Autistic Spectrum Disorder(s)

di Leuvia
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Until we bleed ***
Capitolo 2: *** Come Closer ***
Capitolo 3: *** Disturbia ***
Capitolo 4: *** Confused ***
Capitolo 5: *** Talk ***
Capitolo 6: *** Existence ***
Capitolo 7: *** Non esisto solo io. ***
Capitolo 8: *** Hiroto: Un solo piccolo squarcio ***



Capitolo 1
*** Until we bleed ***


Faceva male, soprattutto a me, vederti seduto su quella sedia. Avrei voluto avere il potere di guarirtiper farti andare via, ma tu continuavi a sfuggirmi ogni volta, negando gli aiuti.Le pareti bianche sembravano un tutt’uno con le vesti che cadevano sul tuo magro corpo,dimagrivi ogni giorno di più e i tuoi occhi si stancavano, e si chiudevano. Ho pensato più volte di lasciarti stare, di affidare la veglia a qualcun altro, però uscire da quella stanza senza essere riuscito a farti sorridere non mi rendeva contento. Eri una sfida, e volevo vincere. “ Shou-kun…ti ho portato un succo di frutta. È alla pesca, come piace a te “ Mi chinai in avanti,equilibrando il corpo per mantenerlo fermo quando allungai il vassoio verso di te proponendoti di bere un po’, dato che non toccavi nulla da più di un giorno. Abbassasti lo sguardo solo per incentrare i miei occhi, ma poi scappasti di nuovo, spostando il braccio nascosto sotto la veste solo per sfiorare con la punta fredda delle dita il vetro del bicchiere. In me si accese una luce: pensavo ti fossi deciso a mandar giù qualcosa, ma ancora una volta, comparve l’indecisione sul tuo viso. Guardavo i tuoi occhi e ci leggevo solo un eterno ed immenso vuoto. “ prendilo..dai..” ti incitavo,volevo veramente il tuo bene, e non solo perché eri capitato sotto le mie cure. Ero il tuo medico. La tua unica fonte di salvezza, il tuo unico appiglio: che tu rifiutavi.
Perchè mi cacciavi via..?

Perché preferivi startene fermo a fissare il mare, invece che guardarmi..? Non riuscivo a capirlo, non riuscivo a capire perché solo tu mi davi dei problemi, perché solo la tua malattia riusciva a farmi impazzire. Ne avevo curati centinaia prima di te, e nessuno era mai arrivatoal punto da farmi fissare: da farmi morire di dolore. La notte tremavo nel letto, chiamavo a me tutto ciò che conoscevo, scavavo tra le frasi della mia memoria, ipotizzavo, creavo soluzioni impossibili. E niente di tutto ciò mi portava a qualcosa di concreto. Ogni giorno da te, ogni giorno fino all’alba a fissarti per cercare di capire cosa ti spingeva a non farti aiutare. Volevi forse morire così..?“ perché non ti lasci aiutare..? “ Mi sfuggì, uno dei tanti pomeriggi in cui mi ero rifugiato nella tua stanza isolando le nostri discussioni dal mondo: isolando completamente tutto si trovasse al di fuori di quella stanza. Le tue dita si catturavano a vicenda in un gioco fatto di carezze, ti fissavi la pelle, misuravi la sottilizza dei tuoi capelli, ma non mi rispondevi. Sapevi parlare, eri intelligente più di me. “ che senso avrebbe rispondere a questa domanda.?” Deliziasti le pareti bianche solo per un attimo – colorandole e decorandole - ciononostante facevi persistere in te quella voglia di non rispondermi. Mi mandavi in crisi. I tuoi occhi sfitti, le tue labbra pressate senza forza tra di loro, il tuo respiro regolare: tutto mi dannava e mi consumava. Eri apatico, ma la tua bellezza era inammissibile. “ devi rispondermi Shou..voglio farti uscire da qui..” “ vorrei la sabbia..”

Esitai. Mi si fermò per un attimo il cervello, nel quale fluttuò una scena così struggente da tirarmi i nervi nello stomaco. Come se un qualcosa stesse risucchiando tutto il sangue che sgorga nelle vene del mio corpo. “ voglio farti uscire per sempre..non solo un paio d’ore “ ti raggiunsi, rimossi tutti i centimetri di distanza che separavano il tuo corpo dal mio, e mi chinai, intrappolando tra le mani le onde delle tue ginocchia che ben si intravedevano da quella tunica bianca – tipica dei manicomi/ospedali -. Sapevo di averti scosso con quella vicinanza, ma è ciò che volevo: scuoterti, svegliarti da quello stato che ti spegneva la mente.Volevo vederti vivere, come chiunque altro. “ portami sulla sabbia..per favore..” Ti lanciasti su di me come un bambino, cingendomi le spalle alla ricerca di appoggio. Non vedevo il tuo viso, era nascosto dai tuoi capelli che mi solleticavano la mascella “ Shou…promettimi che ti farai aiutare. Fatti aiutare da me “ Non ti sei mosso. Non hai nemmeno respirato a dire la verità. Il tuo corpo si fece pesante, le mie gambe incredibilmente deboli. E cadesti, dalla sedia, spingendomi all’indietro – forse volutamente, forse no – facendomi ritrovare sotto di te. Continuavi però a tenere il viso nascosto: le tue gambe nude, le dita dei tuoi piedi scoperti, e il profumo asfissiante del tuo corpo non mi fecero muovere. Assumemmo entrambi l’aspetto di tue eteree statue, avvolte nel bianco accecante della stanza. La luce era forte, quella del sole picchiava prepotente sulla finestra attraversando i vetrie poggiandosi su tutti gli angoli che riusciva a catturare. La tua sedia però no. Non ci arrivava a quella, che era nascosta, all’ombra. Per questo eri un cadavere: eri bianco e pallido come l’avorio. “ Andiamo..sulla spiaggia “ Sollevai le mani cercando di aggrapparmi alla tua testa per tirarla indietro. Infilai le dita tra i tuo capelli, e raggiunsi con gli occhi finalmente il tuo viso: steso in un ennesima faccia da spettro; Dopo vari tentativi – in cui tu tra l’altro mi avevi complicato le cose decidendo di non muoverti minimamente: facendo la parte del morto – riuscii ad alzarci, facendo in modo di trovarci seduti, a fissarci. Volevi andare a mare, volevi perderti nel suono delle onde – quelle vere, non quelle che ti portavo rinchiuse in una cassetta registrata – ma ignoravo la tua immobilità. Dovevi muoverti, farmi capire che eri vivo“ getta via quella cassetta..” un altro sussulto, le pareti della mia barriera crollarono lasciandomi senza difese. Mi avevi forse letto nel pensiero..eri capace di fare perfino questo? “ andiamo..” Ti alzasti, senza aggiustare le pieghe della veste e ti allontanasti, allungandoti via da me. Un me che avevi fatto rimanere a terra, con il cervello esamine: svuotato.

Iniziai ad avere paura di te.

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Capitolo 2
*** Come Closer ***


Ciò che mi sfiancava l’anima era la purezza che ci mettevi nel guardare le altre persone quando ti capitavano sotto gli occhi nel tragitto da ospedale a spiaggia. Le guardavi con curiosità, come se fossero chissà quale strana specie di esseri viventi. Distaccato, di una categoria a parte. Seppur fossi concentrato a tenere strette le dita intorno al manubrio dell’auto, non riuscivo a fare a meno di guardarti, con addosso i vestiti di un qualunque ragazzo. Quella tua posizione da immerso nelle nuvole, mi fece perdere concentrazione più volte: ma per nulla al mondo avrei voluto distoglierti ora come ora. Mai, prima di allora avevo voglia di fermare il tempo. Le iridi fuori, a concentrarsi sui colori che sparivano fuori dal vetro, e quelle gambe divaricate appena da lasciar spazio alla mano, mollata tra di loro, mi fecero rizzare i peli di tutto il corpo,elettrizzandomi. Le spalle si irrigidirono, strinsi i denti e le dita intorno al manubrio, sbiancando le nocche: stava arrivando il momento di scendere dall’auto “ perché hai aspettato tanto per portarmi qui..? io volevo vederlo prima il mare..” Girai appena gli occhi verso di te, alternando lo sguardo tra le tue labbra e la strada, attendendo il seguito delle tue parole che puntualmente non arrivarono“ non hai voglia del mare, adesso? “ rallentai la corsa, schiacciai più volte ed a tratti, il piede sul acceleratore nel tentativo di poter poi, fermare del tutto la macchina. Quando scendemmo, la prima cosa che vidi nella tua espressione fu lo smarrimento. E come al solito mi hai lasciato in sospeso, considerandomi un semplice oggetto d’arredamento in quel contesto notturno e marino. Non avanzai, sei stato sempre tu a farlo prima di me “ tienimi la mano, scendiamo a riva..” sussurrai apparendoti come uno spettro, dietro le spalle. Ti girasti dopo qualche secondo, con uno sguardo stanco che però riusciva ad esprimere qualcosa: convinzione. “ il sole è andato via..” la tua voce risuonava nel crepuscolo calda e limpida, in sintonia con il suono delle onde che si infrangevano sulla sabbia umida. Scivolai a guardare quest’ultime, poi di nuovo te e le tue mani. Ne afferrai una, quella che riuscivo a sfiorare con il dorso della mancina e pressai le dita magre tra la mia mano forte e decisa. Non cambiò niente, in te. Eri freddo. Dannatamente freddo ed insensibile ad ogni contatto che ti regalavo. Ti stavo dando tutto me stesso, ma tu non te ne accorgevi. Pregavo, maledicevo la mia anima e tu non mi consideravi. Cosa potevo fare..? Avevo provato di tutto, lo giuro. E l’unica cosa che mi rimaneva, avevo paura potesse sconvolgere la tua esistenza. Così puro.. “ mi piace il suono delle onde. Questo è così vero…” Ci sedemmo sulla riva. Tu a gambe strette al petto; io, a gambe incrociate. Fissavamo entrambi il mare. Non so tu cosa stavi pensando, ciò che dicevi di sicuro non era quello che realmente ti stava fluttuando in testa. Lo sapevo. “ porterò via dalla tua stanza quella cassetta..” me l’avevi chiesto tu, dopotutto no? “ non buttarla..usala tu “ mi scappò un sorriso. “ e io che devo farci con una cassetta..? “ “ ascolta le onde per me, quando non puoi venire qui..” “ io ci vengo spesso qui sulla riva, non ho bisogno della cassetta Shou-kun..” cercavo nel buio, i tuoi occhi. Il cielo era stato completamente inghiottito dall’inchiostro nero della notte, e mi era difficile inquadrarli. Erano scuri, talmente tanto che si fondevano a quell’oscurità che per la prima volta vedevo sul tuo viso. Tu..sempre cosìluminoso..” allora..puoi regalarla a qualcuno..” L’importante era fare quello che mi dicevi. Ho capito questo dopo che ti sei voltato, dopo che ti sei avvicinato, dopo che ti sei gettato sulle mie gambe, usandomi come cuscino su un letto di sabbia.

“ sei stanco..? “ presi ad accarezzarti a capelli amorevolmente, come fa un padre o una madre peraddormentare il proprio figlio. Tu però non eri mio figlio, e io non ero tuo padre. Non avevamo nessun legame di sangue, niente che potesse unirci in quello schifo di vita che facevamo. Perché essere il tuo medico, non mi piaceva. “ ho solo bisogno di dormire..” mi scappò un sorriso imbarazzato – avevi sonno – chissà da quanto non chiudevi gli occhi; Mi chinai in avanti e senza smettere di accarezzarti i capelli sussurrai alle tue orecchie delle parole molto dolci, una di quelle frasi che si scambiano gli innamorati “ chiudi gli occhi..lasciati andare “ eri così..debole nelle mie mani. Avevo paura di turbarti.. mi terrorizzava l’idea di perderti

“ Sagachan..”
“ si..? “
“ non voglio tornare in quella stanza..”
“ lasciati aiutare da me allora..”
“ ma ci vorrà tempo “
“ se tu mi dici di si..non ci vorrà tempo “
“ si..a cosa? “
“ dillo e basta..”

Alzasti il viso, le tue mani si aggrapparono saldamente ai miei pantaloni quando provasti a tirarti su per guardarmi negli occhi. In quel preciso istante, ho sentito la terra scomparire sotto i miei piedi. “ si..”
Mi hai spento il cervello.

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Capitolo 3
*** Disturbia ***


"Il mio destino è nei tuoi occhi. La mia paura, la mia ansia, la mia malinconia, la mia nostalgia…la mia immensa felicità. Tutto, in quegli occhi profondi come è profondo il nero della notte. la loro purezza è lontanamente uguagliata soltanto dal più bel diamante che l’occhio umano ha potuto vedere, da loro è stato abbagliato nel cuore, nell’ anima, non può più, da allora, starne senza. Continuamente li cerca con affanno perché solo di essi si nutre, solo da essi si sente appagato, vivo. L’infinito ha un senso diverso da quando la persona che io sono, ha avuto l’ incomparabile opportunità di poterli ammirare e per interminabili attimi farli propri. Ora fanno parte di me ed ogni attimo che fugge sono sempre più affascinato, attirato, stregato." [cit.]

Ora lo so. Sono malato. Uno sporco dottorino che invece di pensare agli altri pensa solo a se stesso. Sono diventato pazzo pazzo di te. E’ inconcepibile come desideri farti mio, come non voglia che gli altri vedano il tuo viso. Sono egoista, non voglio che nessun’altro ti tocchi ed ora sono consapevole di voler più che mai possedere la tua anima. Ti fidi di me..? “ si..” Non farlo. Il tuo Sagachan potrebbe solo volere il tuo corpo..sai?

Nel momento in cui il tuo viso si è sollevato verso il mio, mi sono sentito mancare. Probabilmente, non fossi stato seduto, sarei caduto e le mie gambe mi avrebbero abbandonato. Il tuo respiro – che mai avevo ingoiato in quel modo – si fece dannatamente vicino, tanto che non sapevo per quanto, avevo resistito dal baciarti. Ma forse, ero solo uno stupido. Dimmi, chi di noi era in trappola? Eri tu che dirigevi tutto? Eri tu ad approfittare di me? “ shou, sorridi.. “ Avevo interrotto qualcosa, stando a come sollevasti le pupille verso le mie. Era come se, mi stessi studiando e a quel punto davvero ho creduto d’ essere io colui che aveva bisogno di cure. Perché voi, voi ‘pazzi’capite molte più cose di noi. Di tutta la gente che attraversa le strade e che le consuma. Perfino più intelligenti di un avvocato, di uno psicologo, di me.
“ fammi sorridere tu..” Chinai lo sguardo, mordendomi distrattamente l’interno delle labbra con la punta affilata dei denti, fissando controvoglia la sabbia riversatasi sui miei pantaloni. In un gesto rapido mi accarezzai l’indumento – nel tentativo di pulirmi - , mentre nella testa elaboravo un modo per farti sorridere. Senza dubbio, una barzelletta non avrebbe suscitato divertimento in te. “ uhm..ieri ho sognato..” “ tutti sogniamo “ a bruciapelo, ti sei intromesso nel mio discorso, facendomi inarcare ambedue sopracciglia “ certo, ma non avevo finito Shou-kun..” mi scappò una risata “ ah..” facesti. La lingua passo sulle mie labbra a catturare una punta di ironia, mentre una delle mie mani si sollevò a spostarti una ciocca di capelli. Sotto i polpastrelli, la sensazione di sfiorare pelle di porcellana mi convinse a pensare che tu non esistevi. E se ero diventato pazzo al punto di immaginarti con me? “ ho sognato un onigiri che saltellava su un prato cercando di acchiappare delle formiche. Era divertente perché ad ogni slancio perdeva riso e si faceva piccolo “ abbandonai le labbra ad un sorriso: cosa che tu non facesti. “ sogni sempre cose del genere? “ la linea che disegnava i tuoi occhi
si rovesciò di lato, il viso e i capelli con essa. “ nono “ scrollai le spalle negando “ ogni tanto, quando ho fame..” le tue dita simularono il mio stesso gesto. Così, senza avvertirmi. Non le avevo sentite sollevarsi dai miei pantaloni, me le ritrovai sulla fronte a scostarmi un ciuffo che di stare fermo non ne voleva sapere: forse non conoscevi il modo per fermarlo. “ e quando non hai fame cosa sogni..? “ seppur breve, un sorriso si accese sulle tue labbra. E lo feci anche io “ non so, ne ricordo pochi di diversi. Mi capita di fare incubi però “ Eh, e che incubi. Degni dei migliori film horror visti sulla faccia della terra. “ me ne racconti uno? “ “ ma no, ti spaventeresti “ “ no, è solo un sogno. “ Sospirai e scostai, stavolta con le mie mani, i ciuffi che tu non eri riuscito a tenere fermi. “ perché invece non ci facciamo un bagno? “ gettai velocemente lo sguardo sul mare che si estendeva alle tue spalle, contemplando le onde che succhiavano la sabbia per poi rilasciarla in mille bolle d’acqua. Girasti il viso anche tu “ che senso avrebbe? “ approfittando di avere il tuo profilo davanti agli occhi, schioccai due dita sul tuo naso istigandoti a socchiudere gli occhi per il pizzicotto. Ma non ti lamentasti “ non ci deve essere un senso a tutto sai..? “
E la mia bramosia verso di te, non ha senso. “ Dici che dovrei lasciar perdere? “ Appoggiai la schiena alla sedia, tirando le mani verso la pancia per incrociarle in una posizione d’attesa, mentre gli occhi salirono a centrare il viso di uno dei miei colleghi. Nao, rovistava tra le carte sparse sulla scrivania, girando spaventato intorno ad essa come un assetato di notizie. Seguivo i suoi spostamenti, ma avevo la testa altrove. “ i miei consigli vanno +al vento “ canzonò lui, appoggiando un palmo della mano sulla scrivania – su un paio di fogli – tirandoli verso di me per colpirmi con essi. Scivolarono sulle mie gambe e finirono per terra, ma non presi la decenza di raccoglierli “ non è sempre vero “ “ Daikon-sama, sai bene cosa vuoi. Non indugiare, non far finta d’essere confuso “ Abbassai gli occhi sui due fogli rovesciati a terra, sospirando e dandomi lo slancio necessario ad alzarmi. Li raccolsi, e li poggiai davanti al posacenere che il proprietario dell’ufficio amava tenere sulla scrivania. Inutilizzato “ Smettila di fare il sapientone, tu. Sono confuso davvero “ misi su un bel broncio, ma le sue dita raggiunsero la mia pancia e la vezzeggiarono. “ prendi shou e portatelo dove vuoi. Chiedi il suo completo affidamento ai superiori “ mi sorrise, scrollando poi il capo egirandosi per uscire dall’ufficio. Un’altra stanza bianca, arredata solo da qualche oggettino colorato, ma pur sempre bianca. E mi ricordava tante cose..” completo affidamento..” Ma shou non è un orfano! E io non sono il suo nuovo papà… Non voglio essere, il suo papà.




[...] Salve a tutti! Ultimamente sforno capitoli senza rendermene nemmeno conto owo - non che la cosa sia negativa, per carità - ma è strano perchè di solito mi dimentico che ho delle fic da finire; Questa però è la mia vita, quindi prometto che non la trascurerò! per key369: grazie mille per il tuo commento, non credevo potesse piacere - anche perchè è diversa dalle solite fic che ci sono in giro -. Qui non sono musicisti, qui non hanno nemmeno i loro caratteri. Sono loro, ma non sono loro! xD davvero, mi fa piacere di essere riuscita ad impressionarti ^^ buona lettura e continua a seguirmi.

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Capitolo 4
*** Confused ***


Le parole di Nao, mi rimasero in testa tutta la notte. Tornai a casa che ero stanchissimo, e dopo aver gettato il cappotto sul letto, mi stesi al suo fianco emulando un grosso sospiro. Sembrava fossitornato da una giornata fisicamente stressante. E invece non avevo fatto null’altro che pensare a Shou. A lui e alla nostra maledettissima situazione. Tora aveva ragione: mi stavo facendo prendere troppo da una cosa che non necessitava di tutta questa preoccupazione. Stavo impazzendo, era fin troppo chiaro. Fu con questi pensieri assordanti che mi addormentai senza fare null’altro, nella stessa posizione in cui mi ero lasciato cadere sul letto. A svegliarmi, quelle che furono poche ore dopo, fu il cellulare nascosto nella tasca del cappotto. La suoneria si ripeteva e si espandeva senza ritmo per le pareti del mio appartamento. Mi ci volle un po’ per convincermi che non stavo più sognando, ma stavo pian piano tornando alle realtà. Il ricordo malinconico dei sogni che in parte non volevo lasciare, sfumò e si dissolse totalmente quando con uno sforzo terribile, spinsi il mio corpo di lato per arrivare con la mano pesante sul tessuto del cappotto. Ad occhi ancora chiusi, cercai di raggiungere il maledetto essere che mi chiamava, portandomelo poco dopo all’orecchio, senza nemmeno accettare la chiamata. Solo dopo me ne resi contonotando che la suoneria continuava a spaccarmi i timpani..Allora aprii gli occhi un istante, e pigiai il pollice sul tastino ‘ rispondi ‘. - pronto..- la mia voce era rauca e impastata dal sonno. Dall’altra parte avvertii prima un respiro e poi la voce familiare di Nao. – Nooo, stavi ancora dormendo!? – La mano che non avevo ancora mosso, si alzò per stropicciare con insistenza gli occhi nell’invano tentativo di tenerli aperti. La voce di Nao mi sembrò provenire da un sogno. Ancor più metallica di quello che normalmente è al telefono. Ci misi quindi di nuovo del tempo per rispondergli guadagnando tra l’altro suoi vari richiami - ..si. – Risposta ‘ partorita’. Lui senza aspettare troppo decise di cambiare argomento arrivando a spiegarmi il motivo di quella chiamata. – non ti volevo svegliare, scusami tanto. So che oggi è il tuo giorno libero, ma stanno succedendo delle cose qua in ospedale…- Mi tirai a sedere facendo scendere i piedi dal letto. Poggiai le scarpe sul pavimento e sospirai rendendomi conto di essere ancora al buio,nonostante il sole al di fuori, picchiava prepotente sulla città. Le tapparelle delle finestre erano ancora abbassate, e se non volevo ricascare nel mondo dei sogni, dovevo decidermi a far entrare luce in casa – cosa succede ? scusa ma sono un po’ rincoglionito stamattina.. – Eh, l’ho notato – e rise alla sua solita maniera, contagiandomi in parte, così da far abbandonare anche me ad un sorriso. Mugugnai quando mi alzai in piedi – avanti, e dimmi! – Aprii la porta del bagno e dopo pure la fontana, passandoci una mano sotto per aiutarmi a sciacquare un po’ il viso – aahhhahaha, non ci sarebbe niente da ridere, ma tu mi stai mettendo di buon umore! … coff ! Comunque Tora sta come un pazzo! Economicamente stiamo messi male lo sai? – Sospirai chiudendo l’acqua – E’ una cosa che si sta tirando avanti da un bel po’, qual è la novità? -


- Ma non capisci? Se non entrano più soldi, i nostri pazienti verranno trasferiti -
- E cosa vuoi che faccia scusa? Prendetevela con lo Stato! -
- Non lo so.. -
- Va bene dai, ho capito, mi do una sistemata e vi raggiungo. Tanto oggi non ho programmi -
- Scusami Sagachan, lo so che è il tuo giorno libero.. -
- Non ti preoccupare scemo, Ora arrivo. Non ho voglia di stare a stressarmi qua a casa. E poi così ri-vedo Shou -
- Eh, lui è un altro problema -
- che vuoi dire? -
- ..hanno intenzione di trasferirlo...
- piccola pausa - Ah..Ah!Ma guarda che non è il solo.. -
- cosa? WTF! Lui no ! -
- eh..-
- A tra poco Nao, ciao! –


E chiusi la chiamata, trascinandomi verso la stanza dove recuperai con fretta il cappotto, infilandomelo. Il cellulare scese in tasca e in un paio di minuti mi ritrovai fuori l’appartamento e poi giù per strada. Con la macchina mi ci vollero che pochi minuti per arrivare all’ospedale. Minuti in cui io mi persi a pensare che non potevo più sopportare l’idea di essere sempre l’ultimo a sapere le cose, di essere sempre messo da parte come se la mia opinione valesse una vigorsol. E poi un’altra cosa che stavo notando era che più non volevo accadesse qualcosa, più quella cosa accadeva. Allora non potevo volere più nulla?Non dovevo, volere più nulla?

Una volta arrivato alla struttura medica, la prima cosa che feci fu raggiungere il reparto centrale.Mentre salivo le scale, e prendevo l’ascensore, continuavo a pensare a cosa sarebbe successo se avessero riuscito a portare Shou via da questo manicomio. Ma non ebbi il tempo di andare più a fondo con il ragionamento, perché l’aria negativa e infernale che si era venuta a creare nella grande sala, mi portò via dal mio mondo. Venni risucchiato nel vortice di caos che i 'cosìdetti' superiori stavano creando nel discutere in maniera accesa riguardo il problema che assillava prima di tutto me.A quel punto non sapevo che fare, mi dimenticai perfino di avere un certo appuntamento con Nao. Nao, che in tutto il frastuono non riuscivo ad individuare. I miei colleghi erano tutti ammassati davanti alla porta dell’ufficio di Tora, e spingevano per cercare di allontanarsi a vicenda, oltre che cercare di calmare i due litiganti principali. Il primo era Tora, sicuramente. Il secondo con mia sorpresa venni a scoprire era Naoyuki, proprio lui. S’imponeva al più grande con una grinta, un coraggio e una sfacciataggine che non avevo mai visto in lui. Lui che era sempre così posato e tranquillo, capace di controllare ogni nervo. Attesi allora là davanti, mischiato alla folla di medici, fin quando fu lui stesso a venirmi incontro. Mi poggiò una mano sulla spalla e sorridendo con sforzo, mi invitò a seguirlo nel suo studio.

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Capitolo 5
*** Talk ***


Seguendolo nello studio, non mi accorsi che intanto al di fuori, tra i corridoi c'era qualcun'altro che mi cercava. Ero piuttosto preso ad osservare l'espressione di Nao, pensierosa, e a lasciarmi rapire da questo aspetto di lui che mi sembrava così nuovo. Mi sedetti alla sedia davanti alla sua scrivania, la stessa che avevo visitato il giorno prima, e senza fare troppo rumore, attesi che lui mi spiegasse cosa stesse succedendo. Il battibbecco feroce del poco prima non mi aveva lasciato indifferente, anzi. Ero preoccupato al limite dell'impossibile. Ma per fortuna lui parlò.« Scusami ancora Sagachan » Pausa. Sospirò e si mise a sedere al suo posto, dietro la scrivania. « Purtroppo mi sento solo in questa battaglia. Necessitavo di un appoggio..» Le sopracciglia che inarcò mi fecero capire ancor più quanto pian piano stava tornando tranquillo. Perlomeno non aveva i nervi a fior di pelle. Lo guardai confuso, restandomene in silenzio prima di esprimere il mio parere. « Possibile?...Possibile che siamo gli unici ad interessarci non dei soldi ma della salute dei nostri pazienti? » Mi misi a sedere più comodo, sporgendomi con le braccia sul banco davanti a me. « Ma non ci pensano al fatto che anche i nostri poveri ' malati ' hanno un cuore? Che si sono abituati a noi e che spostarli significherebbe rovinare ANNI di sacrifici? Chi ci dice che trasportandoli altrove troverebbero la soluzione a tutto?» Il discorso stava prendendo una brutta piega. « Se trasferiscono Shou, giuro che mi licenzio. » Nao a quel punto cercò di calmarmi sporgendosi anche lui sulla scrivania e toccandomi la testa. Cercò di darmi un pugnetto affettuoso, nel tentativo di spingermi all'indietro e farmi risedere composto. « Non dire sciocchezze, Sagachan! Potresti invece farti trasferire. Anche se ciò non è possibile farlo nel giro di pochi giorni. Il tempo che ci metteresti a fare domanda, ad avere risposta eccedera..bhè, Shou sarà già crepato nell'altro edificio » « Ma che schifo di medici siamo..? » Non sapevo più che cosa dire. L'idea del trasferimento anche mio non mi elettrizzava affatto. Anche se sarei stato disposto a fare tutto per lui. Non volevo che soffrisse, men che meno che mi dimenticasse. Perchè chi mi avrebbe rassicurato il suo ritorno qui? Togliere Shou da quell'ospedale avrebbe portato lo stesso edificio al decesso definitivo. « Cosa siamo? Cosa? » imprecai lasciandomi cadere contro lo schienale della sedia. E proprio in quell'istante la porta dell'ufficio di Nao si aprì, lasciando entrare la persona di cui non mi ero accorto prima, all'inizio. Quella che mi stava cercando, o pedinando. Si, proprio Hiroto. « ..Un branco d'incapaci » Disse. Si presentò a noi sotto le spoglie di un esserino piccolino in camice bianco, con tanto di targhetta sul petto con scritto ' infermiere esperto ' ( seh ). Io e Nao fummo molto felici di vederlo, e non avemmo nulla da ribattere riguardo il suo 'intrufolamento '. Sapevamo che sarebbe stato un nostro alleato, è sempre stato così dopotutto. « Hiroto-kun, salve!» Nao si alzò dalla sedia rumorosamente, accogliendolo con un sorriso a milledenti. La sedia strisciò sul pavimento gracchiando, mentre le sue mani batterono sul tavolo lasciando tremare i fogli e costringendomi a scostare il gomito dalla sua superficie, evitando d'essere contagiato dal piccolo terremoto. Poi guardai l'infermiere, parlandogli « Cosa ci fai qui? » « Ti stavo cercando, mi hanno detto che c'eri e ti ho raggiunto » « E' un caso che ci sono oggi però eh » « Si si lo so. Volevo aspettare a domani per parlartene, ma già che ci sono..» E fece spallucce, lasciando in sospeso la frase già sapendo che avrei capito. « Dimmi pure, allora » Mi venne da ridere nonostante il clima per nulla divertente, incuriosendomi per le sue parole. Mi si avvicinò di più e prese a sedersi con noi nel tentativo di partecipare alla discussione. La porta era chiusa e nessun'altro poteva sentirci. « Avete saputo no, che per via dei problemi economici, se ne devono andare dei pazienti? » « E' quello di cui stavamo discutendo, infatti » « Bene, Tora ha la lista. Ho letto che è necessario far andare via almeno venti pazienti » « Cazzo, venti? » « Si, e da quanto ho capito sono anche i più problematici. Della serie ' togliamo ciò che fa lode all'ospedale '.» « Hai letto anche il nome di Shou, giusto? » « Si, purtroppo » Mi rattristai cercando disperatamente gli occhi di Nao con la speranza di un suo sorriso rassicurante, ma niente, non lo ricevetti. Era preoccupato quanto me, dopotutto. « Anche alcuni di noi andranno via, sai? » « MPF, facciamo prima a mollare tutto, a chiudere! BAH » « Ma non c'è un modo? E se parlassimo con qualuno di fuori? » « E con chi? » risposi alla domanda di Nao. Poi intervenne il più piccolo. « Non c'è nè bisogno. Posso provare io a corrompere Tora » « Ma non è Tora il problema, e lo sai. » « Ma se parlo con lui che è uno che se ne intende di ' Stato ' magari gli faccio cambiare qualche nome. Non lo so, vedo di convincerlo a togliere Shou, dato che ci tiene così tanto, no? » « Sarebbe un miracolo..» « E come avresti intenzione di fare? » « ..quello ha la testaccia dura.. » « Lasciate fare a me, ho già delle idee. Maligne forse, ma se è l'unico modo..» Non aggiunse altro poi, però. Perchè la porta dell'ufficio s'aprì dinuovo facendoci stare zitti ed invitando ad entrare Tora. Proprio colui che non doveva sapere niente di tutto ciò. Vidi Hiroto voltarsi e Nao arcuare le sopracciglia, mentre io spalancai gli occhi mostrando la mia incredulità. Speravo tanto che non avesse sentito niente. « Sagachan! » Il suo fu un tono canzonatorio. Da chi fingeva d'essere sopreso di qualcosa. « E tu che fai qui?» Sapevo anche che mi stava provocando. E allora mi alzai dalla sedia poggiando una mano sullo schienale, mettendomi sulla difensiva. Se avesse attaccato gli avrei risposto a tono. « Sono venuto per Shou » Lo guardai fisso negli occhi. Lui invece si avvicinò alla scrivania con dei fogli in mano, tutto fiero di essere il più grande e il più forte. « Giusto in tempo per salutarlo, guarda un pò » si, mi stava provocando. Cercai di lanciarmi contro di lui, cercai di afferrarlo ma lui si tirò indietro facendomi capire con uno sguardo truce, che aggredirlo non sarebbe servito a niente. C'era già troppa confusione in giro, forse avrei fatto meglio a non complicare le cose. Quindi me ne stetti fermo, a degrignare. « Ma cos'hai contro di me? Perchè vuoi togliermi Shou! Stai facendo di tutto da quando ho iniziato a seguirlo! » Lui poggiò con un sospiro i fogli sul banco di Nao, e poi mi guardò intensamente neglio occhi, strappandomi un colpo al petto. Fui quasi trapassato dal suo sguardo feroce. Tagliato a metà dai suoi occhi affilati come una lama. « Ma chi ti pensa!Noi sei al centro dell'attenzione Takashi. Non esisti solo tu. » Abbassai le spalle sconfortato, distogliendo anche lo sguardo per bloccare quella sofferenza che mi stavano procurando i suoi occhi. « Shou è uno dei tanti, mettitelo in testa. Non me ne frega sinceramente se tu ci stai male o se ci stai bene che se ne va o non se ne va. Non ho alcun interesse a farti del male, se vuoi saperlo. Semplicemente deve andare via e basta, e tu non puoi farci niente. » Battè la mano destra sul bancone prevedendo la mia risposta alterata, zittendomi ancor prima che io avessi aperto bocca. Allora ingoiai le parole e lo osservai intimorito. Mi facevo schifo in quel momento, ma mi ricordai che Hiroto era lì e che lui avrebbe trovato la soluzione. Dovevo stare zitto ancora un pò. Si, ancora un pò. « Goditelo fin che puoi, caro » E mi diede le spalle guardando l'infermiere. Dallo sguardo che Hiroto gli mandò capii che tra quei due c'era un certo feeling. E mi fidavo del più piccolo. Non so in che modo lo convinse ad uscire comunque. So solo che si alzò e uscirono insieme, chiudendo la porta. Io ero rimasto davvero senza parole. « Non c'è l'ha con te, Saga..» Rimanemmo solo io e Nao, e fu lui che mi parlò. « A me hanno tolto tre pazienti sai, stando a quanto mi ha detto Hiroto. » Lo guardai « Ma tu nei hai tanti, ti fa anche comodo » Ragionavo una schifezza. «Io ho solo lui, la dolce signora Chikafuji e Hisui, quell'uomo cecato. » « Sono tre persone impegnative » « Già.. Ma nessuno è come Shou. » « Perchè non vai da lui adesso? » Mi morsi il labbro inferiore ed annuii, gettando uno sguardo alle carte che tora aveva poggiato sulla scrivania. Poi mi allontanai da essa e mi diressi verso la porta, molto giù di morale. « Grazie Naochan..» Gli sorrisi con tutto l'affetto che avevo, e poi uscii da lì, lasciandolo da solo, immerso nei suoi problemi. Mentre attraversavo il corridoio che mi separava dalla sala di Shou, mi chiedevo che cosa avevo fatto di tanto bello per meritarmi un compagno come lui. Sempre così premuroso con me, che alle volte lo trattavo una schifezza. E ancora mi chiedevo che cosa invece avevo fatto di male per dover sopportare il peso di un amore che forse, era a senzo unico.

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Capitolo 6
*** Existence ***


Quando misi piede nella camera di Shou, la prima cosa che inquadrai fu la finestra. Grazie alla sua ampia fornice, i raggi solari riuscivano ad espandersi fino a tutte e quattro le mura. Per un istante mi sono preoccupato tantissimo riguardo la reazione di Shou verso questo fenomeno, ma per fortuna non appena spinsi le pupille più all'interno della stanza, lo trovai disteso sul suo letto. I raggi non erano ancora arrivati in quella zona, e lui quindi poteva starsene tranquillo tra le coperte. Guardava il soffitto, di questo me ne resi conto quasi immediatamente. I suoi occhi neri come il petrolio, erano rivolti in alto, mentre le labbra chiuse manifestavano tutta la sua apatia: Nessun'espressione capace di farmi capire a cosa stava pensando. Nonostante sapessi che era normale da parte sua, ogni volta era un tuffo al cuore. Quel ragazzo mi faceva sempre effetto. Qualsiasi cosa stesse facendo, a me colpiva. E vederlo disteso a quel modo sul letto, con le ginocchia alzate e le gambe magre messe in risalto dai pantaloni stretti bianchi, non mi lasciava, come al solito, indifferente; Mi avvicinai con cautela, chiudendo la porta alle spalle con l'aiuto della mano, e lo raggiunsi caricandomi di buonafede. Dovevo essere coraggioso. Quando fui vicino abbastanza da entrare nel suo campo visivo - senza fargli spostare le pupille - lo vidi chiudere gli occhi rilassato. Sospirò appena poi, togliendo una mano dalla testa per appoggiarla accanto al fianco sul materasso e invitandomi a sederglisi vicino. Accolsi il suo gesto con piacere, e in men che non si dica ero già ad affiancarlo ed a togliergli le coperte di dosso - quelle che per poco lo coprivano. Allora aprì gli occhi e mi guardò. Mi sentivo uno stupido, un pappamolle, un cretino, un debole, che si scioglieva sotto i suoi sguardi pregni di un enorme mistero. Ma cosa volevi dirmi con quegli occhi? Avrei tanto desiderato che mi dicessi che volevi stare sempre con me, anche se alla tua maniera, ma desideravo che me lo dicessi. Sarebbe stato tutto più facile.. « Buongiorno Shou-chan. Sei contento di vedermi? » Feci una piccola pausa distogliendo lo sguardo per sistemargli meglio le coperte di fianco. Una scusa per non stare fermo a fissarlo « Oggi dovevo starmene a casa a dormire, ma mi hanno chiamato con urgenza qua e quindi eccomi dinuovo con te » Feci un sorrisino imbarazzato mentre iniziavo a parlare come mio solito di tutto ciò che mi accadeva. Probabilmente Shou era l'unica persona dopo Naoyuki a sapere tutto di me. In quel modo cercavo di allenare la sua mente a capire quello che gli dicevo. Magari speravo che immaginasse gli eventi, e che gli venisse voglia di essere in un certo senso..come me. Vivo e libero. Ma sono un semplice essere umano e, per quanto possa aver studiato psicologia, non ho la capacità di leggere nel pensiero. Passarono istanti di silenzio, e poi lui parlò, cercando di mettersi seduto con l'aiuto delle braccia « Quale urgenza? » La sua domanda mi costrinse a mordermi il labbro inferiore. Non potevo di certo spiegargli tutto quello che stava succedendo intorno a lui, no? Potevo solamente parlare di altro, o dirgli una bugia. Tanto non avrebbe capito lo stesso la gravità della cosa. Non sapeva che io ero pazzo di lui. NOn ancora. « Ci sono alcuni problemi di soldi. Mi sono dimenticato di pagare una medicina per te » La scusa più assurda che potessi tirare fuori. Mi detti un colpetto sulla fronte per auto-punirmi, e poi tornai ad osservarlo, senza smettere di sorridere divertito dalla mia stupidità. Autoironia. Shou mi osservò curioso piegando le gambe a triangolo, formando un cerchio con esse, e portando una mano alle labbra per mordicchiarsi un'unghia. L'altra scese senza vita tra le gambe, sfiorando con le dita il materasso sotto di sè. Il suo gesto mi fece capire che stava riflettendo su quanto detto da me, ma preso dal senso del dovere allungai una mano svelta verso di lui per bloccare il suo mordicchiare. Mi guardò sorpreso, aprendo un pò più le palpebre, e si lasciò avvicinare quando io preso da una voglia indomabile, cercai di baciarlo sulla bocca. Si, esatto. Non mi fu difficile raggiungere il suo viso, data la vicinanza. E non mi fu difficile nemmeno provare a sfiorargli le labbra con le mie. Ma difficile diventò l'esatto secondo dopo, quando la stessa mano che aveva imprigionato la sua, corse a raggiungere il suo mento nel tentativo di afferrarlo. Volevo tenergli il viso fermo mentre riprovavo ad avere lo stesso contatto. Chiusi gli occhi, e mi lasciai guidare dal coraggio che mi spinse a sussurrargli di aprire le labbra. La saliva mi moriva in gola, iniziai a diventare ansioso, preoccupato, spaventato. Mentre lui era inerme e confuso, immobole come una statua di cera. Sapevo che non aveva mai baciato, lo si capiva subito, ma nonostante ciò non mi rifiutai di fargli da insegnante, se vogliamo metterla su questo piano. Quindi ero con le labbra su di lui, appoggiato in attesa che sotto il mio consiglio lui le aprisse per permettermi di scoprire il suo sapore. Il calore del suo respiro leggermente alterato filtrava dalle sue narici arrivando ad accarezzarmi il labbro superiore. Mi sentivo di nuovo stupido a stare fermo così. Ma non sapevo cosa fare. Se aspettare che lui davvero aprisse quelle labbra, o se insistere un pochettino io, forzandolo. Alla fine successe che le cose avvennero nello stesso istante: io mi spinsi in avanti e lui aprì la bocca. Le mie labbra aderirono completamente alle sue, e sentii la sua carne sotto la mia tremendamente morbida ed invitante. Non mi pentii più di aver compiuto un gesto così avventato. Amai la sua bocca come sapevo già di amare tutto lui stesso. Le nostre bocche schioccarono, la mia lingua s'infilò pian piano tra i suoi denti andando ad esplorare l'interno con tutta la gentilezza che sapevo usare. La sua non si muoveva, non sapeva di doverlo fare. O almeno è quello che pensai fino a quando anche la sua prese vita iniziando ad accarezzare più volte la mia che ormai si era fatta già una gran bella panoramica. I nostri occhi erano chiusi da un bel pò. La mia mano si allontanò dal sul mento e scivolò sulla sua spalla per reggerlo nel caso avesse dimostrato fragilità. E intanto il bacio proseguiva trasmettendomi elettricità. I nostri visi si incontravano e si accarezzavano nel movimento ondegiante del bacio, il mio si inclinò di lato per incastrarsi meglio tra il suo naso e la sua bocca, il respiro accellerò, diventò tutto meraviglioso. Era tutto dannatamente perfetto, si. Il mio Shou stava imparando a baciare, ed ero proprio io, io che lo amavo, ad insegnarglielo. Mi parve una cosa strana ma piacevole. Mi sentivo importante; Però così come ogni cosa ha inizio, così arrivò il momento di separarmi dal suo viso. Schiusi le palpebre e le labbra. Ritirai la lingua e indietro il mento, strizzando la vista per poter osservare, attraverso le ciglia che ancora coprivano la visuale, la sua espressione. Ero curioso di capire che cosa gli aveva suscitato questo momento, per me, così speciale. Aveva le labbra rosa appena socchiuse, il mento un pò sollevato in mia direzione, gli occhi chiusi. Entrambe le sue mani erano inermi tra le gambe, mentre le mie lo sorreggevano, e bloccavano al tempo stesso. Avrei voluto baciarlo ancora, avrei voluto tremare dinuovo dall'emozione, ma questo non accadde poichè lui si portò il dorso della mano sulla bocca e si tirò un pò indietro inarcando le sopracciglia. Si fece piccolo tra le sue stesse spalle, imbarazzato da quanto appena accaduto. Mi parve ancora più fragile e bisognoso di affetto, ancora più adorabile di quanto già era. Alla sua reazione comunque anche io allontanai le mani da lui e mi voltai di lato cercando di alzarmi in piedi. L'incredibilità di ciò che era successo non mi permetteva di parlare, incapace di trovare una giustificazione, o una scusa. « ..cos'era questo? » Per fortuna fu lui a rompere il silenzio, togliendosi la mano dalla faccia per guardarmi senza nascondersi. Girai la testa in sua direzione, e sospirai, un pò mortificato « ..un bacio. Era un bacio.. » Gli spiegai, giusto per rispondergli dato che sapevo che non ignorava cos'era davvero. « ma perchè mi hai dato un bacio? » Chinai gli occhi al pavimento, abbracciandomi la pancia con le braccia che si incrociarono sul camicie bianco. Ci pensai un pò su, ma l'unica cosa che mi premeva di sapere era se gliera piaciuto, se gli aveva dato fastidio. Se l'aveva scosso insomma. « Ho sbagliato a dartelo? » Lo guardai negli occhi. I suoi mi risposero tuffandosi direttamente nei miei, mandandomi un nuovo colpo al petto. Ma quanto cazzo ero ridicolo? « non lo so..» Mi rispose «..un bacio così, non si da alla persona importante? La più importante? » Avrei voluto sorridere, al suo tenero modo di chiedermi spiegazioni. Il suo indagare era così infantile..ma non aveva peli sulla lingua, come ogni bambino d'altronde. Un bambino che non sa come ci si comporta in questi casi « E' proprio così, bravo Shou-chan » Credo che in quel momento si fosse irritato per il mio atteggiamento. Lo trattavo da bambino, proprio io che al mondo ero l'unico a non volerlo vedere così. Non mi rispose più, stette zitto tutto il tempo. Credo aspettasse una mia parola. Ma ci misi anche io tempo per farmi uscire una frase. Vuoi perchè non avevo idea di cosa dire, vuoi perchè ero anche io confuso e stranulato. Ma poi mi decisi « ..vogliamo uscire ? » Gettai un occhiata alla finestra. Il sole splendeva alto e accecava gli occhi. A shou avrebbe dato fastidio, però volevo provarci. Pian Piano, si sarebbe dovuto abituare al sole no? Affrontare le sue paure, dimenticare i suoi traumi. « il sole è troppo forte..» Si coprì la faccia con una mano, si ranicchiò contro se stesso spaventato e si strinse forte, tremando quasi dalla paura. Mi venne voglia di stringerlo a mia volta, forte come quelle sue mani che piegavano la stoffa dei suoi abiti. E in un certo senso, lo strinsi forte a me con lo sguardo, prima di provare ad avvicinarmi per consolarlo. « Non devi avere paura del sole tesoro » Feci la voce più dolce e amabile che sapevo tirar fuori, e provai ad accarezzargli il crine candido con un tocco confidenziale ma anche discreto. Sollevò gli occhi da dietro le dita che gli coprivano il viso, e mi guardò in una maniera che mi fece venire, stavolta, i crampi allo stomaco. Il suo terrore, il suo orrore, entrarono dentro di me. Mi avvolse nel suo mondo e mi incatenò. In quel momento non potetti far nient'altro che provare ad accoglierlo tra le mie braccia, pian piano e senza costringerlo. Le mie mani passarono sulla sua schiena, mi sedetti accanto a lui e provai a spingermi verso di lui per rintanarlo. Là, tra le mie braccia dove speravo potesse sentirsi al sicuro. Ma non mi abbracciò, si stette solo, immobile come una statua che però poteva stringersi da sola nel suo dolore. Quanto avrei voluto liberargli l'anima, prendendomi tutti i suoi incubi.

" Dammi tutto ciò che ti spaventa sopporterei i tuoi incubi al posto tuo pur di vederti dormire serenamente. Voglio guarirti, voglio salvarti da buio... L'oscurità si scioglierà nella luce di questo amore.." [CIT] « »

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Capitolo 7
*** Non esisto solo io. ***


Restammo abbracciati e seduti così, sul suo letto, per un bel pò di tempo, lasciandoci consolare dai battiti dei nostri cuori e dal suono dei nostri respiri. I nostri respiri s'infrangevano sulle nostre pelli e ci regalavano istanti di pace; Non so quanto tempo passò, ma il sole nel frattempo allargò i suoi raggi iniziando a raggiungere il materasso sul quale ci eravamo appoggiati. Il cono di luce illuminava le lenzuola con particolari giochi di ombre, mentre io continuavo ad accarezzare la testa di Shou nel vano tentativo di calmarlo. Ma sapevo che aveva una paura smisurata per il sole, e sapevo anche che non bastavano delle semplici coccole per calmarlo; Aveva bisogno di altro, e io 'quest'altro' non sono mai riuscito a trovarlo. Forse, m'illudevo di essere io la sua camomilla; Quando Shou fu portato qui in ospedale, molti anni fa, aveva l'aspetto di un ragazzino maldrattato. Mi feci raccontare la storia della sua vita, anche per poterlo studiare meglio, e quando venni a conoscenza di cosa aveva passato, non volevo credere, non ci riuscivo ancora, a quanta cattiveria erano stati capaci di tirare fuori i suoi genitori. I suoi genitori. Shou ha dovuto sopportare da bambino il buio di una gabbia sotterranea, un buco sotto terra, dove fu rinchiuso per - così si dice - insegnamento. Furono capaci di regalargli solo dell'acqua e del pane, ma non gli permisero di guardare la luce del sole e di parlare. Lo costrinsero irrimediabilmente a vagare in quel buco, al buio e legato, tra le sue stesse feci. Come ho già detto, quando ascoltai la storia, non ero ancora convinto di quanta cattiveria l'uomo potesse cacciare fuori. Ma adesso finalmente sono riuscito a capire che esistono persone che non sanno cos'è sbagliato e cosa no. Ammesso che ci sia qualcosa di sbagliato e qualcosa di giusto. Di certo, chiudere un bambino sotto terra solo perchè si scopre di non essere il figlio perfetto ma un povero autistico, non è una cosa giusta. Genitori schifosi. La paura del diverso è tale da spingere chiunque a commettere reati del genere..?; Comunque Shou non vedeva. Quando me lo portarono qui, aveva gli occhi chiusi a causa di una congiuntivite. Già ad allora, mi fece male vederlo ridotto così. Ma sotto la sua sofferenza, sotto la sua immagine sporcata dagli anni passati al buio, riuscii a scorgere una bellezza disumana. La stessa bellezza che oggi mi attrae che pretendo mi sia concessa di toccare. Vorrei toccargli l'anima, come lui l'ha toccata a me. " Vogliamo uscire da questa stanza? " Dopo tutto quel silenzio, svegliai le nostre orecchie con il suono della mia voce, rallentando le carezze e cercando di convincere l'altro ad alzarsi. Shou non era propenso però, e ci mise un pò per farlo. Peccato che non lo fece nel modo che avevo sperato io. Allargò anzi gli occhi e tirò via la testa dal mio abbraccio, balzando indietro sul letto come se si fosse spaventato nell'accorgersi che il sole si stava avvicinando. Io lo guardai interdetto, ovviamente, ma rimasi con le mani a mezz'aria, intanto che lui si animò e cercò freneticamente di scendere dal letto per uscire dalla porta della camera. Giusto in tempo, per non essere colpito. Lo vidi scomparire nel corridoio e un attimo dopo fui in piedi anche io, avvolto ancora nel mio camice, per raggiungerlo. Aprii la porta con la spinta del braccio, di scatto, e mi affacciai sul corridoio, cercandolo con lo sguardo. Mi sorpresi: dove poteva essere andato? In un attimo già non c'era più. Possibile che si fosse messo a correre e che mi avesse seminato? Lasciai quindi la porta della camera e presi a camminare più velocemente anche io, girando il viso a destra e a manca per individuarlo. Ciò che però mi trovai di fronte, quando svoltai il primo corridoio, fu qualcosa che non mi piacque: Due erano gli infermieri che tenevano Shou per le braccia, mentre lui immobile ascoltava cosa gli veniva detto. Dinanzi a lui due estranei all'edificio, in abito elegante, da salaryman, gli parlavano in maniera morbida cercando di metterlo a suo agio. Feci uno sguardo contrariato prima di raggiungere il gruppo, sperando vivamente che non stesse per accadere quanto avevo immaginato. Pregai il signore affinchè non stesse per succedere. " Posso aiutarvi? " Chiesi avvicinandomi cautamente a Shou, cercando di allungare un braccio verso di lui per strapparlo ai due infermieri. Ma loro mi vietarono il gesto, ritraendoselo come se fosse una bambola di pezza. Shou non si dimenò. Li guardai ostile prima di voltare il naso in direzione dei due affaristi, nella speranza di ricevere informazioni. La mia espressione doveva essere davvero spaventosa, stando a come mi guardarono in quell'istante. Comunque con quei due infermieri, e con quei due salaryman, mi accorsi che c'era anche un medico. Ma non era del nostro ospedale " ..Oh nulla dottore, siamo venuti solamente a prelevare i ragazzi che non potete tenere qua con voi " Fece l'uomo di destra, sorridendomi. Poi fu la volta del medico alle sue spalle, che si fece spazio ed allungò una mano verso di me per presentarsi " Piacere di conoscerla, sono io il dirigente dell'ospedale psichiatrico Okuma. Mi prenderò personalmente cura io di Shou, stia tranquillo " Mi parlava come se mi stesse facendo un favore nel togliermi Shou. L'impressione che mi dette quell'uomo fu negativa, negativissima. Era un sorriso falso quello che mostrava. Cercava di porsi a me in modo gentile così da farmi credere che davvero avrei potuto contare sulle sue parole. Ciò che la gente di quell'ospedale non capiva, però, dannazione, era che sebbene Shou fosse stato circondato da medici superiori a me, non avrebbe mai mostrato un solo miglioramento. Ora, da dove tiro fuori tutta questa presunzione? Dagli sguardi che mi fa, dalla reazione che ha alle mie carezze, dal bacio che ci siamo dati, dalla partecipazione, dal dialogo che ha con me. Ecco da dove tiro fuori tutta la mia sicurezza. " Han " Tesi un braccio verso il medico per stringergli la mano come d'educazione, e poi tirando a me l'arto gli risposi con un tono fermo e deciso " Grazie di essere arrivati, ma Shou-kun non ha bisogno di essere trasferito " Un sorriso smagliante. Stavo disobbedendo alla legge, stavo mentendo, ma avrei fatto di tutto per quel ragazzo. " Ma come? " E mi mostro il foglio velocemente " Qui c'è scritto il suo nome " "...EH bhè si perchè è stato sostituito qualche oretta fa e non abbiamo fatto in tempo a mandarvi il nuovo fax " Dissi allungando di nuovo il braccio verso Shou per provare a tirarmelo contro. Gli infermieri erano un pò confusi e di ciò io ne approfittai per poter stringere finalmente a me il corpo magro del mio paziente. Shou non desisteva nè a me nè agli infermieri però. Una cosa che mi mandava in bestia. Certe volte era troppo permissivo. Troppo apatico. Apatico da far schifo " ..Hehehe " Sorrisi " Non ci avete avvertito del vostro arrivo " Alle loro facce..avrei voluto fare una fotografia. " Senta, Dottore, possiamo parlare con il dirigente dell'ospedale? " E figuriamoci. Dovevo aspettarmelo che non avrebbero creduto alle parole di un solo medico. Se poi questo medico fa parte di un ospedale che sta andando in rovina, peggio ancora.." ..Ah, Amano non c'è, è il suo giorno libero. Ma magari posso portarvi Murai. " Cosa..stavo facendo? Mi morsi un labbro inferiore e stretti la mano intorno al bicipide di Shou, premendomelo contro. Il suo viso sprofondò nell'incavo del mio collo, mentre le sue braccia rimasero inerte lungo i fianchi. Penso che in quel momento chiuse anche gli occhi. Era morbida la sua chioma contro la mia guancia.." Ma cosa succede qui? " Poi arrivò. La voce graffiante di Shinji mi fece salire un brivido lungo le cosce. Che si protendette su per tutto il corpo arrivando a scaricarsi dentro le braccia. Le mie dita si piegarono a forza contro il braccio di Shou, come terrorizzato dall'idea che potessero osare soltanto togliermelo di dosso, portarmelo via. Girai il collo ed era lì, nel suo camice, arrogante come non mai. Mi guardava sospettoso, avanzando solo qualche secondo dopo per avvicinarsi a me, e al gruppo di estranei. Senza far caso a niente - forse chiuse un occhio - si allungò con il corpo verso l'altro medico e si presentò, rompendo così tutta la storia che mi ero inventato. E, fu io, ad apparire pazzo. Mi guardarono come si guarda un individuo bugiardo, uno di cui ci si pensava di potersi fidare, e che invece aveva spudoratamente tradito la tua fiducia. Schiusi le labbra e provai a dire qualcosa, ma fui interrotto dalle mani prepotenti del superiore che prese per una spalla Shou e lo 'lanciò' tra le braccia di quei due infermieri. Io feci un passo indietro per lo spavento, senza rendermi conto che così facendo, gli avevo permesso di togliermi la cosa più importante che esisteva per me. " Non osare mai più mettere in discussione le mie parole " Mi si avvicinò, mi parlò ad una distanza minima, e mi graffiò le orecchie con la sua voce. Mi sentii deboleincapaceschiacciatoinutile. Patetico. Chiusi gli occhi e ingoiai le mie esclamazioni, stringendo i pugni all'interno delle tasche del camicie. Stavano per andare via, ma Shou improvvisamente allungò una mano verso di me, chiedendo senza parlare di potersi avvicinare. Shinji lo fermò, gli abbassò la mano con uno schiaffo e lo guardò con astio, sperando che almeno il paziente gli obbedisse. Ma Shou sembrò non calcolarlo, voleva che mi avvicinassi ed io così feci. Pur se osservato, poggiai una mano sul suo capo e dissi, a voce bassissima " ..rivedrai il mare..promesso " come una tacita promessa di ritorno. Si, gli promisi che avrebbe rivisto il mare, con me. " ..andiamo, ci stanno aspettando. " " Gli altri dove sono? " " Già in auto " E così, si allontanarono. Io rimasi fermo in corridoio ad osservare con tristezza il corpo magro e attraente del mio Shou che si allontanava sotto costrinzione. Ma lo sguardo che mi aveva fatto poco prima, alla mia promessa, mi aveva fatto capire che lui voleva tornare da me. Che lui voleva solo me. Sarà stato quello il motivo con cui resistetti tutto il tempo, senza di lui, in quel dannato, dannatissimo ospedale. Abbassai il capo e fissai il pavimento bianco, cercando di trovare una soluzione. Come avrei fatto a portarlo indietro? L'ospedale in effetti non gli offriva più le comodità di una volta. Ma almeno qui c'ero io.." Psssss " Improvvisamente, un fischio mi svegliò. Sobbalzai come un cretino e destai le mie preoccupazioni, facendomi vigile e curioso. Una voce familiare poi tornò a richiamarmi, e mi voltai nella direzione opposta a Shou, per poter scrutare il volto di Hiroto. Si, lui era lì che mi chiamava, e che mi voleva. Non ero molto convinto, ma mossi ugualmente i piedi per raggiungerlo. Dopotutto, lui sembrava apparire sempre nei momenti giusti. " Heilà " La mia voce però non trasmetteva entusiasmo " Novità? " Hiroto mi fece segno di seguirlo ancora, percorrendo il corridoio che conduceva nel mio ufficio. Non so perchè scelse proprio quel posto ma probabilmente voleva essere sicuro di non correre rischi. Dal suo comportamento capivo che era agitato. Fu un impressione forse, inizialmente, ma mi parve così. Chiusi la porta e lo lasciai sedere al mio posto, mentre io invece attesi le sue parole in piedi, con le mani ancora nelle tasche del camicie. Lui iniziò a balbettare, abbassava lo sguardo, sembrava anche che sudasse. Faceva dei sorrisini intimi e si grattava la testa. Nel giro di un attimo sembrava impazzito. " OH! Ma si può sapere che mi devi dire? " Ebbè, mise ansia anche a me " No ecco io..sto pensando se devo darti o non darti questa cosa.." Furbo a mettermi davanti ad una scelta del genere. Ovvio che gli avrei detto di darmela. Accigliai lo sguardo e lui di risposta tirò fuori una busta bianca. Una di quelle che a vista, avrebbero potuto contenere anche più lettere. La girò tra le mani, poi la nascose e poi alzò lo sguardo su di me, facendosi più serio. Giuro, volevo strappargliela di mano " ...T..Taka-sama..sappi che io lo faccio perchè ci tengo alla nostra amicizia. Perchè ti voglio un bene dell'anima e non voglio che soffri.." Balbettava " Ma..ma ti prego non farla vedere a nessuno. Ti prego tieniti stretta questa roba fin quando non ti darò io il permesso di mostrarle a tutti. Deve essere una specie di ricatto. Mi capisci? " No, non lo capivo. Mi guardai intorno e poi sospirai, aprendo le braccia per fargli capire che avevo la coscienza apposto. " Ma sì, lo so che lo stai facendo per me e ti ringrazio tantissimo " Cercai di rassicurarlo, provando ad avvicinarmi. Lui mi tese la busta, con sguardo imbarazzato, e io allungai la mano per potermela prendere. Ma lui la tirò di nuovo indietro, come per cercare di avvisarmi ancora " Mi..Mi..mi raccomando.." Che occhi da cerbiatto.." Va..bene " E via. Fu un fulmine lo giuro. Mi lasciò in mano la busta e corse via, portandosi una mano sulla faccia come se volesse nascondere il rossore. Era un pomodoro. Un pomodoro. Ero curioso di sapere che cosa diamine aveva combinato, ed infatti appena la porta si chiude si nuovo, cercai di rilassarmi per aprire la busta. Le mie mani in quel gesto furono molto delicate. La busta si colorò dell'arancione del tramonto, ed io tirai finalmente fuori il contenuto di tutta quell'agitazione. Erano delle foto. Delle foto scattate da poco stando alla qualità della carta. E raffiguravano Hiroto. Hiroto e Shinji a letto, insieme. Che facevano l'amore. Spalancai gli occhi e rimasi a bocca aperta, cerando di fare mente locale. Cercando di piantare bene i piedi a terra. Non ci potevo credere eppure..eppure mi venne da piangere per come si era comportato con me quel piccolo adorabile infermiere. Sapevo quanto ci tenesse alla sua virilità. E lui sapeva se fossero state pubblicate da qualsiasi parte nell'ospedale, sarebbe stato sputtanato.. Ma l'aveva fatto lo stesso. Per me. E iniziai a rendermi conto che non esistevo solo io..

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Capitolo 8
*** Hiroto: Un solo piccolo squarcio ***


Premessa: (Questo è un piccolo squarcio nella vita di Hiroto, che serve a farvi capire il motivo per cui ha deciso di dare a Saga quelle fotografie, e il legame che ha con lui. Inoltre si viene a scoprire la sua relazione con Tora e le complicazioni che da essa ne derivano. )





Affidare quelle fotografie nelle tue mani mi sembrò l'unica cosa da fare quel giorno, in quanto le avevo scattate con attenzione proprio per aiutarti, e per dare al tempo stesso una lezione a Tora che da tempo stava iniziando a comportarsi molto male con me. Ma non è stato sempre così, sai Saga? Prima del declino infatti, io e lui ci frequentavamo con assiduità e consapevolezza - tu questo non lo sapevi - rinchiudendoci ogni giorno nel nostro mondo perfetto, senza badare a niente e a nessuno. Ci fu un periodo in cui fu - ma pensa un pò - persino lui a dimostrarsi incapace di starmi lontano, venendomi a cercare anche nei posti più disparati della città, rischiando di mandare a puttane il suo matrimonio.
Si..io l'ho sempre amato da morire, pur scoprendo di essermi scelto un uomo colto e popolare tra le donne. Sposato per giunta, e -inizialmente- irraggiungibile. Eppure sono riuscito ad averlo per me. Sono riuscito a ritagliare nel suo cuore un angolino tutto mio, che certe volte - mi disse - di avere molto più valore della restante parte. Io credo sappia quanto mi rendeva felice nei momenti in cui me lo ricordava..
Comunque, però, un bel giorno non fu più così. Iniziò ad evitarmi, sembrava ossessionato da qualcosa, dal lavoro e credo anche da te, Saga. Ti nominava sempre, voleva farela pagare ma non sono mai riuscito a capire che cosa gli avevi fatto per renderlo così nervoso. Diceva di non avere colpe, di aver fatto portare via Shou solo per questioni burocratice..ma..aveva uno sguardo così freddo, che trafiggeva, quando ti osservava. Volevo scoprire da solo che cosa era successo, e dato che me la cavavo con i sotterfugi, non incitai un solo istante. Se non fossi stato bravo con i doppi giochi, non sarei riuscito a scattare quelle foto senza farmi vedere, giusto? E invece non mi notò nessuno.

Quel giorno, era l'ennesimo ' dopo ' da parte sua - ormai rituale ogni qualvolta gli chiedevo di prestarmi un minimo di attenzione. Mi liquidava, mi rimandava, come se io fossi un conto in sospeso che voleva allontanare sempre e sempre di più. Allora decisi di aiutarti a salvare Shou, e corsi a casa a preparare le telecamere e la macchina fotografica che mi avrebbero aiutato a compiere il misfatto. Avevo le lacrime agli occhi, non ne potevo più di essere trattato così male e avevo deciso di far valere la mia dignità. Volevo fargli capire che cosa significava perdere tutto. Perchè io persi già tutto, consegnandoti quelle fotografie. Stavo salvando te, ma stavo uccidendo, trafiggendo, la mia storia d'amore.
Sapevo che non mi avrebbe più guardato in faccia. Sapevo che probabilmente si sarebbe vendicato. Ma non avrebbe avuto nemmeno più lui una moglie da cui tornare la sera, quando avrebbe finito di divertirsi con me.

Poi andai via; Tornai in ospedale e provai a trascinarlo sotto ricatto a casa mia, così, per una scopata veloce. Questo gli dissi, anche se non volevo. Ma mi sarei accontentato quella sera, ero disposto a sopportarlo a patto che fosse stata l'ultima volta che mi avrebbe trattato così. Lo sedussi. Fu una corsa contro il tempo, come se stessimo scappando da qualcosa, mentre ci spogliavamo dei vestiti con una foga che aveva un qualcosa d'incredibile. Quasi ci graffiavamo a vicenda, quasi ci strappavamo i vestiti per l'eccitazione che saliva. E mentre camminavo all'indietro per arrivare in camera mia, mi veniva da piangere a pensare che quelle sarebbero state le sue ultime carezze. E poi cademmo sul letto - finalmente- nel campo visivo della telecamera che iniziò a riprendere tutto senza fermarsi. Mi vennero tolti i pantaloni, li tolsi a lui, ci baciammo, ancora ed ancora, fin quanto il fiato ce lo permetteva, prima di arrivare a compiere i normali gesti di desiderio, che ci spinsero all'orgasmo.

Urlai e urlò pure lui.

Quando finì tutto, e ci addormentammo, la telecamera ci stava ancora riprendendo. Ma non mossi un solo piede per scendere dal letto e spegnerla, perchè non volevo farmi scoprire. Fu solo quando Tora si alzo per rivestirsi, che io mi avvicinai al mobile con i cassetti per spegnerla, fingendo di prendere dei ricambi. Sapevo che aveva salvato tutto e fui molto felice.
Avevo una prova del nostro amore..anche se stava per finire. Poi Tora andò via. Lo salutai e una volta chiusa la porta: corsi a controllare il contenuto della registrazione. Rivedere quelle scene mi emozionava, oltre che eccitava, ma dovevo salvare dei fotogrammi per poterli poi stampare e portare a te, invece che perdere tempo. E così feci. Attraverso il computer ritagliai i momenti più cruciali e li stampai. Tutto per te. Tutto pur di far capire al mondo che l'amore esiste e che deve essere alimentato. Non esistono amori a senso unico. Amore è Amore, e vuole amore. Tora non me l'aveva mai dato fino in fondo. E questo è il prezzo da pagare.

Soffro io, e soffrirai anche tu, maledetta tigre.

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