Volando verso te.

di CFrieda
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Madagascar, 2016 ***
Capitolo 2: *** Destini che si intrecciano ***



Capitolo 1
*** Madagascar, 2016 ***


Capitolo 1



 

“Mio Dio, è incredibile!” esclamò la ricercatrice al suo compagno di spedizione. “Puoi dirlo forte!” esclamò lui, rimasto ancora a bocca aperta per ciò che si trovava davanti i suoi occhi. Ed ecco che la ragazza prese dal suo zainetto una mappa e, con un chiodino, segnò l’ennesimo degli ecosistemi da essi visitato. “Lo avresti mai detto?” poggiando la testa sulla spalla del suo collega e fidanzato. “Ci siamo riusciti” sussurrò lui. E cosa c’era davanti a loro? L’ immensa foresta pluviale del Madagascar.  Non avete idea di quanto maestosa potesse essere, verde e rigogliosa, imponente. Vista dall’esterno, sembrava il grembo di una madre intenta a proteggere tutte le creature che l’abitavano; infatti all’interno di essa, convivevano moltissime specie di animali, che i nostri ricercatori non vedevano l’ora di studiare e vedere da vicino: lemuri, rettili, roditori, anfibi e circa un centinaio di specie diverse di uccelli. Il fruscio del vento combinato al suono dei loro movimenti creava un’atmosfera magica; quell’atmosfera che nessuno sarebbe mai stato in grado di riprodurre.


Eduard e Lara, questi erano i loro nomi, si conobbero in una biblioteca. Avevano solamente diciotto anni e studiavano scienze naturali nell’Università dello stato. Eduard indossava ridicoli occhiali rotondi e un cappello di lana; Lara si vestiva in modo semplice e poco femminile. Era periodo di esami all’Università, e la biblioteca era piena quel giorno. Si conobbero per caso, in un tavolino isolato dalla gente. “Scusami, posso sedermi?” chiese lui dolcemente, e in modo impacciato da provocarle un sorriso. “Ma certo, prego” gli rispose dolcemente. Seduti uno di fronte all’altro, si scambiavano sguardi complici, fino a che lui non notò un volume di ornitologia nello zaino della ragazza. “Ho letto anche io quel libro. È veramente interessante” disse con fierezza, sicuro che non sarebbe stato impreparato. “Oh, sono un’appassionata di ornitologia, sai vorrei specializzarmi” ricambiando con un sorriso dolce. “Io sono Eduard” disse lui timidamente, e con fare aggraziato. “Lara” rispose lei, riabbassando la testa.
Parlarono davvero tanto e si accorsero di avere numerose cose in comune. Fecero numerose passeggiate e lunghe telefonate fino a notte fonda. Studiavano, facevano escursioni. Scoprirono poi che tra loro c’era molto di più che una semplice amicizia. Per il primo anniversario, Eduard le regalò una piccola scultura intagliata da un suo amico: due pappagallini inseparabili e una medaglietta che raffigurava il Madagascar. “Metteremo i soldi da parte, oppure ci finanzieranno una spedizione scientifica” disse lui, mentre la stringeva forte a se. “Promesso?” cercando il suo sguardo. “Promesso” sussurrò lui, con un timido sorriso.
Ed ecco che sette anni dopo erano riusciti a realizzare il loro sogno. Dopo mesi e mesi passati a confrontare i prezzi, a compilare documenti per l’Università e aver bussato a cento porte diverse, in veste di ricercatori qualificati, erano di fronte la grande foresta pluviale. Lei baciò il suo fidanzato, in segno di riconoscenza, di amore, di euforia, in senso di profonda felicità. La guardò negli occhi, e senza nemmeno dirle una parola, lei esclamò “Sono pronta!”.
Si addentrarono nella fitta foresta, torcia in mano e zainetto sulle spalle. Percorsero il fiume a bordo di una barca non del tutto sicura, fino a che Lara non avvertì un rumore familiare. “Eduard, lo senti anche tu?” parlando sottovoce, quasi fosse un segreto. Remò verso le sponde del fiume, e quasi senza rendersene conto, scese dalla barca seguendo i dolci suoni che avevano catturato la sua attenzione. Vi erano degli alberi vicini l’uno all’altro, e la ragazza salì sulle radici sporgenti di uno di essi. Fu così che li vide.


Nei rami più alti di quegli alberi, viveva una colonia di pappagallini. I raggi del sole illuminavano le foglie più alte, e la luce solare esaltava le loro bellissime e colorate ali. Sembrava che l’arcobaleno si fosse frantumato per posarsi su quei rami anonimi, scuri e grigi, in attesa di un colore. Questi pappagallini avevano una caratteristica particolare: erano soliti formare delle coppie. Una volta che un pappagallino aveva trovato la sua compagna, si univa ad essa e restava al suo fianco per tutta la vita. Tra di loro si creava un legame indissolubile. L’assenza dell’uno portava all’altro un dolore e un senso di vuoto difficili da sostenere. Un pappagallino, se solo, diventava aggressivo e arrabbiato. Per questo, volavano sempre insieme, cercavano il cibo insieme ed emettevano suoni che li avrebbero aiutati a ritrovarsi.
Tra questi, vi era una dolce coppia. Nel ramo più alto, vivevano Ruby e Leon. La loro storia era iniziata tre anni prima, in una giornata di primavera. Lei era una pappagallina gentile, sensibile e carismatica. Era aggressiva alle volte. Nella sua vita aveva incontrato moltissime difficoltà che spesso e volentieri dovette fronteggiare da sola, così da non aver avuto mai più bisogno dell’aiuto di nessuno, così da chiudersi nella sua solitudine mascherata da quella determinazione che l’aveva sempre guidata e portata lontano. Leon, invece era un pappagallino semplice e gentile. Era veloce e intelligente, ma prima di tutto era molto coraggioso e altruista. Amava far sentire a casa ogni animaletto che incontrasse per il suo cammino, qualcuno su cui avresti potuto contare sempre.
Il loro primo incontro avvenne sulle rive del fiume che bagnava la foresta pluviale, tre anni prima. Nessuno osava avvicinarsi troppo alla riva per paura dei predatori che abitavano le sue acque, ma a Ruby non importava. Non si permise mai il lusso di mostrarsi spaventata, tantomeno di avere paura, soffocando tutte quelle emozioni che l’avrebbero fatta sembrare debole. Quella giornata non era iniziata benissimo. Il suo albero preferito non aveva le bacche che sperava, così decise di raccogliere quelle cadute a terra, vicino la linea del fiume. Venne preceduta da un piccolo roditore. Mentre questo piccolo animaletto cercava di accaparrarsi il cibo, un coccodrillo lo afferrò con violenza e lo divorò. Ruby urlò con tutte le sue forze.



“Va tutto bene?” disse una voce dietro di lei. Ella si voltò verso il pappagallino dorato, tirando respiri profondi e abbassando immediatamente la testa. “Mi dispiace, io non volevo urlare o spaventare nessuno, ma…” non aveva nemmeno la forza di finire la frase, per riprendere fiato “il coccodrillo” e scoppiò in lacrime. Il pappagallino dorato spiegò la sua ala destra, per abbracciare la piccola; “Andrà tutto bene, ora ci sono qui io” sussurrandole. “La foresta è troppo pericolosa per una come te, tutta sola” aggiunse. “Io posso farcela” rispose prontamente, sapendo di sbagliare. “Non sei nata per stare da sola, vieni con me”. E spiegarono le ali. Gli anni diedero ragione a Leon, ma di certo non poteva prevedere, sin dal loro primo incontro, che quella pappagallina sarebbe arrivata a significare tutto per lui.

Era un giorno di primavera. Nella colonia girava voce di una stagione florida nella foresta, come non si era mai vista. Le coppie sarebbero andate in cerca di cibo. Ruby e Leon avevano un sistema di comunicazione infallibile. Il verso della pappagallina era unico e inimitabile, in grado di avvertire l’altro in caso di pericolo. La vista dell’altro era formidabile e la sua velocità in volo era ineguagliabile tra i suoi compagni.



“Non allontanatevi troppo! La foresta è piena di pericoli. Usate la vostra saggezza, e fidatevi l’uno dell’altro.” gridava il capo della colonia, dal suo maestoso ramo.
Sulla scia di queste parole, i pappagallini si dispersero nella fitta vegetazione. Ruby e Leon avevano deciso di seguire la stessa rotta di sempre. Erano soliti arrivare al confine più vicino della foresta, dove trovavano sempre delle bacche succose, il loro cibo preferito. Ruby volava più lentamente del solito, facendo insospettire Leon.
 “Va tutto bene?” le chiese avvicinandosi a lei. Ella si guardava intorno con fare sospettoso. “Ruby, tesoro, va tutto bene. Guardami” cercando di tranquillizzarla. “Si, lo so. Scusami tanto. Ho solamente un brutto presentimento” disse, e nel frattempo tirava respiri profondi. “Ci sono io qui con te, fidati di me” concluse.
Lei lo baciò dolcemente, e gli sorrise. Si fidava di lui, ma mantenne uno sguardo vigile. Nel frattempo, dal basso Lara li filmava con la sua telecamera comprata a pochi soldi nel villaggio più vicino. “Mio Dio, amore, li hai visti? Sono dei pappagallini inseparabili, sono bellissimi. È un sogno che si avvera, vederli volare liberi” disse sorridendo.
 Mentre volavano, il pappagallino dorato trovò una bacca su un albero. La raggiunse sbattendo velocemente le sue ali. Lei gli si avvicinò. Mentre guardava il suo compagno, Ruby avvertì dei rumori sospetti. Agitata, incominciò ad emettere dei versi di paura. Lara, che stava osservando la scena, cercò di capire il motivo di agitazione della pappagallina. Improvvisamente, una rete avvolse Ruby. Le sue ali erano doloranti, e così la pappagallina cadde a terra. Nel vano tentativo di salvarla, anche Leon venne catturato. Afferrati brutalmente, vennero trasportati fino a un furgoncino, rinchiusi in sacchi di iuta separati, da cui non potevano vedere la luce. Il motore del camioncino si accese. Un metro, un chilometro, e la foresta si allontanava. Lara e Eduard incominciarono a correre, per cercare di fermare l’uomo che stava portando via i piccoli animali. Poche ore dopo, il camioncino si fermò. I due pappagallini sentirono dei passi avvicinarsi al retro della vettura, gli sportelli si aprirono e, con la stessa violenza con cui li avevano catturati, vennero tirarti fuori dalle sacche di iuta, ancora attorcigliati nelle reti. Di fronte a loro un uomo con la pelle molto scura, con un cappello e occhiali da sole. Aveva un sorriso compiaciuto e meschino, incurante del dolore che stava causando.

“Ottimo lavoro! Pagheranno molto per questi due insignificanti pennuti.” Disse un secondo individuo, dalla pelle decisamente più chiara e gli occhi coperti da occhiali che li riparavano dal sole cuocente. “E’ stato un gioco da ragazzi, i pappagalli non sono furbi” replicò il loro rapitore. “Vedremo di trarne qualche vantaggio” replicò l’altro fermamente.


Strappo dalle mani del ragazzo la rete che conteneva Ruby. La piccola pappagallina si rigirò nella rete, cercando di incontrare lo sguardo di Leon. Quando riuscì nel suo scopo, tutto ciò che riuscì a dirgli fu:
“Non mi abbandonare, capito?” con voce tremante.
Il losco individuo si allontanò, mentre Leon vide la sua compagna allontanarsi sempre di più. Non riuscì a liberarsi, in quel momento. Solo una cosa era certa: non l’avrebbe abbandonata. Il ragazzo mise il pappagallino nel sedile anteriore, accese il motore, premette l’acceleratore e se ne andò. Quando Lara e Eduard arrivarono sul posto, era troppo tardi.

“Dobbiamo fare qualcosa” disse la ragazza con tono sicuro e voltandosi verso il suo fidanzato.

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Capitolo 2
*** Destini che si intrecciano ***


Capitolo 2. 

“Dobbiamo chiamare qualcuno. Associazioni ambientaliste, le università” gridava Lara, dopo aver assistito al rapimento di quei due pappagallini, tolti così brutalmente dal loro ambiente naturale. “Dobbiamo rimanere vigili e muoverci. Non credo siano andati lontano, non è facile muoversi tra questi sentieri” disse Eduard, cercando di tranquillizzarla e controllando le mappe che il circolo di ricercatori gli aveva fornito.
E invece si sbagliavano. I contrabbandieri erano ormai già arrivati lontano. Seguivano delle strade nascoste, grazie alle quali nessuno sarebbe stato in grado di intercettarli. Un bel problema per i nostri ricercatori, che dovevano trovare un modo per convincere le associazioni ad intervenire. I due pappagallini vennero divisi: Ruby, dopo che le porte del camion si chiusero, venne portata a 20 km dal punto d’incontro; Leon rimase con il suo rapitore.
L’uomo, non molto scaltro, mise la rete che intrappolava il piccolo pappagallino sul sedile anteriore del suo furgone. La vettura raggiunse la città più vicina. Visto il calore di quella giornata, il conducente aprì il finestrino dell’auto. Quella era l’occasione giusta per andarsene. Leon, che era riuscito a rompere con il suo becco la rete, iniziò a sbattere le sue ali. Il contrabbandiere afferrò le zampette del pappagallo, che coraggiosamente contrattaccò ferendo con il becco le sudicie mani dell’uomo. La lotta tra i due fece sì che il pappagallino venne scaraventato fuori dal furgone. Temeva il peggio; una manovra, qualunque cosa avrebbe potuto ucciderlo. Improvvisamente, delle soffici mani afferrarono il volatile, e in fretta e furia il piccolo Leon venne trasportato in fretta in un vicolo buio e solitario.
“Piccolo, no aver paura, non ti farò del male” disse una voce dolce.
Leon alzò il suo sguardo e vide una dolce bambina con vestiti sgualciti e sudici addosso, capelli neri e occhi scuri come la notte, pelle scura. Non aveva fiducia negli umani, ma quella bambina aveva un aspetto davvero dolce.
“Aspettami qui, non ti muovere. Andrò a cercare da mangiare” disse, e immediatamente sgattaiolò fuori dallo stretto cunicolo, per cercare cibo. Si trovava di fronte una bancarella di frutta. Decise di sfoderare il suo visino dolce, per ottenere in elemosina una cassettina di frutta succosa. Nascose il cestino sotto i vestitini sudici e prese un po’ d’ acqua da una fontana lì vicino. Lontana dagli sguardi indiscreti, raggiunse il piccolo pappagallino con la zampa ancora dolorante. Tirò fuori il cestino e lo mise a terra. Accarezzò il piccolo uccellino e bagnò il suo becco con dell’acqua, bagnò la sua piccola testolina e poi afferrò un frutto dal cestino. Il frutto era molto duro, e con le sue manine non riusciva ad aprirlo. Ecco che il pappagallino alzò la testa e con il suo becco aprì la bacca, assaporandone il succo. Ne prese un’altra e tentò di darle un morso. Leon allora si mise su due zampe e la aiutò a rompere il frutto.
“Grazie, piccolo! Io mi chiamo Tatu, e tu da oggi sei il mio migliore amico” disse con una vocina sicura, quella che solo i bambini sanno avere. Leon non poteva parlarle, tantomeno capirla, ma quella vocina è l’arma segreta di tutti bambini, quella che non ti consente di rifiutare, solo di accettare con un sorriso di tenerezza e commozione.
La piccola Tatu mise Leon nella sua borsetta e andò spavalda in giro per la città. In un angoletto c’era una donna anziana. La chiamava nonna. Corse da lei in fretta e furia per mostrarle il suo nuovo amico, di cui andava molto fiera. I turisti la fermarono per strada molte volte, per accarezzare il pappagallino e per darle qualche moneta per comprarsi da mangiare. In quei giorni, la città era sovra affollata da turisti che la sceglievano come meta da cui partire, per fare un tour delle bellezze naturali del Madagascar. Arrivò la notte e, seduta sul terreno di quel vicolo solitario, osservava tutti quei bambini con le loro famiglie, macchinette fotografiche e quaderni con dei disegni.
“Deve essere davvero una bella sensazione, sai, dormire su un letto vero. Io non l’ho mai avuto. I miei genitori avevano pochi soldi, e io andavo a lavorare già da quando ero bambina. Poi un giorno, sono tornata a casa e se ne erano andati. Le porte erano chiuse da travi di legno. Non mi avevano aspettata. Ho solo una loro foto” disse la bambina, mostrando la foto della sua famiglia al pappagallino che si trovava vicino a lei. Ed ecco che si alzò, si sdraiò vicino a una cassa buttata a terra. Leon sentì nella voce di quella bambina molto dolore, e pochi minuti dopo si mise vicino a lei, con gli occhi rivolti verso il buio e si addormentò.
Nel frattempo, Lara e Eduard nella loro stanza d’albergo. Erano amareggiati dal non aver ricevuto nessuna risposta dalle associazioni che avevano contattato. Lei aveva in mano un bicchiere di tè freddo e scrutava la piazza su cui si affacciava la finestra del loro alloggio. Eduard, con lo sguardo fisso sulle mappe, cercando di tracciare un raggio di ricerca, si tolse gli occhiali per grattarsi gli occhi stanchi dal troppo digitare. Dopo aver tirato un sospiro, vide Lara sola sul balcone e decise di raggiungerla. Sapeva quanto questa spedizione significasse per lei, quanto la salvaguardia di quelle povere creature. Le si avvicinò, e senza nemmeno dirle una parola prese il suo braccio e la trascinò in un dolce abbraccio. Spostò una ciocca dei suoi capelli liscissimi e le disse: “Ti prometto che andrà tutto bene”. “Eduard – incrociando il suo sguardo – e se fossimo rimasti soli? Se non venissero in aiuto” disse lei agitandosi. “Vorrà dire che ce la faremo da soli” intervenne. “Ti amo. Scusa se non te lo dico spesso. Scusa se a volte sembra che il lavoro venga prima di tutto. È che tu saresti potuto diventare un ottimo professore, avere un lavoro fisso”. “Non avrei mai potuto preferire un lavoro fisso a tutto questo, a noi, a te. Rifarei tutto ancora da capo” tenendo fisso lo sguardo sul sorriso di lei, per poi chinarsi per darle un bacio. “Ora, la donna che amo si tirerebbe su le maniche per darmi una mano con le ricerche” disse in modo provocatorio. Lei si asciugò le lacrime; “Hai ragione! Andiamo” concluse.
Ed ecco i nostri ricercatori cimentarsi in una meticolosa ricerca. Una pensò a contattare i referenti della spedizione; l’altro era alla ricerca di eventi nel Madagascar, per trovare qualcosa di riconducibile ai pappagallini. Lara chiamò le autorità di zona, per denunciare la scomparsa dei pappagallini e restò un’ora in lista d’attesa. Eduard proseguiva le sue ricerche senza alcun risultato. Poi apparve, davanti i suoi occhi, un Highlight di una rivista d’ornitologia francese. Una fiera di animali a 20 km dal posto in cui essi si trovavano.
Venti chilometri ad ovest, in un magazzino di periferia, si nascosero i contrabbandieri. In occasione della fiera, avevano in mente di vendere clandestinamente gli uccellini catturati. Da quella stanza uscivano versi di dolore; il dolore di tutti quei pappagallini separati dalle loro compagne. Le razioni di cibo per gli animali erano ridotte, e la violenza perpetrata nei loro confronti era inaudibile. Ruby era una di loro. La separazione da Leon la rese talmente irascibile, tanto da essere messa in una gabbietta stretta e in solitudine. Quale sarebbe stato il suo destino? Che ne era stato di Leon? Lo avevano ucciso, venduto, riportato a casa? Sta di fatto che la prigionia sarebbe stata meno terribile con il suo compagno, unica vera fonte di forza che ella aveva. E nel buio di quella notte, da una fessura della finestrella del magazzino si intravedeva la luce della luna piena. E così si alzò il canto della pappagallina. Sapeva che Leon non avrebbe potuto sentirlo, perché lontano, ma aveva un disperato bisogno di fargli sentire che lei era lì, e che lo stava aspettando. Dalla porta entrò un uomo con i capelli scuri e pelle chiara, accompagnato dal rapitore che aveva rapito i nostri protagonisti.
“Che ne hai fatto dell’altro pappagallino?” chiese l’uomo dalla carnagione chiara. “E’ riuscito a scappare” concluse l’altro, balbettando, temendo che il suo errore avrebbe ridotto la sua ricompensa. “Poco male, non ne abbiamo bisogno. La fuori da solo? È come se fosse già morto” disse infine il contrabbandiere.
Ruby, nel vedere che Leon non c’era, emise dei versi di dolore misti alla speranza che lui fosse ancora vivo. E se fosse stato vero, sarebbe andato a salvarla. Nonostante uno dei contrabbandieri diede un colpo alla gabbia per farla stare in silenzio, Ruby continuò.
“Mi troverà. Mi troverà e mi salverà” disse la pappagallina.
Nel frattempo, nella stanza d’albergo, i ragazzi avevano trovato una pista. Per arrivare nella città della fiera ci volevano sei ore d’auto. Il giorno dell’evento era a tre giorni di distanza. In quei giorni, avrebbero setacciato la città in cui si trovavano, trovato un’auto, contattato tutte le persone che avrebbero potuto aiutarli e avrebbero fermato i contrabbandieri. Se solo fosse stato tutto così semplice. Quella notte, che dire, avremmo potuto definirla come la genesi di un lavoro contorto dell’Universo che stava mettendo le basi per un incontro tra anime. Quell’operazione avrebbe cambiato le vite di Lara e Eduard, quella della piccola Tatu e dei nostri pappagallini per sempre.
 

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