The Getaway

di Mr Lavottino
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** #0 - How it all started ***
Capitolo 2: *** #1 - Encore ***
Capitolo 3: *** #2 - Runaway ***
Capitolo 4: *** #3 - Lonely Day ***
Capitolo 5: *** #4 - Stressed Out ***
Capitolo 6: *** #5 - Welcome to the Black Parade ***
Capitolo 7: *** #6 - You Gonna Go Far, Kid ***
Capitolo 8: *** #7 - Goodbye Angels ***
Capitolo 9: *** #8 - Enter Sandman ***
Capitolo 10: *** #9 - Walking Disaster ***
Capitolo 11: *** #10 - Scar tissue ***
Capitolo 12: *** #11 - Come with me now ***
Capitolo 13: *** #12 - Lying from you ***
Capitolo 14: *** #13 - Broken Strings ***
Capitolo 15: *** #14 - Caught in a mosh ***
Capitolo 16: *** #15 - Watching as I fall ***
Capitolo 17: *** #16 - Across the line ***
Capitolo 18: *** #17 - Awake and Alive ***
Capitolo 19: *** #18 - Whatever it Takes ***
Capitolo 20: *** #19 - Shots ***
Capitolo 21: *** #20 - Tell me baby ***
Capitolo 22: *** #21 - The Resistance ***
Capitolo 23: *** #22 - Told you so ***
Capitolo 24: *** #23 - House of Memories ***
Capitolo 25: *** #24 - This is the place ***
Capitolo 26: *** #25 - Home sweet Home ***
Capitolo 27: *** #26 - Final Masquerade ***
Capitolo 28: *** #27 - She's a Rebel ***
Capitolo 29: *** #28 - Uprising ***
Capitolo 30: *** #29 - Far too young to die ***
Capitolo 31: *** #30 - Victorious ***



Capitolo 1
*** #0 - How it all started ***


Zoey non sapeva precisamente come era finita in quella situazione. Una marea di ipotesi, tutte piuttosto irrilevanti, le attraversarono la mente venendo però immediatamente accantonate da quella parte di buon senso a cui si sentiva ancora strettamente legata.
Era a lei che si affidava ogni qual volta un dubbio le sfiorava la mente. Riflettendoci con calma, e con la dovuta attenzione, riusciva sempre a trovare una soluzione che le andasse bene, eppure questa volta era diverso. Sentiva in cuor suo che, qualunque fosse stata la sua mossa, avrebbe sbagliato comunque.
Com'era cominciato tutto? Con un sbronza. Una sbronza causata da quell'idiota dalle personalità multiple che, di punto in bianco, aveva deciso di trasferirsi in Europa per un motivo nemmeno ben precisato. Mike era stato chiaro. Aveva detto quelle parole senza il minimo ripensamento, guardandola fissa negli occhi senza staccarli da lei nemmeno per un secondo.
Concluso quello che doveva dirle, l'aveva salutata rapidamente per poi allontanarsi dal bar in cui si erano dati appuntamento. L'unica cosa che la rossa aveva potuto fare era osservare la sagoma del suo, ormai ex, ragazzo scomparire tra l'enorme folla del corso di Toronto.
Da quel, drammatico, giorno si erano susseguiti numerosi pianti, accompagnati da chiamate ad intervalli di sessanta minuti a Gwen, sua migliore amica. Si era sfogata in tutti i modi possibili finché, dopo l'ennesimo disturbo causato alla dark, questa l'aveva invitata a bere qualcosa in un pub.
E lì, precisamente in quel luogo trasandato e pieno di persone non molto raccomandabili, o più specificatamente nel parcheggio, aveva incontrato il ragazzo che le aveva completamente stravolto l'esistenza.
Si era ubriacata, eccome se l'aveva fatto. Quei bicchierini di troppo l'avevano lentamente accompagnata verso il magico mondo dell'alcol, dove l'unica preoccupazione era quella di non vomitare.
Eppure mai e poi mai avrebbe immaginato di risvegliarsi in un auto a lei sconosciuta, il cui autista, ovviamente a lei sconosciuto, aveva addosso un passamontagna. Il tutto in una strada a lei sconosciuta. Non riusciva a formulare nemmeno due pensieri in coda per via del mal di testa e l'estrema indifferenza dell'"autista", sempre che così si potesse definire, non era di alcun aiuto.
- E... tu chi... sei?- domandò, mantenendo gli occhi quasi chiusi per via del fastidio che la luce le provocava. L'uomo misterioso ci mise un po' a rispondere, come se fosse indeciso sul da farsi.
- Oh, non lo ricordi già più? Beh, meglio così. - quelle parole non fecero altro che confondere ulteriormente la rossa, fin troppo piena di pensieri sparsi e poco riallacciabili tra di loro per via della più completa assenza di alcun elemento temporale tra di loro. In sostanza, erano tutti un'accozzaglia di cose che non era nemmeno certa fossero accadute.
- Cosa intendi dire?- si stava massaggiando le tempie cercando di estrapolare i fatti avvenuti in quelle ore finché, quasi all'improvviso le venne un flash.
- Tutto a posto?- domandò il ragazzo, rivolgendole un'occhiata piuttosto distratta e svogliata.
- Un milione di dollari e un portafogli.- a quelle parole seguì un'inchiodata improvvisa del mezzo che la costrinse a tenersi aggrappata alla maniglia per evitare di venire scaraventata fuori dal veicolo.
- Cazzo! Qui le cose si mettono male!- con un gesto secco della mano si tolse il passamontagna, rivelando il suo volto ad una Zoey più che sbalordita. "Gwen se ne innamorerebbe subito!", fu quello il primo pensiero che le passo per la testa.
Occhi celesti, capelli tinti di verde, piercing e pizzetto. Decisamente un "Bad Boy" con le b maiuscole. L'espressione sul suo volto appariva leggermente preoccupata.
- Tutto bene?- domandò la rossa, alzando un sopracciglio. Tentò di essere la più cordiale possibile, cosa strana visto che la persona affianco a lei era con molta probabilità un sequestratore, o almeno così se lo era immaginato.
- Perché diavolo non risponde!?- il punk ripose il telefono nella tasca sbattendoselo sulla coscia con fare arrabbiato. Digrignava i denti e, ogni due per tre, bestemmiava.
- Senti, potresti spiegarmi cosa sta succedendo?- la rossa cercò, con tono moderato, di estrapolargli qualche informazione utile.
- Che sono nella merda. Mettiti l'anima in pace ragazzina, mi toccherà portarti dietro per un bel po'.- il punk premette l'acceleratore con il piede e, senza badare alla presenza al suo fianco, iniziò una corsa suicida verso un luogo non ben definito, o almeno questo era quello che Zoey era riuscita a capire.
- Ma sei matto?!- strillò la rossa osservando le immagini visibili dal finestrino sbiadirsi fino a diventare irriconoscibili. Sentiva l'alcol bevuto la sera prima risalirle lentamente lo stomaco e, come se quello non bastasse, non le era ancora passato il mal di testa post sbornia. Eppure Duncan, aveva ipotizzato che quel "Duncan Nelson" di cui si ricordava vagamente dovesse essere lui, non sembrava accorgersene più di tanto oppure faceva semplicemente finta di non vederla.
- Devo arrivare da Geoff il prima possibile.- le rivolse un'occhiata di sfuggita, quasi come se non le dovesse spiegare nulla. Ormai si sentiva sull'orlo del baratro. Un altro minuto su quell'auto e avrebbe vomitato anche gli organi interni.
Senza dire nulla, si aggrappò alla maglietta del ragazzo e lo tirò a sé, costringendolo a guardarla. Fu solo dopo aver visto il suo volto pallido che si decise a rallentare fino a raggiungere una velocità media di cinquanta chilometri orari, permettendole quindi di reprimere il coniato ricacciandolo giù.
- Dimmi... che diavolo... sta succedendo.- il suo respiro si era fatto affannoso e smorzato. Duncan non poté far altro che accostare la vettura in un parcheggio di un supermarket per spiegarle cosa era accaduto la sera prima, ovvero il momento in cui quella stramba avventura aveva avuto inizio.
- Diavolo, non so nemmeno da dove incominciare. Innanzitutto dovresti evitare di bere se non reggi l'alcol.- il volto di Zoey si arrossò istintivamente, portandola ad abbassare lo sguardo - Ieri sera, verso la mezza notte, ti sei infilata nella mia macchina e hai visto la valigia- si fermò un istante per indicarla - piena di soldi e, come se non bastasse hai sbirciato nel mio portafogli. Così hai iniziato a minacciarmi di denunciarmi alla polizia. Non ho potuto far altro che portarti con me. - terminata la spiegazione, la rossa capì di essere più confusa di prima.
- Sei serio?- domandò, giusto per confermare si trattasse della verità.
- Assolutamente.- tagliò corto l'altro, ricambiando le sue occhiate.
- Ma come ho fatto ad entrare dentro la tua macchina?- a quella domanda il punk sobbalzò leggermente, cercando di sviare l'argomento.
- Era... aperta. Ma ciò non toglie che tu abbia compiuto un reato!- strillò il moro, afferrando ancora più saldamente il volante.
- Io? Un reato? Ma se tu hai una valigia piena di soldi dentro macchina! E sono più che certa che non siano i tuoi.- controbatté Zoey, indicando la prova.
- Comunque sia, non posso lasciarti andare. Sarebbe pericoloso se tu parlassi.- la sua espressione ritornò seria spaventando leggermente la rossa. Quegli occhi celesti e quell'inclinazione delle sopracciglia rendeva il suo volto inquietante, al punto che non poté far altro che distogliere lo sguardo.
- Pensi seriamente che tenterò di scappare?- disse quella frase con un tono bassissimo, dato che era ancora intimidita dal punk. Questo nemmeno le rispose, si limitò ad alzare leggermente la sua felpa con fare noncurante. Incastrata dove la cintura, c'era una pistola, con tutta probabilità, vera - Va bene, ho capito.- ridacchiò nervosamente per qualche istante, per poi concedersi un profondo sospiro seguito da una piccola goccia di sudore che le percorse tutta la fronte fino a caderle sui pantaloni.
La sola vista di quell'arnese l'aveva portata a rivalutare completamente la situazione in cui si trovava. Che poi, infondo, sapeva di essere stata troppo spensierata fino a quel momento. Un uomo che guida una macchina messa piuttosto male, con un passamontagna ed una valigia piena di soldi sui sedili posteriori doveva per forza di cose avere una pistola.
- Ti invito quindi a non fare cazzate.- detto ciò le rivolse un'occhiata gelida che le fece tremare lo stomaco . Per la prima volta nella sua intera vita stava sperimentando quella sensazione chiamata paura, data per scontata fino a quel momento come una normalissima sensazione da film horror.
- Su, vieni con me. Andiamo a comprare del cibo. Il viaggio è ancora lungo.- Duncan, dopo essersi messo un paio d'occhiali, scese dall'auto fermandosi poi appena fuori lo sportello per aspettare la ragazza.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Non so perché ho deciso di pubblicare questa storia, soprattutto perché mi ero ripromesso di farlo solo dopo averla completata.
È un progetto a cui sto lavorando da un annetto buono e, vista la moria generale del fandom, aveva pensato di interromperlo. Però in questo modo non sarei soddisfatto, perché di pagine ne ho scritte un bel po' e lasciarlo a marcire non mi piace come idea.
Pertanto ho voluto provare a pubblicare il prologo per capire se questa piccola (ma lunga) storia possa interessare qualcuno. Ammetto che scriverla è difficilissimo, soprattutto perché c'è da soffermarsi sulle descrizioni ed io non me la cavo proprio benissimo con quelle, ma allo stesso tempo è una soddisfazione immensa perché è la storia più lunga che io sia riuscito a scrivere.
Sin da quando ho aperto questo profilo ho sperato di riuscire a pubblicare una storia lunga e continua, però mi sono sempre fermato con quelle ad OC di dieci capitoli circa.
Spero vivamente che possa essere di vostro gradimento!

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Capitolo 2
*** #1 - Encore ***


- Mi ha lasciata. Lasciata, capisci? Stavamo insieme da più di tre anni! Ed io adesso che faccio?- urla, schiamazzi, lamenti, piagnistei e, soprattutto, lacrime. Ecco ciò che Gwen sentiva durante le telefonate di Zoey.
Ovviamente capiva le emozioni che l'amica stava provando, ma mai si sarebbe aspettata che le avrebbe amplificate ad una tale potenza. In alcuni momenti aveva avuto paura che tentasse il suicidio, tanto che per precauzione si era salvata il numero di un centro assistenza nella rubrica.
Ma, precisamente, cosa aveva ridotto Zoey Smith in quelle condizioni? La risposta aveva un nome, Mike, ed un cognome fin troppo strano per poter essere anche solo nominato, uno di quelli che terminano per -man e sono in tutto e per tutto adatti ai maschilisti con manie di protagonismo.
E la povera rossa aveva avuto la sfortuna di imbattersi in un tipo del genere, conosciuto in tutto il vicinato per essere uno schizzato con crisi di personalità multiple che alternava momenti di normalità ad attimi di squilibrio più totale.
Ed ora era lì, a casa da più di due settimane e con il credito telefonico pari, se non addirittura inferiore, allo zero. Ogni giorno chiamava, dalle due alle sei volte, la dark per ricordarle quando, come e perché Mike l'avesse bidonata.
Le prime volte, ovvero l'arco delle prime cinque chiamate, aveva cercato di dimostrarsi la più comprensibile possibile, ma a lungo andare avrebbe preferito tagliarsi le vene con un coltello che parlare con Zoey riguardo "il bastardo", nomignolo tutt'altro che affettuoso che la rossa aveva dedicato all'ex.
Poi, dopo essersi definitivamente stancata di vedere l'amica in quelle condizioni, e anche di sentire vibrare ogni tre per due il suo cellulare, decise di fare qualcosa. Che poi, tutto sommato, era un tentativo che avrebbe potuto fare tempo prima però la distanza tra le due, una di residenza nella parte est di Toronto mentre l'altra nella ovest, non era stata d'aiuto.
- Senti Zoey, stasera usciamo. Ti passo a prendere io alle ventidue in punto.- non aveva ammesso obiezioni. La rossa aveva tentato, invano, di far valere la propria opinione, ma alla fine non era stato difficile sovrastarla, anche per via del suo carattere fin troppo taciturno e gentile.
Si era vestita di tutto punto, arrivando perfino a truccarsi per l'occasione. Dentro di sé si chiedeva se quella serata servisse più alla sua amica o a lei. Il continuo lavoro l'aveva sciupata e le aveva vietato l'occasione di farsi un nuovo fidanzato.
Il suo entusiasmo, misto anche a del timore, venne completamente annientato alla vista della rossa. Una maglietta dello stesso colore dei suoi capelli, un paio di jeans grigiastri e le sue solite scarpe aperte. Completamente il suo opposto.
- Ehi, Zoey! Ti trovo... bene.- mentì spudoratamente senza nemmeno provare a palesarsi nel personaggio. Aveva gli occhi rossi, tipici di un pianto, e due enormi occhiaie che rimandavano alle notte insonne passate a versare lacrime per Mike, che in quel momento era chissà dove a spassarsela.
- Ciao, Gwen. Anche tu. - ridacchiò nel modo che era solita fare quando era triste e tutto ciò non piacque per nulla alla dark. Era passato un sacco di tempo da quando era stata lasciata ed ancora non aveva superato il trauma.
- Su, sali che partiamo subito!- la invitò dentro con un gesto della mano mentre un sorriso finto le apparve come per magia sulle labbra.
Durante il viaggio nessuna delle due spicciò parola. Quel silenzio imbarazzante le accompagnò per tutto il tragitto provocando un'irritazione alla dark, fin troppo poco abituata a vedere l'amica in quello stato.
Il locale che aveva scelto si chiamava "Wawanakwa" ed era uno dei più chic della zona, o almeno il depliant lo definiva così. Visto da fuori sembrava più un negozio di pesca, probabilmente per colpa dell'insegna dell'isola posta sopra il tetto.
La dark parcheggiò la sua auto nel parcheggio, dopodiché le due si diressero verso l'entrata. Gwen decise di pagare per entrambe e dopo ordinarono qualche drink, rigorosamente alcolico seppur Zoey avesse tentato di chiedere solamente una cola.
Presero posto ad un tavolino all'estrema destra del locale, più precisamente in un punto in cui la musica proveniente dalla stanza accanto non rischiasse di distruggere i loro timpani. Le due ci misero un po' a sbloccarsi, ma alla fine Gwen, piena fino all'orlo di quel silenzio, aprì la conversazione andando dritta al punto.
- Senti Zoey, capisco che tu possa starci male, ma non devi abbatterti fino a questo punto.- non era proprio una cima nel consolare le altre persone e se ne rendeva perfettamente conto. L'espressione della rossa non lasciava trasparire alcune emozione, eccezion fatta per la tristezza ovviamente. Si limitò a guardarla negli occhi come se non avesse capito quello che le era stato appena detto.
- Mi ha lasciata, Gwen. Capisci?- le lacrime presero lentamente a scendere dai suoi occhi. La dark cadde per un istante nel panico e fu quasi tentata di lasciarla lì per scappare da un'altra parte qualsiasi.
- Sì, capisco. Però devi... andare avanti.- assunse un tono più calmo e controllato con il fine di sembrarle meno distaccata possibile.
- E come?- Gwen sapeva che le avrebbe rivolto quella domanda eppure non era riuscita a prepararsi una risposta adeguata. Ripensò rapidamente a tutte le sue relazioni amorose e a come fossero finito, il più della metà con delle risse quasi sfiorate, e giunse poi ad una conclusione che le sembrò potesse avere un qualche effetto.
- Odialo! Trasforma la tua tristezza in odio. - in quel momento le bevute, due boccali medi di birra, arrivarono al loro tavolo.  Il cameriere appoggiò i due boccali e si allontanò ritornando al bancone con fare piuttosto occupato.
- Ma io non sono capace di odiare. Lo sai benissimo, finisco sempre per perdonare tutti.- quello era un grosso scoglio che non aveva pensato come scalare. Il difetto più grande della rossa era senza alcun dubbio la sua infinità bontà che spesso e volentieri la portava a cadere più volte nello stesso tranello.
- Ma sì che lo sei!- disse quelle parole senza risultare molto convincente - Devi solo... crederci. È un po' come... come...- si perse per qualche istante nella ricerca di un qualcosa che potesse essere impossibile da non odiare e, dopo qualche secondo, la risposta più palese le si presentò su un piatto d'argento - È come quando devi nuotare con un costume a due pezzi!- la rossa spalancò gli occhi come se avesse visto un fantasma.
- È così semplice?-  domandò con un pizzico di delusione negli occhi. Ogni volta che doveva andare in piscina e vedeva qualcuno con un costume a due pezzi sentiva lo stomaco andarle sottosopra, quindi per fare come le aveva detto Gwen non doveva far altro che trasformare la sua tristezza in vomito.
- Sì, è una delle cose più semplici del mondo.- asserì, portando il suo boccale in alto. Per lei era più che naturale provare rancore contro i suoi ex ragazzi, indipendentemente da come questi si fossero comportati nei suoi confronti.
Per la prima volta in quella serata vide un accenno di sorriso sul suo volto e ciò la portò ad abbandonarsi ad un lungo respiro di sollievo. Era riuscita nella sua prima missione pertanto adesso poteva dedicarsi a quella secondaria che si prefissata per la serata: rimorchiare un ragazzo.
Voltò numerose volte lo sguardo verso la sala finché non riuscì a trovare la preda perfetta. Vide un punk che, in maniera piuttosto sospetta, stava ordinando qualcosa al bar e, per quanto il suo aspetto la invitava parecchio, decise di non immischiarsi negli affari di un ragazzaccio. Il secondo uomo che ebbe la "fortuna" di capitarle sotto tiro sembrava, a tutti gli effetti, un buon samaritano. Era l'unico del suo gruppo ad avere ordinato una coca e oltretutto era decisamente carino: occhi verdi, capelli neri e un modo di parlare, per quel poco che riusciva a sentire, tranquillo e posato. In poche parole il suo contrario.
Attese quel tanto che bastasse perché i suoi amici lo lasciassero solo per poi avventarsi verso di lui per attaccare bottone.
- Scusami Zoey, ho da fare per un po'. Tu ordina pure tutto ciò che vuoi, pago io. - detto questo si alzò dalla sedia e, ignorando la voce della rossa, si diresse verso la sua preda.
E così la povera ragazza rimase sola, con un bicchiere di birra nella mano destra e tanti pensieri nella testa.
Ripensò a ciò che la dark le aveva detto riguardo al tramutare la sua tristezza in rabbia e più ci pensava e più l'idea le sembrava allettante. Probabilmente buona parte della colpa era anche dell'alcol, che stava trangugiando sorsata dopo sorsata senza nemmeno rendersene conto.
Richiamò l'attenzione del barista e, dopo averlo guardato per qualche istante negli occhi, ordinò tre birre grandi. Tanto il conto era a spesa di Gwen, quindi poteva svagarsi come meglio preferiva.
Nel giro di mezz'ora bevve tutte le birre, arrivando ad uno stato di lucidità pari, se non addirittura inferiore, a zero. Vedeva tutto intorno a lei muoversi, come se stesse facendo un giro sulla montagne russe. Gettò una rapida occhiata al tavolo dove la dark si era fermata e notò, con suo grande sconforto, che era vuoto.
In quel momento desiderava solamente prendersi una boccata d'aria, motivo per cui uscì dal locale tracollando. Si chiuse la porta alle spalle e successivamente, senza sapere bene come, si ritrovò nel parcheggio del locale alla ricerca della macchina di Gwen. L'impresa si rivelò più difficile del previsto per colpa della sua vista che le rendeva impossibile capire quale fosse un'auto e quale una semplice allucinazione creata dalla sua mente.
Mise un piede male e per poco non cadde, riuscendo ad aggrapparsi ad una maniglia di una vettura che, improvvisamente, si aprì. Esitò un po' però, viste le sue condizioni, decise di entrare per potersi mettere a sedere e riposare. Da sobria non si sarebbe mai sognata di fare una cosa del genere, ma da ubriaca aveva anche una "valida" scusante.
Accostò lo sportello e tentò di sdraiarsi, cosa che un oggetto duro e dalle discrete dimensioni le impedì. Una valigia grigia, puramente in metallo, era appoggiata sul sedile. Senza pensarci troppo sbloccò la sicura e la aprì, rimanendo a bocca aperta davanti al suo contenuto. Un tappeto verde, composto da banconote da cinquecento dollari, le illuminò il volto. Rimase paralizzata per qualche secondo finché il suo piede non entrò in contatto con qualcosa. Si abbassò, con molte difficoltà, e raccolse l'oggetto.
Era un portafoglio. Ormai aveva già compiuto due crimini, pertanto non ci pensò troppo prima di compierne un terzo. Lo aprì e al suo interno trovò solamente dei vecchi documenti tutti stracciati. Ne estrasse uno e lo lesse ad alta voce, rischiando quasi di vomitare per via dello sforzo.
- Duncan... N-Nelson...- rimase imbambolata ad osservare quel documento per quasi cinquanta secondi. A distoglierle la sua attenzione dal foglio, fu un rumore alle sue spalle che, facendola spagliare, la costrinse a voltarsi.
Si ritrovò una torcia, di un cellulare, sparata contro gli occhi, impedendole quindi di capire cosa stesse succedendo di preciso. Per un attimo pensò si trattasse della polizia e si maledì per essersi introdotta in quella dannata macchina dalla dubbia provenienza.
- E tu chi cazzo sei?- una voce roca e decisamente poco gentile le entrò nelle orecchie costringendola ad interrompere ogni suo pensiero. Il ragazzo abbassò la luminosità della torcia e le rivolse un'occhiata mista tra rabbia e panico.
- Ecco... io...- non riusciva a parlare per via del mal di testa e, come se non bastasse, non era sicura di saper controllare le sue parole.
- Che diamine ci fai qui!?- strillò, mantenendo però un tono di voce che non permettesse ad altri di udirli. Lentamente portò il suo sguardo sulla valigia aperta e subito dopo sul documento nelle mani di Zoey. Il colore del suo volto cambiò da rosa a bianco in nemmeno dieci secondi. La mano che teneva la luce iniziò a tremare, portando la rossa a doversi coprire la faccia con entrambe le mani.
- Non u-urlare... ti sento lo s-stesso.- dalla sua bocca non uscì che un lamento soffocato dal quale il punk capì lo stato della ragazza - Tu... hai fatto qualcosa di... di brutto! Devo chiamare... la polizia...- tentò di indicarlo con un dito, ma non sapeva quale dei tre fosse quello vero per colpa dell'assurda quantità di alcol ingerita, perciò si limitò a muovere l'indice a casaccio.
- Cazzo! E adesso che faccio!?- sussurrò sottovoce mentre il suo sguardo era puntato contro l'intrusa che, molto probabilmente, avrebbe mandato all'aria i suoi piani.
- C-Costituisciti.- suggerì Zoey, che nel frattempo era stata colpita da un attacco di ridarella.
- Devo lasciarla da qualche parte. Ma se poi andasse davvero dalla polizia?- il ragazzo si portò le mani sulla fronte nel tentativo di riflettere più lucidamente sul da farsi.
- Lasciarmi? E-Ecco, v-voi uomini s-siete tutti u-uguali!- urlò, rischiando di distruggere un timpano all'altro che, preso dal panico, iniziò a guardarsi intorno per vedere se qualcuno aveva sentito quel grido.
Notò un gruppo di ragazzini che stavano lasciando il locale e, preoccupato che potessero sentire i deliri della rossa, chiuse lo sportello senza pensarci e montò sulla macchina. La accese e, in dieci secondi  raggiunse l'uscita del parcheggio. Gettò uno sguardo verso la ragazza, stesa sui sedili dietro, e si accorse che si era addormentata. Per un attimo pensò di fermarsi per poterla lasciare da qualche parte, ma la paura di venir tracciato prese il sopravvento.
Prese il cellulare dalla tasca e digitò rapidamente un numero attendendo la risposta.
- Pronto?- emise un sospiro di sollievo non appena udì quella voce dopodiché, senza lasciar nemmeno il tempo di rispondere, disse qualche parola sconnessa per far intendere la situazione.
- Geoff c'è stato un intoppo. Ti richiamo io. - abbassò la telefonata ed accelerò seguendo la via principale. In meno di due ore sarebbe dovuto arrivare alla strada che lo avrebbe portato a Montreal, poi da lì, assieme a Geoff, avrebbero deciso cosa farne dell'"ostaggio".
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ed ecco a voi il primo capitolo della storia. L'ho scritto più di un anno fa e ricordo di aver provato un fortissimo senso di appagamento nel farlo.
I titoli dei capitoli sono tutti ispirati da nomi di canzoni che ascolto, in questo caso "Encore" dei Red Hot Chilli Peppers, che è anche la canzone che mi ha aiutato a gettare le basi per questa storia.
I capitoli usciranno, almeno per ora, ogni martedì. Quando poi avrò completato la storia i giorni d'uscita saranno martedì e giovedì.
Vi ringrazio per aver letto il capitolo, spero vivamente vi sia piaciuto!

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Capitolo 3
*** #2 - Runaway ***


L'interno del supermarket era visibilmente trascurato e, senza ombra di dubbio, non vi entrava un cliente da anni. Scaffali ordinati a casaccio, casse ancora da sistemare ed un cassiere, dal volto poco socievole, che leggeva un giornale.
- Stai dietro di me e non fare casini.- le sussurrò Duncan per poi incamminarsi verso il reparto del cibo con passo svelto. Zoey si limitò a seguirlo con lo sguardo vuoto e il cuore in gola. La visione della pistola l'aveva destabilizzata al punto che sei il punk le avesse detto saltare giù da un palazzo lo avrebbe fatto senza alcuna obiezione.
Duncan si fermò davanti ad una fila di cibi preconfezionati, di dubbia marca, ed iniziò a controllarne uno per uno con una certa furia. Voltava la confezione e leggeva la data di scadenza con fare simile ad una donna che fa la spesa, abilità probabilmente ereditata da sua madre.
Prese tre confezioni di tonno e due di carne secca e la passò alla rossa intimandole di dirigersi verso la cassa mentre lui si dirigeva verso le bibite.
Zoey eseguì gli ordini senza pensarci ed uscì da quel labirinto di scaffali andando in direzione del cassiere, palesemente seccato dalla loro presenza. Venne improvvisamente distratta da un rumore proveniente dall'entrata.
La sua pelle diventò ancora più pallida di quello che già era: un poliziotto era appena entrato all'interno del supermarket.
Rimase per qualche istante imbambolata a guardarlo finché non venne risvegliata dal rumore causato da una lattina di tonno che aveva in mano che le era caduta. Il poliziotto le si avvicinò e la raccolse porgendogliela poi con un enorme sorriso in volto.
- Ecco a lei.- disse aspettando che la ragazza se la riprendesse. Dopo qualche attimo di esitazione si decise, finalmente, a prenderla per poi scappare verso la cassa senza nemmeno ringraziarlo.
L'agente la guardò male per un istante dopodiché le si avvicinò con fare sospetto.
- Signorina, posso sapere cosa sta facendo qui?- assottigliò gli occhi mettendole ancora più pressione addosso. Zoey posò gli oggetti sulla cassa e ricambiò il suo sguardo in maniera piuttosto agitata.  Tentò di dire qualcosa ma le parole le si fermavano in gola.
Una goccia di sudore stava iniziando a cadere dalla sua fronte ed il poliziotto divenne sempre più sospettoso nei suoi riguardi.
- Allora, tesoro, hai già pagato?- Duncan la raggiunse e con una certa disinvoltura si intromise nella conversazione. Gettò un'occhiata sorridente alla rossa che, nella maniera più legnosa possibile, ricambiò.
- N-No...- disse ridacchiando nervosamente. Il punk le fece cenno di spostarsi e, dopo aver posato i vari altri alimenti sulla cassa, passò un pezzo da cinquanta al cassiere con un'espressione quasi ebete stampata in faccia.
- Tenga pure il resto, buonuomo.- tentò di essere il più civile possibile, fallendo miseramente, dopodiché prese un sacchetto e vi infilò tutti gli acquisti per poi prendere Zoey per la mano e uscire dal negozio in tutta fretta.
Non appena furono fuori si mise a correre verso l'auto, seguito a ruota dalla rossa, e tentò di partire subito per potersi allontanare il prima possibile.
A peggiorare le cose ci si mise il poliziotto che, uscito anche lui dal supermarket, gli fece cenno di fermarsi. Il punk, consapevole della fine che avrebbe fatto se si fosse lasciato perquisire, premette ancora di più sull'acceleratore.
- Diamine, ma che cazzo ti salta in mente?- sgridò, con poco garbo, Zoey per via del suo atteggiamento sospetto mentre tra sé e sé boccheggiava diverse frasi nel tentativo di calmarsi. Quell'improvviso confronto con le forze dell'ordine lo aveva spaventato al punto di immaginarsi già con le manette ai polsi.
- S-Scusa io... non sono abituata a queste cose. - la rossa si limitò a scusarsi, inconsapevole di non essere minimamente calcolata dal punk, troppo occupato nel prendere strade secondarie per allontanarsi sempre di più.
Cercò di calmarsi ma, dopo aver dato un'occhiata allo specchietto, si rese conto che una vettura della polizia, guidata dallo stesso poliziotto del supermarket, era a qualche decina di metri da lui. Svoltò bruscamente nella prima stradina che riuscì a trovare, facendo sbattere la rossa contro lo sportello, ed accelerò ancora di più per cercare di seminarlo.
- Che diavolo sta succedendo?- domandò lei, del tutto inconsapevole di cosa stava accadendo.
- Guarda dietro.- si limitò a dire Duncan con un tono di voce piuttosto preoccupato. Zoey fece come ordinato e, col senno di poi, avrebbe preferito non farlo. L'ansia che stava provando fino a quel momento esplose in un urlo disperato. Sapeva che se li avessero presi avrebbe rischiato di andare in galera e se i suoi genitori ne fossero venuti a conoscenza, molto probabilmente, l'avrebbero uccisa.
- Seminali!- disse, toccandosi poi il petto per sentire il rumore del suo cuore, fin troppo rapido per i suoi gusti. Avere un attacco cardiaco in quel momento le sarebbe andato anche bene, almeno ne avrebbe evitati altri che, se avesse continuato per quella strada, si sarebbero sicuramente susseguiti.
- Ci sto provando! Cristo santo!- urlò il punk, continuando a premere l'acceleratore a tavoletta. Muoveva il volante con una leggerezza quasi sovraumana seppur fosse palesemente teso. Da ciò Zoey capì che quello non doveva essere il primo inseguimento della sua vita.
L'auto del poliziotto continuava a stare attaccata alla loro e non sembrava aver intenzione di perdere metri. Copiava ogni singolo movimento fatto dal punk e invece di restarne sorpreso sembrava invece esserne completamente al corrente.
- Il bastardo conosce le strade. Però non ha acceso la sirena quindi non penso abbia chiamato rinforzi. Possiamo farcela.- espirò tutta l'aria che aveva in corpo dopodiché tentò di schiacciare con ancora più forza l'acceleratore. Diede un'occhiata rapida alla sua destra e, in meno di dieci secondi, progettò un piano per seminarlo.
Si diresse verso un edificio abbandonato e gli puntò contro. Mantenne la velocità al massimo, facendo spaventare la rossa che, urlando, cercava di avvisarlo del pericolo. Il poliziotto lo seguì senza pensarci due volte senza rallentare e ciò lo fece cadere nella trappola preparata dal punk.
Qualche metro prima del muro sterzò rapidamente verso sinistra, riuscendo ad evitare di qualche centimetro il muro, dopodiché ripartì immediatamente tornando indietro. L'agente, colto di sorpresa, non riuscì a girare in tempo e finì contro l'edificio rimanendo bloccato con il cofano sotto un balcone. Tentò di liberarsi, ma nel tempo di riuscirci i fuggitivi erano andati ormai troppo lontani.
- È morto?!- urlò la rossa, voltandosi verso il veicolo incidentato.
- Ma ti pare? Ha solo dato un colpetto.- rispose Duncan, continuando a guidare verso un punto non definito.
- Mi è quasi preso un infarto.- la rossa si poggiò una mano sul seno e si lasciò andare ad un sospiro liberativo. Sentiva ancora il cuore batterle forte, ma era cosciente che, perlomeno, il peggio era passato.
- Dobbiamo arrivare a casa di Geoff e liberarci di quest'auto. - prese il cellulare e compose un numero nella griglia attendendo una risposta. Il telefono fece sei squilli e, al settimo, partì la segreteria - Perché diamine non risponde?- passò il cellulare alla rossa, che per poco non lo fece cadere, continuando a sbuffare.
- Mi spieghi che diamine sta succedendo?- dopo essersi calmata Zoey riacquistò finalmente lucidità, tanto da ricominciare a chiedere al ragazzo il perché di quella situazione. Dopo la minaccia subita e l'inseguimento con la polizia desiderava soltanto un po' di pace ma, dalle poche parole dette dall'altro, capì che questo non era possibile.
- Probabilmente il poliziotto ha preso la targa. Dobbiamo liberarci di quest'auto al più presto, altrimenti rischiamo di essere tracciabili.- spiegò il punk, inconsapevole di non star rispondendo alla domanda della ragazza.
- Sì, questo l'ho capito. Ma perché dobbiamo andare da Geoff e quei soldi come li hai presi?- indicò la valigetta sui sedili posteriori con il pollice mentre teneva lo sguardo fisso su di lui.
- Ho fatto una rapina. Alla filiale della banca di Toronto.- spiegò schematicamente, senza nemmeno rivorgerle lo sguardo. Si limitò ad osservare i cartelli stradali per capire dove andare.
- Ma sei matto? È una delle banche più importanti della città!- esclamò sgranando gli occhi per lo stupore.
- Lo so. È proprio per questo che sono andato lì. - mantenne lo sguardo fisso sulla strada, quasi come se si sentisse a disagio nell'intrecciare il suo con quello della rossa.
- E cosa ci devi fare con quei soldi?- domandò, notando una smorfia sul suo volto nel sentire quelle parole.
- Non sono cose che ti riguardano. Piuttosto, prendi un pacchetto di patatine che ho fame. - rispose in maniera schietta, con una punta di acidità nella voce.  Zoey abbassò lo sguardo e fece come richiesto senza obiettare ulteriormente.
Il viaggio era ancora lungo, avrebbe avuto tutto il tempo per estorcergli qualche informazione in più, doveva solo aspettare ed approfittare del momento giusto.
 
- Pronto, Brick, tutto a posto?- una voce interruppe il lungo silenzio presente nella stanza da più di dieci minuti.
- Non proprio, Noah. Ho visto il bersaglio, ma non sono riuscito a catturarlo.- una seconda voce, più roca e dura, fece eco per la stanza.
- Ci sono delle novità?- domandò Noah, attendendo con ansia una risposta.
- Sì, è assieme ad una ragazza. Ho anche preso la targa.- rispose Brick, cercando di sforzarsi di rivelare quanti più dettagli utili possibili.
- Ottimo, grazie di tutto.- riattaccò la chiamata, dopodiché si voltò verso l'altra persona presente dentro la stanza - Ci è sfuggito, ma abbiamo nuove informazioni.- le sue parole vennero seguite da un rumore sordo, provocato da un pugno su di un tavolo.
- Cavoli! Non sapete proprio fare nulla! E voi sareste i migliori agenti di Toronto?- questa volta la voce era femminile, nonché piuttosto acida e snervante.
- Calmati Courtney, abbiamo ancora molto tempo.- Noah tentò di calmarla, mettendosi seduto più comodamente sulla sua poltrona.
- No, non ne abbiamo! Bisogna prenderlo il prima possibile! Che diavolo di detective sei?- ormai l'indiano si era abituato alle continue mattate della sua superiore, pertanto si limitava a divertirsi nel vederla così in crisi.
- Ispettrice capo Courtney per caso ha dei motivi personali per cui vuole che il fuggitivo venga preso?- domandò, mantenendo un lieve sorrisetto sul volto. In realtà era più che consapevole di questo, eppure faceva finta di niente per godersi i goffi tentativi della collega di mascherare l'evidenza.
- N-No! Ovviamente no. So perfettamente che è contro le regole. Voglio solo il meglio per il mio paese e questo mio ideale non può andare di pari passo con la fuga di un criminale!- ogni volta ripeteva la stessa frase, cercando di farsi passare come una paladina della giustizia che agiva nel nome della legge senza accorgersi di sembrare ancora più ridicola.
- Certo, certo. Ma ciò non toglie che non possiamo catturare un criminale in meno di ventiquattro ore, soprattutto se la banca non vuole rendere pubblica la notizia della rapina.- Noah alzò le spalle, portando la bruna ad arrabbiarsi ancora di più.
- Quei maledetti banchieri! Basterebbe solo il loro consenso per poter mobilitare un'intera squadra!- si batté un pugno sulla mano, facendo divertire ancora di più il suo collega.
- Una squadra mi sembra esagerata. Basterebbero una decina di agenti specializzati.- disse l'indiano, alzandosi poi dalla poltrona. Estrasse una sigaretta e si diresse verso l'uscita con fare disinvolto - Vado a fumare. Tu cerca di non fare pazzie.- detto ciò uscì dalla stanza, continuando a ridere.
- Bastardo!- sussurrò lei, tentando di reprimere la rabbia - Ma adesso la mia maggior preoccupazione è quel punk da strapazzo!- si sedette al computer ed iniziò a scrivere una lettera formale al capo del dipartimento per ricevere più uomini da destinare all'arresto dei fuggitivi seppur fosse consapevole di ricevere una risposta negativa.
 
ANGOLO AUTORE:
Ed ecco a voi il secondo capitolo, il cui titolo è il nome di una canzone dei Linkin Park chiamata "Runaway". Non ho molto da dirvi, se non che finalmente vengono introdotti i primi "antagonisti" della storia, ovvero Noah e Courtney.
Spero vivamente che il capitolo sia stato di vostro gradimento! Ci vediamo martedì prossimo ;-)

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Capitolo 4
*** #3 - Lonely Day ***


Zoey stava iniziando a trovare più che riluttanti i monotoni paesaggi di campagna fuori Toronto. Ormai avevano lasciato la città da un pezzo e le uniche cose che poteva vedere dal finestrino erano alberi, casette diroccate e, di tanto in tanto, qualche macchina diretta nel senso opposto al loro.
Era passata più di mezz'ora dall'inseguimento con la polizia e lentamente si era calmata. Ripensandoci a freddo capì la strategia adottata dal punk. Inizialmente pensò fosse stato fortunato nel trovare un quartiere completamente deserto però, riflettendoci razionalmente, capì che non poteva trattarsi di una coincidenza. Per quanto poteva sembrare un criminale da quattro soldi sapeva il fatto suo e questo non si poteva negare, del resto era pur sempre riuscito a fare una rapina in banca e quella non era certo una cosa di poco conto.
Avrebbe voluto parlare con lui molto di più, però la sua timidezza, sommata anche alla paura che aveva per via del suo aspetto, le impediva di iniziare una conversazione. Pertanto evitava persino di voltare la testa in sua direzione rischiando di farsi venire il torcicollo.
L'unico rumore udibile in quella vettura era quello delle ruote sull'asfalto e, di tanto in tanto, qualche sfuriata di Duncan verso quel tale di nome Geoff che non rispondeva al telefono. Più che arrabbiato, però, il punk sembrava preoccupato, come se avesse paura che l'amico, o complice, fosse scomparso.
Quindi, alla fine della fiera, aveva passato i sessanta minuti successivi al quasi attacco di cuore nell'osservare il panorama. Per qualche istante aveva cercato di svagarsi inventandosi dei giochi, decisamente poco divertenti, non facendo che aggravare la sua noia.
Una cosa che desiderava con tutta sé stessa era fare una telefonata a Gwen, però non aveva dietro il suo cellulare, che con tutta probabilità doveva avere Duncan. Era dispiaciuta per essersene "scappata", anche se non era quello il termine giusto, in quel modo e voleva scusarsi con lei il prima possibile.
Ma qualcosa le diceva che il ragazzo al suo fianco non le avrebbe concesso così facilmente di utilizzare il cellulare. Mentre era persa in quei pensieri voltò la testa per osservarlo. Doveva avere più o meno la sua età, probabilmente qualche anno in più, eppure sembrava essere molto più maturo.
Alla fine non poteva parlare troppo male di lui, lo conosceva appena e, eccezion fatta per qualche grido, non l'aveva mai trattata con cattiveria o l'aveva mai picchiata. Si era limitato ad arrabbiarsi per dei dettagli che avrebbero potuto rovinare la sua missione e basta.
Inoltre si era resa conto che, in tutta quella giornata, non aveva pensato nemmeno una volta a Mike. Sembrava quasi essersi completamente dimenticata di lui, al punto da etichettare quel problema come di secondo grado poiché era oggettivamente occupata da cose decisamente di maggior conto.
Furono questi pensieri a portarla ad attaccare un discorso.
- Ehi, Duncan.- non appena chiamò il suo volto si tinse immediatamente di rosso poiché si rese conto che, in tutto quel lasso di tempo, non lo aveva mai chiamato per nome. Si girò lentamente facendole cenno di parlare come se non avesse notato il suo imbarazzo - Stavo pensando...- esitò nuovamente, pensando a come coniugare correttamente la frase.
- Insomma?- il punk assottigliò gli occhi mettendole involontariamente fretta. Prese un respiro profondo e, dopo aver chiuso le palpebre, si fece coraggio.
- Voglio fare una chiamata.- disse, evitando di guardarlo per i successivi dieci secondi. Quando, lentamente, sollevò gli occhi lo trovò piuttosto disorientato. Non sembrava contrario o arrabbiato, bensì sorpreso.
- A chi?- chiese, continuando a guardarla in modo strano.
- Ad una mia amica.- ormai il dado era tratto. Non le rimaneva che cercare di convincerlo seppur non avesse la minima idea di come fare.
- Non posso fidarmi.- rispose schiettamente riportando poi lo sguardo verso la strada.
- Non le dirò nulla. Te lo giuro. Voglio solo sapere come sta.- chiuse le mani con forza sperando che il punk le concedesse l'opportunità di contattare Gwen.
- Così facendo diventeresti mia complice. Ne sei consapevole?- quelle parole la spiazzarono.
- Cosa intendi dire?- sollevò un sopracciglio nel tentativo di capire il suo ragionamento.
- Fare una chiamata ad un'amica in quel modo farà completamente cadere le certezze che sei un ostaggio. Penseranno tutti tu sia una mia complice.- ripeté la parola per cercare di rafforzarne il concetto.
- Mi fido di lei, non dirà nulla a nessuno.- i loro sguardi si intrecciarono per un attimo consentendo al ragazzo di notare tutta la determinazione che la rossa aveva nel voler fare quella chiamata.
- Due minuti. Non un secondo di più.- prese una borsa da sotto il suo sedile e, dopo averci frugato dentro per qualche istante, ne estrasse il suo cellulare. Zoey, felicissima, si limitò a gioire alla vista dell'apparecchio elettronico che mai fino a quel momento l'aveva resa così contenta.
Digitò il numero e, dopo essersi presa un attimo per respirare, fece partire la chiamata. Attese i soliti dieci secondi e finalmente riuscì a sentire i rumori emessi dal telefono.
- Pronto, Zoey?! Ma dove cazzo sei finita?- la voce della dark, alta oltre ogni misura, la costrinse ad allontanare il cellulare dall'orecchio.
- Ehi, ciao! Ehm... sono andata via prima.- Duncan si rese immediatamente conto della sua inesperienza nel dire bugie.
- Ti ho cercata ovunque e oltretutto non rispondevi nemmeno al telefono!- solo dopo aver udito quelle parole si rese conto delle centoquattro chiamate perse rappresentate dal simbolo rosso accanto all'ora.
- Sì, lo so. Mi dispiace. Comunque volevo dirti che... per un po' non sarò più a casa. - deglutì rumorosamente mentre la dark, spiazzata da quelle parole, si silenziò per un attimo.
- Cosa?- non riuscì a dire altro.
- Ho da fare. Non appena tornerò te lo farò sapere.- pronunciare quelle parole la faceva stare in pensiero poiché sapeva che, molto probabilmente, Gwen avrebbe passato ogni giorno a cercare di chiamarla.
- Non sto capendo...- dal suo tono di voce intuì che la dark era piuttosto vicina ad una crisi di nervi.
- Fidati di me. Ah, non dire a nessuno di questa chiamata. Per favore.- la rossa anticipò qualsiasi sua azione avventata in quel modo nella speranza capisse che non era il caso di insistere sull'argomento.
- Va bene. Ho capito.- quelle due frasi furono precedute da un lungo sospiro, palesemente di resa.
- Gwen. - la chiamò per un'ultima volta, quasi con le lacrime agli occhi.
- Sì?- rispose lei, ancora sconvolta.
- Ti voglio bene.- si concesse anche lei un respiro affannoso.
- Anch'io te ne voglio. Buona fortuna e vedi di non fare cazzate.- dopodiché attaccò, lasciando udibile solo il rumore del telefono ripetuto in sottofondo.
Passò l'oggetto a Duncan, che lo rimise cautamente nella borsa, poi tornò a guardare il panorama fuori dalla finestra pensando a quanto fosse triste, noioso e, senza ombra di dubbio, malinconico.
- Arriveremo in meno di due ore. Per le due dovremmo essere lì. - le comunicò, continuando a prestare la massima attenzione verso la strada. Dai suoi occhi si evinceva palesemente che non dormiva da un bel po' e la tensione, la rabbia e la paura lo avevano reso piuttosto stanco. Eppure non sembrava star per crollare. Continuava imperterrito verso la destinazione senza lamentarsi di nulla.
- Dove stiamo andando?- domandò lei. Voltò la testa verso di lui lentamente, quasi come se avesse paura della sua reazione. D'altronde si era già rifiutato di dirle perché aveva compiuto quel furto e l'assenza di questa informazione le rendeva difficile capire il contesto in cui si trovava.
- A Montreal, per essere più precisi in un paesino lì vicino.- intuì da sola che dovesse trattarsi del luogo in cui si era nascosto Geoff, visto che ogni dieci minuti tentava di chiamarlo al telefono sperando con tutto il cuore in una risposta.
- E cosa dobbiamo andarci a fare?- tentò di approfittare del primo passo compiuto dal moro per continuare la conversazione e lo trovò, inaspettatamente, piuttosto socievole, o almeno più del solito.
- C'è la casa di un mio amico. Dopo che saremo arrivati lì ti lascerò andare. Ovviamente a patto che tu non faccia la spia. - le rivolse un'occhiata accusatoria che, seppur senza motivo, la fece sentire in colpa.
- Non ho mai avuto intenzione di farlo.- sorrise spontaneamente mettendo Duncan leggermente a disagio. Ovviamente quando era stata minacciata con la pistola aveva promesso a sé stessa di seguire ogni ordine impartito dal ragazzo, eppure sapeva che, anche se non fosse stata avvisata al riguardo dell'arma, non si sarebbe mai intromessa in quella faccenda.
- No? Ieri notte hai detto il contrario.- si mise a ridere da solo nel ripensare alle condizioni della rossa quando l'aveva incontrata.
- Ieri non conta!- il volto di Zoey si tinse istintivamente di rosso rendendo capelli e faccia dello stesso colore - Ho esagerato con la birra...- sussurrò poi, portandolo a ridere ancora di più.
- Me ne sono accorto.- quel breve discorso aveva completamente annullato il clima teso che aveva respirato fino a quel momento nell'auto. Sembrava quasi che Duncan si fosse dimenticato della sua missione "top secret", nome che le aveva affibbiato lei nella sua testa, riuscendo così a svagarsi un po'.
- Avevo le mie motivazioni.- nel dire quella frase le rivenne in mente Mike. Quel pensiero le causò un brivido di rabbia per tutto il corpo facendole venire voglia di colpirlo in pieno volto. Si accorse dunque di star provando le emozioni che le aveva accennato Gwen durante la serata al pub. Effettivamente stava meglio così, almeno non aveva quel blocco opprimente nel petto che per molti giorni l'aveva accompagnata.
- Tipo?- chiese lui arrivando persino a rivolgerle un'occhiatina di soppiatto. 
- Problemi di cuore.- si portò le ginocchia sotto il mento e sussurrò quelle parole cadendo in un momento di vergogna totale. Per tutta risposta il punk si mise a ridere rumorosamente costringendo la rossa a pentirsi per averglielo detto.
- Le relazioni sono una palla. Molte meglio le "amicizie con benefici", se capisci cosa intendo.- Zoey fu costretta a coprirsi il volto dopo aver capito quella battuta poiché il suo volto stava assumendo un colore sempre più scuro che ormai era quasi riconducibile al bordeaux.
- Comunque sia ora mi è passata.- tagliò corto nel tentativo di interrompere la discussione o quanto meno cambiarne l'argomento.
- Immagino tu abbia voglia di ucciderlo.- asserì, notando le continue smorfie sul suo volto.
- Come l'hai capito?- chiese con fare stupido.
- È così per tutti, non appena ci si lascia si inizia a provare odio verso l'ex. - spiegò rapidamente, lasciandola con uno sguardo d'ammirazione sul volto.
- Quindi è successo anche a te?- si accorse immediatamente che, a quelle parole, il moro digrignò i denti con fare sospetto.
- Non ho più visto la mia ex da quando ci siamo lasciati, ma suppongo mi ucciderebbe se ci rivedessimo.- Zoey ancora non capiva bene il perché di questo odio, a detta sua ingiustificato, però sentiva di starsi calando lentamente nella parte. Sicuramente averne parlato con Gwen e successivamente con Duncan l'aveva aiutata molto.
- Uh, lì c'è il cartello per Montreal! Manca quasi un'ora.-  Zoey si mostrò piuttosto entusiasta, come se stessero andando a fare una gita al mare. Per quel momento poteva  permettersi di esserlo visto che il peggio era, momentaneamente, passato. Eppure non erano che all'inizio del loro viaggio.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Salve a tutti!
Ho finito di scrivere la storia, quindi d'ora in avanti i capitoli usciranno il martedì ed il giovedì. Il nome del capitolo è la canzone "Lonely Day" dei System of a Down, che vi consiglio caldamente.
Spero vivamente che sia di vostro gradimento, fatemi sapere cosa ne pensate ;-)

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Capitolo 5
*** #4 - Stressed Out ***


In una stanza buia, nella quale l'unica luce che entrava era filtrata dalle tapparelle di una triste saracinesca color grigio topo, un uomo stava beatamente sorseggiando un caffè mentre picchiettava la gamba intonando la strofa di una vecchia canzone per bambini. L'unico rumore udibile era quello della voce, leggermente stonata, emessa da lui stesso.
Di tanto in tanto gettava qualche occhiata al suo telefono, appoggiato con cura sulla scrivania, per poi tornare a bere la sua bevanda con una leggera smorfia sul viso. Attendeva con impazienza che squillasse ed era più che adirato per la lunga attesa, circa due giorni, a cui era stato costretto.
Un piccolo rumore, quasi impercettibile, attirò la sua attenzione. Rumore di scarpe sul pavimento. Qualcuno stava per entrare dentro il suo studio. Si guardò intorno, per vedere se fosse tutto sistemato al posto giusto, ed attese in silenzio. Sentì tre colpi, alternati quasi perfettamente, sulla porta.
- Chi è?- chiese mantenendo uno sguardo fisso davanti a sé.
- Siamo noi, signor McLean. - le voci, a lui famigliari, lo portarono a ridere di gusto.
- Entrate pure.- non se lo fecero ripetere e, in meno di due secondi, più di otto uomini erano al suo cospetto. Ognuno di loro indossava un completo scuro ed un cappello, che si erano tolti per rispetto, in mano. Gli occhiali da sole non permettevano di vedere i loro occhi, ma lasciavano comunque intendere quale lavoro facessero.
Forse il segnale più chiaro era la giacca di uno di loro che, seppur nera, aveva delle visibili chiazze di sangue sopra.
- Com'è andata?- domandò, e nel farlo marcò pesantemente l'ultima parola. Sapeva già la risposta, ma sentirsela dire lo divertiva parecchio. Quelli si limitano a fare un leggero sorrisino.
- Abbiamo dovuto attuare il piano B. Purtroppo non ci ha risarcito.-
- Non importa, per i soldi ho già mandato un uomo. Ci penserà lui a portarmeli.- spiegò il moro, gettando un'occhiata verso il cellulare.
- Ne è sicuro? Ha detto che questo sarebbe stato il suo ultimo lavoro, non so se sia una scelta saggia lasciarlo fare.- precisò uno di loro con fare polemico.
- Non preoccuparti, Topher. Andrà tutto bene. Non mi sembra stupido. Sa benissimo cosa gli accadrebbe se cercasse di svignarsela.- si passò un dito sulla gola per lasciar intendere ancora meglio ciò che intendeva. Tra gli otto si sollevò un leggero brusio che, alla prima occhiataccia del capo, venne immediatamente estinto.
- Se lo dice lei ci fidiamo.- a mettere la parola fine alla discussione fu un membro del gruppetto.
- Fate bene. Ah, Alejandro ho un impiego per te. Torna qua verso le tre. Potete andare, ottimo lavoro.- congedò tutti gli uomini dalla stanza e, dopo essere rimasto da solo, appoggiò la testa sullo schienale della poltrona e chiuse leggermente gli occhi.
Aveva mentito ai suoi uomini per sembrare sicuro di sé eppure in verità aveva una paura matta che il suo "uomo speciale" potesse fallire la sua missione. Perdere un milione di dollari per colpa di un prestito sbagliato non era poi così grave, ma  avrebbe senza ombra di dubbio rovinato la sua reputazione e non voleva che ciò avvenisse.
Il prestigio, per lui, era l'unica cosa che contava. Soldi, fama, donne e bella vita. Così lo aveva cresciuto suo padre e così lui avrebbe cresciuto suo figlio, sempre se ne avrebbe avuto uno.
Ormai stava avanzando con l'età e il pensiero di diventare padre, ma più precisamente quello di dover cedere il suo potere a qualcun altro, non lo allettava molto.
Finalmente il telefono davanti a lui squillò risvegliandolo dal cumolo di pensieri che gli aveva invaso la testa. Senza pensarci due volte lo sollevò e, dopo un attimo di esitazione, schiacciò il pulsante verde.
 
- Quindi sono fuggiti verso Montreal?-
- Sì, hanno preso la statale a Nord. -
- Non sarà facile rintracciarli.-
- Ho preso il numero di targa quindi credo non ci saranno problemi.-
- Hai ragione.-
Courtney aveva, letteralmente, costretto Noah ad andare a parlare con Brick, l'agente che era entrato in contatto con i due fuggitivi. Era stato costretto a chiamarlo e a dirgli di interrompere il suo giro di pattuglia e tutto ciò lo aveva urtato. Sapeva bene quanto il moro ci tenesse nel preservare la giustizia nella città ed ogni volta che qualcosa gli rubava del tempo durante la sua ronda pomeridiana diventata iperattivo e nervoso.
Si guardava l'orologio in continuazione nella speranza che la discussione si fermasse il prima possibile e tutto ciò provocava in Noah un fastidio indecifrabile.
Non solo era obbligato ad ustionarsi per colpa del sole, dato che l'agente aveva insistito affinché l'incontro avvenisse in mezzo alla strada così da poter ripartire subito non appena finito di fare rapporto, ma era anche costretto a sentirsi una rottura per quel semplicione, termine più che perfetto per indicarlo.
Alla fine della fiera aveva ottenuto solo dei dettagli pressoché scarni, come ad esempio il colore dei loro capelli o il tono della loro voce, e Courtney si sarebbe arrabbiata come suo solito lamentandosi della sua "inesperienza" nel campo quasi come se si dimenticasse di avere la sua stessa età.
- Va bene, ti ringrazio del tuo tempo. Se ci sono delle novità fammi sapere.- detto ciò lo congedò, osservando come, in meno di un minuto, era già partito verso il centro della città. Di uomini come lui ne sarebbero serviti a centinaia, magari con un po' più di cervello.
Prese il telefono e compose il numero della castana sperando di trovarla di buon umore.
- Pronto?- il suo tono di voce fastidioso e frettoloso, come al solito, lo accolse in quella che sarebbe stata un'altra conversazione piena di insulti alla sua persona.
- Sono Noah. Posso confermarti che il ricercato è Duncan Nelson. Sull'identità della ragazza con lui non siamo ancora sicuri.- iniziò a parlarle con lentezza nella vana speranza che, sentendo il nome del punk, non le scattasse un attacco d'ira.
- Idiota! Quello lo sapevo già. Altri dettagli importanti?- chiese con voce seccata.
- No. - tagliò corto lui mentre roteava gli occhi per il fastidio.
- E allora perché mi hai chiamato?!- lo sgridò lei. Noah ridacchiò e, dopo qualche secondo, le rispose a tono.
- Sei stata tu a dirmi di chiamarti "anche per l'informazione più spicciola". Oppure ricordo male?- la bruna si limitò a ringhiargli contro minacce ed insulti facendolo divertire.
- Adesso ho da fare. Richiamami quando avrai qualcosa di serio da dirmi.- detto ciò attaccò la chiamata.
L'indiano si limitò a fare una smorfia e a riporre il cellulare dentro la tasca del giubbotto. Si diresse alla macchina e, dopo esservi entrato, estrasse una cartella dalla borsa. Lesse giusto le intestazioni e ne rimase colpito.
"La banca di Toronto, riunitasi in sede comune, ha deciso di non far trapelare alcuna parola su quanto accaduto due giorni fa nella sede principale. Pertanto si invita gli agenti coinvolti nel caso al silenzio più totale."
Oltre che a quelle parole c'erano un mucchio di fogli marchiati con un timbro "Respinto" sul fondo. Si trattava delle, numerose, richieste fatte da Courtney sull'aumento del personale per quel caso. La banca non voleva che si sapesse in giro, pertanto era costretta a far lavorare la polizia sotto copertura, alla cui mancava però il personale adatto per un indagine di quel calibro. I suoi superiore avevano sminuito la faccenda, definendo l'artefice del crimine come un semplice criminale da quattro soldi.
Rimise i documenti a posto e ripartì in direzione della centrale. Molto probabilmente Courtney avrebbe insistito per farsi spostare a Montreal quindi doveva prepararsi per tempo.
 
Duncan e Zoey erano, dopo un viaggio totale di quasi tre ore, giunti a destinazione. L'enorme cartello verde che recitava la scritta "Benvenuti a Montreal!" li aveva accolti non appena avevano concluso il loro viaggio nella statale.
Entrambi si erano limitati a fare un sospiro di sollievo nell'attesa di poter finalmente uscire dalla macchina per poter muovere le gambe. Zoey le sentiva indolenzite mentre il punk, dopo più di cento minuti trascorsi alla guida, era a poco dal collasso fisico. Sentiva un forte bisogno di dormire o quantomeno di sdraiarsi da qualche parte.
- La casa di Geoff è qui vicino.- le disse Duncan guardandola dritta negli occhi. Svoltò ad un paio di incroci a destra per poi proseguire per un lungo rettilineo contornato da villette a schiera. La rossa spalancò gli occhi dallo stupore non appena vide il "paesaggio", se così si poteva definire, della città. Al contrario di Toronto, sempre grigia e scura, questa pareva decisamente più colorata e simpatica.
-È lì che siamo diretti?- chiese, ottenendo un cenno con la testa come risposta - Devi dare i soldi a lui?- indicò la valigetta con l'indice aspettando una qualche parola da parte sua.
- Sì, è per lui. Il bastardo ha contratto un bel debito e sto cercando di aiutarlo.- le rivelò il motivo per cui aveva compiuto la rapina senza pensarci due volte poiché la meta del loro viaggio era ormai a pochi metri.
- Uh, quindi sei una brava persona.- disse lei rivolgendogli uno sguardo dubbioso.
- Ma che diavolo stai dicendo!- il punk si sentì immediatamente a disagio e, senza pensarci due volte, spostò lo sguardo dalla parte opposta. La rossa si limitò a ridere.
- Quel coglione è uno scommettitore accanito.- non risparmiò le offese al suo amico. Era palese che, seppur stesse cercando di aiutarlo in tutti i modi possibile, fosse arrabbiato con lui.
- Ha scommesso così tanto?!-
- No, ha fatto un debito per cercare di sbancare con una scommessa, ma ha perso.- Zoey si limitò a spalancare la bocca facendo cenno di aver capito.
- La rapina l'hai fatta solo tu?-
- L'abbiamo organizzata in tre, ma nella banca ci sono andato solo io. Ci siamo dati  appuntamento nella casa di Geoff.- disse, senza approfondire più di tanto sulla questione. Sembrava quasi voler evitare quell'argomento.
- Capisco.- interruppe la discussione lei stessa, conscia di averlo fatto parlare fin troppo.
- Siamo arrivati.- sussurrò il punk, per poi voltare verso sinistra e parcheggiare nel primo posto libero. Scesero dall'auto e si diressero verso una delle villette a schiera lì vicine.
Come in tutte le altre, fuori c'era un piccolo giardino con parcheggiata all'interno un'automobile e qualche altra cianfrusaglia. La casa era dipinta di giallo, che andava in forte disaccordo con il colore rosso della porta, e il tetto di verde.
Duncan ebbe lo stesso pensiero della prima volta che la vide: "Non vivrei mai in uno schifo del genere!". Ogni qualvolta andava a trovare l'amico finiva per osservare con fare disgustato il discutibile abbinamento di colori che erano stati scelti dagli architetti.
Zoey, al contrario, la trovava bellissima. Colori vivaci, un giardino al di fuori e molto spazio. Spostò lo sguardo su ogni singola cosa nella proprietà, dalla macchina rossa parcheggiata, all'altalena mezza rotta fino all'albero, marcio, di mele sulla sinistra.
Si avvicinarono alla porta con una certa furia, intuibile dalla velocità loro passi. Il punk prese un forte respiro e poi schiacciò il campanello con forza attendendo una qualche risposta.
Passarono una ventina di secondi nel silenzio più totale prima che si decise a riprovarci. Ancora nessuna risposta. Stava perdendo la pazienza e, dopo aver atteso altri trenta secondi, decise di forzare un po' la mano. Colpì con violenza la porta e si accorse che era aperta. I due si guardarono negli occhi e, dopo un attimo di indecisione, entrarono inconsapevoli di cosa li attendeva.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Finalmente compare Chris! Ah, sì, ci sono anche Topher ed Alejandro.
I nostri eroi giungono finalmente a Montreal e chissà cosa li aspetta, speriamo niente di grave!
La canzone di oggi è Stressed Out dei Twenty One Pilots. Spero il capitolo sia stato di vostro gradimento ;-)

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Capitolo 6
*** #5 - Welcome to the Black Parade ***


All'interno della casa c'era il silenzio più totale. Nemmeno il più piccolo rumore. Zoey e Duncan entrarono di soppiatto accostandosi la porta alle spalle.
- C'è qualcuno?- domandò il punk. Spostarono i loro sguardi con fare nervoso, non aiutati dall'inquietante atmosfera della casa. Le sue parole fecero eco.
Il loro respiro si fece più affannoso con l'avanzare dei passi, che sembravano essere fatti nelle sabbie mobili. La tensione era palpabile nell'aria e questo Zoey lo capiva bene. Non sapeva perché si sentisse così, d'altronde il moro le aveva detto che quella era semplicemente l'abitazione del suo amico e pertanto non avrebbero dovuto avere nulla di cui spaventarsi.
Eppure c'era qualcosa di strano. Quel continuo silenzio che sembrava quasi urlare al pericolo la stava per portare alla pazzia. D'altro canto Duncan sembrava impassibile. Nei suoi occhi leggeva perfettamente il suo senso di smarrimento e di impreparazione.
- Geoff, ci sei? Su, non fare il coglione ed esci fuori.- ancora una volta le sue parole si dissolsero nella casa senza ottenere la benché minima risposta. Estrasse il cellulare e provò a chiamare il numero del biondo. Sentirono la suoneria, un'allegra canzoncina che mal si abbinava all'aria cupa e tetra, provenire da un'altra stanza. Entrarono nella cucina e trovarono il telefono appoggiato sul tavolo.
Duncan lo prese in mano e lo esaminò, notando le settantotto chiamate perse da parte del suo numero sul display. Cercò di sbloccarlo ma si dovette fermare perché non sapeva il pin.
- Non è qui?- chiese Zoey raggiungendolo.
- Evidentemente no. Deve essere successo qualcosa.- si poggiò una mano sulla fronte e cercò di capire il perché di quella situazione così strana. Si erano dati appuntamento là ed avevano concordato che al minimo inconveniente si sarebbero contattati coi telefoni pertanto non capiva il perché di quella strana sparizione.
- Proviamo a cercarlo di sopra.- si incamminò verso le scale seguito dalla rossa, ancora piuttosto inquieta.
- Va bene...- Zoey non poté che limitarsi ad assecondarlo.
Ogni gradino salito l'ansia aumentava vistosamente al punto che, a pochi passi dalla cima, la ragazza pensò di scendere ed aspettarlo di sotto. Solamente il pensiero di dover restare da sola in un luogo che non conosceva la portò a rimanere con il punk che, ovviamente, si muoveva con noncuranza per tutta l'abitazione.
- Ehi, Geoff! Dove sei?- quelle parole uscirono dalla sua bocca come un rantolio soffocato. Sperava con tutto sé stesso che fosse scappata per un qualche inconveniente. Lo sperava, o meglio desiderava, con tutto il cuore. Appoggiò la mano contro la maniglia, sentendola fredda come non mai, e lentamente aprì la porta. Emise un sospiro profondo quando vide il letto vuoto e perfettamente in ordine.
Uscì dalla camera e si diresse verso un'altra stanza alla fine del corridoio. Zoey lo stava guardando, immobile sull'ultimo scalino, con fare preoccupato. Pensò a cosa dovesse significare per lui dover avere a che fare con la sparizione di un suo caro amico e a come avrebbe affrontato la situazione lei al suo posto.
Ovviamente sarebbe andata in paranoia. Un po' come aveva fatto Gwen con lei quella mattina. Gwen! Ripensando a lei riacquistò un po' di fiducia. Probabilmente Geoff avrebbe chiamato Duncan più tardi, come era successo a lei con la dark, e dopo qualche insultò la situazione si sarebbe senza ombra di dubbio sistemata.
Ad interrompere questi suoi pensieri pieni di speranza fu un piccolo rumore proveniente dalla stanza alla sua destra. Un leggero tic che inizialmente fece fatica a distinguere e che la costrinse ad impegnarsi a fondo per capire precisamente di cosa si trattasse. Ebbe l'illuminazione dopo poco: una goccia d'acqua che cadeva sul pavimento o nel lavandino, in poche parole uno spreco.
Senza pensarci due volte si avvicinò alla porta e la aprì.
Ciò che vide le fece salire il cuore in gola. Un corpo appeso per il collo al soffitto di spalle, senza maglietta e con evidenti ferite su tutto il corpo. Il pavimento era completamente zuppo di sangue e qualche goccia, quelle che aveva sentito prima, di tanto in tanto cadeva per terra causando un piccolo rumore che riecheggiava nel bagno.
La sensazione che provò era paragonabile a quella provata quando Duncan le aveva mostrato la pistola, ma mille volte peggio. Iniziò a tremare come una foglia sbattendo i denti. Era completamente immobile con gli occhi sgranati fissi sulla figura di quello che, prima, era Geoff.
Nella sua mente c'era posto solamente per due parole: "Sangue... morto... sangue... morto..." le ripeteva tra sé con un groppo alla gola che le impediva di trovare la voce.
A distogliere la sua attenzione dal cadavere, permettendole quindi di gridare, fu lo squarcio sul petto del povero ragazzo che diventò visibile quando il corpo si mosse lentamente per via del suo peso.
Gli occhi erano girati al punto di rendere visibile solamente il bianco della sclera e la bocca distorta in un'espressione di dolore e paura. Al posto dello stomaco c'era un taglio che, partendo dal collo, arrivava fin al pube rendendo visibili tutti gli organi interni.
Un urlo. Non riuscì a fare altro. Un grido fortissimo che richiamò immediatamente l'attenzione di Duncan e, con tutta probabilità, anche dei vicini. Le sua gambe iniziarono a tremare più forte di prima e, senza nemmeno accorgersene, si ritrovò seduta sul pavimento sporco di sangue. I suoi pantaloni si macchiarono di quel liquido rosso facendola spaventare ancora di più.
Presa da un attacco di panico iniziò ad indietreggiare aiutandosi con le mani e finendo per imbrattarsi anche quelle di rosso. Un rosso acceso che non aveva mai visto, perlomeno in quelle quantità.
Il punk non si fece attendere. Arrivò nel bagno a passo svelto cercando di capire cosa avesse provocato una tale reazione alla rossa.
- Ehi, tutto bene? Ti sembra il caso di...- non finì la frase perché la sua gola diventò immediatamente secca. Boccheggiò qualche parola, ma non uscì nulla, neppure una semplice sillaba. I suoi occhi si riempirono di lacrime in meno di dieci secondi.
Ignorò la rossa per dedicare tutta la sua attenzione a quello che un tempo era stato il suo migliore amico. Una carcassa aperta, ecco cosa rimaneva del fido compagno che gli era sempre stato accanto nel momento del bisogno.
Tristezza, paura, panico, incredulità. Queste erano le emozioni che stava provando in quel momento. Rabbia, frustrazione, voglia di vendetta e sete di sangue. Queste quelle che si susseguirono nemmeno tre secondi dopo. Una voglia irrefrenabile di uccidere chiunque avesse fatto quello al suo amico.
Chiunque si fosse permesso di sfregiare il suo corpo in quella maniera, chiunque si fosse permesso di strappargli la cosa a cui teneva di più. Abbassò lo sguardo verso il sangue, che lentamente si stava espandendo per tutto il pavimento, poi tirò un pugno con tutta la forza, e la frustrazione, che aveva in corpo contro lo specchio alla sua destra frantumandolo. Del liquido rosso iniziò ad uscire dalla sua mano mischiandosi con quello già presente per terra, ma non se ne curò. Ignorò anche l'urlo spaventato emesso da Zoey quando vide tutti i frammenti caderle a pochi centimetri di distanza.
Si gettò ai piedi del corpo senza preoccuparsi dei pezzi taglienti presenti per terra. Delle lacrime amare iniziarono a solcargli il volto scendendo con lentezza contro le ginocchia mentre la sua bocca emetteva dei singhiozzi.
Rimase in quella posizione per un tempo imprecisato ignorando qualsiasi cosa intorno a lui, compresa Zoey che ancora scossa dalla visione aveva vomitato nel lavandino per ben due volte, finché un rumore fin troppo familiare attirò la sua attenzione: sirene.
Sentirono suonare il campanello per due o tre volte prima che delle voci entrassero nel loro campo uditivo.
- È la... polizia...- disse Zoey, ancora sconvolta. Guardò negli occhi il punk, mentalmente assente, quasi alla ricerca di un suo ordine, ma quello non si mosse - Duncan... dobbiamo...- tentò di parlare, però la sua voce venne completamente coperta da quella del ragazzo.
- Stai zitta!- urlò, vuotando completamente i suoi polmoni. Il suo respiro si fece sempre più pesante così come la voglia di vendicare il suo amico. Non gli importava chi fosse stato.
La rossa si limitò a tentare di sopprime il grido che stava per emettere per colpa dello spavento ed iniziò a piangere ancora di più.
Le voci erano sempre più forti. Sentivano perfino il rumore del legno scricchiolare. Erano sulle scale. Non ci volle molto, circa una ventina di secondi, i poliziotti si affacciarono alla porta del bagno e, come da previsione, rischiarono di vomitare quando videro il cadavere appeso.
- Ma che cazzo...- disse uno di loro passando poi lo sguardo in rassegna dei due seduti sul pavimento. Appoggiò la mano sulla cintura per prendere la pistola ma, prima che potesse fare qualsiasi cosa, un proiettile si conficcò nel suo petto.
Duncan, con il volto nero di rabbia, teneva la pistola con la mano destra, tremante. Del fumo stava uscendo dalla canna e, lentamente, evaporava verso l'alto diffondendosi nell'aria. Sia Zoey che l'agente rimasto incolume voltarono il loro sguardo verso di lui. In entrambi era palpabile la paura. Paura di essere il prossimo a finire per terra in un mare di sangue.
L'altro uomo, preso dal panico, scappò a gambe levate verso le scale venendo prontamente seguito dal punk.
- Torna qui!- quelle parole, dette con ferocia, vennero seguite da una risata isterica scaturita dalla furia che il moro si portava dentro.
- Duncan! Fermati!- Zoey gli corse dietro finché, appena messo il primo piede sullo scalino, udì un altro rumore di uno sparo. Andò avanti di qualche passo per controllare ciò che era successo, portandosi poi automaticamente la mano alla bocca non appena vide la scena.
Il poliziotto, ferito ad una gamba, si trascinava verso l'uscita cercando di raggiungerla con tutte le sue forze mentre il punk lo seguiva camminando prendendosi gioco di lui. Si abbassò lentamente mantenendo l'arma puntata contro la sua testa e, proprio mentre stava per premere il grilletto, cadde a terra come svenuto.
Zoey si precipitò di sotto per capire cosa era successo e trovò, davanti ai due stesi per terra, un uomo di colore sulla ventina vestito con una maglietta verde, un paio di jeans lunghi, un cappello bianco in testa ed un teaser in mano. Questo, quasi noncurante della rossa, si abbassò e fece perdere coscienza anche la poliziotto che, nel frattempo, stava cercando di ringraziarlo.
- Spiacente, ma non sono dalla tua parte.- dopodiché spostò gli occhi in direzione di Zoey, che aveva ancora gli occhi rossi per il pianto - Tu devi essere la "rottura di palle".- abbozzò un sorriso che però non riuscì a cancellare completamente l'espressione amare che aveva sul viso.
- Tu... chi sei?- domandò lei, completamente spiazzata da quell'atteggiamento così amichevole.
- Sono il complice di quest'idiota.- a sentire quelle parole il viso della ragazza si riaccese leggermente.
- Geoff?- chiese, speranzosa di avere una risposta positiva.
- No, io sono DJ. Geoff è... penso tu l'abbia visto.- indicò il bagno, facendo intendere di essere già stato lì - Per caso c'è qualcuno di sopra?-
- Un poliziotto. È ferito al petto.-
- Duncan è proprio un idiota.- si incamminò verso il piano superiore e dopo qualche secondo scese con il corpo dell'agente, svenuto, appoggiato alla schiena. Passò i dieci minuti successivi ad applicare misure di primo soccorso agli sventurati, venendo aiutato da Zoey, alla quale chiese di cercare di versi oggetti per la casa.
Non appena finì si diresse verso il punk e se lo caricò a peso morto sulle spalle.
- Andiamo via da qui, non è sicuro. Quando si sveglieranno accuseranno Duncan di omicidio.- spiegò in breve, invitandola a seguirlo. Salirono sulla sua auto, una Punto nera, e partirono.
- Dove siamo diretti?-
- A casa mia. Si trova ad un paio di isolati da qui.- DJ aveva accuratamente steso Duncan sui sedili posteriori e lo aveva coperto con un telo nero per evitare che si vedere il sangue, presente su tutti gli indumenti.
- Tu sapevi che... Geoff era...- non riuscì a terminare la frase ma il nero capì ugualmente.
- Sì, però non ho avuto modo di contattare Duncan. Ero andato a prendere della varecchina e delle ciotole per far sparire il corpo, ma ormai credo che non mi sarà più possibile farlo. Siete arrivati nel momento meno opportuno.- la rossa non capì tutto però evitò comunque di chiederlo perché in quel momento non sarebbe riuscita a collegare tra loro nemmeno le cose più semplici.
- Piuttosto, come mai ti sei fatta trascinare in questa storia?-
- Ho bevuto un po' troppo e... sono finita qua.- sentiva i coniati di vomito salirle per lo stomaco e cercò di trattenerli. Ancora non le erano passati del tutto e l'aver continuato a parlare con DJ non aveva giovato alla situazione.
- Sei stata parecchio sfortunata. Quando quei due si sveglieranno faranno la tua identikit e diventerai una ricercata come noi.- la rossa si limitò a spalancare la bocca con fare poco sorpreso. Sapeva da sola di essersi infilata in un bel casino e quelle parole per lei non erano che una conferma di un'ipotesi già affermatasi nella sua mente.
Per tutto il resto del viaggio non dissero altro, preferendo lasciare spazio al silenzio. Arrivarono a destinazione in meno di quindici minuti.
La casa di DJ era una normalissima villetta a schiera priva di giardino e con solo lo spazio per parcheggiare la macchina. Aveva due piani, come quella di Geoff, e i colori che più saltavano all'occhio erano il rosa, per via delle mura, e il marrone, di finestre e della porta.
Il nero scese dall'auto e dopo essersi assicurato che non stesse passando nessuno prese il punk ed entrò furtivamente in casa seguito da Zoey.
L'interno era ordinato e tenuto bene. Nemmeno una singola cosa era fuori posto, almeno finché DJ non poggiò tutto "l'arsenale" che si era portato dietro sul tavolo. Un teaser, una pistola, un coltellaccio e perfino una cortina fumogena.
Stese Duncan sul divano dopodiché si diresse in cucina.
- Ti piace la frittata?- le chiese, prendendola alla sprovvista.
- Eh? Ehm... sì. - sussurrò lei grattandosi una spalla con la mano destra.
- Ottimo. Mentre aspettiamo che si svegli- indicò il ragazzo con l'indice - preparo qualcosa da mangiare.- detto ciò si gettò sul cibo lasciandola da sola nel salotto.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Questi è il capitolo più "creepy" dell'intera storia. Ricordo bene che mentre lo stavo scrivendo non ,i sentivo molto a mio agio, soprattutto per via della descrizione del cadavere di Geoff, però è un crocevia fondamentale per la storia.
Finalmente inizia la vera e propria trama! Non vedo l'ora di pubblicare anche gli altri capitoli.
Inoltre vi ricordo, nel caso foste interessati, che le iscrizioni alla mia nuova storia ad OC sono ancora aperte. Quindi se volete potete partecipare, basta o un messaggio privato o una recensione alla storia (Cure Project).
Ci vediamo giovedì con un nuovo capitolo ;-)

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Capitolo 7
*** #6 - You Gonna Go Far, Kid ***


Durante la permanenza a casa di DJ, Zoey era riuscita a reperire numerose informazioni che l'avevano aiutata a capire il perché di quella situazione così fuori dal comune. Il nero le aveva preparato qualcosa da mangiare, poi si era messo seduto accanto a lei ed avevano iniziato a conversare.
- Ti senti meglio?-
- Più o meno. -Zoey si sentiva in imbarazzo, dunque evitò di rispondere più dettagliatamente.
- Devi esserne rimasta shockata. Oltretutto avere Duncan come compagno di viaggio non deve essere facile. È sempre così lunatico...- iniziò a perdersi nelle sue stesse parole divagando rispetto al punto di partenza del discorso.
- Perché?- domandò Zoey, senza specificare bene cosa.
- Beh, non so. Può darsi che sia un po' troppo sfacciato.- abbozzò DJ, spiazzato da quella domanda così strana.
- Non intendo questo...- il nero la guardò negli occhi cercando di capire cosa volesse dire - Perché... è successo tutto ciò.-
DJ abbassò la testa lentamente senza dire nulla. Sospirò profondamente e, dopo aver pensato per qualche secondo a cosa dire, la guardò negli occhi.
- Geoff era uno scommettitore accanito. Per colpa di ciò ha sperperato quasi tutto ciò che aveva.- si interruppe per un attimo per osservare una foto sul suo comodino che ritraeva il biondo, lui, Duncan ed un altro ragazzo seduti su una panchina, probabilmente con qualche anno di meno - Per cercare di ripagare un prestito che aveva fatto ha deciso di provare a scommettere un sacco di soldi ai cavalli. Però ha perso ed ha accumulato un debito di un milione di dollari.- il resto della storia Zoey lo sapeva già, eppure lo riascoltò silenziosamente - Il tempo per pagare il debito era scaduto perciò io, lui e Duncan abbiamo organizzato quella rapina, ma quei maledetti hanno ucciso Geoff prima che potessimo dargli i soldi.- colpì il tavolo con un pugno facendola sussultare.
- E adesso?- il nero si limitò a guardarla con un piccolo sorriso in volto.
- Dovrai scappare. Ormai sei una ricercata.- istintivamente la rossa si morse il labbro inferiore. Sapeva che c'erano delle probabilità piuttosto alte che ciò accadesse eppure non si sentiva ancora pronta. Infondo fino al giorno prima era soltanto una ragazzina che aveva da poco finito le scuole superiore e stava cercando lavoro ad Ottawa.
Appoggiò la testa sul tavolo espirando rumorosamente. Il suo sguardo era rivolto verso la foto che aveva notato prima e, guardandola con più attenzione, si rese conto di un particolare che le era sfuggito alla prima vista.
- Lei chi è?-
- Lei chi?- rispose vagamente DJ, non resosi conto di chi fosse il  soggetto della sua richiesta.
- Quella nella foto con voi.- Al fianco di Geoff, c'era una ragazza bionda dagli occhi verdi e con un fisico piuttosto invidiabile. La sua espressione era piegata in un sorriso appena accennato e le sue mani erano appoggiate sulla schiena del biondo.
- Quella è Bridgette, la ragazza di Geoff.- nel dire quella frase sentì un groppo alla gola. Avrebbe dovuto dirle che il suo fidanzato era morto e non aveva idea di come fare.
I pensieri dei due vennero interrotti da un rumore proveniente dal divano. Lentamente Duncan si alzò dal divano facendo forza con la braccia sui bordi di legno. Si toccò la testa per poi passare alle ginocchia, ancora piene di frammenti di specchio, e alla schiena, ferita dalla scossa del teaser.
Toccando quest'ultima emise una smorfia di dolore. Immediatamente spostò la mano dal punto appena toccato e si rese conto di essere senza maglietta. La vide appoggiata su una sedia poco distante e, mentre si stava alzando per prenderla, sentì un'altra fitta proveniente dalle gambe.
Le ginocchia, che fino a poco fa non gli avevano fatto poi tanto male, avevano iniziato a sanguinare improvvisamente. Non era ancora completamente cosciente di cosa era accaduto e ciò aiutò DJ ad avere il tempo per pensare attentamente a cosa dirgli.
La presenza dei due venne notata dal punk solo qualche minuto dopo, quando nel tentativo di rimuoversi alcune schegge con le mani venne fermato dal nero.
- Aspetta, ti aiuto io. Togliti i pantaloni.- Duncan obbedì senza ribattere digrignando i denti quando il tessuto ruvido dei jeans entrò in contatto con le numerose ferite.
- Che cazzo ci faccio qui?- chiese poi, appoggiandosi una mano sul volto e stropicciandosi gli occhi con due dita. Ebbe modo di osservarsele e notare come fossero imbrattate di un liquido rosso. Sporche di sangue, ovviamente.
- Ti ci ho portato io dopo che gli uomini di MacLean... beh...- non volle finire la frase. Si limitò a distogliere lo sguardo dal suo per fargli capire a cosa si stesse riferendo.
- Io li ammazzo tutti...- sussurrò a bassa voce il moro. Portò entrambe le mani sulla fronte e appoggiò con noncuranza la testa contro il guanciale del divano.
- Eh?- DJ non aveva capito le sue parole, motivo per cui gli chiese di ripeterle.
- Li farò fuori tutti. Uno ad uno.- ripeté mantenendo stretti i denti.
- Non risolverebbe niente.- commentò il nero, senza dare troppo peso alla cosa. Si preoccupò maggiormente di estrarre con l'aiuto di una pinza tutti i vetri dalla ginocchia dell'amico.
- E cosa dovremmo fare? Restare con le mani in mano mentre Geoff è stato squartato?- colpì con ferocia il divano, fortunatamente senza provocare alcun tipo di rumore, ed osservò il tessuto affondare e poi tornare come prima.
- Sì. È l'unica cosa che possiamo fare.-
- Non prendermi per il culo!- strinse i pugni fortissimo, al punto di sentire le unghie conficcarsi nella sua carne quasi fino a trafiggerla.
- Attento, non muoverti.- DJ stava tentando di ignorarlo il più possibile, ma lo conosceva fin troppo bene. Si sarebbe conquistato la sua piena attenzione pur al costo di prenderlo a pugni in faccia.
- Io andrò a farli fuori, non mi importa se tu verrai con me o no. -
- Geoff non vorrebbe che tu ti suicidassi.-
- Non mi interessa!-
- Duncan, smettila. Non possiamo farci nulla, Geoff ha fatto uno sbaglio ed ha pagato per ciò. Più di quello che abbiamo già fatto non possiamo fare.- DJ alzò lo sguardo in direzione del punk che, digrignando i denti per la rabbia, cercava un modo per ribattere.
- Non te ne frega niente? Lui è stato ucciso e tu... te ne freghi?- quelle parole arrivarono al nero come un sussurro quasi impercettibile che, però, venne prontamente ignorato.
- Non irrigidire la gamba altrimenti sarà difficile toglierli tutti.- lo invitò con un gesto della mano a rilassare i muscoli per poter finire la medicazione.
Per tutta la mezz'ora successiva nessuno dei tre si azzardò a dire una parola. Il vortice di tensione nell'aria era quasi palpabile ed una singola parola sbagliata avrebbe potuto portare a delle situazioni piuttosto spiacevoli.
Zoey passò tutto il tempo a guardare le varie foto in giro per la stanza. In ognuna c'erano sempre i soliti soggetti che, di tanto in tanto, si alternavano o vedevano la comparsa di qualcuno di nuovo. Le tre principali "vittime" degli scatti erano Geoff, DJ e Duncan. Era palese che si conoscessero da molti anni e che il loro legame doveva essere anche piuttosto forte.
Probabilmente quello che stava provando il punk era la stessa sensazione che avrebbe provato lei se fosse morta Gwen. Al solo pensiero di ciò sentì un enorme vuoto allo stomaco e si rese conto che no, le due emozioni non erano comparabili.
Lui sembrava essere più arrabbiato che triste, al contrario suo che si sarebbe lasciata avvolgere dalla tristezza. Alla fine nessuno dei due aveva ragione, forse il migliore nel controllare le sue emozioni era DJ, che non si lasciava andare alla voglia di vendicare l'amico o alla tristezza, ma pensava piuttosto a come non rendere vana la sua morte.
- Vado a fumarmi una sigaretta.- quel sacrosanto silenzio venne sbriciolato come un vetro che cade a terra da Duncan che, dopo aver impugnato con ferocia un pacchetto contenente il tabacco, si diresse verso il minuscolo giardino, di nemmeno tre metri, della casa.
DJ aspettò che uscisse prima di lasciarsi andare a qualche commento liberatorio.
- Quel tipo non cambierà mai. Ci credo che è finito più volte in riformatorio...- si portò le mani alle tempie ed appoggiò i gomiti sul tavolo con indiscrezione.
- È...- Zoey attirò la sua attenzione per dirgli qualcosa ma, non appena si ritrovò il suo sguardo puntato contro, le si impastò la lingua - È... stato in riformatorio?- chiese poi, riuscendo a liberarsi dal blocco. A quelle parole il nero si concesse una risata che lasciò la rossa interdetta.
- "Stato" forse non è la parola adatta. Diciamo che ci è "Cresciuto".-  la rossa non poté rimanere che stupita sentendo quelle parole - Ci ha speso complessivamente...- si prese una pausa per aiutarsi a contare con le mani - due o tre anni. -
- È tanto...- non riuscì a dire altro.
 
Dal momento in cui aveva ricevuto la chiamata da parte dell'agente Topher, Courtney stava scalpitando come mai in vita sua. Noah, al volante da più di due ore, di tanto in tanto le gettava qualche occhiata addosso per vedere se fosse sempre viva o se la troppa euforia, mista allo stress, non l'avesse fatta fuori per liberarla definitivamente da tutti quei mali che la affliggevano, seppur fosse lei stessa a cercarseli.
Non poté fare a meno di ripensare alla faccia dalla bruna non appena le venne comunicato che dall'identikit fatto ai due agenti trovati dentro la casa di Geoff Gordon era uscito fuori che l'identità di un membro del duo era, molto probabilmente, quella di Duncan Nelson.
Un misto di gioia, soddisfazione e spietatezza si insinuò nel suo volto rendendola ancora più spaventosa del solito.
Non aveva esitato nemmeno per un secondo, il tempo di preparare le sue cose, e ovviamente di strappare il povero Noah dalla sua ora libera, ed era già partita in direzione di Montreal costringendo anche l'indiano a farle da autista.
E, dopo un periodo interminabile, erano finalmente giunti nella tanto agognata casa Gordon, seppur il nome sarebbe molto probabilmente cambiato a breve per via del decesso del proprietario.
Courtney nemmeno lo attese, si incamminò a passo svelto, sculettando, verso la porta accostata dell'abitazione e vi entrò urlando subito ordini e comandi di vario genere che non vennero del tutto compresi dagli agenti di polizia, sul posto poiché incaricati di indagare al riguardo dell'omicidio.
- Fatemi vedere il corpo.- ordinò, ottenendo immediatamente un cenno positivo da parte dei poliziotto. Questi la portarono davanti ad un tavolo sopra il cui c'era un sacco nero di quasi due metri. Lentamente aprirono la zip e le resero possibile vedere le torture effettuate a quel povero uomo.
- Fate rapporto.- Noah rivolse lo sguardo verso uno di loro che, essendo vestito di bianco, aveva supposto fosse il medico incaricato dello stabilire la morte prima dell'autopsia definitiva.
- La vittima è stata uccisa con l'utilizzo di un'arma da taglio, probabilmente  un coltello da cucina o un machete, ed è stata ferita con due colpi di pistola all'addome prima di venire appesa sul soffitto. Un crimine che definire brutale è dire poco.-
- A quando è stimato il decesso?-
- Non ne sono sicuro però, con molta probabilità, a questa mattina.
- A che ore gli agenti sono arrivati qua?-
- Verso l'una.-
Dopo aver terminato la conversazione si avvicinò a Courtney, che nel frattempo si era messa a parlare con uno dei due poliziotti che erano entrati in contatto con i sospettati.
- Non c'è dubbio: si tratta di Duncan! È stato lui.- la bruna gli venne in contro mostrando una faccia più che soddisfatta.
- Il rapporto del medico mi fa pensare il contrario. La vittima è stata uccisa prima del loro ingresso in casa. C'è un vuoto di tre ore. - spiegò lentamente ottenendo un'occhiataccia da parte della collega.
- Mi pare palese che sia il colpevole. Tutte le prove puntano contro di lui.- strinse i pugni con forza e, dopo aver cercato di contenere la rabbia il più possibile, emise un sospiro fortissimo.
- Non possiamo esserne sicuri. Non è prudente accusare una persona senza prove valide. Al massimo possiamo aumentare il suo livello di pericolosità e metterlo nella lista sospettati.- Noah, seppur consapevole di star facendo uno sforzo deleterio, tentò di fermare i suoi ragionamenti privi di logica.
- Smettila con queste idiozie! È palese che sia stato lui. Mettilo nella lista dei ricercati per omicidio.-
- Courtney non dovresti lasciar entrare nel lavoro dei fatti personali.-
- Io non ho nulla a che vedere con quello lì. Voglio solo il bene dei cittadini.- quella era diventata la frase con qui era solita liquidare Noah ogni qual volta tentava di scoprire il perché di tutto quell'astio nei confronti del punk. Però si stava accorgendo che più la diceva e più perdeva credibilità, che già era poca.
- D'accordo.- non disse altro. Si limitò ad eseguire l'ordine estraendo il cellulare e inviando un messaggio alla redazione con le precise indicazioni di cosa fare.
- Andiamo a fare un giro di pattuglia, quel criminale potrebbe essere ancora qua intorno.- la bruna si diresse verso l'uscita dell'abitazione senza salutare nessuno degli agenti. Noah la seguì con fare annoiato conscio che di quel passo non sarebbero mai riusciti a risolvere il caso.
 
Le quattro, se non cinque, ore passate sotto casa di DJ si erano rivelate, alla fine dei conti, piuttosto redditizie. Aveva localizzato il punk e quello che portava con sé, ovvero l'obiettivo tanto agognato. Il suo capo era stato chiaro: riportargli indietro i soldi e, possibilmente, fare fuori l'autore della rapina.
Aveva dato per scontato che ci sarebbe riuscito senza troppi intoppi e, per tal motivo, se ne stava fermo nella sua auto ad osservare dalla finestra del piano terra ogni movimento delle persone all'interno della casa.
 Di tanto in tanto si dedicava qualche piccola uscita dalla vettura o qualche giretto per non destare troppi sospetti. La sua pace interiore, ottenuta grazie ad una birra e ad un pacco di patatine prese al primo discount trovato nella zona, venne bruscamente interrotta dal suono del suo cellulare.
- Pronto?- fece il vago seppur fosse pienamente cosciente di chi fosse al telefono.
- Scott, tutto bene? Il capo vuole sapere fra quanto hai intenzione di portarci i soldi.- l'interlocutore, dalla voce molto profonda e facilmente accostabile alla penisola iberica, andò subito al dunque creando una crepa in quel muro di sicurezza che si era creato.
- Beh... in tre giorni penso di farcela.- il rosso cercò di rimanere il più vago possibile per non dire parole scomode che sapeva avrebbero potuto portare a delle aspettative.
- Il signor MacLean ha chiesto se puoi farcela in due. Ti pagherà il doppio.- a quelle parole la sua attenzione venne completamente colta.
- Sì, credo si possa fare. Ci vediamo al punto stabilito tra due giorni.- detto ciò attaccò il telefono e ritornò ad osservare la situazione.
Non gli era stato detto della ragazza ma, almeno da quel poco che aveva dedotto guardandola, non sembrava un grosso problema.
Un leggero ghigno si dipinse sul suo volto lentigginoso. Non avrebbe dovuto far altro che aspettare, prima o poi l'occasione giusta gli si sarebbe presentata a portata di mano e lui non se la sarebbe lasciata sfuggire.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Capitolo 6! Ci si presenta un nuovo personaggio, ovvero Scott, che sarà piuttosto importante ai fini della trama. Courtney si comporta da matta, come suo solito, e Duncan... beh, fa il Duncan.
Vi avviso che, per colpa di alcuni impegni, la pubblicazione del capitoli passerà da Martedì-Giovedì a Martedì-Venerdì. Spero il capitolo vi sia piaciuto, ci vediamo martedì prossimo!
P.S.: Non so se avete letto la storia di TheLooneyBlogger (più che altro era un avviso in cui veniva richiesto di partecipare ad un A Tutto Reality su Whats App), sabbiate che parteciperò anch'io (sarò uno dei conduttori) quindi, se avete voglia di partecipare, fatemelo sapere, ne sarei più che felice ;-)

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Capitolo 8
*** #7 - Goodbye Angels ***


Dal momento del rientro di Duncan nella casa alla prima parola detta passarono circa dieci minuti. In quel lungo lasso di tempo Zoey e DJ si erano scambiati numerose occhiate per cercare di capire come sarebbe stato meglio iniziare il discorso.
- Partiremo questo pomeriggio per Churchill. Ci fermeremo da qualche parte per comprare un po' di viveri verso la sera, quando saremo meno riconoscibili.- il nero si alzò in piedi e, guardando fisso negli occhi il punk, spiegò come avrebbero agito.
- Partite? Buon viaggio.- Duncan ridacchiò sotto i baffi. DJ sapeva che, molto probabilmente, avrebbe dovuto vedersela con lui e voleva togliersi quel confronto di dosso il prima possibile.
- Tu verrai con noi, del resto solo voi due siete ricercati. Una mia conoscenza ci accoglierà lì. - annullò il contatto tra i loro occhi rivolgendoli verso la valigia che stava preparando.
- No. Io devo vendicare Geoff.- digrignò i denti e, dopo aver stretto i pugni quasi fino a riaprirsi le ferite che aveva sulle mani, gli rivolse un'occhiata piano di astio.
- Non devi fare un bel niente. Non ti lascerò morire così. - ribatté. Si alzò per iniziare a prepararsi ma un rumore improvviso attirò la sua attenzione.
- Non prendermi per il culo!- il punk, preso da un attacco d'ira, aveva gettato a terra una delle tante foto presenti nella stanza frantumandone completamente il vetro. La fotografia ritraeva DJ assieme a sua madre durante una qualche festività, probabilmente Natale.
- Calmati.- sapeva perfettamente che quelle parole erano pressoché inutili, ma sperò con tutto sé stesso che un minimo di buonsenso gli fosse rimasto in quella testa dura che si ritrovava.
- Calmarmi? Come posso fare? Il mio miglior amico è stato ucciso e tu vuoi scappare da qualche parte a cazzo senza nemmeno provare a vendicarlo!- un altro rumore riecheggiò per la stanza, questa volta quello di un pugno contro la superficie di legno del comò.
- Duncan... per favore...- il nero tentò di mantenere sopita la rabbia, o meglio frustrazione, che portava dentro di sé.
- D'accordo. Ho capito.- detto ciò si alzò e, dopo essersi avvicinato minacciosamente al tavolino, prese il pacchetto di sigarette posto sopra esso - Vado a fumare.- lo tirò via con violenza e si incamminò fuori.
- Ne hai già fumata una.- lo rimproverò DJ.
- Fottiti.-
Il nero si poggiò una mano sulla fronte e, dopo aver fatto passare qualche secondo, prese un respiro grandissimo nella speranza di calmarsi.
- Quello finirà con il farsi ammazzare.- sussurrò, portando lo sguardo verso una delle tante fotografie che decoravano la stanza.
- Che cosa faremo quando arriveremo a Churchill?- chiese la rossa, nella speranza di distogliere l'attenzione del ragazzo da quell'argomento delicato.
- Ho degli amici che possono accoglierci lì per un po'. Faremo calmare le acque e poi decideremo. Alla fine soltanto tu e lui siete ricercati.- spiegò mostrandosi anche piuttosto vago nel farlo.
- D'accordo.- evitò di chiedere altro perché conscia della situazione decisamente poco gradevole che l'altro stava passando.
Tutto d'un tratto sentì la gamba destra vibrarle e, dopo essersi ricordata di aver ripreso il cellulare dalla tasca di Duncan mentre dormiva, tirò fuori il telefono tentando di capire chi la stesse chiamando. Il numero non era registrato sul suo cellulare e la scritta sullo schermo riportava semplicemente le dieci cifre. Esitò per un po' finché decise di rispondere.
- Chi è?- domandò, riuscendo solamente a far fuoriuscire qualche suono esitante dalla bocca.
- Rossa, passami DJ. - riconobbe all'istante quella voce.
- Duncan?! Ma che diavolo...- tentò di capire il perché di quella telefonata, ma il punk la riportò alla realtà alzando la voce.
- Muoviti, idiota!- dopo aver udito quelle parole passò istintivamente il cellulare fra le mani del nero, che dopo aver sentito il nome dell'amico già aveva iniziato a preoccuparsi.
- Sono io. - deglutì rumorosamente e si alzò dalla sedia per andare a vedere fuori dalla finestra. La macchina non c'era più.
- Io vado a fare il culo a quei coglioni. Tu riporta la rossa a casa, meglio non coinvolgerla troppo in questa storia. Basterà dire che era mio ostaggio. Ah, ho preso l'auto. - disse l'ultima frase come se fosse superflua lasciando l'altro completamente sbiancato, per quanto potesse esserlo, in volto.
- Stai scherzando, spero?- non riuscì a dire altro perché il punk abbassò la chiamata senza aggiungere altro. Immediatamente DJ guardò Zoey, ancora ben poco cosciente di quello che era accaduto, con uno sguardo quasi spaventato.
- Che diavolo è...- venne interrotta dal nero che, dopo aver preso un paio di chiavi da uno dei tanti mobili della casa, la chiamò a sé.
- Muoviti, dobbiamo andare subito.-
- E dove?- domandò lei ingenuamente.
- Da Duncan, ovvio. Quello potrebbe fare qualche grossa stronzata.- rispose in un modo tanto naturale da far sembrare la risposta scontata.
- Ma non sappiamo nemmeno dove è diretto.- controbatté la rossa.
- Lo conosco da un sacco di tempo. Non può che essere andato da Harold.- in nemmeno cinque minuti era tutto pronto  tanto che il nero si accinse ad uscire dalla porta lasciandola spaesata a sedere sulla sedia.
- E come ci andiamo? La macchina l'ha presa lui.-
- Ho la cosa che fa al caso nostro.- detto ciò la invitò a seguirlo nel giardino. Aprì la porta del garage e lì, in bella vista, c'era una moto grigia. Zoey intuì subito ciò che voleva fare e per poco non vomitò al solo pensiero di salire sopra quell'affare.
Senza nemmeno rendersene conto si ritrovò un casco in mano che, per forza di cose, fu costretta ad indossare. Salì goffamente sulla moto, la quale emise un rombo prepotentemente, spaventandola, aspettando che il nero partisse.
Non appena sentì l'aria fredda colpirle con violenze la pelle spoglia - infondo era pur sempre in pantaloncini e maglietta a maniche corte - rabbrividì. Ad ogni curva sentiva quel poco che aveva mangiato risalirle rapidamente lo stomaco per poi venire ricacciato giù da lei stesse non appena la situazione si metteva leggermente meglio, seppur quegli attimi di pace non durassero che pochi secondi.
DJ non le aveva detto dove fossero diretti e tutto ciò non faceva che peggiore le cose. Tentava di resistere al continuo impulso di gettarsi dalla moto per evitarsi tale sofferenza, ma si sentiva come pietrificata. Il vento la costringeva a rimanere immobile aggrappata alla schiena del ragazzo che, dal canto suo, non aveva proferito una singola parola.
 
Il Cd che si era portato dietro era finito per la decima volta e si apprestava a rincominciare da capo eseguendo quel rumore che Scott trovava estremamente fastidioso. Durò solo cinque secondi, giusto il tempo di distrarlo dal suo cellulare per fargli portare lo sguardo verso la casa dove si stava tenendo un siparietto piuttosto interessante.
Solo in quel momento si ricordò di aver promesso al suo capo che avrebbe accelerato i tempi di lavoro, d'altronde dopo quello avrebbe smesso per sempre. Sbuffò, per poi accendersi una sigaretta. Trasse tutto il fumo dentro di sé, dopodiché lo rilasciò con calma mentre guardava fisso il punk.
Scott fu costretto a lasciarla a metà quando si rese conto che il criminale era appena salito sull'auto ed era partito per una destinazione a lui sconosciuta. Gettò una rapida occhiata dentro la casa e si rese conto che i due non sospettavano nulla della sua fuga.
Era l'occasione perfetta per prendergli i soldi. Accese l'auto e, in nemmeno dieci secondi, si mise dietro di lui e lo seguì cercando di non dare nell'occhio.
 
Duncan parcheggiò la macchina nel primo spazio disponibile che trovò e, dopo aver sbattuto con violenza la portiera, si avviò a grandi falcate verso la piccola abitazione davanti a lui. Lì viveva Harold Brown, suo vecchio compagno al liceo ed esperto di informatica.
Si avvicinò alla porta e bussò diverse volte, attendendo impaziente che il ragazzo aprisse. Si ritrovò davanti un tipo mingherlino dai capelli rossi, occhi verdi ed un minimo accenno di baffi rossastri trattati decisamente con poca cura. Nel vederlo, Harold assunse un'espressione disgustata.
Loro due non era mai stati amici, anzi, spesso e volentieri il punk lo aveva picchiato e deriso davanti all'intera classe. Duncan sapeva dell'odio incondizionato che il rosso provava verso di lui, ma in quel momento non gliene fregava niente. Quel nerd sfigato era l'unico che poteva aiutarlo.
- Che diavolo ci fai qui? Vi ho già dato le cartine della banca, non voglio aver nient'altro a che fare con questa storia.- sbottò, per poi provare a chiudere la porta di scatto. Prontamente il moro gli impedì di farlo con una mano, dopodiché entrò dentro spingendolo.
- Mi servono delle informazioni. E tu dovrai darmele.- disse, guardandolo con fare minaccioso.
- No, basta. Ho fatto fin troppo.- scosse la testa, poi portò le braccia al petto e lo guardò male nella speranza capisse che era il momento di andarsene.
- Cavolo, sei proprio un idiota. Non ricordi cosa è successi l'ultima volta?- lo afferrò per la maglietta e lo tirò verso di sé mostrandogli il pugno destro a pochi centimetri dal suo volto. A quella vista il rosso deglutì e chiuse istintivamente gli occhi.
- Sì, mi hai picchiato.- ammise, abbassando lo sguardo - E questo dimostra quanto tu sia idiota! Vi avrei aiutato comunque...- sussurrò, assumendo nuovamente un'espressione sdegnata come quella di prima.
- Oh, l'idiota riesce a ricordarsi qualcosa.- disse ironicamente Duncan - Bene, quindi adesso fai come ti dico e non ti farai male, va bene?- lo sollevò da terra e lo appese contro il muro, osservandolo con fare disgustato mentre questo cercava, inutilmente, di liberarsi dalla presa.
- Se Geoff fosse qui non faresti tanto il gradasso.- a quelle parole il punk perse lucidità e lanciò il rosso contro un comodino.
- Non me ne fotte un cazzo! Adesso andiamo di sopra e cerca quelle fottute informazioni per me. - lo prese per il braccio e lo trascinò verso la stanza di sopra con violenza, senza dargli nemmeno il tempo di rimettersi in piedi.
- Che devo cercare?- domandò Harold, sistemandosi gli occhiali e mettendosi a sedere davanti al suo computer.
- Chris MacLean. Voglio sapere qualsiasi cosa su di lui. Anche il minimo dettaglio.- spiegò, per poi gettarsi di peso sopra il letto di fianco al ragazzo.
- Bene, per domani dovrei avere finito.- disse l'altro, iniziando a digitare il nome sulla tastiera.
- No, è troppo tempo. Mi serve in un'ora.- Harold sussultò non appena Duncan disse quelle parole, quasi come se gli avesse chiesto qualcosa di impossibile.
- Eh? Così poco?- si lamentò il rosso, osservando lo sguardo duro del punk.
- Sì, sbrigati.- urlò, costringendolo ad iniziare la ricerca con far ancora più frettoloso. Lo vide smanettare sulla tastiera per qualche minuto, mentre un fiume di parole verdi su schermo nero gli appariva davanti.
Sospirò, completamente perso nei suoi pensieri. Doveva assolutamente sapere di più su MacLean se voleva anche solo sperare di poter vendicare Geoff. Si portò le mani sulla fronte e appoggiò la testa contro il muro nella speranza che il nerd riuscisse seriamente a procurargli le informazioni in poco tempo. Infondo sapeva che DJ a breve si sarebbe diretto lì.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Capitolo sette, il cui titolo ci è stato gentilmente offerto dai Red Hot Chilli Pepper (che fra l'altro hanno anche suonato la canzone "The Getaway", ovvero il nome proprio della storia)
Le cose iniziano a farsi belle toste e con questo capitolo inizia il centro del primo arco narrativo (questa storia ne ha due) che sperò vivamente vi piacerà.
Fino ad adesso è stato tutto così lento, invece adesso inizierà ad essere un tantino più movimentato. Spero vivamente che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
Ci vediamo venerdì.
Ah, per chi sta seguendo "Care Project", vi comunico che i capitoli usciranno ogni domenica, ma tanto poi lo scriverò nell'angolo autore del prossimo capitolo.

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Capitolo 9
*** #8 - Enter Sandman ***


- Non puoi fare più in fretta?- si lamentò Duncan, mentre Harold continuava a digitare tasti sulla tastiera in maniera quasi casuale.
- Ehi, non rompere! Mi hai dato poco tempo e, oltretutto, lo sto facendo gratis.- sbottò quello, dedicandogli un'occhiataccia che il punk ignorò bellamente.
- Ti do centomila dollari.- disse tutto d'un fiato, osservando la bocca del rosso che si apriva per la sorpresa. Notò comunque un pizzico di diffidenza sul suo volto, quindi prese la valigia, che si era portato dietro per sicurezza, e gliela aprì davanti agli occhi. Harold quasi svenne quando vide quella montagna verde davanti ai suoi occhi.
- Un'ora e mezza.- disse, sistemandosi gli occhiali.
- Eh?- rispose Duncan, alzando un sopracciglio.
- Dammi un'ora e mezza e avrai tutte le informazioni che vuoi.- esclamò poi, riprendendo a digitare più velocemente di prima. Il punk, dal canto suo, si limitò a fargli cenno di assenso con la testa, per poi sdraiarsi sul letto e ripensare alla giornata da incubo che stava vivendo.
Aveva perso Geoff. Per provare a ripagare il debito avevano fatto perfino una rapina in banca, eppure non era bastato. In effetti il tempo che gli era stato dato da MacLean era scaduto da un pezzo, ma per varie questioni avevano dovuto slittare l'operazione di un po' di tempo e, quando finalmente erano riusciti ad avere i soldi, quel bastardo aveva ammazzato Geoff.
Il biondo era il suo miglior amico. Si erano conosciuti durante le scuole medie e, tra una rissa e l'altra, alla fine erano riusciti a instaurare un rapporto di amicizia molto solido. Nel loro gruppo, in totale erano quattro, c'era anche DJ.
Non avrebbe mai potuto scordare il loro primo incontro. Aveva a malapena dodici anni e si era già messo contro tutti i ragazzini di terza media solo nel primo giorno. Inutile dire che, essendo quelli una decina, Duncan le aveva prese di brutto.
Ripensando a quegli avvenimenti chiuse gli occhi, concedendosi qualche ora di sonno perché, seppur avesse dormito per un po' a casa di DJ, ne sentiva fortemente la necessità.
 
- Come ti è anche solo venuto in mente di sfidarci? Non sei che un marmocchio!- le parole del bullo davanti a lui non lo toccarono minimamente. Si alzò e, sputando della saliva insanguinata, riassunse una posizione di difesa con le braccia davanti al volto.
Nei suoi occhi azzurri era facilmente leggibile l'odio che provava verso quei tre individui davanti a lui. Trasse un profondo respiro, dopodiché si mise a ridere cercando di fare il gradasso.
- Eh? Posso battervi anche da solo. Non siete che feccia.- urlò, marcando con un ghigno l'ultima parola. I tre si guardarono e, dopo aver ricevuto un cenno affermativo dal "capo", gli andarono in contro.
- Bene, adesso ti spacchiamo il culo. - disse uno di loro, mentre Duncan iniziava ad indietreggiare piuttosto spaventato. In effetti quella di sfidare tre ragazzi di due anni più grandi di lui non era stata una bella idea, soprattutto se quelli sono conosciuti come i "bulli più spaventosi della scuola".
I tre allungarono la mano verso di lui, ma una voce esterna li costrinse a fermarsi.
- Ehi, scusate, posso passare?- un bambino, coetaneo di Duncan, si fece in avanti con la bicicletta e, suonando il campanello, chiese il permesso. I tre lo guardarono straniti, poi si spostarono permettendogli di proseguire - Grazie mille!- urlò, per poi ripartire alla velocità della luce.
Duncan, che aveva avuto modo di riprendere fiato, si aggrappò alla bicicletta del bambino, conscio che fosse la sua unica via di fuga.
- Ehi, ma che diavolo...- quello si voltò, osservandolo mentre si issava sul retro del veicolo.
- Zitto e pedala!- gridò il moro, mentre i tre bulli iniziarono ad inseguirli. Seminarli non fu facile, dovettero svoltare negli angoli più impensabili della città, che fortunatamente Duncan conosceva bene, e oltretutto il peso sulla bici non gli permetteva di andare veloce, relegandoli quindi a stare solo qualche metro davanti ai tre.
Riuscirono a staccarseli da dietro quando, raggiunta una zona di campagna, i due si ritrovarono davanti ad un piccolo fossato.
- Tira dritto!- gridò Duncan, guardando i bulli a pochi passi da loro.
- Eh? Ma stai scherzando? Ci cascheremo dentro!- obiettò l'altro, mentre con tutte le sue forze pedalava e reggeva il manubrio.
- Fidati di me! Ce la faremo!- il biondo deglutì e, nella speranza di caricarsi, cacciò un urlo fortissimo e iniziò a pedalare con ancora più violenza.
- Merda, merda, merda, merda!- i due arrivarono a pochi centimetri dal burrone e, proprio quando Geoff pensava stessero per prenderli, la bici slittò e finì dall'altra parte del pendio, facendo cadere i bulli dentro la fossa.
I due gridarono di gioia, accompagnando quelle urla con qualche insulto creativo rivolto ai tre, poi proseguirono per seminarli definitivamente.
Si fermarono vicino ad un albero e, completamente esausti, seppur Duncan avesse fatto relativamente poco, si buttarono a terra respirando affannosamente. Gli occhi azzurri del moro puntarono immediatamente verso il cielo, dove una quantità sproporzionata di nuvole vi stava galleggiando.
- Come facevi a sapere che ce l'avremmo fatto?- chiese il biondo, con gli occhi scintillanti. Si era divertito come non mai, seppur inizialmente avesse avuto paura.
- Me lo sentivo. Fortunatamente hai pedalato bene.- rispose così, lasciando intendere che non era del tutto sicuro di ciò che diceva.
- Io mi chiamo Geoff.- asserì l'altro, porgendogli la mano. Il futuro punk esitò, ma dopo qualche secondo assunse un sorriso e la strinse.
- Io sono Duncan, piacere di conoscerti.- i due si guardarono negli occhi, consci che sarebbe nata una bella amicizia.
 
- Eureka!- venne bruscamente svegliato da un urlo da parte di Harold che, ormai da un bel pezzo davanti al computer, aveva finalmente smesso di smanettare. Si gettò indietro con la schiena, mentre il punk si tirò su dal letto e si mise accanto a lui.
- Hai trovato le informazioni?- domandò poi il punk, speranzoso di una risposta positiva. Il rosso gli sorrise, facendolo ghignare bellamente.
- Sì, adesso devo soltanto scaricarle.- spiegò, riprendendo a scrivere sulla tastiera ad una velocità impressionante. Duncan rimase accanto a lui, curioso di sapere anche la più semplice informazione sul gangster.
- Bene, vedo che qualcosa di utile sai farlo.- borbottò poi, mettendosi a sedere sulla sedia al fianco del nerd. Quello roteò gli occhi indispettito.
- Smettila di trattarmi così! Alla fine ti sto aiutando.- si lamentò Harold, intrecciando le braccia al petto. Il punk lo ignorò, iniziando a leggere qualcuna delle icone che apparivano sullo schermo.
- Sì, come no. Lo fai solo per i soldi.- ribatté poi, affondando il collo sul bordo della sedia con fare esausto.
- Ovvio, non voglio più avere nulla a che fare con voi.- confermò il rosso e, borbottando altre frasi, riprese a spostare i vari file - Tra un'ora avremo finito.- aggiunse infine, facendo sbuffare Duncan.
- D'accordo.- confermò il moro, ormai arresosi all'idea di dover rimanere in quella casa per dell'altro tempo - Sappi che ti pagherò quando avrai finito. Io non lascio anticipi.- Harold roteò gli occhi, visibilmente irritato dalla presenza del punk.
- Oh, non avrai bisogno di pagarlo.- una voce a loro sconosciuta si aggiunse e li portò a girarsi con fare sorpreso. Un ragazzo dai capelli rossi, piuttosto alto, con le lentiggini su tutto il viso e l'espressione non molto intelligente li stava osservando dall'entrata della stanza con una pistola in mano, puntata contro Duncan.
- E tu chi cazzo sei?- domandò il punk, deglutendo per lo spavento.
- Considerami quello a cui ripagherai il debito.- tagliò corto Scott, avvicinandosi - Sai, mi sarebbe bastato anche solo entrare dentro la tua macchina, ma a quanto pare la valigia te la sei portata dietro.- aggiunse poi, guardando l'oggetto grigio sul letto.
- Tu sei un uomo di MacLean, vero?- chiese il punk. Una scintilla di odio si era appena accesa nei suoi occhi. la sua tipica espressione da ragazzaccio si era amplificata all'ennesima potenza, portandolo ad assumere quella tipica di un killer.
- A quanto pare sei un ragazzo intelligente. Non lo avrei mai detto.- un leggero ghigno si dipinse sul suo volto, mentre Duncan stava lentamente perdendo il senno.
- Figlio di puttana.- il moro strinse i pugni con violenza, noncurante dei tagli ancora aperti sulle sue mani, e lo guardò dritto negli occhi.
- Su, cosa ti sarà mai successo? Alla fine abbiamo solo ucciso un poveraccio che non ha potuto pagarsi un debito. Era nei patti.- aggiunse il rosso sfidandolo con lo sguardo. Duncan sentì l'istinto di saltargli addosso e di picchiarlo fino alla morte, ma la pistola che aveva puntata contro gli impedì di muoversi. Era senza ombra di dubbio un tipo istintivo, però, in casi estremi, riusciva a capire quando fermarsi.
- Eh? Geoff è...- Harold, che fino a quel momento era stato all'oscuro di tutta la faccenda, sussultò nel sentire quelle parole.
- Sì, il cowboy dei miei stivali è stato fatto fuori.- confermò Scott, notando il nerd che deglutiva lentamente.
- Sei stato tu?- Duncan richiamò la sua attenzione, accorgendosi del fatto che il rosso non avesse ben capito la domanda - Lo hai ucciso tu?- ripeté, scandendo bene ogni singola parola.
- No, non sono stato io. - a quelle parole il punk sembrò insoddisfatto, quasi come se sperasse di uccidere lui e poi andare avanti con un peso in meno.
- Peccato. Comunque non importa, ti ammazzerò comunque più tardi.- disse sorridendo, mentre il rosso esplose in una risata sonora.
- Mi sa che non hai capito un cazzo. Io prendo la valigia e me ne vado, il tutto mentre tu e il tuo amico sfigato nerd morite lentamente. Chiaro?- precisò Scott, guardando il punk con un sorriso stampato in volto.
Duncan alzò lo sguardo e, dopo aver visto dietro il rosso, rise e lo guardò con aria di sfida.
- Penso che sarai tu a fare una brutta fine.- l'altro lo guardò con espressione confusa, il tutto mentre il moro ridacchiava.
- Eh? Che cosa stai farneticando? Beh, credo sia giunto il momento di farti imparare la lezione.- detto ciò tolse la sicura dalla pistola e gliela puntò contro la fronte.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Capitolo corto e di transizione. Beh, non c'è molto da dire. Scopriamo un po' di background di Duncan e poi Scott prova subito a farcelo fuori. Che furfantello!
Ci vediamo Martedì ;-)

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Capitolo 10
*** #9 - Walking Disaster ***


Duncan sentì la canna della pistola poggiare contro la sua fronte e invece di esserne spaventato, o comunque intimorito, mantenne un sorriso sul volto, il tutto mentre Scott premeva l'arma con maggiore forza.
- Non c'è niente da ridere, punk da due soldi.- disse, leggermente irritato dal suo atteggiamento.
- Nemmeno per te. - rispose il moro, con uno sguardo sempre più soddisfatto in volto.
- Ah sì? Vuoi vedere?- lo intimò il rosso, pronto a premere il grilletto. Non ebbe tempo di dire altro, perché sentì un dolore fortissimo alla testa e poi cadde perdendo coscienza. Alle sue spalle c'era DJ che, con un pezzo di legno, lo aveva atterrato.
- Avete fatto in tempo.- disse il punk, con un sorriso spavaldo in volto. Il nero gli si avvicinò e lo colpì in volto con un pugno - Ma sei impazzito?- si lamentò il punk, toccandosi il punto dolente.
- Che ti è saltato in mente, fratello?- DJ lo prese per le spalle e lo scosse con violenza, quasi con le lacrime agli occhi - Se ti avesse ammazzato saremmo stati tutti nella merda! Ma ci pensi prima di fare le cose?- dopo avergli fatto quella rimpallata, lo abbracciò, stringendolo fortissimo.
- Sì, sì, ho capito, mi spiace, però adesso lasciami.- urlò Duncan, spingendolo via da se con uno sguardo piuttosto seccato.
- Ce l'avete fatta?- dalla porta fece capolino Zoey che, guardandosi con fare preoccupato intorno, si avvicinò ai due.
- E lei perché è qui? Ti avevo detto di riportarla a casa!- si lamentò il punk, gettando un'occhiataccia ad entrambi.
- Ero troppo impegnato a salvarti il culo. E di certo non potevo lasciarla da sola. - controbatté il nero, alzando le braccia al cielo, per ricordargli quanto fosse stato stupido il suo comportamento.
- Ah, che palle. La riporteremo indietro dopo, prima questo nerd deve darmi delle informazioni.- si batté una mano sulla fronte, cercando di riordinare nella sua testa gli eventi che si sarebbero susseguiti.
- Ehi, non offendere!- Harold provò a difendersi, ma venne ignorato.
- Quanto hai detto che manca?- domandò il moro, accompagnando quelle parole da uno sbadiglio.
- Un'ora al massimo.- replicò il rosso, lanciando un'occhiata verso lo schermo per essere sicuro.
Nel frattempo, DJ aveva legato Scott ad una sedia, portata lì da Zoey, e lo stava tenendo d'occhio. Il colpo che gli aveva inflitto alla testa sanguinava, ma non era nulla di grave, tanto che si limitò a coprirlo con un cerotto dopo averlo superficialmente disinfettato.
- Io vado a fumare.- dopo quasi una decina di minuti di silenzio, Duncan si alzò dal letto e si diresse verso il giardino, venendo però bloccato dal nero.
- Altolà, dove hai intenzione di andare?- chiese DJ, assottigliando lo sguardo.
- Te l'ho già detto, vado a fumare.- il punk roteò gli occhi, stanco di tutte quelle osservazioni.
- Non è che poi te la svigni? Sai, non mi fido molto di te ultimamente.- si portò le braccia al busto, guardandolo come sua madre quando le diceva che aveva fatto tutti i compiti anche se non era vero.
- Ma che diamine stai dicendo?- sospirò con forza, quasi stupito dalla premura dell'amico.
- Zoey, va con lui, sia mai che si perda.- ordinò poi, aumentando l'intensità del tono di voce nelle ultime parole. Il punk non poté far altro che alzare le spalle, per poi dirigersi di sotto senza aspettare la ragazza, che lentamente si stava alzando dalla sedia su cui era seduta.
- Aspettami!- disse, balbettando leggermente. Il ragazzo, ovviamente, non la ascoltò e si precipitò verso il giardino a gambe levate. Zoey lo raggiunse pochi secondi dopo e lo trovò con una sigaretta fra le dita, appoggiato ad una staccionata.
La casa di Harold era piccola, seppur avesse due piani, ed il giardino era in realtà poco spazio recintato da una recinzione alta poco più di un metro.
- Quando avrò ricevuto le informazioni da Harold, dirò a DJ di riportarti a casa. - iniziò il moro, per poi gettare fuori tutto il fumo - Dovrai dire alla polizia che eri un mio ostaggio, almeno non avrai problemi.-concluse, sbattendo la sigarette e facendo cadere la cenere per terra.
- Beh, io...- la rossa non riuscì a parlare, perché interrotta prima ancora di incominciare.
- Stai attenta anche agli uomini di MacLean, potrebbero rintracciarti. In quel caso, digli dove siamo diretti e festa finita.- a quelle parole Zoey rise, facendolo innervosire - Cos'hai da ridere?- gettò a terra il mozzicone, guardandola in modo sgarbato.
- Sei un bravo ragazzo, Duncan.- a quelle parole il volto del punk divenne tutto rosso.
- Ma che diavolo stai dicendo? Ho fatto più crimini io di tutta Montreal messa assieme!- scosse la testa, palesemente imbarazzato, dopodiché rientrò dentro seguito dalla ragazza.
 
Passarono due ore, durante le quali Harold ebbe completato il download delle informazioni, rendendogli quindi possibile passarle a Duncan, scalpitante di riceverle.
- Chris MacLean, nato il sedici novembre del millenovecentosettantotto a Blow Me Down Island, nella provincia di Terranova e Labrador. Da più di venti anni è nel giro mafioso ed è uno dei maggiori importatori di cocaina in Canada. Ho scoperto un sacco di altre informazioni interessanti, ma sono tutte sulla sua vita privata. Purtroppo il luogo dove si trova la sua base o la posizione precisa della sua banda non è cosa pubblica. Però il loro raggio d'azione è concentrato nel centro Canada.- spiegò Harold, cercando di riassumere tutto ciò che era apparso sullo schermo.
- Cazzo, per scovarlo dovrò utilizzare metodi alternativi.- concluse il punk, massaggiandosi le tempie con forza. Era molto stanco e sapeva che, se davvero avesse imboccato quel sentiero cercando vendetta, avrebbe dovuto fare sforzi immani.
- Potresti provare a chiedere nei bassifondi di Montreal, alla fin fine è piuttosto conosciuto.- provò il rosso, iniziando una discussione su come potesse fare.
- Sì, hai ragione, ma rischio di attirare troppa attenzione.- scosse la testa, conscio che così non poteva andare.
- Ehm... scusate...- Zoey provò ad intromettersi, ma i due non la calcolarono minimamente.
- Oppure posso provare a cercare qualche nome affiliato, ma ti costerà di più.- il nerd strusciò le dita fra loro, facendo innervosire non poco il punk, il tutto mentre la rossa stava provando a esporre la sua opinione, ma veniva continuamente sovrastata dalle loro voci.
- Sei proprio un pidocchio!- protestò il moro, portando un pugno verso la sua faccia.
- Ehi, dovrò campare pur io!- ribatté quello, facendogli la linguaccia.
- La verità è che io ti sto sulle palle e tu vuoi spennarmi.- Duncan lo prese per il colletto, portando le loro facce alla distanza di solo qualche centimetro.
- E se anche fosse?- Harold continuò con il suo atteggiamento strafottente, noncurante del pericolo.
- Chiediamo a lui!- l'urlo di Zoey fermò i due, vicini a fare una rissa il cui vincitore era già annunciato, portandoli a guardarla con sguardo confuso. La ragazza stava indicando Scott, appoggiato contro sulla sedia e ancora senza coscienza.
- Bell'idea, ma potevi anche dircelo prima.- si lamentò il punk. La rossa a quelle parole cercò di sopprimere i suoi istinti omicidi sbattendo gli occhi e stringendo i pugni.
- Sì, sarebbe bastato saperlo prima.- anche Harold, che nel frattempo si stava sistemando la maglietta stropicciata dal moro, ebbe da ridire, aumentando ancora di più il nervosismo nella ragazza. L'unico suo sostegno lo ricevette da DJ, che scosse la testa per farle capire che cose come quelle erano la norma.
- Allora, pel di carota, svegliati.- Duncan colpì Scott con una schicchera, seguita da altre pian piano sempre più forti. Solo alla decima si svegliò, ovviamente con un forte dolore alla testa, rea di essersi presa anche una forte bastonata.
- Eh... ma... dove sono?- domandò, guardandosi intorno tutto confuso. La prima cosa che vide fu il volto di Duncan, non molto rassicurante, che gli stava ghignando a pochi centimetri dal volto.
- Nella casa degli incubi.- disse poi, tanto per farlo spaventare ancora di più.
- Tu! Lo stupido punk da quattro soldi!- urlò il rosso, agitandosi.
- Ti ricordo che sei mio ostaggio, ergo se hai a cuore la pelle ti conviene rimanere in silenzio.- il moro lo afferrò con i capelli, per poi alzarlo di peso - Tu adesso mi dirai dov'è MacLean, chiaro?-
- E se non volessi?- subito Duncan lo colpì con un pugno sulle zigomo, cercando di essere il più chiaro possibile.
- Questo.- tagliò corto, aspettando una risposta.
- Si trova a Winnipeg.- il rosso abbassò la testa, conscio di non poter far altro se non quello che gli veniva richiesto dal punk.
- Eh? In quella provincia di sfigati? Non è che mi stai prendendo per il culo?- gli appoggiò il pugno sul mento, venendo bruscamente allontanato.
- Perché mai dovrei farlo?- protestò quello, sbuffando e poi portando la testa contro il muro, preda dell'esasperazione.
- Quanto ci vuole da qui a Winnipeg?- Duncan si rivolse verso Harold che, dopo una rapida ricerca, riuscì a calcolare la distanza effettiva.
- Più o meno... trenta ore di macchina. - si voltò verso il punk, indicandogli con una mano lo schermo del computer. C'era una leggera linea rossa che partiva da Montreal fino a Winnipeg, cittadina posta al centro-sud in cui lui non era mai stato.
- Perfetto, partiamo subito.- il moro schioccò le dita, per poi iniziare a prendere le sue cose. Il tutto sotto lo sguardo confuso di DJ, Scott, Harold e Zoey.
- Eh? Adesso?- protestò la rossa, notando l'orario. Erano le sei e, se davvero avessero dovuto fare quel lungo viaggio, sarebbero arrivati a destinazione due giorni dopo verso mezzogiorno.
- Certamente, tanto mi fermerò per strada, ho una persona da visitare.- rispose quello, prendendo la valigia con dentro i soldi ed aprendola.
- Vuoi andare da...- il nero provò a parlare, ma il punk gli rispose senza lasciarlo finire.
- Sì, devo per forza.- sul volto dei due si dipinse un espressione cupa e triste, che Zoey captò immediatamente - Ehi, nerd dei miei stivali, prendi.- estrasse una decina di mazzetti, contenenti banconote da cento e cinquecento dollari, e glieli lanciò uno per uno, osservandolo mentre, nel tentativo di prenderli tutti al volo, cadde per terra inesorabilmente.
- Potresti essere anche un po' più gentile, eh. - Harold non gli risparmiò qualche occhiatacce, che lui ignorò senza problemi.
I cinque uscirono di casa e si diressero verso la macchina di Duncan, facendo attenzione a non essere seguiti.
- Bene, è stato un onore. Spero di tornare tutto intero.- il punk prese Scott e, senza avere il minimo tatto, lo sbatté nei sedili posteriori ancora legato. Dopodiché si rivolse verso i tre rimasti in piedi ad osservarlo - Harold, non avrei mai pensato di dirlo, ma sei stato utile.- provò a metterci più sentimento possibile in quelle parole, ma il meglio che riuscì a fare fu assumere un tono mezzo ironico.
- Ovviamente, io lavoro sempre con efficienza!- rispose quello cercando fare il duro, seppur in realtà fosse felice di sentirsi dire quelle parole.
- DJ, se possibile fa sparire la macchina di pel di carota da qua.- indicò la vettura grigiastra parcheggiata, malissimo, a qualche metro dalla sua - Ci rivedremo, non preoccuparti.- promise, per poi portare il pugno in avanti.
- Ne sono sicuro, alla fine sei uno tosto, no?- DJ batté il pugno con quello dell'amico, per poi abbracciarlo con le lacrime agli occhi - Stai attento, eh!- lo colpì con delle pacche sulle spalle, rischiando di fratturargliele.
- Sì, sì, non preoccuparti.- si liberò della sua prese e si girò verso Zoey, ferma a pochi passi da lui con le braccia dietro la schiena ed un mezzo sorriso in volto - Per quanto riguarda te... beh, buona fortuna per tutto.- non sapeva precisamente cosa dire, tanto che arrancò qualche parola a casaccio per far credere di avere il pieno controllo della situazione.
- Anche a te. - detto ciò gli porse la mano, che il punk strinse con un sorriso in volto. Fatto ciò, Duncan entrò in macchina e, dopo aver abbassato il finestrino rivolse un ultimo saluto ai suoi amici.
- Bene, adesso parto. Ah, DJ, ti ho lasciato un po' di grana sotto al letto, vedi di usarla bene.- il nero provò a ribattere, ma il punk tirò su il vetro ridendo.
- Perfetto, partiamo.- quando Duncan sentì quelle parole si voltò di scatto e per poco non ebbe un sussulto. Zoey era entrata in macchina, nel sedile accanto al suo, e si era appena messa la cintura.
- E tu che diavolo ci fai qua? Scendi.- intimò, guardandola con un'espressione confusa.
- Eh? Io vengo con te, ovviamente.- la rossa alzò le spalle, mentre teneva le mani sulle ginocchia con la massima tranquillità.
- No, è troppo pericoloso.- scosse la testa, facendole cenno di scendere.
- Ne ho già parlato con DJ, mandarti da solo è praticamente un suicidio. Hai bisogno di qualcuno che ti controlli.- si indicò con l'indice, abbozzando a quel mezzo sorriso che era solita fare in quelle situazioni.
- Ma... ma... e che diavolo! Guarda che sarà pericoloso.-
- Lo so. -
- Potresti morire.-
- Lo so. -
- Te l'hanno mai detto che sei svampita?-
- Lo so. -
- Cazzo... beh, allora partiamo.-
- Ottimo.-
Dopo quella breve discussione Duncan non poté far altro che accendere l'auto e partire, venendo accompagnato da un sorriso soddisfatto della rossa che, in tutta sincerità, trovò veramente irritante.
 
 
ANGOLO AUTORE:
La storia inizia! La nostra combriccola, composta da Scott, Duncan e Zoey, si prepara all'avventura. A ringraziare è Harold, che ci ha messo su un bel gruzzoletto, mentre DJ, beh, fa il classico DJ.
Adesso inizia la parte più difficile da scrivere, ma allo stesso tempo quella più veloce e "romanzata". State pronti, martedì ne vedrete delle belle!

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Capitolo 11
*** #10 - Scar tissue ***


Noah aveva ormai perlustrato la casa in lungo e in largo. La chiamata era stata effettuata nel primo pomeriggio ed il mittente, voluto rimanere anonimo, aveva semplicemente detto di aver sentito dei rumori strani provenire da quell'abitazione.
I due poliziotti rinvenuti all'interno avevano detto di aver visto una ragazza dai capelli rossi ed un punk, identificato come il ricercato Duncan Nelson, che li aveva messi al tappeto, e di un terzo individuo mascherato corso in loro aiuto.
Pertanto, almeno secondo Courtney, era più che ovvio che il colpevole fosse Duncan, seppur mancassero le prove tecniche. Innanzitutto i due erano amici, cosa dimostrata dalle tante foto assieme presenti nell'appartamento, inoltre i poliziotti avevano riportato di aver sentito un forte urlo prima di entrare che, con massima probabilità era appartenuto alla rossa in compagnia del criminale.
Uscì fuori per fumarsi una sigaretta, con un fortissimo mal di testa causato dai pensieri accumulati in mente, ed in quel momento vide l'insopportabile auto grigiastra di Courtney nella corsia opposta. La castana parcheggiò e, con una furia piuttosto evidente, gli andò in contro.
- Come siamo messi?- chiese, strappandogli di mano il quaderno contenente le informazioni riguardanti il caso - Com'è possibile che non si arrivi ad una conclusione sicura? Siete davvero così idioti?- dopo una rapida sfogliata di pagine iniziò a dare di matto, cosa che l'indiano aveva già messo in conto.
- Eppure sei una detective da diverso tempo, dovresti sapere quanto ci vuole per essere sicuri riguardo ad un omicidio.- ironizzò, seguendola mentre si dirigeva dentro l'abitazione, costringendolo quindi a gettare la sua sigaretta, ancora perfettamente integra, per terra.
- Lo hanno avvistato qua, no? Quindi deve essere stato lui per forza!- sbatté i pugni sulle sue gambe ed iniziò a girare in tondo senza pazienza.
- Te lo ripeto per l'ennesima volta: non abbiamo prove. Inoltre la versione dei fatti che ci raccontano i poliziotti non coincide con quella che ci hai proposto.- Noah sospirò, conscio che ciò avrebbe fatto arrabbiare ancora di più la detective.
- Però ha comunque sparato a dei poliziotti, giusto?- sorrise nel vedere che l'indiano stava annuendo - Perfetto. Allora abbiamo già abbastanza prove per incastrarlo.- schioccò le dita, mettendosi poi a sedere sul divano.
- Dobbiamo però considerare che...- il suo discorso venne interrotto da un rumore proveniente dalla sua tasca destra. Estrasse il cellulare e, dopo aver letto il nome, sospirò per la terza volta, con un'espressione di rassegnazione in volto - Che palle. Vado un attimo fuori, continuiamo dopo.- si congedò, dirigendosi verso l'uscita e lasciandola da sola.
Courtney, stremata per colpa dei turni di lavoro, appoggiò la testa sul bordo del divano e provò a chiudere gli occhi, seppur sapesse che non avrebbe dovuto dormire in un luogo del genere. Era più che sicura che, in breve tempo, Duncan sarebbe stato sbattuto nuovamente in carcere e quella piccola macchiolina rossa sul suo curriculum se ne sarebbe andata per sempre.
Pian piano rallentò il respiro, rilassò i muscoli e si concesse un po' di meritato riposo.
 
Sei anni prima, presso il penitenziario minorile di Toronto.
- Courtney Barlow, per quanto tu sia ancora minorenne, ci è stato detto che sei dotato di ottime capacità di giudizio. Pertanto abbiamo deciso di metterti in prova qua, così da poterti far fare esperienza.- la voce del capo del penitenziario era come musica per le sue orecchie. Adorava essere adulata e quelle parole le avevano impresso in volto un sorriso carico di allegria e orgoglio.
- Certamente, cercherò di comportarmi nel miglior modo possibile!- portò la mano sulla fronte, facendo il saluto militare.
Grazie alle sue abilità, era riuscita ad entrare nel giro della polizia in età giovanissima, così da assicurarsi una carriere sicura all'interno del dipartimento.
Per il suo primo giorno aveva in programma di girare per tutta la prigione con lo scopo di imparare al meglio l'intero edificio, nel quale sarebbe stata per tutto l'anno. Quindi, armatasi di pazienza e di tanta voglia di lavorare, iniziò la ronda, passando per la mensa, per le celle e perfino per i bagni.
Ovviamente dovette fare a cazzotti con l'impulso di picchiare tutti i carcerati, visto che al suo passaggio le fischiavano dietro e le urlavano complimenti decisamente poco graditi.
Riuscì a controllarsi per miracolo e, onde evitare sceneggiate, decise di andare a controllare i vari corridoi presenti in tutta la struttura. Camminò per essi accompagnata da quel silenzio tombale tipico in quelle ore. I carcerati erano in mensa, pertanto nessuno passava di là.
Eppure c'era qualcosa che non le tornava. Sentiva un ticchettio proveniente da sopra di lei, quasi come se una goccia stesse battendo sul pavimento. Estrasse dalla tasca la mappa e, senza nemmeno sforzarsi troppo, capì cosa stava accadendo. Iniziò a camminare dritto seguendo attentamente le istruzioni del pezzo di carta, poi girò una volta a destra e due sinistra, infine si mise a sedere davanti ad un grosso buco grigio, nel quale i carcerati erano soliti buttare la lavanderia.
Attese qualche minuto, finché il rumore non si fece più forte. In quel momento riuscì a capire perfettamente la situazione a cui stava andando in contro.
Difatti, dopo qualche secondo, vide una testa nera iniziare ad uscire dal buco. Attese con calma che fosse uscito del tutto per essere sicura al cento per cento. Era un ragazzo dai capelli neri, gli occhi azzurri e, ovviamente, con addosso la tuta da carcerato. La prima cosa che fece fu passarsi una mano sulla giacchetta, così da togliere lo sporco che si era accumulato durante tutta la strada fatta fino a quel momento, poi alzò lo sguardo e incrociò quello di Courtney, già pronta con il teaser in mano.
La bruna si aspettava una reazione spaventata, con un ridicolo tentativo di buttarsi nuovamente in quel buco per cercare di scamparle, ma quello rimase perfettamente composto con un sorrisetto vispo davanti a lei.
- Gran bella idea quella di passare per il tubo dei panni sporchi, peccato tu abbia fatto troppo rumore.- fu lei a fare la prima mossa, mantenendo l'arnese puntato contro di lui senza abbassare la guardia.
- Se ti dico che mi era caduto un vestito là dentro ci credi?- domandò il carcerato, ridacchiando. Notando l'espressione, tesissima, della castana si accorse che non dovesse propriamente essere una del mestiere - No, credo proprio di no. - si rispose da solo, grattandosi la testa con fare colpevole.
- Alza le mani ben in vista!- ordinò, guardandolo con gli occhi quasi socchiusi. Il ragazzo fece come ordinato, senza nascondere una smorfia - Hai qualcosa da ridire?- provò a punzecchiarlo, sperando di metterlo con le spalle al muro.
- No, assolutamente. Solo che una bella ragazza come te in un posto come questo mi sembra sprecata.- il viso di Courtney divenne tutto rosso, mentre il moro si faceva pian piano avanti.
- Dove... dove pensi di andare!?- urlò, scuotendo il teaser nelle sue mani per fargli capire che avrebbe potuto usarlo da un momento all'altro.
- Come dove? Non devi riportarmi in cella?- alzò le spalle, facendo la faccia più naturale possibile. Courtney lo guardò sbattendo gli occhi quasi incredulo. Iniziò a valutare l'ipotesi che fosse un idiota o un qualche malato mentale.
- Ah... certo!- detto ciò gli andò davanti, costringendolo a seguirla, seppur non ce ne sarebbe stato bisogno.
- Allora... sei nuova?- domandò lui, appoggiando le mani dietro il collo per renderle visibili.
- Sì, da oggi, per il prossimo anno, lavorerò qua.- non sapeva perché, ma la sua presenza era stata in grado di affievolire tutta l'ansia che aveva provato fino a quel momento. Gli stava parlando normalmente, come se fosse stato un passante incrociato per strada.
- Uh, eppure sei giovanissima. Devi avere talento.- provò ad abbassare le mani, ma venne prontamente ripreso.
- Tirale su, altrimenti...- venne subito interrotta dall'altro, che si rimise nella precedente posizione.
- Altrimenti ti sparo col teaser, ormai questa manfrina la so a memoria. Non preoccuparti, principessa, ti seguirò senza fare storie.- le rivolse uno sguardo sorridente, per poi farle l'occhiolino.
- P-Principessa?!- gridò la castana, con il volto ancora più rosso di prima.
- Non lo sei? Sai, mi sei sembrata così elegante...- continuò il moro, conscio di starla facendo imbarazzare sempre di più.
- Non fare il cascamorto con me!- appoggiò il teaser con violenza sulla sua schiena, facendolo leggermente sussultare.
- Va bene, va bene, ho capito. Cavoli, alle ragazze di oggi non si può fare nemmeno un complimento.- scosse la testa, per poi riprendere a camminare davanti a lei - Piuttosto, come ti chiami, dolcezza?- sentì nuovamente la presenza dell'arma contro le sue vertebre, questa volta con meno forza.
- Non sei tenuto a saperlo.- tagliò corto lei, incitandolo ad andare avanti. Proprio in quel momento incrociarono una guardia, che non appena li vide andò loro in contro.
- Che cosa succede, agente Barlow?- chiese, grattandosi la testa rasata. Era un uomo sulla cinquantina, calvo e con dei baffi fittissimi.
- Nulla, lo stavo solo accompagnando in cella, ha ricevuto da breve una visita.- mentì Courtney, facendo fare una faccia sorpresa al detenuto.
- Ah, va bene. E tu, cerca di rigare dritto.- puntò il dito contro il ragazzo, che si limitò ad annuire con la testa e a proseguire in fretta e furia verso la cella.
- Perché mi hai difeso?- chiese poco dopo, quando fu sicuro di non essere sentito da nessuno.
- Non hai opposto resistenza, quindi per questa volta chiuderò un occhio, ma la prossima volta...- si interruppe, limitandosi a fargli sentire per la terza volta i teaser sulla schiena.
- Beh, suppongo ti debba ringraziare, agente Barlow.- disse, accentuando la "l" del cognome in maniera palesemente provocatoria.
- Courtney, mi chiamo così. - la castana lo guardò fisso negli occhi, mentre quello le sorrideva divertito.
- Uhm, bel nome. Direi che ad una principessa come te si addice molto.- la faccia dell'altra si tinse per l'ennesima volta di rosso, facendolo scoppiare a ridere divertito.
- Smettila o, quanto è vero Dio, ti fulmino!- urlò, spingendolo per farlo andare avanti, anche se il suo interesse primario era che non la guardasse più in faccia.
- Se continui a sbattermi quell'affare nella schiena mi ci verrà un buco. - ironizzò l'altro, continuando a prenderla in giro.
- Preferisci che te la sistemi direttamente là?- chiese Courtney, indicando il suo didietro con l'arma ben in vista.
- No, no, no, la schiena va più che bene.- il moro fece un passetto in avanti, cercando di allontanarsi da lei, con in volto un'espressione abbastanza spaventata.
Dopo qualche altro minuto giunsero finalmente alla sua cella, dove la ragazza aprì la porta e invitò il carcerato ad entrarci. Era più o meno come se l'era aspettata: una piccola brandina sfatta, una porta che collegava al bagno, una sbarra per gli esercizi ed un poster di una band a lei ignota appeso sulla parete. In poche parole, la tipica cella da carcerato che vedeva sempre nei film.
- Bene, arrivederci numero 5832.- lo salutò la castana, muovendo lentamente le dita nella speranza di farlo innervosire.
- Duncan.- il moro vide la ragazza voltarsi con sguardo confuso - Mi chiamo Duncan, dolcezza.- le fece l'occhiolino, ma lei lo ignorò volutamente.
- Cercherò di ricordarmene.- se ne uscì con quella frase fatta, conscia che difficilmente avrebbe dimenticato un tipo del genere.  Detto ciò se andò sorridendo, mentre faceva finta di non sentire i commenti che i vari carcerati facevano su di lei.
 
Nei giorni successivi, ebbe modo di rivedere Duncan diverse volte. Il più delle volte era lui ad attaccare discorso, chiamandola con i classici nomignoli che era solito usare, ed iniziavano a parlare anche per molto tempo. In breve avevano sviluppato un rapporto di amicizia, che comunque rispettava le loro posizioni, dato che Courtney era solita non fare sconti a nessuno, indipendentemente se fosse amico o meno.
Per tal motivo la ragazza si era convinta che, a lungo andare, sarebbe riuscita a rimettere in riga quel ragazzo, che da come aveva sentito dire era uno dei più temuti del carcere.
Questa convinzione, col senno di poi, la portò a fare un errore piuttosto grave. Iniziò, lentamente, a provare dei sentimenti verso il moro. Duncan le parlava dolcemente, scherzava con lei e la difendeva quando gli altri carcerati provavano ad abbordarla. Non che ne avesse bisogno, ma sapere che c'era qualcuno pronto a fare anche a botte per lei la rendeva incredibilmente felice.
Così, durante una giornata piovosa, trovò il modo per esporgli apertamente i suoi sentimenti. Duncan era stato incaricato di pulire la biblioteca del carcere e lei doveva sorvegliarlo. Inutile dire che avevano passato tutto il tempo a ridere e a scherzare, con il ragazzo che lanciava libri e la schizzava con l'acqua per divertimento.
- Smettila subito! Piuttosto, sbrigati a pulire!- protestò la castana, controllando tutte le macchie di bagnato che aveva sulla divisa.
- Su, principessa, non essere così permalosa.- ormai aveva fatto l'abitudine a quei nomignoli, tanto che nemmeno si arrabbiava più.
- Sei stato incaricato di pulire, no? E allora vedi di farlo.- disse schiettamente, guardandolo con le sopracciglia abbassate ed uno sguardo tutt'altro che amichevole.
- E che senso ha? Tanto domani altri due si picchieranno e sporcheranno di nuovo il pavimento di sangue. Ormai va avanti così da una settimana.- il moro alzò le spalle, sdraiandosi su uno dei tavoli là presenti.
- Non importa, è tuo compito pulirla a fondo.- gli lanciò una scopa, prendendolo alla sprovvista e colpendolo in testa.
- Ahia! Cavolo, dolcezza, vacci più piano.- detto ciò iniziò a spazzare, seppur contro voglia.
- Brava Cenerentola, spazza come si deve.- Courtney non perse tempo per deriderlo, approfittando di quell'attimo.
- Beh... mi piace.- le si avvicinò di colpo, facendola sussultare - Io sono Cenerentola e tu il principe.- le cinse i fianchi con le mani, per poi avvicinare il volto al suo.
- Non era a sessi invertiti?- ribatté lei, immergendo i suoi occhi color nocciola in quelli azzurro cielo del punk.
- La principessa sei tu. - lentamente portò i loro nasi a toccarsi, più che altro per cercare di imbarazzarla, ma Courtney non si mosse di un millimetro. Rimase immobile a guardarlo, cercando di prendere coraggio per fare una mossa avventata. Duncan provò a tirarsi indietro, però la castana lo afferrò per le braccia e lo baciò con foga, sorprendendolo. Stettero in quella posizione per qualche secondo, finché lentamente si staccarono senza staccarsi gli occhi di dosso.
- Non male.- sussurrò il moro, sorridendole soddisfatto.
- Tu dici?- lentamente, seppur con poca voglia, sciolsero l'abbraccio.
Da quel momento in poi, divennero una coppia, seppur in segreto, e continuarono ad incontrarsi di nascosto per non farsi scoprire dalle guardie.
E tutto andava benissimo, con Duncan che faceva il romantico e Courtney che si lasciava cullare da lui, completamente persa quel delinquente da due soldi. Peccato, però, che ben presto furono costretti a separarsi e, da ciò, nacque tutto l'odio e l'astio la castana provava verso il punk.
Un giorno, mentre Courtney era di turno nella biblioteca assieme a Duncan.
- Ehi, Court, devo andare al bagno.- il ragazzo gettò a terra la scopa, indicando la porta d'uscita della stanza.
- Beh, vacci.- tagliò corto lei, troppo impegnata nella lettura di un romanza rosa di dubbia qualità che aveva trovato su uno scaffale.
- Eh? Se non sbaglio dovresti accompagnarmi.- fece notare quello, senza nascondere un sorriso furbetto.
- Tanto la strada la sai, no? Hai paura che gli altri carcerati possano attentare alla tua vita?- lo derise, mantenendo quel tono poco interessato alla conversazione, dato che la sua attenzione era tutta riposta in quel libro.
- Va bene, va bene.- detto ciò il moro uscì dalla stanza, lasciandola completamente immersa nella sua lettura. Quel libro parlava di una ragazza ricca che si innamorava di un campagnolo, un po' come si sentiva lei in quel momento.
Divorò avidamente ogni singola pagina, spostando gli occhi di riga in riga con una rapidità quasi fulminante. Il motivo era semplice: in quel libro si rivedeva, riusciva a capire, o almeno credeva, i sentimenti dei due protagonisti e la complicatezza della loro relazione.
Passarono trenta minuti, durante i quali lei finì il libro, ma Duncan non tornò mai dal bagno. Inutile dire che provò a chiamarlo per un po', sicura che gli stesse semplicemente facendo uno scherzo di pessimo gusto, però ben presto si rese conto che non fosse così.
- Attenzione a tutti gli agenti, il detenuto numero 5832, meglio noto come Duncan Nelson, è evaso dalla prigione.- quelle parole le spezzarono istantaneamente il cuore, riducendolo in mille frammenti che vennero rimessi apposto soltanto con l'odio come collante.
 Il rumore delle sirene riecheggiava per tutta la struttura, mentre lei era immobile seduta sulla sedia con ancora il libro in mano, persa nei suoi stessi sentimenti. In quel preciso istante giurò che, se mai lo avesse ritrovato, lo avrebbe sbattuto in galera senza la minima esitazione.
Venne poi richiamata dal direttore in persona per la sua poca negligenza e quella fu l'unica nota rossa che, in tutta la sua vita lavorativa, le venne affibbiata nel curriculum. Dopo quell'avvenimento si gettò tutta sul lavoro, ignorando i sentimenti e gli uomini, così da poter passare al grado di detective a soli ventiquattro anni.
 
- Detective Barlow, si svegli.- la voce si Noah, aiutata anche da qualche pacca sulla spalla, la riportò nel mondo terreno.
- Eh? Ah, sì. - Courtney si tirò lentamente su, facendo forza con le braccia su braccioli del divano. Portò immediatamente una mano sulla fronte, sentiva un fortissimo mal di testa, causato sicuramente dal troppo sforzo lavorativo.
- So che questo divano è piuttosto comodo, ma devo ricordarle che non è il caso di dormirci sopra.- l'indiano la sgridò, usando il suo solito tono ironico, approfittando dell'attimo di confusione in cui la castana versava.
- Sì, lo so. Adesso vado a casa, credo di non sentirmi molto bene.- detto ciò si alzò ed uscì dalla casa, dirigendosi verso la macchina a gambe levate.
Nella vettura ripensò a ciò che aveva sognato e, come del resto succedeva la maggior parte delle volte, non riuscì a ricordarselo, sapeva solo che era stato un bellissimo sogno tramutatosi in un incubo a suo insaputa.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ed ecco a voi il capitolo il secondo capitolo più difficile da scrivere di tutta la storia! Zero Duncan, zero Zoey e zero Scott, spazio a Courtney!
Eh, anche lei dovrà pur avere una motivazione valida per odiare Duncan, mica è una pazza nevrotica (o forse sì?)
Bando alle ciance, il titolo del chap è Scar tissue, famosa canzone dei Red Hot, e noi ci vediamo martedì prossimo!

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Capitolo 12
*** #11 - Come with me now ***


- Quanto manca ancora? Sono più di quattro ore che siamo in macchina.- Scott, legato nei sedili posteriori, si lamentò per l'ennesima volta, facendo infastidire il punk, che dal canto suo non era proprio capace di ignorarlo.
- Si può sapere perché gli hai tolto la benda di bocca?- voltò la testa verso Zoey, seduta accanto a lui, guardandola con sguardo corrucciato.
- Era esagerata, alla fin fine è legato come un salame.- fece notare la rossa, che non era proprio a favore della violenza. Il moro roteò gli occhi, limitandosi a schiacciare l'acceleratore.
Ormai erano in viaggio da un sacco di tempo e la stanchezza iniziava a farsi sentire. Inoltre, Duncan non lasciava guidare la rossa, che più volte si era proposta di sostituirlo al volante, perché, a detta sua, lei non avrebbe saputo la strada.
Di fatti era chiaro che il punk non fosse diretto a Winnipeg, almeno per il momento, e che la meta fosse tutt'altra. Lo aveva capito anche per via del suo comportamento, fin troppo schivo e più buio del solito. Ovviamente non poteva chiedergli apertamente cosa avesse, dato che mai e poi mai le avrebbe rivelato cosa lo affliggesse, pertanto si era limitata a cercare di non farlo innervosire troppo.
- Allora, pel di carota, ripassiamo le regole.- iniziò ad un certo punto Duncan, facendo sospirare i due passeggeri al suo fianco. Era la quarta volta che lo diceva.
- Di nuovo? Ma che hai l'Alzheimer?- controbatté Scott, roteando gli occhi e rivolgendogli uno sguardo non proprio compiaciuto.
- Muoviti.- incitò l'altro, senza dargli altre possibilità.
- Che palle... regola numero uno: non devo mai allontanarmi troppo da voi.- Duncan lo guardò dallo specchietto, cercando di captare alla perfezione le sue espressioni.
- Perché sennò cosa succede?- domandò poi, assottigliando gli occhi.
- Mi becco una pallottola in testa.- a quelle parole, il moro iniziò a scuotere la testa in segno d'assenso, soddisfatto dalla risposta del rosso - La seconda è che non devo mentire.-
- Perché?- nuovamente il punk lo incitò a parlare, iniziando a far innervosire anche Zoey.
- Mi becco una pallottola in testa.- concluse nuovamente l'altro, sbuffando - La terza è che...- venne fermato dalla ragazza che, senza chiedere nulla, accese di colpo la radio.
- Ma che diavolo fai?- Duncan spagliò, dato che aveva precedentemente lasciato il volume al massimo, rischiando di sbandare con la macchina.
- Beh, ho pensato che un po' di musica potesse tenerci compagnia.- la rossa alzò le spalle, cercando di capire di che canzone si trattasse.
- Anche se ho deciso di portarti con me, non prenderti troppe libertà!- il punk la sgridò, facendole assumere un'espressione corrucciata per qualche secondo, poiché pochi attimi dopo la ragazza ricollegò il nome della canzone e tornò di buon umore.
- Uh, questo pezzo è bellissimo!- esclamò, incuriosendo involontariamente i due. Nella canzone erano frequenti dei riff di chitarra elettrica continui, conditi da un basso allucinante e da un'ottima batteria.
- Red Hot Chilli Peppers, "Dani California", giusto?- disse Duncan, stupendo Zoey.
- Sì, esatto. Li conosci?- vide negli occhi della rossa il forte desiderio di parlare di quella band, cosa che lo preoccupò.
- Non tanto, giusto qualche canzone.- immediatamente Zoey iniziò a parlargli di quel gruppo e di qualsiasi cosa sapesse su di loro, facendo venir voglia sia a Duncan che a Scott di ripetere le regole all'infinito, piuttosto che ascoltarla.
Passarono dieci minuti vittime della parlantina, scoperta da poco, della ragazza, finché Scott non notò un autogrill e, disperato, dette un colpo al sedile di Duncan per farglielo vedere. Quando il punk se ne rese conto, fece una sgommata, tale da scombussolare i due passeggeri, ed entrò dentro parcheggiando alla velocità della luce.
- Facciamo una sosta, così magari ti passa il momento da fangirl.- sputò acidamente, ricevendo un sorrisetto imbarazzato come risposta. Fece scendere entrambi dalla macchina e slegò Scott, seppur controvoglia, puntandogli un coltello contro la schiena per evitare che scappasse.
- Per quanto riguarda te, stai attento a quello che fai.- gli disse, facendogli sentire leggermente la lama dell'arma.
- Sì, non preoccuparti, tanto se tornassi da MacLean verrei fatto fuori.- sussurrò, senza farsi udire dall'altro.
- Hai detto qualcosa?- chiese Duncan, per certezza, ma quello si limitò a negare con un rapido cenno della testa - Bene, allora entriamo qua, facciamo cena e poi ripartiamo.-
I tre si diressero dunque dentro l'autogrill e, cercando di non dare nell'occhio, si misero a sedere su uno dei tavolini all'interno. Dettero una rapida occhiata al menù, attendendo che un cameriere gli andasse in contro.
- Salve, cosa vi servo?- arrivò dopo qualche secondo, con un taccuino ed una penna in mano, già pronto a prendere l'ordinazione.
- Per me una cotoletta con patatine fritte.- il primo a parlare fu Scott, assiduo frequentatore di locali come quelli e che quindi già sapeva cosa prendere.
- Anche per me. - tagliò corto Duncan, non propriamente interessato alla cena. Del resto aveva a malapena letto il menù, che aveva trovato fin troppo colorato e con troppi disegni.
- Io vorrei un hamburger vegetariano.- il rosso e il moro la guardarono con un sopracciglio alzato, sconvolti da quelle parole - Che c'è?- chiese lei, accortasi di essere al centro della loro attenzione.
- Un hamburger vegetariano, sul serio?- ripeté Scott, guardando Duncan negli occhi per cercare sostegno.
- Beh, sono vegetariana, non voglio che gli animali soffrano.- disse quelle parole con naturalezza, facendo stranire ancora di più i due.
- Oh, Gesù. - il punk si portò gli indici sulle tempie, scuotendo la testa con fare deluso. La rossa, palesemente  intimorita dalla loro reazione, iniziò a guardarsi intorno, con aria sempre più preoccupata.
- E da bere?- domandò poi il cameriere, sorridendo alla ragazza.
- Una cola. - parlò per prima Scott, senza rivolgere nemmeno uno sguardo al ragazzo che prendeva gli ordini.
- Anche per me. - nuovamente il punk assecondò il rosso, conscio che non avrebbe potuto bere la birra dato che doveva guidare ancora per un po'.
- Io una cola dietetica. - si ripete lo stesso siparietto di prima, con i due che, con sguardo quasi spaventato, si voltarono verso di lei - Che c'è? Se la bevo troppo zuccherata poi la sera non riesco a dormire.- spiegò, portando entrambi a scuotere la testa con aria abbattuta.
- Bene, vado subito a dare gli ordini al cuoco.- il cameriere si allontanò, lasciandoli finalmente da soli.
- Allora, penso che sia il momento di dirvi dove stiamo andando.- iniziò Duncan, appoggiando entrambi i gomiti sul tavolo e guardandosi attorno per vedere se qualcuno li stesse spiando - Ho una vecchia conoscenza che abita qui vicino, più o meno ad una o due ore di macchina, ci fermeremo da lei per un giorno, dopodiché ripartiremo di mattina.- nel frattempo arrivarono i piatti, ad una velocità che fece sospettare tutti e tre, assieme alle bibite.
- Hai avvisato?- domandò Scott, tagliando il primo pezzo di cotoletta per poi metterselo in bocca con foga.
- No, ma la conosco da tempo, non avrà obiezioni.- tagliò corto il moro, addentando una patatina con poca voglia. Non aveva molta fame, però doveva pur mangiare qualcosa, anche perché non era sicuro al cento per cento di trovare ospitalità dove stava andando.
- Quindi domani partiremo per Winnipeg?- chiese la rossa, addentando il suo panino con calma.
- Sì, poi valuteremo la situazione e decideremo, per adesso limitiamoci a mangiare.- il punk mise in bocca un'altra patatina, per poi concedersi un goccio di cola che gli rinfrescò la gola.
Mangiarono in tutta tranquillità, dopodiché il punk andò a pagare il conto, ordinando ai due di aspettarlo in macchina. Così la rossa, armata di un coltello, datole dal moro in precedenza, riposto cautamente dentro la tasca dei pantaloni, si diresse verso la vettura scortando Scott, decisamente seccato dalla cosa.
- Dovrai legarmi di nuovo?- si lamentò quello, roteando gli occhi e toccandosi i polsi doloranti.
- Beh, io eviterei anche, ma Duncan... penso tu abbia capito com'è fatto.- scrollò le spalle, sorridendogli con fare quasi dispiaciuto.
- Cazzo, è proprio un rompiballe.- il rosso scosse la testa, portandosi di qualche passo avanti verso l'auto, parcheggiata sotto la fioca luce di un lampione che andava a scatti.
I due stavano per entrare, quando delle voci, provenienti da pochi metri da loro, attirarono la loro attenzione. Un gruppo di camionisti, più o meno quattro o cinque, stava circondando una ragazzina bassa, dai capelli color platino e dagli splendenti occhio violacei che, seppur sotto una luce mal funzionante, brillavano al buio. Aveva una carnagione chiara, quasi quanto la luna, e due labbra sottili e di colore rosa. Zoey, notando la situazione, provò a farsi un passo avanti, venendo prontamente fermata da Scott.
- Dove pensi di andare?- domandò, guardando la faccia palesemente preoccupata dalla ragazza.
- La stanno importunato, dobbiamo fare qualcosa.- disse chiaro e tondo, andando dritta al punto. Il rosso si portò la mano libera sulla fronte, conscio che non se la sarebbero cavata facilmente.
- Allora lascia andare me, sono più che sicuro che se ti succedesse qualcosa quel punk mi ammazzerebbe.- detto ciò si fece in avanti, venendo seguito dalla rossa. I camionisti avevano completamente accerchiato la bionda, che stava cercando inutilmente di farsi lasciare andare.
- Andiamo bellezza, vieni con noi. Ci divertiremo!- gridò uno di loro, facendosi di qualche passo avanti. La ragazza provò a farsi indietro, ma venne bloccata alle spalle da un altro omone.
- No! Lasciatemi!- urlò lei, cercando di divincolarsi con tutta la forza che aveva in corpo. Quello, per tutta risposta, la afferrò per il suo maglioncino verde e la strattonò ancora di più verso di se.
- Faremo presto, non ti preoccupare.- il camionista iniziò a trascinarla verso il suo furgone, aiutato dagli altri tre, tappandole la bocca con una mano per impedirle di urlare.
- Ehi, voi. Lasciatela andare.- Scott si avvicinò ai quattro, guardandoli con aria superiore. Si scrocchiò le nocche, lanciandogli qualche occhiataccia non propriamente carina.
- E tu che vuoi? L'abbiamo vista prima noi.- lo liquidarono quelli, per poi ricominciare a strattonarla verso il furgone.
- Forse non avete capito, stupidi ciccioni ritardati, io vi posso fare fuori in qualsiasi momento.- sentite quelle parole, i camionisti si girarono di scatto.
- E come?- lo provocò uno di loro avvicinandosi verso di lui con aria poco amichevole.
- Beh, mi basta...- si toccò la tasca, sicuro di avere con se la sua pistola, ma si ricordò troppo tardi che Duncan gliel'aveva presa ed era dunque disarmato - nulla, non mi basta nulla.- ridacchiò nervosamente, portando un altro del gruppo ad andargli incontro.
- Credo sia il caso di farti imparare l'educazione.- uno di loro, un tipo nero, alto quasi due metri e con una pancia enorme, si scrocchiò le dita e gli andò addosso, cercando di colpirlo con un pugno. Il rosso lo schivò per un pelo e lo provò a spingere, ma quello non si mosse di un centimetro.
Immediatamente, un altro del gruppo partì alla carica, venendo evitato da Scott solo per qualche millimetro. Il ragazzo fu costretto ad indietreggiare, senza accorgersi che alle sue spalle c'era Zoey che, completamente in trance, non fece in tempo a muoversi e cadde a terra assieme a lui.
- Bene, bene. Quindi qui abbiamo un altro bocconcino, eh?- uno dei camionisti si avvicinò verso la rossa e provò a prenderla, ma in quel momento un abbagliante travolse tutto il gruppo, stordendoli.
- Veloci, idioti, salite in macchina!- urlò Duncan, seduto sulla postazione di guida dell'auto. Approfittando della distrazione dei quattro, Scott prese la bionda per la mano e la portò con se nella vettura, venendo seguito da Zoey che, impacciata come al solito, cadde per due volte prima di riuscire a salire.
- Parti!- urlò il rosso, venendo subito assecondato dal punk, che schiacciò l'acceleratore con violenza inaudita. Uno del gruppo provò ad inseguirli, però il moro effettuò una rapida sgommata e imboccò l'autostrada lasciando l'Autogrill alla velocità della luce.
- Si può sapere che cazzo vi è preso?- si lamentò Duncan, una volta passata l'adrenalina del momento - Per poco non vi facevate ammazzare, o stuprare.- concluse, dando un'occhiataccia a Zoey, che rispose con un sorrisetto imbarazzato.
- La tua amica ha insistito affinché aiutassi questa ragazza.- spiegò Scott, indicando la bionda al suo fianco.
- E tu saresti?- domandò il moro, guardandola attraverso lo specchietto retrovisore.
- Dawn Medrek, piacere di conoscervi. Vi ringrazio per avermi aiutato.- la sua voce era calma e bassa, come un leggero soffio di vento in una giornata estiva. Il punk e la rossa rimasero indifferenti, mentre Scott deglutì, per poi girarsi verso di lei con un'espressione stranita.
- Bene, a quanto pare dovrò lasciarti da qualche parte qua.- fece notare Duncan, mettendo la freccia per accostare l'auto e farla scendere.
- Su, non essere cattivo! Dimmi, Dawn, dove sei diretta?- le chiese, gentilmente, Zoey, facendo innervosire l'autista.
- A Thunder Bay. - rispose lei, sorridendole.
- Allora possiamo accompagnarti, tanto passiamo di lì!- urlò, al settimo cielo. La bionda fece un'espressione felice, mentre gli altri due rischiarono un infarto.
- Ve ne sarei molto grata, ci stava andando con l'autobus, ma non avevo un posto dove alloggiare e quei macchinisti volevano molestarmi...- spiegò rapidamente, mentre il punk insultava sotto voce la sua compagna di posto.
- Ma ti sembro un tassista?- digrignò fra i denti, guardandola malissimo.
- Suvvia, non dovremo nemmeno deviare il percorso, per di più lasciarla per strada sarebbe troppo cattivo, non trovi?- il punk non poté far altro che scuotere la testa, riprendendo a guidare con un diavolo per capello.
- A me sembra di averti già visto. Per caso ci conosciamo?- Dawn si girò verso Scott, squadrandolo dal capo a fondo.
- No, non mi risulta.- la liquidò lui, senza degnarla nemmeno di uno sguardo.
- Comunque sia, ti ringrazio per prima, sei stato coraggioso.- quelle parole lo imbarazzarono tantissimo, al punto che dovette voltarsi verso il finestrino per nascondere il rossore.
- Nah, non è niente di che.- tagliò corto, dandole solo un'occhiata di sfuggita e trovandola estremamente carina quando rideva.
In tutto questo, Duncan stava guidando con mille pensieri per la testa, primo fra tutti come avrebbe fatto a convincere la sua conoscenza a far dormire da lei ben tre persone che non conosceva, anche perché lui e lei non andavano molto d'accordo, al punto che nemmeno si rivolgeva a lei come un'amica. Però, alla fin fine, non poteva far altro se non tentare.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ed ecco a voi... Dawn! Adesso la squadra è realmente al completo! Con questo capitolo, finalmente, sono stati introdotti tutti i personaggi principali della storia!
Ci vediamo Venerdì ;-)

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Capitolo 13
*** #12 - Lying from you ***


- Quindi... com'è questa tua conoscenza?- domandò Zoey, cercando di abbattere quell'imbarazzante silenzio che aveva preso piede in tutta l'auto. Duncan, perso nei suoi pensieri, le rivolse uno sguardo confuso, portandola a ripetere la frase un'altra volta.
- Ah... beh, lei è... una brava persona, credo.- iniziò, mordendosi il labbro come se non volesse dire qualcosa di importante - Fa volontariato e quella roba lì, inoltre mi sa che è vegetariana.- picchiettò con le dita sul volante, mentre la rossa lo guardava con le stelle negli occhi.
- Quindi conosci anche persone per bene?- disse, quasi commossa. Il punk le gettò un'occhiataccia che la congelò sul posto. Si era completamente dimenticata che, nel posto dietro al suo, c'era una sconosciuta che non doveva sapere cosa stavano facendo, e soprattutto chi erano.
- Certamente, per chi mi hai preso, per un criminale?- ironizzò poi, cercando di far passare il tutto per una semplice battuta.
- Dall'aspetto lasci intendere quello.- rispose la rossa, ridacchiando, dopodiché prese posto per bene sul sedile, appoggiando la testa contro lo schienale e socchiudendo gli occhi.
Aveva deciso di partire per una missione suicida assieme ad un ragazzo che conosceva a malapena da due giorni e che, almeno a suo avviso, la reputava soltanto un peso. Ormai era troppo tardi per tornare indietro, non che lo volesse, ed in più non poteva nemmeno aiutarlo perché pressoché inutile. Anzi, aveva finito per costringerlo a portarsi un'altra persona dietro e ad allungare ulteriormente il viaggio.
- Che hai?- le domandò il punk, dopo qualche minuto di silenzio. Venne colta alla sprovvista da quelle parole, tanto che per la sorpresa alzò un ginocchio di scatto e colpì il bauletto, facendosi male - Stai attenta, così mi spacchi la macchina.- il ragazzo si mise a ridere, facendola leggermente imbarazzare.
- Tanto per sapere, dove siete diretti?- domandò Dawn, puntando gli occhi verso l'autista.
- Winn...- Zoey provò a rispondere, ma la sua voce venne sovrastata da quella di Duncan.
- Stiamo andando a Regina. Abbiamo prenotato un soggiorno per tre persone in un campeggio là vicino.- mentì spudoratamente, lasciando la rossa di stucco. Il tono di voce utilizzato le era sembrato al cento per cento credibile, tanto che perfino lei pensò fosse la verità.
- Per caso state parlando del "Canadian Free Camp"?- domandò la bionda, con un'espressione enigmatica sul volto.
- Wow, come fai a saperlo?- il punk si girò verso di lei, fingendosi sorpreso. O almeno questo parve a Zoey, dato che il moro era effettivamente rimasto a bocca aperta, dato che era proprio quello il campeggio che intendeva dirle.
- È piuttosto famoso.- tagliò corto la bionda, limitandosi a scrollare le spalle - Ma quindi voi... in che relazione siete?- assottigliò gli occhi, puntandoli sempre contro di Duncan.
- Loro due sono cugini, noi semplicemente amici.- rispose di scatto il punk, senza aggiungere altro.
- Eppure non si assomigliano molto...- concluse la bionda, facendolo un po' innervosire. Possibile che avessero trovato una tale ficcanaso?
- Sono entrambi rossi.- blaterò lui, mentre fra i denti spartiva maledizioni tra Zoey e l'autista della macchina davanti a loro che stava andando lentissima.
- Ma Zoey è tinta, si vede ad occhio.- Duncan sussultò, accorgendosi che effettivamente il colore di capelli della ragazza non era naturale. Solo dopo quelle parole si rese conto della ricrescita castana e delle sopracciglia scure della sua compagna di viaggio.
- Duncan, sei davvero uno spasso! Comunque sì, siamo cugini.- Scott, simulando una risatina, salvò la situazione, cercando di convincere l'ospite che quella farsa fosse la verità.
- E da dove venite?- Dawn continuò a fare domande, facendo sembrare quel viaggio un interrogatorio, cosa non molto gradita al punk.
- Montreal.- tagliò corto il moro, stanco di quell'atteggiamento impiccione che la bionda stava continuando ad adoperare - Bene, siamo quasi arrivati!- esultò, reggendo il volante con una sola mano. Davanti a loro si presentò un cartello che indicava l'entrata nella città di Ottawa. Duncan, con un sorriso stampato in volto, accelerò, immettendosi dentro la corsia principale con una certa furia.
Dovettero attendere un'altra decina di minuti, fino a quando non uscirono dal centro della città e giunsero a poche miglia dal centro. Lì il ragazzo prese una stradina secondaria, messa male e piena di buche, e proseguì a velocità abbastanza alta da far scombussolare tutti i presenti nel mezzo.
- E rallenta, idiota!- si lamentò Scott, reo di aver appena battuto due testate contro il tetto del veicolo.
- Sopporta in silenzio, manca poco.- lo liquidò il punk, mentre Zoey e Dawn si reggevano ai sedili per evitare di venir sbalzate per la macchina.
- Sul serio, Duncan, dovresti rallenta...- non fece in tempo a finire, che la macchina prese una grossa buca che per poco non li fece andare fuori strada. L'autista fu costretto a fermarsi, anche per controllare la situazione in cui versavano gli altri.
- State bene?- domandò, voltandosi verso di loro. Zoey era immobile, e tremante, sul sedile, con entrambi le mani agganciate allo sportello, mentre Dawn era finita addosso a Scott, il quale era sprofondato nello spazio tra un sedile e l'altro.
- Sei un fottuto pirata della strada!- lo insultò il rosso, per poi aiutare la bionda ad alzarsi - Tutto a posto?- le chiese gentilmente e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi.
- Sì, grazie mille.- la bionda gli sorrise, facendolo imbarazzare.
- Me lo dicono in tanti.- Duncan fece l'occhiolino verso Scott, ridendo - Beh, visto che stiamo tutti bene, direi che possiamo ripartire.- schiacciò l'acceleratore con forza e, nemmeno un secondo dopo, prese in pieno un'altra buca.
Il viaggio continuò così per un po', finché la strada non arrivò ad un punto in cui era messa leggermente meglio, anche se di tanto in tanto qualche buca la prendevano comunque. Poi, come un'oasi per una persona dispersa nel deserto, apparve davanti a loro una casetta.
- Oh, finalmente ci siamo!- gridò Duncan, facendo esultare anche gli altri tre, stufi di battere testate in continuazione. Entrarono quindi con la macchina dentro il giardino e, dopo un parcheggio frettoloso, scesero dalla vettura.
- Pensavo di morirci, là dentro.- Scott si toccò la fronte, completamente arrossata per via dei colpi, e si fece il segno della croce.
- Mi fa male tutto...- invece Zoey fu costretta a reggersi alla portiera dell'auto, perché sentiva ancora le gambe tremarle per la paura.
- Bene, adesso io vado a parlare con lei, voi aspettatemi sulle scale.- spiegò Duncan, indicando l'entrata dell'abitazione.
Era una casa piuttosto carina, a due piani, ben tenuta e con un tetto con tanto di camino. Le mura erano tinte di un bianco pulitissimo, mentre le scale, tre o quattro scalini che davano su un piccolo spazio in cui era presente l'entrata ed una sedia a dondolo, erano fatte in legno.
Inoltre, tutto intorno alla casa, c'era un giardino immenso con un sacco di varietà di piante che, seppur fosse notte, era visibile grazie a delle piccole lucette poste ai lati della staccionata, tinta di azzurro, che circondava completamente l'abitazione.
Duncan si incamminò verso l'entrata, conscio di doversi scontrare con una delle persone che più lo "odiava", sempre se quello era il termine giusto. Per di più era quasi mezzanotte, il che voleva dire che, senza se e ma, la stava disturbando. Trasse un grosso respiro e, dopo essersi preparato al peggio, suonò il campanello con forza.
Dovette attendere una ventina di secondi, poi lentamente la porta si aprì. Ne uscì una ragazza bionda, con i capelli sciolti sulle spalle, degli occhi verdi, brillanti al buio, e con un'aria assonnata. Quando riuscì a capire che si trattasse di Duncan, non gli sorrise nemmeno, cosa che lui aveva già messo in conto.
- Ciao, Bridgette! È da un bel pezzo che non ci si vede.- il loro ultimo incontro risaliva a quasi un anno prima, quando assieme a DJ e Geoff era andato a trovarla proprio lì.
- Duncan. Che ci fai qui?- disse seccamente la bionda, usando il classico tono acido con la quale liquidava le persone a lei poco gradite.
- La verità è che... per vari motivi stavo passando di qua e volevo sapere come te la passavi...- cercò di inventarsi una scusa credibile, ma non ne fu in grado. Quando la guardava negli occhi si immaginava il corpo di Geoff senza vita.
- Hai bisogno di un posto dove dormire?- ipotizzò lei, guardandolo con un sopracciglio alzato.
- Ehm, sì, però... non uno solo.- con l'indice indicò dietro di se, dove c'erano Dawn, Scott e Zoey fermi sulle scale. La rossa e la bionda le rivolse un timido saluto con le mani, mentre l'altro le fece un rapido cenno con la testa.
- Oh, cavolo.- li guardò, completamente scossa dalla cosa. Possibile che Duncan le recasse soltanto disturbi? - Va bene, entrate.- disse infine, con tono stanco. Il punk dovette trattenere un sorriso di gioia, mentre chiamava i tre ad entrare.
Duncan mise un piede dentro, ma Zoey lo afferrò per la maglietta e lo portò verso di se. La sua faccia era piuttosto stranita, quasi spaventata.
- Duncan, ma lei è...- in quel momento il moro si ricordò che, a casa di DJ, la rossa aveva visto le foto che ritraevano loro tre e Bridgette assieme.
- La ragazza di Geoff.- concluse lui la frase, ingoiando un boccone amarissimo. Era conscio che avrebbe dovuto parlargliene, ma non si sentiva assolutamente in grado di farlo.
 
Per quanto Noah fosse un tipo calmo e pacato, l'avere come compagna di reparto Courtney lo stava mettendo a dura prova. Del resto ricevere una chiamata alle tre di notte non è cosa gradita da nessuno. Quando aveva sentito il telefono squillare aveva sperato che si trattasse di tutto, ma non di una chiamata da parte della castana.
In quel momento avrebbe preferito ricevere una chiamata dall'ospedale nel quale gli dicevano che un suo parente si era sentito male all'improvviso, piuttosto che sentire le urla di quella pazza.
- Ehi, Noah, ho ottenuto il permesso.- stranamente, la voce di Courtney non era arrabbiata, bensì piuttosto felice ed allegra.
- Eh? Ma di che parli?- l'indiano, ancora mezzo addormentato, batté gli occhi per un po', cercando di capire a cosa si riferisse.
- Come di che parlo? Ma sei stupido?- decise di sorvolare quegli insulti, limitandosi ad attendere l'informazione che voleva dargli - Parlo del permesso di spostare le indagini. A quanto pare sono stati avvistati nei pressi di Ottawa.-
- Ma che stai dicendo?- si tirò su dal letto, sbadigliando energicamente.
- Di Duncan Nelson, ovviamente! Ce l'abbiamo in pugno. A quanto pare è assieme a Scott Wallis, quel ragazzo accusato di avere rapporti con la mafia.- spiegò la castana, con una nota di euforia nella voce, mentre l'indiano iniziava lentamente a comprendere la sua lingua.
- Ottimo. Quindi adesso che facciamo?- domandò, aspettandosi un ordine assurdo come ad esempio partire proprio in quel momento, dato che Courtney non era nuova ad atteggiamenti del genere, ma la detective lo sorprese.
- Nulla.- rimase colpito da quella parola, che pensasse non fosse presente nel suo vocabolario - Dobbiamo aspettare, non sappiamo l'ubicazione precisa in cui sono adesso. Per ora ci limiteremo ad organizzare un controllo su vasta scala, poi procederemo all'arresto.- spiegò, mentre l'indiano per poco non sveniva.
- Sei sicura di stare bene?- chiese, tanto per essere sicuro.
- Eh? Che vuoi dire?- controbatté lei, lasciando intendere al ragazzo che in quel momento avesse il broncio.
- Non è da te essere così riflessiva.- ammise infine e accompagnò quelle parole con una leggera risatina, che infastidirono non poco la sua collega.
- Ma se sono la persona più riflessiva sulla faccia della Terra!- quelle parole gli provocarono una risata che non riuscì a contenere - Hai qualcosa da ridire?- urlò, spaccandogli in mille pezzi un timpano. L'indiano allontanò il telefono dall'orecchio, per poi massaggiarselo.
- No, no, assolutamente. Quindi... posso tornare a dormire?- dette una rapida occhiata all'orologio digitale posto sul comodino accanto al suo. Le tre e sette, orario in cui era solito dormire in maniera anche piuttosto profonda.
- Ah, sì, certo. Allora ci vediamo domani. Mi raccomando, alle dieci in centrale.- lo liquidò Courtney, per poi riattaccargli il telefono in faccia.
Noah, terminata la chiamata, si buttò a peso morto sul letto pensando a quello che avrebbero dovuto fare da quel momento in poi. Senz'ombra di dubbio gli sarebbe toccato partire per Ottawa e lui odiava andare in macchina, soprattutto se a guidare era Courtney.
Scosse la testa, contrariato da tutta quella foga che la castana metteva nel lavoro, e poi si girò a pancia in sotto, sperando vivamente di riprendere sonno.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Buon Venerdì miei cari amichetti! Come, inaspettatamente, azzeccato da ReginaZoey, la conoscenza di Duncan è proprio Bridgette!
I due si stanno abbastanza sulle scatole, lol.
E poi c'è Noah, che non riesce nemmeno a dormire in santa pace per colpa di Courtney!
Beh, non ho molto da aggiungere. Ci vediamo Martedì!

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Capitolo 14
*** #13 - Broken Strings ***


Bridgette aveva diviso i quattro in due stanze, una per Zoey e Dawn ed una per Duncan e Scott. La stanza che era toccata al punk era la stessa in cui, qualche tempo prima, aveva dormito con DJ. Era piuttosto piccola, con due letti singoli, una finestra, un armadio ed un comodino in comune.
Invece alle due era stata data una camera abbastanza grande, con un letto matrimoniale, qualche armadio e perfino un piccolo balcone che dava sul retro del giardino.
- Che cos'è quest'imparità di trattamento?- ovviamente il punk non si tirò indietro dal protestare, ottenendo il pieno appoggio da parte di Scott.
- Se non ti piace quella stanza puoi sempre dormire in macchina.- Bridgette lo zittì subito, usato quella lingua tagliente che tirava fuori di rado, ma che sapeva essere letale.
- No, figurati.- il moro non poté far altro che ridacchiare nervosamente, conscio che l'unico motivo per cui gli aveva permesso di rimanere erano le due ragazze che si era portato dietro.
Essendo tardissimo, i quattro si misero subito a letto, decidendo di rinviare i convenevoli alla mattina seguente. Duncan passò quasi tutta la notte senza dormire, con il pallino fisso di dover dire alla bionda la fine che il suo fidanzato aveva fatto. Per quanto non le stesse particolarmente simpatica, trovava fin troppo brutto lasciare che ad avvisarla fosse qualcun altro.
D'altronde aveva anche promesso a DJ che sarebbe andato da lei a comunicarle la notizia, e questo era uno dei motivi principali per cui il nero aveva accettato la sua spedizione suicida verso Winnipeg.
Doveva mettersi l'anima in pace e dirglielo, però sentiva le parole che gli si bloccavano in gola, come se qualcuno impedisse loro di uscire. Non sapeva quale sarebbe stata la sua reazione e, a dirla tutta, ciò lo preoccupava.
Alla fine riuscì a prendere sonno, più o meno verso le quattro di notte, anche se per farlo dové combattere contro Scott, che russava al punto di fargli desiderare di non avere le orecchie. Però la pacchia durò veramente poco, perché aprì gli occhi in piena autonomia verso le otto di mattina.
Il rosso era ancora steso sul letto, in mutande e con la coperta quasi del tutto rimossa, probabilmente a causa dei suoi movimenti molesti che compieva nel sonno, che Duncan aveva calcolato avvenissero più o meno ogni dieci minuti.
Si alzò, seppur con fatica, mise i vestiti e si diresse verso la cucina per fare colazione. Aveva un fortissimo mal di testa, probabilmente causato dall'ansia che lo attanagliava, e desiderava con tutto se stesso una tazza di caffè, possibilmente amaro come il veleno.
Quando arrivò nella cucina ci trovò Bridgette che, con tutta calma, stava sorseggiando una tazza del nettare divino, nome che aveva attribuito all'amara sostanza marrone, mentre leggeva un giornale, forse di gossip. Nell'esatto momento in cui gli occhi verde smeraldo della ragazza entrarono in contatto con i suoi azzurri percepì un brivido lungo la schiena, tale che fu costretto a scuotere le spalle per farselo passare.
- Buongiorno.- salutò lei, riportando immediatamente lo sguardo verso il giornalino che stava leggendo.
- Anche a te. Ce n'è una tazza anche per me?- si fece di qualche passo avanti, cercando di contenersi.
- Certamente. Dovrebbe essere lì da qualche parte.- indicò con l'indice uno degli scaffali della cucina, senza distogliere gli occhi dall'articolo.
Duncan aprì lo sportello, trovando al suo interno un quantitativo immenso di tazze di vari colori, tutte dal dubbio gusto. In particolare, erano quasi tutte rosa, o al massimo verdoline, con sopra disegnati degli animali. Prese quella verdolina con un lupo, disegnato come se fosse della Disney, sopra e si versò il caffè dal contenitore posto sul tavolo.
Portò la tazza alla bocca, beandosi di quell'attimo di estrema felicità che quella bevanda riuscì a dargli, dopodiché si mise a sedere nella sedia dalla parte opposta della bionda, sospirando lentamente.
- Allora, come sta Geoff?- domandò Bridgette, facendolo sussultare.
- Cavolo, è la prima volta che mi parli di tua iniziativa.- ridacchiò, cercando di cambiare argomento nel modo meno palese possibile.
- Geoff è il mio ragazzo, è ovvio che voglia sapere come stia. - fece notare lei, guardandolo male. Il punk si limitò a fare segno d'assenso con la testa, ancora non sicuro di come avrebbe dovuto risponderle.
- Giusto.- sussurrò, distogliendo lo sguardo dal suo. Prese un altro sorso di caffè ed appoggiò la tazza sul tavolo, facendole fare erroneamente rumore.
- Allora? Come sta? È da due giorni che non risponde ai miei messaggi e alle mie chiamate.- anche lei bevve un po' di caffè, il tutto mentre Duncan andava sempre più in difficoltà.
- Ah, non te l'ha ancora fatto sapere?- disse, cercando di attirare la sua curiosità, cosa che accadde con facilità, dato che la bionda gli rivolse un'occhiata confusa - Gli si è rotto il telefono, probabilmente deve ancora prenderlo uno nuovo. Non preoccuparti, quell'idiota è pazzo di te. - mosse la mano diverse volte, cercando di sminuire la cosa.
- Capisco. Per un attimo mi ero preoccupata.- per la prima volta da quando la conosceva, Bridgette gli rivolse un sorriso puro, tale che perfino lui, che la trovava noiosa e stancante, dovette ammettere che era proprio una bella ragazza.
- Sì, non hai di che preoccuparti.- accompagnò quelle parole con una risatina, mentre finiva la tazza in un sorso.
- Buongiorno, vedo che siete mattinieri.- Alle loro spalle comparse Zoey che, dopo un rapido saluto, lanciò un'occhiataccia verso il punk, leggermente stranito da ciò, mentre si scambiò un sorriso con la bionda.
- Io vado a fumare una sigaretta.- Duncan si alzò e, dopo aver messo la tazza sulla credenza della cucina, si diresse verso il giardino, venendo seguito dalla rossa.
- Vengo anch'io. - il moro alzò le spalle, limitandosi a proseguire come se la cosa non lo riguardasse.
- I mozziconi buttateli nel cestino.- gridò la bionda, sempre con lo sguardo perso in quel libro.
I due si appoggiarono alla staccionata, guardando il giardino alla loro sinistra, pieno zeppo di fiori di tutti i tipi. Duncan si accese una sigaretta ed inclinò la testa all'indietro per poi far uscire il fumo dalla bocca.
- Perché non glielo hai detto?- Zoey andò dritta la punto, guardandolo con un'espressione mista fra l'arrabbiato e il deluso.
- Ho tempo per farlo.- Duncan non provò nemmeno a risultare credibile. Era chiaro come il sole che non avesse la minima intenzione di dire a Bridgette cosa era realmente successo a Geoff.
- Non vuoi farlo, vero?- ipotizzò, ricevendo uno sguardo di soppiatto che le fece capire di avere pienamente ragione.
- Tanto che cambierebbe? Saperlo da me o da DJ è la stessa cosa. - dire quelle parole gli fece venire una morsa allo stomaco, come se sentisse un coltello penetrargli la carne con forza.
- No, non è uguale. Tu eri il suo miglior amico, è giusto che sia tu a dirglielo.- la rossa alzò leggermente il tono, stringendo i pugni con forza.
- Non le sto nemmeno simpatico, anzi, posso affermare con certezza che l'unico motivo per cui fa finta di tollerarmi è proprio perché conosco il suo ragazzo.- alzò entrambe le braccia verso il cielo, il tutto mentre la sigaretta perdeva cenere con lentezza, corrosa come l'animo del punk in quel momento.
- Questo non ha importanza! DJ ti ha affidato quel compito e devi rispettarlo. Glielo hai promesso.- questa sfaccettatura della ragazza, così ostinata e testarda, non gli era da subito balzata all'occhio e, in quel momento, lo faceva stare ancora peggio.
- Al diavolo quello che pensa lui.- detto ciò si allontanò di corsa, gettando il mozzicone per terra e lasciando la ragazza da sola nel giardino.
 
Quella notte Scott aveva dormito proprio bene. Era da più di una settimana che non dormiva in un letto. dato che aveva passato in macchina a girovagare tenendo d'occhio i bersagli che MacLean gli aveva ordinato.
Pertanto quella mattina si alzò di ottimo umore, oltre che alle undici inoltrate. Passò i primi cinque minuti a stiracchiarsi, sbadigliando ogni dieci secondi e cercando di resistere alla tentazione di gettarsi nuovamente fra le braccia di Morfeo, finché decise che fosse arrivato il momento di andare di sotto. Si vestì con calma, mantenendo un sorrisetto ebete sul viso, e poi iniziò a scendere le scale.
All'inizio di queste trovò Dawn che, con addosso il suo solito maglione ed un paio di leggings viola, si stava dirigendo verso la cucina.
- Buongiorno Scott, dormito bene?- domandò, fermandosi per un istante. Aveva i capelli leggermente scompigliati, che aggiustò passandosi frettolosamente una mano fra le varie ciocche, e c'era un accenno di borse sotto i suoi occhi.
- Mai dormito meglio! Il letto era veramente comodo.- rispose, mantenendo un sorriso a trentadue denti in volto - Tu, invece?- chiese poi, appoggiandosi con il gomito allo corrimano.
- Zoey ha scalciato per tutta la notte, ma a parte questo è andata bene.- spiegò, facendolo ridere. Scesero assieme, dirigendosi verso la cucina per poter fare colazione.
Arrivati là trovarono Bridgette, intenta ad estrarre dal frigorifero degli alimento per preparare il pranzo.
- Buongiorno ad entrambi. Se volete fare colazione, là dentro ci sono dei biscotti e un po' di bevande, prendete pure quella che preferite.- spiegò, con un sorriso stampato in volto.
- Wow, grazie mille.- Scott non se lo fece ripetere due volte ed andò subito a prendere qualcosa da mangiare. Scelse una pacco di biscotti, già aperto, e una tazza di caffè freddo, mentre la bionda si limitò a bere un po' di tè verde.
- Duncan e Zoey dove sono?- domandò Dawn, cercandoli nel frattempo con lo sguardo.
-Lui l'ho mandato a fare la spesa, mentre lei dovrebbe essere da qualche parte nel giardino.- spiegò Bridgette, lanciando anche lei un'occhiata per vedere se fuori dalla finestra riusciva a vederla. I tre passarono una decina di minuti a parlare fra di loro, approfondendo le loro conoscenza, finché non sentirono un rumore proveniente dalla porta.
- Duncan, sei tu?- domandò Bridgette, avvicinandosi a passo levato verso l'entrata.
- E chi altri?- ironizzò, entrando con due buste piene di cibo per le mani. Le posò sul tavolino, dopodiché di buttò di colpo sul divano - Dimmi, Bridg, è normale che ci siano un sacco di auto della polizia qua intorno?- domandò, allertando immediatamente Scott.
- Non proprio. Solitamente questo è un posto tranquillo.- rispose la bionda, mentre toglieva i vari alimenti dalle borse che aveva portato il punk - Potevi anche evitare di comprare della carne.- commentò lei, con tono sprezzante. Il moro roteò gli occhi, scrollando le spalle.
- La carne fa bene, ogni tanto dovresti mangiarla.- si stiracchiò la schiena, ignorando le occhiatacce di cui sapeva essere vittima.
- In casa mia non voglio questa roba. - Bridgette prese la carne, delle bistecche, e le gettò nel cestino, facendo sussultare Scott.
- Non è troppo esagerata come reazione?- chiese il rosso, indicando con l'acquolina alla bocca le fette di carne.
- No, sono una vegetariana convinta.- mise fine in quel modo alla discussione, iniziando a tagliare delle verde con un coltello - Qualcuno vada a chiamare Zoey, tra poco si mangia.-
- Dawn, vai tu. - comandò Duncan, decisamente poco in vena di parlare con lei. La bionda annuì con un cenno della testa e si diresse verso il giardino.
Trovò la rossa intenta a guardare i fiori con aria desolata. Teneva le ginocchia al petto ed aveva un'espressione triste, rivolta in particolare verso le viole che aveva davanti. Sospirò, ancora non conscia di avere Dawn dietro.
- È proprio uno stupido, lei deve saperlo!- urlò, cercando comunque di contenersi, e scattò in piedi chiudendo le mani in due pugni serrati.
- Ti riferisci a Duncan?- la voce, calma e rilassata, della bionda le entrò nelle orecchie cogliendola alla sorpresa e facendola spagliare.
- Eh? Oh, Dawn, sei tu. - ridacchiò, rivolgendole un dei suoi tipici sorrisi gentili - No... cioè, sì. Però... non è nulla di importante.- liquidò il tutto, aiutandosi con dei gesti delle mani.
- È pronto, Bridgette mi ha mandato a chiamarti.- spiegò, attendendo che la ragazza si muovesse.
Il pranzo passò lentamente e in modo straziante, con un'inspiegabile aria tesa fra Zoey e Duncan, posti uno davanti all'altra, che finì per abbattersi anche sugli altri tre, troppo straniti dalla cosa per riuscire a fare un discorso.
Dopo aver finito il pranzo, Duncan si alzò e si diresse verso il giardino.
- Vado a fumare.- disse, per poi chiudersi la porta alle spalle. I tre lo guardarono allontanarsi seguendolo con lo sguardo, per poi alzarsi anche loro.
Dawn, camminando con calma, provò ad andare dal punk. Non sapeva cosa fosse successo di preciso, però vedere Zoey in quelle condizioni la opprimeva, anche perché si sentiva in debito con lei.
Lo trovò con la schiena appoggiata alla staccionata e una sigaretta, frettolosamente portata a metà, in bocca. I suoi occhi azzurri puntavano verso le nuvole, che coprivano il solo impedendogli di illuminare bene il giardino.
- Dovresti parlarle.- andò dritta al punto, notando la sua espressione piuttosto confusa.
- Eh?- la guardò fissa nelle iride, notando come fosse calma e composta. Aveva un qualcosa che, a lungo andare, la faceva sembrare molto inquietante.
- Dovresti parlare con Zoey, mi sembra molto preoccupata per qualcosa.- fece la vaga, attendendo la risposta dell'altro, che si limitò a gettare fuori il fumo dalla bocca.
- E chi se ne frega, saranno fatti suoi.- Duncan appoggiò con delicatezza la sigaretta sulla staccionata, facendosi così in modo di far cadere la cenere in eccesso.
- Ah, capisco, quindi avete già parlato ed avete litigato.- sentendo quelle parole, il moro sussultò e si voltò verso di lei con espressione spaventata. Lo sapeva, era certo che fosse una chiromante o qualcosa del genere e quello gliene dava finalmente la conferma effettiva - Zoey è una ragazza molto fragile, che però vorrebbe essere forte e stare nel giusto. Non la conosco da molto, ma non ci vuole tanto a capirla. Quindi... cercate di fare pace, va bene?-  detto ciò si allontanò, lasciandolo perso fra i suoi pensieri. Rientrò dentro, rischiando un infarto quando si rese conto che c'era qualcuno.
- Perché gli hai detto quelle cose?- Scott, appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate, le parlò, guardandola fissa negli occhi.
- Ho un debito con Zoey, quindi vorrei saldarlo.- non aggiunse altro, riprendendo a camminare.
- Sei una brava persona.- quella frase, per quanto potesse essere un complimento, venne detta dal rosso come se fosse stata una presa in giro, tanto che Dawn si fermò per un istante, arrivando solo dopo a capire che fosse una specie di vendetta per quello che gli aveva detto lei in macchina.
- Non ne sono così sicura, ma... ti ringrazio lo stesso.- gli rivolse un sorriso amareggiato, per poi dirigersi verso la sala senza dire una parola.
 
- Partiremo questo pomeriggio alle cinque.- Duncan lanciò una rapida occhiata all'orologio da parete, azzurro e pieno di animaletti disegnati sopra, appeso nel mezzo della sala. Era le tre, quindi avevano tutto il tempo per prepararsi al viaggio, che sarebbe durato un po', dato che dovevano accompagnare Dawn per poi tirare dritti fino a Winnipeg.
Così, dopo aver passato altre due ore in compagnia di Bridgette, arrivò finalmente il momento di partire. La bionda li aveva quindi aiutati preparandogli dei panini, così che non dovessero fermarsi nuovamente ad un qualche pub.
- Siete sicuri di non voler rimanere qui per un altro giorno? Tanto non mi date fastidio, anzi, qui a volte è piuttosto noioso.- la bionda si era proposta più volte di ospitarli per qualche altro giorno, ma Duncan aveva categoricamente rifiutato.
- No, non preoccuparti. Dobbiamo arrivare al campeggio il più rapidamente possibile.- anche a lei aveva detto di star andando in campeggio, così da poter reggere la scusa che aveva usato con Dawn. In realtà aveva paura che, rimanendo troppo tempo nello stesso luogo, la polizia potesse individuarli e coinvolgere Bridgette in quella faccenda, che non le competeva.
- Oh, Zoey, Dawn, mi mancherete un sacco!- detto ciò la bionde le strinse in un abbraccio, facendo sentire a disagio la rossa, non molto abituata a quel tipo di contatti con persone che non conosceva bene. In meno di un giorno le tre avevano trovato un'intesa, soprattutto perché erano vegetariane e animaliste convinte, cosa che aiutò notevolmente lo svilupparsi della loro amicizia.
- Anche tu. - Zoey ridacchiò, nervosamente, messa decisamente a disagio da quel gesto.
- Se mai dovessi venire a qualche manifestazione a favore dei diritti animali qui nei paraggi ti verrò a trovare.- rispose Dawn, sorridendole con gioia.
- Bene, credo sia arrivato il momento di andare.- Duncan uscì dalla casa, ignorando le occhiate che Zoey gli stava lanciando, e si diresse dritto in macchina. Lì attese che tutti fossero saliti, poi mise in moto e fece manovra - Cazzo! Ho dimenticato...-- ebbe un attimo di esitazione, quasi come se non sapesse cosa dire - l'accendino. Vado a riprenderlo.- aprì la portiera, afferrò la valigia sotto al sedile di Zoey e, senza lasciar nemmeno dire una parola agli altri tre, andò a bussare alla porta.
- Ah, sei tu. - Bridgette, che gli aveva nuovamente aperto la porta, gli parlò con la sua solita voce acida, ma questa volta non gliene fregò nulla, aveva altro a cui pensare.
- Devo dirti una cosa importantissima. Posso entrare?- chiese, mantenendo un'espressione seriosa. La bionda alzò un sopracciglio, incuriosita dalle sue parole, poi spalancò la porta e lo fece entrare.
- Se parli dei mozziconi, so che li hai buttati tutti in terra. Me ne sono accorta.- disse schiettamente la bionda, aspettandosi una reazione di qualche tipo da parte del punk, che però rimase impassibile.
- La verità è che...- in quel momento gli si formò un groppo in gola, che gli impediva di finire la frase. Si sentiva male, al punto che avrebbe voluto vomitare.
- Che?- lo incentivò lei, sempre più stranita dall'atteggiamento del ragazzo. Lo aveva sempre visto come irriverente e fastidioso, ma in quel giorno in casa sua lo aveva trovato decisamente più... calmo. Come se la fiamma della ribellione che ardeva in lui si fosse spenta.
- Geoff è...- iniziò mettendo il soggetto, tanto per cercare di far capire alla ragazza cosa volesse dire.
- Geoff cosa? Andiamo, Duncan, non ci sto capendo...- il punk chiuse gli occhi e, senza nemmeno lasciarla finire di parlare, parlò.
- Geoff è morto. L'hanno ucciso.- sentì una goccia di sudore, freddissima, scendergli dalla fronte, mentre la bionda si era come immobilizzata.
- Eh? Stai scherzando.- lui non rispose, limitandosi a guardare in basso - È uno scherzo di pessimo gusto.- accompagnò quelle parole ad una risatina isterica, quasi a volersi convincere che non era nient'altro che una burla. Però gli occhi di Duncan non accennavano a volersi alzare - Guardami negli occhi e dimmi che stai mentendo!- la bionda urlò, mentre la sua faccia divenne tutta rossa.
Duncan sollevò la testa, mostrando finalmente il volto. Delle lacrime argentate stavano scendendo dai suoi occhi, mentre digrignava i denti con forza. Ora capiva, ora comprendeva cosa stesse accadendo. Capiva perché gli era sembrato così strano, capiva perché evitava ogni domanda su Geoff. Capiva tutto.
Non disse nulla, scoppiò a piangere e a singhiozzare all'improvviso. Si gettò fra le braccia di Duncan, cercando un conforto, che in quel momento solo lui poteva darle. Sentiva il cuore batterle fortissimo, come se stesse per esploderle. Rimasero in quella posizione per quasi cinque minuti, finché il punk non la prese per le spalle e la guardò dritta negli occhi.
- Io sto andando a Winnipeg. Vado ad ammazzare quello stronzo che si è preso Geoff. - disse, fra un singhiozzo e l'altro. Bridgette avrebbe voluto dirgli di fermarsi, di non fare cazzate, perché la vendetta non sarebbe servita a nulla, ma il suo corpo si mosse in automatico.
- Tu prendi questi, sono trecentomila dollari. Usali in modo non sospetto, per un po' di tempo dovrebbero bastarti.- il punk estrasse dalla valigia al suo fianco i soldi e glieli lasciò sul tavolo. Lei fece un cenno di assenso con la testa, dopodiché il ragazzo si alzò ed uscì di casa per tornare alla macchina.
Non si voltò nemmeno per un istante. Lo vide tirare su la manica per asciugarsi gli occhi ed infine entrare nell'auto.
- L'hai trovato?- domandò Zoey, vedendolo finalmente rientrare. Il punk trasse un grosso respiro, per poi chiudere gli occhi.
- Sì, l'ho trovato.- a quelle parole, la rossa rise, conscia che il ragazza aveva fatto senz'altro la cosa giusta. Adesso l'unica cosa che le restava da fare era tenere fede alla promessa che aveva fato con DJ.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Un altro capitolo is gone! E fra poco arriveremo all'esatta metà della storia, che emozione!
Questo è un capitolo lunghino e molto angoscioso, uno di quelli in i lettori passano tutta la lettura e fare "E dai, su, sbrigati! Non esitare!" che, detto fra noi, sono i miei preferiti.
Preferiti sì, ma da leggere. Scriverli è abbastanza complicato.
Ma comunque, abbiamo visto Duncan piangere! Povero cucciolinoooo
Beh, detto questo, ci vediamo venerdì. Damn, fra questa storia e Care Project sono davvero impegnato :-0

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Capitolo 15
*** #14 - Caught in a mosh ***


- Maledizione, ma quante cavolo ce ne sono?- sbuffò Duncan tenendo i denti stretti. Era la sesta pattuglia di polizia che vedevano nel giro di venti minuti, e ciò non era affatto un segnale positivo. Scott si era accorto subito della cosa, mentre Zoey aveva fatto molta fatica, e ci era arrivata solo seguendo lo sguardo del punk, che ogni volta chi incrociava una volante blu perdeva la testa ed iniziava a sudare.
Solo Dawn, lì praticamente per caso, non sembrava essersi accorta di nulla. Inizialmente pensava che il ragazzo ce l'avesse con il traffico, ma a lungo andare si era resa conto che non c'era poi tanta fila.
- Non possiamo passare per strade secondarie?- sussurrò la rossa, visibilmente preoccupata. Stava tenendo le dita intrecciate l'un l'altra, mentre picchiettava lentamente le gambe in preda al panico.
- No, purtroppo non ce ne sono. Per di più oggi c'è un sacco di traffico.- colpì con violenza il volante, facendo spagliare i due dietro.
- Ehi, stai calmo, così mi metti ansia.- protestò Scott, per poi tornare nuovamente ad osservare fuori dal finestrino. I quei due giorni in cui si era unito a loro aveva riflettuto molto. Ormai il tempo che MacLean gli aveva concesso era finito, ergo sarebbe stato ammazzato alla prima occasione, quindi l'unica speranza che aveva era quella di riuscire ad aiutare Duncan nel suo intento, così da poter sperare di sopravvivere.
- Si può sapere qual è il problema?- domandò Dawn, appoggiandosi ai due sedili davanti per sporsi e farsi vedere meglio - È da prima che non fate che lamentarvi.- concluse, portando da prima lo sguardo su Zoey, che si girò verso il finestrino, poi sul punk, che si limitò a roteare gli occhi.
- Il traffico.- tagliò corto lui, per poi svoltare al primo incrocio. Non appena finì di curvare, vide a pochi passi da lui una macchina della polizia, cosa che lo portò a fare una frenata istintiva.
- Cazzo, stai un po' attento!- urlò Scott, massaggiandosi la fronte, con cui aveva appena battuto un colpo al sedile davanti.
- Non rompere le palle, pel di carota.- sputò acidamente l'altro, premendo con forza l'acceleratore per allontanarsi da lì il prima possibile.
- Vedi di calmarti, cazzone. E cerca di guidare come Cristo comanda!- il rosso, furente come non mai, colpì con forza il sedile davanti, su cui era seduto proprio Duncan, che accostò subito la macchina al marciapiede.
- Per caso hai intenzione di farti spaccare la faccia?- domandò, girandosi verso di lui con fare tutt'altro che amichevole. Scott, che non si sentì minimamente minacciato da quelle parole, provò a sporgersi in avanti, quasi come a volerlo sfidare, ma l'intervento di Zoey evitò il peggio.
- Ragazzi, basta così. Cerchiamo di non litigare.- la rossa appoggiò la mano sulla spalla di Duncan, cercando di dissuaderlo dall'andare fino in fondo. Il moro la scostò con sgarbo, per poi ripartire in silenzio. Per strada incrociarono l'ennesima volante, che per poco non portò Duncan ad una crisi isterica.
- Perché ti arrabbi? La corsia è completamente libera.- fece notare Dawn, con un'espressione confusa in volto. In effetti la strada davanti a loro era completamente deserta, tanto che non c'era nemmeno una macchina parcheggiata sui bordi, motivo per cui la bionda iniziò ad insospettirsi.
Duncan sentì le mani tremargli sempre più forte, mentre un leggero mal di testa iniziava a farsi sentire, da prima piano, fino a farsi sempre più insopportabile. Fece un profondo sospiro, massaggiandosi le tempie con forza.
- Ce la posso fare, ce la posso fare, ce la posso fare.- iniziò a ripeterselo, tentando di convincersi di essere in grado di resistere ai suoi impulsi animaleschi, che lo avrebbero portato a tirare fuori la pistola e ad uccidere chiunque gli si parasse davanti.
- Forse ci conviene fermarci qui per un po'. Cerchiamo un hotel o qualche altro posto dove poter passare la notte.- propose Scott, appoggiando la testa contro lo schienale del sedile.
- Sì, penso sia una buona idea. - Duncan fece un segno d'assenso con la testa, per poi prendere il telefono ed iniziare a digitare delle parole a caso su Google, come "hotel dove dormire Ottawa basso prezzo", che ovviamente portarono a risultati poco proficui.
- Cameron!- all'improvviso Zoey cacciò un urlo fortissimo, rischiando di danneggiare l'udito del punk al suo fianco.
- Eh?- dissero gli altri tre in coro, mentre l'espressione della rossa si era tinta di gioia. Senza nemmeno ascoltarli, prese la borsa di Duncan e, dopo una breve ricerca, ne tirò fuori il suo telefono. Dopodiché digitò un numero e si mise l'aggeggio all'orecchio, attendendo che finisse di squillare.
- Ma si può sapere che diamine stai facendo?- il punk le prese il braccio e glielo spinse in giù, risvegliandola da quella trance in cui era caduta.
- Sto chiamando Cameron, è un mio amico che abita da questa parti. Posso chiedere a lui se può ospitarci, ne sarà senz'altro felice!- spiegò, riportando il telefono all'altezza dell'orecchio.
- Pronto, Zoey? Da quanto tempo!- una voce bassa e stridulo giunse ai loro orecchi, lasciandoli interdetti. Scott, Dawn e Duncan si guardarono fra di loro, mentre la rossa conversava con il suo amico.
- Ciao, Cam! È vero, è un po' che non ci sentiamo. Spero tu stia bene.- disse, sorridendo.
- Ehi, rossa, vedi di andare dritta al dunque.- la sgridò Duncan, ottenendo man forte anche da Scott. Quella fece cenno di assenso con la testa, per poi riprendere la sua conversazione con tranquillità.
- Davvero, è tantissimo che non parliamo! Come stanno i tuoi genitori?- i due parlarono per un altro po', tempo nel quale Duncan stava rischiando una crisi nervosa, Scott di addormentarsi e Dawn, che fino a quel momento era stata paziente, sentiva il bisogno di dirle di sbrigarsi, del resto stavano girando a vuoto già da una decina di minuti.
- Senti, Cam, avrei bisogno del tuo aiuto.- finalmente Zoey andò dritta al punto, assumendo un'espressione mortificata.
- Certamente, Zoey, dimmi pure.- la vocina del ragazzo, storpiata dal telefono, mise tensione a tutti e quattro, che non potevano sapere come l'avrebbe presa.
- Sono ad Ottawa ed avrei bisogno di un posto dove soggiornare, solo che noi siamo in quattro...- terminò la frase diminuendo sempre di più il tono di voce, il tutto mentre l'altro ascoltava.
- Beh... i miei genitori staranno fuori per qualche giorno, quindi non penso ci saranno problemi. Quando venite? Domani o fra due giorni?-
- Adesso.- non lo fece nemmeno finire di parlare, preparandosi psicologicamente ad un rifiuto.
- Va bene. Ti mando le coordinate per messaggio.- detto ciò riattaccò, lasciando tutti e quattro senza parole. Dopo poco le arrivò la notifica, con allegata la posizione da raggiungere. Ci sarebbe voluta un'oretta, poi sarebbero arrivati a casa del ragazzo.
 
La riunione straordinaria, indetta da Courtney per le sedici in punto, stava per iniziare e all'appello mancava proprio la castana. I quattro poliziotti convocati dalla ragazza erano seduti attorno al tavolo, aspettando pazientemente il suo arrivo.
- Possibile che riesca ad essere sempre in ritardo?- protestò Topher, sbuffando ed appoggiando i piedi sul tavolo.
- Ormai la conosciamo da un po', fa sempre così. - Scarlett, un'agente dai capelli rossi e dagli occhi verdastri, afferrò le gambe del castano e le tirò giù con violenza, ignorando tutti i suoi lamenti.
- Diciamo che è un tipo un po' particolare.- confermò Brick, che era stato chiamato da Courtney in persona dato che aveva avuto dei confronti diretti con Duncan.
- State attenti con le parole, se vi dovesse sentire sarebbero guai. - Noah, seduto con le braccia poggiate al tavolo in maniera piuttosto svogliata, passò lo sguardo su ognuno di loro con un sorriso in volto. Courtney aveva fatto in modo di riunire le persone migliori a disposizione, così da essere sicura al cento per cento di fermare il punk.
Per prima cosa si era occupata di chiamare qualcuno che avesse contatti con più pezzi grossi possibili, ovvero Topher, poi uno stratega che potesse aiutarla a progettare un piano perfetto, Scarlett, dopodiché aveva scelto Brick, che poteva essere utile vista la sua versatilità.
Infine c'era Noah, suo compagno di indagini ormai da tempo, che aveva l'unico scopo di guidare l'auto fino ad Ottawa. Ormai si era abituato a farle praticamente d'autista, seppur anche lui fosse a tutti gli effetti un detective, e aveva preso la cosa con umorismo, dato che il suo stipendio era altissimo e sulla carta non faceva pressoché nulla, se non di tanto in tanto redigere qualche rapporto a nome della castana.
Finalmente, con una decina di minuti di ritardo, Courtney fece il suo ingresso dentro la stanza. Aveva in braccio una lavagnetta ed un pennarello fra i denti, mentre dalla sua espressione si poteva intendere che fosse piuttosto allegra.
- Alla buon ora.- disse Topher, venendo istantaneamente fulminato da Scarlett.
- Andrò dritta al sodo, questa è la strategia che useremo per incastrare Duncan e la sua banda.- chiamò a se l'attenzione dei quattro, per poi iniziare a fare dei disegnini sulla lavagnetta - Da quello che sappiamo, si fermeranno per qualche giorno ad Ottawa, quindi aspetteremo la loro partenza per bloccarli appena fuori dalla città. Avremo a disposizione una decina di volanti, pertanto non dovrebbe essere difficile.-
- E se cercasse di scappare? A guidare è piuttosto bravo.- Brick, che aveva già avuto un confronto con lui, sollevò una mano, cercando di appianare tutti i suoi dubbi.
- Non preoccupatevi, per quello abbiamo un asso nella manica. In più, se riuscisse seriamente a sfuggirci, abbiamo il permesso di sparargli a vista.- spiegò, sorridendo in maniera a dir poco malata.
- Io e Scarlett - indicò la rossa, che rispose con un sorrisetto soddisfatto - abbiamo pensato a fondo per trovare un modo in cui essere sicuri al cento per cento di catturarlo, e siamo giunte alla conclusione che questo piano sia ottimo.- entrambe fecero un segno di assenso, chiudendo gli occhi per godersi ancora di più quel momento. Avevano passato dieci ore a progettarlo analizzando ogni minimo dettaglio.
- Quanti sono?- chiese Noah, dando una sfogliata alla pila di fogli che la castana aveva messo sul tavolo.
- In quattro. Duncan Nelson, una ragazza rossa che non siamo ancora riusciti ad identificare, Scott Wallis... - iniziò Scarlett, venendo però subito interrotta.
- Quello che ha ucciso il signor Medrek?- si intromise Brick, ricordando quello che, al tempo, fu il suo maestro nella scuola di polizia di Toronto.
- Sì, è lui.- accordò Noah, leggendo la sua fedina penale. Omicidio, furto, corruzione. Quel ragazzo, a soli venticinque anni, aveva già la fedina completamente sporca. Inoltre era sospettato di essere uno dei sicari di MacLean.
- Stavo dicendo, sono loro tre e un'altra ragazza di cui non sappiamo ancora nulla.- concluse, passando agli altri tre alcuni fogli.
- Ma quindi la ragazza non ha fatto nulla?- domandò Topher, stranito da ciò.
- No, la rossa risulta essere senza predenti.- confermò Courtney, incrociando le braccia al petto.
- Dite che si tratta di uno ostaggio?- ipotizzò Brick, cercando con lo sguardo la detective.
- Chi può dirlo? Non lo so nemmeno io, non ci resta che interrogarla e capirlo.- la castana alzò le spalle, per poi mettersi finalmente a sedere sulla sedia rimasta libera.
- Quando partiremo?- Noah, stranito da quella ricerca così assidua che Courtney stava conducendo, la guardò con fare strano.
- Domani.- sussurrò a malapena, per poi lentamente chiudere gli occhi. Era da un sacco che non dormiva e, cosa che succedeva anche piuttosto spesso, si era appisolata in quel preciso istante, sotto gli sguardi degli altri tre.
- Perfetto, direi che qui abbiamo finito. Ci penso io a portare la detective a casa. - concluse l'indiano, alzandosi dalla sedia.
- Sicuro di non volere una mano?- a proporsi fu Brick che, come suo solito, gli andò in contro con la speranza di poterlo aiutare.
- No, non preoccuparti, abitiamo vicinissimo.- mentì, dato che Courtney stava a due isolati da lui, perché non voleva scomodarlo, d'altronde non c'era bisogno di più persone per una cosa del genere.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Che belli i capitoli in macchina, sono pieni di discorsi e di caratterizzazione. Fra poco, ovvero martedì prossimo, conosceremo Cameron! Ed oggi siamo venuti a conoscenza di Scarlett e Topher, due personaggi secondari che però ritorneranno in futuro!
Dawn si insospettisce, Duncan muore dentro, Zoey... ha un'effettiva utilità? E poi Scott, che muore dalla voglia di fare a botte.
E noi ci vediamo Martedì prossimo, con un nuovo capitolo di "The Getaway"!

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Capitolo 16
*** #15 - Watching as I fall ***


La casa di Cameron si trovava piuttosto lontano da dove erano loro, ma in meno di un'ora erano riusciti ad arrivarci. Lì avevano incontrato il ragazzo, che aveva lasciato tutti un po' impietriti. Fatta eccezione per Zoey, che lo conosceva già, e Dawn, che non giudicava mai nessuno dall'apparenza, Scott e Duncan si erano scambiati un'occhiata di soppiatto, quasi chiedendosi se quello non fosse in realtà uno scherzo.
Cameron era un ragazzo di circa un metro e cinquanta, dalla pelle scura e dal tono di voce basso ma squillante. Inutile dire che quando Duncan scoprì che fosse amico della rossa, comprese subito che Zoey non dovesse essere poi così popolare.
Eppure, per quanto avrebbe tanto voluto deriderlo, non poteva che essergli riconoscente. La sua casa, posta al secondo piano di un edificio all'apparenza abbastanza lussuoso, era enorme. Aveva una sala d'entrata gigantesca, con due divani ed un sacco di piante ad abbellirla, quattro stanze per gli ospiti, che si andavano a sommare alle due personali, due bagni, una cucina e perfino uno stanzino, ovviamente grandissimo.
- Per quanto avete intenzione di stare qua?- chiese subito il nero, tanto per essere sicuro che i suoi genitori non lo venissero mai a sapere.
- Al massimo due giorni, ci serve solo un po' di tempo per... ehm, riprenderci dal lungo viaggio.- Zoey non aggiunse altri dettagli, per essere sicura di non tradirsi, ricevendo uno sguardo soddisfatto da parte di Duncan.
- Va bene. Allora venite con me, vi mostro le stanze.- come nella casa di Bridgette, i quattro vennero divisi in due stanze, una per i maschi e una per le femmine. Questa volta Duncan e Scott non avevano di che lamentarsi, dato che anche la loro era piuttosto grande, con due letti posti ai lati opposti della stanza, ben due comodini a testa e perfino un piccolo balcone, che Duncan vide perfetto come luogo per fumare.
Dopo essersi sistemati, si ritrovarono nel salotto ed iniziarono a parlare fra di loro, soprattutto perché Cameron e Zoey avevano molto da dirsi.
- Allora, Zoey, è da un sacco che non ci vediamo.- disse il nero, guardandola con un sorriso impresso in volto.
- Sì, mi sei mancato un sacco!- lo guardò negli occhi, ricambiando il suo sorriso.
- Mike come sta?- chiese di punto in bianco, facendole svanire il sorriso sul suo volto. La faccia della rossa si era come spenta, sostituita da una smorfia.
- Beh, lui... credo bene, è da un po' che non lo sento.- solo in quel momento si rese conto che, a conti fatti, era da tantissimo che non pensava più a lui, il ragazzo che le aveva distrutto la vita. Durante quello stressantissimo viaggio con Duncan non aveva avuto occasione per fermarsi a riflettere e ciò, per un certo punto di vista, l'aveva aiutata molto.
- Ah, capisco.- Cameron intuì subito che era successo qualcosa fra loro, e decise dunque di evitare domande per non mettere troppo il dito nella piaga.
- Dimmi Scott, c'è qualcosa che non va?- oltre che al nero e la rossa, anche Dawn aveva iniziato a parlare con Scott, cercando di capire perché si comportasse in modo strano con lei.
- Eh? No, perché?- il rosso scattò sull'attenti, allontanandosi di qualche centimetro dalla bionda, seduta vicino a lui sul divano.
- Mi sembri strano, è quasi come se avessi paura di me. - spiegò, alzando le spalle.
- Io... ma ti pare! Sono un uomo, non ho paura di nulla!- disse, ridendo nervosamente. Quella socchiuse gli occhi, guardandolo con aria sospetta.
- Sarà, ma cerca di essere un po' più socievole, sembra quasi che... tu abbia qualcosa da nascondere.- a quelle parole non poté far altro che sussultare, sentendosi tristemente accusato.
- Non ho nulla da nascondere.- negò, voltando la testa dall'altra parte con espressione sospetta.
- Allora possiamo conoscerci un po' meglio, non credi?- il rosso la guardò con un sopracciglio alzato, cercando di capire dove volesse andare a parare.
- Stai cercando di rimorchiarmi?- chiese, sempre più stranito.
- Ovviamente no. Solo che Duncan e Zoey parlarono per conto loro, quindi anche noi dobbiamo farlo.- spiegò la bionda, alzandosi dal divano, il tutto mentre la voce di Cameron e della rossa facevano da sottofondo.
- Non mi sembra una scusa molto convincente.- commentò l'altro, grattandosi la testa con una mano.
- Su, andiamo.- Dawn iniziò ad incamminarsi verso il balcone, facendogli cenno con una mano di raggiungerlo il più presto possibile.
- E di cosa vorresti parlare?- una volta giunti là il rosso si appoggiò al bordo del balcone con i gomiti, per poi sbuffare.
- Sai, mio padre è stato ucciso.- quelle parole gelarono il sangue nella vene a Scott, che rimase immobile con il fiato mozzato - Era un ispettore di polizia molto rispettato. Faceva sempre il suo lavoro con la speranza di poter proteggere i cittadini della sua città.- mentre parlava sul volto della bionda aveva iniziato a delinearsi un leggero sorriso - E poi, all'improvviso, è stato ammazzato. Un bastardo gli ha sparato e poi è scappato via. È morto in ospedale, dopo quasi un giorno. Per lo meno ho avuto modo di parlarci un'ultima volta.- più andava avanti con quel discorso e più Scott sentiva il bisogno di andarsene - E sai cosa mi ha detto?- Dawn si fermò per un istante per guardarlo fisso negli occhi - "Non cercare vendetta, era solo un ragazzo che ha scelto la strada sbagliata". Queste sono state le sue ultime parole.- detto ciò si avvicinò al balcone e si appoggiò con i gomiti, guardando la città dall'alto.
- È una storia triste.- commentò il rosso, cercando di spezzare quell'imbarazzante silenzio che si era appena creato.
- Già, decisamente. Tu cosa ne pensi?- chiese, girandosi verso di lui con la testa. Quello ci rifletté per qualche secondo.
- Non penso che gli darei ascolto. Però... sono certo che il suo assassino si sia pentito. Da come ne parli, tuo padre doveva essere una gran bella persona.- Dawn rimase stranita da quella risposta.
- Stai cercando di giustificare l'assassino?- domandò, guardandolo dritto negli occhi.
- No, assolutamente no. Eppure... qualcosa mi dice che lui non sia fiero di ciò che ha fatto.- sbuffò, per poi grattarsi la testa con un'espressione dispiaciuta in volto.
- Chi uccide non prova sentimenti.- sputò acidamente lei, abbassando la testa.
- Beh, secondo me è il contrario.- controbatté lui, avvicinandosi alla sala di qualche passo - Poi non ho mai ucciso nessuno, quindi di preciso non lo so. - alzò le spalle e tornò dentro, venendo seguito dalla ragazza.
 
Duncan era già alla terza sigaretta. Nel giro di dieci minuti aveva ceduto per ben tre volte alla tentazione del fumo. Guardò la cenere cadere dal piccolo balcone di camera sua, osservandola mentre lentamente spariva dal suo campo visivo. Aveva pianto davanti a Bridgette come un bambino.
Questo pensiero lo stava logorando dall'interno, conscio di aver fatto un qualcosa di cui avrebbe dovuto vergognarsi. Versare delle lacrime davanti a lei in quel modo era stato a dir poco umiliante, soprattutto per uno come lui.
Per di più le aveva dato ben trecentomila dollari che, sommati a quelli che già aveva dato ad Harold, erano metà della refurtiva ancora a sua disposizione. Non che se ne pentisse, però per un istante gli era sembrato quasi di aver "comprato" la vita di Geoff, come se stesse cercando di consolarla con quei soldi.
Scosse la testa cercando di lavare via quei pensieri così assillanti. Più ci pensava e maggiore era la voglia di fumare, e, per quanto volesse apparire da duro che se ne fregava di tutto e tutti, in fondo in fondo aveva a cuore se stesso e la sua salute.
- Fumi sempre, eh?- la voce di Zoey lo distrasse dai suoi pensieri, portandolo a girarsi verso di lei. La rossa si avvicinò lentamente, mentre studiava con gli occhi tutta la stanza.
- Quando sono nervoso.- commentò stizzito lui, battendo la sigaretta del bordo del balcone.
- Allora lo sei sempre.- scherzò lei, senza però ottenere il risultato sperato.
- Diciamo che non mi lascio andare facilmente. Soprattutto in situazioni come questa.- sospirò, notando l'espressione leggermente triste dell'altra. Ovviamente, come al solito, era rimasta male per colpa di quelle parole. Decisamente una ragazza complicata.
- L'hai detto a Bridgette, vero?- non si preoccupò di essere chiara, tanto sapeva che il moro avrebbe sicuramente capito.
- Sì, alla fine gliel'ho detto.- ammise, gettando il mozzicone dal balcone con una schicchera.
- Hai fatto bene. Era giusto che lo sapesse da te. - disse lei, mettendosi accanto a lui.
- Ha pianto.- mise la mano in tasca, alla ricerca di un'altra sigaretta, ma riuscì miracolosamente a fermarsi - E poi... beh, non credo ci sia altro da aggiungere.- sospirò violentemente, per poi tapparsi la bocca con una mano.
- Abbiamo ancora un sacco di strada da fare.- constatò lei, probabilmente nella speranza di salvare la loro discussione.
- Zoey.- la chiamò per nome, facendola sussultare. Ancora non era abituato ad essere chiamata da lui, dato che si affidava per lo più a dei semplici nomignoli come "rossa" oppure un semplice "tu".
- Dimmi.- balbettò leggermente, cercando di ricomporsi.
- Perché sei venuta con me?- chiese, senza rivolgerle lo sguardo. Quella rimase immobile per qualche secondo, come se non riuscisse a trovare una risposta.
- La verità è che...- si fermò, portando il ragazzo a girarsi verso di lei - non lo so. Ho pensato che tu da solo avresti avuto senz'altro dei problemi, quindi...- non concluse apertamente il discorso, ma comunque al punk bastò per capire.
- Quindi mi stai dicendo che sei venuta per un gesto di carità?- domandò, con un sorrisetto sulle labbra. La rossa, pensando si trattasse di una specie di rimprovero, iniziò a muovere le mani freneticamente, cercando di spiegarsi meglio.
- No... io, cioè, non intendevo...- si fermò quando sentì la risata del moro.
- Sto scherzando, non preoccuparti. Però sappi che sono contrario, per una come te è troppo pericoloso.- disse, trattenendo ancora una volta la mano destra, che lentamente si stava avvicinando al pacchetto di sigarette posto nella sua tasca.
- Avevo bisogno di staccare la spina dalla mia solita vita, anche Gwen me lo diceva spesso. So che questo non è il posto adatto per me, eppure voglio continuare fino in fondo, d'altronde DJ mi ha dato una missione.- solo dopo aver finito quella frase si rese conto di essersi tradita con le sue stesse parole.
- E quale sarebbe?- chiese Duncan, senza alterarsi più di tanto.
- Impedirti di... uccidere...- si fermò di colpo, ricordandosi che il nero le aveva apertamente detto di non dire al punk, per nessuno motivo, della sua richiesta - MacLean...- finì la frase, sbuffando sonoramente.
- Wow, estorcerti informazioni è piuttosto facile.- Duncan rise, seppur in maniera innaturale. Stava pensando a DJ e al fatto che si fosse affidato ad una ragazzina per impedirgli di portare a termine la sua vendetta. Era davvero così stupido?
- Cavolo! Non avrei dovuto dirtelo!- strillò, per poi arruffarsi i capelli per il nervoso con entrambe le mani.
- Sinceramente, non mi cambia molto. Ho intenzione di andare fino in fondo, che tu lo voglia o no. - alzò le spalle e si diresse verso la sala, lasciandola immobile al centro della stanza.
La verità era che Duncan sapeva perfettamente che DJ avrebbe provato a fermarlo in qualsiasi modo, però non si aspettava una mossa del genere. Scosse la testa, nella speranza di cacciare via tutti i pensieri che lo attanagliavano in quel momento, e si buttò sul divano.
- Allora, ehm... tu sei Duncan, giusto?- si accorse in quell'istante che, ad un metro da lui, c'era l'amico di Zoey.
- Sì. Tu sei Camaleont, vero?- chiese, cercando di indovinare il nome. Non gliene importava molto, però in fondo aveva pur sempre un debito con lui e l'unica cosa che poté fare fu non trattarlo male.
- Cameron.- lo corresse, ridacchiando - Da quanto conosci Zoey?- domandò, tentando goffamente di iniziare una discussione con lui. Il punk alzò le sopracciglia, confuso da tutta quell'ospitalità.
- Ehm... ecco... - tagliò corto, appoggiando la testa contro lo schienale - Non è da molto che ci conosciamo.- omise altri dettagli, anche perché non poteva dirgli che la conosceva a malapena da tre giorni.
- Io la conosco da un sacco di tempo. Eravamo compagni di scuola alle elementari.- spiegò, seppur all'altro non gliene fregava nulla.
- Bello.- ribatté lui, puntando gli occhi sull'enorme lampadario posto sopra di loro.
- Beh, per lei non tanto.- lo sguardo del nero si fece più cupo, attirando la curiosità da Duncan.
- Che intendi dire?- domandò, voltando la testa in sua direzione.
- A scuola era spesso presa in giro, non se l'è passata molto bene.- sentendo quelle parole, il punk spalancò la bocca ed alzò in contemporanea le sopracciglia. Di certo lui non poteva capire a pieno cosa provasse, anche perché lui era stato in tutto e per tutto un bullo - È per questo che il suo carattere è così. Vuole evitare agli altri ciò che ha subito lei.- concluse, alzandosi dal divano.
Duncan rimase lì, immobile a pensare. Più andava avanti e più si rendeva conto di star viaggiando con dei perfetti sconosciuti, non che la cosa lo preoccupasse particolarmente, però sentiva il bisogno di parlare con qualcuno che riuscisse anche solo a capirlo, e di certo quei tre matti non facevano al caso suo.
 
La sera arrivò e, dopo aver cenato, ognuno si dileguò nella propria stanza. Duncan sentiva il bisogno di dormire, mentre Scott voleva soltanto evitare Dawn per un bel po', perché non era in grado di reggere un confronto con lei.
Così Zoey e la bionda, dopo aver dato la buonanotte a Cameron, se ne andarono nella loro camera, dove iniziarono, partendo sempre dai discorsi animalisti che Dawn era solita fare, a parlare del più e del meno.
- Non pensi che tutto ciò sia strano?- disse improvvisamente la bionda, stesa sul letto e con lo sguardo rivolto verso la luce.
- Cosa?- l'altra si era appena messa il pigiama, pronta per andare a dormire.
- Siamo in una casa di una persona a caso, sembra uno di quei film americani sulle spie. - si spiegò, ottenendo un cenno positivo da parte dell'altro.
- Sì, hai ragione. Però... infondo è divertente, no?- la rossa rise, sdraiandosi anche lei sul suo materasso lentamente.
- La compagnia non è delle migliori.- sussurrò l'altra, indicando con l'indice la stanza accanto alla loro, dove stavano dormendo i due ragazzi.
- Meglio di niente.- rise Zoey, contagiando anche l'altra - Alla fine sono delle brave persone.- concluse, mettendosi a pancia in giù.
- Con Duncan non ho parlato molto, ma da quello che ho capito Scott non mi sembra molto un santarello.- Dawn si mise a sedere sul letto, incrociando le gambe.
- Beh, è stato lui a salvarti. Anche lui ha un cuore.- le ricordò, scrollando le spalle di colpo. La bionda guardò per terra con un'espressione vuota, mentre ripensava alla scena del suo salvataggio. Sì, il suo intervento era stato utile, ma se la sarebbe cavata anche da sola.
- Non ne sono molto convinta, ma forse hai ragione tu. Piuttosto, Duncan che tipo è?- chiese, osservandola mentre pensava alla risposta.
- Onestamente, non credo di averci capito molto. È scorbutico, violento e irrispettoso, ma anche gentile ed onesto. Diciamo che i suoi pregi ed i suoi difetti si bilanciano.- in effetti il punk era l'unico motivo per cui aveva smesso di pensare a Mike, e di ciò gli era infinitamente grata.
- Non è che hai una cotta per lui?- quando Zoey metabolizzò quelle parole, il suo volto si tinse completamente di rosso, raggiungendo lo stesso colore dei capelli.
- Ma... ma... che dici! No, è solo che...- si portò il cuscino davanti alla faccia, impedendo quindi all'altra di guardarla in viso. Lo tolse solo dopo qualche secondo, condito con delle risatine da parte di Dawn.
- Sei una brava ragazza, Zoey. - quella frase spiazzò la rossa, che non seppe come risponderle. Non ne ebbe nemmeno bisogno, poiché la bionda spense la luce e si voltò dall'altra parte, dandole la buonanotte.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Indovinate chi si era dimenticato di aggiornare? Io, esattamente.
In questo capitolo conosciamo Cameron, il tipico sfigato! Inoltre i nostri amichetti fanno conoscenza l'un l'altro. Ed il padre di Dawn è stato ucciso, colpo di scena!
Ci vediamo Venerdì prossimo, sempre che non mi dimentichi lol

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Capitolo 17
*** #16 - Across the line ***


-Mi scusi, signore, potrebbe aiutarmi? Non credo di sentirmi molto bene.- l'ispettore Medrek venne fermato da uno strano ragazzo dai capelli rossi che, dopo averlo visto passare, richiamò la sua attenzione. Si stava tenendo la pancia con entrambe le mani, mentre era piegato sulle ginocchia con un'espressione sofferente in volto.
- Certamente, lasciami vedere.- si avvicinò al ragazzo, nascosto in un vicolo cieco, e gli andò incontro. Vide un piccolo ghigno imprimersi nel suo volto, poi si ritrovò una pistola puntata contro all'altezza del petto.
- Che stupido, ci sei cascato come un salame.- quello si tirò su, mostrando finalmente il suo volto. Aveva i capelli rossi, gli occhi celesti ed un sacco di lentiggini in volto.
- A dire il vero avevo capito sin da subito le tue intenzioni.- spiegò quello, lasciandosi andare ad un sorriso.
- E allora perché sei venuto lo stesso? Per caso sei un idiota?- chiese il rosso, alzando un sopracciglio, senza abbassare l'arma.
- C'era anche una piccola possibilità che tu stessi male davvero. Come poliziotto è mio compito aiutare le persone in difficoltà.- il ragazzo guardò l'ispettore con un'aria completamente persa. Sì, aveva avuto la conferma che quell'uomo fosse un vero e proprio sprovveduto.
- Eh? Che discorso stupido.- scosse la testa, senza riuscire a capire cosa volesse dire l'altro -Purtroppo per te non ho molto tempo, quindi vediamo di fare il tutto in fretta, va bene?- tolse la sicura, osservando l'ispettore dritto negli occhi. Aveva dei capelli biondi, coperti dal berretto, e delle iridi chiarissime, tendenti quasi al rosa, ed  una carnagione pallidissima.
- Sei sicuro di quello che stai facendo? Sei un ragazzo giovane, non dovresti fare cose del genere. - la voce di Medrek era calmissima, come se stessero allegramente conversando davanti ad un caffè caldo.
- E te che ti frega? Io faccio quello che mi pare. - si avvicinò di qualche passo, per essere sicuro di centrarlo in pieno - Come mai non sei spaventato?- l'espressione del biondo, così pacata e tranquilla, lo stava mandando su di nervi. Possibile che non riuscisse a comprendere che, di lì a poco, sarebbe morto?
- Non è una cosa che una persona così giovane debba fare.- ripeté, variando leggermente le parole all'interno della frase.
- Ma smettila.- appoggiò la pistola ad un occhio, prendendo bene la mira.
- Prima o poi te ne pentirai.- continuò quello, sospirando come sconfitto. Batté gli occhi per tre volte, dopodiché lì portò contro quelli del rosso.
- Stai cercando di farmi pena?- urlò, decisamente a corto di pazienza. Più i secondi passavano e più sentiva l'ansia salirgli a dismisura.
- In realtà... sei tu a far pena a me. - si fece di un passo avanti, allarmando il ragazzo.
- Stai indietro!- cacciò un urlo fortissimo, mentre sentiva la mano attorno alla pistola tremargli come non mai.
- Cosa ti hanno promesso? Soldi? Una vita passata nel lusso?- si fermò a pochi passi da lui, mantenendo le sue iride rosee puntate contro di lui - Sappi che non vale la pena ottenere ciò se non te lo sei guadagnato.- il rosso, a quel punto, non riuscì a contenersi e, dopo aver chiuso gli occhi, premette il grilletto. L'ispettore Medrek cadde ai suoi piedi, reggendosi il punto colpito, poco sopra il cuore, con una mano. Improvvisamente iniziò a sentire dei brusii, allertati dal rumore, provenienti dalla strada principale, così prese a corsa fino alla fine del vicolo, cercando di scappare da lì, con il cuore in gola ed un fortissimo dolore alla testa.
 
Scott si svegliò di soprassalto, rischiando per poco di battere una testata contro la mensola posta sopra il suo letto. Aveva fatto di nuovo lo stesso sogno, dopo anni ed anni. Ricordava ogni singolo momento di quella scena, avvenuta qualche anno fa, in cui aveva macchiato perennemente le sue mani.
Era completamente sudato, al punto che la sua maglietta grigia era diventata completamente scura. Sentiva delle gocce scendergli dalla fronte, percorrendo tutto il suo volto fino a cadere sulle coperte, anch'esse ridotte piuttosto male.
L'unica cosa che poté fare fu buttarsi a peso morto sul letto, ignorando quell'orrida sensazione che gli dava la maglietta appiccicata alla schiena.
Non aveva dubbi, Dawn era la figlia dell'ispettore Medrek, quel poliziotto che, sotto ordine di MacLean, aveva fatto fuori. Il suo primo omicidio, che lo aveva segnato a vita. Per una settimana intera aveva vomitato ogni giorno, finché, lentamente, non gli era passato il trauma, lasciando il posto ad un continuo senso di colpa.
Per tale motivo aveva chiesto al boss di poter smettere. Inizialmente pensava che la carriera come killer fosse facile, ma si era subito accorto di starsi sbagliando.
Si alzò lentamente dal letto e, massaggiandosi la testa dolorante, si diresse verso la doccia. Entrò rapidamente, lasciando che l'acqua lavasse via il sudore e i pensieri che aveva accumulato durante quella nottataccia.
Puntò la faccia contro il soffione, lasciando il viso a contatto con i getti, ghiacciati, che lo fecero rabbrividire.
Possibile che Medrek avesse ragione? Era arrivato il momento in cui si sarebbe dovuto pentire? Senza ombra di dubbio la presenza di Dawn stava accelerando le cose, dato che per qualche anno era riuscito ad andare avanti solo con il rimorso.
Uscì dalla doccia e, dopo essersi rapidamente asciugato, si stese sul divano cercando di dormire un altro po'. D'altronde erano le quattro e, almeno per quel giorno, Duncan non aveva dato una sveglia ben precisa.
 
- Allora, verso che ore partirete?- domandò Cameron, versandosi un po' di cereali dentro alla tazza. Quella mattina si erano stranamente alzati tutti più o meno contemporaneamente, con unica eccezione per Scott, che avevano trovato seduto sul divano, quindi si erano concessi una colazione tutti insieme.
- Non lo so di preciso, penso nel pomeriggio.- ipotizzò Zoey, guardando Duncan per cercare una conferma precisa.
-Tra un'ora, è meglio metterci in marcia il prima possibile.- il punk prese un sorso di caffè ed addentò la sua brioche alla crema con foga. Per quanto si spacciasse per un amante dei cibi amari, non poteva negare il suo amore per la crema.
- Così presto?- obiettò Dawn, inclinando leggermente la testa.
- Sì, non abbiamo più molti giorni liberi. Il campeggio ci aspetta!- disse Duncan, fingendo un tono allegro che non riuscì ad impressionare molto.
- Va bene, ho capito.- detto ciò estrasse il cellulare, iniziando a digitare un messaggio.
- Con chi parli? Ho notato che stai spesso al telefono.- le chiese Zoey, mentre portava un cucchiaino pieno di cereali alla bocca. In effetti si era resa conto che, di tanto in tanto, la bionda era solita mandarsi dei messaggi con qualcuno.
- Con i miei amici, loro sono già là. - scrollò le spalle, come se fosse ovvio. La rossa spalancò la bocca, dandole un segno di assenso con la testa.
- Scott, oggi mi sembri sotto tono, che hai?- Duncan, dopo aver lanciato un'occhiata al rosso, cercò di capire perché fosse così strano. Era stato il primo a svegliarsi, ma non aveva ancora detto una parola.
- Eh? No, niente di che. Ho dormito male.- tagliò corto, sorseggiando un po' di caffè. Aveva due grosse borse sotto gli occhi e una faccia tutt'altro che riposata.
- Allora cerca di riposarti in macchina, sembri uno zombie.- lo derise, ridendo lui stesso. Quello si limitò ad annuire, troppo stanco per riuscire a controbattere.
Dopo aver aspettato un altro po', giusto il tempo di farsi una doccia a testa e di rubare qualcosa dalla dispensa del nero, soprattutto Duncan che fece razzia di brioche alla crema, si prepararono a partire.
- Cameron, mi mancherai un sacco!- la rossa e il nero si salutarono con un caloroso abbraccio, mentre gli altri tre si limitarono ad una fugace stretta di mano.
- Anche tu. Vi auguro buon viaggio.- detto ciò si allontanò per aprire il cancello del garage e permettergli finalmente di ripartire.
Avevano ancora un sacco di strada da fare, però, secondo i calcoli di Duncan, in due o tre giorni sarebbero dovuti giungere a destinazione.
- Dimmi, Duncan, ma per gli altri giorni come faremo a dormire?- domandò Zoey, voltando la testa verso di lui. Si accolse subito che il punk ebbe un sussulto, seguito da un attimo di esitazione.
- In macchina. I sedili sono comodi.- alzò le spalle, ricevendo delle occhiatacce da parte dei due rossi.
- Non dire cazzate, non riuscirei ad addormentarmi qua nemmeno sotto tortura.- protestò Scott, cercando di chiudere gli occhi nella speranza di appisolarsi.
- Scusami se non ho una Ferrari con i sedili in pelle.- replicò il punk, leggermente stizzito. D'altronde la macchina non era nemmeno sua, ma di DJ, quindi quello era il massimo che poteva offrire.
- Quindi mi stai dicendo che dovremo fare i vagabondi finché non saremo giunti a destinazione?- la rossa aprì le braccia, cercando di far ragione il ragazzo, che si limitò a grattarsi la testa distrattamente.
- Fermarci per troppo tempo potrebbe essere rischioso, meglio fare meno tappe possibile. Abbiamo già bruciato un giorno.- spiegò, sbuffando. Era conscio di avere sempre meno tempo a disposizione, anche perché la polizia sarebbe riuscita, prima o poi, a rintracciarli.
- La mia povera schiena non può reggere tre nottate in macchina.- Scott scosse la testa e cercò con lo sguardo Duncan, che roteò gli occhi stizzito.
- Sentite, siamo una "squadra"- lasciò per un istante il volante per mimare le stanghette con le dite - quindi comportiamoci come tale. Un po' di spirito di sacrificio non fa male a nessuno!- sbraitò, battendo un colpo sulla plastica nera.
- Alla mia schiena sì!- urlò il rosso, messo alle strette dalle poche ore di sonno.
- Maledizione, ma dove cazzo pensate stiamo andando?- controbatté Duncan, per poi ricordarsi della presenza di Dawn, che lo portò ad abbassare la voce. Eppure la ragazza sembrava essersi estraniata completamente dal discorso, quasi come se non le importasse.
Teneva lo sguardo fisso sul telefono e, di tanto in tanto, scriveva qualcosa. Solamente il punk sembrava essersi reso conto della cosa, dato che sia Zoey che Scott non accennava a piantare quell'assurda discussione, che lui avrebbe facilmente messo a tacere facendoli scendere dall'auto.
- Non importa la meta, il sonno è un bene primario.- ribatté il rosso, venendo pienamente appoggiato da Zoey.
- Sentite, ne discutiamo stasera, va bene? Tanto all'ora di dormire manca ancora un bel po'.- Duncan provò ad interrompere il discorso, perché si era reso conto che qualcosa non quadrava. Era da più di tre minuti che non incrociavano una vettura e, visto che stavano percorrendo le statale principale del Canada,  tutto ciò gli pareva piuttosto strano.
- Non cercare di sviare l'argomento!- protestò Zoey, snervandolo ancora di più. Possibile che facesse la timida per qualsiasi cosa ma, quando si trattava di stupidaggini come quella, tirava fuori il suo istinto da rompipalle?
- Ve lo ripeto per un'ultima volta: smettetela con questa storia. Ne parleremo a tempo debito, ok?- urlò, facendoli zittire entrambi. I due, spaventati dal cambio di tono del ragazzo, fecero segno d'assenso, dopo essersi guardati con le facce piuttosto preoccupate - Cazzo, vi ci voleva tanto a chiudere quelle fogne?- sussurrò poi, riprendendo a guidare in tranquillità.
Davanti a loro c'era un dosso, piuttosto ripido, che Duncan ebbe seriamente paura di non riuscire a superare. Premette il gas a massima forza, inveendo diverse volte contro DJ nella sua testa, finché le ruote non partirono e gli permisero di andare avanti. E proprio quando riuscì a giungere alla cima del dosso pensò che, forse, sarebbe stato meglio se la macchina avesse ceduto prima.
Ad una ventina di metri da loro c'erano una decina di macchina della polizia, poste sulla carreggiata, che impedivano al traffico di circolare. Capì dunque il perché di quell'aria desertica in autostrada.
Anche Scott e Zoey si rese conto della cosa, sussultando contemporaneamente. Duncan trasse un grosso respiro, cercando di calmarsi, agitandosi non avrebbe fatto altro che peggiorare le cose.
- State calmi, le cose iniziano a farsi complicate.- disse, mantenendo la presa ferrea sul manubrio. In tanto, da fuori, una voce iniziò a chiamarlo.
- Duncan Nelson, sappiamo che sei lì dentro, esci, tu e la tua banda, dalla macchina con le mani alzate.- la voce, amplificata con un megafono, giunse fino alle sue orecchie, facendolo istintivamente ridere. Gli ricordava la prima volta che era stato arrestato per guida in stato di ebbrezza quando ancora era minorenne.
- Tenetevi forte, dovrò schiacciare l'acceleratore un po' più forte del solito.- sussurrò ai tre. Fece per dare gas, ma sentì un oggetto metallico, che conosceva fin troppo bene, contro la testa. Si voltò leggermente, ritrovandosi una pistola puntata contro la tempia.
- Scendete dall'auto senza fare storie, o lo faccio fuori.- Dawn, armata con un revolver, intimò ai tre di abbandonare immediatamente la vettura.
- Dawn... che cosa significa?- chiese Zoey, sconvolta da quelle parole. La bionda nemmeno la guardò, si limitò a levare la sicura per fargli intuire di dover eseguire il suo ordine.
- Cazzo.- esclamò Duncan, per poi scendere con le mani appoggiate dietro la testa. Questo non se lo aspettava e, per quanto si ritenesse un tipo fortunato, sapeva che quella volta solo un miracolo avrebbe potuto salvarlo.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ah, i colpi di scena. Che belli, vero? Se mi conoscete, sapete bene che adoooro metterli nelle mie storie, soprattutto se in questo modo. Esatto, Dawn, figlia dell'ispettore Medrek, è un'agente di polizia! Nel prossimo capitolo le cose saranno più chiare, non preoccupatevi!
Il titolo del capitolo è preso dalla canzone "Across the Line", dei Linkin Park, che è una delle mie preferita. Signori cari, spero vivamente che questo capitolo vi siamo piaciuto.
Noi, come sempre, ci vediamo Venerdì, oppure Domenica se seguite Care Project!

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Capitolo 18
*** #17 - Awake and Alive ***


- Scendete subito dall'auto. - la voce di Dawn, bassa ma nervosa, entrò nelle loro orecchie, facendoli sussultare. Scott e Zoey si guardarono sconvolti, mentre Duncan si limitò a digrignare i denti con forza.
- Fate come dice, non ci tengo a finire con il cervello spappolato.- disse il punk, aprendo lentamente la portiera. I due rossi fecero come ordinato dalla bionda e scesero con le mani dietro alla testa.
Dawn si mise dietro di loro e, mantenendo la pistola puntata contro la testa del moro, li accompagnò verso la polizia, posta ad una ventina di metri da loro. I fucili dei poliziotti erano rivolti verso di loro e ciò fece spaventare non poco Zoey, decisamente inesperta e poco abituata a quelle situazioni.
- Bene, bene. Chi si rivede.- una voce, che Duncan riconobbe all'istante, catturò la loro attenzione. Dall'unica macchina diversa dalle altre, che erano del classico colorito blu e bianco, fuoriuscì una ragazza castana, con addosso degli occhiali neri spessissimi. Guardò il punk negli occhi, poi si avvicinò ed iniziò a ridere - Alla fine ti ho preso.- quello roteò gli occhi, cercando di ignorarla.
- Wow, sei davvero una detective modello.- ironizzò, mantenendo un'espressione annoiata in volto.
- Ti ho cercato insistentemente sin da quando quella volta mi hai abbandonato. Adesso, finalmente, posso sbatterti dentro e buttare la chiave.- i loro volti distavano solo di qualche centimetro.
- Andiamo, Courtney, non essere eccessiva. Ho solo rubato un po' di soldi da una banchetta.- un sorriso si dipinse sul suo volto, portando l'altra ad arrabbiarsi.
- Non sei nella condizione di parlare.- la castana strinse i pugni, cercando di reprimere la voglia di colpirlo che si stava facendo pian piano sempre più forte in lei.
- Avrò pur sempre diritto ad un avvocato, no?- ribatté lui, sorridendole. Le fece l'occhiolino, tanto per irritarla di più, seppur sapesse che la situazione era più che disperata.
Mentre Duncan cercava di tenere testa a Courtney, Scott stava guardando di soppiatto Dawn, sempre con la pistola rivolta verso il punk. Si sentiva stranamente soddisfatto, come se sapesse di meritarsi tutto ciò, eppure, in un certo senso, era come deluso.
- Quindi tu sei la figlia dell'ispettore Medrek.- sussurrò, riuscendo a farsi sentire solamente da lei.
- Esatto. E finalmente potrò vendicare mio padre.- lo guardò dritto negli occhi, mostrandogli la sua espressione gelida e senza pietà. Aveva atteso quel momento per sette anni e, finalmente, aveva davanti l'assassino di suo padre.
- Suppongo sia giusto così. - il rosso disse quelle parole in automatico ed abbassò la testa. Da quando aveva incominciato a provare tutto quel rimorso? Fino a tre giorni prima era un sicario di MacLean, eppure in quel momento era diventato una vera e propria femminuccia.
- Sì, giustizia sarà fatta.- la bionda abbassò le sopracciglia ed afferrò ancora più saldamente l'arma con entrambe le mani.
Courtney si avvicinò a Duncan, con le manette in mano, pronta a caricarlo sulla macchina. Il punk chiuse gli occhi, conscio di aver perso, ma un rumore improvviso lo distrasse. Una gabbia di fumo bianco iniziò a dissiparsi nell'aria, rendendo impossibile vedere.
- Correte verso l'auto, è la nostra occasione!- urlò Duncan, afferrando Zoey e Scott per un braccio. Vide Dawn, intenta a cercare di capire cosa stesse accadendo e, con un colpo della spalla, la gettò a terra e le rubò l'arma.
- Sparategli!- urlò Courtney, presa alla sprovvista, mentre seguiva con lo sguardo il punk e gli altri due.
- No, fermi, rischiate di colpire l'agente Medrek!- urlò Noah, uscendo dall'auto in tutta furia. La zona attorno a loro era completamente ricoperta di fumo e, in quelle condizioni, non potevano agire.
- Usiamo gli elicotteri!- propose Topher, smanacciando alla ricerca di Courtney, persa nel bel mezzo della fumata.
- Non possiamo.- rispose Noah, portandosi le mani attorno al naso per respirare meglio.
- E perché mai?- il castano lo trovò e, dopo averlo afferrato per le spalle, chiese spiegazioni.
- Beh, se li avessero visti avrebbero capito subito che era una trappola, quindi li ho fatti atterrare. Per di più con questo fumo non possono partire.- spiegò l'indiano, partendo poi alla ricerca della castana.
La trovò solo quando il fumo si fu completamente dissipato, in ginocchio nel bel mezzo della strada, con un'espressione persa in volto.
- È scappato. È riuscito a scappare.- disse, sollevando lentamente entrambe le mani al cielo. Le chiuse in un pugno e, con violenza, le sbatté sull'asfalto, ferendosi.
Davanti a loro non c'era più la macchina di Duncan. I tre erano partiti, in fretta e furia, e si erano confusi nel traffico di Ottawa alla velocità della luce. Il punk aveva ancora il fiatone, complici le sigarette che fumava ogni giorno, mentre i due dietro di lui erano letteralmente sconvolti.
Scott era immobile sul sedile, con la testa rivolta verso il finestrino. Stava pensando al breve scambio di battute che aveva avuto con Dawn, nel quale aveva perfino pensato di meritarsi la galera. Per un istante aveva ceduto, arrivando ad accettare l'essere segregato dentro ad una cella per il resto dei suoi giorni.
Invece Zoey era letteralmente traumatizzata. Non mosse un dito per più di dieci minuti, periodo in cui il punk guidò senza sosta sperando di arrivare in un paesino il prima possibile. Continuava a tremare, ripensando a ciò che aveva provato in quel momento, un misto fra paura, rabbia e shock, soprattutto perché a conti fatti, era stata sua la colpa.
Aveva insistito per portarsi Dawn dietro, che si era rivelata un'agente sotto copertura. Era ingenua, troppo ingenua. In una situazione come quella non doveva lasciarsi andare a sentimentalismi, però era più forte di lei, voleva aiutare chiunque le capitasse sotto tiro, mettendo in difficoltà chi le stava attorno.
Proseguirono quel viaggio solitario finché, arrivati in prossimità di una cittadina dal nome a loro sconosciuto, Duncan non fermò la macchina a bordo strada per cercare di fare il punto della situazione.
- Direi che abbiamo avuto giusto un po' di culo. - ironizzò, sospirando con forza - Ma adesso arriva il bello. Dobbiamo arrivare a Winnipeg senza cadere in un'altra imboscata e, visto che alla biondina non abbiamo detto nulla, loro non sanno dove siamo diretti.- spiegò, con lo sguardo rivolto verso i due. Però né Zoey né Scott lo stavano in realtà ascoltando. Il punk, stufo di quell'atteggiamento che avevano avuto per tutto il viaggio in auto, strinse i pugni e gli rivolse uno sguardo arrabbiato.
- Ma si può sapere che cazzo avete? Sapevate perfettamente che una cosa del genere sarebbe potuta accadere, non è niente di nuovo!- urlò, battendo con forza sul tetto dell'auto, cosa che fece spagliare Zoey.
- Però... Dawn ci ha...- iniziò la rossa, facendolo infuriare ancora di più.
- E che cazzo te ne frega? La conoscevi da nemmeno due giorni, non può essere stata così importante per te. - dette un'altro colpo, questa volta al cruscotto, cercando di contenersi.
- Io...- la ragazza provò a giustificarsi, ma il punk non la lasciò parlare, fin troppo stufo di quelle discussioni frivole a cui lei lo induceva spesso.
- Ho capito. Adesso mi è tutto chiaro.- prese fiato per un istante, appoggiandosi una mano sulla fronte con un sorriso decisamente fuori luogo - Tu ti affezioni alla gente, eh? Scommetto che per un istante hai pensato anche che io e Scott potessimo essere tuoi amici, vero?- si fermò nuovamente, tanto per guardarla negli occhi - Beh, scusa se ti risveglio dal mondo delle fiabe, ma sappi che non è così. Io sono un criminale ricercato per furto e lui è uno scagnozzo della mafia con le mani sporche, non siamo tre amici in gita verso il campeggio.- gridò quella frase con tutto il fiato che aveva nei polmoni, fino a rimanere senza voce. Zoey lo guardò per qualche secondo, fino a quando dai suoi occhi iniziarono a scendere delle lacrime che, lentamente, le bagnarono tutto il volto.
- È per questo che avevo detto a DJ di riportarti a casa. Sei solo un peso. - sussurrò poi il moro, finendo così il suo discorso.
- Ma si può sapere che cazzo hai da urlare?- Scott, non riuscendo più a reggere quel comportamento così violento, decise finalmente di parlare.
- Eh?- il punk si voltò verso di lui, guardandolo con entrambe le sopracciglia abbassate.
- Sembra quasi che tu qua sia l'unico che si impegna. Fai passare noi per idioti e ci tratti come animali, quando i realtà ti stiamo solo facendo un favore.- controbatté, aumentando progressivamente la voce.
- Mi sa che non ti è chiaro un concetto...- venne prontamente interrotto dal rosso che, decisamente non in vena di lamentele, si tirò su.
- No, invece l'ho capito benissimo. Qui si fa come cazzo vuoi tu, comandi tu, tu, tu e sempre tu! Però poi, alla fine dei conti, non fai mai un cazzo! Pensi sempre alla tua fottuta pellaccia e ti limiti ad urlare in faccia alla gente.-
- Non voglio sentirmi far la predica da un figlio di puttana che ammazza gli altri per vivere. Sarò pure uno stronzo, ma una morale ce l'ho. - replicò Duncan, colpendo il sedile di fronte a lui.
- Dove stai andando, eh? Dove cazzo stai andando?- domandò, senza però lasciargli rispondere - Ad ammazzare una persona, ecco dove! E per ammazzare lui dovrai uccidere altra gente, quindi non sei tanto diverso da me. - gridò il rosso, afferrandolo improvvisamente per il colletto e portandoselo a pochi centimetri dal volto.
- Pel di carota, che cosa ne dici di scendere?- domandò il punk, ghignando. L'altro lasciò la presa sulla sua maglietta, per poi uscire dall'auto. I due si ritrovarono faccia a faccia e, dopo essersi guardati per qualche secondo, iniziarono a picchiarsi violentemente.
Il primo a partire fu Duncan che, senza badare a nulla, lo colpì in volto. Ovviamente il rosso rispose a tono, dandogli una ginocchiata sullo stomaco abbastanza forte da piegarlo in due.
Stettero per un po' a darsi pugni e calci, finché Scott non colpì Duncan alla gola con una gomitata, mettendolo al tappeto. Gli montò sopra, iniziando a colpirlo al volto.
- Fa male, eh?- ripeteva ad ogni pugno, mentre il moro cercava di riprendere fiato. Continuarono così per cinque minuti fino a quando Scott, sfinito, si sdraiò per terra accanto all'avversario, steso per terra e con il volto pieno di sangue.
- È stata una cazzata.- commentò Duncan, tra un attacco di tosse e l'altro.
- Sì, hai ragione.- per quanto il rosso aveva avuto nettamente la meglio, anche lui non era messo benissimo, anzi. Probabilmente si erano spaccati il naso a vicenda, senza contare i lividi, che per un bel po' si sarebbero fatti vedere.
- Non aveva senso pestarci in questo modo. - concluse il punk, riflettendo a mente fredda su cosa era appena accaduto.
- Siamo due imbecilli.- accordò l'altro, respirando a malapena.
- Parla per te. - disse Duncan, leggermente stizzito, ma il rosso non lo stava ascoltando, aveva lo sguardo fisso verso il cartello della cittadina, guardandolo stranito.
- Saint Ville. Saint Ville. Saint Ville!- urlò alzandosi di scatto, venendo sopraffatto dal dolore ad ogni minima articolazione.
- Che intendi dire?- domandò il moro, sputando un po' di sangue dalla bocca.
- La fortuna è dalla nostra. Qui ci lavora un amico di MacLean.- spiegò, tirandosi su lentamente. A quelle parole, Duncan si alzò e, senza dire nulla, si diresse alla macchina con un'espressione felice in volto.
- Sai la strada?- chiese poi al rosso, che rispose con un cenno della testa. Ignorarono gli sguardi di Zoey che, fra un singhiozzo e l'altro, cercava di capire come avessero fatto a ridursi in quello stato, ma soprattutto come potevano far finta che non fosse successo nulla.
- Gira a destra. Ora a sinistra. Di nuovo a destra. Dritto. Cazzo, ti ho detto di andare a sinistra!- gli ordini di Scott erano confusi, tanto che Duncan ebbe il pensiero fisso di fermarsi per riprendere la scazzottata di prima, ma alla fine, in un modo o nell'altro, riuscirono a raggiungere il tanto agognato negozio dell'amico di MacLean.
Era una pescheria piuttosto piccola, con un'insegna luminosa sul tetto che recitava "Esche di prima qualità", seppur la maggior parte delle lettere non fossero accese. Duncan e Scott lasciarono la rossa in macchina, raccomandandole di non aprire a nessuno, e si incamminarono dentro, dandosi giusto il tempo di pulirsi il sangue sui loro volti.
- Buongiorno, benvenuti nella pescheria "Max's Evil Fish". Come posso aiutarvi?- subito venne loro in contro il proprietario che, ad una prima occhiata, lasciò Duncan perplesso. Era un uomo piccolo, alto a malapena un metro e quaranta, con dei capelli violacei tagliati a scodella ed un ghigno orribile in volto, che tentava miseramente di mascherare in una risatina.
- Max, che piacere rivederti.- disse Scott, palesemente con tono ironico, mentre quello lo guardava in faccia per cercare di riconoscerlo.
- Oh, lo scagnozzo di MacLean! Quello che non sa fare un...- si fermò prima di finire la frase, tossendo alla ricerca di una scusa, dato che l'espressione del rosso non gli sembrava propriamente amichevole - Come posso aiutarti? Ti servono degli altri arpioni? Sappi che per ora non ne ho, dovresti provare a ripassare fra qualche giorno.- disse, portandosi le mani dietro la schiena.
- No, non siamo qui per quello. Avremmo bisogno di un'informazione.- rispose Scott, ridacchiando. Duncan aveva deciso di lasciar fare a lui, dato che in quel campo aveva sicuramente più esperienza.
- Le informazioni si pagano, mio caro.- Max strofinò le dita, cercando di farsi capire al meglio possibile. Il rosso rise, contagiando anche l'interlocutore.
- Sì, è vero.- scosse la testa, continuando per qualche altro secondo quella risatina finta - Ma al momento sono al verde.- detto ciò estrasse la pistola e gliela puntò contro, osservandolo mentre spagliava per la paura.
- Ma... ma... che diavolo stai facendo! Quando Chris lo verrà a sapere...- iniziò a gridare, ma Scott gli mise la pistola in bocca, zittendolo all'istante.
- Non me ne frega un cazzo. Anche perché tu non dovrai dire nulla a quell'idiota riguardo questa conversazione, intesi?- domandò, premendo la canna contro i suoi denti affinché quello facesse un cenno positivo con la testa - Bene. E adesso dimmi dov'è la base di MacLean. - il viola sembrò esitare, ma quando sentì nuovamente la pistola colpirgli i denti capì che era meglio rispondere.
- A Winnipeg.- disse, cercando di essere il più vago possibile.
- Sì, quello lo so anch'io. Dimmi dov'è di preciso.- premette con forza la canna contro le sue labbra, facendolo indietreggiare di qualche passo.
- Non lo so, non me lo ha detto.- obiettò quello, tremando come una foglia.
- Facciamo così: ti do tre secondi.- tolse la sicura per fargli capire che era serio, dopodiché iniziò la conta - Tre... due... uno...- proprio mentre stava per premere il grilletto, il viola urlò una via.
- Via Aberdeen quarantacinque, è un grosso magazzino abbandonato. Ti prego non uccidermi.- disse rapidamente, lasciando al punk il tempo di segnarsi le coordinate. Scott sorrise ed allontanò lentamente la pistola dalla sua bocca.
- Bene, direi che possiamo anche andare.- concluse, dandogli le spalle.
- Oh, io avrei un'idea. Perché non ci presti la macchina?- propose Duncan, ridacchiando. Inutile dire che Max si oppose e che accettò solo dopo essere stato minacciato da Scott con la pistola.
Così i due, dopo avergli ricordato che se avesse avvisato MacLean lo avrebbero personalmente fatto fuori, uscirono dal negozio e si diresse verso la loro "nuova" macchina, una vettura di tutto punto, con cinque posti ed i sedili in pelle.
Chiamarono in fretta e furia Zoey, dicendole di portarsi dietro la valigetta con i soldi, e poi ripartirono, in direzione di Winnipeg.
 
ANGOLO AUTORE:
Non potete capire la soddisfazione che ho provato nello scrivere questo capitolo. I dialoghi in cui i personaggi si sbattono in faccia la nuda e cruda realtà sono i miei preferiti.
Allora, allora, parliamo del chapter. I nostri ragazzi vengono salvati, che bello! Poi litigano, poi si picchiano e poi trovano una pista per ingannare MacLean.
Beh, che dire, per adesso questo è il mio capitolo preferito pubblicato, non vedo l'ora di farvi leggere quello che mi piace di più in assoluto, anche se però nemmeno ricordo quale sia AHAHAHAHAHAHAH.
Detto questo, ci vediamo domani con la OS a tema "Duncney" e poi Venerdì con il prossimo capitolo!

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Capitolo 19
*** #18 - Whatever it Takes ***


Courtney non riusciva a credere alle sue orecchie. Quella mattina era stata chiamata dal capo ispettore Blaineley, di cui lei era la diretta sottoposta, con urgenza e quando si era recata lì aveva trovato Alejandro Burromuerto, altro detective abbastanza conosciuto, seduto su una delle due sedie disponibili con un sorriso in volto.
- Detective Barlow, volevo informala che la sua squadra verrà passata sotto la responsabilità del detective Burromuerto, visti gli scarsi risultati ottenuti fin ora.- da prima Courtney aveva semplicemente guardato la bionda, aspettandosi che fosse tutto uno scherzo, poi la sua espressione mutò radicalmente, diventando sempre più furiosa.
- Come sarebbe a dire?- si sollevò di scatto, appoggiando entrambe le mani sulla cattedra davanti a lei.
- Dopo un'attenta riunione siamo giunti alla conclusione che lei non è adatta a questo compito. Inoltre uno dei sospettati è un membro di un'organizzazione mafiosa che, da ormai quattro anni, è sotto osservazione proprio dal detective Burromuerto.- la castana non poté far altro che sbattere gli occhi, il tutto mentre l'ispanico stava ridendo, palesemente contento di quella situazione.
- Ma... io ho...- non sapeva come obiettare. Era stata messa spalle al muro e, essendo quello un ordine diretto del suo capo, non poteva andare ad obiettare quella decisione con nessuno.
- Su, señorita, non faccia così. Le prometto che risolverò il caso in pochissimo tempo. D'altronde sono il meglio detective attualmente a disposizione.- quelle parole, dette con tono da saccente, non fecero altro che farla infuriare di più.
- Non potete togliermi questo caso, sono ad un passo dal risolverlo!- protestò, come una bambina a cui vietano di uscire nel pomeriggio.
- Ormai la decisione è stata presa.- la bionda la guardò negli occhi per farle capire che, se anche avesse provato ad opporsi ulteriormente, non sarebbe cambiato nulla.
- Sarò più che felice di catturare quei tre criminali. Le prometto che farò il possibile!- Alejandro si alzò in piedi, stringendo con forza il pugno della mano destra. Con la coda dell'occhio guardò la detective, sorridendo nel vederla così disperata. Grazie al suo fallimento avrebbe potuto finalmente attuare il suo piano.
Courtney lasciò la sala dopo pochi minuti, furente, in fretta e furia, mentre lui salutò con calma Blaineley baciandole anche la mano, per poi dirigersi verso il suo studio.
Una volta dentro si lanciò di peso sulla sedia in pelle al centro del suo ufficio, appoggiando le mani dietro la testa e lasciandosi andare ad un lungo sospiro. Procedeva tutto esattamente come aveva progettato. Prese il suo telefono e, dopo aver digitato il numero sulla tastiera, se lo portò alle orecchie.
- Pronto Alejandro, cosa ti serve?- la voce di MacLean suonò come musica classica per le sue orecchie, portandolo a sorridere.
- Chris, amigo. Tutto bene?- chiese, cercando di fargli capire quanto fosse di ottimo umore.
- Sì, diciamo di sì, stiamo preparando il colpo a Nipigon. E inoltre sto ancora aspettando i miei soldi che quell'idiota di Scott deve ancora portarmi.- l'ispanico ghignò nel sentire quelle parole.
- Eh? Scott? Ma come, non sai cos'ha fatto? Pensavo ne fossi già informato.- assunse un tono volutamente confuso, cercando di sembrare il più estraneo possibile alla faccenda.
- Di che cosa stai parlando?- domandò quello, senza nascondere un accenno di curiosità nella sua voce.
- Scott si è unito agli amici di quel biondo che ho fatto fuori. La polizia ha provato a catturarli, ma ha fallito. Adesso sono scappati da qualche parte nel nord del Canada.- spiegò, trattenendo a malapena una risata.
- Spero tu stia scherzando! Chi te l'ha detto?- domandò l'altro, urlando fortissimo.
- Me lo hanno riferito alcuni miei colleghi, sai sono pur sempre un detective affidabile.- rispose, mantenendo un sorrisetto impresso sulle labbra. Se lo stava raggirando come voleva, gli sembrò quasi di star rubando le caramelle ad un bambino.
- Ah, vero, tu sei un poliziotto, sempre se così ti si possa definire.- marcò l'ultima frase, facendolo leggermente innervosire.
- Esatto, amigo. E sono anche piuttosto famoso.- ribatté, risultando più acido di quanto avrebbe voluto essere.
- Beh, adesso che lo so, non mi resta che farlo fare fuori.- disse Chris, con tono sbrigativo.
- Direi che è la scelta più intelligente. Adesso ti lascio, devo tornare a lavoro.- faceva sempre più fatica a trattenere le risate.
- Sì, anch'io ho da fare. Devo prepararmi per la partenza, andrò anch'io a Nipigon. Ci sentiamo più tardi.- detto ciò abbassò il telefono, permettendogli finalmente di poter smettere di contenersi. Dovette darsi qualche colpo sul petto per riuscire a fermarsi.
- Vedo che siamo allegri.- una voce, proveniente dal bagno dell'ufficio, gli arrivò alle orecchie, facendolo ghignare.
- Oh, Heather, mi amor! Sono più che allegro, chica. Sta andando tutto secondi i miei piani.- intrecciò le dita fra loro, assumendo un'espressione piuttosto inquietante.
- Volevi dire il nostro piano.- l'asiatica si avvicinò a lui lentamente, andandosi a sedere sulle sue ginocchia.
- Sì, hai ragione.- l'ispanico la afferrò per il fianco e la portò verso di lui, baciandola con trasporto. Se tutto fosse andato come da lui calcolato, in meno di un mese sarebbe diventato ricco sfondato, non gli restava che continuare a fare il doppiogioco.
 
Durante il viaggio verso Winnipeg, avevano deciso di sostare in una locanda per la notte. Da prima Duncan aveva provato ad opporsi ma, dopo averci pensato bene, era giunto alla conclusione che un po' di riposo non gli avrebbe fatto male.
D'altronde si erano medicati le ferite giusto con un po' d'acqua e, vista la violenza che Scott aveva impiegato per colpirlo, nemmeno lui si sentiva molto bene.
La locanda in cui si erano fermati era una piccola struttura a due piani, paragonabile ad uno di quei motel che si vedono nei film horror, con tutti i muri crepati e le serrature spaccate. Alla reception c'era una donna di colore, dal nome difficilissimo che Duncan e Scott avevano rifiutato categoricamente di imparare, ed il cuoco era un ragazzo biondo piuttosto grasso, talmente amichevole da risultare diabetico.
- Allora, zuccherini, questa è la vostra stanza. Ci sono tre letti singoli ed un bagno. Questa è la chiave, passate una buona nottata.- la mora dette la chiave a Zoey, sorridendole.
- Grazie mille, Leshawna.- la ringraziò, mentre gli altri due si limitarono a farle un cenno con la testa. Entrarono dentro la camera, venendo immediatamente investiti da un puzzo di chiuso e marcio.
- Oh, Gesù, da quant'è che non la pulite?- si lamentò Duncan, tappandosi il naso con una mano mentre con l'altra allontanava l'odore.
- Più o meno da quando c'è stata l'ultima prenotazione.- la nera scrollò le spalle, ridendo.
- E quanto tempo è passato?- solamente Scott non aveva avuto bisogno di tapparsi il naso dato che, essendo vissuto in campagna per tutta l'infanzia, era più che abituato agli odori sgradevoli.
- Un anno, credo. Non ricordo benissimo.- Leshawna accompagnò quelle parole ad una risata, decisamente poco opportuna, dopodiché se ne andò, lasciandoli da soli.
- Io mi prendo il letto al muro. - urlò Scott, lanciandosi di getto sopra il materasso. Non fu una scelta molto saggia, dato che sentì subito un immenso dolore alla schiena. La colpa era di una molla rotta, cosa che si sarebbe dovuto aspettare.
- A te la scelta.- Duncan guardò Zoey per un istante, notando come lei cercasse di ignorarlo. Quella era la prima volta che si parlavano da quel pomeriggio e, dato che il punk non si era ancora scusato, la situazione era ancora in fase di stallo.
La rossa si mise nell'altro letto al muro, posto dall'altra parte rispetto a quello di Scott, dunque al moro toccò quello al centro della stanza. Dopo essersi preparato, Duncan si diresse subito fuori al balcone per fumarsi una sigaretta.
Il panorama era piuttosto carino: la strada, nera come il petrolio con qualche righetta bianca, prendeva gran parte della vista, sullo sfondo c'era un'immensa distesa di alberi e cespugli, tipici delle zone a nord. Del resto, il Canada offriva quei paesaggi stupendi, che però lui non aveva mai avuto né la voglia né la briga di scoprire.
La notte arrivò ben presto. Erano giunti in quella locanda intorno alle otto di sera, quindi dopo aver mangiato un boccone al volo, preso nel ristorante di bassa qualità presente nella struttura, erano andati a letto, e Duncan aveva messo la sveglia per le sette di mattina.
Scott, per quanto avesse molti pensieri per la testa, non fece grande fatica ad addormentarsi. Invece di tutt'altro avviso fu Zoey. La rossa ripensò in continuazione alle parole che Duncan le aveva detto, trovandole fin troppo perfette per descrivere la sua situazione.
Una bambina finita in qualcosa che non le competeva, ecco cos'era. Da quando erano partiti non aveva fatto altro che ostacolarli, rendendogli tutto più difficile.
Non riuscendo a dormire, andò sul balcone e si sedette sulla sedia lì presente. Ebbe un po' di paura quando la sentì scricchiolare, in maniera anche preoccupante, ma poi riuscì a starci sopra.
Portò la testa sulla schienale e chiuse lentamente gli occhi. Se voleva essergli utile doveva crescere. Sia di testa che di mentalità. Il suo atteggiamento da buon samaritano non l'avrebbe portata a nulla, soprattutto in una situazione ostica come quella.
- Non riesci a dormire?- la voce di Duncan la risvegliò da quello stato di trance che l'aveva pervasa. Voltò la testa di scatto verso di lui, guardandolo di soppiatto.
- No. - tagliò corto e riportò la testa verso la strada, scarsamente illuminata da un singolo lampione posto sulla carreggiata.
- Nemmeno io. - il moro estrasse una sigaretta dal pacchetto che teneva in mano e se la portò alla bocca. Esitò per qualche attimo, dopodiché la accese ed iniziò a fumare. Si creò un silenzio tombale fra i due, che persistette per quasi cinque minuti, finché Duncan decise di fare il primo passo.
- Riguardo a ciò che ho detto oggi...- cercò di trovare le parole giuste, senza dover risultare troppo rude o, al contrario, buono.
- Hai ragione.- la rossa non lo lasciò finire, cogliendolo di sorpresa - È vero, il mio atteggiamento sta danneggiando tutti.- concluse, alzandosi di scatto dalla sedia.
- Non farti problemi, non devi per forza cambiare.- il moro si voltò verso di lei, spiazzato da quelle parole.
- Ho intenzione di aiutarti, ma per farlo devo crescere. Buonanotte.- detto ciò, la rossa tornò nella stanza e si sdraiò sul letto, lasciandolo solo.
Duncan finì la sigaretta, ripensando a cosa era accaduto durante quella, movimentata, giornata. Erano stati "traditi" da Dawn, che si era rivelata un'agente sotto copertura, ed avevano quindi subito un'imboscata.
Ad essere sincero, nemmeno lui aveva preso in considerazione l'ipotesi che la bionda potesse essere una poliziotta, anche se i presupposti c'erano.
Aveva anche rivisto Courtney, con la quale aveva avuto un rapido scambio di battute da cui aveva intuito che la castana ce l'avesse ancora con lui per quella storia dell'evasione.
Poi, dopo la fuga, aveva gridato contro Zoey, rinfacciandole tutte le sue debolezze, in maniera piuttosto offensiva e ce le aveva prese da Scott.
Infine, erano riusciti a scoprire dove si trovasse MacLean, unica nota positiva della giornata, e da quel nanetto viola avevano ottenuto perfino una nuova macchina.
Si toccò la testa, fortemente dolorante dopo tutto ciò che gli era successo in quella giornataccia. Era pieno di ferite, fortunatamente non gravi, e sul volto aveva avuto la fortuna di non avere lividi, che però erano sparsi su ogni altra parte del corpo.
Alla fine, anche lui si mise a letto, lanciando un'occhiata alla rossa, messa in posizione fetale con lo sguardo rivolto contro il muro. Non poté far altro che sospirare e stendersi lentamente, ignorando i dolori che gli stavano letteralmente lacerando tutto il corpo, e chiudere lentamente gli occhi, sperando di addormentarsi il più preso possibile, ma, all'improvviso, sentì il suo telefono squillare.
 
Noah non riusciva a capire perché fosse stato messo nella squadra di Alejandro. Lui, Dawn Medrek, Sky Morrison ed Heather Wilson erano stati selezionati dall'ispanico per far parte dell'operazione "Anti-Mafia" che aveva ordinato la polizia per sgominare Chris MacLean.
Blaineley lo aveva chiamato nel suo studio e, dopo avergli fatto un riassunto rapidissimo che non gli aveva fatto capire nulla, se n'era uscita con quella storia che, da quell'esatto momento, sarebbe diventato un sottoposto di Alejandro Burromuerto.
Si era dunque ritrovato chiuso in un camion, con destinazione Nipigon. Secondo l'ispanico, MacLean avrebbe fatto mobilitare le sue truppe lì per preparare un altro colpo ad una banca del posto che, seppur piccola, aveva quantità enormi di denaro.
Nessuno sapeva come facesse il detective ad avere tutte quelle informazioni, ma cosa certa era che fossero tutte esatte ed accurate.
- Mi spiegate nuovamente perché mi trovo qua?- domandò, passando lo sguardo su ognuno dei presenti. Erano tutti seduti dentro al camion, su delle, scomodissime, panche poste ai bordi del veicolo e senza nemmeno le cintura, e ciò aveva causato all'indiano non pochi dolori alla schiena per via delle continue buche prese dal mezzo.
- Sei stato scelto per far parte della squadra che sgominerà MacLean.- spiegò Sky, senza però dirgli nulla di nuovo.
- Vorrei farvi presente che dandomi la stessa risposta per tre volte di fila non risolverete il mio dubbio.- poggiò il mento sul gomito e la guardò con espressione annoiata. Oltre a lei, già Blaieneley e Alejandro gli aveva già detto quelle esatte parole, stando ben attenti a non lasciarsi sfuggire nemmeno un dettaglio.
- Vedo che siamo piuttosto acidi oggi, eh?- Heather lo guardò socchiudendo gli occhi, venendo però ignorata.
- Quindi? Qualcuno che mi risponde?- erano partiti da più di un'ora e, secondo i calcoli che si era fatto, sarebbero arrivati in cinque o sei ore.
- MacLean ha organizzato una rapina a Nipigon, noi dobbiamo sventarla e metterlo in galera.- questa volta fu Dawn a rispondergli. La bionda era seduta accanto a lui, con lo sguardo rivolto verso il basso ed il volto triste.
- E quindi invece di portare un soldato addestrato nello sventare rapine o cose del genere, avete deciso di portare me, che non so nemmeno tenere una pistola in mano. Grandioso, ora anche la polizia inizia a dare di matto.- incrociò le braccia al petto e sospirò violentemente.
- Non dire così, amigo. Sei stato scelto perché hai delle capacità notevoli. D'altronde hai risolto un sacco di casi, dico bien?- Alejandro si intromise nella discussione, guardandolo con un sorriso in volto. Al contrario dei suoi sottoposti, lui era seduto nei posti davanti, al fianco dell'autista.
- Suppongo tu abbia ragione.- tagliò corto Noah. Aveva capito perfettamente quale fosse il suo piano. Lui e l'ispanico si erano sempre stati antipatici sin dal primo momento che si erano visti, e ciò era un ulteriore motivo per cui era stato sospettoso nei confronti di quella chiamata.
Probabilmente, il suo scopo era quello di allontanarlo da Courtney. Non sapeva per quale motivo preciso, però Alejandro aveva paura che la castana potesse provare ad agire per contro proprio e, con l'obiettivo di eliminare questa piccola possibilità, aveva fatto in modo che l'indiano venisse con lui.
Non era una pessima idea, solo che non aveva messo in conto che, Noah o non Noah, Courtney avrebbe agito in qualunque caso, del resto si era prefissata l'obiettivo di catturare Duncan da un sacco di tempo.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ed ecco a voi la saga finale, se così vogliamo chiamarla. Mancano ancora 12 capitoli, ma da questo ci viene presentato, o meglio ripresentato, il carissimo Alejandro Burromuerto.
Il clima fra nostri tre eroi è tesissimo, Leashawna non pulisce il suo motel e Noah viene spedito lontano da casa. Cosa sta succedendo!?
Beh, lo scoprirete Martedì prossimo! Detto questo, ci vediamo Domenica con Care Project.

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Capitolo 20
*** #19 - Shots ***


Dopo circa sei ore di macchina, finalmente il camion era giunto a Nipigon, permettendo quindi ai cinque poliziotti al suo interno di scendere. La vettura era stata parcheggiata nel parcheggio di un palazzo abbandonato dove, secondo le parole di Alejandro, erano appostati tutti i membri del clan di MacLean.
- State attenti, come vedete qualcuno di sospetto potete sparargli.- disse Alejandro, estraendo la sua pistola dalla cintura. Anche gli altri fecero come lui, tranne Noah, che di esperienza con quegli arnesi non ne aveva.
- Non è un po' esagerato? Potrebbero anche esserci dei civili.- fece notare Sky, guardando l'ispanico con esitazione.
- No, chica, non ti preoccupare. Abbiamo controllato più e più volte che ad entrare fossero solamente gli scagnozzi di MacLean, quindi andiamo sul sicuro.- le sorrise, riuscendo a calmarla. La cinese aggrottò le sopracciglia ed afferrò la pistola, che tenne puntata contro il cancello della struttura.
Quel palazzo aveva quattro piani, con un piccolo giardino ed un parcheggio sotterraneo dove sarebbero dovuti esseri, secondo il latino, riuniti i criminali. La squadra di polizia era tutta attorno all'edificio, stando ben attenta alla possibilità di venire adocchiata da qualche cecchino sul palazzo, che però non sembrava esserci.
Improvvisamente un furgone uscì fuori dal parcheggio sotterraneo, venendo prontamente accerchiato dalle volanti.
- Uscite fuori con le mani in alto!- gridò uno dei poliziotti mantenendo l'arma tesa verso il veicolo. Non ebbero risposta per una decina di secondi, fino a quando due uomini di mezza età non aprirono le portiere e scesero lentamente.
- Si può sapere che succede?- domandò uno di questi. Provò a fare un passo avanti, ma gli venne prontamente intimato di non avvicinarsi ulteriormente.
- Siete in arresto con varie accuse. Se ci mettessimo ad elencarle non finiremmo più.- disse Heather, ghignando verso di lui. Quello alzò un sopracciglio, con fare stranito e quasi contrariato da quelle parole, poi, con un scatto fulmineo, estrasse una pistola dalla cintura e sparò contro la polizia che, presa alla sprovvista, rispose al fuoco dopo qualche secondo.
In pochissimi istanti quello che fino a qualche momento prima era stato un semplice parcheggiò diventò un campo di battaglia sul quale volavano proiettili alla velocità della luce e si andavano a schiantare contro le auto, usate da entrambe le fazioni come scudi, oppure nelle carni dei presenti.
Noah fece fatica addirittura a tirare fuori la pistola e, una volta estratta, non riuscì a capire dove dovesse sparare. Guardò Sky e Dawn, poste a qualche metro da lui, che con una rapidità fuori dal comune puntavano l'arma e premevano il grilletto senza alcun rimorso.
- Che cazzo... sono un detective, non un assassino!- urlò, per poi fare fuoco completamente a caso verso il camion dei mafiosi. Colpì il vetro della vettura frantumandolo in pezzi.
- Mira alle persone, non ai parabrezza!- lo riprese Heather che, nel frattempo si era armata di un mitra e stava sparando un sacco di pallottole verso l'avamposto nemico.
- Questa è la prima volta che prendo un'arma fra le mani, non puoi aspettarti che diventi "Billy the Kid".- protestò, mentre con le mani tremanti provava a caricare la pistola.
- Allora vattene nelle retrovie, qui sei completamente inutile.- come al solito l'asiatica disse una delle sue frasi velenose, che però questa volta rese Noah decisamente più allegro e tranquillo.
- Agli ordini.- commentò con fare ironico, per poi allontanarsi di corsa dalla zona.
- Che uomo senza palle.- lo offese lei, senza nemmeno rivolgergli uno sguardo. Teneva gli occhi fissi verso gli uomini dall'altra parte della barricata e, senza un minimo rimorso, li abbatteva uno ad uno. Quelli erano gli ordini di Alejandro, lei non doveva far altro che obbedire in silenzio.
 
- Ehi, punk da strapazzo, dimmi ancora dove stiamo andando, non ci ho capito un cazzo!- la voce di Scott, aggrappato al sedile posteriore della macchina con tutte le sue forze, non venne nemmeno sentita da Duncan, troppo preso nel guidare l'auto al massimo della velocità.
- Che palle, sei proprio sordo! Ieri notte ho ricevuto una chiamata da un mio amico, dobbiamo andare in un luogo a fare un po' di casino e poi potremo finalmente mettere le mani su MacLean.- aveva già fatto quel discorso una decina di volte, ma era fin troppo vago per essere compreso.
- Dovresti provare ad essere più chiaro.- lo rimproverò Zoey. La rossa era seduta sul sedile con un'aria quasi surreale, il punk in quelle situazioni era solito vederla disperata e quasi sul punto di vomitare, eppure sembrava essere fin troppo tranquilla.
- In questo momento è in corso una sparatoria fra la polizia e gli uomini di MacLean. Il nostro scopo è quello di distrarli.- spiegò, svoltando poi con foga ad un incrocio.
- Distrarre chi?- chiese Scott, spiazzato da quelle parole.
- Un po' tutti e due.- Duncan aumentò la presa sul volante e schiacciò con foga il pedale nella speranza di arrivare il prima possibile.
- Quindi puoi dirci di preciso dove siamo diretti?- domandò la rossa, guardandolo con fare stranito.
- Beh, siamo diretti... qua!- con il dito indicò il cartello a stradale sulla loro destra, sul quale c'era scritto "Nipigon", e poi abbassò i finestrini dell'auto - Lo sentite questo rumore?- chiese, facendogli cenno di porsi dal finestrino.
- Questi sono...- iniziò Scott, venendo però anticipato.
- Spari.- concluse Zoey, senza riuscire a trattenere quel pizzico di preoccupazione che aveva in volto. Il rumore delle armi da fuoco era udibile per tutta la cittadina, che risultò essere poco più che un piccolo paesino.
- Preparatevi, adesso ci uniamo alle danze!- urlò Duncan, per svoltare a destra. Finalmente furono in grado di vedere il "campo di battaglia" dove volavano proiettili alla velocità della luce.
- Abbiamo un piano?- chiese Scott, in extremis, notando che il punk stava portando la vettura verso il centro della sparatoria senza una ragione apparente.
- Più o meno.- rispose quello, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla strada.
- Che cosa diamine vuol dire?- protestò il rosso, urlando con tutta la voce che aveva in corpo. Aveva intuito che il moro non aveva un'idea sana in testa, di questo ne era sicuro.
- Dobbiamo lanciare queste bombe fumogene e bloccare lo scontro per un po'. Però per farlo dobbiamo andare nel bel mezzo del casino.- si accostò ad un lato del marciapiede ed iniziò a spiegare, tirando fuori da sotto i piedi un sacchetto pieno di cortine fumogene.
- E quelle da dove cazzo spuntano?- più i secondi passavano e più Scott era sicuro di star impazzendo per colpa della complicatezza della situazione.
- Ehi, sono pur sempre un ladro, ho preso diversi oggetti utili per precauzione prima di fare la rapina. Zoey, prendine una tu e un'altra dalla a Scott.- le passò la borsa, che la rossa afferrò goffamente. Estrasse le due bombe, erano rosse e con sopra dei piccoli teschi, oltre che contornate di avvisi scritti in maiuscolo dove si invitava l'utilizzatore a fare attenzione, e ne passò una a Scott, che la afferrò saldamente.
- Poi cosa dobbiamo fare?- Zoey lo guardò fisso negli occhi, aspettando un ordina da parte sua.
- Quando vi do il segnale buttate fuori le bombe dai finestrini più vicini a voi. Zoey tu gettala addosso agli uomini di MacLean, invece tu Scott verso la polizia. Tutto chiaro?- i due fecero un segno di assenso con la testa, dopodiché il punk ripartì e, alla velocità della luce, si gettò nel bel mezzo della mischia - Tenete la testa giù!- urlò, afferrando la rossa per la schiena e spingendola verso il basso.
Dopo nemmeno un secondo i proiettili iniziarono ad arrivare verso di loro, frantumando completamente i vetri del veicolo. I tre tennero le teste basse, in attesa del momento giusto per poter agire. Duncan contò fino a dieci, tempo nel quale tutti smisero di sparare per cercare di capire cosa stesse accadendo, ed urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
- Adesso!- i due stapparono le bombe e le lanciarono ai due lati della zona, poi lui premette l'acceleratore e, con la speranza che le gomme non fossero state danneggiate dai colpi subiti, tirò dritto cercando di allontanarsi il più possibile.
Dovette entrare in un giardino di proprietà privata ed abbattere una decina di recinzioni, fortunatamente in legno, fino a quando non giunse in tangenziale, dove imboccò la strada per arrivare nel luogo in cui si era dato incontro con il suo "complice".
- Oh, Gesù, me la sono fatta addosso.- disse Scott, appoggiando la testa contro il sedile. Sentiva il vento entrare dai finestrini rotti ed aveva anche qualche piccolo taglio, provocato dai vetri andati in frantumi, sulle braccia. Pensò che forse andare in giro in canottiera non era poi la scelta più saggia, ma in quel momento era già fin troppo contento di essere vivo per pensare ai dettagli.
- Ce l'abbiamo fatta!- urlò Zoey, in preda all'euforia più totale. Portò i suoi occhi verso Duncan e sorrise come non aveva mai fatto dopo la rimpallata subito da parte del punk. Il moro si sentì contento di vederla sorridere di nuovo, dato che l'aria in quella macchina si era fatta fin troppo pesante da quando la rossa aveva smesso di parlare.
- Sì, siamo stati grandi.- questa volta a gridare fu Duncan che, senza smettere di guidare, alzò un pugno verso il cielo in segno di vittoria, dopodiché si passò la mano fra i capelli e riprese a guidare con un'espressione soddisfatta in volto.
- Adesso dove siamo diretti?- Scott porse quella domanda, più che lecita, e Duncan capì che era giunto il momento di parlargli apertamente di cosa stesse accadendo, dopotutto ormai il piano che aveva messo in atto era quasi sicuramente riuscito.
- Beh, stiamo andando da MacLean.- tagliò corto, godendosi le espressioni stranite dei due.
 
Alejandro era vicino ad una crisi nervosa. La situazione aveva preso una piega decisamente inaspettata. Per prima cosa aveva perso di vista MacLean, che a quanto pare era riuscito a fuggire approfittando delle bombe fumogene che erano state lanciate da quella macchina, inoltre erano spariti sia Noah che Dawn e ciò non poteva portare a nulla di buono.
- Li avete trovati?- domandò a Sky, mordendosi le labbra con foga.
- No, di loro non c'è traccia. Per di più è sparito anche il nostro camion.- disse la mora. Dopo quelle parole l'ispanico sorrise.
- Non è stata una scelta molto intelligente da parte loro.- si diresse verso un'auto della polizia e fece scendere il poliziotto che vi era sopra lanciandolo fuori dalla vettura.
- Che cosa intende dire?- replicò Sky, che nel frattempo stava aiutando l'agente a rialzarsi.
- Se vogliono fottermi qualcosa devono farlo bene, altrimenti poi finiscono nei casini.- si prese un attimo di pausa per controllare il touch screen della vettura - Heather, Sky, Topher, svelti. Salite e dite alla scorta di seguirci, dobbiamo trovare MacLean.- ordinò, per poi mettersi al posto dell'autista. Accanto a lui fece sedere l'asiatica, che venne incaricata di tenere d'occhio l'auto scomparsa.
- Sono diretti verso Toronto.- disse Scarlett, facendogli cenno di prendere l'autostrada.
- Toronto? Bene, se ci sbrigheremo li raggiungeremo in poco tempo.- pensò ad alta voce Alejandro, mentre guidava alla massima velocità che quell'auto gli consentiva.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Beh, eccomi qua. Questo è stato il capitolo più difficile da scrivere. Ben sette mesi di blocco poi, fortunatamente, sono riuscito a concludere questa storia.
Le cose si fanno scottanti, Alejandro fa la sua mossa, ma anche Duncan e gli altri fanno la loro.
Chissà come finirà, lo scopriremo solo vivendo!

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Capitolo 21
*** #20 - Tell me baby ***


- Quindi adesso che si fa? Ad essere sincero non ho ancora capito perché ci siamo intromessi in quella sparatoria.- l'euforia generale si spense dopo un'oretta passata per strada. Scott, che non la smetteva di fare domande su domande, aveva pian piano iniziato a preoccuparsi, mentre Zoey era rimasta impassibile.
- Dobbiamo andare in un bar ad incontrare una certa persona. Tutto il casino che abbiamo fatto prima è stato per permettergli di agire.- spiegò finalmente Duncan. Per tutto quel tempo non aveva detto nulla riguardo al suo "complice", che aveva agito nell'ombra e che aveva contribuito alla riuscita del suo piano.
- Di chi si tratta?- domandò Zoey, con fare curioso. Non poteva trattarsi né di Dj e né di Harold, che erano le uniche due persone che il punk le aveva presentato in ambito "lavorativo", quindi era più che certa si trattasse di un estraneo.
- Un mio vecchio amico, diciamo che aiutava spesso me, Geoff e Dj nelle nostre scorribande. Era il cervello del gruppo.- un piccolo sorriso si dipinse sul suo volto, si perse in quei piacevoli ricordi per una ventina di secondi che per lui durarono un'eternità.
Gli venne in mente quando avevano "rapinato" il negozio di caramelle vicino casa di Dj, o quando Geoff "prese in prestito" la macchina di suo padre e per poco non la ridussero in mille pezzi.
Tutti questi dolci pensieri avevano ora una punta di amaro sul fondo, poiché sapeva che il biondo non c'era più. Strinse ancora di più la presa sul volante e riprese a concentrarsi sulla strada, erano quasi arrivati ed a breve avrebbe avuto la sua vendetta.
- Quindi è un criminale come te?- scherzò Scott, tirandogli una frecciatina.
- No, anzi, lui ha deciso di non fare più il lavoro sporco con noi, ci aiuta solo quando ne abbiamo veramente bisogno.- decise di non stare al suo gioco e gli rispose seriamente, lasciandolo stupito.
- E il luogo di incontro dov'è?- la rossa stava controllando la cartina con il suo telefono. Stavano andando verso Churchill, ma non sembrava quella la meta.
- In un bar ad una ventina di minuti da qui. Siamo quasi arrivati.- dette una rapida occhiata al foglietto che aveva in tasca, rischiando di sbandare ed andare fuori strada, tanto per essere sicuro dell'indirizzo che il suo complice gli aveva dato.
- Bene, quindi fra poco quest'avventura giungerà al termine.- disse Scott sbuffando con fare sollevato.
- Fossi in te non sarei così allegro, siamo dei criminali ricercati dalla polizia. Dopo che avremo finito con MacLean dobbiamo scappare lontano da questo posto.- Duncan aveva già previsto anche la sua fuga, però, per colpa dei vari eventi, aveva dovuto allungare i tempi e si era ritrovato a doverla accantonare sempre di più.
- Vero...- il rosso scosse la testa, ricordandosi che ormai per loro era impossibile farsi vedere in giro - Beh, mi toccherà andare a Las Vegas o in qualche posto del genere, così me la potrò spassare alla grande.- aveva un grosso sorriso in volto, che fino a quel momento non aveva mai mostrato.
- Ti vedo di buon umore.- lo incalzò Zoey, notando la sua allegria. Solo in quel momento Scott decisa di contenersi e, dopo essersi schiarito la gola, ritornò alla sua solita espressione arrabbiata e menefreghista.
- Sì, come no. Tu piuttosto, che intenzioni hai? Non sei del mestiere, quindi per te scappare qua e in là sarà molto più difficile.- le chiese il rosso, lanciandole un'occhiata.
- Beh... non ci ho mai pensato. Ho sempre pensato che, una volta finita questa storia, sarei potuta tornare a casa senza problemi, ma in effetti avete ragione voi. Mi toccherà abituarmi a questo stile di vita. - pronunciò quelle parole con una semplicità che lasciò i due di stucco.
- Lo dici come se fosse una cosa normale...- disse fra se Duncan, venendo però sentito dalla ragazza.
- È stata una scelta mia, ero consapevole dei rischi sin dall'inizio.- concluse lei, stendendosi contro il sedile.
- Allora vorrà dire che ti terrò d'occhio io. - la rossa portò subito lo sguardo verso di lui e sgranò gli occhi. Seppur non volesse ammetterlo più di tanto, e già la sera prima in hotel aveva fatto fatica a parlarle, si sentiva in colpa verso di lei, dunque quello fu l'unico modo che gli venne in mente per potersi far perdonare.
- Eh? Che cosa intendi dire?- chiese prontamente Zoey, sporgendosi verso di lui, il tutto mentre Scott seguiva il discorso dalla postazione dietro tenendo l'orecchio pronto per ascoltare le loro parole perché, seppur tendesse a negarlo, era un grande amante del gossip.
- Toh, manca solo una decina di minuti. Siamo quasi arrivati.- Duncan cambiò argomento, troppo imbarazzato per andare avanti con quelle linee di dialogo.
Il viaggio procedette senza intoppi fino alla fine. Giunsero davanti ad un piccolo bar che, data la presenza di solo due macchine, Scott e Zoey intuirono essere quello giusto. Era una struttura di media dimensione, con il tetto spiovente e delle pareti colorate di un giallino crema.
Aveva una decina di tavolini fuori ed era tutto addobbato con piante e piccole lanterne nere, ovviamente spente. I tre parcheggiarono ed il punk fece cenno ai due di seguirli dentro. L'interno era ben addobbato, con qualche tavolo sparso qua e là e la presenza di quadri su ogni parete.
- Dov'è il tuo amico?- domandò Scott, notando come il locale fosse completamente vuoto. Duncan si guardò in giro per qualche secondo, senza riuscire a vederlo, dunque emise un forte fischio.
- Per di qua.- una voce, a loro sconosciuta, li invitò a procedere verso destra. I tre seguendo quell'indicazione si trovarono davanti al famoso "complice" di Duncan. Era un indiano dai folti capelli marroni e dallo sguardo morto, con addosso una completo nero ed una ricetrasmittente sul petto, tanto che mai avrebbero detto potesse essere un conoscente del punk.
- Ma lui è...- sussurrò Zoey, senza però venir sentita. Aveva già visto quel ragazzo nelle foto che Dj aveva in casa ed era quasi sempre presente.
- Allora, Noah, come va? Grazie ancora per aver lanciato quella bomba fumogena ad Ottawa, senza di te a quest'ora saremmo tutti e tre in gabbia- il punk si mise a sedere davanti a lui su un divanetto in pelle.
- Suppongo tutto bene, ho solo rischiato la vita in una sparatoria e sono dovuto scappare di corsa da Nipigon. Direi quindi che non c'è male.- rispose ironicamente, alzando le spalle. Portò poi lo sguardo su Scott e Zoey ed accennò un lieve sorriso - E tu avevi intenzione di catturare MacLean con questa squadra? Mi deludi, ti facevo più scaltro.- lo derise infine, facendo arrabbiare i diretti interessati.
- Ho preso quello che il convento passava.- ribatté Duncan, facendo innervosire ancora di più i due - Comunque, lui dov'è?- andò dritto al sodo, guardandosi intorno con lo sguardo.
- Te lo porto subito. Dawn, vieni qua.- disse Noah. Sentendo quel nome, tutti e tre rimasero spiazzati. Videro la bionda arrivare da dietro un angolo con lo sguardo basso e con una pistola fra le mani puntata contro un individuo incappucciato.
- Lei che ci fa qui!?- urlò Scott, alzandosi in piedi.
- Calmati, bifolco. La ragazzina mi ha pregato per poter venire con me. È stata così assillante che alla fine ho dovuto cedere.- spiegò l'indiano, per poi rivolgere un'occhiata verso la bionda per intimarla a parlare.
- È vero. La verità è che... mi sento in colpa per ciò che vi ho fatto, quindi ho deciso di aiutare Noah. - disse, senza riuscire ad alzare lo sguardo da terra.
- Dawn... è davvero gentile da parte tua.- Zoey cercò di essere la più carina possibile, non era mai stata in grado di provare rancore contro le altre persone, ma Scott non volle sentire ragioni.
- Ci hai quasi fatto ammazzare!- protestò, alzando le mani al cielo. La verità è che non voleva più entrare in contatto con lei, poiché finiva per sentirsi in colpa ogni volta che la guardava.
- Lo so... e mi dispiace.- unì le mani davanti alla faccia, cercando di far capire quanto fosse dispiaciuta di ciò che aveva fatto.
- Sentite, le questioni sentimentali lasciamole per dopo. È lui?- Duncan interruppe quelle discussione e tornò a parlare delle "cose importanti".
- Dawn, portalo qua.- la bionda seguì l'ordine di Noah e portò l'uomo incappucciato sui divanetti, dove lo costrinse a sedersi. L'indiano afferrò il sacco che aveva in testa e glielo tolse, rivelando a tutti la sua identità.
- MacLean!?- dissero all'unisono Zoey e Scott, completamente presi alla sprovvista dalla cosa.
- Esatto, MacLean. - ripeté Duncan con un sorriso tutt'altro che felice in volto. Finalmente era arrivato il momento della sua vendetta.
- Ma... come... perché...- il rosso balbettò qualche parola sconnessa, senza riuscire a comprendere bene la sua situazione.
- Penso sia arrivato il momento di spiegarvi cos'è che abbiamo fatto precisamente oggi.- disse Duncan, ottenendo un cenno positivo da parte di Noah - Dovete sapere che lui lavora per la polizia. Ieri sera mi ha contattato per dirmi che ci sarebbe stato un assalto contro il gruppo di MacLean a Nipigon, quindi abbiamo elaborato un piano.- prese il contenitore dello zucchero e qualche altro oggetto sul tavolo per simulare la scena e cercare di essere più chiaro, ma non fece altro che fare ancora più confusione - Il piano era questo: nel bel mezzo della sparatoria saremmo dovuti intervenire noi per distrarre entrambe le fazione, così Noah avrebbe avuto tutto il tempo di prendere MacLean e scappare qui.- spiegò, spostando gli oggetti sul tavolo.
- La fai troppo semplice! Come è possibile che lui da solo sia riuscito a prenderlo in ostaggio?- domandò Zoey, visibilmente stranita dalla versione del moro.
- Ovviamente non ero solo, con me c'erano alcuni poliziotti che attualmente stanno tenendo d'occhio la situazione da fuori. Ho aspettato che almeno la metà degli uomini dei criminali fossero morti, poi mi sono diretto assieme ad una squadra speciale verso il camion dove sapevo fosse MacLean. L'aiuto di Dawn è stato essenziale, grazie a lei sono riuscito a mettere al tappeto tutte le sue guardie e in meno di cinque minuti ho lasciato la zona. - a terminare la spiegazione fu l'indiano, che rivolse una rapida occhiata alla bionda.
- Mi volete spiegare perché cazzo sono qui!?- per la prima volta Chris si intromise nella conversazione. Era ancora visibilmente stordito e confuso.
- Ti dice niente il nome Geoff Gordon?- a prendere l'iniziativa fu Noah. L'uomo ci pensò un po', dopodiché parlò.
- Non particolarmente.- rispose, con un sorriso strafottente in volto.
- Figlio di puttana! Te lo faccio ricordare io!- Duncan fece per andargli addosso, ma venne prontamente bloccato da Scott.
- Ah, ora ricordo. È quello scommettitore accanito che ho fatto ammazzare, giusto? Che idiota, pensava di svignarsela con tutti i prestiti che gli avevo fatto. Decisamente un uomo di poco gusto.- quelle parole furono di troppo. Nemmeno il rosso riuscì a fermare il punk che, liberatosi dalla sua presa, colpì MacLean con un pugno in faccia facendolo finire per terra.
- Io ti ammazzo!- lo prese per il collo e lo tirò su, guardandolo fisso negli occhi con un'espressione rancorosa.
- Non so se hai ben chiara la situazione, ma non sei particolarmente simpatico a questo criminale da strapazzo, dunque fossi in te smetterei di dire cazzate.- Noah, che alle reazioni violente dell'amico era abituato, rimase impassibile e guardò il gangster, ancora sollevato da terra.
- Va bene, va bene, ho capito. Cosa volete da me? Soldi?- lentamente Duncan lo mise giù, mentre un sorriso poco raccomandabile apparve sul suo viso.
- Oh, no. - sussurrò, per poi estrarre una pistola dalla cintura e puntargliela contro - Voglio solo farti fuori, pezzo di merda!- alla vista dell'arma Chris sbiancò, mentre un clima di tensione si espanse per tutta la sala.
- No, Duncan, non farlo!- Zoey, che sentiva il cuore in gola per via dell'ansia, si alzò in piedi cercando di far ragionare il moro - Uccidendolo non risolverai niente!- provò a convincerlo, ma era ben conscia che non sarebbe stato facile.
- Se posso dire la mia, penso che la tua amica abbia...- anche Noah provò a parlargli, ma il punk zittì tutti quanti.
- Zitti! Non voglio sentire altre cazzate. Ho deciso che lo ammazzerò, qui e adesso!- tolse la sicura dall'arma e gliela puntò contro la testa. Chris stava tremando fortissimo, conscio che a breve sarebbe passato all'altro mondo.
- Ti prego, non farlo! Ti darò tutto ciò che vuoi.- tentò un ultimo e disperato approccio con Duncan, facendolo infuriare ancora di più.
- Il tuo sangue, ecco cosa voglio. Oppure la tua testa, per me non fa differenza.- gli appoggiò l'arnese sulla fronte, ignorando le sue parole di pietà e il piccolo gridolino che emise quando l'arma toccò la sua pelle.
- Sul serio, Duncan. Non fare cazzate.- Zoey provò ad avvicinarsi al punk con dei piccoli passi. Solo in quel momento si rese conto che per quanto il moro stesse cercando di mantenere il sangue freddo, in realtà stava tremando come una foglia. Nemmeno lui era sicuro di ciò che stava facendo, e sentiva due voci distinte nel suo subconscio che lo inducevano a fare due cose completamente opposte.
La prima era quella che lo invitava a premere il grilletto senza pensarci due volte. In quel modo avrebbe vendicato Geoff e si sarebbe potuto sentire realizzato, oltretutto con quel gesto avrebbe messo fine ad una delle più importanti famiglie gangster del Canada.
La seconda era invece il seme del dubbio. Avrebbe scommesso tutti i soldi che aveva ottenuto dalla rapina che il motivo per cui sentiva tale voce era Zoey. La presenza della rossa ed i suoi continui discorsi buonisti avevano avuto un effetto su di lui.
- Duncan, calmati. Ti ho portato MacLean perché te lo aveva promesso, ma secondo me è meglio sbatterlo in galera. Ucciderlo non farà altro che aggravare la tua situazione.- Noah, approfittando di quell'attimo d'esitazione del punk, provò a farlo ragionare.
Il moro trasse un profondo respiro, chiuse gli occhi e si concentrò. La voglia di conficcargli una pallottola nel cranio era tantissima, eppure aveva la paura di non sentirsi appagato nemmeno dopo aver compiuto tale gesto. Cosa avrebbe fatto Geoff se fosse stato lì? Probabilmente lo avrebbe risparmiato, era sempre stato buono e non si sarebbe mai permesso di togliere la vita a qualcuno in quel modo.
Però lui non era Geoff. Nella sua vita si era macchiato di un sacco di reati, ma mai aveva ucciso una persona. Aveva dato per scontato che una volta giunto il momento di vendicarsi si sarebbe limitato a sparare e a farla finita, eppure alla fine si era rivelato tutto più difficile.
Sia per colpa delle voci che sentiva nella sua testa, sia per quelle che arrivavano alle sue orecchie.
- Noah e Zoey hanno ragione, non fare stupidaggini.- anche Dawn si aggiunse a quel vocio insistente, al punto che per poco non rischiò di urlargli contro per chiedere silenzio.
- Scott, digli qualcosa anche tu. - la rossa provò a trascinare il ragazzo nella faccenda, che fino a quel momento si era limitato ad impedire che il punk uccidesse Chris di botte, ma questo si dimostrò esitante.
- Fa quello che ti pare, basta che ti sbrighi. Non abbiamo molto tempo da perdere.- Sia Dawn che Zoey lo guardarono male, ma lui non se ne curò - A me non interessa ciò che ne fa di questo bastardo, d'altronde era il mio datore di lavoro, a me è indifferente.- concluse, rimettendosi a sedere.
- Ah, fanculo!- urlò Duncan, per poi gettare la pistola contro il tavolino con forza - Portatemelo via da davanti. Non lo voglio più vedere.- si coprì il volto con una mano mentre con gli faceva cenno di allontanarsi. Il volto di Zoey, così come quello di Noah e Dawn, si illuminò con un sorriso sincero, che però il punk non poté vedere.
- Va bene. Allora lo porterò in questura.- l'indiano fece per alzarsi e per rimettere il cappuccio all'ostaggio, ma una voce familiare lo interruppe.
- No, chico, credo che lui lo prenderò io. D'altronde è il mio obiettivo.- da dietro l'angolo spuntò fuori Alejandro assieme ad una decina di poliziotti dietro di lui. Tutti i presenti nella stanza sbiancarono in volto, mentre l'ispanico rivolse loro un saluto palesemente ironico.
- Alejandro?- Noah rimase spiazzato dalla sua presenza, tanto che spalancò gli occhi, mentre Scott rimase a bocca aperta per una decina di secondi. L'ispanico gli rivolse un'occhiata carica d'odio, dopodiché lanciò sul tavolo un lettore GPS.
- Ottima idea quella di nascondere il lettore dentro ad un'altra macchina, peccato che non abbia funzionato. Oh, c'è anche il traditore.- assottigliò lo sguardo e lo puntò prima contro l'indiano, poi contro il rosso, che si limitò a portare gli occhi verso il pavimento.
In quel momento Duncan stava maledicendo se stesso per aver lanciato via la sua pistola, seppur poco potesse fare per contrastare tutti gli uomini del castano.
- Adesso mi prendo MacLean. E tu - indicò Noah con un dito - verrai assieme a me. - fece per avvicinarsi, ma il detective scoppiò in una grossa risata.
- E se io non volessi venire?- domandò sfidandolo con lo sguardo.
- Beh, in tal caso...- provò a puntare l'arma contro di lui, ma una bomba stordente cadde nel bel mezzo del locale portando la squadra dell'ispanico a sparare. Duncan provò a raccogliere la pistola, però il fumo lo fece svenire.
Sentì le forze mancargli e riuscì a malapena a tenere gli occhi aperti. Allungò la mano per prendere la pistola, ma la vista si annebbiò completamente e, dopo qualche secondo, perse coscienza. L'unica cosa che sentì furono le urla di Zoey che, disperata, stava gridando il suo nome.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Dite che sto mettendo troppi colpi di scena?
Nah.
Ebbene sì, Noah e Duncan solo "best friend forever". Magari rileggendo i vecchi capitoli potrete notare qualche dettagliuccio che ho messo qua e in là, nel quale accennavo a questa cosa.
Duncan risparmia MacLean e tutti felici e contenti, insomma, siamo giunti all'epilogo.
But, ehi, l'arrivo di Alejandro (villain principale di questo arco narrativo) spiazza tutti!
Chissà cosa accadrà? Lo scopriremo martedì prossimo!

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Capitolo 22
*** #21 - The Resistance ***


Il sonno di Duncan venne interrotto da un raggio di sole filtrato dalla finestra. Il punk, innervosito dalla luce, si portò le mani sul volto e, lentamente, si alzò. Si rese conto solo dopo qualche secondo di essere in un luogo a lui sconosciuto.
Si tirò su e, lentamente, spostò lo sguardo su tutto ciò che c'era nella stanza: due sedie, un tavolino, un comodino, un frigorifero, degli scaffali, Courtney, un magazzino ed una tenda color crema.
Dovette effettuare quel procedimento più volte prima di rendersi conto che c'era qualcosa che non andava. E no, quella cosa non era il colore delle tende, bensì la presenza della castana in quella stanza. L'investigatrice era seduta su una sedia ed aveva in mano un libro, che stava leggendo con un'espressione indifferente.
- Finalmente ti sei svegliato. Ce ne hai messo di tempo.- appoggiò l'oggetto sul tavolo ed intrecciò le braccia al petto guardandolo male. Quello si limitò a sbadigliare e a stropicciarsi gli occhi, ancora troppo addormentato per comprendere bene la situazione.
- Che cos'è, un brutto sogno?- domandò, rischiando quasi di slogarsi la mascella per colpa dello sbadiglio.
- No, sono proprio io. In carne ed ossa. - Duncan sentì un'occhiataccia penetrargli nelle vene, segno che la ragazza non aveva intenzione di scherzare.
- Che diavolo ci fai qui.- quando il punk prese piena coscienza, scattò in piedi ed indietreggiò di qualche passo fino ad andare con la schiena addosso al muro, il cui contatto con la schiena lo fece rabbrividire dal freddo.
- Se non fosse stato per me a quest'ora saresti morto.- gli rinfacciò lei, ricevendo uno sguardo perplesso come risposta - Ti ho tirato fuori da quel locale prima che potessero ammazzarti, abbi un po' di riconoscenza. Mi sono fatta un sacco di strada per portarvi qui.- Courtney sospirò violentemente, per poi guardarlo fisso negli occhi. Sembrava tutt'altro che felice di vederlo e allo stesso tempo era evidente che si stesse trattenendo per evitare di saltargli addosso per spaccargli la faccia.
- Ah, giusto, eravamo in quel bar...- Duncan si toccò la fronte, mentre i pensieri di ciò che era accaduto in quel luogo gli ritornavano in testa - Gli altri dove sono? Zoey, Noah...- si guardò intorno alla ricerca di qualcun altro, ma senza risultato.
- Io e la mia squadra siamo riusciti a recuperare solo te ed il rosso. Lui è di là sul letto.- immediatamente il punk andò nell'altra stanza e vi trovò Scott disteso sul letto matrimoniale a pancia in sotto.
- Zoey e Noah dove sono?- domandò, con il cuore che gli batteva in gola.
- Alejandro li ha presi come ostaggi. Non appena siamo arrivati noi sono scappati e non hanno fatto in tempo a portare via anche voi, siete stati fortunati.- si alzò per prendere un bicchiere d'acqua, che sorseggiò lentamente mentre lo guardava.
- Merda!- Duncan dette un pugno al divano con forza e digrignò i denti violentemente - Dove sono andati?- domandò, seppur sembrasse più un ordine.
- Modera i toni, ti ricordo che sei davanti ad un'ispettrice.- la castana lo guardò con un'espressione offesa, mantenendo gli occhi marroni fissi contro i suoi.
- Ah, giusto, tu mi sbatterai in galera.- concluse, grattandosi i capelli scompigliati - Almeno assicurati di riportare indietro quei due sani e salvi, altrimenti...- non terminò la frase, ma il suo sguardo le lasciò intuire ciò che voleva farle intendere.
- No, criminale dei miei stivali. O meglio, non ora.- sentendo quelle parole il punk mutò espressione facciale, passando dal minaccioso al sorpreso - Non pensavo sarei mai arrivata a questo punto, ma ho bisogno di te e del delinquente nell'altra stanza. Per ovvi motivi non posso mandare i miei uomini a morire contro Alejandro, ma voi due sì. - spiegò, avvicinandosi e puntandogli l'indice contro.
- Vuoi farmi ammazzare da quell'idiota ispanico?- protestò lui, seppur fosse conscio di non avere altre alternative.
- Ti sto dando un'opportunità per renderti utile. A me serve Noah, a te la rossa. Collaborando potremmo riuscire ad ottenere entrambi ciò che vogliamo. Tutto qui.- la castana portò le braccia sui fianchi e lo guardò con sguardo neutrale.
- Ha già un piano?- chiese, facendole capire fosse d'accordo con lei.
- Più o meno. Posso aiutarvi a raggiungere Alejandro, ma poi dovrete sbrigarvela voi.- la castana estrasse il telefono e vi si perse per qualche secondo, per poi passarglielo.
- Che cos'è?- domandò lui. Sullo schermo, diventato di color blu scuro, c'erano dei puntini rossi che si muovevano su quella che sembrava essere una cartina stradale.
- Un rintracciatore per GPS, ogni macchina della polizia ne ha uno. Alejandro e i suoi si stanno dirigendo a Winnipeg e con tutta probabilità sono diretti verso il covo di MacLean.- con dei rapidi gesti delle dita gli fece capire tutto, ottenendo poi dei cenni di assenso da parte sua.
- Scusa, ma se sapete già tutto non potete mandare una squadra dell'FBI o altra roba del genere?- ribatté lui, ingenuamente.
- Non ti facevo così idiota. Più della metà dei poliziotti sono corrotti, chiedere aiuto non farebbe che aumentare i problemi.- il punk la guardò male, venendo però ignorato.
- Ah, fanculo! Parto subito.- disse, avviandosi verso la porta in tutta fretta.
- Forse faresti meglio a metterti qualcosa addosso.- lo derise lei, ridacchiando. Solo in quel momento il moro si rese conto di essere solamente in boxer.
- Ma che... sei stata tu?- domandò, con un pizzico di malizia in volto.
- Ovviamente no, ho fatto fare ai miei uomini.- Courtney afferrò i suoi vestiti, appoggiati su una delle sedie, e glieli lanciò per poi osservarlo mentre si vestiva.
- Questo mi riporta alla mente vecchi ricordi.- sussurrò, facendola irritare.
- Non posso farti fuori, ma posso benissimo mandarti a Winnipeg con la faccia gonfia.- gli puntò il pugno contro, mentre l'altro si limitò a ridere.
- Su, non esagerare. Piuttosto, ho bisogno di una macchina, qualche arma e un pieno. Ah, e anche qualche soldo non mi farebbe male.- finì di rivestirsi in due minuti e tornò serio.
- Ho già pensato a tutto. Prendi il tuo amico e vattene.- Duncan si avvicinò alla castana e le strappò il bicchiere di mano - Ehi, che diavolo fai?- protestò la castana. Il punk la ignorò e si diresse nell'altra stanza, seguito ovviamente da lei.
- Sveglia, coglione!- lanciò l'acqua addosso al rosso, che se la stava dormendo bellamente a pancia in su. Non appena il liquido gli venne versato addosso, Scott si tirò su di colpo andandosi a toccare il volto completamente zuppo.
- Ma che cazzo!- portò lo sguardo, arrabbiato, verso il moro.
- Muoviti, vestiti. Dobbiamo andare a Winnipeg.- gli disse, per poi lanciargli i suoi vestiti addosso. Quello esitò, ancora confuso.
- A fare che? Cazzo, Duncan, mi sono appena svegliato, non parlarmi così velocemente.- il rosso riuscì a dire quelle parole fra uno sbadiglio e l'altro, mentre l'altro roteava gli occhi indispettito.
- Vestiti e poi ti spiegherò tutto. Quell'Alejandro ha preso in ostaggio Noah e Zoey.- il punk si mise a sedere su una sedia presente nella stanza, attendendo impazientemente l'altro.
- Non solo loro due, ha anche catturato l'agente Medrek.- lo informò Courtney, ottenendo due reazioni completamente opposte da parte dei due. Duncan parve spaesato, mentre Scott assunse un'espressione fra il sorpreso e l'arrabbiato.
- E chi sarebbe?- domandò poi il punk, confermando il pensiero della castana.
- Ma come, ci hai viaggiato assieme e non ti ricordi già più di lei? Quanto sei idiota?- lo offese, arrabbiandosi davanti alla sua reazione annoiata da quelle parole.
- È Dawn. - tagliò corto Scott, mentre si infilava con una certa foga i pantaloni.
- Vacci piano con le offese!- protestò Duncan, mostrandogli il pugno.
- Sei un fottuto idiota.- la castana si toccò le tempie, disperata dal fatto che l'unica sua speranza fosse quell'individuo - Dawn Medrek, agente di polizia, ovvero la biondina che vi ha tradito ad Ottawa, ricordi?- Duncan spalancò la bocca e fece un cenno di assenso - Scott la conosce bene, vero?- Courtney conclusa il discorso con quella frase con il puro intento di stuzzicare il rosso, che si limitò a tenere lo sguardo basso.
- Andiamo, dobbiamo salvarla.- in meno di un minuto Scott finì di vestirsi e, senza pensarci due volte, si diresse verso la porta. Sentiva in cuor suo che doveva assolutamente evitare di farla morire, come se avesse un obbligo morale nei suoi confronti. Al bar, Dawn aveva chiesto scusa per il suo comportamento, mentre lui con lei non si era scusato.
Per questo doveva vederla un'ultima volta, per poterle chiedere perdono nel modo più appropriato.
Duncan fece per seguirlo, ma venne fermato per un braccio da Courtney.
- Che vuoi?- domandò, con fare seccato, sicuro che si sarebbe trattato di un'altra delle sue offese.
- Prendi questo.- gli diede un auricolare - Dobbiamo rimanere in contatto, vi darò alcune indicazione tramite questo. State attenti, Alejandro non è una persona normale, quindi prendete gli ostaggi ed andatevene immediatamente, intesi?- spiegò, guardandolo fisso negli occhi con un'espressione seria.
- D'accordo, farò come dici tu. - fu tentato di risponderle sarcasticamente come suo solito, però lo sguardo della castana gli fece capire che aveva preso sul serio quell'operazione.
- Duncan.- Courtney lo chiamò a se poco prima che varcasse la soglia dell'abitazione.
- Sì?- si voltò verso di lei, guardandola stranito.
- Buona fortuna, ne avrai bisogno.- sussurrò, facendosi a malapena sentire - Qua sotto troverai uno dei miei uomini, ti darà una macchina e tutto ciò che vi serve. Adesso andate.- detto ciò si limitò a rimanere ferma, senza nemmeno salutarli. Il punk si mise l'auricolare all'orecchio e, dopo averle fatto l'occhiolino, la guardò per un'ultima volta.
- Grazie mille.- a quelle parole seguì il rumore della porta e poi quello dei passi dei due mentre scendevano le scale.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Beh, che dire... colpo di... scena? Non ne ho idea onestamente.
Comunque sia, il prossimo capitolo che uscirà è il mio preferito in assoluto, quindi... stay tuned!

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Capitolo 23
*** #22 - Told you so ***


Duncan avrebbe scommesso un braccio che il viaggio verso Winnipeg sarebbe stato più veloce e tranquillo se solo avesse buttato dalla finestra l'auricolare che gli aveva dato Courtney.
Esattamente ogni cinque minuti, il punk stesso aveva calcolato il tempo con il cellulare, la castana si metteva in contatto con lui per monitorare la situazione. Perfino Scott, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo con un'espressione persa in volto, aveva iniziato ad irritarsi e ciò non avrebbe portato a nulla di buono, soprattutto per l'auricolare.
- Maledizione, Court, è la decina volta nel giro di un'ora che mi chiedi come procede! È un viaggio di millecinquecento chilometri, vuoi per caso rompermi le palle per tutto il tempo?- sbottò, in maniera poco educata.
- Come ti permetti! Io lo sto facendo per aiutarvi, senza di me sareste morti in un locale da quattro soldi, mostra un po' di riconoscenza.- ovviamente la risposta, a toni alti, della castana non si fece attendere.
- Sì, sì, lo so. Comunque, smettila di chiedere la situazione ogni cinque minuti, sembri una bambina di dieci anni che vuole arrivare presto al parco giochi.- Duncan tenne gli occhi fissi sulla strada per tutto il tempo, anche perché aveva paura di agitarsi e di fare un incidente cosa che, conoscendosi, sapeva fosse possibile.
- Io bambina!? Per il comportamento che hai avuto nei miei confronti sei tu il bambino!- quelle parole portarono il punk a girare gli occhi, stanco di sentirla starnazzare in continuazione.
- Ah, vai a quel paese, psicopatica!- detto ciò si tolse l'auricolare, dal quale riusciva comunque a sentire la sua ex sbottare, e lo passò a Scott - Tienilo tu, altrimenti rischio una crisi di nervi.- il rosso non poté far altro che metterselo all'orecchio in silenzio nella speranza che tutta quella confusione finisse al più presto.
- Avete finito di fare il salotto? Abbiamo un lavoro da svolgere.- si lamentò poi, senza riuscire a trattenersi più di tanto.
- Che cosa ti preoccupa, tanto abbiamo una trentina di ore di macchina da fare. Non è stando in silenzio che passeranno prima. A me basterebbe che quell'oca non rompesse le palle!- rispose il moro. Duncan si era accorto che Scott sembrava molto più preoccupato di lui e non riusciva a capire il perché. Oltre che per recuperare Zoey, del cui rapimento si sentiva responsabile, lui aveva da salvare Noah, suo amico d'infanzia e quindi un grosso stimolo per giungere a Winnipeg.
Invece il rosso non sembrava averne ed il motivo di ciò era perché Duncan non aveva mai prestato attenzione ai suoi gesti e ai suoi comportamento. Sarebbe stato facile intuire che Scott aveva, per un motivo o per l'altro, preso quella storia sul serio, però un minimo di interesse ci sarebbe voluto ed il punk non era proprio una cima in quelle cose.
- Oca a chi? Non ti permettere mai più di...- Courtney aveva ripreso a lamentarsi, ma venne interrotta dal rosso che, con un gesto rapido dell'indice, spense l'auricolare e lo ripose in tasca.
- Bella mossa.- Duncan si limitò a ridere di gusto, mentre l'altro non fece una piega. Lì per lì il punk non se ne preoccupò troppo però, passate due ore nel silenzio più totale, non riuscì più a resistere.
Uscì dalla corsia e fermò bruscamente la macchine all'improvviso, prendendo Scott alla sprovvista. Quello si aggrappò allo sportello con foga con un'espressione spaventata in volto.
- Ma che diamine fai? Sei impazzito?- urlò successivamente, ancora con il cuore in gola.
- Si può sapere che cazzo hai? Già devo farmi mille e passa chilometri, inoltre devo tenermi accanto una fottuta bambola di pezza con il malumore addosso!- sbottò il punk, alzando le braccia al cielo. Era giunto al suo limite massimo di sopportazione e, non essendo lui in grado di parlare civilmente, provò a sistemare le cose a modo suo.
- Fatti i cazzi tuoi.- rispose di getto il rosso, innervosito dalla situazione.
- Che? Rispondimi e basta, coglione.- entrambi uscirono dalla macchina, replicando quasi lo stesso scenario di quando si erano presi a pugni pochi giorni prima, e si guardarono minacciosamente.
- No, idiota, non sono fatti che ti riguardano.- Scott gli andò a pochi centimetri dal volto con uno sguardo tutt'altro che tranquillo.
- Tu stai male.- sussurrò l'altro e si discostò leggermente, nella speranza di evitare un altro conflitto.
- No, tu stai male! Invece di preoccuparti degli altri fai sempre come cazzo ti pare, ed una volta che ci provi usi quel fottuto tono da saputello che mi fa innervosire.- in un impeto di rabbia Scott iniziò ad urlare contro il punk, il quale rimase immobile davanti a lui.
- Questo è il mio modo di fare le cose. - ribatté qualche secondo dopo. Non ne volle sapere di ascoltarlo e la cosa fece infuriare ancora di più il rosso.
- Bel modo di merda. Ricorda che se siamo in questa situazione è solamente colpa tua.- gli puntò l'indice sul petto con foga.
- Ed io che cazzo c'entro?- Duncan strinse i pugni voglioso di colpirlo, ma conscio che ciò non avrebbe portato a nulla di buono.
- Che c'entri? Seriamente mi stai chiedendo cosa c'entri? Cazzo, io sono un'idiota patentato, ma tu non scherzi!- indietreggiò di qualche passo e si appoggiò alla macchina, incredulo di aver sentito quelle parole - Prima ci hai trascinato nella tua assurda vendetta, poi non ti sei mai minimamente curato di chiedere la nostra opinione nonostante io e Zoey ti aiutassimo costantemente, il tutto mentre tu non facevi altro che preoccuparti per cercare un fottuto gangster del cazzo! Se tu ieri ci avessi detto dove eravamo diretti forse avremmo potuto elaborare un piano per evitare di finire nell'imboscata di Alejandro, oppure sarebbe bastato sapere che quel detective dei miei stivali era un tuo collega. Ma hai mai fatto un lavoro di squadra?- mise fine al suo sfogo calciando uno pneumatico con la pianta del piede, per poi voltarsi verso Duncan, il quale era rimasto per tutto il tempo in silenzio.
- Io...- provò a dire qualcosa, ma il rosso lo anticipò.
- Io, io, io. È questo il problema. Continui a mettere te stesso davanti a tutto. "Io devo vendicarmi", "Io devo andare a Winnipeg", "Io qui, io lì". Noi dovremmo essere una squadra!- detto ciò si appoggiò di peso sul cofano dell'auto per riprendere fiato.
- Hai ragione.- il punk abbassò lo sguardo verso il terreno, dopodiché trasse un lungo respiro che venne seguito da un discorso che non avrebbe mai pensato di essere capace di fare - Sono stato un idiota. Lo so che se vi avessi coinvolti di più non saremmo in questa situazione, però purtroppo è andata a finire così. E l'unico modo che abbiamo per uscirne fuori è restare uniti. Adesso siamo io e te contro Alejandro ed i suoi uomini, se ci mettiamo a litigare fra di noi è finita.- concluse, per poi passarsi una mano sui capelli con fare imbarazzato.
- Per quando detesti ammetterlo, è vero. Dobbiamo sostenerci l'un l'altro.- Scott fece per tornare sulla macchina, ma la voce del punk lo fece voltare.
- Scott.- attese qualche istante per essere sicuro di avere la sua attenzione, dato che non aveva intenzione di ripetere quelle parole per una seconda volta - Mi dispiace.- sussurrò, facendolo con abbastanza forte per farsi udire dall'altro.
- Beh, almeno questo l'hai capito. Salì, abbiamo un bel po' di strada da fare.- detto ciò, il rosso entrò nell'auto seguito da Duncan.
Ci furono altri dieci minuti di silenzio, durante i quali il punk non aveva idea di come poter iniziare una conversazione, che vennero interrotti da Scott, completamente all'improvviso.
- Ho ucciso il padre di Dawn. - non aggiunse altro e ciò contribuì all'inchiodata del moro, il quale si beccò una decina di insulti da parte degli altri automobilisti.
- Tu cosa?- si girò verso di lui, guardandolo male.
- Il padre di Dawn era un poliziotto. Sono stato io ad ucciderlo.- era la prima volta che si confidava con qualcuno su quell'argomento, tanto che non aveva nemmeno idea di come introdurlo.
- Oh, merda. Adesso si spiegano un po' di cose. - il punk afferrò con forza il volante mentre in testa ricollegava tutti i tasselli che, finalmente, sembravano aver preso un ordine ben definito. Aveva fatto caso che spesso la bionda lanciava qualche frecciatina in qua e in là, eppure non era mai stato in grado di capire per chi fossero, anche perché non se ne era interessato particolarmente.
- Era il mio primo incarico con la mafia, oltre che il mio primo omicidio.- a quella frase seguì un profondo silenzio per qualche secondo, durante i quali Duncan fece ripartire l'auto - Tu hai mai ucciso?- domandò Scott, evitando di guardarlo in faccia.
- No, mai.- tagliò corto il punk. Se solo Zoey non lo avesse fermato, sarebbe già salito a quota un morto, quindi non gli sembrava il caso di fargli delle morali su quanto fosse sbagliato uccidere.
- Non è una bella sensazione, ma più lo fai e più ti ci abitui.- spiegò l'altro. Affondò poi la testa nel sedile, messo a disagio dalla profondità di quel discorso.
- Hai ucciso tante persone?- chiese Duncan, guardandolo con la coda degli occhi.
- Preferisco non parlarne.- Scott chiuse l'argomento ed estrasse l'auricolare di tasca per poi accenderlo. Dopo nemmeno un minuto, la voce squillante di Courtney gli giunse alle orecchie, talmente forte che perfino il moro riuscì a sentirla.
- Ma vi sembra il caso di staccare l'auricolare!? Siete due idioti!- urlò a pieni polmoni, portando entrambi a coprirsi le orecchie per evitare di perdere l'udito. I due si guardarono e, dopo tre secondi di silenzio, scoppiarono a ridere all'unisono.
 
Il risveglio per Zoey non fu propriamente rose e fiori. Sentiva un forte dolore alla testa e la colpa era della sua posizione: sdraiata su una panca con la testa appoggiata sul legno che, ad ogni sbalzo del pullman dovuto ad una buca, le batteva sulla fronte. Inoltre era ammanettata e con le caviglie legate con una corda.
Fece fatica a capire dove si trovasse, fino a quando non si tirò su e vide Dawn e Noah davanti a se. I due, svegli già da prima, erano entrambi ammanettati e con lo sguardo basso.
La rossa iniziò a guardarsi intorno e notò affianco a lei una ragazza dai tratti asiatici che teneva fra le mani un mitra, che vista la sua scarsa esperienza nel settore non riuscì ad identificare, ed aveva addosso un giubbotto antiproiettili.
- Bene, vedo che ti sei svegliata.- le disse con un ghigno in volto. Zoey sbatté per qualche secondo gli occhi tenendoli comunque puntati verso di lei.
- Dove siamo?- domandò. Tentò di fare forza sulle manette, ma non fu in grado di spaccarle, quindi si limitò a rimanere ferma.
- Non è di tuo interesse saperlo.- la risposta di Heather fu secca ed antipatica, andando a confermare le prima impressioni che la rossa aveva avuto nei suoi confronti quando l'aveva vista pochi secondi prima.
- Duncan e Scott dove sono?- si guardò intorno per confermare la loro assenza, ma venne interrotta dalla risatina dell'asiatica.
- Oh, non ne ho idea. Probabilmente sono stesi per terra in una pozza di sangue di un qualche locale sull'autostrada.- a quelle parole, Zoey spalancò gli occhi incredula. La voglia di aggredire la mora si fece sempre più forte dentro di se, così come pian piano sentì un profondo peso nello stomaco. Possibile che quei due fossero davvero morti? Non si ricordava nulla dopo essere svenuta e le espressioni di Noah e Dawn, palesemente rattristite, sembravano combaciare con quanto detto dall'asiatica.
- Non è possibile...- sussurrò, mentre l'altra rideva di gusto.
- Adesso siete nostri ostaggi e finché non avremo finito il nostro "lavoro" non vi lasceremo andare.- aggiunse Heather. Si voltò verso di Zoey e le strinse le guance con una mano per costringerla a guardarla negli occhi - E nessuno verrà a salvarvi. Né polizia, né altri sfigati.- la rossa provò ad opporre resistenza, ma l'altra la spinse indietro con forza e poi si avvicinò alla gabbia che collegava il gabbiotto dell'autista al retro.
- Tutto bene là dietro, chica?- domandò Alejandro voltandosi dietro di lei.
- Sì, nessun problema. Piuttosto, il gallo ha cantato?- Heather indicò con lo sguardo il posto accanto all'ispanico sul quale era seduto, legato ed ammanettato, Chris. Due grossi lividi neri erano presenti all'altezza degli zigomi ed aveva un occhio chiuso per il gonfiore.
- Non ancora, ma presto lo farà. - Alejandro si lasciò sfuggire una risatina che spaventò l'ostaggio. Lo aveva picchiato per tutto il tragitto, eppure il gangster non aveva ceduto. L'unica opzione che gli rimaneva era quella di passare alle maniere forti.
- Quando saremo arrivati a Winnipeg ci assicureremo che parli, giusto?- domandò Heather, cercando conferma nell'altro.
- Esattamente, mi amor. Sarà costretto a farlo se ci tiene alla vita. - estrasse la pistola dalla cintola e riempì il caricatore con dei proiettili, il tutto sotto lo sguardo terrorizzato di Chris.
Per i successivi venti minuti non volò una mosca in tutto il veicolo, eccezion fatta per Heather che, di tanto in tanto, si lasciava andare ad una risatina fastidiosa che faceva innervosire ancora di più gli ostaggi.
- Signor Alejandro, siamo arrivati.- Topher, che fino a quel momento era rimasto in silenzio limitandosi a guidare il camion, chiamò l'ispanico, occupato a pulire la sua arma.
- Perfetto! Si va in scena.- detto ciò prese Chris per la maglietta, lo trascinò giù e lo portò, facendolo strisciare sul pavimento, fin dentro all'edificio che aveva nominato suo quartier generale - Heather, porta le due donzelle dentro le prigioni. Sky, tu accompagnala.- disse poi, senza nemmeno voltarsi.
- E l'indiano?- domandò lei, guardando il detective.
- Oh, lui portalo nel mio ufficio, devo farci una bella chiacchierata.- un sorriso poco rassicurante si formò sul suo volto, lasciando intendere che per Noah non sarebbe stato un incontro piacevole.
- Signor Burromuerto, è sicuro di ciò che sta facendo? Non è un po' troppo...- Sky provò a far valere la sua opinione, secondo la quale ciò che stavano facendo era estremamente sbagliato, ma l'ispanico la bloccò subito.
- Non ti preoccupare, chica. Lo stiamo facendo per un bene superiore, ricordi? La tua famiglia ha bisogno di soldi, giusto?- quella fece cenno di sì con la testa - E questo è il miglior modo per ottenerli, te lo assicuro. Adesso va assieme ad Heather, ha bisogno del tuo aiuto.- le appoggiò una mano sul mento con gentilezza, per poi farle l'occhiolino ed allontanarsi verso il suo ufficio.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ebbene, questo è il mio capitolo preferito. Una smattata di Scott verso Duncan e poi la realizzazione che senza l'aiuto dell'altro non potranno andare tanto lontano.
Ah, sì, poi ci sono Zoey, Noah, Dawn e bla bla bla dentro ad un camion.
Detto ciò, ci vediamo martedì prossimo!

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Capitolo 24
*** #23 - House of Memories ***


- Quando manca per arrivare a Winnipeg?- domandò Scott, addentando il suo hamburger. La salsa del panino gli cadde e sfiorò i suoi jeans, portandolo a pulirsi la macchia con il tovagliolo, anch'esso sporco, e facendo quindi ancora peggio.
- Ne abbiamo ancora per un po'.- Duncan continuò a mangiare le sue patatine con lo sguardo perso verso l'ingresso dell'autogrill in cui si erano fermati per cena. Nella sua testa si erano formati diversi pensieri che lo avevano fatto preoccupare ancora di più.
La colpa era, anche se indirettamente, di Courtney. La castana li aveva contattati qualche ora prima per dirgli che, a causa di un incidente piuttosto grave, la strada principale per Winnipeg era stata chiusa e quindi per quel giorno si sarebbero dovuti fermare a dormire da qualche parte.
- Stiamo perdendo un sacco di tempo.- sussurrò, per poi appoggiare la testa sul tavolo con fare sconfitto.
- Se c'è una cosa che il mio lavoro da sgherro mi ha insegnato, è che se ci si trova davanti ad un ostacolo basta aggirarlo.- Scott, per essere più chiaro, prese una patatina e con essa circumnavigò la sua lattina di cola.
- Mi stai invitando a passare per le praterie?- l'altro alzò un sopracciglio e lo guardò poco convinto.
- Parole tue.- si limitò a dire il rosso, dopodiché ingoiò l'ultimo boccone dell'hamburger e provò ad asciugarsi le mani sul tovagliolo, ridotto in condizioni pessime - Vado a lavarmi le mani. - si alzò e si diresse verso il bagno, lasciando il punk da solo.
Per Duncan avere quei due minuti di solitudine era stata una manna dal cielo. Grazie a quei centoventi secondi, ebbe modo di riflettere attentamente sulla situazione.
Innanzitutto doveva preoccuparsi per la salute di Zoey e Noah, entrambi più che in pericolo, poi doveva anche elaborare una fuga successiva all'operazione di salvataggio, ma per quello aveva ancora tempo.
Fu durante quel breve lasso di tempo che, osservando la vetrata, si rese conto di un poliziotto che stava passeggiando con fare intimidatorio intorno alla loro auto. Teneva in mano un taccuino e sembrava tutt'altro che allegro.
- Scott, dobbiamo andare.- gli disse, non appena in rosso fu tornato dal bagno, ed indicò il tizio in divisa fuori dall'autogrill. I due pagarono rapidamente il conto, della bellezza di quindici euro a testa e che fece ridere entrambi, i quali pensavano i ladri fossero loro due.
- Agente, ha qualche problema?- domandò Duncan, cercando di essere il più cortese e gentile possibile.
- Sì, decisamente.- il poliziotto lo guardò con aria autoritaria, portando il punk a desiderare ardentemente di spaccargli il muso, poi indicò la ruota dell'auto - La vostra macchina non è parcheggiata bene.- concluse.
- E quindi?- replicò il moro, ancora non cosciente della situazione. Aveva parcheggiato la macchina in fretta e furia, motivo per cui la ruota anteriore destra risultava leggermente fuori dalla striscia bianca.
- E quindi devo farvi una multa.- estrasse la penna dalla tasca ed iniziò a scrivere sul taccuino - I vostri nominativi?- chiese, ignorando gli sguardi increduli dei due.
- Mi stai prendendo in giro?- chiese Duncan, dimenticandosi anche di dargli del lei. Tenne i pugni stretti e, se non fosse stato per Scott che lo reggeva per una spalla, lo avrebbe già scassato di botte.
- No, assolutamente. Vi arriverà una multa salata di settantacinque dollari e ventinove. Dovrete pagarla presso l'ufficio del comune.- spiegò quello, con una calma assurda.
- Scusi agente, credo che stia esagerando. Non potremmo...- Scott provò ad intervenire, sorprendendosi per essere riuscito a coniugare bene dei verbi e per aver addirittura dato del lei al poliziotto, ma venne bruscamente interrotto da quest'ultimo.
- Io con i rossi di capelli non ci parlo. Stai zitto.- sentendo quelle parole, Duncan soffocò una risatina, mentre Scott iniziò ad arrabbiarsi.
- Ma che diavolo...- tentò, civilmente, di replicare, ma venne nuovamente zittito.
- Parli ancora? Mi sa che non hai capito con chi hai a che fare. Volete andare in caserma? Perché questo è il buon modo per farlo.- Scott strinse i pugni fortissimi e pregò tutte le divinità esistente per far sì che se ne andassero da lì il più presto possibile - Guarda te, questi rossi bastardi. Portano solamente sfortuna e fanno anche...- il poliziotto aggiunse un carico da novanta, però non riuscì a finire la frase.
Scott, completamente rosso in volto, lo colpì con un pugno in faccia. Duncan lo guardò per qualche secondo, per poi accorgersi che una volante della polizia stava venendo nella loro direzione. Visto ciò, salì in macchina e invitò l'altro a fare lo stesso.
Partirono alla velocità della luce, lasciando il poliziotto per terra svenuto, senza una direzione precisa, con il solo obiettivo di allontanarsi il più possibile da quel posto.
- Quel figlio di puttana!- urlò Scott, ripensando al trattamento che aveva subito dall'agente.
- Siamo nella merda. Adesso ci faranno gli identikit e vedranno che siamo ricercati.- Duncan era letteralmente in crisi. Ticchettò sul volante con le dita, cercando di decidere quale sarebbe stata la mossa migliore da fare.
Sapeva esattamente dove andare a rifugiarsi, ma era altrettanto consapevole che, se le cose non fossero andate come voleva, la situazione sarebbe potuta addirittura peggiorare.
- Abbiamo bisogno di un posto per la notte, altrimenti rischiamo di venire presi.- Scott sembrò leggergli nel pensiero. Il rosso aveva un sorriso soddisfatto in volto ed era più che fiero di ciò che aveva fatto poco prima, nonostante avesse rischiato di aggravare la situazione. Duncan non se la sentì di dirgli nulla, d'altronde lui avrebbe fatto lo stesso.
- Sì, lo so. - non aggiunse altro, troppo distratto dalla battaglia psicologica che si stava svolgendo nella sua testa. Provarci o non provarci? Beh, peggio di così non sarebbe potuta andare, quindi si mise il cuore in pace e decise di ripercorrere la strada che ormai da anni non faceva.
Nonostante non la percorresse da tantissimo tempo, ricordava perfettamente come arrivare a quella casa.
- Dove stiamo andando?- chiese, legittimamente, Scott, stranito dall'espressione pensierosa del moro.
- Da una mia conoscente.- Duncan restò sul vago. Non perché non volesse effettivamente dirglielo, ma perché nemmeno lui voleva sentirsi dire dove erano diretti.
- Faremo come l'ultimo volta?- domandò l'altro, ricevendo un'occhiata confusa come risposta - Sai, da quella bionda. Quella volta ci ha fatto entrare solo perché c'erano Zoey e Dawn. - ridacchiò, portando anche il punk a farlo.
- Beh, sì. Potrebbe succedere.- tenne lo sguardo ben fisso verso la strada finché, in lontananza, non vide la famigerata casa giallastra illuminata da dei lampioni. Giunsero davanti all'abitazione e, dopo un rapido giro per trovare parcheggio, si incamminarono davanti all'entrata.
Duncan sentì un enorme senso di disagio soltanto nell'avvicinarsi, eppure represse il suo orgoglio con forza per il bene di Zoey, Noah, Dawn, e anche del suo e di Scott. Trasse un grosso respiro e provò a calmarsi, il tutto accanto al rosso che non stava capendo il perché di tutta quell'esitazione.
Poi, proprio nel momento in cui Duncan bussò alla porta, l'occhio gli cadde su di un piccolo pezzo di legno appeso accanto al campanello: "Fred Nelson e Marta Nelson". Lì per lì non ci fece molto caso, fu solo quando una signora, alta, bionda e dagli occhi azzurri come il mare, aprì la porta che si rese conto della situazione.
- Duncan?- domandò lei, guardando il moro con gli occhi quasi socchiusi per cercare di capire se si trattasse veramente di lui.
- Sì, mamma, sono io. - il punk si grattò i capelli ed abbassò lo sguardo verso il basso, mentre un leggero sorrisetto di imbarazzo si delineò sul suo viso.
- Perché...- la madre di Duncan provò a parlare, ma le parole le si bloccarono in gola. Presa dal momento abbracciò il figlio e, quando venne ricambiata, sentì delle gocce calde scenderle sulle guance.
- Mi sei mancata.- sussurrò il moro, sperando di non farsi sentire da Scott.
- Anche tu. - aumentò leggermente la stretta, quasi come se avesse paura che il figlio potesse andarsene da un momento all'altro.
Per Scott quella scena fu sia imbarazzante che dolorosa. Sentiva di essere un terzo incomodo, ma al contempo avrebbe voluto poter fare lo stesso con la sua famiglia, che invece lo aveva abbandonato a se stesso quando era piccolo.
- Che ci fai qui?- domandò la donna sottovoce al figlio, quasi come se non volesse farsi sentire.
- Abbiamo bisogno di un posto dove dormire. - Duncan indicò Scott, il quale si limitò a rivolgerle un saluto con fare imbarazzato.
- Siete fortunati, oggi Fred non c'è. Entrate pure.- la bionda rivolse un sorriso raggiante verso il rosso, facendolo sentire molto più tranquillo, dopodiché fece strada ai due verso l'interno dell'abitazione.
La mamma di Duncan era molto simile al figlio, eccezion fatta per i capelli biondi, al punto che a Scott era bastato guardarla in volto per capire la loro parentela. Era leggermente più bassa del figlio e, nonostante l'età, aveva ancora un fisico invidiabile. Una donna che, sin dall'apparenza, gli era sembrata più che affidabile.
Passarono per l'ingresso, tappezzato da cima a fondo di foto, fino ad arrivare nel salotto, dove la bionda li fece accomodare.
- Grazie mille, ehm...- il rosso provò a ringraziarla, ma non era sicuro di come avrebbe dovuto chiamarla.
- Marta.- lo aiutò lei, sorridendogli cordialmente - Allora, Duncan, in che guaio ti sei cacciato sta volta?- incrociò le braccia al petto e si lasciò affondare nel divano tenendo lo sguardo rivolto verso il figlio.
- Eravamo qui vicino a cena in un autogrill ed un poliziotto voleva farci una multa. Abbiamo avuto un diverbio e, beh... diciamo che non è andata benissimo.- spiegò, omettendo completamente la parte più importante.
- È vivo?- chiese, leggermente spaventata.
- Sì, probabilmente avrà solo il setto nasale rotto.- sentendo quelle parole, Scott rise, contagiando anche l'altro.
- Per caso era un uomo basso, sulla sessantina, con i capelli grigiastri ed un'aria altezzosa?- domandò Marta.
- Credo di sì. - rispose Scott, che il volto dell'agente se lo ricordava bene.
- Oh, allora deve essere stato Wallace. È un collega di tuo padre, un vero bastardo! Fa multe in continuazione, anche per i motivi più stupidi. Avete fatto bene.- i due si guardarono negli occhi per qualche secondo, per poi scoppiare a ridere di gusto.
- Lui quando torna?- chiese poi Duncan, una volta che le acque si furono calmate, senza specificare chi fosse il soggetto.
- Domani pomeriggio verso le quattro, è andato ad un convegno a Winnipeg.- spiegò Marta, facendo spagliare i due.
- Perfetto. Possiamo restare qui stasera? Ce ne andremo domani mattina.- Duncan guardò sua madre con il tipico sguardo di un bambino che vuole un giocattolo al supermercato, motivo per cui la bionda non poté rifiutare.
- Va bene, vado a prepararvi i letti.- disse, per poi alzarsi ed incamminarsi verso il piano di sopra lasciandoli da soli.
Scott approfittò di quel tempo per guardarsi bene intorno. Le mura erano tappezzate di foto, per lo più del padre di Duncan, un uomo dai capelli grigi, gli occhi marroni ed uno sguardo severo in volto. In più occasioni lo si vedeva con addosso la divisa da ispettore, oppure con l'uniforme militare. Invece di foto di Duncan ce n'era giusto una, dove lui era bambino ed era assieme ai due genitori, tutti e tre sorridente e felici.
- Quindi tuo padre è uno sbirro. Veramente il colmo.- lo prese in giro, ricevendo una risata ironica come risposta.
- Esatto, è la stessa cosa che mi ha detto lui.- era palese che il punk e suo padre non andassero d'accordo e ciò era aggravato dal fatto che Duncan era un ricercato ed il papà aveva l'obbligo di arrestarlo.
- Immagino sia molto felice.- disse il rosso ironicamente.
- Tantissimo. Pensa che quando ho compiuto diciotto anni mi ha dato un calcio in culo e mi ha gettato per strada.- rise nel ripensare a quel giorno, con lui ubriaco fradicio ed il padre, in piena crisi di nervi, con in mano una lettera di denuncia nei confronti del figlio per "atti osceni in luogo pubblico" - Invece tuo padre che tipo è?- chiese poi, cercando di tenere a galla la conversazione.
- Mio padre? Uno stronzo di prima categoria. Quando avevo dieci anni mi ha cacciato di casa e da allora non l'ho più visto.- Scott disse quelle parole con il tono più piatto possibile. Non riusciva mostrarsi né arrabbiato né triste, d'altronde sapeva che non era colpa del suo vecchio se era finito in quelle condizioni, nonostante avesse comunque influito.
Nel parlare della sua famiglia sentiva come un nodo in gola. Almeno Duncan aveva una madre su cui poteva contare, la sua invece era una tossicodipendente con sei figli ed un marito violento che la picchiava. Per di più non si curava nemmeno delle sue creature, lasciandole prede "della bestia", così Scott aveva rinominato suo padre, pur di non essere colpita. D'altronde poco si poteva aspettare da una prostituta e lui, proprietario di una fattoria, era noto per i suoi problemi di alcolismo.
L'unica cosa che gli mancava del suo nucleo familiare erano le tre sorelle ed i suoi due fratelli più grandi, con cui non era più stato in grado di riprendere i contatti.
- Non devi avere passato una bella infanzia.- Duncan capì che non fosse il caso di portare troppo avanti il discorso.
- No, decisamente no. - Scott si lasciò andare ad un grosso sospiro, perso in quei ricordi che, di giorno in giorno, si facevano sempre più appannati ed offuscati. A malapena si ricordava il volto del padre e della madre.
- I letti sono pronti, andate e dormire. La stanza la ricordi, giusto?- Marta fece l'occhiolino al figlio, il quale si limitò di farle un cenno positivo con la testa. Scott si avviò su per le scale, seguito dal punk che, messo il primo piede sul legno, si girò verso la madre.
- Mamma... grazie.- mantenne il contatto visivo per qualche secondo, fino a quando l'imbarazzo non prese il sopravvento.
- Per te questo e altro, figliolo.- gli rivolse il sorriso più radioso possibile, per poi salutarlo con un cenno della mano ed invitarlo a salire.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
Signori e signore, vi presento la mamma di Duncan! La sua personalità ed il suo aspetto sono basate dalla "lettera a casa" che fecero per A Tutto Reality: L'isola.
Capitolo pieno di emozioni, il cui titolo è House of Memories, titolo di una canzone bellissima dei Panic At the Disco che vi consiglio caldamente.
Ah, se vi stesse chiedendo perché ho aggiornato così è tardi è perché... pensavo fosse Lunedì.

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Capitolo 25
*** #24 - This is the place ***


Quando Duncan si svegliò, la mattina seguente, provò uno strano senso di nostalgia nel vedere il soffitto di quella che, per tutta la sua infanzia, era stata la sua cameretta. C'erano ancora le stelline appese, oltre che l'enorme lampada a forma di sole.
Si guardò intorno rapidamente perdendosi nei ricordi. Il vecchio armadio, la scrivania dove faceva i compiti, il porta-scarpe a cui per poco non aveva dato fuoco, le varie mensole e tutte quelle cianfrusaglie che, in un modo o nell'altro, si ricollegavano ad una parte importante della sua vita.
Quando era stato costretto dal padre a trasferirsi a Toronto, fortunatamente accompagnato da Geoff e DJ, si era perso per più di venti minuti nell'osservare la finestra della sua camera dal giardino.
Tutto di quell'abitazione gli era mancato da morire, eccezion fatta per il padre che per sua fortuna non era presente.
Spostò lo sguardo alla sua sinistra dove, in un letto separato, stava dormendo Scott. Si ricordò di quando in quel letto ci dormivano Geoff e DJ, ancora bambini, e istintivamente il suo volto si illuminò con un sorriso.
- Ehi, Bella Addormentata, è arrivato il momento di alzarsi.- erano le otto di mattina e, secondo la loro tabella di marcia, stabilita dal punk, era arrivato il momento di mettersi in viaggio.
- Eh? Ah, sì...- il rosso si tirò su lentamente, per poi rimanere una decina di secondi a fissare il vuoto.
- Vado da mia madre a chiederle la colazione.- detto ciò si incamminò verso il piano di sotto alla ricerca di Marta. Sentì quasi mancargli il fiato quando trovò sua madre in cucina, seduta, con il tavolo pieno zeppa di cereali, biscotti, uova, pancetta, latte e molte altre cose da mangiare. Era una vita che non si trovava davanti ad una colazione del genere, che sua madre era solito fargli quando era piccolo.
- Buongiorno! Ho preparato quello che avevo nel frigo, ti va bene?- gli disse, rivolgendogli un grandissimo sorriso.
- Non potevi fare di meglio.- rispose lui, per poi mettersi a sedere ed iniziare ad addentare con foga una salsiccia ed un pezzo di bacon.
- Non puoi capire quanto mi sia mancato prepararti da mangiare.- iniziò la bionda, osservandolo felice mentre finiva tutto ciò che aveva nel piatto.
- Anche a me. - non aggiunse altro, troppo preso nel mangiare quelle delizie. In cuor suo sapeva che se la spedizione a Winnipeg fosse andata male, quella sarebbe stata la sua ultima opportunità per mangiare il cibo di sua madre.
- Buongiorno.- Scott si presentò nella cucina con gli occhi socchiusi, chiaro segno che avesse ancora molto sonno.
- Buongiorno a te. - rispose Marta, guardando anche lui con un grosso sorriso in volto - Prego, mangia pure.- con una mano gli fece cenno di sedersi, dopodiché li guardò mentre, con aria di chi mangiava panini all'autogrill da più di una settimana, divoravano tutto ciò che trovavano.
- Che mangiata! Era una vita che non mi ingozzavo così. Vado un attimo fuori.- Duncan si alzò e si diresse verso il giardino della casa. Estrasse una sigaretta dal pacchetto ed iniziò a fumarla con un leggero sorriso in volto.
- Vedo che te lo stai godendo questo soggiorno.- Scott lo raggiunse poco dopo e si mise accanto a lui. Il punk gli offrì una sigaretta, ma il rosso declinò l'invito con un cenno della mano.
- Già, è proprio un peccato che tra poco dovremo ripartire.- prese un grosso tiro dalla sigaretta, per poi far uscire il fumo dalla bocca tutto d'un colpo.
- Chissà come se la staranno cavando...- Scott strinse i pugni. Il pensiero che qualcuno potesse aver fatto del male a Dawn gli faceva salire il sangue al cervello. La ragione di ciò era che, per ovvi motivi, si sentiva responsabile dell'incolumità della ragazza.
- Sono forti, non avranno problemi. Inoltre Courtney mi ha detto che, secondo la sua fonte, sono ancora in vita. - Duncan gettò la sigaretta via con una schicchera, dopodiché si portò davanti al rosso - Dovremo pararci il culo a vicenda.- detto ciò alzò un pugno a mezz'aria.
- Ovviamente.- Scott lo imitò, facendo entrare gli arti in contatto. I due si rivolsero una profonda occhiata, per poi tornare dentro con uno sguardo determinato in volto. Se avessero voluto sopravvivere, avevano necessariamente bisogno l'uno dell'altro.
Il loro discorso venne interrotto dal rosso, che sentì qualcosa nella tasca vibrare. Estrasse l'auricolare e se lo mise all'orecchio.
- Buone notizie: abbiamo scoperto dove si trova la base di MacLean, inoltre abbiamo anche una spia al suo interno.- disse Courtney, andando dritta al dunque come al solito.
- E gli ostaggi come stanno?- chiesero all'unisono i due, avvicinandosi al piccolo aggeggio per sentire meglio.
- Zoey e Dawn sono state chiuse in una cella, mentre Noah è da più di dieci ore dentro lo studio di Alejandro. Cercate di partire il prima possibile, hanno bisogno di voi.- spiegò, lasciandoli entrambi con la bocca aperta.
- Va bene, abbiamo capito. Dacci venti minuti e saremo già per strada.- rispose Duncan, per poi staccare il collegamento con l'auricolare - Andiamo, prima partiamo e meglio è. - detto ciò, entrambi si diressero dentro la casa, pronti per tornare in strada.
 
- Allora, gentili signori, cercherò di essere il più chiaro e sintetico possibile. Uno di voi due ha qualcosa che mi appartiene, ovvero il foglio con la combinazione della cassaforte. Fatelo uscire fuori altrimenti.... beh, penso l'abbiate già capito.- Alejandro si mise a sedere sulla scrivania e, con uno sguardo tranquillo in volto ed una mazza di legno nella mano, osservò gli ostaggi.
I due, Noah e MacLean, erano legati ad una sedia con una catena che gli impediva di muoversi. Più volte l'indiano aveva provato ad allentarla, ma Alejandro aveva avuto la negligenza di stringerle così forte da lasciare il segno sulla pelle.
- Te l'ho detto, me l'ha presa lui!- Chris, che dal primo momento era subito parso disperato dalla situazione, incolpò subito il detective, il quale era rimasto impassibile per tutto il tempo.
- Si può sapere di che diavolo stai parlando? Io non ti ho preso proprio un bel niente.- ribatté, stizzito. L'ispanico, stufo di sentire quel discorso per un'ora intera, decise che era arrivato il momento di iniziare a fare sul serio.
- Va bene, amigos. Visto che non volete parlare, non mi resta che passare alle maniere forti.- scese dalla cattedra e trasse un lungo respiro tenendo gli occhi chiuso. Attese qualche secondo, dopodiché colpì Noah in testa con la mazza - Dove si trova il codice?- domandò successivamente, mentre l'indiano si contorceva dal dolore. Un rivolo di sangue iniziò a scendere dalla sua tempia, il punto colpito, e gli sporcò i vestiti.
- Ma di che parli?- chiese con fare sorpreso. Mantenne gli occhi puntati contro quelli di Alejandro, quasi come segno di sfida, senza mai abbassarli.
- Del fottuto codice mi permetterà di mettere le mani su quei dieci miliardi di dollari che il cabron accanto a te ha nella cassaforte.- spiegò e poi colpì nuovamente Noah, questa volta sul petto. La forza del colpo venne smorzata dalle catene, ma i piccoli pezzi di ferro fecero pressione sul costato dell'indiano, portandolo a perdere il fiato.
- Non... so... niente.- disse, fra un respiro e l'altro.
- Senti, Noah, mi ha preso per stupido? Sono stato in grado di collaborare per la mafia con anni senza farmi scoprire, ho portato la polizia canadese sotto ai miei piedi ed ho progettato un piano perfetto per far sì di avere tutto sotto controllo. Come può un insignificante detective sotto la guida di una psicotica pensare di potermi prendere in giro?- l'ispanico si portò a pochi centimetri dal suo volto per cercare di incutergli ancora più timore.
- Ehi, vacci piano con- si fermò un istante per tossire - le parole. Non è una psicotica, è solo... fissata col suo lavoro.- sussurrò con un sorriso tutt'altro che sottomesso. Alejandro non perse tempo e, con ferocia, lo colpì dritto in fronte con la mazza.
Il volto di Noah era piena di sangue, colato giù dalle ferite, così come lo era la mazza dell'ispanico, che si limitò a pulirla con uno straccio.
- Mi sa che ancora non hai ben chiara la situazione. Per quanto ancora vogliamo continuare, eh?- afferrò il detective per i capelli e lo costrinse a guardarlo dritto negli occhi.
- Possiamo continuare quanto vuoi. Tanto io non so niente.- pronunciò quelle parole a denti stretti, dato che a malapena riusciva a mantenere la lucidità, ed assottigliò lo sguardo nel tentativo di fargli capire che non si sarebbe mai piegato.
- Va bene, va bene. Se tu ti proclami innocente, vuol dire che sei tu a mentirmi.- puntò la mazza contro di Chris, che sussultò non appena se la vide vicino al volto.
- Me l'ha preso lui quando a Nipigon mi ha catturato! Mettitelo ben in testa, cazzo!- urlò il moro, in preda all'ansia e alla paura. Quelle parole non piacquero ad Alejandro che, senza pensarci due volte, lo colpì su uno zigomo con la mazza.
- Stai al tuo posto, criminale da quattro soldi. Qui il capo sono io. - poggiò il pezzo di legno con delicatezza sulla sua testa, compiacendosi quando vide le smorfie di spavento sul suo volto - E adesso, cortesemente, dimmi dov'è il codice.-
- Non lo so. Ce l'ha lui!- Chris scoppiò in lacrime, facendo innervosire ulteriormente l'ispanico.
- D'accordo, ho capito.- trasse un grosso sospiro, per poi colpirlo ripetutamente con la mazza sulla testa -Dimmi. Dove. Cazzo. Hai. Messo. Il. Codice!- lo colpì tante volte quanto il numero di parole che disse, fermandosi per riprendere il fiato dopo ognuna.
- Non... lo... so...- il volto di Chris era completamente zuppo di sangue e sulla sua testa si iniziavano a vedere i primi segni delle mazzate. Alejandro aveva cercato di non ucciderlo e pertanto aveva moderato i colpi, che avevano comunque ferito gravemente il gangster.
- Andiamo, Chris. Ho lavorato per te per un sacco di tempo. Cerca di essermi riconoscente, sotto tuo ordine ho ucciso un sacco di gente, ricordi?- si fermò per un istante per tenere il conto con le dita - L'amante di tua moglie, il fidanzatino di tua figlia, quel dottore che non aveva voluto aiutarci con i traffici illegali di organi, addirittura quel biondo che aveva dei debiti con te. - sorrise, guardando con la coda degli occhi Noah, che sapeva perfettamente essere un amico di Geoff - Cosa ti costa farmi avere quel codice?- si abbassò fino a raggiungere il volto di Chris, che lo stava tenendo di lato.
- Non... ce l'ho io. - sussurrò fra le lacrime mantenendo lo sguardo rivolto verso terra.
- Risposta sbagliata.- Alejandro si alzò di scatto e, con tutta la forza che gli era rimasta, lo colpì con la mazza, provocandogli una grossa ferita tale che per un attimo ebbe la sensazione di avergli fatto partire i bulbi oculari.
Prese il panno ed asciugò nuovamente la mazza, poi prese il telefono dalla sua tasca e digitò rapidamente un numero.
- Pronto, Heather? Potresti dire a Sky di portarmi un asciugamano pulito? Grazie mille.-
 
 
ANGOLO AUTORE:
Okay, non ho molto tempo per fare l'angolo.
Tutto molto brutto per Chris, tutto molto bello per Duncan.
See you next martedì!

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Capitolo 26
*** #25 - Home sweet Home ***


- Quindi partite di già? Peccato, aveva intenzione di prepararti del poutine per pranzo...- Marta provò a convincere suo figlio a rimanere per pranzo facendogli gli occhi dolci, ma quello si limitò a ridere.
- Così mi tenti. Però, purtroppo, devo rimettermi in viaggio. Ah, se ti capita di parlare con il signor Wallace digli che imparasse a fare il suo lavoro.- disse scherzosamente per farla sorridere.
- La ringrazio per l'ospitalità, signora Nelson.- Scott le andò in contro porgendole la mano, che quella accettò cortesemente.
- Te l'ho già detto, chiamami Marta. D'altronde sei un amico di mio figlio.- quella frase suonò quasi come un rimprovero, però la dolcezza del tono di voce non permise al rosso di rimanerci male. Questo lo fece giungere alla conclusione che la madre di Duncan fosse in tutto e per tutto un genitore straordinario.
- Allora noi andiamo. Scott, guidi tu?- il punk estrasse le chiavi di tasca e gliele passò, portando l'altro a rimanere di sasso. Durante quella pazza settimana era sempre stato il punk a guidare e Scott capì che con quel gesto il moro gli stesse lasciando intendere che si fidava di lui.
- Certo.- sorrise, poi si avviò verso il cancello. Duncan gli fece cenno di avviarsi, così da poter essere lasciato da solo con sua madre.
- Tornerai?- la bionda andò dritta al punto. Sul suo volto si dipinse un'espressione preoccupata, che per tutta la permanenza del figlio aveva cercato di nascondere.
- Beh, io...- fu tentato di dirle che ciò non sarebbe, molto probabilmente, stato possibile, eppure non ci riuscì. Capì subito che non sarebbe stato giusto nei suoi confronti, voleva quanto meno lasciarle la speranza - Certamente, proverò a farmi sentire più spesso.- abbassò leggermente lo sguardo, conscio di non essere in grado di fregarla. Era noto per essere un bravo attore, ma con sua madre non funzionava mai.
- È una promessa?- domandò, con gli occhi lucidi.
- È una promessa.- ripeté, poi l'abbraccio per consolarla. Era da tanto che non la vedeva ed era giunto alla conclusione che fosse, molto probabilmente, la miglior madre del mondo.
- Prima o poi dovrai incontrare anche tuo padre.- aggiunse Marta, mentre con una mano si asciugò gli occhi.
- Sì, hai ragione. Spero solo di non farlo con delle sbarre a separarci.- disse ironicamente - Ciao mamma.- detto ciò uscì dal cancello, dove Scott lo stava aspettando in macchina. Si voltò un'ultima volta per osservare bene quella casa: voleva che la sua immagine gli restasse stampata per bene nella testa perché, in un modo o nell'altro, si era deciso a tornarci.
Marta rimase sola per poco tempo. Dopo qualche ora suo marito si presentò alla porta, con la solita faccia stanca che aveva dopo il lavoro. Guardandolo bene, si rese conto di quanto lui e Duncan si somigliassero. Stessi capelli, stessa forma della testa, stesso fisico e, seppur per vie traverse, stesso carattere.
L'unica cosa che avevano di diverso erano gli occhi, Fred aveva le iride marrone scuro, mentre il figlio celesti come lei.
- Sono tornato.- disse, salutandola con un bacio, per poi andarsi subito a stendere sul divano - Sono a pezzi, non ho più l'età per fare queste cose. - sbuffò con forza, mentre la moglie gli portò del tè.
- Meglio, no? Così andrai in pensione e potremo fare qualche viaggio! Che ne dici delle Maldive?- propose lei, iniziando subito a viaggiare con la fantasia.
- Potrebbe essere una buona idea. - le sorrise ed iniziò a sorseggiare il suo tè - Ancora non sono riuscito a catturarlo. A quanto pare è ricercato da un bel po'.- Fred omise il soggetto, ma Marta aveva capito perfettamente di chi stesse parlando. Sapeva che se gli avesse detto che, fino a poco tempo prima, era stato proprio su quel divano, lui si sarebbe arrabbiato tantissimo.
- Prima o poi si costituirà, è un bravo ragazzo.- sminuì lei, mentre con un cucchiaino mise un po' di zucchero nella sua bevanda.
- Se lo dici tu...- non aggiunse altro, si limitò a guardare la foto che li rappresentava tutti insieme sul muro con uno sguardo abbattuto. Nonostante non lo avrebbe mai ammesso, anche a lui mancava suo figlio.
 
La cella in cui erano state chiuse Dawn e Zoey era piuttosto piccola: c'era giusto un bagno ed un letto. Le due erano tenute sott'occhio da Heather e da Sky, quindi non potevano nemmeno provare a scappare. Non che ne fossero in grado, però la bionda aveva passato l'intera giornata cercando di capire come sarebbero potute fuggire, ma non sembrava esserci modo.
Heather le aveva perquisite e aveva sottratto loro tutto ciò che sarebbe potuto servire alla fuga, pertanto erano totalmente in balia del nemico.
Mentre Dawn non aveva mai perso la speranza, Zoey era completamente demoralizzata. La notizia della morte di Duncan l'aveva scossa al punto che si rifiutò di alzarsi dal letto. Rimase ferma, seduta sul materasso e con la testa fra le gambe.
Di tanto in tanto rivolse qualche occhiataccia ad Heather, cosa che Dawn notò facilmente. Nei suoi occhi c'era rancore, odio e disperazione, al punto che la bionda era sicura che se Zoey avesse avuto un'occasione per uccidere l'asiatica, non avrebbe esitato.
- Ehi, va tutto bene?- si mise accanto a lei e, cercando di essere la più delicata possibile, provò a parlarle.
- Eh? Ah, sì, credo.- rispose la rossa, lasciando intendere che non fosse poi così sicura di quelle parole. Il suo sguardo era spento, ma allo stesso tempo carico di emozioni negative.
- Non abbatterti, vedrai che andrà tutto bene.- le appoggiò una mano sulla spalla nel vano tentativo di rincuorarla.
- Sono morti, Dawn. Sia Duncan che Scott.- sussurrò. Affondò la testa fra le ginocchia e cercò di trattenere le lacrime digrignando i denti.
- Sì, però...- provò a controbattere, ma Zoey le puntò gli occhi contro facendola desistere.
- Non sei triste per Scott? Da quello che ho capito eravate abbastanza legati.- parlò con un tono piatto, quasi come se quelle parole le avesse dette tanto per.
- Beh, non proprio...- esitò per qualche secondo, poi decise di dirle la verità senza troppi giri di parole - Lui ha ucciso mio padre.- la rossa spalancò gli occhi e la guardò senza parole.
- Stai dicendo sul serio?- appoggiò le mani sul materasso e si tirò su con la schiena.
- Sì, è stato parecchio tempo fa. - tagliò corto Dawn, palesemente poco vogliosa di toccare quell'argomento. Zoey non la forzò a parlare, anzi si limitò ad abbassare lo sguardo e a tornare nella posizione di prima.
- Io... voglio vendicare Duncan.- disse poi senza nemmeno guardarla. La bionda si voltò di scatto verso di lei. Le sue idee riguardo ai pensieri della rossa si erano rivelate giuste, e ciò era tutt'altro che un bene.
- Non devi farlo. Lo hai detto tu stessa, no? Uccidere non risolve nulla.- provò a farla ragionare, nonostante l'altra non sembrava nemmeno ascoltarla.
- Mi sbagliavo. Quando Duncan mi diceva che non potevo capire cosa stesse provando era vero. E adesso che provo anch'io questo sentimento ho capito che aveva ragione.- concluse, lasciando l'altra a bocca aperta - Se fossi stata più forte a quest'ora...- Dawn le dette uno schiaffo sulla guancia nella speranza di farle riprendere il senno.
- Ma che diavolo stai dicendo? Io ho rinunciato ad uccidere Scott nonostante mi abbia portato mio padre perché ho capito che la vendetta non porta a nulla. Tu sei riuscita a far desistere Duncan dall'uccidere MacLean, non puoi lasciarti affossare così dall'odio!- la bionda alzò leggermente la voce, quasi come se fossi sull'orlo di una crisi isterica.
- L'hanno ucciso, Dawn.- Zoey alzò gli occhi, pieni di lacrime, verso la compagna - Non potrò più parlargli. mai più.- la rossa esplose ed iniziò a singhiozzare con forza.
- Allora, avete finito voi due? State facendo un po' troppo casino.- Heather si avvicinò alla loro cella e batté con l'arma contro le sbarre per intimarle di stare in silenzio. L'asiatica le guardò da fuori e, dopo aver visto la rossa in lacrime, iniziò a ridere - Oh, ti manca il fidanzatino? Mi spiace, non credo che avrai modo di rivederlo, a meno che tu non vada in un obitorio, ovviamente.- continuò a ridere di gusto finché, senza nemmeno accorgersene, si trovò il volto di Zoey a pochi centimetri dal suo. Soltanto le sbarre le separavano.
- Io ti prometto che ti ammazzerò. Non avrò pietà per te. - le disse, digrignando i denti lentamente. Nei suoi occhi era facilmente distinguibile una sete di sangue ed un forte istinto omicida .
- Non dire stronzate, hippie di sto cazzo.- l'asiatica assottigliò le sopracciglia e rimase immobile davanti alla cella come a sfidarla.
All'improvviso Zoey allungò la mano verso il collo di Heather, ma la misura delle sbarre le impedì di far passare tutto il braccio, quindi dovette fermarsi ad un millimetro dalla pelle dell'altra. La mora, spaventata da quel gesto, indietreggiò istintivamente e cadde a terra.
- Ah, maledetta! Ringrazia il creatore che Alejandro ha detto di avere bisogno di voi, altrimenti ti avrei già fatta fuori da un pezzo!- disse, per poi voltarsi ed incamminarsi verso la sedia dove era solita sedere. In quel momento passò Sky che, con un asciugamano pulito in mano, si stava dirigendo verso lo studio di Alejandro.
- Ehi, dove vai?- le chiese Heather, senza riuscire a contenere il suo tono scorbutico.
- Mi hai detto di portare questo al detective Burromuerto, giusto?- rispose lei, facendole vedere il panno bianco piegato nelle sue mani.
- Dammi qua, glielo porto io, ho bisogno di farmi una camminata. Tu tieni d'occhio le due.- detto ciò si avvicinò e le strappò l'asciugamano di mano per poi uscire dalla stanza con fare arrabbiato.
Sky si limitò a sbuffare e ad avvicinarsi alla cella dove le due erano rinchiuse. Le guardò per qualche istante con fare sospetto, mentre sentiva ancora in lontananza i passi dell'asiatica. Si avvicinò nuovamente alla porta per avere conferma che non ci fosse nessuno nei paraggi poi tornò alla cella e rivolse uno sguardo verso Dawn.
- Ehi, venite qui.- le due, seppur riluttanti, le andarono vicino - Mi ha mandato la polizia qui per liberarvi. Adesso vi farò uscire e vi porterò alla stazione locale più vicina, avete capito bene?- spiegò, mentre le due si lanciarono diversi sguardi sorpresi. La mora estrasse una chiave dalla tasca e, lentamente, aprì la serratura permettendo alle due di uscire.
- Grazie mille, ci hai salvate.- Dawn le sorrise, seppur forzatamente, per poi avvicinarsi a lei.
- Prendete questi.- gli passò due manganelli, che le ragazze presero senza obiettare - Menomale che Heather se n'è andata, così ho potuto agire il prima possibile. Se fosse rimasta qua mi sarei dovuta inventare qualche scusa per allontanarla.- aggiunse, sorridendo ad entrambe.
- Quindi adesso cosa facciamo?- domandò la bionda, tenendo in mano il pezzo di legno.
- Devo portarvi nella stazione di polizia anche al costo di usare la forza, queste sono le indicazioni che mi ha dato Courtney. Quindi seguitemi senza fare storie, al recupero di Noah penseranno i due tizi che ha mandato lei.- Dawn le fece cenno di assenso con la testa e le andò dietro senza pensarci troppo. Si mossero di qualche metro verso l'uscita del corridoio, ma in quel momento Zoey colpì Sky in testa con il manganello e le fece perdere i sensi.
- Si può sapere che cavolo stai facendo?- urlò subito la bionda, cercando di capire il perché di quel gesto. La rossa la guardò fissa negli occhi con lo sguardo arrabbiato.
- Te l'ho detto, voglio vendicare Duncan e finché non ci sarò riuscita non intendo uscire di qua.- Zoey non ci girò molto intorno, fu schietta e diretta. Prese Sky per le spalle e la portò dentro la cella, lasciandola appoggiata al letto.
- E come pensi di riuscirci? Alejandro è un mostro, da solo è stato in grado di provocare tutto questo. Per te sarà impossibile batterlo!- Dawn le andò incontro e cercò di farla ragionare, ma la rossa sembrava non voleva sentire storie
- Da giovane ho seguito un corso di karate.- capì di non essere riuscita a convincerla, quindi provò ad abbozzare qualcos'altro - Inoltre, ora come ora, mi interessa solo portare a termine la mia vendetta e so che anche tu lo vuoi. Ti vedo, anche tu sei distrutta per Scott!- sentendo quelle parole, la bionda non poté far altro che rimanere in silenzio con lo sguardo rivolto verso il basso.
- Ti aiuterò, ma non fare pazzie. Se le cose dovessero mettersi male, scapperemo e aspetteremo i fantomatici rinforzi.- alzò di colpo la testa, portando i suoi occhi a collidere con quelli dell'altra.
- D'accordo, affare fatto.-
 
 
ANGOLO AUTORE:
Commando Zoey? E Commando Zoey sia.
Eh sì, la situazione si è ribaltata, adesso è la rossa a volere vendetta! Invece il punk sta maturando, seppur sarebbe stato il caso di farlo maturare come per la frutta, ovvero a colpi in testa.
Salutiamo Marta, Sky prende un colpo in testa, Heather fa figurette, Scott guida e siamo tutti felici. Beh, che dire ragazzi, ci vediamo venerdì prossimo!

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Capitolo 27
*** #26 - Final Masquerade ***


Il pavimento dell'ufficio di Alejandro era completamente sporco di sangue. Di solito, quando doveva fare cose del genere, era solito mettere un telo di plastica per evitare di macchiare il parquet, ma quella volta era stato tutto talmente improvviso che non aveva avuto modo di attrezzarsi.
- Cavolo, guardate cosa mi avete costretto a fare!- si lamentò con Chris e Noah, ancora incatenati alla sedia e ridotti piuttosto male. Il gangster respirava a malapena: la sua testa era completamente rossa e malapena riusciva a restare cosciente. Il detective, invece, era stato colpito molto meno selvaggiamente e per questo non aveva che delle ferite sul capo.
- Adesso lo ripeterò per la centesima volta, e se non mi darete una risposta che mi soddisfi vi manderò entrambi all'inferno.- portò la mazza accanto alla testa di Noah, il quale non poté far altro che abbassare lo sguardo - Dove cazzo è il codice? Su, andiamo, non mi sembra tanto difficile. È un fottuto pezzo di carta plastificata. Chris caro, dicevi di portartelo sempre dietro, no?- attese per qualche secondo una risposta poi, vedendo che entrambi non aveva intenzione di parlare, alzò la mazza e colpì Noah sulla testa. Fece per dargliene un altro, ma in quel momento l'indiano iniziò a parlare.
- Nel portaoggetti della mia auto. È probabile che sia lì. - gridò, per poi prendere trattenere forzatamente le lacrime. Alejandro di fermò a pochi centimetri dalla sua testa e sorrise.
- Cosa vuol dire "è probabile"?.- portò il suo volto a pochi centimetri dell'indiano, che per la prima volta evitò di guardarlo dritto negli occhi.
- Hai detto che... se lo portava sempre dietro... giusto?- disse, fra un respiro e l'altro. L'ispanico fece lentamente cenno di sì con la testa tenendo gli occhi puntati verso di lui -Quando l'ho perquisito, gli ho preso il portafogli e l'ho messo nel portaoggetti.- concluse Noah.
- Oh, Gesù, era così difficile? Guarda come ti ho dovuto ridurre per farti confessare. Sei un vero e proprio idiota. Adesso manderò dei miei uomini a controllare, se non sarà così ti ammazzo.- Alejandro si allontanò da lui con un sorriso soddisfatto in volto - Adesso, però, vediamo di sistemare questo qua. Adesso so che lui è a conoscenza della posizione del codice, quindi tu non mi servi più.- si avvicinò lentamente verso Chris e gli sorrise.
- Mi... lascerai andare?- chiese il gangster. Non riusciva nemmeno a parlare bene. Sul suo volto si era formata una smorfia allegra, dovuta al fatto che Alejandro aveva appena estratto dalla sua tasca un mazzo di chiavi.
- Ma certo!- l'ispanico fece per avvicinarsi al lucchetto, il tutto mentre il gangster lo ringraziava sottovoce, poi si alzò di scatto e gli tirò le chiavi in faccia, colpendolo in un occhio - Ricordi, Chris? Questo era quello che facevi tu a quelli della mafia cinese. L'ho sempre trovato uno spasso e ho voluto provarlo. Come ci si sente? Uno schifo vero?- lo derise, mentre l'espressione dell'altro si tramutava dal felice all'arrabbiato.
- Sei solo un figlio di puttana! Se sei riuscito ad arrivare fin lì è solo grazie a me! Ho fatto ammazzare Medrek ed un sacco di altri poliziotti per farti arrivare in quella posizione. Dovresti essere riconoscente!- Chris urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni contro l'ispanico, che si limitò a ridere.
- Sì, e te ne sono grato. Se tu non fossi stato così imbecille, io non ce l'avrei mai fatta.- Alejandro si limitò a farsi una grossa risata, il tutto mentre il moro cercava disperatamente di liberarsi.
- Va all'inferno, sei solo un fottuto coglione!- urlò, completamente in preda al panico, il gangster, furioso come non era mai stato in vita sua.
- D'accordo, credo sia il momento di farla finita. Buona notte, Chris.- prese un grosso respiro e, ignorando gli insulti dell'altro, lo colpì con forza sul capo. Attese qualche secondo e lo fece di nuovo con ancora più violenza. Continuò fino a quando la sua testa non fu ridotta a brandelli.
Noah guardò quello spettacolo con gli socchi spalancati. Riuscì a vedere il cervello del moro mentre venne spappolato dalla mazza di Alejandro e, per poco, non rischiò di vomitarsi addosso. Provò più volte a distogliere lo sguardo, ma anche solo il rumore del teschio che si rompeva e del cervello spappolato per terra lo distraeva.
- Bene, ed uno è fatto. Sappi che si mi hai mentito il prossimo sarai tu. - Alejandro prese fiato, stanco per averlo colpito così selvaggiamente, poi si avvicinò alla sua scrivania - Cavolo, ma il mio asciugamano quando arriva?- si chiese, sorridendo come se non fosse successo nulla.
 
- Siamo quasi arrivati, mezz'ora e saremo a Winnipeg.- disse Duncan, controllando il GPS della macchina. Era le tre del pomeriggio e, andando oltre limite della velocità per tutto il tempo, erano riusciti a fare un sacco di strada. Scott si era rivelato un discreto pilota ed il punk aveva potuto riposarsi per un altro po'.
- Fantastico.- commentò il rosso, mentre stava attraversando un incrocio senza dare la precedenza. Questo gli fece guadagnare diversi insulti da parte degli autisti, dei quali però non si curò.
- Dimmi un po', com'è questo Alejandro?- domandò Duncan, mentre teneva lo sguardo verso il finestrino.
- Lui è... un mostro.- rispose Scott, con una leggera espressione preoccupata sul volto - È una di quelle persone indecifrabili. Spietato fino al midollo e non si problemi ad ammazzare degli innocenti.- voleva aggiungere dell'altro, ma non ne era molto sicuro di farlo.
- Quindi è un avversario temibile.- commentò, facendo un resoconto delle parole dette dall'altro.
- Sai, è stato lui ad... - esitò, non del tutto sicuro di come avrebbe reagito il punk - ad uccidere il tuo amico.- decise che, siccome Duncan aveva deciso di dargli piena fiducia, anche lui avrebbe dovuto fare la stessa cosa.
- Lui ha... ammazzato Geoff?- disse a bassa voce, tanto che il rosso riuscì a sentire a malapena le sue parole. Digrignò i denti e strinse con forza i pugni, sotto lo sguardo preoccupato di Scott, che aveva paura di qualche azione avventata da parte del moro.
- Non hai intenzione di fare cazzate, vero?- chiese, guardandolo negli occhi con fare preoccupato. In verità a Scott poco importava se Duncan avrebbe ucciso Alejandro, la sua paura era che, come successo quando aveva la fissa di far fuori MacLean, il punk potesse compromettere il tutto per la sua vendetta.
- Abbiamo un obiettivo, no? Prima il lavoro, poi risolverò la faccenda.- rispose, in uno slancio di maturità inaspettato. Moriva dalla voglia di uccidere l'ispanico, ma concentrarsi su ciò non avrebbe fatto altro che peggiore la situazione e di questo ne era cosciente, vista l'esperienza accumulata in quella settimana.
- Giusto, prima dobbiamo liberare Zoey, Dawn e l'indiano.- ricordò Scott. Strinse le dita con forza contro il volante, preoccupato per la salute della bionda.
- Non preoccuparti, staranno sicuramente bene. Sono forti.- disse Duncan per rassicurarlo, mentre teneva gli occhi su un grosso cartello blu sul quale, con lettere cubitale bianche, c'era scritto "Winnipeg" - Oh, sì, finalmente.- assottigliò gli occhi, poi guardò il GPS dove c'erano scritte le coordinate che Courtney le aveva mandato.
- Bene, cinque minuti e ci siamo. Sono le stesse coordinate che ci ha dato Max. - commentò il rosso, notando che il punto di arrivo, segnalato da una freccia rossa, era già visibile sulla mappa del piccolo aggeggio.
Fecero quella strada in pochissimo tempo, giungendo davanti all'edificio segnalato. Era un magazzino di merci, dal nome "Don S.p.A. Magazzini", a due piani, piuttosto largo e con vari camion parcheggiati fuori. L'ingresso non sembrava essere sorvegliato da nessuno, motivo per cui i due parcheggiarono la vettura direttamente fuori dall'edificio.
Presero una pistola a testa e, controllando che non ci fosse nessuno, fecero il giro per passare da una porta esterna.
- Che palle, non vedo l'ora di tornare a casa. Alejandro mi aveva detto che, se avessi fatto come diceva, mi avrebbe messo al capo del gruppo di Chris, però le cose non stanno andando come previsto.- la voce di Topher, seduto suo una sedia nel corridoio in cui i due erano appena entrati, li colse alla sprovvista.
- Merda, che facciamo?- sussurrò Scott, cercando indicazioni dall'altro.
- Lo assaltiamo in due e gli chiediamo dove si trovano gli ostaggi e Alejandro.- rispose, facendogli notare che il castano era al telefono.
- Sì, Scarlett, qui le cose si stanno complicando sempre di più.- Topher, ignaro di ciò che stava per accadergli, si girò di spalle e questo permise ai due di prenderlo alla sprovvista.
- Non muoverti.- gli disse Scott che, con un gesto felino, gli coprì la bocca con una mano e gli premette la pistola contro il costato. Quello iniziò ad agitarsi, ma come sentì l'arma sul fianco smise immediatamente.
- Adesso ci dirai dove si trovano i tre che avete preso in ostaggio. Senza scherzi.- lo minacciò Duncan, facendogli vedere anche la sua di pistola per intimorirlo ancora di più.
- Ehm... io non lo so, sono solo di passaggio...- provò a mentire, ma prontamente Scott lo colpì con un pugno sullo zigomo.
- No, la mia bella faccia!- provò ad urlare, ma la mano del rosso gli impedì di farlo troppo forte. Il punk ed il rosso si scambiarono una risatina diabolica, dopodiché il moro estrasse un coltellino dalla tasca.
- Hai presente il Joker? Ecco, se non parli ti farò diventare come lui.- disse, estraendo la lama ed appoggiandogliela lentamente su una guancia.
- No, ti prego! Tutto ma non questo.- a Topher non rimase che prova ad implorare con le lacrime sugli occhi.
- Allora parla!- lo incitò Scott, affondando leggermente la canna dell'arma nella sua carne.
- D'accordo, lo farò! Le due ragazze sono rinchiuse in una cella vicino all'ingresso, mentre l'indiano è nello studio di Alejandro, assieme a Chris, al piano di sopra.- confessò, tenendo gli occhi chiusi per la paura.
- Grazie mille.- detto ciò Scott lo colpì in testa con la pistola e lo fece svenire.
- Che diavolo fai! E se ci avesse mentito?- Duncan provò a lamentarsi, ma il rosso si limitò a chiedere scusa e ad alzare le spalle - Ah, fa niente. Per prima cosa dobbiamo trovare Zoey e Dawn, poi penseremo a Noah.- disse, per  poi avviarsi verso la fine del corridoio.
- Va bene.- acconsentì il rosso. Entrambi tenevano le loro pistole strette fra le mani e, con calma e concentrazione, cercavano di farsi avanti senza essere scoperti.
- Aspetta.- Duncan prese per le spalle il rosso e gli intimò di fermarsi - Non lo senti anche tu?- i due tesero l'orecchio e si sentirono un forte rumore di passi venire verso di loro.
- Aspettiamo qui e gli saltiamo addosso?- propose Scott.
- Semplice ed efficace. Sono d'accordo.- il punk acconsentì, così entrambi si misero sull'angolo del corridoio ed attesero che arrivasse. Quando sentirono il rumore di passi farsi fortissimo, uscirono fuori con le pistola puntate e, nell'esatto momento in cui si accorsero chi fosse, spalancarono la bocca dallo stupore.
 
Dawn aveva capito fin da subito che Zoey non aveva la benché minima idea di cosa fare. Era palesemente estranea a quei contesti e, in quel momento in particolare, non sembrava abbastanza lucida da elaborare un pieno efficace.
- Senti, che hai intenzione di fare? In giro per l'edificio ci sono tante guardie!- la bionda provò a far ragionare la rossa, ma quella non volle sentire storie. Continuavano a seguire Heather, tenendo i manganelli stretti in mano, sperando di arrivare il prima possibile nella stanza di Alejandro.
L'asiatica si diresse verso uno dei numerosi corridoi della struttura a passo svelto, costringendo le due a muoversi più rapidamente di quanto avessero voluto.
- Per adesso seguiamola, poi decideremo come muoverci.- le disse Zoey sotto voce, facendole comprendere perfettamente che nemmeno lei aveva idea di cosa fare.
- Non mi sembra una buona idea. Lei è più forte di noi, inoltre ha una pistola.- le fece notare, indicando l'arma attaccata alla cintura della mora con un dito.
- Allora non ci resta che togliergliela.- alzò le spalle con calma, per poi nascondersi dietro un angolo.
- Zoey, dammi retta, è una pessima idea!- Dawn fece lo stesso, stando ben attenta che non ci fosse nessuno dietro di loro.
- Voglio vendicare Duncan.- le disse la rossa, stringendo i pugni con forza. Sporse leggermente un occhio per controllare l'asiatica e vide che aveva già voltato l'angolo - Merda, l'abbiamo persa!- le due si incamminarono verso la fine del corridoio e lì scoprirono che si divideva in due vie.
- Zoey, non starai pensando di...- la bionda non ebbe nemmeno modo di finire, perché venne anticipata dall'altra.
- Dividiamoci. Io vado di qua e tu di là. - detto ciò iniziò a correre in quella direzione senza nemmeno controllare se la bionda avesse seguito il suo comando.
Giunse davanti ad una porta accostata e, mettendosi di lato, riuscì a scorgere la figura di Heather. Lentamente entrò dentro, accorgendosi subito di stare dentro ad un magazzino, e, cercando di non fare nessun rumore, provò a nascondersi dietro ad una scatola, ma in quel momento uno sparo la fece spaventare.
- Chi sei? È da prima che sento qualcuno seguirmi.- l'asiatica teneva la pistola puntata verso di lei, che era nascosta dietro all'oggetto di legno - Se non esci fuori ti crivelli di colpi.- Zoey non aveva la minima idea di cosa avrebbe dovuto fare.
Un milione di idee, la cui maggior parte l'avrebbero portata alla morte, le vennero in mente, ma nessuna le sembrò efficace. Chiuse gli occhi e, con calma, provò a pensare a cosa avrebbe fatto Duncan in quella situazione.
- Adesso mi alzo. - disse, per poi iniziare lentamente ad alzarsi con le mani già dietro la testa. Heather rimase sorpresa quando la vide, al punto che per un attimo stentò a crederci.
- Tu? Seriamente?- commentò, poi puntò l'arma contro il suo petto - Che cazzo ha combinato Sky? Ah, è proprio inutile.- scosse la testa con fare contrariato, dopodiché sorrise - Questa però è l'occasione che stavo aspettando.-
- Che intendi dire?- domandò la rossa. Sentì delle gocce di sudore scenderle lungo la fronte, inoltre fece fatica a mantenere un respiro regolare.
- Beh, Alejandro mi ha ordinato di non ucciderti, però mi basterà dire che sei scappata e che mi hai aggredito. Io quindi non ho avuto altra scelta che spararti.- l'asiatica rise di gusto nel vedere l'espressione criptica dell'altra.
- E pensi che ti crederà? Non mi sembra così stupido.- provò ad allungare il più possibile la conversazione nella speranza di trovarla in un attimo di distrazione.
- Voi non siete così importanti per lui. Inoltre devo farti capire come gira il mondo, no? Sei arrivata addirittura a dirmi che mi avresti uccisa... povera illusa.- la derise ed in quel momento, senza pensarci, abbassò leggermente l'arma.
Zoey capì che quello era il momento che stava aspettando e, senza esitare, tolse le mani da dietro la testa rivelando il manganello. Lo lanciò contro di lei e la presa in testa, facendole cadere la pistola di mano. La prima cosa che fece fu provare ad andarla a prendere, ma Heather le si gettò addosso e le impedì di afferrarla.
Le due misero entrambe le mani sull'arma, facendo anche partire erroneamente un colpo che si schiantò contro una cassa lì vicino, fino a quando la rossa colpì con un pugno l'asiatica che, tirandosi indietro, perse la presa sulla pistola facendola finire in mezzo agli scatoloni.
Le sfidanti si guardarono per qualche secondo, poi si andarono addosso ed iniziare ad azzuffarsi. Zoey provò ad usare qualche mossa imparata nei quattro anni di karate, ma l'alta riuscì a rispondere perfettamente ad ogni attacco.
- Con chi pensi di avere a che fare? Sono pur sempre un soldato delle forze speciali!- detto ciò la colpì con un pugno in faccia e la fece andare a sbattere contro il muro. Provò a colpirla di nuovo, ma la rossa si spostò facendo arrivare il colpo dritto contro il cemento.
- Oh, mi dispiace.- la derise Zoey, mentre quella si teneva la mano destra, dolorante, con la sinistra.
- Brutta figlia di puttana!- Heather le saltò nuovamente addosso, usando la mano ancora disponibile, e riuscì a farla cadere. La differenza di forza fra le due era evidente, l'asiatica non ebbe problemi a sovrastarla nonostante l'handicap.
- Bene, adesso ti faccio assaggiare un po' di dolore.- detto ciò iniziò a colpirla ripetutamente, costringendola a portare le braccia davanti al viso.
- Te lo restituisco!- attese l'attimo giusto e poi le urlò quelle parole, accompagnate da un forte colpo sullo stomaco che le fece perdere il respiro. Zoey ne approfittò per afferrare il manganello e, con fare vittorioso, si avvicinò all'altra.
- Chi è stato ad ucciderlo?- domandò, con uno sguardo furente in volto.
- Chi?- Heather, seduta per terra con entrambe le mani sullo stomaco, la guardò leggermente confusa.
- Sto parlando di Duncan.- disse la rossa, attendendo con ansia una risposta. Quella sembrò esitare, poi finalmente accennò ad aprire la bocca.
- Dovresti provare a...- approfittò della distrazione di Zoey per colpirla su uno stinco con un calcio. La rossa cadde e l'asiatica prese prontamente il manganello e capovolse la situazione - lui. Tanto fra poco lo rivedrai.- Heather si mise a ridere e, senza attendere oltre, si accennò a colpirla in testa. Zoey chiuse gli occhi, conscia che quelli sarebbero stati i suoi ultimi momenti.
 
 
 
ANGOLO AUTORE:
È morto MacLean! Che dire... morte brutta brutta.
Poi i nostri arrivano a Winnipeg, mentre Dawn e Zoey cercano l'impresa. la rossa è proprio fuori di testa...
La nostra eroina è in pericolo, chi sa cosa accadrà adesso! Ci vediamo Martedì prossimo, il finale è sempre più vicino!

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Capitolo 28
*** #27 - She's a Rebel ***


Quando Scott e Duncan videro Dawn correre liberamente per il corridoio arrivarono a pensare di essere stati presi in giro da Courtney, oppure che si trattasse di un'allucinazione.
La bionda, non appena vide i due, perse il respiro. Ringraziò se stessa per non aver seguito Zoey nel suo folle piano ed anzi aver cercato rinforzi che, evidentemente, erano arrivati.
- Siete vivi...- disse, con un sorriso genuino in volto.
- Eh? Che intendi dire? Dovremmo essere noi a dirlo.- ribatté Scott, palesemente sollevato nel vederla star bene.
- Ci hanno detto che eravate morti.- gli occhi di Dawn si inumidirono leggermente, ma nessuno dei due ragazzi ci fece caso. La bionda per qualche istante sembrò essersi dimenticata del motivo per cui stava correndo all'impazzata, almeno fino a quando Duncan non le fece la fatidica domanda.
- Zoey dov'è?- il punk spostò lo sguardo lungo il corridoio, con la speranza di vederla arrivare sana e salva, ma bastò l'espressione di Dawn a fargli capire che quello non sarebbe successo.
- Dobbiamo aiutarla! Sta inseguendo Heather da sola.- disse, indicando con un dito l'angolo da dove proveniva. Scott e Duncan si guardarono negli occhi, leggermente confusi.
- Chi è Heather?- domandarono all'unisono, con le sopracciglia alzate.
- Ah, non c'è tempo per questo! Dobbiamo andare ad aiutarla.- la bionda fece per correre, ma venne fermata da Duncan.
- Aspetta, vado io. Tu e Scott andate a salvare Noah. - portò gli occhi sul rosso, che acconsentì con un cenno della testa. Dawn sembrò esitare, ma dopo qualche secondo si limitò a sbuffare.
- Va bene, pensa tu a lei. Gira a destra e poi fino alla fine del corridoio.- gli spiegò, ottenendo un occhiolino da parte dell'altro che, senza esitare ulteriormente, si diresse verso il luogo indicatogli.
- Buona fortuna. Mi raccomando, recuperatemi quell'idiota.- urlò, per poi sparire dietro l'angolo. Scott e Dawn si guardarono per qualche secondo, poi si diressero verso le scale per poter salire.
 
- Sayonara, stupida ragazzina.- Heather fece per colpire Zoey con il manganello ma, proprio nel momento in cui l'arma stava per toccare la sua testa, udì un rumore di uno sparo. La rossa, che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi chiusi, portò lo sguardo davanti a se e vide l'asiatica stesa a pochi passi da lei, con una pallottola conficcata nella spalla.
- Non dovresti picchiare delle persone innocenti, sei pur sempre una poliziotta, no?- Zoey riconobbe immediatamente quelle voce e, senza nemmeno guardare per confermarne l'identità, scoppiò a piangere.
- Brutto pezzo di merda!- ringhiò Heather, mentre con una mano cercava di bloccare la perdita di sangue dalla spalla.
- Sì, me lo dicono in tanti.- Duncan fece il suo ingresso nel magazzino e si avvicinò verso di lei per disarmarla. La prese per il braccio sano e la legò, impedendole così di scappare - Salve, signorina, sono arrivato in tempo?- Zoey aveva ancora la testa bassa e le lacrime che le bagnavano le guance, tanto che per un attimo il punk si spaventò.
Aveva pensato di fare un ingresso di stile salvando la ragazza per poi farsi vedere in tutta la sua "fierezza", perché seppur fosse cambiato rispetto a prima grazie a Scott, il suo ego era rimasto immutato.
Il punk fece per abbassarsi verso la rossa, ma quella balzò in piedi di colpo e lo abbracciò, rischiando quasi di soffocarlo per la forza con cui gli passò le braccia attorno al collo.
- Duncan... mi avevano detto che...- la ragazza affondò la testa nel petto del punk e, fra un singhiozzo e l'altro, provò a parlare ma venne sovrastata dall'emozione.
- Oh, sì, mi è giunta la voce all'orecchio. Però dovresti sapere che non mi lascio ammazzare tanto facilmente.- ricambiò l'abbraccio e le poggiò una mano sulla testa per cercare di calmarla.
- Come hai fatto a venire qui?- gli domandò, scostandosi leggermente da lui.
- Abbiamo incontrato Dawn nel corridoio. Direi che è stata proprio una fortuna.- le disse, gettando uno sguardo verso l'asiatica. Effettivamente, senza di lui, in quel momento la testa di Zoey non sarebbe stata ridotta poi così bene.
- Quindi anche Scott...- chiese, senza però riuscire a finire la frase.
- Sì, sta bene. Lui e Dawn sono andati a prendere Noah, dopodiché ci leveremo di torno.- spiegò, accompagnando quelle parole con un gesto delle mani. Detto ciò si avviò verso l'uscita della stanza, ma venne preso per la maglietta dalla rossa.
- Mi sei mancato.- gli disse sottovoce, tenendo lo sguardo fisso verso terra.
- Anche tu. - il punk non si voltò verso di lei, conscio che l'avrebbe messa ancora di più in imbarazzo - Adesso andiamo, ci aspettano.- la prese per la mano e si diresse verso il luogo in cui si era dato appuntamento con Scott.
 
Scott e Dawn non avevano incontrato grandi difficoltà nell'arrivare fino al piano di sopra. Di guardie non ce n'erano molte e quelle poche che avevano incontrato erano stati in grado di metterle al tappeto in poco tempo.
- Bene, caro mio, adesso mi dici dove si trova lo studio di Alejandro, d'accordo?- Scott, con il suo solito modo di fare poco elegante, prese uno di loro e lo sollevò per il colletto. Lo appoggiò al muro e, dopo avergli posto il braccio sul collo e la pistola contro la testa, lo intimò a parlare. Dawn non appoggiò del tutto il suo modo di fare, ma in quel momento avevano bisogno di fare tutto rapidamente.
- S-Si t-trova al s-secondo p-piano.- iniziò quello, balbettando per la paura.
- Vai dritto al punto, per Dio!- lo minacciò Scott, portando la canna della pistola sulla sua fronte.
- È la p-prima stanza sulla sinistra ed ha una p-porta m-marrone diversa dalle altre.- disse, cercando di essere il più coinciso possibile, quello.
- Sicuro?- domandò Scott, facendogli capire che non avrebbe esitato nell'ucciderlo se avesse mentito.
- Sì, s-sicurissimo. Ti prego non uccidermi.- implorò, con un penoso sguardo sull'orlo delle lacrime.
- Come ti chiami?- Scott gli rivolse un sorriso, nella speranza di farlo calmare.
- D-Dave.- rispose, con il fiatone.
- Bene. Buonanotte, Dave.- detto ciò lo colpì in testa con la pistola e lo fece svenire. Fatto ciò, i due si diressero verso le scale correndo all'impazzata.
- Non credi di aver esagerato?- gli chiese Dawn, mantenendo lo sguardo fisso verso gli angoli per verificare l'eventuale posizione di altri poliziotti.
- D'altri tempi lo avrei ammazzato.- le confessò. Sul suo volto si era dipinta un'espressione mista fra il triste ed il pentito, che la bionda non fece fatica a notare.
- Beh, allora suppongo tu abbia fatto un passo avanti.- la ragazza evitò di guardarlo. Lei stessa era stata vittima indiretta del rosso. Ricordava l'odio che aveva provato verso di lui e che, in profondità, sentiva ancora nel cuore. Eppure conoscendolo si era resa conto che il rosso si era pentito di tutto ciò che aveva fatto e stava vivendo male per ciò.
- Se lo dici tu. Io voglio solo un posto tranquillo dove passare il resto della vita, non chiedo di più.- ammise, scuotendo la testa. Lentamente i due procedettero verso lo studio.
- D'accordo, allora ci penserò io. - gli disse Dawn, sempre con lo sguardo diretto verso il lungo corridoio.
- Che cosa intendi dire?- domandò Scott, stranito da quelle parole. La bionda lo ignorò e, con un leggero scatto, si portò davanti ad una porta esattamente come quella descritta da Dave.
- Eccola, ci siamo!- fece un grosso sorriso, per poi aprire con lentezza la porta per controllare al suo interno. Rischiò di vomitare anche quello che aveva mangiato un mese prima. Vide il corpo di MacLean, ancora incatenato sulla sedia, con la testa spappolata e le cervella in vista.
Perfino Scott, che di cose simili ne aveva viste, fece fatica a contenersi. I due, notando che non c'erano nessuno, entrarono dentro di soppiatto e vi trovarono Noah, con il volto pieno di sangue ma comunque in stato di cosciente.
- Siete... venuti.- disse, con tutta la voce che riusciva a tirare fuori.
- Sì, siamo qui per salvarti.- Dawn gli andò vicino e cercò di verificare le sue condizioni. Non sembrava essere in pericolo di vita, però necessitava di cure mediche al più presto.
- Dove sono le chiavi?- Scott seguì la bionda e controllò il lucchetto, ancora chiuso, per poi rivolgere lo sguardo verso l'indiano.
- Addosso a lui.- mosse la testa, che ancora gli doleva terribilmente, verso il cadavere di Chris. Il rosso vide subito un piccolo oggetto scintillante sulle gambe di quello che restava del moro e, dopo essersi scambiato un'occhiata veloce con Dawn, capì che le avrebbe dovute prendere lui.
Si avvicinò al corpo e cercò di prendere le chiavi sporcandosi il meno possibile. Sotto di lui era pieno di sangue e di parti di cervello di Chris, pertanto dovette stare attento a dove metteva i piedi.
Riuscì, non senza qualche difficoltà, a prendere le chiavi, completamente imbrattate di rosso, e si avvicinò verso il detective per liberarlo.
- E adesso qual è la chiave?- domandò retoricamente, mentre le contava. Erano cinque.
- Fate presto... prima o poi tornerà. È uscito dieci minuti fa. - le parole dell'indiano non fecero altro che mettere ancora più ansia ai due, alla presa con il lucchetto.
- Prova questa.- lo incitò Dawn, indicando una chiave con il dito - No quella, l'altra.- Scott era visibilmente nel pallone, aveva già provato ad inserire due delle cinque chiavi eppure nessuna di loro aveva sbloccato la serratura.
- Con calma, dannazione!- il rosso provò un altra chiave e, dopo aver forzato leggermente la presa, quella scattò e sbloccò le catene.
- Ce l'abbiamo fatta!- esultò la bionda, ma proprio in quel momento sentirono un forte rumore di passi farsi sempre più vicino. I due si guardarono e Scott intimò alla ragazza di nascondersi dietro la scrivania.
- Resta lì. Non uscire per nessun motivo, capito?- la guardò dritta negli occhi, notando l'espressione leggermente spaventata dell'altra, e la spinse più in là.
- Però...- provò a controbattere, ma lui le fece cenno di silenzio con un dito e le fece cenno di mettersi sotto la scrivania, comando che la bionda eseguì senza obiettare ulteriormente.
Scott rimase fermo con la pistola puntata verso la porta in attesa. Non ci volle molto, dopo qualche secondo la porta si spalancò e lui, senza esitare premette il grilletto con foga. Sparò tre colpi, i quali si schiantarono contro la porta.
- Ma che diavolo...- Alejandro, preso alla sprovvista, si rifugiò dietro l'angolo della porta e, con la coda dell'occhio guardò dentro la stanza - Scott? Che diavolo ci fai qui?- domandò, con il suo solito modo di fare tranquillo.
- Sono qui perché hai preso qualcosa che mi appartiene.- mantenne la pistola puntata verso l'entrata ed attese che l'ispanico facesse la sua mossa.
- Cosa intendi dire? Ah, ho capito. La figlia di Medrek, quell'agente che hai ucciso.- disse, mentre lentamente riempiva il caricatore della sua pistola.
- Esatto.- tagliò corto, decisamente poco voglioso di sentire di nuovo quella storia.
- Beh, c'è un piccolo particolare che non sai. Chris ti ha mai detto chi è stato il mandante dell'omicidio?- chiese, per poi inserire il caricatore dentro l'arma.
- Chi?- Scott abbassò erroneamente la guardia e, senza accorgersene, venne colpito da Alejandro con un colpo di pistola.
- Ce l'hai davanti, amigo.- entrò dentro la stanza e si avvicinò a lui, in quel momento disteso per terra con un proiettile in pieno stomaco. Gli rivolse un sorriso derisorio e portò la canna della pistola contro il suo stomaco - Sai, Scott, in quel periodo in cui siamo stati colleghi ho imparato a conoscerti un po'.- si fermò per qualche secondo e premette con l'arnese sulla sua pancia facendo aumentare la fuoriuscita di sangue dalla ferita - Tu in realtà vuoi solo morire, quindi io ti lascerò vivo. Se vuoi mettere fine alla tua vita, allora sparati un colpo in testa.- detto ciò si alzò e si diresse verso il corridoio.
- Ah, giusto, omaggio della casa. - Alejandro si girò di scatto e gli sparo due colpi sulle gambe - Giusto per essere sicuri. Non vorrei avere più problemi di quelli che già ho. -
 
 
ANGOLO AUTORE:
Tan tan taaaaaan! Duncan e Zoey si rincontrano, Scott e Dawn anche, ma con l'aggravante delle pallottole nelle ginocchia di Scott. Ragazzuoli, ci stiamo avvicinando alla fine, a breve tutto si concluderà!

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Capitolo 29
*** #28 - Uprising ***


- Dove andiamo?- chiese Zoey, mentre Duncan controllava dall'angolo del corridoio se la strada fosse libera. Vide che, fortunatamente, non c'era nessuno e poterono proseguire in tranquillità.
- Ci siamo dati appuntamento nell'ingresso.- spiegò superficialmente, per poi girare a sinistra.
- Ma l'ingresso è dall'altra parte.- fece notare la rossa. Non conosceva benissimo la mappa dell'edificio, però da quel poco che ricordava l'ingresso sarebbe dovuto essere da tutt'altra parte.
- Sì, è vero, però prima devo portare te alla macchina. Ti farò passare dall'uscita sul retro.- parlò velocemente, nella speranza di riuscire a districarsi da quell'ardua discussione il prima possibile.
- Cosa? Ed io che farò nel frattempo?- chiese, con un tono leggermente lamentoso. Il punk la guardò con la coda dell'occhio, conscio che non sarebbe stato facile sbarazzarsi di lei.
- Ascoltami bene: ho contattato Courtney.- fu costretto a fermarsi per colpa della faccia strana fatta dall'altra - La detective che ci ha incastrato, ricordi?- la rossa spalancò la bocca e fece cenno di assenso - Ecco, a breve i poliziotti arriveranno. Il problema è che qua non c'è segnale ed abbiamo bisogno che qualcuno aiuti la polizia a trovarci. Devi farlo tu, non c'è altra scelta.- le disse, prendendola per le spalle. La guardò fissa negli occhi cercando di farle capire l'importanza del suo compito.
- D'accordo, tutto chiaro.- Zoey assunse un'espressione serie, per poi seguirlo senza spicciare un'altra parola.
I due proseguirono fino all'uscita sul retro, dove era ancora presente Topher svenuto per terra, cosa che la rossa non riuscì ad ignorare.
- Fammi indovinare: siete stati voi?- domandò, indicando il castano tramortito per terra con un'espressione piuttosto ebete. Quello provò a fare l'indifferente, ma capì ben presto di non poterlo fare ancora a lungo.
- È stato un incidente, diciamo.- alzò le spalle e le rivolse una risatina di circostanza, mentre quella lo guardava con un sopracciglio alzato e tanti dubbi sulla veridicità delle sue parole.
- Quindi devo solo dare indicazioni la polizia?- chiese Zoey una volta fuori dalla porta. Duncan le fece cenno di sì, cercando di tranquillizzarla e le indicò la loro macchina.
- Vai vicino a quell'auto grigia. Là dentro c'è un auricolare e con quello potrai contattare Courtney e dirle che è il momento di agire. Buona fortuna.- spiegò, per poi farle l'occhiolino e chiudersi la porta alle spalle. Rimase fermo per qualche secondo con la schiena appoggiata contro il muro e pregò affinché la rossa non si accorgesse di essere stata ingannata.
Si era promesso di non mentirle più, ma in quel momento non aveva potuto fare altrimenti, se lei fosse andata con lui sarebbe probabilmente stata uccisa.
Scosse la testa per rimuovere quei pensieri inopportuni e tornò indietro alla ricerca di Scott e Dawn. Non sapeva di preciso l'ubicazione dell'ufficio di Alejandro, motivo per cui sarebbe dovuto andare a casaccio per tutto il magazzino.
L'unica cosa di cui era certo era che si trovasse al secondo piano della struttura, quindi salì una scala tutta arrugginita e proseguì dritto alla ricerca del fantomatico ufficio.
Mentre girovaga per la struttura senza idea di dove dirigersi, sentì il rumore di due spari e ciò lo portò ad aumentare la velocità per correre subito nella loro direzione.
Arrivò davanti alla porta e, dopo essere entrato, si trovò davanti uno scenario che mai avrebbe voluto vedere: Scott steso per terra in un pozza di sangue, con la maglietta tinta completamente di rosso e tre fori ben visibili, due sulle ginocchia e uno sullo stomaco. Affianco a lui c'erano Dawn e Noah, il secondo che a malapena riusciva a stare in piedi, che, in maniera piuttosto confusa e raffazzonata, cercavano di medicarlo.
- Abbiamo bisogno di qualcosa per fermare l'emorragia!- Dawn, palesemente preda del panico, iniziò ad aprire tutti i cassetti e le ante che trovava nei vari armadi della stanza.
- Cerca uno straccio, un asciugamano o una cosa del genere!- anche Noah, seppur fosse solitamente una persona calma e razionale, venne contagiato dal flusso di eventi e, proprio come la bionda, iniziò a cadere lentamente vittima del panico.
- Ho trovato solo questo, ma non credo vada bene.- la ragazza gli mostrò l'asciugamano insanguinato, con cui Alejandro aveva asciugato il sangue dalla mazza.
- Se vuoi fargli prendere una malattia possiamo anche usarlo.- ironizzò l'indiano, che nel frattempo si era strappato un pezzo di maglietta per fasciarsi la testa. Dawn sembrò sul punto di rispondergli, ma una voce li interruppe.
- Ehi, voi due, ma che cazzo è successo?- domandò Duncan, entrando lentamente dentro l'ufficio. Vide subito il cadavere di MacLean, che riuscì a riconoscere solo per via dell'abbigliamento, e non seppe se vomitare per il disgusto o sorridere per la contentezza.
- Alejandro gli ha sparato. Abbiamo bisogno di un medico.- fu Noah a parlare con lui, poiché l'altra era ancora troppo presa dal panico per riuscire a fare una discussione sensata.
- Merda, le cose si mettono male. Ho portato Zoey al sicuro.- disse, socchiudendo leggermente la porta per essere sicuro che nessuno entrasse.
- Adesso che facciamo?- chiese Noah. Duncan si prese un attimo per analizzare la situazione: il detective era in grado di camminare da solo, nonostante non fosse del tutto lucido, e lui e Dawn avrebbero potuto portare Scott fino alla macchina.
- Ce ne andiamo. Dobbiamo solamente evitare di imbatterci in Alejandro e nei suoi uomini.- detto ciò si abbassò e prese il rosso per una spalla - Aiutami, biondina.- fece cenno alla ragazza di fare come lui e, senza troppi problemi, riuscirono ad alzarlo.
- Fuori non c'è nessuno, possiamo muoverci liberamente.- l'indiano si controllò la situazione dalla porta accostata e, con un gesto della mano, gli fece cenno di andare con lui.
- Sbrighiamoci, non abbiamo molto tempo.- I quattro imboccarono il corridoio e, seguendo le indicazioni del punk, cercarono di arrivare all'uscita sul retro.
- Scott, resisti!- ogni due minuti Dawn cercava di verificare le condizioni del rosso, che era ormai incosciente da un pezzo, mettendogli una mano sul petto per controllare il battito cardiaco.
- Quanto manca ancora?- domandò Noah, dopo l'ennesimo giro di angolo fatto. Duncan dette una rapida occhiata al corridoio per fare mente locale.
- Ci siamo, andiamo a destra e siamo arrivati.- il gruppetto aumentò il passo e, proprio come detto dal punk, si trovarono davanti ad un grosso portone verde sopra il quale c'era scritto in caratteri cubitale "uscita di emergenza".
- Questa è opera vostra?- chiesero all'unisono Dawn e Noah, indicando Topher svenuto per terra. Il moro roteò gli occhi con fare indispettito.
- Dovete per forza chiedermelo tutti?- la bionda e l'indiano si guardarono per qualche secondo, poi puntarono gli occhi verso Duncan e gli fecero cenno di sì con la testa - Ah, maledizione. Noah, ce la fai a portare Scott?-
- Penso di sì. - Duncan lo invitò ad avvicinarsi e, lentamente, passò il braccio del rosso attorno al suo collo. Fatto ciò, prese Topher di peso e se lo caricò in spalla.
- Molto gentile da parte tua.- lo derise l'indiano, ottenendo uno sguardo minaccioso come risposta.
- Andiamo, veloci.- il punk aprì la porta e gli permise di uscire. Noah e Dawn portarono Scott fuori, poi la bionda tenne ferma la porta con la mano per far passare Duncan ma, proprio in quel momento, una voce proveniente da dietro l'angolo li prese alla sprovvista.
- Dove diavolo pensate di andare?- Alejandro, camminando lentamente, spuntò dal corridoio e, con estrema calma, si presentò davanti a loro con una pistola puntata.
- Ci mancava solo questa.- sussurrò Duncan. Lo guardò con lo sguardo arrabbiato e l'altro si limitò a ridere.
- Ehi, ehi, ehi, amigos, calmatevi, non c'è bisogno di litigare. Per me voi potete anche andarvene. Mi serve solo il detective.- l'ispanico usò la mano libera per indicare Noah, che già stava deglutendo al pensiero di ritornare suo ostaggio.
- E in cambio?- le parole del punk portarono a diverse lamentele da parte dell'indiano, decisamente poco intenzionato ad accettare quelle condizioni.
- Vi lascio andare. Di voi non me ne frega niente, anzi, avete dimostrato di avere le pelotas. Introdurvi qua, mettere al tappeto i miei uomini... insomma, roba da veri duri. Potete andarvene, di voi non mi interessa, voglio solo Noah.- per tutto il tempo sul volto di Alejandro era rimasto disegnato un leggero sorriso derisorio, che a Duncan non piacque per nulla.
- No, mi dispiace. Il calciomercato è chiuso.- rispose il punk, accompagnando quelle parole con una risata, che contagiò anche l'ispanico.
- D'accordo, allora devo usare le maniere forti.- Alejandro sparò un colpo di pistola che, fortunatamente, non colpì nessuno ma andò bensì a schiantarsi contro la porta.
- Cazzo! Andate, qui rimango io. - Duncan lanciò Topher fuori e, dopo aver fatto cenno ai due di raggiungere la sua macchina, si chiuse la porta alle spalle. Puntò la pistola contro di Alejandro che, sorridendo, si fece di qualche passo più avanti.
- Andiamo, non c'è bisogno di spargere dell'altro sangue. Perché tutte le persone che incontro non capiscono?- il castano mosse i piedi lentamente, cercando quasi di passare inosservato.
- Stai indietro e non muoverti.- il punk provò a minacciarlo, ma quello si limitò a ridergli in faccia.
- Mi sa che non hai ben chiara la situazione.- si fermò per un istante e portò la sua pistola all'altezza dell'occhio per poter prendere bene la mira - Prima avete avuto solo una gran fortuna. Non sbaglierò ancora.- la sua espressione si fece più seria.
- Vero, probabilmente hai ragione.- Duncan scosse la testa con un sorrisetto in volto e, nel momento che trovò più opportuno, premette il grilletto. L'ispanico fece lo stesso e, dopo due secondi, entrambi caddero a terra.
Alejandro si tenne il braccio, colpito dal proiettile, e lentamente si alzò per avvicinarsi all'altro. Duncan si toccò la pancia e sentì un dolore lancinante. Era stato colpito in pieno stomaco e la ferita aveva iniziato subito a sanguinare a dirotto.
- Ti avevo avvisato, criminale da quattro soldi.- l'ispanico si abbassò e, tenendo l'arma puntata verso di lui, si lasciò andare ad una lunga risata. Il punk, approfittando dell'attimo, premette due volte il grilletto e riuscì a piantargli una pallottola sul petto e una su una gamba.
- Figlio di puttana!- urlò Alejandro che, senza esitare ulteriormente, gli sparò a sua volta. Lo colpì sul braccio e ciò costrinse il moro a lasciare la presa sulla pistola. Subito il castano provò a prenderla, ma Duncan gli dette un calcio su una mano e riuscì a disarmarlo.
- Non ti azzardare a prenderle!- il punk lo spostò di peso, poi, usando un piede, riuscì ad allontanare entrambe le armi da loro.
Ormai i due erano rimasti disarmati e potevano soltanto prendersi a pugni. Duncan non esitò e provò subito a colpirlo con una gomitata, che prese l'altro di striscio sul mento.
- Sei solo una pulce!- Alejandro riuscì a colpirlo in faccia con un pugno e, dopo essersi messo sopra di lui, affondò la mano sullo stomaco del moro per aumentare la fuoriuscita di sangue dalla sua ferita.
- Levati!- il punk riuscì a spostarlo e a colpirlo affondando le mani sul suo collo, costringendolo ad allentare la presa. Alejandro, ripresosi subito, provò nuovamente a caricarlo e Duncan non poté far altro che provare a fermarlo.
I due si scambiarono un altro paio di pugni, dai quali l'ispanico ne uscì palesemente avvantaggiato. Duncan sentiva un dolore lancinante allo stomaco e vedeva la vista appannarsi lentamente, al punto che a malapena riusciva a tenersi in piedi.
- Bene, direi che i giochi sono finiti.- Alejandro prese la sacchetta che aveva sulla schiena e ne estrasse una mazza da baseball. Se la rigirò fra le mani per un po', dopodiché la puntò verso Duncan - Sai chi hai ucciso questa bellezza? Il tuo tanto amato signor MacLean. Non è stata una morte molto onorevole.- accompagnò quelle parole con un sorrisetto divertito.
- Non mi dire...- sussurrò l'altro, ormai allo stremo delle forze.
- E indovina chi è il prossimo sulla lista?- non gli lasciò nemmeno il tempo di rispondere che, cogliendolo di sorpresa, lo colpì in testa con la mazza. Si avvicinò a lui e provò a farlo di nuovo, ma il punk mise le braccia davanti al volto, impedendogli così di dargli il colpo di grazia.
Alejandro continuò a colpirlo fino a quando Duncan, in un gesto disperato, si fece colpire dalla mazza per poi bloccarla e, con tutta la forza, colpire l'ispanico sul petto con il manico dell'arma. I due caddero a distanza di pochi centimetri, mentre la mazza finì vicino alla porta.
Duncan provò a prenderla, ma l'altro gli saltò addosso e gli mise subito le mani alla gola con ferocia.
- È finita, stupido idiota! Lascerai le penne in questo magazzino del cazzo.- gli urlò contro Alejandro, mentre teneva le dita ben arpionate contro il suo collo. Il punk provò in tutti i modi a spingerlo via, eppure non ne fu in grado. Stava quasi per lasciarsi andare ed accettare la morte, quando un rumore improvviso attirò la sua attenzione.
Sentì la porta aprirsi, ma per colpa dell'ispanico sopra di lui non fu in grado di capire di chi si trattasse.
- Lascialo stare!- sentì un grido fortissimo, poi improvvisamente Alejandro mollò la presa su di lui e cadde al suo fianco tramortito. Dietro di lui c'era Zoey che, con la mazza in mano ed il fiatone, lo guardava quasi con le lacrime agli occhi.
La rossa esitò per qualche secondo, ma alla fine lasciò la prese sul pezzo di legno si gettò fra le braccia del punk, che con fatica era riuscito a mettersi seduto.
- Ti avevo detto di... aspettarmi... fuori.- disse quello, con un soffio di voce ed un sorriso in volto.
- Sei un idiota! Hai visto in che condizioni ti ha ridotto?- delle lacrime iniziarono a scendere dalle guance di Zoey, che in quel momento avrebbe desiderato prenderlo a calci con tutta la forza che aveva in corpo, ma ben sapeva che se lo avesse fatto il punk ci avrebbe probabilmente rimesso la vita.
- Mai quanto te. - Duncan le prese la testa e se la portò sul petto nella speranza di consolarla. Quella afferrò la maglietta, tutta sporca di sangue, e cercò di darsi una calmata.
- Non dire una sola parola.- la rossa lo spinse leggermente indietro, poi, dopo averlo guardato negli occhi per una decina di secondi, lo tirò verso di se e gli dette una bacio sulle labbra. Duncan rimase palesemente spiazzato da quella mossa ma, vuoi per la sorpresa o per le troppe poche forze che aveva in corpo, non si oppose minimamente al contatto.
- Zoey, tutto a posto?- in quel preciso istante Dawn fece il suo ingresso dalla porta e lì trovò intenti a baciarsi. Subito la rossa, presa dal panico, spinse indietro il ragazzo facendolo cadere di peso per terra, il tutto sotto lo sguardo sorpreso della bionda.
- Ehm... ehi, Dawn, sì tutto a posto. Stavamo solo... ehm... ecco, stavo solo cercando di... andiamo Duncan, diglielo anche tu!- chiamò a sé il punk, che però rimase in silenzio - Insomma, Duncan, vuoi dirle che noi non... cioè, quella cosa là...- le due portarono gli occhi verso il moro e si resero conto che era in condizioni pessime. Attorno a lui c'era una grossissima pozza di sangue, causata dalla ferita d'arma da fuoco allo stomaco.
- Oddio...- la bionda si portò le mani alle bocca, completamente shockata.
- Duncan... Duncan... Duncan, svegliati!- urlò Zoey, cercando di tenerlo sveglio. Il punk portò gli occhi verso di lei, dopodiché vide le due andargli incontro e, proprio in quel momento, perse coscienza.
 
ANGOLO AUTORE:
Evviva, stanno tutti bene! O quasi... beh, Duncan è messo male male.
Alejandro ce le ha prese, Topher è stato gettato di ignoranza fuori dalla porta, gli altri sono tutti scappati. Insomma, un, quasi, good ending.
Inoltre Doey confirmed ehehegh.
Mancano due capitoli, vediamo cosa ci attende!

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Capitolo 30
*** #29 - Far too young to die ***


Un forte odore di disinfettante gli punse le narici e lo portò, non senza qualche problema, ad alzarsi. Sentiva un dolore  atroce alla testa e allo stomaco, inoltre non riusciva a capire dove si trovasse.
Duncan ci mise più di un minuto a fare mente locale, fino a quando non vide una flebo accanto a se ed un piccolo riquadro nel quale scorrevano delle linee verdi su sfondo nero. Si tirò su con la schiena e, con estrema calma, iniziò a guardare la stanza in cui trovava.
C'erano diversi quadri, per di più dipinti di foreste e spiagge, posti a casaccio, un armadio, un appendiabiti e qualche sedia posta vicino al suo letto, dalla cui posizione aveva intuito si fossero sedute diverse persone.
La domanda che si pose fu una soltanto: come c'era finito all'ospedale? Gli bastò chiudere gli occhi e ripensare a tutto ciò che era successo in quel maledetto magazzino. Alejandro, il proiettile sullo stomaco, il colpo in testa con la mazza, tutto gli passò davanti in una rapida sequenza di ricordi dolorosi.
Si passò la mano sulla pancia e sentì una garza, grossa quando metà del suo petto, che copriva la ferita. Anche la sua testa ed il suo braccio erano fasciati, ma sembravano essere molto meno gravi.
Mentre era assorto nel controllare le proprie condizioni, la porta si aprì e fece il suo ingresso Noah. I due si guardarono per qualche secondo senza dirsi niente, poi l'indiano si mise a sedere sulla sedia vicino al suo letto ed attaccò discorso.
- Finalmente ti sei svegliato, dormiglione. Sai, per un po' abbiamo temuto che non aprissi più gli occhi.- il detective cercò di rendere l'atmosfera il meno pesante possibile, però non ne fu in grado.
- Che diavolo è successo?- Duncan andò dritto al punto. Si stropicciò gli occhi con forza, ancora assonnato, e poi li puntò verso di Noah.
- E dai, nemmeno un saluto?- controbatté ironicamente - Dopo che ci hai chiuso la porta in faccia siamo andati alla macchina. Quando la rossa ci ha visti arrivare è partita a corsa per venire ad aiutarti e, a conti fatti, ti ha salvato la vita. - il detective si sistemò meglio sulla sedia, mentre con la coda dell'occhio guardava il punk.
- Pensa te. Alla fine è stata lei a salvare me. - Duncan abbassò la testa e si lasciò andare ad una leggera risata.
- Beh, vi siete ricambiati il favore. L'asiatica al palo ce l'hai legata tu, vero?- gli occhi dei due si incrociarono per qualche secondo e poi scoppiarono a ridere.
- Sì, sono stato io. - ammise il moro, aggiustandosi i capelli con una mano.
- Non è stato facile capire la situazione, sai? Abbiamo trovato una donna bloccata che a forza di gridare ha perso completamente la voce. Ti giuro, non puoi capire in che condizioni è ridotta.- quella frase portò ad altre risate.
- Fidati, ne so qualcosa. Ha iniziato ad urlare ancora prima che la legassi.- spiegò, sempre con il sorriso sulle labbra - E poi? Gli altri come stanno?- chiese, balbettando leggermente.
- Scott è stato dimesso ieri.- il discorso di Noah venne interrotto all'inizio.
- Ieri? Quanti giorni sono passati?- Duncan cercò di guardare il calendario posto visino alla porta, ma non ne fu in grado.
- Cinque giorni. Hai dormito abbastanza.- rispose l'indiano, verificando anche con il cellulare - Comunque, ti stavo dicendo: Scott è stato dimesso, Dawn è da un bel pezzo che non si fa sentire e Zoey era qui fino ad un momento fa, adesso non so dove si andata.- alzò le spalle con noncuranza e si limitò a guardare l'espressione felice del punk.
- Tutto è bene quel che finisce bene, vero?- Duncan portò lo sguardo verso il soffitto e si vi si perse per qualche secondo.
- Non so se per te sia finita poi così bene.- disse poi Noah, spiazzandolo completamente.
- Che vorresti dire?- il moro in realtà sapeva perfettamente cosa intendesse l'amico, eppure volle sentirselo dire per esserne sicuro al cento per cento.
- C'è un mandato d'arresto nei tuoi confronti, ovviamente.- entrambi si limitarono a ridere. Il punk non fu per nulla sorpreso da quelle parole, anzi, ne sembrò piuttosto divertito.
- L'avevo intuito.- ammise infine, per poi appoggiare la schiena sul materasso e distendersi.
- Ti ricordi quando ci siamo conosciuti?- l'indiano se ne uscì all'improvviso con quella domanda, cogliendo l'altro alla sprovvista.
- Credo di sì. Alla festa di Geoff, giusto?- chiese, guardandolo con un sopracciglio alzato.
- Esattamente. Andavo in classe con lui alle superiori e ogni sabato sera mi rompeva le palle chiedendomi se volessi andare ad uno dei suoi party.- si fermò per un istante e si mise a ridere - Quella sera, preso dallo sfinimento, decisi di accettare e venni a quella maledetta festa. C'erano solo alcol ed un sacco di persone che non conoscevo e quindi mi misi a leggere un libro su di un divanetto, quando...- venne interrotto dal moro.
- Quando sono arrivato io e ti ho rovesciato addosso una bottiglia di birra dicendo che leggere è da sfigati.- fu Duncan a concludere la frase, accompagnandola con una fragorosa risata.
- Te lo ricordi? Diamine, avevi più alcol che sangue in corpo.- anche Noah scoppiò a ridere ripensando alla scena.
- Sarò pur stato ubriaco fradicio, ma certe cose non si dimenticano.- scosse la testa, perso in quei ricordi felici.
- Immagino. Comunque, dopo ciò mi hai sfidato ad una gara di bevute ed io, dopo il primo bicchiere, sono andato al tappeto. Non ricordo un granché di quella sera, solo me dentro un carrello della spesa mentre tu, DJ e Geoff nudi che mi portavate in giro per la città.- sentendo quelle parole, il punk rischiò di morire dalle risate.
- Non puoi capire, è stato uno spettacolo. La polizia ci ha inseguiti per due ore e alla fine siamo riusciti a seminarla.- l'indiano ascoltò con interesse e, dopo essersi fatto una risata, tornò serio.
- Il mandato non è ancora ufficiale e, oltretutto, io non sono comunque autorizzato ad arrestarti.- si prese un attimo di pausa, durante la quale Duncan lo guardò con un sopracciglio alzato - Quindi, se tu adesso scappassi... io non potrei farci nulla.- l'indiano si alzò, girò la sedia verso il muro e poi si mise nuovamente a sedere dandogli le spalle.
Il punk non disse nulla, si limitò a mantenere gli occhi sul soffitto senza dire nemmeno una parola.
- Che hai? Non mi sembri molto contento.- Noah si voltò verso di lui e lo guardò con un'espressione confusa.
- No, anzi, sono felicissimo. Solo che... dovrei andarmene in giro con questa vestaglia?- disse, indicando l'abito verdastro che aveva addosso.
- Nell'armadio dovrebbero esserci dei vestiti nuovi, se non sbaglio la rossa li aveva portati qualche giorno fa. - l'indiano indicò il grosso mobile biancastro. Duncan si tirò su e, barcollando, arrivò fino all'armadio. Aprì l'anta e ne tirò fuori un sacchetto bianco contenente un paio di jeans, una maglietta nera ed una scatola di scarpe.
- Beh, direi che ha pensato proprio a tutto.- detto ciò si vestì rapidamente e si diresse verso la porta della stanza - Grazie di tutto, Noah.- sussurrò, poi uscì dalla stanza e si chiuse la porta alle spalle, senza nemmeno aspettare una risposta da parte del detective.
Una volta uscito dall'ospedale, nel quale dovette star bene attento a non farsi riconoscere dai vari infermieri, si avviò verso il parcheggio nella speranza di trovare un'auto da "prendere in prestito".
Provò a muovere le maniglie di tutte le macchine, sperando di trovarne una aperta e, dopo qualche minuto di ricerca, trovò una piccola auto nera, messa piuttosto male, che riuscì ad aprire. Si guardò intorno per un po' e, quando fu sicuro di non essere visto da nessuno, provò ad entrarvi all'interno.
- Rubare una macchina è un reato grave, sai?- sentendo quelle parole gli si gelò il sangue nelle vene. Rimase immobile e, dopo aver metabolizzato una possibile scusa da usare, si tirò su con calma.
- Ehm, non fraintenda, io stavo solo...- non appena portò lo sguardo davanti a se non riuscì a trattenere una risata - Sul serio?- chiese, osservando l'auto di lusso, una Pontiac Bonneville di colore bianco, che si era fermata davanti a lui.
- Sei un ricercato, rubando un auto porteresti ancora più occhi su di te. Non mi sembra molto saggio.- Zoey, seduta tranquillamente al posto del guidatore e con il gomito fuori dal finestrino, lo stava guardando con un sorrisetto in volto.
- Un paio di occhiali da sole  ed una bella macchina non ti rendono una bad girl, sai?- le disse, indicando il paio di occhiali scuri che la rossa aveva addosso.
- Li ho trovati a buon prezzo e ho deciso di prenderli, tutto qui. Così come la macchina- scrollò le spalle, per poi toglierseli e sorridergli.
- E quanto li avresti pagati?- domandò lui, cercando di prenderla in giro.
- Beh...gli occhiali sui duecento dollari, la macchina intorno ai cinquantamila.- sentendo quelle cifre il punk sgranò gli occhi, mentre lei si limitò a ridere.
- Non sapeva fossi ricca di famiglia.- Duncan si portò le braccia sui fianchi, sorpreso da ciò.
- Non proprio. Diciamo che "ci sono diventata".- fece il segno delle virgolette con le dita ed ignorò l'espressione confusa del punk - Che ne dici di salire a bordo?- gli chiese infine, facendogli l'occhiolino.
- Dove siamo diretti?- senza esitare il moro salì sull'auto e si allacciò la cintura con un gesto secco.
- Tu hai qualche idea?- domandò la rossa, indicandogli il GPS che aveva montato sull'automobile. Quello ci pensò per un po', dopodiché digitò qualcosa sull'aggeggio ed impostò una destinazione.
- Dicono che Taloyoak sia un posto tranquillo.- disse, per poi affondare la schiena nei comodi sedili della macchina.
- E allora Taloyoak sia.- Zoey si limitò ad accendere l'auto e partire a tutto gas verso la tangenziale.
Li aspettava un viaggio, di circa trenta ore, che si sarebbero goduti alla grande. D'altronde, il peggio ormai era passato.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Scusate il ritardo, il lavoro non mi ha permesso di pubblicare per tutto il giorno, ne sono veramente desolato. Beh amici, siamo quasi arrivati alla fine. Per questa storia ho deciso di optare per un finale allegro e gioioso, quindi... niente morti dei protagonisti.
Sto anche ideando un possibile sequel, ma l'idea è ancora una bozza, vedrò meglio a Settembre.
Detto ciò, ci vediamo venerdì con l'ultimo capitolo!

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Capitolo 31
*** #30 - Victorious ***


La corsa all'ospedale che Zoey e Dawn erano state costrette a fare era durata circa dieci minuti e, in quel lasso di tempo, milioni di pensieri negativi si erano formulati nelle loro teste.
Poco prima di partire, il gruppo di Courtney era arrivato ed aveva arrestato tutte le persone presenti nella struttura, permettendo quindi alle due di lasciare il posto il più in fretta possibile.
A guidare l'auto era stata proprio Zoey che, non senza qualche problema, aveva cercato di usare il GPS della macchina per riuscire ad arrivare a destinazione senza sbagliare strada. Sentì una fortissima pressione e la voce di Dawn, che era dietro per tenere sotto controllo Duncan e Scott, non la aiutò particolarmente. La bionda continuò a piangere e a lamentarsi, così la rossa fu costretta a prendere la situazione in mano.
Quando arrivarono finalmente all'ospedale, segnalato da una grossa croce rossa sul tetto, Zoey parcheggiò davanti agli scalini della struttura, rischiando una multa salatissima, dopodiché uscì fuori in tutta fretta ed andò a chiamare due medici che, shockati dalle condizioni dei due, la aiutarono a portarli dentro.
La rossa passò una giornata intera accanto al letto del punk, ancora incosciente, con le mani incrociate e la speranza di vederlo aprire gli occhi. Dawn aveva fatto lo stesso con Scott, tanto che le due, nonostante fossero in due camere vicine, non si erano più viste.
- Buongiorno. Come sta lui?- le riflessioni di Zoey, fatte tutte con la testa fra le gambe e le dita intrecciate fra loro, vennero interrotte dalle parole di Noah, entrato nella stanza senza avvisare. Anche il detective era stato portato all'ospedale, per colpa di Alejandro, ma era stato dimesso dopo poco.
- È da due giorni che dorme. I medici dicono che dobbiamo solo aspettare.- spiegò, senza nemmeno guardarlo negli occhi. Notò che l'indiano, più che ascoltare le sue parole, la stava guardando da cima a fondo con fare piuttosto strano.
- Capisco. Piuttosto, hai ancora addosso gli stessi pantaloni?- sentendo quelle parole, la rossa si voltò verso di lui e lo guardò con fare sospetto, mentre lui si limitò a ridere.
- Sì. M-Mi sono fatta una doccia ieri, ma non ho altri vestiti, quindi...- disse, grattandosi un braccio per la vergogna e tenendo gli occhi bassi.
- Oh, non preoccuparti, è molto meglio così. - sentendo quelle parole, Zoey alzò lo sguardo e gli rivolse un'espressione interrogativa - Suppongo di doverti spiegare un bel po' di cose. - detto ciò si mise a sedere nella sedia accanto alla sua.
- Che intendi dire?- nonostante fosse ormai abituata ai colpi di scena, perché in quella settimana ne aveva visti a bizzeffe, non aveva la benché minima idea di cosa potesse trattarsi.
- Devi sapere che non ho accettato di aiutare Duncan solo per vendicare Geoff. Era già da un po' di tempo che stavo tenendo d'occhio MacLean, così ne ho approfittato.- si fermò per un attimo ed indicò la tasca dei pantaloni della rossa - Guarda cosa c'è lì. - attese qualche secondo, poi finalmente Zoey mise la mano dentro e ne estrasse un piccolo pezzo di carta plastificato.
- Ma questo... quando...- nemmeno lei sapeva esattamente cosa avrebbe dovuto chiedere in quella situazione, tanto che non riuscì a far altro che balbettare e boccheggiare.
- Ricordi quando Alejandro ci ha rapito in quel bar? Bene, approfittando della situazione te l'ho messa in tasca mentre eri svenuta.- il detective nel vedere la faccia dell'altra si mise a ridere.
- E che cos'è?- chiese, legittimamente.
- Direi che sia il caso di partire dall'inizio. Come già sai, MacLean era un gangster famoso e rispettato. Il suo patrimonio ammonta a circa dieci miliardi di dollari e, come potrai facilmente intuire, un sacco di gente voleva mettere mano a quella somma. Sia io, sia Alejandro.- si prese un secondo di pausa, giusto per essere sicuro che l'altra capisse - Così, quando sono riuscito a rapirlo a Nipigon, grazie al vostro aiuto, mi sono fatto dare il codice bancario che permette di accedere al conto corrente. Sapevo che Alejandro avrebbe trovato il modo di braccarci, quindi ho dovuto prendere delle precauzioni.- la indicò con il dito, facendola sussultare.
- Io?- chiese lei, leggermente provata da quella spiegazione.
- Ero più che sicuro che Duncan sarebbe venuto a salvarti, quindi ho puntato tutto sul fatto che ci riuscisse e... ha funzionato. Alejandro mi ha torturato, eppure non è stato in grado di trovare i il codice, quindi adesso quella cifra è nelle nostre mani. - Noah si lasciò andare ad un'espressione soddisfatta.
- Quindi... cosa intendi fare con tutti questi soldi?- la rossa lo guardò con un sopracciglio alzato, completamente spiazzata da quelle rivelazioni.
- Ce li divideremo. Tre miliardi a te, tre miliardi a me, tre miliardi a Dawn e il restante alla filiale di Toronto, così non dovrebbero più avere da ridire su Duncan.- spiegò, mentre Zoey si limitò a fare cenno di assenso, nonostante avesse dei bei dubbi, con la testa.
- Quindi è... finita?- la ragazza trasse un grosso respiro e portò lo sguardo verso Duncan, steso sul letto.
- No, non credo proprio. Nonostante tutto, siete ancora due ricercati. Ti conviene aspettare che il principino si risvegli e poi svignarvela. Avrete bisogno di una macchina e di... vestiti nuovi.- l'indiano rise, mentre il volto della ragazza si arrossava leggermente.
- Dovremo fare una vita da fuggitivi?- chiese Zoey, rivolgendo uno sguardo un po' rattristito al detective.
- Probabile. Non ti piace l'idea?- la incalzò lui.
- Beh... una mia amica mi dice spesso che ho bisogno di viaggiare di più.- un sorriso genuino si dipinse sulle sue labbra, lasciando spiazzato l'altro.
- Perfetto. Vieni con me a caricare la carta?- estrasse di tasca un piccolo pezzo rettangolare di plastica - È una di quelle della polizia, quindi potrete comprare tutto ciò che volete senza essere tracciati.- la passò alla rossa, che se la mise in tasca.
- E tu che farai?- gli domandò, cogliendolo di sorpresa.
- Onestamente non ne ho idea. Però credo che Courtney abbia ancora bisogno di un assistente.- alzò le spalle, poi entrambi lasciarono la stanza - Fossi in te andrei prima a parlare con la biondina, mi ha detto che a breve vuole andarsene.- indicò la stanza accanto alla loro.
- Hai ragione.- detto ciò, Zoey si avvicinò alla porta e bussò leggermente.
- Avanti.- sentì la voce di Dawn invitarla ad entrare, così, timidamente, fece il suo ingresso nella stanza. Trovò la bionda seduta sul bordo del letto e Scott ancora steso ma sveglio.
- Ciao. - disse la rossa, grattandosi una spalla con una mano - Ho saputo che te ne andrai a breve.- aggiunse poi, guardando la bionda con un sorrisetto.
- Sì, io e Scott partiremo domani mattina, quando lui verrà dimesso.- spiegò la bionda, portando prima lo sguardo sul ragazzo e poi su di lei.
- Andrete... insieme?- li indicò con un dito, muovendolo prima verso l'una e poi verso l'altro.
- Esattamente. C'è... qualcosa di strano?- chiese Dawn, leggermente imbarazzata dalla cosa. La rossa le sorrise con gioia.
- No, anzi. Buona fortuna.- sentendo quelle parole, la bionda si alzò e corse ad abbracciarla. Le due rimasero così per qualche secondo, poi lentamente si staccarono continuando a guardarsi negli occhi allegramente.
- Salutami quell'idiota nell'altra stanza. È scorbutico, ma non è una cattiva persona.- disse Scott, omettendo volontariamente il soggetto.
- Certamente. Adesso vado, vi auguro buona fortuna per tutto.- detto ciò si limitò ad uscire dalla stanza con tutta calma.
- Anche a voi.- quelle furono le ultime parole che sentì, un attimo dopo chiuse la porta e seguì Noah, che la stava aspettando seduto sulle sedie là fuori.
- Fatto?- domandò, per poi alzarsi.
- Sì. - rispose lei, sempre con il sorriso in volto.
 
- Senti, Noah ti detto che fine abbiano fatto Alejandro ed Heather?-
- Sono in prigione, secondo lui non usciranno mai più da lì. -
- Degli altri sai qualcosa?-
- Beh, Bridgette ha aperto una clinica veterinaria grazie ai soldi che le ho dato e perfino quello sfigato di Harold ha messo su un'attività.-
- Di che tipo?-
- Roba informatica, computer e quelle cose lì. Non ho ben capito, sai, DJ è uno schifo nello spiegare.
- Davvero? Non l'avrei mai detto. Piuttosto, lui, invece?-
- Chi, DJ? Da quello che ho capito fa ancora il cuoco in quella baracca dove lavorava prima. E che diavolo, gli ho sganciato una decina di milioni di dollari, potrebbe anche smettere di lavorare!-
- Su, lascialo stare, si vede che fa quello che gli piace.-
- Bah, se lo dici tu...-
- Piuttosto, Noah come se la passa? È ancora un detective?-
- Esatto. L'idiota è voluto rimanere al fianco di quella pazza di Courtney.-
- Non essere cattivo, anche lei ci ha aiutato nel momento del bisogno.-
- Comunque, Scott e Dawn che dicono? È da una vita che non li sento.-
- Ho parlato ieri con Dawn, mi ha detto che sono ancora in giro per il Canada. Inoltre sono venuta a conoscenza di un piccolo particolare.-
- Ovvero?-
- Hai portato Scott a casa di tua madre.-
- Quindi?-
- Vorrei conoscerla anch'io, lui ne ha parlato così bene...-
- Oh, ti prego, non ricominciare con questo argomento. Non ho ancora voglia di farmi arrestare da mio padre.-
- Va bene, va bene, ho capito. Però potresti almeno contattarli ogni tanto.-
- Sì, ci penserò su. -
- Ah, giusto, devo chiamare Gwen, mi ha detto che la serata in cui io sono sparita ha trovato un fidanzato. Vado un attimo nell'altra stanza.-
- Ehi, Zoey. -
- Sì, Duncan?-
- Te l'avevo detto che Taloyoak era una figata, vero?-
- Ammetto che avevi ragione.-
- Felice di sentirtelo dire. Adesso vado a farmi un bagno nel lago, ti aspetto dentro.-
Con una parte dei soldi di MacLean, Duncan e Zoey comprarono una piccola villa a Taloyoak, come proposto dal punk, dove vissero per un bel po'.
Quella pazza settimana era terminata da un bel pezzo e Zoey era giunta alla conclusione che, nonostante tutti i pericoli che aveva dovuto affrontare, era stata una fortuna. D'altronde in quel momento si ricordava a malapena chi fosse Mike.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ed ecco a voi la fine di questa storia! Ringrazio tutti coloro che l'hanno letto e/o recensita, è stato davvero un viaggio divertente.
Finalmente ho potuto creare una long a tema Doey e, per questo, sono fiero di me stesso. Vedere il mio progetto più lungo ed ambizioso finito mi rende molto felice.
Ringrazio in particolare John, che mi ha seguito per tutta la storia, davvero grazie mille.
Stavo anche pensando ad un sequel, ma non so se riuscirò mai a scriverlo, vedrò cosa posso fare con calma a Settembre.
Detto ciò, grazie di tutto,  e ci vediamo con quel che resta di Care Project.

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