Convivenza con Sherlock Holmes

di AmeliaRighetti
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1

 

Mi ero ripromesso di scrivere ogni tre, massimo quattro, giorni.

È così. Ma non avevo considerato le necessità della vita che ti portano spesso a riconsiderare le tue necessità.

Inizio questo diario sotto l'effetto di una sostanza comunemente conosciuta come mescalina.

Una sostanza naturale che provoca ansia, paranoia, euforia, delirio, aumento della pressione sanguigna e del battito cardiaco.

Volevo tenere un diario, certo, e stavo cambiando casa. Beh, che dire. Una sistemazione alla fine l'ho trovata.

 

Conobbi il signor Porridge nelle vicinanze dell'abazia di Westminster, in un piccolo e sudicio locale.

Ci eravamo sentiti per telefono e mi aveva dato appuntamento li dicendomi che mi avrebbe fatto conoscere un mio potenziale coinquilino.

“Una casa a metà strada tra un bellissimo parco ed il centro.”

Non mi aveva detto altro.

Ed ero arrivato li.

C'era aria di chiuso e di fregatura in quell'ufficio.

Mentre aspettavo impazientemente l'arrivo di un mio potenziale coinquilino, il signor Porridge, dall'alto dei suoi centodieci chili abbondanti, giocherellava con i bottoni del suo gilet marrone scuro, che sembrava essere fatto su misura ma decisamente largo.

Il campanello alla porta suonò annunciando a tutti che qualcuno aveva varcato la soglia.

Mi voltai e lo vidi.

Un uomo alto, magro, con il volto affilato mi scrutava con occhi fissi ma in qualche modo rapidi e veloci.

Si fermò davanti a me estraendo la mano dalla tasca dell'impermeabile nero.

-Piacere, sono Sherlock Holmes.

-John Watson, molto piacere. Lei è il mio potenziale futuro coinquilino.

-Ovviamente, John. Posso chiamarla John?

-Si, certo.

Risposi preso alla sprovvista.

-Signor Porridge, sono sicuro che andrà benissimo. - disse Holmes al signor Porridge rivolgendomi un sorriso.

-Molto bene. Lo accompagna lei, signor Holmes?

-Certamente.

Rimasi immobile per qualche secondo, guardando la scena scorrere. Poi decisi di interromperli.

-Scusate signori.

Calò il silenzio.

-Sono venuto qui per vedere una casa. Non conosco il signor Holmes e non conosco tanto meno lei, signor Porridge. Non ho ancora deciso se accetterò l'affitto.

Holmes mi guardò con espressione compiaciuta.

-Lei non mi conosce John ma io conosco lei. Ex militare, probabilmente congedato per una ferita alla spalla destra. Ha servito il paese ma con rimorso, non le piace uccidere innocenti quando non è necessario e sono sicuro che ha dovuto farlo, una. No, più volte. Sta cercando una casa modesta, con l'affitto basso ed un coinquilino che non le rompa le scatole. Ogni tanto fuma ma oggi non ha ancora fumato, è single, sta cercando una fidanzata ma più probabilmente una compagna ma cosa più importante delle altre è stanco, non parlo di stanchezza fisica, parlo di stanchezza mentale. Dopo la ferita, l'ospedale, il congedo ed il rimpatrio, le sue aspettative di trovare un casa lussuosa si sono notevolmente abbassate. Il che la porterà ad accettare la casa in questione con il sottoscritto come coinquilino.

Holmes vomitò un fiume di parole. Un fiume in piena che mi travolse completamente. Rimasi immobile, completamente ammutolito di fronte a così tanta verità.

-Non si preoccupi signor Watson. Holmes è un brav'uomo, fa così con tutti.

-Come sapeva...? - dissi rivolgendomi ad Holmes

-Venga signor Watson, glielo spiego mentre andiamo. Da questa parte.

Così mi lasciai convincere.

Chiamammo un taxi e dopo aver caricato le valigie mi sedetti di fianco ad Holmes, che mi aspettava impaziente.

-Come sapeva tutte quelle cose?

-Ci pensi John, ci pensi bene.

-Ci ho pensato signor Holmes. Posso capire il fatto di cercare una compagna. Tutti la cercano, ma il resto? Sono informazioni personali. Ci siamo già incontrati per caso?

-No, John, non ci siamo mai visti prima di oggi ma la differenza tra me e lei è che lei guarda soltanto mentre io osservo anche.

-Cosa vorrebbe dire?

-Lei è un ex militare. I suoi vestiti sono bene stirati, perfetti, troppo. Il suo abbigliamento è moderno ma ricorda pur sempre una divisa, mi scusi John, ma è così.

Ha una ferita alla spalla destra, quando mi ha dato la mano ha abbassato leggermente il labbro, segno che probabilmente il braccio le fa male, ma quando le ho stretto la mano l'ho fatta oscillare leggermente verso di lei e non c'è stata reazione, allora ho capito che era la spalla.

-Mi scusi. Disse il tassista interrompendo la spiegazione.

Capii subito che a Sherlock Holmes non piaceva essere interrotto.

-221B di Baker Street. - disse al tassista.

-Subito signori. - rispose il tassista mettendo in moto il veicolo.

-Per quanto riguarda il resto? -chiesi ad Holmes.

-Molto bene Watson, è anche una persona curiosa, molto bene. Per quanto riguarda il resto è sempre tutto li, su di lei. A quasi nessuno piace uccidere innocenti e quando l'ho detto lei ha abbassato lo sguardo e quando ho detto che ha dovuto farlo una sola volta non ha mosso un muscolo, così ho alzato la posta ed ho ottenuto una reazione. Ha dovuto farlo più volte. Cerca una compagna, vista la sua età, non più una fidanzata. Cerca di vestirsi bene, è rasato di fresco, profuma e i suoi abiti sono perfetti. In più è ben pettinato. La stanchezza mentale è ovvia così come il bisogno di rimettersi in gioco. E lei fuma, oggi no perché altrimenti l'odore si sentirebbe ma si deduce dai suoi denti.

-Sono sbalordito, complimenti signor Holmes. Lei cosa fa?

-Sono un detective, ovviamente. Lei è un medico, John?

-Si, sono chirurgo.

-Eccellente. -disse Holmes sorridendo come un bambino.

-Perché me lo chiede.

-Io aiuto la polizia, i privati e anche le aziende se le cose si fanno interessanti, John. Ma spesso ci sono dei cadaveri. E dio solo sa quanto sono incompetenti i medici della polizia. E i detective e tutti gli altri.

-Mi sta ingaggiando per un lavoro?

-Oh no, no, no. Qui non si tratta di soldi. Si tratta di ricchezza mentale, di sapere.

-Si, beh. Ma l'affitto?

-È proprio quello che otterremo oggi da Scotland Yard. Un affitto permanente.

-Se lo dice lei signor Holmes.

-Ci può scommettere, John, ci può scommettere!

-Sarà meglio di no.

-Brutta cosa quella del gioco. Almeno non le costerà l'affitto, si rallegri.

 

Il viaggio durò una ventina di minuti e dopo questa breve conversazione il signor Holmes mi chiese cortesemente se potevo rimanere in silenzio, poiché doveva pensare.

Uscimmo dal taxi ed il signor Holmes si avviò verso l'ingresso del numero 221B, lasciandomi il dovere di pagare il tassista.

Il nostro numero era alto e stretto, leggermente più piccolo in larghezze dei numeri vicini al nostro.

Sherlock bussò tre volte alla porta che subito si aprì rivelando una signora sulla settantina col volto sorridente.

-Buongiorno signora Hudson, costui è John Watson, il nostro nuovo coinquilino.

-Molto piacere signor Watson, molto piacere! -disse la signora stringendomi in un abbraccio invadente.

-Finalmente, così mi aiuterà con il signor Holmes.

-Aiutarla per cosa? -chiesi alla signora Hudson, non capendo a cosa si riferisse

-Vedrà John, ma non si preoccupi. Santo cielo, è sempre così turbabile lei?

Non risposi, cercando di decidere se entrare davvero oppure andarmene di corsa, quando Holmes mi spinse leggermente, facendomi varcare la soglia di casa.

L'interno era magnifico.

Vi erano poltrone, tavolini e divani un po' ovunque. Quasi senza senso.

Superammo i primi piani, che non erano di nostra competenza ed arrivammo all'ultimo.

Anche questo era come gli altri, stessi arredamenti, stesso caos piacevole ma vi erano due cucine.

Ed è li, che avremmo abitato.

 

Da quel giorno è passata esattamente una settimana. Solo una settimana ed all'inizio di questo scritto vi ho detto che sono sotto l'effetto di una sostanza dagli effetti pericolosi.

Posso dirvi che Sherlock Holmes ha stravolto la mia vita in una settimana più di quanto non abbia fatto la guerra. In modo diverso, certo, ma l'ha fatto. E lo fa sempre. Ogni giorno.

Ma torniamo a noi.

 

Mi accomodai nella nuova abitazione cercando di gestire gli spazi al meglio.

Se non altro avrei avuto una stanza privata in cui dormire e mi ero già assicurato che la porta si chiudesse a chiave, ricevendo in risposta da Holmes un gran sorriso.

Mi buttai sul divano ed una nube di polvere si levò in aria passando davanti alla finestra dalla quale traspariva un pallido raggio di sole.

-Non trova che in queste stanze ci sia un po' odore di chiuso, signor Holmes?

-E polvere. -aggiunse lui.

-Si, e polvere.

-Non si ripeta John, può assumere una domestica o mettersi a pulire. Io di certo non pulirò ma cosa assolutamente certa è che lamentarsi è tempo perso.

-La signora Hudson non è...?

-No, non è una domestica, come vi ripeterà lei stessa più volte, non appena la vedrà comparire con il suo tè di benvenuto.

-Con cosa?

E proprio in quel momento la signor Hudson bussò alla porta chiedendo di entrare per offrirmi il suo tè di benvenuto.

Lo accettai volentieri scoprendo che era il miglior tè che avessi mai bevuto.

Mi complimentai con lei e proprio in quel momento accadde ciò che Holmes aveva preventivato.

-Mi fa molto piacere che le piaccia, John, ma voglio essere chiara fin da subito. Lei mi sembra una persona più ragionevole del signor Holmes. Io il tè ve lo faccio volentieri, a tutti e due, ma non sono una domestica ne una cameriera. Che sia chiarissimo.

-Signora Hudson la ringrazio ed è chiarissimo, anche Holmes me lo stava riferendo giusto prima che lei bussasse.

La signora non rispose offrendomi un sorriso.

Radunò il servizio da tè e si incamminò verso l'uscita, ci augurò una buona giornata e chiuse la porta.

-Finalmente silenzio. -disse Holmes che era seduto silenzioso su una poltrona.

-Allora John, oggi pomeriggio, alle cinque, dobbiamo andare a Scotland Yard.

-Va bene Holmes, accetto di lavorare con lei, ma accetto io, perché lo voglio io.

-Certo che lo vuole lei, ma che discorsi fa? Non ne staremmo parlando se non fosse un interesse comune.

-Benissimo. -risposi secco.

-Dicevamo, mi hanno chiamato stamattina ma ho detto che avevo da fare e che sarei passato nel pomeriggio. Non farà differenza se saremo in due.

Terminai di sistemare i miei effetti personali e ben presto ci ritrovammo in un freddo obitorio, nel sotterraneo di Scotland Yard.

Dopo pochi minuti di attesa passata ad osservare le sagome dei cadaveri coperti dai lenzuoli bianchi, fummo raggiunti da un uomo vestito con jeans usurati, una camicia ed una giacca larga.

-Ispettore Lestrad, buonasera, costui è il mio nuovo collaboratore, John Watson, un eccellente medico chirurgo che mi aiuterà nelle indagini. Di cosa avete bisogno?

-Piacere signor Watson -disse Lestrad stringendomi la mano

-Forza, non perdiamo tempo. -ci ammonì Holmes.

-Questo caso è complesso signor Holmes. -disse Lestrad mentre si accingeva a scoprire il cadavere di una donna.

-Sarà complesso per lei, Lestrad, non di certo per me. -rispose Holmes

-Donna, quarantasette anni, settantotto chili. Sono stati sparati due colpi di arma da fuoco a distanza ravvicinata, con una Browning 6,35 che l'hanno colpita alla testa. La vittima però è morta per soffocamento causato da un sacchetto di plastica. L'esame balistico ha suggerito la presenza di un cuscino usato come silenziatore e sulla scena abbiamo trovato il corpo con un sacchetto in testa, chiuso in un armadio sigillato con del silicone. E qui c'è il fatto strano. Durante il primo sopralluogo, ieri, nessuno si è accorto del cadavere nell'armadio né del silicone. Stamattina invece, durante la raccolta delle prove, abbiamo sentito l'odore.

-La donna era struccata al momento del ritrovamento? -chiese Holmes

-Si, era struccata ed aveva una vestaglia da notte.

-La scena è ancora intatta?

-Abbiamo rimosso solo il corpo.

-John, andiamo, qui abbiamo finito.

La mia presenza non si rivelò utile in quel momento e mi limitai a seguire Holmes e a salire sul taxi con lui.

-Qual'è l'indirizzo, Lestrad?

-Bloomfield Terrace, numero 29.

-Lei prenda un altro taxi, oppure un'auto della polizia, devo parlare con il signor Watson.

E chiuse la portiera.

Conoscevo abbastanza bene quel quartiere e sapevo che da Scotland Yard sarebbero bastati una quindicina di minuti.

-Interessante, non trova? - mi chiese Holmes guardando fuori dal finestrino.

-Non molto, fin'ora.

-Si lamenta del suo scarso coinvolgimento nella faccenda? La sto coinvolgendo ora, ne sto parlando con lei.

-Chi può aver sopraffatto una signora così? L'ha vista? Io non credo ci sarei riuscito.

-Interessante punto di vista, John. La signora deve necessariamente aver aperto alla sua vittima. Struccata ed in vestaglia da notte non avrebbe mai accolto uno sconosciuto. E parliamo di un uomo poiché spostare un cadavere di quella stazza non è cosa semplice.

-Possiamo ipotizzare quindi che sia una persona vicina alla vittima.

-Eccellente, John. Magari una frequentazione. Anche se non ha affatto l'aria di un omicidio passionale, non c'è violenza ma neanche metodo. Due colpi alla testa ed il soffocamento indicano inesperienza.

-Una pistola di piccolo calibro è anche più facile da reperire.

-Esatto John.

Arrivammo a destinazione in un attimo ed entrammo nella casa.

Holmes si diresse verso il centro del locale quadrato ed iniziò ad ispezionare ogni dettaglio, senza battere ciglio.

-C'è disordine, John, ma non ci sono segni evidenti di colluttazione. Ai bordi dell'armadio c'è una trapunta, suppongo ci fosse avvolto il cadavere. Indica pudore. Non voglio farlo ma sono costretto, dopo però non ti maltratto.

-Quindi un regolamento di conti, magari.

-Perspicace, John. Può essere.

-Come sono andate le cose, Lestrad?

-Ci ha chiamati la figlia, preoccupata perché la madre non rispondeva alle sue chiamate. In un primo momento siamo entrati e la casa era solo un po' in disordine ed abbiamo pensato che fosse uscita di fretta. Solo stamattina c'è stato il ritrovamento.

Holmes si diresse verso la cucina, aprì l'anta di un pensile sopra al lavandino ed ispezionò i bicchieri.

-Come sapeva in che anta sarebbero stati i bicchieri, signor Holmes? -chiesi, noncurante della situazione.

-Non abbiamo tempo per queste sciocchezze. -disse sorridendomi.

-Lestrad, venga qui, prenda questo bicchiere, è stato lavato di recente ma non è stato asciugato. Probabilmente l'assassino l'ha usato per bere con la vittima alla quale ha somministrato un sonnifero. Completate l'autopsia e vedrete che ci saranno tracce di sedativi. Controllate le frequentazioni della vittima, dovrebbero essere due uomini, uno dei due mente. Probabilmente uno aveva un debito che non poteva estinguere. L'altro non c'entra nulla. Non si faccia fregare, Lestrad.

-Bene ma...? cercò di rispondere l'ispettore.

-Qui abbiamo finito, John. Andiamo.

E Holmes si incamminò lasciando Lestrad senza ulteriori risposte.

Lo seguii e ci dirigemmo di nuovo verso casa.

-Come faceva a sapere che erano in due?

-Deve osservare meglio, John, piuttosto le chiedo, perché sigillare l'armadio con il silicone?

-Me lo stavo chiedendo poco fa. Il cadavere sarebbe comunque stato scoperto.

-A volte le persone fanno cose poco sensate quando perdono la testa.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2

 

 

Il mattino seguente mi svegliai ancora assonnato dalla giornata precedente.

Continuavo a ripensare a tutto ciò che avevo visto il giorno prima e non riuscivo a spiegarmi tante cose di quel caso che agli occhi di Holmes appariva così semplice.

-Buongiorno John, ha dormito bene? Non le ho dato fastidio stanotte, vero?

-Buongiorno, fastidio? Per cosa?

-Ho suonato il violino quasi tutta la notte, non volevo disturbarla così ho messo qualche goccia di sedativo nel suo tè, ieri sera.

-Qualche goccia...? Quale sedativo? Avrei potuto usare i tappi per le orecchie, sarebbe bastato chiedere.

-Un po' di Lorazepam, niente di pericoloso.

-Mi ha dato il Tavor? Lo sa che può causare perdite di memoria?

-Ma certo che lo so, cosa crede che sia? Un ciarlatano da quattro soldi? Le ho dato la dose adeguata ai suoi sessantacinque chili.

-E se soffrissi di cuore?

-Lei non soffre di cuore John, o la marina non l'avrebbe reclutata. Si può fidare di me.

-Con lei non c'è partita, eh Holmes? Sa che le dico? Vado a farmi una passeggiata. A respirare un po' di aria vera, non questa polvere maleodorante che c'è qui dentro.

-Vada pure, la aspetterò qui.

-Benissimo.

Raggiunsi il primo piano, salutai la signora Hudson con un sorriso ed uscii sbattendo inavvertitamente la porta.

Una sola notte di convivenza con il signor Holmes ed ero già stato drogato.

A quel punto ero combattuto, davanti a me si presentava il gradevole privilegio di assistere a tutte le scampagnate del signor Holmes, se non tutte, almeno alcune. I suoi sorrisi mi davano l'impressione di essere una persona con cui si sarebbe potuto trovare bene. L'affitto era buono ma... l'affitto!

Holmes aveva detto che avrebbe chiesto a Lestrade un affitto permanente in cambio dei nostri servigi come consulenti.

Sherlock Holmes era una di quelle persone dedite al rimando delle faccende importanti?

Decisi che avrei dovuto sincerarmene subito e tornai indietro.

Rientrai in casa e salii di corsa le scale fino all'ultimo piano.

-Sono impressionato, John! É stato fuori meno di cinque minuti! -disse Holmes ridacchiando.

-Ieri mi ha detto una cosa a proposito dell'affitto. O si è dimenticato? Come finiremo Holmes? A dover raschiare il fondo ogni mese sperando di riuscire a pagare quelle poche spese? Dice che non vuole farsi pagare, che la sua linfa è la ricchezza mentale ed il piacere del sapere. Beh, la realtà è diversa. Ci sono le bollette, l'affitto, le spese improvvise se qualcosa si rompe. E lei è una persona inaffidabile. Sarà meglio che mi cerchi un lavoro all'ospedale, per iniziare, almeno avremo qualcosa da parte.

-John.

-Che c'è?

-Ha finito? Stanotte Lestrade è stato qui. È passato a farmi vedere delle fotografie di un suicidio, che poi un suicidio in realtà non era. In ogni caso non ritenevo servisse svegliarla, avrei dovuto somministrarle un eccitante ed abbiamo deciso di non disturbarla. Mentre era qui ho sistemato la faccenda dell'affitto. Me ne ero dimenticato? Forse, sul momento si. Ma non dimentico mai una cosa se è necessaria. Tutt'altro discorso per ciò che non mi serve, per quello non c'è spazio.

-Ma cosa dice?

-Lasci stare, John.

-È tutto sistemato con l'affitto?

-Affitto e spese. Tutto pagato finché aiutiamo Scotland Yard. E sinceramente non saprei che altro fare al momento. Vede John, di clienti privati interessanti ne arriva uno ogni tanto. Di crimini per la polizia invece, ce ne sono a dozzine.

-Lei ci prova proprio gusto vero?

-Nella logica, certo. Non nei crimini.

-Holmes?

-Si, John, mi faccia la domanda. Non ripeta il mio nome. Avanti.

-Ieri, come faceva a sapere dei due uomini? E il silicone? Che senso ha sigillare il cadavere nell'armadio?

-Lei è testardo, vero? Non glielo dirò. Non ancora. Ci potrà arrivare da solo o potrà lasciar perdere. Continuare a tartassarsi non le è utile in alcun modo.

 

In quel momento la signora Hudson bussò alla porta.

-Signor Holmes, c'è l'ispettore Gregson al telefono, le porto su l'apparecchio?

-Certo signora Hudson, certo. Avrebbe dovuto portarlo con se. Abbiamo messo il filo lungo apposta, ricorda?

Disse Holmes ridacchiando. Pensai che la signora Hudson non era più tanto giovane e mi intromisi.

-Mi scusi Holmes, fa fare tutte queste scale alla signora Hudson?

-Si offra pure John, se vuole.

Corsi giù per le scale e recuperai dalle mani della padrona di casa un vecchio telefono al quale era arrotolato un lunghissimo cavo telefonico.

-Qui parla il dottor Watson, le passo subito Holmes.

-Oh Watson, buongiorno, ho sentito parlare di lei da Lestrade. Mi ha detto che vi siete conosciuti all'obitorio. Com'è lavorare con Sherlock Holmes? Le piacciono i suoi modi?

Holmes mi strappò la cornetta dalle mani non appena lo ebbi raggiunto.

-Qui Holmes, parli Gregson.

-Buongiorno Holmes, ascolti, siamo in una casa ad Aislington, stiamo cercando degli orologi rubati, abbiamo avuto una soffiata e siamo venuti subito qui. I proprietari della casa sono collaborativi ma non troviamo niente. Sono sicuro che quello che cerchiamo sia qui.

 

Sherlock staccò la cornetta dall'orecchio allontanando il microfono dalla bocca.

-Sta parlando a bassa voce perché gli altri non lo sentano. Lui e Lestrade sono in estrema competizione. Io risolvo i casi e loro fanno a gara a chi si prende il merito.

 

-Allora Gregson, mi descriva la casa, le persone, quanti, chi, come, dove, per quanto tempo.

-Holmes, qui è un labirinto. È un'abitazione di quattro piani, ogni piano ha un bagno ed ogni piano ha due camere da letto. Ci sono due cucine e...

-Mi dica qualcosa di utile, a quale delle due famiglie si riferisce la soffiata?

-Esatto Holmes, ci sono due famiglie, ci hanno detto di cercare ai piani inferiori. La famiglia che occupa i due piani superiori non è in casa al momento. Qui ci sono due bambini piccoli che, a parer mio, non c'entrano nulla e li abbiamo fatti uscire. Una donna che dice di non sapere nulla ed un uomo anziano che è attaccato ad una bombola d'ossigeno e non capisce una parola di quello che gli diciamo. Abbiamo guardato in tutta la casa Holmes, si stanno spazientendo e stanno per mandarci via. So come vanno queste cose, fanno finta di essere collaborativi, non troviamo niente e ci mandano via ridendoci alle spalle. L'informatore è affidabile, so per certo che...

-Stia zitto Gregson, santo cielo! Ha guardato sotto agli armadi, sotto ai tavoli, doppifondi nei cassetti, lo sciacquone del bagno, l'imbottitura del... ma certo! Faccia alzare il vecchio dal divano Gregson, quello che sta cercando è sempre stato sotto al suo naso. La saluto!

 

Holmes riagganciò bruscamente la cornetta appoggiando il telefono per terra, poi mi guardò sorridendo.

-Tobias Gregson non è male come investigatore ma spesso non nota l'ovvio e questo è un grave difetto.

-Immagino faccia del suo meglio.

Holmes si alzò di scatto e si diresse verso la finestra, guardando tra gli spazi lasciati dalle numerose tende verticali che proiettavano la luce nella stanza formando tante righe.

-Guardi John. O mi sbaglio di molto o sta arrivando una cliente!

Mi alzai dalla poltrona e guardai fuori da sopra la sua spalla.

Sul marciapiede di fronte alla nostra abitazione vi era una donna.

Con la mano destra giocherellava nervosamente con l'orecchino mentre fissava la nostra porta d'ingresso.

Di colpo attraversò di corsa la via ed un breve suono tagliò in due l'aria pesante.

Holmes mi rivolse una veloce occhiata di entusiasmo e si sedette su una poltrona.

-Venga, John. Si accomodi.

Mi sedetti anche io e assumemmo le stesse posizioni che avevamo abbandonato pochi minuti prima.

In quel momento mi ricordai che entrambi eravamo ancora in vestaglia e certamente poco presentabili. Non ebbi il tempo di reagire a questo mio pensiero poiché Holmes iniziò un breve ma concitato monologo.

-Stia molto concentrato John, è il nostro primo cliente. Insieme, voglio dire. La donna che abbiamo visto poco fa si reca da noi per risolvere un problema. Ha notato anche lei il nervosismo e l'incertezza prima di suonare il campanello. Tuttavia la signora desidera essere ricevuta e desidera risolvere il proprio mistero. Ella è imbarazzata o afflitta, possiamo certamente affermare che non è invece in collera e che non ha subito un grave torto, o almeno che non ne è a conoscenza. Possiamo allora affermare che questa misteriosa signora si reca da noi per un problema sentimentale.

 

In quel momento la signora Hudson bussò alla porta annunciando la signorina Mary Sutherland.

La facemmo accomodare e le offrimmo una tazza di tè, che lei rifiutò.

-Non trovate che con la vostra miopia il lavoro di impiegata sia un po' faticoso?

-Si, all'inizio, ma ora mi sono un po' abituata, sa...

Mary Sutherland aveva risposto senza capire la portata esatta delle affermazioni di Holmes.

Ad un tratto smise di parlare iniziando a scrutare Holmes con gli occhi strizzati.

-Ci conosciamo signor Holmes?

-No di certo, signorina Sutherland. Ma lei comunica molte più cose di quelle che vorrebbe, come tutti noi. E io le so leggere. Altrimenti, cosa ci farebbe lei qui?

-Sono venuta qui, signor Holmes perché un mio caro amico mi ha parlato molto bene di voi, definendovi addirittura uno dei migliori investigatori del mondo.

-Perché siete partita così di fretta da casa? È una questione così urgente?

Ci fu un attimo di silenzio e di stupore generale per come Holmes sembrasse conoscere davvero ogni persona qualunque.

-Si, sono uscita di fretta perché non ce la faccio più ad aspettare. Non ha senso aspettare ancora. Mio marito è scomparso e mio patrigno prende la cosa banalmente. Lo chiamo patrigno anche se ha solo cinque anni più di me.

-Vostra madre? È viva?

-Si, mia madre sta benissimo. Si è risposata subito, sopo la morte di papà, con un uomo che ha quindici anni meno di lei. Mio padre era un brav'uomo, faceva l'idraulico e mi aveva lasciato una percentuale in una ditta che hanno avviato lui ed il suo socio. Poi è arrivato il mio patrigno ed è riuscito a vendere tutto in poche settimane. Mio padre, se fosse stato vivo, avrebbe ottenuto ben di più da quella vendita! Vi prego signor Holmes, accettate il mio caso, non sono ricca ma guadagno bene con il mio lavoro da impiegata ed ho una piccola eredità da uno zio deceduto che mi rende una percentuale ogni due mesi.

-Questa storia mi appassiona!

Disse Holmes senza scomporsi troppo.

-Bene, ora parliamo della vostra relazione con lo scomparso.

Mary Sutherland arrossì portandosi la mano all'orecchino destro per una frazione di secondo.

-Noi... noi ci siamo incontrati per la prima volta ad una cena dei dipendenti della ditta per cui lavoro.

Mio patrigno non voleva che ci andassi. Lui non vuole mai che io e mamma andiamo da nessuna parte, in realtà. È un uomo molto conservatore e diventerebbe matto se uscissimo e vedessimo altri uomini. Ma quella volta ero decisa ad andare a quella cena perché la solitudine mi fa male, signor Holmes. Siccome mio patrigno sarebbe partito per la Francia per un viaggio d'affari, riuscii a raggiungere il mio obbiettivo senza problemi. Fu proprio a quella cena che conobbi mio marito, Hosmer Angel. Era seduto all'ultimo posto della fila del tavolo e dopo di lui non c'era nessun altro. Così parlammo tutta sera e si dimostrò molto gentile.

 

Holmes interruppe il racconto sorridendo.

-Quando vostro patrigno tornò dalla Francia rimase molto offeso, immagino, di scoprire l'accaduto. Glielo avete raccontato?

-Al contrario signor Holmes, si mostrò quasi indifferente e mi disse che non c'è modo di mettere un freno ad una donna.

-Bene, dunque, vi siete incontrati, poi?

-Si. Ci siamo incontrati quella sera. Poi ci siamo rivisti tre volte ed abbiamo passeggiato insieme. Abbiamo parlato molto e mi sono sentita subito attratta da lui. Era così intelligente e premuroso.

Ma in seguito mio patrigno mi disse che non avremmo più potuto incontrarci.

-No? - chiese Holmes

-No, vede, a mio patrigno non piacciono molto queste cose. Lui sostiene che una donna deve rimanere nel suo cerchio famigliare. Ho provato più volte a spiegargli che il proprio cerchio famigliare bisogna prima crearselo ma ogni volta si finisce per litigare.

-E Hosmer Angel non ha cercato di rivedervi o di contattarvi?

-Si, signor Holmes. Mio patrigno è dovuto ripartire per la Francia dopo due settimane ma prima di quella data Hosmer mi scrisse una lettera dicendomi che sarebbe stato prudente vederci solamente quando mio patrigno non c'era. Così iniziò a scrivermi ogni giorno ed ogni volta riuscii ad intercettare il postino per non far sapere a mio patrigno della nostra corrispondenza.

-Eravate fidanzati?

-Oh, si. Signor Holmes, capisco che sia difficile da credere ma ci eravamo fidanzati alla nostra prima passeggiata.

-Che lavoro svolge il signor Angel?

-È impiegato in un ufficio a Leadenhall Street.

-Quale ufficio?

-Non lo so, signor Holmes.

-Dove abita allora?

-Non lo so.

-Non avete un suo indirizzo? Dove mandavate le vostre lettere?

-All'ufficio postale di Leadenhall Street, in fermo posta. Mi aveva detto che se gli avessi scritto una lettera indirizzata al suo ufficio, gli altri dipendenti lo avrebbero preso in giro. Così gli proposi di stamparle invece che scriverle a mano ma mi disse che nelle mie lettere poteva vedere una parte di me mentre invece in quelle stampate non ci sarebbe stato nulla.

-Molto suggestivo, davvero. Ci sono altre cose che si ricorda su Hosmer Angel?

-È molto timido, uscivamo di sera piuttosto che in pieno giorno perché non gli piacevano gli invidiosi. Ma ha molto tatto, è molto educato. Ha subito un intervento alle ghiandole da piccolo e parla quasi sempre sussurrando. Porta gli occhiali, anche lui, come me, non ci vede affatto bene.

-Cosa successe in seguito?

-Rividi Hosmer per una sola volta, durante l'assenza di mio patrigno. Era molto di fretta e mi propose di sposarci prima del suo ritorno. Io sono molto credente signor Holmes, come anche Hosmer. Così mi fece promettere, con le mani sulla bibbia, che gli sarei sempre stata fedele.

Mia madre mi disse che era una grossa dimostrazione di amore vista la leggerezza degli uomini di oggi. Accettai di sposarlo e chiesi a mia madre come Windibank, il mio patrigno, avrebbe preso la cosa. Lei mi rassicurò dicendomi che se ne sarebbe occupata. Non volevo chiedergli l'autorizzazione ma volevo che fosse al corrente di quello che stavo per fare. Così provai a chiamarlo ma non riuscii a rintracciarlo. Gli scrissi una lettera prioritaria inviandola alla sede dei suoi uffici francesi.

-Non la ricevette?

-No, era partito per il ritorno prima dell'arrivo della mia lettera.

-Che sfortuna. Il matrimonio?

-Lo fissammo per il fine settimana, in chiesa ma senza troppe cerimonie. Dovevamo sposarci a St. Saviour e fare un piccolo pranzo all'Hotel Saint-Pancras.

Io e mia madre lo attendemmo nella via che dava sulla chiesa. L'auto arrivò ma all'interno Hosmer non c'era!

L'autista ci disse di non capire come fosse possibile poiché gli aveva personalmente aperto la portiera. Ci disse anche di non poterci aiutare più di così e ci mostrò che tra lui ed il passeggero era stato alzato il vetro oscurato. Tutto questo accadeva venerdì scorso, signor Holmes.

-Direi che siate stata trattata in modo vergognoso signorina Sutherland.

-Impossibile, signor Holmes! Hosmer era troppo buono e troppo onesto per lasciarmi così.

-Perché mai? -chiese Holmes.

-Per tutta la mattinata di venerdì non ha fatto altro che ripetermi che dovevo rimanergli fedele in qualsiasi momento. Anche se un avvenimento imprevisto ci avesse separati. In quel momento non pensai che fosse una conversazione strana ma il tempo gli ha dato ragione ed ora tutto ha senso!

-Infatti ha senso. La sua opinione è dunque che sia rimasto vittima di un avvenimento improvviso?

-Si. Credo che prevedesse un pericolo, signor Holmes. E penso che questa eventualità si sia verificata.

-Non avete nessuna idea di cosa fosse, signorina?

-Nessuna.

-Ho ancora alcune domande. Vostra madre come la prese?

-Uh, lei era furiosa! Mi disse che non avrei più dovuto parlare di Hosmer.

-E vostro patrigno? È al corrente di tutto?

-Si, anche secondo lui è successo qualcosa. Dice che avrò a breve delle notizie di Hosmer perché, a parer suo, nessun uomo viene a trovarti il mattino delle nozze per poi abbandonarti. Ed io penso che se ci fossimo sposati e ci fossero questioni di denaro in sospeso, avrebbe potuto avere un senso. Ma io ed Hosmer non abbiamo mai parlato di soldi e non abbiamo firmato nessun documento.

-Accetto il vostro caso. - disse Holmes -smettete di far lavorare il vostro cervello. La prima ed unica cosa che dovete fare è cancellare Hosmer Angel dalla vostra memoria, per sempre.

-Credete che non lo rivedrò mai più?

-Temo di no, signorina.

-Ma che cosa gli è successo? - chiese la signorina quasi disperata.

-Risponderò a questa domanda ma non ora. Mi occorre da voi la descrizione esatta del signor Angel, nonché una delle lettere che vi ha spedito.

 

La signorina Sutherland estrasse dalla tasca della giacca alcuni fogli.

-Ho fatto inserire un annuncio sul quotidiano locale. Questa è la descrizione e qui ci sono quattro lettere.

-Vi ringrazio, qual'è il vostro indirizzo?

-Abito a Lyon Place a Camberwell, al numero 31.

-Dove lavora il vostro patrigno?

-Lui lavora per “Westhouse & Marbank”, i grandi importatori di vini a Fenchurch Street.

-Grazie, signorina. Lasciate le lettere ed i ritagli qui e mi raccomando di seguire il consiglio che vi ho dato.

-Vi ringrazio di cuore signor Holmes ma credo che mi sarà impossibile. Ho fiducia in Hosmer e quando ritornerà sarò qui ad aspettarlo.

 

Al contrario dell'abbigliamento non proprio sobrio, trovavo qualcosa di nobile nell'espressione di quella donna, qualcosa che induceva al rispetto.

Ella promise che sarebbe venuta a farci visita alla prima occasione e, dopo aver posato i fogli sul tavolo, se ne andò.

 

Sherlock Holmes rimase seduto per alcuni secondi, senza muoversi, contemplando il soffitto.

Poi si sporse in avanti e da una cesta di vimini prese una vecchia pipa nera. Caricò il tabacco e la accese producendo un denso fumo bluastro.

-Per banale che sia questo caso, ci sono alcuni dettagli che mi stimolano. - disse sbuffando -ma è la signorina che avevamo qui di fronte, la miniera di informazioni.

-Sembra che abbia visto qualcosa che a me è sicuramente rimasto celato, signor Holmes.

-No, John. Anche lei ha notato questi particolari. È che non li ha capiti appieno. Descrivete la donna, per prima cosa.

-Aveva un cappellino pork pie color grigio ardesia, con un nastro rosso mattone. Una giacca nera con delle paiette nere, un vestito bruno. Ho notato un segno d'inchiostro all'indice destro. Portava dei piccoli orecchini d'oro. Non ho osservato le scarpe. - feci una pausa per pensare e proseguii con la mia conclusione -credo che sia appagata nel suo modo di vivere, abbastanza ordinario ma confortevole.

Holmes sorrise e si mise lentamente a battere le mani.

-Complimenti John, ha un vero talento per i colori ed ha più spirito di osservazione di quanto creda.

Vi dico sinceramente che non avete dimenticato molto. Avete notato la riga che aveva sotto alle maniche? Unita alla vostra osservazione sulla macchia d'inchiostro possiamo ipotizzare che lavori come impiegata e che abbia a che fare con la scrittura e l'inserimento di dati, sta spesso appoggiata, magari scrive anche con uno di quei computer nuovi.

In seguito ho esaminato il viso e ho notato il classico segno che lasciano gli occhiali, ho pensato che probabilmente la ragazza soffrisse di ipermetropia ma oggi ella era senza occhiali eppure aveva difficoltà a mettere a fuoco anche oggetti lontani. Ha strizzato gli occhi per leggere il numero quando si trovava sull'altra sponda del marciapiede e l'ha fatto anche entrando nella stanza.

-E durante la conversazione. -aggiunsi io.

-Esatto. Ciò ci porta ad affermare che ella ha un difetto alla vista piuttosto pronunciato. Lei non ha osservato le scarpe, John. Avrebbe notato che indossava un paio di stivaletti di cui uno sporco ed uno pulito. Di questi soltanto uno era allacciato correttamente mentre all'altro era stato fatto un nodo sommario. La ragazza però si veste con visibile cura e questo mi ha portato a pensare che sia uscita di casa in tutta fretta, poco dopo essere rientrata dal lavoro, per recarsi qui.

-Ammirevole, signor Holmes, davvero.

-La ringrazio, John ma ora è necessario che ci mettiamo all'opera. Può leggermi il testo dell'annuncio?

-Si ricerca un signore di nome Hosmer Angel, scomparso dal 14 mattino. Alto circa un metro e settanta, colorito olivastro, capelli neri, inizio di calvizie alla sommità del capo, baffi neri. Porta gli occhiali ed ha un difetto di pronuncia, sussurra sempre. Nell'ultimo avvistamento indossava un vestito elegante nero, scarpe eleganti ed un cappello a cilindro con nastro bianco. Impiegato in un ufficio a Leadenhall Street. Ogni persona può contribuire etc...

-Basta. Passiamo alle lettere, che ho analizzato mentre leggeva. Non ci dicono nulla di interessante, sono di una banalità noiosa. Tuttavia c'è un dettaglio che vi colpirà.

-Sono tutte stampate. -dissi io.

-Esatto, ed anche la firma è stampata. C'è la data ma non l'indirizzo, tranne Leadenhall Street, che è abbastanza vago.

-Una persona che preferisce le lettere scritte a mano e che non firma nemmeno le sue? Strano.

-Benissimo, John, benissimo. Scriverò due lettere, per risolvere il problema. Una indirizzata ad una ditta in centro. Una al patrigno della ragazza, per chiedergli di incontrarci domani sera alle sette.

Ed ora, dottore, non c'è nulla che possiamo fare. Prendiamo questo problema e lo mettiamo in un cassetto che chiuderemo a chiave.

 

Ripensai alla sottigliezza del ragionamento del mio nuovo coinquilino, nonché futuro amico.

Era brillante e decisamente fuori dagli schemi.

Ricordo che pensai che forse, visto tutto questo acume, non ci saremmo mai trovati nella condizione di non poter pagare l'affitto. Pensai alla mia posizione pressoché inutile e mi sentii a disagio.

-Holmes, quando avrà realmente bisogno di me? Accadrà mai?

-È ovvio, John, che non ho affatto bisogno di lei nel campo della chimica o della musica. D'altronde le mie conoscenze dell'anatomia sono accurate ma sparse mentre lei è un eccellente dottore. Per quanto riguarda la deduzione, io e lei siamo molto diversi e ci confrontiamo su ciò che accade. Questo è un enorme vantaggio per me. Non si senta inutile, arriverà il momento in cui la sua esperienza sarà necessaria.

-Mi fido delle sue parole Holmes. Ora, se non le dispiace, uscirei a fare due passi.

-Faccia pure, John.

 

E così feci. Mi avviai verso Regent's Park respirando a pieni polmoni. Rimasi affascinato da quanto l'aria fosse più pura al centro del parco rispetto a quella che avevo respirato poco prima, provenendo da Backer Street.

Passai il resto della giornata nella mia stanza leggendo un trattato statunitense sul buco dell'ozono presente in Antartide. Il plico di fogli era datato 1987 e pensai che probabilmente avrei dovuto leggere degli aggiornamenti riguardanti l'argomento poiché erano passati già tre anni da quella pubblicazione e come scienziato non ritenevo accurato uno studio così vecchio.

Mi chiesi come mai fossero presenti documenti sul clima poiché ero sicuro che non interessassero al mio coinquilino.

 

Il giorno seguente Holmes non si fece vedere per l'intera giornata e rincasò solamente pochi minuti prima dell'orario previsto per l'appuntamento con il patrigno della signorina Sutherland.

-Avete già risolto l'enigma? -gli chiesi non appena ebbe varcato la soglia del salotto.

-Non c'è mai stato nessun enigma, mio caro, solo qualche piccolo dettaglio interessante in un mare di banalità.

 

In quel momento si sentì un rumore di passi e qualcuno bussò alla porta annunciandosi come James Windibank.

-Ecco il patrigno della signorina. -Mi disse Holmes sottovoce.

Holmes lo fece entrare ed accomodare.

Era un uomo dalla carnagione chiara, senza baffi né barba.

Di statura media, sui trent'anni.

Dopo essersi seduto il signor Windibank si tolse i guanti e li tenne in mano.

-Buonasera, Windibank -disse Holmes prendendo in mano una busta ancora sigillata -presumo che questa sia la sua lettera che conferma il nostro appuntamento per le sette di stasera.

-Si, signor Holmes. Sono un po' in ritardo ma non sono il capo, capite anche voi. Mi dispiace che Mery vi abbia annoiato con questa faccenda del ragazzo scomparso. Non ci piace lavare in piazza i panni sporchi. Lei è voluta comunque venire qui da lei, contro la mia volontà ma non ho voluto fermarla. È giusto che ognuno faccia ciò che sente, alla fine. Non posso però promettervi che riusciremo a pagarvi subito, ve lo dico, signor Holmes. E neanche credo che riusciremo a ritrovare il signor Angel abbastanza in fretta da potercelo permettere.

-Al contrario. Ho molte ragioni di credere che riusciremo a trovare Hosmer Angel.

 

Windibank sobbalzò lasciando cadere a terra i guanti.

-Sono molto felice di questa notizia! -disse mentre li raccoglieva.

-È molto curioso, le macchine da scrivere avevano carattere ed individualità. Ognuna aveva un segno caratteristico distintivo ed ogni lettera batteva in modo differente, a seconda della macchina, a seconda della persona. Per queste nuove stampanti è diverso, ma c'è comunque una famigliarità.

Disse Holmes aprendo la busta contenente la lettera ricevuta da Windibank.

-Vede signor Windibank, su questa lettera che mi ha inviato, e che ha stampato, c'è una leggera sbavatura di inchiostro sul margine destro. La sua stampante ha una rotellina del carrello impolverata o guasta che rallenta leggermente un lato del foglio rispetto all'altro. Allo stesso modo possiamo trovare questo leggerissimo difetto nelle lettere appartenenti al marito fuggiasco della signorina Sutherland. Guardi bene, troviamo in ognuna questo difetto, che è il più evidente. In più ho trovato altre cinque inflessioni nella costruzione verbale che fanno pensare a...

 

-Non ho tempo da perdere con voi e con le vostre teorie fantasiose, signor Holmes!

Sbottò Windibank rimettendosi i guanti.

-Certo! -esclamò Holmes scattando in piedi e bloccando la via d'uscita. -l'ho presa, Windibank. Non può nulla ormai. È stato facile, molto facile. Era così evidente!

-Mi ha preso -replicò l'uomo vedendosi intrappolato -ma cosa farà? Non ho commesso alcun crimine. Non ho realmente infranto nessuna legge. La polizia non può accusarmi di nulla.

-Ciò che dice è vero ma questo non mi impedirà di darle una lezione!

Rispose Holmes lanciandosi su un frustino che era appeso alla parete.

In un istante Windibank arrivò alla porta e corse per le scale, scappando.

Holmes lasciò cadere il frustino e si lanciò sul divano ridendo.

-Quell'uomo ha sposato per denaro una donna molto più anziana di lui- disse restando sdraiato -la ragazza ha un temperamento buono ed amabile, è sensibile e delicata. Una situazione perfetta per un parassita. La pensione della donna anziana e la percentuale mensile della ragazza permettevano a Windibank di vivere egregiamente senza il minimo sforzo. Ma la ragazza sarebbe cresciuta e non avrebbe potuto controllarla per sempre. E cosa sarebbe successo se avesse trovato un uomo? Niente più soldi, niente più contributi da parte sua.

Così, con l'aiuto della moglie, Windibank si traveste. Aiutato dalla sua carnagione chiara, rende la sua pelle più scura di alcune tonalità. Indossa un paio di occhiali e dei baffi finti. Non si fa mai vedere alla luce del giorno ed inventa uno stratagemma per non parlare mai, ma sussurrare soltanto.

Sapendo che il travestimento non può funzionare ancora per molto, decide di continuare la sua finta relazione epistolarmente. Da qui l'obbiettivo finale: lasciare una ferita nella mente e nel cuore di questa ragazza che, perdendo il suo promesso sposo, non cercherà l'amore per i prossimi cinque o dieci anni. Trascorso questo tempo ella avrebbe potuto prendere la strada che desiderava poiché, con ogni probabilità, la compagna di Windibank sarebbe morta ed avrebbe lasciato a lui tutta l'eredità.

Holmes concluse il monologo ridendo nuovamente.

-Perché l'ha lasciato scappare allora? -chiesi sinceramente intontito da tutte quelle parole.

-Perché è evidente che farà carriera come criminale e che verrà arrestato, ma per ora, non ha commesso alcun reato.

-Non mi è chiara la storia nel suo insieme.

-Andiamo, John. Era chiaro fin da subito. Quando Angel c'era, Windibank spariva e viceversa. Questo è già un primo segno. Poi ci sono i tentativi di nascondere la propria scrittura, gli occhiali, la voce particolare. Forza!

-E come avete verificato le vostre ipotesi?

-Conoscevamo la società per cui lavora, Westhouse & Marbank, ricorda? Così ho spedito loro una lettera urgente. Avendo il ritratto dell'uomo scomparso, presente sul giornale, iniziai ad eliminare tutti i dettagli che potevano essere cambiati come gli occhiali, i baffi e la voce. Chiesi alla società se uno dei loro rappresentanti aveva un aspetto simile a quello che avevo ottenuto. La Westhouse & Marbank mi confermò che la descrizione corrispondeva al loro rappresentante. Ulteriore conferma l'abbiamo avuta ricevendo la lettera direttamente dal signor Windibank, stampata con la stessa stampante. Ecco tutto.

-E come ha fatto a sparire dall'auto?

-Un vecchio trucco. Si alza il vetro oscurato e si esce dall'auto al primo semaforo rosso.

-E la signorina Sutherland?

-Se le dicessi la verità non mi crederebbe. Spero che segua il mio consiglio, anche se non credo lo farà.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3


 


 

Il quarto giorno di residenza al numero 221B di Backer Street mi svegliai riposato e senza i consueti indolenzimenti dei quali solitamente soffrivo a causa della ferita alla spalla destra.

Mi resi presentabile ed uscii dalla stanza pervaso da una sensazione di serenità. Ricordo che ebbi il tempo di pensare che quella sarebbe stata una splendida giornata, subito prima di ritrovarmi a camminare circondato da una puzza densa ed acre di carne in putrefazione.

Aggirandomi per la casa cercai immediatamente di risalire alla fonte dell'odore che, nel frattempo, mi induceva una sgradevole sensazione di nausea.

Trattenendo il fiato, mi mossi velocemente, ispezionando una stanza dopo l'altra e scoprendo, con grande disgusto, che l'odore aveva nidificato in ogni centimetro della casa.

Finalmente mi avvicinai all'ultima stanza ed un crescente odore di marcio mi confermò che dall'altra parte della porta, che si trovava di fronte a me, vi era la causa di tutto.

Di colpo la porta si spalancò, passandomi ad un palmo dal naso. Subito oltre la soglia vi era il signor Holmes, completamente ricoperto di sangue. Con la mano destra brandiva una lunga lancia, anch'essa sudicia e puzzolente.

-Buongiorno, John. Non indietreggi, suvvia. - disse Holmes vedendo il mio corpo completamente sbilanciato all'indietro -questa lancia non è di certo per lei.

-È la puzza, Holmes. Non la lancia. La puzza, questo schifosissimo odore. Apra le finestre, santo cielo!

-Per poi ritrovarci sommersi dalle mosche? No, grazie!

In quell'istante lo vidi. Oltre il signor Holmes, dall'altra parte della stanza, appeso al gancio da parete che solitamente ospitava un sacco da boxe, vi era il cadavere di un grosso maiale, rivolto a testa in giù.

-Vede, John. Nemmeno una mosca, neanche una. Se aprissi una finestra saremmo invasi in meno di cinque minuti.

-Cosa sta facendo, Holmes? Me lo può dire?

-No.

-Questa è anche casa mia. La puzza si sente in tutta la casa, anche nella mia stanza che non è mai stata aperta da ieri sera. Esigo una spiegazione.

Holmes appoggiò la lancia al muro e si diresse verso l'uscita della stanza.

-Sto aspettando una visita, John. Mi piacerebbe che partecipasse anche lei, se non ha nient'altro da fare.

Ed uscì.

Dopo circa mezz'ora, Sherlock Holmes resuscitò dalle sue stanze, pulito, profumato e completamente in ordine.

Il campanello suonò annunciando l'arrivo del visitatore.

Holmes mi presentò a Stanley Hopkins, un giovane investigatore di polizia, sulla trentina.

Vidi subito che il nostro ospite aveva la fronte aggrottata e l'aria pensierosa.

La sua postura era rigida ma i suoi occhi erano rapidi e molto svegli.

Io ed Holmes ci accomodammo su due poltrone ed invitammo Hopkins a fare lo stesso sul divano.

-Quali novità? -chiese Holmes impaziente.

-Siamo fermi signor Holmes. Completamente.

-Non avete fatto nessun progresso?

-Non proprio. Vorrei che mi aiutasse, signor Holmes. Vede, è la migliore occasione che il capitano mi abbia mai dato. È un caso importante e sono solo stavolta. Vorrei fare bella impressione e chiudere tutto in fretta. Però sono a corto di risorse e soprattutto di risposte.

-Ebbene, Hopkins, io ho già letto con cura la descrizione di tutti gli elementi che possedete. Cosa ne pensate della borsa da tabacco trovata sulla scena del crimine, non è un indizio?

Hopkins guardò Holmes con aria sorpresa, poi fece un breve respiro.

-Era della vittima, si. C'erano le sue iniziali dentro ed era in pelle di foca ma l'uomo era un cacciatore di foche e balene.

-Ma non aveva una pipa. - asserì Holmes.

-No, signor Holmes, non abbiamo trovato nessuna pipa. Il fatto è che fumava molto poco ma potrebbe aver tenuto, a mio parere, del tabacco per i suoi amici.

-Senza dubbio questa è una teoria che potrebbe essere considerata, tuttavia non abbiamo tempo e le confesserò, Hopkins, che se avessi condotto le indagini personalmente sarei partito proprio da quella borsa da tabacco. Ora, il mio amico qui presente, il dottor Watson, non è al corrente di tutto ciò che riguarda il caso che state seguendo, quindi vi chiedo la cortesia di ripetere le informazioni essenziali ancora una volta, dall'inizio.


 

Il viso di Stanley Hopkins non suggerì nessuna smorfia, al contrario, le sue mani veloci estrassero un taccuino dalla tasca.

-Ho delle date che ci aiuteranno a comprendere meglio la natura del defunto. Capitano Peter Carey, nato nel 1920, aveva settant'anni al momento della morte, dunque. Audace pescatore di balene, nel 1968 comandava la baleniera Sea Unicorn di Mallaig. Dopo alcune brillanti spedizioni, si ritirò nel 1970. Comprò nel Sussex, vicino a Forest Row, una casetta chiamata Woodman's Lee. In quella casa ha vissuto per vent'anni e là è morto, una settimana fa. Nella vita, il signor Carey, era un puritano stretto, un tipo silenzioso e abbastanza tetro. La famiglia è composta dalla moglie, dalla figlia trentenne e da due domestiche. Mi hanno riferito che le domestiche venivano cambiate spesso. L'uomo beveva a dismisura a periodi intermittenti e nonostante l'età, quando la crisi alcolica arrivava, diventava una specie di demone fuori controllo. È stato visto mettere moglie e figlia alla porta in piena notte e malmenarle davanti ai passanti. In breve, dottor Watson, andrete lontano prima di conoscere un uomo più pericoloso di Peter Carey ed ho saputo che il suo atteggiamento era il medesimo quando era al comando della baleniera. Lo chiamavano Peter il nero e non di certo per la barba scura. Da vivo seminava terrore attorno a lui ed era malvisto da tutti i suoi vicini.

Holmes interruppe il monologo, accendendosi la pipa.

-Parliamo della scena del crimine ora, Hopkins.

-Molto bene. Carey si era costruito una piccola capanna in legno, ad un centinaio di passi dalla casa. La chiamava “cabina” e ci dormiva tutte le sere. In pratica era una baracca con una sola stanza di tre metri per due. In questa cabina non faceva mai entrare nessuno, tant'è vero che solo lui aveva la chiave e la teneva sempre in tasca. C'erano della piccole finestre su ogni lato ma erano coperte da delle tende semitrasparenti che non venivano mai aperte. Una di queste era rivolta in direzione della strada e chiedendo in giro ho scoperto che spesso i vicini si chiedevano cosa stesse facendo Peter il nero nella sua capanna. A questo punto della indagini si unì un muratore di nome Slater, che ricordò di essersi fermato a guardare la finestra , due giorni prima dell'omicidio, e di aver visto la sagoma di un uomo barbuto ma dalla barba corta, differente da quella di Carey, che Slater conosceva bene. Ci sono però un po' di metri tra la strada e la finestra ed il nostro testimone ci ha anche detto che proveniva da una bevuta al pub. In più questo fatto è accaduto il lunedì mentre il capitano è morto di mercoledì. Martedì, Carey, si fece vedere in giro ubriaco e sovreccitato, non smetteva di girare per la casa bestemmiando ed urlando, così le domestiche scappavano quando arrivava, per non incrociarlo. Solo in tarda serata scese alla sua cabina. Verso le due del mattino, sua figlia, che stava dormendo con la finestra aperta, sentì un urlo provenire dal giardino, ma Carey spesso urlava mentre era ubriaco o in preda agli incubi, così nessuno ci fece caso. Alle sette una delle domestiche vide che la porta della casetta di legno era aperta ma nessuno andò a vedere prima di mezzogiorno perché temevano l'ira del capitano. Un'ora più tardi ero già sul posto, assegnato al caso.

Stanley Hopkins fece una pausa, per poi proseguire.

-Parola mia, ho i nervi saldi, lo sapete signor Holmes, ma vi garantisco che mettere il naso in quella baracca mi ha scosso parecchio. Era piena di mosche e sia il pavimento che i muri erano imbrattati di sangue. La chiamava la sua cabina, e lo era. Una riproduzione di una cabina di una nave. C'era la cuccetta, cartine terresti, una fila di registri di bordo su uno scaffale, quello che ci si aspetta di trovare nella cabina del capitano. E proprio là, nel mezzo, c'era il cadavere. Nel petto aveva un arpione d'acciaio che lo aveva perforato da parte a parte conficcandosi nella parete. La sua barba puntava agonizzante verso il soffitto ed in viso aveva un espressione riconducibile solo alla tortura. Il petto era praticamente esploso. Insomma, dottor Watson, era infilzato come un insetto su un cartone. Io conosco i vostri metodi, signor Holmes, e li ho messi in pratica.

Prima che qualcuno calpestasse la scena ho esaminato il suolo all'esterno ed il pavimento all'interno ma non c'era alcuna traccia.

-Intendete dire che non l'avete vista? -chiese Holmes.

-Vi assicuro, signor Holmes, non c'era nessuna traccia.

-Caro mio, ho indagato su moltissimi crimini ma non ne ho ancora visto uno commesso da un uomo volante. Dal momento che il criminale ha due gambe, ci sarà certamente sul suolo, una abrasione, che purché minima, un ricercatore scientifico può vedere. È incredibile che quella stanza sporca di sangue non contenga nessuna traccia che possa aiutarci. Ho visto, tuttavia, che alcuni oggetti non potevano non essere notati.

Hopkins reagì ai commenti sarcastici di Holmes.

-Sono stato stupido a non chiamarvi subito, Holmes, ma ora non possiamo che andare avanti. C'erano molti oggetti nella stanza. Uno era l'arpione che era servito per il crimine. Era stato strappato dal muro. Sul manico c'era scritto S.S. Sea Unicorn, Mallaig.

Sembrava chiaro che il crimine era stato commesso in un momento di ira e che l'assassino aveva afferrato la prima cosa che gli era capitata sotto mano.

L'omicidio si è svolto alle due del mattino ma Carey era ancora vestito. Ciò suggerisce che avesse un appuntamento con l'assassino, il che è confermato dalla presenza sulla tavola di una bottiglia di rum e di due bicchieri sporchi.

-Si. -disse Holmes – Credo che queste due conclusioni siano accettabili. Avete trovato altri alcolici nella stanza?

-Whisky e brandy, ma a parer mio senza importanza, poiché entrambe le bottiglie erano ancora chiuse.

-La loro presenza ha tuttavia un significato. - disse Holmes -Parlateci ancora di questi oggetti che secondo voi sono rilevanti.

-Sulla tavola c'era la sua borsa da tabacco.

-Che parte della tavola?

-Era nel mezzo, foca grezza col pelo rigido ed una semplice linguetta di cuoio per chiuderla. All'interno c'erano le iniziali P.C. E conteneva circa 15 grammi di forte tabacco da marinaio.

-Eccellente, cosa c'era ancora?

Stanley Hopkins tirò fuori dalla tasca un taccuino coperto di tessuto. L'esterno era rugoso e rovinato, i fogli all'interno erano leggermente scoloriti. Sulla prima pagina vi erano scritte le iniziali J.H.N. e la data 1969.

Holmes lo appoggiò delicatamente sul tavolo e lo esaminò attentamente, mentre io ed Hopkins osservavamo a distanza.

Sulla seconda pagina vi erano stampate le lettere C.P.R. Ed a seguire vi erano molte pagine di numeri.

Alcune intestazioni riportavano luoghi come Argentina, Costarica, San Paolo e sotto ad ognuna di esse vi erano pagine di segni e cifre.

-Cosa ne pensate? -chiese Holmes

-Sembra che siano delle liste di movimenti di denaro e di valori. Pensavo che J.H.N. fossero le iniziali di un agente e che C.P.R. Fosse il cliente.

-E cosa ne dite di Canadian Pacific Railway? -propose Holmes.

Stanley Hopkins imprecò tra i denti cercando di non scomporsi.

-Che stupido che sono! È sicuramente così. Allora, J.H.N. Sono le iniziali che ci restano da indovinare. Ho già esaminato le liste di Borsa e gli archivi commerciali ma non ne trovo nessuno del 1969. Nemmeno tra gli agenti di cambio, neanche tra gli assistenti. Ho l'impressione che questo sia l'indizio più importante che abbiamo.

Sarete d'accordo, signor Holmes, che c'è la possibilità che quelle iniziali siano dell'assassino.

In più, il taccuino relativo ai movimenti di denaro ci fornisce un movente per il crimine.

Sherlock Holmes rimase completamente immobile, sorpreso da queste nuove prospettive.

-Sono costretto ad ammettere che siete brillante- disse Holmes -il taccuino, che non avevo ancora visionato, modifica l'idea che mi ero fatto. Ero arrivato ad una teoria in cui questo taccuino non trova posto. Avete provato a rintracciare alcuni dei valori menzionati?

-Stiamo indagando ma ho paura che la lista completa dei possessori di quei titoli non si trovi in questi uffici. Ci serviranno settimane, se non di più, signor Holmes.

Holmes indicò un punto della copertina del taccuino con il dito.

-Questo è sicuramente sangue.

-Si, vi ho già detto che ho trovato il taccuino sul pavimento.

-Questo prova, ovviamente, che la caduta del taccuino è postuma al crimine.

-Esatto, signor Holmes. Ci ho pensato e sono arrivato alla conclusione che sia caduto all'omicida durante una fuga precipitosa. Era vicino alla porta.

-Non c'è traccia di questo denaro tra le cose del defunto?

-No.

-Avete ragione di sospettare un furto, Hopkins?

-No, sembra che non abbiano toccato nulla, tutto era in ordine.

-È tutto molto interessante, devo ammetterlo. C'era anche un coltello, no?

-Si, il coltello era all'interno del proprio fodero, ai piedi del morto. La signora Carey l'ha riconosciuto, è sicura che appartenesse a suo marito.

Holmes rimase immobile, perso nei propri pensieri. Poi guardò Hopkins con attenzione.

-Verremo a dare un'occhiata.

Hopkins si mostrò visibilmente contento ma Holmes lo minacciò con l'indice.

-Sarebbe stato molto più facile otto giorni fa, ma anche ora, un mio sopralluogo potrebbe non rivelarsi vano. Watson, se avete tempo, mi piacerebbe avere la vostra compagnia per questo caso. Hopkins, se volete chiamare un taxi, saremo pronti in pochi minuti.

Impiegammo quasi due ore ad arrivare sul posto. Forest Row, un villaggio nell'est del Sussex. In una radura, di fianco ad una collinetta, vi era la casa del capitano defunto.

Vicino, visibile dalla strada, vi era la sua casetta in legno. Il teatro dell'omicidio.

La capanna era molto semplice: pareti in legno con un doppio tetto, una finestra dal lato della porta ed una nel lato apposto.

Hopkins estrasse la chiave dalla tasca ma si fermò, restando immobile.

-Qualcuno l'ha forzata!- disse.

Holmes esaminò la finestra.

-Qualcuno ha tentato di forzare anche la finestra. Chiunque sia non è riuscito ad entrare. Doveva essere un ladro con poca esperienza, d'altronde queste serrature non sono complesse da scassinare.

-Ieri tutti questi segni non c'erano, signor Holmes, ne sono sicuro.

-Penso che siamo molto fortunati, Hopkins. È molto probabile che il nostro uomo ritorni per ritentare la sua impresa. Ha tentato di entrare con la lama di un coltellino, ma non ci è riuscito. Cosa farebbe ora? La mia opinione è che tornerà stanotte, con uno strumento più adatto. Sarebbe un errore lasciarsi scappare questa opportunità, dovremo aspettarlo. Vediamo la cabina, nel frattempo.

Le tracce dell'omicidio erano state rimosse ma vi erano ancora molti aloni causati dal tentativo di pulire le macchie di sangue. Il mobilio era lo stesso della notte del crimine.

Per due ore, con grande concentrazione, Holmes esaminò la stanza in lungo ed in largo ma il suo viso rivelò che le sue ricerche erano state vane.

-Avete preso qualcosa dallo scaffale, Hopkins?

-No, non ho mosso proprio nulla.

-Hanno preso qualcosa, c'è meno polvere su quell'angolo dello scaffale che altrove. Forse un libro, o una scatola. Ebbene, più di così, non c'è nulla che per ora possiamo fare. Propongo di andarci a sdraiare in quel magnifico boschetto, in attesa del nostro visitatore.

Erano già passate le undici quando tendemmo la nostra imboscata.

Hopkins suggerì di lasciare la porta della casetta aperta ma Holmes considerò che avrebbe potuto destare sospetti. D'altronde una semplice lama avrebbe potuto scassinarla.

Ci nascondemmo dietro a dei cespugli tra il boschetto e la cabina del defunto capitano.

C'era qualcosa di tetro in quelle piante. Tuttavia potevo sentire la tensione che cresceva con il passare dei minuti. Restammo nel più completo silenzio. In attesa.

Ad un tratto, in lontananza, sentimmo alcuni deboli passi. Erano le due e mezza.

Un rumore deciso ci comunicò che il ladro era riuscito a scassinare la serratura. Una luce illuminò a tratti l'interno della casetta, alla ricerca di qualcosa.

Riuscimmo a vedere la sagoma di colui che sembrava essere solo un ragazzo, magro ed impaurito. Non poteva avere più di venticinque anni.

Lo vedemmo aprire un libro e poi sparire in un angolo della casetta.

Egli aveva appena riposto il libro nello scaffale quando Hopkins e Holmes gli bloccarono l'uscita.

-Ebbene, chi sei e cosa stai facendo qui? -chiese Hopkins con voce autoritaria.

Il ragazzo rimase immobile, visibilmente impaurito e dovette fare uno sforzo per riprendere il controllo.

-Siete dei poliziotti? Vi assicuro che non ho nulla a che fare con la morte del capitano Carey!

-È proprio quello che scopriremo.-disse Hopkins -Il vostro nome?

-John Hopley Neligan.

Holmes e Hopkins si scambiarono una rapida occhiata d'intesa.

-Cosa state facendo qui?

-Posso parlare con voi in via confidenziale?

-Certo che no! -sbottò Hopkins.

-Allora perché dovrei dirvelo? Se avete già deciso che sono colpevole?

-Perché se non avete nessuna spiegazione convincente da fornirci, potrebbe andare molto male per voi durante il processo.

Il ragazzo accusò il colpo dovuto alle pesanti parole proferite da Hopkins.

-Ve lo dirò, d'altronde perché no. Però vorrei che questo vecchio scandalo non tornasse a galla. Avete mai sentito parlare di Dawson & Neligan?

Hopkins negò ma Holmes rispose, mostrandosi interessato.

-State forse parlando di quei due banchieri dell'Ovest che hanno creato un enorme fallimento rovinando metà dell'alta società della Cornovaglia?

-Esatto. Neligan era mio padre. Il vero responsabile, però, non era lui. Né il signor Dawson, che si era pensionato. Avevo solo cinque anni all'epoca, ma da quel momento in poi provai vergogna per quell'orrore. Ma tutto ciò che si è sempre detto su mio padre non è vero. Ha sempre creduto che se gli avessero dato il tempo per realizzare, le cose si sarebbero messe a posto e tutti i creditori sarebbero stati rimborsati. Partì per la Norvegia sul suo piccolo yacht, poco prima dell'emissione del mandato d'arresto. Giurò che sarebbe tornato a testa alta. Ma non abbiamo mai più avuto suo notizie. Lui e lo yacht svanirono nel nulla. Io e mia madre credevamo che fosse affondato. Tuttavia un amico di mia madre scoprì, qualche mese fa, che alcuni titoli che mio padre deteneva erano riapparsi sul mercato di Londra. Potete immaginare lo stupore. Passai mesi a cercare informazioni ed arrivai al proprietario di questa baracca, Peter Carey.

Così mi informai su di lui e scoprii che aveva comandato una baleniera che doveva tornare dal polo nel momento esatto in cui mio padre stava andando verso la Norvegia. Possibile che il capitano abbia incontrato lo yacht di mio padre? In questo caso, cosa sarebbe successo? Queste domande me le posi ma pensai che avrei potuto dimostrare l'innocenza di mio padre con la testimonianza di Carey. Arrivai fin qui per vederlo ma in quegli stessi giorni lui fu ucciso. Lessi sul giornale la descrizione dell'omicidio e lessi di alcuni vecchi libri di bordo. Ho tentato di aprire la porta ieri notte ma senza successo. Così sono tornano stanotte. Pensavo che leggendo sul diario di bordo di quell'anno avrei potuto capire cosa era successo a mio padre ma alcune pagine, proprio quelle, sono state strappate.

-È tutto? -chiese Hopkins.

-Si, è tutto.- disse il ragazzo.

-Non avete nient'altro da dirci?

-Nulla, signore, sono sincero.

-Non siete mai venuto qui prima della notte scorsa?

-No, mai.

-Allora come spiegate questo?- chiese Hopkins brandendo il taccuino con le iniziali del ragazzo.

In quel momento il sospettato crollò portandosi le mani al viso ed iniziando a piangere.

-Dove l'avete preso? Credevo di averlo perso in albergo...

-Basta! -disse Hopkins con tono minaccioso -Se vi resta qualcosa da dire potete tenerlo per il tribunale. Ora venite con me in centrale.

Poi continuò rivolgendosi ad Holmes.

-Signor Holmes, ringrazio voi ed il vostro amico per avermi assistito. La vostra presenza non era necessaria, avrei potuto sbrigarmela da solo, ma vi sono comunque riconoscente.


 

L'indomani Holmes mi raggiunse sul divano del salotto, a Backer Street, con fare sospetto.

-Ebbene, John, che ne pensate?

-Vedo che c'è qualcosa che non vi soddisfa.

-Avete ragione. I metodi di Stanley Hopkins non mi piacciono, mi aspettavo di meglio da lui. Dovrebbe sempre immaginare un'altra eventualità, un'altra spiegazione. É una regola basilare nell'ambito della indagini criminali. Eppure a lui sfugge.

-Qual'è l'altra strada?

-Quella che cerchiamo noi, John. È possibile che sia un buco nell'acqua ma la seguiremo ugualmente.

Holmes si alzò e prese dal tavolino una lettera che era arrivata poco prima. La aprì e scoppiò in una risata trionfante.
-Eccellente, John! L'altra eventualità si sta concretizzando. Telefonate all'ispettore Hopkins ed invitatelo per colazione, domani alle nove e trenta. E telefonate anche all'agente marittimo sulla Ratcliff Highway, chiedetegli di mandarci tre uomini, per le dieci di domattina. Fatto questo raggiungetemi al piano di sotto, questa storia mi ha infestato per dieci giorni, oggi propongo di rilassarci.

Eseguii le richieste di Holmes e lo raggiunsi al piano inferiore.

Per le ore seguenti assistemmo, protetti da un vetro oscurato, alla stessa scena ripetuta.

Holmes aveva costruito una finta parete in modo che potessimo nasconderci. All'interno della stanza vi erano solamente un tavolo ed una sedia. I candidati, radunati da Holmes con la promessa di venti sterline a esperimento concluso, si sedevano uno alla volta. Di fronte a loro, sul tavolo, vi era una radio che dopo pochi secondi veniva portata via da un uomo che poi usciva dalla stanza.

In seguito presentammo a tutti i candidati una serie di sei fotografie raffiguranti altrettanti uomini e chiedemmo ad ogni candidato di riconoscere la persona che aveva rimosso la radio dal tavolo.

Holmes mi disse che nella serie che stavamo per mostrare non era presente il vero “colpevole”.

Una volta vagliati tutti i candidati, li dividemmo in tre gruppi. Al primo comunicammo che il soggetto da loro identificato aveva “confessato”. Al secondo comunicammo che tutti i sospetti continuavano a negare. E al terzo gruppo dicemmo che un'altra persona aveva “confessato”.

Le scoperte di Holmes furono strabilianti.

Più della metà dei candidati del terzo gruppo modificò la propria identificazione decidendo che il colpevole era quello che loro sapevano che aveva confessato.

Praticamente tutti i candidati del primo gruppo, forti della nostra approvazione, iniziarono a ricordare molti più dettagli del furto e del falso colpevole, raggiungendo altissimi livelli di sicurezza.

Dividemmo il secondo gruppo in due e comunicammo alla prima metà che alcuni sospettati continuavano a negare, mentre altri avevano confessato. Alla seconda metà dicemmo che solo un individuo specifico della serie aveva confessato.

La metà esatta di entrambi i sottogruppi decise che il colpevole era tra le fotografie mostrate.

Holmes mi spiegò che questo era un passo avanti molto importante nella sua ricerca sulle false testimonianze e che con questo esperimento eravamo riusciti a dimostrare che se un investigatore dice che una persona ha confessato allora si è portati a pensare che sia vero. E se è vero che ha confessato è anche vero che ha commesso il fatto.

In conclusione Holmes mi disse che i nostri candidati, di età ed intelligenza variabile, credevano più alle nostre parole ed alle nostre false dichiarazioni, piuttosto che alla loro personale esperienza.

La profondità dell'intelletto di Holmes mi sconvolse ma trovai l'esperimento estremamente illuminante. D'altronde, una mente fertile e rapida come quella di Sherlock Holmes non sarebbe potuta rimanere ferma nell'ozio molto a lungo.


 

Il mattino del mio sesto giorno di convivenza con Sherlock Holmes iniziò con il suono puntuale del campanello che annunciava l'arrivo di Hopkins per la colazione.

La signora Hudson si era gentilmente offerta di preparare un gustosissimo tè nero ed alcuni biscotti al burro fatti in casa.

-Credete di aver risolto il caso in modo corretto? -chiese Holmes.

-Non vedo perché no. Mi sembra che l'indagine sia più che completa.

-La vostra indagine non mi è sembrata neanche lontanamente concludente, Hopkins.

-Davvero? Cosa volete di più, signor Holmes?

-Voi davvero non mi starete dicendo che siete in grado di spiegare ogni dettaglio?

-Senza dubbio.- rispose sicuro Hopkins -Neligan è arrivato in albergo il giorno stesso dell'omicidio, con la scusa di giocare a golf. La sua camera è al piano terra ed è evidente che da li potesse uscire con facilità, senza essere visto. Quella notte ha incontrato Carey, hanno litigato e l'ha ucciso con l'arpione. Quando si è accorto del disastro che aveva fatto è scappato, lasciando cadere il taccuino che aveva portato con se per interrogare il capitano a proposito di quei titoli. Abbiamo trovato alcuni di quei titoli sul mercato di Londra, ma per gli altri si poteva pensare che fossero ancora in possesso di Carey. Neligan era certamente desideroso di recuperarli e probabilmente anche di agire correttamente. Ma la situazione gli deve essere sfuggita di mano. Mi sembra tutto evidente.

Holmes sorrise.

-C'è un inconveniente Hopkins. E sapete anche voi che se una teoria funziona non ci può essere un inconveniente. E viceversa. Avete mai provato a trapassare un corpo da parte a parte con un arpione?

Hopkins si mostrò senza parole ed Holmes continuò con il suo monologo.

-Sono dettagli importanti, a cui bisognerebbe prestare attenzione. Il mio amico John può confermarvi che ho passato buona parte di una mattinata a provare questo esercizio. Non è affatto facile e richiede un braccio allenato e robusto. Ora, il colpo è stato inferto con una violenza tale da trapassare il corpo e far conficcare la punta dell'arpione nel legno. Credete che quel ragazzo anemico sia capace di una simile impresa? Sarebbe lui l'uomo che beveva rum con Peter il nero? No, Hopkins. Dobbiamo cercare un individuo molto più prestante.

Mentre Holmes parlava, le speranze e le sicurezze dell'ispettore affondavano lentamente.

-Ma non potete contestare il taccuino di Neligan che prova la sua presenza la notte dell'omicidio! -replicò Hopkins- credo di avere abbastanza prove per convincere una giuria, anche se siete in grado di trovare qualche falla. Inoltre il sospettato principale è in cella in questo momento, il vostro uomo dov'è, signor Holmes?

Holmes sorrise nuovamente.

-Dovrebbe essere sulle scale, se non mi sbaglio. Watson, presto, apra quel cassetto e prenda il revolver, lo tenga nascosto però.

Holmes si alzò in tutta fretta e prese un foglio battuto a macchina che appoggiò sul tavolo a faccia in giù.

La signora Hudson annunciò i tre uomini ed Holmes chiese di farli entrare uno alla volta.

Si presentò davanti a noi un uomo di circa cinquant'anni, basso e tozzo, con i capelli rossastri.

-Nome?- chiese Holmes sorridendo.

-James Burton.

-Mi dispiace Burton, il posto è già stato preso. Eccovi dieci sterline per il fastidio. Per cortesia, passate nella stanza accanto ed attendete un istante.

Il secondo visitatore era un uomo alto e magro, quasi secco. Si chiamava Hugh Pattins e fu congedato con le dieci sterline ed invitato ad attendere.

Il terzo signore era un uomo di aspetto notevole. Aveva un folta barba nera, non molto lunga. Egli ci salutò e si piantò di fronte a noi da vero marinaio, stringendo un berretto tra le dita.

-Il vostro nome?- chiese Holmes.

-Patrick Cairns

-Arpionatore?

-Si, ventisei stagioni.

-Di Mallaig, immagino?

-Si.

-È pronto a partire con una nave d'esplorazione?

-Certo.

-Cinquecento al mese vi bastano?

-Certo.

-Potreste partire immediatamente?

-Il tempo di preparare il mio equipaggiamento.

-Avete i documenti?

-Certo.- disse l'uomo estraendo dalla tasca una busta piena di fogli.

Holmes li guardò e glieli restituì.

-Siete l'uomo che cerco! Il contratto è sul tavolo, se lo firmate saremo a posto.

Il marinaio si spostò davanti al tavolo, voltò il foglio e prese una penna.

-Devo firmare qui?- chiese l'uomo chinandosi sul documento.

-Esatto, proprio li.- disse Holmes sporgendosi da sopra la spalla destra dell'uomo.

In quel momento sentii un scatto metallico ed Holmes ed il marinaio caddero a terra.

Sorpreso dalla fulminea cattura, l'uomo iniziò a dimenarsi come una bestia un gabbia.

Hopkins tentò di aiutare Holmes ma fu scaraventato a terra producendo un rumore sordo.

Benché il marinaio possedesse una forza smisurata, le sue intenzioni si placarono appena appoggiai alla sua tempia la canna fredda del revolver.

Holmes si affrettò a legargli le caviglie, mentre io lo tenevo sotto tiro ed Hopkins cercava di riprendersi.

I loro sguardi si incrociarono ed Holmes gli sorrise.

-Non so che dire, signor Holmes. Sembra proprio che abbia svolto l'indagine come un vero stupido. Anche adesso, capisco quale sia la conclusione ma non capisco come ci siamo arrivati.

-Forza, Hopkins. Si impara solo con l'esperienza. E la vostra lezione di oggi è che non dovete mai smettere di pensare ad un'altra eventualità. Eravate così preso dal giovane Neligan da non riuscire a pensare ad un altro assassino.

In quel momento la voce rauca e grave del marinaio si unì alla conversazione.

-Vorrei che chiamaste le cose col loro nome. Voi dite che ho assassinato Carey, io dico che l'ho ucciso. Fa tutta la sua differenza.

-Raccontate pure.- disse Holmes.

-Conoscevo Peter il nero e quando ha tirato fuori il coltello l'ho infilzato con l'arpione. O io o lui, gli si leggeva in faccia, è così che è morto. Tutto è successo nel 1969. Peter Carey era il capitano della Sea Unicorn ed io l'arpionatore in seconda. Uscimmo dalla banchisa e rientrammo con vento contrario ed una tempesta del sud che durava da otto giorni, quando vedemmo una piccola barca che era stata spinta verso nord dalla raffica. A bordo c'era solo un civile. Il capitano decise di aiutarlo ed i due ebbero lunghe conversazioni nella sua cabina. L'uomo aveva con se un solo oggetto, una piccola cassa di ferro. Non ci ha mai detto il suo nome e la terza notte è sparito, come se non fosse mai esistito. Hanno detto che si era gettato o che era caduto in mare. Ma io so esattamente cose è successo. Io ho visto il capitano afferrarlo per le caviglie e farlo volare giù dal parapetto. Ebbene, ho tenuto per me questo segreto per vedere cosa sarebbe successo. Una volta rientrati nessuno indagò. Uno sconosciuto era morto accidentalmente e nessuno aveva motivo di aprire un'indagine. Poco dopo, Peter Carey, si ritirò. Mi ci vollero anni per scoprire dov'era. Pensai che nella scatola ci fosse qualcosa di valore per spingerlo ad uccidere un uomo e che avrebbe potuto pagare il mio silenzio. La prima sera fu abbastanza ragionevole. Era pronto a darmi quello che volevo, a patto che non parlassi con nessuno. Ma la sera dopo lo trovai ubriaco e malinconico. Si vedeva che aveva dei pensieri, che qualcosa non andava. Poi, di colpo, si è scagliato contro di me, sputando e bestemmiando, con il coltello alla mano. Non ha avuto il tempo di sguainare il coltello che l'avevo già trapassato da parte a parte. L'urlo fu orribile. Un rumore infernale. Ma nessuno si svegliò e nessuno venne a vedere. Così mi sono nascosto tra i cespugli ed ho visto un uomo entrare nella baracca. Si è spaventato a morte ed è scappato. Non so chi fosse ne cose volesse. Io ho continuato a camminare per un bel po', finché non sono arrivato alla stazione di Tunbridge Wells dove ho preso un treno per Londra. Ebbene, una volta esaminata la scatola ho trovato al suo interno solo dei documenti che non si possono vendere. Così ho visto l'annuncio che avete fatto mettere e sono venuto qui.

-Una deposizione completa.- disse Holmes accendendosi la pipa -Credo, Hopkins, che dobbiate mettere il vostro prigioniero in sicurezza, questa stanza non è adeguata a lui.

-Holmes, non so come esprimerle la mia gratitudine. -disse Hopkins.

-Ho avuto la fortuna di seguire la pista giusta fin dall'inizio. Se fossi inciampato sul taccuino, avrebbe forse potuto portarmi fuori strada. Ma tutto, dall'abilità con l'arpione, alla forza necessaria, al rum, fino alla borsa di foca. Tutto indicava un marinaio, un cacciatore di balene, per la precisione. Ricordate che vi ho chiesto se c'erano altri alcolici? Whisky e brandy abbiamo detto. Quanti borghesotti bevono del rum se possono bere altri alcolici? Era sicuramente un marinaio, sul viale dei ricordi, oltretutto.

-E come l'avete trovato?

-Da questo punto in poi la soluzione è semplice. Ho immaginato che il nostro uomo era probabilmente a Londra e che voleva lasciare la città il prima possibile, visto l'accaduto. Ho fatto varie telefonate nella giornata di ieri, fingendomi un capitano intento ad organizzare una spedizione artica ed ecco il risultato.

-Fantastico!- gridò Hopkins.

-Deve liberare il giovane Neligan prima di subito, Hopkins, credo gli dobbiate delle scuse.

Hopkins condusse il prigioniero in centrale, ringraziammo gli uomini nella stanza accanto per la loro attesa e restammo soli. Calò il silenzio.

Holmes impugnò il suo violino ed iniziò a suonare alcune note drammatiche.

In quell'istante un sasso ruppe il vetro della finestra che dava su Backer Street.

Holmes si precipitò ad osservare e andò su tutte le furie vedendo che il colpevole del fatto era solamente un bambino e quindi probabilmente non sarebbe stato possibile risalire al vero mandante.

Legata al sasso con uno spago vi era un foglio di carta. Holmes lo slegò e lesse ad alta voce.

-”Siamo due sorelle, ci vediamo costantemente ma non ci incontriamo mai. Sarò li.”

-Cosa significa?- chiesi ad Holmes senza capire cosa stesse succedendo.

Holmes non mi rispose e si precipitò a tagliare un angolo del foglio. Lo mise in una provetta ed aggiunse alcuni cristalli bianchi seguiti da un liquido trasparente. La soluzione divenne marrone in un istante.

-Quello è un reagente per l'emoglobina, Holmes?

-Esattamente, John. Questa è una sfida. Odio gli indovinelli, capisco che possa sembrare strano ma li odio. Ci hanno rotto la finestra per avere attenzione, il ragazzino è inutile essendo solo un fattorino, il foglio contiene un indovinello chiaramente diretto a me, o peggio, a noi. C'era una piccola macchia sul foglio ed il reagente prova la presenza di sangue.

-L'hanno mai sfidata, Holmes, prima d'ora?

-Certo, John, ma mai così apertamente. Ci sarà da divertirsi, io credo. Per il momento, ha ancora fame? Io si. Mi accompagnerebbe a fare una passeggiata lungo il Tamigi?

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