Accidentally in love.

di dreamlikeview
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. I don't know, maybe I'm in love. ***
Capitolo 2: *** 2. It must be true love. ***
Capitolo 3: *** 3. I’ve found in you my endless love. ***



Capitolo 1
*** 1. I don't know, maybe I'm in love. ***


Desclaimer: Storia scritta senza alcun fine di lucro, i personaggi non mi appartengono e non intendo offenderli (ma chiedo perdono per l’OOC, ci sto lavorando, giuro!) 

Nota: I cani sono i migliori amici dell'uomo, ma spesso gli uomini non se ne accorgono.


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Arthur Pendragon era uno scrittore, non era ancora molto famoso, aveva pubblicato il suo primo romanzo da un anno ed era molto soddisfatto di se stesso. Amava scrivere, aveva iniziato quando aveva solo sei anni, quando aveva perso sua madre a causa di una brutta malattia, come gli diceva sempre suo padre, e aveva trovato nella scrittura la sua valvola di sfogo. Ancora dopo vent’anni non riusciva a dire che sua madre era morta a causa di un cancro che l’aveva portata via in pochissimo tempo, nella sua famiglia quell’argomento era tabù da anni.
Aveva iniziato scrivendo su un quaderno di scuola il suo diario personale, che consisteva in una serie di lettere indirizzate a sua madre, in cui le raccontava la sua giornata, dei suoi amici, dei litigi con Morgana, sua sorella maggiore, di suo padre che piangeva, ma che non mostrava mai il suo dolore a lui e alla sorella, anche se Arthur riusciva sempre a scorgere lo sguardo triste di Uther e i suoi occhi rossi e velati di lacrime. Aveva continuato a scrivere il suo diario fino ai suoi dodici anni, poi si era reso conto di essere troppo grande per scrivere un diario; ben presto comprese che scrivere era tutto ciò che lo faceva stare bene, che lo aiutava a soffrire di meno. Così aveva chiesto a suo padre un raccoglitore ad anelli, e su quei fogli aveva iniziato a scrivere delle piccole storie, che erano cresciute insieme a lui. Intorno ai quattordici anni, aveva aperto un blog online e aveva pubblicato sul web alcune delle sue storie ed esse avevano riscosso un discreto successo. Quando a sedici anni aveva detto a suo padre di essersi iscritto ad un corso extracurricolare di scrittura creativa per migliorarsi, Uther non aveva ostacolato i desideri del figlio, sebbene desiderasse ardentemente che suo figlio seguisse le sue orme in campo imprenditoriale; e infine, quando aveva diciotto anni, su quel raccoglitore, su fogli nuovi era nata l’idea per il suo primo libro: un romanzo epico incentrato su una versione alternativa delle leggende arturiane di cui si era scoperto appassionato negli anni delle superiori (dopotutto, il suo cartone animato preferito della Disney era sempre stato La spada nella roccia) e aveva lavorato su quel progetto per tutto il tempo in cui aveva frequentato l’università; in quegli anni, tra scrittura, studio e flirt vari, aveva lavorato duramente al suo romanzo e alla fine, dopo la sua laurea, era riuscito nel suo intento: aveva finito di scrivere il suo primo romanzo. Lo aveva fatto leggere a sua sorella e subito dopo a suo padre, il quale, grazie alle sue conoscenze, gli aveva presentato un editore. E da lì in poi era iniziata la sua scalata verso il successo; i primi mesi dopo il lancio del libro, era stato sul filo del rasoio, in attesa di sapere qualcosa. Poi erano arrivate le prime critiche positive, le persone avevano acquistato il suo libro e nel giro di un anno aveva riscosso un modesto successo, il suo editore sosteneva che presto sarebbe diventato un bestseller. Per festeggiare il suo primo traguardo, Morgana gli aveva regalato un cane, un cucciolo di beagle, perché sarai anche uno scrittore ora, ma devi imparare a prenderti cura degli altri e hai bisogno di compagnia in quel tuo freddo appartamento, e sapeva che sua sorella avesse ragione, perché in quell’appartamento si era sempre sentito solo, aveva vissuto lì per tutto il periodo universitario, poiché non molto distante dall’università, e anche dopo la laurea vi era rimasto, ma solo dopo l’arrivo del piccolo Excalibur, gli era sembrato meno vuoto e più confortevole.
Arthur Pendragon rappresentava tutto ciò che un ragazzo della sua età avrebbe voluto essere: era un giovane ventiseienne di bell’aspetto, occhi azzurri come il mare, capelli biondi come il grano, fisico da modello, famiglia ricca, successo in età giovane… eppure sentiva che gli mancava qualcosa. Non aveva ancora trovato la sua musa ispiratrice, l’amore.
Tutta la sua vita ruotava intorno alla scrittura, ed era alla ricerca di un’idea geniale per il suo secondo romanzo, ma tutte le idee che appuntava e su cui provava a lavorare non gli sembravano degne di nota e si ritrovava a cancellare tutto ciò che scriveva, sperava di poterne parlare con sua sorella Morgana, la quale stava finalmente tornando per qualche giorno in Inghilterra. Morgana non aveva voluto fare l’università (il figlio diligente di Uther Pendragon era sempre stato lui) e quando aveva compiuto diciotto anni, la ragazza era volata a Los Angeles per sfondare nel mondo della moda e, dopo aver lavorato come cameriera in alcuni pub famosi della città, era stata notata ed aveva iniziato a lavorare con molte compagnie che cercavano modelle in erba. Quando aveva posato per il suo primo servizio fotografico, Arthur era stato il primo a ricevere le foto in anteprima; le aveva mandato un messaggio, scrivendole che era fiero di lei. Ogni volta che posava per nuove campagne pubblicitarie, Arthur era il primo a ricevere le foto – e alcune volte si era anche atteggiato da fratello maschio geloso, soprattutto quando lei gli aveva fatto conoscere, via videochiamata, un suo spasimante californiano, che poi era diventato il suo fidanzato – come lei era la prima a ricevere news e nuove idee riguardanti i suoi lavori. Quando la sorella lo aveva chiamato dicendogli che sarebbe arrivata quella sera, si era precipitato all’aeroporto e quando l’aveva riabbracciata, si era sentito immensamente felice, sebbene vivessero lontani, avevano sempre avuto un rapporto molto stretto, e si sentivano con costanza, nonostante le tante ore di fuso orario. Morgana lo strinse forte e poi lo guardò con occhio critico: Arthur aveva qualche problema, dedusse dalla barba incolta e dai capelli leggermente più lunghi di quanto li ricordasse. Lo conosceva abbastanza bene da riconoscere i segnali.
«Arthur, dovresti davvero raderti, sei così sciatto con la barba!» lo riprese bonariamente lei, sorridendogli con dolcezza «E guarda questi capelli! Non va bene» affermò sicura scuotendo la testa.
«Ciao Morgana, mi sei mancata anche tu» borbottò il minore, alzando gli occhi al cielo.
 «Certo che mi sei mancato! Ma potevi raderti prima di venirmi a prendere».
Lui sbuffò, ma non rispose a tono. «Vedo che non hai portato il tuo modello californiano con te» osservò con occhio critico, cambiando argomento «O devo dedurre che lo hai nascosto nella valigia?»
«Cretino» rise lei spintonando il fratello, che per tutta risposta sbuffò contrariato «Non fare il fratello geloso» lo rimproverò.
«Ma io lo sono» disse lui sorridendo soddisfatto; Morgana alzò gli occhi al cielo e rise di nuovo «Allora dove lo hai lasciato?» chiese Arthur, curioso di sapere che fine avesse fatto quel tipo – che non gli piaceva molto, ad essere onesto.
«A Los Angeles, doveva lavorare, ma non vede l’ora di conoscerti di persona!» esclamò lei pimpante.
«Non vedo l’ora…» borbottò lui con sarcasmo.
«Nostro padre non è venuto?» chiese Morgana, cambiando argomento.
«Aveva da fare, ci aspetta per cena, sai com’è lui» rispose Arthur, mordendosi le labbra. Nell’ultimo periodo, Uther non era stato benissimo, Arthur l’aveva accompagnato in ospedale più volte per dei controlli, ma aveva preferito non dirlo a Morgana, mentre era lontana non gli era sembrata l’idea più giusta, ne avrebbero parlato insieme da vicino. «Quanto resti?» chiese il minore con aria speranzosa, ignorando il fluire dei suoi pensieri.
«Non dovrei avere alcun incarico fino al mese prossimo, quindi per almeno tre settimane sono tutta tua!»
«Ma è grandioso!» esclamò Arthur abbracciandola e sollevandola da terra, la sorella lo strinse forte e gli diede un bacio sulla guancia. Poi il biondo la lasciò andare e, dopo aver galantemente preso la sua valigia per non farla portare a lei, insieme raggiunsero la sua auto, poi Arthur sistemò la valigia della sorella nel cofano e alla fine entrambi salirono a bordo dell’auto. «Preferisci stare da me o da papà?»
«Penso che verrò da te, non vedo l’ora di vedere quanto è cresciuto Excalibur!»
«Oh, non ti lascerà libera un momento, ne sono certo!» esclamò ridendo. Mise in moto l’auto e guidò verso casa, senza smettere un attimo di sorridere, gli sembrava che avendo la sorella al suo fianco, ogni cosa sarebbe andata bene. Il viaggio dall’aeroporto a casa sua durò una mezz’oretta e lo passarono a cantare a squarciagola le canzoni che passavano alla radio, facendo a gara a chi stonasse di più – Arthur aveva la prerogativa nel vincere questa particolare attività – e ridendo, esattamente come quando erano ragazzini e facevano impazzire Uther con quel loro bizzarro gioco. Quando parcheggiò nel suo posto auto nel cortile adibito a garage della palazzina in cui viveva, Arthur notò che poco lontano da lì c’era un grosso tir dei traslochi e molti pacchi accantonati in uno dei posti auto vuoti. Ora che ci pensava, l’appartamento di fronte al suo era vuoto da mesi, l’inquilina del piano di sopra gli aveva raccontato che quella casa era stata acquistata da un vecchio medico in pensione, e che egli l’aveva lasciata in eredità ad un nipote a lui molto caro, e che questo ragazzo sarebbe andato a vivere lì. Non aveva mai visto quell’uomo, perché già quando lui era andato a vivere lì era molto anziano, e poi Arthur non era molto propenso a farsi gli affari altrui; sperava solo che il nuovo inquilino non fosse un maleducato.
Senza più badare al camion dei traslochi, prese la valigia di Morgana e con lei salì al primo piano, la portò nel suo appartamento,  dove, appena prima di mettere piede in casa, fu assalito dall’euforia del piccolo Excalibur, che lo aveva aspettato da solo per tutto quel tempo – Arthur era solito portarlo sempre con sé ovunque, perché gli dispiaceva guardare i suoi occhioni che lo supplicavano di non lasciarlo solo, ma in aeroporto sarebbe stato impossibile portarlo.
«Ehi, campione!» esclamò accovacciandosi per terra, passando la mano sulla sua testa e tra le sue orecchie lunghe, il cucciolo rispose con un abbaio allegro e una leccata alla sua mano. Excalibur era un bellissimo esemplare di beagle maschio di sei mesi: musetto allegro, occhioni scuri e languidi, pelo morbido marroncino e bianco, le orecchie lunghe e morbide. Faceva molti dispetti, aveva sempre e costantemente fame, rosicchiava i piedi delle sedie e la notte si accoccolava vicino a lui, invece di andare nella sua cuccia, spesso occupava tutto il letto, ormai la poltrona del salotto era di sua proprietà e gli riempiva le giornate come nessun altro. «Ti sono mancato, eh?» domandò, e fu risposto da un altro abbaio e Arthur rise di gusto, coccolandolo ancora un po’. Poi il cagnolino passò a scodinzolare ai piedi di Morgana, la quale senza troppe cerimonie, lo prese in braccio ed entrò in casa, iniziando a chiacchierare con il cucciolo. Un’altra delle sue caratteristiche: era capace di attirare su di sé l’attenzione di chiunque, persino quella di Uther. Portò la valigia della sorella nella stanza degli ospiti e poi tornò in salotto.
«Arthur, è semplicemente delizioso!» esclamò entusiasta sua sorella «Sono fiera di te!»
«Grazie Morgana» disse lui sedendosi accanto a lei sul divano «È stato il regalo migliore che abbia mai ricevuto».
«Io so sempre cos’è meglio per te» disse lei sorridendo. Arthur si ritrovò ad annuire, lui e Morgana avevano sempre avuto un rapporto speciale sotto quel punto di vista, lei aveva sempre saputo di cosa avesse bisogno lui per stare bene e viceversa.
E il loro rapporto si era rafforzato giorno dopo giorno, soprattutto dopo la batosta che la loro famiglia aveva subito quando entrambi erano molto piccoli, Arthur ricordava bene il periodo successivo alla morte di sua madre e il dolore del padre, il suo e quello di Morgana.
«Lo so, è per questo che ti voglio bene».
«Aw, il mio fratellino tenerone!» esclamò lei, sorridendo e appoggiandosi al minore «La distanza ti ha rammollito?»
«Non dire assurdità» borbottò lui imbarazzato, non era solito lasciarsi andare a confessioni d’affetto, di qualunque natura esse fossero «Mi sei solo mancata, non lo dirò più per le prossime tre settimane» affermò piccato.
«Fingi, fingi, tanto ormai sei stato beccato» disse punzecchiandogli il fianco «Avanti, Excalibur, diglielo tu che ormai è stato beccato!» esclamò Morgana. Per tutta risposta, il cucciolo abbaiò scodinzolando e Arthur gonfiò le guance.
«Traditore» borbottò il biondo, scuotendo la testa, poi guardò la sorella con furbizia e sorrise.
Morgana scoppiò a ridere e lasciò andare il cucciolo, prima che il fratello piombasse su di lei iniziando a farle il solletico, facendola ridere di gusto, e non si fermò fino a che lei non lo supplicò di smetterla, con le lacrime agli occhi per le risate.
«Sei un somaro» affermò lei scuotendo la testa divertita. Arthur stava per ribattere, quando il suo telefono vibrò: un messaggio di suo padre, voleva sapere se Morgana era arrivata e se stava bene, il suo viso si rabbuiò un attimo, ricordando ogni cosa passata nell’ultimo periodo, ma si impose di non far preoccupare Morgana.
«Nostro padre chiede di te, ti va di anticipare la nostra visita da lui?» chiese, alzandosi dal divano.
«Perché no? Non lo vedo da tanto» disse lei, poi alzò lo sguardo sul fratello e lo guardò comprensiva «Sicuro che vada tutto bene, fratellino?» chiese «Hai assunto un’aria strana quando ti è arrivato il messaggio».
«Cazzo, tu dovevi fare psicologia, altro che fare la modella» mormorò scuotendo la testa «Non è niente, tranquilla»
«Dimmi la verità, avanti» sbuffò lei incrociando le braccia al petto.
Arthur sospirò, era inutile continuare a nasconderglielo, l’avrebbe scoperto a suon di occhiatacce «Ultimamente papà ha avuto qualche piccolo problema di salute» spiegò brevemente, guadagnandosi un’occhiata piena di stupore e preoccupazione da parte della maggiore «Niente di grave!» aggiunse «L’ho accompagnato più spesso per alcuni controlli e ha il diabete un po’ alto, tutto qui» disse «Solo che è stato male e io… beh, ho avuto paura, ecco» spiegò alla sorella.
«Sicuro che sia solo questo? E perché non mi hai detto niente?» chiese lei, guardandolo.
«Certo, non te l’ho detto per non farti preoccupare» disse il ragazzo mortificato «Eri lontana e non era giusto allarmarti solo per la mia paura folle di perdere un altro genitore, no?»
«Artie, la prossima volta chiamami. Anche se non riesco ad arrivare subito, almeno posso starti vicino in quei momenti». Arthur sospirò e senza dire nulla, annuì alle parole della sorella. Lei gli sorrise con dolcezza e appoggiò una mano sulla sua spalla, comprendeva il suo dolore e lo condivideva, così come la sua paura «Stai tranquillo, andrà tutto bene. Lui è un osso duro, no?»
«Certo, è un Pendragon» rispose il biondo, l’ansia che pian piano svaniva da lui.
«Appunto. Adesso, andiamo da papà, forza, sono sicura che muore dalla voglia di rivedere tutti e tre!» esclamò prendendo Excalibur in braccio «Vero, piccolo?» il cagnolino per tutta risposta scodinzolò ancora.
«Con me non fa mai così» borbottò Arthur, mentre recuperava la pettorina, il guinzaglio e le ciotole del suo cane, prima di uscire insieme alla sorella. Prima di scendere le scale che portavano al pian terreno, osservò gli scatoloni impilati sul pianerottolo davanti alla porta che stava di fronte al suo appartamento. Se si fosse concentrato bene, avrebbe notato la sagoma di un giovane intento ad aprire la porta e forse gli avrebbe dato una mano con gli scatoloni, ma non lo notò e scese le scale in fretta per raggiungere la sorella.
 
La cena con suo padre e sua sorella era stata infinitamente lunga, ma trascorrere un po’ di tempo in famiglia era ciò di cui aveva bisogno, pur vedendosi spesso con suo padre, soprattutto quando doveva accompagnarlo in ospedale, aveva bisogno di passare un po' di tempo tutti insieme, la nostalgia era il sentimento predominante in lui, in quel periodo, e forse era per questo che il suo secondo romanzo non sembrava aver voglia di nascere. Ogni cosa che scriveva gli sembrava scialba e priva di significato. Aveva perso la magia? Aveva perso la sua passione? Com’era possibile non riuscire a produrre nulla, se non schifezze? Era frustrato, ma non voleva deludere nessuno, per questo non parlava con nessuno, neanche i suoi amici sapevano cosa passasse nella sua mente in quel periodo. Aveva detto di essere concentrato sul lavoro e di non aver tempo per nessuno, ed era vero, ma aveva anche bisogno di qualcosa che riscuotesse il suo animo e gli facesse ritornare la passione che sembrava essere andata persa. No, non era davvero persa, era solo sopita e necessitava di qualcosa che lo scuotesse e gli desse la spinta per dare il meglio di sé. Prima di quel momento di stasi, aveva sempre tirato fuori il meglio di sé solo quando era triste o sotto stress; come quando tornava a casa stanco dopo una giornata di lezioni e apriva il suo quaderno e scriveva; come quando dopo un esame sfogava la tensione in eccesso sulla carta, come quando trascriveva al PC il suo romanzo, nello stesso periodo in cui scriveva la tesi. Ecco, rivoleva quei momenti, quelli in cui riusciva a gettare su un foglio ogni cosa che provava e lo trasformava in qualcosa di bello. Alla fine della cena, Morgana aveva detto ad Arthur che avrebbe trascorso la prima notte in Inghilterra da Uther, perché voleva assicurarsi che il padre stesse bene, e il biondo aveva capito il suo desiderio, sarebbe andato a prenderla il giorno dopo, la cosa bella di essere uno scrittore era proprio quella di non avere orari per scrivere, poteva scrivere di notte, di giorno, di pomeriggio, quando voleva, purché l’ispirazione fosse presente. Aveva appena parcheggiato l’auto, quando Excalibur gli fece capire di dover fare i suoi bisogni, così era uscito con lui dall’auto e lo aveva portato a spasso nel quartiere. Erano appena le undici di sera, quando la sua vita cambiò.
Gli piaceva quel quartiere, le luci di notte erano soffuse, ma non troppo, non davano fastidio, ma permettevano una buona visuale, Londra era caotica anche di notte, ma quel quartiere era particolarmente tranquillo.
Poi improvvisamente, mentre passeggiavano, Excalibur iniziò a tirare forte, Arthur si chiese se si fosse spaventato o altro, ma il cane lo trascinò; provò ad opporsi e a tirarlo nella direzione opposta, ma quel cane era un testardo e oppose resistenza, fino a che il padrone non gli permise di seguire quella strada, a quel punto Arthur era curioso di capire il motivo di tanto caos da parte sua. Sperava solo che non avesse annusato qualcosa da mangiare, quel birbante ne sarebbe stato capace. E, se così fosse stato, stavolta avrebbe sporto reclamo, perché non era la prima volta che degli incivili lasciavano dei cartoni di pizza abbandonati e il suo cane ci si tuffava dentro.
«Ehi, ti vuoi calmare?» domandò Arthur. Il cane si arrestò in quel momento e abbaiò, scodinzolando, Arthur quasi cadde per terra. Davanti a loro c’era un altro beagle – ecco cosa l’aveva attratto – e lo scrittore rimase fulminato quando i suoi occhi si posarono sul padrone del beagle, era un giovane incantevole. Illuminato dal fascio di luce del lampione sembrava un angelo, si potevano notare i capelli scuri, gli zigomi pronunciati, gli occhi azzurri, le labbra sottili e belle, le orecchie un po’ a sventola, ma incantevoli; era bellissimo e Arthur era rimasto rapito dalla sua fisionomia.
«Non è aggressivo» si ritrovò a dire Arthur a discolpa del suo cane «Gli piace giocare con i suoi simili».
«Tranquillo, lo so» disse sorridendo il moro «Sono cani molto giocherelloni». Santo cielo era bello fisicamente e aveva una voce sexy. Chi diavolo era?
Ma chi sei tu che avanzando nel buio della notte inciampi nei miei più segreti pensieri?
«Non me lo dire» ridacchiò il biondo «Ha sempre voglia di giocare, anche quando dovrei lavorare».
«Ti credo!» esclamò il moro «Il tuo è un maschio, giusto?» chiese poi per precauzione, i due cani si stavano studiando e annusando in maniera molto attenta, abbaiando appena e iniziando a giocare insieme.
«Sì, giusto. Mentre immagino che la tua sia una femmina».
L’altro annuì sorridendo: «Uhm, io sono Merlin» disse il moro presentandosi porgendogli la mano libera «Sono arrivato oggi in città».
«Arthur» si presentò a sua volta, stringendogli la mano e sorridendo. Le coincidenze…
«Mi stai prendendo in giro?» chiese, Arthur si accigliò «Il nome. Arthur, ti sei presentato così a causa della leggenda?»
«No, mi chiamo davvero Arthur» rispose lui divertito «Arthur Pendragon».
«Quell’Arthur Pendragon? Lo scrittore?» chiese allibito Merlin con gli occhi spalancati «Oh mio dio, non ti avevo riconosciuto con il buio! Adoro il tuo libro sulle avventure del principe Arthur, è una figata pazzesca!» esclamò.
«Sono felice di sapere che ti piace, ti ringrazio».
«Ti chiederei un autografo, ma… sai, sono un po’ impossibilitato al momento» ridacchiò Merlin imbarazzato, Arthur notò con piacere le sue gote arrossate e anche la punta delle sue orecchie di quel colore.
«Beh, vivo qui in zona, magari ci incrociamo di nuovo, Merlin».
«Davvero? Che coincidenza, mi sono trasferito in questo quartiere oggi, nella palazzina all’angolo» disse indicando la strada e Arthur spalancò gli occhi.
«Grosso camion e enormi pacchi?» chiese il biondo, il moro annuì «Sei il mio nuovo vicino, assurdo!»
«Beh, sono stato fortunato» borbottò il moro ancora rosso in volto.
«Anche io» ribatté il biondo, facendolo arrossire ancora di più. Lo vide respirare affaticato per un secondo, e riprendere in fretta lucidità, ricordandosi dei loro cani che si stavano ancora annusando a vicenda, molto soddisfatti della cosa.
«Allora, pensiamo alle cose importanti» mormorò Merlin accovacciandosi per terra «Come si chiama questo campione?»
«Excalibur» rispose con fierezza il biondo.
«Adesso mi stai prendendo in giro» ribatté il moro guardandolo con sfida «Non puoi aver chiamato il tuo cane con il nome di una spada» disse allibito e divertito al tempo stesso «Sei un po’ megalomane, la fama ti ha dato alla testa?»
Arthur scosse la testa indignato: «Porto il nome del grande re, il mio cane doveva avere per forza un nome epico» rispose «E poi non sono così famoso da potermene vantare, sai?»
Merlin rise, prima di ribattere. «Non potevi, che ne so, scegliere uno dei cavalieri della tavola rotonda?»
«No» borbottò in risposta, era stata Morgana a suggerirlo, ma non lo avrebbe di certo detto ad un estraneo «E sentiamo, la tua come si chiama?»
«Aithusa, è il nome di un drago».
«Credo di aver usato un nome simile nel mio libro, l’hai chiamata così dopo aver letto il libro, Merlin?» chiese divertito.
«No, l’ho scelto perché è un bellissimo nome e il mago di cui io porto il nome è un potente stregone capace di dominare i draghi» rispose alzando la testa in segno di sfida. Ad Arthur piacque subito il suo atteggiamento.
«E poi io sarei il megalomane?» chiese il biondo divertito.
«Lo siamo entrambi allora» disse Merlin, prima di scoppiare a ridere di nuovo. Arthur, in quel momento, si innamorò di quella risata e rise anche lui. Forse aveva appena trovato la sua musa ispiratrice.
«Che ne dici, visto che siamo vicini, torniamo a casa insieme?» chiese lo scrittore all’altro.
«Mi farebbe piacere» rispose sorridendo «Così potrai farmi quel famoso autografo».
«Ci sto».
 
§§§
 
Alla fine Merlin aveva ottenuto il suo autografo con una piccola dedica/augurio in aggiunta: Al mio nuovo vicino di casa, sperando che questo sia solo l’inizio di una bell’amicizia – Arthur Pendragon; e non aveva ottenuto solo quello, oh no.
Merlin era una forza della natura, era tutto ciò che Arthur riusciva a pensare ogni volta che lo incontrava. In pochi mesi aveva scoperto su di lui un sacco di cose: aveva ventiquattro anni, solo due in meno rispetto a lui, si era trasferito nel vecchio appartamento dello zio per risparmiare sull’affitto della sua precedente abitazione, era uno studente universitario all’ultimo anno di cinematografia, sognava di diventare un regista e sceneggiatore famoso, amava i cani, veniva da una famiglia non molto agiata, ma aveva lavorato duramente, spesso cambiando lavoro, per potersi permettere di studiare all’università, attualmente lavorava come commesso in un negozio di articoli per animali e faceva il volontario in un’associazione no profit che cercava casa agli animali domestici abbandonati – gli aveva raccontato che la sua cagnetta era stata abbandonata appena nata e lui se ne era occupato fin dai primi giorni, era stato lui a trovarla sul ciglio della strada e a portarla in salvo – ed era sempre piacevole parlare con lui, spaziava da un argomento all’altro con facilità e loro due erano molto affini; inoltre, fin da quando lo aveva incontrato, la sua verve artistica, che sembrava svanita nel nulla, era tornata e si sentiva ispirato come mai in vita sua. Quando lo guardava sentiva mille emozioni diverse, si sentiva diverso lui stesso, ogni volta che gli parlava o lo osservava era un puro incantesimo. E lui scriveva, scriveva come quando era ancora uno studente, scriveva tutto ciò che gli veniva in mente, Merlin era decisamente la sua musa ispiratrice e senza che lui se ne rendesse conto, il personaggio principale del suo secondo libro, aveva molte caratteristiche di Merlin, come i suoi occhi azzurri che sembravano pozze d’acqua marina, il suo atteggiamento euforico, ma a tratti malinconico – Arthur si era ripromesso di indagare a riguardo – e tanti altri piccoli dettagli. Morgana aveva adorato Merlin fin dal primo momento, quando il moro aveva bussato alla sua porta e gli aveva chiesto se per caso avesse una bustina di tè in più perché il suo era finito, Arthur aveva trovato naturale invitarlo ad entrare e offrirgli una buona colazione, preparata ovviamente dalla sorella (lui e i fornelli non erano mai stati amici). Morgana, quando Merlin era tornato nel suo appartamento, aveva subito incoraggiato il fratello a frequentare quel ragazzo perché passi troppo tempo da solo, Artie, devi trovare qualcuno che passi il tempo con te! E mai come quella volta, era stato felice di seguire un consiglio della sorella. Quel ragazzo era la persona giusta per lui, lo sapeva.
Lui e Merlin si incontravano spesso, avevano appuntamento fisso ogni sera, uscivano insieme ai loro cuccioli e li portavano a passeggiare nel quartiere, chiacchierando, qualche volta Merlin gli raccontava aneddoti riguardanti la sua giornata – oggi la lezione è stata di una noia tremenda, oppure il cucciolo di labrador che abbiamo trovato due mesi fa, oggi ha trovato una casa! – e Arthur gli raccontava dei suoi progressi con il suo libro, e Merlin insisteva per poter dare un’occhiata, ma lo scrittore era irremovibile, nessuno poteva sbirciare i suoi lavori prima della loro conclusione; era una persona che tendeva a riscrivere alcune parti, gli capitava di cambiare molti dettagli, rileggendo i capitoli,  e non voleva che qualcuno rimanesse deluso scoprendo che quel particolare passaggio era stato cambiato. Anche se era difficile resistere agli occhioni di Merlin, quando lo supplicava. Aveva ceduto solo una volta e gli aveva mostrato una sola pagina di un racconto che aveva scritto, ma che non era ancora finito; lo sguardo esterrefatto e illuminato del moro gli aveva fatto passare qualsiasi malumore. Non riusciva a capire, Merlin gli piaceva, eccome se gli piaceva, ma non riusciva a capire l’altro cosa pensasse: lo frequentava solo perché era uno scrittore? O solo perché i loro cani si piacevano?
Excalibur aveva un vero e proprio debole per Aithusa (sì, esattamente come Arthur l’aveva per Merlin) e una sera quando un pastore tedesco aveva abbaiato contro la cagnetta, il beagle di Arthur aveva abbaiato contro il cane mettendosi davanti a lei. Per fortuna i tre cani non avevano avuto modo di incrociarsi da vicino, o Arthur non osava immaginare come sarebbe finita; esattamente come lui, il suo cane si gettava in prima fila davanti alle ingiustizie, come quando lui a sedici anni, aveva sfidato un bullo perché gli aveva dato del frocio e invece di piangersi addosso, gli aveva tirato un pugno dritto sul naso, nello stesso modo il suo cane stava difendendo l’altra beagle da un cane ostile. Papà è fiero di te, Excalibur, aveva pensato in quel momento sorridendo fiero. Onde evitare litigi o peggio, Merlin aveva deciso per tutti di cambiare strada. Erano ritornati alla palazzina un’ora dopo, e si erano salutati sul pianerottolo come al solito, ma a differenza delle altre volte, Merlin si era voltato verso di lui e: «Ti va di prendere una cioccolata calda?» gli aveva chiesto con le gote arrossate per l’imbarazzo e poi aveva aggiunto «Posso farti anche un tè o un caffè…»
«Mi piacerebbe davvero una cioccolata calda» gli aveva risposto Arthur e l’altro l’aveva invitato ad entrare nel suo appartamento e gli aveva fatto strada verso la cucina, dove tra una chiacchiera e l’altra, mentre i loro cani si inseguivano e giocavano, facendo anche le capriole sul divano del soggiorno, avevano consumato la loro cioccolata calda. Era quasi l’una di notte, quando Merlin aveva accompagnato Arthur alla porta, scusandosi con lui per averlo fatto stare in piedi fino a quell’ora, ma Arthur sarebbe rimasto lì ancora per ore, anche fino all’alba, pur di passare del tempo con lui. Prima che lui andasse via, il moro si sporse verso di lui e gli diede un bacio sulla guancia, poi rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto, chiuse subito la porta con le gote rosse per l’imbarazzo scaturito dal gesto avventato e anche molto gradito dal biondo.
Arthur era rientrato nel suo appartamento con le gote rosse e lo sguardo scioccato e allo stesso tempo sognante, come un adolescente alla prima cotta – no, lui non aveva affatto ventisei anni suonati – si era toccato il punto che Merlin gli aveva baciato e aveva sospirato sognante e il suo cuore aveva perso un battito ricordando il calore di quelle labbra sul suo viso. Quella era stata l’ennesima notte insonne per lo scrittore, che era rimasto in piedi fino alle quattro di mattina a scrivere. Tuttavia, le domande sull’altro continuarono a tormentarlo. Perché non gli dava segnali più evidenti? Perché non era diretto? E ancora: se mi frequenta solo perché sono famoso? Se vuole solo questo? Ma Merlin non sarebbe il tipo, giusto? O sì? Non lo conosco ancora abbastanza bene… e altri. Si arrovellava il cervello per capire cosa stesse accadendo nella sua vita, ma soprattutto nel suo cuore. Eppure, da quando aveva incontrato Merlin, aveva ripreso a lavorare al suo romanzo con costanza, e rinnovata passione. Scrivere a sua sorella non era pensabile, soprattutto perché conoscendola, lei gli avrebbe suggerito di fregarsene dei dubbi e gettarsi a capofitto nella nuova situazione, da una parte non voleva fasciarsi la testa prima di rompersela, dall’altra non riusciva a smettere di farsi domande e a dubitare. Però una cosa era certa: Merlin gli piaceva e gli piaceva anche tanto.
Sospirò accarezzando il dorso morbido del suo cucciolo e sospirò. «Non siamo poi tanto diversi io e te» mormorò «Entrambi abbiamo un debole per l’affascinante vicino». Il cane alzò lo sguardo contrariato, come se il padrone lo avesse disturbato durante il suo sonno, poi si acciambellò contro il suo fianco e appoggiò il musetto sulla sua pancia, sbuffando. «Grazie» mormorò Arthur iniziando ad accarezzarlo fino a prendere sonno. Okay, persino il suo cane gli stava dicendo di smetterla di comportarsi come un adolescente alla sua prima cotta e prendere in mano la situazione. Così, mentre scivolava tra le braccia di Morfeo, decise: il giorno successivo avrebbe chiesto a Merlin di uscire.
 
 
Quando quella sera Excalibur gli portò il guinzaglio, ricordandogli dell’abituale passeggiata serale, Arthur era un fascio di nervi, non si sentiva così fin da quando aveva chiesto per la prima volta a Gwen di uscire – e con lei non era andata bene, anche se alla fine erano rimasti buoni amici. Non frequentava nessuno fin dai tempi in cui frequentava l’università, troppo impegnato con la sua arte per pensare ad uscire seriamente con qualcuno, e poi non aveva mai incontrato nessuno che ne valesse la pena, non come Merlin. Aveva anche fatto le prove disastrose davanti allo specchio, ma non era riuscito a concludere nulla. Era troppo agitato, ma era certo che in qualche modo avesse fatto, sarebbe riuscito nell’intento; dopotutto lui era Arthur Pendragon, il mago della seduzione! Pft, aveva avuto così tanti amanti all’università! Certo, li rimorchiava nei pub e poi il giorno dopo non ricordava nemmeno il loro nome, ma doveva pur significare qualcosa, giusto? I suoi amici gli avrebbero dato dello sfigato, oh sì. Soprattutto Gwen e il suo ragazzo, Lance, gli avrebbero detto che non era da lui avere tutti questi dubbi, che l’Arthur che conoscevano loro era determinato e fermo sulle sue idee e sui suoi desideri, che mai avrebbe tentennato in quel modo. Certo, anche lui lo sapeva, ma davanti a Merlin perdeva qualunque sua caratteristica positiva. Merlin era in grado di destabilizzarlo in ogni senso.
«Okay, okay, ho capito!» esclamò quando l’abbaio del suo cane iniziò a risuonare come un lamento nelle sue orecchie. Senza più pensare, fece indossare la pettorina al suo cucciolo e insieme a lui uscì dall’appartamento. Nello stesso momento in cui lo fecero anche Merlin e Aithusa. Arthur restò imbambolato davanti a lui per qualche istante, prima di riscuotersi, grazie ad Excalibur che lo strattonò per andare a salutare la sua amica scodinzolando.
«Ciao Merlin» lo salutò con un sorriso enorme stampato sulle labbra.
«Ciao Arthur» rispose l’altro con lo stesso tono, forse un po’ stanco. Il moro aveva delle giornate davvero frenetiche e si stupiva come ogni sera riuscisse a ritagliarsi quella mezz’ora che passavano insieme. Era il suo momento preferito della giornata, quando vedeva Merlin e insieme portavano i loro cani a spasso. Doveva tirare fuori il coraggio e chiedergli di passare più tempo insieme, sì, doveva farlo. Uscirono dalla palazzina l’uno accanto all’altro e presero a passeggiare. Merlin gli raccontò che quella giornata era stata davvero sfiancante per lui e che sarebbe tornato presto a casa per non crollare addormentato in strada. Così dopo aver fatto un breve giro dell’isolato, ritornarono entrambi alla palazzina, Arthur si diede dell’idiota per non aver tentato prima di chiedere a Merlin di uscire, ritornò in sé e prima di aprire la porta, si voltò verso di lui. Nello stesso momento lo fece anche il moro e si guardarono per istanti che parvero infiniti.
«Mi chiedevo…» iniziò Arthur, spezzando il silenzio che si era creato.
«Ascolta, domani ti va di guardare un film insieme?» chiese Merlin interrompendolo, facendogli spalancare gli occhi «Insomma, andare al cinema insieme, ti va?» rettificò la sua domanda. Oh. Arthur restò impietrito un paio di secondi, lo aveva preceduto, Merlin gli aveva chiesto di uscire prima che lui potesse fare lo stesso, assurdo. Il suo cuore iniziò a battere un po’ più forte senza che lui lo premeditasse e si ritrovò a sorridere come un ebete «Io… scusa, forse hai altri impegni…» balbettò il moro dopo qualche istante di silenzio.
«No! No, nessun impegno!» esclamò il biondo «Certo che mi va, magari dopo, uhm, potremmo mangiare qualcosa insieme» aggiunse, perché non avrebbe mai lasciato il suo patetico tentativo di chiedergli di uscire irrisolto.
Il volto di Merlin si aprì in un enorme sorriso gioioso «Credevo non me lo chiedessi più».
«Tu aspettavi che io…?»
«Sai, sei un bravo scrittore, ma sei pessimo a capire le persone» mormorò Merlin scuotendo la testa divertito «Domani sera, film e cena insieme allora? Abbiamo finalmente un appuntamento?»
«Sì» biascicò il biondo «Sì, abbiamo un appuntamento».
«Forte».
 
 
La sera successiva, Arthur era, di nuovo, abbastanza nervoso. Gli appuntamenti non facevano per lui, e se si faceva prendere dall’ansia rischiava di comportarsi in modo ridicolo, e sperava che il suo primo appuntamento con Merlin andasse bene come sperato, si era vestito piuttosto casual, una camicia rossa, i jeans scuri e si era sistemato più volte i capelli, nell’intento di sembrare decente – anche se era piuttosto certo di essere attraente anche con degli stracci addosso – e per completare il quadro, qualche goccia di colonia.
«Okay» disse a se stesso guardandosi nello specchio «Posso farcela».
 Si abbassò per dare una carezza al suo piccolo Excalibur, gli dispiaceva da morire lasciarlo da solo a casa, ma al cinema era vietato l’ingresso ai cani e non poteva cambiare le loro stupide regole; era anche consapevole che al suo ritorno avrebbe trovato le sue pantofole preferite rosicchiate, insieme al paio di scarpe che aveva dimenticato di rimettere nella scatola e probabilmente anche qualche piede di sedia sarebbe stato rosicchiato a causa dell’ira del suo cane. La prima volta che l’aveva lasciato solo, aveva trovato un cuscino sventrato e sparso sul pavimento, mentre Excalibur riposava placidamente nella sua cuccia, soddisfatto di aver recato danni al suo padrone traditore.
«Non fare danni, okay?» si raccomandò con il cane «Ti ho lasciato una ciotola piena d’acqua, i croccantini e i tuoi giochini preferiti. Papà torna presto, okay?» il cucciolo lo guardò con sguardo languido, come per dirgli traditore, perché mi lasci solo? E Arthur si sentì un verme, quasi avrebbe dato buca a Merlin, se non fosse stato lui «Dai, è importante per me, se va bene con Merlin tu passerai molto tempo con Aithusa, non ti fa piacere?» un abbaio e uno scodinzolare furono le sue risposte alla domanda «Bravo, ecco così mi piaci! Il mio campione!» esclamò fiero del suo amico, accarezzandogli il pelo «D’accordo, adesso augurami buona fortuna e spera che vada bene! Dammi la zampa!» Excalibur alzò la zampetta appoggiandola su quella del padrone e Arthur sorrise soddisfatto, dandogli un biscottino. Poi lo salutò definitivamente, e accompagnato da quello sguardo languido, uscì di casa, dopo aver preso una rosa; l’aveva acquistata quella mattina per Merlin, era un gesto stupido, ridicolo e romantico, ma lui era fatto così, era un gentiluomo dopotutto. Udì solo una volta la voce del suo cucciolo abbaiare, poi capì che fosse andato dritto verso le sue scarpe o le ciabatte. Poco male, le avrebbe ricomprate. Attraversò il pianerottolo e raggiunse l’appartamento di Merlin, dal quale sentì la voce del vicino rassicurare la cagnolina e dirle che sarebbe tornato presto. Arthur sorrise, alla fine lui e Merlin non erano poi così diversi. Suonò il campanello, e il moro aprì la porta. Arthur giurò di aver appena visto un angelo, quel ragazzo aveva una bellezza delicata, che lui avrebbe definito angelica, gli sorrise dolcemente e «Aspetta, do un premio ad Aithusa e arrivo».
Arthur annuì e restò lì immobile, in attesa che il suo angelo lo raggiungesse. Patetico, stupido, riprenditi, maledizione!
«Eccomi» disse il moro raggiungendolo, Arthur gli sorrise di rimando «Ciao Arthur».
«Ciao Merlin» ricambiò il saluto il biondo «Sei incantevole stasera».
«Grazie» rispose il moro arrossendo leggermente «Neanche tu sei male». Il moro gli sorrise dolcemente e Arthur si incantò di nuovo davanti a lui, dannazione, doveva darsi un contegno o avrebbe fatto la figura dell’idiota; si riscosse un momento e gli porse la rosa che teneva ancora tra le dita.
«Per me?» chiese Merlin, prendendo il dono tra le mani, arrossendo leggermente. Si morse le labbra per non emettere alcun suono di sorpresa, aspettando la risposta del biondo, che non tardò ad arrivare.
«Sì» Arthur sorrise notando le sue gote rosse «Sono un gentiluomo, io».
«Con questo gesto mi stai dicendo che mi vedi come la donna della coppia?» chiese scettico, spalancando gli occhi di sorpresa, lo scrittore restò di sasso, non aveva mai pensato una cosa del genere, voleva solo essere romantico.
«N-No, volevo solo fare qualcosa di carino per te» rispose Arthur a disagio, pregando tutte le divinità esistenti di non essere arrossito dopo quella risposta. Sentiva le sue gote rosse come pomodori maturi e un calore innaturale su di esse, sperava che Merlin non se ne accorgesse grazie alla scarsa illuminazione del pianerottolo dove si trovavano.
«Sta’ calmo, Arthur, scherzavo» disse il moro, regalandogli un enorme sorriso che da solo sembrava illuminare l’ambiente scarsamente illuminato «In realtà, mi fa molto piacere che tu abbia deciso di portarmi un fiore, anche se siamo due uomini» spiegò, prendendogli delicatamente una mano «Dimostra che tipo di persona sei…» fu in quel momento che Merlin lo guardò negli occhi e Arthur si perse in quelle gemme azzurre «Non ti credevo capace di arrossire» scherzò subito dopo, per tagliare l’imbarazzo che si era creato tra di loro. Merlin era così, riusciva a mettere chiunque a suo agio con lui, anche se la sua sola presenza era in grado di sconvolgere dal profondo una persona, almeno per Arthur era così.
«Idiota» borbottò Arthur, fingendosi irritato, ma tradendosi con un sorriso dolce «Andiamo?» chiese subito dopo, udendo due abbai quasi all’unisono provenire dai loro appartamenti, probabilmente i loro cuccioli avevano fiutato la loro presenza lì fuori e li stavano pregando di tornare dentro. Cielo, se non avesse promesso a Merlin di accompagnarlo al cinema e poi di andare con lui a cena fuori, sarebbe tornato dentro e avrebbe chiesto perdono ad Excalibur per averlo lasciato solo. Ed era certo che lo stesso avrebbe fatto Merlin con la sua Aithusa.
«Sì, andiamo. Prima che ci costringano a rientrare» disse Merlin intrecciando le sue dita con quelle di Arthur, in realtà il suo fu un azzardo, non sapeva come l’altro la pensasse su quel tipo di dimostrazioni in pubblico. Ma Arthur invece di lasciargli la mano gliela strinse, quindi reputò il suo azzardo ben giocato.
Fianco a fianco, mano nella mano, uscirono dalla palazzina e si incamminarono verso l’auto di Arthur, si sentivano entrambi emozionati e speravano che quella serata andasse nel migliore dei modi. Mentre raggiungevano l’auto, il silenzio stava diventando opprimente ed imbarazzante, quindi Arthur si prese la briga di spezzarlo, rompendo il ghiaccio.
«Sai già quale film guarderemo?» chiese guardandolo.
Merlin annuì «È il film di un… regista emergente. Dicono che sia bello» disse a disagio, senza guardare Arthur.
«Wow, tu sì che sei esaustivo quando spieghi le cose» scherzò il biondo «Hai altre brillanti esposizioni o devo indovinare da solo?» chiese ironicamente, sperando che l’altro capisse che stesse solo scherzando, ma lo vide incupirsi appena. Che aveva fatto? Aveva appena rovinato tutto, scherzando come un quattordicenne? Ma quale problema aveva?
«Scusa» borbottò Merlin «In realtà non è un film, stasera proiettano il cortometraggio che io e un mio compagno di corso abbiamo realizzato per un progetto che abbiamo presentato ad un concorso» spiegò brevemente, tenendo lo sguardo basso «E abbiamo vinto, quindi…»
«Cosa?» chiese Arthur «E non mi hai detto niente?»
«Io, uhm… credevo… non volevo che ti sentissi obbligato e… ti avrei proposto di guardare un altro film, ma…» iniziò balbettando, Arthur sbatté le palpebre incredulo, ma poi si sciolse in un sorriso dolce, non era l’unico ad essere ansioso per la serata, anche l’altro lo era, come aveva fatto a non capirlo subito?
«Merlin, sarei venuto con te lo stesso, giusto perché tu lo sappia, senza sentirmi obbligato» gli disse il biondo. Udendo quelle parole, le labbra di Merlin si stesero in un dolce sorriso rilassato, e Arthur si rese conto di aver detto la cosa giusta per la prima volta, doveva averlo fatto per forza, e l’avrebbe rifatto altre mille volte per rivedere quel meraviglioso sorriso.
«Sai sempre qual è la cosa giusta da dire?» chiese il moro, che era arrossito fino alla punta delle orecchie dopo le parole di Arthur, sapere che il biondo l’avrebbe accompagnato ugualmente al cinema, nonostante avesse saputo che il film che andavano a vedere era un suo cortometraggio che aveva vinto un concorso, lo faceva sentire bene, accettato.
«Ovvio». Merlin rise rilassato e Arthur lo seguì nella risata, conducendolo finalmente alla sua auto. Una volta davanti alla vettura, il biondo galantemente aprì la portiera al moro e lo invitò ad entrare, facendolo arrossire di nuovo.
«Wow, prima la rosa, poi tutta questa galanteria… stai cercando di conquistarmi, Pendragon?» chiese, riacquistando quel suo caratteristico modo di rivolgersi a lui, che finalmente diede ad Arthur il sentore che tutto stesse andando bene. L’imbarazzo iniziale andava scemando e loro iniziavano ad essere un po’ più loro stessi, non avrebbe saputo come comportarsi se fossero stati in imbarazzo per tutto il tempo tra di loro.
«Ci sto riuscendo?» chiese in risposta il biondo, ottenendolo solo uno sguardo interrogativo e un sorriso furbo.
«Vedremo» affermò il moro, chiudendo da solo la portiera dell’auto. Arthur alzò gli occhi al cielo e una risata cristallina uscì dalle sue labbra, mentre raggiungeva il lato del guidatore ed entrava anche lui in auto. Chiunque avesse messo Merlin sulla sua strada, avrebbe avuto la sua intera gratitudine. Trascorrere il tempo con lui era una continua montagna russa di emozioni e di sentimenti messi in discussione. Il sorriso che gli rivolse quando anche lui entrò in macchina, riuscì a mettere a tacere tutti i dubbi che in quei giorni avevano popolato la sua mente. Probabilmente Merlin era davvero interessato a lui come persona e non come scrittore. Si disse di smetterla di comportarsi in quel modo e fare esattamente tutto quello che il se stesso dei tempi dell’università avrebbe fatto per conquistare qualcuno.
Raggiunsero il cinema in meno di dieci minuti, durante i quali chiacchierarono del più e del meno, delle ultime marachelle dei loro cani, e sperando che non facessero loro troppi dispetti quella sera. Quando entrarono nel cinema, Merlin si allontanò da lui per raggiungere un ragazzo e abbracciarlo – forse era il suo compagno di corso – e indicò nella direzione di Arthur sorridendo in modo davvero imbarazzante, Arthur avvertì un leggero fremito di gelosia nel fondo del suo cuore, ma si morse le labbra e restò zitto. Poi quel tizio indicò a Merlin una ragazza agli ingressi e vide il moro annuire. Ritornò da lui scusandosi dicendogli che quello era il suo collega di università con cui aveva lavorato al progetto il quale gli aveva indicato la persona a cui dare il nome. Raggiunsero gli ingressi alle sale e Merlin si presentò come l’ideatore del cortometraggio che avevano in programmazione per quella sera e fece presente che Arthur era il suo più uno, l’ingresso era libero, ma erano stati riservati alcuni posti per gli ideatori del video, il professore che li aveva seguiti nel concorso e per un eventuale accompagnatore. Solo in quel momento, Arthur si rese conto che Merlin avesse voluto lui, invece di chiunque altro a quella presentazione. Il suo cuore batté un po’ più forte e se lo strinse contro, mettendogli un braccio attorno ai fianchi, sorridendo. Avrebbe voluto baciarlo lì, in quel momento, davanti a tutti. La giovane indicò loro la sala in cui ci sarebbe stata la presentazione, li fece accomodare e augurò loro buona serata.
«Sei davvero così bravo da essere finito in un cinema prima della laurea?» chiese Arthur per rompere di nuovo il ghiaccio. Non capiva come mai tra di loro si creassero quei momenti di silenzio imbarazzante, ma si disse che forse era solo causa del primo appuntamento e delle emozioni che stavano provando, era plausibile.
«Ho vinto un concorso» rispose il moro, guardandolo «Che c’è? Tu puoi aver venduto tantissime copie alla tua età e io non posso avere un cortometraggio al cinema? Hai paura della concorrenza, grande scrittore?»
«Pft, sta’ zitto Merlin, i miei libri saranno di sicuro più belli dei tuoi filmetti». Merlin per tutta risposta gli diede un leggero pugno sulla spalla, e il loro battibecco continuò fino a che le luci non si abbassarono. Tacquero per la mezz’ora successiva, solo perché Merlin era in tensione per la sua prima produzione riprodotta in un cinema e Arthur era rapito dalle scene. Sapere che dietro quel lavoro c’era Merlin, lo rendeva stranamente euforico. Quando il corto finì, il professore di Merlin dal centro della sala presentò i due giovani studenti che avevano realizzato quel lavoro e anche se le persone in sala erano poche, scoppiarono in un fragoroso applauso rivolto ai due giovani, Arthur compreso che guardava Merlin con uno sguardo pieno d’ammirazione e di amore. Uscirono dal cinema tenendosi per mano e la ragazza che li aveva accolti, disse loro che erano una coppia meravigliosa ed entrambi arrossirono subito dopo aver ringraziato la giovane.
«Muoio di fame» si lamentò Merlin «Troppe emozioni, suppongo».
«Sei stato davvero bravissimo. Dico davvero, non sono un esperto di cinema, ma hai fatto un lavoro strepitoso».
«Grazie…» disse a bassa voce, baciandogli la guancia con delicatezza in segno di ringraziamento. Arthur si ritrovò ad arrossire di nuovo, ma cercò di mascherare il suo imbarazzo.
«Allora, grande regista, dove vuoi andare a cenare?»
«Se ti dico che andrebbe bene qualunque posto abbia del cibo?» Arthur ridacchiò alle sue parole «C’è un chiosco che fa dei panini ottimi qui vicino» aggiunse il moro subito dopo «Perché non andiamo lì?»
«Un chiosco?» chiese Arthur «Ma ti ho invitato a cena fuori» ribatté spalancando gli occhi «Pensavo che proponessi il cinese, o l’italiano, o qualsiasi tipo di cucina…»
«Sono una persona semplice» rispose Merlin, abbassando lo sguardo imbarazzato, certo, Arthur non era abituato ad uscire con quelli economicamente disagiati come lui, di certo le sue fiamme precedenti avevano richiesto grandi gesti, lui invece si sarebbe accontentato di un panino consumato insieme, dopo aver visto un film – o il suo cortometraggio come in quel momento – bastava solo la compagnia reciproca. «Scusa, forse preferiresti un altro tipo di persona…»
«No, no, ehi» Arthur si avvicinò a lui e gli prese il volto tra le mani, Merlin trattenne il fiato «Mi hai solo sorpreso, nessuno mi aveva mai proposto un panino al chiosco come cena di un primo appuntamento» disse, accarezzandogli gli zigomi con i polpastrelli, lo sentiva tremare sotto le sue mani e anche lui era un fascio di nervi in quel momento «Sta’ tranquillo, non devi scusarti, sei perfetto così come sei» sussurrò ad un palmo dal suo viso.
«Allora, panino al chiosco e passeggiata serale ad Hyde Park?»
«Se è questo ciò che desideri» soffiò Arthur sulle sue labbra «Avrai ogni cosa da me» promise, prima di sfiorare le sue labbra con un leggero bacio a stampo, che immobilizzò entrambi. Arthur si chiese per un momento se il suo gesto non fosse stato troppo avventato, ma poi vide le labbra di Merlin tendersi in un sorriso dolce e allora ritentò, e stavolta senza esitazione, lo baciò senza alcun imbarazzo, tenendogli il viso tra le mani, mentre l’altro si avvicinava un po’ di più a lui e ricambiava il bacio mettendogli le braccia dietro al collo.
«Finalmente» biascicò il moro, quando per necessità d’ossigeno si separarono «Erano due mesi che aspettavo questo bacio» disse Merlin, prendendo la mano di Arthur e incamminandosi con lui verso il chiosco. Quello era l’appuntamento migliore di tutta la sua vita, mai prima di quel momento si era sentito tanto euforico e felice nello stesso momento.
«Avresti potuto baciarmi prima tu, idiota» ribatté il biondo, guardando l’altro divertito.
«Che gusto ci sarebbe stato?» chiese innocentemente il moro «Sei tu il maschio alfa, no?»
«Sei proprio uno scemo» mormorò dandogli un leggero bacio a stampo. Ed è per questo che ti amo.



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Hola people!
Did you miss me? 
Spero di sì. Allora partiamo dalla cosa fondamentale di tutta questa storia. Quanto sono adorabili i beagle. Io ho un beagle e lo amo alla follia e il cane di Arthur è praticamente la descrizione del mio. Dispetti a profusione, non posso aprire un pacchetto di crackers senza che lui già sia sotto ai miei piedi, si prende tutto il letto la notte e simili. Oppure quando vado all'università, mi guarda e mi dà della traditrice. E quando torno fa le feste come se non mi vedesse da millenni. E niente questa ONE SHOT, divisa ovviamente in tre capitoli, (l'ho rifatto, ma mi perdonate, vero? çç) è nata così, da una passeggiata con il mio Marley che mi ha quasi fatta cadere per terra per raggiungere un barboncino dall'altro lato della strada. Ma non c'erano nè Merlin nè Arthur dall'altro lato, sad me, anzi quel tizio era anche particolarmente antipatico. Quindi dalla mia disavventura mi sono detta “però! Sarebbe carino se Arthur e Merlin avessero un cane e si incontrassero in questo modo, stile la carica dei cento uno” e tra il dire e il fare c’è di mezzo solo… la tastiera e quindi è nata nel giro di due notti e doveva essere una one shot. Inizio a pensare di avere qualche problema LOL
Come al solito, i personaggi si sono impossessati di me ed è venuta fuori una cosa troppo lunga per essere una one shot come avevo programmato. Ah, lo faccio sempre. 
Ho approfittato della “pausa accademica” come ha detto il mio professore di estetica, per dedicarmi un po’ alla correzione delle mie storie e ho deciso di regalarvi questa cosa! (anche se dovrei studiare, ma... pfttttt) Spero vi piaccia! In attesa di cose più sostanziose che finirò di scrivere, si spera, presto.
E quindi non vi libererete di me per le prossime due settimane, u.u vi avviso, è molto fluff e Arthur è imbarazzantemente romantico (m’è uscito così, mi metterà alla gogna per aver fatto uscire il suo lato romantico, lo so, chiedo venia).
E' ispirata alla canzone Accidentally in love (cliccate sul titolo per ascoltarla, ma spero che la conosciate!)
Spero che vi piaccia e vi diverta un po', e vi do appuntamento alla prossima settimana per un nuovo capitolo!

Sciao! Stay tuned!

PS come al solito chiedo viena per eventuali errori, pur rileggendo tante volte, mi sfuggono anche se non vorrei :(

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Capitolo 2
*** 2. It must be true love. ***



Desclaimer: Storia scritta senza alcun fine di lucro, i personaggi non mi appartengono e non intendo offenderli (ma chiedo perdono per l’OOC, ci sto lavorando, giuro!) 

Nota: I cani sono i migliori amici dell'uomo, ma spesso gli uomini non se ne accorgono.

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Sei mesi erano trascorsi da quel giorno, da quando le cose tra di lui e Merlin erano cambiate in meglio. Adesso Merlin faceva parte della sua vita non più come semplice amico; si stavano frequentando e le cose sembravano piuttosto serie, almeno per il biondo lo erano. Con lui si sentiva completo, sereno, come se avesse trovato la parte mancante di sé. Da quando aveva conosciuto Merlin e soprattutto da quando si frequentavano, aveva scritto metà del suo nuovo libro ed era sempre più ispirato, tuttavia non aveva ancora confessato al moro che in lui aveva trovato la sua musa ispiratrice; non era ancora così ridicolo e patetico da andare da lui e confessare ogni cosa, cosa ne sarebbe stato del suo orgoglio personale? Anche perché ormai era certo di essere innamorato di lui. Quel ragazzo era un tornado di energia e ottimismo nella sua vita, la sua fonte di gioia personale.
La sera precedente, quando si erano visti per portare a spasso i loro cani, Merlin gli aveva chiesto il favore di badare ad Aithusa mentre lui era all’università e gli aveva promesso che si sarebbero visti per pranzo, poiché quel pomeriggio non doveva lavorare. Quindi Arthur si era sentito in dovere di organizzare qualcosa di carino, visto che la primavera era alle porte e le giornate erano fresche e soleggiate. Ad Arthur faceva piacere aiutare Merlin e poi Excalibur sembrava piuttosto contento di passare il tempo con la sua amica. Mentre loro giocavano, Arthur aveva organizzato tutto: aveva preparato dei sandwich, preso alcune bibite, alcune bottiglie d’acqua, le ciotole dei cani, un telo abbastanza grande ed aveva messo tutto in uno zaino abbastanza capiente; tutto il necessario per un romantico picnic al parco vicino al lago.
«Che ne dite, facciamo una bella sorpresa a Merlin?» chiese ai due cani sorridendo, essi abbaiarono contenti scodinzolando «Certo, è ovvio che venite con me, fate parte della sorpresa!» esclamò pimpante. Non sapeva classificare il suo stato d’animo, era sovreccitato, sapeva di essere felice come mai lo era stato prima ed era merito di Merlin, che era un toccasana per la sua vita, sapeva che lui era quello giusto. Morgana gli diceva sempre che lo vedeva rilassato con Merlin, che era felice di vederlo così e che le dispiaceva non essere lì; persino suo padre si era reso conto di quanto Merlin facesse bene al suo umore e alla sua vita in generale, tanto che Uther aveva espresso il desiderio di conoscere – colui che è riuscito a far sorridere di nuovo mio figlio – ed era strana una frase del genere dalla sua bocca.
«Okay, siamo pronti» affermò Arthur, preparandosi ad uscire.
Dopo aver messo la pettorina ad entrambi i cuccioli ed aver afferrato lo zaino con tutto l’occorrente, raggiunse con loro la sua auto e li fece sistemare sul sedile posteriore, poi entrò a sua volta e mise la vettura in moto. Quando pochi minuti dopo raggiunse l’università, attese impaziente di vedere l’altro arrivare. Era certo che Merlin non si aspettasse di vederlo lì, non gli aveva detto niente, voleva che fosse una sorpresa; per sua fortuna non dovette attendere molto.
Circa un quarto d’ora dopo, lo vide scendere le scale d’ingresso della struttura e notò la sua espressione stanca e avvilita; immediatamente scese dalla sua auto per salutarlo e alleviargli il malumore. Quando il moro lo vide e lo riconobbe, i suoi occhi si riempirono di sorpresa e di gioia. Corse verso di lui, gettandogli le braccia al collo, lasciando cadere lo zaino per terra. Sembrava che la sua giornata fosse migliorata improvvisamente.
«Arthur!» esclamò Merlin, stringendosi a lui «Che ci fai qui?» chiese guardandolo, notando il suo sorriso furbo.
«Sorpresa!» esclamò euforico il biondo, prima di catturare le sue labbra in un dolce bacio «Guarda chi ho portato» disse poi indicando l’auto, dentro la quale Aithusa già scodinzolava allegra, felice di rivedere il suo padrone.
«Aithusa!» esclamò Merlin, mollando il suo ragazzo e aprendo la portiera dell’auto, immediatamente la sua cagnetta gli saltò sull’addome per leccargli il viso. Il moro scoppiò a ridere, la accarezzò gentilmente per salutarla e le diede numerosi bacini sulla testa, Arthur non riuscì a non sorridere davanti a quella scena così tenera e dolce. Amava Merlin anche per il suo enorme cuore nei confronti degli animali, spesso il moro aveva parlato con lui del rifugio per animali abbandonati dove faceva il volontario e una volta Arthur era andato con lui. Era rimasto estasiato dal suo modo di rapportarsi con le persone che andavano lì per adottare un cucciolo e con gli ospiti del rifugio. Era solo da ammirare (e da amare) un ragazzo così.
«Qualcosa qui non va. Perché sei venuto con loro?» chiese il moro voltandosi verso il suo ragazzo «Cosa mi stai nascondendo?» chiese ancora, senza capire le intenzioni dell’altro «State tramando qualcosa alle mie spalle?»
«Ti rapiamo» rispose Arthur raccogliendo lo zaino di Merlin da terra per metterlo nel cofano dell’auto, il moro lo guardò perplesso, ma poi senza fare ulteriori domande, fece sedere di nuovo Aithusa sul sedile posteriore per poter richiudere la portiera ed entrò a sua volta nell’auto. Non riusciva a capire, cosa aveva in mente Arthur? Perché era andato a prenderlo all’università con i cani?
Quando l’altro lo raggiunse, Merlin tentò di chiedergli di nuovo cosa stesse accadendo, ma il biondo non gli diede il tempo di dire nulla, poggiò in fretta le labbra sulle sue e lo zittì ancor prima che iniziasse a parlare. Arthur lo conosceva bene, sapeva che bastava un suo bacio per fargli girare la testa e zittire qualunque suo dubbio.
«Qualunque cosa tu stia pensando, smettila» sussurrò il biondo sulle sue labbra «Rilassati e fidati di me».
«Dovrei fidarmi di te, Pendragon?» chiese il moro scettico, alzando lo sguardo sul suo ragazzo «Hai detto che mi state rapendo…» mormorò con finto tono contrariato «Non siete molto affidabili» finse di lamentarsi stando al gioco. Arthur alzò gli occhi al cielo e rise.
«Oh sì. Ci siamo accordati, io e i cuccioli. Meriti una giornata di relax» rispose allegramente Arthur «Adesso per favore, rilassati e…» aprì il cruscotto dell’auto prendendo un nastro di stoffa rossa «Non fare domande» concluse. Merlin guardò perplesso la stoffa tra le mani del biondo, ma non disse niente a riguardo.
«Ma devo studiare e…» Arthur lo zittì con un bacio a stampo.
«Niente “ma” adesso ti rilassi, allo studio penserai domani, dopotutto sei un genio, no?»
«Okay, mi hai convinto… la benda è necessaria?» chiese.
«Estremamente necessaria» affermò con sicurezza il biondo, poggiandogliela sugli occhi e legandogliela sulla nuca. Il moro ridacchiò, sentendosi stranamente euforico e si morse le labbra, cercando di frenare l’impulso di togliere la benda, giusto per poter togliere l’espressione soddisfatta dal volto di Arthur. Anche se non poteva vederlo, sapeva che aveva assunto quella precisa espressione, convinto di aver vinto. Ormai lo conosceva bene.
«Ma dove mi porti?»
«Appena arriveremo a destinazione, lo scoprirai, ora rilassati» suggerì «Vuoi ascoltare un po’ di musica?» Merlin annuì, incapace di dire altro, e l’altro accese la radio. Lasciandosi cullare dalle note di quella romantica canzone, che di sicuro aveva scelto Arthur, Merlin cercò di rilassarsi e di immaginare dove il biondo l’avrebbe portato, per passare quella giornata insieme. C’erano anche i loro cani, cosa voleva fare? Non lo sapeva, ma il fatto che fosse andato a prenderlo con l’intenzione di rapirlo per fargli una sorpresa e per passare la giornata insieme, gli scaldava il cuore e lo faceva sentire profondamente amato e desiderato. Circa mezz’ora dopo, Arthur fermò la sua auto e aiutò Merlin a scendere da essa, poi fece scendere anche Aithusa ed Excalibur e alla fine prese lo zaino con tutto l’occorrente, poi raggiunse di nuovo Merlin per condurlo in un punto preciso. Di recente, aveva scoperto un piccolo parco poco lontano dalla periferia della città, non era molto conosciuto, ma c’era un bellissimo laghetto con cigni e anatre, dove si potevano organizzare delle perfette gite all’aria aperta. E aveva deciso di organizzargli una giornata speciale lì, per potergli dimostrare quanto tenesse a lui.
«Siamo arrivati? Posso togliermi la benda?»
«Un minuto solo» disse il biondo, ordinando ai cani di stare buoni. Stese il telo per terra e sistemò ogni cosa portata, a parte i panini e poi osservò tutto con occhio critico, sentendosi soddisfatto di ciò che aveva fatto. Finalmente si voltò a guardare il moro che era ancora in piedi, immobile e cercava di capire dove si trovassero, nonostante la benda sui suoi occhi. Arthur gli si avvicinò velocemente e lo abbracciò da dietro, dandogli un bacio sulla guancia.
«Sei pronto?» chiese al suo orecchio in un sussurro; Merlin non rispose, si limitò ad annuire; così lui si affrettò a togliergli la benda dagli occhi, facendola scivolare lentamente via dal suo viso. «Sorpresa» sussurrò al suo orecchio.
Merlin aprì lentamente gli occhi, senza rendersi ben conto di cosa stesse accadendo davanti a lui, poi mise a fuoco i cani che si rincorrevano, il telo sul prato, lo zaino, le ciotole per i cani, il lago davanti a loro e tutto ciò che Arthur aveva preparato per lui e rimase semplicemente a bocca aperta. Questo era senz’altro il gesto più dolce e carino che qualcuno avesse mai fatto per lui.
«Hai fatto tutto questo per me…?» domandò Merlin voltandosi verso di lui, notando le sue gote rosse. Per gentilezza non glielo fece notare, ma tra sé e sé si disse che Arthur quando arrossiva era molto più carino del solito.
«No, in realtà Aithusa desiderava davvero fare un picnic con me…» rispose il biondo ironicamente, stringendogli le braccia attorno ai fianchi, lo sentì ridere leggermente e il suo cuore si gonfiò d’amore. Poteva desiderare qualcosa di migliore? Arthur era semplicemente perfetto, anche se a volte era insopportabile. Gli avrebbe perdonato qualunque cosa, grazie a quei momenti unici che riusciva a regalargli ogni volta.
«Scemo» mormorò Merlin, commosso mettendogli le braccia attorno al collo «È tutto bellissimo».
«Mi sono guadagnato un bacio?» chiese sorridendo. In risposta, Merlin annuì e lo baciò con trasporto; Arthur ricambiò subito con la stessa intensità, stringendolo contro di sé e rispondendo a quel bacio con passione e desiderio. Quando si separarono l’uno dall’altro, Merlin si appoggiò a lui e sospirò felice, se era finito in una bolla irreale, dove lui poteva essere felice, allora desiderava solo che la bolla non esplodesse mai e che Arthur rimanesse sempre al suo fianco.
«Visto che i nostri cani tra poco assaltano lo zaino per rubare i sandwich… pranziamo?» chiese Arthur, accarezzandogli la schiena, facendolo ridere. Oh sì, Aithusa ed Excalibur avrebbero adorato divorare i sandwich, ne era certo.
«Sì, sono d’accordo».
Alla fine del pranzo, Arthur se ne stava seduto sul telo, con Merlin sdraiato con la testa appoggiata sulle sue gambe e gli accarezzava dolcemente i capelli; Aithusa ed Excalibur avevano giocato insieme, correndo per il prato liberi e allegri e adesso riposavano anche loro sul telo portato dal biondo. Arthur si sentiva immerso in una bolla di rilassatezza e di gioia che non provava da tempo. Era immerso nella natura con Merlin appoggiato a lui, i loro cani che riposavano, gli uccellini che iniziavano a cinguettare e la quiete totale intorno a loro. C’era pace nel suo animo, c’era pace nel suo piccolo mondo e il suo cuore era colmo di gioia allo stato puro e di amore. Solo con Merlin aveva provato sentimenti tanto forti e travolgenti.
«Merlin» lo chiamò piano, il moro lo guardò e il sorriso che gli rivolse gli fece girare la testa «Sono innamorato di te».
«Davvero…?»
«Davvero». Merlin sorrise e si alzò, congiungendo le loro labbra in un delicato bacio, che tolse il fiato ad entrambi.
«Anche io, Arthur» sussurrò contro la sua bocca, quando si separarono per necessità d’ossigeno. Arthur fece scivolare la sua mano tra le ciocche scure del compagno e sorrise chiudendo gli occhi, quasi incredulo di sentire quelle parole dall’altro. Non sapeva neanche come fossero uscite a lui, semplicemente senza pensarci l’aveva detto; e non aveva avuto il tempo di sentirsi stupido o patetico, perché Merlin non gli aveva dato il tempo per farlo, coinvolgendolo in quel bacio mozzafiato. Santo cielo, era diventato uno di quelli che credeva che i baci del proprio compagno fossero i migliori del mondo, ma mentre guardava negli occhi Merlin e lo vedeva sorridere in quel modo, con gli occhi che brillavano e l’espressione serena, poteva perdonarsi qualsiasi comportamento poco da Pendragon.
 
 
Passare da “sono innamorato di te” a “mio padre vorrebbe conoscerti” e a “sì anche mia madre, in realtà” era stato un passo breve. Arthur non si era mai sentito tanto agitato, neanche il giorno della sua laurea si era sentito così terrorizzato. Lui e Merlin avevano organizzato bene quel weekend, il sabato sarebbero andati a pranzo dalla madre di Merlin e a cena dal padre di Arthur, così avrebbero strappato via quel dente doloroso e avrebbero passato la domenica insieme, magari in un posto carino. Presentare i propri genitori al proprio compagno era la cosa più imbarazzante che esistesse. Arthur era un fascio di nervi, mentre si preparava per andare dalla madre di Merlin. Quest’ultimo gli aveva raccontato del divorzio dei suoi genitori, avvenuto quando lui era ancora molto piccolo e anche di come suo padre non si fosse mai fatto vivo, di come sua madre l’avesse cresciuto da sola – e Arthur non l’avrebbe mai ringraziata abbastanza per aver fatto nascere e aver cresciuto l’uomo che amava – e tutto il resto. Nello stesso modo, Arthur si era aperto con lui, raccontandogli della malattia della madre e degli anni in cui lui e Morgana erano stati una roccia l’uno per l’altra, quando loro padre non era in grado di badare nemmeno a se stesso – oh, ma poi si erano ripresi, loro erano i Pendragon dopotutto, ma ognuno di loro aveva una ferita profonda nel petto che mai si sarebbe rimarginata per bene – aveva anche pianto quella sera, tra le braccia di Merlin e si era lasciato stringere da lui, vulnerabile e fragile, come solo con la persona di cui si aveva totale fiducia si poteva fare. Merlin gli aveva promesso che mai lo avrebbe lasciato solo. Poi lo aveva baciato con la sua solita dolcezza e subito Excalibur si era piazzato tra di loro, per leccargli la faccia e acciambellarsi tra di loro, come per dire traditore, sono io quello che ti asciuga le lacrime.
«Come sto?» chiese al moro lisciandosi la giacca nera addosso «Sono vestito troppo formale?»
Merlin lo guardò con occhio critico, poi sospirò «Cazzo, sei proprio un figo» affermò ridendo, poi si avvicinò a lui e gli mise le mani sulle spalle, sporgendosi verso di lui per baciarlo leggermente sulle labbra «Rilassati, mia madre non è così terribile».
«Voglio piacerle» ribatté il biondo con sicurezza, arrossendo appena «Quindi ho preso una bottiglia di vino, dei fiori e una torta» continuò indicando i suoi acquisti posti sul tavolo «Ho esagerato?» chiese notando la faccia sconvolta di Merlin.
«No, sei perfetto» mormorò sorridendo «Anche io ho preso qualcosa a tuo padre: una bottiglia di whisky e una di scotch».
«E poi sono io quello in ansia» lo prese bonariamente in giro Arthur guardandolo «Stai tranquillo, mio padre non è così terribile» gli fece il verso, ripetendo le sue parole di poco prima. Entrambi desideravano solo fare bella figura con i genitori dell’altro, ecco tutto. Ed erano entrambi pateticamente imbarazzati dalla cosa.
«Forse stiamo insieme da troppo poco per fare un passo del genere…» disse Merlin, dando voce ai suoi dubbi «Insomma, sono quasi sette mesi, è vero, ma se dovesse finire? Se dovessimo lasciarci?» chiese tutto d’un fiato «Come lo spiegheremo? Come… come ci comporteremo con loro?»
«Tu pensi che ci lasceremo?»
«Le coppie si lasciano, i matrimoni finiscono…» deglutì Merlin, abbassando lo sguardo ripensando alla situazione dei suoi genitori, suo padre aveva abbandonato la famiglia quando lui era solo un bambino… come poteva l’amore durare? Ancora non riusciva a capire come riuscisse a fidarsi di Arthur. «L’amore svanisce…»
«Ehi, no» Arthur gli prese il viso tra le mani, facendogli alzare il volto verso il suo «Merlin, ascoltami. Se vuoi rimandare, rimanderemo. Spiegheremo che non siamo pronti a fare un passo del genere, ma quello che so per certo è che non voglio rinunciare a te, non così presto» disse con sincerità guardandolo negli occhi «E se finirà, finirà, ma ci avremo provato, ce ne faremo una ragione, ma Merlin, siamo giovani, può succedere di tutto. Adesso, io sono sicuro che ti amo, che tu sei la mia musa ispiratrice, che grazie a te la mia vita ha di nuovo un senso. Un giorno potrebbe finire, ma potrebbe anche durare fino a che non arriverà il nostro momento e anche oltre» continuò, Merlin lo guardava boccheggiante «Shakespeare diceva: Dubita che le stelle siano fuoco, dubita che il sole si muova, dubita che la verità sia mentitrice, ma non dubitare mai del mio amore, ecco, ti chiedo la stessa cosa».
Merlin deglutì guardando Arthur, non riusciva a pensare a nulla dopo le sue parole, era stato semplicemente… perfetto, non riusciva a pensare ad un altro termine da associare a lui. Ecco il motivo per cui si fidava di lui: lo accettava con tutte le sue paranoie e trovava sempre il modo per farlo sentire amato, compreso. Con ancora il cuore in gola e il fiatone, gli prese il viso tra le mani e lo baciò sulle labbra con dolcezza, come per ringraziarlo delle parole che aveva detto.
«Dannazione, quanto ti amo…» mormorò Merlin con la voce carica d’emozione, prima di baciarlo ancora una volta.
Il biondo gli mise le mani sui fianchi, inclinando la testa in modo che le loro labbra combaciassero perfettamente e continuò a baciarlo con sempre maggiore intensità, lo strinse a sé per i fianchi, facendo combaciare i loro corpi, mentre Merlin portava le mani tra i capelli dell’altro, stringendo le ciocche bionde tra le dita, gemendo contro la sua bocca. Arthur mugugnò qualcosa, ma il bacio di Merlin era così travolgente che non riusciva a staccarsi nemmeno per riprendere fiato. Era estasi allo stato puro, era una miccia che si accendeva nel suo petto ed esplodeva in tanti piccoli fuochi d’artificio. Quando i loro polmoni iniziarono a bruciare, Merlin appoggiò la fronte contro quella del biondo e il sorriso che aveva impresso sulle labbra era il più sereno e dolce che avesse mai mostrato. Arthur ansimò, tenendolo ancora stretto a sé.
«Proprio non vorrei uscire di casa, ora» mormorò il moro contro la sua bocca, respirando contro di essa, prima di scendere lentamente con le labbra sul suo collo «Mmh, che cosa ne pensi tu…?» chiese in un sussurro roco, lasciando un piccolo morso sul collo del biondo.
«Dico che siamo già in ritardo» mormorò Arthur, inclinando il collo lasciando a Merlin lo spazio per agire, non aveva intenzione di muoversi dalla sua posizione, in quel momento «Possiamo ritardare ancora un po’» affermò alla fine, mentre Merlin faceva scivolare a terra la sua giacca e lui trascinava il suo ragazzo con sé sul divano alle loro spalle. Arthur era capace di annullare ogni suo pensiero razionale, soprattutto quando diceva cose come quella che aveva appena detto. Aveva toccato corde intime del suo cuore e le aveva fatte vibrare, facendo sparire ogni suo dubbio, ogni sua paura. Le sue paranoie non lo avrebbero mai abbandonato, ma Arthur era lì, pronto a scacciarle e lui lo amava, lo amava sul serio.
«Non volevi fare bella figura con mia madre?» chiese il moro, sedendosi sulle sue gambe e accarezzandogli distrattamente il petto sotto la camicia sbottonata, cercando di darsi una calmata «Che figura faresti, se ci presentassimo in ritardo?»
«Le dirò che suo figlio è un piccolo tentatore e mi ha sedotto» mormorò cercando ancora le sue labbra. «Non dovresti baciarmi così, quando stiamo per uscire»
«E tu non dovresti dire cose così…» Merlin si fermò un attimo, riprendendo fiato, era ancora scosso per le parole magnifiche che gli aveva detto Arthur «… cazzo, così perfette». L’altro allungò una mano verso la guancia e gliel’accarezzò con gentilezza, sorridendogli amorevolmente.
«Il signor asino e testa di fagiolo, oggi ci delizia con ben due parolacce? Facciamo progressi…» mormorò Arthur, tenendolo stretto contro di sé. Non credeva di sconvolgere tanto Merlin con le sue parole, né che lui reagisse in quel modo. Lui era così: o diceva tutto quello che pensava direttamente o si teneva per sé ogni suo pensiero, reputando il suo esporsi troppo personale. Con Merlin non sentiva di dover nascondere i suoi sentimenti, con lui poteva rivelarsi perché, in fondo al suo cuore, di lui si fidava completamente e ciecamente.
«Colpa tua, asino» borbottò mettendogli le braccia attorno al collo, gli diede un altro leggero bacio e Arthur pensò che stessero per ricominciare le danze, ma Merlin scelse quel momento per alzarsi dalle sue gambe e rivolgergli uno sguardo di sfida e amorevole al tempo stesso «Forza, muoviti! Siamo in ritardo, dobbiamo andare da mia madre!»
«Ma tu… piccolo seduttore dei miei stivali!» esclamò Arthur guardando Merlin con aria scioccata «Prima mi seduci in quel modo, con quel bacio mozzafiato e poi mi lasci a bocca asciutta?» chiese esterrefatto. Merlin rise, la sua risata cristallina invase l’appartamento; recuperò la giacca dal pavimento e gliela lanciò addosso, sorridendo in modo affabile.
«Precisamente».
«Me la pagherai» affermò con uno sguardo fintamente omicida «Vedremo chi vincerà questa sfida» disse il biondo alzandosi e indossando di nuovo la giacca. Merlin gli sorrise, lanciandogli uno sguardo di sfida e gli diede un veloce bacio sulle labbra. Uscirono di casa dopo aver recuperato dal tavolo i cadeaux, presi per la madre di Merlin e quelli presi per il padre di Arthur e dopo aver preso i guinzagli dei loro amabili cuccioli, che ovviamente sarebbero andati con loro: non potevano mica lasciarli da soli tutto il giorno, si sarebbero annoiati e per divertirsi si sarebbero divertiti a sfasciare le loro case. Per fortuna né la madre di Merlin, né il padre di Arthur avevano qualcosa contro gli animali, anzi, anche loro sembravano apprezzarne la compagnia.
 
Quando giunsero fuori alla porta del piccolo appartamento della madre di Merlin, Arthur rimase immobile per qualche istante. Non aveva idea di come comportarsi e temeva di fare la figura dell’idiota con una o due parole di troppo, era teso come una corda di violino e non gli piaceva quella sensazione. E se alla donna non fosse piaciuto? Se avesse consigliato a Merlin di trovarsi qualcuno di migliore? Di certo, Merlin era uno che meritava solo il meglio dalla vita. Ma Arthur poteva esserlo? Perché aveva tutti questi dubbi?
«Sta’ tranquillo» gli sussurrò il moro dandogli un bacio sulla guancia «Sono certo che mia madre ti adorerà» affermò. Il biondo cercò di rilassarsi un po’, ma era teso e terrorizzato. Era la prima volta che qualcuno decideva di presentargli la madre e anche se era stato lui quello sicuro a casa, adesso era un fascio di nervi.
Merlin suonò il campanello e dopo pochi istanti una donna molto simile a Merlin, di qualche centimetro più bassa di lui, aprì la porta. Il viso dolce si posò sul moro e sorrise teneramente.
«Merlin» lo salutò, abbracciandolo con affetto. Il ragazzo chiuse gli occhi e la strinse forte, lasciandosi andare tra le sue braccia, ogni volta che andava da lei – e ci andava almeno una volta alla settimana – sua madre lo abbracciava come se non lo vedesse da mesi, secoli.
«Ciao mamma» la salutò lui, dandole un bacio sulla guancia «Lui è Arthur».
«Arthur, caro! Merlin mi ha parlato di te!» esclamò lei lasciando il figlio e abbracciando il genero, che fece in tempo ad evitare che impattasse contro le cose che aveva ancora in mano «Sono felice di conoscerti» Arthur sentì le gote andare a fuoco, l’affetto eccessivo doveva essere una cosa di famiglia, ma stranamente non era per niente sgradevole. Ricambiò impacciato l’abbraccio un po' per l'imbarazzo, un po' perché impossibilitato dalle cose che aveva in mano e lei gli sorrise con affetto.
«È un piacere anche per me, signora» le disse il biondo sorridendo «Uhm, questi sono per lei» disse porgendole i fiori.
«Oh chiamami Hunith e dammi del tu, giovanotto» disse accettando il dono «Sono meravigliosi, grazie». Detto ciò, si spostò dall’uscio della porta e permise ai due ragazzi di entrare, poi Aithusa abbaiò, reclamando anche lei il suo benvenuto.
«Oh giusto, ci sei anche tu!» esclamò la donna abbassandosi per dare una carezza alla cagnetta del figlio «E quest’altro giovanotto chi è?» chiese la donna rivolta al cagnolino «Anche tu vuoi presentarmi qualcuno?»
«Lui è Excalibur, il mio cane» affermò Arthur imbarazzato, presentando il suo cane. Hunith accarezzò anche lui con affetto e poi finalmente entrarono tutti in quella piccola, ma accogliente casa.
«Accomodatevi sul divano, il pranzo sarà pronto tra poco» affermò la donna.
«Hai bisogno di una mano, mamma?» chiese mentre appoggiava la torta portata da Arthur su un ripiano del salotto.
«No caro, resta pure con Arthur e rilassati, cinque minuti e sono da voi» disse sparendo in cucina, Merlin guardò Arthur che era ancora rosso in viso e sorrise dolcemente, mentre lo osservava. Era perso nei suoi pensieri e decise di riscuoterlo dandogli un delicato bacio sulla guancia per annullare le sue paure infondate.
«Allora? Che pensi di lei?»
«Mi sembra fantastica» rispose stupefatto Arthur «Davvero una donna fuori dal comune, come il figlio del resto».
«Visto? E tu che avevi tanta p-» ma il biondino non gli fece finire la frase, pressò le sue labbra contro quelle del moro e passò delicatamente una mano sulla sua guancia, per ringraziarlo del supporto dimostratogli in quegli attimi di terrore.
Il pranzo con la madre di Merlin andò benissimo, quella donna era formidabile, Arthur ne era sempre più sicuro man mano che passava il tempo con lei e capiva da chi Merlin avesse preso il suo caratterino, Hunith fu molto ospitale con lui e mai lo fece sentire a disagio.
«Era tutto molto buono, signora».
«Puoi chiamarmi Hunith, Arthur, davvero» disse lei con il sorriso «Sono ancora giovane e poi tutti gli amici di Merlin sono miei amici!» esclamò pimpante, mentre passava ai due ragazzi una fetta di torta fatta in casa e una di quella portata dal genero. Arthur arrossì alle sue parole.
«Mamma, io e Arthur… insomma, non siamo proprio amici, lo sai, vero?» chiese Merlin tossicchiando «Insomma, te l’ho detto un sacco di volte, noi… stiamo insieme». Arthur si ritrovò a sorridere dolcemente davanti alla tenerezza di Merlin che cercava di far capire alla madre che loro non erano proprio amici, era così imbarazzato da far male al cuore.
«Oh, Merlin, certo che lo so, si vede benissimo. Anche se tu non me l’avessi detto, vedendovi insieme si sarebbe capito» disse lei sorridendo maternamente ad entrambi «Arthur, mi hai capita, giusto caro?»
Il biondo si ritrovò ad annuire, mentre si strozzava con l’acqua per la domanda appena postagli. Non era abituato a dare del tu alle persone più grandi, ma la donna gli stava dando il suo esplicito permesso, quindi…
«Sì, grazie, Hunith, penso che mi abituerò a questa cosa, piano piano».
Anche il dolce, come il resto del pranzo, era stato delizioso, Hunith cucinava in modo incredibile e Arthur si rese conto in quel momento di non conoscere ancora le doti culinarie di Merlin, magari un giorno ne avrebbero parlato.
Dopo il pranzo, la donna gli mostrò alcune foto di Merlin da bambino, alcune del periodo in cui frequentava il liceo e altre davvero imbarazzanti e alcuni premi che Merlin aveva vinto partecipando ai vari concorsi scolastici.
Era certo che il suo ragazzo avrebbe preferito seppellirsi piuttosto che essere presente a quell’imbarazzante spettacolo.
«Adesso aspetto solo la sua laurea, per poterla aggiungere alle tante soddisfazioni che il mio ragazzo mi ha donato».
Arthur e Merlin si punzecchiarono per tutto il tempo, facendo sorridere Hunith che non poteva fare a meno di notare quanto suo figlio fosse felice e sereno con Arthur. Lei aveva buon occhio per quelle cose, sembravano fatti l’uno per l’altro.
«Mi piace quel ragazzo» disse Hunith a Merlin, mentre erano in cucina insieme a lavare i piatti.
«Davvero?»
«Sì, si vede che tiene molto a te» disse lei sorridendo «Sono molto felice che tu finalmente abbia trovato un bravo ragazzo da presentarmi senza alcun timore» Merlin si incupì un po’, ancora l’alone della sua paura era presente nel suo cuore «Cosa ti turba?» chiese la donna, che sapeva leggerlo perfettamente.
«Niente, mamma, è solo che ho paura che tutto ciò finisca, che l’amore finisca».
«Oh no, tesoro» disse lei, fermando le sue mani che tremavano stringendo un piatto di porcellana «Non pensare a ciò che è successo a me, okay? Tuo padre non era una brava persona, io l’ho capito tardi» disse lei accarezzandogli gentilmente una guancia «Arthur tiene molto a te e si vede che farebbe di tutto per renderti felice».
Merlin sospirò e annuì «Lo so. Sono solo le mie paranoie, lo sai. Lui le accetta, riesce sempre a farmi calmare».
«Allora è quello giusto, me lo sento» disse lei sorridendo. Merlin posò il piatto e abbracciò la madre affondando il volto contro la sua spalla, respirando a fondo. Doveva smetterla di avere dubbi, altrimenti essi gli avrebbero fatto perdere Arthur. Non sarebbe stato così sciocco da perderlo, lui lo rendeva felice.
«Grazie, mamma».
Arthur scelse quel momento preciso per sbucare nella cucina e rivolse uno sguardo preoccupato a Merlin: «Tutto bene?»
«Tranquillo, adesso vengo da te». Arthur gli rivolse un tenero sorriso e ritornò nel salotto, dove stava giocando con i due cuccioli. Hunith sorrise guardando il figlio e lo spronò a raggiungere il biondo, senza accettare lamentele.
Erano appena le quattro del pomeriggio, quando Arthur e Merlin, presi i cani, decisero di andare a fare una passeggiata nel parco, prima di dirigersi a casa di Uther Pendragon. Adesso era il turno di Merlin essere un fascio di nervi.
«Tornate a trovarmi presto» disse la donna abbracciando prima il figlio e poi il genero «E Arthur, per favore caro, prenditi cura di lui. È così pelle e ossa. A volte penso non mangi mai per quanto studia!»
«Non si… ehm, non ti preoccupare, Hunith. Penserò io a lui» promise il biondo mettendo un braccio attorno ai fianchi del compagno, lei sorrise vedendoli così intimi e teneri tra di loro. Era fortunata ad avere un genero come Arthur, non come quei villani che Merlin le aveva fatto conoscere e che non le erano piaciuti per niente. Merlin borbottò qualcosa che nessuno dei due capì, ma che fece ridacchiare Hunith. Lei aveva buon occhio per queste cose, Arthur era quello giusto per suo figlio e solo il tempo le avrebbe dato ragione.
«Ci vediamo presto, allora, ci conto!»
Dopo averla salutata e abbracciata di nuovo, i due ragazzi andarono via e dopo aver portato i cuccioli a fare una passeggiata, ritornarono in auto, pronti a raggiungere la casa di Uther Pendragon.
Quando giunsero davanti alla porta della villa, era sera e Merlin era agitatissimo, Arthur poteva vederlo nei suoi atteggiamenti, nei suoi movimenti un po’ bruschi, nel suo essere un po’ schivo, completamente diverso rispetto a come lo aveva visto a casa sua. Gentilmente, gli passò un braccio attorno ai fianchi e lo strinse appena per rassicurarlo. Quando sentì la testa di Merlin sulla sua spalla e fu certo che l’altro fosse meno nervoso, suonò il campanello. La governante di casa Pendragon salutò Arthur con un abbraccio affettuoso e Merlin si presentò educatamente. La donna prese in consegna i cani e li portò nel cortile di dietro per farli giocare lì, Arthur rassicurò Merlin dicendogli che era uno spazio adatto a loro e che si sarebbero divertiti; poi la donna li accompagnò da Uther che li attendeva in soggiorno, seduto sul divano.
Il cipiglio severo alzato e l’espressione dura e critica velocemente si sciolsero in un sorriso; Arthur, un po’ sorpreso, si avvicinò al genitore che lo salutò con una pacca sulla spalla e una stretta di mano e poi portò la sua attenzione su Merlin, che si avvicinò educatamente a lui e gli porse la mano.
«Buona sera, signor Pendragon» lo salutò il giovane, mentre Uther gli stringeva la mano «Sono Merlin Emrys».
«Il compagno di mio figlio, suppongo» Merlin annuì a disagio, mentre Arthur sorrideva piacevolmente sorpreso «Non sei quello che mi aspettavo per mio figlio, ma lo rendi felice».
«Faccio del mio meglio, signore».
Uther annuì alle sue parole: «Parleremo meglio durante la cena, venite forza» disse alzandosi dal divano, dirigendosi verso un enorme tavolo già imbandito. Wow, Merlin non aveva mai visto un simile banchetto in vita sua. In confronto a quello, il pranzo che avevano consumato da sua madre, era solo un aperitivo.
Dopo un iniziale imbarazzo, soprattutto da parte di Merlin, la cena fu abbastanza serena, Uther gli chiese di cosa si occupasse e Merlin gli spiegò di essere uno studente di cinematografia, che lavorava in un negozio di animali ed era volontario presso un rifugio per animali, ma che aveva lavorato un po’ ovunque. Raccontò di aver lavorato come barista un paio d’anni alla caffetteria dell’università, di aver venduto giornali porta a porta e di aver fatto altri piccoli lavoretti cambiati nel corso degli anni per pagarsi gli studi e aiutare sua madre.
«Ammirevole» commentò Uther, dopo aver ascoltato la storia di Merlin, Arthur rimase leggermente scioccato dalla facilità con cui lui lo aveva accettato, si aspettava sguardi di disapprovazione, mugugni e mormorii, anche frasi non proprio amichevoli, ma non un’accettazione così semplice «Un futuro regista, Arthur, solo tu potevi trovare un ragazzo così, magari un giorno lui farà un film su uno dei tuoi libri» affermò dopo qualche istante di meditazione, facendo arrossire Merlin, che nascose il viso dietro ad un bicchiere di vino. Credeva che il ricco Uther Pendragon rifiutasse la relazione di suo figlio con uno come lui, e invece era stato amichevole e davvero ospitale, anche se Merlin non poteva ignorare le occhiate fredde che gli arrivavano tra una risposta e l’altra, ma supponeva che fossero solo indagatorie e che quello fosse un suo comportamento abituale. Arthur era seduto al suo fianco e ogni tanto lasciava scivolare il suo braccio dietro alla sua schiena per farlo rilassare e ci riusciva ogni volta.
Avevano appena finito da poco di cenare, stavano conversando riguardo alcuni argomenti di politica importanti, quando Uther Pendragon si sentì male e si accasciò per terra, appoggiando una mano sul petto all’altezza del cuore. Arthur corse immediatamente vicino a lui, chiamandolo, cercando di farlo riprendere, di farlo respirare, mentre Merlin si affrettava a chiamare un’ambulanza. Con le mani tremanti, il moro si avvicinò al suo fidanzato e cercò di scostarlo dal padre, di sicuro aveva bisogno di respirare e Arthur doveva calmarsi.
Il mondo intero di Arthur era precipitato nel momento in cui suo padre era stato male davanti a lui, nel momento in cui si era accasciato per terra e aveva preso a respirare male. Temeva che potesse morire e temeva di rimanere solo. Come lo avrebbe detto a Morgana? Come avrebbero superato anche quella perdita? Tutti prima o poi erano destinati a morire, Arthur lo sapeva, eppure… eppure non voleva che suo padre morisse tanto presto, no, lo voleva ancora nella sua vita, nonostante tutto. Aveva ancora bisogno di lui.
Non dovettero aspettare molto, i paramedici arrivarono subito e Arthur seguì suo padre sull’ambulanza, lasciandosi dietro Merlin, il quale senza perdersi d’animo afferrò le chiavi dell’auto del biondo e lo raggiunse in ospedale. Non fu facile trovarlo, ma quando lo trovò il suo cuore si strinse in una morsa dolorosa. Mai prima di quel momento aveva visto Arthur così devastato e fragile, nemmeno la sera in cui gli aveva raccontato della perdita della madre. Adesso che temeva di perdere il padre, era ancora più vulnerabile e solo Merlin poteva aiutarlo in quel momento.
«Arthur» lo chiamò avvicinandosi a lui e abbracciandolo subito per placare i suoi tremori «Calmati…» sussurrò.
«Merlin… Merlin, non mi dicono niente…» mormorò Arthur disperato, appoggiando il viso nell’incavo del suo collo, trattenendo a stento i singhiozzi «Non posso perdere anche lui, Merlin…» continuò aggrappandosi a lui «Devo chiamare Morgana, io, devo…»
«Shhh» sussurrò il moro, stringendolo contro di sé e accarezzandogli la schiena «Andrà tutto bene, vedrai che è stato solo un malore. Hai detto che ha il diabete, forse ha mangiato qualcosa che l’ha fatto stare male».
«Ma-Ma se lui dovesse…» la sua voce si spezzò in un singhiozzo e Merlin lo scostò leggermente dal proprio petto, per guardarlo negli occhi. Santo cielo, si sentiva male a vederlo in quello stato, doveva aiutarlo in ogni modo possibile.
«Tuo padre non morirà» disse con certezza il moro, prendendogli il volto tra le mani, accarezzandogli con dolcezza le gote «Guardami. Non succederà niente di brutto stasera. Respira, Arthur». Il biondo annuì e lasciò andare il viso contro la spalla del moro, singhiozzò appena, stringendogli i fianchi e cercando in lui un appiglio, una sicurezza. Merlin continuò a sussurrargli parole di conforto, fino a che un medico non andò a chiamarlo per comunicargli le novità. Arthur si asciugò in fretta il viso – era solo sudore, sebbene fosse ancora scosso dai tremori non aveva versato nemmeno una lacrima – e si alzò per raggiungerlo dopo un fugace sguardo con il suo ragazzo.
Fu una notte lunga, quella. Merlin se ne rese conto quando rivide Arthur solo ore dopo, con due occhiaie enormi e un’espressione meno funeraria rispetto a quella che aveva avuto la sera prima.
«Merlin…» mormorò vedendolo «Sei rimasto qui tutta la notte?»
L’altro annuì «Non volevo che ti sentissi solo» rispose con sincerità «Come sta tuo padre?»
«Si riprenderà. Mi hanno detto che è stato un infarto, è fuori pericolo e vogliono tenerlo in osservazione qualche giorno, prima di dimetterlo» disse al moro «Lo avevano sedato. Mi hanno permesso di restare con lui e gli sono rimasto accanto fino a che non si è svegliato, non potevo lasciarlo, scusami…» mormorò dispiaciuto, rendendosi conto di aver completamente dimenticato che l’altro fosse ancora nella sala d’attesa in attesa di sue notizie.
«Tranquillo, va tutto bene» disse Merlin avvicinandosi a lui e abbracciandolo «L’importante è che lui si sia ripreso» disse, accarezzandogli la guancia «Tu come stai?»
«Scosso» rispose con sincerità il biondo «Sono stato meglio, mi dispiace che tu…» deglutì e si fermò «Grazie» sussurrò Arthur dopo qualche istante di silenzio, stringendolo forte a sé «Se non ci fossi stato tu, sarei stato perso». E senza che l’altro potesse ribattere, lo baciò lì nel mezzo del corridoio, sentendo un macigno in meno sul suo cuore. Aveva affrontato una delle notti peggiori della sua vita e Merlin era rimasto con lui tutto il tempo, a sostenerlo anche da lontano… una lacrima sfuggì al suo controllo e fu seguita da un singhiozzo, sentì le braccia di Merlin stringersi di più attorno al suo corpo e si rese conto di essersi spezzato di nuovo.
«Va tutto bene, Arthur» sussurrò il moro, stringendolo con dolcezza «Va tutto bene, ci sono io…» disse ancora a bassa voce, accarezzandogli la schiena «Sfogati, sì, butta tutto fuori» mormorò. La tensione di tutta la notte si riversò fuori dai suoi occhi sotto forma di lacrime, nel frattempo Merlin non lo lasciava andare, non lo lasciava crollare al suolo, lo teneva stretto e lo sosteneva in quel momento e lui non avrebbe potuto essergliene più grato. Quando i suoi singhiozzi si calmarono, si specchiò negli occhi azzurri di Merlin e lo ringraziò in silenzio; il moro non disse niente, si limitò a passargli i polpastrelli sulle gote, una dolce carezza per eliminare le lacrime dal suo volto.
«Che ne pensi di una bella colazione?» chiese il moro per spezzare il silenzio e non far sentire Arthur a disagio per il suo sfogo «C’è una caffetteria proprio qui sotto, vado un attimo a prendere qualcosa? Oppure andiamo insieme».
«Sì, muoio di fame» rispose Arthur, la sua voce tremava appena «Andiamo insieme».
Lentamente si incamminarono fianco a fianco, diretti alla caffetteria, Merlin prese delicatamente la mano di Arthur nella sua, accarezzandogli con gentilezza il dorso con il pollice e Arthur, sebbene non dicesse una parola, gli era grato per la sua presenza e anche per il suo silenzio, avrebbe parlato quando sarebbe stato certo di non piangere di nuovo. Un Pendragon non si lasciava travolgere così dalle emozioni, eppure lui si era spezzato, quando aveva temuto di perdere suo padre. Aveva sentito un dolore lancinante, un terrore terribile e si era sentito perso e smarrito, non sapeva come ringraziare Merlin per non averlo abbandonato a se stesso quella notte e di essere stato ancora lì la mattina seguente.
«Siediti» gli disse gentilmente il moro, facendolo sedere su una sedia vicino ad un tavolino «Ti prendo un tè e una brioche alla crema?» Arthur annuì e lo vide allontanarsi da lui e avvicinarsi al bancone, non capiva come Merlin potesse essere ancora così energico dopo una nottata sveglio in ospedale. Doveva far parte della sua indole, dare il massimo di se stesso nelle ore più buie e tirare avanti fino alla risoluzione della situazione. Rifletté qualche minuto, molte persone nella situazione di Merlin, dopo le prime ore di attesa avrebbero voltato le spalle, lui invece era rimasto lì, in attesa solo per stargli vicino e sostenerlo. E continuava ancora a sostenerlo, nonostante il peggio fosse passato. Lo vide ritornare al tavolino pochi minuti dopo, aveva tra le mani un vassoio con una tazza di tè, due brioche e un caffelatte, c’erano anche dei pasticcini e dei muffin. Pose il vassoio tra di loro e passò ad Arthur il suo tè e la brioche, poi lo guardò con sguardo indagatore.
«Se vuoi parlare, io sono qui» disse il moro «Ma se non vuoi, lo capisco. Sappi solo che io ci sono e che non ti giudico».
«Come fai a sapere sempre qual è la cosa giusta da dirmi? Anche stanotte, tu… non mi hai fatto impazzire».
«Stanotte eri nel panico, dovevo dirti qualcosa che ti facesse sentire meglio» iniziò Merlin sorseggiando il suo caffelatte «Non sapevo come sarebbero andate le cose, ma sapevo di doverti infondere un po’ di ottimismo» ammise sorridendo «E ti conosco, so che adesso in quella tua testa bacata asinina stai pensando che ti sei reso debole davanti a me, per aver sfogato la tua tensione» disse, Arthur strabuzzò gli occhi guardandolo «Ma non devi sentirti a disagio con me, non ti giudico per quello né per altro».
«Non volevo che mi vedessi così fragile e devastato» confessò in risposta, sentendo quelle parole uscire senza che lui l’avesse programmato «Non volevo che mi vedessi così… debole, ma avevo paura di perdere mio padre e… mi sono sentito sopraffatto da tutto. Tu eri lì e sei stato la mia ancora di salvezza» confessò ancora, incapace di trattenersi. Merlin gli sorrise in un modo dolcissimo e gli fece battere il cuore «Ti amo così tanto…»
«Ci sarò sempre, te lo prometto» affermò Merlin sporgendosi verso di lui «Ti amo anch’io» sussurrò baciandolo a stampo. Solo in quel momento, il moro sentì le labbra del suo fidanzato tendersi in un sorriso accennato. Si sedette di nuovo al suo posto e consumarono il resto della colazione in silenzio, scrutandosi di tanto in tanto.
«E comunque, mio padre ti adora, anche se non te lo dirà mai direttamente» disse Arthur ad un certo punto, mentre ritornavano in ospedale «Credo che la storia dei tuoi multipli lavori per pagarti gli studi, lo abbia affascinato abbastanza».
«Ne sono felice» mormorò Merlin, baciandogli la guancia dolcemente «Credi che possa venire a vedere come sta?»
«Ma certo» rispose Arthur «Non ti lascerei andare da nessuna parte, credimi».
 
 
Dopo una sfiancante giornata in ospedale, sia Arthur che Merlin erano distrutti e sfiniti, Arthur aveva passato le ultime ore a parlare con i medici delle terapie che avrebbe dovuto seguire suo padre, poiché dalle analisi era emerso che aveva dei problemi al cuore non ancora diagnosticati, oltre al diabete, e per evitare altri episodi del genere, avevano prescritto delle cure e dei controlli ciclici, lo avrebbero comunque tenuto in osservazione ancora un paio di giorni prima di dimetterlo del tutto. Dopo aver ringraziato i medici, Arthur si era sentito in dovere di chiamare Morgana e avvisarla del malore del padre – lei aveva promesso che sarebbe partita con il primo volo e li avrebbe raggiunti e lui si era sentito un po’ sollevato, non avrebbe dovuto affrontare tutto senza la sorella, anche se il peggio era passato – e quando si era lasciato cadere su una seggiola nella sala d’attesa, aveva trovato la confortante spalla di Merlin a sostenerlo. Era stata la domenica più lunga e massacrante della sua intera vita e sentiva un senso di tranquillità sapendo di non essere stato completamente solo quel giorno. Merlin era rimasto con Arthur tutto il giorno, cercando di sostenerlo in ogni istante, ad ogni notizia che arrivava. Entrambi non dormivano da più di ventiquattro ore ed erano sfiniti, soprattutto Arthur, aveva bisogno di riposare.
«Arthur, devi fermarti adesso» gli aveva sussurrato, quando si era seduto stancamente accanto a lui «Tuo padre è in ottime mani e non potresti fare nulla, adesso devi riposare». Il biondo aveva annuito stancamente e aveva proposto di andare a casa di suo padre per controllare come stavano i cuccioli, che avevano lasciato alla governante, la quale si era offerta come volontaria per accudirli mentre loro erano impegnati in ospedale; entrambi le erano stati grati.
Erano usciti dall’ospedale appoggiati l’uno all’altro e si erano diretti a casa Pendragon, quando la governante aprì la porta i due giovani furono investiti dalla gioia e dagli abbai festosi dei loro cani. Arthur non riuscì a trattenersi, si abbassò per accarezzare il suo birbante preferito e lo stesso fece Merlin con la sua cagnolina, erano state delle ore tremende e quelle feste da parte dei cuccioli erano un toccasana per loro. Poi la donna chiese di Uther e Arthur le spiegò ogni cosa accaduta in quelle ore; ella, con fare materno, gli ordinò di restare lì, perché in quelle condizioni, non avrebbe potuto guidare e lui non riuscì a ribattere a causa della stanchezza e propose a Merlin di restare, il moro fu d’accordo, poiché era stanco anche lui. Così Arthur gli fece strada nella sua vecchia stanza, grande abbastanza per ospitare entrambi e si sentì un po’ strano nel mostrare quella camera al suo ragazzo, Uther l’aveva conservata esattamente come lui l’aveva lasciata e un po’ gli faceva venire la nostalgia dei tempi in cui era solo un ragazzino che si rannicchiava in un angolo di quella stanza a scrivere.
«Io ho bisogno di fare una doccia» disse Arthur a Merlin, recuperando alcuni abiti dal suo vecchio armadio, lasciava sempre qualche indumento lì, per quando passava dei giorni a casa del padre «Se vuoi cambiarti, puoi prendere quello che vuoi».
«Ti ringrazio» mormorò Merlin sbadigliando sonoramente; Arthur sorrise intenerito e gli diede un bacio tra i capelli, prima di sparire fuori dalla stanza per andare nel bagno. Il moro curiosò un po’ in giro, prima di prendere dall’armadio una t-shirt grigia e un paio di pantaloni di tuta smessi di Arthur, per poi cambiarsi in fretta. Poi si stese sul letto del biondo e si disse che lo avrebbe atteso lì, così avrebbero parlato, ma presto la stanchezza prese il sopravvento e si addormentò, crollando come un sasso nel giro di pochi minuti.
Quando Arthur uscì dal bagno e ritornò in camera sua, lo vide addormentato lì sul suo letto, con quella t-shirt che gli stava un po’ grande, i capelli arruffati e l’espressione un po’ corrucciata. Un senso di tenerezza si fece largo nel suo cuore a quella vista. Sorrise dolcemente e gli tirò le coperte addosso per non fargli prendere freddo, anche se era primavera e non faceva così tanto freddo, poi si mise accanto a lui, e gli accarezzò teneramente una guancia, osservandolo con gli occhi colmi d’amore.
«Scusa…» mormorò Merlin, avvertendo il movimento accanto a sé, Arthur scosse la testa e gli diede un bacio tra i capelli.
«Shhh, dormi parliamo domani» promise, l’altro ancora ad occhi chiusi annuì e lui lo abbracciò forte, addormentandosi a sua volta dopo pochi minuti, ascoltando il battito del cuore di Merlin e il suo respiro cadenzato, pur restando vigile: mancava ancora qualcosa. Era grato che il moro facesse parte della sua vita e che gli fosse stato accanto in un momento tanto terribile. E in silenzio, senza dar voce ai suoi pensieri, promise a Merlin che gli sarebbe stato accanto nello stesso modo in cui lui lo aveva sostenuto quel giorno, non lo avrebbe mai abbandonato e l’avrebbe sostenuto sempre. Quando sentì il materasso piegarsi prima una volta e un familiare peso sulle gambe, capì che Excalibur lo aveva raggiunto; dopo pochi secondi sentì di nuovo il movimento del materasso e si rese conto che anche Aithusa aveva preso il suo posto accanto a Merlin. Entrambi i cuccioli avevano preso il giusto posto che spettava loro, accanto ai loro padroni. Inconsciamente, Arthur allungò una mano e accarezzò gentilmente il pelo del cane e finalmente riuscì ad addormentarsi definitivamente.
 


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Hola people! 
Scusate il ritardo çç pubblicare in settimana è sempre un casino e sono stata un'idiota a farlo di mercoledì, ma ormai sono in ballo e continuo a ballare ahah (scherzoni, lunedì riprendono le lezioni e io sono già morta perché ho appena finito un libro orribile su un autore orribile e voglio solo morire, sad me).
Nessun Uther Pendragon è stato maltrattato, giuro! Arthur mi avrebbe seriamente fatto del male, ma non l'avrei mai fatto soffrire tanto. Comunque è notte, quindi mi considero ancora nel range del mercoledì u-u
Per farmi perdonare l'ultima parte (salvo problemi) la posto prima di lunedì prossimo, come sono buona. Anyway, quanto è piccino Merlin che resta accanto ad Arthur tutta la notte? (Battute random rubate dalla serie, perché ci stanno aw) e i cani sono sempre adorabili e coccolosi. :3 
Ringrazio sempre con tutto il mio cuore le persone che hanno recensito lo scorso capitolo le mie adorate lilyy e elfin emrys e una new entry, peterpan76; chi ha speso un click per leggerla, oltre a chi ha deciso di seguirla e preferirla:3
Grazie mille a tutti, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e vi do appuntamento (anticipato) a sabato o domenica per l'ultima parte di una one shot, not very short! (e forse nelle prossime settimane un piccolo spin off di Enchanted, sììì, stanno per tornare!)
Stay tuned, a presto!

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Capitolo 3
*** 3. I’ve found in you my endless love. ***


Desclaimer: Storia scritta senza alcun fine di lucro, i personaggi non mi appartengono e non intendo offenderli (ma chiedo perdono per l’OOC, ci sto lavorando, giuro!) 

Nota: I cani sono i migliori amici dell'uomo, ma spesso gli uomini non se ne accorgono.


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Erano passate due settimane da quando Uther era stato male. Morgana si era trasferita momentaneamente da lui insieme al suo odioso fidanzato californiano, perché voleva stare accanto al genitore e Arthur passava a trovarlo regolarmente ogni giorno per controllare le sue condizioni. Non sopportava il californiano, lo aveva conosciuto alla fine, aveva un terribile accento americano, era troppo abbronzato e troppo appariscente per i suoi gusti, ma teneva a Morgana, si vedeva bene e chi era Arthur per impedire la felicità di sua sorella? Tuttavia, niente gli aveva impedito di minacciarlo di morte: Tu osa solo far soffrire mia sorella e io ti farò pentire di essere nato, il tutto puntandogli contro una penna. Sebbene non fosse stato particolarmente intimidatorio, il messaggio era arrivato al californiano e Arthur ne era stato soddisfatto. Merlin gli aveva detto che era il solito esagerato che si vedeva bene quanto quel ragazzo teneva a Morgana e soprattutto che era un bravo ragazzo, e poi devi ammettere che Morgana ha dei gusti davvero niente male, è un gran figo – era stato il commento sarcastico di Merlin, fatto solo per farlo irritare; si era anche complimentato con loro, quel traditore del suo fidanzato. Tuttavia, anche se si mostrava restio e contrario all’unione dei due, segretamente il biondo era contento per la sorella, soprattutto lei meritava di essere felice.
Era passato a casa quella sera, suo padre stava molto meglio adesso, anche se Morgana si era impersonata troppo nella crocerossina e non lo faceva alzare mai dal letto, se non per cose necessarie; e forse a causa degli antidolorifici o delle medicine che stava prendendo, Uther gli aveva chiesto di Merlin perché non lo vedeva da qualche giorno ed era preoccupato per lui. Ad Arthur ancora pareva strana tutta l’accettazione che la sua famiglia aveva avuto per la sua nuova relazione, era convinto di dover lottare e farsi valere, difendere a spada tratta il suo amore… e invece non era successo nulla del genere. Forse aveva letto troppi libri e scritto troppe storie romantiche con la tematica amore impossibile. Era felice della piega che aveva assunto la sua vita ed era felice di aver quasi finito il suo secondo libro: adesso poteva dirlo liberamente, era un’altra storia ambientata nel Medioevo, ma stavolta era una storia d’amore e uno dei personaggi principali era liberamente ispirato al suo fidanzato.
Prima di tornare nel suo appartamento aveva fatto un salto da Merlin, ma quest’ultimo era impegnato con la preparazione degli ultimi esami accademici e gli aveva detto di essere troppo stanco quella sera. Negli ultimi giorni, Arthur non vedeva quasi mai il suo ragazzo, tranne quando portavano fuori Aithusa e Excalibur. E doveva ammettere che gli mancava.
Quella sera era andato a letto un po’ insoddisfatto, dopo la classica passeggiata della sera. Sembrava tutto tranquillo, un po’ monotono, ma accettabile – Arthur doveva solo aspettare che Merlin finisse gli esami, ci era passato per primo, gli ultimi erano i più duri da affrontare – e si addormentò con Excalibur sdraiato al suo fianco.
Un bussare frenetico alla porta di casa sua, fece sobbalzare Arthur dal sonno. Guardò la sveglia sul comodino, erano le cinque del mattino. Chi poteva essere a quell’ora? Perché qualcuno bussava alla sua porta a quell’ora? Doveva essere un’emergenza, cosa era successo? Il suo primo pensiero volò a suo padre, gli era successo qualcosa? Stava male di nuovo? Ma non poteva essere nulla riguardante suo padre, Morgana lo avrebbe chiamato sul cellulare e se…
I suoi pensieri furono interrotti di nuovo dalla persona che suonava il campanello. Arthur smise di farsi domande e si precipitò giù dal letto, afferrò una felpa e corse ad aprire la porta, Excalibur era già sotto alla porta e annusava cercando di capire chi fosse. «Buono» mormorò al cane, poi aprì trafelato e si ritrovò davanti Merlin in lacrime con Aithusa in braccio: «Arthur, Arthur, Aithusa non sta bene, si lamenta e… e…» deglutì, terrorizzato. Arthur gli fu subito accanto e guardò la cagnolina, se ne stava accucciata tra le braccia di Merlin, avvolta in una copertina «Ha vomitato e… oddio, Arthur…»
«Tranquillo» gli disse cercando di mostrarsi calmo, anche se sentiva su di sé l’agitazione del suo compagno, il suo cane guaiva vedendo l’amica che non stava bene «Ci penso io. Adesso, andiamo in una clinica specializzata, stai tranquillo» disse, si infilò un paio di scarpe, afferrò al volo le chiavi della sua auto e condusse con sé Merlin all’auto.
«Non è mai stata così, io-io dovevo capire prima che non stava bene» disse con un singhiozzo intrappolato in gola «Dovevo portarla prima a controllare, ma-ma ero così impegnato e-e… lei sembrava stare bene, Arthur…» il moro farfugliava frasi sconnesse e senza senso, Arthur poteva capirlo, ma non poteva essere così agitato, anche Aithusa si sarebbe agitata e sarebbe stato solo peggio.
«Merlin, tesoro, respira» gli disse con calma «Andrà tutto bene, vedrai che non sarà niente di grave». L’altro annuì, ma Arthur riusciva a vedere quanto fosse teso per la situazione, poteva capirlo anche lui sarebbe andato nel panico, se una cosa del genere fosse successa al suo cane. Arthur conosceva una clinica veterinaria aperta 24 ore su 24 perché, quando Morgana gli aveva regalato Excalibur, si era ben informato. La prudenza non era mai troppa, gli diceva sempre suo padre. Senza esitazione guidò fino a lì, infrangendo anche quale limite di velocità, ma non gli importava, la salute di Aithusa prima di tutto. Le strade erano deserte non avrebbe fatto del male a nessuno e qualche multa per eccesso di velocità non era un grosso problema per lui.
Avrebbe fatto di tutto per non vedere quell’espressione atterrita e disperata sul volto di Merlin, le sue lacrime facevano male al cuore. Avrebbe fatto qualunque cosa per evitargli una tale sofferenza, non sapeva che altro fare, se non sostenerlo in quel momento, accompagnandolo alla clinica per cani, nonostante fosse ancora in pigiama.
«Vedrai che andrà tutto bene» gli disse ancora una volta, Merlin annuì distrattamente, guardando insistentemente Aithusa tra le sue braccia. Mentre guidava, il biondo gli mise una mano sul ginocchio e glielo strinse per trasmettergli tranquillità. Arrivarono alla clinica in pochi minuti e riuscirono a trovare una veterinaria libera, subito Merlin le disse che Aithusa era stata male, spiegandole brevemente tutto quello che era accaduto. Con dolcezza e professionalità, la donna condusse il giovane in una delle sale libere e gli disse di appoggiare il cane sul tavolino medico. Iniziò a visitarla, ma lo stato d’agitazione del padrone, rendeva nervosa la cagnetta.
«Signore, la invito ad attendere fuori, Aithusa si sta agitando» gli disse con dolcezza «Mi prenderò cura di lei e le farò sapere nel minor tempo possibile».
«O-Okay…» mormorò. Con le lacrime agli occhi, uscì dalla saletta, mentre la dottoressa chiamava un assistente per farsi aiutare e lui andò a rifugiarsi tra le braccia di Arthur che, insieme ad Excalibur, aveva aspettato fuori dalla sala. Il biondo non disse niente, si limitò a stringerlo forte e ad accarezzargli la schiena con delicatezza. Ad un certo punto, Merlin appoggiò la testa sulla sua spalla e si lasciò sfuggire un singhiozzo, Arthur lo strinse a sé e gli diede un bacio delicato tra i capelli, sussurrandogli in un orecchio di stare tranquillo, promettendogli che tutto sarebbe andato per il verso giusto. Non aveva mai visto Merlin così stravolto e fragile. Cercò di stringerlo per confortarlo per tutto il tempo che restarono in quella sala, in attesa di notizie sulla cagnolina.
Un’ora dopo, la veterinaria, che aveva preso in cura Aithusa, uscì dalla stanzetta in cui aveva portato Aithusa e Merlin scattò come una molla, roso dall’ansia che provava, si avvicinò alla donna immediatamente.
«Lei è il padrone di Aithusa?» chiese, Merlin annuì energicamente «Non c’è niente di cui preoccuparsi, abbiamo eseguito qualche test e le abbiamo fatto le analisi, la sua cagnetta è in perfetta salute» comunicò con un sorriso rassicurante sul volto; Merlin tirò un sospiro di sollievo «È incinta, ecco il perché di quei sintomi» spiegò subito.
«I-Incinta?» chiese, la donna annuì «Ma non l’ho ancora fatta accoppiare…» mormorò scioccato, cercando di pensare a cosa potesse esserle accaduto. Cercò di mettere insieme le idee, ma era confuso e non riusciva a pensare lucidamente.
«Che succede? Come sta Aithusa?» chiese Arthur avvicinandosi a lui, vedendolo sconvolto, Excalibur trotterellò allegro raggiungendo il padrone «Qualcosa di grave?»
«Aithusa è incinta…»
«Ma avevamo deciso che si sarebbe accoppiata con Excalibur!» esclamò il biondo «Cosa è successo?»
«Non lo so, Arthur! Non ho idea di cosa sia successo…» mormorò Merlin scoraggiato «Excalibur è il suo beagle e noi due stiamo insieme» ci tenne a specificare, voltandosi verso la veterinaria, che li guardava con aria perplessa. Merlin si chiedeva cosa avesse sbagliato. Come diavolo era successo? Lui stava sempre attento, insomma, era un po’ impegnato ma di certo si sarebbe accorto, se la sua cagnetta si fosse accoppiata!
«Sono abituati a stare insieme?» chiese la veterinaria, entrambi annuirono «È possibile che siano rimasti da soli?» sia Merlin che Arthur annuirono di nuovo «Allora presumo di dovervi fare le congratulazioni, presto avrete dei bellissimi cuccioli di beagle» disse lei sorridendo «Vi riporterò Aithusa tra qualche minuto» promise, allontanandosi per rientrare nell’ambulatorio, mentre i due giovani si guardavano ancora scioccati.
Merlin rifletté sulle parole della veterinaria, in effetti era capitato spesso che i due cani restassero soli, ma lui e Arthur erano sempre stati attenti, tuttavia circa due settimane prima, Uther era stato male ed avevano lasciato i due cagnolini a casa del padre di Arthur con la governante, mentre erano in ospedale. Poteva essere successo quel giorno? Come avevano fatto a non accorgersene? L’ansia piano piano scivolò via dal suo corpo e poi si voltò verso il biondo, che ad occhi spalancati fissava il punto dov’era sparita la dottoressa, anche lui si chiedeva come avessero fatto a non capire nulla.
«Arthur, il tuo cane ha approfittato della mia piccola!» esclamò puntandogli il dito contro, mentre il biondo lasciava andare anche lui l'ansia e scoppiava a ridere di gusto, realizzando cosa fosse accaduto. Merlin gli diede un leggero spintone «Non ridere, asino!»
«Vuol dire che questa è volta buona che decidiamo di andare a vivere insieme» disse il biondo con nonchalance e tranquillità. Merlin spalancò gli occhi e lo guardò scioccato, scosse la testa incredulo e, senza dire niente, si allontanò da lui con la testa colma di confusione. Aveva bisogno di respirare e di riflettere un momento sulle parole di Arthur. Gli aveva davvero chiesto di andare a vivere insieme? Ma era presto, loro stavano insieme da troppo poco tempo per fare un passo del genere, giusto?
Arthur dovette rendersi conto di averlo sconvolto con quella proposta poco gentile, si affrettò a seguirlo seguito docilmente dal suo cane e lo raggiunse afferrandolo per un braccio.
«Scusa, dovevo essere più delicato» disse il biondo con tono contrito, era carico di scuse e di sensi di colpa, non voleva che Merlin si sentisse pressato dalla sua voglia stordente di averlo tutto per sé 24 ore su 24. Lo amava, certo, ma rispettava i suoi tempi e le sue scelte, non lo avrebbe mai forzato a fare una cosa che non era pronto a fare.
«Mi spiazzi sempre, l’hai detto con tale naturalezza…»
«Questo è perché ti amo e voglio averti sempre tutto per me» confessò, facendogli passare le braccia attorno ai fianchi, abbracciandolo da dietro «Ma se non ti senti pronto, aspetteremo. Ho aspettato tanto prima di trovarti, posso aspettare ancora adesso che ti ho trovato». Alle sue parole, Merlin si sentì invadere da una sensazione di benessere puro, sentendo quelle parole e un po’ della sua ansia svanì.
«Sei il solito asino con la delicatezza di un elefante».
«Lo ammetto» disse il biondo «A mia discolpa, posso dire che mi è uscito spontaneo e non volevo metterti ansia, lo giuro. Sarà un passo che faremo insieme quando saremo pronti entrambi».
Merlin sorrise e si voltò verso di lui, gli diede un leggero bacio sulle labbra e con quello lo ringraziò per essere stato accanto a lui in quel momento e si scusò per averlo svegliato alle cinque del mattino.
«Ti concedo di dormire da me qualche volta» cedette il moro dopo qualche bacio «Così il molestatore può rendersi conto del danno!» esclamò puntandogli un dito contro «E dovrai sborsare un sacco di soldi per le visite».
«Tutto quello che desideri». Merlin rise, abbandonando la testa contro la spalla di Arthur, sentendosi leggero e rilassato.
Pochi istanti dopo, tornarono indietro e trovarono la veterinaria con Aithusa che scodinzolava ai suoi piedi; Merlin senza pensarci due volte, corse verso la sua piccola e, inginocchiandosi a terra, l’accarezzò delicatamente, la riempì di baci sotto gli occhi innamorati di Arthur e quelli inteneriti della dottoressa. Adesso che Aithusa era di nuovo con lui e soprattutto stava bene, sapeva che le cose sarebbero andate per il verso giusto, ne era certo.
 
I cuccioli nacquero durante un caldo pomeriggio d’inizio agosto. Merlin aveva finito i suoi esami estivi, lui e Arthur si stavano godendo finalmente un po’ di tempo insieme ed erano sul divano, intenti a baciarsi. Dopo l’ultima visita dalla veterinaria, sapevano che mancasse poco al parto, anche se non sapevano esattamente quanto. L’ultima ecografia aveva mostrato tre cuccioli e Merlin aveva quasi pianto dalla gioia. Erano un paio di giorni che Aithusa si comportava in modo strano, la veterinaria li aveva rassicurati spiegando che man mano che il giorno del parto si avvicinava, avrebbe iniziato a creare la tana dove far nascere i cuccioli e così molte cose dei due padroni misteriosamente erano scomparse e il tutto era stato sistemato dalla cagnolina nella sua cuccia nuova – quella larga e accogliente che Merlin aveva acquistato quando aveva saputo dei cuccioli – e più il tempo passava più Excalibur iniziava a comportarsi in modo eccessivamente protettivo nei confronti della compagna.
E poi quel pomeriggio d’agosto, accadde. Merlin andò nel panico, Arthur iniziò ad agitarsi, ma riuscì a mantenere il sangue freddo per il tempo necessario a chiamare Hunith, la quale, precipitandosi a casa del figlio, si assicurò che tutto procedesse nel migliore dei modi. Anche Excalibur era agitato, Arthur riusciva ad accorgersene dal suo atteggiamento estremamente diverso dal solito. Il tutto durò alcune ore, ma Merlin era certo di aver perso una decina di anni di vita.
Quando videro le tre palle di pelo, Arthur e Merlin non riuscirono a far altro se non commuoversi, accarezzare teneramente Aithusa complimentandosi con lei per essere stata tanto coraggiosa e ammirare con gli occhi pieni di lacrime di commozione la piccola di Merlin allattare i tre cuccioli appena nati. Era finita, era tutto finito. Il moro si accovacciò vicino alla cuccia della sua cagnolina e sorrise guardandola con tenerezza, mentre Arthur si abbassava verso il suo cane per "congratularsi" con lui. Poi raggiunse subito il moro, osservando anche lui il piccolo spettacolino che avevano davanti e dovette tirare su col naso, sentendo un principio di lacrime di commozione. Vedere quei tre piccoli cuccioli nutrirsi era la cosa più dolce e tenera che avessero mai visto.
Merlin si allontanò per prendere la macchina fotografia e scattare una foto alla neo-famigliola e Arthur lo raggiunse subito, spiando ciò che stava facendo, dandogli un bacio sulla guancia. Erano tutti e due emozionati, nessuno dei due aveva mai vissuto un momento così intenso e bello. Si sentiva stranamente euforico, una strana felicità lo prendeva da dentro; saliva direttamente dal cuore e si irradiava per tutto il suo corpo.
Poi Excalibur si avvicinò lentamente alla cuccia, scrutando attentamente la situazione e poi sotto i loro occhi avvenne una cosa dolcissima, si avvicinò ad Aithusa e accostò il suo muso al suo e lei lo lasciò fare, ricambiando il suo gesto. Merlin fu rapido a premere il tasto per scattare la foto. Il beagle maschio poi emise uno sbuffo e si acciambellò vicino alla cuccia.
Merlin scattò altre foto commosso e intenerito, e improvvisamente sentì distintamente un singhiozzo commosso sfuggire dalle labbra del biondo che commentò semplicemente: «Sono meravigliosi» mentre si asciugava un occhio.
«Sì, abbiamo una famiglia bellissima» confermò Merlin, rilassandosi contro il corpo del suo fidanzato, che lo stringeva teneramente per i fianchi; il tutto avvenne sotto gli occhi di una commossa e intenerita Hunith, che confermò ciò che aveva sempre pensato. Arthur e Merlin erano una coppia perfetta, erano fatti l’uno per l’altro.
 
§§§
 
Era il giorno della laurea di Merlin, finalmente quel terribile periodo di ansia e di tormento per il moro era finito, adesso Arthur poteva riavere il suo fidanzato tutto per sé e non doverlo dividere con la sua tesi. Era felicissimo di essere lì ad assistere al giorno più importante della sua persona importante. Quando lo vide alzare le braccia al cielo, dopo la proclamazione del suo titolo, sorrise di cuore e si commosse, qualcosa doveva essere finito dentro uno dei suoi occhi, perché li sentì pungere come se vi fossero degli aghi dentro. Al suo fianco c’era Hunith che gli mise una mano sulla spalla, commossa anche lei. Chi conosceva la storia di quel ragazzo, sapeva quanto avesse faticato per ottenere quel risultato, per riuscire a prendere quel semplice pezzo di carta. Arthur aveva sbattuto le palpebre commosso e una lacrima si era liberata da sola, senza che lui potesse controllarla. Quando lo aveva visto dirigersi verso di lui, Arthur gli era andato incontro e lo aveva baciato con dolcezza e passione, sotto lo sguardo intenerito di tutti i presenti e «Sono fiero di te» aveva mormorato contro le sue labbra. Aveva visto le sue gote imporporarsi e le sue labbra tendersi in un sorriso dolce, prima di vedere Hunith trascinarlo via. Subito dopo lo scambio di congratulazioni e tutto il resto, insieme agli amici di Merlin erano andati a brindare in un bar non lontano dalla facoltà, dove Arthur aveva scoperto che, per tutti gli anni di università, il suo ragazzo era solito rimpinzarsi di una quantità esagerata di caffè tra una lezione e l’altra in quel posto. E anche che aveva avuto una breve storia con il barista. Il biondo aveva guardato male quel barista da strapazzo quando aveva abbracciato Merlin con un po’ troppo trasporto e si era sentito in dovere di allontanare quel tale dalla sua musa. Tizio del bar a parte, il clima era abbastanza sereno, Merlin e i suoi amici si stavano godendo il traguardo raggiunto, rilassati dalla fine dell’incubo, quando all’improvviso un uomo massiccio, un po’ trasandato si avvicinò al loro tavolino, diretto verso Merlin.
«Ciao Merlin» lo salutò, Arthur vide l’espressione del suo ragazzo mutare istantaneamente, sembrava spaventato. Un campanello d’allarme si accese nel suo cervello e il suo istinto di protezione verso il moro gli suggerì di coprirlo con il suo corpo per evitare che gli venisse fatto del male, ma restò fermo scrutando la situazione. Chi era costui? E cosa voleva da lui?
«S-Salve, ci conosciamo? Mi scusi non credo di conoscerla» disse in modo così frettoloso che tutti capirono che mentisse. Sentendo il tono del compagno, Arthur portò istintivamente un braccio davanti al moro, pronto a spingerlo dietro di sé, in caso di necessità. Se quel tizio era un malintenzionato o qualcuno che gli aveva fatto del male in passato, non avrebbe toccato il suo ragazzo neanche con un dito, non prima di essere passato sul cadavere di Arthur.
«Non credo che ti ricordi di me» disse l’uomo «Sono Balinor, tuo padre».
Merlin spalancò gli occhi, la flûte di spumante che aveva tra le dita scivolò da esse riversando tutto il contenuto sul tavolino: «C-Cosa?» si ritrovò a balbettare. Arthur lo guardava perplesso quel tipo era il padre di Merlin? Il bastardo che aveva abbandonato la famiglia? Abbassò lentamente il braccio e appoggiò la mano sulla gamba del moro, per confortarlo.
«Sei proprio identico a tua madre» disse l’uomo, guardando ancora in modo insistente verso di lui.
«Io non credo che Merlin abbia voglia di parlarle» disse il biondo con freddezza, solo in quel momento l’uomo sembrò rendersi conto che il figlio non era da solo ma in compagnia «E non credo che lei abbia il diritto di essere qui».
«Non credo siano affari tuoi, giovanotto».
«Arthur…» mormorò il diretto interessato. Era sul punto di alzarsi e fronteggiare l’uomo, tutto pur di far sparire quell’orribile espressione triste dal volto di Merlin «Posso farcela da solo».
Il biondo gli rivolse un’occhiata preoccupata: «Sei sicuro?»
Merlin annuì, anche se la sua mano cercò per un secondo quella del biondo, il quale capì l’antifona e gliela prese delicatamente nella sua. Aveva bisogno del suo supporto totale in quel momento e lui gliel’avrebbe dato. Avrebbe dato a Merlin qualunque cosa: protezione, amore, supporto. Tutto ciò che desiderava.
«Cosa vuoi?» chiese alzando lo sguardo verso l’uomo.
«Congratularmi con te, sei diventato un uomo» disse, poi rivolse uno sguardo dispregiativo ad Arthur e alle loro dita intrecciate «Beh, quasi».
«Prego?» chiese il moro spalancando gli occhi, Arthur strinse la presa sulla sua mano.
«Mi dispiace, non intendevo… volevo solo conoscerti» disse in fretta, guardandolo liquidando in fretta la gaffe appena fatta «Ho sbagliato a lasciare tua madre, ad abbandonare te. Vorrei solo avere la possibilità di rimediare».
«E come? Venendo qui a giudicare la mia relazione?» chiese guardandolo negli occhi «Io non ti conosco. Non ho mai avuto un padre. E se è un omofobo preferisco continuare a non averlo» disse alzando il mento con sfida «Sono fiero di avere il cognome di mia madre e di non avere il tuo».
L’uomo abbassò il capo, sconfitto e sospirò «Beh, volevo che tu sapessi che sono fiero di te. Sei stato bravo e non vedo l’ora di vedere i tuoi film» disse, poi gli strinse la mano, quella libera dalla stretta di Arthur e se ne andò immediatamente con lo sguardo chino e le spalle curve. Merlin si sedette spossato accanto al biondo, che gli avvolse un braccio attorno ai fianchi e lo strinse dandogli un bacio sulla tempia.
«Sai, non mi piace quel tipo» disse storcendo il naso, Merlin lo guardò perplesso, neanche a lui era piaciuto e soprattutto non sopportava l’idea che fosse andato lì a rovinargli il suo giorno perfetto, perché era tornato? «Ma so anche che hai sofferto per la separazione dei tuoi e hai sofferto vivendo senza un padre» Merlin aprì la bocca per ribattere «Aspetta, fammi finire» lo bloccò per poi continuare: «So cosa significa soffrire per l’assenza di un genitore, Merlin, se mia madre entrasse da quella porta, sarei la persona più felice di questo universo» ammise «Ma mia madre non tornerà, tuo padre invece è vivo, hai una seconda chance con lui; so che è difficile, ma non sprecare la tua seconda occasione, coglila».
«Che dovrei fare? Andare da lui e perdonarlo?» il biondo scosse la testa «E allora cosa?»
«Offrigli una birra. Non oggi, non domani, quando sarai pronto. Dagli una possibilità e ascolta ciò che ha da dire» disse sorridendogli «Se poi fa lo stronzo, gli darò un pugno sul naso. Ma provaci, tesoro, non hai niente da perdere».
Merlin guardò prima Arthur, poi l’uomo che era ancora fuori dal locale e baciò la guancia del suo ragazzo, mormorando un dolce grazie. Afferrò una penna e scarabocchiò qualcosa su un tovagliolino. Poi si alzò e corse fuori.
«Aspetta!» esclamò. Balinor si voltò verso di lui, con aria interrogativa; Merlin gli porse il foglietto «Questo è il mio numero» disse con un mezzo sorriso «Chiamami. Magari una sera prendiamo una birra insieme, se ti va».
Vide lo sguardo dell’uomo illuminarsi e accettare il foglietto tra le dita come se fosse stato un tesoro, lo guardò commosso e sorrise: «Grazie, Merlin».
«Allora ci vediamo» l’uomo annuì e gli fece un gesto di saluto, poi il ragazzo si infilò di nuovo nel locale e raggiunse Arthur baciandolo con passione. Era grato ogni giorno di averlo al suo fianco, soprattutto in momenti difficili come quello, il biondo sapeva sempre quali corde del suo cuore toccare per fargli fare la cosa giusta. Era ancora turbato e scosso dall’incontro, aveva solo un vago ricordo di quell’uomo, era scomparso quando lui era piccolo… ma forse aveva ragione Arthur, forse doveva concedersi del tempo e poi provare ad ascoltarlo. In fondo tutti meritavano una seconda chance.
 
Anche se non lo voleva ammettere ad alta voce, l’incontro di quel pomeriggio lo aveva turbato, aveva parlato della cosa solo con sua madre, che aveva ammesso mortificata di aver detto lei a Balinor dove trovarlo, quando l’aveva chiamata per farsi aiutare a contattare Merlin. E questo aveva lasciato ancora più turbato Merlin, che era rimasto in disparte per la maggior parte della serata a rimuginare, ignorando gli invitati. Arthur gli aveva chiesto più volte se avesse voglia di parlare, ma lui lo aveva mandato via, voleva stare da solo e riflettere bene. Era turbato e non sapeva cosa fare, gli aveva dato il numero, ma poteva anche non rispondere a qualunque telefonata da un numero sconosciuto, no?
«Cazzo!» esclamò tirando un pugno nel muro del bagno, dove si era rifugiato per sfuggire alle pressanti domande dei suoi familiari e degli amici. La porta si aprì di scatto e vide Arthur davanti a sé con le braccia conserte al petto, grugnì vedendolo. Era anche colpa sua, lo aveva incoraggiato a parlare con quel tizio.
«Che diavolo ti sta succedendo?» chiese il biondo «Ci sono cinquanta persone di là per te. Che vogliono festeggiare te. E tu te ne stai in uno schifoso bagno a farti male» disse borbottando «Fammi vedere quella mano».
«Cosa vuoi? Torna di là».
«La smetti di essere odioso? Cosa ti ho fatto?» chiese Arthur inginocchiandosi davanti a lui e prendendogli la mano tra le sue, per constatare che non si fosse fatto male.
«Mi hai convinto a mettermi in contatto col bastardo!» esclamò «Quell’uomo ha rovinato la vita di mia madre, mi ha abbandonato…»
«Lo so» disse il biondo dandogli un bacio sulle nocche sbucciate «Sei arrabbiato, lo capisco. Tua madre ha detto a quell’uomo dove trovarti e io ti ho suggerito di parlargli» affermò alzando lo sguardo su di lui «Guarda, non devi fingere di amarlo o di volergli bene. Non sei costretto ad incontrarlo, sei libero anche di ignorarlo. Ma è davvero questo che vuoi? Dentro di te, vuoi odiare quest’uomo senza neanche ascoltare le sue motivazioni?» chiese «Se è tornato dopo tutti questi anni, penso che sia pentito».
«Tu dici?» Arthur scrollò le spalle «Non lo so, mi ha scioccato e sono così nervoso…»
«Forse per il nervoso posso aiutarti io» mormorò con tono malizioso il biondo, sorridendo dalla sua posizione «Sono nella posizione perfetta per…» Merlin ritrasse velocemente la mano dalla presa di Arthur e lo guardò scioccato, arrossendo come un verginello al primo bacio.
«Sei un porco, pervertito!» esclamò indignato, scoppiando a ridere subito dopo. Arthur si alzò lentamente dal pavimento, pulendosi i pantaloni e sorrise soddisfatto.
«Beh, almeno ti ho fatto ridere».
Merlin sorrise alzando lo sguardo su di lui e lo ringraziò baciandolo con dolcezza. Era davvero fortunato ad averlo nella sua vita: «Santo cielo, come farei senza di te?»
«Non faresti» rispose velocemente il biondo schioccandogli un altro bacio sulle labbra «Ora forza, torniamo di là che altrimenti pensano davvero che stiamo scopando qui dentro». Il moro lo guardò di nuovo scioccato e lo spintonò giocosamente, scuotendo la testa divertito. Il suo ragazzo era un vero idiota, un vero e proprio idiota, ma lo amava e si disse che il biondo aveva ragione, non doveva farsi rovinare la serata dall’incontro e poi aveva anche altri piani da rispettare, che prevedevano quell’asino come protagonista.
Ritornarono pochi minuti dopo alla festa e Arthur scambiò un’occhiata d’intesa con Hunith, la quale lo ringraziò per aver sostenuto Merlin in quel momento difficile. Se la donna pensava che fosse il figlio quello fortunato, si sbagliava di grosso. Era Arthur ad essere fortunato. E quella sera, quando vide tutte quelle persone riunite per festeggiare Merlin, si rese conto di essere il più fortunato, perché Merlin era suo.
Sebbene lui lo desiderasse, non convivevano ancora, perché Merlin era ansioso e voleva aspettare di essere pronti per fare quel passo, anche se da quando Aithusa aveva partorito i cuccioli, due maschietti e una femmina – poco meno di due mesi prima – Excalibur aveva preso sul serio il suo ruolo di maschio della situazione e si aggirava con fare protettivo intorno alla cagnolina e ai suoi cuccioli sorvegliando la situazione, soprattutto quando Merlin non era in casa. Arthur passava più tempo in casa del compagno che nella propria, spesso si era ritrovato a fare lui da dogsitter ai cani, soprattutto nei giorni antecedenti alla laurea, quando Merlin era in ritiro ascetico per ripetere le cose che sembrava non ricordare – ma se Arthur aveva imparato a memoria la sua tesi, era sicuro che Merlin non corresse alcun pericolo – il biondo si era ritrovato quasi costretto a traslocare momentaneamente nell’appartamento del compagno per aiutarlo e aveva cercato di lavorare anche lì, perché ormai non mancava molto alla fine del suo libro. Aveva pubblicato alcuni racconti brevi sul suo blog e il suo editore era stato felice di sapere che mancasse poco alla fine del secondo romanzo. La convivenza era durata solo una settimana, ma Arthur era sicuro di desiderare esattamente quello: lui che tentava (senza successo) di preparare la cena e finiva per ordinare la cena a domicilio, Merlin che rideva delle sue disavventure culinarie (non era colpa sua se la pentola si era carbonizzata, si era distratto un solo secondo – giusto il tempo di sistemare un paio di frasi, lo giuro! – ed era successo il finimondo) lui che scriveva seduto sul divano e si prendeva cura dei cuccioli, mentre Merlin chiuso nella sua stanza studiava; Arthur ricordava con particolare tenerezza una delle sere in cui lo aveva trovato addormentato sulla scrivania e il volto appoggiato su una pagina della tesi, lo aveva preso delicatamente tra le braccia e lo aveva messo sul letto tirandogli le coperte addosso. In una settimana non era mai successo, ma era certo di desiderare anche le incomprensioni e i piccoli litigi che sicuramente ci sarebbero stati, desiderava tutto quello e sperava che un po’ lo desiderasse anche Merlin. A cosa serviva aspettare? Okay, non era il compagno perfetto, a volte era insopportabile, lo ammetteva e non era in grado di cucinare senza creare disastri, ma sapeva essere premuroso e rispettoso e soprattutto amava Merlin. Ma rispettava le idee del suo compagno e non voleva affatto imporgli le sue, era sostenitore del principio che in una coppia andassero rispettate le idee di entrambi i partner.
«Ehi» Merlin lo raggiunse improvvisamente, abbracciandolo da dietro «Grazie per prima... e grazie per essere venuto, so che le feste non sono il tuo genere» disse il moro «Non credevo che mia madre invitasse tutta questa gente, sinceramente».
Arthur si girò verso di lui e gli mise le mani sui fianchi, stringendolo dolcemente contro il suo corpo «Per te, posso fare qualunque cosa» affermò il ragazzo «E poi è il tuo grande giorno, era ovvio che tua madre invitasse tutte le persone che conosce» ridacchiò «È fiera di te, goditi la serata e non pensare ad altro».
«Tu devi smetterla di essere così perfetto, okay?» borbottò Merlin, poi sorrise e gli mise le mani sulle spalle, avvicinò i loro volti e gli diede un leggero bacio sulle labbra: «Ah, dopo vorrei parlarti» disse in un sussurro a poca distanza dalla sua bocca.
«O-Okay» mormorò Arthur, stava per aggiungere qualcosa, ma uno degli amici di Merlin lo chiamò a gran voce per festeggiare insieme a lui e fare delle foto «Vai adesso, i tuoi amici ti aspettano per festeggiare».
Il moro rise e lo baciò ancora una volta: «Non eclissarti, voglio una foto anche con te, dopo».
«Tutto quello che desideri» promise, ma non riuscì ad ignorare il sentore negativo. Doveva parlargli, in una coppia quelle parole non erano mai sinonimo di positività. Dopo un altro fugace bacio, Merlin raggiunse i suoi amici e Arthur lo osservò, sorrideva e risplendeva di luce propria, sapeva di essere incredibilmente fortunato ad averlo accanto ed era certo che gli sarebbe andata bene qualunque sua decisione, sperava solo che non avesse intenzione di lasciarlo.
La festa proseguì senza intoppi, molti degli amici di Merlin avevano chiacchierato con Arthur, raccontandogli aneddoti buffi sul moro, ma ogni storia che ascoltava, aveva solo il potere di renderlo più adorabile ai suoi occhi. Tutti stavano andando via e pian piano il locale si svuotava, lasciandoli soli.
«Arthur, vorrei parlarti di una cosa» disse Merlin ad un certo punto e il biondo sentì di nuovo il mondo precipitare sotto ai piedi.
«Okay…» rispose Arthur, cercando di trattenere l’ansia e la preoccupazione che lo stavano divorando da dentro, aveva accantonato un po' la preoccupazione, ma adesso... «Devo sedermi? Devo preoccuparmi?» chiese, senza riuscire a trattenersi.
«No, non credo almeno».
«Parla dai» mi stai facendo morire d’ansia.
«Nell’ultimo periodo… tu mi sei stato accanto senza che io te lo chiedessi, sei rimasto da me per aiutarmi con i cuccioli, con Aithusa e so che spesso mi hai spostato quando mi addormentavo sul tavolo» Arthur sorrise, ricordando quei giorni in cui avevano vissuto insieme, ma la preoccupazione non lasciò il suo cuore «Ecco, io…» Merlin mise una mano in tasca e la tirò fuori subito dopo con il pugno chiuso «Ecco, io…» ripeté a disagio «Vorrei darti questa» riuscì a dire, mettendo nel palmo della mano del biondo una chiave «È la chiave del mio appartamento» disse piano «Ma… insomma, potremmo anche cercare una casa nostra, più grande… i cuccioli avranno bisogno di spazio e mi chiedevo se tu…»
«Sì» rispose Arthur, abbracciandolo di slancio, stringendoselo contro con forza «Sì, sì».
«Arthur…» Merlin lasciò scivolare le braccia dietro alla sua schiena, ricambiando l’abbraccio con forza «Davvero?»
«Sì, davvero. Voglio vivere con te. E cercare una bella villetta per tutti noi con un bel giardino».
Pochi istanti dopo, Merlin lo baciò stringendo le braccia attorno al suo collo e Arthur, stringendolo per i fianchi, lo sollevò da terra ricambiando il bacio con la stessa passione.
 
Già dal giorno dopo, Arthur cominciò a restare la notte a casa di Merlin e qualche giorno dopo, tornando da un incontro con il suo editore, a cui aveva appena consegnato il manoscritto del suo secondo romanzo, passò davanti ad una villetta in vendita: aveva un bel giardino spazioso adatto ai loro cuccioli, era tutta bianca e sembrava uscita direttamente da un film. Se ne innamorò a prima vista e immediatamente salvò sul cellulare il numero di telefono indicato sul cartello; sorrise pensando già di fare una sorpresa a Merlin. In quel periodo era molto impegnato, stava lavorando ad un progetto con il suo compagno di corso che si era laureato con lui: un cortometraggio che aveva come protagonisti i cuccioli del ritrovo per animali che aiutava come volontario, per fare pubblicità e cercare di far adottare quanti più cuccioli possibili. Arthur era fiero del lavoro del suo fidanzato, perché lo aveva aiutato a scrivere la sceneggiatura e gli aveva fatto il caffè quando ne aveva avuto bisogno. Quindi sperava che una sorpresa potesse sollevargli un po’ l’umore e che accettasse di comprare quella casa con lui. Contattò l’agenzia che si occupava della vendita e fissò un appuntamento per il pomeriggio seguente, era sabato e sapeva che Merlin sarebbe stato libero, perché gli aveva detto di voler dormire come un ghiro per tutto il weekend. E quella sera gli avrebbe fatto la sua proposta, aveva già organizzato una piccola cosa per lui…
«Ehi, amore» lo salutò il moro entrando in casa quella sera, lasciandosi cadere sul divano vicino a lui «Che bello trovarti qui quando torno» mormorò accucciandosi contro il suo petto «Oggi è stato così stressante…»
«Faticoso fare il regista?» domandò pizzicandogli un fianco «Per fortuna hai un compagno che ti prepara la cena…»
Lo sguardo terrorizzato di Merlin sul suo volto, dopo la sua frase, lo fece ridere come un matto: «Non hai cucinato tu, vero? L’ultima volta hai bruciato tutto ed era salatissimo» disse con voce supplichevole «Lo so che vuoi fare cose carine per me, ma la cucina…»
«Cretino» borbottò indignato il biondo, incrociando le braccia al petto «Ho fatto un salto al tuo ristorante etnico preferito e ti ho preso un po’ di quella roba super speziata per cui vai matto».
Merlin sorrise stringendogli le braccia attorno al collo e gli diede un bacio sulle labbra con dolcezza «Aw, sono il ragazzo più fortunato del mondo ad averti con me» mormorò sbaciucchiandogli il viso.
«Ah sì? Mi stavi insultando fino a due minuti fa» ribatté contrariato Arthur, fingendosi offeso. Merlin ridacchiò e scosse la testa divertito.
«Beh, amore, non sai cucinare è un dato di fatto» affermò il moro.
«Avevo dimenticato che vivo con uno chef stellato, pft».
«Sei adorabile quando ti indigni in questo modo» disse dandogli un bacio sulla punta del naso «E comunque io a differenza di qualcuno so cucinare» affermò indispettito, poi scattò in piedi e corse in cucina, dove Arthur aveva già apparecchiato in modo perfetto, usando anche le candele che rendevano tutto più romantico e al posto che di solito occupava Merlin c’era un bel mazzo di fiori. Il ragazzo restò a bocca aperta, guardando quanto aveva davanti, si voltò verso il biondo, che lo aveva appena raggiunto e lo guardò con gli occhi sgranati.
«Fiori, candele e la mia cena preferita… devi farti perdonare qualcosa, Pendragon?» chiese con tono scettico il moro, alzando lo sguardo sul biondo, che si morse la lingua per non svelare subito tutto ciò che aveva progettato.
«No, affatto» rispose quasi risentito dei suoi sospetti «Non posso fare una cosa carina per il mio fidanzato?»
«Amo che tu sia così permaloso, asino» disse il moro sorridendo sornione, sedendosi al suo posto e prendendo i fiori tra le mani per annusarli «Ma conoscendoti, direi che hai qualcosa in mente» affermò guardandolo in modo indagatorio.
«Qualcosa c’è, uhm, domani dovresti venire con me in un posto. Non fare domande. Domani saprai tutto».
«Quanto mistero…» mormorò il moro, sorridendo «Okay, mi fido. Domani con te».
Arthur sorrise ed entrambi si sedettero a tavola per cenare in tranquillità, anche se dentro di sé il biondo un po’ era spaventato rispetto a quello che stava per accadere, sperava solo che la casa piacesse anche a Merlin e che potessero trasferirsi lì il più presto possibile, perché non vedeva l’ora di cominciare la sua nuova vita con il moro. Lo amava così profondamente da non riuscire ad aspettare, era così strano essere così felice con una persona, così coinvolti e così maledettamente innamorati. Prima di Merlin non conosceva l’amore, prima di lui aveva vissuto una vita a metà, adesso era completo, aveva trovato il pezzo mancante di sé.
Cenarono in tutta tranquillità, consumando la cena che Arthur aveva preparato (comprato) per Merlin, che gli sorrideva riconoscente e lo elogiava come miglior fidanzato del mondo. Lo avrebbe pensato anche il giorno seguente? Quando gli avrebbe mostrato la casa che aveva visto e che gli aveva fatto pensare a loro due? Lo sperava vivamente.
 
La mattina dopo, Arthur si svegliò con un braccio abbandonato oltre il corpo del suo compagno e sorrise istintivamente, adorava risvegliarsi con lui la mattina, sentire il suo dolce profumo che gli inebriava i sensi durante le ore del sonno e adorava poterlo tenere a portata di bacio. Posò un delicato bacio sul collo del moro e uno sulla sua guancia, attento a non svegliarlo, e restò a contemplarlo sorridendo. Era bellissimo ed era suo. Arthur non riusciva a capacitarsi, era così fortunato ad averlo, oltre all’aspetto fisico, Merlin era anche una persona fantastica e lo faceva innamorare di lui ogni volta che sorrideva o parlava. Fin da quando lo aveva conosciuto, aveva sperato che tra loro potesse nascere qualcosa e in poco meno di un anno, eccoli lì, ad un passo dal convivere con una cucciolata come famiglia. Quando Merlin gli aveva donato la chiave del suo appartamento, Arthur si era sentito in obbligo di fare la stessa cosa, entrambi erano stati consapevoli che la loro relazione stava arrivando ad un altro livello. Un livello che avrebbe portato sicuramente alla loro felicità comune.
E quel giorno stavano per fare un enorme passo entrambi. Stavano per andare a vedere una casa che Arthur aveva pensato fosse perfetta per loro e sperava che Merlin fosse d’accordo, altrimenti ne avrebbero cercata un’altra, e poi un’altra ancora fino a trovarla. Da qualche parte c’era la casa perfetta per tutti e due.
Fischiettando, iniziò a preparare la colazione per il suo amato: mentre sistemava le fette di pane nel tostapane, mise l’acqua a bollire per il tè e attivò la macchinetta del caffè, sentiva dentro di sé una strana euforia, uno strano sentimento di completezza e di felicità. Non si accorse di Merlin alle sue spalle che, dopo essersi svegliato, lo stava osservando dalla porta sghignazzando tra sé e sé.
«Sei stranamente di buon umore stamattina» disse il moro facendolo sobbalzare, Arthur si voltò verso di lui con un sorriso enorme sul volto e scrollò le spalle «Di solito sei un orso intrattabile la mattina e devo portarti il caffè e farti le coccole per farti sorridere» disse ancora avvicinandosi e abbracciandolo, nascondendo il viso contro la sua spalla «Quindi dimmi perché sei così felice oggi».
Arthur si beò del calore dato dai loro corpi uniti e sospirò felice: «Non posso dirtelo, è una sorpresa».
«Sai che so convincerti a parlare, vero?» chiese il moro strusciando il naso contro il suo collo «Andiamo, Arthur…» posò un delicato bacio sotto la sua mandibola, il biondo chiuse gli occhi per una frazione di secondo, pensando che il suo ragazzo era davvero subdolo a volte. Merlin continuò, ma dovette fermarsi all’improvviso, a causa di una terribile puzza di bruciato che si estese per tutta la cucina.
«Cazzo, i toast!» esclamò il biondo svincolandosi dalla sua presa, raggiungendo il tostapane ed estraendo le fette di pane carbonizzate da esso, emise un singulto disperato «Che disastro…»
Merlin rise raggiungendolo e lo fece spostare gentilmente: «Che ne dici se ti faccio i pancake?» chiese afferrando tutti gli ingredienti, sorridendo in maniera complice al suo compagno. Arthur si sedette su una sedia della cucina con fare sconsolato e sospirò. Sapeva di essere un disastro patentato, pur vivendo da solo da anni non aveva mai imparato a cucinare decentemente, ma era felice che il suo compagno fosse l’opposto di lui.
«Sei incredibile» rispose il biondo, mentre lo vedeva scivolare tra i fornelli, allegro e spensierato.
«Dai tu le crocchette ad Aithusa e a Excalibur?» chiese sorridendo «Non farai esplodere le ciotole, mi auguro!»
«Ma sentilo» brontolò raggiungendo le buste del cibo per cani che avevano sistemato su un ripiano della cucina «Io gli faccio i complimenti e lui mi prende in giro» si lamentò, Merlin sghignazzò e iniziò a preparare lui la colazione, sorridendo tra sé e sé pensando che in fondo Arthur aveva avuto un bel pensiero, anche se poi era naufragato in toast bruciati e acqua per il tè evaporata (e questo non gliel’aveva detto).
«Brontolone» mormorò dandogli un bacio sulla guancia, quando gli mise davanti i pancake caldi. Il sorriso che gli restituì il biondo scaldò il suo cuore e si disse che qualunque cosa avesse in mente il suo ragazzo per quella giornata, di sicuro gli sarebbe piaciuta. Ma non si aspettava quanto. Quando Arthur lo portò in un quartiere residenziale di Londra e gli indicò la villetta, rimase a bocca aperta. Quando gli disse Se vorrai sarà la nostra nuova casa, quasi aveva pianto. E quando la vide dall’interno, se ne innamorò. Era su due piani: al piano di sotto c’erano due piccole stanze che potevano essere adattate a due studi, un unico ambiente che comprendeva salone e cucina, al piano di sopra due camere da letto e un ampio bagno e il giardino sul retro era magnifico. Non era arredata, aveva bisogno di qualche lavoro di ristrutturazione, ma era perfetta per loro. L’agente immobiliare iniziò a spiegare a loro tutte le funzionalità della casa, che il punto era strategico e che era perfetta per ospitare cani e bambini, Merlin si ritrovò a sorridere come un ebete pensando a dei piccoli marmocchi che correvano per la casa, inseguiti dai cuccioli di Aithusa ed Excalibur. E se non si era lasciato convincere dalla casa – che l’aveva conquistato – quell’immagine nella sua testa gli diede il colpo di grazia. Quella era la casa perfetta per loro, lo sapeva. Senza pensarci su due volte accettò e quando vide il sorriso luminoso di Arthur, capì di aver preso la decisione giusta.
Circa una settimana dopo, firmarono il contratto d’acquisto alla presenza di un notaio. Qualche giorno dopo furono avviati i lavori di ristrutturazione, grazie ad un conoscente di Uther.
Un mese dopo traslocarono ed ebbero la notizia che il secondo libro di Arthur era diventato ufficialmente un best-seller, i due amanti festeggiarono la notizia nella loro nuova casa, mangiando cibo d’asporto seduti sul tappeto del grande salone dove avevano fatto installare un bellissimo camino. La loro nuova vita stava iniziando e tutto sembrava procedere per il meglio.
Quando finirono di arredare e di sistemare ogni singola cosa, invitarono a cena le loro famiglie per inaugurare la casa. La prima cena nella casa Emrys-Pendragon fu un caos, c’erano tutti: Morgana e il suo californiano, Hunith, Uther e Balinor. Merlin aveva instaurato un rapporto civile con il padre, anche se non lo chiamava papà, si vedevano almeno una volta a settimana per una birra e delle chiacchiere, Hunith era felice di questo. Tutti i presenti si innamorarono dei piccoli cuccioli e l’inaugurazione della nuova casa fu un successo. In quella casa, qualche tempo dopo, festeggiarono il loro primo anniversario.
 
§§§
 
«Che fai, amore?» chiese Arthur posando un bacio tra i capelli del suo compagno, prima di appoggiargli una tazza di caffè bollente sulla scrivania. Merlin non smetteva di ticchettare su quel computer, ormai erano giorni che se ne stava nel suo studio a lavorare a qualcosa di misterioso. Ad Arthur non era permesso entrarci a meno che non dovesse portargli il caffè, il tè o qualche spuntino. E Arthur era un tipo piuttosto curioso, quindi gli era difficile cercare di non indagare, ma rispettava la privacy del suo compagno, tutte le volte che aveva lavorato a qualcosa, era sempre stato strabiliante, non a caso aveva iniziato a lavorare con la BBC, e sarebbe stato fantastico anche quella volta ne era certo.
«Lavoro a un progetto» disse alzando lo sguardo verso di lui e sorridendogli in modo caloroso «Se viene bene, te lo faccio leggere».
«Una sceneggiatura…?»
Merlin annuì «Un adattamento».
«Sono sicuro che farai un ottimo lavoro, amore».
«Lo spero. È una sorpresa per te» disse, poi si allungò verso di lui e gli posò un delicato bacio sulle labbra «Ho già detto troppo. Lasciami lavorare in pace, per favore». Il biondo alzò le mani e si allontanò da lui sorridendo. Ritornò nel salotto, dove i cuccioli avevano preso possesso del divano e del tappeto, si lasciò andare su una poltrona e malinconicamente accarezzò il suo Excalibur che si era acciambellato sui suoi piedi. Sospirò e scivolò sul pavimento, anche i piccoli cuccioli di beagle lo raggiunsero, lui li prese uno alla volta in braccio, accarezzandoli delicatamente.
«Meno male che ci siete voi» disse melodrammaticamente «Il mio fidanzato è così preso dal suo lavoro di grande sceneggiatore e regista, che ormai non pensa più a me…» disse con fare malinconico, sorridendo tra sé e sé per quanto fosse patetico. Il piccolo tra le sue braccia guaì e Arthur ridacchiò accarezzandolo. Si ritrovò a pensare che un anno e mezzo prima non avrebbe mai immaginato di mettere su famiglia in quel modo, non aveva mai pensato che il suo cane potesse accoppiarsi e lui potesse tenere i cuccioli o di trasferirsi in una villa del genere per avere più spazio. Da quando aveva incontrato Merlin la sua vita era diversa, come non l’aveva mai immaginata, quel ragazzo gli aveva cambiato la vita, l’aveva resa più bella, più colorata, più divertente. Lo aveva trascinato al cinema più volte di quante lui non ci fosse mai andato in vita sua – Arthur non era particolarmente amante del cinema, preferiva la lettura di un buon libro, anche se non disdegnava le serie tv – e gli era stato accanto nei momenti più difficili. Morgana durante una delle loro telefonate notturne aveva azzardato a dire che un giorno Arthur gli avrebbe chiesto di sposarlo e la cosa tragica era che lui le aveva dato ragione. Non riusciva a pensare la sua vita senza quel ragazzo che in così poco tempo aveva fatto breccia nel suo cuore e gli aveva cambiato la vita.
E ogni volta che pensava a lui, riusciva facilmente a scrivere, a trovare le parole adatte per dire le cose che aveva in mente, era la sua musa ispiratrice e non ne aveva mai fatto un segreto. La presenza di Merlin era in grado di solleticare la sua fantasia, non sapeva come fosse possibile, eppure era successo. Il suo secondo romanzo era stato un successo, secondo il suo editore, e prima che il moro arrivasse nella sua vita, Arthur era bloccato in un’impasse senza via d’uscita, credeva di non essere più in grado di scrivere come voleva, poi era arrivato lui e le parole erano uscite da sole con naturalezza, come avevano sempre fatto fin da quando aveva iniziato a scrivere. Si ritrovò a sorridere come un idiota, seduto sul pavimento circondato dai loro cani, reclinò leggermente la testa sulla poltrona dietro di lui e chiuse gli occhi per un secondo, ma si appisolò, fino a che non fu abbagliato da un flash.
«Mi hai fatto una foto?» chiese con voce strascicata, senza aprire gli occhi, conoscendo già il colpevole.
«Sì. Scusa, ma questa è la cosa più bella che abbia mai visto» disse, raggiungendolo e sedendosi accanto a lui «Sono uscito dallo studio e ti ho visto qui con loro e dovevo immortalare il momento. Sei bellissimo…»
Arthur gli appoggiò una mano sulla guancia e sorrise dolcemente «Mai quanto te, amore». Merlin gli diede un bacio a stampo sulle labbra, un tocco dolce e delicato.
«Scusa se ti sto trascurando. Vedrai che ne varrà la pena».
«Lo spero per te» borbottò il biondo. Merlin appoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse anche lui gli occhi, godendosi la vicinanza dell'amato e il calore dei loro amici pelosi.
 
I giorni passavano lenti ed inesorabili, Merlin continuava a lavorare e nel frattempo il compleanno di Arthur si avvicinava. Non era agitato o in fermentazione, il suo compleanno era solo un giorno come un altro, il giorno che indicava quanto era invecchiato, niente di più; Merlin era il suo opposto, lui adorava le feste, soprattutto quelle di compleanno. Ma era così impegnato a lavorare, che Arthur era certo che si sarebbe dimenticato e lui sarebbe stato salvo. Sul serio, preferiva una giornata a casa accoccolato vicino al suo ragazzo – anche a guardare un film o una serie – piuttosto che festeggiare. Si aspettava i soliti biglietti d’auguri, sperava in una giornata tranquilla e soprattutto desiderava che Merlin uscisse da quel maledetto studio. Ormai ci stava rinchiuso da mesi. Sbuffò.
La mattina del suo compleanno si svegliò di malumore, Merlin non era accanto a lui e non gli aveva lasciato neanche un bigliettino, non l’aveva neanche salutato. Sospirò rassegnandosi, in fondo, lui era l’orso grizzly che aveva detto di non aver voglia di festeggiare, che si aspettava? Palloncini e festoni? Sbuffò alzandosi e si diresse in cucina. Una tazza sporca dimenticata sul lavabo e un piatto con residui dei toast che gli aveva portato la sera prima in camera. Brontolò qualcosa gettando tutto nel lavabo e si sedette sentendosi mortalmente triste. Perché ci restava così male? Era stato lui a dire a Merlin di non volere nulla, che si aspettava che non lo prendesse in parola? Okay, un po’ ci era rimasto male, ma almeno un bigliettino, un bacino, qualcosa. No, invece, il nulla. Sconsolato, si disse che era un atteggiamento troppo infantile e si affrettò a prepararsi una tazza di latte e cereali, tentò di consumarla, sentendo lo stomaco contratto e sospirò amaramente, scostandola da sé. Neanche gli piacevano i cereali.
«Ehi!» la voce di Merlin lo raggiunse subito dopo aver sentito la porta di casa aprirsi «Sei già sveglio? Maledizione!»
«Ciao Merlin» lo salutò mestamente il biondo, sebbene fosse triste, il suo viso si illuminò quando vide Merlin entrare in cucina, appoggiare un pacco su una sedia – a cui non fece molto caso – e sorridergli in quel modo che gli faceva sempre battere il cuore.
«Ho portato le brioches calde!» esclamò il moro pimpante «Hai già fatto colazione?»
«Ci provavo» disse indicando la tazza abbandonata «Non mi piacciono i cereali» si lamentò, il suo tono ricordava vagamente quello di un bambino offeso e il moro ridacchiò dandogli un dolce bacio sulla guancia.
«Lo so, tu hai bisogno di zuccheri per poter fare il tuo lavoro» ridacchiò, togliendo quella triste pappetta dal tavolo; prese dei tovaglioli e gli passò la sua brioche «Scusa, pensavo di fare prima, ma sono andato a ritirare il tuo regalo e ho fatto tardi» affermò rammaricato «Buon compleanno, amore» sussurrò baciandolo a stampo .
«Grazie» rispose e poi: «Il mio regalo?» il volto di Arthur si illuminò di gioia, allora non si era dimenticato del suo compleanno! Improvvisamente la sua giornata migliorò e si raddrizzò sulla sedia, afferrando la brioche che il fidanzato gli stava porgendo.
«Certo, ci lavoro da mesi ormai» disse, solo in quel momento si accorse dell’enorme tomo impacchettato appoggiato sulla sedia.
«Mi hai regalato un libro?» chiese inarcando un sopracciglio «Spero per te che sia bello, lo sai che sono molto critico sulle cose che leggo» affermò addentando la brioche e studiando il volto del moro. Sembrava teso e in ansia, ma non sapeva per cosa. Poi Merlin gli passò il pacco mordendosi le labbra.
«Tu leggilo e poi dimmi».
Arthur prese un profondo sospiro e aprì il regalo, le mani gli tremavano leggermente per l’emozione; poi lo vide, lì nero su bianco: Excalibur, scritto da Merlin Emrys, basato sul romanzo “La spada nella roccia” di Arthur Pendragon.
«C-Cosa?» balbettò il biondo «È quello che penso…?»
Merlin annuì «Sai che ultimamente ho iniziato a lavorare con la BBC, no?» chiese titubante, Arthur annuì incapace di fare altro «Beh, uno dei capi ama il tuo libro. Ha detto che sarebbe stato entusiasta di produrre qualcosa basato su quello. Allora ho iniziato a pensare alla sceneggiatura di un film sul tuo romanzo» raccontò il moro «Così ho contattato il tuo editore che ha adorato l’iniziativa, ma ha anche detto che ci sarebbe voluto il tuo permesso e che avevi rifiutato altre proposte» spiegò il ragazzo sorridendo «Allora ho pensato di farti una sorpresa. Ho preso tempo, ho detto che te ne avrei parlato io con calma, dopo averti fatto leggere come sarebbe stato, così ho lavorato giorno e notte a questo progetto» disse guardandolo negli occhi «Mi darai il permesso di farci un film dopo che l’avrai letto?»
«Tu sei pazzo. E io ti amo da morire» disse sorridendo dandogli un bacio a stampo «Certo che ti do il permesso, scemo».
«Non l’hai neanche letto».
«Beh, mi fido di te, so che non hai massacrato il mio libro come avevano fatto gli altri» spiegò sorridendo «Ma lo leggerò e avrò molto da ridire, sappilo» ci tenne a precisare «E ti prego, non trasformarlo in un musical».
«Te lo prometto» Arthur annuì, fidandosi delle sue parole e sorrise, sentendosi stranamente euforico «Allora, stiamo avviando una collaborazione? Voglio l’esclusiva, devo scrivere e dirigere io i film sui tuoi libri».
«Dovrai essere molto persuasivo, sono uno scrittore restio a queste cose» disse Arthur provocando il fidanzato.
«Ho i miei metodi» soffiò Merlin, avvicinandosi a lui e dandogli un bacio leggero sulle labbra, Arthur ridacchiò e scuotendo la testa divertito, lo baciò con passione stringendoselo contro e sospirando felice. Il miglior compleanno di tutta la sua vita. Quella mattina, si rese definitivamente conto che lui era la sua anima gemella e che doveva la sua felicità a quel birbante del suo adorato Excalibur.
 
§§§
 
«Merlin?»
«Mmh?»
«Penso che dovremmo sposarci».
 


______________


Hola people! 
Eccoci qui con l'ultimo capitolo! Come vedete, come promesso non c'è nessun dramma! Quelli li lascio per le storie successive *risata malefica*
Nota inutile: io amo i musical, ma Arthur li odia ahah e i titoli, rispettivamente, del film e del libro sono (ovviamente) i titoli di due episodi di Merlin (ovviamente LOL)
Beh, penso di poter dire che se avete bisogno di un medico per il diabete, pagherò tutte le spese mettetele sul mio conto (che non esiste, ma shhh) avrei dovuto pubblicare ieri, ma... you know, università e sessione estiva in avvicinamento sono un incubo e non perdonano. dovrei essere a studiare in questo momento, ma smettiamola di divagare. Eccoci qui, direi che è un e vissero tutti felici, contenti e pelosi possa funzionare qui LOL
Si ringrazia il web per le info sulla gravidanza e sul parto del cane (: Ho un maschio non me ne intendo di femmine e mi sono un po' documentata, ma non sono andata a fondo, quindi ho glissato su molte cose. 
Ovviamente Merlin dirà di sì, ma solo dopo esserselo fatto chiedere per bene. Arthur è così, un po' impulsivo e dice le cose senza pensare. E niente, spero che vi sia piaciuta e che vi sia piaciuto questo capitoletto! Arthur che brucia il pranzo "solo perché stava correggendo una frase" è un aneddoto veramente accaduto a me. Anche se io so cucinare, grazie tante, ma mi sono distratta 5 minuti e la roba che avevo sul fornello ha preso fuoco, booom, apocalisse. Se vi chiedete come sia sopravvissuto così a lungo vivendo da solo, beh: cibo d'asporto e cibi precotti (che fanno schifo, ma ho in mente questa cosa di Arthur e la cucina come due mondi opposti e non posso evitarmi di farlo essere incompetente ahahah)
Detto ciò, sono sorpresa dalle visualizzazioni di questa storia in poco meno di tre settimane ne ha avute tantissime e io sono tanto happy, grazie lettori silenziosi <3
Ma un grazie speciale va a chi ha seguito la storia e ha recensito ogni capitolo, lilyy, elfin emrys e peterpan76, grazie per avermi fatto sapere cosa ne pensavate e per aver speso un po' del vostro tempo a dirmelo, thank you <3
Questa storia sarà finita, ma ci sono un mucchio di cose nel cantiere del mio PC e presto arriveranno (università e seminari permettendo).
Intanto vi do appuntamento a questo weekend per una "piccola"(per modo di dire) shot che ho buttato giù in questi giorni, se avrete voglia e tempo di leggere ^^. Niente, vi ringrazio ancora per il sostegno e il supporto!
See you soon, people! 

 

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