Never Lose Hope 2

di Henya
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cara amica mia... ***
Capitolo 2: *** Bentornata, Anya! ***
Capitolo 3: *** Si comincia... ***
Capitolo 4: *** A.A.A Cercasi appartamento. ***
Capitolo 5: *** Una cena tra -amici- ***
Capitolo 6: *** Colpita e... affondata! ***
Capitolo 7: *** Il cerchio si chiude ***
Capitolo 8: *** Un passo più vicino... ***
Capitolo 9: *** La voce della -coscienza- ***
Capitolo 10: *** Una seconda possibilità? ***
Capitolo 11: *** L'uccellin volò volò ***
Capitolo 12: *** Genitore-terzo incomodo ***
Capitolo 13: *** Aggiungi un posto a tavola... ***
Capitolo 14: *** "Resta qui!" ***
Capitolo 15: *** Piccoli dubbi: la madre o la figlia? ***
Capitolo 16: *** Fiducia ***
Capitolo 17: *** Passaggio di testimone ***
Capitolo 18: *** Una giornata con papino ***
Capitolo 19: *** Manca poco, Kai ***
Capitolo 20: *** Problemi e incomprensioni ***
Capitolo 21: *** L'accordo ***
Capitolo 22: *** Soggiorno a Villa Hiwatari ***
Capitolo 23: *** Strategia difensiva ***
Capitolo 24: *** Merry Christmas... ***
Capitolo 25: *** Say Something ***
Capitolo 26: *** I'm only human ***
Capitolo 27: *** Make heaven out of hell ***
Capitolo 28: *** Away from all of reality ***
Capitolo 29: *** I hate you, I love you ***
Capitolo 30: *** Don't Let Me Down ***
Capitolo 31: *** Sentimenti vs Orgoglio ***
Capitolo 32: *** L'annuncio ufficiale ***
Capitolo 33: *** We can hurt together ***
Capitolo 34: *** Counting stars ***
Capitolo 35: *** Nuovo inizio, nuovi problemi ***
Capitolo 36: *** Fine dell'attesa ***
Capitolo 37: *** Strani sospetti ***
Capitolo 38: *** Sensi di colpa ***
Capitolo 39: *** Riflessioni ***
Capitolo 40: *** La vite ***
Capitolo 41: *** La stanza blu ***
Capitolo 42: *** Il buio ***
Capitolo 43: *** Il risveglio ***
Capitolo 44: *** Spiegazioni ***
Capitolo 45: *** Le cose che non vorresti scoprire ***
Capitolo 46: *** Ne vale la pena? ***
Capitolo 47: *** Prova a non perdere il controllo ***
Capitolo 48: *** Rimpatriata ***
Capitolo 49: *** Il compleanno ***
Capitolo 50: *** Il freddo calcolatore ***
Capitolo 51: *** Dejavù ***
Capitolo 52: *** La recita ***
Capitolo 53: *** Senza battere ciglio ***
Capitolo 54: *** Non c'è due senza quattro! ***
Capitolo 55: *** Notte prima degli esami ***
Capitolo 56: *** Il giorno dell'esame ***
Capitolo 57: *** Serata al sapore di vodka ***
Capitolo 58: *** Paranoie adolescenziali ***
Capitolo 59: *** Chi farà la prima mossa? ***
Capitolo 60: *** Ospiti indesiderati ***



Capitolo 1
*** Cara amica mia... ***







Salve a tutti , eccomi ritornata!
Innanzitutto, buon 2014 a todos :)
Avevo concluso l'anno precedente con la fine della mia fanfiction "Never Lose Hope " e inauguro questo nuovo anno con "Never Lose Hope 2"   (Madre de dios!! NdTutti O.O") .
Non so ancora bene preciso cosa combinerò in questa nuova serie ( oddeo, lo aveva detto pure per la prima -.- siamo rovinati Nd I protagonisti ) (u__U nD Autrice) ,ma cercherò di fare del mio meglio.
Questo che vi accingerete a leggere è solo una specie di "breve prologo" . Spero di avere scritto qualcosa di decente e che possa incuriosirvi ^_^"    :) buona lettura





"Carissima amica mia, come stai?
Spero tutto bene.
E' da molto che non ci si sente! Tra un impegno e l'altro ho trovato il tempo di scriverti.
Mi manchi molto, sai?
L'altra sera , frugando tra le mie cose, ho ritrovato il nostro album fotografico e rivederlo è stato come fare un tuffo nel passato! Come sai lì dentro sono raccolti tutti i più bei momenti vissuti insieme , ma ci sono ancora molte pagine vuote, che spero un giorno potremo riempire.
Magari potresti inviarmi qualche foto della piccola Hope! Ricordo quando era appena nata, ma adesso che ha tre anni mi piacerebbe vedere com' è diventata.
E Rai , invece? Come vanno le cose con lui? Mi piacerebbe avere sue notizie e magari avere il suo numero per telefonargli e dirgliene quattro! Come ha potuto portarti così lontano ?!? Poteva benissimo rimanere qui in Giappone e iscriversi ad una università di Tokyo!
Ovviamente sto solamente scherzando! Hai deciso tu di seguirlo fino in Cina e credo che la tua sia stata un'ottima decisione : anch'io avrei seguito Yuri fino in capo al mondo!
A proposito, da due settimane abbiamo deciso di vivere insieme!! A mia madre è piaciuto molto Yuri (cosa che non mi sarei mai aspettata) e quindi non ci è voluto molto per convincerla. Adesso lei si è trasferita nella città di Komae dove abita mia nonna, che con i suoi 85 anni non sembra starci più con la testa!
Comunque, l'idea di vivere insieme non si è rivelata così tragica come si potrebbe pensare. Ci troviamo molto bene e andiamo d'amore e d'accordo (ma credo sia una questione di " all'inizio è sempre così"e spero vivamenteche  non arriveremo a tirarci i coltelli ,passata questa fase!). Anche perchè abbiamo anche deciso di (rullo di tamburi*)... SPOSARCI!!!
Ebbene sì, cara Anya, Yuri Ivanov mi ha chiesto di sposarlo esattamente cinque settimane, quindici ore, diciassetteminuti (e non ricordo quanti secondi)  fa! (beh quando riceverai questa lettera sarà passato un po' di tempo in più...)
Quasi sicuramente sarai caduta a terra.
Beh, neanche io ho saputo reggere l'emozione e se non sono svenuta è stato solo per non rovinare il momento più bello della mia vita!
Non sappiamo ancora la data con precisione ma l'idea sarebbe quella di fissare il tutto tra due mesi.
Presto? Forse, ma in questi casi credo non che bisogni dilungarsi troppo.
Ovviamente al mio matrimonio non potrà mancare la mia più cara amica, con la sua nuova famiglia.
Sarai mia testimone di nozze, non accetto nessun "No, forse, non credo che potrò esserci, sono stata rapita dagli alieni"  perchè se tu non sarai qui quel giorno, sappi che non potrò mai perdonartelo!
Spero tu possa rispondermi al più presto.
Un forte abbraccio,

                                        la tua pazza amica Hilary.



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Capitolo 2
*** Bentornata, Anya! ***









"Mamma! Guarda quel cane!!"
"Ehi, non sporgerti troppo dal finestrino! Rientra subito!" le grido tirandola verso di me per la maglietta.

Sono passati solo tre anni da quando sono partita.

"Quante volte ti ho detto che in auto devi stare seduta composta !" le rimprovero riaggangiandole la cintura di sicurezza. "Non devi toglierla, capito?"
"Capito..." afferma un po' imbronciata.

Non è passato tanto tempo, è vero, eppure sto provando una strana sensazione nel ritornare.
E' stata  un pò dura abituarsi a vivere in Cina, ma  alla fine mi ci sono trovata bene, è stata solo questione di tempo.
E adesso rieccomi qui cara Tokyo: devo ammettere che mi sei un pò mancata!

"E' qui che vi devo lasciare?" chiede l'autista del taxi.
"Si si, è proprio qui!" rispondo sorridente .

Siamo proprio di fronte alla casa di Hilary. Mi batte il cuore dall'emozione e non vedo l'ora di riabbracciarla.

" Grazie mille e questi sono suoi!" dico all'autista porgendogli il denaro mentre lui porta fuori le due valigie dal portabagagli.
"Grazie a lei , e buonagiornata!" saluta andandosene.

Resto lì , di fronte al cancello a fissare quella casa , tenendo per mano la mia piccola Hope.

"Mio dio... quanti ricordi" sussurro tra me e me.
"Mamma! E' qui che abita la tua amica?"
"Sì,sì! Forza, suoniamo il campanello! Speriamo sia in casa..."
A dire la verità lei non sa che oggi sarei ritornata, ho preferito farle una piccola sorpresa.
Sono passati un bel pò di secondi da quando ho suonato , ma non ha ancora risposto nessuno.
"Non c'è, mamma?".
"Eh, non lo so, mi sa di no!" rispondo guardandomi in giro.

Forse avrei dovuto avvisare...

"Riprovo".
Ma ancora niente!
"Mi sa che non c'è proprio in casa!" che sfiga.
" E ora che facciamo? Io devo andare in bagno!"
Mi gratto la nuca alla ricerca di una soluzione.
"Bella domanda... che facciamo?" chiedo a me stessa. "OK, ..." dico abbassandomi per osservarla meglio negli occhi "devi solo riuscire a resistere finchè non arriviamo in una caffetteria qui vicino, ok?" le propongo sistemandole la sua folta frangetta color miele.
"Mm-mh!!" annuisce.
 "Ma dove hai messo il tuo cappellino, con questo  sole..." mentre frugo all'interno della mia borsetta, vedo proiettata davanti a me l'ombra di qualcuno che si trova alle mie spalle.
"Cerca qualcosa, signora?"
Al suono di questa voce sbarro gli occhi e mi alzo di scatto voltandomi.
E' lei.
"Hilary!!" esclamo entusiasta.
"Oh- mio- dio!" scandisce ogni singola parola. "Anyaaaa!".
Contemporaneamente apriamo le nostre braccia e ci uniamo in un forte abbraccio, ridendo e quasi piangendo.
"Mio dio non posso crederci!" esclama tenendomi per le spalle e osservandomi dalla testa ai piedi. "Sei proprio tu?!" . Continua a toccarmi quasi come se non fossi reale.
"Ma certo che sono io!!"
Mi riabbraccia facendomi anche dondolare : sembra quasi di ballare.
A prima vista potrebbe sembrare una reazione esagerata, ma vi assicuro che non lo è! La verità è che mi è mancata davvero, davvero, davvero tanto!
" Aspettavo una tua risposta alla mia lettera e invece ti ritrovo qui in carne ed ossa! "
" Hai ragione, avrei dovuto rispondere e avvisare, ma poi ho pensat..."
" NO!!" . M'interrompe d'un tratto sbarrando gli occhi.
" Che ti prende??"
" L- lei è... lei, lei è...". continuando a balbettare, fa due passi in avanti con un dito che punta verso la direzione di Hope, che poverina stava dietro di me a guardare questa buffa scena.
" Hope?" concludo io.
Osserva prima me e subito dopo Hope, per poi riguardare me e subito dopo di nuovo Hope, mentre quest'ultima la guarda un po' stranita.
Mi sa che non ci sarà bisogno di spiegarle che è una matta.
"Ma è , è bellissima, Anya! Siete due gocce d'acqua!!"

Beh due gocce d'acqua non direi proprio.

"Ma ha gli occhi violacei, sono meravigliosi!"

Ecco appunto...

"Ti ricordi di me?" le chiede sfiorandole una gote.
Lei , timidamente, corre a nascondersi dietro di me, tenendo stretta una mia gamba.
"Come potrebbe , Hilary! Era appena nata!" le ricordo ridendo.
"Ah già , è vero!" risponde dandosi quasi della sciocca.
"Ma guarda com'è timida!"
"Non farti imbambolare! All'inizio è sempre così..." affermo osservandola con un espressione pseudo-minacciosa.
"Ma che cosa facciamo ancora qui fuori! Scusami, ma lo shock è stato talmente forte... comunque, entriamo! Ti aiuto con le valigie!"
Prendiamo una valigia per uno e cominciamo ad avviarci verso l'entrata.

"Wow... non è cambiata di una virgola!" esclamo meravigliata.
Ripeto, dopotutto sono passati solo tre anni... mica un quarto di secolo! E  ripeto anche : la sensazione di ritornare qui è meravigliosa ugualmente.
" La casa non sarà cambiata ma le novità non mancano!"  dice invitandomi a seguirla in salotto.
" Ah già, adesso convivi con il tuo affascinante Ivanov!"
" E' vero!" risponde sognante.
Dopo esserci accomodate sul divano, Hilary corre a prendere qualcosa di fresco da bere.
" Mamma, devo andare in bagno!" mi ricorda Hope.
" Hai ragione, scusa l'avevo dimenticato! Hila, porto la piccola in bagno , ok?" le grido dal salotto.
" Certo, fa pure! Sai la strada vero?".
" Ovvio! Dai , andiamo!"

Appena ritorniamo al piano di sotto, quello che i nostri occhi vedono è una tavola imbandita di cose dall'aspetto super delizioso- invitante!
" Ma stai per dare un banchetto?!" le domando impressionata, riaccomodandomi sul divano.
" Eh? Ma no! Questi sono alcuni dolci che ho preparato in questi giorni!"
" Davvero? E da quando tu sapresti cucinare?" le chiedo sempre più impressionata.
" Beh, in realtà... non è che abbia imparato molto! Me la cavo un pochino con i dolci, mentre per il resto faccio sempre schifo! Sai che pena mi fa Yuri quando è costretto a mangiare ciò che preparo! Lui mi dice che non fa niente, ma in realtà si vede che le mangia controvoglia!" conclude un po' amareggiata.
" Beh significa che ti ama veramente, non credi?!"
" Sì, per questo lo adoro!"
" Mamma, posso prendere un biscotto?"
" Certo piccola, tutti quelli che vuoi!" interviene Hilary.
" Ma tornando alla lettera... " faccio finta di tossire per schiarirmi la voce " è vero che vi sposate?" domando maliziosa.
" Sì è verissimo!! Credimi , faccio fatica a crederci ma , ma è incredibilmente vero!"
" Sono rimasta di stucco appena l'ho letto! La mia amica Hilary che si sposa... e con chi poi? Con lo stesso Yuri a cui è andata dietro per anni al liceo! Sono felicissima per te, non sai quanto!!"
" Abbiamo fissato la data per il 25 Giugno, adesso non ci resta che organizzare tutti i preparativi! Anche se per ora dovrei concentrarmi sulla tesi, ma la mia testa è altrove!"

Hilary ha deciso di intraprendere la carriera di avvocato e presto si laureerà,  per non dimenticare che sposerà Yuri Ivanov: praticamente sta avverando tutti i suoi sogni che anni fa teneva chiusi in un cassetto. Sono strafelice per lei, se lo merita!

" Sono felice che tu sia qui, così potremo organizzare insieme se ti va! Ma adesso basta parlare di me, raccontami tu adesso qualcosa! Come ti sei trovata in Cina? E' successo qualcosa di nuovo? Aspetta,  adesso che ci penso...non manca qualcuno all'appello?" mi chiede d'un tratto inarcando un sopracciglio.
"Dov'è Rei?"

Ecco, mi sembrava strano l'avesse dimenticato! Eppure ha perso un pò di tempo prima di chiederlo.

" Ah già , Rei! Lui non non è potuto venire a causa dello studio! Avevamo deciso inizialmente di partire qualche giorno prima del matrimonio, non appena ci avreste comunicato la data, ma alla fine ho pensato di venire prima per aiutarti nei tuoi preparativi, per l'abito... insomma, non ce l'ho fatta più a resistere! So che per te questo è un momento speciale e mi sarebbe piaciuto esserne partecipe: ed eccomi qui!" concludo con sorridendo.
" Hai fatto benissimo! Ho bisogno del tuo sostegno , grazie!"
" Anche se sarà dura stare lontano anche da Rei!"
"Posso immaginare! Ma posso farti una domanda?" chiede misteriosa.
" Certo!" la invito a seguire , assaggiando uno di quei biscotti.
" Ma Rai come si comporta con Hope non essendo il padre?"
 A questa domanda un pezzo di biscotto mi va di traverso, costringendomi a tossire insistentemente.
" Oddio Anya! Bevi qualcosa o ti strozzerai!"
 Dopo avere bevuto alcuni sorsi d'acqua, respiro profondamente, ritornando al mio colore naturale.
"Ma fanno davvero così schifo?" mi chiede preoccupata.
" No!" ribatto fulminandola con uno sguardo. " Come puoi dire cer...." mi volto a guardare Hope e decido di abbassare il tono di voce parlando a denti stretti..." come puoi dire certe cose in presenza della piccola! Non sai che i bambini a volte registrano tutto e poi magari potrebbe fare strane domande!!"
" Scusa-scusa!" risponde pentita.
" Mammaa! Posso andare a lavare le mani?" ci interrompe.
" Certo tesoro, andiamo!"
" Ci voglio andare da sola!"
"Sicura?"
" Si- si!"
" Ok , ma non toccare niente!"
Le raccomando mentre lei comincia a salire uno ad uno i gradini, contandoli.
" Uno, due, tre, cinque, otto, tre" . beh, o almeno provandoci.
" Ma che dolce, prova già a contare!" afferma meravigliata Hilary.
" Sì, gliel'ha insegnato Rai" sussurro pensierosa.
" Deve essersi affezionato molto a lei!"
" Sì... sai, è come se fosse davvero sua figlia! Non ha mai dimostrato nessun rancore nei suoi confronti, per non parlare poi di come lo adora lei..."
" E questo forse non dimostra il fatto di cosa sia disposto a fare lui, pur di stare con te?"
La osservo alcuni secondi, con occhi persi nel vuoto. Questo è proprio vero!
" Già,  per questo non mi sono mai pentita di averlo seguito sino in Cina! Sono stati, forse i tre anni più belli e felici della mia vita!" le confido prendendo una sua mano , stringendola.
Lei solleva la mia mano, racchiudendola tra le sue " Non sai quanto mi renda felice  sentirti dire queste cose! So quanto hai sofferto, quante ne hai dovute passare..."
I miei occhi cominciano a divenire lucidi. Anche questo è proprio vero.
" Ok, basta ora ripensare al passato! Non rattristiamoci e godiamoci questa giornata! Anche Yuri sarà felice di vederti! Dovrebbe arrivare verso le otto!"
" Sono proprio curiosa di vederlo nelle vesti di Dottor Ivanov!" . A questo pensiero mi scappa quasi una risata.
" Eh sì, dovresti vederlo." Mi rivolge furbetta." Si è da poco laureato e studia già per la specializzazione in psichiatria. Nel frattempo lavora visitando pazienti all'ospedale" . Mi rivolge furbetta. " Anche se mi preoccupano un po' le infermiere che gli ronzano intorno!" aggiunge scocciata.
" Ma dai, non cominciare a farti venire gelosie infondate..."
" Già..."
Dopo alcuni secondi di silenzio...
" Ehi, mi è venuta un'idea! Perchè non mi aiuti a preparare la cena ! Ricordi ancora la ricetta di quello stufato di tua madre? Ho provato a riprodurla in tutti i modi ma quello che ne viene fuori è un qualcosa di orripilante..."
" Si, certo!"
" Ottimo, prepareremo questo per festeggiare il tuo arrivo! Yuri rimarrà di stucco! Devo solo uscire per fare un pò di spesa!"
" Ok, mi piacerebbe venire con te! Farò vedere a Hope alcune cose in città ! Ma dammi giusto il tempo di sistemare le mie cose e telefonare a Rai!"
" Certo, ti mostro la stanz..."
Veniamo prese di soprassalto dal rumore di qualcosa che sembrerebbe essere caduto a terra e frantumatosi in mille pezzettini.
Raggiungiamo le scale di corsa, per giungere al piano di sopra.
" Hope, ti sei fatta male?" grida correndo Hilary.
" Non hai oggetti preziosi in giro per la casa, vero Hila?" le domando preoccupata, salendo.









" Tesoro, ti è piaciuto quel negozio?"
" Si, mamma! Me la compri quella bambola?"
" Certo, però un'altra volta!"

Dopo essere andate al supermercato, abbiamo fatto un breve giro tra i negozi e adesso stiamo ritornando a casa.
"Hilary, visto che dovrò rimanere per un bel po', credi che dovrei trovarmi un lavoretto?"
"Ma come farai con Hope, scusa?"
" Ho pensato anche a questo e potrei provare a iscriverla ad un asilo, anche se penso sia un po' troppo tardi!"
" No, no! Ho sentito di una scuola materna che accetta bambini in qualunque periodo dell'anno!"
" Ah sì? beh dovrai dirmi dove si trova, allora!"
" Non molto lontano! Per quanto riguarda il tuo lavoro, invece, hai già qualche idea?"
" Veramente no!" rispondo un po' delusa. Non ho mai lavorato in vita mia. In Cina mi sono sempre occupata di Hope e della casa. Emozionante direte? Sì, molto! Ma non mi sono mai lamentata.
Adesso, però, non mi va l'idea di restare qui, rinchiusa in casa dalla mattina alla sera, anche perchè non farei altro che pensare a Rai.
Persa tra questi pensieri mi accorgo di star percorrendo proprio quella stradina dove si trova  quella che un tempo era casa mia.
Mi fermo ad osservarla, imitata da Hilary.
Provo una morsa al petto nel vedere che quella casa dove sono cresciuta è oramai diventata la dimora di qualcun altro.
" Sai Hope, la tua mamma abitava qui con i tuoi nonni!" racconta Hilary alla piccola.
" E' vero, mamma? Questa è casa tua?" mi domanda tirandomi per la maglietta.
" Era..." libero in un sussurro.
Putroppo i miei genitori, circa un anno fa, hanno passato un periodo un po' buio, non riuscendo a pagare tutte le spese e così sono stati costretti a vendere casa. Per mio padre è stato un duro colpo dover vendere, ma come si dice? A mali estremi, estremi rimedi.
Così hanno deciso di trasferirsi dai miei zii, decidendo di unirsi all'azienda familiare di tessuti che lui aveva da sempre rifiutato di "co-condurre" , a causa di alcuni disguidi con la sua famiglia.
Comunque, la cosa più importante è che adesso si trovino bene e vivano sereni. Qualche mese fa sono venuti a trovarmi in Cina e spero di avere l'opportunità di andare da loro, adesso che sono più vicina.
" Ti mancano, eh?"
" Tanto! Mi sarebbe piaciuto che Hope passasse più tempo con i suoi nonni!... Ma adesso è meglio andare, si sta facendo buio e la cena non si prepara certo da sola!"






                                                   *****************************************************




Faccio rientro a casa e quello che subito noto è un buon profumo di cibo e delle assurde canzoni provenire dal salotto.
Poso la giacca e prima di andare in cucina, do un'occhiata in salotto dove vedo una bambina seduta sul divano a guardare cartoni animati. La osservo un po' perplesso, ma lei non sembra essersi accorta della mia presenza, tutta presa a canticchiare.
Decido di andare in cucina da dove avverto parecchio movimento.
" Hilary, ma abbiamo ospiti stasera per caso?"
La vedo intenta nel rimescolare qualcosa in una pentola, mentre qualcuno sta cercando qualcosa nel frigo.
" Yuri! Non ti ho sentito arrivare! Guarda un po' chi è venuta a trovarci?"
Ecco che da qul frigorifero vedo spuntare...
"Anya?!" esclamo stupefatto.
" Ivanov! Ne è passato di tempo!"
" Non ci posso credere! Bentornata! Ti trovo bene!"
" Anche tu mi sembri in forma! Non sei cambiato di una virgola , però!"
Wow, non me lo sarei mai aspettato di rivederla.
Ma questo vuol dire che...
" Ma allora quella bambina di là è..."
Rimango a occhi e bocca spalancati non appena faccio luce sulla situazione:  la bambina che ho appena visto, seduta sul divano del mio salotto, a guardare la tv è la figlia di Hiwatari?!?  
" Si si, è proprio mia figlia!"
Incredulo torno indietro a verificare il tutto con attenzione, seguito dalle due ragazze.
Mi avvicino a lei, abbassandomi e ossevarla in ogni minimo dettaglio, mentre sento che le due se la ridono sotto i baffi.
" Santo cielo..." bisbiglio.
" Come ti chiami?" mi domanda timidamente con quella sua dolce vocina.
Preso ancora dallo shock, tardo a risponderle.
Il fatto è che ho una sensazione strana nell'immaginare che questa che ho qui davanti è proprio la figlia di Kai.
E' incredibile come gli somigli, a parte il colore dei capelli castano-miele è la sua fotocopia in formato mini.
" Yuri!" rispondo porgendole la mano sorridendo.
" Ciao , Yuri! Io mi chiamo Hope! Lo sai fare vola -vola?" mi chiede tutta contenta.
Mi volto con un punto interrogativo in testa verso Anya.
"Ah, ah!E' una cosa che gli fa sempre Rai! Non appena qualcuno le sta simpatico fa questa domanda!"
" Ah allora ho fatto un buon effetto! Anche se mi dispiace ma... non so proprio cosa sia questo vola-vola!" sorrido imbarazzato.
" Che cosa?" esclama rivolgendosi alla piccola " Yuri non sa che cosa sia vola-vola! Dobbiamo farglielo vedere!!"
 E così la prende in braccio e la lancia leggermente in aria, facendo molta attenzione a non farla cadere.
Continua a giocare e a ridere con la bambina, quasi come se si fosse dimenticata di noi. Rimango immobile ad osservare, e a pensare che Rai, per amore di Anya , deve avere cresciuto quella bambina mettendo da parte tutto quello che è successo in passato, mettendo un pietra sopra il fatto che quella che lui ha cresciuto è proprio figlia di qualcuno che ha sempre detestato.
 Chissà chi avrebbe fatto la stessa cosa al suo posto!




                               ********************************************************************




Mi alzo dal letto, facendo attenzione a non svegliare Hope che dorme tranquilla accanto a me.
Scendo lentamente le scale arrivando in cucina dove trovo i due futuri sposi , già puliti e ben vestiti , a fare colazione.
" Buongiorno ragazzi!" saluto ancora assonnata.
" Buongiorno Anya, come mai ti sei svegliata così presto?"  domanda Hilary.
" Beh, volevo uscire per andare alla ricerca di quall'asilo e di un lavoro! C'è ancora del caffe?"
" Certo, ti prendo una tazzina!"
" Ma perchè vuoi lavorare, scusa?" chiede Yuri.
" Perchè non mi va di non fare niente e penso sarebbe meglio per Hope frequentare un asilo, stare insieme ad altri bambini  invece di stare con me tutto il giorno!"
" Sì, sono d'accordo!" interviene Hilary servendomi un pò di caffè. " l 'asilo di cui ti parlavo è lo stesso che frequentava il tuo fratellino, quello vicino al parco!"
" E' vero, ci andrò subito! Ma per quanto riguarda il lavoro? Dove mi consigliate di andare? Ovviamente cerco dei lavoretti facili , e accessibili a gente non in possesso di un diploma!" aggiungo mettendo queste ultime parole tra virgolette.
" Direi che è proprio questo il problema! Ma so io chi potrebbe darti maggiori informazioni al riguardo."
" Chi?" gli rivolgo curiosa.
" Boris!"
eh??
" cioè Huznestov?"
" Sì , sì! Lavora in un' officina qui vicino ,  di solito lì vedo molta gente che mette annunci e poi lui sembra sapere sempre tutto di tutti! Io ed Hilary lo definiamo un ufficio informazioni!" conclude ridendosela insieme alla  futura moglie.
" Beh, se davvero è come dite , proverò ad andarci!" dico non molto convinta.
Non ho mai avuto grandi rapporti con Huznestov, e se è ancora il deficiente che ho lasciato qualche anno fa a scuola, beh... non capisco come possa essermi utile!
" Tranquilla, so che lo ricordi per le sue marachelle ai tempi della scuola, ma ti garantisco che , anche se non sembrerebbe,  puoi fidarti!"
 Mi raccomanda Yuri, quasi leggendomi nel pensiero.
"Adesso io devo scappare di corsa, ci vediamo stasera!" dice frettoloso. Scocca un bacio alla sua futura moglie, rivolge un sorriso alla sottoscritta e scappa via.
Mentre sono immersa nei miei pensieri...
" Mammaaaa!"
Ecco che dal piano di sopra suona l'allarme.




" E allora? Non sei contenta di andare all'asilo domani?" le rivolgo sorridente poco dopo essere uscite da quel posto e averl parlato con la preside.
" Sì , ma cosa si fa all'asilo?"
Hope non ha mai frequentato nessun asilo prima d'ora e non si è mai separata da me ; tuttavia, mi è sempre sembrata molto socievole, dunque non dovrebbero esserci particolari problemi, o almeno così spero.
" E' un posto molto bello e divertente, in cui si disegna, si colora, si gioca  insieme ad altri bambini piccoli come te!"
" Come quelli che abbiamo visto prima?"
" Sì, sì! Ti piace?"
" mh-m!" annuisce in modo convincente.
Beh, speriamo!
Percorsa un bel po' di strada, arriviamo in quella che dovrebbe essere, secondo le indicazioni della mia amica, l'officina di Boris.
Il posto sembra un po' deserto , la porta dell'enorme garage è aperta:  non mi resta che bussare.
" C'è qualcuno?" chiedo restando fuori.
" Mamma , dove siamo?"
Le nostre voci fanno eco all'interno.
" Shhh, aspetta! C'è qualcuno?" ripeto un po' più forte.
" E' aperto! Avanti" qualcuno dice.
Faccio qualche passo avanti ma le uniche cose che vedo sono auto, moto, e tanti attrezzi posti in giro disordinatamente.
D'un tratto da sotto una macchina posta più in fondo esce, scivolando come su di uno skate, un uomo, che alzatosi, mi raggiunge.
Rimango quasi a bocca aperta nel vedere arrivare di fronte a me un Boris Huznestov alto un bel po' di centimetri in più rispetto a qualche anno fa, con capelli più corti e con addosso quella tuta da meccanico che lascia intravedere una corporatura molto massiccia. Direi che adesso sembra più uomo rispetto a come lo avevo lasciato.
" Salve, posso aiutarla?" domanda pulendosi il viso macchiato di nero con uno straccio.
Resto a fissarlo, quasi imbarazzata. Possibile che non mi abbia riconosciuta?
" Huznestov, non ti ricordi di me?"
Comincia a fissarmi dalla testa ai piedi, lanciando anche qualche occhiata a Hope.
"Anya??"
" Sì, sì"
" Tu sares-... tu saresti Anya la Racchia?" chiede sorpreso.
Potevi rispiarmarti questo dettaglio!!
" Sì, proprio io..." rispondo facendo un 'espressione minacciosa.
" Wow! Scusami se non ti ho riconosciuta, ma sei parecchio cambiata!" Ma dove sarei cambiata? . "E questa sarebbe la figlia di Hiwatari, mamma mia spero non gli somigli proprio caratterialmente, perchè fisicamente siete uguali! " afferma ridendo.
Lo fisso malamente, facendoglio intuire che era una battuta di mio pessimo gusto.
" Ok, ho capito, lasciamo perdere!" si riprende tornando serio. " Ad ogni modo, che fine hai fatto? Dopo quel giorno a scuola nessuno ti ha più rivista!"
" Beh ho avuto i miei problemi..." mi limito a dire osservando Hope e accarezzandogli i capelli.
" Capisco..."
Passano alcuni secondi di silenzio imbarazzante.
" Ma... sei passata di qui per venirmi a trovare?" chiede ironico.
" No... cioè anche... ma principalmente perchè mi servirebbe un aiuto!"
" Qualche problemino all'auto? Questo bel fusto è qui per aiutarti!"
" Cos'è una specie di slogan?" affermo ridendo " No, in realtà, cerco lavoro e Yuri mi ha detto che tu ,insomma, sai un po' di tutto..."
" Questo bel fusto, saprà aiutarti anche in questo! Seguimi!"
Mi fa cenno di seguirlo e arriviamo in una parete, dove oltre ad essere affissi alcuni calendari poco casti...
" Bel calendario..." gli rivolgo con un pizzico di ironia.
Mi osserva un po' imbarazzato " Già, Marzo è il mio mese preferito!"
Noto alcuni annunci che offrono lavoro.
" Qui abbiamo..." comincia indicandomi le offerte allo stesso modo di come farebbe un venditore di batterie di pentole da cucina, in maniera più buffa però. " ...baby sitter a tempo pieno , solo un giorno libero, ben pagato! Ma considerando il fatto che fai già la mamma a tempo pieno, è da scartare a priori! A seguire troviamo..." stavo per aprire bocca, in modo da dare anche il mio parere, visto che è quello che più conta , ma ha preferito continuare a parlare, piuttosto che ascoltarmi!  Devo ammettere , però, che ha ragione,non avrebbe senso badare ad altri bambini. " ... call center per una compagnia telefonica, cameriera , badante per anziana signora e per finire... cercasi segretaria per studio medico, in possesso di almeno un di-plo-ma, cosa che perdonami , tu non possiedi, se non mi sbaglio!"
Grazie per avermelo ricordato...
" Già..." dico sbuffando " Tutto qui?"
" Per ora sì, mi dispiace! Ma vuoi un consiglio da amico?"
Faccio un cenno con la testa invitandolo a proseguire.
" Secondo me potresti provare ad andare in questa caffetteria, cercano una cameriera e inoltre e a pochi passi da qui, ci vado spesso anch'io!"
" Beh, si potrebbe provare! Magari ci passo ora stesso!"
" Potrei accompagnarti... tanto adesso sono in pausa!" , verifica guardando il suo orologio.
" Ok, se proprio vuoi..."
" Sai, conosco la cameriera, potrei metterci una buona parola!" aggiunge malizioso.
C'era da aspettarselo...



Dopo pochissimo minuti arriviamo nel posto e appena entrati  Boris mi invita a sederci al bancone. Dopo avere fatto un cenno ad una cameriera, questa porta gli occhi al cielo sbuffando.
"Ma non avevi detto che era tua amica?" gli sussurro.
" Non vuole farlo capire ma è pazza di me..." mi mormora a denti stretti " Dana! Come stai?
" Boris, che vuoi?" chiede con tono scocciato.
Pazza di lui eh?... ....
" Quello che voglio potrei dirtelo in privato..." ma perchè me lo sono portato dietro? " ... ma lei vorrebbe sapere qualcosa sull'annuncio".
Si accorge della mia presenza e fa finta di sorridermi simpaticamente. " Vorresti lavorare qui?".
Il tono in cui mi ha rivolto questa domanda mi fa pentire di essere venuta.
" Beh, sì..." rispondo non molto convinta.
" Beh sì o sì?"
Che simpatica!
" Sì, voglio lavorare qui!"
" Bene..." dice estraendo da un cassetto un foglio e una penna non prima di rivolgere uno sguardo minaccioso a Boris, che la osserva divertito.
" Nome completo?"
" Anya Sarizawa..."
" Hai partecipato ad un apprendistato e/o un corso di formazione specifico e/o un diploma di scuola media superiore di indirizzo alberghiero? " domanda leggendo velocemente, alzando subito dopo gli occhi verso di me.
" No!" rispondo prontamente e con l'aria di chi non sappia che cavolo sia tutto ciò!
" Sei in possesso di un diploma?" prosegue.
Caz...
" No..."
"Hai una buona memoria?"
Ma che c'entra?
" Credo di sì..."
" Godi di buona salute? Soffri di allergie? Malattie in particolare?" domanda sempre più inespressiva.
" Ma no!"
Ma che domande assurde sono mai queste! Devo solo fare la cameriera mica andare ad esplorare la giungla.
"Hai una buona conoscenza delle lingue, almeno dell'inglese?"
" Beh , giusto un p..."
Non mi dà neanche il tempo di proseguire che comincia a elencare una serie di cose insensate e a mettere crocette qua e là senza che io possa capire che diamine stia combinando!
" Aspetto curato... cortesia ... rapidità... bla bla! Fatto! Dirigente!?"
Alza la mano per richiamare un uomo , all'incirca sulla quarantina, che ha tutta l'aria di essere il " capo" di questa caffetteria.
" Sì, dimmi Dana!"
" Questa ragazza si è presentata per il posto di cameriera..."
Gli porge il foglio e il dirigente legge il tutto con attenzione mentre io continuo a ripetermi che sono fregata.
" mmmh  Bene, perfetto!"  Cosa?? " lei è assunta , Dana le spiegherà tutto nei minimi dettagli e se le servissero informazioni il mio ufficio è là in fondo! A domani, e mi raccomando signorina Sarizawa alle otto e mezza, puntuale!" mi raccomanda andando verso il suo ufficio.
Io ancora molto incredula , guardo quel foglio e vedo che le risposte segnate sono esattamente l'opposto di quello che avevo detto io.
" Scusa, ma perchè , io non capisco..."
" E' solo uno stupido questionario che fa compilare come se dovessimo fare chissà che cosa!  Fin'ora si è presentata gente dall'aria poco raccomandabile e sinceramente sono stufa di dover lavorare da sola, quindi ... "
Wow... vi giuro che non ho parole!
" Grazie, allora!"
" Lo so che lo hai fatto per farti bella con me... dai, fammi un caffè!" le rivolge Boris con aria soddisfatta.
" Ti sbagli! Se non avessi avuto bisogno , non l'avrei accetta per il semplice fatto che è amica tua! Così almeno da domani sarà lei a dover preparare il tuo stupido caffè! Domani parleremo dei tuoi turni e adesso se non vi dispiace avrei del lavoro da sbrigare, a domani!"
" Mamma mia ,che caratterino!" esclama Boris, ma lei è già andata via a svolgere il suo lavoro.
" Ma si può sapere che le hai fatto?" domando curiosa.
" Proprio niente!" risponde con aria da finto innocente.
" Ne sei sicuro?..."

E da domani si comincia: Hope all'asilo ed io a lavoro! Non ho ancora detto nulla di tutto ciò a Rai, sarà meglio telefonargli.















Hola, gente! Rieccomi qui, a riaggiornare , stranamente, a pochi giorni dalla pubblicazione del primo capitolo!
Dunque, questo ,diciam, non è che è un capitolo "introduttivo" non molto avvincente, che dà un quadro della  situazione : dove siamo, perchè ci siamo, e chi siamo! Tra questi " ci siamo" c'è pure Boris ( uno dei miei personaggi preferiti che non poteva mancare ^_^") che in questo ruolo di meccanico sexy mi piace proprio XD Yuri come avrete capito indossa il camicie da dottore ( *O*) e Hilary diventerà presto avvocato. ( era l'unica cosa che mi è venuta in mente per lei XD)
Anya ha ben pensato di trovare un lavoretto,  di portare Hope all'asilo . Credo abbia un senso, no?
Ad Hope ovviamente non potevo che donare gli occhi meravigliosi di Kai  *o*

Dunque mi farebbe molto piacere se mi diceste cosa ne pensate , se è convincente come inizio!
Spero proprio di sì!
PS : non dovrebbero esserci particolari orrori grammaticali e/ o di sintassi ( parlando come la cameriera super simpatica, nella storia citata) , ma se presenti, comunicateli XD

A presto e un bacio care lettrici! ( o lettori u.u)











 
 








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Capitolo 3
*** Si comincia... ***


" Ma perchè tu non puoi venire con me?"
" Perché non posso, e poi guarda quanti bambini ci sono, ti divertirai!"
Sono davanti all'aula della classe di Hope e sto cercando in tutti i modi di convincerla a restare. Purtroppo non sembra molto convinta e i miei tentativi si stanno rivelando vani.
" Non ci voglio andare!" dice imbronciata attaccandosi alle mie gambe e facendo versi da bambina viziata.
" Hope, non fare così! Avevi promesso che avresti fatto la brava!" le dico staccandola da me e abbassandomi. " Senti..."
" Ma che bambina capricciosa abbiamo qui!" interviene la  maestra venendo verso di noi. E' una signora , forse sulla quarantina, molto graziosa e dall'aria gentile, di una che ci sa fare con i bambini.
" Buongiorno..." saluto alzandomi. " Non so come convincerla,sono già quindici minuti che ci provo e io rischio seriamente di arrivare tardi a lavoro"
In realtà sono in super ritardo, non avevo previsto questo piccolo inconveniente. Bella figura che ci faccio, già al primo giorno.
" Non c'è nulla di cui avere paura, lascia andare tua sorella e andiamo a conoscere gli altri , dai!" la invita gentilmente porgendogli la mano.
" Veramente..." intervengo un po' imbarazzata "...io sarei la madre!" .
Lei rimane di stucco a questa rivelazione.
" Oh! ... Mi deve scusare, è solo che... mi è sembrata così giovane!" afferma con un sorriso quasi forzato.
Quante volte dovrò ancora sentirmelo dire.
" Dai Hope, la maestra ti farà colorare, a te piace così tanto!"
Si osserva qualche secondo in giro.
" Non voglio!" .
Eppura sembrava essersi convinta!
" Ascoltami, che cosa farà papà quando verrà a sapere che hai fatto la monella?"
A queste parole si porta una mano agli occhi , strofinandoseli , come se volesse nascondersi.
" ..eh? si arrabbierà e non vorrà più venire da noi..."
Ok, anche se non mi piace dire queste cose, sembra stia funzionando.
"...allora, sai che facciamo? Tu resti qui e appena ti vengo a prendere gli telefoniamo e gli dici quanto sei stata brava... ok?"
Le rivolgo speranzosa.
Passano alcuni secondi, in cui continua a strusciarsi sulla mia gamba, finchè non mi lascia e porge la sua manina a quella della maestra.
Le mie labbra si ricurvano in un sorriso a trentadue denti.
" Bravissima! Adesso devo andare, per qualunque cosa, mi chiami pure!" raccomando all'insegnante porgendogli un foglietto col mio numero, nella speranza , però, che non sia costretta ad usarlo e che Hope resti tranquilla per tutto il tempo.
Resto a fissarla mentre , timidamente, si siede vicino ad altri bambini.
La sensazione che provo è molto strana; fin'ora neanche io mi sono allontanata da lei per così tanto tempo e pensandoci bene, adesso, tra il lavoro e le altre faccende, avrò meno tempo per stare con lei. Questo non vuol dire che mi prenderò meno cura di lei, ma devo fare in modo che non si senti mai sola o trascurata.
A proposito di lavoro, sarà meglio che ora vada, prima di venir licenziata ancor prima di cominciare!





Appena arrivata, entro dentro come un fulmine e , sotto lo sguardo rimproveratorio di Dana, indosso il grembiule che prontamente mi porge.
" Devo dire che come primo giorno sei parecchio in ritardo!" mi rimprovera con tono acido.
" Lo so, lo so! Ti prego, scusami, è solo che mia figlia non voleva andare all'asilo e..."
" Hai una figlia?" chiede stranita.
" Sì..."
" Ma com... ok, lasciamo perdere per adesso! Vai subito a portare questo vassoio a quel tavolo e poi vai a prendere le ordinazioni di quei ragazzi laggiù!"
" Ok!" dico , prendendo il vassoio con i due cappuccini e il taccuino.
" Sai reggerlo senza farlo cadere , vero?" domanda minacciosa.
" Certo, non preoccuparti!"
" Ok , non farmi pentire di averti fatta assumere!"
" Non succederà!" concludo dirigendomi al tavolo.

Il resto della mattinata trascorre in un continuo via vai, correndo da un tavolo all'altro, con vassoio in mano, facendo molta attenzione a rimanere sempre in equilibrio, e il tutto sotto lo sguardo vigile di Dana.
Devo ammettere,però, che non è poi così facile come pensavo, bisogna essere rapidi, non confondere i tavoli e soprattutto apparire sempre cordiali e gentili, anche quando ti capita gente poco cortese.
Come primo giorno, però non sta andando così male, anche se già mi sento a pezzi! Sono solo le undici del mattino, e trovo già molto fastidioso il rumore del campanellino che suona non appena un cliente mette piede qui dentro! Ci farò l'abitudine.

" Devo dire che te la sei cavata piuttosto bene, per essere solo il tuo primo giorno!"mi confessa facendo un mezzo sorrisetto.
" Grazie..." rispondo soffisfatta.
" Ma vedi di essere più puntuale domani..."
" Sì, non accadrà più!"
" Comunque, adesso io vado a casa, ci diamo il cambio nel pomeriggio! Ciao e fai attenzione a non combinare guai, è tutto nelle tue mani!"
Toglie il grembiule e se ne va, mentre io rimango a lavare tazzine e cose varie in cucina. Dopo avere acceso la lavastoviglie, ritorno al bancone , dove mi attendono già due clienti.
Abbiamo dei turni un pò strani, fino alle dodici e mezza lavoriamo insieme, poi io continuo sino alle cinque per poi lasciare il posto a lei , che rimarrà fino alla chiusura, cioè fino alle dieci di sera.
Finire alle cinque, per me è più che perfetto, in quanto a quell'ora devo andare a prendere Hope all'asilo, anche se dal quello che ha detto il capo, la situazione potrebbe presto ribaltarsi e quindi i turni potrebbero scambiarsi. Ma per il momento è meglio così.





" Mammaaa!" grida  la mia piccola venendomi in contro non appena mi vede aprire la porta della sua aula.
" Tesoro!" esclamo prendendola in braccio. " Com 'è andata? Ti è piaciuto?"
La vedo imbronciarsi e appoggiare subito la testa sulla mia spalla.
" NO!"
" Come no..."
" Non ci sono stati particolari problemi..." interviene la maestra " ... ha avuto solo qualche battibecco con un altro bambino per il fatto che non voleva dargli i colori"
" Hope! Perchè non volevi dargli i colori, sono di tutti!"
" Perchè lui mi tira i capelli!!!" esclama piangendo.
" Comunque, non si preoccupi, è solo il primo giorno, domani andrà meglio!" mi rassicura.
" Lo spero tanto! Arrivederci! Saluta la maestra!"
" Ciao ciao!"






Giunta la sera, mi accingo ad apparecchiare la tavola, mentre Hilary prepara la cena.
Sentiamo aprire la porta d'ingresso e si presenta in cucina Yuri, seguito da Boris.
" Ciao, ragazze! Vi dispiace aggiungere un posto per Boris?"
" Buonasera!"
" Ciao Boris, che sorpresa..." gli rivolgo sorridendo, mentre dietro di me sento Hilary e Yuri bisbigliare qualcosa.
" Devi invitarlo per forza così spesso a cenare??" mormora Hilary irritata.
" Ma dai, che fastidio ti da, e poi se lo merita, ha aiutato Anya a trovare lavoro!"
" Beh, sai che lui ne approfitta sempre troppo!!"
" Rilassati, è una serata tra amici! Fai silenzio, si sta avvicinando!"
" Sembra che tu stia migliorando ai fornelli, c'è quasi profumo di cibo vero!" le dice ironico annusando ciò che bolle in pentola.
Hilary lo incenerisce con uno sguardo
" Boris, smettila, comincia a metterti a tavola..." lo invita lanciandogli alcune frecciatine.
" Deve per forza fare una delle sue squallide battutine ogni volta?? " mormora ancora a denti stretti.
" Allora , Anya, com'è andato il tuo primo giorno di lavoro, che , modestamente , io ti ho aiutata a trovare?" dice fiero accomodandosi a tavola.
"beh, non male! E come primo giorno me la sono cavata piuttosto bene!"
" E invece Hope , come si è trovata all'asilo? Hilary mi ha detto che ha fatto i capricci!" interviene Yuri.
" Già, questa piccola peste all'inizio si è rifiutata di entrare, ma alla fine si è convinta!" dico osservandola minacciosa.
" AH AH! Una ribelle, assomiglia sempre di più al padre" sento sussurrare a Boris che è seduto proprio vicino a Hope e le scompiglia i capelli.
" Ma domani, questa signorina , non farà più tanti capricci, vero?"
" No, io non ci voglio andare più!" inizia agitandosi tutta " un bambino mi ha tirato i capelli e ...."
" Andiamo bene!"
" Ascolta lo zio Boris, quando domani questo bambino si avvicina , lo osservi dritto negli occhi così..." fa una buffa faccia che la costringe a ridere ... " e poi alzi una gamba e gli dai un bel calcio dritto nel pis..."
Rendendosi conto di ciò che stava per dire a una bambina di soli tre anni e avvertendo delle vibrazioni negative provenire dalla sottoscritta, decide di usare un linguaggio più forbito.  "....ehm... sul-la gamba! oppure lo mordi! Così la smette di fare il galletto!"
" Boris!! Smettila! Non è vero, non devi fare queste cose, va bene? Adesso mangia, e domani da brava bambina andrai all'asilo.





L'indomani...


" Anya, tutto apposto?" domanda Hilary entrando nella mia stanza, dove  sono alle prese con Hope nel tentativo di  convincerla ad alzarsi dal letto.
" Forza, andiamo a lavarci!" le grido scoprendola da sotto le coperte, dove la trovo in posizione fetale con le mani che corpono il viso rigato di lacrime.
" Mamma mia, è veramente tosta!" sussurra Hilary.
" Ti avevo detto che non dovevate farvi illudere dal suo faccino d'angelo! Ti prendo con la forza!"
Decido di acchiapparla, ma non appena faccio la prima mossa scivola scaltra giù dal letto e corre via, uscendo dalla stanza, inseguita da Hilary.
Mi butto sul letto di schiena disperata e due secondi dopo il mio telefono inizia a squillare.
La mia mano lo cerca sul comodino e afferatolo  leggo sul display il nome di colui che voglio sentire proprio in questo momento.
" Rai..."
" Buongiorno Anya, come va oggi l'impresa " Portiamo Hope all'asilo" dice ridendo.
" Guarda, si sta rivelando una missione impossibile! Adesso siamo costrette a inseguirla per tutta la casa per acchiapparla!"
spiego disperata.
" Dal tuo tono riesco a percepire la disperazione in persona, dai, fammici parlare! Magari la convinco in qualche modo!"
" Non riattaccare, vado a recuperarla!"


Alla fine , Rai è riuscito a farla calmare e ad andare senza capricci all'asilo, anche se il tutto gli costerà una mega bambola che ha promesso le porterà quandò arriverà qui a Tokyo.
Incredibile! Adesso dovremmo andare avanti a furia di ricatti! Non è così che deve essere!
Tuttavia sembra avere funzionato: infatti, rispetto a ieri , ci è voluto di meno per farla staccare da me, anche se sono stata di nuovo costretta a correre per arrivare in caffetteria, dove mi sono beccata una ramanzina da parte di Dana.


Mentre sono intenta a scrivere sul taccuino le ordinazioni di una giovane coppia, vedo entrare Boris , per la sua solita pausa caffè, mentre Dana mi fa cenno di raggiungerla per fare cambio. Non so perchè ma la presenza di Boris la infastidisce parecchio.
" Ehi, ma il mio caffè??" le domanda stranito.
" Te lo fai preparare dalla tua amica!" gli risponde acida.
E così io mi metto a preparare caffè e lei va a servire ai tavoli.
" OK! Magari il suo è anche più buono!" esclama dispettoso.
" Ma si può sapere che le hai fatto?" chiedo curiosa e divertita allo stesso tempo.
" Ma perchè avrei dovuto fargli per forza qualcosa??"
Il mio sguardo ha già dato una risposta...
" Ok, in realtà ce l'ha con me perchè una volta le ho dato buca ad un appuntamento... e poi mi è venuta a cercare in officina e..."
" E?"
" E mi ha visto che ero con un'altra..."
" AH!  e ti sembra poco! Certo che non sei cambiato molto! Quando deciderai di metter..."
La nostra entusiasmante conversazione viene interrotta dallo squillare del mio cellulare.
" Sì, pronto?"
E' la maestra di Hope. Che sarà successo?
" E' successo qualcosa con mia figlia?" chiedo preoccupata osservata da Boris, mentre mischia il suo caffè.
" Cosa??.... un morso?!!" esclamo voltandomi subito furiosa verso di lui , che comincia ad affondare la testa tra le spalle ,a denti stretti.
" Arrivo subito!!" chiudo di scatto il telefono, tolgo il grembiule..
" Dove vai, Anya?"
" Dana, ti prego, è un urgenza con mia figlia! " la supplico con mani giunte in segno di preghiera.
" Ok, vai..." mi rassicura dopo qualche secondo di esitazione,portando gli occhi al cielo.
" Grazie! Torno subito! E con te facciamo i conti dopo!"
Me ne vado , non prima di avere puntato minacciosamente il dito verso Huznestov.
Ci manca solo che mi diventi una teppista!


" Ma come devo fare ora con te?" dico disperata entrando a casa, con Hope in braccio.
"  E' successo qualcosa? " domanda Yuri spuntando dal salotto.
" Qualcosa? E' successo che questa signorina ha dato un morso e una spinta ad un altro bambino , il tutto grazie ai fantastici consigli del tuo idiota amico Huznestov!"
Lui osserva sconcertato.
" Vermente hai fatto questo?" gli chiede accarezzandole una guancia.
"No!" si limita a dire scappando e buttandosi a pancia in giù sul divano per nascondersi, forse dalla vergogna!
" Ma che faccia tosta! Da non credere, adesso mi dici come faccio ?  Non voleva più rimanere lì per nessuna ragione al mondo e persino la maestra mi ha consigliato di portarmela via, per farla calmare, non la smetteva più di piangere!" spiego al limite della disperazione. " Come vado a lavorare adesso secondo te!"
" Senti, se vuoi io resto a casa oggi... stavo studiando e posso badarci io..." si propone gentilmente.
" Ma se stai studiando, non voglio crearti problemi..."
" Tranquilla, devi solo assicurarmi che non faccia i capricci, perchè a quel punto sarò costretto a portartela fino in caffetteria!" aggiunge ridendo.
Resto qualche secondo a pensare: anche se accettassi, varrebbe solo per oggi, perchè se domani dovvesse ripetersi una cosa simile, non ci sarà nessuno ad aiutarmi!
" E va bene..." emetto un respiro profondo " ... Hope vieni subito qui!"
Controvoglia si alza e mi raggiunge. " Io adesso me ne vado! Tu resti qui con Yuri ok? Non devi fare la monella assolutamente , perchè se Yuri si arrabbia ci manda via! Hai capito??" dico con un tono che non ammette repliche.
Annuisce.
" Dimmi : non farò arrabbiare Yuri!"
" ..." non segue nessuna risposta da parte sua.
" Dillo!"
" Non farò arrabbiare Yuri..."
" Bene adesso ti siedi lì e giochi con le tue cose!"
Corre a sedersi sulla poltrona ed esce le sue cose dallo zainetto.
" Yuri, mi dispiace davvero tanto! Questa è la prima e l'ultima volta che ti chiedo un favore del genere!"
" Non ti preoccupare! E poi tra un pò dovrebbe arrivare Hilary, lei ci saprà fare meglio di me !" mi rassicura.
" Ok, scappo! Ciao!"
Esco di fretta e mi dirigo in caffetteria, dove sono sicura mi aspetta una Dana incavolata nera!





                                                    ****************************************************************






Sono passate quasi due ore da quando Anya mi ha lasciato la piccola e devo dire che non mi ha dato particolari problemi, fin'ora!
Mentre scrivo al computer sul divanetto ,ogni tanto butto un'occhiata su di lei, che è intenta a colorare sul tavolino del salotto.
All'nizio mi ha fatto un po' di domande su cosa stavo facendo, quanti anni ho, se so disegnare... poi ha capito che ero impegnato e per fortuna ha smesso.
Certo che per avere tre anni è già una capa tosta: povera Anya!
D'un tratto il silenzio viene rotto dal suono del campanello.
Ci guardiamo entrambi, perchè presi di sorpresa.
" Chi è?" mi chiede.
" Eh Non lo so piccolina, vado a vedere! Tu resta qui a colorare!"
Poso il computer sul tavolino, ma prima di andare ad aprire  sposto la tendina della finestra che da sul giardino per controllare.
Tutto ciò che riesco a vedere è una mega auto , blu notte, cinque porte, parcheggiata davanti al cancelletto.
Tutto ciò aumenta la mia curiosità alle stelle e mi avvio ad aprire la porta.
Afferrata la maniglia , la abbasso lentamente e apro.
I miei occhi, nel giro di mezzo secondo, percorrono a partire dal basso, il corpo di colui che è venuto a suonare alla mia porta, fino ad incontrare i suoi: quelle che mi ritrovo davanti , sono...
 le stesse iridi ametista che appartengono alla bambina...
 che  sta colorando nel mio salotto.
" Ivanov, sorpreso di vedermi?" domanda uscendo le mani dalle sue tasche ed esibendo il suo solito sorrisetto soddisfatto.
" Kai... ma, ma che ci fai qui?"
Rimango impietrito, in piedi davanti a lui tenendo in mano ancora la maniglia della porta.
" Wow, è l'unica cosa che riesci a dirmi dopo tanto tempo? Caspita!"
Scuoto la testa , rimprendendomi un po' dallo shock.
" No, scusami... E' che... non potevo immaginare una cosa simile..."
Mi dà una  forte pacca sulla spalla " Cazzo, Yuri! Ti sei rammollito! E quindi è qui che abiti ora ,eh! Con ... " mentre chiede il mio aiuto nel ricordare il nome di Hilary, si fa largo per entrare e si ferma ad osservare in giro.
La sensazione che sto provando io in questo momento è una misto tra la disperazione e la voglia di suicidarsi.
" Hilary..." suggerisco , chiudendo la porta.
" Ah, già... Tachibana!" bisbiglia quasi disgustato.
" Sono arrivato ieri sera e..."
Veniamo interrotti dall'arrivo di Hope...
" Ho sete!!" mi volto di scatto verso di lei che mi apre le braccia per invitarmi a prenderla in braccio.
Kai resta a fissarla, serio, immobile.
 L'aria che si respira è ferma, piena di tensione.
Deglutisco, preparandomi psicologicamente a ciò che potrebbe accadere da un momento all'altro.
" Hai messo su famiglia e non mi hai detto niente?" domanda aggrottando la fronte.
Dopo tutto lui non può immaginare che quella che sto tenendo in braccio, a pochi centimentri da lui, è sua figlia.
" No,  assolutamente!" rispondo prontamente.
" E allora chi è questa bambina?" domanda sempre più sorpreso.

"Sai Kai, questa è tua figlia! Sì, la stessa figlia che Anya teneva in grembo tre anni fa e che tu rifiutasti senza pensarci due volte!"

Beh, questo è quello che mi verrebbe da dire in questo momento, ma...
non posso assolutamente, non è di certo compito mio , anche perchè Anya non me lo perdonerebbe mai.

" Ecco, lei è... la figlia di ... una vicina che ha lasciato qui ...ma andiamo a sederci di là!"
Cambio subito discorso, invitandolo a seguirmi in soggiorno.
Sembro essere stato convincente e non sembra avere fatto caso a niente: dopotutto , come potrebbe?
Se Anya sapesse tutto questo, mi ucciderebbe.





                                                      **************************************************************




" Allora , come mai questa sorpresa?" mi domanda Yuri dopo avere preso due birre per noi e un succo per quella bambina.
" Beh, quel vecchiaccio mi ha affidato alcuni affari da sbrigare qui a Tokyo..."
" ah, dunque ti fermerai per un bel po'...e immagino non sarai partito da solo?"
" No, la bionda è con me! E poi non voleva di certo mancare all'evento dell'anno!"
" Che sarebbe?" chiede stranito.
" Un uccellino mi ha detto che ti sposi, te ne sei già dimenticato?"
" Scommetto che questo uccellino si chiama Boris..." risponde roteando gli occhi.
" Alla fine sei riuscito a farti legare , eh?"
" Mi sto sposando, non vado in galera!"
" e' più o meno la stessa cosa..."
" Caro Hiwatari, non sei cambiato di una virgola: resti sempre uno stronzo! Anche se... mi meraviglia che tu ed Eva stiate ancora insieme..." aggiunge divertito.
" Beh, a dir la verità me lo chiedo anche io, ma preferisco non approfondire... stiamo bene così!"
" Prima o poi ti legherà pure lei, credimi!"
" Nah, conoscendola posso stare tranquillo!"
D'un tratto veniamo interrotti dall'arrivo di qualcuno che entra dalla porta principale.
" Yuri, sono arrivata!"
Dovrebbe essere Tachibana.
" Che ne dici se andiam..."
Appena entrata ci voltiamo tutti verso di lei, che alla mia vista si blocca e sembra sbiancare di colpo.
Rimango ad osservarla.
So di non esserle mai stato tanto simpatico, nè tantomeno lei a me, ma visto che dovrà diventare la moglie di un mio amico, dovrò sforzarmi a prenderla in simpatia.
" Hilary..." mi limito a dire.
Mi osserva come terrorizzata e mi accorgo che lancia strane occhiatine a Yuri.
" Kai... bentornato! Yuri , vorrei parlarti un momento!" gli ordina con tono adirato.
" Sì, arrivo subito Kai..."
Se già si fa ordinare in questo modo adesso, figuriamoci dopo il matrimonio.
Si ritirano in privato, a parlare di non so cosa mentre io resto qui seduto ,ad aspettare, guardandomi  intorno, anche se il mio sguardo viene attirato spesso da quella bambina.
" Tu sai disegnare?" mi domanda fissandomi con occhi curiosi.
Sforzo un finto sorriso " No!" per poi ritornare subito serio e osservare spazientito un punto del tavolino: quanto ancora dovranno parlare quei due!
" Io sì, guarda... l'ho fatto io!"
Si avvicina , invitandomi ad osservare il suo disegno.
Mi para il foglio davanti, costringendomi a guardarlo.
" Carino..." fingo con tono scocciato. " Cos'è, un rospo?" domando acido.
" Ma no!! E' il cane che mi deve comprare mio padre!" ribatte come se volesse darmi dello sciocco. " Lui mi ha detto che se faccio la brava me lo compra, però la mia mamma non vuole!" afferma ritornando subito a finire il suo disegno.

Se fossi io tuo padre, altro che cane, ti comprerei una museruola...




                                         *********************************************************************************



" Ma dico,sei impazzito? Lo fai entrare pur sapendo che Hope è qui??" gli rivolgo duramente.
" Che cosa avrei dovuto fare? Lasciare Hope da sola??" ribatte lui.
" No, la cosa era più semplice: mandare via lui!!"
" Ma non potevo farlo!"
" Stiamo parlando di Hiwatari, quindi le regole di cortesia e di ospitalità possono benissimo essere mandate a quel paese!"
La discussione sta diventando sempre più accesa anche se stiamo ben attenti a mantenere il tono delle nostre voci basso.
" Ti rendi conto che lui è di là adesso, a pochi centimetri di distanza da sua figlia senza nemmeno saperlo?"
" Appunto! Non lo sa e non potrebbe saperlo!"
" Ma pensa se venisse a saperlo Anya!!"
" Ma per quale motivo dovrebbe venire a saperlo?!?"
" Perchè è qui!!"
Sbarro gli occhi nel vedere oltre la finestra della cucina, Anya che sta cercando le chiavi nella sua borsetta.
" Che cosa??"
Anche Yuri se ne accorge e insieme ci osserviamo terrorizzati alla ricerca di una soluzione.
" Io prendo la piccola e con una scusa le porto fuori! Tu occupati di Hiwatari!"
Raggiungo a passi da gigante l'altra stanza, dove prendo velocemente Hope, osservata da Kai.
" Ciao Hiwatari!" saluto schiva andandomene.
" I miei colori!!" grida la piccola.
" E' stato un piacere Tachibana!" conclude acido.
Esco e vado incontro ad Anya che ci osserva stranita.
" Stavate uscendo?" domanda chiudendosi il cancello alle spalle.
" No...cioè, Sì!! Ho promesso a Hope un gelato!" sorrido fingendo.
" Non so se questa signorina merita un gelato!" afferma con tono rimproveratorio. " Yuri ti avrà detto che cosa ha combinato!"
Oddio... no!
" Ehm , no... ma che avrà fatto mai questo faccino d'angelo!"
" E lo so io..."
" Magari potresti raccontarmelo davanti ad una coppa di gelato, in nome dei vecchi tempi! eh?" la invito in modo convincente.
" Ok, fammi salire un attimo in camera a prend..."
Mi passa di fianco dirigendosi verso l'entrata.
"NO!" la blocco all'istante con un grido.
" Per... chè?" domanda perplessa.
" Perchè... devo passare subito in un negozio prima che chiuda!"
Ho detto la prima cosa che mi è venuta in mente, spero sia stata convincente!
" va... bene! Se è proprio così urgente..."
E così usciamo dal cancello e noto che Anya fissa l'auto parcheggiata proprio qui davanti.
" Che macchinona, ma c'è qualcuno in casa?"
" ehm... sì, ma è un am.. collega di Yuri, stanno studiando assieme! Ma non perdiamo altro tempo, andiamo!"
La invito a seguirmi e con Hope in braccio ci dirigiamo verso questo presunto negozio.
Anche se adesso ho appena emesso un sospiro di sollievo, dopo avere visto Hiwatari seduto sul divano del mio salotto , non mi sento per nulla sollevata.
Se lui è qui , la probabilità che Anya possa incontrarlo è praticamente altissima e nel momento in cui dovesse avvenire...
beh non oso immaginare cosa possa accadere!

























Tadà! Rieccomi qui ^_^ con questo, credo, breve , aggiornamento!
Beh, Hiwatari non si è fatto attendere poi così a lungo ed eccolo in scena.
Presto, penserete... e che coincidenza, proprio ora, vi chiederete...

ebbene sì u.u ( spero sembri convincente come cosa ^_^ ")

Allora, l'incontro c'è già stato... anche se nella testa di Hiwatari le scimmie suonavano i piatti mentre in quelle di Yuri e Hilary si strozzavano a vicenda (???)
Il primo incontro padre-figlia l'ho immaginato così, per caso e incosapevole: insomma, non poteva immaginare per nessuna ragione al mondo che quella fosse sua figlia , anche se in teoria dovrebbe sapere che dispersa nel mondo una ce l'ha!
Se n'è fregato a tal punto da dimenticarlo , nel corso di questi tre lunghi anni, o semplicemente ... non saprei come dirlo...u.u comunque...
Adesso ci siamo tutti, o quasi... beh manca Rai ovviamente!
cosa succederà nel prossimo episodio? beh aspettiamo u.u

Grazie a coloro che mi seguono e che recensiscono :)
e a chi legge solamente!
Questo capitolo per me è molto importante, quindi spero di sapere i vostri giudizi, comunque essi siano ^_^
Alla prossimaaaa!!!

































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Capitolo 4
*** A.A.A Cercasi appartamento. ***









" Non ci posso credere,un morso!?" afferma parecchio divertito.
" Beh pensandoci bene, adesso, viene da ridere anche a me , ma ti giuro che in quel momento ero super incavolata!"

Rai ed io stiamo parlando in videochat, grazie a Yuri che mi ha prestato gentilmente il suo computer.

Più lo guardo e più vorrei essere dall'altra parte dello schermo.

" Non farlo mai più, hai capito?" la rimprovera ironico Rai.
" Papà! Papà! Quando vieni?" gli grida, seduta sulle mie gambe.
" Presto, tesoro! Mi prometti che fino ad allora farai la brava?"
" ...okay..." risponde facendo un tono docile.
" Adesso mandami un super bacio!"
Si scocca un bacino sul palmo della mano, facendo finta di inviarglielo.
" E adesso dai un bacio a mamma da parte mia!"
Ecco che me ne scocca uno sulla guancia.
" Vai in bagno adesso, dai e poi metti il pigiamino!"
Corre via.
" Allora, come va?" mi chiede dolcemente.
" Bene, anche se mi manchi da morire!"
" Anche tu, non sai quanto!"
" Adesso è meglio se vai a dormire, ti vedo stanca..."
" Beh , sì un po'"
" Allora ci sentiamo domani! Buonanotte Anya!" mi manda un bacio che ricambio, e due secondi dopo, la chiamata termina.
Resto a fissare, come imbambolata, quello schermo, su cui ancora mi sembra di vedere la sagoma del suo volto.
Spero torni presto, Rai!









E' passata una settimana, durante la quale le cose sembrano essere un poco migliorate. Per esempio, il fatto che Hope resti all'asilo per tutto il tempo facendo meno capricci è già un enorme progresso; purtroppo però continua ad avere problemi con altri bambini dispettosi, ma sono sicura che è solo questione di tempo.


A lavoro non ho particolari problemi e i rapporti con Dana stanno piano piano migliorando, infatti sta cominciando a mostrarsi meno rigida e più amichevole nei miei confronti.

" Non sai chi ho appena servito..." dice entrando in cucina dove io sono indaffarata a pulire.
" Chi?" domando , continuando a strofinare la superficie del lavandino.
" Un figo pazzesco!"
" Addirittura... figo pazzesco..."
E' la prima volta che Dana mi fa una confessione del genere riguardo a un cliente; di solito noto anche io ragazzi molto carini ma non abbiamo mai scambiato nessun commento del genere. Dunque, per essere così emozionata, deve essere proprio carino.
" Sì, non lo avevo mai visto da queste parti, deve essere nuovo della zona!"
Questo suo atteggiamento mi fa seriamente incuriosire, tanto da costringermi a lasciare le mie faccende ed andare a guardare.
" Curiosa eh?" mi dice maliziosa.
Gli lancio un sorriso beffardo e piano piano mi avvicino alla porta per spiarlo, seguita da Dana.
Spostata la tendina ...
" Eccolo, è lui!" mi sussurra.

Portati gli occhi nella direzione da lei indicata, le mie labbra , che prima sorridevano, ora si ricurvano all'ingiù,  gli occhi continuano a fissarlo nella maniera più seria che riescono a fare, e per un attimo il mio cuore e il mio respiro smettono seriamente di funzionare...

" Bello, eh?"

Il mondo mi crolla addosso nel rivederlo...

"Che ti succede?"

Mi allontano dalla porta, i miei occhi si muovono disperatamente da un punto all'altro della stanza ,che sembra quasi rotearmi attorno.
" Non ci posso credere..."
Mi appoggio di schiena al muro, scivolando su di esso fino a toccare terra.
"Ma  lo conosci, per caso?"

Se lo conosco...?

" Sì..." libero in un sussurro.

Sento un fastidioso nodo alla gola e gli occhi che vorrebbero scoppiare in un pianto infinito, ma non ci riescono.

" E' il tuo ex?"

Magari fosse solo il mio ex.

" Allora, chi è?" domanda insistente, mettendosi in ginocchio vicino a me.
" Il padre.... di mia figlia..."  rivelo con sguardo perso nel vuoto.

Detto questo le prime lacrime cominciano a sgorgare sempre più numerose e con lo straccio che tenevo in mano comincio ad asciugarle.
" mi era sembrato di capire che tu stessi insieme al padre di tua figlia, non era in Cina?"
" No..." dico singhiozzando " lui è l'altro padre..."
" Non ci sto capendo più niente! Perchè ci sono due padri?"
" Dana, non ci sono due padri! Lui è il vero padre..." rivelo con voce rotta dal pianto.
" E l'altro lo sa?" chiede un po' confusa.
" Sì... lo ha sempre saputo... è lui quello che se n'è fregato!"
" Oh mamma, senti io devo andare di là... tu riprenditi! Aspetto che vada via e ti avviso!"
Già purtroppo non puoi mandarlo via!
Rivederlo mi ha fatto venire alla mente tutte quelle orrende cose che ero riuscita a sopprimere in questi anni.
Non posso credere che sia tornato, sembra quasi uno scherzo del destino!
Devo stare calma, in fondo lui non sa niente e Hope non lo vedrà , nè conoscerà mai.

" Anya... è appena andato via!" mi avvisa Dana.
Decido di uscire e lo osservo oltre la vetrata mentre si dirige ai parcheggi e solo ora mi accorgo che quella insieme a lui è quella stronza di Hernandez: la rabbia mi aveva talmente accecata da far scomparire tutti gli altri presenti nel locale.

Ma la mia rabbia comincia a crescere nel momento in cui noto che l'auto in cui sono saliti... è la stessa pargheggiata qualche giorno fa a casa di Hilary:
la ricordo benissimo
e non credo sia una pura coindenza!
Questo vuol dire che...





Tornata a casa dico a Hope di andare a posare le sue cose in camera nostra e subito dopo entro in cucina, dove trovo Yuri a scrivere al computer e Hilary a studiare.
" Ciao, Anya!" saluta allegra Hilary.
Non segue nessuna risposta da parte mia, che decido di rimanere in piedi vicino ad una sedia, sempre più inespressiva.
" Voi due lo sapevate, vero?" chiedo rompendo il silenzio.
Entrambi si voltano ad osservarmi con un punto interrogativo: continuate pure a fare gli ingenui!
" Sapere cosa?" chiede Hilary perplessa.
" Che lui è qui..."
Yuri riporta i suoi occhi sul diplay del computer, mentre Hilary continua a chiedere ulteriori chiarimenti.
" Lui, chi?"
" Lui, proprio lui, ha fatto il suo grande ritorno dalla Russia, non è così... Yuri?".
" Anya, non..."
" Anya, cosa??" lo interrompo bruscamente diventando sempre più infuriata." L'ho visto oggi, con quella sua faccia da stronzo , in caffetteria!"
Li osservo amareggiata,mentre loro si limitano a fare i dispiaciuti.
" Scommetto che quella macchina parcheggiata qui, l'altro giorno, era sua... vero? Per questo, tu Hilary avevi tanta fretta di portarmi via! Adesso si spiega tutto! Yuri, io ti ho lasciato Hope, e tu lo ospiti in casa... gli hai detto che è sua figlia? Così almeno il quadro è completo!"
" No, questo no!" risponde prontamente.
" Ah, beh almeno questo!" aggiungo sarcastica. " Penso che vorrete ospitarlo più spesso qui insieme all'altra, quindi per evitare di trovarmelo davanti, da domani mi cerco un appartamento, così sarete liberi di farlo venire quando volete!" concludo cominciando a salire le scale.
" Anya, no , aspetta, ragioniamo! Nessuno sapeva..."
Mi volto verso di loro, che mi stavano venendo dietro e con un dito minaccioso gli rivolgo
un 'ultima , importante domanda...
" Non lo avete... invitato al matrimonio, vero?"
A questa domanda Hilary, che stava per rispondere negativamente, viene interrotta da Yuri, che non poteva darmi una risposta peggiore...
" Sì..."
" Che cosa?" esclama Hilary.
" Bravi! Da domani puoi cercarti una nuova testimone per le tue nozze e qualcosa mi dice che Eva sarà più che perfetta!!"
E' l'ultima cosa che dico, dopodichè mi chiudo in stanza , dove Hope mi osserva stranita.
" Che hai, mamma?"
" Anya, non pensi di star esagerando?" grida Hilary là fuori.
" Sentite, lasciatemi in pace per adesso!!"
Mi siedo sul letto, accarezzando i capelli di Hope che gioca con la sua bambola.

Non l'ho mai voluto ammettere, nemmeno a me stessa, ma somiglia sempre di più a lui e rivendendolo oggi, ne ho avuto la conferma.
Se non fosse per questo, sarei anche capace di rimangiare tutto e dire che sei figlia di Rai, perchè è quello che avrei voluto.

Se solo quel giorno a scuola nessuno avesse detto nulla...

Ma pensandoci bene, sarei davvero stata in grado di mentire sino a tal punto?

Comunque sia, oramai è troppo tardi e , dopo un'apparente serenità, il destino sembra venirmi di nuovo contro.










Sono passati due giorni e purtroppo non ho trovato alcun annuncio che faccia al caso mio.
Hilary tenta vanamente di convincermi a restare a casa sua e anche riguardo al matrimonio.
Come ha potuto , Yuri, invitare il nemico?


Oggi, prima di andare a lavoro, sono passata dall'officina di Boris per avere informazioni riguardo ad appartamenti in affitto nella zona e mi ha detto di ripassare nel pomeriggio.
Non posso stare in quella casa sapendo che potrebbe comparire da un momento all'altro; nè posso obbligare Yuri a non ospitarlo : dopotutto è casa sua e io non ho nessun diritto di parola, purtroppo!

E se oggi dovesse presentarsi di nuovo?

" Anya! Vuoi sbrigarti? Dove sono i due caffè e il tè che dovevi fare cinque minuti fa?" Mi rimprovera la mia collega.
" Sì, scusa, li preparo subito!"

Ok , meglio concentrarsi sul lavoro!







Finito il mio turno, passo in officina...
" Boris, sei qui?"
Nessuno risponde e continuo ad andare più in fondo, cercando di non inciampare in oggetti lasciati in giro sul pavimento.
Eppure mi aveva detto che ci sarebbe stato...
" Bori..."
All'improvviso vengo presa di sorpresa da una mano che si posa sulla mia spalla che mi costringe a voltarmi di scatto...
" Bu!"
" Ma sei deficiente!" gli grido colpendolo con la mia borsa.
" Ah ah, scusa ma non ho potuto resistere! Eri così sola e indifesa" aggiunge divertito.
" Mi hai fatto venire un colpo! Ma a parte gli scherzi, notizie?"
" Of couse, dove ho messo il ..." comincia a toccarsi alla ricerca di qualcosa. " Ah ecco, tadà... un'amica mi ha dato questo numero!"
" Un'amica eh... ne hai molte in giro..." rispondo maliziosa prendendo quel biglietto.
" Ah mi ha anche detto che ti converrebbe telefonare subito!"
" Ok , allora ci provo ora!"
Prendo il mio telefono dalla borsa e compongo il numero. Mentre attendo che qualcuno risponda, Boris ritorna ai suoi lavori.
" Salve! Chiamo per l'appartamento che ha messo in affitto, sarei interessata a vederlo!... ... .... Sì , per me va bene..., a che ora?.... Adesso?? ma.. scusi non possiamo tra una mezz'ora, devo andare a..."
Purtroppo sembra che ci sia già qualcuno interessato a vederlo e se arrivo tardi rischio di perderlo: il fatto è che sembra molto conveniente come prezzo, ma tra cinque minuti dovrei andare a prendere Hope, che fare? Prendere o lasciare? Non ho molte speranze di trovarne un'altro in poco tempo.
Ok, forse ci sono...
" Ok, arrivo tra cinque minuti!" termino la mia chiamata e mi rivolgo a Boris.
" Senti Boris, non è che andresti a prendere Hope all'asilo?" chiedo. Devo essere impazzita.
" Cosa? Ma veramente io non credo sia possi..."
" E dai! A dire la verità non è che mi fidi molto, ma è un 'urgenza! Non troverò mai un appartamento!"
Passano alcuni secondi...
" Grazie per la fiducia..." commenta acido... "E va bene, ma come mi presento?"
" Dì che sei lo zio, mio fratello.. dì quello che vuoi! Stai attento!"
Lasciandogli queste ultime raccomandazioni , scappo via di fretta, anche se non mi sento per niente tranquilla!







                              ************************************************************





" Anya..."
Si è già volatilizzata.
Cavolo, mi tocca andarci veramente!


Entrato nell'edificio vengo stranamente osservato da tutti, e un buffo signore coi baffetti mi viene incontro...
" Scusa, chi stai cercando?" chiede investigativo con una voce da vecchio rimbambito.
" Ehm sono venuto a prendere una bambina..."
" Una bambina, eh? E come si chiama questa bambina..." ma cosa mai potrebbe fregargliene...
" Si chiama Hope, posso andare adesso?"
Mi si para davanti, anche se è decisamente molto più basso e con una ventina di chili in più del sottoscritto.
" Non ti ho mai visto da queste parti, qual'è il tuo nome, ragazzo?"
" Ma cos' è, un 'interrogatorio? Devo solo prendere la bambina, per favore..." dico al limite della pazienza.
" Hai una faccia che NON mi piace!".
" La sua non è certo meglio!"
" Che fai, offendi?" chiede irato.
" Ma ha iniziato prima lei..."
" Che succede qui?" interviene una signora togliendosi gli occhiali.
" C'è che questo furbetto si è infiltrato per prendere una bambina..."
Infiltrato?
" Devo solo prendere una bambina e riportarla a sua madre , che sfortunatamente non è potuta venire!" spiego meglio aiutandomi con la gesticolazione delle mani, nella speranza che mi capiscano.
" Senta io sono la direttrice, ho la responsabilità di questi bambini e io esigo che loro vengano ritirati dai propri genitori! Lei è il padre? un parente stretto?" chiede la signora.
" No, ma vi sembra una faccia da criminale questa?"
Seguono almeno cinque secondi di silenzio, durante i quali i due mi scrutano dalla testa ai piedi.
" Mi segua in ufficio, telefoniamo alla madre!"
" Che cosa?"
Mi hanno davvero preso per un poco di buono!



"Ok signora Sarizawa, siamo stati costretti a verificare la veridicità delle sue parole, che non accada mai più! Arrivederla!"
La direttrice dopo avermi trascinato nel suo ufficio, ha telefonato ad Anya per assicurarsi che effettivamente fosse stata lei a mandarmi qui.
Incredibile! Mi sembra di essere ritornato a scuola , quando venivo richiamato dal preside per ogni minima cosa che combinavo.
Quel vecchiaccio continua a fissarmi, con l'aria di chi, nonostante la chiamata appena fatta, non si fida minimamente.
Ricambio con uno sguardo assassino: prega il dio che non dovrai mai portare la tua auto nella mia officina!
La direttrice , dopo essere uscita a prendere Hope , rientra con quest'ultima.
" Allora, piccola conosci questo ragazzo?"
Ancora?
La piccola annuisce. Oh, ti ringrazio!
" E come si chiama?" le domanda il vecchio. Ma fott..
" ... Bosir" risponde senza esitare.
" Ah ah.. " fingo una risata " lo sbaglia sempre! Quante volte ti ho detto che è Bo-ris" mi alzo prendendola per mano.
" Ok, mi dispiace per tutto ciò, ma è la prassi: questi bambini sono troppo piccoli per essere affidati a chiunque! Può andare!"
" Arrivederci!" saluto acido.
" A mai più!" conclude il vecchio.
Lo incenerisco con uno sguardo e finalmente esco da questo postaccio, tenendo per mano la piccola.
" Ma guarda tua madre che mi fa combinare...e il mio nome non è Bosir, ma Boris!"
" Bosir..."
" Ok, lascia perdere..."



La porto con me in officina, sperando che Anya venga a ritirarla il prima possibile.
"Ok piccoletta, adesso tu resti qui e non ti muovi, che lo zio Boris deve lavorare!" le raccomando mettendola seduta su un tavolo, spostando prima un po' di roba per fare spazio.
" Dov'è la mia mamma?"
" Eh, vorrei saperlo tanto anch'io..." dico tra me e me " arriva subito!".
Rimetto la mia tuta e comincio a dare un 'occhiata al motore di un 'auto.
" Questi sono i tuoi giocattoli?" mi chiede curiosa.
" Diciamo di sì..." rispondo continuando a fare il mio lavoro.
" E questo cosa è?"
Sbuffo al limite della pazienza,e voltatomi verso di lei i miei occhi quasi escono fuori dalle orbite...
" Hey, lascia stare! Non devi toccarli, puoi farti male!" le grido correndo subito verso di lei e togliendo dalle sue mani un cacciavite super appuntito.
"Cazzo, un'officina non è proprio il luogo ideale dove portare una bambina...", se ci mettiamo poi che l'ha affidata a me il pericolo diventa doppio.
" Voglio la mia mamma!" grida quasi piangendo.
" Ok, no non piangere!"
La prendo in braccio, guardandomi intorno alla ricerca di un modo per farla stare tranquilla.
Decido di continuare a lavorare, reggendo lei su un braccio mentre con l'altra mano provo a smontare un pezzo del motore, e aggiungendo qualche commento , anche se lei non ne capirà un tubo.
" Vedi, se prendiamo questo filo ..."


" Boris..." chiama qualcuno entrando.
Sbarro gli occhi nel sentire la sua voce: avevo dimenticato che sarebbe venuto proprio oggi!
E ora cosa dovrei fare? Nasconderla?
" Hey, ma mi hai sentito?" domanda avvicinandosi a me.
Mi volto, fingendomi naturale e tranquillo.
" No, ero distratto..."
Non fa caso alla mia risposta, perchè i suoi occhi cadono immediatamente sulla bambina che tengo in braccio: a dire la verità non so se lui sappia o meno, ma cercherò di non dire nulla ugualmente o saranno cavoli.
" Ma... tu e Yuri vi siete messi d'accordo per badare alla figlia della vicina?" chiede un po' perplesso.
Chi??
 Quindi non sa nulla...
" Ah, già ver... ma come mai sei qui?".
" Sono venuto per quel pezzo per la mia auto, mi hai detto tu di venire oggi!"
" Sì, è vero ma vedi adesso non ..."
" Boris, mi stai facendo già perdere un sacco di tempo, quindi vallo a prendere , subito!"

Ecco, Kai Hiwatari : ogni suo desiderio deve essere un ordine! Quanto mi è mancato...
Con questa bambina tra i piedi non riesco a fare un cavolo. Anya, perchè mi metti nei casini!

" E va bene, vado! Me la tieni un attimo??" .
Gliela porgo in braccio al limite della pazienza.
Mi fissa alcuni secondi in modo strano.
" Ha due gambe, può benissimo stare a terra..."
Mamma mia, sembra quasi allergico ai contatti umani, figuriamoci se sapesse che è sua figlia.
" Ok , resta qui e non ti muovere, torno subito..."








                         ******************************************************************








Quel Huznestov si è rinchiuso in una specie di sgabuzzino e mi ha lasciato qui ad aspettare : non è proprio cambiato!
Resto appoggiato ad un'auto, guardando un po' al casino che c'è in giro e ascoltando quelle assurde canzoncine che questa bambina canta facendo strani movimenti.
E' davvero una cosa assurda : da quando sono qui l'ho già vista due volte.
Posso capire che l'affidasse a Yuri, ma , lasciamelo dire, tua madre deve essere proprio una deficiente per lasciarti nelle mani di Boris.



Mentre sono perso in questi stupidi pensieri e aspettando Boris con impazienza, sento che qualcuno entra nel garage.


" Boris, mi dispiace per averti dato tanto fastidio..."
Al suono di questa voce, la piccola smette di canticchiare e gridando -mamma- gli va incontro.
Essendo il garage poco illuminato , riesco a intravedere con la coda dell'occhio solo l'esile sagoma di una figura femminile avvicinarsi.






                              ***************************************************************





Sono riuscita a concludere l'affare: da domani posso cominciare a trasclocare le mie cose in quell'appartamento.
Anche se non molto grande, l'ho trovato abbastanza grazioso ed accogliente.
La trattativa, però, è stata interrotta dalla telefonata da parte della preside dell'asilo: non potevo immaginare una cosa simile, altrimenti non avrei mai affidato questo compito a Boris.
Sono sicura che adesso me ne dirà quattro.

" Boris, mi dispiace per averti dato tanto fastidio..."
" Mamma!!"
Sento la voce della mia piccolina che comincia a correre per venirmi incontro.
" Piccola mia!"
Mi salta addosso e la prendo .
" Dov'è Boris?"
" E' andato via..."
" Come andato via??" dico incredula.
Continuo a camminare andando più in fondo , dove noto il profilo di qualcuno appoggiato di schiena ad un'auto.

Fatti alcuni passi avanti, riesco a distinguerlo più chiaramente
e quello che vedo,
ora qui,
davanti ai miei occhi,
che si volta lentamente verso di me
...è
lui:
l'ultima persona che avrei voluto incontrare, tenendo mia figlia tra le mani.


“Kai, io…
“Avanti, diglielo!” .
“Io sono incinta, aspetto un figlio da te!” “Cosa?” .
“E’ così… purtroppo!”
“Come fai a esserne sicura?” .
“Lo so e basta! Credi che mi faccia piacere inventare cose del genere?”.

Inizia a piovere…

Lui rimane ad osservarmi freddo e inerme…

“Mi dispiace ma…”

Cosa vuole dirmi…

“Questo adesso è un tuo problema!” conclusa la frase mi volta le spalle e va via. "



Sento i battiti del mio cuore aumentare sempre di più, ogni secondo che passa.
Il suo sguardo, all'inizio sorpreso, adesso si fa serio e i suoi occhi si spostano prima su di me, poi su Hope per poi rincontrare i miei.
Nessuna parola, i nostri petti sembrano trattenere tutta l'aria.
Troppa elettricità intorno,
troppa tensione.
Le pupille di uno fisse su quelle dell'altro, scambiandosi odio,disprezzo, e forse anche stupore di chi non sperava di ritrovarsi un giorno l'uno ...
faccia a faccia con l'altro.





                  ********************************************************************




*bip bip*


Quel giorno, ricevetti un messaggio. Ricordo quel momento come se fosse ora...

" Kai, quante volte ti ho detto di spegnere il cellulare durante le riunioni!" mi rimproverò il vecchio.

Lo presi dalla tasca...

Yuri mi aveva inviato un messaggio e la cosa mi era sembrata già strana di suo, ma quello che vi lessi mi aveva lasciato ancor di più sorpreso...

" Complimenti Hiwatari, oggi sei diventato padre"

Non so perchè me l'abbia mandato, ma più la leggevo e più mi suonava in mente come una frase sarcastica, pronunciata in maniera pungente e che lasciava sottintendere il fatto che sarei dovuto ritornare sui miei passi e che avrei dovuto cominciare a fare qualcosa.

Ma l'unica cosa che feci fu cestinare quel messaggio e buttarmi ancora una volta tutto alle spalle, come se niente fosse mai successo.

Oggi, quel messaggio, quel passato mi si sta ripresentando davanti.

Continuo a fissarla senza muovere ciglio, cercando di non lasciare trasparire nulla dal mio volto.

Nessuno dei due sembra intenzionato a parlare e il silenzio viene interrotto dall'arrivo di Boris.

" Kai, ho trovat-o quel..."

Rimane lì, in disparte ad osservarci, mentre noi due restiamo così.

" Mamma! Ho fame!" le dice la bambina tirandola per la maglietta.

Fa fatica a distogliere il suo sguardo da me.

" Anya, io..." inteviene Boris.

Lei lo osserva seria, con occhi lucidi e dopo due secondi volta le spalle e se ne va via di fretta.

Io rimango a fissare il punto da cui è sparita, assorto nei miei pensieri.

Non avrei mai potuto immaginare che un giorno sarebbe successo...o forse sì, ma non mi sono mai preparato psicologicamente a questo.

" Kai, ho trovato il pezzo che ti serviva..." mi rivolge con tono cauto.

Lo osservo, pensando al fatto che avrebbe dovuto dirmelo e che come sempre si è rivelato un idiota. Sono tanti gli insulti che vorrei dirgli , ma...

" Non mi serve più..." mi limito a dire.

Decido di andarmene anche io, raggiungendo la mia auto e osservando la strada, laggiù, vedo ancora Anya di spalle, con la bambina in braccio ,che cammina a passi svelti per poi scomparire all' angolo di una stradina.








                     ***************************************************************



Continuo a camminare a passi sempre più veloci , non so nemmeno dove sto andando.
La strada davanti a me è distorta, sfocata a causa dei miei occhi gonfi di lacrime che resistono ad uscire.

Mi ha vista, anzi... l'ha vista!
Non avrei mai voluto che accadesse.
Tanta fretta di scappare... per ritrovarmelo, alla fine , davanti, col la sua solita faccia da stronzo, la stessa con cui mi aveva esplicitamente detto quelle parole che non smettevano di tormentare la mia mente qualche anno fa...

" Questo è un tuo problema!"














Salve popolo di EFP ^_^

Eccoci giunti a quello che molte di voi aspettavano ( io per prima, ve lo assicuroXD) , OVVERO
l'incontro tra Kai e Anya, ma soprattutto il vero incontro tra Kai-padre e Hope-figlia.

Kai finalmente ha scoperto che la bambina che da giorni si vedeva spuntare ovunque, non era altro che la sua oramai dimenticata figlia... che tanto dimenticata alla fine non era, perchè qualcosa se l'è ricordata pure lui.
( perchè non hai risposto al messaggio, cretino NdMe che lo strozza*) ( avevo finito i messaggi @___@Nd Kai)
Il tutto ha avuto luogo nella fantastica officina di Bobo ^3^
(oramai è diventato un luogo di incontri, lasciatemi lavorare in pace -.- Nd Boris)
Alla fine Anya, pur avendo trovato un'appartamento per sfuggire da un possibile incontro con Kai a casa di Yuri... beh.. il tutto si è rivelato inutile.

Per di più sia Kai che Eva sono stati invitati al matrimonio ( che poi si sono autoinvitati -.- Nd Yuri)
E quindi ci chiediamo:
Anya cambierà idea e andrà al matrimonio della sua migliore amica?
Tornerà prima o poi Rai ? e quale sarà la sua reazione?
Quella di Eva?
Che farà Kai?
Ma sopratutto, voi, cosa ne pensate di tutto ciò?

A parte gli scleri, spero di avere scritto qualcosa che non abbia deluso le vostre aspettative, e che abbia suscitato in voi qualcosa ^_^"

Vi ringrazio tutte-tutte per le vostre precedenti recensioni :)
Un grande baciozz dalla vostra Henya ;*


 



















                           



 


 



















                            



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Capitolo 5
*** Una cena tra -amici- ***







" Anya! Posso entrare?"
" Sì, avanti!"
E' ora di cena e sto avvisando Anya di scendere per mangiare tutti insieme.
E' strano che non sia venuta ad aiutarmi, di solito lo fa sempre, e di sua spontanea volontà.
" Hey, la cena è pronta!" la avviso facendo capolino dalla porta.
La trovo seduta sul letto con Hope che le racconta qualcosa.
" Sì, su vai Hope, vai a cenare!"
Mi scanso per far uscire la piccola e subito dopo volgo lo sguardo verso Anya, che non sembra intenzionata a venire con noi.
" Tu non scendi?"
" N-no... sono un pò stanca! Mangerò più tardi qualcosa..." risponde schiva fingendo tranquillità.
" Ne sei sicura?... Ti vedo strana!" domando preoccupata entrando e sedendomi vicino a lei.
Rimane a fissare un punto ignoto del pavimento e subito dopo i suoi occhi puntano sul suo cellulare, posto sul letto accanto a lei, che continua a vibrare da un po'.
Pur essendosi accorta che sul display vi è scritto il nome di Rai, non sembra intenzionata a rispondere e dopo alcuni squilli la chiamata termina; noto diverse chiamate perse.
" Anya, ma è successo qualcosa con Rai?"
" No... no" nega scuotendo la testa.
La vedo persa, in un mondo tutto suo.
Purtroppo conosco quello sguardo, ed è tipico di lei quando ha un problema ed esita a dirmelo.
" Se è per quella storia dell'altro giorno, con Kai... beh, io e Yuri siamo rimasti sorpresi quanto te! Nessuno sapeva del suo ritorno..."
" Sai ho trovato un appartamento oggi..." mi interrompe , cambiando discorso.
" Davvero?" . Non ha perso tempo.
" Sì, è molto carino e da domani posso cominciare a traslocare le mie cose, anche se ormai è inutile scappare..." conclude in un sussurro.
" Che vuoi dire?"
" Che... il peggio è avvenuto, proprio oggi!" dice stringendo il lenzuolo in un pugno.
" Lo hai visto di nuovo?"
" ...già... e stavolta ci ha viste entrambe, quindi ha capito tutto!"
" E... e cosa ha detto? Che cosa hai detto tu? Che cosa avete fatto??" comincio a sparare una serie di domande , con tono un po' sconvolto.
Lei rimane ad osservarmi qualche secondo mentre io aspetto con ansia una risposta.
" Niente... assolutamente niente..."
La osservo incredula. Non ci credo che non sia successo niente.
" Cosa vuol dire niente? Vuoi dirmi che Kai vede sua figlia e non ha detto o fatto niente?"
"Nessuno dei due ha osato dire qualcosa. In quel momento speravo solo di sparire dalla faccia della terra!"
"Ma ma dov'è successo?"
" Da Boris... sono stata una stupida! Avrei dovuto sapere che quei due sono amici e che quello sarebbe stato un altro luogo da evitare! E invece... me lo sono ritrovata davanti, e a pochi centimetri di distanza c'era mia figlia!"
" E adesso?"
" E adesso... beh, andrò a vivere in quell'appartamento, tanto avrei dovuto cercarne uno prima o poi, per quando sarebbe arrivato Rai. Non voglio essere troppo di disturbo qui..."
" Anya , ma non dire sciocchezze!" le rivolgo.
" Sì, lo so Hila! Ma è meglio così... credimi!"
Dal suo sguardo capisco che è meglio non insistere.
" Ok... ma verrai il giorno del matrimonio, vero?? Io ho provato a dire a Yuri di non farlo venire , ma..."
" Ma non è possibile, lo so!" mi interrompe " ... in fondo io non posso dire chi può o non può invitare..."
" Già, purtroppo lui non ha nessuno da invitare se non quei pochi amici e colleghi che conosce... e Kai, anche se strano a dirsi, fa parte di questa sua -famiglia-" aggiungo mettendo quest'ultima parola tra virgolette.
" Purtroppo..."
" Quindi verrai?" chiedo speranzosa.
Si volta verso di me e mi fa un cenno di assenso con la testa.
" Verrò"
" E... non succederà nulla quel giorno, vero?" . Cerco ancora il suo consenso.
" Nulla, te lo assicuro!" risponde serena.
" Te lo dico perchè io vorrò ricordare quel giorno come il più bello della mia vita e non per la lite di qualcuno..." spiego meglio.
" Non devi preoccuparti! Non voglio ricadere nello stesso errore di molti anni fa e piangere e soffrire per qualcosa per cui non ne vale la pena! Non m'importa più niente e niente succederà quel giorno, non oserei mai rovinarlo per una sciocchezza!"
Mi prende le mani cercando di darmi la certezza di ciò che dice.
" Bene! Ma... Rai?" domando preoccupata.
Le sue mani, che prima stringevano con sicurezza le mie, adesso indeboliscono la loro presa, fino a lasciarle.
Le posa sulle gambe muovendole nervosamente, mentre i suoi occhi osservano preoccupati il display del cellulare, che ricomincia a vibrare.





                                  ****************************************************






Sono nel mio ufficio a controllare alcune cartelle dei miei pazienti quando ad un tratto qualcuno bussa alla porta.
" Avanti!" dico alzando il tono di voce, rimettendo tutto nel cassetto.
La porta si apre leggermente.
" E' permesso, dottor Ivanov?"
" Kai... ma che ci fai qui?" domando facendogli cenno di entrare.
" Sta diventando un'abitudine questa domanda! Se ti rompo le scatole puoi benissimo dirlo!" commenta ironico.
" No..." rispondo acido " sono solo sorpreso delle tue visite, tutto qui! Avanti, siediti!"
" Caspita, quel camice ti dona di brutto!" dice divertito.
" Divertente! Un giorno dovrai pur venire qui per una visita!"
" Tzè, sapendo che dovrei mettere la mia vita nelle tue mani... beh spero di non metterci mai piede qui dentro! A meno che... qualche tua bella infermiera non abbia voglia di mettere le mani su di me... in quel caso..." conclude malizioso, accomodandosi meglio sulla poltrona posta dall'altra parte della scrivania.
" Sempre il solito... ma comunque, come mai qui?"
" Così...ero in zona e ho pensato di passare..." risponde facendo spallucce,per poi guardarsi intorno.
Rimango ad osservarlo un po' stranito. Eppure ho la sensazione che voglia dirmi qualcosa. Ma come sempre per strappare questo qualcosa dalla sua lingua si deve fare un rito di iniziazione.
" Devi...dirmi qualcosa?" chiedo pacatamente.
" No..." risponde prontamente e con aria tranquilla. " Tu.. devi dirmi qualcosa?" aggiunge.
" mm no!"
Ma che sto dicendo? Tutto questo giro di parole mi ha fatto dimenticare tutto. " A dir la verità... sì!" mi correggo prontamente.
Mi osserva, come se già si aspettasse ciò che devo chiedere.
" Bene, dimmi pure!" mi invita con un gesto della mano.
Sarà inutile cominciare il discorso dall'inizio, visto che già sa tutto.
" Senti... non c'è bisogno di dirti che al matrimonio ci sarà... Anya, vero?"
Abbassa il suo sguardo, fissando un punto del tavolino. " Già..." risponde serio.
" Quindi?"
" Quindi cosa?"
"Verrai ugualmente?"
" Perchè non dovrei..."
" Perchè io quel giorno non voglio problemi!" affermo autoritario.
" Non avrai proprio nessun problema, di che ti preoccupi?" domanda staccando la schiena dalla poltrona per meglio avvicinarsi e guardarmi con aria minacciosa.
" Spero che sia così..." mi limito a rispondere. " Lo hai già detto a Eva?"
" No, non l'ho detto a Eva e non capisco perchè dovrei..." inizia a giocherellare con una penna, messa lì sul tavolo
" Per essere preparata! In fondo ci sarà pure Rai!"
A questo nome l'espressione del suo volto diventa molto seria e la sua mano si ferma all'istante.
" Il cinese è qui?"
Vedo che lo ricorda benissimo.
" No, non ancora, ma quel giorno ci sarà, motivo per cui ti chiedo di non fare cazzate!"
Fa un respiro profondo...




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Ci mancava solo Kon per completare il quadro! Eppure non mi aspettavo che stesse ancora insieme a lei. Ancor meno m'importa.
" Allora?" chiede insistente Yuri.
" Allora cosa? Cosa vuoi che succeda! Con quel cinese io non ho nulla da spartire e per quanto riguarda Anya non me ne frega un cazzo... è questo quello che vuoi sentirti dire?"
Mi osserva scettico.
" E lei come ti è sembrata?
" Lei, chi?" rispondo fingendo di non capire.
" La bambina..."
" Non lo so, non mi ricordo nemmeno com'è fatta!" concludo scocciato.
" Difficile dimenticarsi di un volto che somiglia tanto al proprio..."
Lo incenerisco con uno sguardo: questo suo atteggiamento da investigatore mi ha sempre dato un gran fastidio.
" Ok, la discussione può chiudersi qui!"
Mi alzo di scatto per andare via " Ci vediamo , Ivanov"
" Kai?" mi richiama prima che chiuda la porta.
" Dovresti cominciare a pensarci, o sarà troppo tardi..."
Resto a fissarlo alcuni secondi per poi chiudermi la porta alle spalle senza dare alcuna risposta.
Gli avrò detto almeno un migliaio di volte di smetterla di fare il saggio consigliere, soprattutto in questa questione che io considero chiusa già da tempo.

E' vero: solo dopo che l'ho vista in braccio ad Anya ho notato una certa somiglianza e ora che l'ho incontrata, beh... nulla cambia, non posso stravolgere la mia vita per uno stupido errore commesso qualche anno fa.







                             

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"E dai, Anya! Se neanche tu vuoi prepararmi il caffè , dovrò trovarmi un'altro bar in cui andare ogni giorno! Non vorrai mica perdere un cliente come me?!" dice con tono scherzoso.
" Smettila Boris, non è aria oggi!" gli spiego incavolata.
" Non puoi avercela con me! Io non potevo immaginare che vi sareste incontrati!"
" Ma chi ti ha detto che ce l'ho con te?"
" Beh, da come ti comporti mi fai sentire in colpa"
" Ti senti in colpa per ciò che è successo?"
" Beh...se fai così" .
" Vuoi farti perdonare?" chiedo minacciosa.
Mi osserva un po' perplesso.
" Se è possibile..."
Meglio approfittare di questo suo senso di colpa allora, anche se il motivo del mio malumore riguarda ben altro.
" Bene! Allora vieni a casa di Yuri oggi pomeriggio verso le ...diciamo, le cinque!"
" Perchè? Che vuoi fare?" domanda inarcando un sopracciglio.
" Vedrai!" mi limito a dire , asciugando la tazzina che tengo in mano.
" Ma... è una cosa bella o brutta?"
" Dipende dai punti di vista!" rispondo fingendo un sorriso.
Si gratta la testa, e mentre io rientro in cucina si rivolge a Dana.
" Sai per caso di che si tratta?"
" Qualunque cosa sia... spero non ti piaccia!!" gli risponde acida.
" Mamma mia! Ma cosa bevi la mattina..."




"Maledetto  sia io, e il mio senso di colpa! Ma non ci sono ascensori in questo palazzo?!?" .
E' Boris che continua a lamentarsi, caricando a fatica le mie enormi due valigie.
" Dai, con quel fisicaccio che ti ritrovi, non dovresti affaticarti così tanto..." le rivolgo divertita, voltandomi verso di lui, che mi segue per le scale.
" Certo, ha parlato quella che sta reggendo solo una scatolina..."
" Dai, siamo arrivati!"
Infilo la chiave nella serratura, tre giri a sinistra e la porta del mio nuovo appartamento è aperta.
Appena entrato, le lascia pesantemente a terra e si sgranchisce la schiena contorcendosi tutto dal dolore.
" Ti facevo meno drammatico, Huznestov!"
" Quindi questa sarebbe la tua nuova casa... carina quasi quanto la mia!"
" Beh per adesso non dice molto, basterà arredarla per bene!" spiego andando ad aprire la persiana per far arieggiare.
Lo invito ad affacciarsi con me al balconcino.
" Beh la vista non è male!" esclama ironico.
Mi trovo al quinto piano e di fronte mi si erge un altissimo grattacielo, pieno di uffici e altri piccoli appartamenti, mentre guardando di sotto, si può ammirare il traffico cittadino.
Rientro, seguita da Boris, e gli mostro il resto della mia piccola e umile casa.
" Questa è la stanza di Hope, e spero si abitui a dormire da sola! Qui il bagno, non male eh?"
"Già, non male! E qui?"
" La camera da letto!"
Apro e ci appoggiamo entrambi di schiena agli stipiti della porta, circondati da un silenzio tomba.
" Dovrei ringraziarti suppongo!" affermo divertita " Mi dispiace per averti fatto perdere tempo, ma mi serviva aiuto e soprattutto volevo dirti che stamattina ero arrabbiata , non con te, ma per altro...".
Cala il silenzio più totale, durante il quale credo che anche lui stia pensando a quello che è successo ieri.
" Sì, posso immaginare... e sai cosa immagino pure?"
" Cosa?"
" Quello che succederà in questa stanza quando arriverà Rai!" dice beffardamente.
" Ma com.. scemo! Non sono affari che ti riguardano!", lo spingo leggermente con un'espressione minacciosa e allo stesso tempo imbarrazzata.
Si ricompone..." Beh adesso devo proprio andare!" , dopo essersi fatto una gran risata.
" Sì, anch' io! Devo andare a prendere Hope".
" E' stato un piacere servirla, a presto Anya!"
" Buona serata!"
Richiudo la porta, pensando al fatto che è sempre il solito birbante, e poi mi guardo intorno.
Questa casa sarà ben arredata solo e quando tornerà Rai!









" Che cosa ti preparo Hila?"
" Mmm un cappuccino va più che bene!"
Hilary è venuta a trovarmi al lavoro, per una pausa, ed è seduta oltre il bancone, proprio davanti a me.
" Quindi hai sfruttato Boris per traslocare le tue cose! Ben gli sta ahah!"
" Me lo trovo sempre tra i piedi, chi meglio di lui!?"
" Sì, lui è dappertutto!"
" E quando verrai a vedere la mia nuova casa?" domando porgendogli la tazzina fumante.
" Beh..." sposta gli occhi in alto per pensare.
" Ho un'idea! Stasera potrete venire a cenare da me, magari lo dico pure a Boris, non vorrei che si offendesse, in fondo mi ha aiutata lui, quindi " inizio a fare un discorso tutto mio, dal quale Hilary sembra quasi esclusa " ...una specie di inaugurazione del mio nuovo appartamento... allora? Ci stai?"
Mi guarda dubbiosa, spostando nervosamente gli occhi a destra e a sinistra.
" Non..puoi , forse?"
" Beh, in realtà c'è una cosa che devo dirti..." comincia mordendosi il labbro inferiore.
" Cosa?" la incito.
" Prometti che non ti arrabbierai?" dice seria.
Ok, già non mi piace.
" Perchè dovrei... dimmi!"
" Vedi..." si  schiarisce la voce, esitando a darmi una spiegazione.
" Avanti..."
" Ecco... Eva e Hiwatari ci..." al sentire questi due nomi, che suonano alle mie orecchie come due insulti, cambio espressione immediatamente. "... ci hanno invitati , stasera, a cena da loro...Me lo ha detto Yuri ieri sera e ti giuro che ci vado solo per non litigare con Yuri!" cerca di giustificarsi dispiaciuta.
" Non c'è bisogno che ti giustifichi..." spiego stringendo in un pugno quello straccio che tenevo in mano." ... d'altronde non si può mica rifiutare l'invito di Hernandez..."
" Anya... non ti arrabbiare!"
" Non sono arrabbiata, figurati!" affermo con tono adirato, fingendo di darmi da fare.
Non ricordo nemmeno se dovevo preparare qualcosa.
" A me non sembra... non voglio che pensi che adesso i miei rapporti con Eva diventino stretti! Sai che la detesto  quanto te..."
" Lo so, ma per questo non devi giustificarti! Sono arrabbiata, sì è vero! Ma perchè adesso dovrò abituarmi a sentirli nominare più spesso e sapere che debbano avere loro la priorità per una cena che volevo organizzare insieme ai miei amici mi fa venire un nervoso che non puoi immaginare! Comunque, mi passerà, non preoccuparti!!" concludo accigliata.
" Mi dispiace , hai ragione! Adesso non so come dovrò comportarmi stasera perchè non so come LEI si comporterà! Mio dio..." si sfoga esasperata mettendosi le mani in testa coi gomiti appoggiati al tavolo.
" Sai, non ti invidio! Se è rimasta la stessa oca di qualche anno fa..."
" E poi ci sarà anche Boris, ma immagina la scena: loro, tutti amici di vecchia data ed io che dovrò restare in disparte a sentire come starnazza!"
Fossi in lei neanche mi presenterei.
" Odiosa e ipocrita..." mormoro tra me e me.
" Comunque, adesso devo andare! Ti prometto che la prossima volta verremo a cena da te! Devo scappare, ciao Any!"
" Ok, buona cena allora!..." saluto acida " ... e che a uno dei due vada qualcosa di traverso!" concludo non appena Hilary esce dal bar, riferendomi ovviamente ai due che li hanno invitati.






                                       **********************************************







" E questa sarebbe la casa di Hiwatari??" esclamo meravigliata osservando oltre il finestrino dell'auto l'enorme villa che mi si presenta davanti.
" Sì, è una delle ville di suo nonno qui in Giappone!" mi spiega Yuri.
" Una delle..? Vuoi dire che questa è solo una delle tante?" chiedo a bocca aperta, chiudendo la portiera dell'auto.
" Anche se lo chiama vecchiaccio, i suoi soldi non hanno mai fatto schifo al nostro caro Kai..." bisbiglia tra sè.
Mentre Yuri suona al campanello, ci raggiunge Boris.
" Salve gente!" saluta con quella sua solita aria da macho.
" Hey, che puntualità..." commenta Yuri.
" Chi è?" dice qualcuno dal citofono.
" Yuri!"
" Oh ragazzi, entrate!"
Viene aperto il cancello e percorriamo il viale che ci conduce alla porta principale e durante questo tragitto non posso fare a meno di notare un giardino pieno di statuette e vasi e fiori e piante ... di ogni genere! C'è anche una piscina, e il tutto è illuminato da enormi lampioni.
L'atmosfera che si respira qui è quasi fiabesca e se questo è solo l'esterno, non oso immaginare l'interno!
Però, furba la nostra Hernandez!

" Yuri!!"
Veniamo accolti da Eva che aperta la porta corre ad attaccarsi al collo di Yuri.
La rabbia e il nervoso che mi pervadono in questo momento è tale che...
" Tachiban... Hilary! Ma quanto tempo..."
Si accorge della mia presenza e dopo avermi scrutata dalla testa ai piedi con la sua solita aria da snob , con mio grande stupore e se proprio devo dirlo, disgusto, mi abbraccia quasi calorosamente, mentre io resto come pietrificata da questo suo comportamento; infatti ricambio con un falso sorriso, proprio come falso era questo suo abbraccio.
" Ti trovo... come dire, beh a dire la verità non sei cambiata di molto!"
" Neanche tu..." dico tra me e me, lanciando delle frecciatine al mio futuro marito, che mi guarda facendomi capire che devo avere pazienza.
" E ti sei dimenticata di me?" le dice Boris.
" Ma certo che no! Boris, quanto tempo!"
Se lo abbraccia e sbaciucchia senza un minimo di pudore, sotto lo sguardo serio e impassibile di Hiwatari, appena arrivato ad accoglierci.
" Avanti, entrate!"
Calorosamente devo ammettere...

Appena entrati, l'unica che si osserva meravigliata intorno sembro essere solo io.
" Tachibana, vedo che ti piace questa casa..." mi rivolge antipatica " e questo non è niente..."
Che rabbia che mi fa questa sua soddisfazione! Non avrei dovuto guardare tutto a bocca aperta!
" Carina..." mi limito a dire, fingendo poco interesse.
" Venite, la sala da pranzo è da questa parte!"
Seguiamo i padroni di casa che ci conducono in un'altra stanza.
" Mamma mia, è rimasta la solita oca di sempre..." mormoro a denti stretti a Yuri.
" Che cosa ti aspettavi... " risponde imitandomi.

Ci accomodiamo tutti e cinque in una tavola ben agghindata e quelli che mi trovo seduti di fronte sono Eva e Kai , mentre alla mia destra mi ritrovo Boris.
Ho una strana sensazione nell'essere circondata da coloro che fino a qualche anno fa tenevo a distanza di sicurezza, a parte il mio Yuri , ovviamente.
Lui è seduto alla mia sinistra e mi verrebbe da chiedergli perchè uno come lui, dall'animo nobile e gentile, abbia a che fare con questi esseri.
Purtroppo dovrò dimostrarmi " amichevole".

La serata si preannuncia dura e lunga.







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Sono in bagno, seduta sul bordo della vasca a versare delle lacrime , la cui causa non riesco a spiegarmi.
E' come se ripensando a tutto quello che mi è successo in questi giorni avessi sentito i miei occhi gonfiarsi fino ad esplodere.
D'un tratto la porta socchiusa viene aperta da Hope che arriva porgendomi il cellulare, che a dir la verità, non avevo nemmeno sentito squillare.
" Grazie, adesso vai di là a guardare la tv!" le dico asciugandomi con le mani gli occhi e facendo un sospiro di sollievo prima di rispondere a...
" Rai!" saluto fingendo allegria.
" Anya, finalmente ho trovato un buco libero per telefonarti! Cosa stavi facendo?"
" Niente, stavo guardando la tv insieme a Hope... tu, finito l'esame? Com'è andato?"
" Bene, mi aspettavo peggio a dir la verità... ma cosa hai? Hai una voce strana..."
" Niente, forse è il telefono che fa strani scherzi..." sembra capirmi anche dall'altra parte del mondo.
" Stavi piangendo per caso? Conosco quel tono..."
" No, ma che dici, assolutamente no..."
Seguono alcuni secondi di silenzio.
" C'è Hope vicino a te? Me la passi?"
" Certo! Hope, papà vuole salutarti." la richiamo.
Arriva correndo.
" Papà, papà" le dice sorridente.
" Piccola mia, che fai?"
" Guardo i cartoni animati!"
"  E la mamma?"
" Stava piangendo!"
E ti pareva...
" Mi ripassi la mamma?"
" Ciao papà!"
Mi riporge il cellulare e dopo avere emesso l'ennesimo sospiro lo riporto all'orecchio.
" Dunque non stavi piangendo?"
" L'hai fatto apposta, vero?"
" Solo due persone ti diranno sempre la verità: gli ubriachi e i bambini!" spiega divertito e la cosa riesce a far ridere anche me.
" E allora, perchè piangi?"
" ... non ti preoccupare, forse perchè sento la tua mancanza... tutto qui!
"Anya...anche tu mi manchi e ti giuro che arriverò il prima possibile!"
" Lo so, scusami, sono solo la solita piagnucolona... non preoccuparti!" lo rassicuro.
" Adesso devo chiudere, mi aspettano per cenare, ti richiamo più tardi, va bene?"
" Sì, certo!"
"A dopo.."
" Rai!" lo richiamo prima che termini la chiamata.
" Sì?"
" ... Ti amo..."
Non mi stacherò mai di dirglielo.
" Anch'io Anya...ti amo"
e mai mi stancherò di sentirglielo dire.








                          ****************************************************************











La serata si sta rivelando ancora più lunga di quanto pensassi.
Sono già le undici e mezza e siamo ancora seduti a tavola a "chiaccherare" se così si può dire.
In realtà gli unici a parlare sono Eva, Boris e Yuri, mentre io sono intervenuta poche volte nei loro discorsi, e Kai si è limitato addirittura a qualche parola o due.
Da quello che ho potuto capire Eva lavora nel campo della moda, proprio come ha sempre sognato di fare, forse per una rivista, non ho ben capito; Kai invece da una mano a suo nonno a dirigere l'azienda familiare.
Sono rimasti sempre i soliti snob, ma quello che ora mi chiedo è come abbiano fatto a rimanere tutti questi anni insieme; non sono mai riuscita a capire se questi due si amino veramente, in fondo Eva lo ha seguito sino in Russia e convivono già da tempo... ma guardandoli non riesco proprio a darmi una risposta.

" Propongo un brindisi!" annuncia Eva alzando il suo calice pieno di vino bianco.
" A cosa?" domanda Boris.
" Beh... a questa serata e a noi, che dopo anni ci siamo riuniti!" spiega osservandomi con la sua solita aria da persona pseudo-simpatica.
Resto a fissarla perplessa.
" E poi al vostro matrimonio! Non avrei mai pensato che Yuri potesse sposarsi con Hilary..."
Suona quasi come un'offesa e proprio quando sto per aprire bocca vengo interrotta da Yuri...
" Invece è proprio così!" dice come per concludere il discorso prima che si degeneri.
Ci risediamo per finire il dessert.
" Ma quindi Boris sarà il testimone di nozze di Yuri, mentre tu Hilary, chi sarà la tua testimone?"
Cavolo, dovevo aspettarmi una domanda del genere...
Io e Yuri ci fissiamo dubbiosi.
" Ehm, sarà... Anya..." rivelo con voce fioca.
Al suono di questo nome resta immobile, si acciglia e mi fissa con occhi persi nel vuoto.
La prima cosa che noto è che Kai prende il suo calice pieno di vino che beve a piccoli sorsi, come una specie di difesa da possibili domande da parte della fidanzata. Intorno vige un silenzio mortale; persino Boris è immobile, che è rimasto con la forchetta in mano.
Dopo qualche secondo sembra tornare in sè, e dopo un respiro profondo sposta gli occhi nervosamente da un viso all'altro.
" Ah... in fondo c'era da immaginarselo... due amiche come voi!".
E' l'unica cosa che dice, con tono un po' alterato e subito dopo il discorso cambia.
" Boris, hai già pensato al tuo vestito?" gli chiede, fingendosi tranquilla.
" Che vestito?" dice cadendo dalle nuvole.
" Quello per il matrimonio ovviamente! Hai un ruolo importante e dovrai fare la tua bella figura..." gli spiega.
" Beh, mi basta un pantalone e una camicia per far la mia bella figura! Vero, Yu?"
" Veramente no!" risposta secca.
" Non vorrai mica che mi vesta da pinguino?"
" Invece sì!"
" Io non voglio sembrare un damerino!?"
" Dovrai, perchè saremo tutti vestiti così..."
" Eh? Kai, non mi dire che anche tu ti vestirai così?!"
" Certo..."
" bmphh... beh allora non potrò sembrare un poveraccio accanto a voi!" afferma scocciato.
" Dai, se vuoi ti aiuto io! Ti porto con me a fare shopping, vedrai che ti farò sembrare un figurino!" gli propone Eva entusiasta.
" Ehm... l'ultima volta che ho fatto shopping con te mi ero rispomesso di non farlo mai più! Quindi non ti preoccupare... ci penso da solo!" rifiuta senza pensarci due volte.
" Vuoi mettere in dubbio il mio buon gusto?"
" Ma no, no è solo che preferisco andare a fare compere da solo..." si giustifica quasi intimorito.
" Fa come vuoi, ma non venirmi a cercare se poi non saprai dove andare..."
" Su questo non c'è dubbio..." gli sento mormorare.



" E' stato veramente un piacere! Spero faremo cene come questa più spesso... la serata è volata in un batti baleno!"
A me è sembrata durare un'eternità, a dire il vero.
" Grazie di tutto, Buonanotte!"
Salutiamo e ci avviamo in macchina.
" Mio dio che serata stressante!" rivelo con tanto di sbuffo a Yuri. dopo essere saliti in auto.
" Beh lei è sempre la solita... Kai è sempre il solito... nulla sembra essere cambiato!"
" Le cose sembrano essere cambiate solo per Anya!" affermo tristemente. " Hai visto lui, come se la spassa? Anya ha cresciuto quella bambina da sola , anche lei aveva solo diciotto anni..."
" Non l'ha cresciuta da sola... l'ha aiutata Rai!"
" Già, dovrebbero fare un monumento a quel ragazzo! Sono felice che Anya abbia incontrato una persona come lui... dopo Kai ha trovato il paradiso!"
" Purtroppo Kai è un testone, orgoglioso, menefreghista apparentemente privo di sentimenti! Sai, a volte mi chiedo se qualcuno potrà mai farlo sciogliere... non penso che Eva ci sia mai riuscita, nè tanto meno io o Boris! Siamo sempre stati giudicati come asociali , freddi e quasi apatici... soprattutto quando siamo arrivati qui in Giappone; ma dei tre penso che Kai sia il peggiore di tutti!" rivela assorto nei suoi pensieri.
Resto a fissare il suo profilo, notando che i suoi occhi osservano il vuoto.
" Io ti ho sempre visto diverso, fin dall'inizio e poi quando ho iniziato a conoscerti ne ho avuto la conferma... e non lo dico solo perchè sono di parte!" gli rivolgo sorridendo.
Ricambia il mio sorriso e mi accarezza una gote guardandomi con dolcezza.
" Andiamo a casa?"
Annuisco sorridente e acceso il motore , partiamo.














                                   ***************************************************









Dopo avere fatto una doccia calda rientro in vestaglia in camera da letto, dove trovo Kai semisdraiato sul letto a sfogliare , stranamente, una delle mie riviste, che probabilmente avevo lasciato sul comodino.
" Che serata..." dico per avere la sua attenzione.
" Già..."
Mi metto davanti allo specchio; applico prima un po' crema sul viso e poi spazzolo i miei lunghi capelli, anche se resto a fissare il riflesso di Kai sullo specchio.
" Per caso tu sapevi che lei era qui?"
Noto che alza leggermente gli occhi.
" Chi?" domanda continuando a sfogliare quella rivista.
" Come chi? Sarizawa... non hai sentito che sarà la testimone di Hilary..."
" Non ricordo di averlo sentito..." risponde indifferente.
Mi volto verso di lui...
" Non mentirmi, Hiwatari!"
" Che cosa te lo fa pensare?" chiede minaccioso.
" Il fatto che tu stia facendo finta di leggere una mia rivista! Non lo fai mai! E' un modo forse per farmi capire che non vuoi prendere l'argomento, perchè immaginavi che l'avrei preso, no?" lo osservo con ostilità.
" Infatti, non voglio prendere l'argomento!" ribatte lui.
" Quindi l'hai incontrata??" chiedo avvicinandomi e puntando , involontariamente, la spazzola verso di lui.
" Senti , vuoi smetterla?!" dice adirato chiudendo con violenza quella rivista.
" Quindi l'hai incontrata? E' vero! E non mi hai detto nulla!"
" Ma perchè avrei dovuto dirtelo! Ho altre cose a cui pensare che a queste sciocchezze!" mi dice duramente, alzandosi di scatto.
" Avresti dovuto dirmelo, invece! Per non trovare questa sorpresa al matrimonio! Hai visto anche il bambino? Eh?"
" Senti , ti ho già detto diverse volte che di quella bambina non m'importa niente!"
" Quindi è una femmina..." sussurro incredula.
" Sì..." rivela con tono più calmo.
" E che cosa è successo? Dove vi siete visti? Agisci di nuovo alle mie spalle Hiwatari? Questa volta non la passi liscia!" lo minaccio adirata ancora con quella spazzola in mano.
" Non c'è stato nessun incontro, l'ho vista per caso, va bene?"
" Dunque ora sai che è una bambina... e cosa hai intenzione di fare adesso?"
" Nulla, proprio nulla!"
" Io ho sempre pensato che un giorno sarebbe potuto accadere!! Solo che non sono mai riuscita a capire cosa avresti fatto tu?"
Mi prende e mi butta sul letto , mettendosi sopra di me e guardandomi fissa negli occhi.
" Io non farò proprio niente!" afferma scandendo ogni singola parola.
" Ne sei sicuro?" chiedo intimorita.
" Sicuro..."
Comincia a sfilare la cintura della mia vestaglia, sorridendomi malizioso.
Dopo qualche secondo di riflessione, anche io decido di lasciarmi andare anche se al mio risveglio , domani , questo sarà il mio primo pensiero:

Riuscire a vedere sia Anya , che quella bambina...




















Salva a tutti!! :)
Questa volta ho tardato un pochino ad aggiornare!
Allora,
ecco qui il proseguimento delle dis/avventure della nostra Anya, l'arrivo di Kai come sempre ha stravolto ogni cosa...
Riappare sulla scena Eva, sempre la solita antipatica, la cui curiosità nel vedere Hope sembra crescere sempre di più.
Cosa ne pensate di lei? Vedremo cosa combinerà.
Rai tarda ancora a venire, e Anya ha deciso di andare ugualmente al matrimonio, assicurando l'amica che non accadrà nulla!
Spero come sempre di non avervi deluse XD

Grazie tante a tutte voi che mi seguite, che leggete e recensite :)

Un bacio e a presto!!
<3














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Capitolo 6
*** Colpita e... affondata! ***






" E allora? Non mi chiedi niente?" domanda stranita Hilary.
" Su cosa?" chiedo indifferente.
" Beh, su quello che è successo ieri sera! Pensavo mi avresti inondato di domande!"
" Volevo evitare di prendere questo argomento, perchè non me ne frega un fico secco..." interrompo la mia frase con un lungo sospiro "... ma siccome so che tu vorrai sfogarti per qualcosa che è successo, mi sacrifico chiedendoti fingendo interesse: com'è andata la fantastica cena con quelle due serpi?" concludo con tanto di finto sorriso unito ad un tono irritato.
" Mamma mia, sei una pessima attrice! Comunque, non m'importa devo sfogarmi! E' stata la serata più noiosa, orrenda della mia vita, per il semplice fatto di essere stata costretta a osservarla per circa tre ore, visto che era seduta nel posto di fronte al mio! Dovevi vederla come si atteggiava a donna di classe, circondata da tutto quel lusso... oh mio dio!"
Finito il suo discorso, poggia disperatamente la fronte sulla superficie del bancone.
" Santo cielo, è stato proprio come immaginavo: un incubo..." commento acida.
" Già...mmphh l'unico momento in cui ho provato gioia è stato quando Yuri ha detto - sì è fatto tardi- che nella mia testa equivaleva ad un -scappiamo da questo posto!-
" Ah ah! Incredibile!" esclamo facendomi scappare una risatina malvagia.
" Ma perchè devono esserci pure loro al matrimonio...?"
" E' quello che vorrei sapere anch'io..." le rivolgo in modo tagliente " Comunque... cambiando discorso! Non c'è niente, invece che tu dovresti dirmi oggi di veramente importante??" domando furbetta.
" Eh? Cosa?"
Non può averlo dimenticato!
" Ma com..."
" Buongiorno mie care donne!" irrompe Boris con la sua solita allegria irritante.
" Ciao Boris! Scusa Anya ma ora devo scappare! Baci! Addio Boris!"
Hilary, saluta schiva tutti e se ne va via di fretta, senza avermi lasciato il tempo di finire il discorso che avevamo iniziato.
" Boris, puntuale come sempre per il tuo caffè..." gli rivolgo divertita.
" Sai che non posso resistere, poi come lo prepari tu, non lo prepara -nessuna-" afferma, calcando bene l'ultima parola e lanciando frecciatine alla mia collega.
" Smettila! Comunque, due minuti ed è pronto!"
Mentre sono indaffarata a preparare il quotidiano caffè di Boris, qualcuno entra nel bar con un mazzo di rose rosse.
" Buongiorno... ci sono dei fiori per Anya Sarizawa! Lavora qui?" grida quel tipo per attirare l'attenzione.
Cosa??
Alzo una mano, sorridendo imbarazzata.
" Sarei io..."
" Bene, questi sono stati ordinati per lei!" dice porgendomi i fiori con un sorriso a trentadue denti.
" Ma... ma chi me li manda?"
" Il mio compito è stato quello di consegnare! Per maggiori informazioni c'è un biglietto in mezzo! Arrivederla"
Sorpresa, prendo il biglietto e dopo avere letto, un sorriso mi si stampa sul volto.
" Allora?" chiede curioso Boris " un ammiratore segreto??"
Alzo gli occhi e lo osservo strafelice.
" Il mio unico ammiratore!"
" Avanti chi è?" interviene altrettanto curiosa Dana.
" Rai!"
Continuo a osservare quel mazzo di rose, sorpresa e meravigliata.
Non posso crederci che se ne sia ricordato e abbia deciso di farmi una sorpresa pur essendo così lontano: è insuperabile.
" Ma che gesto romantico!" commenta meravigliata Dana. Non la facevo un tipo che ama le cose sdolcinate, a dir la verità.
" Un amore... proprio!" interviene  a suo solito modo Boris, rompendo la magia che si era creata.
" Ma cosa ne vuoi capire tu?!" lo rimprovera Dana.
" Tsè, quello che ho capito io è che ha qualcosa da farsi perdonare, e pure grossa!"
" Ti sbagli, mio caro Huznestov! Forse questo sarebbe stato possibile se non ci fosse stato nessun motivo, ma siccome oggi è il mio compleanno, non ho nessun motivo di pensare a qualcosa di negativo se non al fatto che ha voluto farmi un regalo a sorpresa!" gli spiego soddisfatta.
Mi guarda sconcertato... " Wow... "
" Già, WOW! Comincia a prendere appunti!" gli consiglia sarcastica la mia collega. " Ad ogni modo... tanti auguri Anya!"
" Grazie!"
" Tanti auguri, ex racchia!" esclama Boris allungando il braccio per accarezzarmi i capelli a mo' di cagnolino.
" Hey!"
" Ah ah! Allora, quanti secoli hai compiuto?"
" Spiritoso! Dovresti sapere bene che sono agli albori della mia gioventù!"
" E che soprattutto non si chiede l'età ad una donna!" interviene come sempre l'altra, non perdendo occasione per rivolgersi acida.
" Ma tu non hai mai niente da fare? Vai a lavorare!" controbatte Boris.
" Perchè non te ne vai tu, che stai sempre qui a non fare un cavolo!"
" E va bene, me ne vado! Ma solo perchè lo voglio io" risponde con aria da snob.
Questi due e i loro continui battibecchi mi fanno sempre ridere.
Boris si alza da quello che, oramai, può essere definito il suo sgabello personale, si avvicina a me e prende una rosa dal mio mazzo.
" Hey, ma come ti permetti!" lo rimprovero scherzando.
" Scusami Anya, ma potrei fare una conquista tornando in officina, potrebbe essere utile!" spiega con un tono da  romanticone.
" Sei il solito..."
Se la mette tra i denti e con uno strano gesto della mano ci saluta  e se ne va via, seguito dai nostri sguardi sconcertati.
" Non perde mai occasioni per fare il Don Giovanni..." conclude ritornando al suo lavoro e lasciando me ad ammirare sognante questi fiori.
Come vorrei festeggiare insieme a te: mi manchi sempre di più! Devo subito telefonargli!








Finito il mio secondo ed ultimo turno, esco dalla caffetteria e dopo avere girato l'angolo mi avvio all'asilo a ritirare la piccola peste ; d'un tratto però, il sentir gridare il mio nome da qualcuno alle mie spalle mi costringe a fermarmi e voltarmi, anche perchè la voce mi è molto nota.
" Anya, Anya aspetta"
Vedo Boris che arriva correndo.
" Boris, ma che succede?"
Si ferma alcuni secondi per prendere fiato.
Mi sta preoccupando.
" Allora, oggi mi ero dimenticato di chiedertelo! Mi serve un piccolo aiuto!" chiede con tono innocente.
" Cioè?"
" Ecco, ieri sera ho scoperto che dovrò vestirmi da pinguin...cioè da damerino per il matrimonio di Yuri!"
" Cioè non sapevi che avresti messo giacca e cravatta?"
" Già... ok, risparmiami la predica! Anche perchè io sarei venuto vestito così come sono adesso!"
" Che eleganza!"  commento ironica.
Sì, ne sarebbe capace!
" Siccome io non sono pratico di questa roba, cioè io di solito compro jeans e magliette, ma se mi chiedi altro io non so dove andare!"
" Vai al dunque, per favore, avrei una certa fretta!"
" Mi accompagneresti a comprare qualcosa di decente?" chiede speranzoso.
E io che pensavo chissà quale cosa grave e urgente avrebbe dovuto chiedermi.
" Io? Neanche io sono esperta di moda!"
Perchè non lo chiede alla sua amichetta super esperta??
" E dai! Dopo tutto quello che ho fatto per te: ti ho trovato un lavoro, l'appartamento..." comincia ad elencare uno per uno tutti i favori che secondo lui dovrei ripagare: questo mi fa capire che non dovrò mai più chiedergli nulla!
" Boris, senti io devo scappare, e poi te l'ho detto, io non..."
" E dai! Sei sempre una donna, quindi a differenza mia avrai occhio per queste cose!"
" Senti, non ho molto tem..."
" Aspetta, dove l'ho messa!". Mi para una mano davanti interrompendomi e subito dopo prende una cosa dalla sua tasca.
" Tadà! Ti prego Anya, vuoi tu  aiutarmi a comprare quei vestiti?"
E' la scena più imbarazzante che mi sia mai capitata in vita mia, per non dire la più ridicola! Per fortuna in questa strada non passa quasi mai nessuno.
Si è inginocchiato porgedomi quella stessa rosa rossa che aveva rubato dal mio mazzo, con un finto faccino dispiaciuto, che sotto sotto nasconde una faccia da sberle.
Lo osservo spazientita e dopo alcuni secondi di esitazione...
" E va bene!Ma ti prego alzati e smettila con questa messa in scena!" gli ordino portando gli occhi al cielo e strappando poco delicatamente quella rosa dalle sua mani.
Mi sorride beffardamente.
" Sapevo mi sarebbe tornata utile quella rosa! Grazie, grazie! Ci vediamo più tardi allora! Passo a prenderti tra un'ora!" dice andandosene frettolosamente.
" Hey! Ma perchè proprio oggi??!!"
" Perchè sennò cambi idea!!" urla divertito scomparendo dallo stesso angolo da cui era venuto.

Questa è una situazione alquanto assurda: ma guarda che mi tocca fare!





Ho lasciato Hope da Hilary, perchè con lei tra i piedi e Boris, sarebbe stato come badare a due bambini.
Comunque, dopo avere parcheggiato l'auto faccio strada a Boris verso alcuni negozi chic della zona, di cui ricordo di avere sempre ammirato le vetrine e in cui non sono mai entrata per comprare qualcosa: e mai avrei pensato di entrarci con Huznestov!
" Ecco, proviamo ad entrare in questo!" gli propondo entrando.
" Buonasera!" saluta un commesso.
" Buonasera, vorremmo vedere qualche vestito elegante per lui!" gli spiego indicando con un dito il diretto interessato.
Lui lo scruta dalla testa ai piedi, con sguardi un po' ambigui.
" Bene, seguitemi!"
" Ma quello è gay! Perchè non ci sono commesse carine!" mi sussurra.
" Taci!"
" Cravatta o smoking?" gli domanda.
" Ehm... " non sa che dire.
" Cravatta!" intervengo io.
" Bene! Qui ci sono questi due modelli, il camerino è laggiù, per qualunque problema o consiglio chiamatemi pure!" dice gentilmente.
" Non credo ce ne sarà bisogno!" risponde acido Boris invitandomi a seguirlo.
Ma quanto è imbarazzante!!
" Bene! Prova questo!"
Prende il vestito ed entra in camerino; io nel frattempo mi guardo intorno.
" Guarda che non c'è bisogno di chiederlo, se vuoi puoi spiarmi!" gli sento dire divertito.
" Sbrigati!". E' la mia unica risposta.
Dopo un bel po' di minuti apre la tendina ed esce con la camicia semisbottonata e la cravatta in mano.
Devo ammettere che fa un certo effetto vederlo vestito decentemente.
" Ci sarebbe un problema: io non so mettere una cravatta!"
" Chiamo il commesso, così ti fa vedere come si fa!"
" No no! Fallo tu, quello mi lancia sguardi terrificanti"
" Che esagerato! Ok, mi pare di sapere come si fa, dammi!"
La prendo e gli chiedo di abbassarsi un po' in modo che possa arrivare al suo collo.
" Anya, così mi si curverà la schiena..." dice lamentandosi e riferendosi al fatto che ci sto mettendo un bel po'.
" Ok! Credo che sia così!"
Si alza, tirandosi un po' la cravatta per sistemarsela.
" Mamma mia, mi sento strano e immobilizzato!"
" Dai! Sarà solo per un giorno, non morirai!"
D'un tratto mi prende per un braccio e mi scosta, mettendomi di lato.
" Ma chi è quel figo pazzesco?"
" Eh?"
Un po' scettica mi volto nel punto dove i suoi occhi guardano e mi accorgo che dietro di me c'è uno...specchio.
Comincia a osservarsi meravigliato.
" Visto, non stai male!"
" Farò la mia bella figura! E magari qualche invitata..." aggiunge malizioso.
" Quindi cosa fai? Prendi questo? O ne vuoi provare altri?"
" Direi che questo va bene!" dice soddisfatto.
" Allora cambiati, ti aspetto alla cassa!"


Dopo avere pagato, usciamo dal negozio e ci dirigiamo in macchina.
" Allora, come festeggerai il tuo compleanno?" chiede rompendo il silenzio che si era creato.
" Beh... veramente in nessun modo. Se solo ci fosse Rai..." affermo con un velo di tristezza.
" Su, su! Vedrai che tornerà presto!" cerca a modo suo di confortarmi.
Lo spero veramente.
All'improvviso arriva un messaggio.

- Anya, ciao!siccome siamo dovuti uscire per sbrigare una faccenda, abbiamo portato con noi Hope, quindi te la riporteremo a casa noi, non ti preoccupare, a dopo! Baci!-

" Allora? Ancora auguri?" chiede Boris.
" No, Hilary mi ha avvisato che mi riporterà la bambina, quindi puoi lasciarmi direttamente a casa mia!"
" Come desidera!"
Che l'abbia veramente dimenticato...






Arrivata a casa decido di fare una doccia rigenerante e subito dopo preparare qualcosa per cena.
Hope non ama molto le verdure, anzi, le detesta proprio! Sicuramente non avrà preso da me, infatti anche mia madre diceva che le mangiavo senza capricci da piccola; ma mi dispiace dirlo, mia cara Hope, tu imparerai a mangiare le verdure! Quindi per stasera preparerò degli sformati di spinaci, badando bene a donargli un aspetto invitante.
Dopo avere preparato tutto, metto la teglia in forno e subito dopo sento il campanello della porta suonare.
" Devono essere loro!" penso ad alta voce, dopo aver guardato l'orologio che segna le 20.30 circa.
Mi avvio velocemente ad aprire.
" Tadà! Tanti Auguri Anya!!" esclama Hilary con un gran sorriso porgendomi una scatola avvolta da un nastro viola e abbracciandomi calorosamente.
" Quin...quindi non te ne sei dimenticata..." dico mentre vengo scossa dal suo abbraccio.
" Ma certo che no! Ho fatto finta!" risponde facendo un occhiolino.
" Infatti mi era sembrato strano!".
Subito dopo entra Yuri con in braccio Hope.
" Buon compleanno Anya!"
" Mamma, oggi hai fatto il compleanno?" domanda mentre Yuri me la consegna tra le braccia.
" Sì sì!"
" Hilary mi ha detto di fare questo!" . Mi scocca un super bacio sulla guancia lasciandomi senza parole.
" Ma che brava! Ma io voglio mille baci!" esclamo comiciando a sbaciucchiarla.
" Anche se te li ho già fatti oggi, Tanti auguri Anya!" sento dire a Boris che entra all'improvviso.
" Hey, ma ci sei pure tu... oggi non vuoi proprio lasciarmi in pace!" affermo divertita.
" Veramente sono stato incaricato di sorvegliarti!" spiega facendo un cenno a Hilary.
" Cosa? Quindi eravate d'accordo?" mi rivolgo alla mia amica.
" Sì, dovevamo trovare un'espediente per coinvolgere anche Hope nella sorpresa!"
" Quindi tu mi hai portato inutilmente per i negozi!"
" No no! Ti assicuro che quel vestito mi serviva veramente!" tenta di giustificarsi.
" Vorrei proprio vederti vestito così!" dice Yuri divertito.
" Ah ah! Spiritoso Ivanov! Sappi che lo sto facendo solo perchè è il tuo matrimonio! E poi Anya può testimoniare: ero un figo da urlo!" si vanta.
" Sì, posso testimoniare!" concludo facendo segno di resa.
" Basta perdersi in chiacchere e apriamo quella torta!" propone Hilary.
Aperta la scatola, tiro fuori una bellissima torta ricoperta di panna e decorata con pezzetti di cioccolata e fragole, con al centro il numero 22, creato con glassa di cioccolato.
" Wow Hilary! Ma l'hai preparata tu?"
" Ehm no! Mi sarebbe piaciuto ma non ho avuto il tempo..."
" Meno male..." commenta a bassa voce Boris, prendendosi una gomitata da Yuri.
" Forza, adesso..." accende una candelina e la pone sulla torta "...adesso devi espimere un desiderio e soffiare!"
" Ma dai, mi sembra un po' infantile!" commento imbarazzata.
" E dai, io prendo la fotocamera!"
" E va bene! Hope, vieni facciamolo insieme!"
Subito corre verso di me.
" Che cosa, mamma?"
" Soffiamo sulla candelina!"
La adagio sulle mie gambe e appena mi accorgo che lei sembra riempirsi i polmoni di tutta l'aria circostante, la fermo.
" No aspetta! Prima devi pensare ad una cosa che vuoi, ma non devi dirlo, capito? E poi soffiamo insieme!"
Mi annuisce.
A dire la verità non so se abbia capito cosa fare, e se lo farà, ma io, anche se può sembrare infantile, esprimo ugualmente il mio desiderio, l'unico che voglio si avveri in questo periodo,
e non può che riguardare Rai!

La osservo e mi aspetta speranzosa nel soffiare su quella candelina.
" Pronta?"
" Sì sì"
Uno, due , tre.
Dopo essersi spenta ci mettiamo entrambe a ridere osservate dagli altri allegramente.

La serata trascorre piacevolmente: abbiamo scattato alcune foto, che racchiudono bei ricordi passati insieme a persone speciali.
Non mi sarei aspettata una sorpresa simile; è stato bello e mi ha anche aiutata a dimenticare le sofferenze di questi giorni: infatti, penso che Hilary l'abbia fatto proprio per questo ed è riuscita a coinvolgere anche Huznestov, che , conoscendolo meglio, si è rivelato molto più di quello che mi era sempre apparso, anche se è sempre un macarellone.
E' stata proprio una bella serata, devo ammetterlo.









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E' passata circa una settimana dalla sera in cui abbiamo dato quella cena e da quella sera non ho fatto altro che pensare  ad Anya che si trova qui.
Il fatto che Kai lo sapesse mi ha un po' scosso: perchè non me lo ha detto?
Conoscendolo è inutile persino chiederselo!
Come si saranno visti? Dove? e soprattutto qual è stata la sua reazione?
Mi sto creando una serie di flash mentali nel trovare una possibile risposta che so non mi verrà mai da quel testone.
Ma quello che veramente mi tormenta, da una settimana oramai è... come sarà quella bambina?
Non so perchè, ma la curiosità è veramente tanta e vorrei proprio riuscire a vederla. Il fatto è che non so come fare, dove andarla a cercare; Kai non mi direbbe niente e sinceramente voglio che non sappia niente, con Hilary non ho molta confidenza e lei non tradirebbe mai la sua amichetta, lo stesso per Yuri, ma... Boris è facilmente influenzabile, è l'unico che mi possa aiutare, in nome della nostra vecchia amicizia!


" Sai Kai..." comincio per avere la sua attenzione.
" Dimmi..." mi rivolge col suo solito tono, mentre è sdraiato accanto a me sul letto.
" Mi piacerebbe andare a trovare Boris in officina..." rivelo cominciando a fare con un dito dei cerchietti sul suo torace.
" Come mai?"
" Così... voglio proprio vedere quello scansafatiche alle prese con i suoi attrezzi da meccanico!" dico fingendo una risata.
" Sai che spasso..." commenta ironico.
" E allora?"
" Ti ci porto io domani." si limita a dire.
" Ma non preoccuparti, puoi dirmi dove si trova e ci andrò con la mia macchina!"
" Ti ho detto che ti ci porto io!"
" Andiamo Kai, non sarai mica geloso?" chiedo maliziosa.
" Geloso di Boris? Sei fuori strada!"
" Sicuro?"
" Dovrei?" domanda guardandomi serio neglio occhi.
Che lo sia veramente?
" Ma certo che no! Sai benissimo che Boris per me è un caro amico, ma mi fa piacere che tu sia geloso ugualmente..."
Comincio a dare piccoli baci sulle sue labbra, mentre lui continua a fissarmi.
" Ti ho detto che non sono geloso!"
" Allora dimmelo..."
Mi fermo osservandolo decisa e maliziosa.
Fa un respiro profondo " E va bene...ma prima..."
Alza la schiena dal letto per meglio avvicinarsi al mio volto e baciarmi in modo passionale.
Il solito Hiwatari: non dà mai nulla senza ricevere qualcosa in cambio.






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Stamattina mi sento uno zombi, mi ero ripromesso di non sbronzarmi mai per più sere di fila, e invece alla fine come sempre ho ceduto.
Ho parecchio lavoro arretrato e se non mi sbrigo mi troverò in un bel casino!
" Bobo?"
Mentre sono concentrato a cercare di capire quale sia il problema di quest'auto , sento una voce femminile echeggiare all'interno del garage.
Oddio, solo lei mi ha sempre chiamato in quel modo.
" Eva! Che sorpresa! Come mai da queste parti?"
" Beh ero curiosa di vedere dove lavoravi!"
" Allora bevenuta nella mia officina!" esclamo fingendo un tono da gradasso.
" E' davvero tua?"
" Non del tutto, ma lo sarà presto!"
" Te lo auguro! Ti va di andare a bere qualcosa insieme?"
" Ehm... veramente dopo la sbronza di ieri sera ho lo stomaco sottosopra, inoltre oggi mi tocca stare tutto il giorno qui a recuperare un bel pò di lavoro, mi dispiace piccola!"
" Stai diventando responsabile Boris? Quasi non ti riconosco!"
" Diciamo che sto provando a diventarlo, anche se ogni tanto fallisco miseramente!"
Mi accorgo che guarda un punto del pavimento e assume un atteggiamento penserioso, muovendo nervosamente le labbra.
" Senti, in realtà devo chiederti una cosa!"
Ecco, dovevo immaginarlo.
"Cioè?"
" Beh... tu sai che Anya è qui, giusto?" domanda con fare investigativo.
"Sì"
" E dunque potresti dirmi per esempio.... dove posso trovarla?"
Rieccola...
" Perchè vuoi saperlo?" le chiedo portando gli occhi a due fessure.
" E dai, Boris! Sai perchè! Kai ha visto quella bambina e sono curiosa di vederla anche io!" spiega con tono irritato.
" Senti io non..."
" Boris! Siamo o no amici? Avanti che ti costa dirmelo!!"
Mi mancava il suo tono da bambina viziata.
" Eva, io non voglio mettermi in mezzo, ok? " spiego seriamente.
" Dimmelo!"
" Kai, lo sa?"
A questa domanda stringe i denti e mi osserva con occhi di fuoco.
" No, e non deve saperlo!"
" Mi dispiace, allora significherebbe scrivere la mia condanna a morte!"
" Certo che stai diventando insopportabile!!"
" E tu lo sei sempre stata! Eva, perchè non lasci perdere! E poi la vedrai il giorno del matrimonio, non manca molto!"
" Io non posso aspettare così tanto!"
" Ma cosa speri di ottenere?"
" Io non me ne vado da qui finchè non me lo dirai!" dice autoritaria incrociando le sue braccia al petto.
Ricordo l'ultima volta che mi ha detto una cosa simile e non me la sono scollata di dosso per mezza giornata: alla fine ho dovuto cedere.
La conosco da molti anni, so cosa sarebbe disposta a fare pur di ottenere quello che vuole, ma so anche che Anya la detesta visto tutto quello che ha subito per colpa sua e di Kai; se sto cercando di resistere è solo perchè mi dispiacerebbe vederla triste: dopo avere visto la sua espressione quando ha incontrato Kai, qui nella mia officina, mi ha veramente fatto pena e credo che rivedere Eva sarebbe semplicemente la ciliegina sulla torta, come si suol dire.
Ok, voglio vedere quanto potrà resistere.
" Fa' come vuoi! Io non dirò nulla! Me ne ritorno a lavorare!" concludo strafottente , tornando a riparare la macchina di prima.
" Che cosa?? Bene, io rimango qui, tanto ho molto tempo oggi!!"
Se non fosse la ragazza di Kai, la prenderei a schiaffi...
Faccia come vuole, il problema è che adesso non potrò fare la mia solita pausa caffè!
Mi volto per vedere cosa stia facendo: si è seduta su una sedia con braccia conserte che mi osserva in modo terribile!
Baby, tu sì che sei tosta ma io lo sono più di te!
" Cederai prima o poi!"
Che spasso!







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" Non hai notato nulla di strano oggi?" mi chiede Dana non appena mi avvicino al bancone per prendere un vassoio.
" Cosa?"
" Il tuo amico Huznestov è parecchio in ritardo per la sua pausa!"
E' vero! Oramai è diventata un'abitudine averlo qui.
" Molto strano! In genere è puntualissimo!" affermo divertita.
" Mph... avrà trovato qualche altro modo di fare pausa oggi..."
" Non sarai mica gelosa? Sembra quasi che ti manchi oggi!" la punzecchio maliziosa.
" Ma che vai a pensare!" risponde apparentemente infastidita ma lasciando intravedere un certo imbarazzo.
" Ok... mi era solo parso di capirlo!"
Non vuole ammetterlo, ma anche se lo tratta male è cotta di lui: peccato che Huznestov sia il solito bello e dannato, anzi, come si suol dire, della categoria degli stronzi.





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E' passata più di un'ora e anche se la ignoro continua a stare qui: non capisco perchè voglia saperlo a tutti i costi!
Mi rigiro per incrociare i suoi occhi furibondi ma con mia grande sorpresa non trovo nessuno seduto nel posto dove l'avevo lasciata circa un quarto d'ora fa.
Ero immerso nel mio lavoro e non l'ho sentita andare via: forse avrà detto qualcosa e col rumore che c'era non ho sentito niente.
Che si sia arresa davvero? O Signore, fa' che sia così!
Esco dal garage ma mi accorgo che la sua auto è parcheggiata sempre qui: dove sarà andata a piedi?
O cazzo... non sarà mica andata...
Cazzo Boris, perchè non l'hai legata alla sedia!






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Quel Boris mi ha proprio fatto infuriare, mi ha ignorata per tutto il tempo nonostante sia rimasta lì, decisa a fargli uscire dalla sua bocca quello che sa!
Ma perchè non vuole dirmelo? Che sia diventato amico di quella? Cosa gliene potrà mai fregare, in fondo noi due siamo amici da moltissimo tempo.
Rimanere lì mi stava facendo innervosire e ho deciso di uscire per andare in bagno e prendere qualcosa da bere in una caffetteria qui vicino, dove mi sembra di esserci stata con Kai l'ultima volta.
Appena entrata mi avvicino al bancone dove chiedo ad una ragazza dove sia il bagno.
" E' là in fondo!" dice scrutandomi in modo strano.
" Grazie... e vorrei un caffè macchiato" rispondo fingendo un tono simpatico.







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" Anya, quando hai finito di là in cucina porta questo caffè macchiato al 12!"
" Sì , arrivo subito!"
Uscita dalla cucina prendo il vassoio e mi dirigo dal cliente.
" Ecco a lei!" dico gentilmente a quella ragazza bionda che stava osservando là fuori.
Si volta leggermente verso di me e la mia espressione cambia radicalmente.
Lei mi osserva sorpresa mentre io mi acciglio e la guardo sconvolta: quando cazzo è entrata?
" Anya?" sussurra sorpresa.
Io resto a fissarla, persa nel mio mondo, reggendo su una mano ancora quel vassoio.
" Sembra quasi uno scherzo del destino, ti stavo proprio cercando e per puro caso ti trovo qui..." spiega assumendo quel tono antipatico: è ritornata subito in sè.
Ma cosa vuol dire che mi stava cercando?
" Sorpresa di vedermi? sì, lo sono anch'io... ho saputo da poco che sei qui, ma lo ha detto Hilary, la sera della cena, te lo ha detto?" domanda alzandosi e osservandomi con aria di sfida.
Stringo le labbra e le mani comiciano a tremarmi: ma non devo assolutamente dimostrarmi debole e stare muta e lasciare che la sua perfidia mi sovrasti!
Mia cara Eva, non hai più di fronte la stessa Anya di qualche anno fa!
" Sì, me lo ha detto!" rispondo ricambiando il suo sguardo minaccioso.
" Lo immaginavo! E ho saputo anche che... insomma, hai avuto una... bambina..."
" Una bellissima... bambina, che come saprai ha già tre anni! Rai ed io abbiamo cresciuto nostra figlia in Cina e adesso rieccoci qui!"
Ho usato volontariamente un tono sicuro e deciso e quel -nostra figlia- l'ha un po' scossa, sicuramente per il fatto che non si aspettava che io e Rai stessimo ancora insieme, ma anche perchè sappiamo entrambe che non è figlia di Rai.
" Ah... ne sono sicura, Rai , buono com'è l'avra cresciuta come una figlia..." controbatte acida.
C'è una grande tensione intorno e questa battaglia verbale potrebbe farsi ancora più dura.
" E lei gli vuole bene come un...padre!"
" Mi fa ...piacere...." si limita a dire nervosa.
" Il tuo caffè macchiato, Eva!"
Le porgo soddisfatta la sua tazzina, abbozzando un sorriso falso e mi accorgo che lei, ancora in piedi, stringe i pugni.
" Non sapevo facessi la cameriera..." aggiunge con tono denigratorio.
" E non sapevo che tu frequentassi comuni caffetterie..."
Non segue nessuna risposta, solo uno sguardo inceneritore da parte sua.
Se non fosse che rischierei il licenziamento le avrei versato il contenuto di questa tazzina sulla sua folta chioma bionda, ma mi limito a congedarmi con quello stesso sorriso, che , da quanto ho potuto capire, le dà un gran fastidio.
Sperava di trovarmi come mi aveva lasciata l'ultima volta che ci siamo viste? In lacrime, depressa e abbandonata solo perchè ho avuto un figlio e il suo Kai se n' era fregato? Ti sbagli mia cara, la mia vita è continuata, ed è stata anche meglio di prima.
Colpita e ...affondata!


















Salve a tutti ^_^
Rieccomi dopo un bel po' di tempo!
La sessione esami è finita quindi ne ho approfittato per buttare giù qualcosa!
Allora, il capitolo è uno forse dei più felici e allegri, ho voluto sdrammatizzare un pò con la scusa del compleanno, anche se alla fine la perfida Eva è riuscita nel suo intento di scovare Anya! Lo so non è da me e leggerlo mi fa un certo effetto, visto che Anya , per un motivo o per un altro , l'ho fatta sempre piangere XD
Inizio col dire che non sapevo proprio come farle incontrare, così mi sono trovata costretta a usare per l'ennesima volta Boris ( povero cucciolo, mi dispiace ^__^"") ( lo fai apposta, per farmi sentire in colpa!! e poi sfruttarmi!!nd Boris >_____<***)
sono molto insicura su questo capitolo, spero di avere reso bene l'idea, cioè non volevo che Anya si facesse sottomettere da quell' antipatica, e così se n'è uscita con la testa alta, facendole capire che è felice e che ha formato la sua piccola famiglia insieme a Rai.

Ringrazio come sempre tutte <3

Baci e alla prossima :D 

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Capitolo 7
*** Il cerchio si chiude ***


" Sei stupenda!" le rivolgo con un dolce sorriso, mettendole da dietro le mani sui fianchi e poggiando il mento sulla sua spalla.
Lei continua a osservarsi, meravigliata , allo specchio davanti a sè.
Osservo la sua espressione attraverso il riflesso, e quello che riesco a leggervi è stupore, incredulità, felicità ma soprattutto il desiderio di indossare questo meraviglioso abito bianco in quel giorno così speciale, un giorno che sembra allo stesso tempo così lontano ma anche così vicino.
Mi accorgo che stringe le labbra e i suoi occhi sono gonfi. Tra non molto cederanno dall'emozione.
Ma la prima a scoppiare in un pianto di felicità è sua madre "Figlia mia, sembra fatto apposta per te!".
Ecco che, al pronunciare di questa parole, si innesca una reazione a catena: Hilary cede dopo neanche mezzo millisecondo, abbandonandosi all'abbraccio di sua madre e dopo pochi istanti anche la sottoscritta si fa coinvolgere, facendo fuoriuscire alcune lacrime di gioia.
Gioia nell'essere presente nel giorno più importante della propria migliore amica, quella d'infanzia, con cui hai condiviso ogni momento, bello e brutto, quella a cui hai sempre detto tutto, anche il tuo più oscuro segreto, a cui hai sempre confessato le tue paure, incertezze, i tuoi desideri, e sai che terrà tutto ciò racchiuso, sigillato nello scrigno del suo cuore... insomma in una parola e nel mio caso , Hilary. Indosserà quest'abito bianco così speciale per ogni donna che vuole coronare il suo sogno d'amore accanto alla persona che  ama.
Lei, tra due settimane esatte, coronerà questo sogno e con addosso questo meraviglioso abito raggiungerà l'altare, dove ad attenderla ci sarà il suo affascinante rossiccio: Yuri Ivanov.
Ma se già il solo pensiero di tutto questo ci fa piangere come delle fontane, non oso immaginare quel giorno cosa potrà accadere!
" Non mi sembra vero..." rivela tra i singhiozzi e affondando ancora di più il viso nella spalla di sua madre.
" Tesoro..." le accarezza dolcemente i capelli.
" Invece è tutto vero Hila..." intervengo per riportarla alla realtà.
Si stacca da sua madre e si asciuga gli occhi arrossati.
" E' tutto ....vero!" ripeto sorridendole e prendendole le mani.
Fa un respiro profondo e sembra essersi un po' ripresa.
" Scusate...sono patetica, lo so" dice fingendo una piccola risata.
" No, sei solo emozionata ed è normale!" cerco di tranquillizzarla. " Chi non lo sarebbe al posto tuo!"
" Ormai manca poco, anzi pochissimo!" aggiunge la madre.
" E' vero, ma mi sembra ancora di vivere in un sogno... se è così vi prego, non svegliatemi!" dice con tono scherzoso.
" Hey! Ti ho appena detto che è tutto VE-RO!"
Comincio a darle pizzicotti sulla braccia e sui fianchi e questo rallegra un po' la situazione, non che fosse triste.
" Ok-ok Anya!" mi implora tra le risate.
" Allora signorina, vanno bene le modifiche che sono state fatte al vestito?" domanda gentilmente la commessa arrivando.
" Sì, adesso non scivola più dal seno!" rassicura Hilary, specchiandosi un'altra volta.
Ha scelto questo vestito un mese fa, e adesso che lo hanno ben adattato al suo corpo, stringendolo soprattutto nella parte superiore, devo dire che ha ragione sua madre: sembra fatto apposta per lei!
E' di un meraviglioso bianco perla, il corpetto è aderente e molto strutturato, reso rigido da stecche, lacci e imbottiture strategiche, il che rende il suo seno un po' più prosperoso, dato che nella realtà non lo è molto; lo scollo è a cuore e la gonna è leggermente drappeggiata. Il tutto è attraversato da alcuni ricami brillantinati, ma non eccessivamente.
" Bene, allora non appena avete finito, chiamatemi pure per confezionarlo!"
"Ok!"
" Ma vuoi veramente portarlo a casa?" domando stranita.
" Sì, perchè?"
" Non hai paura che Yuri faccia il curiosone?"
" Ma no... dai, non mi sembra il tipo! Ma... per sicurezza non gli dirò nulla e lo nasconderò ben benino!" mi rivela facendo l'occhiolino.
" Ahah  credo sia la cosa migliore da fare!"
" Dimenticavo, ma tu hai ritirato il tuo vestito?"
" Sì, sono passata a prenderlo l'altro ieri!"
" Perfetto! Anche tu sembrerai un figurino, cara testimone!" esclama entusiasta.
" Devo ammettere che anche se è costato un occhio dalla testa, sono rimasta soddisfatta!"
Dopo alcuni secondi i miei occhi puntano su un orologio appeso ad una parete e mi accorgo che è ora di andare.
" Hila, io devo scappare a lavoro, tra poco inizia il mio turno e se non mi sbrigo Dana stavolta mi picchia! Quindi ci sentiamo , magari stasera per telefono! Salutami tua madre, che sembra essere sparita!" dico cercandola con gli occhi.
" Tranquilla, sarà andata a curiosare tra i vestiti! Comunque, ok buon lavoro!" saluta entrando in camerino per cambiarsi, mentre io scappo all'istante.







Una settimana dopo...





" Anya, ma cos'hai oggi? Non smetti un'istante di canticchiare allegramente! Non so se nessuno te lo ha mai detto, ma stoni un tantino..." mi rivolge ironica Dana, arrivando al bancone per prendere il vassioio che ho preparato.
" Lo so!" dico fingendo un tono acido.
" Meno male! E' da stamattina che hai un sorriso a trentadue denti stampato in faccia! A cosa devi questa felicità? Hai vinto alla lotteria?".
" Meglio!" rispondo entusiasta.
" Cosa c'è di meglio di vincere alla lotteria?!"
" Semplice: oggi-arriva-Rai!!!" rivelo raggiante.
" Aaah ecco! Finalmente, questo Rai arrivaa!" conclude andandosene e pronunciando questa frase cercando di intonarla sulle note della canzoncina che canticchiavo prima.
Già, finalmente, finito questo primo turno raggiungerò l'aeroporto per attendere il suo arrivo!
Non credevo però che mi avrebbe raggiunto così tardi, ad una settimana dal matrimonio, ma purtroppo l'università lo ha tenuto impegnato per molto tempo. Spero che queste due ore passino il più in fretta possibile!









Strano! un quarto d'ora fa hanno detto che l'aereo proveniente dalla Cina è atterrato, ma di Rai nessuna traccia.
Guardo preoccupata tra la folla di passeggeri che sono appena atterrati, sono parecchi.
Resto in piedi, venendo ogni tanto spintonata dai passanti ma ecco che improvvisamente i miei occhi scorgono in un angolo meno affollato proprio lui, che si osserva in giro, nella speranza di trovarmi. Forse era lì da un po' e non riusciva a vedermi.
Subito a passi svelti lo raggiungo.
" Rai!" lo richiamo a gran voce.
Al suono del suo nome si volta verso la mia direzione e non appena mi vede, mi sorride come solo lui sa fare.
Fa alcuni passi verso la mia direzione, ma io correndo gli salto al collo facendolo indietreggiare un tantino.
" Rai, finalmente!" dico felicissima mentre le mie braccia avvolgono il suo collo.
" Anya..." sussurra stringendomi forte a sè.
Dio, quanto mi è mancato! Non riesco a staccarmi da lui e continuo a respirare il suo profumo che mi è mancato da morire. Anche lui non sembra intenzionato a lasciarmi andare e col suo possente abbraccio mi avvolge calorosamente e sento le sue mani sulla mia schiena che stringono la  giacca.

Dopo alcuni secondi ci stacchiamo per incrociare i nostri sguardi: continua a sorridermi ricambiato da me. Sembra come se avessimo perso la lingua, come se le parole non servissero a esprimere la nostra felicità.
Immediatamente poggia le sue labbra sulle mie e mi scocca diversi baci ,mentre io sorrido.
" Finalmente Anya, questo viaggio sembra essere durato un'eternità!"
" Non immagini la mia attesa, l'ansia e la paura che tu non ci fossi!"
" Scema, come potevo non esserci!" dice ridendo.
" Beh per fortuna sei qui!"
" Adesso prendo i bagagli e andiamo."
" Ok, c'è un taxi che ci aspetta proprio qua fuori!"
" Perfetto! Allora andiamo!"







" Oddio, al quinto piano!?" dice esausto posando le valigie a terra.
" Sì, lo so è una faticaccia, ma era l'unico decente che avessi visto!" spiego posando un'altra valigia per cercare le chiavi.
Aperta la porta entriamo tutto dentro e lui comincia a guardarsi intorno.
" Non male dai, mi aspettavo di peggio!" commenta ironico.
" Smettila, è piccola ma accogliente!"
D'un tratto mi cinge la vita da dietro con le sue braccia e comincia baciare il mio collo.
" Sai... mi sei mancata..." dice continuando il suo lavoro mentre io chiudo gli occhi accarezzando le sue mani sotto al mio petto. "...in tutti i sensi..." mi sussurra malizioso all'orecchio.
Sbarro gli occhi sorridendo e voltatami verso di lui lo guardo intensamente negli occhi.
" Anche tu..."
Ecco che comincia a baciarmi con foga stringendomi forte a sè.
" Fammi strada" dice tra un bacio e l'altro.
Senza staccarci faccio alcuni passi all'indietro, trascinandolo con me, per raggiungere la camera da letto. Poggio la schiena sulla porta e mentre la mia mano cerca la maniglia , le sue cominciano a intrufolarsi nella mia maglietta percorrendo la mia schiena.
" Quanto tempo abbiamo?"
Domanda per subito dopo attaccarsi al mio collo.
" Circa un'ora..." rispondo puntando gli occhi all'orologio che vedo in cucina.
" Così poco?"
" Rai..." gli rivolgo fingendo un tono rimproveratorio.
Si chiude la porta alle spalle facendo un sorrisetto e mi trascina sul letto.
Aspettavo questo giorno da tempo e finalmente è arrivato: sentire la sua voce al telefono ultimamente non mi bastava più e stavo quasi per uscire matta, ma finalmente è qui tra le mie braccia e a giudicare dalla sua passione, anche io devo assergli mancata molto...










" Immagina che faccia farà quando la piccola ti vedrà, non sa nulla del tuo arrivo!" dico divertita.
" Quella birbante! Quanti capricci per andare all'asilo..."
Siamo sdraiati l'uno accanto all'altro sul letto, lui di schiena ed io a pancia in giù tenendomi sui gomiti, per osservarlo meglio.
" Non mi ci fare pensare, per fortuna adesso sembra più contenta di andarci!" rivelo roteando gli occhi.
" Ma tu non dovevi andare a lavoro?" chiede sfiorandomi una gote che mi provoca un lieve brivido.
" Non voglio!" dico imbronciata a mo' di bambina, imitando i capricci che faceva Hope.
" Ecco da chi ha preso quella birichina!"
Inizia a solleticarmi i fianchi facendomi contorcere tutta sul letto mentre lui si diverte a torturarmi.
Purtroppo questo momento viene interrotto dallo squillare del mio cellulare.
" Tregua!" lo avviso puntandogli un dito. " Pronto..." E' Dana.
" Le tue chiappe, subito, qui!"
Lo ha detto scandendo ogni singola parola, con tono duro e severo... in una parola: terrificante ;  essendoci silenzio il tutto è arrivato alle orecchie di Rai che mi guarda contorto.
" Sì, Dana! Scusami, arrivo subito!"
Stacca il telefono senza darmi alcuna risposta.
" Severa la ragazza..." commenta divertito Rai.
" Sì, ma alla fine si addolcisce sempre... o almeno fino ad ora..."
" Quindi mi abbandoni?" dice dispiaciuto.
" Ebbene sì... ma giusto il tempo di finire quest' altro turno , prendere Hope e poi ritornare per festeggiare tutti insieme il tuo arrivo".
" Ok, nel frattempo svuoto le valigie"
Ci diamo un ultimo bacio e subito dopo mi preparo per uscire.








In caffetteria...
" Ho capito che è arrivato Rai, ma questo non ti giustifica, bella!" mi rimprovera a suo modo la mia collega.
" Mi sono fatta trascinare dall'emozione e ho perso la concezione del tempo!" spiego dispiaciuta.
" L'emozione eh?... Lo so io da cosa ti sei fatta trascinare!" conclude abbozzando un sorrisetto e andandosene, non prima di avere scrutato il mio collo.
Insospettita prendo un vassoio, di quelli di acciaio per riflettervi il mio collo.
Sbarro gli occhi imbarazzata: ci sono uno, due, t-re, cavoli... QUATTRO  non piccole macchie rossicce, segni del mio caro Rai!  Che vergogna!













" Siamo a casa!" grido per richiamare Rai.
" Piccola mia!" esclama uscendo dalla camera.
Non appena Hope lo vede, abbandona la mia mano per correre velocemente tra le sue braccia.
" Papà, papà!!"
Rai la prende al balzo sbaciucchiandosela tutta sotto le risate di lei.
" Ma come sei grande e anche più pesante!"
E così inizia a fare il solito giochino che tanto le è mancato, il famoso vola-vola. Ovviamente lui la tira più in alto, avendo più forza, e questo l'ha sempre divertita.
" Bene! Io sono di là a preparare la cena..."
" No aspetta!" mi ferma " ... vi porto a cena fuori!" propone.
" Beh... non saprei..."
" Dai, non mi va che ti metti a cucinare dopo questa giornata!"
E dopo queste parole, non posso che cedere.
" E va bene! Allora dammi il tempo di una doccia, e di preparare la piccola e dopo saremo tutte tue!"
" Non vedo l'ora!" risponde divertito.




E così questa meravigliosa giornata si conclude nel migliore dei modi: una bella cenetta al ristorante con tutta la famiglia riunita. Dopo tutte queste sere a cenare da sole, ci voleva proprio.
Inoltre Rai le ha portato la famosa bambola che gli aveva promesso e immaginate la sua euforia: piccola mocciosetta approfittatrice ... ma dopotutto si è comportata bene ultimamente quindi ho dato la mia approvazione.
Ah Rai, Rai, tu sì che sai come far impazzire le donne!





L'indomani, svegliatami lascio a malincuore Rai a casa e dopo avere portato Hope all'asilo mi avvio a lavoro, e durante il tragitto converso a telefono con la mia amica.
" ...Fantastico, allora stasera venite a cena da noi! Finalmente saremo al completo!" esclama euforica Hilary dall'altro capo del telefono.
" Va bene, allora a stasera, Rai sarà felice di rivederti!"
Ci salutiamo, riposo il cellulare e mi avvio alla caffetteria per iniziare un'altra giornata di lavoro.




Sono al bancone a versare del caffè nelle tazzine e mi sento gli occhi di Boris, seduto davanti a me, addosso.
Perplessa alzo lo sguardo e noto che mi scruta attentamente.
" Che succede?" domando stranita.
Allunga la sua mano per alzare con un dito il mio mento, portandolo prima verso destra e poi verso sinistra. Ma è impazzito?
" Che fai?" gli chiedo infastidita.
" Non mi dire..." vedo che sul suo viso appare un sorrisetto irritante. " ...è tornato Rai"
Ma che faccia da stron...
" La smetti!" gli rivolgo imbarazzata togliendo subito la sua mano.
" Ah ah Lo sapevo,  Non mi sbaglio mai! Quindi le rose rosse hanno funzionato!" afferma quasi sbellicandosi dalle risate.
Il mio sguardo di fuoco si posa su di lui.
" Ok-ok! Non era opportuno dirlo..." dice fingendo di scusarsi.
" Sei il solito deficiente!" gli rivolgo acida.
" Finalmente condividiamo gli stessi pensieri!" interviene soddisfatta Dana.
" Oddio... una era già troppo... ma due... ok! Me ne vado, contente?"
Avendo capito di essere particolarmente irritante decide di andarsene.

Fisso Dana , che a sua volta mi fissa rassegnata: " Adesso capisci perchè lo detesto?".
Lo capisco eccome: sa essere veramente pesante con le sue battutine.








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Sono in cucina a controllare che ai fornelli vada tutto bene.
" Dovrebbero arrivare a momenti!" rivolgo a Yuri, appoggiato al lavandino, accanto a me.
" Sai , sono curioso di vederli tutti insieme... insomma, la famiglia al completo!" confessa Yuri, mettendo la parola famiglia tra virgolette.
" Perchè lo dici così?"
" Beh, sappiamo tutti che Rai non è il vero padre della bambina..."
Faccio un lungo respiro: dopotutto ha ragione.
" Sì, lo so... ma ti prego di non dire nulla al proposito questa sera!" lo minaccio scherzosamente con un mestolo, facendogli però intendere anche il fatto che lo dico seriamente.
" Tranquilla, dalla mia bocca non uscirà nulla: Kai Hiwatari è un nome bandito per stasera!"
" Lo spero per te!"
Veniamo interrotti dal suono del campanello.
" Devono essere loro!"
Ci avviamo immediatamente ad aprire e quella che mi ritrovo davanti è la famiglia al completo.
" Ragazzi, Rai bentornato!"
Lo accolgo con un piccolo abbraccio: è sempre stato così gentile e simpatico, non ho mai avuto nulla contro di lui.
" Hilary, quanto tempo!"
" Rai, benvenuto!" lo saluta Yuri dandogli la mano.
" Yuri..."
Rai lo saluta un po' distaccato, ma ricambia la forte stretta di mano.
A dire la verità non so se questi due si sono mai piaciuti, ma non ci sarebbe alcun motivo, che io ricordi.
L'unico sarebbe il fatto che Yuri è amico di Kai, ma mi sembrerebbe ridicolo non andare d'accordo per questo.
" Forza, andiamo di là, è tutto pronto!"






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Finita la cena ci siamo spostati in salotto a chiaccherare del più e del meno.
" Quindi anche tu presto ti laureerai, Rai!"
" Sì, mi manca pochissimo, spero di farcela!"
Sto avendo modo di conversare con lui, in fondo è simpatico e non ho nulla contro di lui, ci mancherebbe. In genere non mi lascio condizionare da quello che pensano i miei amici: Kai lo ha sempre detestato ma io non ne avrei il motivo.
" Non ce la faccio più a vederlo sui libri!" interviene ironica Anya, seduta accanto a lui.
" Non preoccuparti, se vuoi alla fine potrai bruciarli, come tanto desideri!".
Entrambi si mettono a ridere e devo ammettere che insieme stanno molto bene, anzi benissimo. Anya ha un sorriso solare da quando è tornato, si vede che è stata dura stare lontano da lui per tutto questo tempo.
" Ah, ma non sai che questo piccolo angioletto farà da damigella al mio matrimonio? Porterà gli anelli!" spiega Hilary, prendendo la piccola per farla sedere sulle sue ginocchia.
" Quindi avrà un bel vestitino..." dice sorridendole e la bambina gli annuisce.
" Spero solo non combini guai" le rivolge con tono rimproveratorio Anya.
" Non lo farà, vero?" . Rai chiede la sua conferma.
" No!" risponde furbetta.
" E' incredibile, con te basta una parola ed è tutta rose e fiori, mentre io devo sempre sgolarmi prima di convincerla!" afferma ironica Anya.
" Ma non è vero..." risponde lui.
Evidentemente la piccola ha legato molto con Rai, tanto da considerarlo il suo vero padre, ma d'altronde non potrebbe essere altrimenti: lei lo considera suo padre proprio perchè non sa di averne uno vero.
Lui l'ha cresciuta e le ha voluto bene dimenticando tutto il resto e credo proprio che non sia stato tanto facile.







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Mentre siamo intenti a parlare e scherzare mi accorgo di strane frecciatine mandate da Hilary alla sottoscritta che ricambio per capire che le prenda: un linguaggio in codice che evidentemente nessuna delle due capisce.
" Anya, mi aiuti un attimo di là? Voglio farti vedere una cosa..." mi invita sospettosa la mia amica.
Un po' perplessa lascio Hope mezza addormetata sul divano e la seguo in cucina.
Chiusa la porta...
" Che ti prende?"
" Anya, so che non dovrei rovinare questa serata ma mi è appena venuto in mente che mancano BEN cinque giorni al matrimonio e devo essere sicura PRIMA  di quel giorno che vada tutto bene: glielo hai detto?"
Tutto questo discorso mi ha confusa parecchio.
" Detto cosa? e a chi?" chiedo cadendo dalle nuvole.
" Come cosa e a chi? Della presenza di un certo Hiwatari al matrimonio , a Rai!"
Sbarro gli occhi: possibile che mi sia completamente passato di mente?
" No..." rispondo abbassando disperata gli occhi.
" Come no?! Anya, mi avevi promesso che non accadrà nulla, ricordi?"
Questo pensiero mi ha decisamente demoralizzata...
" Sì sì... il fatto è che... come glielo dico..." sussurro tra me e me.
" Anya, è meglio che lui lo sappia prima, e non trovarselo davanti quel giorno, credo sia peggio!"
Ha maledettamente ragione.
Faccio un lungo respiro...
" Non preoccuparti, ci penso io!" le dico cercando di essere il più convincente possibile.
" Lo spero..." mi mette una mano sulla spalla e mi invita a ritornare di là.

" Anya, direi che possiamo andare... Hope è crollata!" dice tenendola tra le braccia mentre dorme.
" Sì, in effetti è tardino!" rispondo cercando di mostrare un atteggiamento sereno.
" E' stato un piacere rivedervi!" rivolge Rai ai padroni di casa.
" Anche per noi!"
" Buonanotte e grazie di tutto!" saluto aprendo la porta e uscendo, non prima però di incrociare lo sguardo di Hilary che mi suggerisce di essere tranquilla e decisa.







Arrivati a casa Rai mette la piccola a letto e io vado in camera nostra per indossare il pigiama.
Anya,diglielo, fatti coraggio, in fondo devi solo dire che Kai Hiwatari è tornato, che lo hai visto, che lui ti ha vista, che lui ha visto Hope e che sarà presente al matr...
" Dorme come un sasso!"
I miei pensieri vengono interrotti dall'arrivo di Rai e ciò mi fa sobbalzare, spero non se ne sia accorto.
Non riesco nemmeno a guardarlo in faccia, mio Dio, che situazione difficile!
Mi metto semiseduta sul letto, coprendomi con la copertina, mentre lo osservo spogliarsi: in realtà sto pensando a un possibile, convincente discorso.
Indossa un pantalone e una maglia a mezze maniche e si infila anche lui sotto le coperte, qui accanto a me, inondandomi del suo meraviglioso profumo.
Si avvicina a me, baciandomi la tempia per poi scendere fino al collo e anche se tutto questo mi dà piacere, io non posso che restare immobile,  paralizzata a giocherellare con le dita e aspettando l'occasione giusta per spiccicare parola.
" Hey, che ti prende?" mi chiede dolcemente accarezzandomi il viso.
Rai, perchè mi rendi tutto più difficile?
" Ecco... io..."
Non ce la faccio: come inizio? cosa dico? come reagirà?
Il cuore mi batte al ritmo di uno pneumatico, sento le gote avvamparsi e tutto ciò non gli passa certamente inosservato.
" Piccola... sei strana, che hai?"
" Rai... io devo dirti una cosa!"
E' già un'inizio.
Ha ragione Hilary, devo dirglielo ora, la questione è molto delicata.
" Che cosa?"
Il suo atteggiamento è sereno, continua a guardarmi dolcemente: peccato che non lo sarà più non appena pronuncerò il suo nome.
" Ecco, riguarda... il matrimonio di Hilary"
" Cos' è successo?"
Si accomoda meglio sul letto e mi fissa con occhi curiosi.
" Vedi...io...cioè...al matrimonio sarà presente una persona..."
Ok, calma e sangue freddo.
" Una persona, certo... chi?"
" Un-un amico di Yuri..."
Non ci riesco, ma devo dirlo.
" Sì, lo so... Boris, sarà suo testimone!" dice tranquillamente.
Non proprio!
" Non Boris, ma un altro amico..." cerco di fargli intendere, perchè il suo nome non riesce ad uscire dalla mia bocca.
Mi fissa, prima perplesso, poi muove gli occhi , forse pensando ad una possibile risposta e infine ecco che si acciglia in una maniera orribile.
Trattengo seriamente il respiro, aspettando quasi terrorizzata.
" No, no... Anya non è vero, non è possibile!"
Comincia a scuotere la testa, assumendo un sorriso nervoso, come se volesse autoconvincersi di qualcosa.
Rimane qualche secondo in silenzio e pensieroso.
" Anya, dimmi che non è chi sto pensando che sia?"
Adesso mi osserva dritto negli occhi e io rimango pietrificata,non sapendo che dire.
Dato il mio silenzio, intuisce la risposta da sè.
" Non posso crederci, pur sapendo che lui è qui tu hai deciso di andare a quel matrimonio?" stavolta il suo tono è parecchio adirato.
" Io-io non lo sapevo, in realtà nessuno lo sapeva, è successo tutto dopo..." cerco di spiegare con voce tremolante.
" E dimmi, vi siete visti?"
" Ecco...io..."
" Lo sapevo! Anya perchè non mi hai detto niente fin'adesso??"
" Perchè non sono cose da dire per telefono!" controbatto duramente.
" Ah no? mi avresti risparmiato un viaggio!"
Che cosa?
" Tu non saresti venuto?"
" Sarei venuto solo per riprendervi e portarvi indietro! Anya, dimmi la verità: che vi siete detti? Ha visto Hope?" chiede autoritario.
" Sì...l'ha vista, è successo tutto per caso, non sapevo nemmeno che fosse qui..." tento di giustificarmi.
" E cosa ha fatto?"
" N-nulla... ci siamo solo visti e poi sono... scappata via, il danno era già stato fatto"
Vedo che il suo petto si gonfia pieno di rabbia e il suo sguardo fa veramente paura.
" Quello che mi chiedo io è... come puoi accettare di andare a quel matrimonio e averlo davanti?!"
" Perchè non voglio farmi intimorire, Rai! Lui non si è rifiutato di andarci, quindi mi chiedo perchè dovrei essere IO a tirarmi indietro e dargli questa soddisfazione! Non andando a quel matrimonio l'avrà vinta, perchè crederà di intimorirci..."
Non so dove ho trovato la forza e il coraggio di dire finalmente quello che penso da un po', proprio a Rai poi.
Lo vedo calmarsi; forse questo discorso ha convinto pure lui.
" Rai... tu hai ragione e sinceramente neanche a me va giù l'idea di vederlo, infatti quando ho scoperto che ci sarebbe stato anche lui, ho reagito proprio come te, tirandomi indietro! Ma poi ho pensato che quello è il giorno più importante della mia migliore amica, a cui non posso assolutamente mancare, e non mi farò rovinare la giornata da quel deficiente! Sai perchè?"
Si volta verso di me, aspettando che prosegua.
" Perchè...perchè a pensarci bene, non m'importa di lui come a lui non importa di noi! Per quel che mi riguarda può esserci come non può esserci, quindi ti chiedo: facciamo finta che non esista?"
Continua ad osservarmi impassibile e mi accorgo che stringe con una mano il lenzuolo.
I miei occhi sono pieni di speranza e gli chiedono solo di stare calmo.
" Non lo so Anya... io non ti capisco!"
" Rai...io"
" Buonanotte!" conclude freddo girandosi e sdraiandosi dall'altra parte, dandomi la schiena.
Decido di non aggiungere altro, per ora direi che è abbastanza.
Appoggio pesantemente la schiena sul letto guardando il soffitto e stringendo gli occhi una lacrima ribelle scende.
Perchè non capisci quanto sia difficile anche e soprattutto per me: se sto accettando io questa situazione, perchè non puoi farlo anche tu?

















Holaa mie care! ^_^
Ecco a voi un altro capitolo di questo pasticcio XD
Dunque dunque ... finalmente "il cerchio si chiude" ovvero tutti i protagonisti di questo macello sono apparsi in scena : Rai ha finalmente spostato il suo sederino dalla Cina per raggiungere la sua amata!
Spero vi sia piaciuto l'incontro ( a me è piaciuto u.u nd Rai) ( <.< certo, che birbantello nd Autrice) ( uh-uh  :3 nd Boris) (<.<'' nd Rai&Autrice)
Poi c'è stata un'altra cenetta, stavolta tra persone civili ^-^" ( <.< nd Eva&Kai)
E alla fine non potevo non concludere in maniera tragica XD Adesso anche Rai sa di Kai, tutti sanno di tutti e questi tutti dovrebbero incontrarsi tutti tra pochi giorni all'evento dell'anno! Anche se Rai non sembra molto convinto...
Ok, adesso vi ringrazio tutti quanti,voi che mi seguite con pazienza e sopportazione: mi raccomando recensite e fatemi sapere ^_^
Alla prossima gente, la vostra Henya vi saluta! (che allegria oggi <.< Boris)

Un bacio! xD

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Capitolo 8
*** Un passo più vicino... ***






Apro gli occhi, mi stiracchio leggermente sul letto, e subito dopo mi volto dall'altra parte rendendomi conto che Anya non c'è e la sveglia posta sul suo comodino segna le sette; mi alzo per dirigermi in cucina, dove la trovo intenta a  preparare la colazione.
Si accorge del mio arrivo e mi lancia una veloce occhiata, per poi concentrarsi a versare il latte nella tazza.
" Buongiorno... mattiniero" saluta sorridendo.
" Buongiorno... sì, non ho dormito così bene stanotte..." spiego con tono basso.
Mi accorgo che chiude gli occhi sospirando.
" Rai... hai almeno pensato a quello che ti ho detto ieri sera?" domanda seria, porgendomi una tazzina di caffè.
Mi appoggio di schiena al frigorifero, assumendo un atteggiamento pensieroso ma anche e soprattutto nervoso.
Continuo a guardare un punto del pavimento...
" Anya, forse avrai ragione sul fatto che si tratta del matrimonio della tua migliore amica e che non puoi mancare, ma...solo il pensare di rivedere la sua faccia mi fa venire il voltastomaco..."
" Capisco come ti senti, è la stessa cosa che succede a me! Credi mi faccia piacere vedere quei due, perchè c'è anche Eva ovviamente, non so se te l'ho già detto..."
Seguono alcuni secondi di silenzio..." No, Rai! Per niente! Avrei voluto che non ci fossero, ma non sono io a decidere... e poi loro sanno che noi ci saremo e se decideremo di non andarci penseranno subito al fatto che è stato a causa loro!"
Devo ammettere che ha ragione dopotutto: io non ho certo paura di lui.
E poi per lei deve essere stato molto più difficile tutto questo... eppure si è fatta forza pur di essere presente quel giorno.
Non posso costringerla a non andarci, è un giorno importante anche per lei.
" E va bene..." inizio non molto convincente " ... ci andremo"
" Davvero?" domanda sorpresa, prendendomi per mano.
" Davvero..."
Il sorriso che ha appena fatto mi fa pentire di avere reagito così male ieri sera, ma non ho potuto fare altrimenti.
" Farai finta, come me, che non esista?" mi chiede per assicurarsi meglio.
" Promesso!" le confermo forzando un sorriso.
Mi cinge subito in un abbraccio scoccandomi un bacio.
" Hey...so che non è facile..."
" E tu? Credi di farcela?" le domando dolcemente spostandole una ciocca di capelli dalla fronte.
" Ce la faremo, in fondo si tratta solo di un giorno..."
Lo spero...










*************************************************









" Allora?"
" Devo solo cambiare l'olio ed è di nuovo tua!"
" Sbrigati, devo scappare tra dieci minuti!"
" Tranquillo Hiwatari!"
Lascio continuare a Boris il suo lavoro per risistemare la mia auto e nel frattempo faccio due passi all'interno del garage, guardandomi intorno.
Arrivo ad una parete, dove vi sono attaccati diversi annunci, volantini e calendari con ragazze mezze nude: tipico di Boris.
Poco più in là mi accorgo che sono presenti delle fotografie che sembrano essere state scattate durante una festa di compleanno... ma la cosa che mi stranisce è che il compleanno, a quanto pare, era quello di... Anya.
Resto a fissarle e i miei occhi si muono dall'una all'altra: tra le tante,  una riprende Boris seduto vicino a quella bambina , in piedi sulla sedia, che gli tira i capelli, ma quella che attira di più la mia attenzione è una in cui c'è Anya con quella bambina in braccio.
Continuando a guardare questa foto, ogni dubbio sembra svanire: mi somiglia veramente.
" Kai, missione compiuta! Ah , sei finito qui..."
Boris arriva e subito scaccio questi pensieri dalla mia mente , facendo finta di niente.
" Belle vero?" .
" Cosa?" domando, fingendo di non capire.
" Stavi guardando quelle foto, no?"
" No... veramente notavo il casino che lasci in giro...".
" Me le ha portate l'altro giorno Anya, ne ha sviluppata qualcuna anche per me"
Lo fa apposta, lo conosco.
" Non mi sembra di averti chiesto qualcosa al riguardo" gli rivolgo infastidito.
" Guarda questa... quella bambina è proprio una peste, si era fissata a tirarmi i capelli quella sera, continuava a chiedermi se ero giovane o vecchio... gli sarà sembrato strano il colore ahah, figuriamoci quando vedrà te!" conclude trattenendo una risata ma ricomponendosi subito non appena i miei occhi lo riducono in cenere.
" Ooo-kay! Era fuori luogo!"
Qualunque cosa tu dica è sempre fuori luogo! Un giorno ti farò perdere questa tua vena sarcastica a furia di cazzotti.
" Comunque... se hai finito me ne vado!"

Esco l'auto dal garage ma Boris bussa al finestrino chiedendomi di abbassarlo.
" Che vuoi ancora?"
" Senti, sai se Yuri ha qualche idea su come festeggiare?"
" Festeggiare cosa?"
" Ma l'addio al celibato! Potremmo portarlo in un bel localino che conosco e darsi alla pazza gioia, una sbronza in nome dei vecchi tempi!"
" Boris, quello l'indomani dovrebbe sposarsi e se deve dire quel sì... vorrei che almeno lo dicesse in piene facoltà mentali!"
" Eddai!! Dopo che lo dirà lo avremo perso per sempre... facciamogli fare un'ultima pazzia!" propone entusiasta.
" Conosco come la pensa... non accetterebbe mai!" gli spiego rassegnato.
" Che palle! Ma almeno noi due?" .
L'idea mi tenta, ma...
" Nah... per questa volta devo rifiutare! E poi tu saresti capace di presentarti in chiesa ubriaco fradicio , in boxer e cravatta, con ancora in mano una bottiglia di vodka..."
" Sai cosa sono queste??" domanda , formando due zeri con le dita.
" Che sono?" chiedo inarcando un sopracciglio.
" Due-Palle!" afferma scocciato.
" Ma vaffan...." dico tra me e me, rimettendo in moto andandomene.
Mi dispiace per lui, ma ho dovuto rifiutare: anche io ho bisogno di essere lucido quel giorno...







**********************************







" Piacere di conoscerti, Dana!" saluta gentilmente Rai,porgendo una mano alla mia collega, che sembra essersi imbambolata.
" Piacere mio, Rai! Anya mi ha molto parlato di te..."
Rai ha insistito per accompagnarmi in caffetteria,  spinto dalla curiosità di vedere dove lavoro.
"Ricordo di esserci venuto spesso qui, alcuni anni fa" dice osservandosi intorno.
" Beh io lavoro qui da un anno e mezzo, forse c'era qualcun' altro a quei tempi!"
" Sì, può darsi!"
" Allora Anya, fai vedere al tuo Rai come sei brava a preparare il caffè!" mi consiglia con sottile ironia.
" Cosa vorresti dire? Guarda che mi riesce benissimo!" rispondo acidamente.
" Sì.. sì... ma ricordati di metterci lo zucchero e non il sale, come hai fatto l'altra volta!" conclude facendomi un'occhiolino per poi tornare a servire ai tavoli.
" Non è vero! Non è mai successo!Non starla ad ascoltare, lo dice apposta!" rassicuro Rai che sorride sotto i baffi.
" Ti sta bene quel grembiulino!"
" Modestamente..." rispondo con aria da snob " Comunque... credo che tu ti annoia un po' a stare a casa senza fare nulla, di' la verità!"
" In effetti... non so che diamine fare! Anzi, credo che andrò a dare un'occhiata in giro per vedere se c'è qualche cosa da fare. Visto che per ora staremo qui, ho pensato di approfittarne per andare a trovare dei soci di mio padre, potrei chiedere di dare una mano. Mi conoscono bene, aiutavo mio padre a volte e so il loro mestiere, e poi dovrebbe essere ciò che dovrò fare dopo la laurea!" mi spiega sorseggiando il caffè.
" Mi sembra un ottima idea!"
In effetti ha ragione: si annoierebbe troppo rinchiuso in casa quindi mi fa piacere se si tiene un po' impegnato.
" E poi vorrei prendere anche un'auto; insomma per muoverci più liberamente: al matrimonio non potremo andarci sicuramente a piedi!"
" Oggi sei pieno di brillanti idee, Kon!"
" In effetti... sarà qualcosa che hai messo nel caffè, ha un sapore strano!" rivela facendo una smorfia di disgusto.
" Ma non ho messo niente! L'ho preparato come sempre..." spiego stranita.
" Stavo scherzando, scema!" confessa ridendo.
" Divertente!"
" Comunque, mia bella cameriera, adesso vado! Ci vediamo più tardi!"
Si sporge in avanti per scoccarmi un bacio e poi esce per andare via.
" Ma che bei piccioncini!" commenta con tono buffo Dana.
" Volevi svergognarmi davanti a lui , ammettilo!" le dico con occhi minacciosi.
" Purtroppo non ci sono riuscita! Comunque, Anya, devo dire che hai occhio per sceglierti i fidanzati..." mi rivolge riducendo gli occhi a due fessure.
" Perchè parli al plurale? E togli gli occhi di dosso da Rai, ho visto come lo fissavi" . Le punto scherzosamente un dito minaccioso.
" Beh anche quello dell'altra volta non era niente male!"
Forse si riferisce a Hiwatari.
Ah Dana, Dana... se solo sapessi cosa si nasconde dietro quella sua bellezza, credo che cominceresti a considerare Boris un "angioletto".










" Ascoltami bene Boris Huznestov: se domani non me lo porti in chiesa sano e salvo, potrai cominciare a scavare la tua fossa!" lo minaccia seriamente Hilary.
" Ma non preoccuparti Hilary, è una serata tra amici a casa mia" cerca di rassicurarla Boris.
" E' proprio di questi amici che mi preoccupo!"
" Smettetela voi due! Hilary, ascolta... saremo solo io, Boris e forse anche Kai, non succederà nulla, ti fidi del tuo quasi-marito?" le domanda Yuri tenendola per i fianchi.
" Certo che mi fido di te!" risponde lanciando frecciatine a Boris che sembra divertito.
" Allora a domani! Puntuale, mi raccomando! Anya , signora Tachibana... la lascio nelle vostre mani!"
" Tranquillo, Ivanov!" gli dico sorridente.
Si scoccano un ultimo bacio, prima di separarsi e dormire per questa notte in case separate: la tradizione vuole che gli sposi non si vedano la notte prima del grande giorno, giusto?
Yuri infatti ha preso tutte le sue cose e resterà a dormire da Boris, mentre la mia amica rimarrà a casa sua con la madre.
Andati via quei due, Hilary sembra assumere un atteggiamento preoccupato.
" Domani mi sposo... "
Oddio... ancora il fatto che non ci crede e bla bla bla!
" Hilary, non è così che deve comportarsi una sposa la notte prima! Sì... domani ti sposi e quindi quello che devi assumere è un sorriso a trentaue denti! Così..."
Mi avvicino a lei facendo ricurvare all'insù le sue labbra.
" Io sono felice, Anya! Dai smettila..." dice ridendo.
" Allora be happy! Adesso io e Rai andiamo, e domani mattina, non appena saremo pronti verrò qui a constatare la situazione! Ok?"
" Ok!"
" A domani! Buonanotte e dormi, mi raccomando!"
Salutiamo allegramente e ci dirigiamo a casa: finalmente domani si sposa! Sono più emozionata io, lo giuro!






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" E l'addio al celibato più triste della storia dei matrimoni che si sia mai visto!" esclama Boris bevendo tutto d'un fiato un bicchiere di vodka.
" Boris, non ricominciare!"
" Domani ti perderò, Yuri! E dire che potevamo stare così bene insieme!" dice con tono melodrammatico.
" La vuoi smettere! Domani non ci sarà il mio funerale..." lo rimprovero dandogli una spinta che lo fa ridere.
" Beh... è qualcosa di simile!" interviene Kai, sorridendo ironico.
" Visto? Kai sì che mi capisce!"
" Voi due non cambierete mai!" affermo rassegnato.
" Dai bevi un altro po', magari cambi idea!". Vedo Boris intento a riempirmi un altro bicchiere.
" Basta Boris, non voglio superare il limite!"
" L'ultimo, dai!" propone Kai.
Ci porge i nostri rispettivi bicchieri pieni sino all'orlo, ma prima di berli, Boris decide di aggiungere una specie di discorso.
" Dunque... a Yuri, che domani si sposa con Tachibana!" molto lungo e profondo devo ammettere. Mi sono quasi commosso.
" E domani..." intervengo "...  dirò il fatidico sì a Hilary, spero che andrà tutto bene, vero Kai?" .
Lo fisso dritto negli occhi invitandolo a brindare. Mi osserva serio, come infastidito, ma alla fine anche lui alza il suo bicchiere portandolo vicino al mio.
" Andrà tutto bene!" dice sicuro di sè.

Passiamo un'altra mezz'ora assieme e subito dopo Kai si avvia a casa sua, Boris si rinchiude in camera  ed io mi sdraio sul divano letto che mi ha preparato.
Continuo a osservare il soffitto, facendo apparire l'immagine di Hilary.
 Ancora non ci credo: mi sembra l'altro ieri quando eravamo a scuola. Mi ci è voluto un bel pò per capire che tra tutte le ragazze ce n'era una che mi fissava particolarmente e mai avrei pensato che proprio quella sarebbe diventata mia moglie. Non mi sono mai pentito della mia scelta e intento costruire qualcosa insieme a lei.
Buonanotte Hilary... a domani.






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Ho appena fatto un bagno rilassante e, indossato l'accappatoio, mi dirigo in camera dopo avere dato la buonanotte a mia madre.
Mi sdraio di schiena sul letto chiudendo gli occhi e sorridendo leggermente: il pensare a domani mi rende felice ma allo stesso tempo mi mette in agitazione.
Cavoli, non vorrei che l'emozione mi giocasse brutti scherzi, vorrei che tutto andasse liscio e fosse perfetto!
Meglio non fissarsi troppo, l'importante è che sia presente lui e che insieme usciremo da quella chiesa come marito e moglie.
Chissà cosa starai facendo: buonanotte Yuri!








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L'indomani mattina...




" Anya, dove hai messo la camicia che hai stirato?" mi urla Rai dalla camera.
" L'ho riappesa nell'armadio, per evitare che si rovini!" gli urlo a mia volta dal bagno, intenta ad acconciarmi i capelli.
" MAMMA! Non so mettere le scarpette!!" sento gridare alla piccola.
Santo cielo, così non mi sbrigherò mai! Esco velocemente dal bagno e arrivata in camera da letto trovo Rai alle prese con la cravatta e Hope a saltare sul mio letto con le scarpe in mano.
" Hope, quante volte ti ho detto che non si salta sul letto! Rai, potresti dirglielo pure tu!"
La prendo in braccio e la faccio sedere per metterle le scarpe.
" Scusa, ma sai che quando indosso la cravatta ho bisogno di concentrazione!" dice scherzando.
" Ecco fatto! E la damigella è pronta!"
Balza giù dal letto e si mette a roteare su se stessa per far gonfiare la gonnellina.
" Ma che bella principessa!" esclama Rai.
Indossa un vestitino rosa corallo, stile principesco, con maniche corte e gonna a palloncino. Ai capelli porta un cerchietto con piccoli fiorellini anch'essi rosa, e la frangetta, ben sistemata, ricopre la sua piccola fronte.
E' davvero adorabile: spero che lo terrà pulito e sistemato per tutto il giorno, ma ne dubito fortemente.
" Ok, ricorda che non devi sporcarlo per nessun motivo al mondo! Adesso se non vi dispiace devo finire di prepararmi!"
Corro di nuovo in bagno per finire i capelli e il trucco, per poi ricorrere in camera e indossare il vestito.


" Anya, posso?"
" Certo..."
Sono davanti allo specchio dell'armadio a darmi degli ultimi ritocchi e noto che Rai mi fissa sorridendo.
" Hey, sai che non mi piace che mi osservi mentre mi trucco!" gli rivolgo scherzosamente.
Ma lui continua a sorridermi, e i suoi occhi mi percorrono dalla testa ai piedi.
" Sei stupenda..."
A queste parole sento le mie gote prendere fuoco. Il vestito che ho comprato è molto elegante, color magenda; lo scollo è a stile greco, quindi una spalla è completamente scoperta, una fascia brillantinata avvolge la vita e la gonna lunga , ricade soffice sino ai piedi, quindi per camminare dovrò sollevarla leggermente per non inciampare sul vestito stesso; ai piedi indosso un paio di scarpe aperte con tacchi abbastanza alti e so già che i piedi , stasera mi imploreranno pietà;  i capelli sono raccolti in un soffice e basso chignon laterale, lasciando libero qualche ciuffo ribelle sulla fronte.
" E tu sei sexyssimo in giacca e cravatta!" rispondo maliziosa.
Mi cinge la vita e mi scocca un bacio ma mi rendo subito conto di avergli lasciato del rossetto sul labbro.
" Rai, mi sa che dovremo fare attenzione per oggi, o dovrò rimettermi il rossetto ogni cinque minuti!"
" Ok, ti lascio in pace per adesso! Vado a pulirmi e tu sbrigati!"









Saliamo sulla nuova auto che ha preso Rai e sfrecciamo velocemente a casa di Hilary.
Ci apre la madre, che ci invita sorridente ad entrare e arrivati in salotto Hilary si volta subito verso di me sorridendomi.
Rimango paralizzata: è decisamente uno splendore!
Continuiamo ad osservarci e mi accorgo che lei sta per cedere.
" Hilary, no! Non puoi piangere! Ti si scioglierà il trucco!"
" Lo so Anya, ma è più forte di me e pensa che l'ho appena raccomandato a mia madre!"
Infatti avevo notato i suoi occhi arrossati.
" Stai davvero bene!" le dice Rai che tiene per mano la piccola.
" Grazie Rai..." risponde forzandosi di trattenere le lacrime " e tu? Ma come sei bella!"si rivolge sorridendo alla piccola.
" Hilary, sei pronta? Ti voglio carica!" le dico mettendole le mani sulla spalle e fissandola dritta negli occhi.
" Sono prontissima, devo solo mettere le scarpe e aspettare l'autista!"
" Posso fare qualcosa per te?"
" No tranquilla, voi potete già andare in chiesa!"
" Sicura?"
" Sì sì!"
Ci sorridiamo e dopo averle dato delle ultime raccomandazioni andiamo via.









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" Cazzo, Boris! Ci siamo addormentati come allocchi, svegliati!!" urlo entrando come una furia nella sua camera, dove lo trovo bello spaparanzato sul letto ancora a dormire.
" mm... ancora cinque minuti!" farfuglia girandosi dall'altra parte.
" Io tra mezz'ora dovrei sposarmi, alza il culo e preparati, io vado a fare una doccia!" gli ordino scappando subito in bagno.
" Ma perchè dovevi sposarti proprio di mattina??" lo sento lamentare.
Sapevo che qualcosa doveva andare storto: colpa sua, mi ha fatto bere un po' troppo e non ho ricordato nemmeno di puntare la sveglia.







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Rai ferma l'auto davanti alla chiesa, dove si è già radunato un gruppo di invitati, vestiti tutti eleganti.
" Anya, è meglio che voi scendete qui, io vado a trovare un parcheggio più avanti e torno subito!"
" Va bene, forza scendiamo Hope!"
Chiusa la portiera, Rai va via e noi due ci avviciniamo all'ingresso della chiesa, proprio davanti alla scalinata, che è stata ben addobbata con fiori e un lungo tappeto rosso che arriva sino all'altare.
La giornata è molto serena e solare: sembra rispecchiare l'allegria di questo giorno.
" Hope non ti allontanare, dammi la mano!"
Il matrimonio in teoria dovrebbe iniziare alle 12, quindi mancano meno di cinque minuti, ma qui non c'è traccia nè di Yuri e Boris, nè di Hilary: ma si sa che gli sposi non sono mai puntuali.
Speriamo non combinino niente.




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" Siamo in perfetto orario, la chiesa è di là!" indico a Kai, appena usciti dall'auto.
" Bene, andiamo allora!"
Lo prendo sotto braccio e reggendomi su quegli enormi tacchi camminiamo lentamente per raggiungere il posto.
Devo ammettere di essere un po' nervosa: tra pochi minuti saremmo faccia a faccia con Anya e sopratuttuto vedrò quella bambina.
Kai, al contrario, sembra indifferente, ma sotto sotto credo che anche lui stia pensando alla stessa cosa: sono proprio curiosa di vedere la reazione di entrambi.
" Che c'è che mi guardi?" mi chiede.
" No niente... stavo pensando!"
" Ti conviene non pensare, se quello che stai pensando riguarda ciò che immagino!" dice irritato.
" Allora gradirei che non lo pensassi nemmeno tu!" rivolgo acidamente.
" Adesso basta! E copri quella scollatura, se non ti dispiace!"
Roteando gli occhi, sistemo meglio la sciarpa di seta che mi copre le spalle, cercando di nascondere quella che a suo parere sarebbe una scollatura esagerata: da quando si crea tutti questi problemi?
Sarà il nervosismo...







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Arriviamo davanti alla chiesa e ci fermiamo in piedi guardandoci intorno: c'è già un bel pò di gente ma i miei occhi puntano subito su una figura femminile di spalle, vestita di viola, posta in piedi , più avanti di noi, che tiene per mano una bambina. E' lei, non ho dubbi.
Con la coda dell'occhio mi accorgo che anche Eva l'ha riconosciuta e la fissa, sento anche la sua mano stringere nervosamente il mio braccio.
Lei non si è ancora accorta di noi, ma la bambina si guarda in giro, fissando proprio dalla mia parte.
Non so perchè ma sento una strana sensazione alla bocca dello stomaco, come un formicolio fastidosio.
Ma quello che mi sorprende subito dopo è che la piccola inspiegabilmente,  abbandona la mano di Anya e corre velocemente verso la mia direzione gridando....
" Papà! Papà!!"
Sbarro gli occhi: quella sensazione si fa ancora più forte, le tempie mi si stringono e mi si forma uno strano nodo alla gola, i muscoli diventano sempre più tesi, ad ogni passo che compie la sensazione aumenta.
E' quasi vicina ed io rimango pietrificato ma lei mi passa solo di striscio, superandomi e raggiungendo probabilmente qualcuno che arriva dalle mie spalle...
Chiudo per due secondi gli occhi e piano piano riprendo il respiro che si era bloccato e lentamente ritorno alla normalità, ma riposando i miei occhi su Anya, mi accorgo che mi fissa con occhi sbarrati.
Sento dietro di me la voce di Rai che si rivolge alla bambina e non so bene come, ma adesso incrocio il suo sguardo, che mi fissa ostile.
Prende la bambina in braccio e mi passa davanti, mentre io abbasso gli occhi a terra, facendo l'indifferente.
" Lo chiama pure papà..." sento sussurrare tra sè e sè ad Eva che li osserva da lontano.
Già...






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Per un attimo ho sentito il mondo crollarmi addosso, le gambe indebolirsi e gli occhi uscire fuori dalle orbite: stava correndo verso di lui gridando papà, ma in realtà stava  raggiungendo Rai che veniva da quella direzione.
Beh lui per fortuna non si è scomposto ma io stavo per morire di arresto cardiaco, soprattutto nel momento in cui Kai si è voltato per fissare Rai: si sono scambiati una terribile occhiata per poi fare finta che non sia successo niente.
Rai si avvicina a me con la bambina in braccio, la mette a terra e mi accorgo che ha una faccia molto strana.
" Rai tutto apposto?" chiedo preoccupata.
" Sì... tranquilla!" risponde schivo.
Il suono di un clacson ci fa voltare tutti verso una direzione: verso l'auto di Boris.
" Finalmente..." commento sollevata.
Vedo uscire di corsa Yuri che nel frattempo indossa la giacca e si sistema, mentre Boris si aggiusta i capelli riflettendosi sui vetri della sua auto.
Sì, si sono svegliati tardi, c'era da aspettarselo!






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" Ivanov, sei leggermente in ritardo! Non è da te!" ironizzo.
" Non ti ci mettere pure tu, Kai! Eva dimmi che sono apposto!" le chiede guardandosi il vestito, abbastanza nervoso.
Lei gli sistema il bottone della giacca " Sei perfetto!".
" Ok, perchè Hilary non è ancora qui?" .
Inizia ad agitarsi tutto, spostando gli occhi da una direzione all'altra.
" Ti vedo un tantino nervoso..."
" Dici? La verità è che sono tesissimo!" rivela allargandosi la cravatta al collo.
" Non ti ho mai visto così!"
" Vorrei vedere te al mio posto! Comunque, tu? Tutto apposto?" chiede preoccupato.
" Sì..." rispondo spostando gli occhi verso una direzione precisa, indicandogli il punto in cui sono quei due.
" Mi raccomando! Adesso vado da loro, a dopo!"
Mentre sta per raggiungerli, viene bloccato dall'arrivo di Hilary.
L'auto viene parcheggiata proprio davanti al marciapiede e quella che suppongo sia la madre, apre la portiera per aiutarla ad uscire.
Un uomo invita tutti ad entrare e prendere posto in chiesa, anche a Yuri, che sembra debba incontrarla davanti all'altare.
Io ed Eva prendiamo posto tra le prime file, restiamo in piedi tra gli invitati dello sposo mentre dall'altra parte stanno gli invitati di Hilary.
Quei due invece sono ancora rimasti fuori.




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" Oddio, sei bellissima!" dico per l'ennesima volta ad Hilary.
Lei sembra essere tesissima e allo stesso tempo felicissima, non riesco ben ad inquadrare il suo volto coperto dal velo.
" Yuri è sano e salvo dentro!" la rassicura Boris.
" Bene, signori! Al suono della marcia nuziale la sposa comincia ad avanzare! La bambina le starà davanti spargendo questi petali a terra, segue la sposa, sorridente mi raccomando, e al seguito i testimoni!" spiega una signora anziana, forse la perpetua della chiesa.
Ci facciamo tutti un cenno d'intesa e mentre gli altri cominciano ad andare avanti...
" Rai, scusami ma devo rubartela per un po'!" gli spiega Boris.
" Anya, a dopo!" mi scocca un bacio  e corre a prendere posto.
" Allora madamoiselle, andiamo?" dice Boris facendo il galante invitandomi a prenderlo sotto braccio.
" Andiamo!" rispondo sorridente.

Ci posizioniamo tutti belli pronti aspettando che la marcia nuziale inizi.
Spero che Hope abbia capito cosa fare!
" Siamo i testimoni più fighi che si siano mai visti!" esclama Boris osservandomi.
" Ti consiglio di camminare lentamente,  o cadremo entrambi!" gli spiego seriamente, alzanzo leggermente il vestito e facendogli notare i tacchi altissimi che porto.
" Oddio... quelli sono due trampoli!"
" Shhh, sta iniziando!"

Cala d'un tratto il silenzio più assoluto e sembra quasi che si percepisca il respiro ansioso e nervoso di Hilary.
La marcia nuziale inizia a suonare!



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Il cuore batte veloce.

Mi volto verso mia madre che con un sorriso cerca di infondermi coraggio e sicurezza.
La piccola damigella avanza, gettando petali sul tappeto, seguita da me.
Dimentico gli occhi di tutti gli invitati puntati su di me e immagino che ci sia solo lui.

Come essere coraggiosi?
Come posso amare quando ho paura di cadere?
Ma guardandoti mentre te ne stai tutto solo ,
tutti i miei dubbi improvvisamente svaniscono


Un passo più vicino...

Sono morta ogni giorno aspettando te,
tesoro, non avere paura,
ti ho amato e ti amerò ogni giorno,
sempre di più.





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Il tempo rimane immobile,
bellezza in tutto ciò che lei è.
Sarò coraggioso,
non lascerò che niente
porti via ciò che ho davanti a me.

Ogni respiro, ogni ora,
ha portato a questo.

Un passo più vicino...

Per tutto il tempo ci ho creduto.
Il tempo ha portato il tuo cuore da me.

Alzo il suo velo per specchiarmi nei suoi profondi occhi nocciola.
Lascio un dolce bacio sulla sua fronte per poi prendere la sua mano e portarla dinnanzi al prete ed iniziare la celebrazione.





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E' uno dei momenti più emozionanti della sua ma anche della mia vita e sono così felice che potrei iniziare a piangere come una fontana! Ma credo che questo non aiuterebbe Hilary, che mi imiterebbe all'istante quasi sicuramente.
La messa procede molto bene, tutti stanno in silenzio e ascoltano attentamente. Io sono qui in piedi vicino al colosso di Boris, che ogni tanto si osserva in giro, forse alla ricerca di qualche bella invitata: neanche in un posto sacro riesce a controllarsi, incredibile!
Ogni tanto io rivolgo qualche sorriso a Rai, seduto in prima fila con Hope accanto, mentre se sposto i miei occhi più in là mi accorgo degli occhi velenosi di Eva che ogni tanto si poggiano su di me e quelli di Kai che assistono indifferentemente al rito.

" Siamo giunti dunque al sacro momento, quello in cui questi due giovani sposi si dichiareranno amore eterno!" annuncia il prete.
Che bello! siamo quasi vicini al momento dello scambio degli anelli. E' il mio preferito!
Cavoli... gli anelli!
" Boris... gli anelli ce li hai vero?..." mormoro a denti stretti al mio accampagnatore.
" Ca...volo!..." comincia a controllare le sue tasche " devo averli scordati in macchina!" dice a tono basso sbarrando gli occhi.
" Boris non è che li hai dimenticati a casa??" ma perchè li hanno affidati a lui, mi chiedo!
" No, non credo!"
" Non credi??"
I miei occhi diventano due torce ardenti. " Valli a prendere : Subito!" gli ordino a denti stretti con tono adirato.
Mentre il prete continua a parlare ,e spero si dilunghi il più possibile, Boris esce furtivo alla ricerca degli anelli: Alzo gli occhi per osservare la cupola della chiesa:
Signore, ti prego, illumina il suo cammino!!



" Avvicinatevi..." il prete li fa alzare in piedi e li posiziona l'uno davanti all'altra.

Boooris, dove sei! E' fuori da dieci minuti e se esco fuori io, giuro che da questo matimonio ci scappa un morto!
" ... procediamo con lo scambio degli anelli!"
Tutti, prete compreso si voltano verso la mia direzione, attendendo una mossa.
Sbarro gli occhi sorridendo imbarazzata, mentre Yuri ed Hilary cercano di comunicarmi col labiale dove siano gli anelli e soprattutto dove Boris sia sparito.
Che situazione imbarazzante!
" Ehm... solo un attimo, li sta andando giusto a prendere..." cerco, poco convincente, di assicurarli.
A queste parole Yuri stringe i denti, spazientito e posso leggere dalle sue labbra " quell'idiota..." : sì, è decisamente un idiota!
Ecco che pochi secondi dopo Boris entra dalla porta principale correndo e mostrando una scatolina.
" Eccoli!"
Arriva respirando affannosamente e gli indico di porgerli ad Hope mentre Yuri gli lancia sguardi terrificanti, che lui ricambia con finta innocenza.

La mia piccolina avanza timidamente con la scatolina in mano, che porge a Yuri.

"Se dunque è vostra intenzione unirvi in Matrimonio,
esprimete davanti a Dio e alla sua Chiesa
il vostro consenso." li incoraggia con un sorriso il prete.

Yuri prende uno degli anelli e la mano di Hilary e dopo avere respirato profondamente, per l'ennesima volta oggi, la guarda intensamente negli occhi, pronunciando quelle parole, quella promessa, che coronerà il loro amore:

"Io Yuri, accolgo te, Hilary, come mia sposa.
Con la grazia di Dio,
prometto di esserti fedele sempre,
nella gioia e nel dolore,
nella salute e nella malattia,
e di amarti e onorarti
tutti i giorni della mia vita."


L'emozione che stanno provando è indescrivibile, e io non posso che esserne partecipe.
" Hey, che fai ti commuovi!" mi rivolge Boris sorridendo.
" Non riesco a trattenermi!" rivelo con voce rotta dal pianto, sotto i sorrisini di lui.

Adesso è il turno di Hilary...

Io Hilary, accolgo te, Yuri, come mio sposo.
Con la grazia di Dio
prometto di esserti fedele sempre,
nella gioia e nel dolore,
nella salute e nella malattia,
e di amarti e onorarti
tutti i giorni della mia vita.


" Dio confermi il consenso
che avete manifestato davanti alla Chiesa
e vi ricolmi della sua benedizione.
L’uomo non osi separare ciò che Dio unisce...."

Le ultime parole...

" Vi dichiaro marito e moglie: puoi baciare la sposa!"
Senza farselo ripetere due volte, Yuri unisce la sue labbra a quelle di lei , accompagnato da un applauso generale.

" E' fatta Hilary! Adesso ci credi?!"
Corro ad abbracciarla tra le lacrime.
" Sì Anya, adesso ci credo!" esclama entusiasta.

" Complimenti amico, non credevo che ce l'avresti fatta!" si congratula Boris , abbracciandolo fraternamente.
" Poi facciamo il discorso degli anelli..." dice lui con tono minaccioso.
" Ma dai, l'importante è che alla fine li ho trovati!"

" Rai..." mi avvicino a lui " piaciuto?"
" Molto!" afferma sorridendo.

Dopo le congratulazioni usciamo tutti dalla chiesa, per poi gettare riso e coriandoli sugli sposi.










Il locale che hanno scelto per festeggiare è molto carino : fuori c'è un grande giardino dove si terrà un piccolo rinfresco e l'interno è abbastanza classico, al centro c'è una pista da ballo con attorno tavoli ricoperti da tovaglie color panna, e sedie anch'esse panna; in fondo , al centro, sta il tavolo dei due sposi.

Sono seduta su una panchina, con Hope, nella speranza di farle mangiare qualche stuzzichino servito dai camerieri, visto che sono le due del pomeriggio ed è ancora praticamente a digiuno.
" Dai, mangia questo!"
" No, non lo voglio! Voglio un palloncino!"
" Oh santo cielo! Andiamo a prendere questo benedetto palloncino!"
La prendo per mano per avvicinarmi ad una ragazza che distribuisce palloncini ai bambini presenti.
Rai mi ha abbandonata per parlare con alcuni compagni del liceo che ha invitato Yuri.

" Ma ciao!"
Qualcuno che proviene dalle mie spalle, con una voce molto irritante , mi saluta con finta allegria.
Stringo i denti portando gli occhi al cielo e sperando che almeno sia sola e non con lui.
" Eva... " mi limito a dire, mentre le mie labbra non sanno se fingere di sorridere o contorcersi dal nervoso.
Evidentemente non è interessata a me, visto che i suoi occhi non riescono a scollarsi da mia figlia.
" Avevi ragione... è proprio una bellissima ... bambina" confessa con un tono leggermente irritato.
" Avevi dubbi, per caso?" rivolgo tagliente.
" Volevo solo vedere con i miei occhi per verificare, per vedere da chi avesse preso..."
" Adesso che l'hai vista, se non ti dispiace dovrei andare!" mi congedo educatamente, lasciandola torturarsi le dita delle mani dal nervoso.
Che faccia da stronza!




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Sono praticamente uguali: razza di bastardo, come hai osato fare un figlio con quella!
Anche se l'ho perdonato non mi sono mai data pace; lui sta con me ma ha una figlia con un'altra e non una qualsiasi, ma proprio Anya!
Potrebbe succedere qualunque cosa, anche se a lui non sembra importargli nulla.
" Si può sapere perchè parlavi con lei?" domanda alterato Kai, venedomi incontro.
" L'ho solo salutata, che c'è di male!" ribatto infastidita.
" Ti avevo detto di starle lontana!"
" Certo, così senza che nessuno se ne accorga te la porti in un angolo e te la scopi un'altra volta, facendo un altro figlio magari!" concludo arrabbiata, per poi voltarmi e andarmene a prendere un altro bicchiere di champagne.




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Arrivano gli sposi e si apre il banchetto con il loro brindisi.
Entrati tutti dentro, prendiamo posto ai tavoli che ci sono stati assegnati: al nostro tavolo ci sono sia Boris che la madre di Hilary, mentre le due serpi sono abbastanza lontane e poco visibili da qui. Meno male!

Iniziano le prime portate e dopo ciò gli sposi scendono al centro della pista per fare il loro primo ballo da marito e moglie! Yuri aveva espressamente dichiarato, qualche giorno fa di essere un pessimo ballerino, ma in fondo devono solo stare abbracciati e muoversi leggermente sulle note di una dolce musica, mica fare il rock'n roll! Quello che importa è il momento in sè, che cosa romantica!

Li vedo agitati, che si guardano negli occhi profondamente, scambiandosi ogni tanto parole nell'orecchio.
Altre coppiette decidono di unirsi al ballo e anche Rai, con mia grande sorpresa mi invita a ballare.
" Rai, veramente non vorrei pestarti i piedi!" dico scherzando.
" Ma dai, è un dolore che sopporterò!"
Ah... se non ci fosse lui!
E così andiamo anche noi a ballare, lasciando Hope giocare con altri bambini.
" Sta andando tutto bene, no?" mi dice sorridendo.
" Sì, è il matrimonio che sognava Hilary! Ma guarda, Boris è riuscito a catturare una preda!" aggiungo dopo averlo notato accanto ad una ragazza. Finita la musica vado alla ricerca di Hope che ho visto uscire in giardino con altri pestiferi.
" Torno subito!"gli raccomando.






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Che stronza, non mi ha rivolto la parola per tutta la serata: che diamine le è preso?
Forse quelle due si saranno dette qualcosa o non so più che pensare. Mi evita e si mette a parlare con altre persone, lasciandomi da solo.
Che vada a farsi fottere per stasera, ne ho abbastanza dei suoi stupidi capricci.
Mentre sono intento a fumare seduto su una panchina, in un angolo abbastanza isolato del giardino, mi accorgo che poco più avanti sta, sola soletta,  quella bambina, che continua a saltellare nella speranza di arrivare a prendere un palloncino, incastrato tra i rami di un piccolo albero.
La fisso intensamente, finchè , non so il perchè ma qualcosa mi costringe ad avvicinarmi a lei.
Getto la cicca di sigaretta e la raggiungo; alzo il braccio per arrivare a prendere quel palloncino, sotto lo sguardo così candido e innocente di lei.
" Tieni..." dico con tono apatico porgendoglielo.
Mi fissa con quei suoi enormi occhi, in cui mi sembra di rivedere quelli miei.
Sorridendo, allunga il braccino e lo prende.
" Grazie..."
Al suono di questa parola vengo un po' scosso.
Decido di abbassarmi, piegando le gambe, in modo da osservarla meglio: più la guardo e più non ci posso credere.
Intimorita e intimidita allo stesso tempo, mi guarda restando immobile.
" Come ti chiami?" le domando.
" Hope!!"
Questa non è stata la sua risposta, ma il richiamo arrabbiato di Anya.
" Hope! Che ci fai qui?!" le rivolge alterata, prendendola subito per mano per allontanarla da me.
Io mi alzo osservandola dritta negli occhi in modo ostile.
" Quante volte ti ho detto di non parlare con gli sconosciuti!" le rimprovera.
La prende in braccio e dopo avermi lanciato una brutta occhiata, mi volta le spalle andandosene, mentre io stringendo dentro i denti continuo a fissarla.



Gli sconosciuti...







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Ma che diamine succede? Abbasso la guardia due secondi e trovo mia figlia con Kai?
Posso giurare di averlo visto dirle qualcosa...
" Hope , che ti ha detto quel signore?" le domando mentre rientriamo in sala.
" Mi ha preso il palloncino..."
Il palloncino...
Dio, che rabbia!
Ma meglio calmarsi e mostrarsi tranquilla davanti a Rai, che mi sta venendo proprio adesso incontro.
" Trovata la fuggiasca?" domanda sorridendo e invitandomi a lasciargliela prendere in braccio.
" Sì... non posso lasciarla due secondi che mi scappa!"
" Tutto apposto?" mi chiede dolcemente, fissandomi preoccupato.
" Sì..." lo rassicuro fingendo un sorriso.
" Sai, tra un pò Hilary dovrebbe tirare il suo bouquet, ti interessa?" domanda divertito.
" Beh... mi butto anche io nella mischia, non si sa mai, porti fortuna!" concludo maliziosa andando via per raggiungere Hilary che trovo a parlare con Eva.
" Davvero una festa graziosa..." le sento dire con aria di superficialità.
" Anya, stasera ti ho persa di vista!" mi rivolge Hilary, abbandonando l'inutile discussione con la serpe.
" Ma n..." le mie parole vengono interrotte dalle sue malefiche.
" Sarà impegnata a correre dietro la bambina!" se la ride andandosene, seguita dal mio sguardo omicida.
" Calmati, non starla ad ascoltare!"
" Che nervi! Prima Hiwatari ora lei...!"
" Cosa è successo?"
" No niente, tranquilla!" la rassicuro.
" Comunque... mi sembra che la serata stia andando bene, no?"
" Sì, e sono così felice per te che non riesci ad immaginarlo!" esclamo entusiasta.


Giunge la sera e gli invitati a poco a poco vanno via; così anche io e Rai decidiamo di andare per lasciare i due sposi passare la loro prima notte insieme, da marito e moglie!
Trascorreranno questa notte in una stanza dell'hotel stesso in cui si è tenuto il ricevimento e domani mattina, fatte le valigie, partiranno per la loro luna di miele. Destinazione: Parigi!
Credo che non esista un luogo più romantico in cui trascorrere il proprio viaggio di nozze, infatti spero di andarci anche io un giorno!
Stiamo tornando a casa e con Hope che dorme tra le mie braccia, osservo ogni tanto il profilo di Rai: anche se non sono riuscita a prendere il bouquet, spero che la fortuna bussi ugualmente alla mia porta.
Chissà se un giorno me lo chiederai, Kon.





*******************************************************





" Kai, sono incinta, aspetto un figlio da te!"
                                                                            " Ti piace il mio disegno??"

          " Sai colorare??"             

  " Complimenti Hiwatari sei diventato padre!"
                                                                                          
                                                             " Sei un bastardo! Come hai potuto fare un figlio con quella!"

" Kai, ti conviene pensarci... prima che sia troppo tardi!"

 ".... non parlare con gli sconosciuti!"
           
                 " ..papà! papà!"                 " ...ti conviene pensarci......."

     " prima che sia troppo tardi!"                "...troppo tardi!"



Il suono della sveglia mi fa aprire gli occhi all'istante, facendomi rendere conto che quei volti e quelle voci, erano solo frutto della mia mente; voci che da alcune notti tormentano la mia mente, facendomi dormire ben poco.
E' dal giorno di quel dannato matrimonio che non riesco a dormire, faccio strani sogni e soprattutto strani pensieri mi ossessionano.
Mi siedo sul letto, emettendo un sospiro, non certo di sollievo. Porto le mani tra i capelli e massaggiandomi la testa dolorante, provo a scacciare tutti questi pensieri.

Lascio Eva dormire, e mi rinchiudo in bagno a fare una doccia.
Scendo in cucina, mi siedo a tavola e mentre la nostra cameriera mi versa il caffè, io rimango col viso appoggiato ad una mano e lo sguardo perso nel vuoto.
" Amore, buongiorno! Reina, io faccio colazione fuori!" la avverte Eva, dopo che le ha preparato il suo solito latte al caffè, già bello servito in tavola.
" D'accordo!" le risponde quasi scocciata: oramai dovrebbe sapere com' è fatta.
" Kai ma cos'hai stamattina? Dormito di nuovo male?" mi domanda accarezzandomi il viso.
" Solo mal di testa..." mi limito a risponderle.
" Kai, Kai, dovremmo farci una bella vacanza!" propone.
" Sì, vedremo..."
" Comunque, adesso devo uscire! Ci vediamo a pranzo al solito posto?"
" Ok".
Mi scocca un bacio e va via. Per fortuna la sua ira, che si era scatenata il giorno del matrimonio, si è placata ed è tornato tutto alla normalità.
Beh... quasi alla normalità.
Il fatto è che non riesco a darmi pace e la cosa più assurda è che non ne so il perchè! O forse lo so ma fingo di non saperlo, perchè non voglio ammetterlo.
Cazzo, Kai, perchè ti rovini da solo!
Fisso, pensoso il mio cellulare sul tavolo e dopo qualche minuto di esitazione, lo prendo in mano.
Forse sto per fare la più grande cazzata della mia vita... ma almeno mi toglierò ogni fottuto dubbio.
Porto il telefono all'orecchio e attendo che rispondano.
" Pronto? Signor Hiwatari, mi dica!"
" Senti, puoi dirmi se ho appuntamenti stamattina?"
"... Sì, alle 11!"
" Potresti spostarmelo nel pomeriggio?"
" D'accordo, ci proverò!"
" Bene! E non credo che stamattina verrò in ufficio, quindi avvisa gli altri!"
" Va bene! A più tardi!"

Terminata la chiamata, prendo le chiavi della mia auto ed esco.
Sì... credo di stare per fare una grande cazzata.





**************************************************







Sono passati cinque giorni da quando Hilary è partita a Parigi; ieri mi ha telefonato raccondandomi un bel po' di cose ma io non vedo l'ora che ritorni per sapere tutto alla perfezione!
Da due giorni, invece, Rai mi accompagna a lavoro per poi andare a lavorare, se così si può dire, con quei soci di suo padre di cui mi aveva parlato qualche giorno fa.
" Anya, preparami tre cappuccini!" mi avverte Dana da lontano.
Finito di pulire il bancone, mi giro dall'altra parte per accendere la macchinetta del caffè e attendo che le tazzine si riempino...
" Ciao, Anya..."
Una voce conosciuta, da dietro le mie spalle, mi fa sbarrare gli occhi.
No, non può essere! Devo essere impazzita.
Alzo lentamente gli occhi per vedere il suo riflesso attraverso alcuni oggetti posti davanti a me.
E'... no, deve essere un'allucinazione!
Premo il pulsante della macchina del caffè per spegnerla e lentamente porta la mia testa verso sinistra fino a incrociare i suoi occhi che mi fissano seriamente.

E' veramente lui.
Che diamine è venuto a fare?















Hola a todos el mundo! ^_^
Eccoci giunti al giorno del famoso matrimonio : e Yuri e Hilary son finalmente marito e moglie!! trallallallero!! ( fuochi d'artificio***).
Alla fine ce l'hanno fatta!
Le frasi scritte in corsivo, durante il percorso dell'altare, sono prese dalla canzone Thousand Years di Christina Perry *_* che bella quella canzone!
Ammetto di avere "abusato" del matrimonio all'italiana, ma siccome non so come si festeggiano in Giappone, ho deciso di usare le famose frasi dei nostri preti (Yeah!! ndPreti) perdonatemi dunque ^_^""
Poi...Boris è riuscito a trovare gli anelli <__<°°
Eva ha visto Hope.
 Kai ha visto Rai, ma non ho voluto aggiungere nessuna lite, incontro di wrestling, karate, ( anche se mi sarebbe piaciuto XD) per non rovinare il matrimonio della povera Hilary! Se fosse stato quello di Eva, magari, avrei aggiunto anche l'invasione degli eserciti delle Armate rosse, ma questa è un'altra storia...
(tossisce*)
Dunque dicevo... Kai vede Rai .... ma ma MA soprattutto abbiamo la prima conversazione vera (?) di Kai-padre, con la figlia XD
Il valoroso Kai, vedendo questa piccola donzelletta in pericolo, decide di alzare le nobili chiappe dalla panchina per raggiungerla,  in tutta la sua fighitudine di padre-fallito, alza il braccio e prende il palloncino ridandoglielo, ma ecco che la piccola tirando una corda, spuntata da non si sa dove, apre una buca facendo precipitare Kai negli Inferi. (aaaaaaah* Kai che precipita) ( muhahaha*risata malvagia di Hope circondata dalle fiamme).
Ma questa è un'altra storia ancora... u.u
XD
Tornando seri u.u
Kai sembra in preda ad una sorta di incubo, ossessione , paranoia (mauauh Hope*) (oddio... vuoi vedere che ho messo al mondo la reincarnazione della bambina di The Ring <_<° NdKai) che inizia nel momento in cui la piccola gli corre incontro gridando papà, anche se in realtà stava andando da Rai XD
E proprio alla fine assistiamo, si da' il caso, nella caffetteria di Anya XD all'arrivo di una "misteriosa" persona, che sembra avere messo in agitazione Anya!
Chi sarà???
Sarà chi pensiamo tutti che sia.???
ooooo....
sarà uno dei postini di Maria de Filippi, che portano un invito ad Anya per C'è posta per te??
E magari l'invito è da parte di chi pensiamo che sia??
Mmmm u.u
Anya aprirà la busta??
Il mistero s'infittisce!
Ok, se siete giunti fin qui, vuol dire che siete vivi e sì, sì, mi rendo benissimo conto che sto parlando troppo o.o
e il capitolo è finito 1342 righe fa ....
Sono sempre io, non preoccupatevi... ^_^"
Ok, ho scritto troppo ( sclero, in corso @@@@)

Grazie per le vostre recensioni, spero vi sia piaciuto anche questo!

Un bacio a tutte!!


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Capitolo 9
*** La voce della -coscienza- ***


" Anya, preparami tre cappuccini!" mi avverte Dana da lontano.
Finito di pulire il bancone, mi giro dall'altra parte per accendere la macchinetta del caffè ed attendere che le tazzine si riempino...
" Ciao, Anya..."
Una voce, fredda e conosciuta, da dietro le mie spalle, mi fa sbarrare gli occhi.
No, non può essere! Devo essere impazzita.
Alzo lentamente gli occhi per vedere il suo riflesso attraverso alcuni oggetti posti davanti a me.
E'...
no, deve essere un'allucinazione!
Premo il pulsante dell'apparecchio per spegnerlo e lentamente volto la mia testa verso sinistra fino a incrociare i suoi occhi che mi fissano seriamente.

E' veramente lui.
Che diamine è venuto a fare?

Come se fossi circondata dall'oscurità delle tenebre, tutto intorno a me scompare, ad eccezione di... Lui.
Lui che, seduto qui davanti a me, ha uno sguardo serio e freddo che io ricambio, cercando di non far trasparire alcun timore; Lui che sembra attendere una qualunque reazione da parte mia; e sempre Lui che, con la sua faccia da stronzo, oggi mi si presenta davanti e di sua spontanea volontà. Non so bene da quanti secondi, o addirittura minuti io lo stia osservando, ho perso la concezione del tempo e persino dello spazio: so solo che mi è di fronte e qualunque sia il motivo che ce lo ha portato, sinceramente, non mi importa, ma mi vedo costretta a rispondere.
" Che vuoi?" chiedo apatica.
Mi accorgo che il suo petto è quasi immobile, come se non respirasse, fissandomi con quella sua solita aria da persona superiore che mi ha sempre dato un gran fastidio.
" Non credi che dovremmo... parlare?"
Dovremmo...parlare??
Dovremmo...parlare??
Dovremm...
" Tu...vuoi parlare?" dico incredula facendomi scappare quasi una risata sarcastica che lui ricambia con occhi ostili.
Ma stiamo scherzando, per caso? Se è uno scherzo, vi prego, fate uscire le telecamere al più presto perchè, in questa precisa situazione, qualunque oggetto che mi circondi potrebbe divenire molto pericoloso, nel caso cadesse, disgraziatamente nelle mie mani.
" Tu devi essere fuori! Non so tu, ma io non ho niente da dire o meglio... non ABBIAMO un bel niente da dirci!" affermo schiettamente, fingendomi indaffarata.
" Non rendermi le cose più difficili!" ribatte a denti stretti.
A questa frase mi fermo, osservandolo dritto negli occhi.
" Le cose più difficili?? Kai, tu non sai cosa siano le cose Difficili, quindi non usare termini o frasi di cui non ne conosci il significato!" gli spiego stringendo i pugni e badando bene a non alzare di troppo il tono della voce.
Seduto davanti a me, si sporge un po' più avanti con fare alterato.
" Voglio solo parlarti di una cosa!"
Adesso mi sta facendo proprio incazzare: dopo tre anni compare dal nulla e vuole pure parlare?! Se crede di intimorirmi si sbaglia di grosso, perchè niente e nessuno mi farà cambiare idea. Mi avvicino senza nessun timore a lui, con la precisa intenzione di spiegargli chiaramente come stanno le cose.
" Kai, che ti sia chiara una cosa, una volta per tutte: io non ho tempo da perdere e di tutto quello che tu ora hai da dirmi o se hai qualche problema , beh...non me ne fotte un cavolo, e sai perchè?". Mi avvicino ancora di più al suo viso per meglio fargli recepire il mio messaggio e togliermi una volta per tutte questa gran soddisfazione: rivoltargli contro le stesse parole, la stessa frase che mi disse lui quel giorno...
"... perchè questo... adesso... è un problema Tuo!" concludo battendo adirata due pugni sul bancone, attirando l'attenzione dei clienti che fino a poco prima ci ignoravano.
Dai suoi occhi traspare una certa sorpresa: ricorderai benissimo questa frase, no?
In fondo, è da te che l'ho imparata, caro il mio Hiwatari!





                                              **********************************





Maledetta, da quando hai imparato a tirar fuori le palle?
E' un tuo problema adesso? La memoria non ti manca, e brava Sarizawa! Ringrazia che sei una donna o ti avrei già fatto passare la voglia di fare la spaccona.
Decido di non aggiungere altro, perchè la situazione è già complicata di suo e potrebbe anche finire male, quindi battendo quei pugni pieni di odio e rabbia sul bancone, mi lancia un'ultima terribile occhiata per poi voltarmi le spalle e andare via.
Rimango lì qualche secondo, a stringere i pugni dal nervoso, sentendo su di me gli occhi di alcune persone, soprattutto dell'altra cameriera che dopo un po' abbandona il suo lavoro per raggiungerla.
Mi alzo e decido di andarmene,rimuginando su quanto è appena successo: sapevo sarebbe stata una cazzata, ma non credere che sia finita qui, Sarizawa.





                                                     *********************







" Vuole parlare, VUOLE parlare!" esclamo adirata lanciando a vuoto il grembiule che avevo addosso.
Poggio le mani sul lavandino del bagno di servizio, chiudo gli occhi respirando quasi affannosamente.
" Anya, Cosa è successo??".
Riaperti gli occhi, vedo Dana dallo specchio.
" Vuoi... " mi volto verso di lei e prendo in mano una tazzina dal vassoio che ha appena appoggiato sul lavandino, con l'esplicita intenzione di lanciarla a muro e sentire il rumore di qualcosa che si infrange, rompendosi in mille pezzi, per avere almeno un minimo di soddisfazione, appagamento, nell'aver rotto qualcosa, seppur non in faccia ad Hiwatari." ...sapere cosa è succ...".
" Anya, no!!" mi grida fermandomi proprio nel momento in cui col braccio alzato, lo porto all'indietro , cercando di metterci tutta la rabbia che ho dentro. " Fermati! Sei impazzita?!"
Il mio atto viene bloccato dalla sua mano che tiene ferma la mia. Dopo essermi resa conto di aver perso le staffe decido di calmarmi e lentamente il mio respiro si regolarizza e l'ira si "placa".
Dana, avendo avvertito che i miei muscoli si sono rilassati, molla il mio braccio togliendomi la tazzina dalle mani per rimetterla al suo posto.
Resto a fissare immobile, un punto della parete di fronte e me e come al solito, il mio viso comincia a rigarsi di lacrime.
Da troppo tempo non succedeva così spesso.
" Anya...ogni volta che lo vedi diventi un'altra persona..." dice con lieve tono, avvicinandosi a me.
" Perchè ogni volta che lo vedo, mi cresce dentro una rabbia...". Stringo gli occhi cominciando a piangere.
" Non so cosa sia successo, ma... dalla tua espressione capisco che è qualcosa che ti fa seriamente soffrire..."

Soffrire è una parola che sul mio dizionario contiene un'unica accezione: Kai Hiwatari.

" Senti..." continua "... forse è meglio che tu vada a casa, finisco io per oggi..."
" No! Non preoccuparti, tra qualche minuto mi sentirò meglio!" la rassicuro forzando un sorriso.
" Sicura?"
" Sì..."
Rimasta sola, faccio qualche passo indietro, fino a toccare il muro, scivolarci sopra e arrivare a toccare terra.
Non avrei mai immaginato di ritrovarmi in una situazione simile: Hiwatari che vorrebbe parlare, ma di cosa? Che volesse parlarmi di lei? Cosa potrebbe importargliene dopo tanto tempo?
Hope non ha bisogno di lui: lei ha me, e anche Rai, che anche se non è il vero padre, l'ha cresciuta come tale e la cosa che lo rende straordinario è che...
Nessuno l' ha obbligato a farlo!











Arriva la sera e messa a letto Hope, raggiungo Rai, seduto sul divano a guardare la tv.
Mi siedo accanto a lui, poggiando la testa sulla sua spalla e chiudendo gli occhi.
" Hey..." mi rivolge dolcemente, circondando le mie spalle con un braccio. " Stanca?"
" Un po'" rispondo in un sussurro.
Dovrei dirgli che Kai è venuto a cercarmi? Non riesco a tenergli nascosta una cosa simile e poi, Hilary non è ancora tornata e non ho nessuno con cui sfogarmi se non lui, anche se sarebbe del tutto diverso.
" Sei troppo pensierosa oggi, che hai? Sai che ormai sei un libro aperto per me".
E' vero. A volte ho anche pensato che riuscisse a leggermi nel pensiero o capire dal semplice ritmo del mio respiro il mio stato d'animo.
Telepatia? Ottimo fiuto? Capacità paranormali?
Non credo proprio: durante tutti questi anni vissuti insieme, nella buona e nella cattiva sorte, abbiamo imparato a intuire e percepire le sensazioni dell'uno e dell'altro, con un semplice gioco fatto di gesti, sguardi o anche di soli silenzi, perchè è questo che due persone  arrivano a capire quando si amano.
Ricordo una poesia che avevo studiato a scuola, non ricordo chi l'avesse scritta ma quei pochi versi mi sono rimasti impressi nella memoria... e il cui significato ho capito solo in seguito...

Quando ti chiedi cos'è l'Amore,
immagina due mani ardenti
che si incontrano,
due sguardi perduti l'uno nell'altro,
due Cuori che tremano
di fronte all'immensità di un Sentimento,
e poche parole
per rendere eterno un istante.

e il cui significato ho capito solo in seguito.

" Tranquillo, solo solo stanca!" rispondo con un sorriso rassicurante.
Prende la mia mano incrociandola alla sua e baciandomi una tempia.
Anche se è tardi nessuno dei due sembra intenzionato ad alzarsi, per non rovinare questo momento. Sono questi momenti che riescono a farmi dimenticare lo stress e le brutte cose accadute durante la giornata.
Sono questi i momenti che vorrei non finissero mai.









                                              ********************************





"Questo è un problema tuo!"
Non riesco a chiudere occhio, e continuo a osservare il soffitto, dove non vedo altro che la sua espressione furibonda nel pronunciare quelle parole.
" Kai..."
Sento farfugliare qualcosa ad Eva, che coricata accanto a me poggia la sua testa sulla mia spalla.
Sicuramente starà parlando nel sonno.
Ma cosa mi è passato per la mente? Andare da lei e dire che dovevo parlarle? Me ne sono pentito non appena ho messo piede fuori da quella caffetteria: cosa avrei dovuto aspettarmi da lei?
Non avrebbe mai accettato, nemmeno sotto tortura, ma se le cose fossero andate diversamente e avesse acconsentito, di cosa avrei dovuto parlarle?
La verità è che non so nemmeno io che diamine mi sia preso, so solo che da quando ho visto quella bambina ho sentito una strana sensazione, ma non so bene cosa fosse.
Che sia stato il vedere quella che dicono mia figlia nelle mani di una persona che detesti?
L'essere stato definito uno sconosciuto e quindi rimanere all'oscuro per tutto il tempo?
Sapere di essere padre di qualcuno che non sa della tua esistenza?
Questo è l'obiettivo di Anya, ma d'altronde non posso biasimarla dopo tutto quello che è successo, ma il vedere che ci goda nel fatto che io mi renda conto che la sua ha tutta l'aria di essere l'allegra famigliola con qualcosa che ha avuto da me e che lei ha messo nelle mani di qualcun'altro,mi fa veramente innervosire.
Adesso non farà che rivolgermi tutto contro, ma staremo a vedere quanto resisterai.







                                                 ***********************************






" Oh Parigi è fantastica! Abbiamo trascorso una settimana magnifica, visitato luoghi meravigliosi, cenette nei posti più romantici!" esclama Hilary esuberante " Peccato che da oggi si ritorni alla normalità!"
" Non alla normalita! Adesso comincia la vostra vita da coniugi, signora Ivanov!" le spiego con un sorrisetto beffardo.
Al suono di questo appellativo sbarra gli occhi.
" S-ignora Ivanov?!" sussurra tra sè e sè " Oddio, mi ci dovrò abituare!"
" Ma dai, resti sempre la solita Hilary!"
" E tu? Stamattina mi hai detto che dovevi parlarmi di una cosa!"
Hilary è tornata ieri sera dalla sua luna di miele ed oggi, finito il mio turno, sono corsa a riabbracciarla per sapere, in ogni dettaglio, come avesse trascorso la vacanza ma anche e soprattutto per aggiornarla delle ultime cose accadute in sua assenza.
" Sì! Ma tieniti forte, perchè sicuramente farai fatica a crederci!" spiego assumendo un tono serio.
" Ok, che sarà mai?"
" L'altro giorno, in caffetteria è venuto a trovarmi..." detto così  dà quasi l'idea di una visita di cortesia, ma comunque "... lui."
" Lui?". Dopo avere pensato qualche secondo il nome di questo lui, sbarra gli occhi. " Vuoi dire: Lui, Hiwatari?"
" Esatto!" confermo abbassando gli occhi. " e con l'esplicita intenzione di parlarmi!" aggiungo con tanto di sospiro.
" Cosa? E di cosa ti ha parlato?" domanda sorpresa.
" Cosa vuoi che me ne importasse, in quel momento non ci ho visto più dalla rabbia e ho rifiutato con grande soddisfazione!"
" Ah... beh posso immaginare la tua reazione, ma chissà cosa avrebbe voluto dirti!"
" Ammetto che solo dopo, quando mi sono calmata mi è venuta una certa curiosità, ma non mi pento di avere reagito così!"
" E Rai, lo sa?"
" No, non me la sono sentita, ma se dovesse succedere di nuovo, glielo dirò..."
" Cavoli! Le cose diventano sempre più complicate!"
Purtroppo le cose sembrano andare diversamente da come avevo prestabilito.









                                        *****************************************








" Con quell'anello al dito mi fai impressione, Ivanov!" commenta divertito Boris beccandosi un' occhiata minacciosa da parte del rosso.
" A proposito, a momenti per colpa tua non sarebbe qui adesso!"
" Sei ancora arrabiato? Alla fine li ho trovati e poi come minimo ti avrei fatto un favore!"
In tutta risposta riceve un colpo della cartella che Yuri teneva in mano.
" Ahi!" esclama massaggiandosi la testa. " Adesso non diventerai mica il maritino perfetto, che torna a casa presto e con gli amici beve al massimo un bicchiere di acqua o se vuole esagerare, ordina dell'acqua frizzante?!" dice imitando il tono di una persona dai modi raffinati.
" Beh adesso deve pensare a metter su la stirpe degli Ivanov!" aggiungo io, che fino a poco fa assistevo all'ennesima disputa tra quei due.
" Kai, non ti ci mettere pure tu!" mi rivolge puntando un dito minaccioso alla mia espressione divertita.
" Ahah! Ma te li immagini: una decina di marmocchi tutti dai capelli rossi che corrono per casa inseguiti dal paparino con in mano pappine e biberon!" aggiunge Boris, che con le lacrime agli occhi e piegandosi in due dal ridere stava quasi per cadere dalla poltrona girevole su cui sta seduto.
" Sì, continuate pure a sfottere!".
Atteggiamenti che lui ricambia con aria infastidita.
" Scusaci, ma sei uno spasso! Comunque gente, io torno al mio lavoro, ci sentiamo, magari per una birra!".
Con un gesto lascia un saluto per poi uscire dall'ufficio di Yuri, mentre io resto qui a dondolarmi sulla poltrona, sotto il suo sguardo interrogativo.
" Allora Kai..." inizia con fare professionale "... come ti è sembrata la situazione?"
Avendo intuito dove voglia andare a parare, decido di fermarmi e assumere un atteggiamento serio.
" Mi sembra che vada tutto bene, no?"
" In che senso?"
" Lei, la bambina e lui: la famiglia perfetta!" concludo ironico.
" E questo non ti tocca per niente?"
Rimango qualche secondo a pensare: è quello che vorrei capire anch' io.
" Avrai capito che quella bambina considera Rai suo padre..." spiega poggiando pesantemente la schiena sulla sua poltrona.
Fin qui ci sono arrivato.
" D'altronde non potrebbe essere diversamente, visto che lei non sa e non potrebbe sapere, dell'esistenza di un secondo padre... quello vero, intento!"
Anche questo è vero.
" C'è da aggiungere che tutto ciò facilita l'obiettivo di Anya..."
Si avvicina, poggiando i gomiti sulla scrivania. Mi sembra di essere sottoposto ad una visita psichiatrica.
" Farle ignorare la tua esistenza!"
Proprio come immaginavo.
" E secondo te cosa dovrei fare? Ho provato a parlarle, ma non ha voluto ascoltarmi!"
" Tu cosa?" chiede sorpreso.
Cazz...me lo sono fatto scappare!
" Diciamo che...sono andato in caffetteria per parlarle..." rivelo sotto il suo sguardo incredulo.
" Non me lo sarei mai aspettato..." confessa divertito. " E cosa ti ha spinto a fare ciò?".
" Adesso vuoi sapere troppo! Ti ho già detto abbastanza!" spiego facendo in modo di porre fine a domande inutili.
" Ok, ok! Quindi tu sei andato da lei, senza ottenere risultato. C'era da aspettarselo, non trovi?"
" Già... dovevi vederla, mi avrebbe ucciso davanti a tutti se avesse potuto farlo!" aggiungo perdendomi in strani ricordi.
" Non dovrebbe sorprenderti, dopotutto tu l'hai mollata con una figlia, senza pensarci due volte!".
" Non stavamo mica insieme!" spiego infastidito.
" E allora perchè siete stati insieme quella sera? Da quello che mi risulta sei stato tu a cercarla!" domanda con arguzia.
" Sei un dottorino del cazzo, lo sai?" gli rivolgo minaccioso.
" E tu sei una testolina del cazzo, che ti conviene mettere a posto se vuoi risolvere la situazione!" controbatte arrogante. " Ammettilo, Kai..."
" Ammettere cosa?"
" Non devo essere io a dirtelo, dovrai arrivarci da solo e ammetterlo una buona volta!"
" Vaffanculo, Ivanov! Con te non ci parlo più!" concludo battendo un pugno sul tavolino.
Sul suo volto si dipinge un irritante sorrisino soddisfatto per qualcosa che non ho ancora capito.Così decido di alzarmi e andarmene.
" Comunque, Kai... " mi richiama ".., fossi in te, ci riproverei un'ultima volta!".
" Buon lavoro!" mi limito a rispondere per poi uscire.

Cazzo di Yuri! Lui e le sue parole potrebbero riuscire ad ossessionarmi per interi giorni, eppure mi ostino sempre a cercare in lui, a modo mio, un qualche consiglio.
Provarci un'altra volta? Tzè...











                                          ************************************











" Non vuole alzarsi dal letto, dice che ha mal di pancia!" mi spiega Rai arrivando in cucina.
" Mio dio! Questa scusa è vecchia ed è troppo presto per cominciare ad usarla! Ci vado io!"
A passi pesanti mi dirigo nella stanza di Hope, dove la trovo nascosta sotto le coperte, che decido di far volare in aria.
" Allora, piccola furfante, come mai non vuoi andare all'asilo?" domando autoritaria.
" Mi fa male il pancino!" dice con voce docile, massaggiandosi la pancia.
" Oh, ma davvero? Guarda che lo so che stai fingendo, birichina!"
" Mi fa male!" inizia ad agitarsi tutta sul letto, facendo smorfie di dolore.
" Magari dice la verità, non ha più fatto capricci per andare all'asilo e non credo che abbia qualche motivo per farlo di proposito!" dice Rai, prendendo come sempre le sue parti.
" E va bene! Per stavolta ti credo!" dico arrendendomi " Ma, andremo dal dottore per un controllo, ok?" .
Annuisce tranquillamente. Magari le fa male veramente, non ha mai inventato scuse del genere fin'ora.
" Gliela porti tu? Io devo correre a fare una doccia e scappare!"
" Sì, tranquillo! Stamattina sono libera, andremo a fare una visitina a Yuri!"









" Prego, può entrare il prossimo!" sento dire a Yuri dal suo ufficio, non appena la paziente apre la porta per uscire.
" Forza andiamo!"
La prendo per mano ed entriamo.
" Hey, che sorpresa!" esclama sorridente Yuri.
" Ciao, sono venuta a portarti una piccola paziente" spiego puntando gli occhi verso Hope.
" Ma è la più bella paziente che mi sia mai capitata! Che hai?" le domanda dolcemente.
" Mi fa male il pancino..." risponde timidamente nascondendosi dietro di me.
" Dunque, visitiamola!"
La prende in braccio e la fa distendere sul lettino, mentre io assisto divertita a questa scena.
" Allora, dove ti fa male?"
" Qui!" dice indicando un punto della pancia.
" Se tocco qui ti fa male?"
Devo dire che Yuri ci sa fare, mi fa quasi tenerezza: chissà quando decideranno i signori Ivanov a metter su famiglia, anche se penso sia troppo presto per una cosa simile.
" Sì!"
" E qui?"
" Sì!"
" Cosa ha mangiato negli ultimi giorni?" domanda rivolgendosi a me.
" Beh... le solite cose! Riso, verdure, ieri sera ho cucinato del pesce, ma non ne ha mangiato molto anche perchè Rai ha comprato dei cioccolatini e ne ha mangiato qualcuno prima di cena!"
" Qualcuno?"
" Adesso che ci penso, stamattina ne mancavano parecchi..." sbarro gli occhi " li hai mangiati tu?Hope!" le rivolgo con tono rimproveratorio.
" Mistero risolto!" afferma il dottore divertito " Golosa la piccola, chissà da chi avrà preso? Non mi risulta che Hiwatari impazzisca per le cose dolci!"
In tutta risposta riceve uno sguardo inceneritore: figuriamoci! L'elemento alla base della sua alimentazione quotidiana sarà l'aceto!
" Non posso crederci, ecco perchè non aveva fame!"
" Tranquilla, non è niente di grave, ti prescriverò un innoquo farmaco, giusto per sicurezza!"
" Che peste! Da oggi solo brodino di verdure!"
" Beah!" risponde disgustata, strappando una risata a Yuri che inizia a solleticarle la pancia.
" Allora, come va?" mi domanda d'un tratto.
" E' lei la paziente!" gli ricordo.
" No intendevo, come va con Kai?"
" Come dovrebbe andare, scusa? Che mi risulti, viviamo due vite parallele!" rispondo infastidita.
" So che è venuto a trovarti..." vedo che la voce si è sparsa "... e non me lo ha detto Hilary!" si giustifica prima che io apra bocca.
Che gliel'abbia detto lui? Sorprendente!
" Sì è vero... ma ha fatto un buco nell'acqua!"
" Anya, senti, so che sei arrabbiata ma... che ti sarebbe costato ascoltarlo per un attimo?"
Si dimentica per un attimo di Hope che resta coricata e giocherellare e canticchiare da sola, mentre noi due siamo l'uno di fronte all'altro a parlare di qualcosa per cui non ne vale la pena.
" Yuri, è ovvio che tu lo difenda e prenda le sue parti, ma..."
" Ti sbagli! Io stesso gli sono stato contro nel momento in cui ha deciso di fregarsene! Gli avrei volentieri spaccato in due il cranio per vedere cosa avesse in quella sua testa; io non sto nè dalla sua parte, e mi dispiace dirtelo, ma nemmeno dalla tua, anche se hai tutte le ragioni per reagire così! Io sto dalla parte di qualcun'altro..."
Continuo a fissarlo non riuscendo a capire bene a chi si rifesrisca.
I suoi occhi puntano su Hope " dalla sua! Che in tutta questa storia non ha nessuna colpa e che sta vivendo in una sorta di menzogna!"
La osservo perdendomi in mille pensieri, mentre le parole di Yuri continuano a insinuarsi nella mia mente.  " So che Rai ha cresciuto Hope come se fosse sua, ma guardiamo in faccia la realtà: lui non è il vero padre e cosa farai quando un giorno disgraziatamente verrà a scoprire la verità? Ti chiederà chi sia e perchè non ne ha mai saputo l'esistenza! E tu, a quel punto cosa dirai?"
" Dirò la verità: che se n'è fregato nel momento in cui gli ho detto di essere incinta!" spiego freddamente.
" E che ha cercato di fare un passo avanti? Questo glielo dirai?"
Perchè continua con questi discorsi: sono assurdi!
" Yuri, è stato lui a decidere tutto questo, esplicitamente!" scandisco bene l'ultima parola.
" Non pensi che il tuo sia solo un capriccio? Un modo per vendicarti? La stai mettendo un po' troppo sul tuo piano personale, dimenticando che il vero oggetto del discorso è ben altro!" controbatte indicando sempre la piccola.
" Non è così!"
" Allora perchè non dargli una, almeno una, possibilità? Io conosco Kai e se ti ha cercata ci sarà sicuramente un valido motivo, penso che anche tu sappia com' è fatto!"
" Appunto, so com'è fatto e non vale la pena preoccuparsi più di tanto!"
" Anya tutti hanno il diritto ad avere almeno una seconda possibilità! E tu... dovresti saperne qualcosa... o sbaglio?".
Per un attimo mi perdo nei suoi occhi, sentendomi dentro una stretta alla gola e allo stomaco: è vero, anche io ho avuto una seconda possibilità! Nonostante tutto quello che gli ho fatto, Rai mi ha perdonata e ha deciso di riprovarci...
" Devo andare a lavoro!" affermo rompenDo il silenzio e la tensione che si era creata, con l'intenzione di porre fine a questa discussione.
Lui rimane un po' perplesso da questa mia reazione, non aggiungendo nulla; così fa scendere Hope dal lettino e mi prescrive un farmaco che andrò a ritirare in farmacia appena uscite da qui.
" Non preoccuparti, domani si sentirà già meglio!" mi rassicura porgendomi il foglietto che io afferro ma che lui non sembra intenzionato a mollare, costringendomi ad alzare lo sguardo verso di lui.
" Spero di non avere sprecato parole inutili..."
" Ti vedo già bene nei panni di psichiatra, Dottor Ivanov!" mi limito a dire freddamente strappandogli il foglio dalle mani ed uscire.

Ammetto che in tutto questo suo discorso, un filo logico c'era, ma cosa dovrei fare? Loro non possono capire come io mi senta, nemmeno Hilary, nonostante mi sia stata accanto, soprattutto in quel periodo così buio.
E adesso mi chiedo...
Hanno proprio tutti il diritto ad avere una seconda possibilità?





                                                  **********************







" Allora la farò contattare per telefono dalla mia segretaria, per ultimare l'accordo".
" Perfetto, allora a presto!"
Con una stretta di mano saluto quest'uomo alto e baffuto, potenziale cliente della nostra società, che ho invitato a pranzo per spiegargli tutti i vantaggi del nostro progetto.
Finito l'incontro, mi metto alla guida della mia auto per raggiungere casa e durante il tragitto il semaforo rosso mi obbliga a fermarmi. Con un gomito fuori dal finestrino e reggendo il viso su una mano, aspetto con fare annoiato che il verde si decida a comparire. La radio sta trasmettendo alcune notizie, dalla strada provengono rumori assordanti di ogni genere, e in tutto questo, chiudo per un attimo gli occhi stanchi e appesantiti per poi riaprirli e notare in mezzo alla folla di pedoni una signora, che attraversa la strada tenendo ben stretta la mano della figlia. I miei occhi si perdono per un istante su quella piccola figura, che mi porta a pensare a...Hope: è così che l'ha chiamata, se non sbaglio. Ripenso ancora a quella sera, a quando mi sono avvicinato a lei, ignara di chi io fossi veramente, ma dopotutto, per lei sono veramente uno sconosciuto; ha ragione il rosso: lei non potrebbe mai immaginare di avere un vero padre ed Anya farà di tutto affinchè non lo venga a sapere. Quindi, la prima mossa...
Il semaforo diventa verde.
...deve partire per forza da me.
Credo che andrò a prendere un caffè...





Aperta la porta, segue quel fastidioso tintinnio che attira subito l'attenzione della cameriera su di me. Il bancone è vuoto e non sembra esserci traccia di lei. Sentendo su di me gli occhi di quella ragazza, mi siedo ad uno dei tavolini, dopo essermi accorto che da una porta dietro al bancone arrivano dei rumori: sarà sicuramente lei.
" Desidera?" domanda la mora con tono pungente.
Devo essermi fatto già una cattiva fama qui.
" Potresti chiamarmi Anya?" le chiedo senza giri di parole.
" Mi dispiace, ma non è prevista nel menu! Qualcos'altro?" ironizza furbetta, attendendo con carta e penna in mano.
" Molto divertente..." commento acidamente "... me la chiami, per favore?" detto stavolta con un tono che non ammette repliche.
" Adesso non c'è...".
" Ma davvero? Dille che sono qui!"
Arriccia le labbra fulminandomi con gli occhi, avendo capito che so benissimo che Anya si trova qui.
" Allora vado a vedere se è qui!" conclude acida tornando in cucina.
Non mi conosce è già mi odia, segno che Anya le avrà accennato qualcosa.







                                               **************************






Mentre sistemo sugli scaffali la merce che ci è stata appena consegnata, avverto da dietro le mie spalle la presenza di Dana.
" Anya, c'è un'ordinazione speciale!" dice con tono strano.
" E che sarebbe?" chiedo sorridente, continuando a fare il mio lavoro.
" Chiedono di te..."
Di me?
Incuriosita, la fisso con espressione interrogativa.
" E chi?"
" Sai... alto, capelli bicolore, occhi ametista..." cerca di descrivere con fare di superficialità. " Insomma, il figo pazzesco è tornato, e chiede la specialità della casa..."
La mia espressione si muta nel giro di mezzo secondo, rendendo esplicito il disprezzo che provo nei suoi confronti.
" Dico che hai da fare e non puoi?" propone, convinta del mio consenso.
Imperterrito, decide di presentarsi una seconda volta...
" Sì, grazie".
La mia risposta fa dipingere sul volto della mia collega un ghigno di soddisfazione.
All'improvviso però le parole di Yuri mi fanno venire un sussulto dentro, e la sua frase continua a echeggiare dentro di me facendomi  venire in mente delle cose che non avrei mai immaginato di poter pensare.
" Tutti hanno diritto ad una seconda possibilità... e tu ne sai qualcosa!"
Credo di essere impazzita...
" Aspetta!" la fermo prima che esca. Si volta guardandomi perplessa.
" Ci...vado io!" rivelo sotto il suo sguardo contorto.
Rimetto al suo posto il barattolo che tenevo in mano e mi dirigo alla porta passandole a lato.
" Anya... sei sicura?" domanda stavolta seria.
Segue un lungo sospiro da parte mia. " Non preoccuparti, cercherò di non rompere nulla!" la rassicuro ironica per poi uscire.
I miei occhi lo puntano subito, seduto ad un tavolo posto più in fondo, con le spalle verso la mia direzione.
Vuoi parlare? Bene, sono proprio curiosa di sentire quello che hai da dire!
" Mi cercavi?" domando apatica prendendolo di sorpresa.
Al suono della mia voce alza gli occhi e mi osserva con aria di superficialità.
" Sì..."
" A cosa devo il tuo ritorno?" chiedo incrociando le braccia al petto stando in piedi davanti a lui.
" Dobbiamo parlare, ricordi?"
" Bene, oggi sembra il tuo giorno fortunato, perchè ho proprio una gran voglia di ascoltarti!"concludo sarcastica, strappandogli un sorriso beffardo.
" Almeno siediti..." mi invita con un gesto della mano.
" Le mie orecchie ti concederanno pochi secondi, quindi non c'è bisogno!"
" Siediti!" ripete non ammettendo repliche costringendomi a eseguire il suo ordine.
" Avanti, parla!" lo invito educatamente ma evidentemente non ha capito perchè la sola cosa che riesce a fare è fissarmi. " Non ho ancora sviluppato la capacità di leggere nel pensiero..." gli spiego ironica.
" Immagino che tu sappia di cosa io voglia parlarti..."
" No! O meglio... forse, ma voglio sentirlo da te!"
So che le parole non sono mai state il suo forte, quindi gli renderò tutto un po' più complicato.
Avendo intuito che dalla sottoscritta non verrà alcun incentivo o suggerimento, si vede costretto a usare il discorso di emergenza, sempre se ne abbia preparato uno...
" Quella bambina..." inizia sospirando "... oramai non ci sono dubbi che è mia...". Definirla mia mi sembra un po' forte, ma lo lascio comunque proseguire. " Sembra evidente, e non credevo che il cinese si sarebbe accollato una figlia non sua..."
" Bada a come parli, Hiwatari!" lo avviso con tono brusco.
" Ovviamente questo ti ha facilitato molto nel tuo tentativo di usarlo come presunto padre di quella bambina!"
" Io non ho usato proprio nessuno! Lui è stato libero di fare ciò che voleva!" ribatto duramente stringendo un pungo sul tavolo.
Ma chi si crede di essere per dire delle cose del genere? Come può lui giudicare in questo modo?
" Ne sei sicura?" dice sporgendosi un po' più avanti mentre io lascio trasparire un certo timore. " Allora perchè non sa che ha un altro padre?".
" Perchè non ce l'ha e non ce l'avrà mai!" rispondo senza esitare. " Tu potrai anche essere definito il suo padre biologico, anche se la parola padre non ti si addice proprio, ma non sei il suo vero padre, perchè un vero padre non abbandona e se ne frega allo stesso modo di come Tu hai fatto! Un vero padre è presente nel giorno in cui nasce, quando compie i suoi primi passi, quando dice le sue prime parole... tu, in tutto questo...dov'eri?"
Questa volta sono io a sporgermi più avanti, continuando a gettargli queste parole in faccia, ma che non sembrano sfiorarla neanche. " Ti credi che le cose funzionino così? Te ne vai, poi ritorni, e la cosa si risolva con un battito di ciglia? No... mi dispiace, ti sbagli di grosso!"
" Ammettilo, lo fai solo per vendetta!" controbatte.
" Io faccio solo quello che è giusto fare!" sibilo a denti stretti facendo la mossa di dargli uno schiaffo ma che lui riesce ad afferrare prontamente prima che arrivi alla sua mascella sinistra.
" Quindi ritieni giusto che lei pensi per tutta la sua vita che Rai è suo padre? E cosa farai se un giorno il presunto paparino decidesse di andarsene?".
" Non verrò di certo a piangere da te!" rivelo osservandolo ostile negli occhi col braccio ancora teso e il polso tenuto ben fermo dalla sua presa.
La tensione cresce a dismisura, i nostri occhi sembrano scambiarsi forti scariche elettriche e il polso comincia seriamente a farmi male.
" Adesso basta! Ho ascoltato abbastanza!" affermo adirata cercando di liberarmi dalla presa che lui molla all'istante.
" Io ci ho provato, ma evidentemente tu preferisci mettere davanti delle questioni tue ancora più personali..." dice lasciando sottintendere chissà che cosa.
" Per favore, sparisci dalla mia vista!"
" Ok... ma se per caso la tua vista vorrebbe farmi riapparire, qui c'è il mio numero".
Mette sul tavolo una sorta di biglietto da visita che fa strisciare sul tavolo verso la mia direzione, sotto il mio sguardo perplesso. " Molto probabilmente non lo userai, ma almeno io potrò dire di averci provato!" conclude con un ghigno soddisfatto dipinto sul volto.
Si alza e se ne va, ma i miei occhi lo vedono ancora seduto lì, sebbene, in realtà restino a fissare il vuoto.
Sento la porta aprirsi e chiudersi due volte e subito dopo il vuoto lasciato da Hiwatari viene riempito dalla figura di Boris, che mi osserva stranito.
" Ho visto Kai che usciva da qui, non mi ha neanche salutato! Anya ci sei?" mi chiede passandomi una mano davanti ripetute volte per riportarmi alla realtà.
" Ultimamente viene troppo spesso il tuo amico!" sento dire a Dana, probabilmente appena arrivata.
" Ma non mi dire... e che è venuto a fare?".
Restano in silenzio a fissarsi mentre io rimango come in disparte,circondata da mille pensieri e un solo punto interrogativo davanti:


qual è la cosa giusta da fare?



















Ciao ^_^
La storia prosegue e le cose cominciano a complicarsi seriamente, come vuole la tradizione.
Kai va in caffetteria con l'intenzione di parlare con la nostra amica, che rifiuta con grande soddisfazione.
Alzi la mano
Chi pensava che avrebbe accettato? (....@@@....nd Nessuno)
Chi pensava che avrebbe rifiutato? ( Io! nd tutti in coro)
La prima reazione penso sarebbe stata giusta farla così.
Yuri in questo capitolo sembra davvero uno psichiatra, psicologo che si insinua nella mente delle persone, volgendo i loro pensieri secondo il suo volere ahahah ( mi sto esercitando u.u NdYuri) ( Io me lo sogno ancora la notte nd Boris ç_ç)
Dunque, dopo che la vocina di Yuri ha convinto tutti, Anya ha accettato di parlare con Kai ma la discussione è stata un po' accesa, Anya stava partendo col sinistro ma purtroppo ( <.<°ndKai) l'ha fermata.
Il capitolo si conclude ( con la mia apparizione ^o^ Nd Boris) <.<° no, con Kai che lascia il suo biglietto da visita.
Anya cade nell'abisso del dubbio... adesso oltre alle voci di Yuri, sognerà anche quelle di Kai, dovrà seriamente pensare a quello che deve fare.
Non so se si è capito, ma Kai in questo momento non è che interessato alla bambina ( e nemmeno ad Anya in quel senso XD) ma anche se vuole conoscere Hope lo fa più che altro per una questione, come dire... per portare scompiglio va... XD per non essere messo in disparte e vedere Rai prendersi dei meriti per avere cresciuto sua figlia ( discorso contorto...o.o ma lasciamo perdere XD)

Grazie come sempre a tutti voi che mi seguite!
Al prossimo aggiornamento.
<3 ciaoooo

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Capitolo 10
*** Una seconda possibilità? ***









...Questo ti ha facilitato molto nel tuo tentativo di usarlo come presunto padre di quella bambina!

Non era questo il mio obiettivo, e  non lo è mai stato, tuttavia è come se implicitamente ed inconsapevolmente lo stessi facendo.

"Anya! Posso entrare?" domanda Rai bussando alla porta del bagno.
" S-ì!" rispondo cercando di spazzare via questi pensieri dalla mente.
" Hey, cos'è? uno di quei bagni riflessivi?" se la ride ironico dopo avere chiuso la porta, avvicinandosi a me, che sto immersa nella vasca piena di acqua calda e schiuma, che emana un buon profumo di vaniglia che mi rilazza tanto.
Lo fisso sorridendo dolcemente " Diciamo di sì..." mischiando il tutto ad un filo di tristezza.
" Qualche problema?"domanda preoccupato inginocchiandosi e appoggiando i gomiti sul bordo della vasca.
I secondi di silenzio che seguono gli fanno intuire la risposta. " Ho capito, c'è qualche problema" afferma sospirando. " Ti va di parlarne?".
Dovrei?
A dire la verità non vorrei, ma non riesco a tenere tutto dentro, anche se già conosco bene le conseguenze.
" Ecco..." inizio titubante, cercando di trovare il modo giusto di spiegare il problema.
" Sì..." mi incita a proseguire.
" ...Secondo te..." abbasso lo sguardo " hanno tutti occasione ad una seconda... possibilità?". Non mi volto verso di lui, perchè non ne ho il coraggio, tuttavia percepisco che la sua espressione si è mutata.
Sposto solo gli occhi alla mia destra, rimanendo fissa nella mia posizione.
" Credo che dipenda da un bel po' di cose, non credi?" afferma atono continuando a fissarmi.
" E se... a-anche se questa persona non meritasse e tu vorresti farlo solo per... il bene di qualcun'altro?" domando ancora una volta con tono sommesso, questa volta incrociando il suo sguardo, che era proprio come immaginavo: serio e quasi impassibile.
" Anya, io non penso che la persona a cui tu stia alludendo, avendo questa possibilità, eviterebbe di fare del male a qualcuno" dice d'un fiato, avendo capito, ovviamente,  chi si nasconda dietro alla persona, oggetto del mio "generale" discorso.
" Questo lo so, ma... tutto ciò ti porterà a mentire a qualcuno a cui vuoi bene..."
" Rivederlo ti ha fatto porre tutti questi dubbi?" chiede infastidito.
Ecco perchè non ero sicura sull'intraprendere questa discussione con lui: adesso si metterà in testa delle cose che non c'entrano minimamente.
" Rai, non è stato il rivederlo a causare ciò...ma il pensare al fatto che io stia mentendo a mia figlia!" gli spiego chiaramente.
Bene, senza bisogno di chiarimenti, il discorso, dal generale è passato automaticamente al particolare.
" Fino a qualche mese fa non ti dispiaceva l'idea..." continua irritato.
" Credi davvero che mi faccia piacere?" esclamo, sconvolta da questa sua affermazione. " Sarà vero il fatto che fin dall'inizio mi ero prefissata di non dire mai chi fosse il padre, ma mi è costato molto e adesso mi sto rendendo conto che non mi piace affatto! Hope sta crescendo nella convinzione che tu... sia suo padre e non potrebbe fare altrimenti, perchè... perchè tu sei sempre stato presente nella sua vita, sei una persona importante per lei, sei stato come un padre...ma..." mi fermo un attimo, rendendomi conto di star usando, forse, delle parole un po' troppo forti nei suoi confronti e che l'ultima cosa che aggiungerò non sarà altro che il colpo finale...
" Ma?" mi invita serio a continuare.
" Ma tu..." mi si forma un nodo alla gola. Anya, non dirlo... " Non sei il suo vero padre...".
Perchè l'hai detto!
Stringe, dentro le labbra sigillate, i denti, abbassando lo sguardo e muovendo gli occhi da un punto all'altro della vasca.
Lo ha sempre chiamato papà e a lui non sembra mai avere dato alcun fastidio. Ogni volta che li vedo insieme mi viene una stretta al cuore, perchè quel legame tanto forte che hanno creato non è dovuto a un legame di sangue.
" Ti ha cercata, vero?" domanda  prendendomi di sorpresa.
Non avrebbe senso mentire... " Sì..."
" Ti è bastato così poco per perdonarlo, o è successo qualcosa in particolare?" il modo in cui ha pronunciato questa frase mi ha completamente fatta raggelare, tanto da farmi sembrare così fredda l'acqua che mi circonda.
" Rai..." libero in un sussurro  " ma... che cos-... io non ho perdonato proprio nessuno, e non è successo proprio niente! Abbiamo solo..."
" Parlato?"conclude bruscamente.
" S-ì..."
" Va bene, spero solo che non abbiate parlato allo stesso modo di come avete parlato quando io ero in Cina qualche anno fa!" conclude irritato mettendo tra virgolette la parola "parlato"e alludendo a ben qualcos'altro.
Si alza di scatto, uscendo dal bagno e lasciandomi completamente spiazzata in due all'interno di questa vasca, la cui acqua oramai sembra essersi ghiacciata.
Non può averlo pensato seriamente...
ma... dopotutto non posso biasimarlo visto che l'ho tradito veramente già una volta.
Non si fida più di me, specialmente quando di mezzo c'è lui.






Da due giorni Rai si sveglia ed esce abbastanza presto la mattina, e durante la cena o a letto le nostre discussioni si limitano a piccole e brevi frasi. Perchè si comporta sempre così? Capisco la sua rabbia, ma lui dovrebbe anche capire me! Capisco che la sua sarà gelosia, unita a disprezzo, rancore, ma deve capire che la mia è stata una decisione sofferta, che poi, a dir la verità, non ho neanche preso una decisione ancora. Tengo quello stupido biglietto da visita in una tasca del mio grembiule e da quel giorno ogni tanto mi capita di prenderlo e fissarlo pensando a mille e mille cose; poi questi pensieri si spostano immediatamente nella direzione delle "brutte cose" e mi fanno riposare quel biglietto all'interno della tasca e maledire tutto. Anche adesso, per esempio,  lo fisso tenendolo tra il pollice e l'indice, come nella speranza di trovarci una risposta scritta, apparsa magicamente. Lo leggo e rileggo migliaia di volte al giorno, oramai ho imparato il suo numero a memoria, e la cosa mi disgusta e non poco.
Non ho il coraggio di telefonargli, o forse non ne ho semplicemente l'intenzione...
Sul retro del biglietto mi rendo conto , per la prima volta, dopo le migliaia di volte che l'ho preso in mano, che oltre al suo numero vi è scritto, a caratteri abbastanza piccoli, l'indirizzo dell'azienda in cui lavora...










                                                                    *********************








Sono nel mio ufficio a controllare delle fatture al computer, quando d'improvviso squilla il telefono posto alla mia sinistra.
Senza distogliere la concetrazione dallo schermo, afferro la cornetta e lo porto all'orecchio.
" Sì..."
" C'è una visita per lei!" . E' la mia segretaria, che  mi avvisa e mi programma tutti gli appuntamenti.
" Dì che ora non posso!". Non mi piacciono le visite a sorpresa, di solito ricevo solo per appuntamento e le avrò spiegato un miliardo di volte che l'unica cosa che dovrebbe limitarsi a dire in questi casi è un semplice " Hiwatari non è in ufficio al momento".
" Dice di chiamarsi Anya Sarizawa e chiede di vederla!".
Al suono di questo nome resto abbastanza sorpreso: lei è venuta qui...
Seguono alcuni secondi di silenzio da entrambi i capi del telefono.
" Ok... falla entrare!" concludo riattaccando subito.
Rimango per un attimo perso tra pensieri confusi, finchè non sento il rumore della maniglia abbassarsi; con un rapido gesto chiudo i file che stavo controllando e mi posiziono meglio sulla poltrona attendendo la sua entrata. La porta si apre e lascia spazio alla sua figura che, con sguardo basso, fa qualche passo avanti e si chiude la porta alle spalle. Alza gli occhi incrociando quelli miei, che per quanto si stiano sforzando, credo lascino trasparire un po' di stupore. Tuttavia non mi scompongo più di tanto, lasciando che sia lei a fare una prima mossa.
" Ciao..." saluta fredda avvicinandosi e tenendo rigidamente la borsa tra le mani.
" Ciao..." rispondo altrettanto, squadrandola per bene. " Accomodati" la invito con un gesto della mano. Sposta gli occhi sulla poltrona e, quasi esitando, decide finalmente di sedersi. " A dire la verità, aspettavo una tua chiamata..." inizio, per rompere questo silenzio.
" Lo so, ma ho preferito venire di persona".
" Come vuoi... e a cosa devo questa tua visita? Non credo sia una visita di cortesia..."
" Infatti! Sono venuta per... per dirti che ci ho pensato e alla fine sono giunta ad una conclusione"
Però, niente giri di parole inutili. Mi piace, Sarizawa.
" Bene, vuol dire che in qualche modo riesco ancora a condizionarti..." commento beffardamente ricevendo uno sguardo inceneritore che spiega tutto.
" Ad ogni modo...sono consapevole del fatto che quella che sto per fare sarà una grande cazzata, ma... per giudicare se sia giusto o sbagliato, ti concedo la tua possibilità..."
Ammetto di essere abbastanza sorpreso: non solo ci ha pensato, è arrivata pure ad una conclusione e ha deciso di darmi una possibilità? Resto a fissarla perplesso. " Ok, dove sta la fregatura?".
" Hiwatari, ti sembra che io stia scherzando? La questione è seria!"
" Lo so benissimo, ma mi sorprende il fatto che l'ultima volta che ci siamo visti stavi per mollarmi un pugno e oggi vieni qui e cambi idea!" spiego abbozzando un sorrisetto.
" Se ho cambiato idea... non è stato perchè mi andava , ma perchè l'unica cosa che voglio fare è cercare di mettere le cose in chiaro!"
" E dimmi... Rai sa di tutto questo?"
" Ok! Mi hai proprio stancata, hai sprecato la tua occasione!" . Si alza di scatto per andare via, ma mi appresto a  raggiungerla.
" No aspetta!" la fermo prendendola per il braccio.
" Non toccarmi!" sbraita infuriata.
" Ok, non ti tocco, ma siediti di nuovo!". Alzo le mani in segno di resa sotto il suo sguardo furente su di me. Dopo essersi calmata decide di tornare a sedersi, imitata da me, che stavolta decido di evitare di parlare a sproposito.
" Kai, questo non è un gioco, che ti sia chiaro! Immagino che tu non ne capisca un tubo, ma stiamo parlando di una bambina di 3 anni e se davvero è tua volontà conoscerla, ti prego, anzi esigo la massima serietà e responsabilità da parte tua!" spiega autoritaria ricevendo un cenno di assenso da parte mia. " Lei non sa chi tu sia, e nemmeno della tua esistenza, perchè lei considera suo unico e vero padre Rai..."
Quante volte dovrò ancora sentirmelo ripetere?! Sembra che ci provi gusto a dirlo.
" Ma... è giusto... che sappia la verità, che esiste un altro padre, che non l'ha mai considerata e l'ha rifiutata con grande stile nel momento in cui sua madre gli ha detto di essere incinta..."
Ok, è ufficiale: si diverte veramente nel rinfacciare le cose.
Brava, divertiti pure, per ora...
" Come potrai immaginare, lei è troppo piccola per capire bene la situazione e credo che dirle, così di getto, -questo individuo è tuo padre e non Rai- sarebbe traumatico o addirittura inutile, perchè non capirebbe. Quindi... andremo per gradi..."
Pero'...l'ha studiata bene la mammina.
" Cioè?"
" Cioè... per adesso non le diremo nulla, comincerà a passare del tempo con te e vedere come si evolve la situazione. Io non so COME reagirà nel vederti, SE gli piacerà stare con te, dopotutto non ti conosce quindi sarà compito TUO guadagnare la sua fiducia, cercare di farla stare bene con te e solo quando sarà opportuno...... le faremo capire chi veramente tu sia!" conclude minacciosa, convinta della sua teoria. Rimango a fissarla contorto. " Allora? Prendere o lasciare!" propone decisa sporgendosi più avanti.
Vuoi mettermi alla prova? Mi sono sempre piaciute le sfide, quindi perchè tirarsi indietro... si tratta solo di una bambina.
" Se questo è il tuo strategico piano, per me va bene".
" Sappi che questa possibilità è unica e irripetibile, Hiwatari: se fallisci... è finita!" mi avverte alzandosi in piedi e dandomi le spalle per andare via.
" Quando?" domando facendola fermare.
" Ti farò sapere io!" si limita a dire per poi uscire.
Chiusa la porta, poggio pesantemente la schiena sulla poltrona.
Non è stato poi così difficile, sei crollata subito, Sarizawa.
Come sempre.








                                                         ************************







Fare tutto ciò mi è costato tantissimo: in quella stanza le vene in testa continuavano a pulsarmi fin quasi a scoppiare e appena uscita non mi sono certo sentita meglio: pensare di avere dato tutta questa "fiducia" a Hiwatari mi ha fatto venire quasi la nausea, infatti durante il tragitto di ritorno mi sono sentita venir meno fin quasi a svenire; devo ancora scaricare la tensione e non sarà facile. Adesso mi ritrovo seduta su una panchina di un parco lì vicino a rinfrescarmi un po' le idee.
Starò facendo la cosa giusta?



Giunge la sera e arrivata a casa, sento nell'aria un buon profumo di cibo e questo mi porta a pensare che oggi non ho mangiato proprio nulla. Posate le mie cose raggiungo la cucina, dove trovo Rai a mescolare qualcosa che bolle in pentola e il cui odore mi apre d'improvviso l'appetito. Sarà sicuramente ancora arrabbiato con me, infatti, pur accorgendosi della mia presenza non mi ha degnata di uno sguardo.
" Hey, ti sei messo ai fornelli..." gli rivolgo per attirare la sua attenzione.
" Già... ho finito presto e ne ho approfittato per fare qualcosa di speciale per festeggiare..." spiega lanciandomi una veloce occhiata indifferente.
"Festeggiare?" domando perplessa.
" Non mi dire, hai dimenticato il compleanno di tua figlia?" .Richiude il coperchio della pentola e si dirige in salotto lasciandomi qui, a occhi e bocca aperti.
Oggi... cavolo, mi è passato completamente di mente!
Scuoto la testa per riprendermi  " Come ho fatto a dimenticarmelo..." continuo a chiedere più a me stessa che a lui.
" Forse in questo momento hai altri pensieri per la testa!" ribatte tagliente.
" Dov'è adesso?".
" Nella sua camera".
A grandi passi mi avvio nella sua cameretta, dove la trovo a pettinare una bambola, che non credo di avere mai visto.
" Piccola mia! Tanti auguri!!" esclamo allegra ma anche un po' dispiaciuta per avere dimenticato una cosa così importante. La prendo in braccio, sbaciucchiadola e coccolandola come piace a lei.
Ci raggiunge Rai che si appoggia ad uno stipite della porta a fissarci.
" Oggi ho fatto 4 anni!" dice contenta, indicando con le dita il numero quattro.
" Ma stai diventando troppo grande!" esclamo buttandola nel letto ed iniziando a solleticarla.
" Papà mi ha regalato la bambola!"
" Oh..." mi fermo un attimo a fissare il regalo per poi poggiare i miei occhi su Rai che a sua volta appare sereno.
" E' davvero bella... hai proprio un super papà!" le dico persa tra i miei pensieri, mentre Rai lentamente se ne va.
" Gioca un altro po' e poi vieni a cenare, ok?"
" Ok!"
La lascio sola e raggiungo Rai che si è seduto sul divano con aria pensierosa. Io non voglio che questa storia cambi i rapporti che si sono creati tra noi, e soprattutto tra lui e la bambina; non voglio che Hope dimentichi chi sia lui e quanto le voglia bene. Farò di tutto affinchè ciò non accada.
 Mi siedo sul tavolino di fronte a lui, che dopo alcuni secondi a fissare le sue ginocchia, decide di alzare lo sguardo verso di me.
" Rai... io voglio che tu capisca il perchè lo stia facendo"
" Lei non è mia figlia ed è giusto che sia tu a predere le decisioni più importanti, anche se continuo a non essere d'accordo con te, ma... vista la situazione, se credi che lei debba saperlo... sei libera di farlo"
Non capisco se sia sincero o sia un modo pungente per farmi sentire in colpa.
" Io non voglio che questo influenzi il nostro rapporto!"
" Ne dubito, tuttavia... se la tua decisione è stata presa per il bene di Hope... ben venga" non sembra molto convinto di ciò che ha appena detto, ma mi sembra sincero. " Ma devi promettermi una cosa!"
" Dimmi" lo invito a proseguire.
" Non dovrai mai incontrare Hiwatari se non per prendere o lasciargli Hope!" mi fissa intensamente negli occhi attendendo una mia risposta.
" Certo! Non succederà, promesso!" lo rassicuro prendendogli una mano.
Questo non potrà mai accadere: non lo deluderò stavolta, voglio che capisca che in me può porre tutta la sua fiducia.









" Tu, cosa hai fatto??" domanda sbalordita Hilary.
" Non lo so, mi sento pentita ma allo stesso tempo credo di avere preso la decisione giusta... sono troppo confusa"
" Ma... ma lui è davvero convinto di volerla conoscere? Insomma, la cosa che più mi sorprende di tutta questa storia è che Kai stesso aveva detto a Yuri che non gli sarebbe mai importato niente della bambina e pochi giorni dopo viene a cercarti?"
" La cosa ha sorpreso anche me! Io non so cosa gli abbia fatto cambiare idea e se dovessi scoprire che lo ha fatto solo per i suoi malefici scopi, giuro che finirà male!"
" In effetti! Anya, però ... fossi in te, più di Hiwatari, io mi preoccuperei di qualcun'altro..." afferma lasciando sottintendere qualcosa.
" Non capisco..."
" Ti ricordo che se la bambina dovessere passare del tempo insieme a Kai, questo implica che... dovrà pure avere a che fare con Eva!"
Al suono di questo nome sbarro gli occhi furente.
" Cavolo! Mia figlia dovrà interagire con quella... brutta ...! Che diamine! Per me è già una preoccupazione lasciarla nelle mani di Kai, figurati con quella, che sarebbe capace di fare qualunque cosa!" aggiungo innervosita.
" Scusa, non volevo metterti questi pensieri in testa..." si scusa pentita.
" No no, hai fatto bene! Devo avere tutto chiaro prima di dare inizio a questa pagliacciata!"
" E quando dovrebbe... iniziare?" chiede cautamente.
Bella domanda. Sono passati già due giorni e non ho ancora preso una decisione.
" Presto... credo" rispondo poco convincente.











                                                                        **********************








" Senti Kai, stasera i miei organizzeranno una cena in famiglia e ci hanno invitati"
" Quante volte ti ho detto che non devi mettermi in mezzo in queste occasioni, sono una palla mortale!" le spiego per l'ennesima volta.
" Sei sempre il solito! Vuoi lasciare che ci vada da sola? Non ho più scuse da inventare per giustificare la tua ennesima assenza"
"Beh non andarci, fai prima!"
" Non posso non andarci!"
" Chi ti obbliga?"
" Nessuno, sono i miei e sono tornati e vogliono fare una cena, punto e basta!" conclude incrociando le braccia al petto fissandomi minacciosa, ricambiato dal mio che non è certo da meno.
" E va bene...". Alla fine vengo costretto a cedere, anche se senza alcun entusiasmo.
" Bravo, amore! Per questo ti adoro!" esclama facendo la tenera e stringendo il mio mento tra il pollice e l'indice sotto il mio sguardo infastidito. D'un tratto squilla il mio telefono e sul display compare un numero che non mi pare di conoscere.
" Pronto?"
Seguono alcuni secondi di attesa.
" Kai, sono Anya"
Al suono di questa voce sbarro gli occhi, facendo incuriosire anche Eva che mi sta di fronte che beve il suo drink e mi fa dei cenni come a voler capire cosa succeda.
" Kai, mi senti?"
Cazzo... Da giorni aspetto la chiamata e la ricevo proprio nel momento meno opportuno.
" Sì, parla ti sento..." le rispondo, fingendo di parlare con chissà quale collega o amico.
" Se sei ancora intenzionato per quella cosa, ti comunico che ho preso una decisione..." dice con tono freddo.
" E quando?"
" Oggi pomeriggio"
Doppio cazz...
" Che succede?" mi bisbiglia Eva.
Gli faccio cenno di stare tranquilla, mentre penso ad una soluzione.
Se mando tutto all'aria al primo tentativo, Anya me la farà pagare per tutta la vita, mentre se do buca ad Eva...
Beh in fondo chi se ne frega, non volevo neanche andarci: ottima scusa!
" Va bene! A che ora?"
" Verso le sei andrò a prenderla all'asilo, ti aspetto lì, si trova tra il parco e il liceo, ti aspetto lì davanti... e sii puntuale Hiwatari!"
" Ok..."
La telefonata termina senza saluti e posato il telefono vengo costretto a dare spiegazioni a Eva, insospettita da questa chiamata.
" Allora?"
" Allora, mi sa che non potrò venire alla cena, mi dispiace!" le spiego schiettamente.
" Cosa? Ma perchè? Chi era al telefono?"
" Era... era un collega, mi ha detto che dobbiamo vederci per una cosa... importante" rispondo schivamente.
Sì... più o meno è così.
" E non potete rimandare?"
" E perchè voi non potete rimandare la cena?"
" Hiwatari!"
" Hernandez, questioni di lavoro che non si possono rimandare!" le rivolgo beffardamente.
" E ora che gli dico? Ci vado da sola?" ribatte infuriata.
" Perchè non ci porti Boris, sono sicuro che accetterà volentieri e magari piacerà ai tuoi più di me!" concludo ironico alzandomi e andando a pagare il conto.
" Dì la verità, è solo una scusa per dare loro buca l'ennesima volta!" la sento rimproverarmi senza ricevere alcuna risposta da parte mia.
Sì, diciamo che mi è servita anche come scusa. Non ho mai sopportato i suoi e tanto meno le cene di famiglia. Conosco i suoi genitori ma non abbiamo mai avuto modo di interagire come si deve, visto che sono il ragazzo di sua figlia. Non gliene è mai importato , a dire la verità: hanno solo voluto sapere le condizioni finanziarie, dopodichè hanno dato il permesso a sua figlia sia di seguirni in Russia che di andare a convivere. Ma ogni tanto devono rompere le palle con una delle loro cene che servono da scusa per presentarmi al resto della famiglia.
Anche se alla fine avevo accettato, ne sarei comunque uscito in qualche modo e prontamente mi si è presentata l'occasione favorevole per fuggire.
A dire la verità non mi sento poi così tranquillo: adesso che ci penso dovrei andare a presentarmi a mia figlia, non in qualità di padre,ma in qualità di... beh non so bene cosa!
Devo ammettere che sono agitato e non più molto convinto della cazzata che sto facendo...






                                                                  **************************









"Hope prendi le tue cose, la mamma è venuta a prenderti!" la avvisa la maestra.
" Mamma, ti piace il mio disegno?" dice contenta porgendomi un foglio mentre camminiamo con le mani afferrate . " Mamma..." continua a chiamarmi per attirare la mia attenzione.
" Sì, molto bello..." le rispondo senza neanche guardarlo, persa tra mille pensieri e preoccupazioni.
Usciamo dall'edificio e varcato il cancello noto alla mia sinistra un'auto blu parcheggiata vicino al marciapiede e Hiwatari appoggiato su di essa che ci osserva con la sua solita aria indifferente.
Rimango per un attimo così, sospesa nel vuoto a fissarlo.
Eppure, speravo che non si presentasse.
Tengo ben forte la mano di mia figlia e la invito a seguirmi.
" Hiwatari, che puntualità..."
" Non ho voluto dartela vinta, scommetto pensavi che neanche mi sarei presentato..." risponde beffardo.
I suoi occhi si spostano subito dopo su mia... sua... mio dio... insomma, su Hope che lo osserva con quei suoi occhi così vivaci.
" Allora? che si fa?" mi domanda.
" Ho pensato che potreste passare del tempo insieme..." a questa frase fa una strana espressione.
" Noi due da soli?"
" E con chi sennò? Guarda che se non sei più convinto puoi benissimo tornare indietro! faremo finta di non esserci mai detti niente!" gli spiego senza giri di parole.
Mi lancia una brutta occhiata: ma che cosa si era masso in testa? Non siamo qui per giocare.
" E' quello che ti piacerebbe a quanto ho capito! Non mi tiro indietro, puoi stare tranquilla"
Più che conoscere sua figlia, mi sembra che stia giocando a sfidarmi, ma faccio comunque finta di non capire.
" Se sei proprio così deciso, allora bene! Ma sappi che ci sono delle regole da rispettare...". Lo vedo portare gli occhi al cielo in maniera infastidita. " E' inutile che fai quella faccia! Io ti sto lasciando nella mani una bambina di quattro anni, quindi ci sono delle cose che puoi e non puoi fare: prima cosa, NON devi perderla di vista nemmeno un instante, ti avviso che è abbastanza vivace e capricciosa! Secondo: NON devi portarla in luoghi squallidi o farla parlare con persone Squallide e sconosciute!"
Mentre io gli detto le mie regole, lui sembra come essere divertito dalle mie parole. " E terzo, ma non per questo meno importante... Non devi fumare e dire volgarità in sua presenza!" concludo autoritaria.
Il suo sorrisetto si trasforma in un'espressione irritata.
" E queste me le chiami regole? Che cazzo faccio nel frattempo se non posso fumare?" chiede infastidito.
" Hai già perso due punti: hai appena usato una parolaccia e cercato di andare contro le mie regole, alla prossima obiezione ce ne andiamo!" gli faccio capire seriamente.
" E va bene, come vuole lei... mammina!"
Mi abbasso verso Hope,per spiegarle in qualche modo la situazione, mentre lui resta in disparte a fissarci.
" Tesoro..." inizio sospirando, sistemandole una ciocca dietro l'orecchio. " Adesso tu vai con Kai, per un po', mentre la mamma va a fare la spesa e prepara la cena, ci vediamo più tardi, va bene?"
" E chi è lui?"
Domanda arguta, piccolina.
" Ecco... lui è..." incerta sulla risposta mi volto verso di lui per qualche suggerimento " ecco... un amico... di Yuri!" spiego cercando di essere convincente. " Mi prometti che farai la brava?"
Annuisce tranquillamente. " Per qualunque cosa basta dirgli che vuoi tornare a casa, ok?"
" Sì"
" Bene..."
Mi alzo e mentre Kai sale in auto , io posiziono Hope in macchina, allacciandogli bene la cintura di sicurezza.
Chiudo la portiera mentre il finestrino si abbassa: la sensazione che ho dentro è molto strana.
" Hiwatari... guida con cautela!" gli raccomando seria.
Non ricevo risposta, solo uno dei suoi sguardi che sembrano dare consenso.
Saluto con una mano la piccola, che ricambia quasi divertita, mentre l'auto inizia ad avanzare fino a scomparire.
Lei non sa nulla e ancora non sa chi è quell'uomo che da oggi in poi vedrà più spesso.





                                                                    *********************







" Dove stiamo andando?".
" Eh... a casa mia" le rispondo tenendo gli occhi fissi sulla strada.
E' una situazione talmente strana che non mi sembra vera: sono in macchina con mia figlia e la sto portando a casa mia. Eva non è in casa, quindi, non dovrebbero esserci problemi.
" E a casa tua ci sono i giocattoli?"
I cosa?
" No, mi dispiace!"
" Perchè?"
Sono passati cinque minuti e mi ha già inondato di domande: sì, ha preso decisamente dalla madre.
" Perchè non mi piacciono..." rispondo indifferente.
" E non ci sono bambini?"
" No, non ci sono bambini! E adesso fai silenzio, non parlare quando guido!" le rimprovero con tono che la fa leggermente intimorire. E' meglio che non mi fa spiazentire, o saranno cavoli amari!
Il viaggio prosegue in silenzio e arrivati a destinazione la faccio scendere dall'auto dicendole di seguirmi. Lei ingenuamente mi porge la mano ma io, indifferente, proseguo sino alla porta principale, lasciandola una decina di passi indietro. Mi raggiunge correndo mentre io infilo la chiave nella serratura.  Appena entrati si osserva meravigliata in giro, camminandomi a fianco.
Dio, è talmente piccola che mi arriva appena al ginocchio, ho paura persino a guardarla per timore che potrebbe rompersi.
La mia testa comincia decisamente a entrare nel pallone e guardandomi in giro, penso e ripenso a quello che potrei fare: ma cosa si fa in questi casi?
" Vieni in salotto..." la invito facendole un cenno.  Mi siedo sul divano mentre lei rimane qui vicino, in piedi a osservarmi perplessa. Non ha più detto una parola. Che l'abbia spaventata? Forse è meglio fingersi gentili, non so cosa passi nella mente di un bambino. " Che fai? Siediti!"
Prontamente si avvicina e con difficoltà cerca di arrampicarsi per salire sul divano. Rimango a fissarla stranito e quasi divertito dai suoi modi di fare: cavoli, è proprio uno scricciolo che non arriva nemmeno a sedersi su un semplice divano. Con un gesto della mano le do una lieve spinta sul sedere che la aiuta a salire ed accomodarsi.
Superato questo ostacolo ci osserviamo due secondi negli occhi per poi tornare a fissarci intorno. C'è un silenzio talmente imbarazzante che lo scandire dei secondi dell'enorme orologio posto ad una parete mi sta decisamente urtando i nervi.
Muovo nervosamente le dita sulle gambe alla ricerca di una soluzione.
Kai, pensa: cosa potrebbe fare una bambina?
Abbiamo già messo in chiaro dell'inesistenza di giocattoli e di altri bambini in questa casa, l'unica cosa che potrebbe interessarle sarebbe la televisione.
" Ti va di guardare la televisione?"
Devo ammettere che il suo sguardo mi mette quasi in soggezione.
" Sì sì!" annuisce allegra.
Accesa la tv, comincio ad andare alla ricerca di qualche programma che rientri nei suoi interessi.
" Cosa vuoi guardare?"
" I cartoni animati!"
" E... dove li fanno?"
" Non lo so..."
E giusto, come potresti saperlo.
" Andiamo alla ricerca di questi cartoni animati..." penso ad alta voce, continuando, senza sosta a fare zapping.
" Quello lì!" , mi indica di tornare indietro.
Torno al canale 56, dove stanno trasmettendo uno strano cartone animato con dei maialini rosa che indossano vestiti e non fanno altro che sparare cazzate e cantare come deficienti. Anche se tutto ciò mi fa venire voglia di cavarmi gli occhi, sembra che a lei piacciano quindi decido di lasciarglielo guardare.

Passa un quarto d'ora circa, ed io , dalla posizione attiva sul divano sono decisamente passato alla posizione annoiata, reggendomi la testa su una mano e con gli occhi semichiusi.
Sembra essersi scordata della mia presenza e continua a canticchiare allegramente delle canzoncine che mi stanno facendo scoppiare le tempie.
L'astinenza dal fumo comincia a farsi sentire e una sigaretta per placare il nervosismo sarebbe l'ideale.
Se la lasciassi qui da sola, sul divano, non se ne accorgerebbe neanche... quindi potrei anche allontanarmi solo per due minuti.
Senza che lei se ne accorga, mi alzo furtivamente per raggiungere la porta e uscire in giardino per fumare, in tranquillità, una beata sigaretta lanciando, ogni tanto, un'occhiata dentro, attraverso la finestra, in modo da averla sotto controllo.
Che situazione...








                                                                           *********************






Sono al supermercato, in fila per pagare il conto ma la mia mente è altrove. Non faccio altro che osservare spazientita l'orologio pensando al fatto che mia figlia è con quell'idiota da quasi un'ora e la mia preoccupazione non fa che accrescere ogni secondo che passa. Non vedo l'ora di riaverla con me per porre fine a quest'ansia.
" Prego, tocca a lei!" mi invita gentilmente la cassiera.
Chissà dove l'avrà portata e cosa staranno facendo.
" Sono 10.60 in tutto!"
Non ha ancora chiamato, dunque presumo che Hope non stia avendo alcun problema.
" Ecco a lei il resto, arrivederci!"
" Arrivederci!"
Prese le buste esco dal supermercato per dirigermi a casa, dove mi aspetta Rai, a cui ovviamente dovrò spiegare dove sia Hope.
Questa sarà una giornata da dimenticare...






*************************






Finito l'ultimo tiro, butto la cicca in un cestino e rientrato in casa mi accorgo che l'allegra bambina che avevo lasciato canticchiare sul divano, adesso, di fatto, non c'è più.
" Ma dove cazzo è andata a finire?" mi chiedo guardandomi in giro.
Ho distolto lo sguardo solo due secondi ed è già svanita?!
Salto da una stanza all'altra del piano terra, guardando perfino sotto al tavolo, dentro alcuni sportelli, ma nessuna traccia.
" Hope! Hope, dove sei?" la richiamo ad alta voce.
Perlustrato il piano terra decido di dirigermi al piano di sopra, aprendo qualche stanza nella speranza di trovarla.
Ma non può essere sparita nel nulla! Ci manca solo che si perda...
All'improvviso sento alcuni rumori provenire dalla mia camera da letto e a passi veloci mi dirigo lì, aprendo la porta e trovandola saltellante sul letto con in mano quelli che sembrano i trucchi di Eva.
" Scendi da quel letto!" le dico prendendola in braccio bruscamente e togliendole le cose di mano.
" Ma io volevo giocare!"
" Beh non puoi giocare con queste cose!" le rimprovero cercando di rimettere a posto il cassetto di Eva, in modo che non si accorga di nulla.
" Ma la mia mamma mi fa giocare con queste cose!"
" La tua mamma adesso non è qui, quindi fai quello che dico io!" le spiego autoritario.
La prendo per mano, trascinandola al piano di sotto ma all'improvviso sembra opporre una certa resistenza.
" Che cosa hai adesso?"
" Devo andare in bagno!" risponde timidamente.
La fisso intensamente negli occhi e prendendola per la vita la alzo sino a portare i suoi occhi all'altezza dei miei. Adesso che ci penso ho dimenticato di chiedere ad Anya una cosa molto importante...
" Non porti... il pannolino, vero?" domando preoccupato.
Scuote la testa, in segno di risposta negativa
" Meno male! Il bagno è qui!"le indico aprendole la porta. " Non combinare guai!" le raccomando severamente.
Si chiude in bagno lasciandomi in corridoio a emettere un sospiro di sollievo: che fortuna, al solo pensiero di cambiare un pannolino mi si sarebbe rivoltato lo stomaco e a quel punto l'avrei volentieri ceduta di nuovo alla madre nel giro di cinque minuti.

Passano alcuni secondi e mentre le mie orecchie sono ben tese ad ascoltare eventuali strani rumori provenienti dal bagno, vengo preso di soprassalto dal suonare del campanello della porta principale.
Mi dirigo al piano di sotto e aperta la porta...
" Tadà, hai qualche minuto da dedicare ad un tuo amico?" esclama allegramente Boris " Ho portato due birre!" . Mostrando le bottiglie, si fa spazio per entrare.
Ci mancava solo lui...
" Veramente avrei da fare" rispondo scocciato.
" Poco fa è venuta Eva da me a sgolarsi per quello che le hai fatto, dovevi vedere com' era infuriata! Le hai dato l'ennesima buca eh? Ma la prossima volta non propormi come tuo sostituto, perchè se veramente me lo avesse chiesto, non ci sarei andato neanche a via di frustrate!" racconta divertito dirigendosi in salotto seguito da me, che con gli occhi al cielo, cerco una scusa per mandarlo via.
" Beh, non ho intenzione di andarci neanche io, ma come ti ho detto adesso ho da fare, puoi rialzare le chiappe dal divano ed andartene?" lo invito educatamente indicandogli la porta da cui è entrato.
Comincia a fissarmi contorto.
" Mi stai seriamente mandando via?"
" Ebbene sì!"
" Ma perchè? Tanto lo so che non hai niente da fare e..." la sua frase viene interrotta da un rumore proveniente dal piano di sopra. Sarà sicuramente Hope che avrà chiuso la porta del bagno.
Cavolo, non voglio che sappia...
" Aaah adesso ho capito" sussurra divertito " hai veramente da fare? Eh? "
" Senti, non è come pensi, ora vattene subito!" lo affretto a dentri stretti dopo avere sentito i passi della piccola che sta scendendo.
" Perchè non me la presenti?"
"Ti ho detto di sparire!"
" Voglio solo vederla e poi con una scusa me ne vado!"
E' sempre il solito deficiente che si diverte a rompere le palle nei momenti meno opportuni.
Seguono una serie di espressioni minacciose e battibecchi da entrambi i lati, finchè Hope non scende l'ultimo gradino e si avvicina a me dicendo " Ho finito!".
Dopo averla fissata due secondi ed essermi domandato se abbia tirato lo sciacquone, volgo lo sguardo su Boris...
" Oh porca vacca..." afferma a bocca e occhi spalancati, osservandoci sbalordito. " Tu... lei... lei, tu..." comincia a balbettare e dire cose poco sensate.
" Sì, io e lei, adesso ti è tutto chiaro?" chiedo irritato.
" Chiarissimo!" conferma con un sognante okay con la mano.
" Ritorna a guardare la televisione, Hope! Senti, come vedi sono seriamente impegnato, quindi sparisci!" gli ordino autoritario.
" Sparire? Non posso perdermi questa scena d' importanza mondiale: Kai Hiwatari che passa un allegro pomeriggio con la figlioletta appena ritrovata, è meglio del cinema!" esclama con un leggero tono che sa di presa in giro.
" Se non sparisci ti spacco la faccia!"
" Non vorrai sembrare violento davanti ad una dolce bambina, che esempio saresti? Hope, vuoi che anche io guardi i cartoni animati con te e papino?" le dice sedendosi al suo fianco, ignorando completamente le mie minacce.
Porto gli occhi al cielo: adesso dovrò badare a due bambini.
" Facciamo spazio a papino Kai, forza siediti qui!" . Mi indica un posto sul divano, col suo fare demenziale, mentre i miei occhi fulminano i suoi, che sono parecchio divertiti.
Decido , di malavoglia, di sedermi, mettendo la piccola in mezzo tra me e Boris, che continua con i suoi punzecchiamenti che non fanno altro che dare linfa vitale al mio istinto omicida.
" Che bello, Kai! Guardare questi animali canterini ti farà recuperare la tua infanzia perduta ahah!"
A questa frase, la tentazione si fa più forte e senza che Hope se ne accorga con una mano da dietro la schiena prendo il braccio di Boris, torcendolo il più violentemente che posso.
" Ahi ahi, ahi, ok ok non parlo più!" dice a denti stretti contorcendosi dal dolore.





Passata un'altra mezz'ora, anche l'entusiasmo di Boris si spegne e decidiamo di stappare le bottiglie e riprenderci con una birra, visto che non possiamo allontanarci per fumare.
" Devo dire che non ti ci vedo proprio nei panni di padre!"
" Vuoi che te lo spezzi del tutto quel braccio?" lo minaccio serio.
" Ma come mai hai cambiato idea?"
" Perchè... beh non sono affari tuoi!" concludo schivamente.
" Non mi dire che si è fatto sentire il tuo istinto paterno, perchè non ci credo!" afferma investigativo.
" Non lo so , ok? Diciamo che non voglio che cresca credendo che quel cinese sia suo padre..."
" Aaah e magari farai anche un pensierino per la madre..." dice lasciando sottintendere qualcosa.
" Non me ne frega un corno della madre!"
" Certo, certo... sai cosa mi spaventerebbe se fossi in te?"
" Cosa?"
" La reazione della biondina!"
" Già, ancora non sa e non immagina niente..."spiego posando la mia bottiglia mezza piena sul tavolino.
" Forse se mettessi incinta anche lei, riusciresti a pareggiare i conti" dice ironico.
" Tzè, ma neanche per sogno!"
Mentre siamo impegnati in questa conversazione che per i miei gusti si sta dilungando un pò troppo, ecco che i miei occhi si spostano casualmente su Hope e quasi non escono fuori dalle orbite.
" Ma che cazz... Sputa quella birra!"
La vedo intenta a bere dalla bottiglia che avevo lasciato lì sul tavolino e appena si sente rimproverata stacca la bocca dalla bottiglia e un bel pò di birra si riversa sui suoi vestiti, lasciandole delle belle macchie circolari, che anche se si asciugheranno, lasceranno un bell'odore di alcol.
" Porca  puttana, non posso distrarmi due secondi!" affermo infuriato tenendola sospesa in aria tra le mani. " Boris, passami quel fazzoletto!" gli ordino.
" Ahah è un'alcolizzata proprio come te! La bottiglia è quasi vuota, ci dà già dentro, dovresti esserne orgoglioso" commenta divertito.
" Adesso che cazzo faccio! Tua madre sentirà sicuramente l'odore di birra!".
" Voglio la mamma..." dice quasi piangendo.
" Non iniziare a piangere!" le rivolgo spazientito.
" Ecco che paparino si incacchia!" aggiunge Boris canterellando.
" Sì! Si incacchia e parecchio se non sparisci pure tu!"
" Perchè s'incacchia?" domanda la bambina.
Al suono di questa frase entrambi sbarriamo gli occhi, per poi fissare in contemporanea la piccola che con gli occhi rossi e viso imbronciato ci osserva come un cucciolo bastonato.
" No, no! Dimentica questa parola! Non si deve dire!" le raccomando prontamente.
" Bell'esempio..." se la ride il mio amico.

Regola numero tre, Kai: non dire parolacce in sua presenza.

"Voglio la mia mamma!" ripete ancora una volta, strofinandosi gli occhi.
" Senti, adesso la chiamiamo, però prima puliamo i tuoi vestiti... in qualche modo!" le spiego guardandomi intorno alla ricerca di una soluzione.
" Forse se la metti sotto la doccia, con un pò di sapone, sparisce l'odore..." suggerisce Boris.
" Dici?" chiedo poco convinto ricevendo una risposta altrettanto meno convincente.
E così la portiamo al piano di sopra, in bagno, e riempita la vasca...
" Bene, puoi fare il bagno qui..." le dico indicandole il punto raggiungendo il ciglio della porta per andarmene.
" Ma io non lo so fare" mi spiega stranita.
" Beh in effetti, Kai, ha solo quattro anni...dovresti aiutarla"
" Stai scherzando? "
" Penso proprio di no, amico! Beh io toglierei il disturbo,  devo andare... ciao piccolina, ciao paparino!" saluta dandomi una pacca sulla spalla per poi, subito dopo andarsene.
" Boris! Boris! E' stata tua l'idea..." lo richiamo, ma lui se l'è già svignata, lasciandomi qui in piedi davanti a mia figlia che mi fissa stranita.
Devo dire che come primo giorno di padre è stato un successo: non solo le ho fatto bere quasi mezza bottiglia di birra ma puzza più di un vecchio alcolizzato. Spero solo che non vomiti, sarebbe solo il colmo.
Dopo alcuni secondi perso tra pensieri, finalmente prendo una decisione.
" E va bene!" inizio alterato " Facciamo questo bagno!"
La prendo in braccio e la immergo nella vasca , prendendo una spugna e iniziando a strofinare quelle macchie.
" Ma non si fa con i vestiti!"
Che bambina sveglia e intelligente...
" Lo so! Ma non possiamo perdere tempo inutilmente!" spiego autoritario.
" Mi fai il solletico..." afferma sorridendo imbarazzata.
" Il solletico... eh..." sussurro tra me e me, per poi sorridere leggermente, coinvolto dalla sua dolce risatina.
Veniamo d'un tratto presi di sorpresa dall'aprirsi della porta del bagno da cui entra Reina, la cameriera, che non appena si accorge della mia presenza, si ritira indietro.
" Mi scusi, pensavo fosse libero!"
Ma quando è arrivata?
" Tranquilla, puoi entrare!"
Rientra nuovamente, poggiando i suoi occhi sulla bambina vestita dentro la vasca e poi su di me, in ginocchio vicino ad essa.
" Non fare domande! Fai il bagno come si deve a questa bambina e portamela bella pulita, e soprattutto... non una parola ad Eva! Intesi?" le dico puntando un dito alla sua espressione interrogativa e porgendogli con l'altra mano la spugna, per poi uscire e andare a telefonare ad Anya.






***************************








Sono le otto e mezza e mi trovo in caffetteria, non a lavorare ma ad attendere l'arrivo di Kai e mia figlia. Gli ho chiesto di portarla qui, perchè non mi pareva opportuno farlo venire sino a casa mia, e neanche che io andassi da lui: in questo modo eviteremo problemi da entrambi i fronti.
" Tranquilla, sei troppo agitata!" mi rivolge Dana mentre serve i clienti al bancone.
" E' un po' in ritardo!" spiego mostrando l'orologio al polso.
" Avrà incontrato traffico... ah, no eccolo!" mi indica con un dito.
Mi volto indietro e lo raggiungo a passi veloci.
" Finalmente!" dico acida prendendo Hope in braccio e osservandola per bene.
" Ho solo ritardato due minuti!"
Ma perchè fa questo odore di fresco pulito.
" Tesoro, tutto ok?" domando sistemandole il ciuffetto.
" Sì, Kai mi ha fatto il bagno!" esclama allegramente.
" Kai, cosa??"  rivolgo al diretto interessato come a volere delle spiegazioni.
Gli fare una strana smorfia a Hope.
" Sì.. cioè, la mia cameriera glielo ha fatto, perchè..."
" Perchè?" lo incito con occhi investigativi, e il che sembra metterlo in difficoltà.
" Perchè si era sporcata..." conclude poco convincente.
" Certo... si era sporcata.. e dove sareste andati?"
" A casa mia"
" Come ti sei trovata?" domando ad Hope per cercare di capire qualcosa in più.
" Anya, qual è il tuo problema? Sembra quasi che ti dia fastidio il fatto che sia andato tutto bene!" chiede irritato.
" Voglio solo essere sicura che sia andato TUTTO bene!"
" Come tu stessa puoi osservare, è integra, respira ancora e non è morto nessuno!" Commenta ironico.
" Buon per te! Ma hai ancora molto da imparare!" ribatto acidamente.
" Sì certo, adesso per avere una statua vicino a quella del tuo cinese bisogna avere una laurea da babysitter!"
" TU non sei nemmeno degno di essere paragonato a lui, e io non so perchè tu abbia cambiato idea ma sappi che questo non cancellerà quello che hai fatto e dovrai sudare parecchio per riuscire un giorno a farti chiamare PAPA' da tua figlia, sempre se vorrà farlo!! E adesso, se non ti dispiace devo andare! Buona serata... Hiwatari!" concludo minacciosa per poi voltare i tacchi e dirigermi a casa, lasciandolo lì, senza nemmeno lasciargli il tempo di rispondere.

E' più forte di me, non lo sopporto!

" Tesoro, che hai? Mi sembri accaldata..." le chiedo preoccupata mettendole accarezzandole una guancia.
" Ho sonno..." sussurra, poggiando la sua testolina sulla mia spalla e nel giro di pochi minuti crolla in un sonno profondo.
Anche se finalmente questa giornata piena di ansia e preoccupazione sta per terminare, questo è solo l'inizio, Anya: comincia ad abituarti... o almeno provaci.

















Tadàà ^_^
Rieccomi, perdonate il mio ritardo!
Allora, questo capitolo mi ha fatto seriamente compiere i salti mortali perchè le cose, se non l'abbiate capito si complicano un pò per tutti: per Anya, per Rai, per Kai ma anche e soprattutto per me perchè devo gestire tutti qui XD
Anya dopo incertezze, dubbi, paure, ha preso la sua decisione che è stata appunto dare questa benedetta possibilità a Kai! (urrààà!)
Rai all'inizio la prende abbastanza male ma decide a malincuore di mettersi da parte, rendendosi conto che in realtà a prendere le decisioni più importanti debba essere la madre, ma comunque raccomanda ad Anya , anzi le ordina, di stare ad una certa distanza da  Hiwatari ...
Non si fida? u.u eh direi... <-<° Ma di chi non si fida? XD boooh
Kai, agendo alle spalle di Eva, decide di andare all'appuntamento, dando a sua volta buca ai "suoceri" auahauh
Giustamente, rimasto solo con la bambina è entrato nel pallone, perchè tutti conosciamo Kai Hiwatari, che non è certo un ragazzo dolce e gentile, che aspira a diventare un padre modello... figuriamoci u.u quindi opta per la tv, decide di violare alcune regole dettate dalla mammina, Hope diventa un alcolizzata. In questa scena mi sono ispirata ad un episodio della mia infanzia, quando mia madre lasciò una bottiglietta piena di caffè freddo sul tavolo e io presa una sedia e arrampicatami su di essa, sono arrivata a prenderla per berlo per poi riversarmelo tutto addosso -___- ahahah ( ora si capisce la tua dipendenza dal caffè <__<  ndMamma) ma qui si tratta di birra, cosa sarà peggio? XD
Ora capirete che quando le menti di Kai e Boris si uniscono di fronte ad una bambina la cosa diventa critica... <__< se ci fosse stato Yuri forse, Kai non l'avrebbe immersa con tutti i vestiti in acqua...

Non so se è stato convincente questo capitolo, soprattutto non vorrei che la parte con Kai e Hope ( e Boris <__<) risultasse troppo , come dire... demenziale XD

Fatemi sapere, ringrazio come sempre tutte ^_^ Spero possiate dirmi quello che pensate seriamente di questo capitolo , nessuno si offenderà XD

Baci ... Anya ;)

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Capitolo 11
*** L'uccellin volò volò ***






Apro la porta dell'appartamento, cercando di fare il meno rumore possibile.
Mi viene incontro Rai, a cui faccio cenno di parlare piano per non svegliare la piccola, che dorme profondamente tra le mie braccia.
" Già dorme..." mi sussurra, camminandomi a fianco per per poi aprirmi la porta della cameretta per lasciarmi entrare.
" Sì, è crollata come un sasso durante il tragitto di ritorno..." gli spiego, mentre la adagio dolcemente sul suo lettino.
La fisso qualche secondo, pensando al fatto che oggi ha trascorso un pomeriggio col suo vero padre senza esserne consapevole.
Sistemata la copertina, usciamo silenziosamente.
" Incredibile, dorme come un sasso..." affermo emettendo un sospiro di stanchezza.
" Hiwatari le avrà fatto fare lavori forzati" afferma con un ironia pungente che a me non sfugge.
" Beh... pare sia andato tutto bene..." gli rivolgo, anche se poco convincente per poi accomodarci a tavola e consumare la cena che Rai ha preparato.
" Chissà se avrà mangiato..." sussurro tra me e me.
" Ne dubito, ma non mi pare opportuno svegliarla per adesso..." mi consiglia senza guardarmi ma continuando a mescolare lo stufato caldo davanti a sè.
Resto a fissarlo qualche secondo... " Sì, forse hai ragione..." intuendo subito, che questo suo atteggiamento è dovuto al solito fatto. Ma decido comunque di non aggiungere nulla, cominciando anche io a consumare il mio pasto, anche se controvoglia.
Durante tutta la serata si riesce a sentire solo il rumore dei piatti, dei bicchieri, lo scandire dell'orologio, insomma: un silenzio mortale.





**********************






Mi accomodo sul letto accanto ad Anya, che mi osserva con un lieve sorriso che forzatamente cerco di ricambiare.
So di essere un po' duro in questo momento nei suoi confronti, ma non riesco proprio a fare finta di nulla perchè è una decisione che io non condivido e che non riuscirò facilmente ad accettare. Forse le ragioni che l'hanno spinta a fare ciò saranno giuste, ma trattandosi di Hiwatari, il giusto o il sbagliato, secondo me, non contano.
Come può avere cambiato idea e dato tutta questa fiducia a Hiwatari dopo quello che le ha fatto passare?
Beh, c'è da dire che Anya, a differenza sua, ha un cuore e non riesce ad essere perfida, come avrebbe diritto di essere, viste le circostanze, e soprattutto quando c'è di mezzo la figlia cerca sempre di prendere le giuste decisioni. Anche se giovane, trovo che sia una buona madre, ha sempre messo sua figlia prima di sè stessa e quindi questo dovrebbe in qualche modo giustificare tutte le decisioni che sta prendendo.
Decisioni che la porteranno ad avere a che fare con lui, ed è questo, forse, che mi da realmente fastidio.
" Come ti senti?" le chiedo per rompere il silenzio.
Mi osserva confusa " per quello che è successo oggi" le spiego.
" Oh... a dire la verità mi sento sempre meno convinta, ma dopotutto sembra essere andato tutto bene, quindi..."
" Quindi starà con lui un'altra volta?"
" Beh, sì... è stata la prima volta e perciò preferisco vedere come si evolve la situazione".
" L'importante è che Hope stia bene, no?" le rivolgo sorridendo e stringendole una mano.
" Assolutamente..." sussurra stringendo a sua volta la mia. " Non voglio che ci siano problemi tra di noi. Questo non dovrà influenzarci  e posso garantirti che manterrò la tua promessa..." aggiunge avvicinandosi al mio viso per sfiorare le mie labbra.
" Allora, mi fido di te" le sussurro cominciando ad approfondire questo bacio.
" Mamma, mamma!"
Ci fermiamo subito, non appena avvertiamo il rumore dei passi della piccola avvicinarsi sempre di più alla porta della nostra camera.
" Sì, tesoro!" le grida Anya.
Si apre leggermente la porta da cui Hope entra come strisciando, con le guance leggermente rosee e i codini ai capelli spettinati.
" Tesoro, cosa c'è?"
" Posso dormire con voi?" domanda con aria docile, mettendosi due dita in bocca.
" Ehm... " . Anya si volta verso di me con un punto interrogativo, a cui do una risposta affermativa con un cenno di capo, lasciandomi strappare un sorriso.
" Ok... ma solo per questa notte!" le dice autoritaria.
" Sììì!"esclama contenta.
Hope balza sul letto, aiutata da Anya e si posiziona in mezzo, scoccandomi un bacino sulla guancia, per poi appoggiarsi al mio braccio per riaddormentarsi.
" Mi dispiace" mi sussurra la mia compagna dispiaciuta.
" Tranquilla" la rassereno, sfiorandole una gote e sistemandomi meglio sul letto facendo attenzione a non scomodare la piccola.
" Buonanotte..."
Si spengono le luci e rimango a fissare il soffitto, mi volto verso le due, oramai donne della mia vita, che mi dormono a fianco,rese visibili grazie alla debole luminosità proveniente dalla finestra.
Saremo mai una vera famiglia?







*********************




" Kai..." mi richiama mentre è intenta a guardare nei suoi cassetti.
" Mmh..." mugugno senza distogliere lo sguardo dal mio cellulare.
" Hai per caso frugato tra le mie cose?"
Alzo lentamente gli occhi verso la sua direzione cercando una scusa convincente da inventare.
" E' tutto sottosopra qui dentro e guarda: il blush si è rovinato riversandosi sul cassetto..."
Il blash che?
" Ehm... sì..." inizio titubante.
" e Poi sono spariti pure due pennelli!" . Tardo a dare una risposta e questo la fa insospettire ancora di più, visto il suo sguardo contorto su di me. " Allora?".
" Cercavo... una... delle pasticche per il mal di testa..." .
Ci fissiamo alcuni secondi, come per autoconvincerci entrambi su quanto appena detto.
" Oh... ma dovresti sapere che quelle cose le teniamo in bagno, c'è un armadietto fatto apposta per i farmaci!" mi ricorda, giustamente.
" Lo so, ma non le trovavo..." mento, ancora una volta.
" Sta di fatto che le mie cose sono sparite! Ma comunque..." emette un sospiro e si accomoda accanto a me sul letto "... i miei mi hanno chiesto ancora una volta di te e ovviamente ho dovuto mentire loro per l'ennesima volta!" racconta con tono rimproveratorio.
" Non hai mentito".
" Guarda che lo so che non avevi alcun impegno..." dice incrociando le braccia al petto.
Che sappia tutto? Se Boris le ha raccontato qualcosa, giuro che stavolta lo uccido.
" Ah no? E cosa te lo fa pensare" chiedo con una certa indifferenza.
" Il fatto che inventi sempre la stessa scusa ogni volta che ci invitano a casa loro... so, che tu non vuoi..."
Ah, quindi non sa nulla. Dentro di me si libera un sospiro di sollievo.
" ...ma devi capire che loro vogliono solo..."
Dato che l'argomento del discorso riguarda i suoi genitori, le mie orecchie automaticamente si spengono e i miei occhi ritornano sul display del cellulare e la lascio parlare da sola, come sono solito fare in questi casi, emettendo, ogni tanto un breve ma efficace...
" Mm..."
segno della mia presunta attenzione.
Devo trovare il momento giusto per dirglielo: ma come dirglielo?
Sai, Eva, ho deciso di conoscere mia figlia e ho già trascorso un pomeriggio con lei!

Nah...

Conoscendola andrà su tutte le furie, ma sinceramente ciò non mi sfiora più di tanto, è una cosa che devo decidere io, visto che la figlia è mia.
Mi sembra tutto così strano e anormale.
Dopo l'esperienza di oggi ho capito che non sono molto tagliato per fare il padre e che sarà più dura del previsto.
Forse è ancora presto per giudicare, in fondo è stata la prima volta ma farò di tutto per fare in modo che capisca chi è il suo vero padre; non mi piace l'idea che quella bambina cresca credendo che quel cinese, che tanto mi sta sulle scatole, sia suo padre.






********************************







" E allora? Ti è piaciuto stare con Kai?".
Durante il tragitto che ci porta all'asilo, decido di estrapolare qualche informazione in più sulla sua esperienza di ieri, sotto forma di un informale e innocente interrogatorio.
" Sì..." si limita a rispondere mentre consuma la sua merendina.
" E cosa ti ha fatto fare?" . Cerco di entrare più nello specifico, anche se con una bambina di quattro anni credo sia difficile.
" I cartoni animati!"
Ah...
" E poi?"
" E poi mi ha fatto il bagnetto!"
Non ho ancora ben capito questa storia del bagnetto, ma comunque... questa sarebbe la sua brillante strategia di avvicinarsi a sua figlia? Piazzarla davanti alla tv e fare i suoi comodi? Se è così, caro Hiwatari, hai capito male e stai sbagliando tutto.







"Anya, preparami un caffè, il più potente che tu abbia mai preparato e che soprattutto faccia venire la voglia di lavorare!" esclama Boris, sedendosi pesantemente sullo sgabello e poggiando assonnato la testa sul bancone.
" Ti prego, meno entusiasmo!" gli rivolgo ironica cominciando a prendere una tazzina.
" Spiu...itsa" mugugna, ancora dormiente, qualcosa che non capisco bene.
" Hai fatto le ore piccole?"
Alza finalmente la testa e appoggia il viso ad una mano fissandomi con occhi semichiusi.
" Sì, hai decisamente fatto tardi..." rispondo da me.
" Che brutta cera!" commenta Dana passandogli dietro col vassoio in mano.
" Stai zitta tu! Non sono in vena oggi!" gli rivolge seccato voltandosi verso di lei, che intenta nel suo lavoro, lancia sorrisini irritanti.
Le piace proprio punzecchiarlo: chissà se...
" Ieri sera ho esagerato talmente tanto che non ricordo neanche come diamine sono tornato a casa!" si rivolge poi a me, bevendo in un sorso il suo caffè.
" Beh, ringrazia il cielo che ci sei tornato! Poteva andarti a finire peggio!".
" Il fatto è che non ricordo... insomma... se ho usato le preacauzioni necessarie!" mi spiega intimidito.
Perchè mi sta confessando una cosa del genere? Mi limito a osservarlo fingendo interesse, ma in realtà questo argomento sta cominciando a imbarazzarmi.
" Non vorrei trovarmi tra nove mesi con un marmocchio... a  proposito!!"
D'un tratto sembra essere uscito dal suo coma depressivo e ritorna in sè: che sia davvero potente quel caffè?!
" Ieri ho avuto l'onore di assistere alla scena più divertente della mia vita! Kai Hiwatari nelle vesti di baby sitter! ahah!"
" Ah, ma davvero?"
" Sì sì! Che scena!"
Comincia a ridersela di gusto, tanto da farmi insospettire e così decido di estrapolare informazioni anche da lui.
" Quindi..." inizio con aria investigativa " ...potresti raccontarmi qualcosina su quello che ha combinato Hiwatari!".
I miei occhi si riducono a due fessure e osservano fissi quelli suoi che si fanno leggermente contorti e intimoriti.
" Eh no! Io non faccio da spia a nessuno!" dichiara fermamente.
" Quindi ha combinato qualcosa che non vuoi dirmi!" esclamo alterata.
" ...Eh? No...no! Cosa vuoi che abbia comb... oh! Ma guarda che ora si è fatta! Ad un tratto mi è venuta un gran voglia di lavorare. Il tuo caffè è stato proprio miracoloso! Scappo ... ciao ciao Sarizawa!"
Se ne scappa nel giro di mezzo secondo non lasciandomi il tempo di richiamarlo.
Chissà cosa mi nascondono...











******************************











Sono in auto per raggiungere il solito posto in cui Anya mi attende per consegnarmi la piccola: oggi è ufficialmente il secondo giorno che dovrò trascorrere con mia figlia.
Dopo essermi assicurato che Eva sarebbe stata impegnata per tutto il giorno ho contattato Anya per dirle che oggi sarei stato libero. Eva ancora non sa niente, ma non potrò nasconderlo a lungo.
" Secondo giorno e sei già in ritardo!" mi rimprovera picchiettando un dito sul suo orologio al polso.
" Ho trovato traffico..." spiego infastidito.
" Sì... il traffico! Comunque, preparati Hiwatari perchè oggi ti aspetta un gran da fare!" mi spiega mentre io sono intento ad allacciare la cintura di sicurezza alla bambina.
Porto gli occhi al cielo per poi voltarmi con aria indifferente verso di lei, che mi para un foglio davanti.
" Che diamine è?" domando prendendolo tra le mani.
" Questa... è la lista delle cose che dovrai fare insieme ad Hope!"
" Che cosa?!?"
" Ebbene sì! Da quanto mi risulta, hai piazzato davanti alla tv tua figlia per fare chissà cosa! Ti sembra il modo di prendere confidenza con una bambina? Come farà a fidarsi di te?! Quindi ho preparato una lista di cose che potresti, e te le consiglio tutte, fare con lei in modo da prendere più dimistichezza con i bambini! So che non sono il tuo forte..."
" Andare al parco?? Colorare? Ma ti sembrano cose che io potrei fare?!" le rivolgo alterato.
" A dire la verità no, ma se ci tieni tanto a tua figlia,ti conviene cominciare a farle!" conclude minacciosa.
La osservo contorto per alcuni secondi per poi arrendermi e salire velocemente in auto.
" Ciao, mamma!!" la saluta allegramente prima di partire.









Appena arrivati a casa corre per raggiungere il divano e rovesciare il contenuto del suo zainetto su di esso, facendo cadere un sacco di oggetti per terra.
" Che cosa stai facendo?"
" Questi sono i miei giocattoli!"
" Vedi di non lasciare roba in giro!" le ordino alterato.
" Vuoi giocare con me?" mi domanda dolcemente.
A questa domanda faccio una faccia schizzinosa per poi controllare se "giocare" si trova tra le cose da fare sulla lista che quella scema mi ha consegnato.
E infatti, per mia grande sfortuna, il punto due dice proprio: giocare insieme.
Ha pensato proprio a tutto, questa me la paga...
" Ehm... tu gioca intanto, io vado un attimo di là!"
La lascio indaffarata con le sue cose per andare in cucina a bere una birra fresca: dopo l'ultimo episodio, preferisco berla di nascosto.
Apro il frigo e dopo averla stappata, mi accingo a berla per poi sentirmi quella sua vocina alle spalle " Anche io ho sete!!" che mi fa sobbalzare e andare la birra di traverso.
Ma da dove è sbucata?
" Ti avevo detto di restare di là..."
" Ma io ho sete!"
" Non vorrai mica questa?" le domando un po' scioccamente, mostrandogliela.
Scuote la testa in segno di risposta negativa, talmente energeticamente da scompigliarsi quasi tutti i capelli " Voglio l'acqua!"
" Giusto... vai di là, ti porto io un bicchiere d'acqua"
Al mio comando, corre velocemente in salotto.
Che cavolo, non posso avere due minuti di pace... e siamo appena arrivati!



" Tieni!"
Le porgo il bicchiere che afferra e porta alla bocca come se fosse molto assessata.
Mi siedo sul divano, facendomi spazio tra le sue cianfrusaglie, osservandola e pensando al fatto che è una bambina veramente buffa.
" Grazie!" dice dopo avere finito.
" Ma prego..."
" Ti piace questa bambola?"
" Carina..." rispondo fingendo interesse.
" Allora tu prendi questa e io prendo l'altra..."
Poggia la bambola sulle mie gambe e ne prende subito dopo un'altra che avvicina alla mia per poi iniziare a dire delle cose, come se le stesse facendo parlare.
Osservo sconcertato questa scena: dovrei giocare con delle bambole?
Il solo pensiero mi fa rabbrividire la schiena.
" Tu devi prenderla e farla parlare, così... ciao, come stai?"
Continua ancora il suo teatrino mentre io divento sempre più scettico al riguardo.
Odio Rai, ma spero vivamente che non si metta a fare la femminuccia con queste cose, la mia stima per lui, già ben al di sotto dello zero, arriverebbe a sprofondare nei bassi fondi della scala numerica.
" Senti, perchè non cambiamo! Facciamo qualcos'altro..." le propongo prontamente per sdrammatizzare.
Passo a controllare la lista e...
" Guarda, puoi colorare, forse è meglio!"
" Sìì!" esclama contenta.
Dal suo, apparentemente, piccolo zainetto, che in realtà contiene quasi mezzo negozio di giocattoli, tira fuori un astuccio e un quaderno.
Lo apre e comincia a colorare un disegno,un  qualcosa di non ben definito ma che sembra averla appassionata talmente tanto da distrarla.
Decido di alzarmi lentamente per andare a fumare, anche se non dovrei vista l'esperienza dell'ultima volta, ma almeno sarebbe l'unico modo per scaricare i nervi.
Alzo leggermente il sedere e...
" Mi disegni un cane!" dice voltandosi e facendomi risedere di scatto su un oggetto, attivando una musichetta decisamente fastidiosa.
Lo prendo e quello che mi ritrovo tra le mani è una specie di cellulare-giocattolo di colore rosa che continua a illuminarsi . Come cavolo si spegne questo coso?!
Dopo vari tentativi si spegne.
" Non so  di-segnare..." rispondo a denti stretti cercando di mantenere la calma.
" Guarda, quello me lo ha disegnato il mio papà..."
A questa frase rimango un po' pietrificato perchè quando lei pensa a suo padre ovviamente si riferisce a Rai.
Le tolgo il foglio dalle mani per osservare l'opera di quel cinese.
Tzè, e questo lo chiama un cane? Se ci riesce lui, non vedo perchè non dovrei saperlo fare anche io.
" Dammi qua!" dico togliendole la matita dalla mano per cominciare a disegnare qualcosa che, quanto lo meno, assomigli ad un cane.
" Allora, questa è la testa..." comincio facendo un cerchio quasi perfetto " questo è il corpo..." traccio una forma ovoidale " la coda, le gambe. Eccoti il cane!"
Al vedere il mio piccolo schizzo fa una faccia perplessa.
" Cosa c'è che non va?"
" Ma non ha gli occhi e le orecchie!" mi fa notare puntigliosamente.
" Vuoi gli occhi e le orecchie? Ecco..." riprendo a disegnare e concludo la mia opera con due puntini e due semicerchi, rispettivamente gli occhi e le orecchie del cane.
Sì, adesso somiglia decisamente ad un cane o per lo meno, a qualcosa con quattro zampe...
" Adesso lo posso colorare?"
" Certo... ti piacciono proprio i cani, eh?"
Annuisce " Il mio papà me lo compra quando sono più grande..."
Addirittura... perchè aspettare.







*******************************







" Dì la verità Anya, stai facendo di tutto per metterlo in difficoltà o vuoi veramente che riesca a instaurare un rapporto con la figlia?"
" In verità, sto facendo entrambe le cose"
A questa mia risposta la mia amica fa un'espressione contorta invitandomi a spiegare meglio. " Cioè, voglio seriamente che Hope capisca che è suo padre ma dall'altro voglio mettere lui in difficoltà... insomma, non mi sembra giusto che dopo quello che ha fatto trovi la strada già spianata... deve capire che non è per niente facile fare il genitore!"
" Su questo non posso darti torto, ti consiglio solo di stare attenta a quello che fai, non dimenticare che si tratta di Kai, non mi sorprenderebbe se decidesse di mollare tutto ancora una volta!"
" Sì, lo so, ma oramai ci sono abituata. Se questo accadesse, beh... Hope non avrà perso nulla perchè ha già una famiglia che le vuole veramente bene..."








***************************************










" No, adesso sono occupato, potremmo fissare un appuntamento domani mattina...ok, allora a domani!"
Terminata la chiamata torno da Hope...
" Ho fame!"
Oh bene, ci mancava solo questa.
La invito a seguirmi in cucina e aperto il frigo, i miei occhi si perdono dentro di esso, non sapendo cosa farle mangiare...
" Ehm... vuoi un panino?"
" No!"
" Uno... yogurt?" propongo, controllando la scadenza.
Scuote la testa ancora una volta.
" E allora che cosa vuoi?" richiedo spazientito.
" Una mela!" esclama indicandola con un dito.
" E che mela sia!"
La prendo e gliela porgo invitandola ad uscire in giardino, per prendere un po' d'aria.
Ci sediamo ad un tavolo posto sotto un piccolo gazzebbo. E' una giornata particolarmente soleggiata e stare al fresco è l'ideale.
" Qualcosa non va?" le chiedo, notando che continua a rigirarsi la mela tra le mani senza averle dato neanche un morso.
" Non la so mangiare!" mi confessa intristita.
Questa frase mi fa scappare una risatina.
" Che significa? Non sai mangiare una mela..."
" La mamma toglie questa!" dice riferendosi alla buccia.
" Vuoi che la tagli?"
" Sì sì!"
Oh cavolo, pure il servo mi tocca fare.
" Come vuole-sua maestà..." sussurro scocciato, alzandomi per andare a prendere un coltello in cucina.



" Adesso va meglio?"
Risponde annuendo e mangiando a grandi morsi i pezzettini di mela che le ho appena tagliato.
Mentre un leggero venticello le alza qualche ciuffetto di capelli, resto a fissarla come fossi imbambolato.
Dicono che mi somiglia e guardandola adesso, non posso negarlo.
E' molto sveglia, buffa e anche carina: non posso credere di avere creato proprio io una cosa del genere.
Forse è un pò capricciosa, ma dopotutto non mi da particolari problemi, almeno finora.

Riprendo dalla tasca quella dannata lista e trovo un punto in cui c'è scritto di imparare una poesia per la recita e di seguito il testo messo tra virgolette.
" Devi imparare una poesia?"
" Si, devo fare la recita!"
" Andiamo bene, adesso devo fare pure da maestro! Eccola, è questa!"
Gli lascio il foglio sotto il suo sguardo interrogativo.
" Ma io non la so!"
Kai, ha solo quattro anni, quindi non sa leggere. Bene!
" Dammi qua!" glielo tolgo poco garbatamente dalle mani per cominciare a leggerla.

" Allora... questo dovrebbe essere il titolo: L'uccellin volò volò..."
Ma che cazz...?
Emetto un lungo respiro prima di iniziare a sparare cazzate.
" Allora, ripeti dopo di me: L'uccellin volò, volò!"
" L'uccellin volò volò!" ripete prontamente.
Mi sento un perfetto idiota.
" Sopra un ramo si posò..."
" Sopra un ramo si sposò!"
" Non sposò, PO-SO"
" pO-sO'"
"Ecco brava"
" Il gattino lo guardò e a lui si avvicinò!"
" Il gattino lo guardò e lui si avvicinò!"
Ma chi me lo ha fatto fare...
" No, A lui- si avvicinò! Capito?!"

"- Scendi giù - disse il gattino - staremo insieme nel giardino-
 L'uccellin volò volò e lontano se ne andò"











" Spero che la mia lista non sia andata a finire nel cestino della spazzatura!" commenta ironica togliendomi la figlia dalle braccia.
" Sono stato tentato nel farlo, ma... eccola qui!" dico mostrandogliela.
" Sorprendente..." esclama fingendo entusiasmo.
" Già... molto astuto da parte tua metterci anche quella specie di poesia!" aggiungo scocciato.
" Beh, devi pur farti una cultura al riguardo..." dice acidamente.
" Mi stai dicendo che non c'è nessuna recita?"
" Beh... " fa una finta espressione innocente "... la recita c'è, ma la poesia non era quella!" conclude con un sorrisetto irritante.
La osservo minaccioso. " A presto, Hiwatari! " mi volta le spalle andandosene con la bambina in braccio e cominciando a canticchiare quella stupida poesia che abbiamo ripetuto non so quante migliaia di volte, perchè dopo averla imparata non smetteva più di ripeterla.

L’uccellin volò volò
sopra un ramo si posò,
il gattino lo guardò
ed a lui si avvicinò.
“Scendi giù”, disse il gattino,
“staremo insieme nel giardino”.
L’uccellin volò volò
e lontano se ne andò.



Stupida poesia, adesso non la smetterà più di tormentarmi.
Ammettilo, ti stai divertendo parecchio, Sarizawa...










*******************************






" L'uccellin volò volò? Ma da dove l'hai presa?" domanda Rai, ridendosela di gusto.
" Beh, era una poesia che recitava sempre il mio fratellino e mi è sembrata perfetta e abbastanza melodica ahah!"
" Ma perchè l'hai fatto?" interviene Yuri, abbastanza divertito.
Abbiamo invitato a cena Hilary e Yuri, giusto per passare una piacevole serata tra amici. Tra impegni e faccende varie non abbiamo molto tempo di stare insieme ultimamente e le cene sono le uniche occasioni da sfruttare.
" Beh, conoscendo la sua sensibilità mi pare giusto che cominci a calarsi nella mente di un bambino..."
" Sarà così, ma io avrei pagato per vedere una scena simile! Kai che comincia a dire frasette in rima sdolcinata... mi si rivolta lo stomaco solo al pensiero!" confessa Yuri ridendo.
E sono anche occasioni per prendere in giro qualcuno, anche se ammetto di essere malefica, ma l'ho fatto a fin di bene. No?
" Però se Hope l'ha imparata vuol dire che ci si è messo d' impegno!" commenta Hilary
" In effetti, non me lo sarei aspettato!"
" Adesso non vorrai mica fargli una statua..." interviene seccato Rai.
" Certo che no! Comunque meglio cambiare discorso..."

Rai sta cominciando a surriscaldare i suoi nervi, cosa che posso capire, perciò è meglio intraprendere discorsi più piacevoli.







*********************************







" Reina! Sai se Kai è in casa?"
Appena arrivata, raggiungo la cucina dove Reina è intenta a lavorare.
" Sì, è al piano di sopra. Penso stia facendo una doccia!"
" Ok!"
Decido di raggiungere la mia camera, ma passando per il salotto la mia attenzione viene attirata da uno strano ed insolito oggetto posto sul divano.
Che cosa ci fa una cosa del genere in casa nostra?
















Salve a tutti *O*
Rieccomi qui.
Ho ritrovato l'ispirazione in pochi giorni, spero che sia stata quella giusta!
Questo è un capitolo diciamo tragico comico ahahah
Anche qui è stata descritta una delle scene de...
" Una fantastica giornata con papino!"
insomma spero che non sia caduta nel ridicolo T.T
nel senso che magari Kai potrebbe sembrare patetico, ma io sto cercando di mettermi nei suoi panni ( ^o^ e che panni!)dicevo u.U Mi spiego meglio:
1) Tutti conosciamo Kai Hiwatari
2)nell'anime è il figo taciturno privo di quei sentimenti che lo possano pareggiare a comuni esseri mortali!
3) In questa storia è altrettanto figo, privo di sentimenti e con una dose in più di stronzaggine
4) ne consegue che non sia molto, o per niente tagliato a trattare con i bambini, soprattutto se è una dolce e vispa bambolina dagli occhioni dolci che per di più è la figlia che ha rifiutato.
Cosa voglio dire con tutto ciò??
<__<° ehm...
volevo mostrarvi Kai alle prese con una bambina
( ma dai... e ti ci è voluto un ragionamento per dire questo -.- nd Tutti)
 Insomma ditemi che pensate! Perchè trattare il personaggio di Kai per me è come fare una maratona ad ostacoli con un vassoio incollato ai palmi delle mani  pieno di fettine di pane e nutella e non poterlo mangiare fino al traguardo XDD (???O.O)

e dopo Peppa pig ecco che arriva l'uccellin volò volò ^O^
Oddio non chiedetemi come mi sia venuta in mente una cosa simile perchè non lo so neanche io!
Ma anche io avrei pagato per vedere una cosa del genere.
Avevo pensato di peggio, cioè una filastrocca sulle vocali accompagnata da movimenti ,ma poi ho pensato... povero Kai... meglio l'uccellino! XD

Sinceramente: cosa ne pensate?
Fatemi sapere , sono curiosa XD
ringrazio tutte voi che leggete e recensite *^*
Grazie di cuore <3

Alla prossimaaa

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Capitolo 12
*** Genitore-terzo incomodo ***

















Ho appena finito di fare una doccia e, indossato un asciugamano intorno alla vita, mi accingo ad uscire dal bagno ma aperta la porta, mi ritrovo Eva seduta sul letto a osservarmi in una maniera alquanto strana.
Rimango due secondi fermo a fissarla" Non ti ho sentita arrivare" per poi avvicinarmi ad una sedia dove ho appoggiato i miei vestiti.
" Ciao, Hiwatari!" saluta acida.
Sbaglio o mi ha chiamato per cognome?
Guai in vista, Kai.
Pur conoscendo questo tono e questo suo modo di salutare, comincio a vestirmi non tenendo conto della sua presenza.
" Sai...".
E lei, conoscendo me e la mia strafottenza, si alza per avvicinarsi e fare il solito giro di parole allo scopo farmi sputare il rospo.
" E' successa una cosa strana, poco fa, al piano di sotto..."
" Mmh, dici davvero?" fingo interesse, osservando i miei pantaloni prima di indossarli.
" Ho trovato un oggetto moolto curioso..."
" Non mi dire..." . Questa volta infilo la maglietta.
Sto incominciando ad innervosirmi.
" Già..."
Perchè mi accorgo di averla messa al contrario.
" Mi spieghi cos' è questo??" .
La ritolgo per indossarla nella posizione giusta.
" Kai, mi stai ascoltando??"
Mi volto verso di lei per farle capire che non m' importa quello che ha da dirmi, ma vengo bloccato dall'oggetto che mi para davanti.
" Allora?" . Lo tiene nella sua mano destra, attendendo una mia spiegazione.
" E' solo un te-lefono..." le spiego cercando di mostrare indifferenza e passandole davanti per raggiungere il mio armadio.
Mi sa che indosserò una camicia.
" Un telefono.... giocattolo! Kai, mi spieghi che ci fa un telefono-giocattolo in casa nostra?".
Perchè non c'è mai quella che mi serve?
" Kai!!" urla furente il mio nome e aziona quel telefono attivando l'orribile musichetta che per tutto il pomeriggio mi ha fracassato i timpani, e non solo.
" Non lo so, va bene? e fai smettere quel coso, ne ho abbastanza!" le spiego spazientito.
" Ah, ne hai abbastanza?? Ci hai giocato per tutto il pomeriggio?? o meglio qualcun'altro ci ha giocato!? Anzi, adesso ti dirò il mio ragionamento!"
Roteo gli occhi e rimango in piedi a fissarla mentre fa avanti e indietro per la stanza illustrandomi la sua geniale intuizione.
" I giocattoli li usano i bambini, giusto?!"
Giusto.
"tuttavia in questa casa non esistono bambini..."
Per fortuna.
" Ma... tu hai una figlia..."
Guarda che coincidenza...
"che guarda caso , è ricomparsa da un pò di tempo..."
Convivo con un detective e non lo sapevo.
" C'è qualche relazione tra questo coso e quella bambina, Kai?"
Beccato!
Non era questo il modo in cui volevo che lo venisse a sapere, ma questa biondina ha un fiuto che fa invidia ai cani.
" E se ci fosse?"
" Non posso crederci!! Tu hai, tu-tu... Kai tu mi avevi detto che non ti sarebbe importato niente!" mi ricorda puntantomi un dito minaccioso.
" Ho cambiato idea, e allora?"
" E allora?? Che cosa ti ha fatto cambiare idea? O meglio, CHI??".
" Nessuno!" rispondo fingendo un tono calmo mentre lei sembra che debba esplodere da un momento all'altro.
" E scommetto che questo nessuno inizia con esse e finisce con arizawa! EH?"
Inizio a massaggiarmi le tempie, come a voler mantenere il mio autocontrollo.
" No..."
" Da pazzi! Tu l'hai portata qui insieme a quella bambina e no-..."
" Ehi frena, frena!" la interrompo bruscamente. " io ho portato qui solo la bambina, che sia chiaro!".
Sapevo che avrebbe frainteso tutto.
" Aaah solo la bambina... certo, che stupida..." inizia ironicamente a darsi della sciocca mentre io chiudo gli occhi sperando che al riaprirli scompaia da questa stanza.
" E quindi vorresti dirmi che Anya, quella Anya, ti avrebbe lasciato la bambina... ti avrebbe dato tutta questa fiducia, così... dopo tre anni, dopo quello che è successo??!"
Fulminatela. Anzi no, fulminate me.
" La vuoi smettere?! non è una questione che ti riguarda..."
" Non mi riguarda? Kai, non puoi escludermi sempre da tutto, non questa volta! Tu hai deciso di conoscere tua figlia e non mi hai detto nulla! Ti sei incontrato con Anya e non mi hai detto nulla! Cosa c'è da scoprire ancora?"
" Te lo avrei detto..."
" Quando?? Quando l'avresti messa di nuovo incinta?"
" Adesso stai esagerando!" tento di calmarla cercando di mantenere il mio autocontrollo.
" Tu l'hai portata qui! Non nascondermelo! Per questo quel giorno la stanza era sotto sopra, il letto in disordine! Che schifo, Kai, che schifo!".
" Vuoi smetterla!!".
La prendo per le mani, che stavano per colpirmi e tento di bloccarla e farla calmare.
" A me non frega un cazzo di Anya, è chiaro!? Sto solo cercando di conoscere quella bambina!"
" Perchè prima no e adesso sì??"
" Perchè non voglio che quel cinese gli faccia da padre!" le spiego una volta per tutte.
Si calma all'improvviso, respirando quasi affannosamente a causa della rabbia appena esplosa.
" Non è Anya che m'interessa, l'ho convinta io a farmela conoscere e dopo vari tentativi ci sono riuscito..."
" E perchè me l'hai tenuto nascosto?"
" Perchè non sapevo come dirtelo! Guarda cosa hai combinato in cinque secondi!"
" Beh, se me lo avessi detto tu..."
" Avresti reagito ugualmente così!" concludo io , osservandola negli occhi e alleggerendo la presa sui suoi polsi che adesso non oppongono più resistenza.
" Sei sempre il solito egoista!Complimenti allora, per avere deciso di diventare padre!!" esclama furente liberandosi dalla mia presa e sbattendo sul mio petto quel telefono che afferro prontamente per non farlo cadere a terra.
Fatto questo, va via a passi svelti lasciandomi qui da solo, con questo telefono in mano, che prendo ad osservare come imbambolato.
" Non ne fai mai una giusta, Kai..."









" Sei proprio un padre esemplare, Kai! In genere i padri portano i propri figli al parco, a prendere un gelato...ma tu, TU sei un padre alternativo!" conclude divertito, sotto il mio sguardo omicida. " Un'officina è un luogo molto istruttivo, sai piccola, ora ti mostro come si smonta questo motore!" la richiama verso di sè.
" Smettila! O le mostro come si smonta un essere umano in cinque secondi!".
" Hey, sei tu quello che sta invadendo il mio territorio! Non vorrai trasformarlo in un asilo, spero!"
" No, testa di ca...!" mi fermo all'improvviso, rendendomi conto di star usando un linguaggio poco appropriato in presenza della bambina che è seduta sulle mie ginocchia e mi osserva curiosa.
" Ca..." mi incita Boris, divertito dal fatto che non possa insultarlo come meglio mi viene.
Ma cavolo, è difficile rendere l'idea con parole normali.
" Ca...sco!"
" Casco? Testa di casco?! ahah questa è bella! Me la scrivo!"
E la sta scrivendo sul serio, sul taccuino che usa per appuntare i suoi impegni.
Meglio non aggiungere altro.
"Non posso portarla per ora a casa mia, Eva sa tutto, nè posso dire ad Anya che non posso, o penserà che cerco solo delle scuse!"
" Sei diviso tra due donne, amico mio! o meglio tre, considerando questo esserino!" aggiunge scompigliandole i capelli.
" Beh sono tre cose differenti..."
" Una è tua figlia, con l'altra ci convivi e con l'altra...." sospende il suo discorso perdendosi in chissà quali fantasie.
" Con l'altra che?".
" Avanti Kai, non mi dire che non vorresti farci un altro pensierino! Ti conosco, stai usando la bambina per avvicinarti cautamente alla preda, poi aspetterai il momento giusto per...awwh sbranartela!" conclude imitando persino il verso di un lupo.
" Perchè siete tutti convinti di questa cosa?" chiedo leggermente infastidito.
" Perchè ti conosciamo!" dice mettendomi una mano sulla spalla, in segno di rassegnazione.
" Quante volte devo dirvi che non sono queste le mie intenzioni?!"
" Anche se ce lo ripetessi miliardi e miliardi di volte, noi non ci crederemmo!" continua ironico.
" Adesso mi hai stancato! Ce ne andiamo! Ma prima, tienimi la bambina e consegnami il tuo taccuino un momento..."
Sotto il suo sguardo contorto, ci scambiamo le due cose.
Inizio a scrivere qualcosa su un foglietto, lo strappo e lo appiccico sul suo petto. Riprendo mia figlia e ci avviamo all'uscita, lasciandolo imbambolato a osservare quel foglio.
" Ci vediamo, testa di casco!" lo saluto amichevolmente.
" Ciao, Bosir!" saluta con una manina anche Hope.

Arrivati in auto sentiamo un boato proveniente dal garage.
" Hey, testa di casco, torna qui e abbi il coraggio di dirmi quello che hai scritto in faccia!!"
Il solito stronzo!
" Comunque, piccolina, cosa vuoi fare?"
" Voglio la mamma!"
E che mamma sia!









*********************************









Come succede oramai da qualche settimana a questa parte, io e Kai ci ritroviamo al solito posto per scambiarci la bambina, se così si può dire.
" Beh allora ti faccio sapere se domani posso!" mi dice per poi girarmi le spalle e salire in auto.
Dovrei dirglielo?
A dire la verità non so se sia il caso, ci sarà pure Rai e poi non credo che...
" Kai!"
Si volta immediatamente verso di me che mi pento subito di averlo richiamato.
" Sì.."
" Ehm... senti, in realtà non so se possa interessarti, credo proprio di no ma forse è giusto che te lo dica lo stesso, perchè..."
" Anya, arriva al dunque!" mi suggerisce scocciato, vedendomi persa tra un mare di parole.
Riprendo fiato...
" Questa stasera alle sette e mezza ci sarà una sorta di... recita all'asilo! Hanno invitato i genitori e  durerà al massimo un'oretta, ed ecco io pensavo che...".
Vengo intimorita dal suo sopraciglio sinistro che si sposta leggermente più in alto rispetto a quello destro " ... pensavo che potesse per lo meno interessarti..." e la sua espressione si fa alquanto contorta.
" Una... recita" inizia poco convinto.
Non mi aspettavo già molto entusiasmo.
" Sì, Hiwatari! Hai presente quelle messe in scena, organizzate dalle maestre dove ci sono bambini che cantano..." comincio ironicamente a spiegare come fosse qualcosa di nuovo per lui.
" Sì, so cosa sono!" afferma a denti stretti, intuento la presa in giro.
" Beh forse farebbe piacere a Hope che ci fossi, ma non sei obbligato! Lascio la decisione alla tua coscienza di neopadre!"
" Ti piace vedermi alla prova, Sarizawa?" domanda con un sorrisetto irritante.
A dire la verità mi piacerebbe che non venissi, ma la mia stupidità mi ha costretta a dirtelo.
" Non è una sfida, Kai! Io ti ho solo riferito questo solo perchè..." beh a dire la verità voglio seriamente metterlo alla prova e se fallisse, beh tanto meglio! "... perchè magari essendo più presente, Hope possa interagire meglio con te!".
" Beh, a dire la verità non so se avrò tempo, ci penserò" risponde con la sua aria da persona superiore e super impegnata.
Beh, tanto meglio.
" Se sei proprio così impegnato da non poter ritagliare uno spazio per tua figlia, beh ti capisco! Alla prossima Hiwatari!"
" A presto, Sarizawa!".
Figuriamoci se si presenterà ad una recita di bambini.
Non verrà. Ne sono sicura.










Giunge la sera.
Le maestre sono impegnate a preparare i bambini per andare in scena, mentre i genitori attendono in piedi, in corridoio, di essere invitati ad accomodarsi in aula.
Rai ed io, dopo avere scambiato qualche parola con altri genitori, ci ritroviamo adesso a discutere sul probabile arrivo del  genitore-terzo incomodo.
" Ti dico che non verrà!"
" E se venisse?"
" Me lo ha fatto capire esplicitamente!"
" E' difficile capire uno come lui!"
" Rai, non pensarci! E' la prima recita di Hope, mi sento così entusiasta all'idea di vederla parlare in pubblico che non immagini!".
" Sì anch'io! Chissà come se la caverà, sono curioso!"
" I genitori possono accomodarsi e prendere posto! La recita inizierà tra cinque minuti!" ci invita a gran voce una delle maestre.
Immediatamente tutti cominciamo ad entrare...
E' una sensazione così strana: siamo i genitori più giovani e sembra che tutti ci osservino dalla testa ai piedi.
" Che peccato, la recita sta per cominciare e lui non è arrivato!Dovremmo tenergli un posto?" commenta ironico Rai.
" Vuoi smetterla! Su, muoviti ed entra!" lo incito , dandogli una leggera spinta, che ci strappa una risata.
Non appena prendiamo posto, i nostri occhi puntano sul palco alla ricerca di Hope.
" Tu la vedi?" mi domanda Rai.
" Uh, eccola! E' la matita vestita di rosa!"
" Ahah Una matita? Che costumi buffi!"
" Sì, in pratica metteranno in scena una -Guerra dei colori- " gli spiego, pronunciando il titolo con una voce che imita quella agghiacciante di un trailer di un film dell'orrore.
" Mmh, Guerra dei colori... il titolo sembra avvincente! Speriamo ci sia un po' d'azione!"
Ci saluta con la manina.
D'un tratto si abbassano le luci e il chiacchericcio di sottofondo si abbassa sempre di più sino ad esaurirsi. S'illumina il palco e i bambini stanno fermi nella loro posizione.

"C’erano una volta,racchiuse dentro una vecchia scatola di legno,delle bellissime matite colorate. Da molto tempo non venivano usate,e per questo motivo erano diventate molto tristi. Se ne stavano tutte in silenzio,avevano persino perso la voglia di parlare o di giocare. Ma proprio quando ormai ognuna di loro si era rassegnata a rimanere chiusa dentro la scatola per sempre, un giorno un bambino impegnato a fare un disegno si accorse che aveva finito i suoi colori,per questo iniziò a cercarne altri nella sua casa..."



La recita inizia con la voce narrante della maestra, mentre i bambini iniziano a muoversi, come da copione, sul palco.


"Dopo un pò di ricerche trovò la vecchia scatola dei colori da tempo dimenticati.Le matite colorate si ripresero prontamente dal torpore in cui erano cadute e si agitarono alla vista del bambino cercando ognuna di attirare la sua attenzione."



"Che bei colori! C’è il rosso,il blu,l’azzurro,il marrone,il giallo,il verde,il rosa."

Esclama un bambino.

"Chissà quale sarà la sua prima battuta!" sento dire a Rai.


Dopodichè ognuna delle matite colorate cerca di farsi prendere dal bambino chiamandolo in vari modi.


Giallo – Prendi me!

Verde – Hei bambino!

Azzurro – No prendi me!

Marrone – Io ho un bel colore!

Rosa – Ti prego prendi me!

Blu – Io! Io! Prendimi bambino!

...


" Ahah! Hai sentito? Ha detto -Ti prego prendi me!-. Quanto è carina!!" esclamo entusiasta sotto lo sguardo divertito di Rai.








*************************************









" Kai, dove stai andando così di fretta?"
Stavo per uscire quando sento la presenza di Eva alle mie spalle.
" Sto uscendo".
" Questo l'avevo capito. Ma dove stai andando?" chiede ancora una volta con un sorriso poco simpatico.
" E' un interrogatorio?" dico infastidito.
" No! E' solo una curiosità, cosa c'è di male?"
" Sto andando... da Boris!"
" Ah, posso venirci?"
" No!".
Risposta secca.
" E perchè, sentiamo?" . Incrocia le braccia al petto.
" Non avevi un impegno stasera?" le ricordo in modo pungente.
" Beh posso rimandare..."
" Non disturbarti!"
" Stai andando da lei, non è vero??".
Finalmente è riuscita a dirlo!
Mi blocco sul ciglio della porta, facendo la solita espressione che si fa quando si è stati beccati. Prima di voltarmi verso di lei però, riporto il mio viso al suo stato naturale.
" No!"
" Non mentirmi..."
" Non lo sto facendo!"
" Invece sì!"
" Sei proprio una rompiscatole!"
" Sarei capace di seguirti, lo sai!"
" Se provi a fare una cosa del genere, ti sbatto fuori di casa!"
" Non ne saresti capace!".
" Scommettiamo?" rivolgo minaccioso.
Ci osserviamo quasi fulminandoci e il mio sguardo gli fa capire che non stavo scherzando affatto.
Si arrende e dopo avere arricciato, infastidita, il naso, mi da le spalle andandosene a grandi passi insultandomi con quella poca grazia che le è rimasta.

Soddisfatto di avere vinto, come sempre, mi accingo a raggiungere l'auto.
Se sto andando da lei? Sì.
A dire la verità la ritengo una perfetta scocciatura, ma il modo in cui Anya oggi mi ha detto quelle cose, mi ha fatto capire che era convinta che non mi sarei presentato, anzi, lo sperava ardentemente.
E così per non dargli questa soddisfazione andrò lì. Poco m'importa che quel cinese sia presente.
Se non sbaglio aveva detto che sarebbe iniziata alle sette e mezza; e guardando l'orologio sono le otto e un quarto: spero solo che non sia finita. Non vorrei fare un viaggio a vuoto.





Parcheggio l'auto e mi avvio verso la scuola.
Dopo essere entrato e chiesto indicazioni ad un bidello, mi ritrovo di fronte all'aula quando d'improvviso vengo preso da una strana sensazione.
Cavoli... ma perchè sono venuto?
Lì dentro sarà pieno di marmocchi e genitori.
Sento già delle strane musichette.
Un momento, anch'io sono qui in veste di genitore, con la differenza che mia figlia non lo sa e che ci sono già dentro due genitori per lei, che lei conosce...
Cazzo, Kai! Smettila di pensare ed entra.
Istintivamente apro la porta attirando l'attenzione di parecchie persone che si sono voltate dalla mia parte e mi osservano in maniera strana.
Cazzo avete da guardare!
Tra queste anche Anya che mi segue con lo sguardo finchè non raggiungo, silenziosamente, un posto libero tra le ultime file.
Si vede che è infastidita e adesso che guardo meglio, anche il cinese guarda verso di me, per poi subito rigirarsi.
Anya invece non sembra abbia intenzione di scrollare i suoi occhi da me.
Ricambio con un ghigno beffardo: pensavi davvero che non sei venuto, vero Sarizawa?
Ritorna ad osservare il palco, imitata da me che cerco di trovare Hope in mezzo a tutti quei marmocchi in costume.
Dopo qualche secondo riesco a trovarla nelle vesti di una buffa matita rosa.
Noto che anche lei mi guarda e mi sorride dolcemente.
" Ciao, Kai!" grida d'un tratto facendo voltare una gran parte delle persone verso la mia direzione.
Doveva per forza salutare così forte!?
Quasi imbarazzato dalla situazione , ricambio il saluto con un gesto della mano, che sembra paralizzata.
Dio, fa' che finisca presto...




***************************






" L'ha pure salutato a gran voce! Sembrano andare d'accordo!" commento infastidito a bassa voce mentre Anya sembra si stia spezzando le dita dal nervoso.
" Che nervi! Con quale faccia si è presentato, e per di più in ritardo di un'ora!"
" Si vede che non hai saputo decifrare la sua espressione da mummia di sempre!".
" Si vede che è proprio un cretino!".
Senza accorgercene la recita è già finita.
Non abbiamo neanche sentito l'ultima battuta della piccola e ci uniamo ugualmente all'applauso generale.
" Deve sempre arrivare alla fine e rovinare tutto!" aggiunge Anya, che mentre applaude,  mi sembra di vedere tra le sue mani la faccia di Hiwatari gonfia di schiaffi.
I bambini dopo l'inchino finale cominciano a scendere dal palco e Hope con un gran salto ci raggiunge correndo.
" Papà, papà!".
La prendo in braccio scoccandole un bacio sulla guancia.
" Hey, piccola matita rosa! Sei stata bravissima!"
" Sono stata brava??"
" Si, eri la più bella di tutte!"
" Mamma, sono stata brava?"
" Certo, tesoro!" le dice contenta per poi ritornare seria vedendo Kai avvicinarsi.
Inespressivo si avvicina a noi e posata la bambina a terra questa gli va incontro.
" Ciao, Kai!" lo saluta allegramente.
" Ciao..." si limita a dirle scompigliandole i capelli e forzando un sorriso.
Questa scena mi fa uno strano effetto, non mi sembra vera.
La bambina ritorna da noi, seguita da lui che saluta con fare distaccato i qui presenti.
" Ciao..." per poi fare finta di guardare altrove.
" Sei parecchio in ritardo!" gli fa notare Anya con tono pungente.
" Beh sono arrivato ugualmente!" ribatte lui.
" Dopo un'ora!"
" Devi sempre stare lì a precisare?"
" Mi pare ovvio!"
Io rimango lì senza aggiungere parola. Non mi va di sprecare fiato con questo stronzo, anche se sarei pronto ad intervenire non appena dica qualcosa di non appropriato.









*******************************










Ero convinta che non venisse: evidentemente mi sbagliavo.
Mi chiedo cosa l'abbia spinto a venire qui.
Non appena si è aperta la porta dell'aula è l'ho visto lì, avrei voluto avere un fucile tra le mani.
Rai sembra alquanto infastidito dalla sua presenza, come me d'altronde.
Se fin'ora non ha detto niente è perchè gli avevo cortesemente chiesto di non intervenire a meno che la situazione non degenerasse, per non farli interagire l'uno con l'altro, visto che si odiano a vicenda.

" Scusate..."

Veniamo interrotti dall'arrivo di una maestra.

" Scusate... tra un po' ci saranno le foto dei bambini e anche quelle con i genitori! Vi consiglio di cominciare a prepararvi!"

" Ok, arriviamo subito!" la rassicuro sorridente per poi girarmi dalla loro parte e rendermi conto che qui di genitori ce ne sono fin troppi.
Ci osserviamo tutti senza dire una parola.
Una foto con i genitori significa con una madre e un padre, ma qui di padri ce ne sono due!
Preoccupata e indecisa sul cosa dire o fare osservo Rai alla ricerca di un aiuto, finchè...
" Beh... Nel frattempo, allora io aspetto fuori" .
A rompere il silenzio è Kai che sembra abbia deciso di mettersi da parte di sua spontanea volontà.
Mi lancia un'ultima occhiata che io interpreto come un :" non preoccupatevi, non vi rovinerò la foto di famiglia" e si allontana, uscendo fuori e lasciandomi con l'espressione di chi non si aspettava questo atteggiamento.

" Mamma, andiamo a fare la foto!" dice la piccola tirandomi per una mano.
Osservo Rai...
" Beh... si è escluso lui" si limita a dire, forse anche felice della sua decisione.
Io invece non so cosa dire.











Fatta la foto tutti cominciano ad andare a casa e non appena usciamo dall'edificio i miei occhi puntano sulla figura di Kai, appoggiata ad un muretto che ci osserva da lontano.
Mi volto verso Rai...
" Senti, tu raggiungi l'auto, io vado un attimo da lui, ok?".
Non mi risponde immediatamente, perchè il suo pensiero e i suoi occhi sono fissi su Kai.
" Va bene, ma fai in fretta!".
Con la bambina in braccio lo raggiungo e lui, buttata la sigaretta, ci viene incontro.
" Allora, cosa hai ancora da ridire, Sarizawa?"
" Che la puntualità non è il tuo forte!"
" Ma sono arrivato comunque! Speravi che non venissi? Eccomi qui!"
" Beh, non dovevi disturbarti se volevi sorprendere me! A quanto pare tu prendi ogni cosa come una sfida, non t'importa un bel niente di tua figlia, ammettilo!"
" Se non m'importava non mi sarei scomodato!" ribatte duramente.
" La prossima volta allora non scomodarti!"
" Sei tu che mi hai detto di venire!"
" Non eri obbligato!"
La discussione diventa sempre più accesa e Hope, poverina, in braccio a me, ne è in mezzo.
" Perchè me lo chiedi se poi non vuoi che venga??!"
" Ma hai detto che non venivi!"
" Io avevo detto FORSE , e ho cambiato idea!"
" Ah certo, perchè il signorino cambia idea quando gli pare! Oggi ha una figlia, domani no, l'altro ancora FORSE!"
" Anya, adesso mi stai facendo incazzare seriamente!" si avvicina sempre di più al mio viso con tono minaccioso. " Qual è il tuo problema?? Solo perchè hai trovato il paparino perfetto per tua figlia credi che io debba farmi da parte?!"
" Sei tu che ti sei fatto da parte!!"
" Lo vedi?? Anche tu non sei da meno! Non ti importa che Hope mi conosca, perchè devi pensare a vendicarti per il fatto che ti abbia abbandonata! Ammettilo?!"
" Ma che d..."
" Quando ti ho chiesto di conoscere lei, non era sottinteso che dovessimo andare d'accordo! Perchè non mi frega un cazzo di te, hai capito?"
" Io non ho mai pensato questo! Sei tu che..."
" Pensate tutti la stessa cosa! Perchè Hiwatari non può voler conoscere sua figlia di sua spontanea volontà, giusto?? E' questo quello che pensi anche tu, no? Sai che ti dico! Tieniti tua figlia, tieniti il paparino perfetto, tieniti tutto, non ti va mai bene niente! Mi hai proprio stancato! Vaffanculo, Anya!"
Dopo avere sfogato la sua rabbia su di me e non avermi dato spazio per parlare se ne va via di furia lanciandomi uno sguardo orribile.
Sono sconvolta e quasi terrorizzata da questa sua reazione che non riesco neanche a muovermi e spostare gli occhi.
Perchè ha detto quelle cose...
Il cuore mi batte a mille all'ora e solo adesso mi accorgo che anche Hope sembra spaventata.
" Mamma, perchè ha detto le parolacce?" domanda con tono triste, appoggiando la sua testolina sulla mia spalla.
Dopo essermi accorta che è scomparso all'angolo, decido di tornare indietro.
Stringo forte a me la piccola affondando la testa tra i suoi capelli e lottando contro le mie lacrime che sembrano dover esplodere da un momento all'altro.
Non voglio che Rai se ne accorga, non voglio creare problemi.
Ma quando di mezzo c'è lui è inevitabile: sapevo che non sarebbe stata una buona idea.











" Hey, cos'hai?" mi domanda dolcemente accarezzandomi il viso con una mano.
Non rispondo.
Mi limito ad osservarlo, rimanendo immobile nella mia posizione, coricata di fianco sul letto.
Lui, che prima era seduto, adesso decide di sdraiarsi accanto a me ad attendere una mia risposta.
E' notte fonda e c'è un silenzio così rilassante, sarebbe un peccato rovinarlo cominciando a parlare e riempirlo delle mie solite preoccupazioni.
" Rai, tu ti sei mai sentito usato da me?".
Questa domanda sembra averlo sorpreso.
" No, mai..." risponde serenamente.
" Sai, se potessi tornare indietro... non ti farei una cosa simile!"
Beh, è brutto pensare una cosa simile: perchè questo vuol dire che oggi non ci sarebbe Hope.
Non riuscirei ad immaginare la mia vita senza di lei, oramai.
" E' acqua passata Anya... non pensiamoci più, ti prego!"
Ha ragione.
Mi scocca un bacio e si mette supino dalla sua parte del letto, imitato da me.
Si spengono le luci.
Si vedeva che era arrabbiato.
Le cose che ha detto mi tormentano perchè sono in parte vere, forse.
Mi sto comportando in questo modo per vendicarmi?
No.
Perchè dovrei.
La mia è solo rabbia nei suoi confronti. Rabbia nel vedere come la sua vita sia andata avanti senza problemi.
Non che Hope sia stato per me un problema.
Beh, rimanere incinta a quell'età mi ha causato vari problemi, mi sembra una cosa naturale in casi come questi.
Ma non ho mai pensato, neanche una volta di mollare, nonostante le avversità.
Questa rabbia è difficile da spegnere, per questo mi comporto così.
Mi chiedo una cosa: se io non fossi mai ritornata qui, se lui non avesse mai visto la bambina, se avessimo continuato due vite parallele senza mai più reincontrarci...
Lui...
avrebbe fatto un passo avanti?
...




















Sono passati due giorni e di Kai non ho più avuto alcuna notizia.
In genere mi chiamava lui per dirmi quando avrebbe trascorso del tempo con Hope.
Devo ammettere che si stava impegnando e Hope non sembrava avere problemi.
Mi era sembrata pure felice nel vederlo presente alla recita.
Sono stata, forse, un pò troppo oppressiva, precisina?
Ebbene sì: perchè lui aveva in mano mia figlia.
Detto così, però, sembra che lui sia un perfetto sconosciuto, quando invece è suo padre, ma lei non lo sa.
Cavoli...
Sembra che la causa di tutto, adesso, sia diventata io!
Aspetta forse che sia io a contattarlo? Pretende delle scuse?
Tzè, puoi scordartelo, bello!
" Anya! Credo che quel bicchiere sia lucido abbastanza e se ci metterai ancora più forza finirai per romperlo!" mi fa notare, giustamente Dana, che stava lì ad osservarmi mentre ero persa tra i miei pensieri.
" Scusami... non..."
" Ci sono con la testa, si lo so! Sai che novità!" interviene acidamente. " Vuoi un consiglio? Lascia perdere tutti, gli uomini sono tutti uguali! Una mandria inferocita di predatori che pensano solo a saziare le loro voglie!".
La rabbia con cui ha espresso questo suo pensiero sembra averla avvolta tra le fiamme.
" Parli per esperienza?"
" Parlo così perchè è scientificamente provato!". Adesso è lei quella che sta torturando la bustina di zucchero che stringe tra le mani.
Non so niente della sua vita privata, ma quando si prende questo argomento sembra irritarsi parecchio.
Quando fa così, mi mette seriamente paura.
" Quanto sei drastica..."
" Io sarei drastica? Lasciamo perdere! Oh guarda, sta per arrivare un perfetto esemplare di "sus scrofa domesticus" meglio conosciuto come maiale o porco!".
 Il sus cosa-che? Ma che le prende.
Mi volto dall'altra parte e vedo Boris che si avvicina per sedersi al solito posto, ignaro di tutto.
Ah ecco perchè...
" Di cosa stavate parlando?" chiede curioso.
" Indovina un pò!" gli risponde acida per poi dargli le spalle e tornare in cucina.
" Stavate parlando di me vero?" mi domanda con un tono da gradasso.
" Già..." mi limito a rispondere cominciando a preparargli il suo caffè.
" E cosa diceva lei di me?".
Sempre più incuriosito, si avvicina per saperne di più al riguardo.
" Mi sembra che abbia detto scrofalus dominus, no aspetta... era suscralus dominicus o qualcosa del genere" cerco di ricordare.
Mi osserva perplesso.
" E che diamine significa??"
" Guarda... è meglio che non te lo dica! ".





















Ciau^O^
Aggiornamento riuscito U.u
Cosa è successo?

1- Sherlock Holmes ( Eva) attraverso una serie d'indizi (un telefono-giocattolo rosa tutto luci e sbrilluccicoso) riesce a svelare il mistero di Kai.

2- A quest'ultimo poco gliene frega XD

3- Anya "invita" Kai ad una recita, convinta che non si sarebbe presentato.

4- Inizia lo spettacolo : "La guerra dei colori" e Hope interpretata una dolce e simpatica matita rosa XD (non prendetemi per pazza, spero che vi sia piaciuta questa parte ahahah )

5- Kai mette una musuerola ad Eva e raggiunge prontamente (dopo un'ora) sua figlia.

6- Anya sembra molto felice di questo suo sacrificio tanto che alla fine decidono di fare tutti pace e abbracciarsi XD

Come dite??
No... eh?
E infatti Kai si rende conto di essere di troppo e decide di farsi da parte per la foto di famiglia ( *^* mi ha fatto pena però ç___ç)
All'uscita Anya e Kai fanno i conti, dicendosene di tutti i colori (appunto XD), e Hope là in mezzo as assistere alla disputa tra il padre e la madre. (poverina pure lei a cui non sono sfuggite le brutte parole di Kai *^*)
Poi si va a letto, i soliti dubbi esistenziali che si vengono prima di dormire ebla bla e alla fine ho chiuso col teatrino Dana e sus scrof- cioè voglio dire Boris XDahhaha
Mi diverto troppo con loro :°D

Allora, cosa ne pensate?? Da quale parte state? Vi è piaciuto? Trovate qualcosa che non va?
Fatemi sapere, non vergognatevi!
Ringrazio tutti tutti, come sempre e un bacio!

 vi regalo pure la foto di Kai appena uscito dalla doccia *@* awwwh




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Capitolo 13
*** Aggiungi un posto a tavola... ***


" Secondo te cosa dovrei fare adesso, Hila?"
Mi ritrovo al parco, seduta su una panchina insieme alla mia amica Hilary.
Ultimamente non abbiamo avuto modo di stare insieme come ai vecchi tempi, quando passavamo interi pomeriggi, a casa dell'una o dell'altra,  a chiaccherare, lasciando i libri marcire sotto ai nostri occhi.
Beh, sono cambiate un bel po' di cose da allora: io ho una bambina a cui badare, un lavoro, mentre lei è completamente presa dal suo studio universitario e, ovviamente, da suo bel maritino.
Quindi abbiamo approfittato di queste poche ore libere per dedicare un po' di tempo all'altra e cercare di recuperare quello perduto.
E non potevo non aggiornarla delle ultime notizie, che riguardano la mia disastrosa vita insidiata da Hiwatari.
" Non era quello che volevi? Insomma, hai fatto di tutto per farlo arrendere e ci sei riuscita..." afferma tra una cucchiaiata di gelato e l'altra.
Il suo gelato è quasi finito, mentre il mio è stato solo sfiorato in superficie.
" Sì, è vero! Ma..."
" Ma sembra quasi che tu ti senta in colpa!" completa con tono pungente.
" No!" nego prontamente puntando verso di lei il cucchiaino che tengo in mano, gesto che le mette quasi timore.  " Cioè... io non mi sento in colpa per avergli detto quelle cose! E' stato lui a dire cose orribili e ha cercato in tutti i modi di rigirare la frittata a suo favore, ti rendi conto?? Vuole farmi sentire uno schifo, facendo ricadere su di me tutte le colpe! Questo solo perchè mi preoccupo per mia figlia! La colpa non è mia, ma sua!" concludo stringendo i denti e non rendendomi conto che lei mi sta osservando già da qualche minuto in maniera alquanto strana.
" E non guardarmi così!" la minaccio , per poi infilzare il cucchiaio nel gelato con rabbia e metterlo da parte " Mi fa schifo persino il gelato, oggi!".
" Se non ti va posso finirlo io..." . Non mi dà il tempo di rispondere, che già si ritrova col bicchiere in mano e fulminata dai miei occhi.. " Hai detto che non lo volevi..." si giustifica con fare innocente.
Ma in realtà io sto pensando a tutt'altro.
" Tranquilla! La mia mente è pervasa da tutt'altri pensieri!"
" Che riguardano sempre lui!" aggiunge ironica.
" Già..." rispondo alleggerendo il tono di voce ed emettendo un sospiro di stanchezza. " Comunque,hai parecchia fame oggi, eh?".
Il discorso cambia, non appena i miei occhi puntano sul non più mio gelato, già scomparso.
" Eh, sì... avevo proprio VOGLIA di gelato " afferma con una certa allegria.
" Capisco..." mi limito a rispondere non dando molto peso al modo allegro e canterino della sua frase appena pronunciata.
" No, non hai capito... ho detto che avevo una Certa Voglia di gelato!" .
I miei occhi la fissano stranamente e si accigliano sempre di più, non capendo dove voglia arrivare.
" Guarda che ho capito!! Avevi voglia di un...". Mi blocco all'istante non appena nella mia mente fa eco una vocina, la quale mi suggerisce che, dietro quelle parole volutamente calcate, si nasconde un messaggio ben preciso.
Spalanco occhi e bocca non appena la sua mano si poggia sul suo ventre e sul suo viso si dipinge un dolce sorriso.
Non riesco a crederci.
" Tu... tu" alzo un dito tremolante.
" Sì, Anya... io e Yuri aspettiamo un bambino!" rivela con una gioia che riesce ad investirmi, portandomi a sorridere e quasi piangere dall'emozione.
Istintivamente la avvolgo in un abbraccio, a cui lei reagisce inizialmente con sorpresa, ma a cui, subito dopo, risponde con altrettanto affetto.
" Sono così felice per te! Ma Yuri lo sa? Da quando lo sai? Hai fatto il test, sei sicura??".
Appena mi sciolgo dall' abbraccio inizio, come d'altronde è nostra abitudine fare in certi casi, ad inondarla di domande.
" Sì, Yuri lo sa! Scusami se vieni a saperlo solo ora! In realtà doveva essere una sorpresa per tutti".
" Come hai potuto non dirmelo fin dai tuoi primi dubbi?" dico fingendo un tono di rimprovero.
" Beh, in realtà avevamo deciso di non dirlo a nessuno, in modo da riunirci tutti assieme, magari per una cena , e annunciare la notizia come si deve! Ma non ho potuto resistere e ho deciso di dirtelo, perchè non so fingere con te! E poi volevo rallegrare la tua giornata, dimenticando per un attimo quel deficiente..." spiega con soddisfazione.
" E ci sei riuscita! Mio dio, non riesco ancora a crederci, la mia amica è incinta!" esulto con allegria, prendendo e stringendo le sue mani.
Finalmente una bella notizia e coi fiocchi: chissà se saranno  blu o rosa...









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" Da non credere! Avevo già intenzione di farle qualche domanda al riguardo, ma mi sembrava ancora troppo presto... insomma, sono sposati da quasi tre mesi, non avrei mai immaginato che arrivasse così presto..."
Anya non fa altro che gioire ed entusiasmarsi per la bella notizia ricevuta. Sono amiche da così tanto tempo, si vogliono bene quasi come fossero sorelle: è normale che reagisca in questo modo.
E in questo contesto non posso far altro che essere coinvolto dal suo entusiasmo.
" Sono felice per lei e Yuri: si sono dati un gran da fare, ultimamente!" affermo scherzoso.
" eh sì,mio caro! Dici che sarà una femmina o un maschietto?".
" Beh, non saprei..."
" E dai prova ad indovinare! Il mio intutito dice che sarà un maschio! Quando ero incinta di Hope il mio istinto mi ha suggerito che sarebbe stata una femmina e infatti, eccola là!" esclama orgogliosa, puntando un dito verso la piccola che gioca a terra vicino al tavolino.
" Wooow! " esclamo fingendo gran meraviglia, " Potresti leggermi il futuro?" le chiedo porgendole la mano.
" Spiritoso!" risponde imbronciata, spazzando via la mia mano, per poi alzarsi e prendere in braccio Hope. " Vado a mettere a letto questa peste, torno subito!"
" Buonanotte, pestifera!" la saluto scoccandole un bacio in fronte.
" Buonanotte papà!" saluta con la manina da lontano.

Assicuratomi del fatto che Anya sia dentro la stanza con la bambina, infilo furtivo una mano dentro la tasca dei miei jeans per tirar fuori una piccola scatolina blu.
La osservo, giro e rigiro tra le mani.
Avevo intenzione di chiederglielo molto prima, ma ci sono stati degli avvenimenti spiacevoli che mi hanno costretto a rimandare.
Adesso, non so bene cosa, ma qualcosa mi ha suggerito che è giunto il momento giusto per farlo.
La stringo forte in una mano.
" Ok, la piccola è già crollata! Ti aspetto di là?" .
Senza essermene accorto è già uscita e prontamente nascondo l'oggetto dietro la schiena, fingendomi naturale.
E' in piedi vicino al divano ad attendere una mia risposta.
" Rai, ci sei?" domanda muovendo le mani, come a volermi riportare nel mondo reale.
" Sì-sì, arrivo..." la rassicuro, dopo essermi ripreso.
Volta le spalle per andare in camera nostra, ma viene subito fermata dal mio richiamo.
" Aspetta...".
" Cosa c'è?" dice voltandosi nella mia direzione.
E' meglio farlo adesso, qui, o non ne troverò mai il coraggio.
" Resta un attimo qui, vieni!"
Con un espressione alquanto incerta si avvicina e si risiede accanto a me, osservandomi con occhi curiosi.
" Dimmi..." mi incita.
" Ecco...".
Ci siamo: non so come iniziare, cosa dire, e sto entrando nel pallone.
" Mi stai facendo preoccupare, Rai! Che ti succede?" .
" No, niente di preoccupante...  c'è una cosa che devo dirti..." inzio titubante.
" Cosa?" ripete sistemandosi meglio sul divano, a gambe incrociate.
E' una situazione così buffa.
Seduti sul divano, lei col suo solito pigiama viola, io con la scatolina dell'anello andata a finire sotto al sedere: beh, non era proprio questo il modo in cui avrei voluto chiederglielo,ma... adesso o mai più.
" Ecco, era da tempo che volevo chiedertelo, ma sono successe cose che non me l'hanno permesso... insomma volevo trovare il momento giusto..."
Sembro averla confusa con questo giro di parole: ma non farci caso, Rai!
" E forse non sarà neanche questo il momento giusto, ma tanto vale tentare...".
Decido di porre fine al mio discorso privo di senso che non farà altro che prolungare la sofferenza di entrambi ed estraggo, poco romanticamente, devo ammetterlo, la scatolina blu da sotto il sedere.
" Ma che stai facendo?" chiede divertita dal mio gesto e non rendendosi ancora conto di cosa tengo in mano.
La nascondo dentro un pugno, e seguita dai suoi occhi, la mia mano avanza verso di lei, per poi fermarsi e aprirsi per mostrarne il contenuto.








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" In genere me la cavo con le parole, ma questa volta non sono riuscito a fare due frasi di senso compituto... lo so, ma ...."
Lui continua a parlare con voce tremolante e nervosa, mentre io non riesco a scollare i miei occhi da questa scatolina blu sospesa davanti ai miei occhi.
Sono come stregata e momentaneamente assente con la mente.
La mia meraviglia e i battiti del cuore aumentano ancor di più nel momento in cui, aiutandosi con l'altra mano, apre quella scatola e tira fuori un bellissimo anello in oro bianco, con al centro un brillante color verde smeraldo.
Si può morire di emozione eccessiva?
Se sì, credo che potrei morire in questo momento.
I miei occhi, dopo qualche attimo di esitazione, smettono di fissare l'anello per specchiarsi in quelli di Rai, che dietro a quel suo sorriso traspare un certo nervosismo, dovuto, molto probabilmente alla mia reazione.
" Wow.. Rai...". Sono le uniche parole fuoriuscite in un soffio e con stupore dal grande caos che sta avendo luogo nella mia mente in questo preciso istante.
" Ti...piace?" domanda speranzoso.
" S-ì certo, è ... wow Rai, io non me l'aspettavo!". Sento le gote avvamparsi e l'imbarazzo e il nervosismo costringono una mia mano a darmi un colpo in fronte, per cercare di riprendermi.
Gesto che fa esplodere Rai in una fragorosa risata.
" Non ridere!" gli ordino imbarazzata.
" Scusami, ma la situazione è imbarazzante anche per me! Ti ho solo mostrato l'anello, non ti ho ancora fatto la proposta e già siamo entrati nel pallone..." mi spiega ridendo.
Giusto, non me l'ha ancora chiesto: mio dio, sto per avere un infarto.
Si schiarisce meglio la voce e torna serio.
Mi fissa intensamente negli occhi, che io non sembro riuscire a controllare, visto il modo in cui si spostano da un punto all'altro.
Ecco, sta per farlo...
" Anya, volevo chiedertelo alcuni mesi fa, ma... non ne ho avuto il coraggio, lo ammetto. Ma anche perchè sono successe delle cose che non me lo hanno permesso! Beh, oggi ho trovato l'ispirazione e il momento giusto per chiedertelo..."
Ad ogni parola pronunciata, il mio respiro viene sempre di meno. "...Anya Sarizawa, vuoi... sposarmi?".
Sbarro gli occhi, per l'ennesima volta oggi.
Me lo ha chiesto veramente.
Rai Kon mi ha appena chiesto di sposarlo.
" I-i-io...io". La voce tremolante non mi permette di rispondere.
" Ovviamente non devi ... rispondermi subito...".
Essendosi reso conto che l'emozione mi ha completamente tolto la facoltà di parlare e persino di pensare razionalmente, decide di farmi riprendere, alleggerendo la tensione. " Hai tutto il tempo per pensarci, io... ci tenevo solo a chiedertelo, poi sta a te decidere e non sei costretta a dirmi sì o no adesso... ma quand...."
" No!" lo interrompo bruscamente, facendolo rimanere di pietra.
" Hai detto... no? Non vuoi...sposarmi?".
Ma ancora una volta non sono riuscita a spiegarmi.
" No no!!" spiego meglio agitando le mani " Ho detto no, riguardo al fatto di pensarci...". Mi osserva sempre più dubbioso.
" Quindi, non ci penserai?".
" No... perchè non ho bisogno di pensarci! Perchè anche tra due minuti, domani, tra due giorni, un mese... la mia risposta sarà sempre Sì!".
Adesso è lui ad essere rimasto ad occhi e bocca aperti.
" Quindi... è un sì?" richiede per avere conferma.
Le mie labbra si ricurvano all'insù e corrono ad attaccarsi alle sue.
" Sì, sarà sempre sì!" gli sussurro scoccandogli diversi baci, da lui ricambiati.
" Aspetta!" . Mi para una mano davanti. " Devo prima metterti l'anello per ufficializzare la cosa, no?".
" Giusto!" acconsento felice e gli porgo la mano.
Dopo avere inserito l'anello mi trascina verso di sè e inizia a baciarmi con passione.
" Adesso è perfetto!" mi sussurra dolcemente.
E così decidiamo di concludere la magnifica serata consumando questo amore che ci lega e che ci porterà sino all'altare.
Anche se per il momento sembra volerci trascinare verso la camera da letto.












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" Hilary, perchè hai apparecchiato solo per sei persone?" mi domanda stranito Yuri, arrivando in cucina.
" Io, tu, Rai, Anya, Hope e quel testone di Boris! SEI!" gli spiego segnando il numero con le dita.
" E Kai ed Eva??".
Stavo mescolando il riso che bolle in pentola, ma la sua frase mi costringe a bloccarmi e fissarlo a bocca aperta.
" Stai scherzando, vero??"
" Secondo te?!" afferma, puntando un dito alla sua faccia seria.
" Tu non mi hai avvisata! Come puoi dirmelo all'ultimo momento, Yuri!!" gli rimprovero.
" Ma se te l'ho detto stamattina, mentre eri sotto la doccia!" ribatte lui.
" Non è vero, io non ho sentito niente!" .
" Mi hai persino detto -nessun problema-!" racconta imitando la mia voce.
" Io avevo capito un'altra cosa!".
" E cosa avresti capito??".
" Che..."
Vengo interrotta dal suono del campanello: segno che una delle due coppie è arrivata e il macchinone parcheggiato fuori mi suggerisce qualcosa.
Ci fulminiamo con gli occhi.
" Ascolta, non fa niente! Kai ed Anya si sono già parlati e chiariti..." dice di fretta apprestandosi a raggiungere la porta principale.
" Guarda che hanno litigato di nuovo!" spiego in un grido che lo riporta indietro in cucina, ad osservarmi sconvolto.
" Cosa?? E quando sarebbe successo? Che cosa ne potevo sapere io!"si giustifica a denti stretti.
" Beh, non ne ho avuto l'occasione e poi..."
Il campanello inizia a suonare ripetute volte, segno che sua altezza Hiwatari sta perdendo la pazienza, povero!
" Beh, non importa! Non succederà nulla!" conclude evasivo fuggendo ad aprire.



Appena sparito, stringo con forza il mestolo tra le mani, non appena sento la voce di quella vipera fare eco per tutta la casa.
Sono una donna incinta adesso e quindi molto suscettibile: meglio ponderare bene le parole, miei cari ospiti non graditi!
Non appena sento pronunciare il mio nome, spengo i fornelli e, tolto il grembiule, mi avvio sul campo di battaglia... volevo dire , in salotto.
" Tesoro! Non ci vediamo da un po'!" esclama con un falso sorriso venendo persino ad abbracciarmi.
" Eva, che sorpresa..." mi limito a dire, abbozzandone uno simpatico io.
" Non sapevi che saremmo venuti?" domanda stranita.
" Oh s-sì certo..." mi correggo dandomi della sciocca e fulminando mio marito con uno sguardo.
" Bella casa..." aggiunge guardandosi intorno.
" E' la stessa di molti anni fa..." le faccio notare, invitandoli a sedersi. " Hiwatari, tutto ok?" gli domando pungente.
" Sì." .
Sempre molto loquace.
Non abbiamo il tempo di riaprire bocca che il campanello risuona.
" Ehm, vado ad aprire io, tu controlla qui..." ordino a Yuri che mi fissa intimorito.

Corro alla porta principale e dopo avere fatto un respiro profondo abbasso la maniglia ed apro, per ritrovarmi davanti la famigliola al completo.
" Ragazzi, finalmente..." li accolgo con tono nervoso.
" Ciao Hilary" saluta allegramente Rai con in braccio la piccola.
" Hilary, ho portato una torta!" dice Anya porgendomi una scatola confezionata con nastro verde.
" Aspettate un att..."
Non ho il tempo di fermarli che già Rai si blocca sul ciglio della porta del salotto con in braccio la piccola, imitato da Anya.
" Che cosa ci fanno loro qui...." grignisce a denti stretti Anya, a bassa voce verso di me.
Il suo sguardo di fuoco si poggia su di me e , sinceramente...non so cosa dire.








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La famiglia al completo qui e ceneranno addirittura insieme a noi?
Rai e Kai sembrano scambiarsi occhiate di fuoco, Anya mormora qualcosa ad Hilary e gli occhi di Yuri si spostano timorosi da un viso all'altro.
I miei sono fissi su di lei: la bambina.
" Bene..." inzia Yuri, dopo un finto colpo di tosse. " Manca solo Boris! Perchè non vi accomodate..." li invita ad accomodarsi sul divano, posto di fronte a noi.
A sguardi bassi si avviano a sedersi e poi si scambiano delle strane occhiate.
Kai stringe leggermente i pugni sulle ginocchia.
Perchè è così nervoso?
E perchè non si sono salutati?
Avevo capito che la Racchia e lui stessero "andando d'accordo", visto che lei gli ha permesso di tenere la bambina.
Ma come al solito sono sempre l'ultima a sapere le cose, visto che lui non mi racconta mai niente.
Ma la domanda più importante è: perchè Hilary non avrebbe informato Anya che ci saremmo stati anche noi?
Odio tutti questi misteri, cavolo!
Il silenzio sembra regnare sovrano, ma viene subito interrotto da una dolce vocina.
" Ciao, Kai!".
La bambina scivola dalle braccia di Rai per correre e fermarsi proprio davanti a Kai, per salutarlo e sorridergli.
Rai sembra essere rimasto di sasso in seguito a questo gesto inaspettato, mentre Kai dopo averla fissata in modo serio, abbozza un sorriso e ricambia il saluto.
" Ciao, piccolina...".
" Posso sedermi qui??" gli chiede indicando lo stretto spazio che divide me e Kai.
" Hope, vieni qui... dai!" la richiama seccata Anya.
" Ma io mi voglio sedere qui!" le risponde imbronciata.
" Ok, siediti!" interviene Kai, prendendola in braccio e facendola accomodare in mezzo a noi, costringendomi a spostarmi più in là.
Questa bambina è proprio invadente! Somiglia decisamente alla madre!
" Ehm... io vado a controllare che succede in cucina..." ci avvisa Hilary, che stava ancora lì in piedi con un pacco in mano. " Vieni con me, Yuri??" lo invita facendo strane espressioni.
" Ok..." acconsente lui, che dopo essersi alzato, rivolge un'ultima occhiata ai qui presenti, come a voler dire - che non succeda nulla!!-.

E così restiamo soli.
Noi quattro, più la mocciosetta.





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Che situazione imbarazzante e a dir poco assurda.
Ivanov mi ha di nuovo incastrato! Sembra che si diverta anche lui a farmi girare le palle.
Ci invita per una cena e ci ritroviamo faccia a faccia con Anya e quel cinese che mi sta sulla punta del cazzo.
Eva, per fortuna non ha aperto quella bocca, o gliel' avrei tappata a modo mio.
Ognuno si guarda intorno, cercando di evitare di incrociare lo sguardo dell'altro e la bambina sembra la più allegra di tutti: in fondo non capisce niente.
Però non sembra essersi dimenticata di me, anche se ci siamo visti pochissime volte.
Ha addirittura abbandonato il suo adorato paparino per venire a salutarmi e questo sembra averlo fatto incazzare e non poco: per me è stata una grande soddisfazione.
" Come ti chiami?" . Il silenzio viene ancora una volto interrotto da Hope, che adesso cerca di fare la grande conoscenza di Eva: oh cielo, fa che dica qualcosa di buono...
Si voltano tutti in sua direzione.
Lei la guarda in modo strano e poi decide di rispondere " Eva..." fingendo quel tono simpatico che le riesce sempre male.
" Io mi chiamo Hope!" esclama allegramente.
Ok, sto cominciando ad avere parecchi dubbi su questa bambina.
E' troppo allegra, chiaccherona e socievole per essere mia figlia!
Ma guardandola in viso ogni dubbio svanisce.
" Quanto è dolce..." finge gioiosa la bionda rivolgendosi ad Anya, che si limita a incenerirla con gli occhi.









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Hilary deve essere impazzita.
E pure suo marito.
Ma le sembrano sorprese da fare?
Se voleva sorprendermi ci è riuscita.
Se voleva farmi arrabbiare, ha superato con successo la missione.
Sul divano di fronte al nostro è seduto quel deficiente di Hiwatari con la sua simpaticissima fidanzata, che con quell'espressione da strega sembra voler dire chissà che cosa!
Rai mi sembra più nervoso del solito e non ha spostato gli occhi dal tavolino posto davanti a lui.
Io vorrei spaccare la faccia a Kai, che ogni tanto poggia i suoi occhi su di me.
Mia figlia tenta di instaurare un qualche contatto con quella strega malefica seduta accanto.
E in tutto questo, i Signori Ivanov, artefici di questa assurda rimpatriata, se ne stanno in cucina a mescolare il brodo!
La pazienza giungerà presto al termine, me lo sento.
Una sola parola di troppo, caro Hiwatari, e la serata avrà un finale da film horror!
" Tu lo sapevi?" mi sussurra irritato e a denti stretti Rai, poggiando la schiena sul divano.
" Per niente!" rispondo imitandolo.
" Possiamo andare via?"
" Vorrei tanto..."
La conversazione procede così: un succedersi di bisbigli, senza attirare troppo l'attenzione.





                                                 ******************************







 Dopo avere superata il cancello trovato aperto, vi avvio alla porta principale per suonare il campanello.
Passa qualche secondo e ad accogliermi arriva Yuri.
" Sono in ritardo?"
" Tu sei sempre in ritardo!" risponde in modo secco,
" Non è vero...".
Mi faccio strada da solo, lungo il corridoio che mi porta in salotto ma appena arrivo lì, mi fermo ad osservare con occhi leggermente sgranati e contorti una scena assurda.
Quello che mi si presenta davanti è, praticamente, un campo di battaglia in cui sembrano contrapporsi due schieramenti: dal un lato Kon e Sarizawa, dall'altro , Kai ed Eva e la cosa che mi sembra più assurda in assoluto è che la piccolina si trova sul fronte nemico.
Quale strategia di attacco è mai questa?
" Ciao, ragazzi!". Il mio allegro modo di salutare, viene steso a terra da dei tono di voce alquanto deprimenti.
Sbaglio, o si respira una certa tensione qui dentro?.
"Accomodati pure tu, tra un po' sarà tutto pronto" mi invita Yuri con una pacca sulla spalla.
" Siamo sicuri che non scoppierà una guerra?" gli bisbiglio ironico.
" Prega che non succeda!" mi consiglia rassegnato.
" Ciao, Boris!" mi saluta Eva, facendo spazio sul divano per farmi sedere.
" Biondina..." rispondo con un cenno di capo, per poi andare a scompigliare i capelli ad Hope.
Non vado matto per i bambini, ma questa cucciolina riesce quasi a farmi tenerezza.
" Ciao, bella bambolina!".
Il mio gesto la fa arrossire e sorridere: tu non puoi essere figlia di Hiwatari!
Ma guardalo, seduto, immobile e col suo solito broncio a maledire, sicuramente, nella sua testa il cinese seduto di fronte a lui.
E quest'ultimo sembra parecchio innervosito.
Bene, anche se mi sto perdendo la finale di wrestling in tv, questa sera prevedo di assistere ad un incontro dal vivo.
E non mi dispiacerebbe che le due signorine si rotolassero a terra, dandosele di santa ragione: cavolo, se sarebbe sexy!
"Ragazzi, la cena è pronta, accomodatevi!"
I miei poco casti pensieri, vengono interrotti da Hilary, la quale ci invita a sederci a tavola.
Mi siedo a capotavola, trovandomi alla parte opposta di Yuri.
Alla mia destra siede Eva e alla mia sinistra Anya. Ho timore a stare qui in mezzo, visto il modo orribile in cui si guardano ogni tanto.
D'un tratto però, senza accorgermene, avverto la presenza di qualcuno alla mia destra.
" Fammi sedere qui!".
E' Kai, che sino ad un attimo fa era seduto accanto ad Eva e ora mi ordina persino di cedergli il posto: ma per quale fottuto motivo??
" Che vuoi? Resta dov'eri!" rispondo a bassa voce.
" Ho detto alzati e vai a sederti al mio posto!" mormora a denti stretti cercando di non attirare troppo l'attenzione.
" Cazzo, ma perchè?" chiedo al limite della pazienza, sempre mantenendo un tono basso.
" Non voglio quel cinese davanti al cazzo! Quindi non fare storie!" conclude autoritario, tirando leggermente indietro la mia sedia.
E' vero, era seduto proprio di fronte a Kon: immagino lo spettacolo entusiasmante.
Avendo capito di non potermi opporre, decido di alzarmi e incenerirlo con uno sguardo assassino.
" Che c'è? Hai paura di lui!"
" Togliti di mezzo e fammi sedere!" dice autoritario, invitandomi poco educatamente a spostarmi.
Quanto lo odio quando fa così!!
" Che avete voi due??" domanda innervosito Yuri.
" Niente, c'è che sua altezza Hiwatari vuole che gli ceda il mio trono! Prego!" spiego  fingendo un sorriso che nasconde la voglia matta di farlo a pezzi, che lui , ovviamente ricambia.









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Dopo la saggia decisione di sparire da davanti ai miei occhi, prende l'assurda decisione di sedersi accanto ad Anya?
Dopo essersi messo lì, mi sono accorto che Anya si è parecchio irriggidita e infatti muove nervosamente le mani.
Sembra quasi uno scherzo: poco fa, Hope mi lascia per andare a sedersi accanto a lui e adesso lui va ad accomodarsi al lato di Anya.
Se avessi saputo della sua presenza non mi sarei presentato.
" Bene, spero che vi piaccia! So che non sono una grande cuoca, ma ... ultimamente, Yuri può garantire, sono migliorata ai fornelli!" afferma soddisfatta Hilary, puntando al marito che alza le mani in segno di risposta positiva.
" Andiamo bene..." mormora a bassa voce Boris, che mi sta di fronte.
" Sta' zitto, tu!" gli ordina Hilary.
" Beh allora buon appetito!" esclama Anya, invitandoci ad iniziare a consumare il pasto.
Durante i primi minuti si riescono a sentire solo i rumori delle posate e io non posso fare a meno di buttare, ogni tanto, un'occhiata ad Hiwatari, i cui occhi sembrano poggiare ogni tanto su Anya.
Lei invece sembra tranquilla e serena, ma colei che le sta di fronte sembra voler leggere nella mente di Kai.
Non posso biasimarla, anche io vorrei farlo e so già che i suoi pensieri non mi piaceranno!
" Papà, mi tagli la carne..." mi chiede Hope tirandomi per la maglietta.
" Certo..." rispondo, spazzando via assurdi pensieri.
" Wow, se gli effetti collaterali o il veleno non abbia effetti tardivi, questa cena non è poi così male!" afferma  beffardamente Boris, beccandosi un'occhiataccia da Hilary, che le è seduta accanto.
" Sei proprio uno stro..." la frase iniziata da Yuri, viene fermata dal gesto repentino di Hilary, che gli ricorda della presenza della bambina accanto a lui. " Ehm uno stro... un nostro caro amico...adesso ti prego di tacere" si corregge a suo modo, fingendo un sorriso amichevole, a cui l'altro risponde con un'espressione di finta innocenza.









                                 ************************************









Mi sento decisamente cento chili addosso!
Gli occhi di Eva su di me non mi permettono di respirare tranquillamente e la presenza di Kai alla mia destra non alleggerisce di certo il peso.
Se poi vogliamo aggiungere Rai alla mia sinistra corro il rischio di sprofondare sino ad arrivare al centro della terra!
E' una situazione talmente imbarazzante che se conoscessi qualche magia per sparire, non esiterei un istante a recitare la sua formula.
La nostra attenzione viene improvvisamente catturata da Hilary e Yuri che si alzano in piedi e ci guardano sorridenti.
" Bene, prima di servire il dessert, vorrei dirvi il motivo per cui vi abbiamo invitati!"
" C'era un motivo?" domanda come uno stralunato Boris.
" Esatto!" conferma Hilary " Io e Yuri abbiamo due bellissime notizie da annunciare!" esclama entusiasta.
Ero già a conoscenza del motivo del loro invito, ma credevo che la bella notizia fosse solo una. Che cosa riguarderà la seconda? Sono proprio curiosa.
" Avanti, diteci!" li invita a proseguire Eva.
" Dunque..." si schiarisce la voce, scambiando sguardi complici col marito. " La prima notizia è..."
" Che divorziate!" interrompe a suo solito modo Boris, sparando l'ennesima cavolata.
E questa volta si becca una pacca in testa da Yuri.
" Dicevo... la prima notizia è che io e Yuri aspettiamo un bambino!!" esclama gioiosa coinvolgendo tutti quanti" Wow, non avete perso tempo..." ad eccezione di Hiwatari che decide di bere un sorso di vino, imitato da Boris, il quale sembra si stia sforzando nel trattenere un qualche stupido commento.
"E la seconda?" chiede, sempre più curiosa Eva.
" La seconda ve la dirà Yuri!"
Cede la parola al rosso , che con un sorriso, quasi nervoso, dipinto sul volto, comincia a schiudere le labbra, da cui la maggior parte di noi sembra pendere.
" La seconda, bella ed ultima notizia è che , in realtà io ed Hilary non aspettiamo UN bambino!...". Sospende il discorso, lasciandoci sospettosi.
" Che significherebbe?" intervengo io, pretendendo ulteriori chiarimenti.
" Che... non aspettiamo un bambino... bensì Due bambini!" annuncia con entusiasmo, lasciandoci a bocca spalancata.
La reazione di Boris è la più esplicita di tutte: infatti sputa completamente il sorso di vino che gli era appena arrivato in gola per poi iniziare a tossire, quasi come se stesse soffocando.
Ma le pacche di Eva sulle sue spalle, lo aiutano, per fortuna a riprendersi.
" Due bambini?" asserisco io sorpresa.
" Gemelli?" aggiunge Rai.
" Due marmocchi uguali a Yuri?" conclude Boris, dopo essersi ripreso.
" Esatto, due gemelli!" conferma ancora una volta Yuri, chiaramente scocciato dal comportamento di Boris.
" Questo vuol dire che diverrai doppiamente grassa!" . Ed una simile esclamazione non poteva che uscire dalla bocca velenosa della strega che sembra abbia accolto la notizia con divertimento.
" Già..." asserisce a denti stretti Hilary.
" Sono così felice per te!" mi congratulo io.
" Complimenti!" . Kai, che fino a poco fa non aveva detto una parola al riguardo, adesso si alza col bicchiere pieno di vino bianco in mano, osservando Yuri negli occhi, accennando un sorrisetto. " Due in un colpo solo!... Mi hai superato, Ivanov..." conclude con un ghigno beffardo, per poi bere un sorso  e puntare gli occhi su Rai, come a voler fargli sottindendere qualcosa.
I miei occhi escono fuori dalle orbite all'udir di queste parole, il cui messaggio riesco subito a decifrare; istintivamente mi giro sconvolta verso di lui, che se la ride sotto i baffi, mentre Rai stringe i pugni abbastanza nervoso.
Persino Eva lo osserva sorpresa.
Nel giro di due secondi è riuscito a rovinare un momento di gioia: mi chiedo se la sua sia una capacità innata!
La tensione cresce sino a sfiorare le stelle e nessuno osa aprire bocca.
" Un colpo andato a segno, vero Hiwatari!?".
A interrompere il silenzio è stato Rai, che di scatto si alza e lo osserva in maniera orribile, stringendo in mano un tovagliolo.
" Puoi giurarci! Guarda tu stesso alla tua sinistra!" risponde con tono di sfida Kai, invitandolo con un cenno di capo ad osservare Hope.
" Rai, calmati e siediti, per-favore!" gli suggerisco a bassa voce, quasi implorandolo,  La sua pazienza sta per giungere al termine, mentre Kai non sembra neanche minimamente colpito o sorpreso dalla sua reazione: semplicemente è divertito.
" Adesso basta! Non voglio problemi!" interviene Yuri con tono duro.
" Spiegalo al tuo amico, sembra nervoso!" aggiunge Kai, per niente intimorito.
" Basta!". Questa volta sono io a ordinar loro di tacere.
" Come desidera...". Si arrende, sotto il mio sguardo inceneritore, e si siede alzando le mani in segno di resa.
Poi mi volto verso Rai, che non sembra voler cedere, ma poi la mia mano poggia supplichevole sulla sua spalla e riesce a calmarlo.
Sono appena riuscita ad evitare una guerra, che sollievo!
Ci risediamo tutti, scambiandoci strane occhiate per poi iniziare ad assaggiare il dessert, che Rai non sembra gradire ed immagino il perchè.
Per alleggerire la tensione, decido di fare io un annuncio, spiazzando ancora una volta Eva e quel musone, ma anche e soprattutto Hilary, che ancora non sa nulla.
Fingo un colpo di tosse per attirare l'attenzione, anche se sarà difficile dirlo con gioia dopo quello appena accaduto, ma mi sforzerò comunque di annunciarlo come si deve.
" Cosa c'è Anya?" chiede curiosa Hilary.
" Anche io ho un annuncio da fare...".






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Quel cinese sembra voler giocare col fuoco.
La mia presenza lo irrita ed il fatto che io stia seduto accanto alla sua Anya lo fa imbestialire.
Non sono pentito di ciò che ho detto, anzi!
Ho detto solo la verità: la sua Anya me la sono scopata e ci ho fatto pure un figlio, mentre lui dopo tutti questi anni non è riuscito a ingravidarla.
Avrebbe potuto cercare di rimediare facendone uno suo, ma non l'ha fatto.
Che abbia qualche problemino al pistolino?
" Ti sembra divertente dire certe cose?" sibila a denti stretti Eva.
" Sì..." affermo compiaciuto.
" Anche io avrei un annuncio da fare...".
E' la frase che attira la mia attenzione, come quella degli altri.
" Anche tu aspetti un figlio??" domanda Boris quasi disgustato.
Che sia davvero questo?
" No!!" nega prontamente.
Quindi non è incinta...
Che notizia sarà mai?
La risposta viene resa evidente nel momento in cui lei mostra festante la sua mano con un dito circondato da un... anello.
" Oh mio dio Anya!" si alza euforica Hilary.
" Rai, mi ha chiesto qualche giorno fa di sposarlo!!" esclama allegramente Anya correndo ad abbracciare l'amica. Il cinese, ancora in preda alla rabbia di prima, si limita ad accennare un sorriso.
Tutti le rivolgono i loro auguri mentre Eva sembra stare in disparte, persa in chissà quali pensieri.
E la cosa strana è che la notizia ha sorpreso persino me...












                                               ****************************










Siamo in auto, diretti a casa.
Boris ha chiesto un passaggio, quindi la prima tappa sarà casa sua.
In auto regna il silenzio più assoluto.
Kai guida tranquillamente ed io guardo fuori dal finestrino, mentre migliaia di pensieri mi bombardano la mente.
Perchè ha reagito così?
L'ho visto! Ha avuto come un sussulto in seguito alla notizia del matrimonio e la cosa che mi insospettisce ancora di più è che il suo atteggiamento è cambiato per tutto il resto della serata: non ha più cErcato di irritare Kon, non ha rivolto la parola a nessuno e ha persino lasciato pieno il suo calice di vino dopo il brindisi.
Decisamente insolito per un Hiawatari che riesce a bere botti di vino intere.
Che la notizia lo abbia accecato di gelosia talmente tanto da deprimerlo?
Perchè dovrebbe essere geloso di quella?
Mi limito ad osservarlo con la coda dell'occhio: si vede che ha uno sguardo perso nel vuoto, lo conosco fin troppo bene!
" Incredibile ragazzi! Avreste mai immaginato? Yuri ed Hilary si sposano e aspettano due gemelli, Anya e Kon si sposano... belli miei: mancate solo voi!!" .
E' Boris a parlare con la sua solita allegria inopportuna.
In tutta risposta riceve uno sguardo fulmineo da Kai, attraverso lo specchietto retrovisore.
Questa volta però, devo ammettere che le sue parole non sono poi così inopportune.
" Dici sempre stronzate..." risponde secco Kai.
" Invece per una volta Boris ha ragione!" intervengo io.
" Tzè..." . Il suo solito verso che mi manda in bestia.
" Come sarebbe a dire per una volta?" chiede seccato Boris, seduto ai sedili posteriori.
" L'unico a non voler prendere una decisione sei tu!" dico rivolgendomi al mio ragazzo, ignorando l'esistenza di Boris.
Distoglie qualche secondo gli occhi dalla strada per fissarmi perplesso.
" Tu non puoi dire sul serio... ci stavo quasi per credere..." sorride scuotendo la testa.
" Non mi prendi sul serio, Kai?? Ti sembro forse un pagliaccio??" asserisco alzando il tono di voce.
" Non ho detto questo!!"
" Sì, invece! Tu non mi consideri mai nelle tue decisioni, non mi racconti mai niente e continui ad escludermi quasi fossi la tua prostituta!!" grido isterica.
" Oh cielo..." sento mormorare Boris, da dietro.
L'auto si ferma in maniera alquanto brusca.
Kai tira con forza il freno a mano e guarda avanti a sè con espressione abbastanza incavolata.
" Boris, esci fuori!!" gli ordina autoritario.
" Cosa?? E perchè mai??" domanda scocciato l'altro.
" Ho detto esci fuori, va' a casa a piedi!"
" Ma perchè??" .
Ecco che spunta la sua testa tra i sedili.






***************************












" Perchè è colpa tua! Le hai messo tu in testa questa cosa!".
Se lui non avesse aperto quella bocca, Eva non si sarebbe messa strane idee in testa.
" Ah sarebbe colpa sua?? Invece io lo stavo già pensando!" grida lei.
" Non m'importa, fuori!" dico autoritario.
" No, Boris, Resta!" insiste lei.
" Fuori!" controribatto duramente.
La contesta su Boris continua tra un grido e l'altro, finchè questi, dopo essere arrivato all'esaurimento, decide di andarsene e seguire il mio consiglio.
" E VA BENE!!" esclama in un grido che riesce a zittirci. " Me ne vado, contento??".
Esce dall'auto chiudendo violentemente la portiera per poi proseguire da solo il suo viaggio verso casa, non prima di avermi alzato un dito medio e poi l'altro.
Mi limito a stringere le mani sul volante.
" Perchè l'hai mandato via?".
" Perchè mi sono rotto i coglioni abbastanza stasera!!" le spiego una volta per tutte.
" Che c'è, Kai? Sembri turbato... come se la notizia del matrimonio di Anya ti avesse messo in agitazione!" inizia a dire pungente.
" Non cominciare pure tu..." la avverto spazientito.
" Allora è come dico io!"
" No!" nego duramente a pochi centrimentri dal suo viso.
I nostri occhi sembrano scambiarsi delle scariche elettriche.
" Ammettilo!" insiste ulteriormente.
" E va bene!" .
Do un volento colpo sul volante, che quasi la impaurisce." Vuoi la verità??Sì, mi ha turbato e parecchio!!" le confesso senza giri di parole, riuscendo quasi a farla diventare di pietra.
Restiamo a fissarci, respirando e trattenendo la rabbia.
" T-u tu sei geloso di quella puttana??" domanda aggressiva.
" N-o!" sibilo a denti stretti.
" Oh, allora di chi, di Rai forse?? Ti sembro stupida, Kai??"
" Non capisci mai un tubo! Io non sono geloso proprio di nessuno!"
" E cosa allora??" grida isterica.
" Io sono preoccupato per la bambina!!" concludo lasciandola ancora una volta sorpresa.
" Che c'entra la bambina adesso??"
" Se quei due si sposano, la bambina non potrà far altro che considerare Rai suo padre! E poi hanno detto che ritorneranno in Cina...".
Il mio tono si è decisamente abbassato e lei sembra essersi calmata un po', avendo capito i motivi del mio atteggiamento.
" E quindi?"
" E quindi Anya non le dirà mai chi è suo padre, non capisci?? Non posso permettere che mia figlia venga cresciuta da quel Kon!!".
" E cosa hai intenzione di fare?" domanda con un certo timore.
" Non lo so..." rispondo in un sussurro mentre i miei occhi si perdono nel buio oltre il finestrino.
Non lo so... ancora.





















Ciao a tuttiiiiii ^O^ ben ritrovati miei cari lettori!
Un altro aggiornamento è stato caricato ! Oh yeaaah v.v
Questo capitolo è stato abbastanza movimentato, pieno di sorprese.
Avreste mai immaginato che Hilary e Yuri avrebbero concepito due piccoli Ivanovi pucciosi *^* non vedo l'ora che nascano ahahah
E che Rai chiedesse alla nostra protagonista di sposarlo??? o____O
Sono ben consapevole del modo poco romantico in cui è stata fatta la proposta, ma invece di fare le solite cose smielate (:@) ho preferito farlo così XD
Spero di non avere deluso, in fondo è carino ( vero?? O_O chiedesperanzosa*)
Poi la cena.
Hilary e Yuri hanno avuto un problema di comunicazione e con grande sorpresa i due scheramenti ( cit Boris) si fronteggiano in una sfida a colpi di occhiate e battutine , frecciatine ma per fortuna non si giunge ad uno scontro armato.
Vogliamo definirla una guerra fredda? v.v
E così sia XD
E nel finale abbiamo il duello Kai vs Eva (e Boris <.<° poverino, meglio se non apra bocca) ( Ma che ho detto di male ç_ç ndBoris) ( Ricordi cosa ti ha detto lo psicologo? Prima di aprire bocca , conta fino a 30 nd Autrice) ( ma vermante era fino a 10!! NdBoris o.o) ( tu ascolta me v.v inizia...NdAutrice) ( o.o 1- 2-3-...nd Boris)
Ciancio alle bande u.u
ditemi cosa ne pensate.
Vi avverto che forse i veri guai cominciano da adesso.
Quelli di prima considerateli un assaggio XD
Ho cercato di scriverlo nel modo più decente possibile, ma non mi convince.
Ho seguito il consiglio di Pich Schrooms riguardo ai dialoghi ( se hai letto, ti prego perdonami, ci ho provato XD)
E colgo l'occasione per ringranziarla della sua recensione riguardo all'intero (primo e secondo) patatrack(?) da me scritto. ^_^
Ringrazio come sempre tutte tutte tutte!
Grazie ai vostri consigli posso farcela *^*
Spero mi direte le vostre considerazioni e i vostri pareri, anche negativi, non abbiate timore ^O^

Grazie ancora e baciiii dalla vostra Henya ;)

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Capitolo 14
*** "Resta qui!" ***


Da due settimane io e Dana lavoriamo insieme tutti i giorni per gestire la caffetteria, che ultimamente ha accolto al suo interno più clienti del solito.
Dunque, il gestore ha ben pensato di annullare i turni per farci sgobbare da mattina a sera qui dentro, concedendoci solo poche ore di riposo.
Ovviamente questa situazione ha stravolto un po' i miei programmi giornalieri, il cui punto fondamentale è andare a lasciare e prendere Hope all'asilo: beh, questo compito è passato, decisamente, nelle mani di Rai.

Sono le 15.00 circa.
La folla è diminuita e Dana riesce a gestire quei pochi clienti che, prima di tornare in ufficio, arrivano qui per il loro caffè post-pranzo.
Io mi ritrovo in bagno, con la mia divisa da lavori igienici, costituita da grambiule e guanti, intenta a pulire, con uno straccio umido in mano.
Mi chiedo il perchè questi lavori orribili, alla fine, vengano  sempre assegnati a me!
D'un tratto si apre la porta del bagno ed entra Dana con il mio cellulare squillante in mano.
" Anya, è la seconda volta che ti chiamano, non lo senti?".
In realtà lo avevo sentito, ma nelle mie condizioni è difficile spostarsi.
" Sì. l'ho sentito! Ma chi è?" chiedo, mentre cerco di togliere con forza i guanti bagnati, che sembrano essersi incastrati.
" Non lo so...non c'è alcun nome, solo un numero!" mi fa notare mostrandomi il display.
Decido di arrendermi e tenere i guanti, per poi alzarmi e chiedere a Dana di accettare la chiamata e appoggiare il cellulare al mio orecchio, per facilitarmi un po' le cose.
" Pronto, domando non appena Dana fa alla lettera cio' che le avevo ordinato.
" Signora Sarizawa, sono la preside dell'asilo di sua figlia!".
Che vorrà mai?
" Sì, mi dica... cosa è successo?" chiedo perplessa.
Anche Dana poggia il suo orecchio al cellulare che regge in mano, curiosa di origliare.
La telefonata continua e ad ogni parola della direttrice, il mio viso cambia espressione, passando dall'essere accigliato, all'essere stupito, sino a divenire incredulo per, alla fine  ritrovarsi a bocca e occhi aperti.

Quello che mi è stato appena detto è semplicemente assurdo!











Cammino a passi da gigante, cercando di raggiungere il prima possibile la scuola.
La preside mi ha convocata, anzi mi ha ordinato di raggungerla il prima possibile per avere delle spiegazioni riguardo ad uno spiacevole evento accaduto pochi istanti prima della chiamata.

Che cosa mi ha riferito, vi starete chiedendo.

E' successa una cosa che non mi sarei mai aspettata: Kai Hiwatari, di sua spontanea volontà e senza avvisare la sottoscritta, con cui tra l'altro non entra in contatto da diversi giorni, ha deciso di andare all'asilo a prelevare, anzi, oserei dire rapire la figlia.
Tutto ciò è inammissibile!

Varcato il cancello vengo condotta da un bidello in un ufficio dove ad attendermi vi è una signora dall'aspetto molto elegante ma dall'espressione molto severa.

" L'aspettavo, signora Sarizawa!" esclama con tono pungente, fissandomi attraverso i suoi occhiali rotondi.
Sinceramente, dopo avere aperto la porta, oltre a lei, mi sarei aspettata la presenza di qualcun'altro.
" Se sta cercando chi penso, beh, se n'è gia andato!" mi avvisa, vedendo i miei occhi increduli guardarsi intorno.
" Come sarebbe a dire? Lo avete lasciato andare via con mia figlia?" domando con una voce che cerca di trattenere la rabbia.
" Ovviamente no! Gli avevo chiesto cortesemente..." inizia a dire, calcando l'ultima parola con fare infastidito  "... di restare finchè non sarebbe arrivata lei, ma devo dire, che molto scortesemente ha lasciato l'edificio pochi minuti prima che lei arrivasse!" conclude adirata.
Prima combina i casini e poi sparisce??
Vorrei urlare e rompere qualcosa, in questo preciso istante.
Sono troppo arrabbiata e persa in un mare di pensieri che non riesco a darmi nè a dare una risposta, una qualche spiegazione a questa signora che mi osserva severamente.
" Si sieda un attimo e mi spieghi ogni minimo dettaglio di questa, oserei dire, assurda vicenda!" mi ordina, indicando una sedia posta dall'altra parte della sua scrivania.
Un po' esitante e intimorita mi avvio ad accomodarmi per ritrovarmi poi di fronte al suo volto che altro non chiede che spiegazioni molto chiare.
Sono così sconvolta che non riesco a spiccicare parola: so cosa dire, ma non so il come dirlo.
" Mi ascolti..." interrompe lei il silenzio, togliendosi con fare professionale i suoi occhiali da vista " ... è la prima volta che qualcuno viene a ritirare la propria figlia e questa non lo riconosce! Io sapevo dell'esistenza di un padre di Hope, che lei stessa mi ha presentato, ricorda?" domanda, attendendo il mio consenso.
Annuisco senza aprire bocca, lasciandola proseguire. " Perfetto! Ed è proprio questo padre a lasciare e predere la bambina, ogni mattina, da un po' di tempo a questa parte...giusto?" richiede il mio consenso ancora una volta, che prontamente arriva.
" Tuttavia, stamattina si presenta un uomo che dice di essere il PADRE, quello VERO di Hope! Il che mi fa insospettire e far portare la bambina nel mio ufficio per verificare se effettivamente lei lo conoscesse!".
Ad ogni rivelazione un battito del mio cuore viene meno e la voglia di sparire da questa stanza aumenta sempre di più. " Ed indovini?... Lei lo chiama per nome, dicendo che era un suo amico! Le sembra una cosa normale?".
" No, assolutamente, ma io non..."
" Da quando Hope viene qui all'asilo, succedono delle cose molto strane."
Proprio quando stavo per aprire bocca mi interrompe per proseguire il suo discorso, che si fa sempre più sospettoso. " Si sono presentati tre uomini diversi a ritirarla! La prima volta sono stata costretta a telefonarle, quando è venuto quel tipo con la faccia da delinquente, ricorda?".
Credo si stia riferendo a Boris.
Ma dove vuole andare a parare questa donna? Ha detto tre uomini diversi, alludendo chissa a cosa! Ma cosa si è messa in testa? Io non posso crederci.
" Sì, ma lui era un amico, a cui avevo cortesemente chiesto di prendere Hope perchè ero impegnata a fare una cosa molto importante!" spiego cercando di dare chiarimenti il più possibile convincenti, ma a cui lei sembra storcere il naso.
" Un amico che si è presentato Molto Scortesemente qui, pretendendo che gli affidassimo la bambina senza sapere chi fosse e da dove venisse!" afferma con un leggero tono alterato. 
" Mi dispiace, ma mi sono trovata costretta a chiedere aiuto..." ripeto ancora una volta, in preda all'agitazione.
" Le avevo spiegato come funzionano le cose qui! Questo è un asilo di bambini molto piccoli, tra i due e cinque anni e sottolineo il fatto che sono Bambini innocenti e indifesi, chiunque potrebbe presentarsi e dire di essere il padre o la madre, lo zio o il cugino! Per questo io pretendo di conoscere sin dal primo giorno entrambi i genitori di ogni singolo bambino che viene iscritto qui!".
" Ha perfettamente ragione!".
Su questo non posso assolutamente darle torto, anzi mi fa capire che qui i bambini sono al sicuro.
" Ho ragione, sì! Eppure lei continua a mandare qui gente dal volto sconosciuto a portare via Hope! Aspetto una spiegazione..." dice autoritaria.
Non mi resta che dire ogni cosa e mettere in chiaro la situazione.
" Vede... Rai, il padre che le ho presentato, non è il vero padre di Hope..." inizio con voce tremolante.
Raccontare queste cose mi mette sempre in agitazione: quante volte e a quante persone dovrò ancora spiegarle!? Ogni volta è una tortura per i miei nervi. " Invece, il ragazzo che si è presentato oggi, beh... lui è il vero padre, ma questo la bambina non lo sa... per questo motivo non l'ha riconosciuto come tale!".
Finito il mio discorso, lei assume un'espressione stupita, come quella di chi fatica a credere a quanto appena detto.
Sposta gli occhi da un punto all'altro del tavolino, come se stesse cercando le parole giuste da dire.
" Fin dall'inizio, quando si è presentata qui, ho notato la sua giovane età. E questo mi aveva fatto capire che lei ha avuto una figlia molto presto, diciamo quando era a scuola, dico bene?".
Perchè mi ripetono tutti le stesse cose: giovane madre con una figlia, equivale a dire ragazza madre, rimasta incinta al liceo per uno stupido errore.
Sono cose che ancora oggi, a distanza di anni, fanno male e mi feriscono, nonostante questa sia la verità.
" E' vero...".
" Una giovane madre che ha dovuto affrontare non pochi problemi immagino, per via del padre, della famiglia, della scuola... so come funzionano queste cose! Prima di dirigere questo asilo ero a capo di un liceo e capitavano molto spesso episodi come questi: ragazze rimaste incinta, in seguito a rapporti con i compagni o fidanzati che poi, al momento della rivelazione della gravidanza, le hanno abbandonate senza scrupoli...".
Questa donna sembra già avere tutte le risposte, infatti è come se stesse raccontando la mia vita, cercando di fare un discorso generale.
Continuo a osservarla perdendomi in molti spiacevoli ricordi e sento le tempie stringersi e un nodo alla gola. " E alla fine, a pagare le conseguenze sono proprio i bambini...".
Anche questo è vero...
" Visto che le cose stanno così, per questa volta chiuderò un occhio! Io non so cosa lei faccia nella sua vita privata, ma Hope sta vivendo una situazione familiare un po' particolare, le cui conseguenze potrebbero rivelarsi in seguito! E' ancora piccola, quindi il mio consiglio è cercare di renderle le cose più facili...".
" Lei ha perfettamente ragione, ma io sto iniziando per gradi e le posso assicurare che non succederà mai più una cosa simile!" cerco di assicurare convincente.
" Va bene,tuttavia da domani in poi. la bambina dovrà essere portata e ritirata esclusivamente da lei, perchè chiunque si presenterà, riceverà una porta chiusa in faccia, la avverto!" esclama con tono leggermente minaccioso.
Grandioso... proprio in questo periodo in cui non ho un attimo di pace!
Tuttavia, mi vedo costretta ad accettare per non creare ulteriori problemi.
" D'accordo!" rispondo alzandomi "Mi dispiace per quello che è successo! Passo più tardi a ritirare mia figlia!".
" Sia più responsabile, una madre ha sempre da imparare, ricordi! Arrivederla!" mi raccomanda saggiamente per poi condurmi alla porta.

Da non credere!
E' riuscito a mettermi in imbarazzo davanti alla preside e ALle maestre di mia figlia, incredibile e imperdonabile!
Io non lo capisco: prima si tira indietro, poi si fa avanti, per poi, alla prima difficoltà lasciare perdere e infine si rifà avanti, facendo di testa sua?
Non ragiona, crede di poter avere tutto e fare come cavolo gli pare!?
Questa storia deve finire, una volta per tutte!
Infatti sto raggiungendo a grandi passi l'azienda in cui lavora: perchè avvisarlo? lui non l'ha fatto, dopotutto.
Ecco l'edificio.
Spero solo che sia qui...


Ricordi Anya? 
Regola numero 1:
 Non incontrare Kai da sola,
 in assenza di Hope!








**************************









Sono appena uscito dall'ascensore, ma vengo fermato da un collega che sembra voler dirmi qualcosa.
" Kai, hai ricevuto quei documenti che ho consegnato alla tua segretaria?".
" Documenti?" chiedo stranito.
" Sì, glieli ho consegnati ieri pomeriggio, e mi aveva assicur...".
Mentre lui continua a parlare i miei occhi vengono catturati dall'arrivo di una giovane figura femminile appena entrata nell'edificio e che si appresta a raggiungere l'ascensore, prima che si chiudano le sue porte.
" Allora, li leggerai?".
Che cosa ci fa lei qui?
" Kai mi stai ascoltando?".
Cazzo, sarà venuta sicuramente per insultarmi per via di quello che è successo.
" Non t'interessa?". 
Questo che continua a parlare sta per ricevere un pugno in faccia.
" Cosa?" chiedo infastidito,
" I documenti!"
" Ok ok, li leggerò, ora ho fretta, devo andare!" mi congedo evasivo.
" Ma non stavi per uscire?" domanda stranito, vedendomi raggiungere di nuovo l'ascensore.
" Ho dimenticato una cosa..." spiego frettolosamente.
E così, aperte le porte, rientro in ascensore per salire di nuovo nel mio ufficio.
Sono proprio curioso di sentire cosa ha da dirmi: adoro quando s'incazza.




Sei appena entrata in territorio nemico, Sarizawa.



 


***************************









" Cosa vuol dire che è appena uscito?".
" Hiwatari è uscito proprio un attimo fa, tra qualche minuto ha un'importante riunione" spiega la segretaria.
Mi osservo intorno, non sapendo cosa fare.
" E quando tornerà?" chiedo sperando in una risposta positiva.
" Beh in genere non... aspetti! E' appena tornato, guardi!" mi dice invitandomi a guardare nelle direzione dove il suo dito punta.
Sbarro gli occhi prima di voltarmi, sentendo un rumore di passi provenire da dietro le mie spalle.
" Sarizawa..." mi richiama con un tono che mi fa pentire di essere venuta.
Stringo denti e pugni prima di voltarmi e osservare la sua faccia che tanto detesto.
Ed ancora più detestabile è il sorrisetto beffardo che vedo dipinto sul suo volto in questo istante.
" Mi cercavi?".
" Sì..." rispondo stringendo i pugni.
Sentirsi dire queste cose lo soddisfa: come non avrei voluto dirlo.
" La signorina chiedeva con insistenza di vederla, ma ho spiegato che è già impegnato quindi..." interviene la segretaria, che già odio per il fatto di avere usato quel "con insistenza": ma chi ha chiesto il suo intervento?
" Addirittura con insistenza..." sussurra tra sè e sè.
" Hiwatari, sai benissimo di cosa voglio parlarti, quindi non perdiamo tempo!" affermo con tono alterato.
" Seguimi...". Con un cenno di capo mi invita a seguirlo nel suo ufficio.
" Ma Signor Hiwatari, la riunione..."
" Dì che non posso!" le ordina con fare schivo,per poi chiudere la porta, dopo essere entrati.
Faccio qualche passo avanti e mi ritrovo al centro dell'ufficio guardandomi intorno, ma uno strano rumore mi coglie di sorpresa.
Posso giurare di avere sentito una porta chiudersi a chiave.
Mi volto verso di lui che sembra tranquillo e sereno, con la sua solita espressione altezzosa.
Forse è stata la mia immaginazione... Anya, calmati e respira: devi affrontarlo.
" Accomodati..." mi invita dopo essersi seduto.
Sotto il suo sguardo compiaciuto mi avvio alla poltrona posta di fronte a lui e sedutami, lo fisso severamente.
" Come diamine ti è venuto in mente di fare una cosa simile?" sibilo a denti stretti.
" Volevo solo andare a prendere mia figlia..." spiega evasivo e portando gli occhi al cielo " ...ma quella preside ha fatto un sacco di storie per nulla!".
" Un sacco di storie per nulla?? Una persona sconosciuta va a prendere mia figlia e credevi veramente che te l'avrebbero affidata??" esclamo incrementando sempre di più il tono di voce.
" Sconosciuta... io non sono una persona sconosciuta, Sarizawa! Sono il padre... non ricordi?" chiede pungente.
Allora non capisce!
" Ma questo le persone non possono saperlo..." spiego calcando ogni signola parola.
" Forse perchè tu vai presentando il cinese in qualità di padre, non ti pare?" dice lui, imitando il mio modo di parlare.
" Forse perchè tu non esistevi fino a qualche mese fa, ricordi??" continuo spostandomi sempre più avanti col viso.
" E quindi hai pensato di rimpiazzarmi col cinese..." conclude soddisfatto appoggiando la schiena alla poltrona.
" Sei proprio un idiota, non si riesce a parlare seriamente con te!  Ma se tu stesso hai detto, al parcheggio, la sera della recita, che non ti sarebbe importato più niente!" asserisco stringendo un pugno sul tavolo.
" Oh certo, chissà perchè?? Non facevi altro che trovare un difetto sempre in tutto quello che facevo!" ribatte lui.
" Forse perchè non ne hai fatta una, una signola cosa, giusta! Ti presenti dopo un'ora!".
" Che ti costa apprezzare uno sforzo!".
" Sforzo? Dedicare del tempo alla figlia lo reputi uno sforzo, un sacrificio, povero! Dove sei stato in questi anni?? Io mi sono sempre occupata di MIA figlia, e non mi sono MAI lamentata!!".
La situazione sta degenerando. Le nostre voci sembrano quasi fare eco per tutta la stanza, i nostri sguardi sono terribili e l'aria che si respira qui dentro è decisamente carica di tensione.
" Ci credo, ma pensa se non ci fosse stato il cinese accanto a te!".
" Ce l'avrei fatta ugualmente!" rispondo alzandomi di scatto fisandolo ostile negli occhi.
Seguono alcuni secondi di silenzio.
" Beh adesso ci sono anch'io e mia figlia deve saperlo" afferma serio.
" Tu non sei una persona normale! Meglio andare via prima che la situazione degeneri ancora di più" concludo amareggiata voltando i tacchi e dirigendomi verso la porta che...non posso crederci: è chiusa veramente a chiave, dunque non era stata la mia immaginazione.
Lui ha veramente chiuso la porta a chiave.
Dove cazzo è la chiave.
Emetto un sospiro e mi volto minacciosa verso di lui, che mi osserva da lontano, seduto lì, oltre la scrivania, con un sorriso soddisfatto.
" Hai chiuso la porta a chiave?".
" Io? No, deve essersi incastrata" si giustifica con finta innocenza.
" Kai, non è divertente..." gli faccio intendere senza giri di parole.
" Ti assicuro che da questa prospettiva è molto divertente!" risponde divertito.
Le mani cominciano a tremarmi e lentamente mi avvicino a lui.
" Kai, questi tuoi stupidi scherzi sono infantili, non credi?".
" Ma funzionano sempre...".
" Funzionano un corno! Kai, dammi la chiave!" gli ordino portando una mano avanti.
Lui cosa fa?
Inizia a dondolarsi sulla sua poltrona con fare divertito.
" Kai, dammi la chiave, dove l'hai messa??" ripeto ancora una volta e sempre con più rabbia.
" Vuoi... proprio saperlo?" domanda malizioso.
Non posso crederci, è semplicemente assurdo. 
Questo dovrebbe chiamarsi sequestro di persona, rapimento: Dio che nervi!
" Basta, lo scherzo è finito!" affermo alterata puntandogli un dito minaccioso.
Lui, sempre con un espressione superficiale, osserva la mia mano in modo strano.
" Quindi ... vi sposate..." inizia a dire, come a voler svariare il discorso.
A questa domanda ritiro la mia mano, quella in cui tengo l'anello di fidanzamento, con fare intimorito.
" Sì, e allora??" domando acida.
" E allora... " si alza in piedi lentamente "... quando?".
Cosa potrebbe mai fregargliene?
" Il più presto possibile!" rispondo in modo secco.
Si allontana dalla scrivania, percorrendo metà del suo perimentro con un dito fino ad arrivare vicino a me.
Mi sento così strana.
Il cuore mi batte all'impazzata.
La verità è che ho paura, paura di lui.
Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, quando mi sono ritrovata bloccata dentro la sua auto e mi sono fatta sedurre come una stupida.
Adesso sono nel suo ufficio, chiusa dentro e lui si sta compartando esattamente allo stesso modo di allora.
Faccio un passo indietro, intimorita.
" Kai, dammi la chiave, ho fretta, devo andare via... a lavoro,,," lo supplico con voce tremolante.
" Questo vuol dire che ritornerete in Cina, giusto?" domanda investigativo.
" Si, certo... non resteremo qui!"
" E mia figlia? Dove starà?" chiede, facendo un passo avanti verso di me, che, a mia volta, indietreggio.
Che cosa significa?
" Con me, naturalmente!".
" Con te e... con lui!" aggiunge infastidito.
" Mi sembra ovvio!".
" E come farò per vederla? Eh,Sarizawa? Non hai pensato a questo?".
Perchè avrei dovuto, non mi è passato neanche per l'anticamera del cervello.
" Beh..."
" Stai fuggendo, ammettilo" dice avanzando ancora.
" Io devo vivere la mia vita, non ho intenzione di fuggire..." spiego, indietreggiando e trovandomi con le spalle al muro.
Mi sento in trappola.
E il cuore mi sobbalza non appena lui poggia la sua mano al muro, dicendomi...
" So cosa vuoi fare, non vuoi dirle che sono io il vero padre!"
" Io ci sto provando, ma cosa dovrei fare?eh?".
La mia paura aumenta non appena entrambe le sue mani si poggiano sul muro, come a volermi intrappolare.
Deglutisco, mentre il suo viso si ferma a pochi centrimetri dal mio.
Che cosa ha intenzione di fare?
" Non partire..." rivela in un sussurro.
Questa frase riesce a pietrificarmi.
Ma che cosa sta dicendo?
" Co-cosa?" dico con un filo di voce tremolante.
" Resta qui... con la bambina..." ripete con tono basso, guardandomi intensamente negli occhi.
Non può dire sul serio...
" Io ... io... perchè mai?" domando alterata cercando di indietreggiare con la testa, anche se è impossibile.
" Perchè in questo modo non avremo problemi..."
" Ascolta, io partirò e dei tuoi problemi non mi importa proprio niente!".
" Ok, vuoi partire? Fallo, ma..." lascia in sospeso il discorso.
Ma cosa? 
" Ma...?" chiedo perplessa.
" Ma la bambina resta con me...".
Al pronunciare di questa frase il cuore e il respiro mi si bloccano e gli occhi si spalancano increduli.
" Tu... tu... che cosa stai dicendo??" domando alterata.
" Mi costringi a fare una cosa che non vorrei!" 
Non sta per dire quello che sto pensando vero?? Sarebbe semplicemente...assurdo.
" Cioè...?" dico intimorita.
" Cioè... mi costringi a chiedere l'affidamento di Hope...".
Affidamento...
...di Hope!
Hope dovrebbe essere affidata a lui?
Ma secondo quale principio??
" Tu ... tu non hai proprio nessun diritto su di lei!!" esclamo in preda alla rabbia.
" A no? E Rai che diritto avrebbe? Sappiamo benissimo come stanno le cose!" dice sorridendo beffardamente.
" Tu non puoi farmi questo!" dico quasi in lacrime e spingendolo più lontano per liberarmi.
" E tu non puoi portarmela via..." conclude afferrando il mio polso con decisione.
" Sei tu che non l'hai voluta fin dall'inizio, non ti fai schifo per questo??" grido a pochi centimentri dal suo volto.
" Questo non cambia le cose! Se tu parti io non la rivedrò più, di chi sarà la colpa?? Quindi se parti, lei resterà con me... a meno che..."
A meno che cosa??
Rimango in silenzio, col fiato sospeso ad attendere le sue parole.
" A meno che... tu non riesca a provare che lei non è mia figlia..."
Bastardo!
Stringo i denti fissando con disprezzo il suo volto impassibile.
" Avrei tanto voluto che non lo fosse!" mi limito a dire, tenendo ben stretti i denti e cercando di non far sgorgare quelle lacrime che lottano per uscire.
La sua espressione cambia, diventa contorta, come se queste parole lo avessero turbato.
Ci fissiamo con odio per altri secondi, dopodichè abbandona poco delicatamente il mio polso ed estrae dalla sua tasca dei jeans una chiave porgendomela con fare scocciato.
La afferro senza esitare e mi avvio verso la porta, cercando di regolarizzare il respiro che per un attimo è venuto a mancarmi.
" Sarizawa..." mi richiama facendomi voltare di scatto.
Mi osserva freddo e serio, rimanendo immobile nella sua posizione, come me, che attendo una sua risposta.
" Resta qui, non è una minaccia ma un consiglio! In caso contrario... Beh, comincia a cercarti una avvocato..." conclude con tono acido, per poi tornare alla sua scrivania.
Un avvocato?
Non può dire sul serio.
Il sangue mi si ribolle nel cervello e la rabbia cresce a dismisura, ma l'unica cosa che riesco a fare è uscire e chiudere violentemente la porta del suo ufficio, facendo anche spaventare la segretaria che mi osserva perplessa mentre di furia mi avvio all'ascensore.


Dovrei cercarmi un avvocato?
Vorrebbe l'affidamento della bambina?
Quale giudice affidarebbe una bambina ad Hiwatari?
Solo un matto potrebbe fare una cosa simile!
Lui non può avere nessun diritto su di lei.
Non siamo sposati, non siamo mai stati insieme, noi ... lui non è nessuno!!
L'ha abbandonata ancora prima di nascere, non l'ha mai considerata e adesso vorrebbe addirittura fare il padre??
Io non posso crederci!
Lui non può farlo... non deve!!
Minaccia di togliermi la bambina se decido di partire e se non parto dovrò costringere Rai a rimanere qui!
Vuole incastrarmi, ancora una volta.
Non so come andrà a finire, ma di una cosa sono sicura:
Lui non avrà mia figlia.
Io non mi separerò mai da lei!




















Ciao popolo di EFP ^_^
Rieccomi.
Come mi ha detto Silmeria, ultimamente sono troppo veloce nell'aggiornare o.o boh 
Comunque questa volta mi sono presa un pochino di tempo per riflettere u-u
Come vi avevo detto nel precedente episodio, i casini cominciano più o meno adesso.
Kai ne combina un altra delle sue.
Dopo avere scoperto che Anya partirà per la Cina, non appena si sposerà con Rai, in lui cresce la paura(?) di perdere la figlia ( quando mai l'ha avuta?? <-<) e così...
decide di riallacciare i rapporti con la figlia , senza però avvisare Anya, e si presenta all'asilo in qualità di padre.
La preside s'incacchia, perchè si vede spuntare uomini diversi ( eccheuomini) a prendere questa dolce fanciulla.
Anya s'infuria ( come sempre) e decide di andare a trovare papino Hiwatari.
Come sempre questi due hanno un'accesa discussione che finisce male.
Kai vorrebbe tenersi Hope, nel caso Anya dovesse decidere di partire.
Dunque, io mi sono informata per la questione dell'affidamento e mi hanno detto che Rai non ha nessun diritto, ovviamente, e Kai purtroppo ne ha.
Quindi sto cercando di attenermi alla legge ( poi non so come funziona in Giappone... ma dettagli v-v)
Che cosa ne pensate?
Come è stato scritto? (sinceramente non mi convince tanto, ma ditemi voi).
Fatemi sapere mi raccomando ç_ç

Ringrazio e saluto come sempre tutti i lettori e recensori, e anche una lettrice che ha deciso di seguire questa storia ( ciao Elisa , saluta con la manina*).







Qui ho provato a disegnare Anya XD
In realtà non ho mai avuto una immagine di lei e non l'ho mai descritta, quindi ho provato a disegnarla.
So che qui è felice, ma per ora non lo è affatto e lo sapete benissimo XD


Grazie a chi a letto ^O^ bye bye 






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Capitolo 15
*** Piccoli dubbi: la madre o la figlia? ***


 












"Mi costringi a chiedere l'affidamento di Hope".
 "Tu non hai proprio nessun diritto su di lei!".
 "E Rai che diritto avrebbe?".
 "Tu non puoi farmi questo!".
 "Se parti, lei resterà con me... a meno che..."
 "A meno che... "
 "A meno che... tu non riesca a provare che lei non è mia figlia.."
 "Resta qui "       
 "Non è una minaccia ma un consiglio!"
 "In caso contrario... comincia a cercarti una avvocato..."
" Resta qui"
"In caso contrario... comincia a cercarti una avvocato"
"Un avvocato..."


" La bambina si è appena addormentata!"

E' l'ingresso di Rai in stanza a porre fine all'echeggiare di queste voci nella mia mente e a riportarmi, dopo non so quanto tempo, alla realtà.
Per non destare sospetti, provo, per quanto difficile sia, a celare dietro un sereno sorriso, tutti questi pensieri e brutte sensazioni che mi hanno tormentata per tutto il resto della giornata.
Li metto solo da parte, tanto sicura che riprenderanno la loro attività durante la notte, impedendomi di fare sogni tranquilli.
" Allora, è tutto apposto! Finalmente mi hanno comunicato la data del giorno della laurea!" annuncia allegramente, sedendosi sul letto accanto a me.
" Davvero? Quando?" domando curiosa e sorpresa.
" Esattamente tra 20 giorni!".
Venti giorni? Questo significa che...
" Ho inviato loro la mia tesi, manca qualche ritocco e sarà pronta!" continua a spiegare.
Significa che dovremmo partire.
" Finalmente si ritorna in Cina! E subito dopo potrò iniziare a lavorare con mio padre a tutti gli effetti! Ha bisogno di aiuto e mi rimprovera pure di averci messo anche troppo... avrei voluto vedere lui al mio posto!" conclude sdraiandosi di schiena sul letto e sospirando ad occhi chiusi, mentre io resto in silenzio, a gambe incrociate sul letto a spostare gli occhi a destra e sinistra. " E allora?" domanda aprendo gli occhi e sollevando la testa per fissarmi in maniera stranita, forse insospettito dal mio silenzio. " Non mi dici niente? Anche tu mi hai stressato sul fatto di tornare in Cina il prima possibile e ora sembra quasi che la notizia non ti abbia nemmeno scalfita!" nota, giustamente.
" Ehm...ma certo, che dici!" esclamo fingendo un leggero entusiasmo.
Non so se sia una buona idea dirgli quello che è successo oggi, non per il momento almeno.
" E così dopo la laurea..." si alza e si avvicina al mio collo scoccandogli un bacio "...potremo finalmente pensare al matrimonio!" conclude ripetendo l'azione del bacio.
Da un lato questa notizia mi rende felice, perchè così potremo finalmente sposarci, ma dall'altro questo sarebbe solo l'inizio...
" Ti vedo pensierosa..." mi sussurra all'orecchio.
... di una guerra.






                                    ***





" Lui cosa??" esclamo in preda alla furia più totale, dopo avere ricevuto una notizia sconvolgente.
" Hai capito bene! Minaccia di togliermi la bambina nel caso dovessi decidere di ritornare in Cina! Ma ti rendi conto??" dice incrementando sempre di più il tono di voce, leggermente alterato e strozzato dal pianto.
"LUI, proprio LUI minaccia di togliermi la bambina, dopo che IO gli ho consentito di conoscere Hope nonostante tutto quello che avesse fatto!!" conclude battendo un pugno sul tavolo della cucina, e facendo barcollare i bicchieri pieni di succo poggiati su di esso. " Lui non può farmi questo! Vero Hilary??" mi domanda stringendo nervosamente i pugni sul tavolo.
Mi fermo a pensare un attimo, lasciandola lì, seduta di fronte a me, ad osservarmi con occhi pieni di rabbia e soprattutto di speranza in una risposta soddisfacente da parte mia.
" Perchè mi guardi così Hilary!? Insomma, tu stai studiando legge e quindi sei la sola che può darmi un parere professionale! Dimmi che lui non ha nessun diritto su mia figlia?!" conclude pretendendo una risposta da parte mia, che resto a fissarla intimorita.
E' vero, studio legge e so benissimo cosa succede in questi casi.
Vengo costretta ad assumere l'atteggiamento di chi sta per dire qualcosa che non piacerà sicuramente, nè a me nè soprattutto a lei.
" Invece..." inizio cercando di trovare le giuste parole per spiegarlo nella maniera più razionale possibile, mentre lei sembra pendere dalle mie labbra, che prende ad osservare senza muovere ciglio. " Invece... non è così, Anya! Mi dispiace dirtelo!" rivelo con voce ferma. " Lui, è vero, ha fatto delle cose orribili, ma è pur sempre il padre...".
Anche se non lo trovo giusto, sono costretta a spiegarle come funzionano le cose, essendo impegnata in questo campo.
" Ma l'ha rifiutata! Hilary, quello che mi stai dicendo sarà pure vero ma non si può non tenere conto di quello che ha fatto! Qualunque giudice penserebbe che non è una persona affidabile e....e responsabile!!".
Questo è vero, ma...
" Hai ragione su questo! Ma devi capire che anche nel mondo della giustizia, ci sono delle ingiustizie...".
Frase che suona male, ma che nasconde una grande verità.
" Che vuoi dire?" domanda preoccupata.
" Quello che voglio dire è che... a prevalere è quasi sempre la legge del più forte, Anya..." spiego sotto il suo sguardo contorto su di me.
" La legge del più forte..." ripete in un sussurro tra sè e sè.
" Sì Anya... e Kai, dobbiamo ammetterlo, lo è! Quello che serve a te è un buon alibi e soprattutto un buon avvocato, ma... io sono sicura che lui ti schiererebbe contro una decina di avvocati, i quali, nel giro di mezzo secondo, potrebbero farti diventare una madre snaturata, irresponsabile, violenta, alcolizzata e chi più ne ha e più ne metta!" concludo amareggiata per quanto ho, io stessa, appena detto.
E' quello che credo potrebbe accardere, purtroppo.
Lei rimane sconvolta da queste mie parole.
Le sue mani tremano leggermente, il suo viso ha cambiato persino colore e i suoi occhi si muovono nervosamente da una direzione all'altra, mentre le sue labbra tremano cercando di dire qualcosa.
" No, stai scherzando... vero?" libera in un sussurro.
Stringo una sua mano, e con un solo sguardo le faccio capire l'assoluta serietà delle mie parole.
" Bastardo..." lo insulta, portando una mano davanti agli occhi per cercare di frenare quelle lacrime che sgorgano senza freno dai suoi occhi.
Tutto ciò mi fa rabbia!
E nelle mie condizioni la rabbia si moltiplica all'inifinito.
Un figlio non è un oggetto che si può usare quando lo si vuole.
Un figlio è per sempre, nel bene e nel male.
" Ascoltami Anya, nonostante questo noi non ci arrenderemo, lotteremo fino alla fine! Non volevo scoraggiarti con le mie parole, ma soltanto spiegarti il problema che ci si pone davanti! Lui non può farti questo, non deve!" concludo con decisione.
Quando Yuri verrà a conoscenza di questa storia vorrà sicuramente ucciderlo, ed io mi unirò a lui.
Non posso sopportare il fatto che la mia amica soffra ancora per colpa sua, non merita di essere trattata così, come lui non merita una bambina dolce ed ben educata come Hope.





                           ***




Dopo la breve pausa pranzo , il mio turno pomeridiano in caffetteria è iniziato da soli quindici minuti...
" Quindi avete detto: due tè e un caffe macchiato!" cerco di ricordare appuntando sul taccuino.
" No! Due caffè e un tè con latte!" mi correggono prontamente.
Ripeto: da soli quindici minuti e già il mio cervello sta andando in tilt.
Cancello nervosamente quanto appena scritto, azione che si è ripetuta non poche volte nell'arco della giornata, a giudicare dai diversi scarabocchi che decorano il mio taccuino, dopodichè mi dirigo al tavolo successivo per prendere le ordinazioni di una coppia appena arrivata.
Mi avvio al bancone per lasciare i foglietti a Dana e prendere il vassoio che ha appena finito di preparare.
" Anya... ti stai dando all'arte dello scarabocchio o cosa? In ogni foglietto che mi porti devo decifrare quello che c'è scritto! Scrivi in maniera più comprensibile, per favore!" mi rimprovera, cercando di capire cosa ci sia scritto esattamente in quel foglio pieno di infinite linee nere.
Mi limito a sbuffare, stanca di dare spiegazioni, e preso il vassoio mi avvio ai tavoli per servire i clienti.
Mentre sono intenta a poggiare le tazzine sul tavolo, la mia attenzione viene catturata da una persona che entra nel locale, si guarda intorno e punta i suoi occhi su di me, come a volermi comunicare qualcosa, per poi andare ad accomodarsi ad un tavolo.
Rimango così a fissarla per qualche secondo per poi dirigermi al bancone per posare il vassoio.
" Dana, ti prego... dimmi che quella ragazza seduta a quel tavolo è in realtà Boris con una parrucca bionda!!" dico in segno di supplica.
Lei che stava sistemando qualcosa si volta all'istante verso di me fissandomi contorta, forse non avendo afferrato quello che le ho appena detto.
" Laggiù..." le indico con un dito il punto dove deve guardare.
Lei, portati gli occhi in quella direzione, fa uno strano verso, come a voler trattenere una risata.
" Ma stai scherzando?? AHAH quella? Boris con una parrucca?? Mi dispiace contraddirti ma quella è una donna vera!! Non ha neanche i peli sulle gambe!" conclude divertita.
Cavolo...
Perchè me li ritrovo sempre a lavoro!!
" Ma scusa, non è quella che..."
" Sì, è proprio lei e non mi va proprio di parlarle!" aggiungo a denti stretti.
" Eppure sei costretta, non fa che fissare da questa parte!".
Sai che gioia.
Chiudo gli occhi ed emetto un respiro profondo per poi riaprirli e decidere di andare da lei.
" Che hai da ridere sotto i baffi??" domando a Dana che sembra persa in strane fantasie.
" Scusa...ma stavo pensando a Boris con la parrucca bionda!" spiega, sigillando le labbra per trattenersi dal ridere.
Lasciamo perdere...
Mi volto,  la fisso minacciosa e la raggiungo.
" Ciao Sarizawa, come stai?" saluta con arroganza.
Sicuramente sa già tutto e forse ci sarà anche il suo zampino: avrà convinto Kai a prendere questa decisione per prendersi ancora gioco di me!
" Dovresti sapere come sto!" rispondo senza giri di parole. " Credi mi faccia piacere che il tuo caro fidanzato minacci di togliermi la bambina??".
" Lui cosa??" esclama alzandosi e fissandomi sorpresa.
Che davvero non lo sapesse? La maniera in cui ha reagito mi fa ricredere di tutto.
" Non... lo sapevi, forse?" chiedo insospettita.
" I-o... io ... ma quando te lo avrebbe detto??" domanda alterata.
" Ieri..." mi limito a rispondere.
Mi fissa in una maniera molto strana e ci perdiamo l'una negli occhi dell'altra, anche se le nostre menti sembrano altrove.
" Ieri?... Ieri, ma... ma dove vi siete visti? Perchè vengo sempre a scoprire che vi vedete di nascosto? Possibile che ci debbano essere sempre dei segreti!!".
" Non c'è nessun segreto! Sono andata nel suo ufficio e..."
" Ah! Sei tu che sei andata a cercarlo e lo dici pure??".
Ma è impazzita?
" Senti, non è questo il punto della situazione!" le spiego cercando di regolare il volume della voce per non attirare l'attenzione dei clienti. " Il punto è che Hiwatari vuole togliermi la bambina, non lo sapevi? Mi sembra strano..." aggiungo insospettita.
Mi sembra strano che dietro ad un piano così malvagio non ci sia anche il suo zampino.




                               ***





Sono stanca.
Stanca di venire a scoprire le cose sempre all'ultimo.
Stanca di essere all'oscuro di tutto.
E sono stanca di lei e di questa bambina.
Da quando ci sono loro Kai non fa che cambiare idee in continuazione.
Quando avrebbe preso questa assurda decisione di prendersi quella mocciosa? E soprattutto, perchè??
" E perchè mai dovrebbe togliertela!!?".
" Perchè presto ce ne andremo dal Giappone!".
Aspettavo da tanto questo momento.
Quando hanno annunciato di volersi sposare e ritornare in Giappone mi si sono riaccesi gli occhi e il cuore, perchè ho pensato che finalmente sarebbero state definitivamente fuori gioco e a migliaia di chilometri di distanza da Kai.
Ma se ripenso agli occhi di Kai, alla sua reazione dopo avere ricevuto quella notizia, quella sera, mi si accende una rabbia incredibile.
Dietro quella sua espressione apparentemente fredda e indifferente, io, io che lo conosco da anni, sono riuscita a leggervi qualcosa.
Qualcosa che mi ha fatto pensare e preoccupare.
E quelle preoccupazioni sono state poi da lui stesso confermate durante quella lite in macchina, durante il ritorno a casa.
Lui stesso ha espressamente detto di essere stato turbato da quella notizia e la cosa mi ha lasciata pietrificata.
" E'assurdo, Kai non farebbe mai una cosa simile! Prendersi la responsabilità di una bambina! Figuriamoci!".
" E' quello che non deve succedere! Quindi ti sarei grata se lo convincessi a cambiare idea!".
" E io ti sarei grata se te ne andassi, insieme a Kon e quella bambina, il prima possibile! Da quando ci siete voi non fate altro che causare problemi!" ribatto duramente.
" Ah! Io sarei la causa di tutti questi problemi?? Ma fammi il piacere! Ascoltami bene, io non avrei mai voluto che Hope conoscesse suo padre, ma è andata così! E poi non capisco perchè prima Kai mi urla esplicitamente in faccia che non vuole più conoscere sua figlia e poi minaccia di togliermela! Ti sembra un comportamento da persona normale questo?".
Lui le avrebbe detto che non vuole incontrare più la bam...
Ma quando sono successe queste cose! Mio dio...
Kai deve darmi un sacco di spiegazioni.
" Tutto ciò non ha senso!" esclamo adirata.
" Oh, finalmente su una cosa siamo d'accordo!".
" Venire qui mi è servito a capire un sacco di cose!" dico prendendo la mia borsetta e incamminandomi verso l'uscita.
" ah davvero? Pensa, io sono ancora più confusa di prima!".
Mi fermo e mi volto verso di lei, fissandola dritta negli occhi.
" Bene, ti schiarisco meglio le idee allora: non preoccuparti, perchè ho intenzione di convincere Kai a non toglierti la bambina... e non è un favore che ti voglio fare ma in questo modo il favore lo farai TU a me, sparendo per sempre dalla mia vista! Tu e quella bambina! Buon lavoro... Sarizawa!!" concludo acida voltando i tacchi e uscendo.

Adesso tocca a te Kai: voglio proprio capire quali sono le tue intenzioni!







                            ***









La porta del locale si chiude e i miei occhi, attraverso i vetri, seguono la sua figura camminare a passi svelti verso la strada per poi scomparire tra la folla.
Resto per qualche minuto così, a fissare il vuoto e pensare a quanto appena successo.
Lei sembrava veramente non sapere nulla.
In effetti, mi chiedo,  perchè avrebbe dovuto convincere Kai a prendersi una bambina che sa essere mia figlia? Lei mi odia, di conseguenza questo odio si riversa in qualche modo sulla bambina; non potrebbe mai accettare di fare da matrigna a Hope, proprio perchè è mia figlia.
Dunque tutto questo assurdo piano è stato progettatto da Kai: togliermi la bambina, ma per quale scopo?
Sa benissimo che Eva non accetterebbe mai Hope.
Qualunque sia il suo fine, non ci riuscirà.
E poi Eva ha appena detto di volerlo convincere a tutti i costi a non togliermi la bambina, quindi, in qualche modo, posso dire di averla dalla mia parte.
Potrebbe riuscirci.
Deve!
Hope resterà con me, sino in capo al mondo.
Io non l'abbandonerò mai, succeda quel che succeda.








                           ***









Casa Hiwatari.
Ore 21.30 circa.



Parcheggiata l'auto in garage mi avvio verso la porta principale, mentre le mie mani frugano all'interno delle tasche della giacca e dei jeans alla ricerca delle chiavi.
Dopo una lunga ricerca, riesco finalmente ad afferrarle e, tirate fuori,posso aprire la porta e trovarmi investito da un buon profumo di cibo, che mi fa pensare al fatto di non avere mangiato proprio niente tutto il giorno.
Ho notato che ultimamente a nutrirmi è solo la nicotina delle sigarette: brutto vizio!
Arrivo in salotto dove ad attendermi c'è una tavola già apparecchiata ed Eva seduta al suo solito posto.
" Bentornato amore..." saluta con una strana aria docile.
Che cosa avrò fatto per meritarmi una tale accoglienza calorosa?
" Ciao, sei già a tavola..." affermo guardandomi intorno con aria circospetta.
In genere sono io quello ad aspettare, seduto a tavola. che la signorina si decida a raggiungermi.
" Beh, diciamo che ho fatto presto" si limita a rispondere. " Su, siediti! Sarai affamato!" mi invita cortesemente.
Okay gente: la cosa mi puzza, e di brutto!
Tenendo gli occhi fissi sul suo viso, stranamente sorridente e apparentemente sereno, porto indietro una sedia e mi accomodo.
Qulacosa non mi convince: è troppo tranquilla.
Che avrò combinato stavolta?
Avrò dimenticato qualcosa?
Che giorno è oggi?
Non sarà mica il suo compleanno?! Che io sappia lei compie gli anni il...
Cazzo... perchè lo dimentico sempre?!
Comunque sono sicuro che non è oggi.
Allora è l'anniversario di qualcosa?
Mentre nella mia testa i neuroni sembrano essersi trasformati in migliaia di punti interrogativi alla ricerca di una risposta, la cena ci viene servita dalla nostra cameriera.
Nessuno sembra intenzionato a proferire parola.
Nell'ampio salotto si sente echeggiare solo il tinitnnio di posate e bicchieri.
" Sai..." inizia a dire rompendo il silenzio mortale che si era creato.
" Dimmi..." la incito rimanendo impassibile.
" Ho consultato quel catalogo, per quel viaggio... ricordi?".
" Sì, ricordo!" confermo con un assenso.
" Beh, se prenotiamo adesso ci faranno un prezzo stracciato!".
" Beh, allora prenotalo... non c'è problema!"
Non capisco perchè abbia preso questo discorso; in genere non si preoccupa minimamente di consultarmi al riguardo: vengo a sapere la destinazione del viaggio, di solito, il giorno prima!
" Perfetto! Ti adoro proprio perchè non ti fai alcun problema! Anche questa vacanza, come la precedente ti piacerà, vedrai! E poi sai quanto mi piace viaggiare, stare insieme a te, noi due da soli..." ma quanto parla? Aiutatemi, rimpiango il silenzio mortale di cinque minuti fa. " E poi perchè non approfittare del fatto che possiamo permettercelo! Insomma... i soldi non mancano... hai un lavoro che..." e continua pure! sa benissimo che non la sto ascoltando, perchè ostinarsi a parlare invano? " ...non ci sono bambini! Pensa se avessimo qualche bambino fra i piedi, che scocciatura!" conclude fissandomi stranamente.
Io che stavo portando la forchetta alla bocca, mi blocco all'istante, fermato da queste sue strane parole e soprattutto dal modo in cui mi osserva.
Perchè avrà tirato fuori il discorso "bambini"?
Deglutisco, spostando lentamente gli occhi in sua direzione.
Non sarà mica...
" Allora? Che ne pensi tu?" domanda per ricevere un qualche feedback dal sottoscritto che non ha capito proprio nulla all'infuori della parola "bambini".
Non avrà fatto tutto questo giro di parole per dirmi che...
Non può essere.
Ne sono convinto.
Anzi sicuro al cento per cento.
Lei non può essere incinta.
" Come siamo arrivati all'argomento bambini, che c'entra col viaggio?" chiedo stranito, posando la forchetta sul piatto.
Lo stomaco mi si è ad un tratto chiuso.
" No, dicevo così! Pensa se avessimo un bambino... non potremmo permetterci di viaggiare, fare quello che ci pare!".
" E infatti non c'è alcun bambino, di che ti preoccupi?" le dico, cercando di non far trasparire il nervoso che mi sta rodendo cervello e stomaco.
Lei si limita ad abbassare gli occhi e a mordersi nervosamente le labbra.
Non starà mica per dirlo?!
" Beh quindi non ci sarà alcun bambino in questa casa...".
Non ho capito se era un'affermazione o una domanda.
Dal modo in cui mi osserva intuisco che aspetta una risposta da parte mia.
"Nnnn-o" rispondo perplesso, mentre la mia testa si contorce da un lato, a causa del suo strano modo di guardarmi.
" Sicuro?" aggiunge ulteriormente.
Non ne vorrà mica uno??
Mi sta facendo confondere.
" Ma vuoi un bambino? Sei incinta? Cazzo, Eva non ci sto capendo più niente!" esclamo liberandomi finalmente dal peso che mi stringeva la gola.
" Cosa??" esclama sorpresa " Io non sono incinta! Ma che vai a pensare!!?".
" Ma allora perchè tutto questo giro di parole sui bambini!!?".
" Perchè, a quanto pare, presto ci ritroveremo in giro per la casa una bambina!!" sbraita infuriata.
" Ma allora sei incinta!" controbatto io, che non ci sto capendo più un cazzo.
" NO! Sei tu quello che ha messo incinta un'altra!" urla a denti stretti alzandosi in piedi e battendo un pugno sul tavolo.
" MA CHE C'ENTRA QUESTO ADESSO! Possibile che devi sempre tirar fuori questo argomento??" urlo a mia volta battendo due pugni sul tavolo e facendo traballare bottiglie e bicchieri.
" C'ENTRA ECCOME! Dal momento che il signorino vuole portarmi quella mocciosa in casa!"
" E quando avrei detto una cosa simile?".
" Infatti non sei stato tu a dirmelo, visto che non dialoghi mai con me! E' stata la SUPER MAMMA  , Lei  a dirmelo! Vuoi toglierle la bambina e portarmela in casa?? Sei impazzito!?".
Quella stronza non si tappa mai quella bocca.
Da quando queste due si confidano alle mie spalle??
" Ma quando te lo avrebbe detto!?" chiedo per ricevere ulteriori spiegazioni.
" Questo non ha importanza! Quello che importa è che tu prendi delle decisioni senza consultarmi! Io non farò da balia a quella bambina, sappilo Hiwatari!" minaccia determinata.
" Nessuno te lo ha chiesto!" .
" Ah quindi dovrò spartire questa casa con una bambina che non mi appartiene, credi che io sia d'accordo?".
" Ascolta, sono delle decisioni che spettano a me, mi pare, appunto perchè non ti appartiene!".
A queste parole il suo viso si fa ancora più rosso e i suoi occhi si riempiono di rabbia.
" Sta' a sentire Kai! Se tu porti quella bambina qui, E' FINITA! Quindi scegli: o ME o Quella Bambina!" conclude adirata sbattendo il tovagliolo di stoffa sul tavolo e andandosene di furia.
Rimango qui, fermo, immobile e rimuginare su quanto appena successo, a stringere i denti e con una voglia matta di rompere tutto.
Ma sento di nuovo un rumore di passi avvicinarsi che mi costringe a girarmi: è di nuovo lei, che ritorna infuriata più che mai.
" E sai qual è la cosa che mi fa incazzare di più?? E che non capisco??" dice avvicinandosi e puntando un dito minaccioso " ... che dopo anni in cui te ne sei fregato, tu abbia deciso di avvicinarti a quella bambina!".
Me l'avrà detto un migliaio di volte, e tutte le volte la mia risposta è sempre stata uguale.
" Sai perchè lo sto facendo, te l'ho spiegato! Non voglio che mia figlia creda che Kon è suo padre!!" rispiego per l'ennesima volta.
" Però devi ammettere che se non vi foste mai visti, quest'idea non ti avrebbe neanche sfiorato il cervello e Kon sarebbe rimasto suo padre!".
Su questo, forse, ha ragione.
" Ma le cose, come puoi ben vedere, non sono andate così!".
" Perchè non la lasci partire e basta?".
" Perchè lei deve restare con me!"
" Lei CHI? Hiwatari, la bambina o la madre??" domanda diventando sempre più sospettosa.
E' sempre la solita.
Questa domanda non meriterebbe neanche una risposta.
" Secondo te?" domando a mia volta, con fare scocciato.
" Dimmelo tu, Kai! Perchè ho dei seri dubbi al riguardo..." conclude incrociando le braccia al petto e fissandomi minacciosamente.

Questo è semplicemente assurdo.
Sono tutti convinti della stessa cosa.























Salve a tutti popolo di EFP ^o^
Eccomi risorta dalle ceneri, finalmente!
Sono riuscita a scrivere questo capitolo, dopo che l'ispirazione mi aveva momentaneamente abbandonata -.-".
In realtà non ho avuto tempo XD
Comunque, riecco i nostri protagonisti, che ritornano incacchiati più che mai e tutti, guarda caso, con KAI!
Disgraziato!! <__<
Ovunque dissemini panico e terrore e soprattutto fai girare all'inverso i marrons!!
Dunque ditemi che cosa ne pensate!
La parte finale è quella diciamo più nera e movimentata. Vi giuro che anche i coltelli sul tavolo avevano paura di fare da arma da delitto XD
Beh nessuno ha deciso di sfoggiare le sue abilità di tiratore di coltelli, forchette, piatti...mmm chissà se più avanti...
Comunque ditemi che ne pensate, cosa vi e NON VI convince.
Ringrazio tutte coloro che l'hanno messa tra le seguite e preferite, chi legge e chi recensisce.
Grazie a tutte <3
Un bacio dalla vostra Henya! ;)

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Capitolo 16
*** Fiducia ***


" Oggi Midori mi ha detto che sono cattiva!" .
" E perchè?".
Mi ritrovo a percorrere il corridoio della scuola, con Hope in braccio che mi racconta cosa le è successo oggi, e a giudicare dal suo broncio, non deve essere stata una grande giornata.
" Perchè ha detto che io faccio la linguaccia!".
" Beh quante volte ti ho detto che non si fa!" le rimprovero, facendole nascondere gli occhi dietro le sue manine.
" Ma io non l'ho fatto!" si giustifica con la sua solita vocina innocente.
" Ah, davvero?" le domando con sguardo ammonitore, per assicurarmi che stia dicendo la verità.
" E' vero!" mugugna nascondendo il viso nell'incavo della mia spalla: segno che non sta dicendo la verità.
La solita birbante!
Finalmente usciamo dall'edificio e mentre i miei occhi sono puntati sui gradini che sto scendendo...
" Papà, c'è Kai!" esclama a gran voce la piccola che punta un dito per indicarmi la direzione.
Al suono di queste parole sbarro gli occhi e lentamente seguo il piccolo braccio di Hope che mi indica il punto in cui devo guardare. Resto qualche secondo immobile, fissando quella figura a me conosciuta e tanto odiata.
Ma che diavolo ci fa lui qui?







                                            ****





Non avendo più ricevuto alcuna notizia da parte di Anya, dopo quello che è successo nel mio ufficio, ho deciso di venire di proposito all'asilo per incontrarla, sapendo che a quest'ora sarebbe venuta a ritirarla.
Ero sicuro al cento per cento che ci sarebbe stata lei, ed invece...non ho considerato il fattore "Rai Kon".
Perchè diamine è venuto lui a prenderla?
Me lo ritrovo a pochi metri di distanza a osservarmi con faccia da stronzo, come di chi non si aspettava la mia presenza: cazzo, neanche io me l'aspettavo.. e ora?
Quella bambina, come al solito, deve sempre urlare il mio nome a gran voce.
Lo vedo avvicinarsi, con aria minacciosa, mentre io, che ero appoggiato alla mia auto, beh...non faccio una piega, resto nella mia posizione, con le mani in tasca, assumendo un espressione alquanto irritata.



                           

                                                    *****




Sarà sicuramente venuto perchè si aspettava di incontrare Anya a giudicare dalla sua espressione alquanto infastidita.
Beh, la mia non è da meno: mai mi sarei aspettato di incontrarlo proprio qui!
Da quando ci siamo visti non abbiamo avuto modo di interagire, visto l'odio che l'uno prova per l'altro, ma adesso sono proprio curioso di sapere cosa caspita sia venuto a fare, gironzola sempre intorno ad Anya e questo mi dà seriamente un grande fastidio!
Solo l'ultimo passo e mi ritrovo faccia a faccia con lui e la bambina che reggo su un braccio.
" Hiwatari, che ... sorpresa" lo saluto , a mio modo, assumendo un tono alquanto acido, ricevendo come risposta uno sguardo inceneritore da parte sua.
Lo vedo sospirare con sguardo di superficialità, volgendo lo sguardo altrove e posizionando meglio le mani all'interno delle tasche, rimanendo poggiato alla sua auto.
" Già, che sorpresa..." sussurra tra sè e sè, osservando chissà dove.
Sembra essere deluso dell'assenza di Anya.
" Ti aspettavi forse qualcun altro?" domando pungente.
Mi fissa minacciosamente: odio questo suo atteggiamento, l'ho sempre odiato, in tutto e per tutto!
Non mi mette in soggezione, non mi fa paura, mi fa solo schifo.
" Sì, mi aspettavo Sarizawa!" confessa, uscendo dalle tasche le mani e incrociando le braccia al petto.
" Beh, mi dispiace per te, ma come vedi ci sono io! Se dovevi dirle qualcosa d'importante puoi dirla a me, glielo riferirò senz'altro!" affermo con ironia.
Figuriamoci se faccio da mediatore delle sue informazioni.
" Non ha più importanza..." risponde evasivo , cominciando ad aprire la portiera della sua auto.
" Forse non posso... saperlo?" domando sempre più pungente, facendolo bloccare sul punto di entrare in auto.
Fissa davanti a sè, perso in chissà quali pensieri, per poi osservarmi...
" Proprio così, è una questione che non ti riguarda!".
" Invece io dico che mi riguarda!".
Richiude lo sportello dell'auto e si avvicina a me guardandomi con disprezzo, lo stesso che non riesco a nascondere io nei suoi confronti, neanche fingendo.
I nostri occhi sono alla stessa altezza e  sembrano scambiarsi forti scariche elettriche.
Decide di non rispondermi, ma ignorare quanto appena detto per spostare gli occhi e puntarli su Hope, che in silenzio stava assistendo a questa assurda scena.
Lo vedo sorriderle beffardamene, alzare un braccio e portare una mano sul viso di Hope, ma questo suo gesto viene fermato da una mia mano che stringe forte il suo braccio prima che possa avvenire il tocco.
Il suo braccio si irrigidisce e i suoi occhi mi fissano minacciosi.
" Non toccare ciò che non ti appartiene!" gli spiego scandendo ogni signola parola.
A queste parole s'infastidisce e con una mano toglie la mia dal suo braccio...
" Si dà il caso..." inizia con tono pungente " che... lei appartenga più a me che a te!" per poi concludere con questo colpo basso.
Lo osservo con astio e rabbia, le tempie mi si restringono e il sangue mi sale al cervello. " Se non ci credi... chiedilo ad Anya..." continua con un irritante sorrisetto "... lei ti dirà ogni dettaglio!". Queste parole arrivano e mi colpiscono come un pugno sullo stomaco, sono parole che fanno male, perchè non fanno altro che ricordarmi il fatto che Anya sia stata con lui: un'immagine che ho cercato di rimuovere dalla mia mente durante questi anni.
Ha ragione, lei non mi appartiene, non è mia figlia, ma considerando il suo comportamento in tutti questi anni, beh...non appartiene neanche a lui!





                                              *****






" Anya, ti vedo pensierosa! Tutto Ok?" mi chiede Dana.
" Si, tranquilla..." rispondo fingendo un sorriso.
" Beh, allora finisco qui io... tu inizia a pulire le vetrine, così stasera ce ne andremo subito a casa invece di fare ore extra per fare pulizie!Quello stupido vecchiaccio..." continua a borbottare cominciando a preparare caffè.
" Come vuoi..." mi limito a rispondere, dirigendomi nello sgabuzzino a prendere una scaletta per meglio arrivare a pulire le parti alte delle vetrine, anche se avrei preferito continuare a servire ai tavoli.
In realtà non mi sento molto tranquilla, non dopo avere affidato a Rai il compito di andare a prendere Hope all'asilo. So benissimo che, dopo l'ultimo spiacevole episodio , non avrei dovuto farlo, la stessa dirigente mi aveva ordinato di presentarmi io stessa a ritirarla ogni santo giorno; il fatto è che con questi turni, anzi, la non più esistenza dei turni di lavoro, mi è impossibile allontanarmi ogni giorno.
Questa volta però ho avuto l'accortezza di avvisare la dirigente che non sarei potuta andare e che mia figlia sarebbe stata prelevata da uno dei suoi padri! Mamma mia...
Dopo molti dubbi e esitazioni si è vista costretta ad accettare, meno male! Spero solo che non accenni nulla a Rai, o saranno cavoli... e amari!
E con questi pensieri in testa, comincio a salire i gradini della scaletta e con uno strofinaccio in mano pulisco questi benedetti vetri.
A quest'ora dovrebbero già essere arrivati a casa...





                                                   ****





" Non ti fai schifo?" 
" E tu...quando la smetterai di fare l'eroe?" ribatte senza timor lui.
Ma quale eroe?!
" Ascoltami bene, Hiwatari! Lascia in pace Anya o finirà male!"
" Non è Anya che m'interessa, lo sai!".
" Io penso il contrario!".
" Tszè! Andiamo Kon, davvero hai tutta questa paura di perdere Anya? Sembra quasi che tu non ti fidi di lei!".
Ma che cosa sta dicendo.
" Io mi fido di Anya!" asserisco a denti stretti.
" Allora perchè questa paura ogni volta che si avvicina a me?" domanda investigativo " Capisco che tu non ti fidi di me... ma non fidarti della tua ragazza?...andiamo Kon!".
Resto immobile a fissarlo, cercando di regolare il respiro, che dentro mi si fa sempre più affannoso e cercando anche di placare la voglia matta di prenderlo a pugni.
" E' di te che non mi fido, stalle lontano!" dico con tono minaccioso.
" Tszè..." esclama divertito " Hai paura che ne esca fuori un altro figlio?" dice sarcastico.
I miei occhi lo fulminano " stai attento a come parli, Hiwatari! Tu non meriti neanche di avere questa bambina! Non sa neanche che esisti...". Parole che lo alterano. Penso gli dia fastidio vedermi con sua figlia in braccio.
" E tu non sei neanche il suo vero padre..." afferma lui.
Il clima di tensione che si era creato viene interrotto bruscamente dallo squillare del mio cellulare...
Difficilmente riesco a distogliere i miei occhi minacciosi dai suoi e lentamente li trascino sul dispaly del cellulare che ho appena tirato fuori dalla tasca.
E' Anya...









                                         ****








" E' anche questo vetro è pulito, mamma mia, che faticaccia!" mi lamento scendendo dalla scala.
La prendo e la trascino per spostarla vicino all'ultima vetrata da ripulire, che da quaggiù sembra così enorme.
Emetto uno sbuffo e risalgo quei dieci scalini per l'ennesima volta, contandoli anche mentalmente.
Arrivata in cima mi accorgo di essermi dimanticata lo straccio dentro il secchio pieno d'acqua, che ovviamente si trova sul pavimento.
Brava Anya: hai ufficialmente raggiunto il livello 100 della demenza!
" Mannaggia!!" grignisco a bassa voce stringendo denti e pugni "Devo riscendere!!".
Avvolta da questa rabbia, riscendo questi scalini, DI NUOVO, ma qualcosa va storto: posiziono il piede in maniera sbagliata, la scala traballa, si solleva dal vetro e cade all'indietro, e in tutto questo io decido di mollare la scala per gettarmi a terra, in modo da non farmi male, ma riesco comunque a cadere in maniera sbagliata, facendomi molto male alla gamba destra.
Non faccio in tempo a rendermi conto del dolore appena provato che la scala mi cade addosso, colpendo la mia testa...

" Anya!!" grida Dana apprestandosi a raggiungermi.
" Haia!" E la mia unica risposta.




                                                  ****






" Rispondi pure, Kon! Me ne stavo giusto andando..." mi invita con finta simpatia l'idiota che ho davanti, che mi gira le spalle per raggiungere la sua auto.
Come lo odio...
" Pronto!" rispondo con tono leggermente alterato.
" Hey Rai..." è la voce di Yuri, ma che succede? " Sono Yuri...".
" Yuri?". Al suono di questo nome, Kai, che se ne stava andando, si rigira in mia direzione guardandomi stranito. " Cosa è successo?". Con espressione sempre più accigliata ascolto le sue parole... " Cosa? Ma... in ospedale? Anya? Arrivo subito!".
Stacco il telefono e lo rimetto in tasca con fare agitato.
" Successo qualcosa di grave?" mi domanda lui, fingendo interesse.
" Niente che possa interessarti!".
E con queste parole chiudo la nostra conversazione e gli volto le spalle, aumentando la velocità dei passi per raggiungere la mia auto e partire subito per l'ospedale.


Esco a passi da gigante dall'ascensore e percorro il lungo corridoio, tenendo in braccio la piccola Hope che mangia una delle sue merendine.
" Rai!" . Riconosco la voce, è di Yuri.
Mi giro e lo vedo raggiungermi correndo.
" Yuri, ma cosa è successo??" domando preoccupato.
Lui riprende il respiro " Tranquillo, nulla di grave!".
Detto da un dottore non è sempre molto confortante.
" E allora?"
" E' solo caduta da una scala e..."
" Una scala?"
" Sì, ma ha una semplice distorsione alla caviglia!" mi spiega con tono professionale " Seguimi, è qui!" mi invita ad entrare in una stanza, dove trovo Anya che sorride timidamente, semisdraiata su un lettino con una gamba ingessata fino a metà coscia, tenuta sospesa da un aggeggio.
Resto senza parole davanti a questa scena.
" Una semplice....distorsione... eh dottore?" dico rivolgendomi a Yuri che mi fissa con finta innocenza, lo stesso di Anya.
" Mamma!! Ti sei fatta male?" dice con tono docile la piccolina che scivola dalle mie braccia per raggiungere la madre.
"Anya... ma come è successo?" domando con preoccupazione.
La bambina si butta su di lei... " Hope!! No!" gridiamo all'unisono per fermarla prima che le provochi dolore.
" Hope, fai piano... siediti sul letto accanto a me... " la invita sorridente "... sono caduta come un'idiota da una scaletta mentre pulivo i vetri della caffetteria..."spiega poi rivolgendosi al sottoscritto, che non riesce a scollare gli occhi di dosso da quel gesso così spesso che avvolge come una calza bianca la sua gamba.
Scuoto la testa chiudendo gli occhi.
" Guarda come sei combinata adesso... non potrai neanche muoverti...".
" Già, ho già un prurito incredibile! Yuri mi ha dato questo!" dice mostrandomi una bacchetta che infila all'interno del gesso per cercare di grattarsi.
" Per quanto tempo dovrai tenerlo?".
" Una quarantina di giorni..." rivela affondando la testa nelle spalle.
Cosa??
La osservo con occhi increduli " Stai scherzando?".
" Lo so, Rai, dovevamo partire per la Cina, per la laurea ma...".
Sembra uno scherzo del destino, cavolo!
Come posso partire sapendo di lasciarla qui da sola con la bambina e che oltretutto non può muoversi; ma  anche vero che non posso rimandare la mia laurea... cazzo!
Emetto un sospiro, cercando di non farla preoccupare.
" Tranquilla, a questo ci penseremo più tardi! L'importante è che tu non ti sia fatta niente di veramente grave, quaranta giorni passano in fretta!" dico per cercare di risollevare l'umore di entrambi.
Ci sorridiamo in segno d'intesa, per poi notare una borsa di ghiaccio sulla sua testa.
Alzo un dito per indicare quel punto " E alla testa cosa hai fatto?" domando perplesso.
" Ecco..." risponde sorridendo nervosamente.
Questo mi riporta un po' indietro nel tempo, quando s'imbarazzava e arrossiva per qualsiasi cosa. Non che sia cambiata molto da allora... resta sempre una pasticciona.

Adesso che ci penso, tutto questo mi ha fatto dimenticare la mia conversazione con Hiwatari, esattamente conclusasi qualche minuto fa.









                                                 ****









" Mi raccomando, ne prenda due al giorno dopo i pasti e finita la cura, ritorni per un controllo! Arrivederci!" stringo la mano al mio paziente che alzatosi se ne va chiudendo la porta del mio ufficio. Rimasto da solo emetto un sospiro di stanchezza, più che fisica, mentale, poggiando pesantemente la schiena sulla poltrona e chiudendo per un istante gli occhi.
Stanotte è il mio turno, quindi non potrò tornare neanche a casa: fantastico!
Porto una mano in fronte e prendo a massaggiare le tempie, come a voler riprendere la lucidità necessaria per potere affrontare questa lunga notte all'interno di questo ospedale, quando il cellulare che ho in tasca inizia a vibrare.
Lo tiro fuori e aperti gli occhi ho la vista appannata, e sul display leggo qualcosa di sfocato...
" Kai..." . L'incredulità mi porta a richiudere diverse volte le palpebre per vedere in maniera più nitida.
C'è scritto veramente Kai: mi chiedo cosa vorrà dirmi a quest'ora . " Hiwatari..." dico portando il cellulare all'orecchio.
" Ivanov, disturbo?". Dovrei dire la verità?
" No... dimmi pure".
" Come sta la tua nuova paziente?".
Che si riferisca ad Anya?
Ma come fa a saperlo?






                                                        ****







Vorrei urlare dalla disperazione e battere la testa su un muro.
Anzi, meglio di no, perchè ho già un bel bernoccolo dolorante!
Si può essere così idioti?
Come sono potuta cadere da quella scala in maniera così stupida?!
Adesso mi ritrovo immobilizzata su un letto con una gamba avvolta da cento chili di gesso che mi causa un fastidioso prurito, che dovrò sopportare per quaranta giorni circa.
Uffa...
Mi guardo intorno, non sapendo cosa fare: non ho sonno, anche volendo non riuscirei a chiudere occhio, Yuri mi ha consigliato di rimanere in ospedale per questa notte, e Rai e mia figlia sono dovuti andare via non appena è terminato l'orario delle visite.
Domani mattina potrò ritornare a casa: voglio proprio vedere come mi ci trasporteranno; non potrò più andare a lavorare, fare le faccende di casa, ma soprattutto non potrò partire per la Cina ad assistere alla laurea di Rai, porca miseria!
Sembra quasi una maledizione...
Questi miei pensieri vengono interrotti da qualcuno che bussa alla mia porta.
" Chi è?".
" Hey, posso?".
E' Yuri, che fa capolino dalla porta con un sorriso stampato sul volto.
" Certo, venga dottore!".
" Come sta la mia paziente?".
" Devo proprio rispondere?" chiedo seccata.
" No, non vorrei essere insultato... sono abbastanza stanco" afferma ironico sedendosi su una sedia accanto al letto.
" Se c'è qualcuno che devo insultare ... beh, quella sono io".
" Già, proprio adesso che dovevate partire..."
" Appunto, sono nella merda! Non potevo rompermi un braccio? Almeno avrei potuto camminare..."
" Dai, smettila! Non è poi così grave. Rai potrebbe partire, laurearsi e poi ritornare... ti perderai la laurea? Pazienza..." .
Ha sempre un efficace metodo di trasmettere positività questo ragazzo.
" Hai ragione, beh lui ci teneva che fossi presente...".
Cala il silenzio più totale.
" Sai, mi ha telefonato Hilary poco fa!" affermo per cambire discorso.
" Sì, era abbastanza preoccupata.. ma con le nausee che si ritrova, non può neanche uscir di casa ultimamente!".
" Beh... portare due bambini in grembo deve essere doppiamente faticoso! Ricordo me, quando ero incinta..." concludo perdendomi in alcuni pensieri.
" A proposito, mi ha telefonato Kai, poco fa!".
Non vedo come possa interessarmi, e il mio sguardo gli ha già spiegato tutto. " Ha voluto sapere cosa è successo...".
E come diavolo faceva a saperlo?
" Come faceva a sapere che era successo qualcosa?" domando stranita.
" A dire il vero... non lo so!" .
" E non lo voglio neanche sapere! Lui è l'ultima persona che vorrei vedere o sentire in questo periodo!" spiego infastidita.
" Per via dell'affidamento?".
Sa sempre tutto questo dottorino. " Me lo ha detto Hilary..." aggiunge.
" Sì, quello che vuole fare è inconcepibile!".
" Ascolta...Anya, io non credo che Kai voglia fare veramente una cosa simile".
" Ah no? Stiamo parlando di Kai, la persona più orrible che possa esistere sul pianeta terra: ho visto il suo sguardo, lo diceva seriamente!".
" Beh scappare in Cina non ti servirà...".
" Io non voglio scappare, ma vivere la mia vita! Non prendere sempre le sue difese...".
" Non lo sto difendendo, lo sai! Ma per fare questo passo avanti vuol dire che..."
" Vuol dire cosa, Yuri?" lo interrompo bruscamente.
" ... che in qualche modo ci tiene..." dice assumendo un atteggiamento per niente convincente.
" Passami quella bacchetta... mi è ritornato il prurito!" gli ordino, senza dare una risposta.
Scuote la testa rassegnato e mi porge la bacchetta, dopodichè si alza... " Buonanotte, domani sarai di nuovo a casa!".
" Sì... buonanotte!" rispondo acida, continuando a muovere quella bacchetta all'interno del gesso, cercando di calmare il prurito.
Si preannuncia una lunga e stressante nottata.











" Così stai più comoda?".
" Sì sì" lo tranquillizzo sorridente.
Stamattina Rai è venuto a prendermi per portarmi a casa.
E' stata un'impresa riuscire a trasportarmi fino al quinto piano: poverino, ha dovuto prendermi in braccio e salire senza sosta fin quassù!
E' così carino e premuroso: ha già accompagnato Hope all'asilo, ha sistemato le camere e mi ha preparato la colazione portandomela a letto.
" Così mi vizi, mio caro...".
" Beh approfitta di questi giorni, perchè la prossima settimana dovrò partire!" mi ricorda emettendo un sospiro di rassegnazione.
" Rai, non voglio che tu trascuri le tue cose per me, vai pure a studiare, se ho l'estremo bisogno di chiamarti lo farò!" gli spiego convincente.
" Sicura?"
" Certo..."
" Allora vado in cucina a studiare, tu per qualunque cosa... chiamami, ok?" dice raggiungendo il ciglio della porta.
" Ok!" confermo sicura.
Richiude la porta e rimango sola, in questa camera da letto che tra qualche giorno mi sembrerà una prigione.

Rai ha ben pensato di rifornirmi di tutto ciò che potrebbe servire a distrarmi: ho un televisore e un computer a mia disposizione, alcune riviste, libri... ha pensato proprio a tutto.
Decido di prendere il telecomando e fare zapping alla ricerca di qualche programma o telefilm appassionante.
A quest'ora avrei già dovuto essere a lavorare, povera Dana, credo che in questo momento stia invocando qualche maledizione alla sottoscritta, da oggi si ritroverà a dover gestire la caffetteria da sola.







                                              ****






" Come, come?? Si è rotta una gamba?" dico incredulo rivolgendomi a Dana, che con un umore alquanto nero, sta pulendo alcuni bicchieri in maniera, devo dire molto energica.
" Già..." risponde infastidita.
" Ma come ha fatto?".
" E' caduta da una scala..." si limita a dire atona, rimanendo concentrata a lavorare.
" Ed è grave?" domando ancora.
" Ascoltami bene!" esclama battendo un bicchiere sul tavolo con tono vermente incazzato, facendomi indietreggiare parecchio insieme allo sgabello su cui sono seduto." Smettila di fare domande inutili, perchè oggi non è aria! Se sei venuto qui per scocciarmi è meglio che tu sparisca all'istante perchè non ho intenzione di risponderti! Sono troppo occupata, vai a prendere il tuo stupido caffè da qualcun altro, oggi la tua amica non c'è ed io non sono disposta a fartelo! Detto questo addio!".
Mi limito a deglutire e rimanere immobile, fissandola ad occhi e bocca spalancati.
Boris, non dire nulla... ogni parola potrebbe essere usata contro di te!
La vedo andare via, non prima di avermi fulminato con lo sguardo, per dirigersi ai tavoli a prendere delle ordinazioni.
La cosa che mi lascia veramente sbigottito è vedere il suo umore cambiare nel giro di due secondi: è passata da uno stato di gorilla superincazzato a quello di uno scoiattolino zuccheroso, vista la cordialità che mostra adesso con i clienti.
Questo è... stupefacente.
Ma anche e soprattutto inquietante.
Credo che oggi abbia le sue cose, e questo mi fa capire che mi conviene accettare il suo consiglio e sparire per il resto della giornata, e forse anche fino a quando Anya non sarà tornata! 
Dovrò rinunciare per un po' al mio caffè...






                                             ****








" Non preoccuparti Any, quando Rai partirà ti trasferirai a casa mia!" afferma Hilary, parlando dall'atro capo del telefono.
" No Hilary, hai già abbastanza problemi, io sarei solo d'intralcio!" le rispondo.
Ma quale intralcio! Non puoi neanche muoverti, come pretendi di poter gestire la casa e soprattutto Hope, poverina!"
" Ti giuro che sto imparando a camminare con le stampelle, adesso non devo più chiamare Rai per andare in bagno!".
E' vero, in questi cinque giorni d'inferno ho almeno imparato a muovermi per mezzo delle stampelle, seppur con qualche difficoltà ancora.
Non dire stronzate Anya! Non vorrai mica contraddire una donna incinta, vero??" domanda alterata.
" Ehmm..." mi fa paura " ci penserò ok?"
Non tu non ci devi pensare...". Mentre un orecchio è attaccato al telefono a seguire il suo discorso , l'altro avverte il rumore della porta aprirsi, e istintivamente porto gli occhi in quella direzione, notando Rai che mi gesticola chiedendomi chi sia al telefono.
Porto gli occhi al cielo e coprendo il microfono del telefono gli comunico che si tratta di Hilary che vuole convincermi a tutti i costi ad andare a casa sua.
" Hilary, ascolta, ci penserò va bene? Adesso devo andare, scusa, scusa... ciao!" saluto velocemente.
Ma dove devi andare se non puoi neanche muov...".
Non fa in tempo a finire la frase che ho già interrotto la telefonata.
" Dai, si preoccupa per te!" mi spiega Rai sorridendomi.
" Lo so, ma non posso trasferirmi da lei, non voglio darle queste preoccupazioni!"
" Io invece sono d'accordo con lei, dovresti andarci! Anya, non potrò stare tranquillo sapendo che rimarrai da sola qui con la bambina in queste condizioni, pensaci... non puoi fare nulla!" mi fa osservare saggiamente.
" Dici che dovrei accettare?" 
" Dico proprio di sì!".
" E va bene..." accetto rassegnata.
In fondo hanno ragione.









Arriva il giorno della partenza di Rai.
Ci ritroviamo tutti a casa di Hilary, dove abbiamo portato anche la mia roba e quella di Hope, visto che passeremo del tempo qui come loro ospiti.
Hilary mi ha preparato la camera degli ospiti dove si trova un letto matrimoniale in cui dormirò insieme a Hope.
E adesso mi ritrovo sul letto circondata dai padroni di casa, da Rai e la bambina.
" Hai preso tutto?" domando a Rai che risponde sicuro di avere tutto.
" Ancora non posso crederci di non poter partire..." mi lamento imbronciata.
" Dispiace anche a me, ma siccome sei una pasticciona hai combinato l'ennesimo CASINO ed eccoci qui, ci stiamo salutando per separarci!"
" Quanto sei scemo!" gli rimprovero tirandogli un cuscino che lui riesce ad afferrare.
" Non fare la bambina cattiva..." afferma con dito minaccioso avvicinandosi malizioso.
" E tu torna presto!" dico io osservandolo dritto negli occhi.
" ehm ehm...." si schiarisce la voce il padrone di casa che guardava imbarazzato questa scena insieme a sua moglie ".. credo che i due piccioncini debbano salutarsi, Hope perchè non andiamo di là!" la invita ad andare con sè, mentre io e Rai ci fissiamo imbarazzati.
" No, voglio restare qui!" risponde lei, aggrappandosi al braccio di Rai.
" Andiamo a vedere i cartoni animati!" le suggerisce Hilary in maniera convincente.
" Sìììì!" grida felice scendendo scaltra giù dal letto e sparendo in un millisecondo, seguita da Hilary.
Yuri ci guarda con uno strano sorrisetto e richiude la porta lasciandoci soli.
Rai non perde tempo e attacca le sue labbra alle mie in un bacio intenso e pieno di passione.
" Tornerò presto..." sussurra staccandosi e guardandomi intensamente.
" Non vedo l'ora..." affermo scoccandogli diversi baci.
" Fai attenzione e qualunque cosa succeda chiamami!" mi raccomanda alzandosi e dirigendosi alla porta.
Si ferma e ci fissiamo sorridendo come a voler comunicare tramite il pensiero.
Mi fa un occhiolino di incoraggiamento e se ne va, per raggiungere il taxi che lo aspetta fuori.
Mi ritrovo a fissare questa gamba che ogni giorno diviene più pesante ed incombrante...
Mannaggia a me...






                                           *****







Non posso crederci di dover partire senza di lei, ma le cose sono andate in questo modo purtroppo.
L'ho convinta a trasferirsi da Hilary per avere qualche aiuto, viste le sue condizioni... e alla fine ha accettato.
Meglio così, almeno partirò più tranquillo!
Beh non tranquillo del tutto, visto che ho paura che la mia assenza possa dare campo libero a Hiwatari.
Dopo averlo visto fuori dalla scuola ad aspettare Anya ho capito che le gira troppo intorno e questo non mi piace.
Mi chiedo quante altre volte si siano incontrati: quando, dove e perchè.
Anya mi starà nascondendo qualcosa?
Non ho voluto accennarle niente, visti già i problemi che ha, ma non potrò restare tranquillo sapendo che lui potrebbe andare da lei quando gli pare.
In fondo quella è la casa del suo migliore amico, potrebbe trovare una scusa per andarlo a trovare e ritrovarsi in quella stanza con Anya... mio dio!
Rai, non cominciarti a fare film in testa!
Sono sicuro di poter porre tutta la mia fiducia in Anya; ha sbagliato una volta, lo so... ma è passato molto tempo da allora e sono successe un sacco di cose, questa volta non succederà niente!
Io mi fido...


                                                                        "sembra quasi che tu non ti fidi della tua fidanzata, Kon!"







































Salve a tuttiii! ^O^ 
Ecco un nuovo aggiornamento!
Come avete letto, il capitolo inizia con un insolito incontro tra i due Padri e la bambina in mezzo XD Povera piccola.
I due hanno una discussione abbastanza accesa durante la quale Kai mette a serio rischio la pazienza di Rai.
Anya nel frattempo si ritrova in caffetteria pervasa da strani pensieri ( e fai bene) e la cara e dolce Dana, vedendola così preoccupata decide di farla distrarre facendole pulire i vetri e...
patapumfeteç#@?!*§!! ecco che Anya vola dalle scaleXD
Spero che non sia ridicola come scena (ç__ç please)
La discussione tra i due baldi giovani viene interrotta dalla telefonata di Yuri e Rai corre in ospedale dove si ritrova la nostra povera Anya mezza ingessata.
Kai in tutto questo si mette sempre in mezzo e spinto dalla curiosità telefona all'amico dottorino per sapere quanto successo.
Povero, si sarà preoccupato... se! come no...
In caffetteria si respira un'aria decisamente TESA, sarà meglio per Boris non mettere piede in quel locale per un pò per non mettere a dura prova i nervi di Dana, la cui pazienza è come un barattolo di nutella... finisce subito! ( pessima -.-"ndTutti) XD
Anya non potrà più partire, direte... lo avrai fatto apposta? 
Ebbene, la caduta non è stata puramente casuale XD
Il capitolo si conclude con la partenza di Rai e le sue preoccupazioni e i suoi film mentali... i suoi sospetti saranno fondati??
Mmmmh vedremo u.u
E con questo dubbio vi lascio!
Ci si risente al prossimo aggiornamento!
Baci e abbracci dalla vostra Henya ;)

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Capitolo 17
*** Passaggio di testimone ***




" Perchè non vuoi saperlo adesso?".
" Voglio che sia una sorpresa, te l'ho detto!".
" Andiamo Hilary, cosa ti cambia?".
Io e Yuri ci troviamo in ospedale, ad attendere il nostro turno di visita dal ginecologo. Nell'attesa cerchiamo di trovare una soluzione alla questione su cui siamo in disaccordo da giorni ormai: sapere o no il sesso del bambino.
Mi correggo, dei bambini.
A volte dimentico di averne due!
A dire la verità, faccio ancora fatica a crederci.
Ad ogni modo, il fatto è che lui vuole saperlo a tutti i costi, mentre io vorrei che la sorpresa mi fosse riservata fino alla fine.
Trovare un accordo sembra impossibile!
" Signori Ivanov, prego entrate!". La dottoressa apre la porta del suo ufficio e ci invita ad accomodarci.
Ci alziamo ed entriamo velocemente, non prima di scambiarci un'ultima occhiata d'intesa.
Ma intesa di cosa? Non siamo riusciti nemmeno a metterci d'accordo cinque secondi prima di entrare!
E si tratta del sesso del bamb... dei bambini, figuriamoci quando dovremo decidere i loro nomi!
In realtà essendo due, la questione potrebbe risolversi facilmente: ognuno sceglierà il nome di uno dei due bambini.
In questo modo però, potrebbero nascere delle preferenze verso l'uno o verso l'altro quindi...
Ma perchè mi sto scervellando per una questione così inutile e priva di senso??
Senza accorgermene sono già sdraiata sul lettino; sollevata la maglietta, la dottoressa applica l'apposito gel sull'enorme pancione.
Faccio un lieve sospiro e cerco di rilassarmi puntando gli occhi al soffitto per poi incrociarli con quelli di Yuri, seduto accanto a me che mi sorride dolcemente.
La dottoressa guarda attentamente il monitor muovendo in maniera appropriata la sonda che acquisisce le immagini.
" Dunque, miei cari genitori... come potete vedere..." sposta il monitor consentendoci di veder meglio " ...i vostri piccoletti stanno benissimo! La gravidanza procede in maniera eccellente!" annuncia sorridente.
" E' fantastico!" esclamo felice, coinvolgendo Yuri che osserva lo schermo, come incantato da quelle piccole figure, che sembrano fluttuare in una dimensione parallela.
E' strano osservarli, pensare che sono dentro di me in questo momento, e che tra qualche mese me li ritroverò tra le braccia.
La mia mano stringe forte quella di Yuri " Sono bellissimi, vero?" per condividere questo momento.
I suoi occhi fanno fatica a staccarsi dal monitor, ma lentamente li sposta verso di me, e le sue labbra si ricurvano in un dolce sorriso complice. " Sì...sono bellissimi" sussurra sognante.
Ho notato che si comporta in maniera strana durante ogni ecografia.
Sarà l'emozione.
Mi fa sorridere il fatto che uno come lui si sciolga davanti a queste scene, forse il suo modo di imbambolarsi è una maniera indiretta per esprimere la sua commozione.
" Come sapete, siamo in una fase della gravidanza in cui è possibile sapere il sesso dei bambini... quindi volete saperlo?".
La dottoressa decide di rompere questo magico momento per riportarci alla realtà con questa domanda.
" No!"
"Sì!"
Ripondiamo quasi contemporaneamente per poi fissarci con disaccordo.
" Vedo che siete ancora un po' confusi..." interviene la ginecologa fissandoci in maniera strana, mentre io e Yuri sembriamo comunicare con gli occhi, cercando di trovare un accordo telepaticamente.
" La verità è che a me piacerebbe saperlo, invece a lei no!" spiega sinteticamente Yuri.
" Capisco... beh in questi casi c'è solo una soluzione..." aggiunge lasciando in sospeso il discorso e attirando la nostra completa attenzione.
" Cioè?".





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" Tesoro, stai attenta a non colorare sul tavolo, ma sul foglio. Non vogliamo che Hilary si arrabbi con noi vero?" le ricordo con sguardo ammonitore.
" Sì, mamma!" risponde educatamente tornando a colorare.
La osservo qualche secondo perdendomi in alcuni pensieri per poi tornare a sfogliare la mia rivista di gossip.
Non che questo genere di riviste mi abbia mai interessata, ma ultimamente sono diventate il mio unico svago, insieme ai quiz televisivi, reality show e sfide di cucina.
E perchè?
Perchè in maniera alquanto stupida, sono caduta da una scaletta e mi sono ritrovata a letto con una gamba ingessata.
Da allora le mie attività quotidiane si sono limitate a spostarmi su due stampelle da un letto, a un divano e, nelle ore di pranzo e cena , in cucina.
Spero che tutta questa ginnastica non mi faccia male!
Mio Dio.
Ho dovuto abbandonare temporaneamente pure il lavoro e Dana non si è neanche degnata di una telefonata per chiedermi come sto. Ma conoscendola lo avrebbe fatto solo per riempirmi di insulti: quella ragazza è strana!
Rai si laurea tra qualche giorno, ma è dovuto giustamente partire in anticipo per sbrigare alcune faccende.
E io sono dovuta rimaner qui per via di quanto è successo e mi ritrovo a dover stare rinchiusa tra quattro mura in compagnia della mia piccola Hope. che da due giorni non va all'asilo, visto che nessuno può andare a lasciare e prenderla negli orari stabiliti.
Hilary e Yuri sono già stati pazienti e gentili ad ospitarmi e chieder loro pure di fare da autista a Hope mi sembra troppo.
Non che non si siano offerti, ma purtroppo i loro orari non coincidono con quelli di apertura e chiusura della scuola.
Peccato.
Ho avvisato telefonicamente la dirigente, la quale non ha potuto fare a meno di non notare come mai non mi servissi degli innumerevoli padri di Hope come ho già fatto in passato.
Lasciatemelo dire: una battuta di pessimo gusto e che poteva benissimo risparmiarsi!
Ad ogni modo, per educazione e per rispetto non le ho imprecato contro e credetemi, mi sono trattenuta molto dal farlo.
Ecco, ripensando a questa cosa mi sta risalendo il sangue al cervello, infatti comincio a sfogliare nervosamente le pagine della rivista.
" Mamma, che hai?". Cosa che non sfugge alla mia piccola.
" Niente tesoro, continua a giocare!" la tranquillizzo fingendo calma.

D'un tratto si apre la porta d'ingresso e delle voci fanno eco per il corridoio.
I signori Ivanov stanno discutendo in maniera molto accesa.
" Ma ti sembra giusto quello che hai fatto?" . E' Hilary a parlare.
" Era l'unica cosa da fare visto che non eri d'accordo con me!" ribatte lui.
" Adesso tu lo sai e io no!" aggiunge infastidita lei, entrando insieme al marito in salotto e sedendosi su una poltrona con viso imbronciato.
Yuri spazientito mi osserva, come a voler trovare un aiuto, che io non riesco a dare visto che non conosco le ragioni di tale questione.
" Ma se... se sei stata tu a non volerlo sapere!" afferma scocciato rimanendo in piedi al centro del soggiorno.
" Lo so! Ma doveva essere uguale per entrambi! Adesso che tu lo sai non ha senso!!" le fa notare lei stringendo un pugno.
Non staranno litigando sempre per quella questione del sesso dei bambini, spero!
Li ho visti discutere molto spesso ultimamente , sempre riguardo a questo argomento.
E da quanto ho potuto capire, adesso lui lo sa e lei no: mossa sbagliata Yuri, molto sbagliata!
" Perchè non ha senso? Quindi se non ha senso è meglio che anche tu lo sappia così chiudiamo la questione una volta per tutte! Vuoi che te lo dica?".
Si fissano alcuni secondi negli occhi.
Hilary sembra sul punto di cedere, ma...
" No!" risponde in maniera secca, incrociando le braccia al petto.
Yuri resta confuso e dopo qualche attimo si arrende e si siede pesantemente su un divano, facendosi morire in gola alcune imprecazione contro la moglie, probabilmente.
Sono una coppia davvero comica: non sono mai d'accordo su niente.
Sarà meglio alleggerire la tensione.
" Dai, l'importante è che i bambini stiano bene..." dico con una certa allegria.
"Sì è vero!" risponde Hilary, che sembra essersi calmata.
" Ma poi io posso giocare con i bimbi?" interviene Hope rivolgendosi ad Hilary, facendola sorridere.
" Ma certo!" le risponde prendendola per le manine. " Che dolce!" aggiunge poi rivolgendosi a me.
" E sono maschio o femmina?" chiede curiosa puntando un dito al pancione di Hilary.
Ops, domanda inopportuna Hope!
" Non lo so..." risponde a denti stretti rivolgendo un'occhiataccia al marito che sembra divertito.
" La signora ama la suspance..." commenta beffardo Yuri.
Hilary prende uno dei cuscini e glielo tira, ma Yuri prontamente lo afferra, lasciandosi sfuggire una risatina, che riesce a coinvolgermi.
" Ma sono due... e hanno due papà?".
Le domande di Hope non cessano, anzi si fanno sempre più approfondite.
Che significa che hanno due papà? Da dove le è venuta questa?
La domanda mette in difficoltà tutti.
" Ehm... no piccola! Il papà è uno, ed è quel tizio laggiù!"le spiega divertita Hilary puntando il dito verso il marito, che la fulmina con lo sguardo.
Hope lo guarda con curiosità e Yuri alza una mano , come a voler dire -sì, sono io il tizio a cui alludeva-.
La piccola, apparentemente soddisfatta delle risposte appena ricevute, si risiede a terra vicino al tavolino a riprendere le sue attività.
"Alla nostra piccola Hope non sfugge nulla!"commenta Hilary divertita, scompigliandole delicatamente i capelli.
"In effetti è vero!Hope come mai hai detto questa cosa?" le domando stranita.
" Perchè...perchè io ho due papà!".
All'inizio non afferro bene ciò che è appena uscito da quelle piccole labbra rosee, e infatti mi limito a fare una risatina che viene subito stroncata dagli sguardi allibiti dei miei due amici.
E stop, mi fermo.
Connetto.
Riavvolgo il nastro di qualche secondo e...
" Come, scusa?" domando ad occhi sbarrati." Tesoro, co-cosa hai appena detto?".
Esitante, il mio viso si sporge sempre più avanti, nonostante il resto del corpo non possa fare grandi movimenti, il cuore ha iniziato a palpitare allo stesso ritmo di uno pneumatico, gli occhi non battono ciglio, il sangue mi sta ribollendo nel cervello, e le orecchie... le orecchie sperano di essersi sbagliate, di avere captato in maniera confusa i suoni recepiti un attimo prima, e che riordinando le sillabe nella giusta posizione ne esca fuori una frase del tipo - mamma, preparami un panino al prosciutto!-.
" Mamma..." inizia con aria curiosa.
Deglutisco.
Me lo sento.
Sta per ripeterlo.
"Perchè ho due papà?".
Ecco i bambini, sanno metterti KO con una domanda.
Ma questa non è una delle solite domande che si pongono i piccoli sui problemi esistenziali, del tipo - da dove vengono i bambini?-.
E l'avrei anche preferita, perchè sarei stata preparata sull'argomento: sarebbe bastata la storia della cicogna o dei fiori e le api e avrei assetato la sua sete di conoscenza, almeno sino all'adolescenza.
Invece no!
A questa domanda mi ritrovo completamente impreparata, perchè non l'avevo prevista. Mai avrei potuto immaginare che una simile domanda sarebbe uscita dalla mente di questa birbante. O forse sì, ma non immaginavo adesso... insomma!
Non so da quanti minuti stia fissando la mia faccia sconvolta nell'attesa di una risposta.
So solo che non so cosa risponderle, io non...
Volgo lo sguardo verso Hilary e poi su Yuri ed entrambi sembrano dire ...
" Adesso non puoi più nasconderglielo!".

No, adesso non ha più senso mentire...

" Hope, chi sono questi due papà?" le domando gentilmente, dopo aver fatto un profondo respiro per calmarmi.
" Il papà e Kai" risponde segnando un due con le dita.
Il papà e Kai...
Il papà e Kai...
Il papà e ...
I miei occhi saettano da un punto all'altro della stanza e le mani nervose si strofinano sulle gambe, mentre le mie labbra si muovono sussurrando ancora...
"Papà e Kai...papà e Kai...".
Fisso i volti dei miei due amici, che sono rimasti in silenzio ad osservare allibiti.
Cerco aiuto, cerco un suggerimento... cosa le dico?.
Yuri sembra avere capito.
" Hope, vieni qui!" . Al suo richiamo, ella corre velocemente a sedersi sulle sue gambe. Lui le accarezza la testa e gentilmente le chiede: "Hope, secondo te chi è il tuo papà?".
Non risponde subito.
Sembra riflettere.
Poi...
" Papà!" risponde a gran voce alzando le braccia in alto con una certa euforia.
Yuri mi osserva confuso e poi riformula la domanda: " Ma quale? Papà Rai o papà Kai?" dice osservandola dritta negli occhi.
" Papà Rai..." risponde per poi aggiungere "... Kai è un papà per finta, quando giochiamo!" spiega come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
" Ah ok..." sussurra Yuri, lasciandola poi scivolare a terra e tornare ai suoi giochi.
Ma che cosa dice? com...
" Anya..." . Yuri mi risporta alla realtà.
Lo osservo con sguardo afflitto, non sapendo cosa dire.
" Non puoi continuare così..." aggiunge indicando con gli occhi la piccola.
Anche Hilary sembra della stessa opinione, a giudicare dal modo in cui mi guarda.

Ok, il momento della verità sembra essere più vicino di quanto pensassi.















Giunge la sera.
Hope si è appena addormentata accanto a me, sul letto, mentre io, beh... non riesco a prendere sonno.
Troppi pensieri mi impediscono di rilassarmi e chiudere gli occhi.
La osservo dormire beatamente, il suo petto si muove seguendo il ritmo regolare dei respiri.
La situazione mi sta sfuggendo di mano; il mio proposito di procedere lentamente, per gradi è stato mandato in frantumi nel giro di un secondo.
Come lo avrà capito?
Che stupida, è ovvio che l'avrà capito dalle circostanze.
Si è ritrovata a dover passare del tempo con un perfetto sconosciuto, poi si sa come sono i bambini, registrano tutte le informazioni ed elaborano.
Sì, elaborano domande come quella di oggi!
In quel momento volevo sparire dalla faccia della terra, non sapevo cosa rispondere.
Per fortuna ci ha pensato Yuri, che con discrezione, è riuscito a estrapolarle qualche informazione.
Secondo quanto ha rivelato oggi, lei associa la figura di Rai a quella del vero papà, mentre la figura di Kai sembra essere associata a quella di un papà occasionale, compagno di giochi.
Come si può spiegare ad una bambina di quattro anni che la realtà è esattamente l'opposto?












" Anya..."
" sì?" rispondo mentre sono intenta a versare il caffè nella mia tazzina.
" Hai ragionato stanotte sul da farsi?".
" Eh?" . All'inizio non lo seguo, poi osservando l'espressione del rosso capisco a cosa stia alludendo.
Poggio la caffettiera sul tavolo ed emetto un profondo respiro.
" Sì..." mi limito a dire.
" E quindi?" continua lui incitandomi a proseguire.
Alzo lo sguardo ed entrambi i coniugi Ivanov mi fissano con un punto interrogativo al posto del viso.
" E quindi..." a dire la verità non sono arrivata ad una conclusione soddisfacente "...non lo so! Va bene?!" rispondo alterata.
" Io ti consiglierei di consultare il grande capo!" suggerisce Yuri.
Chi?
" Chi?" chiedo dando voce al mio unico pensiero.
" Il grande capo muso lungo!" spiega divertito.
" Yuri,  che cavolo stai dicendo?" interviene questa volta la moglie.
" Stai per caso parlando di Quel muso lungo?"chiedo innervosita.
" Esatto!" conferma lui.
"Bene, ci mancava solo lui..." commento tra me e me, mentre Hilary sembra non avere capito ancora l'oggetto, o meglio, il soggetto del nostro discorso.
" Stiamo parlando di Hiwatari!" rivela Yuri.
" Ah... beh io non sapevo lo chiamaste così!".
" Perchè l'ultima volta che gliel'ho detto mi sono ritrovato un occhio nero, eravamo al liceo..." racconta perdendosi in qualche ricordo.
"Sì, ricordo vagamente anch'io qualcosa..." aggiungo.
" Quindi, lo chiamerai?"domanda Ivanov.
Io che stavo sorseggiando il caffè, riposo la tazzina cominciando a tossire, dopo essermi quasi bruciata la gola.
Non potendo parlare inizio a muovere un dito in risposta negativa.
" Beh non credo che Hiwatari verrà con la forza del pensiero!" nota giustamente.
" Lo so! Ma io personalmente non gli chiederò di venire!"riesco a direcon voce rauca, a causa del bruciore alla gola.
" La stai di nuovo mettendo sul tuo piano personale!" mi ricorda lui con tono di rimprovero.
" Non è così, io..."
Forse è vero, ma...
" Sì , invece! Se continui a rimandare non risolverai mai il problema!" mi consiglia saggiamente.
" Ha ragione Yuri, fallo Any" interviene Hilary.
Bene: due contro uno, non ho scelta.
" Avete ragione..." rispondo con tono non molto convincente.












Sono seduta sul divano, in salotto. Hope sta facendo il suo riposino pomeridiano, di là in stanza.
La tv è accesa, ma non la degno di uno sguardo, poichè sono pervasa da tutt'altri pensieri.
E' da stamattina che cerco di trovare il coraggio di chiamarlo, ma non ci sono riuscita.
Hanno ragione i miei amici: devo farlo, per il bene di Hope.
Afferro decisa il cellulare e scorrendo nella rubrica cerco il numero di Kai.
Un semplice tocco e la chiamata si avvia...
Porto il telefono all'orecchio e mi preparo psicologicamente ad avviare una conversazione con Hiwatari.
Passano alcuni secondi.
Forza Hiwatari.
Hiwatari rispondi... non farmi pentire del mio gesto.








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" Se consideriamo il grafico dei profitti dello scorso anno, possiamo notare un aumento del 15,2% rispetto a....".
Sono in riunione.
E' iniziata circa mezz'ora fa, ma sembrano essere già passate due ore.
Questo tizio continua ininterrottamente a parlare e mostrare dei grafici. In realtà, del suo discorso non sto seguendo neanche una sillaba. Non mi importa, tanto non mi conviceranno mai a stringere accordi con l'azienda di cui parlano.
Mal di testa e sonnolenza si impossessano di me, ma soprattutto una gran voglia di mandare tutti a quel pae...
I miei pensieri vengono interrotti dallo squillare del mio cellulare.
Il tizio interrompe il suo discorso e i suoi occhi severi, come quelli di tutti puntano nella mia direzione.
" Hiwatari, dimentica sempre di spegnere il cellulare..." commenta uno di loro.
Mi limito a fingere un'espressione dispiaciuta, dopodichè mi alzo e mi dirigo alla porta senza preoccuparmi di dire nulla ai presenti in sala.
" Hiwatari, c'è una riunione in corso..." mi ricorda con tono alterato il signor Kuroki, colui che stava tenendo il discorso.
Non mi ha mai sopportato.
Porto gli occhi al cielo, per poi voltarmi verso di lui...
" Continui pure senza di me, tanto non cambierò idea!" rispondo con tono altezzoso, che lo fa arrossire dalla rabbia.
Volto le spalle ed esco.
Il telefono non ha smesso un attimo di squillare, e quando lo tiro fuori dalla tasca dei jeans scopro con mia grande sorpresa che il mittente è Anya.
" Sarizawa..." rispondo.
"Hiwatari, hai giusto fatto in tempo a rispondere, stavo per staccare la chiamata!" spiega con tono seccato.
" Beh non volevo darti la soddisfazione di risponderti subito...".
Seguono secondi di silenzio, durante i quali mi limito a sorridere compiaciuto immaginando la sua espressione in questo momento.
" Ad ogni modo... ti ho chiamato per dirti che... dobbiamo parlare!"asserisce sintetizzando al massimo il motivo della chiamata.
" Interessante... ti aspetto fra un'ora nel mio ufficio!".
" Hiwatari, non fingere! Sai benissimo che non posso muovermi!" risponde con tono alterato.
E' vero, lo sapevo.
" Allora devi dirmi dove abiti" chiedo beffardamente.
" Non sono a casa mia, sono ospite a casa di Yuri, non sapevi neanche questo?!".
No, questo non lo sapevo.
" Come mai?" chiedo incuriosito.
" Non importa, vieni e basta!" conclude con tono secco.
Che il cinese sia partito?
" Ok, sarò lì tra qualche minuto!".
Chiudo la chiamata e stringendo il telefono tra le mani, mi perdo in alcuni strani pensieri, dopodichè decido di rientrare a prendere la mia giacca ma avvicinandomi alla porta...
" Ve lo avevo detto che è troppo giovane, suo nonno lo ha messo a capo di quest'azienda solo per non fargli fare la fine del padre!".
" E' un irresponsabile menefreghista!".
Giungono alle mie orecchie i commenti di quegli stupidi vecchiacci e per evitare di entrare e mandarli letteralmente a quel paese, decido di rinunciare a andare via.











*************************








" Anya, non agitarti!" le consiglio, notando il modo in cui si comporta:non fa che guardare ogni cinque secondi l'orologio, non sta ferma un istante e continua a spostare i cuscini dietro la schiena alla ricerca di una posizione più comoda.
" Ti sembro nervosa?" chiede alterata.
" Di certo le tue vibrazioni non emanano calma e serenità..."commento ironica.
Non ha il tempo di replicare, che suonano alla porta.
" Vado! Stai calma..." le raccomando , prima di alzarmi ed avviarmi ad aprire.
Con le mani dietro la schiena, a causa dell'enorme pancione, arrivo a passi spediti alla porta e apertala...
" Kai, ciao" lo saluto fingendo un piccolo sorriso di simpatia, sebbene mi risulti difficile.
Prova a ricambiarlo, con uno sforzo incredibile.
" Ciao, Hilary..." per poi fermarsi a fissare il pancione e fare una strana espressione. " Anya?" domanda senza giri di parole.
" In salotto!" rispondo indicando il punto e facendogli spazio per entrare.
Chiudendo la porta, porto gli occhi al cielo... - oh, grazie, sto benissimo, e la gravidanza non mi da problemi!- penso tra me e me immaginando di rispondere a una domanda da parte di Kai. Quanto è simpatico questo ragazzo! Sempre molto loquace e premuroso...








*********************







Sta arrivando, il rumore dei suoi passi si avvicina sempre di più. Posiziono meglio la schiena sui cuscini e mi calmo, ma d'un tratto, strani ricordi attraversano la mia mente: le immagini dell'ultima volta che l'ho visto nel suo ufficio.
Eccolo.
Lì, in piedi sul ciglio della porta a fissarmi serio. Poi i suoi occhi si poggiano sulla mia gamba e sulle sue labbra si dipinge uno strano sorrisetto.
" Bene io..." ci raggiunge Hilary che rompe la tensione che si era creata e attira la nostra attenzione su di lei. "... io avrei delle cose da fare, se avete bisogno chiamatemi!" conclude, per poi farmi strani segnali, rimanendo alle spalle di Kai, non appena questi si rigira in mia direzione.
" Ok, Hilary..." la rassicuro, dopodichè sparisce al piano di sopra, lasciandoci immersi in un silezio imbarazzante.
Passano i secondi, durante i quali i miei occhi si muovono nervosamente da un punto all'altro della stanza.
" Non avevi detto che volevi parlarmi?" mi ricorda con tono sarcastico.
" Sì... ma prima siediti!" . Fingendo cortesia lo invito a sedersi sul divano di fronte al mio.
A passi lenti si dirige verso di esso e lentamente si siede, non potendo fare a meno di sorridere beffardamente.
" Che hai da sorridere?" gli domando seccata.
" Certo che sei proprio una sfigata!" rivela senza un minimo di delicatezza, facendo cenno alla mia gamba infortunata.
Stringo i denti dentro le labbra sigillate, cercando di non perdere la calma.
" E' stato...un incidente!" sibilo alterata.
" Un incidente da sfigati, e poi... proprio prima della partenza..." mi fa notare divertito.
Che ne sa lui della partenza? " A proposito, quanto tempo starà via il cinese?" aggiunge.
" Non sono affari che ti riguardano!" rispondo con tono piatto.
Fa segno di arresa.
" Sembra proprio uno scherzo del destino, non credi?" .
La mia faccia risponde da sola: che cavolo vuole dire??
" Non c'era bisogno di romperti una gamba per rimanere qui, come ti avevo suggerito..." spiega con una certa convinzione.
Si riferisce forse all'ultima discussione nel suo ufficio?
" Ma certo Hiwatari, è ovvio! Pur di non partire, ho deciso di cadere da una scala e rompermi una gamba! Sei un genio, come hai fatto a capirlo?!" rispondo con un tono duro, misto a un pizzico di ironia.
Ma sta scherzando?
Mi fissa alcuni secondi, per poi rilassarsi meglio e appoggiare la schiena sul divano...
" Sarà..." sussurra tra sè e sè.
" Comunque... arriviamo al punto della situazione, ti ho detto che volevo parlarti e beh... dobbiamo parlare di Hope..." gli spiego.
"Non immaginavo certo che mi avresti chiamato per qualcos'altro..." commenta seccato, volgendo lo sguardo altrove.
Fingo di non avere capito e riprendo il filo del discorso.
" Hope mi ha fatto delle domande ultimamente che mi hanno fatto capire che la situazione deve essere risolta il prima possibile..." inizio a spiegargli cercando di trovare le giuste parole.
" Del tipo?".
" Del tipo... beh, l'altro giorno mi ha chiesto perchè ha due papà!".
Silenzio.
Non sembra essere colpito da tale rivelazione.
Mi fissa e...
" Beh sai una cosa? Me lo sono chiesto anch'io: perchè ci sono due padri?". Adesso il suo tono è leggermente alterato.
" Kai, sai benissimo perchè ci sono due padri!".
" Beh, se tu non avessi messo quel cinese di merda in mezzo, le cose non sarebbero andate così!".
Ma come osa dire una cosa simile?!?
" Le cose non sarebbero andate così se TU non ti fossi tirato indietro!" asserisco a denti stretti e indicandolo con un dito minaccioso.
" Oh certo, ancora quella storia... ma nessuno ti ha dato il diritto di fargli credere che Lui fosse suo padre!".
" Ad ogni modo..." cerco di calmare le acque e interrompere questa digressione, per ritornare al punto iniziale. "...lasciamo perdere questa situazione! Ormai il danno è stato fatto! Il punto è che la bambina crede di avere due padri...ma non due padri uguali...".
Mi osserva contorto.
" Cioè... lei crede che Rai sia IL PAPA', mentre tu saresti un padre , diciamo, per gioco...". La sua faccia non sembra avere afferrato.
" Per gioco? Cazzo, andiamo bene..." afferma stizzito. " Dunque, quale sarebbe la tua geniale idea?".
" Io... beh, non ho nessuna idea, non so come fare...".
" Fantastico! Anya, mi dici che cosa ci vuole a dire a una bambina che io sono suo padre?" domanda innervosito.
" Non è facile come credi!".
" Io invece dico che è facile,ma sei tu che non vuoi dirglielo, è questo che ti frena! Di' la verita!".
" No... cioè..." comincio a balbettare finchè non decido di dire la verità. " OK! Va bene, è questo ok?? Se dipendesse da me non lo verrebbe mai a sapere, ma siccome devo farlo per il suo bene sono costretta a dirglielo!" rivelo tutto d'un fiato, come se mi fossi tolta un gran peso dallo stomaco. " Anzi, sai una cosa?! Visto che secondo te è la cosa più facile di questo mondo... lo farai TU!" aggiungo puntando il dito " ... TU "  lo punto ancora con rabbia "... gli dirai la verità!".
In tutta risposta ricevo...
" Ma sei impazzita?".
" Hai appena ammesso tu stesso che è la cosa più FACILE..." costruisco un'immaginario arco in aria con le mani "...di questo mondo, ne deduco quindi che tu sappia come fare!" concludo soddisfatta.
Adesso non mi importa più niente, se vuole farlo lo farà lui!
" Vuoi imparare a fare il padre, ecco! Inizia da qui, prenditi la responsabilità e ammetti la tua colpa!".
" Mamma...".
La tensione viene attuttita dall'arrivo di Hope, che strofinandosi gli occhi assonnati si dirige verso di me e mi abbraccia, sotto gli occhi ancora furibondi di Kai.
" Mamma, c'è Kai..." mi fa notare con voce impastata dal sonno.
" Sì, tesoro..." rispondo sistemandole dei ciuffetti di capelli ribelli. " Kai è qui..." alzo lo sguardo su di lui " ... e deve dirti una cosa!".
Sigilla le labbra fulminandomi con gli occhi.
Delicatamente, la spingo ad andare verso di lui.
La bambina lo raggiunge e si ferma a pochi centimetri da lui, che non riesce a staccare i suoi occhi di fuoco da me.
Riesco a reggere il suo sguardo, in questo momento non mi intimorisce: mi ha fatto proprio arrabbiare.
Forse è una cosa perfida, ma se ha così fretta di diventare padre, beh a lui la responsabilità!
Ne accetterò le conseguenze.
" Kai...".
Il dolce richiamo di Hope distoglie il suo sguardo da me, seppur con fatica, per poggiarsi su di lei.
" Giochiamo come l'altra volta?".
Mi guarda di nuovo, contrariato, come a voler cercare aiuto.
Mi dispiace Kai...
La mia corsa è finita, e la staffetta passa decisamente nelle tue mani!
A te il compito di portarla al traguardo.
















Salve gente! Sono tornata ^O^
Tadààà!
Innanzitutto chiedo scusa per l'enorme ritardo T__T ( si inginocchia con mani giunte, piangendo disperata*) ma non ho potuto fare altrimenti.
Tra lo stress degli esami e il fatto che ho trovato l'amore (*^*) non ho avuto tempo e ispirazione T_T
Adesso che ho finito la sessione invernale, mi sento libera e serena :3
Dunque ho ritrovato l'ispirazione e sono tornata alla carica !! ^O^
Con questo nuovo capitoletto!
Dunque dunque, cosa ne pensate di tutto questo?
La gravidanza di Hilary sembra procedere al meglio, ma i due sposini si ritrovano in disaccordo riguardo a certe questioniXD (Yuri, curiosone, potevi aspettare!)
In questo capitolo ho deciso di prendere in considerazione alcuni suggerimenti lasciatemi nelle recensioni che mi hanno fatto aprire gli occhi. (vedi Silmeria*)
Hope doveva pur rendersi conto che qualcosa non andava; il fatto che Kai gironzolasse intorno e volesse passare del tempo con lei, poi non è mancato chi dicesse qualcosa di troppo in sua presenza e .... beh qualcosa ha messo in funzione i piccoli neuroni della sua testolina e puff... ecco la domanda che ha messo KO Anya!.
Non considera proprio Kai suo padre, ma almeno è già qualcosa.
Cosa ne pensate?
E poi e poi...
Anya VS Kai ( la battaglia continua***)
Anya stanca e innervosita da Kai decide di passargli il testimone e dare a lui il compito e la responsabilità di rivelare a Hope la verità.
Il capitolo s'interrompe con fulmini e saette che sfrecciano dagli occhi dei due genitori.
Kai accetterà tale compito?
Mmmm vedremo u.u
Come sempre fatemi sapere cosa ne pensate, dubbi, preferenze ecc ecc...
è da tanto che non scrivo quindi mi serve il sostegno necessario *^*

Un grazie a coloro che mi seguono e recensiscono o leggono solamente :)
Un bacio e ciauu!

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Capitolo 18
*** Una giornata con papino ***







Non ha staccato un attimo i suoi occhi furibondi dai miei.
Non si muove. Non batte ciglio. A malapena forse riesce a respirare. Qualcosa lo costringe a trattenere la rabbia dentro: probabilmente la presenza di Hope.
Ma i miei occhi lo sfidano e continuano a comunicargli telepaticamente: "avanti Kai, cosa aspetti? Non era quello che volevi? Ti si presenta davanti l'occasione di dire a tua figlia la verità, la stessa verità per cui mi tormenti di dirle da mesi, e sembri quasi tirarti indietro? Non era la cosa più facile... del mondo?".
Sembra quasi leggermi nel pensiero a giudicare dal modo in cui sta stringendo i pugni in questo momento.

Hope sta in piedi vicino a lui, chissà da quanti minuti ad attendere una sua risposta.
Ma lui non sembra cedere.

Ok, penso che possa bastare.

" Hope!".
Decido di rompere la tensione che si era creata, richiamando la mia piccola. " Perchè non vai da Hilary , mi ha detto che ti deve fare vedere una cosa!". Le invento questa scusa per allontanarla e lasciarmi da sola con Kai.
" Va bene!" risponde tranquillamente " Kai?" lo richiama, facendolo voltare di scatto verso di lei. " Poi quando scendo giochiamo?" gli domanda speranzosa.
Lui all'inizio rimane interdetto, poi con un cenno di capo le risponde di sì e la piccola tutta contenta se ne va, salendo uno ad uno i gradini della scala.
Rimane a fissare pensieroso il punto del pavimento in cui era pochi minuti prima Hope, mentre io, con occhi bassi, attendo che arrivi alle mie orecchie il rumore della porta della stanza di Hilary che si richiude, segno che Hope sia andata effettivamente via.
Non appena questo accade, ripongo lo sguardo su di lui.
" Visto? Non era poi così facile come pensavi!" asserisco con tono pungente.
Non mi guarda. Si limita a mettersi comodo sul divano, accavallare la gamba e sbuffare dal naso, stizzito.
" L'hai visto tu stesso! Non sei riuscito a spiccicare parola!" continuo, cercando di attirare con una mano il suo sguardo, che vaga altrove. " Troppo difficile ammettere che ho ragione, Hiwatari?" domando con una certa soddisfazione.
" Vuoi solo scaricare la responsabilità su di me, Sarizawa!" risponde seccato.
" Esatto! Ti ho appena detto che io non ho intenzione di farlo... quindi a parte tu... non credo ci sia qualcun altro disposto a farlo!" gli spiego sinteticamente.
" Tsè!" si limita a dire, scuotendo rassegnato la testa.
" Quindi... a te la scelta Hiwatari!" concludo incrociando le braccia al petto.
" Ti stai divertendo vero?".
" Divertirsi è una parola grossa... diciamo che provo una certa soddisfazione nel vederti in difficoltà!" rivelo beffardamente.
Mi fissa serio, poi spostando gli occhi sulla gamba poggiata sul tavolino, inizia a ghignare.
" Sai..." dice, alzandosi lentamente, per poi iniziare a camminare, seguito dai miei occhi. " Fossi in te non parlerei troppo...". 
Ma che vuole dire?
Scompare dal mio campo visivo, continuando a passeggiare dietro al divano.
Non mi volto indietro a guardarlo, ma percepisco il rumore dei suoi passi avvicinarsi sempre di più alle mie spalle, fino a svanire.
Perchè ho come l'impressione che sia dietro di me a fissarmi?
Porca putt...
Non faccio in tempo a imprecare che due mani si poggiano sullo schienale del divano,proprio a destra e a sinistra della mia testa, facendomi trasalire all'istante.
" Ricorda...". Questa parola mi arriva in un sussurro all'orecchio sinistro, facendomi sobbalzare a voltarmi terrorizzata verso di lui. E finalmente riesco a vederlo, chinato e con volto a pochi centimentri dal mio.
Lo osservo senza battere ciglio e senza respirare, in attesa di una sua parola.
" Ricorda..." ripete con tono basso "...che sono sempre io ad avere la situazione in pugno, anche questa volta!" conclude ghignando.
" Ch- che..." sembro avere perso ad un tratto la facoltà del linguaggio. Perchè mi deve stare così vicino? Mi innervosisce.       "Che vuoi dire?" domando cercando di non far tremare la voce.
" Beh..." . Avendo deciso di farmi venire il torcicollo, decide di continuare a parlare restando dietro di me. Si abbassa piegando le ginocchia, poggia un gomito sullo schienale del  divano e con la rispettiva mano sorregge la testa piegandola da un lato, fingendo un'aria pensierosa. " Se riuscirò a dire a Hope che sono io il suo vero padre, a quel punto...".
Perchè ho il presentimento che quello che sta per uscire dalla sua boccaccia non mi piacerà affatto?
A quel punto?
" A quel punto...dovrò prendermi la responsabilità di essere sempre presente nella sua vita, non credi?".
" E con questo dove vuoi arrivare?" domando guardandolo contorta.
Non mi risponde, resta a fissarmi godendo nel farmi penare in attesa di una sua risposta.
" Bene, adesso devo andare!" esclama, interrompendo la conversazione di punto in bianco, lasciandomi come una deficiente.
" Hiwatari, cosa stavi per dire?" gli chiedo con tono duro.
" Non volevo proprio arrivare da nessuna parte!" spiega con finta innocenza.
Lo incenerisco con uno sguardo.
" Hiwatari!".
Ma non mi degna di alcuna risposta. Mi volta le spalle e si dirige alla porta.
" Hiwatari, se non torni e mi spieghi quello che stavi per dire, io...".
" Tu cosa?" m'interrompe con tono divertito.
ehm...già io cosa?
" Mi rincorrerai saltellando su una gamba?" dice ironico.
Grignisco spazientita.
" Non fare lo spiritoso!".
" Sennò?" continua ancora con tono di sfida.
Brutto figlio di un...
" Hiwatari, sappi che guardando la tv in questi giorni ho seguito numerose serie tv poliziesche. CSI, The mentalist, Law and Order. Potrei ucciderti... e farlo sembrare un incidente!!" rivelo tutto d'un fiato, puntandogli un dito minaccioso, sotto il suo sguardo divertito.
" Chi... vuole uccidere... chi?" interviene Hilary, con tono preoccupato, scendendo le scale insieme a Hope.
" Ehm... no niente!" spiego io, ricomponendomi.
Kai, che si era appoggiato allo stipite della porta, notando la presenza di Hilary, si rimette in piedi " la tua amica, oltre alla gamba ha qualcosa di rotto in testa!" afferma ironico, puntandosi un dito alla tempia.
Non ho il tempo di replicare, perchè vengo preceduta da Hope.
" Kai, non giochi con me?".
" No,piccola! Un'altra volta, ok?" la rassicura convincente.
" Va bene!" risponde lei.
" Se avrai il permesso!" gli ricordo.
" Ce l'avrò!" conclude voltandomi le spalle e dirigendosi alla porta, non prima di salutare con un cenno la padrona di casa.
Dopo avere sentito la porta chiudersi, io ed Hilary ci fissiamo per qualche secondo.
" Qualcosa mi dice che sono arrivata nel momento giusto!" afferma con espressione riflessiva.

Già, la situazione stava iniziando a degenerare... come al solito!










***************************







" Quindi sono riusciti a parlare!" afferma Yuri infilandosi sotto le coperte, accanto a me.
" Diciamo che sono riusciti a litigare, come al solito!" lo correggo con sarcasmo.
" E sai se sono riusciti a prendere una decisione?" domanda curioso.
" Beh, sembra che Anya abbia scaricato ogni responsabilità su di lui..." gli spiego.
" Che vuoi dire?".
" Kai dovrà dire a Hope la verità, perchè Anya ha espressamente dichiarato di non volerlo fare!" concludo, lasciandolo sorpreso.
" Oh cazzo...non poteva fare cosa peggiore...".
" Perchè dici così? chiedo stranita. " Che sia lui per una volta a fare qualcosa!" aggiungo acida.
" Lo so ma... andiamo, Kai non è fatto per trattare con i bambini! Figuriamoci spiegare una situazione così delicata... ne uscirebbe traumatizzata!". Noto una certa serietà nelle sue parole che mi fa preoccupare.
" Quindi Kai non dovrebbe fare assolutamente nulla! Dovrebbe essere Anya la sola a prendersi certe responsabilità!" affermo alterata.
" Non ho detto questo... dico che Kai è... senti lasciamo perdere! Che se la vedano loro!" chiude il discorso spazientito. " Invece, come stanno i piccoli Ivanov?" domanda divertito, appoggiando un orecchio al pancione.
Sorrido, intenerita da questa scena.
" I piccoli Ivanov...o le piccole Ivanov..." aggiungo tra virgolette. 
A queste parole, rialza la sua testa e si rimette seduto dalla sua parte del letto.
" Dimmi la verità: lo vuoi sapere , vero?" mi domanda , con tono provocante.
" Yuri... no!" rispondo con tonno secco ed occhi minacciosi.
" Io dico di sì..." aggiunge, facendo finta di sistemarsi la coperta.
" Yuri, tienitelo per te! Io avrò la mia sorpresa tra qualche mese..." gli spiego per l'ennesima volta.
" Quindi lo sapranno tutti, tranne tu!".
" Cosa?? L'hai detto a qualcuno??".
" No, non ancora... ma se dovessero chiedermelo...".
" Tu farai finta di non saperlo!" dico autoritaria.
" Ok, facciamo così... il tuo istinto di madre, cosa ti suggerisce?".
" Il mio istinto di madre mi soggerisce che son..." mentre parlo lo vedo sorridere e capisco dove voglia arrivare. " Brutto, perfido di un dottore! Ho capito cosa vuoi fare!!" esclamo in preda alla furia, sotto il suo sguardo divertito.
" Ma nulla! Volevo solo sapere cosa pensi che siano i bambini!" finge innocentemente.
Il furbo aveva intenzione di farmi rivelare le mie presupposizioni per poi, a seconda della mie risposte, fare delle strane facce che mi avrebbero suggerito se mi stessi sbagliando o meno. Incredibile!!
Innervosita dalla sua risata, decido di prendere un cuscino e sbatterglielo ripetutamente in testa.
" Ok, ok...calma!" mi ordina,togliendomi il cuscino dalle mani.
" Allora smettila di ritornare sull'argomento! Non-lo-voglio-sapere:punto e basta!" concludo una volta per tutte.
Si arrende, guardandomi comprensivo.
" Va bene... sappi solo che qualunque cosa saranno, saremo contenti entrambi!" mi dice dolcemente.
Si avvicina, scoccandomi un bacio in fronte e poi sulle labbra.
" Buonanotte!" mi sussurra dolcemente.
Ci corichiamo, spegnando le luci e aspettando di cadere tra le braccia di morfeo.









*******************








"Papà, papà...quando vieni??" domanda Hope, parlando con Rai al cellulare.
Non appena Hope ha capito che stavo parlando con Rai ha chiesto insistentemente e quasi in lacrime di voler parlare con lui.
Risultato: si è impossessata del telefono e non vuole mollarlo!
Non sono riuscita nemmeno a dirgli ciao!
" Presto, tesoro! Tu come stai? Hai fatto la brava?" sento dire a Rai dall'altro capo del telefono.
" Sì!" risponde, annuendo anche con la testa.
" E ti sei presa cura della mamma?".
" Sì" ripete il gesto ancora una volta.
" Bravissima!" si complimenta Rai " Adesso mi passi la mamma?".
" Papà, papà... ma poi...". Non appena mi rendo conto che sta per iniziare un'altra conversazione , decido di toglierle il telefono dalle mani, che lei non sembra voler mollare. " Aspetta, mamma!!" mi grida arrabbiata.
" Hope, basta! Hai già parlato abbastanza col papà, molla il telefono, ci parlerai dopo!" ordino autoritaria, cercando di toglierle il telefono dalle mani, che sembrano opporre resistenza.
" Ma io devo dire che mi compra una cosa!!" dice opponendo resistenza.
" Ma che succede, Anya?" sento dire a Rai con tono divertito.
" Succede sempre la stessa storia!!" urlo per farmi sentire, intenta sempre nello strapparle il telefono dalle mani. 
Ma ho messo al mondo la figlia di Hulk??! penso stringendo i denti. " Non vuole mollare il telefono!" aggiungo esasperata. 
Approfitta del momento di debolezza per scendere scaltra giù dal letto e correre via, svanendo nel nulla col telefono in mano.
" Hope! Vieni subito qui!! Piccola peste!!" urlo arrabbiata, non potendo rincorrerla, essendo immobilizzata sul letto.
Mannaggia a lei! Quando si mette in testa una cosa diventa intrattabile.
Chissà da chi avrà preso!

"Yuri, prendila!!" gli ordino, vedendolo passare davanti la porta della mia stanza. 
Subito corre, lo sento scendere velocemente le scale, per ritornare qualche minuto dopo con Hope su un braccio con la testa nascosta nell'incavo della sua spalla, piangente e con, nell'altra mano il telefono, che mi porge.
" Si può sapere che ha oggi questa bambina?" mi domanda Yuri, tenendola ancora in braccio e accarezzandole la schiena per farla calmare.
" Non lo so... è da due giorni che mi fa esaurire con la storia del cane!".
" Non si arrende...".
" No, da quando ha visto quel film col bambino e il cane, con me...l'altra sera, ha ripreso a fare i capricci!" spiego sospirando spazientita.
" Hey...Anya! Pronto? Sono ancora qui!".
E' Rai che richiama la mia attenzione, sento la sua voce provenire dal telefono che ho in mano, ma non gli presto molta attenzione, perchè persa in altri pensieri.
" Anya... Rai..." mi ricorda puntando gli occhi al cellulare.
Eh?
" Ah sì! Scusa Rai, mi ero dimenticata di te!" mi giustifico prontamente, rendendomi conto della situazione.
" Ah bene, vado via qualche giorno e già mi dimentichi..." afferma scherzando.
" Dai, Rai... è che questa piccola peste in questi giorni mi sta mandando fuori di testa!" spiego esasperata.
Yuri mi fa cenno di andare via, portandosi la bambina in braccio, che non riesce a smettere di piangere e staccare la faccia dalla sua spalla.
Dio! Piangere ininterrottamente è il suo solito metodo per farci arrendere. Di solito sono io quella che riesce a tenergli testa, mentre Rai è quello che, pur di farla contenta, si arrende subito alle sue richieste.
" E' per la storia del cane , vero?".
" Già... era questa la cosa che voleva chiederti, vero?".
" Sì..." conferma ridendo, "... mi ha pure descritto come dovrebbe essere! Incredibile, non si arrende! E' da un anno che piange disperatamente per questo cane, ma mi sembrava che ultimamente se ne fosse dimentcata...".
" Colpa mia!" affermo. " L'altra sera abbiamo visto insieme un film che trattava dell'amicizia tra un cane e un bambino... e se n'è innamorata perdutamente! Dovevi vederla come guardava assopita la televisione! Non sì è neanche addormentata dopo il primo tempo, ma ha tenuto tutto il tempo gli occhi fissi sullo schermo, senza alzarsi neanche durante le pubblicità!" racconto quasi incredula.
" E tu ovviamente non vuoi cedere!".
" Assolutamente no! E' fuori discussione: non possiamo tenere un cane, sarebbe impossibile badarci!" gli spiego chiaramente.
" Va bene, hai ragione! In effetti non sarebbe facile..." concorda lui.
" Comunque, tu quando torni?".
" Domani è il giorno della laurea, quindi fra due o tre giorni al massimo sarò da te!".
" Non vedo l'ora! Allora ci sentiamo dopo, un bacio...".
" A dopo, baci!".
La chiamata termina e poggio il cellulare sul comodino.
" Spero solo che si sia calmata..." penso sospirando.






" Hope, dai! Non fare la bambina capricciosa! Mangia il tuo panino!" la imploro disperata.
" No!" esclama imbonciata e con le braccia conserte.
" Hope, non mi fare arrabbiare!" la avverto minacciosa.
Scuote energicamente la testa, rimanendo sempre accigliata.
Perchè è così cocciuta!
Mentre sono intenta a fulminarla con gli occhi, vengo distratta dal cellulare che vibra sul tavolo.
Lei ne approfitta senza perdere tempo: scivola dalla sedia e corre via alla velocità della luce.
" Hope!! Vieni subito qui!!" la richiamo senza successo.
Sbuffo, stanca di questa situazione, mentre il telefono continua  insistentemente a squillare.
Non appena leggo il nome del mittente porto gli occhi al cielo ed emetto un ultimo sospiro prima di...
" Kai, cosa vuoi?" 
...rispodere poco garbatamente.
" Momento sbagliato?".
" E' sempre il momento sbagliato!".
" Dai, non hai un cazzo da fare, non puoi neanche muoverti..." mi ricorda sarcastico.
" Te lo chiedo un'ultima volta: che cosa vuoi?" domando con tono piatto.
" Ho il pomeriggio libero, più tardi passo a prendere Hope!".
" Non lo so, non credo che..."
" Non era una domanda , ma un'affermazione - passo a prendere Hope!" spiega con tono acido.
Quanto è insopportabile!
" Non so se vorrà venire, oggi è parecchio arrabbiata!".
" Beh, tu fammela trovare pronta per le quattro!" conclude staccandomi in faccia il telefono, non lasciandomi il tempo di replicare.
Rimango interdetta per una manciata di secondi, per poi stringere i denti e calmarmi.
" E comunque tua figlia non è un pizza!" asserisco alterata rivolgendomi al telefono, fingendo di star parlando con lui.
" Hope, vieni a mangiare!" le ordino autoritaria, gridando per farmi sentire, ovunque lei sia.
Non ricevendo alcuna risposta, mi arrendo, e in preda alla rabbia afferro il panino e lo mordo con ferocia, cominciando a ragionare sul da farsi.
" Non era una domanda, ma un'affermazione!" dico tra me e me, alterando la mia voce , per beffeggiare Hiwatari.
Faccia da culo!
Ecco che strappo un altro boccone in preda ad una fame nervosa.
Ah...se solo questo panino fosse la sua faccia!






***********





Sono le quattro e un quarto: direi quasi puntuale! Ma come sempre avrà qualcosa da obiettare la mammina.
Suono al campanello e ad aprirmi arriva in gran corsa qualcuno.
Qualcuno di altezza alquanto ristretta.
" Ciao, Kai!" saluta dolcemente.
Mi faccio spazio per entrare " dov'è la mamma?" le chiedo richiudendo la porta.
" Sul divano!" risponde correndo in direzione del salotto.
La seguo percorrendo alcuni passi fino a ritrovarmi in salotto a osservare Anya che sistema delle cose in uno zainetto.
" Hiwatari..."
" Sei in ritardo!" concludo io, anticipandola e lasciandola interdetta.
" Vedo che te ne rendi conto da solo, bene..." aggiunge stizzita.
Sempre a criticare!
" Hope, qui ci sono le tue cose: acqua, fazzoletti...per qualunque cosa chiedi a Kai, va bene?".
La piccola annuisce, indossando lo zainetto.
" Hiwatari, dove la porti?" chiede investigativa.
" E a te cosa frega?" chiedo a mia volta con tono acido.
" Vuoi una stampella in faccia?" domanda minacciosa.
" Non lo so... al parco!" rispondo dicendo la prima cosa che mi è venuta in mente.
In realtà non ho pensato a cosa potremmo fare.
" Tra un po' si metterà a piovere, e fuori c'è troppo freddo!".
Ok, ok...
" Senti... lascia fare a me, per una volta! Ti fidi?" chiedo quasi ingenuamente.
Dalla sua faccia mi rendo conto della stronzata che le ho appena chiesto. " Lascia, stare!" concludo, afferrando la piccola per le mani.






***************





La prende per mano e inizia a dirigersi verso la porta.
" Hiwatari, ricorda di a..."
" Allacciare la cintura di sicurezza e non correre, lo so, ciao!" dice velocemente, interrompendomi e prevedendo ancora una volta quello che stavo per dire.
Senza voltarsi alza la mano in segno di saluto e se ne va.
Accascio pesantemente la schiena sul divano, sbuffando.
A volte mi chiedo come faccia!
Ad ogni modo, oggi quando ho detto a Hope che sarebbe venuto Kai a prenderla per portarla fuori, ho visto quasi una luce nei suoi occhi.
Che le stia davvero simpatico?
Oh mamma...
Sarei curiosa di spiarlo per vedere il suo modo di interagire con lei: peccato che non possa muovermi o l'avrei veramente pedinato.
La cosa positiva?
Sembra che abbia messo in secondo piano la questione del cane.








**************





Ho già percorso un bel po' di strada in auto.
Come previsto da Anya, si sta mettendo a piovere: addio idea del parco!
Ogni tanto le lancio un'occhiata, stranito del fatto che non abbia ancora spiccicato parola.
" Dove vuoi andare?" le domando.
" Al parco, che ci sono i cani!" risponde felice.
" Non possiamo andare al parco, sta piovendo!" le faccio notare, facendola rintristire.
Pensa Kai, pensa!
A casa non puoi, non sai a che ora Eva potrebbe tornare... quindi?
Inizio a picchiettare il dito sul volante, guardandomi in giro.
All'improvviso l'illuminazione.
" Ti va di andare al centro commerciale?".
" Che cos'è?" mi domanda stranita.
Andiamo bene...
" Ehm... è un posto grande, dove ci sono tanti negozi..." non sembra convinta "...di giocattoli" aggiungo.
Al suono dell'ultima parola le si illuminano gli occhi.
" Sì, ci andiamo?".
Prima missione compiuta, Kai.











Parcheggio l'auto e dopo averla fatta scendere, inizio a camminare, pensando di essere seguito da lei, ma invece...
" Che fai lì ferma? Vieni!".
" La mamma mi dice sempre che devo camminare con la mano..." mi spiega, sotto il mio sguardo interrogativo.
Solo quando mi porge la mano, invitandomi ad afferrarla capisco il senso delle sue parole.
" Ok...".
La afferro, sentendomi anche un po' a disagio.
Non appena entriamo la vedo osservarsi meravigliata intorno.
" Wow, che bello!" esclama felice.
Continuiamo a camminare. C'è molta confusione in giro, così tengo ben stretta la sua mano, non vorrei perderla.
" Guarda, un negozio di giocattoli!!" mi indica gridando con entusiasmo.
" Andiamo...".



Non appena varchiamo la porta del negozio, la bambina inizia a tirare per trascinarmi attraverso i vari scaffali.
E' così...imbarazzante trovarsi qui e poi questa musichetta sdolcinata per bambini è veramente fastidiosa.
" Noi puffi siam così, noi siamo puffi blu..." la sento canticchiare.
Ma...la sa pure lei??
Porto gli occhi al cielo.
Continuiamo a camminare, fermandoci di tanto in tanto, anzi, ogni due secondi, per osservare attentamente qualche scaffale di suo interesse.
Cioè, tutti!
Adesso siamo davanti a quello dei peluche. Ce n'è di ogni forma: animali di ogni genere e mostriciattoli.
" Mi fai vedere quello?".
Mi invita a prenderla in braccio per meglio osservare quelli disposti in alto.
Fatto questo, dopo averli studiati attentamente con gli occhi, questi rimangono fissi su un peluche in particolare, a forma di cane.
" Ti piace?".
Annuisce.
Resto qualche minuto a fissarla, perso in mille pensieri, finchè...
" Lo vuoi?".
A questa domanda le si illuminano gli occhi.
" Sìì!" accetta entusiasta, alzando le braccia in aria, gesto che mi fa scappare anche un sorriso.
Lo prendo e glielo porgo " Grazie!" dice timidamente, scoccandomi un bacino sulla guancia che mi lascia paralizzato.
Mi ricompongo subito e facendo l'indifferente davanti ai suoi occhi da cucciola,  la rimetto a terra , afferrandole la mano e proseguendo il nostro tour all'interno del negozio.








********************








" Grandi passi avanti, no?" mi fa notare Yuri, mentre è intento a controllare la mia gamba.
Non rispondo, mi limito a fare una faccia schizzinosa.
" Ha scelto di sua spontanea volontà di venire!"
" Forse...".
Sorride rassegnato. " Comunque, manca poco e potrai tornare a camminare!" mi annuncia con allegria.
" Non vedo l'ora, non ne posso più!".
" Ancora un po' di pazienza!".
" Beh, quella per fortuna non mi manca..." asserisco con sarcasmo, alludendo a svariati motivi, uno in particolare, che Yuri coglie al volo.
" Te ce ne vorrà ancora tanta..." aggiunge lui, prima di andare via.
E già, tantissima!










******************











Piove.
Gocce di pioggia cadono ininterrottamente sui finestrini.
In macchina si sente solo il rumore dei tergicristalli muoversi.
Per fortuna abbiamo fatto in tempo ad arrivare in macchina prima che si mettesse a diluviare, evitando di rimanere bagnati fradici, essendo senza ombrello.
Hope sta lì, silenziosa, sul sedile accanto a stringere il suo peluche.
Ammetto di essere ancora un po' scosso: quel suo gesto non me lo aspettavo. Sarà stata una sua forma di ringraziamento per il regalo. Tuttavia, è stato strano.
Da lontano il semaforo giallo mi indica di rallentare, per poi diventare rosso e fermarmi.
La osservo.
Penso e ripenso.
Quando, ma soprattuto come dirglielo?
Anya è stata furba a lasciarmi questo compito.
Ok, ammetto di aver detto che era una cosa facile: per lei, ma non per me!
Non la conosco bene quanto lei, lei non conosce bene me. Che cosa penserà?
" Hope" la richiamo per avere la sua attenzione.
Si gira all'istante.
Dio, dicono somigli a me, ma adesso mi sembra di vedere lei.
Rimango qualche minuto a riflettere.
Che cosa dovrei dirle?
Ciao io sono il padre che ti ha rifiutata?
Che fino a qualche mese fa ignorava la tua esistenza?
Che...
La vedo pendere dalle mie labbra, in attesa di una mia parola.
" T-Ti piace il peluche?".
Non ce l'ho fatta.
Cazzo.
" Mh mh!" annuisce contenta.
" Ti piacciono i cani, eh?" le chiedo.
" Sì! Il mio papà me lo vuole comprare, ma la mia mamma non vuole!".
Ecco che a queste parole mi spiazza in due, esattamente quelle tre parola : il-mio-papà, nella sua convinzione , Rai, ovviamente.
Dio, che rabbia!
Stringo nervosamente il volante tra le mani.
" Hope...Ti piacerebbe...che io fossi il tuo papà?" chiedo quasi intimorito.
" Sì!" esclama allegramente, facendomi venire una strana sensazione dentro. " Quando giochiamo, tu fai il papà e io la figlia!" aggiunge poi.
Queste parole mi colpiscono ancora, ma è una sensazione diversa rispetto a quella di prima, come se...ci fossi rmasto male, ecco!
Strano pensarlo, ma è così.
Anya mi aveva avvisato di questa storia del compagno di giochi.
" Perchè sei triste?" mi domanda con vocina docile, riportandomi alla realtà.
" Eh?...no, piccola, non sono triste...stavo pensando!" rispondo accarezzandole la testa per rassicurarla.
" E' verde!" mi fa notare, puntando il semaforo con un dito e lasciandomi tra il perplesso e il divertito.
" E tu come lo sai che si passa col verde?" chiedo.
" Me lo ha insegnato il mio papà!" rivela soddisfatta.
Ecco: messo di nuovo al tappeto!
Innervosito, ripongo gli occhi sulla strada e mi rimetto in marcia.
Kon.
Kon, ovunque!






***********************






" Mamma!!" esclama felice correndo e buttandosi su di me per abbracciarmi.
" Hey, sei tornata!" affermo sistemandole i capelli " ti sei divertita?".
" Sì! Guarda cosa mi ha comprato Kai!" mi dice scappando di nuovo in corridoio, dove sento le voci di Yuri e Kai che parlano.
Ritorna dopo due secondi reggendo in mano un enorme peluche a forma di cane.
" Wu..." rimango un po' perplessa "...au" facendo fatica a terminare la mia esclamazione di stupore.
" Ti piace, mamma?".
Lo prendo in mano.
" Sì, è bello...".
" Me lo ha regalato Kai!" mi rivela lasciandomi quasi incredula.
Eccolo che spunta in soggiorno: mani in tasca, passo lento e espressione neutra in faccia.
" Molto... bello" ripeto ancora una volta. " Lo hai ringraziato?" chiedo con finto sguardo severo.
" Sì!".
Le sorrido. " Perchè non lo fai vedere a Hilary! Vai!".
Corre contenta al piano di sopra, lasciando da soli me, Kai e Yuri.
" Beh, sembra che tutto sia andato..." inizio la frase, fermandomi proprio su quella parola, tanto difficile da pronunciare.
" Bene?" completa lui, con un sorriso soddisfatto.
" Già...bene..." ripeto, quasi sforzandomi.
" Proprio oggi desiderava un cane...".
" Beh a dire la verità lo voleva in carne e ossa..." interviene divertito Yuri "... ma alla fine sembra essersi accontentata! Dopo avere pianto per giorni, facendo disperare Anya!".


Silenzio.
Nessuno sa cosa dire.
" Beh, io andrei..." annuncia Kai, ponendo fine a quest'attesa quasi soffocante.
Ottima decisione.
" Perchè non resti a cena?" lo invita Yuri.
" No!!" rispondo immediatamente io, non rendendomi conto di avere dato voce al mio pensiero e non avergli lasciato il tempo di rispondere. " Cioè..." deglutisco " sicuramente... avrà da fare..." aggiungo, diminuendo sempre di più il volume della voce, decisamente imbarazzato.
Restano a fissarmi qualche secondo, straniti.
" Allora?" chiede Yuri.
" No, non è il caso... preferisco tornare a casa, Eva mi aspetta" si giustifica lui, evasivo.
" Come...vuoi" risponde l'altro. " Ti accompagno alla porta!".
E se ne va senza neanche salutare, non che ci tenessi, ma almeno sarebbe stato educato.

Beh, ho fatto bene a dirlo: non volevo che restasse a cena, mi avrebbe dato, decisamente, troppo fastidio.










Qualche giorno dopo...






Hope è di nuovo uscita con Kai.
Sono via da quasi due ore, dovrebbero arrivare a momenti.
Sono in cucina, seduta al tavolo a tagliare le verdure, che Hilary userà per il minestrone di stasera.
" Sono qui!" mi avvisa Hilary guardando dalla finestra che da sul giardino.
Hilary corre ad aprire e ritorna con Hope, che sembra parecchio entusiasta.
" Mamma, mamma!".
" Tesoro, che succede?".
Sembra troppo felice.
" Kai mi ha comprato un cane!!" esclama, al settimo cielo.
" Un altro peluche? Ne hai già uno..." le spiego.
" No!! Uno vero!!".
Sbarro gli occhi.
Che significa: uno vero??
Starà scherzando!
" Vieni a vederlo!" mi invita a seguirla, correndo in direzione del giardino.
Non può dire sul serio.
Mi giro lentamente verso Hilary, che spostando la tendina osserva fuori, e la sua faccia non sembra molto rassicurante.
" Hilary, dimmi che fuori non c'è quello che penso!" dico minacciosa.
" Se quello che pensi non ha una coda scodinzolante e non abbaia, beh...no!" risponde con timore.
Oh mio dio! Ho appena sentito abbaiare.
" Dimmi che non hai sentito abbaiare anche tu!" chiedo ancora una volta spazientita. Ma non arriva alcuna conferma.
Devo andare a vedere con i miei occhi!
" Anya, dove vai?" mi domanda Hilary preoccupata, vedendomi prendere le stampelle.
" Ad uccidere quell'essere!" asserisco minacciosa, riferendomi a Hiwatari, ovviamente.
Mi alzo, sorreggendomi su una gamba, per poi posizionare le aste sotto le ascelle e iniziare a saltellare, come meglio posso.
Ci impiego un po' prima di arrivare, per poi arrivare alla porta , aprirla e trovarmi di fronte alla scena che non avrei mai voluto vedere!
Un enorme, abominevole, peloso cane, dal manto dorato che rincorre la mia bambina. E Lui, Kai Hiwatari, lì in mezzo al giardino a osservare soddisfatto questa scena.
" Anya..." mi richiama Hilary, preoccupata, notando anche il mio strano tic nell'occhio.
Decido di andare più avanti e raggiungere la mia vittima.
" Hiwatari!" lo richiamo a denti stretti.
Mi osserva divertito.
" Che cos'è quel bestione vicino a mia figlia!" sibilo alterata.
Mi sorride beffardamente " Intenti quel cane?".
" Esatto! Come diamine ti è venuto in mente di comprarle un cane??".
" Beh lo voleva..." si limita a dire senza alcun timore.
" Ah, lo voleva..." ...stringo un pugno, per cercare di mantenere l'autocontrollo. " Come hai osato comprare un cane senza consultare la sottoscritta?".
" Non sapevo ci volesse la tua firma per farle un regalo! L'altra volta non hai fatto tutte queste storie!" dice ironico.
" L'altra-volta... si trattava di un cane FINTO! Questo... se non te ne sei accorto... è un cane VERO! E cioè una cosa che si muove, che mangia e che deve fare i suoi bisogni! Ho lottato per un anno intero affinchè questo non accadesse e tu oggi ti presenti qui, con un cane??" spiego al limite della pazienza.
" Mi dici qual è il problema?".
" Il problema, caro Hiwatari, è che noi non possiamo permetterci di tenere un cane, per il sempice motivo che non abbiamo spazio dove metterlo!".
" E' un cane addestrato, non darà fastidio!".
" Kai, prendi quel cane e portalo via!" gli ordino  con un tono che non ammette repliche.
" No, mamma!!" interviene Hope quasi in lacrime.
" Non m'importa, ok? Il cane è fuori discussione! E tienilo lontano da me!".
Kai riesce a prenderlo per il guinzaglio prima che mi saltasse addosso, facendomi cadere.
Il cane si ferma e si siede, respirando affannosamente con la lingua penzolante.
E' decisamente troppo grande.
" Portalo indietro Kai, non voglio un cane!".
" Ma lo vuole lei!".
" Non importa! Hope sai che non possiamo tenerlo, quindi no!".
" Ma mamma, io lo voglio!!" grida in lacrime, andando a cingere in un abbraccio il collo del cane, che mi osserva con muso da cucciolo bastonato.
No, no ti ci mettere pure tu!
" Non lo portare via!" continua lei tra i singhiozzi.
" Anya...è solo un cane!" insiste ancora lui.
" Se ti piace così tanto prenditelo tu!".
" Che cosa me ne faccio io?".
" Che cosa me ne faccio IO, vorrai dire!".
" E' quello che ho detto!".
" Senti, non mi importa! Portalo via, subito!".
" Ammettilo, se lo avesse portato Rai non avresti fatto tutte queste storie!" afferma con tono scocciato.
" Non è vero! Rai mi avrebbe prima consultata!" replico alterata.
" Oh, certo, perchè Kon non ha le palle per prendere una decisione da solo!" esclama incrementando sempre di più il tono di voce.
" Non ti devi permettere di parlare di lui in questo modo!" gli ordino minacciosa.
" E la verità!" ribatte lui senza timore.
" E tu invece NON HAI e NON HAI MAI avuto- E NON AVRAI MAI le palle per fare il padre!" gli urlo in preda alla furia più totale, lasciandolo per una volta senza parole.
Ci osserviamo, cercando di riprendere il respiro e trattenere la rabbia. Hilary è stata tutto il tempo in disparte senza dire una parola, osservandoci intimorita, come Hope, che ha persino smesso di piangere spaventata dalle nostre urla.
Tutto il vicinato ci avrà sentito e l'aria intorno è decisamente carica di eletricità.
Stringo forte le stampelle tra le mani, mentre lui stringe i denti dentro le labbra sigillate, finchè non emette uno sbuffo stizzito dal naso e, voltandomi le spalle se ne va.
" Kai, portati il cane...Kai, il cane!!" cerco di ricordargli con tono  infuriato, senza ricevere alcuna risposta.
Entra in auto, richiude la portiera con forza e in pochi istanti la sua auto svanisce.
I miei occhi furibondi poggiano su quel cane che a sua volta mi osserva, quasi in attesa di una mia mossa.
Poi si spostano su Hilary...
" Credo che stavolta abbiate esagerato un tantino..."













Hola gente ^_^
Eccomi di nuovo qui con questo capitolo, decisamente un po' lunghetto. 
Allora, come ricorderete il precedente capitolo finisce male, questo inizia male, poi ha una parte centrale diciamo "felice " per poi sfociare nella catastrofe più totale XD
Ditemi se è credibile come cosa!
Kai diciamo che voleva fare un dispetto ad Anya comprando il cane , ma anche e soprattutto una sorpresa alla figlioletta.
Secondo voi chi ha ragione ? XD
AnyaVSKai (la battaglia continua e non sembra terminare)
Avrà esagerato Anya o Kai?
Ma soprattutto il cane...che fine fara?? XD
Grazie a tutte coloro che hanno recensito il precedente capitolo, spero che anche questo vi piaccia, o almeno sia leggibile ai vostri occhi XD
Grazie a tutti e alla prossima.
Un bacioz :*

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Capitolo 19
*** Manca poco, Kai ***





" Riportagli indietro questo cane e digli che la prossima volta, prima di fare sorprese del genere, ci pensi mille volte e magari avvisi la sottoscritta." racconta Yuri, sedendosi su una delle poltrone del mio salotto.
Si è presentato a casa mia qualche minuto fa per riportarmi il cane, su preciso ordine di Sarizawa. 
" Oggi l'hai fatta grossa Kai!" rivela con tono ammonitore. " Non puoi regalare alla bambina una cosa che sai che Anya non avrebbe mai voluto. Quella bambina ha pianto per giorni per avere un cane, ma Anya non ha pensato un istante di cedere: un motivo doveva pur esserci!" mi spiega, attendendo un qualche cenno di attenzione da parte mia, che resto seduto sul divano, a rimuginare su quanto è appena successo.
" E quale sarebbe questo motivo?" domando stizzito.
" Kai...loro non sono proprietari di una villa Hiwatari con tanto di giardino, hanno un semplice, piccolo e modesto...a-ppar-ta-men-to! Hai capito adesso?".
" Beh non posso farci niente se Kon non può permettersi qualcosa di più grande!" affermo sarcastico.
" Non credo c'entri qualcosa! La loro è una sistemazione temporanea, almeno finchè resteranno qui in Giappone...".
" Già..." sussurro pensieroso.
Presto quel cinese tornerà, e questo vorrà dire che...
" Se ne andrà, Kai!" afferma Yuri all'improvviso riuscendo a completare e a dar voce al mio pensiero, prendendomi alla sprovvista. " Questo lo sai già, vero?" aggiunge con tono riflessivo, facendomi perdere in un mare di pensieri.
Dovrebbe mancare poco oramai, quel cinese dovrebbe ritornare tra pochi giorni...
Il silenzio tombale che si era creato viene interrotto da un terrificante grido da film horror proveniente dal giardino.
Io e Yuri ci fissiamo all'istante, all'inizio confusi e straniti, poi l'abbaiare di un cane mi porta a immaginare cosa possa essere successo là fuori.
" Cazzo!" esclamo alzandomi di scatto, facendo sobbalzare Yuri " Eva!" per poi correre in giardino e ritrovarla in piedi sulla tettoia della sua auto, con una borsa in mano che agita nella speranza di far allontanare il cane, il quale non sembra voler smettere di abbaiarle contro.
Come diamine è salita fin lassù con quei tacchi?...

" Va via! Stupida bestiaccia!!!" urla terrorizzata, per poi accorgersi della mia presenza " Kaiii!! Aiutami! E' entrata questa bestia nel nostro giardino!!" continua isterica.
Bene, spieghiamole che quel cane non si trova qui per caso, Kai!
" Ops..." sento dire a Yuri, appena arrivato alle mie spalle sulla scena del crimine.
Preferirei fargliela sbranare piuttosto che sentirmi urlare contro. Oggi mi sono già preso una bella ramanzina.
" Perchè resti lì imbambolato! Vieni qui!!" mi ordina furente.

" Kai, va' ad aiutarla, sai che i cani la terrorizzano!" mi ricorda saggiamente Yuri, vedendomi indeciso sul da farsi.
Cazzo, è vero!
A passi da gigante mi dirigo verso la direzione interessata, afferro il cane per il collare e lo affido a Yuri, ordinandogli di legarlo in un punto lontano del giardino.
" E' andato via. Scendi da lì!" la invito a prendere la mia mano.
" Prendimi in braccio, o potrei scivolare!" mi ordina adirata.
Però a salire è stata agilissima, devo dire.
Porto gli occhi al cielo e cercando di non farla cadere la prendo come meglio posso per riportarla con i piedi per terra.
" Ma guarda tu che schifo..." borbotta riaggiustandosi i vestiti addosso " Come ha fatto quel cane randagio ad entrare in casa nostra?" mi domanda contorta.
Sai, non è proprio un cane randagio...
" Un momento, un momento!" esclama all'improvviso come fulminata da un'intuizione.
" Perchè..." inizia con aria investigativa " hai detto a Yuri..." e molto sospettosa " di legare in giardino QUEL bestione..." . Adesso punta il dito nella direzione interessata " ...invece di lasciarlo andare via, lontano da me e da tutti noi!?" conclude incenerendomi con gli occhi.
Non rispondo subito, ma mi limito a ridurre gli occhi a due fessure, come a dire - come cazzo fai?-
" Kai...sto aspettando!" mi ricorda picchiettando un dito sul polso.
" Non è un cane randagio..." inizio a dire con tono indifferente, facendole sbarrare gli occhi dalla furia.
" Cioè... tu...tu mi stai dicendo che non è un caso se quel cane sia qui??".
Beh diciamo che non era qui che doveva essere, ma sorvoliamo questi dettagli.
" No" rispondo in modo naturale.
" No, no..." inizia sorridendo nervosamente " Quando avresti preso la decisione di prendere un cane?? Kai sai benissimo che io Odio quegli esseri bavosi e pulciosi...che orrore Kai!!" esclama disgustata, contorcendosi quasi come ce lo avesse addosso.
" Andiamo, non fa nulla!" le spiego.
" Mi ha abbaiato contro!" ribatte lei.
" Lo ha fatto solo perchè non ti conosce, e poi voleva solo giocare..."
" Giocare? Mi ha rincorso per tutto il vialetto, questo per te significa giocare??".
" Dagli tempo...".
" Tempo?? Kai, mettiamo subito in chiaro una cosa: quel cane dovrà sparire nel giro di un secondo, o me ne vado! Quindi scegli: o me o il cane!" conclude con un tono che non ammette repliche incrociando le braccia al petto e due occhi pronti a fulminarmi.
Perchè ho come l'impressione di avere già vissuto questa situazione, diciamo...qualche ora fa?
Prima Anya, adesso lei: sembro circondato da matte!
I secondi passano, e la sua espressione si fa sempre più incredula non appena si accorge che non arriva nessuna risposta da parte mia.
" Ci pensi pure!!" afferma allibita e adirata, stringendo i pugni lungo  fianchi. Mi ringhia contro e voltando i tacchi si avvia di fretta e furia in casa, lasciandomi solo, facendomi scappare un sorrisetto soddisfatto.
" A volte mi chiedo perchè tutti, anzi tutte ti detestano..." sento dire a Yuri con aria riflessiva e ironica, appena giuntomi vicino.
Il mio sguardo ha già dato la sua risposta.
" Come sta la bambina?" domando, cambiando discorso.
" Beh..." sospira " ... il sogno che tu le avevi avverato, si è frantumato nel giro di pochi minuti, quindi immagina!".
I miei occhi puntano istintivamente su quel cane, sdraiato a terra e con muso sulle zampe, che mi osserva da lontano come rattristito.
Sembra che nessuno voglia tenerti...







**************





" Voglio-il-cane! Voglio-il-cane! Voglio-il-cane!".
Tre parole. Tre semplici parole. Intonate su un ritmo che ricorda quello di una folla inferocita di operai che scioperano davanti alla fabbrica da cui sono stati licenziati, imprecando contro il proprietario, che urlano a sguarciagola i loro diritti, e che non smetteranno, finchè non otterrano ciò che vogliono.
Ecco, immaginate questa atmosfera, ma le urla della folla inferocita vengono sostituite da quella di una, e sola, bambina...capricciosa, che saltella per tutta la casa urlando ripetutamente, senza interruzione quelle tre semplici parole, che formano una frase maledetta: " Voglio il cane! Voglio il cane! Voglio...".
Una melodia che è iniziata da quando ho ordinato a Yuri di riportare il cane al suo legittimo proprietario e che non sembra voler terminare.
Sono seduta sul divano, a far finta di leggere una rivista , ignorando, o meglio cercando di ingnorare, il continuo saltellare di Hope intorno al divano.
La sua voce fa eco per tutta la casa e, vi giuro che alle mie orecchie non è mai apparsa così fastidiosa. 
" Voglio il cane! Voglio il cane! voglio il...".
Nonostante io continui a sfogliare molto energicamente le pagine di questa rivista, contenendomi dallo strapparle in mille pezzettini, lei non cede, anzi...incrementa sempre di più il tono della sua melodiosa voce, facendomi pulsare le vene al collo, alle tempie e facendomi ribollire il sangue al cervello.
" Voglio il cane, voglio...!". Si zittisce all'improvviso, non per arrendersi o perchè si sia stancata, no! Figuriamoci! Ma perchè ha sentito la porta principale aprirsi e richiudersi: segno che Yuri è ritornato.
Corre quasi volando verso quella direzione, ma Yuri è già in salotto che mi guarda comunicandomi con gli occhi che la missione è stata portata a termine. La bambina si fissa attorno sconvolta, come a voler trovare il cane in giro per casa.
" Dov'è il cane??" domanda con voce strozzata dal pianto.
" Piccolina, non c'è..." gli spiega Yuri dolcemente, abbassandosi per accarezzarle il viso rigato di lacrime.
" Ma io lo voglio!" ribatte piangendo disperata.
Yuri non le risponde, si limita a guardarla con compassione, la prende in braccio, facendola sfogare sulla sua spalla.
" Voglio il cane..." riesce a dire tra un singhiozzo e l'altro.
Yuri mi osserva serio, facendomi intuire di dover fare qualcosa. 
In questo momento potrei essere definita la cattiva della situazione, soprattutto da lei, ma non mi fa certo piacere vederla piangere in questo modo, anzi. 
" Non si è ancora calmata?" domanda Hilary preoccupata, entrando in salotto.
" No figurati..." rispondo con tono esausto.
" Deve pur esserci un modo per farle dimenticare quel cane..." 
"  Figurati..." ripeto sovrappensiero.
" La cena è quasi pronta. Sai Hope, ho preparato le patatine, che ti piacciono tanto, stasera saranno tutte tue!" le annuncia Hilary entusiasta.
" Non le voglio!" risponde con tono adirato, non staccando il suo viso dalla spalla di Yuri, che suppongo sia inzuppata di lacrime.
L'entusiasmo di Hilary viene spento all'istante. " Ok..." sussurra tra sè e sè, capendo che è meglio non aggiungere altro.
" Hope, adesso mi stai facendo arrabbiare! Chiedi scusa ad Hilary e smettila di piangere, tanto non servirà a niente!" asserisco minacciosa.
" No!!" esclama con tono ardito.
" Yuri, portamela qui!" gli ordino allungando le braccia.
" Vai dalla mamma, su!". Yuri sta cercando in tutti i modi di scollarsela di dosso, ma le sue mani hanno afferrato la sua camicia talmente forte che potrebbe strapparsi.
" Hope, adesso basta!" continuo io arrabbiata.
L'ardua impresa continua, sempre con più difficoltà. Qualcuno suona alla porta, ma nessuno ci fa caso, solo Hilary che si appresta ad aprire, ripresentandosi pochi istanti dopo con colui che è la causa di tutti i mali.
" Hiwatari!" esclamo, accorgendomi della sua presenza.
Resta sul ciglio della porta a fissarmi serio.
" Che ci fai qui Kai?" domanda Yuri stranito, mentre Hope continua a tirare la sua camicia.
" Le urla di quella bambina arrivano fino a casa mia..." afferma ironico avvicinandosi a Yuri, che fa scivolare la piccola tra le braccia di lui. Quest'ultima, con nostra grande sorpresa non oppone alcuna resistenza, ma si lascia prendere con una facilità incredibile. Ha persino smesso di piangere e urlare. Le sue guance arrossate sono rigate da lacrime che fino a poco fa sgorgavano infinite e adesso ogni tanto la sua testolina sussulta a causa dei singhiozzi.
Resto quasi paralizzata alla vista di questa scena: si è...calmata. E la cosa che più mi rende interdetta è che sia stato Lui a farla smettere di piangere, mentre io fino a poco fa ho dovuto urlare per tentare nell'impresa. 
E' bastata solo...la sua...presenza.
" Kai, io voglio il cane..." dice con vocina docile.
" Certo, è qui" gli risponde accarezzandole una gote.
Vedere questa scena mi sta facendo venire una strana sensazione. 
Un momento: ha detto che è qui?
" Che significa che è qui?!" domando minacciosa, rendendomi conto solo ora di quello che ha appena detto.
" Sta' zitta Sarizawa!" mi ordina acido, voltandomi le spalle dirigendosi all'uscita e lasciandomi interdetta qui insieme a Yuri ed Hilary.
" Mi ha detto... mi ha detto di stare zitta?!" dico stringendo un pugno " Yuri, passami le stampelle!" gli ordino autoritaria. Dove sta portando mia figlia?
Prese le stampelle comincio a correre, se così si può dire. Hilary e Yuri mi precedono e dopo qualche secondo raggiungo il giardino, dove ,per la seconda volta, oggi, mi si presenta agli occhi la stessa, medesima, identica...scena: mia figlia che gioca e saltella felicemente con quell'abominevole cane.
" Ditemi che sto sognando..." sussurro, rivolgendomi ai miei amici che optano per la facoltà di non parlare.
" Kai, potresti venire qui?" chiedo con tono di voce innervosito.
" Prima che tu possa dire qualche cosa: stai zitta!" mi riordina con voce autoritaria.
Me lo ha detto di nuovo??
" Come osi tu dirmi...".
" Zitta!" ripete ancora una volta, interrompendomi.
" Non dir.."
" Zitta!".
" Adess.."
" Taci!".
" Ma.."
" Shh" conclude facendo un gesto della mano che sembra voler catturare la mia voce.
Rimango perplessa e confusa, con la sua mano chiusa in un pugno davanti alla mia bocca e rimango a fissarlo contorta, come se veramente fossi stata immobilizzata.
Che intenzioni ha? Perchè è ritornato con quel cane?
Ma soprattutto perchè ho smesso di parlare come se davvero fosse stato lui a togliermi la voce? Devo essere impazzita!
" Mamma, adesso lo possiamo tenere il cane?" mi domanda la piccola, tirandomi per la maglietta.
La osservo sempre più confusa: non so che diamine dire!
" Ascolta piccola..." inizia a dire Kai, piegandosi sulle ginocchia per arrivare alla sua altezza. " Il cane è tuo, ok?" Lei annuisce felice " ...però non puoi tenerlo in casa, quindi starà a casa mia e quando lo vorrai vedere ti porterò con me, ok?".
Wow, questo è forse il discorso più lungo, serio, ragionato e sensato che abbia mai sentito pronunciare dalla bocca di Kai Hiwatari.
" E' vero? Mamma posso??" mi domanda speranzosa, mentre io resto, non esteriormente, ma almeno dentro di me, a bocca e occhi aperti dallo stupore.
" E allora, mamma?" ripete Kai fissandomi.
" Ehm... sì, questo si può fare..." rispondo ancora non molto convinta.
A queste parole Hope getta un grido di entusiasmo e corre a giocare col cane, questa volta tenuto legato e una sbarra del cancello, per evitare che salti addosso a qualcuno. I miei occhi poi si spostano furtivi sul profilo di Kai, che osserva la scena assorto.
Stavolta mi ha stupita: ha cercato di riparare al suo errore. Cosa molto... inconsueta, devo ammetterlo.
" Allora, Sarizawa? Hai qualcosa da dirmi?".
Ero immersa totalmente nel profondo dei miei pensieri da non accorgermi che anche lui mi stava osservando: cacchio!
" Eh? No!" rispondo in modo secco, mal celando un certo nervosismo. 
" Sicura?" richiede con un sorrisetto beffardo.
" Beh... dico solo che avresti dovuto pensarci prima a fare la cosa giusta!" spiego con tono piatto.
" Quindi adesso puoi ammettere che ho fatto una cosa giusta!" dichiara divertito.
" No, dico solo che..." Che nervi!! " che è sera, fa freddo e Hope si ammalerà se staremo ancora fuori!" concludo deviando il discorso, il che non gli fa scomparire quel sorriso di soddisfazione che lo rende ai miei occhi più odioso del solito.
Che si stia affezionando davvero a lei? E lei a lui?
Questo sarebbe davvero un bel problema.







Qualche giorno dopo...



" Papà!" esclama Hope con gioia, lasciando perdere i suoi giochi per correre tra le braccia di Rai, appena tornato dal suo lungo viaggio.
" Piccolina!" la prende al balzo abbracciandola forte a sè. 
Il tutto sotto il mio sguardo divertito e intenerito allo stesso tempo.
" Sai Rai, è un peccato che io non possa correre per saltarti addosso!" dico scherzosa.
" Beh, posso sempre saltarti io addosso! Scusa piccolina, ma adesso tocca alla mamma!". La lascia scivolare a terra e si dirige verso di me abbracciandomi e scoccandomi un enorme bacio a fior di labbra.
" Finalmente!".
" Già, finalmente! Come va la gamba?" mi domanda preoccupato.
" Yuri dice che tra qualche giorno toglieranno tutto!" rivelo felice.
" Oh, non vedo l'ora!".
" A chi lo dici, non ne posso più di stare seduta su questo divano dalla mattina alla sera!".
" Ma sei uscita di casa almeno una volta?".
" Beh, ci sono state poche belle giornate e quelle poche volte in cui c'è stato il sole mi sono messa fuori in giardino a leggere o giocare con Hope!".
" Non preoccuparti, ancora un po' di pazienza e riprenderai la tua vita normale!" cerca di rasserenarmi, per poi poggiare pesantemente la schiena sul divano.
" Hey, ma cosa c'è?" dice, togliendo qualcosa da dietro che gli dava fastidio. " Mi sono seduto su un peluche..." afferma osservando per bene l'oggetto che ha tra le mani. " Ma quando le avremmo comprato questo peluche gigante?" nota giustamente.
" Ehm..."
" Questo me lo ha regalato Kai!" interviene a spiegare la faccenda la piccola.
Al suono di quel nome la sua faccia si fa seria " Ah" è l'unica cosa che riesce a dire.
Decido di non aggiungere nulla e limitarmi a fare un sorrisetto che nasconde un certo nervosismo; un nervosismo che si mostra completamente nel momento in cui Hope dice a Rai la grande novità.
" Papà, papà! Lo sai che Kai mi ha regalato un cane??".
" Si, l'ho capito, bello..." si limita a dire senza alcun emozione nel tono di voce.
" Non questo! Uno vero!" spiega meglio.
" Uno... vero?" stavolta si rivolge a me, che affondo la testa tra le spalle, sperando di sparire in qualche modo. 
" Che storia è mai questa?" m incita con impazienza attendendo una spiegazione più chiara da parte mia.
" E' una lunga storia..." affermo nervosa.
" Bene, ho un sacco di tempo a disposizione!".





" Non posso crederci che tu abbia consentito a lui una cosa del genere, dopo averla fatta piangere per un anno!".
" Rai, io non ho consentito niente a nessuno! Ti ho detto come sono andate le cose!".
Rai sembra essersi innervosito e parecchio, non capisco il perchè sinceramente.
" Quando te l'ho proposto io non hai voluto!" afferma insospettito.
" Rai, io non l'ho fatto perchè odio i cani, ma perchè semplicemente non avevamo spazio in cui tenerlo! Kai almeno ha un giardino abbastanza grande per tenerci un intero branco di cani!" spiego sinteticamente.
" Anche io in Cina ho una casa con giardino, eppure non hai voluto!".
" Non è il giardino il punto, ok?" puntualizzo scocciata.
" Allora è la persona che fa la differenza!" ribatte lui.
" No! Senti, in realtà ..." sospiro esausta "... in realtà Hope mi stava facendo esaurire più che mai! E poi essendo a casa di Kai il cane è come se fosse suo quindi è tutta sua la responsabilità di badare a quel cane!".
Non sembra molto convinto, ma almeno sembra avere capito.
" Ok, scusa... ma mi innervosisce sentir prlare di lui! Per fortuna manca poco..." sussurra pensieroso.
Manca poco...
" Cioè?".
" Appena ti sentirai meglio potremo ritornarcene in Cina, e una volta lì... potremo pensare al matrimonio e finalmente vivere la nostra vita..." afferma accarezzandomi dolcemente una gote e baciandola a stampo.
Ricambio il suo dolce sorriso e le mie braccia circondano il suo collo e mi abbraccia forte a sè.
Quindi manca poco.
Presto partiremo, ritorneremo in Cina e ci sposeremo. Era quello che aspettavo da giorni, quello che sognavo si avverasse il più presto possibile.
Dovrei essere felice, al settimo cielo.
E invece...
E invece emozioni contrastanti mi impediscono di esserlo. 
Come se qualcosa mi turbasse.
Come se una parte di me mi dicesse : vai, finalmente potrai realizzare il tuo sogno, mentre l'altra mi dicesse:


" Resta qui, non è una minaccia
ma un consiglio!"












Salve!
Dopo vari conflitti interiori (?) sono riuscita a metter giù un altro capitoletto!
Cosa ne pensate?
La questione del cane sembra essere stata risolta ( dopo pianti infiniti e l'intervento della mano divina di Kai) Eh sì, ammettiamolo, stavolta Kai ha fatto un gesto carino e sensato ( Kai corre a vomitare per overdose di zuccheri aggiunti**) che persino Anya ha riconosciuto!
Ditemi cosa ne pensate, perchè come avrete capito dall'ultima parte del capitolo le vere brutte cose inizieranno a partire da adesso!! ( ma non l'avevi detto qualche capitolo fa?nd Tutti) ( Tacete! e infatti ho detto quelle vere!nd Me)
Siete curiosi? Volete sapere come andrà a finire?
Allora non resta che attendere che un altro colpo di fulmine colpisca miei neuroni (ma perchè, ne è sopravvissuto qualche altro oltre a me?ndNeuroneOnlySurvivor)
Vi ringrazio tutti, mi raccomando fatemi sapere!
Ciauuu :))

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Capitolo 20
*** Problemi e incomprensioni ***


"Ti senti libera adesso?" domanda Rai, rivolgendomi uno dei suoi sorrisi, per poi puntare gli occhi sulla strada.
"Libera è dir poco! Mi sento come se fossi rinata! Niente più gesso, niente prurito, niente divano-letto e letto-divano!" esclamo entusiasta cercando di muovere la gamba, rimasta intorpidita dal gesso appena tolto. " Posso riprendere il normale corso della mia vita!" aggiungo con soddisfazione.
L'auto si ferma al semaforo rosso.
" Quindi... tornerai a lavorare?" mi chiede fissandomi dritto negli occhi.
" Sì, Dana mi starà maledicendo per averla lasciata da sola".
" Ma avrebbero potuto cercare una sostituta, tanto tra un po' dovrai lasciare quel lavoro" mi fa notare saggiamente.
E' vero...
" Non serve più che lavori..." continua a dire, mentre gocce di pioggia iniziano a cadere sui finestrini, aumentando progressivamente, " tanto, presto...partiremo!" conclude, azionando i tergicristalli per poi rimettere in moto l'auto, allo scatto della luce verde.
L'auto avanza e senza riuscire a dire una parola, mi immobilizzo in un religioso silenzio, sprofondando nell'abisso dei miei pensieri, che iniziano quasi a vorticarmi nella mente , proprio come le immagini e i colori delle luci della strada che mi scorrono affianco, rese sfocate dai finestrini umidi ed appannati.
" Rai..." lo richiamo con flebile tono di voce, strofinando una mano sul finestrino per osservare meglio la strada là fuori.
" Sì?" risponde lui.
" Quando partiremo?" domando, cercando di mantenere un tono fermo.
" Dopo Natale...".
Il finestrino si appanna quasi ad offuscare ancor di più i miei pensieri.
" Ok...".
Manca poco a Natale.
 
 
 
 
 
 
 
 
Rieccomi in caffetteria.
Su insistenza di Rai mi sono presa qualche giorno di riposo, giusto per non sforzare la gamba, subito appena tolto il gesso
Sarà dura riuscire a riprendere il ritmo, dato che sono rimasta a poltrire per parecchi giorni su un divano, ad essere servita e coccolata dai poveri coniugi Ivanov.
Ma a farmi ritrovare la forza di correre da un tavolo all’altro, reggere vassoi e pulire toilette c’è come sempre lei: Dana.
Appena messo piede stamattina in caffetteria, il suo “bentornata, sono felice che tu sia guarita, eccoti il grembiule” pronunciato con lo stesso tono di voce di un traduttore automatico, secca e apatica, ho sentito come una forte carica di adrenalina pura, che mi ha messo subito una gran voglia di lavorare.
Ma lasciamo perdere: non mi aspettavo già troppi formalismi.
“ Anya!”.
Mentre sono intenta a prendere delle ordinazioni, una voce a me conosciuta pronuncia il mio nome, con entusiasmo.
“ Boris!” rispondo avvicinandomi verso di lui.
“ Finalmente sei tornata! Non ne potevo più di quella strega!” aggiunge a bassa voce.
“ Guarda che ti ho sentito!!” urla adirata Dana da dentro la cucina.
“ Ma come diavolo mi avrà sentito?!” domanda stranito, ricevendo come risposta un movimento di spallucce.
“ Caffè?” gli propongo dirigendomi dall’altra parte del bancone.
“ Ottima idea, tu sì che sai come farmi felice!” commenta calcando bene le parole per farle arrivare alle orecchie di una persona in particolare.
“ Boris, ti prego di non esagerare o saranno cavoli amari. Per tutti!” gli faccio intendere con tono supplichevole, mettendogli davanti una tazzina di caffè fumante.
“ Ma è così divertente!”risponde a bassa voce.
“ Credimi: per me non sarà così!”.
“ Si può sapere perchè continuate a sparlarmi? Se non hai un cavolo da fare avrei un lavoretto da proporti!” si rivolge a Boris con tono adirato, riuscendo a far stampare un sorrisetto irritante sul suo volto.
“ Di che genere?” domanda alquanto incuriosito da questa proposta.
“ Le parole: straccio, secchio, bagno ti dicono qualcosa?”.
“ Eh?! No grazie, non mi userai per i tuoi sporchi lavori!” rifiuta disgustato,  indietreggiando con lo sgabello.
“ Peccato, perché in quel ruolo ti ci vedo adatto!” lo punzecchia acida.
“ Ho capito, me ne vado! Anya, aggiungi il caffè al mio conto, CIAO!” saluta alterato.
Sparito Boris, Dana ritorna in cucina e incuriosita e allo stesso tempo insospettita, la seguo.
“ Come mai sei così arrabbiata con lui? Ha combinato qualcosa mentre non c’ero?” chiedo senza usare un tono troppo invasivo.
“ Che io ricordi, non sono mai stata così felice di vederlo…” si limita a rispondere evasiva, continuando a fare il suo lavoro.
“ Beh… in effetti è vero, ma non ho mai capito il perché!”. Cerco di muovermi cautamente per, piano piano, addentrarmi più in fondo.
Mi ignora.
Forse è un modo carino per dirmi che devo farmi gli affari miei.
Ma non può lasciarmi così!
Dopotutto io le ho raccontato ogni cosa di me, o almeno le cose più importanti.
Quindi non vedo cosa ci sia di male nel farsi delle piccole confidenze.
Ok, piano B. Funziona sempre, in genere.
“ Ok, ho capito! Non sei costretta a dirmelo” dichiaro fingendo un tono arrendevole.
“ Non funziona con me la psicologia inversa!” confessa.
Cavolo.
“ Uffa!” sospiro portando gli occhi al cielo. “ Non ti capirò mai!”.
“ Non lo sopporto, ok??” afferma innervosita.
“ Ma perché??”.
“ Perché deve esserci un motivo?!”.
“ Non si può detestare una persona senza un motivo! Deve esserci per forza!” .
“ Ah, allora perché non te lo fai dire da lui?!” conclude lavandosene le mani.
“ A dire la verità lui mi aveva detto qualcosa…” cerco di ricordare.
“ Ah sì? E cosa ti avrebbe detto, sentiamo!” domanda investigativa.
“ Dunque, non mi ricordo bene, ma mi sembra avesse detto che siete usciti, ma l’indomani tu lo hai trovato con un’altra nel suo garage…o qualcosa del genere!”.
“ Ah! Dunque sarebbero andate così le cose??” dice infuriata, facendomi sobbalzare dallo spavento.
“ S-ì…insomma…”
“ Uno stronzo di prima categoria!” conclude sbattendo sul tavolo lo straccio che torceva in mano da mezz’ora, per poi voltarmi le spalle e dirigersi al bancone dove un cliente la attende.
“ Ma… mi lasci così?” sussurro tra me e me, rimasta qui sola con una serie di punti interrogativi sulla testa.
Di questo passo, non saprò mai cosa è successo tra quei due…
All’improvviso arriva un messaggio:
“ domani prenderò Hope alle 17.00”
Kai.
Porto gli occhi al cielo.
Non cambierà mai, sempre molto sintetico e coinciso. Praticamente quando parla e scrive messaggi non cambia nulla!
“OK!”
 
 
 
***
 
 
Entrata all’interno dell’enorme edificio, premo il pulsante che apre istantaneamente le porte dell’ascensore. Rapidamente vi entro e nell’attesa che arrivi al piano interessato, sistemo i capelli scompigliati a causa del vento.
Si aprono le porte. Percorro con passi decisi il lungo corridoio .
“ Devo parlare con Hiwatari!” dico rivolgendomi alla segretaria, seduta lì vicino, alla sua scrivania.
“ Ha un appuntamento?” domanda osservando attraverso i suoi occhiali l’agenda.
Ma è idiota?
“ Io sono la fidanzata, ricorda?”.
“ Oh, mi scusi, non l’avevo riconosciuta!”.
“ Dunque, posso parlare con lui?” chiedo spazientita.
“ Ehm, no al momento è impegnato, può attendere qui!” mi consiglia indicando una poltroncina lì accanto. “ Non dovrebbe aspettare molto!” afferma controllando l’orologio al polso.
“ Magari se lo avvisa che sono qui, aspetterò ancora di meno, non trova?” le faccio capire gentilmente.
“ La prego di accomodarsi, il Signor Hiwatari mi ha chiesto gentilmente di non essere disturbato!” ripete, indicando ancora una volta quella poltrona.
Stronza!
“ Va bene… aspetterò!” rispondo con finta gentilezza.
Mi accomodo su quella poltrona e comincio a picchiettare un dito.
Che scocciatura!
 
 
Dopo quasi mezz’ora, la porta dell’ufficio finalmente si apre.
Ad uscire per primo è un uomo alto e robusto, forse sulla cinquantina , seguito da Kai.
“ Le farò sapere!” .
“ A presto!” risponde Kai, salutandolo con una stretta di mano.
 “ Kai, finalmente!” esclamo, attirando l’attenzione su di me, visto che non si era accorto della mia presenza.
“ Ma che ci fai qui?” domanda stranito, avvicinandosi .
“ Arrivederla avvocato!” sento dire alla segretaria, che saluta quell’uomo.
Avvocato?
“ Come mai stavi parlando con un avvocato?” domando stranita.
“ No, niente… questioni di lavoro!” mi rassicura con tono evasivo.
“ Dunque, perché sei qui?” domanda nuovamente, per cambiare subito discorso.
“ Volevo pranzare insieme a te!” propongo sorridente.
“ Ok, dammi cinque minuti e arrivo!”.
 
 
 
 
 
 
 
*********
 
 
 
 
“ Secondo te sono più belle le palline rosse, gialle o bianche?”.
“ Rosse!” esclama allegramente la piccola che tengo in braccio.
“ Dici?” le chiedo conferma, osservandola divertito.
Risponde con un cenno del capo.
“ E che rosse siano!” affermo prendendo un pacchetto dallo scaffale, pieno di decorazioni natalizie.
Siamo al centro commerciale.
Anya è a lavoro e, rimasto da solo in casa con Hope, ho deciso di portarla a comperare gli addobbi per l’albero di natale.
“ Papà, mi fai scendere?”.
“ Ok…”.
La adagio a terra, ma me ne pento subito, vedendola correre alla velocità della luce.
“ Hope, dove vai?” la richiamo, vedendola girare e sparire dietro uno scaffale.
Appena la raggiungo la vedo ferma davanti ad uno scaffale a osservare vari giocattoli.
“ Quante volte ti ho detto che non devi scappare…”.
“ I bambini! Portali in un negozio di giocattoli ed è la fine!” sento affermare da una voce che arriva alle mie spalle.
Mi volto verso quella direzione e vedo una ragazza col cappellino aprire scatoloni e sistemare giocattoli vari sugli scaffali.
“ Esatto” concordo, rassegnato a questa dura verità.
La piccola, incuriosita dagli oggetti all’interno di quegli scatoloni, si avvicina a perlustrarli.
“ Hope, non essere invadente” la richiamo a me.
“ Stia tranquillo. Ma che bella bambina!” esclama osservandola meglio. “ Come ti chiami?”.
“ Hope” risponde timidamente.
“ Hope, ma che bel nome! E che occhi stupendi che hai! Li ha presi dalla madre?” azzarda a indovinare, rivolgendosi più a me che a lei, dopo avere controllato il colore dei miei occhi.
La mia espressione si muta nel giro di mezzo secondo.
“ Dalla madre… certo…” rispondo serio ed evasivo. “Andiamo Hope!” .
La prendo per mano e senza un motivo sensato, non saluto neanche quella commessa, che lascio lì a domandarsi sicuramente cosa abbia detto di male per farmi irritare così tanto
Certo:lei non poteva sapere.
Come del resto nessuno può sapere che questa bambina non è mia figlia. Non lo sa neanche lei, figuriamoci.
A volte dimentico che non è mia.
L’ho cresciuta senza alcun rancore; le ho voluto bene come fosse mia ed ho accettato il fatto di essere chiamato papà.
Ho sempre ignorato il fatto che per metà fosse sua.
Ma più cresce e più gli somiglia.
Più gli somiglia e più mi rendo conto che non è solo figlia di Anya, e purtroppo, neanche mia…
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
Giunge finalmente la sera.
Dico finalmente, perché non vedevo l’ora che questa giornata finisse. Tornare a lavorare così subito non è stata poi un’idea geniale: la gamba si è sforzata un po’ a correre da un tavolo all’altro.
Come sempre aveva ragione Rai.
Arrivo a casa, dopo avere salito lentamente le scale, per non fare troppa pressione sulla gamba e aperta la porta, giungono alle mie orecchie le allegre e dolci risate di Hope.
“ Sono tornata!”.
A queste parole corre verso di me.
“ Mamma, lo sai che papà ha fatto l’albero di Natale?” mi informa tutta contenta.
“ Veramente?”.
“ Vieni!”.
Mi trascina per una mano nel piccolo soggiorno, dove trovo Rai chinato a sistemare alcune decorazioni.
“ Wow!” esclamo sorridente.
“ Ti piace? Non sono sicuro a dire la verità, forse dovrei comprare più addobbi!” confessa dubbioso.
“ Ma no, è perfetto!” lo rassicuro.
“ Beh… meno male, perché l’ho rifatto tre volte!” spiega con tono esausto, dirigendosi in bagno.
Ah…
“ Mamma, oggi ho visto…”.
Hope inizia a raccontarmi le sue avventure, ma la mia attenzione viene catturata dal cellulare di Rai che vibra sul tavolino del salotto.
Allungo il collo per leggervi meglio cosa vi sia scritto.
E’ la notifica di un messaggio:
“Dimmi tu appena puoi, il giorno che ti fa più comodo, sono sempre disponibile :)”
E il mittente è una certa Corinne…
 
 
**********
 
 
 
“ Perché non posso andare fuori a giocare col cane?” mi domanda con la sua docile vocina triste.
“ Perché sta piovendo” le ripeto per l’ennesima volta, cercando di non usare un tono brusco.
“ Ma allora lo portiamo qui!” propone entusiasta, puntando un dito a terra, per indicare forse che vuole portarlo dentro… in casa??
“ No, no piccoletta! Il cane qui non entra!” affermo autoritario.
 “ Ma uffyyyyy!!” esclama sbuffando, sedendosi pesantemente sul divano, a braccia conserte ed espressione alquanto imbronciata.
“ Puoi fare qualcos’altro, perché non colori?” le propongo, per cercare di distrarla dal suo proposito.
“ No!” esclama infuriata, non degnandomi di uno sguardo, ma continuando a fissare con occhi pieni di rabbia dritto dinanzi a sé.
“ Ok…” sussurro, in segno di resa.
Prendo un lungo respiro cercando suggerimenti chissà dove.
“ Hai fame?”.
“ No!” ripete sempre più infuriata.
Eccheccazzo!!
“ E cosa vuoi fare?” chiedo perdendo a poco a poco la pazienza.
“ Niente! Voglio il cane!!” grida infuriata.
Ma che dico: incazzata, e pure nera!
Chissà da chi avrà preso…
“ Voglio il caneeeee!!”. Asserisce, con tono lamentoso, portando indietro la testa e iniziando a piangere.
Non ci credo.
Questo è un incubo.
Dove è andata a finire la bambina tranquilla a cui bastava colorare e guardare la tv per essere felice e serena.
Il suo pianto diventa sempre più disperato e lamentoso.
Ma perché? Porca miseria!
 “Perché stai piangendo?!” le chiedo con un tono tra l’arrabbiato e il disperato.
“ Perché….” Un singhiozzo la interrompe “ … voglio il caneeeee” . Ecco che l’ultima lettera della parola cane si prolunga per una manciata di secondi per poi ritrasformarsi in un lamento continuo.
“ Smettila di piangere!” le ordino , cercando di mantenere l’autocontrollo.
Una cosa che odio?
I bambini.
Piangere.
I bambini che piangono.
Mi fanno perdere la pazienza.
Mi innervosiscono.
Mi fanno venire la voglia di prenderli e spiaccicarli a muro.
 
Ma ricorda Kai:
Questa piccola mocciosa è tua figlia, cerca di non traumatizzarla, come fai di solito con le altre persone che ti circondano.
“ Voglio il cane… voglio il cane…vogl-…”.
Il suo lamento continua e sempre più forte.
E’ tua figlia Kai, tua figlia, tua-figlia.
Una figlia che non sa che sei suo padre.
Perchè quella stronza di Anya ha messo di mezzo un cinese del cazzo.
Ma questo discorso non c’entra un cazzo in questo momento!
Quindi adesso prendi un respiro profondo.
Ti siedi in questo cazzo di divano e concentri in un solo punto tutta la poca…pochissima pazienza del cazzo che hai…
Forse sto usando la parola cazzo un po’ troppo, ma  perché è quello che vorrei gridare a raffica il questo preciso istante, ma non puoi…ricordi Kai?
Anya ti ha dato delle regole del cazzo che devi cercare di rispettare, perché devi dare l’esempio a tua figlia e istaurare un buon rapporto con lei.
“ Voglio il cane! Voglio il cane…”.
Pur meditando, non funziona.
La sento ancora.
E’ un suono assordante.
Trova una soluzione.
Preferibilmente saggia.
“ Basta! Ti porto da tua madre!” asserisco con tono duro e deciso, puntando un dito minaccioso verso di lei, che spaventata dalla mia improvvisa reazione si immobilizza guardandomi con occhi pieni di lacrime.
Sembra avere funzionato.
Tace.
E’ immobile.
Il suo petto sussulta a causa dei singhiozzi che sembra soffocare dentro forse per timore.
I suoi occhi sono gonfi e il viso rigato di lacrime.
Missione compiuta.
 
“ No!”. Grida contrariata.
Cosa?!?
Rimango impietrito al suono di questa risposta.
“ Cosa vuol dire no?! Ti riporto da tua madre!” affermo autoritario, alzandomi per prenderle la mano e portarla via.
“ Noo!!” urla nuovamente con voce graffiata, “Prima voglio vedere il cane!” si libera dalla mia presa e comincia a correre, sparendo nel giro di un istante dal salotto e lasciandomi qui, con la mano, che prima teneva la sua, ancora tesa verso il basso.
La ritiro, stringendola in un pugno.
Non è vero.
Non lo sta facendo.
Non sta gridando di nuovo, correndo in giro per la casa.
E’ solo immaginazione Kai.
E’ solo… immaginazione!
Chiudo gli occhi, per trovare la calma e la pazienza che possano permettermi di gestire la situazione da persona responsabile, mentre una vocina fa eco nella mia mente:
Perché cazzo hai preso quel cane, Kai?
 
 
**
 
 
 
Sono in cucina a preparare la cena.
Rai è uscito a sbrigare delle faccende e Hope è con Kai.
Oggi finito il turno pomeridiano, sono corsa a prendere mia figlia all’asilo e lì ho dato appuntamento a Kai per venire a prenderla.
A proposito di appuntamenti, non riesco a non pensare a quel messaggio mandato a Rai da quella Corinne, mi chiedo chi sia, insomma, non ne ho mai sentito parlare. E poi che significa quel “dimmi tu il giorno, sono sempre disponibile”? aveva tutta l’aria di essere una sorta di appuntamento.
Appuntamento per cosa?
 “ Sempre nei momenti meno opportuni…” penso ad alta voce tra me e me, sentendo il cellulare vibrarmi in tasca.
Kai.
Ha preso sua figlia esattamente un’ora fa, quindi mi chiedo cosa voglia adesso! Non lo sopporto!
 “ Pronto Hiwatari, che vuoi?”rispondo acida.
 “ Come si spegne?!” domanda alterato, ignorando la mia frase.
“ Come si spegne… cosa?” domando a mia volta non capendo cosa voglia dire.
“ Tua figlia! Come caz…volo si spegne?” ripete con tono serio e parecchio innervosito.
“ Kai, si può sapere che stai dicendo??” . Inizio a innervosirmi anch’io.
Ma è impazzito, o cosa?
“ E’ da tre ore che grida come una matta! Ho perso la pazienza!” spiega esaurito.
“ Grida? Ma cosa è successo??” domando preoccupata.
“ Cosa è successo?? Ascolta tu stessa…”
Passano alcuni secondi di silenzio, dopodiché dal cellulare cominciano ad arrivare strani suoni, sembra la voce di Hope. All’inizio non riesco a percepire con chiarezza ciò che dice, ma dopo alcuni secondi tutto mi è chiaro.
“ Voglio giocare con il caaaaneeeee!”.
Oh-mio-Dio!
“ Portala-subito-QUI!” gli ordino a denti stretti e tono minaccioso.
 
 
 
 
Sono seduta su una sedia, in cucina, a picchiettare un dito sul tavolo e rimuginare sulla telefonata appena terminata con quell’idiota.
E’ passata mezz’ora e di lui non ci sono tracce: eppure gli ho fornito precise indicazioni per arrivare a casa mia. In teoria avrebbe dovuto lasciarla a casa di Hilary in modo che poi saremmo passati noi a prenderla, ma vista la situazione alquanto critica, e considerando il fatto che Rai non è in casa,  il programma è totalmente cambiato.
Ma ora mi sente!
Al suono del campanello, balzo dalla sedia e mi accingo ad aprire in maniera repentina la porta principale, dove ad osservarmi ci sono due occhi infuriati da una parte, e due occhi rossi, gonfi e pieni di lacrime dall’altra.
“ Sei un idiota!” mi limito a dire, strappandogli dalle braccia Hope per poi avviarmi in cucina.
“ Ah! Io sarei un idiota!?” ripete con tono alterato seguendomi lungo il corridoio.
“ Non sai badare neanche ad una bambina!” gli rimprovero duramente, asciugando con un fazzoletto il viso della piccola rigato di lacrime.
“ Ho cercato in tutti i modi di farla smettere di piangere, ma cazzo… sembrava avere azionato una sirena!” .
“ Oh! Immagino che tu sia stato paziente e gentile nel comportarti con lei!” inizio a dire con un tono ironico che lo fa imbestialire “ Ma per favore, Kai! Basta un solo tuo sguardo per traumatizzare le persone!” concludo acida lasciandolo spiazzato in due.
“ Davvero…divertente…” grugnisce a denti stretti, stringendo i pugni lungo i fianchi.
“ La colpa è tua! Ti avevo detto che quel cane avrebbe portato solo problemi, ma tu no! Credi di avere sempre ragione!”.
“ Pioveva…capisci quale è il problema?!”  cerca di giustificarsi.
“ No Kai, il problema non è la pioggia, non capisci??” ribadisco a mia volta, osservandolo dritto negli occhi, come a voler sottintendere qualcosa, che evidentemente non gli arriva.
Hope, stanca evidentemente di questi battibecchi in cui si trova fisicamente in mezzo, e ripresasi dal trauma, decide di voler scendere dalle mie braccia e dirigersi in bagno.
Allentiamo per un attimo la tensione e riprendere il respiro.
Passati alcuni secondi di silenzio…
“ Senti… tu non capisci me ed io non capisco te…” inizia a dire prendendo un lungo respiro. “ Evidentemente abbiamo dei problemi di comunicazione…”.
“ Sai che novità…” commento a bassa voce.
“ Quindi lasciami fare come cazzo mi pare, per favore!”.
“ No, Kai! Non funziona così! Se vogliamo che diventi una persona matura e intelligente, quale tu non sei, dobbiamo fare come pare a ME!” controbatto duramente.
 “ Bene! Sai che ti dico? Goditi il tuo momento di potere per il momento, tanto dopo sarò io a gestire la situazione!” afferma allontanandosi e andandosene.
Per il momento?
Dopo?
Potere?
“ No aspetta un attimo!” lo richiamo infuriata raggiungendolo a passi da gigante. “ Quale dopo?”.
“ Ma come? Hai già dimenticato? A proposito, quando partirete?” domanda investigativo.
Non ho il tempo di focalizzare bene in mente questa sua frase, che la porta principale si apre e fa spazio alla figura di Rai, che vedendosi davanti agli occhi Hiwatari, mi osserva come a volere delle spiegazioni.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Torno finalmente a casa, dopo un pomeriggio passato in mezzo al traffico a causa della pioggia, apro la porta e chi mi ritrovo in casa?
Una persona che mai avrei pensato potesse mettere il piede qui dentro, specialmente in mia assenza.
Prima lo osservo in cagnesco, poi i miei occhi si spostano automaticamente su Anya, per avere spiegazioni.
“ Non preoccuparti, me ne stavo andando! Ho finito qui…” si limita a dire dirigendosi alla porta e congedandosi da solo, chiudendosi la porta alle spalle.
“ Anya, che ci faceva qui? In casa nostra?” domando con apparente calma, ma senza non far trasparire un certo nervosismo.
“ Ha riportato Hope…” .
“ Non doveva lasciarla da Hilary?” chiedo togliendomi di dosso il cappotto.
“ Sì, ma ecco… Hope piangeva e non sapendo cosa fare gli ho chiesto io di portarla qui…”spiega brevemente.
Prendo un lungo respiro.
“ Ok…” rispondo non molto convinto, superandola e dirigendomi di là.
“ Rai, sembra quasi che tu non mi creda…” afferma con tono preoccupato.
Non le rispondo subito, e questo la stranisce.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
“ Ti credo… e so che vi vedete solo per Hope, ma questo non mi piace lo stesso, ok! Non credi che mi dia fastidio il fatto che vi parliate a telefono, ti mandi messaggi e vi vediate?” dice con tono leggermente alterato.
Ma cosa gli prende?
“ Sì ma… non capisco perché ti stai arrabbiando così tanto! Sono messaggi di due o tre parole, e sono sempre riferiti a Hope! Io non ti ho mai detto nulla sul fatto che tu messaggi con altre ragazze!”.
 “ Quali ragazze?” domanda stranito.
Perché fa finta di nulla?
“ Allora chi è Corinne?”.
Non ce la faccio più a trattenere, devo sapere.
“ Corinne?” ripete, come se non sapesse chi fosse.
“ Sì, Corinne, l’altro giorno ti ha mandato un messaggio, non l’hai letto?” gli ricordo.
Si ferma un attimo a pensare.
“ Corinne è una mia collega di università!” confessa come se fosse la cosa più ovvia di questo mondo.
“ E come mai vi mandate messaggi, ancora dopo esserti laureato?” chiedo investigativa.
“ Perché mi ha chiesto un favore, e poi… aspetta un attimo, da quando mi controlli il cellulare?”.
“ Io non ho controllato , l’ho letto per caso!”.
“ Ah e solo perché ad inviarmelo è stata una donna vuol dire che io ti abbia tradito?”.
“ Io non ho detto questo…”.
“ Però l’hai pensato! Anya, io non ti tradisco, ok?” afferma innervosito.
“ Ok, ma non capisco perché tu ti stia scaldando tanto!”.
“ Perché stai dubitando di me! Cosa dovrei pensare allora io del fatto che tu ti vedi con Hiwatari? Che può entrare ed uscire da questa casa quando gli pare con la scusa di Hope? Dovrei mettere delle cimici per tutta la casa e controllare quello che fate?”.
Perché sta dicendo queste cose?
“ Rai…” sussurro“ Come puoi pensare una cosa del genere…” affermo incredula.
“ In fondo l’hai già fatto una volta…” conclude amareggiato, mentre i suoi occhi puntano in un angolo indefinito della stanza.
 
 
 
 
 
 
 
****
 
 
 
Perché l’ho detto?
Non volevo.
La vedo lì, immobile al centro della stanza a osservarmi incredula.
Non so perché ho reagito così.
Ho esagerato, lo ammetto.
Ma vedere Hiwatari insieme a lei mi manda in bestia.
E’ come se lui riuscisse a tirare fuori di me una parte che non sapevo neanche di avere.
Perché mi ritornano in mente ricordi spiacevoli.
 
“ Anya… io non…non volevo dire queste cose” le spiego con tono calmo e sinceramente pentito.
Mi avvicino lentamente a lei.
“ Non preoccuparti, in fondo…è la verità!” afferma, tirandosi leggermente indietro come segno di rifiuto al mio tocco.
“ Anya…”.
“ Vado in bagno…” si congeda scoppiando quasi in lacrime.
La seguo, per cercare di fermarla.
“ Anya, non…”
“ Ti prego Rai!” conclude entrando in bagno.
La porta si chiude a pochi centimetri dalla mia faccia.
Abbasso la testa,e la mia fronte e il mio pugno si poggiano sulla sua superficie liscia.
Perché doveva andare così?
E’ tutto sbagliato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Eccomi ritornata all’azione!
Salve miei cari lettori.
So che vi sarete chiesti che fine avessi fatto u.u (?) me lo sono chiesta pure io. Purtroppo ho avuto molti impegni e non ho avuto tempo materiale per scrivere, o quando ce l’avevo mi mancava l’ispirazione.
In questi giorni mi sono data da fare e ho messo giù questo capitolo.
Spero sia abbastanza soddisfacente da farmi perdonare T.T
Un altro problema che mi impediva di scrivere era riuscire a riorganizzare bene gli eventi in questo capitolo. Qui siamo ad un momento importante della storia, veramente decisivo per le sue sorti.
Quindi preparatevi ( e lo sto facendo anche io) psicologicamente, perché nulla sarà come prima e.e
<.< ( quanto è drastica, e che succederà mai? o.o Lo sta facendo apposta per attirare lettori, figurati <.<)
U___U
Scherzi a parte XD
Ditemi cosa ne pensate.
Sono molto insicura perché adesso mi serve più che mai qualche supporto.
La mia mente non ha ancora finito di combinare casini e.e
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, che hanno continuato a seguirmi fino ad ora, chi l’ha messa tra le preferite e chi l’ha riletta da capo aspettando un mio ritorno <3
Spero di non avervi deluso, ciauuuu

 
 
 
Henya

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Capitolo 21
*** L'accordo ***


efapwehf




















“ Ti rendi conto di quello che stai facendo, vero?”
“ Sì, ma per favore, non intrometterti!” .
“ Io voglio metterti in guardia! Apri gli occhi, quella ragazza sembra averti annebbiato la vista!”.
“Non è così, io so quello che faccio!”.
“ No, tu non lo sai! Quella bambina non è tua figlia!”
“ Questo lo so!”.


Apro il rubinetto e sciacquo il viso più di una volta come a volermi svegliare, ma soprattutto spazzare via questi pensieri dalla mia mente.
Poggio le mani sui bordi del lavandino, lasciando gocciolare il viso e assumendo l’aria di chi sta riflettendo profondamente. In realtà, la mia mente vaga senza meta, ripescando ogni tanto strani ricordi.
“ Voglio solo sapere se sei consapevole di quello che stai facendo, Rai”.
“ Sì, ho intenzione di sposarla”

Alzo il viso, per osservare la mia immagine riflessa allo specchio.
“ Sei sicuro di accettare questa situazione?”.
“ Sì,papà”.

L’aprirsi improvviso della porta alla mia destra mi distoglie da questi pensieri e mi riporta alla realtà, e solo ora mi accorgo di avere lasciato il rubinetto dell’acqua aperto.
Lo chiudo con un gesto repentino.
“ Scusa, non sapevo fossi in bagno” dice Anya, richiudendo la porta.
“Tranquilla, ho finito!” la rassicuro.
A queste parole rientra e con occhi bassi si dirige al lavandino, da cui io mi sono allontanato per asciugarmi il viso, soffermandomi a osservarla in ogni suo gesto.
Si comporta come se fossi inesistente, ma lo so che mentre spazzola i denti mi rivolge qualche occhiata con la coda dell’occhio.
Ieri sera, dopo il nostro litigio, si è rinchiusa in bagno, non degnandomi più di una risposta.
Non ha nemmeno cenato, e a dire la verità neanche io. Mi sono limitato a preparare per Hope, la quale si chiedeva perché la mamma non uscisse dal bagno.
Messa a letto la piccola, sono passato davanti a quella porta e mi sono soffermato a fissarla, così intensamente che quasi riuscivo a vedervi attraverso: c’era Anya, seduta sul bordo della vasca a piangere. Volevo bussare, per ricevere una seppur minima risposta, ma non l’ho fatto.
Mi sono limitato ad abbassare gli occhi e voltare i tacchi per tornare in camera.
Solo verso le due del mattino ho sentito la porta aprirsi e il suo corpo fare peso sul letto, ma non mi sono girato, ho continuato a rimanere fermo nella mia posizione dandole le spalle, e con animo più tranquillo i miei occhi piano piano si sono chiusi.
“ Preparo la colazione…” la avviso, per attirare la sua attenzione e allentare quella tensione.
“ Ho già messo su io il caffè” mi avvisa, dopo essersi sciacquata il viso.
“ Ok” mi limito a rispondere ad occhi bassi.
Perché stiamo facendo finta che non sia successo nulla.
Che non voglia più riprendere la questione?
Vuole lasciarla in sospeso?
Non riesco a capire. Forse vuole che sia io a iniziare.
“ Vado a controllare”.
Esco dal bagno e raggiungo la cucina; prendo due tazzine e versando il contenuto della caffettiera mi accorgo di un’anomalia: il caffè è diventato liquido trasparente.
“ Stamattina hai deciso di bere acqua bollente?” domando con tono leggermente divertito.
Lei, appena arrivata, mi osserva con espressione torva, non capendo le mie parole.
“ Hai dimenticato di mettere il caffè!” le faccio notare.
Fissa incredula il contenuto delle tazzine e solo dopo qualche secondo sembra prendere atto di quello che ha fatto.
“ Ero sicura di averlo messo…” sussurra tra sé.
“ Non preoccuparti, lo rifaccio!”.
“ No, devo scappare, quindi lo prendo a lavoro, in fondo sono pagata per fare caffè” afferma frettolosamente, prendendo giubbotto, sciarpa e borsa.
“ Anya!” la richiamo prima che svanisca.
Si ferma, come se non aspettasse altro che essere chiamata.
“ Non volevo dire quelle cose ieri sera, ho perso il controllo” confesso, sinceramente pentito.
Le sue labbra si muovono, vorrebbe dire qualcosa, ma si limita solo a fare un lieve e impercettibile sorriso “ Lo so” libera quasi in un soffio.
Adesso il suo sorriso si fa più espressivo, come se volesse tranquillizzarmi, ma in quegli occhi si legge l’amarezza e forse la delusione, di chi non si aspettava un simile atteggiamento.
“ Vado!” mi saluta velocemente, sparendo nel giro di un secondo e lasciandomi qui a pensare e ripensare a tutto quello che mi sta succedendo.
“Sei sicuro di volere accettare questa situazione?”
“Sì, papà!”




***




Mi sono presa una pausa dal lavoro. In caffetteria, oggi, a differenza di altri giorni, non ci sono stati molti clienti, quindi ho chiesto il permesso a Dana di poter uscire un attimo,  sicura del fatto che avrebbe accettato, visto il poco lavoro da fare.
Adesso sono per strada e la mia destinazione è casa Ivanov.
Voglio andare a trovare Hilary, vedere come sta, ultimamente non abbiamo avuto molte occasioni di parlare, e magari potrei sfogarmi raccontandole ciò che è successo.
Non l’ha detto con cattiveria, lo so, ma l’ha detto! Significa che in fondo non si fida di me, forse? O avrà reagito così perché si è infastidito del fatto che sapevo di quel messaggio inviato da quella misteriosa Corinne?
Beh, e  a me non può dar fastidio il sentirmi rinfacciare sempre la stessa storia? Credevo che ormai fosse una cosa superata, ma evidentemente ogni scusa è buona per rinfacciarmela!
Senza accorgermene sono già davanti la porta di casa di Hilary, il cancelletto era aperto. Suono il campanello e ad aprirmi dopo pochi secondi è Yuri, un Yuri Ivanov che non sembra felice di … vedermi.
“ Anya, ciao!” saluta inespressivo.
“ Ci-ao!” saluto con espressione stranita. “ Posso… entrare?” chiedo cautamente, notando che non sembra proprio disposto ad accogliermi in casa.
“ Prego!” afferma , mettendosi da parte e facendo un gesto per invitarmi ad entrare.
Si comporta in modo strano.
 “ Hilary?” chiedo, fermandomi al centro del corridoio.
“ E’ tutta tua!” risponde alterato, indicando il salotto e sparendo in cucina a passi pesanti.
Cosa sta succedendo? A passi felpati mi dirigo nella direzione indicatami, dove trovo Hilary sul divano intenta a soffiarsi il naso.
“ Ciao, Hilary, che succede?” chiedo preoccupata sedendomi accanto a lei e mettendo una mia mano sulla spalla.
Alcuni singhiozzi le impediscono di parlare. Ha il naso e gli occhi arrossati: sto seriamente preoccupandomi.
“ Niente…” si limita a dire, con voce soffocata dal pianto.
“ Niente? Piangi come una fontana! E’ successo qualcosa con Yuri?”.
“ Qualcosa? Gli ho chiesto di accompagnarmi al negozio di abbigliamento per comprare dei vestiti…” un singhiozzo la interrompe.
“ Quindi?” la incito curiosa.
“ Perché i vestiti non mi entrano più…” un altro singhiozzo “… e lui sai cosa mi ha detto??” domanda alterata.
I miei occhi si spostano dubbiosi a destra e sinistra alla ricerca di una possibile risposta.
“ Ehm… no”.
“ Bene, te lo dico io! Mi ha detto… “ si alza, mettendosi le mani ai fianchi e assumendo uno strano atteggiamento “non ha senso che compri adesso vestiti, tanto ingrasserai ancora!” borbotta adirata imitando la voce del marito.
“ Ah…”. Dunque questa sarebbe la causa di tutte quelle lacrime…
“ Ma ti rendi conto? Come può dire una cosa del genere ad una donna incinta?!”.
“ Beh non penso fosse un’offesa!” le spiego per farla calmare.
“ avvisami quando sei in piena crisi ormonaleinterviene con tono autoritario il marito, appena entrato in salotto.
“Ma quale crisi ormonale? Sei proprio un insensibile!” conclude infuriata, salendosene al piano di sopra e lasciandomi da sola qui con Yuri, che si limita a chiudere gli occhi e massaggiarsi le tempie.
“ For…”.
Stavo per dire qualcosa ma Yuri mi blocca immediatamente con un gesto della mano che equivale a dire -  non aggiungere niente-
Rimango immobile intimorita da quello sguardo agghiacciante.
“Non dormo da due giorni, a causa dei turni di notte straordinari, torno a casa e vengo aggredito senza ragione da una donna incinta in piena crisi ormonale, che piange persino se uccido una mosca! quindi se non ti dispiace andrei a riposami, sai dov’è la porta, ciao!” conclude con tono secco e dirigendosi al piano di sopra,  con le stesse movenze di uno zombi.
Resto immobile per un attimo, al centro della stanza.
E dopo qualche secondo mi rendo conto che forse è meglio seguire il consiglio del dottorino: non vorrei perdesse la pazienza, e poi Hilary non sembra nelle condizioni di voler chiacchierare. Peccato.
Mi ricordo che anche io, quando ero incinta, c’erano dei momenti in cui le mie lacrime uscivano a cascate per qualsiasi cosa, anche la più stupida.
Altre volte invece, erano lacrime che esprimevano una vera e propria sofferenza: in fondo la mia situazione era alquanto diversa…





***




“ La via più conveniente è quella di trovare un accordo che soddisfi entrambe le parti, senza mettere in mezzo giustizia e cose varie. In base a quello che mi ha raccontato non ci sono molte possibilità che la bambina venga tolta alla madre. Mi segue?”.
Con un cenno gli faccio intendere di avere recepito bene il suo discorso.
“ Quindi, quello che rimane da fare è: parlare con lei e farla ragionare!”.
“ Andiamo bene!” commento sarcastico. “ Cosa crede che abbia fatto in tutto questo tempo? “ dico con tono infastidito.
“ Ecco il punto!”.
Questa volta la mia espressione gli chiede di dover essere più chiaro.
 “ Finché a chiederlo sarà lei, non accetterà mai! Capisce?”.
Non lo seguo, e la mia faccia glielo sta comunicando.
“ La madre è troppo arrabbiata per accettare ogni sua richiesta, quindi a proporre questa cosa dovrà essere una persona esterna, diciamo estranea alla vicenda, una figura professionale, ecco!” conclude soddisfatto.
“ Che sarebbe?”.
“ La faccia venire qui, voglio parlare di persona con la signora Sarizawa!”.











***


Giro l’angolo, e imbocco la strada che mi riporta in caffetteria.
Il mio cellulare squilla.
Mi fermo e frugo all’interno della mia borsa nella speranza di trovarlo.
Cavoli, perché Hope mi lascia le sue cianfrusaglie?
Eccolo!
“ Pronto!” rispondo immediatamente senza leggere il mittente.
“ Dove sei?”.
“ Tu chi sei?”.
“ Mi prendi in giro?”.
“ Ah Hiwatari, scusa ma no..”
“ Ok, senti…” m’interrompe maleducatamente, ed io che stavo pure per scusarmi. Devo essere impazzita! “ Tra cinque minuti davanti alla caffetteria arriverà un’auto a prenderti, fatti trovare pronta!” conclude con tono secco.
Eh?
“ Oh certo, un’auto a prendermi! Ma per andare dove?” domando alterata.
“ Pronto?”.
Non risponde.
“ Pronto? Pronto? Kai!”.
Ha staccato! Non ci credo, ma… ma… non mi ha spiegato neanche il motivo!
E adesso spera veramente che io mi presenti?
Se lo può scor…
Non riesco neanche a terminare questo pensiero che il mio cellulare squilla di nuovo, ma stavolta è un messaggio.
- dobbiamo parlare di Hope, ricordi?-.
Oh no…











***







“ E’ arrivata!” mi avvisa la segretaria.
Ho deciso di farle una chiamata rapida e non lasciarle nemmeno il tempo di rispondere per evitare le sue solite chiacchiere e lamentele inutili.
“ Falla entrare!” rispondo chiudendo la cornetta del telefono.
Mi metto comodo,  facendo un cenno all’avvocato, seduto di fronte a me, il quale sembra fiducioso nelle sue capacità: lo spero proprio.
La porta si apre e un istante dopo la figura di Anya avanza lentamente verso la scrivania, guardandomi in maniera terribile.
“ Salve…” . Solo ora si accorge della presenza di una terza persona all’interno della stanza.
“ Salve, signora Sarizawa”.
“ Siediti” la invito con un gesto che indica una poltrona. “ Ti presento l’avvocato Kuromi”.
Si siede lentamente, assumendo un’espressione interrogativa.
“ Piacere di conoscerla, sono l’avvocato del signor Hiwatari, mi occupo della difesa della famiglia e dei minori” si presenta con tono di voce profonda, porgendole la mano.



***






“ Anya Sarizawa…” mi limito a dire, con espressione vacua.
Un avvocato?
“ Immagino che sappia già il motivo per cui Hiwatari l’ha convocata!” .
L a mia espressione diventa seria “ Sì” rispondo sommessamente.
 “ Il signor Hiwatari mi ha raccontato per grandi linee la vicenda…”. Ah per grandi linee, andiamo bene!
“ Abbiamo due genitori separati, ognuno conduce una vita propria e la cosa più problematica è che la bambina non sa chi è il suo vero padre! La bambina sta vivendo una situazione familiare un po’ disagiata. Lei ha un compagno, giusto?” domanda improvvisamente.
“ Sì…”. Che c’entra adesso?
“ La bambina come si rapporta a lui? Nel senso,quale figura vede in lui?” domanda ancor più dettagliatamente.
Questa situazione non mi piace, ma mi vedo costretta a rispondere.
“ Per lei è una figura paterna” rispondo con occhi bassi, sentendo su di me lo sguardo di Kai, che si limita a rimanere in silenzio dall’altra parte della sua scrivania.
“ Quindi lo chiama papà?” chiede per avere conferma.
“ Esatto”.
Seguono secondi di silenzio, in cui quei due si scambiano strane occhiate, sotto il mio sguardo indagatore.
L’anziano avvocato tira fuori dal suo taschino una penna ed inizia a scrivere qualcosa in un figlio posto sulla scrivania, e spostando i miei occhi incrocio quelli di Kai, che comodo sulla sua sedia assiste compiaciuto a questa sottospecie di interrogatorio.
“ Lei fa la cameriera, giusto? Mi scusi la domanda inopportuna: lei è  in grado di badare a tutte le spese? Nel senso, vive in una casa in affitto, bollette, e cose varie...”
“ A mia figlia non è mai mancato nulla! Se è questo che intende” asserisco alterata.
“ Non lo metto in dubbio. Perdoni quest’altra domanda: chi paga l’asilo della bambina, attualmente?” chiede investigativo.
Mi fermo ad osservarlo, tenendo le labbra serrate e immaginando l’espressione compiaciuta di Kai in questo momento.
“ Rai…” libero quasi in un sussurro.
“ Che sarebbe?” domanda con l’aria di chi conosce già la risposta.
“ Il mio compagno” rispondo dando conferma alla sua ipotesi.
“ Quindi ammette che sul piano economico incide molto il contributo finanziario del suo compagno? Mi è stato detto che vi sposerete, e che tornerete in Cina! Quando?”.
Non ha tralasciato i dettagli Hiwatari.
“ Dopo Natale, quindi a breve…”.
“ E come pensa di gestire la situazione? Insomma, il padre è qui in Giappone, come farà a incontrarla?”.
“ A questo non ho pensato! Insomma, si può sapere qual è il punto della situazione?” domando con un tono che esige chiarimenti. Sono stata catapultata qui e in cinque minuti mi sono state fatte mille domande, senza che nessuno si sia preoccupato di spiegarmi la situazione!
“ Non ci sei ancora arrivata?!”asserisce con tono duro Kai, che fino ad ora è rimasto in silenzio.
“ Stiamo parlando dell’affidamento…” interviene l’avvocato.
“ Ho capito che stiamo parlando dell’affidamento! Quello che non capisco è dove vogliate arrivare con tutte queste domande e giri di parole!” spiego stringendo un pugno sul tavolo.
“ Il Signor Hiwatari ha chiesto il mio consulto per chiedere l’affidamento legale della figlia…”. Perché continuano a dire la stessa cosa? Fin qui ci sono arrivata! Sto per perdere la paz…
“ E gli ho spiegato che non è possibile che la bambina venga affidata a lui!” conclude.
Cosa?
Rimango stupita e confusa allo stesso tempo: è impossibile che la bambina venga affidata a lui?
I miei occhi si spostano su Kai, il quale resta in silenzio a osservare serio un punto del tavolo.
“ Ah…”. E’ l’unica cosa che riesce ad uscire dalla mia bocca.
Non so se essere felice di questa notizia o iniziare a preoccuparmi, visto il modo in cui si ferma a riflettere l’avvocato.
“ Ma, c’è un ma!”.
Ecco appunto.
“ Se l’ho chiamata qui è per farla riflettere! So di averle confuso la mente con tutte quelle domande e mi perdoni l’indiscrezione, ma questi dettagli sono necessari per avere un quadro completo della situazione, capisce?” mi spiega con fare professionale.
Annuisco, incitandolo a continuare.
“ Bene…” faun respiro profondo, prendendosi qualche attimo per elaborare le sue idee. Attimi in cui i miei occhi si incrociano con quelli inespressivi di un Hiwatari, che non presagiscono nulla di buono.
Decido di far entrare una buona dose di aria nei polmoni, come a farmi coraggio e trovare la concentrazione che mi consenta di gestire questa situazione.
“ Ho capito che voi due non riuscirete a trovare un accordo.” . Geniale intuizione! “ Quindi sarò io a farvi una proposta! Dunque: la bambina vede saltuariamente il padre, giusto? Di quante ore parliamo alla settimana, all’incirca?” domanda rivolgendosi alla sottoscritta.
“ Beh quasi ogni pomeriggio!”.
“ Quasi ogni pomeriggio?!” interviene Kai contrariato “ Vedo quella bambina all’incirca due volte la settimana!” mi corregge serrando il tono.
“ Ma che cosa stai dicendo?” dico infastidita.
“ La verità!” .
“ Ma…”.
“ Ok, calma!” interviene con tono pacificatorio l’avvocato, avvertendo una certa tensione nell’aria.
Ci ricomponiamo, scambiandoci sguardi fulminanti e maledicendoci mentalmente.
“ Quindi ho capito che non avete dei giorni prestabiliti, e non siete neanche d’accordo su questo… bene!” aggiunge sottotono con l’aria di chi sa già di star prendendo parte ad una causa persa.
“ Quello che voglio farle capire è che la bambina vede saltuariamente il padre, quindi non ha molta confidenza o familiarità con lui, non lo vede come una persona che fa parte della sua vita! Di conseguenza, quando vi trasferirete in Cina, la bambina dimenticherà automaticamente il tempo trascorso con lui! E aggiungiamo pure il fatto che neanche sa che è suo padre. E se anche lo vedesse qualche volta al mese non potrà mai vedere in lui un padre, ma verrebbe considerato alla stregua di un… uno zio, un amico di famiglia… un parente lontano, mi segue?”.
Il riflettere sulle sue parole mi immobilizza a tal punto che non riesco neanche a muovere ciglio.
“ …E le dirò di più: quando crescerà,  pur consapevole del fatto che è suo padre, si ritroverà con un perfetto sconosciuto! Lei sarà cresciuta sicuramente in una famiglia completa, in un ambiente sereno e rassicurante, beh posso dirle con assoluta certezza che per i figli di genitori separati la situazione è molto diversa!”.
Ogni sua frase ha maledettamente un senso. Tutto il discorso fila. Non fa una piega. Lo ammetto!
Hope non potrà mai avere una famiglia unita: sarà sempre figlia di genitori separati e dovrà condividere due mondi completamente diversi.
“ Dalla sua espressione capisco che le mie parole la stanno facendo riflettere. Capisce ora l’importanza della questione?Quello che dico sempre io è: rimanere uniti, pur essendo separati!” aggiunge con tono saggio.
Uniti… pur essendo… separati.
L’avvocato aspetta qualche cenno, qualche parola da parte mia, ma non riesco più a dire nulla, non mi rimane che ascoltare.
“ Quello che voglio proporle è di far trasferire la bambina, per qualche periodo a casa del padre, in modo che riesca a familiarizzare con lui e con l’ambiente in cui vive. Invertire i ruoli, insomma: vivere col padre e vedere saltuariamente la madre” conclude con un cenno di intesa.
 “ Mia figlia dovrebbe andare a vivere a casa sua?” asserisco con accento di disappunto.
“ Esatto!”.
“ Quale sarebbe il tuo problema?” ribatte Kai, che prende parola quando meno te lo aspetti.
“ Tu non sei mai a casa, chi dovrebbe badare a Hope? Le tue cameriere o peggio ancora Eva?” spiego con fare alterato.
“ Questi sono affari miei! E poi mi sembra che anche tu lavori! E vogliamo parlare di Rai?”.
Lo fulmino con lo sguardo: oggi tutto sembra  a suo favore, e il suo avvocato non è certo imparziale!
“ E va bene!” affermo accettando la proposta con rassegnazione “ Facciamo questo esperimento!” aggiungo rivolgendomi all’avvocato, sorpreso della mia risposta.
“ Perfetto!” afferma soddisfatto della buona riuscita del suo lavoro. “ Almeno non ho sprecato il mio fiato oggi!” .







La discussione prosegue per un’altra mezz’ora,
piuttosto tranquillamente.

“ Aggiornatemi sullo sviluppo degli eventi, provvederò nel frattempo a preparare i documenti del cambio di cognome della bambina, arrivederci!” saluta rapidamente, prendendo la sua valigia, una busta dal tavolo e andandosene.
La porta si chiude e il silenzio domina nella stanza.
Il mio sguardo severo si rivolge a lui. “ Cosa è questa storia del cambio di cognome?”.
“ Mi sembra ovvio, la bambina deve essere riconosciuta come mia figlia legittima, non credi?”.
“ E perché questo è stato detto alla fine uscendo dalla porta?”.
“ Perché non è importante: Hope Sarizawa, Hope Hiwatari… cosa cambia? Beh, almeno il mio cognome la renderà più importante!” aggiunge con tono denigratorio.
Mi fa schifo e il mio sguardo gliel’ha già detto, ma lui sorride, sorride compiaciuto. Si alza e cammina, seguito dai miei occhi di fuoco.
“ Te lo avevo detto che presto sarei stato io a gestire la situazione!” sussurra a pochi centimetri dal mio orecchio.
Un brivido mi sale lungo la schiena non appena il suo respiro mi sfiora.


***






Non è stato facile, ma alla fine ha ceduto.
Certo, ho dovuto pagare un avvocato per riuscire nell’impresa, ma alla fine ne è valsa la pena!
“ Te lo avevo detto che presto sarei stato io a gestire la situazione!”.
Trovo sempre una grande soddisfazione nel terrorizzarla: non lo faccio con cattive intenzioni, mi diverte e basta, per il semplice motivo che basta poco per metterla in soggezione.
Basta solo che io mi avvicini e diventa un pezzo di marmo.
Sono a pochi centimetri dal suo viso e ho davanti i suoi occhi che non muovono ciglio. Quasi non respira.  Un sorriso beffardo si dipinge sul mio volto e basta questo a  farla scostare ed alzare bruscamente.
“ Spero che tu sappia gestire questa situazione!!” dice frettolosamente, prendendo la sua borsa e dirigendosi alla porta.
Oh sì…









***











Un improvviso rumore distoglie la mia attenzione dal display del cellulare.
Anya è già tornata a casa.
Non ha la solita espressione, neanche quella con cui è uscita stamattina: sarà ancora arrabbiata?
“ Già qui?” le domando, rimanendo seduto sul divano.
“ Mh mh!” si limita a dire in maniera schiva, intenta a togliersi la sciarpa dal collo.
È sicuramente arrabbiata per ieri sera.
“ Senti, perché non parliamo di quello che è successo ieri sera, così sistemiamo le cose” le propongo con tono pacificatorio.
“ Non sono arrabbiata per ieri sera, anzi… me ne ero persino dimenticata!” spiega avvicinandosi e sedendosi sul divano.
“ Allora cosa è successo?” chiedo incuriosito, mettendo da parte lo smartphone.
La osservo mentre guarda assorta punti indefiniti del pavimento.
“ Oggi… è successa una cosa…”.







***







“ Hope andrà a vivere con lui?”.
Il mio silenzio basta come risposta.
“ E tu hai pure accettato?” chiede ancora più sorpreso.
“ Cosa dovevo fare? Mi ha messo con le spalle al muro!”.
Si gratta la nuca innervosito.
“ Quanto tempo starà con lui?”.
“ Una settimana credo…” rispondo con tono basso.
“ Ok, una settimana si può fare… ma dopo? Dopo come faremo? Finito Natale ce ne andremo!”.
Ha ragione, questo è un grande problema: come faremo a dividerci i turni con chilometri che ci separano?
“ Perché non ci trasferiamo qui in Giappone?” propongo, fulminata all’improvviso da questa idea.
Si ferma  ad osservarmi accigliato.
“ Trasferirci qui in Giappone?” sussurra tra sé.
“ Sì… insomma, potresti lavorare con i collaboratori di tuo padre, non è poi così diverso, e poi sarebbe la soluzione ideale anche perché Hope frequenta già un asilo, ha fatto le sue amicizie e….”.
Continuo a dire una serie di cose, in maniera confusa, nella speranza di convincerlo ad accettare di rimanere qui: unica soluzione per risolvere tutti i nostri problemi.
Ma dalla sua espressione capisco che non è molto entusiasta di questa proposta.
“ Io dovrei rimanere qui… anzi noi dovremmo rimanere qui, per fare un favore ad Hiwatari?” domanda con il tono di voce di chi non crede alle sue orecchie.
“ Non è così…” .
“ Invece sì!” asserisce duramente.
“ No, ci sono una serie di motivi!”.
***




“ Motivi che fino a ieri non esistevano!”.
Sembra quasi che le abbia fatto il lavaggio del cervello.
“ E’ troppo chiederti di rimanere?”.
Non capisce…
“ Non è troppo che me lo chieda tu, ma perché a chiederlo è Hiwatari!” concludo amareggiato.
La osservo intensamente, facendole capire che non cambierò idea e che non voglio più proseguire questa conversazione. Prendo il mio cellulare e torno in camera.
Mi siedo pesantemente sul letto e cerco si scaricare in qualche modo questo nervosismo che mi fa tremare persino le mani.
Non posso crederci, mi ha chiesto seriamente di rimanere…




*bip bip:
(1 MESSAGGIO)
Corinne: non mi sembri convinto di quello che dici :/




***





Ecco fatto.
Missione compiuta, Anya.
Adesso non sai ufficialmente cosa fare!







***








Esco dalla mia camera da letto, mi chiudo la porta alle spalle e un improvviso dolore al collo mi blocca sul ciglio della porta. Muovo leggermente la testa a sinistr e poi a destra.
Maledetto torcicollo!
Mi ricompongo, e aperti gli occhi mi accorgo di una cosa che mi sorprende a tal punto da rimanere ferma in piedi.
La nostra cameriera è indaffarata a sistemare la stanza degli ospiti di fronte alla mia camera.
“ Che stai facendo?” . Mi avvicino e domanda con aria curiosa.
“ Il signor Hiwatari mi ha ordinato di preparare questa stanza!”.
“ Per quale motivo?”.
“ Non me lo ha detto!” si limita a risponde , continuando a sistemare le lenzuola.
Mi fermo un attimo a pensare.
Decido di scendere al piano di sotto, dove lo trovo a fare colazione col suo solito caffè in una mano e il cellulare nell’altra.
“ Buongiorno tesoro!” lo saluto con allegria, ma vengo ricambiata con il suo solito cenno inespressivo.
“Abbiamo ospiti?” esordisco con aria investigativa.
A questa domanda, che presumo si aspettava già, rimane fermo immobile.
“ Già…” si limita a dire, sorseggiando il suo caffè.
“ E chi?” domando insospettita, mentre sollevo la caffettiera per versare il suo contenuto in una tazzina.
“ H..p!” bisbiglia talmente piano che la parola è arrivata confusamente alle mie orecchie.
“ Puoi ripetere? Non ho capito…”.
Si schiarisce la voce “ Hope!” ripete con tono naturale.
Al suono di questo nome i miei occhi quasi fuoriescono.
“ Hope… quella Hope? Intenti tua figlia?” chiedo con tono sorpreso.
“ Ne conosci altre?”.
Poggio poco delicatamente la tazzina e la caffetteria sul tavolo.
“ No, aspetta un momento!” cerco di fermarlo, ma lui si alza ignorandomi, per dirigersi a prendere il cappotto.
“ Tua figlia viene a vivere qui e tu non mi dici niente?” dico alterata.
“ Dovevo chiederti il permesso forse?” controbatte beffardamente.
“ Almeno avvisarmi!”.
“ Beh, adesso lo sai!” conclude prendendo il portafogli e chiavi.
“ Hiwatari, aspetta!”. Mi ignora. “ Hiwatari!!” Chiude la porta e mi lascia da sola senza alcuna spiegazione come una perfetta idiota.
Non ci credo! La porta qui… la porta davvero qui, in questa casa! La nostra casa? Dovrei condividere il tetto con quella… quella mocciosa figlia di quella … grrrr!!!
“ Signorina , le preparo la sua tisana?” domanda con voce tremula la cameriera, appena giunta alle mie spalle.
“ Tisana?” ripeto nervosa voltandomi verso di lei e terrorizzandola col mio sguardo.
“ io lo ammazzo! io… Lo ammazzo!” continuo a ripetere salenedo i gradini della scala a passi pesanti e veloci.
“ Lo distruggo!”. Grido infuriata chiudendo con forza la porta della camera.



























Salve gente!
La storia continua e i casini, come preannunciato, aumentano.
Per evitare di mettere mani in campi che non conosco e che mi farebbero confondere (legge, avvocati &Co) ho preferito risolvere la situation con un accordo “pacificatorio”.
Kai si è servito del suo avvocato come “consulente familiare” per far ragionare Anya e quest’ultima si è vista costretta ad accettare, perché ha capito che per Hope è importante trascorrere del tempo anche col padre.
Così dal prossimo episodio vedremo Hope vivere nella reggia Hiwatari insieme alla matrigna Eva, sempre che questa non decida di uccidere Hiwatari prima XD ( prende appunti#uccidereHiwatari :9)(<_
Anya viene colpita da una geniale idea: rimanere in Giappone! Ma a Rai non sembra poi così geniale e ricominciano le liti (Io non vedevo l’ora di andare via e non vedere più Hiwatari e questa mi dice di restare?? Ç_ç ) ( sta zitto, che ho capito che messaggiavi con Corinne!!!!!! Nd è______éAutrice) .
E in questo capitolo sono ricomparsi i coniugi Ivanov: spero non sia sembrata ridicola come scena, a me divertiva vedere uno Yuri esaurito e una Hilary in crisi ormonale XD non lanciatemi pomodori >__<
E rileggendo il capitolo mi sono resa conto di avere scritto un episodio in cui tutti litigano o.o
Spero sia piaciuto, scrivere questo capitolo mi è servito come sfogo e SOPRATTUTTO staccare un attimo gli occhi dal libro -.- quindi vi invito a prendere in considerazione il mio stress XD

Ringrazio in primis LadyDiamond e il suo fidanzato per il banner *_*
Ringrazio come sempre tutti coloro che recensiscono, leggono e mi seguono *_*
E alla prossima , ciau :***
Alla prossima.




TO BE CONTINUED u_u

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Capitolo 22
*** Soggiorno a Villa Hiwatari ***





















“ Forza Hope, scendiamo! Kai ci sta aspettando!”.
Oggi è un giorno particolare.
Oggi sta accadendo quello che non mi sarei mai aspettata potesse succedere.
“ Mamma, perché devo dormire a casa di Kai? Tu vieni?”.
Kai Hiwatari ha ottenuto ciò che voleva: separarmi dalla mia bambina.
Potrà sembrare esagerato e patetico affermare una cosa simile, ma il fatto è che, da quando è nata, Hope non si è mai separata da me. Inoltre, sapere che andrà a vivere a casa del suo vero padre, di cui, tra parentesi, lei ancora non sa nulla, mi rende ancora più nervosa.
Kai non ha mai badato a lei per più di due ore pomeridiane, quindi mi chiedo come se la caverà, visto che sarà sotto la sua responsabilità ventiquattro ore su ventiquattro. Eva non credo sia altrettanto brava con i bambini e non so neanche come abbia preso questa faccenda. Ad ogni modo, deduco che non gli sarà per nulla di aiuto.
L’unica soluzione? Farsi aiutare dai suoi domestici: spero siano affidabili.
Senza accorgermene siamo già arrivati al piano terra.
Aperto il portone avvisto l’auto di Kai parcheggiata qui di fronte e ci affrettiamo a raggiungerlo.
“ Hey, scusa il ritardo, ma ho controllato che ci fosse effettivamente tutto l’occorrente nel borsone!” gli spiego porgendoglielo.
“ Non sta mica andando dall’altra parte del mondo, ti ricordo!” risponde acidamente, prendendo in mano il borsone per poi dirigersi verso l’auto e posarlo all’interno del portabagagli.
Quanto è simpatico!!
Un attimo, forse ho dimenticato…
“ Hey aspetta, forse ho dimenticato gli elastici per i capelli!” dico all’improvviso vedendo il cofano dell’auto chiudersi.
Ma lui lo ha già chiuso, ignorandomi e osservandomi seccato.
Grazie, Kai.
Grazie.
“ Smettila, ok?” mi ordina, seccato, portando in aria gli occhi e prendendo la mano di Hope per farla salire in macchina.
La bambina continua a guardarmi confusa, come se volesse dirmi qualcosa, del tipo: dove diamine mi sta portando?
La sistema sul sedile e le allaccia la cintura di sicurezza, sotto il mio sguardo controllore.
Vedo che ha imparato le basi.
Mentre si dirige al suo posto guida, io mi avvicino alla mia piccola.
“ Mi prometti che farai la brava?” le chiedo dolcemente.
“ Mamma, ma perché tu non vieni?”.
A questa domanda i miei occhi si alzano per incrociare quelli inespressivi di Kai.
“ Perché…” che cosa dico? Come le spiego? “ Perché… beh Kai vuole che tu trascorra un po’ di tempo a casa sua, così potete… ehm… giocare… e poi c’è il cane, vedrai che ti divertirai, capito?” le dico sorridente, mal celando nel tono una certa preoccupazione.
“ Mh- mh” annuisce contenta, non appena pronuncio il fattore-cane.
Spero solo non combini guai e che Kai la controlli mentre gioca con quel bestione.
“ Brava bambina!” mi congratulo accarezzandole i capelli.
“ Allora possiamo andare?” interviene scocciato Hiwatari, che fin’ora non ha aperto bocca.
“ Certo! Mi raccomando Hiwatari!” gli raccomando con tono pungente.
Sorride beffardamente, roteando gli occhi dall’altra parte.
Il motore si accende.
“Ciao mamma!” mi saluta allegramente la mia piccola, mentre il suo viso viene oscurato dal finestrino, che piano piano si alza fino a chiudersi. Non prima di essere riuscita ad incrociare gli occhi inespressivi di Hiwatari.
Il motore si accende e l’auto lentamente avanza, fino ad allontanarsi, per poi scomparire.
I miei occhi rimangono fissi sul punto in cui l’auto è sparita.
I miei capelli vengono scompigliati dal vento.
Mi raccomando Kai, ricorda che non è un gioco…



***





Sento la porta d’ingresso principale chiudersi e un rumore di passi.
“ Kai, posso giocare con il cane?” sento pronunciare da una vocina infantile.
“ Più tardi, non adesso!” risponde Kai.
Sono arrivati.
Non ci credo.
L’ha portata veramente!
Chiudo la rivista che tengo tra le mani e la adagio sul tavolino del salotto, per poi alzarmi e dirigermi con aria investigativa in corridoio, dove stanno a confabulare.
“ Ciao Kai!” saluto con falsa simpatia.
Cosa che a lui non sfugge, visto il modo in cui mi osserva.
“ Hernandez, non dovevi uscire?” chiede con tono altrettanto simpatico.
Sì, in effetti dovevo uscire, ma non appena mi ha detto che stava andando a prendere la mocciosetta, ho voluto rimandare. Non era così importante.
“ No, alla fine ho deciso di restare a casa!” spiego senza dilungarmi nelle spiegazioni, che lui sicuramente immagina.
“ Ciao Eva!” mi saluta la mocciosetta dal basso.
Ma guarda, si ricorda ancora il mio nome!
“ Ciao!” la saluto con superficialità, fingendo un sorriso cordiale.
Kai porta gli occhi al cielo e tenendo la mano di quella cosa lì, la trascina al piano di sopra, per mostrarle la cameretta che ha fatto preparare apposta per lei.
Tzè.
Rimango lì con le braccia incrociate al petto, osservandoli salire uno ad uno i gradini.
Sei patetico Kai.
Voglio proprio vedere quanto resisterai!




***




“ Ecco la tua stanza!”.
Apro la porta per mostrarle la sua nuova camera.
Entriamo e adagio il borsone in un angolo, mentre lei si osserva meravigliata intorno.
Forse è un po’ troppo grande per lei, ma penso non abbia importanza.
“ Ti piace?” le chiedo attirando la sua attenzione.
“ Sì!” risponde allegramente. “E’ tutta mia?” Perché non ci sono i giocattoli?” chiede sorpresa.
Beh, a questo non avevo pensato…
“ Ehm… beh li metteremo dopo!” spiego evasivo.
“ Wow questo letto è come quello di mamma e papà, è grande grande!” afferma stupefatta adagiando le mani sulla coperta.
Già…
Come quello di mamma e papà…
“ Ci sono due cuscini, sììì!” esclama buttandosi sul letto.
Che buffa…
Mi allontano qualche secondo per dire alla cameriera di disfare le sue cose e farle un bagno, se necessario.
La lascio nelle sue mani, e me ne scendo al piano di sotto dove trovo gli occhi furibondi di Eva su di me.
La ignoro e mi dirigo in cucina a bere qualcosa. Apro il frigo e tiro fuori una lattina di aranciata. Richiudo il frigo e preso un bicchiere lo poggio sul tavolo, sentendo ancora su di me gli occhi infuocati di Eva. E infatti, alzo lo sguardo e la vedo lì, vicino allo stipite della porta, con braccia incrociate al petto, ad osservarmi contrariata.
Perché è così pesante?
“Ne vuoi un po’?” le chiedo facendo un cenno verso l’aranciata, con finta ingenuità.
“ Sai cosa voglio!” risponde con tono duro.
“ Ah vero, tu preferisci il succo di carote, beh preparatelo tu quello, mi fa schifo…” rispondo con fare evasivo. Perché non vuole capire che non voglio toccare l’argomento!
“ Hiwatari, quello che dovrebbe farti schifo è guardarti allo specchio” aggiunge sarcastica.
Bevo tutto d’un sorso e riposo il bicchiere, fingendo di non avere sentito.
“ Kai perché fai così?” chiede con tono innervosito. “ Adesso che hai tua figlia qui hai deciso di ignorarmi? Se è così me ne vado, non voglio darvi fastidio!” conclude ironica.
“ Non cominciare a dire stronzate…” mi limito e dire, passandole davanti per dirigermi in salotto.
A volte si comporta come una bambina viziata.
“ Perché deve stare qui? Non pensi che possa darmi fastidio? Ti ricordo che quella figlia è nata dal tuo tradimento con Anya!” spiega, puntando furiosamente un dito verso il piano di sopra.
“ Tradimento?” ripeto ad alta voce a mo’ di sfottimento.
Quanto è esagerata!
“ Perché come vorresti definire tutto ciò? Vuoi negare di essere stato a letto con Sarizawa mentre stavi con me?” urla inferocita.
“ Esatto” rispondo con nonchalance mettendomi comodo sul divano.
Una risposta che la fa imbestialire ancor di più, visto il modo in cui sgrana gli occhi. “Eravamo in macchina, per l’esattezza!” concludo con tono beffardo, prendendo il telecomando per accendere la tv.
“ Tu non sei normale… vuoi raccontarmi anche i dettagli? Non so, fai tu!” chiede con gli occhi arrossati.
Forse ho esagerato.
“ Senti Eva, non…” . Mi alzo per avvicinarmi a lei e calmarla, ma mi scansa con rabbia e disprezzo, voltandomi le spalle. “ Dove vai adesso?”.
“ Beh visto che mi tratti così non vedo perché dovrei restare ancora qui!”.
Ora fa la vittima… oddio…
“ Kai, forse tu non capisci! Io detesto Anya e ancor di più detesto il fatto che tu tenga contatti con lei! E qual è il motivo per cui tieni contatti con lei???” domanda retoricamente “ Quella bambina!!” afferma furiosamente puntando il dito ancora una volta verso il piano di sopra. “ E per di più quella bambina, nata dal tuo tradimento deve stare qui! Sotto il mio stesso tetto!!” conclude stringendo i pugni. “ Quindi, o me o lei!!”.
Sapevo lo avrebbe detto di nuovo.
“ Eva…” inizio a dire usando questa volta un tono veramente serio “ ti ho già detto come stanno le cose! Non farmele ripetere ancora! Non posso scegliere! Hope rimarrà qui, che tu lo voglia o no, rassegnati!” le spiego una volta per tutte, nella speranza che capisca.
Allenta la tensione, scioglie i pugni e il suo petto sembra muoversi regolarmente adesso.
Non penso si sia rassegnata, ma almeno sembra essersi calmata. Per un attimo ho temuto che le vene al collo le stessero scoppiando.
“ Ti costa molto fare finta che non ci sia?” le domando avvicinandomi con cautela.
“ Sì Kai! Mi costa molto!” conclude con tono serrato, voltando i tacchi e salendo a passi pesanti i gradini delle scale.
Iniziamo bene…





***




Cala il buio della sera.
Anya versa un mestolo di minestra fumante nel mio piatto, e poi anche nel suo.
Si siede e iniziamo a mangiare, circondati da un silenzio quasi irreale.
Io ho quasi finito mentre lei continua ancora a mescolare la minestra col cucchiaio.
“ Non pensi che si sia già raffreddata da un pezzo?”.
“ Eh?”.
Come pensavo la sua mente vagava altrove.
“ Sì, hai ragione…” risponde, ricomponendosi ed iniziando a mangiare.
Si vede che lo fa svogliatamente, quasi non avesse fame.
Come dicevo, la sua mente è altrove.
E penso di sapere anche dove.
“ Sei ancora preoccupata?” le domando.
Posa il cucchiaio sul tavolo “ Sì, non faccio altro che pensare a Hope!” confessa preoccupata.
Sapevo che sarebbe andata a finire così, per questo ero contrario a tutto questo fin dall’inizio.
Ma ormai ha accettato di farlo, il danno è stato fatto.
“ Senti, sappiamo com’è Hiwatari, ma per fortuna tu stessa hai detto che ha dei domestici quindi qualcuno provvederà in qualche modo a Hope!”.
Le mie parole di conforto non sembrano scolpirla neanche un po’.
Ammetto anche io di essere preoccupato, ma cosa possiamo fare? Mettere delle telecamere in casa Hiwatari e controllarlo? Mi piacerebbe, ma non possiamo!
“Sono passate tre ore e non mi ha ancora telefonato nessuno…” afferma preoccupata.
“ Segno che le cose stanno andando bene, no?”.
“ O forse no…” .
Il suo solito pessimismo.
Sto sforzandomi in tutti i modi per farle risollevare il morale, nonostante mi costi un sacco, e lei non mi aiuta affatto, incredibile!
“ E’ solo la prima sera, Anya! Vedrai che tra due o tre giorni al massimo, Kai ti chiamerà disperato chiedendoti di andare a riprenderti Hope”.
“ Dici?”.
“ Dubito fortemente che Hiwatari regga a lungo! Sappiamo che la pazienza non è la sua miglior virtù!  E poi Hope è capricciosa, lo sai!” le ricordo, riuscendo a strapparle un sorriso.
“ E’ vero…” ammette sorridendo.
“ Dai… lavo io i piatti, tu vai a farti un bagno, ti raggiungo tra un po’!”.
“ Rai?”. Stavo dirigendomi in cucina e mi fermo al suo richiamo.
La osservo.
Lei mi osserva con un tenue sorriso stampato sulle labbra.
“ Grazie!”. L’unica parola che sembra fuoriuscire quasi in un sussurro.
Ci sorridiamo ancora una volta per poi andare in direzioni diverse.
E’ dura fingere.
Fingere di stare bene quando in realtà si vorrebbe spaccare tutto.
Se faccio tutto questo è per non vedere, ancora una volta, la sofferenza nei suoi occhi, ma a forza di fingere finirò per incrementare la mia di sofferenza.
Non voglio che pesi su di lei quello che sto provando, ma… vorrei che capisse.
Mi ha chiesto di restare a Tokyo e non partire più per la Cina.
Mi ha chiesto di sposarci qui.
Non ho ancora dato una risposta.
E sinceramente non so cosa fare.
Vivere qui significherebbe avere Hiwatari sempre in mezzo.
Ma pensandoci, anche se partissimo le cose non si risolverebbero affatto… anzi, si complicherebbero ancor di più.




***



“ Signor Hiwatari, la cena è quasi pronta!”.
“ Hope dov’è?” domando massaggiandomi le tempie e cliccando il pulsante di spegnimento del computer.
“ Sta guardando la televisione!”.
“ Ok, ed Eva?”.
“ La signorina è rimasta tutto il pomeriggio in camera, forse starà ancora riposando. Vuole che la vada a chiamare io?”.
“ No, ci vado io!” rispondo alzandomi e chiudendo il portatile.

La domestica se ne va via, per avvisare Hope, mentre io, con non grande gioia, mi dirigo in camera mia, per cercare di capire cosa stia combinando Eva.
Il mio pugno bussa con due leggeri colpi sulla porta.
Non risponde nessuno.
In teoria è anche la mia stanza, quindi potrei benissimo aprire senza tanti problemi, ma so già che…
Abbasso la maniglia della porta e…
Come pensavo: è chiusa a chiave.
“ Eva?” la richiamo con voce autoritaria.
“ Cosa vuoi?” risponde seccata.
“ La cena è pronta, scendi!” affermo, guardando un punto fisso del pavimento, attendendo una risposta, che sarà sicuramente…
“ Non ho fame!”.
Appunto. Ecco la sua risposta.
Emetto un profondo respiro.
“ Eva… non farmi incazzare e apri la porta o la sfondo!” le ordino con un tono che non ammette repliche.
Mi sembra di avere a che fare con una marmocchia.
Passano alcuni secondi di silenzio.
La porta si apre all’improvviso…
“ Ma sì, dai! Ceniamo tutti insieme! Come in un quadretto familiare: padre, fidanzata e figlia dell’amante!!” asserisce con tono alterato misto ad una risata isterica, passandomi davanti per poi scendere al piano di sotto.
Resto per un attimo lì, a osservare la sua figura che piano piano scompare, mentre nella mia mente comincia a sorgere un dubbio:perché sono circondato da matti?


***



Arrivo in sala da pranzo e la prima cosa che noto è la tavola apparecchiata per tre persone.
La seconda cosa che ovviamente non mi sfugge, è la mocciosa, seduta già a tavola che mi osserva allegramente.
Avanzo fino ad arrivare al mio posto, proprio di fronte al suo e con un falso sorriso stampato in volto, mi accomodo.
Un istante dopo arriva Kai, il quale si siede a capotavola, tra noi due,con la sua solita faccia seria.
La cena ci viene servita sotto gli occhi curiosi della bambina, che sembra osservare ogni mossa della nostra cameriera.
Iniziamo a mangiare, ma la bambina resta ferma ad osservare il suo piatto.
“ Cosa c’è? Non ti piace?” chiede con tono stranito Kai.
“ Non la so tagliare…” spiega con tono triste “ La mia mamma mi taglia sempre la carne!”.
“ Tzè… pure viziata!” mormoro tra me e me.
“ Reina? Tagliale la carne!” ordina Kai alla nostra cameriera, che esegue immediatamente ciò che le è stato appena detto.

Mentre Kai sembra mangiare per i fatti suoi, tranquillamente, io non posso fare a meno di osservarla e pensare a quanto questa situazione sia ridicola.
Ho accettato che la portasse qui qualche ora alla settimana, ma vivere con lei sotto lo stesso tetto è veramente troppo.  
Sarà malvagio da pensare.
So che non c’entri nulla, ma...
Avrei voluto che non fossi mai nata!
Almeno non avrei, oggi, di fronte la prova inconfutabile del tradimento di Kai con quella sciacquetta di tua madre.
E’ una cosa che ancora adesso mi fa rivoltare lo stomaco.
“ Hai già finito?” chiede insospettito Kai, vedendomi alzare di scatto e andare via.
“ Sì…” mi limito a rispondere con tono serio e acido, per poi scomparire al piano di sopra.



***



Non immaginavo certo che Eva prendesse questa mia decisione con entusiasmo, ma credo che con questo atteggiamento stia esagerando.
“ Dai, Hope… adesso rientriamo a casa, fa freddo!” la avverte Reina.
Mi ha pregato tutto il pomeriggio affinché uscissimo fuori in giardino a vedere il suo cane.
Ma pioveva, quindi gliel’ho negato, piazzandola davanti al televisore.
Non ha molti giocattoli qui, a parte quella bambola, quindi era l’unico modo per farla stare tranquilla e lasciare che io lavorassi in pace.
Ma poco fa, guardando dalla finestra si è accorta che non pioveva più, quindi mi ha chiesto di nuovo di uscire.
Reina mi ha consigliato di imbottirla per bene con sciarpa e cappottino, per non farle prendere freddo e così siamo usciti.
Non staremo molto, l’aria è gelida.
Giusto il tempo di finire questa sigaretta, che ovviamente sto fumando al di fuori dell’area visiva di Hope, in un angolo sperduto del giardino, da cui però, riesco a vederla, mentre accarezza quel cagnone sotto la super visione di Reina.
Ecco l’ultimo tiro.
Inspiro ed espiro, creando un’enorme nube di fumo di fronte al mio viso, a causa anche dell’aria gelida che mi circonda.
È ora di entrare.
Con un cenno avviso Reina, che immediatamente prende una mano di Hope e la invita e rientrare, mentre con l’altra saluta allegramente il suo amico peloso.

Entriamo e chiudiamo la porta.
“ Vuole che la porti io a letto?” mi chiede Reina.
“ Beh, aiutala a cambiarsi, o altro… fai tu, quando hai finito chiamami!” le spiego con fare schivo, togliendo il cappotto e sciarpa per poi prendere il telefono e controllare alcuni messaggi ricevuti.

Dopo una manciata di minuti ecco che Reina mi avvisa di avere finito  per poi congedarsi.

“ Hey, Hope!”.
Busso alla sua porta, che trovo socchiusa.
“ Sono qui!”.
Una vocina alle mie spalle mi coglie di sorpresa.
“ Dov’eri?” chiedo invitandola ad entrare.
“ In bagno!” risponde strofinandosi gli occhi e sbadigliando.
Sonno, eh? A chi lo dici!
Ma mi sa che mi aspetterà una dura nottata con Eva.
Dopo cena è sparita e non l’ho più vista: starà meditando sul fatto se soffocarmi mentre dormo o mentre sono sveglio.
Ad ogni modo.
“ Mettiti a letto, su… domani a che ora devi andare all’asilo?”.
“ Non lo so… mi sveglia sempre la mamma!” risponde come fosse la cosa più ovvia del mondo.
“ Già…” dico tra me e me, essendo ignaro di tutto ciò che fa Anya.
“ Domani viene la mamma?” domanda con curiosità.
“ No, non credo… ti sveglierò io, ok?”.
“ Ma il bacino della buonanotte? La mamma non me lo ha dato!” afferma tristemente.
Beh ne farai a meno per stasera!
“ Ehm… beh, mi ha detto che te lo darà domani!” le spiego inventando una scusa.
“ Ok…” risponde rassegnata mettendo il broncio.
La aiuto a salire sul letto e lei si sistema la coperta.
Sembra ancora più piccola in un letto così grande.
Spengo la luce e mi accingo ad uscire, quando…
“ Ma io ho paura” afferma con tono docile.
“ Perché mai?” chiedo voltandomi ad osservarla stranito.
“ Perché c’è buio e sono sola…” spiega intimorita.
Ci mancava solo questa…
“ Ti lascio la luce accesa ok?”.
Annuisce, approvando in pieno la mia proposta.
“ Posso andare adesso?”.
“ S-ì…” risponde non molto convinta.
“ Ok…” rispondo io con ancor meno convinzione.

Chiudo la porta ed emetto un sospiro di sollievo.
È una sensazione veramente strana: non sono abituato a fare certe cose.
Mi dirigo in bagno, pervaso da strani pensieri e strane sensazioni, che cercherò di spazzare via con una doccia calda e rigenerante.
Ma prima…





***





*bip bip
1 messaggio: Hiwatari.
Apri: A che ora dovrebbe andare all’asilo domani?
Rispondi: tra le otto e mezza e le nove! Tutto ok?
Invio…

*Bip bip
1 messaggio: Hiwatari.
Apri: Sì...

Cosa significa sì? Gli sembrano risposte da dare?
E questi tre puntini di sospensione?
Anche attraverso i messaggi le sue risposte sono veramente odiose!
Comunque, meglio se la conversazione si concluda qui.
Se ha detto sì… sarà sì!... …

Rispondi: OK!!!
Invio…



***
 


Finita la doccia, entro in camera mia, dove trovo Eva semisdraiata sul letto col suo telefono in mano.
Passo davanti al letto, ma non mi degna di uno sguardo.
“ Ci hai messo un po’… l’hai messa a letto e raccontatole la favola della buonanotte?” chiede con tono canzonatorio.
Porto gli occhi al cielo, alzando le coperte per accomodarmi sul letto.
“ Ti sembra divertente?” ribatto con tono duro.
“ No affatto!” controribatte acidamente.
“ E allora per oggi ti pregherei di smetterla, hai già fatto abbastanza!” le spiego una volta per tutte.
“ Vedi? Sei sempre così! Prima prendi delle decisioni senza preoccuparti di informarmi e poi vuoi che faccia da madre a quella bambina?!” si lamenta adirata.
“Chi ha detto una cosa del genere? Non ti ho chiesto di farle da madre!” intervengo prontamente. “ Ti ho solo chiesto di fare finta che non esista, se ti da tanto fastidio!” le spiego in maniera chiara.
“ E quale ruolo dovrei interpretare io in questa ridicola commedia? Quella dell’amante?”.
Ma che sta dicendo…
“ Quale amante… senti, ti fai troppo film mentali tu! NON sei sua madre e NON ti ho chiesto di farlo, figuriamoci!”.
“ Ha parlato il super papà! Ma se fino all’altro ieri neanche ti ricordavi di avere una figlia!” mi ricorda con tono pungente.
La incenerisco con uno sguardo.
“ I miei non sanno neanche che tu hai una figlia, come la prenderanno?”.
“ Semplicemente non dirglielo!” le suggerisco sarcastico.
“ Beh quando ci sposeremo dovranno pur scoprirlo!”.
“ Chi ha parlato di sposarsi?” domando incredulo.
Lei rimane pietrificata da questo mio atteggiamento.
Tace per un istante, con occhi che fissano il vuoto.
Io la guardo sempre più accigliato e interrogativo.
Non ha mai parlato di matrimonio fino ad ora.
Credevo che condividessimo la stessa filosofia di vita.
Eppure sembra essere rimasta delusa.
Di punto in bianco, cambia atteggiamento.
“ Ad ogni modo, i miei dovranno pur scoprirlo prima o poi, quindi comincia a prepararti un discorso convincente…” conclude con tono piatto, sistemandosi le coperte e coricarsi, dandomi le spalle.
Rimango qualche secondo immobile, fissando la sua sagoma sotto le coperte, perdendomi in strani pensieri.
La situazione sta prendendo una piega che non mi piace affatto.
Sarà meglio chiudere gli occhi ed dimenticare questa giornataccia.
Spengo la luce e mi metto comodo sul letto, chiudendo gli occhi e cercando di prendere sonno.
Solo dopo qualche minuto riesco a rilassarmi e addormentarmi.








Sento uno strano rumore…
Come se qualcuno si stesse lamentando.
O meglio, piangendo!
“ Ma che cazzo…?” sussurro tra me e me, togliendo la coperta di dosso e mettendomi seduto coi piedi a terra.
Anche Eva si alza di scatto, osservandomi assonnata.
“ Si può sapere che succede?” domanda con la voce impastata dal sonno.
“ Deve essere Hope che piange…” le spiego massaggiandomi gli occhi sbadigliando.
“ Ah… allora è un problema tuo!” afferma acida mal celando una certa soddisfazione nel tono, per poi nascondersi immediatamente sotto le coperte per riaddormentarsi.
Mi alzo osservandola con disprezzo.
E’ un tuo problema?
Quanto è stronza…

Emetto un sospiro e mi dirigo alla porta.
Arrivato in corridoio la trovo sul ciglio delle scale con una mano che strofina gli occhi. Ha il viso rossissimo, e piange disperatamente.
“ Voglio la mammaaa!” dice con voce rotta dal pianto.
Ma che ha? Da come piange sembra che qualcuno l’abbia pestata a morte!
“ Perché piangi?” domando con un tono misto tra l’arrabbiato e il disperato.
“ Voglio la maaaammaa!” ripete con tono sempre più lamentoso.
“ Ma perché?”.
“ Voglio la maaammaaa!” ripete ancora.
Ok il disco sembra essersi impallato.
Che cazzo!!!
L’avevo lasciata a dormire tranquilla, porca miseria!
Da dove si spegne!
Non è proprio il massimo sentire queste urla nel cuore della notte.
“ Senti, tua madre non c’è! Ok?? Quindi calmati, è inutile che continui a piangere!!”.
Tanto non la chiamo!
Non le darò questa soddisfazione!
E poi è notte fonda, chi vuoi che mi risponda a quest’ora.
Ma lei niente, continua a piangere disperata.
Osservo disperato il soffitto, alla ricerca di una soluzione.
Porca di quella putt…
La prendo in braccio, e lei mi si attacca al collo inondando la mia spalla di lacrime. Scendo al piano di sotto, facendo bene attenzione a non cadere e rotolare per le scale.
Insomma ha quattro anni, non dovrebbe piangere in questo modo…
Ma pensandoci bene Anya mi aveva avvertito:
“ Hope non si è mai separata da me! Ci è voluto un po’ prima che si abituasse a rimanere all’asilo…quindi preparato!"
Mi sembra perfino di sentire la sua voce odiosa!
Che diamine!
“ Hope, basta piangere!” le dico quasi in forma di ordine.
Che faccio?
“ Vuoi vedere la tv?” le propongo prendendo il telecomando in mano alla ricerca di canali decenti per bambini, che a quest’ora non sembrano esserci!! Ottimo.
“ No!” risponde arrabbiata.
“ E dai, guarda… ci sono i cosi… come si chiamano… gli elefanti!”.
Sembra essere uno di quei pallosi documentari, ma cazzo! Guardalo, almeno!
Anzi, no. Non guardarlo più… sembra  che si stiano riproducendo.
Cambio canale e casualmente trovo un qualcosa che sembra un cartone animato, di quelli che piacciono a lei, con quegli stupidi maiali rosa che dicono cazzate a raffica: ma li fanno a qualunque ora del giorno e della notte? Beh.. tanto meglio. Sembra interessata. Infatti ha staccato la faccia dalla mia spalla e lo osserva con curiosità… sebbene ancora con occhi rossi e lucidi e continuando a singhiozzare. Almeno ha smesso di piangere.
“ Ti piace questo, vero?” le chiedo per rassicurarmi.
Annuisce, anche se imbronciata.
“ Bene, allora lo guardi un po’ e poi andiamo a letto!” le propongo, mettendola sul divano e sedendomi anche io vicino a lei, nonostante stia morendo dal sonno.


Passano alcuni minuti, durante i quali lotto con tutto me stesso per stare sveglio e tenere gli occhi fissi sullo schermo televisivo.
Grugniti, maiali che parlano e cantano.
Lei sembra interessata al massimo.
Io li fisso disgustato e annoiato, mentre gli occhi mi si chiudono da soli.
La testa mi cade in avanti a causa del sonno.
No! Io non ce la faccio!
Mi alzo di scatto per correre in cucina e prendere  qualche birra, per passare il tempo, e magari un succo per lei.
Dio, che situazione.
Non avrei mai pensato di abbassarmi a tale livello.
Spero solo che Eva non si alzi o sarà la fine.
   



TO BE CONTINUED


























Suonino le trombe.
Rullino i tamburi.
In alto le bandiere.
La vostra Henya è tornata!
Tadààà!

Ciao a tutti 
Quanto tempo, eh?
Sì, ho passato un periodaccio e non ho avuto né il tempo, né la voglia di scrivere, anche se ne ho sofferto molto.
Non vi nascondo che è stata dura riprendere a scrivere dopo tutto questo tempo, ma mi sono impegnata e, incoraggiata anche da Lady Diamond ( che saluto :D), ho ritrovato la forza! U.u
Vi avevo lasciati con il famoso accordo preso tra Kai e Anya per mezzo dell’avvocato, in cui si impegnavano a dividersi Hope ( è brutto dirlo, lo so, ma in questo momento non saprei come definire ciò, scusami Hope! ^-^”) e adesso abbiamo un capitolo che narra le vicende della piccola Hope a villa Hiwatari. Doveva essere più lungo ma ho preferito lasciarlo così e aggiornare! Vi ho lasciati con questa immagine di Kai che nel cuore della notte guarda le avventure di Peppa Pig ( sempre lei, che ossessione XD) insieme alla figlioletta capricciosa, che cerca, giustamente la mammina!
Ah, se Anya sapesse che Kai le fa guardare in piena notte la tv…
spero non sia ridicola, ma mi diverte troppo, c'è poco da fare :'D
( Sta zitta, era l’unico modo per farla tacere è_é ndKai)
In verità, sono molto ansiosa e ho quasi paura di ricevere i vostri pareri XD perché è da tanto che non pubblico e non sono molto sicura di questo capitolo, ma ho preferito aggiornare ugualmente o cI avrei messo altri due secoli…
Dunque, vi aspetto con ansia e vi ringrazio tutti anticipatamente 
Alla prossima, ciaoooo!!!

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Capitolo 23
*** Strategia difensiva ***


Casa Hiwatari.
bip bip* (allarme sveglia ore 07.00 del mattino)








Arriva alle mie orecchie un suono assordante, pungente, che mi costringe ad alzare la testa dal cuscino e tirar fuori il braccio da sotto il caldo piumone. La mia mano cerca sul comodino, toccando oggetti vari, per poi afferrare la sveglia e con un dito disattivarne l’allarme.
Silenzio.
Cazzo che sonno!
Il mio addome si distacca, contro la propria volontà, dal letto. Mi reggo sulle braccia guardando con aria assonnata e confusa alla mia destra. Eva dorme  raggomitolata sotto le coperte, serenamente, come se non ci fosse un domani. Beata lei. 
A me sembra di essere andato a dormire cinque minuti fa.
Sono andato a letto alle tre e mezza circa del mattino.
Anya non mi aveva detto che la bambina soffrisse d’insonnia.
L’ho piazzata davanti alla tv nella vana speranza che si addormentasse il prima possibile e...Risultato?
Ho dovuto sorbirmi  non so quante puntate di uno stupido cartone animato, ho bevuto due caffè e mi sono addormentato sul divano per essere, infine, svegliato da Hope, che  mi pregava di portarla in bagno e poi a letto.
Che notte di merda!
Da non ripetersi , o sarò costretto a rispedirla a sua madre.
Ma questo non sarebbe altro che il sogno di Anya, la quale non vede l’ora che io mi arrenda.
Beh, non succederà!
Dovrò solo cambiare le regole a modo mio.
L’allarme suona di nuovo rompendo il silenzio nella stanza.
Eva comincia a muoversi sotto le coperte…
“ Kai, vuoi spegnere quell’ agigueb” farfuglia con voce impastata dal sonno, rendendo incomprensibile le ultime parole.
Certo, continua pure a dormire, in fondo sono solo le sette del mattino e tu non hai un cazzo da fare se non spettegolare con le tue colleghe d’ufficio, una più snob dell’altra.
Mi alzo dal letto e spengo nuovamente la sveglia, eliminando l’opzione della ripetizione automatica ogni cinque minuti, per poi dirigermi in bagno e prepararmi.
Non so perché ma ho come il presentimento che stia per iniziare un’altra emozionante giornata di merda!





“Buongiorno amore, dormito bene?”.
È Eva a fare il suo regale ingresso in cucina, con la sua solita ironia fuori luogo.
Sa benissimo che ho passato una notte d’inferno e il mio sguardo gelido le ha già dato una risposta.
Fa una strana espressione, accomodandosi con aria compiaciuta in volto al suo posto accanto al mio.
“ Ed è solo la prima notte…” aggiunge sottotono, versandosi del caffè nella tazzina. Si becca un’altra occhiataccia dal sottoscritto, che avendo capito la situazione, si alza per dirigersi al piano di sopra, cercando di tenere gli occhi aperti e non rotolare giù dalle scale.

Mentre percorro il corridoio giungono alle mie orecchie delle voci...
“ No! Io non ci voglio andare!”.
“ Ti prego, scendi da lì e vieni!”.
Entro in quella camera, dove trovo Hope in piedi al centro del letto e la cameriera che la prega disperatamente di scendere.
“ Che succede qui dentro?” esordisco con tono serio.
“ Non vuole prepararsi per andare all’asilo! E’ da mezz’ora che provo a convincerla!” mi spiega Reina.
“ E perché mai?”.
“ Vuole la madre!”.
Incredibile, non si è ancora rassegnata.
Faccio un respiro profondo e con un cenno indico a Reina di uscire e lasciarci soli.
“ Hope!” la richiamo con voce ferma ed autoritaria “ Scendi e preparati, così ti porto all’asilo!”.
“ No, perché io voglio la mamma, e mi porta lei!” risponde imbronciata.
“ La tua mammina non c’è quindi ti ci porto io!” ribatto acidamente. Appoggio cautamente un ginocchio sul letto, allungo un braccio e in modo scaltro la afferro  per poi tirarla verso di me.
Lei inizia a scalciare, colpendomi anche dove non dovrebbe, ma sono colpi sopportabili, quasi innocui, quindi resisto. Si agita, vorrebbe liberarsi, ma la mia presa si fa sempre più forte. Ecco che inizia a gridare, la mia mano cerca la sua bocca per placare le sue urla. Mi incammino verso il bagno, apro la porta aiutandomi con un gomito, per poi venire soccorso da Reina.
Cazzo, che peperino!
“ Lasciamiiii! Aaaahhh” urla con tono di voce stridulo, quasi come chi stesse subendo delle atroci torture.
“ Smettila Hope! Fa’ la brava!” le ordino facendo forza per non lasciarla scappare, ma come risultato ricevo un bel morso sulla mano che mi costringe per un attimo ad allentare la presa, e lei approfittando di questo momento, scivola scaltramente dalle mie braccia fino a toccare terra per poi scappare via, continuando a gridare come una matta.
Reina mi osserva sconvolto, poi esce ad inseguirla. 
Resto da solo, ad osservare il segno dei suoi denti sulla mia mano, tra il pollice e l’indice. 
Non mi ha fatto male, ma non mi aspettavo certo una reazione simile.
Ma che cazz…
Resto qualche secondo in piedi, al centro del bagno, mentre nella mia testa entrano in competizione due vocine, quella del bene e quella del male.
Cerco di dare ascolto a quella che dovrebbe essere la voce della coscienza, la quale mi ripete che è solo una bambina e che deve ancora abituarsi al fatto di stare lontano dalla madre, ma anche quella del male non ha tutti i torti e…
Non ho il tempo di finire questo pensiero che sento il rumore di qualcosa che cade a terra rompendosi in mille pezzi.
Sbarro gli occhi e volo via al piano di sotto.
Fa' che non ci sia sangue! Fa' che non ci sia sangue! Fa' che….
E’ un’altra vocina della mia mente a ripetere questa frase.
Scendo l’ultimo gradino, giro l’angolo a destra entrando in salotto e trovo davanti a me, sul pavimento, i restanti pezzi di un vaso ed Hope ferma in un punto vicino al divano che mi osserva spaventata, non so se per il fatto appena accaduto o per la mia probabile reazione...
"Dimmi che non ti sei fatta male!" le domando a denti stretti e sguardo minaccioso.
Lei, intimorita,  fa segno di no con la testa, portandosi un dito alla bocca.
Osservo confuso il disastro che c'é a terra e scavalco a grandi passi quel tratto di pavimento disseminato di frammenti di ceramica e la prendo in braccio.
" Cosa diamine è successo qui dentro?" sbraita Eva appena entrata.
" Niente!" mi limito a dire portando gli occhi al cielo.
" Niente?" ripete con voce incredula. " Ha appena rotto un vaso, Kai!".
" E allora?" dico con strafottenza. A questa risposta la sua furia aumenta, lo noto da come stringe i pugni. 
Abbandono Hope nelle mani di Reina che sale al piano di sopra per cambiarla.
" Mi era stato regalato da mia nonna, ci tenevo!" 
" Se ci tenevi così tanto perché non lo mettevi in un posto più sicuro?" rispondo seccato, passandole davanti.
" Quel vaso è sempre stato lì" continua imperterrita nella sua diatriba, inseguendomi fino al frigo " finché tu non hai deciso di portare quella selvaggia! " 
Adesso i suoi occhi sono di fuoco.
Decido di ignorarla e passarle di nuovo davanti per andare in salotto.
" Prima il cane, ora lei, questo posto sta diventando una giungla!" esclama adirata, continuando a seguirmi come un avvoltoio.
" Non ti sembra di esagerare? Tutte queste storie per uno stupido vaso di merda! Faceva pure schifo! " confesso al limite della pazienza.
Io ci provo ad ignorarla,ma purtroppo il limite della mia pazienza è molto basso.
" Kai, forse non capisci, non é  per il vaso!" mi urla contro.
" E allora cosa?". Il limite è stato di gran lunga superato e adesso mi incazzo seriamente. " Se non vuoi vivere sotto lo stesso tetto con HOPE non sei costretta a farlo!" le spiego con voce seria ed impassibile.
Mi osserva sconvolta.
" Mi stai forse cacciando di casa?".
" Non ho detto questo!" la correggo prontamente. Vuole sempre capire le  cose a modo suo.
" Ma era sottinteso!" ribatte acidamente.
La osservo qualche minuto in silenzio.
" Basta, mi sono rotto il cazzo! Tutti contro di me! Anche tu, cazzo!" esclamo  infuriato contro di lei " Pensavo che almeno tu fossi stata dalla mia parte!" per infine sbatterle in faccia queste parole e andarmene, lasciandola lì da sola senza la possibilità di poter replicare.
Non sopporto più questa situazione.







Siamo in macchina.
Sono le 9.30.
Hope arriverà all'asilo con qualche minuto di ritardo.
Beh, la maestrina capirà. 
Anzi, dovrà capire.
" Quando chiami la mamma?" domanda per l'ennesima volta.
" Dammi un attimo". 
Prendo il mio cellulare, tenendo gli occhi ben fissi sulla strada. Cerco di comporre il numero ma i miei occhi puntano sul semaforo giallo e  le auto di fronte a me rallentano, quindi scalo di marcia, e lentamente freno, fino a fermarmi.  Rosso.
Adesso posso concentrarmi meglio. Vado alla ricerca del numero di Anya.
Trovato.
Sto per cliccare sulla cornetta verde per avviare la chiamata, ma il mio dito si blocca a pochi millimetri dal display.
Non posso chiamarla.
Non adesso.
Farebbe troppe domande.
Sì, sono quasi le dieci ed Hope non è ancora all'asilo, sarebbe l'ennesimo errore.
L'ennesima cosa sbagliata che faccio.
E adesso che le dico?
Mi osserva speranzosa perché  non vede l'ora di parlare con la madre, ma...
Mi fermo un attimo ad osservare la strada, o meglio, un punto ignoto di fronte a me, alla ricerca di una soluzione.
"Senti..." inizio con tono cauto.
Il semaforo diventa verde e le auto avanzano.
Mi rimetto in moto, posando il cellulare sul cruscotto.
" Adesso la mamma non può rispondere, ha detto che poi ti chiama lei, va bene?".
" Ma uffa..." sbuffa imbronciata, guardandomi triste. " Io volevo la mamma!".
" Lo so ma non possiamo chiamarla ora, appena esci da scuola la chiamiamo, ok?".
" Ok..." risponde non molto convinta.
Siamo giunti a destinazione finalmente.
Spero solo che quella maestra del cazzo non telefoni ad Anya questa volta...




*****



" Credevo che almeno tu fossi stata dalla mia parte".
" Ha veramente detto così? '' 
" Sì!  perché fai quella faccia?" 
" Perché credo che tu stia sbagliando completamente approccio!".
Sono in ufficio.
Oggi non c'è un gran da fare e così mi sono messa in disparte con una mia collega a chiacchierare. 
In realtà mi sto sfogando raccontandole tutto ciò che mi è successo in questi giorni, soprattutto stamattina quando Kai mi ha detto quelle cose che mi ha fatto salire una rabbia incredibile. Quella bambina sta rovinando il nostro rapporto e sinceramente non ne posso più! 
" Sbagliando?" sottolineo con incredulità. " Io non la sopporto e non sopporto neanche più Kai! E lui sembra voglia mettermi in  disparte, come posso io essere dalla sua parte!?".
" Ma se te lo ha detto vuol dire che per lui è importante averti dalla sua parte, che in qualche modo ci tiene!" mi spiega in poche parole.
Io rimango qualche secondo scettica.
" Forse è vero..." dico tra me e me assumendo un atteggiamento pensieroso. 
Forse vorrebbe almeno il mio appoggio,  dopotutto sono la sua ragazza. " Ma se è così perché mi tiene sempre all'oscuro di tutto ciò che fa?" chiedo assumendo di nuovo un tono adirato. "Come può in questo modo pretendere il mio appoggio?". Anche questo è vero, ed è una cosa che mi fa rabbia.
Lei assume quell'espressione tipica di chi non sa dare una spiegazione. Poi si sofferma a riflettere un attimo.
" Beh... forse è proprio questo il punto: vuole il tuo appoggio a prescindere da qualunque cosa faccia!"
La fisso in maniera strana.
"Lo so, è un ragionamento contorto!" si giustifica immediatamente alla vista del mio punto interrogativo in testa, " Ma... questo è Kai, in fondo..." aggiunge con fare riflessivo.
È  vero... questo è Kai! vuole sempre fare di testa sua senza chiedere il parere agli altri e poi pretende pure che lo accontentino.
Emetto un profondo sospiro, non sapendo più cosa dire....
Il silenzio cala tra di noi.
"Cosa dovrei fare quindi? Il bravo cagnolino? " dico ironica.
"Dico che dovresti fare in modo che Kai ti veda come una sua alleata. Se è vero che ha tutti contro, soprattutto la madre di quella bambina, allora tu sarai l'unica che lo comprenderà,  e a quel punto si fiderà di te e non potrà mai rintracciati nulla! Se invece farai il contrario, ti continuerà a vederti come una minaccia tra lui e la figlia e a quel punto..." .
" A quel punto cosa?" intervengo prontamente ,  vedendola indugiare nel concludere il suo discorso. 
" A quel punto.... Hope dentro,  Eva fuori''! conclude secca e spietata.
Oddio no! Io non mi farò cacciare di casa, non per colpa di una mocciosa. 
"Non posso permettere una cosa del genere!".
"E allora ti conviene accettare questa situazione, o almeno far finta di accettarla..." 
Fingere.
Mi è sempre riuscito bene ma questa volta sarà diverso e molto difficile.
" Vuoi perdere Kai?".
Perdere Kai?
" No! Assolutamente! " rispondo repentinamente. 
'' E  allora non ti resta che fingere " dice alzandosi " e anche bene! vuoi un caffè? " mi propone cambiando discorso.
Una cosa è certa, non voglio perdere Kai.






***





" Allora mi faccia avere notizie di suo nonno! Non si fa vedere in Giappone da un bel po' di tempo, mi piacerebbe risentirlo".
" Certamente! Arrivederci!".
Lo accompagnò alla porta, costringendolo ad uscire il prima possibile.
Chiudo e... silenzio!
Ma fottiti! Se proprio vuoi sentire quel vecchio chiamalo tu, io non faccio da intermediario. 
Emetto un sospiro di sollievo.
Mi dirigo sul divanetto e mi metto comodo, per rilassarmi qualche minuto prima di andare a prendere Hope a scuola.
Prendo il cellulare per controllare vari messaggi.
È  da due ore che lo sento vibrare sul tavolo, non ho avuto un attimo di pace, quel tizio continuava a parlare senza sosta, nonostante io non mostrassi alcun interesse per quello che diceva. Certa gente riesce a tirar fuori il peggio di me. Se non l'ho legato alla sedia e fatto volare dalla finestra è solo perché è un vecchio amico di mio nonno e probabilmente non me l'avrebbe fatta passare liscia. Vecchio del...
Settantacinque messaggi?
Ma perché cazzo mi mettono in questi gruppi di chat di merda di cui non me ne frega proprio niente? 
Poi un messaggio da Katrina,  chi cazzo è?.
Guardo meglio la foto e... ah già. 
Rispondo dopo.
In questo periodo sono alquanto impegnato.
Un messaggio da Sarizawa...un'ora fa. Merda!
Lo apro.

*Hiwatari,  spero stia andando tutto bene, vorrei sapere se il tuo piano malefico   dei turni preveda anche che io non possa vedere o quanto meno parlare a telefono con mia figlia!*

Porto gli occhi al cielo, pensando a cosa risponderle in maniera educata.

*se le vuoi telefonare aspetta almeno che la prenda da scuola, se la vuoi vedere puoi passare quando vuoi nel pomeriggio*


rileggendolo suona come se avessi preso in ostaggio la figlia...
...
ma chi se ne frega, non saprei cos'altro scriverle.

invio del messaggio in corso @@....





***






"Non mi ha ancora risposto quel demente! dovrò pur sapere come sta mia figlia, no?" 
" Sì, in effetti è strano che non si sia fatto sentire..." concorda Hilary, sorseggiando il suo frullato. 
Ad un tratto il mio telefono squilla, è un messaggio.
Io ed Hilary ci osserviamo sperando che sia il messaggio tanto atteso.
Lo tiro fuori dalla tasca e... 
" E' veramente lui..." vediamo, " se le vuoi telefonare aspetta almeno che la prenda da scuola, se la vuoi vedere puoi passare quando vuoi nel pomeriggio" leggo a voce alta, fingendo di imitare la voce del mittente in questione.
" Beh... se vuole addirittura fartela vedere vuol dire che sta bene!" commenta ironica la mia amica.
" Quindi l'ha portata all'asilo!" affermo con fare investigativo.
" Ha fatto il suo dovere, sorprendente" osserva ironica , giocherellando con la cannuccia nel bicchiere.
Batto nervosamente le dita sul bancone, riflettendo su cosa rispondere.
" Che faccio? Telefono o vado a constatare di persona?".
" Mmmh io andrei a constatare di persona! " suggerisce senza pensarci due volte.
" Hai ragione!" 
Decido di rispondere immediatamente.
Andrò a studiare il territorio del nemico di persona.




***

*Allora passo nel pomeriggio dopo aver finito il mio turno di lavoro!*

E che cazzo! Non poteva limitarsi ad una telefonata, figuriamoci.






***







Sono le quattro e mezza circa del pomeriggio.
Un taxi mi sta conducendo a villa Hiwatari .
Sono nervosa, tesa, e non mi spiego il motivo.
L'auto si ferma. proprio di fronte la villa Hiwatari, che si erge in tutto il suo splendore.
Wow... Grande! 
Pago l autista e il mio corpo si immobilizza davanti al cancello, stranamente aperto.
Decido di entrare, in fondo sa già che sarei dovuta venire.
Percorro il lungo vialetto disseminato di vasi e piante per poi arrivare davanti la porta principale.
Decido di non pensare e istintivamente il mio dito si poggia sul campanello, emettendo un suono che rimbomba in tutta la casa...


***



Sono sul divano col mio ipad,  quando il rumore del campanello risuona in tutta la casa.
Passano alcuni secondi ma di Reina nessuna traccia.
Da quando c'è quella bambina non fa altro che badare a lei.
La avviso di aprire la porta, ma dopo qualche secondo ancora nessuna risposta.
Che diamine!
Mi alzo, non molto felice, per andare ad aprire la porta.
Sicuramente non è Kai, in fondo perché dovrebbe suonare il campanello, ha le chiavi.
Quindi mi chiedo chi possa essere a quest'ora del pomeriggio.
Arrivo e aperta la porta trovo davanti ai miei occhi l'ultima persona che mi sarei potuta aspettare.
Anche lei mi osserva alquanto sorpresa.
Entrambe ci guardiamo per un tempo che sembra indefinito, come chi non si aspettasse di vedere l altra.
" Sari...Anya..." inizio titubante assumendo un tono cordiale, anche se il mio occhio destro viene colpito da uno strano tic nervoso.



***


" Eva... " rispondo torturando nervosamente il manico della borsa che ho in mano.
Non mi aspettavo di trovare lei, anche se in fondo avrei dovuto, dal momento che abita qui!
" Entra, immagino tu sia qui per vedere tua figlia!" esordisce con un tono stranamente calmo ed apparentemente... gentile?
"Già...". Per quale altro motivo sarei dovuta venire?
Avanzo di qualche passo fino a ritrovarmi dentro casa, in corridoio.
Mi sento alquanto a disagio.
"Kai mi aveva detto che nel pomeriggio sarei potuta passare...".


***



"Sì ...lo so... me l'ha detto!" rispondo, ovviamente mentendo.
Figuriamoci se Hiwatari si sarebbe preoccupato di avvisarmi.
Che nervi!
Vorrei sbatterla fuori di casa ed insultarla fino a perdere la voce.
Ma non posso!
Non devo!
Non devo sbagliare.
Ma fingere!
Ricorda Eva: rilassa i nervi e mostrati carina e cordiale.
Se commetti un altro passo errato sarai fuori gioco.
Kai non te lo perdonerebbe mai.
"Ti aspettavo infatti! accomodati ... tua figlia è di sopra con Reina! vado a chiamarla! " affermo con falso sorriso. 
La lascio lì, da sola, e salgo al piano di sopra per avvisare la terribile mocciosetta.
È  molto dura,  ma devo resistere.
Di nuovo il tic all'occhio fastidioso.
Eva,  controllati!



***



Ha uno sguardo che non mi piace, sembra come se fosse controllata da qualche spirito sovrannaturale ... mi fa paura vederla così gentile ed accogliente.
Strano... inquietante.
È appena sparita al piano superiore.
Resto qui, immobile, al centro del corridoio, a tenere ben stretto il manico della mia borsa e a guardarmi intorno.
Cavoli, che casa!
Avevo capito che Kai se la passasse bene, ma non a questi livelli.
E questo è solo un pezzetto della casa...
Mentre sono intenta ad ammirare i millemila quadri esposti alle pareti, giunge alle mie orecchie un rumore di passi.
"Mamma!" grida la mia piccola scendendo uno ad uno i gradini ebfacendo attenzione a non inciampare.
Dietro di lei, a passi lenti e misurati, la padrona di casa.
"Hope, tesoro!" esclamo allegramente correndole incontro per prenderla in braccio.
Quanto mi è mancata! 
Potrà sembrare esagerato, ma vi assicuro che stamattina, non averla trovata in camera sua a dormire mi è sembrato un incubo.
"Come stai?" le domando aggiustandole una ciocca di capelli. 
"Bene! " risponde attaccandosi al mio collo.
"Che sei carina!" affermo strapazzandola di coccole, il tutto sotto gli occhi di Eva, che se ne sta in disparte ad osservarci.
Decido di riprendermi e rimandare a dopo le smancerie, per poi far scendere a terra Hope.
"Mamma,  vuoi vedere la stanza?" mi dice tirandomi per la maglietta.
Io osservo Eva, come a volere il suo permesso.
Lei capisce subito e fingendo un sorriso acconsente.
"Ma certo, andate! Avrete molte cose da dirvi! In fondo questa è anche casa di Hope!" afferma con tono allegro e pacato, mal celando un certo nervosismo.
" ok... " mi limito a rispondere osservandola in maniera quasi allibita, mentre Hope mi fa strada.


****




Continuo a sorriderle mentre mi passa davanti per poi vederla svanire al piano di sopra.
Rimasta sola emetto un sospiro di sollievo, di quelli che ti liberano, come se avessi retto sul petto un sacco di una tonnellata.
Questa è anche casa di Hope!?
tze...
E questa da dove mi è venuta fuori?
Devo essermi calata troppo nella parte!
Devo essere impazzita.
Ma purtroppo è necessario.
Dio che nervi però!
ok calma!
Reina è appena scesa e mi osserva stranamente.
"La vedo nervosa signorina!" dice preoccupata.
"Preparami una tisana, ne ho bisogno!" le ordino.
"Subito!" risponde correndo in cucina.
Che idea...
"Anzi....prepara del tè,  per qualche tazzina in più..." la avverto.
"Oggi abbiamo ospiti!" aggiungo sorridendo tra me e me.




***




Devo ammettere che Kai l'ha sistemata bene.
Una stanza grande, un lettone al centro con diversi cuscini.
Anche se pensandoci bene non sembra una stanza adatta ad una bambina.
Uno stile troppo...classico, ecco!
Non ci sono colori vivaci, nessuna mensola piena di giocattoli, tendine bianche senza disegnini vari...
Almeno è molto luminosa e la finestra dà sul giardino.
Ma non è casa mia quindi... non mi permetto di dire nulla.
"Oh guarda dove è il cane!" esclamò puntando il dito in un punto del giardino.
"Kai ha detto che appena viene mi fa giocare con il cane!" afferma tutta contenta.
"Ah bene..." sussurro con aria poco tranquilla, soffermandosi ad osservarla mentre sistema dei giocattoli che le ho portato.
Sembra che tutto stia andando bene.
insomma...
Non sembra mancarle nulla, e questo un po' mi ci fa rimanere male.
Forse, in cuor mio, speravo che fallisse miseramente già al primo giorno.
Invece sembra andare tutto bene.

D'un tratto la porta si apre e fa capolino Eva, che con la sua strana aria simpatica ed accogliente chiede il permesso di entrare.
"Sì, certo...".
"Scusa il disturbo, ma sto facendo preparare un the e mi chiedevo se ti andava di prenderne un po' " conclude con un sorriso smagliante in volto.
Il tempo si ferma per un istante.
Eva Hernandez, non solo mi fa entrare a casa sua, ma mi invita pure a prendere un thè insieme a lei??
Ma siamo diventati matti?
Eva? 
Hernandez? 
Mio dio!
Resto, non so per quanti secondi, a fissarla con occhi increduli.
" Ehm..." non so cosa dire. Io non voglio prendere un thė insieme a lei!
Mi osserva quasi speranzosa.
"Ci sono anche i pasticcini!" sottolinea rivolgendosi ad Hope e facendole illuminare gli occhi. Infatti la piccola al solo udire la parola pasticcini si alza di scatto e mi osserva quasi pregandomi.
" Mamma,  possiamo?" chiede speranzosa.
Incastrata!
"O...ok, va bene, se tu lo vuoi ok..." accetto non molto convinta.
"Perfetto! Tra qualche minuto sarà pronto!" ci avvisa con voce entusiasta, e andandosene. 
Non ci credo...



Scendiamo  ed arrivate in salotto troviamo Eva intenta a sistemare dei vassoi con dolcetti di vario genere.
"Accomodatevi!" ci invita sorridente, sedendosi al suo posto.
Osservo la scena davanti a me con incredulità e dopo qualche minuto di esitazione decido di accomodarmi, seguita da Hope.
Sto per prendere un thè con Eva Hernandez.
Un giorno da segnare sul calendario.
Quando lo racconterò ad Hilary farà fatica a crederci.
"Prego, ci sono vari tipi di thè, infusi e tisane! Vi consiglio questo arancia e zenzero, uno dei miei preferiti! " spiega con fare altezzoso. 
Va bene... spero solo non sia avvelenato, tutta questa gentilezza mi fa preoccupare. 
Decido di prendere la teiera per servirmi ma vengo immediatamente fermata.
" No, tranquilla! Ci pensa la nostra cameriera!" afferma facendo un cenno alla ragazza vestita da colf. "So che di solito sei abituata a servire i clienti, ma per questa volta puoi approfittare ed essere servita!" aggiunge con tono acido e snob all'ennesima potenza.
Era un'offesa per caso?
La osservo sconcertata non sapendo cosa dire.
Per quanto si sforzi non riesce a nascondere la sua natura malvagia e spietata.
Decido di ignorare le sue parole e fingere un sorrisetto che nasconde la voglia matta di spaccare una tazza sulla sua testa.
Che odiosa!
Ecco perché va d'accordo con Hiwatari.
Due anime gemelle!



***



Si sarà sicuramente offesa.
So che non avrei dovuto, ma non ho resistito.
È  stato più forte di me.
"Dunque... eri mai stata in questa casa?" domando con tono investigativo.
"No!" risponde iniziando subito a tossire.
Il sorso di the le sarà andato di traverso.
Inizia a battersi una mano sul petto, cercando di non scomporsi più di tanto. Diventa tutta rossa, vorrebbe dire qualcosa ma la tosse glielo impedisce.
" Brucia!" riesce a dire tra un colpo di tosse e l'altro.
" Ah sì,  mi ero dimenticata di dirti che lo zenzero pizzica un po' alla gola, pensavo lo sapessi!" 
Inizia a respirare per prendere aria, e piano piano ritorna al suo colore naturale.
Strano,  ma mi sto divertendo....




****




Brutta stronza!
Per un attimo ho pensato che mi volesse avvelenare.
La gola ha iniziato a bruciarmi talmente tanto che ho iniziato a tossire fino a mancarmi l'aria.
Credo che perfino Hope si sia spaventata. Infatti mi guardava scioccata.
Mi ricompongo,  e riprendo a sorseggiare lentamente questa tisana alquanto orribile, ma non quanto la persona che mi sta di fronte.
Non so cosa abbia in mente, si comporta in maniera strana e mi inquieta, ma non devo lasciarmi fregare. 
Cosa stava dicendo prima che mi strozzassi? 
Ah sì...
" No, non avevo visto questa casa fin'ora!" spiego, continuando a sorseggiare.
" Ah, strano! Hope si è già abituata! all'inizio sbagliava sempre stanze, ma ora è diventata una perfetta padrona di casa,  vero?" le dice, rivolgendosi con finta aria simpatica.
" Mi fa piacere..." mi limito a rispondere.
" Anche se con gli spazi ancora non riesce a stare attenta, stamattina ha rotto un vaso!" aggiunge.
" Cosa? un vaso?" domando preoccupata.
" Oh, tranquilla! Era un vaso di poca importanza, me l'aveva regalato mia nonna! Ma pazienza, capita!" sottolinea lanciando una piccola frecciatina.  Veramente io ero preoccupata per mia figlia, non per il tuo stupido vaso.
" Ti sei fatta male tesoro?" le chiedo cercando sul suo viso qualche graffio.
" No!" risponde prontamente.
Ah... meno male.
" Ma tranquilla, adesso provvederò io stessa a togliere qualsiasi oggetto pericoloso si trovi in giro! Non si sa mai, i bambini sono sempre così selvaggi...e Kai a volte è così sbadato, deve ancora abituarsi a fare il padre responsabile" afferma sputando in ogni parola veleno puro.
"Beh è lui che ha insistito, perché per me poteva benissimo lasciare le cose come stavano!" spiego senza giri di parole.
"Sai è strano..." inizia a dire con aria riflessiva, posando la tazzina sul tavolo " è strano che in questi anni non abbia mai, una singola volta, ricordato di avere un figlio e d'improvviso, dopo averla vista, sia cambiato tutto radicalmente".
Già... è quello che mi chiedo anche io.
" Ho fatto fatica ad accettare questa sua decisione  ma mi vedo costretta, per amore si fa qualsiasi cosa, no? Rai ne sa sicuramente qualcosa..." sottolinea con uno strano sorrisetto. 
"E' vero! per amore si fa qualsiasi cosa!" ripeto perdendomi in un mare di pensieri.
"Spero di poter fare come Rai... diventare una specie di seconda madre per Hope, anche se sarà più difficile!".
Ma è impazzita?
Seconda mamma?
Hope ha solo una madre! Stop!
Non deve mettersi strane idee in testa.
La questione dei due padri è alquanto diversa.
Ma la mamma resta una!
" Credo che seconda mamma sia una definizione alquanto esagerata! Meglio non confondere le idee della bambina! Lasciamo prima che si risolva la questione dei padri, che è meglio! So di avere delle colpe per questo fatto ma è stato inevitabile, capiscimi! ". Il mio tono si fa decisamente alterato. 
Non deve permettersi di dire queste cose e deve rimanere al suo posto.
" Sì, è vero! non preoccuparti, so di non potere avere lo stesso ruolo che ha avuto Rai, ma almeno vorrei essere una figura importante...".
" Beh questo dipenderà da te...." mi limito a rispondere, cercando di chiudere il discorso il prima possibile. Mi ha fatto alquanto alterare. 
Bevo gli ultimi sorsi di te in maniera veloce per poi posare la tazzina sul tavolo ed alzarmi.
"Adesso devo andare". 
"Ma come... di già? " dice con tono dispiaciuto Eva. 
"No, mamma! " interviene la mia piccolina alzandosi di scatto. "Io vengo pure?" mi chiede con faccino triste.
Odio questo momento.
Fosse per me ti porterei via subito, ma non posso, purtroppo!
"No piccolina, tu non puoi venire!" le spiego accarezzandole il viso.
"Ma io voglio venire..." ribatte con occhi rossi.
Ti prego non piangere.
"Ma io voglio papà pure...".
Che cavolo, non so cosa fare.
Lasciarla così mi spezza il cuore.
"Perché non rimani a cena da noi, magari più tardi si calmerà" propone Eva mettendosi in mezzo.
No, questo è il colmo dei colmi!
" No, grazie, non posso! Rai mi aspetta per cena!" cerco di spiegarle educatamente.
" Nessun problema, fa' venire anche lui!" propone ancora una volta, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Ma dico... è impazzita? 
" Non credo sia una buona idea!" .
" Ma dai, così avremo modo di parlare!".
"No guarda, grazie lo stesso, ma preferisco tornare subito a casa!"
Insomma come devo dirtelo che Rai non vorrebbe mettere piede qui dentro neanche morto! Io sono stata costretta dalle circostanze ed ho già fatto tanto prendendo un thè insieme a te!
"Come vuoi, capisco le circostanze! " ammette sorridente.
Ah, l'hai capito allora!
" Mamma,  non andare via! Io voglio andare a casa!" ribadisce Hope attaccandosi al mio pantalone.
Come faccio ad abbandonarla?
Sì,  perché è quello che penserà sicuramente,  che la stia abbandonando.
Mamma mia, che situazione!
Devo trovare un modo per convincerla.
"Ma se vieni con me non puoi giocare con il cane stasera! Mi hai detto che Kai te l'ha promesso!" le ricordo speranzosa.
Lei mette un dito in bocca e annuisce.
"È vero, se poi te ne vai con chi gioca il cane!" ad intervenire questa volta è Eva. Stranamente ha deciso di aiutare. È strano ma... utile, purtroppo.
"Anzi, se resti qui ti faccio vedere delle cose, ti va?" è ancora lei a parlare. Le tende una mano con sorriso stampato in volto.
Hope sembra convincersi e piano piano lascia andare la mia gamba per afferrare la mano di Eva? 
Mio dio, cosa sta succedendo?
È una scena assurda.
Mia figlia che va incontro a quella serpe.
Ma non devo farmi strane idee. A suo modo Eva vuole convincerla a restare, quindi devo approfittane.
" Hai visto! Ha ragione Eva, devi rimanere così giochi qui! Io vengo domani, va bene?" .
Mi avvicinò a lei scoccadole un bacio sulla fronte, in modo da rassicurarla.
Lei continua ad osservarmi con aria confusa, ma si convince e con la manina mi saluta, ma ha gli occhi rossi, lo vedo.
Le sorrido e a passi lenti mi dirigo alla porta.
" Beh allora grazie del thè..." dico fingendo di avere apprezzato la sua ospitalità. 
" Figurati,  spero che avremo altre occasioni per parlare..." risponde con tono amichevole.
" Già..." mi limito a rispondere non molto convinta. " Allora vado... ciao!"
" A presto!".
" Ciao mamma!"
Ciao piccolina mia.
Non temere la mamma ti riporterà di nuovo  casa.







****



Che giornata di merda! Le mie previsioni erano esatte.
rientro a casa.
Sono le 19.30 ma non vedo nessuno in giro, nemmeno Reina.
Sono troppo stanco per arrivare al piano di sopra così butto le mie cose sul tavolino e mi accascio sul divano, cercando di chiudere gli occhi per qualche minuto.
Ho la testa così pesante. 
Stasera crollerò in un sonno profondo e nessuno dovrà osare disturbarmi. 
" Bentornato Kai! stanco?".
La voce di Eva mi costringe ad aprire gli occhi.
" Hey... sì un po' " rispondo massaggiandomi le tempie.
Ti prego, non non voglio sentire le tue lamentele! 
" Beh speriamo che stasera ti faccia dormire!" dice sedendosi accanto a me.
"Già..." mi limito a dire scocciato, poggiando la mia testa sulle sue gambe, mentre lei inizia a passarmi le dita fra i capelli.
Potrei anche addormentarmi in questo momento.
"Sai oggi è venuta Anya" inizia a dire con tono pacato " grazie per avermi avvisata" continuando a toccare i capelli.
Cazzo l'avevo dimenticato!
Apro istantaneamente gli occhi e li punto su di lei, rimanendo nella mia posizione.
" E tu che ci facevi a casa?" le domando insospettito.
" Sai , abito anche io in questa casa..." cerca di farmi intuire facendo uno strano gesto con la mano.
" E cosa è successo?" chiedo sempre più investigativo.
" Ma, niente... è entrata, ha passato del tempo con Hope e poi abbiamo preso un the..." spiega con un tono naturale. 
Forse non ho capito bene.
Alzo la testa e mi rimetto seduto comodo sul divano con una faccia alquanto confusa.
" Un the? Tu mi stai dicendo che hai preso un thè con Anya?" chiedo sempre più allibito.
"Sì,  cosa c'è di strano?" dice con naturalezza. 
"tsz!" . Emetto un sorrisetto isterico scuotendo la testa.
Non riesco a credere a ciò che sento.
" Da quando tu e Anya siete grandi amiche?" chiedo con sarcasmo.
" Ma ... " non sa neanche lei cosa dire "... se ci pensi bene un tempo eravamo amiche! " mi spiega, con un tono leggermente ironico.
Sono sempre più sconvolto.
" Sì ... grandi amiche....come no!" ripeto tra me e me per autoconvincermi mentalmente.
Ma cosa si è fumata?
Sta male.
" Finché non hai deciso di scoparti il suo ragazzo!" le ricordo.
" Ma questi sono dettagli! Che palle che sei! Sempre a rimuginare sul passato! Sono successe molte cose da allora e bisogna metterci una pietra sopra!" spiega quasi irritata.
" Una pietra sopra... certo...." provo ancora una volta ad autoconvincermi. " E di cosa avete parlato, sentiamo?" domando insospettito e curioso.
"Del più... del meno..." dice con fare vago.
Ho la faccia di chi fa fatica a credere a tutto questo.
" Andiamo Kai, cosa ho fatto di male!".
" Nulla, anzi mi meraviglio che tu non l'abbia imbavagliata e nascosta nello scantinato" commento divertito.
" Beh controlla tu stesso!" replica con aria di sfida. 
La osservo qualche secondo fingendo di essere insospettito.
" E come mai questo cambiamento?" domando investigativo avvicinandomi al suo volto.
" Non capisco di quale cambiamento tu stia parlando!" risponde beffardarmnte facendo cerchi col dito sul mio petto.
" Mi sa che stai male!" commento ironico.
" Sei sempre il solito!" esclama spintonandomi leggermente.
" Trovo solo strano il fatto che tu abbia accolto così calorosamente Sarizawa!".
" Ho fatto solo la brava padrona di casa!  Infatti le ho proposto anche di rimanere a cena, sia lei che Rai!".
"Kon è stato qui?" domando cambiando subito atteggiamento. 
" No, ma le ho detto che se voleva poteva venire anche lui!".
" Ma sei impazzita!".
" No, pensavo che sarebbe stato carino cenare tutti e quattro insieme ad Hope!".
"Io dico che sarebbe stato vomitevole!  Cenare avendo di fronte Kon è uno degli incubi che mi perseguita!" le spiego poco carinamente. 
" Ok, calmati! io l'ho fatto solo per Hope, voleva andare via con Anya e magari vedendoli qui si sarebbe rasserenare! Ma per tua fortuna ha rifiutato, quindi stai tranquillo!".
" Beh la prossima volta non prendere decisioni del genere senza prima consultarmi" chiedo quasi in forma di ordine.
" Ok!" risponde facendo segno di arresa. " Scusami, prometto che saprò farmi perdonare" mi sussurra all'orecchio facendomi intuire cose poco caste.
Mi limito a sorridere e a richiudere gli occhi per riposare, per poi sentire le sue labbra su una mia guancia.
" Forza Hiwatari, hai promesso ad Hope di giocare col cane! Ricordi?".
Cazzo, è vero!
"Adesso non mi va, vacci tu!".
" Io ho paura di quel cane,  mi abbaia inferocito ogni volta che lo guardo!".
" Ok, ho capito,  vai a chiamarla!" dico arrendendomi.
Se ne va, lasciandomi qui da solo, sul divano ad occhi chiusi.
Quasi non riesco a riaprirli.
Non capisco cosa le sia successo.
Stamattina sbraitava come una matta contro Hope e adesso sembra tutta zucchero e miele e mi ricorda pure che le avevo promesso delle cose.
A volte non la capisco.
Sembra avere una doppia personalità! 
Ma finché fa la brava non mi dispiace, non voglio problemi con lei.
Voglio solo che capisca la mia situazione e forse sta provando ad accettarla.
Mi sta bene così!
Sarei curioso di sapere cosa si siano dette quelle due. 
Cosa sarà successo?
Forse sarà meglio controllare lo scantinato...



















E VOILÀ! 
Finalmente riesco a pubblicare!
Ultimamente non sono stata proprio puntualissima, devo dire!
( non ce ne eravamo accorti! *Tutti)
Purtroppo mi è venuta a mancare l’ispirazione e dopo avere torturato la povera Lady Diamond ( che mi ha incoraggiata tanto e mi ha spronata a scrivere)  sono riuscita a buttare giu , con non poche difficoltà , questo capitolo.
La storia va avanti e prima o poi terminerà  ovviamente!
Non la abbandonerò mai, questo ve lo assicuro xD 
Ho scritto diverse versioni di questo capitolo e questa mi è sembrata la più convincente! 
L’idea di vedere Anya ed Eva sedute amichevolmente a tavola a sorseggiare the con pasticcini mi è venuta proprio all’ultimo e non ho resistito!
Spero vi sia piaciuta questa parte.
Come spero anche che vi sia chiaro il cambiamento radicale della nostra matrigna Eva. Ovviamente ci sono delle ragioni, che spero di avere illustrato in modo chiaro in questo capitolo.
È tutta una finzione per tenersi  buono  il suo Kaiuccio. 
La sua cara collega le ha fatto capire che in questo momento Kai ha attenzioni solo per la
 figliola ritrovata e avendo tutti contro potrebbe mandare tutti a fanc*** , lei per prima xD
Quindi se non vuole essere cacciata di casa deve fare la brava mogliettina, anzi fidanzatina per ingraziarsi il suo ricco e bello Hiwatari.
Ok, basta con le spiegazioni.
Sono solo delusa del finale del capitolo, avrei voluto aggiungere qualcosa in più che preannunciasse qualcosa che accadrà nel prossimo capitolo.
Ma ho preferito di no, potrei rovinare tutto xD
( ancora disgrazie!??*Tutti)
(Ebbene sì,  il bello deve ancora venire)
( ma ti sei accorta che le tue note d autrice sono sempre piu lunghe del testo?? *Kai)
( avete ragione, ma siccome manco da tanto , cerco di sfogarmi in questo modo! )
( ma ti rendi conto che stai parlando da sola? Fai tu le domande e le risposte! Fatti vedere da qualcuno!*Kai)
(T____T)
(Niente lacrime, per favore *kai)
Ciao amici, fatemi sapere cosa ne pensate! T_T 
No seriamente u.u fatemi sapere cosa ne pensate! E soprattutto segnalatemi errori vari

Un saluto a tutte/i 


Henya 



























 









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Capitolo 24
*** Merry Christmas... ***


" Posso farti i capelli?".
Sono in salotto.
Ho gli occhi stanchi, poiché sono fissi sullo schermo del mio computer da circa due ore.
Maledetti grafici.
Una vocina alla mia destra mi permette per un attimo di staccarli dal portatile e poggiarli su di lei, alquanto confusi.
" I capelli?" chiedo dopo avere notato nelle sue mani un spazzola e un'altra cosa con dei fiocchetti colorati.
" Sì,  io ti faccio i capelli,  come la parrucchiera!" mi propone allegramente.
Ok.
Io non mi faccio mettere dei fiocchetti colorati in testa, che sia chiaro, piccoletta!
" Falli ad Eva" le propongo indicando con un dito la direzione in cui si trova la persona in questione. Sta seduta sul divanetto del salotto col suo tablet, ignara di cosa stia per succedere. " Sono così lunghi! Ti piacerà di più " le consiglio malvagiamente.
Eva tiene ai suoi lunghi capelli biondi più  di qualsiasi altra cosa al mondo.
A malapena riesco a toccarglieli io.
Dopo un attenta riflessione, Hope sembra convincersi e corre in direzione della bionda.
Ritorno al mio lavoro, seduto in un angolo luminoso della stanza, prestando ben attenzione a quello che si diranno.


***


Sono sdraiata sul divano a torturare con due dita il labbro superiore, leggendo le ultime notizie di gossip della settimana.
Qualcosa, ad un tratto, mi distrae.
O meglio, l'arrivo di qualcuno.
" Posso farti i capelli?" chiede timidamente.
Mi fermo a fissarla accigliata.
" Come scusa?" chiedo cercando di attenuare il tono acido che inizialmente stava per uscire dalla mia bocca.
"Kai, ha detto che posso farti i capelli!" mi spiega.
Sposto i miei occhi su di lui che sorride beffardamente facendo finta di lavorare al computer.
Sa benissimo che io odio quando qualcuno osa toccare i miei capelli.
È una cosa che mi manda in bestia.
Quante volte lui lo ha fatto per stuzzicarmi! 
E adesso mi manda la mocciosetta con tanto di spazzola e nastrini?
Evidentemente vuole mettermi in difficoltà.
Ha notato che ultimamente sono felice e sorridente in presenza di Hope, e probabilmente non riesce a capirne il motivo.
Vuole farmi esplodere.
Vuole che ritorni alla luce la mia acidità e cattiveria.
Vuole che io sbagli.
Vuole mettermi alla prova per verificare le sincerità del mio strano comportamento.
" Ah, lo ha detto Kai?"  
Mio caro Hiwatari...
mi stai un tantino sottovalutando.
" Va bene!" accetto fingendomi complice del suo giochino.
" Allora tu ti metti così,  con la testa qui e io ti faccio i capelli, come la mia mamma!" mi spiega indicando di mettermi comoda sul divano.
Eseguo il suo piccolo ordine e mi sdraio lasciando liberi i miei lunghi capelli cadere lungo il divano.
Il mio caro fidanzato sembra molto divertito da questa scena!  sebbene non lo mostri apertamente, come a suo solito.
Lei si mette dietro di me e comincia a toccare con le sue manine i miei capelli.
" Mi raccomando, fa' molto piano!" le raccomando prima che possa fare qualche danno.
" ok..." risponde sicura.
Speriamo.
Ecco che sento la spazzola percorrere la mia folta e delicata chioma.
Chiudo gli occhi, anzi li stringo come se provassi dolore.
In realtà è solo fastidio.
La passa una, due, tre volte... ed ogni tanto qualche nodo mi porta a stringere i denti.
" Ti posso mettere i fiocchetti?" .
Oddio...
" ehm... solo uno però... " le raccomando preoccupata.
Oddio, spero non abbia delle forbici...



*** 



Il suo motto è sempre stato " Toccami tutto, ma non i miei capelli!".
Nei momenti di intimità sono un dilemma.
Certo, risultano più sexy, ma parliamoci chiaro: sono ingombranti.
Ogni volta mi ritrovo quei cazzo di capelli persino nelle mutande!
La osservo.
Vedo che  stringe gli occhi come se volesse trattene un urlo colossale.
Ma si trattiene.
In questo periodo è così calma, sorridente...
Così tranquilla che potrebbe accettare qualsiasi cosa le chieda.
Se le dicessi di saltellare ed abbaiare per fare contenta Hope, lo farebbe.
Un angioletto insomma.
Beh. 
Evidentemente ha capito come devono andare le cose.
E dopotutto non può che farmi piacere: ho già troppi casini in questo momento. 
Termino l'ultima grafico e spengo il pc.
Prendo cellulare ed auricolari dal tavolo e mi avvio al piano superiore, passando vicino ad Eva.
Lei nota che mi sto avvicinano e apre gli occhi osservandomi minacciosa ma allo stesso tempo le sue labbra si sigillano in un falso sorriso.
" Ti stai divertendo?" le domando con una leggera punta di sarcasmo.
"Un mondo!" risponde altrettanto ironica.
Sorrido tra me e me, scuotendo la testa.
Mia cara Eva... apprezzo il tuo sforzo.


***





" Le nausee per fortuna stanno diminuendo!"
"Sì,  in effetti dopo i primi tre mesi svaniscono!"
Sono passata a trovare Hilary.
Era da un po' che non lo facevo.
" Come mi trovi?" mi chiede preoccupata.
" Mi sembri in gran forma!" rispondo con assoluta sincerità.
" Dici?"
"Sì,  per essere incinta di due gemelli non sembri avere preso tutti questi chili. Certo, hai i fianchi più tondetti, il viso più tondo... ma è normale! non allarmarti!" le spiego cercando di tranquillizzarla.
" Peccato che qualcuno sia di un altro parere!" esordisce incrementando il suono della voce per far sì che le sue parole arrivino alle orecchie del marito seduto qualche sedia più in là a fissare il suo libro.
Questi alza i suoi occhi di ghiaccio minacciosi.
" Ho solo detto che stai approfittando del fatto di essere incinta, per mangiare ad ogni ora del giorno! qualunque cosa ti capiti di pensare!" afferma con tono ammonitore.
" Se ho delle voglie cosa ci posso fare!' si giustifica prontamente, afferrando un cornetto alla marmellata dal vassoio che ho appena portato.
" Io dico  che sono solo delle scuse!" rivela il marito divertito, alzandosi.
" Sei un uomo, non puoi capire come si sente una donna incinta! Diglielo anche tu, Anya!".
" Sì, verissimo!" intervengo, complice della mia amica.
" Voi donne, aspettate di essere incinta per ingozzarvi ed avere una scusa pronta!" commenta con sarcasmo, passando di fianco alla moglie per strapparle di mano il cornetto che stava per addentare.
"Hey!" lo rimprovera contrariata Hilary incenerendolo con uno sguardo.
Lui se ne va, dando un grande morso al cornetto appena rubato.
" Dirò ai tuoi figli della tua infinita cattiveria!" urla Hilary iraconda.
Sono una coppia così comica delle volte che potrei ridere all'infinito.
" Cretino..." sussurra divertita.
Passano alcuni secondi di silenzio, durante i quali Hilary studia con attenzione il vassoio che ha davanti, alla ricerca del cornetto più sfizioso.
"Allora, cosa mi racconti? Hai avuto altre occasioni per prendere un tè in compagnia della regina?" domanda con un tono divertito, masticando avidamente un pezzo di cornetto.
"No, per fortuna!" rivelo emettendo un sospiro di sollievo. " Le volte successive non l’ho trovata in casa!".
"E Hiwatari?".
Adesso la cioccolata le cola da tutte le parti.
Sta combinando un disastro. 
"Beh, non c'è stato quasi mai, o se c'era si faceva i cavoli suoi..." le spiego, cercando di non venir distratta dal suo modo di mangiare.
"Mi sto sporcando tutta! Passami un fazzoletto per favore!” mi dice guardandosi la maglietta piena di zucchero a velo. Ne prendo uno e glielo passo. " E per Natale tu e Rai cosa farete?” sussegue a domandare, mentre si dà una pulita superficiale.
Ancora non ne abbiamo parlato.
" Non lo so... non ci abbiamo pensato! Ma credo che saremo solo io, lui e Hope! La settimana di Natale coincide con il mio turno, quindi sarà meglio per Hiwatari non farsi venire idee strane! Mia figlia starà con me!".
" Beh, mi sembra giusto!" concorda in pieno. " Io sarò con mia madre e mia nonna e chissà quali altri parenti! Se vuoi unirti, non farti problemi!".
"Tranquilla, ma è giusto che tu stia con la tua famiglia! In teoria io dovrei sentire i miei, ma credo che mi limiterò ad una telefonata per fare loro gli auguri! Fanno troppo casino e sinceramente preferisco passarlo con Rai ed Hope, in pace e serenità! ".
" Credo sia la cosa migliore!" concorda la mia amica. " Immagina se Eva vi invitasse a passare il Natale da loro!" aggiunge trattenendo una grassa risata.
"non dirlo neanche per scherzo!" la rimprovero contrariata, lasciandomi infine sfuggire una piccola risata.
Significherebbe passare il peggior Natale della mia vita!



***



" Kai, io ho fame!" 
Controllo l’orologio al polso e mi rendo conto che effettivamente è quasi ora di cena.
" Anche io piccolina!". Anche il mio stomaco inizia a brontolare.
Mi avvio in cucina, seguita da Hope.
" Tra quanto si cena, Hope ha fame!" domando a Reina, intenta ad apparecchiare.
"Ehm, dovrebbe essere pronto tra pochi minuti, cominciate a sedervi!” ci consiglia con aria un po’ confusa.
Tiro indietro una sedia ed aiuto la nanetta a sedersi.
Mi accomodo anch’io.
Dopo qualche secondo arriva anche Eva, con uno smagliante sorriso stampato in volto.
" Credevo fossi uscita..." esordisco sorpreso.
" No..." risponde accomodandosi alla mia destra. " In realtà sono stata tutto il pomeriggio a casa e mi sono dedicata alla cucina!".
Alla cucina.
La osservo scettico.
" Reina? Puoi servire la cena!" le ordina battendo due volte le mani.
"Sì signorina!” urla l’altra dalla cucina.
Ancora io non ho capito.
Ma ho uno strano presentimento, infatti decido di chiedere ulteriori chiarimenti.
" Cosa vorrebbe dire che ti sei dedicata alla cucina?" domando con fare vago grattandomi dietro l’orecchio.
" Voglio dire che ho preparato io la cena di stasera!" annuncia entusiasta.
"Oh mio dio..." sussurro tra me e me osservando Reina uscire dalla cucina con dei piatti in mano.
Osservo sconcertato lo spettacolo che mi si offre davanti.
Uno strano odore arriva alle mie narici.
Non sembra male.
È solo...strano.
Deglutisco e trovo il coraggio di voltarmi in sua direzione e chiedere "altri ulteriori chiarimenti".
Schiarisco la voce...
"Come mai hai deciso di cucinare?" chiedo insospettito.
" Beh non mi sono mai cimentata nella cucina, quindi ho pensato di sperimentare! " afferma nel modo più naturale possibile, sorridendomi.
Ricambio, con grande sforzo il suo sorriso, riportando gli occhi sul piatto che ho qui di fronte a me.
Ci sono troppe verdure a mio parere.
Anzi, direi che ci sono solo verdure.
Sposto poi gli occhi alla mia sinistra e mi accorgo che neanche Hope sembra entusiasta di quello che ha davanti.
"Spero vi piaccia! Buon appetito!" dice con allegria iniziando ad assaggiare.
Continuo a fissare il piatto in maniera strana, mentre una vocina dentro la mia testa mi incoraggia a dare il primo boccone.
Prendo in mano la forchetta e la rigiro più volte nelle mani.
Non ho mai avuto molta simpatia per le verdure, soprattutto quelle verdi, e qui il verde predomina in tutto il piatto.
Infilzo più volte la forchetta in quello che dovrebbe essere del semplice riso in bianco, quello che si dà ai malati in ospedale e lo mescolo, quasi giocherellandoci.
Sembra colloso.
Non sono un esperto in cucina, ma chiunque si accorgerebbe a prima vista che questo riso è scotto.
Hope continua a fissare interrogativa il piatto ed io sto trovando il coraggio di assaggiarlo.
Non l’ho mai vista cucinare.
Mai.
Quindi non mi fido molto.
Ma forse mi sto facendo troppo problemi per nulla. Solo perché è brutto da guardare, non vuol dire che sia cattivo.
" Cosa sono queste palline verdi?" domanda Hope rompendo il silenzio e dando voce a quel pensiero che vaga anche nella mia mente da qualche minuto.
" Sono cavoletti di Bruxelles al vapore!" le spiega. " Fanno molto bene sai? Soprattutto per chi ha l’intestino pigro!" aggiunge rivolgendo lo sguardo al sottoscritto, come a voler far sottintendere qualcosa.
La fisso in malo modo.
Lo assaggio ed effettivamente fanno molto bene all'intestino: fanno decisamente cagare.
" Era finito il sale in cucina?" chiedo, dopo avere assaggiato un pizzico di quasi tutto quello che ho nel piatto.
"No... perché? " chiede preoccupata.
" Perché non c’è sale!" la faccio notare con tono piatto.
"Sai che io non amo molto il sale..."inizia a spiegare. " E poi il sale non fa molto bene! Causa ritenzione idrica e soprattutto fa venire la cellulite!” sussegue ad illustrare con tono di voce esperto.
Mi fermo ad osservarla.
" La cellulite, certo!” sussurro tra me e me, rinfilzando la forchetta in uno di quei broccoletti insipidi. " Chi non ne soffre!" susseguo a mormorare rivolgendomi ad Hope.
Questa assaggia un cavoletto e storce subito il naso facendo un espressione schifata.
"Bleaaah" esclama disgustata, senza farsi troppi scrupoli davanti alla cuoca della serata.
" Non ti piace?" le chiede Eva.
Direi. 
Lei risponde con un segno negativo della testa.
Eva porta gli occhi al cielo " Non fa cosi schifo!" esclama alterata osservandomi, alla ricerca del mio consenso.
Ma la mia espressione le ha detto tutto.
Lei irrigidisce le labbra, come è solita fare quando vorrebbe esplodere, ma si forza di non farlo.
" Andiamo  Eva, tu non hai mai cucinato! Non sai neanche come si fa bollire l'acqua!" le ricordo senza troppi giri di parole, facendola diventare paonazza dalla rabbia.
" Almeno tu potevi far finta di apprezzare!" mi rimprovera innervosita.
" Ci ho provato, ho apprezzato il tuo sforzo, ma non ce la faccio ad ingoiare questa roba!".
" Come sei sensibile!" afferma ironica incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio.
Ci risiamo...
" Senti, avrai tempo per migliorare... ok?" dico scocciato cercando di moderare il tono. " Ma per stasera ceneremo fuori! Quindi preparati e non dire che non vieni perché ti ci porto con la forza!” la minaccio seriamente.
Lei rimane ferma ancora qualche secondo, poi alza gli occhi al cielo…
" Vado a prepararmi..." afferma con tono arrendevole, per poi andarsene.
"Ma io lo devo mangiare?" domanda Hope indicando il piatto.
" No, sta lontana da quella roba!" le consiglio facendola balzare giù dalla sedia. "Vuoi mangiare qualcosa in particolare?" le domando alla ricerca di suggerimenti.
Si ferma a pensare per qualche secondo.
"Hamburger e le patatine!" esclama già con l’acquolina in bocca.
Una carnivora.
Adesso ho la certezza che sei mia figlia.



Siamo di ritorno a casa.
Hope è seduta ai sedili posteriori che dorme.
Eva fa scorrere il suo dito sul cellulare, ed io osservo con aria stanca la strada che ho di fronte.
Come da lei richiesto l'ho portata in uno di quei posti in cui si mangiano hamburger e patatine. La bionda non era molto felice, ma alla fine ha optato per un'insalata di pollo. Mi sono fidanzato con una capretta.
Il cancello si apre automaticamente e l'auto entra in garage. 
Freno, forse bruscamente, ed Hope si sveglia di soprassalto ed in pochi istanti accade l’impensabile.
Hope fa uno strano verso  e tossisce due volte.
Eva si volta indietro per controllare, poi sposta gli occhi in mia direzione con aria schifata, facendomi presagire il peggio.
Non ho il coraggio di chiedere, né di voltarmi.
Sembrava...
Il solo pensiero mi disgusta.
Sembrava un... conato di vomito.
"Dimmi che non è quello che penso...." dico ad Eva, stringendo con le mani il volante.
"Controlla tu stesso!" risponde facendo strane espressioni.
Lentamente mi giro, e quello che vedo mi lascia senza parole.
Hope mi osserva intimorita, quasi impaurita. I suoi occhi gridano pietà.
I suoi vestiti riportano diverse macchie giallastre e il sedile accanto è completamente invaso della stessa sostanza.
"Bah..." lamento disgustato. Un forte odore si espande in macchina.
Vorrei urlare e dire parolacce a raffica.
Ma non posso.
Stringo i denti.
Cazzo, eravamo arrivati, poteva almeno aspettare di uscire dalla macchina e vomitare a terra! 
Osservo Eva con occhi infuocati.
"Te l'avevo detto di andare piano..." mi ricorda ironica. Dopodiché apre la 
portiera e si avvia ad uscire.
"Dove stai andando?" le domando a denti stretti.
" Non vorrai mica che mi metta a raccogliere quel vomito spero!" ribatte con aria disgustata.
" Eva!" la richiamo sempre più autoritario vedendola andare via con la sua borsetta.
Cazzo, no!
Chiudo gli occhi e faccio finta di battere più volte la testa sul volante.
"Scusa, Kai... non lo faccio più! " afferma con tono dispiaciuto.
La guardo fissandola con astio.
Emetto un sospiro di rassegnazione osservando quel disastro e trovare il coraggio di pulirlo.
Cazzo avrei preferito che mi vomitassi addosso.
Come faccio a togliere questo schifo dai sedili e soprattutto quest'odore nauseabondo dalla macchina?
L'ultima volta che mi sono ritrovato in questa situazione è stata quando quel deficiente di Boris mi ha vomitato addosso.
Credo di averlo conciato così male che ancora ne riporta i segni.
Ma con questa piccola peste devo reprimere la rabbia e fingermi calmo.
Non posso traumatizzarla.
Guarda cosa mi tocca fare!
Che schifo...






***



" Qual è il problema di questa piccola paziente? " domando scompigliandole i capelli.
"Mi fa male il pancino!" mi spiega con timidezza.
La sollevo e la faccio sdraiare sul lettino.
Comincio a visitarla, toccandole con due dita diverse parti dell'addome.
Kai se ne sta in disparte ad osservare.
"Non è la prima volta che le succede! L'ultima volta che Anya  l'ha portata aveva fatto fuori, la sera precedente, una scatola di cioccolatini!" gli spiego rendendolo partecipe. "Ha per caso mangiato qualcosa di strano ieri sera?" domando investigativo.
Lui pensa qualche secondo.
"Ha mangiato patatine..." rivela con aria indifferente.
"Quante?" 
"Mah... non lo so, non le ho contate!" risponde ironico.
Porto gli occhi al cielo. 
È sempre il solito.
" Ne hai mangiate tante, vero?" domando alla diretta interessata, con un tono che vuole solo la verità.
Annuisce quasi con vergogna.
" Ho capito..." 
La rimetto a terra e ritorno alla mia scrivania.
"Non è niente! Dovrà solo prendere delle bustine e passerà tutto! In caso contrario non esitare a ritornare!"  spiego al paparino, seduto di fronte a me.
Prendo un foglio e prescrivo la cura.
"Immagino che Anya non sappia niente..." affermo con sarcasmo alzando per un attimo gli occhi verso di lui.
" Non fare l'infame, Ivanov! Non deve saperlo!" mi ordina seriamente.
" Non voglio intromettermi infatti!" dico in segno di resa, per poi ritornare a scrivere.
" Tutto questo non sarebbe successo se Eva non avesse preparato la cena!" mormora indignato.
"Eva cucina?" chiedo con incredulità.
" È una storia lunga... in questo periodo è strana!" si limita a dire con occhi al cielo.
" Ha deciso di fare la brava mogliettina?" chiedo  divertito, porgendogli il foglietto.
" Tsz..." si limita a dire, afferrandolo.
" Questi sono dei segnali!". Mi alzo per accompagnarli alla porta.
"Che segnali?" chiede interrogativo.
In segno di risposta alzo la mano sinistra per mostragli il mio anello.
Lui afferra al volo e fa una strana faccia.
" Non c'è campo nel mio territorio per questi segnali" conclude con tono fermo andandosene mano manina con la figlioletta.
Caro Hiwatari, spero per te che metterai un giorno la testa a posto.






***




" Ma che puzza, mamma mia!" esclamo disgustato tirando fuori la testa dall'auto. " Chi ci ha vomitato dentro?" chiedo, mentre cerco di imboccare aria pulita.
"Eh... indovina!" dice con aria seccata.
"Tua figlia!" dico sbarrando gli occhi dall’incredulità.
La sua faccia sembra dire - proprio così-. Scoppio in una grassa risata.
Dio, come ci godo.
" Bando alle ciance, hai un'idea su come risolvere questo disastro?".
" Sì..." inizio a dire riflessivo attirando la sua curiosità " butta l'auto!".
Mi incenerisce all'istante con due occhi di fuoco.
"Ok, ok... parlando seriamente! Dovrebbero esserci dei prodotti adatti per le auto, farò una ricerca!" spiego grattandomi la nuca. 
" Spero vada via anche quell'odore nauseante... non è proprio il massimo di prima mattina!".
"Immagino... sembra ci sia stato un cadavere qui dentro..." aggiungo osservando quei sedili, mantenendomi a debita distanza.
" Sarò costretto ad andare in giro coi finestrini tutti abbassati..." mormora scocciato.
"Direi..." concordo in pieno " Vado a prendere un caffè,  vuoi unirti?" lo invito, indossando la giacca.
Lui ci pensa un attimo.
"No, non mi va di vedere Anya!" .
" Capisco!" mi limito a rispondere senza chiedere dettagli.
Anche se il modo in cui lo ha detto mi ha fatto intuire di non dover dire niente alla mammina.
Ricevuto!




***



Suono alla porta.
Per la quinta volta torno a casa Hiwatari per vedere la mia bambina.
Ho evitato di venire ogni pomeriggio, Rai me lo ha sconsigliato. Quindi ho deciso di andare a trovarla a giorni alterni.
La porta davanti a me si apre.
"Salve signora Sarizawa, entri pure!" mi invita la cameriera. “Stavo giusto facendo il bagnetto alla bambina, può attendere in salotto!".
Faccio un cenno di intesa, seguendo con gli occhi quella donna che corre al piano superiore.
Una cameriera si occupa di mia figlia: le mie previsioni non erano sbagliate.
Quel verme di Hiwatari...
Eccolo, mio Dio. Proprio oggi doveva essere a casa?!
Avanzo in salotto e fingo un sorriso che gli mostra tutta la mia felicità nel vederlo.
"Sarizawa..." si limita a dire indifferente, continuando a scrivere al computer.
"Hiwatari..." replico a mia volta imitando il suo tono serio ed impassibile.
Resto in piedi come una perfetta idiota a spostare gli occhi da un punto all'altro della stanza.
" Anya, ben ritrovata!" esclama una voce allegra alle mie spalle.
Bene, ci sono proprio tutti oggi!
Non è proprio giornata!
"Ciao Eva!".
" Come stai? Accomodati! Non farci caso, Kai non è bravo con gli ospiti!" mi spiega rivolgendogli uno sguardo ammonitore.
" Ci sono due divani... poteva benissimo sedersi!" mormora tenendo gli occhi fissi sullo schermo.
Mi sento così a disagio. 
Eva si comporta ancora in quel modo strano, Hiwatari sembra in una dimensione parallela ed io qui a pregare che Hope scenda il prima possibile!
"Oh guarda, eccola!" mi avverte Eva.
La bambina corre ad abbracciarmi inondandomi del suo buon profumo.
" Ho fatto il bagnetto!" racconta allegramente. 
"Ma che brava..." dico accarezzandole i capelli. " Com'è andata oggi all'asilo?" chiedo.
"Oggi non ci sono andata perché mi faceva male il pancino! " racconta con tono triste.
I miei occhi si spostano automaticamente su di lui, come a volere delle spiegazioni.
" Stava male, lo ha appena detto!" si giustifica prontamente con la sua solita strafottenza.
"Ma non me lo hai detto!” gli rimprovero.
" Perché avrei dovuto?".
"Perché sarebbe stato corretto avvertirmi che mia figlia stava male!".
" Non ne vedo il motivo!" ribatte duramente.
" Stai tranquilla, se non te lo ha detto, vuol dire che non era nulla fi grave!" interviene a sua difesa Eva. " Yuri stesso ha detto che era solo un mal di pancia passeggero!" sussegue a spiegare con tono pacificatorio.
Ok, se lo ha detto Yuri mi fido.
Decido di calmarmi e far finta di nulla, non prima di avere dato un avvertimento al russo.
"Ok, va bene! Ma ti sarei grata se la prossima volta mi avvertissi".
Si limita ad un espressione strana, poi ritorna al suo lavoro.
" Ora stai meglio, tesoro?".
"Mh mh!” annuisce.
Meno male.




*** 




Passa un'ora abbondante.
Ho sospeso il mio lavoro al computer e mi sono messo sul divano a guardare la tv.
Fuori c'è un temporale.
La pioggia batte violentemente sui vetri delle finestre.
"Mamma... ma poi domani vieni?".
"Certo!"
Sento le loro voci.
Forse stanno scendendo.
"Ehm... io vado!" mi avvisa Anya rimanendo sul ciglio della porta.
"Ok" dico alzandomi.
"Ah... prima che lo dimentichi..." dice fermandosi di colpo. " La prossima settimana Hope farà una recita...".
" Che recita? Quante recite fanno?".
"La recita di Natale!" sottolinea alterata. " Beh non so se potrai o vorrai venire, quindi... beh... in caso fammi sapere cosi ti informo sugli orari!" .
Che palle! 
"Una recita? Ci verremo sicuramente!" interviene Eva appena giunta da non so dove.
Mi volto a fissarla contorta, come credo stia facendo anche Anya.
Ha uno strano sorriso stampato in faccia.
Non capisco che cosa le passi per la mente. È impazzita, ormai è ufficiale.
"Ehm... sì,  verrò,  cioè verremo..." mi correggo, facendo fatica a staccare gli occhi dalla mia compagna.
Vorrei sapere cosa le passa per la mente.
"Ok, allora vi farò... sapere!" conclude Anya, un po’ sorpresa.
"Kai quando ci andiamo a comprare la bici?" mi chiede Hope tirandomi per la maglietta.
"La bici?" ripete Anya con una strana espressione.
"Si, oggi siamo stati al centro commerciale e ha visto un bicicletta e..." interrompo il discorso facendo intuire il resto.
Ha un'aria pensierosa.
"ah..." è l'unico suono che fuoriesce dalle sue labbra.
Cosa ho fatto di male stavolta?
"Qualcosa non va?" chiedo insospettito.
"No... no" risponde prontamente, mal celando un certo nervosismo.
Chi la capisce.
Meglio non indagare oltre.
"Vado..." dice aprendo la porta e tirando fuori dalla sua borsa un ombrello.
La pioggia sembra essere diminuita, tuttavia non è un buon momento per andarsene a piedi.
Dovrei darle un passaggio?
Non accetterebbe mai...
" Vuoi un ... passaggio in macchina?” chiedo con un tono che conosce già la risposta.
"No, non piove poi così tanto! chiamerò un taxi!" spiega senza dilungarsi troppo. Saluta frettolosamente la figlia e se ne va a passi svelti sotto la pioggia.
Come vuoi...
Chiudo la porta. 
" Un passaggio in macchina! ma che gentiluomo!" esordisce con leggero sarcasmo Eva fissandomi acida.
Porto gli occhi al cielo, non degnandola di una risposta.
"Come mai vuoi venire a questa recita?" domando con aria investigativa, dirigendomi vicino a un tavolino in salotto dove teniamo gli alcolici.
" Beh, ho pensato di farti compagnia, dopotutto ci sarà anche Rai, non vedo perché tu debba presentarti da solo" mi spiega prendendo due bicchierini di vetro.
A volte mi dimentico di quel cinese.
" Ma è una seccatura..." affermo con tono scocciato, versando della vodka nei due bicchierini che tiene in mano.
" Lo so, per questo ti faccio compagnia, no?".
La osservo divertito ed insospettito allo stesso tempo.
"Te l’ho già detto che sei strana ultimamente?".
" Forse..." risponde con fare vago, portando il bicchiere alla bocca.
Bevo tutto d’un sorso il liquido trasparente del mio bicchiere, tenendo gli occhi ben fissi su di lei.
Lei mi osserva maliziosa giocherellando con le labbra sul bordo del bicchiere.
Comincia a fare la gattina.
Ora che ci penso, da quando c'è Hope che piange la notte, non abbiamo avuto modo di fare certe cose...
Sarà meglio approfittare di questo momento di pace...






***



Mancano pochi giorni a Natale.
In città si respira aria di festa.
Luci colorate e addobbi natalizi decorano le strade piene di negozi affollati: la caccia ai regali è appena iniziata.
Cammino sotto braccio a Rai, per le vie del centro.
Il cielo è nuvoloso e l’aria pungente, mi porta ad affondare il viso nella mia calda sciarpa bianca.
"Entriamo qui?" mi invita Rai, indicando un negozio di articoli da regalo per bambini.
Annuisco.

" Guarda ci sono i peluche di quei maialini strani che piacciono tanto a Hope!" mi fa osservare prendendone uno e mettendomelo a mo’ di scherzo in spalla. 
"Oddio, sono ovunque!" osservo meravigliata ed allo stesso tempo inquietata.
" Non capisco il loro successo..." afferma, riposandolo al suo posto.
" Non ci credo!" esclamo meravigliata dirigendomi più avanti " Il camper di Barbie!". Lo prendo e lo osservo perdendomi in un mare di ricordi! " Ne avevo uno da piccola! Praticamente era il mio giocattolo preferito! Poi... uno dei miei fratelli me lo ha distrutto..." racconto con aria malinconica.
"Vuoi che te lo ricompri?" propone divertito.
"Nah... non avrei tempo di giocarci!" spiego con ironia, rimettendolo, a malincuore lo ammetto, al suo posto.
Resto imbambolata a fissarlo.
"Magari se lo regalassimo a Hope..." inizio a dire con fare riflessivo.
Ma due mani si poggiano sulle mie spalle e mi spingono con prepotenza in altre direzioni.
" Meglio di no!" consiglia Rai, dopo avere intuito le mie intenzioni.

Osservo attentamente ogni singolo scaffale.
Non riusciremo mai a decidere! Ad ogni scaffale cambiamo idea!
Mi volto indietro e mi accorgo che Rai è sparito.
Lo cerco tra i vari reparti e finalmente lo scorgo da lontano nel reparto ... biciclette.
"Hey... trovato niente di interessante?”.
"Sono capitato qui e mi sono ricordato della bicicletta. È da un anno che Hope la desidera e per un motivo, o per un altro non abbiamo potuto comprargliela" spiega, osservandole con aria assorta.
Oh no... 
Tempo fa Rai ha promesso ad Hope la sua prima bicicletta.
Eravamo in Cina.
Passeggiando per il parco Hope aveva visto diversi bambini pedalare le loro piccole biciclette aiutati dai loro genitori.
Era stata colpita da una in particolare: era rosa, con un cestino e vari disegni colorati.
- Papà, me la compri?- gli aveva detto, indicando l’oggetto desiderato.
Rai non seppe dire di no, come sua abitudine, ma io gli ricordai che era ancora troppo piccola.
Rai disse che non era affatto vero. Lui la prima bici l'aveva avuta a tre anni. 
Io preferii aspettare.
Poi per una serie di altri motivi non siamo riusciti a comprargliela.

Adesso quella bici che Hope desidera da tanto, quella che Rai le aveva promesso, gli verrà regalata dal suo vero padre.
L’ho scoperto casualmente.
Ci sono rimasta di sasso.
Ma non ho voluto dire niente.
Questa volta Kai non l’ha fatto apposta, come aveva fatto col cane. 
Non poteva sapere.

Ma ora come lo dico a Rai.

" Che dici, compriamo una bici? Gliela devo!".
Continuo a fissare il vuoto, alla ricerca di una soluzione.
Non voglio dirglielo.
So che ci rimarrebbe male.
"Ehm... non credo sia una buona idea..." inizio a spiegare, alla ricerca delle parole più appropriate. 
“Perché?  Prima o poi dovremo!" Mi ricorda giustamente.
"Perché... perché...non abbiamo spazio! e la casa è piccola!" invento sotto il suo sguardo confuso.
" Mica deve andare in giro per casa!".
" Lo so ma è inverno! Non è una stagione adatta per andare a passeggio nei parchi! Fa freddo, piove... Hope non farebbe altro che rompere...- io voglio usare la bici, io voglio andare fuori, ma perché non mi portate in bici- ..." gli spiego avanzando tutte le scuse possibili.
Mi sento un verme...
Lui ci pensa un attimo...
" Beh... su questo hai ragione. Forse è meglio rimandare al nostro ritorno in Cina!" conclude vagamente convinto. 
Ottima idea!
"Sì mi sembra l'idea migliore!" concordo, tirando un sospiro di sollievo dentro la mia testa.
" A questo punto... cosa compriamo?" chiede sempre più confuso.
I miei occhi puntano per pura casualità in un punto ben preciso.
Avvistano una bambola.
La riconosco.
È quella della pubblicità.
Hope la osserva sempre estasiata.
"Trovato!" esclamo, invitandolo a seguirmi.

È una situazione così difficile.
Rai è molto affezionato ad Hope.
L’ha cresciuta come fosse sua e il sapere che una persona che l’ha inizialmente rifiutata, sia tornata con l’intenzione di riprendersela, senza avere mosso un dito in tutti questi anni, lo innervosisce parecchio.
E al dire il vero, innervosisce anche me.
Mi fa rabbia.
Ma se sto facendo tutto questo è per il bene di Hope...






***





 Siamo a scuola.
Tra pochi minuti avrà inizio la recita di Hope.
Io ed Anya attendiamo in corridoio, seduti in una panca, come il resto degli altri genitori.
Mentre parliamo i miei occhi avvistano da lontano due figure a me note e la mia espressione cambia.
Avviso con un cenno del capo che i due stanno per arrivare.
Lei si volta e non appena le distanze diminuiscono si alza.
"Ciao Anya! Rai!" saluta con aria allegra l'ochetta.
Anya ricambia il saluto,  mentre io mi limito ad un cenno di capo.
Hiwatari mi rivolge il suo sguardo più serio ed impassibile e, a dire il vero, neanche il mio è così allegro.
Le due iniziano a scambiare qualche parola, mentre io resto seduto nella mia posizione a osservare altrove.



***


" Siamo in perfetto orario, meno male!" afferma Eva.
"Sì, inizieranno tra pochi minuti!" aggiunge Anya, palesemente a disagio.
Ci credo.
Questa situazione è ridicola.
Se Eva non si fosse intromessa e avesse insistito così tanto per venire, io avrei trovato una qualsiasi scusa, almeno mi sarei risparmiato di vedere Kon...



***




La recita ha inizio.
Ci siamo accomodati in terza fila.
Io ed Eva stiamo al centro, affiancate dai nostri rispettivi fidanzati.
Rai si è ammutolito in un religioso silenzio. L'arrivo di quei due lo ha infastidito parecchio.
Lo capisco.
Forse sarebbe stato meglio non dire loro di questa recita.
Il comportamento di Eva mi stranizza sempre di più...

Il sipario si apre e mostra un gruppo di bambini travestiti da elfi che iniziano a cantare.
Sorrido divertita nel vedere Hope in prima fila che canta allegramente. 
Cerco di coinvolgere Rai, sorridendogli... e dopo qualche attimo di esitazione, ricambia.

Passa una buona mezz'ora.
I bambini iniziano a recitare delle poesie accompagnati da un sottofondo musicale.
Rai, alla mia destra più che assistere alla recita sembra avere gli occhi persi nel vuoto.
Chissà a cosa starà pensando...
Alla mia sinistra Eva osserva svogliatamente lo spettacolo, controllando ogni tanto il cellulare.
Accanto a lei un Hiwatari che non ha staccato, neanche un minuto, gli occhi dal suo telefono.
Gli costa molto fare finta di stare attento?
Che odioso!
Avviso i presenti che è il turno di Hope, usando un tono che faccia capire a Hiwatari di prestare per un attimo attenzione. E infatti, posa molto svogliatamente il suo aggeggio in tasca con fare alquanto scocciato.
Che figura esemplare...
Se non voleva venire non si sarebbe offeso proprio nessuno!







Terminata la recita, Hope ci raggiunge.
" Sei stata bravissima tesoro!" esclamo prendendola in braccio.
" È vero, sei stata proprio un amore!" si congratula Eva a gran voce,  sotto il mio sguardo contorto.
Sta lontana da mia figlia, strega!
"Se è finita, noi avremmo fretta!" interviene con tono secco Hiwatari.
Poteva sforzarsi di dire un brava Hope! Non gli sarebbe costato poi così tanto.
Invece no, deve sempre fare il guastafeste.
" Si, devi solo consegnarmi il borsone di Hope!"
Ebbene sì, stasera mia figlia ritornerà a casa con noi.
Finalmente!



" Dovrebbe esserci tutto” dice porgendomi il borsone.
Lo prendo e lo passo Rai che lo mette in macchina.
"Allora...Buon Natale!" auguro a Hiwatari che resta a fissarmi serio.
" Buon... Natale..." ricambia con tono pensieroso, rivolgendo una veloce occhiata anche a Rai.
Poi si volta e raggiunge l' auto dove lo aspetta Eva.
" Andiamo!"
Annuisco, entrando in macchina per ritornare a casa insieme ad Hope.





Arriva il tanto atteso giorno di Natale…



"Allora ci sentiamo! Buon Natale, Anya!" urla a gran voce Hilary dall'altro capo del telefono.
" Tanti Auguri anche a te, amica mia e alla tua famiglia!!" ricambio sorridente.
La telefonata termina.
Poggio il cellulare sul tavolino del salotto e mi avvio in cucina ad aiutare Rai nei preparativi.
" Era Hilary!" dico mescolando il sugo in pentola.
" Ma dai, non  lo avevo capito!" afferma ironico. " Urlate come matte a telefono ogni volta!" aggiunge divertito.
Non ho il tempo di replicare perché arriva alle nostre orecchie il rumore di un telefono che suona.
" Di nuovo?" . Pulisco velocemente le mani " Vuoi scommettere che sono i miei?" dico correndo a rispondere.



*** 


Anya svanisce per l’ennesima volta per rispondere al telefono.
Oggi questa casa sembra un centralino.
Io ho già ricevuto diverse chiamate: mio padre, mia sorella che a sua volta mi ha passato il fidanzato, auguri della nonna, della zia…
Per non parlare dei messaggi: ho risposto solo ad alcuni. Gli altri, lo farò dopo.
Dopo essermi assicurato di avere la situazione sotto controllo ai fornelli, mi allontano qualche minuto per controllare il telefono.
" Sì mamma! Anche Rai ti saluta!" ripete per l’ennesima volta quasi esasperata.
Le sorrido divertito, abbassandomi per afferrare il mio cellulare.
Ci sono nuovi messaggi.
Mia sorella mi manda una foto del regalo ricevuto dal suo fidanzato. 

-    L’ennesimo fallimento - , commenta con un emoticon disperato.
-    Quando si deciderà a regalarti l anello?... – , le invio aggiungendo delle faccine che ridono a crepapelle.


1    messaggio da Corinne...

-    Ciao Rai,  Buon Natale!! ;-*-

-    Buon Natale anche a te Corinne! :-) 

-    Scommetto che stai preparando tu il pranzo di Natale per la tua futura mogliettina! :'-D

Sorrido tra me e me.

-    Sì,  allora? Invidiosa? :-P

sta scrivendo...

-    No, figurati! Ma non viziarla troppo! :-PPP" 

Che scema...







***




"Perché dobbiamo festeggiare il Natale con i tuoi?" 
" Sta’ zitto e non lamentarti! Non vieni mai a cena da loro, almeno a Natale mi sembra un dovere!" mi rimprovera innervosita la bionda, suonando il campanello di casa Hernandez.
Dio che nervi.
Ogni volta che ricevo un invito riesco sempre a farla franca, questa volta non ho potuto.
" Cara!" urla a gran voce la madre accogliendoci in casa.
La abbraccia col suo fare nobile, facendole migliaia di domande.
" Kai finalmente riusciamo a vederci!" afferma il padre dandomi una forte pacca sulla spalla.
Ecco perché lo odio.
Ha la mania di toccare le persone quando parla.
È una cosa che mi fa incazzare di brutto.
Cerco di ricambiare nel modo che più mi riesce meglio il suo saluto.
" Come sta la mia bambina!" esordisce stringendola in un forte abbraccio.
Che scena emozionante...
Da tagliarsi le vene.

" Vieni Eva, ti faccio vedere i miei ultimi acquisti!" dice sua madre invitandola a seguirla.
No cazzo, non mi lasciare da solo con tuo padre. È quello che gli stanno gridando i miei occhi.
Ma lei finge un faccino innocente,  come a dire - non posso farci nulla-.
E se ne va, insieme alla madre.

Oddio...

" Allora Kai, come vanno gli affari? Bevi un goccio insieme a me?" propone porgendomi un bicchiere con del liquido rosso dentro.
Accetto, mentre dentro di me i neuroni si sparano suicidandosi in massa.







***





"La porti tu a letto?" propone Anya spegnando la tv.
" Ok, Forza Hope! " dico alzandomi dal divano.
"No, io voglio giocare ancora!" lamenta imbronciata.
" Non fare la bambina capricciosa!". La prendo fingendomi arrabbiato, poi la metto in spalla e fingo di farla volare, portandola dritta in camera sua, sotto lo sguardo divertito di Anya.
"Allora... ti è piaciuto il regalo?" domando imboccandole le coperte.
Annuisce contenta.
"Papà lo sai che io ho una bici?".
La osservo interrogativo.
" Una bici?".
" mh mh! una bici rossa che mi ha comprato Kai!" spiega allegramente.
Una bici... rossa... che ... Kai...
Lo ripeto nella mia mente, mentre i miei occhi si perdono nel vuoto.
Nella mia testa rimbombano le parole di Anya che l’altro giorno mi convinceva a non comprare la bici.
Ora si spiega tutto...
" Papà..." mi richiama Hope per riportarmi alla realtà. " poi la vuoi vedere?" mi domanda innocentemente.
Rimango a guardarla pensieroso per qualche secondo, mentre lei mi fissa curiosa.
"Certo..." la rassicuro accarezzandole una gote e scoccandole un bacio in fronte.
"Ora dormi... buonanotte!".
Spengo la luce e chiudo la porta.
Rimango lì a pensare, a fissare un punto ignoto del pavimento, mentre la mia mano tiene ancora la maniglia della porta.
Forse lei lo sapeva...
Anzi lo sapeva sicuramente...
Ed ha cercato di farmi cambiare idea.

Entro in camera, dove trovo Anya a preparare il letto per poi infilarsi subito sotto le coperte.
" Stasera fa proprio freddino!" afferma simulando una voce tremolante.
Messo il pigiama mi corico accanto a lei, che subito si avvicina ad abbracciarmi.
"Posso approfittare del calore del tuo corpo?" chiede maliziosa, riuscendo a strapparmi un sorriso.
" Certo!" rispondo, stringendola di più a me!".
Seguono alcuni secondi di silenzio.
" È stato il primo natale da soli! Ma mi è piaciuto molto! a te?" chiede.
"È vero..." concordo poggiando la mia testa sulla sua.
" Peccato sia già finito! Tanti preparativi, tanta attesa... e poi arriva quel giorno e passa via in un lampo" afferma pensierosa.
" Anche questo è vero!".
"Sai non vedo l'ora di tornare in Cina! Cosi potremo ritornare alla nostra vita di sempre!" aggiunge sorridente.
Le luci si spengono.
Anya rimane abbracciata a me e sussurra buonanotte.
Io volgo lo sguardo verso la finestra, da dove stasera si scorge un pezzo di luna tra le nuvole.

" Anch'io...."sussurro tra me e me.
















Salve miei  cari lettori.
Questo è un altro capitolo di transizione.
Non succede niente di eclatante lo so, ma mi serviva per arrivare a quello a cui voglio arrivare (? Oddio) ma spero di non avervi delusi... 
In teoria avevo in mente di concludere il capitolo in altra maniera, ma poi ho tolto quella parte perche stonava con il resto del capitolo, piuttosto leggero e felice
Ho preferito riservarla per il prossimo aggiornamento.

Spero abbia suscitato in voi qualcosa, anche una semplice risata nel leggere di Hope che vomita in macchina del paparino.
Non voglio cadere nel ridicolo, ma mi piaceva l’idea e mi auguro che sia piaciuta anche a voi.
Dal prossimo capitolo la storia prenderà una piega un pochino diversa, spero non mi odierete, perche mi odio gia io stessa al solo pensiero.
Non posso rivelrvi nulla, perche il capitolo si basera quasi esclusivamente su questo.


Bene…
Il giorno di Natale è arrivato e se ricordate, Rai aveva deciso di tornare in Cina dopo le feste. E se ricordate ancora, Anya aveva chiesto di rimanere in Giappone.
Nell’ultima scena Anya dice di non vedere l’ora di tornare in Cina. Evidentemente hanno deciso così. 
Ora vi chiederete: 
Kai lo sa?
Come la prenderà? 
Toglierà veramente la bambina ad Anya?
O la bambina verrà trasportata come un pacco da uno stato all’altro?
O Anya e Rai cambieranno nuovamente idea?
O, ancora, scapperanno senza lasciare tracce per non farsi trovare da Hiwatari?

E ancora…

Eva continuerà ancora a recitare?
Cucinerà ancora per Hiwatari?
Quando nasceranno i gemelli?
Saranno maschi o femmine?

Ma soprattutto… si sarà tolta la puzza di vomito dall’auto super costosa di Kai?

Se volete scoprire tutto questo, non perdete il prossimo aggiornamento .

A parte gli scherzi…
Fatemi sapere se vi è piaciuto!
Segnalatemi errori e ditemi tutto ciò che volete xD

Ricordate che tutto può succedere…

TO BE CONTINUED
























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Capitolo 25
*** Say Something ***




Salve cari lettori di Never Lose Hope, bentornati in questo nuovo aggiornamento. In genere riservo le note d'autrice a fine capitolo, dicendo anche una serie di scemenze. Beh, per questo capitolo sarà diverso.
Sarò la serietà in persona.
( Quanto è tragica ndTutti)
Si in effetti…
Ci tengo a precisare che questo capitolo è molto importante per me.
Ho fatto fatica a scriverlo e alla fine capirete il perché. 
Lady Diamond ha avuto qualche spoiler ma spero di saperti sorprendere ugualmente xD
Ho inserito alcuni video di youtube con cui mi sono fissata ultimamente i cui protagonisti sono la coppia Nathan/ Haley di One tree Hill.
Non so se li conoscete, ma non ha importanza xD a me hanno ricordato molto Rai ed Anya.
Li ho inseriti per dare una atmosfera alle varie parti del capitolo, come se fosse un film, mettiamola così. Alcune scene dei video non hanno assolutamente nulla ache vedere con Rai ed Anya, ma quello che vi invito a cogliere è l'atmosfera. Ovviamente non siete costretti a vederli xD è solo una stramba idea venutami all'improvviso, così tanto per…
Detto questo, vi lascio alla lettura del capitolo
.













https://youtu.be/YxJrVQk1tSE


Non sono riuscito a dormire bene stanotte.
Non ho fatto altro che fissare diversi punti del soffitto, ed in  ugnuno di questi la mia mente continuava a proiettare delle immagini, piu precisamente dei ricordi.
Presente e passato sembravano fondersi insieme e dare vita ad un film cronometraggio che riassumeva la mia storia con Anya. 
Ho rivissuto  momenti felici, ma anche tristi.

Poi ho cominciato a prevedere.
Prevedere cosa ci avrebbe riservato il futuro.

E lì non ho voluto continuare.
Ho spento la mia mente.
Si è rifiutata di vedere oltre.


" Buongiorno! Mattiniero stamane!". Anya arriva a mi scocca un bacio sulla tempia.
" Non sono riuscito a chiudere occhio..." spiego, continuando a mescolare il latte. 
" Come mai?"chiede interrogativa versandosi del caffè.
Non ho molta voglia di parlare e dare spiegazioni, quindi mi limito ad alzare le spalle.
" Mi raccomando riposa! Io devo essere a lavoro tra cinque minuti o Dana mi farà fuori!" afferma bevendo d'un sorso il contenuto della tazzina. La poggia sul tavolo, corre a prendere il cappotto...
" Ci pensi tu ad Hope, ok? " raccomanda, controllando l'interno della sua borsa. " Ok c'è tutto."sussurra tra sé "Vado, a piu tardi!" saluta mandando un bacio per poi svanire.
Si chiude la porta.
Di nuovo il silenzio.
Sto comincindo a detestarlo.


Nobody said it was easier...



***




" E tu cosa hai fatto il giorno di Natale,  Huznestov!" chiedo con aria curiosa, mentre gli servo la colazione.
" In solitudine , come ogni anno!" spiega con aria indifferente.
" In solitudine? Non ci credo! Nessuno passa il giorno di Natale in solitudine!" spiego incredula.
Lui alza una mano  esclamando con rassegnazione " Eccomi, sono il  Signor Nessuno...".
"Che tristezza..." mormora acidamente la mia collega, beccandosi una brutta occhiataccia da parte del russo.
" Tu invece con chi l'hai passato?" chiedo alla signorina.
" Con i soliti parenti..." si limita a dire non molto allegra.
" Sembra che la tua storia sia ancora più triste della mia" aggiunge divertito Boris.
" Almeno io ho una famiglia!" ribatte con  cattiveria.
" Dana..." intervengo con tono ammonitore.
" No lasciala parlare! " afferma il russo con fare strafottente. " È solo invidiosa della mia libertà".
" Bella vita!" se la ride lei.
" Meglio della tua, non c'è dubbio!" conclude secco e spietato, alzandosi "Ciao Anya!" saluta andandosene indignato, sotto il mio sguardo allibito.
Ma che hanno questi due?
I miei occhi si spostano su Dana, che continua a lucidare i bicchieri con calma, come se nulla fosse appena successo. 
Non li capiro mai.


***



 - Quando tornerete ? avete già fatto i biglietti?- 
  - non ancora! non abbiamo deciso.- 

- E cosa aspettate? Non vedo l'ora di riabbracciare la piccola Hope :-D - 

Mia sorella adora Hope. 
Le si è affezionata fin da subito.
Si fa chiamare zia.
Come me, non si è posta alcun problema.
Sa benissimo che non è  la figlia del suo fratellone.
Ma lei, è così,  come me, non riesce ad avere rancore.
Diversamente è stato per mio padre.
Non ha mai accettato questa situazione, lo so.
L'ho capito dalle sue frequenti domande.
Perché lo stai facendo?
Perché stai crescendo la figlia di un altro?
Perché non apri gli occhi?

Come ogni figlio testardo, l'ho sempre contraddetto.

Perche io amo Anya!
Perché quella bambina non c'entra niente!
 Erano queste le mie risposte.

Da un po' di tempo a questa parte, le domande di mio padre rimbombano nella mia mente.
La sola differenza è che non è piu la voce di mio padre a parlare, bensì la mia.

Perché lo sto facendo?
Perché sto crescendo la figlia di un altro?
Perché non apro gli occhi?

"Che stronzo!" esclama a tono basso Anya, alla mia destra.
" Come scusa?" chiedo, ritornando alla realtà, osservandola stralunato.
" Lui!" dice indicando il grande schermo. " Ha preferito rinunciare a lei per la sua carriera!"  spiega quasi innervosita.
" ah..." mi limito a rispondere, non afferrando il filo del suo discorso.
" Non ci stai capendo nulla, vero?" continua a sussurrare.
Scuoto leggermente il capo, in risposta negativa.
In realtà non ho seguito un minuto il film.
Non so perché ho accettato di venire al cinema, non mi ispirano queste commedie, ma so che piacciono a lei.
Credevo che mi sarei distratto e avrei pensato ad altro.
Anche se i miei occhi puntano fermi sullo schermo, il flusso dei pensieri segue ben altre direzioni.

" Che vuoi?" sento sussurrare ad Anya che si abbassa leggermente con il telefono attaccato all'orecchio. "Perché sono al cinema, non posso gridare!" esclama alterata. " Non puoi portarla tu?" continua a sussurrare. " Tra mezz'ora finisce il film!... ok, saremo lì! " conclude chiudendo la telefonata. " Porterà lui Hope a casa!" mi spiega  posando il telefono in borsa e tornando a seguire il film.

Lui.
Hiwatari.

Il mio petto si gonfia, trattenendo per una manciata di secondi l'aria.
Sbuffo dal naso, seccato, per poi tornare a far finta di seguire il film.






***


" Quando arriva la mamma?" domanda la piccola seduta accanto a me.
" Tra un po'".
Siamo qui fermi in macchina da dieci minuti, aspettando l'arrivo di quei due.
Seguono alcuni secondi di silenzio, poi i miei occhi avvistano sullo specchietto retrovisore un'auto in arrivo, che parcheggia dietro la mia.
"Sono qui..." affermo uscendo dall'auto.
I miei occhi incrociano per un breve istante quelli ostili di Kon, che dopo avere spento i fari che mi stavano accecando, scende dalla macchina, imitato da Anya.
" Che puntualità..." sottolinea lei.
" Hai sempre qualcosa da ridire?" puntualizzo acidamente, aiutando Hope ad uscire.
" Era solo un osservazione..." mormora a tono basso " Allora, cosa avete fatto?" chiede poi con aria investigativa.
" Ho fatto i giri con la bici!" esclama euforica, provocando diverse reazioni in quei due.
Anya inizialmente si irrigidisce, lanciando una strana occhiata a Rai; questi a sua volta fa vagare i suoi occhi altrove, con fare particolarmente seccato.
" ah, ma è... fantastico..." afferma fingendo allegria. 
" Fantastico, certo..." sussurra tra sé il cinese, con aria di sfottimento.
" Qualche problema, Kon?" domando infastidito.
" No, figurati..." risponde acidamente.
La sua presenza mi irrita, e il mio sguardo glielo sta ripetendo piu volte.
" Ti aspetto di sopra" comunica ad Anya incamminandosi verso il portone, seguito dallo sguardo preoccupato di Anya.
" È parecchio suscettibile il tuo cinese..." affermo con sottile ironia.
" E tu sei parecchio imbecille!" mi ricorda alterata.
Scuoto la testa divertito.
" Forza Hope, andiamo! Saluta Kai!" dice prendendola per mano.
E così,  senza degnarmi più di uno sguardo se ne va, portandosi dietro la piccola che con la sua manina mi saluta allegramente.
Ricambio con un breve gesto della mano, che rinfilo subito in tasca.
Sei forse l'unica donna che mi abbia mai sorriso sinceramente...




***




Chiudo la porta abbandonando la mano di Hope, che subito corre in bagno.
Mentre tolgo il cappotto, avverto rumori in cucina, dove Rai starà sicuramente riscaldando la cena.
So a cosa starà  pensando, lo vedo dal suo sguardo.
" Tu sapevi della bici?" . Rompe il silenzio con voce ferma, anticipandomi di pochi attimi, e lasciandomi attonita.
" S...sì " rivelo quasi in un sussurro, torturandomi le mani.
" Per questo hai cercato di farmi cambiare idea? " sussegue a domandare continuando a tenere gli occhi fissi sulla padella.
" N...no" mento consapevole del fatto che non abbia senso farlo.
Lui spegne i fornelli posando nervosamente il cucchiaio in lavandino. " Non mentirmi, Anya!" mi consiglia osservandomi dritto negli occhi.
" Non volevo ci restassi male..." gli spiego cautamente.
" Beh adesso non ci sono rimasto di certo meglio!" mi fa notare, incrociando le braccia al petto.
Inizio a pensare che questa discussione non abbia senso.
" È solo una bici Rai" gli ricordo.
"Il punto non è la bici! Il punto è che tu non me lo abbia detto!" ribatte duramente. "Hai preferito girarci intorno, per poi convincermi a fare un'altra cosa, come sempre! Per accontentare Hiwatari" aggiunge infastidito.
"Questo non è vero!"  lo correggo prontamente.
" Ah no? ... Perché mi hai chiesto di rimanere in Giappone? Te lo ha chiesto Hiwatari?" chiede con occhi investigativi.
" Ma che stai dicendo... no!"
"Anya, continui a mentire! " 
" Io te l'ho chiesto solo perche lui voleva togliermi Hope! Volevo facilitare le cose!" cerco di spiegare.
" Facilitare le cose a Hiwatari vorrai dire!" mi corregge prontamente.
" Facilitare le cose a ME" lo correggo stavolta io, poggiado una mano sul mio petto.
" Per fare un favore ad Hiwatari!" conclude indignato, per poi uscire dalla cucina, lasciandomi ancora una volta spiazzata in due.
Io non riesco a capirlo stasera!
" Cosa ti prende Rai?" domando, seguendolo.
" Niente! È solo che quando c'è di mezzo Hiwatari tu non capisci piu nulla!".
" Ma che stai dicendo?".
"È la verita, Anya! A lui non sai dire di no!" afferma innervosito, aspettando una mia risposta. " Hai negato per mesi quel cane a tua figlia, facendola piangere notte e giorno, poi arriva Hiwatari con un cane al guinzaglio e... ok! va bene! Stessa cosa per la bici!".
Sembra fuori di sé.
Non sembra neanche lui a parlare.
Perche dice queste cose prive di senso?
" Lui agisce di testa sua, Rai! Con te posso avere un dialogo, con lui no!" spiego alzando leggermente il tono di voce senza rendermene conto. " Se gli dico come fare una cosa, lui agisce in maniera del tutto contraria!" concludo, gesticolando nervosamente.
Perché non vuole capirlo?
" Gli hai detto che partiremo?" domanda improvvisamente, ignorando quanto ho appena detto.
" ... no..." libero quasi in un sussurro, come se il suo sguardo accigliato su di me mi intimorisse.
La sua reazione mi fa intuire che immaginava già la risposta.
" Hai paura a dirglielo? ".
" No..." 
" E allora cosa aspetti? Di convincermi a cambiare nuovamente idea? O agisci secondo il suo volere? Come farete con Hope, una volta partiti?".
"Rai, secondo me stai esagerando!" gli rimprovero duramente. 
Lui allenta per un attimo la tensione, fissandomi seriamente.
"Sai che c'è?  ..." inizia a dire massaggiandosi le tempie ad occhi chiusi " Che la questione non mi riguarda, in fondo la figlia è vostra!" conclude indignato, chiudendosi in stanza e lasciandomi qui a osservare il punto che ha appena abbandonato.

Nobody said it was so hard.






***





Il nostro letto non è mai sembrato così grande come adesso.
Un abisso sembra dividerci.
È come se non riuscissi piu ad arrivare a lei.
Sento che qualcosa ci sta allontanando sempre di più.
Sdraiati, spalle contro spalle. Il silenzio intorno a noi.
Un silenzio che sembra imprigionarci dentro e toglierci la forza di parlare, per non essere spezzato.
Un silenzio che ci fa morire dentro ogni parola, logorandoci interiormente per distruggere il nostro animo.
Un'altra lunga notte sembra attenderci...
Vorrei chiudere gli occhi e svegliarmi all'inizio della nostra storia...



*** 



Apro gli occhi, ancora assonnati. 
Puntano alla sveglia: sono ancora le tre del mattino.
Alla mia destra, l'altra parte del letto è stranamente vuota. 
Quando sono entrata in stanza Rai era disteso su un fianco.
Le sue spalle rivolte in mia direzione mi segnalavano che non voleva avere nessun contatto con me.
E cosi ho fatto.
Mi sono coricata dall'altra parte, nella vana speranza di poter riuscire a dormire e che, una volta riaperti gli occhi, tutto sarebbe ritornato come prima.
Ora i miei occhi sono aperti, ma l'altra parte del letto è vuota.

I miei piedi poggiano sul pavimento.
Passo dopo passo raggiungo il salotto, dove Rai è seduto sul divano a guardare la tv.
Il volume è quasi assente.
Ed i suoi occhi non seguono con particolare interesse cio che vedono.


" Hey". Mi siedo accanto a lui. 
La mia mano accarezza la sua nuca e le spalle.
Il mio tono vuole essere confortante. Rassicurante.
I miei occhi vogliono incontrare i suoi, ancora fissi sullo schermo.
" Ti va di parlarne?".
Voglio che mi parli. Che mi spieghi cosa lo faccia sentire così.
Ultimamente sembra assente, triste, pensieroso.
" Magari dopo ti sentirai meglio..." 
Vorrei aiutarlo.
Non mi piace vederlo così.



***



La sua mano accarezza i miei capelli, ma la sensazione che provo adesso è strana.
Diversa.
Non provoca più in me quei brividi, quella voglia di approfondire il contatto tra i nostri corpi, quella sensazione di serenità che ti fa chiudere gli occhi e dimenticare una brutta giornata appena vissuta.
No.
Non sento più questo.
Provo rabbia, rancore, tristezza... amarezza... dolore.
Stanno venendo a galla tutte quelle cose che credevo di avere superato.





***




Il suo corpo sembra rigido.
Le mie mani sembrano accarezzare una statua di marmo.
Le sue spalle sono tese, e il suo petto è fermo, quasi non respira.
È come se ad ogni tocco la mia mano venisse rigettata. Rifiutata. 
Adesso lentamente la ritiro, quasi intimorita dal suo sguardo serio su di me.







***



Come faccio a dirle cosa provo?
Non ci riesco.
Se la guardo negli occhi rischio di perdermici dentro e non riuscirci.
Per questo preferisco far vagare lo sguardo altrove.
Non posso tenere tutto dentro.
Non stavolta.
Non sarebbe giusto.
Né per me, né per lei.




***



E come se i suoi occhi stessero evitando di incontrare i miei.
Durante quel breve attimo in cui si sono incrociati, ho capito che qualcosa non va.
Cosa ti succede Rai?
Parlami.



***


 Un fastidioso nodo alla gola non mi permette di parlare.
La mia mente cerca disperatamente di elaborare delle parole, delle frasi che abbiano un senso, ma che muoiono sul punto di uscire dalla bocca.
Sento il suo sguardo su di me, e questo non mi aiuta.



***



Sembra sul punto di dire qualcosa, ma improvvisamente le labbra dischiuse si sigillano, come a voler trattenere dentro ogni parola.
A cosa sta pensando?
Perché non parla?
Sono qui, da un tempo che sembra indefinito, ad aspettare una risposta.
Sto iniziando ad avvertire ansia dentro il mio petto.



***



Voglio dire tutto quello che penso.
Voglio liberarmi da questo peso che mi opprime il petto e offusca la mia mente impedendomi di dormire.
Voglio trovare le parole giuste...
Ma cavolo, è piu difficile di quanto avessi pensato.

Ma stavolta non posso tirarmi indietro.
Proprio non posso...
Coraggio Rai.
Adesso o mai più...



***



I suoi occhi, che prima fissavano pensosi un punto indefinito del pavimento, adesso si alzano a osservare dritto dinanzi a sé.
Sembra quasi che abbia finalmente trovato il coraggio di proferire parola.
La sua voce arriva forte e chiara alle mie orecchie.
Mi rimbomba quasi dentro.
" Anya, io... io non ci riesco...".

Deglutisco.
 
Non ci riesco... a fare cosa?

È una voce nella mia testa a porre questa domanda, che lui sembra avere sentito.

" A sopportare tutto questo..."

Cosa vuoi dire?

" Per anni non ho fatto altro che ... mettere pietra su pietra, anche quando non avrei dovuto...".

Sembra quasi che stia parlando più a se stesso che a me, assorto com'è nei suoi pensieri.



Mi immobilizzo in un religioso silenzio, limitndomi ad ascoltare con crescente angoscia ogni parola proferita da quelle labbra che osservo come ipnotizzata.
Non riesco a muovere ciglio.


" Adesso questo peso sta divenendo insostenibile".

... un peso insostenibile....

" Ultimamente non faccio altro che pensare al nostro futuro, e sai cosa vedo?".

Solo adesso riesce a fissarmi negli occhi, rivolgendomi questa domanda, suppongo... retorica.

Cosa vedi?  chiedo mentalmente.

" Vedo tutto diverso rispetto a prima..." dichiara con aria assorta.

" Non vedo piu io , tu, ed Hope nella nostra casa in Cina...".

E cosa?

" adesso vedo... io...tu...Hope e ... Kai..."

Quest'ultimo nome rimbomba piu volte nella mia testa, quasi come un'eco.

io... tu...Hope e Kai.
Kai.
Kai.

Ho un sussulto dentro, che mi porta a mozzare per un attimo il respiro.

" D'ora in avanti Kai sarà sempre tra di noi."

L'espressione del suo viso si fa piu malinconica.

" Ci sarà sempre qualcosa che ti legherà a lui..."

Hope...


" Potremo mai essere una vera famiglia?"


Il respiro diviene sempre piu corto.

" È lui il suo vero padre...e mi sentirò  sempre di più messo in disparte...".

Perché dici così Rai?

" Non dirmi che non è vero, perché avrei molti esempi da farti".

Credo di averne intuiti un paio.

" Non ho potere decisionale... la figlia è vostra, sebbene io le sia molto affezionato...".

Tu le hai fatto da padre.
E non è giusto tutto questo.

" Non mi pento di averti perdonata..."

Mi osserva profondamente, ma con aria sofferente, lo vedo.
Inizio a sentire una strana sensazione.
Ansia, angoscia, timore, paura.
Un mix letale che mi logora dall'interno, impedendomi di respirare regolarmente.
Persino i battiti del mio cuore ne risentono.
Stanno lentamente  accelerando...

" ... e non mi pento di averti aiutata a crescere tua figlia..."

Sempre di più.

" L'ho fatto perche ti... amavo...".

Ti... amavo...

Ormai non riesco più a parlare.
Deglutisco avvertendo un dolore lancinante alla gola.
Gli occhi, gonfi e doloranti, sembrano bruciare, a causa delle lacrime che si sforzano di trattenere.



" Sento che qualcosa è cambiato, Anya...".

Queste parole mi arrivano dritte al petto.
I battiti del cuore, che prima seguivano il ritmo veloce di uno pneumatico, adesso sembrano essere scanditi dalla lancetta di un orologio.
Mi sembra di sentirli.
Rimbombano all'interno della mia mente, rendendo tutto intorno a me sfocato.

"E forse sarebbe meglio se..." .

Tum tum.

È il mio cuore... lo sento.

tum tum

Sta perdendo un battito alla volta.

tum tum


Ancora uno in meno.


tum tum


" Sarebbe meglio... se partissi da solo per la Cina".


tum...t...




***



Ferma. Immobile. Di pietra.
Non batte ciglio.
Nessuna reazione sembra trasparire da quel volto.
Mi fissa con occhi spenti, come immersi in una dimensione parallela.

Continuo ad osservarla in attesa di una seppur minima parola.
Ma niente.
Sto male.
Non avrei voluto finisse in questo modo.

Ci osserviamo, circondati dal silenzio piu assoluto.
Ti prego reagisci, Anya.
Mi sento male per averti detto queste cose.
Non punirmi col silenzio.
Dimmi qualcosa.
In fondo, sto rinunciando a te...




***



È come se dentro di me qualcosa mi impedisse di reagire.
Sono troppo sconvolta.
A tal punto da non riuscire neanche a piangere.
Tutto sembra essersi fermato, persino il tempo.

Sento come se stessi sprofondando in un abisso.
Anche se non lo ha detto esplicitamente, ho intuito il senso della sua ultima frase...

... Sarebbe meglio se partissi da solo per la Cina...

In poche parole...

" Vuoi... lasciarmi?".
Queste due parole fuoriescono involontariamente dalla mia bocca, con un tono che non vuole far trasparire alcuna emozione.



***



Ecco.
Lo ha chiesto.
La domanda a cui non volevo rispondere.

Con un profondo respiro, immetto aria nei miei polmoni, abbastanza da trovare il coraggio di proferire, l'ultima parola che equivarrà ad una sentenza mortale.


" Sì..." libero quasi in un sussurro.


***




Sì.


Sì...



***




Il suo volto sembra oscurarsi.
Un velo grigio sembra ricoprirlo.

Di nuovo nessuna reazione.
Nessuna parola.

***



Non so cosa dire.
Non riesco a pensare.
Sono paralizzata, ancora una volta.
L'unica cosa che riesco a fare è alzarmi lentamente osservando con aria assorta dritto dinanzi a me.
I miei occhi vagano per qualche minuto a destra e a sinistra.
Non so veramente cosa dire.
Così volto le spalle  e passo dopo passo mi incammino verso la mia stanza, senza neanche rendermene conto.


***


Senza degnarmi di una parola, una seppur minima risposta, se ne va, seguita dal mio sguardo incredulo.
Fisso per alcuni istanti la porta che ha appena chiuso.

Poggio i gomiti sulle ginocchia.
Le mie mani coprono il mio viso, inumidendosi di lacrime amare.




***



Mi siedo sul letto.
Lentamente.
Osservo un punto ignoto del pavimento con sguardo spento. 
Sembro avere perso la capacità di provare emozioni.
Non riesco neanche a piangere, nonostante i miei occhi brucino di dolore.






***




Neanche stanotte sono riuscito a chiudere occhio.
Sono rimasto sul divano a fissare il vuoto.
Non mi sono mai sentito così.
Non saprei definire questa sensazione che mi opprime il petto.
So solo che è terribile.

Poi sono uscito, per evitare di vedere Anya.
Ho preso una boccata d aria fresca, ma ha funzionato ben poco.
Ora sono qui, a piegare le ultime cose per metterle in valigia.
Anya ed Hope dovrebbero arrivare a momenti.
Sarà dura dirle addio.
Sarà dura dimenticarla.
Ma so che in fondo sto facendo la cosa giusta.




***




Giro le chiavi ed apro la porta.
I miei occhi puntano immediatamente ad una valigia posta al centro del corridoio.
La osservo scettica, mentre la mia mano chiude lentamente la porta.

Non può essere.

Stamattina, uscita dalla stanza non ho trovato nessuno in casa.
Credevo, anzi, speravo che fosse stato tutto frutto della mia immaginazione.

I miei piedi mi trasportano vicino alla nostra camera.
Trovo lui, Rai, mettere le sue cose in valigia.
Si accorge della mia presenza e si volta.

Mi limito a evitare di incrociare i suoi occhi e, con delusione, mi allontano andando in cucina.
Diversamente da quello che mi aspettavo, non mi segue e questo mi fa capire che non cambierà idea.

Non sono piu in grado di reagire.
Mi sento strana.
Come se tutto fosse completamente cambiato.

Avrei un sacco di cose da dire.
Vorrei delle spiegazioni piu chiare.
Ma...
Qualcosa mi impedisce di farlo.

Forse la rabbia mista alla delusione di chi non si aspettava un finale simile.

Ora lo vedo, portare la sua seconda ed ultima valigia vicino alla porta, accanto all'altra.
Poi ritorna indietro.
Me ne sto in disparte, con braccia incrociate sotto il petto ad osservare ogni suo movimento.
Si ferma, a qualche passo più distante da me.
Stringe i pugni nervosamente.

" Papà! Perché parti?".
È Hope a rompere il silenzio, correndo euforica verso di lui ed aggrappandosi ad una sua gamba.

A questa scena chiudo gli occhi, per trattenere le lacrime, per poi affondare le unghie sulla pelle del braccio.
Non credo di farcela.

Riapro gli occhi, e lo vedo abbassarsi leggermente per guardare la piccola dritta negli occhi.
" Perché...".
Neanche lui sa cosa dirle.
Si interrompe, osservandola con occhi sofferenti.
" Perché devo... fare una cosa..." inventa con voce tremolante.
" Quando vieni mi porti una bambola?".
Una delle sue solite richieste capricciose.
È una scena che non riesco a guardare.
Mi stringe il cuore.
Credo che potrei scoppiare a piangere da un momento all'altro, ma mi sfrozo di non farlo.

" Certo..." risponde titubante,  rivolgendogli un amaro sorriso forzato.
Si vede che gli fa male dire quelle cose.
" Mi prometti che nel frattempo ... farai la brava?" le sussurra spostandole una ciocca dietro ai capelli.

Stringo le labbra e gli occhi.

La piccola annuisce energicamente, scoccandogli un bacio sulla guancia.
Poi Rai le dice di andare in camera sua, rialzandosi.

Adesso ... tocca a me...

Si avvicina a passi lenti e scanditi.
Abbasso gli occhi, fissando un punto ignoto.
Non ce la faccio.
Se lo guardassi, in questo preciso istante, dai miei occhi potrebbero esplodere cascate di lacrime.
E mi sto sforzando di non farlo.
Sento il suo sguardo su di me.
Lo sguardo di chi non sa cosa dire.

Sento le sue labbra dischiudersi leggermente.
Ho il cuore in gola.

Apro bene le orecchie, poiché quelle che usciranno dalla sua bocca  saranno, probabilmente, le ultime parole che gli sentirò proferire...

" So che in questo momento mi odierai...".
Prende un respiro.
" Ti capisco..." 

Deglutisce sonoramente.

" Ma spero anche...che un giorno capirai il motivo di quello che sto facendo e ... solo allora... capirai che forse... è stata la scelta giusta...".

Queste parole risuonano pungenti alle mie orecchie.
Mi sento male.
Ho un sussulto dentro.
Vorrei piangere e singhiozzare per liberarmi da questo macigno sul petto.
I miei occhi, fissi sul pavimento, bruciano.
Sento il suo sguardo su di me, in attesa di una  mia parola.

Poi...lentamente, molto lentamente, fa un passo indietro dirigendosi alla porta.
Avverto il rumore dei suoi passi.
Il loro suono fa eco in tutta la casa, come se stesse percorrendo uno di quei corridoi bui e deserti.
La sua ombra lo segue, divenendo sempre piu piccola.
Non riesco più a regolare il respiro.
Ogni cosa vortica intorno a me.
Sento il rumore di una maniglia e quello di una porta che si apre lentamente e che dopo qualche secondo, lentamente si chiude, producendo un tonfo assordante che risuona più nella volte nella mia mente.

Le mie braccia cadono come un peso morto lungo i fianchi.
Dischiudo le labbra liberando il petto dall'aria che tratteneva prigioniera.
Lentamente mi avvicino alla porta, da cui è uscito, poggiandovi una mano sopra.
La mia fronte tocca la superficie liscia e fredda e lentamente ci scivola sopra fino a quando la ginocchia non toccano terra.
Stringo gli occhi, esprimendo in viso un immenso dolore, mentre risuona nella mia mente il rumore della porta che si chiude più volte.
Poi mi siedo a terra, con schiena rivolta verso la porta e viso affranto.

Vedo ancora  la sagoma del suo corpo che varca la soglia della porta di casa e se la chiude alle spalle.

Non può essere successo veramente.
Faccio fatica a crederci.
" Mamma, perché piangi?".



https://youtu.be/sdrt32pST1A






Ok.
È accaduto veramente!
È finita: per Anya e Rai intendo, la storia continuerà ovviamente.
La coppia è scoppiata, ed è stata difficile da scrivere.
Mi ero affezionata a loro, come penso, anche voi.
Hanno dovuto lottare per stare insieme, ma Rai alla fine non ce l'ha fatta.
Si è reso conto che molto cose stavano cambiando e ha deciso, con grande dolore, di rinunciare ad Anya.
Non so voi, ma a me viene da piangere. 
Non volevo, ma sono stata costretta dalle circostanze.
Ditemi come l'avete presa.
So che molti di voi tifano per Anya e Kai, ma vi avviso che se ci sarà qualcosa tra loro ... beh sarà dura e complicata.
Spero vi sia piaciuto.
Ci ho messo tanto per scriverlo.
Volevo fosse perfetto.
Alcuni punti non mi convincono ma ... sono più o meno soddisfatta.
Spero vi abbia suscitato almeno un po' di tristezza o qualunque altra emozione, per me è importante.
Grazie di cuore a tutte, adesso vado a piangere in un angolo buio e freddo della casa.

Un bacio e al prossimo capitolo.

Henya.



 

















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Capitolo 26
*** I'm only human ***





Il suono della sveglia riecheggia per tutta la casa, facendo da sottofondo ai miei pensieri più reconditi. Il mio corpo, disteso su un fianco, occupa una parte del letto, volgendo le spalle all’altra metà, ormai vuota e fredda. La solitudine ha preso il suo posto e mi ha fatto da compagna in questa lunga notte senza amore. 
Dopo tanto tempo, il mio viso è di nuovo rigato dalle lacrime. Credevo di avere sofferto in passato, ma mai nessuno mi aveva lasciato un dolore così grande. Le sue parole risuonano nella mia mente e tagliano più  in profondità di un coltello proprio lì,  dove prima viveva l’amore, e dove adesso vi è solo il regno del  vuoto e della solitudine.
Mi sento così fredda ed ho la sensazione di sprofondare. 
Tutto mi crolla addosso.
Vedo svanire tutti i miei sogni. Quello in cui credevo, quello che avevo, mi appaiono ormai solo come un vago ricordo.
Restano intorno a me solo i pezzi infranti di una storia che respirava a stento.

 
Don’t Love too Much

Don’t Hope too Much

Don’t Trust too Much

Because this too Much

Is going to Hurt you so Much
.




“Mamma, quando andiamo all’asilo?”.
Hope è entrata in camera. Non me ne sono neanche accorta.
“ Mamma… mi fai il latte? Ho fame!” lamenta imbronciata continuando a tirare un lembo del mio pigiama alla ricerca della mia attenzione, ma i miei occhi continuano a fissare il vuoto, come ipnotizzati. Mi sento debole, non ho la forza di reagire. Penso che se provassi ad alzarmi cadrei istantaneamente sulle ginocchia e forse potrei anche vomitare. Ho una strana sensazione dentro, un bruciore che parte dalla bocca dello stomaco, attraversa il petto e colpisce anche la testa. 
“ Mammaaa…” sussegue a dire con tono lamentoso. “ Ho fameeeee”.
La mia piccola ha fame. Non posso ignorarla, anche se in questo momento vorrei tanto.
Chiudo per un istante gli occhi e dopo qualche attimo di esitazione stacco il corpo da questo letto che sembra avermi risucchiata.
La sensazione che provo è orribile.
Mi sento stordita, dolorante poiché ho mantenuto la stessa posizione per tutta la notte. Gli occhi li sento gonfi e a stento riescono a stare aperti. Mi sembra di essermi svegliata dopo una sbronza, ma la verità è che non ho dormito affatto e non ho nemmeno bevuto.
Trascinata dalla mano di Hope mi avvio in cucina, seguita da un terribile mal di testa e una nausea che mi porta a trattenere un conato.
Mi fermo un attimo, e con grande sforzo cerco di mettere le idee al loro posto, anche se risulta difficile. Mentre Hope si accomoda a tavola, mi guardo confusa intorno, come se per la prima volta mettessi piede in questa cucina. 
“ Mamma, mi fai il latte con i cereali?” mi ricorda con vocina docile.
“ Sì …” sussurro tornando alla realtà .
Ok.
Calma Anya.
Respira.
Vai.
Presa una tazza, verso all’interno il latte, e nel frattempo vengo distratta da un post-it appeso sul frigo, che reca scritto – stasera farò tardi, lascia la cena in frigo, la riscalderò quando torno-
Leggo e rileggo in mente la stessa frase non so quante volte, cercando di sentirla pronunciare dalla sua voce.
“ Mamma, è caduto il latte!”
Fa male. Fa molto male.
“ Mamma, si è sporcato tutto!” 
Non ci credo ancora.
Io… io
“ Mamma! Si è sporcato tutto!”
Cosa?
I miei occhi tornano a guardare la tazza e quello che vedono è un disastro. Ho versato tutto il latte sul tavolo ed ovviamente è gocciolato a terra.
“ Porca miseria …” esclamo alterata pulendo con uno straccio il disastro.
Nel frattempo il mio telefono inizia a squillare.
“ Hope, prendimi il telefono!” le ordino.
La piccola corre a prenderlo sul tavolino del salotto e mentre con una mano asciugo , con l altra rispondo alla chiamata.
“ Pronto!”.
“ Anya, dove diamine sei??” la voce stridula di Dana arriva pungente al mio orecchio. “ Sono le nove e mezza e il tuo culo non è ancora qui!” afferma arrabbiata.
Ho perso completamente la concezione del tempo, sono completamente fuori uso oggi.
“ Sì … hai ragione… “ inizio a dire prendendo un grande respiro.
“ Hai ragione un corno! Se non…”.
Inizia a parlare, o per meglio dire ad urlare, ma non riesco a seguire il filo del suo discorso. So solo che oggi non mi sento in grado di poter lavorare. Non farei altro che casini e l'episodio del latte lo dimostra alla perfezione. Quindi…
“ Oggi non posso venire, non mi sento molto bene, Dana!” spiego con tono di voce fermo.
A queste parola si zittisce all’istante.
“ E quando avevi intenzione di dirmelo? La prossima volta avvisa subito invece di farmi sclerare ! Ciao!” . La chiamata termina di colpo, lasciandomi attonita per qualche istante, poi riprendo a pulire, ma subito una strana sensazione mi blocca: ho davanti ai miei occhi l’ immagine di Rai che chiude la porta e se ne va. Stringo forte lo straccio che ho in mano e il mio corpo cede, ancora una volta, accasciandosi di peso su una sedia.
Inizio a singhiozzare, a stringere gli occhi disperatamente. Non mi sono mai sentita così. 
Sento la mano di Hope sfiorarmi la gamba. “ Mamma…perché piangi?” chiede con voce triste.
“ Niente, tesoro… la mamma è solo triste” rispondo tra un singhiozzo e l’altro, prendendola in braccio per stringerla forte a me.
Non puoi ancora capire, piccolina.
E forse è meglio così.
“ Quando andiamo all’asilo?” .
“ Oggi non ci andiamo…” inizio a dire asciugandomi gli occhi col palmo di una mano.
“ Perché?” chiede stranita.
“ Perché …” . Non so cosa dirle. La verità è che non ho voglia di uscire oggi. “ Perché … oggi è un giorno di vacanza…” invento in un modo che sembra convincerla. 
“ Allora, posso vedere i cartoni animati ?” chiede con occhi luccicanti.
“ Sì, certo…”.
 Eccola che subito corre a buttarsi sul divano ed accendere la tv, lasciandomi qui , sola, avvolta da una nube grigia. 
Non riesco ancora a capire. Mi sento come se stessi vivendo in un incubo, uno di quelli in cui ti accade qualcosa di brutto, qualcosa di così strano ed irreali, e  tu capisci che stai solo sognando e che prima o poi ti sveglierai e tornerà tutto come prima.
Questo è forse uno dei miei incubi peggiori.
Solo che… non riesco a svegliarmi …








“ Grazie per avermi avvisato!” .
È la prima cosa che sento non appena rispondo al cellulare.
“ Di cosa stai parlando?” chiedo seccata a colui che è la causa di tutti i miei problemi. In realtà non volevo neanche rispondergli, ma mi sono trovata costretta a farlo, visto che purtroppo abbiamo una figlia in comune.
“ Di avermi avvisato che Hope non è andata all’asilo oggi! Mi hai fatto aspettare come un idiota!” lamenta. 
“ Beh, l’ho dimenticato !” mi limito a rispondere acidamente.
In realtà l'ho veramente dimenticato. Oggi non ci sono molto con la testa, ho altro a cui pensare.
“ Sei sempre la solita, e poi ti lamenti e sei la prima ad attaccarmi per ogni cosa che faccio!” ribatte duramente .
Ma sentitelo! Lo odio, non solo per quello che mi ha appena detto, ma per tutto quello che mi ha fatto. E proprio per questo non mi va di discutere con lui, sarebbe solo inutile e farebbe solo male ai mie nervi, già di per sé distrutti. Per questo motivo sarà meglio chiudere la telefonata il prima possibile o dalla mia bocca potrebbero uscire parole non molto belle.
“ Senti Kai, sei l'ultima persona che può farmi una predica. Adesso devo chiudere, ciao!”.
Chiudo la telefonata il più in fretta possibile, senza dargli il tempo di rispondere per poi posare poco delicatamente il cellulare sul tavolo.
Adesso sono di nuovo nervosa e riprendo a torturare le mie labbra , stringendole e mordendole nervosamente. Nuove lacrime stanno lottando per uscire fuori, ed alla fine riescono nell'impresa.
Sarà l’ennesima volta che piango oggi.
Non ho ricevuto nessuna telefonata da parte sua, nessun messaggio. Nulla.
Non mi sembra reale, non mi sembra possibile.
Oggi ho controllato più volte il suo ultimo accesso sul cellulare ed è risultato essere online pochi istanti prima che io controllassi. Mi verrebbe da scrivergli, anche per sapere come sta, dov’è , ma poi cambio subito idea e chiudo tutto.
Sta diventando un'ossessione.
Forse è ancora qui in Giappone, o forse è già partito.
Forse aveva già il biglietto, e forse era già tutto programmato. Potrebbe essere andata così , o no. Potrebbe anche essere stato uno scoppio di nervi improvviso, magari si tratta di una partenza momentanea, un periodo di riflessione, ed una volta superato, mi ricontatterà.
Potrebbe, ma anche no…
E se ci fosse un’altra?
Se abbia trovato solo una scusa per lasciarmi?
È successo tutto così velocemente ed inaspettatamente  da lasciarmi sconvolta, da non trovare il tempo e la lucidità di fare domande per capire, capire il reale motivo per cui ha deciso di lasciarmi. 
Io non riesco ancora a capire e neanche a crederci.


L'indomani


Ieri sera Hilary mi ha mandato una foto del suo pancione e altre delle sue ecografie. I due esserini Ivanov dentro di lei stanno crescendo, ed anche la sua pancia. Alla vista di quelle immagini le mie labbra si sono ricurvate in un sorriso forzato, divenuto dopo qualche istante amaro, a causa di alcuni ricordi a me poco cari. 
Ricordo la solitudine che mi faceva compagnia ad ogni visita ginecologica, la paura di dover crescere quel bambino da sola, di dover raccontargli un giorno il perché della sua esistenza. Tutto questo non accadrà ad Hilary. La sua storia è stata molto diversa dalla mia, ed anche molto più fortunata. Ha un uomo che la ama, che l’ha sposata ed insieme stanno creando la loro famiglia, dando alla luce due bambini che avranno una famiglia unita.
Sono felice per lei, ma sono anche invidiosa della sua felicità. Sarà cattivo pensare una cosa del genere,  ma è quello che provo: invidia per la mia migliore amica, che ha avuto quella vita che a me è stata negata.
Questo non significa che io la odi, assolutamente, ma mi rende solo triste.
Ieri è stata una giornata orribile, non ho fatto altro che piangere e disperarmi. Sono stata veramente male. Oggi non mi sento di certo meglio, ma a differenza di ieri ho deciso di non rimanere chiusa in quella casa, in cui ogni angolo mi ricorda di lui. Quindi ho deciso di riprendere la mia routine quotidiana: lasciare Hope all’asilo, andare a lavoro ed affrontare il mondo intero.
Certo, il mio viso non esprime il massimo della felicità , ma poco mi importa, sono pur sempre un essere umano, con i suoi problemi e perplessità.
Posso trattenere il fiato
 
Ho appena lasciato Hope all’asilo e adesso mi accingo ad entrare in caffetteria.
Posso mordermi la lingua

Durante il tragitto ho notato come se tutti mi guardassero in maniera strana, come se sapessero.
 
Posso stare sveglia per giorni, se è questo che vuoi.
 
I loro sguardi severi su di me sembravano pronti a giudicarmi.
Essere la numero uno.
 
Ad un tratto non mi sono sentita pronta ad affrontarli, mi sono sentita fragile e piccola. Poi mi sono resa conto che non è il mondo ad essere cambiato, ma che sono io a vederlo in maniera diversa e che in questi casi la cosa giusta da fare è indossare una maschera, affinché il mondo non si accorga che qualcosa non va.
Attraverso i vetri scorgo la figura di Dana che serve un cliente. Conto mentalmente fino a tre, per poi aprire la porta e il suono del tintinnio attira il suo sguardo su di me. 

 
Posso fingere un sorriso.
 
“ Vedo che sei guarita in fretta”. Il suo solito sarcasmo. 
 
Posso fingere una risata.
 
“Una dura giornata di lavoro ti aspetta”. Pungente.
 
Posso ballare ed interpretare la parte, se è questo quello che chiedi.

“ Hai un giorno da recuperare”. Non chiedo altro, forse mi aiuterà a non pensare e piangere.

Posso farlo.
Posso farlo.
Posso riuscirci.
Ma la verità è che…
Sono solo umana
E sanguino quando cado
Sono solo umana
E crollo e mi abbatto.
Le tue parole nella mia testa,
Coltelli nel mio cuore
Mi hai portato in alto
Ed ora cado a pezzi.
Sono solo Umana
.





*** 





Ieri mi ha chiuso il telefono in faccia ed ho fatto morire in gola una grande varietà di insulti.
Oggi per non ricadere nello stesso errore, ci andrò a parlare di persona per evitare incomprensioni. 
Apro la porta, e i miei occhi puntano subito su di lei, intenta a passare uno straccio sul bancone. Credo si sia accorta del mio arrivo e faccia finta di ignorarmi; lo noto da come stringe quel panno che ha in mano, quasi come fosse la mia faccia. Mi avvicino e mi siedo su uno sgabellino, osservandola seriamente senza sosta,  finche non si deciderà a degnarmi di uno sguardo.
Vuole il gioco duro. Non mollo.
D’ un tratto sento su di me lo sguardo satanico della sua amica, e sono costretto a ricambiarlo.
“ Desidera?” chiede con tono beffardo.
“ Nulla!” mi limito a rispondere fingendo un falso sorriso cordiale, che equivale a dire – non ti impicciare-. 
Ricambia con un finto sorriso, chiaramente irritata, per poi sparire.
“ Che cosa vuoi?” interviene la diretta interessata, aprendo finalmente bocca, anche se con fare seccato.
“ Visto che mi chiudi il telefono in faccia ho evitato di chiamarti…” spiego acidamente.
“ Dovrebbe esserti chiaro il messaggio implicito!” ribatte con tono secco.
Sarà meglio lasciare perdere , mi sembra parecchio incazzata oggi, come anche ieri.
Vado al dunque…
“ Quando posso venire a prendere Hope?” . A questa domanda si paralizza, come se non capisse. E il suo sguardo mi sta chiedendo spiegazioni.
“ Inizia il mio turno, ricordi?” spiego ironico, con un gesto vago della mano.
“ Era … oggi?” sussurra pensierosa.
“È oggi!” la correggo.
I suoi occhi si spostano da un punto all’altro del bancone,  come se stesse cercando un punto di appoggio. 
“Allora?” dico cercando di riavere la sua attenzione.
Che diamine le prende? Sembra in una dimensione parallela.


***  

Non può essere. È già il suo turno? Questa settimana è passata troppo in fretta.
“ Non dirmi che hai dimenticato pure questo!” ironizza divertito, beccandosi uno sguardo omicida dalla sottoscritta.
Sì , l’ho dimenticato, ok? Scusa se non ti reputo il centro del mondo! 
 Decido di lasciare per me questo pensiero, voglio parlare il meno possibile con lui, perché mi fa sentire sporca.
Mi fissa in attesa di una parola.
Non voglio che Hope vada via, ho bisogno di lei in questo momento, ma devo rispettare i patti, purtroppo, e poi penso che la bambina si deprimerebbe a stare con me in questi giorni, ha bisogno di svagarsi, e Kai a modo suo, riesce a farla contenta.
“ Passa verso le sette…” dico con tono di voce stanco e abbattuto, riprendendo a pulire.
La sua fronte si aggrotta e i suo occhi mi fissano in modo strano, poi sembra convincersi e si alza.
“ Ok…” si limita a dire voltando le spalle ed andandosene.
Andato via, mi fermo ed emetto un grande respiro. 
Non lo sopporto.
Prima mi porta via Rai ed ora anche Hope, sembra quasi che si diverta a farmi del male e vedermi soffrire. 
Questo pensiero manda in tilt i miei nervi e mi fa venir di nuovo da piangere, ma non voglio farlo, non qui, adesso. Mi fa già male il pensiero di dover tornare in quella casa e sapere che non ci sarà nessuno, né Rai e nemmeno la mia piccolina.
Ad aspettarmi ci sarà solo lei…la solitudine.



*** 



Sono in macchina per andare a prendere Hope. Volto l’angolo e i miei occhi scorgono la figura di Anya sul bordo del marciapiede con Hope in braccio e il borsone ai piedi.
Non sono in ritardo stavolta, quindi perché quella faccia così incazzata ?
“Ciao Kai!’’ saluta allegramente la piccola, a cui rispondo forzando un lieve sorriso, ma poi i miei occhi si spostano su di lei, imbambolata a fissare un punto lontano.
“ Andiamo?” dico seccato per riportarla alla realtà, ma lei reagisce portando gli occhi al cielo, infastidita.
Si può sapere cosa ho fatto adesso?
La piccola e la sua valigia sono in macchina, il motore è già accesso, non resta che aspettare che Anya si decida a chiudere la portiera. Fissa la bambina completamente assorta nei suoi pensieri e questa a sua volta la osserva confusa, ed io ancora più confuso.
“ Se non ti dispiace adesso dovremmo andare…” inizio a dire dopo un finto colpo di tosse “... quindi , o sali in macchina e vieni con noi, o chiudi e te ne vai.” Concludo ironico ponendole davanti due alternative .
Beh la sua scelta è ovvia.
Dopo avermi lanciato un terribile sguardo chiude immediatamente la portiera, mettendoci anche un bel po’ di forza, e se ne va, dimenticando di salutare persino sua figlia.
Rimango per qualche minuto interdetto, poi premo l'acceleratore e vado.
Strano, oltre ad avere dimenticato di salutare sua figlia, ha dimenticato di darmi la sua solita serie di raccomandazioni. Non che mi dispiaccia, li ho sempre detestati, ma ormai era una prassi quotidiana. 
Sarà incazzata per i fatti suoi... 


***

Salgo uno ad uno i gradini di questa scala che mi condurrà al mio appartamento. Non li ho mai contati, non so quanti effettivamente siano, ma non mi sono mai sembrati così tanti. Mi sembra di percorrere un sentiero infinito, che mi condurrà nel buio della solitudine. 
Eccomi, sono arrivata. 
Una volta aperta questa porta verrò risucchiata da un buco nero pieni di ricordi.
Ho paura.
Giro la chiave una, due volte, qualche passo in avanti, ed eccomi a casa, stordita dal silenzioso suono della solitudine.









Ecco che ha inizio una nuova giornata, ed eccomi indossare una nuova maschera.
Ieri sera è stata dura riuscire a dormire. Ho preferito coricarmi nel letto di Hope, avvolta dal suo profumo, che stare nel mio letto, freddo e vuoto.
Ma ho pianto anche lì , non ho saputo trattenermi, ormai piangere è inevitabile.
Eccomi arrivata in caffetteria. Lavorare aiuta a distrarmi, anche se non posso non pensarci.
“ Preparati! Comunicazione di servizio!” avvisa Dana con voce ferma ed impassibile.
“ Cosa vuoi dire?” chiedo interrogativa indossando il grembiule .
I suoi occhi mi fanno cenno di guardare in un punto, dove trovo il dirigente del locale.
“ Cosa vuole?” chiedo preoccupata.
“ Non lo so, ma ho già un brutto presentimento!” afferma scocciata.
“ Finalmente anche lei qui, Signorina Sarizawa!” esordisce allegramente avvicinandosi alle sottoscritte, seriamente preoccupate.
“ Cosa deve dirci?” interviene Dana facendogli intuire di andare dritto al sodo.
“ Bene…” esclama strofinandosi le mani “ Sapete già che tra qualche giorno si festeggia la notte di fine anno…”
“Si lo sappiamo!” asserisce Dana, con l’aria di chi non sta sentendo nulla di nuovo.
“ Bene, ho intenzione di fare un banchetto con amici e parenti quella sera….qui in caffetteria!” Sussegue spiegare lasciando ancora il discorso a metà.
“ Siamo felici per lei, ma non vedo come possa interessarci? Siamo invitate?” domanda ironica la mia collega, seriamente seccata dal suo indugiare.
“ Ehm… in realtà mi servirebbero almeno due cameriere…” spiega con un tono di voce pietoso.
La reazione di Dana è la più esplicita: scoppia in una ironica risata, asciugandosi delle lacrime immaginarie. “ Sta scherzando? Non può dire sul serio!” chiede tornando ad essere seria e minacciosa.
“ Veramente sì!” risponde intimorito lui.
“ Questa è proprio bella! Mi è stato già rovinato il Natale e adesso anche il giorno di fine anno? Questa si chiama sfiga!” sbraita infuriata, mentre io me ne sto in disparte senza sapere cosa dire.
“ Anya, tu non dici niente? Non possiamo farci sfruttare in questo modo!”.
“ Vi prego ragazze, si tratta solo di qualche ora, fino alla mezzanotte. Dopo il brindisi ed avere fatto le pulizie potrete andarvene!” chiede con tono di voce supplichevole.
“ Solo??” . Dana è su tutte le furie. “ Ci sta chiedendo di fare da schiave, in pratica!”.
“ Vi sto chiedendo di fare solo uno straordinario!”.
“ Ben retribuito spero!” aggiunge furiosa. “ Non pretenderà mica che lavoriamo gratis! Voglio almeno il doppio dello stipendio più l'anticipo del prossimo!” . Dana inizia a contrattare.
“ Facciamo soltanto l’anticipo del prossimo!” dice lui.
“ Non se ne parla o il doppio più l’anticipo e si arrangia!” controribatte minacciosa, cercando con lo sguardo il mio consenso.
Lui si ferma qualche istante a pensare intensamente.
“E va bene!” dice arrendevole, suscitando in Dana un sorriso di soddisfazione. Riesce sempre ad avere quello che vuole, e fa paura quando lo fa.
“ Tu cosa fai? Non dici nulla? Vuoi approfittare di questo grande guadagno o festeggiare insieme alla tua famigliola?” chiede investigativa.
Famigliola? Quale famigliola? Io ormai non ho più una famiglia.
Rai se n'è andato e Hope sarà con Hiwatari .
Rimanere a casa significherebbe passare la serata a deprimermi da sola.
Quindi, a questo punto, preferisco impegnare le mie forze a lavorare e guadagnare, anziché a piangere. Almeno porterà a qualcosa.
“ Anche io accetto!” affermo con sicurezza.
“ Sei sicura?” chiede Dana dubbiosa.
“ Sì certo, meglio approfittarne!” concludo convincente.
“ Beh, almeno passerò in compagnia il giorno di fine anno più triste della storia…” borbotta irritata tornando a lavorare.
A chi lo dici…





*** 



“ Come sarebbe a dire che lavori, Anya?” .
Hilary mi ha chiamata, per invitarmi a passare la notte di fine anno con lei e Yuri a casa sua, ma le ho spiegato la situazione e dalla sua reazione non sembra molto felice.
“ Sì , devo lavorare …” le ripeto ancora una volta.
“Andiamo Anya, e Rei?”  chiede, giustamente.
Lei non lo sa, e non potrebbe immaginarlo.
Mi gratto la fronte alla ricerca di una risposta.
Sai, Rai mi ha lasciata, è questo che dovrei dirle e lo vorrei fare veramente. È la mia migliore amica, potrebbe essermi di aiuto sfogarmi con lei.
“ Rei…” deglutisco. Non riesco a dirlo. Non lo sa ancora nessuno. “ Rei… è ….” Deglutisco ancora,  sentendo anche fastidio nel farlo. Ho come un magone che mi blocca. “ Rei… è …. Partito!”.
Chiudo gli occhi, stringendoli, colpevole del fatto di star mentendo.
“ Come partito? Quando? Perché ?” .
Già … perché?
Prendo un grande respiro. 
“ Non dovevate partire assieme dopo le feste?” sussegue a domandare sempre più stupita.
Sì , in teoria doveva andare così.
“ Sì , ma… ecco… lui è dovuto partire prima , per suo padre, deve risolvere alcuni problemi… di famiglia…” mento cercando di essere il più convincente possibile.
“ Ma…ma… spero nulla di grave!”.
“ No, nulla… di grave…” ripeto prima ad alta voce e poi più volte nella mia mente.
“ Ma tu non puoi passare quella sera a lavorare, ed Hope?”.
“ Hope starà con Kai…”.
“ Ah quindi avrò almeno lei qui con me. Yuri ha invitato Kai e la serpe, o per meglio dire, le due serpi!” spiega irritata.
Ah bene, quindi eviterò anche di vederli. 
“Almeno saprò che mia figlia è al sicuro a casa tua!” ironizzo.
“ Anya, mi dispiace un sacco che tu non ci sarai! Mi raccomando, appena finisci raggiungici subito, ok?” chiede speranzosa. “ Almeno per il brindisi!”.
“ Non ti assicuro niente, non so quando finiremo, ma… ti prometto che mi farò sentire, ok?”.
“ Ok, allora ci sentiamo! Ciao, e salutami Rai!”.
La telefonata termina. 
Salutami Rai…
Perché le ho mentito? Perché non ho trovato il coraggio di dirle come stanno veramente le cose ? Dirle di quello che sto passando? Non capisco, è stato più forte di me. Mi sono sempre fidata di lei, ma non riesco a dirglielo, anzi non voglio, almeno per adesso.






*** 



“ Beh, almeno potremo allontanarci dal tavolo senza ritrovare al nostro ritorno un campo di battaglia e coltelli infilzati in testa a Kai o Rei, quei due si odiano!” ricordo alla mia mogliettina incinta, intenta ad apparecchiare la tavola.
“Dai, smettila! Avrei voluto che ci fossero anche loro!” afferma dispiaciuta.
“ Quei due potrebbero scannarsi a morte! Kai non ha ancora dimenticato quei pugni…” riflette pensieroso Boris, seduto comodo sul divano, stranamente in largo anticipo.
“ Non credo sia solo per quei pugni…” sottolineo.
“ E per cos’altro?” chiede confuso.
Sto per aprire bocca, ma il suono del campanello mi ferma.
“Eccoli…”.
Hiwatari avanza con in braccio sua figlia, seguito dalla sua fidanzata sempre più bionda.
“ Che bel quadretto familiare !” ironizza Boris pungente, beccandosi una brutta occhiataccia da Hernandez, e uno omicida da Hiwatari.
“ Ben arrivati!” saluta Hilary,  fingendosi allegra. 
“ Hilary, che bel pancione! Quanti mesi?” chiede curiosa.
“ Sono al quinto mese!”.
“ Wow, ne mancano ancora quattro, mi chiedo quanto potrai pesare allora!” esclama divertita.
Hilary si limita a emettere un suono strano, che assomiglia vagamente ad una risata isterica.
“ Non so se potrò resistere!” grugnisce a denti stretti per poi sparire in cucina.
Oh cielo, sarà una serata molto dura. 
Con un cenno invito Kai a bere qualcosa.
“ Come mai non sono ancora qui?” domanda investigativo.
“ Chi?” chiedo fingendo di non capire, ma dalla sua faccia capisco che non ci casca.
“Ah, intendi Anya e Rei!” sottolineo i loro nomi per irritarlo.
“ Sì , loro!” afferma indifferente, bevendo in un sorso il suo bicchierino di vodka.
“ Non verranno…” mi limito a dire con tono vago.
“ Come mai?” chiede insospettito porgendomi di nuovo il bicchiere vuoto.
“ Rai sembra essere partito, Anya stasera lavora!” sintetizzo versando il liquido nel bicchiere, sotto il suo sguardo interrogativo.
“ Ci sei rimasto male ?” domando divertito, venendo istantaneamente fulminato dai suoi occhi di fuoco.
“ No, anzi…”.
“ Ne sei sicuro?” chiedo con sottile sarcasmo.
In tutta risposta mi viene strappata dalle mani la bottiglia di vodka.
No… non è sicuro. 





*** 


“ 4!” esclama Hope contenta tirando una carta sul tavolo.
“ Ma che cazz…di nuovo un  più quattro? Non è possibile, Kai!” lamento adirato.
“ Non sono io che gioco, è Hope!” spiega ironico.
“ Grazie, chi è che le suggerisce? È la terza volta di fila che vinci!”.
“ È  solo una bambina…” mi ricorda Yuri.
“ No, è Kai che punta carte malvagie contro di me, e tu lo aiuti! Ho collezionato trenta carte grazie ai vostri trucchetti, non potrò mai vincere!”.
“ Sei sempre stato sfigato in questo gioco, rassegnati!” asserisce divertito Kai.
“ Ti fai battere da una bambina!” se la ride il rosso.
“ Siete proprio due cogl…”.
“ Stai attento a quello che dici!” mi rimprovera minaccioso, ricordandomi della presenza della piccola.
Resto qualche minuto in sospeso, cercando una parola adatta che possa definirli, senza usare termini volgari. Ma cazzo, stavolta è complicato!
“ Bah, andate al diavolo, mi sono scocciato, non gioco più !” mi arrendo seccato.
“ Sei un bambino!” afferma rassegnato Yuri raccogliendo le carte.
“ Te ne vai?” mi dice Eva, vedendomi in piedi.
“ Sì , vado a controllare la zona, potrebbero esserci donzelle ubriache che hanno smarrito la dritta via!” affermo beffardamente .
La notte di Capodanno è ottima per rimorchiare giovani fanciulle.
“ Assicurati prima che siano donne vere, o potresti trovare una spiacevole sorpresa! Come è successo quella volta!” asserisce Yuri, scoppiando in una fragorosa risata, coinvolgendo anche Kai, che se la ride sotto i baffi.
Li osservo minaccioso.
Perché me lo hanno ricordato?
Che schifo.
“ Stronzi!” esclamo aprendo la porta ed andandomene.
Quando quei due bevono, si alleano e diventano veramente malvagi.
Vaffanculo…



*** 


I festeggiamenti sono terminati. Io e Dana abbiamo fatto un ottimo lavoro, e adesso che tutti se ne sono andati, stiamo pulendo il locale. 
Improvvisamente la porta principale si apre attirando la nostra attenzione.
“ Salve, giovani Cenerentole! Serve una mano?”.
È Boris a fare il suo ingresso in caffetteria.
“ Certo, il bagno ti aspetta!” afferma Dana acidamente.
“ Scordatelo, era per dire !” puntualizza.
“ Allora risparmiaci la tua presenza! Non è proprio il massimo vederti il primo giorno dell’ anno! Mi è stato già rovinato abbastanza!” spiega autoritaria.
“ Se inizi l’anno con questa acidità nel tuo tono di voce, siamo rovinati!” se la ride beffardo.
Dana preferisce ignorarlo e continuare il suo lavoro di pulizie; lui dopo, qualche secondo, stacca gli occhi dal suo sedere e si avvicina alla sottoscritta, intenta a poggiare i bicchieri sporchi su un vassoio. 
“ Com'è andata?” chiedo curiosa.
“ Oh bene, tua figlia mi ha tirato i capelli tutto il tempo, ho cercato di dirle che mi chiamo Boris e non Bosir e… ah sì , mi ha stracciato nel gioco di carte!’ racconta fingendo di essere irritato.
“Coosa? Hope non sa giocare a carte !” chiedo stupita e divertita allo stesso tempo.
“ Beh in realtà ha barato, era Kai che le suggeriva!” confessa infastidito.
Stavo per posare l’ultimo bicchiere, ma questa sua frase mi blocca di colpo, perché mi ha fatto ricordare una cosa. Quando si giocava a carte Hope era solita  sedersi sulle gambe di Rai, coi gomiti ben poggiati sul tavolo a tenere le carte. Lei era la giocatrice principale, diciamo, ma era Rei a controllare il gioco e faceva di tutto pur di farla vincere. E adesso, sentendo le parole di Boris, mi si stinge il cuore: l’immagine di Rei viene lentamente sovrapposta da quella di Kai.
“ Ti fai battere da una bambina!” se la ride divertita Dana.
Al sentire la sua voce ritorno alla realtà , poso velocemente quest’ultimo bicchiere e sollevo il vassoio dal tavolo, dirigendomi a grandi passi in cucina. Ho come il presentimento di poter scoppiare a piangere da un momento all’altro, quindi faccio più in fretta che posso, cercando di non far barcollare troppo i bicchieri che ho davanti, e lasciando quei due ai loro battibecchi.


*** 



“ Fai meno la spiritosa!” la avverto minaccioso.
“ E tu fai meno lo sbruffone!” ribatte lei acida come sempre, tirandomi uno straccio umido, in direzione della mia faccia, ma che per fortuna riesco a scansare.
“ Hai una pessima mira!” affermo prendendola in giro “ Devi essere più veloce!”.
Si infuria come un toro, infatti è come se dal suo naso dovesse fuoriuscire del fumo, ma non ha il tempo di imprecare contro di me, poiché un rumore proveniente dalla cucina ci blocca entrambi.
Sembra si sia rotto qualcosa di vetro. Ed infatti arrivati in cucina troviamo frammenti di vetro dispersi sul pavimento ed Anya al centro di esso chiaramente sconvolta.
“ Ma che cosa combini , Anya! Dobbiamo pulire, non sporcare! Vuoi forse lavorare tutta la notte?” sbraita infuriata la mora contro di lei.
Anya non muove ciglio: resta immobile a fissare ad occhi sbarrati quei bicchieri rotti sul pavimento.
“ Sei sempre la solita combina guai!” continua a lamentare Dana.
Anya porta una mano alla bocca, stringendo gli occhi e facendo fuoriuscire alcune lacrime. Poi corre via in bagno, passandoci accanto.
Che diamine ha?
“ Piange pure?” mormora Dana, fissandomi come a volere delle spiegazioni.
Alzo le spalle, non sapendo cosa dire, poi Dana esce per raggiugerla seguita dal sottoscritto.
Aperta la porta del bagno non troviamo nessuno, riusciamo soltanto ad udire un pianto interrotto dai singhiozzi.
“ Anya, che ti prende? Non c’è bisogno di piangere!” dice ad alta voce iniziando a bussare con forza su una delle tre porte del bagno, l’unica chiusa ed occupata da Anya.
Non risponde, continua a piangere come fosse disperata.
“ Ti sembra il modo di reagire?”.
“ Wow, non riesci proprio a contenere il tuo istinto da camionista ucraino !” ironizzo, seriamente sconvolto dai suoi modi poco femminili.
“ Sta’ zitto tu!” mi ordina minacciosa.
“E poi sarei io quello insensibile!” affermo, intensificando il mio oramai arrugginito accento russo.
“È solo colpa tua!”.
“Colpa mia?? Sei tu quella che ha la delicatezza di un elefante!”
Inizia una lunga serie di battibecchi, sempre più accesi e pungenti, poi d’un tratto veniamo zittiti dalla comparsa si Anya, che si decide ad uscire. 
Ha gli occhi rossi e continua a singhiozzare, asciugandosi alcune lacrime con un pezzo di carta igienica. Rimaniamo in silenzio, aspettando una sua spiegazione. Dopo avere preso un grande respiro decide di parlare.
“ Scusate, ragazzi… voi non c’entrate niente….” Inizia a dire con voce tremula.
“ Perché sei scoppiata a piangere?” chiede spazientita Dana.
“ Perché …” ecco che riscoppia piangere. Oddio, questo posto verrà allagato di acqua salata.
“ Smettila di piangere, o allagherai il locale, AHIA!” . Dana non perde tempo e mi dà un colpo sul braccio, facendomi zittire all’istante. Non è una donna, è un mostro.
“ Dimmi, avanti, c’è qualcosa che non va?” le chiede, stavolta con tono calmo e rassicurante.
Non è un mostro, è pazza. Come fa a cambiare atteggiamento in pochi secondi? Sono sempre più  sconvolto.
A queste sue parole dolci e rassicuranti, Anya sembra calmarsi e prender coraggio per dare una valida spiegazione, riuscendo a parlare tra una lacrima e l’altra.
“ Rai…” respira “Rai se n’è andato” rivela d’ un fiato, riprendendo  a piangere, sotto i nostri sguardi confusi.
“ Lo sappiamo che se n’è andato, è partito.” dico, non capendoci nulla.
“ No, se n’è andato! mi ha lasciata!” .
Stavolta scoppia a piangere disperatamente cercando appoggio su Dana,che la accoglie in un abbraccio. Entrambi ci fissiamo sconvolti, io forse, ancor più di lei, conoscendo la storia molto bene.
“ Ti ha lasciata? Rei Kon? Ma…incredible!” affermo grattandomi la testa, chiaramente scioccato dalla notizia. “ Perché ?” domando, forse in modo inopportuno.
Anya smette per un istante di piangere, abbandonando le braccia di Dana, per rivolgermi uno dei suoi sguardi più seri.
“ Prova ad immaginare!” risponde irritata.
In effetti non è così difficile capcapire il perché !
“ Kai…” sussurro, portando gli occhi al cielo. 
La sua reazione dice chiaramente - ci sei arrivato-.
“ Sta rovinando la mia vita…” asserisce con disprezzo, asciugandosi le lacrime.
In effetti le ha sempre reso la vita impossibile, e non ho mai capito il perché.
“ Che essere spregevole!” afferma Dana con disgusto. “ Gli uomini fanno tutti schifo, sono tutti uguali!” aggiunge ancor più disgustata.
“ Grazie!” intervengo per farle ricordare della presenza di un uomo proprio adesso.
“ Tu sei il primo della lista! Avete solamente un pallino fisso in testa e quando si tratta d cose serie ve la date a gambe levate! Siete dei codardi!”.
Ok, adesso sta esagerando e la sta prendendo troppo sul personale.
“ Prima ci illudete con i vostri faccini idioti e poi ci fregate! Anya, devi smetterla di piangere! Non ne vale la pena, credimi! Quell’idiota ti ha messa incinta e se n’è lavato le mani, hai sofferto, ti sei sacrificata per crescere da sola quella bambina, è ritornato ed ha trovato tutto pronto su un piatto d’argento. Beh, sai che ti dico: è ora che tu pensi un po’ di più0 a te stessa! Lascia che si prenda le sue responsabilità e fagli capire cosa significa fare da padre!” conclude osservando Anya dritta negli occhi, decisamente fuori di sé.
Ok, l’ha presa troppo a cuore la questione e sta degenerando.
“ Perché non ci diamo tutti una calmata!” intervengo a sistemare la situazione. 
“ Io sono calmissima!” afferma Dana, incrociando le braccia al petto.
Qual è il suo problema? Meglio ignorarla.
“ È avanzata una bottiglia di champagne ?” chiedo cambiando discorso .
“ Non lo so, cosa c’entra?” .
“ Seguitemi!”. Esco dal bagno facendo cenno a queste due di seguirmi.
Mi avvicino al bancone e “ Ecco! “ esclamo prendendo una bottiglia e un cavatappi.
“ Che cosa stai facendo?” chiede Dana spazientita.
“ Voglio fare un brindisi!” spiego, tirando con forza il tappo di sughero dalla bottiglia.
“ Anya è tra le lacrime e tu vuoi festeggiare? Chi sarebbe insensibile, scusa?” mi ricorda con tono pungente.
“ Vuoi chiudere il becco per una volta?” le dico quasi pregandola di stare zitta. Sta diventando fastidiosa. 
Riempio tre bicchieri e ne porgo due alle ragazze.
“ Che buffonata…” mormora a bassa voce la mora, prendendo in mano il bicchiere.
“ Avanti, prendilo!”. Mi sto rivolgendo ad Anya.
Dopo attimi di esitazione, si arrende e lo afferra.
“ Ok, ehm… non è il massimo brindare con un prosecco, ma per stavolta ci accontentiamo!”. Affermo schiarendo poi  meglio la voce per dare il via al brindisi, sotto gli sguardi non molto entusiasti delle due ragazze. “ Bene, ehm… dimentichiamoci delle brutte cose accadute in questo vecchio anno e che uno più gioioso abbia inizio!!” annuncio fingendo un tono solenne e innalzando in aria il bicchiere.
“ Tutto qui? È il discorso più deprimente che abbia sentito!” commenta acida come sempre, avvicinando il bicchiere al mio.
Manca solo Anya, persa in chissà quali pensieri.
I nostri sguardi la invitano ad unirsi al brindisi e dopo qualche attimo si convince e i bicchieri emettono un rumoroso cin cin.
“ Fa veramente schifo!” commento facendo smorfie di disgusto, dopo avere assaggiato questa roba. “ Non avete qualcosa di meglio? Tipo della buona vodka?” chiedo supplichevole.
“ Perché invece non ti levi dai piedi e accompagni Anya a casa?” propone autoritaria, facendomi passare la voglia di bere.
“ No, ti aiuto a mettere in ordine!” propone Anya.
“ Non preoccuparti, non resta molto da fare, ci penso io a chiudere! Tu torna a casa e rifletti su quanto ti ho detto! Saprai sdebitarti in qualche modo!” conclude furbetta.
“ Forza, andiamo!” dico, avviandomi in macchina.
“ Portala dritta a casa, capito?” mi avverte con tono severo. “ Vai…” poi la incoraggia ad andare.





*** 



È stata una strana serata, forse la più strana che abbia mai vissuto.
Non so perché abbia confessato a Dana e Boris la verità ed non so neanche perché abbia deciso di mentire ad Hilary. Loro non sono miei amici, a stento li conosco, ma ho sentito il bisogno di farlo, forse proprio perché non li conosco, sono estranei ai fatti accaduti e sono delle persone diverse dall’ordnrio. Dana è una tipa tosta che sembra odiare l’intero genere maschile e Boris è uno che vive alla giornata, un ragazzo a cui non piace creare dei legami seri e duraturi. Non so, ho sentito il bisogno di sfogarmi con loro proprio perché non possono capirmi, entrambi non hanno mai avuto una storia seria ed non hanno mai amato veramente qualcuno. O almeno così sembra, soprattutto Boris che va a caccia di storie da una notte e via. 
Lui è un tipo strano, non ho mai capito quale sia la sua filosofia di vita…
Adesso sono a bordo della sua auto, e mi sta riportando a casa. Con la testa poggiata sul sedile cerco di rilassarmi e farmi trasportare dalle note di questa canzone alla radio.
D’improvviso l’auto si ferma ed apro gli occhi, stavo quasi per addormentarmi.
“ Bene, fine della corsa!” afferma abbassando il volume della musica.
Emetto un profondo respiro…
“ Grazie del passaggio” lo ringrazio forzando un sorriso.
“ Dovere…” si limita a dire alzando le spalle.
Tiro la manovella della portiera per uscire dall’auto, ma prima c è una cosa che devo dirgli.
“ Boris, posso chiederti un favore?”.
“ Quale?” domanda curioso.
“ Potresti… beh… non dire a nessuno di questa storia?” chiedo quasi in forma di supplica.
Mi osserva in maniera confusa.
“ Nessuno?”.
“ Nessuno! Nè Hilary, né Yuri, né tantomeno a Kai… ti prego!”.
“ Neanche ad Hilary? “ chiede sorpreso.
“ Per adesso non voglio che si sappia, lo farò io al momento opportuno, ok?”.
“ Ok, tranquilla, non lo dirò a nessuno!” promette con tono serio.
Sembra sincero, non so se lo sia davvero ma voglio fidarmi, in fondo non ho più nulla da perdere.
Sto per uscire ma le sue parole mi bloccano.
“ Dana ha ragione…” esordisce con tono serio.
Non capisco…
“ Dovresti pensare di più a te stessa, Kai ha avuto la vita troppo facile, e tu ne hai subito le conseguenze! Dovresti… distrarti, pensare a divertirti! Cavolo, stai sacrificando i tuoi anni migliori facendo la mamma a tempo pieno, mentre Hiwatari se la spassa… non lo trovo giusto!”.
Non ho mai sentito un discorso così serio da parte sua, sono sorpresa.
“ Dovresti pensare a fare la mamma, ma anche a divertirti… ti aiuterebbe a non pensare!”.
Detto così sembra facile.
“ Sì è vero, ci proverò”.
Resto un attimo a riflettere, poi apro la portiera e scendo.
“ Se avrai bisogno di distarti e divertirti, sai chi chiamare!” dice con tono beffardo.
Gli sorrido, in segno di gratitudine per le sue parole.
Lo saluto, con un gesto della mano e mi avvio a salire a casa.
Divertirmi…
Pensare a me stessa…
Da quanto tempo non succede?
Sembra essere passato un secolo.
Senza accorgermene sono già di fronte la porta di casa.
Infilo la chiave, giro e rigiro, entro.
Rieccomi, sono di nuovo qui, solitudine, quali brutti ricordi vuoi farmi rivivere stanotte?






L’ho scritto quasi interamente oggi. Sono stata colpita dalla follia dell' ispirazione. Alcune parole sono state prese dalla canzone di Cristina Perri, Human, ascoltela, è veramente bella e vi farà rendere di più l'idea dei sentimenti della povera Anya.
Spero vi sia piaciuto, o quanto meno sia accettabile. Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando! 

Un bacione 



HENYA 










































 

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Capitolo 27
*** Make heaven out of hell ***



 
Non ho osato dire una singola parola.
Non ho osato chiederti qualcosa in più .
Ho mantenuto le mie domande segrete
Nel profondo di me.
Mi rendo conto solo adesso 
Di cosa avrei voluto dirti veramente.
“ Aspetta e per favore resta, intendi spingermi via?
Per favore aspetta e resta, volevi che andasse a finire in questo modo?”
( Stay ~ Elisa)







I miei occhi lo hanno visto andare via, ma la mia mente non vuole ancora lasciarlo andare. 
È così difficile riuscire a sopportare il silenzio di questa casa, non riesco a dormire.
Dopo quella sera il mio letto è divenuto un buco nero, pronto a risucchiarmi al suo interno e farmi rivivere i miei peggiori incubi.
Per fortuna il lavoro mi aiuta a tenere la mente occupata.
“ Anya, non imbambolarti e porta questo al tavolo cinque!” .
E Dana, inconsapevolmente, con il suo solito modo di fare, mi sta aiutando molto.
E poi c’è Boris, che oltre a impegnarsi nel vano tentativo di farmi ridere, cerca di propormi strane idee.
“ Andiamo, Anya! Non fare sempre la mammina responsabile! Sembri mia nonna!” asserisce Boris con tono denigratorio.
“ Perché ? Tu hai avuto una nonna?” interviene Dana con aria di sfottimento.
“ Probabilmente ce l'avrò avuta!” replica l’altro con fare irritato, per poi tornare a torturare la sottoscritta. Sta diventando fastidioso.
“ Non voglio, ok?” dico mostrandogli tutto il mio disappunto.
“ Provaci, solo per una sera, cosa ti costa? Hope è con Kai, starai da sola a casa a vedere un film deprimente e strappalacrime ingozzandoti di cibo!”. Credo che Boris si faccia condizionare troppo dalla televisione. Non è proprio così che passo le mie serate. “Diventerai grassa e nessuno ti vorrà , a stento tua figlia ti riconoscerà e morirai sola ed infelice!” conclude secco e spietato, sotto il mio sguardo scettico.
“ Si può saper di cosa stai parlando?”. Sta esagerando.
“ Vuoi passare il resto della vita a piangere su un cuscino bagnato fradicio?” .
È quello che faccio ogni sera, in effetti.
“ Non capisco perché tu insista tanto, Boris?” chiedo confusa. 
“ Per farti distrarre!” si limita a dire.
“ Da quando mi hai cuore ?” domando investigativa.
“ Da… da…” sembra che non sappia cosa dire e questo mi insospettisce. “ Andiamo, non ti fidi di me?”.
A dire la verità no.
“ No!” affermo con tono secco.
“ Mi hai persino chiesto di mantenere un segreto!” mi ricorda.
“ Evidentemente ho sbagliato!”.
“ Potrei dirlo a qualcuno!” dice con aria beffarda.
“ Siamo passati alle minacce?” domando alterata.
“ Sto scherzando! Non lo dirò a nessuno , tranquilla, in cambio però …” . Il mio sguardo si fa contorto su di lui “ … permettimi di provare a farti distrarre e divertire per una sera!” sussegue a dire con modo di fare persuasivo “ Non ho cattive intenzioni, lo giuro!” alza le mani in segno di pace “ Se non ti piacerà non te lo chiederò più, promesso!” conclude con un sorrisetto che mi ricorda quello dI un bambino che cerca di persuadere la madre a comprargli qualcosa.
Continuo a fissarlo perplessa.
Non so cosa fare, potrei accettare, ma al solo pensiero di uscire con Boris Huznestov, la mia mente mi consiglia di rifiutare; se invece penso al fatto di tornare a casa e non fare altro che piangere, mi viene voglia di accettare la sua proposta.
Forse dovrei. 
In fondo non potrebbe succedere nulla di male.
Dopo quello che ho passato, non ho nulla da perdere.
“ Ok…” accetto con tono arrendevole. “ ma solo se viene anche Dana!” dico rivolgendo i miei occhi speranzosi verso di lei. 
“ Scordatelo!” è la sua unica risposta, fredda e spietata.
“ Dai, perché ?” chiedo supplichevole.
La sua presenza mi farebbe sentire più tranquilla.
“ Perché ho da fare!”.
“ Cosa c’è da fare la sera?” .
“ Affari miei!” conclude andandosene.
I miei occhi si spostano su Boris , che si limita a fare spallucce.
Io credo non voglia uscire per la presenza di Boris.
“ Passo a prenderti alle dieci!” dice frettolosamente alzandosi ed indietreggiando verso l’uscita.
“ Cosa? Un momento, non era un sì definitivo! “ spiego immediatamente, seguendolo con occhi di fuoco.
“ Fatti trovare pronta!” è l’ultima cosa che dice uscendo fuori dal locale, senza darmi la possibilità di rispondere e lasciandomi a bocca aperta.
Dana mi osserva da lontano con sguardo ammonitore.
Spero di potermi fidare…

*** 


“ Telefoniamo alla mamma?” chiede la piccola porgendomi il cellulare.
Mi stavo rilassando due minuti sul divano, i miei occhi si sono appena chiusi ed ecco che una vocina alla mia destra mi costringe a riaprirli.
“ Cosa le devi dire?” chiedo insospettito.
“ Che viene!” .
Dannazione.
Mi alzo controvoglia mettendomi seduto, togliendole il telefono dalle mani.
È strano che non si sia fatta sentire, di solito rompe le palle in continuazione.
Avvio la telefonata e porto il telefono all’orecchio, attendendo impaziente una risposta.
Pronto?”.
“ Tua figlia vuole parlarti!” esordisco senza giri di parole, per poi passare il cellulare ad Hope.
“ Ciao mamma!” esclama contenta tenendo goffamente l’apparecchio all’orecchio.

Senza rendermene conto è già passata mezz’ora e quelle due chiacchierano ancora al telefono, per fortuna ho minuti gratis illimitati. Hope le racconta ogni minimo dettaglio di quello che fa, devo stare attento a quello che combino ogni volta o tutto verrà sperperato alla mammina, sempre pronta ad attaccarmi. Anche se ultimamente sembra essersi calmata, il che è molto strano. Tuttavia rompe meno le scatole, e ciò non può che farmi piacere.
La telefonata finalmente termina ed Hope mi restituisce il cellulare e mi accorgo con mia grande sorpresa che Anya ha già riattaccato.
Strano.
Dopo tutte quelle cose che le ha raccontato, mi ero mentalmente preparato ad una ramanzina, ed invece così non è stato.
Meglio così.





*** 





Sono passate le dieci e Boris non è ancora qui.
Sono seduta sul divano, già  pronta, ma soprattutto ansiosa.
Perché lo sto facendo?
Perché ho accettato di uscire con Boris ?
Chi cavolo è Boris?
Ok, so chi è ma non l’ho mai frequentato, insomma… io…
Chiudo gli occhi, emettendo un lungo sospiro.
La verità è che, se ho accettato è perché non voglio rimanere a casa a piangere e pensare a lui.
Ormai mi sembra di vivere dentro quattro mura spoglie, in una prigione, insomma.
Per una sera, fosse anche solo per questa sera, vorrei provare a non pensarci.

Non ho il tempo di emettere un altro sospiro, che il telefono squilla, segno che Boris è già di sotto che mi aspetta.
Spero solo di non star per fare una cavolata, conoscendomi.




*** 




Ho appena fatto un squillo ad Anya per avvertirla che sono già di sotto ad aspettarla.
Resto comodo in auto, cercando nell'attesa una canzone decente alla radio.
Pochi minuti ed Anya è già qui. La portiera si apre ed entra.
“ Ciao…” saluta timidamente sfuggendo subito dal mio sguardo.
“ Ciao Sarizawa!” rispondo squadrandola scettico.
Come diavolo si è vestita? Sta andando a fare la spesa?
“ Che hai?” domanda insospettita.
“ No niente… “ mi limito a dire battendo più volte le ciglia come a scacciare via questo pensiero.  “ Allora, mammina, pronta a fare follie stasera?” esordisco divertito, mettendo in moto.
“ Quali… follie?” chiede quasi impaurita.
“ Andare nei locali, ubriacarci, drogarci…” inizio ad elencare fingendomi serio.
“ Cosa??” sibila fissandomi ad occhi sbarrati.
“ Hai ragione, non mischiamo alcool e droga, ci droghiamo un'altra sera!” affermo ironico.
“ Ma sei impazzito?!”.
“ Sto scherzando, Anya, calmati!” spiego per tranquillizzarla.
Non credevo mi prendesse sul serio.


*** 



Questo suo modo di scherzare mi spaventa. Sembra così serio quando parla.
“ Avevi detto una serata tranquilla!” gli ricordo con tono ammonitore.
“ Infatti, è quello che sarà! Non preoccuparti  fidati di me!”.
“ Mi viene difficile farlo, visto che sei grande amico di Kai e di Eva!”.
“ Dai, io non sono come Kai!”.
Però guidi peggio di lui…
“ E poi con Eva, beh… non è più come prima, non ci vediamo mai! Kai non è molto felice!” spiega, fermandosi per far passare un pedone, per poi ripartire a tutto gas.
Fa paura…
“ Perché ?” chiedo curiosa.
“ Non so, è convinto che io e lei abbiamo scopato.” Racconta senza giri dI parole.
“ Ed è vero?” chiedo sempre più incuriosita.
“ No!” afferma prontamente, per poi aggiungere sussurrando “ non che io ricordi…”.
Oddio, non voglio sapere altro, quindi per me la conversazione si può concludere qui.
L’auto si ferma e i miei occhi puntano sull’insegna di un locale alla mia sinistra.
“ Taverna dei… vichinghi ?” leggo ad alta voce un po’ sorpresa.
“ Esatto, sarà la nostra prima tappa!”.
“ Mi sa di ubriaconi che fanno gare di rutto libero!” affermo disgustata.
“ No…” mi corregge lui “ di solito ci sono anche delle regole!” spiega fissandomi serio, lasciandomi perplessa. “Sto scherzando! Scendi su!” mi invita trattenendo una gran risata, scendendo dall’auto.
Prima di farlo prendo un respiro profondo.



Ok. Immaginavo peggio.
Non sembrano esserci grossi omoni pelati, in jeans di pelle aderenti e tatuaggi fin sopra la testa.
Vedo gente normale. Forse qualcuno sembra un po’ fumato, ma nulla di scandaloso.
Avanzo all’interno del locale, tenendo ben stretti i manici della mia borsa, osservandomi intorno con sguardo perplesso.
Mi sento così fuori luogo, come se tutti mi guardassero in maniera strana.
Vorrei scappare, giuro.
“ Sediamoci qui!” dice Boris indicando un tavolino.
“ Ok…”.
Una volta accomodatami al tavolo, di fronte a Boris, inizio a sentirmi veramente a disagio. Cosa che a lui non sfugge, visto il modo in cui mi osserva.
“ Ti vedo molto tesa! Calmati, rilassati, non è un appuntamento romantico!”.
Questo è vero, però…
“ Lo so, ma è strano per me uscire così a quest’ora! Non succede da…” . Non ricordo neanche quando.
“ Da quando sei rimasta incinta?” interviene lui prontamente.
“ Già …” sussurro pensierosa.
“ Ascolta, se ti ho fatto uscire stasera è per farti ricordare che hai ancora…” si interrompe, alla ricerca di un suggerimento.
“ ventidue anni…” suggerisco portando gli occhi al cielo.
“ Ecco, ventidue anni! Più o meno la mia età! Anche se fai la mamma, puoi divertirti ugualmente e te lo dimostrerò!” spiega convinto della sua teoria.
“ Ti sei messo d'accordo con Dana?” domando insospettita. Mi sembra di sentire le sue parole in questo momento.
“ No, figurati… mi fai solo pena!” afferma ironico.
“ oh Grazie…” affermo irritata.
Ridendosela sotto i baffi, alza una mano per ordinare ed immediatamente una cameriera ci porta i menù.
Boris sembra conoscerla visto il modo in cui le sorride.
Oddio…
Alzo gli occhi al cielo e poi inizio a leggere le infinite bevande scritte sul menù.
Mio dio, sono tantissime.
“ Io so già cosa prendere” dice Boris restituendo il menù alla ragazza. “ Hai deciso?” mi chiede, mettendomi fretta.
Cavoli.
Io non so che prendere. Hanno l’aria di essere tutti super alcolici ed io non voglio esagerare.
Vado sul sicuro.
“ Un succo di frutti tropicali!” dico senza pensare, beccandomi una brutta occhiataccia da parte di Boris.
“ No no!” afferma contrariato, fermando con un gesto della mano la cameriera che stava per scrivere l’ordinazione, sotto il mio sguardo perplesso. “Sta sscherzando spero!” esclama con disappunto.
“ Cos’ha un succo che non va?” chiedo stranita.
“ Se ti ho portata qui è per bere roba seria! Non siamo ad un compleanno per bambini!” spiega irritato.
“ Io voglio provare questo succo tropicale!” ribatto a mia volta.
“ No mia cara, chi esce con Boris Huznestov beve alcolici! Ci penso io a te!” conclude prendendo in mano il menu, scorrendo con attenzione i suoi occhi lungo la lista. “ Ecco, portaci uno di questo, e poi questo!” ordina alla cameriera puntando il dito sul foglio.
La ragazza dopo avere preso appunto, se ne va.
“ Si può sapere cosa mi hai preso?” chiedo accigliata.
“ Non preoccuparti , ti piacerà !” dice sorridendo beffardamente, per poi seguire con gli occhi il sedere di una ragazza in minigonna, passataci di fianco.
“ È irritante!” esclamo portandolo alla realtà.
“ Cosa?” chiede con ogni sognanti puntati sulla ragazza.
“ Quello che fai!”.
“ Cosa sto facendo di male?”.
“ Osservi come un maniaco ogni ragazza che passa!” spiego disgustata nel tono.
“ A voi piace!” afferma con convinzione.
“ Io ti dico dI no!” lo correggo contrariata.
“ Beh, scusa ma non possiamo essere tutti cavalieri come Rai Kon!” esordisce senza pensare, per poi mordersi la lingua dopo essersi reso conto di cosa ha appena detto. “ Scusa, scusa!” mi implora quasi pregandomi, vedendo i miei occhi accigliati su di lui.
“ Credevo fossimo qui per dimenticare!” gli ricordo acidamente.
“ Infatti, scusa… l ho detto senza pensare” si scusa forse seriamente pentito.
“ Ora capisco perché Dana ti odia!” sussurro tra me e me.
“ Dana non mi odia!” interviene contrariato.
“ A me sembra di sì, non fa altro che offenderti!”.
“ Vuole solo attirare la mia attenzione!” .
“ Io dico che ce l’ha a morte con te per qualcosa che le hai fatto!” affermo con occhi investigativi.
“ Ti ho detto mille volte che non le ho fatto niente!” mi ricorda scocciato.
“ In realtà mi avevi detto che ti aveva trovata con un’altra!” gli ricordo a mia volta.
“ Beh, se te l’ho detto perché lo chiedi ancora?” chiede infastidito facendo vagare il suo sguardo altrove. 
“ Perché Dana mi ha detto che non sono andate così le cose!”.
Questa affermazione lo spaventa a tal punto da staccare gli occhi da chissà quale sedere e puntarli minaccioso su di me. “ E cosa ti ha detto di preciso!?” domanda riducendo gli occhi a due fessure.
“ Beh in realtà non ha voluto dirmelo!” confesso dispiaciuta.
“ Beh, perché è come dico io: non è successo… nulla!” conclude chiaro e tondo, mentre ci vengono serviti i cocktail.
Ok, forse è meglio chiudere qui la questione Dana-Boris.
Punto i miei occhi scettici sul bicchiere, che contiene uno strano liquido verdastro.
“ Si può sapere cos’è ?” chiedo preoccupata, iniziando a mescolare con la cannuccia.
“ Tu bevilo e dimmi cosa ne pensi!” risponde sempre più misterioso.
Ok. Provo a berlo, e non è male, ma il sapore che mi sta arrivando in gola è pungente a tal punto da farmi contorcere.
“ Cavolo, è fortissimo il sapore dell’alcool!” esclamo dopo aver mandato giù un sorso di questa roba.
Boris in tutta risposta inizia a ridere.
“ Questa è roba per principianti! Questa invece è roba per veri uomini!” annuncia beffardo porgendomi il suo cocktail rossastro.
Lo afferro, e dopo qualche attimo di perplessità ne bevo un piccolo sorso che faccio fatica a mandar giù.
“ Che orrore, è amarissimo!” esclamo disgustata uscendo fuori la lingua ormai priva di sensibilità.
“ Sei veramente un caso critico, Anya! Il tuo maestro Boris ti aiuterà a raggiungere un livello decisamente meno imbarazzante!” dichiara con tono solenne innalzando il bicchiere ed invitandomi a brindare.
Inizio già a sentire caldo…





*** 






“ Non sapevo ti piacessero così tanto i cartoni animati!” afferma con aria di sfottimento Eva appena ritornata a casa da non so dove.
“ Dovrei ridere?” domando ironico.
“ Li guardi tutte le sere!” sussegue a sfottere senza timore, posando il suo cappotto.
Mi rifiuto di rispondere.
“ Posso vederne un altro?” domanda supplichevole la piccola.
“ No basta!” .
Mi ha rotto il cazzo questo maiale! Finita una puntata ne ricomincia immediatamente un’altra. “ Vai in bagno e poi a letto!” ordino con un tono che non ammette repliche.
“ Uffaaa…” lamenta imbronciata scendendo dal divano e avviandosi al piano di sopra, sotto il mio sguardo severo.
“ Wow, che padre esemplare!” esordisce Eva divertita sedendosi accanto a me sul divano per poi cingermi il collo con le braccia.
“ Sfotti pure…”.
“ Non ti prendo in giro! Ad ogni modo, vuoi sapere dove sono stata?” chiede con entusiasmo.
“ No!’ rispondo con l’aria di chi non è minimamente interessato.
“ Ok!” si limita a dire scocciata abbandonando il mio collo, per poi sparire al piano di sopra.
Che miracolo è mai questo?


Passati dieci minuti decido di alzarmi anche io dal divano e salire al piano di sopra per controllare che la piccola peste sia a letto. La porta della sua stanza è socchiusa, lentamente la spingo avanzando all’interno.
“ Vuoi la luce accesa?” chiedo, rimanendo vicino allo stipite della porta.
“ Sì, mi aggiusti la coperta ?”.
“ Ok…” sospiro stancamente.
Tiro il lenzuolo e poi la coperta, abbozzando una piega. Non sono bravo in queste cose.
“ Va bene così ?” .
Annuisce soddisfatta tenendosi con le manine la copertina.
“ Bene… buonanotte!” saluto freddamente andandomene, ma bloccandomi subito al suo richiamo.
“ Kai, mi racconti una storia?” esordisce con tenera voce.
“ Quale storia?” domando inarcando un sopracciglio.
“ Quella della principessa!” spiega come fosse la cosa più ovvia del mondo.
La… principessa?
“ Non la so, mi dispiace!” confesso andandomene, per poi spegnere le luci raccomandandole di dormire.
“ Ma il mio papà me la racconta sempre!” lamenta imbronciata.
Ho appena spento la luce, ma un brivido gelido mi attraversa la spina dorsale, immobilizzandomi proprio sul punto di chiudere la porta. 
Il mio papà …
Ogni volta che pronuncia questa frase vorrei spaccare la prima cosa che ho tra le mani. Tuttavia, per questa volta mi limito a stringere la maniglia di questa porta e serrare le labbra nervosamente.
Emetto un profondo respiro e torno indietro, sedendomi sul letto.
“ Come fa questa storia?” chiedo usando un tono apatico.
“ Non lo so, è scritta nel libro!” dichiara innocentemente.
“ Quale libro?” chiedo sempre più irritato.
“ Quello!” esclama indicando un punto della stanza. Mi avvicino alla scrivania e afferro un libro dalla copertina colorata, intitolato le più belle fiabe per bambini. 
“ Quale sarebbe?” .
Hope prende il libro e sfogliando velocemente le pagine mi indica la fiaba che vuole ascoltare, forse riconoscendo le immagini.
Riprendo in mano il libro, per vedere quanto è lunga questa fiaba e… cazzo, è più lunga d quanto pensassi!
Mi gratto nervosamente la nuca ed inizio a leggere con non molto entusiasmo, osservata dai suoi occhi da cerbiatta.
“ C’era una volta una bella principessa, che viveva …in un… magnifico castello….”. Ad ogni parola mi sento venir meno. Davvero devo leggere questa roba? Se lo faccio è solo perché non voglio essere inferiore a quel cinese cantastorie del cavolo.
Ho letto una pagina e mi sono già rotto le scatole. Magari se saltassi qualche pezzo non se ne accorgerebbe neanche, in fondo non sa neanche leggere.
Inizio a saltare una, due , tre pagine ma, contrariamente a come pensavo, ciò non passa inosservato alla piccola e dolce bambina guastafeste.
“Noo! Devi leggere pure qui!” interviene severa come una maestrina.
È furba la piccoletta.
“ Già , scusa… non me ne ero accorto!”.
Non si fa fregare la fanciulla….
 






*** 






“ Mi gira tutto, Boris!”.
L’ambiente si sta surriscaldando. Anya non è proprio ubriaca, ma piuttosto brilla. Contrariamente a come pensavo, non regge per niente l’alcool, quindi le ho ordinato solo drink a basso contenuto alcolico. Non è ancora pronta a passare al livello successivo.
“ Bevi l'ultimo sorso ed hai completato il primo livello!” dico porgendogli un bicchiere mezzo vuoto, che lei ingurgita in un sol sorso. “ Perfetto!” esclamo soddisfatto posando il bicchiere in linea con gli altri cinque vuoti sul tavolo.
“ Adesso basta, la mia vescica sta per esplodere!” dice con aria poco lucida.
Si alza rischiando di ricadere indietro col sedere sulla sedia, ma riesce per fortuna a riprendersi, facendomi segno con la mano che ce la può fare. “ Tranquillo, ce la faccio!”.
Il mio sguardo la segue con aria divertita, mentre cerca di raggiungere il bagno delle signore, in fondo al locale, rischiando di tanto in tanto di andare a finire contro le persone che ballano in mezzo alla pista.
Non credevo si ubriacasse con così poco. Io ho bevuto più di lei, ma riesco ancora a vederci chiaramente.




*** 



“ Scusate! Ops, mi scusi!”.
 Sto evitando in tutti i modi di schiantarmi contro le persone, ma loro sembrano venirmi addosso, o forse sono io che vado addosso a loro. Non capisco. Ogni oggetto e persona intorno a me si sdoppia, rendendo la mia vista sfocata.
Vedo due cartellini con scritto qualcosa che appare poco nitido ai miei occhi, e dopo aver aguzzato la vista, le due scritte si uniscono e solo adesso riesco a leggere chiaramente “toilette”.  Perfetto, ho trovato il bagno.
Non appena vi entro, occupo immediatamente il primo bagno libero e… la sensazione che provo subito dopo è decisamente meravigliosa. Il mio ventre si libera di un enorme peso che mi impediva persino di stare dritta in piedi.
Una volta uscita mi avvicino ai lavandini per sciacquare le mani e istintivamente alzo lo sguardo verso lo specchio e… quello che vedo è il riflesso dell’immagine di una persona che tenta inutilmente dI scappare dalle proprie paure, dai propri problemi, e che cerca di farlo ubriacandosi in uno squallido locale frequentato da… persone decisamente fuori di testa.
L’acqua continua a scorrere lungo le mie mani ed i miei occhi si riflettono terrorizzati quasi stessero vedendo un mostro, che altri non è che… me stessa.
Cosa ci faccio qui? Perché non sono a casa con mia figlia? O perché non sono andata a trovarla in questi giorni? 
Chiudo il rubinetto, chinando il capo in avanti ed iniziando a singhiozzare rumorosamente. Gocce di acqua salata cadono all’interno del lavandino, unendosi alle altre per poi scorrere velocemente lungo il centro.
Una mano adesso para la mia bocca per soffocare questi singhiozzi.
C’è stato un momento questa sera, in cui mi è sembrato che la mia mente avesse rimosso tutto. Mi sono sentita spensierata, grazie probabilmente all’effetto dell’alcol. Eppure adesso, mi sento peggio di prima.

*** 


Anya ci sta decisamente mettendo troppo. Sono passati venti minuti e non è ancora uscita dal bagno.
Dovrei preoccuparmi?
Con grande dispiacere, decido di porre fine al gioco di sguardi seducenti che ho intrapreso con una ragazza piuttosto carina seduta qualche tavolo più in là, per alzare le chiappe e andare a controllare la situazione.
“Anya! Ci sei?”. Busso energicamente sulla porta della toilette delle signore per richiamare l'attenzione della dispersa in questione.
Non risponde nessuno ed io non sono minimamente intenzionato ad entrare: l’ultima volta che l’ho fatto mi sono arrivati addosso un sacco di oggetti pericolosi, come borse, spazzole e persino scarpe.
Non sono maniaco a tal punto da spiare le donne nei bagni pubblici, ero solo ubriaco ed ho confuso i cartelli. Ma vallo a spiegare alle donne…
Cazzo, esci!
Improvvisamente la porta si apre e ad apparire davanti ai miei occhi è la figura di Anya col volto completamente rigato dalle lacrime.
“ Si può sapere cosa è successo?” chiedo seriamente preoccupato.
“ Io ci provo, ci ho provato, Boris, mi sono ubriacata ma…” grida tra le lacrime cercando di sovrastare il suono della musica. “ …io non ci riesco!” dichiara disperata stringendo con le mani i capelli, per poi avanzare fino a poggiare la testa sul mio torace. “ Voglio andare a casa…” riesce a dire piangendo come una bambina singhiozzando.
Io rimango immobile con le braccia lungo i fianchi, decisamente sconvolto da questa reazione. Fino a poco fa rideva e scherzava come una perfetta ubriaca, adesso versa lacrime amare sul mio torace. 
Le mie mani non sanno come muoversi, non sono bravo nel consolare donne in pena d’amore, così mi limito a dare qualche pacca sulla sua testa, in segno di conforto. È decisamente imbarazzante…
“ Ti porto a casa, andiamo!” le dico invitandola a staccarsi dalla mia maglietta.
Oddio, è in stato pietoso, è peggio di un film strappalacrime.
Annuisce, cercando di controllare i sussulti della testa causati dal singhiozzo e inizia ad avviarsi all’uscita seguita dallo sguardo del sottoscritto, intento a pagare il conto.






***





( https://youtu.be/I0w3vUz3Ttg )




“ Mi dispiace di averti rovinato la serata!” affermo dispiaciuta rivolgendomi a Boris, che in tutta risposta si limita a fare spallucce, aggiungendo “ Non fa niente! Dispiace a me per non essere riuscito nell’impresa!”.
“ Non credo di essere ancora pronta” spiego abbassando gli occhi.
Seguono alcuni secondi di silenzio in cui ognuno sembra viaggiare con la mente chissà dove.
“ È così difficile dimenticarlo?” domanda Boris con tono di voce serio e profondo.
I miei occhi si alzano inespressivi incrociando quelli di lui, verdi e profondi.
“ Hai mai amato veramente qualcuno?” chiedo a mia volta, provocandogli una risatina nervosa.
“ Ho capito…” si limita a dire scuotendo rassegnato il capo.
È giunto il momento di andare. Apro la portiera.
“ Vuoi che ti accompagni?” chiede, forse preoccupato delle mie condizioni.
“ No, tranquillo!”.
Un ultimo saluto e via; sono di nuovo qui a contare per l’ennesima volta i gradini di questa scala che sembra divenire ogni sera più lunga.

( https://youtu.be/_nAtfHiDhBk )













E rieccomi qui a pubblicare il ventisettesimo capitolo?? 
Eh sì gente, ho appena superato il numero di capitoli della prima parte ! E non siamo neanche a metà dell’opera o___o ( suda freddo^-^’).
Allora andiamo al capitolo.
Sarete sicuramente sorpresi, confusi, forse delusi, o semplicemente non vi ha fatto né caldo né freddo.
Insomma vi starete chiedendo il perché di questa insolita coppia: Boris e Anya.
No, sinceramente… cosa ne pensate? Ho bisogno di sapere se vi convince, perché vi confesso che inizialmente mi piaceva un sacco quest’idea di Boris che cerca di far divertire Anya, poi pensando alle vostre probabili opinioni, beh … ho iniziato ad avere timore xD
Anya ha semplicemente voluto provare per una sera il brivido dell'avventura, chiamiamolo così, anche se si è ubriacata con poco… la solita esagerata. ( io cado all’indietro già con mezzo bicchiere di cocktail -.-) 
Però il significato profondo era questo: cercare di distrarsi e dimenticare tutti i problemi. Penso ci abbiamo provato tutti almeno una volta.
Attendo con ansia le vostre opinioni.
Le follie di Anya non finiscono qui comunque.
E presto Kai non ci capirà più nulla.
Voi non capirete più nulla.
E probabilmente neanche io.
Grazie a tutti, un bacione!

Henya 









 

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Capitolo 28
*** Away from all of reality ***


Il numero da lei chiamato non è al momento raggiungibile, la pregh…”.
E che cacchio!
Chiudo la chiamata, cercando di soffocare in gola ogni imprecazione e non spaventare la piccola, che mi osserva con occhi speranzosi.
“ Mi dispiace, ma la tua mammina non risponde” spiego con tono arrendevole.
“ Uffaaaa! Ma io voglio parlare con la mamma!” lamenta quasi in lacrime.
E lo so, anche io. Vorrei dirle che cazzo sta facendo da non poter rispondere a quest’ora della sera. Da quando il cinese è partito, sembra che Anya abbia dimenticato di avere una figlia ed abbia deciso di scaricarla al sottoscritto. Non telefona spesso come faceva prima e per vedere sua figlia aspetta che sia lei a chiederlo tra le lacrime. Non capisco cosa stia succedendo. 
“ Ma io voglio la mammaaa!” 
Hope è di nuovo in lacrime, porca miseria. 
“ Non piangere, per favore!” la supplico esausto, prendendola in braccio per metterla a letto. 
“ Ma voglio la mammaaa!” dice con voce strozzata dal pianto.
Non ne posso più di questa cantilena, ogni sera è la stessa storia: mi ritrovo seduto sul suo letto a cercare di calmarla e convincerla a non piangere in qualche modo per poi aspettare che si addormenti. 
Eva continua a dirmi che sto diventando il babysitter di Anya, e sto cominciando a pensarlo anche io. Ormai questa situazione le fa comodo, non c’è dubbio.
Cosa devo fare per farti smettere di piangere?! Mi scoppia la testa!
“Vuoi che ti legga una storia?” le propongo dopo essere stato colpito improvvisamente da quest’idea, l’ultima  ancora di salvezza per questa sera.
E devo dire che ha funzionato: ha smesso istantaneamente di piangere ed ha annuito, perfetto!
Prendo il suo, oramai famoso, libro delle fiabe ed apro una pagina a caso, trovandomi davanti agli occhi “La storia di Peter pan e Wendy”.
Ok, vada per questa. Sembra anche molto breve.
Schiarisco la voce, catturando tutta la sua attenzione.

 






C’era un tempo, in cui ero sola.
Nessun luogo dove andare e
Nessun posto da chiamare casa.
Il mio unico amico era l’uomo della luna,
e anche lui qualche volta 
se ne andava via.
Poi una notte, appena chiusi gli occhi,
Vidi un’ombra volare in alto.
Venne da me col suo sorriso più dolce,
e mi disse che voleva parlare per un po’.
“ Peter pan, ecco come mi chiamano.
Ti prometto che non sarai mai
Più sola “ mi disse.
E allora da quel giorno…
Sono una ragazza persa nell’isola che non c’è,
solitamente esco con Peter Pan.
E quando siamo annoiati, giochiamo nei boschi, sempre in fuga da capitan Uncino.
“ Scappa, scappa, ragazza persa” mi dicono.
“Via da tutta la realtà”.
L’isola che non c’è è la casa per tutti i ragazzi persi come me.
E i ragazzi persi come me sono liberi. 
Mi ha cosparso di polvere di fata e mi ha
Detto di credere.
Di credere in lui e in me.
“Insieme voleremo via in una nuvola verde,
verso l’Isola che non c’è”.
Non appena ci levammo in volo, sulla citta che non mi ha mai amata,
capii finalmente che avevo una famiglia. 
Abbastanza presto raggiungemmo l’isola che non c’è.
E i miei piedi toccarono pacificamente la sua sabbia.
 E da quel giorno…
Sono una ragazza persa nell’isola che non c’è,
solitamente esco con Peter Pan.
E quando siamo annoiati, giochiamo nei boschi, sempre in fuga da capitan Uncino.
“ Scappa, scappa, ragazza persa” mi dicono.
“Via da tutta la realtà”.
L’isola che non c’è è la casa per tutti i ragazzi persi come me.
E i ragazzi persi come me sono liberi. 
Mi ha cosparso di polvere di fata e mi ha
Detto di credere.
Di credere in lui e in me.








*** 









Se ti ho fatto uscire, stasera, è per farti ricordare che hai ventidue anni.
Anche se fai la mamma, puoi divertirti ugualmente e te lo dimostrerò!.
Le parole di Boris risuonano ancora nella mia mente. 
Dopo quella sera mi sono sentita strana, come se mi fossi resa conto che qualcosa, in questi ultimi anni, mi sia mancato. Qualcosa che non provavo da tempo, qualcosa che mi ricordasse che sono ancora una ragazzina,  in fondo. Mi sono ritrovata madre troppo presto, e come ogni madre ho sempre pensato al bene di mia figlia, e questo ha riempito i miei giorni di mille impegni e preoccupazioni, non concedendo neppure il minimo spazio alla mia persona. Quando sono rimasta incinta, ho visto il mio mondo andare a pezzi, non solo per il fatto che avrei perso Rai, essendo rimasta incinta di un altro, ma anche e soprattutto perché  era andato letteralmente in frantumi il muro di cassetti pieni di sogni e progetti che ogni ragazza si costruisce a quell'età. Insomma, la mia mente ha dovuto immediatamente farsi ragione del fatto che da quel momento niente, proprio niente sarebbe stato come prima. Tutto sarebbe cambiato, la mia vita sarebbe cambiata, il mio futuro stava cambiando. Una grande responsabilità stava crescendo dentro di me e Responsabilita sarebbe stata la parola del giorno, ogni giorno, per tutti i giorni di li ad avvenire.
Responsabilità.
Responsabilità. 
Responsabilità. 
Ed ancora responsabilità.
Da quel momento ho provato a ricostruire un nuovo progetto della mia vita, molto diverso da quello di prima, ma è di nuovo andato in mille pezzi, crollandomi addosso. Questa volta non si può riparare, ma soltanto raccoglierne i cocci e metterli di lato, o addirittura gettarli. Tutto sta di nuovo cambiando: Rai se n’è andato, nulla sarà più come prima. Non so se stavolta avrò il coraggio e la forza di costruire qualcosa, né soprattutto la voglia…












********** 











Ore 21.45 circa, appartamento Huznestov.







Ho appena fatto una doccia calda rigenerante, ho messo un asciugamano intorno alla vita e adesso mi accingo a fare la barba. La faccio maniacalmente ogni giorno, non sopporto il mio viso ricoperto di peli, mi danno un effetto malandato e nascondono i miei lineamenti da -ragazzino innocente- . Con questo bel visino ho sedotto persino donne mature, e alle donne mature i ragazzini piacciono.
Ho già rasato metà viso, con estrema attenzione, come sempre, ma ad un tratto un rumore mi distrae: quello del mio cellulare.
“ Cazzo!” esclamo controllando allo specchio il graffio sul collo, sul famoso pomo d’Adamo, come sempre, puttana di ev…
“ pronto?” rispondo alla chiamata con tono alterato, tamponando la ferita con l’asciugamano e badando bene a non poggiare il telefono sulla guancia imbrattata di schiuma da barba.
Ciao, Boris! Ti disturbo?”.
“ Ehm… no, dimmi Anya!” mi limito a dire, anche perché sorpreso di questa sua chiamata.
Ecco… volevo sapere se…”. Questo suo indugiare mi blocca a tal punto che mi sono dimenticato del graffio sul collo. “ se per caso fosse ancora valido quell’invito!” .
Invito? Intende il famoso giro dei locali, miseramente fallito la volta scorsa?
“ Sì, certo…” rispondo, inarcando un sopracciglio.
Vuole davvero riprovarci?
“ Allora, a che ora passi?” chiede con uno strano timbro nel tono di voce.
I miei occhi puntano istintivamente sulla sveglia che tengo sulla mensola del bagno. “ Fatti trovare pronta tra mezz’ora!”.
Ok!”.
La chiamata termina ed io sono talmente sorpreso da non riuscire a staccare gli occhi dal display. Non appena questo si spegne, alzo gli occhi per puntarli allo specchio ed istintivamente un sorriso beffardo si dipinge sul mio volto. 
“ Benvenuta nella strada della perdizione, Anya!” mormoro tra me e me, scuotendo la testa divertito.




















Salve miei cari lettori. Vi starete chiedendo perché questo breve aggiornamento! Ebbene sì! Ho voluto farlo di proposito, come preludio di ciò che accadrà d’ora in poi. 
Non so se ci avete fatto caso ma la scelta della storia di Peter pan non è puramente casuale. In questi giorni ho scoperto una canzone e dei video che mi hanno ispirata molto. Si tratta di “ Lost boy” di Ruth b, e la storia raccontata da Kei non è altro che il testo tradotto della canzone, che vi invito ad ascoltare. 
Qui vi lascio il link del video di Peter pan e Wendy ( https://youtu.be/EW5TWj8JqZ0    )    che mi ha ispirato questo capitolo. Vi invito a vederlo, ed interpretarlo come sigla finale di questo capitolo. 
Il nostro Boris sarebbe l’eterno Peter pan che vuole condurre la sua Wendy ( qui Anya) lontano dalla realtà, nell’isola che non c’è ( usando le sue parole “ la strada della perdizione” ) xD

Spero che l’idea vi sia piaciuta, fatemi sapere.
Grazie a tutti, un bacione

Henya







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Capitolo 29
*** I hate you, I love you ***




I HATE YOU

I LOVE YOU

I HATE THAT 

I LOVE YOU  (Gnash, Olivia O'Brien - I Hate U I Love U)





“ Mi serve un favore, Hiwatari!” . 
Stavo mescolando il mio caffe, quando queste parole mi costringono ad alzare gli occhi e puntarli dritti su di lei per esclamare un irritato e sonoro “ Un altro!”. 
 Potresti tenere Hope anche stasera?” . Adesso il mio sguardo omicida la segue mentre salta da una punta all’altra del bancone. 
 Sarizawa, il mio turno è finito una settimana fa e ti ho già fatto due favori da allora” le ricordo con tono piatto. 
 Non sei un babysitter! Sei suo padre e non dovresti lamentarti del fatto  che potrai passare del tempo extra con tua figlia, oltre quello stabilito dai famosi turni!” dice mimando delle virgolette tra la parola turni. “ E poi hai circa quattro anni da recuperare, non ti farà male del tempo in più! “. 
Mi limito a stringere i denti dentro le labbra serrate. Come vorrei strozzarla! Sempre a ribadire le stesse cose, e ultimamente sembra che ne stia approfittando per usarle a suo favore. 
“che cosa avresti di così importante da fare da dover abbandonare tua figlia?” chiedo investigativo. 
“ Affari miei! “ si limita a dire con aria misteriosa, per poi salutare allegramente Boris, appena arrivato “ Ciao Boris! Ti preparo il tuo caffè!” . 
Saluto con un gesto del capo il platinato, accomodatosi alla mia sinistra. 
Bevo un sorso del mio caffè. Solo adesso mi accorgo che Anya indossa una minigonna di jeans che lascia scoperte gran parte delle gambe, e delle calze nere non molto coprenti. I miei occhi si assottigliano alla vista di questa scena:  non l’ho mai vista in minigonna, o almeno non ricordo l’ultima volta. E mi stupisco ancora di più quando, non badando forse alla presenza mia e di Boris alle sue spalle, Anya si china in avanti, alla ricerca di qualcosa che si trova in basso, mettendo in bella mostra il suo fondoschiena, che mannaggialamiseria tra un po’ le si vedono persino le tonsille con quella minigonna vertiginosa.  
Senza rendermene conto la mia testa si inclina lateralmente di qualche grado, mentre i miei occhi fissano contorti la scena che mi si offre davanti. E non sono l’unico: anche Boris osserva ipnotizzato il punto in questione, con occhi sognanti, in attesa del suo caffè.  Non appena me ne accorgo gli lancio una violenta pacca sul braccio per riportarlo alla realtà. 
“ stavi guardando anche tu!” Lamenta in un sussurro, strofinandosi il braccio dolorante. 
Idiota! 
Non ho il tempo di rispondere a tono, che subito Anya si gira in nostra direzione, per servire il caffè a Boris, quindi entrambi ci ricomponiamo facendo finta di nulla sotto il suo sguardo perplesso. 
“ Io vado…” dico lasciando sul bancone il denaro, che subito Anya raccoglie, non dimenticando di dire…” Quindi la tieni tu stasera?”. 
Mi soffermo a guardarla con astio. 
“ Ok, ma non ti ci abituare troppo!” le raccomando serio e minaccioso. 
Fa tanto la misteriosa. Il cinese è partito, quindi mi chiedo cosa abbia da fare… 
 
 
*** 
 
 
“ Beh… per una sera mi sembra esagerato darti un borsone con mezzo armadio dentro, non trovi?”  faccio notare con sarcasmo al mio caro fidanzato appena tornato con la piccola peste in braccio e un enorme borsone. 
Il suo sguardo minaccioso mi suggerisce di non aggiungere altro, ma non ci riesco: questo è troppo! Si era parlato di turni e non di un  trasferimento vero e proprio. 
 Che c’è ? La mammina vuole liberarsi della figlia?” susseguo a blaterare ironica. 
“ Non lo so… dice che ha da fare, ma sarei proprio curioso di sapere cosa abbia da fare” mormora tra sé a bassa voce, accomodandosi sul divano con fare esausto, mentre la piccola rovescia il suo zainetto di giocattoli a terra, provocando un gran fracasso. 
“ Magari si è data alla vita notturna, insomma… per arrotondare! Al giorno d’oggi lavorare di giorno non basta” affermo con un sorrisetto irritante alludendo a certi lavori che certe donne fanno la notte. Le mie parole sembrano preoccuparlo, visto il modo in cui mi guarda. 
“ Stavo scherzando!” spiego arrendevole per tranquillizzarlo. E infatti si rimette comodo con la testa poggiata sullo schienale. “ Ma non mi sorprenderebbe che… insomma, sappiamo tutti come è stato concepito questo piccolo angioletto: Rai parte, Anya si sente sola e boom! Bambino in arrivo!” concludo mimando un’esplosione con le mani. 
“ Si può sapere di che diavolo stai parlando?” domanda innervosito. 
 Dico solo che , Rai è partito di nuovo e Anya sarà in cerca del prossimo padre del suo futuro bambino, e spero vivamente che non sia lo stesso del primo!” asserisco acidamente. 
 Quando la smetterai di parlare a vanvera?” dice seccato. 
 oh scusa, prometto che non parlerò più male di lei in tua presenza!” affermo fingendomi dispiaciuta. 
In tutta risposta Kai mi tira una ciocca di capelli, facendomi anche male: segno che vuole chiudere questa discussione, prima che diventi più assurda di quanto già non lo sia. 
So che non dovrei rinfacciargli sempre le stesse cose, ma è più forte di me.  
“ Sai qual è la cosa positiva di avere Hope in casa la sera?”. 
Sposta la testa in mia direzione con espressione interrogativa. 
“ Che posso averti a casa… sotto il mio controllo!” . Gli sorrido ironica dandogli un pizzicotto sulla gamba. 
Almeno so che non sei con lei… 
 
 
 
***  
 
 
Il suono della sveglia rimbomba nella mia mente, facendomi svegliare di soprassalto. 
“ Cazzo, che sogni assurdi…” mormoro con voce impastata dal sonno, massaggiandomi gli occhi per cercare di focalizzare meglio. 
Devo smetterla di leggere quelle strane storie ad Hope, condizionano troppo i miei sogni. 
Cerco di mettere in moto il cervello, osservandomi intorno, alla ricerca di un valido motivo per alzarmi dal letto.  
Beh...Credo che ci sia più di un motivo. 
Messi i piedi a terra mi dirigo verso la porta del bagno della camera e la trovo chiusa a chiave.  
Cazzo… Eva! 
 Occupato!” grida dall’interno. 
Questo l’ho capito, ma vorrei sapere “ Per quanto tempo resterà occupato?” o quanti secoli? Quando entra per prima in bagno è la fine. 
“ Cinque minuti!” urla a gran voce. 
Ok, ho capito… vado in un altro bagno! 
Per fortuna i cessi non mancano in questa casa. 
 
 
 
 
 
Finita la doccia, lavo velocemente i denti, osservando con occhi stanchi la mia figura allo specchio. 
Oggi sarà una di quelle giornate che vorrei durassero cinque minuti: una riunione, due appuntamenti, mille firme, per non parlare del fatto che dovrò lasciare Hope all’asilo , riprenderla, riportarla da Anya. E se osa chiedermi un altro dei suoi favori, giuro che questa volta la uccido. 
Ecco, già il solo pensiero mi manda in bestia! Ho rovesciato involontariamente alcuni oggetti posti sul bordo del mobiletto. 
Emetto un respiro profondo, chiudendo per un istante gli occhi; cerco di placare la mia rabbia concentrandola in un pugno che tengo ben stretto. Li raccolgo e alzandomi i miei occhi puntano, per puro caso, sul cestino della spazzatura posto accanto al water, captando qualcosa di anomalo. Mi avvicino lentamente, senza muovere ciglio e  la mia mano prende l’oggetto in questione per osservarlo meglio: una scatola rettangolare bianca con alcune strisce rosa, ed un lato reca scritto… 
Rimango impietrito a fissare confuso questa scatola che ho in mano. 
Cosa significa? 
Un test di gravidanza nel bagno di casa mia? 
Eva ha fatto un test di gravidanza? 
Mi sento male. Sento le vene che mi pulsano in testa. 
Perché ha fatto un test ? 
Voglio dire… non è possibile! 
È incinta?  
NO, non può essere successo un’altra volta. 
Sarebbe l’ennesimo errore, l’ennesimo disastro. 
 
 
 
 
 
 
Eccola arrivare in cucina, già pronta per uscire con la sua borsetta in mano, che riempie di vari oggetti posti sul tavolino. 
Con discrezione i miei occhi scrutano con attenzione la sua figura, cercando di captare qualcosa di strano, ma niente, sembra normale, come tutti i giorni.  
“ Perfetto, ho tutto in borsa! Ci vediamo più tardi!” saluta con un gesto della mano sotto il mio sguardo contorto. 
“ Signorina, non fa colazione?” la ferma Reina. 
Già,  perché non fa colazione?  
“ Preferisco di no, stamattina ho lo stomaco sottosopra!” spiega con espressione disgustata, portando una mano sulla pancia, destando in me parecchi sospetti. 
“ Come mai?” intervengo repentinamente, con voce seria e sospettosa. 
“ Non lo so…sarà per qualcosa che ho mangiato ieri, probabilmente!” . 
Non mi convince e il mio sguardo glielo sta comunicando. 
" Sei sicura?" Chiedo sospettoso. 
" Sì..." Risponde osservandomi perplessa. 
Sembra abbastanza convinta della sua risposta, ma continuo a insospettirmi sempre di più. 
" Non c'è niente che devi...dirmi?". 
" Kai, che cosa ti prende? Perché tutte queste domande?" Chiede irritata. 
" Cos'è questo?". Ecco che tiro fuori dalla tasca la scatola vuota del test, trovata in bagno. 
I suoi occhi puntano accigliati sull'oggetto in questione. 
“ cos…cos’è quello?” chiede balbettando, con aria sconvolta.
“ è quello che vorrei sapere da te!”.
Si finge sempre più sorpresa, incredibile.
  Dove lo hai trovato?”.
“ In bagno, stamattina!”.
“ Non è mio!” ribatte mettendosi una mano sul petto.
“ Beh, non è neanche mio!” controbatto con pungente ironia.
 
Attimi di silenzio. Ci fissiamo non sapendo cosa dire, mentre questo oggetto è sospeso in aria tra le mie mani. Come cazzo fa a mentire di fronte ad una prova.
 
 
***
 
 
Non posso crederci. Continua a fissarmi come se stessi mentendo, ma non sto mentendo. Ho detto la verità: quel test di gravidanza non è mio. Non ho fatto alcun test, perché non ho mai pensato di essere incinta e non lo sono.
E adesso mi sorge una domanda spontanea “ Di chi è allora?”.
 
“ Mi dispiace…”.
 
Una voce fuori campo interviene, una voce proveniente alla mia destra. Reina avanza a testa bassa e mani giunte in segno di perdono, sotto gli sguardi contorti dei qui presenti.
 
“ Mi dispiace di cosa?”. La invito con impazienza a finire il suo discorso.
 
“ Non volevo creare disagi, ma ho dimenticato di cambiare il sacchetto della spazzatura e…”. ecco che iniza a sparare una serie di frasi insensate e sconnesse tra di loro non andando al succo della questione e confondendo ancor di più le nostre idee.
 
“ E’ tuo questo test di gravidanza?” irrompe Kai ponendo fine alla lunga agonia.
 
“ S-ì” risponde timorosa, intrecciando nervosamente le dita.
 
La mia espressione si fa allibita e non riesco a dire una parola se non un rumoroso schiocco della lingua, seguito da una risata nervosa.
Questo è il colmo.
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
E’ la cosa più assurda che potesse capitarmi: trovare il test di gravidanza della cameriera.
Non ho parole. Vorrei prenderla, lanciarla dalla finestra e licenziarla a suon di parolacce, ma non lo farò.
Anche se irritato da questo comportamento, mi sento sollevato per la notizia: almeno non c’è il pericolo che Eva sia incinta. Quindi, per questa volta chiuderò un occhio.
 
“ Vedi di fare attenzione la prossima volta a non lasciare roba del genere per casa, o sarai licenziata!” asserisco minaccioso ed autoritario, consegnandole l’oggetto in mano per poi comunicarle con lo sguardo di sparire dalla mia vista.
 
Emetto un respiro di sollievo dentro di me.
 
“ Cose da pazzi!” esclama Eva portando gli occhi al cielo.
“ Già per un attimo ho temuto il peggio…” mormoro tra me a tono basso, accomodandomi su una poltrona.
 
 
***
 
 
Il…peggio?
 
“ Cosa vorresti dire?” chiedo interrogativa, seguendolo con lo sguardo mentre si massaggia gli occhi stanchi.
 
“ Dico che… temevo l’ennesimo disastro!” spiega con disinvoltura.
 
Ennesimo… disastro?
 
“ Ma per fortuna non sei incinta…” dichiara sollevato.
 
Per fortuna?
 
Nel giro di pochi minuti mi ritrovo di nuovo allibita e sconvolta.
 
“ Quindi… ti senti sollevato del fatto che io non sia incinta!” esordisco avvicinandomi a lui con aria investigativa.
 
“ Certo!” risponde senza alcuno scrupolo.
 
“ E cosa avresti fatto se fossi stata incinta, sentiamo?”.
Ecco che iniziano a sorgere in me dei dubbi.
 
“ Non sei incinta , quindi perché pensarci?” dice con aria evasiva.
 
“ Saresti scappato?”. Ecco che inizia a fissarmi alterato “ Come hai fatto con Anya?.
 
“ Cosa c’entra Anya adesso? E’ molto diversa la cosa”.
 
“ Se è diversa perché lo hai definito l’ennesimo disastro?”.
 
“ Perché significherebbe avere un altro bambino, ed io… non lo voglio!” chiarisce con tono secco.
 
“ Un… altro?”. Ecco che mi scappa un’altra risata piena di sarcasmo per poi tornare subito seria ed asserire  “ Sarebbe stato il nostro BAMBINO!” .
 
“ Per me sarebbe stato un altro!” sottolinea repentinamente.
 
“ Quindi vuoi dire che…che tu non vuoi avere un figlio con me, perché non ne vuoi un altro?”.
 
“ Senti, perché stiamo parlando di questo!? Non c’è nessun bambino e non ci sarà, quindi per me la discussione si conclude qui!” sbotta iracondo, alzandosi e andandosene.
 
“ Quindi sarebbe una tragedia se io rimanessi incinta? È questo quello che vuoi dire?”. Si ferma sul punto di salire un gradino, e vedo le sue spalle alzarsi ed abbassarsi, come se stesse prendendo un grande respiro, prima di voltarsi e fissarmi dritto negli occhi.
 
“ Mi lasceresti come hai fatto con Anya? Rispondi sinceramente, per favore!”. Adesso il mio tono di voce si è abbassato e queste parole escono dalla mia bocca facendomi male alla gola, come se avessi un grande magone.
Non so perché stia affrontando questa discussione, ma mi servirà a capire alcune cose.
 
“ Allora perché la vedi come una cosa negativa? Significherebbe forse per te… impegnarti? Darmi più attenzioni? Occuparti di me? Di un bambino? Di qualcuno che non sia tu?”.
“ Da quando vuoi un bambino?”.
 
“ Io non voglio un bambino, Kai…” possibile che non capisca? “ io voglio sapere cosa vuoi tu da me!”.
 
“ io non voglio proprio niente!” .
 
“ E’ proprio questo il punto!”.
La sua espressione si fa sempre più interrogativa. “ Tu non vuoi impegnarti con me!”.
Adesso porta gli occhi al cielo.
 
“ Cosa sono io per te? Rispondi!” . Lo fisso con astio, incrociando le braccia al petto in attesa di una risposta.
 
 
***
 
 
 
Che cosa le prende? Da dove le vengono queste domande?
 
Non può dire sul serio?
Ma il modo in cui mi guarda, mi fa capire che è molto più che seria.
 
Fermo, immobile sul ciglio delle scale, sono alla ricerca di una via di fuga da questa discussione.
 
“ Da quando è arrivata quella bambina sei cambiato…”.
 
“ Ancora con questa storia…” mormoro irritato.
 
“ Sei cambiato, è vero… ma il tuo atteggiamento nei miei confronti non è mai cambiato, continuo ad essere lo stesso fantasma di sempre ai tuoi occhi!”.
 
Che cosa vuole dire adesso.
 
“ La mia presenza o la mia assenza in questa casa, ti è alquanto indifferente!”.
 
Ecco che cerco di aprire bocca per cercare di smentire le sue parole, ma mi ferma.
 
“ A meno che io non ti serva a letto! Poco fa ti sei preoccupato per me solo perché avevi paura che fossi incinta! ” conclude seria ed impassibile.
 
Ok, è impazzita. Voglio concludere questa pagliacciata immediatamente. “ Hai finito?” chiedo irritato.
 
“ Non so mai dove vai la sera senza di me, con chi sei, quando ritorni… e quando te lo chiedo ti dà fastidio perché non vuoi essere controllato! Mi ricordi perché abbiamo deciso di vivere insieme?  Mi dici perché stiamo insieme? Credi che non sappia delle tue avventure da mille e una notte?! Ti sembro stupida forse?”.
 
Immaginavo lo sospettasse.
 
“ Forse se io me ne andassi da questa casa e non tornassi, neanche te ne accorgeresti!”.
 
I suoi occhi sono furibondi su di me e sembrano anche lucidi, la sua voce è strana, come se dovesse esplodere a piangere da un momento all’altro.
I miei occhi continuano a fissarla alquanto confusi.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
“Non mi chiedi mai come sto, come ho passato la mia giornata, come va il mio lavoro. Niente.
Se sparissi non credo te ne accorgeresti, o se sì, non credo verresti a cercarmi.
Non mi hai mai dimostrato niente. A volte penso che non ti importi di me, e che addirittura la mia presenza ti dia fastidio.
Cosa sai di me? Mi conosci abbastanza dopo tutti questi anni?”.
 
Sono cose a cui ho sempre pensato, ma a cui non ho mai dato molto peso. Fino ad oggi.
 
“Ho sempre saputo come sei fatto: fai finta che non ti importi mai niente, sei egoista e maledettamente orgoglioso. Dio, come odio questo tuo orgoglio!”.
 
Odio anche questo suo modo di guardarmi altezzoso, questa sua espressione impassibile che mi fa capire che non gli interessa neanche quello che gli sto dicendo adesso.
 
“Non esprimi mai chiaramente quello che pensi, ti limiti  a due, massimo tre parole, senza dilungarti nei dettagli. Ti piace tenere le persone sulle spine, non dando loro la soddisfazione di averti offeso, ferito.
Non ricordo l’ultima volta che mi hai dimostrato che ci tieni veramente a me, o di avermi detto ti amo. No aspetta, non me lo hai mai detto. Anche solo per finta. Perché ? Per il tuo stupido orgoglio o semplicemente perché non ti frega un cazzo di me?
Io in tutti questi anni ho imparato a capirti, a perdonarti, ad assecondarti! Tu, in tutti questi anni, cosa hai capito di me? Sai cosa mi piace? Sai cosa NON mi piace? No! Perché non ti frega niente di me, ammettilo!”.
 
Sono stanca di essere usata.
 
“Oggi ho capito che non hai intenzione di fare progetti insieme a me, di non voler costruire qualcosa.
Fin’ora ho fatto finta che non mi importasse, ma… non mi sta più bene, Kai.
Finchè non mi dimostrerai qualcosa, finchè non dimostrerai di tenere veramente a me, credo sia meglio allontanarsi per un po’!”.
 
Ecco, ho finito.
Ho svuotato tutto quello che avevo dentro, fino a perdere la voce.
E come immaginavo lui non ha fatto una piega.
Mi osserva con aria di sfida, serrando le mascelle. Sembra volermi dire – Dai, avanti, vattene! Vediamo se ne hai il coraggio, tanto so che tornerai, come sempre!-
 
No, Kai! Stavolta dovrai essere tu a tornare da me.
 
 
***
 
 
 
Ecco che la porta si chiude violentemente.
E’ sempre la solita, cerca di attirare attenzioni su di lei.
Se crede che la seguirò per fermarla si sbaglia.
Tanto, quando si sarà calmata, tornerà indietro, come sempre.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Hola a tutti!
Eccomi qui, in ritardo come sempre u.u
Come avete letto, il capitolo è incentrato sulla coppia Kai/ Eva.
E’ il loro turno.
Un’altra coppia sta per scoppiare. Beh Eva è esplosa, Kai è passivo come sempre.
Vedremo come andrà a finire tra queste due teste calde.
E’ bastato un test di gravidanza per far scoppiare l’inferno ( A proposito spero l’idea del test della cameriera non sia stata ridicola, inizialmente a vevo pensato al fatto che fosse vermanete di Eva, anche se non sarebbe stata incinta ugualmente, solo per far impazzire Kai, ma poi ho giustamente pensato di far impazzire tutti e due XD)
 
Nel prossimo capitolo ci sarà una bella sorpresa ( O brutta, a seconda dei punti di vista).
 
Fatemi sapere e alla prossima!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 30
*** Don't Let Me Down ***


Crashing, hit a wall
Right now I need a miracle
Hurry up now, I need a miracle
Stranded, reaching out
I call your name but you're not around
I say your name but you're not around

 
Sto girando dentro ad un vortice.
 
I need you, I need you, I need you right now
Yeah, I need you right now

 
La folla mi gira intorno.
 
So don't let me, don't let me, don't let me down
I think I'm losing my mind now
It's in my head, darling I hope

 
Ho esagerato di nuovo stasera.
 
That you'll be here, when I need you the most


Ho bevuto troppo.
 
So don't let me, don't let me, don't let me down


Ma sento di averne bisogno.
 
D-Don't let me down.
 
***
 
 
 
Il telefono squilla a vuoto.
“Io la uccido…” mormoro a denti stretti tra me e me, chiudendo la telefonata.
“ E’ riuscito a contattarla?” chiede Reina con tono preoccupato.
“ No!” asserisco alterato, stringendo il telefono con una mano.
“ Quindi apparecchio la tavola solo per lei ed Hope?”.
Mi soffermo a fissarla confuso, perdendomi tra mille pensieri.
Solo adesso realizzo che sta riferendosi ad Eva.
In realtà io stavo provando a chiamare Anya, che mi ha mollato la bambina e sembra essere sparita dalla faccia della terra.
 “ Io non cenerò. Pensa tu ad Hope!” la avverto invitandola ad andare via.
Mi accascio esausto sul divano.
Eva è sparita. Non ho avuto più sue notizie da ieri mattina, quando dopo quella discussione, fingendo di fare l’offesa, ha voltato i tacchi e se n’è andata. E ho preferito non chiamarla, per farla sbollire un po’. 
Tra stasera e domani mattina tornerà a casa.
Passo una mano sul viso, massaggiando gli occhi stanchi. Cavolo, sono circondato da matte!
 
 
***
 
 
 
 
 
Ok. Non sono ancora ubriaco fradicio. Forse brillo, eppure… eppure mi sembra di vedere che…Sbatto più volte le palpebre, per vedere in maniera più chiara la scena che mi si offre davanti.
No. Non è un’allucinazione: Sarizawa sta ballando sul bancone del pub muovendosi sinuosamente insieme ad altre ragazze davvero carine. Non ho controllato quanto abbia bevuto stasera, ma sembra avere esagerato. Non è da lei fare queste cose, o almeno, così ho sempre pensato.
All’inizio osservo confuso ed accigliato, come se mi fossi appena svegliato dopo una sbornia. Poi, improvvisamente, strani e poco casti pensieri fanno dipingere sul mio volto un ghigno beffardo.
Adesso che ci penso… non ho mai fatto un’orgia.
È sempre stato uno dei miei sogni erotici proibiti, solo con ragazze, ovviamente.
So che Kai una volta l’ha fatta, almeno così aveva detto. Io non ne ho mai avuto l’occasione.
Seduto davanti al bancone con una bottiglia di birra in mano, stordito dalla musica, mi perdo tra questi pensieri,  i quali  vengono subito spazzati via dall’arrivo improvviso di Anya che si siede pesantemente sullo sgabello alla mia sinistra continuando a ridere senza sosta.
Sembra fuori controllo.
Ha detto qualcosa, ma non ho sentito nulla. La musica è troppo forte e la mia espressione le comunica di ripetere più forte.
“ E’ STATO UNO SBALLO!” urla a gran voce per farsi sentire, continuando a ridere in maniera irrefrenabile.
È impazzita, non ci sono dubbi.
“ PERHE’ NON VIENI A BALLARE PURE TU???”.
Ok, questa volta ho sentito, ma faccio comunque finta di non capire.
“ DAI!!” continua insistente, tirandomi per un braccio.
“ Scordatelo!” asserisco fulminante.
“ Allora un altro giro!” esclama esaltata.
Di solito sono io a doverla convincere a bere, ma stasera sta ordinando tutto di sua volontà: stupefacente!
“ Perché non arriva la mia birra?” mormora con voce lamentosa, mettendo il broncio e dando dei pugnetti sul bancone, come una bambina viziata.
“ Finisci questa!” le propongo porgendole la mia bottiglia metà vuota. Cosa che non si fa ripetere due volte. Afferra immediatamente l’oggetto e lo porta alla bocca ingurgitando il liquido in maniera famelica.
Comincia a fare caldo qui dentro, quindi le propongo di uscire fuori a prendere una boccata d’aria fresca.
 
 
 
Eccoci fuori.
Woh! Il volume della musica era decisamente alto là dentro. Ho ancora le orecchie completamente tappate.
Cammino lentamente. Qualche passo più indietro c’è Anya, che cerca di reggersi in piedi.
“ Sei uno spettacolo veramente pietoso!”. Le sorrido beffardamente.
A questa battuta si irrita. Ha gli occhi strani, come se non riuscisse a tenerli aperti. Barcolla ma non molla.
Inciampa ma non cade.
Continua a seguirmi come se volesse raggiungermi, ma non ci riesce.
Si ferma improvvisamente, osservandosi intorno disorientata e, infine, si accascia a terra, trattenendo, probabilmente, un sonoro rutto.
“ Puzzi di alcool da fare schifo!” affermo sconcertato, sedendomi a terra, di fianco a lei. “ Benvenuta nel club degli alcolisti!” mi congratulo, infine, porgendole la mano.
Fissa confusa la mia mano, come a voler mettere a fuoco l’immagine. Qualche minuto di esitazione e poi… scoppia a ridere rotolandosi quasi a terra.
Non capisco cosa ci sia da ridere ma va bene.
Mi soffermo a fissarla mentre si contorce su se stessa ridendo senza un motivo a me chiaro. Sono sicuro che se potesse vedersi in questo momento, si ucciderebbe da sola: la mammina perfettina che si ubriaca e balla sui tavoli dei locali indossando una minigonna; ho persino intravisto il colore delle sue mutandine, e non credo di essere stato l’unico ad accorgersene, c’erano molti occhi curiosi su di lei in quel locale. Probabilmente perché non l’hanno mai vista qui.
 
 
“ Hai già esaurito le batterie?” dico ironicamente, dopo essermi accorto del suo sguardo fisso e perso rivolto verso il cielo.
 
“ Mi sento la testa così vuota…” spiega toccandosi la testa dolorante.
 
“ Beata te…” sussurro sarcastico, pensando al fatto che stasera non ho stranamente bevuto fino a dimenticare il mio nome. Beh, adesso che ci penso ci sarebbe qualcosa che potrebbe farmi sentire meglio. Qualcosa che si trova nella tasca posteriore dei miei jeans. Decido di tirare fuori l’oggetto in questione, suscitando la curiosità di Anya.
 
“ Cos’è quello?” chiede con la tipica voce da ubriaco fradicio.
 “ Non mi dire che non ne hai mai provato uno!”
La sua testa si muove in risposta negativa.
Anya, Anya! Sei ancora così innocente.
“ Vuoi provare a fare un tiro?” le propongo con tono persuasivo.
Mi fissa scettica, osservando ipnotizzata l’oggetto sospeso in aria tra le mie dita.
Prendo l’accendino, badando bene al fatto che non ci sia nessuno nei paraggi e dopo essere riuscito ad accendere la fiamma dell’accendino la avvicino all’oggetto in questione, il tutto sotto lo sguardo stralunato di Sarizawa, che non sembra ancora avere fatto mente locale.
Aspiro fino a riempire i polmoni e dopo qualche secondo lascio che il fumo fuoriesca dalla bocca e dalle narici.
Finalmente un po’ di relax.
Non sono un grande fumatore di erba, ma ogni tanto è giusto concedersene un po’.
Continuo a fumare, perso nel mio mondo.
Adesso i miei occhi si spostano su Anya, che continua a fissarmi confusa.
Vuole provare? Potrei proporglielo, in fondo, non ci sarebbe nulla di male.
“ Vuoi provare?” le propongo nuovamente con fare persuasivo.
I suoi occhi sembrano tentati. Continuano a saettare dai miei occhi allo spinello, e dallo spinello ai miei occhi.
Le sue labbra si muovono come se volessero reagire e dopo qualche attimo di esitazione decide di prenderlo. Lentamente lo porta alla bocca, cercando di aspirare. Ma il fumo non ha il tempo di arrivare ai polmoni che fuoriesce a suon di tosse.
“ Ahah!” esclamo divertito vedendola tossire fino quasi a vomitare. “ Dilettante! Dai riprenditi!” le raccomando dandole due colpetti sulla schiena.
Qualche secondo e si riprende, cercando di regolarizzare il respiro.
“ Questa roba è troppo forte!” afferma disgustata, muovendo la mano come a voler scacciare il fumo intorno a noi.
“ E’  proprio questo il bello!” spiego, facendo nel frattempo un altro tiro.
“ Fammi riprovare!”.
“ Cosa?”. Stupefacente: vuole riprovare.
Ok, ma stavolta l’aiuto io!
“ Devi fare piano…” la avverto.
Ha di nuovo un attimo di esitazione, durante il quale sembra voler acquisire il coraggio necessario.
Ecco che ci riprova, stavolta facendo più attenzione. Stringe gli occhi un momento, trattenendo il fumo e soffocando un colpo di tosse. Ecco che adesso, lentamente, dischiude le labbra.
Adoro questa sensazione. Sono ipnotizzato ad osservare il gioco di vortici che il fumo bianco costruisce lentamente. Anche lei ne è ipnotizzata.
Adesso anche la mia testa è leggera, libera da ogni problema.
Cerco di riprendermelo, ma Anya ne fa un altro tiro. Sembra averci preso gusto e mi piace.
Inspira e, stavolta, si avvicina pericolosamente al mio viso, per poi espirare il fumo sulle mie labbra.
Che cazzo stai facendo Anya? Non scherzare col fuoco.
Non riesco a muovermi, sono paralizzato e… cazzo, sento che... che…
Non riesco a muovere ciglio. I suoi occhi sono fissi sulle mie labbra. Le osservano avide e desiderose.
Si avvicinano ancor di più poggiandosi delicatamente su di esse. Sento il suo respiro caldo e chiudo gli occhi deglutendo.
Io non mi muovo, ne sono incapace. Non vorrei fare cazzate, ma ho bevuto e pure fumato. Non puoi farmi questo Anya! Stringo gli occhi cercando di riprendere la ragione e rendermi conto di quello che sta succedendo ma è così difficile in queste condizioni. Sento le sue labbra accarezzare le mie e, porca miseria, mi sto eccitando.
Adesso inizia a baciarle e…
Non farlo Anya, non svegliare il cane che dorme, non stasera.
Nessuno dei due sembra rendersi conto di quello che sta succedendo, soprattutto lei.
Passano alcuni secondi e…
L’hai voluto tu, Sarizawa!
In un attimo le posizioni si ribaltano e le mie labbra, poca fa rigide, adesso si muovono insieme alle sue. Le mie mani fameliche percorrono il suo corpo, provocando in lei piccoli gemiti.
Sembra fuori di sé. E lo sono anche io.
Sto baciando Anya Sarizawa? Insomma, sì, lo ha voluto lei. È lei che mi è saltata addosso e…
Cazzo, non posso farlo. È ubriaca e probabilmente non sa nemmeno quello che sta facendo. Poi domani se ne ricorderà e a quel punto…
Non posso farlo, devo fermarmi qua, ma...
Boris smettila.
Boris fermati!
Bo-ris!
Continuo a ripetermi in mente che devo fermarmi perché non è giusto ciò che sto facendo. Lei è ubriaca persa, ma io ho un minimo di lucidità e devo sfruttarla.
Pensa alle conseguenze Boris: domani si ricorderà e si renderà conto di avere fatto una cazzata. Ti odierà e non ti rivolgerà più la parola. Poi lo dirà ad Hilary, che già mi odia e a quel punto avrà l’occasione di farmi uccidere da Yuri, e infine verrebbe a scoprirlo anche Kei, e a quel punto… a quel punto… cazzo, lui sarà pronto fuori dall’officina con una sega elettrica pronto a castrarmi per la vita!
Solo il pensiero mi fa raggelare il sangue.
“ No!” esclamo improvvisamente allontanandomi da Anya che mi fissa confusa e spaventata. Ma io sono più spaventato di lei: l’immagine di Kei con la sega elettrica è ancora più terrificante.
No, basta! Poniamo fine a questa storia!
“ Alzati, ti riporto a casa!” le dico con tono serio tirandola bruscamente per un braccio facendola alzare.
Lei non sembra cosciente della situazione e di ciò che è successo e cercando di reggersi in piedi mi segue fino in macchina senza aprire bocca.
 
Stavo per fare un grandissima cazzata!
 
 
 
 
***
 
 
Sono sdraiato sul letto con gli occhi rivolti al soffitto. Non riesco a chiudere occhio. Ogni volta che ci provo la voce di Eva nella mia testa me lo impedisce.
Che cazzo di ragionamenti fa?
Non mi conosci, non sai chi sono… Invece lo so benissimo: sei una viziata del cazzo che cerca di attirare su di sé tutte le attenzioni, sentendosi minacciata da una bambina.
Non so chi sia delle due la più infantile.
 
Sbuffo per l’ennesima volta, tirandomi su per mettermi in posizione seduta.
 
Prendo il cellulare per verificare ancora una volta il suo ultimo accesso, ma non vedo niente, segno che ha impostato la modalità privacy.
 
Anya, invece?
 
Il suo ultimo accesso risale addirittura a stamattina. Ha pure cambiato l’immagine del profilo. Non c’è più quella col cinese.
 
Sbuffo, ancora.
 
D’un tratto la porta si apre e una piccola figura appare con gli occhi rossi e viso affranto.
 
“ Voglio la mamma…” lamenta con voce timida, strofinandosi gli occhi.
 
Non ce la faccio più.
 
“ Vieni qui, su!” le propongo, invitandola a mettersi sul letto accanto a me. Cosa che non si fa ripetere due volte. La aiuto a salire e immediatamente si mette sotto le coperte, rannicchiata e diventando ancor più piccola di quanto non sia.
 
“ Domani viene la mamma?” chiede speranzosa.
 
“ Sì, certo…”.
 
Almeno spero…
 
Cala il silenzio. In pochi minuti si addormenta come un ghiro, mentre io ritorno a fissare il soffitto, tormentato dalla voce di Eva.
 
Finché non mi dimostri qualcosa… tzè!
 
 
***
 
 
Con molta fatica siamo arrivati al quinto piano. Cazzo, siamo nel ventunesimo secolo: hanno inventato gli ascensori. Come se non bastasse, la corsa è stata rallentata da Anya, che nelle sue condizioni non riusciva neanche a vedere i gradini. Arrivati al terzo piano l’ho dovuta caricare, seppur non ne avevo le forze. Sono le quattro del mattino. Stavolta abbiamo esagerato.
 
“ Forza dammi le chiavi” chiedo porgendole la mano.
 
“ Sì… un attimo!”.
 
È accasciata a terra, accanto alla porta. Non riesce neanche a reggersi in piedi. La sua mano fruga per qualche secondo nella borsa, senza dare segni di ritrovamento delle chiavi.
 
“ Non le trovo… cerca tu!”. Si arrende subito, con fare scocciato, lasciando a me il compito di cercarla, per poi poggiare la testa al muro e chiudere gli occhi.
 
No ti prego! Cercare nella borsa di una donna è un’impresa troppo grande nelle mie condizioni.
Decido di risolvere il problema rovesciando il suo contenuto a terra. Ma a cadere sono solo un telefono, un portafogli e dei fazzoletti. Dove cazzo sono le chiavi?
 
“ Anya, dove sono le chiavi?”.
“ Non lo so…” risponde persa nel suo mondo.
 
Mi accascio disperato a terra. Per la prima volta potrei piangere. Ho sonno, voglio dormire!
 
Chi ti riporta giù adesso?
 
“ Forza, alzati!”.
Le prendo il braccio e la alzo di forza, seppur lei sia un corpo morto.
 
Non ho intenzione di caricarla in braccio, cadremmo entrambi, quindi la faccio passare davanti, in modo da averla sotto controllo.
Scende uno ad uno i gradini, cercando di rimanere in equilibrio, ma qualcosa va storto e in un attimo la vedo rotolare fino ad arrivare al pianerottolo successivo.
 
“ Ahia!” esclama con un fil di voce, rimanendo capovolta a terra.
 
Rimango seduto su un gradino a osservare la scena con espressione affranta.
 
Voglio morire…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Salve a tutti! :D
Sono tornata ad aggiornare non so neanche io come!
So solo che non mi va di studiare, e invece di scrivere la relazione per giorno 31, scrivo ben altro XD
Vi ringrazio per il vostro sostegno, alcuni vostri messaggi mi hanno ridato la forza di scrivere! Non abbandonerò mai Never lose Hope, non temete!
Ringrazio voi che avete recensito il capitolo precedente: prometto di rispondere non appena ho due minuti!
Fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo. Lascio a voi la parola xD Mi scuso in anticipo per eventuali errori, ma ho voluto aggiornare subito, di istinto xD
So che sono successe delle cose strane. Direte, è impazzita? Forse, ma capitemi sto attraversando la fase oscura della sessione di esami e mi sento in un mare in tempesta su una zattera! T.T  vorrei anche io fumare qualcosa che non mi faccia pensare XD
Fatemi sapere!
Un bacione a tutti!!!

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Capitolo 31
*** Sentimenti vs Orgoglio ***





Sono passati tre giorni.

Non è da me preoccuparmi, ma stavolta…il modo in cui se n’è andata, insomma…sembrava veramente infuriata. Per cosa, poi?
Per gelosia di una bambina di quattro anni.
Lasciamo perdere.
Ho deciso di mettere per un attimo da parte il mio orgoglio, che lei dice di odiare tanto, e andare a cercarla: giusto per farle vedere che ogni tanto mi preoccupo per lei!
Il primo luogo che mi è venuto in mente è il suo ufficio. E infatti sono qui a percorrere il corridoio dell’edificio in cui lavora per quella rivista ( che non ricordo mai come cazzo si chiama!) ma l’ho accompagnata spesso a lavoro, per questo l’ho trovato subito.
“ Eva Hernandez!” chiedo senza giri di parole a colei che sembra la segretaria di questo ufficio.
Inizialmente mi squadra dalla testa ai piedi, poi con fare altezzoso, osserva attraverso le sue piccole lenti l’agenda sulla scrivania.
“ Mi dispiace, non c’è!” risponde con voce fredda e professionale.
“ E dov’è?” domando con tono scocciato.
“ Ha preso qualche giorno di ferie anticipato! Mi dispiace non posso aiutarla!”.
Perfetto. Eva è in ferie. Potrebbe essere ovunque.
Pensa Kai, pensa!
Dove potrebbe essere?
Beh… non è difficile arrivarci.
È uno dei primi posti in cui si andrebbe a rifugiare.







***







Inizio ad agitarmi, voltandomi e rivoltandomi su qualcosa che non sembra il mio letto. I miei occhi sembrano sigillati. È come se fossero ricoperti da grossi macigni.

Mio dio, che mal di testa.
Ecco che mi rigiro, stavolta a pancia in su e con grande sforzo apro lentamente gli occhi, ancora ricoperti da un velo che fa apparire tutto poco nitido.
Sbatto più volte le palpebre, mentre pesantemente stacco la schiena dal letto, o divano…non capisco cosa sia.
Dopo alcuni secondi di totale smarrimento, durante i quali i miei occhi assonati cercano di focalizzare le immagini degli oggetti che mi circondano, riesco a vedere chiaramente e a rendermi conto che non sono su un letto, ma su un divano. E non è il divano di casa mia questo, come ogni oggetto e mobile di questa stanza. Nulla appartiene a me, proprio nulla.
Dove mi trovo?
Con una spinta cerco di alzarmi, ma un vortice alla testa mi costringe a ricadere indietro sul divano.
“ Ahi!” esclamo, toccandomi la testa dolorante.
Dove sono? Perché sono qui? E soprattutto, cosa è successo?
Non riesco più a capire niente: non so nemmeno che ore siano!
Oh mio dio!
La mia espressione è completamente persa, la mente vuota: possibile che non riesca a ricordare?
Prendo un profondo respiro, chiudendo gli occhi.
Alzati Anya!
alzati!
Perfetto, sono in piedi. Adesso non mi resta che esplorare il resto di questo appartamento e trovare qualcuno.
A passi lenti e felpati inizio a camminare, osservandomi intorno con sospetto. I miei occhi puntano ad un bastone poggiato alla parete e la mia mano lo afferra. Adesso le mie orecchie percepiscono un rumore: sono dei passi. Mio dio sta arrivando qualcuno! Che faccio?
L’istinto mi porta a chiedere : “ C’è qualcuno?”.
Ecco che arriva, dal corridoio. Deglutisco e “…Boris?” chiedo accigliata, osservando il platinato che si erge dinanzi a me in mutande.
“ Anya! Finalmente ti sei svegliata, pensavo fossi morta!” afferma scherzosamente, sotto il mio sguardo completamente allibito. Oserei dire pietrificato. Non so se per il fatto di avere visto Boris in boxer o per il fatto di essere a casa sua, per non so quale motivo. “ Perché hai quel bastone in mano?” chiede con espressione interrogativa.
“ Eeemh…”. Riposo l’oggetto al suo posto. “Che cosa ci faccio qui?” chiedo confusa, cercando di tenere lo sguardo alto, verso il suo viso ed evitare che i miei occhi puntino più in giù del suo torace.
“ Non ti ricordi nulla?” chiede sorpreso e divertito allo stesso tempo.
“ N-no…” . Questo suo atteggiamento inizia a confondermi.
 “ Davvero non ricordi nulla?”.
E a preoccuparmi.
“ No, cioè ho dei vuoti di memoria!”.  Rivelo, seguendo con gli occhi il suo corpo seminudo avanzare verso il frigo, incurante della mia presenza.
“  E cosa ricordi?”.




***   




“ Ricordo…”.
Anya inizia a far vagare il suo sguardo a destra e sinistra, quasi a voler trovare indizi. Insomma non ricorda veramente nulla?... Grandioso!
“ Ricordo delle cose strane e non so distinguere quello che potrebbe essere successo realmente da quello che avrei potuto sognare!” spiega con espressione seria.
“ Dunque…” . La incoraggio a continuare, riposando in frigo la bottiglia, da cui ho bevuto un po’ di succo di arancia.
“ Ricordo che sei passato a  prendermi…” inizia a raccontare fissando un punto indefinito del pavimento “ …Poi siamo andati in quel posto, di cui non ricordo il nome, e…e poi abbiamo iniziato a bere”.
Annuisco, confermando quanto ha appena detto “ Poi…” aggiungo.
“ Poi… da qui inizio ad avere dei dubbi: non so se ho sognato di avere ballato su dei tavoli o se l’ho fatto veramente!” mormora confusa cercando in me la soluzione al suo dilemma.
Devo dirle la verita?...
Ma sì, dai!
“ Lo hai fatto veramente!” le rivelo trattenendo una risata.
“ Coooosa?!”.
È sconvolta, decisamente sconvolta.
“  E  cos’altro avrei fatto? Dimmelo!” minaccia furibonda e spaventata, avvicinandosi al sottoscritto.
“ Vediamo…” faccio finta di ricordare e “ hai ballato sui tavoli, bevuto come un vichingo e fumato erba!” affermo d’un fiato senza farmi troppi scrupoli.
I suoi occhi diventano sempre più spalancati, insieme alla bocca.
“ Stai scherzando?”.
Scherzando? Forse sta scherzando lei facendo finta di non ricordare!
“ Se stessi scherzando avresti l’alito che puzza di alcol e i vestiti che puzzano di fumo?” le faccio notare, osservandola a mo’ di sfida.
Ecco che come previsto si porta un lembo della maglietta al naso per verificare quanto ho appena detto.
“ Non so nemmeno che odore abbia l’erba!” ammette sconvolta.
“ Beh, proprio quello che hai addosso! Ti consiglio di fare una bella doccia prima di andare al lavoro!”.
“ Il lavoro! Cacchio! Ma che ore sono?”.
“ Ehm… le dieci e trenta! Forse sei ancora in tempo, Dana non avrà avuto il tempo di affilare le lame dei coltelli!” affermo scherzosamente, osservandola mentre si dispera silenziosamente.


***





Sono una deficiente! Sono una persona orribile! Dopo queste rivelazioni mi sento male, sento che potrei…potrei…

Ommioddio!
“ Il bagno!” chiedo in fretta.
“ Cosa?” .
“ Il bagno, dov’…” non ho il tempo di finire la frase che un conato di vomito mi blocca e sono costretta a trattenerlo ponendo una mano sulla bocca. Solo adesso Boris capisce e con un gesto repentino mi prende per un braccio trascinandomi fino in bagno dove, senza dargli il tempo di scappare via, rigetto tutto in un sol colpo, tossendo, dimenandomi e tossendo ancora, mentre alcune lacrime rigano il mio volto.






***








Ce l’ho fatta per un pelo! Per poco non si allagava la cucina. Sarebbe stato un vero disastro ed io non lo avrei raccolto, piuttosto avrei cambiato appartamento!

Poverina, il suo stomaco alla fine ha ceduto. In effetti, aveva decisamente esagerato, e forse, avrei dovuto fermarla. Ma ormai è fatta: ti serva da lezione, Boris!
So che non dovrei guardare: non è il massimo vedere vomitare una persona di prima mattina, abbracciando la tazza del water, ma sembra strano dirlo, sono preoccupato. E anche se la mia espressione in questo momento sembra dire: mio dio che schifo! Beh, sono, ripeto, preoccupato.
“ Finito? Ti senti meglio?”. Chiedo osservandola mentre si accascia a terra, pulendosi come meglio riesce.
Sembra annuire, anche se non capisco cosa vogliano dire quelle lacrime.
Tiro lo sciacquone, evitando  assolutamente che i miei occhi vedano quello scempio e infine mi abbasso piegando le ginocchia, spostandole qualche ciocca di capelli dal viso.
“ Perché piangi? Vuoi che ti porti in ospedale?” chiedo seriamente preoccupato.
“ No…” risponde a tono basso “ Voglio solo sparire dalla faccia della terra!” asserisce duramente.
“ Dai, non dire così!” cerco di tirarla su con un braccio, per farla riprendere. “ Capita a tutti di perdere la testa, non è mai morto nessuno…”, beh forse qualcuno. Ok, cambiamo discorso! “ Adesso ti fai una bella doccia e poi ti sentirai meglio, vedrai!”. La incoraggio.
“ Perché sono qui a casa tua?”.
“ Perché qualcuno ha perso o dimenticato a casa le chiavi!” le ricordo severamente.
“ Ma io ricordo di averle prese, giuro!”.
“ Allora le hai perse, controlla meglio in borsa!” le consiglio.
Con uno scatto felino raggiunge la cucina, prende la borsa e in un battibaleno ecco che…
“ Com’è possibile?”.
Le chiavi che ieri sera sembravano essere scomparse, ora penzolano dalla sua mano.
“ C’è una tasca interna, in cui io metto le chiavi…” spiega felice di averle ritrovate.
“ Evidentemente ieri sera eri troppo ubriaca per ricordarti di questo particolare ed io non so cercare nella borsa di una donna: siamo una squadra vincente, devo ammetterlo!”.
“ Boris?”.
“ Si?”.
“ Oltre ad avere ballato sui tavoli, avere bevuto come un vichingo e fumato roba strana… c’è altro che dovrei ricordare?” chiede sospettosa.
Cazzo! Non capisco dalla sua espressione se me lo stia chiedendo perché non se lo ricorda o… ricorda ma vuole capire se sia successo realmente.
Indugio qualche attimo a rispondere e questo la insospettisce.
“ Bo-ris! C’è qualcosa che devi dirmi? Ti prego dimmelo, è successo qualcos’altro?” chiede nuovamente, interponendo la parola altro tra virgolette alludendo ad altro, appunto.
Dovrei dire la verità? Mi sei saltata addosso e volevi quasi stuprarmi, e, porca la miseria se il mio senso di colpa non mi avesse fermato, forse sarebbe successo qualcosa di cui pentirsi amaramente? Dovrei dirglielo?
“ No…” rivelo d’istinto, rispondendo forse alla domanda che il mio cervello si era posto.
“ No cosa?”.
“ Non è successo niente!” le spiego cercando di apparire nella maniera più tranquilla possibile.
In fondo non è successo niente. È stato solo qualche bacio.
“ Mi stai dicendo la verità?” chiede ancora una volta riducendo gli occhi a due fessure.
Perché non mi crede, cazzo!! Ok , non è da me rinunciare a una scopata, ma non sono stronzo a tal punto da portare a letto l’ex di Hiwatari con cui ha una figlia. Se lo avessi fatto, avrei potuto iniziare a scavare la mia tomba.
“ Ascolta le mie parole: se fosse successo qualcosa…” inizio a dire con tono lento e scandito “…lo ricorderesti ancora, credimi!” concludo con sguardo malizioso, indicando con una mano il mio corpo seminudo, come a voler dire – guarda tu stessa!-.
Questa mossa riesce a metterla ko, facendola arrossire come un peperone.
“okok!” dice arrendevole. “ Ti credo!” conclude forzando un sorriso imbarazzato.







***










Stranamente credo nelle sue parole.

In queste sere ci siamo solo divertiti come avrebbero fatto due vecchi amici, non credo che Boris avesse cattive intenzioni.
Probabilmente l’immagine nella mia mente in cui mi bacia è solo frutto della mia immaginazione, mista agli effetti di alcool e qualcos’altro.
Come frutto della mia immaginazione sarà stato il vago ricordo di essere caduca dalle scale.
“ Sono per caso caduta dalle scale?” chiedo interrogativa a Boris che mi accompagna alla porta.
“ Mmh… Non che io ricordi!” risponde facendo spallucce.
Allora avrò sognato anche quello, anche se ho dolori ovunque…








***









Ho fatto più in fretta che potevo. Non appena Anya è andata via dal mio appartamento ho fatto una doccia lampo e sono corso qui a lavoro. Mentre aprivo la saracinesca ho sperato per un momento che la montagna di lavoro che avevo messo da parte, fosse magicamente sparita. E invece no, le quattro auto da riparare erano ancora qui, ad aspettarmi!

“Huznestov!”.
Il suono di una voce mi prende di sorpresa facendomi voltare di scatto: non l’ho nemmeno sentito arrivare!
“ Hiwatari, qual buon vento!” sorrido beffardo, pulendo un pezzo del motore fatto di grasso.
“ Vado al dunque…”.








***










“ E’ stata da te?” chiedo senza giri di parole.

Le sue mani che prima pulivano con veloci movimenti quell’oggetto, adesso si fanno più lente e i suoi occhi si alzano evitando di incrociare i miei.
Lo sapevo, è stata da lui.
“ Di cosa stai parlando?”. Di colpo si riprende, facendo finta di nulla e mi passa davanti, a occhi bassi, dirigendosi in un tavolino con vari attrezzi posti disordinatamente.
“ Forse vuoi dire: di chi sto parlando?”. I miei occhi cercano i suoi, troppo impegnati a osservare su quel tavolino alla ricerca di qualcosa. Prende un oggetto e prova a montarlo a quello che aveva in mano, fingendo di essere troppo impegnato per darmi retta.
“ Mi stai ascoltando?” chiedo con tono serio ed irritato.
“ Sì, senti non so di cosa o di chi tu stia parlando!” ripete ancora una volta, passandomi di nuovo davanti per ritornare all’auto.
Mi sta facendo girare la testa e anche qualcos’altro.
“ Non prendermi per il culo, tanto lo so che è venuta da te!”.









***









Come cazzo fa a saperlo? Insomma, Anya è andata via solo qualche ora fa da casa mia.

Che glielo abbia detto lei? Perché avrebbe dovuto?
Sento i suoi occhi minacciosi su di me, ed i miei fanno di tutto per non incontrarli.
Questo aggeggio non si monta, cazzo! Mi serve un pezzo nuovo…
Inizio a sudare freddo.
“ Allora?” chiede ancora una volta.
“ Senti che cosa vuoi?” . Mi sto innervosendo e adesso gliene dico quattro. “ Non devo darti conto di quello che faccio. Anya ha solo…”.
“ Anya?”.
Stavo per svuotare il sacco, una volta per tutte, così da porre fine a questa storia, ma mi fermo all’istante non appena, dopo avere pronunciato il nome di Anya, rimane a osservarmi interrogativo, come se stessi dicendo qualcosa che non c’entri assolutamente niente.
“ Sì…cioè…”. Non capisco più niente. Perché mi guarda così. Non stavamo parlando di… “ Senti, di chi stiamo parlando?” chiedo una volta per tutte, in modo da essere sicuro e non dire cazzate.
“ Di Eva!” asserisce come fosse la cosa più ovvia del mondo.
In un attimo mi crolla il mondo addosso. Io credevo che avesse scoperto tutto e ci stesse solo girando intorno per farmi cantare tutto quanto su me e Anya, e invece si stava riferendo a Eva?!
Che cazzo ne so io di Eva?
“ Oh Eva…”. Emetto un profondo respiro di sollievo dentro di me. “ Perché cerchi Eva?” domando confuso e curioso allo stesso tempo.
“ Tu dimmi dov’è!”.
“ Non so dov’è! Perché lo chiedi a me?”.
“ Perché so che verrebbe da te!” dichiara infastidito.
“ Per cosa?”.
Io sto impazzendo. Stamattina non ho la lucidità per affrontare indovinelli. Quindi è meglio che parli chiaro!










***











Perché mi sento profondamente preso per il culo?

Fa tanto il finto tonto, ma so che è a conoscenza di tutto.
“ Dimmi dov’è!”. chiedo sempre più innervosito.
“ Non so dov’è! Perché dovrei sapere dov’è la tua fidanzata?”. Adesso sembra lui quello innervosito, visto il modo infastidito con cui ha rivolto queste parole.
“ Beh forse…perché lo hai sempre saputo?” gli ricordo sarcastico.
“ Beh mi dispiace ma questa volta non lo so! E sai perché? Perché non vedo Eva da… da, da non ricordo nemmeno quando! Perché non vai a cercarla tu, dovresti sapere dove è, ci vivi insieme!” conclude pungente.
Mi soffermo per un attimo a osservarlo con astio, e verificare dal suo sguardo la veridicità delle sue parole.
Ok.
Forse per una volta, Boris Huznestov sta dicendo la verità, altrimenti avrebbe ceduto e svuotato il sacco dopo due secondi.
Se non sa neanche lui dov’è, sono spacciato, non la troverò mai.
Va bene, ti lascio al tuo lavoro Huznestov.
Roteo gli occhi, palesemente infastidito .
Sto per mettere piede fuori dall’officina ma ad un tratto mi ritorna in mente il fatto che lui abbia menzionato Anya: perché? Cosa c’entrava?
Senza rendermene conto mi ritrovo a osservarlo immobile, con occhi sospettosi.
Perché pensava che stessi parlando di Anya?-.
Lui, probabilmente sentendosi osservato, alza gli occhi dal motore a cui sta lavorando, per osservarmi interrogativo e scocciato allo stesso tempo. La sua espressione sembra dire –cosa vuoi ancora?-.
Bah.. lasciamo perdere!
Vado via.
A proposito di Anya: abbiamo un conto in sospeso.











***










“ Spero che tu non ti sia dimenticata di tua figlia!”.

Ho appena sentito il rumore della porta chiudersi e questa voce arriva tagliente alle mie orecchie.
“ No!” rispondo scocciata, alzando gli occhi verso di lui, che si siede su uno degli sgabelli.
In realtà sì, per un attimo ho dimenticato di avere una figlia, ma non gli darò la soddisfazione di saperlo.
“ Allora quando hai intenzione di riprendertela? Piange ogni sera disperata!”.
Queste parole mi provocano una stretta al cuore. Come posso essere così crudele.
Mi sento uno schifo, m allo stesso tempo credo di volere altro, un po’ di tempo per me stessa. In questo periodo non mi sento in grado di badare a Hope. Sono interiormente e, forse anche esteriormente, distrutta. Per questo l’ho lasciata da lui. Non l’ho mica abbandonata…
“ Stasera!” rispondo in modo secco, scacciando via questi pensieri, per non destare in lui sospetti.
“ Bene!” afferma.
“ bene!” ripeto a mia volta, invitandolo con lo sguardo ad andare via, mentre i suoi occhi mi osservano sospettosi.
“ posso avere un caffè?” chiede ironico.
“ Certo!” rispondo con falso sorriso, per poi girarmi e portare gli occhi al cielo.
Pensavo se ne andasse subito.








***









Non ha l’aria di una che ha dormito.

Sembra quasi che non dorma da giorni.
Che cosa nascondi Sarizawa? Perché lasci tua figlia nelle mie mani senza tanti problemi?







***








Gli servo il caffè, mentre i suoi occhi mi fissano in modo strano.

Che diamine ha da guardare in questo modo?
“ Il tuo caffè!” gli ricordo facendo cenno verso la tazzina.
Mi sorride beffardamente e afferra la tazzina, scuotendo la testa.
Ma cosa avrà da ridere?
Ritorno a servire ai tavoli, mentre lui col cellulare in mano sorseggia il suo caffè.
Non sembra intenzionato ad andare via subito… che odio!









***











Come cacchio ti trovo, Hernandez.

Sono qui, seduto a sorseggiare questo caffè amaro, scorrendo con un dito sul diplay del cellulare, alla ricerca di una soluzione per trovare la ragazza smarrita.
Potrebbe essere dai suoi genitori…
No, non credo. Non è il tipo che va a piangere dalla mammina.
Forse dalle amiche.
Sì, potrebbe darsi.
Sarà sicuramente da qualche amica.
Ma quale?
Ma soprattutto: chi sono le sue amiche?
Io non ne conosco neanche una.
Improvvisamente fanno eco nella mia mente le sue parole : - non mi conosci e bla bla bla!
Che cazzo! Perché ci sto pensando: è lei ad essere andata via, quindi perché mi dovrei preoccupare?
Ecco che ritorna Anya: sembra volermi mandare via a calci.
Forse lei sa qualcosa…
Nah, si odiano troppo per scambiarsi certe confidenze.
“ Me ne vado!” affermo alzandomi e mettendo i soldi sul bancone.
“ Di già?” mente ironica, raccogliendo i soldi.
“ Non dimenticarti di nuovo di tua figlia!” le ricordo pungente.
“ E tu non dimenticare le tue responsabilità di padre!” afferma acidamente, osservandomi andare via.

Entro in auto, sedendomi pesantemente sul sedile e sbuffando sonoramente.
Eva, Eva, dove sei?
I miei occhi saettano da un punto all’altro della strada, alla ricerca di una soluzione. Casualmente i miei occhi puntano su un oggetto posto sul cruscotto dell’auto.
E’ andata via con la sua macchina, quindi… forse è possibile rintracciarla col gps…
Riafferro il cellulare, e dopo avere atteso qualche secondo…“ Pronto? Devi farmi un favore!”.










***











“ E’ adorabile non trovi?”.

“ Sì!” affermo osservando il manichino posto nella vetrina di questo negozio.
“ Perché non andiamo a mangiare qualcosa? Ho proprio voglia di fritto oggi! Andiamo in quel fast food?”.
“ Sì, cosa ne pensi Eva?”.
“ Per me va bene!”.
Mi aggrego al gruppo, anche se l’idea di mangiare schifezze non mi entusiasma. In questi giorni sono stata presa da una fame chimica mostruosa. Causa: il nervosismo!
Ho deciso di passare qualche giorno a casa della mia amica, prendendo qualche giorno di ferie. Kai non si è fatto sentire e questo mi fa capire che è proprio uno stronzo.
Mi fa rabbia: sono sparita da tre giorni e non si è degnato neanche di mandarmi un messaggio per sapere se sono viva o morta. Niente!
Sono sparita per metterlo alla prova. Ho fatto perdere le mie tracce, per verificare se gli importasse qualcosa di me, venendomi a cercare ma…E’ incredibile: le mie parole non lo hanno neppure scalfito!
Perfetto Hiwatari, se è questo quello che vuoi, fottiti.
Ho perso fin troppo tempo con te.
Perdonarlo per tutti i suoi errori non è servito a nulla, anzi.
Lo detesto.
Mi sono innamorata di un bastardo senza cuore, e finalmente ne ho la dimostrazione.








***










Eccomi qui. Finalmente l’ho trovata, seppur con l’aiuto di qualche trucchetto.

La sua auto è parcheggiata proprio di fronte alla mia, ma non vi è nessuno dentro. Starà ancora girando negozi al centro commerciale. Non mi resta che aspettare che ritorni.
Perché sto facendo tutto questo?
Non lo so.
Anzi sì… forse!
Capita a volte, anzi, molto raramente, diciamo quasi mai, che Kai Hiwatari si senta in colpa. Non subito, ovviamente, ma dopo un po’ di tempo. Questa volta ci ho messo tre giorni e tre notti, durante le quali non sono riuscito a dormire. Quindi ho pensato che fosse per questo, per il fatto di non sapere dove si trovi Eva. Inoltre, il sapere che non fosse stata da Boris mi ha preoccupato ancora di più.
Sì, anche Kai Hiwatari si preoccupa, ogni tanto, ma non lo ammetterà mai, fidatevi.
Ecco che arriva, avvicinandosi alla sua auto insieme a delle amiche.
Cavolo, non è sola.
No, un momento: si stanno salutando. Ecco che si allontanano, se ne vanno e… ok, vado.
Esco dall’auto, e mi avvicino giungendo alle sue spalle, osservandola mentre è intenta a posare delle buste in auto.
“ Serve una mano?” chiedo con voce calma e seria, cogliendola di sorpresa.








***










Mi giro di scatto, mentre il cuore mi sale in gola.

Ho davanti agli occhi Lui, Hiwatari, che mi osserva con la sua faccia da schiaffi.
Dovrei essere felice, è venuto a cercarmi, ma non lo sono.
Chiudo violentemente il portabagagli e a passi veloci mi accingo ad entrare in auto, chiudendo ancora più violentemente la portiera.
Giro la chiave, dando gas al motore, ingrano la marcia per andare indietro ed uscire dal parcheggio ma capisco che non posso. Vedo la sua figura attraverso lo specchietto retrovisore: si è piazzato dietro a osservarmi minaccioso.
Ammetto che una parte di me vorrebbe andare indietro il più velocemente possibile e investirlo in pieno, passando e ripassando sul suo cadavere spiaccicato al suolo, ponendo fine a quel faccino dall’espressione irritante; ma un’altra parte mi suggerisce che non posso, sia perché significherebbe commettere un omicidio e sia perché… in fondo…
Grrr!!
Digrigno i denti e arriccio il muso, ormai consapevole di non potere uscire da questo parcheggio. Quindi spengo l’auto, scendo, richiudendo violentemente la portiera e andando via a passi da gigante per scappare via da lui.
Non voglio parlarci.







***










Questo è il colmo!

Kai Hiwatari si abbassa a tal punto da piegare le corna e sottomettersi a lei per cercare di chiederle un seppur insignificante scusa e lei cosa fa? Fa ancora l’offesa?
Eccola passarmi davanti mentre mi osserva minacciosa.
Crede che la seguirò?
Tzè, ho già perso nove decimi della mia dignità venendo qui a cercarti, voglio almeno conservare il minimo che resta.
Rimango qui a osservare la sua figura che se ne va via senza voltarsi indietro.
Stringo i denti.
Ok, la seguo, ma solo per dirgliene quattro.
Ed ecco che inizio anche io la mia corsa, a passi svelti e decisi , per raggiungerla.
Cazzo, ha i tacchi è corre come uno struzzo, ma non importa , riesco ugualmente a raggiungerla.
“ Hernandez!” la richiamo autoritario.
“ Che cosa vuoi?” chiede senza voltarsi e continuando a camminare furibonda.
“ Vuoi fermarti solo un minuto?”.
“ Perché dovrei?”.








***










Non ho intenzione di fermarmi, nonostante questi tacchi non siano proprio adatti a correre.

“ Perché devo parlarti!”.
“ Ah vuoi parlarmi?”. Adesso mi fermo voltandomi verso di lui e facendolo fermare di colpo a sua volta, prima che mi finisse addosso. “ Come mi hai trovata?” chiedo senza giri di parole.
“ Questo non ha importanza!”.
“ Allora rispondi alla seconda domanda, cosa vuoi?”.
“ Sono venuto a cercarti, non è questo che volevi?”.
“ No, non è questo che volevo, ancora una volta non capisci niente!”.
Ecco che riprendo la mia corsa, ma la sua mano afferra il mio braccio, impedendo la fuga.
“ Senti, ti ho cercata, e ti ho persino trovata! Dovrei affrontare leoni e tigri per dimostrartelo?”.
“ Dimostrarmi cosa?” chiedo incrociando le braccia al petto con fare di sfida.
Ecco che porta gli occhi al cielo, seccato.
E’ proprio questo che mi dà fastidio, questo suo atteggiamento orgoglioso e di sufficienza.
“ Ascolta, lo ammetto: mi ha stupita il fatto che tu sia venuto a cercarmi, proprio quando avevo perso le speranze, ma…non basta! Non mi hai dimostrato proprio nulla! Come non lo hai fatto in tutti questi anni! Quindi.. perché continuare?”.
Una domanda retorica, che rimane sospesa in aria, che non riceverà mai una risposta.
Il suo sguardo è arrendevole, come se concordasse con le mie parole e mi fa intuire la possibile risposta.
Lo osservo amareggiata per qualche secondo, poi dopo qualche attimo di esitazione, durante il quale spero vanamente in una sua reazione, gli volto le spalle e me ne vado, con un grosso e pesante magone alla gola.
Ho già percorso cinque passi, sei… osservo l’asfalto che diviene ad ogni passo poco nitido quando una parola mi ferma all’istante provocandomi un sussulto nel petto.
…“ Sposiamoci!”.
Sono ferma, immobile, a stringere il manico della borsa sulla spalla, e non ho il coraggio di voltarmi.
Adesso, senza rendermene conto, i miei occhi increduli sono rivolti su di lui, e la sua espressione è ancora più incredula della mia, seppur cerchi di celarlo rimanendo serio e immobile in attesa di una mia reazione.
Deglutisco…
“ Cosa hai… detto?” chiedo con tono scandito e tremolante.
Non sono sicura di avere capito bene. Ero nel panico e disperata, e forse le mie orecchie hanno percepito solo quello che volevano sentirsi dire da tempo. Potrebbe essere stata solo un’allucinazione.
“ Hai… capito…” ripete seppur con esitazione, mostrandosi anche imbarazzato e forse ferito nell’orgoglio.
“ Mi hai chiesto di… sposarci?” chiedo conferma nei suoi occhi, che si abbassano a terra, ancora troppo orgogliosi per ammetterlo apertamente.
La mia bocca inizia a tremare, vorrei piangere e sorridere nello stesso momento, ma non so come reagire.
“ Tu lo vuoi veramente? Non me lo chiedi solo per farti perdonare, vero?”. Vorrei assicurarmi che questa sua richiesta sia venuta dal cuore e non da un momento di follia.
I suoi occhi confermano.
Sono incredula.
“ Non mi inginocchierò a chiedertelo, quindi…”.
Vuole una risposta, adesso.
Mio dio, sono nel panico: è quello che desidero da tanto tempo, da qualche mese a questa parte. Ormai ero convinta che fosse un desiderio irrealizzabile, credevo che Kai Hiwatari non me lo avrebbe mai chiesto e poco fa ho pure sfiorato l’idea di lasciarlo e ora mi chiede di sposarlo?
Il mio cuore batte all’impazzata.









***











Sono qui, da un tempo indefinito ad aspettare una risposta. Le ho già detto chiaramente che non mi inginocchierò come un citrullo a chiederle la mano come in quei film del cazzo, quindi cosa aspetta?

E poi da dove mi è venuta questa idea? Le ho veramente chiesto di sposarci?
Io … non… io non lo so!
Questa parola è uscita così, senza che io riuscissi a controllarla, e adesso che l’ho detto non posso tirarmi indietro. Se l’ho detto magari è perché inconsciamente lo pensavo. Non capisco più niente.
“ Se fossi in lei accetterei subito!”. Eravamo entrambi persi nel nostro flusso di pensieri, quando le parole di questa signora ci riportano alla realtà. Mi volto in sua direzione fissandola in malo modo, soprattutto dopo averla vista mangiarmi con gli occhi ed espressione sognante.
Non l’ho chiesto a te, brutta baldracca, vedi di sparire!
La gente non si fa mai gli affari propri: chissà da quanto tempo era lì ad ascoltare!
Ora ho pure un testimone e non potrò negare quanto ho detto, mannaggia.
“ Sì!” risponde Eva improvvisamente, facendomi dimenticare la presenza di questa spettatrice.
Ha detto sì…
Ecco che si avvicina lentamente e mi abbraccia, mentre io incredulo cerco di ricambiare.
“ Aspettavo da tanto che tu me lo chiedessi…” afferma felice.
La signora, commossa se ne va, spingendo il suo carrello della spesa.
I miei occhi la seguono , seppur  persi nel vuoto più totale…
Ho veramente chiesto di sposarmi?
Forse tra cinque minuti suonerà la sveglia e mi sveglierò…




















Ciao a tutti!
Ooooook! Calma gente.
So che vi starete chiedendo WTF?
E avete tutto il diritto di odiarmi. Kai ha chiesto ad Eva di sposarlo, avete capito bene. Ora, se lo abbia fatto col cuore o per un attimo di follia, non so dirvelo nemmeno io ( sei tu che scrivi, come fai a non saperlo?nd Lettori). Beh sì, ma oramai è fatta!
( Lancio di pomodori e altra frutta marcia*)
Ci meditavo da tempo e finalmente ho scritto questa parte.
Non so se l’ho resa bene, fatemi sapere voi, segnalandomi eventuali errori.
Ora non ci resta che scoprire se si sposeranno o no. Un matrimonio è già saltato ( Anya/Rai) ora non resta che scoprire cosa faranno questi due. Nei prossimi capitoli Kai scapperà per il Messico? ( ho già un volo prenotato da tempo! ndKai) o porterà la sua Hernandez all’altare? E soprattutto come la prenderanno gli altri? Penseranno che Kai si sia bevuto il cervello? Probabile.
Aspetto le vostre considerazioni.


Dedico questo video a Kai ed Eva, immaginate Kai come il bello e dannato Damon   -->    https://www.youtube.com/watch?v=BfRD63bpi7o

Un bacio e a presto!

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Capitolo 32
*** L'annuncio ufficiale ***


Un taxi mi conduce a villa Hiwatari. 
Sto andando a prendere Hope, che ho letteralmente abbandonato tra le braccia del mostro. 
Dire abbadonata sembra quasi un eufemismo. Diciamo che ultimamente non ho voglia di badare a lei.
Lo so, dovrei sentirmi uno schifo e vergognarmene. Ed è proprio così. 
Senza rendermene conto sono già davanti al cancello principale e dopo avere suonato il campanello,  esso si apre automaticamente invitandomi ad entrare.
Avanzo lentamente ad occhi bassi e persi in chissà quali pensieri. Oggi mi sento debole e depressa. Mi sembra di essere uno spirito che vaga senza alcuna meta e alla ricerca del nulla. Non mi sono neanche controllata allo specchio, per paura di vedervi riflesso il volto di un fantasma. 
Eccomi, ho attraversato la soglia e ad accogliermi vi è lei, Eva, con una espressione sorridente a trentadue denti, sguardo solare, occhi brillanti, in poche parole, il mio estremo opposto.
" Anya, ti aspettavo!" saluta accogliendomi con una strana allegria, che la mia risposta non sembra ricambiare affatto.
" Hope è pronta?" chiedo senza giri di parole, facendo vagare il mio sguardo altrove, palesemente irritato da questo suo sorriso.
" Sì,  Reina sta raccogliendo le sue cose! Reina sbrigati!" aggiunge alzando il tono di voce per avvisarla.
Seguono alcuni secondi di silenzio, durante i quali lei sembra cercare il mio sguardo per intraprendere una conversazione, ma io non ne ho voglia, per niente.
" Kai è sotto la doccia!" esordisce.
La mia testa annuisce leggermente come a voler dire - sì ok, davvero interessante-. 
Per nulla.
" Dovrebbe scendere tra un po'..." aggiunge. Sembra come se stesse cercando di riempire questi vuoti di silenzio.
"Ok..." mi limito a rispondere.
Finalmente Reina ed Hope arrivano.
" Mamma!" grida la piccola saltandomi addosso.
La colgo al balzo e le sorrido, seppur sforzandomi. 
Adesso mi sento uno schifo completo.  Mi sento in colpa. Non riesco neppure a guardarla in faccia. Vorrei ricambiare la gioia che mi esprimono i suoi occhi, ma in questo momento vorrei solo piangere.
" Bene allora noi andiamo..." dico avviandomi verso l'uscita, accompagnata dalla padrona di casa, la quale però decide di fermarmi per dirmi qualcosa.
" Domani sera io e Kai organizzeremo una cena..." inizia a dire torcendosi le dita delle mani " e ci farebbe piacere che anche tu ci fossi!" conclude sprizzando gioia da tutti i pori.
Una cena.
Organizzano una cena ed io sono invitata.
E sperano veramente che io venga?
Sono folli.
"Non so, non credo sia possib....".
" Ci saranno anche gli altri!" aggiunge interrompendomi.
Gli altri?
La mia espressione la invita a chiarire. 
" Sì insomma, Hilary e Yuri ed anche Boris!"  spiega brevemente.
Ci saranno anche loro, ci sarà anche Hilary...
È da tanto che non ci sentiamo.
Un rumore di passi mi riporta alla realtà e voltandomi in quella direzione mi accorgo che sta arrivando Kai, dunque mi affretto ad andare via, salutando velocemente. 



***





Sono appena uscito dal bagno e avverto strani rumori provenire dal piano di sotto. Mi avvicino alle scale e dopo avere sentito la voce di Anya decido di scendere , ma non appena questa mi vede si affretta a salutare ed andare via.
" Scusa ma devo scappare, grazie e buonaserata!" conclude frettolosamente prima che io riesca a giungere, per poi voltare le spalle e andare via.
" Allora a domani sera!" aggiunge la bionda salutandola.
La porta si chiude.
"Domani sera?" chiedo interrogativo alla mia ragazza che, voltandosi, si accorge solo adesso della mia presenza.
" Sì,  beh..." . No, non immaginava che io stessi ascoltando. " Ho deciso di organizzare una cena per dare la notizia ai nostri amici!" spiega allegramente.
La notizia?
" Quale notizia?" domando con un tono che ignora completamente la risposta.
" Ma del nostro matrimonio!" risponde avvicinandosi " non mi dire che lo avevi già dimenticato!" aggiunge con espressione furba facendo scorrere il dito sul mio torace.
Rimango per un attimo attonito, come se davvero non ricordassi nulla. 
Ma poi mi riprendo immediatamente " Ah, sì... il matrimonio" sussurro come a convincere me stesso.
Si limita ad uno sguardo ammonitore , ma poi si allontana, prendendo il telefono in mano e componendo una serie di numeri.
" Non precocuparti, penso a tutto io!" conclude andando via nell'altra stanza iniziando una conversazone telefonica.
Resto per un attimo così,  in piedi a fissare punti indefiniti dello spazio, pensando e ripensando a tutto quello che sta succedendo.




*** 




L'indomani.

"Tu ci andrai?" chiedo sconvolta al russo seduto al bancone.
" Perché no? Tu non vuoi andarci?" chiede a sua volta con tono stranito.
" No!" . La mia risposta è categorica. 
" Andiamo Anya, ma che farai da sola a casa?".
" Preferisco stare da sola che vedere quei due!".
" È solo una cena! E poi avrai la compagnia di Hilary!". Non segue alcuna risposta. In quei secondi che seguono mi muovo come un razzo da un punto all'altro del bancone, fingendomi indaffarata.
" Un momento!" esordisce, come illuminato dalla luce della ragione " Ho capito! Tu non vuoi venire proprio perché c'è Hilary, ammettilo!" esclama puntandomi un dito contro.
Mi fermo portando gli occhi al cielo.
" Ho indovinato!" si congratula con se stesso soddisfatto. 
Espiro sonoramente.
"Allora?" mi invita con un gesto della mano a confermare la sua teoria.
" Può darsi!" mi limito a rispondere con fare vago.
" Ma dai, Hilary è tua amica!" mi ricorda giustamente.
" Sì,  un'amica a cui sto nascondendo tutto!" gli ricordo a mia volta.
" Potresti risolvere tutto, dicendole la verità! ".
Potrei, è vero.
La soluzione è molto facile.
Il problema è che non ci riesco.
E soprattutto non voglio.
"Non posso!" ammetto ancora una volta, tornando a pulire il bancone in modo energico.
"Sei più testarda di quanto pensassi..." mormora tra sé e sé, sorseggiando la sua birra. "Ma se non ci andrai..." . Ecco che ricomincia.  " in  Hilary desteresti dei sospetti.  Inizierà a chiamarti e a convincerti di andare!". 
Mi fermo a fissarlo con aria riflessiva. " Ma se verrai e ti mostrerai naturale....nessuno avrà sospetti!" conclude poggiando la bottiglia vuota sul bancone.
È vero. Se non ci andassi Hilary inizierebbe a chiamarmi e a convincermi. Quindi... beh... 
" Ti passo a prendere alle otto?" propone alzandosi.
" Ok..." .
Non mi resta che fingere e indossare una delle mie maschere.
Stasera credo che sceglierò la maschera dal sorriso ipocrita.



*** 




" Anya mi ha finalmente risposto. Ha scritto che ci sarà anche lei, meno male!" afferma Hilary sollevata, riposando il suo cellulare in borsa.
" Vogliamo andare adesso?" chiedo spazientito. Ha cambiato abito tre volte e non sembra ancora soddisfatta dal modo in cui si guarda allo specchio.
" Secondo te questa gonna mi fa il sedere grosso? Mi sento un pallone, ma quando si decideranno a nascere?".
" Mancano ancora tre mesi, quindi rassegnati!" spiego ironico, cercando di condurla verso la porta.
" Saranno i tre mesi piu lunghi della mia vita!" mormora imbronciata, attraversando finalmente la soglia della porta di casa.
" Non dirlo a me..." aggiungo a tono basso per non farmi sentire, chiudendomi la porta alle spalle.
" Ti ho sentito!" asserisce a gran voce, con tono ammonitore, raggiungendo la macchina.
Immaginavo...



Durante il tragitto verso villa Hiwatari parliamo del più e del meno, finché Hilary non pone la fatidica domanda.
" Conosci il motivo di questa cena?".
"A dire il vero, no! E se devo dirla tutta, mi ha pure insospettito!" rivelo con tono serio, ed occhi ben puntati sulla strada.
"Che vuoi dire?" chiede interrogativa.
Non vorrei pensare al peggio , ma...
" Secondo me devono dirci qualcosa di importante...".
" Del tipo?".
Una notizia bomba.
" Ricordi l'ultima cena che abbiamo organizzato a casa nostra?".
Annuisce, non riuscendo ancora a capire dove io voglia arrivare.
" Abbiamo invitato tutti per annunciare la tua gravidanza, giusto?". 
La sua espressione conferma, poi ad un tratto...
" Vuoi dire, vuoi dire che...." . Ci è finalmente arrivata, ma non riesce a dirlo.
Quindi lo farò io.
" Vuol dire che qualcuno è incinta..." dico, completando la sua frase.
" Eva..." aggiunge sconvolta.
" Già".
" Sarebbe terribile..." afferma.
" Già..." ripeto ancora una volta, fermando l'auto.  
Siamo arrivati a destinazione.





*** 







Suonano alla porta.  Reina è impegnata in cucina, dunque decido di andare ad aprire e davanti a me si presentano i coniugi Ivanov.
" Ciao Hiwatari!" saluta la moglie con sorriso forzato. È molto più grassa dell'ultima volta.
"Hilary...." dico a mo' di saluto facendola entrare, per poi rivolgere lo sguardo al marito.
"Anya non c'è? " chiede Hilary guardandosi intorno.
"Non è ancora arrivata..." spiego portando gli occhi al cielo e chiudendo la porta.
" Eva, invece?" chiede stavolta il marito. 
" È di sopra,  si sta preparando ".
" Se non vi dispiace io avrei bisogno del bagno..." comunica Hilary congedandosi.
Rimasti soli, invito il rosso a bere un bicchiere, che accetta volentieri.
" Dunque..." inzia schiarendosi la voce e prendendo dalle mie mani il bicchiere pieno di liquore. " Vuoi darmi qualche anticipazione?" conclude con un sorriso che vorrebbe sottintendere qualcosa.
" Anticipazione di cosa?" domando a mia volta, fingendo di cadere dalle nubi.
" Del motivo per cui ci avete fatto venire!".
" Perché dovrebbe esserci un motivo?" mi limito a dire bevendo d'un sorso il contenuto del bicchiere, per poi tornare a riempirlo.
" Vuoi dirmi che hai invitato tutti, persino Anya per il piacere di averci qui con te stasera?" chiede aggiungendo sulla parola Anya un pizzico di ironia.
" Per la cronaca, non l'ho invitata io, e ...sempre per la cronaca, è stata tutta un'idea di Eva! ".
Non ha il tempo di replicare, poiché il suono della porta mi ricorda i doveri del buon padrone di casa.

Apro la porta e mi ritrovo davanti Boris, con in braccio quella che suppongo sia mia figlia.
" Ciao Hiwatari!" saluta beffardo entrando come se fosse a casa sua, seguito dai miei occhi di fuoco. " Buonasera Hiwatari". Dietro di lui, Anya che avanza per il corridoio raggiungendo il platinato, dopo avermi salutato con fare indifferente. 
Questi due sono arrivati insieme?
Bene, siamo al completo: che la tragedia abbia inizio.


*** 



" Anya! Da quanto tempo non ci vediamo?" . Hilary spunta da non so dove e si avvicina per abbracciarmi.
Ricambio, cercando di essere il più naturale possibile.
" È vero non ci vediamo da un sacco..." affermo allegramente, poggiando i miei occhi sul suo enorme pancione. " Wow, sei splendida!".
" Sì, ma portare in grembo due bambini è una faticaccia!" spiega stancamente.
La conversazione va avanti per qualche minuto, in cui si cerca di parlare del più e del meno, poi l'arrivo della padrona di casa fa zittire tutti.
" Ragazzi, benvenuti, sono felice che siate venuti tutti!" commenta allegramente, volgendo uno strano sguardo soprattutto sulla sottoscritta.
Perché penso che venire non sia stata una buona idea?
" Accomodatevi , tra un po' Reina servirà la cena, spero sia di vostro gradimento!" annuncia conducendoci in sala da pranzo.
" Ho una fame!" borbotta a tono basso Boris, poggiandosi una mano sull'addome .
Posso giurare di avere sentito brontolare il suo stomaco più volte durante il tragitto in macchina.
Il mio invece si è chiuso in religioso silenzio.





*** 




La cena è stata servita già da qualche minuto. Tutti mangiano in silenzio, tranne la bambina, che ogni tanto richiama la madre per farsi imboccare come una neonata. 
Ogni tanto incrocio lo sguardo di Kai, per avere il via e dare a tutti la lieta notizia, ma i suoi occhi mi comunicano  che non è ancora il momento. Tuttavia io non ce la faccio a non rendere questa notizia pubblica a tutti.
So già che Kai non lo farà mai, quindi sarà compito mio. Per me va bene, non chiedo altro. Rimarranno tutti a bocca aperta, già lo so.




Siamo alla pausa dessert. La serata è trascorsa piacevolmente e tranquillamente. 
Cerco ancora una volta lo sguardo di Kai, che finalmente sembra darmi l'ok. Perfetto, è il mio momento.
Mi alzo, invitando anche Kai a farlo, seppur non con grande entusiasmo.
Schiarisco la voce, attirando l'attenzione di tutti, persino di Anya, intenta a pulire una macchia del vestito di Hope.




*** 




Ok. è il momento. Eva sta per annunciare a tutti del nostro matrimonio. Ho lasciato a lei l'incarico di farlo, io non potrei riuscirci, soprattutto davanti a Yuri e Boris, immagino già le loro facce incredule. Dunque mi limito semplicemente ad alzarmi e stare di fianco ad Eva, aspettando di vedere la reazione dei qui presenti. 
Odio queste cose. Potevamo comunicarlo con un semplice messaggio, sarebbe stato meno imbarazzante...


*** 




Finalmente si sono decisi a comunicare il motivo di questo invito sospetto.
Eva ha appena richiamato la nostra attenzione, mostrando un sorriso a trentadue denti.  Il viso di Kai non sembra mostrare lo stesso entusiasmo, anzi, al contrario sembra nervoso.
Lo so, sta per dire che è incinta, me lo sento.
Sarà meglio che saldi il mio sedere sulla sedia, o alle sue parole potrei cadere.





*** 





Bene, ho l'attenzione di tutti, soprattutto di Anya.
" Se vi ho fatto venire qui è perché io e Kai...." inzio a dire volgendo uno sguardo complice al mio futuro marito "... abbiamo una notizia da darvi" proseguo col cuore in gola. Quasi non ce la faccio a dirlo.




*** 



Dillo e basta, cazzo! 
È una terribile agonia avere tutti gli occhi puntati addosso in attesa della notizia.






***




Ecco, sta per dirlo, me lo sento. Kai hai fatto l'ennesima cazzata, lo so. Yuri, tieniti forte.





*** 




Dillo Eva, forza e coraggio. Pendono tutti dalla tua bocca.
Dischiudo le labbra, pronta, finalmente a pronunciare l'ultima frase.
" io e Kai ci sposiamo!" annuncio allgramente  battendo leggermente le mani, per cercare di esprimere come meglio posso l'immensa felicità che ho dentro.

Rimango così,  mani giunte, sorriso smagliante e i miei occhi si spostano da un viso all'altro, per poi iniziare a preoccuparmi non appena capisco che nessuno, proprio nessuno, da più di trenta secondi muove ciglio.
 Sono tutti immobili, come ipnotizzati, che fissano ad occhi aperti e spalancati i sottoscritti. Quasi non respirano.
Immaginavo già che la notizia li avrebbe sconvolti, ma non a tal punto, sembrano delle statue di marmo.




*** 




Perfetto, era proprio la reazione che mi aspettavo. Anzi, a direnla verità,  credevo che sarebbero caduti tutti dalle sedie, persino Hope, che invece fissa confusa le nostre facce, ignara della situazione.
Abbasso lo sguardo, stringendo nervosamente e labbra. Mi viene quasi da ridere. 
Eva sembra preoccupata e sposta il suo sguardo sugli invitati per capire se siano vivi o morti.
Decido di sedermi, fulminata dal suo sguardo.





*** 


" Wow, siete proprio rimasti senza parole..." esordisco accompagnando le mie parole con un tono che vuole essere allegro, per cercare di spezzare la tensione.
Iniziano a dare segni di vita. Yuri ha spostato i suoi occhi su Kai, come a voler dire - cosa signifca?- Hilary non sa dove guardare prima, e Boris è ancora a bocca aperta. Ma lei, Anya, è rimasta fissa nella sua posizione, abbassando leggermento lo sguardo, che sembra perdersi nel vuoto.
" Ditemi qualcosa. Ho capito che siete rimasti di stucco, ma ditemi cosa ne pensate!" affermo invitandoli a partecipare della mia felicità. 
" Sei incinta?". È Boris a proferire queste parole.
" Cosa? Non sono incinta, perché dovrei essere incinta? " ribatto acidamente.
" Perché non vedo per quale oscuro motivo dovreste sposarvi,  allora?". Il solito testone. Parla sempre a sproposito.
" Forse perché ci vogliamo sposare!?" gli spiego con tono alterato. 
Il suo sguardo si sposta incredulo su Kai. " Anya è rimasta incinta, ma non si sono mica sposati!" gli faccio notare, facendo probabilmente irritare Anya, visto il modo in cui mi sta guardando. E a giudicare dalla faccia di Kai, capisco che questa battuta potevo anche risparmiarmela. Ma ormai è fatta, l'ho detta.
" Kai che vuole sposarsi, questa è bella!" commenta ironicamente Boris,  lanciando uno sguardo di sfottimento all'amico che lo fulmina all'istante. 
" Perché non vai a fumare una sigaretta?" gli consiglia quest'ultimo,  forse per ordinargli di sparire.
" Sì,  credo che anche tu ne debba fumare una!" gli dice, invitandolo a seguirlo. " Yuri, vuoi venire a fumare anche tu?".
" Mi sembra un buon motivo per ricominciare" sussurra tra sé e sé,  scambiando uno strano sguardo con la moglie.
I tre se ne vanno ed io rimango sola con le ragazze, che sembrano, a loro volta, voler scappare. 
 " Questi uomini, non sanno cosa sia la sensibilità!" commento ironica, cercando di intraprendere una conversazione con queste due.





**** 




Non si accende , cazzo! 
" Tieni, prendi il mio!" . Boris decide finalmente di prestarmi il suo accendino.
" Ti sei bevuto il cervello? O è lei che ti ha fatto il lavaggio del cervello?" aggiunge poi.
" Fatti i cazzi tuoi!" rispondo poco educatamente.
" No, amico, tu ci hai invitato per dirci questa cosa e ora ci spieghi tutti i dettagli!" dichiara curioso il platinato.
" Ci sposiamo, fine della storia!" replico in modo categorico.
" Ho capito..." . Boris indietreggia, alzando le mani in segno di resa, per poi allontanarsi e raggiungere il cane per accarezzarlo.
Io resto qui, a fumare in compagnia di Yuri, che non ha ancora aperto, stranamente, bocca. 
" Dunque, ti sposi...." . Ecco, ho parlato troppo presto.
Mi rifiuto di rispondere, e continuo a fumare, osservando in lontananza Boris alle prese con il cane.
" Cosa hai in mente?" chiede  con aria sospetta. 
Volgo lo sguardo in sua direzione, con fare di sufficienza. " Proprio niente!".
" Quindi non c'entra niente il fatto dell'affidamento di Hope?" domanda insistente. 
Torno a fissarlo.
" No..." mi limito a rispondere.
" Ho capito...." conclude, con tono arrendevole.
Ci raggiunge Boris e decidiamo di rientrare.




Non appena arriviamo dentro, mi accorgo che l'aria è decisamente tesa. 
Anya osserva ad occhi sbarrati Eva per poi dire " Perché io?".
Perché io cosa? 
Yuri e Boris si mettono a sedere mentre io rimango in piedi a cercare di capire cosa stia succedendo. 
"Perché mi farebbe piacere!" replica l'altra. 
Le farebbe piacere cosa?
" Ma io credo che questo ruolo spetti ad una persona più vicina, più stretta" cerca di spiegare Anya, che sembra alquanto nervosa.
Quale ruolo?
Nessuno osa proferire parola. Hilary cerca di comunicare con lo sguardo qualcosa che Yuri non arriva a comprendere, ed io osservo prima l'una e poi l'altra per cercare di capire di cosa stiano parlando.




*** 




Deve essere impazzita, non c'è altra spiegazione.
Io non posso fare una cosa del genere, anzi, non voglio.
Non spetta a me un ruolo del genere.
Non posso fare da testimone al matrimonio delle persone che odio di più in assoluto sulla faccia della terra. 
Sarebbe da folli.
" Non credo di essere la persona più adatta a farti da testimone di nozze!" rivelo alla presenza, adesso, di tutti.
A queste parole la faccia di Kai cambia colore, e infatti osserva la futura moglie in attesa di una spiegazione.
Lei fa cenno di rimandare a dopo le spiegazioni e lui si siede osservandomi minaccioso, per poi ingurgitare il suo bicchiere di vino.
" Ho pensato che ti avrebbe fatto piacere. In fondo presto saremo una sorta di grande famiglia e ...." grande....famiglia?? "... e volevo darti un ruolo importante!" conclude con sorriso beffardo.
Perché mi sento profondamente presa in giro?
È come se lei sapesse della mia situazione e me lo stesse facendo apposta.
" A proposito, quando vi sposerete tu e Rai? non vorrei che coincidesse lo stesso giorno!" aggiunge quasi con tono di scherno.
Mi sento male. Credo che la mia faccia stia comunciando a tutti come mi sento: presa in giro.
Ma lei non può saperlo, non lo sa, è solo la vipera di sempre. 
E non ho intenzione di fare da testimone al suo matrimonio da circo, né tantomeno avrò la voglia di andarci, quindi ....
" No, mi dispiace ma ancora non sappiamo la data!" mento consapevolmente e sotto lo sguardo consapevole di Boris, che mi osserva complice. " E non credo che spetti a me questo ruolo, mi dispiace..." rivelo, stringendo un pugno sotto al tavolo, mentre dentro di me vorrei esplodere e piangere all'infinito. 
Sento su di me gli occhi di Hilary,  ma non ho il coraggio di incrociarli, quindi resto a occhi bassi, in attesa di una risposta.
" Ok, come vuoi... non fa nulla..." spiega arrendevole e quasi dispiaciuta. " Allora facciamo servire il dessert!" annuncia, invitando la cameriera a servire l'ultima portata, con un tono che vuole spezzare la tensione, arrivata ben al di sopra del limite.
Ci ricomponiamo e mentre Hilary spiega qualcosa a bassa voce al marito, Kai osserva severamente la bionda, per poi volgere uno sguardo fugace su di me.
Sapevo che sarebbe stato meglio non venire.
Cosa dovevo aspettarmi da una simile vipera?









Dopo qualche ora, la serata si conclude e finalmente abbandoniamo casa Hiwatari.

" Questo sembra un brutto scherzo del destino...".
" Ti riferisci al matrimonio? Credimi, è stato uno shock per tutti! Kai che si sposa, tzs!" afferma stizzito.
" Il mio matrimonio è saltato, e ora quei due si sposano, è davvero uno scherzo crudele!" asserisco con tono triste e pensoso. " Ormai tutto mi va storto..." ecco che le lacrime che ho trattenuto per tutta la serata, adesso fuoriescono senza interruzione. " La mia vita fa schifo! Loro, anzi lui mi ha rovinato la vita e proprio lui adesso si sta sposando! Io dovevo sposarmi, non lui!" . Inizio a singhiozzare, stringo i pugni sulle gambe. Gocce di acqua salata inziano a cadere sugli jeans. " Persino mia figlia non mi vuole!".
"Dai, non dire così,  voleva solo restare a dormire lì stasera,  non vuol dire che non ti voglia bene..." spiega a suo modo Boris, nel vano tentativo di consolarmi.
Siamo qui, nella sua auto, posteggiata sotto casa mia. Non ho il coraggio di uscire, né di entrare in quella casa che ormai sembra una prigione, so solo che vorrei sparire dalla faccia della terra.
La notizia del matrimonio di quei due è stato un colpo basso. 
Non sopporto il fatto che loro siano felici, che facciano progetti, mentre io sono qui a piangere dalla mattina alla sera per qualcosa che non ha più senso ormai.
Rai ossessiona la mia mente. Il ricordo di lui che chiude quella porta, quel rumore...
" Non ce la faccio!" . Porto le mani ai capelli e li stringo, fino a farmi male. 
Una mano si adagia sulla mia testa e la trascina verso la sua spalla.
"Perché?...." dico piangendo e singhiozzando rumorosamente sulla spalla di Boris.

Ogni sera, prima di addormentarmi, lo vedo, sdraiato accanto a me, che mi fissa dolcemente.
Poi, ad un tratto i suoi occhi si spengono e si gira dandomi le spalle.
Io rimango lì a fissarlo.
Ma quando la mia mano cerca di accarezzarlo, 
proprio in quel momento, la sua figura si dissolve, come polvere nell'aria.

Rai, perché sei andato via?...





*** 





"Quando ti è venuta la malsana idea di proporre ad Anya questa cosa?" le chiedo cercando di usare un tono fintamente cordiale.
" Adesso la chiami Anya?" beffeggia lei.
I miei occhi le comunicano di non cambiare discorso.
" Dai, non capisco perché ve la siete presa?" dice cercando di sdrammatizzare.
Io non la capisco.
" Non mi sembrava il caso vista la situazione in cui siamo..." le ricordo severo.
" Quale situazione? Noi due ci sposiamo e lei presto sposerà Rai".
" È proprio questo il problema, io non voglio il cinese al mio matrimonio" le spiego irritato.
" Ma se verrà Anya dovrà venire per forza anche lui, mi sembra ovvio...".
"Perché dovremmo invitare Anya?" .
" Se vuoi che Hope venga, allora verrà anche Anya, e se verrà Anya, dovrà venire pure Rai, è un ragionamento consequenziale, no?" conclude cercando il mio consenso.
Porto gli occhi al cielo, come un segno che pone fine a questa conversazione.
Che faccia come vuole...
Le luci si spengono e Eva si avvicina abbracciandomi e mettendosi comoda per dormire, mentre i miei occhi puntano fissi sul soffitto.
" A proposito, domani prenderò un appuntamento col sarto, per prendere le misure del tuo vestito..." mi ricorda. " È uno dei migliori che io conosca, sembrerai un figurino!" conclude, per poi chiudere gli occhi e dare la buonanotte.
Un figurino.
Immagino...









Hola a todos!
Spero vi sia piaciuto questo capitolo.
Cosa ne pensate?
Sono rimasti tutti di ghiaccioX'D
La proposta di Eva ad Anya è stata fin troppo malvagia, considerando la sua condizione. Persino a Kai non è andata giù. 
E Anya non poteva che rifiutare e mi sembra ovvio u.u
Comunque....
ora che il matrimonio è ufficiale a tutti non resta che organizzare i preparativi ( di cui si occuperà Eva, figuriamoci se Kai si interessi di una cosa simile) e vedere se effettivamente questo matrimonio s'ha da fare. 
Si accettano scommesse.
Kai dirà il fatidico sì ad Eva?
O scapperà per il Messico?
Anya andrà a questo matrimonio?

Non resta che attendere. ( e mi pare ovvio * Tutti -.-)

Fatemi sapere e grazie a chi legge, seguee recensisce.
Un bacio e a presto
!




















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Capitolo 33
*** We can hurt together ***


“Se tu sapessi qualcosa, diciamo un segreto, ed hai promesso di non dirlo a nessuno, ma sai che dirlo a qualcuno potrebbe aiutare quella persona, cosa faresti?”.
Mi sento confuso.
Ed anche Boris lo sembra.
“ Di chi stiamo parlando?” chiedo scettico.
“ Non ha importanza! La mia domanda è: tu cosa faresti?” puntualizza, rimanendo fisso nella sua posizione “neutrale”.
È una domanda molto strana da parte sua, che mi fa sorgere mille dubbi.
Non capisco se stia usando la tecnica dell’amico per riferirsi a se stesso, o se si stia riferendo ad una persona in particolare, di cui non vuole rivelare il nome. Se fosse vera la seconda opzione, non potrei fare a meno di pensare a…
 “ Stiamo parlando di Kai?”.
“ No! Ascolta Yuri, sono venuto per un consiglio, cosa vuoi che me ne freghi di Kai!?” aggiunge contrariato.
La notizia che lui ed Eva presto si sposeranno mi ha completamente spiazzato in due. Faccio ancora fatica a crederci e l’istinto mi suggerisce che dietro queste nozze ci sia qualcosa , qualcosa che Kai non vuole assolutamente si venga a sapere. Per questo sono convinto, o almeno, ipotizzo che sia lui la persona in questione. “ E va bene…” esordisco con fare arrendevole, consapevole del fatto che dalla bocca di Boris non verrà fuori, stranamente, nulla. “ Se io fossi in te…beh cercherei di convincere questa –persona- a parlare con qualcuno e chiedere aiuto”.
“ E se ci avessi provato e riprovato, ma senza risultato?”.
Tutto ciò mi incuriosisce. Chi potrà mai essere questa persona di cui Boris conosce un segreto inconfessabile. E soprattutto, per chi Boris Huznestov, sarebbe disposto a tenere la bocca così chiusa?
Lo fisso, insospettito, scrutando ogni suo piccolo gesto, alla ricerca di qualche suggerimento. Tuttavia, il suo sguardo fermo e impassibile, non mi suggerisce proprio nulla.
“ Ivanov, ci sei?”.
“ Mi dispiace, ma se la persona di cui parli non si deciderà a condividere il suo problema e la sua sofferenza con una persona a lei cara, non risolverà mai nulla!” rivelo, dicendo quello che chiaramente penso, seppur non conoscendo i dettagli del caso.
Se questa persona non si libererà di questo enorme peso, qualunque esso sia, non riuscirà mai a sentirsi meglio e , soprattutto, libera.

***


Io ed Anya non siamo mai stati grandi amici. A stento ci parlavamo. Solo ultimamente, frequentando quella caffetteria, abbiamo iniziato a notare l’esistenza l’uno dell’altro. E non nascondo di avere iniziato a provare una certa simpatia nei suoi confronti.
Oltre a considerarla la ragazza più sfigata del mondo ( visti tutti i problemi che si ritrova ad affrontare tutti i giorni), ha iniziato ad essere quasi…un’amica. E credo che anche per lei sia stato così.
Se così non fosse, per quale motivo avrebbe rivelato un problema così grande al sottoscritto?
Tra tutti ha scelto me. Forse perché tra tutti ero l’unica persona non coinvolta emotivamente.
Ammetto di essere rimasto sorpreso dalla spiacevole notizia, ma penso che per Hilary  sarebbe stato uno shock ancora più grande.
Poteva scegliere Dana, persona ancor più estranea ai fatti, e invece ha scelto me.
Non so cosa l’abbia spinta a farlo.
Nessuna ragazza, prima d’ora, era venuta a piangere sulla mia spalla. Semmai veniva piangendo per regalarmi qualche bel ceffone , ma mai a chiedere aiuto.
Forse Eva, ma con lei la questione era molto diversa.
Questa situazione mi ha messo un po’ a disagio, lo ammetto. Tuttavia, ho accettato di farla piangere sulla mia spalla, cercando, come meglio potevo, di donarle conforto, nonostante i miei modi non siano così gentili ed eleganti.
Ho provato a farle dimenticare questa brutta faccenda facendola uscire e ubriacare, ma non ha funzionato.
La sua non è una cotta adolescenziale che si cancella e si supera con una bevuta, è qualcosa di più.
E per quel qualcosa in più io non posso offrirle grande aiuto, non è nella mia natura, purtroppo.
Ha bisogno di qualcuno che la capisca veramente, e quel qualcuno può essere solo una vera amica.



***





“ Finché non ti deciderai a dire la verità a tutti, e soprattutto ad Hilary, che ti ricordo era la tua migliore amica, non riuscirai a stare meglio, vuoi capirlo?”.
Alzo gli occhi dal bancone per fissare con astio il mio interlocutore.
“ Forse non hai capito che deciderò io quando dirlo a tutti! E poi perché era? Hilary è ancora la mia migliore amica!” ribatto duramente.
“ E quando? Quando pioveranno soldi dal cielo? Quando questo bancone che pulisci da dieci minuti sarà così splendente da far apparire il genio della lampada? Andiamo Anya…”
“ Non è ancora il momento!” chiarisco una volta per tutte, con un tono che non vuole ricevere alcuna replica al riguardo.
Si arrende, alzando le mani e mimando di chiudere una cerniera nella sua bocca.
Finalmente!
Improvvisamente i miei occhi puntano fuori e noto con mia grande sorpresa che ad arrivare è proprio lei. Mio dio!
“ L’hai chiamata tu?”.
“ Chi?” domanda Boris, fingendosi inconsapevole.
“ Hilary, sta venendo qui!”.
“ Cos-…”. Si gira, per verificare ciò che sto dicendo. “ Ti giuro che io non c’entro niente!” confessa, dicendo probabilmente la verità.
La porta del locale si apre, dando spazio alla figura di Hilary e il suo enorme pancione.
“ Anya! Ti ho mandato un messaggio ma non mi hai risposto!” afferma allegramente, per poi salutare Boris, che subito dopo decide di alzarsi per andare via.
“ Scusa, ma quando lavoro lascio il cellulare di là!” spiego, facendo un cenno verso la cucina.
“ Capisco! Ad ogni modo, volevo proporti di accompagnarmi a fare spese!” chiede entusiasta.
“ Che spese?”.
“ Vorrei iniziare a comprare qualche vestitino per i bambini. Ti va?”.
Il mio corpo si immobilizza e i miei occhi si perdono per un attimo sulla figura di Hilary riflessa nel bancone. Attimi di incertezza susseguono alla sua domanda.
Mi sento come se qualcuno mi stesse mettendo alla prova. Come se qualcuno mi stesse suggerendo: Anya, è un segno. È arrivato il momento di rivelare la verità.
“ Dai, è da un po’ che non passiamo del tempo insieme…” aggiunge Hilary con un certo tono persuasivo, ma allo stesso tempo calmo e che accenna ad una seppur minima speranza.
Improvvisamente le parole di Boris, pochi minuti fa pronunciate, ritornano alla memoria, con tono più incisivo.
Finché non ti deciderai a dire la verità a tutti, e soprattutto ad Hilary, che ti ricordo era la tua migliore amica, non riuscirai a stare meglio, vuoi capirlo?
Forse per una volta il rozzo meccanico dall’accento russo ha ragione.
“ D’accordo.” .
Accetto, accennando un sorriso di convinzione.








“ Cosa ne pensi di questo matrimonio?”.
Camminiamo lungo la via principale della città, con in mano qualche busta. Abbiamo girato un paio di negozi e adesso siamo di ritorno alla caffetteria. Ho cercato di non far trasparire nulla, nessuna preoccupazione o disagio, per non rovinare questa allegra uscita insieme. Ammetto, tuttavia, di avere pensato, anche solo un paio di volte di svuotare tutto, ma qualcosa mi ha frenato, non so bene cosa.
Adesso questa sua domanda mi mette in agitazione.
“ Quale matrimonio?”.
“ Quello di Hiwatari e la serpe!” risponde come fosse la cosa più ovvia del mondo.
In cuor mio tiro un sospiro di sollievo. Per un attimo ho temuto che si stesse riferendo al mio.
“ Beh non me l’aspettavo…” dichiaro apertamente.
“ Neanche io!” risponde prontamente. “ Non riesco ancora a crederci! Neanche Yuri ne era a conoscenza. Mi chiedo cosa li abbia spinti a prendere questa decisione” continua, trattenendo una grassa risata “ Pensavamo che Eva fosse incinta, ma a quanto pare non lo è. E’ vero stanno insieme da molti anni e…”.
Hilary non smette più di parlare. Avevo dimenticato che quando inizia è una macchinetta senza pulsante di interruzione. Si è addirittura fermata poco più indietro, costringendo me ad arrestare la mia camminata. “ … Anche io pensavo che Yuri ed io non ci saremmo mai sposati, però alla fine…” e continua ad alta voce attirando persino l’attenzione di qualche passante. “ E poi non le ho visto neanche l’anello, insomma…” . Sto cercando in tutti i modi di non perdere il filo logico, ma non so come, l’ho già perso. Oramai la sua voce è solo un mormorio di sottofondo e i miei occhi fissano già altrove. Notano qualcosa, qualcosa che prima non avevano visto: la vetrina di un negozio, proprio dietro le spalle di Hilary.  
“ Ma tu immagini Kai dire sì sull’altare? Ahah non voglio proprio perdermi quest… Anya, Anya mi stai ascoltando?”.
Improvvisamente si interrompe, vedendomi persa a fissare assopita qualcosa alle sue spalle. Incuriosita si volta e mentre i suoi occhi iniziano a brillare di luce propria, i miei sembrano ricoprirsi istantaneamente di un velo grigio e cupo.
“ Wow, questo abito da sposa è bellissimo!” esclama gioiosa. “ E a proposito di matrimonio…” inizia a dire.
No, ti prego Hilary, non chiedermelo.
“ Hai già pensato al tuo vestito?” chiede curiosa.
Improvvisamente e, quasi automaticamente, distolgo lo sguardo da quel vestito in vetrina “ No, non ancora” rispondo, in un fil di voce.
“ Vuoi entrare a dare un’occhiata? Entriamo!” propone, incamminandosi ad entrare.
Il mio corpo si irrigidisce, le mie mani iniziano a freneticare e non so bene cosa fare.
“ No, non mi va!” mi limito a rispondere con un tono che cerca di persuaderla dal suo intento.
“ Andiamo, è ancora presto!” sussegue a dire, con fare convincente, ma io resto lì e non mi muovo di un millimetro. I miei piedi sono ben piantati al suolo, ma la mia mente sta cercando una via di fuga.
Hilary si avvicina e mi tira per un braccio, ma la mia reazione è imprevista.
“ Ho detto di no!” asserisco alterata liberandomi dalla presa.
Non so cosa mi sia preso. Hilary mi osserva stranita, non so se perché preoccupata o semplicemente allibita da questo mio comportamento.
“ Qualcosa non va, Anya?” chiede, cercando il mio sguardo.
“ No, va tutto bene…”. Il modo con cui ho pronunciato queste parole non sembra convincerla. Dopotutto, chi convincerebbe?
“ Anya, ultimamente… forse è una mia impressione, ma ho la sensazione che qualcosa non vada! Mi sbaglio?”.
Forse è arrivato il momento di dirle ogni cosa. Magari, come ha suggerito Boris, mi sentirei meglio.
“ So che ti manca Rai e stare lontani sia una sofferenza, e forse non avrei dovuto parlare di Kai e del suo matrimonio, visto che è lui la causa della vostra lontananza! Mi dispiace… davvero!”.
Per un attimo ho pensato che fosse il momento ideale per parlare, ma improvvisamente qualcosa, per l’ennesima volta, mi blocca dal farlo.
“ No, tranquilla, non fa niente”.
L’ennesima menzogna.
“ Se ci fosse qualcosa che non va, me lo diresti, vero?”.
Le sue mani tengono forte le mie spalle, vogliono dare conforto, mi stanno offrendo tutto il loro aiuto, tuttavia, io non riesco a percepire nulla di questo.
“ Sì, certo!”.
Decido di inghiottire, ancora una volta, quel grosso magone pieno di dolore che si ferma proprio all’altezza della gola, trasformandosi in un grosso e pesante macigno, che non vuole decidersi a venire fuori.
Un macigno che racchiude così tante parole che tuttavia non hanno il coraggio di venire fuori, o semplicemente non vogliono…







***  





Mi sento un manichino. O meglio, mi sento un perfetto ridicolo.
“ Perché non potevo comprare un vestito al negozio come le persone normali?” affermo rivolgendomi ,con tono alterato, alla bionda seduta qui davanti a scrutare con attenzione il lavoro di questo sarto dai modi di fare un po’ strani.
“ Perché non puoi avere un vestito normale, qui si tratta del nostro matrimonio! Non basta un semplice vestito nero e una cravatta da quattro soldi!” spiega con tono saccente.
Mi limito a ingoiare le parole poco ortodosse che vorrebbero uscire dalla bocca, e porto gli occhi al cielo, rimanendo immobile come una statua a braccia aperte e gambe divaricate, mentre questo tizio continua a prendere misure toccandomi, anche dove non dovrebbe. Che fastidio! La mia gamba sta fremendo dalla voglia di calciare una ginocchiata.

“ Stia fermo, stiamo quasi per finire!”.

Sono qui fermo da un’ora, cosa pretende?

Improvvisamente il telefono suona e per un attimo spero sia il mio, ma…
“ Non muoverti, tranquillo è il mio! Vado a rispondere di là, vi lascio soli!” dice correndo via nell’altra stanza, scambiandosi un cenno d’intesa con questo tizio, di cui non ricordo neppure il nome, nonostante Eva continui a ripeterlo da mattina a sera.

“ Spero che la camicia non esplodi in mezzo a tutti questi muscoli!” esclama meravigliato, prendendo le misure del torace e poi della vita.
Mi limito a stringere i denti, dietro le labbra serrate, puntando gli occhi in un angolo del soffitto e cercare di far vagare i pensieri altrove,, per soffocare l’istinto omicida.
Quando finirà questa tortura?



***





Sto percorrendo il corridoio della scuola. Sono in ritardo. Ho completamente perso la concezione del tempo.
Giro un angolo e ritrovo a pochi passi da me Hiwatari che tiene mia figlia per una mano.
 “ Mamma!” esclama la piccola correndo a braccia aperte verso di me.
“ Cosa ci fai qui?” domanda lui con un tono che vuole essere più minaccioso che interrogativo.
“ Cosa ci fai Tu qui?” replico a mia volta.
“ Oggi è il mio turno!” asserisce fermo e impassibile.
“ No, oggi toccava a me!” affermo contrariata.
“ Oggi è mercoledì, e il mercoledì è il mio turno!” spiega seccato.

Oggi è mercoledì?

Io pensavo…

Inizio a rendermi conto che forse ho davvero perso la concezione del tempo e persino dello spazio. Togliamo anche il forse.
Noto una certa soddisfazione stampata sul suo volto.


***




Che scema, per non dire cose peggiori!
Per una volta, la mammina perfettina ha sbagliato e non posso che provare una grande soddisfazione in questo momento. Il modo in cui arriccia le labbra è segno che vorrebbe esplodere, ma non può, perché stavolta è lei ad avere sbagliato, cara la mia mammina!

“ Se non ti dispiace dovremmo andare!”. Invito Hope a ritornare da me, togliendola dalle braccia di sua madre, e la piccola, stranamente, non oppone resistenza.

Con un cenno le indico un saluto e ritorno a percorrere la mia strada, lasciandola lì a rimuginare con sé stessa.

Forse dovrei chiederle se vuole un passaggio, ma so già che rifiuterebbe, quindi perché chiederglielo?
Ma il solo piacere di sentirgli dire quel no, mi spinge a porre la domanda .

“ Vuoi un passaggio?” chiedo con tono che vuole essere seccato.
“ No…grazie!” . La sua risposta è secca e decisa.
Il sorriso della soddisfazione è di nuovo impresso sul mio volto.

“ Cosa succederà dopo il tuo matrimonio?”.
Stavo per andarmene, ma questa sua domanda mi costringe a fermarmi, ancora una volta.
Rimango per un attimo interdetto, mentre Hope gioca con la cerniera della mia giacca.
Mi ci vuole qualche secondo, per poi finalmente capire : si sta riferendo ad Hope.
Decido di rispondere, ma a modo mio.

“ E Cosa succederà dopo …il tuo matrimonio?”. E’ un tono provocatorio, che vuole metterla in difficoltà.

Serra le mascelle, palesemente infastidita.

“ Rispondi alla mia domanda!” asserisce con tono fermo e deciso.

“ Dipenderà da quello che farai dopo il tuo!” mi limito a dire, voltando i tacchi e lasciandola di nuovo lì, ancora più confusa e infastidita di prima.

Non stavo mentendo: quello che deciderò di fare, dipenderà da quello che farà lei dopo il suo matrimonio. Se deciderà di rimanere qui in città, lascerò che tutto resti normale come adesso, ma se così non sarà, mi costringerà ad agire diversamente.




***


“ Sei impazzita? Devi dirglielo! Devi dire a tutti che questo matrimonio non ci sarà, e che di conseguenza non parti! Non parti? Allora Hope resta qui, con te!”.
Come la fa semplice lui.
“ Boris, io non posso dirglielo, non capisci?” ripeto per l’ennesima volta.
Si ferma a fissarmi contrariato.
“ Ho capito!” esordisce arrendevole “ Il tuo problema è proprio questo!” si limita a dire, fiero di essere giunto ad una conclusione a cui prima non era arrivato.
Il mio sguardo interrogativo lo invita a spiegare.
“ La tua paura non è dirlo ad Hilary, o dirlo a Yuri, o achissà chi!” inizia a spiegare con un tono canzonatorio “ Il vero problema, per te, è dirlo a Kai!” conclude puntando un minaccioso dito alla sottoscritta, che resta per un attimo perplessa.
“ Ma cosa stai dicendo?”.
“ Che, per non so quale motivo, tu non vuoi che Kai venga a scoprirlo, ammettilo!”.
Perché penso sia vero?
Finora non ci avevo pensato, ma…
“ E va bene!” esclamo ammettendo con rabbia quello che penso “ forse è vero! Non voglio che Kai lo sappia! Non voglio che Kai lo sappia!” ripeto più a me stessa che a Boris. “ Io non voglio che Kai lo sappia perché non voglio vedere su quella sua faccia quell’espressione soddisfatta che tanto mi irrita, quella soddisfazione nel sapere che la mia vita fa sempre più schifo, che ho perso Rai proprio per colpa sua…”.




***



Ok, il mio intento era quello di  spronarla a reagire, ma la sua reazione è un po’ eccessiva. Sembra se la stia prendendo col sottoscritto, visualizzando forse in me la figura di Hiwatari.
“… e la sua vita invece va avanti, col suo stupido matrimonio con quell’oca da strapazzo!”.
Il suo discorso sembra concludersi qui. O almeno credo… e spero.
“ Hai…finito?” chiedo con tono cauto, col timore che possa esplodere da un momento all’altro.
“ Cosa c’è di sbagliato in me?” chiede tristemente, facendosi divenire gli occhi lucidi.
Domanda imprevista. Non so cosa dire, e la mia espressione temo glielo stia comunicando.
Sono in serie difficoltà. Non vorrei farla arrabbiare, ma non vorrei neanche farla piangere.
Ma è troppo tardi Boris, la fanciulla è già in lacrime e si porta le mani in viso, singhiozzando e sussultando.
“ Dai, non fare così…”.
Mi avvicino, poggiandole una mano sulla spalla e invitandola ad alzare lo sguardo. I suoi occhi sono così rossi che riesco perfino a percepire il bruciore che probabilmente stanno provando.
Tuttavia sembra essersi calmata, e mi guarda con occhi da cerbiatta impaurita.
Potrei anche arrivare ad affermare che mi fa una certa tenerezza, lo ammetto.
Abbozzo un sorriso che vuole incoraggiarla a calmarsi, ma ottengo l’effetto contrario. Esplode di nuovo in un pianto, e stavolta decide di far sgorgare le sue lacrime sulla mia maglietta, poggiando la fronte sul mio torace.




***

Non avevo voglia di tornare a casa. Sola, entro quelle mura spoglie. Quella casa è diventata oramai una prigione, da cui cerco sempre di evadere.
“ Mi dispiace…” esordisco, spezzando quel silenzio e quella pace che si era creata.
“ E di cosa?” . Svuota d’un sorso la sua bottiglia di birra, per poi adagiarla sul cruscotto della sua auto, insieme alle altre.
“ Di… di riempirti la testa con tutti i miei problemi” dichiaro,  accennando un sorriso imbarazzato. “ E di costringerti a portarmi con te, impedendoti di uscire liberamente!”.
“ Figurati… non avevo nulla da fare!” risponde serenamente, rimanendo comodo nella sua posizione, e continuando a fissare dritto dinanzi a sé, come assopito dal panorama di fronte a noi.
Per un attimo vengo anche io rapita dai riflessi della luna sul mare, che a colpi di luce, si mischiano con le sue piccole onde. Non siamo molto distanti dalla città, eppure mi sembra di essere così lontano…
Da tanto tempo non vedevo il mare, la spiaggia, che di notte può sembrare un luogo tetro e tenebroso, ma che riesce comunque a trasmettere una certa serenità nell’animo.
“ Andiamo a fare una passeggiata?” propongo al mio interlocutore, che sembra essersi addormentato.
“ E dove?” chiede quasi contrariato.
“ Sulla spiaggia!”.
“ Di notte?”.
“ Perché, cosa c’è di notte?” chiedo stranita.
Seguono attimi di incertezza nei suoi occhi, ma poi si convince e stacca pesantemente la schiena dal suo sedile, che aveva appositamente abbassato improvvisandolo un letto.
“ Ok…”. Risponde , forse più convinto.




Il mare è leggermente mosso e una leggera brezza ci accarezza il volto.
Camminiamo da pochi minuti, senza avere detto una parola.
Il rumore del mare e delle onde che si infrangono sulla riva ci accompagna lungo il cammino.
“ Posso farti una domanda?”.
“ Mmh…”.
Boris continua a calciare una pietra a forma di ciottolo, perso in chissà quali pensieri.
“ Cosa è successo con Eva?” domando con aria investigativa.
“ In che senso?” chiede, continuando a tenere gli occhi fissi su quella pietra.
Domanda troppo indiscreta?
“ Voglio dire…”. Bhe, in realtà non so neanche io cosa volevo dire. Volevo solo trovare un argomento di cui parlare. “ Al liceo eravate sempre uniti, nonostante lei stesse con –tu sai chi-, adesso vi siete allontanati, o sbaglio?”.
Boris non risponde subito. Si ferma all’improvviso puntando gli occhi verso l’interno della spiaggia. Poi accenna un sorriso…
“ Vediamo chi arriva prima in quella barchetta rotta laggiù!” propone invitandomi a guardare dove il suo dito punta.
Eh?
“ Cosa?” chiedo palesemente stranita. Ma non ho neanche il tempo di aggiungere altro, perché Boris inizia a correre esclamando “ Chi arriva ultimo paga da bere!!”.
“ Ehy!” .
Queste parole mi costringono a correre il più veloce che posso, per cercare di raggiungerlo e arrivare a quella barchetta prima di lui.
Ma è impossibile. Se fossimo i protagonisti di una favola per bambini, lui sarebbe la gazzella ed io la tartaruga…
Mi ci vuole qualche secondo ed anche io riesco ad arrivare e toccare quel catorcio di legno, messo qui a marcire chissà da quanti secoli.
“ Troppo lenta!” se la ride riprendendo fiato.
“ Ma… hai…” . Io non riesco neanche a parlare. Tossisco e immetto aria nei polmoni. “…barato!” Non sono mai stata una grande atleta nella corsa, lo ammetto.
“ Wow, ti facevo più atletica , Sarizawa!” continua a ridersela, per poi entrare dentro la barca e sedersi.
Ok. Respira Anya. Mi fa persino male il fianco: maledetto Boris.
Il mio sguardo omicida punta su di lui.
Tuttavia, il signor zucca platinata, mi porge gentilmente la sua mano, invitandomi a salire a bordo.
“ E comunque mi devi due birre!” mi ricorda, con tono ammonitore.
Due?
“ E va bene! Ma solo se rispondi alla domanda di prima! Non fare finta di averla dimenticata!” gli ricordo a mia volta, per poi sedermi accanto a lui.
Seguono attimi di silenzio, durante i quali entrambi, seduti fianco a fianco su questo rottame, osserviamo la distesa marina che si estende davanti ai nostri occhi, facendoci sembrare per un attimo, piccoli e insignificanti puntini.
 “ Beh… diciamo che non è più come al liceo, e lo sai benissimo!” si limita a dire.
Non è proprio la risposta che immaginavo.
Forse dovrei essere più precisa, ma non vorrei sembrare invadente…
“ E’ mai successo qualcosa tra te ed Eva?” chiedo, stavolta, senza alcuno scrupolo.
“ Sei molto curiosa lo sai?”. Il suo tono appare scherzoso, ma anche insospettito. “ E va bene…” sospira, infine, arrendevole. “ Diciamo che qualcosina c’è stata…”. Qualcosina? “ Quando io, Yuri e chi sai tu …” sottolinea, guardandomi beffardamente “ siamo arrivati a scuola, avevo notato che Eva mi gironzolava sempre intorno. Beh, l’avevo notata anche io. Insomma, non è poi così male!” afferma cercando il mio consenso, che, seppur forzatamente, devo ammettere “poi abbiamo cominciato a vederci: prima nei bagni della scuola…” . Ok, non volevo proprio tutti i dettagli. “ Poi a casa mia, con la scusa dei compiti…”
“ Un momento! Perché io non so di tutto questo?? Mi da fastidio ammetterlo, ma a quei tempi io ed Eva eravamo ‘amiche’ e non ci ha raccontato niente di te!” chiedo sorpresa.
Boris si limita a sorridere stizzito…
“ Perché…in realtà, non ero io il suo obiettivo!” dichiara un po’ amareggiato. “ Veniva a casa nostra per girare meglio intorno a qualcun altro. E tu sai chi. E poi il resto della storia dovresti saperlo…” conclude, lasciando a me il compito di intuire il resto.
Wow. Non sapevo di tutto questo. È sempre stata una serpe: ha usato Boris per avvicinarsi a Kai, che a quel tempo … stava con me.
“ E non ti sei sentito usato? Come l’hai presa?”.
Boris si limita a fare spallucce per poi aggiungere “ Forse mi sono sentito usato, ma non l’ho poi presa così male. Io ed Eva non stavamo insieme o roba simile...”.
“ Ma hai detto che vi vedevate e…”
“ Non facevamo proprio tutto” spiega aiutandosi che un’espressione esplicita.
Ah…ok. Allora diceva la verità quando ci ha detto che lei era ancora vergine.
“ E come mai hai deciso di rimanere suo amico?”.
“ Era Kai ad avermelo chiesto!”. Kai? “ Per tenerla sotto controllo…” aggiunge.
Questo è veramente…
“ Inquietante!” affermo stupita.
“ Già…” ripete pensieroso.  “e adesso si sposano…”.
Già.
“ Mi era già sembrato strano che Yuri si sposasse, ma Kai! Pensavo che lui non ci sarebbe mai caduto, sinceramente! E invece…tra meno di due settimane si sposeranno! Ho la pelle d’oca!”.
“ Questo è quello che io chiamo: il crudele scherzo del destino!” aggiungo amareggiata.
“ Non rimetterti a piangere, ti prego!” chiede quasi in supplica.
“ Ok, allora andiamo: ho due birre da offrirti!”.
“ Oh, finalmente si parla di cose serie!” esclama alzandosi fiero.
È vero, stavo per rimettermi a piangere.
Ma per una volta ho cercato di impedire che questo avvenisse.
E se davvero volessi, potrei anche liberarmi di questo enorme peso…





***





Parcheggio l’auto proprio davanti alla caffetteria dove lavora Anya. A passi decisi raggiungo la sua entrata e una volta dentro tolgo gli occhiali da sole, per meglio vedere e scorgere la figura di Anya.
“ Ciao, Anya!” saluto con allegria, avvicinandomi.
Lei ci mette un po’ a voltarsi, ma una volta fatto, rivolge un sorriso forzatamente cordiale.
“ Eva...” si limita a dire, continuando a servire ai tavoli.
“ Scusa se ti disturbo, ma hai un attimo?”.
“ Come vedi sono molto impegnata!” spiega brevemente, continuando il suo lavoro.
“ Ok, non fa niente! Sarà una cosa molto veloce! Sto organizzando una festa di addio al nubilato, tutte donne, si intende! E mi piacerebbe che anche tu venissi, allora?” chiedo con un sorriso a trentadue denti, cercando di attirare la sua attenzione in tutti i modi.
La vedo sbuffare dentro di sé “ Mi dispiace, ma credo che sarò impegnata!” risponde con aria seccata.
“ Andiamo, non puoi lavorare sempre!” continuo insistente.
“ Ho detto che non potrò esserci!” ripete, marcando bene le ultime parole.
“ E va bene!  Aggiungo comunque il tuo numero al gruppo che ho creato, così sarai aggiornata, in caso cambiassi idea! Byeee!” concludo frettolosamente senza lasciarle il tempo di rispondere.
Esco fuori, rimetto gli occhiali da sole e ritorno in auto.



***



“ Oh si sposa, complimenti! Suo nonno sarà felice di questo immagino!”.
“ Già…” mi limito a rispondere fingendo.
“ Allora tanti auguri, a lei e alla sua sposa!” dice alzandosi e porgendomi una mano.
“ Grazie”. Ricambio la stretta di mano e lo accompagno alla porta.
Emetto un sospiro di stanchezza, poi ritorno alla scrivania.
Mi accascio pesantemente sulla poltrona, massaggiandomi le tempie doloranti.
Cavoli, dovrei avvisare il vecchio che la prossima settimana mi sposo, ma…
Sbuffo sonoramente, prendendo in mano il cellulare.
Ma resto solamente a fissarlo, rispecchiandomi in esso.
Dovrei telefonargli?
“ Ciao vecchiaccio, sai la prossima settimana mi sposo, mi farebbe tanto piacere che ti degnassi di venire!”.

Tzè, fosse per me neanche lo inviterei.

Beh in fondo gli risparmierei un viaggio.
Ma d’altra parte sarebbe l’unico parente Hiwatari rimastomi sulla faccia della terra ad essere presente al mio matrimonio.






***







Rimbocco le coperte alla mia piccolina, le sorrido prima di spegnere la luce e poi torno in salotto.
Mi metto comoda sul divano, facendo zapping col telecomando, ma come al solito non c’è niente in tv. Il mio cellulare continua a lampeggiare e vibrare, avvertendomi che ci sono dei messaggi da leggere.
Allungo l’altra mano verso il tavolino e lo afferro.

Mio dio, ci sono tantissimi messaggi. Ma cosa è successo?

    -    Eva ti ha appena aggiunto al gruppo “Addio al nubilato”

Cooooosa?!

Il mio dito scorre lungo il diplay e i miei occhi si sgranano ad ogni messaggio che leggono. Tra i tanti, ve n’è qualcuno di Hilary.

-    Hilary: ma non si potrebbe fare in un luogo più tranquillo? Sono incinta e la discoteca non mi sembra il luogo più adatto.

Quindi lei ha deciso di andarci?

Un momento: Hilary mi ha scritto anche in privato…
 
-    Anya, ma tu sapevi di tutto questo? Non credevo avrebbe scelto proprio quel posto per festeggiare. E’ molto strano!

Quel posto? Ma dove?

Ritorno alla chat di gruppo e decido di leggere uno ad uno i messaggi per meglio capire il filo logico del discorso e i miei occhi non credono a cosa stanno leggendo…

-    Numero a me sconosciuto : ci servirebbe un locale che sia tutto per noi quella sera!

Ho capito, questi strani numeri appartengono a delle oche.

-    Oca 2: Siii! Eva, devi assolutamente trovare un posto decente! Così possiamo fare quello che vogliamo ( tipo ordinare una squadra di pompieri!!).

Oh mio dio… sto per vomitare!

-    La Serpe (Eva): Ho un’idea! Propongo di festeggiare nel locale dove lavora Anya! Non sarà un granchè come locale, ma con qualche aggiustatina riuscirò a trasformarlo e renderlo adatto per un addio al nubilato! :’’D Anya, tu cosa ne pensi? Il proprietario potrebbe accettare la mia proposta?

Ma è impazzita? Perchè dovremmo farlo nella cafeteria?!

-    Oca 3 : Beh, se ci assicuri che si beve bene, io condivido la tua idea!”
-    Oca 2: Se abbiamo il locale, io penso ai pompieri! ;D
-    Eva : Anya non risponde! Vabbè… domani parlerò col proprietario! Vi farò sapere ragazze! ;-*

Il sangue mi sale al cervello istantaneamente. Le mie dita fremono e sono tentate nello scrivere una serie di cose che potrebbero non piacere a nessuno di queste oche.
Cosa devo scrivere? Come potrei insultarla?

-    Mi disp…

No un momento, cancella Anya…

-    Brutta vacca….

No! No… ricancella! Cerca di essere meno diretta, Anya.

-    La caffetteria non mi sembra il luogo più adatto per festeggiare un simile evento…

Oserei dire una simile pagliacciata!

-    … e non credo che il proprietario sia disposto ad accettare! Farete meglio a trovare un altro posto più adatto!

Tipo …un bordello! … Ma questo evito di scriverlo.

Invio del messaggio@...

Spero che il messaggio sia chiaro.
Espiro, cercando di calmarmi e tenendo gli occhi ben puntati sullo schermo del cellulare, aspettando con ansia una risposta.

Perché non scrive nessuno??

Un bip mi fa sussultare, ma è solo un messaggio di Hilary in chat privata.

-    Hilary: Ben detto Anya! Che si cerchino un locale “più adatto”!

Vedo che Hilary ha decifrato il significato implicito del mio messaggio.

-    Io: ;)

Ma ecco che finalmente qualcuno risponde, ed è proprio lei.

-    La serpe (Eva): Non preoccuparti, ci penso io a convincere il proprietario. Appena vedrà la cifra che ho da offrire, non rifiuterà, te l’assicuro ahahaah ;D

Voglio morire.
Che stronza!
Ma sta continuando a scrivere, che cosa avrà ancora da dire??

-    La serpe (Eva): così non avrai scuse per non venire, Sarizawa ;)


Non ci credo…ci mancava solo questa!
Lo sta facendo apposta…

Sono sconvolta. Perché mi sento presa in giro?
Perché continuano tutti a tormentarmi?
Eppure non sanno quello che sto passando…

La mia mano stringe con forza il telefono e sono tentata a lanciarlo sulla parete con tutta la mia forza. Tuttavia, non servirebbe a placare la mia rabbia, e così decido di gettarlo con poca delicatezza sul divano, lasciando che continui a vibrare, mentre io mi rannicchio su me stessa, ricominciando a far riemergere nella memoria pensieri e ricordi che continuano a deprimermi costantemente.








“Cos’è questa storia dell’addio al nubilato della tua amica?”. E’ la prima cosa che Dana mi dice non appena metto piede in cucina.
“ Non mi dire che è stato già tutto stabilito? Quel deficiente del proprietario ha accettato?” chiedo sconvolta.
“ Secondo te avrebbe rifiutato di guadagnare extra e farci sgobbare fino a tarda sera?”. Suppongo sia una domanda retorica.
Stavo per indossare il grembiule, ma la notizia mi scoraggia a tal punto da decidere di gettarlo via su una sedia.
“ Io non ci credo!”. Inizio a fare avanti e indietro sotto gli occhi perplessi di Dana. “ Questo è troppo! Dovrei pure fare da cameriera e servire quelle oche e sopportarle per una sera intera!” aggiungo iraconda, mimando il gesto di strapparmi i capelli.
“ A chi lo dici…” mormora tra se e se l’altra. “ Che cosa suggerisci di fare?”.
“ Cosa dovremmo fare? … Niente, mi sembra che sia tutto ormai deciso!” dichiaro con tono arrendevole.
Tanto qualunque cosa decida di fare, mi va tutto contro.
Tanto vale arrendersi…


 


          - 3 giorni al matrimonio

“ Hope è pronta?”.
“ Sì!”.
Richiamo Hope, aiutandola a mettere giubbotto e tutto il resto, mentre Kai rimane sul ciglio della porta con la sua solita aria di indifferenza.
“ Forza, vai! Fai la brava, ok?” le raccomando sorridendole.
“ Domani sera devo lavorare, quindi devi farmi il favore di tenerla tu!”.
“ Domani sera neanche io posso!” rivela seccato, cercando la mano di Hope. “ E poi dove dovresti lavorare? La caffetteria chiude presto, che io sappia!” afferma insospettito.
Ma allora non sa niente? O fa il finto tonto?
“ Sì, ma grazie alla tua carissima fidanzata la caffetteria domani sera si trasformerà in una specie… di qualcosa….”. Sono tentata nel dire –bordello- ma sarà meglio evitare. “ …per il suo addio al nubilato!” concludo cercando di soffocare la mia ira.
Dalla sua espressione intuisco che lui non ne sapeva niente.
Ops…



***




Sapevo che Eva stesse organizzando qualcosa per l’addio al nubilato, ma non immaginavo scegliesse un posto del genere. Perché proprio una caffetteria? E proprio quella in cui lavora Sarizawa? Tutto ciò mi insospettisce.
“ Ad ogni modo… anche io dovrei essere impegnato per qualcosa che sta organizzando Boris, e conoscendo Boris, non credo sarà un posto  dove poter portare bambini…” le spiego brevemente, facendo finta di ignorare quanto mi ha appena detto.
“ E allora cosa dovremmo fare? Lasciarla da sola a casa?!”.
“ Potresti portartela in caffetteria, non credo sia così pericoloso. Cosa potrà mai succedere tra donne?”.
“ Potrebbe succedere, caro Hiwatari, che mia figlia veda…”. Sin interrompe. “ …che veda…degli uomini…senza… , insomma, vestiti” confessa imbarazzata, abbassando leggermente il tono, per poi assicurarsi che io abbia capito.
E credo di avere capito.
Eva si sta organizzando proprio una serata coi fiocchi.
Eppure fino a qualche giorno fa mi raccomandava di non andarci pesante quel giorno.
Resto qualche secondo a rimuginare dentro di me, cercando di non far trasparire nulla, mentre lei rimane lì, ferma ad aspettare una mia risposta.
“ Ho capito, ci penso io!” concludo, infine, arrendevole.
Prendo Hope e andiamo via.
“ Ci pensi tu, come?” domanda insospettita.
Ma io la ignoro, proseguendo il cammino. Non mi va di darle tutte queste spiegazioni.

Certo che Eva non la smette mai.
A volte fa finta che non le importi nulla di Anya, ma  non ce la fa, è più forte di lei.
E dopo l’idea della testimone di nozze, quella di farle fare da cameriera alla sua festa di addio al nubilato è ancora più malvagia.
Tzè.

Adesso non mi resta che avvisare Boris che i piani per domani sera stanno per cambiare.


TO BE CONTINUED











Ciao a tutti cari lettori di Never Lose Hope ^O^
Premessa: i fatti qui narrati avvengono qualche settimana prima del fatidico giorno de matrimonio tra Hiwatari e la serpe (cit.).
Nell’ultima scena, come ho indicato siamo a tre giorni dal fatidico giorno.
Ho dovuto fare un grosso salto, perché poi la cosa sarebbe diventata molto lunga e prolissa. Non voglio farvi attendere molto XD
In realtà questo capitolo avrebbe dovuto narrare del matrimonio, ma mentre scrivevo nuove idee malvagie hanno fatto capolino nella mia mente e ho deciso di dividerlo.
Per il prossimo capitolo ho molte idee strambe. Anche il modo in cui sarà strutturato sarà diverso dal solito ( o almeno spero di riuscire a mettere in atto la mia idea).
Questo capitolo non dice molto, lo so, è solo di transizione, ma spero comunque che vi sia piaciuto.
Scrivo nel poco tempo che ho a disposizione, oramai aggiornare regolarmente è diventato qualcosa di utopico.
Ne soffro, perchè ho così tante idee che non vedo l’ora di scrivere, ma allo stesso tempo vorrei non arrivare mai alla fine di questa storia T.T . Penso sempre a quel giorno: so già che mi sentirò vuota e triste.
Ad ogni modo, allontaniamo i pensieri tristi e concentriamoci sul presente, su questo capitolo.
Starete odiando Anya, me lo sento.
Anche io la sto odiando ( Dillo, cavolo!) Pure Boris non ne può più XD, infatti ha chiesto consulto al dottorino Ivanov, che, aihmè non è stato di grande aiuto -.-. ( Fa solo il laureato della situazione nd Boris -.-) ( Hey, io questa laurea me la sono sudata <.< nd Yuri).

Dedico una canzone a questo capitolo: “We Can Hurt Together” di Sia.
Vi consiglio di ascoltarla, e di immaginarla come musica di sottofondo per la scena in cui troviamo Anya sul punto di confessare tutto ad Hilary e poi durante la sua passeggiata in spiaggia con Boris.
(*filmmentalimodeon)

Ok, adesso “tacquo” e lascio a voi giudicare.
Fatemi sapere.
Grazie per la pazienza XD

Alla prossima,
Henya.

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Capitolo 34
*** Counting stars ***


Ore 3.00 del mattino circa. Notte prima del matrimonio.
 
“ Forza, Yuri, rispondi, ti prego!” mormoro tra me e me, attendendo invano una risposta dall’altro capo del telefono.
Cazzo.
Con un gesto del dito pongo fine alla telefonata, stringendo tra le mani il cellulare.
Perché non rispondi, Yuri!
Mi prendo un attimo di riflessione, durante il quale cerco di respirare profondamente ad occhi chiusi.
Non ho altra scelta, devo chiamare lui.
Un ultimo respiro e do il via all’ennesima telefonata, stavolta cambiando il destinatario.
“ Su, rispondi, dai…”. Spero che almeno lui si degni di rispondere. Il mio corpo freme nell’attesa e dopo una manciata di secondi…
“ Pronto?” finalmente risponde, anche se con voce impastata dal sonno.
“ Kai, ascolta…”. Non so da dove iniziare: mi manderà sicuramente al diavolo.
“ Boris, che diavolo vuoi a quest’ora della notte?” chiede con tono infastidito. Come biasimarlo.
“ Ehm…la polizia mi ha fermato e mi ha sequestrato l’auto e la patente. Mi serve un passaggio a casa!”.
“ Cosa? Non me ne fotte proprio niente. È un problema tuo, risolvilo da solo!” asserisce minaccioso.
“ Andiamo Kai, ci vorrà un attimo. Non ho neanche i soldi per prendere un taxi”. Il mio tono non è mai stato così supplichevole.
“ Non mi interessa, torna a piedi!”.
Cacchio, cacchio.
“ Aspetta, aspetta!” . Richiamo la sua attenzione prima che chiuda la chiamata “ Vieni almeno a prendere Anya!”. Stringo gli occhi e i denti, come chi è stato appena preso con le mani nel sacco.
“ Anya?!”. È la sola cosa che riesce a dire, e in un modo che riesco persino a visualizzare nella mente l’accenno di stupore sul suo volto.  
Seguono alcuni secondi di silenzio, durante i quali immagino che  si staranno affollando nella sua mente milioni di domande, di cui ho timore a dare una risposta. Tuttavia, capisco che ha deciso di rimandare a dopo le spiegazioni, non appena chiede con tono fermo e deciso: “ Dimmi dove cazzo sei?”.
 
 
 
***
 
Il giorno precedente
 
La mia mano si muove fino ad arrivare al comodino, per spegnere l’aggeggio infernale che ogni mattina mi ricorda che un altro giorno di lavoro sta per iniziare, ahimè.
Mi rigiro dall’altra parte del letto e stringo gli occhi, quasi come a volere riprendere il sogno che avevo lasciato a metà, ma qualcosa mi impedisce di farlo.
È ancora questa dannata sveglia, che continua insistentemente a costringermi ad alzarmi.
“ E va bene! Hai vinto!” esordisco ad alta voce, alzandomi di scatto per puntare i miei occhi minacciosi verso l’oggetto in questione, ma…con grande sorpresa mi accorgo che non era la sveglia a suonare.
Ma che cazz…? Rimango qualche secondo interdetto, cercando di capire cosa sia questo strano rumore e improvvisamente realizzo che qualcuno sta suonando alla porta.
Chi diavolo è a quest’ora? Sono solo le undici del mattino!
Mi alzo controvoglia, tenendomi in equilibrio per non ricadere indietro sul letto, e con le stesse movenze di uno zombi mi avvio ad aprire la porta.
“ Cavoli, ma chi è a quest’ora?” mugugno sbadigliando e grattandomi il fondoschiena.
Passo dalla porta della cucina e i miei occhi scorgono una figura sul divano: Anya si è di nuovo addormentata qui? Me ne ero persino dimenticato. In effetti, ieri sera abbiamo proprio esagerato, lo dimostrano le bottiglie sparse ovunque in giro per la casa.
Cavoli, continuano a suonare. Ma chi diavolo è?
Apro con fare alterato la porta per vedere la faccia di colui che osa disturbare a quest’ora. Gli spezzerò quel dito che tiene premuto sul pulsante del campanello.
Ma l’unica cosa che riesco a fare, alla vista della persona dietro la porta, è esclamare un sonoro:
 “ Oh cazzo!”.
Richiudo violentemente la porta  per poi correre di fretta e furia in cucina.
“ Anya! Anya! Svegliati!” . La agito in tutti i modi, per svegliarla , ma lei sembra un masso di pietra che si limita a mormorare qualcosa di incomprensibile nel sonno.
 
Bussano violentemente alla porta. “ Apri questa cazzo di porta, Boris!” .
Cavoli! Non vuole muoversi. Svegliati Anya, o…
Se la vede qui, a casa mia, in queste condizioni, chissà cosa potrebbe pensare.
Sono confuso, e l’essermi svegliato due secondi fa non mi aiuta a ragionare. Di là continuano a bussare, mettendomi ansia, e io qui, mi osservo in giro, indeciso sul da farsi.
Calma Boris, calma!
Afferro il lenzuolo caduto a terra e copro interamente il corpo di Anya, quasi a mo’ di mummia, per far sì che sia completamente nascosta e infine, assicuratomi che non ci sia in giro qualche indizio pericoloso, ritorno velocemente alla porta. Prendo un profondo respiro e apro, fingendomi, per quanto mi sia difficile, sereno e tranquillo.
 
 
 
***
 
“ Kaai!” esordisce allegramente con un sorriso del cazzo, come se niente fosse successo.
“ Si può sapere perché mi hai chiuso la porta in faccia?” domando con aria minacciosa.
“ Perché…” . Non sa che dire. Si schiarisce la voce, come a perdere tempo e pensare a una scusa “…avevo delle cose di là…cosa sei venuto a fare?” domanda infine, deviando la conversazione.
Il solito deficiente.
Faccio un passo avanti, come a voler entrare, ma lui mi si para davanti, come a voler impedirmelo.
“ Posso entrare?” chiedo con aria investigativa.
Non sembra molto d’accordo. Ci pensa un po’ su, e alla fine decide di farsi da parte per lasciarmi entrare.
Molto strano…
Faccio qualche passo avanti e la prima cosa che noto è un gran casino in giro per la casa.
“ Allora? Si può sapere cosa devi dirmi?”. A modo suo cerca di richiamare la mia attenzione su di lui.
Un sacco di bottiglie vuote sparse in giro, vestiti: insomma, nulla di nuovo. Il solito disordine di Boris. Mi chiedo cosa ci sia di così scandaloso.
“ Aspetto da un’ora  il tuo arrivo in officina, mi serve un controllo alla mac…”. Stavo per iniziare a spiegare il motivo della mia inaspettata visita, ma qualcosa di strano cattura la mia attenzione.
Ma che cazz…?
“ E’ un cadavere?” chiedo ironico e allo stesso tempo stranito, indicando quel lenzuolo sul divano, che sembra nascondere una figura umana.
“ Ehm …” . Boris si porta una mano alla nuca. “ Diciamo che l’ho completamente stesa!” afferma beffardamente, facendomi intuire cosa possa essere accaduto . “ Quindi, stavi dicendo?”.
E a giudicare dall’aria che qui dentro si respira, ci hanno dato dentro anche col fumo…
Decido di spazzare velocemente via queste immagini dalla mia mente e torno al mio discorso.
“Mi serve un controllo alla macchina…”. Io continuo a parlare, ma gli occhi di Boris puntano altrove. Sono fissi su quel lenzuolo, quasi avessero timore di qualcosa di inspiegabile. “Fa uno strano rumore”.
“Davvero?” si limita a dire, non staccando gli occhi da quel punto. Ho la sensazione che non mi stia ascoltando.
“Davvero!” ripeto, puntando gli occhi al cielo.
“ Ehm, sì, ok…” . Continua a grattarsi la nuca “Tu aspettami in officina, arrivo tra un quarto d’ora”.
No, forse non ci siamo capiti.
“ No, ti aspetto qui! So benissimo che il tuo quarto d’ora equivale a un’ora!” gli ricordo con tono seccato.
“ Andiamo Kai, devo sistemare una faccenda e arrivo!” chiede quasi in una supplica.
“ Senti, mi dispiace avere interrotto qualcosa di davvero emozionante, ma adesso ti metti un cazzo di pantalone e una maglietta e porti il culo in officina! Sto già perdendo troppo tempo!”. Adesso mi incazzo veramente. Non mi interessa se stava scopando o altro. È quasi mezzogiorno, e io avrei delle cose da fare.
Vorrebbe dirmene di tutti i colori, lo sento, ma si limita a stringere un pugno e incenerirmi con lo sguardo.
“Ok, va bene!” afferma arrendevole e allo stesso tempo irritato. “ Ma potresti almeno aspettarmi giù, in macchina?”.
Boris mi indica di andare via.
Sì, credo che questo si possa fare.
Decido di andare via , non prima di dare un’ultima occhiata alla figura misteriosa  avvolta nel lenzuolo, che proprio in questo preciso istante si muove leggermente e il lenzuolo si sposta, scoprendo un braccio di quella che suppongo sia una ragazza, o almeno così spero.
“ Bel braccio…” affermo divertito, facendo irritare ulteriormente Boris, che mi prende per le spalle e mi spinge a forza verso l’uscita.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Spingo verso la porta Kai, che stamattina sembra essere, stranamente, più curioso che mai, e chiusa la porta emetto un sospiro di sollievo, mimando il gesto di asciugare il sudore dalla fronte.
“ Cazzo, mi sono salvato per un pelo!”.
Ritorno velocemente da Anya per togliere il lenzuolo e stavolta strattonarla per bene in modo che si svegli una volta per tutte.
 
 
 
****
 
 
 
 
Stavo dormendo in un sonno profondo, ma improvvisamente sento qualcosa scuotermi con forza, costringendomi ad aprire gli occhi. Sollevo leggermente le palpebre e scorgo la figura di Boris.
“ Boris… lasciami dormire!” lamento, cercando di liberarmi dalla sua presa e ritornare nel mondo dei sogni.
“ Svegliati, devo andare via, e anche tu! Sei in ritardo!”.
Sono in ritardo. Pff!
Cavolo, Dana me ne dirà di nuovo di tutti i colori. Mi viene quasi da ridere, ma mi trattengo, per non fare irritare Boris.
“ Ascolta, io ho fretta! Ti lascio qui, fai quello che vuoi, quando vai via ricorda almeno di chiudere la porta e portarmi le chiavi più tardi in officina!” .
Cerco di seguire il filo del suo discorso, mentre la mia vista sfocata scorge la sua figura lasciare delle chiavi sul tavolino e poi correre via.
La porta si chiude, provocando un rumore quasi assordante per le mie sensibili orecchie.
Credo che dormirò altri due minuti…
 
 
 
Cammino velocemente verso la caffetteria, quasi corro, sistemando nel frattempo i miei capelli, legandoli in una stretta coda. Ma i miei movimenti diventano più lenti, proprio in procinto di entrare, non appena mi rendo conto che c’è parecchia confusione dentro. Il rumore della porta attira l’attenzione dei presenti su di me.
 “ Sarizawa! Aspettavo proprio te!” afferma la vipera bionda, con allegria.
“ Già, anche io aspettavo proprio te” ribadisce Dana a suon di minaccia.
“ Ho fatto tardi, lo so, scusami!”.
“ L’ennesimo ritardo. Fallo di nuovo e sei fuori!” dichiara senza mezzi termini.
Non posso permettermi di perdere questo lavoro, o io e Hope andremo a finire in mezzo ad una strada.
“ Non succederà più, promesso!”.
“ Lo spero per te. E adesso pensaci tu alla tua amica!” mi ordina pungente, indicando la figura della bionda, che raggiungo a passi lenti e stanchi.
“ Sarizawa, so che tu non te ne intendi, ma secondo te il verde delle tovaglie si sposa bene con il rosa delle tendine? O mettiamo quelle bianche?”.
Si prospetta una lunga e dura giornata.
 
 
***
 
 
“ Hai già deciso cosa fare stasera?”.
“ Nah”.
“ Dai, non dirmi che andrà a finire come l’addio al celibato di Yuri?”.
“ Non lo so!”.
Boris sta controllando il motore della mia auto, riempiendomi nel frattempo la testa di domande.
“ Che cosa significa che non lo sai? Andiamo…l’ultima pazzia prima del grande giorno!”.
“ Sono cambiati i programmi, purtroppo!” inizio a dire, osservando alcune foto appese al muro, quelle del compleanno di Anya.
“ Che vuoi dire?”. Interrompe improvvisamente il suo lavoro, alzando il capo e fissandomi minacciosamente.
Il cinese non è in nessuna foto: probabilmente non c’era.
“ Allora? . Boris mi riporta alla realtà.
“ Che stasera devo badare a mia figlia!” confesso, lasciandolo spiazzato a metà.
“ Stai scherzando?”. Ecco che si avvicina puntandomi uno strano oggetto appuntito, forse senza rendersene conto.
“ No, non sto scherzando!” rispondo, tenendo gli occhi fissi su quell’oggetto inquietante e pericolosamente vicino a me.
“ Io non ci posso credere!” esclama quasi al limite della disperazione, continuando a muovere quell’aggeggio vicino al sottoscritto. “ Due amici che si sposano , e due feste di addio al celibato fallite! Ma che cazzo ti sposi a fare?”.
“ Ascolta…”. Forse è meglio intervenire. Per prima cosa gli indico di allontanare quell’arnese dalla mia faccia il prima possibile, cosa che lui fa immediatamente “ Non ho detto che non faremo niente!” gli spiego con calma.
“ oh si certo, passeremo la serata guardando cartoni animati e raccontando storielle del cazzo!” lamenta infastidito, tornando al suo lavoro.
“ Aspetteremo che si addormenti e poi dirò a Reina di rimanere a casa a controllarla!”.
“ Dici sul serio?” domanda insospettito.
La mia espressione lo rassicura che sarà così.
Sul suo viso si dipinge un sorrisetto beffardo, poi ritorna a lavoro, mentre io continuo ad aggirarmi per l’officina.
 
 
“ Quindi, chi era quella tizia avvolta nel lenzuolo?” domando investigativo, facendo finta di sfogliare una rivista, messa lì su un tavolo, in mezzo ad altri oggetti.
Silenzio. Non risponde.
“ Una tizia, appunto!” risponde fingendo pacatezza nel tono, continuando a maneggiare alcuni fili.
Ti conosco da troppo anni, Boris Huznestov, so quando menti. Non hai mai avuto il pudore di nascondere le ragazze ai tuoi amici, anche se dormivano nude nel tuo letto, lasciavi comunque sempre la porta aperta quando andavi in bagno e la maggior parte delle volte erano ragazze di una certa fama al liceo.
Dunque, mi chiedo… da quando tutta questa privacy?
Ad ogni modo, volevo solo indagare sul suo strano comportamento. Non mi interessa sapere chi era quella ragazza. Sarà una delle sue solite conquiste in uno dei pub più squallidi della città.
“ Ci metterai molto?” chiedo con tono scocciato.
“ Il tempo che ci vuole! Va’ a fare un giro!” replica con fare alterato.
 
 
 
***
 
 
 
“ No forse è meglio metterlo così, da questo lato!”.
“ Eva, è proprio la posizione che questo tavolo aveva all’inizio ed hai detto che non andava bene!” le ricordo al limite dell’esaurimento.
“ Sì, lo so. Ma mi convince di più il buffet da questo lato!”. Lo sta facendo apposta per farmi impazzire me lo sento. Mi ha fatto cambiare la disposizione dei tavoli dieci volte e non è mai contenta. “Voglio che sia tutto perfetto! Mi capirai quando organizzerai il tuo matrimonio con Rai!” aggiunge sarcastica.
Ed ecco che lascio cadere il tavolo bruscamente, provocando un rumoroso tonfo.
“ Stai attenta, non voglio averti sulla coscienza!”.
Io ti avrò sulla coscienza se non stai zitta! Potrebbe almeno dare una mano invece di dare ordini come una bambina viziata.
Oh bene! Il suo quasi marito è appena entrato in caffetteria: chi l’ha invitato?
“ Tesoro!” esclama lei con un sorriso a trentadue denti. “ Come mai qui? Sei venuto a controllarmi?”.
“ Ero in zona ed ho pensato di dare un’occhiata…” si limita a dire guardandosi intorno.
“ Hai già organizzato qualcosa con i ragazzi?” domanda lei curiosa.
“ No, perché stasera mi toccherà fare il babysitter, dimentichi?” le ricorda ironicamente, mentre io sono a pochi passi da loro a sistemare delle cose sui tavoli.
“ Ah, già! Mi dispiace, davvero!” afferma fingendosi dispiaciuta.
Ora lui dirà ironico – sì certo –
“ Sì, certo…”.
Wow adesso prevedo pure le sue risposte.
“ Vado a vedere come procede la preparazione dei cocktail in cucina!”. Si congeda, non prima di dare un bacio a stampo al suo futuro marito, che rimane qui, in piedi a pochi passi da me, con le mani in tasca a osservare chissà cosa.
“ Imbarazzante, vero?”.
Ha detto qualcosa? Sta parlando con me?
“ Che cosa?” chiedo interrogativa, fingendomi indaffarata a disporre dei bicchieri nel modo più simmetrico che mi riesce.
 “ Fare da cameriera ad una festa in cui in realtà non vorresti essere”.
“ E chi ti dice che non voglio esserci?”. Mi muovo velocemente verso un altro tavolo, passandogli proprio sotto al naso, ed evitando di incrociare il suo sguardo.
“ La tua faccia!” afferma compiaciuto.
Mi sta facendo innervosire. Perché vuole intraprendere questa conversazione? Potrebbe anche fare finta di non conoscermi, ogni tanto. Non mi offendo mica.
***
 
 
 
 
Ok. Forse mi piace stuzzicarla. Perché quando le rivolgo la parola entra nel panico. Lo conferma il fatto che la sua organizzazione simmetrica nel disporre i vari oggetti sul tavolo sta piano piano scomparendo.
Sto per afferrare un bicchiere, lo stesso che causalmente sta per prendere lei, al contatto con la mia mano lei sembra spaventarsi e sobbalza improvvisamente facendo cadere qualche bicchiere a terra infrangendosi in mille pezzi.
“ Guarda che hai combinato! Si può sapere cosa stavi facendo?” mi sbraita contro.
“ Volevo solo sistemare quel bicchiere!” mi giustifico, fingendomi pentito.
“ Perché non ti fai gli affari tuoi?” conclude alterata, abbassandosi a raccogliere quei frammenti di vetro. Mi abbasso anche io, per cercare di aiutarla, anche se mi viene impedito. “ Per favore, allontanati! Non vorrei che ti rovinassi le mani prima del tuo matrimonio!” afferma con una punta di sarcasmo.
Ok, ok.
“ Che succede qui?”. È arrivata la preoccupazione in persona.
“ Niente, ho fatto per caso cadere dei bicchieri, niente di grave!” la tranquillizzo, prima che si allarmi inutilmente.
“ Ti sei fatto male?”.
“ No…” spiego con aria assorta, distogliendo lo sguardo da Anya che va via e si dirige altrove.
“ Ascolta, perché non ti rilassi un po’…magari sei solo un tantino emozionato per domani!” mi consiglia preoccupata Eva, stringendomi le mani.
“ Sì, forse è meglio…”.
 
 
***
 
 
 
 
 
“ Che idiota!”. Affermo alterata gettando quei pezzi di vetro nel cestino della spazzatura.
Lo odio, lo detesto, lo…grrr. Non lo sopporto, ecco.
La sua sola presenza mi manda in bestia. Non fa altro che darmi fastidio, anche solo respirando. Gli piace mettermi in difficoltà e sembra quasi che voglia farmi esplodere da un momento all’altro. Cerco di fare la persona indifferente, che non vuole dargli la soddisfazione di mostrargli quando la mia vita faccia schifo in questo momento e di quanto io stia soffrendo a causa sua, ma ogni volta è una dura sfida con me stessa. Avrei voluto prendere quei bicchieri e lanciarli sulla sua faccia per rovinargli quel sorriso del cazzo che ha ogni volta che si compiace della sua arroganza nei miei confronti e ad ogni bicchiere rinfacciargli tutto quello che mi ha fatto.
E invece no, eccomi di nuovo qui, chiusa in un bagno a stringere i pugni, insultarlo mentalmente e lottare contro le lacrime.
 
 
***
 
 
 
 
“ Si è addormentata?” chiede speranzoso Boris.
“ No!” rispondo per l’ennesima volta.
“ Cazzo! Lo sapevo. Quella bambina soffre di insonnia. Sono le dieci di sera ed è più vispa di noi tre messi assieme! Secondo me ha qualcosa di strano, i bambini dovrebbero andare a letto alle nove!”.
“ Non quelli di oggi!” interviene Yuri con la sua aria saccente.
“ Oh bene!”. Conclude rassegnato.
“ sono le cattive abitudini, quali la televisione, videogiochi e dolciumi che rendono i bambini così vispi la sera!” continua a spiegare il dottorino, mentre sorseggia la sua birra.
“ Aspetta, metto come sottofondo la musica di un documentario palloso, così almeno mi addormento per bene mentre ci illustri le tue teorie!” afferma Boris con aria di sfottimento, facendo finta di prendere il cellulare.
In tutta risposta viene fulminato dai suoi occhi di ghiaccio.
“ Voglio morire” continua a lamentare, lasciandosi scivolare sul divano.
“ Kai, mi fai vedere un altro cartone?” mi domanda la piccola con aria furbetta.
“ Uccidetemi, vi prego… Questo domani si sposa e la sera prima fa vedere i cartoni animati a sua figlia…la cosa è già strana di suo…” mormora Boris a bassa voce, tappandosi poi la bocca con una bottiglia di birra che beve in meno di tre secondi.
“ Dopo questo crolla, ve lo assicuro!”.
“ Si certo, se non crolliamo prima noi…”. Stavolta a commentare è Yuri.
Eva me l’ha proprio combinata coi fiocchi. Lei se la starà spassando, immagino.
 
 
 
***
 
 
 
 
“ Hey Anya, mi versi un po’ di gin?”.
“ Ma sei impazzita, ti ricordo che sei incinta!”.
Non stiamo parlando. Stiamo urlando. Questa caffetteria si è trasformata in un covo di galline che ballano e bevono senza freno. La musica ad alto volume contribuisce a stordirle ancora di più.
“ Lo so, stavo scherzando!”.
Le sorrido complice, e le propongo un succo ai frutti tropicali, che accetta immediatamente.
“ Sai, pensavo una cosa più tranquilla! A questo punto poteva benissimo fare la festa in una discoteca!”.
Faccio fatica a sentirla. C’è un tale frastuono.
“ Ovviamente lo ha fatto apposta per rompermi le…”.
“ Sarizawa! Due Mojito per le mie amiche e uno per me!”.
Ecco, non ho potuto concludere la mia frase, a causa del suo arrivo.
Verso il contenuto nei bicchieri e fingendo un sorriso quasi falso quanto il loro, glieli servo e per fortuna spariscono all’istante, mischiandosi nella folla.
Stasera diventerò sorda.
“ Io vado a mettermi comoda in un divanetto, possibilmente vicino agli aperitivi!”. Hilary prende il suo bicchiere e muovendosi a ritmo di musica va a sedersi vicino al buffet, probabilmente la sua parte preferita dell’intera serata. La capisco, in fondo. Come me, anche lei non conosce nessuna di queste oche.
Spero che Hope sia a casa e che Hiwatari non l’abbia portata in qualche posto squallido.
 
 
 
***
 
 
 
È passata un’altra ora. Ed Hope non dà segni di cedimento. Fissa assorta lo schermo, e la cosa strana è che persino Yuri e Boris sembrano seguire appassionatamente l’episodio.
Non era proprio così che avevo in mente di trascorrere la serata prima del mio matrimonio. In realtà non ho mai avuto intenzione di sposarmi. Cosa mi ha spinto a farlo?
“ Pensieri bui prima del grande passo?”.
Yuri sembra leggermi nel pensiero.
Inquietante.
“ No… stavo solo pensando”.
“ Kai…non offenderti, ma io e Boris ne abbiamo parlato in questi giorni e ci chiedevamo se…tu fossi cosciente di quello che stai facendo”.
Da quando questi due si consultano alle mie spalle.
“ Insomma, Kai Hiwatari che si sposa: dovrebbe essere una notizia da prima pagina!” interviene Boris.
“ Sì, in effetti eri tu quello che mi aveva detto di pensarci prima di fare il grande passo, che il matrimonio è una prigione…”.
Perché mi stanno facendo tutti questi discorsi?
“ E poi la tua fedeltà è pari a 0. Eva non passa dalle porte. L’hai cornificata mille volte, e hai pure una figlia…”
Perché Boris parla a sproposito? Mi sa che ha esagerato con le birre…Adesso lo faccio tacere all’istante.
Cambiamo discorso. Ho già i miei conflitti interiori da qualche giorno, non voglio che contribuiscano anche loro.
“ Perché non ci parli della ragazza mummia?” propongo con fare beffardo.
E come avevo previsto, si è zittito improvvisamente.
“ La ragazza mummia?” interviene curioso Yuri.
“ Sì, la misteriosa ragazza che hai avvolto nel lenzuolo per non farmela vedere!”.
I suoi occhi saettano da un volto all’altro.
 
 
***
 
 
la ragazza mummia? Ma perché Kai si è fissato con questa storia? Che sappia chi è veramente? Sospetta qualcosa? Io…
“ Perché dobbiamo parlare di questo?” domando scocciato.
“ Perché la questione sembra imbarazzarti, e metterti persino paura, quindi vuol dire che ci nascondi qualcosa!”.
Mi sento sotto interrogatorio. Credo di star sudando freddo. Kai poggia la sua bottiglia sul tavolino e attende una mia risposta. Anche Yuri sembra incuriosito dalla faccenda, ma io non so proprio cosa dire.
“ E’ una ragazza, tutto qui!” spiego senza aggiungere altro. “Perché vi interessa?”.
“ Non lo so, diccelo tu!”.
“ Basta, mi avete rotto!”. Mi alzo bruscamente dal divano, per porre fine a questa conversazione. Me ne vado, tanto qui tra un po’ ci addormentiamo e la conversazione sta degenerando. A domani!”.
Mi alzo e me ne vad,o fingendomi furioso.
Non era mia intenzione reagire così, ma non sapevo come uscire fuori da questa situazione.
***
 
 
 
“ La festa è già finita?”.
Una voce alle mie spalle mi costringe a voltarmi. È Boris.
“ Come puoi ben vedere…”. È Dana a rispondere, acida come sempre.
“ Ma…”. Dalla sua espressione intuisco che ci è rimasto male. Si aspettava di trovare tante oche, e invece c’è solo desolazione e sporcizia in giro. “  Ma è solo mezzanotte!” mi ricorda, invitandomi a guardare l’orologio.
“ Lo so, ma Eva era preoccupata per le sue occhiaie di domani. Deve riposare nove ore la signorina, in modo che la sua pelle e le sue rughe siano distese domani” gli spiego mimando i gesti di Eva, quando poco fa ci ha spiegato questa sua teoria. Io e Dana volevamo scoppiare in una fragorosa risata, ma siamo state costrette a trattenerci.
“ Io non ho parole…” si limita a dire con aria depressa, accasciandosi su uno sgabello vicino al bancone.
“ E la festa di addio al celibato?” chiedo curiosa.
“ Non ne voglio parlare. È stato tutto così deprimente. Bah”. Sembra proprio depresso e disgustato dalla vita. “ Dimmi che è avanzata almeno qualche bottiglia di vodka!” chiede speranzoso.
Boris, quasi avesse un radar, riesce a sentirne la presenza e a rintracciarle. Afferra un bicchiere, forse anche usato, e lo riempie fino all’orlo. Lo beve tutto d’un sorso e come se non bastasse adesso beve anche dalla bottiglia, avidamente.
Deve avere passato proprio una brutta serata, a giudicare dalla sua faccia. E a dire la verità, neanche io mi sono divertita.
 
 
***
 
 
Yuri è appena andato via. Porto al piano di sopra la piccola, cercando di non svegliarla. Alla fine, seppur molto tardi, è riuscita ad addormentarsi.
Mi hai rovinato l’addio al celibato. Beh, in realtà l’ha rovinato a Boris: sembrava tenerci più di me.
Pazienza.
In realtà non mi sentivo in vena di festeggiare. Che poi, cosa c’è da festeggiare? Non ho cambiato idea sul matrimonio, eppure domani mi sposo. Perché lo sto facendo?
Adagio Hope sul mio letto, dove di solito dorme Eva e a proposito, chissà se avrà finito la sua festa…
Odio questo momento, quando si spengono le luci, e inizi a fissare il soffitto aspettando che i tuoi occhi si chiudano. È in questi momenti, di assoluto silenzio, che la mente viene assalita dai pensieri più strani. E ultimamente mi succede spesso.
Yuri mi aveva avvertito del fatto che non avrei dormito.
Sbuffo sonoramente, posizionandomi di fianco, per osservare Hope dormirmi accanto.
Dorme serenamente. Il suo petto si muove a un ritmo regolare.
È così strano. Fino ad un anno fa non mi ricordavo neanche di avere una figlia, e fino ad un anno fa non avrei mai pensato di sposarmi…
 
 
 
 
 
***
 
 
 
“ Domani Kai si sposa” afferma con aria assorta Boris, per poi scoppiare in una grassa risata, apparentemente priva di senso. Ha bevuto, ed anche tanto. E a giudicare dalla mia vista sfocata, anche io ho esagerato. Infatti, vengo coinvolta dalla sua risata e inizio a ridere anche io, seppur senza motivo.
“ E invece…” cerco di riprendere fiato “…Rai ha lasciato me!” per poi scoppiare di nuovo a ridere.
Non so cosa ci sia da ridere, so solo che non riesco a fermarmi. Mi sta venendo pure un gran mal di pancia a furia di ridere.
In realtà non c’è proprio nulla da ridere. E infatti, come se fossimo connessi, rallentiamo all’istante, come se ognuno fosse stato catturato da uno strano pensiero che lo riporta immediatamente alla realtà.
“ Kai si sposa… e Rai mi ha lasciata…” sussurro tra me e me.
Cala il silenzio.
Ora che ci penso, Boris doveva accompagnarmi a casa, ma il tragitto sta sembrando infinito. Credo abbia cambiato rotta e non sa neanche lui dove stiamo andando.
Improvvisamente, nel buio della notte che ci accompagna in questo viaggio, vedo delle strane luci. Luci rosse, poi blu. Mi sento strana. Credo che l’alcol mi stia salendo al cervello. Non riesco più a vedere bene la strada di fronte a noi, e tutto mi appare sfocato, anche i suoni. Tranne uno, che riecheggia nella mia testa, quasi fosse un allarme.
La mia testa pesante si accascia indietro e gli occhi si chiudono.
Riesco solo a sentire un mormorio di sottofondo.
Sembra la voce di Boris e l’altra mi è sconosciuta.
“ Ci deve seguire in centrale…”.
 
 
 
***
 
 
 
 
Percorro a passi decisi il lungo corridoio.
Giro a destra e li vedo accasciati su una panchina con sguardo perso nel vuoto.
Decido, anzi, costringo me stesso a mantenere la calma e per quanto mi sforzi nel farlo, credo che la mia espressione incazzata nera faccia trasparire tutto.
Boris si accorge della mia presenza e con un gesto del gomito invita Anya ad alzarsi.
È ubriaca fradicia. Fa fatica a mettersi in piedi e attraverso le palpebre semichiuse mi osserva, come ad assicurarsi che sia io; poi inizia a camminare, reggendosi a malapena in piedi, mentre Boris non riesce neanche a guardarmi negli occhi.
 
 
 
 
Il silenzio regna sovrano in auto. Si respira un’aria decisamente tesa.
Boris siede sul sedile accanto al mio, guardando oltre il finestrino, assorto nei suoi pensieri o, semplicemente troppo ubriaco persino per pensare. Stringo le mani sul volante, e ogni tanto osservo il riflesso di Anya, seduta dietro, con la testa leggermente inclinata ed occhi chiusi. Anche lei troppo ubriaca per rimanere sveglia.
E in tutto questo io mi chiedo ancora che cazzo ci faccio, la notte prima del mio matrimonio, in auto con Boris e Anya ubriachi fradici. Per giunta recuperati in una centrale della polizia. Ma soprattutto perché cazzo questi due sono insieme?!
Cos’è tutta questa storia?
Stringo i denti e muovo nervosamente le mani, quasi volessi spezzare questo volante.
Freno bruscamente l’auto e invito, anzi ordino a Boris di scendere immediatamente. “Scendi!”.
Mi osserva confuso. “ Casa mia è a dieci isolati da qui!” mi ricorda seccato.
“ Lo so…” mi limito a dire, nella speranza che riesca a intuire il messaggio implicito.
“ Andiamo, Kai, cosa ti costa accompagnarmi fino a casa?” lamenta esausto.
“ Una passeggiata per pensare non ti farà male!” asserisco autoritario.
Trattiene una serie di imprecazioni, sbuffa e infine scende dall’auto chiudendo violentemente la portiera, iniziando il suo lento e barcollante cammino verso casa.
Rimetto in moto e proseguo la mia strada verso casa di Anya.
I miei occhi puntano ogni due secondi sullo specchietto retrovisore e ogni tanto la sento mormorare qualcosa di incomprensibile. Sono quasi sotto casa sua. Decido di frenare bruscamente, in modo da farla cadere in avanti, nella speranza che  una bella botta in testa riesca a svegliarla.
“ Ahia…”. Ma cade in avanti, ancora dormiente.
Scendo dall’auto e apro la portiera per farla uscire, ma con mia grande sorpresa la trovo in una posizione assurda, distesa sui sedili e il viso quasi a terra. Sbuffo sonoramente e infilandomi in macchina cerco di tirarla fuori, come meglio mi riesce.
Ma cazzo! È un peso morto!
“ Vieni fuori, su!”. La tiro fuori trascinandola per le braccia e alla fine riesco nell’impresa.
Si ritrova adesso seduta a terra, nel vano tentativo di aprire i suoi occhi.
Adesso la parte più dura sarà portarla al quinto piano…
Rimango lì, in piedi davanti a lei, alla ricerca di una soluzione.
I miei occhi puntano improvvisamente in un punto.
Mi dispiace, ma non posso fare altrimenti…
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Mi gira tutto e non riesco neanche ad aprire gli occhi. Vorrei solo vomitare e liberarmi da questo peso.
Non so. Mi sembra di vedere Kai, o Boris…non capisco, cavoli.
Tocco la superficie dove il mio povero sedere siede e capisco di essere sull’asfalto duro e roccioso. Ahi, che male. Questa gonna è troppo corta per sedersi su un asfalto, avrò tutto il sedere graffiato.
Mi aiuto con una mano e poi con l’altra e cerco di trovare la forza per rialzarmi. Ok adesso sono in piedi: riprenditi adesso, Anya, su! quello deve essere il portone di casa mia. Prima un passo e poi l’altro, su, su!
Sto per raggiungere il portone, ma improvvisamente un flusso di acqua ghiacciata mi colpisce alla schiena e non posso fare altro che urlare dallo spavento.
“ Aaah, ma…”. Non riesco neanche a parlare, l’acqua in faccia mi impedisce di farlo. Non posso neanche aprire la bocca. Ommioddio. È Kai con un tubo che mi sta facendo inzuppare di acqua. Ma…che, ma com…
“ BASTAAA!”. Urlo a squarcia gola supplicandolo di smettere. “ Ma sei impazzito??” urlo ancora una volta non appena smette di inondarmi e riesco a vedere la sua faccia chiaramente. “ Ma che diamine fai???!!” esclamo alterata, osservando sconvolta i miei vestiti completamente inzuppati.
“ Era l’unico modo per farti riprendere!” afferma con tono serio, gettando con un gesto repentino quel tubo in una parte del vialetto di casa.
“ Avresti potuto farlo in qualche altro modo!” gli ricordo, con aria furibonda, mentre sento le gocce di acqua scorrere lungo tutto il mio corpo. Questo è davvero troppo.
“ Sì, in effetti avevo intenzione di schiaffeggiarti, poi ho pensato che forse sarebbe stato troppo rude!” ribatte duramente, avvicinandosi minaccioso.
“ Avresti potuto farti gli affari tuoi!”. Ma come si permette!
“ Oh certo, e mi dici come saresti tornata a casa? Strisciando, ubriaca fradicia?!”.
Ormai questa conversazione si è trasformata in un botta e risposta, che vede l’uno più furioso dell’altro.
“ Di certo avrei preferito questo al tuo aiuto!” affermo acidamente.
“ Bene! La prossima volta che verrete fermati dalla polizia non azzardatevi a chiamarmi!” conclude puntandomi un dito minaccioso per poi voltare subito le spalle.
“ Non lo faremo!” replico, osservandolo andare via.
 
 
 
***
 
 
 
 
Questa è una situazione assurda. Mi disturbano nel mezzo della notte per risolvere i loro casini per poi lamentarsi pure!
“ Che poi che cazzo ci facevi con Boris a quest’ora?”. sono tornato di nuovo indietro, a passi da gigante, per ripuntare minacciosamente il mio sguardo su di lei.
Adesso voglio delle spiegazioni.
“ Saranno affari miei?!” risponde acidamente.
“ No, sono anche affari miei visto che mi lasci tua figlia per andare a ubriacarti con Boris! E poi da quant’è che ti vesti da puttana?”. Ecco, l’ho detto e sto pure indicando la sua mini gonna, e la sua scollatura da sgualdrina.
Stava per darmi uno schiaffo, ma riesco prontamente a fermare il suo braccio. Dalla sua espressione sorpresa non si aspettava una simile mossa.
“ Che c’è? Rai ti ha dato il via libera per spassartela con chi vuoi?” affermo sarcastico, quasi in un sussurro provocatorio.
A queste mie parole i suoi occhi diventano furibondi. Inizia a dimenarsi per liberarsi dalla presa al polso, ed esclamare con urla graffianti “ BASTA!”. Questa reazione mi costringe a lasciare la presa e lei si accascia a terra urlando e piangendo quasi la stessi picchiando. Ma io resto qui inerme a osservare immobile ogni suo movimento. “ BASTA!” urla ancora, portandosi le mani in viso, quasi a graffiarlo. “ NON CE LA FACCIO PIU’!”. Mi sembra una reazione esagerata. “ SMETTILA DI RENDERE LA MIA VITA UN INFERNO!”. Ecco che si rialza, fiondandosi su di me. Sono costretta a bloccarla per le braccia, nel tentativo di farla calmare.
“ Vuoi calmarti? Non  ti sembra di star esagerando? Il fumo Ti ha dato alla testa forse??!”. È impazzita.
“ Io ti odio. Io ti detesto. Non ti è bastato far andare via Rai?”.
Far andare via Rai?
“ Ma di che cazzo stai parlando!”. Con un movimento repentino si libera dalla mia presa, per poi fissarmi con disprezzo negli occhi ed esclamare con rabbia “ Rai mi ha lasciato. Sei contento? Ci sei riuscito!” confessa al limite della pazienza, quasi liberandosi da un peso enorme che la stava opprimendo da tempo.
Rimango interdetto al suono di queste parole.
Cosa vuol dire che Rai l’ha lasciata?
“ Cosa?”. Sono confuso, o forse allibito. O entrambe le cose. Il tono con cui mi è venuta fuori questa parola dalla bocca lo dimostra pienamente.
“ Hai capito bene!” rivela tra le lacrime singhiozzando. “ Hai finalmente ottenuto quello che volevi. Congratulazioni!” conclude con tono amareggiato per poi prendere la sua borsa da terra e voltarmi le spalle.
“ Io non ho mai voluto che ti lasciasse!”. Afferro il suo braccio, costringendola a guardarmi.
 
 
 
***
 
 
Non ci credo di avere appena rivelato tutto a Kai. Sono distrutta, psicologicamente e fisicamente. Non ce la faccio più. Forse non era il momento migliore per dirlo, ma la mia pazienza ha raggiunto un limite e non ho potuto trattenermi.
Sto per andarmene, ma la sua presa mi costringe a fermarmi e con mio disgusto osservarlo in faccia.
Non hai mai voluto che ci lasciassimo? Non ti credo!
“ Ah no? E allora perché ti sei sempre messo in mezzo? Perché hai sempre cercato di metterci il bastoni tra le ruote? Perché hai fatto di tutto per allontanarlo da me costringendomi a restare qui per l’affidamento di Hope?? E’ colpa tua se la mia vita va a rotoli!”. Finalmente sono riuscita a vomitargli addosso tutte quelle parole che per troppo tempo ho tenuto dentro di me.
“ Sei brava solo a dare la colpa agli altri!” asserisce alterato. “ Certo, dai pure la colpa a me! In fondo sono io che ti ho costretta a venire a letto con me! È colpa mia se quella sera sei venuta in macchina con me! È colpa mia se sei rimasta incinta! E’ solo e sempre colpa di Hiwatari! Sai benissimo che io non ti ho costretta a fare niente: se sei venuta con me è perché lo volevi!”.
Ma che cosa sta dicendo? Ma come si permette? Adesso vuole dire che la colpa sarebbe mia??!
“ Smettila di fare la parte della vittima! Smettila di dare sempre la colpa ad Hiwatari!”.
Inizia a confondermi. Rimango inerme mentre lui mi urla in faccia puntando minacciosamente il dito verso di me.
“ Smettila di dare a me la colpa se Rai ti ha lasciata! Se ti ha lasciata avrà avuto i suoi motivi!”.
Non so perché ma tutto inizia a vorticare nella mia mente. Gli effetti dell’alcol non sono ancora svaniti. Le sue parole rimbombano all’interno della mia testa, assordandomi.
“ Sai perché la tua vita è uno schifo?? Perché non hai MAI ammesso le tue colpe!”.
Ammettere le mie colpe…
“ perché in questa storia ENTRAMBI abbiamo delle colpe e tu non vuoi neanche ammetterlo a te stessa! Quindi non venire a dirmi tra le lacrime che la colpa è mia! Perché nel momento in cui lo dici, sai benissimo che non è affatto così…”.
 
 
***
 
 
Mi manca persino il fiato. Sento il mio petto esplodere. Decido di concludere qui il mio discorso, per poi riprendere il ritmo regolare del mio respiro.
Se prima ero incazzato nero e avrei potuto spaccare un muro, dopo avere detto tutto questo è come se mi fossi tolto un peso, mi sento quasi più leggero, ma non meno arrabbiato.
Lei resta lì, davanti a me inerme, persa in chissà quali pensieri. Sembra che abbia perso la facoltà di reagire. E forse anche io. Penso non ci sia più nulla da dire, quindi lentamente faccio un passo indietro, osservando punti indefiniti dello spazio e voltati i tacchi, decido di andare via.
 
***
 
 
Con aria assorta osservo la figura di Kai mettersi in macchina e andare via.
Non hai mai ammesso le tue colpe.
È anche colpa tua.
Entrambi abbiamo delle colpe.
Sono queste le parole che riecheggiano nella mia mente.
Mi sento strana. Come se improvvisamente il mondo mi fosse crollato addosso.
Le mie mani affondano nei capelli, come a voler trovare uno ragione e capacitarmi di tutto questo. Poi siedo su un gradino, e con le mani che coprono gli occhi, do sfogo all’ennesimo pianto della giornata, stavolta quasi liberatorio…
Devo riuscire ad accettare il fatto che Rai non fa più parte della mia vita oramai…
 
(questo è un video dedicato a Rai ed Anya     https://www.youtube.com/watch?v=d_hjBcPzmbU   )
 
***
 
 
 
 
Giorno del matrimonio. Casa Hiwatari.
 
“ Serve una mano?” domando, facendo capolino dalla porta della sua stanza.
Kai è alle prese con il nodo alla cravatta e la sua espressione disperata mi dà segno di risposta affermativa. E così mi avvicino, e inizio a sollevare il collo della sua camicia e a riposizionare la cravatta badando bene a equilibrare le due gambette. Credo che opterò per un nodo semplice.
Mentre sono intento a completare la mia impresa, i miei occhi non possono fare a meno di non notare il suo sguardo perso nel vuoto a fissare chissà cosa.
 “ Stai bene?”.
Ci mette un po’ a rispondere.
“ Sì…”. Risposta alla Hiwatari: secca e decisa, anche se questa volta traspare una certa incertezza.
“ Tuo nonno verrà?” domando con una certa discrezione nel tono, alzando con un dito il suo mento, per facilitare il mio lavoro.
 “ No. Il vecchio mi ha fatto avvisare dalla sua segretaria che non sarebbe potuto venire…” rivela, con aria superficiale.
La mia reazione non è poi così sorpresa. C’era da aspettarselo.Anche se penso avrebbe potuto scomodarsi per partecipare al matrimonio del suo unico nipote, nonché unico erede.Ma questa è la famiglia Hiwatari, o almeno, quel che ne resta.
“Hope…vieni qui!”.
“ No!”.
Sento la voce di Hilary in corridoio, e quella di Hope.
Improvvisamente la piccola passa davanti la porta correndo come un fulmine, seguita dalla cameriera e da mia moglie, che seppur incinta dii due gemelli, conserva ancora una certa agilità.
“ Vieni qui, devi vestirti!”.
Iniziamo con i capricci.
Kai chiude gli occhi, cercando probabilmente di far finta di non sentire le urla di sua figlia. Ed io sono quasi a un passo dal concludere questo benedetto nodo alla cravatta. Ma ecco che irrompe Boris nella camera “ Yuri, devi fare anche a me questo cazzo di nodo alla cravatta!”.
Ma quando è arrivato?
“ Un momento, sto per concludere qui!” affermo spazientito, affrettandomi a finire con Kai.
“ Sei venuto a piedi o volando?”. Kai rivolge questa strana domanda al platinato, con una certa acidità nel tono di voce.
“ Ho preso un taxi, come i comuni mortali!” replica lui, ancora più acido.
Ma di cosa stanno parlando?
Ecco ho finito! Do un ultima sistemata al vestito di Kai e nel frattempo cerco di capire il motivo del loro continuo battibeccare.
“ Si può sapere cosa avete?” intervengo interponendomi tra i due.
“ C’è che sono stato così stupido da chiedere aiuto a questo idiota!” spiega Boris, con aria alterata.
“ Ah, ora sarei un idiota! Ieri sera però ti ha fatto comodo il passaggio in auto!” ribatte duramente l’altro tenuto da me fermo alla mia destra.
Continuo a non capire.
“ Ma quale passaggio? Di cosa state parlando?”.
“ Il signorino è stato fermato dalla polizia perché guidava ubriaco fradicio!” rivela Kai, incenerendo con lo sguardo l’altro.
“ Cosa? Ti sei fatto ritirare di nuovo la patente?!” dico stavolta io, seriamente incazzato con il platinato. Non è la prima volta che succede, e di solito in questi casi è stato il sottoscritto a toglierlo dai guai.
“ Sì, ok, non iniziare con la tua ramanzina!” afferma seccato.
Ha pure il coraggio di dire una cosa simile!
Improvvisamente irrompe in camera Hilary, che tiene la piccola per mano: “Si può sapere dov’è Anya? Questa bambina fa i capricci per vestirsi!”.
Infatti è strano che non sia ancora qui. “Hai provato a chiamarla?”.
“ Sì, ma è irraggiungibile!” afferma mostrando il telefono  che tiene in mano.
“ Beh forse Boris sa dov’è!”. Ci voltiamo tutti in direzione di Kai, che con occhi minacciosi fissa Boris.
Che significa?
“ Boris?” diciamo all’unisono io e mia moglie, voltando stavolta lo sguardo sul diretto interessato. Questi a sua volta guarda in cagnesco l’amico che lo ha messo in mezzo e poi inizia a portarsi una mano alla nuca, non proferendo parola.
“ Boris, dov’è Anya?” chiede investigativa Hilary.
“ Perché dovresti sapere tu dov’è Anya?” chiedo invece io. Sono molto confuso.
“ Io non lo so, Kai l’ha accompagnata a casa!” si giustifica.
Ed ecco che volgiamo di nuovo lo sguardo su Kai, alla ricerca di una spiegazione.
“ Io l’ho lasciata a casa!”.
“ Basta! Si può sapere di cosa state parlando? Cosa c’entra Anya con voi!”. Hilary ha perso la pazienza, e non posso biasimarla: con tutti questi giri di parole non stiamo capendo nulla.
“ Succede che stanotte insieme a Boris c’era anche Anya, ubriaca fradicia alla centrale di polizia!” confessa Kai, puntando minacciosamente un dito verso Boris.
“ Si può sapere perché era con te? Perché era ubriaca?!” domanda a Hilary, rivolgendosi prima all’uno e poi all’altro.
“ Beh, Boris sembra sapere più di me visto che si ubriacano e fumano insieme!”.
“ Boris, dimmi cosa diamine succede!”. Non ho mai visto mia moglie così iraconda.
“ Rai ha lasciato Anya. Anya era disperata. Anya l’ha confessato a me. Anya voleva dimenticare e divertirsi. Fine della storia!” confessa, infine, sintetizzando la storia, quasi fosse un telegramma.
Hilary è sconvolta. “ Ma…ma quando l’avrebbe lasciata? Perché io non so niente e perché diamine lo avrebbe detto a te e non  a ME?!”.
“ Non lo so!” urla stavolta Boris al limite di un esaurimento nervoso. “ Chiedetelo a lei!”.
“ Come faccio a chiederlo a lei se non so nemmeno dov’è???” urla a sua volta Hilary furibonda.
“ Ok, basta! Calmiamoci! Sono sicuro che non appena troveremo Anya ci spiegherà tutto! Se Kai ha detto che l’ha lasciata a casa, sarà il primo posto in cui andare a cercarla, mi pare ovvio! Kai, tu vai in Chiesa, noi…” stavo per voltarmi in direzione dello sposo per ricordargli che oggi è il suo matrimonio e che farebbe bene a recarsi in chiesa, ma… “ Dov’è Kai?”.
È sparito.
“ Dov’è andato?” domanda Hilary ad occhi sbarrati.
“ Tra mezz’ora si sposa!” affermo, controllando l’orologio al polso.
 
 
 
***
 
 
 
Percorro a passi da gigante i cinque piani per poi arrivare alla porta e bussare violentemente. “Anya, apri!”. Non risponde nessuno. “Anya!”.
Ho caldo e questo vestito non è l’ideale per correre. La cravatta mi soffoca e con un gesto del dito allargo la stretta al collo. “ Anya, apri!”. Grido ancora più forte.
“ Kai!”. Questa voce non viene da dentro. Mi giro nella direzione interessata e… sono Yuri e Boris: mi hanno seguito. “ Kai, sei impazzito, tra meno di mezz’ora ti sposi, che cosa ci fai qui?” mi ricorda il rosso.
“ Devo prima risolvere una questione!” spiego con tono fermo, allargando con una mano la giacca del vestito. Cazzo, che caldo.
“ Non mi sembra il momento, ci penserai dopo!”.
Mi sto innervosendo, e di brutto.
“ Tu adesso mi dici dove cazzo si trova!”. Mi rivolgo a Boris, e lo osservo minacciosamente, a pochi centimetri dal suo volto.
“ Non lo so, come te lo devo spiegare?!” ripete esasperato, iniziando anche lui a sudare.
Stavo per fare un brusco gesto, ma la mano di Yuri mi ferma.
“ Come cazzo ti è venuto in mente di farla ubriacare? E dimmi, era lei quella ragazza a casa tua, l’altra mattina? Era per questo che la nascondevi?”. Credo che stia tremando l’intero palazzo.
“ Sì, era lei! Era lei!” ripete cercando di superare il tono della mia voce. “ se l’ho fatta ubriacare io? Certo, perché Boris porta sulla cattiva strada le brave ragazze! Sempre Boris, Boris, Boris! E invece NO! è stata lei a decidere di ubriacarsi e fare tutto quello che abbiamo fatto, perché mi sembra abbastanza grande e vaccinata da prendere da sola le decisioni!”.
Fare tutto quello che abbiamo fatto?...
Sono immobile, con gli occhi fissi e sospettosi su di lui. Cerco di regolare il respiro e non farmi trascinare dalla rabbia.
“ Avanti, perché non lo chiedi? Lo so che stai morendo dalla voglia di saperlo!” afferma in tono provocatorio Boris.
Di cosa sta parlando?
“ Su, avanti, chiedimelo!” sussegue a dire, sotto il mio sguardo perplesso.
Chiedere cosa?
“ Vuoi sapere se abbiamo scopato?” domanda.
Cos...?
“ E questo quello che in realtà ti interessa, no?”.
I miei occhi lo fissano sempre più sospettosi e perplessi.
“ No! Non abbiamo scopato!” rivela , quasi in tono liberatorio, accennando un sorriso sarcastico, di chi sa di avere toccato il punto della questione. “ Sei contento? Era quello che volevi sentirti dire? Perfetto, adesso abbiamo risolto ogni dubbio…” conclude, buttandomi in faccia queste ultime parole, per poi andarsene, sotto il mio sguardo pensieroso.
Non sono riuscito a dire nulla. Non so perché. È stato come se non avessi il diritto di dire nulla.
Solo adesso mi ricordo della presenza di Yuri al mio fianco. È rimasto, e rimane ancora adesso in silenzio, massaggiandosi con una mano la fronte.
“ Kai, ascolta…”.
“ Non dire niente” intervengo a bloccarlo.
Non serve dire nulla.
“ Posso almeno ricordarti che tra poco ti sposerai?”.
Non me ne sono di certo dimenticato.
Però, devo prima fare una cosa…
“ tu va’, raggiungi tua moglie e gli altri”
“ Kai, tu devi…”
“ Arriverò in tempo, te lo assicuro”.
Lo so che la cosa non lo convince, ma deve fare quello che gli dico.
“ Come credi di trovarla?”. Ecco , Yuri ha un grande intuito.
“ Ho i miei mezzi!” lo rassicuro.
Esita per una manciata di secondi, poi si arrende e con un cenno mi indica di non fare cazzate      .
Ci proverò.
Credo di avere esagerato ieri sera, ma è stato necessario.
 
 
***
 
 
 
“ Allora, dov’è Kai? L’avete trovato?  E Anya?” chiede Hilary preoccupata, fissando in cagnesco Boris, il quale decide di rimanere in disparte a fissare altrove.
“ Tranquilla, Anya starà bene e Kai dovrebbe arrivare a momenti…” o almeno spero.
“ Anya mi deve un sacco di spiegazioni!”.
“ Lo so, ma ci penseremo dopo! Adesso dobbiamo sperare che Eva, da brava sposa, ritardi di almeno mezz’ora!” affermo preoccupato.
“ Ma dov’è Kai?” chiede curiosa.
Prendo un respiro profondo. “ A cercare Anya…”.
Speriamo non faccia una cazzata.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Loving can hurt, loving can hurt sometimes
But it's the only thing that I know
 
La brezza marina accarezza la mia pelle. È una sensazione piacevole.
Il mare davanti a me è leggermente mosso. Le sue onde si increspano formando una schiuma bianca che si infrange sulla riva, arrivando appena ai miei piedi. Cammino da qualche minuto sulla spiaggia, tenendo in mano le scarpe e reggendo con una mano la punta del vestito, per evitare di rovinarlo.
Se mi sono preparata per andare a quel matrimonio? Sì.
Se ho cambiato idea durante il tragitto? Sì.
Se voglio andarci adesso? No.
Dopo quello che è successo la scorsa notte, non faccio altro che pensare che ho sbagliato tutto, che forse il vero colpevole di tutta questa storia è, almeno in gran parte, mia e che la vittima sia stata proprio lui, Rai.
 
When it gets hard, you know it can get hard sometimes
It is the only thing that makes us feel alive
 
Ho incasinato la mia vita, e di conseguenza anche la sua. Volevo costringerlo a vivere una vita che forse non voleva.
Non credo mi abbia lasciato perché non sentisse più amore nei miei confronti, ma perché si era reso finalmente conto che tutto questo era troppo per lui.
E io sono stata così sciocca da non rendermene conto.
Io l’ho amato e lo amo ancora. Ma devo accettare il fatto che è finita.
Se potessi tornare indietro non farei gli stessi errori.
 
We keep this love in a photograph
We made these memories for ourselves
Where our eyes are never closing
Hearts are never broken
And time's forever frozen still
 
Sono sicura che col tempo imparerò a conviverci. Conserverò nella mia memoria tutti i bei momenti passati insieme. Fra qualche anno mi ricapiterà di pensare a lui e l’immagine del suo volto impresso nella mia memoria mi farà sorridere ancora.
mi piace pensare che anche per lui sarà così e che non mi ricordi come la ragazza che gli ha spezzato il cuore o che l’ha fatto soffrire, ma come un bel ricordo.
 
So you can keep me
Inside the pocket of your ripped jeans
Holding me closer 'til our eyes meet
You won't ever be alone, wait for me to come home
 
Ho passato dei momenti veramente terribili durante questi mesi. Ho costretto Boris a consolarmi, ho mentito ad Hilary e cosa più orribile, ho trascurato la mia piccola Hope.
Vedere quei bambini giocare a palla sulla spiaggia, mi strappa un sorriso.
Avrò molto da farmi perdonare.
Adesso siedo qui, su quella stessa vecchia barchetta sulla spiaggia dove mi ha portato Boris e chiudo gli occhi, lasciandomi trasportare dal rumore delle onde del mare.
 
“ Finalmente ti ho trovata!”. Questa voce mi costringe ad aprire gli occhi.
È Kai, posto in piedi a pochi passi da me. Che cosa ci fa qui? E vestito in quel modo?
Non ho neanche voglia di rispondergli, dunque mi limito a osservare altrove, infastidita.
 
 
 
***
 
 
 
 
È stata dura, ma sono riuscita a trovarla.
Noto con stupore che si era preparata per venire al matrimonio, ma qualcosa (posso immaginare cosa) l’ha fatta pentire.
Finge di ignorarmi, guardando altrove, mentre il vento le scombina i capelli. E non sembra avere intenzione di parlare.
“ Ok, non vuoi parlare? Non parliamo!”.
 
 
 
***
 
 
Ma che cosa vuole? E poi…come ha fatto a trovarmi?
Non ha un matrimonio oggi? E perché adesso si sta sedendo sulla barca accanto a me??
Resto immobile, fingendo di guardare oltre l’orizzonte.
Non dice più niente. Anche lui sembra osservare il mare di fronte a noi.
Sta aspettando che sia io a dire qualcosa?
 
 
 
***
 
Vuole il gioco duro? Non sa con chi ha a che fare?
Possiamo rimanere qui fino a domani mattina. Non me ne andrò finché non si deciderà a parlare.
Che c’è? ha esaurito tutti gli insulti la scorsa notte?
Sono sicura che hai altro da dirmi, Sarizawa.
 
 
 
***
 
 
 
Inizio a torturarmi le dita, nervosamente e improvvisamente mi rendo conto di avere addosso ancora l’anello, quell’anello con cui Rai mi ha chiesto di sposarlo. Ho ancora vivida in mente l’immagine di lui che estrae in maniera buffa la scatolina andata a finire sotto il suo sedere, mentre sedevamo sul divano.
Inizio a girare e rigirare quell’anello, mai tolto dal mio dito.
È strano, ma mi fa ancora sorridere quella scena.
In tutto questo tempo non ho minimamente pensato di toglierlo. Forse perché non ho mai realmente accettato il fatto che sia finita. In qualche modo riusciva a farmi sentire legata a lui. Era quasi una speranza. Ma adesso mi rendo conto della realtà. E la realtà è che Rai mi ha lasciata e non torneremo più insieme.
***
 
 
 
Il tempo scorre e nessuno dei due sembra intenzionato a proferire parola.
Forse…
“ Kai…”.
Il flusso dei miei pensieri viene improvvisamente interrotto dal suo richiamo.
Le presto ascolto, osservando assorto un punto indefinito della spiaggia, mentre lei continua a osservare la distesa marina.
“ Se… tu potessi…tornare indietro… cosa…cambieresti?” chiede con tono lento e quasi tremolante.
Non mi aspettavo una simile domanda. Wow.
Prendo un respiro profondo e rifletto seriamente in una risposta.
 
***
 
 
 
Non so il motivo di una simile domanda. Mi è venuta fuori così.
Passa qualche attimo di silenzio.
“ Non si può tornare indietro, quindi è inutile pensarci” dichiara con voce fredda e decisa.
Wow. La sua solita risposta-non risposta alla Hiwatari.
“ Io invece cambierei tutto!” affermo alzandomi e scendendo dalla barca sotto il suo sguardo indifferente.
 
 
***
 
 
 
Voleva una risposta? L’ha avuta. È quello che penso, più o meno. Non possiamo passare la vita a pensare cosa sarebbe stato giusto fare o no. Siamo il risultato delle nostre azioni, dobbiamo accettarne le conseguenze, per quanto sia difficile.
“ Non hai un matrimonio, o sbaglio?” chiede voltandosi in mia direzione, laggiù, in piedi, sulla riva del mare.
“ Sì…è vero!” affermo stancamente, alzandomi e togliendo qualche granello di sabbia dal vestito, mentre scendo dalla barchetta. Suppongo lei non abbia intenzione di venire, tuttavia… “Chi baderà a Hope?”. È un modo indiretto per farle cambiare idea.
Ci pensa un po’ su per poi affermare con aria superficiale “ Magari verrò più tardi…”.
Suppongo sia un modo indiretto per dire sì.
La osservo un’ultima volta e poi mi avvio in auto. Non ho neanche idea di che ore siano. Cazzo.
 
 
 
***
 
 
 
 
“ Cavoli! L’auto di Eva è qui! E di Kai nessuna traccia!!!”. Hilary è nervosa, ma ancora di più io. Ho provato a chiamare Hiwatari almeno venti volte, ma mi dava sempre irraggiungibile. Inoltre, ho sentito parecchi commenti in giro. Tutti si sono accorti dell’assenza dello sposo, in genere il primo a presentarsi in Chiesa. E invece, forse per la prima volta nella storia la sposa attenderà, spero non invano, lo sposo.
Kai, ti prego, ti supplico, presentati a questo matrimonio.
 
***
 
 
Finalmente sono arrivata in Chiesa. C’è parecchia gente ad attendermi, ma non riesco ancora a vedere Kai.
Esco dall’auto aiutata da mio padre che mi tiene per una mano e mia madre sistema il vestito.
Anche se ho ritardato circa trentacinque minuti, adesso tutti sono meravigliati dalla bellezza del vestito e, ovviamente, della sottoscritta.
I miei occhi cercano Kai: dov’è? che non sia ancora arrivato? Impossibile, ho ritardato di ben trentacinque minuti, avrebbe già dovuto essere qui.
“ Ma non vedo Kai!” commenta mia madre.
Vedo gli invitati sussurrare tra di loro qualcosa. Ma cosa sarà successo? Mio dio!
Ecco, laggiù c’è Yuri. Lo raggiungo a passi da gigante, sollevando il vestito. “ Dov’è Kai?” chiedo seriamente preoccupata.
Vedo sul suo volto i segni della disperazione.
“ Ecco, Kai ha avuto un piccolo contrattempo” spiega “ arriverà tra qualche minuto, tranquilla!”.
“ Yuri, Kai sarebbe già dovuto essere qui da tempo! Cosa è successo?”. Sto sudando. Tutto il trucco si rovinerà e credo che sverrò da un momento all’altro.
“ Quell’Hiwatari si fa aspettare anche nel giorno del suo matrimonio!” commenta acidamente mio padre.
“ Papà, smettila! Non ti ci mettere pure tu!”. Sono nervosa, sono …oddio.  “Datemi un telefono, subito!”.
“ Eva ti ho detto che sta per arrivare e”.
“ Dammelo subito!!” . Non gli do neanche il tempo di terminare. Gli urlo istericamente in faccia di darmi quel cavolo di telefono.
Improvvisamente la folla inizia ad annunciare l’arrivo dello sposo.
“ E’ qui, è qui!”.
Mi volto nella direzione indicata e finalmente lo vedo arrivare. Ho appena evitato un infarto. Porto una mano al petto, cercando di respirare in maniera regolare.
Kai arriva, ha addosso gli occhi di tutti.
“ Si può sapere dov’eri?” gli chiedo furibonda non appena mi raggiunge, per sentirmi dire con la sua solita nonchalance che era rimasto bloccato nel traffico. Decido di non approfondire, perché abbiamo un matrimonio da fare.
E così, spazzando via la rabbia, stampo sul mio volto un sorriso smagliante, prendendo a braccetto mio padre.
Dunque, la marcia nuziale può iniziare.
 
***
 
 
 
Percorro velocemente la navata centrale fino ad arrivare all’altare. Yuri e gli altri si sistemano nelle prime panchine e lui mi fa cenno di sistemare la cravatta.
Fatto.
La marcia nuziale ha inizio. Tutti si mettono in piedi, per vedere arrivare la sposa.
Eva percorre a braccetto di suo padre il lungo tappeto rosso che la condurrà all’altare. Il fotografo la riprende mentre sorride raggiante.
Beh, è bella, non c’è dubbio.
Eccola sta per arrivare. Ho una strana sensazione, non so se per l’emozione o per il fatto che non ho dormito, o non so cosa.
Forse ho stretto troppo il collo della cravatta. E inizio a sudare, di nuovo. Dentro questo vestito ci sono mille gradi.
Mi sorride, si vede che è felice e io mi sforzo di ricambiare. Yuri mi ha raccomandato di sorridere, ma non sono bravo in queste cose.
Ecco la messa ha inizio. Forza Kai, respira.
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Kai è appena andato via. Non so se andrò a quel matrimonio. Forse sì, ma non subito. Preferisco rimanere qualche minuto ancora qui. Questo posto mi trasmette serenità.
Chissà se è arrivato in tempo. Spero stia andando tutto bene, o Eva me la farà pagare a vita.
 
 
 
***
 
 
 
“ Dunque, se è vostra intenzione unirvi in matrimonio, alzatevi in piedi e passiamo alle promesse!”
Ecco, è arrivato il fatidico momento del sì.
Respira Kai, respira.
Il prete ci indica di metterci l’uno di fronte all’altro, guardandoci negli occhi. Lei continua a sorridermi, stringendo forte le mie mani. Io improvvisamente mi irrigidisco. Oh, cavoli.
Mentalmente prego, nella speranza che non inizi prima con me.
“ Eva…”.
Meno male.
“ Vuoi tu Eva prendere come tuo legittimo sposo il qui presenta Kai, per amarlo, onorarlo e rispettarlo, in salute e in malattia, in ricchezza e povertà, per tutti i giorni della tua vita?”.
“ Sì” risponde entusiasta senza nessun attimo di esitazione, osservandomi intensamente.
Ha detto sì.
“ E tu, Kai…”. Ecco, sta per chiederlo. “ Vuoi tu prendere…”.
 
 
***
 
 
Mi sento male per lui. Lo vedo molto teso ed ha deglutito non so quante volte.
In questo momento la sua non sembra affatto la faccia di uno che sta per sposarsi con la donna che ama. Sembra più che altro quella di colui che sta partecipando a un funerale.
Ti prego, qualunque sia la tua risposta, fa’ che sia quella giusta, Kai. Sei ancora in tempo.
 
***
 
“…come sposa, la qui presente Eva, per amarla…”.
Non ho mai sudato così tanto in vita mia.
“…onorarla…”
Ho persino la gola secca.
“… e rispettarla…”.
Le parole del prete echeggiano nella mia mente.
“…per tutti i giorni della tua vita?”.
Per tutti i giorni della mia vita.
Diamine, ti stai sposando Kai e te ne rendi conto solo adesso. È questo che significa il matrimonio? La mia risposta si fa attendere. Mi sento confuso. Voglio davvero fare una cosa del genere?
Eva inizia a fissarmi preoccupata.
 
 
***
 
 
Perché non risponde? Ma che gli prende? Sembra essere assente. Continuo a fargli cenno di affrettarsi a dare una risposta, ma lui non sembra neanche vedermi.
Ok, se non sono svenuta prima, lo farò adesso.
Che cosa gli prende?
In chiesa c’è silenzio, tutti attendono stupiti la risposta di Kai.
“ Kai…” gli sussurro a denti stretti, facendogli l’ennesimo cenno.
Le sue mani sembrano rigide, quasi di marmo.
 
***
 
 
 
“ Secondo te ci sta ripensando?” mi sussurra Boris.
Perché si è fatto venire i dubbi proprio adesso??
Vorrei andare là e prenderlo a schiaffi.
Rispondi Kai, forza.
 
 
***
 
 
 
Non so quanto tempo sia passato. So solo che non riesco a dare una risposta.
Eva è diventata tutta rossa e credo che tra qualche minuto le verrà una crisi isterica.
Alzo lo sguardo verso Yuri, il quale mi incita con lo sguardo a darmi una mossa.
“ Forse lo sposo è troppo emozionato…” commenta il prete, per sdrammatizzare.
Kai, dai, prendi fiato e dai la tua risposta.
“ Forse vuole un bicchiere d’acqua per riprendersi” continua a dire, mentre Eva inizia ad agitarsi, seriamente imbarazzata.
Kai, vuoi veramente sposarti con Eva?
“ Portate un bicch…”.
Ma non gli lascio finire la frase.
“ Sì”. È la mia risposta secca e decisa, che lascia sbigottito persino il prete, che sembra voglia risentirlo, come credo anche Eva, qui al mio lato.
“ Sì, lo voglio!” ripeto con più convinzione.
Tutti sembrano tirare un sospiro di sollievo, soprattutto Eva, che adesso mi sorride più serena.
“ Dunque, vi dichiaro marito e moglie!”.
Il prete annuncia ad alta voce la nostra unione, cui segue un rumoroso applauso da parte di tutti gli invitati.
Eva mi salta quasi addosso, per il famoso bacio finale, che non posso non ricambiare.
Ci sei riuscito Kai.
Ce l’hai fatta.
 
 
 
***
 
 
 
Non ha più senso tenerlo. Mi ricorderebbe troppo del mio matrimonio fallito.
Lo osservo un’ultima volta, portando avanti la mano. La pietra verde brilla alla luce del sole.
Poi decido di sfilarlo dal dito, stringerlo tra le mani un’ultima volta e infine lanciarlo in aria, lontano.
I miei occhi seguono un punto brillante nel cielo per poi cade in acqua, nel fondale marino.
Sembra quasi un addio.
L’addio che non ho potuto dargli quel giorno.
Spero tu conserverai un bel ricordo di me, come io lo conserverò di te, Rai.
 
 
 
 
“ Ciao, Hilary!”.
“ Anya!”.
Sono giunta al banchetto nuziale. So che è da maleducati non partecipare alla cerimonia, ma spero capiranno.
“ Che fine hai fatto?” chiede preoccupata.
“ Ho avuto dei problemi!”.
“ Sì, i problemi che hai preferito rivelare a Boris, piuttosto che alla tua migliore amica! Perché non mi hai detto di Rai e di tutto il resto?” chiede offesa.
Quindi sanno tutto.
“ Mi dispiace. Io ci ho provato, ma…”.
“ Ma cosa? Non ti fidi neanche più di me?”.
“ Non è questo…”.
“ Io ti avrei aiutata a superare tutto, non ti avrei fatta ubriacare e arrestare dalla polizia!”.
Questo lo so.
“ non mi sentivo pronta…”. Non sembra credermi a giudicare dalla sua espressione. “ ti chiedo scusa!”.
“ Adesso devo andare in bagno!” si congeda, offesa, voltandomi amareggiata le spalle.
“ Le passerà…” mi rassicura Yuri, arrivato alle mie spalle.
Lo spero.
“ Mamma, andiamo a prendere le cose da mangiare?”. Mi chiede la piccola, che sembra molto affamata.
“ Certo, tesoro!”.
Prendo la sua manina e ci avviamo a un piccolo buffet da consumare durante l’attesa.
Devo recuperare il tempo che ho perduto con lei. Per fortuna è piccola e spero che non si ricordi mai di quanto sua madre sia stata stupida in questo periodo.
 
 
 
 
Arrivano gli sposi. Sembrano felici. Bene. Sono contenta per loro. Mi unisco all’applauso generale, seppur non molto entusiasta.
Per la felicità di Kai, inizia il ballo degli sposi, ma la sua faccia sembra dire tutto e Yuri e Boris se la ridono sotto i baffi.
È proprio negato e Eva sembra innervosirsi.
Poi altre persone si uniscono in coppia per il ballo, persino Yuri e Hilary. Infine, Boris si avvicina, invitandomi a ballare e io, seppur controvoglia, accetto.
“ Ti consiglio di stare alla larga dal tavolo degli alcolici!” afferma beffardamente il platinato, stringendomi i fianchi.
“ Tranquillo, non ci penso neanche ad avvicinarmi!” gli sorrido complice, per poi casualmente incrociare lo sguardo di Kai, che mi fissa pensieroso, mentre si muove ballando con la sua ormai moglie.
“ Ah…Kai sa tutto!” mi avvisa Boris.
“ Sì, lo so…” rispondo continuando a osservarlo. Non capisco neanche se sta guardando me, o forse è una mia impressione.
 
 
***
 
 
 
 
Avrà detto la verità Boris? Che loro due non abbiano, insomma, che non siano stati insieme, davvero?
Non so cosa pensare.
Boris non è uno che  esce con le ragazze per amicizia o per consolarle in amore, come mi ha fatto credere. Tuttavia sembrava sincero.
“ Tutto ok?” mi domanda Eva.
“ Sì, tutto ok!”.
I suoi occhi puntano su Anya e Boris. Adesso lui la sta facendo girare su se stessa, strappandole un sorriso.
Non so cosa pensare…
“ Wow, da quando Anya e Boris sono così intimi?” commenta ironica Eva, avendo visto la scena.
Me lo chiedo anch’io.
“ Da quando Anya e Rai non stanno più insieme…” spiego con aria indifferente, riassumendo la storia e tralasciando i dettagli.
“ Cosa?”. La reazione che immaginavo. “ Da quando? E perché io non so niente?”.
“ Senti, non ha importanza adesso, ok?” le dico, accarezzandole una gote, per tranquillizzarla.
Evitiamo casini.
“ Hai ragione, godiamoci questa giornata!”.
Già, godiamoci questa giornata. Mi ripeto mentalmente, ritornando a fissare ogni tanto quei due.
 
 
 
 
 
 
 
La serata trascorre tranquillamente. Gli invitati sembrano essersi divertiti e soddisfatti.
Eva è impegnata a ballare con le sue amiche, Yuri e Hilary parlano seduti al tavolo e Boris osserva come sempre il sedere delle ragazze mentre ballano. Hope gioca rincorrendosi selvaggiamente con altri bambini: posso giurare di avere visto una enorme macchia sul suo vestitino bianco. Non appena la vedrà sua madre, saranno guai.
A proposito, non vedo più Anya. I miei occhi la cercano in mezzo a tutti gli invitati, in ogni angolo della sala, ma di lei nessuna traccia.
Decido di uscire fuori in giardino, magari si trova lì.
Scorgo immediatamente la sua figura: è seduta su una specie di altalena a osservare il cielo.
La raggiungo, prendendo dal vassoio di un cameriere due bicchieri di spumante.
“ Oggi sei molto solitaria…” esordisco, prendendola di sorpresa.
Era persa chissà in quali pensieri. Ma come al solito non ricevo nessuna risposta. Perciò opto per porgerle sotto al naso il bicchiere, nella speranza che lo prenda. Ma si limita a fissarmi interrogativa e con occhi sospettosi. “ Non ti ho vista per il brindisi…”.
“ Non c’è proprio nulla da brindare…” asserisce secca e pungente.
“ Stai scherzando? Mi sono sposato, non so se hai capito! Non capita tutti i giorni che Hiwatari si sposi!” spiego auto-ironizzandomi.
La sua espressione sembra confermare, e infine accetta di prenderlo.
Mi siedo sull’altalena accanto, bevendo qualche sorso, mentre lei si limita a tenerlo tra le mani.
“ Sai, ci ho riflettuto…” inizio a dire, rompendo il silenzio.
“ Su cosa?” chiede perplessa.
“ Oggi mi hai chiesto cosa cambierei se potessi tornare indietro…e… a dire la verità credo che…non cambierei nulla” rivelo, facendo spallucce.
È ancora più perplessa.
La verità è che…
“ Non riuscirei a immaginare una vita diversa da questa… e poi correggendo alcuni di questi errori, beh… non ci sarebbe Hope…”.
Ok, credo che questo sia il discorso più profondo e filosofico che io abbia mai fatto, e non ho neanche bevuto tanto.
 
 
 
***
 
 
Non ci sarebbe Hope.
Ha maledettamente ragione, per quanto odi ammetterlo.
Hope è piombata all’improvviso nella mia vita, sconvolgendola, e riflettendoci adesso , non riuscirei a immaginare una vita senza di lei.
Vista sotto questo punto di vista, ha ragione. Tuttavia, ogni cosa ha i suoi lati positivi e negativi.
“ A proposito…” dice alzandosi “ ti consiglio di dare un’occhiata al vestito di tua figlia, ma io non ti ho detto niente!” . Con un cenno mi saluta, ritornando alla festa.
Sorrido stizzita, quando lui è già sparito, per poi bere tutto d’un sorso il contenuto del bicchiere.
Da domani si ricomincia…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ciao a Tuttiiii! ^o^
Finalmente sono riuscita ad aggiornare. Questo è forse il capitolo più lungo che io abbia mai scritto, ma dovevo mettere insieme tutto o chissà quando sarebbe stato il prossimo aggiornamento. Ormai la puntualità non è più il mio forte -.-
Lascio a voi i commenti.
La storia parla da sé.
Anya è finalmente esplosa, ha confessato tutto e Kai ha deciso, stranamente, di dire sì. Molto strano visto che era stato poco prima assalito da mille dubbi e conflitti interiori.
Ditemi cosa ne pensate, mi raccomando!
Nel capitolo sono presenti strofe della canzone di Ed Sheeran “Photograph” (adoro questa canzone).
E infine, metto questo video trovato su youtube a mo’ di conclusione del capitolo. (mi sono fissata con i video ultimamente. La verità è che mi aiutano a trovare l’ispirazione XD)   https://www.youtube.com/watch?v=evmh2HrxDo4
Coooomunque, gente.
Mi auguro che il capitolo sia stato di vostro gradimento. Odiatemi se volete, per avere fatto dire sì a Kai, lo so… mi odio io stessa, ma state sicuri che le sorprese non finiranno qui. Ho in mente un sacco di cose malvagie ancora muahaahahah (oddio).
Un bacio e a presto!!
 
 
Henya

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Capitolo 35
*** Nuovo inizio, nuovi problemi ***


Eccomi arrivata. Conto mentalmente fino al tre per poi premere il dito sul pulsante del campanello di casa Ivanov. Seguono alcuni secondi, durante i quali prego mentalmente che qualcuno sia in casa, o meglio, che Hilary sia in casa, o ancora meglio, che Hilary sia in casa e decida di farmi entrare in modo da poter finalmente chiarire con lei.
“ Chi è?”. La voce di Yuri proveniente dall’altoparlante mi riporta alla realtà.
“ Sono Anya” rispondo avvicinandomi al citofono “ Hilary è in ca…”. Ma non ho il tempo di concludere la frase, poiché il cancelletto di ferro si apre istantaneamente.
“ Ok…” sussurro tra me e me, prendendo un profondo respiro.
Arrivata alla porta principale, ad accogliermi vi è un Yuri in tenuta da casa. “ Ciao Anya, accomodati!” con i suoi modi di fare sempre composti e gentili.
“ Scusami se non ho avvisato…” spiego varcando la porta di casa “…ma passavo di qui ed ho pensato di passare!” concludo, ovviamente mentendo.
“ Se cerchi Hilary, non è in casa!” spiega, arrivando al nocciolo della situazione.
Beh, è ovvio che Yuri ci sarebbe arrivato. Ed è ovvio che io abbia capito il messaggio implicito.
“ Non vuole vedermi vero?” domando perplessa.
“ Ti assicuro che non è in casa” ripete atono.
Ok, forse è vero, sarà uscita.
Sospiro tristemente, pensando di avere fatto un buco nell’acqua.
“ Vuoi un caffè?” chiede, invitandomi con un cenno a seguirlo in cucina, dove prontamente spegne un fornello.
 “ No, grazie! Ne faccio centinaia al giorno, ne ho le tasche piene di caffè!” spiego ironica, strappandogli un sorriso.
“ Hai ragione, non mi sembra il caso!” afferma con mezzo sorriso.
“ Mi odia vero?” domando, osservando con aria assorta il fumo fuoriuscire dalla tazzina che ha appena riempito di caffè.
Si ferma per osservarmi di traverso.
“ No, non ti odia…è solo arrabbiata” aggiunge poi, sorseggiando dalla tazzina. “ Ma non preoccuparti…le passerà! In questo periodo è arrabbiata col mondo intero, forse per via degli ormoni, sai come sono le donne incinte!” afferma, rivolgendo uno sguardo d’intesa con la sottoscritta.
“ Sì, lo so!” confermo pienamente consapevole.
“ Pensa che l’altro giorno si è arrabbiata perché mi ha telefonato una paziente che aveva bisogno di un consiglio!” confessa con tono allibito.
“ Beh, per una donna incinta il fatto che il proprio marito riceva delle attenzioni da un'altra donna…”.
“ Ha ottant’anni!” dichiara Yuri serio e impassibile , distruggendo la mia teoria all’istante.
“ Ah… ok, allora saranno gli ormoni!” concludo sorpresa.
“ Ma non le ho dato peso, capisco che è ansiosa per la nascita dei gemelli!”.
“ A proposito, quando nasceranno?” chiedo entusiasta.
“ Presto. Manca poco ormai… veramente poco!” risponde accennando un sorriso.
“ Non vedo l’ora!” esclamo entusiasta.
“ A chi lo dici!”.
“ Spero che…quando arriverà il momento, avremo già risolto la nostra piccola incomprensione” dico mimando delle virgolette.
“Si è sentita tagliata fuori dalla tua vita” sottolinea con tono ammonitore.
“ Sì è vero, ma io in quel momento non mi fidavo di nessuno, ero confusa e…”.
“ L’hai detto a Boris!” mi ricorda. 
“ Lo so, è strano che io l’abbia detto a uno come lui, ma in quel momento, in quella situazione… mi sembrava l’unico essere umano di cui potermi fidare!”.


***



So che non toccherebbe a me fare il terzo grado ad Anya, ma voglio cercare di capire cosa le sia successo, sia come psicologo che come amico.
“ Andiamo…proprio Boris??” chiedo sconcertato.
L’ha veramente detto? Non posso crederci. È forse l’unica donna al mondo ad avere affermato con convinzione una cosa del genere.
Boris, l’unico essere umano di cui poteva fidarsi?
“ Sì, lo so è strano ma…”.
“Boris è una persona immatura e irresponsabile, l’ultima persona di cui potersi fidare, credimi!”.
Lo conosco da molti anni, siamo cresciuti praticamente insieme e lo considero come un fratello. Ma se lo avessi conosciuto in altre circostanze, lo avrei sicuramente mandato a quel paese.
“ Lo so, ma credimi, si è dimostrata una persona disponibile e, a suo modo, gentile! Può sembrare strano ma…è stato un vero amico!” spiega accennando un sorriso.
Un vero amico.
Ora capisco. Quando quel giorno si è presentato nel mio studio, Boris stava parlando di lei. Ha cercato indirettamente di chiedermi aiuto ed io non ci sono riuscito. Beh, forse,  in fondo so che Boris non è una brutta persona: ha solo dei modi strani di dimostrarlo. È solo che, trovo strano che lui si sia dimostrato gentile e premuroso con un esemplare femminile, senza portarselo a letto. Forse, perché era ben cosciente delle conseguenze nefaste che ne sarebbero derivate.

***




Fantastico. Non sono riuscita a risolvere la situazione con Hilary e adesso, come se non bastasse,  sta iniziando pure a piovere. Sono costretta ad accelerare il passo, per arrivare velocemente al portone del mio condominio.
Mannaggia!
Tolgo la giacca, oramai inzuppata d’acqua e, volgendo lo sguardo verso la casella della posta, noto diverse buste al suo interno.
Wow, bollette, bollette, sfogliando quelle buste tra le mani, mentre salgo le scale… e ancora bollette. La rata mensile dell’asilo, il bollettino buono pasto dell’asilo, e… un momento! Questa cos’è? Una lettera dell’avvocato di Kai. Che cosa vorrà mai?
Curiosa e allo stesso tempo preoccupata, mi avvio in casa, gettando con noncuranza sul tavolo tutto quello che avevo in mano e apro la busta, strappandola nei peggiore dei modi.
Mi tremano le mani. Che cosa vorrà mai?
Ecco, apro la lettera e i miei occhi leggono attentamente ogni riga: è un appuntamento per domani pomeriggio nel suo studio.
Mi chiedo il perché. Kai non è in città; è in luna di miele con Eva e tornerà…beh non ho capito quando! Che sia ancora la storia dell’affidamento?
Credevo fosse finita lì, con quella stronzata dei turni!
Getto via quel foglio sul tavolo e mi sdraio esausta sul divano, osservando pensierosa il soffitto.
L’avvocato, l’appuntamento… cos’ha ancora in mente? Vuole togliermi la bambina?
Non avrebbe più senso ormai, dal momento che non partirò più per la Cina…






Hilary non mi ha richiamata, né ha risposto al mio messaggio. Pensavo che una volta che Yuri le avesse detto della mia visita, ieri, mi avrebbe contattata. E invece no.
Stringo il telefono tra le mani, osservandomi con aria affranta nello specchio dell’ascensore. Le mie enormi occhiaie sono un segno delle notti insonni passate. E non appena le porte si aprono, ricordo il motivo per cui sono qui.
Percorro velocemente il lungo corridoio, girando a destra e poi ancora a destra: eccola, è l’ultima porta in fondo. Deve essere proprio quella. Arrivo di fronte a quella porta di legno e, dopo avere preso un bel respiro, busso con decisione.
“ Avanti!” risponde una voce dall’interno della stanza.
Abbasso la maniglia ed entro. “Signora Sarizawa, prego, si accomodi!” mi invita cordialmente.
“ Avvocato Kuromi!” esordisco, cercando di far tremare il meno possibile la voce. “ Qual è il motivo di questo incontro?” domando, infine, arrivando subito al dunque.
“ Presumo che il Signor Hiwatari non le abbia detto niente” afferma,  sospirando stancamente.
“ No”. Figuriamoci.
La cosa inizia a preoccuparmi. Cosa avrebbe dovuto dirmi?
L’avvocato mette da parte dei fogli e, assumendo un’aria professionale, prende un respiro e inizia a parlare. “Vede, il Signor Hiwatari mi ha spiegato la situazione che si è venuta a creare e… ha preso la sua decisione riguardo all’affidamento della figlia!”.
Ecco, lo sapevo!
“ Ancora con questa storia dell’affidamento? Lui non può togliermi la bambina, non ne ha diritto!” affermo stringendo i pugni sulle gambe.
“ Ha annullato la pratica!”.
Stavo per continuare il mio discorso quando le sue parole mi ammutoliscono all’istante. Sbarro gli occhi e il respiro si interrompe per un istante.
Cosa?
Ha…annullato…la…pratica?
 “ Sì, ha capito bene! Il Signor Hiwatari ha deciso di annullare i documenti per l’affidamento, poiché ha spiegato che le cose hanno avuto uno sviluppo inatteso, ovvero, lei non si sposa e non partirà più per la Cina!”. Conclude, marcando, con una certa discrezione nel tono, le ultime parole.
“ Sì, è vero…” affermo atona, perdendomi nei miei pensieri.
Ieri, alla vista di quella lettera, ho temuto il peggio. Ero così ansiosa da non riuscire a dormire. Avevo paura che Hiwatari volesse nuovamente togliermi la bambina e, invece, non l’ha fatto. Tuttavia, è riuscito a vincere: se ha deciso di annullare tutto è solo perché ormai non si pone più il rischio della mia partenza per la Cina con Rai. È riuscito a rovinare tutto, come al solito.
 “ Tuttavia…”.
Tuttavia? Cos’altro ci sarebbe?
“ Il Signor Hiwatari chiede comunque il cambio di cognome della piccola!” spiega.
Dimenticavo la storia del cognome. Cavoli, mia figlia dovrebbe chiamarsi Hope Hiwatari?
Il solo pensiero mi fa raggelare il sangue. Non sono molto d’accordo e, poi, che senso avrebbe? Insomma, Hiwatari, Sarizawa, che differenza farebbe? Conoscendo la sua mente contorta, ho il vago presentimento  che ci sia qualcosa sotto.
“ Vorrei capire il motivo di questa richiesta!” domando con tono serrato. “Cosa implicherebbe?”. Sono sicura che anche questo cambio di cognome ha un preciso scopo e vorrei saperlo, prima di fare una sciocchezza.
“ Beh…” ecco che inspira per l’ennesima volta. E questo mi fa già intuire che i miei sospetti non sono infondati. “ Ovviamente non si tratta soltanto di un semplice cambio di cognome”. Immaginavo. “ Il Signor Hiwatari chiede il trasferimento della piccola Hope all’interno del suo nucleo familiare, in modo da provvedere a tutte le spese della figlia!”.
Sono sconvolta. Non ho parole.
“Il trasferimento nel suo nucleo familiare?? Cos’è ? Un modo alternativo di definire l’affidamento? Mi state prendendo in giro?” domando alterata.
“ No, si calmi!” tranquillizza con tono pacifico.
Si calmi un corno!
“ Sarà soltanto una formalità! La bambina rimarrà, difatti, sotto il suo tetto e continuerà a vedere il padre come ha sempre fatto.  La differenza sta nel fatto che lei non dovrà più preoccuparsi dell’ambito… economico: il Signor Hiwatari provvederà a tutte le spese della bambina”.
Cosa?? che cosa vuol dire?
 “ Io posso provvedere benissimo a tutte le esigenze di mia figlia!” ribatto duramente.
“ Beh, ne è proprio sicura?” domanda con aria di sospetto l’avvocato.
Certo che ne sono sicura. “ Non le è mai mancato nulla!”.
L’avvocato si limita ad uno sguardo perplesso e quasi diffidente. “ Le consiglio di parlare con Hiwatari prima di firmare i documenti!”.
Sì, parlerò sicuramente con Hiwatari, ma non cambierò idea.






“ Ti comunico ufficialmente che il tuo cellulare è morto!” afferma arrendevole Boris, dopo avere provato e riprovato a farlo funzionare. “ Si può sapere perché lo hai distrutto?”.
Beh… “ Ero in preda alla rabbia più totale!” mi limito a dire, sospirando stancamente.
“ E il motivo sarebbe?” domanda ulteriormente, incitandomi nel tono a proseguire.
“ Lasciamo perdere…”. Decido di chiudere il discorso, per poi prendere il mio cellulare, conservare la simcard e buttarlo nel cestino dei rifiuti, sotto lo sguardo allibito dei qui presenti Dana e Boris.
“ Ti ricordo che non puoi rimanere senza cellulare” interviene Dana.
“ Ti accompagno a comprarne uno!” propone Boris, beccandosi un’occhiataccia dalla mia collega.
“ Ma che persona disponibile!” mormora acidamente lei, mentre l’altro la incenerisce con il suo sguardo.
“ Va bene” affermo prontamente, prima che inizino a battibeccare come sono soliti fare.
Dana silenziosamente volta le spalle, sorridendo stizzita.
“ Ma che le prende?”
Boris si limita a fare spallucce, per poi finire d’un fiato il suo caffè.
E che telefono nuovo sia!





***


“ Mi raccomando, non distruggere anche questo!” le ricordo con tono ironico.
“ Non ci penso neanche. O per il prossimo dovrò aprire un mutuo!”.
Beh sì, oggi i cellulari costano un patrimonio, è vero.
“ E posso sapere adesso il motivo dell’ira funesta che ti ha fatto scagliare l’aggeggio? Spero tu non abbia ucciso qualcuno!” affermo divertito. Tuttavia, la cosa non sembra divertirla affatto.
“ Il motivo non è difficile da intuire!” spiega, camminandomi di fianco.
“ Hiwatari” affermo, tornando serio.
“ Già, le sue sorprese non finiscono mai, anche quando non è fisicamente presente!” afferma con tono triste, mentre arriviamo a piedi in officina.
A proposito di Hiwatari, non sarà affatto un piacere rivederlo quando tornerà dalla sua luna di miele, dopo tutte quelle cose che mi ha detto la mattina del matrimonio. Anya probabilmente non sa nulla di tutto questo, e credo sia meglio non lo sappia.
“ Beh, adesso è meglio che vada!” afferma controllando l’orologio al polso, mentre io sistemo alcuni oggetti sparsi sul tavolino. “ Grazie per avermi accompagnata!”.
“ Di nulla!” affermo, distrattamente, indossando la tuta da meccanico.
“ No, sul serio, grazie!” aggiunge poi, con una strana aria nel tono di voce, costringendomi a fermarmi e fissarla stranito. Non capisco.
“ Volevo ringraziarti per tutto, ecco!” spiega timidamente, accennando un sorriso.
Ok, credo di avere capito a cosa si riferisca.
“ Non ho fatto niente di che…”.
“ No, invece hai fatto molto” interviene prontamente, forse anche imbarazzata “ mi sei stato, a tuo modo, vicino e devo ammettere che non sei la persona rude e superficiale che vuoi far credere!” aggiunge divertita.
Rude e superficiale?
Gente, adesso sono io in imbarazzo. Perché mi sta dicendo tutte queste cose? Non so che dire. E non sembra avere finito con i ringraziamenti.
“ Beh… mi sono divertita e ho fatto pazzie che non credevo di poter fare e alcune magari, non me le ricordo neanche perché ubriaca!…sei stato un amico, grazie!”. Eccola che ringrazia per l’ennesima volta, lasciandomi interdetto.
Credo che nessuno mi abbia mai ringraziato così tante volte, anzi, credo proprio che nessuno mi abbia mai ringraziato… neanche una volta.
 “ Ok….ehmm… sono lusingato!” affermo beffardamente, grattandomi la nuca e cercando di mantenere un atteggiamento distaccato. “ non nascondo che è stato divertente vederti ubriaca mentre ballavi sui tavoli”.
“ Ballare sui tavoli?”. Dal suo tono, deduco che non si ricordi neanche questa parte.
“ Ehm… beh credo faccia parte dei tuoi non-ricordi!”.
“ Sono curiosa…c’è altro che dovrei ricordare?” chiede investigativa.
Beh, c’è la parte in cui mi sei saltata addosso e mi baciavi con una certa passione…ma forse è meglio non ricordare questa parte. Anche se ammetto che sarebbe divertente vedere la sua reazione.
“ No…non credo ci sia altro!” affermo con tono serio per tranquillizzarla.
“ Ok, meglio così!” afferma sollevata.
“ Quindi…niente più serate folli?”.
“ Credo proprio di no…” afferma, forse anche un po’ dispiaciuta “ Ho del tempo da recuperare con mia figlia. Sono una mamma, ricordi?” afferma scherzosamente.
“ E’ vero, quasi dimenticavo!” affermo ironico. “ Torni a fare la mamma a tempo pieno, dunque…” domando in maniera retorica.
“ Già, forse è la cosa che mi riesce meglio” risponde con sguardo pensieroso. “ Ci vediamo! Ciao!”. Saluta sorridendomi un’ultima volta e poi va via.
È strano, ma credo che… insomma, ho la vaga sensazione di esserci, sì, rimasto un po’ dispiaciuto. In fondo, non era male la sua compagnia.


***




È inutile telefonare ancora ad Hiwatari: mi risponderebbe sempre quella stupida segreteria telefonica. Ed è proprio questo il motivo per cui ho distrutto il mio povero vecchio cellulare. Se n’è andato metà del mio stipendio a causa di questo acquisto imprevisto.
Mannaggia a me e ai colpi d’ira!
Aspetterò il suo ritorno, sperando che il troppo sole delle Hawaii non abbia disintegrato il suo unico neurone.



*Qualche giorno dopo*



Sto pulendo un tavolo che i clienti hanno appena lasciato e improvvisamente, il cellulare all’interno del grembiule inizia insistentemente a vibrare, costringendomi ad appoggiare il vassoio sul tavolo e rispondere. Tuttavia, mi accorgo con sorpresa che non si tratta di una chiamata, ma di una serie ifnfinita di messaggi. Ma che co..? il gruppo di chat che Eva aveva creato per il suo famoso addio al nubilato viene invaso di messaggi e foto di lei e della sua luna di miele, cui seguono una serie di commenti scritti dalle altre galline. Perché sono ancora in questo stupido gruppo?
Ad ogni modo, decido di non perdere tempo dietro a questi messaggi e continuare il mio lavoro, quando ad attirare la mia attenzione è l’ultimo messaggio scritto proprio da sua biondezza Hernandez: “purtroppo è finita, stiamo per imbarcarci sull’aereo per Tokyo!”.
Perfetto, Hiwatari sta per tornare. Non vedo l’ora.
C’è un altro messaggio: Hilary mi ha finalmente risposto.
“ Scusami Anya, ho altro a cui pensare in questo periodo…”. Oh bene, la mora continua invece a fare l’offesa…





*L’indomani*

Sono sempre qui, a lavoro e il mio telefono viene continuamente invaso da stupidi messaggi. Devo uscire da quel gruppo! Non ho trovato neanche un commento di Hilary. Forse perché anche lei non è minimamente interessata nel partecipare a questa conversazione.
Ma ecco un messaggio di Hiwatari: “Prendo io Hope”. Secco e coinciso, mi sembra persino di sentire il tono apatico con cui pronuncerebbe queste semplici tre parole. Beh mio caro Hiwatari, dovrai usare più di tre parole per spiegarmi la storia dell’avvocato.






***




“ Domani posso vedere il cagnolino?” domanda timidamente la piccola che tengo in braccio.
“ Sì, certo…”.
Siamo giunti al quinto piano. Ho avvisato Anya che stavo per salire e spero abbia letto il messaggio. Poggio la piccola a terra e busso.
Pochi istanti e la porta si apre, lasciando spazio alla figura di Anya, che in tutta la sua serietà afferma “ La prossima volta aspettami giù, scenderò io!” per poi prendere lo zainetto di Hope.
Tecnicamente il cinese non è più presente e non c’è il rischio di incontrarlo. Dunque, di cosa hai paura, Sarizawa?
Decido di tenere per me questo dubbio.
“ Hiwatari… passata bene la luna di miele?” domanda ironica.
Beh, diciamo che il mare e il sole e il caldo non mi entusiasmano molto, tuttavia Eva sembra essersi divertita.
“sì…” mi limito a dire, con tono superficiale.
“ Visto che sei tornato, puoi finalmente spiegarmi tutto?”.
Non capisco. Tutto? La mia espressione gli comunica di essere più chiara.
 “ Sono stata dall’avvocato e mi ha detto tutto!” mi ricorda un tantino alterata nel tono.
Ah…quel tutto.
“ Beh se ti ha detto tutto, cosa vuoi sapere da me?”.
“ Non fare lo spiritoso Hiwatari! Credi forse che io non possa provvedere ai bisogni di mia figlia??” chiede con disappunto.
“Perché tu credi il contrario?!” affermo con aria di sfottimento.
“ Certo che sì!” ribatte duramente.
“ Oh io invece penso proprio di no!”.
“ Ma cosa ne sai tu?!”.
È davvero una stupida. Forse è meglio che la aiuti a rinfrescare un po’ la memoria.
“ Allora dimmi, chi ha pagato finora la tassa dell’asilo di Hope?”.
La mammina si è finalmente ammutolita.
“ Che cosa c’entra! Ultimamente l’ho pagata io e continuerò a farlo senza l’aiuto di nessuno!” asserisce categorica.
“ Sì, certo! E mi spieghi come pagherai l’affitto e le bollette e tutto il resto con un misero stipendio da cameriera?!”. Beh non sarei voluto arrivare a tanto, ma sono costretto, vista la sua ostinazione.
“ Non sono affari tuoi!” controbatte con rabbia.
“ Non sono affari miei? Quella è mia figlia e non voglio che vada a vivere sotto un ponte!”.


***




Ma come osa dire una cosa del genere? Crede che, solo perché io non sia ricca sfondata come lui, debba finire a vivere in mezzo ad una strada? Questo è davvero troppo. Questa è solo una pagliacciata per denigrare me e il mio lavoro, non gli importa nulla di sua figlia.
“ Oh si certo, adesso è tua figlia e pensi ai suoi bisogni!” gli ricordo acidamente.
“ Non cominciare con questa storia!” asserisce minaccioso.
“ Mi spieghi perché dovrebbe chiamarsi Hope Hiwatari se non sa neanche che sei suo padre!?!?”.  Oh, questa volta sono stata io a metterlo in difficoltà, per una buona volta!
Si limita a serrare occhi e labbra pensando probabilmente a una serie di insulti.
“ Tu firmerai quei documenti, o sarò costretto a prendere provvedimenti peggiori!” afferma minaccioso, per poi voltare i tacchi e andare via, lasciandomi qui, sul ciglio della porta a fissarlo contrariata.
Provvedimenti peggiori.
Non posso crederci: il peggio non ha mai fine!
Credevo che la storia dell’affidamento si fosse conclusa e invece si è trasformata in qualcosa di… di peggiore. Chiudo la porta, con viso affranto, per poi osservare quel mobiletto in corridoio pieno di bollette e altre cose da pagare.
Ultimamente le cose non vanno molto bene, lo ammetto. Fino a poco tempo fa era Rai a occuparsi di tutto questo, ma adesso, beh… mi sto rendendo conto che il mio misero stipendio non basta a mantenere tutte le spese. Vado a lavoro a piedi per non pagare i mezzi pubblici e non rinnovo il mio guardaroba da tempo immemore. Potrei chiedere un aumento, ma so già che non sarebbe possibile.
Espiro, chiudendo gli occhi e massaggiandomi le tempie.
Non posso chiedere soldi ai miei genitori: mi costringerebbero a vivere con loro, ed io non voglio! Ho la mia indipendenza oramai, la mia casa… la mia vita. Certo, ultimamente fa un po’ schifo, ma…
Mi accascio sul divano, ad osservare Hope davanti al tavolino a giocare con un puzzle.
Non può rinunciare all’asilo. È una tappa molto importante dell’infanzia che le consente di giocare con altri bambini, colorare e sviluppare la sua creatività.
E poi, dove dovrebbe stare mentre io sono a lavoro? No, è fuori discussione, Anya.
Potrei trovare un secondo lavoro, anche se equivarrebbe a non avere più tempo neanche per grattarmi la testa.

Il fatto è che non voglio firmare quei documenti, non voglio i suoi soldi e non voglio subire questa umiliazione.
Devo trovare una soluzione!








“Un secondo lavoro?”.
“ Sì, insomma… non hai altri annunci?” chiedo speranzosa.
“ No, solo questi da dog-sitter!” mi fa notare Boris.
Ma che lavori sono? Non ho tempo di portare dei cani a spasso!
“ Mi dici perché cerchi un secondo lavoro?” chiede stranito.
“ Per vivere??” gli ricordo ironica e seccata.
“ Oh, si certo… vivere…” ripete insospettito.
“ Sono nella merda!” confesso infine, disperata.
“ Benvenuta nel mio mondo!” afferma lui, spingendo il carrellino dove poggia la schiena per poi ritornare sotto la macchina, lasciandomi qui in piedi a maledire la mia vita mentalmente.





“Ma sei stupida?” mi fa notare Dana, con la sua solita delicatezza.
“Io non accetterò mai i suoi stupidi soldi!” rispondo offesa.
“ e invece dovresti!” dichiara autoritaria.
“ Ma sei stupida?” le faccio notare, stavolta, io.
“ E’ il minimo che lui possa fare dopo tutto quello che ha combinato!” spiega come fosse la cosa più ovvia del mondo.
“ I suoi soldi non allevieranno le sue colpe!”.
“ Ma cosa te ne frega! Fossi in te, io accetterei quei soldi!”.
Questo suo atteggiamento mi stranisce.
“ Dov’è andato a finire il tuo odio femminista verso il sistema patriarcale?” chiedo perplessa.
“ Quando si parla di soldi tutto è lecito!” dichiara con convinzione, per poi uscire dalla cucina e ricordarmi infine “Non essere stupida Anya! Sai benissimo che guadagniamo una miseria!”.
E questi me li chiama consigli??
Bah! Qui ci vorrebbe Hilary, ma è troppo occupata a tenermi il broncio per aiutarmi!
Vorrei tanto sparire dalla faccia della terra.












*Qualche giorno dopo*

Messaggio*Hiwatari: “Domani dall’avvocato per firmare i documenti”.
Bene, dà per scontato che io verrò. Sì, ma per strappare quei fogli!





***




Sto perdendo la pazienza e credo la pensi allo stesso modo anche l’avvocato. Abbiamo provato in tutti i modi a convincere questa testa di marmo a firmare quei documenti, ma continua ad avanzare delle ipotesi che sa benissimo essere infondate.
E proprio quando sembra essersi convinta, ecco che poggia la penna sul tavolo affermando un sonoro e adirato “Io non ci riesco!”.
Ok, adesso la uccido.
Faccio cenno all’avvocato di uscire e lasciarci soli. Quindi, questi si alza, con volto stanco, e si chiude la porta alle spalle, lasciandoci nel silenzio più totale.
Mi fermo a fissarla minaccioso, mentre lei se ne sta a braccia conserte e osservare accigliata chissà dove.
“ Si può sapere qual è il tuo problema? Hai ammesso anche tu che non ce la fai economicamente!”.
Proprio così: dopo una serie di torture psicologiche lo ha finalmente ammesso, alleluia.
“ Proprio non capisci: io non voglio i tuoi soldi!” spiega per l’ennesima volta.
“ Non sono per te, sono per Hope! Non è difficile da capire!”. È proprio stupida.
“ Non ha importanza!”.
Ha proprio la testa dura.
“ Anya, o questo o l’affidamento!”. La metto di nuovo di fronte a questo bivio.
“ Ah, quindi passiamo alle minacce!” esclama contrariata.
“ Mi ci stai portando tu a farlo! Finora ho usato le buone maniere, ma adesso basta!” affermo categorico, facendola tacere intimorita.
“ Non puoi togliermi la bambina…” asserisce a denti stretti.
“ Io non voglio togliertela! Non hai capito un cazzo finora!”.
Ecco che sospira per l’ennesima volta.


***


Non lo sopporto. Vorrei uscire da questa stanza immediatamente, ma so che non me lo permetterebbe.
Ammetto che ha ragione, ma il mio orgoglio mi impedisce di firmare. Non è che non voglio, è solo che non riesco a fidarmi di lui. Mi sento come se, firmando questi documenti, gli consegnassi mia figlia. Ogni volta che prendo quella penna in mano, provo una terribile sensazione. Ad ogni modo, le sue ultime parole mi suggeriscono che forse è giunto il momento di prendere una decisione: Anya, metti il tuo odio da parte e pensa al futuro di tua figlia.
“ Mi assicuri che si tratta soltanto di una formalità?” chiedo, stavolta con tono serio e pacato.
Ecco che porta gli occhi al cielo “ E’ quello che ti sto dicendo da un’ora!”.
Vi starete chiedendo perché sono qui e cosa mi abbia fatto cambiare idea.
Beh, l’altro giorno sono andata a prendere Hope all’asilo e sulla strada del ritorno, camminando mano manina, ci siamo soffermate davanti alla vetrina di un paio di negozi. In uno in particolare, Hope era stata attratta da un giocattolo: era una di quelle cucine per bambine, super attrezzate e, ovviamente, super costosissime. Mi ha implorato più volte di entrare per comprarla, ma ho dovuto recitare la parte della madre cattiva.
Sono cose che non posso permettermi di comprare, viste tutte le spese che mi ritrovo ad affrontare ogni mese.
Ma non è questo giocattolo il punto.
Questo spiacevole evento mi ha fatto riflettere e sono arrivata alla conclusione che io… non posso farcela. Purtroppo è così. Non guadagno abbastanza e quel poco che ricevo svanisce in un battibaleno.
Non voglio far mancare nulla a mia figlia, quindi…
Prendo in mano la penna e senza indugiare ulteriormente, pongo la mia firma su quei fogli, sotto gli occhi, credo, quasi increduli di Kai.
Anya Sarizawa.
Fatto.
E adesso poggio la penna con forza sulla scrivania e senza perdere tempo, mi alzo e prendo la mia borsa.
“ Hai vinto… Hiwatari!” mi limito a dire, senza incrociare il suo sguardo.
Lui non risponde, rimane seduto lì a fissare la mia figura che si avvia alla porta e svanisce, lasciandolo lì da solo, avvolto dal profumo della sua vittoria.



***



“ Congratulazioni Signor Hiwatari, ce l’abbiamo fatta!” afferma allegramente l’avvocato porgendomi una mano.
Rimango qualche secondo immobile a fissare quella mano.
“ Non è felice?” domanda stranito del mio atteggiamento.
“ Sì…certo!” rispondo, scacciando via alcuni pensieri. Quindi ricambio la stretta di mano, per poi alzarmi e andarmene.
Salgo in macchina, apro il finestrino e accendo una sigaretta, poggiando stancamente la testa sul sedile.
E’ strano… dovrei essere contento e invece non lo sono, anzi, mi sento quasi, beh… in colpa? No, non è questo, è piuttosto insoddisfazione?
No, in realtà non saprei definire questa sensazione. Ad ogni modo, la cosa fondamentale è che abbia firmato quei documenti.





“Cosa hai fatto??”.
“ Senti, ne avevamo già parlato!”.
“ No, Kai, ti sbagli, non ne abbiamo parlato!”.
“ Sì invece…” le ricordo stancamente, togliendomi gli indumenti di dosso sotto il suo sguardo furioso.
“ Me lo ricorderei!” ribatte acidamente.
Sì, è vero. Non è una che dimentica le cose facilmente, quindi mi sa che non le ho mai detto niente, ma non ho intenzione di smentirmi.
“ Magari non te lo ricordi!” dico, fingendo.
Si limita a stringere un pugno… “ Ad ogni modo! Non mi sembra giusto quello che hai fatto! Hai intenzione di mantenere economicamente quella …”. Lo so, vorrebbe dirlo, ma si costringe a non farlo “ quella lì???”.
Perché nessuno mi capisce quando parlo?
Devo ripetere le cose dieci mila volte al giorno.
“ Non manterrò lei, ma mia figlia!” spiego, stavolta con un tono categorico.
“ Sì… e chi credi che gestirà i soldi? Pensi che la cara mammina userà i tuoi soldi per comprare cose alla figlia?? Si pagherà l’affitto, le bollette…” inizia a contare sulle dita “ poi magari un televisore più grande, dei vestiti, i trucchi, e perché no…anche un’auto!!” conclude iraconda.
Ora mi incazzo.
“ Senti, non mi interessa che cosa farà con quei soldi, ok?? Non è affar mio e soprattutto , non è affar tuo!” concludo stavolta io, lasciandola di sasso per qualche istante.
“ O certo, scusami se adesso sono tua moglie e non conto ugualmente come prima un cavolo per te! Continua pure a escludermi dalle tue decisioni, come hai sempre fatto! Buonanotte!”. Tira le coperte e si copre fin su la testa, dandomi le spalle e lasciandomi qui seduto a portare gli occhi al cielo e sospirare stancamente.
Iniziamo bene…






Salve a tutti 
Sono ritornata dopo un bel po’ di tempo, perdonatemi!
Ho deciso di pubblicare questo capitolo, che non mi convince molto, ma avevo bisogno di scrivere! È un capitolo di transizione dopo la strage avvenuta nel precedente capitolo.
Hilary è ancora adirata con Anya. Kai annulla la pratica per l’affidamento di Hope, Anya riesce infine a convincersi e firmare quei fogli! Avrà fatto bene?? Eva anche nel ruolo di moglie non conta nulla per il nostro neosposo!
Nel prossimo capitolo ci saranno nuove sorprese. Penso potrebbero nascere i gemellini Ivanov. Hilary e Anya faranno pace?
Perché Hiwatari si sente insoddisfatto?
Grazie a chi legge e chi commenta, un bacione a tutti

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Capitolo 36
*** Fine dell'attesa ***














Hope Hiwatari. Mia figlia adesso si chiama veramente Hope Hiwatari? Stento ancora a crederci! E poi suona così, così… Andiamo, nome e cognome che iniziano entrambi per la medesima lettera H?
Sono a lavoro e mentre lucido i bicchieri appena lavati, penso e ripenso nella mia mente a tutta questa faccenda.
Hope Hiwatari. Ok, la h è una lettera che non ha un suono, è muta, quindi Hope e Hiwatari inizierebbero rispettivamente  per O e I?... Andiamo, suona così ridicolo.
“ Sarizawa”.
Ecco, Sarizawa suona proprio meglio. Beh, suonava meglio. Hope Sarizawa.
“ Anya! Mi ascolti!”.
E se avesse mantenuto anche il mio cognome? Hope Hiwatari Sarizawa. Magari suonerebbe meglio al contrario: Hope Sarizawa Hiwatari. Sì, suona decisamente meglio!...
Nah, sarebbe stato troppo lungo.
“ ANYA, CI SEI!!!” Grida qualcuno alle mie spalle, con voce seriamente inferocita, facendomi sobbalzare e voltare in sua direzione. Uh, è Dana!
“ C’è la tua amica che ti aspetta di là, vuole parlarti, quindi scendi dal mondo dei sogni!” spiega brevemente e minacciosamente, come a suo solito.
Una mia amica? Che sia Hilary?
Lascio immediatamente il bicchiere che stavo pulendo sul tavolo e mi dirigo in cucina quasi correndo. Ma arrivata a  destinazione, la mia si rivela una vana speranza. Oltre il bancone non c’è Hilary, come speravo, ma quella odiosa e velenosa serpe di nome Eva.
“ Eva…” esordisco forzando un sorriso che non sa se essere sorpreso o amareggiato, o entrambe le cose.
“ Anya! Come stai? Ti trovo bene!” domanda con una insolita allegria e cordialità nel tono.
“Sto bene, grazie! E tu? Ti trovo… beh… abbronzata!”.
Il suo colore di pelle è una sfumatura tra il marrone e l’arancione. Eppure Hiwatari mi è sembrato talmente bianchiccio. Sarà che pure i raggi solari evitano di colpire quell’essere immondo!
“ Oh, sono felice che si noti! Questo viaggio di nozze alle Hawaii è stato un toccasana. Era proprio quello che desideravo: mare, sole, spiaggia, frutti tropicali!” racconta con aria sognante.

Le Hawaii sembrano avere tutte le caratteristiche di un luogo che a Hiwatari non piacciono affatto. Lui sarebbe stato più un tipo da “Viaggeremo verso le fredde tundre dell’Alaska!”. Ad ogni modo, contenti loro…
“ A proposito!” esclama all’improvviso, tirando fuori da non so dove un sacchetto, porgendomelo con un sorriso a trentadue denti “ Un souvenir per te!”.
Un souvenir. Per me?
Sono sbigottita. E credo che la mia faccia lo stia dimostrando pienamente.
“Avanti, aprilo!” mi incita.
Ok…ehm. Afferro il sacchetto e tiro fuori un oggetto contenuto a sua volta in un’altra busta e avvolto poi in un foglio di carta di giornale. Cos’è? una matrioska? Credevo che quelle le vendessero in Russia! Ad ogni modo, scartato ogni possibile involucro dall’oggetto, riesco finalmente a trovarlo e…e… che diamine è??
Rimango un po’ perplessa alla vista di questo souvenir dalla forma bizzarra che tengo tra le mani. Eheh, mi viene quasi da ridere e fare una pessima battuta, ma decido di risparmiarmela. Resasi conto, evidentemente del mio punto interrogativo stampato in fronte, sua biondezza Hernandez decide di intervenire e dare delucidazioni in merito.
“ è una statuetta indigena delle Hawaii, è il dio della fertilità e dell’abbondanza! Ti piace??”.
Perché regalarmi una cosa del genere? Il dio della fertilità? A me sembra più che altro…
“ Sì, è un bel pensiero. Ti ringrazio!” rispondo cercando di mostrare un tono alquanto convincente.
“ Ah, sono felice!” esclama contenta, per poi cambiare improvvisamente tono. “Ho saputo, cioè… Kai mi ha raccontato quello che è successo…” esordisce con una certa discrezione nel tono. “ Che tu e Rai…insomma…non state più insieme!”.
Ah, ecco. Non ha perso tempo a chiederlo.
L’ultima cosa che volevo fare era affrontare questo discorso con Eva.
A queste parole mi irrigidisco, stringendo ancor più forte quel souvenir che, non so per quale diamine di motivo, mi ostino a tenere tra le mani.
“ Non… me lo sarei mai aspettata!”. Si mostra quasi dispiaciuta, ma so in realtà che dentro di sé starà godendo dalla felicità. Non riesco a dire nulla, a spiccicare una singola parola. Non ho più affrontato questo argomento dopo quel giorno. In realtà aspettavo di parlarne con Hilary, ma a quanto pare, è troppo offesa per vedermi e ascoltarmi. Tuttavia, davanti a lei devo mostrarmi forte.
“ A volte succede quel che meno ci aspettiamo” affermo, con una certa tristezza nel tono. “ Come ad esempio, nessuno si sarebbe aspettato che Hiwatari dicesse il famoso sì e giurato fedeltà eterna”. Sì, l’ho appena detto. In fondo è la verità.
Anche se si mostra nella sua compostezza e serenità, so che le mie parole l’hanno punta a dovere.
“ L’ironia della sorte ha voluto che il tuo matrimonio fallisse e che io Kai ci sposassimo. Non lo trovi bizzarro?” . Quasi scoppia a ridere. La detesto. È venuta qui per vantarsi della sua felicità?  Vorrei tanto prenderla a calci e colpi in testa con questo stesso souvenir che mi ha portato.
“Non lo trovo divertente!” puntualizzo con tono offeso, facendola tornare improvvisamente seria.
 “ Hai ragione, non è divertente! E mi auguro che tu ritrovi presto la tua strada, e spero vivamente che non si incroci con quella di un uomo già impegnato e per giunta sposato, con il quale hai una figlia!” conclude fissandomi minacciosa. “So dei soldi…” aggiunge poi, rincarando la dose.
“Non glieli ho chiesti io!” rispondo prontamente.
“ Lo so, ma spero che tu non interpreti in maniera sbagliata questo…chiamiamolo, gesto di carità da parte di Kai!”. Sapevo che non avrei dovuto accettare.
“ Infatti! È solo per nostra figlia!” spiego con tono secco.
“ Nostra?”. Trattiene una risata. “Ascolta, so che tu e lui avete una figlia, e purtroppo questo non si può cambiare, ma ti consiglio di rimanere nella tua posizione, ovvero fuori dalle nostre vite. Se Kai vuole darti dei soldi, beh che faccia pure, ma tu non sentirti troppo in debito nei suoi confronti. Non so se mi sono spiegata!”.
Sono confusa e sconvolta allo stesso tempo. Credo di avere capito a cosa voglia alludere e, e…assurdo quello che sta pensando. Crede che io possa fare qualcosa con Kai solo per sdebitarmi? Crede davvero questo? È, ripeto, assurdo.
“ Sei completamente fuori strada e non ti permetto di potere solo pensare una cosa del genere!” ribatto duramente. Mi sento sinceramente offesa. Io detesto il suo neo-marito, non vedo perché dovrei fare una cosa del genere. Non sono una sfascia famiglie come lui.
“ Può darsi, ma alcune esperienze passate mi costringono a non abbassare la guardia, neanche quando le cose sembrano andare per il verso giusto! Anzi, forse è in questi momenti che dovrei iniziare a preoccuparmi!” spiega, convinta della sua teoria.
Non ho il tempo di replicare, poiché proprio in questo preciso istante si apre la porta del locale e fa il suo ingresso Boris, per il suo solito caffè delle undici del mattino.
“ Aloa!” afferma il russo volgendo il suo sguardo alla bionda e sedendosi accanto a lei.
“ Huznestov! Allora sei vivo!” risponde lei, con tono pungente.
“ Proprio così. La cattiva erba non muore mai!” afferma sarcastico “ Vedo che il tuo corpo ha assorbito parecchi raggi solari!” aggiunge poi, squadrandola per bene.
“ Farebbe bene anche a te un po’ di sole! Con quella pelle bianco latte che ti ritrovi!” lo schernisce lei.
“ No grazie!  La mia pelle è molto delicata!” ribatte prontamente, assumendo un atteggiamento effemminato.
“ Sei proprio irrecuperabile, come Kai!” afferma infastidita. “ Ad ogni modo. Io devo andare! Ci si vede! Byee!”. Ecco che prende la sua borsetta, dileguandosi all’istante, non prima di avere lanciato uno strano sguardo alla sottoscritta.
A me sembra lei quella irrecuperabile…” commenta sottotono Boris, trovando nel mio sguardo conferma. Poi afferra delle patatine poste sul bancone;  si ferma a guardarmi perplesso. Sta fissando accigliato e confuso l'oggetto che tengo in mano.
 “ Anya…”. Ti prego non dirlo. “ perché hai un pene di legno in mano?”.
Ecco, l'ha detto! Lo sapevo.



***




“ Non l’hai più chiamata vero?”.
Yuri è appena rientrato in camera e si infila nel letto accanto a me. Tolgo stancamente gli occhiali da vista, sbuffando sonoramente. Basta, ho male agli occhi. Continuerò a leggere queste pratiche del tirocinio domani.
“ Non ancora…” rispondo con un fil di voce, mettendo da parte sul comodino tutto quello che avevo in mano.
“ Andiamo, per quanto ancora farai l’offesa? Quella ragazza sta morendo dalla voglia di parlarti!”.
“Non l’ha fatto prima e non vedo perché dovrebbe farlo adesso!”.
I suoi occhi sono severi su di me. “Lo so, sto esagerando! Il fatto è che in questo periodo non ho tempo. Dopo la nascita dei gemelli penserò a lei! Ormai ci siamo! Quanto manca secondo te?” concludo osservandolo col volto della disperazione.
“ Non lo so. Chiediamolo direttamente a loro!”. Ma che sta dicendo. È serio?
Improvvisamente avvicina il suo orecchio al pancione e mima il gesto di bussare. “ Toc, toc, gemelli Ivanov”. Ok è impazzito, ma ammetto che la cosa riesce a strapparmi una risata. “ Se avete intenzione di nascere tra una settimana, battete un colpo adesso!”. Gliel’ha chiesto veramente. Seguono alcuni secondi di silenzio, durante i quali attendiamo curiosi un qualche minimo movimento. Ma nulla. “ Allora nascerete tra due settimane?” chiede stavolta, imperterrito. Mi sono accorta che ride sotto i baffi.
“ Andiamo Yuri, non si m…”. Non ho il tempo di finire la frase perché un leggero colpetto ci avvisa che i due Ivanov sono svegli e pimpanti, quasi stessero davvero comunicando con noi.
“ Visto? Tra due settimane!” afferma divertito, accarezzando il pancione, per poi rimettersi comodo.
“ Vedremo!” rispondo non molto convinta. “ Aspetta, aspetta! Si muovono ancora, senti!”. Prendo la sua mano e la faccio poggiare proprio nel punto in cui uno dei due sta muovendosi. “Ascolta, stanno dicendo qualcosa: papà, papà Yuri!” inizio a dire imitando la loro vocina. Yuri mi fissa divertito. “ Papà!” continuo. “ Devi rispondergli!” spiego a Yuri,  stranito. “ Avanti!”. Lo incoraggio e lui porta gli occhi al cielo, decidendo, infine, di stare al gioco.
“ Sì, figlioli!” risponde in un finto e forzato tono solenne.
“ Papà, crediamo di avere voglia di qualcosa!”.
Yuri ha capito dove voglio arrivare. “ Voi avete voglia di qualcosa?” sussurra sottotono, mentre i suoi occhi poggiano con sospetto su di me.
“ Sì… abbiamo voglia di quel gelato che la mamma ha posato in frigo dopo cena, ne era rimasto un bel po’” spiego, imitando sempre quella tenera vocina.
“ Ah, vedo che oltre a sentire, ci vedete anche benissimo!”.
Lo ammetto, la sua faccia mi fa ridere in questo momento.
“ Dunque presumo che dovrei scendere e andare a prenderlo!” dice, facendo finta di rivolgersi ai piccoli ma fissando la sottoscritta.


***


Perché ho deciso di stare al gioco? Avrei dovuto immaginare che aveva uno scopo ben preciso: far alzare il sottoscritto per scendere in cucina.
“ Credo proprio di sì. Sai la mamma ha i piedi gonfi!”. Mi porto una mano in fronte: sta veramente parlando ancora con quella vocina? E guarda come se la ride adesso.
“E va bene, accontentiamo la mam… cioè, questi due teneri bambini!” dico, fingendo di correggermi. E così decido di alzarmi, indossare le pantofole e avviarmi al piano di sotto a soddisfare l’ennesima voglia di mia moglie. Avrei dovuto comprare un frigo bar da tenere in camera. Mi sarei risparmiato di scendere diecimila volte a notte, in questi lunghi nove mesi. La mia mano afferra la maniglia della porta, quando la vocina decide di aggiungere qualcos’altro alla lista dei suoi desideri: “ Ah, papà…già che ci sei, ci dovrebbero essere dei deliziosi biscottini nella dispensa!”.
Mi volto in sua direzione con le stesse movenze di un robot e mi fermo a fissarla cercando di non far tremare troppo l’occhio. Ha un sorriso angelico stampato in volto.
Ok, meglio sbrigarsi. Esco velocemente fuori dalla camera e scendo le scale, quando alle mie orecchie arriva la voce di Hilary, stavolta la sua vera voce : “E non dimenticare il cucchiaino!”.
Santa pazienza…





***



Indosso velocemente la giacca e prendo dal mobiletto posto all’ingresso tutto quello che mi serve: chiavi, portafogli e sigarette. Cazzo, l’accendino. L’ho di nuovo pers… ah no, è dentro la giacca. Posso andare, ma una voce alle mie spalle mi ferma. “ Dove stai andando?”.
Eva.
“ Sto uscendo” mi limito a dire seccato.
“ Questo lo vedo. La mia domanda era –dove stai andando, punto di domanda”. Questo l’avevo capito. Si crede spiritosa oggi. Ma che vuole?
“ Sto andando a prendere Hope!” spiego velocemente per poi afferrare la maniglia della porta.
“ Ah sì? E dove andate?”. Ecco, mi blocco di nuovo, imprecando mentalmente.
“ Al centro commerciale, credo…”. Quante domande. Cos’è tutta questa curiosità?
“ Posso venire con voi?” chiede con tono speranzoso. Cos’è questa novità?
“ Perché?”. Sì, la richiesta è alquanto bizzarra.
“ Perché mi annoio a stare a casa. Oggi è il mio giorno libero, lo sai! E poi volevo giusto andare al centro commerciale…” spiega, prendendo poi il suo cappottino bianco per indossarlo.
Oh no. Andare al centro commerciale con Eva vuol dire solo una cosa: esaurimento nervoso. E poi non le ho detto mica di sì. “ Forza, andiamo!”. Mi passa davanti, sorridendomi furbetta, uscendo per prima dalla porta che io tenevo aperta. Porto gli occhi al cielo. Sarà un lungo pomeriggio.


***



Sono in macchina a cercare di scattare un selfie in cui la mia immagine venga decente, ma niente! Cosa metto nel mio stato Whatsapp oggi?
Kai ha fatto presto a prendere la piccola in classe. Stanno per arrivare. Ecco che la portiera posteriore viene aperta e, dopo avere sistemato la piccola dietro, Kai rientra in auto.
“ Ciao piccola Hope!” saluto allegramente infilando la testa tra i sedili, per incrociare il suo sguardo.
“ Ciao!” Saluta agitando la manina.
“ Sei pronta per andare al centro commerciale?” le chiedo sorridente, notando su di me lo sguardo perplesso di Kai, intento ad allacciarsi la cintura. Lei annuisce, facendo scodinzolare le due codine ai capelli. “ Perfetto! Allora facciamoci un selfie! Sorridi!”. Apro la telecamera interna del mio cellulare e lo pongo in alto quanto basta a far venire anche il suo faccino. “ Kai, vieni anche tu!”.

“ Scordatelo!” risponde secco e deciso, senza esitazione, per poi mettere in moto l’auto.

Fatta!
È venuta semidecente. Direi che ho la foto per il mio nuovo stato da condividere “Shopping con piccola compagnia”. Sì, può andare!
Chissà se la vedrà Anya. Ahahahah





***



Shopping in piccola compagnia? Ma perché mia figlia è in foto con lei? E poi che diamine significa shopping in piccola compagnia?!
La detesto.
Anya sei una stupida. Adesso lei vedrà che tu hai visualizzato la storia! L’ennesima soddisfazione regalatale in una settimana.
Oh santo cielo…





***




“ Guarda! Non le sta un amore?” dice rivolgendosi al sottoscritto seduto su un puff del negozio, avvolto da un’aura nera e con l’espressione di uno che vorrebbe suicidarsi da un momento all’altro.
Per la millesima volta a rispondere è il mio sguardo omicida, che lei ignora, ovviamente.
Siamo al decimo negozio di questo centro commerciale. Ha scambiato mia figlia per un manichino a cui far provare vestiti e scarpe di ogni genere. A Hope non sembra dispiacere, anche se ha sbuffato più volte al sentirsi dire – prova questo e quello, e anche quello, e perché no? Anche questo!- Io mi sarei rotto i coglioni dopo il primo cambio. Anzi, a dire la verità mi sono rotto letteralmente i coglioni, strascinandoli da un negozio all’altro e poggiandoli su questi scomodi puff. Si sono frantumati.
“ Questo ti sta proprio bene! Lo compriamo, ti piace?”. La piccola annuisce. “E anche questa gonnellina!”.  Certo, tanto paga paparino. Eva mi osserva in cerca della mia approvazione e i miei occhi puntati al cielo le suggeriscono per l’ennesima volta sì.
Ma che cosa le prende? Cos’è questa improvvisa simpatia nei confronti di Hope? Fino a ieri mi rinfacciava il fatto che dovessi provvedere alle sue spese e che per colpa sua si sentiva esclusa dalla mia vita e oggi fa compere e quegli stupidi selfie insieme a lei? Non vorrei pensare male, ma qualcosa mi dice che non tutto è come sembra. Sarà perché la conosco fin troppo bene.
“ Mi dai la carta di credito?” .
“ Perché non usi la tua?” le suggerisco seccato.
“ Perché è tua figlia e devi badare tu alle sue spese, ricordi?” spiega con tono pungente mostrando un falso sorriso e porgendo la mano verso il sottoscritto.
Eccola. Lo sapevo. La vendicativa Eva Hernandez, pronta a rinfacciarti tutto alla prima occasione.
Le porgo la carta, che oggi ha già passato ben sei o sette volte.
“ Grazie!” afferma furbetta, per poi voltare i tacchi e dirigersi alle casse, seguita dal mio sguardo maligno.
“ Kai, ho fame!”. La bambina tira un lembo del mio cappotto. Si vede che è esausta. E lo sono anche io.
 


Abbiamo finito di girare i negozi finalmente e ci siamo seduti al bar per fare mangiare qualcosa a Hope, che era alquanto affamata. In realtà lo sono anche io, ed ho preso un pezzo di pizza, mentre Eva non ha voluto niente. Come al solito, è perennemente a dieta.
“ Sei sicura di non volere niente?” le domando per l’ennesima volta.
“ Sì”. Risponde prontamente e sempre con quel tono deciso. “ A casa mi farò la mia insalata di carote e mais”. E anche stasera dovrò guardare quello scempio che lei si ostina a chiamare cibo. È la terza sera di fila che si fa preparare da Reina questa insalata alquanto triste, che io mi rifiuto categoricamente di mangiare. Io e le verdure non andiamo molto d’accordo.
“ Mi chiedo come tu faccia a stare in piedi!” commento sottotono ma quanto basta a farlo arrivare alle sue orecchie.
“ Io non mangio quella roba piena di grassi!”. È sempre la stessa risposta. Mi arrendo. Questa ragazza ha dei problemi col cibo. Portarla a mangiare fuori è sempre stato un dilemma.

Bene. Hope ha finito e per miracolo non si è sporcata. Meglio così, chi la sente Anya sennò.
Ci alziamo e mentre io aiuto Hope a mettersi il suo giubbotto, ma…Che cazzo, ma come si chiude questo giubbotto. Merda.
La lampo si è bloccata e, sotto lo sguardo confuso di Hope, cerco a labbra serrate di far andare questa cerniera lampo verso su.
Eva se ne sta in disparte pronta ad andare via e non sembra di nessun aiuto. Ha completamente esaurito la sua dose di simpatia per oggi, dopo avere svuotato la mia carta di credito. Una pura coincidenza? Non credo proprio.
“ Potresti pensarci tu? Mi sto innervosendo, e devo fumare!” affermo con fare innervosito, rimettendomi in piedi e cercando le sigarette nel cappotto.
Eva porta gli occhi al cielo e si abbassa per sistemare il problema. Per fortuna ci riesce dopo qualche secondo. Devo andare a fumare, dobbiamo sbrigarci a uscire da questo centro commerciale. Sono chiuso qui dentro da tre ore, mi sento soffocare.
Ma ecco un altro problema in arrivo.
“ Kai, devo fare la pipì!”.
Oh cazzo!
“ La farai a casa!” mi limito a dire continuando a camminare, mentre Eva è già dieci passi più avanti di noi.
“ Ma io la devo fare ora!”. Ecco che si ferma, stringendo le gambe. No ti prego, non fartela addosso.
“ Ok!”. Porca puttana. Sono costretto a imprecare mentalmente.
Richiamo Eva, invitandola con un cenno a tornare indietro.
“ Che succede adesso?” chiede scocciata.
“ Accompagnala in bagno!” le ordino. Io devo andare a fumare. Subito.
“ Scordatelo!” asserisce categorica.
“ Per tua sfortuna non posso entrare nel bagno delle donne!”.  Mi sembra ovvio. Non credevo di doverle spiegare anche questo. “ Vi aspetto fuori”.



***


“ Guarda cosa mi tocca fare…” sussurro tra me e me, tenendo per mano la mocciosa, entrando in bagno.
“ Dimmi che la sai fare da sola!”. Le chiedo sperando in una risposta affermativa. Ho cercato di sopportarti abbastanza per oggi, ma adesso mi sono scocciata.
Per fortuna annuisce. Quindi, lei entra in bagno, mentre io aspetto dietro la porta, prendendo nel frattempo il mio cellulare. Uh guarda, Anya ha visualizzato la mia storia…

Dopo qualche minuto, arriva alle mie orecchie il suono dello sciacquone: segno che sta per uscire. Riposo il cellulare in borsa e ci dirigiamo fuori.
E adesso dov’è quell’idiota?


“ Potevi almeno degnarti di aspettarci fuori!” lamento entrando in macchina.
“ Ti ho detto che dovevo fumare! Hope metti la cintura!” raccomanda alla figlia seduta dietro.
“ Devi sempre fare come ti pare!” aggiungo infastidita.
Ecco che sceglie la via più semplice:  ignorarmi.
Mette in moto l’auto e parte.





***



Siamo arrivati. Tiro il freno a mano ed esco dall’auto per aiutare a far scendere Hope. Mi accorgo che anche Eva ha appena chiuso la portiera dell’auto.
“ Che cosa stai facendo?” domando stranito.
“ Sono scesa dall’auto, non lo vedi? Salgo con voi”.
 “ Puoi aspettare in macchina, faccio subito!” le spiego prontamente.
“ Beh, io voglio salire con te. Non posso forse?” domanda con tono sospetto.
Ok, mi arrendo. “ Fa come ti pare…”. Chiudo l’auto e ci avviamo al portone.



***



Mescolo lo stufato di verdure, aggiungendo un pizzico di sale. Improvvisamente il suono del campanello mi fa ricordare che devono essere loro: Kai ha portato Hope.
Mi avvio alla porta e dopo un respiro profondo, che mi prepara psicologicamente a vedere quella faccia da stronzo, apro con un colpo deciso la porta e…
O mio dio. Vedo Hope in braccio a Kai e a fianco di questi…Eva.
“ Ci…ao”. Lo so, un saluto non molto entusiasmate, ma sono alquanto sorpresa.
“ Ciao Anya, siamo tornati!” afferma con una certa allegria nel tono la bionda.
La piccola protende le braccia verso di me e la prendo. Lasciandola poi andare via a posare le sue cose.
“ Abbiamo fatto shopping!” esclama mostrando delle buste in mano.
Seh…ho visto la foto.
“ Prego entrate!”. Li invito a entrare come farebbe una buona padrona di casa, anche se l’idea non mi entusiasma molto.



***

Perfetto, ci invita pure a entrare.
“ Veramente abbiamo…”. Stavo per rifiutare l’invito, ma Eva è già entrata dentro.
Fretta.
Mi lascia qui sul ciglio della porta con Anya che vorrebbe capire le mie intenzioni. Esito per qualche secondo, ma poi decido di entrare, sbuffando mentalmente.


***



I perfidi coniugi Hiwatari hanno appena messo piede in casa mia. Che bello…
Chiudo la porta e li raggiungo. Eva stringe con entrambe le mani il manico della sua borsa, osservandosi curiosa in giro, mentre Hiwatari osserva distrattamente punti indefiniti del pavimento.
“ Carina” si limita a dire, riferendosi penso alla casa. “ Non l’avevo ancora vista! Immagino che Kai la conosca bene ormai!” conclude rivolgendo lo sguardo al marito che in tutta risposta la fulmina con un’espressione truce.
Cosa vorrebbe insinuare? Mi sono già pentita di averli fatti entrare.
“ Comunque, abbiamo comprato un sacco di vestiti nuovi per la piccola Hope! Guarda!”. Ecco che sotto il mio sguardo allibito  tira fuori da alcuni dei tanti sacchetti posti sul tavolo, alcuni vestitini.
“ Ti piacciono?” chiede poi tenendo sospesa tra le mani una gonnellina rossa.
“ Ehm…si è molto carina!” mi limito a dire, forzando un sorriso. Non so, mi sento come in imbarazzo.


***



Quando finirà questa tragedia? Sono messo in disparte nel vano tentativo di incontrare lo sguardo di Eva e suggerirle di andare via. Mi sembra una pagliacciata.
Ma niente. È troppo presa da quegli stupidi acquisti.
“ Ci siamo divertite un sacco, vero Hope?”.
Non può averlo detto veramente.
La piccola sembra annuire, forse costretta dalle circostanze.
“ La prossima volta potresti venire anche tu” dice rivolgendosi ad Anya, la quale non sa cosa rispondere.
“Ehm…chissà!” risponde in maniera vaga, probabilmente per non dire direttamente no.
Basta, mi sono scocciato.
“ Io avrei una certa fretta, andiamo?” . Decido di intervenire, non per niente dispiaciuto di avere interrotto questa meravigliosa conversazione.
“ Ok, sì. Si è fatto tardi!” afferma Eva, fingendo di guardare l’orologio al polso.



***



Bene, finalmente si tolgono dai piedi.
Decido di non intrattenerli, per ovvi motivi, e li accompagno alla porta.
“ Ah, noto che hai già trovato un posticino per il mio souvenir!” afferma Eva, notando l’oggetto posto sul mobile del corridoio.
Ehm veramente lo avevo solo poggiato lì per poi trovare una sistemazione più adatta, per esempio una scatola. Non posso tenere quell’oggetto in bella mostra: è veramente osceno.
Kai lo osserva accennando un’espressione schifata.
“ Ehm sì…” mi limito a dire raggiungendo a grandi passi la porta per farli andare via.


***



“ Le hai regalato veramente quel pene di legno?” le domando mentre scendiamo le scale dell’edificio
“ Quante volte ti devo spiegare che non è un pene di legno? È una statuetta sacra!” spiega per l’ennesima volta, seriamente convinta di quello che dice.
Ha comunque la forma di un cazzo, penso tra me e me, portando gli occhi al cielo.




“Sai, stavo pensando…”.
Ecco che ricomincia a parlare.
Per tutto il tragitto di ritorno a casa è stata in silenzio a guardare il suo telefono e appena messo piede in casa riattacca la spina.
Ha detto talmente tante cose oggi, cos'altro avrà da dire ancora?
“…Che la casa di Anya è un po’ piccola. Dovresti comprarle una piccola villetta, magari…qui in zona!”.
OK. Il suo era decisamente un tono ironico e il mio sguardo le sta comunicando di smetterla per oggi.
“ Che c’è?” dice con il suo solito sguardo da innocente.
“ Per oggi hai fatto abbastanza! Ho ricevuto il messaggio!”. Crede forse che non l’abbia capito?
“ Di cosa parli?”. Ecco che continua a fare la finta tonta. Hernandez, ti conosco.
“ Andiamo! Credi davvero che me la sia bevuta?”.
Adesso improvvisa un’espressione interrogativa.
“ Facciamo un selfie, facciamo shopping, guarda che…” inizio a dire, citando le frase più straordinarie che sono uscite oggi dalla sua bocca, imitando con pessimi risultati la sua voce e i suoi modi di fare.  “… e infine? Ci siamo divertite un sacco??” concludo, questa volta agitando le mani come a voler dire –wow- per infine aggiungere… “Davvero Eva? Davvero?”. Ti sembro stupido forse.
Si ferma a osservarmi minacciosa, con la faccia di una che si sente palesemente presa in giro.
“ Cosa vorresti insinuare?? Che io abbia finto per tutto il tempo?” domanda alterata.
La mia risposta si limita a un espressione, accompagnata da uno specifico gesto della mano che vuole solo dire una cosa: proprio così!
“ Tu credi veramente che io abbia solo interpretato una parte??”.
Ok, se il gesto non era chiaro sono costretto a comunicarlo tramite una parola per definita.
“ Esatto!” rivelo senza un minimo di esitazione, accomodandomi sul divano.
“ Ti sembro una persona falsa? È questo quello che pensi di tua moglie?”.
“ Anche se adesso sei mia moglie, resti sempre Eva Hernandez! Ed Eva Hernandez non fa la simpatica con mia figlia! Se Eva Hernandez fa una cosa del genere, vuol dire che c’è ben altro sotto!”. Forse adesso le sarà più chiaro.
“ Sembra quasi che tu stia descrivendo te stesso!” ribatte acidamente.
“ Non stiamo parlando di me, stiamo parlando di te! Non hai fatto altro che tirare in ballo questa faccenda, anche pochi secondi fa, appena entrati in casa! Cosa volevi dimostrarmi con questo comportamento? Che ho sbagliato a farle firmare quei documenti e a darle quei soldi??... Può darsi, ma sono affari miei!” affermo una volta per tutte.
“è proprio questo il tuo problema. Tu ragioni come se fossi solo, pensi sempre e solo a te stesso! Non pensi mai a cosa potrei pensarne io, perché il mio parere non ti è mai importato! Non mi coinvolgi mai nelle tue cose. Se oggi non ti avessi detto dove stai andando, tu non me lo avresti detto. Te ne saresti uscito senza dirmi niente, come fai sempre!”.
“ Non vedo il perché devo informarti di tutto quello che faccio!”.
“ Lo vedi? Lo vedi? Tu e io abbiamo dei grossi problemi di comunicazione!” asserisce puntandomi il dito contro.
“ Sì, anche io lo penso! Credo che tu voglia comunicare troppo!” affermo con sarcasmo.
“ Visto? Neanche mi prendi sul serio! Basta! Qui ci vuole una soluzione drastica!” conclude esaurita prendendo il telefono.
“ Che cosa stai facendo??”.
“ Chiamo il Dottor Takiromi!” spiega cercando il numero nella rubrica.
Il dottor Takiromi.
“ Chi cazzo è il dottor Tachiromi?” chiedo, non avendo la minima idea di chi sia.
“ è un terapista per coppie!” spiega brevemente, portando il cellulare all’orecchio e ignorando completamente il mio disappunto.
Che cazzo è un terapista di coppie? Uno strizzacervelli? Mi alzo improvvisamente.
Non ho il tempo di aprire bocca, perché Eva mi fa cenno di stare zitto, per poi iniziare la conversazione a telefono.
“ Sì buonasera, è lo studio del Dottor Takiromi?...Perfetto! Chiamo per prenotare una seduta!”. Una seduta? “Il più presto possibile grazie!”. Sta scherzando vero? “Venerdì, alle 4?”. Eccola che mi osserva facendo finta di cercare la mia approvazione,  nonostante io continui a muovere il capo in segno di no “Sì, mi sembra perfetto. Grazie. A presto!” decide di ignorarmi completamente. La chiamata termina e quello che è stampato sul suo viso è il sorriso della soddisfazione.
“ Tu stai scherzando, vero?” ripeto, sempre più incredulo.
“ Ti sembra la faccia di una che sta scherzando?”. Sembra proprio di no.
“ A cosa ci serve uno strizza cervelli?”.
“ Non è…uno strizza cervelli. È un terapista di coppia, ci aiuterà a capire qual è il nostro problema!”.
“ Io non racconto i miei cazzi a quel tizio. Io non ho intenzione di venirci. Puoi benissimo andarci da sola!” affermo categorico.
“ E’ una terapia di coppia, quindi si presume che dovremmo essere in due!” spiega.
“ Beh portaci qualcun’altro!”.
“ Visto che non ti frega niente di me?”. Eccola che riparte.
“ Non è questo! È che io da uno strizzacervelli non ci vado. Punto!”.
“ Invece ci verrai! Ho già preso un appuntamento. Quindi, tu venerdì alle quattro verrai lì con me. Punto!” conclude stavolta lei autoritaria, incenerendomi con i suoi occhi di fuoco per poi andarsene a passi pesanti verso il piano di sopra.
Ci mancava solo questa!





Venerdì, ore 16.00. Sala d’attesa. Studio Dtt. Takiromi.


È una situazione veramente ridicola.
“ Mi ricordi perché siamo qui?” domando con tono piatto alla mia coniuge seduta a fianco.
“ Per colpa tua!”.
Ma sul serio le persone vengono qui per consultare questo tizio? C’è già una coppia dentro, che non si decide più ad uscire, e un’altra è appena giunta. Probabilmente saranno dopo di noi.
Sbuffo sonoramente strofinandomi i palmi delle mani sugli jeans. Che nervi.
Ecco la porta si apre. La coppia va via e il dottore ci invita a entrare.
“ Perfetto, tocca a noi!” Eva prende la sua borsa e si alza avviandosi nel suo studio, mentre io sono ancora qui a pensare seriamente di scappare. “Forza!” mi incita battendo le mani.
Stringo i denti dentro le labbra serrate, poi, contro voglia decido di alzarmi e dirigermi molto lentamente e svogliatamente in sua direzione. “ E non battermi le mani, sai che lo odio!” mormoro a denti stretti, sottovoce.
“Lo so!” bisbiglia lei.

“ Prego, accomodatevi!” ci invita cortesemente, indicando le due poltrone poste davanti alla sua scrivania.  
Ci accomodiamo e attendiamo che lui finisca di compilare dei fogli.
“ Bene, benvenuti miei cari…ehm…”. Prende un foglio e legge i nostri nomi “Eva Hernandez…” dice indicando la bionda. “E…suppongo che lei sia Kai Hiwatari!”. La mia espressione gli comunica: Ma va?
Ecco che se la ride, coinvolgendo anche Eva.
Bene, ci mancava solo lo strizzacervelli spiritoso…
Sono passati pochi secondi e voglio già scapparmene.



***





Corro più velocemente che posso verso la caffetteria. Apro la porta e miei occhi cercano Anya.
“ Dov’è Anya?” domando a Dana, la quale con un dito mi indica la direzione dove guardare. Eccola, sta servendo a un tavolo. La richiamo.
“ Che succede, Boris?” domanda preoccupata.
“ Hilary è in ospedale, sta partorendo!” spiego tutto d’un fiato.
“ Cosa??”. Inizia ad agitarsi e guarda Dana nella speranza che questa la lasci andare. Lei, seppur controvoglia, annuisce. Quindi, lascia sul bancone quello che aveva in mano, toglie il grembiule, prende una borsa e mi fa cenno che possiamo andare.

“ Come l’hai saputo?” domanda, correndomi accanto.
“ Yuri mi ha mandato un messaggio, dicendomi di avvisarti e raggiungerli!” spiego, cercando di regolare il fiato.
Ecco siamo arrivati davanti all’officina, ci avviciniamo alla mia auto e una volta aperte le portiere…
“ No, aspetta!” esclamo all’istante.
“ Che c’è adesso?” domanda confusa lei, che stava già per entrare.
“ Io non posso guidare!” realizzo improvvisamente.
“ Cosa?!”.
“ Mi hanno ritirato la patente, ricordi?”. Già, proprio quella sera. Devo ancora sistemare questa faccenda. È da qualche settimana che mi sposto a piedi, lasciando qui la macchina nel garage dell’officina.
“ E cosa facciamo adesso?” chiede disperata. “ L’ospedale è lontanissimo, con i mezzi pubblici arriveremo domani!”.
Sì è vero.
“ Guido io!” propone all’improvviso, venendomi vicino per mettersi al posto guida.
“ Tu hai la patente?” chiedo sorpreso.
“ Sì, ho la patente! Forza entriamo!”.
Le consegno le chiavi e ci accomodiamo in macchina.
“ Non ti ho mai vista guidare! Non sapevo avessi la patente!” affermo confuso, mentre lei inserisce le chiavi.
“ L’ho presa a diciotto anni, ma diciamo che  non guido da un po’” confessa, osservando confusa il volante.
Inizio a preoccuparmi.
“ Se posso chiedere…da quanto tempo, per la precisione?” domando osservandola insospettito.
“ Da…tre anni credo!” rivela sorridendo nervosa, per poi accendere il motore.
“ Cosa? Tre anni? Ma ti ricordi almeno come si fa?”
“ Credo di sì!”.
Credo?
Sgrano gli occhi, iniziando ad avvertire una strana sensazione che mi suggerisce di allacciare per bene la cintura di sicurezza.
“ Ok, motore acceso…” mormora, forse parlando con se stessa. Stringe il volante con le mani, respira, ed io la osservo col volto della paura. Cosa sta facendo?
“ Devo solo premere l’acceleratore…”.
Acceleratore? No bella, devi prima…
“ mettere la pri…” ma.
Non faccio in tempo a dirglielo. La macchina si è ovviamente spenta.
Si volta in mia direzione con faccino innocente. “Scusa..” e sorride agitata. “ Guidare mi ha sempre messa in agitazione!” si giustifica, per poi girare di nuovo la chiave e mettere in moto.
“ Beh, stai mettendo in agitazione anche me! Hai pure dimenticato il freno a mano, guarda!” le faccio notare indicandole l’oggetto in questione.
“ Ah, ecco…”.
“ Ah, ecco!” ripeto nervosamente togliendolo con forza. “ Ascoltami bene! Chiedo tutta la tua attenzione!” inizio a dire con fare autoritario, mentre lei mi fissa tenendo le mani incollate al volante e due occhi che chiedono pietà. “ Piede destro sul freno, il sinistro sulla frizione, ingrana la prima, lascia lentamente la frizione e premi Lentamente l’acceleratore! Capito?!”. Più chiaro di così!
Lei annuisce, con espressione alquanto confusa, poi si guarda i piedi e inizia a mettere in pratica ciò che le ho appena detto.
“ Dunque, destro sul…freno, sinistro…frizione. Ok mi sembra di ricordare” ripete a bassa voce, stando attenta a quello che fa.
Ecco sta mettendo la prima e…la macchina avanza, anche se ci sta facendo shakerare parecchio. “ “Cazzo, lascia il freno, stai andando a due all’ora!” le faccio notare.
Riuciamo ad uscire dal garage e ci immettiamo in strada
“ Oddio, cosa devo fare adesso??” domande confusa, mentre le sue mani abbandonano il volante.
“ Premi la frizione di nuovo!”. Poi le prendo con forza le mani e gliele appiccico sul volante. Cazzo.
“ Fatto!” esclama e prontamente io ingrano la seconda.
“ Bene, ora concentrati, guarda la strada e attenta come sterzi il vola-a-a-ante!”. Mi sta facendo andare con la testa avanti e indietro come fossi sulle montagne russe.
“ Lascia quel cazzo di freno!” esclamo per l’ennesima volta, mentre lei continua ad agitarsi.
“ Scusa, è che ci devono prendere la mano dopo tanto tempo!”.
“ Oh porca miseria, speriamo di arrivare vivi…” commento fissando preoccupato la strada davanti a me.
Credo che per la prima volta in vita mia potrei iniziare a pregare.

***





“ Siete una coppia molto giovane!” commenta. Wow, come ha fatto a indovinare? Abbiamo qui capitan ovvio.
“ Sì. Ci siamo sposati lo scorso mese!” spiega Eva, mostrandogli l’anello al dito.
A questa rivelazione il tizio rimane sconcertato.
“ Vi siete sposati da poco meno di un mese e siete già in crisi?”.
“ Vede, noi conviviamo da parecchi anni e ci sono sempre stati dei momenti di crisi, alti e bassi, incomprensioni, ma adesso che siamo marito e moglie dobbiamo cercare di trovare dei punti di incontro. Ma ho a che fare con un testone di dimensioni stratosferiche, come può ben notare!” conclude indicando il sottoscritto, che il dottore inizia adesso a fissare annuendo in segno di intesa.
“ Lui mi nasconde le cose, esce senza dirmi niente…” continua a spiegare. Sta parlando solo lei, non capisco a cosa serva la mia presenza. Non che io abbia voglia di parlare, ma mi sto rompendo le scatole, e parecchio.
“ Mentre voi parlate, io andrei a fumarmi una sigaretta!” avviso, alzandomi.
“ Lo vede??” esclama, alzando il tono di voce. “ Lo vede qual è il problema? Fa quello che gli pare senza preoccuparsi di me!”.
Ci risiamo.
“ Kai, ti prego. Se sei venuto qui è perché vuoi impegnarti. Non ha senso andare a fumare. Ci sono cose più importanti!” spiega, invitandomi gentilmente a prendere di nuovo posto.
Dentro di me sbuffo, per l’ennesima volta oggi, e ritorno a sedermi.
“ Kai…”. Perché mi chiama per nome? Non mi pare di avergli dato questa confidenza. “Perché ti comporti così? Spiegaci…” domanda con aria professionale, giungendo le mani e osservandomi in segno di ascolto.
Ma non siamo mica in chiesa.
“ Su, Kai, spiegaci!” ripete Eva, calcando per bene le parole.
“ Perché a me dà fastidio essere controllato!” spiego con tono secco. È la verità.
“ In che senso?”.
È pure ottuso.
“ Se sto uscendo non mi va che mi venga chiesto dove sto andando, con chi sto andando e perché ci sto andando!”. Stavolta parlo direttamente con la diretta interessata.
“ Oh scusami se sono tua moglie e vorrei almeno sapere il minimo indispensabile!” risponde a tono.
“ La tua è ossessione!”.
“ Ossessione? Non fai altro che pensare a quella bambina!”.
“ Scusate! Quale bambina?” interviene curioso il dottore.
Oh, sì…dai. Raccontiamogli tutta la storia.
“ Ah, già. Perché lei non sa che il qui presente Kai, ha una figlia, frutto di un tradimento!”.
Io la strozzo.
“ Tradimento?” ripete sconvolto e sempre più curioso.
“ Esatto. Mi ha tradita spudoratamente con una…una…quella lì, e dopo essersene fregato per anni adesso ha deciso di fare il paparino perfetto, entrando sempre in contatto con la madre! Secondo lei non ho motivo di essere gelosa?”.
“ Lei pensa che la tradisca ancora?”.
“No. Ma conoscendo la madre, il rischio è molto alto!”.
Basta.
“ sì può sapere perché stiamo parlando di questo?? È una vecchia storia avvenuta anni fa! Io non ti tradisco. Sei solo una psicopatica!” dico quasi al limite di un esaurimento nervoso.
E a giudicare da come si tocca la fronte il dottore, anche lui sembra alquanto allibito da questa situazione.
“ Un momento, non perdiamo la calma!” interviene con tono pacificatorio. “ Calmatevi e respirate!”. Cos’è? Un corso di Yoga? “ è evidente che voi due avete un rapporto molto strano che non si basa sulla fiducia. State insieme da tanti anni e se avete deciso di sposarvi è perché tenete l’uno a l’altro, no?”. La sua espressione ci chiede conferma. “ Bene. Eva, tu dovresti dare più fiducia a Kai. Se continui a controllarlo, otterrai soltanto l’effetto contrario. Lui si sentirà oppresso e di conseguenza si allontanerà di più da te. E tu Kai…” adesso volge lo sguardo al sottoscritto “ Dovresti dedicare di più del tempo a tua moglie: uscite insieme, proponile di mangiare fuori, una vacanza o semplicemente chiedile come sta, chiamala anche solo per sapere come sta o se pranzerete insieme. La vita di coppia non deve essere perfetta. Ha i suoi alti e bassi. Si deve anche litigare ogni tanto, dire apertamente quello che va o che non va. Ma è fatta anche di momenti belli, intimi, che sono solo tuoi e di Eva…vostri. Quindi, lasciate perdere questi stupidi battibecchi e parlate, ascoltatevi, dedicate almeno uno o due pomeriggi o serate solo per voi e vedrete che inizierete a trovare un punto di incontro che gioverà al vostro rapporto di coppia!”.
Wow, davvero commovente.
Cala il silenzio più tombale, durante i quali sia io che Eva evitiamo di incrociare i nostri sguardi.
“ Ok…forse ultimamente sono stata troppo pesante..” confessa Eva con tono più calmo. “ Mi dispiace. Devo iniziare ad avere più fiducia in te…” aggiunge poi, osservandomi.
“ Brava, Eva! È importante capire i proprio errori ed ammetterli!” la incoraggia lui.
Suppongo sia il mio turno…bah. Cosa dovrei dire?
Entrambi sembrano pendere dalle mie labbra.
Espiro stancamente per poi ammettere che “… dovrei dedicarti più tempo, lo so. Cercherò di… insomma… quelle cose lì…uscire, andare a cena fuori ecc…”. Ok, forse  era un discorso abbozzato sul momento e non molto profondo, ma sembra essere bastato a giudicare dalle loro facce. Diamine, voglio andare via. Il cellulare all’interno della mia tasca vibra da un bel po’.




***




“ WO-wo- wo –wo frena!!”. Ecco che frena di colpo facendo arrivare la mia faccia quasi sul cruscotto. “ Quando ti dico frena, non significa che lo devi premere tutto di colpo!” le ripeto per l’ennesima volta.
“ Sì, lo so, scusa!”.
Sì, scusa di qua e scusa di là.
Siamo arrivati per fortuna e vivi!



Parcheggiata l’auto, siamo scesi di corsa ed entrati in ospedale a chiedere informazioni, una segretaria ci ha detto dove dirigerci.
Siamo in ascensore adesso.
“ Guido così male?” chiede timorosa.
“Diciamo che è stato un miracolo essere arrivati sani e salvi!” le confesso senza esitare.
Le porte si aprono.
“ Sei esagerato! Hey, guarda, laggiù c’è Yuri!”.
Ci affrettiamo a raggiungerlo.
“ Hey Yuri, come mai non sei dentro?” gli domanda stranita Anya.
“ Ragazzi, siete arrivati!”. Sembra parecchio nervoso.



***


Ci hanno messo un po’ ad arrivare. Boris mi sembra piuttosto pallido. Beh io non sarò di certo roseo in viso. Mia moglie è di là che sta partorendo e per la prima volta in vita mia l’emozione mi ha giocato un brutto scherzo, facendomi quasi svenire. Sono dovuto uscire perché Hilary ha confessato che l’avrei fatta solo innervosire.
“ Beh, sì. Ma sono troppo agitato e ho preferito uscire! Mi chiameranno al momento opportuno”.
“ Ma io posso entrare?” chiede Anya speranzosa.
“ Ci sono già sua madre e sua nonna, meglio non fare innervosire Hilary! Il travaglio è iniziato già da qualche ora!”. Sto sudando freddo.
Anya sembra esserci rimasta male, ma poi mi sorride cercando di darmi coraggio. “ Non preoccuparti. Hilary è forte. Ce la farà!”.
“ Wow, sono due. Deve fare parecchio male!”. Come al solito Boris dà voce ai suoi pensieri più profondi.
“ Direi proprio di sì!” rispondo quasi fosse la cosa più ovvia del mondo.
Segue una sua espressione disgustata. Non voglio neanche sapere cosa stia immaginando.
Mi risiedo, facendo tremare nervosamente una gamba. Anche Anya si accomoda accanto a me. Mentre Boris opta per fare avanti e indietro, facendo un gran baccano con quei suoi scarponi di gomma che cigolano in maniera assordante e il tutto accompagnato dal campannellio delle chiavi appese alla sua cintura.
“ Vuoi stare fermo per favore? È parecchio stressante tutto questo rumore!” gli ordino al limite della pazienza.
Si ferma all’istante, aggrottando la fronte. “ Wow, il quasi paparino è parecchio nervoso!”.
“ Sì, e molto!” affermo categorico, ritornando poi a fissare il pavimento e riprendere il tremolio della gamba.
“ Ok, visto che non posso fare rumore, vado a prendere un caffè! Qualcuno vuole un caffè?” propone ai qui presenti. La mia faccia gli comunica esplicitamente – ti sembra la faccia di uno che in questo momento vuole caffè?- mentre Anya sembra accettare l’invito.
“ Ok, vengo io!”.
Si alza e si avviano insieme alle macchinette poste in fondo al corridoio.
Stupide scarpe di Boris, le sento fare eco per tutto il corridoio.



***







“ Non l’ho mai visto così nervoso!” afferma Boris, inserendo le monete nel distributore.
“ Sta per diventare padre, è normale! Tra qualche ora sarà l’uomo più felice del mondo!” dico osservandolo da lontano.
“ Già…”. Anche Boris ha uno sguardo sognante puntato su Yuri “ E io diventerò zio per la seconda volta!” aggiunge poi, estraendo il bicchiere e porgendomelo.
“ La seconda volta?” chiedo sorpresa.
“ Sono o non sono lo zio preferito di Hope?” mi ricorda giustamente.
Sì, in effetti.
“ Hai ragione!” confermo, sorridendo e mescolando questo caffè.
“ Sembra brodaglia!” esclama disgustato, dopo averne assaggiato un sorso.
“ Sì, fa parecchio schifo!” . Concordo pienamente.
“ Forse è molto meglio quello che mi prepara Dana! Quel pizzico di rabbia che ci mette lo rende più buono!” commenta beffardamente.
Che scemo.


D’improvviso le porte dell’ascensore si aprono, costringendoci a voltarci in quella direzione, proprio dietro di noi. Sono i coniugi Hiwatari.
“ Bene, siamo al completo!” commento a bassa voce, buttando il bicchiere in un cestino posto lì vicino.

Avanzano verso di noi.
“ Sarizawa! Abbiamo appena letto il messaggio di Yuri e ci siamo precipitati di corsa!” spiega Eva, salutando poi Boris.
Hiwatari si limita solo ad uno sguardo, che si posa soprattutto su Boris. Si reggono lo sguardo a vicenda, per interminabili secondi, senza dirsi nemmeno un semplice ciao.
“ Forza, raggiungiamo Yuri!” dice Eva, trascinandoselo.
Boris lo segue con occhi sospettosi, poi decide di guardare altrove, finendo il suo caffè.
“ Qualcosa non va?” chiedo preoccupata.
Lui indugia per qualche attimo, poi butta anche lui il bicchiere. “No niente. È solo che sua altezza Hiwatari sembra estremamente geloso di ciò che reputa essere suo!” spiega in termini molto vaghi.
Ma che diavolo vuol dire?
Resto con un punto interrogativo, che lui ignora per chissà quali oscuri motivi.
“ Vado in bagno” dice poi andandosene.
Ooook.

***



Siamo tutti seduti qui, in attesa della nascita dei gemelli. In realtà non so nemmeno io perché siamo venuti. Eva ha tanto insistito.
Yuri è messo in piedi vicino alla porta in attesa che lo chiamino. Io sono in piedi con una spalla appoggiata al muro, mentre Eva siede qui vicino, curiosando sul suo telefono. E quei due sono là, seduti nella panchine opposte, sempre insieme, a confabulare ogni tanto qualcosa.
Ho incrociato più di una volta lo sguardo di Boris, fisso e penetrante, quasi volesse comunicarmi qualcosa. Non ci siamo più visti dopo il giorno del mio matrimonio. E poco fa, dopo averlo visto, mi sono venute in mente tutte le cose che ci siamo detti.
I miei pensieri vengono interrotti dall’aprirsi della porta. “ Yuri, forza entra!” lo avvisa un’infermiera. Questi, senza farselo ripete due volte, entra immediatamente.
“ Ci siamo!” sento dire ad Anya rivolgendosi al platinato.




***




“ Sei stata bravissima” dice Yuri, baciandomi in fronte e andando poi a osservare i gemellini nella culla. Sto ancora piangendo dalla felicità.
“ Sono stupendi, vero?”.
“ Sì…sono stupendi!” afferma con aria sognante. Poi viene a sedersi sul letto accanto a me, per accarezzarmi il volto.
“ Devo essere un disastro in questo momento!” dico sorridendo e asciugando alcune lacrime.
“ No…” sussurra lui, spazzandone via una.
Mi sorride. Si vede che è emozionato, ha gli occhi lucidi. Forse, per la prima volta potrei vederlo piangere. Ma so che il suo orgoglio e il suo temperamento fermo non gli permetteranno di far uscire quelle lacrime.
Non importa. Lo amo proprio per questo.
“ E tu sei riuscito a tenerti questo segreto per tutto il tempo!” commenta mia madre rivolgendosi  Yuri, con finto tono ammonitore.
“ Ve lo avevo detto che sarebbe stata una bella sorpresa!”.
È vero. È stata una vera sorpresa. Non immaginavo una cosa del genere.
Yuri si alza di nuovo. Non riesce a staccare da loro gli occhi. Sono così teneri.
Ed io sono così felice che potrei piangere per ore.




***

“ Un maschio e una femmina! Ommioddio!” esclamo con cuore colmo di gioia, dopo che l’infermiera ci ha gentilmente annunciato il lieto evento.
Porto le mani alla bocca, sinceramente sorpresa. Poi osservo Boris, che non sembra così emozionato, ma quantomeno un po’ sorpreso.
Scuoto il suo braccio “ Voglio vederli!”.
“ Sì, ok. Ora ci fanno entrare…credo!” dice Boris, per farmi calmare.
“ Beh, sì. Prima o poi ci faranno entrare!” aggiunge Eva, impaziente.


Dopo qualche minuto, esce dalla stanza la madre di Hilary che ci avvisa di poter finalmente entrare.
Ho il cuore in gola.
Ecco Hilary, semisdraiata sul letto. Ha il viso stanco, ma si vede che è felice.
“ Ragazzi, siete tutti qui!”.
“ Ciao Hilary, complimenti!” . Eva la raggiunge a braccia aperte e la abbraccia, mentre io le sorrido, sperando che non sia ancora troppo arrabbiata. Ma il suo sorriso mi suggerisce di no.
Mi avvicino, abbracciandola.  Mi è mancata troppo.
“ Mi sei mancata Anya!” mi sussurra all’orecchio.
“ Anche tu! Complimenti, sono stupendi!” dico, ammirandoli da lontano.
Ecco che adesso mi avvicino. C’è Yuri lì. Boris poggia la mano sulla sua spalla “ Wow, Ivanov. Li hai fatti veramente tu?” domanda ironico, beccandosi una brutta occhiataccia dal rosso.
“ Sono bellissimi!”. Sono completamente uguali, tanto che non si riuscirebbe a distinguere chi è il maschio e chi la femmina se non fosse grazie alle copertine, rispettivamente azzurra e rosa.
Ecco che Yuri e Boris si allontanano e rimango qui a fissare queste due meraviglie. Mi accorgo con la coda dell’occhio la presenza di qualcuno a pochi centimetri da me. Mi volto in sua direzione sorridendo, ma poi la mia espressione cambia non appena mi rendo conto che si tratta di Kai.
“ Sono davvero minuscoli….” Commenta pensieroso.
Beh, non possono mica nascere enormi.
D’altronde non lo biasimo. Non ha mai visto dei neonati. Non sa neanche com’era sua figlia…
“ Beh, dovevi vedere Hope, era ancora più piccola…” inizio a dire, ricreando la sua piccola immagine nella mia mente. “ è nata prematura”.  Aggiungo attirando su di me il suo sguardo. “ Ma tu questo non puoi saperlo… perché non c’eri!” concludo osservandolo con amarezza e poi allontanarmi e raggiungere Hilary.
Ha cambiato il cognome di sua figlia, ma non sa proprio niente di lei.


***



“Stai pensando a tutti i soldi che dovrai spendere in pannolini? Io ti avevo avvertito!” commento ironico, cercando di punzecchiarlo.
Lui sciacqua il viso e si guarda allo specchio come intontito, non degnandomi di una risposta.
“ Che ti prende?” domando stavolta preoccupato. È piu pallido del solito.
Si alza, asciugandosi il viso con un fazzoletto. Tiene gli occhi bassi. Lo scruto con attenzione, sta evitando il mio sguardo.
Cazzo, lui sta…porca miseria…
“ stai piangendo?” dico, dando voce, forse troppo in fretta, al mio pensiero.
Hai gli occhi rossi e qualche lacrima a metà.
Sono sconvolto.
L’ho seguito in bagno, pensavo solo volesse rinfrescarsi un po’ e invece…
“ Yuri, tu stai piangendo?”.
“ No, ma che dici. È a causa dell’allergia…” si giustifica, mantenendo gli occhi bassi.
Sorrido stizzito. Andiamo, si vede a un miglio che quelle sono lacrime vere. È solo troppo orgoglioso per ammetterlo.
“ Hey…” gli sussurro posando una mia mano sulla sua spalla e invitandolo a guardarmi. “ Ti vergogni di me? Andiamo!”. Abbiamo sempre condiviso tutto.
“ E’ solo che…” finalmente incrocia con esitazione il mio sguardo e deglutisce guardando poi altrove.
Ok, basta così.
Mi avvicino a lui in un abbraccio fraterno, poggiando una mano sulla sua testa, che adagia sulla mia spalla. Scuoto i suoi capelli e do qualche colpetto alla schiena in segno di incoraggiamento, e dopo qualche attimo di esitazione, anche lui fa lo stesso.
Non ci siamo mai lasciati andare ai sentimentalismi. È una cosa che entrambi odiamo. E non mi sembra di averlo mai visto piangere.
Anche se a volte ti prendo in giro, sono felice per te.
Sei diventato padre ed hai creato la famiglia che hai sempre voluto, fratello.


















Ciao a tutti!
Fiù -.- “ è stata dura scrivere questo capitolo. Non mi sembra vero di essere finalmente arrivata a questo punto. Io immagino certe scene mesi prima, anche se il capitolo che le tratterà è ancora lontano ahahah per esempio, già medito su alcune scene che avverranno in un futuro spero non troppo lontano.
Or dunque, mie care lettrici, rullo di tamburi ****** tadààà. Ecco a voi i gemelli Ivanov! Me li immagino carini e coccolisi con i capelli rossicci e paffutelli ^3^.
Bando alle ciance. Non hanno ancora un nome. In realtà, non ci ho minimamente pensato ^-^”. Si accettano suggerimenti. Vorrei trovare un nome di origine russa per la bambina e uno di origine giapponese per il bambino. Via al televoto!
Ahahah
In questo lungo capitolo sono successe un bel po’ di cose che mi sono venute in mente così, mentre scrivevo giusto per spezzare la tensione da una scena all’altra. In realtà, rileggendolo, in questo capitolo, mi sembrano tutti un tantino alterati e nervosetti ( come me in questo periodo di esami! … ebbene sì, io aggiorno sempre in periodo esami! Ormai mi sono resa conto di questo ^_^”).

Kai è stato costretto quasi a forza ad andare da un terapista di coppia ahahhaha questa idea è stata imprevista. Mi divertiva troppo. Ditemi cosa ne pensate XD Eva è matta. Su questo non c’è ombra di dubbio ahahah
E Boris ha rischiato la vita in auto con Anya. Completamente negata a guidare. XD
Infine abbiamo assistito al pianto di Yuri. Secondo me era giusto uno sfogo da parte del russo. Ha preferito piangere sulla spalla dell’amico, piuttosto che farsi vedere dalla mogliettina. Il solito orgoglio dell’uomo che non deve! (cit. pubblicità profumo Hugo Boss). Non immaginatevi un pianto a cascate eh. Erano giusto due lacrimucce di gioia, preso dall’emozione del momento XD
Ma saranno ancora lacrime di gioia nei giorni a venire? Quando i due gemelli inizieranno a piangere per la puntuale poppata delle tre di notte?
Lo scopriremo nella prossima puntata!

Vi ringrazio per le vostre recensioni! E a voi che leggete!
Un bacione

Henya

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Capitolo 37
*** Strani sospetti ***


“Non l’hai più cercato da allora?”. È Hilary a porgermi questa domanda.
Le ho finalmente raccontato tutto: di me e di Rai. Di come mi ha lasciata e del perché abbia deciso di farlo.
Fa ancora male raccontarlo.
“ No…”. Questa parola esce come un soffio dalle mie labbra.
“ E Hope ti chiede ancora di lui?”. Hilary cerca il mio sguardo, per incitarmi a parlare.
“ Qualche volta me lo ha chiesto. Ma da qualche settimana non lo fa più…” spiego brevemente, torturando un lembo della tovaglia del tavolo al quale siamo sedute.
Hilary chiude gli occhi, inspirando profondamente. “ Sai ci sono rimasta molto male per il fatto che tu non mi abbia detto niente. Per questo ho reagito così” confessa con aria dispiaciuta.
Ne sono dispiaciuta anch’io, credimi. Mi sono comportata molto male, lo ammetto, ma…
“Ero sconvolta, Hilary. E sai che ti ho sempre raccontato tutto. Ma in quel momento mi sentivo uno schifo, ecco. Non mi andava di raccontarlo a tutti, perché sarebbe stato come se potesse divenire ancora più reale di quanto già non lo era e… non volevo che lo venisse a sapere Kai”.
Sì, questa è la verità.
“ Ma ti sei fidata di Boris”. Suona più come un’accusa che come una domanda.
“ Sì, mi sono fidata di Boris, perché credevo che fosse l’unico, in quel momento, in grado di aiutarmi”  rispondo con una certa convinzione. Una risposta  che lascia Hilary decisamente perplessa.
“ Beh, se lo dici tu… Ad ogni modo, promettimi che d’ora in poi, per qualunque problema, per qualunque difficoltà, verrai prima da me!” dice fissandomi dritta negli occhi per poi prendermi le mani e stringerle. “Non mi fido di Boris, lo sai” confessa, poi.
Il mio petto viene pervaso da un dolce calore. Un calore che non sentivo da tempo. Quel calore che solo una persona che tiene davvero a te può infonderti. Un doloroso magone stringe la mia gola e
Sto per piangere, lo so. Ma non me ne vergogno, perché voglio farlo e stavolta insieme alla mia migliore amica, l’unica in grado di potermi dare un sincero conforto.
“ Mi manca tanto, Hilary” confesso tra i singhiozzi, col viso infossato nel cavo della sua spalla.

Anche se ultimamente le cose sembrano andare meglio, in realtà penso ancora a lui.
E mi manca, ancora tanto.


***


Le cose ultimamente sembrano andare, stranamente, meglio. Dico stranamente perché mi sorprende il fatto che Eva non sia più stressante e psicopatica nell’ultimo periodo.  Sembra essersi tranquillizzata e la presenza di Hope non le pesa più come prima.
Aspiro il fumo della sigaretta, perso nei miei pensieri, osservando il paesaggio di edifici che si erge di fronte alla finestra del mio ufficio, quando all’improvviso arriva un messaggio al cellulare.
*pranzo insieme?* - Eva
E, stranamente, anche io mi sento molto più tranquillo e disponibile in questo periodo.
*ok* - Kai
Non starò per caso diventando un bravo maritino?
Un’espressione di disgusto si dipinge sul mio volto.
Riprendo a fumare e decido di spazzare via questo assurdo pensiero dalla mia mente.


***

“ E quindi, come si chiamano i gemelli??” chiede curiosa Anya. Ha ancora gli occhi arrossati per via del pianto, ma adesso sembra aver ripreso il suo buon umore.
“ Beh, in realtà è una sorpresa!” affermo, servendole una tazza di tè verde.
“ In che senso?” domanda ancora più curiosa.
“ Nel senso che il loro nome verrà annunciato durante la cerimonia dell’Oschichiya(1) che si terrà tra due giorni!” spiego brevemente.
“ Davvero?? Wow! Da una vita non partecipavo ad una simile cerimonia! Beh, a dire il vero dalla nascita del mio ultimo fratellino” confessa allegramente. “ e pensandoci, Hope non ha avuto l’opportunità di averla, ma questa è un’altra storia!” conclude, spazzando via questo ricordo.
“ Io non vi partecipo da non so quanto tempo, forse ero piccola e non me lo ricordo. Quando è nato un mio cugino, credo. E pensa che Yuri non sapeva niente di questa tradizione giapponese. Ho dovuto spiegargliela e convincerlo e alla fine ci sono riuscita!” esclamo in gran risata.
“ Beh… cosa vuoi che ne sappia lui e tutti i suoi amici russi delle nostre tradizioni!” aggiunge con aria schifata, per poi assaggiare uno dei biscotti che le ho servito.
È vero. Yuri non è nato in Giappone e, anche se vive qui da tanti anni ormai, non conosce bene alcuni particolari delle nostre usanze. Quando gli ho raccontato della cerimonia dell’Oschichiya1 mi ha guardato come se avessi detto una parolaccia. Poi gli ho spiegato cosa fosse e lui ha risposto “ Sembra qualcosa di simile al nostro Krescheniye(2) ”, marcando l’ultima parola con un forte accento russo. A quel punto ho capito che neanche io sapevo niente delle tradizioni della cultura russa, del luogo in cui mio marito è nato. Non me ne sono mai interessata perché lui non ama parlarne, ogni volta diventa serio e triste.
“ Non vedo l’ora!” esclama Anya entusiasta.
Anch’io, penso tra me e me sorridendo.


***



 Cammino a passo svelto. Anzi, corro.
Ho perso più tempo del previsto a casa di Hilary e sono in ritardo di mezz’ora.
Dana sarà arrabbiata.
Arrivo e apro bruscamente la porta, avviandomi al  bancone sotto gli occhi furiosi di Dana.
“ Scu…scusa…”. Non riesco a parlare perché mi manca il fiato. Mi fa male pure il fianco. “ Scusa!” ripeto tossendo.
“ Il mio turno è finito mezz’ora fa! Mi devi un favore: sabato farai il turno di pomeriggio al posto mio” asserisce seria e impassibile, togliendosi il grembiule.
“ Ok…” riesco a dire tra un respiro e l’altro. Figuriamoci se non approfittava della situazione: lei odia lavorare il sabato pomeriggio. Ottima mossa Dana.
“ Serve un po’ di respirazione bocca a bocca?” sento dire a una voce alle mie spalle.
“ No, grazie!” rifiuto prontamente. Solo adesso mi accorgo della presenza di Boris al bancone.
“ Dovresti correre con una bombola di ossigeno in borsa, sai?” afferma ridendosela.
Divertente…
“ Sono un po’ fuori allenamento” spiego, indossando il grembiule e mettendomi subito al lavoro.
“ Un po’?” ripete a mo’ di presa in giro.
“ OK. OK.” Rispondo con aria arrendevole. “ Diciamo che correre non è proprio il mio forte!”.
“ Sai, non l’avrei mai immaginato!”. Sfotte ancora.
“ Vuoi il tuo caffè o no?” chiedo scocciata.
“ Certo! Ma sai… sei fortunata!” inizia a dire cambiando tono di voce, seguendomi in cucina.
“ Ovvero?”. I miei occhi lo fissano interrogativi, mentre mi abbasso ad aprire la lavastoviglie.
Lui poggia il suo sedere su un mobile iniziando a dire “Guarda caso, avevo intenzione di andare a correre questo fine settimana!”.
Guarda caso… ripeto mentalmente, sistemando delle tazzine. “ Quindi?”.
“ Quindi…” dice, avvicinandosi e piegandosi sulle ginocchia per meglio incontrare il mio sguardo, “ Potresti venire a correre insieme a me” propone con sguardo furbetto.
Mi fermo un attimo a fissarlo con sguardo investigativo, tenendo una tazzina sospesa in mano, per poi rispondere in modo secco “ Non ho tempo per andare a correre!” e proseguire il mio lavoro.
“ Andiamo! “ mi incinta nel tono.
“ Boris, io lavoro e poi… hai appena visto che poco fa, per una corsetta, stavo per morire! La corsa non fa per me!” spiego categorica, muovendomi da un lato all’altro della cucina.
“ Lavoreremo proprio su questo. Sarò il tuo…personal trainer!” aggiunge esibendo il suo sguardo più seducente.
Ma io non mi faccio incantare dal suo bel faccino. “ Si può sapere perché insisti tanto?” chiedo sospettosa.
“ Non mi va di andare a correre da solo” confessa sbuffando.
Ah, ecco spiegato il motivo. “ E non ci andare. Nessuno ti obbliga a correre!”. Semplice.
“ Lo so, ma ultimamente faccio una vita troppo sedentaria e tra fumo e alcol non mi sento proprio in gran forma” spiega, massaggiandosi con una mano l’addome.
“ Capisco e apprezzo la tua offerta, ma come ben sai, non ho tempo!” dico, seriamente dispiaciuta.
“ Mi è sembrato di capire che sabato mattina sarai libera…” mi ricorda.
Arriccio le labbra, consapevole del fatto di essere stata appena presa con le mani nel sacco. “ Tu ascolti troppo…”.
La sua risposta è un movimento delle spalle che vuole dire – sì, è proprio vero –.
Espiro sonoramente.
“ Allora, a sabato mattina?” chiede fiducioso.
A sabato mattina…





***





Poco fa è arrivato il pezzo da montare nell’auto di Kai.
Lo avevo prenotato mesi fa ed è arrivato solo adesso. Me ne ero persino dimenticato.
Mannaggia.
Ora come lo chiamo per dirglielo? Ultimamente non ci siamo visti, anzi, non ci siamo voluti vedere. O meglio, lui sembra avercela con me, per chissà quale motivo. Beh il motivo in realtà lo so e mi sembra assurdo.
-    È arrivato il pezzo dell’auto. Puoi venire quando vuoi e lo monto.- Boris*
Fatto.
Io ho appena fatto il mio dovere.
La decisione di venire o meno è sua.

Rimetto il telefono in tasca e torno a lavorare, ma due secondi dopo lo sento vibrare.
“Wow. Rapido…” penso tra me e me, leggendo il nome di Kai sul diplay. Non ha perso tempo a rispondere.
*Vengo domani mattina*, leggo mentalmente.
Cavoli, perché proprio domani mattina? Ho già un impegno.
*Domani mattina vado a correre. Facciamo di pomeriggio*, scrivo velocemente.
Ecco. Non complicarmi la vita, stupido Hiwatari. Non hai un cazzo da fare tutto il giorno.
Il messaggio è stato inviato, e nonostante sia stato visualizzato immediatamente, la risposta tarda ad arrivare.
Il mio sguardo impaziente è fisso sulla scritta * Kai sta scrivendo…*
E sbrigati, e soprattutto, dì sì…
“ Domani mattina presto. Dopo andiamo a correre *Kai.
Andiamo? Ma chi lo ha invitato?
*dai meglio di pomeriggio*. E convinciti, cazzo!
Attendo una risposta. Il messaggio non è ancora stato visualizzato e Kai non è più online.
Ma perché?? Provo un odio profondo verso questi messaggi.
Basta, lo chiamo.
Immediatamente porto il cellulare all’orecchio avviando una chiamata ma “Siamo spiacenti, il numero da lei chiamato…” è la segreteria a rispondere.
“ Porca tro…”esclamo imprecando, mentre stringo quel telefono in mano.
Devo sempre mettermi nei casini da solo.
Ora chi glielo dice ad Anya?





Quel sabato mattina arriva.

E come al solito Kai si presenta alla mia porta per farmi fretta.
Lo odio.
Dopo averlo fatto attendere qualche minuto, scendiamo e raggiungiamo l’officina.
“ Si può sapere perché non rispondi ai messaggi o alle chiamate?” chiedo con tono scocciato mentre apro il cofano anteriore della sua auto.
“ Perché avevo da fare…” si limita a rispondere, aggirandosi curioso all’interno dell’officina.
Sì. Da fare. I ricchi del cazzo non hanno mai niente da fare.
Ma decido di tenere per me questo pensiero e mi concentro, piuttosto, a finire il lavoro il prima possibile.


“ Finito!” esclamo, chiudendo il cofano con attenzione.
“ Bene” dice, posando il cellulare nella tasca dei suoi pantaloncini. Cavoli, solo adesso mi sto accorgendo che è arrivato in perfetta tenuta da corsa. Segno che ha preso la cosa molto seriamente. “ Vieni a correre così?” domanda, osservando stranito i jeans che indosso.
“ Ehm no, devo cambiarmi. Dammi un attimo!”.
Velocemente mi chiudo nel bagno dell’officina per cambiarmi.
Anya dovrebbe arrivare tra qualche minuto. Mi sono già pentito di aver insistito tanto con lei…


***



Eccomi pronta. Sono scesa da casa in perfetto orario, in tuta ovviamente.
Mi chiedo come farò a correre visto che ho già il fiatone solo per avere camminato a passo veloce fin qui.
Non appena metto piede in officina, rimango sorpresa dalla presenza di Kai.
“Kai…”. Ecco che al suono della mia voce si volta, fissandomi perplesso.
“ Sarizawa”. Mi fissa come a voler dire –cosa ci fai qui?-
“ Sai dov’è Boris?” chiedo, sfuggendo al suo sguardo.
“ In bagno” si limita a dire.
Ok. È in bagno.
Silenzio. Rimango lì, ferma su due piedi a osservarmi intorno, mentre lui se ne sta poggiato a un tavolino guardando altrove.
Boris, sbrigati. È pesante l’aria qui dentro.
“ Hope come sta?” chiedo, rompendo la tensione.
“ Stava dormendo quando me ne sono andato”.


***


Ma che cosa diamine ci fa qui?
Gironzola sempre in questa officina. È sempre e ovunque con Boris. A proposito di questi, che fine ha fatto? Probabilmente non doveva solo cambiarsi, ma fare qualcos’altro in bagno, visto che non ha avuto tempo a casa, affrettato dalla mia presenza.
Comincio a muovere le dita che poggiano sul tavolo, con fare impaziente, poi istintivamente guardo l’orologio al polso.
“ Vai di fretta?” chiede curiosa, o forse perché annoiata dal silenzio.
“ Aspetto Boris per andare a correre” spiego brevemente. In seguito al pronunciare di queste parole, mi accorgo che il suo viso cambia espressione.
“ Aspetta un momento…”. Si ferma a pensare. “Tu vai a correre con Boris?”.
“ Sì…” rispondo prontamente accompagnandomi con un gesto della mano che vuole dire –qual è il problema?-.
Segue un’espressione stizzita da parte sua e un “non ci credo”, che esce in un sussurro.
Stavo per aprire bocca ma vengo interrotto dall’arrivo di Boris.
“ Eccomi, oh Anya anche tu qui…” dice, sfregando nervosamente le mani. “Pronti per andare a correre?”.
Un momento. Perché ho l’impressione che sia inclusa anche Anya?


***

Perfetto. Dalle loro espressioni mi sono già pentito di andare a correre. Ma chi diamine me lo ha fatto fare??
Mi osservano perplessi, in attesa di una spiegazione.
“ Anya, non ti dispiace se viene anche Kai, giusto?” dico rivolgendomi a lei con un tono che le suggerisce già la risposta: dì di no, ti prego.
“ Non … mi avevi detto che c’era anche lui!”.
Risposta sbagliata, Anya.
“ La verità è che si è aggiunto dopo, lui” spiego, calcando bene le ultime parole. Diciamo che si è autoinvitato.

***

Io non capisco. Già non volevo andare a correre, e adesso che si è aggiunto Hiwatari, mi ha fatto completamente passare la voglia.
Che diavolo combini Boris??
Nella mia mente si stanno formulando una serie di insulti che preferisco conservare per il futuro.

***


“ Se la mia presenza vi dà fastidio, posso anche andarmene” interviene seccato Kai, messo in disparte.
Sento il suo sguardo omicida su di me.
Porca miseria, chissà cosa starà pensando.
“ No. assolutamente no! Vero Anya!” affermo, lanciandole segretamente strane occhiatacce.
E ci mette una manciata si secondi per riuscire a decifrarle.
Ti prego Anya. Dì di no. Prima muoviamo il culo per andare a correre, prima finirà questa assurdo teatrino.
“ Certo che no”. Il tono con cui ha proferito queste tre semplici parole non avrebbe convinto neanche il più stupido degli esseri umani. Ma spero quantomeno che bastino per far finta di convincere i qui presenti.
Facciamola finita dai.
“ Visto!”. Questa volta mi rivolgo a Kai, che continua a fissarmi in quel modo.
Eccolo che porta gli occhi al cielo e rilassa le sue spalle rigide e tese.
“ Andiamo…” mormora a tono basso, passandoci davanti e incamminandosi verso il parco.
Meno male.



***




Io mi rifiuto di crederci.
Sto andando a correre al parco con Kai e Boris. Con Kai???
Deve essere una maledizione.
“ Si può sapere cosa hai in quel cervello??” affermo in tono di rimprovero a Boris, intento a stirare i muscoli.
“ Senti. Io non c’entro niente! È stato lui ad autoinvitarsi!” sussurra a denti stretti per non farsi sentire da Kai, impegnato a riscaldarsi a pochi passi da noi.
“ Lui sapeva della mia presenza?” chiedo, mantenendo un tono basso.
“ No!”.
Ah! Ecco perché. Non penso si sarebbe presentato se avesse saputo della mia presenza, e lo stesso sarebbe valso per me.
“ Io inizio a correre” ci avverte Kai, rivolgendosi più a Boris che alla sottoscritta.
“ Arrivo!”.
Ecco che Boris mi fa cenno con la testa di iniziare a muovermi. Ed io molto stancamente e con la stessa voglia di vivere di un bradipo, mi avvio a seguirli.
Ma cavoli. Vanno un po’ veloce per i miei standard e credo si stiano limitando proprio a causa della mia presenza.
Cadrò a terra tra dieci minuti, me lo sento.




***






Questa situazione è davvero assurda.
Da quanto questi due vanno a correre insieme? Sono diventati inseparabili.
“ Potevi dirmelo che ci sarebbe stata Anya, così non avrei dato fastidio!” dico in tono un tantino pungente al mio amico che mi corre affianco.
“ Senti, non voglio che pensi male!” inizia a dire, controllando che Anya sia a debita distanza da noi.
Devo dire che è molto lenta.
“ Perché dovrei pensare male?”. Cosa vuole insinuare.
“ So che ce l’hai con me perché pensi che io ci stia provando con Anya, ma ti assicuro che non è così!” spiega, in tono di giuramento.
Perché dovrei pensare che Boris Huznestov, colui che ci prova con qualunque essere che respiri su questo pianeta, ci stia provando con Anya?
“ Io non lo penso” mi limito a dire, fissando il percorso innanzi a me.
“ Io voglio solo che tu lo sappia. So che ce l’hai con me per via di quella volta…” .
Mi chiedo a quale volta si riferisca.
“ Intendi quella sera in cui ho dovuto recuperarvi in una centrale di polizia ubriachi o quella mattina in cui lei era nuda sul tuo divano?”.



***




Devo dire che hai un’ottima memoria, Hiwatari.
E meno male che dice che non gli importa. Si ricorda persino l’ora in cui queste cose sono successe!
Pensa se gli importasse…
“ Non era nuda, ok? E poi lo so che ti dà fastidio!”. Forza ammettilo, Hiwatari.
“ Non mi dà fastidio!”. Bugiardo. E allora perché lo dici con quell’espressione incazzata?
“ Sì invece!” ribatto a mia volta.
“ Perché dovrebbe darmi fastidio?” controbatte acido. Non fare il finto tonto con me, Kai. Ti conosco meglio delle mie tasche.
Mi limito a sorridergli maliziosamente, per poi aggiungere “Lo sai benissimo”, ma lui, da bravo Hiwatari, opta per ignorarmi.
A proposito, dov’è finita Anya?





***




Sono rimasta indietro, parecchio indietro, e sto quasi per avere un infarto. Mi sento il cuore in gola. Quindi decelero e da corsetta sono passata a camminata veloce, anche se poi, così veloce non è.
Ed è imbarazzante vedersi sorpassare da anziani signori, che mi fissano preoccupati e a cui io sorrido forzatamente come a dire –tutto ok, penso di non morire-.
Maledetti. Erano troppo impegnati a correre per i fatti loro e a confabulare su chissà che cosa per accorgersi che io sono rimasta indietro
Grazie Boris, per la tua fantastica idea. Grazie.
Ma ecco che adesso proprio lui si volta.
Alzo un braccio per avvertirlo di aspettarmi, mentre Kai, ignaro, continua la sua corsa.




***





“ E’ proprio lenta!” sento dire a Kai che decide di non aspettarla.
Ma io mi fermo. Dopotutto le ho chiesto io di venire, sotto precise insistenze, e non sarebbe giusto abbandonarla.
La osservo da lontano, approfittandone per riprendere il respiro nel frattempo.
Sì, è proprio lenta.
Ma che le succede? Perché si è fermata e si è seduta a terra?
Preoccupato, mi appresto a raggiungerla.




***





“ Che succede?” domanda Boris, appena giunto.
“ Un crampo” spiego, stringendo i denti e toccandomi la zona dolorante.
Fa malissimo. Non riesco a muoverla perché è un dolore che attraversa tutta la gamba.
“ Oh cavolo!” dice lui, portando gli occhi al cielo. “ Ma non hai fatto il riscaldamento?”.
“Il riscaldamento? Non me lo hai detto!” dico alterata.
“ E cosa pensi che stessi facendo io all’inizio, mentre tu eri troppo occupata ad accusarmi per la presenza di Kai?” mi rivolge con tono duro.
“ Si può sapere cosa avete?”. È appena arrivato Kai, che ci fissa in maniera perplessa.
“ Ha un crampo alla gamba! A te l’onore!” afferma Boris, invitandolo ad aiutarmi.
Cosa? Un momento. No grazie. Ce la faccio da sola.
Ecco che provo ad alzarmi.






***



Mi tocca pure soccorrerla adesso?
Ma è stupida? Perché si sta alzando?
Non ho neanche il tempo di avvertirla che è già in piedi che prova a camminare con una gamba rigida. “ Ecco. Tutto apposto!”.
“ Anya, non puoi camminare se hai un crampo, figuriamoci correre!” gli spiega intelligentemente Boris.
“ Passerà tra qualche minuto da solo, non preoccupatevi!”.
“ Ti prego, fa qualcosa o la strozzo” mormora a denti stretti il platinato, rivolgendosi a me.
“ Perché proprio io?”.
“ Perché sei tu l’esperto in crampi, ricordi?”.
Sì è vero. Quando giocavo a calcetto e mi allenavo in palestra era facile avere crampi e di solito aiutavo gli altri a farli passare.
Ok. Finiamola qui.
Ecco che la raggiungo e le chiedo di fermarsi, ma lei mi sembra molto contrariata.
“ Non ti passerà così in fretta!” le spiego, abbassandomi.
“ Che diavolo stai facendo?” chiede vedendo le mie mani avvicinarsi alla sua gamba.
“ Vuoi che ti faccia passare questo crampo o no?”. E’ stupida forse?
Dopo alcuni secondi di resistenza decide alla fine di arrendersi.
“ Posso?” chiedo gentilmente, prima di toccarla. Non mi avrà mica preso per un pervertito?
Sbuffa portando gli occhi al cielo e un gesto della sua mano mi dà un segno positivo.
Finalmente.
Ecco che con una mano tengo la sua caviglia e con l’altra massaggio in modo energico dietro la coscia, facendo attenzione a non arrivare ai glutei.
Avverto una certa tensione nel suo corpo, ma mi sembra normale.
È imbarazzante anche per me.





***







Non posso crederci.
Non posso crederci.
Non voglio crederci.
Non sta succedendo veramente.
È una situazione davvero assurda, oltre che imbarazzante.
Sono qui in piedi mentre Kai, in ginocchio, massaggia una mia coscia. Suona davvero osceno eppure non ci dovrebbe essere niente di osceno.
Ma perché doveva capitare proprio a me ??
“ Ahia!” esclamo, sentendo improvvisamente un gran dolore. È stato lui a premere col dito una parte molto dolorante.
“ E’ qui che ti fa male?” chiede.
“ Tu che dici?”. Ho appena gridato ahi.
“ Bene, allora sdraiati!” mi ordina, alzandosi.
Cosa? perché?
“ Perché adesso sciogliamo il crampo definitivamente!”.
Sembra molto serio. Ok, meglio sbrigarsi.
Anche se è davvero imbarazzante sdraiarsi sul prato di un parco. Che schifo.







***








Come da me richiesto, Anya si sdraia a terra osservandomi perplessa.
Perfetto. Fase due.
Prendo la sua gamba e la alzo delicatamente tirando verso l’interno la punta del piede e massaggiando il muscolo posteriore della coscia.
Piano piano dovrebbe decontrarsi.
Rimaniamo in questa posizione per alcuni minuti. Lei a terra a osservare imbarazzata il cielo ed io a fissare la sua gamba, mentre una mano le accarezza la coscia. Cioè, la massaggia.
Il pantalone aderente risalta la forma del suo polpaccio, del ginocchio, del muscolo della coscia e dell’interno coscia, per non parlare del…
Ecco che i miei occhi si fanno curiosi, addentrandosi in parti più…intime, ecco. Ma mi riprendo subito dopo avere avvertito Boris ridere sotto i baffi e scuotere la testa come a voler darsi ragione su qualcosa.
Idiota!
“ Per quanto ancora devo rimanere così?” lamenta Anya.
Credo sia passato ormai.
La aiuto ad alzarsi e dopo essersi convinta, ecco che riprende a camminare normalmente.





***






Beh suppongo dovrei ringraziarlo. Ma che umiliazione!
“ Beh io direi che per oggi può bastare. Non vorrei che ti rompessi qualcosa” mi fa notare Boris con tono sarcastico.
“ Sì. In tal caso sarebbe colpa tua!” ribatto acidamente.
“ Anche io devo andare. Ho promesso a Hope che l’avrei portata al negozio di giocattoli e da brava donna non lo avrà dimenticato!” aggiunge pungente Kai, alludendo probabilmente alle forti capacità mnemoniche di noi donne.
“ Non viziarla troppo” gli raccomando severa. Ultimamente il suo numero di giocattoli è aumentato. Non so più dove metterli.
Ma la sua risposta è il silenzio, come sempre.
Che fastidio.



“ Ci vediamo domani sera allora, per la festa organizzata da Yuri e Hilary per i neonati” esordisce Boris, una volta arrivati a piedi alla sua officina.
“ Vuoi dire alla festa dell’Oschichiya?”.
“ Sì, quella cosa lì!”, conferma con fare vago.
“ Io non ho ancora capito che diavolo sia, ma credo che io ed Eva ci saremo” risponde con aria di sufficienza Kai.
“ è una festa in cui si annuncia il nome dei neonati davanti all’intera famiglia e si dà una sorta di benedizione!” spiego con aria saccente.
“ Interessante…” mormora con tono scocciato.
Ma cosa ne vuole sapere lui. Lasciamo stare.
“ Beh, io devo andare. Ci si vede!”. Decido di dileguarmi. Ho passato già troppo tempo con quell’essere e la cosa sta cominciando a pesarmi.
Vado a fare una doccia e poi dritta a lavoro,  al posto di Dana.



***




“ Quindi? Cosa ne pensi?” domanda Boris, con uno strano sorrisetto stampato in volto.
“ Di cosa?” chiedo a mia volta, non capendo dove voglia andare a parare.
“ Dell’interno coscia di Anya!” rivela, usando un tono alquanto malizioso.
Interno coscia di Anya?
“ Ma di che diamine stai parlando?”.
“ E dai!” inizia a dire dandomi un colpo sul braccio “ho notato come i tuoi occhi hanno fatto una radiografia completa!” afferma, ridendosela.
“ Non so di cosa tu stia parlando” mi limito a dire con sguardo serio.
“ Oh sì che lo sai! La tua mano non voleva solo massaggiare la coscia!”. E se la ride ancora, mentre il mio sguardo serio e impassibile gli ordina di smetterla.
“ Non dire stronzate!”.
“ Andiamo, vuoi farmi credere che anche tu, come Yuri, da quando ti sei sposato sei diventato un santarellino?!” dice, con aria di sfottimento.
“ Tszè!”. Alla fine cedo e la mia risata stizzita lascia intendere la risposta.
Santarellino, io?



Si fa quasi ora di pranzo e, arrivato a casa, mi dirigo subito in doccia per togliermi tutto questo sudore di dosso. Da tempo non andavo a correre. Mi ha sempre aiutato a scaricare la tensione e ultimamente ne avevo accumulata parecchio.
Mentre l’acqua tiepida scorre sul mio corpo, le mie mani sfregano con forza la faccia e poi passo ai capelli.
Non posso credere che quei due vadano a correre insieme e non capisco neanche perché Boris sia così preoccupato di quello che io possa pensare di questa loro “amicizia”.
Boris non è un tipo che si limita ad una “amicizia”.
Se lui crede di conoscere me, beh io posso dire di conoscere bene lui.
E lui non è, ripeto, un tipo da “amicizia”.
Semmai da “scopa-amicizia”.
Si è sempre comportato in questo modo con le ragazze, perché con Anya dovrebbe essere diverso?
Crede che io sia stupido?
Ma soprattutto, perché mi sono fissato con questa storia?
Cosa me ne importa?



***



Sono in bagno e mi sto preparando per andare alla festa di Hilary e Yuri. Tra pochi minuti Boris sarà qui. È stato lui a offrirsi di accompagnarmi ed io, essendo a piedi, non ho potuto rifiutare.
È stato gentile dopotutto.
Perfetto, rossetto messo e ora mi dirigo in stanza a mettere le scarpe, ma durante il tragitto mi accorgo che il mio telefono vibra sul tavolino del salotto. Che sia tardi?
Cavolo, ben cinque chiamate perse da Boris.
Non ho il tempo di realizzare che immediatamente suonano alla porta. Ed ecco che corro alzando il vestito per non inciampare.
“ Boris, che ci fai qui?” esclamo una volta aperta la porta.
“ Perché non mi rispondi al cellulare?” chiede innervosito.
“ Era in modalità vibrazione e non l’ho sentito!” spiego in tono di scuse.
“ Sbrigati!”. Mi incita impaziente.
Ascolto il consiglio e corro via a mettere le scarpe, lasciando la porta aperta per lasciare entrare Boris.




***






Donne.
Sempre in ritardo.
Con passo felpato mi introduco in casa, guardandomi intorno con indifferenza.
Wow. Che pulizia. Anche io vorrei una casa così pulita.
“ Sai…” inizio a dire con tono alto per farmi sentire da Anya, ovunque lei sia. “ Hai una casa davvero pulita!” commento, passando un dito sulla superficie di un mobile.
“ Grazie!” risponde urlando da una stanza.
“ Non è che daresti una pulita anche a casa mia?” le propongo in tono scherzoso. Anche se non sarebbe una cattiva idea.
“ Scordatelo!”. È la sua risposta acida.
Immaginavo.
Eccola che arriva, finalmente pronta.
“ Wow, che sventola!” esclamo con sguardo malizioso, provocando in lei una reazione di disgusto.
“ Smettila, andiamo!”. Asserisce, iniziando ad avviarsi alla porta.  “Mi fanno male le gambe, per colpa della corsa!” aggiunge aprendo la porta e invitandomi ad uscire.
Mica è colpa mia.
“ Se corressi più spesso non avresti di questi problemi. E poi, puoi sempre chiedere a Kai un massaggio alle cosce!” aggiungo passandole davanti per uscire, ma improvvisamente il mio sedere viene colpito dalla sua borsetta.
“ Ahia!” esclamo,  fingendo.
“ Non ricordarmelo!” borbotta infastidita chiudendo la porta a chiave.
“ Avresti voluto che lo avessi fatto io?” chiedo maliziosamente.
“ No. Avrei preferito non essere mai venuta a correre!” ribatte acidamente, avviandosi a scendere le scale.
Quanto è tragica. Sembra quasi che l’abbia costretta a scalare l’Everest.





***



“ Mamma!”.
L’urlo di Hope mi costringe a voltarmi nella direzione interessata. È arrivata Anya, e guarda caso, con Boris.
La piccola abbandona la mia mano per correre verso la madre che, con un sorriso a trentadue denti, si abbassa a braccia aperte per accoglierla.
In effetti non si vedono da tre giorni.
Io rimango qui, accanto ad Eva, che come al solito non tiene per se i suoi commenti
“ Ancora insieme quei due…” afferma sospettosa.
“ Chi?” chiedo, fingendo di non avere capito.
“ Anya e Boris, ovviamente!”.
Sì, ovviamente.
“ Guarda caso da quando si è lasciata con Rai, ha iniziato a girare intorno a Boris. Una pura coincidenza?” aggiunge, alludendo a chissà cosa.
Beh io so che cosa, ma decido di non alimentare la conversazione. Così, cerco di distrarla.
“ Un altro drink?” propongo.

Io ne ho necessariamente bisogno.






***






“ Ragazzi, benvenuti!” dico avvicinandomi a Boris e Anya.
“ Anya, bel vestito!” interviene Hilary.
“ Grazie! Wow ma sono così teneri!” esclama Anya osservando meravigliata i due bambini che teniamo in braccio.
“ Ti somigliano Ivanov” commenta Boris, osservandomi.
“ Posso vederli anch’io?” sento dire da una voce alle mie spalle. È Eva, appena avvicinatasi con Hiwatari, che mi saluta con un gesto del capo.


***



“ Scusate ma adesso dobbiamo andare a salutare alcuni miei parenti! Andiamo Yuri!” dice Hilary, congedandosi e invitando il marito a seguirla.
Così rimaniamo solo noi: io, Kai, Boris e…Anya, con in braccio la sua bambina.
Tra noi regna il silenzio, ognuno fa vagare il suo sguardo altrove, probabilmente non si sa cosa dire.
“ Hope è stata un amore in questi giorni!” esclamo, rompendo la tensione.
“ Ah, mi fa piacere” si limita a dire lei, forzando un sorriso.
“ Sì. Le ho pure fatto io stessa i capelli per stasera!” le faccio notare.
“ In effetti avevo notato che era ben pettinata!” risponde, osservando i capelli della bambina.
“ Mamma, mi dai l’acqua?” chiede la piccola.
“ Certo! Andiamo a prenderne un bicchiere. Scusate!” dice, congedandosi. Sembrava che non aspettasse altro: trovare una scusa per scappare.

E così rimaniamo solo io, Kai e Boris.
“ Io vado a fumare, vieni Boris?” chiede mio marito all’amico.
“ No. Ti raggiungo dopo. Ho appena puntato gli occhi al buffet degli aperitivi!” spiega, toccandosi la pancia, forse affamato.
“ Ok. Tu vieni? Propone adesso alla sottoscritta.
Ma io decido di rifiutare “ No, grazie. Rimango qui!”.
Ed ecco che senza ulteriori insistenze si dilegua all’istante.
E Boris è già scappato verso i tavoli degli aperitivi a mangiucchiare qualcosa.

“ Boris!” esclamo allegramente, avvicinandomi.
“ Hernandez, tu non hai fame?” chiede, mentre si ingozza di cibo.
“ Mmh no. Prenderò qualcosa dopo!”.
“ Io mi sono svegliato alle quattro del pomeriggio e non ho toccato cibo dopo la sbornia di ieri sera…” spiega.
Ho capito. Non cambia mai abitudini il nostro Huznestov.
“ Da tempo non ci sentiamo…” inizio a dire con aria investigativa. “ Novità da raccontare?”.
Lui si sofferma a pensare per qualche secondo “ In realtà no. Solita vita: dormo, lavoro, sesso, alcol e fumo” spiega brevemente, esibendo un sorrisetto beffardo.
Capisco…
Ma meglio arrivare al dunque.
“ E di Anya che mi dici?”.
“ Anya?” dice, continuando a mangiare e osservare altrove, come a cercare una via di fuga.
“ Sì, Anya!” ripeto, calcando bene le parole. “ Ho notato che ultimamente passate molto tempo insieme!”.







***







Mi sento sotto interrogatorio. Perché continua a chiedermi di Anya? Anche lei si sta facendo strane idee.
Possibile che nessuno mi creda? Ok, non ho una bella reputazione in fatto di donne, ma può anche capitare che Boris Huznestov , per una buona volta, non abbia cattive intenzioni? È un reato forse?
Io non li capisco.
Andrà a finire che me la porterò a letto per far contenti tutti.

“ Sì, è vero. Ma solo in amicizia!” ripeto per l’ennesima volta.
“ In amicizia? Pff.”.
“ Cosa vorresti dire?” chiedo scocciato, poggiando il piatto vuoto a un tavolino.
“ Niente. Solo che mi sembra strano che si sia avvicinata a te proprio dopo essere stata lasciata da Rai!” commenta sarcastica, alludendo chissà a cosa.
Ok. È vero, si è avvicinata a me solo dopo essere stata lasciata da Rai, ma so per certo che non lo ha fatto con precise intenzioni. Me ne sarei accorto.
“ Beh, non ci vedo nulla di strano” mi limito a dire, mentre nella mia testa cerco una scusa per andare via.
So dove vuole andare a parare  e conoscendola riuscirebbe a combinare dei casini anche senza delle prove certe. Quindi meglio allontanarsi da lei.
Sei riuscita a raggirarmi per anni, ma adesso tutto è cambiato, Hernandez.
“ Scusa, ma vado a fumare anch’io!” le dico, prima che lei possa aprire bocca per replicare.



***




Inizia la cerimonia.
Come vuole la tradizione, la settima notte dopo la  nascita del bambino avviene la cerimonia del nome.
Con la cerimonia del nome entra a far parte del mondo “umano”. Secondo la tradizione, il nome viene scritto dal padre in calligrafia giapponese nel meimeisho , ovvero il certificato del nome, su cui sono raffigurate le gru, simbolo di longevità.
Ecco che il certificato viene esposto alla presenza dei nostri parenti e amici più stretti, i quali portano il loro dono, in genere una busta contenente dei soldi.
“ Bene, miei cari amici e parenti…” .
È Yuri che decide di prendere parola, chiamando l’attenzione degli invitati per annunciare ad alta voce i nomi dei nostri figli.
“ Vi presento lei, Hiromi Ivanov” annuncia, indicando la piccola che tengo in braccio, “ e lui, il piccolo Aleksandr Ivanov” conclude mostrando il piccolo tra le sue braccia.
Segue un applauso generale durante il quale io e Yuri ci osserviamo, sorridendoci complici.
Ebbene sì. Abbiamo scelto dei nomi ben precisi: uno della cultura giapponese ed uno della cultura russa. Hiromi e Aleksandr. Ci abbiamo messo giorni per riuscire a scegliere e alla fine abbiamo optato per questa soluzione.
Sono emozionata e soprattutto felicissima. Questo è il secondo giorno più bello della mia vita. Il primo è stato quello in cui ho sposato lui, Yuri Ivanov.




***




Sono felicissima per Hilary. Quando ne avrò l’occasione, mi congratulerò con lei per la scelta dei nomi. Adesso è troppo occupata a gestire i suoi parenti che non smettono di stare intorno alla nuova piccola famiglia Ivanov-Tachibana.
Esco dal bagno delle donne e mi appresto a lavarmi le mani, quando improvvisamente qualcuno esce dal bagno degli uomini. Ebbene sì, l’entrata è in comune, poi le due aree si dividono, a destra donne, a sinistra uomini.
E secondo voi chi è colui che è appena uscito e si avvicina ai lavabi?
Alzo gli occhi e osservo attraverso lo specchio: Kai Hiwatari.
“ Hope verrà con me stasera o dorme a casa tua?” chiedo, mentre asciugo le mie mani con un foglio di carta.
Lui si volta verso di me e mi osserva con aria di sufficienza. “ Può anche venire con te, ma non ho la borsa con le sue cose” spiega brevemente.
Quindi è un no.
“ Ok. Non fa niente. La porti domani!” rispondo avviandomi all’uscita.

“ Aspetta”.
È questa parola a costringermi a fermarmi.
Cosa vuole?
Il mio corpo si gira meccanicamente verso di lui, intento a cercare qualcosa nel suo portafogli.
“ Ecco, tieni!” dice, porgendomi una card, che inizio a fissare perplessa.
“ Cos’è?”.
Espira, con fare seccato “ è la carta di credito. Qui caricherò i soldi per Hope ogni mese”.
Ah!
Me ne ero persino dimenticata.
Cosa dovrei fare? Dovrei prenderla?
Continua a tenerla sospesa tra le dita, incitandomi a prenderla. Ed io la osservo, e poi osservo lui, e poi riosservo la carta.
Qualcuno entra e ci passa accanto, per dirigersi ai bagni.
Mio dio, che umiliazione.
“ Ok” dico in un sussurro, prendendola.
Rimango qualche secondo lì con in mano quella card, mentre Kai, senza esitazione, riposa il portafogli in tasca e va via.
Cavolo, che strana sensazione.
Espiro profondamente tutta l’aria che ho accumulato nei polmoni non appena lui va via.
Non lo so. Mi sembra tutto così strano…





“ Sei diventata pensierosa durante la serata…” mi fa notare Boris, parcheggiando l’auto sotto casa mia.
Se se n’è accorto Boris, si  deve vedere proprio tanto.
“ Qualcosa non va?” aggiunge.
“ No, tranquillo. Sono solo stanca”.
In realtà ho troppi pensieri, ma preferisco tenermeli per me.
“ Ok. Ti aiuto a portare su Hope, allora. Dorme come un ghiro.” Afferma, guardando verso i sedili posteriori.


“ Bene. L’ho messa a letto!” esordisco, raggiungendo l’ingresso, dove è rimasto Boris ad aspettare.
“ Allora vado…” dice uscendo dalla porta rimasta aperta. “ A meno che tu non voglia che io rimanga…” aggiunge con aria furbetta.
“ Ehm, no” rispondo secca e coincisa.
“ Sicura?”. Ma cos’è quel sorriso malizioso?
“ Sicurissima. Buonanotte Boris…” concludo chiudendo piano piano la porta, mentre il suo viso da finto cane bastonato scompare.
“ Ciaoo” saluto un’ultima volta prima di chiudere definitivamente ed emettere un sospiro di sollievo misto a stanchezza e a voglia di evadere dalla realtà.

Sarà meglio andare a dormire e dimenticare per un po’ questa giornata.
A domani mattina, pensieri.



***



Ok, ci ho provato. Lei non ha ceduto, perciò è come dico io: non c’è nessun secondo fine.
Non hanno nulla da sospettare, soprattutto Kai, che fa il finto “non me ne importa niente”, ma io lo vedo, so, che dietro quelle parole si nasconde un grandissimo “se ci provi, ti uccido”. Non sono mica stupido.
E poi Anya non fa per me. È troppo complicata e ha una figlia con uno dei miei migliori amici, motivo per cui non ho la minima intenzione di cacciarmi nei guai.
Ho già i miei “da fare”. E stasera, ho “da fare” con una certa Victoria, che dalle foto su Instagram promette proprio bene.
Non mi resta che ricambiare qualche like qua e là, iniziare una breve conversazione per poi arrivare al boom finale.
Mi chiedo perché complicarsi la vita con stupide relazioni serie.




***




L’indomani mattina…

“ Tieni”.
Sono andato a lasciare Hope a casa di Anya e non appena ho consegnato la figlia e il borsone, lei mi porge un enorme libro.
“ Un libro?” chiedo serio e interrogativo.
“ Non è un libro, è un album fotografico” spiega annoiata.
“ Di cosa?”.
“ Qui dentro ci sono tutte le foto di Hope, da quando è nata fino ad ora. Mi sembra giusto fartelo vedere, visto che non sai niente di lei. Sempre se ti va!” conclude in tono di sfida.
In genere non amo le fotografie e non amo vedere le fotografie, tranne quelle sui social di alcune ragazze, quelle possono anche essere interessanti. Ma siccome so già che se mi rifiutassi Anya la prenderebbe come un’offesa enorme, e me lo rinfaccerebbe per tutta la vita, sono costretto ad accettare.
E poi è vero. Non so niente di Hope, non so com’era quando è nata.
Quindi, non mi costa proprio nulla.
Lo afferro per prenderlo ma lei oppone una certa resistenza.
“ Mi raccomando. Questa è la cosa più preziosa che ho. Se lo perdi, lo strappi o lo rovini, sei morto!” asserisce in tono minaccioso.
Mi limito ad uno sguardo freddo e glaciale, incitandola a mollare la presa e quando finalmente lo lascia, lo metto sottobraccio e me ne vado.

Perché diamine me lo hai dato allora?
Per cosa mi ha preso? Per un elefante?
Ad ogni modo, appena arriverò a casa devo metterlo al sicuro. E non per la paura di rovinarlo, ma per la paura che lo possa vedere Eva.

Chi la sente poi. Proprio adesso che sembra essere nella sua modalità angioletto. Spero che duri il più a lungo possibile.













Ciao a tuttiiii!
Sono tornata cari lettori. Ci ho messo un po’ ad aggiornare ma alla fine ce l’ho fatta.
Spero che qualcuno continui a seguirmi e a leggere. Mi piacerebbe sapere il vostro parere. Da tempo non scrivo e la cosa mi mette sempre una certa agitazione XD
Non è un capitolo molto avvincente, lo so.
Ma tranquilli, è solo una transizione verso qualcosa di più grande e disastroso.
Tenete a mente le ultime parole di Kai “Proprio adesso che sembra essere nella sua modalità angioletto. Spero che duri il più a lungo possibile.” .
Vi anticipo già che non durerà a lungo.
Le acque si agiteranno molto presto, soprattuto per Kai che si ritroverà in mezzo ad una situazione davvero drammatica per lui XD

Grazie mille a tutti voi che continuate a seguirmi.

Un bacione e alla prossima :*



Note:
1- L’Oschichiya è una cerimonia Buddhista per la longevità che si celebra la settima notte dalla nascita del bambino, e con questa cerimonia si dà anche un nome al neonato. (oshichiya= settima notte; meimeishiki= cerimonia del nome).
2- Krescheniye: dovrebbe essere la parola in russo per battesimo. Correggetemi se sbaglio XD

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Capitolo 38
*** Sensi di colpa ***









“ Mamma, domani è la festa del papà a scuola, lo sai?”.
Siamo in ritardo. Stamattina non ho sentito la sveglia, o meglio, l’ho sentita suonare ma come mia abitudine ormai da qualche mese, l’ho spenta e mi sono rimessa a dormire nella convinzione che mi sarebbero bastati solo quei famosi cinque minuti per riprendermi dal trauma del risveglio. Ma magicamente quei cinque minuti sono diventati mezz’ora. E adesso mi ritrovo a preparare me e Hope contemporaneamente per fare il più in fretta possibile e non perdere la prossima metro.
“Su, forza! Vai a prendere lo zainetto, io metto le scarpe!” le ordino, con premura.


Finalmente, siamo riuscite a prendere la metro che ci condurrà all’asilo.
“ Hai preso tutto?” le chiedo, sistemandole i codini ai capelli.
“ Mmh-m” annuisce convinta. “ Mamma, papà quando torna?” chiede poi, con espressione interrogativa.
Mi volto di scatto a fissarla, non sapendo cosa risponderle.
Non lo chiedeva da un po’, in effetti. Non abbiamo ancora affrontato questo argomento, ma in fondo cosa dovrei dirle? Non posso dirle “ci ha abbandonate” o “non torna più”, non capirebbe. Anche perché suo padre non l’ha abbandonata, dal momento che il padre è Kai e il signorino non ha ancora trovato il tempo di dirglielo, o sarebbe meglio dire, non ha trovato il coraggio di dirglielo.
E per l’ennesima volta mi ritrovo completamente spiazzata dalla domanda di una bambina, ma fortunatamente vengo salvata dall’aprirsi delle porte della metro. È la nostra fermata. “Su, dai, scendiamo!”.
Prima o poi dovremo spiegargli quest'assurda situazione.




Non appena arriviamo nella classe, vengo subito attratta dalla presenza di alcune maestre che appendono cartelloni e decorazioni ovunque, sui quali leggo “Giornata del papà!”. Ah, quindi è veramente la festa del papà domani.
Prendo un grande respiro dentro di me e mi preparo psicologicamente all’arrivo di una delle maestre.
“ Ciao Hope! Vai a posare le tue cose!” la incita la giovane maestra. È la nuova maestra che ho conosciuto l’altro giorno. La piccola mi saluta allegramente con la manina e corre a sedersi insieme agli altri bambini, seguita dal mio sguardo. “ Signora Sarizawa, domani è la festa dei papà e avevamo pensato di invitarli qui a trascorrere una giornata con i loro figli” spiega brevemente, con un sorriso cordiale stampato in volto.
Beeeene. Penso ironicamente tra me e me, cercando di mostrare un volto sereno.
“ Quindi domani sarebbe bello se i padri accompagnassero i propri figli all’asilo, mi raccomando!” conclude sorridente, per poi ritornare al suo lavoro.
“ Fantastico!” rispondo forzando un sorriso.
Sì, fantastico… ripete il mio io interiore, sprofondando in un abisso di disperazione.


***



“ La giornata dei papà, cosa sarebbe?” chiedo atono.
“ Una giornata in cui si esalta la figura del papà, capisci?” mi spiega impaziente, gesticolando quasi fosse un mago.
Rimango qualche secondo a fissarla seccato.
“ E a che ora sarebbe?” chiedo poi, fingendomi interessato.
“ In teoria dovresti accompagnarla tu, restare lì finché tutto non sarà finito. Non è complicato!” aggiunge pungente, continuando a lucidare il bancone, sul quale vorrei sbattere la mia testa. Ma perché dovrei fare queste cose? E se mi rifiutassi?
“ Allora, ci vai?” domanda, con un tono di voce e uno sguardo che suggeriscono già la risposta.




L’indomani mattina…




“ Buongiorno mattiniero!” saluta allegramente Eva, entrando in cucina e scoccandomi un bacio sulla testa.

“ Buongiorno…” farfuglio, sorseggiando il mio caffè.
“ Reina, prepara il mio latte d’avena!” ordina alla cameriera accomodandosi al suo posto di fronte al mio.  “Tu vuoi altro?” mi chiede sorridente.
“ Ehm… no” rispondo prontamente, posando la mia tazzina e alzandomi.
“ Già vai via? Ma è ancora presto” mi fa notare, giustamente.
“ Beh, devo sbrigare delle cose!” spiego brevemente, indossando l’orologio e subito dopo la giacca.
“ Allora ci vediamo direttamente là”.
Ho afferrato le chiavi e mi sto avviando ad aprire la porta, ma questa sua frase mi coglie di sorpresa a tal punto da bloccarmi e pensare –Là??-.
Abbandono la maniglia della porta e indietreggio di qualche passo per far capolino dallo stipite della porta della cucina. “ Là dove?”, domando preoccupato.
Lei che stava per iniziare a bere il suo latte, si volge ora verso di me e mi ricorda come se fosse la cosa più ovvia del mondo “ Ma alla presentazione della nuova rivista!”.
Perché mi sembra di sentirlo per la prima volta?
“ Non ricordi?” continua a dire investigativa.
“ Certo…”. Ma quando me lo avrebbe detto?  “Puoi ricordarmi a che ora è?” chiedo, fingendo di non ricordare.
“ Alle 10.30, non mancare! Ci faranno una foto che potrebbe finire sulla prima pagina del primo numero della settimana!” conclude entusiasta solo all’idea.
Un’idea che a me non entusiasma per niente: odio le fotografie e sapere che tutti potranno vederla non mi piace affatto.
“ Ok, a dopo!” mi limito  a dire velocemente, uscendo di casa il prima possibile.




***

“ Kai ti accompagnerà alla festa del papà, ok?” le spiego, sistemandole il giubbotto.
“ Ma perché non viene papà?” domanda tristemente, facendosi ricurvare le labbra all’ingiù.
Chiudo gli occhi, sospirando sonoramente. “ Ascolta…” inizio a dire, prendendola in braccio “… papà non può venire. Vuoi fare un gioco?” le propongo sorridente, attirando la sua attenzione.
“ Facciamo finta che Kai è il tuo papà e per oggi non lo chiamerai Kai, ma lo chiamerai papà! Ti piace l’idea?”.
Mi osserva all’inizio un po’ smarrita, ma poi coinvolta da mio sorriso, sembra convincersi e annuisce energicamente  facendosi scompigliare tutti i capelli.
Perfetto.
Il messaggio di Kai è arrivato: è di sotto che ci aspetta.
“ Allora andiamo!”.






***




Eccoci arrivati. Ho appena parcheggiato e ci stiamo avviando in classe.
“ Oggi tu sei il mio papà?” dice improvvisamente la piccola facendomi fermare di scatto, per osservarla intontito. “ Perché il mio papà non può venire e la mamma mi ha detto che tu sei il mio papà oggi!” spiega a modo suo, ma in maniera molto chiara devo ammettere.
Quindi la mamma ti ha detto così. Bene.
“ Sì, ma adesso entriamo…” dico freddo e coinciso, prendendole la mano.

Non appena metto piede in quella classe, percepisco una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Quello che vedo mi fa venire voglia di scappare immediatamente: ci sono molti padri seduti a quei piccoli e bassi tavolini a colorare insieme a quelli che suppongo siano i loro figli, altri parlano con le maestre e altri ancora rimangono in disparte col cellulare in mano.
Avanzo all’interno dell’aula osservandomi perplesso in giro, trascinando al mio seguito Hope.
“ Kai, vieni! Sediamoci al mio banco!”. Adesso è lei a trascinarmi verso un punto preciso della stanza. “ Guarda, questi sono i miei disegni! Ti piacciono? Qui ho disegnato il cane!” esclama contenta, puntando il dito su dei fogli appesi a una parete che riportano il suo nome.
“ Sì, belli…” rispondo, fingendomi interessato.

“ Salve, lei è il padre di Hope?”. Una voce arriva alle mie orecchie e mi costringe a voltarmi nella direzione da cui essa proviene. I miei occhi incrociano subito quelli di una giovane donna, suppongo una maestra. Lei alla mia vista sembra  rimanere interdetta, come se avesse visto qualcuno che non si aspettava minimamente.
Ed è strano, perché anch’io rimango un po’ perplesso, dal momento che mi sembra di averla già vista da qualche parte. Non è la solita maestra di Hope, quella rompiballe  sulla quarantina. No. Questa è piuttosto giovane e carina anche. E ripeto, credo di averla già vista e credo di ricordare anche in quale contesto. Oh cavolo…

“ Sì, questo è il mio papà oggi?” interviene Hope a rompere il ghiaccio.
“ Il tuo papà di oggi?” ripete con tono stranito e allo stesso tempo nervoso, guardandomi come a volere delle spiegazioni. Tuttavia mi limito a un sorrisetto e un’espressione di chi non sa che cosa dire.
“ Hope, vai a posare le tue cose di là!” le suggerisce l’insegnante. E la bambina corre via svanendo immediatamente.
Perché ho l’impressione che l’abbia voluta allontanare di proposito? Perché ho l’impressione che stia per chiedermi qualcosa che già mi aspetto?
“ Bene…” inizia a dire a bassa voce, guardandomi ancora in quel modo che pretende solo spiegazioni. “ Dunque hai una figlia!” asserisce, torcendosi le dita quasi volesse mantenere la calma.
“ Beh è la festa del papà…” le ricordo,  facendo il finto tonto.
“ Dunque sei sposato?”. Sembra nervosa e la situazione sembra diventare imbarazzante.
Cavoli.
“  Sì, ma non lo ero quando siamo stati a letto insieme. Non sapevo fossi una maestra…” aggiungo aumentando il tono di voce, che si era abbassato troppo per i miei gusti e stava diventando sospetto. Quindi la supero e mi avvio a raggiungere Hope, seguita da lei.
“ Avevi detto che avevi rotto da poco con la tua ragazza!” mi ricorda  con tono alterato.
“ Beh forse…” mi limito a dire, ignorandola e fingendomi interessato a quello che sta disegnando Hope.
“ Forse? Sei sparito dopo l’ultima sera e adesso ti trovo qui con tua figlia?” continua a dire a denti stretti e mantenendo una certa distanza da me, come a non voler dare sospetti.
“ Beh mi dispiace, ma non mi sembra l’ambiente adatto per parlare di questo argomento!” le spiego brevemente con un tono che la invita gentilmente ad allontanarsi e dedicarsi al suo lavoro.
“ Kai, mi aiuti a colorare?”  sento dire alla piccola. E per la prima volta questa proposta mi alletta a tal punto da non poter rifiutare. Dunque mi congedo dalla giovane maestra psicopatica, suggerendole di sparire. Il suo sguardo mi incenerisce e dopo alcun secondi nei quali sicuramente mi starà maledicendo mentalmente, volta i tacchi e va via, fuori dalla classe, sotto lo sguardo incerto di una maestra.

“ Mi passi il colore blu?”. Porca miseria, che situazione assurda. Penso tra me e me, porgendo il colore blu ad Hope. Non mi sarei mai immaginato che una delle maestre di mia figlia potesse essere una che mi sono portato a letto.
Se si venisse a scoprire in giro sarebbe la fine. La situazione familiare di Hope è già sulla bocca di tutti qui, visto i precedenti trascorsi, se si venisse a scoprire anche questa non sarebbe proprio una bella cosa.



***




“ Perché non sei andata con lui? Sarebbe stato divertente vederlo!” dice Hilary ridendosela, mentre allatta uno dei gemelli, la piccola Hiromi in particolare.
“ Io spero solo che non combini casini!”.
“ Perché dici questo? Hai paura che possa iniziare una rissa con altri padri?” aggiunge, ridendo ancora.
“ Ma no. E’ solo che Kai non è ben visto dalle maestre dopo quello che ha fatto!” le ricordo, alludendo ad alcuni eventi spiacevoli.
“ E’ vero! Ma tranquilla, ti preoccupi per niente. Cosa vuoi che succeda. È solo un asilo per bambini!”.
Probabilmente ha ragione.
“ Ma a proposito di festa del papà, hai telefonato a tuo padre?”, domanda cambiando discorso.
" Mio padre?"
“ Sì tuo padre. Sai , tu che ne hai uno!” afferma tristemente.
“ No. in effetti non ci avevo pensato. Dici che dovrei farlo? Da tanto tempo non lo sento, in effetti…”.
Non sento i miei genitori da tempo. A volte ci mandiamo alcuni messaggi, beh più che altro con mia madre, perché mio padre probabilmente non sa neanche come si scriva un sms.
Dovrei chiamarlo e aggiornarlo su alcune questioni, del tipo : ciao papà, auguri! Sai non mi sposo più? Perché? Beh, Rai ed io non stiamo più insieme. Ah, e c’è altro. Hope ha conosciuto il suo vero padre! Come dici? Quello stronzo che mi aveva lasciata incinta e che tu volevi uccidere? Sì, proprio lui.
Santo cielo, come farò a dirgli tutte queste cose? Forse sarà meglio raccontare una disgrazia alla volta.




***



Ci siamo spostati in un piccolo parco, nell’atrio della scuola. I bambini hanno iniziato a giocare e noi padri siamo vicino a un rinfresco con le bibite. Per mia sfortuna ci sono soltanto succhi di frutta. Beh, d'altronde non mi aspettavo super alcolici.
“ Potevano almeno mettere qualche birra!” sento dire a un padre, il quale sembra avermi letto nel pensiero. “ Un po’ di succo d’ananas fresco?” mi propone, riempiendosi un bicchiere.
“ No, grazie!” rifiuto disgustato.
“ Kai, mi spingi nell’altalena?” urla Hope a gran voce da lontano.
“ Wow ti chiama per nome, figo, questi padri moderni!” commenta il tizio del succo d’ananas beccandosi un’occhiataccia dal sottoscritto.
Mentre vado da Hope mi accorgo che la maestra psicopatica si sta avvicinando a noi. Che cavolo, ma che vuole questa ancora?

“ Puoi almeno dirmi perché sei sparito? Ti ho inviato un sacco di messaggi che non hai letto!” mi ricorda alterata, ma mantenendo un atteggiamento apparentemente distaccato.
Decido di ignorarla e continuare a spingere Hope sull’altalena.
“ Io ho tradito il mio fidanzato e stavo anche pensando di lasciarlo per te e tu sparisci e appari adesso con una bambina e sposato?”.
“ Senti, io non posso farci niente, sono problemi tuoi” mi limito a dire scocciato.
“ Non hai paura che tua moglie venga a scoprirlo? L’ho conosciuta proprio l’altro giorno, sembra una brava ragazza e tranquilla…”.
Quindi è nuova qui, per questo non l’ho mai vista. E vuole fare già casini.
“ Senti, lei non è mia moglie…”. Sto per perdere la pazienza , ma per fortuna l’annuncio di un’altra delle maestre mi ferma.
“ Adesso è il momento delle poesie. Avvicinatevi!”.

Spero che stia per finire questa cazzata. Speravo in una giornata tranquilla ed invece ho incontrato questa pazza di una maestra che non capisco cosa voglia da me. È successo qualche mese fa. È vero, le ho mentito, ma ero mezzo ubriaco e anche lei. È inutile che adesso fa la santarellina: l’ha voluto lei. Ci è stata, e  più di una sera, le è piaciuto e bye bye.
La vedo là in fondo e mi sento i suoi occhi addosso: voleva lasciare il suo fidanzato per me? Ma se non mi ricordo neanche il suo nome!

“ E' il turno di Hope!”. Eccola che si alza dalla sedia e raggiunge il piccolo microfono.
La maestra le fa cenno di iniziare e lei dopo qualche attimo di esitazione comincia a parlare , dondolandosi in maniera buffa su se stessa.

“ Il mio papà si chiama Rai”.

Rai? Cazzo. I miei occhi si sgranano al suono di questo nome.

“O carissimo papà,
voglio dirti una poesia
che nel cuore chiusa sta!”

La poesia continua, ma io mi son fermato ad ascoltare soltanto fino alla parola Rai. Stringo le labbra, seriamente infastidito, mostrandomi il più possibile naturale in volto e limitandomi a grattarmi una tempia. Kai, calmati e concentrati su tua figlia.

“Cinque sono le parole
della piccola poesia
che risplende più del sole
ma è davvero tutta mia:
“Io ti voglio tanto bene!”

La maestra mi invita ad applaudire, notando lo stato di trans nel quale mi trovo e mi ci vuole qualche secondo per riconnettere i fili del cervello e tornare alla realtà, unendomi all’applauso, ormai finito.


Cavoli, lo ha detto veramente…


Cosa può andare storto ancora?

“ Kai, vieni dobbiamo fare la foto!” mi invita Hope, tirandomi per un lembo della giacca.
Foto? No, per favore.
“ Prego tocca a voi!” ci invita una maestra a metterci in posa. “ Ma prima devi dare la tua letterina!” le ricorda, porgendole una busta, che mi viene consegnata dalle mani di Hope. Noto sul retro una scritta in rosso, a caratteri molto tremolanti. Deve essere la prima scrittura di Hope. “ Per il mio papà Rai…”. È quello che i miei occhi leggono e ancora una volta ritorna il nome di Rai. Rimango interdetto con quella busta in mano.
“ Forza, un sorriso!” ci incita la maestra, cercando la mia attenzione.
E così, scacciando via alcuni pensieri, la prendo in braccio e mi sforzo il più possibile di accennare un sorriso per quanto difficile per me, in questo contesto (ma in qualsiasi in relatà) sia.
A Rai  sarebbe sicuramente venuto meglio…




“Allora, com’è andata?” chiede Anya curiosa e preoccupata.

“ Bene! Ho detto la poesia!” commenta Hope, scendendo dall’auto e saltando in braccio alla madre.
“ Sei stata brava?”.
“ Siii!” esclama euforica alzando le braccia.
“ Bravissima!” aggiungo io con tono serio mostrando il retro della busta alla madre, che dopo aver decifrato i caratteri, sbarra gli occhi incredula per poi abbassarli, probabilmente non sapendo cosa dire. “ Adesso devo andare!”. Mi congedo, portando con me quella busta e dirigendomi in macchina.
Chissà se sono  ancora in tempo per quella cavolata della rivista, spero di no…







“ Sei in ritardo!” lamenta alterata Eva, venendomi incontro.
“ Che peccato!” esclamo con ironia.
“ Lo hai fatto apposta vero?” domanda portandosi le mani ai fianchi con fare rimproveratorio.
“ No, sono riuscito a liberarmi solo adesso…” spiego in modo convincente.
“ e va bene…” si arrende sospirando “ Vieni, ti presento il direttore!”. Mi invita a seguirla trascinandomi per una mano, ma decido di opporre resistenza.
“ No, senti… devo andare! Sono passato solo perché te lo avevo promesso, ma tra mezz’ora devo tornare a lavoro”.
“ Ah…” esclama dispiaciuta “ Quindi non pranziamo insieme?”.
No, per favore. Non farebbe altro che raccontarmi nei minimi dettagli ogni cosa di questa rivista.
“ No. Non c’è tempo. Stasera a cena, ok?”. La saluto scoccandole un bacio e poi mi allontano sotto il suo sguardo forse dispiaciuto e rassegnato.
Preferisco che me ne parli stasera così potrò far finta di ascoltarla e addormentarmi.

Entro nell’ascensore e mentre aspetto di arrivare al piano terra controllo il cellulare che vibra da un po’. Sono una serie di messaggi, tra i quali quelli di Eva in cui mi dice “dove diamine sei?” e quelli di lavoro. Ma ce ne sono alcuni sotto il nome di “Lara”, nei quali leggo “Vorrei che almeno mi spiegassi”, “ Alcune maestre mi hanno riferito della storia di tua figlia poco fa”, “ Voglio solo parlare”.

È la maestra psicopatica? Chiudo gli occhi stringendo il telefono.
Forse è meglio cambiare numero di telefono e probabilmente sarà meglio cambiare anche qualcos’altro. Quelle maestre sanno un po’ troppe cose e non voglio problemi.



***






Sono così stanco oggi.
Non dormo bene da settimane, per la precisione dalla nascita dei gemelli. Tra i turni di notte e le notti passate a casa dove puntualmente alle tre, entrambi i bambini piangono, la nostra vita è diventata un inferno. So che è brutto dire una cosa del genere, ma è così. Ormai tutta la nostra vita ruota intorno a loro. È normale, d’altronde. Mi avevano detto che sarebbe stato difficile, ma non pensavo così tanto.
Tolgo il camice e indosso la mia giacca: il mio turno è finito.
Percorro il lungo corridoio e mentre massaggio i miei occhi stanchi e appesantiti scorgo da lontano una figura a me conosciuta.
Quella lunga chioma bionda è inconfondibile: Eva.
Cosa ci fa nel reparto ginecologia? Non ho il tempo di raggiungerla, che è già entrata dentro per il suo turno.
A riportarmi alla realtà è un messaggio. È da parte di Hilary: “Non dimenticare i pannolini e il latte”.
Sì, signora.
Ecco che ne arriva un altro subito dopo.
“ Ah! E porta qualcosa di pronto per cena!”
E anche stasera cibo take away.






***




“ Come mai di visita a quest’ora?”.
Kai Hiwatari che viene a prendere un caffè qui da noi alle undici del mattino, comportamento alquanto sospetto.
Alle mie parole, poggia la tazzina sul bancone e prende un lungo respiro, estraendo dall’interno della sua giacca un foglio che mi invita a prendere.
Esitante lo afferro e quello che vi leggo mi lascia perplessa “ Modulo di iscrizione alla Saint Denis School”.
“ Cos’è?” domando.

“ è il modulo d’iscrizione per la nuova scuola” spiega sintetico.
“ Quale nuova scuola, scusa?”.
“ Il nuovo asilo in cui andrà Hope!”.
Sta scherzando, spero.
“ Che storia è questa? Hope ha già un asilo e si trova alquanto bene! Cos’ha che non va?”.
“ Andiamo, quell’asilo non mi piace proprio. Quelle maestre sono impiccione e creano un sacco di problemi per nulla”.
“ Cosa hai combinato?” chiedo preoccupata.
“ Nulla. Solo non mi piacciono!” ripete con fare pacato.
“ è successo qualcosa durante la giornata del papà vero?”. Ne sono convinta. È ancora tutto avvolto nel mistero.
“ Non è successo proprio niente. Solo non mi va che Hope vada in quell’asilo per poveracci”.
“ Per poveracci?”. Senza rendermene conto sto alzando il tono di voce, dunque Dana mi fa cenno di spostare la discussione in un altro luogo.

“ Si può sapere qual è il problema adesso?” chiede seccato chiudendosi la porta del bagno alle spalle.

“ C’è che tu non puoi decidere dal nulla di cambiare tua figlia di scuola!”.
“ Perché no?”.
“ Perché Hope si è già ambientata e si trova bene lì. Ha già le sue amicizie e conosce tutti e …e cambiarla sarebbe un casino. Hai idea di quanto tempo ci ho messo a convincerla a restare in quel posto??!”. I miei nervi si stanno surriscaldando e andranno in controcircuito se lui continua a fare quella faccia da idiota. “ A meno che tu non abbia combinato qualcosa o sia successo qualcosa che non vuoi dirmi!” dico puntando un dito minaccioso.
Glielo leggo in quella faccia inespressiva.
“ Non è successo proprio niente, ok? Hope cambierà scuola, punto e basta!” esclama autoritario.
“ Io dico di no!” rispondo contrariata.
“ Sono io che pago, quindi decido io!” conclude minaccioso, aprendo la porta e andadosene via lasciando che le sue ultime parole rimbombino nella mia testa.  Sono io che pago…quindi… decido io. Non può averlo detto veramente.
Lo sapevo che prima o poi sarebbe successo. Solo non pensavo così subito.
Anya, perché hai accettato quei soldi?
Quello straccio che ho in mano lo tiro con forza sulla porta da cui è appena uscito, immaginando di visualizzare la sua faccia.
Che stronzo.





***






Sapevo avrebbe aperto una discussione e ne avrebbe fatto una tragedia. So quello che ho detto e non me ne pento: io mi sono incaricato delle spese di Hope dunque mi spetta di diritto prendere delle decisioni. Mia figlia non andrà più in quella scuola di maestre pettegole e psicopatiche. La iscriverò in questa nuova scuola più prestigiosa, dove soprattutto non ci sarà alcuna traccia e ricordo di Rai. Io mi presenterò come l’unico padre, punto.

“ Signor Hiwatari, ci sono delle pratiche da firmare” mi avvisa la segretaria non appena metto piede nell’ufficio.
Le faccio cenno di porgermele e con un gesto repentino le afferro e mi chiudo nello studio nella pace dei sensi.
Finalmente.
Abbandono con non curanza quei fogli sulla scrivania e la prima cosa che faccio e prendere le sigarette e accendermene una, sedendomi di peso sulla poltrona.

Questa storia di Rai deve finire, non può ancora ricordare quel cinese, non lo vede da mesi.

Mi perdo un attimo nei miei pensieri e improvvisamente mi ricordo di una cosa. Apro uno dei cassetti della scrivania e lo prendo: lo avevo messo qui per il timore che lo venisse a scoprire Eva. È l’album di foto che Anya mi ha dato qualche giorno fa. Non ho ancora avuto il tempo di dargli un’occhiata.
Poggio la sigaretta altrove, ricordandomi dell’avvertimento di Anya di non rovinarlo e così inizio a sfogliarlo.
Sembra pieno di foto che iniziano dal giorno della sua nascita: Anya è in un letto di ospedale con la bambina in braccio avvolta in una copertina. Era veramente piccola.

“Hope è nata prematura, ma tu questo non puoi saperlo, perché non c’eri!”

Ricordo che quel giorno Yuri mi aveva mandato un messaggio, in cui mi avvisava della nascita di Hope.

“Complimenti Hiwatari, sei diventato padre”


Alcune foto recano una scritta in basso: “Prima pappetta”, “ Prima parola”, “ Giro in bici” e in quasi tutte appare quel cinese. La sua presenza è nel novanta per cento delle foto.
E mi fa rabbia, talmente tanto che decido di chiuderlo di scatto. Mi basta così. Ogni foto sembra darmi la colpa di qualcosa.
C’è ancora quella lettera nella mia tasca, l’avevo dimenticata! Quella che reca scritto : Per il mio papà Rai. Un colpo decisamente basso questo, lo ammetto.
La apro, nel peggiore dei modi ed estraggo il foglio al suo interno. Vi è un disegno, una sorta di prato verde, una casa, e quelle che sembrano delle figure umane un po’ malandate ma perfettamente riconoscibili grazie ai nomi: da un lato c’è mamma, al centro Hope e alla sua sinistra papà. Questo papà sembra avere tutte le caratteristiche per essere Kon, non di certo io. E in alto a destra a mo’ di titolo leggo “la mia famiglia”.
Non avrei mai immaginato che un giorno me ne sarei pentito amaramente.





***




Sono sdraiata sul letto, col mio telefono. Sono nervosa e ansiosa. E le mie amiche in questo stupido gruppo non mi stanno aiutando per niente.

*Volete smetterla di parlare tra di voi?? Il problema qui è mio!!” ricordo, scrivendo velocemente
* Hai ragione! Ma è tornato a casa??* chiede una.
* Non ancora* rispondo io.
* beh calmati, non entrare nel panico* suggerisce l’altra.
La fa facile lei.

Improvvisamente la porta si apre e fa spazio alla figura di Kai. Non l’ho sentito arrivare. Ignoro la chat e metto da parte il telefono osservando preoccupata Kai, il quale non sembra in gran forma oggi.
“ Ah sei qui. Pensavo non ci fossi…” dice stancamente buttandosi a peso morto sul letto, accanto a me.
“ Beh, ero stanca e mi sono messa a letto, ti aspettavo” dico, torcendomi nervosamente le dita. Cavoli, ho il cuore a mille non so per la felicità o per la paura. Credo sia la paura della sua reazione. L’ultima volta non l’aveva presa così bene, ma il contesto era differente, insomma Eva. Forza e coraggio.

Lo sento sbuffare mentre si sbottona la camicia al collo, quasi si sentisse soffocare. Poi poggia la mano sul letto andando a toccare una rivista che prende in mano e osserva accigliato. “ Sei in prima pagina…” mi fa notare.
“ Sì…” mi limito a dire.
“ Non sembri felice...” commenta con aria sospetta.
“ Sì, lo sono!” ripeto stavolta con più convinzione. Cacchio Eva, cosa ti prende. Sei come paralizzata.
La riposa dov’era e ritorna a fissare un punto indefinito della stanza. Sembra veramente stanco. Forse non è il momento ideale per dirglielo.
“ Non ho neanche la forza di andare a fare una doccia…” .
“ Qualcosa non va?” chiedo preoccupata.
“ E’ stata una giornata di merda, beh, una settimana di merda…”. Ecco che sbuffa di nuovo.
Non posso tenermi tutto dentro fino a domani. Stanotte non dormirò. Beh, forse dopo averglielo detto non dormiremo entrambi ma, quanto meno, mi sarò tolta un peso.
“ Devo dirti una cosa…” inizio a dire con voce titubante.
“ Fa’ che sia una buona notizia, ti prego…” dice quasi in tono di supplica, massaggiandosi gli occhi.
Beh, questo dipende dai punti di vista.
“ Sono incinta” riesco finalmente a dire in un sol soffio e immobilizzandomi improvvisamente, sotto il suo sguardo incredulo.

Tadà.













Salve a tuttiiiiii!
Tadàààà
Sono tornata. Dopo secoli di assenza sono tornata. È stata una sofferenza non poter aggiornare ma non ho potuto.  In questi mesi la mia ispirazione è andata via, lontano, in Spagna. Sono stata in erasmus per sei mesi e tornata in Italia ho dovuto affrontare il mio ultimo esame all’università. E la prima cosa che ho fatto subito dopo è stato iniziare a scrivere.
Ed eccomi qua con questo aggiornamento. Spero vi piaccia e che qualcuno lo legga e mi dica cosa ne pensa.
Il capitolo penso parli da solo. Ovviamente non potevano esserci rose e fiori. Sono tornata a scrivere e sarò ancora più spietata. Kai ha ricevuto una bella notizia ( yeeeee). Ma sarà veramente yeeeee!! La sua reazione??? Voi che ne dite? XD
Fatemi sapere hahahah

Un saluto dalla vostra Henya! 

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Capitolo 39
*** Riflessioni ***





*Nel capitolo precedente...


“ Devo dirti una cosa…” inizio a dire con voce titubante.
“ Fa’ che sia una buona notizia, ti prego…” dice quasi in tono di supplica, massaggiandosi gli occhi.
Beh, questo dipende dai punti di vista.
“ Sono incinta” riesco finalmente a dire in un sol soffio e immobilizzandomi improvvisamente, sotto il suo sguardo incredulo.



*** 





Sono fermo e immobile, come una statua di marmo, mentre ascolto una voce che fa eco nella mia mente.
Sono incinta. 
E l'eco si ripete, più  e più volte.
Non so quanti secondi o minuti siano passati. So solo che il tempo in questa stanza sembra essersi fermato. Ho davanti a me Eva, che mi fissa intimorita senza muovere ciglio, pendendo dalle mie labbra che adesso stanno iniziando a muoversi per cercare di dire qualcosa di sensato.
“ Cosa significa che sei incinta?”.
Beh, almeno provano a dire qualcosa di sensato.
A questa mia domanda inaspettata , muove gli occhi a destra e poi a sinistra come a voler cercare un aiuto “ Secondo te cosa vuol dire?”.
Seguono secondi di silenzio, durante i quali rifletto seriamente su come rispondere a questa domanda. 
Non ricevendo alcun feedback, decide di fornire lei la spiegazione, riformulando il concetto con parole più semplici. “Aspetto un bambino". 
Ecco la parola chiave. 
BAMBINO.
Al sentire questa parola ho sentito il cuore decelerare di un battito.
“Com'è possibile?”.
Volevo davvero dire questo? Credo che la mia lingua si sia scollegata dal cervello ormai.
Eva, a queste parole, si mostra perplessa. “Me lo stai chiedendo veramente, Kai? “. È allibita.
“No…” dico alzandomi di scatto, riuscendo finalmente a sbloccarmi dal mio stato di trans. “ È solo che… insomma….” dico, facendo un gesto della mano che vuole alludere a chissà cosa, suggerendole di aiutarmi ma lei non ci arriva e così faccio cedere pesantemente la mia mano lungo il fianco e emetto un sospiro di pesantezza, fissando un punto indefinito del pavimento.
“ Kai, io ti sto dicendo che sono incinta…” esordisce lei alzandosi “… e tu ti limiti a chiedere delle assurde spiegazioni? Vuoi che ti ricordi come si fanno i bambini?” aggiunge sarcastica.
“È solo che…”. È inutile. Non riesco a esprimere proprio un bel niente. Logoro dall'interno il labbro. 
“ È solo che…. Cosa?. Dimmi almeno qualcosa di sensato! Sei sorpreso, sei felice, sei arrabbiato. Vuoi sapere come mi sento io?” domanda osservandomi intensamente negli occhi. Solo ora vedo che sono arrossati, quasi volesse piangere. “ Beh, non me lo aspettavo. Sono andata a fare delle semplici visite di routine qualcosa non quadrava e ho fatto il test e … mi hanno detto che sono incinta di quasi quattro settimane".
“Da quattro settimane?” chiedo quasi in un sussurro. 
“Sì" mi conferma. “Cosa farai adesso?” inizia a dire soffocando un singhiozzo “ Scapperai di nuovo?” conclude alludendo a determinati eventi del passato.
Chiudo gli occhi, massaggiando con due dita la fronte e sospirando sonoramente.
“ Non dire stupidaggini…” le dico avvicinandola a me per rassicurarla.
Dopo un po' si lascia andare e mi circonda la vita per abbracciarmi più forte. 
“ Avevo paura a dirtelo per paura della tua reazione" spiega poggiando la  testa sul mio torace.
Bacio la sua chioma bionda per poi poggiarvi il mento e fissare il mio riflesso in uno specchio.
“ Tranquilla, stavolta è diverso…”.



Sono nel mio ufficio a controllare alcuni dati e grafici al computer, quando improvvisamente bussano alla porta.
“Avanti" esclamo svogliatamente.
La porta si apre e a fare capolino è la segretaria. “Le ho portato i documenti da firmare" spiega avanzando verso la scrivania e porgendomeli.
Li afferro senza degnarla di uno sguardo, ma poi qualcosa cattura la mia attenzione, il suo addome è parecchio gonfio. Sembrerebbe…
Da quanto è incinta? E perché si sta accarezzando la pancia sorridendomi.
“Sa Signor Hiwatari, è un maschietto, come voleva lei…”.
Eh?
“In che senso come volevo io?” chiedo con un tono di perplessità nel tono di voce.
“ Oh mio dio!” esclama con aria dolorante, piegandosi in due. 
Che diamine succede?
“Si sono rotte le acque!” urla isterica.
Non ho il tempo di rendermi conto di quello che sta succedendo che mi ritrovo catapultato in un altro luogo.
Sto correndo in quello che sembra il corridoio di un ospedale e inseguendo una barella con la segretaria coricata sopra, che urla di dolore.
“ Stia tranquillo, niente panico!” mi rasserena l'infermiere che spinge la barella. Sembra avere una voce molto familiare e guardandolo meglio mi rendo conto che si tratta di… Boris?? 
“Boris, sono io! Che cavolo succede?” gli rivolgo correndogli a fianco. “ Ah Kai, sei tu! Non ti avevo riconosciuto!” esclama allegramente per poi sparire dentro una sala parto, lasciandomi qui come un rincitrullito.
“ Forza! Indossi questi ed entri!” sento dire a un tratto da una voce alle mie spalle. Qualcuno mi sta togliendo la giacca e facendo indossare un camice verde e una cuffietta ai capelli.
“Anya?”. È lei, ne sono sicuro.
“ Entri dentro e mi raccomando: cerchi di non svenire!”.
Svenire?
Ecco che di nuovo non ho il tempo di realizzare che con una spinta vengo scaraventato dentro la sala parto dove, chiuse le porte mi volto nella direzione opposta e la scena che mi si presenta davanti e davvero raccapricciante: ci sono una decina o forse una ventina di letti con sopra donne urlanti in preda ai dolori del parto, assistite da dottori e infermieri.
“ Kai, si può sapere quante donne hai messo incinta??” domanda con tono rimproveratorio Yuri, apparso da non so dove con una cartella in mano e, con addosso il suo camice bianco, che gli dà un'aria alquanto spettrale.
“Cosa? Ma che dici? Io non ho messo incinta proprio nessuno" spiego contrariato.
“Kai, Kai!”. Sento invocare il mio nome e decido di avvicinarmi a uno dei lettini dove si trova Eva tutta sudata e con le gambe aperte, mentre Boris armeggia con degli affari proprio… lì. 
“ Si può sapere che diavolo stai facendo?”.
“ Sto facendo nascere tuo figlio!” spiega voltandosi verso di me  con aria seccata, quasi stesse dicendo o facendo  la cosa più ovvia del mondo.
Ma è impazzito?
“ E chi ti avrebbe dato la licenza per farlo?”.
“ Senti Kai, calmati! Non sei d'aiuto! Ti sei divertito con tutte queste donne e adesso ne paghi le conseguenze! Potrai formare una squadra di calcio con la maggior parte dei maschi!”.
“ Mi piacerebbe allenarli!” commenta Boris divertito, impegnato a maneggiare tra le gambe di mia moglie.
Osservo la scena che mi propone davanti agli occhi con aria allibita e sconcertata. Questi due stanno dando di matto o io sto dando di matto?
Improvvisamente il pianto di un bambino cattura la mia attenzione.
“ Ecco il primo erede Hiwatari… anzi il secondo dopo Hope!”  esclama euforico Boris, estraendo il bambino dall’utero come fosse uno dei suoi pezzi di ricambio di un motore d'auto. “Complimenti" si congratula porgendomelo, ma alla vista di quel neonato ancora sanguinante e sporco di placenta mi sento venir meno, la mia vista si annebbia e nel giro di pochi minuti perdo i sensi.


Mi sveglio di soprassalto, tutto sudato.
Mi osservo in giro per verificare che sia tutto finito: sono nel mio letto, nella mia stanza e accanto a me dorme Eva. Riesco a riconoscere ogni oggetto di questa stanza e non vedo o sento donne urlanti e non vi è traccia di Boris in camice verde con cordoni ombelicali in mano.
Era solo… un incubo.
uno degli incubi peggiori che la mia mente abbia mai partor…. Fatto.
Mi sento ancora male e nauseato, come se avessi assistito veramente a tutto. Mi sembra ancora di sentir l’odore di alcol etilico tipico da ospedale.
Perché ho iniziato a fare questi sogni?
Beh, anche se ieri sera, quando Eva mi ha dato la notizia, mi sono mostrato calmo e tranquillo, in realtà avrei voluto urlare e fumare quattordici sigarette di fila e ingurgitare tre litri di vodka. Cosa che probabilmente farò più tardi in ufficio. 
Un altro bambino? 
Devo ancora dire a Hope di essere suo padre che già se ne presenta un altro che stavolta vedrò nascere. Spero non dalle mani da orco di Boris, sinceramente.
Vorrei che questo fosse un incubo nell'incubo, penso tra me e me, massaggiandomi  le palpebre per riprendermi dal trauma.








Sono di nuovo in ufficio, e stavolta nella realtà, almeno credo. Sto rispondendo a delle email al computer, anche se mi è difficile concentrarmi stamane. Dopo quel terribile incubo non sono riuscito a chiudere occhio per paura di assistere ad altri parti. E non faccio altro che occhio  che pensare e ripensare al fatto che Eva sia incinta. Non abbiamo mai parlato di avere figli e non mi aspettavo che arrivasse così in fretta, a meno di un anno dal matrimonio. Stamattina sono andato via presto per paura di incontrarla. Ok, è stupido dire una cosa del genere ma… non so cosa dirle e non volevo riaffrontare la questione, non mi sento pronto. 
E il fatto che stavolta io non possa scappare, beh, mi fa entrare nel panico.
Ma perché voglio scapppare?
Mentre sono perso in questi pensieri, bussano alla porta e mi prende un sussulto. È la segretaria. Di nuovo? No, Kai, questa è la realtà. 
“ Questi sono le pratiche che mi ha detto di preparare ieri!” dice con tono cordiale, porgendomele.
Le afferro con l'aria di chi ha la sensazione di avere vissuto già questa scena. E non so perché ma adesso sto fissando la sua pancia.
“ Inoltre c'è la Signorina Sarizawa che chiede di vederla” aggiunge.
Sembra avere la pancia piatta, non è incinta…
“ La… faccio entrare?” chiede cercando preoccupata la mia intenzione.
“ Ehm… sì “ rispondo infine ritornando alla realtà. 
Devo essere impazzito oggi, penso tra me e me grattandomi una tempia, mentre la segretaria invita Anya a entrare. Che cosa vuole lei adesso?
“ Hiwatari! Io credo che dobbiamo parlare" esordisce sedendosi di fronte a me.
“ E di cosa?”. Non sarai incinta anche tu? Penso stupidamente.
“ Di Hope e dell'asilo,  che tu hai deciso di cambiare!” asserisce agguerrita.
“ Non cambio idea" spiego brevemente, con quel  fare di superficialità che la manda in bestia.
“ Kai, tu non hai idea di quello che stai facendo?”.
“ Oh sì,  invece" rispondo fingendomi indaffarato al computer.
“ No, invece! Vuoi prendere decisioni così importanti, tra parentesi senza consultarmi, ma non hai avuto ancora tempo di dirle che sei suo padre!” proferisce tutto d'un fiato.
Colpito, Kai! Ci risiamo con questa storia: ha capito dove farmi cadere.
“ Sto trovando il momento giusto!” dico, mentendo, anche se in un certo senso è la verità.
“ Sì e quando? Quando pioveranno soldi dal cielo?”. Mio Dio, che ridere. “ Non sai neanche come si fa il padre e già vuoi decidere il destino di tua figlia!”.
“ Beh, il destino mi sta dando l'occasione di diventare padre di nuovo" intervengo con questa frase senza pensare.
“ Cioè? “  chiede interrogativa, osservandomi di traverso.
Cazzo.
“ Cioè che… “ . Ma perché glielo sto dicendo? Prendo un profondo respiro. “ Eva è… incinta" confesso infine lasciandola a bocca aperta, letteralmente.
Seguono una serie infinita di secondi, durante i quali io mi limito a girare i pollici e lei sembra avere perso tutta la rabbia con cui era entrata qualche minuto prima.
“ Wow…” . È la sola cosa che riesce a proferire.
“ Già,  wow…” ripeto, grattandomi con un dito la fronte, in segno di imbarazzo generale.
Cazzo, diventerò padre per la seconda volta. Ecco che mi sto sentendo di nuovo male al solo pensiero.




*** 




Parcheggio l'auto nel vialetto del giardino e, dopo avere preso la valigetta da lavoro, mi avvio a entrare in casa, scandendo stancamente i miei passi.
Mi sento distrutto, oggi in ospedale non ho avuto un attimo di pace. Ho dovuto sostituire persino un collega, visitando anche i suoi pazienti, quasi tutti di una certa età e quasi tutti… scorbutici. Mi sono pure sentito dire da un'anziana signora che dovrei sorridere di più ai pazienti, un'altra si era innamorata del colore dei miei occhi e credo anche che si sia innamorata di me, visto che viene ogni giorno con la  scusa di farsi misurare la pressione ripetendo continuamente che è rimasta vedova ma le piacerebbe stare con un ragazzo più giovane, magari un bel dottore… come me.
Sì,  certo, come no.
Inserisco la chiave nella serratura e apro la porta: finalmente a casa.
Poggio le mie cose sul mobile dell'ingresso e dopo avere tolto la giacca, mi dirigo in salotto da dove sento chiaccherare mia moglia.
“ Ciao Anya!” sta parlando con Anya.
“ Ciao Yuri, come stai?”.
“ Insomma, in questo momento vorrei solo dormire" spiego brevemente, scoccando un bacio in fronte a mia moglie, per poi sedermi stancamente su una poltrona accanto a loro e servendomi una tazza di tè. “ Potete continuare a parlare…” commento sarcastico, dopo avere notato che si sono come ammutolite dopo il mio arrivo.
“ È che stavamo parlando di una notizia… boom! Che ci ha lasciato senza parole…” afferma mia moglie mimando il gesto di un'esplosione.
“ Notizia boom?”  chiedo divertito, concentrato a soffiare sul tè bollente.
“ Sì,  così boom da rimanerci secchi!” aggiunge Anya, che avvolta da un'aria misteriosa si scambia uno sguardo complice con mia moglie.
Mi stanno facendo incuriosire queste due. Che sarà mai?  Ecco che mi accingo a dare un sorso al mio, credo ormai tiepido tè,  ma…
“ Eva è incinta!”. Queste parole mi fanno sputare letteralmente il tè che avevo in bocca.
“ Te lo avevo detto che era boom!” ribadisce Hilary, asciugando con un tovagliolino gli schizzi di acqua sul tavolino.
E giustamente me lo dicono mentre sto bevendo.
“ Cosa significa che Eva è incinta? Oh cazzo, Kai come l'ha presa?” chiedo alle presenti, seriamente preoccupato. 
“ Beh…” sento dire ad Hilary che con uno sguardo incita l'amica a continuare il discorso.
“ Sembrava… tranquillo".
Tranquillo?
Kai Hiwatari scopre che la sua oramai moglie è incinta ed è … tranquillo?
“ Ragazzi, adesso io devo andare…” annuncia Anya alzandosi e mettendosi la borsa in spalla “ mi raccomando: io non vi ho detto niente!”.
E se ne va accompagnata da Hilary, mentre io rimango seduto qui a rimuginare su quanto mi è stato appena riferito. Se io non sconvolto non penso che Kai sia così tranquillo. Lo conosco bene. 
Prendo immediatamente il cellulare dalla tasca. Dov'è quello stupido gruppo creato da Boris? Ah eccolo.
Il mio dito clicca sulla chat di gruppo creato da Boris molti anni fa e che da allora non ha cambiato nome “пусси охотник” ( ovvero cacciatori di fi*a). Un nome molto squallido e che fa riferimento a una parte della mia vita di cui non vado molto fiero. 

Io: Ragazzi, stasera birra a casa di Boris!

Qualche secondo dopo…

Kai: perché proprio stasera?

Io: Non sono di turno stanotte.

Kai: ok

Boris: perché proprio casa mia, scusate???


Arriva la sera e verso le dieci raggiungo l'appartamento di Boris. Busso e attendo qualche istante.
“ Organizzi tu la serata e arrivi pure in ritardo…” puntualizza Boris, dopo aver aperto la porta.
“ Kai è arrivato?” chiedo mostrando la cassa di birre che ho portato e che lui afferra invitandomi a seguirlo.
“Hiwatari" . Risponde al saluto con un cenno del capo, intento ad aspirare la sua sigaretta e a giudicare dal numero di mozzoni di sigarette spente nel posacenere, deve essere la quarantesima.
Ok, non è  poi così tranquillo…






*** 




Amica - Allora, come l'ha presa?” -  mi chiede una delle mie amiche in chat.

Io - Non so. Stranamente bene, ma…- 

Eva sta scrivendo….

Amica - Ma cosa?

Eva sta scrivendo…

Io – non so, non sembra preso più di tanto. È il solito Kai apatico. Non mi aspettavo chissà quale grido di gioia ma… mostrarsi almeno interessato a come sto o parlarne. 

Amica – in effetti…

Io – considera che stamattina quando mi sono alzata lui era già andato via e non ci siamo visti per tutto il giorno. Ho mandato io un messaggio giusto per sapere come stava e mi ha risposto con un semplice “a lavoro". 

Amica – un messaggio davvero profondo…

Io – e ci siamo visti di sfuggita prima di cena. Ha fatto una doccia ed è uscito dicendomi che andava a da Boris. È normale un atteggiamento del genere secondo te?

Amica – sembra quasi che ti stia evitando!

Io – È quello che penso anch'io e non mi sembra un comportamento corretto. 

Amica – neanche a me…

Io – appena torna a casa ci penso io…

*** 



“ Io passo" afferma Boris dopo avere osservato le sue carte.
“ Tu Kai?” chiedo al musone grigio.
“ Mi hai dato delle carte di merda" commenta acido, osservando attentamente le sue carte. Sta per prenderne una con la stessa mano con cui regge tra due dita la diciannovemillesima sigaretta, ma poi, dopo aver dato una rapida occhiata alle carte Scoperte sul tavolo,  ritira la mano ripensandoci. “ Passo anch'io”, conclude poi.
“ Beh, mi dispiace per voi ragazzi, ma anche stavolta ho vinto io!” annuncio trionfante, mostrando le mie carte.
“ Fanculo Ivanov, mischi le carte a favore tuo!” mi accusa scocciato Boris, stappandosi una birra. 
“ Questione di fortuna…” commento sarcastico, riprendendo tutte le carte dal tavolino. “ Boris… hai novità da raccontare?” chiedo investigativo mescolando le carte.
“ Nah, solita vita di merda…” confessa facendo spallucce.
“ E tu, Kai? Novità? “ domando al diretto interessato, assumendo un'aria più investigativa.
Lui si limita a fissarmi e dopo un breve momento di riflessione dice “ sai qualcosa, vero?”.
Wow. Non è stato difficile riuscire ad arrivare al punto.
“ Qualcosa?” commenta Boris curioso.
“ Può darsi!” rispondo con aria vaga, invitandolo a tagliare il mazzo. 
“ Che cosa?” continua a dire la voce fuori campo di Boris, che viene totalmente ignorato.
“ Le voci corrono velocemente…” aggiunge con tono serio Kai, dividendo a metà il mazzo.
“ Sì.  Come l'hai presa, stavolta?” domando con fare pungente.
“ Come vuoi che l'abbia presa…” risponde, spegnendo la sigaretta con sguardo perso nel vuoto.
“ Si può sapere di che cazzo state parlando??” chiede Boris, stavolta seriamente alterato.
“ Vuoi proprio saperlo?” dico, osservando Kai e invitandolo a fare il grande annuncio. Tuttavia, il suo sguardo perso nel vuoto mi suggerisce di assumermi io questo compito.
“ Eva è incinta!” dichiaro sotto lo sguardo perplesso di Boris, che non perde tempo a dare una risposta.
“ Che cosa significa??” .
a questa domanda Kai lo fissa come a dire – sei stupido o cosa?- 
“ Aspetta un bambino, idiota!”. Questa frase l'ha proferita proprio Kai.
“Un… bambino? Oh cazzo! Ma… ma…. Un altro? Diamine ma cosa siete tu e Yuri?? Vi riproducete come conigli!”. È questo è lo stupido commento di Boris.
 Decido di ignorare quanto ha appena detto e mi concentro sul mio obiettivo: Kai, che si sta accendendo un'altra sigaretta.
“ Kai, ascolta. Eva come l'ha presa?”.



***  



Ecco il dottorino in azione. Avrei dovuto sospettare che questa serata era stata pianificata per uno scopo ben preciso.
“ Bene, suppongo…”.
“ Supponi? Kai, ne avete parlato? Lo volete entrambi? Siete contenti?” sussegue a domandare con fare insistente.
“ No, non lo so, ok? Non so che diamine… fare o dire! Io non ero pronto, non sono pronto" dico tutto d'un fiato per poi calmarmi.
“ Ok, l'aria si sta surriscaldando e le birre stanno per terminare. Vado a comprarne altre giù all'angolo della strada…” dice Boris andandosene, probabilmente perché non vuole assistere a questa discussione.
“ Ti rendi conto che stavolta sarà diverso, vero?”.
Già.
“ Kai, ascolta è normale avere paura. Io stesso ne ho avuto e ne ho ancora. Sono cresciuto senza una famiglia e sapere di essere responsabile di una vita così piccola mi spaventa., ma non sono solo, perché c'è Hilary con me e Dio solo sa quanto la amo e a volte a causa del mio carattere un po' freddo mi sembra di non dimostrarglielo abbastanza…”.
Sono dichiarazioni molto forti queste, Ivanov.
Ammetto che rimango pietrificato di fronte a queste parole, non l'ho mai visto ammettere dei sentimenti del genere.
“… quindi, se anche tu provi questo per Eva, ti verrà naturale tutto il resto. Allora?”.
Stupido Ivanov e stupidi suoi discorsi…






Sono appena rientrato a casa, le luci sono tutte spente, d'altronde è molto tardi, è quasi l'una di notte. Sono andato via prima e ho lasciato quei due finire le ultime birre.
Tolgo la giacca e decido di  avviarmi al piano di sopra, ma passando davanti alla porta del salotto, scorgo qualcuno dormire sul divano. Dopo avere aguzzato la vista nell'oscurità della notte, mi rendo conto che si tratta di Eva. 
Che ci fa sul divano?
Mi avvicino e la osservo mentre dorme rannicchiata. Odio ammetterlo ma Yuri ha ragione.
Decido di prenderla in braccio cercando di non scuoterla troppo per svegliarla, anche se risulta parecchio difficile.
“ Kai, sei tornato…” farfuglia con voce impastata dal sonno.
“ Sì…” bisbiglio, avviandomi a salire le scale.
“ Ti aspettavo"  mormora a bassa voce come parlando nel sonno.
La porta della camera è per fortuna aperta, dunque entro e la adagio sul letto coprendola con le lenzuola.
“ Kai, dobbiamo parlare…” farfuglia, continuando a tenere gli occhi chiusi e sistemandosi meglio la testa sul cuscino.
“ Parleremo domani” sussurro, scoccandole un bacio sulla fronte.
Mi soffermo a fissarla per un attimo, pensando e ripensando alle parole di Yuri.
Stavolta sarà tutto diverso, è vero e non ricommetterò gli stessi errori.
“ Kai, ti amo…” le sento dire nel sonno, lasciandomi di sasso.
Poi sorrido stizzito tra me e me scuotendo leggermente la testa.
Parla tanto pure quando dorme…







Ciao a tuttiiiii!
Eccomi a distanza di breve tempo con questo aggiornamento! Mi sento felice quando scrivo un nuovo capitolo, non so perché xD
Bene. Ho deciso di incentrare questo capitolo su Kai e i suoi pensieri. Insomma, l'arrivo di un nuovo Hiwatari non è facile da digerire per lui.
Cosa ne pensate? Ringrazio di cuore chi ha commentato il precedente capitolo e anche chi legge solamente.
Ditemi cosa ne pensate! 
A presto un bacione  :*




 

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Capitolo 40
*** La vite ***


 “ Dici che ingrasserò molto?” chiede Eva preoccupata, osservandosi allo specchio.
Ci risiamo.
“ Penso sia normale. Ricordi quanto era grassa Hilary?” le ricordo, continuando a fingermi indaffarato al pc.
“ Ma lei aveva due gemelli, è diventata una balena!” aggiunge con aria di disgusto.
“ Che t’importa. L’importante è che tutto vada bene. A dimagrire ci penserai dopo” le spiego sinteticamente. Non le è ancora spuntato un filo di pancia e già mi stressa con la storia del peso. Yuri mi aveva avvertito d’altronde.
“ Sai…” inizia a dire, sdraiandosi sul letto accanto a me “ presto avrò le famose voglie” dice con aria ammiccante.
“ Dici che si possono continuare a fare porcate anche se sei incinta?” chiedo, probabilmente fraintendendo il suo discorso.
“ Ma cosa hai capito! Io intendo le voglie di cibo, di mangiare schifezze!” interviene, a correggere il mio pensiero.
Ma io ritorno all’argomento.
“ Dunque non potremo fare nulla per nove mesi?” chiedo preoccupato.
“ Non lo so, cioè… non credo. Fino a un certo punto si potranno fare” spiega non molto sicura di quello che ha appena detto.
Seriamente? Niente sesso per nove mesi?
Beh, in realtà la soluzione ci sarebbe. Diciamo che non ho mai perso quel vizietto di andare con qualcun'altra. Ma da quando mi sono sposato e, soprattutto, ho scoperto che Eva è incinta, la mia coscienza, o quel poco che ne rimane pulita, (che di solito prende la forma di una vocina che assomiglia vagamente a quella di Yuri), mi ha suggerito di smetterla per una buona volta e diventare una persona migliore, sia per Hope che per il futuro Hiwatari che Eva porta in grembo.
Ammetto di non essere molto entusiasta di questo bambino, nel senso che non me l’aspettavo e non mi sento pronto. Ho appena imparato con Hope cosa significa essere padre, (anche se imparato è una parola grossa). Diciamo che ho cominciato a prenderci dimestichezza, ecco. Tuttavia, il danno è stato fatto e stavolta non posso tirarmi indietro per vari ed ovvi motivi. Penso sia solo una questione di abitudine.
Non nascondo, però, che una parte di me vorrebbe mollare tutto e scappare come la prima volta. Ricordo ancora quel giorno in cui Yuri cercava in vano di non farmi partire.
 
"Dunque è questo che vuoi veramente fare, scappare!”
"Io non scappo, parto!"
"Biglietto per Mosca??"
"Già! solo andata..."
"Ma sei impazzito? Dopo tutto quello che abbiamo passato per fuggire da quel posto..."
"Mio nonno... ... vuole che io torni in Russia"
"Si certo! Da quando tuo nonno decide per te?! Andiamo Kai... ti conosco troppo bene per credere ad una balla simile!"
 
 “ Mi raccomando non dimenticarti di domani…” mormora Eva scoccandomi un bacio e mettendosi comoda sotto le coperte.
 
"Me ne vado, ok! E proprio perché mi conosci sai che non devo spiegazioni a nessuno!"
"Quindi lasci tutto, pure... Eva?"
"Nessun problema, tra poco sarete tutti diplomati e lei mi raggiungerà in Russia"
"Tsz... lei ti raggiungerà in Russia?!... dovete essere impazziti!"
"E va bene! Se è questo quello che vuoi, che dire... buona fortuna e soprattutto buon viaggio!!"
 
Avevo diciannove anni, d’altronde, e la notizia che sarei diventato padre mi aveva completamente spiazzato in due. Non vedevo altra soluzione se non quella di fuggire lontano da tutto e da tutti, e mai avrei pensato che da lì a pochi anni avrei conosciuto Hope. E adesso che ho imparato a conoscerla, quasi mi pento di averla abbandonata. Per questo è importante che adesso io non scappi. Questo bambino sarà un modo per rimediare ai miei passati errori, in un certo senso…
 




***
 
 




“ Mi serve una tua firma” asserisce con tono autoritario un Hiwatari appena presentatosi al bancone della caffetteria, porgendomi una penna e dei fogli.
“ Di cosa si tratta?” domando con aria sospettosa.
“ Scartoffie varie…” risponde, rimanendo molto sul vago. Cosa che mi fa insospettire ancor di più.
“ Conoscendoti, potresti farmi firmare la mia condanna a morte!” controbatto ironica, strappandogli quei fogli di mano per dargli un’occhiata.
“ Quanto la fai lunga!” mormora, roteando gli occhi al cielo.
“ Solite donne…” commenta Boris, seduto al suo posto, troppo impegnato a fissare il suo smartphone.
Mentre leggo attentamente quelle che Kai ha solo definito scartoffie, non posso fare a meno di non ascoltare in sottofondo il loro chiacchiericcio.
“ Secondo te è figa questa? Con tutti questi filtri alle foto non si capisce se quella è una sciarpa o un doppio mento…”.
“ Usi ancora quest’app?” commenta schifato Kai.
“ Perché tu non la usi più??” domanda a mo’ di sfottimento l’altro.
“ Tzs…” si limita a dire schivo, bevendo il caffè appena servitogli da Dana.
Ma quando lo ha ordinato?
“ L’ultima volta che ho incontrato una ragazza conosciuta qui volevo fuggire… parlava troppo e  le bocce che mostrava in foto nelle scollature ho scoperto che erano ritoccate con photoshop. Bugiarde…”.
Ma di che diamine stanno parlando? Ad ogni modo, meglio tornare sull’argomento scartoffie.
“ Hai fatto un test, senza tenermi al corrente?” rimprovero al qui signor Astuzia.
“ Era solo uno stupido test! È bastato mettere due crocette a caso e stop” afferma quasi fosse la cosa più ovvia del mondo.
“ Ah sì? E hai anche letto che verrà giudicato da uno psicologo e in base alle risposte deciderà o meno se farci frequentare una serie di incontri tra genitori e psicologi??” dico tutto d’un fiato cercando di trattenere la rabbia.
“ Dove cazzo è scritta questa cosa?” chiede accigliato, strappandomi il foglio di mano per controllare.
Non posso crederci. Non lo ha nemmeno letto!
“ Cazzo…” esclama, fissando la parte del documento che reca scritto quanto ho appena riferito.
Vorrei ucciderlo, ma possiamo rimediare…
“ Beh, non c’è nessun problema! Basta farsi dare un nuovo test, con la scusa che si è perso o che ci hai rovesciato sopra un po’ di caffè, cambiare le risposte, ed è fatta!” spiego, con aria di ottimismo, che viene subito stroncata dallo sguardo  scettico di Kai. “Perché quell’espressione? Cos’hai combinato?”.
“ E se si fosse trattato di un test online, inviato tramite un link via email, che ho fatto, rispondendo a cazzo e inviato… proprio ieri sera?” spiega con l’espressione di chi si è appena reso conto di avere fatto una cazzata.
“ Stai scherzando vero?”. La sua espressione mi suggerisce di no. Io lo uccido.
“ Oh-oh” esclama in sottofondo Boris, aggiungendo una nota tragica all’atmosfera che ci circonda. “ Io vado, ciao!” saluta poi, dileguandosi nel nulla.
“ Ma com… tu sei…”. Dalla mia bocca iniziano a venir fuori una serie di suoni e mezze parole che in realtà vorrebbero solo riuscire a trovare la combinazione giusta per definire in maniera completa quanto lui sia deficiente.
“ Perché ti scaldi tanto? Secondo me non ci chiameranno neanche…” spiega con tranquillità e superficialità.
“ Ah, secondo te? Mi spieghi che tipo di domande c’erano?”. Vorrei almeno capire di che tipo di test stiamo parlando.
So che magari non sarà nulla di così importante, ma non vorrei andare a quegli incontri neanche sotto tortura. Mi sembrano solo una perdita di tempo in cui degli strizzacervelli criticano il tuo modo di educare e vorrebbero insegnarti come fare il genitore.
“Delle domande… senti, non me le ricordo!” confessa infastidito.
“ Forse perché non le hai neanche lette!” aggiungo pungente.
“ Vuoi firmare qui o no? Così completiamo questa cavolo di iscrizione!”.
E va bene. Tanto alla fine vince sempre lui. Non mi va neanche di litigare ogni volta. Meglio firmare, così sparisce dalla circolazione.
“ Fatto, contento?” concludo, con falso sorriso, porgendogli la penna che vorrei infilzargli in fronte.
Toglie dalla mia mano la penna, esibendo quel suo sorrisetto che tanto mi dà fastidio; poi prende i fogli e si alza, osserva l’orologio al polso e…
“ Cazzo…” esclama sottovoce.
“ Che succede?” chiedo, stranita.
“ I genitori di Eva…” inizia a dire con aria preoccupata, sedendosi di peso sullo sgabello.
Non capisco e il mio sguardo gli suggerisce di essere più chiaro. Mi fissa perplesso, esitando nel rispondere, come se si sentisse ormai obbligato a darmi spiegazioni.
“ Eva li ha invitati a pranzo per annunciare la sua gravidanza…”.
Ah!
“ E io me ne sto ricordando adesso, che sono le tre e mezza del pomeriggio” conclude chiudendo gli occhi e trattenendo un sospiro.
“ Beh, direi che l’ora di pranzo è passata già da un pezzo!” commento, sottolineando la realtà dei fatti. Cosa che a lui non sfugge, visto la maniera terribile in cui mi osserva.
Sembra voglia dire – grazie mille per avermelo ricordato!-.
Beh, di nulla.
“ E ora chi la sente” mormora tra sé e sé.
Rimane ancora seduto su quello sgabello, fissando il vuoto.
Sembra davvero preoccupato.
“ Ma visto che non ti sei presentato, non avrebbe dovuto telefonarti per ricordartelo? O per sapere se eri in ritardo?”. Forse sto girando il coltello sulla piaga, visto il modo in cui continua a fissarmi.
“ Non lo fa mai. Aspetta che io ritorni a casa per porre inizio alla sua tragedia” spiega con aria di rassegnazione.
Beh sì, Eva su questo non la batte nessuno. È la regina delle tragedie.
“ E non mi va di litigare adesso che…”. Continua a dire per poi interrompersi improvvisamente.
Forse ho capito cosa voleva dire: adesso che aspettano un bambino.
Non posso crederci. È proprio Kai colui che ho davanti? Che si preoccupa per un litigio?
Sono sconvolta.
Ecco che riesce a far fuoriuscire quel sospiro di rassegnazione che aveva trattenuto precedentemente e si alza, raccogliendo le sue scartoffie.
 
“Beh, forse potresti giocare d’anticipo…” inizio a dire. “ In che senso?” chiede fissandomi interrogativo.
“ Potresti tornare a casa portando qualcosa che le possa far passare la rabbia: tipo un regalo” suggerisco.
“ Queste cose non funzionano con Eva, la conosci anche tu” mi ricorda, giustamente.
“ Ma questa volta non deve essere un regalo per lei…”. Dalla su espressione intuisco che non mi segue. “ Deve essere un regalo per il bambino!”.
 Ok. Devo essere impazzita. Ho appena dato un consiglio di coppia a Kai, a Kai Hiwatari. Proprio lui. Mio dio.
 “ Per il bambino?”. Non ha ancora afferrato il concetto.
 
“ Sì, per il bambino!” sottolineo, ancora una volta.
 “ Del tipo?”. Ecco che si risiede sullo sgabello.
“ Del tipo… non so,  una culla!”.
“ Un culla?”.
“ Sì, una culla! Hai presente quel piccolo lettino dove dormono i neonati?” spiego, a mo’ di sfottimento.
“ So cos’è una culla!” puntualizza infastidito. “ Dici che riuscirà a placare la sua ira?”, aggiunge sospettoso.
“ C’è un’alta probabilità…”. Secondo me potrebbe funzionare. Eva non si aspetterà mai un gesto così dolce e carino da parte del freddo e menefreghista Kai Hiwatari.
La sua faccia prima perplessa, adesso sembra più convinta.
“ E dove si compra questa roba?” sussegue a domandare.
“ In un negozio per bambini?” rispondo, quasi fosse la cosa più ovvia del mondo.  “ Ne trovi uno al centro commerciale qui vicino” suggerisco, infine.
Dopo avere emesso l’ennesimo respiro profondo e raccolto tutte le informazioni possibili, decide di alzarsi, voltare i tacchi e andarsene, ma giunto quasi alla porta si blocca e si volta, osservandomi, con l’aria di chi sta per chiederti l’ennesimo favore. A passo felpato si avvicina, osservandosi in giro come a trovare il coraggio di dire qualcosa.
“ Non è che…” inizia a dire sotto il mio sguardo perplesso. “ ... verresti anche tu?”.
Come scusa?
Cioè, vuole che io lo accompagni a comprare la culla per suo figlio?
Me lo sta veramente chiedendo?
Non è possibile.
No.
Affatto.
“ Io?”. È l’unica cosa che riesco a dire.
“ Sì, tu!” conferma.
“ Ma non posso. Cioè, sto lavorando! Non posso abbandonare Dana!” spiego, accampando delle scuse plausibili.
“ Infatti! Ha già perso troppo tempo a parlare con te!” interviene Dana, con aria di rimprovero.
“ Credo di avere dimenticato di pagare il caffè…” afferma Kai, osservando Dana in uno strano modo.
“ Guarda che lo hai pagato!” gli ricorda Dana.
“ Allora ho dimenticato di dare la mancia!” si corregge, tirando fuori dalla sua tasca un bigliettone e porgendolo a Dana, stile spacciatore.
Lei, dopo un attimo di esitazione, afferra la mancia e la conserva dentro la maglietta. “ Mandatemi una foto della culla!”, conclude infine, svanendo in cucina.
Non posso crederci.
Non può averlo fatto veramente.
Comincio a dubitare seriamente dell’esito positivo del test, visto il modo in cui ragione. Avrà dato delle risposte che preoccuperanno non poco quegli psicologi e ci andrò di mezzo io, come sempre.
“ Adesso sei libera! Forza, andiamo!” esclama, avviandosi all’uscita e invitandomi con un cenno a seguirlo.
Mi sembra tutto assurdo…
 
 
 
 
 
 

***
 
 
 
 

Siamo in macchina. Io e Anya. E  il  silenzio imbarazzante regna sovrano.
L’ultima volta che è entrata nella mia auto, è rimasta incinta. E adesso la madre di mia figlia sta accompagnandomi a comprare una culla per il mio futuro figlio. Lo so, è assurdo. E la verità è che non sapevo cosa fare. Insomma, io che entro da solo in un negozio per bambini? Potrei tornare a casa con un tagliaerba per il giardiniere… non sono fatto per queste cose. Forse Anya era l’ultima persona a cui chiedere questo favore, ma non sapevo a chi rivolgermi. Non di certo a Boris, pfff. Quello non sa neanche cos’è una culla. In questi casi servono pareri femminili e a parte Hilary, che mi sta sul cazzo a volte, conosco solo Anya. Beh, intendo donne non occasionali, che non mi porto a letto. Anche se Anya me la sono portata, ma questa è un’altra storia.
Siamo arrivati.
Usciamo dalla vettura e ci accingiamo ad entrare nell’enorme centro commerciale.
Anya cammina sicura di sé. Forse sa già dove andare, meglio così.
Dopo avere camminato per alcuni minuti, Anya si para davanti alla porta di un negozio. “ E’ questo!”, dice entrando.
 
“ Salve, come posso aiutarvi!” esordisce una commessa, non appena mettiamo piede in quel negozio.
Anya mi osserva e intuendo che non avrà aiuto da parte mia, decide di parlare.
“ Stiamo cercando una culla!”.
“ Oh!” esclama la commessa con un sorriso a trentadue denti, fissando prima l’addome di Anya e poi me. “ Bimbo in arrivo, eh? Complimenti! Seguitemi, vi mostro alcune culle!” dice, invitandoci a seguirla.
“ No, veramente non è per noi due. È che…”. Interviene Anya a correggere l’incomprensione della signorina.
Ma io le do una gomitata per fermarla, cosa che a lei infastidisce parecchio, visto il modo terribile in cui mi guarda.
“ Non c’è bisogno di dare tutte queste spiegazioni” le spiego sinteticamente a tono basso.
Davvero vuole spiegare che non è per lei ma per me e mia moglie e che lei bla bla bla? Ma per favore! Compriamo questa culla e andiamo via.
Arriviamo nel reparto in questione e lascio Anya decidere quale, secondo lei, sia la culla migliore da acquistare. Nel frattempo, però, non posso non fare a meno di notare come quella commessa sottolinei ogni due secondi le parole “il vostro bambino” e notare la faccia di Anya che sembra voglia esplodere da un momento all’altro.
Ok. Ammetto che è fastidioso anche per me. Insomma, io ed Anya? Pff.
Impensabile.
“ Ok, prendiamo questa!” decide infine Anya, guardandomi con aria arrendevole.
“ Perfetto, seguitemi alla cassa!”.
 
“ Davvero imbarazzante!” commenta Anya, due secondi dopo essere usciti dal negozio.
“ Non ci conosce neanche”.
“ Lo so, ma… lasciamo perdere! Riportami in caffetteria!” conclude infine.
Ok.
 
 
 
 
 
Arrivo a casa e aperta la porta, mi guardo in giro alla ricerca di Eva. Non sembra esserci anima viva, persino Reina sembra essere svanita nel nulla.
Sarà probabilmente uscita. Meglio, così avrò il tempo di montare questa culla.
Mi dirigo al piano di sopra, caricando l’enorme scatolone e arrivato in camera da letto lo poggio a terra, iniziando ad aprirlo.
Dopo avere tirato fuori tutti i pezzi, apro il libretto delle istruzioni cercando di capire come diavolo fare a montarla. Non sono portato per queste cose, ma stavolta me lo devo far piacere.
 
 



****
 
 
 
 
 
Stavolta Kai l’ha fatta grossa. Cioè, nella sua vita ne ha fatte tante di grosse, ma stavolta… stavolta è enorme, gigantesca! Ho dovuto inventare ai miei che ha avuto un contrattempo di lavoro. Avrei potuto avvertirlo, ma speravo in cuor mio che arrivasse, anche all’ultimo secondo. Me lo aveva promesso! Ho dovuto annunciare da sola ai miei genitori di essere incinta! Almeno la notizia li ha messi di buon umore e ha fatto loro dimenticare della grossa buca che ci ha dato Kai.
In queste settimane è stato molto apprensivo (cosa strana da parte sua) e mi sono sentita per la prima volta presa in considerazione. Credevo si fosse messo la testa a posto per una volta e invece no! Figuriamoci. Kai Hiwatari? Impossibile.
Parcheggio l’auto nel vialetto, proprio a fianco di quella di Kai: è in casa! Mi accingo ad aprire la porta e una volta entrata mi guardo attorno alla ricerca di mio marito, ma niente. A passi da gigante salgo al piano di sopra, dove noto la porta della nostra stanza aperta. Deve essere lì. O starà facendo una doccia o starà sdraiato sul divano a giocherellare col suo pc. Adesso mi sente!
Mi avvicino alla porta con l’intenzione di dirgliene quattro ancor prima che riesca ad accorgersi della mia presenza, ma una volta arrivata allo stipite della porta, la scena che mi si offre davanti mi paralizza a tal punto da non riuscire a muovere ciglio…
 
 
 


***
 
 
 
 
La culla è quasi terminata, ma non riesco a capire dove montare questa vite. Sembra essere avanzata. Ma è impossibile.
Rileggo attentamente, per l’ennesima volta, il foglietto delle istruzioni, alla ricerca di una soluzione, quando improvvisamente avverto una presenza alle mie spalle. Mi volto e trovo Eva ferma e immobile sul ciglio della porta che osserva ad occhi sgranati la culla.
Non l’ho sentita arrivare.
 
 
 


***
 
 



Quella è…
Quella è una culla?
Kai sta montando una culla?
Vedono bene i miei occhi o mi stanno ingannando?
Quello è Kai con un cacciavite in mano?
Forse sto sognando.
Mi osserva, tenendo un foglio in mano mentre io mi avvicino non riuscendo a staccare gli occhi da quella culla.
 
“ Wow…”. Riesco a dire, tra la meraviglia e lo stupore. “L’hai comprata tu?” chiedo poi.
“ S…ì” risponde titubante.
Adesso la sto toccando. È reale e forse non sto sognando.
“ Ti… piace?”.
Se mi piace?
“ Sai, ero tornata a casa con…”. Quasi non riesco a parlare. “ con l’intenzione di dirtene quattro per il fatto di avermi dato buca con i miei, ma…”. Non mi aspettavo una cosa simile. “… ma dopo avere visto questa, io… sì, mi piace, molto!” affermo entusiasta saltandogli al collo.
 
 
 


***
 
 
 
 
Wow.
Sarizawa ci ha preso in pieno.
Ha funzionato.
 “ Ma come ti è venuta quest’idea?” domanda curiosa, attaccandosi al mio collo.
 Eh…come mi è venuta quest’idea?
Adesso che le invento?
 “ Beh, me lo ha consigliata Yuri… lui ormai è un esperto in queste cose” spiego, inventando la prima cosa che mi è venuta in mente, rendendola credibile provando a metterci di mezzo Yuri. Lui dà sempre una certa sicurezza e veridicità alle cose.
 Di certo è il più credibile di tutti noi.
 “Dobbiamo festeggiare!” esclama euforica.
“ Cosa dovremmo festeggiare?” chiedo confuso.
“ Non lo so! Tu lascia fare a me!” si limita a dire, uscendo dalla camera.
 
 
 


***
 
 
 
 


Sono le nove di sera. Io ed Hope siamo appena tornate a casa e siamo pronte per cenare.
“ Siii, ci sono le patatine fritteee!” esclama euforica Hope, aprendo la busta col cibo appena comprato.
Sì. Ho comprato cibo da fast food. Lo so. Imperdonabile. Ma stasera non mi andava di cucinare, proprio per niente. Così ho ceduto, per la felicità della piccola golosona, che ha già ingozzato tutte le patatine.
“ Tesoro, mangia lentamente, o ti strozzerai!”.
Non posso non pensare a quello che ho fatto oggi: ho accompagnato Kai Hiwatari a comprare un regalo per salvarlo da un litigio con sua moglie? L’ho davvero fatto?? Sì.
Lo odio. Lo detesto.
Perché l’ho aiutato? Non lo meritava affatto.
Che cosa mi ha spinto a volerlo consigliare?
Devo essere impazzita, ufficialmente folle.
 Ecco. La rabbia mi ha già fatto terminare il primo hamburger. E già sto per addentare il secondo.
 Lo detesto, lo odio, lo vorrei uccidere, lo…
 
 
 



***
 
 
 
 
 
 


“ Ci voleva proprio una serata del genere, non trovi?”.
Sono super felice. Non so perché. Beh, sì, in verità lo so perfettamente.
La sorpresa che mi ha fatto oggi Kai è stata qualcosa che mi ha fatto troppo gioire. Non tanto per la culla in sé, ma per il suo gesto inaspettato. È la prima volta che fa una cosa talmente carina nei miei confronti. C’è stata la proposta di matrimonio, è vero, ma questa supera tutte. Dovrebbe capire che basta poco per farmi felice! Lo so, a volte posso essere insopportabile, ma basta un’attenzione del genere da parte sua per farmi impazzire. Le attenzioni da parte sue sono veramente rare, quasi inesistenti e questo mi ha sempre dato fastidio. Ultimamente poi, ha sempre messo quella figlia davanti a tutto e mi ha talmente trascurata che non credevo più che potesse funzionare tra noi.
Forse il fatto di aspettare un figlio lo sta ammorbidendo un po’ e ne sono immensamente felice. Oggi per me è un giorno da festeggiare proprio per questo: Kai ha mostrato un piccolo pezzo del suo lato tenero.
 
 


***
 
 
 


Siamo in uno dei ristoranti più costosi della città. Il preferito di Eva. Di solito veniamo a cenare qui per le occasioni importanti, come il suo compleanno o una sua promozione a lavoro. Ma oggi non capisco cosa ci sia da festeggiare. Il fatto che io abbia comprato una culla?? Non ne ho idea. L’importante è che sia contenta e che, soprattutto, abbia dimenticato la storia del pranzo con i suoi genitori.
 
Parla da un tempo inquantificabile ormai e riesco a seguirla poco. Eravamo partiti a parlare della culla, ma adesso non capisco come siamo arrivati a parlare della gonna della cameriera. Anche se fingo attenzione, la mia mente vaga altrove.
 
Perché è avanzata una vite dalla culla?
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
“ Si può sapere qual è l’urgenza per cui mi hai fatto venire fino a qua?” lamento annoiato a un Kai che mi ha appena aperto la porta di casa sua.
 “ Questa!” risponde con tono secco, mostrandomi un oggetto tra le dita.
 “ Una vite?” chiedo perplesso, prendendola in mano. Mi ha fatto venire fin qui per una vite? Vorrei chiedergli dove dovrei metterla, ma so già che la sua risposta non sarebbe carina, quindi mi limito a seguirlo fino in camera sua.
 “ Monta quella culla e vedi di non fare avanzare nessun pezzo!” mi ordina autoritario.
“ Stai scherzando?” domando allibito, osservando quella culla al centro della stanza.
“ Hai meno di un’ora, prima che ritorni Eva” spiega, porgendomi un foglio e un cacciavite, per poi uscire dalla stanza. “ Ti prendo una birra”.
 
Rimango intontito a osservare quel foglio che tengo in mano.
 
Tutti questi figli gli stanno dando alla testa…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ciao a tutti!!
Eccomi con un nuovo aggiornamento! Ci ho messo di nuovo mesi per farmi fulminare dall’ispirazione. Ed eccolo qua. In questo capitolo non ci sono grandi risvolti, lo so. Ma è solo una preparazione a ennesimi colpi di scena. Dunque preparatevi. In realtà serviva solo a evidenziare il nuovo lato di Kai, che Eva ha definito dolce , ma che noi rinominiamo “pararsi il culo”, lo conosciamo benissimo ahahah.
Mi farebbe piacere conoscere il vostro parere. Fatemi sapere.
Un saluto a tutti voi.
 Alla prossima.

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Capitolo 41
*** La stanza blu ***


“ Buonasera e benvenuti al primo di una serie di incontri tra genitori, educatori e psicologi che si terranno, come sapete, una volta a settimana. Innanzitutto vi ringrazio per esservi presentati, siete in moltissimi…”.
“ Beh, forse se non ci aveste obbligati a venire per colpa di quello stupido test…” sussurro tra me e me, facendo sentire queste mie parole anche a Kai, sedutomi accanto.
“ La presenza di tutti questi genitori mi fa capire che hanno risposto tutti a cazzo a quelle domande” ribadisce lui a voce bassa.
“ Beh, forse se lo avessi fatto fare a me saremmo stati gli unici fortunati a non venire!” controbatto acidamente.
“ Sì, certo…” risponde con leggero sarcasmo.
Mi limito a fissarlo minacciosamente, mentre si finge interessato a quello che stanno dicendo qui in aula. Spero almeno che a lui servino a qualcosa, sia per migliorare le sue prestazioni da padre con Hope, sia per il suo futuro Hiwatari. Anche se ne dubito fortemente, visto che stanno iniziando a proiettare sullo schermo delle slide con una serie di teorie di scienziati e psicologi.
È colpa sua, lo detesto.
 
 
***
 
 
 
Questi banchetti sono così stretti che a stento riesco a muovere le gambe. Odiavo sedermici quando andavo a scuola e lo odio ancora adesso. E i miei movimenti sono limitati dalla presenza di Anya accanto a me.
Quanto durerà questa pagliacciata? Mi sento già il sedere in formicolio su questa sedia di legno dura e scomoda. E poi di cosa stanno parlando?
Mi sembra di essere tornato a scuola, e io odiavo andare a scuola. Stare qui non mi mette per nulla a mio agio.
Anya continua a darmi la colpa per avere dato delle risposte sbagliate al test, ma la presenza di tutti questi genitori qui dentro mi fa capire che non c’erano risposte giuste o sbagliate. Semplicemente ci hanno costretti a venire qui, perché dubito che qualcuno sarebbe venuto di sua spontanea volontà.
“ Adesso vi distribuiremo dei fogli dove troverete il programma con tutti i punti salienti che tratteremo ad ogni lezione, orari e attività”.
Sì. Adesso mi sento ufficialmente a scuola.
“ Complimenti, Hiwatari! Bella idea cambiare asilo…” esclama ironica Anya, porgendomi uno dei due fogli che strappo dalle sue mani con aria di sfida.
Perché deve sempre essere così petulante?
 
 
 
***
 
 
“ Bene. L’incontro finisce qui! Potete andare e mi raccomando, non mancate al prossimo! Potete prendere i vostri bambini in aula e tornare a casa. Arrivederci!”.
Ecco che la lezione termina qui.
Ci alziamo quasi tutti contemporaneamente e ci avviamo all’uscita.
“ Che noia mortale…” sento dire a Kai, che mi cammina accanto.
“ Beh, dobbiamo tutti ringraziare te!” gli ricordo con tono acido, mente conservo il foglio dentro la borsetta. “ Dov’è il tuo foglio?” domando poi, rivolgendomi a un Kai con le mani vuote.
“ L’ho gettato…”.
Cosa?
“ Oh no-no, Hiwatari!” esclamo parandomi di fronte a lui, costringendolo a fermarsi. “ Ora ti dico io come funziona! Niente menefreghismo? Intesi? A me non va venire qui quanto non vada a te. Ma visto che hai combinato tu questo casino, sarai tu ad avere la responsabilità di tutto questo. Tu avrai il tuo foglio, i tuoi orari e verrai a prendermi per andarci insieme. Non mi fido a venire da sola. Con la scusa dei tuoi ritardi e impegni potresti non presentarti. In questo modo se non vai tu, non vado nemmeno io!” concludo autoritaria.
 
 
***
 
 
 
“ Hai finito?” chiedo irritato.
“ Se ho finito? Kai, io parlo sul serio!”.
“ E va bene, non preoccuparti! Rilassati!” le spiego portando gli occhi al cielo. “ Verrò a prenderti io”. Quanto la fa lunga! Ho capito.
“ Lo spero per te!” conclude autoritaria.
 
Presa Hope ci avviamo in macchina e durante il tragitto regna sempre il silenzio. Solo Hope riesce a romperlo ogni tanto, raccontando qualcosa alla madre, seduta ai posti dietro accanto a lei.
 
 
Qualche ora dopo. Casa Hiwatari.
 
Ho appena fatto una doccia e mi avvio al piano di sotto per raggiungere Eva e cenare. La trovo già seduta a tavola, che mi osserva con un sorriso raggiante. È strano, ma da quando è incinta sembra essere meno ossessiva nei miei confronti. Prima litigavamo spesso, almeno una volta a settimana era d’obbligo, ma adesso non litighiamo da… l’ho pure dimenticato. Meglio così.
“ Sai Kai…” Inizia a dire con fare investigativo.
Forse ho parlato troppo presto.
“  Oggi sono venuta nel tuo ufficio perché mi trovavo in zona, ma la tua segretaria mi ha detto che non c’eri”.
Sì, ho parlato decisamente troppo presto.
“ Perché non mi hai telefonato per avvisarmi?” chiedo con aria tranquilla, per non dare sospetti.
“ Di solito ti trovo sempre in ufficio a quell’ora. Non c’è mai stato bisogno” continua, sempre più investigativa.
Questa minestra mi sta già andando di traverso.
“ Dov’eri?” chiede, infine, dimostrandosi calma e pacifica.
Cosa devo dirle? Che ero con Anya a una stupida riunione di genitori? No. Peggiorerebbe solo la situazione.
Pensa, Kai. Pensa.
Pensa a qualcosa che non la faccia arrabbiare, ma neanche insospettire.
“ Allora?” domanda ulteriormente, stranita dal fatto che io non abbia ancora dato una risposta.
Mi schiarisco la voce.
Perché Reina ha fatto la minestra? Sa che mi fa schifo.
“ Beh, sono dovuto uscire a fare delle cose” spiego, mostrandomi naturale.
“ Delle cose? Quali cose?”.
Bravo Kai.  E meno male che non dovevi farla insospettire!
“ Cose”. Ripeto, con fare vago, ma lei non sembra molto convinta.
Non ti stai aiutando Kai.
Ma cosa mi prende? Sto soltanto peggiorando la situazione.
“ E non posso sapere di quali cose si tratta?”.
Ok. Qualunque cosa dirò sarà inutile. Ormai in lei sono nati i sospetti e inizierà a perseguitarmi finché non si accerterà che quello che le ho detto sia vero. Pensa a una via di salvezza, Kai.
“ No. Perché…”.
Perché? Cosa dico.
Mi sento un idiota in questo momento.
“ Perché è una sorpresa” rivelo, cercando di essere convincente.
“ Una… sorpresa?” chiede lei, con aria molto perplessa.
“ Sì…”.
“ E di che tipo di sorpresa si tratta?” chiede curiosa.
“ Se te lo dicessi non sarebbe più una sorpresa!”. La solita frase geniale da dire in questi casi.
“ Veramente stai organizzando una sorpresa per me?” ripete a domandare per assicurarsi.
“ Sì!”.
“ Wow… incredibile…” sussurra tra sé e sé, alquanto incredula. “ Grazie! Non vedo l’ora di scoprirla!” esclama felice, saltandomi al collo per poi correre a passi danzanti al piano di sopra, prendendo il suo telefono.
Ma dove sta andando? La cena non è finita.
Ma la vera domanda è: che diavolo di sorpresa mi invento adesso?
 
 
 
***
 
 
 
 
 
“Ti sei divertita oggi all’asilo?” dico alla piccola, appena tornata dall’asilo con suo padre.
“ perché glielo domandi sempre? Vuoi che ti dica: No. Questo nuovo asilo che ha scelto Kai mi fa schifo. Avevi ragione tu, mamma!” mormora, mentre mi porge lo zainetto della piccola.
Davvero divertente. Così divertente, che il mio sguardo gli ha già detto tutto.
Ma smettila!
Hai vinto tu, perché continui a rompere con questa storia?
“ A proposito, com’è andata con la tua idea della culla?” chiedo, con tono pungente, per cambiare discorso.
“ Beh, devo dire che la mia idea è stata davvero geniale!” risponde, calcando con sarcasmo nel tono  la parola “mia”.
“Tua? Ma davvero??” ripeto fingendomi sbalordita.
“ Ad ogni modo, ha funzionato” ammette arrendevole, prendendomi la mia pare di soddisfazione.
Beh in un certo senso mi ha dato del genio, anche se Kai Hiwatari non lo ammetterebbe mai esplicitamente. Ma prendo ciò che ha detto come una sorta di complimento.
Prima di andare via, però, Kai si gira verso di me, osservandomi con l’aria di chi sta per chiedere qualcosa che non vorrebbe.
“ A proposito…” inizia a dire prendendosi di coraggio “… se, per ipotesi, volessi fare un'altra specie di sorpresa a Eva” sussegue a parlare con aria vaga “ quale altra idea geniale potrei avere?”.
Ho sentito bene?
Kai Hiwatari mi sta chiedendo un altro consiglio?
Sono sconvolta e la mia espressione glielo sta facendo capire.
“ Vuoi che ti dia un altro consiglio?” domando con aria allibita.
“ sto solo chiedendo un parere, che c’è di male?” risponde con aria seccata.
“ Stai bene?” chiedo preoccupata.
No. Non può star bene.
“ Ok. Ho capito. Fa come se non ti avessi detto nulla. Ciao!” . Irritato, gira i  tacchi e va via, lasciandomi qui, sotto lo stipite della porta a fissare la sua figura svanire.
Quindi lui chiedeva un consiglio vero? A me?
Persa in questi pensieri, chiudo lentamente la porta di casa e mi dirigo sul divano, dove mi accascio con pesantezza.
Tutto ciò non ha senso.
 
 
***
 
 
“ Boris?”.
  • Che ne dici di incontrarci?-
Wow. La ragazza va subito al sodo: proprio come piace a me.
  • Stasera?-
…sta scrivendo…
“ Boris? Ci sei?”.
  • Dove e a che ora?-
Mmmh. Bella domanda.
  • In un pub?-
…sta scrivendo…
  • Ok. Dimmi quale-
“Boris!! Mi stai ascoltando??”.
“ Che c’è??!” rispondo a gran voce con tono irritato.
“ Ti parlo e non mi rispondi! Sei completamente immerso nel tuo cellulare! Da quando usi quella applicazione ti sei rincoglionito parecchio!” mi fa notare.
“ Hai idea di quante ragazze mi scrivono? E a quante ragazze scrivo? È stressante dar retta a tutte!” spiego con aria da sciupafemmine.
“ Sei irrecuperabile!”.
“ Sai, dovresti provarla e fare nuove conoscenze” le propongo, mimando delle virgolette tra la parola –conoscenze-.
“ No, grazie!” risponde negativa.
“ Andiamo! Sono solo delle chat e se hai del feeling con qualcuno, che c’è di male nell’incontrarsi? E poi…” fingo un colpo di tosse “… da quando non… insomma…”. Il mio sguardo vuole comunicargli quello che non voglio dire esplicitamente.
“ Insomma… cosa?” chiede lei, cadendo dalle nuvole.
“ Sai di cosa parlo! Da molto tempo tu non hai… delle visite speciali immagino”. Spero abbia capito, o stavolta dovrò usare delle espressioni più volgari.
“ Visite speciali?”. Incredibile. Non posso credere che non ci arrivi, Sarizawa, ti facevo più sveglia.
“Ok, sarò più chiaro: da quanto tempo non scopi?” domando, con tono di voce basso, per usare un po’ di discrezione.
A queste parole l’espressione del suo viso cambia e diventa paonazzo.
“ Ti sembrano domande da fare?” rimprovera tirandomi il panno umido che ha in mano.
“ E dai? Cosa c’è di male?”.
“ Non sono domande a cui ho voglia di rispondere!” spiega categorica.
“ Ok, ok!”. Alzo le mani in segno di resa. “ Tuttavia…” continuo a dire con aria saccente “ Secondo me, non ti costerebbe nulla provare a fare nuove conoscenze! Qualunque tipo di conoscenza tu voglia… fare!” concludo con fare vago.
“ Non hai niente da fare in officina?” mi ricorda acidamente, invitandomi ad alzare il culo da questo sgabello.
Andiamo Sarizawa, goditi un po’ la vita…
 
 
***
 
 
 
“ I bambini hanno bisogno di sentirsi protetti e guidati, anche quando sembra che contestino ogni nostra decisione…”.
Siamo di nuovo qui, nel secondo di una serie di inutili incontri e Hiwatari, per la prima volta nella sua vita è stato puntuale: è venuto a prendermi in orario in caffetteria. Stupefacente.
Meno stupefacente è, invece, il fatto che se ne stia qui seduto accanto a me col suo costosissimo cellulare in mano e non ascolti minimamente quello di cui questi “esperti” stanno parlando da quasi mezz’ora.
“ Potresti almeno far finta di ascoltare?” mormoro a bassa voce al mio vicino di banco.
“ Sto ascoltando…” si limita a dire, atono, continuando a far scorrere il dito sullo schermo dello smartphone.
Trattengo un sospiro, con aria di rassegnazione.
In realtà faccio fatica a seguire i loro discorsi persino io e mi distraggo facilmente viaggiando con la mente per altri sentieri.
I miei occhi cadono, poi, casualmente sul display del cellulare di Hiwatari. Che cosa sta cercando? Sembrerebbe un sito per articoli di bambini.
O mio dio.
Questo ragazzo mi sconvolge.
Ultimamente sembra che uno strano spirito si sia impossessato del suo corpo.
Non può essere Kai Hiwatari.
Proprio no.
Che stia cercando qualcosa da comprare per fare un’altra  sorpresa ad Eva?
Dunque parlava seriamente l’altro giorno…
“ Bene Signori! Grazie per avere partecipato, ci vediamo martedì prossimo!”. Queste parole riportano la mia mente alla realtà e segnano la fine di questa tortura.
Finalmente.
 
 
 
“ Mammaaa!”. Arriviamo nell’aula di Hope, che non appena mi vede mi corre subito incontro reggendo con una mano il suo zainetto.
“ Tesoro, tutto bene oggi?”. Dopo avere proferito questa domanda, sento su di me il peso dello sguardo minaccioso di Hiwatari. “ E’ solo una domanda di routine…” spiego con fare innocente, mentre i suoi occhi puntano al cielo, seccati.
“ Voi siete i genitori di Hope! Piacere di conoscervi” saluta gentilmente la mamma di uno dei bambini.
“ Salve, piacere!” ricambio il saluto, imbarazzata. Mi ha presa alla sprovvista.
“ Io sono la mamma di Maia, lei e Hope hanno legato molto, vero piccola?” . Hope annuisce timidamente.
“ Ah, sono contenta che hai già un’amichetta!”. Mi pare di averla sentito dire qualcosa su questa bambina, in effetti.
“ Lei è il padre, piacere! Siete una coppia molto giovane!” sottolinea la signora, con aria investigativa.
“ Ehm…”. Non siamo una coppia, porca miseria. Ma non ho il tempo di spiegare, che subito ricomincia a parlare senza sosta.
“ Sabato la mia piccola Maia compie gli anni e, io e mio marito abbiamo pensato di invitare i bambini e i loro genitori per una piccola festicciola, così per conoscerci meglio! Tenete, qui c’è il biglietto di invito” spiega con entusiasmo per poi consegnarmi il bigliettino, che io afferro con esitazione.
“ Mi raccomando, ci vediamo sabato! Maia saluta Hope, ciao piccola!” saluta infine, andando via e lasciandoci qui con aria perplessa.
I miei occhi puntano su Kai, il quale mi osserva con aria seccata. “ Una festa di bambini?”.
Sforzo un sorriso di disperazione, che esprime tutto il mio entusiasmo nell’aver ricevuto questo invito.
“ Mamma, ci andiamo alla festa di Maia?” chiede speranzosa la piccola.
Fantastico.
 
 
 
Kai ci accompagna a casa, come al solito, ma prima di andarsene mi trattiene qualche minuto per decidere se andare o meno a questa festa di compleanno.
“ Il problema è cosa dire ad Eva…” spiega sospirando. “ E’ già difficile gestire questi incontri e non farle venire sospetti” aggiunge poggiando la testa sul sedile.
“ Beh, in realtà sarà alle tre di pomeriggio, non penso durerà molto. È una festa per bambini in fondo. Ma possiamo andarci benissimo da sole” aggiungo, cercando una soluzione comoda per tutti.
Si gratta la nuca, sospirando “ No, meglio non far venire sospetti e far capire che la famiglia di Hope è strana”.
Strana?
“ Ok, come vuoi…”.
Io e Hope scendiamo dall’auto, ma prima di andare via…
“ Sai, ehm…” sto per fare l’ennesima cosa di cui mi pentirò, lo so già. “ Potresti preparare la stanza del bambino”.
Kai mi osserva con aria torva.
“ Per la sorpresa, intendo” gli ricordo per poi subito dopo, prendere la mano di Hope e avviarci in casa.
Beh, in fondo starà cercando di essere un padre migliore, per quanto si sforzi.
Ma devo ammettere che mi costa parecchio assistere a tutto questo…
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Preparare la stanza del bambino. Che cosa intendeva?
Potevi essere più esplicita, Sarizawa.
Vado in giro per la casa, alla ricerca di una stanza che potrebbe diventare la futura camera del bambino e quella che mi convince di più è proprio al lato della nostra camera da letto.
Ma non saprei da dove cominciare. Dovrò chiedere aiuto a quel testone di Boris.
 
 
 
L’indomani…
“ Mi hai preso per il tuo tutto fare? Tu hai battuto la testa da qualche parte!” lamenta Boris, appena arrivato a casa mia.
“ Dobbiamo solo dipingere le pareti di questa stanza” spiego seccato.
“ Dobbiamo?? Kai, io ho del lavoro in officina da finire!”.
“ Ma se non stavi facendo un cazzo…” sottolineo.
“ Spero in una grossa ricompensa, Hiwatari!”.
Dopo tutti i favori che mi deve vuole essere ripagato?  È sempre il solito.
 
 
 
 
Arriva il tanto atteso sabato della festa di compleanno di…, beh l’amica di Hope di cui non ricordo il nome.
Anya, seduta sul sedile a fianco non ha proferito parola e sembra agitata.
Beh, come non esserlo. Stiamo per andare ad una festa di compleanno in qualità di famiglia.
È una situazione talmente assurda.
Arrivati a destinazione, scendiamo dall’auto e ci dirigiamo in casa dei, beh di coloro che ci hanno invitati e ad accoglierci c’è il marito con un sorriso a trentadue denti stampato in volto.
“ Benvenuti nella nostra umile dimora!” esclama il marito, cercando di fare il simpatico.
“ Beh, tanto umile non sembra…” sussurra Anya, guardandosi in giro.
“ Hope, vieni qui! Mamma, c’è Hope!” urla colei che suppongo sia la festeggiata, correndo verso di noi e prendendo per mano Hope. “ Andiamo a giocare! C’è lo scivolo!”. E insieme si dirigono in un punto dove ci sono altri bambini.
“ Hope, sta attenta a non farti male!” le raccomanda la madre da lontano.
“ Tranquilla, sono giochi di gomma, non si faranno niente!” la rassicura il padrone di casa. “Ma prego, raggiungiamo gli altri!” ci invita a seguirlo.
“ Oh, siete arrivati anche voi! Prego, prendete del punch! Il menù degli adulti prevedere altro!” dice la moglie ridendosela.
Sembra una persona strana.
Anya esitante afferra il punch servitogli dalla donna, imitata da me.
Mi sento così a disagio. Insomma, stare qui in mezzo a questi genitori così…si, insomma, più vecchi di me. Mi sanno tanto di bella famigliola felice che si alza la mattina svegliati dal cinguettio degli uccelli.
Che orrore…
 
 
***
 
 
 
Siamo seduti in salotto, mentre i bambini giocano in giardino. Hanno invitato un bel po’ di genitori, e sembra quasi che vogliano farsi degli amici.
“ Ah, che scocciatura quel corso per genitori!” esclama una delle madri, servendosi un altro bicchiere di punch.
“ Già! Mi sembra così inutile! Insomma, vogliono insegnarci a fare i genitori?” afferma l’altra, sedutagli accanto.
“ Pensate che abbiamo risposto a quel questionario mettendo delle crocette a caso, non potevamo immaginare di certo che sarebbe andata a finire così!” racconta uno dei mariti.
A questa frase, sento delle vibrazioni provenire dallo sguardo compiaciuto di Kai, seduto accanto a me.
Beh, evidentemente non sei stato l’unico deficiente a rispondere a caso a quel questionario.
Ma questo non ti fa onore.
“ Insomma, ho due figli. Credono davvero di voler dare delle lezioni a me?”.
“ E poi ho sentito dire che la psicologa infantile non ha neanche un figlio, perché non vuole compromettere la sua carriera! Ma è un controsenso, non trovate?” se la ride un’altra.
Mio dio. Ho la sensazione di stare in mezzo a un covo di pettegoli. Quanto durerà ancora questa tortura? Meglio bere un altro sorso di questo orribile punch.
Non ho neanche il tempo di deglutire che subito una domanda mi manda tutto il liquido di traverso facendomi tossire fino a diventare rossa.
“ E voi quando pensate di fare il secondo bambino?”.
Ecco, è stata questa la domanda che mi sta facendo soffocare.
Kai cerca di farmi riprendere dandomi colpetti sulla schiena. Mi toglie il punch dalle mani e chiede dove si trova il bagno.
“ Scusate!” dice, congedandoci un momento.
 
 
 
“ Si può sapere cosa ti è preso??” chiede a denti stretti, chiudendo la porta del bagno.
Io mi batto una mano sul petto, tossendo ancora.
“ Puoi smetterla adesso!”.
“ Smetterla? Stavo per morire soffocata!” lamento adirata, mentre lui incrocia le mani al petto e portando gli occhi al cielo come se stessi recitando una parte. “ Ma hai sentito cosa hanno detto?”.
“ Sì, ho sentito!” risponde con tono secco.
“Loro pensano che siamo come loro, insomma… una, come una specie di…”. Non riesco a trovare le parole esatte.
“ famiglia?” interviene lui ad aiutarmi.
“ Sì, quello..”
“ Beh, cosa ci vuoi fare! Sono una setta di pettegoli e fanno domande…e domande…” lamenta lui, poggiando le mani sul bordo del lavandino, con faccia afflitta.
“ Non saremmo dovuti venire…”rivelo, poggiando la schiena sulla parete.
Il silenzio regna sovrano. Come se entrambi stessimo cercando una soluzione per fuggire da questo incubo.
“ Lo faccio solo perché non voglio che Hope si senta diversa…” rivela Kai, fissando un punto del lavandino. “…solo perché non ha una famiglia come gli altri…” aggiunge poi, voltandosi verso di me, che resto immobile, come pietrificata dalle sue parole.
Wow
Non riesco a dire nulla. Non pensavo lo stesse facendo per questo. Non mi aspettavo un pensiero così profondo da Kai Hiwatari.
E credo che lo abbia capito dal modo in cui lo guardo: come se avessi un alieno di fronte.
Lentamente stacca le sue mani dal lavabo e si avvicina, parandosi di fronte a me e fissandomi dritta negli occhi. Uno sguardo che a stento riesco a reggere.
“Sto per avere un altro bambino e questo renderà le cose ancora più difficili, penso tu sappia già a cosa mi riferisco…”.
“ Hey, voi due, tutto bene lì dentro? o state già procreando il secondo bambino?”. Una voce lì fuori ci richiama, ancor prima che io possa rispondergli.
“ questo bagno porta fortuna, ci abbiamo fatto il nostro secondo pargoletto...”.
Dopo infiniti secondi, durante i quali  ci osserviamo senza proferire parola, decidiamo di uscire, prima che quel tizio possa dire altre stronzate.
“ Stai bene cara?” mi chiede la padrona di casa, preoccupata.
“ Sì…” rispondo con tranquillità, fingendo un sorriso. “ Mi è solo andato il punch di traverso mentre bevevo!” spiego per non creare sospetti.
“ Ok, allora dirigiamoci in giardino. È il momento della torta!” esclama festante.
Finalmente.
Il momento della festa che segna la sua fine.
 
 
 
 
 
“Ti è piaciuta la festa?” chiedo alla piccola, sistemandola sotto le coperte.
“ Sì, mamma! Posso fare anch’io una festa per il mio compleanno?” chiede speranzosa.
La osservo accennando un sorriso, mentre le sistemo una ciocca di capelli. “Ma certo, tesoro!”. Le scocco un bacio in fronte, spengo la luce ed esco dalla stanza, chiudendo la porta.
Emetto un profondo sospiro, osservando un punto ignoto del pavimento. Poi avanzo a passi stanchi verso la cucina, sedendomi su una sedia con fare affranto, mentre nella mia testa rimbombano le parole di Kai: Sto per avere un altro bambino e questo renderà le cose ancora più difficili, penso tu sappia già a cosa mi riferisco…
Già. So perfettamente  a cosa ti riferivi, Hiwatari.
Hope potrebbe un giorno sentirsi la figlia estranea alla tua famigliola felice.
Lascio scivolare i gomiti sul tavolo fino a poggiare la testa sulla sua fredda superficie.
Sono stanca…
 
 
***
 
 
 
 
 
“ Sai che ti costerà un bel po’ questo favore!” afferma Boris, stappando la sua bottiglia di birra.
“ Ma sta’ zitto! Mi devi mille favori, testone!” ribatto stizzito, bevendo un gran sorso dalla mia bottiglia.
Siamo seduti al centro della stanza, che abbiamo appena finito di dipingere. Non è stato così difficile, dopotutto.
“ Secondo me devi farti perdonare qualcosa di grosso da Eva!” ipotizza Boris, ridendosela sotto i baffi.
“ Sta’ zitto” è la mia fredda risposta.
“ Solo una domanda…” dice, assumendo un’aria pensierosa.
“ Cioè?”.
“ Non ti è balenata in testa l’idea che forse…”. Ecco che inizia a gesticolare in maniera strana. “… potrebbe nascere una femmina?” conclude perplesso.
La mia espressione si acciglia leggermente, invitandolo ad essere più chiaro.
“ Sì, insomma. Non ne capisco molto di bambini, ma… questa stanza mi sembra un po’ troppo prematuramente… blu” spiega, invitandomi con i suoi gesti a osservarmi intorno.
Aggrotto ancor di più le sopracciglia, facendo saettare i miei occhi da un punto all’altro della stanza. In effetti, non ho pensato all’eventualità di poter avere un’altra femmina.
Diamine.
“ Beh…” sospira Boris, alzandosi stancamente “ Puoi sempre aggiungere qualche bel fiorellino rosa!” conclude, dandomi una pacca sulla spalla e andandosene, lasciandomi qui, seduto al centro di questa stanza un po’ troppo blu.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ciao a tutti, followers di Never Lose Hope.
Ogni tanto l’ispirazione torna e oggi è quel giorno XD
Spero vi sia piaciuto. Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate in un commento. Ringrazio comunque coloro che la leggono silenziosamente e coloro che la recensiscono.
Alla prossima
!

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Capitolo 42
*** Il buio ***


Mi alzo lentamente, cercando di fare movimenti poco bruschi. I miei occhi saettano da un lato all’altro della stanza alla ricerca dei miei vestiti: una scarpa a destra e una a sinistra, la felpa su una poltrona e …i jeans? Ah, eccoli su una sedia. Li raccolgo furtivamente e a passo felpato mi dirigo alla porta, che apro delicatamente pregando che non faccia troppo chiasso e la svegli.
Esito qualche istante, prima di abbassare definitivamente la maniglia, stringendo i denti come per paura di poter emettere anche il minimo suono che possa farle aprire gli occhi. Ecco, ci siamo: metto il primo piede fuori e poi via, eccomi in corridoio.
Richiudo la porta e mi avvio, stavolta aumentando la velocità dei passi,  alla porta principale, fermandomi e saltellando su un piede e poi sull’altro per rimettere i pantaloni, poi la felpa e, ancora più difficile, le scarpe.
Mi chiudo la porta alle spalle e, scendendo velocemente i gradini delle scale, esco fuori dall’edificio correndo in macchina: sono in super ritardo.
Un momento, le chiavi?
Cazzo, le chiavi.
Le mie mani toccano prima le tasche davanti e poi quelle dietro dei jeans. Un colpo al cuore mi assale: e se le avessi dimenticate a casa sua?
No, ti prego, ti prego, ti prego, ti preg… fanculo! Eccole qui.
Emetto un sospiro di sollievo e ormai salvo, entro in macchina e vado via, sorridendo tra me e me.
È sempre eccitante riuscire a fuggire dalla casa di una ragazza, senza farsi accorgere di nulla.
Missione compiuta, Huznestov.
 
 
***
 
 
 
 
“ Sembri allegro stamattina!” esordisco, notando la sua faccia compiaciuta nel bere il caffè, che gli ho appena servito.
“ Può darsi…” risponde, non aggiungendo altro.
“ Notte di conquiste?” chiedo curiosa.
“ Oh, sì!” replica, con aria soddisfatta.
“ Wow! E come si chiama?”.
“ Che importa?”.
“ Che… importa? Passi la notte con una ragazza e non ti importa del suo nome?”.
“ Sì, cioè… non è di certo la prima cosa che noto!” spiega con aria schifata.
Non è la prima cosa che…noto?
“ Gliel’hai chiesto il nome, vero?” chiedo investigativa.
“ Ma certo!” dice prontamente, come fosse la cosa più naturale del mondo.
“ E dunque? Come si chiama?” chiedo mettendolo sotto interrogatorio.
“ Si chiama…” ecco che deglutisce, assottigliando gli occhi a due fessure, come se si stesse sforzando nel ricordare. “ Beatr… no aspetta, Rache…, diamine, non ricordo!” confessa infine.
“ Fai schifo, Boris!” commento, disgustata, tornandomene in cucina.
“ Ma dai, a chi vuoi che importi! Non la rivedrò più, probabilmente, e non voglio una relazione!” si giustifica, continuando a seguirmi fino allo sgabuzzino.
“ Conoscere il nome delle persone con cui vai a letto non significa avere necessariamente una relazione, significa avere un po’ di rispetto. Pensa se lei non si ricordasse il tuo” gli faccio notare, con tono di rimprovero.
Lui si sofferma un attimo a pensare, rendendosi conto, forse, della verità delle mie parole, ma subito dopo un ghigno beffardo si dipinge sul suo volto.
“ Impossibile! L’ha gridato troppe volte!” spiega ridendosela di gusto.
Ma perché perdo tempo a spiegargli le cose?
Decido di porre fine a questa inutile conversazione, andando via con aria disgustata e scuotendo la testa. Credo sia più utile andare a pulire i bagni che rimanere qui a ripulire la sua coscienza.
“ Andiamo Sarizawa, non fare l’offesa!”. Mi sta seguendo persino in bagno.
“ Non sono offesa, sono disgustata” cerco di fargli capire, ma in vano, visto l’argomento che apre subito dopo.
“ A proposito! Ti sei iscritta su quella chat di incontri?” chiede, con aria beffarda.
“ Ma ti pare che io possa perdere tempo su una chat piena di pervertiti come te?” gli faccio notare, con tono acido.
“ Faccio finta di non aver capito! Ad ogni modo, credi ancora nel principe azzurro, Anya? Davvero vuoi perdere tempo all’inseguimento del vero amore?” dice con aria di sfottimento.
La sua presenza sta iniziando ad irritarmi, quindi decido di ignorarlo, continuando a spazzare il pavimento del bagno.
“ Anya, parliamoci chiaro… hai una figlia e…”.
“ E questo significa che nessuno vorrà mai stare con me accollandosi la figlia di un altro, come mi è già successo?” dico d’un fiato, completando la sua frase e lasciandolo spiazzato in due.
“ Non volevo dire questo…”.
“ Ah no? E cosa volevi dire? Che oramai dovrei rassegnarmi al fatto che ho una figlia e questo mi impedirà di avere una relazione seria e duratura e pertanto dovrei iniziare ad avere incontri casuali da una botta e via?”.
 
 
 
 
***
 
 
Ok, forse sono stato stupido nel toccare il tasto amoroso con Anya. I suoi occhi pieni di rabbia mi fanno capire che sarà meglio chiudere il prima possibile questa conversazione.
Volevo solo farle rendere conto che questa ricerca del vero amore è una cazzata che si ostina a perseguire, nonostante la sua condizione di madre single.
Il fatto che lei mi abbia tolto le parole di bocca, mi fa capire che ne sia già  consapevole, anche se probabilmente sarà difficile da ammettere.
“ Purtroppo è così…”. È la sola frase stupida che riesco a proferire  e probabilmente potevo anche evitare di farlo, visto il modo in cui mi guarda e se ne va.
Game over, Huznestov.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
“ Vai avanti e non aprire gli occhi!” le raccomando, tenendole le spalle per guidarla verso la direzione interessata.
“ Ok, ho gli occhi chiusi, sigillati! Cos’è questo forte odore di vernice?” chiede, arricciando il naso.
“ Al mio tre apri gli occhi” la avverto per poi iniziare a contare “ Uno…” qualche attimo di esitazione che le fa fremere il corpo dalla curiosità.
“ Avanti Kai, sbrigati!”.
“ Due…” continuo, con tono lento e scandito.
Ecco che agita le mani, impaziente.
“ Tre!”.
Apre i suoi grandi occhi azzurri e rimane così per una manciata di secondi a osservare imbambolata la scena che le si offre davanti.
Non mi aspettavo questa reazione, a dire la verità.
“ Tutto ok?” chiedo preoccupato, notando il suo stare immobile con gli occhi sgranati.
“ Sì…” riesce a dire in un fil di voce. Solo adesso riesce a muovere ripetutamente le palpebre.
“ E allora?”.
“Hai fatto tu tutto questo?” domanda con aria incredula.
“ Sì” rispondo secco.
“ Era questa la sorpresa di cui mi parlavi?”.
“ Sì” ripeto, quasi automaticamente. “ Non dovevo?” domando perplesso, vedendo il suo sguardo perso nel vuoto. “ Non ti piace? So che scegliere il blu è stata una cazzata, ma a dire la verità non ci ho pensato!”.
“ No, no, è… perfetta” commenta accennando un sorriso e abbracciandomi.
“ Sei sicura?”.
“ Sì, è solo che non me l’aspettavo! Ultimamente sai sorprendermi!”.
Beh, anche stavolta Anya ha avuto ragione.
 
 
 
 
 
 
Eva era talmente sconvolta  dalla sorpresa della stanza che non mi ha neanche chiesto dove stessi andando e ovviamente, sono andato all’ennesimo incontro con gli insegnati, accompagnato da Anya.
Per fortuna è finito prima del previsto e siamo già in macchina verso casa.
Anya, sedutami al sedile accanto, è stranamente silenziosa. Di solito ha sempre da ridire sul mio essere distratto dal cellulare, o sul fatto di ritardare qualche secondo, ma stavolta ha a malapena aperto bocca.
“Oggi qualcuno ti ha rubato la lingua?” le dico per punzecchiarla, rompendo il silenzio.
“ Scusa?” domanda, cadendo dal mondo dei sogni.
“ è strano che tu non mi abbia ancora rimproverato per qualcosa” le faccio notare.
La sua risposta tarda ad arrivare.
“ Non ho voglia di ripetere sempre le stesse cose” si limita a dire, evasiva.
La mammina sembra avere avuto una giornata no. Meglio non continuare a conversare allora.
Passano dieci minuti e arriviamo sotto casa sua. Hope e Anya scendono dall’auto.
“ L’idea della stanza ha avuto esiti positivi…” le riferisco, prima che possa chiudere la portiera.
“ Sono contenta per te!” si limita a rispondere per poi chiuderla con un colpo secco, lasciandomi qui perplesso ad osservare la sua figura dirigersi al portone di casa.
Wow.
La mammina è incavolata nera,  sarà meglio non approfondire o rovinerà la giornata anche a me.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
“ Hope, va’ a lavare i denti!” le raccomando, gridando dalla cucina, dove sto lavando i piatti.
Non arriva nessuna risposta, segno del fatto che è troppo impegnata a guardare i cartoni animati.
Persa nei miei pensieri, vengo riportata alla realtà da un rumore: stanno bussando alla porta, ma chi sarà a quest’ora?
Asciugo le mani e porto istintivamente gli occhi sulla parete dove è appeso l’orologio. Sono quasi le dieci, chi sarà?
Prima di aprire la porta, osservo dallo spioncino e scorgo una figura a me molto nota.
Che cosa vuole?
“ Che cosa ci fai qui?” esordisco, aprendo la porta  a colui che disturba la mia quiete mentale, ultimamente. “ Se sei qui per farmi un altro dei tuoi stupidi discorsi, puoi anche andartene!” metto subito in chiaro.
“ Sono venuto in pace!” dichiara, mostrando un sacchetto contenente delle birre, in segno di resa.
Si sarà veramente pentito?
Mi soffermo ad osservarlo per qualche secondo.
“ Ci sono anche delle patatine per Hope” afferma con un tono abbastanza alto da far sentire alla diretta interessata, che quasi avesse delle antenne, si precipita qui per riscuotere il dono.
“ Siiii!” esulta felice.
Date le circostanze mi vedo costretta a far entrare in casa l’intruso, che con finta aria innocente, si inoltra in casa e, guidato dalla piccola Hope, arriva fino in salotto.
“ Roba da matti” sussurro tra me e me, chiudendo la porta. “ Non sporcate in giro, io sono in cucina a finir di lavare i piatti!” lo avverto.
“ Oh sì, fa’ pure con comodo!” dice, mettendosi a suo agio sul divano “ Cosa stavi guardando?”.
“ I cartoni” gli risponde timidamente Hope, aprendo il suo pacco di patatine e accomodandosi accanto all’omone Boris.
Resto qualche secondo a fissare con aria perplessa questa scena, per poi sparire momentaneamente in cucina.
 
 
 
 
***
 
 
“ Noto con piacere che ti stai appassionando ai maialini rosa parlanti!” commenta ironica Anya, appena giunta in salotto.
“ Sì. Ogni episodio è più avvincente dell’altro” replico, ancor più ironico, invitandola a bere una birra.
Ha qualche attimo di esitazione, ma poi si arrende e decide di non fare più l’offesa, afferrando la bottiglia e sedendosi sul divano insieme a noi.
“ Come mai sei qui?” domanda, osservando assorta lo schermo della tv.
“ Mi trovavo nei paraggi e ho pensato di passare” spiego, mentendo spudoratamente.
“ Ah, ti trovavi qui in giro con delle birre per puro caso…” sottolinea pungente.
“ Beh, diciamo che avevo anche qualcosa da farmi perdonare” ammetto infine.
“ Non eri tenuto a farlo” risponde prontamente.
“ A volte ho un lato tenero e poi… se litighiamo sarò costretto a cercare un’altra caffetteria dove prendere il caffè, capisci?” aggiungo, buttandola sul mio tornaconto personale, per alleggerire la tensione. Cosa che finalmente le fa scappare un sorriso, che nasconde fingendo di bere. “ A volte dico stronzate, lo so. Yuri mi dice sempre di mordermi la lingua prima di parlare” confesso senza giri di parole.
“ No… in fondo quello che hai detto è la verità” ammette sospirando.
Ah…
“ per una madre single è difficile trovare qualcuno con cui stare insieme e con cui poter creare una famiglia normale. E poi è difficile ricominciare e avere fiducia nel genere umano quando hai già subito dei duri colpi”.
Credo si riferisca a Rai e al fatto che l’abbia lasciata. E probabilmente anche a Kai che l’ha mollata incinta.
Brrr, brutta storia.
“Sai a volte vorrei seguire il tuo consiglio e fregarmene, ma poi subentrano altri pensieri che mi frenano dal farlo” conclude, infine.
“ Devi solo fare quello che ti senti” mi limito a consigliarle.
“ Hope si è addormentata!” nota, abbassando lo sguardo sulla figura della figlia, che dorme sul divano in mezza a noi. “ La porto a letto”. Ecco che la prende delicatamente, senza scuoterla e la porta in camera.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Ho appena rimboccato le coperte alla piccola Hope e ritorno in cucina, dove trovo Huznestov a raccogliere  in un sacchetto le bottiglie vuote.
“ Come riesci a farlo?” domando, cogliendolo alla sprovvista.
“ Beh, di solito afferro le cose con le mani e le inserisco in un sacchetto per poi buttarle nei cassonetti della spazzatura” spiega perplesso.
Che scemo!
“ No, intendo… come fai a stare con tante ragazze e non affezionarti neanche a una di loro?” mi spiego meglio stavolta.
“ Beh… credo non faccia per me” risponde evasivo.
“ Come fai a saperlo se non ci hai mai provato?”.
“ Potrei farti la stessa domanda” ribatte con tono arguto.
Quello che segue è un silenzio fatto di tanti punti interrogativi che si confondono nelle nostre menti.
“ E’ meglio che vada” annuncia rompendo la tensione. Si avvicina posando una mano sulla mia testa e scoccandomi un bacio sulla fronte. “ A domani” saluta infine, prendendo le sue cose e dirigendosi all’uscita, lasciandomi qui a pensare al fatto che sia un individuo davvero bizzarro.
 
 
 
 
 
Sono le sei del mattino e mi sono svegliata senza alcun motivo. Rimango distesa sul letto, col volto semicoperto dal piumone, osservando con aria affranta il soffitto.
Perché mi sono svegliata un’ora prima del previsto?
Qualcosa mi suggerisce che non riuscirò più a chiudere occhio.
Ormai rassegnata, decido di prendere il cellulare e controllare se ci sono messaggi.
Vediamo…
Nel gruppo di famiglia i miei fratelli si divertono a inviare foto di mio padre mentre dorme; Hilary ha inviato vari messaggi e delle foto dei gemellini, che stanno diventando sempre più carini e morbidosi; e poi… nella chat di gruppo dell’asilo alcuni genitori hanno acceso un dibattito sull’utilità, o per meglio dire, l’inutilità di questi incontri con gli psicologi…
Tutto molto noioso.
Ultimamente la mia vita è veramente piatta.
Niente di interessante.
Niente di stimolante.
Proprio niente.
Solita routine.
Casa- lavoro, lavoro-casa.
Non nascondo il fatto che Boris abbia una piccola percentuale di ragione, ossia che potrei anche uscire con qualcuno senza per forza avere una relazione impegnativa. Tuttavia, non ho mai fatto una cosa del genere e questo mi frena dal farlo.
E se provassi a iscrivermi in quella chat? Cosa ci sarebbe in fondo di male? Se non dovesse piacermi, potrò sempre cancellare il mio account…
 
 
 
***
 
 
 
 
 
“ Ha visto la camera del bambino che ha preparato il Signor Hiwatari?” mi chiede Reina, servendomi il mio latte caldo per colazione.
“ Sì, molto carina!” rispondo, accennando un sorriso.
“ Ha notato che il Signor Hiwatari, da quando ha saputo della gravidanza, è come …diverso, non trova?” aggiunge poi, servendomi delle paste alla crema.
“ Sì, ho notato che è apprensivo nei miei confronti…”. Come non lo è mai stato in tutti questi anni.
“ Sì, non l’ho mai visto così” aggiunge.
Neanch’io a dire la verità…
“ Credo sia già convinto che sia un maschio! A proposito, quando si saprà il sesso del bambino?” domanda curiosa.
“ Scusa, ma devo andare, sono in ritardo!” rispondo evasiva, alzandomi e uscendo di casa.
 
 
***
 
 
 
Oggi a lavoro è una giornata molto movimentata. Il mercoledì è sempre pieno di gente, non so il perché, ma è stressante.
Non ho avuto un attimo di pace. Il telefono, dentro la tasca dei jeans, ha vibrato così tante volte, ma non ho avuto il tempo di controllare.
Dopo qualche ora, la caffetteria respira un po’ di tranquillità e così mi concedo un attimo di pausa. Prendo il cellulare e controllo preoccupata chi possa avermi inviato tutti quei messaggi e una volta aperta la schermata di blocco, noto con sorpresa che a scrivermi sono state persone di genere maschile di cui non conosco l’identità.
Dopo qualche attimo di riflessione, ricordo di essermi iscritta in quella chat e questo spiega tutto. L’avevo persino rimosso dalla mente…
Incredibile, ci sono circa venti ragazzi ad avermi scritto. Chi un semplice “ciao”, chi un “Heylà”, e tanti altri che non sto qui a raccontare.
L’unico che mi salta all’occhio è un messaggio inviato da un certo “Takumi”, il quale ha esordito scrivendo: “Ciao, potresti mettere almeno una foto sul tuo profilo”.
In effetti, non ci ho pensato. Anzi, a dire a verità non avevo una foto decente da mettere al momento dell’iscrizione.
  • “Ciao, la metterò non appena avrò tempo”- scrivo, anche se mi sembra una risposta stupida.
  • “Ok! Ad ogni modo, piacere! Mi chiamo Takumi!” –
 
Questo lo avevo capito.
 
  • Piacere mio, Anya!-
  • Come stai? Sei nuova in questa chat?
  • Sì, mi sono iscritta proprio stamattina.
  • Beh, allora sarai bombardata da messaggi.
  • In effetti, non pensavo scrivessero in tanti…
  • E pensa in quanti ti scriveranno quando metterai una foto del profilo!
  • Beh, non avrò il tempo di rispondere a tutti, probabilmente.
  • Sono contento che a me tu abbia risposto, dunque! ;)
 
Oddio… cosa si starà mettendo in testa.
 
  • E Dimmi, Anya, come mai ti sei iscritta in questa chat di pervertiti? XD
 
Di pervertiti? Spero lui non sia il primo.
 
  • Beh, a dire la verità, non so, per conoscere nuove persone, presumo.
  • Ah, e che genere di persone vorresti conoscere?
  • Preferibilmente, non perverse.
  • Allora mi dispiace, ma non sei sulla chat giusta, ti avviso in anticipo XD
 
Questo lo so a prescindere, idiota.
Mi ha scocciato! Meglio tornare a lavoro…
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Sono in riunione, ma a un certo punto la segretaria mi avvisa dell’arrivo di Eva.
“ Scusate un momento!” mi congedo, alzandomi e uscendo dal mio ufficio, dove trovo Eva in piedi ad aspettarmi.
“ Come mai sei qui? Sono in riunione…” spiego.
“ Ah, non lo sapevo, mi dispiace!” si scusa nervosa.
“ E’ urgente? Stai male?” chiedo preoccupato.
“ No, no… volevo solo parlarti di una cosa!”.
“ Potremmo parlarne a casa, stasera?” .
“ Va bene, tranquillo! A stasera!” risponde, prendendo la sua borsa, scoccandomi un bacio e andando via di fretta.
 
 
 
***
 
“ Mamma, mi compri le patatine?” chiede Hope speranzosa.
“ Va bene, ma non esagerare o ti farà male il pancino!” le raccomando.
Siamo al supermercato e come sempre Hope mi convince a comprarle un sacco di schifezze, che non dovrebbe mangiare. Cerco di negargliele, ma alla fine mi ammorbidisco sotto il suo sguardo tenero. L’importante è non esagerare.
Siamo in fila alla cassa e c’è parecchia confusione. Il mio cellulare in tasca vibra: segno che è arrivato un altro messaggio. Controllo ed è sempre quel tale, Takumi, che mi ha appena chiesto “che fai?”. Cosa dovrei rispondere? “ Sto facendo la spesa con mia figlia, l’attesa alle casse è infinita. Sai com’è la vita da mamma!”. No, non posso scrivere una cosa del genere, quindi mi ritrovo costretta a mentire:
  • Sto lavorando, tu?
  • Ah, dove lavori? Anch’io sono in ufficio, giornata piatta oggi.
  • Lavoro in una caffetteria, tu?
  • Quindi saprai preparare degli ottimi caffè, presumo! Io mi occupo di scartoffie in un ufficio postale. Un lavoro esilarante…
  • Immagino.-  rispondo ridendo tra me e me.
 
Beh, in fondo parlare con lui non è così male. Certo, non so chi sia e come sia nella realtà, ma non mi dispiace intrattenermi con queste conversazioni random. Ho risposto anche ad altri messaggi inviatimi da altri, ma finora lui mi è il più simpatico.
“ Mamma, tocca quasi a noi!” mi avvisa la piccola, tirandomi un lembo del cappotto.
 
 
 
 
 
***
 
 
“Finita tardi la riunione?” domanda Eva entrando sotto le coperte.
“Già, noiosa come sempre…” rispondo, con aria assonnata togliendomi i vestiti per indossare il pigiama. “ Mi chiedevo quando potremo sapere il sesso del bambino” aggiungo poi.
“ Ehm, beh non so…”.
“ Sei quasi al quarto mese se non sbaglio” le faccio notare, avviandomi in bagno per lavare i denti, lasciando la porta aperta. “ Ho fatto una cazzata nel tingere le pareti di blu, ma cosa dovevi dirmi oggi?” chiedo, infine, ricordandomi della sua visita in ufficio.
“ Ehm, niente di importante  a dire la verità” risponde evasiva.
“ Sei sicura?” domando, dirigendomi a letto.
“ Sì, cioè…è che la settimana prossima ci sarà una serata di gala con i dirigenti della rivista, per l’inaugurazione della nuova rubrica, quindi volevo sapere se ti andasse di accompagnarmi” .
Oh cazzo. Che palle queste serate di gala. Vorrei dire di no con tutto il cuore, ma visto che è incinta mi ritrovo costretto ad accompagnarla.
“ Va bene” rispondo, mostrandomi tranquillo in volto.
“ Davvero?” domanda sorpresa.
Chi non lo sarebbe?
“ Sì” ripeto, con convinzione, anche se dentro di me i neuroni si stanno suicidando in massa.
“ Wow…” sussurra tra sé e sé.
Tutto questo sorprende anche me, lo ammetto.
Ultimamente sono sconvolto dal mio stesso atteggiamento, quindi, posso immaginare quanto sia sconvolta lei…
 
 
 
***
 
 
 
  • Ti andrebbe di incontrarci? Mi farebbe piacere conoscerti in persona.
 
È quello che leggo non appena si accende la schermata del cellulare, mostrandomi questo messaggio in anteprima.
A scrivermi questa frase è stato Takumi, il famoso Takumi con cui ho iniziato a chattare da una settimana su questa applicazione per “incontri”, ma non avevo ancora ponderato l’idea di incontrare qualcuno per davvero.
Afferro il cellulare, con fare incerto; sblocco la schermata per visualizzare meglio il messaggio.
Che cosa dovrei rispondere?
Mi piace parlare con lui via messaggi, lo ammetto. È l’unico con cui si trovano sempre argomenti interessanti di cui parlare. Non è il solito e noioso utente virtuale che ti scrive soltanto messaggi da pervertito.
E non nascondo che mi piacerebbe conoscerlo, ma non nascondo neanche che ho paura ad incontrare un uomo x conosciuto su una squallida chat.
Mio dio, sembro un’adolescente in crisi ormonale…
Mi sento ridicola.
Basta, non ha senso. Dirò di no.
  • Penso che sarebbe meglio di no, scusa.
Ecco fatto. Invio…
Mio dio, è rapido nel visualizzare.
  • Capisco, probabilmente non ti fidi, è normale… Ma se dovessi cambiare idea, potremmo vederci anche solo per un caffè o una birra domani sera…decidi tranquillamente.
Risponde, prontamente.
Cavoli, ammetto che una parte di me vorrebbe andare… ma non so.
Cosa mi frena?
Il fatto che abbia paura che sia un assassino? Il fatto che potrebbe usarmi solo per uno scopo? Il fatto che potrei rimanerci male?
Beh, rimanerci male ormai fa parte di tutte le mie relazioni. Ho incontrato in persona i miei precedenti ragazzi ed è andata a finire male comunque. Cosa potrebbe cambiare? In fondo potrei provarci e se non dovesse andare bene, amen, addio, a mai più rivederci.
  • Ok, mi hai convinto per la birra domani sera.
  • Perfetto! Allora dimmi dove e a che ora ti fa più comodo!
Speriamo bene…
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
Indosso la giacca e scendo velocemente i gradini per arrivare al piano di sotto. Odio indossare lo smoking, ma si tratta di una serata di gala ed Eva ci tiene troppo…
Fanculo… penso tra me e me, allargando lo stupido papillon che mi stringe il collo.
“ Papà, mi accendi la televisione?”.
Un momento! E lei cosa ci fa ancora qui?
“ Reina?” chiamo a gran voce la cameriera, che si appresta a giungere.
“ Sì, mi dica”.
“ Cosa ci fa Hope qui? Perché Anya non è venuta a riprendersela?” chiedo stranito.
“ Ha telefonato nel pomeriggio e ha detto se poteva rimanere qui per stasera” spiega.
“ E perché non lo ha detto a me?”.
“ Perché era irraggiungibile, così ha riferito” .
Che diamine…?
Prendo velocemente  il telefono e la chiamo, attendendo con ansia che si degni di rispondere.
“ Che vuoi?” risponde scocciata.
“ Che vuoi? Si può sapere perché non mi hai detto che Hope sarebbe rimasta qui?” domando, con tono leggermente alterato.
“ Ho avvisato Reina, tu non eri raggiungibile!” spiega, sinteticamente.
“ E non potresti prendertela adesso?”.
“ Non posso! È un problema se rimane da te?”.
“ E perché non puoi?”.
“ Ho da fare stasera, non pensavo fosse per te un problema tenere tua figlia!” replica acidamente.
“ Che cavolo hai da fare stasera?”.
Già, che ha da fare? Se ne sta tutto il tempo tappata in casa…
“ Ho da fare ok? Ma se è un problema così grande tenere tua figlia, no problem” aggiunge pungente.
“ No. lascia stare. Ciao!”. Concludo secco, chiudendo la chiamata.
“ Problemi?” domanda preoccupata Eva appena giunta in salotto, nel suo abito da sera.
“ No… tranquilla” emetto in un sussurro, con aria di rassegnazione. “ Reina, rimani tu con Hope stasera. Probabilmente faremo tardi!”.
“ Sì, signore. Nessun problema!” dice, prendendo la piccola per una mano e portandola in cucina, seguite dal mio sguardo pensieroso.
“ Va tutto bene?” chiede Eva, avvicinandosi e sistemandomi il papillon e la giacca.
“ Sì…” rispondo, mostrandomi sereno.
“ Possiamo andare?” sussurra poi, poggiando le sue labbra sulle mie.
“ Se proprio dobbiamo…” rispondo, facendole intendere le mie intenzioni.
“ Dai. Smettila!” mi rimprovera sorridente. “ Siamo già in ritardo…”. Mi prende per mano e mi trascina contro la mia volontà verso la porta.
Ammetto che preferirei stare a casa a guardare i cartoni animati con Hope.
E il fatto di preferire una cosa del genere comincia a spaventarmi.
 
 
 
 
***
 
 
 
Non capisco perché Kai si arrabbi. Adesso per tenere sua figlia per una notte deve essere informato tramite un annuncio pubblico.
Persa in questi pensieri continuo a camminare per raggiungere il punto d’incontro con Takumi.
Ho pensato più di una volta di tornare indietro e dargli buca, ma poi mi son detta: dai Anya, smettila di farti problemi. Provaci.
Ed eccomi qui, puntuale, giunta davanti al pub che avevamo concordato come punto d’incontro.
Un momento. E se fosse lui a darmi buca?
Cavoli, non ci avevo pensato.
Se si stesse prendendo gioco di me? E se mi avesse fatto venire qui per rendermi ridicola e lui se ne stesse a casa  bello comodo a ridere a crepapelle di me?
  • Sei arrivata? Io ci sono quasi.
Questo messaggio, appena arrivato, riesce a calmarmi un po’.
Magari mi sto facendo soltanto dei flash inutilmente.
  • Sì, sono già qui. Ti aspetto, allora.
  • Sì, scusami. Ritarderò giusto qualche minuto. Ti spiego dopo.
  • Va bene.
Diamogli una possibilità, in fondo non ho nulla da perdere.
Passano alcuni minuti, durante i quali mi osservo in giro, controllo l’orologio o mi soffermo a fissare il vuoto.
Sto per emettere l’ennesimo sbuffo, pensando al fatto che forse sono stata stupida quando…
“ Anya?”.
Una voce alle mie spalle, mi fa voltare di scatto. Mi ritrovo di fronte un ragazzo abbastanza alto e dalla corporatura massiccia, col volto sorridente.
“ Takumi?” chiedo timidamente, per accertarmi che sia lui.
“ Aspettavi qualcun altro?” risponde ironico.
Wow, è veramente lui? ancora meglio che in foto.
“Piacere di conoscerti, finalmente!” si presenta cordialmente, porgendomi una mano.
“Piacere mio, Takumi”, rispondo alla sua stretta di mano.
“ Scusami se ho ritardato, ma ho avuto un guasto alla macchina!” si giustifica.
“ Tranquillo, non fa niente!”.
Sorride, osservandomi curiosamente, ma con una certa discrezione.
Passano alcuni secondi, durante i quali, probabilmente, l’uno aspetta la mossa dell’altro.
“ Vogliamo entrare a bere qualcosa? Ti va?” propone.
“ Ma certo!”.
Che la serata abbia inizio.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
“ Kai, ti presento la moglie del direttore! Lui è mio marito!” annuncia Eva presentandomi per l’ennesima volta a persone a me sconosciute.
Accenno un sorriso cordiale, in segno di saluto.
“ Ti lascio un attimo, vado a salutare una mia collega!”, mi avverte poi, lasciandomi qui a bere il secondo bicchiere di champagne.
È l’ultimo, giuro.
In genere non mi pongo dei limiti, ma stasera dovrò guidare per ritornare a casa e, in verità, non dovrei neanche bere.
Decido di rimanere in disparte, sedendomi su un divanetto, ad ascoltare la musica del pianoforte in sottofondo, cercando mentalmente di far sparire tutti i presenti.
Poi il mio sguardo si posa su Eva e sul suo vestito rosa. È così magra che non le è spuntata nemmeno un po’ di pancia. Strano, in fondo è già al quarto mese.
Beh si sarà fissata con le sue diete, ma spero non esageri.
Sbaglio, o ha in mano un calice di champagne?
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
“ Davvero? E io che pensavo di essere strano!” esclama ridendo.
“ Andiamo, non c’è nulla di strano nello scrivere le cose che devi fare su dei post it e metterli in giro per casa!”.
“ Diciamo che è da vecchi smemorati!” aggiunge ridendo.
“ Beh, è perché ho mille cose da fare ogni giorno: lavoro, spesa, prendere la bam…” stavo per dire – prendere la bambina a scuola- ma mi blocco all’instante non appena mi rendo conto di ciò che stavo per rivelare.
“ Prendere la?” mi incita lui, ignaro della situazione e stranito del fatto che io mi sia ammutolita all’istante.
Non mi sembra il caso di dire che ho una figlia, in fondo è uno sconosciuto e poi, secondo la mia teoria, potrebbe darsela a gambe istantaneamente.
“ Prendere la spazzatura prima di uscire, lo dimentico ogni volta, sai?”. Decido di inventarmi qualcos’altro, per non fargli pensare che sono strana.
“ Beh, quella la dimentica anche il sottoscritto!” rivela, colpevole. “ Un altro giro?” propone, alzando il bicchiere per chiamare la cameriera.
 
Anya, non bere troppo, mi raccomando.
 
 
 
***
 
 
 
 
Siamo in macchina, di ritorno a casa.
La serata è finalmente finita tra gli applausi per la premiazione di non so chi o che cosa.
Eva, seduta al sedile di fianco, sembra quasi per addormentarsi o troppo persa nei suoi pensieri per riuscire a proferire parola.
“ Non dovresti bere alcool viste le tue condizioni” dico rompendo il silenzio.
“ Non ho bevuto alcool” replica prontamente.
“ Ti ho vista col calice in mano…” le faccio notare.
Questa strada è così buia che non si vede un tubo neanche con tutti i fari accesi quasi…
“ Lo usavo come scena, per non dare sospetti…” spiega.
Sospetti?
“ A lavoro non sanno che sei incinta?” domando, distogliendo per un attimo gli occhi dalla strada per rivolgerle un’occhiata perplessa.
“ Non ancora…” dice quasi in un sussurro.
Non ancora?
“ Pensavo lo avessi detto a tutti”.
“ Beh io…”.
“ Ma che cazzo succede qui…”. I miei occhi si assottigliano per cercare di vedere oltre il buio e all’improvviso dei fari mi fanno capire che un auto sta venendo in contro alla nostra.
Sono costretto a deviare bruscamente l’auto verso destra, ma questo fa perdere il controllo della vettura che quasi ribalta e si schianta prepotentemente contro qualcosa.
“ Kai!!”.
L’urlo di Eva, insieme all’infrangersi dei vetri dell’auto sono gli ultimi rumori che riesco a percepire, prima di perdere i sensi.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
Sono in ambulatorio a trascorrere tranquillamente il mio turno di notte, quando all’improvviso dei rumori provenienti dalle porte principali mi costringono ad uscire dall’ufficio.
Deve esserci un’emergenza.
Una volta uscito, corro verso gli infermieri che trasportano una barella e poi un’altra.
“ Codice rosso, incidente in auto, due giovani, feriti e perdita dei sensi” spiega il soccorritore che li ha trasportati fin qui.
Corro insieme a loro, chiamando gli altri medici di turno e solo adesso osservando i due feriti mi rendo conto che si tratta di…
O mio Dio. Sono Kai ed Eva!
Un brivido mi corre lungo la schiena. Il sangue mi si gela nel vederli trasportati su queste barelle, dove noto macchie di sangue sul viso di Kai, tanto da impedire la mia corsa e fermarmi un attimo a respirare e cercare di non perdere la lucidità mentale.
Cosa diavolo è successo??
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
“ Sono stato bene!” asserisce, con un sorriso stampato in volto. “ Spero anche tu”, aggiunge.
“ Sì, sono stata bene anch’io” rispondo.
Siamo appena usciti dal locale.
In fondo non è stata una brutta serata, anzi, mi sono divertita a parlare con lui.
“ Vuoi fare una passeggiata o preferisci tornare a casa?” chiede investigativo.
“ Si è fatto tardi, preferirei tornare a casa!”.
“ Ok, abiti nei paraggi? Vuoi che ti accompagni? Mi dispiace di non avere l’auto!”.
“ No, tranquillo! Possiamo andare benissimo a piedi”.
In fondo due passi non ci faranno male.
 
 
 
“ Sono arrivata!” dico, indicando l’edificio dove abito.
“Fine della corsa, dunque!”, esclama portando in alto lo sguardo per osservare l’edificio.
“ Già”.
I secondi che seguono, sono davvero imbarazzanti. Lui rimane qui in piedi di fronte a me, osservandomi come se stesse aspettando qualcosa, mentre io non so che diavolo fare.
“ Mi ha fatto piacere essere uscita con te stasera!” esordisco, imbarazzata.
“ Ha fatto piacere anche a me” risponde avvicinandosi al mio viso, posando la sua calda mano sul mio collo.
Rimango immobile mentre le sue labbra si poggiano sulle mie. È una sensazione strana e diventa ancor più strana non appena lui cerca di approfondire il contatto.
Faccio istintivamente un passo indietro, per allontanarmi, lasciandolo spiazzato.
“ Scusami, io…forse non dovevo?” chiede perplesso.
“ No, è che … insomma, io devo andare”. È l’unica cosa che riesco a dire e in modo squallido lo saluto con un gesto della mano andando via verso il portone per poi chiudermelo alle spalle e respirare profondamente.
Stupida.
Stupida.
Spio da una piccola finestra la sua figura che, dopo qualche attimo di esitazione, decide di andare via.
Probabilmente sperava che lo invitassi a salire e concludere la serata in un altro modo.
Ma la verità è che non mi sono sentita di farlo.
Avrei potuto.
Ma non l’ho fatto.
 
 
Salgo in casa e mi butto stancamente sul letto, con tutti i vestiti addosso.
Sono stanca.
Impegnata a fissare un punto ignoto del soffitto, mi accorgo che il cellulare nella mia borsa inizia a vibrare insistentemente.
Oddio. E se fosse Takumi? Magari vuole sapere il perché del mio comportamento.
E che cosa dovrei dirgli?
Vorrei ignorare questa telefonata, ma il senso di colpa mi costringe a non farlo. Così, decido controvoglia di alzarmi e frugare nella mia borsa fino ad afferrare lo smartphone.
Ma è Boris. Che cosa vorrà a quest’ora?
“ Boris, cosa vuoi?” chiedo seccata.
“ Dove sei?” chiede a sua volta senza giri di parole.
“ A casa, perché?”.
“ Kai ed Eva sono in ospedale, hanno avuto un grave incidente in auto!”.
A queste parole il cuore mi si ferma per un istante.
Kai ed Eva hanno avuto un incidente? O mio dio… e Hope?
“ Dov’è Hope?” chiedo, mentre il cuore palpita a velocità crescente.
“ Non so. Era con loro?”.
O mio dio.
Mi sento morire.
 
 
 
 
 
 
Esco dall’auto ancor prima che si fermi totalmente. Corro lungo il vialetto e suono con insistenza il campanello. La mia mano trema.
La porta si apre.
“ Signorina Anya…”.
Non bado alle parole di Reina, ma entro di prepotenza, chiamando a voce tremante il nome di Hope.
“ Hope! Hope!”.
“ Si calmi, cosa succede??” chiede Reina preoccupata.
“ Dov’è Hope?” grido con tono quasi isterico, spaventandola.
“ E’ andat…”.
“ Mamminaaa!”. Reina non riesce a terminare la sua frase, perché giunge alle mie orecchie l’allegra vocina di Hope. La vedo: è proprio qui.
Corro ad abbracciarla forte a me, piangendo disperatamente e probabilmente spaventandola, visto il modo in cui mi guarda.
“ Ma cosa sta succedendo?” domanda ancora una volta Reina, ignara di tutto.
È Boris a fornirle una spiegazione.
“ Kai ed Eva hanno avuto un incidente e pensava che la piccola fosse in macchina insieme a loro”.
“ O mio dio! Ma è terribile! Come stanno??”.
“ Non si sa ancora nulla!” si limita a dire. “ Anya, calmati, la stai solo spaventando. Vieni dallo zio Bobo!” dice, prendendola in braccio per portarla in salotto.
Ha ragione, l’avrò spaventata, ma per un attimo ho temuto che…
“ Come mai Hope è rimasta a casa?” domando investigativa alla cameriera.
“ Beh, il signor Hiwatari ha pensato che non era il caso di portare la bambina a una serata di Gala”.
Quindi è successo tutto per caso.
Mia figlia, che ho lasciato qui di mia spontanea volontà per uscire con uno sconosciuto, avrebbe potuto essere in macchina con loro e…
Sono stata propria una stupida.
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
“ Il paziente si è svegliato” mi annuncia l’infermiera.
Perfetto.
Giungo nella sua stanza e lo trovo lì, disteso, immobile , la testa fasciata e un braccio attaccato a una siringa. Una volta più vicino, mi accorgo che ha gli occhi semi aperti, come se stessero cercando di mettere a fuoco le immagini.
“ Kai…” lo richiamo.
Solo adesso si accorge della mia presenza, ma non muove ciglio.
“ Come se un camion mi fosse passato sopra più volte…” riesce a dire, muovendo leggermente le labbra.
Muove il braccio, ma capisce subito di essere legato  a una siringa e riposa stancamente la testa all’indietro, chiudendo gli occhi.
Mi avvicino ancor di più, e con un dito alzo la sua palpebra sinistra puntandovi la luce di una piccola torcia e poi faccio la stessa cosa con l’altro occhio, per assicurarmi che sia tutto apposto.
“ Kai…” lo richiamo, invitandolo ad aprire gli occhi. “ Riesci a vedere chiaramente? Quante dita sono?” chiedo, mostrandogli tre dita.
Riduce gli occhi a due fessure, come se si stesse sforzando...
“ Sono tre, idiota!”.
La sua gentile risposta mi conferma che Hiwatari, in fondo, sta bene. Così, faccio un cenno all’infermiera per comunicarle che può lasciarci soli.
Mi siedo sul letto accanto a lui, osservandolo mentre si muove alla ricerca di una posizione comoda.
“ Kai, hai avuto un incidente in auto la scorsa notte… e, c’era anche Eva insieme a te” gli ricordo, cercando di usare il tono più cauto che mi riesce. Il fatto che non abbia domandato ancora di lei, mi fa pensare che abbia ricordi ancora sfocati.
E questo mi viene confermato dal fatto che si immobilizza all’istante e domanda preoccupato “ Dov’è lei ora?!”.
“ Tranquillo, è in un’altra stanza. Anche lei si è un po’ fatta male ma niente di grave. Stanno solo aspettando che si risvegli…” spiego, per tranquillizzarlo.
Abbandona la testa sul cuscino, ispirando ed espirando profondamente, quasi si sentisse sollevato per la notizia appena appresa.
“ Pensavo che una macchina stesse per venirci addosso e ho sterzato troppo bruscamente…” riesce a dire in un fil di voce, con gli occhi puntati al soffitto.
Adesso si spiega tutto.
“ Forse ero troppo stanco per guidare, in fondo non avevo bevuto quasi niente, non capisco cosa sia successo. In un istante ho perso il controllo della macchina…”. Avverto il peso della colpa nella sua voce.
“ Poteva finire molto peggio…” lo rassicuro, poggiando una mano sul suo addome, come a confortarlo. “ Adesso riposa, se hai bisogno chiamami!”.
Mi alzo e mi avvio a passi lenti alla porta, finchè non giunge alle mie orecchie il suono di una frase che speravo tardasse il più possibile ad arrivare.
“ E il bambino?”.
Mi paralizzo, e rimango con la mano afferrata alla maniglia della porta ormai già aperta.
Speravo tanto che non me lo chiedesse.
“ Yuri? Il bambino… come sta?” sussegue a chiedere  preoccupato.
È proprio in questi casi che odio fare il mio lavoro.
“ Ne parleremo quando Eva si sveglierà!” mi limito a dire, cercando di rimandare l’argomento.
“ Yuri! Dimmelo adesso!”. Il suo tono è cambiato. Non ammette risposta negativa.
Ma non funziona così.
“ Credimi, è meglio aspettare il risveglio di Eva” ripeto, cercando di mantenere la calma.
“ Voglio saperlo adesso!”.
Richiudo la porta, riempiendo i polmoni d’aria.
Mi avvicino di nuovo ai piedi del letto, cercando di trovare il coraggio di dire quello che sto per dire.
Non è facile.
Mi muovo avanti e indietro per la stanza, seguito dai suoi occhi investigativi.
“ Cazzo, Yuri. Dimmelo!” asserisce autoritario.
“ Non è così facile!” spiego spazientito.
“ Rispondi, allora! Eva ha perso il bambino?? Si o no??”.
“ No!” la mia risposta arriva fulminea, lasciandolo spiazzato in due.
“ No?”. Ci mette un po’ a reagire. “ Cosa vuol dire no?? Mi stai dicendo che Eva non ha perso il bambino??”.
“ No, non l’ha perso!”.
Come glielo spiego? Era meglio aspettare Eva, lo sapevo. Non tocca a me comunicargli una cosa del genere.
“ E allora, qual è il problema?” domanda stranito, non riuscendo a capire il motivo di tanto mistero.
“ Il problema è che…”. Ok, basta. Diglielo. Prendo un respiro profondo. “Eva non poteva perdere il bambino…”. Ecco che inizia a accigliarsi, osservandomi interrogativo, come se stessi dicendo delle cose insensate, e in effetti sto per dire delle cose insensate.  “ Non poteva perdere il bambino, semplicemente perché… non c’era alcun …bambino!” .
Ecco, l’ho detto.
La sua espressione rimane accigliata, non muove ciglio, quasi non respira. Solleva la schiena dal lettino, quasi avesse trovato le forze che prima non aveva neanche per tenere gli occhi aperti. E i suoi occhi si muovono come saette, alla ricerca di una spiegazione o nel vano tentativo di dare un senso alle mie parole.
Ho cercato di essere il più chiaro possibile, cercando di mantenere la freddezza che si addice a questo lavoro, nonostante la relazione di amicizia che ci lega.
Poggia i piedi a terra, rimanendo seduto in quella posizione per alcuni secondi, durante i quali muove le labbra cercando di dire qualcosa.
Non riesco a fare nulla, se non restare qui fermo a osservare ogni sua minima mossa.
“ Quindi… quindi, mi stai dicendo che non era incinta prima dell’incidente…”.
Non capisco se la sua è una domanda o un’affermazione. In ogni caso, un cenno della testa gli suggerisce la risposta.
“ Mi ha… mentito?” sussurra incredulo tra sé e sé.
 
 
 
***
 
 
 
La testa mi pesa come un macigno.
La vista è tratti sfocata.
È difficile potersi mettere in piedi.
“ Kai, non puoi alzarti, rimettiti a letto”.
Cerco di reggermi in piedi, poggio lo sguardo sul braccio dolorante, dove ho la siringa. Mi dà fastidio e cerco di toglierla.
È come se tutto intorno a me vorticasse.
Che diavolo mi succede alla testa?
A mala pena riesco a vedere Yuri davanti a me.
“ Kai, che cazzo fai? Rimettiti a letto…”.
Sento le sue mani sul mio braccio. Sta cercando di impedire che l’ago esca fuori.
Istintivamente porto gli occhi lì e vedo del sangue sgorgare lentamente dalla vena. Le mani di Yuri piene di sangue.
“ Cazzo, Kai. Cosa fai? Infermieraa!” urla, ma la sua voce arriva acuta alle mie orecchie, quasi come se fossero trafitte da lame.
Stringo gli occhi e improvvisamente rivedo a scatti sequenze di immagini: dei fari, la strada, Eva che urla…
Mi sento venir meno e lentamente mi abbandono, cadendo a terra come un peso morto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ciaoooo!
Ecco il nuovo aggiornamento! Che si conclude col botto, nel vero senso della parola.
Kai sviene sia per la botta in testa subita durante l’incidente, sia perché sconvolto dalla notizia appena appresa dal povero dottorino Ivanov.
Questa gravidanza in realtà non è mai esistita, ovvero… scoprirete nel prossimo capitolo che non era proprio così. Vi lascio con questa aura di mistero.
Davvero Eva è stata talmente cattiva da fingere una gravidanza? O le circostanze l’hanno costretta?
Dobbiamo aspettare il suo risveglio ( come giustamente aveva suggerito il neolaureato dottor Ivanov, ma figuratevi se Kai ascolta i suoi saggi consigli).
Anya, poverina, si è sentita in colpa per avere lasciato Hope a Kai, e andare al suo appuntamento “al buio”. Per un attimo ha temuto il peggio, ma per fortuna Hope era a casa a guardare i suoi cartoni animati, sana e salva.
Spero di avervi sorpresi, se sì, fatemi sapere.
Qualcuno di voi aveva già intuito che questa gravidanza non quadrava (LadyDiamond ). Hai un ottimo fiuto, lo ammetto XD
Grazie ancora, e mi auguro abbiate gradito questo capitolo partorito in questo grigio e lugubre giorno di pioggia. XD
Alla prossima!

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Capitolo 43
*** Il risveglio ***












“A cosa serve?”.
“ Bevila, ti aiuterà ad alleviare i dolori”.
Kai osserva in modo perplesso il liquido nel bicchiere e, dopo qualche secondo di esitazione, chiude gli occhi e ingurgita in un sol sorso il suo contenuto, strizzando gli occhi e mimando un’espressione disgustata.
“ Per quanto tempo dovrò stare qui?”.
“Il tempo necessario per accertarci che tu stia bene” spiego sinteticamente, leggendo le varie cartelle e radiografie a cui è stato sottoposto.
“ Io mi sento bene” lamenta, seccato.
“ Lo vedremo!”.
Ormai rassegnato, chiude gli occhi e adagia la testa sul cuscino, espirando sonoramente.
“Ah, dimenticavo! Ci sono delle visite per te”.
“ E chi sarebbe?” mormora, ad occhi chiusi.
“ Tua figlia, Boris ed…Anya!”. Apre improvvisamente gli occhi, ridestandosi.  “Posso farli entrare?”.
Ci mette un po’ a rispondere, ma alla fine la sua espressione mi suggerisce una risposta positiva, a cui si aggiunge un “solo pochi minuti”.
Sissignore.
Faccio capolino dalla stanza, verso il corridoio e, con un cenno, invito i presenti ad entrare.
“Ciao Kai!” esclama allegramente la piccola, correndo verso il padre e buttandosi sul lettino.
“ Hope! Ma cosa fai?” le urla la madre, Anya, costringendola a scendere di forza.
“ Hai battuto quell’enorme zucca!” commenta sarcastico Boris, suscitando l’indignazione dell’altro.
“ Come stai?” domanda Anya, cercando di tener ferma la figlia.
“ Ho passato giorni migliori…” si limita a dire, atono.
“ Ti sei fatto la bua alla testa?” domanda la piccola, toccandosi col dito la fronte.
“ Più o meno…” risponde Kai, evasivo.
“ Non preoccuparti, Kai ha la testa più dura del marmo, non si sarà neanche scalfita, vedrai” ironizza Boris.
“ Idiota” sussurra l’altro, fulminandolo con lo sguardo.
“ Bene, l’ora delle visite è terminata!” annuncio ai presenti, che pian piano si dirigono verso l’uscita,  mentre la piccola in braccio alla madre, agita la manina per salutare Kai, il quale, a sua volta, ricambia con un gesto della mano e un accenno di sorriso.
Non appena gli altri vanno via, il suo sguardo e la sua espressione ritornano apatici e suoi occhi spenti si poggiano su di me, comunicandomi di lasciarlo solo.
“ Se hai bisogno di qualcosa, chiamami”. È il mio ultimo avviso, prima di chiudere la porta.

Nel tragitto in corridoio, verso il mio studio, incontro ancora una volta Anya e Boris.
“ Siete ancora qui?”.
“ Sì, volevamo sapere come sta Eva!”. È stata Anya a chiederlo.
“ Stiamo aspettando che si risvegli, ma crediamo che stia bene” mi limito a dire.
“ E il bambino? Sta bene?”. Questa domanda viene posta da Huznestov, con mia gran sorpresa.
Una domanda che fa incuriosire anche Anya, visto il modo in cui sembra pendere dalle mie labbra.
“Mi dispiace, ma non posso dirvi niente”. Spiego con fare evasivo.
“ Ma è tutto ok?” chiede preoccupata Anya.
“ Non posso dirvi niente, davvero ragazzi! Saprete tutto quando Eva si risveglierà. Adesso dovete andare. Ci vediamo!”. E con queste parole mi congedo, proseguendo disinvolto, per quanto difficile sia, il mio cammino, lasciandoli lì coi loro dubbi.
Mi dispiace, ma non posso comunicare quello che so già. Anche se siamo amici, in qualità di medico, devo mantenere la privacy dei miei pazienti. A questo si aggiunge il fatto che la situazione di Kai ed Eva è abbastanza delicata. L’incidente sta facendo venir fuori anche altro…




***





“ Pensi che abbia perso il bambino?” domanda Boris, guidando e tenendo gli occhi sulla strada.
“ Non so cosa pensare, a dire la verità, Yuri è stato molto criptico” affermo con aria pensierosa.
“ Tipico di Yuri…” commenta in un sussurro.
Mentre sono persa in questi pensieri, un messaggio fa vibrare il cellulare che tengo sulle gambe.
Aperta l’anteprima, i miei occhi avvistano un messaggio da parte di Takumi.

-    Ciao, come stai?

Decido di ignorarlo e continuare ad osservare la città attraverso i vetri dell’auto.

“Allora, il primo che riceve un aggiornamento avvisa l’altro, ci stai?” propone Boris, alla sottoscritta, che viene distratta dall’arrivo di un altro messaggio. Ancora una volta di Takumi.

-    Oggi giornata piatta…

E ancora una volta decido di ignorare i suoi messaggi. Credo sia il quinto della giornata.
“ Qualcosa non va?” chiede Boris.
“ No, è solo che…”.
Non so se dirglielo.
“ Solo che?” dice, incitandomi a proseguire.
“ Ho fatto come mi hai suggerito” inizio a dire, stringendo i pugni sulle gambe.
“ Ovvero?”.
“ Ovvero che… mi sono iscritta in una di quelle chat e sono uscita con un tizio” spiego sinteticamente, super imbarazzata, mentre le sue labbra si ricurvano in un ghigno sadico.
“ Davvero? E com’è andata?”.
“ è andata bene, ma…”.
“ Ma?”.
“ Ma non avrei dovuto farlo!”.
“ Perché?”.
“ Perché… ho lasciato mia figlia a Kai per uscire con queste perfetto sconosciuto e se Kai non avesse deciso di lasciarla a casa, sarebbe andata con loro a quella festa di non so cosa e probabilmente…”.
“ Hey hey hey!” esclama Boris, facendo segno di calmarmi. “Niente di tutto questo è successo! Hope sta bene, è qui dietro in macchina che dorme. Non puoi darti la colpa per delle cose che sarebbero potute succedere. Purtroppo l’incidente è avvenuto e, per fortuna, non è successo nulla di grave!”.
“ Lo so ma…”. Non so perché ma vorrei piangere.
“ Hey, guardami!” dice, prendendo il mio mento per farmi incontrare i suoi occhi. “ Guardami” ripete autoritario, costringendomi ad alzare gli occhi ormai lucidi. “ Ripeti insieme a me: Hope sta bene e non è successo nulla di grave!”.
“ Andiamo Boris!” lamento, cercando di liberarmi dalla sua presa.
“ No, sul serio!”. Ma lui me lo impedisce. Ma cosa gli è preso?? “ Dillo, avanti!”. Mi incoraggia ancora una volta.
Non so a cosa possa servire, ma decido di accontentarlo e dopo avere emesso un lungo respiro…
“ Hope sta bene e non è successo nulla di grave!”.
In fondo ha ragione. Hope sta bene e non è successo nulla di grave.
“ Visto? Adesso devi ripetere questa frase nella tua testa fino a quando non ti addormenterai!” suggerisce, liberandomi dalla presa.
Scendo dall’auto per prendere in braccio Hope ancora dormiente.
“ Sai, sai essere sensibile quando vuoi” commento, prima di salutarlo e chiudere la portiera.
La sua risposta è una faccia che finge modestia.
Lo saluto e mi avvio al portone.
“ Anya, ancora una domanda!”.
Ma le sue parole mi bloccano e mi costringono a voltarmi in sua direzione.
“ Dimmi”.
“Al tizio… gliel’hai data?”.
Idiota.
La risposta gli arriva dritta dal mio dito medio.
E con un sorrisetto malvagio stampato in volto, richiude il finestrino e se ne va.


Dopo cinque lunghi piani, arrivo finalmente a casa. Adagio la piccola sul divano, senza scuoterla troppo, dopodiché mi avvio in cucina, per preparare la cena.
Mentre taglio dell’insalata, i miei occhi puntano sullo schermo del mio cellulare, poggiato sul tavolino accanto a me. Un altro messaggio di Takumi:

-    Non mi rispondi più?

Santo cielo.
Perché continua a scrivermi?
Perché sono uscita con lui?
Dovrei rispondergli?
O ignorarlo?
In fondo è stato gentile e non merita di essere ignorato.
Gli risponderò più tardi… se ne avrò voglia.




***






Sono seduto sullo scomodo letto di quest’ospedale, guardando il panorama fuori dalla finestra, o almeno quello che riesco a vedere: un cielo limpido e qualche grattacielo in lontananza.
Tutto qui.
Ogni tanto mi alzo per sgranchirmi le gambe, vado in bagno, aspetto Yuri o l’infermiera per delle visite di routine e assaggio un po’ dello scadente cibo che portano a pranzo e a cena. Stop.
Tra una cosa e l’altra, un pensiero fisso tormenta la mia mente da ore: Eva.
Non si è ancora svegliata.
Yuri ha detto che fisicamente, a parte qualche ferita, sta bene.
Ma la mia preoccupazione vera è un’altra: il bambino. O meglio, il presunto bambino che diceva, fino a qualche minuto prima dell’incidente, di portare in grembo.
Non riesco a togliermelo dalla testa.
E ogni volta che Yuri varca quella porta, non aspetto altro che dica “si è svegliata”.

Passano alcuni minuti e, con mia grande sorpresa, quasi come si fosse avverato il mio pensiero, Yuri varca quella porta e pronuncia la fatidica frase:
“ Kai, Eva si è appena svegliata!”






***






Mi sento debole e dolorante. La testa mi pesa come un macigno e a stento riesco a tenere gli occhi aperti. Avverto dolori in ogni parte del corpo, talmente forti da impedire ogni movimento. Così decido di rimanere rigida nella posizione in cui mi sono svegliata, ad osservare il soffitto color bianco di questa triste stanza d’ospedale.
I ricordi delle ultime ventiquattro ore sono alquanto sfocati e, a dire il vero, la stanchezza mi impedisce di sforzarmi nel ricordare.
Quando richiudo gli occhi, il rumore della porta e l’arrivo di qualcuno mi costringe a riaprirli e
scorgo Yuri e poi lui, Kai, con una benda alla testa, che mi osserva preoccupato.
Pochi istanti dopo il mio corpo viene attraversato da un brivido. Viene pervaso da un’ondata di calore che contrasta con la freddezza di questo posto così bianco e gelido. Il tocco della mano di Kai su una mia gote mi fa sentire, ad un tratto, meglio. I miei occhi stanchi, che a stento riescono a stare aperti, scorgono, tra la sfocatura provocata dalle mie lunghe ciglia, un intenso sguardo ametista.
“ Come sta?” chiede, rivolgendosi a Yuri, che probabilmente sarà ancora qui in un punto della stanza.
“ Stiamo facendo degli accertamenti, ma supponiamo niente di grave”.
“ Ok…” emette in un caldo sussurro, osservandomi mentre mi accarezza i capelli. “Riposa, ci vediamo dopo”, conclude poi, scoccandomi un bacio sulla fronte e facendo rabbrividire il corpo.
Mi dispiace di non avere la forza per poter reagire come vorrei, ma mi sento così stanca e ho voglia soltanto di chiudere gli occhi e dormire.
Il rumore della porta mi avvisa che entrambi hanno appena abbandonato la stanza. Avrei voluto che rimanesse qui con me, ma evidentemente i medici lo hanno avvertito di andare via subito.







***







“ C’è un posto dove poter fumare, qui dentro?”.
“ Qui dentro no. Ti ricordo che è un ospedale, Hiwatari”.
“ Allora, un posto fuori dove poter fumare?” ripete, correggendosi con aria seccata, mentre cerca un qualcosa tra i suoi pochi effetti personali posti su una sedia della stanza.
“ Non dovresti riposare?” cerco di ricordargli con tono canzonatorio.
“ Sono le 3 del pomeriggio, se continuo a stare sdraiato su quel letto, giuro che mi butto da quella finestra!” replica con tono serrato, stringendo in mano il pacchetto di sigarette appena trovato.
Porto gli occhi al cielo e dopo aver emesso un lungo sospiro, gli faccio cenno di seguirmi.







***








“Fanculo. C’è troppo vento qui sopra” asserisco indignato, continuando a provare ad accendere questa sigaretta.
“ Dai qua, ti aiuto io”.
Ecco che il dottor camice bianco si avvicina e porta le sue mani intorno alla sigaretta, creando una barriera protettiva che la ripara dal vento.
Ci sono voluti alcuni secondi, ma alla fine ce l’abbiamo fatta.
Finalmente.
Yuri si allontana e io aspiro a pieni polmoni una boccata di fumo, trattenendola dentro per qualche istante, per poi rilasciarla lentamente.
Ci voleva.
Con un gesto invito Yuri a fare un tiro, ma questo rifiuta con un lieve cenno della testa.
“ Ho smesso anni fa” si limita a dire, con le mani dentro le tasche del suo lungo camice bianco.
La mia risposta è un alzata di spalle che vuole dire – come vuoi-.
Io non sono mai riuscito a smettere. Forse in alcuni periodi mi sforzo di fumare meno, specialmente quando sono in compagnia di Hope, ma non potrei smettere così da un giorno all’altro, come ha fatto Yuri.
Siamo in un balcone dell’ospedale, posto così in alto da poter scorgere un bel panorama della città. Il vento accarezza i nostri volti e scompiglia i capelli. Arriva un po’ prepotente, ma è piacevole dopotutto. Non avrei resistito un altro minuto in quella specie di tugurio.
Senza accorgermene è andata via già mezza sigaretta e Yuri se ne sta lì, a pochi passi da me, in piedi ad osservare i palazzi che si ergono qui di fronte, imitato da me.
“ Quando glielo chiederai?” esordisce, rompendo il silenzio.
Non gli chiedo spiegazioni, perché so già a cosa si riferisce. Mi prendo qualche attimo prima di rispondere e mi godo fino in fondo gli ultimi istanti di questa sigaretta.
Ecco. Dalla mia bocca esala l’ultima nube di nicotina, che viene spazzata via, in un attimo, dal vento. Spengo la cicca a terra, ma Yuri, senza dire niente mi porge un fazzoletto, costringendomi con la forza del pensiero, a raccoglierla, di mio malgrado.
“ Quando arriverà il momento” inizio a dire, porgendogli il fazzoletto contenente il mozzicone, per poi andare via.
Lui era talmente confuso dalle mie parole, che senza rendersene conto, ha afferrato quel fazzoletto, che in teoria, avrei dovuto buttare io stesso nel cestino della spazzatura più vicino.





***










Stamani, in caffetteria, non ho avuto un attimo di respiro. Sotto lo sguardo controllore di Dana corro alla velocità della luce dal bancone ai tavoli, facendo attenzione a non inciampare, scivolare o far cadere il vassoio.
Inoltre, con il fatto che Kai si trova in ospedale, devo provvedere io a Hope in tutto e per tutto.  Infatti, più tardi dovrò prenderla all’asilo, tornare a casa, prepar..
Santo cielo, il telefono in tasca continua a vibrare.
Poggio il vassoio su un tavolino vuoto ed estraggo il telefono dal grembiule e mi accorgo con sorpresa che il continuo vibrare non è dovuto a una caterva infinita di messaggi inviati senza sosta, ma è una chiamata in arrivo il cui mittente è proprio lui, Takumi.
Mi osservo in giro, stringendo forte il cellulare in mano e decido di spostarmi in un angolo isolato del locale per rispondere, non prima di aver preso un lungo respiro, ovviamente.
“ Pronto!” esordisco, con fare disinvolto.
“ Ciao Anya, sono Takumi!”.
“ Oh, ciao Takumi!” esclamo, facendo finta di cadere dalle nuvole.
“ Ti disturbo?” chiede, preoccupato.
“ Ehm, no. Cioè, sono un po’ incasinata a lavoro, ma dimmi pure!” spiego, usando un tono di voce cordiale e allegro.
Se solo potesse vedere la mia faccia in questo momento! Ho appena notato che Dana mi fissa contrariata, vedendomi qui in disparte a parlare al cellulare.
“ Beh, volevo solo sapere perché non mi hai risposto ai messaggi”.
Giustamente.
E adesso cosa gli dico? Non ero psicologicamente preparata ad una telefonata.
“ Ehm, si, lo so e mi dispiace! Ma sono stata presa da… delle cose!”.
“ Delle cose, certo…”. Il suo tono mi fa capire che non se l’è bevuta affatto.
“ Mi dispiace davvero, so che ti sembrerà una scusa…” commento, stringendo occhi e denti, con fare colpevole.
“ Sì, sa molto di scusa! Beh, allora per dimostrare che non era solo una scusa, potremmo vederci più tardi” propone, con una certa astuzia nel tono.
Cacchio. Fregata, Anya.
E adesso che faccio? Cosa dico? Se dico che non posso, sembrerà un’altra scusa, no?
Inoltre, lo sguardo di Dana su di me, che mi ordina di non perdere tempo e tornare a lavoro, beh, non mi aiuta.
“Va bene!” rispondo di getto, senza pensarci ulteriormente.
“ Perfetto! Allora passo a prenderti a lavoro se vuoi. A che ora finisci?”.
Sarà una buona idea?
“ Alle 16.30”.
“ Ok, adesso devo tornare anch’io in ufficio. A dopo, Anya!”. Saluta e chiude la chiamata, lasciandomi per un attimo in uno stato di trans, ma per fortuna un messaggio mi riporta alla realtà.
È di Takumi: - domanda importante: dove lavori? XD-
No. la domanda importante è: perché sto facendo questo?









Qualche ora dopo…



“ Stai scherzando spero!”.
“ Per favore, Dana. Non ho a chi altro lasciarla!” le spiego, supplicandola nel tono.
“ Anya, io devo lavorare. Non posso badare ad una bambina!” ribatte duramente ed ha ragione, lo ammetto, ma…
“ E’ una bambina tranquilla. Basta metterla di là, in cucina, a colorare e sarà come invisibile. Tu dovrai solo tenerla d’occhio, ogni tanto, per sicurezza”.
Si ferma a pensare, per qualche secondo, fissandomi con occhi di fuoco.
“ Solo un paio d’ore…” aggiungo, cercando di intenerirla con lo sguardo.
Passano lunghi e interminabili secondi, finché...
“ E va bene!” accetta, tirando un sospiro. “ Spero solo ne valga la pena con questo Takumi!” conclude scocciata.
“ Grazie, grazie!”. Quasi saltello dalla gioia.
Non avevo alternative. Hilary ha già due gemelli a cui badare e non mi sembra il caso di accollargliene un’altra. Hiwatari, come sappiamo, è in ospedale insieme ad Eva e Boris l’ho scartato a prescindere, non mi fido a lasciargli una bambina.
Convinta Dana, corro alla velocità della luce a prendere Hope, andare a casa, prepararmi per l’appuntamento e ritornare in caffetteria per lasciare la bambina nelle mani di Dana. A dire la verità non so quanta dimestichezza abbia costei con i bambini, ma ha l’aria di una ragazza responsabile, nonostante i suoi modi un po’ duri.
“ Mi raccomando, Hope, fa’ la brava ok? La mamma torna subito!”.
Le scocco un bacio sulla fronte, sistemandole un ciuffetto ribelle. Dopodiché, con un cenno di intesa, faccio capire a Dana che sto per uscire e , tenendo ben stretto il manico della mia borsetta, mi avvio fuori dal locale per raggiungere l’angolo della strada, dove aspetterò l’arrivo di Takumi.
“Sono in perfetto orario”, sussurro tra me e me, controllando l’orologio al polso.







***








Immagini confuse attraversano la mia mente, come dei ricordi. Volti di persone conosciute ed altre sconosciute. Non so bene dove mi trovi. Mi sento come immobilizzata, con  piedi ben piantati a terra, impossibilitata a muovermi, mentre intorno a me oggetti e persone passano velocemente, senza accorgersi della mia presenza. Improvvisamente una strana sensazione attraversa la testa e la bocca dello stomaco e mi costringe e piegarmi su me stessa per cercare di proteggermi da non so nemmeno io cosa o chi. Poi boom. Il buio e qualche secondo dopo, di nuovo boom, apro gli occhi e mi rendo conto che stavo solo sognando.
Sono ancora ferma e distesa sul letto di quest’ospedale. Devo essermi addormentata di nuovo nel pomeriggio. Sposto la mia testa a destra, verso la finestra e mi accorgo della presenza di qualcuno.
È Kai, messo di profilo, lì in disparte, ad osservare il paesaggio oltre la finestra.  
“ Kai!” esordisco con voce fioca, richiamando la sua attenzione.
Senza scomporsi più di tanto, sposta gli occhi su di me e mi osserva. Passano alcuni secondi durante i quali  sembra che la sua mente stia viaggiando per altri mondi, ma subito dopo si riprende e, staccando la sua spalla dallo stipite della finestra, si avvicina a passo felpato, a me.
“ Hey…” sussurra dolcemente, avvicinandosi alla mia fronte. “ Stai bene?”, domanda poi sfiorandomi con un dito una guancia.
“ Sì, adesso va meglio” replico accennando un sorriso. “ Tu come stai?”.
“ Meglio…”, dice a bassa voce, come se non avesse la forza per parlare.
I suoi occhi cercano di reggere il mio sguardo, ma noto come se volessero fuggire. Non so. Sembra stia pensando a niente e a mille cose contemporaneamente. È strano, ma mi fa piacere che stia bene e che sia qui con me adesso.
Gli sorrido, ma lui abbassa lo sguardo, decidendo di sedersi qui, su una sedia accanto a me, mentre io sollevo leggermente la schiena per mettermi più comoda.










***










Sono stato quasi tutto il pomeriggio qui, nella sua stanza, ad aspettare che si svegliasse di nuovo ed ora che è sveglia, beh, non so cosa dire o fare. Sono sollevato che stia bene, ma non riesco a togliermi quel pensiero fisso che mi tormenta e credo sia arrivato il momento di chiederglielo.
Nell’istante in cui, dopo aver preso un lungo respiro, mi accingo a proferire la fatidica domanda, lei decide di prendere la mia mano e stringerla, mentre i suoi occhi diventano lucidi.
“ Kai, ho avuto paura…” mi confessa, intensificando la stretta di mano, nel vano tentativo di cercare un contatto più diretto col sottoscritto.
A queste parole, la mia bocca decide di tacere e il mio cervello mi suggerisce che forse non è il momento più adatto ad affrontare un argomento simile, nonostante una parte di me vorrebbe sapere la verità immediatamente.
“Per fortuna è finita bene” spiego, stringendo a mia volta la sua mano, mentre con l’altra le sposto i capelli dalla fronte e le accarezzo il viso, cercando di tranquillizzarla.
Ammetto di avere avuto paura anch’io per un attimo.
Non ricordo molto degli istanti prima di perdere i sensi. Nel momento stesso in cui ho perso il controllo dell’auto,  ho perso il contatto con la realtà, ho capito che non avrei più potuto fare niente, né fermare l’auto, né metterci in salvo. Forse l’unica cosa che ho sentito è stato l’urlo di Eva e l’infrangersi dei vetri dall’auto contro qualcosa. E subito dopo il buio.
Non ho mai avuto un incidente del genere, non lo augurerei a nessuno e non so come, ne siamo usciti vivi e quasi illesi.
Ho fatto tante cazzate nella mia vita, e sicuramente continuerò a farne, ma non mi sarei mai potuto perdonare se fosse successo qualcosa di veramente grave ad Eva, a me stesso, o al bambino che diceva di portare in grembo.
Per questo ho chiesto subito a Yuri cosa fosse successo al bambino, non appena mi sono svegliato. Sono sicuro che, se questo bambino fosse veramente esistito nel ventre di Eva, non ce l’avrebbe fatta, viste le dinamiche dell’incidente. Non so ancora bene come sia andata, ma dalle parole di Yuri ho appreso che l’auto si è ribaltata e schiantata contro un albero.
Per Yuri è stato un miracolo essere rimasti vivi.
Beh, sì. Credo sia la parola giusta: miracolo.
Il flusso dei miei pensieri viene interrotto dall’arrivo di Yuri, che facendo capolino dalla porta, annuncia che ci sono visite.
“ Scusate ragazzi…” esordisce, credendo di aver interrotto un momento di intimità, “ Eva, ci sono i tuoi genitori che vogliono vederti”.
“ Oh, si. Falli entrare!” esclama allegramente, abbandonando la mia mano.
Perfetto, i signori Hernandez…


“ Tesoro! Santo cielo, come stai figlia mia?”
“ Sto bene mamma!” la rassicura, ricambiando l’abbraccio, a cui si unisce anche il padre.
“ Per un attimo ho temuto il peggio! Stavamo proprio per partire, quando ci è arrivato l’avviso di quel tuo amico dottore e, dopo aver abbandonato l’aeroporto, ci siamo precipitati qui!” spiega il padre, tenendo forte la sua mano.
“ Per fortuna stai bene” continua a pronunciare la madre, con viso affranto. “ E tu come stai Kai?” aggiunge, accorgendosi, infine, della mia presenza.
“ Bene” mi limito a rispondere atono.
“ E il bambino??”.
Questa domanda, pronunciata dall’ansiosa e preoccupata voce della signora Hernandez, arriva diretta e penetrante alle mie orecchie. In un contesto normale, a seguito di un incidente e alla perdita di un bambino, essa sarebbe stata prevedibile e, altresì, lecita, quasi scontata. Ma in questo preciso contesto, in cui questa gravidanza, a quanto pare mai esistita  mai esistita, beh, risulta alquanto inaspettata e ci coglie impreparati, soprattutto per una Eva che, a giudicare dalla sua espressione, si è appena ricordata di essere stata incinta, o meglio di aver finto di esserlo.
Non so bene quanti secondi siano passati dalla formulazione di questa domanda, so solo che il silenzio, all’interno di questa stanza, regna sovrano e mentre gli occhi di Eva, timorosi, cercano di sostenere il mio sguardo serio su di lei, i suoi genitori restano lì, in attesa di una risposta.
“L’ha perso” esordisco, cercando di usare un tono di voce fermo e deciso, rivolgendomi ai qui presenti suoceri, mentre sento su di me il peso dello sguardo di Eva.
“ Mio dio, è terribile!” esclama la madre, avvolgendo in un abbraccio la figlia, che per lo shock dovuto a causa delle mie parole, non riesce a ricambiare, quasi fosse diventata un pezzo di marmo.
“ Che tragedia” aggiunge il padre, prendendo la mano della figlia. “Ma questo non sarebbe successo se tu non avessi bevuto!” asserisce, in seguito, puntandomi  contro un dito minaccioso.
“ Papà!” interviene Eva, con tono ammonitore.
“Io non ero ubriaco” replico, fissandolo dritto negli occhi.
“ Ne sei sicuro?” sussegue a domandare con aria minacciosa.
“ Caro, ti prego. Non è il momento…” afferma la moglie, tirandolo a sé per farlo ragionare.
“ Già, non è il momento” ripete lui, cercando di calmarsi, ma continuando a fissarmi quasi volesse uccidermi. Non mi faccio di certo intimorire.
“Noi andiamo, Eva se hai bisogno chiamaci!”. Queste sono le ultime parole della madre, pronunciate proprio sulla soglia della porta, mentre tiene a braccetto il marito, troppo arrabbiato persino per salutare o rivolgere uno sguardo alla figlia. Qualche istante dopo la porta si chiude e all’interno di questa stanza rimaniamo solo io ed Eva.
Susseguono istanti di silenzio, durante i quali resto seduto a fissare un punto indefinito della stanza, mentre lei rende palese il suo nervosismo attraverso il contorcere delle sue dita.
“ Kai io…”.
 “ E’ quello che diremo a tutti” asserisco indignato, alzandomi e ignorando quanto stava per dire.
“ Kai io non…”.
“ Diremo che hai perso il bambino” aggiungo, interrompendola ancora una volta.
Non dice altro, forse perché troppo sconvolta o sorpresa o probabilmente non sa nemmeno cosa dire. Senza ulteriori indugi, raggiungo la porta e vado via, senza guardarmi indietro.
Se prima avevo fretta di sapere la verità, adesso non ce l’ho più. È meglio aspettare, aspettare che lei ritorni lucida e ponderi bene la situazione prima di darmi una spiegazione.
Nel frattempo diremo agli altri che il bambino non ce l’ha fatta.
Non voglio impiccioni e curiosoni.
Voglio solo capire perché mi ha mentito, se questa gravidanza è mai esistita.
La verità è che non so più cosa pensare.









***










Sono seduto al bancone della caffetteria a gustare il mio caffè, preparatomi con tanto odio da Dana, quando ad un tratto i miei occhi riescono a scorgere tra le tendine della cucina una piccola figura.
“ Un momento, ma quella non è Hope?”.
“ Sì e allora?” risponde seccata Dana, mentre versa il succo d’arancia nei bicchieri.
“ Dov’è Anya?” domando ancora, mentre raggiungo la cucina.
“ Hey hey, dove vai?” chiede, parandosi di fronte a me impedendomi di entrare.
“ Andiamo, mi conosce! Ciao Hope!!” la saluto, per richiamare la sua attenzione.
“ Ciao Bosir!” risponde la piccola, mentre colora sul pavimento.
“ Visto?!” le faccio notare, facendo una smorfia.
Guardandomi sospettosa, si scosta, facendomi entrare, non prima di raccomandarmi con tono duro “non farla piangere!”.
“ Tzè, ma ti pare! I bambini mi adorano!” dico urlando dall’interno della cucina, mentre mi siedo accanto alla piccola che senza darmi retta, continua a disegnare. “ Che cosa stai disegnando?”.
“ Una macchina” risponde con voce docile, mostrandomi orgogliosa il suo foglio.
Dopo alcuni secondi, decido di uscire di nuovo a importunare la cameriera più scontrosa del mondo.
“ E allora? Dov’è la mammina?” chiedo con aria sospetta.
“ Perché lo vuoi sapere?”.
“ Andiamo, Anya che lascia sua figlia a una sconosciuta!”. Dal modo in cui mi guarda, le mie parole devono averla offesa. Beh, in realtà qualunque cosa io dica la offende, dunque…
“ E’ uscita con Takumi” spiega evasiva, ignorando quanto ho appena detto.
Ah, dunque si chiama Takumi il famoso tizio conosciuto in chat.
“ Nuovi amori all’orizzonte per la mammina quindi!” commento sarcastico.
Sappiamo tutti che Anya la prenderà troppo sul serio e ci rimarrà male come sempre.
“ Ma quali amori…sta’ zitto!” conclude infine, andando a servire i clienti.

Chissà se Takumi sa che Anya ha una figlia…


















Salve a tutti! Eccomi ritornata, o per meglio dire, risorta dopo mesi XD

E’ stato difficile partorire questo capitolo, davvero davvero tanto. Quindi ho deciso di fermarmi qui e pubblicarlo. In realtà doveva essere più lungo e completo, ma alla fine ho optato per pubblicare, perché devo superare il blocco dello scrittore.
So che non succede niente di che, avrei preferito tornare con un capitolo col botto e scoppiettante. Diciamo che è un capitolo di transizione, dove si scorgono alcuni elementi.
Eravamo rimasti all’incidente, al risveglio di Kai e alla scoperta che Eva non aveva un bambino prima dell’incidente. E Kai, ansioso di scoprire la verità decide di farci penare (si, lui ha deciso…) e aspettare il momento migliore per farsi dare delle delucidazioni a riguardo.
Nel prossimo capitolo scopriremo se Eva ha detto effettivamente una bugia e perché l’ha detta.
Nel frattempo Anya continua ad uscire con Takumi. Ma questa storia, secondo voi, sa’ da fare? O per una volta ha ragione Boris?

Ringrazio tutti coloro che continuano a seguirmi e i nuovi recensori. Spero che questa lettura sia ancora di vostro gradimento
Baci baci

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Capitolo 44
*** Spiegazioni ***


Sono le otto del mattino ed ho appena iniziato il mio turno di lavoro comprando, come di consueto, il terribile caffè offerto dai distributori di questa struttura ospedaliera. Non sono mai stato un tipo abitudinario, come chi segue una rigida routine, fatta di momenti e gesti che reputa essenziali, per assicurarsi che la propria giornata vada sempre per il verso giusto.
Non lo sono mai stato, finché non sono nati i gemelli.
Da quel momento, bere il caffè appena arrivati a lavoro è divenuto un elemento fondamentale per far sì che non mi addormenti, durante tutto l’arco della giornata, mentre un paziente mi parla dei problemi fisici o psichici che lo affliggono.
Tenendo questo bicchiere in mano, mi incammino a percorrere il lungo corridoio che mi porterà nella stanza dove si trova ricoverato Kai, ma sospiro con fare rassegnato, al vedere che, per l’ennesima volta, lui non si trova lì su quel letto.
È sempre il solito vagabondo!
Richiudo la porta e riprendo il mio cammino per raggiugere, stavolta, la stanza che ospita Eva. E di nuovo busso, aspettando una risposta che mi dia il via libera per entrare.
“ Avanti”.
Una volta dentro, quella che vedo è la delusione sul volto di chi, probabilmente, si aspettava l’arrivo di un'altra persona.
“ Buongiorno” saluto, accennando un sorriso, che lei non ricambia affatto. “ Ti senti meglio?” domando, poi, nel vano tentativo di iniziare un discorso.
“ Più o meno” si limita a dire, con un tono che vuole lasciar intendere altro.
Probabilmente ha capito che io sono a conoscenza del loro segreto.  In fondo, avendo in mano le loro cartelle cliniche, è facilmente intuibile.
Dal momento che il mio tentativo di iniziare una conversazione con lei si è rivelato fallimentare, decido di lasciarla sola e andare via.
“ Yuri”.
Ma prima che io possa uscire, sento pronunciare il mio nome e decido di voltarmi, invitandola con lo sguardo a parlare.
“ Kai si è già svegliato?”.
A questa domanda rimango interdetto per qualche secondo, lì, sulla soglia della porta, mentre i miei occhi vengono attirati dal continuo torturarsi delle sue dita.
“ Non ancora…” rispondo, infine, mentendole.
Mi chiudo la porta alle spalle e rimango li in piedi a rimescolare, in un gesto automatico, il caffè ormai freddo.
Mi chiedo se Hiwatari saprà gestire questa situazione.
E perso in questi pensieri, ingurgito in un sol sorso la terribile bevanda dal retrogusto amaro e, un volta buttato il bicchiere, mi avvio alla ricerca del paziente disperso.


***



Mi sono svegliato presto stamane. Beh, in realtà non ho quasi chiuso occhio, avrò dormito, più o meno, un’oretta. Non riesco a dormire in questo posto e non vedo l’ora di andare via, spero il più presto possibile.
“ Non dovresti stare qui”.
Una voce a me nota, mi costringe a girarmi nella direzione interessata per vedere il volto di chi osa rimproverarmi e fargli capire che non me ne frega niente delle sue regole.
In tutta risposta, il dottorino abbassa la testa, in segno di arresa e avanza lentamente, per raggiungermi alla fine del terrazzo.
“ Sei passato a vedere Eva?” domanda in tono investigativo.
“ Quando ci dimetteranno?” chiedo a mia volta, cambiando argomento.
“ Rispondi alla mia domanda”.
“ Perché? sai già la risposta” replico, fissandolo sottecchi.
Il rosso si lascia scappare una smorfia, un sorriso stizzito, come di chi è stato preso in flagrante.
“ Kai, mi preoccupa il fatto di come affronterai questa situazione” confessa infine, poggiandosi di peso sulla ringhiera del balcone.
“ Perché ti preoccupa così tanto?”, chiedo con un tono che non prende molto sul serio la questione.
“ Perché ti conosco…” si limita a dire, fissandomi investigativo.
In tutta risposta mi metto a sbuffare, decidendo di voltarmi anch’io come lui, con la schiena poggiata sul balcone, dando le spalle al panorama.
“ Secondo te non ci penso giorno e notte?” rivelo, trattenendo il più possibile un tono di esasperazione. “ Perché diamine mi ha mentito?”.
“ Non ne ho idea…” rivela scuotendo lievemente la testa, “ Ma posso darti un consiglio?”.
A questa domanda, il mio sguardo gli impone di tacere.
“ Qualunque sia la motivazione che l’ha spinta a fare ciò…”.
Cosa che lui non recepisce, o ignora, evidentemente.
“ … ti consiglio di non prendere decisioni affrettate o di reagire in modo troppo impulsivo”.
“ Che diamine significa?” esordisco, non capendo dove voglia arrivare.
“ Voglio solo dire… che in un matrimonio ci vuole comprensione reciproca” spiega, calcando in modo strano l’ultima parola e lasciandomi perplesso a tal punto che, ormai seccato dai suoi discorsi, decido di andare via.
“ Infatti voglio comprendere il motivo di dover fingere una gravidanza” aggiungo infine, accingendomi a rientrare e sentendo su di me il peso dell’espressione contrariata di Yuri.





***




Un taxi ci sta conducendo a casa. Kai è seduto accanto a me e osserva immobile oltre il finestrino, non degnandomi di uno sguardo o una parola per tutta la durata  del tragitto.
Ci hanno dimesso dall’ospedale stamattina e dovrei essere sollevata per questo, lo so, ma la verità è che pur di non affrontare Kai, avrei preferito soggiornare ancora qualche giorno in quell’orrendo posto.
L’auto si ferma e Kai, dopo avere lasciato i soldi al tassista, apre la portiera per uscire, richiudendola con forza. O forse l’ha chiusa normalmente come sempre, e sono solo io a pensare che sia stata chiusa con rabbia, viste le circostanze. Prendo un profondo respiro e mi decido anch’io ad uscire dal taxi, portando con me la borsa, mentre Kai tira fuori dal portabagagli un borsone con le nostre cose.
Ecco che richiude il cofano posteriore con forza e mi passa davanti per aprire il cancello, ignorandomi, quasi fossi invisibile. Passano alcuni secondi e ci troviamo già a casa, accolti da Reina che subito si presta a togliere dalle mani di Kai i bagagli.
“ Bentornati! Spero stiate bene!”.
Kai la ignora completamente e svuota le tasche dalla sua roba, mentre io mi limito ad accennare un sorriso e invitarla con lo sguardo ad andare a proseguire il suo lavoro.
Anch’io poggio il cellulare e altre cose su un tavolino, osservando ogni movimento di Kai. Sembra quasi che stia girovagando per la casa, fingendosi indaffarato per evitare ogni contatto con la sottoscritta.
Poi, un suo sconsiderato gesto mi costringe a rivolgergli per prima la parola.
“ Non dovresti bere, stai prendendo gli antidolorifici!” gli ricordo, per fermarlo prima che porti il bicchiere alla bocca.
Alle mie parole, si blocca all’istante, quasi come se non si aspettasse questa mossa da parte mia. Lo vedo stringere il bicchiere, indurire la mascella ed esitare qualche istante prima di riporre quel bicchiere sul tavolino ed espirare sonoramente.
“ Bene, allora dovrò ascoltare tutto da sobrio…” esordisce, parlando più a se stesso che a me.
A queste parole mi irrigidisco, intuendo il fatto che voglia intraprendere quella conversazione proprio adesso.
“ Avanti, sono tutto orecchi” mi incoraggia, parandosi di fronte a me con l’aria di chi, in realtà, non vorrebbe essere qui ed affrontare tutto questo. Come biasimarlo. Io stessa non mi sento preparata. In tutto questo tempo passato a far niente su quel letto d’ospedale, non ho neanche pensato a un discorso da fare e, sinceramente, non pensavo potesse avvenire proprio adesso, appena tornati a casa e con addosso ancora l’odore di alcool etilico tipico da ospedale.
“ Niente da dire?”.
“ Kai io…”. Mi blocco, non sapendo cosa dire, mentre i suoi occhi si chiudono ancora una volta rendendo esplicita la sua poca pazienza.
“ Ok, ho capito. Non dobbiamo parlarne per forza adesso” rivela infine, abbandonando la sua rigida posizione. “ Ti congedo del tempo per riflettere” aggiunge poi, tornando in corridoio e rimettendo in tasca portafogli e cellulare, sotto il mio sguardo confuso. “Quindi pensa ad una spiegazione” sussegue a proferire, indossando la giacca “ e fa che sia il più convincente possibile” conclude infine, aprendo la porta.
“ Ma dove vai?” chiedo preoccupata.
Ma non ricevo nessuna risposta, la porta si è chiusa ancora prima che potessi concludere la frase.
Lascio cadere le braccia lungo i fianchi espirando sonoramente e poggiando la schiena sullo stipite della porta.
Ho bisogno di un bagno caldo e di meditare a lungo, prima che torni.





***




“ Sei pronto a vederla?”.
“ E’ messa così male?”.
“ Giudica tu stesso”.
Con un gesto repentino, Boris toglie via un enorme lenzuolo per scoprire quello che c’è sotto.
“ Cazzo…” emetto in un sussurro, alla vista della mia auto, o almeno di quello che ne resta.
“ Te l’avevo detto, la piccola non è messa bene. Secondo me faresti prima a comprarne una nuova”.
“ Ma era nuova…” aggiungo rassegnato, avvicinandomi a quel, ormai, rottame, per toccarne e le ammaccature e guardare gli interni pieni di pezzi di vetro frantumati.
“ Ve la siete vista brutta, eh?” commenta Boris.
“ Già…” rispondo, perso nei miei pensieri, rivivendo nella mia memoria quel poco che ricordo dell’incidente.
“ Ad ogni modo, ti serve un’auto nuova o, per il momento vuoi usare quella di Eva? ma mi sembra che ci siano un po’ troppi accessori femminili lì dentro” commenta ironico, osservando l’auto parcheggiata fuori. “ Ti va una birra?” propone infine, per sdrammatizzare.
Mi piacerebbe, ma…
“ Non posso, sto prendendo gli antidolorifici” rivelo seccato.
“ Wow, Yuri deve averti traumatizzato sul serio…va bene, allora un caffè?”.
Mi sembra una valida alternativa.
Solo che non pensavo mi portasse nella caffetteria dove lavora Sarizawa.
***



“ Kai…” esordisco sorpresa nel vedere arrivare Boris insieme ad Hiwatari. “ Non sapevo ti avessero dimesso”.
“ In realtà è scappato” interviene Boris, con la sua dose di sano umorismo, prendendosi un’occhiataccia dall’altro.
Si siede al bancone e rimane in silenzio, ad osservare un punto fisso dello spazio. Mentre preparo i due caffè, provo ad incrociare lo sguardo di Boris per cercare di comunicare telepaticamente con lui. All’inizio mi fissa stranito e confuso, poi decido di aiutarmi col labiale, muovendo la bocca in modo da formare la parola –bambino-, stando attenta a non attirare l’attenzione di Kai, che ,per fortuna, è perso in chissà quali pensieri.
Ma niente, continua a fissarmi con faccia da ebete, non capendo minimamente il filo del mio discorso, se così possiamo definirlo.
E ci riprovo ancora una volta, ma mi rendo conto in tempo che Kai si è voltato a fissarci in modo sospetto e perciò, faccio finta di niente e verso il caffè nelle tazzine.
Cavolo Boris, non capisci niente!
“ Ecco a voi” dico gentilmente, porgendo le rispettive tazzine, sotto lo sguardo ancora confuso di Boris e quello, come sempre, impassibile di Hiwatari.
Non mi ha ancora chiesto di Hope, non dovrebbe volerla vedere dopo tutto questo tempo?
Il silenzio regna sovrano tra i tre, finché Boris non decide di romperlo in maniera inopportuna.
“ Allora com’è andata con Takumi?” domanda con fare ammiccante, attirando l’attenzione di Hiwatari, che, con occhi investigativi nella nostra direzione, sorseggia il suo caffè.
Sgrano gli occhi e digrigno i denti, cercando ancora una volta di comunicare telepaticamente e forse anche stupidamente con Boris, di stare zitto.
E poi come fa a sapere che si chiama Takumi??
Con mia sorpresa, riesce, stavolta a recepire il mio messaggio e facendo una smorfia contrariata, torna a bere il suo caffè, mentre Kai osserva confuso i qui presenti.
Dopo una manciata di minuti, Kai sposta la tazzina ormai vuota e si alza, salutando con un cenno.
“ Prendo io Hope, te la riporto più tardi” avvisa prima di andare via.
Bene, almeno si ricorda di avere una figlia. Non devo rimproverargli niente, fantastico!
A proposito di rimproveri. Con un abile gesto, do un colpo di panno sulla testa di Boris che, colto di sorpresa, grida un sonoro e contrariato“ Ahia, ma che ho fatto?!”.
“ Non capisci un cavolo!” lamento, adirata.
“ Ma cosa dovevo capire? Facevi delle smorfie strane, pensavo ti fosse venuto un tic all’occhio” si giustifica imbronciato.
“ Ma quale tic all’occhio! Ti stavo chiedendo del bambino, se sai qualcosa? Non sapevo se fargli questa domanda inopportuna o meno!”.
“ Oh si certo, come ho fatto a non capirlo!” esclama ironico, prendendomi probabilmente per pazza.
“ Non sai leggere il labiale?”.
“ Oh sì che so leggerlo, ma di solito le ragazze lo usano con altre intenzioni” spiega, assumendo un sorriso compiaciuto, che gli faccio passare subito con l’ennesimo colpo di panno, stavolta dritto in faccia.
“ Non si può parlare mai seriamente con te” lamento rassegnata.
“ Io ho smesso di dargli retta molto tempo fa…” aggiunge Dana, passando velocemente dal bancone ai tavoli.
Beh, hai fatto bene.




Più tardi, verso ora di cena…
“Ma che fine hanno fatto…” mormoro preoccupata tra me e me, notando che sono quasi le nove di sera e di Kai ed Hope non vi è nessuna traccia. Ma proprio nel momento in cui decido di chiamarlo, suonano alla porta.
Forse è lui.
E ne ho la conferma una volta aperta la porta, ritrovandomi di fronte Kai e mia figlia con un enorme peluche in mano.
“ Avete fatto shopping, vedo” commento con una nota di sarcasmo, mentre lui mette a terra Hope, che mi fa vedere tutta contenta il suo acquisto.
“ Guarda mamma, Kai mi ha comprato questo pony”.
“ Hai detto grazie?” chiedo, sistemandole dei ciuffi ribelli che le cadono davanti agli occhi.
“ Si si!” esclama annuendo con energia.
Alzo gli occhi, per incontrar quelli di Kai e assicurarmi della veridicità delle sue parole.
“ Confermo” rassicura lui, seccato da tutti questi formalismi.
“ Bene, vai a lavare le manine, la cena è pronta!”. Eccola che corre via col suo grosso peluche in mano, seguita dagli sguardi dei qui presenti, che probabilmente si sentono troppo a disagio per avviare una conversazione tra di loro. E infatti, Hiwatari, con un cenno del capo, fa intuire che sta per andare via, ma proprio nel momento in cui mi volta le spalle, mi viene in mente una cosa che avevo dimenticato.
“ Hiwatari, aspetta!” esclamo, svanendo per qualche istante in cucina e ritornando subito dopo con una lettera in mano, che invito a prendere.
“ Cos’è?” domanda confuso.
“ Sono stata al vecchio asilo di Hope e mi hanno dato questa busta contenente una foto che ti hanno scattato insieme a Hope il giorno della festa del papà, non so se ricordi…”.
Continua a fissarmi con l’aria di chi non ha la minima idea di ciò che sto dicendo. Tuttavia, seppur con qualche attimo di incertezza, prende la busta e senza tanti formalismi va via.
“ Va bene…” si limita a dire prima di svanire.
So che le parole non sono il suo forte, ma un semplice grazie non richiede tanto sforzo.
È sempre il solito.


***



Parcheggio l’auto nel vialetto del giardino e mi avvio ad entrare in casa e proprio nel momento in cui apro la porta il mio corpo si irrigidisce, in quanto la mia mente viene assalita dall’angoscia di dover, eventualmente, affrontare Eva.
Sono le 22.30 e non credo stia già dormendo. Dopo aver respirato profondamente, mi decido ad entrare e con mia gran sorpresa, non trovo nessuno al piano di sotto, nemmeno Reina. Appendo la giacca e mi accingo a salire le scale, non prima di aver buttato un occhio all’angolo dei liquori, a cui ahimè, non posso attingere per il momento.
Salgo uno ad uno i gradini, di questa scala che non mi è mai sembrata così breve. Infatti mi ritrovo già davanti la porta della camera da letto, in cui suppongo, troverò Eva sdraiata sul letto ad aspettarmi.
Ed è proprio così. Una volta entrato non rivolgo lo sguardo verso di lei, ma mi avvio con passi decisi al mio armadio, sentendo su di me lo sguardo fisso di Eva.
“ Ti aspettavo per cena” le sento dire con voce calma ma che non nasconde un certo timore.
“ Ho cenato fuori” mi limito a dire, dandole le spalle.
Seguono secondi di silenzio, durante i quali attendo la sua prima mossa.
“ Kai…” inzia a dire con tono flebile “penso dovremmo parlare”.
E per fortuna non tarda ad arrivare.
Alzo gli occhi e fisso dritto dinanzi a me, preparandomi psicologicamente a quello che potrebbe succedere negli istanti che seguono. Poi mi volto, lentamente, guardandola finalmente in volto.
Muovo la testa, annuendo lievemente, mentre mi ripeto in mente, -ok, iniziamo-.
Mi siedo sulla poltrona ai piedi del letto assumendo l’atteggiamento di chi sta per dare al suo interlocutore tutta l’attenzione possibile.
“ Avanti, ti ascolto” la incoraggio, cercando di non intimorirla troppo.
Lei deglutisce e volta per un attimo lo sguardo altrove, come chi non sa cosa dire e come dirlo.
I miei occhi severi, invece, osservano ogni movimento delle sue labbra ancora sigillate. Possibile che non sappia ancora cosa dire?
“ Kai…mi dispiace”.
“ Non è quello che volevo sentirmi dire” intervengo prontamente, utilizzando un tono che non ammette ulteriori errori o improvvisazioni.
“ Non è facile, Kai” spiega, facendosi divenire gli occhi lucidi, ma non mi farò impietosire, mi dispiace.
“ Allora sarò diretto” chiarisco, sollevando la schiena dalla sedia, per sporgermi più avanti. “ Sei mai stata incinta?”. La mia domanda arriva diretta e schietta e, in quanto tale, esige una risposta precisa.
“ Ascoltami Kai..” dice, alzandosi dal letto, “ ti spiego tutto, ok? Ma tu promettimi di stare calmo” mi implora giungendo le mani.
Hai tutta la mia attenzione, Hernandez.
“ Ecco, io ero andata a fare delle visite di routine in ospedale…” inizia a raccontare facendo avanti e indietro per la stanza, mentre i miei occhi seguono ogni movimento e le orecchie captano ogni parola fuoriuscire da quelle labbra tremolanti. “E lì ho scoperto di essere incinta e infatti te l’ho detto subito, anche se avevo paura di come avresti reagito. Non sapevo come l’avresti presa visti i discorsi che abbiamo fatto in passato sull’avere figli…”. Ad ogni frase, la sua voce fa fatica ad uscire, come se stesse trattenendo un grosso magone. Non l’ho mai sentita così. “Poi ho visto che l’hai presa bene, dopotutto! Ho pensato WOW!” esclama a gran voce, aprendo le braccia in un segno di stupore “Kai Hiwatari sembra averla presa bene”.
Ma perché si sta dilungando nei dettagli?
“ Ero così sorpresa che quasi non ci credevo. Da quel giorno hai iniziato a chiedermi come stavo, come mi sentivo, a cercarmi, a rispondere con una certa rapidità ai miei messaggi. Insomma, per la prima volta ti stavi preoccupando per me!” asserisce, portandosi una mano al petto. “E piano piano hai iniziato a sorprendermi ancora di più, comprando la culla e dipingendo la stanza del bambino”. Si ferma al centro della stanza, deglutendo sonoramente e stringendo gli occhi, mentre una lacrima le scorre lungo il viso.
Tuttavia, niente di tutto ciò ha ancora smosso qualcosa dentro di me. Rimango ancora impassibile alle sue parole, in quanto non è questa la parte che realmente mi interessa.
“ Poi un giorno ho avuto…ho avuto delle perdite e mi sono spaventata. Tu non mi hai risposto alla chiamata e così sono corsa in ospedale e lì…”.
Finalmente sento qualcosa, una strana sensazione che ha origine alla bocca dello stomaco e si ferma all’altezza della gola. Serro la mascella, deglutendo dolorosamente, aspettando il proseguimento del suo racconto.
“ E lì… mi hanno detto che… ho avuto un aborto spontaneo”. Le lacrime che prima si sorreggevano sulle sue lunghe ciglia adesso sgorgano prepotentemente lungo le guance. E rimane lì in piedi con le braccia conserte, fissando diversi punti della stanza.
In un gesto disperato, porto le mani al viso, massaggiando prima gli occhi e poi la fronte, facendo fatica a credere a ciò che ho appena sentito.
“ Perché non me l’hai detto?” domando, alzandomi di scatto e parandomi di fronte a lei che indietreggia istintivamente di un passo.
“ Io volevo dirtelo!”.
“ Ah si? E quando?” domando ancora, aumentando il tono di voce.
La testa le sussulta per colpa dei singhiozzi causati dall’inarrestabile pianto e quasi non riesce a parlare.
“ Te lo giuro, io volevo dirtelo, ma…”.
“ Ma cosa?!”.
La rabbia mi porta a prenderla per le spalle e costringerla a parlare osservandomi dritto negli occhi.
“Kai, ti prego” implora piangente, liberandosi dalla presa.
“Perché non me lo hai detto?? Perché mi hai mentito??”. Adesso il volume della voce si è decisamente alzato. Mi sta facendo impazzire. Continua a piangere senza darmi risposte!
“ Perché non volevo che tu tornassi ad ignorarmi!!” sbotta improvvisamente urlandomi contro in modo isterico, come se si fosse liberato il mostro che teneva da tempo dentro di sé.
E rimango impietrito da questo atteggiamento e soprattutto dalla sua risposta.
“ Cosa vuoi dire?” chiedo, abbassando di molto i toni.
“Voglio dire che… temevo che non essendo più incinta, saresti tornato il solito Hiwatari per cui io non esisto!”. Questa frase è stata pronunciata dalle sue labbra calcando con rabbia ogni singola parola. “Ogni volta che volevo dirtelo, mi veniva in mente la culla, la stanza, le tue piccole attenzioni e temevo che sarebbe tutto finito. Ma dovevo dirtelo lo so! Stavo solo ingenuamente indugiando, ma sapevo che prima o poi avrei dovuto dirtelo…” conclude con un tono di voce ormai scarico, privo di rabbia, ma solo di pentimento. Poi si porta le mani in viso, per asciugarsi le lacrime, allontanandosi di qualche passo da me, che rimango qui a fissarla senza battere ciglio.
Quindi, è questa la motivazione?
Mi ha mentito per paura di perdere delle attenzioni da parte mia?
Ho capito bene?
Sono allibito e sconcertato.
Ha perso il bambino e piuttosto che dirmelo, ci ha costruito sopra un teatrino per avere delle attenzioni.
“ Quando hai perso il bambino?”. Questa domanda mi sorge spontanea. Non mi ha dato il tempo di pensarci, è uscita da sola dalle mie labbra.
Ecco che stringe la bocca, muovendo gli occhi a destra e sinistra, trattenendo i singhiozzi che non le permettono di parlare.
“ Due mesi…” dice in un fil di voce che non riesco neanche a percepire. E per tale motivo, mi trovo costretto e chiedere di ripetere una seconda volta, stavolta con aria più insospettita. Non è che non abbia capito, ma voglio assicurarmi di avere sentito bene.
“Come hai detto?”.
“ Due…mesi”.
Avevo capito bene. Due mesi. Questo vuol dire che…
“Cazzo!” esclamo adirato, colpendo con un pugno l’armadio, spaventandola. “ Due mesi? Tu mi hai mentito per due mesi?? Questo significa che tu hai perso il bambino prima della culla e prima della stupida stanza!” rivelo, puntandole un dito contro, sotto i suoi occhi colpevoli. “ Cazzo, Eva, mi hai preso per il culo per due mesi!”.
È assurdo.
“Non posso crederci. In teoria eri incinta di quattro mesi e quando mi hai detto del bambino era quasi di due, quindi lo hai perso quasi subito! Mi hai trattato come un idiota per tutto questo tempo? Hai usato la scusa del bambino per farmi andar a quegli stupidi party di gala del tuo ufficio, ti ho vista bere alcol la sera dell’incidente e mi sono detto –non può bere, è incinta- e invece ero solo un idiota che si stava preoccupando per niente!”. Adesso sono io a sfogare la mia rabbia su di lei. Non è più incinta quindi niente mi ferma nel farla sentire a pezzi.
“ Kai, mi dispiace…” torna a ripetere tra le lacrime, prendendomi un braccio per farmi calmare.
Ma non mi interessa più ormai, mi libero dalla presa e mi accingo ad uscire. Ne ho abbastanza per stasera.
“Come puoi non perdonarmi, quando io ti ho sempre perdonato tutto quello che mi hai fatto! Ti ricordo che hai una figlia frutto di un tradimento! Ti sei mai chiesto come io mi sia sentita?!”. Queste parole, pronunciate con rabbia e disprezzo, mi costringono ancora una volta a fermarmi, prendere un respiro e voltarmi in sua direzione, guardandola con freddezza.
“ Non osare giocarti ancora questa carta contro di me adesso, Hernandez” asserisco a denti stretti, per poi chiudere con forza la porta fino a far tremare le mura di casa.
Ho bisogno di cambiare aria stasera.































Eccomi qui, dopo settimane o mesi ( non ricordo neanche l’ultima volta che ho aggiornato).
Oggi mi sentivo particolarmente ispirata ed ho deciso di fermare il capitolo in questo punto e pubblicare.
E tadààà!
Ecco svelato il mistero del bambino.
Non so bene come sia riuscita questa parte, ho cercato di esprimere i sentimenti di Kai e di Eva nel migliore dei modi, nonostante il caldo che mi fa passare la voglia di vivere  XD
Ho messo un punto proprio nel momento in cui Kai va via, perché sono malvagia, lo sapete, ma anche per non farlo stressare troppo, insomma, ha già sostenuto una conversazione che ha superato le due parole, e per gli standard di Hiwatari, questo è un traguardo importante (*musica del Guinness World record* appare il tizio che affianca Gerry Scotti nel programma, con il cronometro ed una medaglia). Ok, fine del delirio.
Scherzi a parte, cosa ne pensate?
Spero vi sia piaciuto e di sentire i vostri commenti al riguardo.
Vi ringrazio come sempre per le vostre recensioni e ringrazio tutti coloro che mi seguono.

Prima di chiudere ( ancora??) vi lascio il link del video che mi ha fatto entrare nel mood giusto per scrivere questo capitolo.

https://youtu.be/n4e65OLCZWw

(Premetto che adoro Klaus e il suo accento molto british XD)

Ok, ho finito u.u

Un bacione (con la mascherina, tranquilli XD)

Alla prossima

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Capitolo 45
*** Le cose che non vorresti scoprire ***
















Sto quasi per svegliarmi e, anche se i miei occhi sono ancora ben sigillati, le mie orecchie iniziano a captare una serie di suoni e rumori provenienti dalla finestra, che probabilmente avrò lasciato aperta. A costringermi a sollevare le pesanti palpebre è, però, un altro rumore e così decido di sollevarmi pian piano, cercando di mettere gli occhi a fuoco, che nella penombra, scorgono una figura a me nota.
“ Kai…” sussurro con voce impastata dal sonno, provando ad alzarmi. “ Ma dove sei stato tutta la notte?” chiedo, osservandolo mentre si veste.
Tuttavia, la sua risposta è il silenzio.
Dopo avermi urlato contro e sbattuto la porta non è più tornato. Sono rimasta qui sul nostro letto a piangere e rimuginare su quanto ci siam detti durante la lite, per infine addormentarmi tra le lacrime che rigavano il volto.
Sotto il mio sguardo ancora confuso e assonnato, Kai si avvia ad uscire, passando davanti a questo letto  come se fosse vuoto.
“ Hai intenzione di ignorarmi?”. Ma non mi faccio intimorire. Mi alzo ed esco anch’io dalla stanza, urlandogli queste parole contro, nella speranza che lo costringano a fermarsi.
 “ Ho fretta” asserisce con freddezza.
“ E’ tutto quello che hai da dire?” lamento esasperata.
La notte scorsa abbiamo litigato, è sparito nel nulla, adesso ritorna e tutto quello che ha da dirmi è che ha fretta?
Inizia a scendere uno ad uno i gradini, lasciando il discorso sospeso in aria, ma soprattutto lasciando me, qui, come una stupida ad attendere una risposta che non arriverà mai.
Ecco. Ci risiamo.
Kai Hiwatari è tornato.
Freddo, impassibile, indifferente, egoista, altezzoso.
E questo cambiamento è avvenuto in ben una sola notte.
Una stupida bugia, di cui mi pento amaramente, è bastata a riportarlo alle impostazioni originali di fabbrica.
Ma stavolta non sarò indifferente alla sua indifferenza, così decido di affrontarlo e scendo velocemente le scale, seguendolo fino alla porta d’ingresso, superandolo e parandomi di fronte ad essa per impedirgli di uscire.
“ Eva, togliti” ordina, osservandomi per un millisecondo dritto negli occhi, per poi, vista la mia ostinatezza, chiuderli con impazienza.
“ Dobbiamo parlare”.
“ Abbiamo già parlato” risponde prontamente.
“ Sì, ma adesso dobbiamo risolvere la questione” puntualizzo severamente e in tutta risposta ricevo una risata di sfottimento.
“ tzs! Risolvere?” mormora tra sé e sé, con aria stizzita.
“ Dico sul serio” ribatto duramente.
“ E sentiamo…” inizia a dire a gran voce, abbandonando la sua posizione e dirigendosi in salotto,
“ Come vorresti risolvere?” sussegue a dire, incrociando le braccia al petto  e fissandomi con ostilità.
Dal canto mio, mi ritrovo ancora una volta impreparata e con addosso il peso dei suoi occhi che mi incitano, o meglio, obbligano, a dare una risposta prima che lui perda nuovamente la pazienza e vada via.
“ Io voglio sistemare le cose, Kai…” esordisco, usando stavolta un tono di voce che vuole essere pacifico, senza odio od ostilità. Voglio veramente sistemare le cose. “ Mi dispiace di averti mentito, non avrei dovuto farlo!” spiego, portandomi una mano al petto, in segno di pentimento ed avvicinandomi con cautela a lui, per trovare un miglior contatto visivo “Hai tutte le ragioni per essere arrabbiato! Ma…”. Deglutisco sonoramente, consapevole del fatto che ciò che sto per dire lo manderà su tutte le furie ancora una volta. Ma non m’importa, devo dirlo. “ Ma…anche tu in passato hai sbagliato…”. La mia mano non fa in tempo a toccare il suo braccio, poiché a queste parole, come avevo previsto, si allontana furiosamente.
“ Ti ho detto che non devi menzionare questa storia per pararti il culo!” sbotta, serrando i pugni.
“ E invece è proprio questo quello di cui voglio parlare!” ribatto duramente, puntando un dito minaccioso. “ Perché io ti ho perdonato, ma tu non puoi perdonare me?”.
“ Perché è diverso!”.
Diverso?
“ No Kai, non è diverso! Quello che mi hai fatto tu in tutti questi anni è dieci volte peggiore di una stupida bugia!”.
“ Stupida bugia?” ripete incredulo, con aria stizzita. “Eva, tu hai finto una gravidanza!” mi ricorda con tono rabbioso, puntandomi un dito, così vicino da costringermi a indietreggiare.
“ Va bene, ho esagerato!” ammetto, infine. “ Ma era l’unico modo per avere delle attenzioni da parte tua!” gli ricordo, invece io, e forse anche ingenuamente.
“ E così decidi di mentirmi spudoratamente? Cosa avresti fatto tra nove mesi? Ti saresti messa un cuscino sotto la maglia e poi saresti tornata a casa con un bambino adottato chissà dove?”.
“ Ma cosa stai vaneggiando?” urlo, innervosita dalle sue parole prive di senso.
“ Non sto vaneggiando! E’ quello che continuo a chiedermi? Se non ci fosse stato l’incidente, fin dove saresti arrivata? Perché ti conosco e so che tu, in queste situazioni, non hai limiti. Fai di tutto pur di avere ciò che vuoi”.
“ Perché, tu no? Non era il tuo motto di anni fa? Com’era? Ah sì, Kai Hiwatari ottiene sempre ciò che vuole, non era così?” ribatto duramente, con aria di sfida.
Kai assottiglia gli occhi, osservandomi minaccioso. Poi, fa qualche passo avanti, parandosi di fronte a me.
“ Forse è questo il problema…” proferisce con voce calma ma piena di risentimento, “ siamo troppo simili” sentenzia infine, penetrandomi intensamente con lo sguardo. E a queste parole, deglutisco dolorosamente, cercando di sostenere la forza del suo sguardo. Infine abbasso gli occhi, rendendogli noto che la conversazione per il momento è finita, anzi sospesa, probabilmente fino alla prossima volta in cui ci vedremo e ce le diremo di santa ragione, ancora una volta.
Rimane qualche secondo fermo nella sua posizione, poi decide di andare via e chiudere di nuovo con forza la porta dietro di sé.
Istintivamente porto le mani tra i capelli, sbuffando sonoramente ed iniziando a vagare per la stanza senza un motivo ben preciso.
Siamo sempre stati molto simili ed è proprio questo che ci ha sempre tenuti uniti.







***








“ Come fai a badare a due bambini?” domando alla mia amica, facendo delle smorfie buffe al neonato che tengo in braccio. “ Sono così teneri” esclamo sognante, spostando lo sguardo verso il maschietto, che Hilary sta allattando al biberon.
“ Bella domanda” si limita a rispondere con aria stanca, lanciando un’occhiata complice al marito seduto al tavolo con noi, ma intento a lavorare al pc e circondato da libri che sembrano mattoni.
“ Diciamo che dormire è diventato ormai un lusso, specialmente quando il dottorino lavora in ospedale di notte” spiega, con tono pungente rivolto al marito che continua a far finta di ignorarla.
“ Ad ogni modo… sopravvivo. E poi per fortuna mia madre, quando può, viene a darmi una mano!”.
“ Mi sembra giusto! E a proposito di bambini, voi avete notizie riguardo a Eva?”.




***




Stamattina sono a casa,  e per un improvviso cambio di turno, mi ritroverò a lavorare stanotte, per l’immensa felicità della mia consorte. Quindi, ne approfitto per dedicarmi allo studio per gli esami della specializzazione, perché tra bambini e lavoro, non ho mai tempo, ultimamente. Insieme a me, in cucina, si trovano a chiacchierare Anya e Hilary e non bado molto a ciò che dicono. Ogni tanto arrivano alle orecchie delle frecciatine da parte di mia moglie, ma tutto sommato questo chiacchiericcio di sottofondo non mi distrae dal mio studio. Almeno fino a che non ho sentito nominare Eva, il che mi ha costretto ad assottigliare l’udito perché so che, da un momento all’altro, interpelleranno il sottoscritto. Me lo sento.
Ma finché non si rivolgeranno direttamente a me con una domanda ben specifica, continuerò a far finta di niente e proseguire a tener fissi gli occhi sul mio portatile.
“ A dire la verità non so molto, so che sono stati dimessi dall’ospedale e che tutto sommato stanno bene!” sento dire ad Hilary.
“ Ho capito… e riguardo al bambino?” chiede, ancora una volta Anya.
“ Beh, questo dovremmo chiederlo a Yuri…”.
Ecco, sono stato nominato.
“ Tu sai qualcosa?” sussegue a domandare mia moglie.
Dal canto mio, sposto lentamente gli occhi in loro direzione e invito le qui presenti a ripetere la domanda, fingendo di cadere dal mondo dei sogni.
“ Hai notizie della gravidanza?”, ripete.
Benissimo. La tanto attesa domanda è arrivata e per fortuna mi trovo preparato a rispondere.
“ Purtroppo… l’hanno perso” mi limito a dire dispiaciuto, provocando, con le mie parole, lo sgomento nelle mie interlocutrici.
“ Santo cielo” esclama Anya, profondamente toccata dalla notizia, imitata da Hilary che sembra vagare lo sguardo nel vuoto.
“ Deve essere stato un duro colpo anche per delle persone come loro” commenta la neomamma, rivolgendosi all’amica, ancora fortemente turbata.
Mi dispiace mentire, soprattutto ad Hilary, ma ho riferito ciò che mi è stato indicato di dire. Hiwatari è stato chiaro e, se poi consideriamo il fatto che sono un medico, più che una bugia, possiamo definirlo un segreto professionale. Quindi, tecnicamente, non sto mentendo, sto solo preservando la privacy dei miei pazienti.
Consolato da questa constatazione e resomi conto che quelle due sono tornate a parlare tra di loro, probabilmente riguardo alla notizia appena appresa, ritorno a studiare, anche se in questo momento vorrei soltanto dormire su questi libri.








***







Sono appena arrivata a scuola e sto aspettando con impazienza Kai. Perché ho come l’impressione che non si presenterà? Tra poco inizia l’ennesimo stupido incontro con psicologi e insegnanti e, posso capire che non si era presentato la settimana scorsa perché era in ospedale, ma oggi? Gli ho mandato un messaggio ricordandogli dell’appuntamento, nel caso lo avesse dimenticato, ma non l’ha visualizzato, né ha risposto.
E poi, dopo aver appreso stamattina la tragica notizia, beh, mi sento un po’ strana. Mi dispiace un sacco, perché perdere un bambino deve essere un duro colpo, soprattutto in seguito ad un incidente, e il problema è che non so come comportarmi nei suoi confronti. Dovrei dirgli qualche frase di circostanza come – mi dispiace- o –vi sono vicina-,  ma queste frasi andrebbero bene per chiunque, non per un tipo come Hiwatari che, so già, se ne uscirebbe con una delle sue frasi sprezzanti, anche in circostanze tragiche come queste.
Ecco, gli altri genitori stanno già per entrare in aula e di Hiwatari neanche l’ombra. I miei occhi sono puntati laggiù, alla fine del corridoio, nella speranza che appaia da un momento all’altro. Così decido di farmi coraggio e inviargli una serie di messaggi che sicuramente ignorerà.
“ Sono qui” si limita a dire atono, apparendo come dal nulla, ma non ho il tempo di aprire bocca perché, passato di striscio è subito entrato, lasciandomi qui a portare gli occhi al cielo e prendere un profondo respiro prima di raggiungerlo in aula.







L’incontro è iniziato già da un quarto d’ora e, a parte qualche genitore un po’ troppo esuberante, nessuno interviene a fare domande o nei dibattiti su come sia meglio educare i propri figli.
Accanto a me, Kai se ne sta tutto il tempo a scorrere il dito sullo schermo del cellulare, senza alzare gli occhi neanche per sbaglio.
“ Potresti almeno fare finta di ascoltare” bisbiglio, cercando di vedere con la coda dell’occhio cosa ci sia di interessante in quel cellulare.
“ Cioè, come stai facendo tu?” replica sarcastico, staccando solo per un millisecondo gli occhi dall’oggetto d’interesse, giusto il tempo di lanciarmi uno dei suoi sguardi di sufficienza che tanto odio.
Almeno io mi sto sforzando. Cosa ci viene a fare allora? Beh, in realtà è già un miracolo che si sia presentato. Non me l’aspettavo visto quello che ha passato e che, probabilmente, sta passando.
Mi soffermo ancora una volta a osservarlo, con la coda dell’occhio, e mi rendo conto che non sembra turbato o triste, insomma, mi sembra lo stesso Kai di sempre, impassibile. Inoltre, non posso fare a meno di notare che il suo dito sta scorrendo su una serie di foto di soggetti femminili.
Non capisco.
Perché guarda foto di ragazze?
Gli uomini non cambiano mai.
Un suo improvviso movimento, però, mi costringe a distogliere lo sguardo altrove e fare finta di seguire la conferenza, mentre lui, finalmente, rimette il cellulare in tasca e si posiziona in modo più rilassato sulla sedia, muovendo nervosamente la mano sul banco.
Improvvisamente, lo schermo del mio telefono si illumina ed emette una vibrazione che fa tremare il banchetto al quale siamo seduti. Istintivamente porto gli occhi sull’oggetto e non appena mi accorgo che si tratta dell’arrivo di un messaggio di Takumi, mi appresto a spegnere il display. Tutto ciò non è passato inosservato agli occhi di Kai, che ha subito puntato gli occhi sul cellulare e poi su di me, insospettito dalla mia reazione.
Un messaggio di Takumi? Mio dio, cosa vuole? Beh, leggerò il messaggio più tardi, lontano da occhi indiscreti.






Più tardi, quando l’incontro finalmente giunge al termine, mi appresto a raggiungere Hope per portarla a casa e mentre la piccola raccoglie le sue cose nello zainetto, decido di leggere il messaggio di Takumi.

-    Stasera sei libera?-

Cavolo. No che non sono libera.

-    Mmh veramente no-

Rispondo al messaggio, senza ulteriori esitazioni.

Ma il messaggio non viene letto subito, così decido di mettere via il cellulare e controllare se Hope è pronta per andare via.
“ Saluta la maestra!” le dico, invitandola ad agitare la manina e, una volta usciti dalla classe, raggiungiamo Hiwatari in auto, che dopo avere allacciato le cinture di sicurezza, mette in moto e ci riporta a casa.

Durante il tragitto, penso e ripenso a cosa potrei dire a Kai, riguardo al bambino. Nonostante non lo sopporti ogni minuto della mia vita, mi dispiace molto per quello che gli è successo, quindi penso sarebbe giusto dirgli almeno qualcosa. Il problema è trovare il coraggio di aprire bocca, visto che per tutto il viaggio in auto nessuno proferisce parola, se non ogni tanto Hope per cantare una delle sue canzoncine.
Senza accorgermene l’auto si ferma e guardando alla mia destra capisco di essere arrivata a casa.
Così, esco dall’auto e aiuto Hope a scendere, ma…
“ Cosa stai facendo?” chiede Kai, alzando un sopracciglio.
In che senso?
“ Sto…prendendo Hope?” affermo, formulando una domanda, come se in realtà non fossi sicura di ciò che io stessa stia facendo.
“ Oggi tocca a me tenerla”. Questa sua affermazione mi prende alla sprovvista. Sinceramente non pensavo che se ne ricordasse e, soprattutto, non credevo che avrebbe voluto che Hope stesse a casa sua proprio in questo periodo.
“ Ehm, non ho preparato la borsa con le sue cose, in realtà” confesso.
“ Allora sbrigati” ordina, con fare seccato.

Dopo circa dieci minuti, sono di nuovo giù, a consegnare la roba della piccola a Kai, ma prima che lui possa accendere il motore e andare via…
“ Kai”. Al mio richiamo, scosta leggermente il capo in mia direzione “ Ho saputo della vostra perdita e…” deglutisco, sotto il suo sguardo impassibile “ e volevo dirti che… mi dispiace” concludo, tristemente. Lui abbassa gli occhi, accigliandosi leggermente, poi torna a fissare dritto innanzi a sé e con un lieve cenno del capo mi fa intuire che sta andando via.
Rimango un po’ scettica di fronte a tale atteggiamento, ma poi, saluto la mia piccolina seduta ai sedili posteriori e seguo con lo sguardo l’auto mentre avanza, fino a sparire all’angolo della strada.

Come può mostrarsi sempre così indifferente?

Per la seconda volta, mi ritrovo a salire i gradini di questa scala che mi porteranno al quinto piano, ma stavolta ogni movimento è lento e scandito, quasi come se non avessi la forza di affrontare questo lungo tragitto. Mi sento talmente stanca! Ma la vibrazione all’interno della tasca mi avvisa dell’arrivo di un messaggio e, continuando la salita, estraggo il cellulare, trovando sullo schermo ancora una volta il nome di Takumi e un suo sms.

-    Sei sicura di essere impegnata?






***





Sto mangiando uno yogurt stando in piedi in cucina, osservando le calamite attaccate al frigorifero, segno dei viaggi che io e Kai abbiamo fatto in questi anni. In realtà, la mia attenzione è catturata da una foto che abbiamo fatto durante la luna di miele: io sfoggio il mio miglior sorriso, mentre lui rimane sempre serio e impassibile. Eppure, riesce sempre a venir bene in ogni foto.
Il rumore di un motore mi costringe a distogliere lo sguardo verso la finestra e, spostando la tendina, scorgo la mia auto, che Kai orami usa come fosse sua, e da essa esce fuori la bambina.
Non posso crederci.
Con un gesto repentino butto il cucchiaio nel lavandino e il vasetto di yogurt nella spazzatura, sospirando rabbiosamente.
Non posso credere che l’abbia portata qui con quello che stiamo passando!
Stringo i pugni come se volessi strozzare qualcuno di invisibile di fronte a me, ma quel qualcuno è proprio il soggetto senza sorriso di quella fotografia.
Sta mettendo alla prova, ancora una volta, la mia pazienza.



***





“Posso giocare con la bici?” mi chiede la piccola mentre ci apprestiamo ad entrare in casa.
“Adesso vediamo…” mi limito a dire, sotto il suo sguardo innocente. Una volta in casa, abbandona la mia mano e corre via buttandosi sopra il divano e ridendo, quasi fosse la cosa più esilarante di questo mondo. Mentre poggio la sua roba in corridoio, avverto dietro di me la presenza opprimente di qualcuno.
“ Davvero, Kai?” esordisce, contrariata.
“ Davvero” confermo senza timore, voltandomi in sua direzione e trovandola a braccia conserte con aria di rimprovero.
Di fronte alla mia ostinatezza, abbandona le braccia lungo i fianchi e poi le agita stringendo i pugni, quasi stesse trattenendosi dall’insultarmi. Infine, volta i tacchi e sale al piano di sopra, mentre io rimango qui a fissare il punto che ha lasciato, e ascoltare il rumore dei suoi passi pesanti giungere fino in camera e sbattere la porta.
Perché l’ho portata qui?
Beh, non lo so nemmeno io, a dire la verità.
Forse non avrei dovuto, ma ormai l’ho fatto.
E mi sento in colpa per questo?
No.
Troppo facile prendersela sempre con Hiwatari.



La serata passa tranquillamente, cercando di assecondare ogni capriccio di Hope, che, dopo una maratona di cartoni animati, crolla come un sasso. La sollevo e la porto al piano di sopra fino alla sua stanza e, dopo averla messa a letto, spengo la luce ed esco lentamente, cercando di fare il meno rumore possibile.
Mi dirigo in stanza, ma una volta arrivato di fronte alla porta, mi ricordo che dentro vi è Eva, chiusa lì da tutto il pomeriggio e ciò mi impedisce di entrare, perché voglio evitare ogni contatto con lei, almeno per stasera. Così faccio retro front e decido di usufruire dell’altro bagno della casa, ma mentre mi dirigo verso di esso, noto una porta aperta ed è proprio quella che avevo scelto come cameretta del bambino, in realtà, mai esistito. Mi paro di fronte ad essa, portando la mano alla maniglia. Sto per aprirla completamente, ma il solo pensiero di farlo, mi crea una strana sensazione alla bocca dello stomaco e così, decido di chiuderla definitivamente, stringendo con forza la maniglia.
Farò meglio a fare una doccia ed uscire. Non voglio passare la serata qui ad ossessionarmi.





***







“ Spero che la serata ti sia piaciuta” chiede Takumi, mettendo il freno a mano e avvicinandosi a me con fare malizioso.
“ Sì, mi sono divertita” rispondo timidamente, notando che si sta avvicinando sempre di più al mio volto, fino a baciare le mie labbra delicatamente.
Alla fine ho ceduto ancora una volta ed ho deciso di uscire con lui. In fondo, cosa dovevo fare chiusa in casa e senza Hope, per giunta.
Senza accorgermene i suoi baci sono diventati più passionali e mi ritrovo un po’ a disagio, lo ammetto, perché da tempo non provavo queste emozioni.
“ Ti va di farmi salire?” chiede poi, tra un bacio e l’altro.
A questa richiesta il mio corpo si irrigidisce istantaneamente. È come se fossi diventata un pezzo di marmo che non riesce più neanche a provare brividi, nemmeno ad ogni bacio sul collo.
“ Che succede?” domanda, vedendo il mio strano atteggiamento. “ Non ti va?” sussegue a chiedere, ricomponendosi.
Ok. In questo momento devo sembrare la persona più stupida del mondo, perché sono incollata a questo sedile con le braccia tese, quasi fossi paralizzata.
Il suo sguardo diventa sempre più perplesso e questo mi costringe a dovermi ridestare e prendere in mano la situazione. Così, rilasso il corpo e buttando un finto colpo di tosse prendo tempo nel pensare ad una risposta.
“ Io…” deglutisco e porto delle ciocche di capelli dietro le orecchie.
Santo cielo, non so cosa dire!
“ Io ho una figlia!” confesso, quasi come se mi fossi liberata di un grosso peso che tenevo dentro da tempo.
E pochi istanti dopo aver proferito queste parole, mi rendo conto di avere detto la cosa più stupida di questo mondo.
Che cosa c’entrava dire questo, adesso?
Titubante, sposto leggermente gli occhi in sua direzione, per controllare come ha preso la notizia.
E i suoi occhi sono grandi, sono quasi increduli, tanto da sembrare lui, adesso, quello paralizzato.
“ Wow!” esclama improvvisamente, ridendo. E probabilmente è una risata dettata dal nervosismo di chi non si aspettava una confessione simile. “ Sei sposata?” chiede con una certa perplessità nel tono.
Cosa?
“ No, no, no!” lo rassicuro, prontamente, come se avesse detto un’idiozia.
E dalla sua espressione intuisco che ancora non ha ben capito.
“ Ecco, io sono una …ecco… vivo da sola con mia figlia. Tutto qui!”.
A questa confessione, tira un sospiro di sollievo e inizia a sorridere scuotendo la testa “ E allora dov’è il problema?” dice, avvicinandosi di nuovo a me. “ Per me non è un problema” sussurra, riattaccandosi alle mie labbra.
Non è un problema?
“ No aspetta”. Con un gesto repentino riesco a staccarmi da lui e paro le mani in segno di difesa, sentendomi leggermente scossa.
“ Si può sapere che ti prende? Avere una figlia ti impedisce di venire a letto con me?” domanda, con aria seccata.
Questa frase mi colpisce dentro, come un pugno allo stomaco e mi fa sentire una persona orribile e sporca, a tal punto da decidere di scendere dall’auto e andare via.
“ Sai che c’è, non mi va! Quindi vado via!”. Non so cosa mi sia preso, ma con agilità esco dall’auto e chiudo la portiera, prima che lui possa parlare. Quindi mi dirigo al portone, cercando con impazienza le chiavi nella mia borsa e dopo averle scovate, riesco a entrare e chiudere velocemente il grande portone, senza preoccuparmi di vedere se lui era ancora lì.
Il respiro inizia a diventare irregolare, e gli occhi, che puntano in alto, sono ormai lucidi e la faccia si sta contorcendo in un’espressione che vuole soltanto scoppiare a piangere.
Mi sento così stupida.
Ma cosa credevo?
Boris aveva ragione…
Non riesco a stare con qualcuno senza farmi coinvolgere emotivamente.
La verità è che non sono pronta.
La verità è che, per quanto io mi sforzi di non farlo, non riesco a non pensare ancora a lui.








L’indomani in caffetteria arrivo perfettamente in orario, tanto da lasciar sorpresa persino Dana, abituata ogni mattina a dovermi ricordare di essere più puntuale.
Tra un servizio e l’altro, cerco di tenere occupata la mente e non pensare a quello che ho vissuto ieri sera ma, soprattutto stanotte, a causa di pensieri che hanno reso difficile il mio sonno.
E come ogni mattina, puntuale alle undici come sempre, Boris siede al bancone, sorseggiando il suo caffè e punzecchiando con battutine la giovane cameriera che tanto lo detesta.
In genere la caffetteria è frequentata da clienti abitudinari, che sono ormai di casa, e i clienti nuovi si riconoscono subito, come quei due ragazzini seduti laggiù che avranno sicuramente marinato la scuola, quella coppia di turisti e quell’omone seduto in un angolo, decisamente enorme. E col mio vassoio mi sto avviando proprio lì, a servire un caffè corretto al gin.
Gusti decisamente forti!
In realtà aveva chiesto di correggerlo con della vodka, ma purtroppo abbiamo finito le scorte in dispensa.
“ Ecco a lei” dico, mentre, pian piano, poggio la tazzina sul tavolino, cercando di sfoggiare un sorriso cordiale, che viene ricambiato da un freddo e distaccato suono che fuoriesce dalle labbra quasi serrate. Ipotizzando che sia stato un grazie, pronunciato in una lingua a me completamente sconosciuta, mi limito a sorridere ancora una volta, per poi tornare alla mia postazione di lavoro, dietro al bancone.
“ Non hai una bella cera stamattina” esordisce Boris, fissandomi di sottecchi. “ Qualcuno ha fatto le ore piccole con Takumi?” aggiunge poi, intonando l’ultima parola con fare malizioso.
“ Smettila” mi limito a dire, in modo serio.
“ Già, smettila!” ripete Dana, dandomi man forte. “ Sei stata con Takumi?” chiede, infine, lei.
“ Dana!” la richiamo con tono di rimprovero.
“ Con me puoi parlare!” asserisce con disinvoltura.
“ E perché con me no?” interviene contrariato il russo, sporgendosi verso di noi.






***



“ Perché non sono affari vostri, argomento chiuso!” dichiara ufficialmente Anya, sbattendo un panno sul bancone e scappando a passi pesanti in cucina, lasciando i qui presenti alquanto sbigottiti.
Istintivamente porto gli occhi su Dana, e dalla sua faccia intuisco che per una volta, forse, ci ritroviamo ad essere d’accordo.
Non è andata bene.
In un sol sorso, finisco il mio caffè e mi alzo, raggiungendo la cucina, con Dana al mio seguito che mi suggerisce a bassa voce “ Non dire stronzate per una volta…”.
Tzè, Taci donna!
Una volta arrivati in cucina, notiamo che Anya finge di darsi un gran da fare, tra piatti e stoviglie, pur di ignorare i qui presenti.
“ Si può sapere che cosa volete?” domanda, passandoci più volte davanti.
“Voleva solo portarti a letto, vero?”. A questa mia constatazione, forse abbastanza poco delicata, segue un colpo sul mio braccio da parte di Dana, che con occhi furenti, mi ordina di stare zitto.
Ma ho detto la verità! Perché dobbiamo sempre girarci intorno?
E va bene…
Riformulo la domanda.
“ Hai scoperto che non era il principe azzurro?” ripeto, stavolta utilizzando termini più fiabeschi e in un tono decisamente melodrammatico.
“ Vuoi stare zitto?!” mi rimprovera, di nuovo, Dana. Decidendosi a prendere parola. “ Hai scoperto che è uno stronzo, vero?” chiede lei, beccandosi una brutta occhiata dal sottoscritto che ci tiene a sottolineare “oh, tu sì che sei delicata!” in tono di chiaro sfottimento.
“ Ok, smettetela entrambi! E sì, era uno stronzo, voleva portarmi solo a letto e… non era il principe azzurro!” confessa, dando, in un’unica frase le risposte alle nostre domande.
“ Te l’avevo detto…” mormoro canticchiando e facendo vagare lo sguardo altrove, come se stessi parlando tra me e me.
“ Sì, me lo avevi detto!” puntualizza con voce alterata lei, proseguendo a dire che “ ma la colpa è mia, che mi lascio trasportare dai sentimenti. Non che io provassi sentimenti verso di lui, a stento lo conoscevo, ma…pensavo che fosse interessato a costruire qualcosa di importante e lo so…è ingenuo da pensare!” aggiunge, prima che fossi io a fare questa constatazione sull’ingenuità. Brava, sono orgogliosa di te, per una volta ne sei consapevole, mia dolce Anya. “ La verità è che io sono troppo legata al ricordo di Rai e di quello che avevamo costruito insieme” ammette colpevole e in tono triste “ e, in conclusione, la verità è che… io non l’ho ancora superata” confessa, infine, chiudendo gli occhi e trattenendosi, probabilmente dal piangere.
Ci risiamo.
La tragedia dal titolo “Penso ancora a Rai”, atto secondo.
“ Perché non la smetti e te ne fai una ragione?” le faccio notare seccato, sfoggiando ancora una volta una dose del mio sano cinismo, che non passa inosservato a Dana.
“ Perché non te ne vai di là o a lavorare?” mi consiglia acidamente, per sbarazzarsi di me.
“ Perché invece non vai tu a lavorare, visto che un cliente ti aspetta alla cassa?” le ricordo, invitandola a guardare oltre la porta, dove, effettivamente un uomo aspetta che qualcuno si decida ad andare da lui.
Fatta fuori Dana, mi decido a parlare chiaramente con quest’anima in pena.
“ Anya, sul serio. Basta. Cosa vuoi fare? Torturarti a vita per lui? Magari lui se la starà già spassando con qualcun'altra, ridendo alle tue spalle!” affermo, beccandomi un’occhiata orribile, che mi costringe ad alleggerire il discorso “ Ok, magari non starà ridendo alle tue spalle”, potevo risparmiarmi questa constatazione, lo ammetto, “…ma, lui sarà andato avanti con la sua vita, altrimenti si sarebbe fatto sentire, non credi?” chiedo poi, cercando di incrociare il suo sguardo.
“ Non lo so, ok?”.
“ Non vi siete più sentiti? Non l’hai cercato per vedere cosa fa? Magari su qualche social…”.
“ Social?” ripete, come se avessi detto un’idiozia. “Ma quale social? Non ho nessun social!” dichiara disgustata.
E questo mi porta a puntare gli occhi al cielo con rassegnazione.
“ Forse lui è su qualche social e se lo cerchiamo, forse, potremmo vedere se ha pubblicato qualcosa, qualche frase o foto che ci suggerisca un indizio” spiego, sinteticamente, estraendo dalla tasca il mio smartphone.
“ Di cosa stai parlando?” chiede con attenzione e una certa curiosità, anche se il suo sguardo accigliato suggerisce il contrario.
“ Dico che… se scriviamo nome e cognome di Rai su questo social, probabilmente potremmo trovarlo e toglierci qualche dubbio” spiego, ancora una volta, agitando di fronte a lei l’oggetto in questione, quasi fosse un ciondolo ipnotizzante. “ Basta solo che tu mi dica che vuoi farlo” dico, utilizzando il tono di voce più persuasivo e suadente che mi riesce, nel tentativo di convincerla.
Sembra interessata a giudicare dal modo in cui segue il movimento del mio telefono, quasi ne fosse seriamente ipnotizzata. “ Solo nome e cognome” aggiungo, convinto di essere a tanto così dal convincerla.
“ Che succede qui?”.
Ma l’arrivo di Dana rovina tutto, come sempre.
“ No, non voglio saperlo!” dichiara con tono deciso, andando via.
“ Ma Anya…”. Non si ferma. Esce fuori, lasciandomi qui a fissare storto Dana, la quale a sua volta, mi incita a sparire immediatamente.
Scuoto la testa in segno di rassegnazione e a grandi passi esco dalla cucina e poi dal locale, fermandomi un attimo lì di fronte a prendere una sigaretta, metterla in bocca e cercare l’accendino, che non riesco a trovare nella solita tasca.
Cacchio!
Ma dov’è?
Cerco e ricerco, perlustrando ogni tasca davanti e dietro ai jeans, ma niente. La ricerca continua, invano, finché le parole di qualcuno dietro di me mi costringono a fermarmi e voltarmi.
“ Serve questo?” .
È un uomo decisamente alto, forse non più di me, ma il fatto che sia di corporatura robusta e imponente, lo fa sembrare decisamente enorme.
Abbasso lo sguardo verso la sua mano e vedo un accendino, che mi invita a usare. Dopo qualche attimo di esitazione, mi decido ad accettare, avvicinando il viso all’oggetto, che lui fa schioccare un paio di volte prima di riuscire a farlo funzionare.
E in questo frangente, i miei occhi vengono catturati da un tatuaggio a forma di falco sul suo polso, decisamente fatto bene. Fico, ne voglio uno anch’io!
Ecco, ci siamo riusciti. La sigaretta è accesa, ne aspiro un boccone e lo ringrazio, voltandogli le spalle, non mi prima di udire dalla sua bocca una strana parola.
“Pozhaluysta”.
All’inizio non bado molto a ciò che ho sentito, ma dopo aver fatto alcuni passi, avviandomi verso l’officina, mi rendo conto di conoscere quella parola in una lingua a me molto nota. Anche se non lo parlo da molto tempo, se non sporadicamente per offendere Kai o Yuri, riesco ancora a capire il russo e quell’uomo mi ha appena detto prego in lingua russa.
Questo pensiero mi porta a guardare dietro di me verso quell’uomo, ormai messosi in cammino nella direzione opposta alla mia.
Scuoto la testa sorridendo.
Incredibile, non mi capita mai di incontrare russi da queste parti. Potevo approfittarne per scambiare due chiacchere.






***






“ Kai, dove vai ogni sera? Lasci qui tua figlia e te ne vai?” mi rimprovera la bionda, fermandomi proprio in procinto di uscire.
“ Hope dorme, non ti darà fastidio e ho detto a Reina di occuparsene” spiego sinteticamente, aprendo la porta.
“ Quindi hai deciso di ignorarmi? Per cosa? Per punirmi e farmi sentire in colpa, più di quanto io già non mi senta?”.
Ricominciamo.
Mi fermo di nuovo, proprio sul ciglio della porta e, a queste sue parole, capisco di non potermene scappare subito, come volevo.
“ Mi fa piacere che tu ti senta in colpa, perché io continuo a sentirmi un idiota da quando ho scoperto di aver assecondato ogni tuo capriccio o voglia mentre fingevi di essere incinta” confesso amareggiato.
“ Kai, mi dispiace, davvero! Prendimi a schiaffi se vuoi, ma non ignorarmi, ti prego! Sei mio marito adesso”.
Per quanto la sua richiesta sia allettante e la prenderei davvero a schiaffi, non lo farò. Non ho mai alzato le mani ad una donna e non inizierò a farlo di certo adesso.
Forse sto esagerando, ma la verità è che non ci riesco, almeno non ancora, a perdonarla. È più forte di me. Quando la vedo mi vengono in mente soltanto una serie di insulti.
“ Kai, mi dispiace” ripete ancora una volta, stavolta a pochi centimetri da me. Poggia le mani sul mio petto e si avvicina al mio viso, guardandomi con occhi lucidi. Prima che le sue labbra possano sfiorare le mie, decido di scostare leggermente il volto, evitando che ciò avvenga.
“ Devo andare, non aspettarmi” dico, freddamente, congedandomi, riuscendo infine a uscire da questa casa.








***






Sto sistemando le ultime cose in officina, prima di chiuderla, anche se sistemare è un parolone, visto che qui dentro vige il caos più assoluto. Diciamo che sto cercando di trovare un senso organizzativo all’interno di questo caos. Ecco, forse è più corretto dire così.
“ Boris!”.
“ Che ci fai qui?” chiedo, vedendo arrivare Anya come una furia.
“ Facciamolo!” esclama decisa, lasciandomi parecchio sbigottito.
“ Adesso?” chiedo perplesso.
“ Sì, adesso!” conferma, mostrandosi nervosa e impaziente.
“ Cioè, tu vuoi farlo qui? Adesso? Con me?”.
Wow, credo di non avere capito bene. Quindi, prima di fraintendere, chiedo ulteriori delucidazioni.
“ Ma, esattamente, cosa vuoi fare?” domando sempre più confuso.
“ Cercare Rai sui social!” rivela, quasi fosse la cosa più ovvia di questo mondo. A queste parole, ringrazio il mio primo cervello di avermi suggerito di chiedere, prima di spogliarmi e fare cazzate.
“ Cosa avevi capito?” chiede, perplessa.
“ No, niente, ma ok, cerchiamolo!” dico, tornando al punto della situazione.
Mi avvicino alla mia giacca e tiro fuori da una tasca il cellulare, sotto il suo sguardo nervoso.
“ Perché hai cambiato idea?” chiedo investigativo.
“ Beh, mi hai messo questo dubbio in testa, ci ho pensato tutto il giorno e tanto vale, togliersi ogni dubbio, no?”.
Concordo.
Con qualche abile click, riesco ad aprire l’app interessata e…
“ Sei pronta?”.
“ No, ma fallo lo stesso!” mi incita con una certa frettolosità.
Così mi piaci, Sarizawa.
Ok. Dunque, cerca… digito il nome di Rai Kon, sperando di averlo scritto in modo corretto e …via. In pochi secondi sono apparsi una serie di Rai Kon. Wow, non me lo aspettavo.
“ Che succede? Perché hai fatto quella faccia?” chiede preoccupata, mettendosi in punta di piedi e allungando il collo verso il mio telefono per sbirciare.
“ Un momento” dico, alzando il telefono in modo che non possa guardare.
Cazzo…
“ Boris? Mi fai vedere, per favore?” mi supplica.
Mi son pentito di averglielo proposto.
Schiarisco la voce e nascondendo il cellulare dietro la schiena, la invito a stare calma e a non agitarsi.
“ L’hai trovato?”.
Mi prendo un attimo prima di dare la mia risposta.
“ Sì”.
“ E cos’è quella faccia? Fammi vedere? Cos’hai trovato! Dammi quel telefono!” mi ordina, protraendo la mano verso di me.
“ Ok, ma prometti di non lanciare il mio telefono da qualche parte! Ci tengo e mi è costato un occhio dalla testa!” la avverto, con tono ammonitore, prima di consegnarle in mano l’oggetto.
“ Perché mi dici questo? Cos’hai visto?”.
“ Guarda tu stessa, scorri col dito verso sinistra per vedere le altre foto” le spiego, mettendole in mano il mio sacro cellulare quasi fosse uno scrigno del tesoro.




***




Boris mi ha appena dato il telefono, con i risultati della sua ricerca. Come da lui indicato, scorro col dito sul display per vedere le foto e quello che vedo mi lascia leggermente incredula.
“ Chi è Corinne?” chiede, mentre guarda insieme a me le foto.
Corinne…
Non mi è nuovo questo nome.
Ricordo che una volta abbiamo avuto una piccola discussione, perché avevo trovato dei messaggi di questa Corinne sul suo cellulare.
È nella maggior parte delle foto e, in base alla data di pubblicazione, sono abbastanza recenti.
La maggior parte di esse ha come soggetti Rai e questa Corinne, poi ovviamente ce ne sono altre con suo padre, altri amici, suppongo e sua sorella.
Andavo abbastanza d’accordo con lei.
La cosa che mi lascia più incredula è che nelle foto lui sembra felice. Non che non mi faccia piacere, ma… è come se la sua vita stesse continuando come sempre, come se mi avesse completamente dimenticata.
È strano e mi sento strana.
Deglutisco un boccone amaro, che fa male, molto male.
“ Tutto ok, Anya?” chiede Boris vedendomi persa in un mare di pensieri. Senza accorgermene gli ho riconsegnato il cellulare e mi ritrovo con le spalle a una parete, scivolando su di essa fino a toccare terra.
“ Avevi ragione…” riesco a dire, trovando finalmente la forza di parlare. “ Sono solo una stupida”.
“ Hey” sussurra lui, abbassandosi di fronte a me, togliendomi una ciocca di capelli di fronte al viso. “ Non sei stupida” ribadisce, contrariato.
“ Sì, invece! Non faccio altro che pensare a lui e lui, invece, si sta facendo la sua vita e forse, chissà, mi ha già dimenticata, ed è meglio così, dopo tutto il male che gli ho fatto”, spiego, cercando di trattenere le lacrime.
“ Io non penso si sia dimenticato di te. È solo che, avrà deciso di andare avanti, diversamente da te…” mi fa notare, giustamente, Boris.
“ Ma io lo amavo così tanto” riesco a dire un secondo prima di scoppiare in lacrime e affondare il viso nell’incavo della sua spalla.
Che sia corso subito da questa Corinne? Che lui mi abbia lasciata per andare con lei? Io non so più cosa pensare.  Ma che senso ha struggersi per questo ormai? È finita e devo rassegnarmi, o almeno provarci.





***





Mi pento amaramente di quello che ho fatto. Proporle di cercare Rai, ha solo peggiorato la situazione. Credevo di farle un favore e invece, eccola di nuovo qui a piangere sulla mia spalla.
“ Hey, smettila dai!” cerco di consolarla, cadendo di peso col sedere ormai a terra.
Quando mi si è buttata addosso mi sono irrigidito parecchio, non sapendo, come sempre, cosa fare. Ma poi, le ho poggiato una mano sulla schiena in segno di consolazione o supporto. Non so nemmeno io il perché.
“ Scusami” dice, staccandosi e cercando di fermare le lacrime, aiutandosi con le mani. “ Sono patetica”.
“ Un po’” ammetto beffeggiandola. “ Dai, su, alzati piagnucolona, so io come farti riprendere!”, affermo, prendendola per un braccio.
“ Boris, non mi va di bere!” ammette, con tono ammonitore.
“ Tranquilla, non ti porto a bere!” le spiego, portando gli occhi al cielo. Possibile che nessuno si fidi di me. “ Una pizza e un film non hanno mai fatto male a nessuno! Su, forza, cammina!” concludo autoritario, prendendo la mia giacca e invitandola a seguirmi.
Stasera sarò la tua amica del cuore…tanto non ho niente da fare.






***  







Ieri sera, per fortuna, Boris mi ha aiutata a risollevare il mio umore, che era diventato cupo e grigio a causa di quelle foto. Abbiamo ordinato una pizza e visto un film d’azione non molto avvincente, tanto che lui si è addormentato dopo mezz’ora.
È stato carino da parte sua dedicarmi del tempo, non me lo sarei mai aspettata da un tipo tutto d’un pezzo come lui. Si è sempre dimostrato un buon amico, a modo suo.
Dopo avere rivisto Rai in quelle foto, ho capito che forse non vale più la pena di soffrire così tanto. non che io non continuerò a pensare a lui, ma devo riuscire a superarla. Forse ci vorrà del tempo, ma pazienza. Tuttavia, ho deciso momentaneamente di non vedermi con altri ragazzi. Non mi sento pronta. Assolutamente no.
Un messaggio appena arrivato, mi ridesta dai miei più oscuri pensieri e una volta lettolo, non posso far altro che imprecare mentalmente contro Hiwatari, che mi ha appena avvisata che non potrà venire all’incontro a scuola. Fantastico! Potevi dirmelo prima che io venissi fino a qui.
Ecco un altro uomo con cui vorrei chiudere definitivamente ogni rapporto: Kai Hiwatari.
Non mi resta che entrare e fingere di ascoltare, come sempre.




Per fortuna l’incontro si esaurisce in mezz’ora, stranamente. Probabilmente, persino loro si sono resi conto che è solo una pagliacciata o hanno esaurito gli argomenti di cui parlare. Ad ogni modo, è ancora troppo presto per ritirare Hope, che in teoria doveva andare a casa di Hiwatari, ma… dettagli.
Mentre sono persa in questi pensieri, giunge alle mie spalle una delle mamme, proprio quella donna che ci aveva invitati a casa sua tempo fa.
“ Ciao, Anya!”. A differenza mia, lei si ricorda ancora il mio nome.
“ Ciao, come stai?” chiedo io, evitando di utilizzare nomi a caso, per non far brutte figure.
“ Tutto bene, un po’ annoiata, come puoi immaginare!” confessa, alludendo probabilmente all’appena concluso incontro.
“ Ti capisco!” affermo, ridendo.
“E tuo marito? Non l’ho visto oggi, impegnato?” chiede investigativa.
Mio marito?
Cioè, Kai?
O mio dio.
Prendo un profondo respiro, prima di assecondare le curiosità di questa donna.
“ Ehm, sì. Il lavoro” spiego sinteticamente.
“ Il lavoro, certo” ripete lei, con un tono strano, quasi non ci credesse. “ Ti va di prendere un caffè ai distributori?” propone, infine.
“ Perché no!” accetto volentieri.





Una volta comprato il caffè, ci sediamo in una delle panchine dell’atrio, chiacchierando del più e del meno, finché…
“Come vanno le cose tra te e tuo marito, ultimamente?”.
Al suono di questa domanda, il caffè quasi non mi va di traverso.
Quindi è questo ciò che pensano? Che Kai sia mio marito?
Andiamo bene.
“ Bene…” mi limito a dire schiva, bevendo un altro sorso, per sfuggire ad altre possibili domande.
“ Sei sicura?” chiede conferma, cercando di incrociare il mio sguardo.
Ma si può sapere perché lo chiede?
“ Sì, perché?” domando, stranita dalla sua insistenza.
“ Ecco, te lo chiedo perché…” si interrompe, alla ricerca delle giuste parole da utilizzare. “ Beh, se io avessi dei sospetti su mio marito, e qualcuno sapesse la verità, vorrei che me lo venisse a dire” dice, vomitando queste parole prive di senso.
Non ho capito un accidenti e la mia faccia glielo sta comunicando. Questo la porta a prendere un respiro e parlare chiaramente.
“ Kai ti tradisce!”.
A questa rivelazione, quasi non sputo il caffè che stavo per deglutire, e per fortuna riesco a contenermi, trattenendo anche una risata.
No.
Seriamente?
Kai, mi tradisce, pensa te.
Deglutisco lentamente il caffè, cercando di ricompormi e trovare un modo per uscire da questa assurda situazione.
“ Perché, dici ciò?” chiedo, curiosa.
Insomma, come può sapere lei una cosa simile?
“ Ecco, io e mio marito lo abbiamo visto ieri sera in dolce compagnia!” rivela, a bassa voce, atteggiandosi come una vecchia pettegola.
Beh, sarà uscito con sua moglie, cioè Eva.
Ma come spiego a questa tizia che Kai non mi tradisce, ma in realtà era solo uscito con sua moglie, la sua vera moglie, Eva.
E vista la sua lingua lunga, non mi sembra il caso di spiegarle come stanno le cose, o l’intero  istituto ne verrà a conoscenza.
“Beh, sarà stata la sua amica d’infanzia Rebecca, mi ha detto che si sarebbero visti!” le spiego, inventando la prima cosa che mi viene in mente, anche se non credo abbia molto senso.
“ Bhe, molto bella questa Rebecca!” commenta, pronunciandone con tono stizzito il nome. “Persino mio marito ha esordito con –che bella mora gambe lunghe- “ conclude, ridendosela sotto i baffi.
Un momento.
Bella mora gambe lunghe?
Bella mora?
Mora?
Se la memoria non mi inganna Eva non è mora.
A meno che non abbia cambiato colore di capelli, ma lo trovo decisamente improbabile, perché ci aveva provato una volta, ma se n’era pentita amaramente, ribadendo il fatto che stonava col meraviglioso colore dei suoi capelli. Mi sembra ancora di sentire la sua orribile voce mentre lo diceva.
Quindi, ieri sera, Kai non era in compagnia di sua moglie, ma di un’altra donna, mora e con le gambe lunghe.
Questo vuol dire che lui sta tradendo veramente sua moglie, che in realtà non sono io, ma Eva.
Beh insomma, ci siamo capiti!
Ha la faccia tosta di uscire con un’altra ragazza dopo quello che hanno passato? Dopo avere perso il bambino?
Santo cielo, che schifo.
Il padre di mia figlia è un essere veramente spregevole.


















Ciao a tutti, miei cari lettori.

Se siete giunti fin qui, battete un colpo XD
Ok, lo so. Capitolo fooooorse un po’ lungo, ma dovevo. Era necessario.
E mi sono dovuta fermare, perché altrimenti avrei scritto la divina commedia XD
L’ho scritto quasi tutto oggi, tranne le prime righe ahahha
Colpo di genio?
Può darsi.
Dunque. Non mi dilungo molto in questo spazio autrice, perché scrivo da tutto il pomeriggio e mi prude il culetto a forza di sta seduta su questa scomoda sedia XD (si può dire culetto? Dalla regia mi dicono di sì! Ok u.u). quindi spero non ci siano troppo errori.
Devo pubblicare adesso o mai più!
Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando, e ringrazio come sempre recensori e lettori :*

Un abbraccio e a presto 

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Capitolo 46
*** Ne vale la pena? ***
















“ Posso parlarti un attimo?”.
Sono arrivato a casa di Anya per prendere Hope e portarla con me. Pensavo di metterci poco tempo, ma questa richiesta mi fa intuire che non sarà così.
“E’ necessario?” chiedo con aria di superficialità. E dalla espressione che mi sta mostrando, credo proprio che sarà necessario. “ Fa’ che sia una cosa veloce!” la avverto, entrando di mala voglia in casa.
Arriviamo in salotto e lei, dopo aver mandato via Hope con una scusa, inizia a torturarsi le dita, facendo vagare lo sguardo da un punto all’altro della casa, mentre io, con braccia incrociate al petto, attendo con impazienza che si decida ad aprir bocca.
“ Pensavo volessi parlare” esordisco in tono pungente, rompendo il silenzio che si era creato.
“ Ecco…oggi pomeriggio, a quello stupido incontro a scuola, una delle mamme mi ha riferito una cosa” inizia a dire, esitante, interrompendosi improvvisamente.
“ Cosa?” chiedo impaziente e infastidito dal suo continuo perder tempo.
“Mi ha detto di averti visto insieme ad un’altra donna ieri sera” sussegue a dire, guardandomi storto.
“ Quindi?” chiedo, con la mia solita nonchalance.
“ Quindi ha pensato che tu mi stessi tradendo con un’altra! Sapevi che tutti, lì dentro, pensano che noi siamo una famiglia? Una vera famiglia, dove noi due siamo sposati?” dice, ridendo nervosamente e mimando un cerchio che vuole includere, probabilmente, lei, me ed Hope.
Tzè.
“Ascolta, non mi interessa quello che pensano!” spiego sinteticamente, mostrando la mia solita strafottenza verso i pettegolezzi.
Il che lascia la qui presente Anya, alquanto perplessa, tanto da decidere di voler prolungare il discorso.
“ Ricordi perché hai deciso di far cambiare scuola ad Hope?” domanda avvicinandosi al sottoscritto, con aria minacciosa.
Questa domanda mi costringe a prendermi del tempo per riflettere. Infatti, punto gli occhi verso un punto indefinito della stanza e spremo le meningi, nel tentativo di ricordare il motivo che mi aveva spinto a compiere quel gesto, che col senno di poi, ho reputato sconsiderato.
 “ Perché sono andato a letto con una delle maestre?” rivelo, con una certa perplessità nel tono. Era davvero questo il motivo? Non ricordo, ma dalla faccia di Anya, credo che lei non fosse a conoscenza di questo piccolo dettaglio.
“TU-COSA??!!” chiede in tono alterato, ponendo le mani avanti per fare luce sulla questione.
Ah, forse lei si riferiva alla storia di Rai e dei due padri e delle maestre un po’ confuse…
Serro le labbra, come chi si è fatto sfuggire un segreto che non avrebbe mai dovuto rivelare e faccio cader la testa in avanti in segno di rassegnazione: oramai lo hai detto, Kai!
“ Tu cos’hai fatto??” ripete a domandare, pretendendo una spiegazione.
“ Senti, non sapevo fosse una sua maestra e poi è successo per caso, quindi…”. Ma la mia sintetica e forse inutile spiegazione, non basta a calmare le acque, dal momento che continua a fissarmi come se volesse uccidermi.
“Kai Hiwatari, c’è qualcuno che non abbia visto il tuo pene??” dice a gran voce, portandosi le mani ai capelli senza rendersi conto di aver urlato la parola pene, pur sapendo che Hope si trova proprio nell’altra stanza con la porta aperta.
Rido dentro di me, mostrandomi, invece, serio in volto, per non alimentare le sue furie.
E solo adesso mi rendo conto che si è fermata, osservandomi malamente, come se attendesse veramente una risposta.
Stavo per aprire bocca, ma è lei stessa a fermarmi. “ Lascia perdere, non voglio saperlo!” esclama, disgustata. “Kai, ti rendi conto di quello che combini? Continui a mettermi a disagio ovunque io vada e tutto questo perché non sai tener quel coso dentro ai pantaloni?” mi rimprovera furibonda.
Porto gli occhi al cielo, sbuffando dentro di me.


***

Io non posso crederci, anzi mi rifiuto di crederci.
Quello che le mie orecchie hanno appena udito ha dell’assurdo!
E il fatto che lui si dimostri così impassibile e superficiale di fronte alla gravità della situazione, mi manda ancor di più su tutte le furie.
“ Cosa dovrei fare? Nascondermi o guardarmi le spalle per la paura di essere visto da qualche mammina un po’ troppo impicciona?”.
“ Dico solo che dovresti usare un po’ più di discrezione quando fai certe cose!” gli rammento, duramente.
“ Potrebbe capitare anche a te di esser vista con Takumi…” afferma, pronunciando l’ultima parola in modo strano.
Un momento. Come fa a ricordare ancora il nome di Takumi?
Ad ogni modo, non ho intenzione di deviare il discorso su questo versante al momento.
“ E poi, cosa ci facevi con un’altra? Ti ricordo che sei sposato!”.
“ Grazie per avermelo ricordato, ma questi non sono affari tuoi” si limita a dire, seccato.
“ Avete appena perso un bambino, dovresti stare vicino ad Eva, hai idea di cos…”.
“ Ok, basta!” mi interrompe bruscamente, alzando il tono di voce. “Questi non sono, decisamente, affari tuoi!” ribatte duramente, con voce autoritaria.
E questo suo improvviso cambio di atteggiamento inizia a mettermi in soggezione, tanto da farmi pentire di essermi spinta così oltre con lui.
“ Io volevo sol…”.
“Non intrometterti più in questa storia!” conclude categorico, lanciandomi una delle sue occhiate più truci.
Rimango interdetta al suono di queste parole e, stavolta, decido di non parlare, e di limitarmi a fissarlo mentre, a passi da gigante, si dirige nella stanza a prendere Hope per portarla via. Mi passa davanti senza degnarmi di uno sguardo, tenendo mia figlia in braccio, che con sguardo confuso, mi agita la manina in segno di saluto, prima di svanire dall’appartamento.
Scuoto la testa, in segno di rassegnazione, ma soprattutto disperazione.
Kai Hiwatari non ha decisamente limiti.
È un caso perso.






***






Un nuovo giorno è appena iniziato e, come al solito, mi ritrovo a dover fare colazione da sola in questa grande casa. Kai è di nuovo rientrato tardi, passando la notte chissà dove. Ho cercato di rimanere sveglia per aspettarlo e, così, dirgliene quattro, ma i miei occhi non hanno retto la lunga attesa e si sono chiusi abbastanza presto.
Ho sentito dei rumori verso le sette del mattino e la voce della bambina, che Kai avrà accompagnato all’asilo.
È dunque questo quello che ha deciso di fare: ignorarmi. Ed è la cosa che più detesto, essere ignorata.
Proprio questo mi ha portata a dover mentire spudoratamente riguardo alla gravidanza, perché per la prima volta Kai Hiwatari si stava preoccupando per me.
E questo è il risultato. Vengo ignorata, ancor peggio di prima.
Non me lo merito. Non dopo quello che ho dovuto sopportare per colpa sua.
Sto qui a fissare i giochi di fumo creati dalla bevanda calda posta sul tavolo, persa in una mare di pensieri, ma a riportarmi alla realtà è il suono del campanello della porta principale e, qualche istante dopo, l’arrivo di Reina che annuncia l’arrivo di qualcuno.
“ Signorina Eva, ci sono delle visite per lei”.
Chi sarà mai?
Curiosa, mi alzo e mi avvio in salotto, dove vi trovo una persona, a me nota, ad attendermi.
“ Yuri, se cerchi Kai non c’è, è andato via” esordisco, andando dritto al sodo.
“ In realtà, non sono qui per lui” spiega, lasciandomi perplessa. “ma per te”.
Wow, Yuri Ivanov vuole parlare con me? Non succedeva da…tanto tempo!
Le sue parole mi lasciano sbigottita e la mia espressione glielo sta rendendo noto.
“ Come stai?” chiede, apprensivo.
Finalmente qualcuno che si degna di chiedermi un semplice come stai! Sono commossa!
“ Beh, puoi immaginare!” mi limito a dire in modo vago, alludendo a lui sa cosa.
Il rosso abbassa gli occhi, con fare pensieroso. “So che non dovrei intromettermi” inizia a dire, parando le mani avanti in segno di difesa. “E non voglio sapere il motivo per cui lo hai fatto” sussegue ad affermare in modo distaccato, ma comprensivo “ Ma…sono preoccupato per te e anche per Kai, vi conosco abbastanza bene da poter affermare che non sapete gestire il problema” rivela, espirando sonoramente.
“ Io sto provando a calmare le acque, ma il tuo amico è troppo…”. Non riesco a trovare una parola che possa descriverlo in pieno, quindi mi dovrò arrangiare con il primo termine che mi sovviene alla mente “…testardo, per ascoltarmi e perdonarmi”.
Le mie parole non lo sorprendono affatto.
“ Posso chiederti una cosa?” domanda poi, improvvisamente. E con un cenno della testa lo incito a continuare. “Come aveva preso Kai il fatto di avere un bambino?” chiede investigativo.
Non so rispondere con certezza alla sua domanda. In realtà, non lo so nemmeno io come l’avesse presa. E se anche avessi una vaga idea, non saprei descriverla a parole. Quindi, decido di mostrarglielo con i fatti.
“ Vieni con me, ti faccio vedere una cosa…”.




***




Eva mi invita con un cenno a salire sino al piano di sopra, per mostrami qualcosa. A passi incerti, decido di seguirla fino ad una porta, che lei, dopo qualche attimo di esitazione, si decide ad aprire.
Senza accorgermene sono già dentro e i miei occhi curiosi scrutano ogni angolo di questa camera vuota. Ciò che sale immediatamente all’occhio è il colore delle pareti, di un azzurro vivo e il pungente odore di vernice, fa intuire che esse siano state dipinte da poco tempo. Infine, in un angolo della stanza vi è posto un oggetto facilmente riconoscibile, dico facilmente, perché a casa mia ne ho ben due: si tratta di una culla.
A piccoli passi mi avvicino ad essa e ne sfioro col dito uno dei bordi, constatando il fatto che questa ha tutta l’aria di essere la stanza per un bambino in arrivo.
“ L’ha preparata lui” sento dire dalla voce di Eva alle mie spalle, che vedendomi confuso, ha anticipato la risposta alla mia imminente domanda.
E questa frase mi fa voltare di scatto verso di lei, portandomi a chiedere conferma di ciò che ho appena sentito. “E’ stato Kai a fare questo?” e il movimento del suo capo e i suoi occhi fissi a terra, mi suggeriscono di avere capito bene.
Cazzo.
Impreco mentalmente e  stringo un pugno, mentre lo adagio sul bordo di quella culla che, nelle intenzioni di Hiwatari, doveva accogliere suo figlio.
Questo è decisamente strano…




***




“C’è qualcuno?”.
Sono in officina, sdraiato su un carrellino sotto una delle auto da sistemare, quando all’improvviso, l’arrivo di un cliente mi costringe ad uscire.
A fatica mi alzo, prendendo dalla tasca il panno che di solito uso per pulirmi le mani unte di grasso di motore e a passi lenti mi dirigo all’entrata, dove ad attendermi vi è un uomo, che mi sembra di aver già visto da qualche parte.
“ Serve una mano?” chiedo.
“ Sì, mia macchina serve controlo motore” mi spiega, in una lingua improvvisata, indicandomi l’auto parcheggiata qui vicino.
Continuo a pulirmi le mani, spostando gli occhi dal soggetto che ho di fronte, all’oggetto indicatomi.
Che strano signore.
Senza dire altro, getto il panno dentro l’officina e mi dirigo verso l’auto, invitandolo ad aprire il cofano anteriore per ispezionare il motore.
“ Beh, c’è un po’ di manodopera da fare qui” spiego, toccando diversi punti. “ci penso io”.
Una volta preso tutto l’occorrente, mi metto a lavoro, buttando, di tanto in tanto, un’occhiata verso il proprietario di questa vettura, dall’aria seria e scorbutica. Credo di sapere dove l’ho già visto. È il tizio che mi ha prestato l’accendino l’altro giorno di fronte la caffetteria.
“Non sei di qui, vero?” gli domando, continuando a fare con attenzione il mio lavoro.
“ No” risponde prontamente.
Immaginavo.
“ E di dove sei?”. Susseguo a domandare, con aria investigativa.
“ Io di Russia”.
Bingo! Lo sapevo!
“ Davvero?” dico, mostrando un certo stupore “ Di dove esattamente?” aggiungo, assottigliando lo sguardo.
“ Mosca”.
“ No! non posso crederci, sai anch’io vengo da lì, beh, ci vivevo tanto tempo fa…” racconto, con aria stizzita.
“ Perché tu andato via?” chiede, calcando il suo forte accento russo.
“ Beh, eto dolgaya istoriya …” mi limito a dire, sforzandomi nel pronunciare bene –è una lunga storia- nella lingua che non pratico ormai da tanto tempo. “Pochemu ty zdes'?”. Non mi capita spesso, anzi, quasi mai di incontrare russi da queste parti, quindi gli chiedo cosa ci faccia da queste parti.
 “ya ishchu koye-kogo” risponde, assumendo uno strano atteggiamento che mi lascia alquanto perplesso. Forse non ne vuole parlare.
Ad ogni modo, non voglio farmi i fatti suoi, volevo solo scambiare due chiacchere in russo.
 “ Beh, spero tu troverai chiunque tu stia cercando!” esclamo, chiudendo con forza il cofano, rendendogli noto che il mio lavoro, qui, è finito.
“Skol'ko ya dolzhen?”, domanda, prendendo da una tasca del denaro.
“ Oh no, no, tranquillo! Per i compatrioti il servizio è gratuito! besplatny” gli spiego, accennandogli un sorriso amichevole, per poi porgergli la mano. “E’ stato un piacere, davvero!”.
All’inizio non sembra capire, ma poi, rilassa le spalle e ricambia la stretta di mano con forza.
Con molta forza.
Cazzo, ma…
Ok, la situazione mi mette alquanto a disagio.
Continua a tener forte la mia mano e a fissarmi in modo strano, come se fosse perso in chissà quali pensieri. Io, dal canto mio, rimango per un attimo interdetto, a fissare quegli occhi chiari e quel viso dai lineamenti marcati, poi, però, decido di ritrarre la mano costringendolo a mollare la presa.
Cazzo, ma che gli prende?
Gli ho solo detto che non doveva pagare, che avrà capito?
Fingo un colpo di tosse, e riprendo la parola, per cercare di riportarlo alla realtà “Bene, io torno al mio lavoro, è stato un piacere”. Dopo averlo salutato, decido di dileguarmi prima che la situazione diventi ancor più imbarazzante. Ma mentre mi incammino all’interno del garage, una parola mi costringe, improvvisamente, a fermarmi, lasciandomi di sasso.
“E’ stato un piacere, Boriska”.
Sbarro gli occhi e mi volto all’istante verso di lui, intimandogli di ripetere ciò che ha appena detto.
Ho capito bene?
Mi ha chiamato Boriska?
Come diamine fa a sapere il mio nome? Non ricordo di averglielo mai rivelato.
E poi, conosco solo una persona che, un tempo, mi chiamava in quel modo.
“ Come mi hai chiamato?” sibilo a denti stretti, parandomi di fronte al suo viso impassibile.
Ho il cuore che mi martella in petto dalla rabbia.
Ho una sensazione così strana. In realtà l’ho avuto sin dal primo momento in cui l’ho visto, ma non ci ho dato molto peso.
Più lo osservo e più credo di conoscere quest’uomo.
I suoi lineamenti sono, adesso, così dannatamente familiari.
Diamine!
Stringo un pugno, cercando di contenere la rabbia che ho dentro, attendendo con impazienza una risposta.
Lui abbassa lo sguardo, toccandosi un braccio, ed io abbasso gli occhi insospettito, seguendo ogni suo minimo gesto.
“ Ricordi questo?” domanda, alzando una manica della sua giacca, per mostrare un tatuaggio, lo stesso che giorni fa avevo distrattamente notato.
Il falco.
Deglutisco, alzando gli occhi per incrociare quelli suoi, ma poi si abbassano verso le sue labbra, che ora stanno schiudendosi per pronunciare ciò che di più temo.
“Ya tvoy papa, Boriska”.
Al suono di queste parole, il mondo mi crolla letteralmente addosso ed istintivamente indietreggio, scuotendo nervosamente la testa. No, no, non è possibile.
“ Vattene subito!” asserisco, digrignando i denti ed indicandogli la direzione in cui andar via.
“ Borisk…”.
“ Vattene via, ho detto!” ripeto ancor più categorico, prendendo una chiave inglese per puntargliela in modo minaccioso. “non so chi tu sia, ma mio padre è morto tanto tempo fa!” sentenzio, assumendo l’atteggiamento di chi non ha intenzione di ripeterlo un’altra volta.
E con mio sollievo, quell’uomo, che ha appena affermato di essere mio padre, dopo qualche attimo di esitazione  si arrende e indietreggia accigliato, alla vista di quell’oggetto divenuto pericoloso nelle mie mani e rivolto verso di lui, con cattive intenzioni.
Infine abbandona il garage senza proferire parola, lasciandomi qui a fissare il vuoto e cercare di riconnettere le idee.
Il mio respiro inizia a ritornare regolare e piano piano allento la tensione alle spalle, rilassandole. Solo adesso mi rendo veramente conto di avere impugnato questa chiave inglese e d’istinto la getto a terra, spaventato.
Porto due dita al centro della fronte, stringendo gli occhi e tentando in tutti i modi di dare un senso a ciò che è appena successo. Tuttavia, il fatto sembra molto chiaro…
“Porca puttana” emetto in un sospiro di stanchezza, accasciandomi di peso a terra.






***





“ Hai notato che stamattina  Boris non è venuto a bere il suo caffè?” sento dire a Dana, mentre pulisce uno dei tavolini di fronte al bancone.
È vero.
“ Vedo che noti la sua assenza!” affermo con sorriso furbo, beccandomi una brutta occhiataccia.
“Dico solo che è strano, non ci rinuncia mai!” si giustifica prontamente.
“ Beh, potresti portarglielo tu in officina, sono sicura che lo apprezzerebbe” le propongo, con fare malizioso.
“Perché non glielo porti tu, visto che ci tieni tanto” ribatte, acidamente.
Santo cielo, non le si può dire niente che riguardi Boris! Dovrebbe rilassarsi un po’.
Ad ogni modo, non è una cattiva idea portargli un caffè in officina. Anch’io penso sia strano che non sia venuto fin qui a prenderlo.
Credo proprio che farò un salto da lui per vedere che combina.




Dopo circa un quarto d’ora esco dal locale con un bicchiere pieno di caffè per dirigermi alla volta dell’officina di Huznestov. Non è molto lontano, anzi, giusto a due passi dalla caffetteria, e per ripararmi dal sole cammino sotto a degli alberi che costeggiano la strada.
“ Ciao Boris!” saluto allegramente, entrando.
Ma credo non mi abbia sentito, dato che non ha smesso di colpire un qualcosa posto sul tavolo con un martello.
“ Boris, ci sei?”.
Al mio secondo richiamo, si blocca per un istante osservandomi col pelo dell’occhio, giusto per assicurarsi della mia presenza “Non ti avevo sentita” si limita a dire, tornando a martellare con forza.
“ Ti ho portato il caffè. Ho notato che stamattina non sei passato a prenderlo, beh in realtà è stata Dana a farmelo notare!” rivelo divertita, aspettando una sua risposta che, a differenza di quanto mi aspettassi, tarda ad arrivare.
“Lo berrò dopo” risponde atono, continuando a dar colpi, i cui suoni arrivano in modo acuto alle mie orecchie, facendomi persino sussultare.
Mamma mia, quanta violenza!
Ho la sensazione che ci sia qualcosa che non vada.
È troppo assorto in questo ripetuto gesto meccanico che reputo insensato, dal momento che sta colpendo una lastra di metallo ormai completamente appiattita. Cosa vuole fare? Distruggerla? Beh se continua così, distruggerà persino il tavolo.
“ Va tutto bene, Boris?” chiedo, preoccupata, cercando di parlare tra un colpo di martello e l’altro.
“Sì”.
Non so, non mi convince.
“ Sei sicuro?” chiedo una seconda volta, nella speranza che si decida a smettere di fare questo rumore infernale.
Ed è quello che succede, ma in un modo che non mi aspettavo.
“ Senti, Anya, ho tanto lavoro da fare e non ho tempo da perdere con te!” spiega alterato, abbandonando la sua postazione per raggiungerne un’altra, vicino a una cassetta degli attrezzi, in cui inizia a rovistare, senza un apparente senso.
“ Boris, sicuro di non voler parlar…”.
“Anya, oggi non sono dell’umore, quindi fatti gli affari tuoi e lasciami in pace”. Solo adesso si gira per guardarmi, ma solo per lanciarmi addosso queste parole pronunciate in un tono così duro che non gli ho mai sentito usare.
E rimango alquanto scettica di fronte a questa reazione, ma soprattutto perché è già la seconda volta che questa settimana mi viene suggerito, in modo poco carino, di farmi gli affari miei e, posso capire che me lo dica uno scorbutico come Hiwatari, ma Boris?
Cosa ho fatto di male?
È forse un reato preoccuparsi per qualcuno?
Mi sono persa in questi pensieri, senza accorgermi che Boris è tornato a colpire col suo stupido martello, lasciandomi qui con in mano il bicchiere di caffè ancora caldo, che mi pento di avergli portato.
Cosi lo poggio con risentimento in un angolo e me ne vado amareggiata, ripercorrendo a ritroso il cammino verso il luogo di lavoro, pensando e ripensando al fatto che gli uomini con cui ho a che fare siano solo un branco di stupidi egoisti senza un briciolo di sentimento.


***




“ Guarda a destra, adesso a sinistra” spiego puntando una lucina negli occhi ametista del paziente. “Come ti senti? Capogiri, vista appannata?” chiedo, investigativo, per controllare che fisicamente stia bene.
“Nulla di tutto questo” rivela, con serenità.
Perfetto. Quindi, dato che fisicamente non ha nessun problema, io direi di passare subito al piano emotivo.
“ E, invece, con Eva come va?”.
A questa domanda, chiude gli occhi ammiccando un sorriso. “Dunque non era un semplice controllo…” inizia a dire, rivelando il mio piano. E ahimè, sono stato scoperto e il mio sguardo si mostra colpevole.
Inizia a dondolarsi sulla sedia, sbuffando stancamente e indugiando nel dare una risposta alla mia semplice domanda.
“ Sta andando bene…” si limita a dire, non molto convinto e con aria vaga. Ma il mio sguardo serio su di lui, lo costringe ad abbandonarsi alle rivelazioni.
“ Ok, forse non va così bene” confessa, alzando le mani in segno di confessione.
E ancora non sono soddisfatto.
“ Ok, senza il forse…” ammette infine, arrendevole, intuendo di non poter riuscire ad abbindolarmi che le sue mezze frasi senza senso.
Finalmente. Lo ha ammesso, anche se ci è voluto un po’. Ma adesso arriva la parte più complicata: fargli ammettere il vero problema. E ci sarà da sudare, e tanto. Perciò l’ho fatto venire adesso. In realtà non sto lavorando, sono venuto nel mio studio con la scusa di studiare.
“ Ti ha detto perché l’ha fatto?” chiedo, usando un tono cauto, necessario per addentrarmi nella mente di Hiwatari.
“ Posso fumare?” domanda, invece, lui, ignorando ciò che ho detto.
“ No che non puoi fumare” asserisco categorico, provocando una smorfia di disappunto nel mio interlocutore, costretto a rimanere qui dentro con me.
“ Sì, me lo ha detto” racconta accigliandosi “e il motivo è più stupido di quanto immaginassi” aggiunge poi, leggermente stizzito.
Non credo abbia intenzione di raccontarmi ogni dettaglio e, di certo, non me lo aspetto da uno come lui, quindi andrò dritto al punto.
“ Kai, tu eri d’accordo nel volere quel bambino?”.
“ Non è mai esistito!” puntualizza amareggiato.
“ Lo so, ma…” come glielo spiego? “quando Eva ti ha annunciato di essere incinta, come l’hai presa?” torno a domandare, stavolta in modo più chiaro. Spero.
Alza lentamente gli occhi verso di me, fissandomi pensieroso. “Beh, cosa potevo fare? Di certo non me l’aspettavo, non così presto” ammette con sincerità. “ Non mi sentivo pronto, ma…”. Si blocca improvvisamente, distogliendo lo sguardo verso altre direzioni.
“ Ma cosa?” lo incito, curioso.
Dai Kai, stai per farcela. Sei andato bene, finora.
Giunge le mani sull’addome, muovendo nervosamente una gamba accavallata sull’altra. E’ come se si stesse trattenendo dal dire una cosa che per lui è difficile da ammettere.
Avevo preannunciato che ci sarebbe stato da sudare.
“ Kai…Ho visto la cameretta e la culla”. Queste parole bastano a riavere la sua attenzione su di me. “Tu volevi quel bambino, vero?”.
Sbuffa dal naso, mettendosi comodo sulla sedia con fare spazientito, e anche se questo atteggiamento mi fa intuire di aver centrato il punto della situazione, voglio comunque sentir proferire dalla sua bocca la verità.
Voglio che lo ammetta. Non di certo per compiacere me, ma per ammetterlo a sé stesso.
I miei occhi lo supplicano di farsi coraggio e parlare, spero non invano.
“ Volevo che le cose andassero diversamente stavolta” ammette, arrendevole,  ma restando comunque aggrappato al suo orgoglio.
Cosa che mi costringe a scavare ancora.
“ Ti riferisci ad Hope?”.
“Già…”.
Sto per fare l’ennesima domanda, ma, con mia gran sorpresa, è lui stesso a parlare.
“ Credevo fosse un’occasione per rimediare…” confessa, assorto nei suoi pensieri. “Stavolta ci sarei stato fin dall’inizio” conclude poi, amareggiato, giocherellando con un lembo della sua giacca.
Quindi, è come pensavo: lui voleva quel bambino.
“ Ti sei pentito di essere scappato da Hope?”.
“ Non lo so, ai tempo era tutto diverso” spiega, confuso.
Beh, in effetti, era molto diverso. Andavamo ancora a scuola e non volevamo di certo grandi responsabilità.
“ E’ per questo che ce l’hai tanto con Eva?” chiedo poi, volgendo il discorso sull’altro problema da risolvere.
“ Ce l’ho con lei perché è una stupida e si comporta ancora come un’adolescente viziata” asserisce con tono duro.
“ Forse avrà esagerato, ma… è forse da stupidi pretendere delle attenzioni?”.
Colpito.
Dalla sua espressione sorpresa, capisco di averci preso.
Non era difficile da capire in fondo. Li conosco fin troppo bene.
“ Non è questo il modo di farlo” ribatte duramente.
“ Lo so, non la giustifico, anzi! Ma se mi metto nei suoi panni capisco il suo bisogno di chiedere attenzioni e, ripeto, non giustifico quello ha fatto. Ma per arrivare a tal punto, vuol dire che era un gesto disperato!” spiego, cercando di essere il più chiaro possibile. “Avete avuto un incidente, siete arrabbiati l’uno con l’altro. Hai voluto che si sentisse in colpa e penso tu ci sia riuscito alla grande, ma arriva un momento in cui bisogna porsi dei limiti e sai di cosa parlo…” concludo poi, sperando intuisca senza bisogno di essere esplicito.
Conosco le sue brutte abitudini, come quella di uscire la sera e spassarsela allegramente senza sentir nessun rimorso.
“ Se la seduta è finita, io andrei…” dichiara, infine, alzandosi con fare seccato. “Ci vediamo, Ivanov” saluta poi, andandosene e lasciandomi qui a sperare che le mie parole non vengano buttate al vento. Ho messo da parte lo studio per parlare con lui, quindi spero di non aver sprecato fiato.
Perso in questi pensieri, vengo colto di sorpresa dal suono del mio smartphone che segnala l’arrivo di un messaggio.
È di Boris.
-    ty zanyat?
Rimango perplesso a fissare il testo di questo messaggio sul display.
Non capita spesso che Boris utilizzi la lingua russa per comunicare, il che mi fa insospettire parecchio.
Mi chiede se sono impegnato? Beh, in teoria dovrei studiare ma…
Sembra che un’altra anima inquieta abbia bisogno del mio consulto oggi.
Dovrei iniziare a farmi pagare o se ne approfitteranno troppo.



***




Diversamente dalle altre sera, sono tornato a casa abbastanza presto, tormentato dalle parole di Ivanov che non mi hanno permesso di rilassarmi e godermi la serata.
Rientro in casa, facendo il meno rumore possibile, ma passando davanti al salotto mi accorgo, nella semi oscurità, di una sagoma sdraiata sul divano: è Eva.
Mi avvicino a passo felpato per osservarla dormire come un sasso.
Si ostina ad aspettarmi ogni sera e detesto quando lo fa. Mi fa sentire controllato.
Lentamente la sollevo, cercando di scuoterla il meno possibile, aggrappandola a me per salire le scale, e arrivare sino in camera da letto.
“ Kai, sei tornato…” mormora nel sonno, circondandomi il collo, per tenersi meglio, ma continuando a dormire. Aiutandomi con un gomito, abbasso la maniglia, spingendo la porta per aprirla e poi mi avvicino al letto, adagiandola su di esso.
Assicuratomi che stia ancora dormendo, mi dirigo all’armadio per cambiarmi, andare in bagno e infine mettermi sul letto a pancia in su, con le mani dietro la nuca a fissare un punto fisso del soffitto per perdermi in strani pensieri, i quali vengono interrotti dall’avvicinarsi di Eva. Mi mette una mano sull’addome e posiziona la testa sul torace, continuando a dormire.
Rimango di sasso di fronte a questo gesto. Non sono pronto per un riavvicinamento, tuttavia, mi limito a sbuffare e tornare a fissare il punto del soffitto e riprendere il flusso di pensieri che avevo lasciato in sospeso.




***




Apro gli occhi e mi ritrovo sdraiata sul letto accanto a Kai, che sentendomi muovere, apre i suoi puntandoli al soffitto.
“ Kai”.
Forse non dovrei cantare vittoria, ma il fatto di trovarlo qui al mio risveglio mi sembra un segno positivo.
“ E’ bello trovarti qui al risveglio” affermo sorridente, abbracciandolo, nonostante lui rimanga rigido come una roccia. Ma non mi importa, per una volta, voglio bearmi della sua presenza. “Come mai sei qui?” chiedo poi, alzando la testa verso di lui, che a fatica stacca gli occhi dal soffitto per incrociarli, anche se per un istante, con i miei.
“ Non avevo molto fare” si limita a dire, atono.
Che si sia arreso? Il fatto che non sia ancora scappato mi fa pensare che forse ha abbassato l’ascia di guerra.
Accarezzo il suo petto, sorridendo dentro di me.
“ Mi fa piacere che tu sia qui” inizio a dire poi, avvicinandomi alla sua mascella serrata per poggiarvi le mie labbra.
Tuttavia, ciò non sembra suscitare in lui nessuna reazione. Rimane impassibile nella sua posizione, come se questo gesto non lo scalfisse. O quanto meno, finge abbastanza bene.
Decido di osare di più. E posiziono le mie labbra a pochi centimetri dalle sue. All’inizio sembra infastidito, ma io ignoro tutto ciò e gli scocco un bacio e poi un altro e un altro ancora, finché le sue labbra, sino ad allora rigide, si lasciano andare, facendosi trasportare dalle mie, in movimenti che diventano sempre più intensi e pieni di desiderio.
Mi è mancato così tanto.
Spero davvero che abbia messo da parte l’orgoglio e la rabbia e sia riuscito a perdonarmi.
Lo spero veramente.





***




Sciacquo il viso, lasciando scorrere l’acqua tiepida lungo tutto il corpo. Avevo bisogno di una doccia rigenerante.
Una volta uscito, indosso l’asciugamano intorno alla vita ed esco dal bagno, mentre con un altro asciugamano strofino i capelli umidi.
Eva sta rivestendosi e mi osserva sorridente, cercando la mia complicità. Ma faccio finta di non badare a lei e velocemente mi asciugo e mi rivesto anch’io.
“ Pranziamo insieme oggi?” propone, mal celando un certo timore nel fare una domanda così azzardata.
“ Non credo di avere tempo” rispondo in modo secco, prendendo il mio telefono per poi uscire dalla stanza.
Poco fa, per un momento, mi sono lasciato andare insieme a lei.
Non mi è dispiaciuto, ma non sono pronto a perdonarla del tutto.




***




Oggi è stata una giornata stressante e non vedevo l’ora di tornare a casa per fare una doccia calda e rilassarmi sul divano. Ho messo un film in tv, ma in realtà sto quasi tutto il tempo col cellulare in mano a chattare con Hilary, che continua a mandarmi foto dei suoi gemelli. Sono così teneri e paffutelli, che mi fanno avere nostalgia di Hope da piccola, quando la tenevo in braccio ed era un concentrato di morbidezza e tenerezza.
Rido tra me e me alla vista del video di Yuri mentre cambia un pannolino contenente una grossa sorpresa e lo getta con fare disgustato nella spazzatura, continuando a inveire contro la moglie di non voler essere ripreso dalla videocamera.
La mia attenzione, però, viene improvvisamente catturata da un rumore. Qualcuno ha appena bussato alla porta. Istintivamente controllo l’ora e mi insospettisco parecchio, dal momento che sono le dieci di sera ed io non aspetto nessuno.
“ Chi è?” chiedo a gran voce, avvicinandomi alla porta.
“Pizza” risponde una voce maschile, che mi suona familiare.
“ Non ho ordinato una pizza!” spiego, e insospettita guardo attraverso lo spioncino.
E come immaginavo, quella voce appartiene a Boris.
“ Posso entrare?” chiede, avvicinandosi allo spioncino, conscio del fatto che io stia guardando.
“ Va’ via, Boris!” ordino, con fare seccato.
“ Andiamo, Anya! La pizza si raffredderà!”.
“ Non m’importa” asserisco categorica.
Cosa vuole?
L’altro giorno mi ha trattata malissimo e adesso si presenta come se nulla fosse?
“ Sono sicuro che Hope vuole un po’ di pizza”.
“ Hope non c’è!” rivelo, uccidendo le sue false speranze.
Passano alcuni secondi di silenzio, durante i quali rimango ferma ad attendere una sua reazione.
“ Va bene, allora vuol dire che mi siederò qui, sul pianerottolo a mangiare in solitudine questa pizza prima che si raffreddi!” sento dire, avvertendo dei rumori strani.
Ma che sta facendo?
“Un tempo avevo un’amica, ma per colpa mia, l’ho persa…” dice canticchiando e la sua voce rimbomba prepotentemente all’interno della grande scala.
Oh mio dio. Non lo sta facendo veramente!
Porto gli occhi al cielo, sbuffando prima di decide di aprire la porta per farlo smettere.




***





Sono seduto sul pianerottolo, canticchiando melodie improvvisate e dopo qualche secondo, come previsto, si apre la porta da dove fa capolino la faccia incavolata di Anya.
“ Si può sapere che stai facendo?” sibila a bassa voce, guardandosi con circospezione intorno, probabilmente per vedere se ci sia qualcuno.
“Sto mangiando una pizza, ne vuoi un po’?” le propongo, porgendole un pezzo.
“No, non voglio la tua pizza e sei pregato di alzarti e andare via!” mormora minacciosa e a denti stretti, sporgendo la testa dallo stipite della porta.
“ Sono venuto in pace!” dico, alzandomi lentamente.
“ Non mi interessa! Sei stato molto chiaro l’altro giorno!” mi ricorda con tono pieno di rancore.
“ Senti, non ce l’avevo con te, non volevo dirti quelle cose” spiego, pentito.
“ E con chi ce l’avevi?” domanda investigativa, incrociando le mani al petto.
“ Se mi lasci entrare, te lo dirò” propongo, con aria di sfida.
“ Boris, è tardi e sono stanca…e se continui a stare qui, attirerai l’attenzione dei vicini, che già mi considerano strana, figurati se vedono te qui mentre canti e fai cose senza senso” confessa, con aria esausta.
In questi giorni non sono andato in caffetteria, perché ero troppo arrabbiato con me stesso, con la vita e con … beh, e non volevo vedere nessuno. Ma poi mi sono ricordato di quando è venuta Anya in officina e l’ho mandata via in quel modo senza una ragione, e mi sono sentito un po’ in colpa, soprattutto dopo aver parlato con Yuri del mio problema.
 “ Beh vuol dire che continuerò a fare cose strane, finché non mi farai entrare!” dichiaro con l’aria di chi non ha intenzione di arrendersi.
“ Che cosa vuol dire?” domanda, alzando un sopracciglio perplessa.


***



Ma è impazzito? Cosa vuole a quest’ora da me?
Secondo me è sotto l’effetto di pesanti droghe.
“ Vuol dire che potrei spogliarmi nudo qui, facendo uno spettacolino per gli inquilini” rivela con fare ammiccante.
“Non oseresti…” affermo, trattenendo una risata.
“ Tu pensi?” gli sento dire, mentre con un rapido gesto toglie la giacca, facendola cadere a terra, sotto il mio sguardo impassibile.
Davvero?
Tutto qui?
Io rientro.
Sto per rientrare e chiudere la porta, finché con la coda dell’occhio non noto che ha appena tolto la maglietta rimanendo a petto nudo.
Oh, oh…
“Smettila” sibilo in cagnesco, intimandogli di andar via e, contemporaneamente, osservandomi intorno nella speranza che nessuno stia spiando da dietro la porta questa scena imbarazzante, che lui trova divertente visto il modo in cui ride sotto i baffi.
“ Non c’è niente da ridere!” esclamo a bassa voce, prendendo l’indumento che mi ha tirato ai piedi, per lanciarglielo sulla sua faccia da schiaffi.
Ed ecco che le sue mani arrivano alla cintura e iniziano a slacciarla, il tutto accompagnato da movimenti strani del bacino.
Non ho il tempo di dirgliene quattro, poiché le mie orecchie avvertono un suono di passi che si fa sempre più vicino e mi segnalano che qualcuno sta per apparire da quella scala. E se fosse la signora con i bambini della porta accanto? O la signora di mezz’età vedova dell’appartamento di fronte? In entrambi i casi sarebbe una tragedia: mentre una cercherà di tappare gli occhi ai figli, la signora potrebbe avere uno svenimento o peggio, un attacco di cuore alla vista di un uomo mezzo nudo sul pianerottolo.
Con un gesto repentino, balzo fuori dalla porta e raccolgo i vestiti di Boris, intimandolo ad entrare immediatamente in casa.
“ Forza, sparisci dentro, su!” gli ordino a bassa voce, tirandolo per un braccio.
“ Ma non ho ancora finito lo spettacolo…”.
“ Entra subito o chiamo la polizia!” affermo categorica, puntandogli un dito minaccioso.
Alla parola polizia, sbarra gli occhi e ricomponendosi la cintura, corre in casa, seguita dalla sottoscritta che si chiude la porta alle spalle, sentendosi sollevata per il pericolo appena scampato.
“ Ma dico, ti sei bevuto il cervello?!”.
“ Ammettilo. È stato divertente” afferma, divertito, parandosi la faccia con le mani dopo avergli tirato i vestiti addosso.
“ Rivestiti e poi va’ via, per favore!” gli ordino, andando in salotto.



***




“Posso sapere cosa avevi l’altro giorno?” chiede Anya, addentando un pezzo di pizza.
Dopo avere mostrato la faccia da cane bastonato, ha ceduto ed ha accettato la mia offerta di pace. Ci siamo seduti in salotto, davanti alla tv a mangiare questa pizza ormai fredda.
“ Che ti prende?” sussegue a domandare, vedendomi perso in una dimensione parallela. “ Beh, se non ne vuoi parlare, non insisto”.
Sospiro, ingurgitando mezza bottiglia di birra prima di prender coraggio e parlare.
“ Ecco…”. Giro e rigiro questa bottiglia tra le mani, riflettendo se sia giusto raccontarle questa storia. “L’altro giorno è venuto un uomo nella mia officina, dicendo di essere mio padre”.
Silenzio.
Continuo a puntare gli occhi sullo schermo della tv, attendendo la successiva domanda di Anya.
“ Ed era veramente lui?”.
Che non tarda ad arrivare.
“ Purtroppo sì” rivelo, deglutendo un boccone amaro.
***



Suo padre?
“ Ma io pensavo fossi orfano, insomma…”. Non capisco. Non viveva con Yuri in un orfanotrofio in Russia? È quello che ho appreso da quel poco che mi ha raccontato Hilary di suo marito.
“ Beh, in teoria sì, sono finito lì perché non avevo più nessuno” racconta, rimanendo sul vago.
Dal suo strano atteggiamento, comprendo che deve essere difficile, per lui, parlare di questo. Il suo sguardo si è come …spento.
“Perché sei rimasto solo?” domando, incuriosita.
“ Perché mio padre mi ha…” deglutisce amareggiato, “…abbandonato” rivela, volgendo gli occhi verso di me. E in essi mi perdo, rimanendo turbata dalla sua confessione.
“ E sai perché lo ha fatto?”.
A questa domanda, un sorriso amaro si dipinge sul suo volto.
“ Lui ha scelto la cocaina a suo figlio, mi ha, letteralmente…venduto” confessa, mostrando un’espressione di sofferenza, che cerca di celare fingendo di bere dalla bottiglia un residuo di birra.
Sono sconvolta. E credo che sia palese, per il semplice fatto che non riesco a dire nulla.
“E’ una storia terribile, lo so” afferma sarcastico, come un gesto di autocommiserazione. “Ma…io l’ho superata, mi ci è voluto un po’, ma l’ho superata” ripete a dire, come per convincere se stesso di questa verità. “E poi, lui decide di comparire. Io speravo veramente che fosse morto di overdose, come mia madre…” rivela, senza un briciolo di sentimento.
Ah, dunque, la cocaina faceva parte integrante della famiglia Huznestov.
Bevo un bel sorso di birra, come gesto per aiutarmi a mandar giù tutto quello che, stasera, sto sentendo.
“…e invece no, eccolo qui, a far tornare a galla tutto lo schifo che ero riuscito a sotterrare nella memoria” conclude, parlando più a se stesso che a me. “Ti ho sconvolta abbastanza?” mi chiede poi, vedendomi troppo silenziosa.
“Giusto…un po’” confesso, cercando di apparire il meno turbata possibile.
“La tua sarà una famiglia normale e non sei abituata a tutto questo”.
Beh, a parte l’episodio in cui mio padre voleva uccidermi quando ha scoperto che ero incinta, sì, siamo una famiglia abbastanza normale.
“ E cosa vi siete detti?” domando, tornando alla sua stramba famiglia.
“Niente. L’ho mandato via e, sinceramente, non m’importa ciò che ha da dirmi. E’ troppo tardi per le spiegazioni” asserisce categorico.
“Secondo me dovresti, almeno, stare ad ascoltare ciò che ha da dirti. Se è venuto fin qui per cercarti ci sarà un motivo, no?”.
“Mi sembra di sentire Yuri…” mormora tra sé e sé. “No. Che vada al diavolo!”.
“Ascolta. Pensavo la stessa cosa quando Kai ha voluto conoscere Hope. Ho passati anni a ripetermi che questo non sarebbe mai successo, che mia figlia non avrebbe mai conosciuto il suo vero padre e guarda adesso: lei dorme a casa sua e io sono qui sola” gli spiego, citandomi come esempio tangibile. “Quindi, forse anche lui merita una seconda possibilità. Sarai tu a valutare, dopo aver sentito le sue ragioni, se ne varrà la pena”.
Trascorrono attimi di silenzio, durante i quali si osserva intorno con fare riflessivo, per infine, domandarmi “Nel tuo caso, ne è valsa la pena?” .





***

Sono appena ritornato a casa e passando dal vialetto mi accorgo di una macchina parcheggiata che mi sembra alquanto familiare.
È l’auto dei genitori di Eva.
Cazzo.
Non voglio incontrarli e interagire con loro. Potrei scappare, solo se quel cane non si fosse messo ad abbaiare e corrermi incontro, segnalando, con molta probabilità, il mio arrivo.
“Va via” dico, allontanandolo e intimandogli di andare a cuccia.
E che cazzo!
Deve sempre saltarmi addosso.
“Deve essere Kai…” sento dire da delle voci, provenienti dal salotto. E una volta passato di lì, ho davanti ai miei occhi il quartetto familiare degli Hernandez, papino compreso.
“I miei genitori sono passati per sapere come stiamo” mi spiega Eva, che con uno strano sorriso a trentadue denti, mi raggiunge per scoccarmi un bacio.
Rimango perplesso di fronte a questo atteggiamento. Credo stia fingendo di essere felice per non destare sospetti nei suoi genitori.
“I miei resteranno a cena!” annuncia, festante.
Fantastico, avremo i suoceri a cena.
Ho il voltastomaco per la felicità.






La cena inizia alle ventuno. Di mio malgrado, mi sono sentito costretto dalle circostanze a rimanere.
Mentre loro parlano e chiacchierano continuamente, io creo intorno a me una specie di campana invisibile che mi isola dal resto dei commensali, finché essa non viene distrutta dalle parole del signor Hernandez.
“ Kai, ho visto che non hai toccato il bicchiere di vino, insolito da parte tua, forse il fatto di avere attentato alla vita di mia figlia e del mio futuro nipote ti ha dato un briciolo di responsabilità…”.
Queste parole arrivano taglienti alle mie orecchie e mi costringono a deglutire con forza ciò che stavo mangiando e contare fino a tre prima di rispondergli poco educatamente.
Ma è Eva ad intervenire per prima.
“ Kai sta prendendo dei farmaci, per questo non ha bevuto” spiega, con aria di rimprovero rivolta al padre.
“Beh il lupo perde il pelo ma non il vizio” mormora in tono provocante lui, bevendo dal suo calice.
Ok, adesso mi sono rotto.
Serro la mascella nervosamente e arrivato a contare fino a tre, decido di aprire bocca.
“Forse sua figlia dovrebbe raccontarle una cosa” inizio a dire, fissando mia moglie con astio. “Non è vero, Eva?”.
A queste parole il suo viso cambia colore e sentendosi addosso gli occhi di tutti, inizia a innervosirsi.
“Cosa devi dirci, Eva?” chiede, curiosa, la madre.
Gli occhi di Eva vorrebbero incenerirmi, saettano da un viso all’altro, alla ricerca di una via di fuga.
Sono stanco di prendermi tutte le colpe.
Adesso è il momento della verità.
“ Se non lo fai tu, lo faccio io” suggerisco, per intimorirla ancor di più.
“Tesoro, cosa ci devi dire?”. È ancora la madre a rivolgerle questa domanda.
Dal momento che la sua bocca, per la prima volta, sembra essersi paralizzata, sarò io a rivelare tutto.
“Eva non è mai stata incinta” dichiaro, con tono serio, provocando lo sgomento nei due genitori qui presenti.
“Cosa vuol dire, Eva?”.
“Di cosa sta parlando, Kai?”.
Le domande sono tutte rivolte a lei, ma, ancora una volta mi ritrovo a dover rispondere io.
“Ha mentito a me, a voi e a tutti quanti. Ci ha fatto credere, come perfetti imbecilli, che lei aspettasse un bambino” concludo amareggiato, gettando il tovagliolo di stoffa sul tavolo, per poi alzarmi e abbandonare la stanza.
Troppo facile prendersela con Hiwatari. Danno per scontato che la colpa di tutto sia mia e sono stanco di questa storia. Almeno, così, si renderanno conto che la loro amata figlia non è così perfetta come hanno sempre pensato.



Più tardi…



“Non avevi il diritto di dire quelle cose ai miei!” mi urla infuriata Eva, piangendo.
“ E invece sì, perché sono stanco delle battute sprezzanti di tuo padre!” urlo a mia volta, calcando la tensione.
“ Ma io ti stavo difendendo, dicendogli dei farmaci!” ribatte duramente.
“No, Eva, tu stavi solo difendendo te stessa!” controbatto io, con un urlo che la fa tacere all’istante e a trattenere i singhiozzi causati dal pianto. “Era questo il tuo fantastico piano per sistemare le cose?! Mentire ancora, facendo apparire me come l’assassino di un bambino mai esistito?”.
“Ma cosa stai dicendo?”.
“ Sto dicendo la verità. E sono stanco di tutta questa storia!” rivelo, al limite della stanchezza.
“ Io pensavo che le cose fossero tornate come prima, che mi avessi perdonata!” esclama, confusa.
La mia risata stizzita ha già dato la risposta “Davvero? Davvero pensavi che le cose sarebbero tornate come prima?”.
La sua espressione confusa sembra pretendere ulteriori spiegazioni.
Bene, Hernandez, te lo spiegherò con un esempio pratico.
Mi avvicino al tavolo dei liquori e prendo in mano un bicchiere…”Lo vedi questo?” domando, in tono serio, tenendo quell’oggetto sospeso a mezz’aria davanti ai suoi occhi perplessi.
Il bicchiere scivola dalle mie dita, cadendo a terra e frantumandosi in mille pezzi.
“ Si è rotto. Adesso ho due opzioni. Posso raccoglierne i pezzi e provare a sistemarlo, pur sapendo che non sarà più come prima, oppure…”. Seguono attimi di esitazione. “posso fregarmene e comprarne uno nuovo. Cosa credi che sceglierebbe Hiwatari?” domando, con aria minacciosa.
“Mi stai paragonando a qualcosa da buttare via?” chiede, con un tono tra l’incredulo e l’arrabbiato.
“Sto dicendo… che io non perdo tempo a sistemare una cosa per cui non vale la pena” dichiaro in tono conclusivo, facendo qualche passo all’indietro, per poi voltare i tacchi e andarmene.
Mi era balenata l’idea, dopo la conversazione con Yuri, di rimettere piano piano le cose a posto. Ma dopo questa sera mi sono reso conto che forse non ne vale poi così tanto la pena.











Ciao a tutti quanti!
Rieccomi qui, e incredibilmente a poca distanza di tempo dall’ultimo aggiornamento.
Ero troppo ansiosa di continuare a scrivere il proseguimento di questo pasticcio ed eccolo qui.
Ho paura a chiedervi cosa ne pensate XD
Come anticipato, in questo capitolo Yuri ha cercato di insinuarsi nella mente di Hiwatari per cercare di psicanalizzarlo. E, in sintesi, Kai si era abituato all’idea di avere un secondo bambino, stavolta, cercando di essere presente fin dall’inizio, a differenza di quanto era successo col primo.
Povero, dai.
Voleva darsi una seconda possibilità, in fondo.
Poi ho inserito la storia di Boris (non so come mi sia venuto in mente, ma vabe XD ho voluto inserirla). Riappare il padre che a quanto si narra lo ha abbandonato da piccolo. Darà a quest’uomo la possibilità di parlare? Lo vedremo.
Ho inserito delle frasi in russo e ci tengo a precisare che non so una cippa di russo, quindi ho utilizzato Mr Google Traduttore XD e il fatto che non ci sia la traduzione è fatto apposta per confondervi XD
E infine, a parte quella specie di spogliarello di Boris, che ho messo per spezzare la tensione, ho concluso il capitolo con l’ennesima tragedia a casa Hiwatari.
Per poco non ci scappava un morto. Il suocero probabilmente non ci tiene alla sua pelle, continua a punzecchiare il genero e boom, Kai esplode, anche se ho evitato  un incontro di wrestling, ma Kai se l’è giocata d’astuzia, svelando la menzogna di Eva.
Ok, non so nemmeno io cosa ho scritto e detto, ma vabbe, spero mi facciate sapere cosa ne pensate.
Nel prossimo capitolo succederà una cosa strana XD povera Anya. Ci va di mezzo sempre lei. Non vi anticipo nulla, però :P
Un immenso grazie va a voi tutti che siete giunti fin qui a leggere.
E un grazie in particolare va a coloro che si prendono del tempo per lasciare una recensione.
Un bacio e a presto :**

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Capitolo 47
*** Prova a non perdere il controllo ***















“Priviet, Boriska”, saluta una voce alle mie spalle.

Sono impegnato, a capo chino, a montare dei pezzi di un aggeggio con un cacciavite e al suono di queste parole i miei movimenti iniziano a rallentare.
È tornato.
Di nuovo.
Prendo un respiro profondo e chiudo gli occhi un istante, prima di girarmi verso di lui e chiedere con aria minacciosa:
“Cosa vuoi?”, senza però scompormi più di tanto.
Lo vedo qui di fronte a me, rigido nella sua posizione, mentre stringe un pugno, come per farsi coraggio e prendere parola.
“Voglio parlare” esordisce, aspettando con ansia la mia reazione.
“Vuoi parlare?” ripeto, avvicinandomi a lui con aria ostile. Sul serio? “E sentiamo, cosa devi dirmi?” pronuncio a pochi centimetri dal suo volto.
Questo contatto ravvicinato mi consente di notare le rughe sul suo viso, segno del passare degli anni. Lo ricordavo molto diverso e, forse, è per questo che non l’ho riconosciuto subito.
“Mne zhal', Boriska”. Queste semplici parole escono come un soffio dalle sue rigide labbra e mi fanno subito pentire di avergli dato l’occasione di dirle.
“Ti…dispiace?”. Ho capito bene? Sorrido con aria stizzita tra me e me, scuotendo la testa e portando gli occhi al cielo. Mi allontano lentamente, massaggiandomi il centro della fronte, come a voler reprimere tutte quelle vocine che, nella mia mente, stanno lottando per far emergere la parte peggiore di me. Per fortuna, però, un altro profondo respiro mi aiuta a portare ossigeno al cervello e reprimerle. Dopo alcuni secondi riesco a destarmi da questo stato confusionale e mi rigiro verso di lui, fissandolo di traverso.
“E sentiamo, per cosa ti dispiace?” . Incrocio le braccia al petto, poggio il sedere sul bordo del tavolo per mettermi comodo e attendere, con impazienza, le sue argomentazioni.
“Di tutto…” riesce a dire, sforzandosi nel parlare in una lingua a lui estranea.
“Troppo generico, non credi?” puntualizzo, con aria seccata.
Ecco che il suo petto si gonfia e le sue mani entrano nelle tasche della giacca di pelle, per trovare appiglio in qualcosa, o probabilmente, questo gesto esprime la sua voglia di nascondersi sottoterra dalla vergogna.
“Per avere abbandonato te” confessa, con tono mesto, mentre io volgo lo sguardo altrove, stringo i denti e indurisco la mascella, cercando di contenere la rabbia.
“Io…” aggiunge poi, alla ricerca delle parole giuste “sofferto molto questa decisione”. Non gli credo alle sue paole e il mio sguardo glielo sta comunicando. “Ho dovuto fare questo” si giustifica, amareggiato. “Io…mai dimenticato di te”. Ok, adesso abbasso la testa per trattenere una risata di sfottimento. È ridicolo! Sarebbe più saggio fermarsi e non aggiungere altre cazzate. Tuttavia, voglio vedere fin dove è disposto ad arrivare ed attenderò qualche attimo prima di esplodere. “Io stato in carcere e pentito per tutto. A capire miei errori”. Quindi il carcere l’avrebbe aiutato a capire che razza di uomo schifoso è veramente?. “E io venuto qui per cercarti e avere tuo perdono…” conclude poi, con tono sommesso e da ciò intuisco che il suo discorso è giunto a conclusione.
Sono commosso, veramente.
“Ti ci sono voluti quasi vent’anni per capire questo?” domando in tono sarcastico, al limite dell’incredulità. “ Tu vieni qui, dopo anni, per chiedere il mio perdono?”. Senza rendermi conto mi sono avvicinato a lui per guardarlo dritto negli occhi. “ Hai idea… di quello che ho passato da quel maledetto giorno? Quando, senza un minimo di scrupolo, mi hai usato come merce di scambio?” sibilo con rabbia, avvicinandomi sempre di più al suo volto, che, ad ogni parola vomitatagli addosso, chiude ritmicamente gli occhi.
La tensione nell’aria è quasi palpabile.
Sento pulsare la rabbia nelle vene e il cuore, in petto, mi martella in un ritmo sempre più crescente, fino a sentirlo in gola.
“Hai una vaga idea di quello che ho passato in quella sottospecie di monastero?! Hai idea di quello che ho subito?”. Digrigno i denti sempre di più, facendo persino fatica a pronunciar chiaramente le parole. Penso che non reggerò a lungo tutte queste emozioni. Mi sento strano, e perciò decido di allontanarmi per sfogare la rabbia dando un pugno sul tavolo con tutta la forza che ho, facendo scuotere i vari oggetti violentemente “No che non lo sai!”.
Porto le mani ai capelli, cercando in tutti i modi di regolarizzare il respiro e il battito.
Controllati, Boris, mi ripeto mentalmente.
Ma i ricordi riaffiorano prepotentemente  alla mente, facendomi rivivere, in sequenza, momenti della mia vita che avevo sepolto nella memoria. E fanno male.
“ Nessuno mi ha mai adottato…” rivelo, inghiottendo un boccone amaro. “ Perché ero troppo grande e tutti preferivano i bambini di pochi mesi. Nessuno… voleva il figlio di un drogato. Troppo problematico da gestire…”.
Abbasso la testa e chiudo gli occhi, prendendo un ultimo e profondo respiro.
“ Sono cresciuto da solo” dico, poi, incrociando quegli occhi. “Tutto ciò che ho fatto, tutto ciò che ho oggi” continuo a dire con risentimento, puntando un dito verso una direzione ignota “l’ho ottenuto da solo! Devo tutto a me stesso e non ho bisogno di nessuno, tantomeno di te! Sinceramente, non so che farmene delle tue scuse! Non ti conosco e non voglio conoscerti…” puntualizzo con serietà. “Quindi, così come sei venuto, te ne vai e non farti più vedere!” concludo categorico, svuotando, finalmente, tutto quello che per anni ho tenuto dentro.
Detto questo, gli rivolgo un’ultima occhiata piena di odio e gli giro le spalle, tornando al mio lavoro, come segnale che questa conversazione è giunta alla sua tragica fine.
Tuttavia, nonostante io cerchi di ignorare la sua presenza, fingendomi indaffarato ad armeggiare con un cacciavite, lui rimane ancora lì per un tempo che mi sembra indefinito.
Credo di essere stato abbastanza chiaro e non ho intenzione di ripeterglielo un’altra volta, perché non mi limiterei a utilizzare solo le parole.
“Boriska…”.
Ancora con questo nome del cazzo!
Stringo i denti, usando tutta la forza che ho per stringere questa maledetta vite.
“Sono comunque contento di averti visto…”. Wow, ad un tratto sembra conoscere la nostra lingua o forse sta iniziando parlando in russo e non ci sto capendo più un cazzo nella mia testa. Maledetta vite! Con un gesto repentino cambio arnese, nella speranza di riuscirci. Ma vedo tutto sfocato e non riesco a vedere bene.

“…E che sei diventato una persona migliore rispetto a me! So di non meritare il tuo perdono, ma spero che un giorno riuscirai a farlo e magari potremo parlare un po’. Ci sono delle cose che vorrei raccontarti. Io ho…mi sono sposato qualche anno fa e…ho avuto un bambino. Mi piacerebbe che lo conoscessi. Lui sa di te e gli farebbe piacere conoscerti. Se un giorno dovessi cambiare idea, questo è il mio numero e il mio indirizzo a Mosca. Non so se tornerai mai, ma voglio almeno sperarci”.

Fanculo, non ci riesco, non riesco a vedere un cazzo. Con un gesto del polso asciugo il naso da cui sembrano fuoriuscire gocce di acqua salata. Avverto un gran dolore all’altezza della gola e mi è difficile persino deglutire.

“ Ti auguro buona fortuna, Boriska. Addio”.

Queste sono state le ultime parole di mio padre, prima di uscire dall’officina. Il rumore dei suoi passi risuona nella mia mente, facendo riaffiorare immagini del passato che sembrano ancora vivide nella memoria.

Mi trascinava lungo le gelide vie della periferia di Mosca. Volevo tornare a casa, ma lui mi costringeva a camminare, dicendomi di smetterla di dimenarmi per non attirare l’attenzione dei passanti. Poi, giunti a un vicolo buio, ci fermammo. Alzai gli occhi e vidi altre persone a cui mi consegnò. Non volevo abbandonare la sua mano, ma la sua lasciò facilmente la mia. E lo vidi andarsene, senza mai voltarsi, anche solo per salutarmi o guardarmi un’ultima volta. Io rimasi a fissare la sua figura svanire, richiamandolo una, due e forse chissà quante volte. Ma non si voltò mai.

“Hey”.

Una mano si poggia sulla mia schiena, facendomi ripiombare improvvisamente nella realtà.





***








“ Boris, tu stai…”.
Ero venuta in officina con la scusa di portargli un caffè, ma mi sono dovuta fermare notando la presenza di un altro uomo con cui Boris parlava animatamente. E così ho capito che era lui: suo padre. Sono rimasta in silenzio fuori ad origliare ciò che si dicevano, anche se è stato difficile capire tutto. Soprattutto le ultime frasi, dette in russo, da quell’uomo. Non ne ho capito il significato, ma avevano tutta l’aria di essere un addio. Una volta andato via e assicuratami che fosse rimasto solo, ho deciso di entrare. Sembrava perso in chissà quali pensieri, tanto da non essersi accorto del mio arrivo e, delicatamente, gli ho messo una mano sulla schiena.
“ Boris…tu stai piangendo” affermo, osservandolo sconvolta.
“No” nega, dandomi subito le spalle. “E’ solo allergia”, inventa, con tono di voce strano. “Cazzo…” lo sento imprecare a bassa voce, asciugandosi il viso con un lembo della maglietta.
Sorrido tra me e me, osservandolo questa scena.
“ Boris, non devi vergognarti” lo tranquillizzo, strofinandogli una mano sulla schiena, come a farlo calmare.
“Te l’ho detto, è l’allergia” ripete a dire, girandosi di nuovo, dall’altra parte.
“ Ok, ok” affermo arrendevole, portando gli occhi al cielo.
Decide di sedersi a terra, con schiena poggiata al muro, muovendo gli occhi, in modo da auto-costringersi a non piangere. Cioè, voglio dire, per non permettere all’allergia di far uscire lacrime dai suoi occhi.
“ E sentiamo…” inizio a dire, poggiando le ginocchia a terra per posizionarmi di fronte a lui. “ A cosa sei allergico?” domando, muovendo la testa in modo da costringerlo a incrociare il mio sguardo.
“ Ai rapporti familiari” confessa, abbozzando una risata.
“ Capisco…” mi limito a dire, abbassando gli occhi.
Ho sentito la maggior parte delle cose che si sono detti e capisco che deve essere stato difficile affrontare una situazione del genere.
“Mi sento così ridicolo” ammette, cercando di nascondere l’imbarazzo.
“Non sei ridicolo, sei solo umano” gli spiego, sorridendo e accarezzandogli una gote.
“ Preferirei che non dicessi agli altri…”.
“ Della tua allergia, lo so” intervengo prontamente a completare la sua frase, consapevole di ciò che stava per chiedere.
Tranquillo, non dirò ai tuoi amichetti che Boris Huznestov ha pianto.
È strano vedere in questo stato un ragazzo come lui, all’apparenza, emotivamente inscalfibile.
Da quando è riapparso suo padre, si è comportato in maniera diversa, è diventato emotivamente instabile. Fino a pochi minuti fa era così arrabbiato che sembrava volesse esplodere e adesso, eccolo qui, seduto a terra nella sua officina con gli occhi arrossati, ad asciugarsi il viso con la maglietta.
Per la prima volta, Boris riesce a trasmettermi una gran tenerezza, lo ammetto. Sembra come un grande orso bisognoso di affetto, seppur si ostini a non ammetterlo. Sono sicura che in questo momento il suo orgoglio sia stato gravemente ferito dalla mia presenza. Insomma, uno come lui che piange davanti ad una ragazza? Tzè. Giammai!
“Non devi vergognarti, ok? Quante volte hai visto piangere la sottoscritta?” gli ricordo, sorridente.
“Ma tu sei una donna”. Ecco, come immaginavo: l’orgoglio dell’uomo che non deve mai mostrarsi debole di fronte agli altri.
“Boris, hai vissuto così tante emozioni contrastanti in questi giorni, che alla fine il tuo corpo ha ceduto” spiego, sotto il suo sguardo scettico, cercando di fargli capire che è un essere umano e, in quanto tale, prova delle emozioni. “Su forza, vieni” dico, aprendo le braccia e incoraggiandolo ad avvicinarsi.
“Che cosa vuoi fare?” domanda, fissandomi storto.
“Voglio abbracciarti”.
“Perché?” chiede perplesso, pulendosi le ultime gocce sul viso.
“Perché dopo ti sentirai meglio, vedrai!”.
Dopo attimi di esitazione, stacca la sua schiena dalla parete e si avvicina a me, che con un gesto lento, ma deciso, circondo, con le mie braccia, il suo corpo rigido.
Ok, ammetto che è imbarazzante, ma voglio fargli provare, almeno una volta, il calore di un abbraccio, vero e sincero.
“In teoria, dovresti ricambiare” gli spiego, suggerendogli implicitamente di rilassarsi.
Sembra di abbracciare una statua di marmo gelido.




***





Ok, gente. Tutto ciò mi mette a disagio.
Sento il corpo di Anya a contatto col mio e le sue braccia lo circondano totalmente.
È stato già imbarazzante farsi scoprire mentre, ahimè, piagnucolavo, e adesso mi pento di aver accettato questa bizzarra richiesta.
Sento la sua mano accarezzarmi la schiena, provocandomi alcuni brividi e devo ammettere che non è male. È quasi piacevole. Lentamente rilasso il corpo, affondando il mento nell’incavo della sua spalla, respirando il suo profumo. Poi alzo le mani, giungendole dietro la sua schiena.
“ Boris, mi dispiace per ciò che hai passato” rivela in un sussurro, alludendo probabilmente  alla vicenda di mio padre. “Tu sei migliore di quanto pensi”. E queste parole mi fanno desiderare ancor di più quest’abbraccio.
Passano alcuni minuti che sembrano durare un’eternità, durante i quali mi perdo nel flusso dei miei pensieri.
Si è fatto una famiglia e ha avuto un figlio. Perché è venuto a dirmelo? Crede che me ne importi qualcosa? Come può uno come lui badare a un altro essere umano? E cosa pretende? Che vada a trovarlo e instaurare rapporti con la famiglia che mi è stata sempre negata?
Non ho bisogno di tutto questo.
Ho la mia vita, le mie strambe abitudini.
Ma sto bene, anche da solo.
Beh, in realtà non sono proprio solo.

“ Bene, adesso puoi lasciarmi” le sento dire, ma io sono troppo impegnato a vivere alcuni ricordi per darle ascolto.

Yuri, Kai, a loro modo, mi sono sempre stati vicini e ci siamo sempre aiutati l’uno con l’altro.
Sono quasi come una famiglia per me. E adesso, a questa strana famiglia, si sono aggiunte Hilary, Anya e dei piccoli marmocchi.  Ed Eva, anche se da un po’ di tempo il nostro rapporto non è più come prima.

“ Boris?” mi richiama, in tono preoccupato, dal momento che non mi decido a mollare la presa, nonostante una sua certa resistenza.

Sono contento così.
Non ho bisogno di un padre come lui. E poi cosa pretende? Che ci vediamo nelle riunioni familiari a Natale e Capodanno come se niente fosse?
Nah.
Non sono pronto a questo.

“ Boris!”.
“ Che c’è? Ancora un po’, non è così male!” confesso, ridendo.
“ Penso che possa bastare” puntualizza lei, contrariata.
E va bene, Sarizawa.
Come ordinatomi, la lascio andare, sorridendo tra me e me.
“ Ti senti meglio adesso?” domanda, apprensiva.
“Beh, un po’…” affermo, facendo spallucce.
“Cavoli, io devo andare o Dana mi ucciderà!” si ricorda improvvisamente, alzandosi di scatto, sotto il mio sguardo divertito. “ Ti mando un messaggio più tardi, ciaoooo!” saluta, andandosene via di corsa e lasciandomi qui seduto, all’inizio sorridendo al pensiero che Dana la aspetti col machete in mano in caffetteria, poi però, il ricordo di ciò che è successo prima mi costringe a tornare serio.
Lascio cadere pesantemente la schiena sulla parete, espirando sonoramente e fissando punti indefiniti del soffitto.
Si è riportata il mio caffè.






***






“Ok, scusami, scusami, scusami!” dico pentita, a una Dana che mi fissa in modo terribile.
“Da domani, il signorino Boris è pregato di portare le sue chiappe qui se vuole il suo caffè, perché tu non uscirai più!” sentenzia categorica.
“Hai ragione, ma ho perso tempo perché…”.
“ Non mi interessano le tue scuse!” ribatte acidamente. “Oh, perfetto, ci sono altre visite per te, Anya!” aggiunge poi, puntando gli occhi verso un punto alle mie spalle.
“ Cosa vuoi dire?” chiedo interrogativa, voltandomi nella direzione interessata. “Che ci fa qui?” dico tra me e me, vedendo entrare in caffetteria Eva.
“ Non lo so, ma sono sicura che ti farà perdere altro tempo!” esclama seccata, tornandosene a passi da gigante in cucina.
“Sarizawa, posso rubarti qualche minuto?”.
Rimango scettica di fronte a questa richiesta. Cosa vuole da me?
“Sì, certo!” rispondo titubante, invitandola con un gesto della mano a sedersi. “Di cosa vuoi parlarmi?” chiedo, consigliandole di andare dritta al sodo.
Lei abbassa gli occhi, abbozzando uno mezzo sorriso. “Riesci a incantare tutti vero?” esordisce poi, con voce seria a profonda.
Non capisco.
“In che senso?” chiedo, perplessa, inarcando un sopracciglio.
“Con la tua commedia della ragazza madre abbandonata…” aggiunge.
“Si può sapere di cosa stai parlando?”. Inizio a seccarmi di queste sue mezze frasi.
“Prima Kai, poi Rai, adesso Boris…”.
“ Eva, parla chiaramente!” le suggerisco con tono duro.
“Perché hai tenuto quel bambino? Non sarebbe stato più facile abortire e fare finta che tu e Kai non foste mai andati a letto?”.
Ma che razza di domande sono mai queste? Ma come si permette?
“Non osare mai più dire una cosa del genere! È vero, sarebbe stato tutto più facile, ma io non avrei mai abortito! E poi come puoi parlare di aborto proprio tu, che hai appena perso il bambino dopo l’incidente!” sottolineo volutamente. Sono allibita dalle sue parole e lei sembra contrariata dalle mie, visto il modo in cui mi osserva adesso, come se non avevo il diritto di citare in causa questo argomento. Beh, neanche lei ne aveva il diritto, a dirla tutta.
Stringe le labbra, volgendo lo sguardo altrove.
“Io…”. Adesso chiude gli occhi, prendendo un respiro “Non ero incinta, ho mentito a Kai e adesso mi odia!” rivela d’un tratto, mostrandosi colpevole, ma cercando di mantenere alto il suo orgoglio, come se dire queste parole le fosse costato non poco.
Lei non era incinta? Ha mentito a Kai?
Questo vuol dire che non ha perso nessun bambino in seguito all’incidente!
Sono allibita…
Non ho il tempo, però, di aprire bocca per esprimere il mio pensiero, perché è lei stessa a porre le mani avanti in segno di colpevolezza.
“Lo so, crudele da parte mia! Ma ho dovuto mentire per avvicinare Kai a me!” spiega portandosi una mano al petto, con espressione accigliata. “Da quando siete apparse, tu e quella bambina, avete rovinato tutto e immagino che puoi capirlo, visto che Rai ti ha lasciato per colpa di Kai e della sua ossessione nel toglierti quella bambina!”.
È vero. In fondo, è andata così.
“Se tu non avessi tenuto quel bambino, tutto questo non sarebbe successo. Tu staresti ancora con Rai e io con Kai”.
Cosa significa? Lei e Kai non stanno più insieme?
“E’ vero, ci siamo sposati e credevo che col matrimonio Kai Hiwatari volesse dimostrarmi quanto ci tenesse a me e che le cose sarebbero cambiate! Che stupida!” aggiunge sorridendo amareggiata. “Saresti dovuta sparire insieme a quella bambina, ma…”.
Le sue parole arrivano alle mie orecchie come lame taglienti.
Non riesco a muovere ciglio, se non a rimanere qui inerme di fronte a lei ad ascoltare, sconvolta, quelle parole velenose che escono dalla sua bocca.
 “Ma capisco che, adesso che Rai è andato via e devi badare da sola a tua figlia, stai sfruttando la situazione a tuo vantaggio… Kai ti ha intestato un conto corrente dove ti versa una bella somma al mese. Geniale, oserei dire!” asserisce con sarcasmo, beccandosi un’occhiata arcigna dalla sottoscritta che, pian piano, sta intuendo dove lei voglia arrivare.
“Ti presenti con la bambina, fingendoti arrabbiata con il padre per averla abbandonata, lui si pente e per pulirsi la coscienza, ti versa dei soldi e puff!! Ad un tratto tu cominci ad essere gentile e lasciargli vedere la figlia. Ottimo piano, Sarizawa!” si complimenta, imitando un applauso.
“Io non volevo quei soldi!” spiego, alterata.
“Oh, sì, come no!” ribadisce lei a mo’ di beffa.
“E’ stato lui ad insistere nel darmeli e alla fine ho dovuto accettare!” continuo a ribattere duramente. Io non volevo quei soldi e non glieli ho chiesti io, è la verità.
“Povera Sarizawa! Costretta ad accettare dei soldi per riuscire a sopravvivere e ripagando questa generosità, probabilmente, con favori sessuali!”.
Ma come si permette?
Mi alzo di scatto, fissandola in modo terribile, sotto il suo ghigno malvagio, che esprime la sua soddisfazione nell’avermi offesa in questo modo insensato.
“Beh, almeno io non devo fingere una gravidanza per elemosinare le attenzioni di mio marito!” puntualizzo acidamente, esprimendo tutta l’avversione che provo nei suoi confronti.
Al suono di questa frase, sbarra gli occhi e si alza di scatto fissandomi con astio.





***



“Ma Anya non ti ha appena portato il caffè in officina?” domanda alterata Dana.
“ Sì, ma poi se l’è riportato come una sbadata!” spiego per la seconda volta. “A proposito, dov’è?” chiedo poi, puntando gli occhi in punti diversi del locale.
“ è laggiù a parlare con quella testa bionda!” dice, indicandomi il punto dove guardare.
“Ma quella è Eva! Che ci fa qui?” chiedo stranito.
“Non lo so, ma sta perdendo molto tempo a parlare!”.
Improvvisamente un forte rumore, provocato dallo sfregare di una sedia sul pavimento, mi costringe a staccare gli occhi dal cellulare per fissare il punto interessato. È stata Anya a provocare questo rumore acuto e terribile. Che le prende? È in piedi a fissare accigliata la bionda, che due secondi dopo, decide di alzarsi, tirando indietro la sedia e provocando, per la seconda volta, questo rumore fastidioso.
Che hanno queste due? Non riesco a sentire ciò che si stanno dicendo, ma, a giudicare dalle loro facce, non devono essere parole belle e…oh cazzo, Eva ha appena alzato una mano in direzione della faccia di Anya.
“Anya!” grida Dana, correndo verso di lei per soccorrerla, seguita da me che, nella furia di alzarmi, lascio cadere indietro lo sgabello.
Ma che sta succedendo??




***



La mia mano freme ancora dalla rabbia. È attraversata da un forte formicolio dovuto all’impatto con la faccia di Anya, che adesso, si copre il volto, con espressione dolorante.
“Ma sei impazzita?” mi urla in faccia l’altra cameriera, venuta a soccorrerla.
“Ma che cazzo fai?” dice una voce alle mie spalle, e due secondi dopo vengo presa con forza per un polso e strattonata più in là.
“Boris, lasciami!” gli ordino, dimenandomi per costringerlo a lasciare il mio polso.
“Si può sapere perché lo hai fatto?” domanda furente, osservando da lontano la sua nuova amica, ancora troppo sconvolta per reagire.
“Lasciami subito!” sibilo a denti stretti, notando solo adesso, che tutti, all’interno del locale hanno gli occhi addosso su di noi.
Mi sono fatta prendere dalla rabbia a causa delle sue parole e non ho resistito nel darle quello che si meritava da tanto tempo: uno schiaffo.
“Tu adesso vieni con me!” asserisce autoritario, trascinandomi fuori dalla caffetteria.
“Boris, lasciami immediatamente o chiamo Kai!”.
“Oh, oh, è proprio da lui che stiamo andando!” annuncia a gran voce.
Cosa?








***




Sono nel mio ufficio, seduto alla scrivania a leggere e rispondere ad alcune email di lavoro.
Improvvisamente le mie orecchie avvertono degli strani rumori provenire da fuori, oltre la porta, e dopo alcuni secondi questa si apre, dando spazio alla figura di Boris che tiene per il polso Eva. Lei  immediatamente si libera dalla presa, massaggiandosi il polso dolorante.
“Si può sapere che sta succedendo?” chiedo perplesso, fissando prima l’uno e poi l’altra.
“Dovresti tenerla al guinzaglio!” esordisce Boris, guardandola in cagnesco.
“Quanto la fai lunga!” ribatte lei.
Mi alzo, per mettermi in mezzo tra i due, pretendendo delle spiegazioni.
“Si può sapere che diavolo succede?” chiedo autoritario, ponendo fine ai loro battibecchi.
 “Ha dato uno schiaffo ad Anya!” rivela, infine, Boris.
“Cosa?” dico incredulo, voltandomi istantaneamente verso Eva, che si limita ad arricciare le labbra e fissare altrove.
“Le ha stampato cinque dita in faccia!” aggiunge poi.
“Ma se non l’ho neanche sfiorata!” si difende lei, serrando i pugni.
Io non ci sto capendo più niente.
“E’ la verità?” chiedo io, incredulo.
Ma non ho di nuovo risposta, perché Boris continua a parlare.
“Certo che è la verità, …”.
“Puoi andare!” gli ordino, invitandolo con lo sguardo ad andare via.
“Ma…”.
“Ci penso io qui” gli faccio capire.
Dopo una manciata di secondi, volta i tacchi e va via, chiudendo poco delicatamente la porta e lasciandomi qui a prendere un respiro profondo prima di guardare dritto negli occhi Eva e chiederle spiegazioni.
“è la verità? Lo hai fatto veramente?” chiedo in tono scandito e apparentemente pacato, che non ammette, però, silenzi o mezze risposte.
Lei si indispettisce un attimo, esitando, ma poi sbotta.
“Sì, l’ho fatto!” ammette senza rimpianti “E se l’è meritato, mi ha provocata!” si giustifica con rabbia, lasciandomi alquanto sbigottito.
Ha davvero preso a schiaffi Sarizawa?
Ma dico, è impazzita?
“Si può sapere cosa ci facevi da lei?” domando, cercando di mantenere la calma, premendo un dito al centro della fronte, sospirando stancamente.
“State sempre tutti a difenderla! Ho sempre desiderato darle quello schiaffo, è colpa sua se siamo in questa situazione!”.
Non può averlo detto veramente.
Pensavo che oggi sarei rimasto in ufficio tranquillo, circondato dalla pace dei sensi, e invece…
“Non è colpa sua se siamo giunti a questo punto” le spiego chiaramente. “Il problema è ben altro…” le faccio intendere.
“Ah no? Stai scherzando spero. Sarebbe mia la colpa?”.
“La tua ossessione per quella bambina ci ha portati alla deriva! Non vuoi farti una ragione della sua esistenza” ribatto duramente.
“No, infatti. E non credo l’accetterò mai!” conclude amareggiata, voltando i tacchi e andandosene via, aprendo e chiudendo quella porta con furia.
Sono stanco di questa storia.
Non ne posso più.
Rilasso le spalle e lentamente mi accascio su una poltrona, facendo cadere indietro la testa e chiudere gli occhi nella speranza che una volta riaperti si tratti soltanto di un incubo.




***





“Mio dio” esclama Dana osservandomi perplessa.
“E’ così evidente?” chiedo, preoccupata.
“Si intravedono tre dita e mezzo sulla tua guancia sinistra. Metti questa busta di ghiaccio, allieverà il bruciore” mi consiglia, porgendomi un sacchettino gelido, che immediatamente adagio sul mio viso, venendo pervasa da una magnifica sensazione di freschezza.
“Brucia” aggiungo, in tono lamentoso, premendo quel sacco surgelato che mi sta paralizzando metà faccia.
Io non riesco a credere a ciò che mi è appena successo. È avvenuto tutto così rapidamente che non ho fatto in tempo a difendermi. Una serie di battute sprezzanti e poi mi sono ritrovata cinque dita sul mio volto. Ero troppo sconvolta che non ho capito cosa sia successo dopo. Ho solo visto Boris trascinare Eva fuori dalla caffetteria.
“Si può sapere che le è preso?” domanda poi, giustamente.
Non ho il tempo di risponderle, perché vengo fermata dall’arrivo di qualcuno, ovvero l’ultima persona che avrei voluto vedere oggi.
“ E tu che ci fai qui? E’ già passata la tua mogliettina poco fa!” dice, con aria minacciosa Dana, rivolgendosi ad un Hiwatari che con sguardo impassibile le consiglia di andare via. “Puoi lasciarci soli?”.





***




Volevo vedere con i miei occhi ciò di cui sono venuto a conoscenza poco fa. Così, dopo essermi preparato psicologicamente, ho deciso di venire qui a constatare di persona.
Una volta entrato in bagno, vengo accolto dallo sguardo contrariato di quella cameriera, che, dopo aver ricevuto il consenso di Anya, ci lascia da soli, seppur controvoglia.
Avanzo lentamente, osservando la figura di Anya seduta su una sedia al centro della stanza a premersi un sacchetto di ghiaccio sulla faccia. I suoi occhi, accigliati, puntano altrove, come infastiditi dalla mia presenza.
“Che ci fai qui?” domanda seccata.
“Fa’ vedere!” dico, invitandola a scoprire l’altra metà del volto.
“ Ascolta, Kai, non…”.
“Ho detto, fa’ vedere” ripeto categorico, avvicinandomi ancor di più a lei, che messa sotto pressione dalla mia presenza, si decide, di mala voglia a togliere la busta dalla faccia e quello che vedo mi lascia alquanto allibito.
Ci sono chiari segni di uno schiaffo sul viso.
Chiudo gli occhi, respirando sonoramente, facendo fatica a credere a ciò che ho appena visto.
Non posso crederci: l’ha fatto veramente!
“Visto? Contento?” dice ironica, rimettendosi sulla guancia il ghiaccio e tornando a guardare altrove, accavallando una gamba per poggiare il gomito su di essa.
“Si può sapere cos’è successo?” chiedo, in tono stanco.
“Perché non lo chiedi a lei! O hai paura che ti dia un pugno?”.
Ah, facciamo le spiritose.




***




Si può sapere cos’è venuto a fare?  A vedere con i suoi occhi la ferocia di sua moglie?
Ho già subito troppo oggi e la sua presenza mi infastidisce. Dovrebbe intuirlo dal fatto che resto a fissare altrove, nella speranza che vada via.
“Anya, ho trovato questa pomata nella cassetta del primo soccorso, dovrebbe alleviare il bruciore” spiega Dana, irrompendo nella stanza e porgendomi il tubicino di pomata, che gli viene strappato dalle mani di Hiwatari, ancora prima che lo prendessi io.
“Puoi andare” gli ordina poi, in tono serio, beccandosi un’occhiataccia dall’altra, che contrariata, volta i tacchi e se ne va.
Si può sapere perché sta togliendo il tappo?
“Allora…che vi siete dette?” torna a domandare, mentre preme il tubicino facendo cadere un po’ di pomata sul suo dito, sotto il mio sguardo scettico.
Si può sapere che sta facendo?
Poggia il flacone sul lavandino e avvicina il dito alla mia faccia, togliendo con l’altra la busta di ghiaccio che stavo premendo sulla guancia.
Ma che fa?
“Allora?”.
“Ma che fai?” domando, stranita dal suo atteggiamento.
“Sta’ ferma e limitati a rispondere alla mia domanda!” asserisce categorico, premendo il suo dito sulla mia guancia iniziando a formare dei cerchi, che si espandono sempre di più.
Rimango scettica di fronte a questa scena, così tanto da non riuscire a muovermi e oppormi. Non sembra intenzionato a lasciarmi andare finché non parlerò.
Il mio viso è leggermente girato verso destra, con la guancia rivolta in sua direzione e spostando gli occhi, riesco a vedere il suo viso serio mentre applica questa pomata rinfrescante.
Beh, aveva ragione Dana, sta alleviando il bruciore.
Sarebbe una sensazione di freschezza meravigliosa e rilassante se non fosse per il fatto che è la mano di Hiwatari a spalmarla sul mio viso.
“Sto aspettando”.
“Ha cominciato a dire delle cose insensate sul fatto che avrei dovuto abortire anni fa”. A questa rivelazione, quei movimenti circolari del suo dito iniziano a rallentare e i suoi occhi si spostano accigliati sui miei. “E che ho rovinato la vostra vita e mi ha detto anche della finta gravidanza”. Adesso il suo dito ha smesso di muoversi e noto il suo petto gonfiarsi. “Poi sono partite una serie di… frecciatine e battute poco carine da parte di entrambe e infine…” mi interrompo, facendogli intuire il resto della storia.
Socchiude gli occhi sospirando, e allontana la sua mano dal mio volto, portandola al lavabo per sciacquarla dai residui di pomata.
Poi richiude il tubicino e si poggia di schiena sul lavandino espirando sonoramente, sotto il mio sguardo confuso.
“Cosa dovrei fare?”.
Dal modo in cui ha pronunciato quella domanda, sembra stia parlando con se stesso.
“Prima di tutto, voglio che Hope ritorni a casa con me. Non voglio che prenda a schiaffi anche mia figlia!” affermo categorica.
“Andiamo, non lo farebbe mai!” esclama, incrociando le braccia al petto.
“Davvero?” dico, indicando la mia faccia per rinfrescargli la memoria. E in tutta risposta si limita a roteare gli occhi, consapevole del fatto che –sì, potrebbe farlo, arrivati a questo punto-.
Passano alcuni secondi di silenzio.
“Immagino non verrai all’incontro a scuola…” mi ricorda.
Neanche per sogno!
“Pensano già che tu mi tradisca, immagina se vedessero questo, penserebbero persino che il mio finto marito mi picchi!” puntualizzo.
La sua espressione sembra divertita, anche se non lo dà a vedere, poi si alza, incamminandosi verso la porta.
“Passerò stasera per portarti Hope” mi avvisa, prima di uscire, lasciandomi qui, con la mascella appiccicosa e dolorante.
Cavolo se fa male…
Hernandez, questa me la paghi.








***





Rientro finalmente a casa dopo una lunga e faticosa giornata. Sono ancora sconvolto per ciò che è successo e faccio fatica a credere che Eva abbia alzato le mani ad Anya. Se non l’avessi visto con i miei occhi, sarebbe stato difficile da credere, pur consapevole del fatto che quella donna è capace di fare qualsiasi cosa per rabbia o vendetta.
Chiudo la porta di casa e mi fermo un attimo, di fronte alla vista di enormi valigie e scatoloni che intralciano il mio cammino e mi costringono a scavalcarli o passarci con difficoltà in mezzo.
Che sta succedendo?
A passi lenti, salgo al piano di sopra e arrivo in camera da letto dove trovo Eva alle prese con la cerniera di una valigia.
“Che stai facendo?” chiedo, prendendola di sorpresa.
“Quello che avrei dovuto fare tanto tempo fa!” esordisce, riuscendo finalmente a chiudere il trolley.
“Me ne vado Kai, sono stanca di essere trattata in questo modo, non lo merito!” afferma, fissandomi con astio. “Ho capito che le cose non cambieranno mai, quindi perché continuare a soffrire per niente?” aggiunge, con occhi arrossati. “Ho passato tutti questi anni cercando inutilmente di cambiarti. La verità è che tu non mi meriti, Kai Hiwatari!”.
Prende il suo cellulare, la borsa e il trolley, rimanendo qui in piedi di fronte a me, attendendo una mia risposta.
“Sono sicuro che là fuori c’è qualcuno che ti merita più di me” asserisco con tono freddo e distaccato.
Lei rimane ferma e rigida nella sua posizione. Dal suo modo di serrare le labbra intuisco che vorrebbe rispondere a tono o aggiungere altro, ma si limita a sorridere stizzita e arrendevole.
“A presto Kai” saluta poi, avanzando lentamente verso la porta, trascinando il suo trolley “ti farò contattare dal mio avvocato” conclude poi, andando via.
Sono immobile, al centro di questa stanza ad attendere che il rumore della porta di casa mi segnali il fatto che sia andata via, stavolta per sempre.
Stringo un pugno, rimuginando su quanto successo in questa giornata.
“Reina!” richiamo la cameriera, che immediatamente si precipita in stanza, osservandomi timorosa.
Probabilmente anche lei sarà sconvolta da tutti questi eventi.
“Sì, Signor Hiwatari, mi dica!” e dal suo tono, ne ricevo la conferma.
“Raccogli tutte le cose di Eva e spediscile a casa dei suoi!” le ordino con tono rigoroso, rimanendo di spalle.
“Sì, sarà fatto!”. E immediatamente va via.
Silenzio.
Riempio i polmoni di aria, chiudendo gli occhi mentre avanzo verso il letto. Mi siedo e poi cado di schiena su di esso, riaprendo le pesanti palpebre per constatare il fatto che sia tutto reale intorno a me.
Stavolta sembra essere finita davvero.























Eccoci qui, alla fine di questo capitolo, che vede la sua tragica fine con l’immagine di Eva che abbandona villa Hiwatari.
Ebbene sì. Sembra essere andata via sul serio e forse persino Kai fa fatica a crederci, abituato ormai alle solite sceneggiate da film della bionda che va e viene e i continui tira e molla e bla bla bla.
Che Eva si sia veramente stancata e abbia aperto gli occhi? Si è resa conto che lei e Kai non possono proseguire questa strana relazione?
Kai come si sentirà in seguito a questo abbandono?
Ma Eva è veramente andata via?
Beh, diciamo che stavolta Lei l’ha fatta grossa dando quello schiaffo alla povera Anya. La gelosia, l’invidia, la rabbia l’hanno portata a compiere questo gesto orribile. Persino Kai ne è rimasto sconvolto, tanto da voler andare a vedere con i suoi occhi la faccia di Anya.
Inoltre, si è offerto nel soccorrerla applicandole la pomatina sulla guancia XD (aaaaaw*Nd Tutti) Come interpretare questo gesto? Un modo per chiedere scusa per ciò che la sua pazza moglie ha fatto? Un modo per costringerla a raccontargli cosa fosse successo? Difficile da dire, visto i modi seri e autoritari che utilizza per ottenere le cose XD Ad ogni modo, ho voluto scrivere di questa scena per spezzare una lancia a favore di Hiwatari. Forse ha un lato umano anche lui?
Lo vedremo a tempo debito.
Boris, invece ha avuto una sorta di chiarimento col padre, anche se, ahimé, non è andata come il vecchio sperava. Insomma, cosa pretendeva? Che si riabbracciassero felici e contenti? Ma non penso che finirà qui…mi sono venute altre idee in mente e probabilmente ritorneremo sull’argomento u_u.
Ora penserete: Yuhu!! Quella serpe di Eva è andata via e le cose miglioreranno per tutti!!
Mmmmh, non esattamente! U-u

Grazie mille a chi lascia una recensione, a chi legge silenziosamente e a chi l’ha messa tra seguite/preferite! *_*

Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 48
*** Rimpatriata ***


“ Signor Hiwatari, la cena è servita”.
Spengo e chiudo il portatile, con gesti lenti e scanditi, dopo essermi assicurato di aver salvato i file a cui ho lavorato, diligentemente, per quasi tutto il pomeriggio. Mi alzo e mi dirigo in cucina, accomodandomi alla fine di una lunga tavola, che Reina ha apparecchiato per una sola persona.
Per una sera non dovrò ricordarle, per l’ennesima volta, che d’ora innanzi non ci saranno più due persone a pranzo o a cena. Tranne occasionalmente, quando Hope viene a stare da me. Prendo la forchetta e inizio a infilzare e rimescolare il contenuto del piatto, senza portare cibo alla bocca.
In casa regna un tale silenzio. Non che mi dispiaccia, io adoro il silenzio, ma…
Istintivamente porto gli occhi alla mia sinistra, in quella parte del tavolo che fino a poco tempo fa veniva occupata da Eva. Se mi concentro, riesco ancora a sentire la sua voce, che, tra un boccone e l’altro, si insinuava nella mia testa riempiendola di fatti e racconti che fingevo di ascoltare.
Non che ne senta la mancanza. È solo che…beh, è strano, tutto qui.
È strano tutto questo silenzio.
“Forse la cena non è di suo gradimento?” chiede, timidamente Reina, fissandomi mentre continuo a rimescolare il cibo.
“ No… è solo che… non ho fame”.





***


Boris sta scrivendo:
-    Ragazzi, ci serve una serata tra uomini…
Yuri sta scrivendo:
-    Hai cambiato gusti, per caso?
Boris sta scrivendo:
-    Ah, ah! Spiritoso! Dico sul serio, mi annoio ultimamente a casa.
Yuri sta scrivendo:
-    Ti hanno scaricato tutte quante?? XD
Boris sta scrivendo:
-    Nah! Impossibile. Voglio solo farmi desiderare, per qualche sera, tutto qui. Ma che ne sai tu, che sei sposato…
Yuri sta scrivendo:
-    Cosa c’entra?
Boris sta scrivendo:
-    Lasciamo stare! Comunque, che ne dite domani sera a casa di Kai? Kai ci sei? So che stai leggendo i messaggi del gruppo!
Kai sta scrivendo:
-    Perché non facciamo casa tua, idiota!
Boris sta scrivendo:
-    Perché la tua è grande e vuota
Kai sta scrivendo:
-    E più pulita, aggiungerei…
Boris sta scrivendo:
-    Che cosa vorresti dire, Hiwatari?
Kai sta scrivendo:
-    Sembra che ci sia morto qualcuno lì dentro…
Boris sta scrivendo:
-    Non possiamo mica permetterci tutti una cameriera come sua signoria Hiwatari. Scommetto che ti alza pure la tavoletta del cesso quando vai in bagno!
Kai sta scrivendo:
-    Almeno io la alzo…
Boris sta scrivendo:
-    Cosa vorresti insinuare??

“Cos’hai da ridere sotto i baffi?” chiede curiosa mia moglie, coricandosi accanto a me.
“Ma niente, Boris e Kai battibeccano nel gruppo chat” spiego brevemente, con aria divertita, mentre lei si avvicina e poggia la testa su una mia spalla.
“Beh Boris è irritante e Kai è facilmente irritabile, quindi…” mi ricorda lei, schifata.
Ha ragione.
Metto via il cellulare, abbandonando i miei due amici ai loro futili diverbi e mi avvicino di più ad Hilary, ricambiando il suo abbraccio. Sfioro con la punta del naso la sua tempia, scoccandovi un bacio e poi due, fino a scendere alle guance, sul collo e infine unendomi alle sue labbra. Lentamente si abbandona, strisciando sul letto sotto di me e accarezzandomi con le sue gelide mani la schiena.
È una sensazione piacevole che non provavo da tempo. Dopo la nascita dei gemelli, non ci siamo quasi più avvicinati, un po’ per lo stress, un po’ per la stanchezza, un po’ perché i gemelli piangono sempre ogni notte, impedendoci di fare sogni tranquilli. Ma stasera, stranamente, in casa regna il silenzio e non si ode nessuno piangere e strillare. Quindi perché non approfittarne?
“Aspetta, aspetta!” dice improvvisamente Hilary, bloccandomi. Alzo la testa e la osservo perplesso. “Hai sentito i gemelli piangere?” chiede, tenendo occhi e orecchie tesi verso la porta.
“ mmm, no”.
“ Non sarà il caso di lasciare la porta aperta? Nel caso…”.
“ Non mi sembra il caso di lasciare la porta aperta”.
“ Andiamo, solo un po’ socchiusa, non entrerà nessuno!”.
“ Va bene, se ti fa sentire meglio…”. Mi alzo di malavoglia, per dirigermi alla porta e aprirla, lasciando aperto uno spiraglio. “Così va bene?” chiedo, per farla contenta.
“ Credo di sì!”.
Sa che odio fare certe cose con le porte aperte. Lo so, non c’è nessuno in casa e i gemelli non camminano ancora, ma… non mi sento a mio agio. Ma se questo serve a farla rilassare, mi adatterò.
Ed eccomi di nuovo sul letto, sopra di lei, facendo volare in aria alcuni indumenti divenuti ormai superflui.
Ma ecco che succede di nuovo…
“L’hai sentito stavolta, vero?” torna a dire, alzando la testa per guardarmi tra le ciocche di capelli arruffate di fronte al viso.
“ Hilary, non ho sentito niente! Rilassati, stanno dormendo!” asserisco autoritario, spingendola di nuovo sul letto.
“ Lo so, è solo che…è strano”. Ecco che si rialza di nuovo. “ Di solito piangono sempre a quest’ora!”.
“ Hilary, se non piangono vuol dire che stanno dormendo! Cosa c’è di strano se per una volta non piangono?”. Mi sento un po’ esaurito e anche lei mi fissa storta.
“Hai ragione, scusami!” dice pentita.
“ Possiamo continuare senza altre interruzioni, stavolta?”.
Non è possibile fare certe cose in quest’atmosfera di ansia.
“ Sì, scusami!”.
Hilary si avvicina con aria maliziosa, adagiandosi, stavolta, su di me, riprendendo il filo del discorso che abbiamo più volte interrotto. Beh in realtà non abbiamo ancora iniziato. Così decido di non darle neanche il tempo di parlare o pensare e ribalto con un gesto rapido le posizioni, iniziando a sfilare i suoi ultimi indumenti intimi, ma una voce inizia a insinuarsi nella mia testa, anzi sono due, è come se…
Stavolta mi sembra di sentirle anch’io. Mio dio, sono davvero loro.
“ Stanno piangendo!” afferma Hilary, balzando giù dal letto, con uno scatto felino, per prima indossare la vestaglia e infine correre via dalla stanza per raggiungere i gemelli. Io, invece rimango qui sul letto, fissando con occhi increduli la porta da cui è appena sparita.
È come se…è come se non avesse aspettato altro!
Incredibile!
Sospiro pesantemente, affondando la faccia sul cuscino, stringendo gli occhi e i denti, per reprimere gli istinti che si erano già ben svegliati…
Bene, Yuri. Calmati.
Credo che per stasera sia tutto.
Buonanotte.



***

“Pizza, alcol e amici. Alla Nostra!” annuncio, invitando i qui presenti Yuri e Kai a fare cin cin con le nostre bottiglie di birra, e questi, seppur esitanti, alla fine accettano.
“ Tu non me la racconti giusta…” mormora il rosso guardandomi di traverso.
“E perché mai?” chiedo, mentre i miei occhi cercano la fetta di pizza più invitante.
“Perché di solito la sera sei sempre impegnato a conquistare donne” spiega, tra un boccone di pizza e l’altro.
Credo che inizierò con una fetta di pizza ai peperoni.
“ Beh, mica tutte le sere…anch’io ho dei limiti!” rispondo spazientito, ignorando il piccolo sbuffo di incredulità emesso da Kai, sedutomi accanto. “ E a proposito di donne e limiti… Eva è andata via sul serio?” domando a quest’ultimo, per cambiare il discorso.
“ Beh, ha preso quasi tutte le sue cose e non si è più fatta vedere, presumo di sì” risponde vago e disinvolto, senza una particolare intonazione nel tono di voce, come se stesse parlando di un qualcosa senza valore affettivo, come il malfunzionamento del frigo, del tostapane, di un’auto. Anzi, credo di averlo visto più scosso quando ha visto in che condizioni era la sua auto in seguito all’incidente. In quel caso, al posto suo, penso che mi sarei messo a piangere.
“ E non vi siete più visti o sentiti?” domanda Yuri, rimasto con la bottiglia a mezz’aria, particolarmente sorpreso da questo atteggiamento. E quel freddo “No!” di Hiwatari, intento a togliere i peperoni dalla sua pizza,  arriva così secco e deciso alle nostre orecchie , che ci lascia basiti. Yuri mi rivolge uno dei suoi sguardi più eloquenti che mi suggerisce di non toccare più l’argomento –Eva-.
Ooook.
Cambiamo ancora una volta il discorso.
Abbiamo parlato di me, abbiamo parlato di Kai e adesso non resta che importunare Yuri.
Ingurgito un bel sorso di birra e, dopo aver preso un profondo respiro e cercato di soffocare un sonoro rutto, mi rivolgo a colui che mi sta di fronte, che, sentendosi gli occhi addosso, mi fissa con sguardo glaciale.
Ha capito che la prossima vittima di un interrogatorio è lui.
“ E tu, Yuri? Come va la vita con una moglie e due gemelli?” domando in tono beffardo, beandomi della sua espressione corrucciata su di me.
“ Va tutto bene…” si limita a dire, rigirando la forchetta con le ditaa, cercando di apparire il più disinvolto possibile.
No, Yuri. Quell’atteggiamento può riuscire bene a Kai, ma non a te.
“ Ah, ma davvero?” dico in tono provocatorio, fissandolo dritto negli occhi glaciali.
“ Davvero” asserisce a denti stretti, tornando a tagliare la sua fetta di pizza.
È l’unico tra noi che si ostina a mangiare la pizza con coltello e forchetta. Ed è anche l’unico che lascia sempre i bordi.
“ Com’è avere due gemelli che piangono la notte?” domando insistente, prendendo dal suo piatto un bordo di pizza per addentarlo.
“ Beh, non è facile…”.
“ Piangono tanto?”.
Il suo petto si gonfia e sgonfia in pochi istanti, segno che le mie domande lo stanno infastidendo parecchio. Ottimo!
“ Sì, piangono tanto!” ripete, spazientito, agitando la forchetta in un gesto vago, per poi conficcarla in un quadratino di pizza che inizia a rotolare senza sosta a causa della mozzarella troppo filante. Per infine arrendersi e abbandonare la forchetta con fare alterato, provocando nei qui presenti un attimo di sgomento. “ è stressante…”. Dichiara con fare arrendevole.
“ Beh, se mangiassi la pizza con le mani non avresti tutte queste difficoltà!” spiego, probabilmente fraintendendo le sue parole, viste le occhiate che mi sta lanciando.
“ Si riferiva ai bambini…” mi suggerisce spazientito e in tono basso Kai, cogliendo come sempre l’occasione per dimostrare che la sua mente è più ricettiva della mia.
E comunque l’avevo capito anch’io…
Avendo i nostri occhi curiosi addosso, soprattutto i miei, perché quelli di Hiwatari restano sempre enigmatici, Yuri si sente in dovere di spiegarci questa sua dichiarazione.
“Non mi aspettavo fosse così difficile, insomma… pensavo fossero solo bambini, che ci vuole? Invece, è proprio questo il punto… sono bambini e vanno seguiti giorno e notte, soprattutto la notte. Non ci lasciano dormire, né…”. Si interrompe improvvisamente, osservandoci di sbieco, come se  stesse per dire qualcosa di cui si sarebbe pentito.
Ma io, che, a differenza di quello che pensa Hiwatari, sono una persona intuitiva, capisco in un lampo dove il discorso di Yuri stesse andando a parare. E dal ghigno beffardo, che probabilmente e involontariamente si sarà dipinto sul mio volto, anche Yuri capisce che io ho capito.
“ Stai dicendo che… voi due non… insomma…”.
“ No, ok?? Contento?” confessa alterato, lanciando ogni tanto delle occhiate a Kai, che starà ridendo sotto i baffi come al solito.
“ Wow e da quando??” chiedo senza un minimo di scrupolo.
“ Da quando sono nati i gemelli…” dichiara, cercando di nascondere un certo imbarazzo.
“ Sul serio??”.
Non posso crederci. Sono rimasto sbigottito e lo è anche Kai, a giudicare dal suo sguardo.
“Beh dopo la nascita dei gemelli, abbiamo avuto da fare e non c’è stato tempo. Poi il lavoro, lo stress, il mal di testa, i bambini che piangono non appena mi avvicino ad Hilary…”.
A causa dello shock la bocca mi si è spalancata talmente tanto che la mandibola sta sfiorando il tavolo. E la bottiglia di birra di Kai è bloccata a mezz’aria e pochi centimetri dalla sua bocca.
“ Non guardatemi così, voi non potete capire, non siete sposati e non avete figli” conclude evasivo.
“ Beh a dire la verità Kai si è sposato, anche se adesso sta per divorziare probabilmente, ed ha anche una figlia, anche se non l’ha cresciuta proprio lui” intervengo prontamente a correggerlo.
“Grazie per la tua brillante constatazione…” ringrazia sarcastico Kai, incenerendomi con lo sguardo.
“ Quindi ti sei pentito di esserti sposato?” domando investigativo.
“ No, no…assolutamente no!” asserisce con fermezza. “Non sono pentito, anzi. È solo che…non mi aspettavo che tutto ciò avvenisse così presto, che i bambini venissero così presto…” ci tiene a precisare. “ Non ho ancora finito gli studi, la specializzazione, i turni in ospedali sono stressanti e conciliare lavoro, studio, bambini non è facile. Non resta tempo per qualche svago o per l’intimità tra me e Hilary…”.
“ Dunque è così che la chiamate dopo il matrimonio? Intimità?” dico con fare divertito, soffocando una risata, cercando di coinvolgere Kai.
“ Smettetela…” interviene in tono ammonitore, costringendomi, con difficoltà, a tornare serio.
“Potreste lasciare i bambini a qualcun altro e ritrovare la vostra intimità…” suggerisce Kai.
Yuri, facendo finta di non aver notato la nota sarcastica usata da Kai nel pronunciare la parola intimità, risponde che “ Non è così facile. Hilary non riesce a staccarsi dai bambini. So già che se decidessimo di uscire e lasciare i bambini a sua madre, dopo un’ora mi pregherebbe di tornare a casa per vedere se è tutto apposto” spiega sospirando stancamente.
“ Credo sia normale…” inizio a dire, assumendo un’aria saccente “Ho visto un programma in tv riguardo a queste cose, sì, insomma, di madri e della loro situazione post-parto. Alcune affrontano il tutto in maniera abbastanza normale, ma la maggior parte ha come una crisi ormonale, altre ancora cadono in depressione per via del loro corpo ormai segnato dalla gravidanza. E i mariti si lamentavano, sì. E a quanto pare la situazione laggiù dopo il parto non è un grande belvedere…” faccio intendere, con un gesto eloquente.
Ero talmente preso dal mio lungo discorso, nel quale mi sono perso a fantasticare, da non accorgermi dei loro sguardi sbigottiti.
Ehm… forse ho divagato troppo?
“ E perché mai guarderesti dei programmi del genere?”. È Kai a rompere il silenzio, e dal suo tono e dalla sua espressione non capisco se è più sbigottito o disgustato dalla cosa. Lo stesso vale per Yuri, che mi fissa come se mi fosse spuntato un terzo occhio sulla fronte.
“ Che volete? A volte mi annoio e facendo zapping in tv si capita in programmi strani…beh, che poi non è che li guardi con attenzione, fanno da sottofondo ai miei pisolini…” cerco di giustificarmi, per non destare troppi sospetti.
Yuri scuote la testa rassegnato, e Kai fa lo stesso, ma come se volesse scacciare dalla sua mente immagini raccapriccianti.
“ Ad ogni modo, non sono pentito, amo Hilary e i gemelli. È solo un periodo pieno di stress, che supereremo…” torna a dire Yuri, per cercare di dare un senso al suo dilemma.
“ Beh, potresti sempre abbandonarli come ha fatto mio padre con me e ripresentarti vent’anni dopo come se niente fosse successo…” ironizzo a modo mio, finendo in un sol sorso il resto della birra.
“…Quindi, mi servirà tempo per abituarmici” aggiunge, fingendo di non aver udito le mie parole, ma senza dimenticare di riservarmi uno dei suoi sguardi ammonitori più minacciosi.
“ Quindi  è vero che è venuto a trovarti!” dice Kai, osservandomi divertito.
“ Sì, ma non ne voglio parlare…” dichiaro, infastidito.
“ Che c’è? Hai visto un altro di quei programmi tra genitori e figli abbandonati?” aggiunge, con tono di sfottimento.
“ Ah, ah, divertente! Vado in bagno, mi avete stufato voi due con i vostri discorsi…” annuncio, alzandomi per dirigermi alla toilette. Mi sta esplodendo la vescica.
“ I nostri… discorsi?” sento dire a Yuri, che trattiene una risata.
“Ricordati di tirare lo sciacquone, l’ultima volta la cameriera è svenuta…” mi ordina Kai, in toni di sfottimento.
“ Sì…sì…”.
Idioti.









***



“Sono contenta che tu sia venuta, Anya! Era da tempo che non facevamo un pigiama party! Sempre se, due mamme, tre bambini e poppate possano definirsi un pigiama party!”.
“Beh, è divertente comunque!” la tranquillizzo io, porgendole un biberon.
Hilary mi ha invitata a passare la serata a casa sua, approfittando del fatto che Yuri sia uscito con i suoi amici. Ed io e Hope ci siamo armati di pigiama e siamo venute fin qui a passare una piacevole serata. Abbiamo ordinato una pizza e adesso stiamo preparando il latte per i suoi bambini, mentre Hope ne sta approfittando fin troppo per mangiare schifezze.
“ Dunque, hai saputo??”.
“ Saputo cosa?” chiedo interrogativa.
“ Che Eva e Kai sembra che si siano lasciati definitivamente… ma è vero che ti ha dato uno schiaffo??” aggiunge sconvolta.
“ Sì, purtroppo è vero…” rispondo, mentre mi sale la rabbia al solo pensiero di quell’avvenimento.
“E’ una serpe velenosa che attacca senza pietà!”. Non avrei saputo descriverla meglio. “Ma dico… è impazzita?” aggiunge sempre più sbigottita, armeggiando con un biberon e l’altro quasi fosse un barman “Sai che c’è?? Se l’è meritato! Sono felice che lei e Kai non stiano più insieme. Se lo merita, per tutto ciò che ti ha fatto!”.
“ Non lo so…” inizio a dire titubante, e a queste parole la mia amica interrompe ogni movimento per fermarsi a fissarmi contorta.
“Vuoi dire che non sei contenta??”.
“A dire la verità… non lo so. Da un lato la penso come te, ma dall’altro un po’ mi dispiace” confesso sinceramente.
“ Ti…dispiace??”.
“ Sì…”.
“ Ma ti ha dato uno schiaffo e ti ha sempre detto e fatto delle cose cattive!” mi ricorda, giustamente.
Non è che io abbia dimenticato tutto ciò che quella strega mi ha fatto, anzi, se quel giorno non fossi stata così sconvolta dal suo gesto, mi sarebbe piaciuto colpirla in faccia con un bel pugno. Avevo una grande occasione è l’ho sprecata! Tuttavia, non sono del tutto felice che il suo matrimonio con Kai sia, a quanto pare, fallito così subito…
“ Non ti capisco, Anya! Ma io ne sono felice. E se la incontrassi per strada le mostrerei tutto il mio godimento, te lo assicuro!” dichiara senza sensi di colpa, sotto il mio sguardo confuso. La maternità l’ha resa agguerrita a quanto pare… “Ci ha sempre guardate dall’alto in basso come se fossimo inferiori a lei e non posso crederci che un tempo eravamo amiche!” conclude, perdendosi nei ricordi.
È vero. A volte dimentico che un tempo, quando andavamo a scuola, eravamo amiche. Beh, almeno finché non ha deciso di soffiarmi il ragazzo…
“ Ti ha rubato Kai e per questo sta pagando le conseguenze” asserisce soddisfatta.
Mi ha rubato Kai.
Santo cielo, se penso che un tempo io avevo una cotta per Kai…sembra essere passato un secolo.
Chi l’avrebbe detto che proprio lui sarebbe stato il padre di mia figlia?
A proposito!
“ Tra pochi giorni sarà il compleanno di Hope!” annuncio festante, coinvolgendo Hope che alza le braccia al cielo felice, stringendo in mano quella che sembra la terza merendina al cioccolato della serata.
“ Oh, fantastico! Cosa pensi di fare?” domanda Hilary, porgendomi un biberon per prendere in braccio la piccola Hiromi, che magicamente ha smesso di piangere.
“Beh, a dire il vero non lo so ancora. Vorrei organizzare una piccola festa e poi…” mi interrompo per deglutire un boccone amaro “…immagino che dovrò ricordare a Kai del compleanno di sua figlia. Dubito che sappia persino quando sia nata…”.
Anche se dopo tutti quei documenti sull’affidamento e il cambio di cognome dovrebbe saperlo a memoria. Tuttavia, farò questo sforzo…

















Salve a tutti!
Rieccomi. Oggi sono stata colpita dall’ispirazione e ho deciso di scrivere questo breve capitolo spensierato. Un altro dei famosi capitoli di transizione…
Ma è stato divertente! Ho deciso di organizzare due rimpatriate tra vecchi amici, una per i maschi e una per le femmine XD
Ne avevano bisogno soprattutto Yuri ne aveva bisogno. È un po’ stressato, poverino (già poverino! Nd Boris >->). Boris si è divertito a punzecchiarlo XD
Spero vi sia piaciuto. È stato un capitolo un po’ così, spensierato, dettato dalla voglia di pubblicare. Ovviamente non pensate che i guai siano finiti. Ci saranno altre sorprese nei prossimi capitoli. Nel prossimo, come avrete intuito, ci sarà il compleanno di Hope, il suo primo compleanno insieme a Kai.
Quanto ci scommettete che Kai non sa quando è il compleanno di sua figlia?? XD
Ringrazio come sempre tutti coloro che mi seguono, recensiscono e l’hanno aggiunta tra le preferite!
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Troppo tragico Yuri??
Un abbraccio e alla prossima :*
 

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Capitolo 49
*** Il compleanno ***


“Boris, devi darmi una mano!” esordisco in tono supplichevole, non appena si siede al bancone per ordinare il primo caffè della giornata.
“Per cosa?” domanda sospettoso.
“Sta per arrivare Kai e devo dirgli che questo venerdì è il compleanno di Hope…”.
“Davvero?”.
“Ovviamente lui non se ne ricorderà minimamente o, peggio, ne ignorerà l’esistenza…” spiego, portando gli occhi al cielo.
“E io cosa c’entro in tutto questo? Posso avere il mio caffè, per favore?”.
“Ecco, io gli dirò del compleanno e che voglio organizzare una festa per Hope e… tu devi aiutarmi nel convincerlo a mettere a disposizione casa sua. Mio dio, eccolo che arriva!”. I miei occhi sono puntati sulla vetrina, e seguono ansiosi Kai incamminarsi verso la porta d’ingresso del locale. Anche Boris, perplesso, volge lo sguardo alle sue spalle…
“ E come faccio a convincerlo, io?” .
“ Tu devi stare al gioco, lo capirai!” gli spiego frettolosamente.
“ Ok, ma potrò avere il mio caffè, nel frattempo?”.
“ Certo!”. 
La porta si apre e Kai fa il suo ingresso in caffetteria. A passi lenti e scanditi si avvicina al bancone, mentre io mi improvviso indaffarata e disinvolta nel fare il mio lavoro.
“Hiwatari, buongiorno!” lo saluta Boris, esibendo uno dei suoi sorrisetti irritanti.
“Hai detto che dovevi parlarmi…” mi dice, sedendosi sullo sgabello accanto all’amico e sorvolando le questioni formali, come il saluto.
“ Sì”.
“E allora parla!”.
“ Ecco…”. Prendo un profondo respiro, mentre inizio a torcere lo straccio che ho tra le mani. Sapete, non è facile riuscire a parlare e contemporaneamente sostenere quello sguardo, che altro non dice –sbrigati, fa’ in fretta!-. 
“Ricordi quale evento ci sarà questo venerdì?”.
E forse la tecnica del ragionamento induttivo che sto per utilizzare, non avrà successo con lo scorbutico Hiwatari, che, prendendosi due secondi per pensare, risponde con un secco e coinciso “No!”.
“Davvero la data di questo venerdì non ti dice nulla??” continuo, imperterrita, nel mio vano tentativo di far venire a galla nella sua memoria qualcosa. Ma niente. Dal suo sguardo intuisco che sto facendo un buco nell’acqua.




*** 





Venerdì?
Si può sapere cosa c’è questo venerdì che io dovrei sapere?
Porto gli occhi in direzione di Boris per avere qualche suggerimento, ma dal suo sorrisetto beffardo capisco sia che lui è a conoscenza di questa famosa cosa che avrà luogo venerdì, sia che non ha intenzione di aiutarmi. 
Insomma, cosa c’è questo venerdì?
“Sarizawa, non mi sono mai piaciuti gli indovinelli!” dichiaro arrendevole, provocando in lei una smorfia di disapprovazione.
“Questo venerdì…” inizia a dire fissandomi ostile. “è il compleanno di Hope!”. E queste parole arrivano come una freccia che mi perfora lo stomaco. Diamine…io non lo ricordavo, davvero. Tuttavia, decido di tenere alto l’orgoglio.
“Quindi?” chiedo, fingendomi disinvolto. E questo atteggiamento sembra darle parecchio fastidio a giudicare dal suo sguardo contrariato.
“Quindi??” ripete, in tono incredulo, stringendo ancora di più quello straccio in mano.


*** 

Quindi???
Ho appena assistito a questa scena e sto cercando di trattenere una gran risata.
In pochi sarebbero stati in grado di pronunciare quel –quindi?- con la stessa nonchalance di Hiwatari.
Credo che, tra pochi istanti, Anya potrebbe prendere ripetutamente a schiaffi il viso di Kai con quel panno umidiccio che stringe tra le mani. E l’immagine che ho in testa di questa fantasiosa scena mi diverte a tal punto, da essere costretto a pararmi la bocca con una mano, per non far vedere ai qui presenti di star per scoppiare a ridere.
Insomma, Kai, come fai a non saperlo…



***


Non posso crederci. Con quale faccia riesce a dire certe cose??
Gli ho appena rivelato che questo venerdì è il compleanno di sua figlia, cosa che lui non sapeva minimamente, e se ne esce con quel –quindi- pronunciato con una superficialità inaccettabile, che fa intuire che non gliene freghi un fico secco!
Ma devo calmarmi. Il bello deve ancora arrivare…
Prendo un altro profondo respiro, nella speranza che mi aiuti a tener saldi i nervi per poter proseguire il discorso.
“Quindi…” ripeto ancora una volta, esasperata, “…vorrei organizzare una piccola festa per il suo quinto compleanno. E stavo giusto dicendo a Boris che è invitato e ovviamente anche tu. Ci sarai?”.
“Proverò ad esserci”. È la sua secca risposta.
“Bene!”.
La faccenda sembra essersi conclusa, ma… in realtà non è così.
“C’è solo un piccolo…problema!” esclamo, mimando un sorrisetto innocente, che fa alzare il sopracciglio ad un Hiwatari che, evidentemente, pensava che la faccenda si fosse conclusa così facilmente. “Ecco, avrei anche intenzione di invitare alcuni compagnetti di Hope, per rendere la festa più allegra e adatta a una bambina di cinque anni! E… insomma, non credo che staremo tutti comodi a casa mia, essendo piccolina…” concludo sfregando nervosamente le mani, in attesa dell’intervento di Boris, che, come stabilito, dovrebbe aiutarmi.
Ma Boris continua a scorrere il dito sul suo smartphone, mentre Kai mi fissa con una faccia che vuole dire ancora una volta –e quindi?? Cosa vuoi da me??-.
Schiarisco la gola, in modo da richiamare l’attenzione del mio complice, che dopo un’abbondante manciata di secondi, si decide a parlare.
Finalmente!
“Anya… perché parli di problemi, quando la soluzione è proprio sotto al tuo naso??” recita, mostrandosi spontaneo e disinvolto.
“In che senso, Boris?” chiedo io, fingendomi curiosa.
Credo che Hiwatari ci stia guardando in modo molto strano e lo diviene ancor di più nel momento in cui Boris si alza, gli si avvicina e gli poggia le mani sulle spalle, massaggiandole. “Si dà il caso, che il papino Hiwatari…” inizia a dire, continuando ad affondare le mani nelle spalle di Kai, “…abbia una casa talmente grande da ospitare l’intero quartiere. Non è vero Hiwatari??” gli domanda ora, avvicinandosi con sorriso furbetto.
“Allontanati immediatamente e… no! Non se ne parla!” nega autoritario, distruggendo in pochi secondi ogni nostra speranza. 
“Beh, perché no? Si tratta solo di un giorno!”.
“Non riempirò la mia casa di bambini, è fuori discussione!” afferma categorico, mentre scuote le spalle per scollarsi di dosso le mani di Boris, che, incitandomi a continuare con la sua pessima mimica facciale, fa un passo indietro e torna a sedere sul suo sgabello. Ma la mia espressione gli sta comunicando –arrendiamoci-. In fondo, è stato molto chiaro e non ha perso nemmeno un secondo per comunicarci la sua risposta negativa.
 “Peccato, Hiwatari!” esordisce d’un tratto Boris, prendendo la tazzina in mano per assumere l’aria di chi la sa lunga. “…Rai lo avrebbe fatto per Hope!” sentenzia, infine, bevendo l’ultimo sorso di caffè. 
Al suono di queste parole, spalanco gli occhi e l’istinto mi porta immediatamente a spostarli su Kai, il quale, dopo aver serrato con forza la mascella, decide di trafiggere  Boris con uno dei suoi sguardi più truci, mentre le labbra perfettamente sigillate, sembrano voler trattenere una serie di pesanti insulti.
 “Sai benissimo che lui lo avrebbe fatto, non è così, Anya?” aggiunge lo spavaldo Boris, rivolgendosi ora a me, che impreparata, mi limito a deglutire. “Probabilmente…sì…” riesco a dire, poi, inghiottendo una piccola dose di coraggio.
In tutta risposta Kai si alza dalla sedia con fare infastidito e fa saettare il suo sguardo visibilmente irritato prima sull’amico e poi su di me, ormai rassegnata all’ennesimo no.
“Ci penserò” è, invece, la sua breve, secca e inaspettata risposta, prima di voltare i tacchi e andar via.
“Ma dico, sei impazzito?? Dire una cosa simile??” rimprovero, poi, a Boris, non appena Kai esce  dal locale.
“Ha funzionato!” esclama, assumendo un sorriso compiaciuto.
“Non ha funzionato, ha detto solo –ci penserò-!” gli ricordo in tono severo.
“Che nel giro di pochi giorni diventerà un sì. Tranquilla!” cerca di rassicurarmi invece lui.
“Io non ne sarei così sicura!”.
“ Dà retta a me! Non hai ancora capito come funziona Hiwatari? Se vuoi ottenere qualcosa, devi colpirlo nell’orgoglio e credo di esserci riuscito! Hai visto la sua faccia?? Fa tanto il duro ma in fondo le mie parole lo hanno infastidito”.
Beh, anch’io ho visto la sua reazione e, anche se ha cercato di mostrarsi impassibile, sono sicura di aver notato che la questione non gli è poi del tutto indifferente.



Passano un paio di giorni e, come ogni settimana, mi ritrovo ad uno di quegli utilissimi e istruttivi incontri tra genitori e insegnanti insieme a Kai, che, sedutomi accanto, finge, e anche male, di seguire i vari discorsi.
Mi chiedo se avrà pensato alla festa di compleanno. Sono sicura che mi dirà di nuovo di no…
Una volta conclusosi l’incontro, usciamo velocemente dall’aula per dirigerci verso la classe di Hope, evitando anche di fermarci a chiacchierare con altri genitori. La piccola raccoglie velocemente le sue cose nello zainetto e in pochi minuti siamo già in auto. Quando arriviamo a destinazione, Kai ferma la vettura per farci scendere. Prima si salutarlo, però, decido di porre la fatidica domanda, sperando di avere la sua piena attenzione, dal momento che è da tutto il pomeriggio che non riesce a distogliere lo sguardo da quel maledetto cellulare.
“Kai…” lo richiamo, in tono mellifluo, ricevendo in cambio un grugnito che sembra voler dire –ti ascolto, nonostante io non ti stia guardando-. Lo detesto! “Hai pensato a quella cosa?” chiedo, in toni vaghi, provocando in lui un momento di confusione. “Il compleanno…” è la parola magica che sembra aver acceso una lampadina nell’oscurità della sua mente. 
Passano alcuni secondi di silenzio, durante i quali rimango a fissarlo chiedendomi se mi stia effettivamente ascoltando, dato che non sto ricevendo alcuna risposta o segnale della sua attenzione. Questo perché i suoi occhi sono ancora fissi sullo smartphone, e il suo dito si muove velocemente sul display, per scrivere chissà cosa a chi. 
“Va bene…” risponde poi distrattamente, senza degnarmi della sua considerazione.
Ha detto va bene??
Davvero??
Ho sentito bene??
“Davvero?” ripeto a voce alta, per assicurarmi di aver capito bene.
“ Sì…” conferma, rimanendo immerso nel suo mondo di messaggi. “Ma non chiedermi di aiutarti, se vuoi schiavizza Boris…” aggiunge, poi, posando quell’aggeggio tecnologico infernale nel cruscotto. “…Visto che l’hai usato per convincermi!” conclude infine, lanciandomi un ultimo sguardo eloquente, per poi mettere in moto e andare via.
Cosa?? Quindi l’aveva capito. Era così evidente??
Ma chi se ne importa! Ha detto sì!
“Dammi il cinque Hope!” esclamo entusiasta, coinvolgendo la piccola. “Abbiamo una festa da organizzare!”.








“Che cosa ti avevo detto, Sarizawa!” esclama soddisfatto Boris, spingendo il carrello lungo il corridoio tra gli scaffali del supermercato.
“Beh, hai avuto fortuna! Non è così facile convincere Hiwatari”.
“ Sì, se sai dove colpire!” afferma, mettendo nel carrello tutta la roba che gli passo. “Adoro queste queste patatine, prendine altre, tanto paga papino Hiwatari”.
“Non vorrei approfittarmene sinceramente, ma…piacciono anche a me: prendiamone cinque pacchi! E due di queste rustiche e… i palloncini, ci servono i palloncini!” e indico a Boris il punto in cui proseguire per completare i nostri acquisti.
“Palloncini rosa o palloncini di colori vari?” chiedo, esibendo prima l’uno e poi l’altro pacco, “No, Boris, non se ne parla…posa subito quella roba al suo posto!” lo rimprovero, togliendogli dalle mani una pistola ad acqua.
“ Andiamo, sarà divertente!”.
“Non è un party in piscina!” gli ricordo, trascinandolo via per un gomito.
“Ma immagina se riuscissi ad avere tutti i bambini dalla mia parte…” inizia a dire venendomi dietro, mentre spingo il carrello alla ricerca delle ultime cose da comprare. “potrei formare delle squadre e il gioco consisterà nel colpire Kai con queste pistole ad acqua, la squadra vincente avrà come prem….”.
“ No, Boris! Toglitelo dalla testa!” lo interrompo subito, mettendo fine alle sue idee malsane. “Sarà meglio non far arrabbiare Mister-sono-troppo-impegnato-Hiwatari o ci butterà tutti fuori di casa!” gli raccomando in tono severo.
“Che palle” si arrende con aria sconfitta. “Ma almeno queste possiamo?” suggerisce, facendo penzolare vicino al viso un pacco di trombette da festa.
“ E va bene…” accetto in un sospiro, strappandogli la confezione dalle mani per metterlo nel carrello. “Possiamo andare a pagare!”.





*** 







Sono di ritorno a casa e dopo aver parcheggiato l’auto nel vialetto e superato il cane, venutomi incontro come al solito, apro e richiudo la porta di casa, calciando un palloncino rosa che mi rotolava in mezzo ai piedi.
Ma che diavolo… 
Mentre avanzo lungo il corridoio, con ancora la giacca addosso e la valigia in mano, mi osservo confuso intorno, notando strani oggetti in giro e, una volta girato l’angolo, vengo colto di sorpresa da qualcuno che mi perfora i timpani col suono di una stupida trombetta, la quale, srotolandosi al soffio, stava per accecarmi un occhio.
“Ahahaah!”. È la gran risata di Boris, decisamente divertito dallo scherzo ben riuscito.
Stringo i denti e il manico della valigia, “Prova di nuovo a farlo e ti faccio inghiottire quella roba!” sibilo a denti stretti, fissandolo minaccioso.
“Andiamo Kai, devi entrare nello spirito della festa!” esclama euforico.
“Sai dove te lo faccio entrare quello spirito se non la smet…”.
“Scusalo…” interviene Anya, apparendo  dal nullacon un sorriso molto tirato stampato in viso. “…Boris, vieni ad aiutarmi!” e se lo trascina per un braccio in un angolo della casa, seguito dal mio sguardo di fuoco.
Solo adesso mi accorgo che il salotto è diventato troppo rosa, con palloncini e altre bizzarre decorazioni. Alcuni divani sono stati persino cambiati di assetto, per creare spazio al centro della stanza.
“Spero non ti dia fastidio se ho cambiato un po’ di cose” sento dire ad Anya giunta alla mia destra.
Mi fisso scettico intorno. “No, puoi fare quello che vuoi, te l’ho detto, basta che non mi coinvolgi…” le spiego, in tono piatto. “Dov’è Hope?” chiedo, notando la sua assenza.
“E’ di sopra, Reina le sta facendo il bagnetto”.
Con un cenno, le faccio capire che la conversazione è chiusa e tornando indietro, mi avvio al piano di sopra. Non voglio rimanere qui a lungo, mi sembra di vivere nella casa delle bambole. È tutto troppo rosa…

Giunto in camera, tolgo la giaccia e la getto con non curanza sul letto, sbuffando. Apro la valigia e prendo il portatile per accenderlo e riprendere il lavoro interrotto.
Tutti questi grafici e valori mi fanno girare la testa. È da giorni che il mio cervello si sforza di trovare una soluzione, ma a causa della stanchezza, o della poca voglia di lavorare o semplicemente il fatto di sapere, che ormai il danno è stato fatto e che sto affondando nella merda…non sono riuscito a concludere un bel niente. Inoltre, il fatto che l’avvocato di Eva continui a tartassarmi di email e messaggi non mi aiuta affatto a trovare la concentrazione. E ci mancava pure il compleanno…
All’improvviso, un rumore distoglie la mia attenzione dal pc. È come se qualcuno fosse dietro la porta. Alzo gli occhi al cielo e, dopo aver adagiato il computer sul letto, mi avvio verso la porta, e una volta aperta…”Che vuoi?” esordisco in tono piatto, trovandomi di fronte Anya, rimasta col pugno serrato a mezz’aria.
“Ehmm… scusa se ti disturbo, ma… ci servirebbe una scala” chiede timidamente.
“Chiedi a Reina…”.
“Reina sta preparando Hope, non credo che…”.
E va bene, ho capito.
Ignorando le sue giustificazioni, la supero e mi avvio a scendere al piano di sotto, per entrare in una specie di sgabuzzino e prendere questa benedetta scala, che adagio nel punto da lei indicatomi.
“Grazie, non ti disturberemo più…”.
Prima di tornare in stanza, però, decido di fare una breve fermata in frigo. E mentre bevo un bicchiere d’acqua, i miei occhi puntano, senza volerlo, verso quei due, laggiù in salotto. Anya si trova in cima alla scala ad appendere alcuni addobbi che Boris le passa da sotto. E non posso fare a meno di notare come lo sguardo di lui cada, di tanto in tanto, sulla silhouette di Anya, messa un po’ troppo in risalto da quei pantaloni aderenti.
È sempre il solito depravato…
E siccome non sopporto quando fa così, decido di intervenire, andando contro il mio stesso volere.
“Ci penso io qui…” inizio a dire, a bassa voce, mentre Anya sulla scala lassù, sembra troppo impegnata ad allineare una serie di figure colorate.
“Cosa? perché?” domanda contrariato.
Già, anch’io mi sto chiedendo il perché.
“Devi scaricare un pacco dalla mia auto”. È la prima scusa che mi viene in mente.
“Perché io?”.
“Perché sì, vai!” gli intimo in un tono che non ammette repliche e, seppur riluttante, abbandona la sua postazione e va via, mormorando qualcosa tra sé e sé. 
“Boris, mi passi lo…”. Anya, che non si era probabilmente accorta di nulla, abbassa lo sguardo, ma, non appena si rende conto che ai piedi della scala non c’è più Boris, come si aspettava, ma il sottoscritto, balza leggermente per lo stupore, facendo traballare la scala a forbice. Istintivamente, una mia mano afferra la scala e l’altra stringe una sua gamba, per timore che possa perdere l’equilibrio. “Kai! Ma quando sei arrivato??” domanda, ad occhi sgranati.
 “Ti piace cadere dalle scale, Sarizawa?” le rimprovero in toni sarcastici, per farle tornare in mente il suo ultimo volo dalle scale, che le era costato una gamba rotta.
“Si può sapere che ci fai qui?” ribatte lei.
“Volevo aiutarti…”.
“Non avevi detto di non voler essere disturbato?” mi ricorda, agitando le mani in segno di beffa, ma nel farlo la scala traballa ancora un volta, fatto che mi porta a stringere la presa.
“Vuoi scendere, per-favore!” sibilo a denti stretti, facendogli intuire che il mio è un ordine.
“Volete aiutarmi voi due, invece di fare i cretini su quella scala??” ci grida Boris, appena entrato, sorreggendo a fatica un pacco enorme. “Si può sapere cosa c’è qui dentro?” lamenta, parlando col fiatone, cosa che mi convince ad aiutarlo.
“Ci metterò il tuo cadavere se continui a lamentarti” lo avverto, sorreggendo il pacco da un lato, per poi adagiarlo delicatamente al pavimento.  
“Che cos’è?” domanda curiosa Anya, scesa finalmente da quella scala.
“è il regalo per Hope”.
“Il regalo per Hope??” ripete sgranando gli occhi. “Che cosa le hai comprato?”. Adesso il suo tono sembra leggermente spaventato, forse per le dimensioni del pacco.
“Lo vedrai” mi limito a dire. E prima che lei possa replicare, una vocina alle nostre spalle ci costringe a voltarci tutti nella stessa direzione.
“ Mamma, sono pronta!” annuncia Hope, girando su se stessa, facendo gonfiare la gonna del suo vestito.
“ Tesoro sei bellissima!” esclama euforica Anya, fissandoci in modo strano. “Non è vero, ragazzi?” sibila a denti stretti, intimandoci a partecipare allo scambio di complimenti.
“E’ vero, sei bellissima Hope!” sento dire a Boris, in tono molto forzato, palesemente finto. Mentre io decido di dissociarmi, nonostante l’espressione torva che mi sta riservando la madre.
“ Siete dei vichinghi…” mormora tra se’ e se’, rassegnata, prendendo la piccola in braccio per andare a finire gli ultimi preparativi, sotto i nostri sguardi scettici.
“Sai…Rai le avrebbe sicuramente detto qualcosa di carino” mi schernisce Boris, con aria divertita.
“Se ti sento pronunciare un’altra volta quel nome, questo compleanno si trasformerà nel tuo funerale” lo minaccio seriamente.
Detto questo me ne vado, o gli spaccherò la faccia pur di non vedere quel sorriso compiaciuto che esibisce ogni santa volta che dice una stronzata.




***


“Alcuni compagnetti eh…” mi fa notare Kai, fissandomi minaccioso, mentre con un gesto rapido toglie un bambino che stava saltellando pericolosamente da una sedia all’altra.
“Beh, la voce deve essersi sparsa troppo…” spiego, abbozzando un sorriso innocente.
Anche se dalla sua faccia contrariata, non sembra credermi, sto dicendo la verità. Ho invitato soltanto alcuni bambini, ma poi Hope deve averne parlato con tutti e non ho saputo dirle di no.
E’ passata solo mezz’ora dall’arrivo de piccoli invitati e la situazione sta degenerando. Il fatto che la casa sia dotata di ampi spazi da’ loro modo di correre da un lato all’altro, saltare e urlare. Sembrano impazziti e ingestibili. Persino Boris sta cercando di tenerli  bada, mentre Kai si limita a terrorizzarli con i suoi sguardi omicidi. Una bambina che le ha sbattuto contro mentre correva, sembrava seriamente turbata.
“Ti prometto che pulirò tutto!” cerco di rassicurarlo, correndo via a togliere dalle mani di un bambino un oggetto abbastanza appuntito.




*** 





Non ho mai visto tanti bambini in vita mia e spero di non vederli mai più. Se dipendesse da me li raccoglierei uno per uno e li farei volare dal cancello principale. Urlano, schiamazzano, corrono, cercano di fare le cose più pericolose e alcuni piangono.
L’unica cosa che mi frena è vedere che almeno Hope si sta divertendo. Non posso rovinarle la festa, soprattutto perché è il suo primo compleanno con me. Non me lo perdonerebbe mai. Anya non me lo perdonerebbe mai e probabilmente, nemmeno io me lo perdonerei.
“ Al mio tre bambini…” sento sussurrare da una voce alle mie spalle, mentre sono seduto s una poltrona in disparte. All’improvviso, un gruppo di bambini mi circonda e un attimo dopo eccoli soffiare in coro le loro trombette, facendomi perdere per un istante l’udito. “Forza scappate! O vi mangerà!” urla Boris, incitando i bambini a scappare, e questi, alcuni divertiti mentre altri terrorizzati, se la danno a gambe, sotto le grandi risate di Boris.
“Fallo di nuovo e ti incateno a un palo. Li costringerò a suonare quelle trombe per un’ora vicino al tuo orecchio” lo avverto, lanciandogli un cuscino sulla sua faccia divertita.
Quanto durerà questa tortura?






*** 





“Si può sapere come hai fatto a convincere Kai a prestarti casa?” domanda curiosa Hilary, mentre mangia delle patatine.
“Già, come hai fatto?” aggiunge Yuri, tenendo in braccio uno dei gemelli.
“In realtà, è stato Boris a convincerlo, non chiedetemi come…” mi limito a dire, facendo saettare i loro occhi su Boris, che facendo spallucce, rivela “So essere convincente a volte”, risposta che fa insospettire parecchio Ivanov.
“ Beh, è il momento della torta!” annuncio festante, richiamando l’attenzione dei bambini. “Dov’è Kai?” domando, cercandolo in mezzo a tutto questo casino.
“L’ho visto andare fuori, vado a chiamarlo io” dice Yuri, consegnando il bambino alle braccia della moglie.



*** 





Esco fuori in giardino alla ricerca di Kai. I miei occhi lo avvistano immediatamente, seduto su una panca posta in un angolo lontano, con una mano impegnata a tenere una sigaretta e l’altra il cellulare.
“Tra poco ci sarà il momento della torta” lo avviso, non appena gli sono vicino.
“Ok…” si limita a dire, continuando a fissare il cellulare.
Decido di sedermi accanto a lui, per respirare anch’io un attimo di pace.
“Adorabili quei bambini, vero?” dico ironico, accarezzando il cane che si è appena avvicinato per annusarmi. E l’occhiata in tralice di Hiwatari mi fa capire di aver colto l’ironia. “Va tutto bene?” domando, infine, fissandolo preoccupato.
“Va tutto alla grande…” è la sua breve e, presumo, sarcastica risposta. “Sta andando tutto a puttane…” aggiunge arrendevole, sospirando.
“Perché?” chiedo preoccupato. Non l’ho mai visto cosi turbato.
“L’azienda, i guadagni, i clienti, e poi ci si mette pure Eva..” inizia a spiegare, stanco. Ma non riesce a proseguire, perché qualcuno laggiù ci ricorda di rientrare. E così Kai conserva il cellulare in tasca e si alza, invitandomi con un gesto a seguirlo.
Che cosa gli sta succedendo?






*** 





Una volta entrati in casa, le luci si spengono e Anya avanza con una torta in mano verso il tavolo del salotto. Hilary, quasi fosse un maestro d’orchestra, invita con un cenno i bambini a cantare in coro la canzone di buon compleanno e Hope, in piedi su una sedia, attende sorridente il momento di soffiare su una candelina a forma di numero 5. E’ una scena davvero buffa: la piccola, dopo aver riempito i polmoni, soffia a tutta forza sulla fiamma, una e più volte, finche’ questa non si spegne del tutto. I bambini accompagnano questo gesto con un applauso e una serie di urla e, in punta di piedi, cercano di ammirare da vicino quella torta, che Anya sta tagliando a fette, servendola in dei piattini rosa.
Credo che questa festa sia quasi giunta al termine, finalmente.



*** 




Il taglio della torta sembra aver calmato tutti i bambini, che adesso sono stranamente silenziosi e impegnati a mangiare. E io li osservo tutti, badando bene che non sporchino in giro, o Kai mi ucciderà.  A proposito di lui, non ha nessuna torta in mano. Dovrei portargliela? E così prendo una fetta di torta, e una sana dose di coraggio, e a passi lenti mi avvicino a lui. Fingo un colpo di tosse per richiamare la sua attenzione.
“Non hai preso la torta” esordisco, porgendogli il piattino, sotto il suo sguardo scettico.
“Non amo i dolci…” si limita a dire, snobbandomi.
L’istinto mi sta suggerendo di lanciargli questa torta in faccia, ma poi, riflettendo meglio, decido di ignorare le sue parole e con ancora quel piatto in mano, ritorno indietro, stringendo i denti dietro le labbra sigillate.
“Non male questa torta!” si complimenta Boris, strappandomi di mano il piatto per mangiare la fetta in un sol boccone. Almeno c’è qualcuno che mi da’ soddisfazioni.
“Che hai?” domanda a bocca piena, vedendomi corrucciata.
“Niente!” rispondo in tono secco.
Devo calmarmi. Forse è meglio annunciare l’apertura dei regali.  




Sono tutti ammassati attorno a Hope, intenta a scartare i regali, che sono davvero tanti: peluche, un pigiama, uno zainetto, almeno due bambole e tanta altra roba che non saprò dove mettere a casa.
“Questo è da parte mia” dice Boris, porgendole un pacchettino, che Hope subito afferra per scartarlo.
“Wow, gli acquerelli!” esclama la piccola contenta. “Grazie”, ringrazia poi, timidamente.
“Pensa che voleva regalarle una pista di macchinine, per fortuna l’ho fermato!” mi rivela Hilary all’orecchio.
“Scusate, ma volevo regalare una cosa che volevo provare anch’io! Ho sempre voluto giocare con una pista di macchinine! Mi sa che dovrò aspettare che cresca il piccolo Ivanov!” ammette con rassegnazione.
“ Adesso ringrazia la zia Hilary e lo zio Yuri per queste belle scarpette, e poi…penso che abbiamo finito!”.
“In realtà, ci sarebbe il regalo di Kai…” mi ricorda Boris, indicando l’enorme pacco laggiù in fondo. 
Ops, è vero.
Aiutata da Boris, trascino l’enorme pacco al centro della stanza, mentre sua signoria Hiwatari, decide di starsene seduto bell’e comodo sul divano. Grazie per l’aiuto.
 “Credo che tu possa aprirlo” incinto la piccola, che sembra però attendere il consenso di Kai. La vedo troppo esaltata: perché ho l’impressione che lei sappia già cosa ci sia dentro??
Ecco che inizia a strappare la carta, sotto gli occhi  curiosi dei compagni che la circondano.
“Che bellaaa! La cucinaaa!” esclama in un grido di gioia Hope, saltellando e battendo le mani, imitata da altri bambini.
Coooooosa??! Cosa vedono i miei occhi??
“Ma sei impazzito??” mormoro a denti stretti a Kai, badando bene a non farmi sentire da Hope. “Come facevi a sapere che la voleva?”.
“Me l’ha detto lei” rivela come fosse la cosa più ovvia del mondo.
“ Ma… dove la metto? Sai benissimo che resterà qui, vero?”. Non ho intenzione di portarmela a casa. Una volta che verranno assemblati tutti i pezzi, quella cucina occuperà tanto spazio.
“E qual è il problema, Sarizawa?” domanda scocciato. “La userà quando viene a stare da me!”.
“Bene allora!” rispondo a tono. In realtà non mi aspettavo questa risposta da parte sua, quindi ok. Questione chiusa.
“Bene!” ribatte lui, per avere, come sempre, l’ultima parola.
Quanto lo detesto!
Ignoralo Anya, ignoralo. Sta per finire tutto.


E difatti, la festa giunge alla sua conclusione.
Ho appena consegnato l’ultimo bambino ai suoi genitori e chiudo la porta di casa emettendo un sospiro di sollievo. Ritorno indietro, dove Hilary e Yuri, con i bambini in braccio, sono già pronti per andare via.
“Ciao a tutti! Ci vediamo Anya, bella festa! Ciao Hope!” saluta allegramente la mia amica, incamminandosi verso l’uscita.
“Beh, anch’io devo andare” annuncia Boris, alzandosi stancamente dal divano.
“Tu rimani!” lo ferma Kai, assumendo uno strano atteggiamento.
“Perché’?” domanda l’altro confuso.
“C’è un lavoretto per te!” spiega, puntando il dito in una direzione ben precisa.
“oh no. No, Kai! No!” continua a ripetere categorico.
“ Oh sì, invece! Vero che zio Boris ti aiuterà a montare quella cucina?” inizia a dire, rivolgendosi a Hope.
“Sì, zio Boris, ti prego, mi aiuti a costruire la cucina?” chiede, ora lei, assumendo un faccino dolce e  supplichevole, che non gli ho mai visto fare.
“Già, zio Boris…la puoi aiutare?” ripetere Kai, che imita a modo suo la stessa espressione della figlia.
Ma che cosa sto vedendo?
“E va bene!” sbotta d’un tratto Boris, arrendevole, “ma solo perché ha pronunciato bene il mio nome!” ci tiene a precisare, per poi iniziare ad aprire quella scatola e tirarne fuori i pezzi. Il tutto sotto lo sguardo soddisfatto di Hiwatari.
Apro e chiudo gli occhi più volte, come a volermi convincere che non si tratti di un sogno.
“ Abbiamo della roba da raccogliere, non è così, Sarizawa?” mi ricorda Kai, riportandomi alla realtà.
Ah già. Devo mettere tutto a posto.
Diversamente da come mi aspettavo, Kai sta dando una mano a me e Reina a raccogliere le varie cose in giro per metterle dentro a dei sacchi della spazzatura.
“Beh, non è andata così male, no?” esordisco rompendo il silenzio, per provare ad avere un feedback o un commento da parte sua sulla festa.
“Perché? Poteva andare peggio?” domanda a sua volta, togliendomi un bicchiere dalle mani per gettarlo nel suo sacco.
 Perché non mi mordo la lingua prima di parlare??
Sospiro rassegnata, scuotendo la testa. Santa pazienza! Adesso capisco perché Eva è andata via…
A proposito, questa casa sembra vuota da quando lei non c’è più. Ha preso tutta la sua roba, segno che stavolta fa sul serio. Insomma, sono sposati appena da un anno e già si separano. Brutta storia.
Anche se Kai non sembra che ne stia soffrendo.
So già che mi pentirò di ciò che sto per dire.
“Ho saputo di te e di Eva” inizio a dire, continuando a pulire “e…”
“e ti dispiace. Risparmiami il tuo dispiacere” completa lui, in tono piatto.
Ecco, appunto. Perché continuo a voler instaurare una conversazione con lui? 
Fermo ogni mia azione per fissarlo sconvolta, anche se lui mi ignora passandomi davanti più volte come se fossi invisibile.
“Andiamo, perché dovrebbe dispiacerti? Vi odiavate!” confessa infine, come se stesse togliendosi un peso. 
“Beh, questo non vuol dire che mi non mi dispiaccia per la vostra separazione!”.
La sua reazione si limita ad un sorrisetto stizzito e uno sguardo che non sembra credermi.
“Dico sul serio!” ribatto con più convinzione, nonostante lui sia tornato ad ignorarmi. “A te non è dispiaciuto quando hai saputo che Rai mi ha lasciata??”. Ma perché ho deciso di intraprendere questa conversazione.
“No!” rivela immediatamente, quasi quella parola gli fosse scappata contro il suo volere. E un secondo dopo sembra pentirsene. “Cioe’…”. Si gratta una tempia, muovendo nervosamente gli occhi da una parte all’altra della stanza, per non incrociare i miei che lo fissano accigliati e increduli. “Ovviamente per Hope…non per te e lui” si corregge infine, per provare a salvare la situazione.
Ah, quindi eri contento! Penso tra me e me, tornando a buttare rifiuti nel sacco, con più forza del necessario. Avendo intuito che la conversazione è finita, smette di osservarmi e torna anche lui a pulire. E nessuno dei due proferisce parola fino alla fine.



*** 





“ Ciao mamma! Domani vieni che giochiamo con la cucina?”.
“Ma certo, tesoro. Fa’ la brava, ok?”.
La piccola annuisce e, dopo aver scoccato un sonoro bacio sulla guancia della madre, corre via in salotto per tornare ai suoi giochi.
Anya si alza, sospira, e provando a evitare in tutti i modi di incrociare il mio sguardo, sistema la sua borsetta sulla spalle e va via. “Buona serata!” saluta fredda, voltandomi le spalle.
Che le prende ora? Cosa ho detto di sbagliato? Non sono stato io a volere quella discussione!
Decido di lasciar perdere e raggiungo gli altri in salotto, dove mi accascio pesantemente su una poltrona. Una volta scacciati strani pensieri e problemi dalla mente, osservo con più attenzione ciò che Boris e Hope stanno facendo. Lui ha in mano una tazzina di plastica e Hope gli sta servendo dei pasticcini, anch’essi di plastica. Ma ciò che mi lascia alquanto perplesso è il modo di fare disinvolto di Boris.
“Grazie del caffe” le dice, sorseggiando dalla tazzina vuota.
“Vuoi un biscotto?” le propone lei, alzando il vassoio.
“Mmmh, preferirei un hamburger!” chiede invece lui.
“Lo preparo subito! Aspetta qui!” lo avverte, correndo a passi svelti in direzione della sua cucina giocattolo.
“ Ti aspetto!” grida lui, adagiando la tazzina sul tavolo.
“Che diavolo stai facendo?” chiedo, alquanto allibito dal suo strano comportamento.
“Sto al gioco di una bambina di appena cinque anni!” spiega come se fosse ovvio.
 E la cosa mi lascia sempre più sconvolto.
“Ecco il tuo panino!”. Hope arriva di corsa servendo un mini hamburger di plastica al suo presunto cliente.
“Grazie, sembra delizioso! Non avresti una birra? E portane una anche al mio amico!” conclude, puntando un dito verso di me, che avendo fatto già il pieno di bambini e giochi, mi alzo immediatamente e vado via al piano di sopra.
Ne ho avute abbastanza per oggi!









L’indomani mattina, mi alzo al suono della sveglia come di consueto e, dopo aver fatto colazione insieme a Hope, esco di casa per accompagnarla all’asilo. Nonostante il traffico, riusciamo ad arrivare in tempo e, un volta averla consegnata alle maestre, ritorno in auto per guidare fino all’ufficio.
Mentre l’ascensore mi porta lentamente fino al settimo piano, controllo una serie di messaggi che mi sono arrivati durante la notte. Le porte si aprono e, continuando a mesaggiare, cammino a passi svelti verso l’ufficio.
“Signore, io non sapevo che lui sarebbe arrivato oggi…io” sento dire alla segretaria, venutami incontro.
Ma cosa sta dicendo?
La ignoro e la supero aumentando la velocità dei passi, ma il suono dei suoi tacchi continua a seguirmi.
“Lei lo sapeva??” domanda, nervosa.
Sapere cosa?
E la risposta mi viene data non appena apro la porta e metto piede nell’ufficio.
“Salve Kai, ti aspettavo…” dice un uomo piuttosto vecchio seduto al mio posto nella scrivania. “Sorpreso di vedere il tuo nonnino?” domanda infine, abbozzando un ghigno beffardo.
Che diavolo ci fa lui qui? 















 









Ciao a tuttiii :D
Benvenuti nel quarantanovesimo capitolo! Vi giuro che non mi ero resa conto del numero di capitoli e ho notato che la situazione mi è sfuggita leggermente di mano ^-^”.  (leggermente??).
Come vi avevo annunciato, in questo capitolo è stato dato molto spazio al compleanno della piccola Hiwatari (fa strano chiamarla così XD). Kai si è rivelato, come sicuramente vi aspettavate, l’anima della festa (come no!), ma per fortuna non è finita in tragedia. Tutti i bambini sono tornati a casa salvi e Boris è ancora vivo. Anche se Kai avrebbe voluto farlo a pezzi più di una volta XD
Anya e Kai hanno avuto uno strano diverbio nato da una conversazione senza logica apparente XD Ho voluto farli scontrare un po’. (che novità). Si, perché ora ce Eva sembra non esserci più, si dovranno capire un po’ di cose u.u
E in ultimo, per finire in tragedia, non so se avete capito chi c’è dietro la scrivania di Kai XD come come?? Ho sentito qualcuno suggerire Soichiro Hiwatari? Ebbene sì, è proprio lui! L’Adorabile nonnino di Kai che tutti abbiamo odiato nell’anime!
Perché è qui? Beh, perché il nipotino sembra avere combinato qualche casino alla Hiwatari Corporation. Ne parleremo nella prossima puntata.
Attendo con piacere i vostri commenti. Ringrazio come sempre i recensori *____* e i lettori silenziosi :D
Alla prossima!

 
  

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Capitolo 50
*** Il freddo calcolatore ***




















Una volta messo piede nel mio ufficio, vengo colto di sorpresa dalla presenza di qualcuno che non mi sarei aspettato di vedere seduto alla mia scrivania: Soichiro Hiwatari, nonché il mio caro nonnino. E l’appellativo caro, in questo caso, va inteso in senso molto ironico.
“Sorpreso di vedermi?”.
L’espressione di stupore sul mio viso deve essere molto evidente in questo momento, nonostante io mi stia sforzando di non lasciar trapelare nessuna emozione.
“Avresti dovuto aspettarti una mia visita, visto ciò che sta succedendo” .
È vero. Avrei dovuto aspettarmi il suo ritorno, ma nel profondo del mio cuore ho sempre sperato che questo giorno arrivasse il più lontano possibile.
“Accomodati, ci sono delle questioni che mi piacerebbe chiarire”. Questa apparente gentilezza è un po’ sospetta.
Con un gesto della mano mi invita a sedere: non nella mia poltrona ufficiale, da lui momentaneamente occupata, ma dall’altra parte, quasi fossi un comune cliente. E dopo qualche attimo di esitazione, durante il quale imploro me stesso di non perdere la calma, decido di sedermi, nonostante la mia voglia di scappare sia tanta.
“Dunque...” inizia a dire, sfogliando una serie di scartoffie. “…potresti spiegarmi cosa sta succedendo?”.
“Non sta succedendo niente” rispondo annoiato, facendo finta di ignorare la realtà dei fatti.
 “Risposta sbagliata, Kai, e lo sai benissimo che non sta andando tutto bene! Negli ultimi mesi i profitti sono scesi di molto, anzi troppo! Hai dato un’occhiata alla situazione finanziaria? Questa filiale sta per collassare e non era mai successo finora. E, mio caro nipote, è tutta colpa tua!”.
“Colpa mia?”.
“Oh sì. Hai mal gestito la situazione e invece di trovare una soluzione, hai peggiorato il tutto facendo scappare molti clienti!”.
“Li avrei fatti scappare io?? Sono loro che non hanno voluto accettare le mie condizioni!” spiego, iniziando a usare un tono di voce leggermente alterato, mentre mi sforzo, allo stesso tempo, di mantenere la mia compostezza.
“E’ proprio questo il punto! Il detto –il cliente ha sempre ragione- non ti dice nulla?” mi rimprovera, sbattendo un pugno sul tavolo.
“Non siamo in un supermercato, non è la mia idea di fare affari!” spiego schietto, ignorando il suo sguardo iracondo.
“Si deve comunque trovare un accordo che accontenti entrambi le parti e non bisogna rivolgersi ai clienti dicendo –o accetta le mie condizioni o se ne vada!”.
“Non ho mai detto una cosa simile!”.
“Oh sì che lo hai fatto! Ho ricevuto molte lamentele a riguardo. E per questo tuo modo di fare insolente abbiamo perso dieci clienti, Kai. Dieci.” Ripete, in tono scandito.
“Beh, ne troveremo altri!” spiego con nonchalance.
“Altri? Col tuo modo di fare chiuderemo bottega a Tokyo, forse non ti è chiaro!” mi ricorda.
“Dammi tempo e risolverò tutto!”.
“No, Kai, il tuo tempo è finito e il tuo modo di fare non mi piace! Forse è anche colpa mia, che ti ho dato troppa fiducia. In fondo sei troppo giovane per gestire un’azienda di questo calibro…”.
Dove vuole andare a parare?
“Per questo motivo sei esonerato dal tuo compito di dirigente” dichiara infine sentenzioso.
“Cosa? Cosa significa?”. Porto i pugni serrati sul tavolo, fissandolo con astio.
“Significa che…finché la situazione non sarà risolta, rimarrò qui in questo ufficio” annuncia serio e impassibile, alzando gli occhi verso di me.
“E io che diavolo faccio?”.
“Presentati qui domani alle nove in punto. Parleremo del tuo nuovo ruolo in questa azienda e…non dimenticare di portare il tuo curriculum”.
Il mio che?
“Curriculum, Kai. Sai cos’è? Se non ce l’hai inizia a farne uno. Da domani ripartirai da zero. Dovrai imparare a guadagnare faticosamente il denaro”.
“Tu non puoi dire sul serio e non puoi farlo!” lo ammonisco in tono minaccioso, alzandomi di scatto.
“Oh, sì che posso! Dovrai imparare a cambiare atteggiamento o potresti trovarti senza un lavoro un giorno!” dichiara categorico, tornando a sfogliare le sue scartoffie, per farmi intuire che la conversazione è conclusa.
Rimango per qualche secondo in piedi a stringere il pugno e i denti, prima di voltare le spalle a dirigermi a passi pesanti verso la porta, che richiudo con forza di proposito.
Ma cosa si è messo in testa? È venuto fin qui per prendersi gioco di me?
Non l’avrà vinta, mi dispiace.








***







Suono ripetutamente il campanello, ma nessuno si decide ad aprirmi, finché, all’improvviso, qualcuno apre dall’interno e con prepotenza questa porta, parandosi di fronte a me.
“Si può sapere che vuoi?”. È Kai ad accogliermi, con le sue sopraffini maniere da maggiordomo.
“Si può sapere perché non ti sei presentato all’incontro a scuola? Hai ignorato i miei messaggi e le mie infinite telefonate!” sbotto improvvisamente, introducendomi in casa.
“Perché non ho tempo da perdere!” risponde spazientito, mettendo sempre in risalto il suo carattere superficiale che tanto detesto.
“Oh, tu hai da fare? Anch’io lavoro, sai?” gli ricordo, in tono canzonatorio.
“Sì, ma io ho un lavoro vero!” aggiunge, usando quel tono che arriva alle mie orecchio come una beffa.
“Oh certo, scusami se sono una semplice cameriera e non la dirigente di una super mega azienda!” lo sbeffeggio io, sarcastica.
Lo vedo inspirare, portando gli occhi al cielo. “Senti, ho davvero da fare, quindi se non ti dispiace…” e con un gesto mi suggerisce di andar via.
“Oh, no! Non ancora, non prima di averti consegnato questo!”. Ecco che inizio a frugare all’interno della mia borsa, sotto il suo sguardo confuso.
Ma dove l’ho messo? Ah eccolo.
“Ecco, prendi questo e leggilo!”. Gli porgo un foglietto piegato a metà che lui mi strappa dalle mani, trafiggendomi con uno sguardo glaciale. Una volta dispiegato il foglio, legge in un sussurro ciò che vi è scritto “L’albero parlante del bosco…” e poi si acciglia, fissandomi contorto. “Che roba è?” chiede, infine, confuso.
“Sono contenta che tu me lo chieda” inizio a dire in finto tono solenne “Perché quello, mio caro Hiwatari, sarà il personaggio da te interpretato nella recita scolastica!” concludo, incrociando le braccia al petto, con aria soddisfatta.
“Di che diavolo stai parlando?!” ripete a domandare, stavolta leggermente adirato.
“Oggi, all’incontro tra genitori e insegnanti, al quale tu non sei venuto…” e calco volutamente queste parole, per provocare in lui una smorfia contrariata che lo costringono a dire “Vai al punto!”
E va bene.
“Dicevo, oggi gli insegnanti hanno annunciato che la scuola organizzerà una piccola recita, ma non una semplice recita! Stavolta saranno i genitori ad esibirsi e i bambini formeranno il pubblico!”.
“Che stronzata è mai questa?” domanda, con aria seccata, accartocciando in un rapido gesto quel foglietto in un pugno.
“Sarà pure una stronzata, ma è giusto farla. Parteciperanno tutti i genitori!”.
“Beh, non contare su di me!” dichiara categorico, gettandomi quella palla di carta sulla fronte, per poi andare via in salotto.
Chiudo gli occhi, stringo i pugni e digrigno i denti, mentre cerco di soffocare la voglia matta che ho di prenderlo a pugni.
“Tu parteciperai, mi dispiace. Non puoi tirarti indietro. Ho pescato io quel foglio al posto tuo e quel ruolo spetta a te!” spiego, puntandogli un dito contro, mentre lo inseguo lungo il salotto.
“Non dovevi prenderti questo disturbo. Avresti dovuto immaginare la mia risposta!” sentenzia lui, fermandosi a un tavolo, sfogliando alcuni fogli.
Vuole fare finta di ignorarmi? Non ci riuscirà.
“Fallo per Hope, almeno…” dico quasi implorandolo.
“Non mi metto in ridicolo davanti a tutti e poi…che diavolo è un albero parlante del bosco?!” se la ride stizzito, mentre digita sulla tastiera del suo portatile.
Ok. Non vorrei arrivare a questopunto, ma mi ci sta portando lui a dire ciò che sto per dire…
“Rai lo avrebbe sicuramente fatto per Hope” esordisco tutto d’un fiato, mordendomi subito dopo la lingua, per timore di ciò che questa affermazione possa suscitare in lui.
I suoi occhi, che prima erano fissi sullo schermo del portatile, si alzano ora lentamente verso di me e mi trafiggono come lame di fuoco.
 “Beh, purtroppo Rai non è qui e io non sono come lui…” dichiara infine, usando un tono così freddo da farmi congelare la spina dorsale. “Bella mossa Sarizawa, ma stavolta non funziona” aggiunge atono, assumendo l’aria di chi aveva capito le mie intenzioni.
Mannaggia a lui…
La scorsa volta con Boris aveva funzionato!
“Sai che c’è? Hai ragione, tu non sei come Rai” ammetto arrendevole, alzando le mani in segno di sconfitta. Non ha senso andare avanti: è come parlare a un muro. “Ora se non ti dispiace torno al mio umile lavoro di cameriera e ti lascio al tuo lavoro e a salvare il mondo!” concludo amareggiata, voltandogli le spalle per andare via.
È impossibile avere una conversazione normale con lui e non so perché mi ostino a dargli retta.
Se non vuole fare questa recita non posso obbligarlo, ma i suoi modi di fare e di rivolgersi a me mi mandano in bestia.
Come avrei voluto fargli ingoiare quel pezzo di carta appallottolato.







***








Sono le 9.00 in punto e mi trovo già in ufficio, in attesa che mio nonno arrivi.
Che seccatura! Perché è venuto a rompere le scatole? Non poteva farmi inviare un’email dai suoi segretari come ha sempre fatto? In fondo, è così che mi ha avvisato che non sarebbe venuto al mio matrimonio.
Ho anche preparato il curriculum che ha richiesto, anche se non capisco la sua utilità, dal momento che sa benissimo cosa ho fatto finora.
Il flusso dei miei pensieri viene interrotto dall’aprirsi della porta, e dall’arrivo del vecchio in sedia a rotelle, spinto da uno dei suoi servitori.
“Puntuale, devo dire!” commenta acido, mentre con grandi difficoltà si solleva e si sposta sulla mia poltrona, sorretto dall’accompagnatore.
“Lo stesso non si può dire di te” esordisco sarcastico, fissando l’orologio al polso che segna le 9.05.
“Contrattempi dovuti all’anzianità” si giustifica prontamente, mentre io alzo gli occhi al cielo.
Deve sempre avere l’ultima parola…
“Andiamo a noi…hai portato ciò che ti ho chiesto?”.
Senza aggiungere altro, tiro fuori da una cartella un documento, che gli consegno senza esitazione.
Attraverso le lenti dei suoi minuscoli occhiali, scruta con attenzione ogni singola parola, quasi non credesse alla sua autenticità.
“Ah, sì… è come ricordavo” mormora tra sé e sé, togliendo in un rapido gesto le lenti. “Non hai conseguito nemmeno il diploma!” mi ammonisce con sguardo severo.
“Che novità! Ti serviva un curriculum per ricordartelo?” dico in tono di sfottimento.
“Sì, lo ricordavo! Solo che non ho mai capito il perché della tua rinuncia agli studi” continua a dire, assumendo l’aria di chi pretende delle spiegazioni.
Sai, ho messo incinta una ragazza e dopo averlo scoperto sono scappato a gambe levate.
È questo quello che dovrei dire, ma lui non sa di tutto questo e non deve saperlo.
“Problemi con gli insegnanti…” rispondo, in modo vago sperando che ciò basti a dissuaderlo dall’andare oltre.
“Capisco…” si limita a dire, fissandomi poco convinto. “Ad ogni modo, non hai nessun requisito o competenza per lavorare qui!”.
Tzè, ha scoperto l’acqua calda, signori.
Ma se è stato lui a volermi qui, a capo di questa azienda, nonostante la mia riluttanza? E adesso si lamenta?
“Col tuo curriculum, potresti solo lavorare come addetto alle pulizie!”.
“Cosa?” mi lascio scappare, preso alla sprovvista dalle sue parole.
“Tutti, qui dentro, hanno una qualifica, diploma o laurea che sia, mentre tu hai ottenuto questo posto solo perché mio nipote, nonché mio unico erede. E non ti nascondo che questo mi ha sempre messo in una posizione difficile di fronte agli altri miei collaboratori, alcuni dei quali molto validi a ricoprire il ruolo che ho assegnato a te. Nessuno era d’accordo con la mia decisione di affidarti questo incarico, perché troppo giovane e inesperto…e avevano ragione” conclude amareggiato, dondolandosi sulla poltrona, mentre il suo inserviente gli serve del tè, che io, invece rifiuto con un gesto della mano. “Ti ho voluto dare una possibilità e hai fallito. Io ho fallito. L’azienda sta per fallire!” esclama, incrementando il tono di voce, quasi si trovasse di fronte a un bambino di dieci anni da sgridare. Ma io non batto ciglio. Sostengo con orgoglio alto il suo sguardo adirato, come ho sempre fatto.
“Dunque, cosa dovrò fare da oggi?” domando andando dritto al sodo, poiché stanco di sorbirmi le sue ramanzine.
“Ti spedirò al primo piano, ti occuperai dell’archivio!” decreta in tono piatto.
Cosa?
“L’archivio?” ripeto, incredulo.
“Sì, Kai. L’archivio. Puoi andare ora. Troverai qualcuno che ti spiegherà cosa fare!” conclude, incitandomi ad andare via con un gesto della mano.
L’archivio…
L’archivio no, diamine.
Tutte quelle scartoffie e tutta quella polvere, nonché quegli strani tizi gobbi e ricurvi che sembrano usciti da un film dell’orrore…












***





Kai ignora ancora una volta le mie chiamate. Tra meno di un’ora inizierà un’altra speciale riunione a scuola e, stavolta, non ho intenzione di sopportare la sua assenza. Quindi, ho deciso di recarmi di persona in azienda per cantargliene quattro. So che molto probabilmente non otterrò altro che insulti e sguardi sprezzanti, ma non può averla sempre vinta.
E così, a passi rapidi e decisi, percorro il lungo corridoio e mi dirigo verso la porta dell’ufficio, che trovo stranamente socchiusa. La segretaria non è qui. Quindi cosa devo fare? Bussare? Ah, al diavolo i formalismi! Decido di prendere un profondo respiro, bussare e subito aprire quella porta, ma con mia grande sorpresa, al di là della scrivania, non trovo Kai, come al solito, ma un signore dall’aria molto burbera, che mi osserva in modo strano.
“Posso aiutarla?” chiede, dopo una manciata di secondi.
E questo chi è? Avrò sbagliato ufficio? Santo cielo, che figura di merda.
“Ehm…questo non è l’ufficio di Hiwatari?” chiedo timidamente, rimanendo in piedi sul ciglio della porta.
“Dipende quale Hiwatari lei stia cercando…” dice lui, divertito.
Che io sappia, ce n’è uno.
“Kai, Kai Hiwatari” ripeto, a voce tremante. Quest’uomo mi mette in soggezione, ma ha un’aria molto familiare…
“Oh, mio nipote al momento si trova da un’altra parte dell’edificio e io occupo il suo posto!” spiega disinvolto.
Mio nipote?? Questo vuol dire che lui è…
“Sono Soichiro Hiwatari, suo nonno. Credo che lui non ami molto parlare della sua famiglia…lei è?”.
Suo nonno? Questo vecchietto qui è il nonno di Kai?? Quindi Kai ha qualcuno al mondo?? Beh in effetti, mi sembra di avere sentito parlare di un nonno, ma pensavo fosse solo una leggenda o un mito o che non fosse più vivo. Non ho mai capito nulla della vita di Kai. Beh, in realtà, non so proprio niente.
Sono talmente persa nei miei pensieri da essermi dimenticata della sua domanda.
Chi sono io?
 “Io sono Anya Sarizawa…” mi presento con voce incerta.
“Anya…Sarizawa, eh?” ripete, guardandomi sospettoso. “Ho già visto questo nome da qualche parte…” aggiunge poi, facendo un cenno al suo assistente, che con abili gesti meccanici, comincia a scrivere sulla tastiera del computer, sotto il mio sguardo scettico.
Dopo una manciata di secondi, durante i quali mi chiedo cosa stia succedendo, la mano dell’assistente abbandona il mouse per puntare sullo schermo, e il Signor Hiwatari fissa con curiosità in quella direzione, assottigliando lo sguardo e  poi spostarlo su di me.
Che cosa sta succedendo?
“Perché…Mio nipote Kai ha intestato una carta di credito a suo nome?” domanda con aria investigativa. “E’ una specie di amante? Lo ricatta?”.
“Cosa?? No!” nego prontamente, allibita. Ma cosa sta dicendo?? “Sono per la bambina!” confesso, lasciandolo per un attimo interdetto.
“Quale…bambina?” domanda sempre più accigliato.
Che lui davvero non lo sappia?
“Nostra figlia…” rivelo titubante, contorcendomi le mani a causa del nervosismo. Perché lui non sa che Kai ha una figlia? E Perché credo sia stata una pessima idea dirlo?
“Mio nipote ha una figlia??” chiede ancora una volta, esterrefatto. “Da quando esattamente?”.
Ops.
“Da… cinque anni” rispondo senza indugiare, intimorita dai suoi modi di fare.
Questa rivelazione lo costringe a chiudere gli occhi e massaggiarsi le tempie, mentre l’assistente, preoccupato, gli chiede se vuole le sue pillole calmanti.
“Non voglio nessuna pillola e esci fuori subito!” sbotta innervosito, mandandolo via. “Ti prego di sederti e raccontarmi questa storia fin dall’inizio…” mi prega, quasi in forma di ordine.
“Ma veramente io dovrei andare a sc…”.
“è importante!” asserisce autoritario, per poi prendere la cornetta del telefono e dire “Gustav, porta del tè per me e la signorina…sarà una lunga chiacchierata!” aggiunge poi, chiudendo la chiamata.
Oh Santo cielo…
In che situazione mi trovo?












***





Ho finito il mio primo giorno di lavoro in archivio e, dopo tutto, non è andata male, anche se avrei preferito essere da tutt’altra parte. Nel mio ufficio per esempio, col mio computer e con i miei comodi. E invece no! Quel vecchiaccio farà di tutto per rendermi la vita impossibile finché starà qui.
Arrivo davanti a porta del mio ex ufficio e fregandomene dei formalismi, abbasso la maniglia ed entro, trovandomi di fronte una scena che non avrei mai voluto vedere. Mio nonno e Anya stanno prendendo un tè.
“Si può sapere che ci fai tu qui?” mi rivolgo alla diretta interessata, che mi fissa come se chiedesse aiuto.
“La signorina Sarizawa mi stava raccontando una storia interessante, vuoi sentirla?” dice il vecchio, assumendo un sorrisetto beffardo.
“Io in realtà devo and…”.
“Mi stava dicendo…”. Anya stava per parlare, ma lui la interrompe come se non esistesse. “…che tu e lei avete una figlia in comune”.
 Cazzo…
“ E che ha cinque anni. E proprio cinque anni fa tu sei scappato dal Giappone per tornare in Russia, ricordi? Bizzarra storia!”.
Le mie orecchie sono ben attente alle parole del vecchio, ma i miei occhi posano severi su Anya.
“Sono diventato doppiamente nonno e non mi dici niente?” mi rimprovera, fingendosi offeso.
Beh sono sicuro che non te ne sarebbe fregato nulla ugualmente, anche se te lo avessi detto a tempo dovuto.
“Posso parlarti un attimo in privato?” dico ad Anya, facendole cenno di seguirmi fuori da questo ufficio.
Lei si alza timorosa e mi segue fuori. Chiudo la porta e prendendola per un braccio la trascino verso la finestra.
“Si può sapere perché gli hai detto di Hope??” sibilo a denti stretti a pochi centimetri dal suo volto.
“Io pensavo che lui lo sapesse!” si giustifica con fare innocente, liberandosi della mia presa.
“No che non lo sapeva e non doveva saperlo, cazzo!” impreco a bassa voce con rabbia.
“Beh avresti potuto avvisarmi!” mi rimprovera lei contrariata.
“Non sapevo saresti venuta qui!” mi giustifico stavolta io.
“Beh, se tu rispondessi alle mie chiamate, forse questo non sarebbe successo!” ribatte duramente.
“Ti ho detto che non ho tempo per le tue stupidaggini!” rimbecco io con prontezza.
“Stupidaggini??” ripete incredula, in un gridolino soffocato.
Ok, stiamo divagando.
“Non dovevi dire niente!”.
“Mi ha costretta a rimanere!” dice in sua discolpa.
“Costretta? Ma se è un vecchio bacucco su una sedia a rotelle! Avresti potuto dartela a gambe subito!” gli faccio notare con sarcasmo.
“Non mi sembrava carino!”.
Sospiro spazientito, massaggiandomi gli occhi.
È Inutile. Ormai l’ha scoperto. Sono riuscito a tenere nascosto questo segreto per anni. Non volevo scoprisse di Hope…
“Perché non dovrebbe sapere di Hope, scusa?” domanda, poi, Anya, allentando la tensione.
“Perché lui vuole rovinare ogni cosa della mia vita e finora ha rovinato tutto e non voglio che Hope lo conosca. È una persona orribile” cerco di spiegare, forse in malo modo, perché preso dal risentimento che nutro nei suoi confronti.
Anya stava per fare l’ennesima domanda, ma l’arrivo di mio nonno, che esce dal suo ufficio, spinto dal suo accompagnatore sulla sedia rotelle, ci interrompe.
“Signorina Sarizawa, stasera è invitata a cena con la sua bambina a villa Hiwatari. Sono desideroso di conoscere la figlia di mio nipote!” annuncia, rivolgendosi ad Anya, che si ritrova spiazzata in due da questo invito inaspettato.
Prima di rispondere, sposta il suo sguardo su di me, che la supplico con gli occhi di rifiutare assolutamente. Mi ripeto mentalmente –No, Anya. Di’ di no! No!- sperando che lei possa leggermi nel pensiero.
“Va bene! C-ci saremo!” risponde in tono titubante, mentre io sprofondo nel più oscuro degli abissi. Ma che cavolo, pensavo avessi capito! Stupida. È quello che gli sta rimproverando il mio sguardo.
“Perfetto! Adesso puoi andare, è stata una piacevole chiacchierata! Tu, invece, Kai, nel mio ufficio. Non ho ancora finito con te!” mi ordina autoritario, facendomi cenno di entrare.
Lo odio, lo detesto.

Anya va via, evitando di incrociare ulteriormente il mio sguardo contrariato e io rimango solo con questo vecchiaccio, che ritornato alla sua postazione in scrivania, continua il suo incessante lavoro di trivellamento di scatole nei miei confronti.
“Bene, Kai. Sei stato bravo a nascondermi questo segreto per tutto questo tempo, devo ammetterlo!” si congratula con aria beffarda. “Ma ne parleremo stasera a cena, quando conoscerò questa piccola Hiwatari! Andiamo a noi…”. Ed ecco che ricomincia a sfogliare cartelle e roba varia, mentre io penso al fatto che vorrei avere il potere di riuscire a incenerirlo con uno sguardo.
“Cos’altro hai in serbo di speciale per me, adesso?” domando canzonatorio.
“Mi fa piacere che tu me lo chieda, perché questa non ti piacerà…”.
Che vuol dire?
“Non sei riuscito a diplomarti, quindi provvederò a farti completare gli studi. Non è mai troppo tardi…” aggiunge sospirando e consegnandomi un foglio.
Il mio sguardo accigliato chiede ulteriori spiegazioni.
“Seguirai un corso avanzato che ti permetterà di prendere il diploma in poco tempo! Questo è il tuo programma stilato da un tutor. Dovrai recuperare due anni di scuola in pochi mesi. E dopo il diploma, provvederemo agli studi superiori. Una laurea, per esempio”.
“Una laurea?” esclamo allibito.
“Sì, Kai. Voglio lasciare la mia eredità in mano ad una persona valida e qualificata e non ad un pivellino messo qui solo perché non ha altro da fare!”.
Non posso crederci! È impazzito?
“Vuoi davvero che io mi metta a studiare??” lamento contrariato.
“Vuoi veramente lavorare per questa azienda? Perché se non è così allora inizia a cercarti qualcos’altro. Non voglio gente incapace qui dentro” dichiara con fermezza.
È una cosa ridicola.
Ho fatto solo un errore e mi sta costando caro.
Stringo un pugno, facendo soffocare in gola ogni possibile insulto. Non ho altra scelta purtroppo.
Finché sarà vivo dovrò adeguarmi, volente o nolente, alle sue stupide condizioni.
“Ci vediamo stasera a cena, allora” mi dice, prima che io possa uscire.
Oh sì, non vedo l’ora.











***







“Mi raccomando, fa’ la brava, ok?” raccomando alla piccola, prima di suonare il campanello di casa Hiwatari.
Mi sento così nervosa. Ma perché ho accettato?
Ho capito subito che Kai non fosse d’accordo, ma mi sembrava scortese rifiutare l’invito del signor Hiwatari. In fondo, vuole conoscere la nipotina che ha appena scoperto di avere. Beh, in realtà lui sarebbe il bisnonno di Hope, ma è pur sempre un nonno, dato che Kai non ha più i genitori.
La porta si apre e ad apparire è di nuovo Kai, che mi accoglie con uno sguardo super serio.
“Potevi telefonare e dire che non saresti potuta venire…” lamenta, mentre si sposta per farci entrare in casa.
“Beh, ultimamente non mi rispondi neanche al telefono” gli ricordo acida, togliendomi la giacca.
Espira sonoramente, scuotendo la testa per poi indicarmi con un cenno della testa di andare in salotto. “E’ già di là… seguimi”.
Deglutisco sonoramente e, stringendo ancor di più la manina di Hope, mi incammino anch’io alla volta del salotto, dove ad accoglierci con uno sguardo molto serioso, vi è il nonno, seduto su una sedia a rotelle.
“B-buonasera Signor Hiwatari!” saluto, chinando leggermente la testa, in segno di rispetto.
Mio dio, ma perché mi sento così sottopressione?
“Benvenute! Dunque è lei la piccola Hiwatari…” esordisce, rivolgendo uno sguardo inquisitore alla piccola, che intimorita da quest’uomo sconosciuto, si nasconde dietro di me. “Come si chiama?” mi chiede infine.
“Hope” .
“Hope…” ripete lui pensieroso. “Somiglia molto a tua madre…” commenta senza una particolare intonazione, rivolgendosi al nipote, che si limita a fare una smorfia schifata.
“Saluta il Signor Hiwatari, Hope” la incito, facendola uscire dal suo rifugio.
“Ciao” saluta timidamente, avvicinandosi al vecchio. “Perché la tua sedia ha le ruote?” chiede poi, facendosi sfacciata.
“Hope!” la rimprovero, imbarazzata.
“No, tranquilla! Vedi, le mie gambe non funzionano molto bene” le spiega sintetico, abbozzando un sorriso molto forzato.
“Beh, perché non ci sediamo a tavola, così concludiamo al più presto questa pagliacciata…” propone seccato Kai, con i suoi modi di fare sempre poco ospitali.
E così ci avviamo a tavola, ci sediamo ed iniziamo a consumare la prima portata. L’atmosfera che ci circonda è carica di tensione, sia per il silenzio imbarazzante, scandito dai rumori delle posate, sia per via degli sguardi imbronciati dei due Hiwatari. Hope sembra l’unica a non avvertire, nella sua innocenza, questa elettricità, dato che continua a mangiare a grandi morsi, non badando agli schizzi di sugo che versa qua e là. Io, invece, mangio lentamente, alzando ogni tanto gli occhi verso quei due.
Ok, forse non è stata una buona idea accettare questo invito.





***





Che idiozia!
Perché Anya ha accettato di far parte di questa farsa? Forse non ha capito con chi ha a che fare, ma sono sicuro che lo scoprirà presto. Questo strano atteggiamento gentile da parte del vecchio non durerà a lungo.
“Dunque…” esordisce mio nonno, schiarendosi la voce con un colpo di tosse. “Di cosa ti occupi nella vita?” chiede, rivolgendosi ad Anya.
Ecco. L’interrogatorio ha inizio.
“Ehm…io lavoro come cameriera in una caffetteria” risponde l’altra in tono naturale. Ma lo sguardo e il silenzio che seguono al suono di questa frase, la intimoriscono. Mio nonno la osserva senza dire una parola, come se non si aspettasse una simile risposta.
Sbuffo dal naso, scuotendo leggermente la testa. So già a cosa starà pensando…
“Cameriera eh…” ripete stizzito. “Adesso capisco perché mio nipote ti passa dei soldi mensilmente. Non deve essere facile badare alle spese con un semplice lavoro da cameriera” commenta acido.
Al suono di questa assurda constatazione, i miei occhi puntano subito su Anya, e a giudicare dal suo sguardo paonazzo, queste parole l’hanno parecchio turbata.
Di nuovo il silenzio.
Mi rigiro la forchetta nella mano e, ignorando quando ho appena sentito, continuo a mangiare, così come gli altri.
“E questo lavoro ti serve per pagarti gli studi universitari?” torna a domandare, continuando a mettere il dito nella piaga.
“No. veramente io…”. Anya deglutisce, facendo saettare il suo sguardo da una parte all’altra. “Io non vado all’università” confessa in tono sommesso, abbassando lo sguardo quasi per la vergogna.
“Hai almeno preso il diploma o, come mio nipote, hai abbandonato stupidamente gli studi?”. Il suo tono si fa pungente e la mette ancor più a disagio.
“Adesso basta. Puoi smetterla con questo interrogatorio” gli rimprovero duramente, fissandolo con astio.
“Interrogatorio? Le mie erano solo semplici curiosità!” si giustifica lui, fingendo innocenza.
“Sì, certo…come no!”.






***





Mi sono decisamente pentita di essere venuta qui a cena ed aver accettato l’invito di questo vecchio scorbutico. Mi sento molto umiliata dalle sue parole sprezzanti riguardo al mio lavoro e alla mia istruzione. Sto facendo di tutto per non alzarmi, mandare tutti al diavolo e andarmene insieme ad Hope.
Voleva davvero conoscere Hope?
A parte i saluti iniziali, non si è più degnato di rivolgerle la parola. Il suo obiettivo sembro essere soltanto io.
Si sono alleati tutti contro di me, per criticare e denigrare il lavoro che svolgo? Di solito era sempre Eva a deridermi per essere una cameriera, ma l’altro giorno ci si è messo pure Kai, definendolo persino un lavoro non vero e adesso anche questo vecchio??
Ma chi si credono di essere?
“Non ti ho chiesto io di organizzare questa stupida cena” gli ricorda Kai sprezzante, rivolgendosi al nonno.
“Beh, volevo conoscere coloro che beneficiano dei tuoi soldi” rivela senza timore, ignorando il fatto che io stia ascoltando.
“Con i miei soldi faccio quello che voglio” ribatte Kai duramente.
“I tuoi soldi li guadagni grazie a me” controbatte lui, calcando bene le parole.
È assurdo, mi ritrovo a spostare gli occhi sull’uno e sull’altro che non smettono di battibeccare, persino Hope è rimasta con la forchetta a mezz’aria e la bocca aperta piena di cibo.
“Non dimentica che tutto quello che hai, è grazie a me!” grida a gran voce il nonno, sbattendo un pugno sul tavolo e facendo traballare ogni oggetto su questa tavola imbandita. E non solo quello. Anche io sono rimasta pietrificata al suono di queste parole, mentre Kai sbatte forte le posate sul tavolo e si alza furente.
“Sai che c’è? fanculo i tuoi soldi e fanculo la tua azienda! Tienitela pure” sentenzia infine, andando via al piano si sopra e lasciandomi qui a fissare il posto a tavola che ha lasciato vuoto.
Con timore, sposto gli occhi alla mia sinistra, verso il capotavola, dove il nonno fissa rabbioso un punto indefinito dello spazio.
Credo che sia il momento per me ed Hope di andare via…
“Anch’io vado. Grazie per l’invito. Buonanotte!” mi congedo in tono piatto, alzandomi velocemente per prendere Hope e andare via, senza aspettare una risposta da parte sua.
Le sue parole mi hanno indignata. Mi sento offesa e mi sono pentita di essere venuta.
In fondo, cosa avrei dovuto aspettarmi da un componente della famiglia Hiwatari? Gentilezza? Allegria? Tzè, figuriamoci.




***






Sono passati alcuni giorni da quella funesta cena a casa mia. Da allora mi sono rifiutato di andare in azienda, nonostante le continue chiamate da parte dell’assistente di quel vecchiaccio. E da quella sera non ho più visto, né sentito Anya.
In questo periodo sembrano avercela tutti con me.
Cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo?
Ho sbagliato, lo ammetto, ma perché costringermi a fare delle cose che  non voglio assolutamente fare? Come studiare, ad esempio. Non mi sono mai applicato allo studio e lo dimostra il fatto che ero di un anno indietro rispetto agli altri. Persino Boris è riuscito, non si sa ancora come, a diplomarsi. Probabilmente copiando da Yuri. Io, invece, mi sono sempre rifiutato persino di fare questo, nonostante Ivanov si sia sempre offerto di aiutarmi. Non che fossi scemo, semplicemente non mi andava. E ora ne sto pagando le conseguenze.
Sono sul letto, a fissare un punto ignoto del soffitto e il flusso dei miei pensieri viene improvvisamente interrotto dall’arrivo di alcuni messaggi.
Porto una mano sul comodino e afferro il cellulare. Boris ha creato un nuovo gruppo chat.
Ma non ha mai niente da fare? Ed ha inserito me, Yuri e persino Hilary ed Anya. Ma cos’ha in mente?

Boris sta scrivendo…
-    Salve gente! Ho creato un gruppo ed ho inserito anche le fanciulle. Che ne dite di organizzare un’uscita tra di noi una di queste sere?

Si è bevuto il cervello.

Yuri sta scrivendo…
-    Beh, non sarebbe male.

Boris sta scrivendo…
-    Ovviamente intendo una serata senza bambini…

Hilary sta scrivendo…
-    Oh, e mi spieghi dove metto i gemelli??

Boris sta scrivendo…
-    Esistono le babysitter, Tachibana! Ne conosco qualcuna, vuoi il numero??

Hilary sta scrivendo…
-    No, grazie!! Non voglio sapere che tipo di babysitter siano!! è___é

Yuri sta scrivendo…
-    Smettila Boris! Non è facile con due bambini, ma ci inventeremo qualcosa. Ti faremo sapere.

Boris sta scrivendo…
-    Che ne dite domani sera??

Yuri sta scrivendo…
-    Hilary, potresti chiedere a tua madre di tenerci i gemelli per una sera?

Hilary sta scrivendo…
-    Ma perché me lo chiedi via chat se sono  nell’altra stanza?

Yuri sta scrivendo…
-    Lo so, ma non mi andava di emettere suoni per evitare di svegliare i gemelli.

Boris sta scrivendo…
-    Pronto??? Risolvete le vostre cose da un’altra parte! voglio solo una risposta per organizzarmi! Ci siete o no?? Anche tu Kai, lo so che stai leggendo. E Anya…







***



“Sediamoci qui!” propone Boris, indicando un tavolo abbastanza grande per cinque persone. “Gli altri dovrebbero arrivare a momenti” mi avverte poi, controllando il suo cellulare.
“Come mai hai organizzato questa serata?” domando curiosa, togliendo la giacca.
“Beh, ultimamente mi annoio e non ci vediamo quasi mai!” spiega in toni vaghi, strappandomi un sorriso.
“Nostalgia dei tuoi amici?” chiedo ancora, fissandolo sospettosa.
“Nah, è solo che voi avete la vostra vita e io volte mi sento solo, ma non dirlo agli altri o mi prenderebbero in giro!” mi raccomanda a tono basso. “Guarda c’è Kai!”.
Cosa??
“Che faccia da funerale…” commenta divertito Boris, invitandolo a sedersi. E in effetti, quella che mi rivolge è l’occhiata più cupa che io gli abbia mai visto. Beh, quella che ho io non è da meno.
“Perfetto, mancano solo i due sposini, speriamo non si presentino con quei due marmocchi”.
“Beh, non si presenteranno affatto” annuncio io, leggendo un messaggio appena arrivato sul gruppo.
“Cosa??”. Boris, incredulo, controlla i suoi messaggi.
“La madre di Hilary non sta molto bene” spiego, leggendo l’ultimo messaggio appena inviato dalla mia amica, mentre le rispondendo di non preoccuparsi.
“Lo sapevo, mannaggia a loro!” lamenta Boris, posando con forza lo smartphone sul tavolo.
“Fantastico…” mormora tra sé e sé Kai, con aria stizzita.
“Beh saremo solo noi tre” dichiara Boris, rivolgendo un sorriso irritante all’amico, che in tutta risposta gli riserva un’occhiata acida.
“Dov’è Hope?” gli chiedo pungente.
“E’ con Reina, la stava mettendo a letto” risponde, facendo vagare il suo sguardo altrove.
“Ok ok, Stop! Non si parla di bambini, ok? Niente bambini!” ci ordina Huznestov, fissandoci severo. “Non voglio sentir parlare di bambini. Nada de nada!” torna a ribadire scocciato. “Parliamo di cose più interessanti…”.
“Tipo??” chiedo curiosa.
“Tipo…il sedere della cameriera” propone con aria sognante, seguendo l’oggetto del suo desiderio fino a che non scompare dietro al bancone. Ma una volta tornato ad osservare le facce dei qui presenti, soprattutto la mia, si rende conto che non è poi una buona idea.
“Ok, un argomento che coinvolga tutti…” si corregge, dandosi dello scemo.




***




All’inizio ero molto scettico sul venire o meno a questa sorta di rimpatriata, ma poi, non avendo altro da fare, ho optato per il sì. Ma non mi sarei aspettato di dover passare una serata insieme a questo testone di Boris e ad Anya, che continua a guardarmi come se le avessi ucciso il gatto.
Arriva la cameriera per prendere le ordinazioni e Boris si sforza in tutti i modi di tenere lo sguardo alto, verso i suoi occhi e non farli scendere sul decolté messo bello in mostra.
È sempre il solito.
Una volta rimasti soli, cala il silenzio più totale. Anya si contorce la mani, lanciandomi di tanto in tanto un’occhiata sprezzante, mentre Boris continua a fissare tutte le ragazze qui intorno.
“Sapete…potremmo fare una scommessa!” inizia a dire, bevendo un sorso del drink appena servito.
“Che scommessa?” domanda curiosa Anya, rigirando la cannuccia del suo analcolico.
E io alzo gli occhi al cielo mentre sorseggio la mia birra, sapendo già dove lui voglia andare a parare.






***




La serata non sembra delle più entusiasmanti, ma forse se riuscissi a coinvolgere questi due musoni, potremmo mettere un po’ di brio.
“Chi rimorchia per primo si fa pagare il prossimo drink!” spiego ai qui presenti, che mi rivolgono un’occhiata torva, soprattutto Anya, non abituata a certi tipi di cose.
“Non credo sia una buona idea…” commenta infatti.
Ma per convincerla dovrò raccontarle la storia dall’inizio, sotto lo sguardo annoiato di Kai.
“Devi sapere che quando andavamo al liceo, io, Kai e, per un certo periodo anche Yuri, facevamo tante scommesse…”.
“Che tipo di scommesse?” mi chiede incuriosita.



***






Ma è impazzito? Che cosa le sta raccontando? Non mi sembra una storia adatta a lei.
“Chi riusciva a portarsi più ragazze a letto, vinceva!” rivela soddisfatto, ignorando le mie occhiate, che gli suggeriscono di fermarsi finché è in tempo.
“Davvero?” dice Anya, mostrandosi allibita.
“Sì, davvero! E il qui presente Hiwatari vinceva quasi sempre!” spiega, puntandomi il dito e costringendo Anya a far saettare il suo sguardo disgustato su di me. Ma il mio è rivolto su Boris e gli stanno ordinando di non andare avanti con la storia. Ma lui continua a non considerarmi, perché è troppo preso dal suo racconto.
“E se riuscivi a portarti a letto una ragazza vergine, la vincita raddoppiava!” conclude con aria soddisfatta tornando a sorseggiare la sua vodka, e lasciando Anya completamente spiazzata in due.
Idiota. Idiota e ancora Idiota.
È quello che sto gridando nella mia testa e vorrei tanto che riuscisse a sentirlo.
Noto che Anya è rimasta parecchio turbata da queste rivelazioni e io non posso fare altro che far soffocare una serie di insulti in gola nei confronti di questo idiota, che ancora non ha capito ciò che le sue parole hanno combinato.
“Scusate, ma penso che andrò in bagno a vomitare” annuncia, con aria disgustata lei, alzandosi, in un gesto lento e meccanico, evitando di incrociare il mio sguardo.
“Che l’è preso?” domanda Boris, non avendo capito un tubo. Ma ci penso io a fargli comprendere tutto, afferrandolo per la giacca, senza dare troppi sospetti.
“ Ma dico, sei idiota forse? Raccontare delle scommesse proprio a lei??” sibilo a denti stretti, cercando di placare la voglia matta di prenderlo a calci.
“Ma cosa ho det….ops”.
Sbarra gli occhi: si è reso finalmente conto della stupidaggine che ha appena fatto.
“Già…ops!” ripeto io, lasciando la presa con poca delicatezza.
“Io ho dimenticato che anche lei…insomma…tu e lei, cacchio!” esclama pentito.
“La prossima volta morditi la lingua prima di dire stupidaggini!” gli rimprovero severamente.









***







Quello che ho appena scoperto mi ha lasciato alquanto turbata. All’inizio non capivo, ma poi la mia mente ha collegato i fatti, incrociandoli con ciò che Boris ha raccontato e lì mi sono state chiare un sacco di cose. La mia prima volta è stata con Kai e ricordo molto bene la sua espressione quando gli ho rivelato di essere vergine. Mi vergognavo a dirglielo, perché non volevo che mi giudicasse una ragazzina inesperta, ma in verità la mia rivelazione non lo aveva turbato affatto, anzi, gli aveva fatto dipingere sul volto uno strano ghigno che non ho mai saputo ben interpretare. E oggi, a distanza di anni, ne posso decifrare il significato: ero solo l’oggetto di una scommessa.
Che cosa avrei dovuto aspettarmi da lui?
Non pretendevo di certo che fosse innamorato, figuriamoci, ma pensavo che almeno un po’ gli piacessi e che si fosse avvicinato a me per conoscermi. E invece…
Che schifo.
Dal mio ritorno in bagno sono rimasta in silenzio a fissare il mio cellulare, chattando con Hilary per raccontargli questo assurdo fatto. E se Hiwatari potesse leggere gli insulti che stiamo scrivendo sotto ai suoi occhi, credo che diventerebbe una furia.
“Beh, io me ne vado…” annuncia Kai, costringendomi ad alzare gli occhi dal display.
“Dov’è Boris?” domando preoccupata, guardandomi in giro. Ero talmente immersa nel mio mondo antiHiwatari da non essermi accorta della sua assenza.
“Sarà da qualche parte a pomiciare” sento dire a Kai, mentre si alza. “Se vuoi ti porto a casa” propone poi, indossando la giacca.
Neanche morta.
“No. aspetterò Boris” rifiuto in tono secco.
“Come vuoi, ma potrebbero volerci delle ore” mi avverte, mettendo in tasca il cellulare e le sigarette.
“Aspetterò…” mi limito a dire, fissando altrove.
“Come vuoi tu…” conclude stizzito, andando via.
Una volta sparito dal mio campo visivo, tiro un sospiro di sollievo. Non sopportavo più la sua presenza. Se prima ero arrabbiata con lui per quello che è successo nei giorni scorsi, adesso lo detesto ancor di più.

Passa un quarto d’ora abbondante, ma a me sembra essere passata un’ora, e di Boris nessuna traccia. Chissà dov’è? Come andrò a casa?
Mai fidarsi degli uomini…
Stanca di questa attesa infinita, prendo la giacca e la borsa per avviarmi a pagare, ma il cassiere mi avvisa che le consumazioni del nostro tavolo sono già state pagate.
Sarà stato sua signoria Hiwatari? Pensa che guadagni così poco da non poter permettermi un drink??
Odio.
E così mi dirigo verso l’uscita, aspirando un po’ di aria pura. Prima di prendere il cellulare e prenotare un taxi.
Una notifica mi avvisa che il tassista arriverà tra dieci minuti esatti.
Perfetto. Mi metterò in un angolo ad attendere.
“Non hai trovato Boris, vero?”. Una voce alla mia sinistra mi prende alla sprovvista.
“Kai, che ci fai qui ancora?” chiedo, mettendomi una mano al petto per la paura.
“Sto fumando, non vedi?”.
Lo vedo. Razza di idiota!
È quello che vorrei dirgli, ma preferisco non rispondere e ignorarlo, guardando altrove.
Si affianca alla sottoscritta e schiarisce la gola.
“Sei sicura di non volere un passaggio?” propone ancora una volta, avvicinandosi alla sua nuova auto, parcheggiata proprio qui di fronte.
“Sì, sono sicura. Sta arrivando il mio taxi” rispondo acida, fissando dritto innanzi a me.
Ecco che finalmente decide di togliersi dalle scatole. Apre la portiera e si accinge ad entrare, quando all’improvviso…
 “Si può sapere che hai?” chiede, con aria stanca, rimettendosi in piedi.
“Non ho niente. In fondo, ho solo scoperto di aver perso la verginità per una scommessa!” spiego, fingendo un tono calmo, ma allo stesso tempo pieno di risentimento.
“Andiamo, Anya. È successo anni fa! Non ha importanza!” asserisce lui, come se si trattasse di una cosa senza la minima importanza.
“Per te nulla ha importanza! Ti importa solo del tuo stupido lavoro e a proposito! Non permetto più a nessuno, né a te né al tuo caro nonnino di denigrarmi per il lavoro che faccio!” gli rendo noto, puntandogli ripetutamente un dito contro.
“Non ho mai denigrato il tuo lavoro!”.





***






Che diavolo le prende?
Avevo intuito che l’avesse presa male, ma non pensavo così tanto male.
“Tu non volevi presentarmi a tuo nonno solo perché ti vergognavi di dire che sono una cameriera”.
Questo era l’ultimo dei miei pensieri.
“Ma che diavolo dici? Non volevo che conoscesse Hope e immagino tu abbia capito il perché?”.
“Oh, sì che l’ho capito! E ho anche capito da chi hai preso!” mi dice con disprezzo.
Cosa? Io avrei preso da lui??
“Io non sono come lui!”.
“Oh sì che lo sei. Quello che fai ha sempre un prezzo. Hiwatari non fa mai niente per niente. Adesso so che è un vizio di famiglia”.
“Questo non è  assolutamente vero!” digrigno a pochi centimetri dal suo volto.
“Ah no? Mi hai portata a letto per una scommessa, e dimmi…quando mi hai seguita quella notte a quella festa, vuoi dirmi che non era tutto calcolato??”.
Si riferisce alla sera in cui abbiamo concepito Hope?
Beh, non è stato proprio tutto frutto del caso…
“Vuoi dirmi…che non mi hai seguita di proposito?” continua a dire, mentre io non so cosa rispondere.
“E va bene…” ammetto arrendevole. “Forse non è stato un caso. Sapevo che eri sola e che stavi tornando a casa…”.
“E perché lo avresti fatto?” domanda, con occhi lucidi.
“Perché…sapevo che Rai era fuori città e che se ti avessi convinta ci saresti stata. Volevo solo fare uno sgarbo a quel cinese” rivelo in tono sommesso, fissando altrove. Ammetto di non avere il coraggio di dire queste cose guardandola negli occhi.
E ammetto anche che, pronunciarle ad alta voce, mi fa sentire davvero stupido.
“Tzè, io non ho parole…e io che sono stata così stupida da cascarci!” dichiara colpevole, portandosi le mani alle tempie. “E cosa mi dici di Hope?” aggiunge poi, sotto il mio sguardo confuso. “Anche la lotta per il suo affidamento serviva a uno dei tuoi scopi??”.
Adesso vuole sapere troppo.
Ma tanto vale, ormai, rivelare ogni cosa.
Non può andare peggio di così.
“E’ così, non è vero??” ripete, anche se timorosa di conoscere la verità.
Prendo un profondo respiro e svuoto il sacco.
“E’ vero. All’inizio ho voluto l’affidamento solo per farla pagare a Rai. Non sopportavo la sua faccia da padre eroe” rivelo, sotto il suo sguardo allibito.
“Quindi non te n’è importato mai niente di essere il padre di Hope! Per questo non glielo hai ancora detto!”.
“No, non è così! E’ vero, all’inizio lo avevo fatto per una sorta di soddisfazione personale, ma poi non è stato più così!” cerco di spiegarle, anche se le mie parole non sembrano avere valore per lei.
“Sì, come no…” afferma stizzita, trattenendo le lacrime.
“Puoi non credermi, ma è così”.
“Sai che c’è…che finalmente ho capito con chi ho a che fare. Con Hiwatari, il cinico e freddo calcolatore!” annuncia a gran voce, mimando un manifesto con le mani.
Cinico e freddo…calcolatore…
Il taxi arriva e Anya mi rivolge un’ultima occhiata di disprezzo… “C’è qualcuno di cui ti importa, a parte te stesso?”. È l’ultima cosa che dice, prima di voltare le spalle e salire sul taxi.
E queste parole risuonano prepotenti nella mia mente, ancora e ancora.
C’è qualcuno di cui ti importa…a parte te stesso…





















Ciao a tutti! ^_^ eccomi tornata con questo capitolo scoppiettante.
È stato complicato trasferire l’idea che avevo in mente sul foglio word. Spero ne sia uscito qualcosa di decente. In caso contrario, chiedo venia!
Il nonnino tanto adorato sta mettendo i bastoni tra le ruote al nipotino XD Insomma, non ha tutti i torti. Kai dovrebbe essere più rsponsabile e deve capire che i soldi non piovono dal cielo! (Ah no?ndKai) (Magari -.- nd Autrice).
Però, c’è da dire che gli atteggiamenti del vecchio lasciano un po’ a desiderare.
Il nonno non sapeva che Kai avesse procreato ahah e boom, Sorpresa! Sei diventato bis-nonno! XD
Ditemi cosa ne pensate! Sono curiosa di sapere il vostro parere su questo capitolo ^_^
Un abbraccio

Henya

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Capitolo 51
*** Dejavù ***






“Farò finta che non sia successo niente. Ignorerò il fatto che tu, l’altra sera, abbia mandato a quel paese sia me e che la mia azienda, ma dovrai cambiare modi di fare, mio caro nipote. Questa è la tua ultima possibilità. Se fallisci, stavolta, sei fuori e provvederò immediatamente a correggere il testamento” sentenzia categorico il vecchio, fissandomi severo e picchiando ritmicamente le dita sulla scrivania.
Sono stato costretto a tornare. Stamattina, infatti, uno dei suoi avvocati si è presentato a casa mia per pregarmi, per non dire quasi minacciarmi, di tornare in azienda se volevo evitare di incorrere nelle ire del nonno. E siccome non voglio trovarmi in mezzo ad una strada, ho deciso di mettere da parte, momentaneamente, l’orgoglio e presentarmi.
 “Non pretendo nemmeno le tue scuse, perché so che le mie orecchie non avranno mai il piacere di sentir pronunciare dalla tua voce quelle semplici parole…”.
Sono felice che ne sia consapevole.
“Ma ti chiedo solo una cosa Kai: rispetto, per me e per il lavoro che svolgiamo. Ho costruito questo impero dal nulla e non voglio vederlo collassare per nessuna ragione al mondo” dichiara con sguardo fiero. “Adesso puoi andare in archivio, il lavoro ti aspetta”.
“Ancora in archivio…” mormoro seccato, alzandomi.
“Beh, una volta preso il diploma ti promuoverò con un nuovo incarico” sogghigna divertito.
Divertente…
“Ah, dimenticavo! Ha telefonato l’avvocato di Eva, ti invierà delle pratiche per il divorzio. Sai, dopotutto, ho fatto bene a non scomodarmi per venire a questo matrimonio…non è durato poi così tanto” conclude con sorriso beffardo, tornando a leggere dei documenti, mentre io mi soffermo qualche secondo a fissarlo con risentimento.
Tzè…
Non ti sei mai scomodato a fare niente per me, vecchiaccio.









Stare in archivio è il lavoro più noioso del mondo. Non faccio altro che catalogare i diversi documenti che arrivano puntuali ogni mezz’ora. I miei occhi sono sempre fissi sul computer, anche se, di tanto in tanto, si spostano per osservare minacciosi coloro che, sorpresi di vedermi qui, si abbandonano ai pettegolezzi.
In fondo, il loro ex dirigente adesso si trova al loro stesso livello.
Chi non si meraviglierebbe?
Sparlate pure di me, fate le vostre stupide e infondate supposizioni sul perché io mi trovi qui, non m’importa.
Passa un’altra ora abbondante e dopo aver timbrato il cartellino d’uscita come un comune essere mortale, mi avvio in auto. Controllo l’orologio e mi rendo conto di essere ancora in tempo per fare una cosa.






***







Sono in corridoio con le spalle al muro e le braccia conserte, a fissare assorta un punto del pavimento, mentre, insieme agli altri genitori, aspetto l’arrivo degli insegnanti e l’inizio di un’altra entusiasmante riunione. Da quanto mi sembra di aver capito, dopo la famosa recita, questi incontri avranno fine. Che gioia!
Gli insegnanti arrivano e aprono l’aula per farci entrare, e proprio quando mi desto dal mio stato di trans, sento una voce che mi costringe a voltarmi nella direzione interessata.
“Sarizawa…”.
“Che cosa ci fai tu qui?” gli domando irritata.
“Secondo te?” si limita a dire, superandomi per precedermi e prendere posto, sotto il mio sguardo confuso.
“Avevo capito che non saresti più venuto…” gli rivolgo acida, sottovoce, mentre prendo posto accanto a lui.
“Non ho mai detto questo” mi corregge pungente.
“Oggi hai deciso di discendere tra i comuni esseri mortali?” continuo a punzecchiarlo di proposito, ma lui non si scompone più di tanto.
“Non farmene pentire” asserisce seccato.
Tzè, avrei preferito non venisse.
In questi giorni non ho fatto che rimuginare su quanto ci siamo detti l’altra sera, all’uscita di quel locale. E sono stata così nervosa da non riuscire a concentrarmi a lavoro. Oggi non ho fatto altro che sbagliare il servizio ai tavoli, confondendo i numeri. Dana non era molto felice…







***






Ok. Mi sono decisamente pentito di essere venuto, per due semplici motivi: il primo riguarda Anya, che non riesce a contenere la sua espressione imbronciata ogni volta che mi capita di incrociare il suo sguardo; e il secondo riguarda questa stupida riunione, il cui argomento principale sembra essere solo quella ridicola recita, di cui mi aveva accennato qualcosa Anya.
Non parteciperò.
È fuori discussione.
Mai.


 “Anche stavolta prendi un taxi?” domando acido, cercando le chiavi dell’auto nella giacca.
“No, prenderò la metro” asserisce in tono secco, volgendo lo sguardo altrove, come per non degnarmi della sua considerazione.
“Come desidera”. Non insisto.
“E comunque se non vuoi partecipare a questa recita, dovrai comunicarlo agli insegnanti” mi spiega con i suoi modi di fare da bacchettona.
“Va bene” .
“Bene!” esclama con forza, incrociando le braccia al petto con aria di sfida.
“Bene!” ripeto a mia volta, per avere l’ultima parola.







***




Quanto lo detesto! Deve sempre averla vinta…
“Perché sei ancora qui? Perderai la metro…” mi ricorda in tono beffardo.
Sono ancora qui in piedi, con le braccia incrociate al petto, a fissarlo con astio mentre sistema la piccola Hope sul sedile dell’auto. Perché sono ancora qui? La verità è che vorrei cantargliene quattro, fremo dalla voglia di prenderlo a schiaffi. Perché deve fare sempre di testa sua? Tutti parteciperanno a quella recita, perché lui deve avere sempre il privilegio di fare quello che gli pare?
Devo inventarmi qualcosa per farlo cadere…
“Ok, cosa vuoi in cambio?” domando, facendo cadere le braccia lungo i fianchi, in un gesto che vuole sembrare arrendevole.
“Di cosa stai parlando?” chiede, invece, lui, osservandomi confuso.
L’ultima volta, chiamare in causa Rai non ha sortito l’effetto desiderato. Quindi ho deciso di intraprendere un’altra via.
“Visto che ho finalmente capito come sei fatto, che per fare una cosa devi avere qualcos’altro in cambio…beh, se accetterai di partecipare alla recita, farò qualcosa in cambio per te” propongo in tono fermo e deciso. Anche se dopo aver espresso questa decisione ad alta voce, mi rendo conto di star osando troppo.
“Davvero pensi che io sia così?” dice in tono leggermente risentito e quasi offeso.
Andiamo Kai, smettila con questa farsa: sai benissimo di essere fatto in questo modo.
“Partecipa alla recita e io ti dovrò un favore” ripeto ancora una volta, in tono di sfida.
“La risposta è no! Non farò quella recita, mi dispiace!” ribadisce categorico. Ma io non mi arrendo. Non stavolta. So che dovere un favore a Hiwatari potrebbe essere rischioso, ma sono così arrabbiata nei suoi confronti che l’unica cosa che potrebbe darmi soddisfazione, a parte prenderlo a pugni, è vederlo mettere in ridicolo con quel costume da albero su un palcoscenico.
Infantile, lo so.
Ma voglio almeno avere questa soddisfazione.
“Ti laverò l’auto nei fine settimana, o potrei sistemarti il giardino, o…”. Non so più che cavolo dire. “…Potrei portare il cane a spasso, farti la spesa…”. Inizio ad elencare una serie di possibili, e forse anche insensate, possibilità, sotto il suo sguardo confuso, finché…
“ Un momento…” mi interrompe, assottigliando le sguardo. “Ci sarebbe una cosa che potresti fare per me!" confessa, mimando un ghigno beffardo che inizia a farmi preoccupare.
“Ehm… e cosa sarebbe?” chiedo perplessa.
Perché ho come l’impressione che non mi piacerà.











***







“Che roba è?”.
“Sono dei libri!”.
“Questo lo vedo, ma che cosa dovrei fare?” domanda Anya sempre più confusa.
L’ho convinta a venire a casa mia e una volta arrivati, le ho messo davanti una pila di libri, lasciandola leggermente sbigottita.
“Mio nonno vuole che io prenda il diploma”.
“Perché non hai il diploma?” domanda stranita.
“Per lo stesso motivo per cui non ce l’hai tu!” le ricordo, come fosse la cosa più ovvia del mondo.
“Oh…giusto” esclama, dandosi della sciocca, probabilmente.
“Devo recuperare due anni in poco tempo e se proprio vuoi farmi un favore, dovrai aiutarmi a studiare nella maniera più semplice e indolore possibile”. Queste è la mia richiesta. Non mi sembra poi di chiedere tanto.
“Ma io…insomma. Non mi sembra uno scambio di favori equo. Io devo, in un certo senso, studiare per te un sacco di materie, mentre tu devi solo indossare un ridicolo costume da albero e recitare qualche frase davanti a dei bambini!” lamenta contrariata.
“Un momento…dovrei travestirmi da albero?” chiedo sconcertato dopo aver scoperto questo piccolo dettaglio.
“Sì, ovviamente! Ma non è giusto quello che vuoi che faccia per te!” torna a ribadire, fissandomi storta.
“Se non vuoi accettare, allora niente. Semplicemente dirò che non partecipo alla recita! Sayonara, come dite voi giapponesi!” e mimando un saluto, mi congedo, lasciandola lì, al centro del salotto a rimuginare sulla questione.
Sapevo non avrebbe accettato.






***





Questo non è giusto.
Mi chiede troppo. Non ho il tempo materiale per star dietro al suo studio. Si tratta di pagine e pagine, nonché di diverse discipline, alcune delle quali per me erano difficili da capire al volo già ai tempi della scuola.
Sayonara, eh?
Ho visto il sorrisetto soddisfatto che ha dipinto sul volto, pronunciando quella parola. È come se sapesse che sarebbe andata a finire così.
No, Kai, stavolta il tuo piano non funzionerà.
Stringo i pugni ed espiro una copiosa quantità di aria, prima di annunciare a gran voce…
“E va bene, ci sto!”.
Le mie parole frenano i suoi passi, in procinto di salire le scale. Lentamente si volta in mia direzione, fissandomi sospettoso.
“Ne sei sicura, Sarizawa?” mi chiede con voce melliflua.
Se sono sicura?
Certo che lo sono.
Non può andare sempre tutto secondo i tuoi piani.
E poi voglio proprio vederti travestito come un ridicolo albero.
“Sicurissima! Io ti aiuto a studiare, tu parteciperai alla recita! Affare fatto?” dico, allungando una mano verso di lui.
Mi osserva accigliato per un tempo che sembra infinito, poi i suoi occhi puntano alla mia mano, ancora in attesa di essere stretta per sigillare l’accordo.
Avanti Kai, vieni qui a stringere la mia mano. Non te lo aspettavi, eh?
Sbuffa dal naso, con aria leggermente stizzita e, alla fine, si avvicina a me per stringere con forza la mia mano, trafiggendomi con uno sguardo di fuoco.
Ahia!
Perché sta stringendo così forte?
Stringo i denti, cercando di non dare a vedere il dolore che sto provando e ricambio l’occhiata fulminea che mi sta riservando.
“Bene!” esclamo, ritirando con forza la mano un po’ indolenzita. “Quando cominciamo?”.
“Domani” si limita a dire, voltandomi le spalle per raggiungere le scale.
“E dove ci vediamo?”.
“Qui a casa mia…” conclude, sparendo dal mio campo visivo.
Ok… rispondo nella mia testa, sospirando stancamente.
Ragazzi che giornataccia!
Mi toccherà veramente studiare?
Mentre mi maledico mentalmente per avere preso questa insana decisione, mi avvicino a quei libri, sfogliandone velocemente le pagine. Geografia, Storia delle guerre giapponesi, matematica?
Me ne sono già pentita, ma non potevo dargliela vinta.






Sono già sulla metro, di ritorno a casa.
Non vedo l’ora di riempire la vasca di acqua calda e immergermi dentro, per rilassarmi e dimenticarmi per un attimo di questa giornata.
Avere a che fare con Kai mi rende nervosa.
Beh, dovrò abituarmici dal momento che domani inizierò ad aiutarlo a studiare.
Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo…






Sei anni prima…
Mi trovavo nel cortile della scuola a chiacchierare del più e del meno con le mie due compagne di scuola: ovvero la mia, ancora attuale, migliore amica Hilary, e quella che poi in futuro sarebbe diventata la mia nemica numero uno, Eva.
“Posso parlarti un attimo?”. Ero talmente presa dal discorso, da non essermi accorta che una voce alle mie spalle si stava rivolgendo a me. Fu il segnale di Eva a costringermi a voltarmi e incrociare quelle iridi ametista su cui fantasticavo da tempo. E rimasi paralizzata. Quello era Kai Hiwatari, uno dei ragazzi più fighi della scuola e si stava rivolgendo davvero a me?  Stavo sognando, forse?
Ero così sconvolta da non riuscire più a parlare. Fu di nuovo Eva a riportarmi alla realtà, pizzicandomi il braccio e dicendo al posto mio “Ma certo che vuole parlarti!”. E i suoi occhi mi incitavano a  reagire.
“Sì…sì…” riuscii a dire confusamente, avanzando di qualche passo verso di lui, mentre le mie amiche si appartavano in un angolo a fissarci curiose.
“Sarizawa, giusto?” mi chiese in tono freddo.
Mi chiamo Sarizawa?
Ero talmente persa in quelle iridi da dubitare persino del mio nome.
“Sì…sì” ripetei meccanicamente. E mi sentii stupida in quel momento: era già la seconda volta che dicevo quel sì.
“Ho sentito che sei brava in matematica” iniziò a dire fissandomi in modo strano.
“Beh, in realtà è Hilary a cavarsela molto bene in matematica” confessai timidamente, mentre mi torturavo le dita dietro la schiena.
“Ma se io volessi delle ripetizioni da te?” propose, con in volto un sorrisetto ammiccante che mi fece perdere un battito.
Dovevo calmarmi.
Da mesi cercavo di trovare il coraggio di parlare con lui, ma non ci ero mai riuscita. E alla fine, per mia gran sorpresa, era stato proprio lui a rivolgermi la parola.
Era assurdo.
Non mi aveva degnato della sua considerazione fino ad allora, nemmeno quando, durante una lezione di educazione fisica, la professoressa mi mise in coppia con lui per svolgere degli esercizi con la palla. Semplicemente mi aveva abbandonata per sparire chissà dove col suo gruppo di amici.
“Ti andrebbe di studiare insieme o no?”.
La mia risposta tardava ad arrivare.
“Ma certo che le va! Non è vero, Anya?”.
Era stata di nuovo Eva a intervenire e rispondere al posto mio, con i suoi soliti modi di fare sfacciati.
“Sì…” riuscii a dire in un fil di voce.
“Perfetto, allora iniziamo domani a casa mia!” disse infine Kai, fissando intensamente, per l’ultima volta, me e le mie amiche.
Eravamo tutte con occhi sognanti a fissare il punto da cui era sparito.
“Ragazze, non posso crederci! Ho parlato con Kai Hiwatari!” esclamò tutta eccitata Eva, trattenendo uno stridulo.
“In realtà ha parlato con Anya!” intervenne a correggerla Hilary.
“Ma se non è riuscita a dire una parola!” mi rimproverò contrariata.
“Ero troppo sconvolta!” mi giustificai prontamente.
“Beh, metti da parte il tuo shock e impegnati! Devi riuscire a farci entrare nel suo gruppo!” mi ordinò con uno strano scintillio negli occhi, che mi mise in soggezione.
“Mi ha chiesto solo di studiare insieme!”.
“A casa sua!” sottolineò, però, lei con tono ambiguo. “Quindi domani non farti prendere dal panico e impegnati! Se riusciamo a entrare in quel gruppo, conquisteremo popolarità a scuola!” ammise euforica, salutandoci e dirigendosi verso altre compagne.
“Mi sembra un po’ troppo emozionata” commentò Hilary, perplessa.
“Beh, ha sempre voluto mettersi in mostra, lo sai” le ricordai, rassegnata.
“E tu come ti senti?” mi domandò poi curiosa. “Insomma, il ragazzo che guardi da tempo ti ha appena proposto di studiare insieme! Vorrei tanto che anche il suo amico Yuri si accorgesse di me…” sospirò, con aria sognante, ammirando da lontano l’oggetto dei suoi desideri.



Immergo ancor di più il mio corpo in acqua, spazzando via con un soffio, un po’ di schiuma che mi solletica le narici.
E dire che solo pochi giorni fa sono venuta a conoscenza del motivo per cui Hiwatari quel giorno… si avvicinò a me…



















Sono le sei del pomeriggio. Dopo aver preso Hope dall’asilo siamo subito corse qui a villa Hiwatari, dove è Reina, stavolta, ad accoglierci con un sorriso cordiale.
 “ Salve Reina, dov’è Kai?” le domando, fissandomi intorno.
“E’ di sopra, vado a avvisarlo subito della vostra presenza, accomodatevi pure in salotto!”.
“Mamma, posso giocare con la cucina?” mi chiede Hope speranzosa.
“Va bene, vai pure! Ma non combinare pasticci, intesi?” le raccomando, mentre la aiuto a togliere il giubbottino.
La piccola corre via in un angolo del salotto a giocare e, dopo una manciata di secondi, arriva il padrone di casa, che mi accoglie con la sua solita aria scorbutica.
“Hiwatari…pronto per iniziare a studiare?”.
“Più o meno” si limita a dire con voce annoiata.
“Meno entusiasmo…” mormoro tra me e me con ironia, “Dunque, da dove vuoi cominciare? Storia? Geografia? Letteratura?”.
“Da quello che vuoi…” risponde, soffocando uno sbadiglio, mentre si siede pesantemente su una sedia, imitato da me.
 “Ok, visto che posso scegliere, inizierei con storia!” propongo con entusiasmo. Era una delle mie materie preferite a scuola.
“Odio la storia” commenta schifato, reggendo la testa su una mano quasi fosse un cuscino.
“Perfetto!” esclamo, invece io, con un entusiasmo che lo irrita ancor di più, visto il modo in cui rotea gli occhi.
Credo proprio che mi divertirò a torturarlo con storia.
Il problema è: come farò a fargli entrare tutta questa roba in testa?






“Si può sapere perché hai scritto –linea di ventaglio?” gli faccio notare, puntando un dito sulla parola errata.
“C’è scritto vantaggio e non ventaglio” mi corregge con aria seccata, cosa che mi porta a controllare meglio per verificare.
“Cavoli, la tua scrittura è rimasta illeggibile…e comunque c’è scritto ventaglio!” torno a ribadire,  mettendogli sotto al naso il quaderno, sicura di avere ragione. Cosa che a lui non sembra andare bene, visto che mi strappa il quaderno di mano. “Problemi con la lingua giapponese, Kai?” domando in tono canzonatorio.
“Non mi piace scriverla, tutto qui…” ammette senza timore, rimanendo con la penna bloccata mentre si sforza di ricordare come si scrive la parola vantaggio.
Ammetto che persino per i madrelingua, il giapponese non è facile. È impossibile memorizzare tutti quegli ideogrammi e alfabeti.
“Vuoi un suggerimento?”.
Lo vedo sospirare con fare arrendevole, prima di passarmi la penna e il quaderno, sul quale scrivo lentamente, in modo che per lui sia comprensibile, la parola in questione.
“E comunque la tua resta una pessima grafia. Ricordo che quando al liceo studiavamo insieme facevo molta fatica a leggere i tuoi appunti” gli ricordo, riconsegnandogli il quaderno.
“ Non mi pare che studiassimo poi così tanto…” ci tiene però a precisare lui, in modo volutamente ambiguo, nascondendo sotto ai baffi uno strano ghigno beffardo.
Al suono di questa frase, i miei occhi si spalancano.
A cosa vuole alludere??
Fingo di non aver capito il riferimento e prendo in mano il libro di storia, cercando di contenere l’imbarazzo, mentre avverto, di tanto in tanto, il suo sguardo divertito su di me.
È imbarazzante…









Sei anni prima…
“Beh, non te la cavi così male in matematica” notai, alquanto sorpresa.
Mi aveva chiesto delle ripetizioni di matematica, ma da quanto avevo potuto constatare, era abbastanza bravo.
“Mi hai scoperto” si limitò a dire lui, mostrando un faccino colpevole.
“Che vuoi dire?” chiesi, con aria sospetta.
“Volevo solo…passare un po’ di tempo con te” mi rivelò, guardandomi intensamente negli occhi, per poi spostarmi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Gesto che mi fece correre un brivido lungo la schiena e non solo. “Ti dispiace?”.
Ero talmente paralizzata e persa in quello sguardo magnetico, da non essermi accorta che il suo viso era a pochi centimetri dal mio.
Deglutii, sforzandomi in tutti i modi di non fare o dire idiozie.
Le labbra di Kai Hiwatari, il ragazzo per cui avevo sbavato per mesi, stavano per sfiorare le mie e non potevo permettermi di rovinare tutto.
Volevo solo rilassarmi e godermi il momento.








***







“Ok basta!”.
Il rumore di un libro che si chiude con forza, mi costringe ad alzare gli occhi verso Anya, il cui viso è stranamente arrossato.
“Che ti prende?” domando stranito da questo atteggiamento.
Non mi pare di aver detto o fatto qualcosa per farla arrabbiare, stavo svolgendo questi esercizi di grammatica giapponese.
“Niente!” esclama poi, sforzandosi in tutti i modi di non apparire agitata. Poi, improvvisamente, riapre il libro che aveva chiuso, e inizia a sfogliare velocemente le pagine, ignorando la mia espressione confusa.
“Io direi che per oggi può bastare…” inizio a dire, chiudendo il quaderno.
Sono passate due ore e il mio cervello non collabora più. Inoltre, lei mi sembra un po’ tesa e non ne capisco il motivo.
“Sì, è meglio che vada” dice alzandosi e prendendo alcune cose dal tavolo per riporle nella sua borsa. Poi mette in spalla la tracolla, afferra con l’altra mano la giacca e rimanendo ad occhi bassi, saluta prima Hope, poi me in modo fugace e va via.
Rimango seduto con la penna in mano puntata alla tempia a fissare il punto da dove è sparita.
“Ma che le prende?” sussurro tra me e me, confuso.
“Vuoi un caffè?” sento dire alla vocina di Hope, giunta alla mia destra. “Prendi questa tazza!” mi ordina, porgendomi una tazzina di plastica, che afferro per verificare che sia vuota.
“Grazie” le dico.
Ma lei rimane lì in piedi a fissarmi. “Devi bere!” mi spiega ostinata.
Dovrei bere da una tazzina vuota?
Visto il modo in cui mi guarda, mi trovo costretto a eseguire il suo ordine e, consapevole che nessuno sia in casa a osservare questa assurda scena, porto quella tazza alla bocca e in un rapido gesto ne ingurgito il contenuto invisibile.
“Ti piace?” domanda poi, riprendendo il suo giocattolo.
“Tantissimo” ammetto, fingendo di aver apprezzato.
Roba da matti…







***









La mia mente, ieri, si è persa un po’ troppo nei ricordi e ha iniziato a rivivere fatti e momenti che aveva cercato di sopprimere. E mi hanno fatta agitare, a tal punto da perdere la concentrazione e voler solo andarmene via.
So che è stupido.
Il momento che stavo vivendo mi ha riportata indietro nel passato, quando Kai mi invitò a casa sua con la scusa di studiare, per poi scoprire che era solo un pretesto per baciarmi e, nei pomeriggi successivi, per fare altro. Adesso, la situazione è completamente diversa, il nostro rapporto è completamente diverso, quindi…perché la mia mente mi ha giocato questo brutto scherzo?
Calma.
Sono di nuovo qui, in casa Hiwatari.
“Prima di iniziare a studiare, vorrei che dessi un’occhiata al tuo copione” esordisco, consegnandogli un foglio.
“Copione?” domanda confuso.
“La recita…ricordi?” gli rinfresco la memoria.
Lo sento sbuffare, mentre legge a mente le sue battute cerchiate in rosso.
“Andiamo, devo veramente dire queste stronzate?” lamenta con una smorfia schifata.
“Ti va di provarle?”.
“No!” asserisce categorico.
“Andiamo, Kai” provo a incitarlo, invitandolo a venire al centro del salotto.
“No” torna a ribadire sempre più deciso.
“Lo avevi promesso, Kai!”.
Ed ecco che sbuffa per la seconda volta e si alza, mettendosi di fronte a me col suo foglio in mano.
“Un attimo, ma tu che personaggio saresti?” mi chiede inarcando un sopracciglio.
“Io sono Aperina…” rivelo, con un certo imbarazzo nel tono.
“Un momento… tu saresti Aperina, l’ape regina?” dice, soffocando una risata.
“Non ridere!” lo minaccio, assumendo uno sguardo serio. In tutta risposta alza una mano in segno di resa. “Leggi la tua prima battuta”.
Kai alza il foglio con la mano destra “E’ mai possibile che voi gettiate tutto per terra?” e inizia a leggere con tono piatto, senza una particolare enfasi.
“No, Kai, non è una domanda, ma un’esclamazione. Hai appena visto un ragazzo buttare dei rifiuti vicino al tuo tronco e sei arrabbiato, capito?” gli spiego meglio.
“Stai scherzando spero” domanda scettico.
“No, Kai, mettici più enfasi!”.
“Non posso crederci…” sospira tra sé e sé, scuotendo la testa spazientito. “E’ mai possibile che voi gettiate tutto per terra!” torna a dire, stavolta un po’ meglio, anche se le sue doti di attore sono alquanto scadenti. “Non vedete i cartelli? Il bosco non è una discarica? Mi sento ridicolo…” commenta, facendo una smorfia di disappunto.
“Vai..avanti!”. Decido di ignorare le sue lamentele e lo sprono a continuare.
Oh, sì che sei ridicolo…
Ma decido di tenere questo commento per me.












***









Anya mi ha costretto a recitare quelle stupide battute per circa mezz’ora, finché non è riuscita a essere soddisfatta. Ma credo che il suo fosse soltanto puro divertimento nel vedermi pronunciare  quelle frasi come un idiota.
Dopo questo teatrino, ci siamo rimessi a  tavola a studiare. Grazie ad alcuni schemi riassuntivi dettati da Anya, sono riuscito a memorizzare un bel po’ di argomenti. Dopotutto, non è stata una cattiva idea farmi aiutare.
“Posso farti una domanda?”. Questa frase rompe il silenzio che si era creato. Mentre continuo a leggere mentalmente il testo di questa pagina, le comunico con un verso di parlare.
“E’ stata Eva ad avvicinarsi a te o sei stato tu ad avvicinarti a lei quando eravamo a scuola?” le sento dire con voce titubante. E questa strana domanda mi costringe a contrarre la fronte e osservarla perplesso.
Ancora con questa storia?
“Perché vuoi saperlo?” chiedo a mia volta, tornando a sottolineare una frase a caso.
“Semplice curiosità” risponde con apparente aria tranquilla.
Inspiro ed espiro dal naso, prima di prendere coraggio e rivelarle “E’ stata lei per prima” e ritornare a fingere di leggere, sentendo il peso dei suoi occhi su di me. Ma la ignoro. Insomma, perché questa curiosità adesso?
“E anche lei era oggetto di scommessa?” mi punzecchia in tono risentito.
Ci risiamo.
Non le è ancora passata. Immaginavo.
“No” rivelo senza problemi, continuando a tenere gli occhi sul libro, per quanto difficile in questo momento sia capire ciò che sto leggendo.
“Capisco…” afferma indignata.
E con quest’ultima affermazione, la questione sembra essersi conclusa qui. Lei torna a leggere il libro di geografia, mentre io finisco di sottolineare l’ultimo paragrafo di questo testo di letteratura.









Sei anni prima…
“Ciao Kai!”.
Ero appena entrato in casa e una volta passato per il piccolo soggiorno, mi ritrovai davanti una ragazza bionda con un sorriso raggiante stampato in volto.
“Ciao…” salutai freddo, lanciando un pacco di sigarette a Boris, semisdraiato sul divano a giocare con la playstation.
“Io e Boris stavamo pensando di mangiare qualcosa, vuoi unirti a noi?” mi propose con la sua allegria spropositata.
“In realtà non ho fame, vado in camera mia” mi congedai in tono piatto, lasciandola lì un po’ dispiaciuta.
Volevo solo andare i camera mia e sdraiarmi sul letto per rilassarmi. Anya non sarebbe venuta a studiare da me quel pomeriggio.
Da quel giorno quella bionda aveva iniziato a ronzarmi intorno, lanciandomi sempre strane occhiate, persino quando Anya era presente. Sapevo che erano amiche, ma iniziavo a sospettare che Eva si fosse invaghita di me e quando me lo dichiarò apertamente nel bagno della scuola, un giorno qualunque, io non mi tirai indietro. In fondo, era una bella ragazza e il suo carattere peperino mi aveva colpito parecchio. E così iniziammo a vederci di nascosto. Lei, con la scusa di venire a trovare Boris, si intrufolava nella mia stanza e lì davamo sfogo alla nostra passione sfrenata.
Voleva che mollassi quella sua amica Anya, e io accettai di farlo, in fondo non mi facevo scrupoli. Ma lei optò per farglielo sapere in un altro modo…





“Hai finito di leggere?”.
La voce di Anya mi riporta alla realtà.
“Fissi quello stessa pagina da molto tempo…se non hai capito qualcosa…”.
“ No, no…” intervengo prontamente, scacciando via questi strani pensieri dalla mente. “Non c’è bisogno. Ho finito!” affermo, chiudendo il libro.
“ Ti senti pronto per il test di domani?” chiede, poi, leggermente preoccupata.
“Sì, credo di sì…” la rassicuro, alzandomi.
“Allora vado” annuncia, raccogliendo le sue cose. “Fammi sapere come va” dice, infine, voltandomi le spalle per andare via.
“Anya!” la richiamo improvvisamente e lei si volta immediatamente a osservarmi confusa.
Perché l’ho chiamata?
Non lo so nemmeno io…
“No, nulla. Non importa” decido di dire, fingendomi sbadato.
“Ok…ciao!”. Anya fa qualche passo indietro, fissandomi in modo strano e poi va via. E io posso tirare un sospiro di sollievo.
Cavoli, cosa mi è preso?








***







“Allora? Com’è andata?” domando curiosa ad Hiwatari, appena presentatosi in caffetteria.
“Beh, è andata abbastanza bene. Ho preso la sufficienza!” annuncio, porgendole il foglio del test corretto dall’insegnante.
“Non è molto, ma sufficiente direi…”.
“Non pretendo di eccellere!” dichiara rassegnato.
“Sta arrivando Boris!” gli comunico, indicando la porta appena aperta.
“Non nominare il diploma né la recita” mi ordina, mormorando velocemente queste parole a denti stretti.
“Ma…”.
“Non una parola!” ribadisce seriamente.
Ed ecco che Boris arriva salutando l’amico che ricambia con un falso sorriso, imitato da me.
“Che avete voi due?” domanda sospettoso fissando prima l’uno e poi l’altro.
“Proprio niente!” risponde in modo naturale Kai, alzando le spalle.
“Niente” dico io, asciugando le tazzine.
“Cosa stavate mormorando prima? Vi ho visti…” dice con aria investigativa.
“Non stavamo dicendo nulla”.
“Proprio nulla!” ripeto io.
Credo che Boris non sia molto convinto, tuttavia, decide di non indagare ulteriormente, per nostra fortuna.
Beh, in realtà mi piacerebbe dirgli della recita e che Kai si vestirà da albero, ma non posso o l’accordo salterà e lui avrà la scusa per non partecipare alla recita.
“Io vado” annuncia Kai, mentre si alza e mi porge una banconota per pagare il caffè, che io afferro, ma che lui non molla.
“Domani 5” mormora a bassa voce, quasi fosse un linguaggio in codice. All’inizio non capisco e lo guardo confusa, ma dopo alcuni secondi realizzo nella mia mente a cosa si riferiscono quelle parole. Ci vediamo domani alle cinque.
La sua mano abbandona la banconota e in un rapido gesto gli consegno il resto “Tieni la mancia!” dichiara, abbozzando un ghigno beffardo, per poi andarsene , lasciandomi qui a maledirlo mentalmente finché non sparisce.
“Si può sapere che avete voi due?” domanda Boris, osservandomi perplesso, mentre io lancio con forza quelle monete nella cassa.
Odioso essere insolente!








Sono passate quasi due settimane dalla stipulazione di quell’accordo e, nonostante le mie pessime aspettative, le cose non sono andate così male. Come promesso l’ho aiutato a studiare, semplificando i vari argomenti con schemi e riassunti, e lui, come promesso, ha imparato le sue battute a memoria per la recita che si terrà questo sabato, cioè tra due giorni esatti. Spero vada tutto bene…
Come ogni pomeriggio, oltrepasso il cancello di villa Hiwatari e con un rapido gesto suono il campanello. Ma diversamente dalle altre volte, in cui questa porta veniva aperta quasi immediatamente da Reina, stavolta nessuno sembra intenzionato ad aprirmi.
“Eppure aveva detto alle sei” penso tra me e me, guardando l’orologio al polso.
Provo e riprovo a suonare, con intervalli di circa venti secondi, durante i quali rimango lì in piedi a fissarmi intorno e a chiedermi se ci sia veramente qualcuno in casa.
Passano dieci minuti e inizio seriamente a preoccuparmi: insomma, possibile che non ci sia nessuno?
Sto per prendere il telefono, quando all’improvviso la porta si apre, facendo apparire davanti ai miei occhi un Hiwatari in tuta e abbastanza spettinato, che mi osserva stralunato.
“Che ci fai tu qui?” domanda, soffocando uno sbadiglio.
“Cosa vuol dire che ci faccio qui? Sono venuta per studiare, ricordi??” e alzo un libro per rinfrescargli la memoria.
“Ehm…”. Kai inizia a grattarsi la nuca e guardare dietro di sé, come se avesse timore di qualcosa. “In realtà, in questo momento ho da fare…” spiega, in tono molto vago.
“Da fare? Kai, potevi avvisarmi!” gli rimprovero contrariata.
“Lo so, ma…mi è passato di mente. Troppo lavoro” continua a giustificarsi. E proprio mentre dice queste cose, i miei occhi scorgono qualcosa oltre le sue spalle. Dalle scale che portano al piano di sopra, scende una figura femminile, alta e magra, con addosso soltanto una vestaglia in pizzo.
Kai, consapevole ormai di essere stato preso con le mani nel sacco, si volta in direzione di quella ragazza ed entrambi si scambiano un’occhiata eloquente.
Il tutto sotto il mio sguardo allibito.
“Troppo lavoro, eh?” ripeto con una leggera nota sarcastica nel tono di voce.
“Ascolta…io”. Ma si interrompe di nuovo, perché la ragazza, di ritorno dalla cucina con un succo in mano, gli rivolge un sensuale “Ti aspetto di sopra”, prima di risalire quelle scale con le sue lunghe gambe nude.
“Sai che c’è Kai? Che se avevi da fare…potevi avvisarmi e non mi sarei scomodata per venire qui a disturbarti!” inizio a dire, leggermente irritata.
“Anya, io…mi è passato di mente” torna a ribadire, ma non m’importa. Doveva avvisarmi e basta.
“So che non ti frega niente del mio lavoro, ma a me sì, importa!”. Stavolta il mio tono di voce è aumentato e se non mi sbrigo ad andarmene, potrei anche mettermi a piangere e non voglio farlo davanti a lui.
“Anya…” tenta invano di calmarmi, ma non funziona perché io gli ho già voltato le spalle e sto ripercorrendo a ritroso il vialetto di questa villa.
Non so perché io senta questa forte rabbia sempre più crescente che mi sta facendo pulsare le tempie.
Ho lasciato il lavoro un’ora prima per venire qui ad aiutarlo e, lui, senza un minimo di rispetto, si fa trovare in questo modo, in compagnia di una delle sue amiche gambe-lunghe.
Era troppo impegnato ad approfondire questa amicizia in camera da letto per perdere due minuti e avvisarmi.
Ma c’è una cosa che mi fa più male e che sta causando la fuoriuscita di queste lacrime.
È come se stessi vivendo per la seconda volta uno dei momenti peggiori della mia vita.
È stato come un…dejavù.









***








Anya è corsa via di fretta e furia ignorando il mio richiamo. Ha appena varcato la soglie del cancello ed è sparita.
Cazzo…
Chiudo la porta e vi poggio stancamente la fronte, maledicendomi mentalmente.
Come ho fatto a dimenticare di avvisarla?
Perché non ne combino mai una giusta…








Sei anni prima…
Quel pomeriggio Hilary aveva proposto a me e ad Eva di andare a fare shopping. Ma Eva disse che aveva altri programmi, che si sarebbe vista con un ragazzo, di cui non ci volle rivelare l’identità, nonostante la nostra insistente curiosità. Quello stesso pomeriggio mi arrivò un messaggio da parte di Kai, in cui mi invitava a casa sua per passare del tempo insieme. Sorrisi alla vista di quel messaggio, perché non era solito scrivermi che aveva voglia di vedermi. In genere, decidevamo durante gli incontri a scuola se ci saremmo visti nel pomeriggio oppure no.
Così, mi preparai velocemente ed uscii di casa per raggiungerlo.
Quando suonai alla porta, Kai ci mise qualche minuto prima di aprire e quando lo fece il mondo mi crollò addosso per la prima volta nella mia vita. Non era solo. Era in compagnia di una ragazza, una ragazza bionda che conoscevo fin troppo bene e che credevo fosse mia amica.
Rimasi immobile, quasi pietrificata a osservare il volto compiaciuto di quei due nel vedermi in quello stato.
Erano mezzi svestiti e questo mi fece capire subito cosa avevo interrotto.
“Ciao Anya” mi salutò con fare arrogante la mia ormai ex amica.
“Cosa significa?” domandai stupidamente a colui che credevo fosse il mio ragazzo.
“Significa che vado a letto con la tua amica” ammise senza il minimo senso di colpa.
E quelle parole mi arrivarono al petto trafiggendolo.
“Pensavi veramente che lui stesse con una come te?” aggiunse Eva, fissandomi con aria di superiorità.
Ero paralizzata. Ero sconvolta.
Non mi restava che scappare via, prima che le lacrime e la disperazione avrebbero preso il sopravvento.
In un attimo avevo perso un’amica e il ragazzo che mi piaceva.
E da quel giorno, quei due mi perseguitarono per rendermi la vita impossibile, fino ai giorni presenti.





















Ciao a tutti!
Rieccomi qui ad aggiornare abbastanza presto!
Questo è un capitolo un po’ particolare, diverso dagli altri, come avrete notato. Ho voluto inserire questi flashback, per spiegare un po’ cosa successe circa sei anni prima, quando i nostri baldi giovani andavano ancora a scuola. Ho utilizzato il pretesto dello studio per inserirli. Anya e Kai hanno vissuto quelli che possiamo definire dei dejavù XD cosa avranno scatenato nel loro animo?
L’ultimo dejavù è stato il più crudele, perché ha fatto rivivere ad Anya quel tragico momento in cui aveva scoperto di essere stata tradita da quei due esseri ignobili, e soprattutto come Eva si era appropriata del freddo cuore di Hiwatari. Bell’amica eh?
Ovviamente Hiwatari ne doveva combinare una facendosi trovare in dolce compagnia proprio quel pomeriggio. Stava andando tutto troppo bene, per i nostri standard.
Quindi, spero che vi sia piaciuta l’idea.
L’idea originale non prevedeva questi flashback, ma poi sono stata ispirata dalla canzone Pacify her e da un video (mi aiutano sempre a trovare ispirazione, non so perché ahahah) di cui vi lascio il link (https://youtu.be/6sbO12Qsaco ), dove vi è il trio amoroso Damon/Caroline/Elena, mi ha ricordato molto i miei protagonisti XD mi ha aiutato ad entrare nello spirito del capitolo ahahahah

Ringrazio come sempre i recensori e coloro che mi seguono silenziosamente. Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va. D’ora in poi entreremo in una parte delicata della storia. Non è finita qui XD Mi sono resa conto di essere arrivata a un numero spropositato di capitoli. Chi è giunto fin qui me lo faccia sapere ahahah quanti sopravvissuti? E il bello è che c’è molto da dire ancora ahahah sto per scrivere la divina commedia 2 il ritorno. Nah, scherzo, semmai è l’infernale tragedia XD Dante, perdonami, non oserei mai paragonarmi a te, non sia mai U.U
Benissimo. Concludo qui le mie note deliranti e lascio a voi la parola.
Grazie ancora e a presto!

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Capitolo 52
*** La recita ***

















“Pensavo che non saresti venuto”.

“Pensavi male”.
“Ti ricordi almeno le battute?”.
“Sì” rispondo in tono secco, anche se non ne sono poi tanto convinto.
“Allora seguimi. Dobbiamo indossare i costumi!” e con un cenno mi invita a seguirla.
Devo seriamente indossare un costume?
“Non stavi scherzando, allora”.
“No!” asserisce seriamente, mettendomi in mano degli indumenti, per poi indicarmi il punto in cui cambiarmi. “Forza, sbrigati!”. E lei entra in uno dei bagni, lasciandomi qui, con questi vestiti in mano a maledire l’attimo in cui ho deciso di venire. Tuttavia, non mi resta che prendere un profondo respiro, entrare in questo bagno e cambiarmi.
 “Mi ricordi perché ho deciso di accettare?” domando ad alta voce a colei che, nel bagno accanto, può sentirmi.
 “Perché sei un genitore e devi assumerti le tue responsabilità!”. La risposta di Anya arriva secca e penetrante alle mie orecchie, anche se c’è un muro a dividerci.
“Mi sembra di sentire mio nonno…” mormoro tra me e me, infilando la prima gamba e poi, con difficoltà, l’altra in un pantalone marrone di dubbio gusto.





***




Pensavo che Kai fosse troppo occupato a rigirarsi tra le lenzuola con quella sua amica gambe lunghe. E invece, per una volta non dovrò arrabbiarmi, anche se ce l’ho ancora con lui per quello che è successo l’altro giorno.
Come si infila questo costume?
Mi sono appena spogliata e, da qualche minuto, giro e rigiro questo indumento tra le mie mani per riuscire a capire dove infilare la testa. O devo infilare prima le gambe?
“Sì può sapere chi ha preso le misure?”. La voce scorbutica di Kai mi costringe ad alzare gli occhi infastidita.
“Ho chiesto a Reina di fornirmele, dato che è lei che lava la tua roba!” spiego in tono schietto, tornando a fissare perplessa questo costume a strisce gialle e nere da cui penzola un pungiglione. Credo che questa parte vada dietro, dunque la testa dovrebbe essere proprio qui.
“Sicura che non si sia confusa con i vestiti di Hope?” gli sento dire, alquanto incerto.
“Perché? Qual è il problema?” gli domando, mentre faccio uscire con difficoltà la testa da questo buco un po’ stretto.






***





È stata un’impresa riuscire a far salire questo pantalone fino alla vita, senza strapparlo. Mi stringe sul cavallo e non è facile muoversi. Sbuffo sonoramente e afferro il secondo pezzo di costume: una maglietta anch’essa marrone con dei rami penzolanti sulle maniche, piene di foglie verdi.
È uno scherzo?
La indosso senza troppe difficoltà, anche se alcuni rami si sono attorcigliati tra loro.
E che cazzo!
“Va tutto bene?” sento dire ad Anya, la cui voce si è spostata sul retro della porta.
È stata veloce a cambiarsi.







***






“Prontooo! Va tutto bene, Kai?” ripeto nuovamente, picchiettando con insistenza un dito sulla porta, per mettergli un po’ di premura.
Tra poco inizierà la recita.
“Ci sei??”. Perché non mi risponde? Non sarà mica scappato attraverso il condotto del water, spero!
“Sì, ci sono…” risponde dopo alcuni secondi in tono funebre.
“Avanti, se sei pronto esci!” lo incito, innervosita.
In fondo, il suo costume era più facile da indossare rispetto al mio.






***



Fanculo!
Io non esco vestito in questo modo ridicolo!
“Scordatelo!” le comunico in maniera tassativa, rimanendo dentro questo bagno.
“Andiamo Kai, fammi vedere!”.
“Io non mi metto in ridicolo davanti a tutti conciato in questo modo!” sentenzio categorico.
Sarebbe davvero umiliante.
“Kai, siamo tutti ridicoli. Ho appena visto passare un padre vestito da cassonetto dell’immondizia, aveva una buccia di banana in testa e io…io ho un grosso pungiglione che mi sbuca dal sedere!”.
Cosa?
Tzè.
“Credimi, il tuo sarà il meno ridicolo di tutti!” sussegue a dire, provando a costruire un discorso che vuole sembrare persuasivo. “Mi spieghi qual è il problema?”.




***






Mi sembra di parlare con un adolescente in piena crisi esistenziale.
Giuro che se non esce da quel bagno entro i prossimi secondi, sfonderò quella porta con un calcio. Ma quello che succede negli istanti seguenti, mi fa tirare un sospiro di sollievo. La porta si apre e dà lentamente spazio alla figura di Kai con addosso il suo vestito, ma sul viso vi è dipinta un’espressione decisamente contrariata. I miei occhi percorrono investigativi ogni dettaglio di quel costume, per capire quale sia il suo problema; e una volta abbassato lo sguardo in basso, verso i pantaloni, intuisco, in un attimo, quale possa essere il motivo del suo disagio.
“Immagino che adesso tu abbia capito”.
La mia espressione interdetta deve avere dato la sua risposta.
“ E’ imbarazzante…” aggiunge, fissandomi storto.
Sì, è decisamente imbarazzante.
“Non mi metto davanti a tutti con questo coso in bella vista” si lamenta disgustato.
“Ehm…no, infatti!”. Gli do subito ragione, anche se sono costretta a soffocare una risata.
“Stai ridendo, per caso?” mi rimprovera severo, notando la mia difficoltà nel rimanere seria.
“Scusa!”. Alzo i pugni e prendo un profondo respiro, sforzandomi di rimanere seria di fronte a questo scempio.







***



Lo trova divertente?
Sul serio?
Assottiglio gli occhi, quanto basta per mostrare tutto il mio disappunto, costringendola a non ridere.
“Bel pungiglione…” mi complimento ironico, notando solo adesso quella strana protuberanza fuoriuscire dal suo sedere. E questo basta a farla smettere di prendermi in giro, data la sua smorfia irritata e il suo vano tentativo di nascondermi l’oggetto in questione rimanendo con le spalle ancorate alla parete.
“Ok, siamo d’accordo che quella protuberanza è imbarazzante, ma ti giuro che le misure dei pantaloni che mi ha dato Reina sono esatte” si giustifica prontamente.
“Beh, evidentemente avresti dovuto informarti anche delle misure di qualcos’altro!” gli faccio notare, in un tono volutamente allusivo, che la fa arrossire un po’.
Questo non è un pantalone. È una specie di calzamaglia troppo stretta che mette in evidenza un po’ tutto, soprattutto ciò che sta davanti. Ed è scomodo. E prude anche.
“Ok… dunque…fammi pensare!”. Anya comincia a muoversi avanti e indietro, assumendo un’aria riflessiva. La situazione sembra delle più drammatiche, ma il pungiglione di Anya che balza a destra e sinistra, ad ogni suo passo, rende il tutto decisamente ridicolo.
E ciò mi porta a premere due dita al centro della fronte, chiudere gli occhi e sperare che, una volta riaperti, si tratti solo di un terribile incubo.






***









Sto provando in tutti i modi a trovare una soluzione. Capisco il perché Kai non voglia salire su quel palco: quel pantalone è davvero imbarazzante! Se all’inizio sono rimasta sconvolta, subito dopo ho sentito un’irrefrenabile voglia di ridere a crepapelle. Ma so quanto Kai possa essere suscettibile, facilmente irritabile e privo di senso dell’umorismo, per questo mi sono sforzata in tutti i modi di non ridergli in faccia, anche se non ho potuto fare a meno di farmi scappare un flebile risolino.
Bando alle ciance!
Lo spettacolo inizierà tra pochi minuti e ci resta poco tempo: devo trovare una soluzione!
So benissimo quanto gli stia costando partecipare a questa recita. Insomma, Kai non ama mettersi al centro dell’attenzione, tanto meno nei panni di un albero parlante del bosco. Per questo motivo devo rimediare e farlo sentire un po’ più a suo agio.
“Secondo me potremmo coprirlo con delle foglie!” esclamo all’improvviso, come fulminata da una brillante idea, che viene, però, subito stroncata dalla sua faccia leggermente contrariata. “Ok…no, sarebbe ancora più ridicolo” sbuffo spazientita, rimanendo in piedi con le mani ai fianchi e gli occhi fissi sul problema in questione.
“Sul serio, Anya…continuare a guardarlo non risolverà il problema!” mi ricorda sarcastico, notando il fatto che i miei occhi continuino a fissare assorti il suo basso ventre.
Cosa??
Io non sto guardando, sto pensando!
Scuoto la testa, con fare innervosito, come a voler scacciare     quell’immagine dalla mia mente e ritorno a camminare convulsamente avanti e indietro, alla ricerca di un rimedio.
Ma l’arrivo di una delle madri, vestita da lattina di birra, ci avvisa di raggiungere il palco tra cinque minuti. Il che porta me e Kai a fissarci preoccupati negli occhi per un istante.
“Cazzo, Anya… possibile che tu non abbia pensato a niente?!” ringhia a denti stretti, iniziando a grattarsi una parte dell’interno coscia.
“Puoi provare a coprirlo con le mani, senza farlo sembrare un gesto troppo ovvio!” gli suggerisco in modo agitato, iniziando a entrare nel panico, sia per questa situazione, sia perché tra pochi minuti dovrò esibirmi. Il mio corpo sembra essere preso da una sorta di ansia da prestazione, il che è assurdo dato che saranno dei bambini a guardarci. Ma come Kai, neanch’io ho mai amato stare al centro della scena, osservata da tutti.
“Sul serio, Anya?? È l’unica cosa che ti è venuta in mente??”.



***





Non posso crederci.
Io non salgo sul palco in questo modo.
“Non se ne accorgerà nessuno!” tenta invano di convincermi, nonostante lei stessa non sembra convinta di quello che dice.
Basta. Io mi cambio e mi ritiro dalla scena, ho deciso.
Sto per comunicare ad Anya la mia decisione, quando all’improvviso…
“Cos’è stato?”.
Oh cazzo…
Rimango immobile con gli occhi sbarrati.
Anch’io ho sentito uno strano rumore e posso giurare che si sia trattato di uno…strappo?
“No, Kai…dimmi che non è vero…” inizia a dire, nascondendo la sua espressione disperata dietro ad una mano.
Divarico le gambe e osservo perplesso il cavallo del pantalone, che sembra riportare uno strappo ben visibile che scende lungo l’interno coscia.
“Ti avevo detto che era troppo stretto!”.
“Sa che c’è? Togli quel pantalone e metti subito quello tuo. Non importa. Sarai una sorta di mezzo albero, un albero abbattuto…non lo so. Basta che ti cambi e usciamo di qui!” dichiara, infine, in preda a quello che sembra un esaurimento nervoso.
E io non posso che esserne felice. Infatti, a grandi passi mi dirigo di nuovo in quel bagno e mi cambio, per poi uscirne abbastanza soddisfatto e più a mio agio.
“Avrei potuto strapparlo prima di proposito, avremmo perso meno tempo” la punzecchio in tono beffardo.
“An-diamo!” mi ordina a denti stretti, facendomi strada verso l’uscita.








***







Siamo ormai alle ultime battute e il rumore dell’applauso proveniente dalle piccole manine degli spettatori segnano la fine dello spettacolo. E io non posso che tirare un sospiro di sollievo, che Kai sembra condividere a pieno.
“Dai, è stato divertente!” dico avvicinandomi a lui, che mi riserva una delle sue occhiate più fredde.
“E’ stato ridicolo” sottolinea in tono piatto.
“Ridicolo ma…divertente!”.
“Diciamo solo ridicolo” ci tiene a precisare imperterrito, mentre si stacca alcune foglie verdi dal collo.
Lasciamo perdere!
Con un gesto provo a scacciare via la sua negatività e mi guardo indietro, scorgendo tra la folla di bambini, la mia piccola Hope che ci corre incontro.
“Tesoro!” esclamo allegramente prendendola in braccio. “Allora, ti è piaciuto lo spettacolo?”.
“Sì, tanto!”.
“Sono stata brava?”.
“Sì, sei stata brava, anche papà è stato bravo!”.
Papà?
È la parola che riesce a catturare l’attenzione di Kai, finora troppo impegnato a strappare quei rami dal suo vestito.





***






Papà?
Al suono di questa parola alzo subito gli occhi in direzione di Hope, che mi fissa sorridente, poi li sposto su Anya che, invece, sembra essere sorpresa quanto me.
“Mamma, posso andare a mangiare le patatine?”.
“Ma sì, certo. Vai con gli altri bambini…”. Anya la fa scivolare dalle sue braccia e non appena Hope va via, si alza e inizia a fissarmi in modo strano.
“Glielo hai detto?” mi chiede, alquanto sorpresa.
“No…pensavo lo avessi fatto tu” dico a mia volta, fissandola perplesso.
“No, non l’ho fatto!”.
E allora come fa a saperlo?
“Evidentemente…” prosegue a dire Anya, guardando Hope da lontano “…l’avrà capito da sola” ipotizza pensierosa. E io non posso che farmi coinvolgere da questo suo stato d’animo, fissando assorto nella sua stessa direzione.
Mi ha chiamato papà?
Lo ha capito da sola?
Non me lo aspettavo.
Quindi, questo vuol dire che…Hope ha dimenticato quel cinese e considera me, adesso, suo padre.
Mi sento un po’ scosso, lo ammetto.
Ma ci pensa subito Anya a riportarmi alla realtà, con le sue solite frecciatine sprezzanti.
“D’altronde…è intelligente come la madre!” ci tiene a precisare, dipingendosi un ghigno divertito sulle labbra, mentre sulle mie appare una smorfia stizzita.
Touché.







***







“Bene. Io ho rispettato la mia parte dell’accordo oggi, mettendomi in ridicolo. Mi aspetto che anche tu rispetti i tuoi doveri!”.
Stavo per scendere dalla sua auto, ma queste parole mi costringono a bloccare la mia mano in procinto di aprire la portiera.
“Quali doveri?”.
“I miei esami…” mi ricorda, rivolgendomi uno sguardo eloquente.
“Beh, immagino che adesso tu possa fare da solo!” gli spiego in tono schietto.
“Non era così l’accordo”.
“L’accordo, per quanto mi riguarda, doveva garantirmi che tu ti presentassi a quella recita” ci tengo a precisare.
“Sul serio non vuoi più aiutarmi? Mi lasci nella merda proprio adesso!” mi rimprovera leggermente risentito, abbassando il tono di voce nel pronunciare la parola –merda- per non farsi sentire da Hope.
“Mi sembra proprio che tu ci sia dentro in bella compagnia!” gli ricordo a mia volta, usando un modo di fare allusivo.
“Senti, ti ho detto che l’avevo dimenticato…non l’ho fatto apposta stavolta”. La parola stavolta mi fa capire che anche lui non ha del tutto sepolto quella storia con Eva successa anni fa. E mi lascia un po’ interdetta, al punto da guardarlo storto.
“E che cosa ci guadagno, sentiamo!”. Incrocio le braccia al petto, decidendo di utilizzare la tattica Hiwatari della domanda e dell’offerta. Cosa che a lui non sembra sfuggire, visto il modo in cui mi guarda.
“E poi sarei io il freddo calcolatore?” mi fa notare, alquanto stupito dalla mia presa di posizione. “Ok, Sarizawa. Vuoi qualcosa in cambio?” inizia a dire, facendo vagare il suo sguardo pensieroso verso un punto ignoto della strada.
Beh, non è che io voglia seriamente qualcosa in cambio. È solo che, conoscendolo, mi riserverebbe altre sorprese se dovessi abbassare la guardia. Voglio qualche garanzia…ecco tutto.
“Ok…ci sono, tu non hai il diploma giusto?”.
 “No…” rispondo, un po’ perplessa.
“Allora se vuoi, puoi diplomarti insieme a me, seguendo questo corso”.
Cosa?
“Mi sembra una cosa ragionevole, in fondo stai studiando per me, saresti avvantaggiata” continua a dire, per persuadermi, nonostante io non sia ancora molto convinta.
“Posso farlo…davvero?”.
“Sì”.
Potrei davvero riuscire ad ottenere il diploma? Insomma…è una cosa che mi toglierebbe un peso dalla coscienza. Uno dei miei più grandi pentimenti è quello di non essere riuscita a finire l’anno scolastico e diplomarmi insieme a tutti gli altri.
“Ci stai o no, Sarizawa?”.
Beh, in fondo lui me lo deve.
È anche colpa sua se non ho completato gli studi, beh…per quello che abbiamo combinato.
“Ci sto”. Decido di accettare, sotto il suo sguardo compiaciuto.
Almeno, da domani, aiutarlo a studiare avrà un senso anche per me.
Anche se passare tutto questo tempo insieme ad Hiwatari mi sta facendo fondere i neuroni.
Non dico che si sia comportato male finora, ma i suoi modi di fare sempre così passivi e a tratti burberi mi infastidiscono parecchio. E poi, quando sto vicino a lui mi sento sempre strana, avverto sempre una leggera tensione che mi impedisce di rilassarmi.
Sarò paranoica, ma…con lui sento che devo stare sempre allerta.


















 

Anche questa giornata sta volgendo al termine. È quasi sera ed essendo sola, mi sono concessa un pomeriggio tutto per me. Ho fatto un lungo bagno rigenerante, ho anche applicato una maschera per il viso ed ora sto piastrato i capelli meticolosamente. Ho approfittato del fatto che Hope starà da Kai stasera per dedicare un po’ di tempo a me stessa
E a proposito di Kai... Mi sembrava un po’ turbato. Insomma, Hope l’ha chiamato per la prima volta papà, ma quando l’avrà capito?
In un rapido gesto, piastro un’altra ciocca di capelli, osservandola con attenzione attraverso lo specchio.
Avevo deciso di passare la patata bollente a Kai, dicendogli apertamente che sarebbe stato lui, un giorno, a dirle di essere suo padre, ma come mi aspettavo, lui non ha mai trovato il coraggio, o il tempo, o semplicemente non glie è mai fregato nulla di dirglielo. Per sua fortuna, però, Hope è una bambina alquanto perspicace e ha fatto tutto da sola. Sì, insomma, molte volte ci è capitato di discutere sulla questione padre davanti a lei, per non dire quante volte Boris si sia riferito a Kai con l’appellativo di paparino, che lo manda sempre in bestia. Era impossibile non arrivarci, anche per una bambina di cinque anni.
Ma adesso mi chiedo…avrà dimenticato Rai?
Non lo vede da quasi un anno, in effetti. Si sarà ormai abituata alla sua assenza e, al contrario, sembra essersi abituata alla presenza di Kai. In fondo, passa con lui molto tempo, anche se…effettivamente, non so come Kai passi il tempo in sua compagnia. Più che altro, le compra tutto ciò che vuole e questo credo basti a conquistare una bambina.
Sto per ultimare i miei capelli, quando all’improvviso il suono del campanello mi prende alla sprovvista.
Ma chi sarà?
Poggio la piastra sul mobiletto e a passi lenti e incerti mi avvicino alla porta, fissando con discrezione attraverso lo spioncino.
Che cosa ci fa qui?
Prendo un profondo respiro e, armata di coraggio, apro la porta trovandomi di fronte Eva con un forzato sorriso amichevole stampato sul volto.
“Ciao, Anya” saluta in tono cordiale fissandomi dalla testa ai piedi.
“Ciao…” riesco a dire alquanto stupita dalla sua presenza.
“Tranquilla, sono venuta in pace!” ci tiene a precisare, alzando le mani in segno di resa.
L’ultima volta che ci siamo viste mi ha preso a schiaffi senza alcun motivo.
“Cosa…cosa vuoi?” chiedo, sforzandomi di non apparire troppo agitata.
“Posso entrare?” dice, dando un’occhiata all’interno, come per assicurarsi che non ci sia nessuno.
Questa richiesta mi stupisce, a tal punto da non riuscire a rispondere immediatamente. Poi, però, decido di scostarmi, invitandola con un cenno ad entrare.
“Spero di non averti disturbata, forse sei impegnata con la bambina…” inizia a dire, cercandola con gli occhi.
“Ehm…no. A dire il vero, lei è con Kai adesso” spiego, in tono sommesso.
“Giusto…è vostra figlia!” si limita a dire, giungendo le mani in un gesto nervoso.
“Posso sapere perché sei qui?”. Decido di andare dritto al punto. Di sicuro non è venuta a farmi una visita di cortesia e se, per caso, ha intenzione di darmi uno schiaffo, beh…stavolta ne riceverà uno anche lei. La mia mano sta iniziando a fremere dalla voglia di incontrare la sua mascella.
“Sono venuta per dirti che hai vinto!” annuncia, mimando un gesto di vittoria molto ironico.
Ho vinto?
La mia espressione le fa intuire che non la seguo.
“Hai vinto, Sarizawa!  Sei riuscita a riprenderti Kai!” spiega sotto il mio sguardo confuso.
“Un momento…ehmmm…di che diavolo stai parlando?”. Sul serio, non capisco e inizio ad alterarmi.
“Sai…in fondo me lo sono meritata. Sono stata io a rubartelo per prima, anni fa. Ma sai una cosa, te lo puoi tenere!” annuncia, quasi come se si fosse tolta un gran peso di dosso.
E io continuo ad essere sempre più confusa.
Davvero.
“Per anni, non ho fatto altro che stargli dietro, nonostante tutti i suoi difetti. Ho provato a cambiarlo e farlo ragionare, ad avvicinarlo a me, ma niente. Per avere in cambio cosa??”. Il suo tono ora è amareggiato e i suoi occhi sono quasi lucidi. “Un tempo eravamo amiche ricordi? Non mi era andata giù il fatto che lui si fosse avvicinato a te e non a me e, quando ne ho avuto l’occasione, te l’ho soffiato!”.
Beh, forse lei non sa che Kai si era avvicinato a me solo per vincere una scommessa, ma decido di non rivelarle questo piccolo dettaglio e lasciarla nella sua convinzione.
“Da allora tutto ha iniziato a riversarsi contro di me. Prima il tradimento, poi il bambino…fino ad oggi. Io e Kai stiamo trattando tramite avvocati i termini del nostro divorzio!”.
Sul serio? Lei parla di vita impossibile?
Sta scherzando?
Vorrei riderle in faccia.
“Ci ho messo tanto, è vero, ma alla fine mi sono resa conto che stare con Kai non era quello che mi rendeva felice. Lui non merita una persona come me…e lascia che ti dia un consiglio da amica”.
Da amica?
Sul serio?
“Non fidarti mai di Kai…” rivela in tono sincero, così sincero da colpirmi profondamente. “Neanche quando tutto sembra andare bene” conclude, infine, abbassando gli occhi lucidi.
“Eva, io…ascolta. Il fatto che io e Kai abbiamo una figlia non significa che staremo insieme. Neanche la mia vita è stata rose e fiori da quel maledetto giorno in cui hai deciso di prenderlo! E, credimi, sono l’ultima persona che riuscirebbe a fidarsi  ancora una volta di Kai”.
“Beh…ad ogni modo io me ne sono liberata, tu invece, dovrai averci sempre a che fare avendo in comune una figlia”. Il tono con cui ha sputato queste parole sembra alquanto soddisfatto, nonostante si stia sforzando di apparire sconsolata.
Serro i pugni, lottando con tutta me stessa di rimanere calma.
“Ti auguro buona fortuna, Sarizawa. Saluta pure Kai da parte mia. Addio!”. Queste sono state le ultime parole di Eva, prima di andare via. La porta è rimasta aperta e io sono rimasta in piedi a fissare assorta il punto da cui è sparita. Poi, in un gesto automatico la chiudo, rimanendovi poggiata per qualche minuto.
Non so perché, ma le sue ultime parole mi hanno turbata. Forse perché anche Rai, il giorno in cui ha deciso di lasciarmi, aveva detto qualcosa di simile…



Ultimamente non faccio altro che pensare al nostro futuro, e sai cosa vedo?

Vedo tutto diverso rispetto a prima...
Non vedo più io, tu, ed Hope nella nostra casa in Cina...
Adesso vedo... io...tu...Hope e ... Kai...
D'ora in avanti Kai sarà sempre tra di noi.
Ci sarà sempre qualcosa che ti legherà a lui...














Salve lettori!
Aggiorno questa storia inserendo un capitolo un po’ così, di transizione diciamo. In realtà doveva essere diverso e contenere una parte in cui accadeva una cosa. Ma siccome ho pensato che quella cosa avrebbe rovinato l’atmosfera allegra della prima parte, ho convenuto di fermarmi qui.
(tutti in coro…EH??).
Vabè, avete capito.
u.u
(Tutti: veramente no è__é).
Bene. Spero non risulti ridicola la parte della recita e del vestito succinto di Kai XD ammetto di essermi divertita e anche di avere riscontrato alcune difficoltà nello scriverlo (l’ho riscritto tre volte) (Beh, forse dovevi farti due domande e cancellarlo direttamente ndTutti) (<__<°°). Anya alla fine ci è  riuscita: ha costretto Kai ad esibirsi, nonostante il problema tecnico del pantalone X°°°D inoltre, Anya a quanto pare ha stilato un nuovo accordo con Hiwatari. Pare che prenderanno il diploma insieme ahaha il che vuol dire altri pomeriggi di intenso studio insieme.
Kai per la prima volta viene chiamato papà (Tutti: aaaaaawwww) ahahah.
E per concludere in bellezza, signori e signore, sua maestà Eva Hernandez riappare. Beh, è da molto tempo che volevo farla apparire e questo mi è sembrato il momento più adatto.
Diciamo addio ad una grande amica (finto sorriso alla Daenerys Targaryen di Game of thrones). Bye bye Eva. Hasta la vista. Buon viaggio. Sayonaraaa! NONCIMANCHERAIAFFATTOOOO XD
Certo, sarebbe stato bello dirle addio con una ginocchiata sulle gengive, ma non ci vogliamo abbassare ai suoi livelli. Siamo superiori u___u  ( Ah sì? Nd Anya che si stava già alzando una manica per sferrare un colpo) (Sì, cara, sii superiore u.u) (Ok ç_ç Nd Anya).
Deliri a parte XD
Spero vi sia piaciuto, vi abbia divertito o fatto riflettere (su cosa, poi? Nd Tutti).
Nel prossimo capitolo i nostri personaggi torneranno a soffrire, promesso XD
Un ringraziamento a tutti coloro che leggono e commentano!

Ciaone :D

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Capitolo 53
*** Senza battere ciglio ***


“Signor Hiwatari, prego, può entrare!”.
La voce della mia, ormai, ex segretaria mi costringe a distogliere lo sguardo dal cellulare e, dopo aver soffocato un sonoro sbuffo, mi alzo da questo scomodo divanetto posto in sala d’attesa, per accingermi ad entrare nel mio ex ufficio.
“Volevi parlarmi?” esordisco, in tono annoiato, decidendo di rimanere in piedi di fronte alla scrivania, oltre cui siede il vecchio. Ma basta un suo sguardo eloquente a costringermi a prendere posto su una delle due poltrone in pelle.
“Ehm…dunque, Kai. Come sta andando il lavoro? E lo studio?” comincia a dire, fingendosi interessato.
“Lascia perdere pure i convenevoli e vai al dunque!”. Le mie parole, dirette e coincise, gli fanno dipingere sul volto una smorfia divertita.
Crede davvero di prendermi in giro?
“Va bene, Kai…” sospira rassegnato, iniziando a sfogliare una cartella di documenti. “Ti dice niente…”. Ecco che, in un rapido gesto, indossa i suoi occhiali per leggere meglio il foglio che regge in mano. “Il nome Hernandez?”. E, con la stessa rapidità, ritoglie gli occhiali, per fissarmi con ispezione.
Ok. Mi sta prendendo i giro. Non ci sono dubbi.
“Hernandez hai detto?”, ripeto assumendo un’aria riflessiva. “Ehm…”. Scuoto la testa, fingendo di sforzarmi nel ricordare un possibile Hernandez di mia conoscenza. “No. Non mi dice niente!”.
“Te lo ricordo io allora…” si arrende sospirando e chiudendo gli occhi, come a voler invocare la pazienza.
Beh…ha iniziato lui.
“Hernandez, tuo suocero…o dovrei dire, il tuo ex…suocero!”.
Oh, quell’Hernandez!
“Si è ritirato dalla società. E dopo di lui…” sussegue ad asserire, mentre indossa di nuovo gli occhiali per passare in rassegna una serie di nomi “… Nishimura, Nagakawa, Okamoto, Yoshida e persino il Signor Kimura. Tutti suoi amici!” sottolinea, infine, fissandomi accigliato come a volere delle spiegazioni.
“Cosa posso farci io, scusa?”.
“Hai sposato sua figlia e ora che avete deciso di divorziare, lui…si ritira dalla società. Ti sembra una coincidenza, Kai?” domanda alterato, lanciando i suoi occhiali sulla scrivania.
“Potrebbe…” rispondo con un alzatina di spalle.
“Possibile che tu non capisca la gravità della situazione?” ribadisce a denti stretti, dando un pugno sul tavolo. “Sto cercando in tutti i modi di far risollevare le sorti di questa azienda…” mi rimprovera sempre più alterato. E tra un po’ vedrò il fumo uscire dalle sue orecchie.
E devo sorbirmi sempre le stesse cose. Ora dirà…- per colpa tua abbiamo perso i clienti, il mio impero sta per affondare, è stato un mio errore, sei troppo giovane, ma cosa devo fare con te, non capisci niente e bla bla bla.
“Io non so più come devo comportarmi con te!”. È l’unica frase che riesco a sentire, perché il mio cervello si è rifiutato di ascoltare il resto.
“Sto lavorando in archivio, come mi è stato ordinato…cosa vuoi che faccia? Che costringa i clienti a rimanere?”. Non posso mica obbligarli.
“Hai ragione, ormai non puoi più fare niente. Ma potresti almeno far ragionare il Signor Hernandez!”.
Non ci penso proprio.
Con quella famiglia ho chiuso.
“Questo te lo scordi!” comunico categorico.
Non ho intenzione di riaprire trattative con quell’uomo.
“Io…”. Il vecchio porta una mano alla bocca, per soffocare, probabilmente una serie di insulti, limitandosi a maledirmi mentalmente. E qualche secondo dopo, inizia a tossire ininterrottamente, e il suo viso diventa rosso. Quella mano, che prima copriva la bocca, ora scende sul petto, e la sua faccia mima espressioni di dolore.
Porto gli occhi al cielo e me ne rimango qui, con la gamba accavallata e le mani giunte sull’addome a fissarlo annoiato, aspettando che questo assurdo teatrino abbia fine.
È sua abitudine sdrammatizzare fingendo qualche malore.
Ci sono abituato.
“K-ai…” riesce a dire tra una smorfia di dolore e l’altra. “La…pillola…”.
Quale pillola?
“Non c’è il tuo servo, oggi?” lamento scocciato, alzandomi svogliatamente per afferrare la borsa e cercare queste benedette pillole.
Rovisto disordinatamente all’interno di questa valigetta, buttando, di tanto in tanto, qualche occhiata al vecchio, che ancora si tiene la mano al petto e sembra aver perso la facoltà di parlare.
Dopo qualche secondo, riesco a scovare una scatolina e gliela metto sotto al naso, per farmi dare conferma che sia quella giusta.
Il suo cenno mi suggerisce di sì.
In un rapido gesto afferro la bottiglia, posta sul tavolo, e ne verso il contenuto nella tazza da cui beve abitualmente il suo tè. Poi, apro la scatola, prendo una pillola e la avvicino alla sua mano tremante. La porta alla bocca e, infine, la manda giù con piccoli sorsi di acqua.
Dopo essermi assicurato che, ahimè, sia ancora vivo, ritorno a sedere, attendendo in silenzio che si riprenda.
Tutte scenate.
“Gustav è uscito per delle commissioni…” spiega con voce debole, poggiando la tazzina sul tavolo e fingendo qualche colpo di tosse. “è lui di solito che mi ricorda di prendere le medicine” continua a raccontare, mentre con un fazzoletto di stoffa si asciuga alcune goccioline di sudore dalla fronte.
Povero Gustav. Che triste destino badare a mio nonno. Deve avere proprio una vita infelice per fare ciò.
“Dunque…dicevamo”. Cerca di riprendere il discorso, schiarendosi la gola. “Kai…dico sul serio, tu devi collaborare o sarò costretto a prendere provvedimenti”.
Non ho otto anni.
“Fin quando non mi dimostrerai serietà e spirito di professionalità…le tue finanze saranno gestite dal sottoscritto!” sentenzia, ora con voce più ardita.
Noto che si è ripreso in fretta.
“Che cosa vuoi dire?” chiedo, accigliandomi.
“Voglio dire, che le spese extra saranno bandite. E per spese extra intendo anche il denaro che versi sul conto di quella cameriera” chiarisce in un tono che non ammette repliche.
“Tu non puoi gestire il mio denaro!” gli ricordo, contrariato.
“Oh sì che posso. Se il denaro che guadagni proviene da questa azienda!”.
Mi alzo di scatto, battendo un pugno sul tavolo. “Sei proprio un bastardo!” asserisco a denti stretti, per poi girare i tacchi, aprire quella porta e richiuderla con altrettanta forza.
Ma cosa si è messo in testa?
Capisco che lui voglia salvare la sua azienda, capisco che sia arrabbiato, ma gestire la mia vita e i miei soldi… no. Questo non lo accetto!









***









Come stabilito dal nuovo accordo Hiwatari, mi ritrovo a casa sua, nel suo salotto, seduta a un tavolo sommerso di libri e fogli pieni di schemi e appunti. In silenzio, Kai e io, stiamo cercando di leggere e riassumere alcuni concetti fondamentali di letteratura giapponese.
“Devo chiederti una cosa, Sarizawa”.
È lui, per primo, a rompere il silenzio. E questo fatto così stupefacente, mi porta ad alzare un sopracciglio.
“Dimmi”.
“Hai ricevuto i soldi nella carta di credito, questo mese?” domanda con aria sospettosa, continuando a scrivere, in attesa della sua risposta.
“Beh, in effetti…no. Non ho ricevuto i soldi come al solito” confesso, con un leggero imbarazzo.
“E perché non me l’hai detto?” .
“Perché…insomma, non lo so. Pensavo te ne fossi dimenticato o che lo avresti fatto più tardi” cerco a mio modo di discolparmi.
“Tzè…” si limita a dire lui, scuotendo la testa e tornando a scrivere, anche se noto nel suo profilo un’espressione indispettita.
Di nuovo il silenzio.
“Cosa succede?” mi azzardo a chiedere, nonostante qualcosa mi suggerisca che sarebbe stato meglio non farlo.
“Niente…il vecchio ha deciso di gestire le mie finanze” spiega, con voce sorda, cambiando pagina del libro.
“Quindi?”.
“Quindi per un po’ non potrò versare i soldi sulla tua carta. Ma tranquilla, te li darò in contanti” .
“Oh, beh, no. Tranquillo, non c’è problema. Non è necessario che tu me li dia per forza”.
Ma la sua occhiata di fuoco mi dà la risposta.
Ok…come vuoi!
Intuendo che la questione si sia risolta, riprendo a leggere da dove avevo interrotto. Tuttavia, alcuni dubbi e perplessità, che ora si affollano nella mia mente, mi impediscono di ritrovare la concentrazione.
“Perché è così arrabbiato con te?”. Stavolta è la mia voce a rompere il silenzio e, a giudicare dallo sguardo in tralice di Hiwatari, oltre al silenzio devo aver rotto anche qualcos’altro.
“Perché ad alcune persone piace rompere le scatole” si limita a dire in modo vago. E queste parole mi fanno venire il dubbio se siano riferite anche a me.
“Tuo nonno sembra una persona…”. Beh come dire. Non so che aggettivo utilizzare. Non vorrei risultare troppo offensiva.
“Orribile? Subdola?”. Contro ogni mia aspettativa, è lui stesso a suggerire qualche parola. “Puoi dirlo, non mi offendo mica” ammette tranquillamente.
“Beh…sì. Ma sei suo nipote, sangue del suo sangue, perché ti tratta così?” susseguo a domandare, nonostante la reazione di Kai mi suggerisce di star per attraversare un campo minato.
“Perché…” inizia a dire, serrando la mascella, come se si stesse sforzando di sostenere questo dialogo. “Perché lui è fatto così”. E la risposta non è poi così esaustiva come mi aspettavo.
“Ma è lui che ti ha cresciuto, no?”.
“Purtroppo…” sussurra tra sé e sé, continuando a tener gli occhi fissi sul libro.
“Magari, vi serve solo del tempo per chiarirvi” ma le mie intenzioni di riconciliazione vengono subito messe a tacere dalla reazione scorbutica di Hiwatari.
“Controlla ciò che ho scritto, Sarizawa, io vado a fumare!”.
Mi liquida con queste parole, si alza ed esce fuori, lasciandomi qui a domandarmi il perché della mia imperterrita ostinazione nel voler aprire un dialogo con lui.
Credo che mi verrà uno strano tic all’occhio prima o poi.












Bene. Ho finito di correggere il riassunto abbozzato da Hiwatari e, ormai stanca di aspettare il suo ritorno, decido di prendermi una pausa anch’io.
Una volta messo piede fuori di casa, lo vedo immediatamente: sta seduto a un tavolino da giardino, posto sulla veranda.
“Fatto!” esclamo, mettendo sul tavolo il foglio con le correzioni.
“E allora?” domanda curioso, espirando una nube di fumo.
“A parte alcuni errori di sintassi, beh, non è male. Stai migliorando” rivelo, sedendomi su una delle sedie.
“Almeno una buona notizia…” gli sento dire, in un mormorio di sottofondo, mentre osserva pensoso un punto indefinito del giardino.
Con la coda dell’occhio noto la mano di Hiwatari protendersi in mia direzione, in un gesto che vuole invitarmi a condividere un tiro dalla sua sigaretta.
“Ehm, no, grazie, Io non fumo!” rifiuto immediatamente, in tono impacciato.
Kai ritira la mano, per riportarsi la sigaretta alla bocca.
“Eppure quando uscivi con Boris fumavi…” gli sento dire con un tono che somiglia vagamente a quello di una frecciatina. E ciò mi porta a riservargli un’occhiata obliqua.
Quando uscivo con Boris…”ripeto indispettita, “stavo passando un brutto periodo…”.
“E hai deciso di passarlo con Boris? Strana scelta…” commenta sarcastico, facendo cadere la cenere su un piattino di ceramica.
“Beh… a modo suo mi è stato vicino”.
 “Quanto vicino?” domanda ora, riservandomi un sorriso sornione.
E questa frase mi porta a corrucciare le labbra con fare irritato e riservargli l’occhiata più truce che sia mai riuscita a lanciargli.
Cosa vorresti insinuare, Hiwatari?
“Non nel senso che pensi tu!” ci tengo a precisare.
“Andiamo…puoi dirmelo” continua a dire con aria leggermente divertita.
“Credo che ti aspetterò dentro!” gli comunico, alzandomi stizzosamente contrariata. Afferro quel foglio e giro i tacchi, dirigendomi a passi risoluti all’interno della casa.
Tzè. Ma di che s’impiccia?




Altro giro, altra corsa.
Ho di nuovo abbandonato il lavoro in caffetteria per dirigermi a villa Hiwatari. Dana, seppur riluttante, si è arresa alla mia richiesta, ma non gratuitamente, mi sembra ovvio. Abbiamo, in un certo senso, ristabilito i turni, con alcune piccole variazioni, in modo che io possa uscire qualche ora prima per andare a studiare con Hiwatari, e in modo che lei, la mattina, arrivi più tardi a lavoro.
Varcato il cancello, percorro il lungo viale che mi conduce alla porta principale e, in un rapido gesto, porto il dito al campanello.
Ad aprire è Reina, che sembra avere una faccia molto strana.
“Cosa sono queste urla?” domando preoccupata, entrando in casa.
“Ecco…il Signor Hiwatari litiga da ore col nonno” mi spiega a bassa voce.
“Cosa?”.
A giudicare dai toni caldi e rabbiosi, deve essere una discussione molto accesa.
Forse non è una buona idea farsi vedere…
Sto per comunicare a Reina di andar via, ma proprio sul procinto di aprire bocca, appare Hiwatari, quello junior, che mi fissa sorpreso.
“Ah…sei qui…”.
“Veramente io stavo per andare, non mi sembra il mom…”. E non riesco nemmeno a terminare questa frase, perché dalla stessa porta da cui è uscito Hiwatari, appare ora il nonnino trascinandosi sulla sedia a rotelle.
“Oh bene, ci siamo tutti, quindi! Signorina, vorrei parlare anche con lei!” mi comunica il nonno, facendomi cenno di seguirlo.
“Con me?” chiedo sorpresa e allibita allo stesso tempo, cercando una spiegazione da Kai, che mi fissa come se non sapesse cosa dire.
“Lei non c’entra, lasciala perdere!” interviene, consigliandomi con un gesto di andare via.
“E invece io dico che dovrebbe rimanere, dato che la questione soldi riguarda anche lei” ripete il nonno con ostinazione.
E io non so più che cosa fare: devo rimanere o devo andare via? Beh, se dovessi scegliere, me ne andrei subito.
“Dio…” sento mormorare a Kai, in tono spazientito. “Possibile che tu debba sempre pensare al denaro?” sbotta, poi, avvicinandosi minacciosamente al nonno.
“è il denaro che fa girare il mondo, Kai” asserisce lui, come se con quelle parole volesse dare una lezione di vita al nipote.
“Sai, invece, cosa fa girare le mie scatole? Tu!” esclama, puntandogli un dito.
“Non osare rivolgerti in questo modo a me! Io ti ho cresciuto, ti ho accolto nella mia casa dopo quella tragedia nella nostra famiglia…mi sono fatto carico di questa responsabilità e tu…”.
“è questo che sono sempre stato per te, un peso! Non è così? Nella tua mente contorta sarei dovuto morire insieme a loro!”.
La discussione tra nonno e nipote diviene sempre più accesa. Le vene pulsanti sul collo di Kai mi suggeriscono che la questione è veramente seria.
Inoltre, Reina sembra essere svanita nel nulla, e io mi sento impossibilitata a muovermi. Perciò, mi rintano in un angolo a osservare sconcertata questa diatriba familiare.
Gli insulti e le urla aumentano e non ci sono sconti, né per l’uno né per l’altro. È come se entrambi stessero sfogando la rabbia repressa in tutti questi anni.
Ammetto di essere un po’ terrorizzata. Ogni parola dettata da quelle voci rabbiose mi fa trasalire.
Non so cosa fare. Non mi sembra il caso di intervenire, perché credo che potrei divenire vittima di pesanti insulti, perciò non mi resta che fingermi invisibile…
“Tu non sai quello che dici, Kai!” lo rimprovera severamente il nonno.
“Io so benissimo quello che dico!” ribatte duramente lui. “Non ti è mai importato nulla di me. Fosse stato per te, sarei marcito in quello stupido collegio insieme a tutti quegli orfani!” gli rinfaccia, stavolta lui.
Kai è stato in un collegio?
“Sì, forse avrei dovuto lasciarti lì, invece ho dovuto fare la cosa giusta!”.
“La cosa giusta?? Tzè. Mi ci hai tirato fuori solo perché hanno arrestato il direttore per molestie e non dirmi che non lo sapevi!”.
Molestie?
“Sapevi cosa succedeva là dentro, ma io ero privilegiato e immune a questi soprusi, perché sapevano che ero tuo nipote!” continua a rinfacciare con risentimento Kai, ignorando, credo ormai, la mia presenza.
Non vorrei essere qui, in questo momento.
E allora perché non me ne vado?
Vorrei tappare le orecchie e cantare bla bla bla così forte da non riuscire a sentire più niente.
“Ti senti tanto importante e tanto ricco… da credere di poter fare ciò che vuoi delle persone”. Ora il suo tono è più calmo, ma quelle parole riescono comunque a fendere come una lama l’aria.
Il nonno, tuttavia, sembra ora assumere un’espressione strana. Ha una mano sul petto, e inizia a torcersi dal dolore facendo tremare quella sedia a rotelle.
“Kai, che gli succede?” domando preoccupata, avvicinandomi.
“Lascialo perdere, sta solo fingendo, come sempre!” si limita a dire, fissandolo con astio.
Tuttavia, visto il modo in cui si contorce e l’espressione di sofferenza sul suo volto, a me non sembra che stia poi tanto fingendo.
“Kai, io credo che stia male sul serio! Signor Hiwatari, che cos’ha, come si sente?” chiedo con voce tremolante, avvicinandomi a lui, pensando e ripensando a un modo per aiutarlo.
Ma lui non risponde. Il dolore sempre essere così forte da impedirgli di parlare. “Kai, non sta fingendo! Chiama il suo assistente!”.
“Gustav è uscito, non so dove cazzo sia!” dichiara, fin troppo arrendevole.
“E allora chiamalo, fa’ qualcosa Kai!” lo scongiuro, provando a far scendere suo nonno dalla carrozzina per farlo sdraiare a terra.
Mio dio non so che fare!
Perché Kai non mi aiuta?!
“Gustav, Gustav, visto…non mi sente!”.
Sta scherzando spero.
“Ascolta, Anya, fa sempre così quando capisce di avere torto, gli piace essere al centro dell’attenzione!”.
“Kai, io non credo proprio che stia fingendo! Quindi fa’ qualcosa, chiama un’ambulanza!” e gridandogli contro queste richieste di aiuto, porto due dita sul collo del nonno, per verificare il battito cardiaco. “Kai, il battito sembra debole!” lo avviso, cronometrando la frequenza fissando l’orologio al polso. “Il respiro mi sembra irregolare e sembra svenuto! Cazzo, Kai, fa qualcosa!” lo esorto disperata, entrando nel panico. Ma lui non sembra avere intenzione di far qualcosa. Se ne sta lì a fissare il nonno privo di sensi, senza muovere un dito. È come se fosse in un’altra dimensione, è come se non mi ascoltasse, come se non mi sentisse o mi ignorasse.
Sono terrorizzata e nel panico.
Sto provando a eseguire un massaggio cardiaco, ma non ne ho le competenze. Sento che la paura sta per prendere il sopravvento. Inoltre, avverto un rumore sordo all’interno della testa che non mi fa capire più niente e solo ora vedo Reina arrivare e chinarsi in mio aiuto. È lei a prendere il telefono e digitare una serie di numeri, portandolo all’orecchio.
“Serve un’ambulanza a Taito Ku, Ueno, 7-1-1! È urgente!”  le sento dire, e la sua voce fa eco nella mia mente. “I soccorsi stanno per arrivare” mi avvisa, provando a tenere, anche lei, sotto controllo il battito del signor Hiwatari. E in tutto questo i miei occhi sono puntati sconvolti verso Kai, rimasto lì immobile  a fissare tutto il tempo, come se avesse perso la capacità di reagire.

















***








“Ti senti meglio, Anya?” le domando, mentre mi fissa con espressione vacua, seduta su una panchina del corridoio del reparto di rianimazione.
“Yuri, come sta il Signor Hiwatari?” domanda a sua volta, con tono preoccupato.
“Non lo so. I medici stanno provando a rianimarlo” mi limito a dire, porgendole un bicchiere d’acqua. Ha un volto cadaverico. Lo stesso si può dire di Hiwatari, che nonostante non abbia detto una parola e mostri un volto impassibile, si riesce a scrutare una sorta di impenetrabile preoccupazione sul suo volto.
“Kai, tu come stai?” chiedo al diretto interessato, per provare ad avere un cenno della sua presenza.
Ma niente. Continua a fissare corrucciato dritto innanzi a se, come se fosse un bambino troppo arrabbiato per parlare con i genitori.






***



 “Sapevi che tuo nonno aveva problemi di cuore?”. Nonostante io stia volutamente ignorando Yuri, lui si ostina a mettersi davanti ai miei occhi e fare domande.
Stringo i denti, serrando la mascella, fino a sentirne il fastidio.
“No…” rispondo in un sussurro.
“Beh, a quanto pare lui segue una cura che lo aiuta ad allievare i sintomi. Il suo assistente ha riferito che nell’ultimo periodo i sintomi si stavano aggravando”.
Le parole di Yuri mi penetrano così prepotentemente alle orecchie da riuscirne a sentire il dolore.
La pillola.
Sarebbe bastata quella maledetta pillola a farlo star meglio?
Perché non me ne sono ricordato?
Perché sono rimasto lì a fissarlo senza far niente?
La verità è che ero troppo arrabbiato e credevo che, come al solito, quel malore fosse solo una delle sue scenate da tragedia teatrale per farmi sentire in colpa. E, invece, a quanto pare, non lo era. Stava soffrendo sul serio.
Ho sottovalutato la gravità della situazione.
Sono talmente immerso nel mio mondo, da non essermi accorto che Yuri si è allontanato per raggiungere alcuni medici appena usciti dalla sala di rianimazione.
I miei occhi, come quelli di Anya, sono puntati in quella direzione. Si sforzano di decifrare il labiale di quelle persone in camice. Yuri li ascolta, attentamente.
Vedo Anya, seduta qui accanto a me, che stringe i pugni con impazienza sulle gambe.
Poi, riportando gli occhi sul gruppo di medici, laggiù riunito, scorgo delle facce perplesse, alcuni di loro abbassano gli occhi e poi, tutti insieme voltano le spalle e vanno via, tranne Yuri, che titubante, avanza lentamente verso di noi, tenendo lo sguardo basso, come se stesse contando mentalmente ogni centimetro percorso. Quando è abbastanza vicino, Anya si alza e lo fissa impaziente. Ma il suo sguardo la supera per incrociare quello mio. E basta un lieve cenno della sua testa per farmi intuire tutto.
“Mi dispiace Kai…”.
Lentamente anch’io abbasso gli occhi, quasi incredulo , mentre Anya, comincia a piangere e singhiozzare.
La lascio alle parole di conforto di Yuri, e decido di alzarmi per incamminarmi verso l’uscita e una volta fuori, i miei sensi vengono investiti da una boccata di aria fresca, che mi fa riprendere dal mio stato di trans.
“Perché non hai fatto niente?”. Al suono di queste parole,  chiudo subito gli occhi, come a voler prepararmi psicologicamente a questa discussione. “Perché sei rimasto imbambolato a fissare, mentre ti chiedevo di chiamare i soccorsi?”. Il tono di voce di Anya suona sempre più accusatorio, nonostante venga smorzato dai singhiozzi del pianto. “Avremmo potuto fare di più!”.
“Sarebbe morto comunque!” sbotto improvvisamente, mettendogli in faccia la realtà.
Non ho intenzione di sentire le sue accuse.
“Non se tu… non avessi perso tempo a chiamare i soccorsi!” ribatte duramente.
“I soccorsi non si volatilizzano in due secondi!”.
“Non ha importanza! Avresti potuto provarci invece di stare lì impalato a guardarlo morire! È come se tu stessi sperando che…”. Anya si interrompe improvvisamente, mordendosi la lingua pentita di ciò che stava per dire.
“Sembrava quasi cosa??” la incito io a continuare, con tono di sfida.
“Niente…” dice pentita.
“Tu pensi che io… lo stessi guardando morire perché…”. La rabbia che sto provando, mi impedisce persino di parlare in modo lucido. “…perché volevo che morisse??”.
La sua espressione mi comunica che è così.
“Tu pensi davvero che io volevo che morisse??” ripeto, sempre più allibito.
“Non ho detto questo!” cerca di difendersi, parando le mani avanti.
“Ma è quello che hai pensato…” dichiaro sconcertato, passando nervosamente le mani tra i capelli. “Cazzo, Anya…ti sembro proprio un mostro!” sussurro sta me e me con fare agitato.
I suoi occhi rossi e gonfi di lacrime, sembrano darmi ogni colpa. Mi ci specchio per l’ultima volta, amareggiato, e, faccio qualche passo indietro, per poi voltarle le spalle a andare via.
Non posso credere che abbia pensato una cosa simile.
È vero, non ho fatto niente, ma…
La verità è che…
Beh, non lo so nemmeno io.
Sono troppo confuso.

Quando sono diventato così insensibile?
Quand’è che ho perso me stesso?
Tutte le parole che escono dalla mia lingua
Sembra che vengano da qualcun altro.
Sono paralizzato
Dove sono le mie emozioni?
Non sento più nulla
So che dovrei
Quando sono diventato così freddo?

Sono sott'acqua ma mi sembra di essere in superficie
Sono al fondo e non so quale sia il problema.
Sono in una scatola
Ma sono io che mi sono rinchiuso dentro.

Sono paralizzato (Sì, sono solo così paralizzato).
Dove sono i miei sentimenti? (Sì, sono solo così paralizzato).
Non sento più niente (Non ho sentimenti).
so che dovrei (Oh, come mai non mi muovo).
(Perché non ti stai muovendo?)
Sono paralizzato
[Traduzione canzone “Paralyzed” di NF]








***








Kai mi ha appena voltato le spalle ed è andato via.
Resto qui, a fissare le sue spalle, mentre cerco di limitare le lacrime.
Come riesce a mantenere il sangue freddo anche in queste circostanze tragiche?
Un uomo è appena morto.
È morto tra le mie braccia.
E ne sono sconvolta.
Anche lui lo ha visto morire sotto i suoi occhi.
Ma a differenza mia non ha battuto ciglio.
Come fa?
Suo nonno ha appena esalato l’ultimo respiro e quella che sembra che stia soffrendo solo io, che lo conoscevo appena.
Non capisco perché si comporti così.
So che non riesce mai a manifestare esplicitamente le sue emozioni.
Ma…come si può rimanere impassibili di fronte alla morte?


“Anya, va tutto bene?”.
La voce di Yuri, mi riporta alla realtà. In un rapido gesto asciugo gli occhi con un lembo della manica e mi giro verso di lui. “Non proprio, ma…mi riprenderò!” cerco di rassicurarlo, nonostante la mia voce tremolante non lo convinca affatto.
“Lui è fatto così, Anya” gli sento dire in tono rassegnato. “Forse…sta soffrendo anche lui, ma farà di tutto per non darlo a vedere. Ognuno di noi reagisce in modo diverso al dolore…”. Forse Yuri ha ragione. Ognuno ha un modo suo di esprimere le proprie emozioni. Io mi sfogo piangendo, mentre Kai è solo troppo orgoglioso per farlo e preferisce logorarsi dall’interno, pur di non mostrarsi debole. “Anya, non sentirti in colpa. Hai fatto quello che hai potuto…”. Yuri, sta cercando in tutti i modi di darmi conforto con le sue parole. “…Probabilmente, neanche chiamando i soccorsi in tempo si sarebbe riuscito a salvare”. Kai è rimasto a fissare tutto il tempo, incapace di muovere un dito. Non capisco perché lo abbia fatto.  È questo ciò che mi tormenta. Voleva che morisse? Voleva vederlo soffrire? Avevano appena avuto un’accesa discussione ed era parecchio arrabbiato. Posso giurare di aver visto, per un istante, sul suo volto, un ghigno di soddisfazione. Ma forse è stata solo suggestione, forse me lo sono solo immaginata, perché ero presa dal panico. “…è stato un attacco di cuore letale, a detta dei medici. Ci hanno provato in tutti i modi, ma non è riuscito a sopravvivere. Cos’è successo?” chiede poi investigativo, fissandomi accigliato.
“Ecco…loro…loro due stavano….stavano litigando e Kai ha cominciato a urlargli delle cose…orribili e poi…”. Il dolore all’altezza della gola, mi impedisce di proseguire, ma dall’espressione cupa di Yuri, credo abbia capito il punto della situazione.
“Non sono mai andati d’accordo, per quello che so…” inizia a raccontare, porgendomi un fazzoletto. “Kai non lo ha mai sopportato, è risaputo”.
“Beh, questo lo avevo intuito” confesso, asciugandomi gli occhi e il naso.
Forse, poco fa, sono stata troppo dura con lui. Le mie parole devono averlo ferito, anche se non le ho effettivamente espresse a voce. Ma il senso era quello e lui lo ha capito al volo, forse perché si sente colpevole. Colpevole di non aver fatto niente per aiutarlo.
Sarebbe tutto più facile per lui se esprimesse le sue emozioni e i suoi sentimenti e mettesse da parte quello stupido orgoglio…
Perché lasciarsi morire dentro?


















***














“Serve aiuto?”.
La mia testa fa capolino dalla porta socchiusa della sua camera da letto. Kai sta seduto sul letto, con la schiena curva, i gomiti poggiati sulle ginocchia a fissare assorto la cravatta nera che si rigira tra le mani.
Senza pronunciare una parola, si alza lentamente e mi porge la cravatta.
Oggi è il giorno del funerale di suo nonno.
Mi sono preparato e sono subito corso a villa Hiwatari per tenere sotto controllo Kai, il quale sembra perso in una dimensione parallela. Ha una preoccupante espressione nel viso. Ma è indecifrabile. Non capisco se sia triste, seccato, impassibile, neutrale… insomma non riesco a penetrare nella sua mente contorta.
In un rapido gesto, stringo quanto posso, il nodo, sistemandogli il colletto.
“Ragazzi, come ci si veste per un funerale?”. Le parole di Boris riescono a stonare come sempre. Anche in una situazione del genere non riesce a contenere i suoi bruschi e poco delicati modi di fare. E infatti, sia io che Kai gli riserviamo un’occhiata che vuole fargli notare l’inadeguatezza delle sue parole.
“Scusate, ma non sono mai stato a un funerale…” si giustifica prontamente. Ma le nostre facce serie, e il nostro ben visibile abbigliamento in giacca e cravatta neri, gli hanno dato la risposta che cercava. “Ho capito, devo vestirmi da pinguino…” asserisce seccato, svanendo via e continuando a mormorare qualcosa tra sé e sé, mentre io e Kai ci fissiamo, pensando probabilmente alla stessa cosa: è sempre il solito.
“Hai preparato un discorso?” domando investigativo a colui che, al suono di queste parole, mi fissa perplesso.
“Che discorso?” chiede stranito.
“Tuo nonno era un uomo importante. Ci saranno quasi tutti i suoi dipendenti e forse anche la stampa. Si aspetteranno un discorso da parte del suo unico nipote, nonché erede di quella fortuna…”.
“Cazzo…” impreca sospirando.
“Ho capito, proverò a scrivertelo io prima che la cerimonia abbia inizio!” concludo rassegnato.
E così decido di scendere al piano di sotto, prendere un foglietto da un quaderno posto su una scrivania, una penna e…
Cavolo. Che devo scrivere?
Mica era mio nonno!
Io non l’ho nemmeno mai incontrato.












***









Ieri sera Yuri mi ha mandato un messaggio per avvisarmi che oggi ci sarebbe stato il funerale del Signor Hiwatari. E così, armata di coraggio, mi sono vestita per l’occasione, con un pantalone e una giacca scuri, e sono uscita di casa in direzione di villa Hiwatari. Il funerale si terrà all’aperto, nei pressi del cimitero della città, ma voglio prima passare a casa di Kai, per chiarire alcune cose e vedere come sta.
Reina, anch’ella vestita di nero (probabilmente parteciperà alla cerimonia), mi invita a entrare. A passi lenti e scanditi percorro il corridoio…
“Ciao Yuri…” esordisco dopo aver notato la presenza di Yuri in salotto. Ha una penna e un foglio in mano.
“Anya, eccoti!”.
“Che cosa fai?” domando curiosa, avvicinandomi.
“Sto abbozzando un discorso per Kai, per la cerimonia, ma…non è per niente facile” confessa disperato. “Come te la cavi con i discorsi?” mi chiede poi, speranzoso.
“Beh, non male. Potrei provarci!”.
E, con espressione sollevata, Yuri mi passa felicemente carta e penna, ringraziandomi.
Mi guardo intorno, alla ricerca di Kai, ma non c’è  nessuna traccia di lui al piano terra. E così inizio a grattarmi una tempia con questa penna, alla ricerca dell’ispirazione giusta per scrivere questo discorso…







***






Il cellulare sul comodino inizia a vibrare, segno che è arrivato un messaggio. Lo prendo e lo leggo:

-    Ciao Kai, ho saputo della tragica notizia. Mi dispiace non poterci essere, ma ti porgo le mie più sentite condoglianze.

È da parte di Eva.
Lo leggo e rileggo più volte mentalmente, serrando con forza la mascella.
Poi l’arrivo di Yuri che mi ricorda che è ora di andare, mi fa ritornare alla realtà. Quindi, poso il cellulare in una tasca e indosso la giacca, fissandomi per un attimo allo specchio.
“Boris, esci, dai!”. Il grido di Yuri che picchia fortemente sulla porta della stanza dove Boris si sta cambiando, mi ridesta di nuovo dal mio stato catatonico.
Basta, è ora di andare.
Quando scendo al piano di sotto, ci sono tutti ad attendermi, persino colei che non mi aspettavo, che mi guarda come se volesse dirmi qualcosa. Ma decido di ignorarla, riservandole un’occhiata indignata.
“Forza, andiamo!” dico soltanto, uscendo per primo dalla porta.
Non ho voglia di stare ad ascoltarla.










***












Kai mi ha bellamente ignorata e Yuri, che se n’è accorto, mi comunica telepaticamente di non prendermela, mentre Boris, troppo preso dalla sua cravatta stretta al collo, ci fissa interrogativo.
“Andiamo!”.
Decido di recarmi alla cerimonia entrando in macchina con Boris, mentre Yuri e Reina, entrano nella macchina con Kai. Non mi è sembrato il caso di andare anch’io con Hiwatari, dato che sembra troppo arrabbiato con me. Si creerebbe soltanto più tensione di quella che già c’è.
Ho scritto una sorta di discorso, ma ho pregato Yuri di non dire a Kai che sono stata io a scriverlo. Sono sicura che non lo leggerebbe affatto.
Il suo orgoglio glielo impedirebbe…













***















“Questo è il discorso…” sento dire a Yuri, che mi porge un foglietto piegato a metà. Lo osservo incerto, ma i suoi occhi mi implorano di prenderlo e così decido di fare, nascondendolo in una tasca interna della giacca.
Usciamo velocemente dall’auto e i miei passi rallentano una volta raggiunto il luogo della cerimonia, dove gli sguardi di tutti si posano su di me. Sono costretto a fare un cenno con la testa ad ogni sussurro di –condoglianze- e persino stringere la mano di alcune persone,  a me sconosciute. Odio fare queste cose, ma sono costretto dalle circostanze. Sono venuti qui per dire addio a mio nonno e non posso fargli fare una brutta figura anche da morto.
Supero la folla di gente e arrivo al centro, dove è posta la bara chiusa.
Una bara in legno laccato, super raffinata e probabilmente ultra costosa, come avrebbe desiderato lui. A dire la verità, non ho organizzato io questo funerale, non ne sarei stato capace. Così, ho lasciato fare tutto ai suoi assistenti, che sicuramente lo amavano più di me.
Il prete mi fa cenno di iniziare e, facendo un piccolo passo indietro, mi posiziono in piedi in prima fila, accanto a Yuri. A seguire Boris e poi Anya, con cui ci scambiamo una veloce occhiata di sbieco.
Poi il mio sguardo ritorna a poggiarsi su quella bara cosparsa di fiori e tutto intorno a me inizia a scomparire. La mia mente si perde in una serie di ricordi, la maggior parte dei quali non mi piace rivivere volentieri.
Prima ho otto anni e mi trovo nel salotto della nostra grande casa a Mosca. Osservo incantato la bufera di neve dalla finestra. Mia madre mi ricorda di sistemare i miei giochi prima di andare a dormire, e mio padre mi scompiglia i capelli sorridendomi e ricordandomi di ascoltare la mamma e di non fare il furbo.
Ma poi, un giorno, quello stesso salotto si riempie di gente vestita di nero, come oggi. Al centro vi sono due bare come quella.
Un attimo dopo vengo catapultato in un collegio. Mio nonno non ne voleva sapere di avermi in casa…
“Il discorso…” mi sussurra Yuri all’orecchio, dandomi una gomitata che mi riporta nel presente.
Anche il prete mi fa cenno di avanzare, per raggiungere il pulpito.
E io, inizio a sudare.
Raggiungo a passi incerti il microfono, estraendo dalla giacca il pezzo di carta. Una volta aperto, lo osservo indeciso, avvertendo gli occhi di tutti puntati su di me.
Quelli che seguono sono attimi di silenzio, durante i quali goccioline di sudore scivolano lungo la mia schiena. Deglutisco e sistemo il nodo della cravatta, in un gesto dettato dal nervosismo. Sto solo perdendo tempo…
Riesco a trovare il coraggio solo quando incrocio lo sguardo di Yuri.
Ok. Iniziamo…
Schiarisco la voce e inizio a leggere le prime parole.
“Vi ringrazio di essere venuti, oggi qui, a dire addio…”.
Sento il battito del cuore accelerare prepotentemente contro la mia volontà.
“…a Soichiro Hiwatari.”.
Un terribile magone alla gola, non mi permette di deglutire in modo regolare.
“Voi tutti lo conoscete, e lo ricorderete, come il grande imprenditore che ha costruito dal nulla un impero”.
Cazzo, questa frase sarebbe tipica da lui. Deglutisco a secco e stringo nervosamente le mani sui bordi di questo altarino.
“Ma io vi dico che lui era anche un uomo, un padre…e un nonno”.
Anche le tempie iniziano a pulsare dolorosamente.

“Se fosse qui, adesso, vi ringrazierebbe uno per uno per tutti gli sforzi che avete fatto e per l’aiuto che gli avete dato”.
Beh, sicuramente non ringrazierebbe me. Sono sempre stato una delusione per lui.

Il discorso non sembra essere finito. È più lungo di quanto pensassi. Finora è andato tutto bene, ma da questo momento in poi, sarà difficile pronunciare a gran voce ciò che vedo scritto.
“Per me…è un’infinita sofferenza la sua perdita”.
Il tono con cui sto proferendo questa frase non sembra convincere nemmeno me.
“L’ho sempre…ammirato”.

Non credo di riuscire a leggerlo fino alla fine. Sembra un discorso talmente ipocrita. Che diavolo ha scritto Ivanov?
“… Cercherò di seguire le sue orme…”.
Io non credo di voler essere come lui. Affatto.
“…di…prendere il suo esempio”.
Forse sono già sulla buona strada per diventare come lui, a detta di Anya.
“…per me non è stato solo un nonno...”.
E qui arriva la parte che sarà più difficile da dire.
“…è stato un…”.
Mi fermo un attimo, per prepararmi psicologicamente a pronunciare una parola che non mi sono mai sognato di dire. E nel farlo, alzo il mio sguardo verso Yuri, per trasmettergli tutto il mio disappunto su quanto ha scritto.
“…un padre. ...Vi ringrazio tutti!”.
Decido di tagliar corto e andare direttamente ai saluti finali. C’erano ancora tre o quattro righe da leggere, lo so, ma dopo tutto quello che sono stato costretto a dire, non me la sono sentita più di andare fino alla fine.
Abbandono a testa china il pulpito e ritorno alla mia postazione, non dimenticando di riservare uno sguardo ammonitore a Yuri.
Tzè…un padre.
Che diavolo gli è venuto in mente?












***












La cerimonia si è conclusa qualche minuto fa. Kai ha aiutato a sorreggere la bara, insieme a Yuri, Boris e altri uomini, prima della sepoltura. Il tutto è avvenuto sotto lo sguardo apparentemente impassibile e impenetrabile di Kai, rimasto a fissare immobile quella bara, che lentamente scompariva sotto terra.
Adesso, tutti i partecipanti stanno comunicando le loro condoglianze, stringendo la mano a Kai, a volte persino a Yuri e a Boris. Qualcuno è venuto a stringere la mia mano, chiamandomi persino Eva. Tuttavia, ho evitato di dare spiegazioni, limitandomi a ricambiare la stretta di mano.
“Dov’è Kai?” mi sussurra Boris, che con aria seccata continua a stringere la mano di sconosciuti, come me. “è sparito e io non so chi siano queste persone!” mormora a denti stretti.
“Non lo so…” dico, cercandolo con lo sguardo in mezzo alla folla.
Decido di andare a cercarlo, sotto l’occhiata contrariata di Boris, il quale sarebbe già scappato prima se Yuri non lo avesse costretto con un pizzicotto al braccio di non muoversi di lì.
Mi faccio spazio tra tutte queste persone vestite di nero, per giungere alle radici di un grande albero, oltre cui si estende un’infinita distesa di lapidi. Ciò che mi salta subito all’occhio è una figura a me nota, seduta su una panchina. È lui, Kai.
Mi avvicino lentamente, a passi cauti fino a raggiungerlo e sedermi su quella stessa panchina, accanto a lui, rimanendo in religioso silenzio.
Kai continua a fissare assorto un punto del prato e io, osservo il cielo pensierosa.
“Kai…mi dispiace!” esordisco, sentendomi profondamente in colpa. Ma lui rimane impassibile, nella stessa posizione di prima, ignorandomi. Ma non mi faccio fermare da ciò…
“Mi dispiace davvero tanto per quello che ho detto o solamente pensato…io, io…ero sconvolta, insomma…mi sono sentita impossibilitata ad aiutarlo e quasi in colpa per questo”. Il mio è chiaramente uno sfogo, anche se non sembra sortire alcun effetto o reazione in Hiwatari. Probabilmente mi ascolta, ma non mi degna della sua attenzione come vorrei. “E non riuscivo a spiegarmi perché, invece tu sia rimasto lì a non fare nulla! Ma credo fossi anche tu sconvolto e non volevo dire che tu volevi che morisse. Ma…insomma, era tuo nonno, è normale che avessi paura o…”.
“Odiavo quel vecchio”.
Quella frase, pronunciata in modo così inaspettatamente freddo e tagliente dalla voce priva di intonazione di Kai, riesce a spiazzarmi in due e a impedirmi di proseguire. Spalanco gli occhi e lo osservo allibita, mentre lui continua a guardare assorto lo stesso punto di sempre.
“Ho desiderato per anni che morisse…” confessa, sempre atono, sotto il mio sguardo sconcertato. Ma che cosa sta dicendo?
“Ha sempre voluto controllare la mia vita e ha cercato in tutti i modi di complicarmela, rinfacciandomi sempre il suo denaro e la sua eredità…”. Sembra parlare più con se stesso che con me. Ha tutta l’aria di essere un monologo interiore. E io sono talmente scioccata da quello che sto sentendo, da non riuscire nemmeno a inserirmi nel discorso. Perciò mi limito a rimanere qui, ferma, ad ascoltare.
“Quando ha iniziato a sentirsi male…credevo stesse fingendo. A volte lo faceva, solo per il puro gusto di farmi sentire in colpa. Ho aspettato fino alla fine, forse sperando che fosse tutta una finta…Ma così non è stato”. Ora i suoi occhi si alzano verso il cielo e vedo la sua mascella indurirsi con rabbia.
“…Non credevo fosse davvero la sua fine” rivela in un sussurro sofferto, talmente sofferto da sentirmi in dovere di intervenire. Poggio delicatamente una mano sulla sua gamba e questo contatto inaspettato gli provoca un fremito che lo costringe a volgere sorpreso il suo sguardo su di me.
Nel momento in cui i suoi occhi ametista incontrano i miei, che si sforzano di non piangere, mi viene la pelle d’oca. Sento le gote prendere fuoco e una voglia matta di scoppiare a piangere.











***











Anya sembra distrutta da tutta questa faccenda. Più di ogni altro. Più di me, che dovrei essere convolto in prima persona. In fondo, ha visto morire un uomo davanti a sé.
Vedo il suo viso contorcersi per sforzarsi di non piangere e devo ammettere che riesce a farmi provare un misto fra la tenerezza e la colpa, la colpa per averla coinvolta in tutta questa storia.
Sembra tanto impaurita.
Potrei stringerle la mano che ha adagiato sulla mia gamba, giusto per sentire quanto stia tremando, o per trovare una sorta di conforto, ma qualcosa mi impedisce di farlo. Rimango rigido nella mia posizione a osservarla di sbieco, con le sue guance arrossate e gli occhi lacrimanti.
 “Lo hai scritto tu il discorso, vero?” dico, prendendola alla sprovvista, talmente tanto da osservarmi perplessa.
“Come hai fatto a capirlo?” domanda, con voce sopraffatta dai singhiozzi.
“Non c’erano errori di sintassi, Yuri li avrebbe fatti” le spiego, guardandola di sottecchi, visibilmente divertito, fatto che la fa arrossire notevolmente.
Sarizawa, sei sempre così emotiva…
“Quindi…” dico, cambiando tono e schiarendomi la voce. “Non mi hai ancora detto cos’è successo con Boris” domando ancora una volta beffardo.
Queste parole sembrano colpirla profondamente, dato il modo orribile in cui mi sta guardando.
“Ti ho detto…che non è successo niente, Hiwatari!” ribadisce in tono urtato, talmente tanto da colpirmi con quella stessa mano che prima poggiava sulla mia gamba. “E poi, non capisco che cosa te ne può fregare!” esclama, incrociando le braccia al petto e guardando dall’altra parte con fare risentito.
“Niente…” spiego, leggermente divertito. “Volevo solo farti smettere di piangere” aggiungo, alzandomi stancamente. “Tutte quelle lacrime, mi irritano…” concludo sarcastico, sotto il suo sguardo minaccioso.
“Tu parli di cose irritanti? Sul serio, Kai?” dice con un’espressione visibilmente allibita.
Eccola ritornare la solita Anya di sempre, quella che mi detesta e non perde occasione per punzecchiarmi.






















“Cosa farai adesso?”.
“Cosa intendi?”.
“Ora che tuo nonno non c’è più dovrai prendere il suo posto?”.
La domanda di Yuri mi mette di fronte alla realtà. Per un attimo mi ero dimenticato dell’azienda e della famosa eredità che mi ha lasciato il vecchio.
Diavolo, anche da morto mi causa problemi.
Dopo il funerale, ho proposto a Yuri di accompagnarlo io stesso a casa e una volta arrivati a destinazione, non so perché, ma ho spento il motore e siamo rimasti rinchiusi qui in silenzio a fissare il vuoto.
“Non lo so, sono ancora confuso” rivelo in un soffio. “Credo che per una volta ascolterò il suo consiglio e mi farò aiutare. Da solo…non saprei da dove iniziare” confesso sospirando stancamente.
“C’è qualcuno di cui puoi fidarti, lì dentro?” chiede preoccupato Yuri.
“Beh, sì…qualcuno c’è. Ma devo comunque mettere le mani sul testamento prima che possa succedere qualcosa. Non sto molto simpatico ad alcuni…”.
“Capisco” si limita a dire Yuri, pensieroso.
“Sai, adesso so cosa si prova ad essere veramente orfano…non che il vecchio mi abbia mai fatto sentire parte della famiglia, ma…sapere di non avere più nessuno…è strano. Sono, praticamente, l’ultimo degli Hiwatari…” dichiaro con un sorriso amaro dipinto sulle labbra.
“Non sei l’ultimo degli Hiwatari” sento dire a Yuri, che proferisce queste parole divertito, cosa che mi porta a fissarlo accigliato. “Ti ricordo che hai messo al mondo una bambina che porta il tuo nome…”.
È vero.
“Hai messo al mondo una Hiwatari”.
Ho una figlia, sangue del mio sangue.
“Puoi creare la tua di famiglia, Kai. La tua famiglia adesso è Hope. E perché no, anche Anya in un certo senso...”.
Anya?
“E se vuoi, puoi includere anche me, Hilary, i bambini e anche Boris!” aggiunge divertito.
“Hai già detto bambini, non c’era bisogno di citare pure Boris…” ironizzo a mia volta.
“è vero” ammette ridendosela. “Comunque…hai capito cosa voglio dirti: puoi creare la tua famiglia, hai tutto il tempo per farlo” torna a ribadire, poggiandomi una mano sulla spalla apprensivo, prima di salutarmi, scendere dall’auto e andare via, mentre le sue parole continuano a far eco nella mia mente.
Puoi creare la tua famiglia…
La tua famiglia adesso è Hope…
Sei ancora in tempo…


































Ciaooo ^o^
Avete con voi i fazzoletti?
Che capitolo struggente AHAH
Non è da me, lo so, ma mi è piaciuto scriverlo. Non so che effetti vi faccia il risultato finale, ma sappiate ce l’ho messa tutta per renderlo decente.
Non so, fatemi sapere.
Il nonno ci ha lasciati. Non è durato molto a lungo, poverino. Insomma, cattivello, però una fine troppo tragica.
Ho voluto far reagire Kai in questo modo. Insomma, facendolo rimanere nella sua tipica freddezza anche di fronte a un evento così tragico. Quella che ha sofferto di più è Anya e avrà visto il nonno due volte nella vita ahahahha
Insomma, ho voluto fare questo contrasto di emozioni: da un lato il freddo e cinico Hiwatari e dall’altro, la piagnucolona Anya.
 E poi ho voluto creare questi strani discorsi tra di loro, così per avvicinarli un po’, in un certo senso. Sono stata combattuta fino alla fine se far stringere a Kai la mano di Anya, giusto per creare un contatto, ma ho voluto evitare.
Almeno per ora.
Però ho messo questo pensiero nella testa di Hiwatari, che ha ammesso di voler stringergli la mano XDD
Mi sento nell’800 quando gli uomini si emozionavano guardando le caviglie scoperte delle signore in gonnella ahahahah
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Dal prossimo capitolo le cose potrebbero cambiare, ma non vi spoilero nulla u.u
Ho inserito alcune frasi di una canzone che ho recentemente scoperto Paralyzed di nf (non so chi sia, ma vabé), le parole mi sembravano adatte al contesto.
Ringrazio voi che leggete e che recensite!
Al prossimo aggiornamento!

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Capitolo 54
*** Non c'è due senza quattro! ***

































 “Adesso che tuo nonno, insomma…non c’è più, hai ancora intenzione di finire il corso per il diploma?”.
La voce di Anya interrompe il flusso dei miei pensieri e costringe gli occhi stanchi a staccarsi dalla pagina di questo libro, che tento di leggere da alcuni minuti ormai, senza capirne il significato.
Perché ogni volta che mi rivolge la parola sembra terrorizzata?
“Sì…” rispondo sospirando stancamente. “Una delle clausole del testamento mi obbliga a proseguire gli studi se voglio dirigere quell’azienda” spiego in tono piatto, riportando gli occhi sul libro.
In questi giorni ho passato molto tempo insieme agli avvocati del vecchio, per discutere del testamento e del mio futuro. Come pensavo, Soichiro non ha lasciato nulla al caso e, quasi sapesse della sua morte imminente, ha aggiunto alcune modifiche proprio all’ultimo minuto. Una di queste mi vieta di accedere all’eredità completa prima del compimento dei 35 anni. Inoltre, ha prescritto che per diventare unico e solo direttore dell’azienda, ossia diventare ciò che era lui, devo perfezionare la mia formazione prendendo un diploma, una laurea in economia aziendale, nonché diversi master in direzione e gestione d’impresa.
Insomma, nonostante il vecchio non ci sia più, l’incubo continua.
Da quando ha lasciato questo mondo, faccio fatica a chiudere occhio. Le poche ore di sonno che mi concedo vengono tormentate dall’immagine di lui a terra privo di vita, o peggio, di lui ancora vivo che mi scaglia addosso una serie di insulti. Non so quale dei due sogni sia peggiore.
Perché continuo a sognarlo?
Probabilmente alcuni risponderanno ‘beh…era tuo nonno, un tuo parente, una persona a te cara, che hai visto morire davanti agli occhi. È normale che tu stia soffrendo e che la tua mente produca queste immagini.
Insomma, sì, mi dispiace che sia morto, e in quel modo, ma…la cosa non mi tocca più di tanto. Perché dovrei essere ipocrita e dire che gli volevo bene o che mi manca e ne sto soffrendo, quando in realtà non è così?
L’unica cosa che mi dispiace è che sia morto proprio adesso, lasciandomi in eredità un’azienda in piena crisi finanziaria.
Se Anya, che adesso studia qui accanto a me, nel mio salotto,  potesse sentire quello che sto pensando, rimarrebbe sconvolta da tanta freddezza e strafottenza.
È stata proprio lei a definirmi fino a qualche sera fa ‘un freddo e cinico calcolatore’.
Sarò pure freddo e cinico, come dice lei, ma non sono un ipocrita. Non posso fingere che una cosa m’importa solo perché gli altri si aspettano che sia così.
E quella stessa sera, Anya mi ha posto una strana domanda: c’è qualcuno di cui ti importa, a parte di te stesso?
Ed ecco che agli appellativi freddo e cinico, si aggiunge, ora, anche quello di egoista.
Freddo, cinico ed egoista.
In una parola: Io.
Ho sempre messo al primo posto me stesso, lo ammetto. Tutto ciò che ho fatto, l’ho sempre fatto per il mio tornaconto, anche quando non sembrava essere così.
Ho sposato Eva, è vero, ma ancora oggi mi chiedo: perché l’ho fatto? Quale motivo oscuro mi ha spinto a chiederle di sposarmi? Di sicuro non è stato per amore, di questo ne sono certo. Credo che la ragione fosse perché avevamo litigato e lei non voleva tornare a casa. Volevo averla vinta? Probabilmente sì. O, forse, come mi ha suggerito Yuri, ho voluto questo matrimonio solo perché mi avrebbe permesso di avere dei vantaggi sull’affidamento di Hope? Sì. Potrebbe essere una spiegazione plausibile.
Poi ho annullato la pratica per l’affidamento, ma non l’ho fatto per fare un favore ad Anya, questo no. Ho cambiato idea solo perché avevo scoperto che Kon era ormai fuori gioco e che non avrebbe portato via mia figlia. Avevo vinto, Anya e la bambina sarebbero rimaste qui, che senso aveva togliergliela ormai?
Voglio sempre vincere e ottenere quello che voglio, anche se questo comporta far soffrire le persone. Non m’importa di quello che pensano. Non m’importa se ferisco i loro sentimenti.
Gli unici a sapere come sono fatto realmente sono Yuri e Boris. Loro non mi hanno mai criticato o fatto notare che stavo sbagliando. Beh, forse Ivanov ci ha provato, ma si è spesso arreso di fronte alla mia testardaggine, limitandosi a commentare dal di fuori, senza mai essere troppo invasivo.
Il suo stile è: “Va bene, Kai, fai come vuoi, ma sappi che questa tua scelta comporterà questo, mentre quell’altra scelta comporterà qualcos’altro. A te l’ardua scelta!”. Questo è il modo di agire di Yuri Ivanov.
Lui, a differenza mia (e anche di Boris) si è sempre preoccupato delle conseguenze delle sue azioni e il modo in cui queste si ripercuotono sui sentimenti delle persone. Lo dimostra il fatto che abbia rinunciato ad entrare in una delle più prestigiose scuole di medicina del Giappone, perché questa scelta lo avrebbe portato lontano da Hilary. Chi avrebbe fatto lo stesso? Chi avrebbe rinunciato alla propria ambizione per rimanere accanto ad una ragazza conosciuta da poco a scuola?
Non io, sicuramente.
Io che me ne sono andato dopo avere appreso la notizia di aver messo incinta una ragazza, perché non volevo assumermi una tale responsabilità e non m’importava.
La verità è che ha ragione Anya: non mi è mai importato di niente e di nessuno, a parte di me stesso.
E adesso mi chiedo: Cos’è importante per me? O meglio, chi reputo veramente importante nella mia vita?
Il fatto di perdere l’unico parente mi ha messo di fronte a questo grande interrogativo. Chi è ora la mia famiglia?
Secondo Yuri, adesso, la mia famiglia è Hope.
M’importa di lei? Di mia figlia?
Credo di sì.
È vero che inizialmente ho voluto avvicinarla a me solo per tenerla lontano da Kon, ma, da qualche tempo a questa parte, sento che qualcosa è cambiato e anche se Anya fa fatica a crederlo, di Hope m’importa. Sì, certo che m’importa! o non mi sarei messo in ridicolo davanti a tutti con un costume da albero!
Il mio rapporto con lei è cambiato e lo dimostra il fatto che abbia iniziato a chiamarmi papà, senza che nessuno le abbia spiegato come stanno le cose. Ciò vuol dire che ho fatto qualcosa di buono per meritarmi una tale considerazione da parte di una bambina di appena cinque anni che, fino a poco fa pensava, che suo padre fosse quel cinese.
Sta iniziando a vedere in me una figura paterna e ne sono fiero. Io, invece, sto iniziando a vedere in lei qualcuno a cui dedicare le mie attenzioni; attenzioni che, lo ammetto, non ho mai dedicato a nessuno, nemmeno ad Eva.
L’unico momento in cui le sono stato più vicino è stato quando ho scoperto che era incinta e, ammetto anche, di esserci rimasto di sasso quando la sua gravidanza si era rivelata una menzogna, perché avevo visto in quel futuro bambino una nuova opportunità, l’opportunità di rimediare al precedente errore.
“Io ho finito, tu?”.
Di nuovo la voce di Anya mi riporta alla realtà e di nuovo alzo gli occhi da questo libro di cui non ho captato nessuna parola o significato.
“Sì…” sussurro perso nei miei pensieri, fissando assorto un punto ignoto del tavolo.
Ripensandoci, cosa sarebbe cambiato?
Insomma, se invece di scappare, fossi rimasto, le cose sarebbero state più facili?
Probabilmente no.
Anzi, assolutamente no, dal momento che tra me e Anya c’è sempre stato un rapporto molto strano, che non saprei definire con certezza.
No, non sarebbe andata meglio, ne sono sicuro…
E poi a cosa serve pensare a come sarebbero potute andare le cose?
Non ha senso.















***









Oggi è una bellissima giornata.
Con un vassoio vuoto in mano, mi soffermo a fissare il cielo attraverso una vetrina della caffetteria.
Mi piacerebbe uscire a fare una passeggiata insieme ad Hope. Potremmo andare al parco e mangiare un gelato, e invece no: Hope è all’asilo ed io devo lavorare.
Da quando ho deciso di studiare insieme a Kai per prendere il diploma, non ho più tempo da dedicare all’ozio. È sempre tutta una corsa tra lavoro e studio, studio e lavoro.
Sbuffo sonoramente e porto indietro la testa, dirigendomi a passi pesanti al bancone, dove Dana mi fissa stranita, mentre mi affloscio goffamente su uno dei sgabelli.
“Che ti prende?”.
“Sono stanca” borbotto, adagiando la fronte sulla fredda superficie del bancone in marmo.
“Beh, fatti passare le stanchezza. Sono ancora le dieci del mattino” mi ricorda saggiamente.
Fantastico. Lavoro da due ore ma mi sembra essere passata un’eternità.
Mi ridesto dal mio stato catatonico solo quando, dopo l’apertura della porta principale, alle mie orecchie arriva il sonoro “Buongiorno donzelle” di Boris.
Non è da solo.
“Ciao Yuri!” lo saluto, piacevolmente colpita dalla sua presenza.
“Ciao, Anya!”.
“Che sorpresa, come mai da queste parti?”.
“Ero venuto a far controllare l’auto a Boris e mi ha detto che qui fate un caffè ottimo!”.
“E’ vero!” confermo beffardamente “E poi Boris è uno dei nostri clienti più affezionati!” aggiungo, rivolgendo al diretto interessato un sorriso complice.
“Parla per te!” ci tiene a precisare Dana, in tono irritato, prima di sparire in cucina.
“Ok…ehm, uno dei miei clienti più affezionati!” mi correggo prontamente, beandomi della smorfia contrariata di Huznestov e dell’espressione interrogativa di Yuri, ignaro dei diverbi tra quei due.
“Allora, come sta Hilary? E i gemelli?” chiedo al nuovo arrivato, mentre mi sposto nella parte opposta del bancone per preparare due caffè.










***









Il comportamento di quella cameriera nei confronti di Boris mi fa pensare che lo detesti profondamente. E anche se lui ha cercato di rassicurarmi sottovoce, dicendomi che lei si comporta così solo perché in realtà lo adora, beh, non ne sono così convinto! Conosco Boris e il suo rapporto con le donne.
 “Allora, come sta Hilary? E i gemelli?”.
“Stanno bene” rispondo prontamente, nonostante suoni come una risposta meccanica di circostanza.
“Sei sicuro che vada tutto bene?” domanda per la seconda volta, e stavolta scandendo lentamente ogni singola parola, come a voler darmi il tempo di pensare ad una risposta più elaborata.
“Beh…” inizio a dire, mescolando il caffè appena servitomi. “Sento che sto per impazzire!” rivelo in tono disperato.
“Cos’è successo?” domanda preoccupata.
“Non fraintendermi!” ci tengo a puntualizzare parando due mani avanti “io amo Hilary e i bambini, ma sento che non ce la faccio a far coincidere tutto”. La sua espressione interrogativa mi costringe ad essere più chiaro. “Sì, insomma…il lavoro e i turni in ospedale sono stressanti, i bambini piangono dalla mattina alla sera, Hilary non vuole abbandonarli nemmeno mezzo secondo, a volte litighiamo per stupidaggini! E in tutto questo, io devo far coincidere lo studio per la specializzazione!” spiego in tono disperato. Nei secondi che susseguono, cala un silenzio quasi sgradevole, durante il quale osservo quei due scambiarsi un’occhiata sbigottita.
“E’ normale, Yuri! Non devi giustificarti, ci sono passata anch’io quando Hope era piccola. Io e…”. Fa una lunga pausa prima di dire la parola successiva “…e Rei abbiamo passato quasi la stessa cosa. Dico quasi perché avevamo una sola figlia e non due, quindi immagino che con dei gemelli la situazione si complichi il doppio”.
“Puoi dirlo forte! Ripeto…io li adoro e tutto il resto, ma…vorrei un po’ di pace, tutto qui!” dichiaro con aria colpevole. È da egoisti volere un po’ di tempo per se stessi? E poi… “Venerdì sarà il nostro anniversario di matrimonio” annuncio in un sorriso amareggiato. “Mi sarebbe piaciuto organizzare qualcosa per Hilary, ma non credo sia possibile” concludo con aria dispiaciuta.
“Beh, potreste aspettare che i gemelli si addormentino, chiudervi in stanza a darci dentro!”. Boris, che finora non aveva aperto bocca, decide di intromettersi nel discorso dicendo, come sempre, qualcosa di inopportuno. E lo sguardo minaccioso che gli sto riservando, sostenuto da quello di Anya, gli sta intimando di star zitto.
“Potresti chiedere alla mamma di Hilary di tenere i gemelli per una sera”. Anya, dal canto suo, prova a dire qualcosa di più sensato e opportuno, ma mi vedo costretto a contraddire anche lei.
“Sua madre ha già la nonna a cui badare, è da tempo che non la vediamo”.
“Capisco…” sussurra abbassando lo sguardo con aria cupa. Ma ecco che un’istante dopo esclama “Ci sono! Bado io ai gemelli!” con una luce viva negli occhi.
“Davvero?” chiedo sorpreso e perplesso.
“Sì! Tu organizza pure una serata insieme a tua moglie, ci penso io ai gemelli!” ribadisce con più convinzione, nonostante io la osservi incredulo.
“Ne sei sicura? Insomma, sono due bambini e tu hai già Hope a cui badare” le ricordo.
“Non devi preoccuparti di questo! Hope starà da Kai e anche se sono due, mi farò in quattro per loro, che cosa sarà mai badare a due gemelli per una sera?” conclude con aria stizzita.
Sono sorpreso lo ammetto. La soluzione era davanti ai miei occhi per tutto questo tempo e non ci ho fatto minimamente caso.
“Grazie, Anya”.
“Forza, avvisa Hilary e dille che venerdì sera farete una bella cenetta romantica al lume di candela!” annuncia entusiasta.
Beh sì, dovrò convincere Hilary ad abbandonare i gemelli per una sera, ma penso che se sarà Anya a stare con loro, starà più tranquilla e si godrà la serata.
“Io starei attento al dopo cena! Stavolta usa le dovute precauzioni o potrebbero venirne al mondo altri due!”.
Boris apre di nuovo la sua boccaccia e, di nuovo, i nostri sguardi minacciosi sono rivolti in sua direzione.












***









Arriva il venerdì sera e come stabilito, raggiungo casa Ivanov per fare da babysitter ai gemelli e consentire ai loro genitori di festeggiare l’anniversario di matrimonio.
“Anya, mi raccomando: se dovesse succedere qualcosa o hai bisogno di aiuto non esitare a chiamarci!” mi avverte Hilary per la millesima volta.
“Tranquilla, Hila! Goditi la tua serata!”.
Yuri mi supplica con lo sguardo. Da dieci minuti prova a convincere sua moglie a mettere la giacca ed uscire.
“Forza, andiamo Hilary!”. Ecco che decide di intervenire e prendere la sua consorte per le spalle, spingendola verso l’uscio di casa.
“Ricorda, per il latte devi…”.
“Aggiungere due misurini e mezzo, sì lo so…ciao” ripeto per l’ennesima volta, agitando la manina in segno di saluto.
Poi la porta si chiude e io rimango qui in piedi a fissarla un po’ preoccupata.
Ok…devo solo badare a due bambini. Anya, puoi farcela!









***












Odio studiare e odio fare i compiti. Per questo ho chiesto aiuto ad Anya, per rendermi la vita più facile. E anche se si è vista costretta ad assistermi sulla base di un accordo, si è, più o meno, offerta di farlo senza lamentarsi e, grazie a lei, i miei esami sono andati, finora, piuttosto bene. Tuttavia, la signorina oggi mi ha piantato in asso perché aveva altre cose da fare e io mi sono ritrovato da solo alle prese con una relazione di scienze sull’estinzione di alcune specie animali.
Ho provato a scriverla, scopiazzando da internet, ma rileggendo ciò che ho scritto, sento che c’è qualcosa che non va, che non torna. Il tema non sembra avere un inizio, una fine e nemmeno un senso logico.
Scommetto che lei lo ha già concluso e che sarà migliore del mio.
Scendo dall’auto e mi dirigo verso la porta principale di casa Ivanov: so che è qui a fare da babysitter ai marmocchi e, anche se mi dirà che non ha tempo da perdere, la costringerò a correggermi questa schifezza che ho scritto.
Il mio dito sta per suonare, ma una voce alle mie spalle mi costringe a voltarmi.
“Che cosa ci fai tu qui?”.
È Boris.
“Potrei farti la stessa domanda…” chiedo a mia volta, fissandolo con aria investigativa.
Sul serio: che ci fa qui?
“Sono venuto a vedere come se la cava Anya con i bambini!” rivela tranquillamente, stringendosi nelle spalle.
“E da quando ti interessi dei bambini?” domando accigliandomi.
“Da quando tu e Yuri avete deciso di ripopolare il pianeta, riproducendovi!” asserisce pungente. “Tu, invece, sei qui per la babysitter?” aggiunge poi, con una nota maliziosa nel tono, che, però, decido di ignorare.







***









Nel momento esatto in cui i due gemelli hanno capito che la madre non era più in casa e che a badare a loro ci sarei stata io, hanno iniziato a urlare, piangere e dimenarsi all’interno dei loro rispettivi seggiolini, posti al centro della cucina. Ho provato di tutto per farli calmare, dalle canzoncine ai balletti. All’inizio sembravano funzionare, ma poi hanno deciso di dar sfogo alla loro frustrazione urlando come forsennati.
Adesso capisco perché Yuri si sente così esaurito!
Se non c’è Hilary, questi due bambini paffutelli dai capelli rossi non si danno pace.
La mamma è pur sempre la mamma…
Ma ecco che, all’improvviso, accade qualcosa che li fa zittire all’istante e che, a dire la verità, lascia, per un attimo, interdetta anche me: il suono del campanello.
E adesso chi è?
Non sarà mica tornata mamma chioccia preoccupata per i suoi cuccioli, spero!
Senza rendermene conto, e forse anche stupidamente, raccomando ai bambini di non muoversi e stare tranquilli. Dopodiché, mi avvio a passi lenti e scanditi verso la porta principale, che apro immediatamente, convinta di trovarvi Hilary e Yuri.
 “Che cosa ci fate voi due qui?” esordisco stranita alla vista di due persone che non mi sarei aspettata di vedere.
“Siamo venuti ad aiutarti con i bambini!” annuncia beffardamente Boris, facendosi spazio per entrare, mentre l’altro, Kai, alza gli occhi al cielo, seguendolo a ruota.
“Prego, accomodatevi pure!” e con un gesto faccio finta di invitarli ad entrare, anche se loro sono già spariti in cucina, sorvolando le buone maniere.
Ci mancavano solo loro…














***









Senza badare ad Anya, ci siamo introdotti in casa Ivanov e, dimenticando il motivo per cui sono venuto, ovvero parlare con lei, ho seguito Boris fino in cucina. Una volta arrivati, abbiamo trovato al centro della stanza due buffi seggiolini con all’interno i due marmocchi Ivanov.
Cavoli, sono uguali: se non sbaglio, uno dovrebbe essere maschio e l’altra femmina.
Ci fissano come se avessero visto dei fantasmi.
“Cazzo, sono identici a Yuri!” esclama Boris, osservandoli imbambolato.
“Ehm…ehm” un finto colpo di tosse alle nostre spalle ci costringe a voltarci e, solo in quel momento, mi ricordo del motivo per cui sono venuto qui stasera. Non certo per vedere i bambini… “Cosa volete?” ci chiede lei, giustamente.
“Io sono venuto a curiosare!” confessa apertamente Boris, afferrando una sedia per sedersi vicino ai gemelli e provare a farli reagire.
Lo osservano terrorizzati.
“E tu?” domanda a me, stingendo gli occhi sospettosi.
 “Devi controllare questa relazione” spiego in fretta, sventolandogli dei fogli sotto al naso.
“Che relazione?” sento dire a Boris, impegnato ad agitare uno stupido giocattolo rumoroso davanti agli occhi di un bambino.
“Come vedi sono impegnata!” mi fa notare Anya, puntando il dito in direzione dei gemelli.
“Ti ci vorrà un attimo!”.
“No, Kai! Ti avevo detto di scriverla da solo perché non avevo tempo!” ribatte duramente.
“E ci ho provato, ma devi solo controllare che abbia senso e che non ci siano troppi errori” insisto, porgendole i fogli che lei si rifiuta di afferrare.
Boris si avvicina, fissandoci con un sopracciglio alzato.
“Devo consegnarla domani, se non va bene, devo riscriverla stanotte!” lamento in tono scocciato.
“Consegnare cosa?”. Boris continua a intromettersi senza successo nella conversazione.
“Kai, ho da fare adesso!”. Anya non sembra voler cedere.
“Ma tu l’hai già scritta! Cosa ti costa?”. Io non voglio demordere.
“Scritto cosa?”. Boris e la sua insolenza stanno per ricevere un pugno.
“Non lo farò!” dichiara Anya in tono categorico.
“Fare cosa?”.
“Affari che non ti riguardano!” sbotto rabbioso rivolgendomi a Boris, per intimargli di non immischiarsi.
“Io e Kai stiamo prendendo il diploma!”. Ma Anya, diversamente da me, decide di rivelargli tutto.
“Cooosa?!” esclama in una specie di stridulo contenuto. “Sul serio? E perché?”.
“Perché non ce l’abbiamo, idiota!” e lo colpisco in testa col rotolo di fogli che tengo in mano.
“E quindi voi due studiate insieme?”. Il suo tono è stranito e divertito allo stesso tempo.
“Sì” gli conferma Anya.
“Ohoh! Ma…studiate sul serio? ooo…studiate come facevate a scuola? Sentivo i rumori che provenivano dalla tua stanza e non erano certo di due persone che stavano studiando” se la ride, con aria da gradasso. Ma il suo divertimento finisce immediatamente, quando il mio sguardo minaccioso si posa su di lui. “Ok…ok! Questa potevo pure risparmiarmela!” ammette, alzando le mani in segno di difesa. “Continuate pure!” conclude infine, congedandosi per tornare a infastidire i gemelli.
Quando sono ormai sicuro che l’elemento di disturbo si sia allontanato, prendo un profondo respiro e torno a guardare Anya, che cerca di contenere un’espressione di rabbia, mista probabilmente a imbarazzo.
“Allora?” torno a ribadire, tendendo quei fogli verso di lei.
Non risponde subito. Si prende qualche secondo di silenzio, durante il quale fissa accigliata quel rotolo di carta. Il suo petto si gonfia e sgonfia lentamente finché…
“E va bene!” annuncia scocciata, strappandomi il foglio dalle mani. “Ma voi due dovete tenere d’occhio i gemelli!”.








***










Quei due studiano assieme?
Questa sì che è bella!
Vedo Anya che strappa quei fogli dalla mano di Hiwatari e gli rivolge quella che, a giudicare dalla sua espressione furibonda, sembra una minaccia a cui Hiwatari reagisce con una smorfia di disgusto. Poi lei esce dalla cucina e lui si volta in mia direzione, fissandomi con aria particolarmente irritata.
“Allora? Ha ceduto?”.
“Sì…” si sforza di dire, afferrando una sedia.
“Sai, io avevo una tattica! Quando Yuri non voleva aiutarmi, facevo quei compiti in modo sbagliato di proposito. Poi, lo pregavo di controllarli per vedere se c’erano errori, ma era evidente che fossero un disastro! Così Yuri, per evitare di farmi prendere un brutto voto, si impietosiva e mi rifaceva lui i compiti da capo!”.
Oh sì, quella tattica funzionava sempre! Yuri ci cascava puntualmente: la sua mania di perfezionismo è sempre stato il suo punto debole.
“Cosa credi che stia facendo adesso? Non mi sono mica impegnato per scrivere quella relazione!” confessa Kai, cercando di sembrare disinvolto.
Wow.
Lo osservo a bocca aperta!
“Sei un grande!” mi congratulo a bassa voce, invitandolo a darmi il cinque.
Guardate che vi sento, idioti!”, ma una voce meccanica proveniente da un walky talky posto sul tavolo ci prende alla sprovvista.
“Cazzo, ma cos’è?”. Lo afferro e lo porto alla bocca. “Anya ti ricevo, passo! Qui è il sergente Huznestov che parla, rispondete!” aggiungo, ingrossando la voce, sotto lo sguardo allibito di Kai che si limita a alzare gli occhi al cielo e scuotere il capo in segno di disperazione. “Pronto! Sergente Sarizawa, qui è il tenente Huznestov e il sotto ufficiale Hiwatari a rapporto! Passo!”.








***









Sto cercando di concentrarmi, ma la voce di Boris che fuoriesce da quel walky talky è veramente fastidiosa!
Ultima chiamata per il sergente Sarizawa!
Stringo la penna che ho in mano e chiudo gli occhi. Poi mi alzo di scatto e a passi pesanti mi dirigo in cucina, dove trovo Boris che mi sorride tenendo quell’apparecchio vicino alla bocca. Ma non gli do il tempo di rispondere, perché con un gesto repentino, che evidentemente non si aspettava, glielo strappo dalle mani con violenza.
“Ve lo dico una volta e per tutte! Se dovete stare qui e se vuoi che io ti faccia quel tema…” e il mio dito punta sulla faccia impassibile di Hiwatari “dovete fare quello che vi dico! Tenete d’occhio questi bambini e smettetela di fare i bambini” e queste parole sono indirizzate per lo più a Boris, che preso di mira, si limita a far scoccare la lingua scocciato.
“Si stavano divertendo un mondo questi bambini, prima che arrivassi tu!”.
“Oh, sì, uno spasso” mormora acidamente Kai a bassa voce, beccandosi un’occhiata ostile dall’amico.
Stasera avrei dovuto badare a due bambini, non a quattro!








***





“Secondo te, come se la starà cavando Anya con i bambini?” domanda Hilary, cercando di non sembrare troppo preoccupata.
“Se la starà cavando benissimo, puoi stare tranquilla!” le dico, sorridendole sereno.
“Spero solo che non piangano tutto il tempo”.
Arriva un cameriere che ci versa del vino rosso nei calici.
“Hilary, stai tranquilla! Non dobbiamo parlare dei bambini tutto il tempo…” le dico in tono di supplica.
“Hai ragione. È la nostra serata e dobbiamo godercela fino in fondo!” annuncia sorridente, prendendo in mano il bicchiere e invitandomi a brindare!”.
Esatto.
Quando ci ricapiterà di passare una serata da soli?
So quanto le stia costando stare lontana dai bambini stasera, ma deve capire che non le fa bene essere così ossessiva. Anch’io mi preoccupo per i miei figli, ma lei ha una sorta di fissazione quasi maniacale nei loro confronti. L’altra sera l’ho beccata mentre cercava di assicurarsi che i bambini stessero respirando mentre dormivano.
Mi sembra che stia un po’ esagerando, a dire la verità.
Non capisce che non può tenerli sotto osservazione ventiquattro ore su ventiquattro! Prenderli in braccio ogni volta che piangono o stanno per piangere, non gli giova affatto, anzi! In questo modo li vizierà e capiranno che solo piangendo otterranno ciò che vogliono.
Non dico che è una cattiva madre, questo mai. Dico solo che dovrebbe essere un po’ meno apprensiva, o per lo meno, non esserlo a livelli maniacali.
Anche se sta cercando in tutti i modi di dimostrarsi tranquilla, so che in questo momento il suo pensiero è rivolto ai gemelli.
Non nascondo che anch’io ci sto pensando! Insomma, abbiamo lasciato ad Anya due bambini…










***









“Come diavolo si spengono questi bambini?” lamenta Boris, irrompendo nella stanza in cui mi trovo.
“Devi prenderli in braccio, in genere funziona!” gli spiego irritata, quasi fosse la cosa da fare più naturale del mondo. Ma dimentico con chi ho a che fare.
“Io non li prendo quei cosi!” asserisce categorico. “E non sembra intenzionato nemmeno Kai!” ci tiene a precisare, costringendomi a prendere in mano la situazione.
Va bene, tanto ho già finito di scrivere.
E così mi alzo e mi avvio in cucina, dove trovo i due gemelli che urlano e sbattono oggetti sul seggiolino o li portano alla bocca.
Credo che abbiano fame.
“Dobbiamo preparare il latte, hanno fame!” comunico ai qui presenti babysitter falliti.
“Dobbiamo?” ripete perplesso Boris.
“Mi ricordate perché voi due siete ancora qui?”.
Ma cosa si sono messi in testa?
“Io ero venuto per curiosare e lui, beh, per il suo tema”.
“Se il mio tema è pronto, tolgo il disturbo, anzi, togliamo il disturbo!” comunica Hiwatari, alzando le sue chiappe regali dalla sedia.
“Oh no! No, no, Hiwatari! Non funziona così! Il tuo tema è pronto, ma visto che sei venuti qui a infastidirmi, non l’avrai finché non mi avrai aiutato a dare il latte a questi bambini!” gli comunico ufficialmente, sotto il suo sguardo contorto.
“Io non allatto bambini!”.
“Se vuoi il tuo tema, dovrai farlo! Mi serve un aiuto. Non posso allattarli contemporaneamente. Ho solo due braccia” faccio notare al diretto interessato. “Quindi, Boris, tu sei congedato e tu, Hiwatari, no, rimani qui!” sentenzio categorica, ignorando la smorfia di disapprovazione.
“Oh, no! Io rimango qui. Devo vedere con i miei occhi Kai mentre allatta un bebè!”  annuncia divertito Boris, sfregandosi le mani.
“Bene, allora alletterete un bambino per uno!” concludo infine, dirigendomi ai fornelli per preparare il latte.









“Devi controllare che la temperatura del latte sia giusta!” spiego, consegnando i biberon ai qui presenti omoni scorbutici.
“E come si fa? Dovrei berlo?” domanda stupidamente Boris, prendendo in mano l’oggetto in questione.
“No, idiota! Si fa così!” e vedo Kai spruzzare un po’ di latte in faccia a Boris, prendendolo in un occhio.
“Ahia, cazzo! Che schifo Kai!”. Ed ecco che Huznestov si prepara al contrattacco, puntando il biberon in faccia all’amico.
“Ok, basta! Smettetela!” li rimprovero, tenendo a bada i loro biberon. “dovete mettere una goccia di latte sul dorso della mano, così!” e senza dar loro il tempo di replicare, afferro la mano di Kai e lo incito a fare ciò che ho detto, nonostante mi stia riservando un’occhiata di quelle sue antipatiche.
“Che schifo…” gli sento mormorare disgustato, mentre porta il biberon alla mano.
E Boris, con fare perplesso, esegue la medesima azione, facendo cadere, però, più latte del dovuto.
“Allora?”.
“Sembra tiepido” risponde Kai, osservando schifato la goccia di latte che scorre lungo il dorso della sua mano.
“Perfetto, allora eccoti il piccolo Alexander”. Prendo il bambino e lo consegno a Kai, che, lo afferra quasi fosse un sacco di patate. “E a te consegno Hiromi!”. Anche Boris si irrigidisce nel prendere la bambina tra le braccia.
“Perché stiamo facendo una cosa simile?” commenta tra sé e sé, sistemandosi meglio la piccola in braccio. “Wow, lo ha preso subito” esclama meravigliato, nel vedere che Hiromi ha subito iniziato a poppare dal biberon.
Kai rimane per un attimo scettico e incerto sul da farsi e mi vedo costretta a intervenire.
“Devi portarlo alla bocca e lui farà il resto! Ma sta attento a tenerlo nella giusta inclinazione o soffocherà!” e al suono della parola soffocamento, mi guarda allarmato. Ma nonostante ciò, riesce comunque nell’impresa: anche il piccolo Alexander sta bevendo il suo latte.
“Visto? Non è difficile!”. Ma la sua faccia suggerisce il contrario.
Kai è completamente immobile e non si muove di un millimetro. I suoi occhi sono fissi sul bambino, quasi non credesse a ciò che sta facendo. Boris, invece, sembra più a suo agio adesso, infatti ha iniziato a camminare per la stanza.
 “Wow, è troppo fico!” esclama con aria stupefatta.
“Sì, troppo fico…” ripete con meno entusiasmo Kai.
Solo adesso mi rendo conto di quanto buffa sia questa scena: per la prima volta in vita mia sto assistendo ad uno spettacolo più unico che raro: Kai e Boris che allattano i figli di Yuri.
Devo assolutamente immortalare questo momento in una foto.
Mi avvicino furtivamente alla mia borsa e, sperando che quei due non se ne accorgano, afferro il cellulare e attivo la fotocamera, puntandola nella loro direzione.
Prima foto fatta.
Seconda foto fatta.
Ahaha!
È fantastico.
Quando Yuri le vedrà, non crederà ai suoi occhi!
“Anya, credo che abbia finito!” mi avverte Boris, alzando il biberon per controllare che ce ne sia ancora. “Hey, ma che fai? Delle foto?”.
“Ehm…giusto qualcuna!”.
“Voglio vederle! Ne hai fatta qualcuna a Kai??” domanda curioso. E in un attimo ci scambiamo ciò che teniamo in mano: lui mi consegna la bambina e io gli porgo il mio cellulare.




***








Che situazione assurda!
Mi ritrovo a fare da babysitter ai marmocchi di Ivanov insieme a quel testone di Boris, che sembra che ci abbia persino preso gusto! Ammetto che è strano vedere un uomo della sua stazza che tiene in braccio uno scricciolo di bambino. Beh, a dire la verità, devo sembrare ridicolo anch’io.
Non mi sento per niente a mio agio e ho paura di farlo cadere o farlo strozzare.
Per fortuna il latte sta per finire e mi toglierò questa responsabilità dalle mani.
Che hanno da ridere quei due?
“Hai fatto delle foto, non è vero, Sarizawa?” le chiedo in tono minaccioso.
“Qualcuna…” ammette, con finta aria colpevole.
“Sembri un pezzo di legno con in mano un bambino!” commenta ridendosela Boris.
“Beh, non è che tu fossi un bel vedere!” ribatto acidamente.
“Hey, un momento, cosa sono queste foto??” gli sento dire, mentre il suo dito scorre sul display. “Perché hai delle foto di Kai vestito in questo modo?” chiede rivolgendosi ad una Anya, che inizia a diventare rossa in viso e tenta di togliergli dalle mani lo smartphone.
Foto di Kai vestito in questo modo?
Ma di che parla?
“E tu? Perché sei vestita in questo modo???”.
“Boris, ridammi il telefono!”.
Anya cerca in tutti i modi di riappropriarsi del suo cellulare, ma Boris è talmente più alto da impedirle di arrivare all’oggetto.
“Oh MIO DIO, c’è persino un video!!” esclama sbalordito e divertito, scansando le mani di Sarizawa, che cercando invano di riavere ciò che è suo.
“Si può sapere di che foto e video sta parlando?”.
Non capisco.
“Dammelo subito!”. Ecco che strappa con forza il cellulare dalle mani di Huznestov, il quale mette il broncio come un bambino a cui hanno appena tolto le caramelle. “Non ti hanno insegnato che non si scorre il dito nella galleria di foto di un telefono che non ti appartiene!” lo rimprovera, severa.
“Perché hai delle mie foto nel telefono?” chiedo per la seconda volta.
“Sono le foto della recita!” confessa infine.
“Hai fatto delle foto??” domando sconcertato.
“Quale recita?” si intromette Boris.
“Non le ho fatte io! Le hanno inserite nel gruppo dei genitori in cui tu ti sei rifiutato categoricamente di entrare!”.
Sono allibito e credo che la mia espressione glielo stia comunicando.
Ci sono delle foto di me vestito da albero parlante del bosco che girano tra le chat??
Senza rendermene conto, affido il bambino a Boris, che, dal canto suo continua a fare domande per capire a quale recita Anya si stia riferendo.
Ci manca solo che lui scopra di questa recita ridicola e sarà la fine!
“Kai ha fatto una recita??”.
“Dammi quel telefono e cancella quelle foto!” la minaccio in tono autoritario.
“Non posso cancellarle, sono ricordi!”.
“Ricordi?? Non m’importa, nessuno deve vederle!” ribadisco in tono più severo.
“Io voglio vederle! Non cancellarle Anya!” suggerisce Boris, intromettendosi come sempre.
“Cancellale!”. È il mio ultimo avviso.
“Non farlo, Anya!” continua a insistere Huznestov. “Devo vederle!”.










***












Non ci sto capendo più niente! Mi ritrovo accerchiata da questi due idioti e non so a chi dar retta. Kai mi chiede di cancellare le foto, mentre Boris, con in braccio il piccolo Alexander, mi prega di non farlo.
“Sentite, il telefono è mio e decido io cosa fare! Le foto non verranno cancellate e tu non le vedrai!” asserisco col dito rivolto prima sull’uno e poi sull’altro.
“Posso almeno sapere di che recita si sta parlando?” domanda imperterrito Boris.
“Io e Kai abbiamo fatto una recita con altri genitori, lui era vestito da albero e io da ape, tutti qui!” rivelo di getto, evitando di guardare Kai, che mi starà lanciando un’occhiata fulminante delle sue.
Boris scoppia a ridere e insiste sul voler vedere le foto, nonostante io nascondi il cellulare stretto in mano dietro la schiena.
“Ti sei vestito da albero?? Ecco perché c’erano quelle foglie sulla tua maglietta!” dice in tono di sfottimento.
“Adesso basta! Allontanatevi da me!”. Alzo un braccio per creare uno spiraglio da cui poter uscire, ma qualcuno approfitta della situazione e mi sferra il cellulare dalle mani.
“Kai!”.
È stato lui, non posso crederci!.
“Questo lo tengo io” comunica, inserendo il mio smartphone nella tasca posteriore dei jeans. “E dopo cancelliamo quelle foto!” sentenzia infine, abbandonando la cucina, sotto lo sguardo costernato dei qui presenti.
“Poi me le fai vedere, giusto?”.
Decido di non rispondere a Boris, e in un gesto rapido strappo dalle sue braccia il piccolo Alexander per metterlo nel seggiolino accanto a sua sorella.









***











“Sai, avevi ragione! Avevamo bisogno di staccare la spina!” ammette in tono sereno Hilary, poggiando la testa sul mio torace.
“Dobbiamo ringraziare Anya!” e le scocco un bacio tra i capelli.
“Sai, mi aspettavo la cena, ma non una camera d’hotel dove passare il dopo cena!” afferma stupita.
“Beh, ho voluto organizzare le cose per bene!”.
Hilary alza la testa e mi osserva con i suoi occhi da cerbiatta attraverso la frangia spettinata.
“Stai pensando ai gemelli, vero?” le chiedo sorridendo e scostandole alcune ciocche dalla fronte.
“Sì…” confessa colpevole.
Lo sapevo, ma non mi dà fastidio, anzi. Mi diverte…
“Che hai da sorridere?” mi domanda curiosa.
“Niente, Tachibana!”. La invito a posare di nuovo la testa sul torace per bearmi di qualche altro minuto di pace, prima di rivestirci e abbandonare questa camera d’albergo.














***








 A passi lenti e quasi impercettibili abbandono la camera dei bambini e mi dirigo, fluttuando, in salotto.
“Si sono addormentati!” bisbiglio ai due ragazzi seduti sul divano.
“Wow, come hai fatto?” chiede Boris incredulo, mentre si scosta più in là per farmi accomodare al centro.
“Non lo so! Credo fossero stanchi di urlare!” spiego ancora sottovoce, per timore che il minimo rumore possa svegliarli e farli ricominciare a piangere.
“Ma dobbiamo parlare tutto il tempo a bassa voce?” mi prende in giro, bisbigliando in modo buffo.
“No!” rimbecco a tono più normale, colpendolo sul braccio. “Che cosa state guardando?” domando poi, osservando lo schermo della tv acceso.
“Uno strano film su combattimenti tra le montagne…” sintetizza annoiato.
Ok.
Sposto gli occhi alla mia destra, in direzione di Kai. I suoi occhi sono fissi sulla tv.
 “A proposito…” inizio a dire, fingendo di schiarirmi la voce per attirare la sua attenzione “Tu hai qualcosa di mio!” gli ricordo.
Kai mi lancia un’occhiata in tralice. “Vuoi dire il telefono che vibra sotto al mio sedere?”.
“Sono arrivati dei messaggi?? Ridammelo!”.
“No, Sarizawa! Anche tu hai qualcosa di mio, se non sbaglio!”.
Si riferisce alla relazione di scienze che ho nascosto nella mia tasca.
“Dammi il telefono e ti do la relazione, mi sembra uno scambio equo!” propongo, sperando che la questione si chiudi il prima possibile.
“Devi cancellare le foto…” mi ricorda.
“Tanto sai benissimo che le foto possono essere riscaricate dai gruppi! E poi Boris è sempre in caffetteria, potrei fargliele vedere comunque senza che tu lo venga a sapere…”.
“Ha ragione!” bisbiglia Boris, facendo capolino dalla sua postazione, dandomi man forte. Solo ora Kai si scomoda a voltarsi, ma lo fa solo per lanciare una delle sue occhiate più penetranti all’amico,  trattenendosi dall’insultarlo pesantemente.
“E va bene…” si arrende infine, estraendo da sotto al sedere il mio cellulare. “Tenete, divertitevi pure…” ci augura con aria offesa.
Wow, si è arreso!
Ho di nuovo il mio cellulare!
Non mi resta che dargli la relazione, come promesso.



















***









Nonostante io mi stia sforzando in tutti i modi di far finta di vedere questo film, le mie orecchie non possono fare a meno di ascoltare le risate di quei due seduti qui accanto a me.
Si, bravi, ridete pure delle mie foto.
Boris si contorce dalle risate da un quarto d’ora e non si fa frenare dagli sguardi intimidatori che gli lancio di tanto in tanto per intimargli di smetterla.
“Non ho mai riso così tanto in vita mia!” gli sento dire, mentre fa il gesto di asciugarsi delle lacrime. “Devi inviarmele, Anya! Sono uno spasso!” se la ride, consapevole di farmi irritare.
Ma non gli darò la soddisfazione di guardarlo. Mi sto imponendo di tener gli occhi puntati su quello schermo, su cui ormai vedo la sua faccia che viene presa a pugni da me.
Anya, invece, nonostante si sia fatta scappare qualche risata, ha cercato di contenersi, per lo meno.
“Ok, adesso basta!”. È lei a porre fine allo spettacolo che tanto li ha divertiti in quest’ultima parte della serata, forse perché sente le vibrazioni negative che si propagano da questa parte del divano.
Una volta messo via il cellulare cala il silenzio più totale, intervallato solo dai rumori provenienti dalla tv, che tutti e tre guardiamo assorti.








***








Ok, forse abbiamo un po’ esagerato, ma ammetto che è stato divertente veder ridere di gusto Boris. Credo di avere intravisto delle lacrime nei suoi occhi. Alla vista di quelle foto, gli è stato difficile contenersi!
E non ho potuto fare a meno di non notare le occhiate sprezzanti che Hiwatari lanciava continuamente ai sottoscritti: deve essere parecchio arrabbiato, anche se non lo dà a vedere.
È passata circa mezz’ora dalla fine delle nostre risate e ormai Boris si è addormentato con la testa reclinata all’indietro sul divano. Kai, invece, continua a guardare questo film, che io reputo orrendo. Non fanno altro che combattere per ottenere uno stupido talismano. Mi chiedo se lui lo stia guardando seriamente o si stia sforzando di farlo solo per non degnarci della sua considerazione.
“Fammele vedere!” esordisce improvvisamente, rompendo il silenzio.
“Vedere cosa?”.
“Le foto, visto che ormai le conoscono tutti, voglio almeno vedere di cosa ridevate”.
“O-ok…”. E con un gesto rapido, afferro il cellulare e apro la galleria, ma prima di consegnarglielo in mano, lo avverto di una cosa… “Non provare a cancellarle!” e gli punto un dito minaccioso proprio davanti al naso.
“Non lo farò…” risponde portando gli occhi al cielo, visibilmente irritato.
Il suo dito inizia a scorrere da una foto all’altra, e ogni sua azione viene sorvegliata dai miei occhi attenti, pronti a impedirgli di premere sul tasto 'elimina'.
“Anche tu sei ridicola, ma non ha riso di te…” lo sento commentare, mentre fa zoom sul mio pungiglione.
“Hey!” lo rimprovero, mentre lui se la ride sotto ai baffi.
“Andiamo, il tuo pungiglione era più ridicolo del mio costume!” torna a ribadire, girando la testa verso di me. E solo adesso mi rendo conto di quanto il suo viso sia vicino al mio. Riesco persino a specchiarmi nelle sue iridi ametista.
Lo vedo accigliarsi, forse stranito dal fatto che mi sono immobilizzata a guardarlo.
“Sì, in effetti, era ridicolo…”. Riesco a dire, nervosamente.
 “Io direi…molto ridicolo”. Gli sto guardando le labbra come una rincitrullita.
Mi sento strana.





***




Quando mi sono voltato verso di lei, non mi aspettavo di trovarmi il suo viso così vicino. Ammetto di essere rimasto, per un attimo, sorpreso. Come anche lei, visto il modo in cui mi guarda.
E adesso, per qualche ragione a me ignota, non riesco a staccare gli occhi da lei.
Si, insomma, non l’ho mai vista così vicina, beh, in realtà è passato molto tempo dall’ultima volta. Mi guarda sempre allo stesso modo: paralizzata e timorosa che possa succedere qualcosa.







***






Quanti secondi saranno passati?
Forse pochi, ma a me sembra che il tempo si sia fermato.
Sbaglio o mi sta guardando in modo strano?
Perché il suo viso sembra essere sempre più vicino?
Io sono sicura di essere rimasta immobile nella mia posizione.
Il battito del cuore inizia ad accelerare e il respiro diventa sempre più corto ogni volta che lui fa saettare il suo sguardo dai miei occhi alle mie labbra.
Che cosa sta succedendo?







***










Boris sta dormendo, scorgo la sua figura, illuminata dalla luce della tv, oltre la testa di Anya, ma non m’importa, i miei occhi non si sono spostati dal viso di lei. Anzi, lo vedono sempre più vicino. Mi sto per caso avvicinando?
È solo che, non so, sembra che mi stia chiedendo di farlo. O sono solo io che me lo sto immaginando?
Inclino meglio la testa di lato per riuscire a sfiorare le sue labbra, ma proprio un istante prima che il contatto avvenga, Boris inizia a farfugliare delle cose nel sonno e poi si sveglia improvvisamente, facendoci saltare per aria.
Cazzo!
Ritiro la testa e mi rimetto dritto, puntando gli occhi di nuovo sullo schermo della tv. Anche Anya ritorna nella sua posizione, irrigidendosi.
“Ragazzi, ma che ore sono?” domanda con voce assonnata Boris, stiracchiandosi.
Ma sia io che Anya, rimaniamo dritti nella nostra posizione, senza rispondere, forse perché ancora troppo sconvolti da ciò che stava per succedere un minuto prima.
Cazzo, la stavo per baciare??
“Io vado a controllare i gemelli!” annuncia con voce meccanica, alzandosi per dirigersi a passi spediti al piano di sopra.
“Cavolo, che sonno!”. Boris sbadiglia ancora sonoramente e io mi volto a fissarlo con fare irritato.
Ero veramente sul punto di baciare  Sarizawa?
“Sei ancora arrabbiato per le foto? Stavamo scherzando…” dice con voce impastata dal sonno.
E se Boris non ci avesse interrotto, sarebbe successo veramente?
Per qualche ragione che lui ignora, mi ritrovo a fissarlo indispettito.
Non posso crederci. Stavo veramente per farlo?
Che cosa mi è preso?
Devo essere impazzito!




























***







Io e  Yuri siamo di ritorno a casa.
Abbiamo trascorso una bella serata, che, ahimè, è finita troppo presto. Abbiamo convenuto che non era il caso di fare troppo tardi, per non far stancare Anya alle prese con i gemelli. Anche se ammetto che è stato difficile abbandonare quel comodo letto d’albergo, in cui regnava un silenzio meraviglioso!
Yuri apre la porta e ci introduciamo in casa, fino in salotto, dove troviamo due figure massicce sedute sul divano.
“Voi due che ci fate qui?” esordisco stranita, nel vedere che Kai e Boris sono seduti sul nostro divano a guardare un film. “E dov’è Anya?”. La domanda giunge spontanea, dal momento che i miei occhi non captano la sua presenza come previsto.
“Anya è di sopra con i gemelli”. A rispondere è la voce assonnata di Boris, che continua a stiracchiarsi sul mio divano, quasi fosse a casa sua.
Senza badare a loro, mi appresto a raggiungere la stanza dei gemelli, dove trovo Anya a fissarli con aria persa in chissà quali pensieri.
Non credo si sia accorta della mia presenza.
“Hey Anya!” la richiamo a bassa voce, per evitare di svegliare i bambini.
Lei, che era immersa nel suo mondo, viene presa da un sussulto, che la costringe a mettersi una mano sul petto per lo spavento.
“Va tutto bene?” le chiedo, notando che ha una faccia strana.
“Sì…” si limita a dire, spostando gli occhi su un punto ignoto della parete alle mie spalle.
Ne è sicura?
“I bambini ti hanno sconvolta troppo?” chiedo ironica.
Che l’abbiano fatta penare troppo?
Sanno essere molto irritanti quando iniziano a piangere.
Ma il suo sorriso mi rassicura di no. “No, Hilary! I bambini sono stati più o meno gestibili! Sono stati gli altri due bambinoni a farmi esaurire stasera!” rivela seccata.
Posso immaginare.
“Ma cosa ci fanno qui?” chiedo stranita.
“Non lo so, guarda, si sono presentati e…ma la tua serata? Com’è andata?”. Anya cambia subito argomento. E la cosa mi lascia un po’ perplessa all’inizio. Poi, però, notando il suo sorriso ammiccante, decido di raccontare a grandi linee quello che è successo.
“E’ stata una serata meravigliosa Anya!” esclamo con aria sognante. “Atmosfera romantica, vino, musica di sottofondo…” e mi perdo al pensiero di quei ricordi ancora recenti. “ e poi…beh, puoi immaginare!”.
“Sì, posso immaginare!” ripete divertita.
“Grazie, Anya! Senza di te, questa serata non sarebbe stata possibile!”. Prendo le sue mani e le stringo forte in segno della più sincera gratitudine.
“L’ho fatto con piacere!”.
Non so perché. Ma nonostante il suo apparente sorriso sereno, noto qualcosa di strano in lei.
Ma forse è solo una mia impressione.








***









Hilary mi invita a scendere al piano di sotto ma, il solo pensiero di tornare giù e vedere Hiwatari, mi provoca una strana sensazione allo stomaco.
Che cosa stava per succedere?
Posso giurare che lui stesse per…baciarmi?
No. No. No!
Forse l’ho solo immaginato!
Ricordo solo che il mio corpo è entrato in una sorta di paralisi nel momento in cui ha iniziato a fissarmi in quel modo. E io fissavo lui.
Eppure l’ho sentito così vicino!
Ho avvertito la tipica sensazione dell’attimo che precede il bacio. Sì, insomma, la conosciamo quasi tutti: quella strana impressione che il tempo, e tutto intorno a te, ad un tratto si fermi; che il respiro ti diventa sempre più corto, mentre il battito del cuore accelera improvvisamente; in quel momento ti aspetti solo una cosa: che le tue labbra vengano sfiorate.
Mio dio…
Kai stava seriamente per baciarmi.
Non posso crederci.
No, no. Me lo sono immaginato.
Ne sono sicura.









***












“Quindi avete fatto bibidi bobidi boom!". E Boris mima con le mani una grande esplosione.
“Non sono affari che ti riguardano!” risponde Yuri, indispettito da tanta insolenza.
“Lo prendo come un sì!” dichiara l’altro, abbozzando un ghigno soddisfatto.
“Ma non mi avete spiegato perché siete qui!” torna a ribadire Yuri.
“Oh, beh…è una lunga storia!” sintetizza Boris, che evidentemente ha troppo sonno per elaborare un discorso di senso compiuto. Yuri sposta i suoi occhi sospettosi prima su Huznestov e poi su di me, alla ricerca di qualche indizio.
“Ah proposito, devo inviarti delle foto di Kai! Non la smetterai di ridere!”.
“Ok…basta che non sia nudo…” ci tiene a sottolineare il rosso, perplesso.
“Oh, è molto peggio!”.
Il mio sguardo lo sta minacciando di smetterla se vuole tornare a casa tutto intero.
Ma non ho il tempo di replicare, perché in salotto arrivano le ragazze. Il mio sguardo cade subito su Anya, mentre quello suo, evita in tutti i modi di incrociare il mio.
“Io vado!” annuncia Boris, sbadigliando per l’ennesima volta stasera.
“Vengo con te!”. Anya si avvicina a lui, chiedendogli di darle un passaggio a casa. E nel farlo mi passa davanti senza degnarmi di uno sguardo.
“Ok! Buonanotte gente!” saluta Boris, seguita a ruota da Anya, la quale agita la manina ai padroni di casa in segno di saluto, dimenticandosi del sottoscritto.
Fisso la sua figura svanire oltre la porta e lo faccio con una strana sensazione che non mi è molto familiare.
Mi ha bellamente ignorato.
Ho la vaga sensazione che abbia chiesto  un passaggio a Boris, prima che questi se ne andasse, per non rischiare di dover tornare a casa con me.
Ha approfittato della situazione per evitare che ciò accadesse.
E posso immaginare il motivo.
Anche se ancora non me ne capacito e non mi spiego il perché, poco fa stavo quasi per baciarla.
“Va tutto bene, Kai?”. Sento una voce fuori campo che sembra essere quella di Yuri.
Stavo veramente per baciarla?
L’avrei veramente baciata?
“Kai…”. Una mano passa più volte davanti al mio volto, come a voler farmi riprendere da uno stato di trans.
Forse sì, se Boris non si fosse svegliato proprio in quel momento.
“Sì, sto bene” rispondo infine, tornando alla realtà.
Che diavolo mi è preso?















Salve a tutti!
Finalmente, dopo mille peripezie e imprevisti, sono riuscita a completare questo capitolo.
Ma abbiamo capito e letto bene?? Kai stava davvero per baciare Anya o se lo sono immaginati?? XDD
Ve lo aspettavate?
Se solo Boris non si fosse svegliato! È sempre in mezzo u.u
Ho voluto regalarvi quest’immagine di Boris e Kai nelle vesti di babysitter falliti. Sono venuti a rompere le scatole ad Anya? Beh, li ha fatti sgobbare un po’. Ho evitato di far cambiare pannolini, quindi miei cari personaggi ringraziatemi!
Kai si è perso una parte dell’infanzia di Hope e si è risparmiato di fare un po’ di cose da genitore, ma non è mai troppo tardi. Yuri ne ha fatti ben due e poverino, voleva solo passare un po’ di tempo con la moglie XDDD
Nel frattempo però, Hope è rimasta a casa Hiwatari con Reina (faremo una statua un giorno a questa domestica paziente).
Insomma, sono curiosa di sapere cosa ne pensate di Kai.
In questo capitolo ho voluto mettergli in testa una serie di dubbi amletici e riflessioni esistenziali sull’essere o non essere (?). La morte del nonno gli ha stravolto la sua visione del mondo??? AHAAH
Beh sicuramente gli ha stravolto i piani per il futuro. Dovrà sgobbare parecchio prima di riavere le redini del potere dell’azienda Hiwatari u.u
Ringrazio come sempre tutti i lettori e recensori *_* spero vi sia piaciuto e che sia comprensibile XD
Ci sentiamo alla prossima!

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Capitolo 55
*** Notte prima degli esami ***

















“Cos’è questa storia che tu e Kai studiate insieme?”.
La domanda arriva a bruciapelo, dettata dalla voce leggermente stizzita della mia amica Hilary.
Noto che la notizia si è già sparsa in giro. Grazie, Boris.
“Ecco, te l’avrei detto, è solo che…”.
“Che doveva essere un segreto!” conclude offesa lei, che evidentemente sa già tutta la storia. Il che mi lascia alquanto sbigottita: Boris non ha tralasciato nessun dettaglio a quanto pare.
“Ti assicuro che non era mia intenzione tenerti questa notizia nascosta, Kai mi ha impedito di dirlo a qualcuno”.
“Ma Boris sa sempre tutto, ultimamente!”. E qui arriva la frecciatina, che riesce a colpirmi in pieno. Hilary non ha ancora dimenticato il fatto che io le abbia tenuto nascosto la separazione con Rei. Ogni occasione è buona per rinfacciarmelo.
“Stavolta l’ha saputo per caso e poi te lo avrei detto prima o poi!” continuo a ribadire.
“E dimmi…com’è passare tutto questo tempo con Hiwatari?”. Il suo tono, adesso, si fa leggermente investigativo.
“Beh, è pesante, non lo nascondo. Lui ha sempre quell’aria burbera e quell’atteggiamento di sufficienza nei miei confronti che non sopporto, ma…diversamente da quello che mi aspettavo, si sta impegnando e lo studio procede tranquillamente” racconto con disinvoltura, nonostante il suo sguardo sembri voglia assicurarsi che stia dicendo la verità.
“ E non ti preoccupa passare tutto questo tempo insieme a lui?”.
“Perché dovrebbe?”.
“Insomma…stare tutto questo tempo da soli…” inizia a dire con tono vagamente allusivo.
“Ti assicuro di no. Ci limitiamo solo a studiare, non ci sono conversazioni extra. Figurati. Il massimo della distrazione è guardarlo mentre va fuori a fumare. Una volta che abbiamo concluso gli argomenti da imparare, saluto e vado via di corsa” ci tengo a precisare in modo netto.
“Capisco, ma stai comunque attenta…Quando c’è di mezzo Hiwatari succede sempre qualcosa di spiacevole” sottolinea infine.
E non posso che darle ragione.
Hiwatari per me è sempre stata una fonte di guai.
Ma ho detto la verità, insomma, io e lui ci vediamo solo per studiare. Anche se…
In realtà ho omesso di dire a Hilary quello che è successo la sera del loro anniversario. O meglio, quello che stava per succedere: Kai ed io stavamo quasi per…baciarci. O almeno così mi è parso, dato che il suo viso era a pochissimi centimetri dal mio. Per fortuna che Boris si è svegliato prima che il contatto avvenisse. Non oso immaginare cosa e come sarebbe successo. Quali disagi avrebbe creato. Sono andata via con Boris cercando di evitare il contatto visivo con Kai, perché ero assalita dall’ansia e la preoccupazione di quello che sarebbe successo l’indomani. E per questo motivo quella stessa notte non ho chiuso occhio, perché ero preda di dubbi e perplessità su come mi sarei dovuta comportare il giorno successivo, quando ci saremmo incontrati per studiare insieme. Sarebbe stato imbarazzante, questo era sicuro.
La sera prima eravamo seduti vicini e stavamo quasi per baciarci, e il giorno dopo, beh… saremmo stati di nuovo soli…
Tuttavia, l’indomani mi sono resa conto che i problemi che la mia mente aveva creato durante la notte, impedendomi di dormire sogni tranquilli, erano stati inutili. Kai era arrivato in salotto con la sua solita aria fredda e di sufficienza. Mi aveva salutato con il suo apatico ciao e si era seduto al tavolo iniziando a sfogliare il libro di storia. Ammetto che questo fatto mi aveva tolto un peso dallo stomaco: fare finta di niente era una delle strategie su cui avevo rimuginato fino al secondo prima di mettere piede in casa Hiwatari quel pomeriggio. Ma vederlo reagire così, mi ha lasciato un po’ di amaro in bocca, lo ammetto…
E mi odio per questo.






***








Tra pochi giorni ci sarà l’esame finale.
Lo studio si fa sempre più pesante e noioso. Io ed Anya dobbiamo riuscire a infilare nel nostro  cervello tutte le nozioni contenute in questi libri il prima possibile, ma sento che sto raggiungendo il livello di saturazione massimo, soprattutto oggi, che mi sono svegliato di malumore. Gli avvocati di mio nonno non mi lasciano in pace nemmeno un secondo, perché mi sento controllato ventiquattrore su ventiquattro e da settimane non ho un attimo di distrazione.
“Mamma…io voglio un gelato!” dice improvvisamente Hope irrompendo nella stanza.
“Tesoro, adesso non possiamo. Ho delle cose da fare!” le spiega distrattamente Anya, tenendo gli occhi fissi su dei fogli pieni di appunti.
“Ma io lo voglio!” lamenta imbronciata, incrociando goffamente le braccia al petto.
“Ho detto che non possiamo!” le ripete categorica.
“Uffaaa!” sbuffa, con aria afflitta.
“Dai, ti ci porto io”.
“Kai, non possiamo perdere tempo!” mi rimprovera Anya, usando lo stesso tono con cui si è rivolta, un attimo prima, alla figlia. E questo mi porta ad alzare un sopracciglio e osservarla di sbieco. Sul serio? Mi hai preso per un bambino?
“Non ci vorrà molto. Andremo nella gelateria all’angolo, in fondo alla strada” e con queste parole abbandono la postazione di studio e mi avvio in corridoio, seguito, molto probabilmente dal suo sguardo di fuoco.
Voglio scappare da questi libri e ne ho colto l’occasione.
“Papà, andiamo a mangiare il gelato?” mi domanda Hope speranzosa.
“Sì…” le confermo, mentre afferro portafogli e chiavi della macchina. Devo ancora abituarmi a sentirmi chiamare papà.
Siamo pronti. Indosso la giacca e mi accingo ad aprire la porta per uscire, ma…un momento! Anya?
Dovrei dirglielo?
Insomma, credevo fosse incluso il fatto che sarebbe dovuta venire anche lei con noi.
Cavolo…
Sbuffo alzando gli occhi al cielo, prima di chiamare l’attenzione di Hope e dirle a bassa voce: “Di’ alla mamma se vuole venire anche lei…”.
La piccola non se lo fa ripetere due volte e, a grandi passi, corre in salotto, urlando a gran voce…
“Mammaaaa, papà ha detto se vuoi venire con noi!” e al suono di questa frase mi pento amaramente di ciò che ho fatto.
Papà ha detto?? Non era proprio quello che doveva riferire.
Oggi hai appreso una lezione importante, Kai: mai fidarsi dei bambini!
Adesso Anya penserà che io l’abbia invitata a venire con noi.
Che poi è vero, ma… insomma…lasciamo perdere…
Il danno è stato fatto.
Proprio mentre mi maledico mentalmente per aver fatto riferire un messaggio attraverso la bocca di una bambina di cinque anni, Anya fa capolino dalla porta per fissarmi e accertarsi che l’invito sia davvero venuto da parte mia.
Odio queste cose…
“Beh, in fondo ti devo ancora il favore per la relazione di scienze…”. È la sola cosa che mi viene in mente da dire per giustificare questa proposta e non dare l’impressione di uno che voleva davvero invitarla.
Ma perché mi sto facendo queste paranoie?
E senza aggiungere altro e darle il tempo di rispondere, apro la porta ed esco, raggiungendo il più velocemente possibile l’auto.










***












È tutto molto strano e quasi surreale.
Quando Hope l’ha detto stavo quasi per cadere dalla sedia: papà ha detto se vuoi venire con noi!
Cioè Kai Hiwatari mi ha proposto di andare a mangiare un gelato insieme?
Beh in realtà, non credo fossero queste le sue reali intenzioni. Penso che il suo obiettivo fosse invitarmi solo per badare a Hope e fare in modo che non si sporchi col gelato.
 “Hope, non sporcarti!” le ricordo, scrutando il suo vestito con sguardo severo. E un attimo dopo averle rammentato ciò, ecco che “Oh no…” sono io ad essermi sporcata i jeans con una goccia di gelato. Afferro immediatamente un tovagliolino e inizio a strofinarlo sulla macchia sperando che svanisca.
“Beh, adesso sappiamo da chi ha preso Hope…”. Il commento giunge dalla voce sarcastica di Kai. “Divertente” lo rimbecco acidamente, fulminandolo con lo sguardo, ma lui cerca di nascondere la sua espressione divertita bevendo un sorso di birra.
Il pantalone sembra salvo. È rimasto solo un alone grigiastro che spero non sia molto visibile.
“Mamma, posso andare a giocare con quei bambini?” mi chiede docilmente, indicando col dito un vivace gruppo di bambini posto qualche tavolo più in là rispetto a noi.
Dopo averli scrutati con attenzione, decido di darle la mia approvazione. “Ma non allontanarti, intesi?” la avverto in tono severo prima che li raggiunga.
“è una bambina socievole. Ha preso da me anche questo!” sottolineo pungente, rivolgendo al mio interlocutore un sorriso di scherno.
“Questa era pungente, Sarizawa…” si limita a controbattere vagamente stizzito.













I giorni passano velocemente. Troppo velocemente.
Domani ci sarà il tanto atteso esame di fine corso, al termine del quale potrò considerarmi libera da ogni accordo e schiavitù nei confronti di Hiwatari, ma soprattutto potrò considerarmi diplomata. Sempre che i risultati siano sufficienti per ottenere la promozione!
Mi chiedo se si possa considerare il giorno prima dell’esame, esso stesso l’esame! La verità è che mi sento super agitata e preoccupata. La mia testa è entrata nel pallone e non sembra ricordare un bel niente.
“Periodo Azuchi-Momoyama?” domanda Kai, reggendo un foglio in mano e fissandomi così freddamente come solo lui sa fare.
Sto spremendo le meningi. Lo ricordo, lo ricordo. Anya, la dinastia Azuchi-Momoyama…questa la sai. Stringo gli occhi e provo a ricordare…
“1333-1573!” è la mia risposta. E ne sono sicura! Ma quando riapro gli occhi e noto lo sguardo perplesso di Kai, affloscio le spalle, espirando afflitta. “Non ricordo più niente…” dichiaro, arrendevole, accasciando la testa sul tavolo.
“E se facessimo una pausa?” mi propone seccato, per l’ennesima volta oggi. Ma di nuovo, mi rifiuto. Non c’è tempo per riposarsi. E di fronte alla mia ostinazione, Kai alza gli occhi al cielo e di nuovo afferra quel foglio per ripetermi tutte le domande dall’inizio.
Devo farcela.
Io devo.
Non posso permettermi distrazioni, né riposo.
Devo dimostrare a me stessa che posso farcela.
Finalmente potrò ottenere il diploma e voglio avere il massimo dei voti, per dimostrare a tutti e soprattutto a me stessa che, nonostante le avversità, posso farcela anch’io.
Forza Anya, tu puoi.











 “Oh mio dio, mi sono addormentata!” esclamo, alzando di scatto la testa dal tavolo, su cui qualche secondo prima sonnecchiavo.
Il tavolo è pieno di fogli e libri, ma Kai sembra essere sparito.
Ah no, è sul divano che dorme, con un libro aperto poggiato sull’addome.
Ma che ore sono?
Afferro il telefono e schiarisco la vista, ma quando i miei occhi scorgono l’ora, quasi non escono dalle orbite. SONO LE UNDICI E MEZZA DELLA SERA! E questa frase la urlo nella mia testa, per evitare di svegliare Hiwatari.
“Diamine, diamine…” mormoro nervosamente e a bassa voce, provando a sistemare tutti quei fogli sparsi disordinatamente sul tavolo e persino a terra, come se questo gesto potesse, in realtà, mettere ordine all’interno della mia mente.
È finita.
Non ricordo nemmeno a che ora mi sono addormentata.
Devo ancora cenare e tornare a casa, fare la doccia, sistemare le cose per domani e so già che non chiuderò occhio e che domani sarò uno zombie.
Perfetto, Anya!
Sbuffo sonoramente, portando le mani ai fianchi con aria stanca. Poi mi volto a fissare Kai e rimango lì incerta sul da farsi. Devo svegliarlo? Sarà disposto ad accompagnarmi a casa? Dovrò chiamare un taxi?
Troppi dubbi.
“Kai…” inizio a richiamarlo a bassa voce, cercando di non essere troppo brusca. “Kai…” ripeto una seconda volta, con un soffio di voce più forte. Ma niente. Non mi sente. La mia voce sta osando chiamarlo una terza volta, ma…
“Che vuoi?” dice improvvisamente freddo e tagliente, rimanendo ad occhi chiusi. Ma quindi è sveglio? Questo ragazzo è un mistero anche quando dorme.
“Si è fatto tardi e devo tornare a casa” gli spiego a bassa voce, sempre con modi di fare cauti, come per paura che le mie parole possano innervosirlo.
“Non ti accompagno a casa, scordatelo!” sentenzia categorico, rimanendo ad occhi chiusi.
È inquietante.
“Bene…vuol dire che chiamerò un taxi!”. Era la mia seconda opzione, dopotutto. Che antipatico! Afferro il cellulare per prenotare un tassista disponibile, ma, caspita! l’unico disponibile in breve tempo arriva tra mezz’ora. Sarà già mezzanotte quando sarà qui. E questo vuol dire che arriverò a casa alle dodici e mezza…







***








Le mie palpebre chiuse pesano come macigni. Non ho la forza di riaprirli, né di alzarmi da questo divano. Mi ci vogliono alcuni secondi per riprendermi e poi, con uno slancio, decido di mettermi seduto, sbadigliando e massaggiandomi gli occhi per tornare lucido.
“Ascolta…” inizio a dire, per richiamare l’attenzione di Anya. “Se vuoi puoi rimanere qui a dormire…” le propongo, con voce assonnata.
“No, aspetterò un taxi, tranquillo”.
Non mi aspettavo una risposta diversa.
“Ti farò preparare una stanza o se preferisci dormirai in quella di Hope”. A proposito, dov’è Hope? E che ore sono? Comunque… “Non ha senso che torni a casa, qui le stanze non mancano”. Sto provando ad essere gentile e disponibile, cazzo. Non capita tutti i giorni. Quindi, Sarizawa, ti supplico, sono stanco e voglio andare a dormire…
Il mio sguardo severo la sta implorando di smetterla con i suoi capricci.
“Va bene… dormirò nella stanza con Hope. Immagino Reina l’abbia messa a dormire…” ipotizza, fissando le scale che portano al piano di sopra. “Avrà cenato?”.
“Sì. Ho detto a Reina di occuparsi di lei, mentre tu ronfavi sul tavolo”.
“Ma…ma perché non mi hai svegliata?”.
“Perché ero stanco di sentirti parlare!” confesso senza timore, facendola diventare rossa di rabbia. So che vorrebbe uccidermi, ma è tardi e non mi va.
Così mi alzo e con un cenno la saluto.
“Un momento…”.
Che vuole ancora?
“Non è che avresti qualche pigiama?” chiede un po’ timida.
Un pigiama?
Per chi mi ha preso?








***











Le circostanze mi hanno costretta a rimanere qui stanotte. Il mio io interiore non avrebbe voluto accettare, ma essendo quasi mezzanotte, ho ceduto alla sua proposta.
“Ecco, qui c’è una scatola con della roba di Eva, che ha dimenticato…”. Kai mi scarica addosso una scatola di cartone di media grandezza.
La poggio a terra e la apro, iniziando a scartare degli indumenti.
“Ehm… questi sarebbero pigiami?” chiedo perplessa, mostrandogli dei completini un po’ troppo provocanti.
Anche l’espressione di Kai sembra mostrare qualche dubbio al riguardo. Forse non ne conosceva il contenuto.
“Ok, non fa niente…io…io dormirò così, con questi jeans e questa maglietta” dico in fretta, per risolvere la situazione. Kai non sembra insistere. Riposa la scatola al suo posto e io vado in bagno a rinfrescarmi un po’.
Che situazione…


Una volta uscita dal bagno, ripercorro il corridoio illuminato dalla fioca luce di qualche lampada.
“Aspetta…”. Quando mi giro mi ritrovo Kai che mi dice in tono freddo “E’ l’unica cosa decente che posso darti…” e un secondo dopo mi porge un indumento, che una volta afferrato e dispiegato, mi rendo conto essere una felpa nera enorme.
“Questa dovrebbe coprire tutto” aggiunge poi, voltando le spalle per raggiungere la sua stanza.
Ma io rimango lì, in piedi al centro del corridoio con la felpa in mano a fissare la porta ormai chiusa della sua camera da letto.
Gesto gentile e insolito…
Beh, grazie Hiwatari…













***










Ho fatto una doccia, ma ho perso più tempo del dovuto. Mentre strofino l’asciugamano sul petto, mi accorgo, puntando gli occhi in direzione della sveglia, che sono già le 12.20. Tutta colpa di Sarizawa e della sua ossessione del ricordare tutto alla perfezione. Mi ha costretto, per tutto il pomeriggio, a ripetere quasi l’intero programma. Poi mi sono allontanato in giardino per fumare, già stanco delle sue lagne, e quando sono ritornato, la sua testa giaceva dormiente sul tavolo pieno di libri. Ho ordinato a Reina di non svegliarla e di badare a Hope,  ma poi mi sono addormentato anch’io sul divano, mentre provavo a ripassare la parte del programma che mi preoccupava di più…la storia.
Odio ricordare fatti storici, date e guerre.
Indosso velocemente pantalone e maglietta e proprio nel momento in cui scosto le coperte del letto…
Cos’è stato?
Mi sembra di aver captato uno strano rumore provenire dal piano di sotto.
Sarà Hope? A volte si sveglia nel bel mezzo della notte e vaga per la casa, soprattutto in salotto, per accendere la tv.
Porto gli occhi al cielo e quando faccio capolino dalla porta, il corridoio appare deserto. Eppure continuo a sentire il rumore di qualcosa.
Decido di scendere le scale a passi lenti e stanchi. Il salotto è buio e vuoto, ma noto un bagliore di luce provenire dalla cucina.
Ma che diavolo…
Scorgo una figura umana messa di spalle, con addosso una felpa a me familiare.
“Che stai facendo?”. La mia voce risuona fredda e profonda nel silenzio.
“Oh mio dio, Kai!” esclama voltandosi di scatto con una mano al petto. Probabilmente non mi ha sentito arrivare. Il mio sguardo interrogativo si posa sulla sua mano sinistra che regge un coltello.
“Ecco… io…” inizia a dire, intimorita dal mio sguardo inquisitore. “Beh, mi sono messa a letto, ma non riuscivo a dormire, e la pancia mi brontolava, così mi sono ricordata di non aver cenato, e sai quando la notte non riesci a dormire perché hai fame?”.
Oh cielo, quanto parla…
“E così ho pensato di scendere per vedere se c’era qualcosa da mangiare, così ho trovato dei toast e del prosciutto, ma non è mia abitudine rovistare nelle cucine degli altri, non voglio che tu pensi questo…e solo che…insomma, avevo …fame…”.
Silenzio.
Anya attende timorosa una mia reazione. Probabilmente pensa che ce l’abbia con lei perché l’ho beccata mentre rovistava nella mia cucina.
Ma se sono arrabbiato, si sbaglia.
Sono solo sorpreso di vederla qui nella mia cucina, nel cuore della notta, con un coltello sporco di burro in mano e con indosso la mia felpa che le arriva a metà coscia.
Sto lottando con tutto me stesso per tenere lo sguardo alto, fisso su di lei, sul suo volto.
È sempre terrorizzata in mia presenza e questa cosa sta iniziando a darmi fastidio…
Le incuto tanto terrore? Sarà la mia aria troppo seriosa? I miei modi di fare troppo freddi e distaccati?
Mi ha sempre divertito terrorizzarla. Basta fissarla dritta negli occhi, come adesso, per vederla a disagio. Se provassi ad avvicinarmi, come sto provando a fare adesso, non avrebbe via di scampo, dato che la porta è dietro di me e lei ha dietro di sé, a bloccarla, solo un mobile della cucina.






***





Ma cosa fa?
Kai fa un passo avanti e poi un altro, e lentamente io inizio a irrigidirmi. Provo a indietreggiare, ma il bordo del mobiletto preme sulla parte bassa della schiena, impedendomi di aumentare la distanza.
Perché non dice nulla?
Insomma, ok. Mi ha beccata qui nella sua cucina, ma avevo davvero fame! Pensavo di muovermi silenziosamente, ma il problema è che non conosco bene questa cucina e ho fatto più rumori del dovuto.
Che figura di merda…
La prima sera che accetto di dormire qui e mi becca a “rubare” nella sua cucina.
In fondo, lo capisco. Anche a me darebbe fastidio se un ospite curiosasse in giro di notte a casa mia…
Kai avanza ancora, fissandomi in modo molto serio e fa quasi paura. La mia faccia è praticamente a pochi centimetri dal suo petto e quando prova ad allungare un braccio in direzione di non so dove, non capisco più niente e chiudo gli occhi come per timore di non so nemmeno io cosa.
“Prepara un altro toast anche per me…”.
Quando riapro gli occhi, vedo Kai addentare uno dei toast che avevo preparato e senza dire altro, si allontana per andare in salotto.
All’inizio rimango immobile, ma poi tiro un sospiro di sollievo, sia perché non l’ho fatto arrabbiare e sia perché…beh, si era avvicinato a me solo per prendere il panino.
Eppure mi sono sentita strana. È stato come l’altra sera, quando beh…lasciamo stare.
Anya, smettila e prepara questi benedetti toast.










***




“La cena è servita” annuncia Anya, arrivando dalla cucina per accomodarsi accanto a me sul divano.
Beh, ammetto di avere fame anch’io.
Afferro un toast e in silenzio iniziamo a consumare la nostra cena.
Non nascondo che mi sembra molto strano stare qui, di notte, seduto sul divano insieme a Sarizawa, a mangiare dei toast come se fossimo amici di vecchia data. Beh, in realtà ci conosciamo da tempo, è solo che non siamo proprio amici…beh cosa siamo? Siamo i genitori di Hope: conoscenti che condividono una figlia? Non ne ho idea…
“Non ti senti in ansia per domani?”. È lei a rompere il silenzio e il flusso dei miei strani pensieri.
“Non proprio…” mi limito a dire, lanciandole un’occhiata fugace e nel farlo mi rendo conto troppo tardi di avere puntato alle sue gambe accavallate e seminude.
Cacchio, Kai…
Il fatto che lei stia ora cercando di abbassare la felpa per coprirsi meglio, mi suggerisce che la cosa non le sia sfuggita.
Potevi darle anche un pantalone, Kai.
“Non hai la sensazione di aver dimenticato tutto?” torna a domandare.
“Beh, mi sembra normale non ricordare nulla quando hai fame e sonno” gli rammento in toni sarcastici. “E poi la mia unica preoccupazione è la storia” confesso, mimando un certo disgusto.
“ Ci credo. Da quello che mi racconta Hope, le storie non sono proprio il tuo forte”.
“ Cosa di racconta Hope?” chiedo stranito.
“ Mi ha detto di quando provi a leggerle le storie della buonanotte e salti pagine intere per arrivare subito alla conclusione, sperando che lei non se ne accorga!” dice divertita.
Dannazione…odio quelle favole della buonanotte.
“Lei mi dice tutti gli errori che fai e ciò che ti inventi. La mia preferita è quella della principessa che bacia il coniglio e diventa un principe. Un coniglio?” e subito scoppia a ridere, facendomi sentire ridicolo.
“Cosa c’è di  sbagliato in un coniglio?” chiedo infastidito.
“C’è di sbagliato che…La principessa bacia un rospo e non un coniglio!” precisa in tono saccente, ridendo. E anche se sta ridendo di me, ammetto che non mi dispiace: è forse la prima volta che ride così in mia presenza.
“Cosa c’è di diverso? E poi perché dovrebbe baciare un rospo? Voi donne non trovate i conigli teneri?” e inorridisco al pensiero di quegli animaletti pelosi e saltellanti.
“Ma così si perde il senso della storia” ci tiene a sottolineare lei.
“Che sarebbe?”.
Hanno davvero un senso quelle stupide storie?
“Sarebbe…” comincia a spiegare, mettendosi più comoda, ma badando bene a tenere nascoste le gambe dai miei occhi curiosi “…che non bisogna mai fermarsi alle apparenze, e che anche se una persona è brutta fuori, può essere bella dentro. E lo dimostra il fatto che dopo il bacio, anche se brutto e viscido, il rospo si trasformi in un bel principe!” conclude con aria sognante.
“E’ comunque una storia ridicola!” asserisco in tono sprezzante, rompendo subito la magia che il racconto di Anya aveva creato.
“Non è ridicola, è una storia che ha del vero!” controbatte irritata.
“Baceresti davvero un rospo?”. La cosa mi rende perplesso.
“Certo, se diventasse davvero l’uomo dei miei sogni” asserisce con convinzione.
“E come dovrebbe essere l’uomo dei tuoi sogni?”.
Anya sembra a disagio, non so se per la domanda che le ho appena posto oppure perché nel farlo, senza rendermene conto, mi sono avvicinato di più a lei.
“Ecco…io, beh…” non riesce a parlare. Deglutisce nervosamente, tenendo gli occhi timorosi fissi sui miei.
È proprio come l’altra sera, a casa di Yuri, quando i nostri visi erano a pochi centimetri di distanza. Non so bene cosa mi sia preso in quel momento, come non so bene cosa mi stia accadendo in questo momento.
So solo che…
“Si è fatto tardi!” annuncia improvvisamente Anya, scostandosi bruscamente dal mio viso per alzarsi. E io rimango per un attimo fermo in quella posizione, alquanto interdetto. “Vado a dormire…buonanotte!” si appresta a dire nervosamente e in fretta, dileguandosi all’istante in camera.
È scappata. Di nuovo.
Cosa diavolo stavo facendo?
Cazzo, Kai. Devi essere davvero stupido…
Eppure per un attimo ho perso il controllo delle mie azioni. Se non si fosse scostata e se non se ne fosse scappata a gambe levate, sarei riuscito a…
Quella sera siamo stati interrotti da Boris, quell’idiota. E anche quella sera lei è andata via senza degnarmi di uno sguardo. Ammetto che mi ha dato davvero fastidio quando ha chiesto a Boris di accompagnarla a casa. È stato come se avesse avuto timore di rimanere da sola con me. Mi ha chiaramente ignorato. E così ho deciso di fare anch’io l’indomani. Quando Reina mi ha avvisato del suo arrivo, prima di scendere al piano di sotto, mi sono ripetuto più volte mentalmente di comportarmi come se nulla fosse successo.
E ora è successo di nuovo. Io mi stavo avvicinando a lei ed è fuggita.
Credo che non riuscirò a dormire stanotte. Beh, non più per colpa della fame almeno…






***








Ommioddio!
Richiudo lentamente la porta alle mie spalle ansimando.
Cosa-diavolo- stava-succedendo?
Avanzo verso il letto, sdraiandomici sopra cautamente per non svegliare Hope, che dorme serena sul lato sinistro.
Io invece sono qui, sdraiata sulla parte opposta, a rimuginare su quello che stava per accadere.
Kai si stava avvicinando a me, di nuovo! E io sono scappata, di nuovo!
Non è possibile…
Durante tutto l’arco di quella strana cena sul divano, ho avuto l’impressione, più volte, che mi stesse osservando in modo strano.
E dopo quella strana domanda sull’uomo dei miei sogni, ha cambiato posizione, sporgendosi un po’ troppo verso di me, e in quel preciso istante mi sono sentita avvampare e il mio corpo si è irrigidito.
Ci stava provando di nuovo. Ne sono certa.
O è di nuovo stato frutto della mia immaginazione?
E poi perché la mia mente dovrebbe immaginare Kai sul punto di baciarmi?
Quando ho iniziato ad avere questi pensieri?
È una cosa orribile?
Kai Hiwatari?
No.
Assolutamente, categoricamente…NO!
Anche se una parte di me è felice di essere scappata, ciò che mi preoccupa è che un’altra parte sia, per così dire, dispiaciuta di non essere rimasta lì.
Ma che mi prende?
Mi vergogno di me stessa, a tal punto da sentire le guance arrossire.
È ridicolo.
È assurdo.
Basta Anya, dormi! Hai già molti pensieri per colpa dei quali non riuscirai a dormire, l’esame di domani, ad esempio. Non sovraccaricare il peso, aggiungendo questi assurdi pensieri.
Tuttavia, è inutile. Mi giro e rigiro su questo letto convulsamente, col rischio anche di svegliare Hope.
Non so quanto tempo sia passato, so solo che non sono riuscita a chiudere occhio e la mia preoccupazione non è più, magicamente, l’esame…
Tanto vale ormai…
Beh…
Sono sicura che mi pentirò di ciò che sto per fare.
















***










Sono disteso, in posizione supina, con gli occhi fissi sul soffitto.
Se prima avevo sonno, adesso non ne ho più. Neanche un po’.
Passano i secondi, i minuti, ma i miei occhi sono sempre fissi sullo stesso punto.
Poi però, qualcosa mi costringe a distogliere lo sguardo e puntarlo alla porta.
Sbaglio o qualcuno ha bussato?
Ne sono sicuro. Ho sentito un picchiettio provenire da quella direzione. Ne sono così sicuro che decido di alzarmi e lentamente dirigermi alla porta. Forse me lo sono solo immaginato, ma quando abbasso la maniglia e apro la porta, ogni dubbio scompare. Qualcuno aveva davvero bussato e quel qualcuno è proprio Anya Sarizawa.
Mi ci vuole qualche secondo prima di riuscire a dire qualcosa, ma è lei a precedermi e… con una proposta che mi lascia alquanto interdetto.
“Posso entrare?” chiede in tono timido, quasi si vergognasse.
Mi scosto leggermente, quanto basta a far passare l’esile figura di Anya, che una volta dentro, si ferma al centro della stanza con le mani affondate nelle tasche della mia felpa.
Ammetto di essere confuso. Non so se per colpa del sonno, della cena poco abbondante o perché la mia mente e alcune parti del mio corpo stanno andando oltre ogni immaginazione.
Calmati, Kai.
“Ti ho svegliato?”.
Beh, in realtà ero sveglio. Adesso sono più che sveglio. Beh, è un po’ tutto sveglio…
“No…cioè…ero ancora sveglio in realtà” confesso, grattandomi la nuca in modo impacciato.
“Ecco, scusami ma volevo solo dirti che domani dovrò uscire presto per aprire la caffetteria al posto di Dana e che quindi…beh…dovrai pensare tu a portare Hope all’asilo”.
Dopo aver ascoltato il motivo per cui è venuta fin qui, beh, ammetto di sentirmi ancora più confuso e credo sia palese dal mio sguardo.
“Perfetto! Scusami ancora per il disturbo… ti lascio dormire, buonanotte!” saluta in fretta, apprestandosi a raggiungere la porta. Ma…
“Aspetta un attimo… Tutto qui?”. La mia voce, fredda e tagliente, irrompe nel silenzio, lasciandola spiazzata, talmente tanto da essere costretta a bloccarsi sul ciglio della porta.
“Cosa vuoi dire?” chiede, fingendo di non afferrare.
Io davvero  non capisco. Sono sempre più confuso. I suoi atteggiamenti iniziano a confondermi sul serio.
“Sei venuta qui, nella mia stanza, nel cuore della notte, solo per dirmi…questo?”.
Le mie parole, scandite una per una, la mettono a disagio.
“Beh sì…”.
Ha di nuovo quello sguardo timoroso, ma è diverso.
I miei occhi stanno indagando a fondo. Vogliono scrutare ogni sua mossa, per capire la verità.
Sono sicuro che non sei venuta fin qui solo per dirmi questo, Sarizawa.

E te lo dimostrerò.

I’m a flame


 “Potevi aspettare domani per dirmelo” gli faccio notare, avanzando di un passo verso di lei.

You’re a fire

“Beh, sì, ma dato che sarei andata via presto e non ci saremmo visti, ho pensato di dirtelo direttamente”. Bugiarda.

I’m the dark in need of light

Avanzo di un altro passo.
“Avresti potuto telefonarmi…”.
Lei indietreggia. “O mandarmi un messaggio”.
Di nuovo avanzo e lei indietreggia, finché la sua schiena arriva a toccare la parete.
“E’ vero, hai ragione…io… avrei potuto mandarti un messaggio… o….telefonarti” confessa colpevole.
Come pensavo…
“Dunque, perché sei venuta nella mia stanza?”. E nel porgerle questa domanda, metto una mano sulla parete e inclino la testa, quanto basta ad arrivare a pochi centimetri dal suo viso.
Mi osserva in modo strano.
La mia vicinanza le ha mozzato il respiro, le è divenuto più corto, lo noto anche dagli impercettibili movimenti del suo petto sotto la felpa.
Credo di poter osare un po’ di più ora.
Premo di più la mano sulla parete, mentre con l’altra sfioro un lembo di pelle della sua gamba, sotto la felpa e questo gesto basta a farla trasalire.


When we touch, you inspire
Feel the change in me tonight


Dal modo in cui mi guarda, beh, sembra mi stia chiedendo di più.
Basta.
Ormai è chiaro ciò che sta per succedere.

So take me up, take me higher
There’s a world not far from here


Accorcio sempre di più le distanze tra i nostri visi, fino quanto il mio naso sfiora il suo.
Lei chiude gli occhi e così faccio anch’io, lasciandomi trasportare solo dalle sensazioni del mio corpo.
Sembra quasi che il tempo si sia fermato.
Ci siamo solo io e lei, in piedi, avvolti dalla penombra di questa stanza.


We can dance in desire
Or we can burn in love tonight


Avverto il calore del suo corpo e del suo respiro e non so perché io stia perdendo tempo.
Non ho mai indugiato così tanto.
Di solito non amo farlo così.
Ma ammetto che non mi sta dispiacendo. Anzi, ogni secondo accresce di più il mio desiderio.
Vorrei che fosse lei a fare la prima mossa, a catturare avidamente le mie labbra, ma ho la netta sensazione che non lo farà.


Our hearts alive, firestones
And when they strike, we feel the love


Sta a me fare il passo successivo e decido di farlo accarezzandole una calda guancia e quando alza il collo, ne sfioro la superficie con le labbra, una, due e tre volte, dolcemente.
Senza rendermene conto le ho abbassato la zip e fatto scivolare a terra la felpa, lasciandola soltanto in intimo.


Sparks will fly, they ignite our bones
But when they strike, we light up the world


Abbandono il suo collo, per soffermarmi a fissarla un attimo, dalla testa alle caviglie e poi, quasi in automatico, tolgo in un rapido gesto la mia maglietta, abbandonandola alla rinfusa sul pavimento.
Iniziamo a fissarci intensamente, senza dire niente.
Ma non servono le parole.

I’m from X, you´re from Y
Perfect strangers in the night
Here we are, come together
To the world we´ll testify

Il modo in cui lei mi guarda mi ha già comunicato tutto.
E senza perdere altro tempo, prendo il suo viso tra le mani e unisco rapidamente le mie labbra alle sue, dando inizio a una serie di baci che piano piano si approfondiscono sempre di più. Il mio corpo ha intrappolato quello suo, premendolo contro questa parete, e le mie mani percorrono desiderose ogni centimetro della sua pelle.
Non so spiegarlo bene, ma è come se avessi desiderato questo momento da tutta la serata.
Le mie mani si fermano sui suoi fianchi e senza staccarmi dalle sue labbra, la conduco sul letto, dove la faccio sdraiare lentamente sotto di me.
Una voce nella mia testa mi dice che forse tutto questo non dovrebbe succedere.
Che forse avrà delle strane conseguenze.
Ma decido comunque di ignorarla.
Non voglio fermarmi.
Proprio non voglio.






















Ciao a tuttiiii!
Eccomi ritornata con un capitolo scoppiettante XD
Vi aspettavate una cosa simile??
Quello che molti di noi stavano aspettando è successo!
Le circostanze hanno voluto (sì, le circostanze molto casuali) che Anya rimanesse a dormire a villa Hiwatari XD e ho trovato la scusa per farli incontrare e coff coff XDD
Questo capitolo è stato partorito dopo molte settimane e anche se l’ho scritto da poco, la mia mente ci rimuginava spesso e cercava di capire come renderlo decente.
Non sono brava a descrivere certe scene e così lascio alla vostra immaginazione ciò che stanno facendo XDDD
Spero di non aver deluso le vostre aspettative. Purtroppo trascrivere ciò che avevo in mente è stato molto difficile, talmente tanto che ho dovuto riscriverlo più volte. Questa è la versione che reputo più decente.
E quindi vi lascio così, con questa scena e col un grande quesito amletico: domani, questi due, come faranno l’esame? XDD non hanno dormito per niente!
Le frasi in inglese che trovate lì in mezzo sono prese dalla canzone  Firestone di Kygo e Conrad Sewell. Vi suggerisco di ascoltarla per capire un po’ l’atmosfera che si respirava in quella stanza XD
Bene, vi ringrazio come sempre per essere giunti fin qui. Fatemi sapere cosa ne pensare, se vi va.
D’ora in poi le cose in questa storia inizieranno a prendere una strana piega.

Grazie ai lettori, recensori e tutti.

A presto!

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Capitolo 56
*** Il giorno dell'esame ***


 

Ho perso il controllo del mio corpo. I miei piedi si muovono all’impazzata, uno dopo l’altro, e le mie mani cercano di aprire un varco per permettermi di attraversare una folla di studenti.

Sono le 10.54.

È tardi.

Anzi, è tardissimo.

In un rapido gesto apro la porta che conduce ai piani superiori di questa scuola, che un tempo frequentavo giornalmente, e trattenendo il respiro, salto da un gradino all’altro sino al terzo piano, dove si terrà l’esame finale.

Percorro il lungo corridoio correndo, rallentando in prossimità di ogni porta per verificare se sia quella giusta.

L’aula corretta dovrebbe essere in fondo al corridoio: l’aula C-8.







 

***









 

L’ultimo candidato presente, dopo i controlli dei documenti da parte del presidente di commissione, prende posto a sedere, in un banco nella fila parallela alla mia. Non mi aspettavo di vedere tanta gente provare questo esame, soprattutto persone di ogni età. Il più anziano credo abbia 56 anni.

Non è un po’ tardi per diplomarsi?

Ad ogni modo, la cosa che mi preoccupa è che Anya non sia ancora arrivata. Osservo il presidente di commissione controllare con aria seria il suo orologio al polso e, istintivamente, anch’io punto gli occhi sul mio e scopro, amaramente, che mancano meno di due minuti all’inizio del test.

Cavoli, Sarizawa, dove sei?, penso tra me e me osservando un banco rimasto vuoto.

Perchè stamattina sei sparita?

Il presidente si alza dalla sua sedia, scambia qualche commento a bassa voce con i suoi colleghi e avanza lentamente in direzione della porta, suppongo per chiuderla.

E di nuovo, punto gli occhi accigliati sul quadrante del mio orologio.

Non può essere davvero così stupida da non presentarsi…






 

*** 









 

Manca poco.

Pochissimi passi e raggiungerò la mia destinazione:l’aula C.8 che, ommioddio, un tizio sta per chiudere!

“Aspetti!!!” urlo all’improvviso, non appena vedo la porta in procinto di chiudersi quasi di fronte alla mia faccia. “Mi dispiace, non ho fatto in tempo prima. Ho corso più veloce che potevo, il lavoro…la…la…”. Non ho più fiato, non riesco a parlare, mi fa male il fianco destro ad ogni respiro.

“E’ fortunata, mancano 30 secondi, si sbrighi a mostrare i documenti!” asserisce serio e impassibile, invitandomi ad entrare.

Uff, meno male, ce l’ho fatta per un pelo. Non ricordavo fossero così indulgenti in questa scuola.

Avanzo verso una cattedra dietro cui sono seduti dei professori e mostro i miei documenti. Dopo una manciata di secondi, mi consegnano una penna e dei fogli e mi invitano ad accomodarmi in terza fila, nell’unico banco vuoto.

Solo quando mi giro mi rendo conto di quante persone ci siano, ma solo una di queste mi salta subito all’occhio, seduta proprio in quarta fila, in un banco posizionato trasversalmente al mio. Distolgo subito lo sguardo altrove e lo tengo di proposito fisso sul banco che mi appresto a raggiungere. 

Non ho il coraggio di guardarlo, non dopo ciò che è successo stanotte.

Solo quando mi siedo e il presidente ci comunica il via di inizio al test mi ricordo perché mi trovo qui: ho un esame da sostenere.

Mio dio, ma io non mi ricordo niente!

Gli altri candidati intorno a me scrivono già qualcosa e io, nonostante continui a tenere fissi gli occhi sulla prima domanda, non riesco a leggerla.

Mi sento lo sguardo penetrante di Kai addosso, e pesa, pesa tanto.

Ho l’ansia…







 

*** 








 

Contro ogni mia aspettativa, Sarizawa è riuscita ad arrivare in tempo. Mancavano pochi secondi. Davvero sorprendente, lo ammetto. 

Meno sorprendente è stato, invece, il fatto che mi abbia ignorato. Il suo sguardo sfuggente era alquanto prevedibile.

Il test è iniziato da circa cinque minuti e, non so il perchè, invece di cominciare, fisso pensieroso la sua schiena. Nemmeno lei ha iniziato a scrivere…

Ci sono dei pensieri che mi tormentano da stamattina: il fatto che sia venuta nella mia stanza, quello che è successo subito dopo, il non averla trovata stamattina al mio risveglio…Ho persino chiesto a Reina, quando sono sceso in cucina, se l’avesse vista uscire. Ma niente…

Basta, Kai.

Lascia perdere questi pensieri, per qualche ora, e fai questo benedetto esame, ma soprattutto superalo, o non avrai accesso a nemmeno un decimo dell’eredità del vecchio!









 

***









 

Sto procedendo molto lentamente a differenza dei miei vicini di banco, che sembrano essere già arrivati ai quesiti della terza pagina. Il fatto di essere ancora alla terza domanda da più di dieci minuti mi scoraggia e non poco.

Non so se sia dovuto al fatto di non avere studiato abbastanza, all’aver dormito poco ed essermi svegliata presto, a quello che è successo…mio dio. 

Stringo con forza la penna, chiudendo gli occhi, nel vano tentativo di cancellare dalla mia mente alcune immagini e scene tratte dalla notte scorsa.

Quando stamattina ho aperto gli occhi e mi sono resa conto di dove ero, ovvero nella camera da letto di Kai Hiwatari, ho represso dentro di me un grido di disperazione. E’ stato difficile e se ho mantenuto la calma è stato solo perché non volevo che si svegliasse. Dormiva beatamente seminudo nell’altra parte, a pancia in giù, a pochi centimetri dal mio volto.

Cavolo, se si fosse svegliato sarebbe stata la fine.

Così ho stretto i denti e ho provato ad alzarmi senza emettere il benché minimo rumore. C’è stato un momento, ahimé, dove si è mosso. Mi sono ritrovata immobile, al centro della stanza a fissarlo impaurita. Ma fortunatamente si era solo girato dall’altra parte, tornando a dormire.

Dopodiché sono fuggita indisturbata da villa Hiwatari.

E per tutto il tragitto, fino in caffetteria, mi sono data mentalmente della stupida per la grande sciocchezza che avevo fatto. 

E mi sto dando della stupida anche adesso, sia per quello che ho fatto con lui, sia per non riuscire a svolgere questo test.

Ma chi me l’ha fatto fare?






 

“Mancano quindici minuti alla fine della prova” annuncia il professore a gran voce.

Cooooosa?!?

Quindici minuti? Ho capito bene?

Al suono di queste parole, tutti intorno a me iniziano a girare le pagine e controllare le loro risposte, mentre io rimango immobilizzata a fissare un punto vuoto sul mio banco. Ho risposto alla maggior parte delle domande, ma me ne restano dieci da svolgere e non avrò il tempo di rivedere alcune delle risposte di cui non mi sento sicura.

Oh santo cielo, non ho saputo gestire il tempo a disposizione, eppure sembrava bastarmi.

Basta perdersi d’animo, Anya.

Fai un bel respiro profondo e cerca di risolvere più quesiti che puoi, comunque vada, avrai fatto del tuo meglio.

Ma lo sconforto prende il sopravvento nel momento in cui mi rendo conto che alcuni dei candidati si alzano con in mano il loro compito già finito! Ma come hanno fatto??

Ed entro ancor più nel panico quando noto Ka Hiwatari consegnare il suo foglio alla commissione ed uscire dall’aula riservandomi un'occhiata di sbieco.

Non posso crederci! Ha finito prima di me? Come ci è riuscito? 

Non può essere…

Sono solo io la capra qui dentro?

Beh, in realtà c’è ancora qualche povero disgraziato che come me cerca di rispondere alle ultime domande.

Non mi resta che tentare il tutto per tutto…
















 

Il tempo è scaduto, come ha appena annunciato ufficialmente il professore.

Con sguardo afflitto mi alzo e consegno il test, imitata da tutti gli altri. Una volta uscita dall’aula, mi osservo intorno, per controllare se vi sia traccia di Kai nei paraggi del corridoio. 

No.

Nessuna traccia. 

Via libera.

Sistemo meglio la tracolla in spalla e ripercorro a ritroso il percorso verso l’uscita di questo edificio infernale. E quando raggiungo l’atrio, ahimè, vedo Kai seduto su una panchina.

Pensavo fosse andato via. Lo speravo. Davvero tanto!

Immagino lo abbia fatto per aspettarmi.

Per andare via devo necessariamente passargli davanti, e per quanto tentata sia di ignorarlo e fare finta di non vederlo, so che non posso farlo e che questo complicherebbe ancora di più le cose. 

E’ impossibile sfuggire a Kai Hiwatari.

Sarebbe come sfuggire alla morte.

Prima o poi dovrò incontrarlo.

Non posso evitarlo per sempre, purtroppo!

E va bene, Anya, comportati naturalmente, come se nulla fosse successo. Comportati come farebbe lui.

Sii Hiwatari.

Esatto Anya.

Agisci come farebbe lui.

Non dando la minima importanza a ciò che è successo.

So che si comporterà in questo modo, non dirà nulla sull’argomento, dando per scontato che sarò io a iniziare il discorso e pretendere delle spiegazioni.

Beh, stavolta non sarà così.

Sistemo di nuovo la borsa in spalla, prendo un profondo respiro e mi avvicino.








 

*** 



 

Sono riuscito a finire prima del tempo. Ho risposto a tutte le domande, seppur in alcune abbia scritto poco o cose di cui non sono poi tanto sicuro.

Non importa.

Non voglio il massimo dei voti.

Non è mai stato questo il mio obiettivo.

Voglio solo ottenere questo diploma, anche col punteggio minimo.

Avrei dovuto rivedere le risposte, ma una volta finito ho desiderato soltanto di uscire da quell’aula. Così ho consegnato e mi sono messo qui su questa panchina a fumare e controllare i messaggi ricevuti.

“Ciao…” sento dire da una voce alle mie spalle.

Ha finito anche lei, finalmente.

Non mi aspettavo venisse a salutarmi, in realtà. Mi chiedo come mai non sia uscita dal retro non appena mi ha visto.

“Ciao…” replico, alzando lo sguardo verso di lei.

Silenzio.

Ecco che mi stanno tornando in mente i pensieri di prima e ciò mi porta a distogliere lo sguardo per primo e fingo di fissare altrove.

“Ehm… Hai finito prima, wow” esordisce quasi sforzandosi di aprire una conversazione. “Io mi sono presa tutto il tempo e non sono riuscita…insomma…a rispondere a tutti i quesiti, spero di passarlo” conclude poi, fissando un punto del prato.

“Beh io ho risposto a tutto, ma non sono sicuro che sia tutto corretto” spiego brevemente.

E di nuovo il silenzio e sguardi persi nel vuoto.

Non credevo sarebbe stato così imbarazzante…

Cosa dovremmo fare? Chiarire? Chiarire cosa sia successo stanotte?

Beh, lo sappiamo entrambi cos’è successo.

Forse dovremmo capire perché è successo? O cosa abbia signif…

“Adesso devo tornare al lavoro, ciao!”.

Ma prima che questo pensiero possa prendere forma nella mia testa, lei se ne va, congedandosi con questa frase e questo “ciao” che risuona nella mia mente in modo strano.

Ma ciò che mi stranisce di più è stato il suo atteggiamento apparentemente distaccato. Come se non fosse successo niente.

Solo io sto pensando a quello che abbiamo fatto?

 

Insomma, non è da lei.

Come non è da me pensare e ripensare al fatto di essere andato a letto con una ragazza.

Il problema è che lei non è una ragazza.

Cioè, sì, è ovviamente una ragazza, ma non una qualsiasi.

E’ la madre di mia figlia.

Dannazione…















 

“E dunque aumentando il profitto di alcuni immobili, possiamo beneficiare del…”.

E’ pomeriggio e sono immerso in una delle solite stressanti e noiose riunioni. Per quanto io mi stia sforzando di seguire il discorso di questo dipendente, non riesco proprio a seguirne il filo logico. Sempre che ci sia! 

Di che diavolo sta parlando?

Avrei dovuto annullare questa riunione.

Ho già sprecato tutte le mie energie stamattina svolgendo quell’assurdo esame. Per non parlare del fatto che ho dormito circa tre ore stanotte. Ammetto che è stata una nottata intensa.

“Dunque, cosa ne pensa signor Hiwatari?” mi viene chiesto all’improvviso, mentre sono distratto da pensieri che esulano completamente dall’argomento della riunione.

Tutti mi osservano in attesa di una risposta.

Cosa ne penso?

beh..

Non ho voglia di parlare, come non ho voglia di stare qui.

“Che ho bisogno di un caffè!” asserisco con nonchalance, alzandomi e uscendo dalla sala riunioni, sotto lo sguardo costernato dei presenti.

Ho davvero bisogno di un caffè…














 

***












 

“Ecco a voi il vostro caffè!”.

Adagio delicatamente le due tazzine sul tavolo e una volta di ritorno al bancone, i miei occhi puntano casualmente verso le vetrine e scorgono, oltre le ampie finestre, una pericolosa figura umana in avvicinamento.

Sta per entrare qui dentro.

Oh no…

Non voglio vederlo.

Devo nascondermi!

In due o tre rapidi balzi, raggiungo la cucina e convinco Dana ad aiutarmi, nonostante lo sguardo seccato che mi sta riservando.

“Ti prego, va’ là e se ti chiede di me, dici che non mi hai vista, che sono andata via, non so, inventa qualcosa!” la supplico disperata.

“Si può sapere perchè?”.

“Non c’è tempo per spiegare!".

“Mio dio, con te ne succede una ogni giorno…” mormora acidamente, uscendo dalla cucina.








 

**** 








 

Non so il perché io abbia deciso di venire qui.

Volevo un caffè, è vero, ma avrei potuto benissimo prenderlo in una di quelle scadenti macchinette dell’azienda, o in un bar molto più vicino.

Invece, mi sono messo in macchina e, guidato da non so cosa, mi sono ritrovato qui di fronte a questa caffetteria.

Apro la porta principale, provocando quel fastidioso tintinnio che non ti fa mai passare inosservato e mentre raggiungo il bancone mi osservo in giro, alla ricerca di Sarizawa, anche se di lei non sembra esserci traccia. C’è solo quella burbera cameriera che mi osserva in modo minaccioso.

“Vuole ordinare?”.

E che ogni santa volta fa finta di non riconoscermi.

“Puoi chiamarmi Anya?”. Vado dritto al punto senza perdermi in troppi convenevoli, cosa che sembra infastidirla alquanto.

“Sei qui per ordinare il piatto forte di questo bar, ma mi dispiace, Anya non c’è!” conclude acida, iniziando a lucidare il bancone.

Ti sembro stupido forse? Ma decido di tenere per me questo commento.

“E dov’è?” domando seccato, fissando sospettoso verso la cucina.

“Non lo so, è dovuta andare via qualche ora fa, aveva delle cose da sbrigare, non so quando tornerà!” spiega in modo molto vago, facendo spallucce con aria innocente.

Fin troppo innocente.

Non lo so, non mi convince e il mio sguardo glielo sta comunicando.

I miei occhi si muovono insospettiti prima su di lei, poi sulla tendina che separa la cucina dal resto della sala, e di nuovo su di lei e poi ancora su quella tenda.

“Allora, vuoi ordinare qualcosa o no?” chiede con impazienza.

“No…” rispondo infine, con una nota risentita nel tono di voce, voltandole le spalle per andarmene con l’amara consapevolezza che sarebbe stato meglio bere quell’orribile caffè dell’ufficio e ritornare a quella noiosa riunione.








 

****







 

“Pericolo scampato!” mi avvisa Dana, avvicinandosi alla sottoscritta che se ne rimane ancora nascosta in un angolo della cucina, dietro il frigorifero.

Al suono di queste parole, tiro un respiro di sollievo, anche se ciò non mi aiuta a sentirmi più leggera.

“Perché ti nascondi da lui?” domanda quasi divertita. “Cos’è successo?”.

“E’ successo ciò che non doveva succedere…”. 










 

Più tardi nel pomeriggio vado a prendere Hope a scuola e insieme ci accingiamo a raggiungere casa. 

Durante la serata ricevo una email che mi avvisa di aver superato l’esame con 66 su 100. Un voto alquanto deprimente, lo so,  ma che comunque segna una minima vittoria. Ho avvisato tutti e hanno iniziato a mandarmi complimenti e congratulazioni via messaggi e telefonate sia Hilary, Yuri e Boris, che i miei genitori. Loro erano davvero contenti, tuttavia ho evitato di rivelare il voto esatto. Diciamo che sanno che ho preso 90, non avrei sopportato i commenti di mio padre a riguardo.

Quando si fanno le undici e la stanchezza prende il sopravvento, mi alzo dal divano, metto Hope a letto e mi dirigo in camera mia per godermi un po’ di meritato riposo.

Oggi è stata una giornata intensa.

Ma non ho il tempo di alzare le coperte, perchè uno strano rumore mi prende alla sprovvista.

Sbaglio o hanno suonato alla porta?

A quest’ora?

Indosso di nuovo la vestaglia e mi avvio a controllare se vi è qualcuno alla porta e, quando il mio occhio guarda attraverso lo spioncino, rimango impietrita.

E’ Kai.

“Chi è?” domando quasi stupidamente mordendomi la lingua.

“Sono io, apri la porta!” asserisce con voce seria e penetrante.

“Ma Kai, è tardi…”. Cerco di avanzare una scusa plausibile, anche se non serve a molto.

Io non voglio parlare con lui. Non adesso. Non a quest’ora.

Che palle…










 

***







 

Ero in un bar a bere una birra con Boris, quando all’improvviso non lo so, ho avuto una strana sensazione. Mi sono alzato mollandolo lì da solo, ho preso la macchina e sono venuto qui a casa di Anya.

Ho pensato: è da tutto il giorno che mi sfugge, non può fuggire se la trovo in casa.

“Puoi aprire? Devo dirti una cosa…” tento invano di convincerla.

E non capisco nemmeno io perché lo stia facendo. Non è da me pregare le persone.

Alla fine cede e la porta si apre.

“Cosa vuoi a quest’ora?” chiede seccata mentre avanzo per entrare, nonostante lei non sembri molto incline a ricevermi.

“Sbaglio o mi stai evitando?” domando secco e conciso, fissandola dritta negli occhi.

“Io? evitando? No…” mente, fingendo di non capire.

“Credi che non sappia che oggi eri nascosta in cucina?” le faccio notare col tono di chi la sa lunga.

“Ti sbagli” mente ancora una volta, lasciando trapelare un certo nervosismo.

Ma il modo in cui la fisso fa crollare ogni suo tentativo di costruire un muro di difesa. “E va bene…forse sì, ti stavo evitando!” ammette colpevole, sospirando.

“Posso sapere il perché?" domando, forse ingenuamente.

Il suo sguardo quasi non crede alla mia domanda.

“Davvero, Kai? Vuoi davvero che te lo spieghi?”.

“E’ per ciò che è successo l’altra sera?”.

“Sì, ascolta Kai, io…io, insomma, è stato un errore!” sbotta all’improvviso, come se queste parole le avesse trattenute per troppo tempo. “Un terribile errore!” ci tiene a precisare.

E’ stato addirittura così terribile?

“Io non volevo che succedesse!”. Ma prima che io possa parlare è lei a mettere le mani avanti. “Sì, ok. Lo so, sono venuta io nella tua stanza! Se sono venuta con l’intenzione di fare quello? Non lo so! So solo che io, beh, ero lì, e tu eri lì e…grrr!”. Porta le mani alla testa con fare disperato, mentre io rimango lì in piedi a fissarla perplesso.“Non dici niente? In fondo sei tu che sei venuto per ‘parlare’” mi ricorda, mettendo tra virgolette l’ultima parola.

E’ vero, sono venuto qui per “parlare”, ma in realtà non sapevo cosa dire con precisione. Ho aspettato che facesse tutto lei, come al solito.

“Ascolta, voglio che facciamo finta che non sia successo. Davvero! Io non so come giustificare quello che abbiamo fatto. So solo che era da troppo tempo che io… Beh, gli ormoni, la tensione, non lo so! So solo che non doveva succedere e basta! Non voglio che si crei imbarazzo tra di noi. Abbiamo una figlia e dobbiamo agire in modo sensato e provare ad andare d’accordo per lei. Quindi, beh…possiamo fare finta che non sia successo niente?” propone infine, giungendo le mani in segno di supplica.

Me ne sono stato in silenzio tutto il tempo a fissarla e a cercare di seguire il filo logico del suo discorso. Ho pesato ogni singola parola e credo di essere giunto alla risposta che stavo cercando.

“Quindi volevi solo…scopare?” domando serio e pungente, con una nota leggermente infastidita, quasi come se la cosa mi disgustasse.

E queste parole la lasciano un po’ spiazzata, quasi come se per la prima volta la verità le fosse stata sbattuta in faccia.

“Io…ecco…probabilmente sì…” ammette in un fil di voce, quasi come se se ne vergognasse.

Ecco, era quello che volevo sapere.

Non sono sicuro se era ciò che volevo sentirmi dire, ma…non ha importanza.

“Ok, va bene” dichiaro in tono calmo, “Volevo solo sapere se anche per te era stata solo una scopata fine a se stessa, per non creare fraintendimenti!” spiego come se fosse una cosa ovvia.

“Sì…è stata solo una cosa fine a se stessa” ripete lei.

Cala il silenzio.

I nostri sguardi vagano in punti indefiniti dello spazio e quando il silenzio inizia a farsi pesante, decido che è ora di andare via.

“Dato che abbiamo chiarito, io vado…” annuncio, mettendo prima un piede e poi l’altro fuori dalla porta. E lo faccio lentamente, quasi come se ci fosse qualcosa a trattenermi. 

“Buonanotte!” saluta infine lei, chiudendo altrettanto lentamente la porta.

 

Non so, ma ho come l’impressione che non sia stato detto tutto, che ci siano delle parole e delle questioni lasciate in sospeso.

E’ una strana sensazione.

Credevo che venendo qui per chiarire si sarebbe risolto tutto.

Ma ho l’impressione che si siano solo complicate…























 

Holaaaa mi gente!

Ciao a tutti e ben ritrovati in questo capitolo partorito dopo mesi e mesi di agonia. Scusate ma ho avuto un blocco e ne ho sofferto parecchio, perchè il capitolo era nella mia testa ma non sapevo come scriverlo.

Ci sono riuscita infine, non so se bene o male. Mi sento un po’ arrugginita.

Il capitolo poi non era facile da scrivere, spero abbia un senso.

Lascio a voi i commenti, fatemi sapere. Non mi dilungo nelle spiegazioni, il capitolo penso (e spero) parli da sé. Cosa ne pensate di questo “chiarimento?”.

Ringrazio come sempre chi ancora mi segue!

 

Un abbraccio a tutti e alla prossima!

 

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Capitolo 57
*** Serata al sapore di vodka ***


“Continui a fissare quel bicchiere come se aspettassi che vi apparisse qualcuno da un momento all’altro”. E’ Boris a riportarmi alla realtà, con la sua solita ironia irritante. “Ed il fatto che sia ancora pieno è segno che qualcuno è troppo pensieroso per bere stasera…” aggiunge in tono saccente.

“Non fare l’Ivanov della situazione” puntualizzo irritato.

In genere,  è Yuri che psicanalizza le persone.

“Yuri è troppo impegnato a psicanalizzare i pannolini dei suoi marmocchi ultimamente” commenta con fare schifato, riuscendo a far disgustare persino me. E per cancellare dalla mia mente l’immagine di Yuri che cambia dei pannolini, beh, decido di bere, in un sol sorso,  il primo bicchiere di vodka liscia della serata.

“Sì, sei decisamente troppo pensieroso” ci tiene a precisare ancora una volta, osservando perplesso il mio modo di rigirare il bicchiere vuoto tra le mani. “A cosa pensi? O… a chi…pensi?” domanda in tono investigativo, mentre riempie di vodka i nostri bicchieri, quasi fosse un barista che fa bere i suoi clienti per invogliarli a parlare.

E sì, abbiamo ordinato una bottiglia di vodka intera, di cui Boris ha già dimezzato da solo il suo contenuto.

“ Non sto pensando proprio a nessuno” mi limito a dire scocciato,  “ e a niente…” ci tengo a precisare, per rispondere anche alla prima delle due domande.

“Ma lo capisco sai, insomma…hai il peso di un’azienda alle spalle, di un divorzio, a proposito, Eva si è fatta più sentire? Per non parlare del fatto che hai una figlia e…”.

Boris, con questo suo inutile discorso, inizia a farmi ricordare il perché io abbia sempre preferito Yuri a lui: Yuri sa farmi riflettere, non sa farmi incazzare.

“Vuoi darci un taglio!” asserisco alterato, strappandogli la bottiglia dalle mani, per riempirmi il bicchiere: adesso sì che ho voglia di bere. Grazie a lui adesso ricordo ogni singola cosa che opprime la mia vita da qualche tempo a questa parte.

“Anya!” esclama improvvisamente.

Ecco, ci mancava che menzionasse l’ultimo tassello per completare il puzzle.

“Ti ho detto di darci un taglio!” gli rimprovero, intimandogli con lo sguardo di smetterla di ricordarmi tutti i problemi della mia esistenza.

“No, voglio dire che c’è Anya” mi spiega, indicando la direzione in cui guardare.

Che cosa vuol dire che c’è Anya?, penso ad alta voce, senza rendermene conto, mentre lo osservo interrogativo.

“Proprio lì” e il suo dito punta ancora nella stessa direzione.

Il problema è che i miei occhi non vogliono seguire la traiettoria verso cui quell’indice sta puntando.

Mi sta prendendo in giro, ne sono sicuro. Non può esserci veramente Anya alle mie spalle.



 

***






 

“Non pensavo che il locale fosse così pieno”.

In effetti, c’è troppa gente per essere un martedì qualunque.

“Vado a chiedere se c’è un tavolo libero, aspetta qui!”.

“Ok” rispondo tranquillamente, osservandomi in giro. Tuttavia la mia tranquillità termina nel momento in cui i miei occhi scorgono una mano che si agita in mia direzione.

Boris??!!

Che diavolo ci fa qui?

Vorrei tanto fare finta di non averlo visto, ma…

“Che ci fai qui?” 

Alla fine decido di avvicinarmi al suo tavolo.

“Siamo qui a farci un drink”.

Siamo?

Spostando lo sguardo alla mia destra riconosco una figura che non avevo notato.

Wow.

Kai Hiwatari.

Che sorpresa.

Che gran gioia…

La mia faccia credo gli abbia rivelato già come io mi senta in questo momento, mentre la sua mi comunica…beh, niente, come al solito. Riesce sempre ad essere impassibile. Wow!

“Ti unisci a noi?” mi propone l’altro, riportandomi alla realtà.

“Ehm, in realtà io…”. Sono super imbarazzata, non so perché io mi stia agitando. 





 

***




 

Boris non stava affatto scherzando: Anya  è veramente qui.

Non so perché io non abbia molta voglia di vederla, non ci parliamo granché da giorni, al massimo qualche parola per prendere o lasciare Hope all’asilo.

Ma stasera era l’ultima persona che avrei voluto vedere, davvero. E cosa fa Boris? La invita pure al nostro tavolo.

“Eccomi, scusami se ti ho fatto aspettare!”. Una strana voce maschile, però, mi costringe a distogliere lo sguardo dal bicchiere. E questo chi è?
 


***




 

Ecco, non poteva essere il momento più sbagliato.

“Hai trovato un tavolo?” chiedo speranzosa al nuovo arrivato.

“No, dicono che sono pieni per stasera, se vuoi cambiamo locale, ne conosco uno non molto lontano da qui” mi propone e io sono subito disponibile ad acconsentire, tuttavia…

“Perché non vi unite a noi, guarda caso ci sono due sedie vuote” interviene a sproposito Boris, catturando l’attenzione del mio accompagnatore.

“Li conosci?” mi chiede, difatti, stranito dal fatto che uno sconosciuto ci chieda di unirci al suo tavolo. 

“No” rispondo prontamente, ovviamente mentendo.

Non voglio condividere la mia serata con loro, voglio fuggire da questo posto, il prima possibile.





 

***






 

Anya fa finta di non conoscerci, fantastico! E’ il mio momento.

“ Non stare ad ascoltarla, io sono Boris Huznestov” mi presento stringendogli la mano e nonostante lo sguardo di Kai mi stia intimando di non farlo… “E lui è Kai Hiwatari” decido di fare io la sua presentazione, beccandomi il suo sguardo più truce.

“Piacere, ma…li conosci davvero?” chiede ad Anya.

“Purtroppo sì” che conferma, non dimenticando di riservarmi uno sguardo assassino, che fa più paura di quello di Kai.

“Prego, accomodatevi, offriamo noi il primo giro!” li invito ancora una volta, mostrando loro la bottiglia di vodka, in realtà, quasi vuota.

A giudicare dalla faccia di Kai, sarà una serata divertente, me lo sento.

Per fortuna paga lui da bere…







 

***







 

Non vorrà mica accettare la proposta di Boris, spero.

“Non ti dispiace se ci sediamo con loro?”.

Sta scherzando, spero.

Questo non ha più l’aria di essere un appuntamento.

“Prego, siediti, come hai detto che ti chiami?”. La fastidiosa voce di Boris continua a trivellare le mie orecchie, ma la cosa che mi sconvolge è che, colui con cui pensavo di avere un appuntamento, gli dà corda, insomma, si è limitato a farmi spallucce e si è seduto proprio al tavolo con questi due.

“Mi chiamo Sosuke”.

“Bene, Sosuke, ti piace la vodka? Anya, che fai ancora in piedi, siediti con noi!”.

Senza scompormi più di tanto, ma limitandomi a stringere i pugni lungo i fianchi, decido di accomodarmi anch’io a questo tavolo, trovandomi di fronte, ahimé proprio Kai…







 

*** 






 

Tutto ciò non ha senso. Io ucciderò Boris, stasera, quando ci saranno meno persone che potranno testimoniare il suo assassinio.

Per ora mi limito a fare finta di non essere qui, come penso stia facendo Anya. A giudicare dalla sua faccia sperava che la serata finisse in modo diverso.

Beh, mi dispiace per lei.

“Com’è che vi siete conosciuti?”.

Lo odio.

A questa domanda, Anya si irrigidisce, mentre Sotzuki, o Satsuki, o come diavolo si chiama, cerca la sua complicità per decidere di raccontare il loro incontro.

Wow, non vedo l’ora di ascoltarlo.

Mi sanguinano già le orecchie al solo pensiero.

“Ci siamo conosciuti sui social, beh in realtà Anya ha iniziato a mettere like alle foto e…”.

A queste parole non posso non trattenere un sarcastico wow, che fuoriesce come un soffio dalle mie labbra e che cattura l’attenzione di Anya.

“Hai deciso di ascoltare il mio consiglio!” si pavoneggia Boris, congratulandosi con l’amica.

Un altro altrettanto ironico wow stava per fuoriuscire dalla mia bocca, ma stavolta decido di trattenerlo dentro di me, per non destare inutili sospetti.

Ho bisogno di bere, ma la bottiglia sul tavolo è già vuota.

“Beh sì, ho messo qualche like, ma sei stato tu a scrivermi per primo!” ci tiene a precisare Sarizawa.

Una storia davvero emozionante, chiamo la cameriera per avere un’altra bottiglia e un secchio in cui vomitare.

“E voi come vi conoscete?”.

Possiamo passare direttamente alla parte in cui ci salutiamo e facciamo finta di non esserci mai conosciuti?

“Io ho un’officina meccanica” rivela senza motivo Boris.

“Nessuno te l’ha chiesto!” mormoro acidamente a bassa voce, beccandomi una gomitata.

“Davvero? Wow , guarda caso io ho un problema all’auto. Ti occupi anche di verniciatura per caso?” domanda l’altro, mostrando un interesse che va al di fuori di ogni portata.

Fanno sul serio questi?

Io me ne vado…










 

*** 






 

Non posso credere al fatto che questi due che si conoscono, da quanto? da cinque minuti?, e stiano seriamente chiacchierando di auto e carrozzeria come se fossero amici di vecchia data.

Insomma, e io?

Era il mio appuntamento questo!

E’ vero, l’ho tempestato di like sui social perché volevo la sua attenzione. Beh in realtà non è che volessi veramente la sua attenzione, volevo solo che qualcuno mi distraesse da certi pensieri e problemi.

Il problema è che, adesso, questi pensieri e questi problemi sono seduti di fronte a me a bere vodka.

Mi aspettavo qualsiasi cosa da questa serata, ma non che avrei avuto davanti proprio Kai.

A proposito, se lui è qui…

“Dov’è Hope?”. Decido di rivolgergli la parola per la prima volta questa sera.

“Mi fai sempre la stessa domanda e la risposta è sempre la stessa: è con Reina!” risponde acido e antipatico, come solo lui sa fare.






 

*** 






 

Dato che Mister Sozuke, o come si chiama, la ignora, decide di rivolgermi la parola: sorprendente!

“Dovresti starci tu con Hope, non la cameriera!” sottolinea pungente.

“Cosa cambia?” mi limito a dire con nonchalance, per provocarla.

“Chi è Hope?” interviene la voce fuori campo di coso qui conosciuto sui social. Anya, inizialmente si paralizza, come se non si aspettasse che lui stesse ascoltando.

“Ecco, è mia…beh… nostra…cioè….” mentre balbetta mi fissa in maniera strana, come se cercasse aiuto, ma…in che senso? “E’ il nostro cane!” rivela infine in un sol soffio, lasciandomi perplesso.

Un cane?
“Un cane?” ripete Boris divertito, dando voce al mio pensiero.

E’ impazzita forse?

“Avete un cane?” chiede sorpreso Sotsuki guardando Anya, che a sua volta guarda me.

Abbiamo un cane?

Sul serio, Anya?

“Sì…” inizia a dire, improvvisando e fingendo persino un colpo di tosse. “Abbiamo un cane!” ripete, aggiungendo nulla di nuovo. Il che porta mister curiosone a porre altre domande scomode.

“Non me ne avevi parlato! Che razza è?”.

“Bull dog”.

“Levriero”. Alla voce di Anya si sovrappone quella di Boris, che non fa che complicare le cose.

“E’ un bull dog o un levriero?” domanda confuso, facendo sudare Anya, palesemente agitata dalla situazione.

“E’ un incrocio!” intervengo io, per cercare di salvare l’imbarazzante  situazione.

“Wow, un incrocio tra un bull dog e un levriero? Davvero bizzarro!”.

Già, bizzarro è la parola giusta.

“Vorrei vederlo, avete qualche foto?”.

“No, cioè…sì, ma sono nell’altro cellulare che non ho qui, ovviamente!” spiega Anya con un giro di parole assurdo.

“Peccato! Ci tengo a vederlo, ma tornando a noi…”.

Dato che mister Coso è tornato a parlare di auto e motori con Boris, Anya sembra tirare un sospiro di sollievo, cercando di evitare il mio sguardo che sembra comunicarle: sul serio? Un cane?...












 

***








 

E’ una delle serate più divertenti che io abbia mai vissuto. Beh, ce ne sono state di più divertenti in realtà, ma questa rientra nella categoria, di sicuro.

Vedere la faccia di Kai, infastidita dalla presenza di questo nuovo amico di Anya, è una goduria. Per non parlare dell’assurda conversazione su un cane di nome Hope avvenuta pochi minuti fa.

Dovrò raccontare tutto a Yuri, quando non sarà impegnato con i pannolini, s’intende.

La serata trascorre piacevolmente, almeno per me e questo tizio. Anya e Kai se ne stanno imbronciati giocando a evitare di incrociare lo sguardo dell’uno con l’altro, ma ecco che uno strano messaggio arrivato ad Anya, dona ulteriori risvolti alla serata…

“Reina mi ha appena scritto che Hope ha la febbre!” dice, rivolgendosi un tantino alterata a colui che le sta di fronte, che con la sua solita aria di sufficienza le risponde “Sì, lo so!”.

“Lo sai?! E non hai ritenuto importante dirmelo??” controbatte un po’ più alterata adesso, giusto quanto basta a far insospettire Sosuke, che assiste al battibecco tra i due alquanto confuso.

“Non me lo hai chiesto! Eri troppo impegnata evidentemente!” asserisce pungente Kai.

“Ma se ti ho chiesto dov’era Hope? Io mi preoccupo per lei, tu evidentemente no, dato che te ne sei uscito a sorseggiare vodka come se non contasse nulla!”. Ops, Anya si è appena alzata rabbiosa. “Devo andare da lei…! Scusami, devo andare, ci sentiamo!” si congeda di fretta, scusandosi col suo accompagnatore trovato sui social, il quale non sa cosa dire, se non un “Ok, tranquilla, se è un’emergenza vai!”.

E, difatti, Anya se ne va senza guardarsi indietro.

Anche Kai, dopo alcuni secondi di esitazione, si alza e se ne va, ma a differenza della nostra amica, decide di farlo senza proferire alcuna parola, come è solito fare.

E io, artefice di questa malefatta, rimango solo insieme a questo perfetto sconosciuto, che oramai non serve più ai miei scopi.

“Sono confuso…” inizia a dire, osservandomi perplesso “Sono molto apprensivi con questo cane!” , esordisce con una risata nervosa, mentre io, soffoco ogni possibile commento riempiendomi la bocca di vodka. Poi, ahimé, la domanda che temevo arriva: “Hope… è veramente un cane?”.

Boom!

Ci sei arrivato, amico.






 

*** 










 

“Si può sapere cos’hai nella testa?”.

“E’ solo un po’ di febbre! La situazione è sotto controllo!” cerco di rassicurarla, nonostante lei sia rossa di rabbia.

“Sotto controllo?” ripete furibonda, trattenendosi dal lanciarmi la borsa, mentre fa cenno a un taxi di fermarsi.

“Ti accompagno io, non c’è bisogno di un taxi”.

“Non voglio andarci con te!”.

“E’ casa mia, ti ricordo!”.

“Non mi interessa, rimani pure qui a bere con i tuoi amichetti!”.

“Il tuo amichetto vorrai dire!”.

“Non doveva andare così la serata!”.

“Oh immagino!” esclamo ironico. 

“Non ho tempo da perdere, vado da mia figlia se non ti dispiace!”.

“Adesso la chiami -tua figlia-, fino a poco fa l’hai paragonata a un cane!” le ricordo infastidito. “Seriamente, Anya? Un cane? Sei così disperata?”. E questa parola basta a bloccare la sua mano che stava per aprire la portiera del taxi appena arrivato.

“Come scusa?”.

Hai sentito bene… e non ho intenzione di ripeterlo.

“Cosa vuoi insinuare?” domanda in tono di sfida, avvicinandosi sospettosa.

“Non vuoi dirgli che hai una figlia, non è così?”. Adesso sono io ad avvicinarmi, un po’ più del dovuto, per soffiargli queste parole in faccia, la faccia di chi è stata scoperta.

“Non sono affari tuoi” si limita a dire.

“E’ così, quindi, che fai adesso pur di andare a letto con qualcuno? Fai finta di non avere una figlia?”.

“Questo non è vero, io mi preoccupo per Hope, mi sono sempre occupata di lei, a differenza tua che la lasci nelle mani di un inserviente mentre sta male! Temi che io diventi come te?” colpisce pungente. “Sei tu quello che ha una donna diversa quasi ogni sera…”. Cosa? Ogni sera? Ma per chi mi ha preso? “Sei tu che fai certe cose senza sentimento, ma solo per soddisfare i propri bisogni!”.

“Quindi quella sera a casa mia? Come la vogliamo interpretare?”.

Non so nemmeno io come siamo arrivati a questo discorso.

“Quello è diverso! Ti ho detto che è stato un errore e forse è l’unica volta nella mia vita in cui sono riuscita a mettere da parte i sentimenti, perché è stata solo una cosa fine a se stessa: tu eri lì e io ero lì, e forse ero, non lo so…”.

“In astinenza?” intervengo io ad aiutarla.

“Sì, forse ero in astinenza! Anzi lo ero, contento? Mi dispiace che sia stato tu l’oggetto di questo desiderio, e me ne pento, amaramente, perché tu non sei di certo una persona qualunque trovata sui social…” rivela quasi togliendosi un peso, ma allo stesso tempo assumendo l’espressione di chi si è pentita di aver confessato tutto ciò.

Cosa vuole dire che non sono una persona qualunque…

Non so perchè ma mi sento strano, sto quasi sudando. Sto-sudando e il cuore mi batte in petto come un martello pneumatico, in modo inspiegabile.

Che mi succede.

Deglutisco a secco, provando a stare calmo.

“Voglio dire che tu…sei…il padre di Hope, e abbiamo troppi…troppe…”. Anya fa fatica a trovare le parole giuste. Anche lei sembra agitata e respira in modo strano. “Io…non voglio problemi, Kai… ci siamo avvicinati solo perché abbiamo una figlia e dobbiamo andare d’accordo per lei, voglio solo questo. Nient’altro…”.

Voglio solo questo…nient’altro…

Il taxi suona, ed Anya indietreggia, fissandomi in modo strano, mentre io mi limito a stare immobile, con la mascella serrata osservandola salire sul taxi e andare via.

Solo quando l’auto sparisce dalla mia visuale, chiudo gli occhi e torno a respirare in modo regolare. 

Cosa voleva dire?
Ma soprattutto cosa diavolo mi è preso?

Quando Anya ha detto quella frase, sì, insomma, che io non sono una persona qualunque, mi sono sentito strano.

Ho iniziato ad avere palpitazioni e a sudare come se ci fossero ottanta gradi.

Credo sia stata la scadente vodka di questo paese.

Sì, inizia a farmi uno strano effetto…










 

Ciao  a tutti e a tutte!

Eccomi tornata dopo luuuuunghi mesi! Mi dispiace di avervi fatti aspettare così tanto, ma sono sopraggiunge forze superiori che mi hanno impedito di scrivere. 

L’ho scritto quasi tutto oggi perché sono stata colpita dall’illuminazione (forse per fuggire dalla realtà).

Spero di aver reso bene le mie idee in questo capitolo, non  stato facile. L’idea non era quella delle caldane di Kai XD ma lascio a voi interpretare questa strana sudorazione e palpitazione. Fatemi sapere se ho reso bene anche un po’ tutto. I feedback sono ben accetti, perché ammetto di essere arrugginita.

Grazie ai nuovi recensori e a quelli vecchi, spero di non aver deluso le vostre aspettative.

 

Un abbraccio



 

Henya

 

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Capitolo 58
*** Paranoie adolescenziali ***


Oggi in caffetteria ci sono più clienti del solito ed è strano, perché sono soltanto le dieci del mattino. Mentre corro da un tavolo all’altro per prendere ordinazioni o servire, vengo interrotta dal cellulare, posto nella tasca posteriore del jeans, che continua a vibrare insistentemente da un po’, ma non so come rispondere dato che ho le mani occupate da vassoi e vassoietti.

“Dana! Potresti aiutarmi, devi portare due caf….Dana?”. Ma dov’è finita? Penso tra me e me, guardandomi in giro alla ricerca della mia collega e badando bene, nel frattempo, ad adagiare due caffè sul tavolo senza rovesciarli addosso a queste due signore.

“Dana?”. 

Insospettita dalla sua assenza, abbandono la sala e mi avvio in cucina dove, una volta entrata, sono costretta a indietreggiare e nascondermi. Ma quello senza maglietta è Boris? O mio dio…e quella ragazza seduta sulla lavastoviglie che lui sta baciando focosamente è….Dana???

Non può essere!

Chiudo e riapro gli occhi come a non voler credere a ciò sto vedendo.

Dana e Boris? Ma da quand…

“Fai la guardona ora??”

Una voce alle mie spalle mi prende alla sprovvista, facendomi trasalire.

“Kai! Mi hai spaventata!” esclamo a bassa voce, portandomi una mano sul petto.

“Per questo non rispondi al cellulare? Ti eccita guardarli?” chiede quasi divertito.

“No! Stavo lavorando!” spiego facendo un gesto per scansarlo e uscire da questa cucina a luci rosse.

Com’è possibile che quei due si stiano baciando? Cosa mi sono persa? Ma soprattutto cosa vuole Hiwatari?

“Che vuoi?” gli domando infastidita, mentre preparo le prossime ordinazioni.

“Sono qui per scusarmi per ieri sera…” esordisce in tono pacato. E la parola “scusarmi” mi pare talmente strana pronunciata dalla sua bocca che sono costretta a fermarmi per osservarlo di traverso. 

“Tu…vuoi…scusarti?” ripeto allibita, talmente tanto da fargli pentire di aver detto quella parola.

“Che c’è di strano?” . Dalle scuse è passato all’autosarcasmo? Deve essere uno scherzo!

“E sentiamo…per cosa vorresti scusarti?”.

Sono proprio curiosa a questo punto.

“Per l’altra sera, per aver rovinato la tua serata con Sosuke” rivela sotto il mio sguardo sempre più perplesso. E sono così sconvolta che non so cosa dire o fare, se non guardarlo in modo sospetto.“So che, insomma, hai bisogno della tua intimità…” , ma cosa sta dicendo?, “...dopo quella sera in cui siamo stati insieme ho capito che fossi in astinenza da tempo e so che mi hai solo usato e, in fondo, mi va bene…” ammette in modo naturale, avvicinandosi. “Quindi, dato che per te quella notte è stata solo una cosa fine a se stessa e che hai messo da parte i sentimenti nel farlo, beh…sappi che se volessi rifarlo…io ci sto…”. Cosa? Ma che vuol dire? “Quando vuoi, sarò disponibile” conclude schietto parandosi di fronte a me e togliendosi in un rapido gesto la maglietta.

“Kai…cosa…siamo in caffetteria, riprendi la tua maglietta!” gli ordino, osservando imbarazzata i clienti in sala che, stranamente, non sembrano notare nulla. Continuano a sorseggiare i loro caffè e a chiaccherare, come se nulla stesse succedendo. “Lasciali perdere” mi consiglia in un caldo sussurro, accarezzandomi la schiena. “Vuoi divertirti o no?” propone in tono seducente mentre mi adagia sul bancone facendo cadere molti bicchieri a terra, che si infrangono in mille pezzi, e la cosa più strana è che i clienti non ne sentono il rumore.

Come diavolo è possibile??

“So che mi desideri” dice lui, iniziando a baciarmi sul collo.

“Kai, non mi sembra il luogo adatto…” gli spiego, provando a spingere le mani sul suo petto per allontanarlo, ma è come un muro di cemento. Dannazione, che diavolo sta succedendo?

“Potresti lasciarti andare come quella sera a casa mia” mi sussurra all’orecchio; e queste parole bastano a farmi rivivere nella testa scene e sensazioni di quella notte, finché a un certo punto tutto inizia a  confondersi…un secondo prima siamo in camera sua, sul suo letto e un secondo dopo siamo qui in caffetteria su questo bancone. Le sue mani percorrono ogni centimetro del mio corpo e le sue labbra giocano desiderose con le mie in una danza che inizia tutto sommato a piacermi, così tanto che non riesco più a fermarmi tanto da…

 

“Ommioddio no!” urlo svegliandomi di soprassalto, ansimante e sudata. “O mio dio…” ripeto, stavolta in modo più calmo, mentre adagio una mano sul petto per controllare che io sia reale.

Passati alcuni secondi, durante i quali il mio respiro e il mio battito sembrano essersi regolarizzati, faccio mente locale e mi accorgo di essere seduta sul mio letto, da sola e, puntando gli occhi alla sveglia, mi accorgo che sono solo le tre del mattino circa.

“Era solo…un sogno” mi ripeto a voce alta, quasi sconvolta.

Eppure sembrava così reale. Insomma, assurdo…certo, ma reale!

Emetto un sospiro di sollievo, ma anche di stanchezza e mi ricorico pesantemente sul letto per osservare il soffitto.

Perché mai avrò sognato una cosa del genere?

Dicono che i sogni non sono altro che desideri repressi.

Ma perchè l’oggetto del desiderio era proprio Kai Hiwatari?

Forse perché non faccio altro che continuare a pensare a quella notte, quella stupida notte, mannaggia a me! Ho cercato di eliminare dalla mia mente questi pensieri, provando a uscire con qualcun altro, ma non ha funzionato, sempre per colpa di Hiwatari.

Non ce la faccio più. Gira e rigira me lo trovo sempre davanti: a scuola, in caffetteria, a casa, nei pub e ora persino nei sogni. Sta diventando un incubo, anzi, ultimamente un incubo a luci rosse. Non è la prima volta che Kai mi viene in sogno, solo che stavolta è stato un sogno troppo spinto e la cosa inizia a preoccuparmi.

E poi perché c’era anche Boris senza maglietta? E che baciava Dana per giunta!

Che cosa vorra mai dire questo sogno?

Che forse Kai… mi piace?

Bah!

Kai non può piacermi, anzi non deve piacermi!

Lui è…solo il padre di Hope!

Insomma, lui è…

Sbuffo sonoramente, afflitta da questo pensiero… “Credo di avere un problema…” e devo risolverlo al più presto.











 

“Sembra che qualcuno non abbia dormito stanotte!” esordisce Boris, fissandomi con un sorriso che allude chissà a cosa.

“Già, non ho dormito, ma non per il motivo che pensi tu!” spiego immediatamente, a scanso di equivoci.

“Vuoi dire che con Sosuke…non è andata?” domanda curioso.

Ma cosa gli importa?

“Beh, dopo quella sera non si è più fatto sentire, grazie a te!” gli rimprovero risentita, mentre gli servo del caffè.

“Grazie a Hiwatari vorrai dire!” ci tiene subito a precisare offeso.

Già…Hiwatari.

“Beh ad ogni modo, non mi importa. Era solo uno stupido appuntamento”. Basta parlare di Sosuke! Sono stanca.

Boris intuisce il fatto che l’argomento Sosuke è chiuso e inizia a punzecchiare Dana, che in tutta risposta gli consiglia di tornare al lavoro e togliersi dai piedi. E questa scena mi fa un po’ sorridere: giusto la scorsa notte li ho visti nel mio sogno attaccati come due cozze mentre si baciavano!

“Che hai da sorridere tu? Porta questi due frullati al tavolo cinque!” mi ordina Dana in toni alterati, riportandomi alla realtà.

Sìssignora!





 

*** 








 

“Hope, stai attenta con quei pennelli!”.

“Ma la maestra vuole che finisco questo disegno con gli acquerelli!”.

“Ti avevo detto di metterti sul tavolo grande, non quello piccolo vicino al divano” le rimprovero in tono calmo ma autoritario.

“Ma qui mi viene meglio!” ribatte lei, continuando a dipingere il suo foglio,  pericolosamente vicino al divano bianco. Non che io tenga particolarmente a quel divano, ma odio che lei non mi ascolti e continui a fare di testa sua.

“Io dico che ti viene meglio su quello grande!”. E così, ignorando le sue lamentele, la afferro da dietro sollevandola, nonostante la sua resistenza.

“Papàà nooo!” urla quasi isterica, agitadosi come una matta tra le mie braccia. “Voglio stare làà!” si lagna fingendo di piangere. 

“Hope, smettila!”. Provo a farla calmare ,ma lei si torce e contorce così animatamente che non riesco nel mio intento di farla sedere sulla sedia. E nel suo continuo agitarsi, mi colpisce col pennello prima sul fianco, sul petto e poi sulla fronte e per poco, ha mancato l’occhio sinistro.

Dio, quanto sei testarda!

Penso tra me e me stringendo i denti.

Infine, il suono del campanello mi costringe a lasciarla andare e farla vincere ancora una volta.

“Non finisce qui, signorina…” mormoro tra me e me, mentre lei corre via furbetta, ritornando verso la sua postazione di lavoro preferita.

“Ho tutte le mani verdi per colpa di quei pennelli del cazzo…” continuo a mormorare, sbuffando.

Quando arrivo alla porta e la apro, mi ritrovo davanti Anya, che mi osserva dalla testa ai piedi in maniera strana.

“Cos’è…successo?” domanda in tono cauto.

“Chiedilo a tua figlia!”.

“Hai del verde sulla faccia…” mi fa notare, puntando il dito.

“Lasciamo perdere…” taglio corto, roteando gli occhi infastidito, mentre chiudo la porta.

“Hope, che hai combinato?”, domanda avvicinandosi pericolosamente alla piccola.

“Ti consiglio di non avvicinarti troppo!” le raccomando con sarcasmo, mentre mi osservo allo specchio e strofino col dito sulla fronte per cercare di togliere le macchie di colore.

“Papà voleva rovinare il mio disegno!” spiega la piccola peste, fingendosi tutta incollerita. 

“Io non credo sia andata proprio così” sento dire ad Anya, dopo aver visto il mio sguardo omicida rivolto alla bambina.

“Io voglio colorare qui!” torna a dire, con convinzione suprema.

“Senti, perché non lo finisci di colorare a casa nostra! Dai, raccogli le tue cose e andiamo!” le propone Anya, con una calma quasi innaturale. “Mi dispiace se oggi ti ha fatto penare! Ogni tanto ha i suoi momenti capricciosi” si scusa poi col sottoscritto.

“Ormai sono abituato” rispondo stanco e rassegnato.

Seguono alcuni minuti di inspiegabile e imbarazzante silenzio, durante i quali sia io che lei facciamo saettare lo sguardo in diversi punti indefiniti dello spazio, in modo che le traiettorie non si incrocino nemmeno per sbaglio.

Non capisco il perché, ma questi momenti di silenzio imbarazzante si stanno facendo sempre più frequenti negli ultimi tempi.






 

***








 

“Mamma, ho finito, possiamo andare!” esclama Hope, correndo verso di me col suo zainetto in spalla.

Oh, finalmente! Non riuscivo più a sopportare questo silenzio imbarazzante! Durante questi minuti, passati di fronte a Hiwatari, non ho fatto altro che immaginare le scene di quel sogno assurdo.

“Bene, andiamo!”.

“Aspetta!” 

Cosa vuole ancora Kai?

“Sì?”. Mi fermo sul ciglio della porta e mi sforzo, con tutta me stessa. di vedere di fronte a me il Kai di sempre, quello odioso e scontroso che mi fa sempre arrabbiare, e non quello sexy e seducente che mi fa arr…lasciamo perdere!

“Domani pomeriggio avrò da fare in ufficio, quindi andrai tu a prenderla a scuola” mi annuncia semplice e conciso, come sempre.

“Ok, nessun problema”.

E dopo questo breve dialogo, io e Hope usciamo da villa Hiwatari per tornare a casa.

Anya, smettila! 

E’ tutto nella tua testa…





















 

****




 

Sono appena uscito dalla doccia e con l’asciugamano attaccato alla vita mi siedo sul letto, per leggere dei messaggi sul cellulare che ho sentito arrivare mentre ero intento a togliere le macchie di colore dalla mia faccia.

Decido di ignorare le chat riguardanti il lavoro e passo subito in rassegna tutti gli altri, decisamente meno impegnativi. Boris, come al solito, mi invia video o immagini oscene; Yuri mi ha invitato alla sua cerimonia di laurea di specializzazione che si terrà questo fine settimana e infine Yasmine mi scrive se ho voglia di vederla stasera…

Sono uscito con lei già molte volte e ci siamo divertiti un po’, ma stasera non credo di essere dell’umore per fare certe cose, quindi…

  • per stasera passo- 

scrivo velocemente e senza pensarci due volte. 

La sua risposta arriva pochi secondi dopo ed è una faccina triste che decido di ignorare. Ma prima di posare il cellulare decido di fare una cosa che, da un po’ di tempo a questa parte, mi capita di fare senza, a volte, rendermene conto. E si tratta di ingrandire la foto che Anya ha messo nel suo profilo di chat: è una foto che la ritrae mentre sorride e abbraccia Hope. Non so nemmeno io perché lo faccio, so solo che non mi capita mai di vederla sorridere così, o meglio, lo fa, ma non in presenza del sottoscritto. Non che io mi impegni molto nel farla sorridere, anzi, sono solo bravo a farla arrabbiare…




 

***












 

Nel pomeriggio vado a scuola a prendere Hope. Tocca a me stavolta, dato che sua maestà Hiwatari ha da fare in ufficio.

“Mamma, posso giocare ancora con Mitzuki?” mi chiede timidamente Hope tirandomi un lembo della maglietta per avere la mia attenzione.

“Dobbiamo tornare a casa…la rivedrai domani!” la rassicuro nella speranza di convincerla.

“Ma dobbiamo finire un gioco!” lamenta imbronciata, mentre le afferro la mano per andare via.

“Lo finirete domani, vero Mitzuki?”. Il mio tentativo di trovare la complicità in una bambina di cinque anni fallisce miseramente quando noto la stessa espressione imbronciata di Hope sul suo volto- “E va bene, finite questo gioco, ma solo finché non verrà la madre di Mitzuki a prenderla!” le raccomando con aria autorevole.

Le due bambine ritornano contente a sedersi al banco e finire il loro gioco, mentre io decido, nell’attesa, di sedermi in un angolo del corridoio per controllare alcuni messaggi sul cellulare, di cui la maggior parte sono di Hilary.

  • Quindi chi porterai alla festa? Hai un accompagnatore?- mi ha scritto circa mezz’ora fa. E anche se si tratta di un messaggio scritto, posso perfettamente immaginare il tono allusivo con cui pronuncerebbe queste parole.

  • No! Non c’è nessun accompagnatore!!-  è la mia risposta secca.

 

Mentre attendo una risposta dalla mia amica, arriva una strana notifica che mi costringe ad avvicinare il telefono agli occhi e ad aguzzare la vista.

 
  • *A hiwatariK piace la tua foto su Instagram*

 

Lo rileggo più e più volte finché il mio cervello apprende appieno che questo utente di nome hiwatariK non è…

Kai?

Ommio dio, Kai ha messo mi piace ad una mia foto??

Ma…ma…

Io non l’ho mai visto sui social e non mi è mai venuto in mente di cercarlo, anzi, ho sempre pensato che lui non fosse tipo da social network.

La cosa si fa talemnte strana da costringermi a verificare l’autenticità di quell’account, ma l’assenza di foto e di informazioni personali non mi aiuta. L’immagine del profilo è un simbolo che ricorda vagamente quello della Hiwatari corporation… e poi il fatto che l’unico follower in comune sia Huznestov23, ossia Boris, conferma la mia ipotesi: si tratta veramente di Kai. E la domanda che mi sorge spontanea è…perché sta curiosando nel mio profilo e ha messo addirittura un like?

Non ho il tempo di provare a darmi una spiegazione plausibile perché qualcuno decide proprio ora di interrompere il flusso dei miei pensieri…

“Tu devi essere la mamma di Hope” sento dire a una figura appena giunta vicino a me e quando alzo lo sguardo per controllare chi sia, vedo un uomo alto con in braccio Mitzuki..

“Ehm…salve, sì sono …la mamma di Hope!” esordisco timidamente, mettendo via il telefono,

“Sono il padre di Mitzuki”. Beh lo avevo intuito, ma mi sforzo di essere sorpresa.

“Oh, piacere!” rispondo cordialmente.

“ Mamma, Mitzuki ha detto se possiamo giocare ancora!” sento dire a Hope con una vocina furbetta.

“Io credo che per oggi abbiate giocato abbastanza!”.

“Lo penso anch’io!” interviene l’uomo, dandomi man forte.

“Su dai, andiamo, saluta Mitzuki e suo padre!”.

“Ciao Mitzuki, ciao!”. Hope saluta agitando la manina e stessa cosa faccio anch’io.

“A domani!” risponde l’uomo facendomi l’occhiolino con fare amichevole.

Però, il padre di Mitzuki non è male…mi sembra di non averlo mai incontrato. Non c’era nemmeno alla famosa recita dei genitori. Forse non aveva tempo di partecipare e forse non l’ho mai visto perché di solito è Kai che va a prendere Hope a scuola il più delle volte. A proposito di Kai, mi ha davvero messo un like alla foto??






 

***






 

Merda!

Ma che diamine combino?

Merda!

Sono costretto a soffocare in gola una serie di imprecazioni, per non attirare l’attenzione dei miei colleghi. Sono immerso da ore in una riunione pallosissima e mentre facevo finta di ascoltare i miei assistenti ho preso il cellulare e sono entrato nel profilo Instagram di Anya. Ok, non chiedetemi il perché io l’abbia fatto, perché non lo so nemmeno io. 

Come ho spiegato, ultimamente mi capita di fare certe cose senza un motivo apparente.

Sta di fatto che, mentre ero intento a scorrere col dito tra le foto, ho cliccato due volte, per sbaglio, su una foto, lasciando un cuoricino e, dunque, un like. In quel momento, preso dal panico, avrei voluto solo lanciare il telefono e mordermi il dito, ma dato che sono in riunione e in presenza di altre persone, ho semplicemente represso dentro la rabbia e ho posato il cellulare sul tavolo, col display rivolto verso il basso, come per paura di vedervi apparire qualche notifica da parte di Anya.

Che figura di merda…

Chissà se se ne sarà accorta.

Le sarà sicuramente arrivata una notifica all’istante.







 

L’indomani, quando entro in caffetteria, mi preparo mentalmente ad una possibile spiegazione, nel caso in cui Anya dovesse chiedermi di quel like lasciato sulla sua foto. Ma quando viene a salutarmi con la sua espressione seria, da funerale, tipica di quando mi vede, capisco che mi sono fatto delle paranoie inutili: avrà capito che si è trattato di un errore, o meglio, la notifica non le sarà mai arrivata.

“Il solito caffè amaro?” mi chiede velocemente, mentre è affaccendata a sistemare delle cose.

“Sì” rispondo, leggermente stranito da questo comportamento.

“Glielo prepari tu, Dana?” domanda alla sua collega che si limita a dire un ok in tono esplicitamente seccato.

Sbaglio o mi sta snobando?

Non Dana, ma proprio Anya, che fa di tutto pur di stare lontana dal bancone dove sono seduto.

Forse non sarei dovuto passare. Non so nemmeno io perché ho deciso di venire qui, avrei potuto benissimo bere quell’orribile caffé dei distributori che teniamo in azienda.

“Prima che te ne vada…devo chiederti una cosa!”. Proprio sul punto di uscire, Anya si ricorda della mia esistenza e mi costringe a fermarmi sul ciglio della porta.

Non vorrà mica chiedermi del like, spero.

“Domani sera ci sarà la cerimonia di laurea di Yuri…” inizia a dire, sotto il mio sguardo più sollevato. Non si tratta del like, quindi. Meno male!

“Sì lo so”.

“Hai intenzione di andarci?” chiede con uno strano tono che mi fa pensare che forse voglia chiedermi …

“Vuoi un passaggio?”. E’ quello che di istinto mi viene da chiederle.

“Ehm…no, no…volevo solo chiederti se possiamo lasciare Hope a Reina”.

Perché mi sento uno stupido?

“ Sai, temo possa annoiarsi a un evento simile e sicuramente faremo tardi” aggiunge infine.

“Sì, probabile…” concordo.

“Perfetto, allora!” conclude soddisfatta.

Già perfetto…

“ Quindi…non hai bisogno di un passaggio?”. Non so perché io stia insistendo su questo argomento. Sarei potuto andarmene subito, eppure sono ancora qui a rifare la stessa domanda.

“Ehm…No. Ho già chi mi accompagna, grazie comunque” dichiara in modo schivo per poi andarsene e lasciarmi qui a osservare perplesso un punto lontano e indefinito del locale.

Perfetto, ha già chi la accompagna.

Probabilemente un altro tizio che ha conosciuto mettendo like sui social.

Se è così…beh, non mi farò trovare impreparato nemmeno io, penso e ripenso nella mia testa dirigendomi alla macchina.








 

La sera della festa arriva e quando scendo dall’auto e lascio le chiavi al parcheggiatore del locale, sento una mano prendermi sotto braccio.

“Molto chic questo locale…” commenta la bruna al mio fianco.

“Già, Yuri fa sul serio…” commento pensieroso, mentre osservo l’insegna del lussuoso locale in cui si terrà l’evento.

“Andiamo? Spero ci sia dello champagne!” le sento dire, eccitata.

Conoscendo Yuri, credo che abbia optato per della buona vodka in stile russo.

Ed è quello che spero anch’io: lo champagne mi fa decisamente schifo.

Quando entriamo, veniamo accolti da dei camerieri che ci invitano a togliere i cappotti e ci offrono subito un calice con quello che, all’olfatto, sembra essere champagne.

Che schifo.

Dov’è la vodka?

E dov’è Yuri?

“Non lo bevi?” mi chiede Yasmine.

“No, bevilo tu!” dico in modo secco, porgendole il bicchiere per togliermelo dalle mani e cercando tra gli invitati dei volti conosciuti.

Ecco Boris, laggiù.

“Dimmi che è vodka” esordisco, puntando il dito verso il suo bicchiere.

“Ehm, no, mi dispiace! E’ champagne e ciao anche a te Hiwatari!” commenta poi sarcastico. “Non mi presenti la tua amica?” chiede poi, riservando uno sguardo ammiccante alla mia accompagnatrice.

“Può presentarsi anche da sola, dov’è Yuri?” dico, tagliando corto sui formalismi.

“Sono Yasmine” saluta la diretta interessata, esplicitamente offesa dai miei modi, lo ammetto un po’ scorbutici.

“Piacere, Boris” si presenta quest’ultimo con un tono fin troppo lusinghiero che mi fa roteare gli occhi un paio di volte. Ma smettila… “Yuri è laggiù a parlare con dei suoi colleghi…, adesso è un uomo importante” afferma ironico, facendo una faccia schifata all’ennesimo sorso di questo champagne. “Mio dio, che schifo! Da quando, Yuri, beve questa roba!”.

“Non lo so, ma se voglio sopportare questa serata, mi serve della vodka” confesso annoiato, quando all’improvviso i miei occhi scorgono Anya tra la folla, mentre ride insieme a quella che sembra Hilary.

“Non hai in macchina una bottiglia di riserva?” sento dire a Boris, mentre io scruto ogni persona a pochi centimetri da Anya per capire chi sia il suo accompagnatore. “Io volevo comprare una bottiglia durante il tragitto, ma Anya me l’ha impedito dicendo che saremmo arrivati in ritardo”.

“Cosa? Anya?”. E’ l’unica parola che ho capito del suo infinito discorso.

“Sì, Anya!” ripete quasi scocciato, ma il mio sguardo lo incita a essere più chiaro. “Sono andato a prenderla e mi ha impedito di…”.

“Un momento, l’hai accompagnata tu?” domando, interrompendolo bruscamente.

“Sì, ma stavo dicendo che io volevo comprare della vodka perché temevo che…”.

Boris continua a parlare ma io non lo sto più ascoltando.

Quindi Anya parlava di Boris?

Lei è venuta con Boris?

Io pensavo che avesse rifiutato il mio invito per venire con quel Sotzuke o chissà chi altro.

Perché non mi ha detto che si trattava di Boris?

Mi sarei fatto meno flash mentali e non mi sarei portato dietro questa qua che non fa altro che ingurgitare champagne e sorridere in maniera odiosa.

Ok, mi serve decisamente qualcosa di più forte!

La cosa più assurda di tutta questa faccenda è che non so nemmeno io perché sto dando peso a questi fatti.

Che diavolo me ne frega con chi va Anya alle feste?




 

*** 








 

“Allora? Qualche collega di Yuri che ti sembra interessante?” mi chiede in tono ammiccante Hilary, avvicinandosi al mio orecchio.

“Ehm, non ci ho fatto caso in realtà” rispondo calma, con un sorrisetto allusivo.

“Bugiarda!”.

“Vado un attimo da Boris!”.

“Ma dai, lascialo perdere!” esclama Hilary, invitandomi a seguirla per conoscere altri invitati, ma io la ignoro e mi dirigo verso un Huznestov troppo impegnato in una conversazione con una ragazza dall’aria vagamente familiare.

“Hey Boris, trovata la vodka?” domando in tono allegro, rivolgendo un rapido sguardo di ispezione alla ragazza in piedi alla sua destra.

“No, niente. Kai sta provando a corrompere alcuni camerieri” racconta in fretta, cercandolo tra la folla.

Kai? Quindi è arrivato…

“Ho minacciato un cameriere di trovare subito una bottiglia di vodka” annuncia Hiwatari appena giunto alle mie spalle. E quando si accorge della mia presenza, volge altrove lo sguardo, come ad ignorarmi.

“Solo tu potevi riuscirci” sento dire a quella ragazza, che si avvicina a lui per prendergli il braccio e posare carinamente il viso sulla sua spalla.

Ah, ecco dove l'ho già vista…

E’ la signorina gambe lunghe, amica di letto di Hiwatari.

Grandioso.

Quindi avevo capito male ieri, in caffetteria.

Credevo si stesse proponendo per darmi un passaggio e venire insieme alla festa. 

Per fortuna che ho avuto la brillante intuizione di rifiutare.

In tutto questo tempo ho appreso molto dalle mie esperienze e se c’è una cosa che ho imparato con Hiwatari è che, come nel gioco degli scacchi, bisogna essere sempre, almeno, due mosse avanti a lui.

Questa tecnica mi ha permesso di gestire le conseguenze di quella notte passata insieme. 

“Vi ringrazio tutti per essere venuti qui…”. La voce di Yuri al centro della sala, mi costringe a scacciare via questi assurdi pensieri dalla testa. Devo godermi la serata anch’io dopotutto.








 

*** 








 

“Ragazzi, scusatemi se non vi ho ancora degnati della mia presenza!” esclama Yuri, raggiungendoci dopo il suo luuuungo discorso.

“Lo capiamo, ormai sei un uomo importante!” ironizzo, punzecchiandolo.

“Divertente!” risponde lui, con altrettanta ironia nel tono.

“Ti sei dimenticato di noi, dov’è la vodka? Kai ha dovuto corrompere dei camerieri per averla!” lamento fingendomi offeso e cercando la complicità del diretto interessato, troppo impegnato a sorseggiare vodka e fissare con astio un punto non ben definito della sala.

Sia io che Yuri lo osserviamo perplessi e proviamo a seguire la traiettoria del suo sguardo, riuscendo a capire il perché di questa espressione accigliata.

“Anya è molto presa dal tuo collega” inzio a dire io, con tono allusivo.

“In realtà quello è un mio professore!” mi corregge Yuri, lasciandomi interdetto.

Anche Kai, nonostante non ci stia degnando della sua attenzione visiva, sembra avere le orecchie ben tese ad origliare la nostra conversazione.

“Ma quanti anni ha??” chiedo allibito.

Non sembra poi così vecchio, ma nemmeno così giovincello.

“Se non erro, dovrebbe avere circa 40 anni?” prova a indovinare.

“Wow, Anya è passata agli uomini maturi ormai” commento in tono beffardo, quanto basta a farmi fuliminare dallo sguardo di fuoco di Kai, che in tutta risposta abbandona con forza il suo bicchiere su un tavolo e se ne va fuori lasciando con noi la sua ragazza Yasmine.

“Ma che gli prende?” chiede lei perplessa ai qui presenti, che scambiandoci uno sguardo di intesa, ci limitiamo a fare spallucce fingendoci incosapevoli dei problemi che affliggono il povero cuore di Hiwatari…











 

*** 











 

Perché quando serve, l’accendino non funziona mai?

Provo e riprovo ad accendere la sigaretta prima che la fiamma si spenga, ma…diamine, fanculo!

“Serve un aiuto?” sento dire da una voce alle mie spalle.

E’ Boris.

Per una volta mi potrà essere utile.

“Ho lasciato Yasmine vicino ai cocktail, credo che stasera la porterai a casa in spalla” mi spiega divertito mentre mi accende la sigaretta. “Sai, non ti facevo un tipo da ragazze brune” aggiunge poi, allo scopo di punzecchiarmi…

Ma io mi siedo su una panchina, ignorando le sue parole e provare a godermi in solitudine questa sigaretta. Ma quando lui decide di sedersi accanto a me, capisco che non sarà così.

“Sai, ho visto che hai messo un like ad una foto di Anya” inizia a dire, rompendo il silenzio e facendomi quasi soffocare col fumo.

“Te l’ha detto lei?” gli domando, stranito.

“No, l’ho visto tra le attività dei miei followers” dichiara, come fosse la cosa più ovvia del mondo.

Ma che diavolo…

“Non sapevi di questa funzione? Sul serio? Amico, il sistema ci controlla!” esclama poi, in tono apocalittico.

“A me sembra che sia tu a controllare il sistema” gli faccio notare, schietto.

“Sei geloso dei followers che le mettono like? Vuoi attirare l’attenzione della madre di tua figlia?”.

“Smettila…” lo prego infastidito dal suo pessimo umorismo.

“Certo che la vostra è una situazione complicata…insomma, cosa siete? ex? genitori separati? Avete scopato di recente?” e quest’ultima domanda mi basta a fulminarlo con lo sguardo…

“No!” rispondo mentendo, ma continuando a osservarlo sospettoso. Che Anya gli abbia detto qualcosa?

“Ok, non ti adirare! Stavo solo scherzando!” spiega in tono innocente, mentre se la ride sotto i baffi.

“Non so cosa siamo, credo proprio un bel niente!” concludo in tono piatto e con un aria pensierosa che lo costringe a tornare serio…

Cala di nuovo il silenzio, intervallato dai versi delle cavallette in lontananza e dal mormorio proveniente dalla sala, infine rotto dal suono di un messaggio sul cellulare di Boris.

“Che c’è?” gli domando, notando il suo modo di fare misterioso. 

“Ehm…è un messaggio di Anya…” inzia a dire in tono cauto. “Mi avvisa che tornerà a casa con qualcun altro…” confessa infine, rimettendosi il cellulare in tasca.

Bene.

Perfetto.

“Sta arrivando Yasmine” mi fa notare, vedendo una ragazza coi tacchi vertiginosi avvicinarsi a noi.

Grandioso.

Mi ero dimenticato di lei.

“Kai, che ne dici di tornare a casa? Iniziano a farmi male i piedi” lamenta dolorante.

“Ti accompagnerà Boris” dichiaro alzandomi, sotto lo sguardo interdetto dei due.

“Come scusa?” chiede lei, pretendendo delle spiegazioni, che non ho voglia di dare.

“E’ tutta tua” stavolta mi rivolgo a lui, che anche se si dimostra perplesso da questa mia decisione, la accetta con un sorriso beffardo che lascia ben intendere le sue intenzioni.

Dichiarate le mie ultime volontà e ignorando eventuali ripensamenti, volto i tacchi e me ne torno in auto a finire la bottiglia di vodka che ho estorto quasi a forza a questi camerieri.

Ho bisogno di riflettere, ma allo stesso tempo di non pensare…






















 

Salve a tutti i lettori giunti fin qui!

Dopo mesi e mesi, torno a pubblicare un capitolo che, lo ammetto, è stato un parto; sono troppo arrugginita e spero si avverta poco le testo.

Ammetto che è stato difficile scriverlo perché è un capitolo dove non succede nulla di eclatante, ma allo stesso tempo è importante perchè si intravede un briciolo di umanità e di sentimento nel cuore di Hiwatari. Che cosa gli sta succedendo?

La stesura del capitolo non mi convince molto e spero possa trasmettervi ciò che avevo intenzione di trasmettervi, se non è così, ammetto piangendo il mio fallimento.

Spero di aggiornare più spesso, dato che il caldo torrido che mi ha perseguitato e tolto la voglia di vivere per ben tre mesi, sembra essere terminato, o quanto meno, affievolito XD

 

Ringrazio tutti i lettori e chi ha lasciato una recensione. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate. Sono psicologicamente pronta. Mi scuso per eventuali errori XD

 

A presto!































 

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Capitolo 59
*** Chi farà la prima mossa? ***


Dal capitolo precedente…
 
“Sai, ho visto che hai messo un like ad una foto di Anya” inizia a dire Boris, rompendo il silenzio e facendomi quasi soffocare col fumo della sigaretta.
“Te l’ha detto lei?” gli domando, stranito.
“No, l’ho notato tra le attività dei miei followers” dichiara, come fosse la cosa più ovvia del mondo. “Non sapevi di questa funzione? Sul serio? Amico, il sistema ci controlla!” esclama poi, in tono apocalittico.
“A me sembra che sia tu a controllare il sistema” gli faccio notare, schietto.
“Sei geloso dei followers che le mettono like? Vuoi attirare l’attenzione della madre di tua figlia?”.
“Smettila…” rispondo infastidito dal suo pessimo umorismo.
“Certo che la vostra è una situazione complicata…insomma, cosa siete? ex? genitori separati? Avete scopato di recente?” e quest’ultima domanda mi basta a fulminarlo con lo sguardo…
“No!” rispondo mentendo, ma continuando ad osservarlo sospettoso. Che Anya gli abbia detto qualcosa?
“Ok, non ti adirare! Stavo solo scherzando!” spiega in tono innocente, mentre se la ride sotto i baffi.
“Non so cosa siamo, credo proprio un bel niente!” concludo in tono piatto e con un'aria pensierosa che lo costringe a tornare serio…
Cala di nuovo il silenzio, intervallato dai versi delle cavallette  e dal mormorio proveniente dalla sala, un silenzio  infine rotto dal suono di un messaggio sul cellulare di Boris.
“Che c’è?” gli domando, notando il suo modo di fare misterioso. 
“Ehm…è un messaggio di Anya…” inizia a dire in tono cauto. “Mi avvisa che tornerà a casa con qualcun altro…” confessa infine, rimettendosi il cellulare in tasca.
Bene.
Perfetto.
“Sta arrivando Yasmine” mi fa notare, vedendo una ragazza coi tacchi vertiginosi avvicinarsi a noi.
Grandioso.
Mi ero persino dimenticato di lei.
“Kai, che ne dici di tornare a casa? Iniziano a farmi male i piedi” lamenta dolorante.
“Ti accompagnerà Boris” dichiaro mentre mi alzo, sotto lo sguardo interdetto dei due.
“Come scusa?” chiede lei, pretendendo delle spiegazioni, che non ho voglia di dare.
“E’ tutta tua” stavolta mi rivolgo a lui, che anche se si dimostra perplesso da questa mia decisione, la accetta con un sorriso beffardo che lascia ben intendere le sue intenzioni.
Dichiarate le mie ultime volontà e ignorando eventuali ripensamenti, volto i tacchi e me ne torno in auto a finire la bottiglia di vodka che ho estorto quasi a forza a questi camerieri.
Ho bisogno di riflettere, ma allo stesso tempo di non pensare…
 
***fine capitolo precedente***
 
***Inizio capitolo nuovo***
 
***Ore 10.30 circa. Festa di laurea di Yuri***
 
Ormai stanco e stufo di questa serata, decido di abbandonare i giochi e tornamene a casa, ma proprio sul punto di entrare in auto mi ricordo che forse sarebbe giusto salutare Yuri prima di andare via e, cosa più importante, passare dal bagno per svuotare la vescica piena di vodka.






***








“Vado a prendere il cappotto, ok?”.
“Va bene, ti aspetto qui!”.
Il collega di Yuri, che si è offerto di riaccompagnarmi a casa, rimane nella sala insieme agli altri, mentre io mi dirigo ai piani superiori alla ricerca della sala dove abbiamo lasciato i nostri cappotti. Ci sono talmente tante stanze in questa villa che non ricordo in quale abbiam…
“Ti sei persa?”.
Una voce alle mie spalle mi coglie di sorpresa.
“Kai…ehm…io cercavo i… cappotti” spiego in modo sintetico, mentre mi guardo intorno confusa.
“Credo siano in quella stanza” e mi indica una porta proprio qui vicino.
“Oh…è vero” esclamo, dandomi mentalmente della stupida. Era proprio quella di fronte a me! Lo champagne deve avermi offuscato la vista…






*** 









Anya deve essere brilla per non vedere le cose che ha sotto al naso…
Divertito, ma allo stesso tempo perplesso, mi dirigo ai bagni, lasciandola in quello stanzino a cercare la sua giacca.
Sempre se riuscirà a trovarlo! Non sembrava avere un’aria molto lucida.
Quando ho finito, prima di uscire dai bagni,  mi guardo allo specchio un’ultima volta e decido di sciacquare il viso con dell’acqua fresca per provare a eliminare l’aria annoiata e assonnata che comunica il mio sguardo.
Che serata rompipalle…penso tra me e me, mentre vengo pervaso da una sensazione di sollievo al contatto dell’acqua gelida sulla pelle. 
“Cosa ci fai nel bagno delle donne?”. Questa voce mi fa sobbalzare e alzare il viso per incontrare lo sguardo interrogativo di Anya.
“Delle donne?” ripeto stranito e confuso. E quando mi indica col dito un cartellino sulla porta riportante un omino con la gonna, mi rendo conto che forse ha ragione. Rimango interdetto a fissarlo, dandomi mentalmente del rincoglionito.
“Ti sarai…confuso…” .
Forse sono io, stasera, quello meno lucido.
“Già…” mi limito a dire, cercando di nascondere il disagio che sto provando. Per fortuna non è entrata nessuna donna o mi avrebbe preso per pervertito.
“Sembra che stasera la confusione sia nell’aria” esordisce, riferendosi probabilmente all’episodio di prima, in cui lei non trovava una porta che le stava davanti.
“Già…” ripeto per la seconda volta, osservandola con aria pensierosa. “Vai via con Boris?” chiedo poi, d’un tratto, quasi senza rendermene conto. E questa domanda basta a metterla in ulteriore imbarazzo.
“Ehm… veramente…no” rivela, provando a nascondere il disagio mentre sposta una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Pensavo che il tuo accompagnatore fosse Sasuke”.
“Sosuke” Mi corregge lei. “Eh no, non era lui” aggiunge poi, facendo spallucce, come a non saper o non voler darmi una spiegazione. E in fondo … perché dovrebbe? “Tu invece … sei venuto con quella… Yasmine”. Questa conversazione ha un non so che di forzato…o è solo una mia sensazione? Ed è la mia espressione a rispondere, come a voler dire - e sì, proprio così, mi sembra ovvio. L’hai pure vista-.
Segue un silenzio a dir poco sgradevole, durante il quale non so cosa fare, se annunciare che sarebbe ora di andare via o continuare a rimanere in questo bagno per donne a fissarsi senza alcun motivo.
Credo di essere davvero confuso stasera. E non solo stasera. Credo di esserlo da un po’ di tempo a questa parte.
E’ normale che io la stia guardando ma che in realtà stia pensando di essere nudo insieme a lei a fare cose in questo stesso bagno?
No. Non credo sia normale.
E chissà a cosa starà pensando lei, che mi sta fissando in maniera strana: non so se per il fatto di avermi trovato nel bagno delle donne o perché sta pensando a cose che sono successe o che potrebbero succedere in questo bagno…





***





Tutto ciò è davvero strano.
Non so se ridere per il fatto di averlo trovato nel bagno delle donne o sentirmi a disagio per il modo in cui mi sta guardando. E poi perché sono ancora qui, al centro di questo bagno col cappotto adagiato su un braccio e la borsetta sull’altro, a fissarlo come una rincitrullita mentre lui mi fissa.
“Io credo sia meglio andare, mi stanno aspettando” esordisco, rompendo il silenzio.
“Già, ti staranno aspettando con ansia immagino” risponde con aria vagamente allusiva.
“In che senso?” domando un po’ ingenuamente.
“Nel senso che…”. Ecco che si stacca dal lavabo su cui era poggiato il suo  fianco e, lentamente, azzarda ad avvicinarsi di qualche passo. “...ti sta accompagnando a casa. Suvvia Anya, sai già come andrà a finire.” asserisce, parandosi di fronte a me, ad una vicinanza così insolita che faccio fatica ad alzare lo sguardo per incrociare il suo. Mi sento così a disagio…
“Non è detto che finisca come pensi tu” gli faccio notare contrariata, con la consapevolezza, però, di non credere veramente a ciò che ho appena detto.
La sua mano, che un secondo prima era nella tasca del cappotto, ora si avvicina al mio viso per alzarmi il mento e costringermi a guardarlo dritto negli occhi “Sai benissimo che sarà così”, sussurra poi in un modo che mi fa attraversare un brivido lungo la schiena, e non solo.
Il suo tocco gelido passa poi a spostarmi i capelli dietro l’orecchio e questo è un gesto talmente insolito da parte sua che inizio a pensare che non si senta bene. Insomma, è finito nel bagno delle donne e ora… si comporta in questo modo strano… che in fondo non mi dispiace. E’ come se mi avesse stregata; una parte di me vorrebbe scansare la sua mano su di me e andare via, mentre un’altra parte di me mi tiene coi piedi saldati qua e vorrebbe godere anche del tocco dell’altra mano. 
Sono forse impazzita?
Non so nemmeno quanto tempo sia passato e, a dire la verità… non mi interessa.





***









E’ proprio come quella sera a casa mia: il tempo sembra essersi fermato e nessuno dei due sa bene come agire. Ma quando la sua mano calda arriva a toccare la mia, gelida, sulla sua guancia, capisco che forse è il momento di fare la prima mossa;  lentamente chino la testa fino a far sfiorare le mie labbra con le sue.







*** 











“Dov’è finita Anya?” chiede il mio collega, con aria alquanto perplessa.
“Non era andata a prendere i cappotti?” . Con queste parole mi rivolgo a mia moglie Hilary che sembra avere l’aria di una che non sa cosa dire. 
“Vado a cercarla!” asserisce, prendendo l’iniziativa; ed ecco che subito si dilegua ai piani superiori. La seguo con lo sguardo e mentre risale la lunga scalinata, per poco non si scontra petto a petto con Kai, il quale, sta scendendo con una certa velocità quei gradini, incurante di tutto il resto. Per fortuna Hilary si scansa in tempo, evitando, per un pelo, di scapicollarsi giù per le scale. E sono sicuro che lo sguardo omicida che gli ha appena lanciato, ma che Kai ha del tutto ignorato, non gli stia augurando cose belle.
Ad ogni modo, Hilary continua la sua salita, mentre Kai si dirige verso il sottoscritto, camminando a passo spedito. La cosa che subito mi salta all’occhio è, tuttavia,  la sua aria un po’ spettinata, ecco, e il colletto aperto della camicia, per non parlare della cravatta messa a mo di sciarpa intorno al collo.
Un look davvero strano…
“Va tutto bene?” chiedo con aria un po’ preoccupata, ma anche sospetta.
“Sì…” risponde in modo vago, contenendo il fiatone che non credo sia dovuto solo alla corsa giù per le scale. “Vado via” e va via davvero, accennando con la mano quello che sembra una specie di saluto.
Posso giurare che quando è arrivato alla festa,  avesse un’aria più ordinata…







***







“Anya, non essere stupida! Sì è gentilmente offerto di riaccompagnarti a casa!” continua a insistere la mia amica Hilary. “E poi si può sapere perchè hai il vestito strappato qui?” mi fa subito notare, indicando un punto sul petto.
Oh mio dio, me l’ha strappato, non ci credo! Ho avuto la sensazione di aver sentito uno strappo durante…beh la foga del momento…
“Beh, lasciamo perdere! Insomma, prima gli dici sì e poi ti tiri indietro? Gli ho parlato così tanto di te che non vedeva l’ora di conoscerti” continua imperterrita a ricordarmi, mentre io mi sistemo allo specchio. Per fortuna che è arrivata quando già Kai se n’era andato!
“Beh, ti ringrazio per avergli parlato di me. E’ solo che stasera non mi va di interagire con nessuno” cerco di avanzare una serie di scuse per farla arrendere, ma con pessimi risultati.
“Ma se fino a poco fa ridevi e scherzavi insieme a lui!”.
“Beh, ora ho cambiato idea! Tornerò a casa con Boris, sempre se non se ne sia gia andato!” dico preoccupata, inviandogli subito un messaggio.
“E cosa dico al collega di Yuri?”.
“Di’ che ho avuto un contrattempo, che non mi sentivo bene, non lo so!” taglio corto, andandomene e lasciandola lì a fissarmi incollerita.
Ma poco mi importa.
E’ successo tutto così in fretta e mi sento così scossa e confusa e…
Insomma, quel bacio è stata la molla che ha fatto scattare tutto. Kai mi ha subito spinta e ci siamo chiusi dentro uno dei bagni e… lì beh! si può immaginare cosa sia successo. E quando abbiamo finito, lui ha iniziato a guardarmi in maniera confusa, come se solo in quel momento avesse capito cosa fosse successo, cosa avevamo fatto. Ansimava non sapendo cosa dire, mentre io con le spalle al muro ero, credo, più confusa e incredula di lui. Dopodiché è andato via, raccogliendo alcune cose che erano cadute a terra.
Poi è arrivata Hilary e ho dovuto riprendermi in fretta per non destare in lei sospetti.
 
Boris mi ha appena scritto che si trova fuori e di affrettarmi a raggiungerlo. Perfetto!
Quando arrivo, però, mi avvisa che dentro la sua auto c’è anche la ragazza che stava con Kai e, al suono di questa notizia, non posso fare a meno di non dare voce a un ironico “Grandioso” prima di entrare in auto.








*** 







Ok. La situazione è molto strana. Sto tornando a casa e nella mia auto ci sono Yasmine, seduta sul sedile anteriore, ed Anya, accovacciata ai sedili posteriori. L’una, la tizia seduta alla mia destra, non smette un attimo di parlare. Non fa altro che lamentarsi di quanto sia stato stronzo Kai per averla abbandonata su due piedi e sparire; l’altra, seduta dietro, se ne sta silenziosa e ad occhi chiusi con la testa chinata all’indietro. Ma Anya non doveva tornare con qualcun altro?
Io non ci sto capendo più niente stasera!
 
Finalmente Yasmine esce da quest’auto per entrare a casa sua e il silenzio torna finalmente a regnare all’interno dell’auto. Ma come fa Kai a stare con una così? Suppongo non si vedano affatto per parlare.
La mia corsa riprende e stavolta la destinazione è la dimora di Anya.
“Va tutto bene lì dietro?” le chiedo preoccupato, osservandola attraverso lo specchietto retrovisore. Credo di aver sentito soltanto un flebile mormorio, dettato dalle sue labbra sigillate. “Sei sicura?” mi azzardo a domandare una seconda volta, ottenendo gli scarsi risultati di prima. “Ok” esclamo arrendevole, concentrandomi a fissare la strada.
Stasera siete tutti molto strani…
 
***







Ho un terribile mal di testa, dovuto probabilmente allo stress emotivo della giornata.
Quando l’auto si ferma, capisco che è il momento di scendere e ignorando lo sguardo impensierito di Boris, lo saluto e mi avvio a casa.
Percorse le tortuose e ripide rampe di scale fino al quinto piano, afferro le chiavi e apro la porta, sentendomi finalmente sollevata e a casa.
Lancio i tacchi alla rinfusa e mi avvio sul letto su cui mi lascio cadere pesantemente.
 
Mio dio, che serata!









*** 













Mi chiudo la porta di casa alle spalle e cammino nella penombra fino in salotto, dove afferro un bicchiere e lo riempio con la vodka che mi sono portato dal locale. 
Mi accascio sul divano e bevo tutto d’un sorso il contenuto del bicchiere, reagendo come al solito con una smorfia di disgusto. Questa vodka fa veramente schifo! La mia mano fa scivolare, con un gesto rapido, la cravatta dal collo e chiudo gli occhi espirando sonoramente.
Mpff…che serata!




















*** 









L’indomani, quando torno in caffetteria, provo con tutta me stessa a comportarmi in maniera naturale, come se nulla fosse successo. Solo un paio di volte, Dana mi ha chiesto se stessi bene e perchè continuassi a imbambolarmi  fissando punti vuoti dello spazio con sorriso da ebete.
Ho veramente sorriso?
Insomma, ok. Mi capita di ripensare a quel momento, ma addirittura sorridere? Bah, mi sembra che stesse esagerando, come al solito.
Il telefono nella mia tasca continua a vibrare: sarà sicuramente Hilary che mi chiede per la millesima volta come sto e perché ieri sera mi sono comportata in quel modo.
La sto volutamente ignorando. Che cosa dovrei risponderle? Sai ho cambiato idea perché pochi minuti prima che venissi tu, ero con Kai in bagno mezza nuda a…
Lasciamo perdere.
Per quanto riguarda Kai, beh… sono confusa. Non l’ho mai visto così. Era diverso, strano, intenso, beh più intenso del solito e il modo in cui mi ha guardata prima di andare via  è stato…. più strano di tutto il resto.
Non capisco se è stato un momento di debolezza, da parte di entrambi, come la scorsa volta, o se c’è altro…
Sta di fatto che stavolta è stato diverso.
Non sento quel senso di rimorso come la scorsa volta.
E la cosa inizia a terrorizzarmi.
Sul serio.
 
Più tardi, come al solito, arriva Boris che annuncia con grande entusiasmo di avere incontrato dei vecchi compagni di scuola e che guarda caso, stasera, faranno una sorta di rimpatriata.
“Io non ci vado!” dichiaro col tono di chi non cambierà idea per nessuna ragione al mondo. E poi ne ho abbastanza di feste!
“Andiamo, ci saranno persino Yuri e Hilary”.
“La cosa non mi farà cambiare idea!”.
“Persino Kai verrà”.
Un motivo in più per non andarci.
“Ascolta, io non voglio vederli!”.
“Ma hanno chiesto di te!”.
“Ah davvero? E cosa hanno chiesto esattamente?”.
A questa domanda l’espressione di Boris cambia. “Se avevi avuto un maschio o una femmina” rivelacon tono sommesso.
“Visto? Tornare a vederli significherebbe ricordare quel momento della mia vita in cui tutti hanno scoperto che io fossi incinta e che sono scappata da scuola e non ci sono più ritornata!”. Sinceramente non mi va di subire tutte quelle domande.
“E’ andata veramente così?” chiede curiosa Dana, che fino ad ora non aveva aperto bocca.
“Si!” rispondo seccata con un tono che le fa intuire di non voler ricevere ulteriori domande al riguardo. “Non ci vengo. Punto! Se voi vorrete andarci, beh, buon per voi!” dichiaro infine, comunicando con i miei gesti di voler chiudere la questione.
“Quanto sei tragica…” sento dire a Boris da lontano.
Non mi importa.
Non ci andrò.









***






“E Anya?” domanda Hilary venendo incontro al sottoscritto e guardandosi intorno circospetta.
“Anya non c’è” dichiaro arrendevole.
“Ma cosa le prende in questo periodo? Ho provato a convincerla in tutti i modi!”.
La mia risposta è un’alzata di spalle accompagnata da un’aria arrendevole. “E i gemelli?” domando poi a Ivanov.
“Sono con la madre di Hilary!”.
“Vi state dando alla pazza gioia ultimamente!” dico prendendolo in giro.
“Ecco Kai, pensavo non venissi neppure tu!” e il suo sguardo chiede spiegazioni. “Anya, si è rifiutata di venire” aggiungo poi. “Hai già incontrato Steve? Hai visto? Si è riempito di tatuaggi. E Michael sta iniziando a perdere tutti i capelli!” racconto divertito.
“Hiwatari!” sento dire poi al vecchio gruppo di ochette della scuola. “Quanto tempo!” esclama una, avvicinandosi in modo ammiccante al mio amico, che ha l’aria di non essere proprio nell’umore di ricordare vecchie amicizie. 
“Ciao Boris!” mi saluta una ragazza piuttosto affascinante, ma che non mi ricorda nessuna mia vecchia conoscenza.
“Scusa, tu saresti?”. Mi sto proprio sforzando di ricordare, ma…nulla!
“Emily!” rivela lei, con tono seccato. “Sei sempre il solito stronzo!” esclama disgustata, andandosene e lasciandomi interdetto.
“Quella è Emily?” chiedo conferma al mio amico, che con un cenno mi conferma di sì. “Ma…ma…non me la ricordavo così…così…” non mi viene la parola giusta.
“ Rifatta?” suggerisce Kai, sorseggiando un liquore.
“ Così sexy!” lo correggo, provocando in lui una smorfia di disgusto, non so se per avere definito sexy Emily o per il liquore che ha appena ingerito. “Credo che andrò a cercarla!” annuncio, sotto il suo sguardo scettico.
“Ti ha appena definito il solito stronzo, io le starei alla larga!” suggerisce in tono saggio. 




*** 









Come previsto, Boris decide di ignorare il mio suggerimento e si inoltra nella folla di compagni alla ricerca di Emily. 
Perfetto.
“Heylà, guarda chi c’è qua? Kai Hiwatari!”.  Una voce alle mie spalle mi costringe a voltarmi e incrociare lo sguardo di uno di quegli sfigati che mi circondano. 
“Micheal…” mi limito a dire freddamente, in segno di saluto.
“E allora? Che fine hai fatto? Alla fine sei diventato papà?” domanda sotto lo sguardo dei suoi amichetti curiosi.
“Anya? Si chiamava così? Dov’è?” sento dire ad una ragazza.
“Vi siete sposati?” dice un altro ancora.
“E’ nata una bambina o un bambino?”.
“A me hanno detto che è maschio”.
“A me hanno detto che è una bambina!”.
“Ma poi con Rai si sono lasciati?”.
“Io lo seguo su Instagram! Si trova in Cina!”.
“Ma sta con una che non mi sembra essere Anya!”.
E le domande continuano una dietro l’altra e si fanno sempre più specifiche. Ed a questo punto che capisco che è arrivato il momento di andare via.
Non ho voglia di rispondere alle domande di questi cretini, così decido di bere l’ultimo sorso di questo orribile liquore e mi faccio spazio tra la folla andandomene, seguito dagli occhi delusi e curiosi dei miei ex compagni.
“Se ne va senza dire nulla!”.
“E’ sempre il solito scorbutico”.
“Chiediamo a Hilary, forse lei ci saprà dire qualcosa!”.
 
Credo di avere capito perché Anya abbia deciso di non venire…













***









“Hope! Non correre per le scale!” la rimprovero con tono alterato. Ha sempre questo vizio di salire velocemente i gradini.
Quando arriviamo al quinto piano vengo colta di sorpresa dalla presenza di qualcuno davanti la porta di casa mia.
“Kai…”.
E a giudicare dalla sua faccia, nemmeno lui si aspettava che arrivassi dalle scale.
“Bene, busso da dieci minuti a vuoto…” mormora tra sé e sé, dandosi dello stupido.   
“Ciao papà!” lo saluta teneramente Hope, venendo ricambiata da un mezzo sorriso.
Mio dio, non riesco a guardarlo in faccia dopo quello che è successo ieri sera in quel bagno. 
“Ero andata a comprare la cena al takeaway!” spiego, mostrando l’enorme sacchetto che ho in mano.
E’ così imbarazzante.
“Ehm io ero passato solo per…” mentre parla si schiarisce nervosamente la voce “...per portare questo a Hope” dichiara, mostrando una borsetta che contiene tutti i suoi adorati colori.
“Siii, l’hai trovata!” esclama allegramente la piccola, prendendo subito la sua  preziosa borsetta.
“Oggi la cercava disperatamente…era convinta di averla persa” intervengo subito a spiegare il perché del suo entusiasmo.
“Bene, allora vado” dice poi, un po’ impacciato, mentre si avvia verso le scale.
Io rimango un attimo indecisa sul da farsi, finché…
“Kai…” lo richiamo con un filo di voce…“Ehm, hai già cenato? Te lo chiedo perché Hope mi ha fatto comprare un sacco di roba che sicuramente non potrà mangiare da sola e che le farà male. Sai quando esagera…” spiego, iniziando ad arrancare strane spiegazioni.
“Ma a me piace il pollo fritto!” interviene offesa Hope.
Kai rimane un attimo fermo, in piedi a fissare prima me e poi Hope, infine un punto indefinito del pavimento.
“Ok…” risponde infine. “In fondo, non ho ancora cenato”.
Perfetto.
Anya, hai ufficialmente appena invitato Kai Hiwatari a cena…
Ma che sto facendo?...












Ok, è davvero imbarazzante. Siamo seduti a tavola tutti e tre a mangiare pollo fritto e patatine e altre cose che nemmeno ricordo.
Kai se ne sta fin troppo in silenzio alla mia sinistra e si sforza ogni tanto di rispondere alle infinite domande di Hope, seppur con semplici e scontati monosillabi.
“Ehm…ero convinta che anche tu andassi alla rimpatriata organizzata dai nostri ex compagni di scuola” esordisco, nel vano tentativo di iniziare una conversazione. 
“Beh, ci ero andato in effetti...ma una volta arrivato lì, ho capito il perché tu non sia voluta venire” rivela seccato.
“Oh…quindi ti hanno fatto tante domande, immagino” chiedo, fissando il suo piatto, per evitare di fissarlo in faccia.
“Già, un sacco di domande” dichiara in tono canzonatorio, mordendo l’ultimo boccone rimasto sul suo piatto.
Quindi ho fatto bene a non andare. Meno male… Almeno ogni tanto prendi una saggia decisione, Anya.
“E chi c’era dei nostri compagni?” continuo a domandare, osando dilungare forse troppo la conversazione.
“Quasi tutti…” si limita a dire, passando delle porzioni di patatine a Hope.
“Tutti? Quindi…c’era anche…”. Non dirlo Anya, non dirlo! “Eva?”. Troppo tardi. 
A giudicare dal modo in cui mi guarda, non si aspettava questa domanda e probabilmente non voleva che gliela facessi.
“No…Eva non c’era” dichiara sintetico e conciso. “Ormai parliamo solo tramite avvocati” ci tiene ad aggiungere.
“Papà, mi passi ancora patatine?” interviene Hope, con la sua dolce vocina.
“Basta così! Ne hai mangiate fin troppe!” le faccio notare severa.
“Ma uffaaa!”.
“Vai a lavare le mani, su!”.
“Ok…” lamenta sbuffando sonoramente mentre scende dalla sedia.
“Puoi controllare che le lavi veramente!” dico a Kai, che anche se non lo dimostra apertamente, sta sbuffando mentalmente.
Anche lui si alza e segue la piccola in bagno.
 
Rimasta un attimo sola a sparecchiare, posso finalmente sbuffare anch’io.
Mio dio, che serata…







***











Non mi aspettavo che Anya mi invitasse a cenare a casa sua, non dopo quello che è successo ieri sera. Pensavo, più che altro, che come la scorsa volta, mi avrebbe evitato.
E invece, strano dirlo, non l’ha fatto.
Lei è di là a sistemare delle cose in cucina, mentre io sono sul divano insieme a Hope a guardare i soliti cartoni animati.
“Cosa state guardando?” chiede Anya, sedendosi sul divano.
“I soliti stupidi maiali rosa!” rispondo seccato.
“Possiamo guardare il cartone della principessa nella torre?” propone Hope tutta emozionata. Un’emozione che viene subito spenta dalla mia espressione di disappunto.
“Beh forse è meglio che io vada…” inizio a dire, nel tentativo di salvarmi. Un tentativo che si sta rivelando vano, dal momento che Hope sta iniziando a fare i capricci, sotto lo sguardo sconcertato di Anya.
“Ma no! devi vederlo pure tu! Ti pregoooo”. Ed ecco che inizia a fare le sue faccine più tenere e che, di solito, funzionano sempre per ottenere tutto ciò che vuole.
Ormai sa come abbindolarmi…
Date le circostanze, mi vedo costretto ad accettare, ma prima mi assicuro che questo film non duri troppo.
“Non dura tanto, spero…” chiedo rivolgendomi alla madre che, spudoratamente, lo so mi sta mentendo dicendo di no. 
Bene. 
La serata non può essere più assurda di così, in fondo…






****









Il film d’animazione è appena iniziato. Kai siede su un angolo del divano,con  Hope che gli si corica sulle gambe, non rimanendo ferma nemmeno un secondo.
Anche se non sembra molto interessato alle vicende del film, lascia che Hope gli racconti quello che sta per accadere nei prossimi minut,i mentre gli saltella addosso e si arrampica sul suo collo.
Io me ne sto sul lato opposto del divano, quasi distaccata da questa scena che sembra essere riservata tutta a Kai. Ma non mi dispiace, anzi. Di tanto in tanto, con molta discrezione, li osservo mentre si stuzzicano. Anche se Kai rimane quasi sempre con la sua espressione seria e impassibile, sembra che si diverta anche lui con le marachelle di Hope.
Ammetto di non averli mai visti così.
Sembra che in qualche modo i due abbiano legato…



Passano circa tre quarti d’ora e, come da me avevo previsto, Hope si addormenta col la testa poggiata sulle gambe di Kai, che continua ad accarezzargli i capelli, in un gesto quasi meccanico, rimanendo con gli occhi fissi sullo schermo. 
“Beh forse è il momento di metterla a letto” propongo a bassa voce per la paura di svegliarla. Kai viene preso alla sprovvista da queste mia parole. Che si stesse appassionando al film? 
Così, resosi conto che la figlia stia effettivamente dormendo, la solleva facendo attenzione a non scuoterla troppo e in un abile gesto la mette in spalla, portandola a letto.




“Per fortuna che si è addormentata subito…” rivela Kai, quasi sollevato.
“Mi sembrava che ti stessi appassionando al film” affermo con ironia.
“Stavo solo cercando di rimanere con gli occhi aperti…” si giustifica infastidito. 
Silenzio.
Imbarazzante silenzio.
“Bene, ora è meglio che vada…” annuncia Kai, afferrando la giacca.
“Già… Ti accompagno alla porta”.
Ma quando arriviamo sull’uscio di casa, succede qualcosa di strano…
“Kai, senti…”. Decido di togliermi un peso dallo stomaco. “Per quanto riguarda ieri sera…io….”.
“Sì, lo so cosa stai per dire…” Mi interrompe con tono scocciato. “...non doveva succedere e che è stato un errore e bla bla bla” dichiara con aria rassegnata.
“Beh, non stavo proprio per dire questo… volevo dire che non so cosa mi sia preso, tutto qui!” rivelo sotto il suo sguardo un po’ incredulo.
“Beh, nemmeno io me lo aspettavo”.
“Ma è successo….” mi limito a dire, non sapendo cos’altro aggiungere.
“Già, è successo” ripete lui, dal canto suo. “Per la seconda volta” aggiunge poi, accentuando i toni.
“Già” confermo con un sorriso nervoso.
Siamo qui, in piedi, l’uno di fronte all’altro, come se fossimo in attesa di qualcosa. E’ come se, come ieri sera, l’uno aspettasse un segnale, un qualcosa che faccia scattare di nuovo quella molla.
Poi…
Kai chiude lentamente la porta che aveva appena aperto e si avvicina a me, alle mie labbra e con un rapido gesto mi solleva facendomi aggrappare a sé, incurante del suo cappotto appena caduto sul pavimento…















Buon salve a tutti!
Ecco a voi un nuovo capitolo, dopo quasi …non so nemmeno io quanto tempo sia passato XD
Le cose tra Kai ed Anya si stanno sciogliendo (molto strano direte, e, finalmente, penserete ahahaha).
eheheheh ogni tanto vi regalo una gioia.
Spero vi sia piaciuto. Ho cercato di scriverlo meglio che potevo, spero di avervi trasmesso qualcosa XD
Fatemi sapere se vi va 😀
 
Ringrazio come sempre i lettori e le lettrici, e coloro che lasciano una recensione ;)
 
A presto!

 
       
 

 

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Capitolo 60
*** Ospiti indesiderati ***


Sono le sette e trenta circa del mattino e avrei dovuto essere in caffetteria già mezz’ora fa, lo so! Ma stamattina è stata un tantino dura alzarsi dal letto, soprattuto quando, una volta aperti gli occhi, ho visto il corpo di Kai coricato a pochi centrimetri dal mio. Ho dovuto fare appello a tutta la mia delicatezza per riuscire a non svegliarlo nell’intento di spostare la sua mano dal mio addome. La cosa strana è che non si è scosso minimamente: ha continuato a dormire sereno a pancia in giù come se niente fosse, mentre camminavo in punta di piedi verso la porta. Più difficile è stato, invece, abbassare la maniglia evitando di provocare quel fastidioso cigolio che la caratterizza da un po’ di tempo a questa parte. Boris mi aveva anche prestato uno spray lubrificante, ma non l’ho mai usato, figuriamoci! Ad ogni modo, sono riuscita ad uscire dalla stanza senza svegliarlo.

Non so per lui, ma per me sarebbe stato troppo imbarazzante!

Il fischiettio della teiera mi riporta alla realtà e in un abile gesto ne verso il contenuto in una tazzina.

“Buongiorno…” sento dire da una voce assonnata alle mie spalle.

“Buon..giorno” saluto in tono impacciato, riposizionando la teiera e facendo attenzione a non bruciarmi.

Kai se ne sta lì, poggiato a braccia conserte sullo stipite della porta, a fissarmi mentre continuo a girare e rigirare il cucchiaino nella tazza di tè. In realtà, non ho ancora messo lo zucchero, quindi perché lo sto mescolando? Per fingermi indaffarata ed evitare qualsiasi tipo di conversazione, forse?

“Non sei scappata alle prime luci dell’alba, stavolta” mi fa notare, pungente quanto basta a costringermi ad alzare lo sguardo.

“Difficile scappare da casa propria” ribatto altrettanto pungente, mentre soffio e sorseggio il mio tè matcha fumante. “Ne gradisci un po’?” gli propongo poi, per spezzare la tensione.

“Non bevo questa roba” si limita a dire sprezzante, mentre si avvicina e mi toglie la tazzina dalle mani per annusarne il contenuto con sguardo scettico. Prima di adagiare la tazzina sul ripiano della cucina, però, ne beve un piccolo sorso, giusto per assicurarsi che la sua ipotesi sia corretta. E a giudicare dalla sua espressione schifata, sembra averci preso.

“Allora?” dice poi, quasi in un sussurro mentre mi fissa intensamente.

“Allora…cosa?” riesco a dire, deglutendo nervosamente, mentre mi sforzo di reggere il suo sguardo.





 

***** 




 

“Allora…cosa?” mi domanda, sforzando la voce per farla uscire.

“Pentimenti, errori, rimorsi?” le suggerisco una serie di parole, in tono volutamente allusivo.

L’ultima volta che è finita a letto con me, l’ha definito addirittura un ‘terribile errore’ e sono curioso di sapere come lo definirebbe ora. 

Tuttavia, il richiamo di Hope, che urla ‘mamma’ dall’altra stanza, ci avvisa che si è appena svegliata…

“Devo andare”.

E così mi vedo costretto a scansarmi e lasciare che Anya, consapevole di essere ormai salva,  raggiunga la figlia.

Tempismo perfetto, penso tra me e me, mentre roteo gli occhi infastidito e bevo un altro sorso di quella schifezza verde fumante nella tazza.

Diamine, che schifo…



 

*** 









 

“Ti sei persa una serata incredibile!” esclama Boris, irrompendo nella cucina della caffetteria con la sua grazia paragonabile a quella di un cavernicolo.

“Buongiorno anche a te” affermo, rispondendo a un immaginario saluto.

“Ti ricordi di Emily?” domanda all’improvviso, sorvolando gli inutili convenevoli.

“Sì, Emily la secchiona della classe”, mi ricordo di lei.

“Beh, dimenticala! Non è più quella ragazza secca, bruttina, senza tette, con i brufoli che ricordi”.

“Wow, una descrizione molto accurata” commento tra me e me, mentre sistemo le tazzine in un vassoio.

“Adesso è diversa, quasi non la riconoscevo!”.

“Da non credere” esclamo fingendomi sorpresa.

“E’ completamente diversa” e nel pronunciare queste parole, Boris simula un movimento delle mani che allude a un seno alquanto prosperoso.

“Ah… quindi per farsi notare, una donna deve avere un seno abbondante?!”. Dana, che finora ha ignorato il racconto di Boris, ora si desta dal suo stato catatonico e ne approfitta per prendere  parola e attaccarlo.

“Non ho detto questo!” si difende lui, prontamente.

“Ah no? E perchè quando ai tempi era secca, bruttina, con i brufoli e senza seno non aveva attirato la tua attenzione??” torna a chiedere ancora più agguerrita, avvicinandosi minacciosamente a lui con un mestolo di legno puntato in direzione della sua faccia. 

“Sembra che qualcuno l’abbia presa un po’ sul personale…” commenta Boris, in tono di sfida.

“Cosa vorresti insinuare??”. Il tono alterato di Dana non lascia presagire nulla di buono.

“Niente…” si limita lui, nella speranza di calmarla. Ma la risposta di Dana è un colpo di mestolo per assestato sulla coscia del russo, che nonostante sembri essere dotato di una corporatura altamente massiccia e tonica, pare non avere un altrettanto alto livello di sopportazione del dolore. Infatti, si lascia sfuggire un effemminato “ahia!” mentre si strofina sofferente la parte del corpo colpita e dolorante.

“Volete smetterla voi due!”. Decido di intervenire prima che la situazione sfugga di mano a entrambi e tolgo dalle mani di Dana l’arma del delitto, sotto il suo sguardo di disappunto.

“Vado in sala a servire i clienti!” annuncia prima di congedarsi, rivolgendogli uno sorriso di scherno e inziando a imitare il verso effemminato di dolore emesso da lui poco prima.

“Che odiosa…” mormora Boris, fulminandola con lo sguardo, mentre continua a toccarsi la coscia colpita.

“Quindi? Cos’è successo con Emily?” gli domando poi, nel tentavivo di distrarlo dal pensiero di strangolare Dana, probabilmente.

“Ehm, niente! Mi ha ignorato per tutta la serata, nonostante io le avessi proposto di bere qualcosa insieme, ma poi a fine serata, quando sono tornato a casa, ho trovato una notifica su Instagram e, tra le mille ragazze che mi hanno messo il ‘segui’, indovina? C’era anche lei!” conclude soddisfatto.

“E…questo cosa vorrebbe dire?” domando perplessa, indicandogli con un gesto di passarmi delle cose risposte ai piani alti della cucina.

“Come cosa vorrebbe dire? Significa che è fatta!” esclama come se stesse spiegando la cosa più semplice del mondo, ma che io non ho ancora ben chiara.

“Andiamo Anya, devo spiegarti proprio tutto?”.

Sarà che stamattina mi sento intontita per le cose successe la scorsa notte, sarà perché non ho ancora messo in moto i neuroni, ma io non ho capito.

“Significa che presto scoperemo!” rivela infine, facendomi subito pentire di averglielo chiesto.

“Santo cielo, Boris…fai schifo!” mi limito a dire, andandomene via dalla cucina con aria disgustata, lasciandolo lì in piedi con un frullatore in mano.

“Come siete suscettibili stamattina voi due!” gli sento urlare in lontananza.









 

Più tardi, nel pomeriggio, Hilary si presenta in caffetteria con la scusa di voler trovare un posto ‘tranquillo’ per scrivere la sua tesi, dal momento che in casa Ivanov non riesce a trovare un attimo di pace, tra gemelli e vita coniugale. E così, le ho indicato l’angolo più appartato e silenzioso del locale e lei se ne sta lì da circa due ore a scrivere sul suo portatile, venendo di tanto in tanto interrotta dalle  telefonate di Yuri, rimasto a casa a badare ai figlioletti.

“Vuoi che ti porti qualcosa da bere?” le propongo, dopo avere scorto da lontano un’espressione di disperazione sul suo volto.

“Solo se mi fai compagnia”.

“Ok, chiedo a Dana di sostituirmi un attimo”.







 

“Come va, quindi?” le domando in tono apprensivo, mentre le verso il caffé triplo macchiato con latte di soia, da lei richiesto.

“Mi sento esaurita” lamenta sbuffando sonoramente.

“Non è meglio che tu ti prenda un anno sabatico? Insomma, non puoi stare dietro agli esami e alla tesi con dei bambini così piccoli…” le consiglio preoccupata.

“Lo so, ma non voglio perdere tempo. Sono già troppo indietro e vorrei togliermi il pensiero il prima possibile, capisci?”.

“Mmmh, non ho fatto l’università…quindi non posso capire appieno” le ricordo in tono allusivo.

Segue una pausa di silenzio, durante il quale entrambe osserviamo assorte un punto indefinito del tavolo.

“Ma cambiamo argomento…”. Hilary, dopo soli due sorsi di caffé, si desta dal suo stato di trans e assume un altro atteggiamento, quasi fosse rinata. Incredibile! “Cosa ne pensi di Matt?” domanda subito dopo, sotto il mio sguardo interrogativo.

“Matt?”. Il mio tono le sta comunicando che non ho idea di chi diavolo sia Matt.

“Matt! Il collega di Yuri!” mi ricorda, roteando gli occhi irritata.

Oh…

“Beh, un ragazzo…simpatico” commento, bevendo un sorso del mio té caldo.

“Solo simpatico? E poi mi spieghi perché lo hai piantato in asso?”.

“Te l’ho spiegato…non mi sentivo bene”.

“Non mi pare fosse questa la scusa” afferma, con aria sospetta.

“Ah no? Allora non me la ricordo” dichiaro fingendomi disinvolta, mentre continuo a sorseggiare la mia bevanda, nonostante sia troppo bollente e mi stia ustionando la lingua. Un gesto, probabilmente, dettato dal nervosismo.

“ Non è che c’è qualcosa che non mi hai detto?” domanda con aria investigativa.

“No, assolutamente…no!” rispondo prontamente.

“Non ci sarà mica qualcun altro?”.

Ecco, lo sapevo. Il té mi è andato di traverso e sto iniziando a tossire senza sosta.

“Ehm, stai bene?”.

“Sì…sì, scusami, mi è andata di traverso! Dicevi?”.

“Dicevo…” torna a ribadire, sospirando, “che forse Matt non ti interessa perché ti interessa qualcun altro…”.

“No, ti assicuro che non c’è nessuno. E’ solo che non… mi sento ancora pronta…tutto qui” invento di punto in bianco, nella speranza di essere convincente.

“Suvvia, Anya! Non sarai mai pronta se non ti butti” sentenzia lei, con convinzione.

“Forse hai ragione…”.

“Quindi, farò in modo che voi due vi incontriate di nuovo! Ho già in mente qualcosa!” annuncia, mentre si alza e raccoglie le sue cose.

“In che senso hai in mente qualcosa?” chiedo, un tantino preoccupata da questa sua affermazione.

“Tranquilla, mi farò sentire al più presto!”. Ecco che rimette tutto in borsa sotto il mio sguardo interrogativo.

“Hilary… ehm…non”. 

“Grazie del caffé. E’ stato miracoloso! Ciau!”.

Non sono riuscita a concludere la frase, perché Hilary è già andata via, lasciandomi qui come una rincitrullita a domandarmi cosa diamine abbia in mente…












 


 

***











 

Arriva la sera e quando suonano alla porta, Reina annuncia l’arrivo di Hope insieme ad Anya.

Non so perché, ma questa notizia mi provoca una sorta di fitta alla bocca dello stomaco che mi impedisce di alzarmi dalla poltrona della scrivania. 

Solo quando sento la vocina di Hope che chiede a Reina dove io sia, riesco a prendermi di coraggio e alzarmi.

“Ciao Papà!” saluta la piccola, abbracciandomi una gamba affettuosamente. Gesto che io ricambio scompigliandole i capelli.

“Qui c’è il borsone di Hope!” mi comunica Anya, posando la roba della piccola sul pavimento.

Ammetto che è strano guardarla in faccia e, contemporaneamente, immaginare ciò che abbiamo fatto la scorsa notte a casa sua.

“Papà, ho fame!” esclama Hope tirandomi un lembo della felpa.

“Penso che Reina stia preparando, vai a controllare!” le consiglio, in modo anche da rimanere un attimo da solo con la madre, la quale sembra un po’ nervosetta, dato che se ne sta lì, al centro del salotto, a evitare in tutti i modi di incrociare il mio sguardo.

“Perché non rimani anche tu a cena” le propongo di punto in bianco, lasciandola di sasso.

In effetti, questa proposta, sorprende persino me.

“In fondo, ti devo una cena” aggiungo poi, nella speranza di ricevere una risposta affermativa.















 

*** 












 

Un raggio di sole, proveniente dalle prime luci del mattino, solletica le mie palpebre, costringendole ad aprirsi e a mettere a fuoco la vista. 

“Buongiorno”.

Quando volgo lo sguardo alla mia sinistra, in direzione di quella voce, il mio cuore viene preso da un sussulto che gli fa perdere un colpo.  Kai se ne sta seduto nella sua parte del letto a scorrere il dito sul display del suo cellulare. Da quanto tempo è sveglio? E soprattutto, che ora sarà?

Il mio sguardo assonnato punta in direzione di una sveglia posta sul comodino accanto e lentamente alzo la schiena per mettermi seduta anch’io, badando bene a tenere il lenzuolo all’altezza del petto nudo.

Solo ora mi rendo conto di essere nella camera da letto di Kai e solo adesso mi rendo conto di quello che è successo.

“Dormito bene?”. Kai getta il cellulare alla rinfusa sul letto e si sposta sul fianco osservandomi, in attesa di una mia risposta.

“Beh, è un letto comodo, senza dubbio…” mi limito a dire, un po’ imbarazzata.

“Comodo, eh?” ripete in tono rassegnato, alzandosi e mostrando senza pudore la sua nudità. Cosa che mi costringe a volgere subito lo sguardo altrove. “Nulla che tu non abbia già visto” ci tiene a precisare, con aria soddisfatta, mentre infila una gamba dopo l’altra nei suoi boxer.

Già, ma fa comunque uno strano effetto.

“Comunque io devo scappare” mi avvisa poi, raccogliendo e indossando frettolosamente un pantalone e una camicia dalla poltrona. “Tu…”. Ecco che fa una faccia strana dopo aver preso per sbaglio il mio reggiseno in mezzo alle sue cose. “ …testa pure la comodità del letto finché vuoi” conclude con sorriso beffardo, tirandomi in faccia il mio stesso reggiseno per poi uscire dalla stanza.

Divertente… affermo tra me e me tirando via l’indumento intimo rimastomi appeso in testa.

Quando si chiude la porta, mi accascio sul letto sbuffando sonoramente, pensando e ripensando al fatto che non so cosa mi stia succedendo.

Ieri sera, quando ho accettato il suo invito, sapevo che sarebbe finita così, che saremmo finiti in camera da letto e,  il fatto più preoccupante è che, in cuor mio speravo finisse così…













 

***




 

“Signor Hiwatari, mi sta ascoltando?”.

Eh?

“Sì, va avanti”.

In realtà, non sto ascoltando nemmeno una parola di quello che sta dicendo, tanto alla fine delle sua presentazione proiettata sul grande schermo, dirò come sempre di no; mi è bastato vedere le cifre sparse qua e là sulle varie slide per bocciare senza remore la sua proposta.

Stamattina la mia mente è distratta da pensieri che esulano dagli affari aziendali e che possono essere riassunti in una sola parola: Anya.

E’ la seconda sera di fila che finiamo a letto insieme e, anche se mi sembra ancora tutto molto strano, non mi è dispiaciuto affatto, come credo non sia dispiaciuto nemmeno a lei.

Mi chiedo soltanto quanto durerà questa fase.

Prima o poi Anya farà venire a galla una serie di rimorsi e pentimenti che faranno in modo di ricostruire il muro, temporanemante abbattuto, tra di noi.

“Quindi? Cosa ne pensa di questa idea, Signor Hiwatari?” domanda il mio dipendente, una volta finita la sua presentazione.

“Che è pessima!” riferisco in tono piatto, mentre mi alzo dalla mia sedia e lascio scivolare quella penna che ho finora tenuto puntata a una tempia, quasi fosse una pistola pronto a sparare per sopprimere questa sensazione di noia.

E poi senza avvisare o dare spiegazioni a nessuno, in perfetto stile dirigente Hiwatari, abbandono la sala riunioni, sotto lo sguardo sbigottito e rassegnato dei dipendenti, come faceva il buon vecchio Hiwatari Senior.









 

*** 










 

“La signorina rimane a cena?” mi domanda Reina, con i suoi modi sempre eccessivamente formali.

“Ehm…” stavo per rispondere, 

“Sì” ma Hiwatari decide di farlo al posto mio, mentre passa velocemente da una stanza all’altra alla ricerca di qualcosa.

“Va bene, allora apparecchio per tre” comunica la cameriera, facendo il suo solito inchino prima di congedarsi.

Mi sento sempre in imbarazzo in queste situazioni. Hiwatari sarà abituato ad essere servito e riverito, ma io no.

“Che cosa stai cercando?” chiedo un po’ intimorita ad un Hiwatari che continua a cercare qualcosa, infilando mani nelle fessure di divani  e tra mobili vari.

“Il mio cellulare”.

“Ehm, credo che ce l’abbia Hope” gli riferisco, indicando la piccola che fa finta di parlare al telefono con i suoi amici immaginari da circa un’ora. Pensavo fosse un giocattolo a dire la verità.

I suoi occhi puntati al cielo mi trasmettono la sua sensazione di sollievo e a passo svelto raggiunge Hope intimandole di restituirgli il cellulare, ma la piccola, troppo presa dal suo gioco, inizia a correre per la casa inseguita da un Hiwatari poco incline allo scherzo.

E io in tutto questo non so se sorridere alla vista di questa buffa scena o iniziare a preoccuparmi, dato che Hiwatari la alza di forza e inzia a scuoterla animatamente. Ma le finte urla tra una risata e l’altra di Hope mi fanno capire che Hiwatari stia scherzando e che forse è un modo di giocare tutto loro che io non conosco.

Continuo a pensare che sia tutto così strano…insomma, io qui a cena con loro, io e Kai, e poi io Kai e Hope, sono confusa…

I miei pensieri confusi e lo strambo gioco tra Kai e Hope vengono interrotto dal suono del campanello. Kai riporta la piccola coi piedi per terra e con aria interrogativa si dirige alla porta principale.

“Che cosa ci fai qui?” gli sento dire a bassa voce, rivolgendosi con tono alterato a colui che ha osato bussare alla sua porta. “Non mi sembra il caso” aggiunge poi, sempre a tono basso quasi per paura di farsi sentire dalla sottoscritta, che, incuriosita, decide di far capolino dalla porta del salotto e vedere di chi si tratta.






 

*** 









 

Quando ho aperto la porta di casa e ho visto Boris, sono stato tentato di ignorarlo e chiudergli la porta in faccia prima che aprisse bocca.

“Che cosa ci fai qui?”.

“Ho portato delle birre, mi fai entrare?”.

“Non mi sembra il caso…”.

“Perché?“Ma c’è Anya?” domanda poi, fissando qualcuno alle mie spalle.

Grandioso.

Boris mi scansa con una mano per farsi spazio ed entrare. “Meno male che ho portato delle birre in più! Non sapevo fossi qui” gli sento dire da lontano. 

Io rimango qualche secondo qui, sull’uscio di casa con la porta ancora aperta, a maledirmi mentalmente per non aver subito chiuso la porta in faccia a Boris.

Deve sempre rompere le scatole…









 

*** 









 

Boris è rimasto per cena e, per l’immensa felicità di Kai, anche per il dopocena.

“Mamma, mi passi il colore giallo?” mi chiede Hope, intenta a finire i suoi disegni sparsi sul tavolino del salotto.

Stranamente, Boris non ha fatto troppe domande. Insomma, del perché io sia qui, intendo.

Ed è meglio così, perché non mi piace l’idea che lui, Yuri, Hilary o chiunque altro, sappiano di me e di Kai, soprattutto Hilary, la quale so già che cosa mi direbbe al riguardo.

Per il momento voglio che rimanga tra me e lui questa specie di relazione, che non so bene come definire. So solo che da qualche settimana, capita che qualcuno dei due rimanga a dormire a casa dell’altro.

“Emily mi ha messo mi piace ad alcune foto” annuncia trionfante Boris, stappando una bottiglia di birra.

“Wow, allora la cosa si fa seria” lo schernisce Kai, strappandogli la bottiglia di mano, prima di accomodarsi sul divano a un’equa distanza da me.

“Fa la preziosa perché è arrabbiata perché al liceo non la guardavo, ma so che adesso vuole attirare solo la mia attenzione” spiega, aprendo un’altra birra e sedendosi sul divano proprio in mezzo a me e Kai.

“E ci sta riuscendo…” mormora Kai, mentre, con aria infastidita, si sposta ulteriormente per non stare attaccato al Boris.

“E’ questione di tempo…Cin Cin?” dice poi, proponendo una sorta di brindisi prima a me, e poi a Kai, che lo ignora volutamente iniziando a bere. “Sempre molto amichevole…” commenta in tono punzecchiante Boris.

Prevedo una lunga serata…








 

*** 





 

Non lo sopporto.

Ha sempre il brutto vizio di irrompere in questa casa senza preavviso e, in genere, non mi dà fastidio. Di solito, quando si presenta qui, ma non posso ospitarlo perché sono insieme a una ragazza, mi basta comunicargli di girare i tacchi e lasciarmi in pace e lui, senza problemi, sparisce. Ma stavolta è stato diverso, perché la ragazza in questione è Anya e lei non vuole che si sappia in giro che andiamo a letto insieme, per qualche oscuro motivo. Pertanto, ho dovuto fare in modo di comportarmi in modo da non destare sospetti in Boris.

Ha cenato qui, ha bevuto anche…che cosa aspetta ad andarsene??

 

Passa un’oretta e Boris, finalmente, intuisce che è arrivato il momento di ritirarsi nella propria dimora. 

Nonostante io mi senta sollevato da questa sua decisione, inizio a preoccuparmi quando lo sento proporre un passaggio ad Anya per accompagnarla a casa.

“Ti accompagno a casa”.

Al suono di questa frase, Anya si irrigidisce e non sa cosa rispondere, nonostante io, che me ne sto alle spalle di Boris, le stia intimando con un cenno della testa di dire di no.

“Ok” è, invece, la sua risposta.

Una risposta che mi lascia senza parole.

Sul serio?

E’ quello che la mia faccia gli sta comunicando, una volta che Boris si allontana per prendere la sua giacca.

“Non sapevo cosa dire…” bisbiglia con faccino innocente, per giustificarsi.

“Potevi dire di no” le ricordo minaccioso.

“Allora, andiamo?”.

“Sì” risponde prontamente lei, quasi non aspettasse altro.

E così, sotto il mio sguardo sbigottito, Anya prende la sua giacca, saluta con un bacio sulla testa la piccola e se ne va, non prima di far incrociare, per un breve attimo, i nostri sguardi.

Da non credere…esclamo mentalmente, mentre mi risiedo sul divano, massaggiandomi le tempie doloranti.

“Perché la mamma è andata via?” chiede la piccola, quasi mi avesse letto nel pensiero.

“Bella domanda…” mi limito a dire, sospirando stancamente.

Bella domanda…





 

*** 








 

Dallo sguardo di Kai ho intuito che non si aspettava e non voleva che prendessi questa decisione. Ma cosa potevo fare?

Boris è solito proporsi per riaccompagnarmi a casa e se avessi detto di no si sarebbe insospettito. Avrebbe chiesto - ah, ma allora dormi qui?- oppure - Cosa avete da nascondere voi due?-, insomma, avrebbe fatto troppo domande scomode, a cui, per adesso, non sono pronta a rispondere.

Non so come e quando sia iniziata questa storia con Kai, a dire il vero, e non so come andrà a finire.

Se si sapesse in giro, inizierei a farmi venire l’ansia, perché significherebbe dire a tutti ufficialmente che…io e Kai stiamo insieme?? Anzi, sarebbe più corretto dire - Io e Kai andiamo a letto insieme- dato che i nostri incontri si limitano solo a questo, fondamentalmente.

Non so cosa stia succedendo tra me e lui, so solo che finché non lo scoprirò, nessuno dovrà sapere di noi.







 

***



 

Dopo quella volta in cui la serata è stata rovinata da Boris, non ci sono state molte occasioni per stare insieme a causa di qualche imprevisto. Una sera, ad esempio, Hope stava male, un’altra ancora Hope piangeva e faceva i capricci e un’altra sera ancora Anya aveva le sue ‘cose’, come amano chiamarle le donne.

Stasera tutto sembra essere andato liscio: Hope se ne sta nella sua stanza già dormiente e nessuno si è presentato a casa mia per rompere le scatole. Dunque, ho invitato Anya a salire in camera per approfittarne.

E mentre ne stiamo approfittando, e anche alla grande, il mio cellulare sul comodino inizia a squillare e senza badare al mittente o staccarmi dal corpo di Anya, con un rapido gesto della mano, disattivo il volume, continuando a fare ciò in cui siamo impegnati.

Passano pochi secondi e il cellulare suona di nuovo, e nonostante io lo stia ignorando, Anya mi costringe a fermarmi…

“Forse dovresti rispondere” mi consiglia, facendo appello a tutta la sua forza per allontanarmi dal suo corpo.

“Lascialo squillare” mi limito a dire, passando poi ad altre parti del suo corpo.

Tuttavia, alla fine, dopo l’ennesimo tentativo di chiamata sono costretto quantomeno a leggere il nome del mittente.

“E’ Boris” esclamo infastidito alla vista di quel nome.

“Boris?” ripete Anya un po’ stranita. “Che vuole a quest’ora?” si chiede, verificando l’ora.

“Non lo so. Non mi interessa” dichiaro in tono menefreghista, gettando il cellulare sul comodino per tornare alle mie faccende.

“Magari è importante” continua a dire lei, nonostante il mio volere.

Dio, che strazzio…

Mi sollevo sui gomiti e prendo il cellulare sbuffando sonoramente…

“Che diavolo vuoi?” rispondo in tono alterato a colui che osa disturbarmi sempre nei momento inopportuni.

Ho bisogno che tu venga a prendermi” e questa frase mi basta a chiudere la telefonata in fretta congedandolo con una semplice parola “Scordatelo”.

Aspetta, c’è anche Anya con me!”.

“Ma davvero?” inizio a dire consapevole del fatto che mi stia mentendo, dal momento che Anya è proprio qui sotto di me, schiacciata dal mio corpo, e non può essere altrove. “Passamela, allora” gli ordino, in tono di sfida.

In tutto ciò, non posso fare a meno di non notare la faccia interrogativa di Anya che sta ascoltando tutto dalla sua postazione.

Ehm…non può parlare al momento” si inventa, titubante.

Ovvio, perché non è lì.

“Senti, sto chiudendo, ciao”. Sono stanco delle sue storielle.

Aspetta, sono nudo e nel bosco e mi hanno rubato l’auto”.

Stavo per chiudere la telefonata, ma questa frase pronunciata dalla sua voce disperata, mi lascia perplesso e mi obbliga ad approfondire la questione.

“Che vuol dire che sei nudo nel bosco?”.

Possiamo rimandare le domande a dopo? Ti prego sbrigati e porta degli indumenti”.

La chiamata termina e io rimango incerto sul da farsi.

“Dammi un valido motivo per andarci, ti prego” chiedo ad Anya, in tono stanco, riprendendo a baciare il suo collo.

“Forse perché è tuo amico?”.

“Ti ho chiesto un valido motivo” ripeto, calcando il tono sulla parola ‘valido’.

“Perché se qualcuno lo vede potrebbe denunciarlo per atti osceni in luogo pubblico?” è il suo secondo tentativo che mi lascia stupido, talmente tanto da essere costretto a fermarmi e osservarla in maniera storta. Guarda troppi polizieschi forse…

“Beh se lo arrestassero, la smetterebbe di rompere le scatole, non credi?” . In un rapido gesto ribalto le posizioni, nel tentativo di distrarla.

“E poi perchè ha usato la scusa che ci fossi io con lui?” domanda poi, con aria vagamente curiosa.

“Non lo so. Lascialo perdere”.

Cavolo, è difficile distrarla!

“Lo ha fatto perché pensa forse che tu ci tieni a me?”.

Ok basta.

“Ho capito, vado a recuperare Boris, contenta?”. Stufo ormai della piega che hanno preso le circostanze, mi vedo costretto ad alzarmi e vestirmi per andare a vedere dov'è quel deficiente di Boris.

E poi perché questa domanda?

Beh Boris sa che non mi scomoderei per lui senza un valido motivo e ha usato la scusa di Anya perché l’ultima volta, quando era stato fermato dalla polizia ubriaco insieme a lei, aveva funzionato.

“Vuoi che venga anch’io?”.

“No, ti risparmio la gioia di vedere Boris nudo” spiego disgustato, mentre allaccio la cintura alla vita e mi premuro di prendere degli abiti da dare a quel deficiente.















 

“Dove diavolo sei?”.

Ho appena spento il motore in mezzo al bosco da Boris indicatomi, ma di lui nessuna traccia. Scendo e inizio a camminare, finché…

“Dio, che schifo!”, finché non mi appare davanti nudo, uscendo da dietro un albero. Gli tiro addosso i vestiti e mi giro disgustato dall’altra parte.

“Finalmente, ce ne hai messo di tempo” si lamenta, beccandosi un’occhiata fulminante da parte mia.




 

“Si può sapere cosa ci facevi nudo nel bosco?”.

Siamo in auto e lo sto portando a casa sua. Domani andrà a denunciare il furto, perché non ho intenzione di passare la notte in questura per colpa sua.

“E’ stata quella pazza di Emily!” rivela incollerito.

“Vuoi dirmi che Emily ti ha portato nel bosco, ti ha denudato e ti ha rubato l’auto?!”. Suona così assurdo!

“Non è andata proprio così!” ci tiene a precisare, infastidito. “Lei mi ha proposto di voler fare … delle cose un po’ particolari e ho accettato di farlo nel bosco con lei. Insomma, se fosse capitato a te non l’avresti fatto??” mi chiede come se fosse una cosa ovvia.

“No!” rispondo categorico e arrabbiato.

E la mia risposta lo fa sentire ancora più stupido.
“Ad ogni modo, ha preso i miei vestiti, li ha tirati in auto e se n’è andata!”.

“Perché hai lasciato le chiavi in auto immagino!” gli faccio notare, in tono di rimprovero.

“Non è questo il punto” ci tiene a precisare lui.

“Il punto è che tu mi hai fatto fin venire qui, a quest’ora,  perché hai dato retta a quella pazza e ti sei fatto fregare come un deficiente!” sottolineo pungente, trattenendomi dalla voglia di strangolarlo mentre guido.

“Beh, Che vuoi che ti dica? Che mi dispiace di averti svegliato?”.

Non stavo dormendo, anzi, ero molto sveglio…ma lasciamo perdere.

“C’è un altro problema…” inizia a dire, con un tono che vuole fare appello a tutta la mia calma. “Le chiavi di casa erano in auto…”

No…

No, ti prego.

Questa no.










 

Boris chiude con troppa forza la porta di casa mia, fingendosi dispiaciuto dopo essere stato fulminato dal mio sguardo omicida.

“Dormi sul divano” sentenzio categorico.

“Cosa?” lamenta bisbigliando, mentre camminiamo a passo felpato nell’oscurità del corridoio.

“Ho già esaurito la mia pazienza, quindi o dormi sul divano o fuori insieme al cane in giardino”. Il mio tono serio e stanco lo convincono abbastanza da capire che non ha altre alternative se non quella di eseguire l’ordine.

“Fantastico…” mormora tra se e se mentre si sdraia sul divano alla ricerca della posizione migliore.

Non mi importa. Ho già fatto abbastanza.

Quando arrivo in camera da letto, apro e richiudo lentamente la porta, per paura di svegliare Anya, che, come mi aspettavo, sta già dormendo. Figuriamoci.

E così, con spirito di rassegnazione, mi corico nella mia parte del letto, sperando di addormentarmi il prima possibile.















 

*** 










 

E’ mattino e la scomodità di questo divano mi induce ad alzarmi e sgranchirmi le gambe intorpidite.

Mio dio, che dolore alla schiena!

Kai poteva farmi dormire benissimo in una delle stanze di questa casa, ma ha preferito punirmi, obbligandomi a coricarmi in questo maledetto divano, senza darmi nemmeno una coperta, mentre lui se ne sta comodo di sopra nel suo super mega comodo materasso.

E’ presto e starà ancora dormendo immagino…Sarebbe un peccato disturbare il suo sonno per chiedergli di prestarmi la sua auto e andare dalla polizia per denunciare il furto.

Questa malsana idea mi porta a raggiungere a passi spediti il piano di sopra e svegliarlo nella maniera più dolce possibile. Ma una volta aperta la porta della sua camera da letto, sono costretto a esclamare un “Porca vacca” e a richiuderla velocemente, pentendomi di averlo fatto.

“Boris, io ti uccido” sento dire a Kai in tono minaccioso, da dietro la porta.

Quella era Anya?

Ed era sopra Kai?

Nuda?

Devo avere le allucinazioni.










 

***





 

“Che diavolo ci fa Boris qui?” domanda allarmata Anya, dopo essere saltata in aria dallo spavento.

Dopo esserci svegliati ne abbiamo approfittato per riprendere quello che era stato interrotto la sera precedente.

“Io lo uccido” dico per l’ennesima volta, provando a trovare la forza di alzare la testa dal cuscino.

“Kai?”. Anya pretende delle spiegazioni, lo so.

“Senti, è una lunga storia, che ti racconterò dopo aver seppellito il suo cadavere in giardino” sentenzio categorico, mentre mi vesto sotto il suo sguardo allibito.







 

***









 

Questa non ci voleva.

Boris ci ha visti, cavolo…

Ma cosa ci fa qui?

Non ci sto capendo nulla.

Kai è appena uscito dalla stanza con una faccia che non fa presagire nulla di buono e questo mi costringe ad affrettarmi a seguirlo. Quindi indosso alla rinfusa i miei vestiti e scendo velocemente i gradini, un secondo dopo Kai, che raggiunge Boris a passo spedito.

“Senti, non ho visto granché” si giustifica subito lui, parando le mani di fronte, ma venendo spinto da un Hiwatari super incazzato.

“Si può sapere che ti salta in mente??” gli urla in faccia, minaccioso.

“Non ho visto molto, volev…”. Ecco un altra spinta che mi costringe a mettermi in mezzo e tenerli lontani.

“Ok, calma…calma!” esclamo, provando a calmare i ribelli spiriti, soprattuto di Kai, i cui occhi lanciano fulmini e fiamme addosso all’amico. “Va tutto bene, adesso ne discutiamo!”.

Le mie abilità da mediatrice sembrano funzionare, tant’è che Kai sospira rassegnato, allontanandosi, e Boris capisce che è meglio non proferire parola.

Bene…

“Anya, ti giuro che ho chiuso subito la porta, io non immaginavo che voi due…”.

“Perchè è normale irrompere nelle camere da letto altrui, no?”. Kai parte alla carica di nuovo, ma viene indotto a calmarsi dal cenno della mia mano.

“Potevi dirmelo che eri con Anya, non avrei aperto. Insomma, da quanto tempo voi due…insomma”.

Sospiro rassegnata al fatto che ormai non sia più possibile tenere nascosta la cosa.

“Da qualche tempo…da qualche settimana” rivelo, imbarazzata.

“Wow e perché non lo avete detto?” domanda, giustamente.

“Perché non volevamo che si sapesse, ancora…” provo a spiegare, sotto lo sguardo incollerito di Kai.

“Beh, sono sconvolto ragazzi, vi giuro. Non avrei scommesso un centesimo su di voi” confessa, senza timore. “Immagina la faccia di Hilary quando lo saprà!” esclama poi, dipingendo un sorriso sardonico sulle labbra.

“E’ proprio questo il punto!” intervengo subito a infrangere il suo film mentale. “Hilary non dovrà saperlo”.

“Perché no? Le verrà un arresto cardiaco! Lei odia Kai!” rivela senza peli sulla lingua, beccandosi uno sguardo omicida da parte del diretto interessato.

“Ti prego, Boris! Non voglio che lo sappiano né lei, né Yuri!” lo supplico con lo sguardo, sperando di riuscire a persuaderlo.

“Se lo dici a qualcuno di stacco quella cosa che hai in mezzo alle gambe e la do in pasto al mio cane”. Ecco che Kai decide di usare una tecnica di persuasione, secondo lui, più efficace. E a giudicare dalla faccia di Boris, sembra avere funzionato.

“Come volete, ragazzi” accetta in tono arrendevole. “Mi presti la tua auto per andare dalla polizia?” domanda, cambiando tono, a un Kai che non crede alle sue orecchie. “Lo prendo come un sì!” conclude in tono beffardo, prendendo le chiavi da una mensola per poi uscire, seguito dallo sguardo di fuoco di Hiwatari.

*** 




 

“Avrei dovuto lasciarlo nudo nel bosco…” mormoro tra me e me, maledicendomi mentalmente.

“Beh speriamo non lo dica a nessuno per ora” sento dire ad Anya, un po’ preoccupata.

Ora che Boris sa di noi, ho paura che Anya inizierà a farsi delle paranoie.

Sinceramente, a me non importa il fatto che lui, Hilary o Yuri sappiano di noi, a me preoccupa soltanto il fatto che questo potrebbe indurre Anya a pentirsi di quello che stiamo facendo e ad allonarsi da me. Hilary le farebbe il lavaggio del cervello, ricordandole il terribile mostro che sono in realtà…

Spero che questo accada il più tardi possibile.






















 

Ciao amici lettori e amiche lettrici!

Innanzitutto auguri a tutte le donne!

Vi regalo questo capitolo da parte mia XD

Spero come sempre che vi sia piaciuto. Anya e Kai se la spassano alle spalle di tutti, e spero sia chiaro il motivo per cui si stanno ‘nascondendo’. L’unico a saperlo è in realtà Boris, che come sempre si impiccia degli affari altrui e ha giocato col fuoco e con la pazienza di Kai fino alla fine XD

Fatemi sapere cosa ne pensate.

Grazie ai lettori e ai recensori.

Un saluto




 

Henya


















































 

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