una delle sue invenzioni, – ma più per pura fortuna che per altro – una Furia Chiara. Ma nel momento decisivo, quando l’aveva trovata in mezzo alla radura, attorcigliata nella rete indistruttibile da lei stessa costruita, che lottava per tirarsene fuori con espressione prima disperata e poi, accortasi di lei, con rassegnazione come se avesse già capito quale destino l’aspettasse, non c’era riuscita.
La daga che aveva portato con sé, e con cui avrebbe dovuto sgozzare il drago l’era scivolata via dalle dita, quasi ripugnate alla solo idea di poter nuocere a una creatura così bella.
E non era servito ripetersi in testa “Io posso essere una saiyan, io posso farcela” perchè il solo pensiero di ucciderla le aveva fatto sprofondare il cuore nello stomaco, l’aveva fatta sentire come l’ultima fra le codarde, uccidere qualcuno solo per dimostrare di essere forte era un concetto abominevole, sbagliato, e Bulma si era ritrovata a pensare che aveva più cose in comune con quel drago – solo, spaurito e odiato da tutti – che quante potesse mai averne con i saiyan.
Per tanto, aveva deciso di liberarla, pur tremando all’idea che la Furia Chiara potesse balzarle addosso e divorarla.
Ma il drago aveva mostrato le zanne, era schizzata lontana da lei e dalla sua daga, e poi si era esibita in una sorta d’inchino.
A quel punto se ne sarebbe pure volata via, se solo non fosse stata irreparabilmente ferita alla coda durante la sua caduta dal cielo.
Da lì – ormai tre mesi fa - la loro avventura insieme era cominciata.
Bulma aveva lavorato notte e giorno per riparare al suo errore, fornendo cibo al drago e intanto osservandolo per creare schizzi precisi sulla sua anatomia in maniera tale da poterle fornire una nuova ala di coda per ritornare a volare.
Aveva fatto avanti e indietro fra il palazzo e la radura, convinta che nessuno si accorgesse di lei, di essere invulnerabile grazie alla sua invisibilità.
Invece, si era sbagliata, perché Vegeta in qualche modo doveva averla seguita ed era così riuscito a beccarla.
Fra tutti proprio Vegeta poi!
Se fosse stato Kakaroth sarebbe stato più semplice, sarebbe bastato corromperlo con un po' di cibo, invece... come fare con lo stoico e incorruttibile Vegeta?
Il principe Vegeta, quarto del suo nome, legittimo erede al trono, che era temuto e rispettato da tutto il suo popolo?
Vegeta che non avrebbe mai potuto comprendere le sue ragioni perché era un saiyan fino al midollo?
Prendendo un profondo respiro e incrociando il suo cipiglio seccato, alla fine esordì con un incerto << Posso spiegarti tutto. >> a cui il saiyan rispose con un verso sprezzante e puntando di nuovo la sua ascia da guerra verso il suo drago.
<< Spiegarmi? Lo sai che potrei considerare tutto questo come un tradimento, terrestre? Tu e quella Furia Chiara... mi spieghi che cosa diamine tenti di fare? >>
 Il suo tono sprezzante riuscì ad accendere un fuoco di rabbia dentro di lei, che le ribollì nello stomaco fino a scoppiarle nel petto e non riuscire più a trattenerlo in gola << Sto solo cercando di aiutarla! Voi barbari avete ucciso tutti i suoi simili e adesso non ha nessuno, proprio come m- >>
Proprio come me.
Le era quasi sfuggito ma, risucchiando indietro le labbra e stringendo forte i pugni lungo i fianchi, era riuscita a trattenere quella confessione così umiliante.
Di sicuro, adesso Vegeta sarebbe scoppiato a riderle in faccia, di sicuro adesso l’avrebbe presa di peso e portata al cospetto di sua maestà per processarla.
Invece, la sua espressione adirata si ammorbidì a mala pena, come se si fosse appena accorto di un particolare rilevante che fino a quel momento non aveva notato e che invece aveva avuto sotto gli occhi per tutto il tempo.
Lo vide scuotere la testa, e portarsi due dita a pizzicare il ponte del naso << Non puoi essere amica di un drago, non lo capisci? >>
<< Perché no? >> se lui poteva essere sfacciato, poteva riuscirci anche lei e pure meglio.
Vegeta le lanciò uno sguardo che sembrava dire “Non è ovvio?!” e poi rispose << Perché se all’improvviso a quel drago venisse fame tu saresti il suo prossimo pranzo! >>
<< Non è quel drago, si chiama Sdentata, tanto per cominciare. E poi sto con lei da quasi tre mesi e non ha mai provato a mangiarmi. Preferisce il manzo o il pesce, tranne le bisce, quelle le fanno impressione... >>
Lo sguardo allibito del principe, gli occhi enormi come due scintillanti sfere di ossidiana, la fece quasi ridere
<< Tu hai dato un nome a... tu stai con quella cosa da quasi tre mesi!? >>
<< Esatto. >>
<< Ma sei impazzita!? >>
<< Questo lo ha già chiesto, vostra altezza.>>
<< Intendevo più pazza di quanto già tu non sia di solito! Hai idea di che cosa sarebbe successo se uno degli uomini di mio padre ti avesse scoperta?! Allora ti sarebbe passata la voglia di giocare a fare la babysitter a una Furia Chiara.>>
<< Sdentata. >> gli ringhiò contro, e come si permetteva di parlare con quel tono spocchioso e sfottente?
 << E io non le faccio da babysitter. Io la alleno per ritornare a volare->>
<< Tu COSA?! >>
Bulma riprese il suo discorso come se il saiyan non avesse neppure parlato, tuttavia stavolta il suo sguardo si spostò dal suo per posarsi su Sdentata, la quale stava cercando di pescare un pesce dal lago<< Così, almeno, una di noi sarà di nuovo libera.>>
Qualsiasi risposta perfida Vegeta avesse preparato per lei, parve morirgli in gola, e i suoi occhi ritornarono a fissarla come se avesse finalmente colto in vero significato dell’intera questione.
<< Che vuoi dire? >>
Non potè evitare che una risatina triste le scivolasse fuori dalle labbra << Che cosa voglio dire? Dimmi Vegeta, hai mai parlato con me prima di oggi? Hai mai visto qualcun altro farlo? Ti sei mai accorto della mia esistenza? Pensi che, se non fossi costretta a lavorare per tuo padre, non avrei preferito ritornare a casa mia dove almeno, anche se non avessi più avuto una famiglia, le persone non mi avrebbero trattata come invece fate voi? >>
Lo sforzo di trattenere le lacrime unito alla rabbia per essersi mostrata così umana di fronte a lui, le avevano incrinato la voce sulle ultime due parole, che le erano uscite fuori digrignate fra i denti.
Ora sì, che era nei guai, ma perché doveva sempre aprire quella sua boccaccia?
Dopo quella confessione poco piacevole per entrambi, Vegeta era stato il primo, stranamente, a distogliere lo sguardo da lei.
Aveva tirato un calcio al terriccio e poi aveva riassunto il suo cipiglio corrucciato << Io... certo che... mi ero accorto della tua esistenza... >>
Di tutte le cose che si era aspettata che le dicesse, quella era davvero la più inaspettata.
<< Co... -come? >> forse aveva sentito male, forse non aveva capito bene.
<< Tutte le mie armi, le mie navicelle, le mie battle suite, sei tu che le costruisci, che le ripari… nessun’altro ha il permesso di toccarle, solo di tu. Non c’è un meccanico migliore di te, è evidente... >>
Oh.
<< Quindi, spedivi sempre tutta quella roba rotta nel mio laboratorio perché stavi cercando di essere ehm... gentile con me? >>
Bulma aveva sempre pensato che era un modo antipatico che il principe aveva per trattarla. Per farle comprendere che anche ciò che lei costruiva era inutile e fragile esattamente come lo era lei.
Invece, a quanto pareva, era tutto il contrario e quello era un modo che il saiyan aveva per dimostrarle che stava apprezzando il suo lavoro.
A guadarlo meglio, Vegeta sembrava terribilmente più giovane adesso, e non poi così temibile e terribile come dicevano tutti e... sbagliava o era anche arrossito?
I saiyan potevano arrossire come semplici esseri umani, o era lei che adesso se lo stava immaginando?
<< Qualcosa del genere.>> le rispose, palesemente a disagio, lo sguardo rivolto verso qualcosa di indefinito alle sue spalle.
<< Perché? >> a questo punto, tanto valeva togliersi qualche sfizio e approfondire di più la questione, anche perché dubitava che un’altra occasione del genere potesse ricapitarle.
Il principe Vegeta in persona che affermava di aver da sempre notato la sua presenza, di aver sempre riconosciuto la sua bravura tanto da sceglierla come sua personale aggiustatutto, se lo avesse raccontato in giro era certa che nessuno le avrebbe creduto.
Il ragazzo iniziò a far roteare l’ascia di guerra in mano, forse perché quel discorso lo stava rendendo nervoso e aveva bisogno di distrarsi << Perché a differenza di molti sei intelligente. Anche se il tuo livello di combattimento rasenta quasi lo zero.>>
I saiyan… ma che problemi avevano? Che c’entrava il suo livello di forza adesso? Perché lo dovevano sempre tirare in ballo?
<< Devo prenderlo come una sorta di complimento? >>
<< Fa come ti pare. >>
Nonostante tutto non riuscì a trattenere un sorriso, e vide che anche l’espressione di Vegeta ora sembrava molto più rilassata di pochi istanti prima.
Bulma prese allora la palla al balzo, per mettere una volta per tutte le cose in chiaro e scoprire quale destino l’attendesse una volta fatto ritorno a palazzo.
<< Quindi... non dirai niente a tuo padre di me e Sdentata? >>
Per quei lunghi secondi in cui Vegeta rimase semplicemente fermo a fissarla, a Bulma sembrò che il cuore dovesse schizzarle via dalla cassa toracica.
<< No.>> rispose in fine, quasi divertito, gli occhi che adesso stavano scivolando sul profilo della Furia Chiara alle loro spalle.
Stava quasi tirando un sospiro di sollievo, quando lo sentì aggiungere << Ad una condizione.>>
Ecco, lo sapeva, la fregatura ci stava sempre quando c’erano di mezzo quei benedetti saiyan!
<< Quale? >>
<< Verrò qui, ogni giorno per un’ora insieme a te, per tenerti d’occhio.>>
L’idea non le sembrò affatto male, anzi, avere per una volta la compagnia di qualcuno con cui potesse anche chiacchierare un po' le parve quasi allettante, seppur quel qualcuno fosse il guerriero saiyan più temuto nella storia.
Certe volte il destino sapeva davvero tirare tiri strani, facendo ritrovare due persone che mai avrebbero pensato di c’entrare qualcosa l’uno con l’altra.
Chissà, forse c’entrava il fatto che anche Vegeta era sempre stato un tipo solitario, per quando fosse sempre circondato da lecchini e soldati, non sembrava mai davvero far parte di un gruppo integrante, come non sembrava mai divertirsi, eccetto quando combatteva, ma anche quello preferiva di solito farlo da solo.
<< D’accordo, va bene.>> concordò, porgendogli una mano che il ragazzo strinse dopo averla prima fissata con fare scettico, come se non fosse stato abituato a scendere a patti con nessuno, e forse era davvero così.
I saiyan erano più i tipi da o tutto o niente, e robe simili.
A quel punto, anche Sdentata si riunì a loro, mostrando fra i denti il grosso pesce che era riuscita a catturare tutta da sola, con fare molto orgoglioso di sé.
Bulma rise e l’accarezzò in quel punto sotto il mento che sapeva le piacesse un sacco, mentre lo sguardo di Vegeta rimaneva fisso su di lei, senza nemmeno battere le ciglia.
Quando la Furia Chiara, tutta contenta, cominciò a battere le ali, le venne un’idea.
<< Senti... ti va di fare un giro con noi? >> gli propose, eccitata dall’idea che qualcuno finalmente potesse vedere i progressi che lei e Sdentata avevano fatto insieme.
Le sopracciglia di Vegeta fecero un impressionante scatto verso l’alto << Un che? >>
Bulma salì in groppa al drago e poi gli porse la mano, e il ragazzo la fissò di nuovo come se fosse uscita del tutto fuori di testa.
<< Sei matta? Non ho nessuna intenzione di precipitare nel vuoto e rischiare di rimetterci le penne.>>
<< Non ti accadrà niente. Ti devi solo fidare di me.>>
<< Fidare? >> la fiducia non era esattamente qualcosa che ai saiyan veniva facile, perché la loro regola numero uno era sopravvivere a ogni costo, e se durante la lotta per la sopravvivenza la morte di un tuo compagno poteva allungarti la vita, allora tu facevi in modo di sbarazzarti di lui.
<< Come quando ti fidi delle mie capacità meccaniche. In fondo è la stessa cosa.>> provò a spiegargli, ricordando quante volte aveva riparato l’astronave di Vegeta per evitare che il principe si ritrovasse a vagare sperduto nello spazio.
Il saiyan guardò scettico la sua mano ancora qualche secondo, mentre Sdentata faceva la sostenuta, con il volto rivolto per aria e gli occhi chiusi, come se fosse rimasta indispettita dall’atteggiamento indeciso del giovane.
Alla fine però, le sue forti dita si chiusero su lei e le disse qualcosa che difficilmente avrebbe mai dimenticato << Mi fido. >>
 
FINE#8
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE…
Rieccomi con l’ottavo capitolo.
Stavolta siamo nell’universo alternativo di Dragon Trainer, con Bulma nei panni del simpaticissimo Hiccup.
Qui però, ci ritroviamo nel pianeta Vegeta, dove esistono i draghi e per qualche ragione i saiyan danno loro la caccia – perché no? Sono saiyan appunto – e i guerrieri non hanno ancora imparato a volare, ecco perché Vegeta è titubante all’idea di salire in groppa alla nostra Sdentata.
Inoltre, qui Vegeta è un po' meno stronzo, ma per il semplice fatto che non ha alcun motivo di odiare Bulma, ed è appena un ragazzo di quindici anni, e nessuna catastrofe Freezer è accaduta nella sua vita, quindi, di nuovo, perché no? Concedetemi questa licenza, per favore xD
In più, per una volta, ho fatto sì che fosse Bulma quella estranea, diversa, quella aliena ecco, mentre di solito è sempre Vegeta a essere circondato da un mucchio di terrestri.
Spero che il risultato vi sia piaciuto e aspetto che mi lasciate qualche commento per sapere cosa ne pensate a riguardo :)
Alla prossima,
BellaLuna

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Capitolo 9
*** GossipGirl!AU ***


CAPITOLO NOVE: GossipGirl!AU
 


Era malato il suo amore per Vegeta.
Ma forse, semplicemente, certe persone non erano capaci di amarsi in un modo normale.
Forse erano troppo danneggiate dentro, per comprenderne il vero significato e allora storpiavano il tutto, come una sorta di gioco perverso a chi riusciva prima a formare un’immagine deviata, forzando a stare insieme le tessere errate di un enorme puzzle.
E Bulma ricorda un tempo in cui si era illusa, un tempo in cui si era aggrappata alla finta coroncina che aveva sulla testa e aveva cercato di forzare la sua storia d’amore verso un lieto fine tutto rose e arcobaleni.
Aveva voluto bene a Yamcha veramente, il principe azzurro che aveva scelto da bambina quando ancora la figura di Tights era così perfetta e smagliante da fagocitarla completamente, trasformarla in una piccolissima ombra invisibile alle sue spalle.
Yamcha aveva giocato nel ruolo che Bulma aveva prescelto per lui, anche se quei panni gli andavano comunque troppo stretti, anche se non aveva la minima idea di che cosa volesse dire essere il principe azzurro di qualcuno, specialmente di qualcuno come la Queen B.
Bulma era sempre stata la ragazza invisibile all’ombra di Tights, della sua splendente chioma dorata, del suo sorriso scintillante, di quel suo modo carismatico che attirava le folle che da subito prendevano ad adorarla.
Mentre non c’era mai stato amore per lei, non dai suoi genitori sempre troppo occupati a fare altro, né da Yamcha, che pur professando di amarla era sempre voltato ad ammirare il fondoschiena di qualche altra fulgida donzella.
Così, quando le porte della Orange High School le si erano aperte davanti - e l’ombra di Tights era scivolata lontano da lei, persa da qualche parte, in qualche ricerca di sé fra l’atlantico e il pacifico- Bulma aveva indossato il suo cerchietto di Versace, le sue Jimmy Choo e la sua borsetta da centocinquanta mila dollari e si era detta che se non poteva essere una regina amata da tutti come sua sorella, allora sarebbe stata la regina più temuta di sempre.
Una vera Queen Bee e la sua parola sarebbe stata legge, e i suoi desideri sarebbe state liste di compiti da svolgere per tutti coloro i quali avevano intenzione di entrare nelle sue grazie, e nella sua ristrettissima corte.
Erano poche le persone di cui Bulma davvero si fidava all’interno della scuola – perché non era certo una sprovveduta e sapeva bene che la politica in realtà è tutto un gioco di sorrisi forzati e apparenze – e di quelle poche persone aveva giurato di averne la massima cura.
Nessuno poteva osare toccarle, umiliarle, denigrarle e poi sperare di passarla franca così facilmente.
Perciò, quando aveva scoperto che Caufila era ritornata a dare nuovamente il tormento a Chichi, aveva preso il bastone del comando in mano ed era scesa in guerra contro quella pazza scatenata come solo una vera regina sa fare: con stile e chiamando a raccolta gli alleati migliori, pazienza se, come Vegeta, certuni avrebbe davvero voluto evitare di averci a che fare, la guerra era guerra e il principe del male sapeva bene come giocare le sue carte da piccolo figlio di satana qual era.
Schiacciare e umiliare Caufila quella mattina l’aveva fatta sentire potente, invincibile (“Non te l’hanno detto? Sono io la stronza da queste parti”), l’aveva aiutata a dimenticare il tradimento di Yamcha, le crisi di Tights, e un po' anche l’attrazione divorante che provava per Vegeta.
Vegeta che da sempre sfuggiva al suo gioco, che non si era fatto attaccare addosso nessuna targhetta e che rifiutava di comportarsi come un decente essere umano da quando aveva imparato a parlare e riempiersi la bocca di cattiverie gratuite oltre che di saliva.
Da sempre era in grado di tirar fuori il peggio di lei, quel peggio che Bulma sin da bambina aveva imparato a tener ben nascosto dietro il viso da regina vergine, le camicette bene abbottonate e i modi raffinati.
Perché le brave signorine bene educate non urlano, non strepitano, non imprecano, non sono divorate dalla voglia di prendere a calci nel sedere qualcuno di fronte all’intera città dell’Ovest, e tutto questo il giovane lucifero riusciva a tirarglielo fuori anche solo fissandola, nessun altro aveva mai avuto il poter di irritarla così tanto, solo lui.
Vegeta era il diavolo, il male, e il sesso fra loro doveva averle attaccato una sorta di malattia perché, sebbene Bulma fosse a conoscenza del suo sangue cattivo, della sua incapacità a comportarsi decentemente, non riusciva lo stesso a smettere di pensare a lui, o alle sue mani su di lei, o al modo in cui la guardava negli occhi mentre facevano sesso e la faceva sentire come la cosa più straordinaria mai esistita sul pianeta Terra.
La faceva sentire come se fosse abbastanza – bella abbastanza, intelligente abbastanza, divertente abbastanza – anche se non si chiamava Tights, non aveva una folta chioma bionda, e le folle non l’acclamavano al suo passaggio.
Anche se era solo Bulma – debole, insicura, fragile, Bulma – e c’erano tante piccole imperfezioni nascoste sotto la sua corona di regina e sotto il rossetto rosso che indossava ogni mattina e che l’aiutavano a costruirsi un ruolo, una vera armatura contro il resto del mondo.
Ma Vegeta non era la cura per tutto ciò che di sbagliato c’era ancora nella sua vita, Vegeta era il cancro, era la peste, le era entrato dentro, le aveva strappato via la sua purezza e adesso come un’infezione la stava corrompendo da dentro, le si stava insinuando nelle vene, nel sangue, dentro il cuore, e più scavava a fondo e più faceva male, più lo lasciava avvicinare, più lo baciava e gli sorrideva e gli stava accanto, più sarebbe stato difficile riuscire a liberarsi di lui.
Era un veleno il suo amore per Vegeta, era l’estasi e il dopo sbronza insieme.
Era il sapore dolce della torta al cioccolato sulla lingua, e il corpo deforme, sgraziato, grasso, che vedeva riflesso sullo specchio e che le faceva ribrezzo, subito dopo esserci concessa giusto un pezzettino in più.
Era il tormento, era la fine dei giochi, perché lui era sempre stato uno sleale, uno che voleva tutto da gli altri ma che non era mai disposto a dare niente in cambio- anche se certe sere, quando il peso di tutto il teatrino che aveva messo su le crollava addosso e tutto sembrava solo così sporco e pesante da farle venir voglia di ficcarsi due dita in bocca e vomitare anche l’anima, era stato Vegeta a ricordarle che non era più quella ragazza, che aveva smesso di massacrare il suo corpo a quel modo tempo fa e non poteva cedere perché una vera regina non si guarda mai indietro e non ritorna mai sui suoi passi.
Ed era sempre stato Vegeta a farle da scudo, da salvatore quando lo scandalo del tradimento di Yamcha si era propagato in tutta la scuola e lei c’aveva perso la dignità, oltre che pezzettini del suo cuore infranto.
Era una guerra, la loro, un gioco contorto tra amore e odio a chi sapeva meglio nascondere il cuore e fingere di non averlo, fingere di potersi amare e desiderare ogni notte, e poi di essere gli amici/nemici di sempre quando attraversavano i cancelli dei loro piccoli regni in uniforme.
Era una guerra, e lei stava perdendo – se stessa forse, oltre che alle sue mutandine – e non c’era niente che detestasse di più che l’intuire in anticipo che, se non fosse stata abbastanza attenta, la prossima mossa sarebbe stata quella fatale, lo scatto matto al Re che avrebbe tolto potere anche alla Regina.
Così, quando lo vede in panico mentre prova il discorso da testimone al ricevimento del matrimonio di suo padre, decide di lanciare la bomba e squagliarsela fino a che è ancora in tempo, e il suo cuore può ancora sperare di reggere a un suo prossimo assalto.
<< Brief, come è andata la tua missione punitiva con Kakaroth? >>
<< Bene. Anche se lui non sembra essersi divertito molto. A nessuno piace la prima volta.>>
<< Tranne che a te... >>
Il calcio allo stinco non era nei suoi piani, ma il suo piede era schizzato all’attacco prima ancora che potesse fermarlo.
Mentre Vegeta reprimeva un gemito di dolore, le sue dita lo avevano già afferrato per la cravatta bene allacciata, portando la sua faccia da schiaffi a pochi centimetri dalla sua << Stammi bene a sentire, ora che la faccenda di quella pazza furiosa di Caufila è risolta, e tutti noi possiamo tornare alle nostre abituali mansioni, qualsiasi cosa ci fosse ancora fra noi due è ufficialmente conclusa. Chiaro? >>
Vegeta aveva ghignato, la solita luce maligna e provocatoria ad accendergli lo sguardo, poi le aveva afferrato la mano e se l’era portata alle labbra, gongolando compiaciuto nel sentirla fremere sotto il suo tocco.
<< Come la mia regina desidera.>>
 

 
FINE#9
 
 


Note dell’Autrice…
Ciao a tutti! <3
Chiedo scusa per non essere riuscita a pubblicare entro la mezzanotte del Nove ma, cause varie, mi hanno tenuta lontana dal PC.
In questo Capitolo ci ritroviamo nell’universo alternativo di Gossip Girl, dove i nostri Bulma e Vegeta prendono le parti degli affascinanti e super contorti protagonisti Blair e Chuck, in particolare descrive la loro relazione fra la prima e la seconda stagione (il dialogo finale infatti è ispirato al diciottesimo episodio della prima stagione) quando ancora navigavano nel grande mare della negazione, pur sapendo di essere cotti l’uno dell’altra.
Inoltre, vi sono riferimenti anche ai disturbi alimentari di Blair, che nella sua prima adolescenza aveva sofferto di bulimia.
La figura di Tights in questo universo sarebbe Serena, come a Caufila è toccato l’ingrato compito di mettersi nei panni di Georgina.
Spero che la storia vi sia piaciuta e vi invito come sempre a lasciare commenti in modo da capire se le storie interessano oppure no (tanto ormai scrivo fino al 31 Marzo comunque xD).
Grazie a chi a letto fino a qui!
Alla prossima,
BellaLuna

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Capitolo 10
*** TeenWolf!AU ***


CAPITOLO DIECI: TeenWolf!AU
 


Vegeta sa che non merita di essere salvato, sa, che in un mondo giusto, in un mondo perfetto che non esiste, tutte le torture che sta subendo da Gelo sono soltanto il risultato delle sue azioni.
È quello che si merita per essere stato uno dei lupi di Freezer, per aver ucciso e cacciato e ridotto in pezzi tutta quella gente innocente, non perché fosse nella sua natura – non tutti i mostri fanno cose mostruose – ma perché era più semplice, perché era un palliativo facile e piacevole, affondare le zanne nel corpo caldo di qualcuno, e dimenticare, dimenticare tutto... l’incendio che gli aveva portato via la sua casa, la sua famiglia, il modo atroce con cui aveva tradito il suo ex branco solo per essere un alfa, solo per riuscire a far parte del branco di alfa di Freezer e sentirsi più potente, più forte, calpestando arti e carne e membra di persone con cui era cresciuto da tutta una vita.
Per tutto ciò che aveva fatto – per tutte le vite che aveva spezzato per gioco, per divertimento, perché Freezer voleva che lo facesse e lui non si era ribellato- questa era la punizione, l’inferno che gli spettava.
C’era stato un tempo in cui era riuscito a seppellire la sua coscienza da qualche parte, mentre una voce spettrale nella sua testa continuava a ripetergli perché non assecondare i suoi istinti? Perché far finta di essere quello che non era più? Che cosa sarebbe cambiato?
Nulla avrebbe potuto restituirgli ciò che aveva perso, nulla avrebbe potuto cancellare quella sfumatura rossa dai suoi occhi e quindi tanto valeva mostrare zanne e artigli e perdersi nell’ebrezza della caccia, perché umano Vegeta non si era sentito mai e allora perché vedere gli esseri umani in modo diverso da semplici prede?
Era una delle leggi della natura, in fondo: il predatore che uccide la preda, era qualcosa che la natura aveva stabilito dall’alba dei tempi, qualcosa che era nata e cresciuta con il mondo, quindi chi era lui per sottrarsi a quell’istinto vorace e predatorio che gli scorreva violento nelle vene?
Era solo un altro mostro fra tanti, un’altra anima perduta fra le tante, un ragazzino orfano che era stato strappato alla sua famiglia e cresciuto insieme all’alfa degli alfa, all’incarnazione del male.
Ma non era mai stato Freezer a fare di lui un assassino, quella era una strada che Vegeta aveva tracciato da solo, percorrendola con le sue gambe, e sarebbe stato da vigliacchi, da ultimi dei codardi dire che ogni cosa terribile che avesse fatto in realtà era stata mera sopravvivenza, sicchè non sarebbe durato due giorni dentro il branco di Freezer se non avesse sin da cucciolo imparato come tirar fuori le zanne, come far risplendere i suoi occhi d’azzurro.
La verità era che non meritava di essere salvato, tanto quanto non avrebbe mai dovuto meritare di essere amato.
Eppure, per qualche incomprensibile ragione, era successo.
Prima era stato salvato da Goku – il vero alfa, il lupo mannaro leggendario che aveva ucciso Freezer – e adesso stava per essere salvato da una semplice ragazza umana.
Vegeta non ricorda molto dei suoi giorni di prigionia a Eichen House, se non le torture a cui il Dottor Gelo lo supponeva ogni giorno per cercare di capire come avvenisse la mutazione genetica che rendeva il suo corpo così forte e veloce, i suoi sensi più acuti di qualsiasi essere umano, e il suo corpo capace di rigenerarsi anche da ferite in apparenza mortali.
Non era che una cavia per lui, un animale, un aborto della natura, un mostro, che forse era anche quello che Vegeta aveva sempre pensato di se stesso senza mai aver avuto il coraggio di ammetterlo.
Ricorda la sedia in cui lo aveva legato, lo strozzalupo che gli aveva ficcato nelle vene per non renderlo capace di ribellarsi, di usare la sua forza sovrannaturale per sfuggire da lui, e strappargli via il cuore dal petto per tutto ciò che gli stava facendo.
Ricorda di essere stato trascinato sanguinante dentro il suo laboratorio, legato a una sedia, e visto gli strumenti di tortura poggiati sopra la scrivania del dottore, che con uno sguardo freddo e sterile – privo di qualsiasi emozione, come se non stesse infliggendo pene inimmaginabili a un adolescente, ma a un essere privo di coscienza, privo di quelle qualità che facevano di lui un essere umano, e forse era davvero così, forse quelle qualità Vegeta non se l’era guadagnate mai, e quindi era giusto che Gelo lo trattasse come l’alieno che era.
E poi, la porta era saltata per aria, e qualcuno aveva fatto irruzione nella stanza gridando il suo nome.
Aveva visto Bulma, con la sua mazza da baseball in mano, tirare un colpo perfetto alla testa di Gelo che si era accasciato a terra come una marionetta a cui avevano appena tagliato i fili.
La ragazza era vestita in maniera ridicola come sempre – camicia a quadri, sopra una t-shirt con una stampa nerd su quel gruppo di super eroi della marvel che le piacevano così tanto – e aveva il viso stravolto e sudato come se avesse dovuto attraversare la bocca dell’inferno per riuscire a raggiungerlo.
Non appena lo vede, gli corre incontro, iniziando a strappar via i lacci che lo legano stretto ai polsi e alle caviglie.
<< Va tutto bene, Vegeta. Siamo qui. Siamo venuti a salvarti. Tra poco ti riportiamo a casa.>>
La verità era che un vero branco – dei veri amici disposti a tutto, persino a morire pur di salvarti – Vegeta non se l’era mai meritato.
Così come non si era mai meritato quel sentimento travolgente che vede adesso riflesso nello sguardo, acceso dalle lacrime e dalla preoccupazione, negli occhi di Bulma.
<< Sei tornata da me... >>
Gli aveva detto di non cercarlo più, aveva troncato con lei nella maniera più brusca e crudele possibile, perché era stato un codardo e quando aveva capito che il loro legame stava diventando tropo forte, quando aveva capito che Bulma era ormai diventata una sua debolezza – e le debolezze portano solo morte e sangue – aveva preferito tagliare la corda e lasciare indietro tutti.
Aveva preferito mettere a tacere ancora una volta il suo cuore e la sua coscienza, pur di non riconoscere che una parte di lui, invece, umana lo era sempre stata, perché l’amore non è qualcosa che appartiene alle bestie, o ai mostri, ma qualcosa di tremendamente umano, qualcosa che lui mai avrebbe pensato di poter provare di nuovo, da quando aveva visto tutta la sua famiglia morire dentro un rogo, e i suoi occhi si erano dipinti di azzurro dopo la prima vittima che aveva assassinato qualcuno, solo perché devastato dal dolore e dalla rabbia.
E invece Bulma – nonostante sapesse bene tutti gli orrori che avesse commesso, nonostante sapesse che ormai era più un lupo che un ragazzo – non aveva comunque esitato a porgergli una mano, non aveva esitato a dirgli “ora fai parte del branco anche tu, perciò piantala di fare il lupo solitario e cerca di renderti utile!”, non aveva esitato a fidarsi di lui tanto da cedergli addirittura il suo fragile cuore umano.
E adesso, nonostante sapesse di averla ferita, di averla umiliata – a me di te non me n’è mai importato niente, eri solo un passatempo come un altro e ora mi sono stufato, e addio! – era comunque venuta a salvarlo, era comunque tornata per lui.
Mentre prova ad aiutarlo a rimettersi in piedi, il corpo del dottore ancora svenuto per terra, mentre l’allarme di quarantena risuona per tutto il manicomio, la vede trattenere indietro le lacrime e annuire.
<< Certo che sono tornata, chi credevi di prendere in giro con la tua uscita di scena penosa? Non puoi pensare di darmela a bere così facilmente, sono un fottutissimo genio io, che cosa credi? >>
<< Devi andartene o faranno del male anche a te… >> riesce a biascicare, nonostante senta la testa pesante, e tutta la stanza girare vorticosamente intorno a lui.
Solo Bulma è immobile, solo lei è punto costante in quel mare di tormento.
La sua ancora.
<< Vegeta, ora sono seria, sta zitto e lascia che sia io per una volta a salvarti il culo, va bene? >>
Vorrebbe risponderle di non fare l’idiota, vorrebbe dirle che non merita affatto tutto ciò che sta facendo per lui, tutto ciò che sta rischiando per lui, che è solo un mostro e merita di morire nel peggior modo possibile.
Vorrebbe dirle grazie, vorrebbe dirle che gli dispiace da morire per averle fatto a pezzi il cuore - distruggendo nel mentre anche il suo-, e vorrebbe dirle che è un bugiardo, vorrebbe dirle che è un vigliacco, ma qualsiasi cosa la sua mente confusa dallo strozzalupo stesse pensando di articolare, viene bloccata in anticipo dalla ragazza, che preme con forza le labbra sulle sue e poi gli dice fissandolo dritto negli occhi << Adesso, aiutami ad aiutarti, ok? Io non sono abbastanza forte per trasportarti da sola, quindi dobbiamo raggiungere l’ala A del manicomio, dove ci aspettano gli altri per portare avanti quello che resta del piano B.>>
<< Piano B? >>
<< Esatto, il piano A era talmente pessimo che lo abbiamo scartato a prescindere.>>
Solo Bulma poteva riuscire a fare sarcasmo mentre si trovano dentro un manicomio, in cui scienziati pazzi che danno loro la caccia sono in agguato per i corridoi, con teaser e forconi.
<< Hai capito quello che ti ho detto? >> le sue mani sono delicate sulle sue guance, sono balsamo su tutte le ferite che è stato costretto a sopportare per niente – perché nemmeno un mostro, forse, meritava ciò che il Dottor Gelo aveva provato a fare con il suo corpo – sono ciò a cui si era aggrappato in quelle due terribili settimane per non uscire del tutto fuori di testa, per non perdersi per sempre nell’oscurità verso cui Gelo lo stava spedendo.
Con le poche forze che ha ancora in corpo, annuisce, continuando a tenere gli occhi fissi su Bulma, come ad accertarsi che lei fosse davvero reale, e non un’illusione dettata dalla follia del dolore.
<< Sì cosa? >> le chiede ancora lei, e Vegeta sa che non si sta riferendo solo alla situazione in cui si trovano adesso ma ad altro, perché la conosce troppo bene e sa riconoscere ogni inflessione della sua voce e quella che ha appena usato significa sto cercando di darti una seconda occasione, per favore non farmene pentire.
Così, perché è solo stanco di essere un essere umano a metà, un mostro a metà, e vuole che Bulma lo riempia di qualcosa che non sia solo dolore e morte, di qualcosa che sia vero e reale, e puro e bello come lei, le risponde: << Aiutami.>>
 
 

FINE#10
 
 

NOTE DELL’AUTRICE…
Eccoci al decismo capitolo, dove troviamo i nostri protagonisti teletrasportati nell’universo di TeenWolf.
Per chiunque abbia seguito la serie, penso sia chiaro il riferimento a un episodio della quinta stagione, dove Lydia viene tenuta prigioniera e Stiles corre a salvarla.
Il punto di vista è quello di Vegeta, che qui è meno orgoglioso del solito e più rassegnato, più divorato dai sensi di colpa di un’intera vita passata solo a distruggere e non creare mai niente, un Vegeta forse più vicino a quello della saga di Buu, dove ha ormai accettato che c’è anche del buono in lui ed è pronto ad aiutare ed essere aiutato dagli altri (sempre alla sua maniera molto saiyan, ovviamente xD).
Quando scrivo i punti di vista di Vegeta ho sempre paura di fare danno, perciò scrivetemi e segnalatemi se va bene oppure no, se è abbastanza IC (abbastanza mi va bene, visto che ci troviamo in universo alternativo) oppure totalmente OOC.
Grazie a chi è riuscito a leggere fino a qui, e un grazie speciale a “Il Corsaro Nero” che recensisce sempre i miei capitoli! <3
Alla prossima,
BellaLuna

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Capitolo 11
*** SKAM!AU ***


CAPITOLO UNDICI: SKAM!AU



<< Il problema è che sono veramente innamorata di Vegeta. A un livello tale da sembrarmi quasi folle... >>
<< E allora perché non stai insieme a lui? >>
<< Perché non è una brava persona. >>
 
Chichi la guarda con il suo solito sguardo premuroso, eppure Bulma sa bene che anche sforzandosi la sua amica non potrebbe mai capire che cosa le stia succedendo in quel momento, perché nemmeno lei - a dire il vero - sa bene quando quella lunga discesa fino alla follia sia iniziata.
Nemmeno lei sa con esattezza quale sia stato il giorno, l’ora, il momento in cui aveva guardato Vegeta e si era accorta di essere innamorata perdutamente di lui.
Sa solo che un giorno non riusciva nemmeno a sopportare la sua vita, o di sentire pronunciare il suo nome, e l’altro aveva iniziato ad essere attratta da lui, dal suo sguardo corrucciato e profondo, dal suo atteggiamento sbruffone eppure così distante, così indifferente, dalla linea sottile con cui stringeva le labbra quando cercava di reprimere un sorriso, perché era quello che la gente si aspettava che lui facesse, che fosse il bel tenebroso, il ragazzo solitario dal quale bisognava tenersi a distanza.
Non sa se sia iniziato a piacergli prima o dopo che l’aveva costretta a uscire con lui, di sicuro quel modo spavaldo, quell’interesse spontaneo che aveva dimostrato per lei – così estraneo al suo carattere così chiuso, così distaccato – l’aveva incuriosita molto – “Perché proprio io? Perché tu sai chi sono. Sai chi sono stato, e sai chi sono adesso.” - proprio come l’aveva incuriosita quell’oscurità nei suoi occhi, nel suo sguardo che a volte mal celava una malinconia e una solitudine indescrivibile.
Forse aveva iniziato ad attrarla perché Vegeta era un enigma, e risolvere le cose, darle una logica, un ordine matematico ben preciso, trovare delle risposte giuste a delle domande era sempre stato ciò che le veniva meglio, che le piaceva fare di più.
Forse aveva iniziato a innamorarsi di lui, quando aveva provato a prepararle una cioccolata calda per far colpo su di lei fallendo miseramente, il contenuto della sua bevanda tutto rovesciato sui fornelli, e la sua faccia così stoica cosparsa di cacao.
C’erano dei lati, delle leggere sfumature del suo carattere, che Vegeta aveva mostrato solo a lei, e che l’avevano conquistata, rapita, legata a lui in una maniera così profonda, così indissolubile che adesso sentiva quasi di essergli appartenuta da sempre.
Come se la Bulma che era esistita prima di loro due, fosse in realtà una Bulma a metà, una Bulma incompleta.
E adesso che, invece, il suo passato lo aveva richiamato a sè – Freezer, e i combattimenti clandestini, e il debito che suo padre aveva contratto con quell’usurario e che Vegeta era stato costretto a riscattare per lui con la sua vita e con il suo sangue, battendosi ogni qual volta Freezer lo chiamasse a raccolta – allontanandolo da lei, si sentiva come se il suo corpo si stesse lacerando dentro, come se il suo cuore e la sua coscienza avessero assoldato tanti piccoli soldati/cellule che stavano dando battaglia facendola sanguinare dall’interno, facendole sentire una sorta di strappo, di spaccatura dolorosa lì dove una volta c’era stato Vegeta a tenerla al caldo, a tenerla al sicuro.
Chichi non sa che cosa significa sentire il bisogno di qualcuno sotto la pelle, come se ti mancasse una parte importante di te, un frammento che avevi cercato così a lungo e che adesso che l’hai finalmente trovato è quasi doloroso, è quasi come se Vegeta le fosse entrato nel sangue, avesse piantato radici dentro il suo cuore mischiandosi infine con il suo stesso DNA.
Ne sente il bisogno come l’aria che respira e Bulma sa che è sbagliato, sa che non è così che deve essere, sa che - anche se lo ama, maledetta lei -, non può comunque chiudere gli occhi di fronte a certe cose, non può comunque lasciare che Vegeta interferisca con i suoi principi, che persuada la sua coscienza fino a piegarla, perché tanto tempo prima aveva giurato che non sarebbe più stata la bambolina senza volontà di nessuno.
Da quando lo conosceva aveva fatto delle cose orribili a causa sua – aveva mentito alle sue amiche, aveva complottato alle loro spalle, aveva guardato Erasa negli occhi e le aveva detto “Non ci potrebbe mai essere niente fra me e Vegeta” pur sapendo che stava iniziando a non essere più vero, pur sapendo di tutte quelle volte che Erasa si era chiusa in bagno a vomitare a causa del ragazzo e del suo “non sei abbastanza per me” – e una parte di lei non può fare a meno di chiedersi se Vegeta non la stesse trasformando in un’altra persona, in un’altra Bulma, una ragazza diversa che era emersa fuori dai suoi baci e dalle sue carezza e che si era riempita i polmoni del suo odore, sprofondando addormentata nel suo abbraccio caldo e forse si era solo illusa di amare qualcuno che in realtà non esiste.
Vegeta aveva spaccato una bottiglia in testa a un ragazzo, e questo era sbagliato, questo era imperdonabile, anche se il tizio in questione era un farabutto che lavorava per quel mafioso di Freezer, rimaneva il fatto che avrebbe potuto ammazzarlo e che, anzi, se fosse successo sarebbe perfino stato contento della cosa.
Bulma ricorda il rumore della bottiglia che va in pezzi, ricorda il sangue e le urla, e lo sguardo furioso, sprezzante negli occhi di un ragazzo che pensava di conoscere.
E invece lo aveva guardato negli occhi, in quegli istanti e, come quella dannata bottiglia, anche il suo cuore era andato in frantumi nel vedere solo il profilo di un estraneo, il profilo di uno sconosciuto
Quello non poteva essere il suo Vegeta, aveva pensato, doveva esserci sicuramente uno sbaglio.
Quello non poteva essere lo stesso ragazzo che si faceva trovare a scuola mezz’ora prima dell’inizio delle lezioni, solo per poter passare un po' più di tempo di nascosto in sua compagnia, a baciarla, ad affondare le sue dita fra i suoi capelli, a sussurrarle segreti all’orecchio.
Quello non poteva essere lo stesso Vegeta che con cura la teneva stretta a sé quando dormivano insieme, nonostante lei gli avesse detto che voleva aspettare, che non si sentiva ancora pronta, che c’era stato qualcuno e quel qualcuno le aveva fatto del male... e lui aveva semplicemente inclinato il viso sulla curva del suo collo e sussurrato “Allora aspetteremo...”.
Era stata ingannata e manipolata per tutto il tempo quindi?
Quello che aveva detto di provare per lei era solo una bugia? Un modo come un altro per portarsela a letto e poi scaricarla?
Come aveva potuto fare una cosa simile e non sentirsi poi nemmeno in colpa?
Poteva amarlo comunque, pur sapendo che sarebbe stato capace di una cosa del genere?
Poteva stare al suo fianco e fingere di non vedere l’oscurità che lo divorava da dentro, l’oscurità che aveva iniziato ad albergare dentro di lui dal giorno in cui era uscito vivo da quell’auto e il resto della sua famiglia no?
Sarebbe bastato solo il suo amore a riempire quel vuoto? O alla fine avrebbe finito per inghiottirlo, risucchiarlo in qualche luogo oscuro e lontano da lei?
Oppure anche lei sarebbe stata risucchiata via, anche di lei, di quello che era adesso, non sarebbe rimasto più niente?
“Non posso amarlo... non posso lasciarlo... non voglio perdere me stessa e non voglio perdere lui... forse qui l’unica egoista sono solo io... forse ora che l’ha capito sarà Vegeta a non volermi più”
Sarebbe più facile, forse, se lui la lasciasse andare e basta.
Soffrirebbe da morire, ma con il tempo riuscirebbe comunque a farsene una ragione, a rimettere insieme i cocci e dire con orgoglio “Almeno una volta nella mia vita ho amato veramente”.
Eppure sa, che è una cosa impossibile, sa che Vegeta non lascerà mai andare davvero, perché ha bisogno di lei tanto quanto lei ha bisogno di lui.
Che una volta superato il suo muro d’orgoglio, il suo amore aveva messo radici profonde dentro di lui, e i germogli che Vegeta aveva visto fiorire da quella semina li aveva ammirati come solo qualcuno che non è mai stato abituato ad avere qualcosa di bello solo per sé può fare, come solo una persona egoista può fare.
Avrebbe fatto in modo che quei germogli gli fossero appartenuti per sempre, e che non potessero più appassire perché lui non lo avrebbe permesso.
Avrebbe tentato in tutti i modi di tenerli in vita, riempiendoli di tutto ciò di cui avessero avuto bisogno.
<< Che non fosse un bravo ragazzo, lo sapevi già. >> le ricorda Chichi, interrompendo il filo dei suoi pensieri, << Ora non puoi fare l’ingenua e dire che non te n’eri mai accorta per davvero fino ad adesso. Perché se sei veramente innamorata di lui, significa che conoscevi già questo aspetto della sua persona e l’hai accettato comunque. Perché sennò non lo ami per niente, e tutta questa conversazione non ha senso.>>
Una delle caratteristiche che Bulma ha sempre invidiato di Chichi è proprio la sua risolutezza, la sicurezza della sua logica sempre pragmatica, sempre sincera.
Dal davanzale della finestra del corridoio della scuola dove sono sedute, si sporge ad abbracciarla sperando che un po' di quella sua peculiare qualità raggiunga anche lei, riuscendo a rimettere ordine sia nella sua mente che nel suo cuore.
<< Grazie, Chichi.>> le bisbiglia all’orecchio, e la mora le sospira sulla spalla, come una madre abituata a risolvere i casini adolescenziali della figlia, dandole pacche incoraggianti sulla schiena.
<< Chi l’avrebbe mai detto che sarei stata io a spingerti fra le braccia di Vegeta? Solo a dirlo mi viene male allo stomaco. Spero solo che se lo meriti, perché sennò la bottiglia sulla testa la prossima volta gliela spacco io e arrivederci.>>
<< Mi sembra un buon compromesso.>>
<< Non è un compromesso. Si chiama Karma.>>  
 
***
 
Sotto lo sguardo di Vegeta, Bulma si sente piccola e fragile, si sente la ragazzina insicura che era stata una volta, quella che non era stata in grado di dire no al ragazzo che le aveva rubato la verginità per poi lasciarla in un letto freddo e vuoto il giorno dopo, con il cuore spezzato.
Non appena le apre la porta per farla accomodare in casa sua, Bulma prova a raddrizzare le spalle e ad assumere l’atteggiamento fiero e risoluto dalla ragazza che vuole essere oggi.
Della ragazza che sa che cosa vuole e sa per cosa combatte.
Alza il mento con fierezza e procede a passo spedito dietro di lui, finchè non lo vede fermarsi in cucina, poggiarsi sul piano colazione in marmo e fissarla a gambe incrociate e mani affondate nelle tasche dei pantaloni.
Ora che è meno nervosa – perché almeno non l’ha lasciata fuori dal suo portone, di notte, con solo due gradi, a morire di freddo – e può osservarlo anche lei con più attenzione, note le occhiaie che gli scavano il viso, la mascella contratta, lo sguardo che non pare nemmeno vederla ma attraversarla, sperduto chissà dove, chissà in quale parte oscura del suo passato, se in quella dell’incidente autostradale che aveva ucciso la sua famiglia, o in quella di Freezer che lo prendeva con sé per farlo diventare il suo nuovo cane da combattimento e all’improvviso si sente persa anche lei, svuotata di tutte le sue ragioni e colma della sua solitudine, della sua rabbia disperata, della sua paura di essere diventato nulla di più di ciò che Freezer aveva voluto che lui diventasse, un reietto, un appestato, qualcuno che nessuno avrebbe mai più voluto vicino se non lui, perché solo un criminale può volerne accanto un altro.
E non importava quante volte avesse provato a ribellarsi, perché il sangue cattivo di Freezer sembrava ormai scorrere anche nelle sue stesse vene e non c’era rimedio, ecco che cosa Bulma può leggere nei suoi occhi in quel momento e prima che se ne renda conto il suo corpo si precipita verso il suo e le sue braccia sono già strette intorno al suo collo, le sue labbra sono già premute contro la sua guancia.
Non era riuscita a riconoscere il ragazzo che amava quella notte, perché quello non era Vegeta, ma l’essere che Freezer aveva provato a tirar fuori da lui, ciò che Freezer aveva provato a creare e alla quale Vegeta, nonostante fosse già riuscito a sottrarsi in passato, talvolta si abbandonava quando la rabbia e il dolore diventavano troppo forti da sopraffarlo, da accecare la sua lucidità e trasformarlo in una sorte di demone incontrollabile.
Ma lei sarebbe riuscita ad aiutarlo anche in questo, sarebbe riuscita a cacciar via quell’oscurità e riempirla di qualcos’altro, qualcosa che avrebbe cancellato via per sempre tutto ciò che Freezer gli aveva insegnato, tutto ciò che Freezer gli aveva fatto.
<< Pensavo volessi lasciarmi... pensavo che... come fa una come te a volere uno come me... >> le sussurra all’orecchio, mentre le sue mani ritornano ad affondare nei suoi capelli, ad accarezzarle la schiena, a stringerla come se non si rendessero davvero conto che fosse lì e che fosse reale.  
<< Nemmeno io sono perfetta. Con il mio atteggiamento da salvatrice della patria stavo facendo del male al ragazzo che amo, quando lui invece aveva solo bisogno di me e io non l’avevo capito. Mi dispiace.>>
Bulma può sentire il sorriso di Vegeta sulla sua pelle, in quel punto fra la sua spalla e il suo collo in cui sono appoggiate e in cui hanno iniziato a seminare una scia di baci roventi, fino alla sua bocca.
La bacia lentamente e poi le chiede << Hai paura di me adesso? >>
Bulma ripensa al ragazzo che aveva intravisto alla rissa, quello che assomigliava a Vegeta, quello che Vegeta una volta aveva tentato di essere, ma che non era più lui, ma qualcuno che comunque avrebbe sempre fatto parte della persona che è, del ragazzo che stava stringendo fra le braccia in quel momento.
<< No >> risponde, perché i fantasmi e i demoni possono spaventarti, possono farti del male solo se tu dai loro il potere di farlo, solo se tu li riporti in vita.
Vegeta lascia andare il respiro che aveva trattenuto e poi si avvicina ancora al suo viso per appoggiare la sua fronte sulla sua.
<< Ti prometto che non ti farò mai del male.>> le dice, e non c’è più ombra di dubbio nel suo cuore quando gli sussurra sulle sue labbra roventi e perfette << Lo so.>>

 

FINE#11
 

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Capitolo 12
*** YourName!AU ***


CAPITOLO DODICI: YourName!AU



Introduzione: Bulma è una giovane e brillante recluta dell’elitè intergalattica, sezione aereonautica spaziale. Vegeta, invece, è il principe dei saiyan, una stirpe di guerrieri che va alla conquista di pianeti ospitabili per poi rivenderli a buon prezzo, sotto il mercato gestito da Freezer, signore della galassia.  Così, mentre Bulma e i suoi amici cercano di trovare un modo per fermare la tirannia di Freezer, i saiyan invece sono piegati ai suoi ordini. I due ragazzi, quindi, sembrano essere più che mai distanti uno dall’altra, quando, un giorno, per caso, l’uno si risveglia nel corpo dell’altra.
 
***
 
“Ma tu… chi sei? Qual è il tuo nome?”

Un tempo era con quella domanda che martellava nella sua testa che Bulma si svegliava ogni mattina, insieme a grosse lacrime che le scivolavano lungo le guance e la sensazione di aver appena ritrovato qualcosa o qualcuno e di averlo poi perduto l’attimo dopo.
Questo però, accadeva nei giorni buoni, perché c’erano altri giorni, invece, che si risvegliava nel corpo di un ragazzo, ( ricorda quella volta, in accademia con Jaco, dopo essere stata nuovamente presa in giro dagli altri studenti perché fare i piloti non è cosa da donne! e lei aveva urlato a nessuno in particolare “nella prossima vita voglio essere un guerriero fortissimo, un bellissimo ragazzo super forte!” e quindi forse era colpa sua, quindi forse se l’era cercata da sola), e viveva una vita più che mai diametralmente opposta alla sua.
In questa vita era un principe mercenario al servizio del mostro che da sempre invece aveva desiderato distruggere, in questa vita era forte e potente eppure imprigionata, piegata da catene invisibili.
Una volta ricordava il suo nome, ricordava il suo pianeta, aveva imparato a conoscere il suo popolo, le sue tradizioni, e aveva anche imparato a comunicare con lui tramite i loro scouter.
Avevano dovuto imparare a farlo perché, all’inizio, stare l’uno nel corpo dell’altro era stato più che complicato.
Il ragazzo non aveva idea di come si facesse a pilotare un astronave, il che comprometteva la sua brillante carriera accademica, per non parlare poi, del fatto che era incapace in qualunque tipo di relazione sociale e avesse il vizio di minacciare di morte chiunque gli desse fastidio ( e Bulma sospettava anche che le avesse palpato le tette una volta o due, anche se non ne aveva la certezze e Dio, sperava almeno che avesse avuto la decenza di non guardare giù quando andava a fare pipì!).
Non che lei se la cavasse meglio, visto che il giovane era un guerriero assoldato da Freezer, super cazzuto e super forte e super minaccioso, e lei non aveva idea di come essere nessuna delle tre cose.
Di coraggio ne aveva da vendere, quello sì, ma quando ti trovavi contro bestioni di ogni genere che volevano la tua testa, il tutto diventava particolarmente più difficile da gestire.
E poi c’era anche la faccenda politica di mezzo, visto che il ragazzo era pure un principe- come se già essere un ragazzo alieno non fosse abbastanza, grazie, Grande Divinità Universo!
All’inizio, tutti non facevano altro che fissarla strana, perché era sempre troppo gentile, troppo sorridente, troppo chiacchierona e a quanto pareva, invece, lui non lo era per niente.
L’unica fortuna era stata che mai, quando si trovava nel suo corpo, Bulma era stata costretta a qualche missione nello spazio, perché a quel punto, quando l’avrebbero vista aiutare le popolazioni anzicchè sterminarle, tutti avrebbero capito che c’era qualcosa che non andava.
Per tutta quella serie di ragioni avevano iniziato a scambiarsi informazioni sulle loro vite.
Lui le scriveva cose del tipo “La pianti di fare la femminuccia in giro?! Comportati da vero guerriero o rovinerai per sempre la mia reputazione, maledizione!”
E lei rispondeva con “E tu allora? Se sbagli un’altra simulazione di volo mi sbattono fuori dalla super elitè, di sicuro! Sei capace di far saltare in aria le cose sparando fuoco dalle mani, quanto può essere difficile imparare solo pochi comandi!?”
E ancora “Ci sono troppe persone che mi girano intorno con aria strana, che hai fatto?!”
“Grazie a me, finalmente, sei diventato popolare! Sai com’è, la sottoscritta è molto più divertente e brillante di te e le persone lo hanno capito al volo! Vedi di non farmi perdere tutti i miei amici a proposito, Jaco è sempre più spaventato da me a causa tua, scemo!”
“Oggi ho dato un pugno a un tizio che ha detto che le femmine come te una navicella non dovrebbero vederla nemmeno con un binocolo. Se era tuo amico, non me ne frega un cazzo. Ora è in infermeria perché gli ho spaccato il sette nasale. Comunque, sei proprio fiacca, quel pugno mi ha fatto male alle dita. Dovresti allenarti di più.”
“Stranamente hai fatto qualcosa di buono. Grazie. Anch’io oggi ho fatto la brava. Ho cercato di non parlare troppo, ho evitato di sorridere, ma potei ecco... aver lanciato una battutina cattiva a Guldo della squadra Ginyu, era nella nostra sala del trono e stava facendo l’idiota e io ho detto che dovrebbe evitare di parlare se prima non si è lavato i denti! Spero che non avrai problemi per questa cosa.”
Erano andati avanti a quel modo per quasi due mesi.
Una o due volte a settimana si scambiavano di posto, senza una precisa logica, o qualcosa che potesse almeno avvisarli che il fatto stava per compiersi, e con il tempo alla fine Bulma aveva iniziato a imparare sempre più cose sulla vita del ragazzo e su di lui.
Era determinato e testardo e ambizioso come lei, mirava a diventare un vero Re per il suo popolo, voleva rendere la sua gente di nuovo libera dalla tirannia di Freezer, voleva allontanarli dalla spirale di violenza in cui il tiranno li aveva trascinati dentro.
“Noi siamo dei guerrieri non degli assassini” le aveva scritto una volta e Bulma e gli aveva risposto “Possiamo aiutarci a vicenda, vieni da me, qui alla super elitè, se potessimo allearci, noi insieme ai namecciani, forse avremo qualche possibilità contro Freezer”.
Il ragazzo aveva risposto, “va bene”, e Bulma ricorda ancora la sensazione di gioia ed eccitazione che l’aveva pervasa, come si era sentita bene, completa, all’improvviso, come se stesse aspettando quella risposta da sempre.
Eppure, da quel giorno, nulla era più successo.
Non era più scivolata nel corpo del ragazzo, aveva dimenticato il suo nome, qual’era il suo pianeta, quand’era che dovevano incontrarsi.
Pareva che ciò che li aveva uniti fino a quel momento si fosse spezzato.
L’unica cosa che gli era rimasta era un sigillo reale, scritto in un ideogramma che non riconosceva, e che qualcuno le aveva regalato anche se non ricordava di preciso chi, né quando.
Solo qualche giorno prima aveva scoperto la verità.
Le avevano affidato una noiosa missione nell’archivio dell’Accademia e il tizio che ci lavorava dentro aveva riconosciuto il sigillo che portava al collo come una sorta di medaglione, dentro un cordoncino rosso che lei stessa aveva intrecciato.
<< Ragazzina, che cosa diavolo ci fai con il sigillo reale dei saiyan?! Dove diamine lo hai trovato? >> le aveva chiesto, palesemente incredulo, quasi sconcertato.
Bulma gli si era allora lanciata addosso, sommergendolo di domande, e così la verità era venuta fuori.
I saiyan erano stati sterminati da una pioggia di asteroidi che aveva colpito il loro pianeta.
Quest’ultimo, per miracolo, esisteva ancora, ma adesso era solo una landa senza vita, in orbita nello spazio.
Nessuno dei saiyan si era salvato, perché tutti quel giorno erano stati richiamati dalle loro missioni nel pianeta natio da un ordine di Freezer.
Molto probabilmente la lucertola sapeva tutto e aveva voluto cogliere l’occasione per eliminare i saiyan prima che diventassero incontrollabili, tanto più che il Principe Vegeta sembrava essere rispettato e sostenuto e ammirato da tutto il suo popolo, che ormai era pronto a seguirlo senza nessuna esitazione se avesse deciso di sobillare una rivolta contro di lui.
Tutto questo, le aveva detto, facendola precipitare nella confusione e nella paura più totale, era successo tre anni fa.
 
***
 
Ciò che rimane dell’antica e nobile civiltà dei saiyan è soltanto polvere.
La navicella che Bulma ha rubato a Jaco alla stazione centrale dei guerrieri della super elitè, atterra senza attirare l’attenzione di nessuno, senza che nessuno possa più ascoltarla.
La terra è rossa e brulla, non quella che Bulma adesso finalmente ricorda di aver calpestato quando la sua mente era nel corpo del principe Vegeta.
Lì dove un tempo c’erano stati ruscelli, e alberi, e villaggi, adesso ci sono solo dune di sabbia rossastra, che sembra permeare anche la stessa aria, rendendole più difficile respirare di quanto ricordasse.
Anche la gravità pareva maggiore – camminare nel corpo di Vegeta era stato facile, si era sentita potente e leggera, e invincibile, mentre con fare studiatamente altero attraversava sale e villaggi e il suo mantello scarlatto volteggiava alle sue spalle – e ciò la costringe ad azionare il regolatore di gravità incorporato nella sua tuta spaziale, che impedisce che il suo corpo venga così schiacciato a terra da una forza insostenibile.
Con un nodo di disperazione ad attanagliarle la gola, Bulma si dirige nel luogo sacro di cui le veggenti le avevano parlato quando si trovava nel corpo del principe.
Chiude gli occhi, e prova a immaginarsi quel deserto com’era una volta, solo tre anni prima, con il palazzo che sorgeva a strapiombo ad est, circondato dalle varie basi di atterraggio delle capsule, e il grande tempio ad ovest.
Osserva il percorso del sole, che sta quasi per tramontare, e prima di lasciar andare ogni speranza – è arrivata troppo tardi, è giù tutto finito, non è riuscita a salvare nessuno – comincia a correre verso le rovine del tempio, l’unica struttura che la catastrofe non era riuscita ad eliminare del tutto.
Da ciò che aveva capito vivendo nel corpo di un saiyan, quest’ultimi non avevano Dei, non si appellavano a nessuna divinità quando scendevano in battaglia, né chiedevano il loro benestare o pregavano per i loro cari defunti.
I saiyan non davano conto a nessun Dio, seppur fossero tutti incredibilmente superstiziosi.
C’erano popoli che non osavano toccare, stelle che non osavano conquistare, tabù che non osavano infrangere, perché l’Universo conosce vari modi per punirti, se infrangi le sue regole.
Eppure, nonostante questo, i saiyan erano stati puniti lo stesso.
Un gruppo di asteroidi aveva preso in pieno il loro pianeta, e tutto il loro popolo era andato perduto.
Chissà se a quel punto, avessero invocato qualche divinità affinchè avesse pietà di loro, chissà come si erano dovuti sentire loro, i potenti guerrieri, il popolo più forte dell’universo, quando non erano stati in grado di sconfiggere quelle forze che da sempre avevano temuto.
Mancano pochi minuti al calar del sole – il momento in cui, secondo le antiche leggende, era possibile che più mondi, più realtà, coincidessero, e si riusciva quindi a vedere cose che normalmente sarebbe stato possibile vedere, come un ragazzo morto - e Bulma arranca sulla sabbia rossa, corre a per di fiato lungo quello che rimaneva di una terra che non le era mai davvero appartenuta, ma che, comunque, per un certo periodo aveva considerato come sua.
Vegeta aveva un modo particolare di affezionarsi alle cose che possedeva, o alle persone che gli giravano intorno.
Quante volte, mentre era nel suo corpo, e aveva parlato troppo, o sorriso troppo, o si era preoccupata troppo per quel suo popolo, si era vista guardare strana, come se fosse uscita fuori di testa?
E quante volte si era anche sentita acclamata per le sue idee innovative, quanti si erano schierati a suo favore quando aveva proposto un’alleanza con i namecciani e le forze della super elitè per mettere finalmente fine al regno di Freezer?
Non erano cose da saiyan, Bulma lo sapeva bene.
Vegeta le aveva scritto su tutta la faccia che era una tale idiota illusa e minacciato di farla scendere di grado nell’esercito della super elitè, cosìcchè non avrebbe mai più potuto guidare nessuna fottuta navicella.
Ma alla fine, anche lui aveva ceduto, avevano deciso di incontrarsi, di allearsi, parevano essere arrivati a un passo dal poter stare finalmente insieme e invece...
La sua linea temporale e quella di Vegeta non avevano mai conciso, non erano mai stati bloccati l’uno nell’altra insieme, il loro tempo non era mai davvero stato lo stesso.
Eppure... il sigillo che portava al collo... era stato un ragazzo a darglielo... lanciandoglielo contro…
“Bulma...? Bulma, sono io... non ti ricordi me?”
Vegeta era arrivato troppo presto, al tempo lei ancora non lo conosceva, al tempo, si trovava solo da qualche giorno sul pianeta della super elitè e stava ancora studiando per essere ammessa.
Qualcuno l’aveva raggiunta in biblioteca, indossava un mantello e aveva il cappuccio calato sopra la testa per non farsi riconoscere.
L’aveva chiamata per nome, attirato la sua attenzione bisbigliando e lei gli aveva risposto “Che vuoi? Non ti ho mai visto.”
Non aveva mai davvero avuto nessun potere per aiutarlo, allora?
Cosa doveva aver pensato di lei Vegeta, quando l’aveva rincorsa, l’aveva cercata, perché lei gli aveva promesso il suo aiuto, e invece si era trovato davanti una ragazzina che nemmeno sapeva chi fosse, un gruppo di soldati che detestava lui e tutta la sua gente?
Doveva averla odiata, doveva essere morto pensando a lei come a una traditrice, una bugiarda... doveva aver pensato a lei... e... allora perché lasciarle il suo sigillo reale?
Per tanto tempo, lo aveva indossato senza nemmeno sapere che cosa significasse, finchè la sua mente non era stata di nuovo sballottata dentro il corpo del saiyan.
Allora aveva riconosciuto quello stesso medaglione pendere dal suo collo, oscillare sul suo petto,e aveva ricordato il momento in cui Vegeta se l'era sfilato dal collo per lasciarglielo a lei, prima di uscire fuori dalla biblioteca e andarsene, senza più rivolgerle la parola, senza che lei avesse il tempo di dire niente, o di fermarlo, o di chiedergli qual era il suo nome.
Manca meno di un minuto al tramonto, quando alla fine raggiunge le rovine del tempio.
Si osserva intorno, e prova a immaginare il grande lago di fronte a lei, le sue acque scintillanti, l’erba alta che danza nel vento, e l’odore di erba bagnata e vita.
Dura solo una frazione di secondo, e poi, prima che tutto sprofondi nelle tenebre, il rosso si trasforma in viola e l’ombra di Vegeta le appare dinanzi.
No, non la sua ombra, ma lui... vero... in carne ossa... e come… com’è possibile?
<< Il tramonto è il momento più fragile in cui le linee temporali possono incrociarsi... >> le spiega, come se si aspettasse di trovarla lì in quel momento, come se avesse aspettato il suo arrivo per tutto quel tempo.
<< Come lo sai? >> gli chiede, perché Vegeta non si era mai interessato a certe cose, a certe sciocchezze, le linee temporali, le anime gemelle, non erano roba da saiyan e basta.
<< L’ho letto in uno dei tuoi libri, quando ero nel tuo corpo.>> le risponde e poi, d’improvviso, il deserto che l’aveva circondata sparisce, e tutto intorno a loro ritorna a risplendere la maestosità di un pianeta colmo di vita, forte del suo futuro, salubre di speranze.
Bulma risente le lacrime ritornare a scorrere a fiotti sulle guance, sente il suo cuore ritornare a battarle nel petto, sente quel vuoto a forma di Vegeta che prima stava nella sua anima, ritornare a colmarsi.
Gli getta le braccia al collo, e quasi non crede che possa davvero toccarlo, che possa davvero respirare il suo odore, quasi non crede al fatto che lui non la stia cacciando via a calci.
<< Sei proprio una terrestre sentimentale... >> borbotta imbarazzato, pur non sottraendosi al suo abbraccio.
Bulma ride e struscia la sua guancia contro la sua, e il corpo di Vegeta è solido e caldo e sorprendentemente vivo, per essere diventato polvere tre anni prima << Credevo di essere arrivata troppo tardi, com’è possibile tutto questo…? Significa che... sono tornata indietro nel tempo, ma come? >> gli chiede, cercando risposte nei suoi occhi scuri e profondi.
Vegeta getta uno sguardo al tempio – ora indenne e maestoso – che si erge alle loro spalle.
<< Il grande universo deve avertelo permesso per qualche ragione... >> le risponde, nel suo solito tono caustico, mentre le sua espressione assume quella posa accigliata con cui lei tanto a lungo aveva cercato di copiare quando era nel suo corpo.
È molto più bello visto dall’esterno, non può fare a meno di pensare arrossendo, e le sue dita partono a giocare in maniera imbarazzata con ciocche dei suoi capelli << E’ perché noi siamo anime gemelle... >> gli dice, e lo vede arrossire e fare un balzo indietro come se lo avesse appena schiaffeggiato.
<< Certo che sei proprio sfacciata! Dire queste sciocchezze così adesso... >>
<< Io sarei quella sfacciata? Quante volte, di preciso, mi hai toccato le tette quando eri nel mio corpo? >>
Se possibile, a quel punto Vegeta raggiunge una tonalità di rosso ancora più accesa di quella prima, e Bulma pensa come sarebbe stato non riuscire più a ricordare la sua timidezza, il modo che aveva di tenersi a distanza dalle persone non solo perché era un piccolo snob, ma perché le relazioni non lo mettevano a disagio, non era bravo in certe cose.
Era una delle ragioni per cui aveva iniziato a piacerle, il cuore tenero dietro la corazza dura e invincibile.
<< E’... successo... solo una volta... >> le confessa, lo sguardo puntato altrove, le braccia incrociate come a mettere una distanza di sicurezza fra loro.
<< Bugiardo! >> gli dice, ma il suo tono è più divertito che accusatorio e i secondi passano implacabili su di loro, il crepuscolo sta quasi per finire e non resta loro molto tempo.
Bulma infila le dita sulla tasca della sua tuta spaziale e ne tira fuori una capsula che poi lancia in direzione di Vegeta che l’afferra al volo, come tempo fa lei aveva fatto con il sigillo che lui le aveva lanciato prima di uscire fuori dalla biblioteca.
<< Che cos’è? >> le chiede, fissando prima la piccola capsula fra le sue mani e poi lei.
<< E’ una mia nuova invenzione. In pratica creerà uno scudo protettivo intorno alla vostra atmosfera, che farà sì che, quando gli asteroidi cominceranno a piombare giù dal cielo, si infrangano diventando meno pericolosi e più facili per voi da distruggere. O se così non fosse, rallenterà la loro caduta permettendo a tutti voi di evacuare, perché tu stai iniziando le evacuazioni, non è vero? >>
<< A quanto pare, adesso sembra che la gente sia più ben disposta ad assecondare ciò che dico.>>
<< Tutto merito del mio fascino, cosa credi? Non è te che amano ma me. Li ho conquistati tutti quanti io.>>
Vegeta le rivolge un ghigno compiaciuto, prima di avanzare verso di lei e accarezzare con le dita il sigillo che porta ancora al collo.
<< Lo tieni sempre? >>
<< Certo.>> non sa il perché ma si sente più imbarazzata adesso, che non quando lo teneva stretto fra le sue braccia, forse per via del suo sguardo pieno di frasi non dette, che osserva il sigillo come se nascondesse un significato più profondo, qualcosa che lei è ancora capace di comprendere.
<< Me lo hai dato per una ragione? >> gli domanda allora, e Vegeta le sorride ancora a quel modo, piegando un solo lato delle sue labbra perfette, il suo viso adesso solo a pochi centimetri di distanza dal suo.
<< E’ un simbolo di appartenenza... a qualcosa o... qualcuno... >> le dice, e le sue dita adesso non sfiorano più il sigillo la sua guancia, il contorno della sue labbra.
<< Significa che... ovunque tu sarai nel mondo io ti troverò... perché tu sei mia... >>
Bulma chiude gli occhi e aspetta con il cuore in gola che lui la baci... ma le ombre ritornano a inghiottirla e il calore del corpo di Vegeta, delle sue dita sulla sua pelle d’improvviso scompaiono lasciandola perduta, in mezzo al nulla...
Qualcuno le si avvicina alle spalle, una signora raggrinzita, piegata dall’età, che sembra avere mille anni, i capelli grigi le ricadono in due lunghe ciocche sul viso.
<< Una straniera... chi stai cercando, ragazza? >> le domanda, e Bulma la osserva e prova a ricordare che cosa ci faccia in un posto del genere, quando e come e perché era finita in un pianeta sconosciuto, mentre stringe fra le dita il suo medaglione.
Osserva la signora anziana, e le pare di conoscerla, le pare che una volta le abbia parlato del tempo, della grande divinità Universo, di una profezia sulla fine di un popolo... ma sembra quasi la visione di un sogno, non la realtà.
<< Mi scusi... >> bisbiglia, la voce che le esce a fatica dalla gola, come se fosse rimasta in silenzio per tanto tempo << Ma non me lo ricordo... >>
  


FINE#12

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Capitolo 13
*** Mulan!AU ***


CAPITOLO TREDICI: Mulan!AU



" Non avrei mai dovuto lasciare casa mia..."
Tutto quello che Bulma aveva voluto dal giorno in cui quella maledetta convocazione alle armi era arrivata, era salvare la vita di suo padre.
Ma, in verità, tutto quello che aveva voluto da sempre era essere un’altra persona.
Una persona che avrebbe ammirato quando si sarebbe guardata allo specchio, una versione migliore della se stessa che aveva così miseramente fallito nell’essere la fanciulla perfetta che Madame Baba si era aspettata.
“Potrai anche sembrare una sposa, ma non porterai mai onore alla tua famiglia.”
Bulma non aveva avuto il coraggio, allora, di dire la verità, di dire a sua madre o a Baba che a lei di diventare la mogliettina tutta imbellettata di qualcuno non poteva fregargliene di meno.
Che era altro che avrebbe voluto essere nella sua vita – Dio, le andava bene qualsiasi altra cosa! - e anche se il suo sguardo non era ancora capace di guardare così lontano, sapeva che c’erano cose che l’avrebbero resa più felice che non preparare il tè, rassettare la casa e annuire ogni giorno con fare computo e rispettoso in attesa di mettere al mondo dei figli.
Sapeva che lì fuori c’erano mille e più modi, in cui avrebbe potuto sfruttare al meglio il suo ingegno, la sua intelligenza, tutte quelle doti che suo padre le aveva trasmesso e tutte quelle doti per cui lei lo amava così tanto.
Avrebbe fatto di tutto pur di salvarlo, avrebbe fatto di tutto pur di non vederlo ritornare sdraiato in orizzontale su un carro funebre.
Perciò, non aveva pensato alle conseguenze, non aveva pensato al tradimento, o alla morte, o al disonore che avrebbe recato alla sua famiglia se avesse fallito o se, peggio ancora, l’avessero scoperta.
Quando si era tagliata i capelli e aveva rubato l’armatura di suo padre, tutto ciò che aveva pensato era stato “Lo sto facendo per lui, per salvargli la vita”, ma forse, madama Baba aveva ragione e lei era solo una bugiarda, un’insulsa, piccola, presuntuosa ragazzina.
Forse, lo aveva fatto un po' anche per lei, per dimostrare finalmente qualcosa a se stessa, per dimostrare che avrebbe potuto fare quello che facevano gli altri, pur essendo solo una donna.
Che poteva parlare, ed essere ascoltata, ed avere ragione, che poteva prendere decisioni giuste da sola, che poteva anche essere altro dalla semplice compagna di vita di un uomo.
Pensava di mischiarsi fra la folla di soldati e seguire il vento... come le canne di bambù... senza lasciarsi mai spezzare, senza lasciarsi mai abbattere.
E invece, come al solito, aveva combinato un disastro dopo l’altro.
I soldati l’avevano presa in antipatia – perché poteva anche provare a parlare come loro, a camminare come loro, persino a sputare come loro, ma pensare come loro oh, quella era la parte complicata!
E poi era spuntato fuori Vegeta, il giovane capitano del loro battaglione.
Vegeta che l’aveva fatta a pezzi in un secondo, Vegeta che l’aveva fissata come l’aveva fissata Madama Baba, come se fosse un disastro di persona che nella vita non avrebbe mai combinato nulla di buono.
Se non si era arresa a quell’occhiata, a quel “Va, non ci servono soldati come te” era perché, per una volta, solo per una volta, aveva desiderato poter dimostrare il contrario, a loro ma anche e soprattutto a se stessa.
Aveva desiderato leggere un’espressione diversa nei volti di chi l’aveva giudicata senza darle neanche una chance, aveva desiderato farli ricredere, aveva desiderato che la guardassero e pensassero, non c’è niente che quella ragazza non possa fare, anche se sapeva che non avrebbero mai davvero potuto sapere chi fosse realmente.
Che la persona che avrebbero ammirato non sarebbe mai davvero stata lei ma Bing, e quello sarebbe stato comunque meglio di niente, meglio di ritornare a casa e sentire nuovamente suo padre ripeterle “tu mi disonori”. Qualunque cosa sarebbe stato meglio che riavere indietro la vita che aveva prima, dove non sarebbe mai potuta essere nient’altro che una ragazza in attesa di diventare la sposa di qualcuno.
Forse, quindi, era veramente così che era andata, forse lo aveva davvero fatto solo per se stessa, e tutto ciò che era seguito a quella notte, lei che recuperava la freccia e la lanciava ai piedi di Vegeta, lei che imparava a prendere sempre più coscienza di sé, della sua forza, della sua intelligenza, delle sue possibilità, non avevano avuto più nulla a che fare con la sua famiglia ma solo con lei.
Con lei e con ciò che avrebbe o no voluto essere, con ciò che avrebbe voluto o no diventare un giorno.
Ma adesso... che cosa le era rimasto adesso?
Vegeta l’aveva risparmiata dalla pena capitale solo perché si sentiva in debito con lei, non per altre ragioni, non perché la considerasse sua amica.
Si era fidato di Bing, solo per poi scoprire che Bing non era mai realmente esistito, che c’era stata solo lei e lei era solo una donna, solo un serpente infido, come quell’arrogante di Zamasu l’aveva chiamata.
Pensava che dimostrando il suo valore sarebbe finalmente riuscita a vedere qualcosa di se stessa che prima non c’era, sarebbe finalmente riuscita a intravedere qualcosa nel suo riflesso che non fosse soltanto l’ombra di una persona, ma una persona vera, reale, capace.
Ma si era sbagliata.
Poteva anche essere la migliore del suo battaglione a creare esplosivi, a organizzare piani d’attacco e di difesa, ma restava pur sempre una donna.
E nessun posto, pertanto, le sarebbe mai appartenuto veramente, niente sarebbe mai stato veramente suo, lei stessa non sarebbe mai stata destinata a diventare nient’altro che l’oggetto di qualcuno.
Pensava che ormai fosse tutto finito, che non le restasse altra cosa da fare che rimettersi in marcia, stavolta però, diretta verso casa, quando un grido disumano sotto la neve parve smuovere le montagne, un urlo che Bulma riconobbe e che la spinse nuovamente a indossare le vesti del soldato che non era mai stato.
A quanto pareva, non aveva ancora finito.
 
***
 
<< Vegeta! >>
La parata di vittoria verso il palazzo reale era un tripudio di musica e colori.
A guidare il battaglione di guerra che aveva trionfato nella lotta contro l’esercito di Freezer, vi era Vegeta, il suo capitano.
Il cuore prese a batterle più forte in petto quando i loro sguardi si incrociarono, eppure, nonostante sentisse quel familiare sfarfallio allo stomaco, decise comunque di spronare il suo cavallo verso la sua direzione, incurante della folla in delirio che le gridava dietro insulti di ogni tipo, per aver interrotto un momento così importante.
Non appena la vide arrivare, Vegeta la fissò quasi come se fosse un fantasma, uno spirito venuto dall’oltre tomba per tormentarlo.
<< Che cosa ci fai tu qui? >>
Bulma gli si accostò al fianco – come tante volte avevano fatto durante le lunghe marce verso il nuovo campo di battaglia – e gli rispose, provando a essere più convincente possibile: << Freezer è ancora vivo, lui e alcuni suoi soldati sono sopravvissuti alla valanga e adesso stanno organizzando un attacco contro il Supremo Imperatore. Secondo me, hanno intenzione di intrufolarsi dentro il palazzo e condurre un attacco dall’interno.>>
<< Ma che cosa stai dicendo? >> non sembrava che Vegeta avesse la minima intenzione di starla a sentire, era come se la sua sola presenza adesso lo infastidisse, lo mettesse a disagio << Torna a casa, Bulma, questo non è il tuo posto! >>
Il suo tono diffidente – che tante volte l’aveva ferita in passato, quando ancora pesava che non c’era davvero nessun talento in lei – in quel momento invece non fece altro che farla inviperire ancora di più.
<< Perché non mi credi?! >> gli chiese, bloccando l’incedere del suo cavallo con il suo.
Vegeta la squadrò da capo a piedi, la mascella contratta e gli occhi che sputavano fuoco << Osi pure chiedermelo? Proprio tu... che per tutto questo tempo non hai fatto altro che mentirmi?! >>
Il rancore, il tradimento che sentì trapelare dalla sua voce riuscì a ferirla più del colpo di spada che Freezer giorni prima le aveva inflitto al costato e di cui adesso portava la cicatrice.
<< Non ho mai mentito quando dicevo di ammirarti...>> gli confessò, sentendo le guance avvampare per l’imbarazzo, e lo vide di nuovo fissarla come se non credesse ai suoi occhi << Non ho mai mentito quando dicevo di essere dalla tua parte o quando dicevo che sarei rimasta al tuo fianco fino alla fine. Solo che adesso che non sono più Bing non riesci proprio a vederlo, non riesci proprio a capirlo... >>
<< Come potrei? >> le domandò urlandogli quelle parole in una sorta di ringhio, e Bulma dovette fare uno sforzo per cacciare indietro le lacrime e non dargli così l’occasione di considerarla solo una stupida frignona.
<< Una volta hai detto che ti fidavi di Bing, perché con Bulma dovrebbe essere diverso? >>
Si erano allenati insieme, avevano creato nuove strategie di combattimento insieme, avevano combattuto Freezer insieme, avevano rischiato la vita insieme, eppure tutto ciò che Vegeta riusciva a vedere era solo la sua menzogna... era solo ciò che non era...
“Forse,” non potè fare a meno di pensare, non riuscendo più nemmeno a sorreggere i suoi occhi oscuri e freddi su di lei “sarebbe stato più contento se fossi morta sulla neve. Forse almeno mi avrebbe ricordata con rispetto e con onore. Ma io sono viva, Vegeta, e che ti piaccia o no, ho intenzione di rimanerci ancora per molto tempo.”
<< Forse perché non ho idea di chi tu sia.>> le rispose alla fine, e mai come allora Bulma ebbe voglia di tirargli un pugno in faccia.
Dio, gli uomini! Ma perché non riuscivano a capire neanche le cose più semplici?
<< Sono la stessa persona di sempre! Non è mai stata Bulma l’impostora, ma Bing, perché è Bing che non è mai esistito, che era solo un nome. Io, invece, sono una persona reale. Sono io la persona di cui ti fidi, non Bing, sono io l’eroe della montagna, non Bing. E se tu non vuoi più credermi, perché ti senti ferito nell’orgoglio dal fatto che per tutto questo tempo non ti eri minimamente accorto di avere a che fare con una donna e ce l’hai con me, bene! Ma io non ho più un solo secondo da perdere e se tu non vuoi aiutarmi allora troverò qualcuno che sia meno ottuso e disposto a farlo.>>
Se Vegeta non voleva aiutarla, allora avrebbe salvato la Terra da sola.
 
***
 
<< Quindi facci capire bene... Freezer e la squadra Ginyu sono sopravvissuti alla valanga e ora si trovano al Palazzo del Supremo? >>
Fra il suo gruppo di amici Crillin era sempre stato l’unico ad avere, almeno, la testa attaccata alle spalle.
Pertanto, pensò Bulma, se fosse riuscita a convincere lui sarebbe riuscita anche a convincere gli altri.
Tuttavia la discussione venne subito proiettata da un’altra parte dal commento indelicato di Yamcha.
<< Sai, sono quasi contento che tu sia una ragazza... perché... beh... avevo cominciato a mettere in dubbio il mio orientamento sessuale, eri veramente molto carino.>>
Suo malgrado, Bulma si ritrovò ad arrossire << Ehm... grazie.>>
Goku invece non stava facendo altro che guardarsi in giro con fare sospetto, come se avesse anche lui una sorta di cattivo presentimento.
Bulma li aveva portati su una terrazza, in maniera tale da avere una visuale totale della parata e dell’ingresso del palazzo dove prima o poi il Supremo Imperatore sarebbe apparso per acclamare i suoi eroi e ricevere da uno dei generali la spada di Freezer.
 << Vegeta è con noi? >> le chiese Goku, lanciandole un’occhiata elettrizzata all’idea di poter tornare nuovamente in azione
Bulma strinse i pugni e gli rispose uno scocciato << No.>> alchè, Goku strabuzzò gli occhi come se gli avesse rifilato uno schiaffo in pieno volto.
<< Come no? Ma ci hai parlato? Gli hai raccontato quello che hai visto? >>
<< Si.>>
<< E allora? >>
<< Non mi crede.>>
<< Perché? >>
Prima che Bulma potesse sbottargli contro qualcosa di poco carino, Crillin intervenne nella discussione facendo presente l’evidente: << Perché adesso è una ragazza, Goku.>>
Il ragazzo le lanciò uno sguardo confuso, per poi limitarsi a fare spallucce << E allora? >>
Quanto avrebbe voluto che Vegeta avesse avuto quella stessa reazione! Stava quasi per correre ad abbracciare il compagno di squadra, quando le tornò in mente la frase usata poco prima da Crillin.
<< Adesso? Guardate che sono sempre stata una ragazza... anche quando vi battevo tutti a ruba bandiera! >>
<< Beh, ora almeno è chiaro il motivo per cui non volevi farti il bagno insieme a noi. O perché non avessi cantato la canzone una donna per cui battermi, quando si sa che è una cosa che i soldati fanno sempre.>> precisò nuovamente Yamcha, e Bulma pensò che fosse più interessato a fissarle le gambe, che non all’imminente attacco di Freezer e questo già preannunciava un futuro disastro.
Goku scoppiò a ridere alla riflessione del ragazzo, mentre Crillin arrossiva dalla testa fino ai piedi
<< A proposito di quella canzone... >>
<< L’ho già rimossa dalla mia testa, sta tranquillo... >>
<< Bene. Per quanto riguarda il discorso di prima, quello che cercavo di dire a Goku era...>>
<< Quello che testa pelata voleva dire, è che non abbiamo tempo da perdere per certe scemenze, Kakaroth. Perciò chiudi la bocca e vedi di seguire il piano! >>
A sentire la voce del capitano, come in un riflesso involontario del corpo, tutti si misero sull’attenti e si girarono a fissarlo con fare rispettoso.
<< Signorsì, signore! >>
Solo Bulma era rimasta immobile, le mani sui fianchi e in viso tatuata l’espressione di chi la sua lunga << Alla buonora.>> lo rimbeccò, sotto lo sguardo scioccato dei tre ragazzi accanto a lei, mentre Vegeta ricambiava il ghigno provocatorio che gli aveva arricciato le labbra.
<< Guarda che sono ancora il tuo capitano, e questo atteggiamento sfacciato sta iniziando a seccarmi.>> le disse, le braccia incrociate al petto e il viso a solo pochi centimetri dal suo.
Bulma non si mosse di un millimetro, rimase stoica a fissarlo negli occhi anche quando gli rispose con lo stesso tono altezzoso che lui le aveva appena rivolto: << Guarda che non sei più il mio capitano, da quando mi hanno sbattuta fuori dall’esercito perché sono una donna.>>
Vegeta non demorse e risolse la cosa con gesto sbrigativo della mano e un’espressione alla “chissenefrega!” << Sei ufficialmente integrata.>>
<< Non puoi farlo. >>
<< Questa è una missione di emergenza. E nelle emergenze possiamo anche sviare qualche regola.>>
<< Davvero? >> la voce di Goku aveva fatto breccia nel loro piccolo momento, facendo saltare i nervi a Vegeta, la cui giugulare aveva ricominciato a pulsare sulla gola come se fosse sul punto di esplodere.
<< Tu no, Kakarot. Per la volontà del cielo, tu no! Esegui gli ordini e basta! >>
<< Ok, ragazzi... e ragazze...>> riprese la parola Crillin, puntando un dito verso l’imperatore che era finalmente uscito fuori dal palazzo e adesso stava scendendo la lunga scalinata fino al drago di carta che conduceva la parata militare << il nostro problema principale è: come diavolo facciamo a entrare a palazzo? >>
Proprio come poco prima tutti si erano sentiti in dovere di rimettersi in riga all’entrata in scena del capitano, adesso che c’era da assemblare un nuovo piano d’azione gli occhi di tutti erano di nuovo puntati su Bulma, persino quelli di Vegeta.
La ragazza sentì il cuore saltarle in gola, l’adrenalina ritornare a scorrerle nelle vene e, finalmente, dopo tanto tempo, il riflesso di se stessa che riuscì a scorgere nei loro sguardi sembrava dirle: “è questo il posto in cui appartengo, è questo quello in cui sono capace. Non sono mai stata solo la ragazza maldestra di Madama Baba. Io sono questo.”
Colma di una nuova sicurezza, si osservò intorno, ragionando velocemente sul da farsi, poi prese un respiro profondo e iniziò a slegare la fascia che teneva insieme il suo vestito, sotto lo sguardo imbarazzato e sorpreso dei compagni di squadra.
Fu Vegeta che a un certo punto le fermò la mano, chiedendole tutto agitato e rosso in viso: << Ma che diavolo pensi di fare, donna? Ti è andato di volta il cervello?! >>
<< Tranquilli, non andate in escandescenza, ci serve semplicemente un modo per scivolare sui fili delle lanterne che collegano questo terrazzo alla veranda del palazzo, vedete?>>
Gli stendardi e i fili su cui erano disposte le lanterne si scioglievano per tutti i quattro lati della terrazza in cui si erano arrampicati, e uno di quei fili era collegato proprio a uno dei pinnacoli della veranda al lato ovest del palazzo, la parte più in ombra in cui avrebbero potuto rifugiarsi e attendere che l’assalto avesse inizio senza che Freezer si accorgesse di loro.
<< Come vi sembra questa idea? >>
Crillin si sporse a guardare giù, per poi allontanarsi dal cornicione con aria spaventata << Non hai un piano B, per caso? Io soffro di vertigini. >>
<< Questo è il piano B. Il piano A prevedeva che ci travestissimo tutti da concubine...>>
Le espressioni allibite e imbarazzate dei quattro soldati avrebbero quasi potuto ripagarla di tutti i casini in cui si era cacciata dal momento in cui era scappata di casa fino ad allora.
O, se solo avesse potuto ritrarli adesso...
<< Davvero? >> le chiese Goku, dando voce alle espressioni sconcertate di tutti gli altri.
<< No.>> rispose divertita e compiaciuta Bulma, scuotendo il capo << Ma è stato bello vedere che per un attimo ci avete creduto veramente.>>
 


FINE#13

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Capitolo 14
*** L'IncantesimoDelLago!AU ***


CAPITOLO QUATTORDICI: L'IncantesimoDelLago!AU




Goku capì che la situazione stava per prendere una brutta piega, nel momento in cui percepì l’aura di Vegeta iniziare ad andare su e giù senza un motivo apparente, sintomo che il sempre stoico principe dei saiyan stava cominciando a perdere il controllo delle sue stesse emozioni.
Capitava sempre così, quando era in compagnia di Bulma Brief, principessa della Terra e sua futura promessa sposa.
Bastava un niente – un sorriso giusto un po' più ammiccante, un’occhiata giusto un po' più maliziosa – per mandare Vegeta totalmente nel pallone.
E dire, che ne aveva avuto di tempo per fare esperienza, visto che erano anni che Bulma aveva cominciato ad avere strani effetti su di lui.
Goku sperò che, almeno, Vegeta si ricordasse il discorso preparatorio che avevano riscritto qualcosa come ottomila volte – dannato lui, e la sua mania di perfezionismo esagerato! – per quel determinato momento: la cruciale proposta di matrimonio.
Lui e la madre di Bulma erano lì, insieme a loro, in veste di chaperon e per testimoniare che la proposta era stata fatta e accettata senza che ci fossero “pressioni esterne”, come se il solo trovarsi su un pianeta alieno con una gravità dieci volte superiore rispetto alla tua non fosse già un pensiero opprimente!
Ma Goku non aveva il pedigrì adatto per poter affermare ad alta voce una cosa del genere.
Forse, Vegeta gliela avrebbe fatta passare liscia perché negli anni, grazie a Bulma e alla loro lotta comune contro il regime tirannico di lei, erano diventati qualcosa che sul pianeta Terra sarebbe stato molto simile alla parola “amici”, ma Vegeta non era ancora diventato Re. E Bulma non era ancora sua moglie e il silenzio fra i due, a passeggio intorno a uno dei laghi che circondavano il palazzo, si stava facendo davvero, davvero imbarazzante.
Come al solito, fu Bulma a spezzarlo per prima, andandogli in contro forse perché, come sempre, era riuscita a capire che qualcosa in Vegeta non andava bene << Mi hai portata qui per dirmi qualcosa di importante, o solo per farmi fare cento volte lo stesso giro intorno allo stesso lago? >>, la sua domanda sarebbe potuta essere ancora più schietta e diretta di così soltanto se gli avesse direttamente proposto lei stessa di sposarlo.
Adesso, Vegeta aveva la sua occasione servita su un piatto d’argento, doveva solo farsi coraggio e aprire la bocca, recitare il suo benedetto discorso e il gioco era fatto, per quella sera Bulma sarebbe ufficialmente diventata la sua fidanzata e tutto il mondo avrebbe celebrato la loro felice unione, e urrà per gli sposi!
E invece, la sua aura iniziò a prendere quota verso l’alto, spaventando un po' anche la stessa ragazza.
E poi accadde il disastro: << Sì ecco, a proposito di quella ridicola faccenda dell’accordo matrimoniale… >> se solo Vegeta avesse avuto il coraggio di alzare lo sguardo verso Bulma – o anche solo di ricordarsi tutte quelle parole segnate NO in rosso, del loro fottutissimo e ormai perduto per sempre discorso – si sarebbe reso subito conto che si stava già scavando la fossa da solo.
Invece, continuò a parlare imperterrito, camminando al fianco di Bulma con i pugni tesi lungo i fianchi e il volto corrucciato, come se si stesse preparando per un combattimento << Non ci sono problemi, non è vero? >> la sua aura in quel momento cominciò a precipitare verso il basso, forse perché il silenzio di lei lo stava allarmando, << Voglio dire... pura formalità.>>
<< Pura formalità? >> se lo sguardo di Bulma avesse avuto il potere di fare a pezzi le cose, Goku quella sera si sarebbe ritrovato a raccogliere Vegeta con l’aiuto di un cucchiaino.
<< Sì, esatto. Tutto uno stupido affare politico, giusto? >>
<< Oh, puoi giurarci, questo incontro non è altro che un affare politico, non c’è più alcun dubbio... >>
<< Quindi è tutto stabilito. Sarai mia moglie come d’accordo.>>
Pessimo, pessimo davvero.
Dal punto in cui Goku si era riparato dalla vista dei due, riuscì anche a vedere la mano della madre di Bulma che si abbatteva contro la sua stessa fronte, e al contrario di Vegeta, che quando si trattava di Bulma diventava improvvisamente lento di comprendonio, lasciando il suo brillante acume da militare sperduto chissà dove, Goku vide l’affondo arrivare a chilometri di distanza, che si stava per scagliare potente e tremendo contro tutti loro.
<< No.>> fu la risposta ferma e risoluta di Bulma, che continuò a camminare lungo il sentiero lungo il lago come se nulla fosse, come se non avesse appena lanciato una bomba che era appena esplosa dentro il petto di Vegeta.
Oh, benedette stelle...
Vegeta, invece, fermò improvvisamente il suo incedere, gli occhi spalancati in maniera ridicola fissi contro il profilo longilineo della bella principessa.
La guardò qualche istante come se non avesse sentito, come se non avesse capito bene quando invece aveva capito benissimo e la sua aura nuovamente in escandescenza ne era la conferma.
<< No? >>
<< Cos’è, sei diventato sordo tutt’un tratto? >>
<< Perché?! >>
Stavolta fu la mano di Goku a schiantarsi contro la sua stessa fronte.
Niente da fare, sembrava proprio che quel giorno Vegeta avesse davvero voglia di farsi del male da solo.
Bulma si girò finalmente verso di lui, le mani sui fianchi e gli occhi chiari che emanavano fulmini e saette pronte a fulminarlo con la forza che non aveva, e poi gli rispose tra i denti digrignati e una vena che pericolosamente aveva iniziato a pulsare sulla fronte per il nervoso.
<< Perché? Caso mai... è a me che spetta questa domanda! Perciò, una volta per tutte, Vegeta, dimmi perché vorresti che io diventassi tua moglie? >>
Per un attimo, un barlume di speranza tornò a risplendere in Goku.
Quella parte, oh quella parte sì, che lui e Vegeta l’avevano preparata bene.
Vegeta si era aspettato una domanda del genere da parte di Bulma, l’aveva prevista, paranoico com’era, e aveva buttato giù tutta una serie di risposte che secondo lui a Bulma e alla sua cultura da terrestre sdolcinata sarebbero potute andare bene.
<< Perché la nostra unione va a vantaggio del mio popolo.>> ecco, quella non era affatto – e dove gli era venuta fuori una stupidaggine del genere, maledetto lui?! - una di quelle risposte.
Bulma gli diede letteralmente uno spintone, che non lo mosse di un centimetro ma che colpì ugualmente Vegeta con la forza di un cataclisma.
Quel gesto ribelle a chiunque sarebbe costato le mani, o peggio, la testa, se Vegeta quel giorno non si trovava esattamente di umore buono.
Ma Bulma poteva permetterselo perché era Bulma e, tra le altre cose, nel corso degli anni aveva pure fatto di peggio: aveva riempito i capelli di Vegeta di vermi, tanto per dirne una, e quindi le mani e la testa le restarono al posto giusto, anche se dal modo in cui lei guardava Vegeta, Goku aveva iniziato a sospettare che qualcos’altro dentro la giovane terrestre fosse appena andato perduto.
<< Se questa è la tua risposta, allora l’accordo è ufficialmente annullato. E quindi, no, non sarò mai tua moglie.>>
Goku osservò Vegeta fissare come paralizzato, (l’aura praticamente a zero come se fosse stato svuotato di ogni energia), la principessa della Terra che raggiungeva sua madre, la prendeva a braccetto e prendeva il largo dalla sua vista e dalla sua vita, senza neanche voltarsi un’ultima volta verso di lui.
<< Addio, principe Vegeta.>>
Oh, benedette stelle, adesso erano davvero fottuti!
 
***
  
Dopo che la principessa Bulma e la regina sua madre ripresero la loro astronave per far ritorno sulla Terra, Goku era stato costretto a seguire Vegeta dentro la gravity room per smorzare un po' l’arrabbiatura del principe ed evitare così che quest’ultimo andasse in giro per la galassia a commettere stragi.
Quand’era di quell’umore nero, normalmente Vegeta rimaneva ad allenarsi e a scaricare la tensione con pugni e calci talvolta anche per giorni interi, e se si decideva a uscire, lo faceva non tanto per la stanchezza muscolare che lo intorpidiva ma solo per i brontolii affamati del suo stomaco regale.
Dal modo in cui stava combattendo contro di lui, a gravità cento volte superiore a quella del loro pianeta, Goku intuì subito che se non avesse fatto qualcosa, Vegeta probabilmente sarebbe rimasto rintanato lì dentro fin quando non fosse riuscito a togliersi dalla testa il ricordo di Bulma che senza esitazione – impettita e arrogante come sempre – gli voltava le spalle per dirgli addio.
Cosa universalmente nota: al principe dei saiyan i rifiuti non piacevano proprio.
E se a rifiutarlo era stata l’unica donna verso la quale avesse mai mostrato un minimo cenno di interesse, la questione diventava grave abbastanza da poter scatenare una guerra intergalattica.
Tuttavia, Goku conosceva Bulma abbastanza bene da poter affermare con certezza che la ragazza non avrebbe mai rischiato così tanto, e che se aveva detto di no a Vegeta, oltre perché ferita nell’orgoglio e nei sentimenti dalle sue parole, probabilmente era perchè doveva esserci un altro piano sotto, di cui loro non erano a conoscenza, uno dei tanti giochi di Bulma in cui i due saiyan da bambini si ritrovavano per caso, solo quando era troppo tardi per tirarsi indietro.
Forse aveva detto di no in maniera troppo impulsiva – come era suo tipico – e adesso se ne stava già pentendo, proprio come Vegeta si stava divorando il fegato e le budella per non essere riuscito a farle come si deve una stupida proposta di matrimonio.
Tuttavia, conoscendo il carattere orgoglioso di entrambi, Goku dubitava fortemente che sarebbero giunti a una soluzione in breve tempo, o che uno fosse nuovamente disposto a fare un passo avanti per riconoscere i propri sbagli e passare oltre.
Quella storia andava avanti così da quando erano solo dei bambini, e ogni estate Bulma era costretta dai genitori a passare del tempo con Vegeta affinchè si affezionassero – o almeno facessero l’abitudine - l’uno all’altra.
Ma né la Terra né il pianeta Vegeta avevano più molto tempo, visto che la minaccia di una guerra da parte di Freezer e del suo esercito era alle porte.
L’alleanza fra i due popoli era strettamente necessaria per la sopravvivenza di entrambi: la Terra aveva bisogno di guerrieri forti, e i saiyan avevano bisogno delle armi all’avanguardia della Terra.
Né Bulma né Vegeta avevano in realtà mai avuto molta scelta, ma questo era un pensiero che Goku aveva realizzato solo di recente, da bambino e da adolescente certe cose non l’avevano minimamente sfiorato, mentre dovevano essere sempre sembrate più che mai chiare e cristalline nella mente delle due giovanissime maestà.
Il problema era che nessuno dei due amava essere forzato a fare qualcosa, o piegarsi a un ordine, e quindi tutto sarebbe stato maledettamente più facile se solo si fossero presi sin da subito, ma così non era stato, come Goku ricordava bene.
Quand’erano bambini, Vegeta gli aveva detto che la sua promessa sposa era debole e fiacca e non valeva nemmeno il dito mignolo di un saiyan.
Che me ne faccio di una femmina che non sa manco tirare un pugno in faccia?
All’epoca, Goku aveva fatto spallucce, si era eclissato all’ombra della sublime saggezza del principe e aveva osservato Bulma come una formica che provava ad accostarsi a un gigante.
Sottovalutarla era stato il loro primissimo, infantile e stupidissimo errore.
La formica si era rivelata essere furba come una volpe, veloce come una gazzella, attraente come un animale esotico.
Combinava disastri e poi metteva su la sua espressione più angelica dando a loro la colpa.
Inventava giochi assurdi di cui lei era l’assoluta dominatrice e loro finivano sempre per cascare nella sua rete, nelle sue storie raccontate ad arte, nei suoi giochetti mentali che erano assurdi per una bambina di appena sette anni.
Ma Bulma era così: era troppo intelligente per essere gestita, figurarsi per essere capita.
Vegeta l’aveva odiata davvero, (una volta, o forse due al massimo), per questa ragione. Perché Bulma sapeva come rompere gli schemi, infrangere regole per rifarne poi di migliori, e sapeva rendere le cose interessanti e poi sapeva farti sentire scemo per non averci pensato su prima, ed era solo una terrestre, e loro stavano perdendo, e questo era inaccettabile.
Vegeta era sempre stato quello sveglio, quello scaltro, quello che sapeva come tenere le cose sotto controllo.
Bulma era l’eccezione alla regola, era la variabile imprevedibile, era tutto fuorchè sotto il suo controllo, e la cosa lo mandava in escandescenza, quando c’era Bulma nei paraggi, il Vegeta tutto serio faceva armi e bagagli e spariva chissà dove e un Vegeta nuovo veniva fuori, il Vegeta spogliato dalla sua corona e dal suo mantello scarlatto, e di lui ne restavano solo le ossa ancora troppo corte, i capelli sparati in aria, la spacconaggine e un bambino di otto anni.
Il Vegeta che usciva fuori quando Bulma era in giro era un Vegeta molto più divertente e molto meno posato di quello a cui Goku era abituato, e la cosa gli era apparsa all’epoca quasi come una trasformazione leggendaria, tanto da scherzarci su insieme a lui e chiedergli “non è che ti sei trasformato in un super saiyan, vero?”
Normalmente, Vegeta rispondeva prendendolo a calci o insultandolo, ma quello era il modo in cui i saiyan si mostravano affetto, aveva provato una volta a spiegare a una Bulma bambina che l’aveva guardato come se fosse l’ultimo fra i deficienti.
“Non sarò mai la moglie di un maschilista, arrogante e violento!” aveva aggiunto poi una Bulma dodicenne, quella che ancora si sentiva a disagio con il suo corpo che cambiava in quello di una donna, e allora si nascondeva dietro un ciuffo troppo lungo di capelli davanti agli occhi e vestiti troppo larghi.
C’erano piccoli brufoli sulle sue guance, e Vegeta non mancava mai di farglielo notare, di farle notare quanto il suo corpo fosse imperfetto rispetto a quello di un saiyan.
Quello era di sicuro l’argomento su cui andava forte e l’unica vera arma che avesse mai avuto per ferirla, oltre la forza, ma Vegeta non aveva mai alzato neanche un dito su di lei, né mai l’aveva voluto, e Goku non avrebbe saputo dire se era perché il Re suo padre gli avesse ordinato così, oppure se fosse per lei, per quel rispetto che era sbocciato nel suo cuore di bambino, quando la ragazza aveva stracciato un intero battagliane saiyan in una corsa di go kart a soli dieci anni, e con un catorcio che si era costruita da sola.
Ma anche quella tattica non era durata a lungo, perché passata la pubertà Bulma si era guardata meglio allo specchio e si era scoperta bellissima e sensuale, e aveva usato quelle sue nuove armi al massimo delle sue possibilità, facendo soccombere chiunque al suo sguardo, alla prosperità delle sue forme avvenenti.
Nemmeno Vegeta l’adolescente ne era stato immune, ovviamente, anzi forse era proprio da quegli anni che il gioco di sguardi fra i due si era palesato, e c’erano state intere conversazioni che si erano scambiati in silenzio da una parte e l’altra della stanza senza nemmeno rivolgersi una parola, e che Goku non avrebbe mai avuto modo di conoscere o di capire.
In quel periodo si era per la prima volta manifestata anche la parte gelosa e possessiva del principe dei saiyan.
Bulma era sfacciata e civettuola di natura, sfoggiava quella sua ritrovata sicurezza di sé con gesti accattivanti, mosse studiate, che facevano infiammare i cuori dei guerrieri a cui puntualmente Vegeta minacciava di spaccare la faccia se solo avessero anche osato e... lei era la sua promessa sposa, maledizione!
Erano iniziati i periodi anche delle lunghe discussioni private, delle lunghe passeggiate fuori da ogni controllo, lui e lei da soli a parlare, a provare a sfiorarsi, a stabilire contatti, a infrangere barriere ormai sottili come cristalli.
Alle volte, Bulma ritornava la vendicativa di sempre, faceva rimpiangere a Vegeta tutte le volte che da ragazzina l’aveva presa in giro per i suoi capelli troppo chiari, le sue braccia troppo magre, i suoi movimenti troppo lenti.
Lo stuzzicava e poi fuggiva via. Si fingeva ingenua, innocente, quando era lei che soffiava sul fuoco, curiosa ed emozionata al tempo stesso di conoscere la sua reazione.
“Lo sai cos’è un bacio, almeno?” l’aveva sentita chiedere a Vegeta quando avevano sedici anni, durante una delle loro gite segrete tra campi di fiori di girasoli che il principe aveva fatto piantare vicino al palazzo reale apposta per lei, dopo aver scoperto che erano i suoi preferiti, naturalmente però, senza mai confessarglielo apertamente.
Goku aveva osservato l’amico arrossire in risposta a quella domanda così impertinente, per poi corrucciarsi, allungare il passo e seminarla, - e solo Bulma poteva sconfiggerlo con solo una domanda, con solo un sorriso ammiccante.
“Lo sapevo. Nemmeno lo sai. Sei proprio il peggior promesso sposo di sempre.” Fingeva un tono esausto ed esasperato quando invece era solo divertita, quasi intenerita dalla timidezza che il principe le stava mostrando.
“Fammi vedere che cos’è allora!” la sfidava Vegeta e a quel punto era Bulma ad arrossire, a distogliere lo sguardo dal suo.
“Mi vergogno con Goku che ci guarda.”
“Il suo nome è Kakarot.”
“E’ mio amico, posso chiamarlo come mi pare.”
Goku era solo un soprannome che Bulma gli aveva dato quando erano bambini per indispettire Vegeta, (e che gli era rimasto appiccicato addosso come un’etichetta), che non aveva mai apprezzato quando gli altri giocassero con le sue cose, e a quell’epoca lui era ancora solo quello, solo il giocattolo del principe.
"Amici" lo erano diventati con Bulma, perché quando sopravvivi a una ragazza terrestre in piena pubertà, allora la tua prospettiva delle cose cambia in maniera radicale.
A Vegeta dava comunque un mucchio fastidio che lei continuasse a chiamarlo a quel modo, perché era troppo confidenziale per i suoi gusti, rompeva muri che invece dovevano rimanere saldi e bene eretti e non crollare.
Ma Bulma non sapeva rispettare le regole, specialmente se era Vegeta a dettarle e infrangerle si faceva solo più divertente.
Questo era stato il loro rapporto fino a qualche mese fa, quando il tempo tanto atteso era arrivato, quando gli adolescenti avevano lasciato spazio a dei giovani adulti pronti, o quasi, a farsi carico dei loro impegni regali.
Le passeggiate intime si era moltiplicate, talvolta Goku li aveva visti ritornare a palazzo ridendo di qualcosa, di sicuro qualche malefatta ai danni del povero sventurato di turno.
Certe volte li aveva notati mentre si stringevano la mano sotto al tavolo, altre il modo radioso in cui Bulma sorrideva solo a Vegeta, o lo sfavillio negli occhi del principe quando parlava di lei, dell’invenzione nuova che gli aveva mostrato.
Era tutto un “Bulma ha fatto questo, ha fatto quest’altro,” e quindi sembrava davvero che tutti i problemi si fossero risolti, che l’accordo fosse ormai siglato, pura formalità.
E invece...
<< Complimenti, Vegeta, davvero. >> Goku non potè fare a meno di rinfacciarglielo fra una scarica di pugni e un’altra, visto tutte le giornate che lo aveva costretto ad aiutarlo con quel suo maledetto discorso.
<< Potresti scrivere un libro, sai? Come ferire i sentimenti di una donna in cinque parole o meno.>>
In risposta vide il principe provare a rifilargli un calcio lì dove non batteva il sole, pur sapendo che si trattava di un atteggiamento alquanto sleale << Vaffanculo, Kakarot! >>
Goku evitò il colpo e lasciò perdere l’insulto, decidendo di passare al contrattacco  scaricando una serie di onde energetiche, e non mancò di stuzzicare ancora Vegeta perché, veramente, quando gli sarebbe mai capitata un’altra occasione simile?
(Ed era Bulma, davvero Vegeta si era aspettato che infilarle un guinzaglio sarebbe stato facile, anche se quel guinzaglio era una corona scintillante sulla sua testolina tanto graziosa?)
 << Ora, hai intenzione di fare qualcosa a riguardo... o ce ne staremo nella gravity room ad azzuffarci fino a quando, forse, e chissà grazie a quale misericordiosa creatura celeste, Bulma non dimenticherà la grande cazzata che hai fatto? >>
<< Ti ho invitato qui dentro per allenarmi! Se volevo qualcuno che mi facesse la predica e mi scassasse le scatole sarei rimasto a palazzo con mio padre! >>
<< Giusto. Ehy, senti un po'... >> Goku fermò l’attacco e finse un’aria stupita e interrogativa mentre gettava uno sguardo all’intera stanza gravitazionale << Chi è, a proposito, che ha inventato e costruito per te questa camera...? Aspetta, ora il suo nome non mi viene in mente... ah, ma sì, è stata Bulma! Hai presente? La principessa terrestre che quando ti ha chiesto perché volevi sposarla tu le hai risposto, perché va a vantaggio del mio popolo. Ma che problemi hai? Conoscendo Bulma, mi sorprende sul serio che tu sia ancora vivo, dopo quella uscita geniale.>>
A quel punto, Goku provò a sferrargli un pugno in pieno viso che Vegeta riuscì a bloccare con una mano.
Adesso, lui e l’avversario erano occhi negli occhi e il principe non potè fare a meno di arrossire << Senti... non sapevo che cosa dirle, d’accordo? È facile parlare per te! Non eri tu che dovevi farla quella dannata proposta! >>
Goku sorrise furbo, si liberò facilmente dalla sua presa facendo un balzo indietro << Bastava dirle la verità. Tipo: perché sei la ragazza migliore che conosco. Perché quando sono insieme a te mi viene meno voglia di uccidere gente a caso. Perché non voglio che altri uomini ti ronzino in giro. Oppure, perchè non faccio altro che pensare a te.>>
Vegeta, che si era già lanciato nuovamente all’attacco verso di lui, si bloccò a mezz’aria, piccato e imbarazzato dall’ultima uscita del compagno di allenamenti << Questo non è vero! >> affermò colpito sul vivo.
Goku fece ruotare esasperato gli occhi al cielo, come se non avesse sentito quelle parole già un milione di volte << Ti prego, è palese quando lo fai. Fissi un punto nel vuoto e poi ti viene questa faccia super strana, tipo che ti si piegano le labbra all’in sù, così, e sembra quasi che sorridi... roba mai vista! >>
<< Vaffanculo! >>
Mentre lo scontro riprendeva i suoi ritmi serrati, d’improvviso la luce bianca e intermettente delle chiamate vocali cominciò a brillare attirando la loro attenzione.
Sbuffando, Vegeta scese a terra a pigiare il bottone per rispondere alla chiamata, che mostrò loro la faccia sconvolta e preoccupata di Radish, che li mise subito in allarme.
<< C’è stato un attacco. >> esordì il saiyan dall’altro capo della comunicazione, senza dar loro il tempo di chiedere nulla << L’astronave reale della Terra è stata colpita. Hanno dovuto eseguire un atterraggio di emergenza sul pianeta Namecc. Il messaggio di S.O.S. è giunto a noi solo adesso, vostra altezza.>>
Non ci fu bisogno che Radish aggiungesse null’altro.
Goku osservò con apprensione Vegeta farsi bianco come un lenzuolo, le dita che scavavano solchi sul pannello di comando.
<< Quanti sopravvissuti? >> il principe pronunciò quelle parole come se gli stessero ustionando la lingua, come se non avesse potuto tenersele in bocca ancora un momento di più.
Dall’altra parte dello schermo, Goku vide Radish lanciare un’occhiata a un soldato alla sua destra che in risposta scosse il capo, rendendo l’espressione di suo fratello ancora più rigida, e l’aura di Vegeta ancora più incontrollabile.
Poi, il messaggio fu lanciato: << Non lo sappiamo. Probabilmente nessuno, altezza.>>
Goku si era immaginato un’esplosione, un boato, l’eruzione di un vulcano, il crack assordante di qualcosa che si schianta al suolo e va in mille pezzi, invece a quella notizia scioccante rispose solo il silenzio.
Passarono giusto un paio di secondi interminabili, prima che il principe dei saiyan ritrovasse la parola, il viso tramutato in un espressione di pietra che neanche Goku fu in grado di interpretare.
<< Fa preparare la mia navicella, Radish. Andrò io stesso a ispezionare il posto. >> ordinò, e Goku rivide il momento in cui Bulma gli aveva voltato le spalle, rivide il suo sguardo lucido e spento, rivide la delusione che trapelava dai suoi occhi azzurrissimi, rivide l’attimo in cui forse sia lui che Vegeta l’avevano perduta per sempre.

*** 

Su Namecc c’era solo fango, cadaveri e il relitto di quella che una volta era stata l’astronave reale del pianeta Terra.
La regina respirava a mala pena, e aveva il corpo schiacciato dalla vita in giù da uno dei portelloni d’uscita d’emergenza che si era staccato durante l’impatto.
Goku lo sollevò aiutato da Vegeta, e insieme a lui sentì le ultime parole che la donna disse riferite a ciò che era successo alla sua bambina.
<< Non è quello che sembra... >> ripetè un paio di volte, lo sguardo terrorizzato e la bocca che fiondava sangue scuro, << Non è quello che sembra.>>
Lui e Vegeta continuarono a ispezionare il luogo per giorni, ma di Bulma e del suo corpo non ve ne era più alcuna traccia.
Sembrava sparita nel nulla, sembrava essersi dissolta, smaterializzata come per magia da quel posto.
Tutto ciò che riuscirono a ritrovare fu un ciondolo con il simbolo della Capsule Corporation che Vegeta le aveva regalato per il suo decimo compleanno e la piuma bianca di un cigno.

 


FINE#14

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Capitolo 15
*** StrangerThings!AU ***


CAPITOLO QUINDICI: StrangerThings!AU




Ci sono notti in cui Bulma sogna ancora di essere inghiottita da un albero, e di finire in un luogo dove tutti i mostri strisciano nell’ombra pronti a farti a pezzi.
Sogna ancora di sparire in un’oscurità dove nessuno potrà più trovarla, sogna ancora che il suo corpo si dissolva da qualche parte nel sottosopra senza più essere ritrovato, come il povero corpo di Laura, lacerato e sperduto chissà dove.
Sogna ancora di urlare a squarciagola il nome di Vegeta, solo che nei suoi sogni lui non la sente, lui non le risponde, e la lascia sola a vagare nel buio, per sempre.
Certe volte Bulma si sveglia, nell’atmosfera calda e confortevole della sua stanza tutta rosa, e pensa com’era essere un adolescente normale.
Pensa com’era la sua vita prima che i mostri rapissero i bambini per mangiarseli di notte.
Pensa a quanto tempo fa, di preciso, aveva ricominciato ad avere paura del buio.
C’è una pistola carica nascosta nel suo armadio, e non importa quante volte sua sorella maggiore abbia cercato di confortarla (“Lo abbiamo chiuso, B., non c’è più nessun passaggio adesso, è finita.”) perché se chiude gli occhi Bulma può ancora sentire il Demogorgone strisciare nell’ombra, il suo rantolo che accende mille luci di Natale a casa di Vegeta.
Se chiude gli occhi, Bulma può ancora vedere l’espressione delusa, abbattuta, che Laura le ha rivolto l’ultima volta che l’ha vista; può ancora immaginare l’urlo che doveva aver lanciato quando era stata trascinata in basso, sempre più in basso, e il Demogorgone le aveva strappato via la vita a morsi.
Può ancora immaginare tante cose orribili che prima erano solo confinate nei libri e nei film dell’orrore e che adesso invece invadono la sua realtà, la macchiano come un’onta di sangue che non si sarebbe mai più tolta dalle sue mani.
Secondo Junior – il cervellone del loro gruppo improvvisato di cacciatori di mostri – la loro era la sindrome dei sopravvissuti.
"Ti senti così," le aveva spiegato un giorno, senza neanche riuscire a guardarla, "quando sai che mentre tu stai ancora qui, vivo e respiri e mangi e cammini e lasci che il tempo ti scorra di nuovo addosso, ci sono persone che hai lasciato alle spalle, persone che non hai potuto salvare e che peseranno sulla tua coscienza per sempre."
Junior non aveva aggiunto altro, all'epoca, e Bulma si era ritrovata ferita e arrabbiata a pensare che conoscere la causa del suo malessere, poco l’aiutava a sentirsi meglio, poco l’avrebbe aiutata a sopravvivere.
Yamcha le dorme accanto certe sere, le sussurra all’orecchio di dormire, di non pensarci, è solo un incubo, B, dimenticalo, ma dimenticare è tutto ciò che Bulma non vuole, è tutto ciò che Bulma non può fare.
C’è ancora la foto di Laura appesa a scuola, le parole d’inchiostro rosso che urlano scomparsa, e fanno male più di tutti i coltelli conficcati nel palmo della mano che era stata costretta a usare per attirare l’attenzione di un mostro dentro una trappola per orsi.
A volte fa così male che non le permette di respirare, che non le permette di vivere.
Quelle sono le notti in cui si alza in punta di piedi per uscire dalla sua stanza, afferra la cornetta del telefono che sta in soggiorno e compone il numero di casa di Vegeta.
Ma non ha mai il coraggio di chiamarlo, non ha mai il coraggio di comporre l’ultimo numero e aspettare nel buio che lui le risponda.
Forse perché Tarble erano riusciti a salvarlo, e Vegeta se ne era venuto fuori meno illeso, o comunque più intatto e meno danneggiato di quanto lo era lei.
O forse perché aveva atteso così tanto che lui la cercasse, che si facesse vivo, che le dicesse qualcosa in più del semplice ciao quando la incrociava nei corridoi della scuola, che Bulma non ha idea di come debba o non debba comportarsi adesso con lui.
Le sembrava che… quando davano insieme la caccia al Demogorgone... le era sembrato che loro... invece Vegeta l’aveva lasciata indietro, in disparte, rivestendo nuovamente i panni del ragazzo scontroso, asociale e indifferente al mondo, che era stato negli anni precedenti.
Mentre Yamcha, al contrario, le era rimasto vicino, l’aveva stretta fra le braccia quando aveva avuto freddo, l’aveva baciata e accarezzata quando pensava che non sarebbe mai più riuscita a sentirsi se stessa.
Ma erano altre le braccia che Bulma cercava di notte, durante i suoi incubi, quando il mondo si faceva viscido e oscuro e c’erano solo ombre a strisciare e a prendere vita ai lati più nascosti della sua stanza.
Era un’altra la voce che avrebbe voluto sentire, altre le mani che avrebbe voluto stringere, di cui sentiva il bisogno.
Ma, come nel suo sogno, teme ancora che nel momento in cui barcollerà nelle tenebre, non ci sarà più nessuno a trarla in salvo, non ci sarà più nessuno a sentire la sua voce. E allora scomparirà anche lei nel nulla, come Tarble, come Laura.
È in quei momenti che con disprezzo si accorgere di essere ancora una codarda, e che se le braccia di Yamcha sono le uniche ad ancorarla al suolo, allora lei non ha la forza per riuscire a lasciarle. Non adesso. Non ancora.
 
***
 
«Ho fatto qualcosa di sbagliato?»
Bulma piomba a casa sua di notte, indossando un giaccone da uomo sopra la sua vestaglia di pizzo chiaro, che le mette in evidenza le ginocchia e i polpacci e le caviglie sottili.
Vegeta la guarda e pensa che forse sta ancora sognando, forse si è addormentato di nuovo nel letto di suo fratello Tarble, per essere certo che non scompaia di nuovo nel nulla, e ora quella che ha davanti è la stessa Bulma che nei suoi incubi non è riuscito a salvare, quella che era stata inghiottita da un albero e che lui non era riuscito a tirare fuori.
«Bulma... che cosa ci fai qui?»
«Non riuscivo a dormire.»
«Non lo sai che è pericoloso stare fuori di notte?»
Davvero aveva bisogno di ricordarglielo? Davvero quello che era successo solo tre mesi prima non era stato abbastanza per farle passare la voglia di fare stupidaggini?
La vede infilarsi una mano in tasca e quando la tira fuori una pistola le pende dal dito indice come se fosse un giocattolino da quattro soldi che si porta in giro per fare sfoggio di sé.
«Per precauzione» dice, e c’è una luce sadica nei suoi occhi, una luce che Vegeta conosce bene e che significa che è ancora pronta a far guerra, è ancora pronta ad avere vendetta.
«Su, entra, fa freddo.» la invita, scostandosi dalla porta di servizio attraverso la quale l’ha sentita chiamarlo, e Bulma si dondola sui talloni un paio di volte prima di raggiungerlo sull’uscio e iniziare a fissarlo dritto negli occhi, a nemmeno una spanna di distanza da lui.
«Pensavo non volessi avere più nulla a che fare con me.» gli sussurra, e adesso che le è così vicina Vegeta può sentire il suo profumo di vaniglia e latte di cocco, le guance scavate da occhiaie profonde.
«Perché?» le chiede, fingendosi ingenuo.
Bulma afferma con fare ovvio: «Perché mi stai evitando.»
Vegeta si stringe nelle spalle, affonda ancora di più le mani nelle tasche del pantalone della tuta che indossa e stringe le dita così forte da farsi male «Non volevo disturbare te e il tuo fidanzato.» le risponde alla fine, e uno scintillio nuovo illumina il viso adombrato della ragazza «È questo allora, sei geloso di Yamcha?»
«Io non sono geloso proprio di nessuno. Sono stato impegnato con Tarble.» non è una bugia, ma nemmeno tutta la verità, e Bulma lo sa benissimo, come sa che se solo avesse aspettato un po' più di un mese prima di rimettersi con quell’idiota, forse Vegeta avrebbe finalmente trovato il coraggio di farsi avanti con lei apertamente.
Invece lo aveva lasciato indietro, come al solito, come facevano tutti.
Adesso la sua espressione è infiammata dal rimorso, e una mano le parte involontariamente a infilarsi in mezzo alla sua massa di riccioli azzurri «Avrei potuto aiutarti. Se me lo avessi chiesto. Invece, come al tuo solito, ti sei chiuso a riccio e mi hai esclusa. Mentre Yamcha... beh... lui...»
«Non mi interessa che cosa hai fatto con lui! Insomma, sei venuta fin qui alle due del mattino per litigare con me, per caso?»
«No.» gli sbuffa contro, e poi, spiazzandolo, cerca la sua mano in quella che lui ha nascosto dentro le tasche.
Gliela afferra saldamente, e aggiunge, quasi con le lacrime agli occhi «No... te l’ho detto, sono venuta perché non riuscivo a dormire.»
Istintivamente, e perché comunque non sarebbe mai stato in grado di allontanarla, non quando lei si lasciava andare così spontaneamente al suo tocco, Vegeta restituisce la stretta e approfitta di quella presa per portarla con sé fino in camera sua.
«Incubi?» le domanda, anche se la risposta è alquanto ovvia.
«Già...»
«Li ho anch’io qualche volta. A dire il vero, questo mi sembra uno di quelli.» gli confessa, quando ormai la porta della sua stanza è chiusa alle loro spalle e il buio li avvolge.
Fra le ombre e la luce dei lampioni che filtra dalla finestra aperta, Vegeta riconosce un sorriso scavare due fossette ai lati delle guance della ragazza, e il suo cuore non può fare a meno di partire al galoppo, ormai imbizzarrito del tutto nella sua corsa sfrenata.
Che cosa era capace di fargli quella Bulma, roba da non credere...
«Grazie. Quindi, io sarei il tuo incubo personale... mi stai dicendo questo? E chi è ora che ha voglia di litigare?» lo stuzzica, dandogli un leggero pugnetto sulla spalla destra, il suo corpo a un solo soffio di distanza dal suo.
È sempre stata troppo bella per il suo stesso bene, Bulma Brief, troppo bella persino da guardare alle volte, e così Vegeta si era soltanto limitato a lanciarle occhiate di sfuggita, a una distanza sempre di sicurezza quando lei non poteva accorgersene.
Le era piaciuta da sempre, ma gli era entrata dentro solo quando l’aveva vista impavida prendere una pistola e puntarla contro un demone sbucato da un’altra dimensione e pronto a divorare tutti.
Probabilmente, da quel giorno aveva iniziato ad avere più paura di lei – o meglio, di quello che lei rappresentava per lui – che di qualsiasi altro mostro potesse materializzarsi fuori dal sottosopra e minacciare la sopravvivenza dell’intera razza umana. Era abituato a combattere per sopravvivere. Mentre non era abituato ad avere un così disperato bisogno di qualcuno, non era abituato a essere visto, a essere vulnerabile.
Non sa quale forza guidi la sua mano in quel momento, sa solo che il desiderio di toccarla è così forte da non poter essere più trattenuto, più custodito dai suoi occhi.
Le dà un buffetto sulla guancia, la pelle sofficissima e liscia sotto le sue dita ruvide, e le bisbiglia sottovoce: «Potresti biasimarmi? Mi dai sempre il tormento.»
Bulma si lascia andare al suo tocco, piega il viso cosicchè la sua mano possa riempirsi di lei, e poi sorride nel dire: «Non è vero.»
«Sei prepotente, e vuoi avere sempre ragione su tutto.»
«Senti chi parla. Sei talmente insopportabile da fermi venire voglia di picchiarti, certe volte.»
«Bulma...» gli piace pronunciare il suo nome, se l’è tenuto dentro per così tanto tempo, che adesso dirlo sembra quasi una sorta di liberazione.
La osserva divertito mentre lei gli circonda il busto con le sue braccia esili e poggia l’orecchio lì dove il suo cuore sembra per esplodere
«Perché mi stai abbracciando se vuoi litigare con me?»
«Sei tu che vuoi litigare con me,» puntualizza con voce flebile, assonnata «io voglio solo dormire.»
«Dormi, allora.»
«Tu non te ne vai?»
«Beh, questa è la mia stanza, dove dovrei andarmene, scusa?»
«Resti con me per tutta la notte?»
«Sì.»
«Vegeta...»
«Che c’è?»
«Niente, volevo solo vedere se riuscivi ancora a sentirmi.»
Vegeta ripensa alla sera in cui Bulma era scomparsa nel nulla, nella notte, e l’unica cosa a cui lui si era aggrappato era la sua voce che lo invocava nel buio.
In tutti i suoi incubi, lui non riesce mai a sentirla, in tutti i suoi incubi continua a cercarla senza più riuscire a trovarla.
Adesso, invece, è proprio lì, fra le sue braccia, che si stringe a lui con la stessa disperazione con cui lo aveva fatto quella stessa notte.
«Sarebbe difficile non riuscirci...» le sussurra all’orecchio, e quando quella notte si addormentano insieme, nessun incubo, nessun mostro sbuca fuori dall’oscurità per tornare a tormentarli.
 


 
FINE#15

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