Amnesia// Harry Potter- New Generation

di MysteriousSx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo- Teddy ***
Capitolo 2: *** Hogwarts ***
Capitolo 3: *** Quidditch ***
Capitolo 4: *** La Tana ***
Capitolo 5: *** Albus e Lily ***
Capitolo 6: *** La mia famiglia- Parte 1 ***
Capitolo 7: *** La mia famiglia- Parte 2 ***
Capitolo 8: *** Mamma e papà ***
Capitolo 9: *** Mike e Dave ***
Capitolo 10: *** I sotterranei ***
Capitolo 11: *** Epilogo- Ti amo ***
Capitolo 12: *** Ringraziamenti ***



Capitolo 1
*** Prologo- Teddy ***


Prologo- Teddy

 
La luce artificiale gli bruciò gli occhi quando li aprì. Li socchiuse, per non farsi accecare.
Quanto aveva dormito? 1, 2 giorni? Una settimana?
Non sapeva dirlo. Si sentiva solo frastornato. E non ricordava niente. Aveva come un grande vuoto… no, non proprio un vuoto. Ricordava il buio, la sensazione di qualcuno che lo sollevava da terra. Ricordava il dolore e il suono stridente delle sirene.
Aprì gli occhi definitivamente, essendosi abituato alla luce. Ora distingueva perfettamente i contorni del luogo in cui si trovava.
Era un ospedale? Beh, sì che lo era: pareti bianche, luce artificiale al soffitto, la flebo attaccata al suo braccio destro… era decisamente un ospedale.
Ma perché era lì? Cosa gli era successo? Soprattutto… lui chi era? Qual’era il suo nome? Come si chiamava?
Si massaggiò la testa, ma dopo un po’, ritrasse subito la mano: la testa gli pulsava terribilmente.
Soprattutto in un punto, dietro la nuca.
Cercò di mettersi a sedere, ma tutto il suo corpo era un ammasso di dolore.
Decise di rimanere sdraiato.
Sentì qualcuno chiamare “James!” con tono profondamente sollevato.
Subito, un uomo che portava un paio di occhiali rotondi sui suoi occhi verde smeraldo e con i capelli neri abbastanza arruffati (come se non avesse dormito) si avvicinò al suo letto.
“Sei sveglio! Sei sveglio! Ginny, Ginny corri! Vieni, si è svegliato!”
Il ragazzo si sentì ancora più frastornato.
Chi era quell’uomo? Cosa voleva? James? Era questo il suo nome?
Vicino al suo letto, arrivò una donna con i capelli rossi, probabilmente della stessa età dell’uomo.
“James! James, tesoro, sei sveglio…” disse la donna provando ad abbracciarlo, ma lui si ritrasse.
“Chi siete?!” chiese, impaurito. Non sapeva chi fossero quelle persone. Voleva gridare, ma dalla sua bocca uscì un suono flebile.
Chissà quant’era che non parlava…
“Tesoro siamo noi, mamma e papà” disse la donna. James sollevò un sopracciglio.
Scosse la testa, confuso. Gli pulsò.
Emise uno sfrigolio con i denti e si distese sul letto.
“Jamie, stai bene?” chiese l’uomo.
“J!” urlò qualcuno da fuori della stanza.
Entrarono due ragazzi: uno era alto, capelli neri come l’uomo che gli aveva parlato prima e occhi verdi, l’altra era più piccola di lui, era evidente; aveva i capelli rossi come la donna, però, e gli occhi marroni. Si avvicinarono entrambi al suo letto.
Lui chiuse gli occhi.
“Lasciatemi in pace, per favore!” disse, anzi quasi bisbigliò. Non riusciva più a parlare “Io… io non mi ricordo niente
 
Un breve consulto con il medico che si era occupato del ragazzo in quei giorni e i suoi genitori, Harry Potter e Ginny Weasley - Potter vennero a scoprire che il loro primogenito, James Sirius, aveva perso completamente la memoria: soffriva di amnesia retrograda transitoria, in poche parole.
Ginny scoppiò in lacrime e Harry quasi non riuscì a dirlo ad Albus e Lily, i loro altri rispettivi figli. Albus si accasciò su una sedia, lo sguardo più perso di un marinaio che in mezzo al mare non riesce a trovare la via di casa, e Lily fece finta di essere forte, ma in realtà, l’idea del suo fratellone che non si ricordava più niente di lei la stava facendo impazzire.
 
James dormì. O meglio, credette di dormire ma la sua testa vagava lontano. Provò a sforzarsi di ricordare del perché era lì, cosa gli fosse successo, ma niente.
Gli sembrava di non capire più niente del mondo, di come funzionasse. Gli sembrava di essere nato una seconda volta. Non sapere chi sei, quanti anni hai, perché ti trovi in un ospedale sono cose che ti martelleranno il cervello in continuazione.
Si sentiva fuoriposto, disperso. Non sapeva chi fosse, non sapeva niente…
No.
Un momento.
C’era qualcosa.
Nella sua testa riecheggiarono una serie di sillabe.
Una dopo l’altra.
Ora era veramente stanco, lo sentiva.
Doveva dormire, o sarebbe scoppiato.
Ma prima di chiudere definitivamente gli occhi riuscì a sussurrare:
“Teddy…” Blackout.

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Capitolo 2
*** Hogwarts ***


Hogwarts

 
"Hai paura?"
"Ovvio che no..." mentì, accarezzando con le dita il braccio dell'altro "mi manchi così tanto..."
"Anche tu... Ma sai che farò il possibile per tornare di nuovo..."

 
James strizzò gli occhi prima di aprirli definitivamente. Si strofinò il destro con il polso e cercò di mettersi seduto sul letto. La testa gli doleva ancora tanto, ma molto di meno rispetto al giorno precedente.
Si guardò attorno. Quella stanza era così deprimente, con tutto quel bianco. Ci voleva una nota di colore, chissà forse... il blu. Sì, il blu. D'altronde era un colore che trasmetteva la calma e la tranquillità, ed era ciò che serviva adesso al ragazzo. Un po' di tranquillità, perché aveva i pensieri che non smettevano di rimbombargli in testa. E aveva paura: di chi poteva fidarsi, di chi no? E se qualcuno non gli avesse detto la verità, lui come avrebbe fatto a capirlo?
Un'infermiera entrò, portandogli un vassoio con del cibo sopra. James la ringraziò e questa uscì dopo aver poggiato il vassoio sul comodino vicino al letto.
Il cibo aveva un aspetto disgustoso, ma erano giorni che non mangiava. Il suo stomaco, come risvegliatosi in quel momento, cominciò a borbottare. James si rassegnò: prese la ciotola con il porridge e ne prese una cucchiaiata.
Mentre mangiava, continuava a ripetersi il suo nome in testa.
James, James, James, James.
Sperava che in quel modo qualcosa gli ritornasse in mente. E in effetti fu così.
 
"Potter!"
Lui si voltò: “Professoressa?”
"Volevo solo augurarti buona fortuna per la partita."
"La ringrazio per non avermi tagliato fuori dalla squadra dopo quello che è successo..."
"Avevi le tue ragioni... Sei un buon giocatore, James, sono sicura che renderai orgogliosi tutti i Grifondoro, domani!"
"Non aveva detto che lei non era di parte?"
"Sì, ma il fatto che farò il tifo per voi non mi porterà via la cattedra di preside a Hogwarts!"
 
Hogwarts. Grifondoro.
 
Una serie di ricordi investì in pieno il cervello di James. Hogwarts, Grifondoro. Sì, ora ricordava: lui studiava a Hogwarts, era al suo sesto anno ed era un Grifondoro. Ma la cosa più importante era che fosse un mago. Ricordava qualche lezione di Difesa contro le Arti Oscure, le foto e i quadri che si muovevano nel castello, le scale che cambiavano costantemente direzione e che in questo modo gli avevano fatto scoprire molti nascondigli segreti.
Improvvisamente, gli balenò in testa l'immagine della sua bacchetta. Poggiò la ciotola di nuovo sul vassoio e provò a cercarla tra le coperte, poi nel cassetto del comodino... ma non c'era. Vide un armadio di fronte a sé. Gli costò uno sforzo immane, alzarsi, però ci riuscì e aggrappandosi al tubo di metallo che reggeva la flebo che aveva attaccata al braccio, si avviò verso l'armadio. Lo aprì e scoprì che era vuoto, fatta eccezione per uno specchio. Ne approfittò un attimo per guardarsi, perché non ricordava come fosse fatto fisicamente: aveva i capelli lisci, corti e leggermente tendenti al rosso molto spettinati e gli occhi di un colore a metà tra il grigio e l'azzurro. Si rese conto solo guardandosi del fatto che indossasse una camicia da notte d'ospedale. Non era né grasso né magro, era una via di mezzo ma certamente si vedeva che erano giorni che non mangiava. Mise una mano sullo specchio.
"Tu sei James! James... Potter? Sì, James Potter !" disse al suo riflesso. Si sorrise, contento di avere finalmente un pezzo del puzzle. Almeno sapeva chi fosse e che cosa faceva. C'era una sedia vicino all'armadio e sopra questa c'era un borsone blu. James alzò un sopracciglio e andò ad aprirlo. Frugando dentro vide molti vestiti, certamente suoi, ma c'era anche un bigliettino. James lo lesse; era scritto con un pennarello blu.
 
"Sono qui, sono sempre qui con te. Ti amo!"
 
James lesse due volte. Era fidanzato? A quanto sembrava, sì... O forse era solo uno scherzo? Chi l'aveva scritto?... forse i suoi genitori lo sapevano...
Neanche a farlo apposta, entrarono in quel momento.
"James, tesoro perché sei in piedi? Rimettiti sul letto... e se svenissi?" disse sua madre.
Non seppe dire a quale scopo lo fece, ma nascose il bigliettino di nuovo nella borsa. Si fece guidare dalla madre verso il letto e vi ci si sedette, senza stendersi.
"E... papà dov'è?" chiese con un po' di diffidenza nella voce. Anche se gli avevano spiegato chi erano, James aveva ancora un po' d'imbarazzo a chiamarli mamma e papà.
"È fuori, adesso arriva... Come ti senti?"
"Meglio di ieri... Il mal di testa non è così forte..."
"Meno male. Ti abbiamo portato qualcosa per passare il tempo..."
 
"Ciao!" disse Harry al telefono. Gli faceva ancora strano, ma era l'unico modo che aveva per mettersi in contatto con il figlioccio. "Sì, si è svegliato ieri... Come no, certo vieni quando vuoi... Va bene, allora ci vediamo stasera a casa... Ciao!"
 
"Un... un album?"
"Un album di fotografie della nostra famiglia... Il medico ci ha detto che ti fa bene guardare le foto e collegare volti e nomi..."
James aprì l'album e vide in alto le fotografie di sua madre e di suo padre. Gli saltò all'occhio un particolare che il giorno prima non aveva notato.
"Mamma... perché papà ha quella cicatrice sulla fronte?"
"È una lunga storia tesoro... sarebbe troppo complicato spiegartela adesso..."
"Di sicuro lo farò io non appena possibile!" disse Harry, entrando sorridendo. James ricambiò il sorriso.
"Stai bene?" gli chiese Harry.
"Sì, molto meglio... quando posso tornare a casa?"
"I medici ancora non lo sanno. Devono capire se portarti a casa può essere un bene o no, per questo si stanno consultando con degli psicologi. Verranno qui, ti faranno qualche domanda e decideranno..." gli spiegò il padre.
"Domande di che tipo?"
"Non lo so, sinceramente... Ma non devi preoccuparti, ok? Non è niente di che... è solo una procedura che devono seguire."
James annuì e continuò a sfogliare l'album.
Albus Potter.
Sicuramente suo fratello, avevano le foto vicine.
Lily Potter.
Lei anche era accanto a James, però a sinistra. Sua sorella.
E sotto...
"Ted Remus Lupin?" disse ad alta voce "Perché è nella nostra stessa pagina?"
"Teddy è il tuo fratellastro! Vive con noi da quando era molto piccolo. Ha solo 5 anni in più di te" gli rispose Ginny.
James l'osservò. Aveva i capelli blu (curioso) e gli occhi dello stesso colore. Nella foto gli si intravedevano le spalle; sembrava avere un bel fisico. Poggiò la mano sulla sua foto mentre il ragazzo piegava gli angoli della bocca per sorridere. Fece sorridere anche James istintivamente. Gli accarezzò il viso con il pollice. Harry e Ginny non se ne accorsero subito.
"Siete molto legati, sai Jamie?" gli disse Harry, sorridendo.
"Sì?" James continuò a osservare il viso del fratellastro e con tono più amareggiato disse "E allora perché non me lo ricordo?"
"Ci vuole tempo, tesoro, non preoccuparti. Non ricordi niente neanche di Albus o Lily?"
James scosse la testa per dire no.
Gli occhi gli pizzicarono, segno che stava per piangere. Per fortuna, intervenne il medico del giorno precedente prima che James si facesse vedere dai suoi... sicuramente gli avrebbero domandato cosa non andasse e proprio non sapeva cosa rispondergli.
"Scusate, signori Potter, potete venire un momento, per favore?"
Ginny e Harry salutarono James e uscirono con il dottore. Rimasto solo, il ragazzo finalmente si sfogò.
 
Aveva ripreso il bigliettino, dopo aver sfogliato tutto l'album cercando di ricordare qualcosa. Ma il suo cervello aveva già dato prima e non credeva potesse farlo di nuovo.
"Chi sei?" domandò, rivolto al bigliettino.
Lui amava la persona che lo aveva scritto? Da quanto stavano insieme? Riprese l'album e tornò a guardare la foto di Ted.
"Teddy..." disse, istintivamente. Forse ricordava qualcosa... no, solo il nome. Ma perché proprio il nome del fratellastro e non quello del fratello o della sorella? Più se li ripeteva in testa e più gli suonavano stupidi, come quando leggi una parola ma non ne capisci il significato.
Qualcuno aprì la porta della stanza.
James alzò lo sguardo... e incontrò quello di Ted. Ma non aveva i capelli blu, come quelli della foto: erano un miscuglio tra il grigio e il viola scuro. Il viso sembrava scosso e spaventato ma non appena i loro sguardi s'incrociarono, si rasserenò. I capelli cambiarono ancora colore e divennero di un giallo sporco. James lo trovò affascinante, in tutto e per tutto. Il cuore gli scalpitò nel petto, come un cavallo imbizzarrito.
"Allora è vero... ti sei svegliato!" disse Ted, sorridendo.
"A quanto pare!" gli rispose James, ricambiando il sorriso.
Il ragazzo gli si avvicinò e lo strinse in un abbraccio. James lo trovò molto strano, ma rispose comunque. Inspirò il profumo di Ted e gli salì fino al cervello, mandandolo in tilt ancora di più. Ted aumentò la stretta e James fece lo stesso chiudendo gli occhi e abbandonandosi a quell'abbraccio come se fosse il luogo più sicuro al mondo.
Sentì che Ted gli baciò la tempia, ma non gli diede tanto peso. Era solo felice e si sentiva in pace con sé stesso come non lo era stato durante tutta quella mattina.
Ted si staccò per guardarlo negli occhi.
I capelli erano tornati blu.
Gli accarezzò il viso.
"Ho avuto paura di perderti, davvero!" gli disse. Il cuore di James batté più forte di prima. Poi, credette che avesse smesso proprio di battere, nel momento in cui Ted poggiò le labbra sulle sue.

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Capitolo 3
*** Quidditch ***


Quidditch
 
 
Ted lo strinse; mise una mano tra i suoi capelli, accarezzandoli dolcemente e l'altra dietro la schiena, così d'attirarlo a sé. James non si staccò, non ci pensò nemmeno anzi, ricambiò prendendo il viso di Ted tra le mani. Sentiva come una forza spingerlo verso di lui, una forza che non riusciva a spiegarsi ma che lo rendeva comunque felice e protetto. Non capiva niente, non sapeva neanche perché Ted lo avesse baciato, ma stava bene e questo lo rassicurò. Fino a quando non si ricordò delle parole della madre.
"Teddy è il tuo fratellastro"
Non voleva staccarsi, voleva che il bacio finisse in modo naturale, ma il senso di colpa lo stava attanagliando.
Fu Ted a interromperlo, ma molto lentamente, quasi come a volere che continuasse. Guardò James negli occhi e gli accarezzò il viso con i pollici. Sorrise.
"Non puoi capire che sollievo ho avuto quando papà mi ha detto che stavi bene..." gli sussurrò, dandogli un bacio sulla guancia.
"Perché..." tentò di chiedere James, non sapendo proprio che parole usare "perché mi hai baciato?"
Vide la delusione attraversare gli occhi di Ted per un attimo, ma poi quest'ultimo riprese a sorridere.
"Stai scherzando, vero?" gli chiese, ridacchiando.
James scosse la testa per dire di no.
Vide di nuovo la delusione nei suoi occhi, ma questa volta rimase lì. I capelli di Ted diventarono di un grigio pesante.
"Jamie, sono io!" gli disse, riprendendo ad accarezzargli il viso "Siamo noi, non ricordi?"
Lo sguardo di James si rattristò.
"No, che non mi ricordo!" disse, quasi sentendosi punto sul vivo. Sentì le lacrime pizzicargli gli occhi.
Teddy non ebbe tempo di rispondergli, perché in quel momento entrarono Harry e Ginny. Si affrettarono a staccarsi.
"Ah Teddy, sei già qui..." disse Harry, quasi a mo' di scusa.
"Sì, sono arrivato un po' prima..."
Ted vide Ginny guardare Harry come se si stessero tenendo dentro chissà quale segreto.
"Che succede?" chiese Ted guardandoli.
"James non te l'ha detto?" gli domandò Ginny. Lui guardò James, ormai sull'orlo del pianto.
"Cosa, non mi hai detto?"
"Ha perso la memoria, Teddy..." disse Harry, passandosi una mano sul viso.
I capelli di Ted divennero di un grigio più cupo. Lui e James si guardarono a lungo senza sapere cosa dirsi.
"Come..." Ted si schiarì la voce "Come, ha perso la memoria?"
"Il colpo che ha preso in testa gli ha provocato un'amnesia..." gli spiegò Ginny.
"Permanente?"
"I medici pensano sia temporanea, ma dicono che ci vorrà molto tempo prima che recuperi pianamente i ricordi..."
Ted strizzò gli occhi. Anche lui stava per scoppiare in lacrime. Guardò James e i suoi capelli si tinsero quasi di nero.
"Non sai chi sono, quindi?" gli chiese.
"So che sei il mio fratellastro... ma perché me l'hanno detto mamma e papà..."
"Nient'altro?"
La tensione sormontava tra di loro.
Harry e Ginny non potevano vederlo da dove si trovavano, ma Ted stava tenendo la mano di James quasi come per provare a fargli capire ciò che erano prima che lui perdesse la memoria. Ma lui scosse la testa, negando quello che Ted gli aveva chiesto.
Ted lasciò la sua mano molto lentamente. Strizzò di nuovo gli occhi.
"Scusate..." disse e poi uscì fuori dalla stanza senza aggiungere altro.
 
Ted si sedette nel primo posto libero che trovò. Pianse, pianse a lungo. Era stato in ansia per giorni, con la paura costante che James potesse non farcela. Ora stava bene, ma non si ricordava più di loro due. Di quanto erano stati felici, la scorsa estate prima che James partisse come ogni anno per Hogwarts. Del loro primo bacio, del quale Ted faceva fatica a dimenticare ogni singolo particolare...
 
James si era svegliato di soprassalto a causa di un incubo e aveva urlato, svegliando Ted che, lì alla Tana, aveva la stanza attaccata alla sua. Impaurito, era accorso da lui e lo aveva trovato sudato e agitato. Così, lo aveva abbracciato.
"Ehi, ehi calmati! Calmati era solo un incubo... calmati!"
"Era reale, Ted, io ero lì. Ero lì..."
"No, non è vero! Non è vero, tu sei qui... Jamie, guardami!"
Lui lo fece. I loro sguardi s'incatenarono. James respirò più regolarmente.
"Tu sei qui, ok? Sei qui con me... e io sono qui con te, sono sempre qui con te..." Teddy gli accarezzò la guancia e poi gli passò una mano tra i capelli. I loro volti si avvicinarono senza volerlo.
"Non lasciarmi, Ted..." gli sussurrò James, ormai a pochi centimetri dalle sue labbra.
"Non ci penso nemmeno!" rispose Ted, con ferma convinzione. Poi, aveva posato anche l'altra mano sul viso di James e lo aveva attirato a sé per baciarlo. James aveva chiuso gli occhi e si era abbandonato completamente al fratellastro. Lo aveva abbracciato, cingendogli la schiena ed erano rimasti così molto tempo. Quando Ted si staccò lentamente da lui, rimasero a guardarsi negli occhi. Ted strofinò i pollici sul viso di James. Non sapevano che dirsi.
“Mi dispiace, scusami…” disse Ted, cominciando a incamminarsi fuori dalla stanza di James.
“Teddy?” lo richiamò James.
Lui si girò per guardarlo.
“Resteresti a dormire con me?” gli chiese James “C’entriamo in due…”
Ted ci pensò su. Era ovviamente un invito esplicito. James lo voleva. Voleva lui.
Non seppe quanto tempo rimase a guardarlo, ma seppe che per la prima volta non lo vedeva come un fratello. Lo trovava bello, intrigante. Gli sorrise. Forse lo aveva sempre trovato bello e intrigante e se ne era accorto solo in quel momento.
S’avvicinò al letto e si distese al suo fianco. James si accoccolò sul suo petto e Ted prese ad accarezzargli la schiena.
“Mi è piaciuto, Teddy…” sussurrò James.
L’altro sorrise e gli diede un bacio sulla fronte.
“Anche a me, Jamie…”
E niente. Poi non si dissero più niente, ma capirono di essere innamorati l’uno dell’altro da molto tempo, senza necessariamente averlo notato.
 
Dei passi lo risvegliarono da quello che sembrava un passato lontanissimo. Vide i migliori amici di James, Mike e Dave, avvicinarsi con aria preoccupata. Mike era di altezza regolare per un ragazzo di quasi 17 anni, aveva i capelli castano scuri che gli arrivavano sotto le orecchie e gli occhi neri. Dave, invece, era leggermente più alto di Mike, i suoi capelli erano dorati, della stessa lunghezza di quelli dell'amico e gli occhi marrone scuro.
"Ted, che è successo? Jamie sta bene?" chiese Mike, quando si avvicinarono. Il suo tono era profondamente in ansia.
Lui non gli rispose subito.
"Teddy, i tuoi capelli..." disse Dave. Sapeva bene che il nero indicava la depressione.
"Jamie sta bene, ma..." disse, per non metterli ancora di più in agitazione.
"Ma...?" lo incitò Mike.
"Ma ha perso la memoria!" disse, alzandosi in piedi. Credeva di aver esaurito tutte le lacrime, ma quando pronunciò quella frase ne vide sgorgare molte altre. Era confuso, tanto confuso. Da una parte, il fatto che James stesse bene lo rincuorava, ma la perdita della memoria aveva distrutto tutto ciò che avevano tentato disperatamente di costruire in quegli ultimi mesi.
Dave rimase a fissare un punto fisso nel vuoto per un tempo infinitesimale, o almeno così gli parve.
Mike si mise una mano nei capelli e gettò a terra il giubbetto che teneva tra le mani, sfrigolando la lingua tra i denti dalla disperazione. Ted si rimise seduto.
"Sono stati loro, ne sono certo!" disse Mike, arrabbiato come non mai.
"Non lo sappiamo, Mikey..." gli fece notare Dave, distogliendo finalmente lo sguardo dal muro.
"Jamie non ha tentato il suicidio! Ne sono certo!"
"Anche io la penso così..." riuscì a mormorare Ted "lo conosco troppo bene e non l'avrebbe mai fatto..."
"Guardate i fatti!" sbottò Dave "È il giocatore di Quidditch più bravo della storia!  Di certo non è caduto... Come potrebbero essere stati loro, Mikey?"
Mike stentava a credere che il suo migliore amico avesse tentato di togliersi la vita. Ma effettivamente Dave non aveva tutti i torti...
La porta della stanza di James si aprì e Harry e Ginny uscirono.
"Ah, ciao ragazzi!" Harry salutò Mike e Dave.
"Signor Potter!" Mike andò incontro a Harry insieme a Dave, dopo aver ripreso il giubbetto da terra. "Possiamo entrare?"
"Certo... Teddy vi ha già spiegato che..."
"Sì, ce l'ha detto..." rispose Dave.
"Bene... Credo che a James farà bene vedervi. Andate"
Mike e Dave non se lo fecero ripetere ed entrarono dentro.
Ted, invece, salutò Harry e uscì dall'ospedale. Aveva bisogno di stare da solo.
 
"Ciao..." disse Dave entrando, con un sorriso.
"Ehi..." disse Mike, altrettanto sorridente.
James non li salutò subito, ma li guardò confuso. I loro volti gli ricordavano qualcosa, però non era ben sicuro cosa.
"Ciao...?" gli disse, posando l'album sul comodino.
"Tranquillo Jamie, sappiamo che non ti ricordi di noi" disse Mike con un sorriso amaro. "Io sono Dave!"
Dave guardò per un attimo Mike con un punto interrogativo, ma capì al volo la sua idea.
"E io sono Mike!" aggiunse.
"Siamo i tuoi migliori amici!" disse poi il vero Mike.
"Ah... Beh, ciao!" James sorrise loro. Era un sorriso così innocente che gli altri due si pentirono subito di avergli mentito.
"In realtà non è vero..." ammise Dave con un sospiro "Io sono Dave e lui è Mike" disse, indicando l'interessato "volevamo vedere se ti ricordavi..."
James ridacchiò.
"Che metodo innovativo!" disse loro.
Mike e Dave risero con lui.
"Venite, sedetevi qui!" disse James indicando la fine del letto. Mike e Dave vi ci si sedettero.
"A parte la memoria, ti senti bene?" chiese Dave.
"Relativamente... psicologicamente non credo... il mio cervello ha dei flashback continui, ma non li ricollega a niente... per il momento so solo di essere un mago e di studiare a Hogwarts..."
"Beh, meglio di niente è... noi ci siamo conosciuti lì" gli disse Mike.
"Davvero?"
"Siamo tutti e tre Grifondoro!" affermò Dave "ci siamo conosciuti il primo anno"
"Capito... quindi, siamo migliori amici?"
"Sì, parliamo sempre di tutto, qualunque cosa!" disse Mike.
"Voi sapete cosa mi è successo?" gli domandò James di getto "Nessun dottore mi ha detto qualcosa e ho paura a chiedere ai miei genitori... non vorrei che venisse fuori che ho fatto qualcosa di brutto..."
Mike e Dave si guardarono, domandandosi implicitamente se fosse il caso di dirgli tutto quello che era successo.
"Per favore!" li implorò James. Loro due tornarono a guardarlo "io al momento non ricordo nulla, ma sento di potermi fidare di voi perché mi sono già fidato in passato e so di aver fatto bene. Non chiedetemi il perché, ma credo che le sensazioni siano l'unica cosa che ricordo; le associo a qualcosa che mi è accaduto e mi fanno capire se ho fatto bene o male... "
Mike si morse il labbro.
"Ok..." gli disse "C'era... c'era l'ultima partita di Quidditch dell'anno... eravamo contro i Tassorosso. Io e Dave eravamo sugli spalti e..." Mike fece fatica a dire quello che successe dopo. Così intervenne Dave.
"E ti abbiamo visto salire sulla scopa, come al solito. Hai iniziato a volare e sei andato abbastanza in alto. Dopo poco l'inizio della partita sei..."
"Sono...?" incalzò James.
"Sei... caduto! O meglio ti abbiamo visto mentre cadevi..."
"Che cos'è il Quidditch?" domandò James.
"È lo sport dei maghi. Un misto tra rugby, calcio e hockey su prato. Tu sei un Cacciatore, ovvero la persona incaricata di fare punto contro l'altra squadra. Siete in tre, poi c'è il Cercatore, che poi sarebbe tua sorella Lily, due Battitori e un Portiere, ovviamente. E, beh, tu sei il migliore della squadra."gli spiegò Dave.
James sorrise, riconoscente. E poi, d'un tratto, il suo cervello cominciò di nuovo a proiettare delle vecchie immagini che, come prima, vennero giù come una valanga. Strizzò gli occhi e si distese, credendo di svenire.
"Jamie?" lo chiamò Mike preoccupato. James gli fece un cenno con la mano, come a dirgli che era tutto apposto.
Il buio si colorò. Vide gli spalti pieni di folla, vide i suoi compagni di squadra attorno a lui che applaudivano e vide la sua mano tenere una coppa d'oro. La stessa professoressa della visione precedente, era vicino a lui e gli stringeva la mano libera. Poi la scena cambiò di nuovo e il ragazzo vide sé stesso precipitare nel vuoto, la folla non si sentiva più, era ammutolita, e poi atterrò sul prato con la destra del cranio. E si ricordò, il dolore, che aveva percepito solo per un secondo perché poi tutto tornò buio di nuovo.
Aprì di nuovo gli occhi. Si sentiva accaldato e tutto quello che era legato al Quidditch stava piano piano riemergendo. Le vittorie, le sconfitte, le feste dopo le partite. Sentiva come se tutto questo gli stesse pesando sulla testa, come se qualcuno gli avesse appoggiato addosso un'incudine. Ma aveva un altro pezzo del puzzle. Aveva capito una cosa fondamentale.
"Non è stato un incidente..."sussurrò.
"Cosa?" domandò Dave.
"Non sono caduto per sbaglio... Non so come, ma di certo non sono caduto per mia volontà..."
"Ci stai dicendo che ti sei ricordato della partita?" chiese Mike.
"Sì, adesso proprio... e sono sicuro che non sia stato un incedente..."
Dave guardò Mike preoccupato.
"Che c'è?" domandò loro James.
"Beh..." cominciò Dave, ma Mike gli mise una mano sul braccio, come a dirgli di tacere.
"Cosa? No, vi prego ditemelo! Voi sapete qualcosa?"
Mike ci pensò un attimo e poi decise che il suo amico dovesse sapere la verità, così tolse la mano dal braccio di Dave.
"Avevi questo, nella tasca della divisa, quando ti hanno soccorso... nessuno lo sa, lo abbiamo trovato io e Mike e non l'abbiamo detto a nessuno..." Dave gli porse un bigliettino piegato in quattro.
James lo prese. Lo aprì e lo lesse.
 
"Starete meglio senza di me!"

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Capitolo 4
*** La Tana ***


La Tana
 
"Cosa vorrebbe dire?" chiese James, dopo aver letto il bigliettino.
"Speravamo potessi dircelo tu una volta che ti fossi svegliato, ma…" Dave lasciò la frase sospesa nel vuoto, credendo che fosse superfluo rimarcare il concetto che James non avesse più i ricordi.
"É una stupidaggine!" sbottò James, accartocciando il bigliettino e facendo canestro nel cestino in fondo la stanza. "Sono convinto che sia così, non lo ricordo, ma ne sono certo… i miei sanno niente?"
"No… solo io e Dave. Per tutti gli altri sei semplicemente caduto dalla scopa…"
"Devo scoprire la verità… io non ho tentato il suicidio, qualcuno ha cercato di farlo passare come tale…" osservò i suoi amici per un attimo "Voi mi credete, vero?"
Mike e Dave gli sorrisero.
"Certo che ti crediamo!" affermò Mike, abbracciandolo successivamente. Dave si unì a loro poco dopo.
"Siamo sempre insieme, tutti e tre. Dove va uno, vanno gli altri!" disse Dave.
James ricambiò l'abbraccio, ma con una grande tristezza in petto. Quei due erano delle persone fantastiche, possibile che facesse così fatica ricordarsi dei momenti che avevano passato insieme?
Un medico entrò nella stanza senza bussare.
"Scusatemi tanto, ma il paziente ora dovrebbe riposare…" disse a Mike e Dave.
I due ragazzi si staccarono, presero le loro cose e andarono verso la porta, un po' meno giù di morale al pensiero che il loro migliore amico non avesse tentato di togliersi la vita. Perché non avrebbero dovuto credergli, infondo? Lo salutarono e gli promisero che sarebbero tornati il giorno successivo.
Quando uscirono, James si maledisse di una cosa. Non gli aveva chiesto del bigliettino… o di Ted. E poi gli venne in mente una cosa << e se la persona del bigliettino e Teddy fossero la stessa persona? Forse è per questo che Teddy mi ha baciato… ma com'è possibile? Siamo fratellastri, non potrebbe funzionare…>>.
 
Funzionare o meno, quella stessa notte James lo sognò. Dapprima sognò il bacio che si erano dati quella mattina, poi il sogno si face mano a mano sempre più intenso.
L'ambiente cambiò. Si trovavano in una sottospecie di soppalco, era notte e dalla finestra si vedeva la luna non completamente piena ma lo stesso splendente. La luna illuminava il letto nel quale erano stesi. Le mani di James esploravano la schiena di Ted, quelle dell'altro ragazzo erano sui suoi fianchi e si baciavano in un modo che chiedeva sempre di più. Fu così che James tolse la t-shirt a Ted. Quest'ultimo, smise di baciarlo per guardarlo negli occhi. Gli accarezzò il viso con una mano. James sorrise.
Il modo in cui l'altro lo guardava non lo faceva dubitare per un attimo del fatto che lo amasse veramente.
"Dimmi che resterai sempre con me, Teddy!" gli disse, accarezzandogli la guancia con l'indice.
Ted gli sorrise e poi gli baciò la punta del naso.
"Ti amo! Certo che resterò con te!" disse fermamente convinto.
"Ti amo anch'io!"
Tornarono a baciarsi decisamente più di prima. Ted cercò di far sollevare James quel poco che bastava per togliergli la maglietta, dopodiché prese a baciargli il collo. James inclinò la testa all'indietro e prese a mordersi il labbro inferiore. Ted scese dal collo lungo lo sterno dell'altro ragazzo, che cercava di trattenere i gemiti il più possibile, per evitare di farsi sentire. Teddy infilò una mano sotto i jeans di James. Questa volta per l'altro fu difficile trattenersi, e così senza pensarci fece uscire quel suono. Teddy prese a baciarlo di nuovo in bocca e nel mentre gli sfilò i pantaloni e li gettò sul pavimento...
 
James prese a mormorare il suo nome. Ma non solo nel sogno.
Ted era entrato da poco e lo sentì. Era rimasto a guardarlo a lungo, in quanto guardarlo dormire era una delle cose più belle che avesse mai visto. E poi lo aveva sentito. Dapprima molto piano, come se sussurrasse, poi sempre più forte e aveva visto la sua mano andare automaticamente verso il basso. Ridacchiò.
Andò verso di lui e si sedette sul letto. Gli accarezzò i capelli e lo baciò sulla fronte. E poi sulle labbra. Era sbagliato, James non si ricordava pienamente di loro due ed era come se Ted se ne stesse approfittando, ma non ne poteva più di stargli così lontano. E poi era sicuro che James lo sognasse perché il suo subconscio non aveva totalmente rimosso il ricordo di loro due.
James si svegliò e sentì le labbra morbide di Ted premute sulle sue. Come il giorno prima, si lasciò completamente andare senza pensare alle conseguenze e lasciò che il bacio finisse in modo naturale, senza forzature. Ted si staccò gentilmente da lui e gli posò una mano sul petto, all'altezza del cuore. James non si era accorto, preso com'era, che si era messo seduto.
"Mi stavi sognando?" gli domandò Ted sorridendo. James non riuscì a mentirgli e così scosse la testa per dire sì.
"Mi hai ricordato?" e James rispose, con rammarico, di no.
Vede i capelli dell'altro ingrigirsi. Gli mise una mano sulla guancia destra.
"Perché i tuoi capelli cambiano colore?" gli domandò. Ted sollevò lo sguardo e lo posò su di lui. Gli sorrise, nonostante il suo cuore stava lentamente smettendo di battere per la tristezza.
"Sono un Metamorfo!" gli rispose "Ti ricordi cosa sono i Metamorfi?"
James negò.
"Sono dei maghi che riescono a cambiare il loro aspetto fisico. Nel mio caso, lascio che prenda il sopravvento con le mie emozioni... Il grigio e il nero sono la tristezza e la depressione..." gli rivelò, accarezzandogli il viso da entrambe le parti.
James gli mise una mano tra i capelli.
"Quindi sei triste, adesso?"
Ted annuì. A James venne una fitta al cuore a vederlo così e sapere che probabilmente era colpa sua.
"Sei sempre stato così bello? O hai cambiato qualcosa nel tuo aspetto?" gli domandò, cercando di nuovo il contatto visivo.
Ted riuscì a ridacchiare.
"No, te lo giuro! Sono sempre stato così..."
"Ok ti credo!" disse James, ridacchiando anche lui.
"E comunque sei sempre stato tu, quello bello..." gli disse Ted. James arrossì.
"Teddy... quindi... quindi io e te stiamo insieme?" riuscì a dire James.
Ted annuì.
"Ma com'è possibile? Siamo fratellastri..."
"Alcune cose al mondo non hanno una spiegazione, James..."
James si morse il labbro, pensando che avesse ragione. Molte cose non si riescono mai spiegare, nonostante ci si provi continuamente.
James appoggiò la fronte contro quella dell'altro.
"Mi dispiace..." mormorò.
"Di cosa?"
"Di non ricordarti... vorrei farlo, ma non ci riesco..."
"Non pensarci nemmeno! Non è colpa tua..."
"Ma come posso stare con te, se non so niente di te?"
"Datti tempo! Ricorderai tutto, ne sono certo..."
"E tu mi aspetterai?"
Ted si staccò da lui per riuscire a guardarlo completamente.
"Che intendi?"
"Io sento di provare qualcosa per te, ma non me la so spiegare. Non so da che derivi e... e non posso stare con te se non mi ricordo perché mi sono innamorato di te... mi sembrerebbe di mentirti. "
"Quindi vuoi... vuoi che io ti stia lontano?"
"Io voglio che tu mi aiuti a ricordare... ma senza stare insieme..."James fece uno sforzo enorme e lo allontanò gentilmente da sé.
Il grigio di Teddy divenne nero in men che non si dica. Abbassò lo sguardo.
"Mi dispiace..." disse James, con il respiro più pesante di prima. "ma devo prima capirci qualcosa io..."
"Ok, lo capisco..." disse Ted. Stava per piangere; tirò su col naso e poi aggiunse: "Allora sarà il caso che vada!"
Si alzò e andò verso la porta senza voltarsi, ma James lo richiamò:
"Ted!"
E allora si girò a guardarlo.
"Se ti ho amato davvero, di certo non smetterò di farlo per via di una stupida amnesia..."
Ted riuscì a sorridere debolmente e poi uscì. James strizzò gli occhi, già pieno di rimorso per avergli detto quelle parole così dure. Era vero: ricordava le sensazioni, le ricordava tutte. E quelle con Ted erano decisamente legate all’amore. Era sicuro di averlo amato, ma non sapeva niente di lui, o almeno non in quel momento. Non sapeva qual'era il suo piatto preferito, se preferisse il mare alla montagna o viceversa. Non ricordava nemmeno che fosse un metamorfo. Si ributtò giù a capofitto con la testa volta dalla parte del cuscino e pianse. Pianse a lungo, abbracciando il cuscino. Provò a fare come l'altro giorno, provò a ripetere il nome del fratellastro un sacco di volte per vedere se avesse un impatto col suo cervello, ma quest'ultimo non ne voleva sapere di collaborare.
"VATTENE VIA! VATTENE VIA, RIDAMMI I MIEI RICORDI! RIDAMMI LUI, TI PREGO !" urlò, il suono smorzato dal cuscino, diretto all'amnesia. "Ridammelo, per favore. Per favore... lo rivoglio, ti prego..." mormorò, prima che il pianto riuscisse a calmarsi per un po'. Continuò ad abbracciare il cuscino e rimase così tutta la mattina, gli occhi perennemente arrossati.
 
Nessuno venne a trovarlo fino a metà pomeriggio. O meglio, qualcuno venne, ma non fu una visita tanto gradita; arrivarono gli psicologi, un uomo e una donna e come prima cosa gli chiesero perché avesse pianto. Mentì, ovviamente e sperò con tutto il cuore che ci avessero creduto. Poi gli chiesero come si sentisse, che cosa provava, se l'idea di tornare a casa gli piacesse.
Quando uscirono era già ora di cena, quindi poco dopo arrivò l'infermiera a portargli il pasto. Mangiò per non dare nell'occhio, non voleva che pensassero che fosse depresso. Se fosse stato un metamorfo, a quest'ora i suoi capelli erano più neri del nero normale.
Dormì poco e male, quella notte. E, come quella precedente, Ted gli fece di nuovo visita in sogno. Solo che stavolta decise di lasciarsi andare completamente. E quindi la sua mano raggiunse il punto desiderato sotto la vita.
 
Il giorno dopo, non poteva dire di stare così bene, ma sicuramente stava meglio del giorno precedente. E così accolse la notizia che lo avrebbero portato a casa con una certa enfasi. Sperò con tutto il cuore che Ted fosse lì; forse nell'ambiente familiare lo avrebbe ricordato più facilmente.
I suoi genitori arrivarono nel primo pomeriggio per firmare le dimissioni e per portarlo via. Gli dissero che Albus e Lily lo avrebbero aspettato a casa.
Il viaggio in macchina dal San Mungo fino alla loro casa che, a detta di Harry, era molto fuori la Londra centrale, fu lungo e silenzioso. James non sapeva che dire e Harry e Ginny nemmeno. Il ragazzo provò a fare un tentativo:
"Ho..." si schiarì la voce "ho ricordato delle cose, in questi giorni..."
"Davvero?" chiese Ginny, contenta.
"Sì... so di essere un mago, che studio a Hogwarts e che sono, credo, un buon giocatore di Quidditch"
"Sei il miglior, giocatore di Quidditch della tua squadra!" disse Harry, convinto.
James sentì le guance arrossarsi. Ringraziò il padre e poi tornò a guardare Londra dal finestrino. Ginny gli chiese se ricordasse altro, ma James dovette rispondere negativamente.
"Beh, non importa tesoro. Avrai tutto il tempo che ti serve e ci saremo anche noi, i tuoi fratelli e i tuoi cugini, a darti una mano."
"Dove stiamo andando?" domandò il ragazzo, vedendo che oltrepassavano il centro di Londra.
"Non arriveremo mai di questo passo, Harry..." fece notare Ginny al marito, senza prestare per un attimo ascolto al figlio.
"Hai ragione! Velocizziamo i tempi... Jamie, aggrappati da qualche parte!"
"Perché?" domandò il ragazzo, insospettito.
"Fallo e basta!" incalzò Harry, ma non in tono severo. James lo fece, ma stava cominciando ad avere paura. Harry schiacciò un pulsante e poi mosse una leva; improvvisamente, la macchina cominciò a levarsi dal suolo. Ginny si tenne con le mani al sedile, mentre la Ford Anglia si sollevava sempre più in alto.
"Ricordami di ringraziare tuo fratello, quando arriviamo" disse Harry alla moglie.
"Certo!"
"Ehi! Come cavolo...?" domandò James, impaurito ed emozionato allo stesso tempo. Vedere il mondo dall'alto era stupendo, ti faceva vedere le cose sotto un aspetto differente.
"Tuo nonno Arthur ha progettato questa macchina per farla volare quando io avevo appena 12 anni e tua madre 11." disse Harry "Certo, ha avuto un po' di acciacchi nel corso degli anni, la maggior parte causati da me e da tuo zio..." Ginny ridacchiò "ma poi Arthur l'ha aggiustata di nuovo e adesso va che è una meraviglia... Arriveremo in un battibaleno. "
"Che forza!" esclamò James estasiato. La macchina traballava un po', in volo, ma nonostante tutto andava più veloce che su strada.
"Tu e i tuoi fratelli adorate questa macchina" gli confessò Ginny "Sopratutto, e a malincuore lo dico, quando vostro zio Ron vi portava in giro a scarrozzare di notte..."
James ridacchiò. Aveva capito chi era suo zio Ron: ricordava la sua foto nell'album e che aveva un anno in più di sua madre. Sembrava un tipo simpatico. Sperò di vederlo di persona, mentre si trovava a casa.
Harry aveva ragione: arrivarono dopo neanche dieci minuti (mentre per strada ce ne avrebbero messi circa venticinque).
"Casa nostra è quella?" chiese James, vedendo una casa spuntare in mezzo alla campagna. Si sorprese perché era molto grande, almeno vista dall'alto. Fin troppo dato che loro in famiglia erano solo in cinque.
"Questa è la casa dei tuoi nonni. Ci veniamo a passare tutte le estati, noi e i tuoi cugini" gli disse Ginny
"Scherzi? Siamo tantissimi!" disse James.
"Lo so, ma non preoccuparti. Ci siamo sempre entrati... Dopo vedrai..."
Atterrarono quasi vicino alla casa. La macchina fece uno strano rumore metallico quando Harry la spense.
"Mi sa che le serve un ennesimo cambio dell'olio!" disse, prima di recarsi fuori dall'abitacolo per andare a prendere il borsone di James nel bagagliaio.
James scese e osservò l'ambiente. E subito, la stessa scarica di ricordi lo colpì. Strizzò gli occhi e si appoggiò alla macchina con una mano. Tutto avvenne in pochi secondi: gli passarono davanti decine e decine d'immagini e riuscì a coglierne appieno solo poche. Vide lui e suo fratello mentre cacciavano degli gnomi in giardino, vide Harry che gli intimava di scendere dall'albero dove era seduto, vide lui e il resto dei suoi cugini mentre si spruzzavano acqua con le bacchette. Si vide bambino e poi ragazzo. Questa volta l'incudine pesava molto di più delle precedenti. Aprì gli occhi di scatto. Il respiro era affannato e la vista non molto lucida. Sentì Harry mettergli una mano sulla spalla.
"Tutto bene?" gli chiese.
Lui annuì. Superficialmente, ma almeno parte della sua infanzia era tornata.

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Capitolo 5
*** Albus e Lily ***


Albus e Lily
 
 
Le immagini erano ancora nitide nella sua testa che fece fatica a rendersi conto che non stava succedendo realmente.
Lasciò andare il braccio dalla macchina e disse a Harry che stava bene un'altra volta, per far sì che non s'insospettisse. Allora, l'uomo lo condusse verso la porta d'ingresso della Tana (ormai James sapeva il nome, grazie alla memoria che era tornata). Ad attenderli, c'erano un uomo e una donna: erano entrambi anziani, ma s'intravedevano poche rughe sul loro viso; quello che li caratterizzava di più erano i capelli color carota che stavano lentamente perdendo la loro lucentezza via via che il bianco s'impadroniva di essi. I loro occhi erano luminosi e sorridenti.
James non ebbe bisogno dei ricordi per capire che quelli erano i suoi nonni.
Non appena si avvicinarono, Molly, la nonna, lo strinse in un abbraccio caloroso.
"Oh tesoro mio! Non sai quanto ci sei mancato. Eravamo così preoccupati per te..."
James non rispose ma sentì gli occhi pizzicargli per via delle lacrime. Le riuscì a trattenere per un attimo soltanto prima di scoppiare.
"Nonna scusa! Scusami, non ricordo niente..." disse tra i singulti.
"Ma tesoro mio, non devi piangere. Non ha senso stare male per questo. La tua memoria tornerà, l'importante è che tu adesso sia qui e che stia bene..."
James si staccò da lei e la guardò sorridente, mentre si asciugava gli occhi. Abbracciò anche suo nonno, poco dopo e sentì la sensazione di casa, di affetto. Sentiva di volere tanto bene ai suoi nonni, talmente tanto che faceva fatica a mantenere il sorriso al pensiero che ogni ricordo di loro era svanito nel nulla.
"Venite dentro, forza!" disse suo nonno Arthur, indicando l'interno della casa "Gli altri dovrebbero arrivare entro stasera"
"Al e Lily?" chiese Ginny.
"Sono di sotto, cara. Credo stiano giocando agli Sparaschiocco..." disse Molly
"Hanno mangiato?" chiese Harry, posando il borsone del figlio a terra.
"Pochissimo..." rispose Molly "ma di più rispetto a ieri..."
"Almeno..." disse Ginny. "Jamie hai fame? Vuoi mangiare qualcosa?"
"No grazie... Mi è bastato quello che mi hanno dato in ospedale..."
"Povero caro, chissà quanto faceva schifo quella roba!" esclamò Molly. James ridacchiò. "Ma non preoccuparti, stasera mangerai qualcosa di molto più buono. Ti farò il purè di patate di cui andavi pazzo da piccolo con una bella bistecca. Che ne dici?"
"Dico che un po' di languorino mi è tornato!" esclamò James. Risero tutti.
A un certo punto, una voce rotta dal pianto risuonò da in cima una scala che portava al piano di sotto (la casa era strutturata in tre piani: il piano terra, un piano superiore e uno inferiore che finiva sottoterra).
"JAMIE!"urlò Lily fiondandosi su di lui e abbracciandolo, in lacrime. Lui l’afferrò un po’ barcollante, in quanto non si aspettava l’impatto “Mi dispiace, mi dispiace di averti detto quelle cose… so che non te lo ricordi, ma sono stata molto cattiva con te e… e mi dispiace, mi dispiace tanto…”
James sorrise e le accarezzò la schiena. Non sapeva cosa gli avesse detto la sorella, ma la vedeva sinceramente pentita e così decise di non provare neanche a chiederle qualcosa.
“Stai tranquilla, Lils…”
Lei smise di piangere. Aprì gli occhi molto lentamente, come se avesse capito male ciò che il fratello avesse appena detto. Si staccò da lui per guardarlo negli occhi.
“M-mi… mi hai chiamata Lils?” gli chiese.
E il suo cervello pulsò di nuovo.
 
“Ecco la vostra sorellina!” disse Harry, spostandosi per lasciar guardare i figli dentro la culla.
Lui, Albus e Ted si sporsero alzandosi sulle punte dei piedi.
James la guardò affascinato: si sentì subito in dovere di proteggerla dal mondo, da tutto ciò che li circondava, come gli era successo con Albus (solo che in quel momento capiva molto poco, avendo solo un anno). Avvicinò una sua mano alla sorella e lei l’afferrò con quelle ditina affusolate. Il suo piccolo viso paffutello osservò il fratello e sorrise.
“Bleah, a me no piace!” disse il piccolo Albus con una faccia disgustata.
“Al, smettila!” lo rimproverò James, guardandolo male “Invece è perfetta!”
 
“GRIFONDORO!” gridò il Cappello Parlante.
Lily Potter si alzò dallo sgabello e alzò un pugno in aria come segno di vittoria. James applaudì e si mise in piedi.
“VAI LILS!”
 
“Lily Potter, te la senti di entrare nella squadra come Cercatrice?”
“CERTO CHE SÌ!” urlò contenta la ragazza. Abbracciò il fratello accanto a lei, anche lui entusiasta per il fatto che avrebbero giocato insieme nella stessa squadra.
 
E come quei ricordi ne arrivarono altri. E poi altri ancora. Fino a quando James non si ricordò completamente della sorellina. L’incudine faceva male, ma i ricordi lo resero felice.
Si mise in ginocchio senza volerlo.
“Jamie…” mormorò Lily.
Tutti gli altri accanto a loro aspettarono ansiosi che James dicesse qualcosa.
 
"L-Lils..." mormorò James, ancora un po' scosso "io... io mi ricordo di te..."
La sorella non disse niente per qualche secondo. Poi lo abbracciò forte, chinandosi sulle ginocchia anche lei. James la strinse tra le braccia, quasi avesse paura di perderla, di perdere tutto ciò che aveva recuperato in quel momento.
Sentì Ginny mormorare qualcosa a Harry in lacrime, ma non riuscì a capire cosa. Non gli importava, sinceramente. Era felice e questo gli bastava.
Aprì un attimo gli occhi, e riuscì a scorgere suo fratello Albus in cima alle scale, fermo a guardarli. Non appena incrociarono gli sguardi, però, Albus distolse il suo e prese a camminare diretto verso porta di casa.
"Albus, vieni a salutare tuo fratello!" lo ammonì Harry.
"Sinceramente non ne ho voglia!" rispose lui, aprendo la porta e uscendo. James, staccandosi gentilmente dalla sorella, decise di raggiungerlo.
 
Albus si trovava poco lontano dalla casa. Era in piedi con le braccia incrociate. James si avvicinò, ma si tenne un po' a distanza. Aveva capito che il fratello era nervoso per qualche motivo.
"Se ti aspetti che ti salti al collo e ti abbracci, ti sbagli... sono contento che tu stia bene, ma il fatto che tu abbia perso la memoria non cambia le cose..."
"Che intendi?"
"Tu sei un disastro, come fratello. Ti credi sempre più grande degli altri, fai le cose senza pensarci e poi rovini tutto. Non sei un bell'esempio."
James si morse il labbro. Era davvero così terribile? Pensò che il fratello avesse le sue buone ragioni per dire quelle cose. Quindi lui non era una bella persona, a quanto sentiva. O almeno non lo era per suo fratello.
"Dammi una mano..." gli disse James "Ti prego aiutami a ricordare... Che cosa ti ho fatto?" aveva paura della risposta del fratello, ma aveva bisogno che qualcuno gli sbattesse la verità dritta in faccia, per quanto brutta sarebbe potuta essere.
"Oh, ti serve un riassunto? Ok, ti accontento." Albus si girò verso di lui, per guardarlo negli occhi. "Tu sei odioso. A Hogwarts facevi tanto il so-tutto-io solo perché nostro padre è famoso. A tutte le stramaledette cene di Natale dovevi sbattere in faccia a tutti quanto eri stato bravo a Quidditch, tutti i bei voti che avevi preso e cose così. Sembri tanto perfetto, agli occhi di tutti, ma per me sei solo un presuntuoso arrogante. E l'unica volta che hai deciso di fare qualcosa per, dicevi tu, 'aiutarmi' mi hai fatto esattamente il contrario. Mi ero abituato a non starti mai tra i piedi, a non chiederti nulla e tu hai dovuto rovinare tutto intromettendoti in una situazione nella quale non c'entravi nulla" Albus aveva le lacrime agli occhi, mentre snocciolava tutte quelle informazioni, che poi mutarono in un vero e proprio pianto, ma continuò lo stesso a parlare "Mai una volta che io ti avessi chiesto niente, perché non ci siamo mai sopportati a vicenda, perché siamo molto diversi, e tu dovevi fare come al solito di testa tua. E come al solito, hai rovinato tutto. Se proprio vuoi saperlo, io ti odio. Ti odio e avrei tanto voluto non averti come fratello. E non servirà a niente comportarti come un santarellino solo perché adesso a malapena ricordi come ti chiami. Quindi stammi alla larga, come hai fatto per tutti questi anni, che è molto meglio così... "
Il ragazzo si voltò e cominciò a camminare dalla parte opposta.
 
Camminò fino a che non raggiunse la foresta poco lontana da casa sua con le lacrime che ancora gli graffiavano gli occhi, troppo appannati per accorgersi che c'era qualcuno, lì. Però, in un certo senso, il suo corpo lo percepì. Si asciugò gli occhi per accertarsi che fosse veramente lui. E lo era.
Scorpius gli stava davanti, con un sorriso sbilenco, tipico di lui, i capelli biondi leggermente spettinati.
"Ti prego, non chiedermi niente..." gli disse Albus, con la voce che ancora tremava leggermente.
L'amico allargò semplicemente le braccia e gli disse: "Vieni!"
Albus non se lo fece ripetere e si precipitò addosso a lui. Pianse le lacrime restanti sulla spalla di Scorpius, mentre quest'ultimo gli accarezzava la schiena.
 
L'incudine piombò di nuovo su di James, troppe volte in quella giornata. Le emozioni forti, evidentemente, permettevano alla sua memoria di tornare, piano piano. Era rimasto ferito da quello che gli aveva rivelato il fratello e non capì il motivo fino a quando non lo ricordò.
 
"Non metterti in mezzo, Potter! È una cosa tra noi e tuo fratello!"
"Voi, mio fratello, non dovete permettervi neanche di nominarlo. Dovete lasciarlo in pace, sono stato chiaro?"
 
"NON DOVEVI IMPICCIARTI, NON ERA AFFAR TUO!"
"Al, perché non capisci? Quei tipi ti ricattano e..."
"E ALLORA? SO CAVARMELA DA SOLO, NON DEVI FINGERTI MIO FRATELLO SOLO QUANDO PARE A TE!"
"IO SONO SEMPRE TUO FRATELLO, CRETINO!"
"NO, NON LO SEI MAI STATO!"
"GUARDA CHE LO SO IL PERCHÉ LO FANNO, LI HO VISTI ANCHE IO, NON È GIUSTO CHE SE LA PRENDANO CON TE!"
"VATTI A OCCUPARE DEGLI AFFARI TUOI, E LASCIAMI IN PACE, HAI CAPITO? IO NON TI VOGLIO PIÙ VEDERE. GUARDA COSA MI HANNO FATTO, PER COLPA TUA. POTEVI LASCIARE PERDERE, MA DOVEVI FARE DI TESTA TUA COME AL SOLITO."
Albus se andò dalla stanza, sbattendo la porta con forza che James sentì il suo corpo vibrare.
 
"Bua!" gridò Albus piangendo, mentre si teneva la gamba dove c'era il ginocchio sbucciato.
"Non è niente, Al. Questa va via subito..."
"Ma male!"
"Lo so che fa male, anche io ce l'ho avuta. Ma adesso sto bene. Anche tu starai bene!"
"Abbraccio?"
"Certo, abbraccio!" disse James, sorridendo e abbracciandolo poco dopo. Albus smise di piangere dopo alcuni secondi.
 
E si ricordò molto altro. Troppo per riuscire ad afferrare ogni singolo istante. Non si era reso conto di essersi accasciato a terra. Vide il mondo sottosopra, quando riaprì gli occhi. Erano in lacrime, come quelle del fratello. Aveva cercato di proteggerlo, ma non era servito a niente. Qualcuno lo aveva picchiato ugualmente. Le stesse persone del primo ricordo, che James aveva messo in guardia. Evidentemente, non lo avevano ascoltato. Era certo che fossero stati loro. Erano in due, alti uguali e molto più grandi di lui. Entrambi avevano i capelli castano biondo, uno aveva gli occhi verdi e l'altro marroni. James non ricordava i loro nomi, ma la sensazione che provava nel rievocare le loro immagini di faceva venire da vomitare. Doveva capire chi erano, cosa aveva fatto Albus per farsi prendere di mira e soprattutto se era riuscito a prenderli a botte, per essersi solo azzardati a toccare il fratello.

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Capitolo 6
*** La mia famiglia- Parte 1 ***


La mia famiglia
 
Parte 1
 
James si rimise in piedi a fatica. La testa gli pulsava ancora terribilmente. Asciugò le lacrime con il polso molto velocemente e fece per avviarsi verso la Tana, cercando di inventarsi una scusa per l'assenza di Albus, quando vide Ted poco distante da lui. Una folata di vento estivo improvvisa scompigliò i capelli di entrambi; i loro sguardi s'incatenarono come al solito e le loro labbra s'incurvarono in sorrisi timidi. La mente di James cominciò a galoppare alla notte precedente, a quando lo aveva sognato e aveva, diciamo, 'approfondito' la cosa. Le sue guance si arrossarono e lui scacciò subito quel pensiero. Ma tanto chi voleva prendere in giro? Era evidente che avesse voglia di trascorrere ogni minuto della sua vita accanto a lui; sentiva questa sensazione salirgli lungo il petto e stringerlo come se fosse intrappolato in un luogo buio e stretto. Era bastato guardarlo, per mandarlo fuori di testa, erano bastati i baci che si erano scambiati per fargli pensare che non desiderava nient'altro al mondo se non stare tra le sue braccia. E così le sue gambe si mossero senza che il suo cervello glielo ordinasse, e il suo cuore non batteva più, o almeno lui non lo sentiva, ma gli andava bene. Gli andava tremendamente bene.
Gli fu vicino senza che se n'accorgesse.
"Non ce la faccio..." gli sussurrò.
"A fare che?" gli domandò Ted.
"A starti lontano... Lo so che sono stato io a chiederti di farlo, ma... Ted io lo so che c'è qualcosa tra me e te, lo sento. E voglio ricordarmi di te, voglio ricordarmi tutto quello che eravamo, ma per farlo ho bisogno di un punto fermo e non di tenerti a distanza! Ho sbagliato e lo so, però, se tu non ci hai già ripensato, ti andrebbe di… "
Ted non gli fece terminare la frase che gli prese il viso tra le mani e lo baciò intensamente. Il vento soffiò di nuovo su di loro, il rossore sulle guance di James scomparve per lasciare posto alla serenità che stava provando in quel momento; si lasciò completamente andare senza pensare a nient'altro. Si staccarono poco dopo.
"Finalmente lo hai capito!" gli sussurrò Ted, sorridendo.
James ridacchiò, il suo viso ancora tra le mani del fratellastro.
"Ti farò tornare la memoria, ok? Te lo prometto!" Ted strofinò i pollici sulle sue guance.
James annuì e si sporse per baciarlo di nuovo. Ted lo accontentò.
"Come mai eri a terra?"
La mente di James tornò, purtroppo, ai ricordi tremendi vissuti poco prima. Si morse il labbro inferiore.
"Ho… ho ricordato i nostri fratelli…"
"Beh, è fantastico! Perché fai quella faccia?"
"Perché Albus mi odia per qualcosa che gli ho fatto… anzi, mi odia proprio in generale…"
"No, non sei tu. Al odia un po' tutto il mondo, ha una personalità un po' complicata…."
James non ne era convinto fino in fondo, però.
"Ted… io non sono una così brutta persona, vero?"
"Vuoi scherzare? No che non lo sei, Jamie. Sei un po' egocentrico, questo sì, ma non vuol dire essere una brutta persona. Non ti devi far influenzare da quello che dice Albus. Quella è un po' d'invidia tipica dei fratelli minori, che credono che quelli più grandi siano sempre privilegiati in qualcosa. Cerca di non pensarci, ok?"
"Non è solo per questo, che sto così…"
"C'è dell'altro?"
"Sì…"
"Allora ne parliamo stasera, tu e io nella tua stanza a mezzanotte, va bene?"
James annuì. Poi gli venne in mente un'informazione che doveva assolutamente chiedere a Ted.
"I nostri genitori non sanno niente, devo presumere…"
"Non c'è stata occasione di parlargliene…" tagliò corto Ted, cominciando ad avviarsi di nuovo verso la Tana. James lo seguì, un po' deluso dalla risposta datagli dal fratellastro; non gli aveva spiegato il perché di quella scelta, se avessero mai discusso a tal proposito di questo… tentò di ricordarsi di provare a parlarne con Ted quella sera, quando si sarebbero incontrati.
 
 "Harry, secondo me tra Albus e James è successo qualcosa... certo, si sono sempre sopportati poco, ma la reazione di Al mi è sembrata eccessiva..." sussurrò Ginny al marito, mentre con la bacchetta faceva svolazzare sul tavolo tutto il necessario per il tè che avrebbero preso di lì a poco.
"Sì, anche io ne sono convinto... ma tanto Albus non parlerà mai con noi e l'unico modo è aspettare che James recuperi la memoria..." Harry, che ancora aveva conservato i suoi modi di fare babbani, mise su l'acqua per il tè.
"Ma potrebbe volerci chissà quanto tempo... e se fosse qualcosa di grave?"
"Lo so, in effetti quelle ferite che aveva Albus sul viso non mi sembravano dovute a una caduta..."
"Lo hai notato, vero? Dobbiamo andare a parlare con la Professoressa McGranitt. Del resto ci aveva chiesto lei di venire non appena James si fosse rimesso..."
"Non me la sento di stargli lontano, Gin. Ha bisogno di noi, ora..."
"Si tratterebbe di una sola giornata. La McGranitt era alla partita, quel giorno. Potrebbe dirci se ha notato qualcosa di strano..."
"Cosa dovrebbe aver visto più di Mike e Dave e di tutti gli altri?"
"Magari da dove era seduta c'era una visuale diversa... in ogni caso, io sono convinta che nostro figlio non sia accidentalmente caduto dalla scopa. C'è qualcosa sotto. So che Draco vuole vederci chiaro, l' ho invitato qui stasera per farvi confrontare..."
"Hai invitato Draco qui?" domandò Harry, sconcertato.
"Adesso non ricominciare. È un grande Auror, proprio come te e vuole aiutarci!"
"Siamo in disaccordo su tutto, a lavoro, come potremmo andare d'accordo su questo?"
Harry Potter e Draco Malfoy, acerrimi nemici dai tempi di Hogwarts, lavoravano al dipartimento degli Auror, ma solo pochissime volte avevano collaborato per risolvere dei casi. E tutte quante, si erano ritrovati a battibeccare per qualcosa.
"Harry, ci serve tutto l'aiuto possibile. Coinvolgere James sarebbe inutile, farebbe troppa fatica. Anzi, secondo gli psicologi sarebbe peggio farlo sforzare; gli deve venire in modo naturale..."
"Non ho mai pensato di coinvolgerlo, infatti..." Harry sbuffò "Se proprio non c'è altra soluzione, va bene parlerò con Draco"
"Senti, è Ron che se la passa peggio. Se Rose continuerà a uscire con Scorpius, potrebbe vederlo molte più volte..."
"Penso si farebbe uccidere volentieri da un Ungaro Spinato, piuttosto che vedere Malfoy..."
James e Ted entrarono in quel momento e i coniugi smisero immediatamente di parlare.
"Ciao mamma, ciao papà!" salutò Ted. Era con la loro fin dalla nascita, quindi non faceva tanta fatica a chiamarli 'mamma' e 'papà', ma quando divenne grande, Harry e Ginny gli spiegarono chi fossero i suoi genitori naturali, Remus e Tonks. Ted era sempre pentito di non averli mai conosciuti, pur sapendo di non averne colpa. Harry gli aveva raccontato chi fossero, nei minimi particolari, ma non bastava, ovviamente. Con i Potter però stava bene; si sentiva a casa, in famiglia, lo avevano sempre trattato come se fosse figlio loro. E poi, era solo grazie a loro che conosceva James.
"Ciao tesoro!" lo salutò Ginny, avvicinandosi per dargli un bacio sulla guancia "Ben arrivato! Com'è andata a lavoro?"
"Come sempre, ma ci sono rimasti male quando gli ho detto che prendevo qualche giorno di permesso..."
"Strano, eppure io glielo avevo anticipato..." disse Harry.
"Si vede che c'è una carenza nella sezione dei lupi mannari!" scherzò Ted, ridacchiando.
James spalancò gli occhi. Ted lo notò.
"Sì, mi sa che non te l'ho detto... Sono un lupo mannaro."
"Davvero?" domandò James, stupito.
"Sì, ma non preoccuparti. Non ti azzannerei neanche col pensiero..." rispose Ted, sfiorandogli la guancia con un dito. Harry e Ginny ci badarono poco, vista la natura affettuosa che Ted aveva sempre avuto verso tutti, ma lo sguardo di James invece brillò. Si sentiva speciale con lui, sentiva di appartenergli con ogni centimetro del corpo. Moriva dalla voglia di saltargli al collo e baciarlo. Si sforzò di tenere i piedi incollati al pavimento.
Si sentì uno strano rumore fuori, come di qualcosa che si era aperto, ma chiuso immediatamente.
"Sono zio Ron e zia Hermione con Hugo e Rose!" disse Ted, che si era appena voltato alla finestra per guardare.
"Bene, vado ad avvertire mamma!" esclamò Ginny.
"Io vado a salutarli!" disse invece Harry.
Ted fece voltare James, mentre Harry usciva.
"Sono arrivati grazie alla Smaterializzazione È un modo che abbiamo noi maghi per spostarci da un luogo all'altro" gli spiegò, mettendogli le mani sulle spalle. Gli lasciò un veloce bacio sul collo e poi si staccò subito. James venne percosso da un brivido lungo la spina dorsale. Si voltò per guardare Ted, ma lui era già sparito. Lo vide raggiungere suo padre accanto agli zii. Appoggiò le mani sul piccolo davanzale della finestra e osservò gli zii e i cugini. Sapeva i loro nomi, ma i ricordi non arrivavano, neanche guardandoli intensamente. Strizzò gli occhi, in preda alla frustrazione. Non ne poteva più di quella situazione. Tutti poi, non facevano che trattarlo con riguardo, nessuno si era premurato di dirgli che tipo di persona fosse stato, prima. Solo Albus lo aveva fatto, ma James aveva in programma di chiedere anche ai suoi cugini se ciò che aveva detto fosse vero.
Harry e gli altri rientrarono.
"JAMES!" esclamò Rose non appena lo vide. Come Lily, gli saltò addosso e lo abbracciò. "Sono così contenta che tu stia bene! Ci hai fatto preoccupare parecchio." gli disse. Lui, non sapendo cosa risponderle, continuò ad abbracciarla, finché quest'ultima non si staccò per far posto ad Hugo.
"Come stai, cugino? Per caso ti ricordi di noi?" gli chiese.
"Sto bene, ma... no, purtroppo no. So solo i vostri nomi perché li ho visti in un album di fotografie..."
"Non preoccuparti, ci vuole del tempo!" lo consolò Rose "Ho letto qualche libro sull'argomento... ci sono molte persone che addirittura hanno recuperato completamente la memoria dopo molti anni..."
"Bel modo che hai per rassicurarlo!" la rimbeccò il fratello "Ma come diavolo fa Scorpius a stare con te?"
James inarcò un sopracciglio.
"Scorpius?" domandò.
"Sì, il mio ragazzo e il migliore amico di Al..." spiegò Rose.
"E purtroppo, un Malfoy!" esclamò Ron esasperato, intervenendo nella conversazione.
Rose chiuse gli occhi, espirando.
"Papà, ne abbiamo già parlato!"
"E io ti ho detto che accetto la cosa. È la sua dinastia che non mi piace!"
"Ma purtroppo è così e devi accettarlo!" disse Rose, ormai sull'orlo della disperazione.
Ron e Hermione si avvicinarono a James per abbracciarlo e salutarlo. Nel frattempo, Ginny chiese loro se volessero prendere il tè e tutti risposero di sì.
"Ti è piaciuto il giro sulla macchina volante?" sussurrò Ron a James, quando gli altri si furono allontanati. James annuì, sorridendogli.
"Ok, allora, tuo padre è molto più cauto di me nella guida. Uno di questi giorni, quando i tuoi non se ne accorgono, ti faccio fare io un giretto come ai vecchi tempi. Chissà che non ti torni la memoria, così..."
"Può darsi!" disse James, ridendo. Il suo cervello in qualche modo arrivò alla conclusione che gli piacesse infrangere le regole. E la proposta dello zio era molto allettante.
Mentre si stavano per sedere a tavola, arrivarono Albus e Scorpius.
"Scorp!" esclamò Rose, vedendolo e, invece di sedersi come stava per fare, gli andò incontro.
"Rosie!" rispose lui, accogliendola tra le sue braccia quando lei arrivò per abbracciarlo.
James li osservò, contento per la cugina, ma poi il suo sguardo cadde sul fratello. Gli occhi ancora rossi dal pianto che guardavano la scena con profonda invidia e tristezza. James si domandò il perché... e poi, ecco un flashback.
 
"Guarda che puoi dirmelo... Non lo dirò a nessuno, te lo prometto!" diceva un James quindicenne a un Albus quattordicenne.
"Non sei mai stato bravo a tenere un segreto..." replicò quest'ultimo.
"Ehi, sei mio fratello e a quanto vedo non stai affatto bene. Staresti meglio se parlassi con qualcuno..."
"E perché quel qualcuno dovresti essere proprio tu?"
"Perché non saresti venuto da me con una scusa idiota, sennò. Avresti parlato direttamente con Scorpius, ma evidentemente è qualcosa che non vuoi che lui sappia..."
Albus sospirò.
"Non ti facevo così intelligente, sai?" disse con un mezzo sorriso.
"Riesco sempre a sorprendere. Avanti, sputa il rospo!"
Un altro sospiro da parte del fratello. Passarono pochi secondi prima che rispondesse a James.
"Cosa faresti se... Se la persona che ti piacesse fosse innamorata di un altra?"
James ci pensò.
"Non so... Proverei a dimenticarla..."
"Ci ho già provato!"
"Beh, allora... non so, forse le farei capire che mi piace e poi le darei l'opportunità di scegliere. Se alla fine scegliesse sempre l'altra persona, allora mi farei da parte..."
Un terzo sospiro.
"Credo... credo di essere innamorato di Scorpius!" confessò, infine.
James spalancò gli occhi.
"Di Scorpius?"
Albus annuì.

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Capitolo 7
*** La mia famiglia- Parte 2 ***


La mia famiglia- Parte 2

Il flashback terminò. James aprì gli occhi che aveva precedentemente chiuso. E guardò il fratello. Il suo cuore si strinse nel vederlo così. Nel non potere parlare con nessuno, nel non avere almeno una persona alla quale appoggiarsi. Che razza di fratello era stato?
"Albus! Finalmente!" lo sgridò Harry, riportando James alla realtà. "Ti è sembrato giusto sparire così?"
Albus fece per parlare. Ma Scorpius lo interruppe.
"Non... non si è sentito tanto bene, prima..." provò a giustificarlo, sciogliendosi dall'abbraccio di Rose.
"È ammirevole quanto siate amici, Scorpius, ma io e Ginny sappiamo benissimo perché se n'è andato. Albus, chiedi immediatamente scusa a James e vattene in camera tua, stasera non mangi!"
Hermione guardò Ginny con sguardo confuso. Questa le fece cenno che le avrebbe spiegato più tardi.
C'era un silenzio pesante, assordante.
Poi Albus si decise a parlare.
"Meno male. Non avevo proprio voglia di vomitare, stasera!" disse Albus, sarcasticamente, guardando il fratello maggiore con un sorriso beffardo. "Divertiti nel ricevere di nuovo tutte le attenzioni, fratellino. Col cavolo che ti chiedo scusa, non ho nulla di cui scusarmi con te!"
Sprezzantemente, se ne andò non ascoltando più nessuna protesta, neanche quelle di sua madre che erano quelle più pacate di tutte. Scorpius provò a trattenerlo, ma non ci fu verso. Albus scese le scale e poco dopo si sentì una porta sbattere.
"Ehi, James!" disse Scorpius, cercando di mettere fine all'imbarazzo generale. James lo guardò. Scorpius gli si avvicinò e lo abbracciò. "Sono così contento che tu stia bene!"
James ricambiò l'abbraccio del ragazzo, pensando però a quanto quest'ultimo fosse cieco nel non notare ciò che Albus provava per lui.
"Grazie..." rispose, non prestandogli molta attenzione. Da quello che aveva intuito dalla conversazione tra Rose e il padre, non correva buon sangue tra la famiglia di Scorpius e la sua.
Scorpius si staccò. Gli sorrise. A James diede la sensazione che fosse veramente un bravo ragazzo. Prima che si sedessero di nuovo, James gli sussurrò:
"Posso parlarti, più tardi?"
"Certo!" rispose Scorpius cordialmente. Finalmente si sedettero per prendere il tè. Ted si sistemò di fianco a James; gli prese la mano da sotto il tavolo. James ricambiò la stretta e tutte le sensazioni negative di prima scomparvero all'istante. Presero il tè insieme alla famiglia Weasley-Granger in un atmosfera che risultò abbastanza piacevole, se non si contava cos'era successo prima.
"Come mai sei passato, Scorpius?" domandò Ron al ragazzo, con il tono più cordiale che riuscì a trovare. Hermione gli lanciò un'occhiataccia.
"È stata Rose a invitarmi, signor Weasley!" rispose Scorpius in tono calmo. Anche la ragazza in questione, fulminò il padre con lo sguardo.
"Va bene, calme!" disse Ron, accorgendosene  "Domandavo solo!"
Le chiacchiere andarono avanti. Harry e Ginny spiegarono la situazione di James cercando di non metterlo troppo a disagio; spiegarono che non andava forzato, che i ricordi tornavano in maniera frastagliata e che il più delle volte erano connessi con qualcosa che rendeva possibile andarli a ripescare. Un oggetto, una parola, un nome... tutto poteva provocare una reazione nel cervello di James e fargli ricordare una determinata cosa. Il ragazzo faceva finta di ascoltare, ma in realtà stava ancora pensando ad Albus. Guardava Rose e Scorpius e li vedeva felici, insieme, e non voleva farlo. Voleva che gli dessero un segnale che non fossero una coppia giusta. Voleva qualcosa che gli facesse capire che non si amavano veramente. La verità, però, era che non vedeva niente di sbagliato. Ed era ingiusto: perché suo fratello doveva continuamente soffrire?
 
Dovevano aspettare circa un'ora, prima che la cena fosse pronta, così James prese Scorpius da parte per parlargli.
"Senti, ho bisogno che tu sia sincero con me, ok?"
"Certo!" Scorpius gli sorrise, rassicurante.
"Albus non vuole parlarmi, mi odia. Quindi, visto che siete migliori amici, ho bisogno di chiederlo a te... sono davvero un fratello così terribile?"
Scorpius infilò le mani nelle tasche e sospirò sonoramente, prima di rispondere.
"Beh... tu e Al avete due caratteri completamente diversi. Vi siete sempre punzecchiati, da quando siete entrati a Hogwarts, ma mai con odio. Al sostiene che tu sia presuntuoso, che voglia sempre primeggiare su gli altri, però non ti odia per questo. È solo invidia, perché lui pensa di sbagliare tutto quello che fa. Ti odia per un altro motivo... "
"Quale? Scorpius, ti prego, dimmelo! Detesto questo vuoto nel cervello, ho bisogno di risposte!"
Scorpius si prese un attimo per pensare a come spiegarglielo.
"Allora... a Hogwarts ci sono due ragazzi molto... beh, molto scontrosi. Se la sono sempre presa con gli studenti del primo anno, a volte anche violentemente. Al li aveva visti pestare un ragazzino di dodici anni. L'ho convinto ad andare a parlare con la preside per denunciarli. Lui lo ha fatto, ma questi lo hanno scoperto e hanno minacciato di fargli molto male se lo avesse fatto di nuovo. Allora, non sapendo più che fare, io l'ho raccontato a te. Tu ti sei infuriato...
 "Non metterti in mezzo, Potter! È una cosa tra noi e tuo fratello!" disse uno dei due ragazzi, decisamente più alto di James, così come l’altro.
"Voi, mio fratello, non dovete permettervi neanche di nominarlo. Dovete lasciarlo in pace, sono stato chiaro?"
“Pensi di minacciarci?” chiese l’altro.
“Non è che penso, io vi STO, minacciando. Esattamente come voi avete minacciato lui…”
Il tono di James era provocatorio. Grifondoro fino al midollo: se c’era da difendere l’onore, si poteva star sicuri che lui lo avrebbe fatto.
“Non ti conviene immischiarti in queste faccende, James. Insomma, non  vuoi che qualcosa accada al tuo ragazzo, giusto?”disse il primo, ridacchiando.
James impallidì. Ma per un singolo istante.
“Non so di cosa stiate parlando…” non abbassò lo sguardo. Mai abbassare lo sguardo di fronte al nemico.
“Credi che non lo sappiamo, che ti frequenti con Ted Lupin?” chiese il secondo.
James fece un sorrisetto beffardo.
“Anche se fosse? Lui non è qui, non vedo come possiate minacciarmi di qualcosa che non avete sottomano… e, tra parentesi, non vorreste mai trovarvi a fronteggiare un lupo mannaro, giusto?”
"Non ci fai paura né tu né lui. Figurati se possiamo avere paura di due froci!"
"Pensate di ferirmi, usando quella parola? Io non credo proprio!" il suo carattere non aveva mai permesso alle opinioni altrui di infilarsi nel suo cervello.
"È l'ultimo avvertimento, Potter. Stai alla larga da cose che non ti riguardano o sarà peggio per te!" disse il secondo ragazzo, prima di allontanarsi con il suo amico, lasciando James in mezzo ai corridoi di Hogwarts, mentre Nick-Quasi-Senza-Testa passava proprio in quel momento.
"Degno erede di tuo padre e di tuo nonno, James!" gli disse.
James gli sorrise riconoscente.
"Grazie, Sir Nicholas!" gli rispose.
"Se poi è vero che esci con Lupin, non c'è da stare tranquilli!"
James rise.
"Sì, è verissimo, comunque! Non mi vergogno ad ammetterlo!"
"E fai bene!"
 
"James?" lo richiamò Scorpius, vedendo che si era estraniato da quella realtà.
 
"Sì, scusami... È che ho avuto uno dei soliti flashback... Io... Io ho parlato con quei tizi... Come si chiamano?"
"Trevor e Gregory... te li ricordi?"
"Ricordo solo di averci discusso, al momento... hanno fatto veramente del male ad Albus perché io mi sono messo in mezzo?"
Scorpius annuì, tristemente.
James si mise le mani sul viso, sconsolato. L'altro ragazzo gli mise una mano sulla spalla.
"Hai fatto quello che qualsiasi fratello maggiore avrebbe fatto, tranquillo. Hai vendicato Al, poi, dopo che lo avevano picchiato."
"Quando?"
"Pochi giorni prima della partita. Tu, Mike e Dave avete fatto a botte con loro. Tutti vi hanno considerati degli eroi!"
"Un eroe non avrebbe mai lasciato che picchiassero il proprio fratello..."
"Un vero eroe, James, fa ciò che ritiene giusto! Questo a volte ha delle conseguenze e a volte non ce le ha."
James lo abbracciò con le lacrime che gli bruciavano gli occhi. Si ripromise di fare sempre quello che fosse giusto, ma di calcolarne anche le conseguenze.
"Parlerò io con Al, ok? Gli farò cambiare idea..."
"Grazie, Scorp... Non ricordo niente di te, ma sento che sei un buon amico!"
Si staccarono e James lo vide arrossire. Poco dopo, Molly Weasley lì chiamò dicendo che la cena fosse pronta. Draco Malfoy si presentò soltanto per riportare a casa il figlio, chiedendo a Harry però, nei giorni seguenti, di parlare in ufficio, al Ministero. Harry accettò, sotto lo sguardo sospettoso di James, che pensava che i suoi genitori non gli stessero dicendo qualcosa.
 
"Mmm..."disse James con una faccia disgustata "non so sembra... tipo... vomito?"
"Ci sei andato vicino, è cerume!" gli disse Ted ridacchiando, i capelli che s'illuminarono di giallo. Era passata da mezz'ora la mezzanotte e come promesso, Ted si era recato in camera di James. Solo che, tra un bacio e l'altro, James si era dimenticato di parlargli. Poi, Ted aveva tirato fuori un pacchetto di Gelatine Tutti i gusti + 1 e ora si stavano divertendo a indovinare i gusti più strani.
"Bleah!" esclamò James una volta finito di masticare "Il cerume fa davvero schifo!"
"Non c'è dubbio... Tocca a me!" Ted era a gambe incrociate ai piedi del letto di James e quest'ultimo era con la schiena appoggiata al cuscino. Il più piccolo pescò a occhi chiusi una caramella dal pacchetto, Ted aprì la bocca, James gliela lanciò e lui la prese al volo. Masticò per un po', poi esclamò eccitato: "Zucchero filato!"
"Non è giusto, finora ti sono capitate tutte quelle più buone!"
"Destino!"
"No, sfiga! Dai, tocca a me, tanto so già come andrà a finire..."
"Ok, però non te la lancio. Ti imbocco!"
"Fa come vuoi!"
"Però chiudi gli occhi!"
James lo fece e attese. Poco dopo, le labbra di Ted toccarono le sue. Il più piccolo si lasciò andare fin da subito, mettendo le mani dietro al collo del più grande e sorridendo nel bacio.
"Ti amo!" gli sussurrò Ted, per tornare a baciarlo un secondo dopo. James non rispose, anche se provava lo stesso. Non voleva farlo perché, come aveva detto, non ricordava niente di Ted e quindi voleva prima recuperare i ricordi che aveva di lui.
L'altro non si aspettava una risposta. Non si aspettava mai una risposta dagli altri. Se voleva bene a qualcuno, lo diceva e basta, senza aspettarsi niente in cambio.
Si staccarono poco dopo, rimanendo però con le fronti appoggiate l'una all'altra. James gli accarezzò la guancia, strofinando il naso contro il suo.
"Ted, non mi piace rovinare questo momento, però avrei bisogno di parlarti..."
"Certo, dimmi!" disse l'altro sorridendogli.
"Tu lo sapevi del casino che ho creato con Albus?"
"Quale?"
"Il fatto che per colpa mia quei due tizi, Trevor e Gregory, lo hanno picchiato..."
Ted si morse il labbro.
"Ecco perché aveva tutte quelle lesioni..."
"Non te lo avevo detto?"
"No, Jamie... ma cosa avresti fatto? Perché sarebbe colpa tua?"
"Perché mi sono messo in mezzo... ho minacciato quei due e gli ho detto di stare alla larga da Al, ma ovviamente non mi hanno ascoltato e lo hanno picchiato… è solo colpa mia…”
Ted gli diede dei piccoli baci sulla guancia, facendolo distendere sul letto. James mantenne uno sguardo abbastanza assente, anche se quei baci avevano un effetto quasi terapeutico su di lui. Teddy lo guardò, scostandogli un po’ di capelli dalla fronte. Gli lasciò un bacio sul naso.
“Non è colpa tua. Lo avrei fatto anche io, per voi due. Avrei cercato di difendervi in tutti i modi…”
“Ma avrei dovuto pensare alle conseguenze…”
“Nessuno pensa mai alle conseguenze…”
“Io avrei dovuto farlo… Al ha ragione a odiarmi…”
Ted gli diede un altro bacio sul naso. Gli accarezzò la guancia, successivamente.
“Farete pace. Non pensarci… dovresti solo cercare di riposare e non sforzarti…”
James lo guardò negli occhi. Sorrise.
“Scorpius ha detto che ci parlerà…”
“E allora risolverà tutto. Al sta sempre a sentire quello che gli dice. Tu smettila di preoccuparti, ok?”
“Magari potresti aiutarmi, a non preoccuparmi… che dici?”
“Che so fare bene il mio lavoro!”
Sorrisero entrambi e si lasciarono andare a un’altra serie di baci.
 
Nei giorni successivi, tutti gli zii e tutti i cugini arrivarono alla Tana. E fu soltanto allora, quando tutti furono insieme che James recuperò i ricordi legati all’infanzia e all’adolescenza passati con loro. Si ricordò di Rose, di Hugo, di Fred, di Roxanne, di tutti. Ricordò di quando lui e Luis avevano quasi rischiato di farsi scoprire nell’intento di preparare una pozione esplosiva in cucina; ricordò di lui e Molly che si sfidavano a chi si arrampicava più in alto sul tetto della Tana; ricordò di lui e Dominique impegnati in chissà quante partite agli Scacchi dei Maghi.
E poi successe.
Un giorno, arrivò Victoire Weasley. Non si era presentata fino a quel momento perché troppo impegnata in un reportage per la Gazzetta del Profeta a Parigi.
“Ce n’hai messo di tempo!” la salutò la sorella Dominique, non appena mise piede in casa, poggiando una valigia a terra e togliendosi gli occhiali da sole. I capelli biondo oro le ricadevano elegantemente sulle spalle, la sua pelle non dava segni di problemi riguardo al sudore. Sembrava indistruttibile.
“Io stavo lavorando, Domi. Quando anche tu lo farai, saprai di che parlo…”
Luis sbuffò e Dominique con lui. James osservava tutto dalla cucina, dove stava prendendo una tazza di té. Era una mattina molto calda, ma con un sole che faceva venire voglia di uscire e stare all’aperto. James si aspettò che la cugina andasse da lui per salutarlo e chiedergli come stava, ma questa andò verso Ted, appena riemerso dal piano di sotto. Sorrise e gli corse incontro, baciandolo non appena trovò le sue labbra. E l’incudine colpì James ancora una volta. E i suoi occhi s’inumidirono, non appena ricordò che quei due stavano insieme.

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Capitolo 8
*** Mamma e papà ***


Mamma e papà

Quando finalmente quei due si staccarono, James non seppe dire quanto tempo fosse passato, perché gli sembrava che qualcuno gli avesse lanciato contro l'incantesimo di pietrificazione. Anche se era finita, continuava a rivedere quella scena ancora e ancora nel suo cervello. Più cercava di scacciarla, più questa restava, insistente. Tutti i ricordi associati a Victoire e Ted tornarono e lo travolsero. Fu l'unica volta che pensò che avere l'amnesia fosse meglio.
Victoire si accorse di lui, ancora tra le braccia di Ted.
"Jamie, oddio scusami..." disse, andando verso di lui per abbracciarlo. Lui non ricambiò la stretta. Guardò Ted con sguardo ostile, sperando d'incenerirlo. Quest'ultimo cercò di chiedergli scusa con gli occhi, i capelli che lentamente si stavano tingendo di un miscuglio tra grigio e rosso, un miscuglio tra tristezza e vergogna.
"Pensavo che dormissi, di solito dormi fino a tardi. Non ti avevo visto." Victoire aveva un tono dispiaciuto, ma James sentiva che non lo era davvero. Lo aveva visto eccome. Victoire mantenne un minimo di abbraccio, mettendogli le mani sulle spalle.
"Come stai? Ci hai fatto preoccupare tutti quanti!"
"Sto bene..." disse James, alle strette. Voleva scappare, voleva andarsene, voleva piangere. Voleva stare ovunque ma non lì.
"Beh, a me non sembra... Hai una faccia strana..."
"Sto bene!" ribadì James, usando il tono più duro che avesse.
"Ok, sempre il solito permaloso, vedo!" commentò la cugina, però sorridendo "Mi dispiace non essere venuta prima, ma il lavoro mi ha tenuta impegnata più del dovuto."
James annuì, abbassando lo sguardo. Non era vero che era dispiaciuta. Lo sentiva.
Sentiva anche le lacrime che stavano per sgorgargli fuori. Non guardò più Ted e così fece l'altro, i capelli ormai completamente rossi. Victoire disse una serie di cose delle quali James non colse il senso. Era come se si fosse estraniato in una dimensione parallela. Non si accorse nemmeno che Albus fosse rientrato in casa e stava osservando la scena pieno di rammarico verso il fratello. Si avvicinò loro.
"Vic! Sei tornata..." commentò Albus, non appena fu loro vicino.
"Al! Sì, giusto 5 minuti fa... Come stai?"
"Tutto bene... J?"
Il fratello lo guardò. Non ricordò che l'avesse più chiamato 'J' dai 10 anni in su.
"Sì...?"
"Ti avevo detto che era meglio che non ti alzavi. Avrai dormito a malapena tre ore, stanotte. Vieni, torniamo di sotto. Sei molto stanco!" disse al fratello, alzando un braccio per far sì che James ci s'infilasse sotto. Lui lo fece, un po' sospettoso.
"Scusa, se te lo porto via, Vic..."
"Tranquillo, lo capisco... tanto dovevo parlare di alcune cose con Teddy..."
"Immagino..." disse Albus, sprezzatamente. "Andiamo, J..."
Se Victoire fosse rimasta ferita dall'atteggiamento di Albus, non lo diede certo a vedere.
Albus condusse James, ormai prossimo alle lacrime, al piano di sotto. Teddy provò a fermarli.
"Jamie, pos-" disse, cercando di afferrare il braccio di James
Albus lo strattonò, in modo tale che Ted non potesse afferrarlo.
"Non ti vuole parlare!" gli sussurrò, guardandolo in malo modo "Lascialo in pace!"
Albus, ancora con il braccio sulle spalle del fratello maggiore, si diresse di sotto.
Una volta al sicuro da occhi indiscreti, in camera di Albus, James si lasciò andare e guardò il fratello con gli occhi lucidi.
"Al... Al, io... Teddy..."
"Lo so! Vieni qui!" Albus lo abbracciò. Era un modo implicito con il quale gli chiedeva anche scusa per averlo trattato in quel modo orribile e per non avergli più rivolto la parola quei giorni.
James si sfogò, piangendo e singhiozzando. Albus gli accarezzava la testa e la schiena. E, a un certo punto, pianse con lui, stringendolo più forte.
 
"Tieni..." disse Albus a James, porgendogli una fetta di torta al cioccolato su un piattino "L'ha fatta Molly... non so se ti ricordi, ma..."
"Molly è una cuoca provetto, lo so..." James storse gli angoli della bocca cercando di simulare un sorriso "Me lo ricordo... In realtà, di voi ricordo quasi tutto, ma di mamma e papà ancora niente..."
Albus annuì e si sedette accanto a lui sul letto. James prese un morso della torta e poi la porse al fratello.
"No, dai l'ho presa per te..."
"Stai di merda anche tu. Forza, mangia!"
Albus sorrise e prese un morso della torta. Andarono avanti così, un morso ciascuno, fino a quando non la finirono.
"Mi dispiace di averti detto che avrei voluto non averti come fratello..."
"Beh, a me dispiace di non essere stato un buon fratello..."
"No, Jamie. Volevi difendermi... sono sempre io che penso che tutti siano contro di me. Sono fatto così..."
"Avevi le tue ragioni, Al. Io dovevo trovare un altro modo. Dovevo capire che così facendo ti avrei creato ancora più problemi..."
Albus non replicò niente, perché sostanzialmente era vero. Dopo poco però aggiunse:
"L'importante è che sia passato..."
"Ti hanno più dato fastidio?"
"Per fortuna no!"
Silenzio di nuovo.
Fu James a interromperlo, stavolta.
"Dovresti dirlo, a Scorpius!"
"Cosa?"
"Che sei innamorato di lui..."
Albus sentì le guance andargli a fuoco in un colpo solo. Aspettò un po' prima di rispondere al fratello.
"Te lo ricordi, quindi..."
"Anche se non me lo fossi ricordato, si vede lontano un miglio..."
Albus sospirò sonoramente.
"Se glielo dico, lo perderei come amico, perché lui è innamorato di Rose..."
"Non lo puoi sapere..."
"Ah no?" replicò Albus in tono sarcastico "Tu non hai passato 3 anni della tua vita a sentirlo parlare di nostra cugina di continuo..."
"No, ma immagino come puoi esserti sentito..."
"È l'unico amico che ho. Me ne farò una ragione. Prima o poi mi passerà. Ma non posso perderlo..."
"Non rimarresti da solo, Al. Sono tuo fratello maggiore, ma posso essere quell'amico di cui hai bisogno..."
Albus lo guardò.
"Stai dicendo sul serio?"
"Ci siamo allontanati, in questi anni, ma siamo comunque fratelli. Tu potrai sempre contare su di me, da adesso in poi. Giuro che non farò più l'errore di lasciarti da solo!"
Albus si lasciò andare a un piccolo pianto sulla spalla di James. Quest'ultimo lo strinse forte.
"Sei il mio fratellino, Al. Io ti proteggerò sempre, ricordatelo!" gli sussurrò.
"Ti voglio bene, J!" gli rispose Albus, la voce resa ovattata dalla maglia del fratello sulla quale stava piangendo. Era una cosa che si vergognava a pronunciare a voce alta, in quanto reso impossibile dal suo carattere duro ma al contempo fragile.
"Te ne voglio anch'io, Al!"
James aveva completamente represso il pensiero di Ted e Victoire, fino a quando il fratellastro non bussò alla porta della stanza di Albus.
"JAMIE, TI PREGO APRI! LO SO CHE SEI LÌ!"
James sollevò lo sguardo. Pensò di non farcela ad affrontarlo. Almeno in quel momento. Si sentiva ferito e tradito come se fosse un oggetto di poco valore che veniva tranquillamente gettato nella pattumiera. Fu Albus a prendere un'iniziativa, alzandosi, asciugandosi gli occhi e andando verso la porta.
"TED, VATTENE PRIMA CHE TI SPACCHI LA FACCIA!"
"AL, TI SCONGIURO. DEVO PARLARGLI !"
"AH, ADESSO VUOI PARLARGLI? GUARDA CASO QUANDO HA SCOPERTO CHE SEI UN DOPPIOGIOCHISTA. CERTO CHE COME TASSOROSSO FAI PROPRIO SCHIFO!"
"PER LA BARBA DI MERLINO, AL. SMETTILA DI FARE IL SANTARELLINO. FINO POCO TEMPO FA DESIDERAVI CHE JAMES SPARISSE!"
"ALMENO IO HO AVUTO IL CORAGGIO DI DIRGLIELO IN FACCIA. NON HO APPROFITTATO DEL FATTO CHE PERDESSE LA MEMORIA!"
"HO SBAGLIATO, LO SO. LASCIAMICI PARLARE, PER FAVORE !"
In quel momento, James si alzò e andò vicino al fratello, mettendogli una mano sulla spalla.
"Fallo entrare, Al. Devo affrontarla, questa cosa!"
"Sei sicuro?"
"Sicurissimo!"
Albus, ancora un po' riluttante, andò ad aprire la porta che aveva chiuso a chiave prima.
Non appena si ritrovò di fronte a Ted, gli disse:
"Giuro che se lo fai soffrire ancora, ti ammazzo!"
Poi uscì, lasciandoli soli.
 
Qualcuno bussò alla porta di Harry, nel suo ufficio al Ministero.
"Avanti!" disse l'Auror.
Draco Malfoy fece il suo ingresso nella stanza.
“Sei impegnato?” chiese all’altro.
Harry sollevò lo sguardo dalla pila di fogli che aveva sul tavolo.
“Ciao Harry, che bello vederti, come stai?” disse a Draco sarcasticamente.
Draco sollevò lo sguardo al cielo.
“Ho poco tempo, per favore smettila di fare la primadonna…”
“Ok, dimmi tutto…”
“Sono stato a Hogwarts, l’altro giorno. La Professoressa McGranit era ancora lì per sbrigare alcune faccende, così ci ho parlato…”
“E che dice?”
“Niente di più di quanto già non sappiamo… Harry, sei proprio sicuro che tuo figlio non sia semplicemente caduto…?”
“È un ottimo giocatore di Quidditch, e i suoi amici mi hanno detto che non è stato colpito né da un Bolide né da una Pluffa… hanno semplicemente visto che si è come…”
“Gettato?”
Harry lo fulminò.
“Se stai per suggerire che ha tentato il suicidio, ti fermo subito. Non lo avrebbe mai fatto.”
“Non lo puoi sapere. Sta a Hogwarts quasi tutto l’anno, non lo vedi mai… cosa ne sai che non fosse depresso?”
“Lo so e basta. È mio figlio!”
Draco annuì. Ci fu silenzio per alcuni minuti. Poi Harry lo ruppe.
“Forse ho una mezza idea…”
“Ovvero?”
“La Maledizione Imperius”
 
“Dimmi quello che devi dirmi  e vattene!” esordì James, una volta che Albus ebbe chiuso la porta. Il ragazzo incrociò le braccia e aspettò una risposta.
“Sembra banale da dire, ma non è come credi…”
“Ah no? Certo perché è normale che tu stia con me ma baci nostra cugina, giusto?”
“Jamie… io stavo insieme a Victoire prima d’innamorarmi di te…”
“Credi che non lo sappia? Credi che la memoria non mi sarebbe tornata? Quello che voglio sapere è perché lei ti ha baciato nonostante tu stia con me!”
Ted si mise una mano dietro al collo e se lo massaggiò.
“Io… io non l’ho mai mollata…”
James credette di essere morto, per un istante. Voleva disintegrarsi.
“Non ce la faccio, Jamie. Non riesco a vedere le persone soffrire!”
“ANCHE IO STO SOFFRENDO, TED! ANCHE IO STO SOFFRENDO!” gli urlò pieno di rabbia e di tristezza.
“Lo so… lo so Jamie…”
“Ma cosa sai? Credi di sapere quello che provo? Io ho un vuoto nel cervello che ogni tanto si riempie con mille pensieri diversi. Mi piomba tutto addosso in una manciata di secondi e non ho il tempo di metabolizzare che sono i ricordi che ho perso. Mi devo fidare di cosa mi dicono gli altri finché non me ne ricordo veramente. E pensavo di potermi fidare di te! Che tu mi avresti aiutato, che mi saresti stato vicino perché pensavo che mi amassi! Ma a te è andata bene che io perdessi la memoria, vero? Perché così non mi sarei ricordato che sei semplicemente uno stronzo!”
“Che stai dicendo? Credi davvero a quello che ha detto Albus? Che io mi sia approfittato di te?”
“Spiegami perché me l’hai tenuto nascosto, allora!”
“Non lo so, va bene? Non so perché non te l’ho detto…”
“Come pretendi che io ti creda, allora? Come puoi solo pensare che io mi fidi di nuovo di te?”
“Jamie, ho sbagliato. Ho sbagliato, lo so. L’ultima cosa che voglio è che tu stia ancora più male… io ti amo!”
James fece un lungo sospiro, chiudendo gli occhi e lasciando che una singola lacrima gli bagnasse il viso.
“Io no!”
Ted credette di non aver sentito bene.
“Cosa?”
“Io non ti amo. O almeno, non ti amo più. Ho l’amnesia, non sono stupido. Se ancora non l’hai lasciata, di certo non lo farai adesso. Io non voglio essere più preso in giro. Quindi, vattene!”
“No, Jamie… ti prego…”
“Vattene, Ted!”
“Ma…”
“VATTENE!” James lo spinse verso la porta, l’aprì e lo spinse fuori. Chiuse la porta e vi si appoggiò con la schiena.
Sentì Albus dire qualcosa di fuori, ma il suono era molto ovattato. Poco dopo, sentì dei passi che si allontanavano. Albus gli chiese di rientrare. James si alzò e gli aprì la porta.
Apprezzò il fatto che il fratello non gli disse e non gli chiese niente. Albus andò verso la scrivania e aprì un cassetto. Ne estrasse una bacchetta.
“Credo che questa sia tua!” gli disse, porgendogliela.
James la prese. Subito, si sentì pieno di forza, di energia.
“La sono andata a prendere al dormitorio dei Grifondoro prima di lasciare Hogwarts…”
“Allora non ce l’avevi con me…” disse James facendo un sorrisetto, ma continuando a guardare la bacchetta.
“No! Ce l’avevo con te, ma credevo anche che stessi per morire… sei stato in coma per due settimane…”
“Davvero? Così tanto?”
“Sì… e la cosa che mi fa più arrabbiare è che Teddy veniva a trovarti sempre, tutti i giorni…”
James lo guardò.
“Come lo hai capito, di me e Teddy? Te l’ho detto io?”
“No… ho visto come vi guardavate. L’ho capito come tu hai fatto tu con me…”
“E sapevi anche di Victoire?”
“Vic non c’è mai. Lei e Teddy hanno una sottospecie di relazione a distanza. Pensavo che, stando con te, lui l’avesse lasciata… ho capito tutto stamattina. È per questo che ti ho aiutato. Non ho sopportato il fatto che ti avesse trattato in questo modo. Se n’è approfittato. E non è giusto, perché, anche se mi dispiace ammetterlo, tu infondo sei una persona buona. E per questo la gente non se ne deve sempre approfittare…”
James lo abbracciò. Era contento che le cose tra lui e il fratello si fossero sistemate.
“Secondo te lei lo sa?”
“Penso di sì… Victoire è una che pensa sempre a salvare l’onore. Non si fa schiacciare facilmente da qualcuno. Soprattutto, non da suo cugino. Lei non ha mai sopportato il rapporto che avevate tu e Teddy. Eravate sempre attaccati, fin da piccoli. È sempre stata gelosa di te. Quindi, adesso che ha potuto darti una lezione, non se l’è fatto ripetere. Il fatto che Ted non l’abbia mai mollata per tutto questo tempo le ha fatto capire che infondo tu per lui conti poco. O che almeno non conti abbastanza da sostituire lei. Scusami se te lo dico così…”
“Sinceramente, lo preferisco. Non mi piace essere preso in giro…”
“Lo so, J. Credimi, mi dispiace di non esserti stato accanto…”
“Nemmeno io lo sono stato con te. Diciamo che siamo pari?”
Albus ridacchiò.
“Sì, siamo pari. E visto che lo siamo, promettiamo di comportarci come dei veri fratelli e aiutarci l’un l’altro. Sei d’accordo?”
Il fratello gli tese la mano, che James afferrò saldamente.
“D’accordo!”
 
Harry tornò dal Ministero verso le sei del pomeriggio. Salutò Victorie, abbracciata a Ted sul divano, poi chiese a Ginny se James stesse bene.
“Sinceramente non lo so, tesoro. È chiuso in camera di Albus da stamattina…”
Ted abbassò lo sguardo e non vide che Victorie invece sorrideva compiaciuta.
“Con Albus?”
“Sì… credo che abbiano fatto pace…”
“Beh, è una bellissima notizia. Dopo anni finalmente ci sono riusciti.” Harry si avvicinò alla moglie e poi le chiese di parlare da soli in camera loro.
 
“Draco sospetta del suicidio…”
“Non ci crederò mai, Harry!”
“Nemmeno io… come ti dicevo l’altro giorno, secondo me è stato qualcos’altro… è difficile dire cosa… potrebbe essere plausibile pensare alla Maledizione Imperius…”
“Ma a Hogwarts non insegnano a usarla… chi potrebbe averci provato?”
“Non lo so… è quello che intendo scoprire. Non mi darò pace finché non l’avrò capito…”
 
James, disteso sul letto di Albus, si rigirava la sua bacchetta nelle mani, guardandola.
12 pollici.
Elastica
Legno di quercia e zampa di coniglio.
Forte e fortunata.
Di certo, non come la sua vita fino a quel momento.
Albus era alla scrivania e stava cercando di fare qualche compito per le vacanze che gli era stato assegnato.
A un certo punto, gettò la matita contro il muro di fronte, facendo spaventare James.
“Per Voldemort! Quanto diavolo è complicata questa roba?!” esclamò.
Qualcosa scattò nel cervello di James.
“Che hai detto?” chiese al fratello.
Albus, come se si fosse reso conto solo in quel momento che il fratello si trovasse nella stanza con lui.
“Ho detto che questa roba è difficilissima…”
“No, prima… quel nome…”
Voldemort?”
E i flashback cominciarono.
 
“Quindi… è come se fossi morto…” concluse James, guardando il padre con quegli occhi da bambino di 11 anni che stava per iniziare il suo primo anno a Hogwarts di lì a due settimane.
“Più o meno… la parte di Voldemort che era dentro di me, che è morta…”
“E non ti ha fatto paura?”
“La morte? Non proprio… cioè, un po’ sì, ma alla fine dovevo accettare che quello poteva essere il mio destino…”
“Vorrei essere come te…”
“Ma tu sei come me, Jamie! Tu sei coraggioso, e io lo so. Non devi scordarlo mai…”
James annuì, sorridendogli.
 
“Come li vuoi i biscotti, tesoro?” gli chiese Ginny. James, 5 anni appena, la osservava dal bancone della cucina.
“Al cioccolato!”
“Immaginavo! Adesso li prepariamo, ok? Mi daresti una mano?”
E cucinarono dei biscotti che non erano poi così buoni. Ma era uno dei ricordi più belli che aveva. Un semplice pomeriggio passato insieme a sua madre, a osservare successivamente le facce di Albus e Ted che, mentre masticavano, esprimevano il loro disgusto.
Senza dare nessun tipo di spiegazioni ad Albus e con la testa che ancora gli girava terribilmente, talmente tanti erano i ricordi che si stavano accumulando sui suoi genitori, James si alzò e si precipitò due piani più in su, dove presumeva si trovassero Harry e Ginny, senza notare né Ted né Victoire sul divano.
Aprì la porta della loro stanza.
“Mamma… papà…” disse, in lacrime ormai. Diavolo, faceva talmente bene ricordare tutte le cose belle che ci sono successe nella vita.
“Jamie, che c’è?” chiese Harry, subito preoccupato vedendo il figlio piangere.
“Io mi ricordo. Mi ricordo di voi!” disse loro James.
Harry e Ginny si guardarono.
Ginny si portò una mano alla bocca, sull’orlo delle lacrime anche lei.
Harry cercava in tutti i modi di mantenere un po’ di contegno, ma le lacrime invasero anche i suoi occhi.
Senza dirsi niente, i tre si avvicinarono e rimasero abbracciati a lungo, talmente tanto che James si dimenticò che Ted lo aveva fatto stare male.

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Capitolo 9
*** Mike e Dave ***


Mike e Dave

L’estate passò in fretta e in un batter d’occhio, James, Albus e Lily dovettero tornare a Hogwarts, insieme anche a Dominique, Luis, Molly, Rose, Hugo e gli altri che ancora dovevano terminare il loro percorso di studi.
James stava appunto terminando di riempire il suo baule, quando Ted bussò alla porta. L’altro, non sapendo si trattasse di lui, gridò: “Avanti!”. Non si erano più parlati dal giorno in cui James lo aveva lasciato. Ted era tormentato dai rimorsi, dai dubbi, dal risentimento. Ma aveva preso una decisione e l’aveva messa in atto.
Entrò dentro la stanza e James sollevò lo sguardo, per poi riposarlo sui vestiti piegati sul letto.
“Che vuoi?” gli chiese, in tono brusco.
“Parlarti…”
“Io no. C’è altro?”
Ted si fece avanti e lo fece voltare verso di sé. Gli prese il viso tra le mani e, per quanto il cervello di James lottasse per farlo distaccare da lui, il cuore invece gli implorava di non muoversi. James chiuse gli occhi per non doverlo guardare.
“Mi sono innamorato di te due volte, Jamie…” gli sussurrò Ted “Prima che tu perdessi la memoria e adesso. Mi sono convinto ancora di più del fatto che ti amo e che è con te che voglio stare. Il fatto che tu non ricordi chi sei e com’eri prima di avere l’amnesia, mi ha fatto scoprire un altro lato di te. Quello sensibile, che non avevo mai visto nell’altro James. Ho sbagliato a mentirti, hai ragione, ma non sopportavo il fatto di aver tradito Victoire con te, nonostante fossi più preso da te che da lei. Jamie, io non so perché ti amo. Perché effettivamente non c’è una vera ragione: so solo che quando sto con te sto talmente bene che vorrei che il mondo si fermasse. Tu non ricordi? Bene, ora ti dico la verità: è vero, io non ho mai detto a Victoire di noi. Tu me lo continuavi a chiedere, ma io esitavo sempre. Tu non volevi essere preso in giro, e avevi ragione. Però, nonostante tutto, stavamo bene insieme e tu mi hai dato del tempo; volevo dirlo a Vic non appena fosse tornata da Parigi, ma è stata un anno fuori… e poi tu hai perso la memoria. Non volevo buttarti subito addosso il fatto di me e lei, perché non so come avresti reagito. Avrei dovuto dirtelo non appena ci siamo riavvicinati, lo so, ma ho avuto paura che mi avresti lasciato. Ho avuto paura di perderti, com’è successo all’inizio quando ti sei svegliato. Ti chiedo scusa, è tutto quello che posso dirti. Ti prego, perdonami. Sto male senza di te, ho vissuto l’estate più brutta della mia vita. Ti amo Jamie. Ti amo, ti amo, ti amo e non smetterò mai di ripeterlo, se è questo che vuoi sentire. Ma ti prego, perdonami.”
James strizzò gli occhi, incapace di trattenere le lacrime.
“Smettila…” gli sussurrò, senza però volere veramente che smettesse.
“Tu e io ci amiamo, Jamie. Anche se tu credi di odiarmi, in realtà non è così, e lo sai. Certo, mi sono comportato malissimo con te, lo riconosco, e non te lo meriti di certo, specialmente dopo tutto quello che hai passato. Ma le seconde possibilità vanno date a tutti, no?”
James esitò. Non ce la faceva. Lo desiderava, lo desiderava tanto. Ma non poteva… no, non poteva. Era stato male a causa sua, non poteva.
“L’hai lasciata?” domandò, con la voce quasi rotta dal pianto, gli occhi ancora chiusi.
Ci fu silenzio e James temette di sapere già la risposta.
“Sì…” disse Ted, però.
James temette di aver sentito male.
“Cosa?”
“Sì, l’ho lasciata…”
“Non ti credo…”
“Non ti sto mentendo. Non ti mentirò mai più, te lo giuro!”
James aprì gli occhi e finalmente guardò il volto del fratellastro. Aveva gli occhi lucidi come i suoi, i capelli erano più neri del normale. Il più piccolo smise di resistergli, quando Ted si avvicinò per baciarlo.
Non riusciva a controllare i suoi pensieri, era totalmente perso nel bacio e nelle braccia di Ted. Capii che non poteva farlo. Non poteva smettere di amarlo. Per tutta l’estate aveva cercato di evitarlo; il solo vederlo lo faceva tornare a quei giorni felici che avevano passato prima che arrivasse Victoire. Lo aveva detestato, ma al contempo non riusciva a non amarlo.
Lo strinse. Lo strinse senza pensare al fatto che gli avesse mentito, perché l’unica cosa a cui pensava in quel momento era che aveva solo voglia di stare con lui.
Senza staccarsi, i due si distesero sul letto di James, facendo cadere a terra i vestiti che erano piegati con cura ai piedi di questo.
James riuscì ad afferrare la bacchetta sul comodino.
Colloportus!” disse, in direzione della porta. Questa si chiuse a chiave. Subito dopo, fece fare alla bacchetta un giro, rivolta verso il soffitto “Muffliato!” disse.
Ted ridacchiò.
“Ottima idea, quell’incantesimo!”
James distorse un poco gli angoli della bocca. Accarezzò con l’indice la guancia di Ted. Poi si sporse in avanti per baciarlo di nuovo.
Ted gli mise le mani sui fianchi e dopo poco gli sollevò la maglietta. James si staccò solo per permettergli di gettarla a terra e poi fece la stessa cosa con lui. Ted cominciò a baciargli il collo, poi la spalla e scese fino al petto, mentre James cominciava a gemere piano piano. Ted armeggiò con la cintura dei suoi pantaloni, gliela tolse e con quella fece scivolare via i pantaloni dalle gambe dell’altro. Gettò a terra anche quelli. James cominciava a sentire l’eccitazione sormontargli in petto. Tolse anche lui i pantaloni a Ted e poi gli prese il viso tra le mani e lo baciò. Quando si staccarono gli sussurrò: “Non ti fermare!”
E Ted non lo fece.
Un’ora più tardi, i due ragazzi riprendevano fiato abbracciati l’uno all’altro.
“Ricominciamo da capo…” disse James, la testa sul petto dell’altro.
“Ovvero?”
“Visto che i miei ricordi con te sembrano rifiutarsi di tornare, o almeno, quelli più recenti si rifiutano, ricominciamo da capo. Niente più bugie, niente di niente. Solo io e te, ancora una volta, senza pensare al passato. Ci stai?”
James si sollevò per guardarlo negli occhi e accarezzargli i capelli.
Ted gli sorrise e lo baciò.
“Ci sto… ne abbiamo bisogno…”
 
Il giorno dopo era il 1° Settembre.
I Potter e gli Weasley si recarono a King’s Cross molto presto, verso le 10.15.
Superata la barriera tra i binari 9 e 10, l’Hogwarts Express si materializzò loro davanti. E James e Albus non poterono fare a meno di notare Trevor e Gregory intenti a parlare con un gruppo di Serpeverde e anche con qualche Corvonero.
Albus si paralizzò e deglutì. James lo vide e lo prese per un braccio per farlo camminare.
“Se solo ti si avvicinano li sistemo io, ok?” gli disse.
Albus annuì, ancora poco abituato a vedere il lato protettivo che il fratello però aveva sempre avuto nei suoi riguardi e in quelli di Lily. Avevano parlato, tutti e tre, prima di partire e ora anche Lily sapeva che cos’era successo.
 
“Dovresti dirlo a mamma e papà, Al!” fece notare Lily ad Albus “Loro potranno fare qualcosa, parlare con la McGranit…”
“No, Lils, non posso! Passerei per quello che ha bisogno dei genitori per difendersi…”
“Però non avrebbe tutti i torti…”
“Ti ci metti anche tu, J?”
“Dico solo che a volte parlare con un adulto può essere utile…”
“Non se ne parla! Nessuno di voi dirà una parola, chiaro?” poi Albus guardò James “Neanche a Teddy…”
James arrossì. Lily ridacchiò.
“Il Muffliato non ha funzionato più di tanto…” gli disse la sorella.
Il rossore di James aumentò.
“Davvero?”
“Non ha funzionato verso la fine…” disse Albus, ridacchiando.
“Siete tornati insieme?” gli chiese Lily.
“Ha detto di aver lasciato Victoire…” disse James a mo’ di giustificazione, come se aver perdonato Ted fosse il peggior crimine dell’universo.
“Lo ha fatto. Ti sei perso la sua grande sceneggiata da soap opera francese quando se n’è andata l’altro giorno. Ha davvero dato il meglio di sé e la sua immagine di perfettina è crollata. Certo, anche se quasi tutti ci sono rimasti male… specialmente Fleur e Bill…” disse Lily. Poi prese la mano del fratello maggiore “Invece io sono contenta! Siete adorabili, lo siete sempre stati, da quando ero piccola. Ho sempre pensato che un giorno vi sareste messi insieme. E ne ho avuto la conferma da Al…”
James lo fulminò.
“Scusa…” disse il fratello ridacchiando “A mia difesa, gliel’ho detto quando l’ho capito anche io…”
Lily abbracciò entrambi.
“Siamo una famiglia. Non dimenticatevelo. Potremmo cambiare, ma nulla tra noi deve cambiare. Io vi vorrò sempre bene, siete i miei fratelloni.”
James e Albus ricambiarono l’abbraccio, commossi. Stettero così a lungo e recuperarono in pochi istanti tutto quello che avevano perso in quegli anni.
Lily si staccò da loro per prima, asciugandosi una lacrima che le era caduta sul viso.
“Bene… e quando saremo a Hogwarts, vedrò di fare in modo che Rose e Scorp si lascino, così Al tornerà a sorridere!”
Albus ridacchiò.
“Non ce n’è bisogno, Lils. Mi riprenderò, davvero…”
“Stai scherzando? Tu e Scorp DOVETE stare insieme. Non siete solo amici, chiunque lo direbbe, guardandovi. Tu l’hai capito e ora dobbiamo fare in modo che anche Scorpius lo capisca!”
“Sfida accettata!” disse James sorridendo al fratello.
Albus sbuffò, alzando gli occhi al cielo ma ridendo, nel frattempo.
 
“Non guardarli, Al. Non dargliela vinta!” gli disse Lily, prendendogli l’altro braccio.
Salutarono i genitori. Harry e Ginny abbracciarono James per ultimo.
“Tesoro, sei sicuro di voler tornare?” gli chiese Ginny.
“Sicurissimo, mamma. Ti giuro che sto molto meglio di quanto lo ero all’inizio. E poi, devo cercare di capire cos’è successo…”
“A questo ci sto pensando anche io” gli disse Harry “È probabile che mi vedrai spesso, a Hogwarts… dovrò parlare con la Professoressa McGranit…”
James annuì.
Poi scorse Ted da lontano e il suo sguardo s’illuminò. Salutò di nuovo i genitori, prima di avviarsi verso di lui. L’altro lo fece andare dietro una colonna e poi lo baciò.
James si lasciò andare, stringendolo.
“Mi mancherai…” gli disse Ted, quando si staccarono.
Qualcosa scattò nel cervello del più piccolo.
 
“Mi mancherai…”gli disse Ted, accarezzandogli la guancia.
“Anche tu…” James lo baciò di nuovo.
 
E passò subito, senza dargli il tempo di memorizzare che quello era il primo ricordo che aveva di lui e Ted da quando aveva perso la memoria.
“Che c’è?” gli chiese l’altro.
“Niente!” si affrettò a dire James “Pensavo… mi mancherai anche tu…” gli accarezzò la guancia.
“Verrò a trovarti quando potrò!” lo rassicurò l’altro.
“E come farai?”
“Sono a conoscenza di qualche passaggio segreto, grazie a te…” Ted gli passò l’indice sul naso e James gli sorrise. Il fischio del treno li fece tornare alla realtà.
“È meglio che vada…” sussurrò James.
“Sì…” Ted lo baciò di nuovo “Ti amo…”
James, in tutta risposta, gli sorrise. E poi si avviò verso il treno.
 
Divise lo scompartimento con Mike e Dave, com’era solito fare (anche se ovviamente non se lo ricordava propriamente).
Si sedettero e i due ragazzi gli raccontarono perché non fossero andati a trovarlo durante l’estate:
“Gli Auror hanno voluto interrogarci” disse Mike “E ci dissero che non potevamo muoverci da casa. Sospettano che ti sia successo qualcosa di grave…”
“Come… come se qualcuno mi avesse fatto cadere di proposito?” provò a intuire James.
“Esattamente!” esclamò Dave.
James, da che era chinato in avanti, si rigettò all’indietro poggiando la schiena sullo schienale.
“Forse ho una mezza idea di chi possa essere stato…”
“Anche noi…” disse Dave.
E in quel momento, come la più sfortunata delle coincidenze, Trevor e Gregory si palesarono davanti al finestrino dello scompartimento dei ragazzi, quasi spaventandoli. Senza alcun tipo di permesso, aprirono la porta da fuori ed entrarono.
“Guarda guarda… Potter è ancora vivo, allora!” disse Trevor, quello leggermente più alto dei due, schernendolo.
James non rispose e voltò lo sguardo. Trattamento del silenzio.
“Anche voi, se è per questo, ma di certo non veniamo a ricordarvelo ogni volta!” disse Dave, con un sorriso sarcastico dipinto sul volto.
Questo scatenò l’ira di Gregory che provò ad andargli addosso. Ma Mike fu più veloce e si mise davanti a Dave puntando la bacchetta contro i due ragazzi.
“Io non ci proverei…” disse, senza evidente paura “Avete quasi ucciso James. Dovete solo ringraziare che sia vivo, altrimenti vi avrei già staccato la testa dal collo!”
“Non siamo stati noi!” disse Gregory, trattenuto per le spalle dall’amico.
“Dimostratelo! Avevate buoni motivi per farlo!” disse Dave, alzandosi in piedi dietro di Mike.
“Senti, riccioli d’oro, non siamo stati noi. Te lo direbbe anche Potter, ma…” Trevor guardò James “forse non ricorda nemmeno come si chiama…” disse, ridacchiando.
“Di certo so di non chiamarmi coglione. Quello è il nome di entrambi, giusto?” rispose finalmente James voltando la testa e sorridendo ai due in modo beffardo.
“Penso che il futuro signor Lupin voglia sbattere la testa un’altra volta…” disse Gregory, lasciato improvvisamente andare da Trevor, punti entrambi nell’orgoglio.
Gregory fece per scaraventarsi contro James. Lui stava per estrarre la bacchetta dalla tasca dei jeans, ma qualcuno lo precedé. Arrivò un lampo di luce rossa da fuori dello scompartimento che colpì Gregory sulla schiena, facendolo cadere a terra sopra i piedi dei ragazzi. Si voltarono tutti per vedere chi fosse stato.
Lily.
“Ne vuoi un assaggio anche tu, Trevor?” disse.
Il fratello le sorrise.
Dave e Mike la guardarono ammirati.
Trevor si sbrigò a tirare in piedi Gregory e gli sussurrò di andare via.
“Peggio per te…” disse Gregory, guardando la piccola Potter, alludendo al fatto che non potesse usare magie fuori da Hogwarts. Lei sostenne il loro sguardo.
“Peggio per voi se toccherete i miei fratelli ancora una volta!” rispose loro con tono sicuro.
I due ragazzi se ne andarono. Lily sorrise ai ragazzi e poi se ne andò senza aggiungere una parola. Dave sbatté le palpebre due volte.
“Quanti anni hai detto che ha, tua sorella?” chiese a James.
“Non ci pensare nemmeno!” rispose James, ridacchiando. Prese lo zaino da sopra lo scomparto e si rimise seduto, cercando qualcosa da mangiare. Trovò due cose interessanti. La prima, era un pacchetto di Gelatine Tutti i Gusti + 1, con un foglietto bianco appiccicato dietro, nel quale era disegnato un cuore azzurro. James sorrise… <<Teddy>>, pensò.
L’altra era una lettera. La guardò confuso e poi lesse chi gliel’aveva mandata.
“Che cos’è?” chiese Mike.
“Una lettera di…” James si bloccò e guardò gli amici “Voi… voi, sapete di me e Teddy, vero?”
Dave rise.
“Scherzi? Abbiamo dovuto estorcetelo con le pinze, l’anno scorso. Ti vedevamo sempre distratto, sulle nuvole. Pensavamo che dietro ci fosse una ragazza…”
“Allora ti abbiamo sfinito talmente tanto l’anima che alla fine hai confessato!” disse Mike.
James si rilassò e prese a raccontargli cos’era successo durante l’estate.
 
“Quindi… lui alla fine l’ha lasciata sul serio?” domandò Dave finito il racconto.
James annuì.
“E lei mi ha scritto una lettera…”
“Beh, leggiamola!” disse Mike.
Si sedettero tutti e tre sullo stesso sedile e James aprì la lettera.
 
James,
probabilmente quando leggerai questa lettera sarai già sul treno oppure a Hogwarts e io me ne sarò tornata a Parigi.
Voglio dirtelo chiaro e tondo: non mi sei mai piaciuto. Ci siamo sempre sopportati poco. Abbiamo due caratteri ugualmente forti, lo riconosco.
Non sono abituata a perdere, né ad arrivare seconda. Quindi, considerata tutta questa premessa, adesso arrivo al sodo.
Ho sempre saputo di te e Teddy, fin dall’inizio. Avrei potuto lasciarlo, ma non ho voluto. Come ti ho detto, non sono abituata a perdere. E soprattutto, credo di averlo sempre amato. È stata dura ammettere a me stessa che lui invece non provava le stesse cose. Gli ho posto una scelta: o me o te. Lui ha scelto te.
Mi faccio da parte, cugino. È tutto tuo. Non perderlo, James. È una persona speciale e merita di essere amata, nonostante abbia commesso degli errori. Non lo fa mai per far soffrire qualcuno; crede sempre di star facendo la cosa giusta. È fatto così. Per questo anche tu non hai mai insistito affinché mi lasciasse, perché sapevi che era una scelta difficile per lui. Non per me, non per te, ma per entrambi. Non voleva far soffrire nessuno dei due. Però, in un certo senso, lo ha fatto. E qualcuno doveva farsi da parte. E visto che tu ti sei considerato offeso dal suo comportamento e dal mio e invece di fare la persona matura e affrontarci hai deciso di fare la primadonna, ho agito da sola.
Spero che siate felici, insieme. Davvero. E te lo dico nonostante io non sia l’esempio vivente di ‘cugina perfetta’.
 Anche se non ci crederai, sono stata davvero in pensiero per te. Recupera i tuoi ricordi, cugino, tutti. E perdona Teddy, se non l’hai già fatto.
Ti voglio bene (molto, ma mooolto infondo).
Victoire
“Ti ha lasciato le redini, praticamente!” disse Mike, sorridendo all’amico.
James aveva le lacrime agli occhi. E pensò a quante volte si era ritrovato a piangere in quei lunghi mesi. A quanto peso si era tenuto dentro durante gli anni per non ferire il suo orgoglio del quale ormai non gli importava più niente. Nella sua vita precedente all’amnesia, non aveva mai pianto.
 
I primi giorni a Hogwarts furono tutti uguali. Studenti e professori che gli chiedevano come stesse; gente che aveva saputo dell’amnesia e che quindi sfiniva il ragazzo chiedendogli cosa ricordasse e cosa no. Un mezzo inferno, praticamente.
Nessuno punì Lily per ciò che era successo nel treno, avendo accertato che effettivamente qualcuno poteva veramente farsi male a causa dei due Serpeverdi.
James ricominciò a seguire le lezioni, ma con molta fatica. Aveva dei riassunti dei programmi scorsi che i professori gli avevano preparato e un po’ lo aiutavano. Doveva fare un doppio sforzo, perché molte volte le cose non gli restavano in testa al primo colpo e doveva ripeterle due volte. Mike e Dave gli stavano molto vicino e lo aiutavano a studiare.
E durante queste sessioni di studio, James si ricordò di loro.
“Mike, piacere!” disse il ragazzo, stringendo la mano tesa di James di appena undici anni.
“Io, Dave!” disse l’altro, emozionatissimo all’idea di conoscere il primogenito del Prescelto.
“Non fate quelle facce! Sono perfettamente normale… mio padre è la superstar!” disse James ridendo.
Anche Dave e Mike risero.
 
“Forse avremmo dovuto metterci due zampe di ragno in meno!” disse Mike, tossendo e buttando fuori un po’ di fumo.
James annuì, ancora con il viso da tredicenne impaurito per l’esplosione della pozione appena avvenuta.
“Ci serve qualcuno più bravo che ci aiuti, è assodato!” disse Dave, togliendosi gli occhiali di protezione.
 
Dave si pulì il sangue che gli colava dal naso con la mano destra.
“Spero vi serva da lezione!” disse James, rialzandosi in piedi un po’ tremolante.
Mike lo aiutò, prendendolo per un braccio.
“La mia famiglia non si tocca, sono stato chiaro?” ribadì James, dando un ultimo calcio a Trevor, steso a terra e quasi privo di sensi. “Non avvicinatevi più a noi! A nessuno di noi!”
 
“Ragazzi…” disse, quando la tempesta nel suo cervello sembrò essere finita.
“Che c’è?” chiese Dave.
“Io… io mi ricordo di voi!” disse James guardandoli sorridendo.
Mike e Dave si scambiarono degli sguardi.
“Tutto tutto?” chiese Mike.
“Tutto tutto!” confermò James.
Dave e Mike si gettarono addosso a lui e i tre si abbracciarono e si strinsero a lungo. Nessuno pensò allo studio. E James poteva finalmente abbracciare la sua seconda famiglia. Le uniche due persone che considerava veramente sue amiche.
 
I giorni passarono, un susseguirsi di routine e di confusione. James era deciso a dimostrare che Trevor e Gregory c’entravano con la sua caduta dalla scopa.
Sfogliava annoiato il terzo volume di “Storia della Magia”, ma il suo cervello si sforzava di rievocare quelle poche cose che si era ricordato di quel giorno. Posò il libro stancamente.
Chiuse gli occhi.
 
Sentiva le voci, ma erano come ovattate. Come se le sentisse molto in lontananza, come se non fosse veramente lì.
Si vedeva. Vedeva sé stesso, come se si trovasse sopra il campo da Quidditch. Come se osservasse tutto dall’alto. E vedeva la sua figura sulla scopa.
Forse sognava. Quel ricordo era ben diverso dagli altri che aveva fatto. Era come se fosse uno spettatore esterno.
Volò verso sé stesso.
Si guardò.
“James, svegliati!” gli disse.
I suoi occhi erano bianchi. Le pupille non c’erano più.
“JAMES, SVEGLIATI!” gli gridò.
E poi, l’altro sé stesso cadde dalla scopa.
James l’osservò fino a quando questo non batté la testa a terra.
 
Aprì gli occhi. Sentì di nuovo il dolore che aveva provato quel giorno. La sensazione durò poco. Perché ricordò qualcos’altro.
 
“Il piano va avanti!” gridò qualcuno che gli ricordava Trevor. O forse era Trevor. “Bisogna solo sbarazzarsi di lui!”
“E come?” chiese qualcun altro che James invece non riconobbe.
“Lasciate fare a me!” disse Trevor.
E come prima, come se fosse solo un osservatore esterno, James si vide a terra, privo di sensi.
I sotterranei.
L’insegna dell’aula di Pozioni.
Le deboli luci delle fiaccole.
Quattro persone più lui. Scorse qualcun altro. Un ragazzino. Forse era l’ultima cosa che aveva visto. Gli occhi di quel ragazzino che osservavano la scena, impauriti.
 
James aprì di nuovo gli occhi. Era più di quanto sperasse. Aveva capito che doveva fare.
 
“J, ti posso parlare?” gli chiese Albus, prendendolo per un braccio e fermandolo dalla sua folle corsa per i corridoi di Hogwarts, la Mappa del Malandrino tra le mani per cercare la via più breve per arrivare il più velocemente ai sotterranei.
“Non ho tempo, Al. È urgente?”
Albus non sembrò deluso. Era entusiasta e non riusciva a trattenersi dal sorridere.
“Scorpius mi ama!” gli disse tutto d’un fiato.
James non parve crederci, al principio. Sbatté le palpebre due volte.
“Che?” gli domandò.
“Mi ama! Me lo ha detto!” rispose Albus, sempre con molto entusiasmo.
“Cosa? Quando?”
“Stamattina… a quanto so, Lils mi disse che aveva parlato con Rose, giorni fa, insieme a Domi e Lucy. Rose aveva detto loro che sentiva Scorp molto distante. Lily mi ha detto che era il momento giusto per parlargli. Stamattina mi sono deciso. Non so come ho fatto, ma gliel’ho detto. Lui non mi ha risposto, mi ha… mi ha baciato. Così, di punto in bianco. E quando… quando ci siamo staccati mi ha detto che aveva capito tutto e che infondo lo sapeva. E sapeva anche di essere innamorato di me, ma era come se lo stesse negando a sé stesso. Ha capito che quella con Rose era solo un’infatuazione, una sottospecie di sogno proibito. Non la amava veramente, credeva di farlo, ma non era così. E… e… e poi non lo so più, ma sono felice. Sono felice. Lui mi ama, J, me lo ha detto!” disse Albus tutto d’un fiato senza mai perdere il sorriso.
James si sentiva veramente contento per lui.
“Al, è fantastico! Davvero… ma con Rose?”
“Con Rose ha risolto. Si sono già lasciati di comune accordo qualche giorno fa! J, io non ci posso ancora credere, mi sembra di sognare!”
Il fratello lo abbracciò e lo tenne stretto a lungo.
“Te lo meriti, Al! Tu ti meriti tutto il bene del mondo…”
“Anche tu… grazie. Grazie per non avermi lasciato solo!”
James lo strinse più forte. Si staccarono poco dopo.
“Dove… dove stavi correndo?” chiese Albus, tornando con i piedi per terra.
“Io…” ma James si bloccò.
Vide lo stesso ragazzino del suo ricordo. Questo non lo vide. Passò davanti a loro, la cravatta di Corvonero ben salda al collo e James l’osservò. Non poteva perdere l’opportunità.
“Vieni con me, Al…” gli disse, prendendogli il braccio e trascinandolo verso il ragazzino.
“Ehi!” disse James, cercando di risultare il più gentile possibile. In realtà, il suo tono era profondamente agitato; era solo a un passo dalla verità.
Il ragazzino si girò. Nel vederlo, impallidì, improvvisamente impaurito. Cercò di scappare, ma James lo trattenne.
“Aspetta, per favore. Io ho bisogno di capire… come ti chiami?”
Albus li osservava, confuso. Il ragazzino, avrà avuto dodici anni, era biondino e aveva gli occhi color nocciola. Guardò entrambi, indeciso se parlare o meno.
“S-Simon…” disse balbettando il ragazzino.
“Simon, io sono James… ma tu lo sai, no?”
Simon annuì.
“Simon, ascolta. Lo capisco che hai paura. Però io devo sapere… ho perso la memoria e non so cosa mi sia successo. Mi puoi aiutare solo tu, ti prego. Ti prometto che non ti succederà niente. Farò in modo che non ti tocchino, ma per favore, portami ai sotterranei e dimmi cos’è successo…”
Simon si morse il labbro e si guardò intorno, impaurito.
Sospirò.
“Mi giuri che non mi faranno niente?”
“Te lo prometto! Per favore, Simon…”
Simon sospirò di nuovo.
“Va bene, te lo dirò. Andiamo…”
“Ok… devo solo recuperare delle persone…”
 
E così, Simon, James, Albus, Scorpius, Lily, Mike e Dave si recarono ai sotterranei per conoscere finalmente la verità.

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Capitolo 10
*** I sotterranei ***


I sotterranei

“Era il giorno della partita…” cominciò a spiegare Simon. “E il giorno prima Trevor e Gregory mi stavano per picchiare perché mi ero rifiutato di far loro i compiti. Ma tu sei intervenuto e mi hai difeso. Li hai picchiati…
 
Dave si pulì il sangue che gli colava dal naso con la mano destra.
“Spero vi serva da lezione!” disse James, rialzandosi in piedi un po’ tremolante.
Mike lo aiutò, prendendolo per un braccio.
“La mia famiglia non si tocca, sono stato chiaro?” ribadì James, dando un ultimo calcio a Trevor, steso a terra e quasi privo di sensi. “Non avvicinatevi più a noi! A nessuno di noi!”
 
… eri insieme a Mike e Dave. Dopodiché, la McGranit vi ha convocati nel suo ufficio e voi le avete spiegato la situazione. Lei decise di farti giocare lo stesso la partita del giorno dopo…
 
"Potter!"
Lui si voltò:  “Professoressa?”
"Volevo solo augurarti buona fortuna per la partita."
"La ringrazio per non avermi tagliato fuori dalla squadra dopo quello che è successo..."
"Avevi le tue ragioni... Sei un buon giocatore, James, sono sicura che renderai orgogliosi tutti i Grifondoro, domani!"
"Non aveva detto che lei non era di parte?"
"Sì, ma il fatto che farò il tifo per voi non mi porterà via la cattedra di preside a Hogwarts!"
 
… non so per quale motivo tu fossi qui, il giorno della partita…”
“Noi forse sì…” disse Mike “Lo avevi detto a me e Dave… avevi detto che dovevi controllare una cosa…”
“Sì, è vero lo ricordo!” confermò Dave.
“Io ti ho visto mentre andavi verso i sotterranei…” disse Scorpius, mano nella mano con Albus “stavi seguendo Trevor e Gregory. Erano davanti a te…”
James si vide camminare a passo svelto, la divisa di Quidditch di Grifondoro addosso e la scopa nella mano destra. Guardò davanti a lui e vide Trevor e Gregory. Poi si guardò: aveva uno sguardo circospetto, come se sospettasse qualcosa.
 
“Io volevo ringraziarti per l’aiuto…” continuò Simon “ti ho visto mentre scendevi le scale che portano qui…
 
Continuò a seguire sé stesso lungo le scale. Mano a mano la luce si affievoliva…
 
… ti ho seguito e poi ho visto che ti sei fermato quasi infondo alle scale. Tu ti sei voltato e mi hai visto. Mi hai fatto cenno di tacere…
 
Si vide mentre si portava un indice davanti alla bocca e guardava verso Simon…
 
… abbiamo ascoltato i loro discorsi. Trevor e Gregory erano con altri ragazzi…
 
E James udì le voci. E ricordò i discorsi.
“È tutto pronto! Agiremo oggi, quando tutti saranno alla partita: ci intrufoleremo ad Azkaban…” disse Gregory, con tono speranzoso.
James spalancò gli occhi.
“Come avete fatto?” chiese uno dei ragazzi che James non conosceva.
“Molte persone, al Ministero, sono dalla nostra parte. Sottostanno alle leggi perché hanno bisogno di tenersi stretto il lavoro e di certo non vogliono finire ad Azkaban come i nostri genitori. Ma tutti loro sognano un regno come quello che stava tentando di costruire il Signore Oscuro. Tutti sognano di essere separati dai Babbani e di distruggere tutti i Mezzosangue viventi. Oggi segnerà un’era. Quando i nostri genitori saranno liberi, torneremo alla gloria. Lord Voldemort tornerà alla gloria, grazie a noi. Costruiremo quello che lui non è riuscito a fare. Daremo vita a una nuova storia nel mondo della magia!”
Gli altri ragazzi applaudirono a quel discorso.
James non si accorse di aver messo male il piede e scivolò, facendo rumore. Riuscì ad aggrapparsi al muro. Ma i ragazzi lo avevano sentito. Non avevano visto Simon. Afferrarono James; lui non aveva la bacchetta con sé…
 
… loro ti hanno preso… tu non avevi la bacchetta…
 
James sentì molto dolore nella parte addominale, alle spalle, al viso…
 
… ti hanno picchiato… tu non riuscivi a reagire, erano in quattro contro di te…
 
Ancora dolore, sempre più dolore, dappertutto. Finché tutto non si fece buio.
 
… poi credo che tu sia svenuto…
 
“Il piano va avanti!” gridò qualcuno che gli ricordava Trevor. O forse era Trevor. “Bisogna solo sbarazzarsi di lui!”
“E come?” chiese qualcun altro che James invece non riconobbe.
“Lasciate fare a me!” disse Trevor.
 
…Trevor ti messo in tasca un bigliettino, dove c’era scritto…
 
“ ‘Starete meglio senza di me’, eh? Che ne dite? Così sembrerà che si sia gettato da solo…” disse Trevor, ridacchiando. Gli altri lo imitarono.
“Sì, ci sto! Nessuno sospetterà di niente!” rispose Gregory.
 
… e ti hanno scagliato addosso la Maledizione Imperius. Ti hanno detto di andare alla partita e di giocare. Tu ovviamente hai ubbidito, eri sotto il loro controllo. E durante la partita, a un certo punto ti hanno detto…
 
“Cadi, James. Buttati!”
 
…non so chi sia stato dei quattro. Io li ho seguiti fino al campo, quando ho capito dove erano diretti. Loro mi hanno visto solo quando ti hanno detto di buttarti. E mi hanno minacciato di non dire niente, altrimenti mi avrebbero fatto molto male”
Quando Simon concluse il racconto, James ricordava tutto perfettamente. Ricordava di non avere controllo sulle sue azioni quando si è buttato dalla scopa. Ricordava le botte che aveva preso dai ragazzi. Ricordava tutto.
“Lo sapevo che erano stati loro!” disse Mike, battendosi un pugno sulla mano.
Nessuno gli rispose, perché in quel momento Albus venne colpito alla schiena da uno Schiantesimo. Neanche il tempo di reagire, che anche gli altri vennero colti di sorpresa e finirono a terra. Lily fu svelta: nascose Simon dentro l’aula di Pozioni e chiuse la porta prima che venisse colpito. Lei riuscì a difendersi con un incantesimo Scudo. James la prese vicino a lui e aspettarono l’arrivo di Trevor e Gregory.
“Bella ricostruzione accurata!” disse Gregory con un applauso, scendendo gli ultimi gradini della scala, seguito da Trevor e dagli altri due ragazzi.
James e Lily rimasero in silenzio. Lily puntò loro contro la bacchetta.
Incarceramus!” gridò. Ma quelli si difesero con un incantesimo Scudo.
“Non ci freghi due volte, stupida Potter!” disse Trevor.
James estrasse la sua bacchetta e la puntò verso di loro.
“No, voi non mi fregate due volte… pensate che non l’avrei ricordato?” disse loro.
“A dire la verità speravamo che morissi…” disse uno dei due sconosciuti “D’altronde, tutta la stirpe dei Potter dovrebbe marcire sotto terra per quello che ha fatto al Signore Oscuro!”
“Non andrete da nessuna parte!” intervenne Lily “Gli Auror vi troveranno, stupidi Mangiamorte!”
“Magari lo fossimo, Potter…” rispose Trevor, sognando a occhi aperti “quelli sono i nostri genitori, che vostro padre ha deliberatamente spedito in galera!”
“E te ne domandi anche il motivo?” gli disse James di rimando.
Senza che se n’accorgesse, gli venne strappata via la bacchetta tramite un Expelliarmus e poco dopo anche a Lily; non se ne accorsero in quanto Incantesimo Non-Verbale.
I figli dei Mangiamorte avanzarono verso di loro. James e Lily indietreggiarono; James spinse la sorella dietro di sé per difenderla.
“Ovvio che no! Purtroppo la gente come tuo padre non capisce l’importanza di tutto questo…”
“L’importanza di uccidere della gente innocente e di assumere il potere?” chiese James sprezzante.
“Gente innocente?” disse un altro dei due sconosciuti “Quella gente vive a contatto con noi e dobbiamo anche proteggerla. Non possono sapere della magia perché darebbero di matto e ci ammazzerebbero come accadeva nel Medioevo. E voi volete difenderla?”
“Non è colpa loro!” disse James.
“Beh, non sarà neanche colpa nostra quando vi troveranno qui, morti. Ce ne andremo prima che trovino i vostri cadaveri. Di tutti voi. Era da tempo che speravo di liberarmi dei Potter!” disse Gregory, con la bacchetta già puntata su di James.
James prese la mano della sorella e attese, chiudendo gli occhi.
“Non guardare, Lils…”
Sentì la sorella singhiozzare da dietro.
“Ti voglio bene…” le sussurrò James. L’abbracciò, continuando a tenerle stretta la mano.
“Jamie…”
James la strinse ancora più forte. Cominciò a respirare pesantemente, detestando l’attesa della morte quasi più della morte stessa.
Vide gli occhi di Ted. Pensò a lui. Non sarebbe riuscito a dirgli addio…
 
Una serie indistinta di voci partì da lontano e si fece mano a mano più vicina.
Tutto accadde nel giro di pochi secondi.
Mike e Dave si svegliarono. Poco dopo, anche Albus e Scorpius.
Quest’ultimo vide le quattro figure verso il muro infondo al corridoio. Intuendo qualcosa di orribile, Scorpius afferrò la sua bacchetta, caduta poco più avanti e l’indirizzò verso i ragazzi.
Gambemolli!” sussurrò, con la voce leggermente incrinata, in quanto stordita.
L’incantesimo colpì Trevor, che poco dopo si ritrovò a terra, incapace di muovere le gambe. Vedendo Trevor cadere, gli altri si allarmarono, ma non così velocemente.
Albus seguì l’esempio del neo-fidanzato.
Exulcero!” gridò, verso uno dei due ragazzi sconosciuti. A questo cominciarono a venire delle irritazioni sulla pelle e cominciò a grattarsi ovunque.
Gregory e l’altro ragazzo non ebbero il tempo di reagire, perché le voci sentite prima fecero capolino nei sotterranei.
Erano Harry Potter, Draco Malfoy, Ted Lupin e la Professoressa McGranit.
Incarceramus!” urlarono Harry e Draco all’unisono, verso Gregory e il ragazzo. Questi si ritrovarono mani e gambe intrecciati. Si spostarono un poco per permettere a Ted di guardare dietro di loro. Vide James e Lily, entrambi con gli occhi chiusi, abbracciati l’uno all’altro.
“JAMIE!” urlò “LILS!”
Loro due aprirono gli occhi e videro Ted venirgli incontro.
Lui li abbracciò.
“State bene, siete feriti?”
“Teddy…” sussurrò James, ancora incredulo.
“Sono qui, Jamie!” gli disse Ted prima di dargli un bacio sulla testa “Sono sempre qui!”
 
Harry e Draco si fecero dare le dovute spiegazioni nell’ufficio della Professoressa McGranit. Erano presenti tutti, anche il piccolo Simon.
E, arrendendosi all’evidenza, Trevor e gli altri confessarono il loro piano nei minimi dettagli.
Draco si appuntò i nomi delle persone coinvolte che lavoravano al Ministero per arrestarli una volta fatto ritorno.
Harry si assicurò, per l’ennesima volta, che i figli stessero bene e anche Draco lo fece, con il suo. Poi, portarono via insieme a Ted i quattro ragazzi.
Ted diede una piccola carezza alla guancia di James e gli sorrise, prima di andare via.

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Capitolo 11
*** Epilogo- Ti amo ***


Epilogo- Ti amo

James osservò il campo di Quidditch da una collinetta poco distante.
Prese un sospiro e scese a piccoli passi verso di esso.
 
Trovò facilmente il ripostiglio delle scope. Ne prese una e volò in alto.
Immaginò la folla intorno a sé. La immaginò tifare per i Grifondoro, tifare per lui.
Arrivò in un punto particolare del campo e capì dove si trovava. Si vide vicino a lui.
Vide sé stesso, le palpebre inesistenti, cadere improvvisamente, quasi come se fosse stato spinto. Ormai sapeva che era tutto dovuto alla Maledizione Imperius.
Si vide schiantarsi a terra, le braccia aperte e le ginocchia piegate.
Vide la folla precipitarsi su di lui, quando realizzò cosa fosse successo.
Vide, sempre dall’alto, i capelli di rossi di sua sorella e dei suoi cugini. Quelli quasi color corvino di Albus e quelli biondo platino di Scorpius. E poi quelli di Ted, che stavano passando lentamente dal blu al nero, con la preoccupazione che aumentava.
James scese lentamente verso il suolo, verso sé stesso e verso la folla.
Vide Ted scuoterlo come per svegliarlo.
Si avvicinò a loro due.
Non seppe dire a cos’era dovuto, ma forse in quel momento non era propriamente svenuto perché si ricordò di aver sentito la voce di Ted parlargli.
 
“JAMIE, SVEGLIATI! SVEGLIATI, TI PREGO! JAMIE! JAMIE!”
“Te- Ted…” pronunciò lui con voce flebile. Fu in quel preciso istante che la sua memoria si azzerò.
 
E si ricordò di lui. Finalmente, si ricordò di lui.
 
“Smettila, scemo! Potrebbero vederci…” disse James a Ted, poco dopo che questo lo aveva afferrato e portato dietro il muro della Tana.
“Qui dietro è un po’ difficile…” disse Ted ridendo, prima di avventarsi sulle sue labbra.
James rispose al bacio immediatamente, attirandolo verso di sé. Si staccarono poco dopo.
“Devo andare a lavoro, oggi pomeriggio…” gli disse Ted tristemente, con la fronte appoggiata alla sua. Strofinò il naso contro il suo.
“No…” disse James col tono lamentoso pari a quello di un bambino al quale stavano togliendo il giocattolo “resta qui!”
“Lo sai che vorrei…” Ted gli diede un bacio sul naso “ma hanno bisogno di me…”
“Anche io!” disse offeso James “Chi bacio per tutto il pomeriggio?”
“Prova con Al!” lo prese in giro l’altro.
“Bleah, che schifo…” disse James, inorridito.
Ted rise.
“Ti amo, sai?” gli disse, prima di baciarlo a stampo.
“Anche io, sai?” disse James, ridacchiando per poi baciarlo di nuovo.
 
Si trovavano in una sottospecie di soppalco, era notte e dalla finestra si vedeva la luna non completamente piena ma lo stesso splendente. La luna illuminava il letto nel quale erano stesi. Le mani di James esploravano la schiena di Teddy, quelle dell'altro ragazzo erano sui suoi fianchi e si baciavano in un modo che chiedeva sempre di più. Fu così che James tolse la t-shirt a Teddy. Quest'ultimo, smise di baciarlo per guardarlo negli occhi. Gli accarezzò il viso con una mano. James sorrise.
Il modo in cui l'altro lo guardava non lo faceva dubitare per un attimo del fatto che lo amasse veramente.
"Dimmi che resterai sempre con me, Ted!" gli disse, accarezzandogli la guancia con l'indice.
Teddy gli sorrise e poi gli baciò la punta del naso.
"Ti amo! Certo che resterò con te!" disse fermamente convinto.
"Ti amo anch'io!"
Tornarono a baciarsi decisamente più di prima. Teddy cercò di far sollevare James quel poco che bastava per togliergli la maglietta, dopodiché prese a baciargli il collo. James inclinò la testa all'indietro e prese a mordersi il labbro inferiore. Teddy scese dal collo lungo lo sterno dell'altro ragazzo, che cercava di trattenere i gemiti il più possibile, per evitare di farsi sentire. Teddy infilò una mano sotto i jeans di James. Questa volta per l'altro fu difficile trattenersi, e così senza pensarci fece uscire quel suono. Teddy prese a baciarlo di nuovo in bocca e nel mentre gli sfilò i pantaloni e li gettò sul pavimento...
 
James si era svegliato di soprassalto a causa di un incubo e aveva urlato, svegliando Ted che, lì alla Tana, aveva la stanza attaccata alla sua. Impaurito, Ted era accorso da lui e lo aveva trovato sudato e agitato. Così, lo aveva abbracciato.
"Ehi, ehi calmati! Calmati era solo un incubo... calmati!"
"Era reale, Teddy, io ero lì. Ero lì..."
"No, non è vero! Non è vero, tu sei qui... Jamie, guardami!"
Lui lo fece. I loro sguardi s'incatenarono. James respirò più regolarmente.
"Tu sei qui, ok? Sei qui con me... e io sono qui con te, sono sempre qui con te..." Ted gli accarezzò la guancia e poi gli passò una mano tra i capelli. I loro volti si avvicinarono senza volerlo.
"Non lasciarmi, Ted..." gli sussurrò James, ormai a pochi centimetri dalle sue labbra.
"Non ci penso nemmeno!" rispose Ted, con ferma convinzione. Poi, aveva posato anche l'altra mano sul viso di James e lo aveva attirato a sé per baciarlo. James aveva chiuso gli occhi e si era abbandonato completamente al fratellastro. Lo aveva abbracciato, cingendogli la schiena ed erano rimasti così molto tempo.
<> pensò James. Si era accorto di provare dei sentimenti forti per il fratellastro solo negli ultimi tempi. Non seppe mai dire perché non prima. Sapeva solo che a un certo punto si era stancato di essere solo un fratello per lui. Pensava che fosse affascinante, sia nell’aspetto sia nei modi. Lo aveva fatto sempre sentire speciale, in ogni occasione, anche la più banale. Sì, forse era stato questo. Forse era stato questo che gliel’aveva fatto capire. Il fatto che con lui si sentisse speciale, come non si era mai sentito con nessuna delle ragazze con cui era stato.
Quando Ted si staccò lentamente da lui, rimasero a guardarsi negli occhi. Ted strofinò i pollici sul viso di James. Non sapevano che dirsi.
“Mi dispiace, scusami…” disse Ted, cominciando a incamminarsi fuori dalla stanza di James.
“Teddy?” lo richiamò James.
Lui si girò per guardarlo.
“Resteresti a dormire con me?” gli chiese James “C’entriamo in due…”
Vide Ted pensare alla proposta; poi sorrise. S’avvicinò al letto e si distese al suo fianco. James si accoccolò sul suo petto e Teddy prese ad accarezzargli la schiena.
“Mi è piaciuto, Ted…” sussurrò James.
L’altro sorrise e gli diede un bacio sulla fronte.
“Anche a me, Jamie…”
E niente. Poi non si dissero più niente, ma capirono di essere innamorati l’uno dell’altro da molto tempo, senza necessariamente averlo notato.
 
Il mattino dopo, James si svegliò con delle braccia che lo stringevano. Sorrise.
No, non si era pentito di aver detto a Ted di restare. Rimase a osservarlo a lungo, accarezzandogli il braccio, fino a quando quest'ultimo non aprì gli occhi.
"Ehi..." gli mormorò Ted, sorridendogli.
James si tirò su, in modo da riuscire a guardarlo negli occhi. Gli mise una mano tra i capelli azzurri.
"Vic non s'insospettirà se non ti trova?"
Ted sbuffò.
"Figurati… sta quasi sempre in viaggio da quando lavora alla Gazzetta del Profeta… poi, da una parte è meglio..."
"Davvero? Come mai?"
"Perché già mamma sta pensando al periodo buono per farci sposare..."
"A volte non si regola..."
"Già..."
Ted gli accarezzò la punta del naso con l'indice.
"Sei pentito?"
"Ma neanche per sogno!" esclamò James, sorridendogli "Volevo solo che questa cosa non si trasformasse in un dramma da telenovela spagnola"
Ted rise.
"Ah quindi siamo 'una cosa'?"
James alzò gli occhi al cielo, ridacchiando.
"Beh, qualcosa siamo..."
"Infatti..." Ted gli accarezzò il viso "vogliamo provarci?"
James gli sorrise e si chinò su di lui per baciarlo dolcemente.
Quando si staccarono, poggiò la fronte contro quella dell'altro.
"Ti serve una risposta a parole o questa bastava?"
"Bastava eccome!" disse Ted, sorridendogli. Questa volta, fu lui a baciarlo e poi fece in modo di farlo distendere sotto di lui...
 
Arrivarono tutti insieme, com’era già successo. I suoi ricordi tornarono al loro posto. E James capì una cosa fondamentale: amava Ted, lo aveva sempre amato e lo avrebbe amato fino alla fine dei suoi giorni. Si era innamorato di lui per la seconda volta. Era una prova sufficiente a fargli capire il sentimento profondo che li legava.
Era sceso dalla scopa senza accorgersene e si era messo in ginocchio.
Iniziò a piangere.
Voleva che Ted fosse lì. Voleva dirglielo. Voleva dirgli che lo amava…
 
E come se lo avesse percepito, sentì una voce chiamarlo.
“Jamie?”
Aprì gli occhi lucidi e si voltò.
Ted era lì, in piedi davanti a lui.
Non se ne era accorto.
“Teddy…”
James si alzò e si precipitò addosso a lui. Ted lo strinse a sé.
James inspirò il profumo dell’altro e versò delle lacrime sul suo collo.
“Teddy… mi ricordo di te
Il fratellastro lo fece allontanare poco da sé per riuscire a guardarlo negli occhi.
“Davvero?” gli chiese incredulo.
James, in lacrime, glielo confessò: “Sì… e adesso so che non mi servivano i ricordi per capirlo. Io sono innamorato di te, Ted Lupin. Ti amo e ti amerò per sempre!”
Anche a Ted scesero le lacrime. Pianse, accarezzando le guance di James.
“Ti amo anch’io, Jamie. E ti amerò per sempre…”
Le loro labbra si unirono in un bacio che nessuno dei due avrebbe dimenticato facilmente. Un bacio che sapeva di lacrime e gioia, un bacio fatto solo della promessa di restare.
 
Era questa la scena che si presentò agli occhi di Harry Potter, che osservava il campo da Quidditch dall’alto, dalla stessa collinetta dove prima si trovava il figlio. Era stato Ted a chiedergli di aspettare, prima di tornare al Ministero, perché aveva visto James allontanarsi da solo verso il campo. Harry, senza farsi notare, aveva seguito il figlioccio. Non se n’era pentito.
Sorrise.

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Capitolo 12
*** Ringraziamenti ***


Ringraziamenti

Ho iniziato ad amare da poco la coppia Jeddy, ma li adoro davvero. Sono perfetti secondo me.
Ho voluto rappresentare il tipo di amore che tutti ci meritiamo nella vita. Un amore che, anche se tra le difficoltà, continua a resistere e le affronta. E poi le sconfigge, come il problema dei ricordi che creava una barriera tra James e Teddy.
Ci si può innamorare due volte della stessa persona, se questa ci dà ancora dei motivi per essere amata. E non si può smettere di amare qualcuno da un momento all’altro. Se l’amore è vero, questo continuerà.
Quindi, grazie a tutti per aver seguito questa fanfiction.
Spero vi siate appassionati quanto me mentre la scrivevo.
Un ringraziamento particolare va alla mia amica Giulia che, come al solito, mi ha sostenuto nella stesura della storia e mi ha dato una mano con molti punti della trama.
Se volete scrivermi qualunque cosa, fatelo senza troppi problemi, anche nei messaggi privati. Ci tengo alla vostra opinione.
 
Vostra, MSX

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