La valle dei narcisi

di Holly Snowflakes
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'uomo con la valigia ***
Capitolo 2: *** L'asso di spade ***
Capitolo 3: *** Coscienza ***
Capitolo 4: *** Redentio ***



Capitolo 1
*** L'uomo con la valigia ***


(Nota: Il testo scritto in corsivo obliquo rappresenta il passato, i ricordi di Christoph) 

|Presente:|
Christoph correva a perdifiato, inciampando nelle radici e sbucciandosi le mani sporche di terra. La foresta era un intrico di rovi che gli laceravano le vesti già consunte; incurante di tutto ciò continuava imperterrito la sua folle corsa schivando i tronchi per un soffio e saltando i rami più bassi. A un tratto si ritrovò di fronte a una parete di cespugli che gli sbarrava la strada, ma ormai lanciato nella corsa fece appena in tempo a coprirsi il volto con le mani e vi si tuffò dentro. Una volta liberatosi dagli ultimi ramoscelli si fermò. Non ebbe bisogno di guardarsi attorno per capire che aveva finalmente raggiunto la sua meta, una distesa di erba smeraldina punteggiata di bianco.
Hisaèl non aveva mentito, la Valle dei narcisi si stendeva infinita sotto ai suoi occhi.
Si lasciò cadere sfinito a terra, la testa tra le mani, liberando quelle lacrime a lungo represse. Cosa aveva fatto? Era solo ed esclusivamente colpa sua se si ritrovava in quelle condizioni disperate. Tastò la tasca logora dei pantaloni e ne estrasse una carta da gioco, bianca e perfetta, in netto contrasto con lui, sporco e stravolto. La rigirò tra le dita con un’espressione di sommo disgusto. Da un lato il disegno bianco e nero a fitti scacchi, dall’altro una lama scintillante con l’elsa decorata a motivi azzurri e blu elaborati: un asso di spade. La strinse nella mano con una forza tale da far sbiancare le nocche delle dita, quasi volesse polverizzarla, ma quando la riaprì la carta tornò perfetta e senza l’ombra di una spiegazzatura. Stizzito, la ripose di nuovo nella tasca e si rialzò da terra. «In un modo o nell’altro farò ammenda» sussurrò a se stesso. Pre-se a scendere per il pendio della collina cercando di ritrovare la calma e di non finire ruzzoloni. Le parole che aveva scambiato un anno prima con la sensitiva, ultimamen-te suonavano nella sua testa come una nenia tormentante, e di nuovo, mentre conti-nuava a camminare, la sua mente sprofondò nei ricordi.
 
*
 
«Sei davvero disposto a vendere la tua anima per realizzare ciò che vuoi?» gli aveva detto la donna guardandolo intensamente negli occhi.
Christoph aveva annuito convinto.
«Non sempre i nostri desideri sono giusti. E non sempre sono le cose materiali a farci sentire realizzati…»
Lui, impassibile, non aveva replicato, sottolineando ancor di più la sua convinzione a proseguire e Hisaèl si era arresa.
«…ma se ne sei proprio sicuro, allora io non posso far altro che accontentarti.» Così dicendo gli aveva consegnato la carta.
Scettico, aveva chiesto alla donna cosa avrebbe dovuto farsene di un asso di spade. Se avesse anche solo potuto immaginare le disastrose conseguenze se la sarebbe data a gambe levate e invece era rimasto seduto al suo posto ad ascoltare le indicazioni della donna.
«Non è una carta qualunque. L’asso di spade che vedi è tanto potente quanto sembra innocuo. La sua lama è in grado di strapparti l’anima. In cambio potrai avere ciò che vuoi.»
Christoph era rabbrividito a quelle parole. Gli sembrava una cosa sciocca e terrificante insieme. Aveva sentito parlare di gente che era diventata immensamente ricca e potente vendendosi l’anima e gli era sembrata una cosa tanto assurda da prenderla subito in considerazione. C’era davvero qualcuno che ti dava dei soldi per la tua anima? Dei bei bigliettoni materiali, veri e tangibili, in cambio di qualcosa che non si tocca, vede o sente? Che in pratica non esiste? Bene, allora quel ‘qualcuno’ avrebbe fatto al caso suo. Era stufo di vivere di rinunce e sacrifici, e la sua anima non gli sembrava un prezzo troppo alto da pagare.
«Aspetta l’alba, e al sorgere del sole posa la carta precisamente sul tuo…»
«…cuore?» aveva suggerito lui anticipandola con un sopracciglio canzonatorio sollevato. Era una cosa talmente stupida da essere tanto prevedibile.
Hisaèl era parsa offesa dal suo cinismo, ma aveva proseguito: «Sì, esattamente. Sul cuore. E dichiara ad alta voce l’intento di liberarti della tua anima.»
«Cosa dovrei dire, di preciso? Bibbidi bobbidi b…»
«Christoph.» lo aveva interrotto lei con uno sguardo di rimprovero.
«Perdonami, vai avanti.»
«Perché sei qui se non credi in queste cose?» gli aveva chiesto la donna scuotendo incredula la testa. «Tu pensi che sia tutta una farsa, che nulla cambierà dopo il rito, ma non è così. Non dovresti vendere la tua anima se davvero credi di non possederne alcuna. Potresti pentirtene amaramente, molto più di una persona coscienziosa che commette la tua stessa follia.»
Christoph si era raddrizzato sulla sedia. Non aveva voglia di ramanzine né di discorsi strambi. Voleva solo i suoi soldi. «So perfettamente cosa faccio. Cosa devo dire, una volta messa la carta sul cuore?»
La donna aveva trattenuto ancora un istante lo sguardo nel suo, poi aveva chiuso gli occhi e aveva recitato: «Sicut dereliquerunt me. In vallem daffodils et frangendum est
Quando la donna li aveva riaperti, Christoph aveva tirato un sospiro di sollievo. Non aveva capito una sola parola di quella frase, anche se gli sembrava latino, ma il tono che Hisaèl aveva usato mentre pronunciava quelle parole era stato freddo e innaturale, quasi disumano. «Bene, direi che è tutto» aveva detto lui alzandosi, desideroso di andarsene al più presto. Aveva comunque riposto la carta in una tasca dei pantaloni ed era andato via, sicuro che non avrebbe mai ricordato quei versi e che forse non aveva importanza, vista l’assurdità della cosa. Come gli era venuto in mente di credere a certe stramberie anche solo per un istante?
Invece, il giorno dopo, con suo sommo stupore, i versi li aveva ricordati eccome, neanche fossero le strofe di una poesia imparata da bambino. Si era svegliato inquieto con quella strana frase in testa, e la cosa più assurda era che riusciva a tradurne le parole pur non conoscendone la lingua: “Vai lontano da me. Nella Valle dei narcisi e degli infranti”. Ma nonostante gli sforzi non era riuscito a comprenderne il significato. Si era infilato la giacca ed era uscito.
Al sorgere dell’alba aveva camminato senza meta, fino a raggiungere il punto più alto della cittadella, su una collina dove campeggiavano i resti di alcune fabbriche dismesse e da cui si godeva il panorama dell’intera città. Quando i primi raggi del sole avevano fatto capolino a est rischiarando l’orizzonte, il suo corpo aveva agito da solo, le mani che stringevano la carta si erano sollevate e avevano posato la carta sul petto, in alto a sinistra. Chiuse gli occhi. Tremava non poco per essere uno che non credeva al sovrannaturale. «Sicut dereliquerunt me. In vallem daffodils et frangendum est!» gridò all’aria, scandendo bene le parole e resistendo all’impulso di aprire gli occhi per capire come mai all’improvviso si era alzato tutto quel vento. Quando era tornata la calma aveva sollevato le palpebre a un cielo ormai azzurro e rosa. La carta tra le sue mani era bollente e lui si sentiva diverso, come se qualcosa dentro di lui fosse cambiata per sempre. Iniziava a lasciarsi contagiare da quelle sciocchezze, forse.
Tornato a casa, vide un uomo vestito di nero e con gli occhiali da sole in piedi, al di fuori del suo cancello, che pareva stesse aspettando proprio lui.
«Lei è il signor Christoph Delahrm?»
«Sì…»
L’uomo in nero gli si era avvicinato e gli aveva consegnato un pacco pesante comparso dal nulla tra le sue mani.
Christoph, confuso, lo aveva posato a terra e lo aveva aperto. Per poco non era svenuto. Il pacco era pieno di spesse mazzette allineate. Con tutti quei soldi avrebbe potuto vivere di rendita per generazioni! Ma quando si era voltato per chiedere spiegazioni, l’uomo in nero si era dileguato nel nulla.

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Capitolo 2
*** L'asso di spade ***


|RICORDI|...
A partire dal quel momento, era cominciata la vita dei suoi sogni, quella perfetta in cui non occorre il sudore della fronte per ottenere risultati, piena di viaggi, casinò e notti brave. Non gli occorrevano più i suoi vecchi e insulsi amici, né corteggiare una donna, quando poteva averne di meravigliose per qualche misero spicciolo. Si sentiva l’uomo più potente del mondo, otteneva tutto ciò che voleva solo ordinando, che si trattasse di un flûte di champagne, una villa al mare, un favore politico per elevarsi ancora di più. Non gli interessava nulla che non riguardasse se stesso. Qualcuno aveva persino osato chiedergli un prestito, ora che era ricco, ma lui gli aveva riso in faccia e non perché non potesse permettersi un piccolo prestito, ma perché gli piaceva la sensazione di essere un gradino più in alto di tutti e non gli importava se parte di quei soldi glieli aveva chiesti Jordan, colui che un tempo era il suo migliore amico; a quanto pareva aveva adottato la scusa che servissero per le  cure della sua bimba, ma lui non si era fatto fregare, sapeva benissimo che la piccola Marisòl era sempre stata sana come un pesce, per questo gli aveva detto di vergognarsi e di andarsene via. Questo senza non provare una certa soddisfazione. Prima di venire in possesso del pacco, era stato male proprio perché Jordan, con cui era cresciuto e che sentiva come un fratello, si era allontanato da lui senza un vero motivo, prendendo le distanze e tirandolo improvvisamente fuori dalla sua famiglia, famiglia che per Christoph era sempre stata un po’ come fosse anche sua. Ora finalmente aveva pareggiato i conti.

Per quanto riguardava la carta con l’asso di spade, aveva provato più volte a disfarsene, anche dandogli fuoco, ma quella gli ricompariva sempre in tasca, perfetta e intatta, così aveva smesso di preoccuparsene; in fondo doveva ammettere che era merito di quel pezzetto di cartoncino plastificato se adesso aveva tutto ciò che aveva sempre desiderato.
 
*
 
|PRESENTE|
La valle dei Narcisi era molto più ampia e sconfinata di quanto non sembrasse dal cocuzzolo del bosco. Dappertutto erano disseminati i fiori diafani da cui prendeva il nome, i quali emanavano un profumo dolciastro e stordente. Christoph vagava senza meta. Doveva assolutamente ritrovare la sua anima, ma non sapeva dove cercare né come riconoscerla tra tante. Hisaèl gli aveva solo detto di recarsi nel luogo dove si rifugiano le anime, di ritrovare a qualsiasi costo la sua e di portare la carta con sé. Ricordava ancora il giorno in cui, disperato, si era precipitato da lei.
 
*
 
|Ricordi|
Era passato diverso tempo dall’incontro con l’uomo in nero e Christoph si trovava in una cittadina sperduta del Marocco. Era nervoso e seccato, ormai anche viaggiare lo annoiava mortalmente. Poter avere e fare qualunque cosa, significava anche non trovare più entusiasmo in nulla e lui iniziava a rendersene conto. Vagando per le stradine più anguste notò un’insegna in lingua straniera e l’immagine sbiadita delle carte, quel genere che si usa per la chiromanzia. Affascinato, entrò.

Il luogo era afoso e la penombra che vi regnava lo costrinse a strizzare gli occhi dopo la luminosità del giorno.
«Prego, siedi qui davanti a me.»
Christoph si era voltato in direzione della voce, che proveniva da un angolo della stanza.
Seduta dietro una vecchia scrivania c’era una donna stupenda, sicuramente di origine berbere, a giudicare dalla sua pelle diafana, le guance rosa, i grandi occhi neri e i lunghi e folti capelli. «Il mio nome è Damer» gli aveva detto in un sussurro.
Lui aveva scostato i vari veli d’organza che scendevano dal soffitto fino a raggiungere la sedia di fronte alla bella chiromante.
«So che viaggi molto, straniero, ma nei tuoi occhi vedo che questo non ti rende felice.»
«Sono molte le cose che non mi rendono più felice, ormai» aveva risposto lui in uno slancio di sincerità.
La donna aveva cominciato a girare lentamente le carte di un mazzo posato sulla scrivania. «La torre. Questo significa che hai alle spalle un passato di sacrifici. È così?»
L’uomo aveva annuito. Non aveva chiesto di farsi fare le carte, ma immaginava che essendo entrato la donna lo avesse dato per scontato, perciò tanto valeva lasciarla fare.
Damer aveva continuato, sollevando una seconda carta. «Il seme. Hai forse avuto un profondo cambiamento?» aveva chiesto gentile.
«Radicale, direi» aveva risposto lui.
La donna lo aveva guardato interessata, poi aveva sollevato una terza carta. «La pioggia gialla.»
Per un po’ era rimasto in silenzio, prima di chiedere: «Cosa significa?»
Lei non aveva risposto e aveva sollevato un’altra carta dal mazzo. «Il fiore bianco.»
Di nuovo non sembrava intenzionata a proferire spiegazione, e allora Christopher aveva iniziato a innervosirsi. «Vuoi i tuoi soldi? Allora dimmi chiaramente cosa significano le carte che sta scoprendo!» aveva detto duramente. La donna aveva sospirato. «La pioggia gialla indica povertà d’animo, il fiore bianco il pentimento. Insieme non sono mai un buon segno. Quando una persona è povera d’animo, difficilmente riesce a pentirsi degli errori che commette, e quando questo succede, la persona in questione deve affrontare un lungo cammino di redenzione, nient’affatto semplice.»
Christoph era rimasto interdetto, concentrato ad assimilare quelle strane spie-gazioni anche se nella sua testa alcuni pezzi, incoscientemente, avevano iniziato ad andare al proprio posto.
La donna aveva sollevato la carta seguente ed era impallidita. Prima di svelarla aveva sentenziato: «Se la persona da redimere sei tu, allora temo che il tuo futuro sarà segnato da sacrifici molto più consistenti e fondamentali di quelli fatti in passato» e così dicendo aveva voltato l’ultima carta. Impresso nel rettangolino diafano spiccava la figura di una spada con la lama scintillante e l’elsa abbellita da filamenti azzurri e blu: l’asso di spade.

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Capitolo 3
*** Coscienza ***


|PRESENTE|
L’odore dolce dei narcisi lo confondeva. Vagava nella valle da quelle che parevano ore intere, ormai. Non avrebbe saputo dirlo con precisione, il tempo era un concetto astratto. Eppure doveva far presto. Avviluppato da un’aura di angoscia, iniziò a menare fendenti con le braccia, strappando steli d’erba e fiori, gridando e correndo. Poi d’un tratto, in lontananza, si sollevò una nube perlacea che iniziò a correre velocemente nella sua direzione. Capì immediatamente: lo sciame di anime lo stava per travolgere, aveva solo qualche istante per poter convincere la sua anima a tornare nel suo corpo. Si alzò in piedi e allargò le braccia al cielo. Lo sciame opalino lo travolse in pieno. Sentì passare milioni di anime come soffi leggeri di carezze e al contempo decisi come schiaffi. Cercò con tutte le sue forze di tenere aperti gli occhi ma non ne ebbe bisogno per riconoscere la sua anima in quel turbinio, perché fu lei a schiantarsi nel suo petto, dolce e violenta, bisognosa di tornare a occupare il suo posto, ignara che quella sarebbe stata l’ultima volta.
 
*
 |Ricordo|
Dopo il viaggio in Marocco nulla fu più uguale a prima. Quando aveva visto l’asso di spade nella mano della bella berbera si era sentito mancare, e finalmente aveva capito le parole della donna. Il povero d’animo era lui, e se non si fosse pentito di tutte le sue azioni crudeli e sconclusionate era sicuro che sarebbe finito male. Aveva bisogno di risposte. Così era tornato da Hisaèl e dallo sguardo con cui lei lo aveva accolto, sospettò che lo aspettasse già da un po’. Raccontò alla donna dell’incontro avuto in Marocco con la chiromante Damer e di ciò che gli aveva predetto. Hisaèl non lo interruppe mai, ma alla fine del resoconto la donna gli chiese, come se lui non avesse mai intrapreso quel discorso: «Hai sentito della nostra Marisòl?»
«Marisòl? No, cosa è successo?» chiese lui con educazione, anche se, avendo altre urgenze, non aveva alcuna intenzione di parlare di recite e pagelle.
«È malata.»
Una sgradevole sensazione di gelo iniziò a insinuarsi nelle sue ossa. «Malata nel senso che ha il morbillo?»
«No, Christoph. È malata di cancro e sta per morire. Solo un miracolo può salvarla, ormai.»
La morsa di gelo divenne reale e gli strinse lo stomaco, nauseandolo all’istante.
Allora era per quello che Jordan si era allontanato da lui, perché aveva ben altro a cui pensare. La sua non era una scusa per arrivare al suo denaro, era stato sincero. E lui aveva ignorato e deriso la richiesta di un padre disperato e bisognoso di salvare la propria bambina. Come poteva essere stato così cieco ed egoista?
La voce di Hisaèl interruppe i suoi avvelenati pensieri: «La donna che hai incontrato in Marocco, Damer… Sai cosa vuol dire in marocchino la parola ‘Damer’?»
Christoph era troppo sconvolto per rispondere a qualunque domanda.
«Significa ‘coscienza’.»
Christoph abbassò la testa mortificato. Hisaèl sapeva del suo rifiuto di aiutare Jordan. Una cieca disperazione prese il sopravvento, e senza più vergogna iniziò a piangere calde lacrime di rimpianto e tristezza. Man mano che si calmava un pensiero folle ma sempre più lucido prese strada nella sua mente. «Hisaèl, devi aiutarmi. Se c’è anche un solo modo di salvare Marisòl allora sono disposto a sacrificare qualunque cosa.»
Gli occhi di Hisaèl si inumidirono. «Un modo c’è. Ma dovrai sacrificare tutto. Tutto.»
 

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Capitolo 4
*** Redentio ***


|PRESENTE|...
Il dolore sordo che provò mentre l’anima tornava a farsi spazio nel suo corpo era nulla in confronto alla speranza che tutto andasse secondo i suoi piani. Cadde a terra sfinito, ma finalmente riuscì a sentirsi di nuovo tutto intero, felice di essere vivo e di poter fare un ultimo gesto in grado di cambiare le cose.
Pianse di gioia per la prima volta dopo troppo tempo. Poi si alzò, estrasse dalla tasca la carta con l’asso di spade e sorridendo si colpì il petto in corrispondenza del cuore.
Calde gocce scarlatte colarono dall’elsa blu e azzurra che stringeva tra le mani. Un turbinio di stelle gli scoppiò negli occhi insieme all’immagine della dolce Marisòl di nuovo in salute, forte e serena, felice di poter crescere, diventare adulta e godere della vita, delle piccole grandi gioie che ci offre ogni giorno. Restò così, immobile e sorridente a stringere l’elsa insanguinata finché il dolce sorriso della bambina lo congedò da questo mondo.
 
*
 
Ci sarà sempre qualcuno che desidererà portare in tasca un asso di spade per avere tutto, ma finché un gesto disinteressato di carità e amore prevarrà sui bisogni personali, allora il mondo sarà ancora un posto degno di essere abitato, una splendida e profumata valle di narcisi.
 
FINE

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