Royal Hate

di criceto killer
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***
Capitolo 25: *** 25 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Il silenzio era calato nella sala da pranzo reale.

La luce soffusa dei candelabri appesi al soffitto illuminava le guance arrossate di tutti gli ospiti ormai ebbri.

Qualcuno era rimasto con il braccio alzato, un morso mancato al pollo portato alle labbra, una serva continuava a versare vino in un calice ormai strabordante. 

A Death la scena appariva appannata, non un suono aleggiava nell'aria, udiva solo il continuo battere del proprio cuore. 

Tutti lo stavano guardando, o meglio, guardavano il pugnale conficcato nel suo stomaco. 

Sentiva un sapore metallico in bocca ma la sua attenzione fu totalmente rapita da un movimento proveniente dalla sua destra. 

Improvvisamente tutti i presenti si ricordarono di essere ancora in vita.

-Guardie! Tu, chiama il dottore!-

Il Re sbraitava ordini a destra e a manca. 

Non era la prima volta che il Principe Death subiva un attentato, era così, d'altronde, la tipica vita di un erede di Sodrét, al compimento dei 17 anni iniziava il suo percorso per diventare Re, ma prima che li compiesse chiunque fosse riuscito ad ucciderlo avrebbe preso il suo posto. 

-Hey, Honey- 

Death riuscì a leggere una nota di orrore nella voce del padre, ma proprio non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi glaciali. 

Un ragazzo lo guardava accovacciato sul tavolo, in mano teneva un coltello, lo aveva salvato dal colpo di grazia parandoglisi davanti? Cercò di ricordare qualcosa su come avesse fatto, su cosa fosse esattamente successo ma i suoi pensieri erano bloccati, rapiti da quei due occhi, non aveva mai incontrato nessuno con un occhio dal colore diverso dall'altro. Per un certo verso lo trovò bizzarro, un occhio azzurro e uno marrone, una finestra nel cielo e una porta per la terra, per un altro verso lo trovò bellissimo. 

Il Principe perse i sensi poco dopo l'arrivo del dottore, un uomo di mezz'età fin troppo abituato a questo genere di esperienze. Le guardie trasportarono via il ragazzino, il suo viso era sempre più pallido ma aveva sopportato di peggio. 

Fu immobilizzato e il pugnale estratto. 

Il dolore gli fece spalancare gli occhi, il suo urlo riecheggiò per tutto il palazzo.

-La lingua, non fategli chiudere la bocca.- Il dottor Van De Meer gli sorrise cercando di spezzare il sentimento di angoscia che appesantiva la stanza, il rumore dei passi del Re riecheggivano nelle orecchie di tutte le guardie, era nervoso, non faceva che camminare avanti e indietro, quando si trattava di suo figlio era meglio non sbagliare. 

Death morse più forte che poté lo straccio che aveva infilato in bocca, non gli piaceva essere in balia di altre persone, odiava sentirsi debole e vulnerabile, odiava sentire le loro mani sporche di sangue e sudore trattenergli i polsi e le caviglie, odiava la presenza di suo padre, odiava il dottore e persino sé stesso. 

Vide il dottor Van De Meer passare l'ago sulla fiamma di una candela e poi sentì i punti uno ad uno.

Bastò un cenno del Re per far sgomberare l'intera camera, si passò una mano tremante tra i capelli nel vano tentativo di calmarsi. 

"Sta bene" si ripeté più volte tra sé e sé giocando coi ricci biondi madidi di sudore del figlio. 

Passò delicatamente una pezza bagnata sulla sua fronte, la ferita gli aveva fatto salire la febbre, avrebbe voluto assisterlo fino al suo risveglio, ma un Re ha tutto un regno di cui occuparsi. 



A Connor quel lavoro come assaggiatore si era presentato all'ultimo momento, un amico di sua madre lavorava a palazzo e, consapevole delle condizioni economiche in cui versava la famiglia del ragazzo, aveva deciso che sarebbe stato un bene se fosse riuscito a farlo inserire nella servitù reale. Il lavoro che avrebbe svolto sarebbe stato estremamente pericoloso, ad ogni boccone faticava a trattenere le lacrime mentre pregava che non fosse l'ultimo. Sapeva a cosa andava in contro eppure aveva accettato con entusiasmo, lì avrebbe potuto godere di almeno due pasti decenti al giorno, un tetto solido sulla testa e un po' di riposo per la madre la cui salute peggiorava di giorno in giorno. 

Gli sfuggì un sospiro di frustrazione, il Re non lo aveva quasi guardato eppure gli aveva ordinato di farsi trovare nel suo ufficio, forse avrebbe dovuto preoccuparsi della decisione che avrebbe preso riguardo la sua sorte ma era troppo nauseato da tutto quello sfarzo. Solo quella stanza era 5 volte più grande della sua casa, tutti i soffitti erano affrescati, qua e là comparivano i visi di grandi Dei, guerrieri e antichi antenati, l'oro che decorava i profili delle arcate e delle colonne lo infastidiva, sarebbe bastato rubarne un po' per sistemarsi a vita. Si asciugò il sudore delle mani sulla stoffa ruvida dei pantaloni reprimendo l'impulso di distruggere tutto. 

Si voltò di scatto quando la porta si aprì, un servo annunciò l'arrivo del Re e Connor, in preda al panico, si affrettò ad inginocchiarsi fino a sfiorare il pavimento di marmo con la fronte. 

-Mio Signore, ho fatto qualcosa di sbagliato?-

Re Logan si sedette sulla sua poltrona, aveva un'aria provata e uno sguardo infuriato. 

-No, affatto. Sei stato l'unico a fare qualcosa di giusto tra quella mandria di incompetenti! Presentati.- 

Connor alzò lo sguardo stupito, potè vederlo massaggiarsi le tempie; mentre per lui quello era il momento più importante della sua vita, per Logan era semplicemente una rottura di scatole.

-Mi chiamo Connor, vivo al sud del regno, ho avuto questo lavoro, sa come assaggiatore, solo per questa sera, quello prima è..- si zittì mordendosi il labbro, "quello prima è morto perché l'intero regno sta cercando di uccidere suo figlio" era meglio ometterlo.

Logan si fece versare del vino e con occhi glaciali gli diede il permesso di alzarsi così da poterlo squadrare o, forse, per vedere la faccia che avrebbe fatto al sentire la sua proposta. 

-Se ti assumessi a tempo pieno per stare 24 ore su 24 con il principino? Ti pagherei bene ma sia chiaro, altrettanto bene ti punirei dovesse capitargli qualcosa.-

Il pensiero di Connor viaggiò a sua madre, era una donna molto giovane e attraente ma altrettanto stanca e debole, quando era più piccolo faceva molti lavori per racimolare quei pochi soldi che le permettevano di comprare qualche scarto da mangiare, ma ora desiderava tanto ripagarle il favore.

-Va bene- 

-Da oggi ti occuperai di lui- disse il Re guardando il vino vorticare nel proprio boccale come ipnotizzato ma poi aggiunse con la stessa espressione di noncuranza -sta solo attento che non ti uccida, puoi andare.-

-L-La ringrazio, Sire- Connor si sentiva confuso eppure era ancora sicuro della propria scelta, fece un ultimo inchino e uscì dalla stanza riprendendo a respirare. 

Logan strinse forte il manico del boccale e congedò la servitù, era nervoso e una parola sbagliata lo avrebbe fatto esplodere. 

Una volta solo ingurgitò in un sorso tutto il vino, voleva stordirsi, voleva cancellare quell'immagine dalla sua testa. Era successo tutto in poco tempo eppure nessuno era intervenuto, neppure lui, per l'ennesima volta mentre qualcuno che amava stava morendo lui era bloccato.



Il rumore di un bussare deciso lo fece sobbalzare.

-Entra!- sapeva già chi avrebbe varcato la soglia, era arrabbiato con sé stesso, con le guardie e con l'attentatore ma più di tutti ce l'aveva con lui, il generale dell'esercito.

-Esigo delle spiegazioni! Com'è che le tue guardie non riescono nemmeno a tenere al sicuro Honey dentro al nostro stesso castello?-

Matthew trattenne a stento uno sbuffo mentre chiudeva la porta dietro le sue spalle, odiava quando Logan si arrabbiava con lui per questioni di lavoro, lo faceva sentire inutile come persona. 

-Mi dispiace, provvederò ad aumentare le guardie e a controllare che nessun servo sia armato dentro al palazzo-

Il Re svuotò l'ennesimo bicchiere per poi allontanare da sè la brocca, si tolse la corona che gli pesava sulla testa e gli lasciava i capelli biondi tutti scompigliati, conosceva Matthew da una vita e con lui era più che informale. 

-Chi era quel servo che gli ha salvato la vita?- 

Il generale prese a sedersi davanti a lui, adorava essere l'unico a vedere l'altro in quei momenti intimi e di confidenza, chissà cosa sarebbe successo se il mondo avesse scoperto tutti i suoi lati più fragili come li conosceva lui.

Logan prese un altro calice e gli servì del vino, poi mentre ne sorseggiava un po' alzò le spalle. 

-Si chiama Connor, l'ho assunto per stare con Honey, almeno si sentirà meno solo, non voglio metta piede fuori dal castello ma se non ha nulla da fare prima poi tenterà di nuovo di uscire-

Matt si portò il bicchiere alle labbra. 

-E' difficile trovare dei servi decenti ultimamente-

Le labbra sottili e rosee di Logan si distorsero in un ghigno.

-Oh tranquillo, tu sei più che decente-

Al generale scappò un sorriso e alzò teatralmente gli occhi al cielo.

-Io non sono un servo-

Il biondo rise e si protese per lasciargli un dolce bacio sulla guancia e sussurrargli nell'orecchio.

-Sta notte dormi con me, è un ordine-

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Capitolo 2
*** 2 ***


Erano passate poche ore dal momento in cui il Re lo aveva assunto come servo personale del principe ma Connor non aveva certo perso tempo, sua madre lo attendeva a casa.

Aprì lentamente la porta di legno cercando di farla scricchiolare il meno possibile, una piccola candela era ancora accesa sul tavolo e rischiarava un piatto ormai freddo di brodo e un pezzo di pane sporco. La luce riusciva a mettere in risalto il bel profilo della madre addormentata sul tavolo nel vano tentativo di aspettarlo sveglia. 

Aveva i capelli sporchi e scompigliati, il viso segnato dal duro lavoro ma la sua pelle pareva comunque liscia e candida, il nasino all'insù le conferiva un aspetto grazioso, non una ruga le solcava il viso, le labbra erano carnose e rosee. Aveva molti pretendenti ma lei spesso diceva che l'unico uomo di cui sarebbe rimasta innamorata per sempre era proprio lui, suo figlio. 

Connor la coprì delicatamente con una coperta logora tentando di non svegliarla, era sempre più sicuro riguardo la propria decisione, sua madre non si sarebbe mai più distrutta di lavoro per far bere del brodo insapore a lui. 

-Mh.. Conny?- la donna aprì gli occhi, la voce ancora impastata dal sonno.

-Scusa mamma, non volevo svegliarti-

Lei gli sorrise, gli sorrideva sempre, qualunque cosa succedesse lei sorrideva, persino quando suo padre li lasciò lei continuò a sorridere.

-Non preoccuparti, dai racconta. Com'è andata?-

-Ehm.. ecco.. - Connor deglutì, aveva sempre pensato che quel lavoro avrebbe aiutato la loro situazione economica, ma non si era mai preoccupato di cosa ne avrebbe seriamente pensato la madre. -mi hanno assegnato come servo personale del principe, devo stare con lui 24 ore su 24, per questo possiamo trasferirci al palazzo- 

La donna lo guardò per qualche secondo come se si aspettasse che, da un momento all'altro, il figlio scoppiasse in una grassa risata. 

-Non voglio tu lo faccia, è pericoloso! Ti prego Conny..- 

Connor non poté farne a meno e la interruppe.

-Mamma, non succederà nulla, possiamo finalmente vivere mangiando qualcosa di decente! Non è magnifico? Potrai riposare un po', fare dei lavori più leggeri- 

Delle lacrime gli solcarono il viso, era stufo di farsi sanguinare le gengive nel tentativo di mangiare un pezzo di pane troppo duro e già sbocconcellato da qualche animale, era stufo di sentire la pancia della madre brontolare per tutta la notte perché l'unica cena che erano riusciti a permettersi lei l'aveva data ancora una volta a lui, era stufo di vedere i vestiti andarle sempre più larghi, era stufo di soffrire, era stufo di aver paura di perderla. 

-Starò bene, ok? Non devi preoccuparti, andrà tutto bene-

La donna lo attirò a sé abbracciandolo stretto, mentre lui affondava il viso nel suo grembo.

Non aveva mai visto sua madre piangere eppure mentre pronunciò quella parola giurò di averla sentita singhiozzare. 

-D'accordo.-




Death si sentiva stordito per tutto il tempo passato a dormire, dalle pesanti tende filtrava a malapena la luce del tramonto. Si passò una mano sulla fronte facendo cadere una pezza ormai asciutta e calda. 

-Ma quanto ho dormito?- si chiese ad alta voce.

-Tutta la notte e quasi tutto il giorno direi.-

Conosceva bene quella voce, cercò di mettersi seduto ma il dolore all'addome gli strappò un gemito.

-Mio principe dovete stare steso, la guarigione non è ancora completa.- 

Il dottor Van De Meer gli era rimasto accanto tutto il tempo, sapeva che probabilmente stava solo facendo il suo lavoro ma la cosa gli diede i brividi.

-Allora affrettati a terminarla.- 

-Temo non sia possibile- 

Death sbuffò alzando gli occhi al cielo strappando un sorriso all'uomo, i suoi occhi scuri si contornavano sempre di qualche ruga e la lunga barba bianca pareva prendere vita, il principe arrossì ricordando quando da piccolo si divertiva a tirargliela. 

-Dov'è il ragazzo? Quello con gli occhi strani- 

-Oh, intendete il ragazzo che vi ha salvato!-

-Tsk! Ma per favore, lui non mi ha salvato- 

Il dottor Van De Meer si divertiva un mondo a fare leva sull'orgoglio ostinato del ragazzino: spesso si imbronciava, la sua fronte si corrugava, le guance arrossivano leggermente e il suo sguardo si faceva ancora più duro del solito.

-Sta bene, lo mando a chiamare? Potrebbe tenervi compagnia durante la convalescenza-

-Fa come ti pare-



Death era quasi sul punto di addormentarsi quando il rumore di alcuni passi incerti e lo scricchiolare della porta annunciò l'ingresso di un ragazzino dai capelli neri e gli occhi etero-cromi.

-S-salve- balbettò non osando avvicinarsi al capezzale del ferito, un maggiordomo lo aveva chiamato non appena arrivato, lo aveva condotto tra quei anonimi corridoi ma ora era da solo contro quei occhi capaci di gelarti il sangue. 

Se solo avesse potuto bruciare con lo sguardo, il mondo non esisterebbe più.

-Perché lo hai fatto?- la sua voce era roca ma ferma, stonava con il suo aspetto pallido e febbricitante. 

-Io... bhe, se devo essere sincero, mi è venuto naturale farlo.-

-Non ne avevo bisogno, lo avrei fermato da solo- Connor abbassò lo sguardo incapace di sostenere tutta quella rabbia, tutto quell'odio che gli stava riversando contro.

-Mi dispiace, eravate ferito e mi è venuto spontaneo difendervi, inoltre, il Re mi ha assegnato come vostro servo personale, quindi io...-

-Il Re dovrebbe farsi i cazzi suoi- Death sospirò come se fosse stanco eppure quella frase non faceva che metterlo a disagio, parlare male del Re era un crimine, aveva visto persone impiccate implorare e cercare di negare per un fatto simile. 

Distolse lo sguardo deglutendo, forse, essendo il figlio poteva permetterselo. 

-Posso fare qualcosa per voi?-

Per tutta risposta il ragazzo fece un cenno con la testa verso la porta. 

-Perché non ti levi di torno?- 

Connor strinse i pugni, si costrinse ad inchinarsi per poi uscire. Avrebbe dovuto sopportare questo trattamento tutti i giorni? Che diritto aveva lui di farlo solo perché nato qualche gradino più in alto nella piramide sociale?



Un urlo a pieni polmoni squarciò il silenzio svegliando di soprassalto gli ospiti di mezzo palazzo.

Connor si mise di scatto seduto, con il cuore che batteva all'impazzata gli ci volle un momento per fare mente locale e capire dove si trovasse.

-Sta tranquillo, lo fa tutte le notti, ci pensano le guardie-

Mormorò un ragazzo poco più grande di lui che riposava nel letto a fianco al suo.

-Chi lo fa tutte le notti?- 

-Il principe- Il ragazzo sospirò esasperato -urla così tutte le notti, alcuni si abituano, altri se ne vanno dalla disperazione-

Connor era confuso, avrebbe voluto porre più domande, per esempio sul motivo per cui un principe dovesse mettersi ad urlare di terrore ogni notte ma il ragazzo si era già voltato dandogli la schiena.

In quel momento sentì un trambusto fuori dalla porta, il rumore metallico che accompagna ad ogni passo le guardie.

Socchiuse la porta appena in tempo per vederne correre un gruppo verso l'ala ovest, verso la camera del principe.

-In fondo devo occuparmi di lui- si disse tra sé e sé per cercare di convincersi che ciò che stava per fare fosse del tutto lecito.

Corse a piedi scalzi per il buio dei corridoi cercando di orientarsi solo con il rumore dei passi dei soldati, non riusciva a scorgerli, per quanto corresse, erano sempre un corridoio davanti a lui.

Finalmente svoltò l'ultimo angolo, una luce soffusa proveniva dalla stanza di Death così come i gemiti di dolore e il fragore di oggetti infranti. 

Corse alla porta in tempo per vedere la sua furia. Death era in piedi, le guardie erano già tutte a terra, alcune si scontrarono contro di lui nel tentativo di fuggire.

Lui era lì, ansimante, in mezzo a quella camera distrutta, i piedi scalzi su cocci di vetro rotti, le sedie rovesciate, le tende strappate, le ante scardinate, eppure quegli occhi blu puntati su di lui ne volevano ancora.

Gli era capitato spesso che la gente lo prendesse in giro, lo picchiasse, cercasse di aggredirlo per rivenderlo al mercato degli schiavi a causa della particolarità dei suoi occhi, lo avevano guardato con paura, lo avevano guardato con fascino, disgusto ma mai con tutto quell'odio.

Death dal canto suo si era immobilizzato davanti la presenza intrusiva di quel ragazzino, gli occhi sgranati e il viso distorto di chi una tale rabbia non la concepisce. 

Invece lui non poteva farne a meno, a volte era così furioso da aver paura di andare in pezzi semplicemente gridando, di far andare in pezzi tutto quanto, allora cercava di tenere tutto dentro, di spingere quella rabbia sempre più in fondo, fino ad occupare ogni centimetro di sé stesso. Lui non aveva deciso di essere così, come non aveva deciso di essere un principe, semplicemente il mondo lo aveva condannato quando ancora era in culla, quindi, forse, un po' se lo meritava di esser ripagato con certi spettacoli.

Avrebbe voluto continuare, avrebbe voluto dimostrare a Connor che errore madornale avesse fatto nel salvarlo eppure le forze lo avevano abbandonato.

Per un attimo la stanza prese a vorticare, si ritrovò appoggiato di schiena ad un armadio mezzo scassato nel tentativo di reggersi in piedi, ora che l'adrenalina lo aveva abbandonato poteva sentirlo quel dolore allucinante all'addome. Si lasciò cadere seduto con una smorfia mentre con orrore notò la maglia sporca del suo sangue. 

La ferita si era riaperta. 

E in fondo a lui andava bene così. 

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Capitolo 3
*** 3 ***


Connor, vedendolo crollare a terra sanguinante, non ci pensò due volte a correre in suo soccorso. Saltò in punta di piedi i cocci di vetro rotti mentre anche l'ultima guardia voltava le spalle ad un ragazzino bisognoso di aiuto per darsela a gambe.

Death era questo: un ragazzino, prima ancora di essere un principe era una persona. 

Si inginocchiò di fianco a lui e senza esitare gli strappò la maglia con uno strattone, poteva sentire i suoi occhi inferociti puntati addosso mentre stringeva i denti per trattenere ogni parvenza di dolore. 

Connor deglutì cercando di ignorarlo, la sensazione era quella di tentare di guarire un lupo che ti ringhia costantemente contro, pronto a sbranarti alla prima mossa sbagliata.

Si diede un'ultima occhiata alle spalle: l'uso dei poteri era severamente proibito alla servitù, solo i soldati dopo un duro addestramento potevano servirsene. 

Ma erano soli e quella era chiaramente un'emergenza. 

Passò lentamente le mani sul suo addome sfiorandogli la pelle, i tessuti iniziarono a rigenerarsi mentre il corpo di Death si irrigidiva e tratteneva il fiato per il dolore. 

Dopo pochi secondi la ferita si trasformò nell'ennesima cicatrice sbiadita su quel corpo che avrebbe dovuto essere perfetto. 

Death non capiva perché quel moccioso si ostinasse tanto ad aiutarlo, avrebbe dovuto odiarlo esattamente come lo disprezzavano tutti gli altri.

Connor sorrise vedendo quei riccioli biondi che gli ricadevano sulla fronte, la pelle candida, le guance rosse e il labbro leggermente sporto in un broncio infantile.

-Mio padre ha usato anche te per gli esperimenti?- 

Era probabile.

Suo padre era sempre stato ossessionato dalla perfezione e dalla guerra, per questo quando gli capitò un essere umano innocente e ancora tutto da plasmare pensò bene di farne un'arma letale, perfetta. I suoi sogni andarono in frantumi quando scoprì che il suo unico figlio era privo di qualsivoglia potere e quando un uomo non ha più i propri sogni non può che sprofondare nella disperazione, e si sa, la disperazione porta a fare cose che non si crederebbero possibili. 

-Che cosa?- Connor alzò un sopracciglio, forse si era sbagliato, in fondo che ne sapeva lui di quanto fosse probabile che le persone avessero o non avessero i poteri?

Aveva passato l'ultimo decennio a gironzolare per quelle quattro mura e le uniche persone che aveva visto facevano parte della servitù o del corpo di gendarmeria.

-Mh, no, niente, lascia stare- 

Death continuò a guardarlo incatenato da quei lineamenti delicati, il nasino era piccolo, le labbra sottili e leggermente screpolate, il ciuffo nero arrivava quasi fin sopra gli occhi.

Le parole gli uscirono quasi in un sussurro.

-Non mi ricordo il tuo nome-

-Mi chiamo Connor- 

Il ragazzino trattenne a stento un sorriso e, improvvisamente memore delle loro posizioni sociali, si affrettò ad allontanarsi e inchinarsi. 

-Se avete bisogno, chiedete pure-

Non aveva ancora visto Death così calmo, i suoi occhi parevano quasi quelli di un normale adolescente, il suo respiro era regolare e lentamente pareva riprendere colore. Si schiarì la voce distogliendo lo sguardo, le guance presero una sfumatura rosea, forse per l'imbarazzo.

-Grazie, per l'altro giorno e per adesso- 

La sua voce era poco più di un sussurro ma a Connor bastò per rimanere senza parole, non riuscì nemmeno a fermarlo quando lo vide alzarsi e andarsene chi sa dove, probabilmente non aveva più voglia di dormire. 

Non gli rimase che tornare nel proprio dormitorio e aspettare che facesse giorno.





Era già mattina inoltrata quando un fascio di luce filtrato dalla finestra colpì in pieno viso Connor svegliandolo con un lamento.

Si mise lentamente seduto stropicciandosi un occhio e sbadigliando ancora assonato, gli ci vollero solo pochi secondi per rendersi conto di essere in clamoroso ritardo, accanto a lui i letti erano già stati tutti accuratamente rifatti e al di là della porta chiusa i corridoi populavano di voci e vita. 

-Oh no!- in preda al panico gettò malamente le coperte da un lato, si vestì di tutta fretta e corse per i corridoi.

Ora si che era nei guai, non poteva permettersi di arrivare in ritardo, avrebbe dovuto portare la colazione e svegliare il principe già ore fa.

Passò dalle cucine alla ricerca di qualcosa che potesse soddisfare l'appetito dell'erede di Sodrét, tutto attorno a lui c'erano persone indaffarate, c'era chi assaggiava, chi mescolava, chi ripuliva i ripiani, chi lavava le pentole incrostate stonando le note di una canzone sconosciuta, nessuno, però, era disposto a prestargli attenzione fino a quando un burbero maggiordomo gli venne incontro con un vassoio.

-Il pranzo del principe, almeno questo faglielo avere-

Connor ignorò il commento acido, in fondo se lo meritava, il vassoio era parecchio pesante e si sentiva impacciato a camminare a passo spedito stando attento nel contempo a non rovesciare nulla.

Una volta di fronte la camera reale, l'ansia crebbe.

Deglutì facendo un respiro profondo e sospinse la porta mezza scardinata reduce della notte di furia sperando che il biondo si fosse alzato da sè.

Quando ebbe il coraggio di aprire gli occhi trovò Death in piedi, il corpo cosparso di piccole goccioline d'acqua, alcune gli scendevano sulle tempie, altre scendevano dal mento e si gettavano nel vuoto, altre ancora riuscivano a percorrere i muscoli definiti di petto e addome, con indosso solo la biancheria intima si stava asciugando i capelli con un panno bianco.

Connor avrebbe tanto voluto non aver mai aperto quella porta, per pochi secondi pensò persino che se avesse chiuso abbastanza in fretta forse il biondino avrebbe pensato di essersi immaginato tutto.

Alla fine vinse la ragione, si inchinò con le guance bordeaux balbettando qualche scusa.

-Mi perdoni, tornerò più tardi- 

"Cavolo avrei dovuto bussare" si morse forte il labbro inferiore e fece per chiudersi alle spalle la faccenda.

-No, vieni, ho fame- Death era del tutto calmo, d'altronde era abituato a farsi vedere in tali condizioni dalla servitù, tra gli sconosciuti c'era cresciuto.

Si infilò qualche abito pulito ornato dai colori reali: blu, bianco e oro.

Aveva passato la mattinata a ripulire e sistemare la stanza ma infondo era contento di poterlo fare, lo teneva occupato e ora era decisamente affamato.

Osservò Connor appoggiare con mani tremanti il vassoio sul tavolo e non distolse lo sguardo neppure quando, mentre lui mangiava, il ragazzino si mise a raccogliere i vestiti sporchi gettati sul pavimento.

-Le serve qualcosa?- 

Death alzò le spalle addentando con voracità un pezzo di pane, si stava ingozzando come se non mangiasse da secoli, persino Connor arricciò il naso davanti la scena.

-Vado a nuotare questo pomeriggio-

Il ragazzino cercò di levarsi quella smorfia dalla faccia e di concentrarsi sulla discussione.

-Oh va bene, devo venire con voi?-

-Non so, mio padre cosa ha detto? E smettila di passare dal Lei al Voi, mi fai venire il mal di testa.-

Connor si morse l'interno della guancia, non era abituato ad avere a che fare con persone dallo status così alto, quel giorno non ne aveva fatta una giusta.

-Devo stare con voi 24 ore su 24- recitò ripetendo le parole del Re.

-Quindi direi che vieni anche tu- 

Death senza troppo preavviso spinse il vassoio vuoto lontano da sé e uscì dalla stanza. 

Connor rimase inebetito a guardarlo, perché doveva comportarsi in modo così strano e farlo sentire in continuazione uno stupido?

Dopo poco la testa bionda fece di nuovo capolino dall'ingresso.

-Che fai? Non vieni?-

Le guance del servo si colorarono di rosso, afferrò le cose di prima necessità e gli corse dietro quasi trotterellando.

Camminare a fianco di un principe metteva parecchia soggezione, la sua schiena era bella dritta, le spalle larghe, il passo sicuro, ogni persona che incrociavano per sbaglio si inchinava quasi fino a sfiorare il pavimento con un sorriso tirato.

Tutti sapevano chi fosse Death, anche se lui ancora non aveva fatto niente per loro. Quelle persone gli cucinavano, lo vestivano, pulivano la sua camera, i suoi abiti, si prostravano ai suoi piedi e lui non avrebbe neppure mai riconosciuto i loro volti. 

Connor notò che man mano che percorrevano i corridoi incontravano sempre meno persone e sempre più polvere e ragnatele, era come se Death lo stesse trascinando in una parte in disuso del castello. 

Dopo l'ennesima svolta si ritrovarono davanti ad un portone, quando Death lo spalancò con una spallata, la luce li costrinse a ripararsi gli occhi con le mani. 

Fuori dal Palazzo il cuore di Death non poteva che battere all'impazzata, il suo stomaco era del tutto sotto sopra, il suo corpo gli mandava delle piccole piacevoli scariche elettriche dritte al cervello, gli pareva quasi che i suoi piedi non toccassero terra, si sentiva leggero e pesante allo stesso tempo.

Se solo qualcuno glielo avesse insegnato avrebbe definito tutte quelle sensazioni felicità.

Si tolse le scarpe e come un bambino che vede per la prima volta l'erba lasciò che quei fili verdi gli solleticassero i piedi. 

Respirò a fondo chiudendo gli occhi.

Il vento gli sferzò il viso e gli scompigliò i capelli, il profumo pungente dei pini gli fece arricciare il naso, il Sole gli infuocò la pelle inondandolo di un calore che ricordava quello di un camino in pieno inverno, il fruscio delle foglie scandiva il pulsare della vita della natura, tutto attorno a lui c'era il mondo. 

-Vieni- senza dimenticare la pericolosità di quella operazione prese Connor per un polso e iniziò a correre verso il bosco.

Iniziò a correre verso la propria libertà, iniziò a correre lontano da quelle quattro mura che lo tenevano in gabbia.

Il ragazzino era leggermente confuso e con tutte quelle radici, quei massi, quei pendii faticava a stargli dietro.

Quello che stavano percorrendo era un sentiero poco battuto eppure, il paesaggio che gli si parò davanti dopo poco più di una mezz'ora di corsa sfrenata, avrebbero dovuto poterlo vedere tutti.

Un salice piangente sfiorava con le proprie foglie l'acqua turchese di un piccolo laghetto, i riflessi della luce sembravano diamanti nascosti sui fondali, al centro si ergeva una statua di una bimba graziosa. I lineamenti delicati, i riccioli che gli ricadevano soffici sulle spalle e il panneggio scolpito come mosso dal vento gli fecero quasi dimenticare fosse fatta di freddo marmo, come se qualcuno avesse voluto disperatamente ricordarla ancora viva. 

A riportarlo alla realtà fu il fragore di un tuffo, Death si era buttato senza troppi preamboli e ora nuotava in quell'acqua cristallina affascinato più che mai dai pesci multicolore che vi vivevano. 

A Connor sfuggì un sorriso eppure non si sentiva del tutto a suo agio, si sentiva come se non fossero soli.

Death lo raggiunse poco dopo, era meglio tornare al Palazzo prima che qualcuno si accorgesse della sua scomparsa, raggiunse il ragazzino che ancora era incantato dalla statua.

-Ti piace?- gli chiese mentre prendeva un panno per asciugarsi velocemente e rivestirsi.

-Si, è carino questo posto- si morse un labbro indeciso ma poi la curiosità ebbe il sopravvento -chi è quella bambina?- 

Death si voltò seguendo il suo sguardo.

-Mia zia, è affogata in questo laghetto da piccola-

-Oh, mi dispiace, non avrei dovuto chiedervelo- Connor si rannicchiò ancor di più in sé stesso appoggiando il mento alle ginocchia.

-No, non importa, non l'ho mai conosciuta.-

Death si sdraiò a terra chiudendo gli occhi, sarebbe dovuto tornare eppure lì stava così bene. 

Connor non poté fare a meno di guardarlo, era già da un po' che Death si era addormentato, il suo respiro era regolare e la sua espressione così tranquilla e serena che non aveva proprio trovato il coraggio di svegliarlo.

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Capitolo 4
*** 4 ***


Più Death dormiva meno il tempo passava, meno il tempo passava più l'inquietudine si impadroniva di Connor.

L'idea che non fossero del tutto soli non lo aveva mai abbandonato, ogni rumore lo faceva trasalire, il suo cuore batteva all'impazzata, le sue mani sudate tremavano leggermente.

"Devo calmarmi" pensò mentre si avvicinava all'acqua chiara del lago per berne qualche sorso e rinfrescarsi il viso. 

Aveva appena immerso le mani nell'acqua gelida quando un rumore lo fece voltare di scatto. 

Due soldati.

Uno stava provando a tenere fermo Death, tenendogli la bocca tappata come se qualcuno avesse davvero mai potuto sentirlo, l'altro era già sopra di lui, gli teneva le gambe bloccate con il proprio peso, pronto a pugnarlo. 

Connor provò orrore, c'era qualcosa di terribilmente sbagliato in quella scena anche se non riusciva a capire esattamente cosa.

Death era inerme, odiava essere svegliato, quei rari momenti di sonno senza sogni erano un po' come una vacanza dall'incubo della vita.

Un uomo gli teneva una mano sporca e sudata sulla bocca come se qualcuno come lui avrebbe mai urlato per cercare aiuto. 

Avrebbe potuto levarseli di torno entrambi in poco tempo, gli sarebbe bastato rilasciare un po' del suo potere, una scarica elettrica se avesse voluto divertirsi, le fiamme se avesse voluto vendicarsi per quel bel momento rovinato eppure, mentre guardava il luccichio della lama che stava per trafiggerlo, riusciva a provare solo sollievo. 

Quando la vide abbassarsi non chiuse gli occhi, voleva vedere in faccia l'espressione dell'uomo che lo avrebbe liberato, l'ultimo uomo che avrebbe odiato, poco prima che il metallo scalfisse il suo petto, Connor si buttò sul soldato facendogli perdere la presa sull'arma, i loro corpi rotolarono insieme, dai rami e delle spine gli graffiarono la pelle fino a quando una roccia placò la loro corsa.

Il ragazzino non esitò un secondo ad afferrare il cranio dell'uomo per farlo collidere con tutta la propria forza contro la pietra. 

-Eddy!- urlò incredulo l'altro uomo, il quale lasciò subito Death e presto gli fu addosso.

Death, ora seduto, non poteva che guardare sconcertato quel ragazzino dall'aria tanto innocente e insicura continuare ad infierire su un uomo ormai indifeso. 

-Connor..- mormorò da prima deglutendo -CONNOR!- gridò poi, una volta resosi conto che, nella foga, non riusciva a sentirlo. 

Il ragazzino si fermò come riportato all'improvviso nella realtà e si voltò lentamente verso il Principe quasi spaventato dall'idea di leggerci un'espressione di disgusto. 

-I-io... mi dispiace, non volevo, davvero- si prese poi la testa tra le mani, sconvolto, con gli occhi sbarrati e il corpo tremante, spaventato da cosa lui stesso era in grado di fare.

Death gli si avvicinò lentamente prendendogli le mani senza curarsi che fossero sporche di sangue.

-Vieni, andiamo- mormorò dando un'occhiata agli uomini privi di sensi.

Il ritorno fu silenzioso, nessuno aveva voglia di parlare eppure tutte e due avevano molte domande da fare all'altro, a volte, però, il silenzio è la migliore delle risposte.

Connor era terrorizzato, pensava che sicuramente avrebbe perso il lavoro, si sarebbe beccato una punizione in pubblica piazza e sua madre non avrebbe che potuto essere disgustata e delusa da lui, più si avvicinavano al castello più il suo corpo non faceva che tremare in modo incontrollato, odiava quel suo lato di sé. 



Quando Death spalancò il portone Connor si accorse subito che tutto era cambiato, il corridoio era stato ripulito e illuminato.

-Non ti avevo detto di non uscire dal castello?- 

Re Logan era furioso, dalla sua voce traspariva una nota di odio e disprezzo, c'era una violenza a cui Connor non avrebbe mai voluto assistere.

-Sono solo andato a nuotare!- Death si era bloccato non appena lo aveva visto, con ancora un piede dentro e uno fuori, come se il desiderio di scappare da lì fosse troppo forte per farlo entrare del tutto.

Con un solo cenno del Re, però, si ritrovò accerchiato dalle guardie. 

Non aveva scelta, non l'aveva mai avuta.

Guardò suo padre con odio ma poi distolse lo sguardo incapace di sostenerlo.

-Aspettami nella mia camera- mormorò a Connor prima di farsi scortare.


Connor rimase a fissarlo, l'aria che si respirava era la stessa di quando un uomo viene accompagnato al patibolo per essere giustiziato, non gli piacevano gli sguardi che si lanciavano, diede loro qualche corridoio di vantaggio e li seguì.

La strada lo portò dritto ad una stanza, a fare la guardia alla porta chiusa due reclute poco più grandi di lui, rigide e impettite. 

Si avvicinò lentamente alla porta, si aspettava grida furiose, oggetti scaraventati, liti e discussioni accese, invece dalla stanza veniva solo un leggero sibilare seguito da uno schiocco e un numero ben scandito a voce alta.

-Ma che succede...- mormorò più a sé stesso che ai due soldati.

-Non succede niente, noi non sentiamo niente, ora vattene visto che non hai motivo di rimanere qui- il ragazzo aveva parlato con voce meccanica quasi come se fosse stato abituato a ripeterla. 

Connor, inquietato, si allontanò un po', fece qualche passo in preda al nervoso cercando di ammazzare il tempo dell'attesa tentando di ripulirsi dal sangue ormai secco, nonostante gli sembrò passare una vita non ci volle molto perché la scorta di soldati uscisse seguita da Re e Principe.

Death aveva i ricci appiccicati alla fronte e le spalle ricurve, quando camminava una smorfia gli distorceva il viso, non appena i suoi occhi incontrarono quelli di Connor però si raddrizzò, si passò una mano tra i capelli facendogli un cenno con la testa per poi proseguire verso l'ala ovest, l'unico posto adatto a qualcuno come lui.

Rimanendo indietro, Connor poté vedere del sangue sporcare il retro della maglietta del Principe. 

-Death..- mormorò

-Oggi intendo cenare nelle mie stanze, puoi pensarci tu?-

-Si-



Logan era seduto a capo della lunga tavolata imbandita per la cena, ad esibirsi c'era il suo giullare preferito eppure il suo sguardo vagava nel vuoto mentre la mano rigirava il puré nel piatto in modo meccanico, Matthew odiava vederlo così, con la fronte corrucciata e un mondo di cui lui non poteva far parte per la testa.

-Logan..-

Sembrò riscuotersi come se fosse stato punto da uno spillo, si guardò attorno spaesato come se non si fosse accorto che il tempo avesse continuato a scorrere anche senza di lui.

Quando si accorse che Matt gli si era seduto a fianco gli fece un sorriso dolce seppure forzato.

-Come sono andati gli allenamenti delle nuove reclute?-

-Non sono ancora al mio livello- rispose iniziando a mangiare senza togliergli gli occhi di dosso -ti vedo pensieroso-

Logan sospirò rinunciando a mangiare qualcosa.

-Pensavo a Honey-

-Ha fatto qualcosa o è solo la tua ossessione?-

-Non è la mia ossessione, è uscito dal castello ed è stato attaccato di nuovo!- 

A Logan ribolliva il sangue quando Matthew lo accusava di essere ossessionato da Death anche se non sapeva esattamente cosa gli desse fastidio. 

-Lo hanno ferito?-

-No, il nuovo servo è in grado di proteggerlo più che bene, ma lo sai che non è questo il punto-

Matthew sospirò sorseggiando del vino, non capiva come quella stessa persona che lui riteneva estremamente intelligente e razionale potesse avere dei picchi di totale irrazionalità quando di mezzo c'era il figlio.

-Perché non togli la regola che chi lo uccide diventa Re?- Matthew avrebbe tanto voluto spiegargli che l'ansia di quei giorni lo vedeva logorare, che la cena con cui stava giocando era l'ennesima che non toccava, avrebbe voluto vederlo più sereno.

-Perché non è una regola, Matt. E' una tradizione, anche io ho affrontato tutto questo da piccolo, ora tocca a lui-

A Matthew scappò un sorrisetto.

-Che Re cattivo che sei-

E con questo commento si guadagnò una linguaccia, amava vedere quei lati infantili di Logan eppure non lo avrebbe mai ammesso.



Death spalancò la porta della propria stanza con un calcio per poi richiuderla facendola sbattere con tutta la propria forza.

Era arrabbiato, era sempre arrabbiato. 

Si sentiva come se qualcosa dentro di lui dovesse rompersi da un momento all'altro, ogni volta spingeva tutte quelle emozioni sempre più nei meandri di se stesso, come se stesse caricando una molla che prima o poi avrebbe spinto tutto fuori.

A volte si sentiva come in mezzo ad una bufera di neve, per un certo periodo le persone che amava gli avevano fatto da guida, ma erano solo delle flebili candele accese che con un colpo di vento si erano spente.

Nessuno poteva salvarlo. 

Nessuno voleva salvarlo. 

Per questo aveva imparato a farlo da solo.

Si tolse lentamente la maglietta lasciandosi sfuggire un lamento di dolore per poi gettarla sul pavimento, si voltò di schiena davanti allo specchio.

Eccole lì tutte le venti le frustrate che si era meritato per una nuotata. 

Eccole lì tutte le venti scariche elettriche che si era meritato per essere il figlio della persona sbagliata.

Death sospirò, in fondo era colpa sua.

Suo padre gli dava tante regole, eppure erano chiare e semplici ma lui non ce la faceva proprio a rispettare anche questa, si sentiva in gabbia, si sentiva soffocare, l'idea lo faceva impazzire, gli faceva venire voglia di urlare eppure non poteva fare niente di tutto questo.

Prese una bottiglia di alcol dalla dispensa e ne bevve più di metà in pochi sorsi mentre si dirigeva verso il bagno.

Si mise in piedi nel catino dove soleva lavarsi e rovesciò il resto del liquido trasparente sulla propria schiena. 

Il dolore a volte aiutava a calmare la rabbia in compenso gli lasciava un grande vuoto, come se non riuscisse più a provare niente.

Rimase a lungo seduto con le ginocchia strette al petto dalle braccia, la testa appoggiata al bordo, gli piaceva stare lì con gli occhi chiusi ad aspettare che il mondo andasse avanti senza di lui, che lo lasciasse indietro, che gli permettesse di crollare. 

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Capitolo 5
*** 5 ***


Quella sera Jake stava giocando a carte con tre sconosciuti in una taverna, la puzza di alcol opprimeva l'aria e il fumo delle pipe creava una sottile nebbiolina che alla lunga irritava la gola e gli occhi.

Era la terza volta che vinceva il giro e con un sorriso stampato sulle labbra avvicinò il bottino a sé.

-Stai sicuramente barando- il vecchio burbero che gli sedeva di fronte lo guardava già male dalla prima partita ma ora che i suoi avversari erano troppo ubriachi per giocare e lui vinceva ad ogni giro, era riuscito a convincere anche gli altri due della sua presunta disonestà.

-Bhe, fiorellino, non è colpa mia se non reggi l'alcol- disse con arroganza scolandosi anche l'ultimo bicchiere di vodka. 

-Come mi hai chiamato?-

I tre uomini si alzarono in piedi, uno di loro fece per colpirlo ma Jake scoppiò in una grassa risata quando riuscì a schivarlo. 

L'uomo alla sua sinistra, forse per mettere in chiaro che nessuno stesse scherzando, rovesciò il tavolo mandando in frantumi calici e bicchieri, disperdendo le carte, e facendo un gran fracasso, poi gli si parò davanti minaccioso.

Gli occhi erano iniettati di sangue, la fronte era segnata dalle tipiche rughe di chi passa metà della propria vita a corrucciarsi, con impeto afferrò Jake per la maglietta, pronto a fargliela pagare ma in poco si ritrovò con il corpo totalmente bloccato. 

Non riusciva a muoversi, i suoi muscoli erano rigidi come se il suo stesso corpo non rispondesse ai comandi, come se non fosse neppure più suo.

I due uomini, atterriti, indietreggiarono fino a sbattere con la schiena al muro, improvvisamente dimentichi dell'affronto subito. 

-Questa la offrite voi- in tutta la taverna era calato il silenzio, Jake prese con sé una bottiglia di rum e uscì.

Quella notte l'aria era fresca, probabilmente avrebbe piovuto, ma di certe cose a Jake fregava poco.

Si sedette sul bordo della strada, in un vicolo, dove nessuno avrebbe potuto assistere alla sua patetica esistenza, stappò la bottiglia e bevve. 

Ormai non faceva altro.

Spesso era circondato da donne e nonostante non avesse molti soldi riusciva sempre a trovare un modo per cavarsela, ma era stufo di quella vita, sentiva che avrebbe potuto fare di più, essere di più. 

Mentre quei pensieri che cercava di mettere a tacere gli ronzavano nella testa lo scalpitio di una carrozza attirò la sua attenzione. 

Prima che potesse solo accorgersi di ciò che stava succedendo, stordito com'era dall'alcol, venne circondato, qualcuno gli infilò in testa un sacco di iuta, sentì qualcosa stringerglisi attorno la gola, l'odore di farina gli riempiva le narici, quasi non riusciva a respirare, cercò invano di colpire quelle persone alla cieca.

Un suo gomito raggiunse il mento di qualcuno, sentiva il proprio cuore impazzire, il respiro irregolare e l'adrenalina invadere il proprio corpo eppure non riusciva a coordinarsi come avrebbe voluto.

Chi erano quelle persone? Che volevano? 

Gli girava la testa.

Tentò di opporre resistenza puntandosi coi piedi e dimenandosi come un pazzo.

-Ehy! Lasciatemi!- 

Con un ultimo spintone cadde in avanti, le sue tibie colpirono qualcosa di duro strappandogli un gemito, in mezzo la confusione riuscì a distinguere la voce di un cocchiere che incitava i cavalli a partire. 

Cercò di tirarsi su, impacciato a causa delle mani legate e dello stato ebbro, qualcuno lo aiutò per poi togliergli il sacco.

-Chiedo scusa per le maniere poco gentili dei miei uomini-

Jake strizzò gli occhi confuso.

Quella era la voce di una donna. 

Nella penombra poté scorgere i suoi lineamenti e impallidì, deglutendo.

-I-io- balbettò.

-Lei è indubbiamente ubriaco- le sfuggì un piccolo sorriso e Jake non poté che contraccambiarlo ascoltando poco e niente di ciò che gli disse dopo. 

-So che al momento è po' stordito, ma lei capirà che qualcuno del mio rango in determinate situazioni non può che agire di fretta. E' da un po' che la tengo d'occhio, lei è in grado di manipolare a suo piacimento la mente e il corpo delle persone.- 

Jake deglutì, in effetti l'uso dei poteri era vietato a favore del mantenimento dello stato sociale e della sicurezza pubblica, aveva sempre pensato che prima o poi qualcuno lo avrebbe denunciato ma non era così che aveva immaginato il proprio arresto. 

Scrollò la testa sorridendo, quello non era un arresto, sarebbero arrivati soldati ben armati, se lo fosse stato sicuramente non sarebbe stato mandato un membro reale, sicuramente non sarebbe stata mandata Historia, la madre del Re.

-A cosa le servo?- 

-Mio figlio e mio nipote stanno perdendo la testa, il regno è in ginocchio, abbiamo più uomini al fronte che nei campi, il popolo ha fame, dunque, ho pensato di fare qualche ricerca, ho ordinato ai miei uomini più fidati di cercare un uomo adatto alle mie esigenze e qualche mese fa qualcuno ti ha trovato, ma la decisione spetta a te, ti pagherei bene, ma solo se riuscirai a convincerli a seguire un po' le regole, non so se mi spiego-

Le labbra di Jake si distorsero in un ghigno.

-Mia signora, io non solo posso convincerli ma posso fargli leccare il pavimento ad un mio cenno- 

Historia rimase in silenzio per un po', come a cercare di scrutare nel suo volto un segno che le confermasse che Jake non stava mentendo.

-Ti pagherò bene, molto bene, ma non dovrai mai provare ad uccidere il Principe, avere solo un erede ci sta creando non pochi problemi, non saresti il primo che ci prova.-

Jake sorrise di nuovo. 

-Essere Re direi che non fa per me-

Historia si aggrappò di improvviso al proprio sedile, la carrozza aveva svoltato di scatto a sinistra ad una velocità troppo alta. 

-Josh!- rimproverò il cocchiere ma egli non reagiva in alcun modo, gli occhi erano vitrei, fissi davanti a lui.

Historia deglutì spostando il proprio sguardo su quell'uomo che aveva davanti. 

-Cos'altro vuoi che gli faccia fare?-

Ad Historia sfuggì un vero sorriso, Jake non era un impostore, aveva davvero il potere che gli serviva.

-Bhe, direi che sei assunto, domani mattina ti manderò una carrozza, ti presenterai come mio vecchio amico, ovviamente nessuno deve sapere il reale motivo per cui verrai. Potrai alloggiare al castello. Qui ci sono i dettagli, spero tu sappia leggere.-

Historia gli consegnò una busta contenente pochi fogli.

Jake la prese questo lavoro avrebbe potuto sistemare la sua vita.



Un bussare incerto riportò Death alla realtà, ormai aveva perso la cognizione del tempo, non aveva la minima idea di quanto tempo avesse passato in quel catino.

-Un attimo - cercò di schiarirsi la voce roca mentre usciva dal bagno, spalancò le ante dell'armadio e prese uno dei tanti vestiti uguali che conteneva. 

Erano passati anni da quando il padre aveva deciso che quei abiti gli donavano particolarmente e da allora non aveva più potuto indossarne di altri. 

Si diede di sfuggita un'occhiata allo specchio, la sua immagine non era mai cambiata da quando era bambino, forse i tratti si erano fatti più marcati e duri ma il taglio di capelli era lo stesso, così come il portamento, gli abiti e lo sguardo. 

Gli venne in mente quella volta, quando a soli 5 anni chiese come mai dovesse vestirsi sempre allo stesso modo, insomma, il bianco, l'oro e l'azzurro erano davvero bei colori ma ce n'erano tanti altri: l'arancione, il rosso, il verde, il nero, il rosa, i quadri, i pois, l'arcobaleno.

Ricordava ancora la sensazione del gelo dello sguardo che gli lanciò, della sua presa sui capelli mentre lo trascinava in quella stanza degli orrori dove rimase rinchiuso senza cibo, al buio, in balia dei propri mostri per giorni.

-Vieni- disse scrollandosi di dosso quei ricordi.

Connor entrò a passo impacciato, un occhio puntato sul vassoio in equilibrio precario sulle sue braccia, l'altro puntato su Death.

-Come state?- chiese mentre lo appoggiava con un sospiro di sollievo sul tavolo.

Death alzò le spalle e si sedette da solo a tavola iniziando a mangiare.

-Grazie. Tu hai già cenato?- 

-Si, ho mangiato qualcosa, non dovete preoccuparvi per me-

Il Principe mangiò lentamente, un boccone alla volta, cercando di non muoversi troppo per non riaccendere i dolori delle ferite, questo suo lato di sé non aveva niente a che fare con l'abbuffata del pranzo.

Connor non poté fare a meno di pensare che la tristezza lo rendeva più gentile. 

-Posso curarvi le ferite, se lo desiderate- 

-Me la cavo da solo- 

Connor annuì mordendosi un labbro, quando il Principe ebbe finito porto via il vassoio vuoto, quando ritornò Death era steso a pancia in giù sul letto e seguiva ogni suo movimento mentre raccoglieva gli abiti sporchi dal pavimento e rimetteva in ordine la camera. 

Quando Death si alzò di colpo, Connor si immobilizzò quasi sicuro che lo avrebbe colpito, deglutì vedendolo sorpassarlo e andare verso una dispensa. 

Non sapeva mai come comportarsi con lui, non lo conosceva per niente e aveva sempre il terrore di farlo arrabbiare.

"sta solo attento che non ti uccida" le parole del Re non avevano mai smesso di ronzargli in testa.

Stava raccogliendo la maglietta sporca di sangue dal pavimento quando la sua mano incrociò quella di Death.

Il principe gliela prese delicatamente e la tamponò con un panno pulito imbevuto dall'alcol.

Connor non sentiva nemmeno il bruciore ipnotizzato com'era dall'improvvisa delicatezza del ragazzo, non capiva neppure perché lo stesse medicando, in fondo lui era un semplice servo. 

-Dove hai imparato a combattere?-

-Da solo, credo. E' che al Sud di Sodrét ci sono molte persone pericolose e io dovevo difendere la mia mamma quindi...-

-Davvero? Aspetta, tu vieni dalla città?? Com'è?!-

Connor osservò una strana luce brillare in quei occhi blu che lo fissavano carichi di aspettative, era la prima volta che vedeva Death così emozionato, il suo modo di rapportarsi alla servitù era totalmente diverso a quello a cui era abituato ma gli piaceva decisamente di più.

-Ehm... non saprei, diciamo che ci sono molte persone che corrono, lavorano e il mercoledì c'è il mercato-

Death sospirò avvicinandosi alla finestra per guardare il profilo illuminato della città.

-Non ci siete mai stato?-

-Si, prima avevo degli amici che vivevano in città, venivano spesso qui a giocare, ma un giorno li ho persi tutti, ormai sono passati più di una dozzina d'anni- 

-Mi dispiace- 

Connor si morse un labbro, adorava il fatto che Death gli stesse parlando di cose così dolorose ma odiava riportare alla luce delle ferite ancora aperte che ancora lo facevano stare così male. Cercò di cambiare argomento.

-In ogni caso, vi ringrazio, ma non dovevate curarmi, sono solo un servo-

Death non distolse neppure lo sguardo dalla città come se per lui fosse un'attrazione troppo forte.

-Sei una persona nata nel ceto sbagliato- mormorò.

Connor ormai non lo riconosceva neppure più, dov'erano la sua arroganza, il suo orgoglio e la sua rabbia? Non si sarebbe mai aspettato di sentir dire certe cose da un principe, il sistema dei ceti era stato formato da tempo immemore, quando ancora i deboli venivano oppressi dai più forti e la cosa veniva considerata ingiusta mentre ora, ora era la normalità.

-Posso farvi una domanda?- forse era il momento giusto. 

-Si- Death si voltò a guardarlo incuriosito.

-Avete veramente ucciso i vostri precedenti servitori come dicono?-

Il suo sguardo si rabbuiò. 

-Già, ti converrebbe starmi lontano- eccolo lì, il barlume del Death che aveva imparato a conoscere, eccolo che rispuntava.

Connor scosse la testa.

-Io non credo voi siate cattivo come dicono-

-Quante persone pensi io abbia ucciso?-

Il ragazzino deglutì. 

-Non lo so, non mi piace questa domanda-

Death con un'impeto di rabbia lo sbatté con forza contro il muro, per pochi secondi a Connor mancò il fiato e la collisione con la schiena gli strappò un gemito di dolore.

Il Principe avvicinò il proprio viso a quello del servo e parlò in modo conciso a denti stretti come ad impedirsi di gridare. 

-Dentro di me alloggiando i peggiori mostri che tu non potresti mai neppure immaginare, se non vuoi che ti prendano, stammi lontano-

-Non ho paura dei mostri-

Connor allungò piano una mano, con la punta delle dita gli accarezzò la guancia sempre più convinto del fatto che chi gli stava di fronte non fosse cattivo ma fosse stato semplicemente convinto di esserlo. 

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Capitolo 6
*** 6 ***


Matthew strizzò gli occhi ancora assonnato, sul petto il peso di Logan che ancora dormiva tranquillo, il suo respiro caldo e regolare gli solleticava il collo. 

Gli accarezzò piano la schiena da sotto la maglietta baciandolo tra i capelli per poi provare ad adagiarlo piano sul letto così da alzarsi senza svegliarlo.

Stava lentamente togliendo un suo braccio dal collo quando le labbra di Logan si distesero in un sorriso prima di baciarlo. 

-Dove va Signor Comandante?- mormorò con ancora gli occhi mezzi chiusi.

-A dare le istruzioni di oggi, tu dormi ancora un po'- si alzò per andare a recuperare i vestiti dal pavimento.

A Logan sfuggì un lamento di protesta mentre si metteva seduto sbadigliando e stiracchiandosi.

-Non dormo da solo, lo sai- 

-Fai colazione, ci vediamo in sala per il pranzo- 

-Si- mormorò Logan, guardandolo uscire dalla stanza.

Odiava il fatto che Matt dovesse lavorare così tanto, odiava non averlo accanto a sé tutto il giorno, nonostante fosse l'uomo più potente di tutta Sodrét non poteva ancora ottenere ciò che voleva.

Affondò la testa nei cuscini, non aveva voglia di alzarsi e neppure di dormire.

Con un sospiro tirò la cordicella che avvisava la servitù che il Re era sveglio e che desiderava la colazione.

-Mio signore- Dré entrò nella stanza, spalancò le finestre e lo aiutò a vestirsi mentre gli elencava tutti i compiti che lo attendevano quella giornata.

-Ah si, inoltre, vostra Madre desidera che accogliate un suo vecchio amico, starà qui per qualche mese- 

Logan sbuffò.

-Mia madre non ha amici, è una vecchia strega.-

Dré rise divertito ma poi lo rimproverò, lo aveva visto nascere, lo aveva cresciuto e poi servito da sempre, ormai era più un consigliere che un servo. 

-Non dovete prendere in giro vostra Madre, non vi fa onore Sire, perché, invece, non provate ad accontentarla per oggi? Sono certo vi verrà rubato solo poco tempo.-

Logan mise il broncio ma alla fine, giunto il momento, si recò nella sala reale adibita ai ricevimenti.



Quando venne fatto entrare il famoso ospite Logan alzò un sopracciglio, quell'uomo non aveva la minima idea di come rapportarsi a qualcuno di un rango superiore.

-Salve, sono Jake, l'ospite di Historia.-

-E che vorresti, Jake?-

-Mi sembrava educato salutarla Sire, non le interessa sapere chi gira per il Palazzo?-

Logan sospirò, sentirsi dare del Lei era fastidioso almeno quanto lo stridere di una porta che fa attrito sul pavimento, inoltre, se avesse davvero avuto interesse per ogni persona che girava nel suo Palazzo la sua memoria non avrebbe potuto contenere nessun'altra informazione.

-Forse no.-

-Che stava facendo di così importante? Ho aspettato un bel po'-

I nervi di Logan stavano per saltare, si massaggiò piano le tempie per impedirsi di scoppiare, non si era mai confrontato con qualcuno di così invadente.

-Dovevo parlare col Comandante dell'andamento della guerra e della sicurezza interna-

-Parlare?-

Logan alzò gli occhi al cielo.

-Si, parlare, come stiamo facendo adesso, presente?-

-Historia non mi ha raccontato la stessa versione-

-I miei impegni non sono affar di mia madre-

-Sa, ho osservato un po' quel Matthew, non è che la sta usando per soddisfare le proprie esigenze?-

Le orecchie di Logan diventarono rosse dalla rabbia, chi era costui per entrare nel suo Palazzo e sparare sentenze su persone che non aveva mai visto di persona?

-Cosa ti dice non sia il contrario?-

-Lo vedo-

Il Re, stufatosi, alzò per l'ennesima volta gli occhi al cielo, come se il soffitto della volta fosse più apprezzabile dell'uomo davanti a sé.

Cosa mai avrebbe potuto vedere, se quello era il loro primo incontro?

-Sei un ospite parecchio invadente-

-Sono un caro amico di sua Madre, non avrei mai il coraggio di ingannarla-

-Mia madre non ha amici- sta volta non ce la fece proprio a trattenersi e scoppiò a ridere con gusto.

-Si vede che non la conoscete bene allora-

-Beh non ti ha mai nominato-

-Tu guardi Matthew in un modo diverso, solo un ceco non lo noterebbe-

Logan trasalì, quell'uomo era la mancanza di rispetto fatta a persona, come osava inoltre, accusarlo di avere un rapporto segreto con il Comandante davanti ai suoi servi? Cosa sarebbe successo se la voce fosse girata?

-Guardie, nelle segrete, mi ha annoiato-



Logan era stufo di tutto ciò che lo circondava, la servitù lo interrompeva per ogni piccolezza, quel Jake gli aveva fatto venire un nervoso tale da procurargli il mal di testa, non riusciva a credere che sua madre avesse di nuovo scoperto una sua relazione.

Era vero, dormivano insieme tutte le notti eppure si spostavano usando i vecchi passaggi segreti e alternavano le stanze in cui stare.

Gli vennero i brividi al pensiero di ciò che il defunto padre aveva fatto ai suoi ex, morti sotto tortura mentre lui era costretto a guardare, se una cosa simile fosse successa anche a Matthew non se lo sarebbe mai perdonato.

Il senso di impotenza che aveva provato in quei momenti gli dava la nausea, le loro urla gli riecheggiavano nella testa.

Quel dolore infondo non lo aveva mai abbandonato, si era solo nascosto nelle profondità di sé per uscire al momento propizio, si era alleato con l'odio, con la rabbia come un incendio che si prepara ad esplodere, invece tutti erano rimasti a bocca asciutta, il padre ci aveva pensato da sé a porre fine alla sua stessa vita.

Il suo corpo tremava e con quei pensieri in testa quasi non si accorse di aver montato a cavallo.

Si apprestava a lasciare il Palazzo ma una voce fin troppo famigliare lo costrinse a tirare le redini del cavallo per arrestarsi. 

-Sire, dove state andando?- 

Matthew lo guardava perplesso. 

Ce la mise tutta a sorridergli ma a volte far finta di niente è troppo doloroso.

-E' un segreto- disse semplicemente facendogli l'occhiolino per poi spronare il cavallo al galoppo prima che il groppo che cercava di tenere in gola irrompesse con un singhiozzo.

Matthew era preoccupato, era ovvio che Logan fosse turbato, forse era successo qualcosa, forse non aveva voglia di vedere nessuno, eppure lui sentiva il bisogno di stare al suo fianco, di stargli vicino, a costo di sentirsi urlare di andarsene.

-Pensate voi al resto.- accennò agli ufficiali con cui stava discutendo delle nuove metodologie dei test di reclutamento.

Ultimamente anche i più incapaci riuscivano ad arrivare a posizioni di rilievo, era chiaro ci volessero delle prove più rigide. 



Matthew fece sellare il proprio cavallo, un stallone puro sangue nero, suo fedele compagno di battaglia, d'altronde aveva una vaga idea di dove Logan sarebbe potuto andare a rifugiarsi.

Non ci volle molto per trovarlo, era proprio lì dove se lo era immaginato.

Quella distesa verde non era mai cambiata negli anni, quasi come se fosse intoccata dal tempo. 

Logan gli aveva spesso raccontato di quando da piccolo, lui e i suoi fratelli venivano a giocare proprio in quel luogo. 

Le margherite ricoprivano quasi tutto il verde e il Re sembrava quasi affascinato da quei semplici fiori, più volte aveva proposto di coltivarle nei giardini Reali ma non c'era stato verso di convincerlo.

Le margherite non andavano sradicate.

Lui lo sapeva bene, lo aveva imparato a sue spese, un giorno, mentre parlavano, distrattamente ne aveva strappata una per noia, Logan lo aveva colpito con un pugno così forte da spaccargli il labbro.

A volte quel suo rapporto ossessivo con le cose o le persone lo spaventava.

-Lo sapevo che venivi qua- mormorò sedendoglisi accanto.

Logan si appoggiò alla sua spalla.

-Lo sapevi?-

-Già, ci vieni sempre-

-E' così bello- 

Logan chiuse gli occhi, ora che Matthew era lì con lui quel momento era semplicemente perfetto, si sentiva finalmente in pace.

-Sai, mi manca- Matthew lo strinse a sé notando un tremore nella sua voce. 

-Lo so- 

Non disse "andrà meglio", non disse "il tempo guarirà ogni cosa", molte volte niente di tutto ciò serve, ormai erano passati anni da quando Haruka, il gemello, era stato assassinato, confuso per l'erede di Sodrét.

Da quel giorno Logan non aveva smesso di tormentarsi, non aveva smesso di odiarsi per ciò che era successo, eppure quel posto sembrava calmarlo, quasi come se in quelle margherite, in qualche modo inconcepibile al resto del mondo, vagasse il suo spirito, quasi come se, per un attimo, in quel posto, tornasse ad essere quel bambino che semplicemente giocava a ricorrere i propri fratelli. 

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Capitolo 7
*** 7 ***


-Allora Conny, come è andata oggi?-

Connor ci pensò un po' su prima di rispondere alla madre.

-Non so, è strano, a volte è buono e altre si arrabbia, però sai, siamo usciti dal castello e ci hanno attaccati, io per difenderlo ho perso il controllo ma non mi ha licenziato, non aveva paura di me, anzi, mi ha curato le ferite-

-Mhh, magari voleva premiarti per averlo salvato-

Leyla scompigliò i capelli del figlio sorridendogli, ma nella sua testa c'era solo una frase che rimbombava all'infinito "ci hanno attaccati, io per difenderlo".

In quei giorni si era riposata molto, aveva dormito in una comoda brandina, aveva aiutato in lavanderia e mangiato due volte al giorno eppure quello era il prezzo che dovevano pagare, il rischio che suo figlio perdesse la vita.

Non poteva che sentirsi un totale fallimento come madre, a volte si ritrovava a pensare che Connor sarebbe stato meglio in qualunque altra famiglia che non con lei, si sentiva come se ogni cosa che facesse non fosse mai quella giusta o abbastanza.

Era in apprensione per la maggior parte del tempo, come quando tieni i muscoli in tensione per troppo e faresti di tutto per ritrovare una sensazione di rilassamento e calma, ma lei quella sensazione non sapeva più dove trovarla.

Non poteva chiedere al suo bambino di tornare in quella vecchia casa, gelata d'inverno e bollente d'estate, con il tetto che nemmeno li riparava dalla pioggia, senza nulla da mangiare e neppure un letto dove dormire.

Da quando Vic, suo marito, li aveva lasciati soli, Leyla aveva sempre più faticato a trovare un lavoro ben pagato, con la guerra e i tempi che correvano nessuno era più disposto a pagarla per le mansioni svolte, delle volte i padroni sembravano darle i soldi per pena, mentre altre volte riceveva solo una parte del compenso.

Non avevano un orto o del bestiame per le prime necessità ma molti debiti da ripagare.

-Ora riposati un po', deve essere stancante stargli dietro- mormorò facendolo sdraiare e rimboccandogli le coperte cercando a scacciare quei pensieri.

Connor si distese con un sospiro, perché certe cose dovevano capitare proprio a lui? 

Aveva cercato di negarlo, di non farci caso eppure adesso sentiva il bisogno di buttare tutti quei sentimenti fuori.

-Mamma, lo trovo carino- bisbigliò per non farsi sentire da altri.

-Ah si?- sua madre gli sorrise e gli accarezzò i capelli, in effetti, si era chiesta già da tempo quando il figlio si sarebbe confidato apertamente con lei, di solito si limitava a parlargli del Principe con gli occhi che brillavano e con un'emozione che aveva dimenticato potesse essere espressa.

Connor sbuffò, immerso nei propri pensieri.

-Devo farmela passare e poi a lui sicuramente piacciono le ragazze-

-E da cosa lo deduci?-

Connor si arrese distogliendo lo sguardo.

-Ecco appunto- ridacchiò la madre iniziando a fargli il solletico. 

Le guance del ragazzino si fecero rosse mentre annaspava e contorceva nel tentativo di respirare tra una risata e l'altra.

-Ah ma allora ti ricordi ancora come si fa a ridere! Quello è un musone, non sorride mai, sembra quasi che non lo sappia fare- Leyla scoppiò a ridere ma a Connor si raggelò il sangue, non aveva mai visto Death sorridere.

-Non è una cosa triste?-

La madre si bloccò imbarazzata e allo stesso tempo colpita dalla sensibilità del figlio.

-Se davvero non lo sa fare è orribile-

-Già-

Come aveva potuto non notarlo prima? Si morse un labbro iniziando a chiedersi se mai fosse stato felice o cosa lo abbia portato a cancellare quell'emozione dal proprio volto.

-Magari se sorridi spesso potrebbe imparare- mormorò dolcemente la madre non sopportando di vedere il figlio in preda alla preoccupazione.

Connor annuì, non aveva idea se la cosa potesse funzionare ma valeva la pena tentare.

-Va bene, ci proverò-

-Devi fare solo ciò che vuoi e che ti senti, se vuoi che sorrida allora impegnati per farlo, altrimenti puoi lasciare perdere, sai?-

Lui la interruppe.

-Mi basta guardare i suoi addominali, mamma, il sorriso viene spontaneo-

La donna scoppiò a ridere sinceramente divertita attirando l'attenzione di tutta la servitù con cui condivideva la camerata.

Connor arrossì ma non poté fare a meno che pensare che se c'era qualcuno in grado di insegnare la felicità ad una persona quella sarebbe potuta essere solo sua madre.


Historia stava camminando nelle segrete, avrebbe dovuto essere scocciata e irritata, avrebbe dovuto sentirsi ingannata per l'ennesima volta, eppure non riusciva a smettere di sorridere mentre dei soldati la conducevano alla cella in cui Jake era stato rinchiuso.

La donna si soffermò a guardalo, era seduto sul pavimento con la schiena appoggiata al muro, la testa leggermente inclinata all'indietro e un braccio mollemente appoggiato sul ginocchio piegato.

Appena la vide si tirò in piedi, raddrizzando la schiena, aprì la bocca per parlare ma Historia lo precedette scoppiando a ridere.

-Nono, nulla da ridire, ottimo metodo, davvero- 

Jake sbuffò distogliendo lo sguardo.

Bastò un cenno della donna per convincere i soldati a liberarlo.

L'uomo si passò una mano dietro la testa massaggiandosi il collo.

-E' difficile con quello- brontolò.

-Con Death che combinerai allora?-

-Ci sto pensando, ma il suo servo potrebbe essere un problema- 

Historia alzò gli occhi al cielo.

-E' solo un servo, concesso che si frapponga, non ha alcun potere e non penso che Death si fidi in alcun modo di lui, non lo starà a sentire.-

Jake annuì non poteva usare fin da subito i propri poteri o la situazione sarebbe solo potuta peggiorare, sarebbe stato scoperto e a quel punto nemmeno Historia avrebbe potuto proteggerlo come promesso.

-Mi devi ancora dire come mai Death a questo carattere-

La donna si fece ad un tratto seria, sembrò quasi irrigidirsi.

-Credo di non poterlo fare-

Jake alzò un sopracciglio.

-Credi?-

-Va bene, rettifico, non posso farlo-

Jake sbuffò.

-E Logan? Nemmeno lui sembra poi così affabile-

-Ah Logan è sempre stato uno stronzo di prima categoria, tu dagli una regola e lui la userà contro di te-

-E non c'è un motivo specifico per il suo comportamento?-

-Perché ti interessa tanto?- Historia si fermò davanti la porta della propria stanza e lo fissò negli occhi.

-Magari per quello che devo fare, dai, non essere gelosa, tu mi intrighi più di lui-

Historia rimase interdetta, con la bocca semiaperta come se si sentisse in dovere di ribattere e al contempo non trovasse le parole per farlo.

Quel commento era del tutto inappropriato e non c'era un filo logico in ciò che Jake diceva.

L'uomo si godette la sua espressione per un po' ma poi preferì chiarire.

-Sto scherzando mia Signora, a volte ridere non fa così male-

-Sono stata educata a non farlo- rispose freddamente. 

-Va bene, va bene, tornerò domani mattina per altre informazioni-

Historia lo guardò andarsene, l'indomani sarebbe tornato eppure lei non era sicura di voler spiegare determinate cose ad un uomo che aveva appena conosciuto.

Aveva sempre pensato che fosse colpa sua, per questo aveva cercato di rimediare a suo modo alla situazione eppure non era ancora pronta ad affrontare tutto quello che fino ad allora era rimasto solo nella sua testa, dirlo ad alta voce avrebbe reso tutto troppo reale, un'altra persona avrebbe capito che il vero mostro di quel castello non era né suo figlio né il nipote ma lei.

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Capitolo 8
*** 8 ***


Death stava dormendo profondamente quando una mano gelida gli scosse piano il braccio, aprì gli occhi di scatto e il suo sguardo, nel buio, incontrò quello spaventato di un bambino.

Gli occhi blu erano pieni di lacrime, dal naso colava del moccio e l'espressione era distorta dal terrore.

-Verrà a prendermi- mormorò con voce tremante.

Death si alzò di scatto, il cuore batteva all'impazzata, nascose quel bambino dietro di sé come se il suo corpo sarebbe bastato a proteggerlo mentre il respiro si faceva irregolare creando delle nuvolette di vapore e la vista si appannava nel tentativo di trattenere le lacrime di terrore.

-L-la luce- le sue mani tremavano mentre invano cercava di accendere una candela coi propri poteri, era tutto inutile, la stanza era troppo fredda.

Dei passi e una risata tuonarono per l'intero palazzo, la candela gli cadde dalle mani e il bambino corse via piangendo.

-NO! ASPETTA!- Death lo rincorse, se si fossero separati Lui lo avrebbe preso, quel bambino non ce l'avrebbe mai fatta da solo. 

Il cuore sembrava dover uscire dal petto, il suo corpo tremava in modo incontrollato e le lacrime gli rigavano il viso.

"Ti prego, Ti prego, dove sei?!" non riusciva a pensare a nient'altro, non riusciva quasi a respirare, se solo si fosse fermato sarebbe crollato.

Svoltò un angolo, percorse una grande scalinata verso il piano superiore saltando i gradini due a due e poi improvvisamente eccolo lì.

Un'ombra più alta di 7 metri, il corpo si confondeva con l'oscurità, la schiena era arcuata a causa del soffitto troppo basso, il muso triangolare come il teschio di una capra, le corna arricciate all'indietro, quegli occhi sgranati che sembravano rubargli l'anima e quel sorriso che lo faceva tremare.

Ora era fianco a fianco al bambino che piangeva e tremava, Death era totalmente bloccato, non poteva parlare, non poteva pensare, non poteva respirare.

Sentiva il proprio corpo farsi sempre più molle come se dovesse svenire da un momento all'altro eppure lui era il più grande.

Doveva reagire. 

Doveva fare qualcosa.

Tutto questo doveva finire.

Doveva salvare quel bambino. 

Doveva fargli coraggio.

-Tu non mi fai paura!- gridò con tutte le proprie forze, la voce incrinata dal pianto, strozzata come se si fosse dimenticato di respirare, il cuore gli pulsava nelle tempie e il sudore gli colava sulla schiena con un brivido.

Ma Lui rise di quel futile tentativo, aveva paura, no, provava terrore solo a stare di fronte a lui.

La risata riecheggiò nelle loro teste e il bambino disperato cedette all'orrore della disperazione iniziando ad gridare.

Death si tappò le orecchie così forte da farsi male, avrebbe voluto strapparsi i capelli, avrebbe preferito farsi trafiggere pur di non sentirlo nella propria testa. Avrebbe dato qualsiasi cosa per farlo sparire. 

Sentì il suo cuore quasi esplodere mentre il suo urlo si univa a quello del più piccolo, mentre ancora una volta cedeva e falliva.


Death si mise seduto di scatto svegliandosi, aveva urlato per davvero.

Il suo respiro era irregolare e il cuore batteva all'impazzata come dopo una corsa.

Si alzò accendendo con una sola alzata di braccio tutte le candele presenti nella stanza per poi cercare con lo sguardo un qualche segno della presenza di quel bambino nella sua stanza.

Tirò un pungo al muro, era solo un sogno eppure ancora una volta lo aveva abbandonato, non era riuscito a salvarlo.

Era solo un codardo. 

Tirò un calcio ad un armadio, rovesciò il tavolo, prese una sedia dallo schienale e la scaraventò con tutta la propria forza contro il muro gridando e piangendo.

Perché? 

Perché non riusciva mai a salvarlo? 

Perché doveva bloccarsi in quel modo ogni volta?

Da solo quel bambino non ce l'avrebbe mai fatta.


Connor deglutì entrando in quella camera, anche quella sera l'urlo di Death gli aveva gelato il cuore, aveva detto alle guardie che ci avrebbe pensato lui, ma ora non era più del tutto sicuro di farcela.

-Death?- 

Il ragazzo era seduto al centro della stanza, lo sguardo assente, ogni tanto si portava alle labbra una bottiglia, l'odore di vino di prima mattina lo nauseava.

Con una smorfia gli si avvicinò lentamente chinandosi alla sua altezza per farsi notare. 

-State bene?-

-Si- Death distolse lo sguardo appoggiando sul pavimento la bottiglia.

-Avete fame? Vi porto la colazione-

-No, non ho fame- il suo tono di voce era basso ma deciso come se avesse voluto urlare ma non ne avesse avuto la forza.

-Non potete non mangiare, il cibo andrà buttato e sarebbe uno spreco-

-Mangialo tu-

-E' la vostra colazione, Sire, inoltre ho già mangiato-

Connor si morse un labbro, alla servitù non davano la colazione, erano già grati di ricevere un pranzo e una cena, una parte di lui si arrabbiò con quell'arrogante ragazzino viziato ma un'altra non poteva che provare pena.

-Beh, peccato- Death lo guardò negli occhi, era chiaro lo stesse sfidando, Connor si rese conto che non sarebbe mai riuscito a spuntarla e lasciò perdere lanciandogli un'occhiataccia.

Death si alzò, stare in camera ultimamente lo faceva sentire come se stesse per soffocare.

Connor lo lasciò andare, lì dentro aveva già abbastanza lavoro e forse il ragazzo se ne andava proprio per stare lontano da lui.

Si diresse nella stanza al pian terreno nell'ala Nord, quella occupata dalla milizia, era una stanza che suo padre aveva adibito apposta per lui, lì poteva allenarsi e sfogarsi.

Le pareti erano state costruite dai migliori uomini con poteri di rinforzo e isolamento, erano spesse il doppio del normale e resistenti dieci volte tanto, lo stesso trattamento era stato riservato a pavimento e soffitto.

Non c'erano finestre e anche gli inserti che usava per allenarsi era stati costruiti con le leghe più forti di ferro.

Death accese le torce con una leggera alzata di mano per poi guardarsi attorno.

In passato aveva passato pomeriggi interi insieme a Dylan in quella stanza, da bambino pensava che quello fosse un luogo speciale, creato appositamente per reggere al suo divertimento ma crescendo la verità gli si era parata davanti, imprevedibile e dura come una martellata in faccia.

Quella stanza era stata creata semplicemente per contenere la sua furia distruttiva, era una gabbia di cemento.

Death vi entrò bevendo a grandi sorsi il vino dolciastro che era riuscito a fregare dalle cucine.

Quella stanza era una gabbia eppure era stata costruita per contenere la sua forza ma i parametri e le potenzialità erano stati calcolati quando aveva 8 anni di meno.

-Vediamo se ho distrutto anche le tue aspettative, padre- disse fra sé e sé.

Si pose al centro della stanza e scatenò tutto il proprio il potere.


Il terreno sotto i piedi di Connor tremò, si dovette aggrappare al pesante armadio per non cadere.

Quando aveva deciso di lasciar andare Death lo aveva fatto perché pensava di aver abbastanza lavoro lì nella sua stanza, aveva dato per scontato che non sarebbe successo nulla eppure...

Lasciò cadere la scopa con la quale stava spazzando il pavimento ricoperto di cocci e si mise a correre, una mano sempre appoggiata al muro per non perdere l'equilibrio, il cuore gli scandiva i battiti nelle orecchie, la vena sulla tempia destra pulsava, se qualcuno si fosse introdotto al castello i soldati lo avrebbero sicuramente saputo, dal giorno in cui l'aveva salvato in sala pranzo controlli e sicurezza erano raddoppiati.

"Ti prego fa che stia bene" non poteva che ripeterselo mentalmente mentre lo cercava per tutti corridoi.

Poi tutto si placò.

Le persone erano terrorizzate, alcune correvano fuori altre si nascondevano, lì i terremoti erano rari e non in molti sapevano come comportarsi. 

-Dov'è il Principe?- chiese agitato cercando di fermare la fuga di almeno uno di essi.

-Nord-

Non sapeva se quel ragazzo lo avesse urlato a lui, non sapeva se avesse capito chi stesse cercando eppure era l'unico indizio che aveva.

Corse a perdifiato per tutta l'ala Nord e poi eccolo lì.

Una parte del castello era distrutta.

Death era seduto tranquillo in mezzo le macerie, sembrava persino godersi l'aria fresca mentre sorseggiava del vino.

Connor assistette alla scena a bocca aperta. 

Le emozioni litigavano per venire a galla.

Era sollevato perché Death stava bene.

Era irritato perché era stato chiaramente lui a provocare tutto quello scompiglio e spavento nel Palazzo.

Era impressionato dalla sua potenza.

Era arrabbiato perché ancora stava affogando la rabbia nell'alcol.

-Non dovreste bere così tanto-

-Perché?- Death chiuse un occhio come per cercare di guardare qualcosa all'interno della bottiglia, Connor capì solo in quel momento quanto dovesse essere ubriaco, il Principe insisteva ad avvicinare l'occhio chiuso al bordo.

-Perché vi fa male- lasciò perdere la stanza e gli si avvicinò prendendogli di mano la bottiglia.

-Mi dispiace, ma voi siete il Principe e dovete essere sobrio in caso di attacco-

-Mh- Connor lo aiutò ad alzarsi, doveva portarlo fuori da lì prima che arrivasse il Re o lo avrebbe punito di nuovo.

-Non mi importa-

-Non vi importa del vostro regno?-

Death parve rabbuiarsi come se avesse toccato un tasto dolente.

-Non sono adatto a fare il Re, chiunque saprebbe fare di meglio.-

Death si stava sempre più appesantendo su di lui, la sua testa ormai era a ciondoloni e teneva entrambi gli occhi chiusi, lo portò nella prima stanza vuota integra che trovò e lo fece sdraiare stando attento che non picchiasse la testa.

-Non è vero, voi potete essere meglio di... vostro padre-

Death si voltò a pancia in giù, la sua schiena era rigata da del sangue, le ferite dovevano essersi riaperte a causa dello sforzo.

Attese che il suo respiro si regolarizzasse e poi passò delicatamente le mani sulla sua pelle, curandola.


Quando Death si svegliò trovò accanto a sé il pranzo ormai freddo.

Sotto la testa aveva un cuscino e qualcuno lo aveva coperto con un mantello.

Si stropicciò gli occhi aspettando che si abituassero alla luce. 

-Finalmente-

Il Principe si girò stupito a guardare quel ragazzino, era davvero rimasto con lui tutto il tempo aspettando si svegliasse?

Si passò una mano tra i capelli un po' confuso mentre iniziava a mangiare in silenzio.

Non ricordava esattamente cosa fosse successo ma aveva la netta sensazione di essere nuovamente in debito con Connor e la cosa non gli piaceva.

-Mi annoio- sospirò alzandosi.

Girovagò a lungo per il castello con un'espressione annoiata fino a ritrovarsi davanti l'uscita secondaria che aveva usato l'ultima volta.

Il posto era molto cambiato, era stato ripulito, illuminato e davanti la porta c'erano due guardie che avevano l'aria di sentirsi completamente inutili.

Connor aveva riconosciuto quei corridoi, non riusciva a capacitarsi della sua volontà di uscire di nuovo con le ferite che gli aveva inferto il padre come punizione. 

Solo il pensiero avrebbe dovuto dargli la nausea come l'aveva lui. 

-Death non potete-

-Mi annoio- sospirò.

-Lo capisco ma non potete uscire, mi dispiace, il Re vi punirebbe di nuovo-

-Tsk- Death colpì con tutta la propria forza un tavolino appostato li di fianco, una delle quattro gambe si spezzò facendo cadere il vaso di porcellana che vi era sopra come ornamento.

Connor deglutì, ormai distruggere le cose era la sua reazione a tutto, alla paura, alla rabbia e anche alla frustrazione.

-Vi va di giocare a qualcosa? Così non vi annoiate-

-Giocare?- Death lo guardò corrugando la fronte, perplesso.

Il ragazzino annuì per poi pensare ad un gioco tranquillo che potessero fare.

-A scacchi! Sapete giocare?-

Il principe scosse la testa.

-Combattiamo-

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Capitolo 9
*** 9 ***


Connor ci pensò su, non aveva idea delle intenzioni che l'altro ragazzo potesse avere, Death lo aveva visto combattere e perdere il controllo, non aveva motivo per rischiare tanto a meno che non lo ritenesse proprio per quello un degno avversario.

-Va bene, ma dove?-

Il Principe alzò le spalle.

-A questo punto una palestra vale l'altra-

Si avviò poi verso l'ala Nord.

Entrarono in una palestra traboccante di gente, ovunque c'erano ragazzi della loro età, anno più anno meno, che si bloccarono nel bel mezzo delle proprie attività nel vederli entrare.

In mezzo secondo ad interrompere il silenzio c'erano solo i loro respiri affannati.

-Principe Death quale lieto evento! Volete allenarvi con i miei ragazzi?-

Death non degnò neppure di uno sguardo l'ufficiale che gli si era avvicinato.

-Voglio che vi levate di torno entro 20 secondi-

Connor poté vedere l'uomo deglutire mentre, senza lasciar trasparire il nervoso, annunciava la fine degli allenamenti.

Tutti avevano paura di Death e in effetti il suo sguardo era capace di farti pensare ti avrebbe ucciso, tutti lo trattavano come un mostro, come una bestia feroce contro cui non si può vincere e forse anche lui ormai pensava di esserlo.

Quando la porta si chiuse alle spalle dell'ufficiale, l'ultimo ad abbandonare la stanza, il Principe si concentrò su di lui.

-Non attacco mai per primo- disse mettendosi in posizione di difesa.

Connor lo guardò perplesso, nella sua mente Death attaccava e basta, di certo la mobilia che arredava la sua stanza non gli aveva teso un agguato nel sonno.

-Va bene- sospirò, non era il caso di farglielo notare.

Connor tirò un pugno ad una distanza tale da creare una forte folata di vento per fargli perdere l'equilibrio e scagliarsi su di lui, le loro stazze erano troppo diverse perché riuscisse ad atterrarlo senza prima apportare degli accorgimenti.

Nonostante questo Death si mosse così velocemente che il ragazzino si ritrovò bloccato faccia al muro prima ancora di poter reagire.

-L'unico che può battermi, sono io- gli bisbigliò all'orecchio.

Connor doveva ammetterlo, Death era forte, probabilmente anche dopo quell'incontro non avrebbe potuto immaginare la sua vera potenza eppure l'idea che lo sottovalutasse non gli andava a genio.

All'improvviso si slanciò all'indietro colpendolo con una testata sul naso, la presa del Principe si allentò appena ma Connor era deciso a sfruttare a pieno quella manciata di millisecondi.

Si divincolò con decisione liberandosi e afferrò un suo braccio, gli avrebbe fatto lo sgambetto, Death sarebbe caduto e lui gli avrebbe contorto il polso fino a portarlo al punto di rottura.

Questo quanto meno era il suo piano.

Non appena la sua mano toccò la pelle del braccio dell'altro, il suo corpo fu attraversato da una scarica elettrica che gli strappò un gemito di dolore, il ragazzo lo strattonò colpendolo allo stomaco con una ginocchiata.

Connor si sentì svuotare i polmoni da tutta l'aria ma poi Death lo colpì anche con una gomitata dietro il collo che lo fece crollare in ginocchio.

La sua vista si appannò per qualche secondo mentre con qualche doloroso colpo di tosse cercava di tornare a respirare. 

Al braccio aveva una sensazione di bruciore e fastidio, i suoi muscoli si contraevano e rilassavano presi da degli spasmi.

La gomitata era stata altrettanto decisa quanto precisa, aveva colpito appositamente il nervo che si trova in quella zona, se ci avesse messo solo un altro po' di forza sarebbe probabilmente svenuto, ma forse Death aveva pianificato anche quello, forse stava testando quanto potesse resistere.

In quanto combattimento corpo a corpo doveva riconoscere fosse più competente di lui. 

-Siete la prima persona che mi tiene testa-

Death alzò le spalle non curante e bevve un sorso d'acqua.

-Sono stato addestrato fin da piccolo-

-Volete continuare?-

Connor era infervorato avrebbe tanto voluto dimostrargli quanto anche lui fosse forte e allo stesso tempo avrebbe potuto constatare la vera forza del futuro Re di Sodrét.

-Che poteri hai?- odiava quando Death rispondeva alle sue domande con altre domande su argomenti diversi ma il semplice fatto che si stesse interessando di lui gli faceva battere il cuore un po' più forte.

-Ho poteri curativi e anche poteri di combattimento molto forti, ma avete potuto già vedere che perdo il controllo a volte-

-Quello non è un problema che mi riguarda-

-Certo, con voi farò di tutto per non perdere il controllo, oggi sono andato bene- Connor gli sorrise e notò che il Principe si soffermò un po' di più a guardargli le labbra, forse sua madre non aveva tutti i torti, forse se avesse continuato a sorridergli un giorno avrebbe imparato.

-Ok- rispose passandogli dell'acqua ma poi notando che Connor si limitava a tenerla in mano si trattenne dal mettersi una mano in faccia.

-Bevi se hai sete-

-Posso? Ma ci avete bevuto voi da qua-

-Fai anche lo schizzinoso?- Death alzò un sopracciglio. 

-No no! Pensavo desse fastidio a voi- Connor bevve avidamente qualche sorso anche se più all'acqua era interessato a scoprire il sapore del ragazzo.

Death non distolse lo sguardo neppure un secondo da lui, non poteva riuscire a credere che qualcuno con quel potenziale fosse così povero come Connor aveva sostenuto.

Aveva poteri curativi più potenti del Dottor Van De Meer eppure non aveva preso il brevetto del dottore, con quelle abilità sarebbe entrato nell'accademia senza battere ciglio e gli avrebbero consegnato da subito il brevetto per l'utilizzo dei poteri, senza contare che con il resto delle abilità combattive sarebbe potuto essere una risorsa importante per l'esercito, dunque perché non arruolarsi?

-Vi serve qualcosa?- 

Connor era arrossito sotto quello sguardo indagatore e dall'altro canto Death non poté che sentirsi un subdolo calcolatore alla stregua del padre.

Connor era Connor.

Era la prima persona gentile con lui. 

-No-

Così gentile che a volte era terrorizzato da lui.

Cercò di occupare i propri pensieri con qualche esercizio di potenziamento, fece piegamenti, flessioni, addominali.

Connor rimase pazientemente ad osservarlo, infondo non gli dispiaceva stare con Death, quando era calmo non era così male.

-Mio signore, si è fatta ora di cena, perché non andate a lavarvi? Vi porterò la cena non appena sarà pronta-

Death scosse la testa.

-No, va' pure da tua madre, oggi ceno in sala da pranzo, lì ormai è pieno di guardie quindi hai il resto della giornata libera-

Era da tempo che Jake gironzolava nel suo ufficio, Historia stava cominciando ad innervosirsi, aveva ancora qualche pratica burocratica che necessitava la sua firma da leggere e nonostante l'uomo avesse anch'esso del lavoro piuttosto complicato da fare sembrava amasse procrastinare.

-Ho del tempo libero se vuoi- disse non appena anche l'ultima pratica fu firmata.

-Che vorresti fare?- Jake le si avvicinò sorridendole ammiccando.

Historia sbuffò.

-Smettila con queste cose-

-Ma se ti piacciono- rise guadagnandosi un'occhiataccia.

-Non guardarmi così- l'uomo gli si avvicinò ma Historia non perse tempo, si alzò e andò verso la porta lasciandolo a bocca asciutta.

-Dove vai?-

-Lontano da te- disse lei, aprendo la porta.

-Ma non ti ho fatto nulla- la donna alzò gli occhi al cielo, odiava ripetersi.

-Ti ho detto di smetterla con i tuoi atteggiamenti anticonvenzionali-

-Va bene, scusa- Jake tenne lo sguardo basso mentre lasciava la stanza.

Di solito le donne cadevano ai suoi piedi complice il bell'aspetto e i suoi modi sicuri di approcciarsi, ma Historia pareva diversa. 

Aveva incontrato poche donne come lei, era più grande di lui di una decina di anni eppure il tempo pareva essere stato piuttosto clemente con lei. 

I capelli sempre ben legati e tenuti in ordine non erano ancora stati del tutto segnati dal bianco della vecchiaia, qualche ciocca bionda ricordava le sue nobili origini, così come quei occhi di un azzurro glaciale che si scioglievano non appena faceva una battuta stupida per farla ridere. 

Jake sospirò beatamente al ricordo del sorriso di lei, le rughe attorno ai suoi occhi si facevano più marcate e delle piccole fossette le segnavano le guance.

Prima o poi anche Historia sarebbe caduta ai suoi piedi, era questione di tempo, Jake, infondo, otteneva sempre ciò che voleva.

Quando Death entrò in sala da pranzo la trovò quasi del tutto vuota, c'era solo qualche servo che si affrettava a concludere i preparativi, le guardie erano al loro posto di fronte ad ogni entrata, alcuni ospiti chiacchieravano in disparte tra di loro ignorando la sua presenza.

Il ragazzo si sedette a tavola, non veniva spesso in sala a mangiare, odiava il casino e quelle persone ipocrite e noiose, molto spesso nessuno gli rivolgeva la parola un po' come se lui non esistesse, come se fosse invisibile.

Aveva appena addentato una coscia di pollo quando un uomo mai visto prima si sedette nel posto libero di fianco al suo.

-Buonasera-

Death lo osservò per qualche secondo stranito, come se non fosse del tutto sicuro ce l'avesse con lui.

-Ciao..- mormorò infine riprendendo a mangiare.

-Sono Jake, piacere- l'uomo si passò una mano tra i folti capelli rossi facendogli un occhiolino.

Il ragazzino sentì le proprie guance pizzicare e distolse lo sguardo limitandosi ad annuire, ogni presentazione per il Principe di Sodrét sarebbe risultata superflua.

-Certo che non deve essere facile vivere qui, sono tutti così antipatici- Jake diede un morso alla coscia di pollo sospirando ma poi spostò di nuovo la propria attenzione su di lui, guardandolo con la coda dell'occhio. -Non mi stupisce che tu voglia scappare-

Death sgranò gli occhi e per poco non si strozzò, voltò la testa di scattò alla sua destra, ma il posto a capo tavola ancora era vuoto, suo padre non c'era, si guardò con circospezione tutto attorno, in effetti nessuno dei pochi presenti sembrava fare caso a loro.

-Non la pensi come me?-

-Insomma- Death decise di stare sul vago, poteva essere una spia del padre o qualcosa del genere.

Consumò la propria cena e chiese del latte caldo con miele.

-Tuo padre è molto severo- commentò.

Jake bevve un sorso di vino, conversare con quel moccioso era più difficile del previsto aveva l'impressione di star facendo un monologo, come se Death non fosse in grado di intrattenere una normale conversazione alla pari con uno sconosciuto.

Jake lo vide di nuovo guardarsi attorno e innervosirsi.

-Di cosa hai paura? Ti vedo nervoso-

Il ragazzo gli rivolse un'occhiata gelida sembrava una bestia pronta ad attaccare.

-Io non ho paura di niente- sibilò a denti stretti per poi alzarsi e avviarsi verso l'uscita portandosi con sé il barattolo di miele.

-Aspetta! Posso raggiungerti nella tua stanza?-

Death lo osservò per un po' pensando, se le idee che aveva circa quel posto e il Re fossero state vere sarebbe stato interessante parlare con lui.

Annuì per poi precederlo.

Jake guardò disgustato il ragazzino portarsi alle labbra un cucchiaio carico di miele, quello era già il terzo che mangiava e ancora si chiedeva come riuscisse a non vomitare.

Distolse lo sguardo affacciandosi alla finestra per togliersi quella sensazione di nausea.

-Qui puoi parlare liberamente-

Sospirò non ricevendo risposta, sentiva il suo sguardo puntato su di lui, Historia l'aveva già avvisato che con lui sarebbe stato più difficile instaurare un rapporto di fiducia.

-Hai mai visto com'è bella la città di notte? Soprattutto adesso che c'è il festival-

Death si morse un labbro.

-Tu vieni dalla città?- si sentiva stupido a porre sempre la stessa domanda a tutti quanti, ma proprio non poteva farne a meno.

-Sono un viaggiatore, ma mi sono fermato qui per un po'-

Death si cacciò in bocca l'ennesimo cucchiaio di miele eppure Jake l'aveva notata quella piccola reazione, come se per pochi secondi al ragazzino fossero brillati gli occhi.

Aveva fatto centro.

-Ti va di andarci stasera? Al festival intendo, non lo saprà nessuno- gli sorrise facendogli un occhiolino ma Death scosse la testa con una strana smorfia.

-Non posso uscire dal castello-

-E se il tuo servo ti coprisse per un paio d'ore? So che ti fidi particolarmente di lui-

Death rimase a fissarlo per un po' in silenzio tormentandosi il labbro inferiore.

Jake sorrise, ancora una spintarella e avrebbe accettato.

-Bhe, di certo non voglio obbligarti, se non vuoi non importa-

-Voglio!- rispose prontamente.

Le labbra dell'uomo si distesero in un ghigno.

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Capitolo 10
*** 10 ***


Il cuore di Death batteva all'impazzata, lo stava per fare, tra poco sarebbe andato in città.

Questo era ancora meglio delle sue scappatelle al laghetto.

Avrebbe incontrato altre persone, avrebbe potuto vedere dei ragazzi della sua età, avrebbe camminato su una vera strada al fianco di carrozze e cavalli, avrebbe percorso i vicoli formati dalle piccole case ammucchiate, avrebbe respirato i profumi della cucina del suo popolo, avrebbe sentito la musica, ammirato le danze, i colori e forse, forse sarebbe anche riuscito a vedere com'era un mercato.

Quando ne aveva parlato a Connor, il ragazzo gli era sembrato deluso, non gli piaceva la sensazione che gli dava.

Death sospirò, ci avrebbe pensato la mattina seguente.

Era avvolto in un vecchio mantello che gli aveva trovato Jake, lui era uscito per primo, gli aveva spiegato il punto esatto in cui si sarebbero incontrati: davanti la porta sul retro del fienile della scuderia, per arrivarci avrebbero seguito due strade diverse in modo da non destare troppi sospetti.

Non dovette aspettare molto, anche se gli parve un'eternità, perché Jake lo raggiungesse.

L'uomo gli sorrise avvicinandoglisi e gli calcò il cappuccio in testa.

Death arrossì e distolse lo sguardo quando gli avvicinò un dito alle labbra per imporre il silenzio.

Jake lo condusse per diversi sentieri, ormai il Sole era tramontato e la luce della Luna non riusciva a rischiarare abbastanza il loro cammino.

Da quel punto la collina, in cima alla quale era situato il Palazzo Reale, si frapponeva alla vista della città così che Death non potesse accorgersi di quanto fosse vicino finché non uscirono dal bosco.

Jake aveva proseguito il proprio cammino eppure non udiva i passi del Principe dietro ai suoi.

Quando si voltò gli scappò un sorriso nel vederlo con quell'espressione affascinata e stupita così infantile.

Finalmente il suo sogno si era realizzato era in città, da lì il palazzo pareva solo un'insieme di pallini luminosi.

Il lumiere si stava occupando di illuminare le strade in bilico su una buffa scala che non aveva mai visto, un gruppo di bambini li superò correndo, giocando a prendersi l'un l'altro con in mano dei bastoncini che producevano scintille colorate, quando giunsero alla strada principale Death sentì gli occhi farsi umidi.

C'erano così tante persone che quasi non c'era spazio per passare, nell'aria aleggiava un buon profumo di carne, spezie e dolci, c'era un gran vociare ma alcune persone provavano a sovrastare quel rumore per attirare l'attenzione sulla propria merce.

Alcuni di loro avevano dei tavoloni di legno imbanditi da deliziose prelibatezze, altri mostravano oggetti utili o preziosi.

Alcune persone suonavano e cantavano, ballavano, ridevano e mangiavano, ogni cosa aveva un suo colore, un suo odore e un suo sapore.

Non si era mai sentito così piccolo.

Death si era immobilizzato di nuovo, Jake passò piano un pollice sulla sua guancia per asciugare una lacrime coraggiosa, sfuggitagli dal controllo.

"Allora ce l'hai un cuore" pensò.

-Vieni, stammi vicino- gli sussurrò in un orecchio

Death si aggrappò con una mano alla stoffa del mantello di Jake mentre entrambi si avventuravano lungo la via del Festival.

-Ti va di provarli? Sono buoni- Jake porse un paio di spiedini al Principe che lo guardava a bocca aperta.

-Posso?-

-Certo- gli fece un sorriso di incoraggiamento e Death sta volta li agguantò e assaggiò.

Non aveva mai mangiato nulla del genere e la salsa bianca che condiva i vari ingredienti gli dava una strana sensazione di bruciore che lo faceva sentire accaldato.

Mentre mangiava Jake pensava a dove altro avrebbe potuto portarlo, avevano pochissimo tempo a disposizione, sapeva già di averlo in pugno per quella uscita ma doveva stare attento che ogni esperienza fosse delle più positive, avrebbe voluto portarlo a vedere gli spettacoli in piazza ma lì forse la confusione sarebbe stata troppa per qualcuno come Death anche se, dall'altra parte, il ragazzino sembrava parecchio affascinato dalla musica e dai balli.

Optò per la via in cui gli artisti si esibivano, c'erano cantautori di ogni dove, ballerine di altri regni, strumenti mai visti.

Death non faceva altro che indicargli ogni cosa come un bambino con gli occhi pieni di meraviglia e sorpresa, persino lui iniziò a credere ci fosse qualcosa di magico.

-Mi dispiace, piccolo, ora dobbiamo andare-

Il ragazzo mise su un broncio adorabile ma annuì consapevole del fatto che non potevano permettersi di rischiare troppo.



Historia stava svolgendo il solito noioso lavoro nel suo ufficio quando qualcuno bussò alla porta.

-Avanti!- esclamò senza spostare gli occhi stanchi da quei documenti ingialliti e stropicciati nel tentativo di capirci qualcosa.

I conti non tornavano, avevano troppe poche entrate e moltissime uscite, di questo passo la guerra avrebbe prosciugato Sodrét nel giro di pochi mesi.

Jake varcò la soglia sorridendo, adorava vedere quell'espressione concentrata sulla donna, si formava un solco tra le sopracciglia e soleva arrotolarsi una ciocca di capelli attorno ad un dito, come se la cosa la aiutasse a pensare.

-Buona sera- 

-'Sera- rispose alzando finalmente lo sguardo.

-Che fai?- Jake si prese la libertà di non aspettare un cenno dell'altra per accomodarsi nella poltrona libera che stava dall'altro lato della grande scrivania in mogano.

-Lavoro- Historia si lasciò sfuggire un sospiro sconsolato mentre lasciava cadere i fogli che aveva tenuto sospesi fino a quel momento. -Hai novità per me?-

-Sono stato con Death, tranquilla, sta andando bene-

Lo guardò sorpresa e quasi balbettò -Con Death sta andando bene?-

Jake sorrise.

-Si, l'ho portato in città a vedere il Festival-

Historia cambiò di nuovo espressione, si fece pallida in viso e sgranò gli occhi mettendosi una mano davanti la bocca.

-Hai fatto cosa..?-

Jake deglutì, eppure era più che convinto di dover andare fiero dei propri risultati.

-Dovevo farlo perché si fidasse di me e poi non è sano che stia sempre rinchiuso nel castello.-

Il viso di Historia diventò bordeaux.

-Una dozzina di anni sono troppi da passare dentro quattro mura- ribadì Jake con un sospiro esasperato.

Historia si arrese. -Chi altro sa della vostra fuga?- se Logan lo avesse scoperto avrebbe condannato tutti a morte e punito Death come mai aveva fatto prima.

-Solo il servo di Death-

-E ci si può fidare? Voglio saperlo la prossima volta-

-Va bene,va bene- 

Jake non capiva, non riusciva a concepire un motivo per cui Death non potesse uscire dal castello anche se sospettava che Historia avesse semplicemente paura della reazione di quel matto di suo figlio, forse una vera ragione non c'era.

-Ok- Historia si passò una mano tra i capelli, spostando una ciocca ribelle dietro l'orecchio e allontanando da sé quei documenti che ancora la aspettavano.

-Basta per oggi- mormorò.

Jake era troppo impegnato ad osservare le labbra carnose della donna, bramoso di baciarle, per star a sentire ciò che ella gli raccontava tra numeri, scorte di cibo e guerre. 

-Ti va di bere qualcosa con me?-

Historia lo squadrò per un po', Jake era davvero un bell'uomo.

Aveva tratti marcati, capelli lisci e rossi che lui amava portare con un ciuffo, la fronte era alta e gli occhi piccoli e marroni sembravano leggerti nel pensiero, le labbra sottili e rosee, un neo sul collo, a sinistra del pomo, attirava sempre la sua attenzione mentre il suo profumo le inebriava i sensi quasi confondendola, delle volte gli impediva di pensare, così che si ritrovava a fissarlo esattamente come in quel momento.

Scosse leggermente la testa, lei non poteva permettersi più alcuna relazione, non avrebbe fatto una cosa del genere a Jake, inoltre la loro differenza di età era troppo ampia, quei 10 anni di meno lo rendevano troppo giovane, ma è anche vero che, infondo, un invinto del genere non significava nulla. 

Jake forse non conosceva ancora nessuno nel castello quindi era naturale che chiedesse a lei di trascorrere un po' di tempo insieme nel sollazzo.

Si, era così, doveva assolutamente far sparire tutti gli altri pensieri che aveva in testa.

-Certo, perché no?-

Jake le sorrise facendole un occhiolino.

-Allora ci vediamo-

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Capitolo 11
*** 11 ***


Connor stava ancora camminando avanti e indietro sul parquet della camera di Death, ormai erano passate un paio di ore da quando gli aveva chiesto di coprirlo per andare al Festival e non era ancora tornato, se suo padre lo avesse scoperto lo avrebbe punito di nuovo e questo non lo avrebbe sopportato. 

Si asciugò le mani sudate sulla stoffa ruvida dei pantaloni mentre per l'ennesima volta ripeteva a sé stesso di stare calmo, che sarebbe andato tutto bene, di concentrarsi sul compito che Death gli aveva affidato.

Cosa avrebbe detto se qualcuno fosse entrato nella stanza? 

Non aveva neanche pensato ad una scusa, tutto gli sembrava assurdo.

Si voltò di scatto con il cuore in gola quando sentì la porta aprirsi.

-Hey- 

Era Death ed era incolume.

Quasi gli scesero le lacrime mentre correva a gettargli le braccia al collo.

Stava bene.

-Sei tornato!-

Quando sentì il corpo di Death irrigidirsi capì l'enorme errore che aveva compiuto. 

Si allontanò di colpo come se si fosse scottato, il volto del Principe era rosso e confuso, si stava passando una mano dietro il collo in un evidente stato di imbarazzo come se quel gesto potesse scacciare via quella sensazione fastidiosa. 

-M-mi dispiace, non dovevo farlo- 

Si preparò a un qualche genere di sfuriata, a grida, oggetti distrutti, vetri in pezzi, si preparò persino ad essere colpito per questo rimase esterrefatto quando Death si limitò ad annuire.

-Io... è meglio che vada ora- fece un inchino e uscì dalla stanza.

Appena chiusa la porta si premette le mani sulla faccia, come aveva potuto essere così idiota?


A notte fonda Connor si stava ancora rotolando nel letto, incapace di prendere sonno, la sua mente proprio non poteva fare a meno di ricordargli la sensazione del proprio corpo vicino a quello del Principe, non lo aveva abbracciato di rimando ma nemmeno sgridato o punito e non aveva la minima idea se la cosa fosse o non fosse positiva.

Death si era subito irrigidito come se non fosse abituato a quel genere di contatto eppure non lo aveva respinto.

Connor scosse la testa, il fatto che non lo avesse allontanato non significava granché, lo aveva colto di sorpresa e si era immobilizzato, non doveva darsi false speranze, non doveva illudersi, d'altronde lui era un semplice servo, ai suoi occhi probabilmente valeva meno di nulla. 

Sospirò tirandosi le coperte fin sopra la testa quando un urlo a pieni polmoni si propagò per tutto il castello.

Connor si mise seduto di scatto, il silenzio che seguì al grido non era normale, di solito a questo punto Death aveva già iniziato a distruggere la propria stanza, ad imprecare e maledire tutti gli dei.

Si alzò senza indugiare oltre correndo verso la camera con il cuore che sembrava volergli balzare via dal petto, questa volta doveva essere successo davvero qualcosa.

Quando raggiunse la porta ne fu certo, nessun rumore spezzava quell'assordante silenzio.

Lentamente aprì la porta, forse non era stato lui a gridare.

Il Principe era ancora nel suo letto, il suo corpo si stava contorcendo, scalciava e ansimava come se gli mancasse il fiato dopo una lunga corsa. 

-Aiuto- mormorava con voce strozzata quasi come se qualcosa gli stritolasse le corde vocali non permettendogli di urlare.

Si avvicinò piano per non spaventarlo e gli prese una mano, i suoi occhi blu si aprirono di scatto, spaventati e umidi per le lacrime.

-Death, è solo un sogno-

Il ragazzo fece un sospiro lasciandosi ricadere sul morbido materasso rilassando i muscoli e spostandosi i ricci sudati dalla fronte.

-Puoi accendere le candele e portarmi dell'acqua?-

Connor annuì, era la prima volta che vedeva Death così calmo dopo uno dei suoi incubi.

Accese le candele sulla mensola e fece di corsa il tragitto che lo separava dalla fonte di acqua più vicina non volendolo lasciare da solo per troppo tempo.

-Ecco-

Death bevve tutto il bicchiere e sembrava quasi tranquillo ma dal contatto tra le loro mani, oltre a fargli venire il batticuore notò che era incredibilmente freddo.

Il suo sguardo si spostò in automatico verso le finestre aperte e sospirò alzandosi a chiuderle.

-Non potete più dormire con le finestre spalancate, vi prenderete un accidenti- a volte gli pareva di essere la sua tata.

Stava per procedere con la propria ramanzina quando una mano decisa lo afferrò per il polso facendolo cadere sul letto, in pochi secondi si ritrovò coperto fin sopra la testa e stretto al petto del Principe. 

Connor si sentì avvampare, il suo cuore sarebbe potuto esplodere, sentiva le guance pizzicare probabilmente era rosso fino la punta delle orecchie.

-Death, che fai?- mormorò incredulo.

-Shh, sei caldo- il ragazzo gli morse il collo stringendolo più forte.

Connor rimase immobile con gli occhi sgranati, Death era sudato eppure il ragazzino respirò quell'odore fino in fondo, non avrebbe mai voluto dimenticare nessun dettaglio di quel momento.

Allungò lentamente una mano tremante verso la chioma bionda, i suoi capelli erano incredibilmente morbidi, i ricci gli solleticavano le dita, sarebbe andato avanti ad accarezzarli per tutta la notte ma gradualmente la presa dei suoi denti sul proprio collo si allentò e Connor non osò più muoversi.

Se solo il tempo si fosse fermato avrebbe passato l'intera vita così, tra quelle braccia, a contatto con quella pelle e il suo profumo. 

Osservò a lungo il viso rilassato di Death mentre dormiva e si ritrovò a pensare a quali smorfie fosse in grado di fare, a volte si dimenticava che quello che aveva di fronte era un normale ragazzo della sua età, a volte gli pareva un dio ultraterreno sprovvisto di muscoli facciali che gli permettessero di sorridere, arricciare il naso e persino di piangere.

"Un giorno sorriderai e sarà la cosa più bella che avrò fatto" pensò tra sé e sé prima di addormentarsi.

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Capitolo 12
*** 12 ***


Quel giorno Connor si risvegliò tra le braccia del Principe Death, le sue guance divennero quasi subito rosse mentre lo sguardo si fissò ad osservare i ricci che contornavano i bei lineamenti del suo viso, la pelle chiara era risaltata da qualche piccola lentiggine, e un'espressione calma, per la prima volta, lo rendeva umano.

Sentiva il suo respiro caldo e regolare e, per un attimo, fece l'errore madornale di spostare lo sguardo sulle sue labbra, aveva voglia di baciarlo, di sentire che sapore avesse, di provare a fargli sentire qualcosa che non fosse odio, rabbia o paura ma semplicemente amore.

Connor si morse un labbro passando con leggerezza il dorso della propria mano, sporca, piena di calli e ferite causate dal duro lavoro, sulla sua guancia.

-Che cosa stai facendo?- la voce impastata dal sonno di Death gli fece ritrarre la mano di scatto come se così avrebbe potuto fare finta niente, la realtà era quella, erano quei due occhi lapislazzuli che sapevano guardare il mondo solo attraverso l'odio.

Avrebbe davvero voluto, anche solo per una volta, essere guardato da lui in modo diverso, gli sarebbe andato bene anche essere suo amico o un confidente, gli sarebbe andato bene qualunque tipo di affetto eppure ora non si sentiva più tanto sicuro che quel giorno sarebbe mai arrivato.

-Niente, scusa-

-Mi porti la colazione? Con il miele- guardò Death sbadigliare, stiracchiandosi, mentre il suo cuore andava in frantumi.

Connor annuì alzandosi in fretta con le lacrime agli occhi, no, per nulla al mondo avrebbe pianto davanti a lui, doveva resistere e uscire di lì il prima possibile. 

Death si toccò la guancia che Connor aveva accarezzato, il suo tocco era stato così leggero che gli aveva lasciato la pelle intorpidita, si sentiva confuso, erano le stesse sensazioni che si provano quando si prende una sberla, la pelle rimane intorpidita, il tuo stomaco si ribalta e le tue mani fremono dalla voglia di restituirla.

Quel ragazzino era fin troppo buono con lui, un mostro simile non meritava tutto questo.

Per lui la vita era strana, era una collezione di ricordi che lo avrebbero perseguitato per sempre, sapeva fin troppo bene come una parola o un gesto potessero stravolgerla, renderla un inferno.

Molti filosofi dell'epoca smentivano i religiosi dicendo che la vita era un alternarsi di paradiso e inferno, che i momenti brutti e quelli belli si susseguono, ma per Death tutto questo era una stronzata, lui, la luce del paradiso, non riusciva a vederla più da nessuna parte, a lui il paradiso era stato precluso.

Fin da piccolo aveva avuto il terrore del buio, era convinto ci si nascondessero dei mostri che, una volta abbassata la guardia, sarebbero venuti a prenderlo per fargli del male, ma alla fine quei mostri non gli avevano mai fatto nulla, semplicemente aveva paura perché credeva ce ne fosse la possibilità.

Allo stesso modo le persone odiano perché possono farlo e l'odio, il Principe, lo conosceva più che bene.

L'odio era cresciuto sempre di più dentro di lui, fino ad occupare ogni centimetro di spazio, come se si creasse un'ombra con le sue stesse sembianze, intrappolata dentro il suo stesso corpo, che combatteva per lacerargli la pelle e venire fuori, riversandosi contro il mondo e le persone.

Spesso non poteva che chiedersi come fosse possibile che il buio gli facesse tanta paura se ormai ne faceva parte, a volte pensava che se si fosse sforzato di essere buono allora le cose sarebbero andate meglio ma quei mostri, che gli rimbalzavano per la testa, non facevano che ridere dei suoi tentativi, erano loro a reggere le redini della sua vita, il mondo prima o poi avrebbe capito che a volte è impossibile strappargliele di mano e forse le persone avrebbero smesso di additarlo per ciò che non aveva scelto di essere.

Tutti lo trattavano come un mostro in gabbia e ormai aveva dimenticato la possibilità di poter essere qualcos'altro.

Alcune cose, però, non tornavano.

In fondo, un mostro senza cuore non dovrebbe soffrire.

Non dovrebbe essere una condanna ciò che siamo. 

Invece, per lui lo era.

La vita gli faceva schifo per questo.


Death aveva appena finito di fare colazione, Connor quella mattina lo aveva mandato in tilt ma il miele lo tirava sempre su di morale, girovagava per i corridoi alla ricerca di una familiare testa rossa.

L'uomo era nei giardini Reali, seduto su una panchina.

Soffiò il fumo della pipa verso l'alto inclinando la testa all'indietro lasciandosi scaldare dai raggi luminosi del sole mattutino quando l'occhio gli cadde verso una finestra del pian terreno.

Jake con un sorrisetto si alzò rientrando.

-Buongiorno mio principe- l'uomo si chinò, forse gli era venuta l'idea.

-Ciao- 

-A cosa devo questa visita?-

Jake adorava vedere la varie espressioni che dipingevano il viso del ragazzino quando lo incalzava con le domande, era evidente che non parlasse tutti i giorni con sconosciuti a cui portare rispetto.

-Mh... posso stare un po' con te?-

Jake sorrise.

-Certo, stavo giusto per fare una passeggiata in questo bellissimo e immenso giardino. 

Ti andrebbe di farmi compagnia?-

-Non posso uscire dal castello- Death ormai ripeteva quella frase quasi in automatico, come se gli uscisse dalla bocca con una volontà propria.

-Ma staremo nel giardino del castello, non penso sia considerato come un'uscita-

Jake non riusciva a capire perché tutti cercassero di segregare quel ragazzino dentro quattro mura, aveva degli occhi che facevano paura e delle capacità sociali di un bambino di dieci anni, delle volte non controllava la propria rabbia eppure in giro c'erano energumeni peggiori.

-Allora, credo gli andrà bene- 

Il rosso alzò un sopracciglio chiedendosi a chi si riferisse ma ogni dubbio fu presto dimenticato, una volta fuori il silenzio iniziò a sovrastarlo, forse per il principe era normale ma lui non ci era abituato.

Si infilò le mani in tasca guardandolo con la coda dell'occhio.

-Allora che mi dici di bello?-

Death per tutta risposta alzò le spalle.

-Dai, prova a dirmi come ti è andata la giornata-

-Ho fatto colazione- mormorò.

-E ieri cosa hai fatto?-

-Ho dormito- 

Jake dovette usare tutte le proprie forze per trattenere le risate, chi se lo sarebbe mai aspettato che qualcuno come Death tirasse fuori tutta questa timidezza?

-Posso farti domande un po' personali? Tipo... quante ragazze hai avuto?-

-Essendo l'erede non posso avere ragazze, mio padre avrebbe dovuto programmare un matrimonio già da tempo ma siamo in guerra praticamente con tutti e non ne ha trovato il tempo-

-Ma tu vorresti una ragazza?-

Death avrebbe voluto spiegargli che ci mancava poco che non sapesse neppure come fosse fatta una ragazza, al castello non ne vedeva moltissime della sua età, mentre le donne più grandi erano così assorbite dal proprio lavoro che non badavano minimamente a lui.

Alzò di nuovo le spalle, non aveva neppure mai pensato al desiderio di avere o meno una ragazza e alle conseguenze che avrebbe comportato.

-Ci hai mai pensato almeno?-

Le sue guance diventarono rosse.

-Sto bene da solo-

Jake sorrise.

-Dici? Non sarebbe male avere qualcuno per soddisfare i propri bisogni-

Fu in quel momento che Jake usò i propri poteri per controllare quella testolina bionda.

Historia infondo l'aveva assunto per un motivo, forse sarebbe stata felice se fosse riuscito a portare a termine il proprio compito.

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Capitolo 13
*** 13 ***


Da quando Death era rientrato si comportava in modo strano. 

Era pallido e barcollava leggermente come se gli girasse la testa.

-State bene?-

-Ah!- il Principe si prese la testa tra le mani con una smorfia di dolore.

Dalla passeggiata con Jake in giardino, sentiva un forte fastidio premergli sulla fronte e sulle tempie a ritmo delle pulsazioni del proprio cuore, come se qualcosa gli stesse sconquassando il cervello.

-Death!!- Connor gli corse incontro, non dovette lottare molto per convincerlo a stendersi mentre lui, di corsa, andava a cercare il dottore.

Quando il Dottor Van De Meer fece capolino dallo stipite della porta Death gli lanciò un'occhiata glaciale, odiava essere in balia di dottori o medici, in realtà odiava essere in balia di altre persone in generale e quello non era il momento giusto per infastidirlo. 

Il sudore gli imperlava la fronte e non riusciva a capire ciò che il dottore diceva avvicinandosi con il suo solito sorriso stampato sulle labbra, si sentiva stremato, le orecchie fischiavano e la vista di tanto in tanto si offuscava, eppure trovò le energie necessarie a sollevare un braccio pronto a scagliare qualsiasi cosa alla massima potenza se quel uomo avesse osato fare anche solo un altro passo.

Il cuore prese a battergli all'impazzata dalla rabbia e il mal di testa ormai era troppo insopportabile, poi improvvisamente provò un'insolita pace, i suoi muscoli si rilassarono d'improvviso mentre il braccio si abbassava da solo, si accasciò contro il cuscino mentre la rabbia e quel dolore così acuto lo abbandonavano.

In tutte quelle sensazioni c'era qualcosa di terribilmente sbagliato, il suo corpo faticava a rispondere ai suoi comandi e le sue emozioni non corrispondevano a ciò che pensava.

L'ultima cosa che vide fu il dottore che gli conficcava un ago nel braccio.

Connor passò la mattinata con lui, senza muoversi di un solo passo, aveva finito di riordinare la sua stanza e ora si trovava seduto a fianco del suo letto.

Erano ore che Death dormiva, il tranquillante presto avrebbe finito il suo effetto e il servo voleva godersi quegli ultimi minuti di pace dove poteva passare il proprio tempo semplicemente a guardarlo. 

Prese un colpo quando Death si svegliò di scatto probabilmente spaventato dall'ennesimo incubo.

-State tranquillo, era solo un sogno- gli mormorò per tranquillizzarlo.

-Sono tranquillo- Connor rimase un po' perplesso nel vederlo effettivamente così calmo.

Death si guardò le mani incredulo, il suo cuore non batteva all'impazzata come al solito, il suo respiro era regolare e tranquillo, non riusciva quasi a provare nulla.

-Ah... va bene-

Il principe si accasciò contro i cuscini con un sospiro, più confuso che mai, Connor, in preda all'imbarazzo, si era rimesso a pulire ed ordinare la stanza nonostante avesse già finito, fu in quel momento che le parole di Jake rimbombarono nella testa riccioluta del ragazzo.

"Non sarebbe male avere qualcuno per soddisfare i propri bisogni"

Il suo sguardo immancabilmente percorse il corpo dell'altro, scolpito dagli anni di duro lavoro fino a soffermarsi sul suo fondo schiena.

-Come vi sentite?- 

Death distolse prontamente lo sguardo quando il ragazzo si voltò dalla sua parte, per poi alzare le spalle, non era neppure convinto di sentire più qualcosa, si sentiva intorpidito, come se qualcuno avesse rinchiuso i suoi sentimenti da qualche parte, in un posto lontano.

Connor vedendolo così confuso si morse un labbro, gli si avvicinò prendendo lentamente una mano tra le sue.

-Potete confidarvi con me, sono bravo a mantenere i segreti.-

Death, però, scosse la testa ritraendo la mano.

-Sto bene-

Non era abituato ad essere toccato in quel modo.

Il ragazzino annuì sorridendogli cercando di nascondere la propria delusione.

-E' una bella giornata oggi, forse potremmo andare fino al confine dei giardini- disse il principe guardando fuori dalla finestra, fosse la sua rabbia l'aveva persa tra le rose di quei sentieri.

- Va bene, vi accompagno-

Camminarono a lungo per i giardini, ovviamente Death era consapevole del fatto di non poter aver perso la propria rabbia, eppure girovagare per quei sentieri era la cosa più estrema che potesse fare, forse se avesse fatto qualcosa in grado di resuscitare qualche sua emozione sarebbe uscito da quello strano stato in cui si trovava.

Alla fine il principe dovette arrendersi, si sedette al sole prendendo un bastoncino esaminandolo tra le mani, non era mai stato nei giardini, fuori e dentro erano due cose diverse e ben separate, non poteva essere che i giardini fossero fuori eppure venissero considerati dentro, per lui il mondo era o bianco o nero, il grigio ancora non lo aveva conosciuto, o era notte o era giorno, le persone o erano buone o erano cattive.

Connor non riusciva a staccargli gli occhi di dosso mentre, con un pugnale dall'impugnatura semplice con qualche pietra azzurra incastonata, lavorava quel pezzo di legno che aveva appena trovato, in effetti il ripiano sopra il camino della sua stanza era pieno di pesci intagliati nel legno, ma non aveva mai pensato al fatto che avesse potuto crearli lui.

-Siete bravo!-

-Mh?- Death lo guardò confuso come se mai avesse ricevuto un complimento in vita sua.

-Siete molto bravo a fare quelle cose-

-Ah...- Connor lo guardò con un sopracciglio alzato mentre il biondino gli porgeva il pesciolino appena terminato.

-E' tuo- gli spiegò.

-Oh, non dovevate- al ragazzino scappò un sorriso mentre si rigirava la miniatura, si sentiva felice, già pianificava i momenti indimenticabili che avrebbe vissuto portandosi l'animaletto sempre nel taschino quando improvvisamente Death glielo strappò di mano, riprendendoselo.

Connor lo guardò confuso e gli ci volle più di un momento a collegare perso com'era a contemplare l'adorabile broncio che il biondino aveva messo su.

-Nono, mi andava bene averlo, dovete sapere che quando una persona dice così, significa che è molto grato del regalo-

-Non ha senso- asserì il ragazzo con una smorfia.

-Si invece, è un modo gentile-

-Tu sei gentile?- Connor si sentiva confuso, come poteva quel ragazzo che lanciava le sedie contro i muri, che distruggeva intere stanze e spaventava interi squadroni di pattuglia chiedergli con quell'aria così pura e innocente se fosse gentile?

-Io... credo di si-

Death sembrò soppesare quelle parole, con lui Connor era sempre buono, ma con quei banditi che lo avevano attaccato non lo era stato per niente.

-Non sempre-

-Nessuno è sempre gentile. Voi siete gentile?-

A Death, per certi versi, scappò da ridere, per altri trovò quella domanda fin troppo triste.

-Mai- 

Lui non era mai gentile, era un mostro che andava tenuto in gabbia, le persone avevano paura di lui.

-Non è vero quando mi avete curato le ferite siete stato gentile, e anche ora, quando mi avete regalato il vostro pesciolino lo siete stato. Voi siete gentile ma non ve ne rendete conto-

Un rumore metallico familiare attirò l'attenzione di Death.

Guardò rassegnato le guardie che si avvicinavano a loro, infondo lo sapeva che il mondo non era grigio, il fuori non poteva essere considerato dentro e lui non poteva essere considerato gentile.


Suo padre a volte gli faceva paura.

Non era il classico spavento di quando qualcosa accade all'improvviso, non era quel tipo di paura che ti strappa un gridolino e poi una grassa risata di imbarazzo, quella che a volte provava era vera paura, quella che ti strappa l'ossigeno dai polmoni, ti rivolta lo stomaco, ti inchioda le corde vocali, ti fa cedere le gambe e tremare il corpo.

Logan non aveva mai avuto un umore stabile e ormai era diventato bravo a riconoscere i suoi vari stati, per questo non appena mise piede in quella stanza fu certo che suo padre fosse ubriaco.

Non era la prima volta che beveva così tanto, quando lui era più piccolo la situazione era ben peggiore, i bambini normali si nascondevano per giocare, lui si rannicchiava sotto il tavolo della sua stanza nella speranza che suo padre fosse così ubriaco da non riuscire a chinarsi, trascinarlo fuori e riempirlo di botte per il semplice fatto di esistere.

Durante il tragitto aveva pensato che incontrare il padre, in questa situazione, gli sarebbe potuto tornare utile, di solito non riusciva a controllare quella sensazione di terrore, quindi forse si sarebbe finalmente sbloccato, eppure anche davanti a lui, nonostante potesse quasi respirare la puzza di alcol, non riusciva comunque a provare niente.


Jake aveva fatto le cose per bene, probabilmente neppure Historia passava molto tempo fuori dal castello, quindi aveva deciso di portarla in una delle tante taverne che soleva frequentare, voleva che conoscesse qualcosa di lui, dei posti che gli piacevano e del vero divertimento, voleva fargli sapere che c'era qualcosa in più al limitarsi ad ascoltare un idiota con dei campanelli attaccati al cappello che blatera per ore fino a corrodersi le corde vocali.

La stava aspettando in uno degli ingressi del palazzo, una guardia non faceva altro che guardarlo male mentre una carrozza era già fuori in attesa per portarli in tutta sicurezza a destinazione.

La vita al castello era troppo stretta e rigida per chiunque, erano sempre tutti così seri, così risoluti, nessuno faceva battute, nessuno usava l'ironia, il sarcasmo, nei corridoi nessuno correva, nessuno rideva, il silenzio era interrotto semplicemente da ordini ben studiati e pensati e da risposte monotone di guardie impettite che odiavano la propria vita.

Lui era sicuro di poter far vedere a Historia un mondo diverso, un modo diverso di affrontare la vita, più divertente, più rilassato.

La donna stava attraversando il corridoio mal illuminato dirigendosi verso di lui seguita da un servo ben vestito.

Lei era bellissima, indossava un abito lungo di un color ceruleo che risaltava gli occhi lapislazzuli, tipici dell'alta nobiltà, su di esso spiccavano gli ornamenti bianchi in pizzo intrecciati a delle perline dorate, le maniche lunghe e nere sembravano accarezzarle i fianchi, mentre un ciondolo attirava l'attenzione sul seno, poco più in basso vi era cucito lo stemma reale.

Jake le sorrise emozionato. 

La trovava a dir poco stupenda.

Era stato con molte persone ma era da tempo che nessuna gli faceva sobbalzare il cuore e stringere lo stomaco in quel modo.

-Andiamo?- 

Historia annuì e presto si ritrovarono di fronte alla "Nomen Omen", un'osteria di buona fama, c'erano pochi malfattori, forse il peggiore a frequentarla era proprio Jake, era capitato, in ogni caso, che anche i più alti signorotti della nobiltà si facessero sorprendere nel locale sotto mentite spoglie.

Historia osservò per un po' l'esterno dell'edificio mentre Jake la precedeva aprendogli la porta.

Per un attimo si sentì emozionata, non era mai stata in un posto simile ed era davvero curiosa di capirci un po' di più. 

La luce era molto soffusa, i candelabri non erano numericamente abbastanza per illuminare l'interno e il fumo che aleggiava nell'aria non aiutava per nulla. 

Gli sfuggirono dei colpi di tosse mentre veniva investita da quell'odore insopportabile di tabacco, sudore e alcol.

Ovunque c'erano persone che parlavano ad un volume così alto che ad ognuno toccava urlare per sperare di farsi sentire, una povera ragazza cercava invano di portare boccali e bicchieri su un vassoio troppo pesante per lei mentre quelle persone mezze ubriache non facevano altro che ostacolarla palpandole il sedere, facendo commenti volgari o fischiando al suo passaggio come se la cosa potesse in qualche modo farle piacere e offrire loro un'opportunità amorosa.

Il locale era spazioso ma i tavoli erano così ammucchiati e le persone era così tante che stare lì sembrava quasi soffocante.

Il pavimento era sporco, vi erano briciole, carte, cocci di vetro, cercò di sorridere a Jake quando in realtà non riusciva a capire cosa ci trovasse lui in tutto quel marasma.

Cercò di riprendere fiato e di abituarsi all'aria pesante ma ormai nel locale era calato il silenzio e tutti si erano voltati a guardarla.

Ad Historia sfuggì una smorfia, gli sembrava di appartenere ad un mondo totalmente diverso da quello.

Jake sbuffò, irritato per l'atteggiamento degli altri, le donne nelle osterie erano rare, donne Reali nelle osterie inesistenti.

-State calmi, ok?-

Le circondò la vita con un braccio mentre andavano a sedersi su un tavolino più appartato, più o meno lì dentro lo conoscevano tutti e nessuno avrebbe osato infastidirlo in qualche modo.

Guen, la cameriera, venne al più presto a prendere le ordinazioni.

Historia la fissò stordita, il menù era scritto nella nuova lingua volgare e lei faceva fatica a leggere, era la prima volta che si sentiva ignorante dinanzi a qualcuno di un ceto più basso ma la ragazza aveva un viso e un sorriso così solare e dolce che non diede peso a questa sensazione di inadeguatezza.

-Vorrei del succo-

-Arriva- Guen le sorrise, non avevano molte bevande non alcoliche ma per un cliente così particolare non sarebbe stato un problema trovarne un calice.

Jake aveva ordinato una birra e Historia non poté fare a meno che guardarlo berla a grandi sorsi, come se fosse acqua, come se quel sapore gli fosse mancato.

-Sei mai stata qui?-

-Non direi-

La donna sorseggiava elegantemente il succo, senza scomporsi e mantenendo la solita postura rigida.

-E come ti sembra?- Jake ordinò un'altra birra con un cenno. 

-Pieno di ubriachi- mormorò delusa Historia.

Jake rise assaporando di nuovo il sapore dell'alcol.

-E' questa la vita, loro se la stanno vivendo alla grande, non credi?- 

La donna parve guardarsi intorno per l'ennesima volta, no, non lo credeva, inorridì al pensiero che quello fosse visto come divertimento dalle persone e per un secondo gli balenò l'idea di rendere illegale qualsiasi tipo di alcolico o di taverna.

-E le loro famiglie?- chiese.

-Bha, chi lo sa-

Jake ormai biascicava, l'alcol iniziava a sortire il proprio effetto.

Se lei fosse stata la moglie di uno di quei uomini non avrebbe accettato che il marito dilapidasse ogni guadagno per ridursi in quello stato pietoso.

-Tu ce l'hai una famiglia?-

Jake deglutì.

Ce l'aveva una famiglia? Poteva dirsi famiglia?

-Più o meno- 

Jake ordinò qualcosa di forte passandosi una mano tra i capelli, non voleva pensarci, ingurgitò in un solo sorso il bicchierino di superalcolico che Guen gli aveva prontamente portato, lo sentì bruciargli la lingua, la gola e poi lo stomaco, in poco tempo intorno a sé il mondo prese a vorticare leggermente mentre una risata gli sfuggì di controllo.

-Guarda quel tipo!- Jake indicò un uomo che stava ballando in piedi sul bancone, era totalmente fuori tempo e quando scivolò cadendo, il fragore delle risate raddoppiò.

Jake si alzò facendo cadere la sedia all'indietro e iniziò in modo sconnesso a ripeterne i movimenti ridendo più che mai.

Historia sospirò dirigendosi verso l'uscita, forse era lei ad essere troppo noiosa, eppure niente di tutto questo la divertiva, la faceva solamente arrabbiare.

Jake le corse dietro fermandola appena fuori, dove l'aria fresca e il terrore di rovinare tutto lo aiutarono a riprendersi quel che basta.

-Eddai! Dove vai?-

-Mi sto annoiando! Non ti faccio da balia, me ne torno al Palazzo-

Historia si diede della stupida, Jake era troppo diverso da lei, la sua vita, il suo mondo era distanti anni luce perchè potessero combaciare.

Jake era qualcuno che aveva assunto per un lavoro e questo doveva rimanere, non erano davvero amici come avevano concordato, suo figlio aveva ragione, lei di amici non ne aveva.

-Ok ok, non bevo più- Jake la seguiva barcollando e talvolta appoggiandosi con la mano contro il muro. 

Historia si fermò, non era quello che voleva sentirsi dire, Jake era già ubriaco perso.

Non era delusa per il posto o la serata, capiva l'idea di Jake, ma era stato inaspettato e sicuramente la vista di un Jake che non riusciva a reggersi in piedi non era dei finali migliori.

L'uomo non potè che avvicinarsi a lei, da arrabbiata era ancora più carina, quelle labbra imbronciate sembravano invitarlo ad assaporarle e stordito com'era dall'alcol non ci pensò due volte ad esaudire quel desiderio.

La baciò.

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Capitolo 14
*** 14 ***


Death camminò per i vari corridori del castello senza quasi nemmeno accorgersi di ciò che stava facendo, la testa gli girava incredibilmente eppure continuava imperterrito a mettere un piede davanti l'altro.

Gli veniva da vomitare con tutto quel girare e quell'odore dolciastro, metallico, eppure sapeva che doveva semplicemente arrivare in camera, poi avrebbe schiacciato un sonnellino e tutto sarebbe passato.

Connor era tornato nella sua stanza, si stava mangiando le unghie dal nervoso, gli pareva che Death fosse via da un secolo, e il suo cuore tremava al pensiero di ciò che il Re avrebbe potuto fargli.

Fissava la porta seduto sul letto del Principe e quasi dubitò dei propri occhi quando vide abbassarsi la maniglia.

-Death...- mormorò alzandosi in piedi.

Il suo umore vacillò e dal sollievo passò al puro orrore.

-Oh Mio Dio! DEATH!- 

Il ragazzo era crollato all'ingresso della stanza, perdeva sangue dalla fronte, aveva la schiena e il corpo ricoperti di segni rossi, che presto si sarebbero trasformati in lividi.

Lo aiutò ad alzarsi e lo fece sdraiare a letto, curò con i propri poteri la ferita alla fronte per poi controllare il resto del corpo.

Il Re sta volta ci era andato pesante, Death aveva ematomi su tutto il corpo, sul collo aveva il chiaro segno di una mano e sul petto c'era un'ustione. 

Connor strinse i pugni, questa cosa doveva finire, Death non si meritava quelle cose, non stava facendo nulla di male, non c'era alcuna ragione di avercela con lui e, anche se ci fosse stata, la soluzione migliore non sarebbe comunque stata quella di picchiarlo a sangue. 

Nella sua testa iniziarono a vorticare mille domande e mille pensieri.

Da quando suo padre lo trattava a quel modo? Lo riduceva in quello stato anche da piccolo? Accadeva sempre così spesso? Perché tutti fingevano non accadesse niente?

Connor ormai stava stringendo così forte i propri pugni da conficcarsi le unghie nei palmi, se nessuno avrebbe preso provvedimenti ci avrebbe pensato lui.

Connor non girò molto per il castello, quasi tutti sapevano dove si trovasse in ogni momento il Re, per cui trovarlo fu facile. 

Lo trovò barcollante mentre camminava nell'ala Est, adibita alle camere degli ospiti.

-Sire! Devo parlarvi-

Logan alzò gli occhi al cielo, quel giorno era particolarmente nervoso e in più nessuno sembrava disposto a dargli tregua.

-Che cosa vuoi? Sono impegnato-

-Ecco, io... volevo solo dirvi che penso che le punizioni di Death siano troppo pesanti per lui, cioè lo sarebbero per chiunque ma...-

Il ragazzino venne interrotto dalla risata del Re, ma ci vollero pochi istanti perché egli cambiasse nuovamente del tutto espressione.

Connor non poté che trovarlo inquietante.

-Come ti permetti? Sei solo un servo, non dovresti nemmeno pensare. Guardie! 10 frustrate al moccioso impertinente!-

Matthew si voltò di scatto quando sentì qualcuno entrare nella propria stanza senza bussare, si lasciò sfuggire un sospiro quando a varcare la soglia fu un Re del tutto ubriaco con ancora una bottiglia di vino in mano.

-Wow, non avevi sonno?-

Logan appoggiò la bottiglia sul primo ripiano che gli capitò davanti per poi lasciarsi sprofondare nel letto del Generale.

Matt riprese a sfilarsi la divisa iniziando dalla cinta ornata con lo stemma reale: due spade azzurre incrociate come a voler proteggere la rosa bianca e spinosa che vi passa in mezzo, sopra di essi, sospesa, una corona dorata.

Si sfilò i pantaloni scuri e aderenti, ideali per non intralciare i movimenti durante un combattimento e la maglietta con le protezioni in acciaio sui punti vitali, rivelando un corpo perfettamente scolpito e segnato da anni di guerre e durissimi allenamenti.

Si cambiò ma non distolse un solo secondo il proprio sguardo da Logan.

-Quanto hai bevuto?- gli chiese avvicinandoglisi.

-Logy triste- mugolò l'altro abbracciandolo al collo.

Il Generale lo lasciò fare accarezzandogli la schiena da sotto la maglietta, adorava percorrere con la punta delle dita il leggero solco che disegnava la spina dorsale provocandogli i brividi.

-Come mai?-

-Domani Matt non lavora e sta con Logy?-

Matthew sospirò, teoricamente non si sarebbe potuto concedere una giornata libera eppure quando lui diventava così infantile proprio non ce la faceva a dirgli di no.

Inoltre, chi mai avrebbe potuto punirlo per la sua negligenza?

-Che giorno è domani?-

Le braccia di Logan persero la presa da dietro il suo collo e si ritrovò accasciato sul letto.

-Mh... il giorno dopo oggi-

Matthew rise scuotendo la testa.

-Domani posso prendermi un giorno di riposo solo col consenso del Re-

-Ma non è giusto non te lo darà mai!- Logan prese a rotolarsi nel letto preso dalla disperazione con il risultato di ritrovarsi intrappolato tra le lenzuola, Matthew si divertiva un sacco a vederlo piagnucolare per lui quando era in quello stato.

-Shh- gli diede un bacio sulla fronte facendogli diventare le guance rosse, gli tolse lentamente le scarpe e gli riboccò le coperte sdraiandosi vicino a lui.

Continuò ad accarezzargli i capelli e a guardarlo dormire a lungo.

Non avrebbe mai dimenticato la notte in cui quella testa calda si era infilata per la prima volta nel suo letto, era ubriaco anche quel giorno nonostante ad oggi beva sicuramente con meno frequenza rispetto a prima.

Era entrato con prepotenza nella sua vita spalancando semplicemente la porta della sua stanza. Era incredulo, non era riuscito a identificare quell'uomo per cui, in quel momento, provava pena con l'uomo razionale, distaccato e, perché no, delle volte spietato con cui aveva avuto a che fare durante il proprio lavoro.

Sotto la morsa dell'alcol gli aveva rivelato che non riusciva a chiudere occhio se non dormiva con qualcuno poiché se lo fosse stato sarebbe rimasto indifeso contro gli incubi che sarebbero venuti a prenderlo.

Era terrorizzato e stremato, aveva delle brutte occhiaie e il suo viso era pallido e provato.

In qualche modo riuscì a calmarlo e accettò di dormire con lui promettendo che se fossero arrivati gli incubi li avrebbero affrontati insieme.

Con quel ricordo per la testa si addormentò.

Fu il primo a risvegliarsi, Logan aveva il vizio di coprirsi fin sopra la testa quindi la luce non lo infastidiva.

Nonostante tutto era felice di poter passare una giornata tranquilla, era da molto ormai che non passavano del tempo insieme e probabilmente a Logan era mancato.

Il Re, sentendo Matthew muoversi, aprì gli occhi sbadigliando.

-Buongiorno- gli disse il Generale posizionando teatralmente meglio il cuscino dietro la propria schiena.

Logan per tutta risposta si buttò su di lui per richiudere gli occhi ancora assonnato.

-Ti ricordi qualcosa di ieri sera?-

-Tu stai qui- mormorò.

-Almeno questo- passò lentamente una mano sulla sua schiena nuda per poi palpargli il sedere.

-Matt-

-Si?-

-Ti uccido-

Matthew rise di gusto.

-Allora? Che vuoi fare oggi con me?-

-Dormire-

-Va bene- il generale decise che era giunto il momento di svegliare di buon umore il Re.

Gli morse piano la pelle del collo appena sopra la giugulare, per poi succhiarla lasciandogli un succhiotto.

-Ho fame-

Matt sorrise anche se la reazione non era esattamente quella sperata.

-Facciamo colazione, allora-

-Si- il Re si spostò da lui stiracchiandosi con tutta calma.

Matt era già vestito e presentabile quando Logan decise di alzarsi con un sonoro sospiro.

-Sembri un vecchio- lo pungolò.

-Sono vecchio, non vedo l'ora di abdicare-

-Come se facessi tanto, hai anche un maggiordomo che ti veste-

Logan gli tenne il broncio fino alla sala pranzo, solo l'intera colazione a base di miele gli restituì il buon umore.

Matt non poteva fare a meno di guardarlo sconcertato mentre mangiava.

-Invidioso?- chiese sollevando entrambe le sopracciglia portandosi alle labbra un pasticcino al miele.

-No, mi sembra solo... troppo dolce. Ti va di cavalcare un po? Facciamo un giro tra i boschi-

Logan annuì, ordinò che si preparassero alla svelta due pranzi a sacco e si diresse nelle scuderie con Matthew per sellare ciascuno il proprio cavallo.

Quel giorno un vento freddo soffiava da Nord scuotendo la chioma degli alberi, l'autunno era alle porte e di tanto in tanto cadeva qualche foglia ormai ingiallita.

Il canto degli uccelli stava per uscire di scena con un timido inchino, la maggior parte degli animali cercava di arraffare più cibo che poteva per prepararsi al lungo sonno invernale, Logan si ripromise di andare al campo di Margherite prima che la neve imbiancasse e addormentasse anche quel poco che ancora riusciva ad amare.

Per il pranzo si fermarono in una radura verdeggiante vicina ad un corso d'acqua, gli alberi gli facevano ombra e il vento trasportava il dolce profumo della pioggia e della terra bagnata.

Logan aveva la bocca secca, le loro borracce si erano svuotate già due ore prima eppure, davanti quel corso d'acqua, era bloccato.

Nella sua mente l'immagine del fiume che scorreva verso valle si sovrapponeva allo spumeggiare agitato del Lago Azzurro dietro il Palazzo quando suo fratello maggiore, Eiri, aveva cacciato la testa di sua sorella sott'acqua.

Quando erano piccoli, i loro genitori davano sempre molte più attenzioni ad Eiri ma lo mostravano in pubblico di rado.

-Gli diamo più attenzioni perché ha bisogno di più protezione- asserivano con convinzione quando il piccolo Logan, preso dalla gelosia, faceva qualche domanda di troppo.

I bambini però crescono.

Eiri aveva ormai 12 anni quando gli ruppe una costola nel tentativo di "abbracciarlo forte forte" come diceva lui.

Sua sorella maggiore aveva cercato di consolarlo -Non riesce a capire quando ti fa male, lui però non voleva farlo, lo capisci? Per lui è solo un gioco- Logan non lo capiva proprio per niente ma quel giorno si limitò ad annuire e a trattenere le lacrime.

Infondo adorava Riley, gli raccontava sempre un sacco di storie facendo una voce diversa per ogni personaggio, quando era triste lo riempiva di coccole e gli faceva il solletico fino a fargli mancare il fiato, era stata la prima a sostenerlo quando aveva annunciato di voler sposare il principe azzurro piuttosto che salvare una principessa da un drago.

Aveva solo 7 anni quando decisero di andare a fare un bagno nel bel laghetto.

All'inizio era tutto molto divertente, i suoi fratelli giocavano a schizzarsi e a trascinarsi verso il fondo a vicenda, Haruka aveva mostrato a tutti come tuffarsi usando i rami del salice piangente lì vicino come se fossero una corda.

Il panico era sopraggiunto solo qualche ora dopo.

Eiri teneva Riley sott'acqua, non importava quanto lei si dibattesse, ricordava ancora nei minimi dettagli il fratello che la teneva con forza per i capelli, lei che agitava le braccia, gli conficcava le unghie nella carne, Haruka gridava disperatamente, cercò di fermarlo in tutti i modi, ma, in quel punto, per lui l'acqua era troppo alta perché riuscisse a muoversi nel migliore dei modi.

All'ultimo, preso dalla disperazione, Haruka conficcò un pugnale nella spalla di Eiri ma era troppo tardi.

Quando i loro genitori arrivarono trovarono l'acqua sporca di sangue e la loro unica figlia fredda e pallida, con la faccia distorta dall'orrore.

Lui venne severamente punito.

Era semplicemente rimasto a guardare, con l'acqua fino alle caviglie così che nessuno si accorse quando un rivolo di urina scese lungo le sue gambe tremanti, gli occhi sbarrati, la vista appannata dalle lacrime, il sangue raggelato dall'orrore, il cuore che batteva troppo veloce per permettergli di pensare, per permettergli di agire, guardava sua sorella annaspare eppure nemmeno lui riusciva a respirare, vedeva il gemello lottare eppure lui era bloccato.

L'unica cosa che riuscì a fare mentre sua sorella affogava fu guardare e questo mai se lo sarebbe perdonato.

-Hey- Matthew gli toccò piano un braccio facendolo scattare, era diventato improvvisamente pallido e si era fissato a guardare il vuoto, conosceva il suo terrore eppure era la prima volta che lo vedeva bloccarsi in quel modo.

-Faccio io, ok? Riposati un po'- Logan gli lasciò volentieri anche la sua borraccia allontanandosi il più possibile da lì, aveva la nausea e il suo corpo tremava ancora incontrollato.

Death non avrebbe mai subito nulla del genere finché lui lo avesse protetto, sarebbe rimasto per sempre al sicuro, all'interno del castello.

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Capitolo 15
*** 15 ***


Mentre Jake camminava per i corridoi ripensava al disastro della sera prima, era riuscito a baciare Historia eppure si era preso uno bello schiaffo a mano aperta sulla guancia sinistra. Il segno delle cinque dita era ancora lì a ricordargli il motivo per cui odiava legarsi alle persone, lui non era fatto per quella vita, la monogamia, la famiglia non facevano per lui, forse era per questo che non si era mai preso la briga di cercare informazioni sulla propria. Lui era un dannato, un solitario, tutto ciò che avrebbe toccato gli si sarebbe rivolto contro eppure con Historia non gli riusciva di arrendersi.

Bussò piano per poi aprire la porta entrando.

Historia nel vederlo sbuffò.

-Che vuoi?- chiese acidamente.

Jake abbassò lo sguardo mordendosi un labbro, le sue possibilità con lei dipendevano unicamente da ciò che avrebbe detto in quel momento eppure la sua mente era vuota.

-Ero mezzo ubriaco ieri-

-Lo so, per questo ti ho dato solo uno schiaffo-

-Mh... bene- Jake cercò di sdrammatizzare, forse, per una volta sarebbe stato in grado di farsi da parte, di rimanere accanto ad una persona senza pretendere nulla, accantonando i propri desideri.

Si sedette nella poltrona libera davanti a lei.

-Che fai?-

-Ho recuperato del lavoro arretrato ma ho finito-

Jake sorrise, no, arrendersi così non era da lui.

-Sai, ho messo un demone nel corpo di Death-

Historia alzò un sopracciglio.

-Un demone?-

-Si, io sono il loro Re, è questo il mio potere, io controllo i demoni e tutti i loro poteri, al Principe ne ho regalato uno in grado di tenere a bada la sua collera-

Historia rimase a bocca aperta a fissarlo, diceva sul serio? Perché non rideva? Che dicesse la verità? Historia non aveva mai creduto ai demoni, ne ai fantasmi e tanto meno alle strega eppure, infondo, Jake aveva delle capacità fuori dal comune e non aveva motivo di mentirle.

L'uomo dai capelli rossi si protese, appoggiando gli avambracci sulla scrivania e avvicinandosi a lei.

-Mi piaci- le sorrise.

-Che schifo- mormorò lei di rimando.

Jake scoppiò a ridere.

-Così mi ferisci-

-Oh, lo vedo, hai proprio l'aria di uno ferito-

-Sai, forse dovresti guardare le cose in modo meno superficiale- disse e sospirando andandosene.

Fu la prima volta che Historia vide una nota di tristezza nello sguardo di Jake, che lo stesse ferendo per davvero? 





Quando Death riaprì gli occhi era mattina, guardò le fughe del soffitto di legno scuro e non provò niente.

Iniziò semplicemente a pensare che negli ultimi giorni fossero di più le ore che passava privo di sensi che non sveglio.

-Connor..?- mormorò ma non vedendolo in stanza, si alzò con una smorfia di dolore mandando qualcuno a chiamarlo.

-Buongiorno, come state?- Connor aveva appena varcato la soglia della stanza con il solito vassoio per la colazione ma Death aveva già capito che c'era qualcosa che non andava, di solito quando gli capitava qualcosa Connor rimaneva ad assisterlo, invece quel giorno non c'era, ma aveva comunque delle occhiaie piuttosto marcate e il volto pallido.

-Cos'è successo?-

-Mh? Intendete le occhiaie? Ho avuto qualche difficoltà ad addormentarmi, perdonatemi se ho fatto tardi stamattina-

Death lo osservava sempre meno convinto, anche Connor poteva dire le bugie?

-Non fa niente- mormorò.

-Voi come vi sentite piuttosto? Non ho chiamato il Dottor Van De Meer, ho visto che non vi piace molto, perciò visto che si trattavano di ferite marginali vi ho curato io-

Death sentiva qualcosa all'altezza del petto, qualcosa di fastidioso e allo stesso tempo piacevole, Connor era triste eppure solo in quel momento si era reso conto di quanto si prendesse cura di lui.

-Grazie, mangi con me?- il Principe si morse un labbro accennando alla colazione.

Connor annuì distrattamente, non era sicuro si potesse fare ma sicuramente Death non era il tipo da fare il doppio-gioco.

Il biondo mentre mangiava dei biscotti non faceva altro che pensare e ripensare a cosa mai potesse essere successo a Connor, poi un'idea gli balenò in testa, non era del tutto sicuro che fosse così pazzo da cercare di mettersi contro suo padre eppure c'era un modo per scoprirlo.

-Puoi togliere la maglietta?-

Connor deglutì, sentì le guance pizzicare mentre lo sguardo gli cadeva sull'erezione mattutina del Principe.

-Pe-perché?-

-Fa come ti dico e voltati-

Connor sospirò, non poteva disubbidire ad un Principe, lentamente, con una smorfia di dolore, si tolse la maglietta, voltandosi sotto lo sguardo inquieto dell'altro.

-Lo sapevo- Connor poté sentire il suo respiro sulle ferite da frusta ancora aperte.

Death passò delicatamente un panno inumidito con dell'alcol su ciascuna di esse, contandole.

Fece quasi un sospiro di sollievo quando ne contò una decina, conoscendo il padre, avrebbe potuto subire ben di peggio.

-Mi dispiace abbia punito anche te, non sono stato... bravo-

Connor si voltò di scatto, leggendo nei suoi occhi un'amara tristezza.

-Va tutto bene- Connor gli sorrise accarezzandogli la guancia con la punta delle dita, non poteva che essere felice di vederlo preoccupato e spaventato che qualcosa di brutto potesse accadergli.

Per la prima volta sentì di essere speciale, sentì di essere qualcosa di più che un semplice servo, qualcosa di più che una macchiolina invisibile tra tante altre, per una volta si sentì importante e il fatto che lo fosse proprio per lui gli faceva battere forte il cuore.

Death vedendo ricomparire il sorriso sulle labbra di Connor non poté fare a meno che osservarlo.

Tutti lo facevano con così tanta semplicità eppure lui non ne aveva mai fatto uno, chissà che cosa si provava ad avere quell'espressione sul proprio viso.

Il Principe seguì il contorno di quelle labbra sottili con un dito, avvicinandosi come se servisse in qualche modo ad avvicinarsi a quella sensazione.

Death gli era così vicino da poterne sentire il buon odore, il suo cuore batteva all'impazzata e il suo dito sulle sue labbra gli trasmetteva una dolcezza ad entrambi preclusa per troppo tempo.

Connor azzerò la distanza tra i loro visi e finalmente poté premere le proprie labbra contro quelle tante bramate di lui.

Death rimase immobile, irrigidendosi, con gli occhi spalancati, solo quella mattina gli pareva di non provare nulla e ora un'ondata di emozioni lo travolgeva e quasi lo annegava, si sentiva terrorizzato, eccitato e tranquillo contemporaneamente, voleva piangere e ridere insieme, gli pareva che il proprio corpo si irradiasse di un nuovo calore, come se per un attimo, un raggio di sole avesse sciolto un po' della neve della tempesta che imperversava nel suo cuore.

Connor si staccò poco dopo contro voglia, e rendendosi conto solo in quel istante di ciò che era appena successo, si portò una mano alla bocca arrossendo.

-I-io... mi dispiace tanto, non avrei dov...-

Death lo zittì tirandolo ancora una volta a sé, prendendolo per i fianchi facendolo cadere sulle proprie gambe, baciandolo con più foga, infondo di quel calore ne aveva un disperato bisogno se voleva che la tempesta finisse.

Non ci volle molto perché Connor si rilassasse cedendo alla passione, aveva sognato quei momenti più di ogni altra cosa nelle ultime settimane, e ora erano realtà.

Circondò il collo del biondo con le mani tremanti per poi farne scivolare verso il basso una, infilandola sotto la maglietta per toccare quei addominali che, fino a quel momento, aveva potuto ammirare solo da lontano.

Dopo poco i due si staccarono, ansimanti, con la prova del loro atto a sporcare le mani l'uno dell'altro, Death si protese di nuovo, per rubargli un bacio a stampo per poi guardarlo in quei occhi che mai avrebbe più dimenticato.

-Non voglio che mi difendi ancora con mio padre, so farlo da solo- mormorò poi.

Connor sospirò annuendo.

-Ci proverò-

-E' un ordine, ce la fai e basta-

Connor appoggiò la testa sul suo petto, avrebbe voluto urlarglielo che non ce la faceva a rimanere a guardare senza fare niente, che moriva dentro ad aspettarlo in quella camera vuota senza sapere se sarebbe rientrato sulle proprie gambe o ferito per l'ennesima volta.

-Va bene- sussurrò invece.

Dopo poco Connor si costrinse ad alzarsi, si diede una ripulita e si rivestì per poi iniziare a pulire la stanza sotto lo sguardo attento di Death.

-Pulisci sempre?-

-C'è molta polvere, so che soffrite di una leggera asma, vi da fastidio?-

-No, mi annoio-

A Connor sfuggì un sorriso.

-Vorrei annoiarmi come voi-

-Fallo- brontolò Death con un'alzata di spalle.

Connor si voltò sedendosi su una sedia di fronte a lui.

-Non posso, Death-

-E perché?-

-Bhe, perché perderei il lavoro-

-Sei il mio servo, devi badare a me non alla mia stanza, ci penseranno gli altri per quello, no?-

Connor lo guardò confuso.

-Pensavo che badare a voi comprendesse anche le vostre cose-

-Che principe sarei se avessi un solo servo per tutto?-

-Dovevi dirmelo prima, allora- brontolò Connor ricordando quanto avesse sgobbato inutilmente per sistemare al meglio quella stanza che veniva distrutta ogni sera.

-Mh? Dovevo? Sono stato gentile?-

Connor scoppiò a ridere. 

-Non proprio-

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Capitolo 16
*** 16 ***


Erano passate diverse ore da quando Connor aveva lasciato da solo Death per svolgere altri lavori che non comprendessero la sua dolce compagnia, solo in quel momento si era accorto di quanto si sentisse stanco dopo una giornata di lavoro, di quanto, anche solo il poter vedere Death, gli fosse di conforto.

Aveva mille domande da porgli e ancora rimuginava su come presentargliele senza metterlo troppo in imbarazzo quando finalmente lo vide voltato di schiena seduto sul pavimento della grande terrazza all'ultimo piano. 

-Death- mormorò uscendo per non spaventarlo.

Quasi rimase a bocca aperta a vedere tutte quelle piante, quei fiori così colorati, sparsi per la terrazza, la vegetazione la ricopriva quasi totalmente come se non venisse curata da nessuno da molti anni. 

Era un'esplosione di profumi e meraviglie, alcune lucciole si erano nascoste nei punti più fitti, alcuni moscerini ronzavano attorno alle torce accese, dei rampicanti erano tutti attorcigliati a formare una spirale lungo la ringhiera e delle grandi foglie contornavano un magico tramonto dalle sfumature rosee sullo sfondo della cittadella. 

Poteva capire perché a Death quel posto piacesse, sembrava un piccolo ecosistema a sé stante, come se qualcuno avesse voluto dedicargli qualche metro di quel mondo esterno che lui sognava così tanto.

Era buffo a pensarci bene, lui si era recato al Palazzo in cerca di una vita migliore dall'inferno che c'era là fuori e Death sognava di fuggire dal proprio inferno nel Palazzo e andare là fuori.

-Aspetta!- 

Connor lo fissò per un secondo interdetto per poi immobilizzarsi imbarazzato, cercò di distogliere lo sguardo mentre un Death ubriaco cercava di nascondere dei fogli a casaccio dietro di sé come se la cosa bastasse a precluderli dalla sua vista.

Erano disegni fatti con un pezzo di carboncino nero, anche da lì il ragazzino poté rimanerne inquietato per le forme purulente che quelli che sembravano uomini assumevano in quei disegni.

Il loro cranio era triangolare e sembrava che delle protuberanze partissero da poco sopra le loro tempie per formare delle corna arricciate all'indietro, il loro sorriso aveva un che di diabolico, i loro denti erano affilati come se potessero triturati le carni come se nulla fosse, erano mostruosi, come se fossero fatti dall'oscurità stessa.

-Ora puoi venire-

Connor deglutì con nuovo peso al cuore e si sedette vicino a lui, da qualche parte sentì dire che gli artisti dipingono i propri sentimenti, che Death bevesse così tanto per dimenticare i suoi?

-Quanto hai bevuto?-

-Mh...- Il ragazzo sembrò pensarci mentre il suo sguardo passava dalla bottiglia vuota poco più in là a quella ancora piena per metà di fianco a sè. -Non so-

Connor sospirò, a questo ci avrebbe pensato in un secondo momento, aveva altre domande che gli ronzavano nella testa e che aveva un gran bisogno di tirare fuori al più presto.

-Posso chiederti una cosa, Death?-

-Si-

-Prima... ecco... prima hai fatto quelle cose con me perché ti piaccio o...?- Connor deglutì passandosi nervosamente la lingua sulle labbra screpolate, glielo stava davvero chiedendo?

Death sembrò ragionarci sopra, come se cercasse di prendere quella domanda il più seriamente possibile per non ferirlo, d'altronde al momento non riusciva a provare alcun tipo di sentimento quindi non voleva mentire a Connor dicendogli di provare qualcosa per lui.

-Volevo provare, però ho scelto te per farlo.-

-Provare?-

-A fare quelle cose-

-Oh, ok- Connor si rasserenò, era meglio di niente e sentiva di essere sulla buona strada. -e quelle cose ti sono piaciute?-

Death si limitò ad annuire pieno di imbarazzo mentre a Connor spuntava sulle labbra un sorriso a trentadue denti, volgendo lo sguardo al tramonto.

Gli pareva tutto così perfetto, era da molto che non si sentiva così felice, gli pareva, a confronto, di non esserlo mai stato.

-Connor, qualcuno mi ha rubato la rabbia- mormorò d'improvviso Death.

-Già, ecco perché sei più calmo- ridacchiò lui, ma notando lo sguardo serio dell'altro si zittì iniziando a soppesare quelle parole più seriamente, in effetti era davvero più calmo ultimamente, non si era mai arrabbiato.

-Chi può essere stato?-

Death sospirò alzandosi.

-Vado da Jake, puoi riordinare questi fogli? E brucia i disegni, so che li hai visti, mio padre li odia-




Jake era proprio giù di morale, Historia gli aveva detto con tutta tranquillità che le faceva schifo, era la prima volta che gli capitava una cosa del genere e non riusciva ad accettarla, ne era disposto a provarci.

Voleva semplicemente andare in camera e dormire così da dimenticarsi di tutta quella faccenda come quando ci si sveglia da un incubo ma appena aprì la porta con grande sorpresa si ritrovò davanti Death.

-Death, che ci fai qui? Mi hai fatto prendere un colpo.-

-Mi hai rubato la rabbia, la rivoglio indietro, è mia.- 

Jake alzò un sopracciglio non si sarebbe mai aspettato di avere una conversazione del genere un giorno, eppure aveva intuito fin da subito che quei due erano fuori dal normale e che i soliti giochetti non sarebbero bastati.

-Non so di cosa tu stia parlando, mio caro Death, forse hai bevuto troppo.-

-Io credo di sì- il ragazzino senza troppi complimenti lo sbatté con forza al muro, lui non era la marionetta di nessuno, la sua vita era già abbastanza controllata così com'era. 

-No, davvero hai sbagliato persona- Jake sembrava imbarazzato e Death dovette arrendersi, non era neppure molto sicuro che quello che stava dicendo avesse un senso.

-Cosa mi succede allora? Forse me l'hanno rubato al Festival, devo riprendermela- già doveva riprendersela, era l'unica emozione che ancora lo teneva collegato alla realtà, che gli ricordava che era ancora vivo.

-Non penso sia possibile rubare la rabbia, forse è solo un periodo, non ti crucciare troppo- 

L'uomo gli sorrise dandogli una pacca sulla spalla pensando di aver concluso la conversazione.

-Tu hai una ragazza?-

Jake scosse la testa, non si aspettava quel genere di domande, forse il discorso che gli aveva fatto nei giardini lo aveva davvero incuriosito o forse era lui stesso ad incuriosirlo.

Death rimase sul vago alzando le spalle, ma ormai Jake era un avvoltoio che si aggira sulla propria preda, con un sorrisetto gli si avvicinò.

-Sai, non solo le donne sono il mio tipo.-

Death arrossì leggermente mentre Jake si avvicinava al suo viso prendendogli il mento con due dita e spostando lo sguardo da quei occhi lapislazzuli, così diversi da quelli di Historia ma infondo così uguali, a quelle labbra socchiuse per la sorpresa.

-è tardi, torna in camera tua- gli mormorò poi lasciandolo.

Non poteva farlo, si era ripromesso di essere un uomo migliore, un uomo di cui sua figlia sarebbe potuta andare fiera eppure, nonostante spesso fosse molto sicuro di sé, questa volta era sicuro che in questo avrebbe fallito.




Matthew aveva appena raggiunto in camera Logan, il Re a cena aveva mangiato poco niente eppure ora si stava gustando uno spuntino a base di biscotti, latte e miele.

-Non potevi finire di mangiare là?-

-Certo, ma non ne avevo voglia- rispose il biondo impegnato a recuperare i rimasugli di miele nel barattolo ormai vuoto.

Matt alzò gli occhi al cielo.

-Troppi dolci ti faranno diventare rotondo-

Logan gli fece una linguaccia mettendo il broncio.

-Sei crudele-

Il generale fece un mezzo sorriso, a volte era costretto ad esserlo per davvero, lo tirò a sé baciandolo lungo il collo.

-Hey..- mormorò.

-Mh- Logan gli accarezzò i capelli, era ovvio il motivo per cui, per l'ennesima volta non avesse toccato la cena, ma sotto al suo tocco sembrava quasi rilassarsi, come se ogni altra cosa non contasse.

-Secondo te, perché è uscito?- mormorò poi Logan.

Matt alzò le spalle, aveva almeno 100 buoni motivi per cui Death dovesse uscire dal castello ma nessuno qi questi sarebbe mai piaciuto a Logan.

-E' disubbidiente- asserì, come a rispondersi da solo contrapponendo quella durezza con una carezza sulla guancia dell'altro.

Matthew sospirò.

-Ok, ma questa tua ossessione per lui non mi piace molto-

Il Re mise di nuovo il broncio.

-E a me non piace che ti chiudi in una stanza per ore con i tuoi amici ufficiali-

-è il mio lavoro! E non c'entra nulla con il discorso che stavamo facendo!-

-Lalalalalalala non ti sento- Matthew si mise una mano in faccia mentre Logan si tappava le orecchie con le mani.

-Dio Logan, sei impossibile a volte-

-Scusa...- mormorò lui abbassando lo sguardo, eppure Matt sentì che era arrivato il momento di fargli capire che a volte, il suo modo di agire feriva le persone.

-Oggi dormi da solo-

Logan annuì stringendosi le ginocchia al petto, lui era così, provava delle emozioni forti per qualunque cosa, poteva essere estremamente felice se Matthew gli dava di sua iniziativa un bacio e poteva essere estremamente triste se litigavano, a quel punto di solito il generale si arrendeva e gliela dava vinta pur di vederlo star meglio, ma sta volta sentiva di dover far qualcosa per aiutarlo a capire e se ne andò senza voltarsi.


Quando qualcuno bussò alla porta un'oretta dopo, l'umore di di Logan salì di colpo alle stelle.

Al momento era in bagno a vomitare, aveva esagerato fin troppo con gli alcolici quando lo sentì entrare.

Sicuramente era Matthew, tornato per infilarsi nel suo letto e passare la notte con lui, come sempre, forse aveva solo bisogno di sbollire e finalmente lo aveva perdonato.

Andò in camera quasi saltellando ma il sorriso gli si smorzò quando nella stanza vide Jake.

-Che cosa vuoi?- biascicò confuso.

Jake gli si avvicinò facendolo indietreggiare fino a che la schiena di Logan non fosse contro il muro, finché ogni via di scampo non gli fosse preclusa.

Logan si sentì premere qualcosa di duro all'altezza della pancia mentre Jake iniziò a baciarlo lungo il collo, giocando con la sua pelle prima mordendola e poi succhiandola lasciandogli dei succhiotti.

-Che cosa fai!- Logan provò a spingerlo via, ma l'alcol e la differenza netta di corporatura non lo aiutavano.

-Voglio soddisfarti, mi piaci-

Le mani di Jake scivolarono sotto la sua maglietta mentre la sua bocca cercava esigente quella dell'altro.

Logan si sentiva confuso, non sapeva come reagire, si sentiva immobilizzato, come se il suo corpo per un attimo fosse stato messo in pausa, ma ecco che in pochi secondi, dopo aver realizzato che quelle mani sul suo corpo, quella lingua che esigeva la sua non erano del suo Matt, ora che sentiva quel contatto così viscido così invadente, così sbagliato, riuscì a voltare il viso di lato così da interrompere quel bacio mai ricambiato.

-Dov'è Matt?- mormorò cercando di trattenere le lacrime.

-Non qui- 

-Puoi cercarlo così ti manda via?- 

Jake sospirò passandosi una mano tra i capelli, non era a questa vita che lui era abituato, nella sua mente si ergeva una sanguinosa battaglia tra l'uomo che era, un uomo che prendeva tutto ciò che desiderava e l'uomo che cercava di diventare, un uomo che non faceva male agli altri per cominciare.

-D'accordo, se cambi idea sai dove trovarmi-

Jake lo lasciò lì, tremante, con le lacrime che gli scendevano lungo le guance e un senso di sporcizia che nessuna doccia avrei mai lavato.

Logan si lasciò cadere sul pavimento appoggiando la schiena al muro aspettando che il mondo crollasse un po' alla volta insieme a lui.

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Capitolo 17
*** 17 ***


Quando Andrè entrò nella stanza, Logan neppure ci fece caso eppure, per quell'uomo che l'aveva visto crescere,fu un duro colpo vederlo rannicchiato e avvilito contro la parete, scosso dai singhiozzi con la vista appannata dalle lacrime, ogni tentativo di calmarlo pareva inutile così il servo corse a chiamare l'unica persona in grado di saperlo prendere nel modo giusto.

-Che cos'è successo?- Tuonò Matthew e stavolta Logan sembrò spostare lo sguardo su di lui, come se quella voce avesse la forza di strapparlo dalle grinfie dell'oscurità di sé stesso.

-Ho bisogno di te- mormorò l'altro cercando di asciugarsi le lacrime con le maniche.

-Lo vedo, sei ancora ubriaco- Matthew sospirò facendolo appoggiare al proprio petto per poi sollevarlo infilandogli un braccio sotto le ginocchia così da infilarlo a letto.

Logan si appoggiò volentieri a lui, il suo odore era così rassicurante che non lo avrebbe mai voluto lasciare eppure non meritava nulla di tutto questo, non dopo ciò che gli aveva fatto.

-Matt- cercò di prendere coraggio, doveva dirglielo, Matthew meritava quantomeno di saperlo.

"Matt, ho baciato un'altra persona" le lacrime ripresero a scendere inesorabili, non era così difficile da dire eppure non ci riusciva, erano semplici parole eppure il cuore batteva all'impazzata, si sentiva la bocca secca e un peso sullo stomaco, come se avesse preso un pugno.

Si mise una mano sulla bocca per trattenere un conato al ricordo di quelle mani sul proprio corpo, di quella bocca contro la sua, erano anni ormai che aveva una relazione con Matthew e ora aveva rovinato tutto.

-Hey, non piangere, va tutto bene, ok?- Logan si sforzò di annuire, facendo respiri profondi mentre il suo corpo smetteva finalmente di tremare in quel modo incontrollato.

-Resti con Logy?- Matthew, dal canto suo, non sapeva cos'altro fare con lui, era già capitato litigassero eppure nessuna discussione lo aveva ridotto in quello stato.

Avrebbe voluto mantenere la propria posizione e dirgli che no, non sarebbe rimasto con lui, che se lo poteva scordare finché non avrebbe visto un reale cambiamento eppure annuì sospirando.

Si sistemò vicino a lui accarezzandogli la schiena da sotto la maglietta, Logan si era rannicchiato il più possibile tra le sue braccia e aveva nascosto il proprio viso contro il suo petto, forse per non fargli vedere che qualche lacrima ancora gli solcava le guance.

Matthew dormì malissimo quella notte, Logan continuava ad agitarsi nel sonno e più volte fu tentato di dargli una bella spinta giù dal letto, per questo quando si svegliò era già tarda mattinata.

Con uno sbadiglio si stiracchiò e la sua attenzione venne attirata da un lamento familiare.

Logan si strinse di più a lui, faceva sempre una gran fatica ad alzarsi, ma quel giorno Matthew non aveva troppo tempo da perdere, inoltre, il fatto che avesse accettato di dormire con lui non significava fosse tutto perdonato.

Gli diede un bacio in fronte mettendosi seduto.

-Matt, ho male alla testa- 

-Ci credo, hai bevuto- Matthew gli tirò piano una guancia per infastidirlo, proprio non riusciva a resistergli quando usava quei toni così infantili, senza contare che avrebbe riempito di baci tutte quelle espressioni imbronciate che il suo viso sembrava fare in modo naturale e istintivo non appena sveglio.

Per tutta risposta Logan gli morse giocosamente la mano.

-Ahi, piano, lascia- 

Matthew si alzò iniziando ad indossare la solita divisa sotto lo sguardo attento del Re.

-Matt...-

-Dimmi-

-Noi siamo a posto? Nessun' altro è a posto ma noi si, vero?-

Matthew si fermò voltandosi verso di lui, notando un tono strano nella sua voce.

-A posto?-

-Tu ti fidi di me e io mi fido di te-

Matthew annuì -Certo, mi fido di te- per poi avvicinarglisi per dargli un bacio sulle labbra. -Ma fai la doccia- gli fece l'occhiolino per poi andarsene.

Matthew lavorò duramente tutto il giorno, selezionò le nuove reclute, la guerra avanzava e ormai erano a corto di uomini, per questo tre giorni prima aveva mandato una pattuglia a spargere la voce di una nuova leva ai confini a Ovest del regno.

Lì lo stato di povertà regnava sovrano e persino i suoi uomini faticavano a mantenere l'ordine pubblico, il malcontento per la logorante guerra si stava diffondendo, con questa decisione avrebbe risolto due problemi in un solo colpo e ne avrebbe persino tratto un vantaggio.

Lui avrebbe avuto abbastanza uomini da mandare al fronte, uomini che avrebbero avuto due pasti al giorno garantiti e un tetto sopra la testa, e le rivolte avrebbero avuto un calo numerico, sarebbero diventate più gestibili e sopprimibili con l'impiego di un minor numero di soldati.

Durante la selezione aveva anche individuato qualche tipetto interessante, con poteri straordinari, quando suo figlio sarebbe tornato dal fronte si sarebbe divertito parecchio con loro.

Dopo la selezione rimase rilegato nel suo ufficio per una riunione con un paio dei suoi ufficiali, dei servitori portarono loro il pranzo così che non ebbe neppure la possibilità di controllare che Logan si fosse ripreso un po' dai postumi dalle sbornia.

Quando la luce del Sole era ormai calata Matthew si recò nella propria stanza, si sarebbe fatto una doccia e avrebbe aspettato Logan, era sicuro che una volta uscito dal bagno se lo sarebbe ritrovato direttamente nel letto, imbronciato per avergli dato buca a pranzo.

Sorrise al pensiero, non lo avrebbe mai ammesso, né a sé stesso né a Logan, eppure gli mancava.

Nonostante si fossero visti la mattina gli mancava incredibilmente, non poteva che ritrovarsi costantemente a pensare a cosa stesse facendo lui in ogni momento, se aveva mangiato, se era annoiato o se si stava divertendo.

Era sotto la doccia quando sentì dei passi in camera propria, sorrise tra sé, al pensiero che Logan fosse venuto davvero ma il sorriso si spense subito quando sentì due persone parlare.

-Non è nemmeno qui?-

-Forse qualcuno lo ha già avvisato, infondo sono solo voci, la gente lo sa cosa rischia ad attentare la vita del Re-

-Sono voci confermate dal fatto che il Re non sia tornato!-

Matthew uscì di colpo dalla doccia, aveva il cuore che gli rimbalzava nelle orecchie, aveva sentito dire che Logan fosse uscito a cavallo con la propria scorta per delle semplici commissioni, eppure non era ancora rientrato, non era da lui.

Spalancò la porta del bagno senza neppure preoccuparsi della propria nudità e mentre si vestiva iniziò da subito ad impartire ordini.

Voleva gli uomini migliori per quell'operazione, Logan doveva tornare al Palazzo sano e salvo o non se lo sarebbe mai perdonato.

Più il tempo passava e più violenza usava per spronare il proprio cavallo perché corresse più veloce, perché quella distanza che lo separava da Logan si azzerasse il prima possibile.

Nella cittadella di Sheol era in corso una brutta rivolta, c'erano campi e case incendiate, gli uomini si spostavano in massa e sulle strade regnava il caos.

Matthew lasciò il compito ai propri uomini di sedare la rivolta, lasciando anche a loro discrezione i mezzi da usare, nella sua testa c'era spazio solo per Logan, più girava per la città e più il panico saliva, il proprio cuore sembrava voler esplodere, lo stomaco era così in subbuglio che gli sembrava di star costantemente per vomitare, si morse più volte forte il labbro, quasi fino a farlo sanguinare come se quel gesto potesse contenere la disperazione che sentiva montargli dentro.

Poi, si bloccò.

Tirò con forza le briglie facendo fermare il cavallo nella piazzetta principale della cittadella.

Impallidì quando notò dei pali conficcati nel terreno eretti uno di fianco all'altro a formare un cerchio, su ogni palo una testa decapitata e in centro, la corona Reale.

La vista gli si appannò mentre, tremando, contava quei pali, uno ad uno.

Diciassette.

Diciassette dei suoi migliori uomini erano stati brutalmente massacrati, forse alcuni erano addirittura stati decapitati vivi con un coltello non affilato, forse erano stati squartati mentre ancora si agitavano e urlavano.

Uomini con figli, madri, mogli, fratelli e sorelle, amici, capi.

Eppure lui era sollevato.

Sollevato perché quella dannata testolina bionda, se non era infilzata su uno di quei pali allora poteva essere ancora attaccata a Logan. 

Logan doveva essere ancora vivo.

E lui lo avrebbe trovato.

-Scusate!-

Matthew si voltò di scatto estraendo la spada mentre un uomo panciuto, con la gobba e tutto contorto su sé stesso lo avvicinava.

-Il Re! Da questa parte!-

L'uomo lo condusse per vie ciottolate e secondarie fino ad arrivare sul retro di una grande villa. 

Il cancello nero di ferro battuto venne spalancato e Matthew, smontato da cavallo, corse verso l'ingresso secondario.

Passarono per gli appartamenti dedicati ai servi pieni di donne in lacrime o nel bel mezzo di una crisi isterica, al portone principale una folla bussava incessantemente, qualcuno lanciava oggetti, frantumava vetrate. 

La rivolta era giunta fin lì.

-Il padrone ha salvato il Re, lo ha accolto qui, in casa sua-

Matthew superò quell'uomo in velocità, Logan era lì, in quel posto, doveva proteggerlo, doveva assicurarsi che la sua testa fosse ancora al suo posto, che stesse bene, che non fosse spaventato.

Un uomo di mezza età gli corse incontro, iniziando a straparlare di piani geniali per fermare la rivolta, o di fuga per uscire da lì ma Matthew non ce la faceva più, la testa e il cuore gli stavano per esplodere.

-LUI DOV'E'?- 

L'uomo, forse non abituato a quei toni, gli indicò una stanza, pallido in volto, con un braccio tremante.

Quando Matthew entrò in quella camera il suo cuore perse un battito.

Logan era rannicchiato tra una montagna di coperte, aveva delle bende sporche di sangue alla testa, tremava molto ed era pallido e sudato.

Matthew con un sospiro si appoggiò contro la porta concedendosi qualche secondo di tregua.

Logan era vivo.

Lo avrebbe portato via da lì, un dottore lo avrebbe aiutato e tutto quell'inferno sarebbe finito.

Matthew si avvicinò al letto e tolse in fretta tutte le coperte strappando dei gemiti di dolore al Reale. Logan aveva lividi e graffi per tutto il corpo ma a preoccuparlo erano quelle bende già madide di sudore e sangue che aveva al petto, il sangue sembrava non voler smettere di uscire e quell'idiota di un nobile anziché prestargli soccorso e premere sull'emorragia se ne andava in giro per la sua villa piangendo per i danni che la rivolta stava causando alla sua proprietà.

-Logan, alzati, dobbiamo tornare al castello- gli passò una mano tra i capelli appiccicati alla fronte dal sudore e i suoi occhi si schiusero. 

Logan fece un piccolo sorriso stanco.

-Sei venuto a prendermi- ma poi la sua espressione cambiò totalmente mentre le sopracciglia si corrugavano un paio di lacrime gli scesero lungo le guance. -Li hanno uccisi Matt, li hanno uccisi tutti-

-Hey, non sforzarti, non ti preoccupare, i miei uomini penseranno a tutto, tu concentrati su di me, d'accordo?-

Logan annuì e strinse i denti per trattenere un urlo di dolore mentre con il suo aiuto si alzava.

-Ti porto via, andrà tutto bene, resisti-

Logan non si reggeva quasi per nulla in piedi, Matthew faceva del suo meglio per sorreggerlo, gli aveva fatto mettere un braccio al collo mentre con la mano libera gli circondava i fianchi, eppure gemeva di dolore ad ogni passo, ogni passo gli costava lacrime e sofferenza, ad ogni passo perdeva sempre più sangue e diventava sempre più debole.

Matthew non faceva altro che camminare avanti e indietro per la camera di Logan, aveva perso i sensi quando ancora erano a cavallo e il panico si era impadronito di lui.

Ci aveva provato in tutti i modi a tenerlo sveglio, a non fargli chiudere gli occhi temendo che non li avrebbe mai più riaperti.

-LOGAN! GUARDAMI! APRI GLI OCCHI!- non aveva fatto altro che urlare ininterrottamente fino a quando anche la voce lo aveva abbandonato.

Il dottore lo aveva curato subito, una cicatrice gli solcava il petto fino all'addome e ancora non riusciva a capacitarsi di come tutto questo fosse successo per causa sua.

La rivolta era ormai stata sedata, eppure i capi, condannati a morte, non facevano altro che gridare dalle loro celle che se avevano causato quel casino, se avevano attentato al Re, era perché si erano presi i loro ragazzi. 

Perché li avevano mandati a morire per un Re che li aveva dimenticati.

Un ufficiale, Eric, aveva ammesso che non tutti i ragazzini presenti alla selezione si erano presentati esattamente di propria volontà.

Era stato un suo errore, una sua negligenza, Eric era un novellino, avrebbe dovuto controllare, stare più attento. 

La colpa era sua eppure delle persone avevano perso tutto, si erano ferite anche gravemente, erano morte.

Sheol quella notte aveva cessato di esistere.

E la colpa era solo sua.

E' questo che accade quando sei il capo.

-Hey- una voce debole ma familiare attirò la sua attenzione.

Logan si era finalmente ripreso e con una smorfia cercava di mettersi seduto.

Matthew corse da lui. -No, fermo, devi riposare, non sforzarti.- 

Gli accarezzò i capelli guardando quei occhi lapislazzuli che aveva tanto pregato di rivedere aperti.

-Matt, ho baciato un'altra persona-

-Cosa...- Matthew non riusciva a crederci, pensò di aver capito male, doveva aver capito male, Logan non era il tipo da fare cose simili, quando si legava a qualcuno mai e poi mai ne avrebbe tradito la fiducia, gli pareva impossibile, se così fosse stato allora lui non lo conosceva così bene come pensava.

Delle lacrime gli bagnarono le guance.

-Mi dispiace, te lo giuro, Jake è entrato nella stanza e si comportava in modo strano, io avrei dovuto spingerlo, gridare, fare qualcosa invece sono semplicemente rimasto fermo. E' una cosa imperdonabile, mi dispiace tanto- Logan si portò un braccio sopra il viso, per nasconderlo, mentre un singhiozzo riaccendeva il dolore lacerante al petto e alla testa.

Matthew non ci mise molto a capire cosa fosse successo, si sentiva talmente idiota.

Lui lo aveva lasciato solo, gli aveva dato dell'ubriacone quando invece lui si teneva dentro tutto quel dolore. Avrebbe dovuto capirlo che c'era qualcosa di strano, qualcosa che non andava, avrebbe dovuto insistere.

Matthew si sedette accanto a lui stringendolo, passò delicatamente una mano sotto la sua maglietta percorrendo con le dita il solco della colonna vertebrale.

-Non posso fargli niente, è ospite di Historia- ragionò ad alta voce una volta che Logan si fu calmato.

-Sei arrabbiato con me?-

-No, non preoccuparti- 

Logan gli lasciò un bacio a stampo sulle labbra prima di socchiudere gli occhi.

Si sentiva caldo e la testa gli pareva stesse per esplodere eppure tra quelle braccia stava così bene, si sentiva così al sicuro che di tutto il resto non gli importava. 

Insieme potevano affrontare anche tutto il Regno.

-Dormi- Matt lo coprì meglio baciandolo sulla fronte.

Per nulla al mondo avrebbe mai permesso che qualcuno glielo portasse via. 



Quella mattina Historia stava lavorando più del solito, non aveva chiuso occhio, troppo preoccupata per le condizioni di Logan, ancora convalescente dalla rivolta.

Davanti la sua stanza erano allineate quattro guardie, solo poche persone fidate avevano l'accesso alla stanza, e il Re aveva fatto sapere, in particolar modo, che voleva si tenesse lontano Jake.

Era chiaro che con lui il piano stava fallendo miseramente.

L'uomo aveva bisogno della loro fiducia per poter operare, forse erano degli ossi troppo duri anche per qualcuno come lui, forse avrebbe semplicemente dovuto arrendersi e aspettare la rovina di Sodrét. 

Aveva più volte cercato di far ragionare il figlio ma non c'era stato verso, più si cercava di inculcargli un'idea in testa più il suo ego la respingeva, e giusto per dispetto, soleva anche mettere in pratica comportamenti opposti a quelli consigliati.

-Hey-

Jake entrò proprio in quel momento nella stanza, forse aveva anche bussato ma lei era troppo sommersa dalle proprie preoccupazioni per poterlo sentire.

-Ciao Jake-

-Come va?-

-Mio figlio è stato quasi ucciso e l'uomo con cui ha una relazione ha fatto distruggere un'intera cittadella, direi che peggio di così non potrebbe andare- 

Jake si passò una mano tra i capelli, a volte dimenticava che quella donna fosse imparentata con quei strani ragazzi con cui aveva a che fare, non gli assomigliavano per niente.

-Senti, ti va di bere qualcosa? Lo so che è mattina ma ho bisogno di... una pausa-

Jake le sorrise, era strano vederla prendere l'iniziativa per fare qualcosa insieme.

-Certo, così ti rilassi un po', ti vedo sempre tesa ultimamente- 

Jake gli si avvicinò da dietro iniziando a farle delicatamente dei massaggi al collo e alle spalle.

La donna si abbandonò a quel contatto, sentiva tutti i muscoli tesi ma sotto al tocco del rosso sembrava che tutta la pressione che sentiva si allentasse.

-Brava rilassati-

Jake iniziò a disseminare piccoli baci lungo la sua giugulare, erano come piccole dolci scariche elettriche che le mettevano in subbuglio lo stomaco, era da tanto che non veniva toccata in quel modo da un uomo e il fatto che fosse Jake a farlo gli faceva battere forte il cuore.

Historia sentì il respiro caldo dell'uomo lungo il proprio collo e poi soffiarle nell'orecchio, lo sentì allontanarsi da sé ma lei, il suo corpo, la sua mente e il suo cuore ne volevano ancora.

Si voltò verso di lui baciandolo sulla guancia con labbra tremanti, come se proprio le mancasse il coraggio di compiere quel semplice atto.

Jake le sorrise avvicinandosi lentamente al suo viso, gli occhi che passavano da quelle labbra carnose ai quei occhi cerulei che sembravano inghiottirlo, i loro respiri si incontrarono e poi la baciò.

Historia si abbandonò a quella dolcezza ricambiando quel bacio, Jake la strinse a sé, baciandola lentamente con la lingua mentre il suo cuore si rianimava di sentimenti ormai dimenticati.

Una passione incontrollabile li travolse, Jake prese per i fianchi Historia, sollevandola, facendola sedere sulla scrivania.

I baci si fecero più profondi, più frenetici, le magliette volarono sul pavimento mentre ciascuno esplorava il corpo dell'altro.

Jake premette la propria erezione contro di lei, una sua mano percorse il petto scolpito di lui, sfiorò gli addominali e scese fino la cinta dei pantaloni.

Poi improvvisamente qualcuno bussò alla porta e Historia, come strappata da un flebile sogno respinse Jake allontanandosi.

-Cavolo- l'uomo si passò una mano tra i capelli, recuperando le rispettive maglie -Andiamo nella tua stanza Historia!-

Jake la guardò e sollevò un sopracciglio, la donna sembrava confusa mentre malamente si ricomponeva cercando di allontanare da sé quelle piacevoli sensazioni come se a lei dovessero per forza essere recluse come ad una punizione.

-Va' in camera tua-

-Cosa? Stai scherzando, vero?-

-Ti ho detto di andare, Jake!-

L'uomo, preso dalla rabbia, lasciò la stanza a grandi passi sbattendo la porta con forza.

Quella donna non l'avrebbe mai capita, lo stava facendo uscire di senno.

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Capitolo 18
*** 18 ***


Connor aveva le guance rosse, il suo viso era a pochi centimetri da quello ancora addormentato di Death, il Principe aveva iniziato a pensare che con lui dormisse meglio, diceva che stava più al caldo e che aveva meno incubi.

Non che a Connor dispiacesse, eppure vederlo così vicino gli faceva uno strano effetto.

-Mh- con un lamento il biondino aprì gli occhi per poi premere le proprie labbra su quelle di Connor.

Il ragazzino si sentiva ogni volta il cuore esplodere, ancora non era abituato a quel genere di contatto con lui, ma gli piaceva da morire.
Death aveva un buon sapore anche la mattina appena sveglio, il suo tocco, prima leggero e insicuro, si ero fatto sempre più rude e deciso.

Con una spinta rotolò sopra di lui facendogli schiudere le labbra per inserire la lingua. 

Connor stava beandosi con un sorrisetto scemo tra un bacio e l'altro quando il biondo si staccò per lasciargli dei baci leggeri e umidi lungo il collo.

-Connor- mormorò prima di allontanarsi di pochi centimetri. 

-Credo che qualcuno mi usi come marionetta, non riesco a provare più rabbia, non riesco più a provare niente, sono stanco- 

Connor si morse un labbro mentre l'altro sospirava, realizzando solo in quel momento che effettivamente il Principe non provava nulla per lui, eppure ci aveva sperato, ci aveva creduto fino all'ultimo.

-Capisco, chi credi sia stato?-

-Non lo so, pensavo Jake-

-Già, dopotutto queste cose ti stanno succedendo solo da quando è arrivato lui-

Death lo sentiva parlare eppure non riusciva a starci attento, i suoi occhi erano fissi a seguire i movimenti della sua bocca, la voglia di baciarlo non finiva mai.

Connor lo fissò alzando un sopracciglio, in attesa di una risposta -Death...?-

-Mh?- il ragazzo finalmente si riscosse guardandolo negli occhi.

-Ecco... hai sentito quello che ti ho detto?-

-Si, certo- Death distolse lo sguardo come faceva ogni volta che mentiva. 

-Allora che ne pensi?- lo incalzó Connor.

-Ehm... si, ecco... credo tu abbia ragione-

-Allora dovresti andare da lui-

-Lui chi?-

-Ma..! Non mi stavi ascoltando!-

Death lo guardò divertito, le sue labbra non sorridevano eppure lo facevano i suoi occhi, Connor lo vide protendersi per sussurrargli all'orecchio con voce roca. 

-Mi è difficile in questo momento- 

Il Principe spinse i fianchi contro quelli di Connor per fargli capire che effetto aveva su di lui, eppure non diede nemmeno il tempo di reagire al ragazzino.

Gli lasciò un bacio a stampo per poi alzarsi.

-Vado da Jake, sono convinto che tutto questo sia colpa sua-

Connor lo guardò uscire sconvolto da mille emozioni, quel ragazzo lo avrebbe mandato fuori di testa.

Jake stava bevendo dell'ottimo vino e fumando una pipa, quando Death spalancò di colpo le porte della stanza facendolo sobbalzare.

-Heyla!-

Jake lo guardò malissimo.

-Si usa bussare, non lo sai?-

-Si usa anche manipolare gli altri?-

Jake alzò teatralmente gli occhi al cielo.

-Ancora con questa storia?-

-Dai, Jake, lo so che sei tu- disse Death avvicinandoglisi -se cancelli tutto adesso potrei evitare di dirlo al Re-

L'uomo si passó una mano tra i capelli con aria affranta.

-Death, davvero non capisco il motivo per cui tu sospetti di me-

Death sentì un dolore alla testa crescere sempre più, quasi come se quel dolore si sostituisse alla rabbia stessa.

Eppure nulla lo avrebbe fermato, infondo di dolore fisico ne sapeva sopportare parecchio.

Lui non aveva niente, non poteva dire ciò che Logan non voleva venisse detto e gli era stato insegnato persino ad evitare di pensarlo, non poteva prendere decisioni su niente, a partire dalla propria pettinatura, a cosa avrebbe mangiato e finendo con i compiti che, in quanto Principe, avrebbe dovuto iniziare a svolgere già da un pezzo. 

Non poteva uscire dal castello, doveva sempre starsene dritto, impettito, rigido come un manico di scopa, sempre ordinato e perfetto come ci si aspetta da un Reale.

La felicità neppure sapeva potesse esistere e ora, ora gli veniva preclusa anche la rabbia, anche l'odio.

C'era un limite a ciò che poteva accettare gli venisse tolto ed era stato superato.

-Perché è da quando sono stato male in giardino con te che sono strano! Fammi tornare come prima! Voglio tornare come prima! Basta bugie! Io mi fidavo di te!-

Death alzò la voce, era vero, si era fidato di lui, non capitava spesso ma con lui aveva deciso ne valesse la pena, aveva pensato potesse capirlo, lo aveva portato fuori da quella gabbia solo per poterlo distrarre mentre lo infilava in una cella ancora più piccola, ancora più soffocante.

Si sentiva scivolare tra le dita la propria vita senza poterne controllare nemmeno un frangente.

La sua vita non era sua.

-Non posso. Eseguo solo gli ordini e non posso disobbedire.-

Il ragazzino si bloccò. 

Quell'uomo davanti a lui gli stava facendo tutto questo perché eseguiva degli ordini.

Sicuramente c'era di mezzo quel maledetto manipolatore di suo padre.

La gente era così.

Preferiva fargli del male, preferiva fargli vedere il mondo dal buco della serratura.

Era stato un vero idiota a fidarsi. 

Come aveva potuto farlo?

Seriamente non aveva imparato nulla in quegli anni?

Era assurdo.

-Di chi? Di chi esegui gli ordini?!- 

Death lo prese per il collo della maglia sbattendolo con violenza al muro.

Aveva bisogno di sentirglielo dire, di sentirgli dire che ancora una volta suo padre aveva rovinato tutto.

Aveva bisogno di tornare ad odiarlo.

-Non posso dirtelo- 

Jake rimase indifferente di fronte a quella rabbia, sul volto di Death era comparsa una chiara smorfia di dolore, si stava sforzando non poco per sovrastare il demone e fare emergere la sua rabbia, per far emergere sé stesso.

Quella calma, quel controllo, quell'indifferenza fecero traboccare il vaso.

Death lo colpì con un pugno in pieno viso, dritto sulla mascella per poi infierire di nuovo con una ginocchiata allo stomaco.

Jake gli afferrò il ginocchio prima di essere colpito, sputó del sangue scoppiando a ridere.

-Non puoi farmi niente, non ci sono prove che io ti abbia fatto qualcosa-

-Non me ne frega un cazzo! Sono il Principe di Sodrét non mi servono prove, brutto idiota-

-Che principe sei quando te ne freghi altamente del tuo popolo?-

Adorava vedere Death così arrabbiato, così fuori di sé, così sofferente a causa di uno dei suoi demoni.

Voleva proprio vedere fino a che punto avrebbe resistito o se sarebbe scoppiato a piangere.

-Non l'ho chiesto io tutto questo!!-

Jake rise di nuovo.

-Chi se ne frega-

Death si prese la testa tra le mani, il mal di testa era ormai insopportabile e Jake soffocò una risata quando improvvisamente tirò un urlo iniziando a distruggere tutto ciò che lo circondava.

Afferrò una sedia dallo schienale lanciandola con violenza contro una credenza, rovesciò un armadio, distrusse specchi e vetri.

-Death! Cazzo!- il cuore di Jake batteva all'impazzata nell'assistere a quello spettacolo, schivare i colpi di quella furia e tentare di fermarlo era quasi impossibile, ormai era fuori dal suo controllo.

Durante la sua vita aveva visto spesso persone violente, pericolose o semplicemente furiose ma Death era qualcosa di totalmente diverso, era un fuoco che divampava irruente e che mai niente e nessuno avrebbe potuto spegnere.

-Vaffanculo! Ti odio!- il ragazzo alzò un braccio, dal palmo della mano fuoriuscivano delle piccole scariche elettriche, il suo cuore batteva forte mentre ansimava dalla rabbia - io mi fidavo di te...- mormorò in preda alla disperazione.

Si era illuso, aveva desiderato così tanto qualcuno che lo capisse, qualcuno che lo strappasse dalle grinfie di tutta quell'oscurità, che aveva finito per crederci davvero, per fidarsi davvero.

E ancor di più gli bruciava il fatto che non fosse stato Jake a deluderlo, ma se stesso.

L'uomo d'altronde non gli aveva promesso nulla era lui che si era dovuto raccontare una bugia, per spronarsi a vivere ancora un po', per dare solo un'altra chance ad un mondo che non faceva che respingerlo.

Jake guardò senza paura quel ragazzino, come se solo in quel momento si fosse reso conto del dolore che gli aveva procurato.

Eppure lui era così, lui agli altri faceva del male, non era nato certo per far loro del bene, eppure davanti a quelle lacrime trattenute, davanti all'ennesima crepa che lui stesso aveva aperto nel cuore già in pezzi di quel ragazzo non poté che sentirsi in colpa.

-Lo so- 

Una scarica elettrica partì dal palmo del principe, un lampo di luce gli occultó la vista per pochi secondi durante i quali Jake riuscì a schivare il colpo e ad avventarsi contro Death.

I due rovinarono a terra, Jake lo colpì con un pugno in pieno viso e il Principe se lo scrollò di dosso facendo leva con entrambi i piedi.

Ripresero fiato, a qualche metro di distanza l'uno dall'altro, scrutandosi e studiandosi come due animali inferociti, eppure Death non la reggeva più tutta quella situazione.

Una mano tremante ma decisa afferrò il pugnale dall'impugnatura lapislazzula che portava sempre con sé nella cinta.

-Qualsiasi cosa tu mi abbia fatto ce l'ho in testa giusto?- una risata isterica si mischió al sapore salato delle lacrime mentre puntava il pugnale dritto all'occhio sinistro.

Death si sentiva impazzire, qualunque cosa gli avesse infilato Jake nel cervello se la sarebbe levata, non gli importava di perdere un occhio, d'altronde nel castello non c'era chissà cosa da vedere, avrebbe solo dovuto resistere abbastanza a lungo al dolore fisico da riuscire a completare l'opera.

Jake gli strappò il pugnale di mano ordinando al demone di abbandonare il corpo del Principe.

Tutto questo stava andando ben oltre, Historia lo avrebbe ucciso se Death si fosse cavato un occhio a causa sua.

-Le armi non hanno effetto, niente di fisico può ferire un demone-

Il ragazzino crollò a terra.

Niente di fisico poteva scalfire un demone e lui che si era sempre considerato uno di loro lo capiva perfettamente, nemmeno a lui importava quante frustate gli dava il padre, eppure una parola di troppo, una libertà negata, uno sguardo malevolo, le attenzioni mai ricevute, lo riducevano in quello pietoso stato.

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Capitolo 19
*** 19 ***


Death non ci mise molto a tornare in camera, eppure il suo umore era totalmente cambiato, afferrò Connor per un braccio e lo spinse con forza fuori dalla propria stanza quasi facendolo cadere.

Sbatté sonoramente la porta prima che il ragazzino potesse anche solo realizzare cosa era appena successo. Proprio non lo capiva, solo pochi minuti prima sembrava fosse calamitato da lui, dai suoi occhi e dalle sue labbra, e ora, ora si ritrovava con le lacrime agli occhi, davanti ad una porta chiusa a massaggiarsi un braccio dolorante senza neppure sapere il perché.

In fondo non si aspettava nulla da lui, ci era abituato, quando si era aspettato qualcosa, la vita era sempre andata in direzione totalmente opposta.

Fece un sospiro deglutendo, non sapeva se quello fosse il momento giusto, eppure aveva appena deciso che Death non aveva alcun diritto di trattarlo a quel modo.

Bussò piano.

-Death, che cosa è successo?-

Il Principe strinse forte le orecchie, fino a farsi male, non aveva voglia di sentirlo, non aveva voglia di avere attorno qualcuno, aveva voglia di rompere tutto eppure non ne aveva la forza.

Connor socchiuse lentamente la porta per testare il terreno, vedendolo rannicchiato sul pavimento accanto alla finestra decise di azzardarsi ad avvicinarsi ancora un po'.

-Death?- 

-Niente, non è successo niente, puoi lasciarmi solo?-

-No, vorrei che mi spiegassi- Death strinse forte i pugni conficcandosi le unghie nei palmi. -Sei arrabbiato? Jake ti ha fatto male?-

Al Principe veniva quasi da ridere, Jake gli aveva fatto male?

No, non esattamente. 

Si sentiva semplicemente intrappolato in una bufera di neve, di quelle fitte, per cui non vedi nulla ad un palmo dal naso, di quelle che hanno un vento che ti fischia le orecchie e ti rende difficile anche solo camminare, di quelle che i fiocchi di neve ti sbattono contro il viso come aghi pungenti e aveva appena deciso di lasciarsi seppellire. 

-Sta zitto!- Gridò colpendolo con un pugno in pieno viso per poi sbatterlo al muro con prepotenza.

A Connor batté forte il cuore, ma per la prima volta, batté per la paura.

Death lo stava guardando ansante dalla rabbia, con quei occhi pieni di odio, capaci di ardere il mondo intero.

Eppure alla vista di quelle lacrime lo lasciò di scatto come se servisse a cancellare quello che aveva appena fatto.

Connor corse via e Death capì di aver distrutto l'unica cosa bella che aveva ancora.

Jake non poteva fare a meno che camminare avanti e indietro sul parquet consumato della sua stanza, il suo lavoro era totalmente fallito sia con Death che con Logan, Historia non faceva altro che respingerlo e quel posto ormai lo stava soffocando.

Non aveva più un solo motivo per rimanere eppure le valigie già fatte rimanevano sul letto, come se questa volta ci fosse qualcosa che gli impediva di andarsene, di abbandonare tutto prima di far del male a qualcuno.

Era notte fonda e ancora stava fissando il soffitto illuminato dalla fioca luce delle candele, steso sul letto, ad immaginare semplicemente di non essere sé stesso. Forse se non sarebbe stato lui, Historia lo avrebbe amato, se fosse stato qualunque altra persona forse le cose sarebbero andate diversamente.

Il rumore dello scricchiolare della porta lo strappò da quei pensieri tormentati.

Si tirò su appoggiandosi sui gomiti mentre incredulo, come una visione, vide comparire sulla soglia Historia stessa.

-Jake- mormorò, mentre barcollando avanzava verso di lui cercando sostegno nella mobilia. 

-Historia hai... bevuto?-

-Mh, del succo di frutta, credo, mi gira la testa-

Jake le si avvicinò per aiutarla a raggiungere il letto.

-Non penso proprio fosse succo- la fece sedere sul letto e le spostò delicatamente una ciocca di capelli dietro l'orecchio. -Perché sei qui?-

-Perché per colpa mia sei triste-

Jake avrebbe voluto fare una battuta, era lì, bellissima, sulla punta della lingua, si sarebbe sganasciato dalle risate, eppure gli occhi di lei erano colmi di lacrime, la sua voce era bassa, quasi ridotta ad un sussurro e le sue labbra tremavano come se piangere la scuotesse dalle fondamenta del suo animo.

-Non devi stare tanto con me, Jake, le persone che mi stanno vicine muoiono. I miei bambini, mio marito...- l'uomo non riusciva più a muoversi, non poteva che guardarla imbambolato esternare tutto quel dolore, quel dolore da cui avrebbe voluto in qualche modo proteggerla ma da cui nessuno ha mai scampo, neppure lui. 

-Io... avrei dovuto capirlo, avrei dovuto accorgermi che stava così male, che per lui era troppo, avrei dovuto aiutarlo, stargli più vicino, invece ho perso anche lui. Fa così male... Sai, quando perdi qualcuno le persone ti dicono che sarà sempre qui, accanto a te, ma non è vero... non è così, loro non ci sono, Jake, non ci sono più, non c'è più la loro voce, le loro risate, le loro espressioni buffe, non c'è più niente, ci sono solo letti vuoti, sedie in più nella sala da pranzo e io sono così arrabbiata con lui- 

Le guance della donna erano rigate dalle lacrime, tirava su col naso di continuo mentre il suo corpo era scosso dai singhiozzi, ad un tratto gli sembrò così vulnerabile, così fragile, come se da un momento all'altro tutto quel dolore avrebbe potuto mandarla in frantumi.

- Mi ha lasciata da sola, Jake, mi ha lasciata da sola a cercare di sopravvivere a tutto questo.-

Historia si mise le mani tra i capelli rannicchiandosi su sé stessa come se quel dolore la stesse schiacciando, come se la stesse facendo impazzire, come se avesse creato un vuoto dentro di lei che ogni giorno la risucchiava sempre un po' di più, un pezzo alla volta.

Senza quasi accorgersene Jake la strinse forte a sé, forse per tenere tutti quei pezzi incollati, forse per urlargli in silenzio che lui c'era.

Passarono la notte così, coperti solo dall'intreccio dei propri abbracci, dagli attimi scanditi dai propri respiri regolari.

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Capitolo 20
*** 20 ***


Connor non si fece vivo per tutto il giorno seguente e toccò a Death stesso portarsi pranzo e cena in camera.

La solitudine lo avvolse come non mai e per tutto il palazzo si udivano le note malinconiche di un'armonica, aveva passato tutta la vita da solo, a desiderare che qualunque cosa accadesse perché i giorni non si susseguissero uno dopo l'altro, inevitabilmente tutti uguali, fino a desiderare di cessare di esistere, eppure ora sentiva una strana sensazione di nostalgia che lo teneva incatenato alla vita, si ritrovava a fissare i pesciolini intagliati in legno sopra il davanzale del camino ricordandosi di quando ha provato a regalargliene uno, si ritrovò a fissare il letto, testimone di ciò che era successo tra loro e immancabilmente si ritrovava a fissare la porta nella vana speranza che si aprisse.

Il suo sguardo vagò per la stanza e quando si fermò su calamaio e pergamena, un'idea iniziò a farsi largo con prepotenza nella sua mente.

Non aveva mai fatto una cosa del genere, eppure valeva la pena tentare, nei libri che aveva letto, spesso funzionava.

Mentre scriveva quelle parole non poteva che sentirsi tremendamente egoista.

Gli aveva fatto del male, probabilmente gliene avrebbe fatto ancora, lui non se lo meritava, il fatto che si fosse allontanato così, per Connor, era un bene, eppure non riusciva ad accettarlo.

Non poteva accettare che tutto tornasse come prima, non dopo aver respirato un po' di quell'aria del paradiso che per tanto gli era stata preclusa. Ora che aveva provato un barlume di felicità non si sarebbe accontentato di stare semplicemente meno male.

La mani gli tremavano mentre completava la frase cercando di non far sbavare l'inchiostro fresco.

Mi sono sempre sentito perso e ora l'unica cosa che vorrei è perdermi in te.

Mi dispiace.

D.

Chiamò un altro servo ordinando di fargli avere quello stupido bigliettino mal piegato.

Sospirò appoggiandosi contro lo stipite della porta, il cuore gli batteva all'impazzata, e mai lo trovò più strano, non era arrabbiato eppure le sensazioni erano quasi uguali, si sentiva le guance pizzicare, aveva le mani tremanti e sudate, si sentiva contorcere lo stomaco e forse, forse aveva anche un po' di paura.

Una paura diversa da quella che provava davanti a suo padre.

La mattina seguente, fu svegliato da un bussare deciso alla porta.

Death si alzò incespicando nelle coperte arrotolate sul pavimento e incredulo la aprì.

-Hey- mormorò mentre il suo sguardo si fissava su un livido all'altezza dello zigomo dell'altro, come aveva potuto colpirlo, come aveva potuto fargli male?

Sentì una strana sensazione allo stomaco, come se qualcuno avesse deciso di annodarlo e poi strizzarlo.

-Salve, la colazione- Death deglutì, era tornato ad un linguaggio formale.

-Ti ringrazio-

Il principe prese il vassoio e rientrò, lasciando la porta aperta nella speranza di vederlo varcare quella soglia.

Connor si morse un labbro nel tentativo di calmare il proprio cuore, d'altronde occuparsi del Principe era il suo lavoro, era già fortunato di non essere stato punito per il giorno di pausa che aveva deciso da solo di prendersi.

Entrò in quella stanza così familiare eppure non ebbe il coraggio di sollevare lo sguardo dal pavimento.

Sentiva il bisogno di stargli accanto, di giustificarlo, di sentirsi consolare da lui, ma allo stesso tempo non poteva fargli passare liscio ciò che gli aveva fatto.

Death lo osservò raccogliere i propri vestiti sporchi dal pavimento, si stava contorcendo le mani, non sapeva che fare in quella situazione, non ci si era mai ritrovato.

Avrebbe dovuto chiedergli se aveva letto il biglietto?

Non era la reazione che aveva sperato, non lo stava neppure guardando.

Connor si raddrizzò dopo poco avviandosi verso l'uscita e il Principe per la prima volta in vita sua, sentì il bisogno disperato di fermarlo.

Il ragazzino si immobilizzò al rumore di un vetro rotto, si voltò lentamente stringendo i pugni, non poteva crederci, Death non farebbe mai una cosa del genere, non dopo aver scritto quelle parole.

Quando vide il vassoio rovesciato sul pavimento e lui immobile a fissarlo andò su tutte le furie, non era lui ad aver fatto quel discorso sugli schiavi nati semplicemente nel ceto sbagliato?

Era davvero stato un idiota a pensare che Death lo vedesse come qualcosa di più che non un semplice servo.

Strinse i pugni, non si sarebbe lasciato trattare così, non era lui ad avere il controllo sulla loro coppia.

Gli si avvicinò a grandi falcate e per un attimo il Principe fu convinto lo avrebbe colpito, ma andava bene così, in fondo anche lui credeva di meritarlo.

Connor lo prese per il colletto della maglia avvicinandolo a sè, premendo le proprie labbra contro quelle morbide e perfette dell'altro.

Death, a quel contatto, socchiuse gli occhi, lo prese per i fianchi avvicinandolo ancora di più a sè ma il ragazzino non glielo permise, lo lasciò e con un sorrisetto soddisfatto e uscì dalla stanza. Chiuse dietro di sè la porta, lasciandolo lì, inebetito, confuso più che mai, con un solo altro piccolo assaggio del paradiso che poteva concedergli sulle labbra.

Matthew si stava godendo Logan durante il suo periodo di convalescenza, si erano presi entrambi una breve pausa dai loro compiti e il Re aveva ripreso a mangiare con piacere e trascorreva i suoi momenti di noia con Death senza punirlo. Non poteva proprio chiedere di meglio.

-Mi piace stare così- mormorò Logan mentre disegnava cerchi invisibili sul petto dell'altro.

-Lo so-

-Sai troppe cose su di me Signor Generale Musone-

Matthew sorrise.

-Potrei scrivere un'intera opera su di te-

-Ah si? E come la intitoleresti?-

Logan osservò l'espressione seria e pensierosa di Matt, sicuramente stava pensando a qualcosa per impressionarlo, oppure finalmente avrebbe sentito dalla sua bocca cosa provava per lui.

Matthew era così, gli dimostrava spesso quanto ci tenesse a lui, eppure non glielo aveva mai espresso a parole, da un lato Logan cercava di convincersi che il loro amore non aveva bisogno di parole, ne tanto meno di definizioni o etichette, ma dall'altra aveva un disperato bisogno di sentirsi confermare e rassicurare sul fatto che ciò che provava lui era esattamente quello che provava l'altro.

-Logan e le sue ossessioni-

Matthew sorrise nel veder comparire uno di quei bronci che tanto amava sul volto dell'altro, il quale non si risparmiò e lo colpì con uno schiaffo sul braccio allontanandosi da lui.

Il generale non poté che scoppiare a ridere mentre cercava di trattenerlo a sé.

-E dai, Log, non fare così!-

-No! Sei cattivo! Logy triste e offeso!-

Matthew a quelle parole iniziò a fargli il solletico divertendosi un mondo a vederlo ridere a crepapelle e a rotolarsi e scalciare nel tentativo di liberarsi di lui.

- Basta! Dai!-

Logan sentiva le guance fargli male, gli scendevano le lacrime da quanto aveva riso, alla fine Matt lo lasciò riprendere fiato, d'altronde la vista di quel sorriso, di quei occhi lucidi, delle guance arrossate e del suo respiro irregolare lo facevano sempre impazzire.

Si avvicinò lentamente al suo collo respirando quel profumo che mai per nulla al mondo avrebbe voluto dimenticare e si soffermò a baciare quella pelle.

I muscoli del Re si rilassarono mentre come d'istinto sporgeva il proprio collo piegando la testa di lato.

-Odio l'effetto che mi fai- mormorò mordendosi un labbro.

Matthew sorrise e sta volta si avvicinò con dolcezza alle sue labbra.

Il cuore di Logan perse un battito, non capitava spesso che fosse Matthew a decidere di baciarlo eppure quando lo faceva si sentiva felice come non mai.

Le sue labbra avevano appena sfiorato quelle di Matthew quando la porta della stanza si spalancò con un rumore sordo.

-Dio mio, voi due state ancora insieme?-

Dylan si mise una mano in faccia mentre lasciava richiudere la porta dietro di sé gustandosi le loro espressioni di incredulità con un ghigno stampato sul volto.

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Capitolo 21
*** 21 ***


-Salve padre, vi sono mancato?- 

Dylan era cresciuto parecchio dall'ultima volta che si erano visti, prima che lui partisse per il fronte sei mesi fa. 

I capelli biondi gli arrivavano ormai alle spalle, Matthew gli aveva ordinato più volte di tagliarli ma con lui pareva tutto inutile, non c'era mai una volta che gli desse ascolto.

-Mi ricordo di averti insegnato a bussare prima di entrare- Logan deglutì, Matt se la prendeva tanto con lui per come trattava Death ma la verità era che lui trattava anche peggio Dylan. 

-Dyly, non fare il cattivo!-

Dylan per tutta risposta si sedette sul letto, proprio di fianco a Logan.

-Ciao Re, secondo te, il capo dell'esercito non si dovrebbe prendere una dose di camomilla? Perché se ha sempre quello sguardo omicida... beh, mi dispiace per te-

-Dylan esci- ordinò Matthew a denti stretti, fuori di sé.

Logan sorrise abbracciandolo forte al collo.

Gli piaceva quando quel ragazzino dalla lingua lunga metteva alle strette Matthew, neppure lui riusciva così bene a farlo arrabbiare, sembrava avesse un dono naturale.

A quell'abbraccio Dylan rispose con un sorrisetto, mentre il suo sguardo era puntato dritto sul padre.

Matthew, per tutta risposta, si avventò su di lui senza troppi preamboli e, prendendolo per i capelli, lo fece alzare trascinandolo verso la porta.

-Non puoi fare il cazzo che ti pare, ti è chiaro?-

Dylan cercò di dimenarsi, avrebbe potuto benissimo colpirlo con una gomitata allo stomaco eppure non avrebbe mai osato fare una cosa del genere, sapeva fin troppo bene cosa sarebbe accaduto dopo.

-Ahi! Lasciami! Logan digli qualcosa!-

-Logan non ti dirà un bel niente!- Matthew sospirò lasciandolo e aprendogli la porta. 

Dylan, come se nulla fosse accaduto, si passò una mano tra i capelli come a sistemarli.

-Dov'è Death?- disse rivolgendosi direttamente a Logan e ignorando il padre.

-In camera sua, ovviamente- 

-Va bene, gli farò una visitina a sorpresa-

Era passata qualche ora da quando Connor lo aveva stordito con quel bacio e poi se ne era andato lasciandolo lì come un idiota, per tutto il tempo non aveva fatto altro che chiedersi se quel gesto significasse un eventuale perdono, un addio, o qualcos'altro che ancora non riusciva a capire.

Si toccò con un dito le labbra, come a ripassare i contorni di un bacio che non voleva svanisse, la verità era che non poteva accettare che quello fosse stato l'ultimo.

Quando la porta si spalancò di colpo Death venne scosso da un tremito, solo suo padre da arrabbiato entrava in quel modo, trattenne quasi il respiro, non era pronto per essere punito di nuovo da lui, si sentiva sul punto di crollare.

Una mano si allungò afferrando l'estremità del battente, chi stava per entrare avrebbe richiuso subito la porta dietro di sé.

Il suo cuore prese a battere sempre più veloce e le sue mani non la smettevano di tremare, gli veniva quasi da vomitare, quanto poteva metterci una persona a varcare una soglia? 

A lui pareva di star assistendo a quella scena già da un'eternità.

Si sentiva bloccato, incapace di reagire, incapace di parlare, gridare o respirare, esattamente come accadeva nei suoi peggiori in incubi.

Death tirò un sospiro di sollievo, fu Connor a varcare l'uscio, in mano aveva una cesta di abiti puliti eppure pareva non far caso alla presenza del Principe.

Cercò di ignorare il terrore che ancora provava e di concentrarsi su Connor. 

Fece un respiro profondo cercando di scrollarsi via quelle tremende sensazioni.

Non poteva stare fermo ad aspettare che il ragazzino finisse di riporre i suoi vestiti nell'armadio per poi vederlo andare via un'altra volta.

Aveva bisogno di lui.

Gli si avvicinò lentamente abbracciandolo da dietro, si, aveva un bisogno disperato di lui, del tepore che gli regalava ogni suo abbraccio, della tranquillità che gli invadeva il  cuore quando sentiva il suo respiro  regolare sulla propria pelle, aveva bisogno tornasse a guardarlo con la solita dolcezza, aveva bisogno di rivedere i suoi sorrisi, aveva bisogno che gli impedisse di aver paura e di crollare, ma allo stesso tempo si sentiva in colpa perciò che gli aveva fatto e perciò che gli stava facendo.

-N-No, Death, sono ancora arrabbiato con te- Connor gli mise una mano sul petto nel tentativo di spingerlo via.

Death abbassò lo sguardo.

Aveva ragione ad essere arrabbiato.

Eppure a quelle parole sentì un profondo dolore sconquassargli il petto.

Nemmeno il padre aveva il potere di farlo stare così male.

Connor a quella vista si morse un labbro, non sopportava di vederlo triste eppure neanche lui si meritava di prenderle per il semplice fatto che lui fosse arrabbiato con qualcun altro.

Death avrebbe fatto meglio ad imparare o lo avrebbe perso.

Ormai era chiaro che anche lui provasse qualcosa nei suoi confronti, forse ci aveva sperato così tanto da far pietà a qualche Dio sconosciuto. 

-Hai letto il mio biglietto?- 

Connor annuì arrossendo, gli ci erano volute ore per tradurlo, il popolo non usava quella lingua da anni, inoltre, dopo quel pugno, aveva pensato di voltargli le spalle e basta, di non pensare a lui in nessun altro modo che non come ad un padrone per cui doveva svolgere un servizio, non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere da Death, aveva pensato che infondo di lui non gliene importasse granché, forse era solo un suo divertimento, eppure davanti quelle semplici parole il suo cuore aveva vacillato, si era voltato a guardarlo un'ultima volta ed era rimasto fregato da quello sguardo di delusione e tristezza che si dipingeva sul suo volto. 

Death si soffermò a guardarlo, lo sguardo gli cadde su quelle labbra che lo avevano tormentato nelle ultime ore, ma poi, risalendo, si soffermò su quel livido che gli aveva procurato. 

Improvvisamente nel suo cuore scattò qualcosa, qualcosa che lo riportò indietro di più di una dozzina di anni.

Quando sua madre, ancora, non lo aveva abbandonato.

July era sempre stata una donna incantevole, girava voce fosse la più bella di tutto il Regno, e proprio per questa sua peculiarità suo padre si accordò con Re David perché convolasse a nozze con il principe Logan.

Tuttavia, ad aspettarla, era una vita tutt'altro che da favola.

Aveva pochi ricordi di lei, ricordava le lacrime che le bagnavano il viso, le sue grida, i suoi implori, il suo odio.

Ma ci fu un periodo in cui sua madre non lo odiava, un periodo in cui, guardandolo, non rivedeva Logan, l'uomo che gli aveva rovinato la vita, ma semplicemente il suo bambino.

Proprio in quel periodo, sua madre, ogni volta che Logan gli faceva del male, gli dava un bacino per ogni livido, il dolore non cessava eppure dentro il petto succedeva qualcosa di piacevole.

Senza quasi accorgesene si avvicinò lentamente al viso dell'altro, per lasciare un bacio su quel disastro irrimediabile che aveva fatto.

Persino Death era arrabbiato e deluso da sé stesso, quel livido gli ricordava che forse sua madre non aveva tutti i torti ad odiarlo, forse era davvero più simile a Logan di quanto pensasse.

Ma questo non poteva accettarlo.

Non poteva diventare come lui.

In quel preciso istante giurò sull'anima di sua madre, che mai e poi mai avrebbe fatto di nuovo una cosa del genere a Connor, e che mai avrebbe perdonato chiunque avesse osato fargli del male.

Connor si alzò sulle punte accarezzandogli una guancia, quel dolore nei suoi occhi lo stava uccidendo. 

-Sei stato molto dolce...- gli mormorò facendolo arrossire poco prima di baciarlo sulle labbra.

-Dolce?-

Connor non poté fare a meno di lasciarsi sfuggire un sorriso. 

-Non devi vergognarti, è una cosa buona-

Death spostò lo sguardo su quel sorriso che Connor gli aveva mostrato così spesso ma di cui non era mai sazio.

-Non sei più arrabbiato?-

-Uhm, vorrei chiederti una cosa, io per te, cosa sono?- poi vedendo l'espressione confusa dell'altro cercò di spiegarsi meglio. -Ecco, io per te sono un servo con cui soddisfare le tue esigenze?-

Death ci pensò a lungo, fece per parlare molte volte, e anche se Connor aveva l'impressione che stesse cercando le parole giuste per dire qualcosa di orribile senza ferirlo troppo, gli lasciò tutto il tempo per riordinare i propri pensieri.

-Non lo so, però quando vai via mi manchi, sto per ore a pensare ai tuoi baci, ai tuoi occhi, ai tuoi sorrisi, e ho sempre voglia di abbracciarti, di tenerti stretto perché nulla di cattivo ti faccia stare troppo male, non so cosa sia ma ho paura che non sia nulla di buono- 

Connor sentiva il proprio cuore battere sempre più forte sotto l'effetto di quelle parole.

Per una volta si sentì felice, felice per davvero.

Lo baciò di nuovo, con più esigenza mettendogli le braccia al collo.

-Resti con me? Non per forza per sempre, mi va bene anche solo per pochino- 

Non gli importava che anche Connor potesse ferirlo come aveva fatto Jake, aveva bisogno di credere che lui fosse diverso, gli stava dando il potere di pugnalarlo direttamente al cuore, per mano sua sarebbe stato contento di morire.

-Si, ci sono io con te- 

Connor gli sorrise dolcemente, se Death non credeva nel "per sempre" glielo avrebbe insegnato lui.

Death e Connor si stavano baciando quando un rumore familiare fece tendere le orecchie al Principe.

Di scatto si staccò da lui voltandosi verso la parete di destra.

-Che succede?- mormorò Connor spaventato da quel comportamento.

Poi dopo pochi secondi si sentì come il rumore di una serratura che scatta, la libreria iniziò a scivolare di lato mentre dietro di essa si rivelava un corridoio buio.

Connor rimase a bocca aperta, aveva sentito che nel palazzo ci fossero dei passaggi segreti costruiti generazioni fa per la sicurezza dei Reali ma aveva sempre pensato fossero voci senza fondamento, leggende che giravano tra i dormitori della servitù. Ma ora la verità gli si era palesata sotto agli occhi.

Dal buio emerse un ragazzo, doveva essere pochi centimetri più alto di lui, i suoi capelli erano biondi e gli arrivavano fin sopra la spalla, tuttavia i suoi tratti non erano ancora marcati, probabilmente aveva qualche anno in meno, vestiva con una divisa da Ufficiale e il suo sguardo, così duro e simile a quello di Death, stonava con il sorriso che distese le sue labbra sottili e rosee.

-Ciao De'-

-Dylan! Quando sei tornato? Come si sta al fronte?-

Connor seguì con lo sguardo Death mentre andava incontro a quel ragazzo sconosciuto, sembrava che tra i due dovesse scappare un abbraccio ma, invece, non si sfiorarono neppure come se, loro, certe cose non sapessero proprio farle. 

-E' una palla assurda, tutti i giorni a fare i turni, bloccati in un accampamento di merda... aspetta, ma lui chi è?-

-Mi chiamo Connor-

Dylan aveva posato lo sguardo su quello che per lui era un intruso, si avvicinò a lui, incuriosito, di solito il Principe odiava avere gente per la camera eppure quel servo era lì.

-Sei nuovo?- 

Connor spostò lo sguardo su Death non sapendo esattamente come comportarsi, e cosa fosse o non fosse giusto rispondere. 

-Si, sono il servo personale del Principe-

-Death, hai un servo tutto per te? E pure carino?? Non è giusto! Lo voglio anche io!-

Death si parò improvvisamente davanti a Connor.

-Se lo tocchi, ti ammazzo, mi sono spiegato?-

-Questa è un'ingiustizia, non possiamo condividerlo?- Dylan superò il Principe così da poter osservare il nuovo arrivato, lo prese sotto il mento squadrandolo e osservando con attenzione i suoi occhi, non aveva mai visto Death geloso in quel modo e la cosa lo divertiva un sacco. -Ha un viso così carino-

Connor era sempre più confuso, deglutì sentendosi come un semplice oggetto.

A quel commento Death lo colpì con un pugno in pieno viso per poi sbatterlo al muro con prepotenza, Dylan tuttavia non sembrava per nulla spaventato, di solito le persone hanno paura di Death, soprattutto quando le guarda con quello sguardo carico di odio, ma lui sembrava diverso, scoppiò a ridere.

-Non sai ancora controllare la tua rabbia, eh? Dai, io e te condividiamo sempre tutto- Dylan si liberò dalla sua presa e tirò il Principe più vicino a sé prendendolo dal colletto. -E poi ho visto anche un certo succhiotto sul suo collo- bisbigliò perché lo sentisse solo lui.

Death per tutta risposta lo colpì con una ginocchiata allo stomaco. 

-Lui è mio, non ci devi nemmeno pensare a lui in quel senso!-

Dylan, riuscì a parare la ginocchiata, come se conoscesse alla perfezione il modo di combattere dell'altro.

-Uffa, sei diventato noioso anche tu!- Dylan lo spinse per poi rovesciare una sedia con un calcio sotto gli occhi increduli di Connor.

-Certo, e tu sei un rompiscatole- Death lo prese per un polso nel tentativo di sbatterlo fuori dalla propria stanza -e io che ero quasi felice di vederti! Tsk!-

-Io sono felice di vederti- Dylan sporse il capo dallo stipite della porta facendo un sorriso a Connor, quella situazione lo divertiva più che mai. -Comunque io sono Dylan, il figlio del Generale-

-Ehm, piacere- 

Death cercò nuovamente di spingerlo fuori mentre Dylan opponeva resistenza.

-Vattenee!-

-Sei un maleducato, non devi essere geloso perché voglio diventare l'amico di Connor, okay? Sono anche tuo amico quindi...-

Connor iniziava a capire che tipo di rapporto ci fosse fra di loro e per lui non scoppiare a ridere stava diventando sempre più difficile.

-Quindi cosa? Non vedo il collegamento-

-Quindi non devi essere geloso, siamo tutti amici!-

-Ti uccido!-

Dyaln alla fine si arrese, si stiracchiò sospirando. -Va bene, vado a riposare ci vediamo più tardi, tanto lo so che senti la mia mancanza- facendo un occhiolino a Death se ne andò.

Il principe chiuse la porta e si buttò sul letto sospirando, erano troppe emozioni in un lasso di tempo troppo breve, socchiuse gli occhi ma l'orrido ghigno del demone che lo perseguitava nei suoi incubi lo costrinse a riaprirli.

Connor lo raggiunse sorridendo.

-è più piccolo di te?- 

Gli ci vollero alcuni istanti per rendersi conto che si stava riferendo a Dylan e non al bambino che non riusciva mai a salvare.

-Si-

-Ti vede come un fratello maggiore-

-Mh? E tu come lo sai?-

-Si vede-

Connor ridacchiò al ricordo della scena.

-Siamo cresciuti insieme in questo inferno-

"Avrei dovuto proteggerlo meglio da questo inferno" pensò mordendosi un labbro.

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Capitolo 22
*** 22 ***


Quella mattina Dylan era in clamoroso ritardo, in quanto ufficiale dell'esercito aveva il dovere di allenarsi ma ormai, se tutte le mattine si prestava a quei noiosi esercizi, non era per puro senso del dovere ma per avere una convivenza più tranquilla col padre, se avesse continuato a seguire un minimo le sue direttive non avrebbe dovuto sorbirsi le sue inutili lamentele.

Quando varcò la soglia della palestra i soldati si stavano già allenando, bastò un'occhiataccia per far riprendere gli esercizi ai curiosi che si erano voltati a guardarlo.

Odiava essere lì, sentiva ancora tutti i muscoli indolenziti per la lunga cavalcata che aveva affrontato per il rientro, per di più non uno solo di quei ragazzi era al suo livello di preparazione, avrebbe preferito di gran lunga allenarsi con Death, i combattimenti con lui erano sempre stimolanti, ogni volta se ne usciva con una mossa nuova, con una combinazione di poteri mai vista, non lo aveva mai visto perdere se non contro i loro padri.

Dylan stava facendo alcuni piegamenti sulle braccia mentre analizzava con lo sguardo i soldati più prossimi a lui, questi ragazzi dovevano tutti provenire dai confini Ovest di Sodrèt, erano il risultato della leva forzata di Sheol, delle nuove dure selezioni che suo padre aveva fatto applicare, erano soldati scelti, alcuni di loro, pochi, avrebbero fatto carriera come ufficiali, altri sarebbero morti alla loro prima battaglia.

L'esercito era una morsa avvelenata, una volta entrato dovevi combattere, la dissertazione era vista come tradimento e il tradimento veniva punito con la pena di morte.

Il suo sguardo si soffermò su un ragazzino tutto sudato ed evidentemente affaticato dagli esercizi, la sua corporatura era decisamente sotto la media e con quei lineamenti delicati del viso gli pareva totalmente fuori posto.

Eppure, quando uno dei suoi colleghi ufficiali decretò l'allenamento finito, quel ragazzino, mentre tutti si recavano ai bagni, continuò ad esercitarsi.

Una volta soli, Dylan gli si avvicinò.

-Hey, sono finiti gli allenamenti, lo sai?-

-Lo so, ma sono un po' indietro rispetto agli altri, devo recuperare-

Dylan infondo capiva perché quel ragazzino volesse recuperare, che fosse pronto o no, prima o poi lo avrebbero mandato al fronte, e solitamente i ragazzini così deboli non attirano di certo la simpatia dei compagni, si sarebbe ritrovato totalmente da solo contro il nemico.

-Strafare non fa mai bene, vai a lavarti insieme agli altri-

Dylan lo prese bruscamente per un polso per spingerlo verso i bagni e quasi si impressionò di quanto questo fosse sottile, come diavolo aveva fatto un ragazzino simile a passare tutte le selezioni e arrivare fino a quel punto? Ne avrebbe parlato con qualcuno, sicuramente da qualche parte era stato commesso un errore.

Prima di poter terminare tale pensiero, però, si ritrovò con il braccio storto dietro la schiena portato fino al doloroso punto di rottura.

Dylan non poté fare a meno di ridere.

-Seriamente?- Con un semplice salto all'indietro riuscì a liberarsi dalla presa e a colpirlo con una ginocchiata alla schiena.

-Lo sai chi sono, vero? Il figlio del capo dell'esercito, non ti conviene metterti contro di me-

Non si aspettava una risposta, di solito a quel punto tutti infilano la coda tra le gambe ed eseguono i suoi ordini tuttavia quel ragazzino gli mostrò un espressione più che ostinata.

-Sai che m'importa? Sei solo un raccomandato di merda!-

Dylan vide il ragazzino stringere i pugni per poi bloccarlo poco prima che corresse via.

Con una sola mano, tanto era leggero, riuscì a spingerlo verso i bagni della palestra, la porta si spalancò contro il peso della sua caduta.

-Questo posto me lo sono sudato, e ti ho detto di andare a fare il bagno, è una regola di igiene stabilita dal dottor Van De Meer in persona!-

Il ragazzino sembrò allarmarsi ma, con un'occhiata alle vasche offuscate dal vapore ormai quasi vuote, sembrò decidersi.

-Le odio le regole! Tsk-

Lo vide entrare con una certa insicurezza, Dylan lo seguì senza distogliere lo sguardo neppure un secondo.

Avvolto dal vapore si spogliò lanciandogli i vestiti addosso.

-Hey!-

-Smettila di fissarmi-

Dylan sospirò iniziando a lavarsi lontano da lui.




Dopo quella notte di confessioni e pianti Historia si era un po' addolcita con Jake, eppure l'uomo sentiva ancora di poter ottenere di più, pian piano Historia si sarebbe lasciata davvero andare con lui e sarebbe stata totalmente sua.

Jake bussò alla sua porta ma poi entrò senza aspettare il classico "avanti", troppo impaziente di scorgere l'espressione concentrata dell'altra.

-Entra pure- disse sarcasticamente lei con il broncio.

-Cattiva- Jake le si avvicinò rubandole un sorriso e un bacio sulla guancia.

La abbracciò da dietro mentre dalla sua spalla sbirciava i documenti che tanto la tenevano impegnata.

-Sei ubriaco?-

-Sobrio, com'è che ti sembro sempre ubriaco?-

Historia alzò le spalle.

-Non so, sei diverso dagli uomini che girano qui, sempre tutti rigidi e attenti a quello che fanno e dicono-

-Ah, io me ne frego, sono noiosi-

Jake si avvicinò piano alle sue labbra e per la prima volta Historia non si sottrasse ricambiando quel dolce bacio socchiudendo gli occhi.

Dover ignorare quei pensieri di colpa era dura, ma dopo la scorsa notte a Historia pareva di essere più leggera, aveva sempre giurato a sé stessa che mai e poi mai avrebbe tentato di provare nuovamente quei dolci sentimenti che aveva provato da giovane per il marito, perdere qualcuno che ami è dura, e Historia non era ancora pronta ad affrontare un'altra perdita.

Per questo quel bacio durò poco più di un secondo.

-Dovresti tornare a lavorare adesso. Hai fatto solo disastri fin'ora-

Historia tracciò i suoi lineamenti con la punta delle dita fino ad arrivare al suo mento.

-Ho fallito con entrambi- 

-Per questo dovrai impegnarti per rimediare, magari chiedere scusa potrebbe essere un inizio- 

Jake sbuffò, avrebbe di gran lunga preferito passare il resto della giornata con lei, anche fissarla mentre lavorava era meglio di niente per quanto inquietante fosse l'idea, ma alla fine le diede un altro bacio per poi avviarsi verso la porta, Historia aveva ragione, infondo lui era lì per svolgere un lavoro e per ora aveva fatto solo disastri, che razza di Re dei Demoni era se non riusciva a farsi valere su un ragazzino?




Death stava suonando la sua armonica quando un leggero bussare storpiò la melodia malinconica che il suo respiro produceva attraverso quel semplice strumento ornato d'oro.

Convinto più che mai che un bussare così leggero potesse appartenere solo a Connor si affrettò ad aprire.

Per questo quando davanti la porta si vide figurare il volto di Jake rimase bloccato dallo stupore per una manciata di secondi, una volta ripresosi richiuse con forza la porta lasciando che sbattesse rumorosamente. 

Con che coraggio era venuto proprio da lui dopo tutto quello che gli aveva fatto passare?

Tuttavia, Jake riuscì a fermare l'anta frapponendo un piede.

-Hey, hey! Aspetta! Volevo chiederti scusa, Death, ascoltami-

Death sospirò appoggiandosi allo stipite della porta pronto a farsi riempire le orecchie e la testa dalle ennesime bugie.

-Vedi, io, in realtà, non volevo fare quelle cose, ma sai, avevo bisogno di soldi e questa era l'unica soluzione-

Death alzò un sopracciglio, quella bugia gli sembrava estremamente vera.

-Soldi?-

-Si, forse per te non sono mai stati un problema, ma per gente come me si, sono necessari per vivere- 

Jake osservò formarsi un'espressione perplessa sul suo volto.

-Eh già, hai scoperto una bella cosa, sai, i tuoi servi non lavorano a gratis- 

Death ci penso su, ancora non riusciva a capire bene la differenza tra schiavi e servi.

-Quindi loro fanno i loro lavori e mio papà gli da soldi se no loro muoiono?-

-Esatto- Jake, stufo di parlare, o forse di insegnare, certe cose al Principe in un corridoio dove la punizione sembrava essere dietro l'angolo, entrò nella stanza richiudendo la porta.

-Capisco- Death si sentiva così stordito da lasciarlo entrare, forse se Jake gli aveva fatto quelle cose orribili per soldi, allora era possibile anche che Connor gli facesse quelle cose meravigliose per lo stesso motivo.

-Tutto ok?-

-Si- mormorò il Principe mordendosi un labbro nel tentativo di scacciare quel dolore che sentiva crescere nel petto con uno più fisico, più tangibile, più famigliare.

L'uomo non poté fare a meno che avvicinarglisi, quella storia dei soldi lo aveva turbato più del previsto e la cosa poteva giocare a suo favore.

-Stai pensando a qualcuno, non è così?-

Death lo guardò con il solito sguardo d'odio che gli fece raggelare il sangue nelle vene, tutto ad un tratto avvicinarglisi non gli pareva più una così gran bella idea.

-No, stai lontano-

Jake non ci pensò due volte a seguire alla lettera quelle parole, si affacciò alla finestra aperta da cui si ergeva una bella vista della cittadella per poi accendersi una sigaretta.

-Chi è questa persona?-

-Ti ho detto che non è nessuno!- sta volta il Principe, parecchio irritato dalla sua insistenza, alzò la voce.

-Stai mentendo- 

A quel punto Death gli fu addosso, lo prese per il colletto della giacca spingendolo fuori dalla propria stanza.

-Death, cavolo! Non si trattano così gli amici-

-Tu non sei mio amico!- Death si sentiva impazzire, per quell'uomo una banale spiegazione sistemava tutto, cancellava i sentimenti di disperazione che aveva provato, la rabbia per essere stato tradito, la delusione, la paura costante che quel dolore si possa ripresentare, l'essersi sentito così tremendamente stupido, così tremendamente solo.

Quasi si accorse di averlo colpito con un pugno solo a causa del contatto delle sue nocche contro la mascella dell'altro.

Jake barcollò all'indietro tastandosi la parte dolente, guardandolo dritto negli occhi.

-Death, non puoi reagire così con tutti-

L'uomo sospirò ma ad un suo accenno ad andarsene il Principe lo fermò, memore di quando aveva colpito Connor, era vero, lui reagiva così, ancora prima di accorgersi di quello che faceva, ancora prima di realizzare il male che anche lui era in grado di fare agli altri.

Quasi come se fosse una reazione istintiva, naturale.

Si sentiva un mostro.

-Mi dispiace- mormorò con lo sguardo fisso sul pavimento.

Jake si voltò lentamente, non era del tutto convinto di aver capito bene, ma quell'espressione era inconfondibile. 

Sulle labbra gli si dipinse un sorriso mentre lo tirava a sé per abbracciarlo.

Se si accorgeva che ciò che faceva era sbagliato, forse, infondo, non era del tutto un caso perso. 

-Ooh che caro Death, sei così carino!-

Death rimase paralizzato, il suo corpo si irrigidì sotto quel improvviso contatto e a quelle parole le sue guance presero a pizzicare.

Ma a Jake quell'espressione imbarazzata divertiva troppo per smettere, baciò una di quelle guance così rosse mentre gli scompigliava quella chioma disordinata di ricci.

-Bravo-

Death, si toccò piano la guancia, i baci di Jake erano molto diversi da quelli di Connor.

-Sono bravo?-

-Tanto-

Il ragazzino sembrò pensarci su qualche secondo.

-Allora mi porti in città?-

-Adesso non posso, piccolo, ci sono troppe guardie, sai, dalla rivolta che ha coinvolto tuo padre-

-Mh- Death annuì, ma in realtà era semplicemente deluso, non si fidava ancora di lui, ma se lo avesse portato fuori non avrebbe potuto fare troppi doppi-giochi, Logan lo odiava e stava solo aspettando un bel pretesto per mandarlo al patibolo, mentre lui ci avrebbe guadagnato un'altra escursione in città.

-Mi dispiace, piccolo-

Tutto ad un tratto Jake trovò quelle labbra irresistibili, lui era così, era fatto per ferire le persone, più volte si era innamorato ma il doppio delle volte era caduto in tentazione e aveva tradito.

Quello che per gli altri era una cosa ovvia, semplice, a lui non lasciava scampo.

Si avvicinò lentamente al viso del più piccolo, dapprima sfiorando appena le sue labbra, assaggiandone il respiro caldo per poi baciarlo, approfittando della sorpresa dell'altro che gli fece schiudere la bocca per inserire la lingua.

Si, i baci di Jake erano decisamente diversi da quelli di Connor.

-Perché mi baci?- sussurrò Death, preso decisamente alla sprovvista.

-Non lo so, ci vediamo in giro, ok?-

Jake si voltò, andandosene con un ghigno stampato sulle labbra, sicuramente con Death, ora, era tutto sistemato.

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Capitolo 23
*** 23 ***


Dylan ritrovò quello strano ragazzino nel tardo pomeriggio, era seduto su un gradino del portico che dava sul giardino.

Un'arietta fresca gli scompigliava i capelli, alcune ciocche gli finivano davanti gli occhi e il fumo della sigaretta volteggiava verso l'alto creando una vista quasi ipnotica.

Era lì, seduto totalmente da solo, mentre gli altri ragazzi giocavano tra loro con delle pezze arrotolate, brandivano bastoni di legno come spade, fischiavano e corteggiavano le ballerine di corte o semplicemente se ne stavano stesi al sole tra i fiori.

Dylan gli si avvicinò, sedendosi al suo fianco su quel gradino di marmo.

-Ti ho fatto male prima?-

Il ragazzino lo guardò sorpreso, alzando un sopracciglio.

-Ok, fa niente, sai, dovresti fare amicizia o qui non sopravvivi-

L'altro sospirò spegnendo la sigaretta.

-Io ignoro loro e loro ignorano me, mi va bene così-

-In guerra non ti salveranno di certo se ti trovi in difficoltà-

-Nemmeno tu sembri avere molti amici-

-Si, ma mi conoscono tutti, non devo trovarmi degli amici io-

-Mh- il ragazzino si strinse nelle spalle portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

-Mi chiamo Axel- mormorò poi, come se si sentisse in imbarazzo.

Dylan sorrise, forse aveva deciso di fare amicizia con lui.

-Dylan, piacere- rispose colpendolo con un pugno leggero alla spalla.

-Ora ti conviene rientrare, tra poco sarà servita la cena e quelli non sono molto propensi a lasciare agli altri qualcosa di più che qualche briciola-

Axel annuì alzandosi e spolverandosi i pantaloni.

-Tu non vieni?-

-Non ho molta fame-

-Mh, allora ciao-

Dylan lo guardò rientrare, aveva dei sospetti su quel ragazzino ma ancora non ne era del tutto sicuro, per di più il fatto che lo attraesse a quel modo lo confondeva.


Le parole di Jake non facevano altro che rimbalzargli nella testa, possibile che Connor fosse così gentile con lui perché aveva un bisogno disperato di soldi?

Il solo pensiero lo faceva stare male, gli provocava la nausea e l'irresistibile voglia di allontanarlo da sé prima che fosse troppo tardi, prima che anche lui decidesse di ferirlo.

Eppure non ci riusciva, nonostante la grossa possibilità che un giorno Connor, intenzionalmente o non, lo avrebbe fatto soffrire proprio non ce la faceva a rinunciarci, si era aggrappato a lui come se fosse l'ultimo ramoscello in grado di salvarlo da una rovinosa caduta nel baratro.

-Ti va di fare qualcosa?- mormorò accarezzando distrattamente i capelli corvini dell'altro, aveva bisogno di tenersi occupato così da poter smettere di pensare.

-Cosa vorresti fare? Io sono un servo, non possiamo farci vedere così intimi fuori-

-Andiamo in palestra-

Connor annuì alzandosi, girò ad una debita distanza da lui per i corridoi per poi arrivare ad una palestra vuota.

-Vuoi allenarti con me?- gli chiese guardandosi attorno.

-Se vuoi...-

Il ragazzino cercò di leggere tra le righe, era sicuro che Death gli stesse nascondendo qualcosa, era sempre distratto e si era fatto un po' distaccato.

-Ma tu volevi allenarti da solo?- 

Il Principe rimase a fissarlo come a cercare una risposta giusta a quella domanda.

Connor rise di gusto, a volte dimenticava che Death non era abituato ad interagire granché con le persone e che troppe domande rischiavano di mandarlo in confusione.

-E va bene alleniamoci-

I due ragazzi iniziarono a scaldarsi con qualche esercizio leggero, tuttavia la fronte del Principe era corrucciata, non voleva combattere contro di Connor, non sarebbe più riuscito a fare sul serio, non lo avrebbe mai più colpito lo aveva promesso.

-A cosa pensi?-

Death si morse un labbro, odiava il fatto di non riuscire a nascondergli nulla.

-No, niente-

-Vuoi che facciamo solo flessioni ed esercizi di potenziamento?-

-Si, è meglio-

Connor gli fece un sorriso di incoraggiamento, sapeva più che bene che Death stesso non era ancora riuscito a perdonarsi ciò che gli aveva fatto e la sua espressione corrucciata lo aveva tradito fin da subito, tuttavia, c'era ancora qualcosa che non riusciva a tirargli fuori.

Decise di dargli fiducia, se Death aveva avuto qualche ripensamento, se aveva qualche dubbio o paura, avrebbe dovuto affrontare la cosa da solo e dirglielo.

Mentre Death faceva dei piegamenti alla sbarra, Connor non poteva che osservarlo in tutta la sua magnificenza, si stava allenando più duramente del solito e la maglietta era già stata abbandonata da tempo sul pavimento.

Delle gocce di sudore gli imperlavano la fronte e i muscoli ben delineati da anni di duri allenamenti.

Il suo sguardo non poté che ripercorrere per l'ennesima volta il percorso tracciato da tutte quelle cicatrici che segnavano il suo bel corpo altrimenti perfetto, Connor riconobbe quella all'altezza dello stomaco, un taglio netto di 5 centimetri buoni, per qualche secondo la sua mente venne proiettata a quella terribile cena, il sangue sgorgava inesorabile lungo tutto il suo corpo, eppure nessuno aveva mosso un dito, tutte quelle persone si erano semplicemente immobilizzate, nessuno lo stava soccorrendo, rassicurando o difendendo. 

Per questo non era riuscito a fermare le proprie gambe quando aveva visto quel balordo in procinto di lanciare un secondo pugnale.

Le sue gambe si erano letteralmente mosse da sole, lui si era semplicemente ritrovato quei occhi lapislazzuli puntati contro, quei occhi sorpresi dallo sfondamento di quell'aura di solitudine che pareva circondarlo da sempre.

Il tonfo dei piedi del Principe contro il pavimento di pietra scura lo riportarono alla realtà, Death aveva finito i suoi allenamenti, dunque, si affrettò a porgergli un asciugamano e un bicchiere di acqua.

Anche in quel momento, con quell'aria stanca e allo stesso tempo con quei occhi che erano capaci di raggelarti il sangue, Death sembrava totalmente solo.

Senza pensarci troppo, Connor si alzò sulle punte per baciarlo sulla guancia, la quale prese subito un colorito purpureo.

-Connor, se lo scopre mio padre ti farà uccidere-

-Lo so- il ragazzino si morse un labbro -ma a te va bene così? Essere suo?-

-Che significa?-

-Ti sta bene essere controllato in questo modo, e subire tutte quelle punizioni...-

Connor lo vide distogliere lo sguardo ed uscire dalla stanza senza neppure starlo a sentire.

-i-io, Death!- il ragazzino, spaventato dall'idea di aver esagerato prese a seguirlo, il biondo camminava a passo così svelto che Connor doveva quasi correre per stargli dietro, a nulla serviva chiamarlo ripetutamente dunque gli afferrò disperatamente una mano.

-Death-

Il Principe si voltò di scatto verso di lui, un'espressione feroce a distorcere i lineamenti del suo bel viso, e un movimento deciso della mano per liberarsi dalla presa dell'altro.

-Che c'è?!-

-Non mi hai risposto- 

-Questo perché non sono affari tuoi!-

Connor sospirò, ormai era inutile provare a parlare con lui, gli avrebbe urlato solo contro, per questo decise semplicemente di andarsene, avrebbe aspettato che si fosse calmato e poi si sarebbe scusato con lui per avergli chiesto all'improvviso una cosa tanto delicata.

-Sei il mio servo! Dove pensi di andare? Non puoi fare quello che ti pare!-

A quelle parole Connor si bloccò, non poteva averle dette davvero, ormai era indeciso a quale Death dare ascolto, era indeciso tra quali dei due Death scegliere come quello reale.

Quale era il vero Death?

Quello che davanti alla vista della città sospirava e gli confessava che, a parer suo, i servi non erano altro che poveri sfortunati nati nel ceto sbagliato o quello che gli gridava ordini con quell'espressione che faceva paura persino a lui.

I due non si rivolsero neppure uno sguardo, camminarono per i corridoi in silenzio, fino a raggiungere la bella terrazza ornata di piante e fiori.

Death si sedette nel suo solito posticino, l'unico tratto della terrazza a non essere stato inglobato dalla vegetazione, adorava quella terrazza, lì si sentiva al sicuro.

Un tempo apparteneva alla madre, non permetteva ai servi di prendersi cura di quel posto, amava farlo personalmente, innaffiava le piante, strappava le erbacce, si occupava di cambiare i vasi ai fiori, forse fu anche per questo che quando morì nessuno osò toccare neanche una sola foglia di quella terrazza.

Eppure in quel momento la presenza incombente di Connor alle sue spalle non faceva altro che mettergli ansia, quel silenzio lo metteva a disagio, per questo resistette solo pochi minuti prima di correre a chiudersi in camera sua, sbattendo così forte la porta da far saltare il ragazzino dallo spavento.

Connor si sentiva in netto contrasto a quello stupendo paesaggio capace di risvegliare sentimenti anche nel cuore spezzato del Principe. 

Si sentiva arrabbiato, Death aveva davvero un pessimo carattere e per di più gli sembrava sempre fosse lui il cattivo tra i due.

Molte volte aveva delle reazioni parecchio infantili.

Sospirò uscendo dal castello, aveva bisogno di cinque minuti di pausa, poi sarebbe andato a parlarci e avrebbe affrontato la cosa insieme a lui.

Aveva bisogno di sfogarsi, di liberarsi di tutta quella rabbia o la situazione con Death non sarebbe che potuto peggiorare.

Lasciò che i propri poteri scaturissero dalle sue mani, una sfera di energia si materializzò per ciascuna mano, la pelle scaldata dal loro tepore e le orecchie inebriate dal classico sfarfallio che emettevano.

Iniziò a lanciarne a caso contro gli alberi che si ritrovava davanti, urlando e gridando dalla frustrazione.

Forse, fu proprio per questa sua rabbia che non si accorse di un gruppo di banditi che, richiamato da tutto quel potere, gli si stava avvicinando.

Prima che Connor potesse accorgersi di ciò che stava succedendo, rovinò a terra, un dolore lancinante alle costole lo costrinse a rimanere steso contro il terreno fangoso, una mano a stringere disperatamente una zolla d'erba nel tentativo che questo lo aiutasse a strisciare per allontanarsi almeno un po' da lì prima che la vista gli si offuscasse del tutto.

-Guardatelo, sta strisciando via- un uomo rise calpestandogli con tutto il proprio peso la mano.

-Hey, non lo rovinare, questo ci varrà una fortuna al mercato degli schiavi-

Un altro lo preso per i capelli costringendolo a sollevare la testa.

-Avete visto che occhi? Solo con questi siamo sistemati a vita-

Il cuore di Connor stava battendo così forte che il ragazzino aveva paura di sentirlo esplodere, al fianco aveva un dardo dalle piume colorate, forse era per questo che il suo corpo aveva smesso di rispondere ai suoi comandi.

Un uomo aveva appoggiato il proprio piede sopra la sua schiena rendendogli difficile respirare mentre armeggiava con corde e catene per immobilizzargli braccia e gambe.

Nella sua mente, con metà faccia nel fango, non poté che pregare che l'effetto di quel dardo paralizzante svanisse al più presto, cosa avrebbe pensato sua madre nel non vederlo rientrare? 

Lo avrebbe cercato? 

Sicuramente si sarebbe spaventata a morte, la preoccupazione l'avrebbe consumata, e Death?

Cosa avrebbe pensato se fosse sparito in quel modo? 

Si sarebbe sentito nuovamente solo, abbandonato, lo avrebbe odiato e nessuno gli avrebbe mai insegnato a sorridere.

Si concentrò su quest'ultimo, pensare a lui riusciva a portarlo lontano da lì, a non sentire quelle voci, a minimizzare il dolore che gli stavano procurando.

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Capitolo 24
*** 24 ***


A Connor scappò un sorriso quando vide Death comparire nel suo campo visivo, lo aveva pensato così assiduamente che ora aveva persino le allucinazioni.

Death aveva seguito tutta la scena, aveva visto il ragazzino allontanarsi nel bosco e dalla finestra aveva visto la compagnia di mercanti andare verso la sua stessa direzione, non aveva perso un secondo di più, niente e nessuno avrebbe fatto del male a Connor in sua presenza.

Si catapultò giù dalle scale, correndo come un forsennato, spingendo persone a destra e creando scompiglio a sinistra, gli ci volle un grande sforzo mentale per rimanere lucido, era tutto così simile ai suoi incubi, e se anche in quell'occasione non fosse riuscito a salvare Connor?

No, era escluso, non voleva nemmeno pensarci, era stato stupido ad arrabbiarsi con lui, con l'unica persona che si era mostrata gentile, Connor, infondo, voleva capire semplicemente qualcosa in più di lui, e dopo aver baciato Jake e averglielo tenuto nascosto, averlo colpito con un pungo e gridato contro, almeno una risposta alle mille domande che doveva avere per la testa gliela doveva.

Quando spalancò i portoni venne accecato dal Sole, nessuna guardia osava fermarlo, in volto aveva dipinta un'espressione per cui nemmeno il più valoroso dei guerrieri avrebbe osato avvicinarsi. 

Attraversò con uno scatto il giardino e corse per il bosco a perdi fiato, inciampando nelle radici e rialzandosi subito dopo, graffiandosi il viso e le braccia con le spine della fitta vegetazione senza farci caso, se fosse arrivato troppo tardi non se lo sarebbe mai perdonato.

Nell'udire gli schiamazzi e le risa di alcuni uomini affrettò ancor di più il passo quasi come se non volesse neppure lasciare il tempo ai propri piedi di appoggiarsi al terreno.

La scena che gli si parò davanti tuttavia, gli fece perdere ogni ragione rimasta.

Quei balordi già stavano stabilendo il prezzo a cui avrebbero venduto il suo Connor.

Con un grido di frustrazione alzò entrambe le braccia, gli uomini fecero a malapena in tempo a voltarsi verso di lui che del ghiaccio si materializzò dal nulla ancorando a tutti quanti entrambi i piedi al terreno, il ghiaccio continuò a salire, le orecchie di Death non riuscivano a sentire le suppliche di quei uomini, la sua testa era completamente otturata dalla rabbia.

-DEATH!- 

Il ragazzo si voltò di scatto e il ghiaccio fermò la sua corsa appena sotto la gola degli uomini.

Connor, ormai, aveva capito che quello non si trattava di un sogno e non voleva che Death si sporcasse le mani a causa sua, solo per il fatto che fosse uscito dal castello sarebbe stato severamente punito eppure il suo petto si era riempito di una strana sensazione di sollievo.

Il Principe si avvicinò a lui lentamente, quasi come se non volesse spaventarlo.

-Va tutto bene, ti riporto al castello, il dottor Van De Meer saprà cosa fare-

Gli accarezzò i capelli con dolcezza liberandolo da quelle catene e corde che lo tenevano bloccato come un animale da macello.

Ancora non capiva perché lo avesse fermato, per averlo trattato a quel modo quegli uomini, se si può definirli tali, meritavano molto peggio.

Decise di non pensarci, la sua priorità ora era riportare Connor il più velocemente possibile al castello per assicurargli delle cure tempestive, se lo caricò in spalla e si avviò per il sentiero di ritorno.



Axel aveva appena finito di cenare nella sala mensa dedicata al corpo speciale dell'esercito. 

Aveva da sempre dato il massimo per potervi entrare, aveva un disperato bisogno di capire chi fosse, di avere delle conferme su chi fosse sua madre, suo padre, di ricominciare dopo una vita da orfano, una vita passata a mendicare e rubare cibo per sopravvivere, a raffare vecchie sudice coperte che persino la gente comune non osava più usare per tenersi al caldo d'inverno. 

Lì, al castello, aveva due pasti assicurati al giorno, un tetto che riparava dal vento e dalla pioggia, una brandina su cui dormire, vestiti sempre puliti, nessuno osava fargli troppo male, quell'occasione capitatogli ai confini Ovest era stato un vero colpo di fortuna.

Con quei pensieri camminò per i corridoi sotto le note delicate di un piano, non aveva idea di chi fosse a suonarlo ma sapeva che su quella melodia avrebbe tanto voluto ballarci.

Mentre quel pensiero gli rimbalzava nella testa passò davanti la palestra in cui si svolgevano gli esercizi, ora del tutto vuota.

Lì la musica subiva la distorsione di un eco che rendeva il suono così particolare, non muoversi era impossibile, chiuse gli occhi alzandosi sulle punte come aveva visto fare almeno un centinaio di volte alle ballerine di corte, ad Axel piaceva danzare, non aveva idea del livello delle sue capacità ma gli piaceva pensare di potersi muovere come quelle ragazze, con la stessa grazia, la stessa eleganza, la stessa flessibilità. 

Stava ballando già da un po' quando dietro di sé udì dei passi.

Axel si voltò di scatto trovandosi di fronte a Dylan, il quale era bloccato in un'espressione di stupore.

-I-io..- balbettò cercando di trovare una scusa plausibile. 

-Dove dormi la notte? In dormitorio con gli altri?-Axel annuì deglutendo non riuscendo più a muovere un muscolo.

Dylan alzò gli occhi al cielo, conosceva la vita da soldato meglio di chiunque altro.

-Dormi nella mia stanza, quelli la sera fanno sempre casino, non dormirai granché bene-

Il ragazzino rimase a bocca aperta davanti quella proposta, in effetti la vita con gli altri soldati non era facile eppure non sapeva se accettare fosse la cosa giusta.

-Beh non sei costretta- 

Dylan alzò le spalle incamminandosi verso la proprio stanza, gli si raggelò il sangue a scoprirsi felice nel sentire dei passi più leggeri dietro ai suoi.

Entrò nella propria stanza lasciando la porta aperta, per certi versi gli sembrava di avere a che fare con un cucciolo randagio.

-è gigantesca! Tu dormi davvero qui?- 

Axel non faceva altro che guardarsi attorno a bocca aperta, non aveva mai avuto nulla nella vita mentre quel ragazzo aveva una stanza grande un quarto dell'intera camerata di dormitorio tutta per sé.

-Si-Sotto il suo sguardo Axel si sedette sul letto come a volerne testare la morbidezza.

-Com'è essere il figlio del Generale?-

Dylan fissò il proprio sguardo nei suoi occhi, non voleva perdersi la sua reazione.

-Com'è essere l'unica femmina?-

Axel sgranò gli occhi avventandosi su di lui per tappargli la bocca.

Come lo aveva capito? 

Eppure era stata attenta, aveva cambiato modo di parlare, di camminare, l'atteggiamento, persino il tono di voce, si era bendata il seno così stretto da nasconderlo totalmente sotto i vestiti troppo larghi che le venivano forniti. 

-Mi farai sbattere fuori?- 

Dylan la guardò alzando un sopracciglio per poi toglierle piano la mano dalla propria bocca.

-Dovrei-

-Per favore, non farlo, questo posto mi serve!-

-Fare il soldato è difficile per una ragazza-

-Ho passato tutti i test! Mi sono arruolata da poco e faccio i tuoi stessi turni! Dammi una possibilità , la merito, farò ciò che vuoi, faccio amicizia con tutti e farò anche il bagno con tutti gli altri, cioè no, questo non posso farlo ma..-

Dylan sorrise prendendole il viso con una mano.

-Non lo dirò a nessuno, sarà il nostro piccolo segreto-

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Capitolo 25
*** 25 ***


Quando Connor riuscì a riprendersi si diresse senza esitazione dal Principe.

Il Dottor Van De Meer godeva della fama come miglior medico di Sodrèt, eppure i suoi poteri curativi dipendevano totalmente dalle energie del paziente e non dalle proprie, utile in caso di un grande numero di feriti, come accadeva in quei periodi di guerra, inutile quando il paziente era uno solo e in gravi condizioni.

Il suono della sua armonica si propagava per tutto il piano, la melodia era leggermente diversa dal solito, oltre la solita malinconia si poteva assaporare una punta di tranquillità.

Seguì quel dolce suono fino alla terrazza dell'ultimo piano, ed eccolo lì, seduto nel suo posto sicuro.

Connor si fermò per un po' a guardarlo, aveva la maglietta lacerata e ancora sporca di sangue, tutto quel dolore era causa sua.

Ora che Death gli era davanti non era più così sicuro, gli si avvicinò guardandosi le mani, il Principe si era già accorto della sua presenza e ad accoglierlo su quella terrazza lo aspettava il silenzio.

Connor deglutì guardando il volto dell'altro, con lo sguardo perso oltre l'orizzonte, allungò verso di lui la sua armonica.

-Con questa dovrebbero darteli i soldi, così non sei più costretto a lavorare qui-

Il ragazzino la prese sospirando, ecco cosa c'era che non andava, tutto ciò che era successo: la litigata, la sua aggressione e la sua conseguente punizione lo dovevano a questo.

Death si teneva tutto dentro, non gli parlava mai di nulla, era una questione che avrebbero potuto risolvere tranquillamente parlando, d'altronde quello era un dubbio più che lecito.

-Non m'interessano i soldi, ho smesso di stare con te per i soldi da un po', pensavo lo avessi capito- il ragazzino appoggiò delicatamente lo strumento vicino a lui, era perfettamente lucidato, non aveva neppure un graffio, probabilmente Death teneva molto a quell'armonica, a volte si comportava davvero da stupido.

Eppure c'era ancora una questione in sospeso da chiarire.

-Perché mi hai salvato? Sono solo un servo per te, mi avrebbero rimpiazzato tranquillamente-

Quelle parole gli avevano fatto più male del previsto e anche se sapeva che forse erano state pronunciate a causa della rabbia, aveva bisogno di sentirlo uscire dalle sue labbra.

-Perché io non lascio indietro nessuno, se fai parte della mia squadra è mio compito proteggerti- Connor non era del tutto convinto di capire cosa l'altro gli stesse dicendo.

Il Principe si girò più volte l'armonica tra le mani, gli era così difficile ammettere certe cose. 

-e non sei un servo, sei una persona e poi... non ho soldi miei, come facevo a comprarti se ti vendevano? Meglio ucciderli tutti, no?-

Connor sapeva che questo era il suo modo di affrontare le cose, cercava di sdrammatizzare come se lui stesso non reggesse il peso delle proprie azioni.

-Mi hai chiamato tu servo quando io pensavo che per te potessi essere qualcos'altro, ma forse tu mi hai solo usato per soddisfare le tue esigenze, mi hai illuso-

Il Principe sospirò.

-Dai, lo sai che l'ho fatto perché ero arrabbiato, non mi va di parlare di certe cose, è ovvio che non mi vada bene tutto questo, ma l'ultima volta che ho tentato di scappare mio padre me l'ha fatta pagare troppo cara perché ci ritenti di nuovo- il ragazzino osservò lo sguardo tetro dell'altro, come se la sua mente fosse intrappolata in quegli orribili ricordi, vide i suoi ricci rimbalzare come molle quando scosse la testa nel tentativo di scacciare via quei pensieri -non lo farò mai più-.

Connor gli si avvicinò lentamente, dapprima passando con leggerezza le dita sopra le sue ferite per curarle per poi risalire fino al suo collo e abbracciarlo forte. 

-Death...- mormorò -so che non servirà a niente, ma voglio dirtelo comunque, volevo dirti che tu mi piaci, mi piaci davvero tanto e mi dispiace, avrebbe dovuto punire me non te-

Il ragazzo lo prese per i fianchi avvicinandolo di più a sé, in un tentativo disperato di stringere il suo corpo contro il proprio, di respirare ancora una volta il suo profumo.

-Non gli permetterei mai di toccarti-

-Nemmeno io voglio ti faccia del male- 

Connor sospirò prendendogli il viso tra le mani, perdendosi in quei occhi lapislazzuli che sapevano incantarlo ogni giorno di più, il suo sguardo si spostò sulle sue labbra rosee mentre, attirato come una calamita, gli si avvicinava.

-I tuoi occhi sono davvero strani?- 

Il ragazzino si fermò con un mezzo sorriso.

-Hai mai visto qualcun'altro con un occhio scuro e uno chiaro?-

-Nella mia vita non ho visto molte persone chiuso in camera mia-

- Beh, credo di essere la prima e l'ultima persona che vedrai con gli occhi così, e non è un vanto- 

Connor abbassò lo sguardo -dove vivevo prima mi guardavano sempre male per questo- 

Aveva vissuto una vita di inferno per il colore dei suoi occhi, sua madre aveva cercato di proteggerlo ma una volta cresciuto aveva dovuto fare i conti con la realtà: nessun bambino giocava con lui, gli adulti lo trattavano come un demone sceso in Terra, i più superstiziosi cercavano di ucciderlo, i più avidi di venderlo, una volta un vecchio senzatetto provò persino a cavarglieli con un tizzone ardente.

-A me piacciono- Death lo strappò con violenza da quei pensieri, sentì le guance pizzicare scoprendolo a fissarlo alzando lo sguardo.

-Non ti sembrano strani?-

-No, sono belli-

-Anche i tuoi sono belli- 

Questa volta fu Death ad avvicinarsi a lui per strappargli un bacio eppure rimase incantato dal guizzo che fecero le sue labbra poco prima di incontrare le proprie, Death, il suo Death, sembrava stesse per sorridere.


-Ehm... Axel-

Dylan aveva passato la notte sul divano concedendo il letto a quella strana ragazzina, era ormai mattina, ben presto sarebbero iniziati gli allenamenti ma ancora non si era svegliata.

Guardarla così da vicino gli faceva uno strano effetto, i capelli morbidi e biondi ricadevano sul cuscino e con la luce del sole risplendevano di un riflesso ramato, le lunghe ciglia le accarezzavano le guance, il respiro, caldo e regolare, le usciva da quelle labbra rosa che aveva l'impulso di toccare.

Cercò di ritrarsi da quel incantesimo e le scosse piano un braccio.

-Mh- Axel fece una smorfia, mettendosi una mano sugli occhi feriti dalla luce -ma che ore sono?- chiese con una voce acuta che non aveva nulla a che fare con quella che era abituato a sentire, forse rendeva appositamente il proprio tono più roco.

-Tra poco cominciano gli allenamenti, devi sbrigarti-

Axel non se lo fece ripetere, in pochi secondi fu in piedi e vestita, insieme corsero per i corridoi che li separavano dalla solita palestra, tuttavia quando spalancarono le porte un intero squadrone si voltò a fissarli.

Axel sentiva le guance andare in fiamme mentre cercava di ignorare i mormorii che si erano sollevati per raggiungere il proprio posto.

-Bene, arrivate appena in tempo per la vostra punizione- esordì Eric, un uomo sulla trentina che aveva l'aria di voler essere ovunque tranne che in quella stanza.

Dylan alzò gli occhi al cielo, quella era la giornata dedicata al combattimento corpo a corpo e per punirli, l'ufficiale aveva avuto l'originale idea di mettere loro contro due avversari anziché contro uno solo.

C'era poco da fare, Dylan era decisamente al di sopra del livello di quei nuovi arrivati, aveva più tecnica e più esperienza, inoltre, durante il combattimento corpo a corpo era vietato l'utilizzo dei poteri.

Non gli ci volle molto per stenderli entrambi.

Il ragazzo si allontanò dalla zona di combattimento per lasciare il posto ai prossimi due sfidanti senza staccare gli occhi di dosso da Axel.

Non era male a combattere, ma per lei due sfidanti erano troppi.

Axel non ci capiva più niente, cercò di rialzarsi tossendo a causa dell'ennesimo colpo allo stomaco, non faceva in tempo a parare o schivare il colpo di uno che subito si ritrovava stesa per quello dell'altro, doveva assolutamente trovare il modo di coordinarsi per averne addosso solo uno per volta.

Fece un respiro profondo, da lì in poi non si sarebbe lasciata un secondo di pausa finché i suoi due sfidanti non sarebbero rimasti abbastanza col culo a terra per dichiararla vincitrice dell'incontro.

Colpì con forza uno dei due all'altezza della tempia, questo fu abbastanza per stordirlo, lentamente prese il ritmo: colpiva uno mentre l'altro cercava di riprendersi e rialzarsi.

Le labbra di Dylan si stesero in un sorriso, quella ragazza era davvero forte.

-A fare gli esercizi di potenziamento- vide Eric irrompere quel suo piccolo momento di gloria e indicare alla ragazzina la zona della palestra dove coloro che attendevano il loro turno per l'incontro o coloro che lo avevano già terminato svolgevano i soliti esercizi di routine, tuttavia, strinse i pugni nel vederla asciugarsi la fronte dal sangue con la manica sudicia, come poteva quel idiota ignorare il fatto che fosse ferita a quel modo?

-Lo accompagno a farsi medicare prima, se continua sanguinare a questo modo finirà per svenire-

Si intromise guadagnandosi un'occhiataccia, non aveva problemi a tenere testa agli ufficiali, era giovane certo, ma ricopriva la loro stessa carica, dunque era libero di esercitare il loro stesso potere.

-Vieni- disse portandola verso gli spogliatoi.

La fece sedere su di una panca, era affannata, con una manica si tamponava una ferita superficiale alla tempia sinistra mentre con la mano destra si teneva all'altezza delle costole.

Axel lo seguì con lo sguardo mentre cercava alla rinfusa delle garze.

-Mettile intorno alle ferite o si insospettiranno- Axel eseguì ma quando Dylan sollevò una mano le sue ferite si rimarginarono, ogni dolore sembrava svanito.

-Tu hai i poteri?- bisbigliò incredula quasi come se fosse una prerogativa di pochi.

-Si, ho i poteri, stai meglio?- 

Axel annuì, non poteva credere che un ragazzo come lui fosse così gentile, di solito le persone non lo erano con lei.

-Ti ringrazio, davvero, è meglio tornare ora-


Quella sera, le note che si propagavano per tutto il castello furono di una tristezza così grande da far male al cuore solo nel sentirle.

Logan non si dava pace, le lacrime gli offuscavano la vista mentre cercava di contenere tutto quel dolore per espellerlo attraverso la musica.

Si portò una bottiglia ormai vuota alle labbra bevendone il contenuto dolciastro.

Avrebbe voluto annegare i propri sentimenti in quel vino, seppellirli nel più profondo degli oceani perché nessuno potesse mai più ritrovarli e, invece, si ritrovava lì, da solo, a lottare contro sé stesso.

Era giusto ciò che stava facendo a Death?

 -Perché...- mormorò tra sé prendendosi i capelli tra le mani, tirando quelle ciocche mentre il proprio corpo veniva scosso dai singhiozzi. 

La verità era questa: aveva fatto soffrire suo figlio, convinto che questo lo avrebbe protetto e reso più forte, e ora, nonostante fosse da un lato consapevole che avesse sbagliato su tutti i fronti, non era capace di affrontare tutto quel dolore. 

Non di nuovo.

Nella sua mente si accavallarono una miriade di ricordi.

Si ricordò di quanto fosse terrorizzato all'idea di diventare padre, sentiva le urla di July oltre la porta e tutto ciò che riusciva a pensare in quel momento era "non ancora, non sono ancora pronto, che qualcuno fermi tutto", aveva supplicato e aveva pianto.

Ma poi André gli aveva preso le mani che coprivano il viso distorto dalla disperazione e gli aveva lasciato tra le braccia quel piccolo guerriero.

Solo all'allora il tempo si fermò.

Guance paffute e rosee, un piccolo e perfetto nasino, degli occhi luminosi e così tremendamente blu, qualche ciocca di capelli biondi ricoprivano la piccola testolina.

Un essere perfetto.

Gli aveva afferrato l'indice stringendolo con la sua manina e poi aveva sorriso come divertito da quel contatto.

Per un'istante la paura lo aveva abbandonato, per un istante il gelo del suo cuore aveva iniziato a sciogliersi.

- Sire, il nome del bambino-

Victor era lì, il precedessore di Matthew al comando dell'esercito, era lì a ricordargli che quel bambino perfetto era anche così estremamente fragile, che quel bambino perfetto era nato in un mondo troppo crudele.

July aveva partorito un angelo e lui lo avrebbe reso così forte che nemmeno la morte lo avrebbe scalfito, sarebbe diventato il più forte dei guerrieri e avrebbe posto fine a tutto ciò che era iniziato.

-Death, Death Zaccary Haru Reyes-

-Ne è sicuro, Sire?-

Logan aveva semplicemente ignorato quella domanda, un altro membro della stirpe Reyes condannato dalla culla.

Logan bevve un altro sorso di vino.

Quando Death fu cresciuto abbastanza capì che non c'era nulla di perfetto in lui: non aveva ereditato nemmeno un potere dai genitori. 

Impensabile per un Reale.

Il suo bimbo perfetto era diventato un errore da correggere.

Un principe diventa Re se dimostra di essere abbastanza forte da meritarselo, una leggenda narra delle mille peripezie di uno dei discendenti dei Reyes divenuto sovrano di Sodrét, Zaccary.

Un funesto cavaliere dotato di così grandi poteri che brandire una spada pareva per lui inutile.

I suoi occhi erano blu come la notte, i suoi capelli erano biondi come il Sole e la sua pelle era così candida da ricordare la neve. 

Blu, oro e bianco, divennero i colori simbolo dei Reali.

Tuttavia, non tutti i popolani vedevano di buon occhio Re Zaccary, così egli, fece radunare tutti i comandanti delle varie fazioni per una riunione.

-L'uomo che riuscirà ad uccidermi diverrà Re!- esordì.

Avrebbe dato modo al popolo di vedere coi propri occhi che non c'era uomo migliore di lui per governare.

Tradizione che si tramandò di generazione in generazione: ogni Principe doveva dimostrare la propria forza con la propria sopravvivenza.

Ma Death? 

Come avrebbe mai potuto uno scricciolo senza un briciolo di potere sopravvivere fino alla propria incoronazione? 

Logan non poteva accettarlo, non poteva accettare un'altra perdita.

Fu così che richiamò alla luce un potere che non avrebbe mai dovuto essere concesso agli uomini, un potere che sarebbe dovuto rimanere confinato nel mondo degli Dei.

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