La scelta giusta

di Nike90Wyatt
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte 1 ***
Capitolo 2: *** Parte 2 ***



Capitolo 1
*** Parte 1 ***


«Molti secoli fa vennero creati dei gioielli magici, i Miraculous, che donavano incredibili poteri; per millenni degli eroi si servirono di questi per combattere il male per il bene dell'umanità. Dei molti gioielli 7 erano i più importanti, e 2 erano i più potenti: l’anello della Coccinella (che trasmetteva il potere della creazione) e gli orecchini del Gatto Nero (che trasmettevano il potere della distruzione). La leggenda narra che chi fosse riuscito a possedere questi due gioielli avrebbe ottenuto il Potere Assoluto e la possibilità di esprimere un desiderio che avrebbe cambiato la realtà.» Queste parole echeggiavano in quella stanza buia, illuminata solo da una flebile luce proveniente da una finestra circolare semiaperta.
Al centro della stanza, un uomo dalla robusta corporatura ascoltava attentamente il discorso portato avanti da Noroo, il kwami della farfalla, una piccola creatura in grado di donare al suo padrone, possessore del Miraculous, la capacità di creare seguaci dotati di poteri sovrannaturali.
Il misterioso uomo, deciso ad impossessarsi dei Miraculous della Coccinella e del Gatto Nero per ottenere il Potere Assoluto, indossò la spilla della farfalla . «Nooroo, che le ali della notte si innalzino!» A queste parole, il kwami fu risucchiato all’interno del Miraculous. «D’ora in poi, sarò conosciuto con il nome di Papillon.» disse infine l’individuo, mentre un inquietante ghigno si formò sul suo volto, coperto in gran parte da una maschera grigia sulla quale era disegnato un simbolo che ricordava le ali di una farfalla.
Nel frattempo, in un piccolo centro massaggi, non lontano dalle rive della Senna, Wayzz, il kwami della tartaruga, avvertì nitidamente la presenza di un umano che stava attingendo al potere di Nooroo, e si affrettò ad avvertire il maestro Fu, l’ultimo guardiano dei Miraculous rimasto. Intuendo la preoccupazione del suo kwami, Fu non esitò ad aprire un cofanetto dal quale estrasse due piccole scatoline. «Mio caro amico Wayzz, è giunto il momento di trovare due nuovi protettori del bene. Ormai sono troppo vecchio per adempiere a questo compito.» disse risoluto l’anziano uomo.
 
Tornare a Parigi era sempre una gioia: poter ammirare la maestosità della Tour Eiffel, incantarsi di fronte alla bellezza degli Champs-Elysées, respirare il buonissimo odore dei dolci sfornati dalla pasticceria più famosa d’Europa e, soprattutto, riabbracciare i propri genitori. Queste erano le emozioni che provava Marinette ogni volta che faceva ritorno nella sua città natale dopo aver preso parte ad una tournee. Essere una cantante di livello internazionale comportava dei sacrifici, molto spesso anche piuttosto pesanti, ma lei era consapevole di rendere orgogliosi i suoi genitori e se, a volte, il prezzo da pagare era esaurire tutte le sue energie fisiche e mentali e rinunciare ad avere amicizie che non avessero come fine un contratto discografico, era ben lieta di scontarlo. Tuttavia, la solitudine, dovuta ai vari impegni in giro per l’Europa, era un peso enorme da sopportare per una ragazza di soli 16 anni: fu questo che spinse la ragazza a prendere una decisione importante.
«Mamma, papà.» richiamò l’attenzione dei suoi genitori. «Desidero ridurre i miei viaggi e tenere concerti solo a Parigi per qualche anno. Vorrei frequentare la scuola, avere degli amici con i quali uscire e divertirmi senza che mi chiedano di continuo foto e autografi. Vorrei poter avere una vita normale come tutti gli altri ragazzi della mia età. Ciononostante mi impegnerò ad adempiere ai miei compiti con la solita dedizione e mi farò aiutare da Nathaliè in tal senso. Ma…» Esitò per un attimo, temendo una severa reazione da parte dei suoi, ma alla fine prese coraggio e terminò:  «Per favore, concedetemi questa possibilità.»
Sabine e Tom ascoltarono attentamente il discorso della figlia, perplessi e soprattutto stupiti dalla richiesta avanzata dalla giovane: potevano comprendere le necessità della ragazza, le rinunce che aveva fatto in quei 2 anni in cui la sua stella era esplosa conquistando il cuore di milioni di fan. Marinette, però, aveva sempre affermato di amare quello che faceva, non aveva mostrato mai segni di insofferenza, almeno non con loro due; dunque, mai si sarebbero aspettati una tale richiesta. Volsero lo sguardo verso Nathaliè, la quale aveva assistito a tutta la scena, chiedendosi se l’assistente della figlia fosse a conoscenza dei problemi che attanagliavano la giovane cantante: l’unica reazione, però, che ricevettero fu uno sguardo altrettanto perplesso, segno che anche lei sentiva per la prima volta quelle parole.
Sabine fu la prima a prendere parola, avvicinandosi lentamente alla figlia col sorriso sulle labbra: «Tesoro, se questo è il tuo desiderio, faremo di tutto per soddisfarlo.» disse la donna, mentre la stringeva tra le sue braccia.
«Troveremo la migliore scuola di Parigi, me ne occuperò personalmente!» esclamò Tom, puntando il pollice verso il petto con fare teatrale, cosa che suscitò l’ilarità delle due donne e fece sorridere anche Nathaliè, solitamente impassibile. «Nathaliè, cortesemente chiama la pasticceria ed avvisa che domani mattina sarò impegnato con mia figlia.»
«Papà, in realtà io so già dove andare.» lo interruppe Marinette, «Alla François -Dupont. Chloè frequenta quella scuola; avere già qualcuno che conosco nella classe potrebbe aiutarmi ad inserirmi meglio. Anche se non credo che Chloè sia diventata così socievole negli anni; inoltre, è sempre stata piuttosto gelosa della nostra amicizia. Comunque, è l’unica amica con cui ho ancora dei contatti, le ci sono affezionata.»
«Perfetto piccola; domattina allora andremo a iscriverti. Tutto per la mia principessa.»
«Grazie, siete i migliori!» gridò Marinette, per niente preoccupata di nascondere l’entusiasmo. «Chiamerò Chloè per darle la notizia: sono certa che ne sarà felice, spero solo che non mi frantumi il timpano come quella volta che la invitai nel backstage del mio concerto»  esclamò, scatenando le risate dei presenti. La ragazza salutò i genitori con un bacio sulla guancia ed augurò la buonanotte anche a Nathaliè, avviandosi verso la sua enorme camera da letto, raggiante come forse non era stata mai in vita sua.
 
 
«Adrien, farai tardi a scuola!» La voce di una giovane donna giunse alle orecchie di un ragazzo biondo, ancora steso sul letto nella sua camera. «Adrien, sbrigati, avevi promesso che quest’anno non avresti fatto più ritardi.» proseguì la donna non nascondendo un leggero tono irritato, vista l’assenza di risposte alle sue continue sollecitazioni.
«Si, si. Arrivo mamma.» sbuffò il ragazzo, alzandosi lentamente dal letto ed incamminandosi verso il bagno.
«Emilie rilassati» esordì l’uomo seduto al tavolo affianco alla donna, intento a sorseggiare una tazza di tè. «Non è una catastrofe se arriva un po’ in ritardo il primo giorno di scuola. Vedrai che i professori saranno comprensivi, d'altronde sono abituati.» concluse, non nascondendo una risatina mentre gettava un occhio in direzione della moglie che lo osservava perplessa.
«Gabriel Agreste!» tuonò la donna con un tono di rimprovero, mantenendo comunque un leggero sorriso sulle labbra. «Nell’ultimo anno, tuo figlio ha collezionato più ritardi che presenze: è riuscito ad arrivare tardi anche alle lezioni di pianoforte che gli do io il pomeriggio. Fortuna che almeno riesce ad arrivare in orario alle lezioni di scherma, altrimenti Monsieur D’Argencourt ce lo rispedirebbe a casa pieno di buchi.»
«Solo perché le lezioni di scherma iniziano subito dopo la scuola e quindi lui si trova già lì.» rispose Gabriel che in quel momento tratteneva a stento le risate.
La discussione proseguì per qualche minuto, fino a che Adrien non si palesò finalmente nella cucina intento a bere una tazza di latte prima di uscire di casa per andare a scuola.
«Figliolo, ti consiglierei di settare 3 sveglie la mattina e di posizionarle lontano dal tuo letto in modo che tu non possa disattivarle.» consigliò Gabriel, mentre sfogliava con fare rilassato il giornale. «Tua madre ha ragione, dovresti cercare di impegnarti di più e collezionare meno ritardi.» concluse l’uomo, ricevendo uno sguardo d’approvazione dalla bionda donna che nel frattempo si sistemava l’abito prima di uscire insieme al figlio.
«Si lo so papà. È solo che ieri ho fatto tardi pensando ad oggi.» rispose il ragazzo con un’espressione tra l’imbronciato e lo sconsolato. «Credo che anche quest’anno capiterò in classe con quell’oca viziata di Chloè e quel damerino da quattro soldi di pomodorino andato a male. Il solo pensiero di un altro anno insieme a loro mi toglie il sonno.»
«Kurtzberg?» chiese Gabriel, inarcando leggermente il sopracciglio e ricevendo un gesto affermativo da parte del figlio.
Intuendo le preoccupazioni che affliggevano il giovane Agreste, Emilie gli accarezzò dolcemente la guancia, e, dopo aver scoccato un bacio affettuoso sulla sua fronte, lo fissò intensamente nei suoi occhi verde smeraldo. «Adrien, non pensare a loro, se non desiderano la tua amicizia vuol dire che non la meritano. So quanto possano essere invadenti, fastidiosi e molte volte dispettosi i tuoi compagni, ma sai come si dice? La non curanza è il maggior disprezzo. Dimostrati superiore: ignorali. Prima o poi si stancheranno di non avere la soddisfazione di farti innervosire e la smetteranno.»
«Ricorda ragazzo: tu sei un Agreste!» esclamò con fare perentorio Gabriel, alzandosi dalla sedia. «Sei il figlio del miglior sarto di Parigi e della migliore pianista d’Europa. Non devi sentirti inferiore a quella gente solo perché una è figlia del sindaco e l’altro ha vinto qualche stupido concorso di disegno con i suoi scarabocchi.»
«Ben detto, papà!» affermò Adrien, che finalmente aveva ritrovato la determinazione grazie alle parole della madre e all’incoraggiamento datogli dal padre. «Ora meglio che mi sbrighi.»
Salutò il padre con un cenno della mano e baciò la madre sulla guancia, arrossendo al commento di quest’ultima in cui faceva riferimento a qualche nuova compagna di classe con cui fare amicizia.
 
Adrien raggiunse l’ingresso della scuola, vuoto in quel momento, ringraziando il cielo per essere riuscito ad arrivare addirittura con 5 minuti di anticipo. Prima di salire le scale che conducevano all’interno dell’edificio, il ragazzo vide una lussuosa berlina fermarsi nello spiazzale che fronteggiava l’istituto scolastico; dall’auto scese un imponente uomo dai capelli e occhi castani, con degli enormi baffi che gli conferivano un’aria simpatica. Adrien riconobbe subito l’individuo: si trattava di Tom Dupain, il più famoso pasticciere di Parigi e vincitore di diversi concorsi a livello internazionale; nonostante la fama che circondava la pasticceria, Tom era conosciuto per la sua gentilezza e garbo, ed era apprezzato soprattutto per essere rimasto una persona profondamente umile, benché riconosciuto come il migliore nel suo ambito. Poco dopo, all’imponente figura maschile si affiancò una ragazza: era piuttosto minuta e la vicinanza con l’uomo dalla stazza importante la faceva sembrare ancora più piccola di quanto non fosse già di suo. Indossava un cappellino rosa che le coprivano i capelli scuri raccolti in due codini che le ricadevano sulle spalle; il viso era per metà coperto da due enormi occhiali rosa, abbastanza vistosi, che si abbinavano perfettamente ai jeans rosa indossati sotto una t-shirt bianca. Adrien, che più volte aveva fatto visita alla pasticceria Dupain e quindi aveva guadagnato anche una certa confidenza col pasticciere, lo salutò facendo un cenno con la mano, venendo subito ricambiato. Immediatamente dopo fu attirato da un rumore sordo: a pochi metri da lui, un anziano signore dai marcati tratti orientali, aveva perso la presa sul suo bastone da passeggio ed era caduto a terra.
Come fulmini, i due ragazzi corsero in direzione dell’uomo, che fortunatamente non sembrava aver subito particolari conseguenze da quella caduta; Adrien raccolse il bastone da terra, mentre Marinette lo aiutò a rialzarsi.
«Tutto bene signore?» chiese preoccupato il biondo, porgendogli il bastone.
«I miei riflessi non sono più quelli di una volta, ma tutto sommato credo di avere ancora tutte le ossa al loro posto» scherzò l’anziano, facendo sorridere i due giovani. «Vi ringrazio; al giorno d’oggi è piuttosto difficile trovare dei ragazzi con un buon cuore come voi.»
«Per così poco… L’importante è che lei stia bene.» rispose Marinette, regalando un dolce sorriso all’uomo.
Anche Tom, nel frattempo, si era avvicinato ai tre, per sincerarsi che fosse tutto a posto.
«Scusatemi, devo entrare, altrimenti farò tardi.» disse Adrien, dopo aver udito il suono della campanella. «Vi auguro buona giornata» si congedò, chinando leggermente il capo a mo’ di saluto.
Anche Tom e Marinette salutarono l’anziano signore, il quale si fermò per qualche minuto ad osservare la scuola dove erano entrati i due ragazzi. «Wayzz, li ho trovati.» sussurrò, guardando il taschino della sua camicia.
 
Accanto alla porta dell’aula, il giovane Agreste trovò Nino, stupito nel vedere il biondo in orario. «Bro! Accidenti, tu che arrivi in orario e la professoressa Bustier in ritardo. Forse è la giornata adatta per chiedere ad Alya di uscire.» esclamò con tono ironico il dj, mentre batteva il pugno con il suo migliore amico che se la rideva di gusto.
Entrati in classe, i due ragazzi si apprestarono a sedersi ai posti che solitamente occupavano negli anni passati ma furono fermati da una squillante voce proveniente da una ragazza bionda, che si avvicinava a loro con fare minaccioso. «Voi due nerd, quei posti sono nostri.» disse portandosi il pollice al petto e indicando poi la compagna a lei vicina.
«Chloè… Siamo sempre stati seduti qui.» sbuffò Adrien, già stufo di quella conversazione con la spocchiosa figlia del sindaco.
«Adrien Agreste.» cantilenò Chloè, ignorando del tutto le parole del compagno di classe. «Domani arriverà Marinette e visto che quello sarà il suo posto, questo... » batté la mano sul banco, «sarà il mio posto.» Si rivolse poi alla ragazza seduta sulla sedia che affiancava quello appena indicato come il “posto di Marinette”: «Ritieniti fortunata quattrocchi. Oggi mi sento buona, per questo non ti sfratto. Chissà che la vicinanza con persone di ceto sociale superiore al tuo non ti regali almeno un po’ di buongusto nel vestire.»
«Sei la solita prepotente Chloè.» tuonò Nino, innervosito dalle parole della bionda che in meno di 2 minuti aveva trattato male sia il suo migliore amico sia la sua storica cotta.
 «Chi sarebbe questa Marinette?» domandò scocciato Adrien. A quella domanda si alzarono delle risate di scherno nei confronti del biondo, che assisteva perplesso alla scena.
«Chloè, non puoi certo pretendere che il signorino conosca la più famosa popstar del mondo. Passa metà del suo tempo a giocare ai videogiochi e l’altra metà a farsi bucherellare a scherma e a strimpellare sul pianoforte della mammina.»
«Nathaniel.» ringhiò Adrien, dopo aver visto palesarsi il ragazzo dai capelli rossi.
«Forza, Agreste. Non farci perdere tempo; tu e il tuo amico andate a sedervi lì.» disse Chloè indicando due posti liberi che si trovavano sulla fila opposta.
Adrien era pronto a ribattere, determinato a non subire l’ennesima prepotenza della figlia del sindaco e dei suoi compari, Nathaniel e Sabrina, ma fu costretto a desistere a causa dell’arrivo della professoressa Bustier. Sconsolato, invitò Nino a seguirlo ed entrambi si accomodarono ai posti indicati precedentemente.
«Tu la conosci questa Marinette, Nino?» chiese dopo un po’.
«Detesto doverlo dire, ma Nathaniel ha ragione questa volta: ma dove vivi?» rispose Nino, allargando le braccia, provocando un’espressione ancora più perplessa sul volto di Adrien. «Marinette Dupain-Cheng! La più giovane cantante ad aver vinto il premio come “migliore artista femminile” ai Music Awards. Ha esordito a soli 14 anni e in 2 anni è diventata più popolare del presidente degli USA. Diavolo amico! Sul serio non la conosci? È anche la figlia del migliore pasticciere di Parigi! Proprio tu frequenti quella pasticceria più di quanto frequenti casa tua!» concluse con tono esasperato Nino, che proprio non riusciva a digerire l’ignoranza del suo amico riguardo la famosa cantante; mentre parlava, aveva anche mostrato al suo compagno di banco diverse fotografie dell’artista, notando che spesso Adrien restava incantato dagli splendidi occhi azzurri della ragazza.  In quel momento, la mente del biondo si illuminò e riuscì a collegare tutti i punti. «Ora la riconosco!» esclamò a voce un po’ troppo alta, attirando l’attenzione dei compagni di classe e della professoressa Bustier che, nel frattempo, stava ultimando l’appello. «Agreste. Potresti cortesemente fare silenzio durante l’appello? Capisco che la notizia di avere come compagna di classe un’icona della musica possa scatenare un’eccessiva euforia in voi, ma cercate di contenervi.» lo rimproverò la donna, con le risatine dei compagni di classi in sottofondo.
«C-chiedo scusa.» rispose Adrien mortificato ed imbarazzato.
«L’ho vista cantare qualche volta in televisione e non escludo di averla incrociata un paio di volte alla pasticceria Dupain» proseguì il discorso con l’amico a bassa voce per non ricevere un altro rimprovero. «Non sapevo si chiamasse Marinette. Non sono un grande appassionato di musica pop; sai che mia madre preferisce che io studi la musica classica.»
«Magari è giunto il momento di allargare i tuoi orizzonti» scherzò Nino.
«Può darsi.» ridacchiò il biondo.
L’inizio della lezione impedì ai due di proseguire il discorso; Adrien non potette fare a meno di pensare che Marinette fosse la ragazza insieme alla quale aveva aiutato quel signore davanti all’ingresso dell’istituto. All’intervallo, decise di raccontare l’episodio a Nino ed Alya, con i quali era solito passare quel quarto d’ora di pausa dalle ore scolastiche.
«Cioè tu stamattina hai incontrato Marinette Dupain-Cheng, sei stato a tanto così da lei, e non le hai nemmeno chiesto un autografo?» chiese adirata Alya, portandosi le mani sulle anche.
«Ehi! Indossava un berretto e degli enormi occhiali. Come potevo riconoscerla? E poi, come ho già detto a Nino, non ascolto quel genere di musica. Tra l’altro è amica di Chloè, e da come l’ha descritta come minimo sarà “simpatica” quanto lei. Non c’è da fidarsi.»
«Beh, non è che si sappia molto di lei al di fuori dell’artista. La tengono sotto una campana di vetro, raramente si rapporta ai fan; mi stupisce anche il solo fatto che si sia iscritta a scuola.» spiegò Nino.
La giornata scolastica trascorse alquanto velocemente: essendo il primo giorno di scuola, infatti, i professori avevano preferito non caricare eccessivamente gli studenti ed avevano concordato di non assegnare compiti per casa, almeno per quel giorno. Inoltre, Adrien era anche sollevato dalla totale assenza di considerazione nei suoi confronti della Bourgeois troppo impegnata a pavoneggiarsi con gli studenti della scuola ostentando la sua amicizia con la star internazionale.
 
Parigi all’ora di punta era un inferno per gli automobilisti:  gli ingorghi che si creavano nelle piazze e nei lunghi viali del centro erano in grado di far imbestialire anche la persona più pacata del mondo. Non mancavano, ovviamente, i furbi della situazione, che, ignorando quasi tutte le regole imposte dal codice della strada, non si preoccupavano di sfruttare piccoli spiragli dove infilarsi col proprio mezzo per passare più velocemente. Fu proprio uno di questi individui a causare un incidente nei pressi di un incrocio: un autista di una berlina, spaventato dal possibile impatto con una macchina che proveniva dal senso opposto, il cui guidatore aveva completamente ignorato il rosso del semaforo, sbandò pericolosamente, sbattendo contro un palo della luce. Fortunatamente non ci furono feriti in quel sinistro, ma l’anteriore della berlina subì un ingente danno. Furioso, l’uomo scese velocemente dal veicolo per sincerarsi delle condizioni dello stesso, notando come il responsabile di tutto ciò si fosse volatilizzato, probabilmente conscio della sciocchezza appena compiuta. I sentimenti negativi provati in quel momento furono subito colti da una persona dalle intenzioni tutt’altro che pure.
«Rabbia, frustrazione, paura. Sono emozioni perfette per la mia akuma.» disse l’uomo vestito con uno smoking viola. Una farfalla bianca volò nel palmo della sua mano, e lui utilizzò il suo potere per caricarla di energia oscura. «Vola mia piccola akuma, e oscura il suo cuore!» tuonò nel buio della sua stanza, mentre la farfalla, ormai diventata nera con piccole striature viola, volava attraverso la finestra.
 L’akuma raggiunse velocemente la destinazione e si infilò nel portachiavi tenuto in mano dalla vittima, ignara di ciò che stesse accadendo: il volto dell’uomo, improvvisamente colorato di un rosso intenso, fu circondato da un simbolo e una voce si fece strada nella sua testa.
«Conducteur, io sono Papillon. Ti dono il potere di controllare a tuo piacimento le vetture della città, così da vendicarti di coloro che non rispettano il codice stradale. In cambio dovrai portarmi in dono dei piccoli gioielli.»
«Come desideri, Papillon.» In breve tempo una nube oscura circondò il povero autista e, una volta diradata, si palesò un buffo individuo interamente vestito di nero: in testa indossava un cappello tipico degli autisti, mentre nella mano destra stringeva quella che sembrava la chiave elettronica, solitamente usata per sbloccare le portiere di un’automobile, dalla quale penzolava un portachiavi a forma di pneumatico. Conducteur alzò in alto il suo piccolo strumento e, premendo semplicemente un tasto, azionò tutte le autovetture presenti nei paraggi, bloccando anche le persone che si trovavano all’interno. Il risultato fu la creazione di un immenso ingorgo che bloccò in poco tempo tutte le arterie principali della città di Parigi.
 
Tornata a casa, raggiante come non mai, Marinette decise di rilassarsi nella sua camera, scarabocchiando sul suo quaderno alcuni design di vestiti da sera: la ragazza fin da piccola aveva sviluppato una certa passione per la moda, cosa che l’aveva spinta a crearsi da sola alcuni degli abiti che vestiva durante i concerti. Il suo buon gusto e soprattutto l’originalità delle sue creazioni, uniti alla sua grande capacità di abbinarli perfettamente alle sue canzoni, erano stati decisivi nella sua ascesa al successo. Mentre disegnava, gettò l’occhio sul tavolino posto davanti al divano su cui era seduta: una piccola scatolina nera con alcuni disegni rossi era posizionata lì in bella vista.
«E questa da dove sbuca?» si chiese la ragazza, mentre prendeva in mano l’oggetto aprendolo con cautela. La prima cosa che notò, una volta aperta la scatolina, furono un paio di orecchini argentati; non fece in tempo a prenderli, che fu investita da un bagliore verde proveniente dai due gioielli. Chiuse gli occhi per non essere abbagliata da quella luce e, quando li riaprì, si ritrovò di fronte un piccolo esserino nero dotato di due occhi verdi dal taglio felino.
«Ciao zuccherino! Hai per caso qualcosa da mangiare?» sentenziò la creatura.
«Cosa, cosa sei?» chiese la ragazza, sorprendentemente tranquilla dinnanzi a quella bizzarra situazione.
«Io sono un Kwami, il mio nome è Plagg» abbozzò un inchino. «Tu sei stata scelta come portatrice del Miraculous della distruzione: gli orecchini del Gatto Nero.»
«È uno scherzo vero? Sono certa che è opera di mio padre. Adora fare scherzi del genere» disse Marinette,
ridacchiando.
«Nessuno scherzo. Sei stata scelta per un motivo. Da adesso dovrai impegnarti per un bene superiore e soprattutto non dovrai raccontare a nessuno di tutto questo. A nessuno, mi sono spiegato?»
La giovane annuì, mantenendo comunque un’espressione interrogativa.
«Cosa devo fare allora?» domandò, sempre più incuriosita.
«Il tuo compito è portarmi da mangiare, dolcezza. Sto morendo di fame.» sbuffò Plagg, incrociando le zampette.
«Sei fortunato, i miei sono i proprietari della pasticceria che si trova proprio qui sotto casa mia e mio padre è il migliore al mondo nel creare dolci. Aspettami qui, ti porto un vasto assortimento di dolciumi.»
«No, no, no, no, no. Niente dolci, odio le cose zuccherose.» esclamò il Kwami, volando davanti al volto della sua nuova amica.
«Ma davvero?» disse Marinette, assottigliando le palpebre ed appoggiando i pugni sulle anche. «E sentiamo cosa gradisce il nostro ospite?»
Un sorriso, che Marinette trovò alquanto inquietante, si formò sul volto di Plagg, pronto a dare una risposta al quesito appena postogli.
 
«Fortuna che abito a pochi passi da scuola.» disse Adrien ridendo fra sé e sé, mentre risaliva le scale che lo avrebbero condotto nel suo appartamento, posto proprio al di sopra della sartoria Agreste. «Non vorrei essere nei panni di quei poveri automobilisti, riesco a sentire la loro frustrazione fino a qui.»
Aprì la porta della sua camera e si sedette alla scrivania, dopo aver acceso il computer pronto per fare una partita al suo videogioco preferito; era ancora presto e, finché il padre non avesse chiuso il negozio per la pausa, avrebbe dovuto aspettare per il pranzo. Aprì il cassetto dove teneva conservato il suo joystick e si sorprese nel trovare una strana scatolina nera posta proprio accanto all’oggetto che cercava. Aprendola, vi trovò dentro un anello completamente nero. Avvicinò la mano al monile ma fu accecato da una luce rossa che lo costrinse a portarsi una mano sugli occhi.
Lo stridio del gesso sulla lavagna probabilmente sarebbe risultato un suono più gradevole dello strillo lanciato da Adrien nel vedere l’esserino rosso apparso dall’anello. «Che cosa sei? La manifestazione di un demone venuto ad uccidermi?» urlò il biondo, mentre si rifugiava in un angolino della sua stanza.
«Tranquillo, non voglio farti del male.» cercò di rassicurarlo la piccola creatura scarlatta. «Il mio nome è Tikki, sono un Kwami. Tu sei stato scelto come possessore del Miraculous della Coccinella, l’anello che vedi in quella scatolina.»
Quasi come se non avesse ascoltato quelle parole, Adrien afferrò al volo un bicchiere e lo usò per intrappolare Tikki. «Se ti fa stare più tranquillo...» sentenziò sconsolata.
«Ok, è tutto chiaro. Stamattina in realtà non sono riuscito ad afferrare in tempo il corrimano e sono ruzzolato giù per le scale, mi sono spaccato la testa e sono caduto in un coma profondo. Perciò tutto questo non è reale.»
«Sei sempre così melodrammatico?» chiese la piccola, divertita dal film mentale pensato dal ragazzo. «Adrien, credimi è tutto vero. Se mi dai il tempo, ti spiegherò tutto. Ma per favore, la prima regola è di non farne parola con nessuno. È vitale che nessuno sappia il nostro segreto.»
A quelle parole, Adrien parve finalmente tranquillizzarsi. Fece un respiro profondo e si accomodò sulla sedia vicino alla scrivania ancora leggermente scosso, pronto ad ascoltare.
 
«Fantastico... Va matto per il Camembert. Devo trovare un modo per non attaccare la puzza di quel formaggio rivoltante ai miei vestiti. Ne va della mia immagine e della salute del mio naso» sbuffò la giovane Dupain-Cheng, dopo aver consegnato al suo nuovo piccolo amico un’intera confezione di formaggio di prima scelta.
«Sai una cosa, cheriè? Credo tu sia la migliore portatrice del Miraculous del Gatto Nero che io abbia mai incontrato.»
«Sul serio lo pensi?»
«Nessuna mi aveva mai dato da mangiare un Camembert di così alta qualità.»
Intuendo di essere stato leggermente indelicato con queste parole, specialmente dopo aver notato che la ragazza aveva abbassato lo sguardo sconsolata sospirando, Plagg cercò di correggere il tiro. «Inoltre devo ammetterlo: nessuna era bella come te.»
«Sei solo un grandissimo ruffiano.» Rispose Marinette incrociando le braccia al petto, ma riacquistando comunque il sorriso sulle labbra. «Allora, vediamo se ho capito bene: il mio potere è il Cataclisma; posso evocarlo sulla mano che preferisco, ma mi è possibile utilizzarlo solo una volta in battaglia. Dopo il suo utilizzo ho 5 minuti di tempo prima di ritrasformarmi e rivelare la mia identità, cosa che devo evitare a tutti i costi.»
«Tutto esatto, principessa.» esclamò Plagg, ingoiando in un sol boccone l’ultima fetta di Camembert rimasta. «A trasformazione conclusa avrò bisogno di ricaricare le energie e penso che tu abbia capito in che modo.»
«Divorando Camembert; si, l’ho capito che, se potessi, ti sposeresti volentieri con quel formaggio dal tanfo nauseante. » sospirò Marinette, prima di accomodarsi sul divano presente in camera sua con l’intenzione di rilassarsi, guardando la TV. La sua attenzione fu immediatamente attirata da un servizio speciale mandato in onda sul canale nazionale: le immagini mostravano diverse automobili, alcune senza conducente, che schizzavano impazzite per le strade di Parigi mentre un buffo uomo, a metà tra un vigile e un autista di limousine, camminava tranquillamente in mezzo a quel casino mentre alzava di tanto in tanto la mano destra mostrando quella che sembrava una chiave elettronica per automobili.
Comprendendo al volo la situazione, Marinette balzò in piedi e si rivolse a Plagg, il quale osservava sornione il servizio in televisione. «Plagg quello è un tizio akumizzato vero?» chiese al Kwami, ricevendo una risposta positiva. «Devo assolutamente trovare questo portatore del Miraculous della Coccinella. Dobbiamo salvare Parigi.»
«Devi solo dire “Plagg, trasformami”.»
«Plagg, trasformami!» in un lampo, il Kwami nero fu risucchiato nell’orecchino sinistro e un bagliore verde circondò Marinette. I due orecchini si colorarono completamente di nero: sulla superficie si formò un simbolo raffigurante una zampa felina di colore verde. I capelli color liquirizia della ragazza si accorciarono leggermente in un caschetto sfilzato, mentre due orecchie da gatto erano spuntate sul capo. Il costume consisteva fondamentalmente in una tuta integrale completamente nera  che risaltava le forme femminili della giovane; legata in vita, una cintura nera, sciolta sul retro, come se fosse una coda. Sul colletto alto era posto un campanellino dorato mentre il volto era per metà coperto da una maschera nera: gli occhi avevano assunto una forma molto simile a quelli di un gatto, la sclera era completamente verde mentre le iridi avevano mantenuto il colore azzurro degli occhi di Marinette, creando un contrasto alquanto singolare. Poggiato sul retro della cintura, un piccolo bastone grigio contrassegnato, come gli orecchini, da una zampa verde.
«Wow! È la cosa più straordinaria che abbia mai visto.» esclamò, osservando per qualche secondo il suo nuovo look, prima di balzare fuori alla finestra.
 
«...e per purificare le akuma dovrai usare il potere della tua arma.» Tikki terminò la sua spiegazione riguardo i poteri del Miraculous. Adrien era rimasto ad ascoltare senza mai spostare lo sguardo dalla piccola Kwami.
«E quel Lucky coso…»
«Il Lucky Charm!» esclamò Tikki. «Ti consente di evocare un oggetto che ti aiuterà in battaglia; una volta terminata, lo lancerai in alto e il potere della Creazione rimetterà tutto a posto. Fa attenzione però: una volta usato il Lucky Charm avrai solo 5 minuti prima di ritrasformati. Dovrai agire velocemente.»
«Oooook, credo di aver capito. O perlomeno lo spero.» disse Adrien, portandosi una mano dietro alla nuca, ridendo nervosamente. Subito dopo la sua espressione s’intristì di colpo: «Però tutto questo è assurdo! Non posso essere stato scelto io, sono un disastro ambulante, un pericolo pubblico!» si alzò dalla sedia, iniziando a passeggiare nervosamente per la stanza. «Inciampo di continuo, rompo gli oggetti... L’unico posto dove non combino disastri è la palestra della scuola durante le lezioni di scherma: sarà perché ho la sicurezza che siamo tutti protetti dalla divisa da schermidore o perché ho inconsciamente paura di quello che potrebbe farmi Monsieur D’Argencourt se dovessi sbagliare. Ma per il resto... No, non posso fare il supereroe, Tikki. Potrei farmi male, o peggio fare del male ad altre persone.»
«Adrien!» urlò Tikki con l’intenzione di fermare quello sproloquio infinito del suo nuovo amico. «Sono sicura che sarai perfetto. Sei stato scelto per un motivo, presto lo capirai. Devi solo avere fiducia in te stesso. Sappi che io ce l’ho.»
A queste parole il giovane sorrise senza però dire altro: a Tikki bastò il suo sguardo per capire che tutto quello che voleva dire era “Grazie”.
Delle urla provenienti dalla strada, attirarono l’attenzione dei due. Tikki si precipitò, preoccupata, ad osservare dalla finestra, mentre Adrien non si scompose più di tanto. «Tranquilla, è una cosa normale a quest’ora. Sarà qualche lite per il traffico, non c’è da allarmarsi.»
«E dimmi Adrien...» disse Tikki mentre continuava ad avere lo sguardo fisso sulla strada. «È normale che le auto si muovano da sole?»
«Cosa!?» esclamò il biondo. Si alzò di scatto dalla sedia e si fiondò alla finestra: decine di automobili sfrecciavano per le vie; in alcune di esse vi erano persone spaventate che gridavano aiuto, mentre altre erano vuote, prive di conducente.
«Cosa devo fare?»
«Te l’ho spiegato: devi solo dire “Tikki trasformami”.»
«Trasformami!?»
La Kwami rossa fu risucchiata nell’anello, che divenne tutto rosso con pois neri. Un bagliore rosso circondò Adrien, mentre una maschera rossa a pois neri gli coprì metà viso. I suoi capelli biondi si alzarono leggermente verso l’alto, formando una pettinatura stile mohawk, diventando anche più lunghi di quanto fossero prima, mentre un nastro rosso li teneva in parte legati in un codino alto. Il corpo fu interamente rivestito da un costume rosso con qualche macchia nera sparsa: il torace era coperto da una giacca in pelle rossa semiaperta, sotto alla quale si intravedeva una maglia attillata di colore nero con strisce scarlatte. Ai piedi indossava un paio di stivali stile militare, anch’essi rossi a macchie nere. Alla cintura era legato un piccolo yo-yo, abbinato nei colori al resto del costume.
Adrien guardò la sua immagine riflessa nello specchio della stanza, sbarrando gli occhi quando vide il suo aspetto. «Tikki? Dove sei?» chiese preoccupato ed imbarazzato. «Tikki, ti prego vieni fuori. Non posso andare in giro vestito così. Sembro un pagliaccio che fa il cosplay di una coccinella; ok, io adoro fare cosplay e partecipo a quasi tutte le convention di Parigi; l’anno scorso mi sono travestito da Thor, uno dei migliori costumi della fiera e... E sto parlando da solo, molto bene: questo è il primo passo per la pazzia, come se questa storia dei Miraculous, le akuma, questo tizio con la passione per le farfalle e i cravattini non fosse abbastanza folle. Beh almeno non posso lamentarmi del mio fisico. Da quando ho tutti questi muscoli così definiti? A quanto pare praticare la scherma paga.» scherzò, mimando qualche posa da body builder. Abbassò lo sguardo, notando lo yo-yo appeso alla cintura; lo preso in mano ed iniziò ad analizzarlo attentamente. «Oh fantastico! Non solo dovrò combattere vestito come un clown reduce da una sbronza rimediata ad una festa, ma la mia unica arma è uno yo-yo! E meno male che le coccinelle dovrebbero portare fortuna.» sbottò, sbuffando rumorosamente.
«Ok Adrien, ora basta con questo monologo melodrammatico.» si disse schiaffeggiandosi il volto con lo scopo di uscire da quel tunnel di elucubrazioni in cui era entrato. Si posizionò nuovamente di fronte allo specchio e fissò i suoi occhi verdi. «Tu sei stato scelto!» esclamò indicando la sua immagine riflessa. «Non è ancora ben chiaro da chi, ma è così. Tikki ha fiducia in te, anche se ti conosce da meno di 10 minuti. Non devi deluderla. Adesso andrai lì fuori e prenderai a calci nel sedere quel maledetto akumizzato!»
Prese un profondo sospiro, aprì la finestra e lanciò il suo yo-yo che si estese per decine di metri prima di legarsi saldamente ad uno dei gargoyle di Notre-Dame.
«Sono ancora in tempo per tornare dentro e mettermi sotto le coperte e fingere che tutto questo sia un incubo.» disse con voce tremolante. Chiuse gli occhi, prendendo un respiro profondo e decise di agire; un leggero strattone al filo teso lo catapultò rapidamente alle spalle dell’enorme cattedrale di Parigi.



Angolo Autore:
Ehi bella gente :)
Oggi sono qui con questa nuova storia, la seconda che pubblico qui, a tema Miraculous. Era da un po’ di tempo che avevo in mente l’idea di rovesciare i ruoli dei due protagonisti e finalmente sono riuscito a realizzarla. La mia intenzione era di proporre una one-shot, ma, poiché non mi piace essere superficiale, ho preferito approfondire certi dettagli per rendere più comprensibili le scene e i dialoghi.
Ho cercato anche di dare un tocco personale alla storia, cercando di non essere troppo scontato in alcune scelte (ad esempio, in questa storia i due protagonisti hanno entrambi i genitori); a questo proposito, per chi se lo stesse chiedendo: Papillon non è né Gabriel Agreste né Tom Dupain. Ai fini di questa fanfic in particolare non è molto importante sapere chi si nasconde dietro quello smoking viola; se in futuro deciderò di scrivere un seguito, saprete a chi ho affidato questo ruolo.
Anche sui costumi dei due supereroi ho dato una mia personale interpretazione, cercando non solo di essere originale (spero di esserci riuscito) ma anche di fare in modo che siano più irriconoscibili di quanto invece non lo siano nella serie canonica.
Chiudo ringraziando con tutto il cuore l’autrice della FanArt (che potete trovare in HQ a questo link https://marysam-art.tumblr.com/image/183638898770), MarySam_art, la quale è riuscita a rappresentare perfettamente l’immagine che mi ero fatto dei due supereroi. Vi invito a passare sulla sua pagina Instagram dove potrete trovare altre sue opere: https://www.instagram.com/marysam_art/
Vi saluto promettendovi che pubblicherò a breve la seconda parte della storia: non temete, non dovrete aspettare molto. :)
Alla prossima.
Nike90Wyatt


 

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Capitolo 2
*** Parte 2 ***


Marinette non aveva mai provato tanta felicità in vita sua: in soli due giorni aveva convinto i suoi genitori ad iscriverla a scuola, la stessa frequentata dalla sua amica d’infanzia, aveva aiutato una persona in difficoltà senza essere assalita da pedanti richieste di foto ed autografi, si era fatta un nuovo amico, seppur non umano ed aveva anche ricevuto dei poteri che la trasformavano in una supereroina; certo, questo aspetto l’avrebbe condotta ad assumersi importanti responsabilità, vitali sotto certi punti di vista, ma, in quel momento, si stava godendo tutta la libertà di cui aveva sentito la necessità in quegli anni soffocata dai suoi impegni in giro per il mondo. Adorava cantare, far felici i suoi fan, visitare paesi esotici, ma a volte le case discografiche erano opprimenti ed asfissianti e le imponevano comportamenti contrastanti con la sua natura socievole, solare, piena di vita.
Aveva appena scoperto che il bastone in dotazione con il costume aveva la particolarità di potersi estendersi a piacimento, consentendole di percorrere decine di metri in pochissimo tempo. Si fermò su un tetto, dal quale poteva osservare in lontananza la Tour Eiffel; il potere del Miraculous le aveva potenziato la capacità sensoriale, così, nonostante la notevole distanza, riuscì a vedere nitidamente il casino che si era creato ai piedi del monumento. L’uomo che precedentemente aveva visto in televisione, e che Plagg aveva subito riconosciuto come una vittima di Papillon, si era creato una sorta di fortino composto da tir di diversa dimensione, bus e fuoristrada; la polizia, guidata dal sergente Roger Raincomprix, era riuscita a stabilire un perimetro tentando di proteggere quante più persone possibile. Purtroppo, i tentativi di liberare le persone intrappolate nelle autovetture controllate da Conducteur si erano rivelati vani, così Raincomprix, su approvazione del sindaco, stava pianificando di attuare una strategia diplomatica con quel folle individuo.
 
Marinette strinse forte nella mano il bastone, corrucciando lo sguardo e pronta a combattere; prima che potesse muovere un muscolo, però, fu travolta da un tornado rosso che la trascinò con sé aldilà della ringhiera del terrazzo sul quale si era fermata e la costrinse a chiudere gli occhi preparandosi all’impatto con il terreno. Impatto che non avvenne mai, poiché la caduta fu stoppata da una forte stretta. La ragazza riaprì gli occhi, ritrovandosi a guardare due iridi smeraldine che la fissavano; spostò lo sguardo sul suo corpo rendendosi conto che era a testa in giù, legata ad un palo della luce da un cavo nero molto resistente, accanto ad un ragazzo biondo vestito di rosso. Nascondendo l’imbarazzo, sfoggiò un sorriso malizioso e strizzò un occhio.
«Sapevo di dover cercare un ragazzo coccinella, ma non pensavo che sarebbe letteralmente piovuto dal cielo, mi avrebbe legata ad un palo insieme a lui e mi avrebbe messo le mani sui fianchi.» disse facendo arrossire vistosamente il biondo.
«Sc-scusa, ho ricevuto i miei poteri praticamente adesso, e non sono ancora pratico.» rispose balbettando cercando di nascondere il palese imbarazzo che lo travolgeva in quell’istante. Con una rotazione del polso, Adrien girò il suo yo-yo riuscendo finalmente a liberare se stesso e la ragazza. «Quindi mi stavi cercando?» chiese.
«Mh, mh» annuì Marinette. «Il mio Kwami ha detto che avrei dovuto trovare il portatore dell’anello della coccinella; mi ha specificato che senza di lui non posso purificare l’akuma e sconfiggere i cattivoni.» proseguì camminando lentamente intorno al giovane che continuava a guardarla con il volto lievemente arrossito.
«Quindi anche tu hai un Miraculous.» esclamò sorpreso. La ragazza non rispose; si limitò a spostare una ciocca di capelli mostrando il lobo sinistro sul quale era applicato un orecchino nero.
«Puoi chiamarmi... LadyNoir, si LadyNoir: la portatrice del Miraculous del Gatto Nero, con il potere della Distruzione, al suo servizio M’Lord» cantilenò Marinette, esibendosi in un lungo inchino, facendo ridacchiare il suo interlocutore che finalmente riuscì a rilassarsi. «E tu bel fusto? Hai un nome oppure devo continuare a chiamarti “ragazzo coccinella”
«Mi chiamo Ad...» si fermò in tempo, prima di rivelare il suo nome da civile. «Ehm, LordBug!»
«LordBug...» disse LadyNoir, portandosi una mano sotto il mento, riflettendo per qualche secondo. Dopo un po’ scrollò le spalle e, con il sorriso sulle labbra si rivolse nuovamente verso il biondo. «Non è il massimo, ma mi accontenterò.»
«Oh, la ringrazio della concessione, Kitty. Ora se non le dispiace avremmo un cattivo da sconfiggere e una città da salvare.»

I due supereroi raggiunsero velocemente la Tour Eiffel, balzando di tetto in tetto utilizzando i loro strumenti da combattimento.
Atterrarono a pochi passi da quel curioso fortino composto da autoveicoli, sotto lo sguardo stupito degli agenti di polizia, ancora ignari di quello che stava succedendo in quel folle giorno. A diversi metri di distanza, precisamente proprio al limite del perimetro stabilito dalle forze dell’ordine, la troupe televisiva capeggiata dalla giornalista Nadja Chamack riprendeva minuziosamente ogni singola scena. Tutta Parigi era incollata agli schermi televisivi; tutti erano interessati allo svolgersi degli eventi, preoccupati e curiosi.
L’arrivo dei supereroi non era certo sfuggito agli occhi di Conducteur: Papillon, in constante contatto telepatico con il suo alleato, esultò nel vedere gli oggetti dei suoi desideri attraverso gli occhi dell’akumizzato. «Lo sapevo che il guardiano dei Miraculous si nascondeva a Parigi: ora mi ha servito l’occasione per impadronirmi dei gioielli su un piatto d’argento. I buoni sono così prevedibili.» esclamò, mentre un ghigno inquietante si formava sulle sue labbra.
 
«Dobbiamo trovare un modo per salvare quelle persone intrappolate.» Esclamò LordBug, indicando il muro di veicoli posto intorno alla figura sinistra che continuava ad osservarli senza battere ciglio.
«Occupati di loro; io resto di guardia nel caso l’autista dal sorriso inquietante dovesse attaccarci.» rispose LadyNoir, assumendo una posizione da battaglia.
L’eroe in rosso iniziò a far roteare il proprio yo-yo e lo lanciò riuscendo ad afferrare la maniglia di una portiera: con un sorriso sghembo sulle labbra, Conducteur agitò la mano destra e premette un tasto sul suo telecomandino. In un attimo tutte le autovetture ferme iniziarono a muoversi velocemente in circolo trascinando con sé anche LordBug che tentò di non perdere la presa sulla sua arma. Con un rapido movimento, riuscì a saltare sul posteriore di un auto: facendo perno sulle gambe iniziò a strattonare con forza il cavo del suo yo-yo, riuscendo, infine, a divergere la portiera. Nel farlo, però, perse aderenza con i piedi e volò via a diversi metri di distanza; come se non bastasse, la portiera divelta scivolò sotto le gomme di una delle vetture in movimento, facendola pericolosamente sbandare.  Si innescò così una pericolosa reazione a catena: quasi tutte le vetture persero il controllo e solo l’intervento dell’akumizzato, più preoccupato per la sua stessa incolumità, evitò il peggio: purtroppo, nel parapiglia generale, due uomini, precedentemente intrappolati nella vettura aperta da LordBug, furono sbalzati fuori rischiando un durissimo impatto con l’asfalto. Fortunatamente, LadyNoir fu lesta a percepire il pericolo e con l’aiuto del suo bastone estendibile saltò, afferrando in tempo i due malcapitati, traendoli in salvo. Dopo essersi sincerata delle loro condizioni, ed averle invitate ad allontanarsi da lì voltò lo sguardo verso il suo compagno di squadra: quest’ultimo sembrava una statua di sale. Completamente pietrificato da ciò che era successo, LordBug guardava le due povere vittime allontanarsi con la bocca semiaperta, la salivazione quasi del tutto assente e il cuore che batteva all’impazzata. Era paralizzato, tanto che non riusciva più nemmeno a sentire la voce della sua partner, che nel frattempo gli si era avvicinato celermente, preoccupata dalle sue condizioni.
«M’Lord!? Stai bene?» chiese agitando una mano davanti allo sguardo perso nel vuoto del biondo.
«È colpa mia.» sussurrò talmente piano da non riuscire a sentire nemmeno lui stesso le sue parole.
«Come dici?»
«È colpa mia!» esclamò, stavolta alzando notevolmente il tono della voce. «Sono stato uno sciocco a pensare di poter essere tagliato per questo ruolo. Quei due potevano morire a causa della mia incapacità. Tikki si sbagliava, non sono la persona giusta.» gli occhi verdi adesso erano lucidi, pronti a versare lacrime. LadyNoir gli poggiò delicatamente una mano sulla spalla: prima che potesse dire qualcosa, fu interrotta da una voce proveniente da un megafono.
«Ehi voi due!» era il sergente Raincomprix, furioso per quanto accaduto. «Toglietevi di mezzo, lasciate questo lavoro a chi ne è capace. Non abbiamo bisogno di fenomeni da baraccone che si improvvisano supereroi ma che non fanno altro che peggiorare la situazione. Sparite o sarò costretto ad arrestarvi.»
«Ha ragione lui...» mormorò LordBug con il capo rivolto verso il basso.
«Ti sbagli!» esclamò LadyNoir facendolo sussultare. «Senza di te, quelle persone sarebbero ancora intrappolate in quell’inferno a quattro ruote, e senza di noi non potranno mai farcela. È la prima volta che usiamo i nostri poteri, è normale fare errori ed essere spaventati. Lo sono anch’io; ma dobbiamo combattere le nostre paure. Dobbiamo avere fiducia in noi stessi: dimostreremo che chiunque ci abbia fatto questo dono, non ha fatto la scelta sbagliata. Faremo cambiare idea a coloro che non credono in noi. Sei con me?» concluse facendo l’occhiolino.
 Come se si fosse acceso un interruttore nella sua testa, LordBug alzò la testa, stavolta aveva uno sguardo molto più determinato mentre stringeva i pugni così forte da far tremare leggermente le sue braccia. Annuì in direzione della sua collega, e si girò verso il suo avversario, rimasto fermo fino a quel momento con ancora la mano in cui teneva stretta la chiave elettronica alzata verso l’alto, quasi a voler minacciare di usarla ancora.
«Adesso si fa sul serio!» ringhiò LordBug.
Prima che potesse rispondere a tono, l’akumizzato si prese la testa tra le mani, iniziando ad urlare come se stesse subendo un dolore atroce. Una voce inquietante poi si fece strada nella sua mente.
«Conducteur! È ora di mandare un messaggio a tutta Parigi!» comunicò telepaticamente Papillon. Il portatore della spilla della Farfalla alzò in aria lo scettro, la piccola cupola viola posta sulla sommità dell’oggetto si illuminò. Conducteur alzò il capo rivolgendolo verso il cielo, spalancò la bocca e da lì uscì uno stormo di farfalle oscure, che si riunirono in pochi istanti formando una figura che ricordava il volto di una persona mascherata. Tutti i presenti, compresi i due supereroi, erano pietrificati di fronte a quella spaventosa massa oscura.
«Cittadini di Parigi!» una voce tenebrosa si levò minacciosa. «Il mio nome è Papillon. LordBug, LadyNoir! Datemi i vostri Miraculous e tutto tornerà al suo posto. La città ha già sofferto abbastanza per colpa vostra.»
Il silenzio che seguì quelle parole, fu spezzato dal rumore di un applauso: LordBug, infatti, batteva lentamente le mani avvicinandosi all’enorme volto di Papillon senza distogliere lo sguardo da esso.
«Bel tentativo Papillon! Fai leva sulla debolezza delle persone per sottometterle al tuo volere. Se vuoi i Miraculous vieni a prenderli tu stesso, vigliacco!» tuonò l’eroe in rosso.
«Sarai tu a consegnarci il tuo Miraculous.» proseguì LadyNoir affiancando il suo collega.
Senza esitazione, LordBug scagliò prepotentemente il suo yo-yo sull’imponente massa oscura; un’intensa luce bianca fuoriuscì dall’arma ed in poco tempo lo stormo di farfalle svanì.
Furioso, Papillon ordinò al suo adepto di attaccare i due supereroi; ripresosi dal precedente stordimento, Conducteur azionò nuovamente la sua chiave elettronica, direzionando tutte le autovetture nei paraggi in direzione dei portatori dei Miraculous. Con grande agilità i due schivarono gli assalti del loro avversario, tentando di avvicinarsi il più possibile all’akumizzato, ma i suoi continui assalti impedivano qualsiasi mossa offensiva. La situazione era in stallo: LadyNoir provò ad usare il suo bastone per saltare aldilà della barricata di automobili, ma, dopo una rapida rotazione,  la scala in dotazione ad un furgone dei pompieri la colpì duramente. Con incredibili riflessi, LordBug saltò in alto e riuscì ad afferrare la sua partner, garantendole un atterraggio morbido sul terreno.
«Tutto bene, Kitty?» chiese preoccupato.
«Ti ho già detto che mi fai girare la testa, M’Lord?» scherzò la giovane: era sorprendente come quella ragazza riuscisse a non perdere il buonumore nonostante la situazione non proprio idilliaca.
«Ah sei in vena di scherzi?» rispose il biondo poggiandola a terra in piedi. «Ascolta: cercare di tirare fuori tutti gli intrappolati richiederebbe troppo tempo ed abbiamo già visto che è pericoloso per la loro incolumità. Dobbiamo sconfiggere direttamente lui. » disse con espressione seria. «Penso che l’akuma si trovi nella fonte del suo potere: la chiave elettronica che stringe nella sua mano destra.»
«Hai qualche idea?»
«Prima, mentre cercavo di salvare quelle persone, le vetture hanno sbandato paurosamente e lui ci ha messo un po’ per riprendere il controllo. Potremmo sfruttare questa piccola finestra di tempo per attaccarlo ed impadronirci di quella chiave.»
«Credo sia giunto il momento di ricorrere ai nostri poteri.» rispose secca la brunetta, convinta che la scoperta del suo collega potesse volgere a loro favore le sorti dello scontro.
«Se permetti, inizio io.» disse LordBug regalandole un sorriso. «Lucky Charm!»
Lanciò in aria il suo yo-yo: un bagliore rosso rivelò l’oggetto evocato dal supereroe.
«Un tomahawk?» chiese perplesso il ragazzo.
«Vuoi metterti a giocare a indiani e cow-boy, bel fusto?» scherzò LadyNoir, schivando l’ennesima automobile lanciatole contro.
LordBug scrutò attentamente l’ambiente circostante ed in breve tempo una lampadina si accese nella sua mente. «So cosa fare!» esclamò, portandosi l’ascia da battaglia dietro alla testa, pronta a lanciarla. «L’ho già visto fare in un film, spero che funzioni. Tieniti pronta.»
Evitò con un paio di salti alcune autovetture dirette verso di lui, poi attese che una di esse, un fuoristrada, compiesse un  testacoda e si posizionasse con l’anteriore perfettamente rivolto verso Conducteur pronta per essere rispedita verso uno dei due eroi; assottigliò le palpebre, prese le mira e al rombo dell’automobile, che gli segnalava la partenza della stessa, lanciò il tomahawk con tutta la forza che aveva in corpo verso la ruota anteriore destra. La violenza del lancio fu tale da aprire uno squarcio nello pneumatico mentre l’ascia si conficcò nella ruota, facendo perdere, inevitabilmente, aderenza con l’asfalto alla macchina che si avvicinò molto velocemente all’akumizzato. Accortosi dell’imminente pericolo ed incapace di rimediarvi, Conducteur si gettò di lato, interrompendo per qualche secondo il controllo sulle vetture. LadyNoir, che nel frattempo aveva guadagnato una posizione di vantaggio, approfittò della distrazione dell’avversario: piombò su di lui, e lo avvolse in una stretta con l’ausilio delle sue agili gambe, tendendo con forza il braccio destro che impugnava la chiave. La sottomissione ebbe l’effetto sperato: Conducteur lasciò andare la presa sull’oggetto, sul quale si fiondò velocemente l’eroina in nero una volta lasciata la presa sull’akumizzato.
«Cataclisma!» un fascio di luce nera uscì dagli orecchini e raggiunse la mano destra della bruna, che toccò con la stesso arto la chiave elettronica disintegrandola insieme al portachiavi ad essa attaccato.
Una farfalla nera si librò in volo, ma fu subito catturata dallo yo-yo di LordBug.
«Deakumizzazione!» gridò il biondo, liberando la piccola farfalla ritornata ad essere bianca dopo essere stata purificata; dopo afferrò il tomahawk, precedentemente recuperato, e lo lanciò in aria. Numerosi fasci di luce rossa illuminarono la città di Parigi, ristabilendo l’ordine tra le strade. Elettrizzato dall’effetto del suo potere, LordBug salì sulla Tour Eiffel e si rivolse ai cittadini, increduli, stupiti ed anche sollevati.
«Prometto ad ognuno di voi che se qualcuno cercherà di farvi del male, LordBug e LadyNoir faranno tutto ciò che è in loro potere per aiutarvi e proteggervi.» esclamò, ricevendo le acclamazioni dei civili, ormai liberi dalla morsa di Conducteur, che nel frattempo era tornato ad essere un semplice civile ed era stato soccorso dalle forze dell’ordine.
«Wow! Non m’importa chi ci sia sotto quella maschera. Io amo quel ragazzo.» sussurrò LadyNoir, fissando il suo compagno che con un balzo tornò al suo fianco, porgendole il pugno.
«Un lavoro ben fatto, che ne dici Kitty?»
«Proprio ben fatto. » Rispose l’eroina in nero, battendo il pugno.
«Prima di andare, c’è una cosa che devo dirti.» disse LordBug poggiando una mano sulla spalla della partner. «Grazie.»
Era stato grazie a lei che lui aveva ritrovato la fiducia in se stesso; le sue parole gli avevano donato la forza, la determinazione e il coraggio necessari ad affrontare quella battaglia. C’era molto di più di semplice gratitudine in quel grazie: c’era consapevolezza di aver trovato una persona che sarebbe stata sempre al suo fianco, che l’avrebbe sostenuta ed aiutata in qualsiasi modo. Lei si fidava di lui e lui sapeva di poter fare altrettanto. Adesso si era reso conto che non poteva essere stata scelta ragazza migliore per indossare quegli orecchini magici.
LadyNoir non disse niente: si limitò ad esibirsi in un inchino che ricevette come risposta un galante baciamano da parte del supereroe a pois neri e poco dopo entrambi si congedarono, per evitare di svelare le loro identità.
 
"Bro! Hai visto quei due supereroi? Sono stati grandiosi. Alya mi ha telefonato e mi ha chiesto di aiutarla a fondare un blog dedicato a loro e alle loro imprese. Non solo hanno salvato Parigi dalla minaccia dell’invasione delle automobili intelligenti, ma mi hanno appena dato un’occasione per passare del tempo con lei. È il miglior giorno della mia vita!!"
Leggendo il messaggio del suo migliore amico, Adrien sorrise: non poteva ancora credere di essere stato protagonista in prima persona di quelle imprese citate da Nino. Conosceva bene Alya: era una fanatica di supereroi; ogni settimana sfoggiava nuovi gadget e nuovi fumetti. Anche lui condivideva questa passione, ma adesso non si sarebbe più limitato a fantasticare su quelle meravigliose avventure, le avrebbe vissute.
Ed avrebbe sicuramente sostenuto Nino nella conquista della ragazza castana, un’impresa altrettanto grandiosa a suo parere.
 
«Non capisco tutta questa voglia di frequentare la scuola. Potresti startene a casa a goderti le meraviglie della tua camera e magari scendere ogni tanto nella pasticceria di tuo padre a fare incetta di dolci. Invece lì devi sorbirti ore e ore di lezione e, come se non bastasse, dovrai anche fare i compiti a casa.» commentò Plagg, che proprio non riusciva a comprendere l’euforia di Marinette, raggiante per quello che sarebbe stato il suo primo giorno di scuola.
«Non credo tu possa comprendere in fondo quello che provo.» rispose Marinette. «Da quando ho fatto quel provino 2 anni fa, ho dovuto chiudere tutti i ponti con gli amici che avevo. “Non è prudente” mi avevano detto, anche se non ho mai capito queste parole.  Pensavano che potessero, in qualche modo, ostacolare la mia carriera; sono 2 anni che le uniche persone con cui parlo dei miei fatti personali sono i miei genitori e Nathaliè. Sono stanca di essere considerata Marinette Dupain-Cheng, la popstar internazionale. Voglio essere solo Marinette: una ragazza di 16 anni che va a scuola come tutte le altre ragazze della sua età.»
«Eh va bene.» sospirò Plagg; non aveva intenzione di smorzare l’entusiasmo della sua nuova amica. Lei lo aveva accolto come se fosse un amico di vecchia data; nessuna precedente portatrice aveva avuto quel comportamento. Lo aveva ascoltato senza battere ciglio, lo aveva assecondato nelle sue insistenti richieste di formaggio. La conosceva da poco, ma lui già adorava quella ragazza. “È un angelo” aveva pensato la notte precedente, quando gli aveva mostrato il posto che aveva creato appositamente per lui, anche se lui non l’avrebbe ammesso mai, neanche sotto tortura. «Però dovrai trovarmi qualcosa da fare mentre tu ti “diverti” a seguire le lezioni a scuola. Non ho voglia di ripetere cose che ho già sentito in millenni di vita.»
«D’accordo brontolone. Ora sbrighiamoci, ho promesso a Chloè di arrivare in anticipo.»
Finì di prepararsi, raccogliendo i capelli scuri in due codini bassi, come aveva fatto il giorno prima, si legò in vita una felpa azzurra con il cappuccio sopra ad una t-shirt bianca con una fantasia floreale sulla clavicola destra. Si era preparata anche una piccola borsetta a tracolla, ritenendola perfetta come nascondiglio per Plagg; all’interno aveva preparato due piccole porzioni di Camembert, avvolte minuziosamente nella carta argentata ed alcuni cosmetici femminili, più che altro per giustificare l’utilizzo della borsetta. Infilò le due fasce dello zaino rosa e, dopo aver salutato entrambi i genitori impegnati nella preparazione di dolci, entrò nella macchina guidata dalla sua guardia del corpo.
 
Varcata la soglia dell’ingresso scolastico, Adrien si preparò mentalmente al tornado di nome Alya che lo avrebbe assalito in pochi istanti: era certo che l’amica gli avrebbe riempito la testa, fino a farla esplodere, di informazioni che riguardavano il suo blog. Una volta entrato nell’istituto, però, la sua attenzione fu calamitata da altro: al centro del cortile, Chloè era avvinghiata al braccio di una ragazza dai capelli scuri e occhi azzurri la quale reggeva in mano un bicchiere con il succo che la bionda era solita bere la mattina, mentre Nathaniel cercava di allontanare, con parole non proprio garbate, gli studenti che cercavano di avvicinarsi a lei. Adrien la riconobbe subito: era la ragazza che aveva incrociato il giorno prima davanti all’ingresso della scuola e che aveva soccorso, insieme a lui, quell’anziano signore in difficoltà.
«La famosa Marinette...» sbuffò, avvicinandosi a Nino ed Alya, anche loro semi ipnotizzati dalla presenza della star. Salutò i suoi amici, faticando per attirare la loro attenzione, ed insieme si incamminarono verso l’aula dato che a breve la campanella avrebbe sancito l’inizio delle lezioni.
Anche Marinette convenne con Chloè che era meglio avviarsi, ma la confusione intorno a lei era tale che la corvina ricevette una spinta involontaria che le fece perdere l’equilibrio: riuscì, comunque, a restare in piedi, ma non potette evitare di rovesciare il succo che aveva in mano e finì per macchiare completamente la maglia del povero Adrien che si trovava, suo malgrado, in traiettoria.
«Ehi, fa attenzione!» urlò il biondo, visibilmente contrariato per quanto successo.
La ragazza non fece in tempo a scusarsi, che venne subito interrotta dalle risate incessanti di Chloè, Sabrina e Nathaniel.
«Ehi nerd! Quella maglia vai a venderla, magari ci guadagni qualcosa.» lo prese in giro il rosso.
«Di sicuro il succo che beveva Marinette vale più di tutto il suo vestiario.» aggiunse Chloè, quasi in lacrime per le risate.
Adrien li fulminò con lo sguardo, furioso per la situazione creatasi: ogni volta che era entusiasta per qualcosa che aveva fatto, veniva puntualmente bersagliato dai tiri mancini di quei tre, facendogli perdere tutto il buon umore. Come se non bastassero loro, adesso si era aggiunta anche un’altra pedina a quel gruppetto.
«Ho capito.» sibilò in direzione di Marinette, mortificata per ciò che era successo ma incapace di abbozzare delle scuse al ragazzo a causa delle risate dei presenti. «Sei amica di Chloè, vero? Dovevo aspettarmelo che eravate fatte della stessa pasta. Complimenti, un comportamento davvero maturo.» prese Nino per un braccio e lo trascinò via, sotto lo sguardo attonito di Alya che, invece, aveva capito che era stato un incidente e non un atto volontario.
«Non l’ho fatto apposta.» mormorò sconsolata Marinette, mentre saliva le scale che l’avrebbero condotta in classe, accompagnata dalla sua amica bionda, ancora intenta a sghignazzare.

«Bro, ho un cambio. Me l’ero portato per la lezione di ginnastica, ma te lo presto volentieri. Non è il massimo ma per queste poche ore di scuola può andare.»
«Grazie amico. Per fortuna ho te e Alya.»
«Ehi, guarda che, esclusi Chloè, Sabrina e Nathaniel, tutti in classe ti stimano. Sei sempre pronto ad aiutare tutti; sei l’unico che riesce a tenere testa a quell’oca bionda e a quel pomodoro da insalata.»
«Sai che ti dico? Non mi farò mettere i piedi in testa di nuovo da Chloè. Mia madre dice che non dovrei darle soddisfazione e così farò. Vieni con me.» disse Adrien, dopo essersi velocemente cambiato la maglietta in aula, approfittando del fatto che non era ancora arrivata la professoressa. Scambiò un’occhiata complice con Nino, e si accomodò al posto che il giorno precedente Chloè aveva etichettato come suo. Vedendoli seduti lì, Alya, appena entrata in aula, alzò i pollici in segno di approvazione: si sarebbe goduta fino in fondo la reazione della bionda a quello che sembrava a tutti gli effetti un gesto di sfida.
Come prevedibile Chloè, appena scorto il suo posto occupato dai due ragazzi, iniziò a sbraitare.
«Scusa Chloè, ma ho deciso che io e Nino ci siederemo qui per il resto dell’anno; tu puoi anche accomodarti lì.» disse Adrien con un largo sorriso sulle labbra mentre indicava il posto occupato da lui e Nino nella giornata precedente, ottenendo un’ovazione da parte del resto della classe. La bionda batté furiosamente il piede a terra guardando stizzita i suoi compagni di classe.
«È ridicolo! Assolutamente ridicolo!» sbottò, per poi avviarsi verso il banco, seguita da Sabrina. «Questa me la paghi, Agreste.» sibilò a denti stretti.
Nathaniel, intanto affiancò i due, mormorando qualcosa che Adrien riuscì a stento a comprendere: “Brutta mossa nerd.”
Marinette aveva assistito alla scena e si limitò a rivolgere un sorriso compassionevole all’amica bionda; raggiunse la sedia di fianco ad Alya, salutando lei e i due ragazzi seduti dietro con un cenno della mano  ottenendo come risposta un piccolo saluto col capo da parte di Nino ed uno sguardo glaciale da Adrien. Si accomodò con aria mogia al suo posto, sotto lo sguardo di Alya.
«Tu sei amica di Chloè?» chiese la blogger.
«Perché me lo chiedete tutti?» sbottò esasperata la ragazza bruna allargando le braccia. «Sarai la quinta persona che mi fa questa domanda. Perché è così importante per voi?»
«Vedi... Chloè  tratta tutti dall’alto verso il basso: è superba, altezzosa e le piace fare dispetti alle persone oltre che ricattarle quando viene a conoscenza di fatti privati. Gli unici che le vanno dietro sono Sabrina e Kurtzberg.»
«Chloè ha sempre avuto un atteggiamento di superiorità nei confronti degli altri; la conosco da quando eravamo piccole. Ha sofferto tanto per l’abbandono della madre e reagisce in questo modo come se fosse un meccanismo di difesa. Non è una ragazza cattiva, ha solo paura di essere lasciata sola.»
«Non che faccia molto per evitarlo.» scherzò Alya, iniziando a prendere  confidenza con la nuova compagna di banco.
«Credo di averlo notato. Comunque non voglio perderla, è l’unica amica che ho.»
«Da oggi non più. Io sono Alya, piacere di conoscerti.» le disse porgendole la mano.
«Marinette, piacere mio.» rispose la corvina, stringendole la mano e regalandole un meraviglioso sorriso.
«Perché non spieghi ad Adrien che quello di prima è stato solo un incidente?» chiese poi la ragazza castana.
«Non me ne ha dato l’occasione; hai visto come mi ha guardato prima? Sembrava volesse incenerirmi con lo sguardo.»
«Adrien è la vittima preferita di Chloè, perché è l’unico che le tiene testa in tutta la scuola. Ma ha il cuore d’oro; sono sicura che se gli spiegherai tutto, capirà e diventerà tuo amico.» Concluse strizzando l’occhio all’amica.
 
A dispetto delle previsioni meteo, un violento temporale si era abbattuto su Parigi quel giorno; Adrien, che si era trattenuto per qualche minuto nell’istituto, decise di fermarsi all’ingresso della scuola aspettando che la pioggia diminuisse d’intensità, nonostante abitasse dall’altro lato della strada.
Mentre era in attesa, appoggiato al muro, sentì dei passi provenire dall’interno della scuola; girò la testa e si ritrovò a fissare due enormi occhi azzurri. Riconoscendo subito la nuova compagna di classe, le voltò le spalle, intento a non dare confidenza alla ragazza che qualche ora prima gli aveva tirato, a suo parere, un brutto scherzo.
Marinette, però, non era tipo da arrendersi senza lottare, specialmente se si trattava di un malinteso che poteva stroncare sul nascere una nuova conoscenza: prese un respiro profondo e tentò di richiamare l’attenzione del giovane.
«Adrien vero?» chiese con un tono di voce piuttosto alto in modo da essere sicura che lui la sentisse. Nonostante non ottenne risposta, proseguì ugualmente il discorso. «Non ti ho rovesciato il succo addosso volontariamente; è stato un incidente. Non sono il tipo di persona che ha bisogno di trattare male il prossimo per ottenere l’approvazione degli altri, a maggior ragione se si tratta di Chloè. È mia amica, non lo nego, e le voglio bene, ma non sono come lei. Desidero sinceramente stringere nuove amicizie. Spero tu possa perdonarmi per quel piccolo malinteso. »
Quelle parole, dette con tanta dolcezza e sincerità, ebbero l’effetto sperato: Adrien si girò ed abbassò leggermente la testa in segno di assenso, sorridendo.
Marinette lo osservò per qualche secondo, felice di aver chiarito con lui; capì che il ragazzo era fermo lì a causa della pioggia, quindi aprì la sua cartella e ne estrasse un piccolo ombrellino nero con una piccola scritta dorata sul bordo: Marinette.
«Accetteresti questo come ramoscello d’ulivo?» scherzò, porgendogli gentilmente il parapioggia.
«E tu come farai?»
«Ho una felpa con il cappuccio. E poi ho l’auto che mi aspetta proprio lì» rispose, indicando la vettura ferma davanti alle scale della scuola.
Adrien allungò la mano per prendere l’ombrello e, nel farlo, sfiorò appena la mano della ragazza; avvertì come una scossa che si propagò per il tutto il braccio e il cuore iniziò a battergli talmente forte da sentirlo anche nelle orecchie. Rimase per qualche secondo a fissare gli occhi azzurri di Marinette poi, come risvegliato da uno stato di trance, sciolse il nodo che legava stretto l’ombrello e lo aprì: la sua sbadataggine, però, unita a tutte quelle emozioni provate in quel momento, furono fatali e l’ombrello si richiuse di colpo, intrappolandolo. Dopo un attimo di stupore, Marinette si affrettò ad aiutare il biondo a liberarsi dall’impiccio; osservò il volto imbronciato del ragazzo e scoppiò a ridere, trovando molto buffa quella situazione. Dal canto suo, Adrien rimase incantato al suono di quella risata, tanto da non riuscire a pronunciare nemmeno una sillaba. Il colpo di grazia gli fu dato un secondo dopo, quando Marinette decise di sciogliersi i codini che portava per poter infilare meglio il cappuccio della felpa: scosse leggermente il capo per far cadere meglio i capelli sulle spalle e, in quel preciso istante, Adrien avrebbe affermato con certezza che il tempo scorresse più lentamente poiché vedeva la ragazza come se si muovesse a rallentatore.
Ignara di tutte le emozioni che aveva suscitato nel giovane con quel semplice gesto, Marinette si infilò il cappuccio e si rivolse nuovamente al biondo alzando una mano in segno di saluto.
«Ci vediamo domani a scuola allora.» disse, regalandogli l’ennesimo sorriso.
«A-a dimene... A-a damoni, c-cioè a d-domani... M-ma perché balbetto?» si chiese il ragazzo non accorgendosi che la brunetta si era già allontanata.
«Ehiiii, qui c’è qualcuno che si è preso una bella cotta.» canticchiò Tikki, che, approfittando dell’assenza di persone nei paraggi era uscita dallo zaino a tracolla dove era nascosta. Adrien la guardò con occhi sbarrati ma non disse niente, quasi a voler confermare quanto detto dalla Kwami rossa.
«Primo giorno di scuola e già fai sciogliere il cuore dei tuoi compagni eh, zuccherino?» esclamò Plagg, imitando involontariamente la sua collega magica, una volta che Marinette si avvicinò alla portiera.
«Cosa dici Plagg?» chiese Marinette.
«Lo capirai presto.» rispose il piccolo Kwami nero, ammiccando. Marinette non comprese le parole del suo amico, ma decise di sorvolare, troppo entusiasta di aver finalmente realizzato il suo desiderio di andare a scuola e farsi nuovi amici.
 
Non lontano da lì, sotto un grande ombrello nero, un signore dai tratti orientali osservava compiaciuto la scena.
«Ottima scelta, maestro Fu.» esclamò un Kwami verde sbucato dal taschino della camicia indossata dall’uomo.
«Quei due sono fatti l’uno per l’altra.» rispose serafico Fu, felice di aver fatto la scelta giusta.

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Angolo Autore:
Ehi bella gente
Ecco qui la seconda parte della storia. Ho amato descrivere il primo incontro dei due protagonisti, sia nei loro panni di supereroi sia nei loro panni civili; spero, anzi, di essere riuscito a cogliere tutti i dettagli e le loro sensazioni vissute in quel momento.
Ci tengo, inoltre, a precisare alcune cose riguardanti la storia; dei piccoli dubbi che mi sono stati fatti notare nella prima parte.
-Ho deciso di non scambiare anche i gioielli poiché li ritengo più adatti al loro genere, mentre ci tenevo a scambiare i Kwami perché volevo soffermarmi sulle loro interazioni con i protagonisti (ringrazio anche coloro che mi hanno fatto i complimenti su come ho rappresentato Plagg).
-In una storia in cui è Adrien ad inseguire Marinette nei loro panni civili, avevo bisogno della presenza di un rivale maschile: non mi sembrava il caso di creare un personaggio nuovo, né di introdurre Luka nel contesto scolastico, quindi la scelta per me era tra Nathaniel e Kim. Alla fine ho optato per il rosso perché è colui che comunque ha un interesse per Marinette anche nella serie canonica, anche se ammetto di essere stato un po’ scontato in questa scelta, ma era il più adatto.
-I personaggi di Nathaniel e Chloè sono volutamente negativi in questa storia poiché ripercorre i primi passi che i nostri due protagonisti muovono in un contesto a loro nuovo; qualora dovesse esserci un continuo, non escludo di sviluppare meglio i loro personaggi e svelare un lato del loro carattere più positivo.
-A tal proposito, non so, onestamente, se scrivere un seguito a questa storia. Di materiale per continuare ce ne sarebbe e ho anche avuto qualche idea su come proseguire, ma al momento sono impegnato in altri 2 progetti e sono anche sommerso da vari impegni.
 
Vi ringrazio ancora una volta per aver letto la mia storia, spero che sia stata apprezzata.
Alla prossima.
 
Nike90Wyatt



 

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