Non sei solo, Kurapika

di The Lunatic Timelady
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uova e pancetta ***
Capitolo 2: *** Matcha latte ***
Capitolo 3: *** "Non sei solo, Kurapika!" ***



Capitolo 1
*** Uova e pancetta ***


-- Spoiler Alert! -- Siete fuori pericolo se avete visto l'anime fino agli episodi di Greed Island. In caso contrario (ma non credo!) potrebbero esserci spoiler. Buona lettura!


1. Uova e pancetta

Leorio si alzò a sedere sul letto e guardò ancora per un attimo la giovane che dormiva alle sue spalle. Quella pelle candida e delicata, i suoi capelli color lavanda, quel viso con un ché di famigliare gliel'avevano resa irresistibile. Seguì ancora un attimo con lo sguardo la linea morbida del suo fianco, coperta solo dal sottile lenzuolo. Devo dirlo a Kurapika. Le posò un bacio leggerissimo sulla tempia e si alzò dal letto, uscendo dalla stanza.

Pochi minuti dopo anche la giovane aprì i grandi occhi scuri. Sentì il lenzuolo sul corpo nudo e vide la stanza non sua. Si stiracchiò cercando di ricordare la serata. Arrossì. Di nuovo, di nuovo ci era cascata. Maledetta empatia! Si era ripromessa di trattarli tutti come clienti, ma ogni volta si lasciava coinvolgere troppo dalle loro vite, dai loro sentimenti. Anche se questa volta un po' era diverso, lui lo era… Scosse la testa: un ottimo motivo in più per andarsene subito.
Velocemente si rivestì, eccetto per la giacca di pelle e i corti biker boot che prese in mano: potevano tintinnare e farla scoprire. Uscì dalla stanza e fece capolino in cucina, scorgendo le larghe spalle di Leorio: a giudicare dal profumo, stava preparando uova strappazzate e pancetta. Veloce e silenziosa sgusciò verso la porta, rannicchiandosi in modo da nascondersi dietro al basso muretto che separava l'ingresso dalla cucina. Abbassò la maniglia, ma la porta non si apriva. Stupida! Non ci avevi pensato? Appoggiò la mano sulla serratura cercando di aprirla col nen, ma incontrò un blocco.

“Buongiorno principessa!”
La ragazza sobbalzò e scattò in piedi. “Credevo di aver celato abbastanza bene la mia presenza”.
“Sì! Ma ho infuso un po' del mio nen nella serratura. Un buon antifurto, no?” le rispose Leorio senza voltarsi.
“Già… beh, mi lasceresti andare?”
“Non prima di aver fatto colazione!” si voltò con un sorriso e appoggiò due piatti sulla tavola apparecchiata.
La fanciulla ridacchiò. “Questo è sequestro di persona!” Si sedette: ormai poteva solo stare al gioco. Avrebbe potuto usare i suoi poteri per convincerlo, ma ogni volta che faceva qualcosa si simile le sembrava di ingannare la gente. Lui era troppo leale, non se lo meritava.
Assaggiò un boccone. Era ottimo. Guardò il giovane medico con la coda dell'occhio, scoprendo che lui invece la fissava spudoratamente. Arrossì e decise di mettere in chiaro le cose.
“Leorio, è stato molto bello, ma sappi che finisce tutto con stanotte”.
Il giovane sorrise e si alzò dalla sedia, si abbassò fino a sfiorare l'orecchio della ragazza con le labbra e la avvolse in un abbraccio. “Ti piacerebbe! Sappiamo entrambi che non è così, Elanor”.
Cercò di liberarsi, ma non avrebbe mai avuto abbastanza forza da opporsi a quella dolce stretta. “E dai! Che cosa vuoi ancora?”
“Un secondo appuntamento. Mi piaci troppo” le schioccò un bacio sul collo.
La ragazza scosse la testa. “Fidati, è meglio di no…”
Leorio la liberò dalle sue braccia e tornò a sedersi davanti a lei, questa volta avvicinando la sedia fino a toccare quasi la sua. “Ti chiedo solo una cosa. Per me è molto importante”. Le prese il viso tra le mani, portandolo vicinissimo al suo “Voglio farti conoscere una persona, un mio amico. Lui ha bisogno di te”.
Ecco le parole magiche… “Sì” la ragazza annuì.

Si guardarono negli occhi per alcuni istanti, nel silenzio assoluto. Erano attratti l'uno dall'altra come calamite.
Amo perdermi nei suoi occhi. È così bella… Così perfetta. E nessuno mi ha mai guardato in profondità nell'anima come lei ha fatto ieri. Non voglio lasciarla andare…
Cosa sto facendo? Perché amo così tanto stare tra le sue mani forti? Forse perché con lui non sento il bisogno di difendermi… È quello che cerco. Ma no! Solo per questa volta.
La tensione tra i due era troppa. Le loro labbra si incontrarono a metà strada, di nuovo. Lasciarono andare ogni freno, abbandonandosi ad un bacio profondo. Le mani bianche e delicate accarezzarono il torace del giovane fino a trovare il primo bottone della camicia. Lo slacciò. Leorio le afferrò le mani, staccandosi dal bacio.
“Volevi andartene… Non farlo se non vuoi”.
Elanor sorrise e lo guardò negli occhi “Tu parli troppo…”


Era ormai sera quando Leorio tornò a casa dall'ospedale. Gli orari del tirocinio erano massacranti. Si lasciò cadere sul divano ripensando alla giornata. Elanor… Prese il telefono dalla borsa, smanioso di chiamarla, ma si fermò: doveva chiamare Kurapika, glielo doveva.
“Leorio?”
“Ciao Kurapika! Come stai?”
“Bene direi… Ho appena concluso un lavoro e ne ho già un altro programmato per la prossima settimana. Tu?”
Leorio sorrise: “Ho incontrato una ragazza”.
Kurapika all'altro capo del telefono alzò gli occhi al cielo: “Non mi dire… Un'altra!”
“Non capisci! Stavolta è diverso!”
“Certo… Come tutte le altre volte”.
“No! Lei è straordinaria, è potentissima e… credo che tu debba incontrarla”.
“Sono felice per te, Leorio, ma credo che tu debba lasciar passare un po' di tempo prima delle presentazioni ufficiali” sospirò, aveva già sentito troppe volte quel discorso.
“No, Kurapika, non è per me. È per te”.
“Lo sai che a me non… Cosa vuoi dire?”
“Vedi… Lei… Per favore non ti agitare, ma… Lei ha gli occhi scarlatti”.
Kurapika rimase immobile per qualche istante. “Non è possibile, ti sei sbagliato”.
“Ti dico che è vero invece! L'ho vista con i miei stessi occhi”.
“E io ti dico che sono l'unico sopravvissuto. Non c'è più nessun altro su questo pianeta che abbia gli occhi scarlatti”.
“Kurapika, ti assicuro che è così! Le sono diventati gli occhi rossi esattamente come succede a te. E anche il nen è simile...”
“Usa il nen?”
“Sì. Non è un hunter, ma ha delle capacità innate che ha sviluppato e…”
“E perché sarebbe simile al mio?”
“Beh, il suo nen è quello della manipolazione ma quando i suoi occhi diventano rossi passa alla specializzazione”.
Kurapika spalancò gli occhi, restando senza parole per qualche istante. “Io… erano tutti morti, li ho visti” mormorò infine.
“Lo so. Ti chiedo solo di incontrarla. Dopo potrai credere tutto quello che vuoi”.
Un nodo alla gola prese il giovane kuruta. “Non lo so… Se davvero è come dici, potrebbe essere una traditrice. La brigata dell'illusione non l'avrebbe risparmiata senza un motivo”.
“Non credo, sai? È successo 9 anni fa, giusto?”
“Sì”.
“Come pensavo… Vedi, in quel momento era già molto lontana dal clan da parecchi anni: è stata adottata da una ricca famiglia di città quando aveva 3 anni”.
Kurapika strinse il pugno, facendo tintinnare le catene. Pensare a quel mondo ormai perduto lo faceva soffrire ogni volta. “Non può essere. Perché una bambina kuruta sarebbe stata adottata da qualcuno del mondo esterno? Se anche fosse rimasta orfana, tutto il clan si sarebbe occupato di lei”.
“La sua storia è complicata. Per fartela breve, è stata portata via alla sua famiglia da mercanti senza scrupoli. La famiglia adottiva è riuscita a liberarla e se ne sono presi cura”.
Il giovane kuruta stette in silezio per qualche istante, soppesando le parole dell'amico.
Leorio aggiunse: “Quando la vedrai, potrai farle tutte le domande che vuoi”.
“Va bene, le darò una possibilità”.
“Grandioso! Non le ho ancora parlato di te in realtà, e nemmeno di… noi”.
Entrambi arrossirono. Il biondo sorrise lievemente. “Non importa. Ogni cosa a tempo debito. Piuttosto, dove l'hai scovata? Mi stupisce che non cerchi di nascondersi o di nascondere gli occhi scarlatti. Ci sono ancora in giro molti cacciatori e collezionisti”.
“Come ti ho detto, Elanor ha un potere speciale. Così grande da tenerla al sicuro da chiunque voglia farle del male”.
“Grazie al nen della manipolazione?”
“Più o meno… Il suo potere non è proprio inquadrabile. Sa leggere e manipolare le emozioni di chiunque le si avvicini, al punto da riuscire a controllarne anche le azioni”.
Kurapika non rispose, sospeso tra stupore e incredulità
Leorio sospirò e abbassò lo sguardo, ma dopo pochi secondi riprese più vivacemente: “Ci siamo incontrati in università, sai?”

-- Piccola nota d'autore --
Questa fanfiction è immaginata alcuni anni dopo gli eventi di York Shin City, in cui i protagonisti sono andati avanti con le loro normali vite. Ancora non ho visto cosa succede nell'anime in questo lasso di tempo (e vi prego, non fate spoiler), quindi, se ciò che racconto non è compatibile, considerate questa fanfic come uno sviluppo alternativo a partire da quel punto. 
Messo in chiaro questo, vi invito a farmi sapere cosa ne pensate!
Baci stellari

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Capitolo 2
*** Matcha latte ***


2. Matcha latte



Quattro ore di lezione filate non sono cosa da poco. Leorio uscì dall'aula asciugandosi la fronte, la giacca appoggiata al braccio. Salutò i compagni di corso e si incamminò verso l'uscita, era così stanco da guardare a malapena di fronte a sé; all'improvviso sentì una dolce voce femminile imprecare, accompagnata dal rumore di lievi colpi. Alzò lo sguardo e vide alla sua sinistra una ragazza litigare con un distributore automatico.
A colpirlo furono subito i lunghi capelli color lavanda, legati ordinatamente in alcune trecce che si raccoglievano dietro la testa. I suoi abiti erano un mix di capi femminili, come la corta gonna di jeans, e altri più rock, come la giacca di pelle nera e un paio di biker boot ai piedi.
“E dai!” diede un colpo decisamente più forte alla macchinetta. Vorrei usare il nen, ma preferisco non farlo qui, davanti a questo tizio. Non si era girata a guardarlo, ma poteva chiaramente percepire la sua presenza.

“Signorina! Mi permetta di aiutarla!” Leorio fece un passo verso di lei.
Elanor alzò gli occhi al cielo, voltandosi a guardarlo trucemente. Era molto più alto di quel che pensasse, dato che la linea dei suoi occhi arrivava a malapena al petto di lui. In un istante l'espressione sul viso della ragazza cambiò: sembrava stupita ma al tempo stesso spaventata mentre guardava verso l'alto nella sua direzione.
“Mi scusi… non volevo essere invadente” si grattò la nuca, a disagio.
Di nuovo la sua espressione cambiò repentinamente, addolcendosi in un sorriso. Aveva occhi grandi ed intensi, in un viso piccolo e dai lineamenti raffinati.
“Scusami… Credevo di aver visto qualcosa sul soffitto, ma mi sono sbagliata. Quindi… vorresti darmi una mano con questo catorcio?”
“Tutto per una signorina così bella!”
Elanor alzò un sopracciglio e si fece da parte. “Prego, maciste!”
Il giovane appoggiò una mano sulla parte più alta della macchinetta, facendola dondolare avanti e indietro. La ragazza sgranò gli occhi: non si aspettava che lo facesse con una simile facilità. Quasi subito una lattina di matcha latte rotolò fuori. La fanciulla si chinò a raccoglierla.
“Grazie mille! Odio queste cose, non so mai come sbloccarle”.
“Per questo ci sono io” Leorio indicò se stesso con il pollice, ricevendo lo sguardo divertito della ragazza.
“Se ti interessa, mi chiamo Elanor comunque” gli disse sorridendo e porgendogli la mano.
“Leorio!” le strinse la mano. Provò una strana sensazione, come se improvvisamente avesse capito di potersi fidare di quella ragazza.
“Senti Leorio, c'è una cosa che potrei fare per sdebitarmi”. Iniziarono ad incamminarsi verso l'uscita dell'edificio.
“Cosa???” il giovane medico arrossì.
“Tu usi il nen, e sei dell'emissione, giusto?” Leorio annuì, stupito.
“Bene… Il mio nen è un po' particolare e mi permette di vedere molte cose delle persone che incontro. La loro potenza, la loro personalità, i loro traumi. E credo di poterti aiutare”.
Il ragazzo si accigliò. “Cosa? Mi stai prendendo in giro? Vuoi fregarmi?”
La giovane scosse la testa. “No, voglio solo ringraziarti. E fare pratica a dirla tutta” rispose con semplicità.
“E come vorresti aiutarmi? Sentiamo!” mise le mani sui fianchi e si chinò in avanti. Intanto erano usciti dalla struttura e avevano percorso il parcheggio, fermandosi davanti ad una kawasaki completamente nera.
“Vedi, quando si perdono delle persone care, il loro nen ci si può attaccare addosso e ci segue, come un fantasma. Una parte di loro deve giustamente continuare a vivere nel nostro cuore, ma c'è un'altra parte che bisogna lasciar andare. Quando quest'ultima continua a seguirci rischia di bloccarci, di farci fare più fatica del dovuto e di non vivere come meriteremmo. Capisci?”
Leorio socchiuse gli occhi. “Come lo sai?” sussurrò.
“Preferirei parlarne in un posto più isolato. Ti dispiace?”
“E dove vorresti andare?” ribatté con un fil di voce.
Sollevò le spalle tirando fuori dalla tasca della giacca le chiavi della moto. “Se ti va, casa mia è a qualche isolato da qui”.
“Perché dovrei fidarmi di te? Non mi convince… Tu cosa ci guadagni”.
La giovane ridacchiò. “Effettivamente di solito mi faccio pagare, ma tu mi stai simpatico”.
Leorio sembrava ancora sospettoso.
“E poi ti sto lasciando libero di scegliere. Se davvero volessi ingannarti, mi sarebbe bastato fare così”. Rapidamente afferrò il polso del ragazzo e cominciò ad esercitare il suo potere. Leorio sentì sorgere dentro di sé un immenso senso di fiducia verso di lei, improvviso e nato dal nulla, al punto che mosse alcuni passi verso la moto. La giovane lasciò la presa e i sentimenti che gli aveva instillato sparirono all'istante.
Si grattò la testa, confuso. “Come… come hai fatto?”
“Doti naturali e tanto allenamento: la manipolazione è più facile con gli oggetti che con le persone. Allora? Ti ho convinto? Dovrei avere due caschi” disse aprendo la sella della moto e tirando fuori un casco integrale completamente nero.
Leorio stette in silenzio per un attimo. Non mi dovrei fidare, ma… Effettivamente oggi sto pensando a Pietro molto più del solito. E se mi stesse manipolando anche ora per convincermi a seguirla? No, la sensazione prima era diversa. Oh, basta!
“Va bene. Verrò con te. Ma sappi che se è tutto un imbroglio, non avrò problemi a reagire, anche se sei una donna”.
“Non c'è problema! Hai vinto il casco da sfigato!” disse allegramente, porgendogli un casco jet senza visiera, rosso e pieno di tracce di adesivi staccati.
Leorio lo prese, un po' perplesso. “Sei sicura di riuscire a portare entrambi? Sembra pesante e tu sei… sembri… abbastanza gracile”.
“Ma-ni-po-la-zio-ne” rispose da dentro il casco.

Tra manovre improvvise e accelerate vertiginose, per il tempo della corsa il giovane medico si pentì almeno una decina di volte di aver accettato. Infine accostarono vicino ad un alto condominio. Elanor tolse il casco con espressione soddisfatta e guardò Leorio.
“Tu sei pazza! Non salirò mai più in moto con te!” sbraitò saltando giù.
“Eh dai! Non sono così male”
Leorio arrossì. “No, in verità no. Ma sei comunque fuori di testa!”
La ragazza rise. “Beh, grazie!”
Fece strada al portone d'ingresso e poi su per una brevissima rampa di scale, su cui si affacciavano due porte. “Eccoci” disse aprendo quella a sinistra.
L'ingresso dava direttamente su un salotto, stipato di scaffali carichi di libri e al cui centro un paio di divani bianchi sembravano invitare chiunque a riposarsi.
“Tu accomodati, torno subito” aveva la disinvoltura di chi aveva già detto quella frase molte volte, quasi per professione.
Leorio si guardò intorno e si lasciò sprofondare in uno dei divani, rendendosi conto solo in quel momento che davanti ad essi c'era anche un basso tavolino di vetro nero. Su questo c'erano solo qualche pietra colorata e un libro. Lo prese tra le mani e lesse il titolo: Storia delle minoranze etniche oggi estinte. Subito notò segnalibro sporgere dalle pagine. Aprì il libro in quel punto e dopo aver sfogliato qualche pagina trovò anche il titolo del capitolo: La tribù dei Kuruta. Subito il suo pensiero corse a Kurapika. Ecco a chi assomigliava! Il suo viso mi sembrava famigliare. Effettivamente un po' si somigliano. Se fosse… No, non è possibile. Rimise il libro al suo posto, proprio mentre Elanor rientrava nella stanza.
“Scusa, ma avevo bisogno di mettermi comoda”. Leorio guardò il suo abbigliamento: non aveva cambiato nulla.
“Oh, certo! Ho tolto le lenti a contatto colorate. Sono davvero una seccatura dopo un po'”.
Il ragazzo trasalì: “Lenti colorate hai detto?”
“Sì. Ma è una lunga storia” rispose lei sedendosi sull'altro divano.
“Bene, Leorio. Come già sai, il mio potere nen ha un forte carattere emotivo, ma ho un'altra capacità innata che nel tempo ho potenziato: posso percepire i sentimenti delle persone che ho attorno, sia vive che morte”.
Il ragazzo non nascose il terrore: “Persone m-morte?”
“Beh… sì! Quando una persona muore, parte della sua anima può restare nel nostro mondo, creando quelli che comunemente vengono chiamati fantasmi. La maggior parte delle persone non li può vedere, a volte riescono a percepire qualcosa, quando gli spiriti decidono di manifestarsi. Ma ci sono alcuni, come me, che possono vederli e sentirli quasi chiaramente come i vivi”.
Il giovane trasalì ancora di più.
“Non preoccuparti! Nella maggior parte dei casi non hanno cattive intenzioni, ma è importante che passino oltre sia per loro che per i loro cari”.
La ragazza si fermò per osservare le reazioni del suo interlocutore: Leorio era palesemente sconvolto. “Vuoi dire che tu hai visto…”
Elanor sospirò. “Sì, ho visto Pietro. Prima, alla macchinetta, quando mi sono girata a guardarti”.
Il medico la fissava a bocca aperta. “Non è possibile! È uno scherzo! Come l'hai saputo? Chi te l'ha detto?”
La ragazza sorrise dolcemente. “Lui è qui con noi. Lo so, è difficile crederci. Ma come prova chiedi qualcosa che solo lui può sapere”.
Solo allora si rese conto che la fanciulla spostava continuamente lo sguardo da lui ad un punto imprecisato alla sua destra. “Beh… Non saprei. Come si chiamava la mia prima ragazza?”
Elanor guardò ancora alla sua destra come in ascolto. “Ha detto che si chiamava Sofia”.
Leorio rimase ancor di più senza parole, mentre la ragazza continuava a guardare al suo fianco. “Dice che devi smetterla di darti la colpa per la sua morte, che non potevi farci nulla. Eravate troppo giovani, e la sua malattia troppo grave. E personalmente sono d'accordo con lui”.
Il giovane la fissava pendendo dalle sue labbra. “Dice che non riesce a passare oltre perché tu non glielo permetti, perché non riesci a perdonarti per quello che è successo”.
“Io… Come posso fare?”
Elanor spostò di nuovo lo sguardo. “Secondo lui è sufficiente che tu smetta di incolparti, che accetti che lui non c'è più”.
“Non posso…”
“Dice che lui ti ha perdonato”.
Leorio lasciò finalmente andare le lacrime che tratteneva ormai da un po'. “Davvero?”
Elanor annuì. “Vedi la luce? Non preoccuparti, seguila, è la cosa giusta da fare” disse guardando ancora quello che per l'altro era il vuoto.
“Leorio, Pietro sta per passare oltre. Credo che sia l'ultima occasione per salutarlo”. Una lacrima scese da uno degli occhi di Elanor.
“Pietro… Mi dispiace. Sappi che ti porterò con me per sempre, in ogni malato che visiterò vedrò il tuo volto. Grazie per essermi stato amico”. Sentì un tocco freddo sulla guancia destra e all'improvviso entrambi videro per un paio di secondi una lieve luce bianca.
Elanor si asciugò la lacrima. “È passato oltre”.

Leorio stette a guardare ancora per un alcuni istanti il punto in cui la luce era comparsa. Elanor rimase in silenzio. “Era… davvero lui? Mi ha toccato la guancia?”
“Sì, l'ho visto darti un leggero buffetto”.
“Lo faceva sempre”. Nascose il viso tra le mani, cercando di fermare i singhiozzi.
La ragazza lasciò che piangesse per alcuni minuti, ma vedendo che stava perdendo il controllo si alzò e si pose in piedi davanti a lui. Era così minuta da essere a malapena più alta di lui seduto. Gli appoggiò una mano sulla testa, facendola scorrere tra i suoi capelli. “Posso farti stare meglio, se vuoi. Ma non userò il mio potere senza il tuo consenso”.
Il ragazzo annuì. “Ti prego...”
La fanciulla avvolse le braccia attorno alle spalle del giovane, appoggiando le labbra sulla sua fronte e tenendolo stretto a sé. “Non preoccuparti. È tutto a posto. Vedrai, ora andrà tutto meglio”.
Gradualmente Leorio cominciò a sentirsi sempre più calmo ed ottimista, come se quelle labbra riuscissero a spazzare via tutta la tristezza. Tolse le mani dal viso e senza quasi accorgersene le portò ai fianchi della ragazza, ma lei non ebbe nessuna reazione. Alzò lo sguardo verso di lei.
“Non so bene cosa sia successo… Ma grazie!”
Lei sorrise. “Sei fortunato ad avermi aiutata con quel matcha latte: per una cosa del genere di solito chiedo più o meno un migliaio di jeni”. Ridacchiò.
Leorio alzò le sopracciglia. “Ma allora quello che hai fatto va ben oltre una lattina di bibita!”
Agitò una mano. “Non importa… A volte è un piacere, come in questo caso”. Arrossì, ben cosciente di dove fossero le mani del ragazzo.
Lui la strinse ancor di più a sé. “Per ringraziarti potrei offrirti una cena”.
La giovane sorrise e annuì.

“Tutto molto bello, ma quando ha usato gli occhi rossi?” disse Kurapika impaziente di chiudere la chiamata.
Leorio ridacchiò. “Beh, non ha scelto di usarli… Le sono diventati così quando...”
Kurapika sospirò estenuato. “Non è possibile! Te la sei già portata a letto”.
“Esatto! Due volte”. In realtà era intraprendente, si potrebbe quasi dire che sia stata lei a portare a letto me.
“Capisco… E come fai a sapere che non ricorda nulla?”
“Le ho chiesto degli occhi scarlatti stamattina a colazione. Mi ha risposto di non riuscire a ricordare cosa le fosse accaduto prima di essere adottata, ha solo qualche vago ricordo. Ma si è informata sulla storia dei Kuruta sulla rete e sui libri”.
“È chiaro. Effettivamente ricordo alcuni membri della tribù con i capelli color lavanda, ma non riesco a raccapezzarmi su quanti figli avessero né le loro età”.
Ci fu qualche secondo di silenzio.
“Hai corso un bel rischio, Leorio. Deve essere molto potente. Ma d'altra parte anche lei l'ha fatto: si è tolta le lenti a contatto quando è rimasta sola con te, e se davvero si è informata, saprà anche quanto valgono i suoi occhi. Eppure si è fidata”.
“Ti ricordo che ha dei poteri psichici! Avrà capito che non sono quel tipo di persona”.
“Anche questo è vero, ma avrebbe potuto ringraziarti e andarsene, invece ha preso a cuore il tuo caso e l'ha risolto. Perché farlo?”
“Forse perché si è innamorata di me?” L'autostima di Leorio era come al solito alta.
“Certo! Come no? Ci vediamo dopodomani alle 17 allora. A presto, Leorio”.
“Ciao Kura!”
Kurapika chiuse il ricevitore e sorrise. Ahimè, credo che stavolta tu abbia ragione, o almeno lo spero. Di sicuro anche tu hai perso la testa per lei. Che sia proprio per i suoi occhi? Perché ti ricordano… No, ormai è tutto finito, l'abbiamo messo ben in chiaro. Non vorrei che stia cercando una donna che somigli il più possibile… a me. Il biondo scosse la testa. Ad ogni modo, voglio saperne di più: questa storia non mi convince.

--Angolo dell'autore--
Ed eccoci alla seconda parte di questa storia, che finalmente chiarisce molte cose finora volutamente lasciate confuse.
Per movimentare un po' la scrittura, mi piacerebbe lasciarvi scegliere alcuni sviluppi della storia, in modo da adattarmi alle vostre decisioni. In questo caso, vi chiedo di farmi sapere se preferireste come prossimo capitolo altro su questa coppia o saltare direttamente all'incontro con Kurapika.
Vi sta piacendo questa storia nonostante l'inizio un po' “diesel”? Che ne pensate? Non siate timidi e lasciate un commento!
Baci stellari

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Capitolo 3
*** "Non sei solo, Kurapika!" ***


3.“Non sei solo, Kurapika!”



Era il giorno dell'appuntamento.
Kurapika aveva valutato attentamente il luogo dell'incontro. Inizialmente aveva pensato ad un luogo pubblico, ma poi aveva cambiato idea: non sapeva quanto fosse forte il suo potere. E se fosse stata in grado di controllare chiunque nelle vicinanze? Avrebbe potuto creare un esercito al proprio servizio.
Meglio un luogo privato, ma senza compromettersi troppo. Così alla fine si era accordato con Leorio per incontrarsi a casa sua: che avesse cattive intenzioni o meno, era un posto che oramai conosceva.
Il giovane kuruta si presentò lì una decina di minuti prima delle 17, accompagnato da Senritsu. Attorno al tavolo della cucina, sorseggiando un tè fumante aspettavano l'ora dell'appuntamento.
“Alla fine, Leorio, hai seguito il mio consiglio” disse Senritsu sorridendo.
“Eh già. Mi hai stupito quel giorno all'aeroporto. Era da tempo che avevo preso questa decisione in verità, ma ancora non mi capacito di come tu abbia fatto ad indovinare”.
“Te l'ho detto: il battito del tuo cuore è accogliente e caldo, rispecchia la tua inclinazione a far sentire bene le persone”. Alzò un dito agitandolo nell'aria.
“A proposito… Sono molto felice di vederti, ma ancora non capisco perché Kurapika ti abbia invitata qui oggi”.
“Temo che la tua innamorata menta.” intervenne il biondo “Tutta la storia che ti ha raccontato potrebbe essere una bugia. Inoltre potrebbe averti influenzato con i suoi poteri in modo da infonderti fiducia”.
“Non è così!” ribatté l'altro irritato “Mi ha fatto provare che cosa vuol dire essere influenzati dal suo potere. Ho provato una sensazione diversa da quello che è stato tutto il resto del tempo con lei. Era come se non avessi il controllo sui miei pensieri e sul mio corpo, come se fossi ubriaco”.
“Appunto. Potrebbe aver esagerato in quel momento, per controllarti in modo più subdolo dopo”.
Leorio iniziava a scaldarsi ma Senritsu intervenne. “Sia come sia, tra poco la incontreremo e vi saprò dire quali sono le sue intenzioni. Il cuore non può mentire”.

La donna stette un attimo in ascolto, poi continuò: “Hai detto che guida una moto giusto?”
“Sì, una kawasaki”.
“Allora sta arrivando”.
Qualche minuto dopo in effetti sentirono il rumore del motore fermarsi lì davanti e poi spegnersi. Leorio sbirciò dalla finestra e vide la giovane scendere dalla moto e togliersi il casco. Questa volta aveva lasciato i capelli sciolti, che ricaddero come un'onda violacea giù per la giacca di pelle fino alla vita.
Il nostro medico ha proprio perso la testa per questa ragazza: il suo cuore batte all'impazzata. Anche lei è emozionata all'idea di incontrarlo. Non è l'agitazione di chi nasconde qualcosa, è un battito diverso, più caldo e dolce. Ma è meglio che questo non lo dica. Non ancora.
“Riesco a sentire il suo cuore. Non credo che abbia cattive intenzioni: il suo battito è tranquillo. Anzi posso dire di percepire uno spirito gioioso, anche se nasconde un leggero controcanto oscuro, come il dolore di una ferita che non si può rimarginare”.

La giovane bussò alla porta e Leorio si precipitò ad aprire. “Grazie di essere venuta”.
“Ma figurati! Hai detto che qualcuno aveva bisogno di me”.
“Più o meno… Ma entra, accomodati”.
Fece strada a Elanor in cucina, ma la ragazza si fermò appena oltrepassato il muretto. Dopo aver guardato i due sconosciuti seduti al tavolo, aveva mosso lo sguardo alle loro spalle e ora se ne stava ferma con gli occhi sbarrati. Kurapika e Senritsu si voltarono cercando di capire cosa stesse guardando, ma ovviamente non videro nulla. Prese un profondo respiro e forzò un sorriso nervoso.
“Elanor, ti presento Kurapika e Senritsu” fece Leorio.
“Molto piacere” riuscì a malapena a rispondere la fanciulla.
Perché? Perché sono così aggressivi? Elanor non riusciva a smettere di guardare la grande folla di spiriti che si agitava in una massa informe alle spalle dei due sconosciuti. Non riesco a distinguere le singole personalità, è la prima volta che mi succede. Sembrano tanto addolorati… Sono disperati! Io… Non posso aiutarli. Alcuni hanno gli occhi scarlatti! E se…
Intanto Leorio la guardava con apprensione, turbato dallo sguardo assente e dal viso che si era fatto ancora più pallido. Kurapika invece si era voltato verso Senritsu: “È molto spaventata, non sta fingendo. Sono certa che stia guardando qualcosa che noi non possiamo vedere”.
“Cosa intendi?”
“Leorio ha detto che Elanor può vedere i morti, giusto? Probabilmente ci sono degli spiriti qui con noi, forse molto spaventosi”.
La giovane annuì, staccando a fatica gli occhi dalla visione per fissarli in quelli del giovane kuruta.
“Sì, sono moltissimi. Non ne ho mai visti così tanti tutti insieme. E sono tutti legati a lei”.
Si chiese subito dopo perché gli avesse dato del lei: quel giovane ragazzo biondo doveva avere la sua stessa età, eppure trasudava un'autorevolezza di cui molti adulti mancavano.
Il viso di Kurapika si contrasse impercettibilmente. “Che cosa vedi esattamente?”
Elanor tornò a guardare il vuoto, restando quasi senza fiato. “Sono… Così vicini tra loro che non riesco a distinguerli l'uno dall'altro. Uomini e donne, di tutte le età. Si confondono tra loro, come… Compaiono e scompaiono come le onde del mare. Hanno…”
“Hanno gli occhi rossi, vero? Come te...”
La giovane trasalì e si voltò verso Leorio. “Io mi sono fidata di te! Non mi sarei mai aspettata un comportamento simile! Non da te!”
Fece per andarsene, ma Leorio la afferrò per il polso. “Ti prego, aspetta! Non è come credi...”
“Tu ora mi lascerai andare” ribatté la fanciulla stizzita, fissandolo negli occhi. Il giovane allentò la presa, visibilmente confuso.
Kurapika si alzò in piedi e cominciò a parlare con voce calma. “Elanor, non c'è bisogno che usi i tuoi poteri su Leorio: se vorrai andartene potrai farlo, ma prima ascolta quello che ho da dirti. Fino alla telefonata di Leorio ero convinto di essere l'unico membro rimasto della tribù dei Kuruta. Ma se i tuoi occhi davvero diventano scarlatti come mi ha detto, significa che anche tu sei sopravvissuta”.
La giovane intanto si era liberata e lo ascoltava con interesse, la confusione palese sul suo viso. “Vuoi dire che tu… Sei uno di loro?”
Il biondo annuì. “Potresti darmi prova di quello che mi è stato detto?”
La ragazza tentennò un attimo, poi fece un passo indietro. “E se foste voi ad ingannarmi?”.
“Come preferisci”. Il kuruta chiuse gli occhi per un attimo e quando li riaprì erano diventati di un rosso acceso. Elanor lo osservava sbalordita.
“Io… Davvero non credevo che ci fosse qualcun altro” disse estraendo dalla tasca della giacca una custodia per lenti a contatto, in cui ripose quelle che indossava, una volta tolte. Chiuse gli occhi e si concentrò stringendo i pugni. Quando tornò a guardare Kurapika, le sue iridi erano diventate dello stesso cremisi acceso.
Senritsu si lasciò sfuggire un gemito di stupore, mentre anche il giovane si stupiva, seppur in modo più controllato. Stettero a guardarsi per alcuni momenti, stupiti l'uno dell'altra. Sembra quasi di guardarsi allo specchio pensarono entrambi. Quasi simultaneamente, i loro occhi tornarono normali.
“Come sei sopravvissuta?” chiese il giovane con un fil di voce.

Elanor lanciò di nuovo un'occhiata alla folla alle spalle del ragazzo. Ora che avevano visto che anche lei era una kuruta, continuavano a chiamarla per nome e a farle domande.
“Vi racconterò tutto,” rispose, più a loro che a Kurapika “ma prima lasciate che faccia una cosa...”. Si voltò verso Leorio e gli fece segno di abbassarsi, in modo da sussurrargli qualcosa all'orecchio. Il ragazzo annuì e si mise a cercare qualcosa in uno degli armadi della cucina.
Kurapika lanciò a Senritsu uno sguardo carico di ansia. La donna parlò apertamente: “Non devi vergognarti, Elanor: se avessi il tuo dono, anch'io ricorrerei all'alcool in certi momenti”.
Leorio sobbalzò facendo tintinnare la bottiglia e il bicchiere che cercava di tenere nascosti, mentre versava del whisky. La ragazza arrossì violentemente. “Come… come hai fatto a sentirmi?”
“Vedi, io sono un music hunter, e in particolare il mio dono consiste in un orecchio finissimo. Come tu puoi vedere cose celate agli altri, allo stesso modo io posso sentire suoni inudibili per le altre persone”, rispose in tono dolce.
La fanciulla la guardò con ammirazione. “Mi scuso, ma ho davvero bisogno di bere qualcosa di forte… Non è affatto facile stare così a lungo davanti a tanti spiriti”.
Leorio si sedette posandole davanti un mezzo bicchiere di whisky, invitandola a sedersi. “È davvero così terribile?”
Elanor annuì e si sedette accanto a lui. “Immagina di avere davanti a te una folla di persone. Ognuno di loro esattamente com'era nel momento della propria morte. In alcuni momenti il loro aspetto è vivido quasi come quello di un vivo, in altri è come se una leggera nebbia fosse tra me e loro. Ma quel sentimento di terrore, quello provato appena prima di morire, è sempre presente. Finora non ho trovato altro modo per spegnere temporaneamente le mie percezioni se non questo”.
Prese un breve sorso dal bicchiere. Lo tirerei giù alla goccia, come faccio di solito, ma non posso dare un'impressione del genere… Ho già passato il limite bevendo davanti a loro

“Quando è avvenuto il massacro io ero molto lontana: mi trovavo in città, e vivevo con la mia famiglia adottiva da tempo. Avevo tre anni quando mi portarono a casa con loro. Ancora non erano state emanate le leggi che oggi proibiscono la compravendita umana, e così capitava spesso che persone con capacità o caratteristiche fuori dall'ordinario venissero comprate da gente senza scrupoli ed esposte al pubblico, come degli animali”. I suoi occhi si accesero di un bagliore rosso, mentre tutti gli ascoltatori provavano rabbia e dolore: senza volerlo, stava infondendo loro le sue emozioni. Leorio strinse i pugni.
“Ho pochi ricordi di quel periodo e preferisco ignorarli: ogni volta che provo ad esplorarli emergono nuove percosse, nuovi insulti, nuovi spiriti che mi tormentavano”. Mandò giù un lungo sorso di whisky.
“Scusatemi, a volte non riesco a trattenere le mie emozioni e finisco per influenzare anche gli altri. Vi chiedo perdono, proverò a trattenermi. I miei genitori adottivi sono dei maestri del nen e non sono mai riusciti ad avere dei figli propri, nonostante lo desiderassero molto. Per questa ragione hanno deciso di adottare bambini in difficoltà: li cercavano non solo per strada, ma ovunque la legge non potesse arrivare a proteggerli.
“Per questo appena il circo a cui appartenevo giunse nella loro città, decisero di andare a controllare. Ora, quando vogliono adottare un bambino strappandolo a schiavisti del genere, possono procedere per vie legali, ma allora non era possibile e sborsarono una cifra inimmaginabile per portarmi via. Cercarono anche di raccogliere più informazioni possibili su di me, ma il padrone disse soltanto di avermi trovata quando avevo quasi un anno a pochi chilometri da un accampamento kuruta. Disse che probabilmente mi avevano abbandonata. I miei genitori non gli hanno mai creduto, hanno sempre pensato che in qualche modo mi avessero portata via alla mia vera famiglia, ma non riuscirono mai a farlo confessare. Ad ogni modo, quando mi accolsero nella loro casa ero così malconcia da non saper nemmeno parlare. Il padrone del circo non mi aveva dato un nome. Sono stati loro a scegliere Elanor”.
“Infatti non è un nome tipico kuruta. Anche per questo non ero convinto” mormorò Kurapika, rivolgendo poi lo sguardo all'amica Senritsu, che annuì confermando che era la verità.
“Sei stata fortunata, Elanor,” disse Senritsu “a trovare delle persone così buone. Ora capisco da dove viene il canto di gioia e gratitudine del tuo cuore, e anche cosa ha causato quelle note così oscure”.
Elanor la guardò inizialmente senza capire, poi disse: “Fa parte del tuo dono?”
“Sì: il mio udito riesce a percepire anche il battito del cuore delle persone, e ti assicuro che è in grado di rivelare moltissime cose. Il cuore non è come le parole: parla una sola lingua e non mente mai, rivela cosa c'è veramente nell'animo di una persona”.
La ragazza annuì. “Capisco, e hai ragione. È vero, sono stata molto fortunata ad essere trovata da loro. Essendo dei maestri del nen, oltre a prendersi cura sia di me che dei miei fratelli, ci hanno aiutati a sviluppare le nostre capacità. Non credo che sarei stata così potente senza di loro”.
“A questo proposito, Leorio mi ha detto che sei della manipolazione, ma che passi alla specializzazione quando i tuoi occhi diventano rossi.” intervenne Kurapika “Sono stati loro ad insegnartelo?”
“Più o meno… Man mano che mostravo le mie capacità, loro mi insegnavano a comprenderle e svilupparle. Le capacità degli occhi rossi sono ancora abbastanza misteriose per me, non riesco ancora a controllare né gli occhi né il nen della specializzazione. Ma mi alleno tutti i giorni”.
“E la capacità di vedere gli spiriti?” soggiunse Leorio.
Per un attimo gli occhi di Elanor brillarono. “Quella è una capacità innata. Fin da piccolissima potevo vedere gli spiriti: alcuni mi tenevano compagnia, altri mi spaventavano tremendamente. Non sapete quante anime possono restare legate al tendone di un circo… In alcuni luoghi ce ne sono così tante che a volte fatico a distinguere i vivi dai morti: nelle stazioni, nelle piazze e negli ospedali…”. Con un altro sorso vuotò il bicchiere. Guardò alle spalle del kuruta e tirò un sospiro di sollievo vedendo che gli spiriti ora erano diventati estremamente opachi, quasi trasparenti. Ma non era abbastanza…

“Se non avete altre domande, vorrei chiedere anch'io qualcosa” disse con un tono improvvisamente deciso. Leorio le versò un altro bicchiere di whisky.
“Grazie!” fece lei bevendone a sorsi decisamente meno misurati rispetto a prima.
“Dimmi, Kurapika… Perché tieni così tanto alla vendetta?”
Tutti nella stanza trasalirono per la franchezza con cui aveva posto una domanda del genere.
“Come sai…?” Kurapika era irritato al punto da non riuscire a parlare.
“Preferirei non sapere. Ma era impossibile non sentire tutte quelle voci. Mi hanno raccontato tutto...”
“Come osi farmi una domanda simile? Sai con certezza di essere anche tu una kuruta! Sai che la Brigata Fantasma ha sterminato tutti i membri del nostro clan! E osi chiedermi perché mi voglio vendicare?” Kurapika era balzato in piedi, furente.
La giovane finì il secondo bicchiere di alcool in un sol sorso e si alzò in piedi con calma. “Una volta uccisi tutti i membri della Brigata, cosa accadrà? Nessuno tornerà in vita. Avrai solo causato altra morte”. Parlava lenta e pacata, biascicando un poco.
“Ma loro saranno vendicati!” indicò alle proprie spalle. Elanor seguì con lo sguardo il suo dito, ma ormai la sua mente era troppo annebbiata per percepire gli spiriti.
“E quindi?”
Kurapika stette in silenzio, non sapendo più che dire. “È lo scopo della mia vita. Non avrò pace finché non saranno tutti morti”.
“Morti, morti, morti… C'è anche la vita! E tu la stai rifiutando!” mosse gli occhi verso Leorio, ma non fece altro cenno per indicarlo.
“Non ho intenzione di stare qui un minuto di più! Senritsu, andiamo!”
La donna, così come Leorio, aveva assistito a quello scambio in assoluto silenzio, come ad una partita di tennis. L'una però era sconvolta, l'altro invece era estremamente confuso, e non poteva fare a meno di notare la somiglianza nei tratti del viso e nei movimenti dei due litiganti. Avevano la stessa forma della testa, gli stessi occhi grandi, la stessa corporatura sottile.
Kurapika attraversò velocemente la stanza raggiungendo la porta d'ingresso.
“Non sei solo, Kurapika!” gli gridò dietro Elanor. Il kuruta rallentò appena, ma non si voltò prima di uscire.

--Angolo dell'autore--
Beh, pian piano sto cercando di mettere ciccia sul fuoco.
Come al solito, vi invito a farmi sapere cosa ne pensate (i feedback sono davvero importanti per me) e come vorreste vedere andare avanti la storia. Ogni suggerimento, critica e opinione sarà ben accetta!
A presto!
(O forse no)

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