Burnt to Death

di Insomnia__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Nuova estate, nuovo Campo. ***
Capitolo 2: *** Cigno di Ferro ***
Capitolo 3: *** Hai centrato il mio Bersaglio. ***



Capitolo 1
*** Nuova estate, nuovo Campo. ***


Nuova Estate, Nuovo Campo 

 

 

 

 

 

 

L’estate era iniziata. E con lei anche il Campo.

Cassandra non vedeva l’ora di tornare nella casa 7, assieme ai suoi fratelli. Quell’anno sarebbe stato assai diverso dagli anni precedenti. 

Molte cose erano cambiate dopo la Guerra. Molti dei suoi compagni con cui aveva condiviso momenti felici non c’erano più. Luke era morto da eroe, salvando l’Olimpo. Con Silena non aveva mai stretto amicizia, Cassandra la considerava piuttosto frivola e superficiale, finché non la vide morire. In quell’istante capì che non era né frivola né superficiale. Era coraggiosa. Ma era troppo tardi. Allo stesso modo non c’era più Beckendorf. A Cassandra piaceva pensare che lui e Silena si fossero ritrovati e che ogni tanto pensassero a loro che ancora facevano parte del mondo in superficie.

Infine, la perdita più dolorosa, Michael Yew. Anche lui era morto nella Guerra, sepolto dalle macerie di un ponte. Era a capo della Casa di Apollo ed era un grande amico. La sua cerimonia d’addio fu particolarmente dolorosa. Il sole era coperto dalle nuvole, ma al momento della pira funeraria fece capolino, come se anche lui volesse salutare un’ultima volta Michael.

Quell’anno sarebbe stato diverso dai precedenti anche per altri motivi. 

Dopo la morte di Michael, al comando della casa di Apollo furono eletti unanimemente Cassandra e suo fratello, Will. La scelta ricadde su di loro perchè frequentavano il campo da ormai quattro anni e perchè rappresentavano al meglio lo spirito del dio. Apollo è un dio versatile, protettore delle arti, della musica, padre della medicina nonché famigerato arciere. Ebbene i fratelli Solace, nel loro essere diametralmente opposti, personificavano le due anime del dio, quella che infliggeva dolore e quella che guariva le ferite. Will era un guaritore provetto, senza dubbio il migliore del campo. Non c’era ferita che non potesse sanare. Al contrario, a sua sorella Cassandra era permesso di entrare in infermeria soltanto da inferma, mai e poi mai l’avrebbero lasciata ricucire una ferita! I ragazzi del campo avrebbero preferito uno scontro a mani nude con un Lestrigone, piuttosto che trovarsi sotto i ferri della bella Solace.

Cassandra al contrario era il miglior arciere che il campo vantasse da secoli. Neanche le Cacciatrici di Artemide riuscivano a eguagliarla. Durante la Guerra il suo contributo fu fondamentale, guidando e organizzando tutto il manipolo di arcieri che il campo era riuscito a schierare in battaglia. Aveva una mira formidabile: riusciva a centrare in mezzo agli occhi un telchino a quasi 1km di distanza. Non a caso suo padre, Apollo in persona, per il suo 16esimo compleanno le aveva fatto dono di un meraviglioso orologio da polso d’oro, il colore del dio, che si trasformava all’occorrenza in un famigerato arco dello stesso materiale. Nel momento in cui l’orologio mutava in arco, automaticamente compariva sulle sue spalle una faretra decorata con intarsi dorati, il cui potere era nel non esaurire mai i dardi a disposizione. Cassandra avrebbe potuto tirare frecce all’infinito, la faretra non avrebbe mai smesso di procurargliele. 

I fratelli Solace erano opposti anche nelle arti che prediligevano: Will era un musicista provetto, suonava tutti gli strumenti, con una particolare propensione per la lira. Al contrario Cassandra non era portata per la musica, ma aveva un’abilità innata nel disegno (non a caso a New York frequentava l’accademia d’arte e aveva già uno studio di pittura tutto suo).  

Ma l’abilità che più di tutte caratterizzava Cassandra e che la portò a capeggiare la casa di Apollo, fu quella di controllare i raggi solari. Come tutti i figli di Apollo, i combattimenti alla luce del sole la rendevano più forte e resistente; ma, ancora di più, riusciva a dirigere i raggi solari ovunque volesse e a regolarne l’intensità. Poteva bruciare vivo un mostro, se avesse voluto. Il suo potere era venuto fuori durante la Guerra, quando assisteva, inerme, a una dracena che avanzata verso le loro fila, usando come scudo umano un suo compagno. Era troppo pericoloso scagliarle una freccia addosso, ma non poteva restare con le mani in mano. Doveva fare qualcosa. Mentre pensava a come muoversi, sentì che il sole che le baciava le braccia sanguinanti e stanche era sempre più caldo e intenso, finché i capelli serpentini della dracena non presero fuoco. Le era bastato fissarli intensamente e sperare con tutto il cuore che bruciassero. E così fu. 

Si trattava di un potere rarissimo tra i figli di Apollo. Interessante che sia toccato proprio alla sua unica figlia femmina.

Quell’estate Cassandra e suo fratello Will (più piccolo di lei di soli 11 mesi) erano da poco arrivati al campo. Salutando i loro compagni (che erano molti di più dopo il Consiglio dell’anno precedente, quando Percy Jackson riuscì a convincere gli dei ad accettare al campo anche i figli delle divinità minori), si diressero nella casa 7, dove ebbero finalmente accesso alla stanza riservata del capo. La casa 7 era agli occhi di Cassandra la più bella. Brillava a tutte le ore del giorno, perchè aveva le pareti in oro massiccio. Al suo interno i letti avevano tutti le testiere in oro e al centro della sala principale (munita di diversi tavoli, cosparsi disordinatamente di strumenti musicali, archi da tendere, frecce da riparare e carte di merendine varie) c’era un meraviglioso albero di alloro, pianta sacra al dio per la nota vicenda di Dafne. 

La stanza riservata al capo della casa era adiacente la sala principale ed era stata preparata per l’occasione con l’aggiunta di un letto in più, dal momento che nessuno dei due fratelli Solace aveva intenzione di rinunciare alla stanza privata. Al contrario, erano sempre stati propensi alla condivisione, essendo molto uniti.

La finestra accanto al letto di Cassandra dava direttamente sul lago delle canoe, mentre quella di fronte ad entrambi i letti si affacciava sulla casa a loro adiacente, la 9. I figli di Efesto non erano i vicini di casa ideali: dal loro laboratorio provenivano suoni metallici e assordanti, di martelli che battevano sull’acciaio o su macchinari che sputavano vapore. Non furono poche le volte in cui i figli di Apollo si lamentarono con Chirone perchè non riuscivano a concludere le loro sessioni di lira senza un trapano che venisse azionato. 

Cassandra si era appena tuffata sul suo morbido letto (rifatto e rimboccato dalle arpie delle pulizie, che le avevano perfino lasciato un cioccolatino sul cuscino, che la figlia di Apollo prudentemente evitò di mangiare… Conoscendole era avvelenato, o peggio ancora, era fondente!) e fece appena in tempo a sciogliersi i lunghi capelli ricci e scuri (non come i biondi del fratello, decisamente simili a quelli paterni, ma come quelli della madre, Naomi), quando sentì gridare da fuori: “Sono tornati! Annabeth è tornata!”.

Con uno sguardo d’intesa del fratello, Cassandra si lanciò fuori dalla casa 7. Annabeth era una sua grande amica, erano molto simili caratterialmente, ma ciò che le fece davvero alzare il suo dorato sedere dal letto fu il motivo per cui Annabeth era andata in missione: ritrovare Percy, il suo ragazzo, sparito ormai da giorni. 

 

 

 

Ciao a tutti! 

Okay, è la prima storia che mi trovo a scrivere qui e sono davvero terrorizzata. 

Ho deciso di impossessarmi del mondo e dei personaggi della serie di Rick Riordan (che sto leggendo in questi mesi) perchè mi sono letteralmente innamorata dell’universo che ha creato, a sua volta impadronendosi del mondo greco, a me caro.

Ho deciso di introdurre un nuovo personaggio per due motivi:

  1. Avevo assolutamente bisogno di un personaggio in cui immedesimarmi, e quelli già esistenti all’interno della saga non mi rispecchiavano per niente;
  2. Volevo dare spazio alle caratteristiche e all’anima dei figli di Apollo, che non vantano un così grande spazio all’interno dei libri.

Un’ultima cosa: il capitolo è estremamente introduttivo e funzionale a presentarvi il personaggio nelle sue linee basi, che avrete modo di approfondire insieme a me più avanti. Spero non vi abbia annoiato.

A prestissimo,

E.

 

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Capitolo 2
*** Cigno di Ferro ***


Cigno di Ferro

 

 

 

 

 

 

 

Con Will al suo fianco, Cassandra si precipitò di corsa verso il luogo in cui la folla stava convergendo. Butch, figlio di Iride, dea dell’arcobaleno, teneva a distanza i curiosi, lanciando di tanto in tanto con aria preoccupata uno sguardo alla biga del Campo.

“Distrutta? La biga è distrutta?” Esclamò Will con le braccia spalancate, mentre superava Butch.

Annabeth si voltò di scatto al rimprovero del semidio e con aria stanca si scusò: 

“Lo so Will, atterraggio di fortuna. La ripareranno i figli di Efesto senza problemi.”

E dal modo in cui Annabeth accantonò l’argomento “biga smantellata”, Cassandra capì che non era la sua preoccupazione principale al momento. In effetti alle sue spalle non solo non c’era traccia di Percy, ormai disperso da giorni, ma al suo posto tre ragazzi che Cassandra non aveva mai visto prima si guardavano attorno con aria smarrita. Un ragazzo biondo dagli occhi blu elettrico e una mano nella tasca sembrava studiare i fratelli Solace a fondo; accanto a lui una ragazza dalla carnagione olivastra e un taglio di capelli piuttosto malfatto e un ragazzo alto e magro, dalle parvenze sudamericane e dai tratti sottili e spigolosi. Per un attimo incrociò lo sguardo di Cassandra, e le sorrise. Aveva un sorriso con cui avrebbe potuto conquistare l’Olimpo e dei capelli scuri e ricci che gli davano un aspetto deliziosamente disordinato. Cassandra lo odiò subito. Sollevò i suoi occhi da lui, con falsa indifferenza e li fissò su Annabeth. “Chi sono loro?” Disse freddamente.

“Semidei” rispose Annabeth, la cui testa era palesemente da un’altra parte. 

“Questo è ovvio Ann… Ma guardali! Hanno superato i tredici anni da un pezzo! Perché non sono stati riconosciuti?” Intervenne Will.

“Che cosa vuol dire?” Chiese il tipo sudamericano. La sua domanda fu ignorata, dal momento che si unì al gruppo Drew, una ragazza asiatica estremamente snob, vertice della casa di Afrodite che non perse occasione per squadrare con aria di sufficienza i nuovi arrivati.

“E loro? Spero che ne sia valsa la pena… o la biga a quanto pare.” Disse, accennando alla biga, che nel frattempo stava ricevendo i soccorsi di alcuni figli di Efesto, pronti per portarla in officina.

“Grazie mille! Invece di giudicare, che ne dite di dirci dove diavolo siamo e chi diavolo siete?” Sbottò il riccio, sul piede di guerra.

“Vale sempre la pena salvare i semidei, Drew” intervenne Annabeth, cercando di salvare la situazione, ma fallì miseramente dal momento che la ragazza con i capelli strani raccolse subito la provocazione della figlia di Afrodite: “Nessuno ti ha chiesto di darci il benvenuto!”.

“Nessuno vuole darvelo infatti!” Rimboccò lei “E poi, posso sapere cosa hai fatto a quei capelli? Hai un procione morto in testa?”.

-Tipico di Drew- pensò Cassandra. -Non riesce a rispondere a tono e allora dà giudizi sull’aspetto fisico. Come se contasse qualcosa-.

“Basta!” Will non era mai stato un amante delle liti. 

“Drew, ti prego. Ricordati la prima volta che hai messo piede qua e cerca di immedesimarti. Quanto a voi tre” e si girò verso il trio di semidei nuovi di zecca “vi daremo una guida ciascuno e vi terremo sotto osservazione. Con gli dei in vacanza e l’Olimpo out-of-service chissà se verrete riconosciuti entro il falò di stasera…”.

“Io voglio lei come guida!” il ragazzo sudamericano puntava un dito verso Cassandra, sorridendo sornione, ma lei non fece in tempo a fulminarlo con lo sguardo: sopra la sua riccioluta testa era comparso il martello infuocato di Efesto. Tutti gli occhi dei presenti erano rivolti all’ologramma rosso, che evidentemente il ragazzo non poteva percepire, perchè se ne uscì con un “ehi, stavo scherzando… Va bene qualsiasi guida!”. 

“Leo” sospirò Annabeth senza spostare lo sguardo dal martello di Efesto “Efesto ti ha appena riconosciuto!”.

Cassandra pensò che “Leo” fosse davvero un nome ridicolo, il genere di nome che si dà al proprio cane o canarino. 

“Chi è Efesto? E cosa state guardando tutti?” Si specchiò nell’acqua del lago poco distante e riuscì a vedere il simbolo appena prima che si dissolvesse. “Che cos’era? Cos’era quel coso sopra la mia testa?”.

“Un ologramma evocato da tuo padre Efesto, dio del fuoco e dei fabbri e…” Iniziò Cassandra per poi essere interrotta da Drew “…e della puzza di olio di motore e delle mani sporche. Benissimo, ricciolino è un avvita-bulloni, ora possiamo concentrarci sulle cose importanti?” 

“Che sarebbero?” Sbuffò Leo stizzito.

“il biondino, ovviamente” rispose Drew senza neanche guardarlo negli occhi, puntando il dito verso l’altro ragazzo del trio.

“Okay basta, davvero! Piper fermati!” Annabeth riportò tutti all’ordine, Piper compresa (a quanto pare era questo il nome della ragazza), che aveva tutta l’aria di una che stava per prendere a schiaffi Drew, non che qualcuno aveva davvero intenzione di fermarla nel caso. 

“Will fai fare un giro a Leo e poi portalo nella cabina 9” proseguì la figlia di Atena, “Cassandra tu fai lo stesso con Piper e no, non ammetto obiezioni!” Esclamò mettendo un dito davanti la bocca del riccio sudamericano, che difatti stava giusto giusto per protestare. 

“Io e Jason andiamo da Chirone.”

Ed ecco svelato il nome del ragazzo biondo. Jason. Un nome importante. Tra i semidei i nomi avevano una sorta di influenza sulle caratteristiche della persona. Se il tuo nome aveva un significato, stai pur certo che nell’arco della tua vita esso avrebbe svelato tratti della tua personalità o del tuo destino. 

Cassandra era il nome della sacerdotessa di Apollo a Troia. Aveva il potere di fare profezie e la condanna di non essere mai creduta. Lei profetizzò che il Cavallo di Troia avrebbe portato alla rovina della città, ma nessuno le credette e… beh l’epilogo della storia è noto a tutti.

Cassandra non aveva il potere di predire il futuro, per cui ha sempre creduto che suo padre si fosse sbagliato nell’affibbiarle quel nome.

Ad ogni modo si affiancò a Piper e le fece segno di seguirla. 

Si incamminarono verso il padiglione della mensa e Cassandra iniziò il suo monologo: 

“Benvenuta nel Campo Mezzosangue! Come avrai capito per mezzosangue intendiamo semidei, cioè coloro che sono nati dall’unione di un dio e di una mortale, o viceversa.” 

Era estremamente accademica e pomposa, ma era diventata capo della sua casa da poco, sentiva di voler ostentare solennità e serietà, che Piper non sembrava apprezzare. Probabilmente la trovava ridicola. Decise di abbassare il tiro e comportarsi come suo solito, dall’altronde era una figlia di Apollo, la quintessenza della spontaneità e solarità. 

“A breve il tuo genitore divino ti riconoscerà, credo. Gli dei ultimamente non sono così presenti. Ma tranquilla, nel frattempo ti terremo d’occhio noi e cercheremo di scovare le tue doti nascoste” disse in un gran sorriso. 

“Doti nascoste? Io non…” fece per rispondere Piper, ma Cassandra non le diede tempo.

“Ognuno di noi ha delle doti, dei talenti che la nostra origine divina ci ha regalato. Ad esempio io sono brava nel tiro con l’arco, mio fratello è un guaritore: entrambi sono aspetti tipici da figlio di Apollo!”

“Tuo padre è il dio del Sole?” Piper sgranò gli occhi. Le sarebbe piaciuto essere figlia del dio del Sole: abbronzatura per tutto l’anno, capacità innata nel suonare qualsiasi strumento, estro artistico assicurato… tutte cose che non facevano assolutamente parte di lei. Ma d’altronde lei un padre lo aveva. Questo restringeva il campo d’indagine alle sole dee. Lo fece presente a Cassandra.

“Potresti essere figlia di Demetra! Hai il pollice verde?” Piper scosse la testa. 

Cassandra stava per avanzare un’altra ipotesi ma si fermò quando notò che la sua interlocutrice era rimasta a bocca spalancata per il panorama che la collina su cui si erano fermate offriva.

“Non ti ci abituerai mai” disse la figlia di Apollo, fissando lo sguardo all’orizzonte. 

“Ma lì fuori non è sicuro. È pieno di mostri amazza-semidio. Il Campo è protetto da barriere magiche e da…”

“UN DRAGO!” Urlò stupita Piper.

“Un drago.” Ripetè divertita Cassandra. Le piaceva la genuinità con cui reagiva. Scartò mentalmente l’ipotesi che fosse figlia di Atena. I figli della dea della Sapienza erano troppo orgogliosi per mostrare stupore davanti a ciò che non conoscono.

Finirono il tour del campus. Piper sembrò rabbuiarsi all’improvviso, come se la fine del giro esplorativo le avesse riportato alla mente un brutto ricordo.

“Ehi, non ti piace qui?” Chiese Cassandra.

“No, qui è fantastico, solo che…Jason. Non si ricorda di me. Ha perso la memoria e ho paura che non la riacquisti più e…” La voce le si incrinò.

Cassandra odiava rassicurare le persone, ma si fece forza.

“Senti la riacquisterà e si ricorderà di te e…” ma fu bruscamente interrotta.

“Anche se la riacquistasse non cambierebbe nulla!” S’intromise una terza voce.

“Annabeth!” La rimproverò incredula la figlia del dio del Sole, non capendo perchè l’amica fosse stata così spietata.

“Dico la verità. L’ho lasciato da solo con Chirone, non è nei paraggi, tranquilla Piper”.

La ragazza difatti si era già allarmata, guardandosi attorno alla ricerca dei folti capelli biondi di Jason.

“Cosa vuol dire che se gli dovesse tornare la memoria, non cambierebbe nulla? Cambierebbe tutto! Si ricorderebbe di me e torneremmo insieme!” 

Si girò cercando conferma in Cassandra, che invece aveva abbassato lo sguardo e mormorò “Foschia”.

Quella parola, che sembrava significare tutto per le sue interlocutrici, gettò Piper in uno stato ancora più confusionale.

“Foschia? Cosa stai dicendo?”

“La Foschia è una sorta di velo che separa il mondo mortale da quello magico, alterando la realtà agli occhi dei mortali.” Spiegò Annabeth col suo piglio da secchiona.  “Non so dirtelo in maniera più gentile, credimi, ma tu e Jason non siete mai stati insieme. Lo credi a causa della Foschia”.

Piper incassò il colpo, ma non si arrese.

“Ma sono una semidea! Hai detto che ha effetto sui mortali!”

“A volte anche noi ne siamo vittima” concluse Cassandra.

“Cassandra!” Una voce lontana giunse sulla collina. Cassandra si sporse per vedere chi la chiamava e notò che era suo fratello, Will. Leo non era più con lui, evidentemente lo aveva già scaricato nella cabina 9.

“Vai, ci penso io qui” le disse Annabeth e Cassandra fu felicissima di fuggire da quella situazione diventata fin troppo scomoda per i suoi gusti, ma non fece a meno di sentirsi triste per Piper. Deve mettere i brividi scoprire che la tua storia d’amore è frutto della tua fantasia e che il tuo ragazzo è in realtà un perfetto sconosciuto.

Corse dal fratello, che aveva la lira nella mano sinistra, mentre nella destra stringeva qualcosa che Cassandra non riuscì ad identificare.

“Finito il giro?” Le chiese, accennando a Piper, rimasta sulla cima della collina.

“Ci pensa Annabeth”

“Bene, perchè mi hanno spostato le prove del coro della nostra Casa, e sono già in ritardo. Quindi mi devi sostituire in infermeria!” Fece Will.

“Io? In infermeria? Sei impazzito? Lo sai che sono più pericolosa con un termometro in mano che con un arco!”

Will roteò gli occhi al cielo e proseguì “Lo so, non ti lascerei applicare un cerotto, ma si tratta di Jake Mason”

Jake Mason era il capogruppo dei figli di Efesto, subentrato alla morte di Beckendorf. 

“Devi semplicemente dargli dell’ambrosia. Pensi di farcela o è un’impresa troppo ardua?” Ironizzò sorridendo.

Cassandra gli piantò una bella gomitata che per poco non gli fece cadere ciò che stringeva nel palmo. 

“Ehi, attenta! Mi fai cadere l’ambrosia!”. Dopo avergliela passata, Cassandra si incamminò verso la cabina 9, seguita dalle raccomandazioni di Will sul non esagerare nelle dosi, ma non durarono molto: era in ritardo per il coro.

Cassandra non amava la cabina 9. 

Punto primo: era decisamente troppo rumorosa.

Punto secondo: era decisamente troppo disordinata.

Punto terzo: adesso era abitata da quel Leo.

Cassandra non simpatizzava particolarmente per lui; d’altronde per tutti i cinque minuti in cui ci era stata a contatto, ci aveva provato con lei già due volte. A differenza delle figlie di Afrodite, che avrebbero letteralmente ucciso per un briciolo di attenzione maschile, a Cassandra non poteva interessare di meno. A dirla tutta era l’unica figlia femmina di Apollo, e questo aveva contribuito a renderla ancora più indifferente al genere maschile, perchè beh, dopo aver convissuto ogni singola estate con dieci maschi nella stessa stanza, aveva avuto modo di assimilare ogni possibile (e impossibile) commento maschile riguardo alle ragazze. Diciamo che a sedici anni la loro mente non è più esattamente candida e angelica.

Mentre aggiungeva Leo alla sua personale lista dei motivi per detestare la cabina 9, giunse davanti la porta di quest’ultima, che era circolare e d’acciaio, come l’ingresso di una banca.

Bussò e la porta si aprì automaticamente.

-Ovviamente. Neanche la porta possono venire ad aprire, devono automatizzare pure quella. Spero che un giorno venga loro a bussare un’arpia- pensò polemica.

Dentro la cabina regnava sovrano il caos.

Tavoli cosparsi di progetti su fogli millimetrati, bracci meccanici per terra, letti disfatti sui quali riversava ogni sorta di oggetto.

“Ispezione!” Ironizzò la figlia di Apollo.

“Ti assicuro che anche se fosse stata annunciata in anticipo, non avresti trovato condizioni migliori” la voce di Jake Mason proveniva dal fondo della stanza. Era completamente ingessato (ad eccezione della faccia) e riversava sul letto. Si era rotto tutte le ossa cercando di aggiustare il drago meccanico del Campo che solo Beckendorf riusciva a gestire.

Gli altri letti erano perlopiù vuoti, fatta eccezione per qualcuno, occupato da ragazzi che disegnavano chissà quale diavoleria sul taccuino. Tra questi c’era Leo, intento a guardarsi intorno, finché i suoi occhi non captarono l’intrusa.

“Ehi, Cass! Sei venuta a farmi visita? Ho sentito che siamo vicini di cabina, possiamo organizzare più spesso.” disse il riccio, sorridendo e chiudendo l’ultima affermazione con un occhiolino.

Cassandra non riusciva a capire se faceva sul serio o se era il suo modo di attirare la sua attenzione e, perchè no, di farla innervosire. Perchè in questo caso, stava riuscendo nel suo intento perfettamente.

“Non chiamarmi Cass. E chi ti ha detto il mio nome e la mia cabina?”

Poi si rese conto di quanto fosse stupida la domanda: Will ovviamente.

“Ad ogni modo non sono qui per te” concluse, e si rivolse verso Jake. 

Trovò molto strano che Leo si lasciasse zittire così facilmente, ma non poteva dargli la soddisfazione di girarsi verso di lui per vedere cosa stesse facendo.

Così rivolse (quasi) tutta la sua attenzione su Jake, dosando l’ambrosia e imboccandogliela.

“Come mai tuo fratello mi ha dato due di picche?” Alluse Jake con aria divertita.

Cassandra restò basita alla domanda e sbiancò. Will era gay, ma nessuno, oltre a lei ovviamente, lo sapeva. Era un segreto che Will non aveva ancora intenzione di rivelare. 

La domanda di Jake la mise in difficoltà… Jake voleva solo fare il simpatico o c’era di più?

“Ehi Solace! È un modo di dire! Il due di picche si dà quando si vuole mancare un appuntamento! Dovreste essere ferrati voi figli del dio della Poesia in modi di dire e figure retoriche” rise il capo della cabina 9.

Cassandra si diede mentalmente della stupida. Ovvio che era una battuta. Non poteva sapere.

Si sforzò di essere divertita e svagò “Sì, beh, prove del coro spostate all’ultimo.”.

Scambiò altre due chiacchiere con Mason, per poi essere interrotta dal suono della conchiglia, che segnalava l’ora di cena.

Salutò Jake e si girò verso l’uscita, pronta ad ignorare Leo, quando un piccolo cigno intrecciato con del filo metallico le volò davanti al naso, fermandosi a mezz’aria, per poi planare delicatamente sulla sua mano aperta.

Il cigno è l’animale sacro di Apollo e quello che ora stringeva tra le mani era una sorta di origami di fil di ferro, estremamente grazioso. 

“Un piccolo pensierino per la figlia di Apollo che preferisco” la voce di Leo la richiamò dall’altra parte della stanza; Cassandra si voltò giusto in tempo per assistere al suo immancabile occhiolino.

“Sono l’unica figlia di Apollo, non ce ne sono altre” rispose fredda arricciando il naso in una smorfia, ed uscì.

La porta si chiuse da sola alle sue spalle e Cassandra si avviò nella sua cabina per prepararsi per la cena. Guardava il cigno che stringeva tra le mani e sorrideva tra sé e sé.

 

 

 

Ciao a tutti!

Perdonate il ritardo con cui ho postato, ma sono alle prime armi e un capitolo un po’ più lungo triplica le paranoie :)

Detto ciò, spero che vi sia piaciuto, dal momento che contiene un primo abbozzo dei tratti salienti dei vari personaggi.

Se avete consigli/pareri/osservazioni lasciate una recensione, ho bisogno di un riscontro!

Grazie per l’attenzione e a prestissimo,

E.

 

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Capitolo 3
*** Hai centrato il mio Bersaglio. ***


 

Hai centrato il mio bersaglio.

 

 

 

 

Cassandra entrò di fretta nella Cabina 7 per cambiarsi.

“Era ora infermiera! Come mai tutto questo tempo per un po’ di ambrosia?” Le fece suo fratello Will non appena la ragazza entrò nella loro stanza privata.

Cassandra lo ignorò, era troppo in ritardo per dare corda al sarcasmo del fratello.

“Qualche figlio di Efesto ti ha trattenuta?” Alluse Will con il tono di chi la sa lunga.

“A proposito, mi hai tradita!” Sbottò Cassandra, e dall’espressione confusa del fratello capì di averlo distratto abbastanza da mettere sotto al cuscino il cigno di filo metallico senza essere notata. 

Avrebbe sopportato il peso del cielo come Atlante, ma non una domanda di più del fratello.

“Sono entrata nella cabina e ho notato che il novellino sapeva il mio nome, la mia Cabina e chissà cos’altro! Non so, volevi che sapesse di me più di quanto non sappiano le Parche?”

Il cigno era al sicuro sotto al cuscino, ma oramai doveva reggere il gioco, altrimenti sarebbe sembrata sospetta. E, in fin dei conti, non le era andato giù del tutto Will che parlava di lei con Leo.

“Cass, ma quanto sei esagerata! Mi ha chiesto chi fossi e gli ho risposto, tutto qui. Quando poi ho aggiunto che eri mia sorella voleva sprofondare nello Stige per la vergogna!” Si giustificò Will.

Cassandra non riusciva a immaginare il sudamericano sfacciato e provocatore rosso dalla vergogna.

“Comunque” continuò Will mentre si specchiava aggiustandosi i capelli ricci e biondi “Leo Valdez, Cabina 9, origini sudamericane, del Texas, single”. 

Cassandra dovette assumere un’espressione confusa perchè Will, guardandola dal riflesso dello specchio, aggiunse: “Così siete pari in quanto a informazioni.”. 

Will si mise la felpa arancione del campus e, passandole vicino per uscire dalla stanza, le sussurrò in un orecchio: “Pensaci, è carino!”. E uscì.

Cassandra si riscosse: era in ritardo. 

Non si cambiò i suoi soliti pantaloni a vita alta, né gli anfibi che portava ogni singolo giorno; si limitò a togliersi la maglietta arancione, per rimpiazzarla con la felpa del Campo più calda.

Andò allo specchio per un ultimo check. 

Il suo riflesso aveva la pelle molto abbronzata (caratteristica tipica dei figli del Sole, anche in inverno non la perdevano), le lentiggini le spruzzavano il naso e le guance che in quel momento erano leggermente arrossate. Gli occhi blu erano l’unica cosa che aveva in comune con il fratello e in quel momento erano un po’ umidi, probabilmente a causa della lunga giornata. I lunghi capelli castani e ricci le scendevano giù fino a metà schiena in modo disordinato. Aveva sempre pensato di tagliarseli, dal momento che erano piuttosto d’intralcio con la faretra sulla schiena.

“Cassandra!” La chiamò Will.

Lei gettò un ultimo sguardo allo specchio e uscì fuori chiamando a gran voce “Cabina Sette, pronti per la cena!”.

Oltre l’uscio si erano già raggruppati i suoi fratelli: altri sei ragazzi biondi, abbronzati e dal fisico da surfista, esattamente come Will. Tra di loro scorreva buon sangue: quando si è così in pochi in una Cabina così grande si vive bene.

Il preferito di Cassandra era Michelangelo, il più piccolo tra i figli di Apollo. Era arrivato al Campo l’anno precedente, a soli sette anni, età che gli risparmiò la partecipazione alla Guerra contro Crono, con tutto il sollievo di Cassandra, che non avrebbe sopportato di perdere un altro fratello dopo Michael Yew.

Michelangelo al momento aveva otto anni, uno sguardo birichino e una passione innata per la scultura. Effettivamente era molto portato per la plastica; passava gran parte del suo tempo rintanato nel laboratorio di arte, plasmando l’argilla e dipingendola. Avrebbe voluto passare al marmo, materiale nobile per eccellenza, ma Chirone gli aveva imposto di aspettare almeno i nove anni per impugnare scalpello e lima.

Passando davanti a loro per raggiungere Will in testa alla fila, Cassandra notò che Michelangelo aveva una chiazza di argilla sulla guancia. Gli fece segno di strofinarsi con il pollice e gli fece un occhiolino, e partirono alla volta del padiglione della mensa. 

Procedevano in fila, con Will e Cassandra in testa, e Michelangelo in coda, in ordine di anzianità. 

Cassandra non poteva fare a meno di ricordarsi quando erano lei e suo fratello a chiudere la coda.

Arrivati al padiglione, presero posto al tavolo di Apollo, seguiti direttamente dalla Cabina 9 (dal momento che la Cabina 8, essendo di Artemide, era disabitata).

Cassandra notò che Leo era seduto insieme ai suoi fratelli e sorelle, con cui pareva trovarsi bene: scambiava battute, rideva e si guardava attorno sorridente. Poi il riccio notò di avere addosso lo sguardo della figlia di Apollo, interruppe a metà il discorso che stava affrontando con una delle sue sorelle per rivolgerle un caldo sorriso, tirando su il sopracciglio, come per dire -Ehi, ti ho beccata a fissarmi-.

Cassandra roteò gli occhi al cielo e si concentrò sul cosciotto di pollo che aveva nel piatto, quando una pacca sonora sulla spalla la fece tornare alla realtà.

“Terra chiama Cassandra!”. Era Edward, uno dei suoi fratelli che scandì ogni parola, come se stesse parlando a un sordo.

“Ci sei sorellina? Ti stavamo chiedendo le attività di domani!” Continuò Edward.

“Emh.. Sì! Vediamo… Io la mattina ho lezione di tiro con l’arco con non mi ricordo quale Casa, voi invece avete lezione di equitazione con Drew”. L’affermazione fu accolta da un grido entusiasta del tavolo.

“Siete degli idioti!” Asserì il capo della Casa.

“Eddai Cass, l’occhio vuole la sua parte!” fece un altro dei suoi fratelli.

Cassandra roteò gli occhi al cielo, per la seconda volta quella sera, e continuò: 

“Dopo pranzo vi voglio tutti in Cabina invece. Dobbiamo prepararci per la sfida di Venerdì. So per certo che non si tratta di caccia alla bandiera: senza Percy le squadre non sarebbero bilanciate e soprattutto pare esserci una maledizione sulla Casa di Efesto.” Fece pragmatica, accennando con il naso in direzione del tavolo dei figli del dio del Fuoco.

“Voi ci credete? Alla maledizione dico…” la vocina di Michelangelo si inserì nel discorso.

“Senza Beckendorf sono persi e danno la colpa a una maledizione! Quel Jake Mason, dovrebbe dare il titolo di Capo a qualcun altro, è a letto come uno stoccafisso!” Edward sembrava non ammettere repliche.

“Ed, ma hai visto che roba? Sono i migliori costruttori sulla piazza e in questo mese hanno distrutto più della metà dei loro progetti… Se non è una maledizione, allora si tratta proprio di sfiga.”. Will difendeva sempre tutti. Biondo com’era a volte ricordava il principe delle fiabe. 

Edward alzò le spalle.

La cena proseguì senza più fare cenno a maledizioni o alla Cabina 9, che Cassandra evitò accuratamente di guardare, per evitare di incrociare sguardi indesiderati.

Finita la cena si recarono verso il fuoco per le offerte e Cassandra vi buttò una coscia di pollo, pensando intensamente a suo padre, che era sparito dalla circolazione esattamente come gli altri dei.

Cassandra e Will avevano sempre potuto vantare un rapporto privilegiato con loro padre. Questo in parte grazie a Naomi, loro madre, che fece innamorare a tal punto il dio del Sole, da donargli ben due figli (fatto abbastanza raro nel mondo divino). I fratelli Solace non si potevano lamentare: appariva spesso in sogno per salutarli, faceva loro regali frequenti (tra cui l’arco dorato di Cassandra) e, dopo la Guerra dei Giganti, era a tal punto fiero di loro che li benedì. Entrambi infatti avevano sull’interno dell’avambraccio sinistro un tatuaggio dorato raffigurante il Sole; Will il sole che sorge, mentre Cassandra quello che tramonta. 

Ad ogni modo, nonostante questo rapporto privilegiato, Apollo era sparito dalla circolazione senza  degnarli di una spiegazione. 

 

Il falò era già acceso quando giunsero al teatro del Campo: una serie di gradini scavati nel pendio della collina che terminavano circondando un focolare in pietra, in cui ardeva il fuoco. 

Will e i suoi fratelli si misero subito a suonare e a cantare melodie in greco, sotto lo stendardo dorato recante il simbolo del Sole. Cassandra disse loro che li avrebbe raggiunti a breve.

Si recò in direzione dello stendardo con la civetta.

“Annabeth” la bionda fissò i suoi occhi grigi su di lei e le sorrise flebilmente.

“Come stai? È stata una lunga giornata per te…” aggiunse, sedendosi al fianco dell’amica.

“Cass… Non so dove sta, come sta e con chi sta! Vorrei solo ritrovarlo!” Scoppiò e poggiò la testa sulla spalla della figlia del dio del Sole.

Cassandra sapeva che non avrebbe potuto dire nulla per aiutarla, così si limitò ad accarezzarle i lunghi capelli del colore del miele, finché non fu interrotta da Chirone, che intimò a tutti di sedersi sotto lo stendardo della propria Casa.

Cassandra prese posto dall’altra parte del teatro, scoccando di tanto in tanto sguardi preoccupati verso i figli di Atena.

“Semidei” intonò Chirone, “Bentornati al Campo, per chi è già stato con noi, e Benvenuti a coloro che sono qui per la prima volta”. 

Cassandra rivolse la sua attenzione verso Leo, che però, per sua fortuna, in quel momento era concentrato su Chirone, che proseguì: “Abbiamo un nuovo figlio di Efesto…” e un boato scosse i gradini sotto lo stendardo con il martello infuocato. Leo sorrideva un po’ imbarazzato.

“Sì, sì, ora basta… Una ragazza che deve essere ancora riconosciuta e che speriamo sia questione di ore” Chirone fece cenno verso Piper, che sembrava avrebbe preferito essere risucchiata dalla terra, piuttosto che sottostare a tutti quegli occhi puntati addosso. 

“E un figlio di Giov…emh Zeus!”. Tutti si girarono verso Jason sbigottiti e si alzò una nuvola di mormorii.

“Impossibile!” Fece Edward .

“Ma il patto dei Tre Pezzi Grossi!” Disse qualcuno tra le fila di Hermes.

“Dimostralo!” Urlò una ragazza della Casa di Ares.

Chirone fece un cenno di assenso verso Jason che, impugnata una lancia d’oro massiccio, che Cassandra non capì da dove tirò fuori, evocò un fulmine. Il Campo piombò nel silenzio più assoluto.

“Bene penso che non ci siano più dubbi a riguardo. Jason potrà soggiornare nella Cabina 1, mentre Piper si accomoderà per questa sera nella Cabina 11.”

“Dove resterà per il resto del suo soggiorno probabilmente!” La voce acuta di Drew era inconfondibile.

“Drew, nessuno ha chiesto il tuo parere!” Sbottò Cassandra alzandosi in piedi, con Will che le teneva una mano sulla gamba, come per tenerla sotto controllo.

“Oh andiamo! Voglio dire, avvita-bulloni è stato riconosciuto appena messo piede qui! Vuol dire che gli dei non sono in vacanza se Efesto si è preso la briga di riconoscere quello sfigato!”

Cassandra non ci vedeva più dalla rabbia, e non era la sola: tutta la Cabina 9 stava protestando rumorosamente.

“Ergo, qualche dea si vergogna di lei e non ha intenzione di riconoscerla, ovvio!” Concluse soddisfatta, guardandosi le unghie smaltate.

Cassandra non fece in tempo a risponderle: un bagliore rosato proveniva alla sua sinistra, dai gradini occupati dalla Casa di Hermes. Piper si era alzata in piedi, evidentemente per rispondere con le rime a Drew, ma in quel momento tutti la guardavano perchè era avvolta da un’aura rosa, indossava un bellissimo peplo greco, che lasciava ben poco spazio all’immaginazione, e aveva trucco e parrucco impeccabili. Voleva dire una sola cosa: la benedizione di Afrodite.

Se Cassandra era sotto shock (mai avrebbe pensato che una tipa a posto come Piper potesse essere figlia di Afrodite), Drew era letteralmente sconvolta. 

Piper capì che qualcosa non andava e si guardò riflessa in un piccolo pugnale che aveva appeso alla vita: la sua espressione esprimeva tutto il suo disgusto. 

“N-Non sono io questa!” Balbettò evidentemente a disagio.

“Piper McLean” tuonò Chirone “Figlia di Afrodite, signora delle colombe, dea dell’amore”.

 

La serata al falò era stata decisamente sopra la media. I tre ragazzi nuovi avevano portato scompiglio al Campo.

Cassandra, mentre tornava nella propria Cabina per il coprifuoco, non potè fare a meno di sentirsi nuovamente triste per Piper: le aspettava una convivenza spietata con quella despota di Drew. Non voleva essere nei suoi nuovi e elegantissimi panni.

Con quel pensiero si addormentò nel suo letto, senza neanche augurare la buona notte a Will.

Il giorno dopo si svegliò al suono della conchiglia del Campo, che chiamava tutti a raccolta per la colazione, prima di disperdersi nelle varie attività.

Come da programma Cassandra aveva lezione di tiro con l’arco e si recò nella zona di tiro.

Lì, affissa alla parete dell’armeria, c’erano i turni delle lezioni del Mercoledì.

-Cabina 11 a lezione di scherma con Percy Jackson Clarisse La Rue-

Cassandra passò le dita sul nome barrato di Percy. Chissà dov’era. E chissà cosa ha fatto di male la Casa di Hermes per meritarsi Clarisse come insegnante.

-Cabina 9 a lezione di tiro con l’arco con Cassandra Solace-

-Ovviamente- pensò Cassandra -Non si è mai troppo scontati-.

Di lì a cinque minuti il padiglione del tiro con l’arco si riempì dei figli di Efesto, compreso Leo, che non faceva altro che ammiccare in sua direzione.

Cassandra, molto professionale, non ci badava e iniziò il suo solito discorso:

“Benissimo. Benvenuti a lezione di tiro con l’arco. Oggi ci concentreremo sui bersagli in movimento. Ecco una piccola dimostrazione.”

Cassandra si tolse l’orologio da polso che si trasformò nel suo fidato arco e fece un cenno al satiro-assistente. Quest’ultimo azionò il bersaglio meccanico, che attraversò i due estremi della zona di tiro a velocità corsa-di-un-centauro-molto-allenato. 

Cassandra lo lasciò fare su e giù per il suo tragitto un paio di volte, finché non estrasse una freccia dalla faretra, incoccò e… centro perfetto.

Si girò trionfante verso i suoi spettatori e proseguì: 

“Ovviamente inizieremo a velocità più bassa, soprattutto per chi non ha mai tirato.” e scoccò uno sguardo a Leo, che lo sostenne con aria divertita.

“Benissimo. Iniziamo! Accomodatevi in armeria e prendete arco e fre…” si interruppe bruscamente, ma nessuno ci fece caso: si erano già fiondati in armeria come farebbero le figlie di Afrodite a una svendita di Prada. 

“Ragazzi!” Cassandra li richiamò all’attenzione. Era in evidente disagio. “Visto gli avvenimenti che hanno colpito la vostra Casa recentemente, io e Chirone abbiamo ritenuto più sicuro che tiriate con dardi spuntati. Dovrebbero esserci frecce con le ventose o qualcosa del genere.” 

Un coro di dissenso si diffuse dai ragazzi, ma Cassandra lo ignorò.

Si posizionarono in fila davanti al bersaglio mobile e, uno alla volta, iniziarono a scagliare frecce nel momento in cui il satiro attivava il meccanismo.

Cassandra si elogiò mentalmente per la scelta delle frecce a ventosa… I figli di Efesto erano un pericolo pubblico. Lei si limitava a commentare a distanza:

“Non avere fretta di scoccare! Chiudi il gomito! Non trattenere il fiato!”

Arrivò il turno di Leo.

“Leo Valdez!” Intimò Cassandra con aria di sfida: “Vediamo che sai fare!”.

Leo la fissava con la coda dell’occhio sottile e con un ghigno divertito stampato in faccia.

“Vuoi mirare invece di guardarmi?” Sbottò Cassandra.

“Perchè? Sei molto più carina di quel bersaglio! E poi non riesco a concentrarmi con te nei paraggi. Puoi farmi vedere come si fa?” ammise lui con finta aria innocente.

Cassandra sbuffò sconfitta, e si mise dietro il figlio di Efesto, sorreggendogli le braccia e posizionandole nel modo corretto. Sentiva il suo profumo, sapeva di buono, con una punta di olio di motore.

“Raddrizza il gomito, non stai avvitando un bullone!” Disse lei, portandogli l’avambraccio all’altezza giusta. Emanava calore, come se fosse stato sotto al sole diverse ore.  

“Respira lentamente” sussurrò poi al suo orecchio. Leo sembrava concentrato, almeno lui tra i due. Se non fosse stato un portento con l’arco Cassandra avrebbe mandato la freccia in mezzo ai cespugli. Nonostante ciò, ostentava sicurezza.

“Ora scocca!” Esclamò lei. Lui eseguì.

“Visto? Centro perfetto! Sono o non sono il miglior allievo che tu abbia mai avuto? Ah, e anche il più bello, non dimentichiamoci!” Cassandra si stava già allontanando da lui prima che finisse la frase, per sua enorme fortuna, visto che le fece spuntare un sorriso sul bel viso abbronzato che non voleva dargli la soddisfazione di vedere.

Continuando a dargli le spalle, si era appena resa conto che c’erano una decina di ragazzi e ragazze che avevano assistito alla scena con fare complice. 

“Allora?” Scattò Cassandra “Avanti il prossimo, non ho tutto il giorno!”.

Se avesse avuto uno specchio davanti, probabilmente si sarebbe accorta di essere diventata più rossa del centro del bersaglio su cui era ancora conficcata la freccia di Leo.

 

 

 

Ciao a tutti!

Come sempre spero vi piaccia il capitolo, nonostante mi sia distaccata momentaneamente dalla storia originale, dove i tre “novellini” partono subito in missione, fatto che mi ha sempre destabilizzata, perchè non riuscivo a capire come potessero passare dall’essere totalmente estranei al mondo degli dei greci, al partire per una missione il giorno successivo.

Nella mia versione quindi dovranno fare un po’ di gavetta prima della profezia, spero non vi dispiaccia questo cambiamento.

Come sempre, vi invito a lasciare un parere/consiglio/qualsiasicosaabbiatedadire nelle recensioni, per permettermi di capire se procedo nella giusta direzione o se devo darmi all’ippica :)

A presto,

E.

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