Due ereditieri sotto copertura

di shirley jane
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Saeko e i suoi strampalati incarichi! ***
Capitolo 2: *** Cugini per finta... o quasi ***
Capitolo 3: *** Tre colpevoli o nemmeno uno ***
Capitolo 4: *** Rivali e rivelazioni ***
Capitolo 5: *** Festa... a sorpresa! ***
Capitolo 6: *** Segreti svelati ***
Capitolo 7: *** Passato e presente ***
Capitolo 8: *** Una fuga volontaria? ***
Capitolo 9: *** Una famiglia riunita ***
Capitolo 10: *** Fantasmi che svaniscono ***
Capitolo 11: *** Partiamo? ***



Capitolo 1
*** Saeko e i suoi strampalati incarichi! ***


Ciao a tutti!
Eccomi qui con una nuova fanfiction, questa volta però si tratta di una storia a più capitoli.
Saeko non la smette di coinvolgere gli amici nei suoi incarichi, cosa avrà architettato?
Spero che vi piaccia, farò del mio meglio!
A presto! :)



Naturalmente i personaggi di City Hunter e il manga stesso non mi appartengono. Gli altri personaggi, ovvero quelli non presenti già nel manga, sono frutto dell'immaginazione.

Il profumo delle verdure grigliate arrivò piacevolmente alle narici di Kaori, la colazione era quasi pronta. Sorrise compiaciuta, la cucina era imbandita di ciotole che contenevano riso al vapore, salmone in padella, sottaceti e verdure grigliate. L'aspetto era invitante e il profumo delizioso, a Ryo sarebbe piaciuto, pensò con tenerezza.
Mentre cucinava i raggi del sole inondavano la stanza di luce, rendendo la giornata migliore solo per quello e lei non aveva potuto fare a meno di mettersi a canticchiare quasi inconsciamente, immersa in quell'atmosfera di calma e serenità.
Qualcuno bussò alla porta dell'appartamento e la ragazza guardò l'orologio, erano le 8.50, chi poteva essere a quell'ora? Si avviò verso la porta, ma quando l'aprì desiderò aver ignorato il visitatore e non avere aperto.
"Buongiorno Saeko..." mormorò appoggiando una mano alla porta, l'altra su un fianco, lo sguardo dubbioso.
"Oh, buongiorno Kaori!" cinguettò la poliziotta con un ampio sorriso. "Arriva un profumo squisito fino a qui, sai? Hai preparato la colazione?"
"Uhm, già..." borbottò l'altra.
Perché Saeko era così gentile e sorridente? Questa cosa non la convinceva per nulla, ormai la conosceva troppo bene.
"Che cosa vuoi?"
"Non mi inviti nemmeno a fare colazione?"
"Se sei venuta qui non è per questo, giusto?"
"E va bene, hai ragione" confessò la donna alzando le mani, ormai Kaori la conosceva bene. "Devo chiedere un piccolissimo favore a te e Ryo".
Un favore? Se pensava di coinvolgerli di nuovo in uno dei suoi casi si sbagliava di grosso, stavolta non ce l'avrebbe fatta!
"Non mi fai entrare? Non vorrai far sapere a tutto il palazzo quello che ho da dirti".
Kaori sospirò e si fece da parte: "Va bene, entra". Si rimproverò subito dopo, conosceva i suoi trucchetti e permettendole di entrare era già cascata in uno di quelli.
"Avanti, siediti" disse Saeko dopo averlo fatto a sua volta, battendo una mano sul divano accanto a sé. "Ryo dov'è, non c'è?"
"Lascia perdere Ryo, penserò io a riferirgli tutto".
Saeko era nervosa, Kaori le stava dando del filo da torcere. Se almeno lì ci fosse stato lo sweeper avrebbe potuto provare a convincere almeno lui con uno sguardo languido, anche se non era più tanto sicura che quegli espedienti avrebbero ancora funzionato.
"Non pensi che voglia sentire di persona cosa ho da dire?" tentò di nuovo.
"Insomma Saeko, parla!" si spazientì l'altra. "Ti ho già detto che Ryo non c'è!"
In realtà stava solo dormendo nella loro camera, ma sapeva che se fosse intervenuto lei sarebbe stata molto più malleabile e francamente non aveva voglia di farsi fregare nuovamente dalla maggiore delle sorelle Nogami.
"Va bene, mi arrendo, non arrabbiarti! Ho un incarico per voi..."
Ryo si svegliò, si passò le mani tra i capelli e aggrottò la fronte, due voci femminili lo avevano appena destato. In una di queste riconobbe subito quella di Kaori e infatti, appena allungò il braccio, accanto a sé sentì solo le lenzuola fredde. L'altra voce invece sembrava appartenere a Saeko. Guardò l'orologio e vide che erano le 9 di mattina, perché la poliziotta era lì a quell'ora?
"No, Saeko, scordatelo!"
"Dai, Kaori, sii buona!"
"Ho già detto di no!"
Ryo si sedette sul letto, che diamine stava succedendo tra quelle due? Si affacciò al piano inferiore senza farsi vedere e quando vide Saeko con le mani congiunte che cercava di convincere Kaori a fare qualcosa, mentre lei se ne stava a braccia conserte, decise di intervenire.
Si vestì e scese in sala: "Ehi, che succede qui?"
Gli occhi di Saeko s'illuminarono appena lo vide e subito gli andò incontro:  "Ryo, ho un favore da chiederti!" disse sbattendo le ciglia.
"Non provarci!" disse Kaori mettendosi tra i due, allargando le braccia come per fare da barriera al suo socio. "Questa volta non accetteremo uno dei tuoi strampalati incarichi!"
Ryo fece un mezzo sorriso perplesso, quella scena era quasi esilarante.
"Se accetterete c'è un grande compenso per voi!"
Le braccia di Kaori tremarono leggermente quando sentì quelle parole, tuttavia non si mosse dalla sua posizione di protezione. Quella donna non poteva più fare leva sul suo fascino per convincere il suo socio, perché adesso Ryo era il suo uomo, quindi per qualsiasi altra donna nei dintorni era off-limits da quel punto di vista.
"Grande... quanto?" provò a chiedere in ogni caso.
Una scintilla di vittoria passò negli occhi di Saeko: "Molto grande, si tratta di una famiglia piuttosto facoltosa. Avete mai sentito parlare degli ereditieri Furukawa?"
Kaori rifletté, quel nome non le era nuovo.
"E' la famiglia proprietaria della lussuosa catena di alberghi Furukawa".
Sorrise, ora ricordava! Spalancò gli occhi, dovevano essere ricchi sfondati. Abbassò lentamente le braccia e si avvicinò alla poliziotta: "A quanto ammonta, esattamente, il compenso?"
Saeko sorrise e le sussurrò la cifra in un orecchio. Kaori sgranò di nuovo gli occhi color nocciola, impressionata, poi la bocca si allargò in un ampio sorriso. Allungò la mano verso la donna: "Affare fatto!" esclamò, ma prima che le loro mani potessero toccarsi intervenne Ryo.
"Aspettate un attimo!"
Anche lui la conosceva bene, ben più della sua socia e in tutta quella storia c'era qualcosa che non quadrava, era impossibile che tutto fosse così limpido come voleva far  loro credere. Se il compenso era davvero così alto, significava che il tutto non era tanto semplice e non si sarebbe rivolta a loro, invece di affidare l'incarico alla sua squadra di poliziotti.
"Racconta, in cosa consiste precisamente l'incarico?"
Saeko ebbe l'impulso di battere un piede a terra per la frustrazione. Se fino a qualche minuto prima aveva desiderato intensamente l'arrivo di Ryo, adesso voleva che fosse rimasto dov'era.
"Si tratta solo di proteggere qualcuno che sta ricevendo delle minacce. Tutto qui, roba di routine per voi".
"E perché non te ne sei occupata tu direttamente?"
"Be', perché..." la detective tentennò. "Oh Ryo! Avanti, sono un sacco di soldi, vuoi davvero pensarci così tanto?"
"Saeko, tu sai bene che io non accetto incarichi da uomini..."
Kaori lo fulminò con lo sguardo, che cavolo stava dicendo? Ancora con quelle sciocchezze?
"E chi ha detto che è un uomo?" Saeko cercò qualcosa nella borsa e gli porse una foto.
"Ma che..." Ryo guardò la foto con uno sguardo a dir poco basito, mentre Kaori sbirciò con curiosità, era sconcertante!
"Sì, esatto, questo è il vostro cliente".
"Ma è un cane!" esclamarono i due sweeper.
L'amica si allungò sulla foto e gliela strappò di mano: "Oh, scusatemi!" ridacchiò. "Questo è Tiger, l'ho adottato giusto una settimana fa".
Ryo e Kaori per poco non caddero a terra: "Saeko!" esclamarono.
"Scusate, ho preso la foto sbagliata".
Cercò di nuovo nella borsa e ne estrasse un'altra.
"Insomma, ci prendi in giro?" esclamò lo sweeper. "Avevi detto che il cliente non era un uomo, questo cosa ti sembra?"
Lei si finse sorpresa: "Ma io credevo che ti riferissi solo a uomini giovani, forti e attraenti, perché chiaramente hai paura che possano soffiarti Kaori sotto il naso".
Kaori arrossì, mentre Ryo non sapeva se sentirsi arrabbiato, imbarazzato o semplicemente perplesso.
"Questo è solo un vecchietto innocente" continuò la poliziotta. "Anche se a Kaori piacciono gli uomini un po' più vecchi di lei..."
"Ma cosa dici?" la interruppe l'uomo. "Stai insinuando che sono vecchio?"
"Ma no, ovviamente! Stavo solo dicendo che Kaori è un po' più giovane di te, tutto qua".
La situazione stava degenerando, Ryo si sentiva profondamente offeso per essersi sentito dare del vecchio, lui... che aveva giusto poco più di trent'anni! Saeko non sapeva più come tornare al punto focale, ma ci pensò Kaori a farlo.
"Calmati Ryo, non sei vecchio, stai tranquillo" lo rincuorò. "Saeko, spiegaci bene cosa dovremmo fare, poi decideremo".
Lui si sentiva ancora offeso, ma decise di ascoltare la sua socia e si calmò.
"Come vi ho accennato si tratta di proteggere una persona, si tratta del signor Kento Furukawa, l'erede più anziano della compagnia Furukawa. Ha 70 anni e detiene le quote maggiori dell'impero alberghiero, è chiaro che l'eredità che ha in mano è enorme ed evidentemente qualcuno aspira a possedere quel patrimonio. Il signor Furukawa ha dei problemi di salute che si stanno aggravando e il medico ha detto che se continuerà così non ci vorrà molto prima che il testamento venga aperto, ma qualcuno sta cercando di accelerare tutto questo".
"Quindi il nostro compito sarebbe quello di vigilare sulla sua vita?" chiese Kaori.
"Esatto, almeno fino a quando non avremo scoperto chi è l'artefice di tutto, ma non è solo questo il vostro obbiettivo. Non potrete presentarvi come delle semplici guardie del corpo, attirereste dei sospetti e il colpevole potrebbe decidere di velocizzare le cose ancora di più, quindi dovrete fingervi due nipoti venuti da lontano".
"E non pensi che in questo modo saremmo sospetti?" le chiese Ryo. "Voglio dire, all'improvviso spuntano due nipoti da chissà dove!"
"Sì, certamente sarete sospetti, ma è quello che vogliamo. Il colpevole non si aspetta la vostra entrata in scena e prima di agire di nuovo vorrà studiarvi, capire se siete un pericolo per il suo scopo e il suo piano avrà un cambio di direzione inaspettato".
"Il tuo piano sembra davvero perfetto" ammise l'amico. "Ma se non andasse tutto come hai perfettamente previsto?"
"Gli imprevisti sono la vostra specialità, o sbaglio?"
Ryo e Kaori si guardarono perplessi, certamente, quello risolveva ogni dubbio...
"Ricordate bene che le uniche persone che sono a conoscenza di questo piano siete voi, io, il signor Kento e suo figlio Hiroshi".
"Come fai a essere sicura che non sia proprio il figlio l'artefice?" le chiese Ryo.
Saeko sorrise, si aspettava quella domanda: "Ovviamente è stato il primo indiziato, per chi mi prendi? Però ho fatto fare delle indagini molto accurate, l'ho fatto sorvegliare giorno e notte, inoltre è stato proprio lui a venire a chiederci aiuto".
"Potrebbe essere una trappola".
"Quell'uomo era disperato, Ryo. Credimi, nemmeno il miglior attore potrebbe fingere così bene come ha fatto lui, era davvero sconvolto".
L'uomo la guardò non del tutto convinto, poi le chiese: "E' tutto qui quello che dobbiamo fare?"
"Dovrete andare a vivere a casa del signor Furukawa, almeno fino a quando non avremo risolto il caso. Questi sono per voi" passò loro due fascicoli. "Ci sono tutte le informazioni per le parti che dovrete interpretare. Kaori, tu sarai Akane Furukawa, 25 anni, la nipote più giovane. Ryo, tu invece sarai Shun Furukawa, 35 anni. Shun e Akane sono i nipoti di due cugini del signor Kento, sono a loro volta cugini e hanno deciso di trascorrere un periodo a Tokyo per stare vicino al parente malato".
"Un attimo..." fece Ryo. "Mi vuoi spiegare perché Kaori in questa messinscena ha solo 25 anni e io ben 35? Io ho al massimo 32 anni!"
"Finiscila di fare tante storie" sospirò la sua compagna, stufa di tutti quei capricci. "Quando dovremmo iniziare?"
"Uhm... domani!" Saeko andò verso la porta, l'aprì e portò dentro due valigie. "Vi ho già preparato i bagagli, non siete sollevati di non doverci pensare? La famiglia Furukawa è molto altolocata, così ho preparato qualche abito adatto all'ambiente per voi".
I due la guardarono perplessi, da dove diamine aveva tirato fuori quelle valigie?
"Questo è tutto, per ora. Ci vediamo domani, vengo a prendervi io".
Detto ciò la poliziotta sparì velocemente, prima che qualcuno potesse cambiare idea.
"Perché ho l'impressione che ci abbia di nuovo fregato?" chiese Kaori.
"Perché è quello che ha appena fatto!" esclamò Ryo. "Kaori, capisci? 35 anni! Ma io non sono così vecchio!"
La donna si mise una mano sulla fronte e scosse la testa, quei due erano l'uno peggio dell'altra.
"La colazione si sarà raffreddata, ormai" brontolò Kaori. "Se non fosse stato per quella donna..."
Ryo l'abbracciò da dietro, appoggiando il viso al suo collo: "Mi dai un bacio?" le chiese.  "Ho bisogno di riprendermi, vecchio io, un giovane attraente come me!"
Lei era già nervosa, non c'era bisogno che ci si mettesse anche lui con le sue lamentele: "Insomma, la vuoi finire con questa storia? Non sei vecchio, vogliamo andare a fare colazione?"
L'uomo fece un sorriso soddisfatto: "Sei così affamata? Forse è perché non mi hai ancora dato il bacio del buongiorno" mormorò prima di baciarle il collo.
"Sei proprio un presuntuoso!" esclamò la sua compagna, ma sospirò quando sentì le sue labbra su di lei.
"Lo so, ma è anche per questo che ti piaccio, o sbaglio?"
Kaori si girò per guardarlo in faccia, lo fissò in silenzio per qualche secondo, infine gli prese il viso tra le mani e lo baciò, mentre lui la stringeva a sé.
"Sai una cosa, Ryo? Certe volte detesto darti ragione!"

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Capitolo 2
*** Cugini per finta... o quasi ***


Ed eccoci con il secondo capitolo!
Prima di tutto voglio ringraziare chi ha letto e chi ha commentato 24giu, Ele, Mary, Kaori06081987, briz65, i vostri commenti sono molti preziosi per me, grazie!
Bene, vi lascio alla lettura e ne approfitto per augurarvi Buona Pasqua, alla prossima!


Il giorno successivo, nel tardo pomeriggio, i due sweeper si fecero trovare pronti come avevano concordato con la poliziotta. 
"Sei sicura di averci detto tutto?" le chiese l'uomo con aria sospettosa.
"Certo, hai qualche dubbio?" disse lei mentre guidava.
Lui sospirò e non rispose, come poteva non averne con lei?
"Andrà tutto benissimo, vedrai".
"Non ti ho chiesto se andrà bene, ma se ci hai detto tutto..."
"Oh, guardate! Siamo arrivati!" esclamò la donna con un ampio sorriso, ignorando la domanda dell'amico, peccato che a lui questo non sfuggì.
"Ti avverto, se viene fuori che dietro questa storia c'è uno dei tuoi soliti trucchetti..." iniziò a rimproverarla, ma quando alzò gli occhi sull'edificio di fronte a loro perse le parole all'improvviso.
Si trovavano in una strada residenziale, sicuramente una zona altolocata dove abitavano famiglie benestanti. La casa dei Furukawa aveva delle scale di pietra che si concludevano davanti a un cancello, un alto muro circondava l'abitazione e ne nascondeva una parte, mentre sbucavano delle alte piante, compresi i caratteristici ciliegi.
"Oh, caspita!" esclamò Kaori sbalordita.
Salirono le scale e Saeko suonò il citofono, una voce parlò dall'altra parte dell'apparecchio, chiedendo chi era.
"Sono Saeko Nogami, ho un appuntamento con il signor Hiroshi. Può dirgli che con me ci sono anche Shun e Akane".
"Attendete un attimo, prego" trascorse qualche secondo di silenzio, poi la stessa voce disse loro che potevano entrare e il cancello iniziò ad aprirsi. A Ryo non sfuggì il suono delle telecamere esterne che si giravano verso di loro per riprenderli, ma finse di non accorgersene.
Alla porta principale li aspettava un uomo ben vestito e sorridente, forse il maggiordomo: "Benvenuti" disse. "Seguitemi, per favore".
I tre lo seguirono e si ritrovarono in una grande stanza, sembrava un ufficio in realtà, benché fosse spazioso quanto un soggiorno. Li attendeva un uomo alto, sulla cinquantina, forse qualche anno in meno, con i capelli neri brizzolati e gli occhi castano scuro. Aveva uno sguardo gentile e Kaori constatò che era davvero un bell'uomo.
"Benvenuta, ispettrice Nogami" disse prendendole una mano per fare il baciamano. "E' sempre splendida".
"Grazie" sorrise lei. "Le presento Ryo e Kaori, saranno loro ad aiutarci durante le indagini" continuò indicando i suoi amici.
Hiroshi si avvicinò a loro con un sorriso: "Incantato" disse a Kaori facendo il baciamano anche stavolta, poi strinse la mano a Ryo: "Piacere di conoscere anche lei".
Ryo cercò di reprimere una smorfia di fastidio, dove diamine pensava di trovarsi quel tipo? In una delle commedie sdolcinate che piacevano tanto alla sua socia? Incantato... ma per favore!
"Dunque, signor Furukawa" intervenne Saeko. "Kaori interpreterà Akane, mentre Ryo sarà Shun. Sono cugini e lontani parenti suoi e di suo padre, ma comunque familiari. Sono venuti a Tokyo per starvi vicino, perché il signor Kento e i loro genitori sono molto affezionati. Saranno visti come una minaccia da chi stiamo cercando, ma non troppo, perché essendo lontani parenti hanno poche probabilità di aspirare al patrimonio, tuttavia portano lo stesso cognome e quindi non è da escludere. Inoltre il fatto che siano comparsi all'improvviso genererà sicuramente qualche sospetto".
"Il suo piano mi sembra perfetto".
"Mi fa piacere che sia d'accordo, ma è essenziale che si ricordi bene di una cosa. Tutto questo deve rimanere tra lei e noi, altrimenti il piano salterà".
"Certo, non si deve preoccupare. Tengo molto a mio padre".
Negli occhi di Hiroshi passò un lampo di tristezza e angoscia, adesso Kaori capiva cosa intendeva Saeko quando aveva detto che era sincero. Anche Ryo notò quel cambiamento, tuttavia non era ancora convinto di potersi fidare del tutto di quell'uomo e non solo per quel motivo, non gli era sfuggita nemmeno l'occhiata che aveva lanciato alla sua patner. Indubbiamente l'aveva trovata bella, ma era sicuro che c'era altro oltre l'attrazione fisica, perché più di tutto si era soffermato sul suo viso.
Aveva due motivi per fare attenzione ora, ma improvvisamente l'ultimo gli sembrò molto più importante.
"Bene, se volete seguirmi vi faccio vedere le vostre stanze".
I due seguirono Hiroshi, mentre la poliziotta attese dov'era. Le camere erano l'una di fronte all'altra, entrambe vicine a quelle del loro protetto. 
"Questa è la sua camera" disse a Kaori.
Lei si affacciò all'interno e ne rimase stupefatta, era enorme e aveva addirittura il bagno in camera! Le pareti erano sui toni del beige, al centro era posizionato un letto matrimoniale con lenzuola color panna e rosa pastello, che riprendevano il dipinto che raffigurava dei rami di un albero di ciliegio in fiore dietro la testata, a un lato c'era un grande armadio a parete e dall'altro un'ampia finestra, mentre il pavimento era in legno. Quella di Ryo era simile, ma più minimalista. I colori dell'arredamento viravano verso il bianco e il verde, mentre il pavimento, sempre di legno, era più scuro.
"Oh, sono magnifiche!" esclamò la donna.
"Sono lieto che siano di vostro gradimento".
Tornarono in ufficio, ma quando aprirono la porta Hiroshi sgranò gli occhi: "Papà!" esclamò. "Che ci fai qui? Dovresti essere a riposare!"
Un uomo, che veramente dimostrava qualche anno in più dei 70 che aveva, forse per i problemi di salute, se ne stava seduto su una poltrona e li fissava. A guardarlo bene il figlio gli somigliava molto, lo sguardo profondo era lo stesso, ma l'espressione di Hiroshi era più gentile e pacata, mentre quella di Kento era acuta e vivace.
"Figlio mio, smettila di preoccuparti così, sto a riposo tutto il giorno. Avrò anch'io il diritto ogni tanto di vedere qualche faccia nuova".
Kento si alzò con qualche difficoltà dalla poltrona dove era seduto, rifiutando l'aiuto della poliziotta, e sorreggendosi su un bastone si avvicinò alla coppia.
"Così voi due sareste coloro che dovrebbero tutelare su di me, eh?" chiese loro guardandoli con attenzione. "Non siete un po' troppo giovani?"
Le due donne per poco non caddero a terra e ridacchiarono ricordando la scena del giorno prima, mentre Ryo esultò davanti a quell'affermazione, gonfiando il petto.
"Be', siamo giovani, sopratutto io, ma sappiamo bene cosa fare!" disse con orgoglio.
"Come si chiama, giovanotto?" gli chiese l'anziano.
"Ehm... Ryo" rispose un po' perplesso, lo stava fissando in modo strano.
"In effetti ha l'aria di un ragazzo in gamba" ammise. "E lei, signorina?" aggiunse guardando la donna accanto a lui.
"Kaori..."
Kento la studiò con attenzione: "E' una donna splendida, lo sa? Non solo perché è molto bella, ma soprattutto perché nei suoi occhi si può leggere chiaramente un animo buono e coraggioso".
Lei arrossì, mentre Ryo era dubbioso. Prima il figlio, adesso il padre...
Ovviamente era splendida! A quanto pareva il vecchio non aveva perso la vista. La sua salute non era delle migliori, questo era evidente, ma la sua mente e il suo spirito erano aguzzi... con lui non funzionava la recita del vecchietto innocente, almeno a parole non era indifeso per nulla.
"Bene, voglio dirvi una cosa" continuò, serrando leggermente gli occhi. "Siete qui per lavorare e non per sprecare tempo, né il vostro né tantomeno il mio. Non mi interessa se siete una coppia o meno, ma una cosa voglio che sia ben chiara... venite pagati profumatamente per il vostro impegno e quindi voglio che rimaniate assolutamente professionali. Questo significa che non voglio assistere a nessun tipo di tenerezza tra voi che possa insinuare dei dubbi sul vostro reale rapporto. Dormirete in stanze separate e non voglio vedere gesti che non siano leciti tra due credibili cugini".
L'atmosfera divenne glaciale, l'uomo aveva parlato con un tono talmente severo da lasciare tutti senza parole.
"Be'... il signor Kento ha ragione" disse nervosamente Saeko. "Signor Furuwaka, le posso assicurare che Ryo e Kaori sono dei professionisti e non mancheranno nei loro compiti".
Kento lasciò lo sguardo dei due e si voltò verso la poliziotta: "Mi fa molto piacere sentire questo. Spero che anche gli altri saranno di parola" detto questo tornò a sedersi, vinto dalla stanchezza.
Il gruppo continuò a discutere del caso nel silenzio del signor Furukawa, che si era già ampiamente espresso.
"Vi chiedo scusa per prima" disse Hiroshi quando rimasero soli. "Mio padre può apparire duro, ma non è cattivo. La vita l'ha già messo alla prova più di una volta e nel tempo si è indurito".
"Non si preoccupi, in fondo ha ragione, siamo qui per lavorare" disse Kaori per confortarlo, anche se non era rimasta indenne dalla scena di prima.
"Vogliamo darci dei lei per tutto il tempo? Che ne dice di passare al tu?" sorrise l'uomo. "Lei che ne pensa, Ryo?"
Lui non pensava niente di buono, non gli era piaciuto quel discorsetto, soprattutto il tono, e non gli piaceva nemmeno che Hiroshi sorridesse così a Kaori, tuttavia fece finta di nulla e disse: "Va bene".
"Allora me ne posso andare" annunciò Saeko. "Ci terremo costantemente in contatto. Arrivederci".
Circa un'ora dopo si ritrovarono in sala, dove li aspettava una tavola ben apparecchiata. Nonostante la grandezza i posti erano solo per loro tre, la donna avrebbe voluto chiedere perché non c'era nessun altro, ma si trattenne pensando di risultare insensibile. Pochi minuti dopo entrò una cameriera, forse la governante, che portò diverse portate: zuppe, pesce, verdure.
"Mangiate quello che volete, non fate complimenti" disse Hiroshi e Ryo non se lo fece ripetere due volte.
Nonostante la tavola imbandita e l'eleganza, quella cena a Kaori parve molto triste e solitaria. 
"Sapete, era da più di una settimana che non mi sedevo a tavola con calma, mi accontentavo di mangiare qualcosa in ufficio. Se almeno ci fosse stato mio figlio..."
"Hai un figlio?" chiese sorpresa.
"Già!" sorrise Hiroshi e subito il suo sguardo si fece più tenero. "Si chiama Jin".
"Dov'è adesso?"
"Dai suoi nonni materni, non me la sentivo di tenerlo qui in questo momento, con tutto ciò che stiamo vivendo. I miei suoceri lo adorano, da quando hanno perso Aya nostro figlio è l'unico ricordo che gli è rimasto di lei, le somiglia molto".
"Mi dispiace per la vostra perdita" disse Kaori.
Avrebbe voluto dirgli che capiva, perché lei prima aveva perso i suoi genitori e dopo suo fratello. Per non parlare di Ryo, non l'aveva neanche conosciuta la sua famiglia, almeno a lei restavano i ricordi.
"Per fortuna ho ancora Jin, sono davvero grato per questo". 
Quando la cena si concluse, si salutarono e si diressero nelle loro camere, ma prima che Kaori potesse entrare nella sua, Ryo la prese tra le braccia e la baciò.
"Ryo!" esclamò allontanandosi, rossa in viso.
"Che c'è?" le chiese con un'espressione perplessa, perché si comportava come se non si fossero mai baciati?
"Non ti ricordi cosa ha detto il signor Kento?" gli chiese con le mani sui fianchi, rimproverandolo. "Niente effusioni finché siamo qui, se ci dovesse scoprire ci licenzierebbe immediatamente!"
"Non vorrai prendere davvero le sue parole sul serio? Significherebbe stare una settimana, due, forse un mese, senza potersi nemmeno baciare!" Ryo incrociò le braccia sul petto e fece di no con il capo.
"Dovrai fartene una ragione!" gli rispose lei aprendo la porta della sua stanza.
"Kaori, basterà fare attenzione!" la guardò con uno sguardo allarmato.
La donna lo studiò, poi sorrise e gli fece cenno di avvicinarsi: "Va bene, hai ragione" ammise.
Ryo fece un ampio sorriso e si avvicinò a lei quasi volteggiando, tendendo le labbra verso la sua amata, ma tutto quello che ricevette fu un bacio sulla guancia.
"Mi dispiace, davvero!" si scusò lei. "Questo incarico è troppo importante, non possiamo perderlo. Buonanotte!" concluse chiudendo a chiave.
Lui rimase per un attimo davanti alla porta, un'espressione indecifrabile sul viso, poi senza dire una parola si diresse verso la sua camera e quando entrò si buttò sul letto, quasi piangendo. Quanto sarebbe dovuto stare senza poter tenere la sua Kaori tra le braccia? Il solo pensiero lo fece sbiancare.
"E' tutta colpa di quel vecchio!" esclamò. "Risolverò questo caso in tempi record e poi, dolcissima Kaori, potrai finalmente tornare tra le mie possenti braccia!"
Nell'altra stanza neanche la sua patner dormiva, tormentata dagli stessi pensieri.
Al di là di quello che riusciva ad ammettere apertamente, le dispiaceva non stare con Ryo, ormai si era abituata ad addormentarsi fra le sue braccia ed era un'abitudine che trovava deliziosa. Inoltre anche lei era una donna ed era profondamente innamorata del suo uomo, quindi quella lontananza le pesava. Per consolarsi si disse che il profitto della missione era cospicuo e loro non navigavano certamente nell'oro in quel periodo, avevano bisogno di quei soldi, quindi si sarebbe impegnata a risolvere il caso in breve tempo e poi sarebbe potuta tornare alla sua vita.
Si addormentò poco dopo trascorrendo una notte serena, mentre Ryo era ancora irritato per quella situazione a dir poco fastidiosa.
"Sei una donna crudele, Kaori!" piagnucolò.
"Devo risolvere questa faccenda il prima possibile, fatti coraggio, Ryo!" si disse, prima di addormentarsi anche lui sognando la sua bella Kaori.

 

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Capitolo 3
*** Tre colpevoli o nemmeno uno ***


Salve! Come state?
Avete passato delle buone festività?
Siamo qui con il terzo capitolo e voglio ringraziare anche questa volta chi ha letto e chi ha anche commentato: 24giu, Kaori06081987, Ele, briz65, prue halliwell; grazie mille a chi sta seguendo questa storia!
A presto allora!


La coppia sotto copertura era lì da cinque giorni ormai e non era successo ancora nulla di strano, tutto procedeva tranquillamente.
"Sta studiando le vostre mosse" affermò Saeko, seduta nell'ufficio di uno degli alberghi della famiglia Furukawa, con lei c'erano Ryo, Kaori e i due proprietari. "Sta cercando di capire se siete un ostacolo per lui, sta prendendo tempo".
"Ma per quanto ancora dovremo aspettare le sue mosse?" chiese Hiroshi, sembrava nervoso.
"Non preoccuparti, sono certo che non ci vorrà molto prima che ricominci con i suoi giochetti" rispose lo sweeper. 
"Come fai a esserne sicuro?"
"Perché se ci ha studiato attentamente, si sarà anche stancato di stare con le mani in mano, anzi... ho addirittura il sospetto che affretterà le sue mosse, giusto per essere certo che il suo piano non vada all'aria".
L'imprenditore sussultò a quelle parole, mentre il padre rimase apparentemente calmo.
"Comunque in quel caso saremo pronti ad agire" sorrise Ryo sicuro di sé.
"Come fai a essere tanto spavaldo!" esclamò Hiroshi. "Che cosa farete se agirà durante la notte, mentre state dormendo?"
"Sappiamo come fare il nostro lavoro".
"Vede, signor Furukawa..." disse la poliziotta, cercando di calmare la tensione tra i due. "Ryo e Kaori sono in gamba, sanno quello che fanno".
Hiroshi li fissò un momento, poi sospirò: "Va bene" disse. Il fatto che la situazione fosse così calma da quando era arrivata la coppia lo innervosiva invece di rassicurarlo, perché non sapeva più cosa aspettarsi, si sentiva spiazzato.
Quando finirono di parlare uscirono fuori, dove li aspettava Satoshi, una delle guardie del corpo di Kento. Abilissimo nelle arti marziali, si era sottoposto sin da giovanissimo al loro studio e pratica, diventando uno dei migliori che si potessero trovare nel suo campo.
"Perbacco, zio!" esclamò Ryo con un ampio sorriso. "E' davvero bello questo albergo! La prossima volta che tornerò a Tokyo mi concederò un soggiorno proprio qui".
"Certo..." borbottò l'anziano. "Andiamo a casa ora".
Quando furono all'esterno dell'edificio Satoshi aprì la porta dell'auto e lo aiutò a entrare. Dietro, accanto a lui, si sedette Kaori, mentre Ryo era davanti. Arrivarono a casa in breve tempo e Kento chiese che gli venisse portata la sedia a rotelle, con la quale poteva muoversi in casa senza troppi sforzi. Arrivò una delle cameriere, ma all'improvviso Kaori le tolse la sedia di mano, lasciandola sbigottita.
"Oh, ma zio!" esclamò "Questa è troppo vecchia, devi assolutamente cambiarla".
"Che stai dicendo? Mi è arrivata solo..."
"Akane ha ragione!" intervenne Ryo e si sedette al posto dell'uomo, ma improvvisamente cadde insieme alla sedia.
"Ahi ahi" ridacchiò lui. "Visto? Hai rischiato di finire con il sedere per terra!"
Kento sgranò gli occhi e guardò in silenzio la coppia, aveva preso la sedia solo due settimane prima e non aveva mai avuto problemi. A quanto pareva lo sweeper aveva ragione, il colpevole non aveva atteso altro tempo.
"Oh, mi dispiace tanto!" disse allarmata la cameriera. "Quando prima l'ho presa sembrava come sempre..."
"Non preoccuparti, Yumiko, so che non è colpa tua".
"Mi perdoni, sono stata distratta, avrei dovuto rendermene conto..." si scusò lei.
"Stai tranquilla, la cosa importante è che non sia successo niente".
Improvvisamente il viso del vecchio si era fatto più tenero, più paterno, mentre consolava la giovane. In quel momento entrò Satoshi, dopo aver sentito il rumore del tonfo, vedendo le facce scosse dei presenti si allarmò a sua volta: "Che succede?"
Kento lo guardò senza rispondere, così l'uomo sgranò gli occhi: "E' successo di nuovo, vero?" chiese serrando i pugni.
"Eh, successo di nuovo cosa?" chiese Ryo con aria distratta.
"Mi scusi, signor Kento..."
"Non puoi prevedere ogni mossa, Satoshi".
 
"Non voleva che cadesse davvero, voleva solo spaventarci" affermò Ryo più tardi, rimasto solo con Kaori. "La sedia ha ceduto in quel modo perché mi ci sono seduto io con uno slancio, inoltre peso almeno venti chili di più del signor Furukawa. Se si fosse seduto prima lui lo avrebbe fatto con più difficoltà e più lentamente, si sarebbe accorto dello scricchiolio mentre si sedeva o qualcuno lo avrebbe intuito al suo posto, quindi probabilmente non sarebbe successo nulla e anche nel caso che il sedile fosse crollato lo stesso, qualcuno lo avrebbe sicuramente afferrato in tempo, visto che ha bisogno di aiuto costante e ha sempre una persona vicino".
"Ne sei sicuro?"
"Non ne sono certo, è solo una supposizione, ma penso sia la più plausibile. Il sedile era pendente da una parte, non era troppo evidente, ma non era nemmeno un dettaglio invisibile, se il nostro amico avesse voluto veramente farlo cadere avrebbe fatto un lavoro più preciso e da quello che ci è stato raccontato non è un dilettante".
"Però né il signor Furukawa, né Yumiko, si sono accorti di niente..." osservò la donna.
"Lo so ed è strano. Inoltre c'è qualcos'altro che mi sfugge, ma non so bene cosa". 
"Allora lui... o lei, il colpevole insomma, vive qui o almeno ci viene spesso, forse per lavoro. Non sarebbe stato possibile altrimenti passare inosservato e modificare la sedia".
"Esatto" annuì l'uomo, soddisfatto delle intuizioni della sua patner, era diventata davvero brava.
"Quindi potrebbe agire in qualsiasi momento..." continuò lei.
"A meno che due cugini arrivati all'improvviso da chissà dove non si mettano in mezzo!" disse Ryo facendole l'occhiolino.
"Questo significa che anche noi siamo in pericolo, vero?"
"Per adesso ci darà tregua, ma se interferiremo troppo non so per quanto tempo potrà essere paziente, prima di decidere di sbatterci fuori dai giochi. D'altra parte interferire è il nostro lavoro".
Kaori era inquieta, pensare di essere così vicina al colpevole, magari dormire nella camera accanto, la turbava.
"Sei una professionista e sai come proteggere gli altri e te stessa, l'hai dimostrato proprio poco fa. Stavo per intervenire, ma tu mi hai battuto sul tempo!"
Lei sorrise con gratitudine, quelle parole le avevano fatto profondamente piacere. Avrebbe potuto dirle che ci avrebbe pensato lui a proteggerla, invece le aveva fatto capire che era in gamba e che ci sarebbe riuscita anche da sé. Si guardò intorno e quando fu sicura che non ci fosse nessuno nei paraggi sfiorò le dita di Ryo con le sue, intrecciandole. Con quel gesto fu come se avesse voluto dirgli che anche lei sentiva la sua mancanza, le mancava il contatto tra di loro, abbracciarlo, baciarlo e fare l'amore con lui.
A Ryo bastò guardarla negli occhi per intuire i suoi pensieri. Le mise dolcemente una mano sulla testa e le diede un bacio sulla tempia: "Un bacio sulla fronte ci può stare tra due cugini" le sorrise.
Lei si trattenne dal saltargli al collo e abbracciarlo e poi baciarlo, aveva una voglia matta  di sentire le sue mani grandi, calde e tenere su di lei, le sue labbra appassionate, di udire il suo nome pronunciato da Ryo con dolcezza e passione. Sentire la pelle scottare a contatto con quella di lui, passare le punta delle dita sulla sua schiena larga e protettrice.
"Mi manchi anche tu, Kaori" le disse lui.
Lei arrossì e lui la guardò compiaciuto, era una donna molto appassionata, al di là di quello che riusciva ad ammettere apertamente.
Si fissarono con intensità e iniziarono ad avvicinarsi, ma quando furono sul punto di sfiorare le labbra l'uno dell'altra, un rumore di passi li fece sussultare e allontanare di scatto.
"Scusate, vi ho disturbato?" chiese Hiroshi, comparendo dall'altra parte del giardino.
Ryo avrebbe voluto rispondergli seccamente di sì, ma Kaori intervenne per prima: "No, figurati. C'è qualche problema?" gli sorrise con gentilezza.
"Volevo scusarmi per oggi, non volevo insinuare che non possa fidarmi di voi, però la tensione inizia a essere veramente difficile da sostenere".
"Non c'è bisogno di chiedere scusa, capiamo il tuo stato d'animo, ma vedrai che tutto si risolverà per il meglio".
"Grazie, vi sono davvero grato".
Ryo era rimasto in silenzio per tutto il tempo, se fino a qualche secondo prima era di ottimo umore, inebriato dalla sua meravigliosa donna, ora si sentiva estremamente irritato. Di nuovo non gli piacque per niente il modo in cui Hiroshi guardò Kaori, sembrava ammaliato da lei e questo lo faceva sentire inquieto. Indubbiamente quello era un uomo affascinante, per quanto lo infastidisse ammetterlo.

Il giorno dopo la coppia decise di accompagnare il vecchio a una visita medica ed erano quasi sicuri di ricevere un altro scherzetto. I due, da bravi nipoti amorevoli, lo aiutarono a scendere le scale della villa per salire in auto.
"Ho un'idea!" esclamò Ryo battendo le mani. "Posso guidare io?"
Kento, l'autista e una delle guardie del corpo lo guardarono perplessi, ma Kaori intuì che c'era qualcosa che non andava.
"Ma che stai blaterando?" chiese Kento irritato. "C'è Daisuke per questo, il nostro autista, non fare il ragazzino".
"Sai, zio" s'intromise Kaori. "Shun è un vero appassionato di auto, a casa pretende sempre di guidare lui, praticamente il suo autista vive di rendita".
L'anziano aggrottò le sopracciglia: "Non mi interessa, guiderà Daisuke, fine della questione" sentenziò.
Accipicchia, pensò Ryo, perché quel vecchio era tanto testardo? Rendeva tutto più complicato.
"Per favore, zio Kento!" lo supplicò, ma lui lo guardò ancora più severamente.
Intanto gli altri due assistevano sconcertati a quella scena, i nipoti del signor Furukawa erano davvero strani.
"D'accordo..." sospirò Ryo abbattuto. "Allora prima di andare devi permettermi di fare una cosa" affermò e tirò fuori dalla giacca una macchina fotografica, iniziando a scattare delle foto all'auto.
"Ma che diamine stai facendo adesso?" esclamò il capo famiglia.
"Se non vuoi farmi guidare, devi almeno permettermi di fare delle foto a questa splendido gioiellino per la mia collezione. Come ha detto la mia cara cugina sono un vero appassionato!"
"Proprio ora devi farlo? Mi attendono i dottori, faremo tardi!"
"Ci vorrà solo un minuto, abbi pazienza".
L'uomo iniziò a scattare come se fosse un vero amante dei motori, aggiungendo esclamazioni entusiaste per rendere tutto più credibile.
Va bene, adesso non esagerare però, pensò nervosamente Kaori, come al solito doveva fare troppa scena.
"Oh oh" fece Ryo all'improvviso con uno sguardo allarmato, fissando un punto del mezzo.
"Cosa c'è adesso?" chiese Kento con un sospiro, non aveva ancora finito con quella sceneggiata? Che cosa voleva ottenere?
"Dobbiamo assolutamente cambiare auto!"
"Eh? Perché?"
"Perchè ci tengo a te, zietto, non mi sentirei per nulla tranquillo ad andare con quella ruota che si sta sgonfiando".
Daisuke e l'altro si precipitarono dove stava indicando Ryo.
"Il signor Shun ha ragione purtroppo, mi perdoni, non me ne ero accorto" ammise l'autista.
Kento sgranò gli occhi e Ryo lo guardò con un mezzo sorriso ironico, il loro amico misterioso non stava perdendo tempo.
"Per fortuna che ho deciso di fare queste foto!" disse allegramente lo sweeper. "Sarebbe stato un guaio se durante il viaggio la ruota si fosse forata del tutto".
In quell'istante arrivarono anche Satoshi e altre guardie del corpo per controllare la situazione, Kento era innegabilmente turbato. Un sospetto iniziò a farsi strada nella mente di Ryo, non poteva essere una coincidenza.

"Lo vuole vivo" affermò Ryo.
La sera stessa i due sweeper, Hiroshi e il padre erano al commissariato. Ryo aveva informato Saeko che c'era stato un altro sviluppo e lei aveva preteso che andassero nel suo ufficio per parlarne, con la scusa di chiedere ulteriore protezione dopo l'ultimo episodio.
"Se non fosse così il colpevole avrebbe manomesso meglio la sedia, inoltre perché bucare la gomma? Voleva impedirci di ripartire subito dall'ospedale mentre veniva cambiata? Non ha senso" si voltò verso l'anziano. "Vuole spaventarlo, questo è certo, ma lo vuole vivo".
"Perché? Cosa dobbiamo fare allora?" gli chiese Hiroshi.
"Non molto, in realtà" ammise Ryo. "Possiamo solo aspettare le sue prossime mosse e fare molta attenzione".
"Hai qualche sospetto su chi possa essere?" gli chiese la poliziotta.
"Uhm, non proprio, è troppo presto".
Hiroshi si sentiva sollevato al pensiero che nessuno minacciasse davvero la vita di suo padre, ma allora cosa volevano da lui? Inoltre Kento non si sentiva altrettanto rassicurato da quella notizia.

Più tardi Ryo e Kaori, rimasti soli, parlarono di nuovo del caso.
"Hai intuito chi possa essere, vero?" chiese la donna.
"No, però mi sono fatto un'idea".
Satoshi Matsui, la guardia del corpo, quasi sempre al fianco del padrone di casa... quasi.
Yumiko Takada, la cameriera, lei e il signor Furukawa si erano guardati in modo strano, come se entrambi avessero un segreto da costudire.
Infine Daisuke Chiba, l'autista, com'era possibile che non si fosse accorto della ruota se aveva visionato l'auto proprio poco prima?
Chi poteva essere il colpevole? E soprattutto, era davvero uno di loro o erano tutti estranei ai fatti?

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Capitolo 4
*** Rivali e rivelazioni ***


E siamo al quarto capitolo!
Di nuovo ringrazio tutti coloro che stanno seguendo la storia, grazie!
A presto!


Quella era davvero una giornata meravigliosa, pensò Kaori, seduta su una panchina di legno del giardino di casa Furukawa.
Il cielo era limpido in quel tardo pomeriggio di maggio, tirava un vento leggero e la temperatura era ideale. Era andata lì per schiarirsi le idee, da qualche giorno la situazione era nuovamente calma, lei e il socio aspettavano delle nuove mosse e trascorrevano le giornate tenendo d'occhio la situazione.
Doveva ammettere che sentiva la mancanza della sua solita vita, per quanto potesse essere insolita e pericolosa. Le mancava andare al Cat's Eye per fare due chiacchiere con Miki, o anche le cose più scontate come fare la spesa o andare alla stazione per controllare gli annunci. Ridacchiò quando pensò che le mancavano addirittura le sceneggiate di Mick. Soprattutto soffriva per il rapporto con Ryo. Certo, erano sempre insieme lì, forse ancora più del normale, ma dovevano mantenere assiduamente una dovuta distanza, tutto quello che potevano concedersi apertamente erano sguardi fugaci e sfioramenti casuali. 
Il quartiere dove abitavano era molto bello, come la casa, potevano usufruire di un gran numero di comodità e lei non doveva più cucinare o pulire, ma quella recita iniziava ad andarle stretta. Preferiva la sua routine scompigliata a quella calma elegante.
"Salve!"
Alzò lo sguardo e si trovò davanti Hiroshi: "Va tutto bene? Ti vedo soprappensiero".
"Certo, mi stavo godendo questa tranquillità, si sta davvero bene qui".
"Sì, è vero, quando ho bisogno di rilassarmi vengo sempre qui" sorrise lui. "Posso sedermi?" le chiese.
Lei annuì e non riuscì a fare a meno di arrossire, anche se non sapeva spiegarsi esattamente il motivo.
L'uomo si sedette a qualche centimetro di distanza, la osservò per  un momento e di nuovo pensò che era molto bella. Aveva una bellezza fresca e naturale, i tratti del viso erano delicati ed eleganti allo stesso tempo, mentre i capelli corti le donavano un'aria sbarazzina e il loro colore contrastava in modo meraviglioso con il chiarore della sua pelle. E poi aveva quegli occhi color nocciola, dentro di loro sembrava esserci un mondo fatto di emozioni, pensieri e sentimenti che lui desiderava intensamente conoscere.
Se si pensava al suo lavoro nessuno avrebbe creduto che una ragazza apparentemente fragile potesse farlo, ma in breve tempo aveva capito che non lo era affatto, aveva dimostrato di possedere coraggio, vivacità e umorismo. La prima volta che l'aveva incontrata aveva pensato che era una bella donna, ma giovane rispetto a lui, dovevano esserci almeno 10-12 anni di differenza se non un paio di più, eppure i suoi occhi lo avevano colpito all'istante.
Si chiese che tipo di rapporto ci fosse con il suo collega, di sicuro lei non lo guardava come un semplice collaboratore di lavoro e nemmeno lui, non aveva ancora avuto l'occasione di capire se erano una coppia o meno, ma sicuramente c'era qualcosa tra loro.
"Posso farti una domanda?" le chiese e lei annuì. "Perché hai scelto di fare questo lavoro, non è pericoloso?"
"Diciamo che ci sono finita dentro un po' per caso..."
Lui la guardò con curiosità, invitandola a continuare.
"Qualche anno fa era mio fratello il socio di Ryo, purtroppo in seguito è scomparso e io ho preso il suo posto".
"Mi dispiace, è successo a causa del vostro lavoro?"
"Sì"
"E nonostante questo hai deciso di farlo lo stesso, invece di cambiare vita?"
Kaori fece un mezzo sorriso: "Sai, è proprio quello che Ryo mi invitò a fare all'inizio. Mi disse di andarmene e di dimenticare, ma io fui più testarda di lui e dissi di no".
"Perché? Avresti potuto vivere una vita normale, più tranquilla".
"Lo so, ma sentivo che restare era la cosa giusta da fare, inoltre se me ne fossi andata non avrei avuto un posto dove andare, ero completamente sola. Sono rimasta orfana quando ero piccola, almeno qui c'era Ryo con me e sapevo di potermi fidare, mio fratello era il suo migliore amico e gli voleva molto bene".
"Sai, un po' ti capisco" confessò Hiroshi. "Anche se faccio un lavoro più tranquillo, ho perso mia madre quando ero ancora molto giovane".
"Oh, mi dispiace, quanti anni avevi?"
"All'epoca ne avevo 15, ero ancora un ragazzino. Qualche anno dopo la salute di mio padre ha iniziato a peggiorare lentamente e ho dovuto rimboccarmi le maniche per prendere in mano le redini dell'azienda al più presto".
"E tua moglie?" osò chiedere Kaori, ma si pentì subito di averlo fatto, forse era stata troppo invadente e precipitosa.
"Aya ci ha lasciati due anni fa, nostro figlio Jin aveva solo 8 anni e purtroppo ha subito la mia stessa sorte. La cosa che mi dispiace di più per lui, oltre alla perdita di sua madre, è che quando è successo era molto piccolo e non gli resterrano molti ricordi di lei da conservare. Almeno io sono stato più fortunato da questo punto di vista, invece lui..."
Kaori sorrise teneramente e mise una mano sopra la sua, con quel gesto voleva dirgli che nonostante si conoscessero da pochi giorni, gli era vicina come poteva esserlo una vera amica.
Mentre parlavano non si accorsero che qualcuno li stava osservando, Ryo era qualche passo dietro di loro, lo sguardo serio e l'irritazione che fluiva nelle vene. Parlavano e sorridevano insieme, sembravano addirittura in confidenza, inoltre aveva visto Kaori arrossire a un certo punto. Sospirò pesantemente quando una vocina fastidiosa nella sua testa gli suggerì come sembrassero una coppia ben assortita.
Kaori era naturalmente bella, ma il vestito che indossava le dava un'aria ancora più elegante e raffinata, sembrava una di quelle giovani dell'alta società e riconobbe che la parte che stava recitando le stava cucita addosso perfettamente in quel momento. L'abito azzurro aveva uno scollo a barca ed era a maniche lunghe, si stringeva in vita e si allargava di nuovo leggermente sui fianchi, infine terminava appena sotto il ginocchio. Era molto semplice, ma le donava un'impressione di delicata eleganza.
Hiroshi era anche lui molto elegante, portava una camicia bianca sopra un completo blu che si abbinava alla cravatta, sopra invece aveva una giacca grigia che gli arrivava a metà coscia. Doveva essere parecchio alto, non quanto lui, ma nei giorni scorsi aveva già notato come superasse Kaori di diversi centimetri.
Non riuscì più a trattenersi e si diresse verso di loro: "Kaori" la chiamò.
Lei alzò lo sguardo e si voltò anche Hiroshi, che gli dava le spalle.
"Va tutto bene?" le chiese Ryo, senza degnare di uno sguardo l'uomo accanto a lei.
"Certo, stavamo facendo due chiacchiere, si sta così bene qui!" rispose con un sorriso solare, sembrava non essersi accorta del suo stato d'animo tumultuoso.
"C'è qualche problema?" gli chiese Hiroshi. Mise le mani sulle ginocchia e si alzò con un sorriso apparentemente tranquillo, non sembrava diverso dal solito.
"No, affatto".
La tensione tra i due adesso era palpabile e anche la donna fu costretta a rendersene conto.
"Kaori mi stava raccontando del vostro lavoro, ero piuttosto curioso, indubbiamente è un'occupazione insolita" disse l'imprenditore con un mezzo sorriso. 
A Ryo non sfuggì il suo tono apparentemente rilassato, come se stesse parlando dell'ultimo programma televisivo che aveva visto, ma nella voce aveva una strana sfumatura, come se volesse provocarlo. Bene, con la sua faccia da bravo ragazzo elegante, finalmente stava iniziando a mostrare le sue carte. Non era una sorpresa capire che Kaori gli piaceva, ma fino a quel momento aveva fatto finta di nulla, gli era sfuggito solo qualche gesto e qualche parola gentile che a un occhio più distratto non avrebbe fatto sospettare nulla.
"Se non vi dispiace vado nel mio ufficio ora, devo finire di sbrigare delle cose".
Oh no, a Ryo non dispiaceva proprio per niente. Si voltò quando sentì una mano sul braccio, Kaori lo stava guardando preoccupata.
"Non pensavo ci fosse già tanta confidenza tra voi" le disse senza riuscire a trattenersi in alcun modo. Sentiva una fastidiosissima punta di gelosia premergli sul petto, come il pungiglione di un insetto.
"Oh Ryo, stavamo solo parlando!"
"Dev'essere stato un argomento interessante, soprattutto per lui, visto come ti stava guardando".
La donna aprì la bocca in un'esclamazione di sorpresa, poi la sua espressione cambiò e il suo sorriso divenne un misto tra l'ironico e il divertito.
"Senti un po', non sarai geloso per caso?" gli chiese.
Si aspettava una risposta del tipo: Io geloso? Figurati! Assolutamente no!
Invece la sua risposta la sorprese: "Be', sei la mia donna, è normale che sia geloso se un altro uomo ti guarda in quel modo!" esclamò ed incrociò le braccia sul petto, alzò il mento e voltò il capo dall'altra parte con aria orgogliosa.
Il sorriso di Kaori si allargò ancora di più, in un misto di divertimento e tenerezza. Stava per rispondergli che non aveva motivo di essere geloso, perché Hiroshi era solo un cliente e inoltre la simpatia che lui sentiva per lei era solo gentilezza, ma delle urla le impedirono di parlare e la misero subito all'erta.
Si precipitarono verso la provenienza delle grida e videro Kento che veniva strattonato da un uomo con il viso coperto da una mascherina e un paio di occhiali scuri. Appena li vide avvicinarsi, lasciò immediatamente l'anziano e scappò di corsa per le scale, saltando a bordo di una moto. Ryo cercò di afferrarlo prima, ma non ci riuscì, mentre arrivavano anche Hiroshi e alcune delle guardie del corpo dopo aver udito tutto quel baccano.
Più tardi il vecchio, scosso dall'accaduto, venne accompagnato nella sua camera per riposare e riprendersi un po'. Hiroshi si trovò nel suo ufficio con la coppia sotto copertura.
"Allora, sei ancora convinto che l'obbiettivo sia solo spaventare mio padre? Stavano per rapirlo!" sbottò l'uomo rivolgendosi a Ryo.
Mentre parlava guardava solo lui, si stava confrontando solo con lui, come se fosse stata una questione che riguardava esclusivamente loro. Stava per rispondergli quando qualcuno bussò alla porta.
"Avevo detto che non volevo essere disturbato!" esclamò Hiroshi, in quel momento sembrava una persona completamente diversa rispetto a quella che avevano conosciuto fino ad allora.
La porta si aprì lo stesso e apparve Kento, accompagnato da una delle cameriere.
"Dovresti calmarti, Hiroshi" disse severamente l'anziano, ma era palese che anche lui fosse ancora scosso. Il sudore imperlava la sua fronte, il colorito del viso era più pallido del solito e le mani tremavano leggermente.
Il figlio lo aiutò a sedersi sulla poltrona, poi chiuse la porta a chiave e si rivolse al padre: "Come fai a essere tanto testardo certe volte!" esclamò. "Dovevi restare a letto a riposare, non capisci che stavi per essere rapito?"
"Non stava per essere rapito" intervenne Ryo, con voce calma.
Hiroshi si voltò verso di lui e lo guardò come se avesse voluto dargli un pugno e anche se non lo fece, strinse forte i pugni delle mani lungo i fianchi: "Ah no? E quale sarebbe la tua deduzione, allora? Quel tipo stava solo giocando?" gli chiese con tono ironico, evidentemente non era d'accordo.
"Ryo ha ragione" intervenne Kaori con una voce altrettanto calma, ma al tempo stesso più tenera. Capiva che Hiroshi era sconvolto e non c'era da stupirsi per la sua reazione, ma voleva tentare comunque di calmare la tensione. "Se lo scopo fosse stato davvero quello si sarebbe organizzato diversamente" affermò.
"Cosa vuoi dire?" le chiese Hiroshi.
"Hai notato che è scappato su una moto? Avrebbe dovuto avere almeno un'auto, come avrebbe fatto altrimenti a portare con sé il signor Kento? Dubito che avrebbe potuto farlo salire su quella moto, anche se le sue condizioni di salute fossero state migliori".
L'imprenditore spalancò gli occhi, colpito improvvisamente da quella rivelazione evidente.
"Inoltre non c'era nessun altro nei paraggi, abbiamo controllato, quindi è da escludere che un complice lo stesse aspettando fuori".
Ryo non riuscì più a trattenere un mezzo sorriso, brava la sua Kaori! Adesso quel bellimbusto si era persuaso che non erano dei pivelli e non lo stavano prendendo in giro? Inoltre era sicuro che il fatto che fosse stata lei a spiegargli la situazione lo avesse convinto ancora di più.
"Ma allora cosa vogliono?" chiese Hiroshi, il cui tono di voce era rimasto lo stesso allarmato e più alto del solito.
"Soldi, forse" rispose Ryo, poi si voltò verso l'anziano. "O magari c'è stato qualche dissapore con qualcuno..."
A un occhio più distratto l'espressione dell'uomo a quelle parole sarebbe parsa immutata, ma non a Ryo.
Bingo, si disse.
"In ogni caso ho già avvertito il detective Nogami di quello che è successo" continuò Ryo, rivolgendosi di nuovo al più giovane dei Furukawa. "Dobbiamo andare al commissariato domani".
C'erano ancora diverse cose da chiarire, ma sentiva di essere vicino alla soluzione.
Prima di tutto, il tizio di prima era il colpevole o era un complice? Se era lui potevano escludere Yumiko Takada dalla lista, ma poteva anche essere qualcuno pagato e in quel caso rimaneva una sospettata.
Altra cosa, qual era il motivo di quelle minacce? L'eredità, o più probabilmente qualcuno stava cercando di vendicarsi per qualcosa?
Infine perché il cancello di casa era aperto, diversamente dal solito? Satoshi Matsui e le altre guardie del corpo dov'erano mentre quel tizio s'intrufolava in giardino? Era quasi sicuro che quando sarebbero andati a controllare le telecamere le avrebbero trovate spente.
Il caso si faceva più ricco di elementi, mancava solo qualche tassello, ma una volta ritrovati tutti non sarebbe stato difficile arrivare a chi stavano cercando.

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Capitolo 5
*** Festa... a sorpresa! ***


Il giorno seguente l'accaduto Ryo, Kaori e i due Furukawa erano di nuovo al commissariato, seduti di fronte alla detective Nogami.
"Ryo ha ragione, altrimenti significa che abbiamo a che fare con un dilettante e non penso sia questo il caso, avrebbe già desistito" affermò la poliziotta dopo aver ascoltato attentamente il resoconto degli ultimi sviluppi. "Dobbiamo solo capire il motivo di queste messinscene".
Aprì un cassetto della scrivania e prese una cartella, la passò agli amici e poi si rivolse ai due imprenditori: "Se non sbaglio tra qualche giorno ci sarà l'inaugurazione di un nuovo albergo, giusto?"
I due uomini annuirono e Saeko sorrise: "Benissimo, è l'occasione ideale per schiarirci un po' le idee".
"Cosa intende?" chiese il più giovane.
"Visto che sospettiamo che il colpevole di tutto questo sia vicino a voi, il ricevimento che si svolgerà per l'inaugurazione sarà una buona occasione per studiare le sue mosse, sicuramente non si farà sfuggire questo avvenimento" spiegò, poi si rivolse agli altri due. "Anche voi dovrete essere presenti, vogliamo far credere che siete interessati a entrare in società con i vostri parenti e se l'obbiettivo è di tipo economico, di sicuro attirerete l'attenzione".
Ryo stava per obbiettare che era piuttosto certo che il movente non fosse quello, ma lei parlò di nuovo: "Il signor Furukawa non potrà esserci, ma non dovete preoccuparvi, ci penserò io a proteggerlo per quella sera insieme agli agenti della mia squadra. Sarà una buona occasione anche per verificare se con l'abitazione mezza vuota il nostro indiziato ne approfitterà, sempre se non sarà già alla festa. Nella cartella che vi ho dato c'è scritto ogni dettaglio del nuovo piano". 
"Questo è tutto?" chiese Ryo.
"No, avrete dei microfoni nascosti con voi e dovrete informarmi di ogni dettaglio sospetto che noterete, inoltre potremo capire se il signor Kento è davvero l'unico obbiettivo..." aggiunse Saeko guardando Hiroshi.
Lui rimase apparentemente calmo, ma non riuscì a fare a meno di sgranare gli occhi per un attimo.
"Alla festa ci saranno altri nostri collaboratori. Miki sarà presente nei panni di una delle cameriere, mentre Falcon e Mick si fingeranno due vigilanti assunti per la serata".
Prima di salutarsi Saeko prese i due amici da parte per un momento: "Al ricevimento ci saranno tutti e tre i nostri indiziati. Takada sarà una delle cameriere, mentre Matsui sarà al fianco di Hiroshi e infine Chiba vi accompagnerà. Mi raccomando, teneteli bene d'occhio".
Il giorno dell'inaugurazione arrivò e la squadra di detective era pronta e all'erta. Falcon e Mick erano all'albergo già dal pomeriggio, così come Miki, mentre gli altri due sarebbero arrivati più tardi insieme al giovane Furukawa.
Ryo e Hiroshi erano seduti nel soggiorno, in attesa dell'arrivo di Kaori. Stavano in totale silenzio, Hiroshi si sentiva teso e Ryo non aveva nessuna voglia di parlare con lui. Udirono un rumore e si voltarono nello stesso momento.
Spalancarono gli occhi con stupore, Kaori era pronta per uscire ed entrambi non poterono fare a meno di rimanere meravigliati da lei. Indossava un lungo abito blu senza maniche, la scollatura a V era discreta e il corpetto era semplice, una cintura sottile si stringeva in vita e poi si allargava una gonna con delle piccole paillettes che sembravano rappresentare una notte stellata. Il trucco era sobrio e i capelli erano leggermente tirati indietro da una parte, mentre dall'altra un ciuffo ricadeva sulla fronte.
Quel vestito glielo aveva fatto recapitare Saeko, così come quello del compagno.
Era magnifica e Ryo si avvicinò a lei con un sorriso, ma Hiroshi fece lo stesso e i due si fissarono.
"Andiamo?" chiese Kaori nervosamente, in quella stanza c'era troppa tensione.
"Certo" risposero i due uomini insieme.
Oh, perfetto! Pensò la donna con sarcasmo, si prospettava proprio una serata tranquilla!
In breve tempo giunsero al luogo della festa, ma poiché Hiroshi era uno dei protagonisti  maggiori della serata arrivarono in anticipo e non c'era ancora nessun ospite, per cui non fu difficile individuare Umibozu e Mick. In realtà, pensò Ryo con ironia, non sarebbe stato difficoltoso lo stesso, come si faceva a non notare un gigante come Falcon e un uomo dagli occhi azzurri e i capelli biondi come Mick? Naturalmente quest'ultimo, appena vide Kaori, perse per un momento il suo ruolo e gli occhi diventarono a forma di cuore, ma Ryo lo fulminò con lo sguardo.
Stai al tuo posto!
Mick si mise una mano dietro la testa e ridacchiò, ma dopotutto anche lui aveva gli occhi e Kaori era una magnifica visione quella sera. Umibozu gli diede una gomitata per riportarlo al suo dovere: "Stai al tuo posto!" disse, traducendo in parole i pensieri di Ryo.
"Uffa, va bene!" esclamò e incrociò le braccia sul petto, ma subito dopo la sua faccia si trasformò di nuovo. "Più tardi le chiederò un ballo" sorrise compiaciuto.
L'altro sospirò pesantemente, di quel passo non avrebbero combinato nulla di buono!
Gli ospiti cominciarono ad arrivare e Kaori non poté fare a meno di sentirsi un po' fuori luogo, quell'albergo era affollato di ricchi imprenditori ed eleganti signore. Ryo si era ritrovato più di una volta a fare più attenzione agli sguardi di apprezzamento che riceveva la sua compagna, che non al motivo per il quale erano lì. Anche lui era spesso protagonista degli sguardi ammirati delle donne, succedeva quando indossava semplicemente un paio di jeans e una maglietta, figuriamoci in quella serata dove era a dir poco magnifico. Indossava un completo semplice e nero, anche se di ottima fattura, ma su di lui faceva una figura sublime ed era ancora più affascinante del solito. Kaori si morse le labbra quando vide l'ennesima donna avvicinarsi a lui, si sentiva nervosa e incerta.
"Non credo che tu abbia qualcosa di cui preoccuparti".
Lei sussultò e si voltò, trovandosi davanti il sorriso di Hiroshi. "Lui ha occhi solo per te, è evidente, non hai notato come ti tiene d'occhio?"
La ragazza sgranò gli occhi in un'espressione sorpresa, come al solito non si era accorta di niente.
"Lo capisco, sai? Anch'io sarei geloso con una donna splendida come te al mio fianco".
Lui la fissò per un istante con uno sguardo incerto, come se avesse voluto dirle qualcosa, ma quando si decise e aprì la bocca per parlare, fu avvicinato da un uomo. Si scusò e si allontanò, probabilmente doveva discutere di affari.
"Ehi, va tutto bene?" Ryo le sorrideva dolcemente, aveva notato il suo sguardo crucciato dopo che quella donna e altre gli si erano avvicinate e desiderava rincuorarla, per lui era lei la più bella e l'unica che contasse.
Kaori era meravigliosa e non aveva motivo di preoccuparsi, piuttosto avrebbe dovuto farlo lui, su certe cose era ancora ingenua a volte e quella sala era colma di squali, compreso il bravo Hiroshi.
Una cameriera con un vassoio in mano si avvicinò a loro e in lei riconobbero Miki.
"Hai notato qualcosa di strano?" le chiese Ryo.
"Per adesso no" rispose con un sorriso cordiale, fingendo di offrire loro dei bicchieri.
"Allora ci aggiorniamo più tardi".
"D'accordo" annuì Miki, poi sorrise: "Signorina Akane, è splendida stasera, il suo fidanzato è davvero fortunato" disse e le fece l'occhiolino.
"E io nulla?" sbuffò Ryo. "Comunque ha ragione, il tuo fidanzato è decisamente un uomo fortunato, Sugar!" aggiunse sussurrando l'ultima parola, prima di allontanarsi con passo calmo.
Lei arrossì ancora di più, perché all'improvviso faceva così caldo?
Durante il resto della serata i due ne approfittarono per fare qualche domanda con tono casuale in giro, cercando di carpire qualche informazione sospetta.
"Posso chiederti il piacere di un ballo insieme?"
Kaori guardò Hiroshi e si trovò a non sapere cosa rispondere, già diversi ospiti stavano approfittando della musica. Lei si sentiva in imbarazzo per quella proposta, ma lui le prese una mano e la portò sulla pista da ballo. Con l'altra mano le strinse un fianco e i due si ritrovarono a danzare.
Lei sentiva le orecchie andare a fuoco e il cuore battere forte, sia per la sorpresa di quella situazione, sia per essere così vicina a un altro che non fosse Ryo. Studiò il suo viso per un momento e ammise che Hiroshi era un uomo affascinante. I tratti del viso erano decisi, ma traspariva anche una certa morbidezza. I suoi occhi erano molto scuri, non proprio neri, erano più di un castano scuro intenso e intorno a essi apparivano delle rughette che paradossalmente gli donavano più attrattiva, contribuendo alla sua espressione malinconica. I capelli neri erano corti e un ciuffo ricadeva leggermente da una parte.
Aveva notato come l'attenzione fosse concentrata su di lui, ma sapeva che non era solo per il suo ruolo, sicuramente era abituato ad avere molte pretendenti intorno. Mentre ballavano la guardava e sul suo viso c'era un'espressione di dolcezza, le sue braccia avevano una presa solida e decisa.
Ryo li osservava e capiva perfettamente cosa rappresentava lo sguardo di lui: attrazione e tenerezza, l'attrazione che un uomo sentiva per una donna, e Hiroshi era decisamente affascinato da Kaori. Strinse i pugni, detestava vederli così avvinghiati e il pensiero che lui potesse stringerla in quel modo lo faceva irritare ancora di più.
"Non essere troppo geloso" gli disse Mick attraverso il microfono, aveva seguito tutta la scena.
"Fatti gli affari tuoi" sibilò con irritazione l'altro, era sicuro che il suo amico in quel momento avesse un sorriso divertito sulla sua bella faccia canzonatoria.
"Ehi, sei proprio arrabbiato!"
Ryo non rispose, continuando a seguire la scena.
"Smettila di blaterare e pensa alla missione!" sentì dire da Umibozu.
Quando la musica terminò Kaori si scostò gentilmente e lui disse: "Sei un'ottima ballerina, spero ci sarà di nuovo l'occasione".
Ryo si avvicinò a loro e Hiroshi sorrise nel suo solito modo tranquillo: "Tua cugina è davvero una magnifica compagna di ballo, sai?"
A Ryo non sfuggì il suo messaggio sottinteso, a quel tipo non importava niente se lei sapeva ballare o meno, quello che voleva era conquistarla, ciò che in realtà voleva dire era: stai attento, Ryo, perché Kaori mi interessa e non ho intenzione di stare a guardare.
Be', nemmeno lui.
Kaori fissò entrambi, sembravano due leoni che stavano per affrontarsi. Ma che diamine avevano in testa quei due? Si sentiva ancora turbata dalla vicinanza con Hiroshi e lo sguardo severo di Ryo non la tranquillizzava, non era proprio l'occasione giusta per una discussione infuocata.
Per fortuna ci pensò qualcun altro a intervenire e ad appianare la tensione: "Scusi, signor Furukawa, ho bisogno di parlarle" disse una voce rivolgendosi a Ryo, si voltò e vide Mick.
"State dando spettacolo, vuoi che vi scoprano e che Saeko dia di matto?" lo rimproverò subito dopo sotto voce.
"Lasciami in pace, Mick, pensa al tuo lavoro" gli rispose Ryo seccamente, prima di allontanarsi di nuovo.
E' quello che sto facendo! Pensò il biondo e anche il suo amico avrebbe fatto meglio a fare lo stesso.
La serata continuò più pacatamente e anche Hiroshi si era accorto di aver esagerato, riconosceva che non ci si comportava così con una lontana cugina, ma si sentiva molto attratto da Kaori.
Durante la festa Miki aveva tenuto d'occhio Yumiko Takada per tutta la sera e non aveva notato niente di strano nel suo atteggiamento, aveva lavorato duro per tutto il tempo. Falcon e Mick avevano osservato attentamente Daisuke Chiba, aveva chiacchierato con i suoi colleghi e non si era allontanato dalla sua postazione. Anche Satoshi Matsui sembrava scagionato dai sospetti, era stato nei paraggi e apparentemente non aveva avuto atteggiamenti sospetti.
Per quanto riguardava gli invitati molti si erano mostrati interessati ai lavori della famiglia Furukawa, ma erano quasi tutti uomini d'affari, quindi era normale che lo fossero.
Quella serata si era rivelata del tutto infruttuosa, avevano fatto un buco nell'acqua. Non avevano acquisito elementi nuovi come si aspettavano e oltretutto Ryo si sentiva piuttosto indispettito. Nel viaggio di ritorno rimasero tutti in silenzio, ma quando arrivarono Kaori si precipitò a parlare con il suo compagno.
"Aspetta!" esclamò, mentre lui a grandi passi si dirigeva nella sua camera. "Che succede?Perché sei così teso?"
L'uomo sospirò pesantemente e aspettò un attimo prima di rispondere, non voleva rendersi ridicolo con una scenata di gelosia.
"Niente" rispose seccamente.
"Che succede?" ripeté lei con tono più deciso, mettendosi proprio davanti a lui.
"Diamine Kaori, ma non ti accorgi di come ti guarda quel tizio?" sbottò Ryo.
"Chi?" chiese la donna senza capire a chi si stesse riferendo.
Lui sospirò di nuovo con frustrazione, com'era possibile che non se ne rendesse conto?
"Hiroshi, il nostro cliente".
"Come hai già detto tu, è solo un cliente".
"Certo, per te forse, ma non per lui".
"Ti stai sbagliando..."
"No, affatto, mi stupisco di come non ti accorga di nulla".
Kaori lo guardò in silenzio per qualche secondo, poi gli prese una mano: "Hiroshi non mi interessa. Sei tu il mio uomo, è con te che voglio stare, Ryo".
Lui la guardò e il suo sguardo si ammorbidì, pur rimanendo teso.
"Lo so, ma questo non toglie che l'atteggiamento di quel tipo mi infastidisca parecchio!"
Lei fece un mezzo sorriso e si alzò sulle punte dei piedi, appoggiò una mano sul suo collo e gli diede un bacio sulla guancia, molto vicino alle labbra: "Non hai motivo di preoccuparti" sussurrò, ma Ryo si sentiva davvero frustrato quella sera e soprattutto aveva un bisogno intenso di tenere Kaori tra le braccia, sentire il calore della sua pelle e le sue labbra morbide.
Se ne infischiò se qualcuno avrebbe potuto vederli, girò leggermente il viso e catturò le sue labbra in un bacio appassionato. Diamine, erano quasi due settimane che non baciava la sua meravigliosa donna, come aveva fatto a resistere fino ad allora? Baciarla era una delle cose più incantevoli che potevano esserci per lui.
Lei non si sottrasse questa volta, ma si avvinghiò a lui, si perse in lui... quanto le era mancato!
Ryo la sollevò tra le braccia e aprì la porta della camera con un mano, poi la richiuse alle spalle con un calcio. La posò a terra e l'accarezzò, stare lontano da Kaori gli era costata una fatica incredibile.
Le mani di lei andarono sulle braccia, sul petto, sulla schiena di lui. Gli tolse la giacca, allentò la cravatta e iniziò a sbottonargli la camicia. Lui le tirò giù la cerniera del vestito e quando sentirono la loro pelle a contatto, entrambi sospirarono di piacere.
"Mi sei mancata, Sugar..."
Kaori era meravigliosa, sensibile e appassionata, e soprattutto era perfetta per lui. Quella era una cosa che sentiva fin sotto la pelle, con nessuna aveva mai provato lo stesso ardore, il desiderio di donarsi completamente a lei.
Si stesero sul letto e lei lo abbracciò, voleva farlo impazzire stringendosi a lui in quel modo? L'amava, come non avrebbe creduto di riuscire a fare con nessuna. In un modo incredibile i loro corpi si riconoscevano all'istante, bastava guardarsi negli occhi per capire ciò che desiderava e sentiva l'altro.
Le scostò dei capelli dal viso e in un gesto di profonda tenerezza le baciò la fronte, poi le guance e le labbra, portandola infine in un lungo bacio appassionato.
"Kaori..." la chiamò.
Lei gli sorrise, gli prese il viso tra le mani e lo guardò piena di dolcezza, poi si inarcò verso di lui e lo baciò.
Ryo non aspettò ancora e si unì alla sua Kaori, in quella meravigliosa sensazione di far parte completamente della persona amata.

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Capitolo 6
*** Segreti svelati ***


Kaori iniziò a svegliarsi, aveva un sorriso beato sulle labbra, si sentiva al caldo e al sicuro. Era da qualche giorno che non si sentiva così bene. Si accovacciò di più verso la fonte del calore, in procinto di riaddormentarsi, ma all'improvviso aprì gli occhi.
Alzò la testa e vide Ryo che dormiva, abbassò il viso e appurò che era nuda, così come l'uomo accanto a sé. Sussultò e ricordò i momenti di poche ore prima, lei e Ryo avevano fatto l'amore. Trasalì di nuovo, non erano a casa loro, ma in quella dei loro clienti, dove qualcuno avrebbe potuto vederli e trarre velocemente le conclusioni per smascherarli.
"Oh no!" si alzò e iniziò a vestirsi velocemente.
Ryo aprì gli occhi, svegliato da alcuni rumori, avvertì un vuoto accanto a sé e quando spostò lo sguardo vide la sua compagna che vagava per la stanza in cerca di qualcosa.
"Che stai combinando?" le chiese, si passò una mano tra i capelli e si appoggiò sui gomiti.
Lei si voltò per un attimo e poi tornò a vagare: "Abbiamo fatto l'amore!" esclamò.
Lui aggrottò la fronte: "Certo..."
"Non capisci? Qualcuno può averci visto quando eravamo qui fuori, nel corridoio!"
"Calmati, era notte fonda e tutti stavano sicuramente già dormendo" le disse l'uomo con voce rilassata. "A proposito, che ore sono?"
"Le 7.00, è tardissimo!"
"Semmai è il contrario, torna qui, dai".
"Stai scherzando, vero? Devo uscire di qui il prima possibile, se qualcuno mi vede siamo fregati!"
Lui sospirò, Kaori si stava preoccupando troppo e inutilmente.
"Ieri sera abbiamo fatto tutti tardi e sono sicuro che non si vedrà nessuno prima di qualche ora, anche normalmente a quest'ora la casa sembra deserta".
"Non possiamo rischiare" lo rimproverò lei. "Hai una tuta o qualcosa di comodo?"
"A che ti serve?"
"Non posso uscire indossando l'abito di ieri, non ci vorrebbe molto ad arrivare alle conclusioni se incontrassi qualcuno, ma nemmeno così..."
Ryo la squadrò e sorrise, indossava la sua camicia e veramente era perfetta.
"In realtà penso che tu sia magnifica così".
Kaori arrossì e sbuffò: "Oh, sei impossibile!"
"Che vuoi che faccia?" le chiese, trattenendo una risata che sapeva l'avrebbe innervosita ancora di più. "Anche se ti prestassi qualcosa dubito che sarebbe della tua taglia, inoltre non ho niente del genere con me, Saeko ha riempito la valigia di stupidi completi da damerino".
Kaori dovette accontentarsi di un paio di pantaloni eleganti, li strinse in vita con una cintura e li arrotolò alle caviglie. Si affacciò alla porta e quando fu sicura che non ci fosse nessuno nei paraggi, attraversò il corridoio in punta di piedi fino alla sua camera.
Ryo era ancora appoggiato su un gomito con un sorriso divertito. Sospirò e si rituffò nel letto, era stata una notte magnifica ed era certo che dopo quella ne sarebbero seguite altre. Finalmente il periodo di astinenza con la sua dolce Kaori era finito si disse, con un ampio sorriso compiaciuto.
Più tardi Kaori ringraziò se stessa per essere stata più responsabile di qualche ora prima, perché poco più di mezz'ora dopo la casa cominciò ad animarsi delle persone che vi lavoravano e anche dei due proprietari. Nonostante fosse rientrato alla stessa ora, Hiroshi era già sveglio e vestito di tutto punto, pronto per andare al lavoro.
"Sei già in piedi?" le chiese.
"Eh già, non ho dormito granché stanotte e ho preferito alzarmi..." ridacchiò nervosamente lei.
Dopo quell'incontro inaspettato la ragazza corse di nuovo dal suo compagno obbligandolo ad alzarsi, lui protestò, ma alla fine fu costretto a cedere.
"Buongiorno" disse Kento a Kaori. "Lo sa, ieri sera era incantevole con quel vestito e ho notato che avete fatto tardi, spero che alla festa sia andato tutto bene. Più tardi mi farò raccontare tutto da mio figlio" aggiunse prima di voltarsi e lasciarla lì.
Lei sgranò gli occhi, cosa voleva dirle esattamente? Un dubbio le balenò nella mente e il cuore iniziò a battere più forte... l'aveva vista insieme a Ryo?
Trascorse la giornata tormentata da quella domanda, temeva che li avrebbe licenziati e così avrebbero perso il loro compenso. Inoltre le dispiaceva lasciare i loro clienti in quella situazione, ormai erano sicuri di essere vicini alla soluzione.
"Impossibile" affermò Ryo. "Quando siamo rientrati erano le due di notte, figurati se quel vecchio era ancora sveglio e anche se lo fosse stato ti pare che girovagasse per casa a quell'ora?"
"Eppure sembrava strano prima".
"Ti stai preoccupando eccessivamente, ti avrà vista prima dell'inaugurazione, e anche se l'avesse fatto non stavamo facendo niente di sbagliato!" concluse lui incrociando le braccia sul petto.
"Avevamo promesso di essere professionali".
"Infatti, se non sbaglio, nessuno sospetta nulla di noi".
Kaori ammise che non aveva tutti i torti, ma la sua coscienza premeva ripensando a qualche ora prima e al rischio di essere scoperti, anche se apparentemente non era successo.
Era quasi ora di cena, si diressero verso la sala da pranzo e passarono davanti la camera di Kento, ma udirono delle voci concitate provenire dall'interno. Si fermarono e Ryo fece cenno a Kaori di fare silenzio, poi aprì la porta, facendo attenzione a non fare alcun rumore.
"Questo non è uno scherzo!"
"Ti stai preoccupando troppo, è una cosa di poca importanza".
"Mi sto preoccupando troppo? Chi pensi abbia messo quella foto lì?"
"Ci sarà finita per caso... sarà stata in qualche vecchia cartella".
"Non puoi crederci sul serio, dobbiamo dirglielo".
"Non c'è n'è bisogno, non significa nulla".
"Come possono aiutarci se glielo nascondiamo?"
"Non c'è motivo che lo sappiano".
"Sapere cosa?"
I due Furukawa si voltarono di scatto, sorpresi.
Beccati, pensò Ryo con un mezzo sorriso. Adesso era davvero curioso di sentire cosa avevano da raccontare.
Per un attimo si chiese per chi stessero lavorando veramente lui e la sua socia. Quali e quanti segreti nascondevano ancora?
"Volete seriamente il nostro aiuto?" chiese loro con un tono rigido e beffardo al tempo stesso. "In caso contrario possiamo andarcene anche subito".
"No!" esclamò Hiroshi. "Scusateci, abbiamo sbagliato..."
Ryo spostò la sedia della scrivania e si sedette comodamente, piegò una gamba sopra l'altra e li guardò con vivacità: "Bene, siamo pronti ad ascoltarvi".
"Andiamo nel mio ufficio, per favore" disse Hiroshi. "Papà, ti aiuto a venire di là?" 
"No, resto qui, ho bisogno di riposare" rispose il vecchio con voce distaccata.
Il figlio non protestò e una volta nell'ufficio si sedette al solito posto dietro alla scrivania, aprì un cassetto e tirò fuori una foto che porse agli altri due. Sembrava appartenere a molti anni prima, vi erano ritratti due uomini e uno era piuttosto somigliante a Hiroshi. Ryo e Kaori non ci misero granché a capire che era Kento da giovane, ma l'altro non avevano idea di chi fosse.
"Questa è una vecchia fotografia che ritrae mio padre e uno dei suoi soci, o almeno quello che avrebbe dovuto essere tale".
"Che intendi?" gli chiese Ryo, drizzando di più il busto.
"Si chiama Shingo Hikada e doveva diventare un importante collaboratore per noi, ma dopo aver scoperto che aveva sottratto una grossa somma di denaro, mio padre decise di chiudere i rapporti con lui".
"Da dove viene fuori questa foto?"
"Non lo so" confessò Hiroshi. "Stamani l'ho trovata sulla scrivania dell'ufficio in albergo, ma vi assicuro che non sono stato io a mettercela... non sapevo nemmeno che esistesse".
Kaori era sorpresa, mentre Ryo rimase apparentemente calmo. In realtà si sentiva elettrizzato, finalmente poteva esserci una svolta interessante, forse per la prima volta da quando erano lì.
"Non so come ci sia finita, l'albergo aprirà solo tra qualche giorno e nessuno può accedervi, tranne coloro che ci stanno lavorando. Inoltre all'entrata ci sono i vigilanti che controllano chi entra, ma solo io ho le chiavi dell'ufficio..."
"C'erano segni di forzatura nella porta?"
L'altro fece di no con la testa e Ryo sorrise, la sua intuizione era finalmente confermata:  ad architettare tutta quella messinscena era qualcuno di molto vicino.
"Quindi può avercela messa solo qualcuno che può accedere all'albergo senza destare sospetti" affermò. "E forse possiamo anche pensare che il motivo delle minacce sia legato a quella vecchia faccenda".
Hiroshi sgranò gli occhi: "Sono passati tanti anni, che motivo c'è di tirare fuori di nuovo questa storia proprio ora?" chiese con sconcerto. "E poi come hanno fatto a entrare?"
"Il rancore può durare per parecchio tempo a volte, inoltre non ci vuole molto a fare una copia della chiave, se si sa dov'è".
"Ma non conosciamo nessuno che sia legato a Shingo Hikada e da quello che sappiamo non vive più neanche in Giappone, com'è possibile?"
"Forse qualcuno vicino a lui lavora per voi, un figlio o un nipote magari... siete sicuri di conoscere bene chi vi circonda?"
Quella domanda s'insinuò nella mente dell'imprenditore, facendolo vacillare. Per quanto lui e suo padre avessero fatto fare delle ricerche attente sui loro collaboratori prima di assumerli, adesso quel quesito lo destabilizzava.
"Prima di tutto mi accerterei che coloro a cui vi affidate siano davvero chi dicono di essere..." lo avvertì Ryo.
Hiroshi era sconvolto, le sue certezze iniziavano a tremare. Quella vicenda non era stata piacevole e soprattutto pensava che fosse stata archiviata, ma forse non era così.
"Va tutto bene?" gli chiese Kaori dopo qualche minuto di silenzio.
Lui la guardò e sorrise appena, ma si vedeva che era turbato.
"Vorrei dire di sì, ma non posso farlo, non mi aspettavo tutto questo".
Lei esitò un istante prima di parlare di nuovo, poi gli chiese: "C'è altro che dobbiamo sapere? So che non è facile raccontare, ma è per il vostro bene".
Hiroshi si lasciò andare a una risata breve e ironica. "Se dovessi raccontarvi tutto quello che ha fatto mio padre non la finirei più..." ammise.
Sin'ora l'aveva difeso ed era sempre stato al suo fianco, nei momenti più difficili e anche quando non era stato d'accordo con le sue decisioni, ma ora si sentiva stremato e doveva ammettere che alcune volte suo padre era stato testardo, intransigente... e crudele. Non si era mai comportato in quel modo per vera cattiveria, di questo era certo, ma più per un senso di orgoglio inutile, per la pretesa di sapere cosa fosse meglio non solo per se stesso, ma anche per gli altri.
Kaori lo fissò, invitandolo a continuare. Non voleva essere assillante, ma se desiderava davvero il loro aiuto doveva essere sincero.
Hiroshi, dopo un attimo di riflessione, iniziò a parlare: "Mio padre è sempre stato un uomo rigoroso e severo, ma almeno era sereno. Dopo che ho perso mia madre è cambiato... si è ritrovato a portare avanti la famiglia da solo ed è diventato più dispotico e inflessibile" li fissò per un lungo istante come se avesse voluto dire qualcosa, ma non avesse il coraggio di farlo: "Io... non sono l'unico figlio di mio padre, ho una sorella".
I due erano completamente spiazzati da quella rivelazione, non se l'aspettavano proprio, ma qualcosa sfuggiva loro ancora.
"Dov'è adesso?" chiese la donna.
"In realtà... non so dove sia" confessò lui.
"Ma... com'è possibile?"
"Izumi è più giovane di me di sette anni e quando ne aveva poco più di venti s'innamorò di un ragazzo, lui non faceva parte della cerchia dei figli degli amici benestanti di mio padre e quando lei gli disse tutto fu perentorio: le intimò di lasciarlo, altrimenti l'avrebbe privata di tutti i privilegi economici di cui godeva. Quello che non aveva capito era che a mia sorella non importava di quei benefici, era giovane e brillante, e soprattutto era profondamente innamorata di quel ragazzo e scelse di restare con lui" Hiroshi sospirò, appariva spossato. "Purtroppo non immaginava che sarebbe stata letteralmente cacciata di casa e da allora ha fatto perdere tutte le sue tracce. Ho provato a rintracciarla, ma senza successo, sembra essere sparita nel nulla..."
Ryo e Kaori erano sconcertati, i due imprenditori avevano omesso tutto fino a quel momento e forse avrebbero continuato a farlo se non fosse saltata fuori quella fotografia. A quel punto non si sentivano di escludere dai sospetti nemmeno Izumi Furukawa. Poteva essere che fosse tornata dopo tutti quegli anni per pretendere la sua eredità e che fosse anche molto arrabbiata?
"Tutto ciò è ingiusto" disse la donna con tono severo, senza riuscire a trattenersi. "Perché hai deciso di rimanere comunque al fianco di tuo padre? Non hai pensato a tua sorella?"
"Amavo profondamente Izumi, ma lui era mio padre e le sue condizioni di salute stavano già peggiorando, non volevo abbandonarlo a se stesso. Se me ne fossi andato anch'io chi gli sarebbe rimasto?"
Kaori non sapeva più cosa pensare... non se la sentiva di giudicare la scelta di Hiroshi, l'affetto che provava per il padre era profondo e dedito, ma proprio quest'ultimo era stato così tiranno con sua figlia!
"Perdona la domanda che sto per farti..." disse lei. "Non hai mai pensato che potrebbe esserci proprio tua sorella dietro a tutto?"
Lui scosse il capo: "Izumi era estremamente legata a nostro padre e so per certo che la decisione di andarsene le è costata molto, inoltre non sarebbe mai così vigliacca. Se avesse davvero deciso di tornare lo avrebbe fatto presentandosi di persona e non in un modo tanto meschino" affermò con sicurezza. "L'amore che provava per quel ragazzo era così profondo da farle lasciare la sua casa, ma non smettere di amare suo padre".
Fino ad allora Kento era sembrato a Kaori un uomo rigido e severo, ma non meschino! Come aveva potuto pretendere da sua figlia di scegliere tra l'amore e la famiglia? Quella era una cosa veramente crudele, pensò con un senso di rabbia.
"So quello che state pensando, che è una persona arrivista e intransigente, ma anche lui ha sofferto nella vita. Prima ha perso sua moglie ancora giovane, poi ha scoperto che uno dei suoi collaboratori più fidati lo aveva tradito. Si è trovato a portare avanti la sua famiglia e la sua azienda praticamente da solo".
Kaori lo guardò: "Non capisco..." ammise. "La cosa più importante non era che sua figlia fosse felice, indipendentemente da chi volesse sposare? Se era un uomo onesto perché dividerli, che importanza aveva se apparteneva a un rango economico più basso?"
"Non puoi capire..."
"No, onestamente no, e non mi interessa farlo".
Hiroshi inspirò profondamente e si passò una mano tra i capelli scuri, tirare fuori tutto quello gli era costato amarezza e rammarico. Pensò a sua sorella e si chiese, per la prima volta dopo molto tempo, se aveva fatto davvero tutto per ritrovarla.
"Non vogliamo sapere la storia della vostra famiglia" intervenne Ryo. "Ma se pensi che ci sia altro di importante da sapere al fine delle indagini, allora è il momento giusto per parlare".
Hiroshi li guardò con uno sguardo grave e Ryo sospirò pesantemente, a quanto pareva il loro cliente si era dimenticato di raccontare diverse cose, ma francamente iniziava a essere stanco di tutti quei sotterfugi e misteri.
Si accomodò meglio sulla sedia: "Bene, sentiamo..."

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Capitolo 7
*** Passato e presente ***


Yumiko fissò la sveglia, erano le 6.50 ed era l'ora di alzarsi. Si guardò intorno e come succedeva ogni mattina da qualche settimana, per un istante si sorprese di trovarsi in una camera che non era la sua. Per l'ennesima volta si era svegliata a casa Furukawa nel suo ruolo da cameriera e non si era ancora abituata.
Si alzò e aprì la tenda della finestra con un gesto secco, poi rimase immobile per un momento a godersi il panorama della città. Dalla casa della sua infanzia non poteva beneficiare di una vista così strepitosa, ma c'era affezionata e le mancava, anche se era più piccola e meno perfetta.
A volte sentiva l'impulso di mollare tutto e tornare di corsa dalla sua famiglia, poi scuoteva la testa, si rimproverava e ricacciava indietro quell'idea. Non poteva farlo, non ancora almeno, se avesse ceduto il tempo trascorso lì fino ad allora sarebbe stato inutile e sprecato, inoltre non avrebbe potuto aiutare la sua famiglia.
Aprì la finestra per far entrare l'aria fresca del mattino e dopo prese la divisa ripiegata sulla sedia della scrivania, la giornata lavorativa stava per iniziare. Si fermò un attimo e tirò il tessuto dell'abito, strinse le labbra e lo sguardo si fece serio e preoccupato. Aveva riflettuto a lungo quella notte e quelle precedenti, era arrivata alla conclusione che il peso che sentiva sul petto era diventato troppo pesante da continuare a sostenere e con un sussulto d'ansia aveva capito che era arrivato il momento di agire.
Scese le scale diretta in cucina e passò davanti al corridoio che portava non solo alla camera del padrone di casa, ma anche a quelle degli ospiti che si stavano trattenendo ormai da un bel po' di giorni. Shun e Akane Furukawa erano dei tipi davvero singolari. Nonostante fossero cugini non c'era la minima somiglianza tra loro, né con nessuno della famiglia che conoscesse. Inoltre li aveva visti più di una volta parlare tra loro, come se si stessero confidando qualcosa di cui nessun altro doveva venire a conoscenza.
Non riuscì a fare a meno di chiedersi se lo scopo della loro visita fosse veramente quello di stare accanto allo zio, ma la sua mente tornò subito alle proprie intenzioni, non aveva tempo di pensare a quei due, doveva concentrarsi solo sul suo piano.
Mentre sistemava la colazione per Kento sul vassoio, rifletté su quanto fosse un uomo abitudinario, voleva sempre la solita colazione alla stessa ora, anche se ultimamente la sua fame sembrava diminuita e la sua salute peggiorata.
Tra le altre cose desiderava mangiare da solo, unicamente nella sua bolla di ostinata solitudine e testardaggine... oh, quanto poteva essere testardo? Come faceva a non comprendere che se fosse stato meno rigido le cose sarebbero state più facili per tutti? Tra qualche istante l'avrebbe capito però, avrebbe dovuto ascoltarla che gli piacesse o meno, non gli avrebbe permesso di ignorare ancora ciò che aveva fatto.
Si avviò in sala da pranzo dove il vecchio l'aspettava seduto allo stesso posto, con il solito bastone accanto a sé. Il busto era eretto nonostante l'età e lo sguardo severo, ma quella mattina la giovane notò qualcosa di diverso dal consueto, sembrava particolarmente turbato...
"Buongiorno, signor Furukawa".
"Buongiorno, Yumiko".
Lei appoggiò il vassoio sul tavolo e poi andò a chiudere la porta scorrevole, assicurandosi di girare la chiave perché nessuno potesse disturbarli. Avevano diverse cose da chiarire e non voleva farsi sfuggire quell'occasione, era giunta l'ora di rimediare alle questioni del passato. L'uomo non si mosse dalla sua posizione quando sentì il rumore della porta, l'unica cosa che fece fu di appoggiarsi allo schienale della sedia con un sospirò.
"Dobbiamo parlare..." disse lei con uno sguardo grave.
"Finalmente ti sei decisa" rispose lui, apparentemente calmo. "Mi chiedevo quando sarebbe arrivato questo momento".
La ragazza spalancò gli occhi: "Co-cosa intende?" chiese con voce tremolante.
L'aveva scoperta? E da quanto? Questo cambiava ogni cosa.
"Sono vecchio, è vero, ma la mia mente funziona ancora piuttosto bene".
Lo sguardo della cameriera si fece più nervoso, si sentiva irritata. Se aveva già capito tutto perché aveva fatto finta di nulla fino ad allora? Lui la guardò con uno sguardo attento e deciso, mentre lei sentiva la rabbia aumentare.

Hiroshi quella mattina aveva deciso di alzarsi prima del solito, non aveva dormito bene quella notte, meno del solito intendeva dire, inoltre aveva un sacco di faccende da sbrigare. Si avviò in sala da pranzo, ma quando vi giunse davanti notò che stranamente la porta era chiusa, corrugò la fronte e provò ad aprirla, ma senza risultati.
Spalancò gli occhi quando pensò che poteva esserci suo padre, ma non poteva essersi chiuso lì dentro da solo e per quale motivo poi? Il suo timore fu confermato quando udì non solo la sua voce, ma anche un'altra ed era femminile.
Sussultò, era quella di Yumiko? Che cosa stava succedendo?
Senza pensarci ulteriormente si precipitò a chiamare Ryo e Kaori e per sua fortuna li trovò che erano appena usciti dalle loro camere. Spiegò loro rapidamente la situazione e si diressero di corsa verso la sala.
I due finti cugini ripensarono al giorno precedente, alla chiacchierata che avevano fatto con l'imprenditore e non vedevano l'ora di scoprire se i loro sospetti erano fondati o meno.

Ryo si accomodò meglio sulla sedia: "Bene, sentiamo..."
Hiroshi inspirò profondamente e si passò entrambe le mani nei capelli, scompigliando l'acconciatura perfetta e ordinata. Abbassò lo sguardo e poi lo rialzò per fissarli con attenzione.
"Ho il presentimento che una delle cameriere non è chi dice di essere..."
Oh, davvero? Ma che sorpresa! Pensò Ryo con un certo sarcasmo, in quella casa nessuno lo sembrava davvero e se poteva permettersi di indovinare a chi si stesse riferendo, immaginò che la persona in questione fosse Yumiko Takada.
"Mi riferisco a Yumiko, non credo che sia sincera".
"Che sospetti hai?" gli chiese Kaori.
Hiroshi la guardò in silenzio, i pugni stretti e le labbra serrate, come se fosse indeciso se parlare o astenersi.
"Non ne sono sicuro, ma... penso che sia la figlia di Izumi".
Kaori sgranò gli occhi sbalordita, mentre Ryo appariva più tranquillo, anche se era sorpreso aveva già intuito che quella ragazza non la raccontava giusta.
Hiroshi aprì di nuovo il cassetto della scrivania e ne estrasse un'altra foto, la passò a loro e i due capirono immediatamente perché avesse quel dubbio. La foto non era recente, ma la giovane che vi era ritratta somigliava in modo incredibile alla cameriera, sembravano sorelle.
"Si è presentata qui il giorno dei colloqui per trovare una nuova cameriera" disse l'imprenditore. "Naturalmente abbiamo notato subito la somiglianza... io non ero d'accordo per assumerla, prima volevo capire se poteva essere davvero lei e cosa voleva, ma mio padre ha insistito, era curioso di vedere cosa sarebbe successo".
"Da quanto tempo è qui?" gli chiese Ryo.
"Quasi due mesi".
"Quindi da poco prima che cominciasse la faccenda per la quale siamo qui".
"Già" ammise l'altro. "Però non ho mai pensato che lei c'entri qualcosa con questa storia. Non lo dico perché potrebbe essere mia nipote, ma nei suoi occhi non ho visto ostilità".
Ryo la pensava esattamente allo stesso modo, tuttavia Yumiko non lo convinceva del tutto. Di sicuro non poteva essere una coincidenza che lei fosse lì e non c'era finita per caso.


Quando i tre arrivarono davanti alla sala, Ryo fece cenno agli altri due di fare silenzio e prima di azzardare qualunque mossa avvicinò l'orecchio alla porta per sentire cosa stesse succedendo.
Il suo istinto gli suggeriva che al momento non c'erano pericoli che provenivano da quella situazione, ma da quando era lì non aveva mai trovato la porta chiusa a chiave e Yumiko appariva alterata, a giudicare dal tono della voce.
"Avevi capito tutto fin dall'inizio e hai fatto finta di nulla?"
"Mi sono comportato esattamente come hai fatto tu, cara nipote. O mi sbaglio?"
La ragazza sbarrò gli occhi, colpita da quella constatazione. Si sentiva furiosa in quel momento, ma doveva ammettere che non si era comportata meglio. Invece di tirare fuori tutto il suo coraggio, presentarsi da loro e dire: salve, sono vostra nipote, la figlia di Izumi e sono qui per capire cosa sia successo tanti anni fa, aveva preferito vestirsi di una falsa identità.
All'inizio si era detta che quella recita sarebbe durata solo pochi giorni, giusto il tempo di capire che tipi fossero i suoi parenti ritrovati. Se poi fosse arrivata alla conclusione che era il caso di provare a riallacciare i rapporti, avrebbe confessato loro il vero scopo per il quale era lì. Con il passare dei giorni però si era fatta prendere la mano, insieme all'indecisione, così quella farsa era andata avanti per quasi due mesi.
Ripensò a quando, qualche mese prima, era venuta a conoscenza di tutto.

Era appena tornata a casa e stava per salutare i suoi genitori, quando li aveva visti davanti alla tv e sembravano turbati. Si era affacciata in salotto senza farsi vedere e aveva sentito che in televisione stavano facendo un servizio su una catena d'alberghi. I proprietari si chiamavano Furukawa e presto avrebbero aperto una nuova struttura.
Lo sguardo sconvolto dei suoi genitori l'aveva inevitabilmente colpita. Sua madre si era accasciata sul divano e suo padre le si era seduto accanto, con un braccio intorno alle spalle.
"Izumi, so che sono passati molti anni, ma... è pur sempre la tua famiglia".
"No!" esclamò la moglie. "Mio padre mi ha imposto una scelta dura e difficile, anche se tornassi indietro sono sicura che ancora oggi mi chiederebbe di fare la stessa cosa".
"Abbiamo una figlia adesso, sono certo che capirebbe. Magari è cambiato..."
"Gli uomini come lui non cambiano".
"C'è sempre tuo fratello, forse anche lui ha avuto dei figli, sarebbe bello se Yumiko e i suoi cugini potessero conoscersi".
"Sì, lo sarebbe" ammise la donna con un sorriso.
"Non pensi che nostra figlia abbia il diritto di sapere da dove proviene davvero sua madre e chi sono i suoi parenti?"
Izumi strinse le labbra e poi scosse il capo: "Io non ho più niente a che fare con loro e non per mia scelta".
Con queste parole si era alzata in piedi e la figlia era corsa nella sua camera, con il cuore che le batteva a mille e la testa piena di domande.
Allora non era vero che sua madre era sola, non solo aveva dei parenti, ma sapeva anche dove si trovavano. Perché aveva mentito per tutti quegli anni?


Nelle settimane successive aveva fatto delle ricerche e aveva scoperto che non solo i Furukawa erano degli importanti imprenditori nel campo alberghiero, ma era saltato fuori anche un vecchio articolo di giornale con una foto che ritraeva la famiglia al completo. Con sgomento aveva constatato come la ragazza ritratta le somigliasse tantissimo. Possibile che fosse sua madre da giovane?
Doveva ammettere di essere stata davvero fortunata quando, durante le sue ricerche, aveva scoperto che i Furukawa stavano cercando una cameriera e si era presentata sotto le mentite spoglie di Yumiko Takada, ovviamente non poteva usare il suo vero cognome, né tantomeno quello di sua madre.
Non poteva negare che l'intenzione di fare riappacificare la sua famiglia l'aveva sollecitata a intraprendere quell'avventura. Ricordava lo sguardo triste di sua madre e con il tempo aveva scoperto che Kento, al contrario di quanto volesse far credere, non era così terribile come sembrava.
Si mise a sedere su una sedia con un sospiro e lo fissò: "Perché?" gli chiese. "Per quale motivo tu e la mamma vi siete allontanati così? Dimmi la verità, per favore".
Kento abbassò lo sguardo e lei non riuscì a fare a meno di rimanere esterrefatta da quella reazione. Ebbe la durata solo di un attimo, l'istante dopo aveva già rialzato gli occhi, ma era la prima volta che l'aveva visto distogliere lo sguardo davanti a qualcuno o a una domanda, era sempre molto fiero.
In quel momento, forse per la prima volta, si era resa veramente conto della fragilità di quel vecchio, non solo per le sue condizioni fisiche, ma anche e soprattutto per l'uomo solo e amareggiato che mostrava di essere.
"Sai, al tempo tua nonna era già scomparsa da qualche anno e a me era rimasto il compito di educare i nostri figli da solo. Izumi era ancora giovane, ma io avevo già pensato al suo futuro, con suo marito avrebbe acquisito una buona parte delle quote dell'azienda e volevo che avesse accanto un uomo di cui potermi fidare. Conoscevo diversi giovanotti che ero certo avrebbero potuto rendere serena mia figlia e farle vivere un'esistenza tranquilla e agiata, ma..." si fermò un attimo, riprese fiato e la guardò come se dovesse dirle qualcosa di grave, una cosa che avrebbe potuto ferirla. "Un bel giorno si presentò da me, mi disse che i ragazzi che le avevo fatto conoscere erano sicuramente affascinanti, ma era già innamorata di un altro e non aveva nessuna intenzione di lasciarlo per uno di loro. Ci fu una brutta discussione e io le intimai una scelta ben precisa..."
Yumiko sussultò, sembrava che l'anziano stesse ponderando le parole da esprimere e lei ebbe paura della rivelazione che stava per farle. 
"Quale scelta?" chiese con un filo di voce.
"Le ho chiesto di scegliere tra noi e tuo padre, se avesse scelto lui poteva anche andarsene il giorno stesso".
Kento disse quell'ultima frase con voce ferma e perentoria. Non si era voluto assolvere in nessun modo cercando di giustificare il suo comportamento, ma aveva semplicemente e brutalmente raccontato com'erano andati effettivamente i fatti.
La ragazza sgranò gli occhi, sconcertata da quel racconto, aveva voluto sapere e ora ne pagava le amare conseguenze. Se fino a quel momento si era convinta che Kento Furukawa fosse un tipo severo e burbero, ma non crudele, ora iniziava a cambiare idea. Come aveva potuto fare una cosa simile?
Si alzò con uno scatto dalla sedia e lo guardò con gli occhi sbarrati di delusione.
"Co-come hai potuto?" balbettò.
Lui la fissò con aria triste e penosa, come se guardasse per l'ultima volta una cosa tanto preziosa, ma che per colpa del suo orgoglio, non aveva fatto in tempo ad afferrare che gli era già sfuggita dalle mani.
"Mi dispiace..." mormorò.
Gli dispiaceva? Era quella l'unica cosa che riusciva a dire dopo quello che aveva fatto?
Stava per fargli quella domanda a voce, ma lui la sorprese ancora una volta.
"Perdonatemi, se potete".
Yumiko si chiese se aveva capito bene o se le sue orecchie le avevano giocato un brutto tiro. Aveva detto perdonatemi, al plurare? Intendeva davvero riferirsi anche ai suoi genitori?
Una lacrima scese sul viso dell'uomo e per un attimo la nipote pensò di averla immaginata, ma quando ne seguirono molte altre riconobbe di non essersi sbagliata. In un angolo del suo cuore, seppur si sentisse ancora afflitta e amareggiata, provò un senso di tenerezza verso quel vecchio che piangeva disperato.
Tutto quello che riuscì a fare fu di accasciarsi di nuovo sulla sedia e piangere insieme a lui.
Nel frattempo le persone fuori dalla stanza avevano recuperato una chiave di scorta, per fortuna Yumiko non l'aveva lasciata nella toppa e adesso assistevano a quella scena.
Hiroshi era sconvolto e anche sul suo volto era scesa qualche lacrima. Kaori era commossa e aveva gli occhi lucidi, mentre Ryo aveva un sorriso sulle labbra, anche a lui piaceva quando le cose andavano a finire nel verso giusto.
Benissimo, adesso probabilmente potevano escludere Yumiko Takada dalla lista dei sospetti, ma ne rimanevano ancora due.

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Capitolo 8
*** Una fuga volontaria? ***


Nei giorni successivi Ryo, Kaori e Saeko conclusero che potevano scagionare definitivamente Yumiko Takada da ogni sospetto, o sarebbe stato più corretto chiamarla Yumiko Hayami.
La giovane aveva deciso di andarsene, si sentiva delusa e avvilita e non voleva più rimanere lì, a recitare, stavolta, la parte della nipote amorevole. Non si sentiva amorevole, ma avvertiva la realtà dei fatti che le era piombata addosso in modo spietato e poteva rimproverare solo se stessa per questo. Aveva intrapreso quel viaggio per conoscere la verità e alla fine l'aveva ottenuta, amara e bruciante.
Non si sarebbe mai aspettata che fosse così... già, cosa si era aspettata esattamente? Non lo sapeva nemmeno lei a essere onesta, ma aveva sognato un racconto del tutto diverso, certamente meno egoistico e inesorabile.
Adesso l'unica cosa che era certa di desiderare era di andarsene, tuttavia non era ancora sicura di voler tornare a casa. L'aspettavano i suoi genitori, che le avevano mentito per ben 20 anni, per la sua intera vita!
Comprendeva la sofferenza della madre per la scelta che le aveva imposto il suo stesso padre, ma questo non toglieva il fatto che non avrebbe dovuto mentirle, raccontarle che aveva perso i suoi parenti e che era sola al mondo. Aveva ancora un padre, un fratello e un anche un nipote.
Non voleva giustificare suo nonno, era stato meschino e crudele, ma sua madre non si era comportata meglio, aveva mentito spudoratamente, cosa poteva dire a riguardo?
Quando aveva parlato con l'anziano aveva visto chiaramente lo sguardo triste nei suoi occhi e le lacrime che scendevano sul suo viso, lo aveva sentito lasciare il suo orgoglio e aprirsi all'ammissione dei suoi sbagli, senza scusanti. Non se la sentiva ancora di abbracciarlo e dirgli che era felice di aver ritrovato la sua famiglia, però aveva percepito il suo pentimento.
Avrebbe potuto dire lo stesso di sua madre? Si era mai rammaricata?
Prima di partire aveva detto ai suoi genitori che sarebbe andata a Tokyo da una sua amica per qualche giorno, quando aveva deciso di trattenersi ulteriormente aveva raccontato loro che aveva trovato un lavoro e che sarebbe restata per un altro po', ma appena fosse tornata a casa avrebbe raccontato il vero motivo per il quale era partita e con il suo ritorno avrebbe preteso delle spiegazioni.
Hiroshi aveva provato a convincere sua nipote a restare, ma lei aveva rifiutato categoricamente e non c'era stato modo di farle cambiare idea. Yumiko si sentiva in collera anche con lui, seppure in misura minore. Gli aveva risposto che prima aveva bisogno di parlare con i suoi genitori e dopo si sarebbe fatta risentire. Lui non aveva avuto niente da obbiettare e così la ragazza, dopo aver salutato semplicemente con un 'a presto' se n'era andata con le valigie in mano, non aveva voluto nemmeno che l'accompagnassero in stazione.
Tuttavia quel 'a presto' aveva rincuorato entrambi i padroni di casa, speravano fosse davvero così.

*****

In un piccolo paese vicino a Tokyo, Tetsuo e Izumi Hayami era da qualche giorno che non sentivano la voce della loro unica figlia. Era partita un paio di mesi prima e durante quel periodo si erano sentiti per telefono tutti i giorni, ma erano passati già tre giorni consecutivi e non avevano più avuto alcuna notizia, iniziavano a esseri preoccupati.
"Probabilmente si sta solo divertendo troppo per pensare ai suoi vecchi genitori" affermò Izumi con un mezzo sorriso, meno ansiosa del marito.
"Uhm, può darsi" ammise lui. "Ma prima telefonava sempre e invece sono già passati tre giorni dall'ultima chiamata".
"Già, tre giorni, non tre mesi. Ti stai preoccupando troppo, forse ha molto lavoro e la sera è troppo stanca per chiamarci. Se nemmeno stasera lo fa, la contatto io al numero che ci ha lasciato, d'accordo?" gli chiese la moglie cercando di tranquillizzarlo. "Vado a dare una rinfrescata alla sua camera..."
In realtà quella era una scusa a metà, ne avrebbe certamente approfittato per fare un po' di ordine e magari trovare qualche indizio in più su dove fosse andata davvero sua figlia. Non è che non si fidasse di lei, altrimenti non l'avrebbe lasciata andare, ma la sua decisione di partire le era sembrata così repentina e improvvisa da lasciarla basita e, doveva ammetterlo, anche sospettosa per certi versi. Si era chiesta se non avesse un ragazzo in città...
Aprì le tende e le finestre dalla camera, cambiò le lenzuola e dette una spolverata e poi, quando fu sicura che suo marito non fosse nei paraggi, mentre fingeva di mettere in ordine, iniziò a sbirciare tra gli oggetti che erano sulla scrivania. Apparentemente non c'era niente di insolito, ma all'improvviso trovò un vecchio ritaglio di giornale nascosto tra alcuni libri.
Si aggrappò allo schienale della sedia e le sue mani iniziarono a tremare, la foto che vi era stampata era impossibile da dimenticare. Perché Yumiko era in possesso di quel ritaglio vecchio di vent'anni e come l'aveva ottenuto?
Spalancò gli occhi con sgomento, aveva scoperto tutto? A quel pensiero temette di avere un mancamento da un momento all'altro e si sedette. Subito dopo un altro sospetto balenò nella sua mente, facendola impallidire ancora di più: era davvero a Tokyo per lavoro oppure c'era un'altra ragione?
Era una coincidenza il fatto che avesse nella sua camera quel vecchio giornale e che fosse partita per la città al tempo stesso? Capì immediatamente che la risposta poteva essere solo una e che non era quella che avrebbe voluto che fosse.
Si alzò, si precipitò da suo marito e gli mostrò la foto: "L'ho trovata in camera di Yumiko" disse con voce tremante. "Era nascosta tra alcuni libri...".
Tetsuo spalancò gli occhi e non ci volle molto neanche a lui per arrivare alle stesse conclusioni della compagna.
L'uno fissò l'altro negli occhi, catturati dalla consapevolezza di essere stati smascherati. Forse così si spiegava il motivo del silenzio di Yumiko, se li aveva scoperti era certamente in collera e non potevano darle torto. Le avevano nascosto la realtà unicamente per proteggerla da inutili sofferenze, ma questo lei non lo sapeva e conoscendo il suo carattere vispo e intraprendente non gli riusciva difficile immaginarla furente con loro.
Si chiesero dove fosse esattamente, era davvero da suo nonno?
"Dobbiamo andare immediatamente in città!" esclamò con decisione Izumi.
Lui avrebbe voluto risponderle in qualche modo, dirle di calmarsi e ragionare, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu di annuire, era completamente d'accordo.
"Nostra figlia è a casa di mio padre" continuò la donna. "Sono sicura che sia lì, ha scoperto tutto".

*****

Hiroshi non si voltò nemmeno quando sentì bussare alla porta dell'ufficio, era di spalle con lo sguardo verso il paesaggio fuori della finestra.
"Avanti" disse.
Kaori si affacciò con un mezzo sorriso: "Posso entrare?"
"Certo" lui si girò e le fece uno dei suoi soliti sorrisi, tuttavia aveva un'aria stanca e abbattuta.
"Volevo sapere come stavi..." gli disse. "La vicenda di Yumiko deve averti sconvolto".
"Un po'..." ammise lui senza vergogna. "Sospettavo già chi poteva essere, ma scoprire che era davvero così è stato quantomeno sconcertante".
La invitò a sedersi e lui fece altrettanto nella poltrona di fianco.
"Capisco perfettamente la reazione di Yumiko, ha tutte le ragioni per essere arrabbiata e delusa" ammise l'uomo. "Deve essersi sentita smarrita, oltre che ingannata, ma non ho mai visto mio padre in questo stato penoso, nemmeno quando ad andarsene fu Izumi".
"E' comprensibile, è stato scioccante anche per lui, però sembra pentito e questo è positivo anche se doloroso, giusto?" Kaori sorrise con tenerezza. "In fondo non è così tanto l'uomo burbero che vuole far credere" aggiunse.
L'imprenditore si lasciò sfuggire una breve risata: "Hai colto nel segno, fa tanto il gradasso a volte, ma ci vuole poco a commuoverlo".
La donna si trattenne dal dire che quella descrizione poteva appartenere benissimo anche ad un'altra persona che conosceva ormai da molti anni.
"Andiamo a tirarlo un po' su di morale, che ne dici?" gli chiese.
Lui annuì con gratitudine e i due si alzarono, ma prima che Kaori potesse fare qualche passo Hiroshi l'afferrò dolcemente per un polso.
Lei alzò lo sguardo sorpreso e lui immerse i suoi occhi nei suoi. Di nuovo, la ragazza non riuscì a fare a meno di arrossire, la stava guardando intensamente e non sapeva cosa dire.
Le prese le mani e si avvicinò ancora di un passo: "Kaori..." pronunciò il suo nome in un modo tanto tenero e al tempo stesso caloroso, che lei sussultò. "So che tra te e Ryo c'è qualcosa, è evidente, però... ti mentirei se dicessi che ti vedo solo come un'amica".
Kaori non si aspettava quella confessione, anche se Ryo l'aveva avvertita lei non aveva dato peso alle sue parole, pensava che fosse solo un po' geloso. Possibile che invece avesse ragione?
Hiroshi si passò una mano tra i capelli con frustrazione, come poteva dirle che ultimamente non faceva che pensare a lei e che era rimasto completamente incantato dalla donna coraggiosa, premurosa e affascinante che era?
All'inizio aveva tentato di ignorare i suoi pensieri e soprattutto i suoi sentimenti, aveva provato a starle lontano e avvicinarsi solo per questioni inerenti al lavoro, ma al ricevimento per l'inaugurazione non aveva resistito e le aveva chiesto di ballare. Tenerla tra le braccia era stato meraviglioso, il suo profumo e il suo viso dolce l'avevano completamente affascinato.
Si era dato dello sciocco, prima di tutto perché era consapevole di aver dato spettacolo, inoltre lei stava già con un altro uomo e ne era evidentemente coinvolta. Adesso si trovava di nuovo nella stessa situazione, ad averla così vicino a sé da non riuscire più a essere così responsabile con se stesso da starle a debita distanza e tutto quello che avrebbe voluto fare era stringerla a sé e baciarla.
Le mise una mano intorno alla vita e lei sussultò, avvicinò il viso al suo e Kaori era talmente sbalordita da quella situazione, che in un certo senso si sentiva come se non riuscisse a muoversi. Lui voleva baciarla, stava per farlo e non stava facendo assolutamente nulla per fermarlo.
Hiroshi era un uomo affascinante, non c'era alcun dubbio, ma non era l'uomo che amava. Il suo cuore non batteva come quando era Ryo a tenerla stretta, le sue gambe non tremavano di emozione come quando era Ryo che stava per baciarla, semplicemente... non si trattava di Ryo, e tutto il suo essere lo avvertiva distintamente.
Il viso di lui era molto vicino, le bocche a pochi centimetri, ma proprio quando stavano per sfiorarsi lei gli mise una mano sulle labbra e ruppe l'incantesimo.
"Mi dispiace, Hiroshi" mormorò. "Non posso..."
Lui si allontanò e la guardò: "Scusami, non avrei dovuto" ammise dopo un istante.
Kaori gli sorrise di nuovo: "Andiamo a cercare tuo padre".
Hiroshi sorrise a sua volta e annuì: "Va bene, andiamo".
Kento era in giardino, all'ombra di uno degli alberi si godeva la calma, ma lo sguardo era teso. Non riusciva a smettere di pensare a sua nipote, al suo sguardo deluso, alle sue lacrime. Sentiva una morsa lacerante di rimpianto e non poteva fare assolutamente nulla per calmarla.
Dopo tanto tempo era stato costretto a guardare in faccia gli sbagli che aveva volontariamente commesso, era dovuto venire a patti con l'uomo perentorio e tiranno che era stato. Molti anni prima aveva costretto sua figlia a lasciare la sua casa perché non aveva acconsentito a sposare qualcuno che lui aveva scelto, nonostante il cuore di lei battesse già per un altro, ma al tempo la cosa importante era solo il suo orgoglio... Che sciocco era stato! 
Adesso aveva 70 anni, era malato e non vedeva sua figlia da vent'anni, senza contare il fatto che non aveva potuto vedere nemmeno crescere sua nipote. Si era negato l'occasione di assistere ai suoi primi passi, al suo primo sorriso, alla sua prima parola... tutto unicamente per il proprio ego.
Era consapevole che se avesse chiesto scusa a Izumi lo avrebbe perdonato e sarebbe tornata, ma lui non era mai stato un tipo da chiedere perdono, soprattutto quando era giovane.
Sospirò e alzò lo sguardo verso suo figlio quando lo vide andargli incontro, con uno sguardo preoccupato.
"Papà, ti senti bene?" gli chiese.
Kaori non era con lui, gli aveva detto che lo avrebbe raggiunto tra un momento, prima doveva riuscire a calmare il battito accelerato del suo cuore per gli istanti precedenti.
"No" ammise il vecchio. "Per favore, aiutami ad andare in camera, ho bisogno di riposare".
"Tra poco è ora di cena".
"Non ho fame".
Hiroshi stava per protestare, capiva il suo turbamento, era lo stesso che affliggeva anche lui, ma doveva sforzarsi di mangiare se non voleva lasciarsi andare completamente. Stava per rimproverarlo, quando qualcuno suonò il campanello ed entrambi si voltarono verso il cancello.
Lo stesso uomo che aveva aperto a Ryo e Kaori la prima volta, apparve qualche secondo dopo con gli occhi sbarrati.
"Che succede?" gli chiese Hiroshi, senza lasciarsi sfuggire quella reazione.
Che diamine stava succedendo?
"Si-signori Furukawa..." balbettò l'uomo. "La signorina Izumi e suo marito, sono loro che hanno suonato".
Gli altri due spalancarono gli occhi, avevano capito bene o erano così sconvolti da immaginarsi anche che Izumi fosse lì fuori?
Hiroshi si precipitò verso il cancello: "Apri immediatamente!"
"Aspetta!" esclamò Ryo, che era arrivato insieme alla sua compagna. "Potrebbe essere una trappola..."
L'imprenditore non lo guardò neanche, né si mosse dalla sua posizione: "Me lo sento, è lei, non può essere che lei..." disse.
Anche se lì fuori c'erano le telecamere e ogni individuo sospetto poteva essere identificato in pochi attimi, Ryo non si sentiva del tutto sicuro. Rimase accanto all'uomo, valutando l'eventualità di dover intervenire. 
Hiroshi attese con il cuore in tumulto e le ginocchia che tremavano, e quando davanti agli occhi si trovò la figura di sua sorella, identica a vent'anni prima, se non per qualche ruga in più, sospirò pesantemente e sorrise con tenerezza e sollievo.
Aprì la bocca per dire qualcosa, ma lei fu più veloce: "Dov'è mia figlia?" 

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Capitolo 9
*** Una famiglia riunita ***


"Dov'è mia figlia?"
Hiroshi fissò sua sorella, senza nemmeno udire davvero quelle parole.
Dopo vent'anni poteva vedere di nuovo il suo viso. Studiò i suoi lineamenti morbidi che le donavano un'aria gentile, la sua espressione  tenera, materna e preoccupata... preoccupata? Il suo cervello registrò finalmente quel dettaglio e le parole rimbombarono improvvisamente nella sua testa.
Dov'è mia figlia?
L'espressione sorpresa, ma sollevata, divenne d'un tratto disorientata e allarmata.
La donna si avvicinò e lo afferrò per un braccio: "Hiroshi, dov'è Yumiko?"
Lui aprì la bocca per parlare e attese qualche istante prima di farlo: "Se n'è andata due giorni fa, non è più qui..."
I coniugi Hayami spalancarono gli occhi con orrore: "Non è possibile, sarebbe già tornata a casa se fosse così" disse lei, come se non credesse a quelle parole. "Dov'è?" chiese di nuovo.
"Non lo so..."

Più tardi Izumi, Tetsuo e gli altri erano seduti in sala, l'atmosfera era tesa e nessuno riusciva a dire dove si trovasse Yumiko.
Sia prima di partire per Tokyo, che durante il viaggio, i genitori avevano provato a chiamare la figlia più di una volta, il telefono aveva sempre squillato, ma nessuno si era mai degnato di rispondere e adesso stavano di nuovo tentando, ma ancora senza risultati. Izumi si lasciò andare sul divano con le mani tra i lunghi capelli scuri, dove diamine era sua figlia? Se era partita due giorni prima, per quale motivo non era a casa?
Ryo e Kaori temevano che il colpevole avesse scoperto tutto, magari avesse assistito al faccia a faccia che si era svolto tra nonno e nipote e ne avesse approfittato, impedendo in qualche modo alla giovane di tornare a casa, così da sfruttare la scomparsa a proprio vantaggio. Non ne parlarono con gli altri per non turbarli ulteriormente e metterli inutilmente in allarme se poi la situazione si fosse rivelata diversa, ma erano abbastanza certi che anche loro avessero valutato quella terribile possibilità, anche se nessuno l'aveva ammesso apertamente.
Ci fu un breve momento  di silenzio, ma ai presenti in quella stanza sembrò lunghissimo, quando udirono il suono del telefono.
"Chi è?!" fece Izumi senza dare il tempo a nessuno di sfiorare nemmeno l'apparecchio.
"Sono un'amica di Yumiko..." disse una voce femminile dall'altra parte.
Izumi impallidì: "Un-un'amica di Yumiko?" balbettò.
Se era davvero un'amica di sua figlia, perché aveva chiamato lei invece di Yumiko?
La ragazza dall'altra parte, rendendosi conto del tono di voce turbato della donna cercò di tranquillizzarla: "Sono davvero una sua amica!" affermò. "Mi chiamo Keiko e Yumi è qui accanto a me".
"Perché non ha chiamato lei?"
"Veramente... è un po' arrabbiata e non voleva che facessi questa telefonata".
"Posso parlare con lei?"
"Non ho nessuna intenzione di parlare con mia madre!"
Izumi tirò un sospiro di sollievo quando di sottofondo sentì la voce della figlia, significava che stava ascoltando la telefonata e che stava bene, almeno fisicamente... dal tono di voce sembrava piuttosto alterata.
"Per favore, soltanto un momento..." insistette la madre, pensando che l'avrebbe udita grazie al vivavoce del telefono.
Ci qualche secondo di silenzio, poi sentì un rumore e dopo un cambio di voce: "Cosa vuoi?"
"Mi dispiace tanto, Yumi, perdonami".
"Non fate che ripetermi 'mi dispiace'...  be', sapete una cosa? Dispiace molto anche a me!" affermò la giovane con voce stizzita e nervosa. "Mi hai sempre mentito, come hai potuto farlo?"
"Yumi, ascolta, so bene di aver avuto un comportamento pessimo, ma ho bisogno di vederti e sapere che stai bene".
"Sto benissimo e non ho voglia di vederti".
"Sono tua madre..."
"Sì, esatto, e hai mentito per tutta la vita. Come credi che mi senta in questo momento? Ti sorprende così tanto il fatto che non voglia vedere nessuno di voi?"
No, Izumi dovette ammettere con se stessa che non era sorpresa, si sentiva turbata, ma non sorpresa. Ammise che probabilmente anche lei si sarebbe comportata esattamente nello stesso modo se si fosse trovata nei suoi panni. Tuttavia voleva vederla prima di darle le dovute spiegazioni, per telefono avrebbero potuto esserci dei fraintendimenti e francamente pensava che ce ne fossero già abbastanza per aggiungerne altri.
"Per favore, torna qui".
"Qui dove?" chiese Yumiko con tono ironico. "A casa di tuo padre o a casa nostra? Non voglio tornare in nessuna delle due".
Izumi inspirò profondamente, attese qualche secondo e poi parlò di nuovo, ma stavolta usò un tono di voce meno morbido e più autoritario: "Yumiko, abbiamo bisogno di chiarire questa faccenda prima che possa peggiorare ulteriormente. Smettila di fare tante storie e torna a casa di tuo nonno, siamo qui che aspettiamo".
Dall'altra parte la donna poté udire un sussulto e ammise che non le parlava spesso con quel tono duro, ma non poteva permettere che si perdesse altro tempo, dovevano  chiarire la faccenda il prima possibile.
"Ora capisco da chi hai preso..." disse Yumiko con voce tremante. "Sei uguale a tuo padre!" esclamò e chiuse la comunicazione.
Izumi sospirò e si lasciò di nuovo cadere sul divano, sua figlia era davvero testarda certe volte! Già, non le riusciva difficile indovinare da chi avesse preso quel lato del carattere.
"Sono certa che appena si sarà calmata richiamerà, mia figlia può essere molto ostinata, ma è una ragazza ragionevole. Ha solo bisogno di riflettere" affermò, sperando con tutto il suo cuore che fosse davvero così.
Sapeva però che non si sarebbe fatta vedere il giorno stesso, così si alzò in piedi e disse: "Noi andiamo via, sicuramente non si farà vedere prima di un paio di giorni, la conosco troppo bene".
"Dove state andando?" le chiese Hiroshi, alzandosi anch'esso in piedi.
"A cercare un hotel dove pernottare. Non possiamo tornare a casa, soggiorneremo qualche giorno a Tokyo".
"Izumi..."
La donna si voltò di scatto quando suo padre la chiamò, la sua voce era morbida e calma, quasi tenera osò pensare: "Non avete bisogno di cercare un posto dove stare, potete rimanere qui".
Entrambi i coniugi sgranarono gli occhi stupefatti, avevano sentito bene? Kento Furukawa stava davvero chiedendo loro di rimanere lì durante quel soggiorno forzato?
"Non ce n'è bisogno, possiamo permetterci una stanza da qualche parte" disse Izumi, anche lei orgogliosa.
L'orgoglio era davvero una caratteristica peculiare dei membri di quella famiglia, pensò Ryo con un mezzo sorriso.
"Quanto sono ostinati!" bisbigliò Kaori. "Sono peggio di te".
Lui si voltò e la guardò con la fronte corrugata: "Ehi, che c'entro io in tutta questa storia?"
"Eh?" Kaori si voltò verso di lui con un'espressione sorpresa. "Ah, niente, stavo solo dicendo che anche tu sei piuttosto orgoglioso, ma loro dimostrano di esserlo anche di più".
"Ma che c'entra adesso questo?"
"Parla più piano, non è il momento di discutere di questo".
Ryo aprì la bocca per ribattere, ma non emise alcun suono. Curvò le spalle e sbuffò, perché Kaori lo trattava così penosamente? Non solo lo teneva a debita distanza a causa di ciò che aveva detto quel vecchio e lo costringeva a una terribile e difficile prova di forza di volontà... lui, che era un amante tanto prodigo e appassionato! Inoltre lo rimproverava anche per cose di cui non aveva nessuna colpa, non era stato lui a iniziare, per quale motivo andava sempre a finire che si ritrovava dalla parte del torto?
Con aria afflitta si zittì, certe volte la sua dolce Kaori non era dolce per niente, ma piuttosto era molto ingiusta! In fondo era un bravo, giovane e bel ragazzo, non si meritava affatto quel trattamento.
"Per favore, rimanete qui, c'è abbastanza spazio per tutti" confermò il fratello. "Sappiamo che non vi è indispensabile il nostro aiuto, ma ci farebbe molto piacere se vorreste accettare".
Izumi e Tetsuo si guardarono negli occhi, non avevano neanche lontanamente valutato quella possibilità e adesso ne erano rimasti sbigottiti.
"Non so se sia il caso..."
"Lo è, davvero" insistette Hiroshi. "Vero, papà?"
Il vecchio annuì, senza parlare.
Be', Kento non era mai stato una persona che si lasciava andare facilmente a gesti e parole d'affetto, ma Izumi sapeva che se non fosse stato d'accordo non avrebbe avuto alcuna remora a dirlo, così lei e Tetsuo accettarono.
"E' anche casa tua... casa vostra, questa, non dovete ringraziarci" disse il fratello con un bel sorriso sincero.
"Hiroshi ha ragione..." si azzardò a dire il vecchio.
Izumi pensò che era tornata a Tokyo solo da qualche ora, eppure aveva già ricevuto diverse sorprese, non meno importante quell'ultima frase pronunciata da suo padre. Allora era davvero cambiato, come aveva provato a dirle qualche giorno prima suo marito? La cosa certa era che quel soggiorno si prospettava più movimentato di quel che aveva immaginato.
Se ne convinse ancora maggiormente quando venne a conoscenza della vera identità dei due cugini, che non erano tali affatto. Con lei non avevano potuto fingere ed erano stati costretti a raccontarle tutto, li avrebbe smentiti immediatamente e avrebbe rischiato di mandare all'aria il piano se lo avesse raccontato a qualcuno.
Oltretutto Ryo era convinto che Izumi fosse innocente, aveva già un altro sospetto in mente, doveva solo aspettare le sue nuove mosse per smascherarlo definitivamente e chiudere finalmente il caso. Inoltre sembrava sinceramente sconvolta e questo contribuiva a escluderla dai sospetti. Ryo non aveva più alcun dubbio su nessuno dei due fratelli, nemmeno su Hiroshi, per quanto gli stesse poco simpatico. 

Più tardi Izumi si sentì spaesata quando entrò nella sua vecchia camera, sembrava passato un secolo da allora ed erano successe molte cose nel frattempo, ma la cosa che la lasciò sbalordita fu il fatto di constatare che nulla era cambiato, tutto era rimasto intatto. Certo, era stata pulita e rinfrescata negli anni, ma pensava che suo padre avesse fatto piazza pulita quando se n'era andata e invece si era sbagliata.
"Nostro padre ha lasciato tutto com'era, hai visto?" le chiese Hiroshi, arrivando vicino a lei.
"Già, non me l'aspettavo..."
"Anche se probabilmente non te lo confesserà mai apertamente, nel suo cuore ha sempre sperato che tu tornassi".
"Te l'ha detto lui?"
"No, ma questa non ti sembra una prova sufficiente?"
"Allora perché non mi ha mai cercato?"
"Orgoglio, testardaggine, ostinazione..." rispose lui. "Ho provato a cercarti io per lungo tempo, ma sembravi sparita nel nulla".
Izumi fece un mezzo sorriso, ma appariva amareggiata: "Devo ammettere che mi sono impegnata nel far perdere tutte le mie tracce, credevo che non sarei più tornata qui".
Guardò un momento il fratello in silenzio, poi i suoi occhi iniziarono a diventare lucidi e si buttò letteralmente tra le sue braccia: "Mi siete mancati, Hiroshi" sussurrò prima di lasciare andare le lacrime.
Si sentiva come se finalmente riuscisse a liberare tutta la tensione, la tristezza, l'angoscia che non solo aveva provato in quelle ultime ore, ma anche nel corso di quei lunghi anni di lontananza e separazione.
"Anche tu, sorellina" disse Hiroshi stringendola a sé, mentre con un sorriso colmo di tenerezza iniziava a piangere insieme a lei.
Anche se i due fratelli non si erano accorti di nulla, Kento aveva assistito a tutta la scena, seminascosto dietro una parete. Non disse una parola né emise alcun suono, non si avvicinò e non aveva nemmeno intenzione di farlo, ma all'improvviso sentì le lacrime scendere sul suo viso anziano e rugoso. Quelle lacrime scendevano finalmente come un balsamo per il suo vecchio animo affranto. 
In passato aveva fatto delle cose pessime e non credeva che avrebbe mai davvero potuto rimediarvi, tutto ormai gli sembrava troppo compromesso per farlo, invece adesso capiva che non era così, anche a un vecchio come lui veniva data un'altra possibilità. Sperava solo che anche Yumiko avrebbe cambiato presto idea e una volta che l'avesse fatto non avrebbe più permesso alle incomprensioni di separare la sua famiglia. Dio aveva concesso loro una seconda possibilità e non se la sarebbe fatta sfuggire, ma l'avrebbe conservata come un dono prezioso.

A quanto pareva Izumi conosceva davvero bene sua figlia, pensò Ryo qualche giorno dopo, perché Yumiko si era appena presentata a casa di suo nonno e anche se appariva ancora contrariata, con la fronte corrugata, le labbra strette e l'espressione quanto mai seria, al tempo stesso sembrava disposta ad ascoltare le ragioni dei suoi genitori.
I tre si chiusero in sala da pranzo per parlare, la stessa stanza dove era avvenuto il primo faccia a faccia tra nonno e nipote. Ryo e Kaori erano sicuri di aver udito la voce alterata della più giovane più di una volta, ma alla fine erano usciti tutti più sollevati. Le cose non sembravano ancora a posto del tutto, perché Yumiko a volte si sottraeva ai gesti d'affetto, ma probabilmente aveva bisogno ancora di tempo per smaltire del tutto la rabbia che quella vicenda ingarbugliata e inaspettata aveva suscitato in lei, sconvolgendo completamente le sue certezze.
Con un sorriso di tenerezza e speranza, Kaori si augurò sinceramente che prima o poi riuscissero a lasciarsi quella triste vicenda alle spalle o sarebbe stato un vero peccato, non tutti potevano riabbracciare le persone che amavano. La sua mente, con un po' di tristezza, andò inevitabilmente al pensiero del suo caro fratello... lei purtroppo non avrebbe più potuto vederlo, avrebbe solo potuto abbracciare il suo tenero ricordo. 
Tuttavia anche a lei era stata data un'altra possibilità in quell'esistenza e questa si manifestava in Ryo, il suo compagno, l'uomo che amava. Per molti anni l'aveva protetta e tutt'ora lo faceva, ma a volte era stato anche scontroso e insolente... oh, che faccia da schiaffi aveva quando si era trasferita da lui! Per non parlare di quando se ne usciva con una delle sue battute idiote e non c'era che dire, negli anni si era davvero sbizzarrito in quanto a battute idiote, un vero professionista. Una volta se n'era anche andata ed era diventata la socia di Mick, che quanto a battute idiote se la giocava alla grande con Ryo, ma nonostante questo non aveva mai mancato di starle accanto e prendersi cura di lei, anche se in un modo tutto suo e singolare. Adesso stavano insieme e anche se a volte continuava a fare lo scemo con Miki, Saeko o Kazue, non aveva più alcun dubbio sui sentimenti per lei. Quando l'abbracciava, come se avesse potuto avvolgerla con tutto il suo corpo per tenerla al caldo e al sicuro, si sentiva come se niente la spaventasse più, nemmeno il nemico più pericoloso. Quando la baciava, la tenerezza e la passione che avvertiva erano tali da farle girare la testa dall'emozione, facendole dimenticare tutto ciò che aveva intorno.
Sì, anche a loro era stata data una seconda possibilità e non l'avrebbero sprecata.
"Ehi, va tutto bene?"
Il soggetto dei suoi pensieri apparve quasi magicamente e le mise un braccio intorno alle spalle, mentre sul suo viso c'era un'espressione di tenerezza. Era così immersa nelle sue riflessioni da non averlo sentito e così, presa in contropiede, non riuscì a fare a meno di arrossire.
"Sì, certo, stavo pensando a te e poi tu sei comparso proprio qui!" disse con una genuinità e una sincerità disarmanti. 
Lo sguardo dell'uomo divenne subito più acuto: "Sul serio? Be', d'altra parte non è facile non pensare a un tipo affascinante come me, oltre che coraggioso e spiritoso, capisco perfettamente!"
Kaori gli dette una piccola gomitata: "Quanto sei presuntuoso!"
"Non sono presuntuoso, sei tu che hai detto che mi stavi pensando" le disse con un ampio sorriso allegro. "E comunque anch'io ti stavo pensando" ammise, dandole un bacio sulla guancia.
Kaori stava per ricambiare il gesto, ma un grido la fece sussultare improvvisamente.
"Viene dalla camera di Kento!" esclamò.
Ryo s'irrigidì, ma sul suo viso c'era un sorriso beffardo e nervoso al tempo stesso: "Bene, socia, il nostro amico è tornato all'attacco e forse questa è la volta buona per non farcelo scappare!" affermò.
Ryo non vedeva l'ora di scoprire se i propri sospetti erano fondati o meno e finalmente sembrava che l'occasione fosse arrivata.
"Andiamo, è arrivata l'ora di chiudere questa indagine".

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Capitolo 10
*** Fantasmi che svaniscono ***


Ryo e Kaori corsero in direzione della camera di Kento e quando arrivarono trovarono la porta socchiusa, ma potevano percepire l'atmosfera tesa e convulsa che si respirava all'interno anche da fuori.
"Che-che stai facendo?!" balbettò una voce, sembrava quella di Yumiko.
"Stai zitta!" esclamò un'altra, stavolta di stampo maschile.
Non era quella del vecchio, era giovane e vigorosa. La coppia si guardò, l'avevano riconosciuta immediatamente.
Scacco matto, pensò Ryo con un sorriso sagace, non si era sbagliato sull'identità del misterioso assalitore e ora ne aveva la conferma definitiva. Non era un professionista, aveva fatto diversi errori che non erano sfuggiti al suo occhio attento, questo significava che non ci sarebbe voluto molto per incastrarlo e consegnarlo finalmente a Saeko.
"Metti giù quella pistola!" gridò di nuovo Yumiko, con un tono di voce ancora più terrorizzato di prima.
Quando udirono queste parole i due capirono che non potevano aspettare ulteriormente e si avvicinarono alla porta, l'aprirono lentamente, cercando di non fare alcun rumore per evitare che la situazione degenerasse ancora. Purtroppo per loro Yumiko, che era vicina all'entrata, li vide con la coda dell'occhio e si voltò di scatto con un'esclamazione di paura e sorpresa, finendo per mandare all'aria le loro intenzioni.
Satoshi Matsui si voltò verso di loro, lo sguardo truce e una pistola in mano, che adesso puntava contro di loro. Ryo strinse i pugni, non ce l'aveva con Yumiko, ma involontariamente aveva complicato tutto.
Sul viso di Satoshi si formò un sorriso beffardo, ma anche nervoso: "Lo sapevo che anche stavolta vi avrei avuto tra i piedi..." disse rivolto ai nuovi arrivati. "Chi siete davvero?  Non siete veramente i nipoti del vecchio, vero?"
Ryo mise un braccio intorno alle spalle di Kaori, con un sorriso tranquillo che contrastava con l'atmosfera pesante che c'era nella stanza: "Indovinato!" esclamò. "Mai sentito parlare di City Hunter?"
Il ragazzo non fu l'unico a sgranare gli occhi, anche Yumiko appariva ancora più sconvolta.
"Ci-City Hunter?" balbettò lui e per un momento gli tremò la voce.
Il sorriso di Ryo si allargò: "Dal tono vedo che hai già sentito parlare di noi".
Satoshi era esterrefatto, ma decise di non mostrarsi turbato, non si sarebbe arreso facilmente e non perse di vista il suo obbiettivo: "Avevo già sospettato che la vostra fosse solo una stupida recita, eravate sempre tra i piedi nei momenti meno opportuni".
"Già, hai ragione" ammise Ryo. "Come quando la sedia a rotelle ha ceduto..."
Satoshi socchiuse gli occhi, sospirò pesantemente e strinse le labbra.
"Toglimi un dubbio, quando hai manomesso la sedia non volevi che Kento cadesse davvero, giusto?" gli chiese Ryo. "Vediamo se indovino l'intenzione del tuo piano... stavi seguendo la scena da dietro la porta socchiusa e appena il vecchio si fosse avvicinato per sedersi, saresti apparso con una scusa e avresti finto di notare il difetto, così ti saresti preso il merito di aver salvato la sua incolumità".
Il cambio repentino di espressione del giovane, come se fosse appena stato preso in trappola, confermò la teoria dell'uomo e così questi continuò nel suo racconto: "Volevi fare lo stesso con la ruota, sei stato tu a danneggiarla e avevi intenzione di intervenire prima della partenza, facendo credere a tutti che eri stato l'unico ad accorgerti del danno, peccato che io ti abbia rovinato i giochi. Dì un po', non dirmi che eri sempre tu il tizio che ha finto di voler rapire il vecchio... be', amico, ne ho conosciuti parecchi di tipi come te e lasciati dire che sei ancora un dilettante, fuggendo su quella moto sei stato smascherato immediatamente, era chiaro che era solo una finzione".
A quelle parole la collera di Satoshi divenne ancora più profonda e si avvicinò di più all'anziano, puntandogli contro la pistola. Kento era a dir poco sconvolto, non solo per la scena terribile che si stava verificando non solo a sue spese, temeva anche per la nipote, ma oltre a quello si sentiva tradito. Aveva sempre riposto la sua fiducia in Satoshi e invece adesso scopriva che era proprio lui il colpevole, com'era possibile aver preso un tale abbaglio?
"Hai fatto tutto questo per guadagnarti la fiducia del tuo protetto. Architettavi tu stesso gli incidenti e poi arrivavi sempre un attimo prima che potesse succedere qualcosa di grave, in modo da essere escluso da ogni sospetto, è stato così anche prima che arrivassimo noi. Qual era lo scopo di tutto?"
Satoshi fece un mezzo sorriso ironico, ma al tempo stesso appariva colpito dall'abilità di Ryo, era un tipo davvero perspicace!
"A quanto vedo la fama di City Hunter non è immeritata" ammise. "Però questa volta siete arrivati troppo tardi, mi dispiace per voi".
Guardò di nuovo l'anziano con uno sguardo derisorio e colmo di disprezzo: "Kento Furukawa, ti dice nulla il nome di Shingo Hikada?"
Kento sussultò e la sua espressione divenne ancora più impaurita. Ryo e Kaori s'irrigidirono, quel nome non era nuovo nemmeno a loro.
"Non l'hai dimenticato, mi fa piacere" disse Satoshi con tono arrogante. "Non hai notato la somiglianza tra noi? No, è normale, per fortuna io ho preso da mia madre e non da quel disgraziato".
Satoshi prese fiato per parlare di nuovo, aveva uno sguardo perso, come se improvvisamente si fosse trovato in un altro posto di un'altra epoca, a raccontare una storia accaduta tanto tempo fa, quasi se si fosse trattato di una leggenda: "Shingo Hikada è mio padre" confessò. "Non è mai stato un uomo esemplare, uno di quelli da cui prendere esempio, ma quando lavorava per i Furukawa almeno aveva una sua dignità, pur rimanendo un uomo distratto e negligente con la sua famiglia, talvolta tiranno. Quando fu licenziato i suoi peggiori difetti vennero fuori rapidamente, il vizio di bere peggiorò notevolmente, tornava tardi a casa ed era completamente stravolto, arrivando anche a maltrattarci. Dopo l'ennesimo episodio mia madre decise di andarsene, ma la nostra vita continuò a essere dura, non era facile portare ogni sera la cena in tavola, lavorava molto, a volte per pochi soldi, mentre io nel frattempo studiavo e mi occupavo delle faccende domestiche." Satoshi inspirò profondamente, come se si sentisse stremato da quel racconto che faceva di nuovo emergere i fantasmi del passato.
"Molti anni dopo, quando ormai ero cresciuto, venni a sapere il motivo per il quale mio padre era stato licenziato e soprattutto da chi e promisi a me stesso che mi sarei vendicato un giorno. Lo ammetto, il mio scopo iniziale era solo quello di spaventare un po' e magari arrivare a ottenere qualche buona ricompensa in denaro per i miei salvataggi eroici, che sarebbe servita per rimediare agli anni di sacrifici che avevo passato insieme a mia madre".
Satoshi indurì di nuovo lo sguardo: "Kento e Shingo, due opposti, ma fatti della stessa pasta, tiranni e intransigenti!" disse con tono rabbioso. "Dì un po', vecchio Kento, hai mai pensato alle conseguenze che c'erano dietro la decisione di licenziare in tronco un uomo? E' vero, avevi perfettamente ragione, mio padre era bugiardo e di poco valore, era vittima dei suoi stessi vizi e del suo stesso carattere... proprio come te. Hai mai pensato alla sua famiglia? Hai mai pensato che avresti lasciato nel fango non solo lui, ma anche sua moglie e suo figlio, che non c'entravano niente, che non avevano colpe per il suo comportamento, ma che sono stati puniti nello stesso modo!"
"No" ammise il vecchio con voce stanca e Satoshi sgranò gli occhi, non si aspettava una risposta. "Non ci ho mai pensato, hai ragione, non l'ho fatto una sola volta. Ho del tutto ignorato il fatto che a casa ci fossero una moglie e un figlio innocenti, vittime loro stessi della disonestà di Hikada. Avrei dovuto farlo, mi dispiace".
"Ti dispiace?" esclamò il ragazzo, tremando leggermente per la collera. "Noi non sapevamo nulla di ciò che stava combinando quell'uomo, eppure abbiamo dovuto pagarne amaramente le conseguenze, ti sembra giusto?"
"No... " disse di nuovo Kento. 
"Risposta esatta, ma adesso ho l'occasione di vendicarmi. All'inizio volevo solo spaventarti, ma adesso..." non finì la frase, ma avvicinò di più l'arma a lui.
"Oh no, ti prego, fermati!" esclamò Yumiko con le lacrime agli occhi, tremava come se fosse stata al vento gelido di dicembre e teneva le mani davanti alla bocca, presa dal terrore.
Ryo e Kaori erano tesi, la situazione stava rapidamente degenerando e in un attimo sarebbe potuto accadere qualcosa di irreparabile, ma avevano notato le mani di Satoshi che  tremavano convulsamente mentre stringeva l'arma e lo sguardo incollerito, ma anche spaventato, seppur provasse a nasconderlo. Era come se non si rendesse conto davvero di ciò che stava per combinare, non appariva come uno dei nemici spietati che dovevano affrontare di solito, ma sembrava che si facesse trasportare da un impulso pazzo e fuori controllo. Erano convinti che si sentisse alle strette e non sapesse più come uscirne, così decisero di intervenire e si scambiarono uno sguardo d'intesa.
"Satoshi..." lo chiamo Kaori con voce quanto più morbida e calma riuscisse a usare in quella circostanza, le costava ammetterlo, ma anche lei era in pena per ciò che stava accadendo.
Lui si voltò verso di lei e la fissò senza dire niente, come se stesse aspettando di sentire cosa aveva da dirgli. 
"Satoshi, non farlo, per favore" disse, come se gli stesse chiedendo un favore. "Kento ha sbagliato con voi e per quanto riguarda tuo padre si è comportato in modo pessimo, non è stato buono e amabile, devi avere sofferto molto per questo. Rifletti però, cosa avrebbe dovuto fare quando ha scoperto che Shingo gli stava sottraendo dei soldi impropriamente? Si è sentito tradito, proprio come è successo a te".
"Avrebbe dovuto pensare a noi!" esclamò Satoshi. "Doveva venire da me e mia madre, dirci che capiva che noi non avevamo colpe e offrirle un buon lavoro, non lasciarci in tutto quel fango. Avrebbe dovuto far arrestare mio padre invece di limitarsi a licenziarlo e lasciare che fossimo noi a subire la sua collera!"
"Hai ragione, siete stati condannati per qualcosa di cui non avevate colpa ed è normale che tu ti senta furioso per questo, non ve lo meritavate, ma adesso ti stai mettendo nella stessa posizione di Shingo. Un uomo irragionevole, crudele e vendicativo".
"Io non sono come Shingo!"
"Lo so, ne sono certa, sei migliore di tuo padre" Kaori sorrise nervosamente, sentiva l'agitazione crescere, ma provò a rimanere calma.
"E proprio per questo, per favore, fermati. Sei ancora in tempo per salvarti..." aggiunse.
La mano di Satoshi tremò e abbassò leggermente l'arma: "Ormai è tardi, sono incastrato in questa faccenda, mi arresteranno in ogni caso, non c'è più rimedio!"
"Non è troppo tardi" intervenne Ryo con voce calma e decisa. "E' vero, ti arresteranno e lo farà una mia cara amica in persona".
Satoshi strinse le labbra, quel tipo lo stava prendendo in giro?
"Ma le tue mani non si macchieranno di sangue" continuò l'uomo. "Dovrai trascorrere qualche mese, forse qualche anno al chiuso, ma le tue mani resteranno pulite. Se invece deciderai di premere quel grilletto non potrai più tornare indietro e sarai condannato per sempre".
Il ragazzo spalancò gli occhi, la collera sembrava scomparsa e ora c'era turbamento nel suo sguardo, un conflitto si agitava dentro di lui.
"Sei ancora in tempo, Satoshi".
Fissò Ryo e poi Kaori, dopo i suoi occhi passarono a Yumiko e infine su Kento. All'improvviso gli venne in mente sua madre, il suo viso dolce e il suo sguardo amorevole. Se avesse fatto una cosa del genere l'avrebbe delusa profondamente e si sarebbe dimostrato davvero peggiore di Shingo, non voleva che accadesse. Ormai l'aveva già delusa con tutto ciò che aveva fatto, era sicuro che la polizia sarebbe arrivata a momenti, ma come diceva quell'uomo che si faceva chiamare City Hunter, era ancora in tempo a salvarsi?
Fissò l'arma e poi la lasciò cadere a terra, si sedette sul letto mentre le lacrime scendevano in un pianto silenzioso, nascosto dalle mani che gli coprivano il viso.
Ryo si sbrigò a raccogliere l'arma e insieme agli altri tirò un sospiro di sollievo, sentì le sirene della polizia avvicinarsi.
Finalmente quella brutta vicenda stava per chiudersi definitivamente, ma Ryo e Kaori non riuscirono a fare a meno di provare pena per quel ragazzo, si era rovinato con le sue stesse mani, ma un giorno avrebbe avuto l'occasione di riscattarsi e diventare una persona onesta, quello che sarebbe stato se non fosse rimasto così profondamente ferito da suo padre, colui che avrebbe dovuto proteggerlo da ogni ingiustizia.

"Ottimo lavoro, ragazzi!" esclamò più tardi Saeko, era molto soddisfatta della risoluzione di quel caso.
"Sì, certo, ma adesso non cercarci più per un bel po', noi partiamo per una lunga vacanza!" esclamò Kaori, trascinando con sè il suo compagno che era rimasto piuttosto basito.
In realtà non c'era nessuna partenza in programma, ma per un po' non voleva saperne più nulla di Saeko e dei suoi strampalati incarichi! Quello era stato un mese lungo e impegnativo, ricco di sorprese e colpi di scena, adesso sentiva solo il bisogno di tranquillità.
"Quale vacanza?" chiese Ryo. "Kaori, quale vacanza?"

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Capitolo 11
*** Partiamo? ***


Eccoci arrivati all'ultimo capitolo di questa fanfiction.
Prima di tutto ringrazio di cuore tutti coloro che hanno letto, commentato e seguito questa storia, mi avete dato un grande supporto e ve ne sono grata! Dopo tanto tempo che non scrivevo una long-fic ero incerta sul risultato, ma le vostre parole mi hanno sempre incoraggiato.
Bene, vi lascio alla lettura, sperando che il finale sia di vostro gradimento. Presto tornerò con altre storie, mi avrete ancora tra i piedi per un po'! XD
Alla prossima!


Ryo sospirò con frustrazione, chiedendosi se si sarebbe mai liberato di quell'incarico.
Qualche giorno prima, insieme a Kaori, aveva scoperto che Satoshi Matsui era il colpevole che stavano cercando e l'avevano fatto arrestare. Ryo era convinto che il caso si fosse chiuso in quel momento per loro e che finalmente sarebbero tornati a casa, il resto spettava a Saeko e alla sua squadra, ma si era sbagliato.
La bella poliziotta aveva dimenticato di specificare un piccolo, insignificante particolare... come sosteneva lei. Il ricevimento per l'inaugurazione si era già svolto, ma era rivolto esclusivamente agli imprenditori con i quali collaboravano, mancava ancora la festa aperta al grande pubblico, a chiunque avesse voluto soggiornare nella loro struttura in futuro.
Saeko li aveva praticamente supplicati di restare a casa Furukawa ancora per un po', per vigilare sulla sicurezza della serata. Ormai ogni pericolo sembrava sventato, era solo una precauzione.
Ryo le aveva risposto di cercarsi qualcun altro per l'occasione, ma Kaori non era stata dello stesso avviso. Aveva accettato senza nemmeno ascoltarlo, a fronte di un aumento del compenso promesso, così adesso si trovavano ancora alla villa e ci sarebbero rimasti ancora dei lunghissimi e noiosissimi giorni.
Ryo sbuffò per l'ennesima volta, seduto a gambe incrociate sul letto, non aveva nessuna voglia di fare da guardia del corpo durante la festa, ma all'improvviso un pensiero gli balenò in testa, spalancò gli occhi e proprio in quel momento apparve Kaori.
Lo guardò con poca convinzione e appoggiò una mano su un fianco: "Perché stai ridacchiando in quel modo?" gli chiese.
"Perché il vecchietto è fuori pericolo, quindi non abbiamo più motivo di continuare questa stupida recita e ciò significa che..."
Ryo allargò il sorriso, ma Kaori non lo seguì e rimase seria, capiva perfettamente le sue intenzioni.
"Ti avverto, cugino" gli disse, scandendo lentamente l'ultima parola. "Anche se Matsui è stato catturato, qui credono ancora che noi siamo imparentati. Non farti venire in mente strane idee per stanotte e per quelle seguenti, ho con me le mie trappole e non mi porrò limiti ad usarle". 
"Non dirmi che te le sei portate dietro davvero..." tentò di dire lui, sperando che la sua donna stesse solo scherzando, era sbiancato.
"Certo! Le porto sempre con me!" rispose lei con orgoglio.
Ryo la guardò affranto e deluso, Kaori non stava affatto scherzando.
"Quindi fai il bravo, d'accordo?"
Kaori gli fece un bel sorriso vivace e lasciò la stanza.
Maledetto Falcon, perché le aveva insegnato a usare quelle trappole? Se fosse inciampato in una di quelle avrebbe svegliato l'intera casa e sapeva quanto la sua socia fosse brava a costruirle.
"Kaori, lo ripeto, sei una donna crudele, molto crudele!" ululò con frustrazione.
Quando quella storia si fosse finalmente conclusa, se mai fosse successo, quello scimmione lo avrebbe sentito e come se lo avrebbe fatto! Non ci si intrometteva in una coppia come faceva quel gigante cavernicolo!
All'improvviso gli venne in mente quando aveva bloccato Mick a terra per impedirgli di provarci con Kaori, poco dopo il suo arrivo.
"Mick, sei felice in questo momento, vero?! Stai ridendo, eh?"
Ryo capì di essere veramente ai ferri corti se le ultime persone a cui pensava prima di andare a dormire erano... Mick e Falcon! Falcon e Mick! Mick Angel e Falcon!
Oh no, quello era il primo passo verso la rovina...

Ryo aprì gli occhi, il sudore gli imperlava la fronte e il respiro era affannato. Si guardò intorno e realizzò che si trovava nella sua camera, nel suo appartamento.
Sospirò di sollievo, non sapeva se sentirsi più confortato dal fatto di avere effettivamente chiuso il caso al quale aveva lavorato nell'ultimo mese, o perché Mick Angel e Falcon non erano seriamente le ultime persone alle quali pensava prima di coricarsi... che brutta immagine per addormentarsi, pensò rabbrividendo.
La porta si spalancò e apparve Kaori, lui sorrise rincuorato. Eccola lì l'ultima persona alla quale desiderava pensare alla fine della giornata, la sua meravigliosa donna, certamente non quei due energumeni.
"Oh Ryo, insomma, vuoi ricominciare a poltrire tutta la mattina? Scendi, ho una cosa da mostrarti".
"Kaori, lasciami dormire un altro po', ho fatto un incubo dei peggiori e devo riprendermi..."
"Quale incubo?"
"Lascia perdere, ho sognato Mick e Falcon, pensa che cosa terribile!"
Kaori sospirò e decise di ignorare le ultime affermazioni sui loro amici: "Avanti, vieni giù, ti aspetto!" gli disse con tono risoluto.
L'uomo sospirò pesantemente, cosa aveva da mostrargli a quell'ora?
La trovò seduta sul divano con una lettera in mano. Non succedeva spesso che qualcuno scrivesse loro, a chi poteva appartenere?
"E' arrivata questa" disse lei indicando il foglio di carta. "L'hanno spedita i signori Furukawa".
Ryo spalancò gli occhi per un istante, che cosa volevano ancora quei tipi? No, si rifiutava categoricamente di ricominciare con quella recita e stare di nuovo lontano dalla sua dolcissima Kaori per un altro mese. Stavolta non avrebbe accettato, indipendentemente da quanto fosse il compenso!
Kaori cominciò a leggere la lettera, sotto l'occhio attento e preoccupato del suo compagno.

Cari Ryo e Kaori,
avrei voluto dirvi tutto questo di persona, ma non ce n'è stato il tempo prima della vostra partenza e come avrete capito non amo spendermi in chiacchiere, tanto più di questo tipo.
Appena vi ho conosciuti, lo ammetto, avevo dei dubbi su di voi. Non che non mi fidassi dell'opinione del detective Nogami, ma per me fu subito palese che tra voi c'era un legame che andava oltre quello professionale e credevo che questo sarebbe stato d'intralcio alle indagini. Vi ho tenuti d'occhio attentamente e quando vi ho visti di ritorno dal ricevimento, mi ero ripromesso non solo di darvi una bella strigliata il giorno successivo, ma avevo addirittura pensato di licenziarvi, fino a quando non è venuta fuori quella fotografia, ero sconvolto, anche se non l'ammettevo.
Ieri ho parlato con la signora Matsui, Satoshi aveva preso il suo cognome per evitare qualunque sospetto. Era molto addolorata, non riusciva a credere a ciò che aveva fatto suo figlio, ma le ho detto che mi era sembrato pentito e mi sono scusato per aver involontariamente causato dei guai anche a loro molti anni prima, non ne avevo davvero intenzione. Satoshi ha sbagliato e dovrà subire le conseguenze dei suoi errori, ma spero che un giorno riesca a riscattarsi e a non finire come quel disgraziato di Shingo, chissà... se suo padre fosse stato un uomo più onesto tutto questo forse non sarebbe mai successo.
Anche io ho avuto la possibilità di riparare agli sbagli che ho commesso  e non lo credevo possibile fino a pochi giorni fa. Yumiko è ancora arrabbiata, ma almeno adesso ci rivolge la parola e sembra più serena, spero che con il tempo la situazione migliori. Le ho chiesto di rimanere a Tokyo insieme ai suoi genitori, ma hanno rifiutato, mia figlia e suo marito gestiscono una piccola pensione dove abitano e non vogliono abbandonare il risultato del loro duro lavoro, è giusto così.
In ogni caso sono sicuro che vedrò spesso almeno mia nipote,  a quanto pare c'è un sentimento molto forte tra Yumiko e Daisuke, il mio autista. Stavolta potete stanne certi, non ripeterò lo stesso errore che ho fatto con Izumi. Non importa se Daisuke non proviene da una famiglia benestante, la cosa importante è che voglia bene a Yumiko e che siano felici.
Sapete, forse finalmente è arrivata l'ora anche per mio figlio di essere di nuovo felice accanto a una donna. Un paio di giorni fa ha incontrato una sua vecchia amica, andavano a scuola insieme e chissà, forse tra loro potrà fiorire di nuovo quel sentimento che c'era tanti anni fa. Me lo auguro per lui e anche per Jin, mio nipote.
Vi devo ringraziare, dal profondo del mio cuore. Non solo perché mi avete salvato la vita, grazie a voi ho capito che non era tutto perduto.
Grazie, cari amici.
Kento Furukawa 

Kaori ripiegò la lettera e sorrise con tenerezza, era felice che tutto stesse andando per il meglio per Kento e la sua famiglia.
"A quanto pare il vecchio ha imparato la lezione" affermò Ryo.
"Kento non è un uomo cattivo, era troppo chiuso nelle sue convinzioni per rendersi conto di ciò che stava facendo, ma finalmente ha capito" disse lei. "Sono contenta per Yumiko e Daisuke, anche io avevo sospettato che tra loro ci fosse qualcosa, sai? Quando parlavano brillavano gli occhi a entrambi!"
Ryo sorrise, quanto poteva essere romantica la sua socia a volte?
"Anche Hiroshi forse ha trovato l'amore, hai sentito?"
L'espressione di Ryo cambiò e divenne quasi imbronciata, sperava che fosse davvero così e che si fosse tolto Kaori dalla testa una volta per tutte.
"Insomma, Kaori, la vacanza che avevi promesso?" le chiese cambiando argomento. "Quando partiamo? Direi che ce la meritiamo!"
"Be', con il compenso che abbiamo ottenuto non sarebbe seriamente una cattiva idea!" 
Per una volta Saeko li aveva pagati come aveva assicurato loro e potevano tirare un sospiro di sollievo, magari concedersi veramente una breve vacanza.
"Che ne dici di Okinawa?" chiese Kaori con un sorriso allegro. "Oppure c'è Kamakura, o anche una località in montagna".
Ryo socchiuse gli occhi, fingendo di riflettere intensamente, qual era la destinazione che preferiva? Lui ne aveva un'idea molto precisa al momento e non includeva nessuna di quelle proposte.
Si alzò e la prese in braccio, provocando un'esclamazione di sorpresa della sua compagna.
"Ma-ma... che fai?"
"Ti porto in vacanza!"
"In vacanza? Dove, non abbiamo preparato le valigie e dobbiamo prenotare!"
Lui trattenne una risata, ma non riuscì a contenere un bel sorriso giocoso.
"Per adesso dovrai accontentarti di una località piccola e di un viaggio breve, ma ti assicuro che sarà molto piacevole!"
Iniziò a dirigersi verso il piano superiore e quando Kaori capì che stavano andando nella loro camera, non riuscì a non arrossire, ma sorrise.
"Ah sì? Ho l'impressione di esserci già stata".
"Davvero?"
Quando arrivarono in camera si strinsero in un abbraccio appassionato, poi in un bacio carico di amore.
Kaori si scostò un momento e lo guardò con vivacità: "Però promettimi che faremo davvero questo viaggio!"
"D'accordo" sorrise lui e riprese a baciarla.
Mentre la baciava Kaori pensò a tutte le località dove sarebbero potuti andare, ce n'erano molte, ma in quel momento desiderava stare solo in un posto. Era proprio dov'era in quell'istante, tra le braccia dell'uomo che amava e di una cosa era certa, non c'era luogo più bello.

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