Make This Go On Forever

di madsdreamsx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Uno. ***
Capitolo 2: *** Due ***
Capitolo 3: *** Tre. ***
Capitolo 4: *** Quattro ***



Capitolo 1
*** Uno. ***


Urla e non una singola volta, sento un urlo prolungato che qualcuno emmette e so esattamente chi è la voce che ammette quelle grida strazianti: la mia sorellina Elizabeth che io però chiamo Lizzie ed è la persona più dolce e l’unica che io ami davvero e alla quale tenga.
So che è sveglia e vigile e che sogna quello che da piccolo sognavo anche io, ma con gli anni ci ho fatto l’abitudine e ora cerco di essere forte per lei e per mia madre, non posso abbattermi, non oggi.
Oggi non è il giorno per farlo, non che io sia solito a farlo facilmente.
Non so di preciso in passato dove lo Stato in cui vivo fosse collocato e nemmeno mi interessa perché a scuola ho studiato solamente come la Rivolta che scosse il governo e quasi cadde finché non venne eletto una persona in grado di sottometterci tutti farci vivere un inferno, quello che stiamo vivendo non è assolutamente vita, ma è una prigione che per noi è la nostra quotidianità.
Viviamo sottoterra e dobbiamo stare a rigidi orari e se uno disubbidisce o protesta rischia di venire picchiato o frustato a me è successo un paio di volte, cerco di rigare dritto per la maggior parte del tempo, sopatutto oggi.
C’è sempre una persona che disobbedisce agli ordini, ma oggi siamo tutti educati e non ci sogniamo nemmeno di disubbidire agli ordini che ci vengono impartiti, non siamo o almeno io non sono così stupido da farmi punire nel giorno della Scelta.
Non so di preciso se è sempre stato così qui, ma da quando sono nato io si.  Ogni estate, il governo e la casa reale scelgono due ragazzi e due ragazze.
Un ragazzo e un ragazza da mandare a lavorare al governo come segretari o qualcosa di simile e una ragazza e un ragazzo vengono mandati nel palazzo reale a lavorare come schiavi per la famiglia reale, schiavi o valletti o camerieri per me non c’è nessuna differenza.
Mi alzo dal letto e infilo i miei piedi direttamente nei miei scarponcini neri, nonostante io sia andato a dormire vestito, il mio abbigliamento è lo stesso da sempre, è solo cambiata la taglia man mano che crescevo: dei pantaloni blu con una maglia a maniche lunghe grigi e una felpa dello stesso colore, nei periodi invernali indossiamo anche una giacca di pelle nera.
Mi alzo e faccio attenzione a non svegliare la mia sorellina e mia madre che dormono tranquille nei loro letti, per fortuna mia sorella è riuscita a riaddormentarsi velocemente.
Non riesco a dormire oggi, sopratutto oggi. Chiudo la porta del nostro dormitorio che ho bloccato con una piccola moneta: tutte le porte alle ore 22 si chiudono in modo automatico e si riaprono alle sette in punto, ma io sono più furbo e sono riuscito a bloccarla in modo che nessuno, nemmeno le guardie che pattugliano i corridoi se ne sono accorte.
Guardo che nel corridoio non ci sia nessuno ed esco dal mio dormitorio, il mio migliore amico dovrebbe avvisarci quando è il momento di raggiungere il nostro luogo sicuro dove nessuno ci potrà mai trovare.
E dopo alcuni minuti lo sento.. quel suono leggero che solo noi siamo in grado di riconoscere, è una musica leggera e soave: è il segnale per cui io e lui e la nostra migliore amica ci dobbiamo trovare nel nostro luogo. Seguo la musica e passo per corridoi vuoti, ci sono certamente delle guardie, ma non le ho ancora incontrate per fortuna, se no sarebbero guai e belli grossi.
La mia migliore amica non è ancora arrivata, ma ci siamo dati appuntamento o forse non verrà.. so molto bene che tutto ci è davvero molto pericoloso.
Ovviamente non ne faccio una colpa alle guardie e tutta colpa  del Presidente e della famiglia reale: e odio tutti loro, sopratutto la famiglia reale, loro seguono solo gli ordini, anche se io non seguirei mai ordini del genere.
Finalmente arrivo di fronte alla grata che noi usiamo come porta per il Nostro Posto Sicuro e aspetto che mi apra, spero che sia già arrivato. Stare qui fuori mi mette ansia, non so mai come comportarmi quando incontro una guardia e non sono per nulla bravo a inventarmi bugie, almeno non così su due piedi.
Sento qualcuno che traffica con la porta e poi finalmente la apre e io mi ci infilo dentro prima che qualcuno possa vedermi: non possiamo rischiare, non oggi.
“Newt”, mi chiama e mi stringe in un fortissimo abbraccio che io ricambio più per gentilezza che per vero interesse, non voglio ferirlo, non so esattamente cosa io provi per lui, so solo che siamo buoni amici.
Lui cerca sempre il contatto fisico.
“Minho”, dico io facendogli un bellissimo sorriso “pronto per oggi?”, mi siedo per terra, siamo al buio e ci vedo molto poco, ma so di non aver toccato nulla, quando sento il pavimento duro sotto di me. “Non è ancora arrivata?”
Lui non risponde subito come se volesse soppesare per bene le parole da dire e mi guarda anche se non so con certezza se è davvero quello che sta facendo: siamo al buio.
“No, ma non penso che verrà nella sua zona le guardie pattugliano molto”.
Annuisco, è vero lei vive nell’ala est e in quella zona le guardie sono molto più severe che da noi.
“Non saprei”, mi dice lui “speriamo di non dover andare no?”.
“Fino ad oggi siamo stati fortunati”, dico io e mi mordo le unghie perché ho fame e qui la razione di cibo è molto rigorosa e molte volte vado a dormire con lo stomaco che brontola dalla fame, ma ci dobbiamo adattare e se protestiamo veniamo puniti e non siamo così stupidi da farlo oggi anche se vederci prima che le porte si aprino ufficialmente  è contro il regolamento.
“Hai fame?”, mi chiede lui e non so mai come fa a vederci al buio, ma sa sempre in che situazione mi trovo e il mio stato d’animo come se sapesse leggermi dentro e io non ci posso fare nulla, lui ha una connessione con me che nessuno avrà mai e io gli voglio bene, non so se sono capace di amare.
C’è solo una persona che io ami in questo mondo ed è la mia sorellina che si preoccupa per me, ma che mi rassicura nei miei momenti di crisi. E poi c’è Minho e non so esattamente quale sia il nostro preciso rapporto e non voglio capirlo, ma ho paura che tocchi a lui.
Quest’anno è il penultimo che è sorteggiatile, mentre io ho solo 16 anni e mi mancano alcuni anni e non vedo l’ora che questa tortura finisca.
E poi c’è Teresa, la mia migliore amica, la persona che mi capisce davvero insieme alla mia sorellina e a Minho, ma non è ancora arrivata.
Ogni anno a metà estate siamo obbligati ad assistere alla cerimonia che porterà quattro di noi via di qui: due al palazzo del governo e due al palazzo reale, di solito sono un maschio ed una femmina e per fortuna a me non è mai toccato nulla di simile, ma tutti gli anni ho paura che tocchi ai miei cari, di me non importa.
Minho mi allunga una pagnotta e io alzo il sopracciglio, ma lui non può vedermi quindi dopo averla presa dico: “Come hai fatto ad averla?”.
“Ho mandato Chuck nelle cucine”, dice semplicemente. Ovviamente Chuck è un ragazzetto di tredici anni, grassottelo, ma che è utile per rubare ed è anche simpatico, anche se non parliamo moltissimo.
Stiamo mangiando il nostro pane con un po’ di formaggio rubato dalle cucine quando sentiamo dei rumori fuori dalla porta e subito facciamo silenzio: potrebbe essere Teresa o una guardia, ma entrambi non ci fidiamo.
Mi alzo e guardo dallo spioncino per constatare la presenza di una guardia o della nostra amica e abbiamo fortuna: Teresa si trova di fronte alla porta e continua a guardarsi intorno. Apro leggermente la porta e lei - essendo molto magra ci si infila dentro e la chiudo in fretta: spero che non ci abbia visto nessuno.
Chiudo la porta e mi volto verso quella che è la mia migliore amica che ora sta prendendo anche lei il pane da Minho e si è seduta per terra. Ha i capelli neri lunghi fino alla vita, magra molto magra sembra quasi scheletrica e gl occhi di un azzurro brillante ha la pelle molto pallida, sembra quasi un cadavere.
“Allora Tess”; dico sedendomi in terra di fianco a lei e continuando a mangiare la mia pagnotta con il formaggio “come mai questo ritardo?”.
“Ho incontrato delle guardie con i fucili e ho dovuto nascondermi”, ci spiega lei dopo che ha finito di masticare il suo cibo “ho dovuto nascondermi e non volevo essere punita, non..”, non finisce la frase che la finiamo per lei : “oggi”.
La ragazza fa una piccola risata seguita da me e Minho: quest’ultimo  ha già finito il suo cibo, mentre io sto mangiando con calma per gustarmi il cibo che non riceverò, non in modo così abbondante e per qualche secondo regna il silenzio.
“Voi due come siete arrivati qui?”, ci chiede Teresa.
“Io sono arrivato un’ora fa in modo tranquillo”, ci spiega Minho “non ho incontrato nessuna guardia, il che mi è sembrato strano, molto strano”.
“Già”, dico io e mi passo una mano tra i capelli disordinati, ho finito di mangiare e già mi manca quel misero panino “Anche io sono arrivato qui senza farmi beccare, mi sono svegliato grazie agli urli di Lizzie”.
“Fa ancora gli incubi?”, mi chiede Teresa e quando annuisco mi abbraccia stretto, il che è strano perché io e lei siamo identici come carattere: lei è molto più bella di me.
Minho ci guarda per qualche istante poi fa un dolce sorriso.
“Voi due stareste molto bene insieme sapete?”, dice.
Io scoppio a ridere e Teresa fa una piccola smorfia.
“Lo sai molto bene che sono gay”, dico “e Tess è la mia migliore amica e le voglio tanto bene”.
Minho fa per dire qualcosa, ma in quel momento un campanello suona e la porta con un suono meccanico si sblocca.
Abbiamo paura che possano scoprirci, ma non viene nessuno, ma la porta è aperta.
Teresa la fa scorrere lentamente e guarda nel corridoio e per fortuna non c’è nessuna guardia nei paraggi.
“Ci vediamo più tardi”, dico a Tess e a Minho, viviamo in zone diverse.
Mentre i miei amici procedono verso un corridoio a sinistra io procedo verso un corridoio alla mia destra e facendo con calma mi infilo nel mio dormitorio facendo scorrere la porta: nessuna guardia mi ha visto, ho avuto fortuna. Quando chiudo la porta della mia stanza vedo mia sorella e mia madre che si stanno vestendo.
Io e mia sorella siamo uguali, lei è più piccola di me di due anni e hai i miei stessi capelli biondi solo che i suoi sono lunghi e legati sempre in una treccia laterale e ha i miei stessi occhi marroni ed è magra come me. Mia madre invece ha i capelli castano scuro e gli occhi marroni e mio padre aveva gli occhi verdi e i capelli biondi come i miei e quelli di mia sorella.
Mio padre non c’è più e ora siamo solo io, mia sorella e mia madre.
Io e mia sorella siamo sorteggiabili per la scelta e spero che non tocchi a lei.
“Dove sei stato?”, mi chiede mia madre con tono accusatorio già vestita e curata. Non abbiamo il bagno in camera, ma ne abbiamo uno comune e lo possiamo usare a turno. Non mi lascia il tempo di rispondere “forza è il turno dei ragazzi”, mi da un asciugamano e io entro in bagno.
Mi svesto e accendo l’acqua, la doccia viene calda e io mi ci infilo dentro, ho solo dieci minuti per lavarmi, poi suonerà il campanello e io dovrò uscire e lasciare posto agli altri.
Il campanello suona fin troppo presto, ma io sono molto veloce e anche nel bagno ci sono le guardie che sorvegliano.
Mi dirigo in camera che divido con mia madre e mia sorella con l’asciugamano stretto in vita e con i capelli ancora bagnati.
Una volta in camera mi asciugo e mi metto un paio di boxer: non mi vergogno a farmi vedere nudo da mia madre e mia sorella: sono la mia famiglia, l’unica che ho.
Loro hanno già fatto la doccia e per oggi non dobbiamo vestirci con la solita divisa azzurra e grigia, ma possiamo scegliere abiti eleganti per la Scelta come se fosse una cosa bella, invece che una tortura. In queso momento anche Minho e Teresa si staranno preparando: spero che non tocchi a  loro andare, spero non tocchi a mia sorella.
Spero non tocchi a me e non possono esserci volontari: è contro il regolamento. Se ti offri come volontario ti portano in isolamento e poi ti picchiano o frustano, a me è già successo: sono stato frustato fin troppe volte. Non abbiamo molti vestiti, ma solo quelli che ci offrono e quindi le donne saranno vestite tutte uguali e anche i ragazzi.
Mia mamma indossa un abito rosa pallido lungo fin sotto le ginocchia e ballerine in tinta. I capelli devono essere raccolti in alto mediante una coda o una treccia. Mia madre ha raccolto i capelli in uno chignon, mentre mia sorella è vestita allo stesso modo e ha i capelli biondi raccolti in una treccia.
“Ecco i tuoi vestiti Newtie”, mi dice dolcemente la mia sorellina, è l’unica persona al mondo che può chiamarmi in quel modo, mia madre mi fa un piccolo sorriso, ma non ho un bel rapporto con lei.
I miei vestiti sono appoggiati sul letto: dei pantaloni grigi con una camicia blu scuro e ai piedi metto delle scarpe da ginnastiche nere.
Maschi e femmine sono vestiti uguali. I miei capelli sono in ordine, da piccolo gli avevo lunghi, ma me li hanno fatti tagliare corti.
Non parliamo mentre mi vesto forse siamo troppo agitati o comunque non trovo nessun argomento di conversazione, vedo però che mia madre aggiusta il vestito di mia sorella e lei si scansa.
“Andrà tutto bene Newtie”, mi dice e mi abbraccia stretto, io la stringo forte a me, le voglio davvero tanto bene e lei che mi da’ la forza necessaria per non ribellarmi a questa vita.
“Tesoro”, dice mia madre “non ti agitare”.
“No, sto bene”, dico risoluto, devo essere forte per loro, sono la mia famiglia.
Stiamo in silenzio per un tempo indefinito, stringo le mani di mia madre e della mia sorellina e poi dopo non so quanto suona un campanello e una voce metallica dice: “‘tutti sono pregati di radunarsi nella piazza per la Scelta, chi non sarà presente verrà ucciso’.
Non abbiamo scelta dobbiamo andare. Faccio un lungo respiro e poi esco per primo dalla stanza, mia madre e la mia sorellina mi seguono.
La piazza si trova all’ultimo livello ancora più in sotterranea e dobbiamo prendere un ascensore che comunque non ci contiene tutti. Salgo nell’ascensore che si trova nel nostro settore e salgo sopra di esso seguito dalla mia famiglia e nei pochi secondi si riempie di tutte le persone che abitano nel nostro settore: qualcuno lo conosco, altri solamente di vista.
“Ciao Newt”, mi saluta un ragazzo alto e di colore: Alby, non siamo proprio amici, ma  è un ragazzo simpatico, nel mio settore vive anche Chuck un ragazzino di tredici anni, quello che ha rubato il pane dalle cucine.
“Grazie per il pane”, gli sussurro, lui annuisce e mi fa un sorriso. Quando l’ascensore è pieno salgono due guardie con i fucili caricati e si mettono davanti a noi per scortarci.
Il viaggio è molto veloce, tengo la mano della mia sorellina durante tutto il viaggio, ma dovrò lasciarla molto presto.
Arriviamo in meno di un minuto nella piazza sotterranea dove è stato installato un palco, ci sono quattro bocce ognuno ha il nome di uno di noi e oggi avverrà la Scelta.
Appena scendo dall’ascensore scorgo Teresa e Minho che scendono da loro e gli faccio un cenno di saluto, loro ricambiano. Ogni persona della stessa età sta con quelli della propria età, in ordine alfabetico.
Maschi e femmine insieme. Do’ un bacio sulla fronte a mia sorella che si va a mettere insieme a quelli di quattordici anni e abbraccio mia madre che si va a mettere insieme agli adulti in un angolo della sala.
Io e Teresa abbiamo entrambi sedici anni, quindi ci mettiamo in fila insieme, ma essendo che il suo cognome inizia con la A si mette quasi in prima fila, mentre io con la N mi metto in fondo insieme ad altri ragazzi magri come me.
Per la Scelta si è sorteggiatili dagli 11 anni fino ai 20, Minho ha 19 anni quindi è ancora sorteggiatile, si mette in fila alla mia sinistra insieme a quelli della sua età. 
Nella sala c’è un silenzio di tomba, nessuno osa parlare e quando suona una specie di gong una donna dai capelli neri vestita in modo casual si fa avanti sulla pedana in cui è stato installata un microfono: tutti possiamo vederla e sentirla.Le guardie controllano che nessuno manchi all’appello e quando constatano che ci siamo tutti fanno un cenno alla donna.
“Benvenuti”, dice lei con una voce delicata “Benvenuti ad un nuovo anno della Scelta”, pronuncia queste parole come fosse un privilegio, ma è tutto così brutto almeno per noi, non ha senso.
“Ci aspetta una grande giornata per alcuni di voi”, dice, sembra contenta, super estasiata.
“Prima di cominciare il sorteggio per chi dovrà andare al Governo”, continua “alcune piccole parole.. la Scelta è una cerimonia importante e mi aspetto che chi venga scelto porti il massimo rispetto, così vuole il Governo e la famiglia Reale”.
Non c’è bisogno che dica ciò, nessuno osa comportarsi male almeno non oggi. Nessuno ci tiene a venire ucciso, mutilato, picchiato e martoriato e messo in isolamento per una settimana senza cibo ne’ acqua.
Oggi ci comporteremo tutti bene. La donna di cui non ricordo il nome ci spiega un po’ di storia, ma io non l’ascolto, Minho si è girato verso di me e mi fa un piccolo sorriso alzando però gli occhi al cielo, faccio una piccola risatina e il tipo di fianco a me sbuffa impazientito. Guardo dov’è mia sorella per assicurarmi che stia bene.
La donna finisce di parlare siamo obbligati ad applaudire e lo facciamo anche se non ho ascoltato una singola parola di ciò che ha detto. Applaudo insieme agli altri mentre le guardie girano per controllarci, nessuno osa disubbidire.
“Ora”, dice la donna una volta che gli applausi sono cessati “è venuto il momento di sorteggiare per chi andrà a lavorare al Governo”, si avvicina alla boccia a destra contenente il nome di una ragazza. Prende un foglietto ripiegato con cura, un foglietto a caso e lo spiega e pronuncia il nome: “Harriet”, dice e tutti si girano verso una ragazza della mia età di colore con cui ho frequentato qualche lezione, è simpatica.
Lei tutta tremante percorre la strada fra la fila e il palco. Una volta salita sul palco la donna la fa mettere di fianco a lei e noi applaudiamo ancora in segno di rispetto, chi va al Governo è sempre più fortunato rispetto chi va dai Reali che ci trattano come schiavi.
“Ora è il turno dei maschi”, dice la donna non facendo caso ad Harriet che sta tremando tutta.
La donna prese velocemente un foglietto, ritorna al microfono e lo spiega: “Ehm Ehm”; si schiarisce la voce “ Aris Jones”.
Oh caspio.. conosco bene Aris Jones è un ragazzo di 19 anni dalla pelle olivastra e i capelli neri tagliati molto corti: ci ho parlato un paio di volte. E’ molto sicuro di se e quando chiamano il suo nome lui percorre la strada a testa alta e quando è sul palco non trema, ma guarda fisso davanti a se’.
Applaudiamo anche per lui. Non siamo dispiaciuti molto per Harriet e Aris, andare al Governo non è bruttissimo a parte stare ad orari rigidi, la cosa brutta è andare dalla famiglia reale, dove sei trattato peggio di una nullità.
“Bene, ragazzi”, dice la donna “seguite le guardie”, dice e indica due guardie che sono spuntate, i due ragazzi senza dire nulla seguono le guardie e varcano una porta alla sinistra del palco.
“E ora per la famiglia Reale”, dice la donna “dovreste essere onorati, la famiglia è molto gentile con tutti ed è un onore servirgli”, dice la donna e io alzo gli occhi al cielo, nulla di ciò è vero, ma lei viene pagata per dire tutto ciò.
“Prima le Signore”, dice la donna e da un’altra boccia prende un foglietto di carta, lo dispiega e torna al microfono.
Fa che non sia Lizzie, fa che non sia Lizzie, fa che non sia Lizzie, ripeto fra me e me.
“Teresa Agnes”, legge velocemente e il mio cuore sprofonda, Teresa non può andare a lavorare da schiava, ma non posso fare nulla.
Lei cammina verso la pedana e stringe la mano alla donna, non piange,  è una ragazza forte.
I nostri sguardi si incontrano e fa un piccolo sorriso: un sorriso che non ricambio.
“Ora i maschi”; dice la donna e va alla sfera dove ci stanno i biglietti con i nomi di noi uomini e tira fuori il biglietto, ritorna al microfono e legge il nome.Non è Minho o qualcun’altro che conosco.
E’ Isaac Newton.. Newton o solo Newt, sono io. 

 

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Capitolo 2
*** Due ***


Quando chiamano il mio nome mi sento come se fossi caduto da un albero piuttosto alto. Il mio respiro si ferma per qualche istante e mi sento tremare, ma cerco di essere forte perché non posso mostrarmi debole non davanti a tutta questa gente e sopratutto non davanti alle persone che stanno guardando la Scelta in televisione.
Ogni anno in televisione mandano in onda il risultato della Scelta e ogni siamo obbligati a guardarla, ma ora sarà diverso. Con sguardo assente e guardando un punto sul palco senza vederlo davvero, cammino lungo il palco, sento la voce di mia sorella urlare qualcosa, ma non ci faccio caso, non voglio creare pasticci. Salgo sul palco e mi sento come se non fossi davvero io, come se nel mio corpo ci fosse un’altra persona.
Mi metto alla destra della donna e guardo Teresa, lei mi fa un sorriso triste che io ricambio, almeno in questo viaggio saremo insieme.
“Ed ecco i due ragazzi che andranno al palazzo Reale”, dice la donna al microfono in modo che sentano tutti “Teresa Agnes” e la indica “e Isaac Newton detto Newt”.
Tutti applaudono perché obbligati a farlo, ma io non mi muovo sto immobile: non ci credo che tocchi proprio a me.
“Prego quella stanza”, indica una stanza alla destra di Teresa e come se fossi un’automa ci dirigiamo verso una stanza abbastanza grande con dei divani e delle poltrone.
La guardia ci accompagna e poi rimaniamo soli.
“Almeno stiamo insieme”, dico io, ma Teresa scoppia a piangere e io l’abbraccio e la stringo forte a me: “andrà bene, ce la caveremo, siamo forti”.
Lei annuisce, ma continua a stringermi e mentre siamo stretti in questo abbraccio strita costole, la porta si apre e si chiude e prima che uno di noi due possa accorgersene una figura alta, dai tratti asiatici e dai capelli neri ci viene incontro e ci abbraccia: per pochi secondi stiamo stretti in un abbraccio, non so quando rivedremo Minho.
“Mi mancherete”, dice lui con la voce rotta “non so se ci rivedremo”.
Teresa piange, ma io no, non voglio farlo, devo essere forte anche se sto andando in un posto dove mi tratteranno malissimo, non devo piangere o avvilirmi.
“Minho”, dico mettendogli le mani sulle spalle “staremo bene lo sai, so cavarmela”.
“Tess tieni testa se ti trattano male e anche tu Newt”, dice Minho fa una pausa “Newt io...”, fa per dire, ma la porta si apre di botto e una guardia dice , anzi quasi urla “tempo” e trascina con forza Minho fuori dalla stanza e così non so cosa voleva dirmi.
“Tu hai idea di cosa volesse dirmi?”, chiedo alla mia amica, ma lei scuote la testa.
Non so se è davvero onesta con me, ma non ho il tempo di accertarmene perché la porta si spalanca e una guarda dice: “un minuto” e insieme entrano la mia famiglia e quella di Teresa.
Mia sorella mi corre incontro e mi abbraccia, non piango e nemmeno lei lo fa, ma ci stringiamo per minuti interminabili finché lei non si stacca e mi prende il viso fra le mani: “non ti preoccupare Newt andrà bene, noi staremo bene” e poi mi da un bacio sulla guancia, mi mancherà.
E’ il turno di mia madre, l’abbraccio forte lei invece è una valle di lacrime e mentre l’abbraccio le sussurro: “non piangere, abbi cura di Lizzie, ti prego”.
Vedo la famiglia di Teresa abbracciare la figlia, lei non ha fratelli o sorelle, ma solo genitori.
Faccio appena in tempo a salutare loro e dare un ultimo bacio a mia madre e alla mia sorellina che una guardia sbatte fuori tutti loro ed un’altra ci guida fuori dalla stanza.
Io e Teresa ci teniamo per mano, per farci forza: stiamo andando in una prigione.
Non vediamo Aris e Harriet che andranno a lavorare al Governo, loro prenderanno un altro treno, mentre noi veniamo guidati verso la stazione che è sempre sotterranea e siamo guidati verso un treno ad alta velocità. Saliamo sul treno e ci fanno vedere le nostre camere, siamo divisi, ma tanto so che non riuscirò a dormire: il viaggio dura meno di un giorno.
La tortura sta per avere inizio. Il treno viaggia molto veloce. Non ho voglia di farmi la doccia e non trovo il caso di cambiarmi così mi dirigo verso la carrozza ristorante.
Qui vi trovo un uomo sulla trentina, bello d’aspetto e molto muscoloso e una donna dai capelli neri ed esile.
“Dov’è Teresa?”, chiedo appena la porta dietro di me si chiude ed io entro nella carrozza- bar- ristorante.
I due si girano, stanno mangiando un bel pranzo.
“Meglio che arrivate separati”, dice l’uomo.
“Perché mai?”, chiedo con fare accusatorio “siamo della stessa casta”.
“Ma lei sarà..”, fa per dire la donna di cui non ricordo il nome, ma l’uomo muscoloso la interrompe.
“Siediti”, mi invita, ma io non gli do retta e me ne resto in piedi con le gambe incrociate “Lo so che non ti piace questa cosa, ma devi farla punto”, mi dice.
Alzo gli occhi al cielo perché lui non ha idea di quanto noi stiamo in basso, di quanto noi dobbiamo soffrire.
Alla fine cedo perché ho molta fame e mi siedo al tavolo.
La colazione sembra ottima migliore di quella che ricevo di solito e così comincio a mangiare perché non mi capita quasi mai di ricevere così tanto da mangiare, almeno che Chuck non rubi dalle cucine e non può farlo troppo spesso. Mangio i cereali che sono in una scodella innaffiati con il latte e bevo una cosa che sembra caffè che però a noi non è concesso bere.
Noto ad un certo punto che c’è un silenzio di tomba nella stanza e sto mangiando una cosa che sembra essere una brioche quando alzo lo sguardo.
“Che c’è?”, dico dopo aver mangiato giù l’ultimo boccone.
“Dobbiamo istruirti”, dice l’uomo “hai finito di mangiare?”.
“Si”, dico senza pensarci. Di solito mangio molto meno e non voglio rischiare di vomitare, per una volta ho mangiato molto bene, meglio della misera razione che ci danno ogni giorno.
“Bene”, dice l’uomo e pulisce la bocca con il tovagliolo “sai dove stai andando vero?”.
“Ovvio che lo so”, dico in tono saccente “dal momento che capita ogni singolo anno”.L’uomo fa una piccola risata, ma la donna sembra seccata dal mio comportamento non che me ne importi molto.
“Allora saprai cosa andrai a fare, signorino?”, interviene la donna che ricordo si chiami Mary.
“Non proprio”, rispondo io.
“Allora te lo dico io cosa andrai a fare”, dice l’uomo di cui non ricordo il nome, non che mi importi “ sei stato scelto come servo”, si blocca allo sguardo della donna “volevo dire valletto del principe”.
No! No! No! No! Valletto del principe? Non è possibile, cazzo! Pensavo che avrei fatto servizio nelle cucine o messo in ordine camere, lavoro da schiavo, ma valletto del principe? Pensavo che tutto ciò toccasse alle caste più alte non a me.
Di solito i compiti più da schiavi toccano a noi che siamo quasi la classe più disagiata e povera e infatti da quanto so a noi tocca sempre il lavoro da schiavi, ma in fondo servire, vestire, fare inchini al principe non è un lavoro da schiavi? Forse si.
Il principe è un pavone pazzo di se’ stesso che pensa di essere il migliore di tutti, ma non lo è.
“Ah”, dico semplicemente “non posso rifiutare vero?”.
“No, non puoi”, dice l’uomo e la donna fa una piccola risatina “ora dovresti andare, non so quanto manchi, ma il viaggio non dura moltissimo”.
Mi alzo dal tavolo e senza neanche degnare di uno sguardo i due me ne vado nel vagone ristorante e mi chiudo nella mia camera. Dovrei farmi una doccia, ma non ne ho voglia chi sa se l’acqua è calda qui oppure è fredda come a casa? Casa.. Casa.. Vorrei tanto essere a casa.. sarebbe meglio che questa tortura.
Mi siedo sul letto, un letto piccolino, ma modo tanto sono abituato a quello scomodo di casa, se posso definirla tale.
Le persone dell’anno scorso che sono state scelte sono ancora a palazzo, ma non ho idea di chi lavoro facciano: sicuramente sono maltrattati e anche io lo sarò, ma sono pronto non ho paura di nulla.
A Yemin ci sono sei caste e io faccio parte della sesta, quella più povera che vive sotto terra e non ha nulla ed è molto sorvegliata, so che ci sono altre caste, ma non conosco nessuno appartenente ad esse, spero che Teresa stia bene, ma lei è una ragazza molto forte e starà sicuramente benissimo.
Non so cosa aspettarmi dal giorno dopo e mi manca la mia famiglia, cosa staranno facendo in questo istante?
Non so che ore siano, ma dal sole fuori noto che è mezzogiorno passato e devono star mangiando la oro misera razione di cibo che sa di vecchio sorvegliate e poi avranno i vari turni lavorativi.
Noi siamo l’unica casta che lavora e vive sottoterra. Siamo i più sfortunati e svantaggiati e io non ne posso più, ma quest’anno devo stare bravo perché ho sentito che il principe oltre ad essere un pavone pazzo di se’ stesso è molto severo e piace frustare e martoriare gli altri.
Non so a cosa è destinata Teresa. Mi sto chiedendo tutto questo quando la porta si spalanca e poi si richiude di scatto, io alzo lo sguardo: la mia migliore amica è appena entrata nella stanza.
Le vado incontro e l’abbraccio, la stringo forte a me e per qualche istante non parliamo, ma semplicemente ci stringiamo per farci forza, non dobbiamo mollare, mai.
“Tess”, dico e mi libero dal suo abbraccio “andrà bene”.
Lei annuisce e poi fa una cosa inaspettata: mi stampa un bacio sulla bocca e poi si stacca senza dire nulla.
“Dovevo farlo, almeno una volta...” E poi esce dalla porta lasciandomi totalmente e inevitabilmente basito. 

 

Com’è possibile che io non mi sia mai accorto di nulla? Siamo migliori amici da anni e io non voglio rovinare tutto ciò che abbiamo, sono gay e lei lo sa bene, ma questo bacio non ha significato nulla non per me. Lei è la mia migliore amica, Minho è il mio migliore amico: insieme abbiamo superato il peggio e siamo andati avanti nonostante tutto. Ma Teresa provava o prova qualcosa di più? Se è così io non posso farci nulla, voglio bene a Teresa, ma la cosa finisce lì, per quanto riguarda Minho siamo solo amici e non voglio che questo cambi non sono interessato ad avere un ragazzo o qualcosa di simile.
Per tutta la giornata sto in compagnia di Vince che molto cortesemente mi ricorda il suo nome e mi istruisce su tutto quello che c’è da sapere del palazzo, del principe, della casa reale e Teresa sta con la donna che si chiama Mary e con un altro uomo di cui non ricordo il nome, non so nemmeno che ruolo lei abbia, ma le devo parlare assolutamente.
La sera arriva prima di quanto immaginassi e Vince mi dice di andare a dormire presto perché prima dell’alba saremo nella Città Capitale dove c’è il palazzo reale.
“Non ho fame”, gli dico quando lui mi invita a mangiare qualcosa e lascio la tavola e senza nemmeno salutarlo mi dirigo non verso camera mia, ma busso alla porta di quella di Teresa.
“Avanti”,  mi dice ed io entro chiudendomi la porta alle spalle. Quando lei mi vede diventa rossa e si  mette le mani davanti al viso.
“Mi dispiace”, diciamo all’unisono e poi scoppiamo a ridere insieme e per molto tempo non riusciamo a smettere, ma siamo noi. Dopo molto tempo o molto poco, il tempo è relativo quando stiamo insieme, lei è la mia persona e io sono la sua il resto non conta.
“Che ruolo hai?”, mi chiede lei per cambiare argomento, non vuole parlare di quel bacio e nemmeno io a dirla tutta.
“Valletto del principe”, dico semplicemente.
“Porca troia Newt”, mi dice lei e si mette una mano tra i capelli neri “sei fortunato io lavorerò nelle cucine”, dice lei. 

“Lavoro da schiava”, dico io “non capisco perché non sia anche io nelle cucine dal momento che veniamo dalla stessa casta”.

“Sei fortunato, Newt”, dice lei e appoggia la testa sulla mia spalla “ti voglio bene".

“Ti voglio bene Tess”, le dico io e stiamo seduti sul letto lei con la testa appoggiata sulla mia spalla e il tempo scorre mentre noi stiamo semplicemente lì aspettando che arrivi il domani.
“Devo andare”, dico ad un certo punto “non voglio che ci trovino insieme”.
Ci alziamo entrambi e prima che io esca lei mi abbraccia stretto e mi dice: “Sarai per sempre il mio migliore amico”.Le accarezzo una guancia e le do un bacio su una guancia prima di uscire da quella stanza, sono appena uscito dalla camera della mia migliore amica, quando incontro anzi quasi vado a sbattere contro Vince, ci guardiamo per un attimo poi lui scuote la testa e dice: “mi dispiace, ma devi essere punito” e senza aggiungere altro mi prende per il braccio e mi trascino lungo il corridoio del treno e io non posso far altro che accettare la punizione perché quella è la vita, questa è la mia vita e non voglio ribellarmi, ma so già qual’é la punizione.
Vince mi stringe troppo forte il braccio, ma io non protesto, non voglio cacciarmi in altri guai.
“Siamo quasi arrivati alla Capitale e sarà il principe a decidere la punizione per te, ma finché non saremo arrivati starai in isolamento senza mangiare” e mi butta in una cella in fondo al corridoio e la porta si chiude con un suono metallico: Sono bloccato lì dentro e non posso far altro che aspettare e sperare di arrivare presto e che la punizione non sia troppo dura, ma so già che non sarà così. 

 

Dopo alcune ore, non so quanto tempo sia passato in realtà, la porta si apre con un suono metallico e vedo l’uomo che si chiama Vince venirmi incontro. 

“Vieni”, mi dice “è ora di andare”.
Mi alzo e mi faccio trascinare da lui e dalle guardie fuori dalla cella. Il treno è vuoto, Teresa sarà già scesa insieme alla donna di nome Mary, chissà se anche lei è stata punita spero proprio di no.
Non parliamo, non ci fermiamo a fare colazione, ma scendiamo direttamente nella stazione. Le guardie ci scortano su un carro dove io e Vince saliamo.
“Dove sono tutti gli altri?”, domando. Da quanto so quando si arriva alla stazione i sorteggiati salgono su diversi carri, ma forse sono già tutti a palazzo.
Vince non mi risponde, ma forse sono già in punizione e questa di arrivare per ultimo è parte di essa.
Non m’importa so già che starò male. In silenzio la carrozza o quello che è ci porta fino al palazzo dove ci sono le guardie che sorvegliano le varie entrate.
Vince mi fa scendere e quando sono a terra non posso non notare come qui sia tutto diverso  e come sia vivere davvero all’aria aperta, sembra tutto così fresco e l’aria è leggera e il sole non dovrebbe essere così alto nel cielo, ma io non ho mai visto il sole se non da delle foto o dalle finestre. Una volta sono stato frustato insieme a Minho per essere uscito all’aria aperta, cerco sempre di proteggere Teresa, non voglio che lei soffra.
Le uniche persone che tento di proteggere a qualunque costo sono: Minho, Teresa e Lizzie.. la mia Lizzie mi manca già, ma so che non la rivedrò mai più o forse si, ma dovrei scappare e metterei nei guai un sacco di persone inclusa lei.
Il sole è alto nel cielo anche se è mattina presto  non so che ore siano, non ho un orologio.
E' lunedì e le persone sono a lavorare o a casa, anche qui nella Capitale, dove tutto sembra bello la gente lavora duramente, non tutti sono ricchi come la famiglia reale. Nonostante ciò noto come le persone siano libere di muoversi senza orari, senza essere controllate tutti giorni o punite, dev’essere bello vivere liberamente facendo ciò a cui uno piace.
Io non ho mai sperimentato ciò, ma sono vivo ed è questa la cosa importante.
Non parlo con Vince mentre ci scortano con un furgone verso il palazzo, non so dove sia Teresa, vorrei vederla e dirle che le voglio bene e che mi dispiace se l’ho messa nei guai, ma so che non posso.
Non ancora.
Il furgone si ferma all’improvviso e Vince senza troppe cerimonie mi fa scendere ed eccoci arrivati al palazzo reale che ho sempre e solo visto in televisione nei programmi che siamo obbligati a vedere.
Spero solo che vada tutto bene e con un bel respiro mi preparo a quella che sarà la mia nuova vita. 

Vince mi scorta nel palazzo con le guardie che ci circondano o ci proteggono? E’ un palazzo enorme, potrebbe contenere tutta la zona in cui vivo, sembra un labirinto e so già che non mi ci abituerò mai.
Entriamo nel grande salone adornato di quadri e decorazioni che sembrano provenire di un’altra epoca, una scala porta ai piani superiori e vi sono varie porte chiuse.
“Vieni”, mi dice Vince e mi tira verso le scale che saliamo insieme alle guardie.
Una volta salite una prima rampa di scale, percorriamo un corridoio ne totale silenzio, vedo alcune persone andare e venire per i corridoi altri domestici alcuni mi fanno un cenno con il capo.
“Dov’è Teresa?”, chiedo parlando per la prima volta dopo minuti.
“Non sono affari tuoi”; mi risponde secco Vince continuando a camminare.
“Invece si”, dico “è la mia migliore amica”.
Lui non mi risponde, ma io non mi do’ per vinto devo andarla a cercare e voglio farlo il primo possibile.
Mi guidano fino ad una porta infondo ad il corridoio e la aprono.
“Entra”, dice Vince e mi butta dentro “penseremo dopo alla tua punizione” e detto ciò mi spingono dentro e chiudono la porta.
La stanza è grande, immensa e non penso sia la mia, vi è un letto enorme a baldacchino con dei cuscini che sembrano morbidi sopra, vi sono delle poltrone e dei divanetti in pelle e un grande specchio che ricopre un’intera parete.
Cammino per la stanza: non c’è nessuno.
Nella stanza c’è una porta che conduce al bagno privato e un’altra ad una cabina armadio: sarà del principe.
E infatti le mie previsioni sono corrette quando sento la porta aprirsi e chiudersi e una voce roca dire: “Tu devi essere il nuovo valletto”.

 

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Capitolo 3
*** Tre. ***


Mi giro e quasi non svengo.
Ho già visto il principe in televisione insieme ai genitori, ma vederlo dal vivo è diverso.. è più bello, è molto bello, ma nonostante questo lo odio perché per colpa sua tante persone hanno sofferto e continuano a soffrire inclusa le mie persone.
“Si”, rispondo in modo secco.
Lui alza le sopracciglia e si corica sul letto senza degnarmi di uno sguardo, non so cosa fare.
“Che fai lì impalato come un deficiente?”, mi chiede e io non posso far altro che ridere lui non dice nulla, ma alza gli occhi al cielo.
“Dovrei vestirla e lavarla e cose del genere giusto?”.
“Giusto”, mi risponde lui con sufficienza “ma ora mi hanno detto che ti sei comportato male”, dice lui.
“Non ho fatto nulla”, mi difendo perché è vero non ho fatto nulla di male “ero solo in camera della mia migliore amica “.
“I maschi e le femmine devono stare separati dopo la Scelta”, dice semplicemente lui.
“Non sa cosa vuol dire”, sussurro, ma lui mi sente e mi guarda negli occhi per la prima volta.Non so cosa dire e cosa fare, sono al centro della stanza in piedi come un cretino a fissare questo Principe che si crede Dio.
“Scusa?”, chiede lui “puoi ripetere”.
“Non ho detto nulla”, dico nel tono più convincente che posso “qual’é la punizione?”.
“Passerai una settimana a dormire nello stanzino a fianco e starai tre giorni senza mangiare”, mi dice lui.
“Senza fustigazioni?”, chiedo “Wow che evoluzione”. Lui si alza e viene verso di me dandomi una spinta.
“Devi portarmi rispetto sono il tuo principe e ora trovati qualcosa da fare, vai giù nelle cucine ti chiamo io più tardi”, mi dice.
Faccio un inchino solo per sfotterlo ed esco dalla stanza.
Non so dove sia la cucina o la sala di sotto come dice il caro Principe però è proprio bello, però è anche un pavone pazzo di se’ stesso e io non voglio averci nulla a che fare se non parlare.
“Ehi tu”, mi chiama qualcuno e mi giro e vedo un ragazzo alto dai capelli corti neri e gli occhi verdi che sono sicuro di aver già visto “sei nuovo vero?”.
“Si”, rispondo io “ sono Newt piacere”, allungo la mano e ci stringiamo velocemente la mano “Io Sono Gally”, si presenta lui “Dove devi andare?”, mi chiede.
Oh certo Gally, è stato Scelto tre anni fa a soli tredici anni, ma non ricordo di che Casta sia.
“Mi hanno detto in cucina, ma non so la strada”.
“Ti guido io allora”, mi dice e cominciamo a camminare per qualche istante si crea un silenzio per nulla imbarazzante “allora sei stato Scelto da che casta?”.
“La Sesta”, dico io mentre scendiamo le scale che ho salito prima.
“Ah”, dice lui “deve essere dura essere ehm..”, non sa come dirlo, ma gli vengo in aiuto : “dei poveracci?”.
Lui mi guarda e mi fa un piccolo sorriso.
“Scusa, solo che io vengo dalla terza casta e non siamo così poveri, è vero che vivete sotto terra e se vi comportate male vi picchiano?”.
Non rispondo, vorrei essere onesto, ma allo stesso tempo non penso di poter essere onesto, non voglio essere messo nei casini.
“Hai visto per caso una mia amica?”, gli chiedo forse lui sa qualcosa “ho bisogno di vederla”. Scendiamo le scale e poi ci dirigiamo verso un corridoio a destra del grande salone dove c’è una porta socchiusa che prima non aveva notato.
“Com’è fatta?”, mi chiede li mentre tiene una porta aperta per me, io supero Gally e scendo le scale lasciando che lui mi preceda.
“Ha i capelli neri lisci, occhi azzurri, magra molto magra e bellissima”.
“E’ la tua ragazza?”, mi chiede lui. Io rido perché molte persone pensano che stiamo insieme ma non c’è nulla di più falso, è solamente la migliore amica che potessi avere.
“No” rispondo “ come ti ho detto siamo solo amici e mi chiedevo solo se l’avessi vista”.
“No mi dispiace”, mi dice lui “ ti presento agli altri ti va?”.
“Quali altri?”, chiedo con fare sospettoso.
“Gli altri Scelti negli anni passati”.
“Uhm.. okay”, dico.
Lui mi guida nella cucina dove vedo un ragazzo sui diciassette anni indaffarato a cucinare e che da’ ordini agli altri.
“Lui è il cuoco, si chiama Frypan”, annuisco. E’ un ragazzo alto di colore e sta urlando contro un’inserviente che deve aver fatto qualche pasticcio.
“Ehi Fry”; grida Gally al tipo e lui alza lo sguardo e mi vede con uno sguardo curioso.
“E’ il nuovo Scelto?”, chiede poi si avvicina e mi stringe la mano in modo vigoroso “piacere sono Frypan, il cuoco”, gli stringo la mano e gli faccio un gran sorriso.
“Andrà bene dopo n po'", mi rassicura lui "di che casta sei?”, mi chiede, ma da come mi guarda forse ha già intuito.
“La Sesta”, rispondo e lui annuisce dicendo : “sei troppo magro, come l’altra ragazza”.
“L’hai vista allora?”, chiedo impaziente, voglio vedere Teresa. Lui fa per rispondere, ma ad un certo punto un uomo sulla trentina entra nella stanza, è vestito bene e ci guarda come se fossimo feccia.
“Non sapevo che ci fosse una specie di festa qui”, dice “tornate al lavoro”.
E’ un uomo sulla trentina, ma ha già i capelli mezzi brizzolati, è magro ma muscoloso, è alto e assomiglia ad un topo di fogna, decido subito di chiamarlo ‘l’uomo ratto’.
“Tu devi essere il nuovo Scelto della Sesta Casta”, dice lui.
“Newt”, lo correggo io, non mi piace che mi chiamino Scelto, mi guardo intorno Gally si è dileguato mentre Frypan ritorna a concentrarsi sulla cena da servire.
L’uomo ratto continua a fissarmi con curiosità immensa, poi mi fa un cenno con il capo e io lo seguo fuori dalla cucina nel corridoio che sicuramente porta nella sala da pranzo.
“So che sei in punizione”, dice l’uomo ratto “ti mostro la tua stanza, ma per una tre giorni non mangerai con noi e dormirai per la tua prima settimana nella stanza vicino alla camera del Principe Stephen”, mi dice lui.
La punizione è solo questa? Allora il principe è più gentile di quanto voglia dimostrare davanti alle telecamere “devi andarlo a preparare per la cerimonia di stasera, cenano con il Presidente”.
Annuisco.
“Esigo una risposta”, mi dice lui in modo severo.
“SiSignore”, dico in tono atono, vorrei essere da qualunque parte ma non qui e mi mancano i miei amici e mia sorella, ma ho un tetto dove vivere e un lavoro che non mi aggrada per nulla, ma che devo fare. Saliamo molte scale, passiamo nel grande ingresso, ci sono delle domestiche che mettono in ordine e adornano il salone: lavoro da schiave, vorrei ribellarmi. Perché ci fanno questo? Per controllarci? Per sottometterci? L’uomo ratto mi porta in soffitta.. quella sarebbe la mia stanza? Carino.
E’ piena di polvere, ma non importa, sono abituato.
“Per una settimana però starai nella stanzetta vicino alla camera del principe”, mi ripete per la centesima volta e mi porge dei vestiti: quelli che dovrò usare per lavorare.
“Ora dovresti andare nelle sue stanze”, mi dice e mi lascia da solo.
Mi vesto molto velocemente togliendomi i miei vestiti e mettendomi la divisa da lavoro, una camicia grigia con sopra una giacca nera e una cravatta dello stesso colore.
Mi abbottono la camicia e chiudo il bottone della giacca e dei pantaloni lunghi e neri i, ai piedi indosso dei mocassini.Sto molto scomodo, i vestiti sono un po’ stretti e non sono abituato ad essere vestito in questo modo.
In ogni caso esco dalla stanza a cui dovrò dare una pulita nel mio tempo libero, che avrò molto poco, e mi dirigo verso la camera del Principe.
Busso una volta e la sua voce mi invita ad entrare.
“Ci siamo agghindati proprio bene”, mi sfotte alzo gli occhi al cielo, non devo rispondergli. Non voglio altre punizioni.
“Sono obbligato”, dico “ non ho molta scelta, non l’ho mai avuta”.
Lui si sveste davanti a me senza rispondermi, non m’importa vederlo nudo anche se a dirla tutta è davvero molto attraente. Quando rimane in mutande davanti a me, mi perdo solo un secondo a fissarlo scuoto la testa e lui mi indica la cabina armadio.
Entriamo nella cabina armadio che è enorme.
“Cosa vuole mettersi?”, domando.
“Cosa vuoi mettermi tu?”, dice in tono provocatorio.
Alzo gli occhi al cielo, non so nulla di queste cose. Alla fine scelgo un frack nero che spero vada bene e comincio a vestirlo e ad abbottonargli i pantaloni.
Gli infilo la giacca e gliela abbottono e gli infilo i mocassini ai piedi: lavoro da schiavo. Quando ho finito il mio lavoro, lo guardo e lui mi guarda senza dire nulla.
“I gemelli”, mi dice.
“I gemelli?”, domando, cosa cavolo sono i gemelli? Non capisco.
“Non ti sei mai vestito elegante?”.
“No, signore”, rispondo io "Provengo dalla Sesta Casta, non abbiamo occasioni per vestirci bene”.
Lui annuisce e poi mormora: “mi dispiace devi odiarmi”.
Si lo odio, ma non posso dirglielo quindi mi limito a fissarlo ancora. Lui si gira e prende da un cassetto dei bottoni identici che si infila nelle maniche del frack e se li abbottona.
“Questi sono i gemelli, avresti dovuto studiare”.
“Mi dispiace Signore”, dico io “la prossima volta farò meglio”.
Ritorniamo nella camera e lui si siede su una poltrona e io comincio a sistemargli i capelli con una sorta di gel che non ho mai visto: ora è in ordine o almeno penso che sia così.
“Posso andare?”, chiedo piegando i vestiti che si è tolto, lui mi guarda per qualche istante e poi scrolla la testa e dice: “Parlami di qualcosa”.
“Qualcosa”, dico io e lui con mia sorpresa scoppia a ridere tenendosi la mano su un fianco “sei simpatico Newt”.
“Come fa a sapere il mio nome?”, domando senza pensarci “insomma per tutti sono Newton”.
“Non per me”, dice lui e io arrossisco e mi giro per piegare gli abiti del Principe che però sono già molto ben piegati.
Mi giro e gli faccio un sorriso.
“Pensavo che lei fosse cattivo”, dico e non gli lascio il tempo di rispondere “ora posso ritirarmi?”.
Lui annuisce e io vado verso una porta a sinistra della sua camera, la mia camera per quella settimana e mi chiudo dentro.
Che diavolo è appena successo?

 

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Capitolo 4
*** Quattro ***


Sono coricato sul lettino piccolo che ho nella stanzetta a fianco quella del principe, quando il campanello suona. Non so quando tempo sia passato, ma ho passato tutto il tempo a fissare il soffitto e a pensare a quello che il Principe aveva detto. Il mio stomaco brontola, mentre vedo l'oscurità intorno a me, devono essere passate ore. Sono abituato a non mangiare o a mangiare poco.
Scendo dal letto, non mi sono nemmeno tolto le scarpe per essere pronto nel caso il principe chiamasse. Apro la porta della stanzetta e vedo il Principe seduto sul divanetto che si sta togliendo i gemelli.
“Alla buon'ora”, dice lui tanto per sfottermi, io mi avvicino a lui “pensavo di dover provvedere da solo”.
“Non sia mai”, dico mentre lui si alza per dirigersi nella cabina- armadio enorme “dev'essere terribile svegliarsi ogni giorno e non fare nulla”, dico forse con troppa sincerità mentre appendo la sua giacca ad una gruccia. Non me lo aspetto, ma sento la mano del principe abbattersi sulla mia guancia, ma non reagisco anche se vorrei.
“Non provarci ancora”, mi dice e io continuo a guardarlo impassibile “io faccio..”, fa una piccola pausa “cose”.
“Certo”, dico io trattenendo una risata, un schiaffo non è nulla in confronto a quello a cui sono abituato, non ho nemmeno sentito dolore “immagino”. Gli slaccio i pantaloni che appendo nell'armadio e una volta rimasto in boxer gli infilo il suo pigiama che trovo piegato nell'armadio e sopra gli infilo una camicia da notte blu.
Non parlo, non so cosa dire.
“Dovresti parlare di più”, mi dice lui mentre torniamo in camera sua “non mi piace avere troppo silenzio”.
Alzo gli occhi al cielo.
“Ovvio”, dico, lui si siede su una poltrona e io gli sistemo i capelli “com'è andata la cena o quello che era?”.
“Quello che era..”, mormora lui facendo una piccola risata “hai un modo strano di parlare Newt” e io arrossisco quando pronuncia di nuovo il mio nomignolo “Bhe.. è andata bene direi”.
“Non ne è sicuro?”, dico mentre gli pettino i capelli e guardo che sia in ordine anche per dormire.
“Mi sono annoiato”, dice lui e si gira per fissarmi negli occhi per la prima volta. Ha degli splendidi occhi marroni e non riesco a fissarlo a lungo, così abbasso lo sguardo. “In realtà mi annoio spesso”.
“Immagino”, dico anche se non lo immagino affatto perché io ho sempre lavorato ed annoiarsi non fa parte di me. Ogni momento della mia giornata è sempre stato organizzato alla perfezione e sorvegliato: non c'è tempo per annoiarsi. Sveglia, Colazione, Lavoro, Pranzo, Lavoro, Altre attività, Cena, Dormire. E anche qui sarà così immagino.. vorrei abbracciare la mia Lizzie.
“Ora puoi andare”, dice lui cambiando argomento “domani mattina ti chiamo io.”.
“Perfetto”, dico facendo un inchino, ma lui non nota il suono sarcastico della mia voce.
Mi ritiro nella mia stanza chiudendomi la porta alle spalle.
Mi tolgo i vestiti e mi metto il mio pigiama. Il letto è molto scomodo e piccolissimo, ci sto a malapena. Faccio molta fatica ad addormentarmi e purtroppo non è il sonno privo di sogni che ho tanto desiderato e agognato.

Cammino in una sorta di bosco, ci sono alberi alti: non so dove io sia di preciso, non sono mai stato in quel luogo. So per certo che è un sogno, non saprei come arrivarci in questo luogo. Sento un fruscio alle mie spalle e mi volto, ho paura, c'è molto buio. Allora comincio a correre come non ho mai corso nella mia vita. Voglio svegliarmi perché ho paura che possa accadere ancora, voglio scappare via.. non voglio che mi succeda di nuovo, non voglio che accada a mia sorella ciò che è accaduto a me. Non voglio che accada a Teresa o a Minho. Non voglio che capiti di nuovo a me.

Faccio un urlo improvviso e apro gli occhi, fuori è ancora buio da quello che vedo e sono tutto sudato, di solito riesco a non fare incubi, ma questa notte è andata male. Credevo di aver superato quella cosa, ma non è così ed è una cosa che non supererò mai, ma nessuno sa quello che mi è accaduto, nemmeno Minho o Teresa. Vado alla piccola finestra che c'è nella mia “stanza” e vedo che fuori c'è ancora molto buio, ma non riesco a dormire. Nella stanzetta, c'è un bagno microscopico, mi faccio una doccia veloce: l'acqua ovviamente viene gelata, ma non mi infastidisce. Quando esco dalla doccia, vedo che non è più buio come prima, ma il sole sta sorgendo. Forse è ora di rivestirsi anche se vorrei solo dormire, ma non posso.
Mi sto mettendo la giacca elegante che devo indossare ogni giorno quando suona il campanello: un'altra giornata di lavoro comincia.

“Ti ho sentito urlare”, mi dice il principe e quasi non gli conficco il pettine nel cranio quando mi dice queste parole.
“Scusi”, dico, mi sto davvero giustificando? “Non succederà più”. Lui fa una piccola risata, ma io non ci trovo nulla da ridere: per me è un incubo.
“Dammi del tu”, dice lui mentre lo sto finendo di pettinare per la giornata in cui non farà nulla, come al solito “e mi chiamano Stephen, ma io preferisco Thomas”.
Thomas non mi piace come nome, Tommy suona meglio. Ora che ci penso, ha una faccia da Tommy, ma non posso mettermi a chiamare il Principe 'Tommy'.
“Non credevo che potessi dare del tu”, dico e gli sistemo la giacca “direi che ho finito”, gli dico. Vedo che lui mi fissa attraverso lo specchio “se ha bisogno di me io sono già con gli altri schiav..”, mi bloccò perché non posso dire 'schiavi' anche se è quello che siamo “volevo dire con gli altri domestici”.
“Perfetto”, dice lui “grazie Newt”, io faccio un altro inchino ed esco dalla stanza.
Sono ancora molto stanco, ma voglio andare a cercare Teresa, mi manca e non l'ho ancora vista. Percorro il lungo corridoio e scendo le scale e quasi vado a sbattere contro una figura alta.
“Di nuovo tu”, mi dice una voce famigliare che riconosco, è Gally il ragazzo che ieri mi hai aiutato “Di nuovo io”, dico al ragazzo e lui mi fa un sorriso. 
“Ti stavo venendo a cercare”, mi dice “dopo aver vestito il principe di solito Janson ti dice cosa devi fare”, mi spiega lui mentre scendiamo le scale. Vedo delle domestiche pulire il salone in fretta.
Raggiungiamo una porta alla destra dell'enorme ingresso di quel palazzo e scendiamo ancora le scale che ci portano nei sotterranei dove noi dovremmo lavorare e dove ci sono le cucine e la sala dei domestici e dove dovrei mangiare insieme agli altri.
“Chi è Janson?”, chiedo io curioso, Gally alza un sopracciglio guardandomi come se fossi pazzo.
“Il Maggiordomo ovviamente”,mi dice.
Ah, l'uomo-ratto.. è solo il primo vero giorno qui e vorrei già andarmene, ma questo sarà un lavoro a vita. Non potrò mai più andare a casa, la mia famiglia non mi vedrà mai più.
Io e Gally entriamo nella sala e vedo tutti in piedi che ascoltano l'uomo ratto parlare di qualcosa, Gally rimane fermo e io mi appoggiò al muro.
Mi guardo intorno e noto Teresa che guarda il maggiordomo che sta parlando anche se io non sto ascoltando.
“Ah Newton”, dice lui fissandomi “com'è andata stanotte?”, tutti si girano a fissarmi.
“Bene”, rispondo sostenendo lo sguardo dell'uomo ratto “il Principe era molto contento”.
L'uomo ratto mi guarda male, ma non dice nulla.
“Ora tutti al lavoro, veloci”, dice venendomi incontro. Noto tutte le persone nella stanza muoversi velocemente per tornare al lavoro dopo colazione: io non ho mangiato. ma sono abituato.
Teresa mi lancia uno sguardo mentre passa per dirigersi in cucina e io le faccio un timido sorriso.
“Newton”, mi chiama Janson “oltre che a vestire il Principe farai anche da cameriere insieme a Gally”.
Anche questo? Dopotutto era andato tutto troppo bene, finora.
“Non ho mai servito a tavola, non so come si faccia”, dico.
Gally mi si avvicina.
“Non ti preoccupare”,mi dice “ti aiuterò io” e mi fa un sorriso.
“Ora voi due” e ci indica e solo in quel momento noto che tutti gli altri si sono dileguati “pulirete tutte le camere. Al lavoro”.
Devo solo resistere.. bhe per tutta la vita. Io e Gally ci dirigiamo senza parlare al piano superiore dove ci sono le camere, nel palazzo sembra non esserci nessuno: i reali devono essere usciti o sono in altre stanze. Non parliamo, noto che anche lui come me si trova a suo agio nel silenzio.
“Facciamo prima la camera del Principe?”, domando io e lui annuisce. Entriamo nella camera: noto che il letto è tutto disfatto, ovviamente i reali non fanno nulla.
“Mi chiedevo”,mi dice lui mentre stiamo rifacendo il letto del Principe insieme “hai visto poi la tua amica?”.
“L'ho visto prima in sala”, rispondo io tirando le lenzuola, grazie a Gally ci sto mettendo molto di meno. Sembra simpatico.
“Anche io”, mi dice lui lasciandomi sorpreso “è molto bella sai?”. Faccio una piccola risata e lui mi guarda forse non capendo cosa ci sia da ridere.
“Si lo so”, rispondo mentre finiamo di piegare le coperte sul letto del Principe “vorrei solo riuscire a parlarle senza interruzioni”.
Lui annuisce e poi ci dedichiamo a pulire la camera del Principe pulendo gli armadi, gli scaffali e mettendo in ordine la sua scrivania. Gally è proprio un aiuto prezioso.
Dopo un'ora abbiamo finito di pulire la camera del Principe ora ci restiamo le altre camere: quella del Re e Regina, quella della Signorina e le altre dieci camere degli ospiti.
Non so che ore sono quando abbiamo finito, Gally però è una bella persona non fa mai troppe domande e mi lascia pensare agli affari miei mentre lavoriamo. Per fortuna non è una di quelle persone che deve riempire ogni silenzio con delle parole.
“In sala”, ci dice L'uomo Ratto mentre scendiamo le scale, abbiamo appena finito di pulire tutte le camere “è ora di Pranzo”. Scendiamo guidati da lui senza dire una parola, non so bene come comportarmi davanti a quest'uomo che mi mette in soggezione.
“Al pranzo ci saranno il Re, la Regina,il Principe, La Signorina e la sua Famiglia”, ci istruisce mentre scendiamo nelle cucine per portare i vassoi pieni di cibo di sopra.
“Tu fai come faccio io”, mi dice Gally e io annuisco sperando di non fare errori: sarà una lunga giornata. 

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