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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un animale indomabile ***
Capitolo 2: *** Una lunga ricerca ***
Capitolo 3: *** Una mira perfetta ***
Capitolo 4: *** Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 5: *** Una drastica soluzione ***
Capitolo 6: *** Una buona ragione ***
Capitolo 1 *** Un animale indomabile ***
d
DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE
Un
animale indomabile
Di
tutti gli universi possibili, e dio solo sapeva quanti ce ne fossero,
quello in cui gli era capitato di nascere doveva essere stato per forza
generato dal caos. Non poteva esserci altra spiegazione.
Era una vera e propria assurdità che si potessero percorrere
distanze interstellari in pochi secondi, che si potesse addirittura
viaggiare nel tempo e cambiare il destino del cosmo con un solo gesto;
quando un individuo che aveva bramato conquistarlo, quell'universo, non
riusciva ad allontanarsi
da un piccolo, insignificante pianeta ai
confini del mondo conosciuto nel corso di un'intera vita. Pazzesco che
si potesse desiderare l'immortalità, ottenerla; e mettere in
gioco la propria esistenza mortale
per qualcosa di completamente
diverso. Eppure era possibile morire e tornare in vita con la stessa
facilità, in quell'universo... Interi pianeti venivano
distrutti e rigenerati con la stessa arbitrarietà, e intere
civiltà morivano e rinascevano per un singolo capriccio;
perché l'imposizione di un solo dito era in grado di
estinguere un popolo le cui origini si perdevano in tempi remotissimi,
mentre l'energia di miliardi di creature poteva a malapena essere
sufficiente ad estinguere un singolo essere.
E queste erano solo alcune delle cose illogiche che poteva capitarti di
vedere in una vita, o due... o magari tre. Tutto e il contrario di
tutto sembrava possibile. In quell'universo ogni leggenda poteva
divenire realtà... al pari di ogni incubo. E un membro di
rango nobiliare poteva sedersi e banchettare al fianco di una terza
classe senza esserne disgustato; perché alla fine quello era
un universo dove un guerriero di sangue reale, il discendente
privilegiato di una stirpe di combattenti le cui origini si perdevano
in tempi remotissimi, poteva essere più... debole di un
guerriero di terza classe.
Quell'ultima considerazione produsse una smorfia sprezzante sul suo
volto, mentre schivava con un movimento fluido e rapidissimo un raggio
di energia, che gli sfiorò pericolosamente una guancia.
In fin dei conti c'era qualcosa di rassicurante nel pensare che quella
che un tempo aveva considerato una maledizione poteva essere adesso
ciò che lo rendeva più forte. E come a dare
dimostrazione di quella forza, neutralizzò con un ki blast
un altro fascio di energia che si scagliò dritto contro di
lui ad una velocità impressionante. L'esplosione fulminea
con cui sprigionò quel ki e lo diresse con precisione, il
modo in cui lo dosò accuratamente per non danneggiare il
drone e l'estrema rapidità con cui rispose al colpo
schivando gli altri attacchi denotavano una concentrazione che
contrastava palesemente con l'espressione impassibile, quasi rilassata,
con cui eseguiva invece ogni movimento, e ancor di più con
la pacatezza con cui quei pensieri si avvicendavano senza meta nella
sua mente, seguendo un vago, contorto ragionamento. Persino lui dovette
impiegare un certo lasso di tempo per rendersi conto che continuava ad
allenarsi ormai da un po' con movimenti fin troppo automatici. Si mosse
ad una velocità a stento percepibile e, con un evidente moto
di stizza, diede un lieve colpetto sul retro di ognuno dei droni, che
continuavano a roteare intorno a lui sparando proiettili energetici.
Quasi all'unisono, i piccoli robot si fermarono a mezz'aria e planarono
lentamente sul pavimento laccato di bianco. Così fece anche
Vegeta.
Proprio
in quel momento, mentre raccoglieva da terra un asciugamano e se lo
passava svogliatamente sul volto, la luce sul soffitto della gravity
room cominciò a lampeggiare, la gravità si
abbassò fino a raggiungere quella terrestre e una donna
sulla trentina, pettinata accuratamente e vestita con un completo
scuro, fece il suo ingresso con passo spedito, reggendo una cartellina
fra le mani.
“Buongiorno Signor Vegeta” salutò
candidamente. “La signora Bulma mi manda a chiederle se
è così gentile da unirsi a lei per la cena,
questa sera.”
Benché pronunciata col più formale dei toni, la
domanda dissimulò malamente il sarcasmo con cui la diretta
interessata l'aveva formulata in origine, e l'espressione seccata del
saiyan lasciò intuire che ne aveva colto ogni sfumatura.
“No!” sentenziò brusco.
“No,
non è così gentile o No, non si
unirà a sua moglie?” insistette la donna.
Vegeta fremette impercettibilmente. “Fuori di qui!”
inveì con aria minacciosa.
“Bene, informerò la Signora Bulma.”
La donna girò i tacchi guadagnando la porta, prendendo
l'uscita poco cortese del saiyan come una risposta implicita alla sua
ultima domanda, e lui si ritrovò spiazzato per un istante,
nel tentativo di riguadagnare un contegno. La seguì con lo
sguardo mentre si chiudeva la porta alle spalle e finì per
deglutire sonoramente al pensiero che quella maledetta, efficientissima
assistente l'avrebbe informata
di certo, sua moglie. Era ovvio che
Bulma doveva aver condotto personalmente una selezione impareggiabile
per scovare una tale scocciatrice. In certi momenti aveva l'impressione
che fosse solo un altro dei suoi innumerevoli robot tuttofare; ma
provare a disintegrarla, come aveva fatto con l'ultimo che si era
infilato in bagno, finora non gli era sembrata un'idea brillante.
Mentre cercava di ritrovare a fatica un briciolo di concentrazione per
riprendere l'allenamento, cominciò a rendersi conto di avere
una certa fame. Il riferimento alla cena probabilmente aveva
risvegliato in lui quell'unica caratteristica che non si era mai
preoccupato di avere in comune con Kakaroth; il suo formidabile
appetito. E pregustando già quello che avrebbe potuto
trovare nel frigo a misura saiyan di cui era dotata la Capsule,
gettò l'asciugamano a terra e uscì con passo
deciso dalla gravity room, dirigendosi verso la cucina.
Non
era passato molto tempo da che aveva imboccato il corridoio con un
incedere a dir poco marziale, quando si accorse con serio disappunto
che il suo imperturbabile cipiglio era riflesso su ogni superficie
metallica tutto intorno e lo scrutava bieco. Quel posto era talmente
pulito che poteva specchiarsi sulle pareti... letteralmente. Un'altra
assurdità. Per un saiyan cresciuto impastandosi le mani con
terra bruciata e sangue, a imbrattarsi gli stivali di fango nelle
paludi più putride della galassia, l'ultima mania di sua
moglie di ottimizzare l'efficienza dei robot delle pulizie,
sparpagliandone a frotte in ogni dove, non poteva che essere tanto
fuori luogo quanto irritante.
A distrarlo di nuovo, o quantomeno a provarci, il
dott. Brief
spuntò in quell'istante dal fondo del corridoio, un po'
troppo allegramente. Aveva svoltato ad una notevole velocità
e spingeva, o meglio si faceva trascinare alla cieca da un enorme
carrello pieno di bottiglie e contenitori vari che sembrava molto
pesante e senza controllo. Vegeta lo schivò con un gesto
naturale e rapidissimo che riuscì a malapena ad interrompere
i suoi pensieri e, prima che lo scienziato e il suo voluminoso
equipaggiamento si schiantassero contro il muro opposto da dove erano
sbucati, aggiustò la traiettoria del trabiccolo con un
calcetto ben assestato sulla ruota anteriore destra.
Il carrello rallentò considerevolmente
e il vecchio
scienziato riguadagnò in un attimo una posizione
più stabile. “Oh, ciao Vegeta!” lo
salutò allegramente fermandosi del tutto. Il gatto nero
sulla sua spalla riservò al saiyan uno sguardo altrettanto
eloquente, ma nessuno dei due venne ricambiato. Il grugnito che si
udì a malapena, emesso già da una certa distanza,
sembrò tuttavia una risposta soddisfacente e il baffuto
ometto tornò ad ignorare l'uomo che gli aveva appena
raddrizzato
la giornata. Si chinò a raccogliere alcune
bottiglie di plastica colorata finite in terra e ne studiò
per un momento il contenuto, poi si aggiustò il camice e
proseguì per la sua strada, quando il principe dei saiyan
era oramai a un paio di corridoi di distanza.
Entrando in cucina, Vegeta pareva averne avuto abbastanza di
convenevoli terrestri e si sforzò di ignorare del tutto
l'ennesimo robot che si occupava di ordinare il piano di lavoro accanto
ai fornelli. Si diresse senza indugi verso il frigorifero,
spalancò l'enorme sportello e cominciò a
studiarne l'interno. Afferrò subito dopo il gigantesco
cosciotto arrostito di un qualche volatile e una bottiglia di plastica
verde che era finita sul fondo del ripiano, dopo averla individuata con
la coda dell'occhio in mezzo agli intrugli dimagranti di Bulma.
Addentò l'animale senza troppe formalità, mentre
faceva saltare il tappo della bottiglia sul pavimento e richiudeva il
frigorifero, accompagnando gentilmente lo sportello con una pedata.
Mandò giù il primo, succulento boccone assieme ad
una lunga sorsata e la sua espressione corrucciata sembrò
per un momento distendersi notevolmente.
Sentendosi rinfrancato dalla bibita fredda,
pensò con un
certo sollievo che forse, dopo essersi riempito a sufficienza lo
stomaco, tornare a concentrarsi sull'allenamento non sarebbe stato poi
così difficile. Riprese quindi ad azzannare il povero
animale con rinnovato appetito, ma non poté fare a meno di
notare che il robot si era voltato a scrutare il pavimento con un
movimento inequivocabile.
La macchina soffermò a lungo lo
sguardo digitale sul tappo
che continuava a rotolare e che, essendo di un bel verde brillante, non
faceva che spiccare di più sulle mattonelle chiare.
Sembrò paralizzarsi per un momento, poi alcuni circuiti
cominciarono a ronzare all'interno del corpo metallico, che
iniziò a muoversi. Vegeta si affrettò a mandare
giù il boccone con l'aiuto di un altro sorso, mentre la
bevanda cominciava già pericolosamente a scaldarsi nella sua
mano. Ma prima che il contenuto della bottiglia finisse per andare in
ebollizione, il principe convenne saggiamente che fosse il caso di
controllarsi e si limitò a gettare uno sguardo seccato
all'intero pianeta Terra.
“Maledetta ferraglia!”
mormorò a denti
stretti.
Il robot attraversò lentamente la
cucina dirigendosi verso
il tappo, poco lontano da Vegeta, che non poté fare a meno
di rilevare che quella specie di servitore metallico emetteva un ronzio
del tutto simile a quello dei computer nei laboratori al piano
interrato. Il perché avesse notato questo particolare fu
qualcosa di cui non si preoccupò minimamente;
sembrò preoccuparsi invece di decidere se farlo saltare in
aria con un ki blast oppure distruggerlo semplicemente sbattendolo al
muro con un calcio. Finì tuttavia per posare il cosciotto e
la bottiglia sul tavolo, nel mezzo della stanza. Incrociò le
braccia al petto e si fermò curioso ad osservare il robot
che si bloccava a metà strada, analizzava attentamente il
tavolo accanto a lui e tornava indietro, nella sua direzione.
Certo era strano; il criterio con cui agivano
queste macchine sembrava
sfuggirgli. Perché a quel maledetto robot ora non importava
più del tappo per terra? Forse aveva trovato un modo per
confonderlo? Forse invece erano i suoi pensieri che si erano fatti
davvero strani... e confusi, sembrò comunicare l'espressione
attonita che si impresse sul suo volto per pochi secondi.
Continuò a seguire il robot che era intento a riordinare per
qualche altro lunghissimo istante, poi convenne con se stesso che era
lui che si sentiva decisamente in modo strano, e con la coda
dell'occhio scorse un'ombra scura sfrecciargli di fianco.
***
Il
pavimento della stanza era disseminato di indumenti di varie fogge e
colori, alcune borse vuote e un numero imprecisato di scarpe, di cui
almeno quattro apparivano spaiate. Un certo numero di asciugamani
bagnati invece era buttato senza ritegno sul letto, rigorosamente
disfatto. I cuscini erano disposti casualmente lungo un lato del
suddetto letto, quello sbagliato, ma uno di essi faceva bella mostra di
sé sotto la finestra, impegnato a ribadire la propria
indipendenza. Sul tavolino da tè erano ammassati un discreto
numero di fogli, sparpagliati con un criterio che sfuggiva ad ogni
interpretazione; e un computer portatile semi aperto, abbandonato su
una delle sedie, dava l'impressione di aver bisogno urgentemente di
essere collegato alla corrente. Dell'altra sedia, oltretutto, non c'era
traccia. L'armadio era aperto per due terzi e da esso, nel bel mezzo di
un traboccante ammasso di stoffa e altri materiali non meglio
identificabili, faceva capolino un lungo vestito scuro, elegante
abbastanza per spiccare in mezzo a tutto quel caos, assicurato ad
un'anta da una stampella in velluto.
Dalla vicina stanza da bagno, nel frattempo, proveniva il frastuono di
un asciugacapelli a massima potenza, che sembrava stesse per soccombere
da un momento all'altro ed esalare letteralmente
il suo ultimo respiro.
Quando il rumore cessò, tuttavia, fu Bulma ad esalare un
profondo sospiro scocciato, facendo il suo ingresso nella camera da
letto con un completo intimo grigio scuro. Il suo sguardo febbrile
passò in rassegna l'eccidio dei suoi indumenti dispersi per
la stanza, in cerca di qualcosa da mettersi, mentre l'espressione
insofferente che aveva stampata in volto si incupiva di minuto in
minuto in preda a certe riflessioni.
Vegeta come al solito aveva trovato molto più divertente
mandare al diavolo la sua segretaria piuttosto che sforzarsi di mettere
in fila due parole e formulare una semplice risposta. Era chiaro che
doveva trovarci qualcosa di spassoso, nel farle saltare i nervi.
Perché lui
poteva passare la mattinata nella gravity room ad
allenarsi e non doveva essere disturbato, certo. Invece lei, che aveva
passato la notte e la mattina in laboratorio a perfezionare i suoi
maledetti droni, non aveva il diritto di andare a cena fuori con suo
marito, nemmeno dopo aver appena comprato un vestito stupendo che le
stava stra-maledettamente bene.
Dopo aver gettato un'occhiata compiaciuta al vestito in questione, si
affrettò ad indossare qualcosa di comodo e
soppesò, subito dopo, uno sguardo altrettanto compiaciuto
alla sua immagine riflessa nello specchio, beatamente incurante delle
scarpe spaiate, dei vestiti sgualciti, lenzuola, asciugamani e borsette
ricolme di trucchi e gioielli che facevano da cornice e da sfondo a
tanta grazia.
In quella stanza, era tassativo, i robot delle pulizie entravano
soltanto una volta a settimana, anche se normalmente Bulma impiegava
poco più di mezza giornata per ridurre i loro sforzi ad un
nulla di fatto, se proprio si fosse voluto badare ai dettagli. La
realtà era che, per quanto potesse sembrare assurdo, di
certo un saiyan, soprattutto uno di sua conoscenza, sarebbe stato molto
più ordinato di lei, se solo non fosse stato anche l'ultimo
essere nell'universo ad avere un qualche interesse nelle faccende
domestiche.
Il pensiero di quel particolare saiyan, per l'appunto, che le era
tornato alla mente quasi a tradimento, sembrò ricordarle con
rinnovato entusiasmo per quale motivo fosse tanto arrabbiata e, mentre
guadagnava l'uscita con passo risoluto, una scarpa particolarmente
sfortunata si trovò a farne le spese e finì
contro il muro a una velocità supersonica. Ormai era decisa
a cercare Vegeta nella gravity room e a costringerlo ad accettare un
invito a cena, pena la morte. E certo quelle minacce non erano state
formulate a vuoto, nei suoi pensieri, perché l'espressione
che sfoderava come un'arma mentre procedeva lungo il corridoio era
abbastanza eloquente da meritarsi il rispetto del più bieco
degli assassini.
Quella
espressione irremovibile e il suo incedere militaresco contrastavano
piuttosto visibilmente con il caos che si era lasciata alle spalle, ma
a dirla tutta, una volta abbandonata la stanza da letto padronale, un
certo contrasto con quel caos lo si sarebbe notato anche dal pianeta
dei Kaioh, data l'estrema pulizia e l'estremo rigore di ogni altro
altro ambiente della Capsule Corporation. Dovette notarlo ben presto
anche Bulma, accorgendosi che poteva ammirare chiaramente la sua
graziosa figura persino sulle pareti metalliche del corridoio contiguo
alla gravity room. Non ebbe tempo di compiacersi anche per quest'ultimo
successo, tuttavia, perché trovando la stanza gravitazionale
desolatamente vuota rimase piuttosto sconcertata.
Era strano che Vegeta non fosse lì ad allenarsi a quell'ora,
soprattutto dopo aver liquidato la sua segretaria così in
fretta; cosa che, nel linguaggio dei saiyan, significava che doveva
completare la sessione di allenamento e che nessuno, nemmeno Kaiohshin
il Sommo venuto ad annunciare la fine dell'universo, aveva il diritto
di disturbarlo. Di sicuro però, se Vegeta non si stava
allenando, molto probabilmente c'era solo un altro posto dove poteva
andarlo a cercare in quel momento; e l'andatura con cui
tornò sui suoi passi e si diresse verso quel luogo fu la
conferma definitiva che Bulma non avrebbe mai rinunciato alla sua cena,
nemmeno se Kaiohshin il Sommo fosse venuto ad annunciare la fine
dell'universo. Ormai era diventata una questione di principio.
Vegeta
aveva torto su tutta la linea, tanto per cambiare. Non era affatto vero
che i suoi robot delle pulizie fossero invadenti! Aveva attraversato
due interi corridoi, su due piani diversi, e non ne aveva incontrato
nemmeno uno! L'indignazione sembrò fare di nuovo capolino
sul suo volto e si produsse nell'ennesimo sbuffo scocciato. Quel saiyan
ne aveva addirittura fatto esplodere uno la settimana prima,
perché quel poveretto aveva osato entrare in bagno e
porgergli un asciugamano. Che cosa aveva detto? Già, che
erano troppo efficienti... come se l'essere efficienti fosse un
difetto! E guarda caso, aveva detto che pure la sua segretaria era
troppo efficiente...
La smorfia sarcastica con cui aveva sottolineato quell'ultimo pensiero
l'aveva accompagnata per diversi passi, assieme ad uno sguardo omicida,
finché non giunse a pochi metri dalla cucina.
Notò con piacere, però, a quel punto della
giornata e dei suoi ragionamenti, che uno dei suoi robot stava
effettivamente svolgendo il proprio lavoro con un contegno invidiabile,
appena fuori dalla stanza verso cui era diretta. Il piccolo domestico
metallico era tutto intento a spazzare qualcosa, ma da dove si era
soffermata ad osservare non riusciva a scorgere cosa fosse. Solo quando
fu abbastanza vicina e si chinò ad esaminare con attenzione
l'ammasso di ferraglia, spinta dalla curiosità e da uno
spaventoso, terribile dubbio, ebbe l'atroce certezza: quello che veniva
raccolto e gettato in un contenitore per il riciclo dei componenti
meccanici era proprio un altro dei suoi robot, o ciò che ne
rimaneva.
Dopo un secondo di sgomento e di incredulità, le sue
emozioni si attestarono prevalentemente sulla furia cieca. Raggiunse la
cucina in appena due falcate sicura ormai di trovare lì suo
marito, mentre passava in rassegna più volte, nel giro di
pochi millesimi di secondo, alcuni metodi efficaci per riuscire a
disintegrarlo; e oltrepassò la soglia della porta con la
fermezza di un intero esercito saiyan, assumendo una posa intimidatoria
che avrebbe fatto tremare perfino Freezer.
Dopo appena una frazione di secondo si bloccò. Tutta la sua
determinazione svanì in una bolla di sapone e si
tramutò in un'espressione esitante e vagamente confusa.
Strizzò gli occhi un paio di volte, come a sincerarsi di
aver visto esattamente ciò che aveva visto, ma questo
sembrò paradossalmente confonderla ancora di più.
“Vegeta?” mormorò con un tono incredulo
e quasi intimorito. La sua voce tradì un'evidente
incertezza. “Che stai facendo?”
Il
principe dei saiyan sedeva su una delle sedie accanto al tavolo,
davanti a sé un cosciotto ora ridotto all'osso e una
bottiglietta di plastica verde, il cui contenuto era stato svuotato
della metà. Lo sguardo era fisso al suolo, dove un tappo
dello stesso colore della bottiglia giaceva al momento immobile. Non
era il solo a studiare l'oggetto, una palla di pelo dal manto nero lo
stava fissando con altrettanta concentrazione.
Tama, il gatto di casa, allungò una zampa e toccò
il tappo, per osservarlo muoversi. Gli diede poi un altro piccolo
colpetto, facendolo scivolare accanto al piede di Vegeta. Questi
osservò la scena in silenzio e con un piccolo gesto fece
slittare il tappo verso il felino, che lo seguì con i suoi
grandi occhi vispi. Come aveva fatto la prima volta, Tama
allungò la zampina per verificare le capacità
motorie dell'oggetto. “Non lo vedi da sola?” disse
il principe rivolto alla moglie, senza guardarla. Il tappo
tornò accanto alla punta della sua scarpa appena un secondo
dopo e Vegeta gli diede un nuovo colpetto, osservando per l'ennesima
volta la reazione del gatto.
La reazione di Bulma fu, per certi versi, simile a quella del gatto.
Restò ammutolita qualche momento osservando la scena e, dopo
aver appurato quello che stava realmente guardando, la sua mente
brillante cominciò a passare in rassegna ogni possibile
scenario in cui Vegeta, il principe dei guerrieri saiyan, avrebbe
potuto intrattenere un animale domestico senza che questo
preannunciasse come minimo la fine del mondo o una disgrazia peggiore.
Non ne trovò alcuno.
“Ehm...” si schiarì la voce prendendo
tempo e cercando di scegliere le parole con cura. “Scusami...
ma stai...” non poteva credere che gli stesse davvero facendo
quella domanda. “giocando
con Tama?”
Il gatto, sentendo il proprio nome e interpretando la cosa come un
invito ad unirsi alla conversazione, miagolò convinto delle
sue
idee e colpì il tappo con una zampata più
vigorosa,
mandandolo a finire sotto il tavolo. Il principe ne seguì la
traiettoria con lo sguardo, chinando il capo per osservare il punto
esatto in cui era finito. Tama miagolò una seconda volta,
come
fosse un invito a rimediare al problema, e Vegeta studiò
ancora
una volta il felino, per poi tornare a concentrarsi sul tappo.
“È ovvio” rispose vago, dando un
ennesimo calcio al giocattolo,
che slittò sul pavimento fin troppo lucido e raggiunse e
superò l'ingresso della cucina. Saiyan e gatto non
distolsero
mai lo sguardo, mentre Bulma cominciò a chiedersi dove e
quando
aveva sbattuto la testa così violentemente da aver perso i
sensi. Perché non poteva esserci altra spiegazione.
CONTINUA…
Storia scritta a quattro mani in anni di lavoro (sì... anni!)
e finalmente abbiamo deciso di pubblicarla.
Nel ringraziarvi per aver letto il primo capitolo ci auguriamo che
vogliate seguire anche i prossimi. (non temete saranno pochi, non ci
vorranno anni per leggerli! XD)
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Capitolo 2 *** Una lunga ricerca ***
d
DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE
Una lunga ricerca
I
piedi di Trunks toccarono l'asfalto davanti alla Capsule Corporation in
un atterraggio leggero che aveva ormai consolidato negli anni. Sua
madre si era sempre raccomandata di fare attenzione e di non dare
troppo nell'occhio e negli anni aveva affinato anche
quell'abilità. Dopo aver imparato che spesso e volentieri i
suoi concittadini erano più interessati a quello che
succedeva sotto i loro piedi piuttosto che sopra le loro teste, ormai
poteva dirsi abbastanza capace; anche se qualche volta invidiava un po'
il suo amico Goten, che vivendo sulle montagne godeva di molta
più libertà di lui, nonostante non avesse il buon
nome della famiglia Brief a giustificare ogni stranezza potesse
provenire dal giardino di casa sua.
Si diede un attimo per sistemarsi lo zaino ancorato alle spalle, che
durante il volo da scuola fino a casa si era mosso sobbalzato dal
vento, ed eseguita quella che poteva essere definita la sua routine,
varcò la soglia dell'enorme casa passeggiando con la
più assoluta tranquillità. La giornata a scuola
era stata pacificamente noiosa, ma forse il pomeriggio avrebbe potuto
riservare qualche sorpresa, pensò tra se con l'ottimismo che
si confaceva alla sua giovane età, ormai al sicuro da
sguardi terrestri indiscreti.
Appena fu all'interno dell'edificio i suoi occhi azzurri si posarono
per un istante sulla segretaria, dietro la scrivania. La donna non
alzò lo sguardo neanche quando il piccolo inquilino si
premurò di salutarla con un vago
“Salve”, che l'assistente non parve nemmeno
sentire. Annotando mentalmente che non appariva di buon umore, Trunks
sembrò classificare l'informazione come poco pertinente nei
riguardi di un possibile decorso del suo pomeriggio. La
fissò per un momento in più, poi alzò
le spalle noncurante e proseguì per i meandri dell'immensa
casa.
Dovette ringraziare i suoi riflessi sovrumani se, svoltato il primo
angolo appena dopo l'ingresso, riuscì ad evitare un
robottino che gli era passato accanto indaffarato senza badare alla sua
presenza e per poco non l'aveva investito senza tanti complimenti.
“Ehi” si lamentò il bambino, seguendo
con lo sguardo il domestico metallico che sembrava tutto preso da una
qualche attività.
Il giovane saiyan inarcò un sopracciglio e storse un lato
della bocca in una smorfia, quando vide il robot sparire all'interno di
una stanza poco più in là. Non diede tuttavia
altro pensiero al momentaneo intoppo e proseguì per la sua
strada. Da qualche parte nella sua mente dovette di certo associare la
zelante macchina per le pulizie che per poco non lo aveva tramortito e
lo stato del pavimento su cui sgambettava allegro, talmente lucido e
pulito da potercisi specchiare, ma la sua attenzione sembrava agile
quanto i suoi passi lungo il corridoio e l'espressione sul suo volto
stava già seguendo un'altra strada.
Sapeva che avrebbe dovuto svoltare a destra per affrontare le scale che
lo portavano in direzione della propria cameretta. Doveva lasciare
lì lo zainetto che ancora aveva sulle spalle e magari
chiamare Goten per chiedergli se voleva andare in cerca d'avventura. Ma
il suo stomaco alieno aveva un'altra teoria a riguardo. La sua scuola
non era in grado di sfamare un saiyan, neanche con tutto il cibo nelle
dispense, pertanto l'affamato Trunks si diresse nella direzione
opposta, verso la cucina.
Si sfilò i lacci della borsa dalle spalle e la
lasciò cadere al suolo, ripromettendosi di passare a
riprenderla in un secondo momento, ma lo zaino non fece in tempo a
toccare il suolo che un secondo robot, uscito quasi dal nulla, se ne
appropriò. Trunks osservò l'inserviente svanire
dietro un angolo prima che potesse aprire bocca, ma ancora una volta,
la sua prima reazione fu l'ennesima alzata di spalle. Dopotutto non era
poi così interessato alle sorti dei suoi libri scolastici e
non si diede pensiero di rincorrere o fermare il robot.
Di certo mettersi tra un saiyan e il suo stomaco non sarebbe mai stata
un'idea brillante in nessun universo possibile, anche se il saiyan in
questione era solo un bambino, ma per l’ennesima volta il
problema non si pose nemmeno. Trunks riprese il suo incedere alla
ricerca di cibo, ignorando del tutto il pensiero o, per meglio dire,
con la spensieratezza di chi di pensieri non ne aveva proprio nessuno.
La sua espressione serena e vagamente speranzosa, che pregustava
già qualche bella pietanza succulenta sotto i denti, non
lasciava trasparire alcun dubbio sul fatto che tutta quella pace
l'avrebbe accompagnato per il resto della giornata e non sarebbe mai
svanita dietro il primo angolo.
Ovviamente fu nei pressi del salotto, per l'appunto svoltato il primo
angolo, che incappò in qualcosa che lo costrinse a
ricredersi e a rivedere i suoi piani.
Un po' incerto, il ragazzino osservò sua madre davanti alla
porta della stanza, mentre era intenta a sbirciare al suo interno.
Era abituato alle stranezze della sua famiglia da ancor prima di
imparare a camminare, quindi si chiese se fosse davvero il caso di
porsi delle domande, ma la sua infantile curiosità gli
suggerì di cambiare direzione e di avvicinarsi.
La donna gli stava dando le spalle, pertanto non si accorse della sua
presenza e Trunks, che aveva percorso il tragitto con un passo
involontariamente privo di ogni suono e degno di un piccolo ninja, le
era arrivato alle spalle senza darle alcun preavviso.
“Ciao mamma” la salutò una volta
raggiunta.
“Aaaahhhh” gridò lei saltando
letteralmente in aria come un ordigno esplosivo. “Per la
miseria Trunks!” si voltò a lanciare una terribile
occhiata di rimprovero al piccolo saiyan, ma il tono stridulo della
donna nascondeva a fatica un'inflessione preoccupata, “Quante
volte ti ho detto di non arrivare alle spalle della gen...
te…” il carattere imperioso della frase si
indebolì improvvisamente, assieme al tono di voce, che si
abbassò poco a poco fino a raggiungere un volume quasi
impercettibile. “Lascia stare” tagliò
corto agitando una mano, come se il perché avesse iniziato a
bisbigliare come una ladra fosse ovvio.
Era tornata a osservare l'interno del salotto con fare altamente
circospetto, con l'aria di qualcuno che temeva di essere stato
scoperto. “Tesoro”, si rivolse nuovamente al
bambino senza voltarsi a guardarlo, parlando a mezza voce.
“Abbiamo un grosso problema”. Il tono che aveva
usato rasentava la gravità di un messaggero di morte.
Trunks fissò sua madre come se fosse impazzita,
“Ehm... che tipo di problema?” bisbigliò
anche lui istintivamente. Si avvicinò ed imitandola le
sgusciò accanto, trovando uno spazio tra la donna e la
parete per osservare l'interno del salotto.
La scena che si poteva osservare da quella prospettiva pareva aver
catturato l'attenzione della scienziata in modo assoluto. Fu quella la
prima impressione del giovane saiyan. Soltanto restandole accanto
sarebbe stato facile percepire la sua agitazione, anche non possedendo
i sensi sviluppati di un guerriero.
“È tuo padre…”
sentenziò inquieta senza distogliere lo sguardo dall'oggetto
delle sue preoccupazioni. Trunks fu attratto nella stessa direzione.
Vegeta, completamente assorto in quello che sembrava uno strano
monologo interiore, era intento a sollevare e a spostare con una certa
meticolosità tutti i mobili del salotto, all'apparenza in
cerca di qualcosa. L'intensa concentrazione con cui eseguiva questa
minuziosa operazione sembrava in effetti un aspetto non irrilevante,
dato che il saiyan non si era accorto di essere spiato e continuava a
borbottare con una certa stizza parole incomprensibili da un tempo
decisamente troppo lungo.
“Guarda!” sussurrò Bulma con
un'inflessione a dir poco angosciata nella voce. “Sono almeno
dieci minuti che va avanti così!” non fece alcuno
sforzo per non apparire melodrammatica. “Sta parlando da
solo!”
Trunks sollevò di nuovo lo sguardo per osservare sua madre.
Per un lungo istante si domandò se dovesse essere
più preoccupato per lei o per suo padre, indeciso su chi dei
due si comportava nella maniera più bizzarra.
Lì per lì, sembrò optare sulle prime
che sua madre poteva essere la vincitrice di questa peculiare gara, ma
quando diresse lo sguardo ancora una volta verso il salotto, si accorse
che suo padre stava ancora sollevando mobili, uno dopo l'altro, e con
un sopracciglio inarcato si soffermò ad osservarlo con
più attenzione. Di tutte le cose strane che poteva fare,
questa era una novità. Almeno di questo doveva rendere atto
alla madre.
Non era certo difficile per il principe dei saiyan sollevare
l'arredamento di casa come se stesse alzando scatoloni vuoti, questo
non era il problema. La cosa strana, cominciò a riflettere
Trunks, era che non si fosse ancora accorto della loro presenza.
“Forse...” cominciò un po' perplesso,
“forse si sta solo allenando” suppose poco convinto
e ancor meno convincente.
“Ah, non dire sciocchezze!” piagnucolò
rassegnata Bulma. “Non l'ho mai visto fare una cosa
così assurda. E pensa che prima…”
“Tu!” Il tono perentorio del principe dei saiyan
riuscì a farla trasalire ancora una volta e la donna si
ammutolì di colpo, rimanendo in attesa come ne andasse della
propria sopravvivenza.
Da quel particolare punto d'osservazione non si poteva scorgere la
singolare espressione assorta di Vegeta, che dava le spalle al duo
appostato appena fuori la porta, e quelle parole suonarono fin troppo
come una specie di minaccia. “Non stare lì
impalato! Potresti anche darmi una mano”
“Ce l'ha con te!” dichiarò brusca la
donna. E, mentre parlava, con un movimento altrettanto deciso
spintonò letteralmente suo figlio all'interno del salotto,
incoraggiandolo ad avvicinarsi a suo padre con un goffo gesto della
mano che non riuscì affatto ad apparire rassicurante come
avrebbe voluto.
Il bambino diede un'ultima disperata occhiata alla donna, prima di
compiere qualche altro passo all'interno della stanza.
Deglutì nervoso, avvicinandosi a suo padre con
circospezione. Di certo era arrabbiato, l'aveva compreso dal suo tono
di voce, e questa non era affatto una buona premessa. Tuttavia, mentre
osservava le spalle dell'uomo sollevare lo stesso mobile che gli aveva
già visto alzare un paio di volte, Trunks
cominciò a convincersi che doveva esserci per forza una
spiegazione plausibile per quello che stava facendo.
D'altra parte si era accorto di loro e questo era ovvio. E si era
arrabbiato perché stavano lì a spiarlo. La veloce
disamina di tali pensieri bastò a dissipare ogni dubbio
sull'efficienza delle facoltà mentali del padre e
l'espressione del ragazzino si distese notevolmente. Sua madre stava
solo esagerando, pensò tra sé. Non era quello che
faceva sempre?
Cominciò a quel punto ad essere vagamente curioso.
“Che c'è papà? Cosa vuoi che
faccia?” gli chiese una volta raggiunto.
Vegeta si voltò di scatto e fissò sul giovane
saiyan uno sguardo fin troppo penetrante e... sorpreso? Dopo aver
appoggiato non proprio delicatamente a terra l'ennesimo complemento
d'arredo, si limitò a scrutare per un momento il bambino e a
riflettere su qualche oscura questione.
“Che vuoi, Trunks?” lo interrogò brusco.
“Nessuno ti ha chiesto niente!”
Un secondo dopo era di nuovo intento a sollevare mobili e a ignorare
suo figlio, che si ritrovò piuttosto confuso a scandagliare
ancora più attentamente ogni sua mossa, incapace di
allontanarsi.
Era evidente ormai che fosse in cerca di qualcosa e che, a giudicare
dal modo in cui si stava adoperando, doveva essere anche qualcosa di
estremamente importante. E... no, non si era accorto di loro.
“Ti avverto, non ho intenzione di perdere ancora altro
tempo!” inveì poi all'improvviso, sollevando per
la terza volta il divano. Stava continuando a scrutare sotto il mobile,
che teneva in equilibrio con una mano sopra la testa. “La
prossima volta vai a cercartelo da solo, sia chiaro!” il suo
tono di voce era alterato, ma sembrava non avesse alcuna intenzione di
rinunciare alla sua accurata ispezione.
“Eh? Pap... papà? Ti senti bene?”
domandò Trunks, cominciando a credere che in fin dei conti
sua madre non era poi impazzita del tutto. Il problema era che non
poteva dire la stessa cosa di suo padre e questo, in linea di massima,
era un fatto ben più grave, se non altro perché
del tutto inedito.
Non ottenendo alcuna replica dal genitore, intento per l'ennesima volta
ad alzare una poltrona, Trunks si voltò alle sue spalle per
cercare lo sguardo della madre. Con un cenno del capo le fece capire
che non aveva scoperto molto per quel che riguardava lo strano
comportamento di Vegeta, ma sembrò intenzionato a non
arrendersi e ad indagare ancora un po', cominciando a guardarsi intorno
in cerca di qualche indizio.
Ad attirare la sua attenzione e a fornirgliene uno piuttosto decisivo,
fu un miagolio proveniente dal basso. Trunks abbassò lo
sguardo sul pavimento e si ritrovò ad osservare Tama, che lo
fissò con i suoi grandi occhi felini.
“Miao” ripeté il gatto, come se stesse
cercando di dirgli qualcosa.
Accanto alle zampe dell'animaletto di casa, il piccolo saiyan
notò quasi subito il tappo di una bottiglia di plastica.
Inarcò un sopracciglio per un attimo, in preda a una qualche
bizzarra ipotesi, che sembrava farsi sempre più bizzarra e
concreta, mentre tornando ad osservare la schiena di suo padre
continuava ad ascoltarla aggirarsi nella propria testa. Non
è che...? Terminare quel pensiero scandendone chiaramente le
conclusioni fu pressoché impossibile.
“Scusa papà... devo... andare”
mormorò, in parte consapevole che nessuno lo stesse
ascoltando. Fece i primi passi all'indietro in direzione della porta e
quando fu abbastanza certo che nessuno lo avrebbe fermato, si
voltò e cominciò a correre.
In un istante raggiunse l'uscita e appena lo fece tornò a
guardare Bulma, “Mamma!” fu l'unica cosa che
riuscì ad esclamare, ormai preoccupato.
“Visto?!” esclamò Bulma fin troppo ad
alta voce. Parve accorgersi dell'imprudenza un secondo dopo e
ricominciò a sussurrare. “Che ti avevo
detto?” mormorò nervosa mentre afferrava suo
figlio e lo trascinava al riparo nel corridoio, facendogli scudo col
suo corpo. Si sporse solo un attimo dopo a osservare di nuovo
all'interno del salotto con un'aria molto cupa. Trunks la
imitò, cercando di sbirciare anche lui ancora una volta,
aggirando sua madre che ormai era decisa a tenerlo al riparo quasi a
forza.
“Potevi anche dirmelo che lo avevi trovato tu quel dannato
tappo!” sbottò ad un tratto Vegeta.
Nemmeno le avesse lanciato un ki blast, la scienziata si
ritrovò a fare un brusco passo indietro e si
voltò con aria sgomenta a guardare il bambino, costretto
anch’egli ad indietreggiare all'unisono con lei.
Bulma restò in silenzio per un paio di secondi che
sembrarono eterni, poi fece un lungo sospiro e ritrovò, non
senza difficoltà, una certa calma e una fin troppo ostentata
sicurezza.
“Ok”, si fece forza rivolgendosi a suo figlio.
“Tuo padre sta parlando col gatto, ma andrà tutto
bene” “Con il gatto?!” esclamò
Trunks. Il tono forzatamente fiducioso e rassicurante che aveva usato
la donna probabilmente non avrebbe convinto nemmeno il suddetto gatto e
l’impressione che ebbe in quel momento il piccolo saiyan fu
che qualcuno lo avesse appena colpito con una certa forza sulla zucca.
Lei però non si curò di chiosare le sue
deduzioni, se mai le si sarebbe potute definire tali, e
tornò inquieta a sbirciare Vegeta, che era intento a
rimettere a posto con molta cura i mobili che aveva spostato e aveva
cominciato a studiarne attentamente la composizione.
“Deve esserci una spiegazione, è
ovvio…” continuò non troppo convinta,
“Q… quale spiegazione, mamma?”
balbettò Trunks, completamente inascoltato. Sua madre
sembrava di gran lunga più concentrata in un dialogo con se
stessa e il tentativo del ragazzino di dedurre qualche conclusione dai
ragionamenti della scienziata si tramutò in un nulla di
fatto.
Ad un certo punto Bulma si mordicchiò per un momento il
labbro inferiore e si fece per un attimo più concentrata,
segno che qualcosa di concreto le stesse passando per la testa.
“Trunks, penso di sapere come fare a capirci
qualcosa!” annunciò ad un tratto con un barlume di
speranza nello sguardo. “Davvero? Che cosa vuoi
fare?” le domandò il figlio, fissando i suoi occhi
in quelli di lei e aggrappandosi con fiducia a quella speranza.
“Vieni!” lo esortò lei, mentre
raggiungeva a passo spedito le scale in fondo al corridoio.
“E speriamo che funzioni...” aggiunse tra
sé sospirando.
Trunks si guardò un’ultima volta alle spalle per
verificare la situazione all’interno del salotto. Dopo aver
esitato per un istante in più si decise a seguire sua madre.
CONTINUA…
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Capitolo 3 *** Una mira perfetta ***
d
DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE
Una mira perfetta
Goku
si limitò ad affilare lo sguardo verso il limitare della piccola
spianata appena dietro l'edificio principale, in direzione del margine
ovest del giardino. Si schermò con una mano dai raggi del sole,
che avevano appena iniziando ad abbassarsi, e si sforzò di
osservare la scena con tutta l'attenzione che riusciva a permettersi.
Sembrò maledettamente concentrato per alcuni interminabili
secondi, mentre tutto intorno calava un silenzio di tomba e la tensione
sembrava farsi sempre più palpabile. Quando si decise a voltarsi
e a rivolgersi alle due persone che trattenevano il fiato, appena
dietro di lui, non poté fare a meno di esordire sospirando, come
a ribadire che ci aveva riflettuto a lungo e con cognizione di causa
e... no,
non stava affatto per dare della pazza alla donna più spaventosa
dell'universo. “Ma sei proprio sicura che sia così grave,
Bulma?”.
Lei additò il marito ad alcuni metri di distanza,
“Guardalo, Goku! Ti sembra normale?” insistette per
l’ennesima volta, la voce stridula che parve toccare una nuova
intensità di decibel. Al suo fianco Trunks annuì
vistosamente per darle manforte e Goku fu costretto a tornare a
osservare la scena, sforzandosi di esaminare meglio la situazione.
“Beh, ecco... ” ebbene sì, forse il concetto di
normalità era qualcosa di difficile da definire
nell’universo in cui viveva. A voler essere proprio pignoli,
c'erano due o tre cosette che probabilmente avrebbero potuto destare in
lui una qualche apprensione, se solo si fosse ricordato di come in
quell’universo non fosse poi così difficile che una
giornata iniziata così serenamente come quella si tramutasse nel
peggiore degli incubi. Nonostante il suo innato ottimismo infatti, il
modo in cui si stava configurando il pomeriggio sembrava appunto
volergli rammentare proprio questo tipo di circostanza, perciò
Goku, dopo essere stato strappato quasi a forza dalle sue mansioni nei
campi e aver rischiato almeno un paio di volte la vita - e peggio
ancora la cena - per convincere sua moglie, aveva deciso che fosse il
caso di impegnarsi almeno un po', se non altro per non contrariare
Bulma.
“Ora che mi ci fate pensare...” l'espressione con cui si
era messo nuovamente a scrutare Vegeta, a quel punto, sembrò una
volta per tutte voler comprovare degnamente la sua presenza lì.
Ignaro di essere osservato, il principe dei saiyan si poggiò una
mano al mento fissando con estrema attenzione la siepe che aveva
davanti. Come se ciò non bastasse chinò il capo prima da
un lato poi dall'altro, ripetendo l'operazione altre due o tre volte.
Goku aggrottò la fronte ancora più eroicamente di prima,
alla ricerca di qualcosa che assomigliasse a una minaccia... ma no,
proprio non ci riusciva! Con tutte le migliori intenzioni non poteva
convincersi, e finì ben presto per scrollare le spalle e
grattarsi la nuca con un gesto nervoso in cerca di un appiglio.
L'universo e il pianeta Terra, in quel preciso istante, non parevano
minacciati da alcun potere oscuro e malvagio, su questo non potevano
esserci dubbi. E dopo essere giunto a questa amara
conclusione sospirò un'altra volta, più rassegnato di
prima, tornando a dare le spalle al principe dei saiyan e a rivolgersi
al resto della sua famiglia.
“Bulma, a parte il fatto che mi sta ignorando non mi sembra che
ci sia nulla di stra... Eheh... Aspetta!” gli occhi scuri
s'illuminarono all'improvviso. “Che mi sta ignorando non è
mica strano!” concluse ridacchiando con una certa soddisfazione.
Bulma avrebbe voluto strozzarlo. Per quanta fiducia avesse nell'amico
di sempre c'erano dei momenti nei quali dubitava riuscisse ad
allacciarsi le scarpe da solo. Immusonita e frustrata lo guardò
in una sorta di supplica nell'intento di ritrovare la calma che aveva
ormai perso le speranze di recuperare.
Si concesse un sospiro in un ultimo disperato tentativo.
“Goku...” iniziò controllando il tono di voce al
meglio delle sue possibilità. Lui la osservò furtivo, con
la massima cautela, cominciando a presagire il peggio.
“Tu credi che ti avrei fatto venire fin qui per nulla se non ci fosse qualcosa di strano?!”
bisbigliò a denti stretti, incrociando lo sguardo con quello del
saiyan.
“Già, ma...” il saiyan in questione si voltò
a controllare di nuovo Vegeta e gli sfuggì un gemito rassegnato.
Certo che ce la stava mettendo proprio tutta, questo almeno Bulma non
poteva rimproverarglielo. “Al telefono sembravi ma...”
l'istinto lo spinse a interrompere bruscamente la frase, un secondo
prima di commettere un errore che poteva costargli la vita.
Bulma incrociò le braccia e lo fissò seria, quasi come se volesse avvisarlo di valutare le sue parole. “Maledettamente
spaventata!” aggiunse Goku all'ultimo momento, cercando
ostinatamente qualche appiglio nell'espressione ansiosa di Trunks,
prima di tornare a rivolgersi all'amica. Il ragazzino sembrava confuso
almeno quanto lui.
“Cosa vuoi che faccia, esattamente?” le chiese nel modo
più disponibile possibile. “Vai a parlare con lui!”
ordinò subito la scienziata, poggiando le mani sulle spalle
dell'amico e costringendo quest'ultimo a girare su sé stesso.
“Siete entrambi saiyan, potrebbe essere una delle vostre stranezze” aggiunse spintonandolo in direzione del marito.
“Ma di che stranezze parli?” protestò non troppo
convinto Goku. Puntò gli stivaletti a terra in modo infantile,
nel tentativo di estorcere qualche indizio in più alla donna che
lo stava letteralmente spingendo incontro al pericolo. “Che gli
devo dire?” “Non m'interessa cosa gli dici... basta che
scopri cosa gli sta succedendo” insistette lei, usando tutta la
propria forza per allontanare il saiyan che tuttavia non si smosse di
un solo millimetro.
“Bulma cara...” mormorò una voce alle spalle del terzetto.
Furono tutti costretti a voltare il capo nella medesima direzione. Il
Dott. Brief infilò le mani nelle tasche del camice, osservando
la scena con la più assoluta calma, “Stavo cercando il
carbur...” “Non ora papà! Ho cose più
importanti a cui pensare” lo interruppe la figlia. Tornò a
riportare la propria concentrazione sull'amico nel giro di un secondo e
ricominciò a spintonarlo “E ora vai, Goku!”
Goku si staccò malvolentieri da terra gettando un'occhiata
sconsolata al Dott. Brief. Dopo aver riposto in lui la vaga speranza di
essere tratto in salvo, si ritrovò ad osservarlo mentre lo
stesso si spostava flemmatico verso l'edificio principale e scrollava
le spalle. Senza volerlo, finì per pensare che in quel momento
probabilmente Chichi stava preparando la cena, e dovette sforzarsi non
poco per dimenticarsi che a pranzo aveva mangiato solo quattordici portate, muovendosi una volta per tutte in direzione delle siepi in fondo al giardino.
Atterrò con tutta calma accanto al principe dei saiyan, che
intanto si era avvicinato alla siepe come a volerla valutare con
maggiore attenzione, con la netta sensazione che dietro di lui, a
qualche metro di distanza, Bulma e Trunks lo stessero osservando con
fin troppa attenzione.
“Ehi, Vegeta!” esordì allegramente.
Ci fu un attimo di silenzio, prima che Vegeta si voltasse a squadrare
il nuovo venuto. Fu come se lo vedesse per la prima volta e per un
breve istante strizzò gli occhi cercando di mettere a fuoco
l'altro saiyan, “Kakaroth!” esclamò dopo un tempo
che parve infinito.
“Come va?” s'informò Goku, ottenendo in risposta un
leggero annuire del capo, “Tutto bene” disse l'altro.
Tutto bene. Perché invece cominciava ad avere la sensazione che non fosse esattamente così?
Vegeta indugiò per un altro secondo prima di tornare alla siepe,
poi di punto in bianco fece comparire un ki blast sul palmo della mano
rivolgendolo verso l'arbusto. Il colpo partì immediatamente
sfiorando la pianta, che perse una manciata di foglie. Si
soffermò ad osservarla per un altro istante chinando il capo da
un lato in un gesto che aveva già compiuto diverse volte negli
ultimi minuti e Goku si trovò involontariamente a ripetere
quella posa, inclinando la testa all'unisono con Vegeta, come se
cercasse di cogliere anche lui qualcosa d'importante. Peccato che non
vedeva niente.
“Non trovi anche tu che sia un po' storto?” domandò
il principe, ancora immerso in una profonda concentrazione.
“Ehm...” Goku si concentrò insieme a lui con
rinnovata attenzione. “Storto...” pronunciò fra
sé e sé a bassa voce. Era più un'affermazione che
una domanda. “Di che cosa stai parl...” quella era
decisamente una domanda, ma non riuscì a pronunciarla per
intero, incantato dai gesti dell'altro.
Una nuova sfera d'energia comparve nella sua mano e Vegeta la
puntò nuovamente alla siepe con il chiaro intento di farle
seguire il percorso che aveva già fatto la prima.
“Ma che stai facendo?” chiese a quel punto Goku,
arrendendosi. Un'inflessione curiosa nella voce e un'espressione
sorridente accompagnarono la domanda.
“Sto potando le siepi” rispose il principe alzando la mano.
Per un attimo il braccio di Vegeta sembrò prendere la mira,
oscillando da un lato all'altro.
“Ok” rispose accondiscendente Goku, per niente convinto.
Per quanto non fosse sua abitudine saltare a conclusioni catastrofiche
tanto presto, dovette ammettere che quello a cui stava assistendo non
poteva essere del tutto normale.
Vegeta assunse un'espressione di pura concentrazione e solo dopo alcuni
istanti il ki blast lasciò la sua mano. L'espressione del suo
interlocutore, peraltro, a quel punto non era molto diversa.
Ci pensò su un momento. “Perché?” chiese con sincera curiosità... e del tutto inutilmente.
L'esplosione in realtà non colpì l'arbusto che stava potando,
ma quello che, fino a pochi secondi prima, cresceva a qualche metro di
distanza. “Tsk” commentò Vegeta, assottigliando lo
sguardo, il braccio ancora teso davanti a sé.
Dunque, la situazione era questa: l'orgoglioso principe dei saiyan si
reggeva in piedi a malapena e non era capace nemmeno di prendere la
mira, sempre che quello a cui stesse mirando fosse qualcosa che avesse un senso di per sé; rispondeva a stento alle sue domande ed era anche gentile.
No, era ovvio che ci fosse qualcosa che non andava. Cominciò a
credere che, probabilmente per la prima volta in vita sua, Bulma non
stesse proprio esagerando.
Vegeta parve elucubrare per un istante. Su cosa nessuno sarebbe stato
in grado di dire, figuriamoci Goku. Assottigliò lo sguardo. Per
l'ennesima volta una minacciosa luce irradiò dalla sua mano,
costringendolo a ripetere l'operazione. Questa volta centrò in
pieno il cespuglio che perse ben più di qualche semplice foglia.
“Ora va molto meglio” farfugliò ammirando la sua
opera e la siepe ora palesemente pendente da un lato.
“Bene!” esordì Goku con malcelato sospetto e un tono
deciso che sembrava più un'auto-esortazione. Ma non andava bene
per niente.
Se Vegeta usciva di senno potevano essere guai seri. E poi -
soprattutto! - chi lo avrebbe spiegato a Bulma?! “Io adesso devo
proprio andare” disse a voce alta, ancora una volta beatamente
ignorato.
Cominciò ad allontanarsi con molta calma, riflettendo sul da
farsi. Si prese tutto il tempo necessario per pensare a come avrebbe
riferito a Bulma le conclusioni a cui era giunto nel modo più
diplomatico possibile. Rischiare che uscisse di senno anche lei sarebbe
stato ancor più problematico.
Quando fu abbastanza vicino da avvertire chiaramente l'ansia dell'amica
e del ragazzino di fianco a lei, sfoderò uno dei sorrisi
più rassicuranti del suo repertorio. “Credo che sia
impazzito” esclamò candidamente.
Studiando la scena da lontano, Bulma si era già messa le mani
tra i capelli, le parole di Goku le giunsero quindi come la fatidica
ultima goccia. Senza preavviso e con uno slancio imprevisto,
afferrò il saiyan per il colletto della maglietta,
“Coooosaaaa?!” sbraitò.
Goku scattò di un passo indietro con un'espressione
terrorizzata. “Ehi Bulma, aspetta!” farfugliò in
preda alla confusione, mentre cercava invano di divincolarsi. Per un
momento si chiese se fosse stato lui a farla arrabbiare così...
ma poi che aveva fatto, in realtà? Non era Vegeta quello che
stava polverizzando le siepi?
“Mamma, papà starà bene, vero?” si
preoccupò il ragazzino accanto a lei, ma la madre era troppo
impegnata a scuotere l'amico con vigore per ascoltare le parole del
piccolo Trunks. “Come sarebbe a dire che è impazzito,
Goku? Che cosa è successo? Cosa ti ha detto?” urlò
Bulma agitando l'altro con veemenza.
“Ma...” dopo l'iniziale spavento, il saiyan diede segno di
aver cominciato a capirci qualcosa. “Veramente...”
deglutì sonoramente tra uno strattone e l'altro e un secondo
dopo stava già ritrovando la sua proverbiale prontezza di
spirito. “Veramente cosa?” lo imbeccò Bulma sempre più agitata, smettendo di smuovere l'amico per un breve istante.
Goku prese a grattarsi la nuca come era solito, mentre cercava di
scegliere di nuovo le parole adatte. “Non so...”
provò a spiegare assumendo una posizione stabile, nel contempo
la donna continuò a fissarlo con crescente aspettativa.
Per uno dei guerrieri più potenti dell'universo, conversare
tranquillamente con una terrestre attaccata alla gola che tentava di
strangolarlo forse non era nulla di speciale, ma quella particolare terrestre aveva il potere di spaventarlo a morte in certe occasioni. E questa era una di quelle.
“Mi ha parlato di certe piante” rispose cautamente.
“Piante?” domandò lei inarcando un sopracciglio in
un'espressione perplessa.
Alle loro spalle il suono di un’esplosione improvvisa
rimbombò per tutto il vicinato. Bulma si scorse leggermente
oltre le spalle dell'amico giusto in tempo per notare una nuvola di
fumo alzarsi nel punto esatto in cui, un tempo, crescevano gli arbusti a delimitare il proprio giardino.
Tradendo la preoccupazione riflessa nello sguardo, Bulma tornò a
fissare Goku, che per un attimo si era voltato anche lui. I suoi occhi
azzurri parvero chiedergli in silenzio “Dammi una spiegazione!”.
Ok, Goku doveva ammettere che di quello che aveva detto Vegeta lui
proprio non aveva capito un tubo. “Si comporta in modo
strano” concluse poi tagliando corto, più o meno
soddisfatto. In fin dei conti questa era l'unica cosa di cui era certo.
La terrestre riprese a scuoterlo con ritrovato vigore, “Gokuuuu!
Fin qui c’ero arrivata anch’io! È per questo che ti
ho chiamato, ricordi?” la presa delle sue mani ricominciò
a stringersi, “Tu devi aiutarmi a capire cosa gli è preso!” concluse.
“Ok” rispose d'istinto il saiyan, più per evitare di
essere strattonato fino alla morte che per un'effettiva padronanza
della situazione.
Bulma e Trunks sembravano davvero preoccupati però, così
Goku si sforzò per l'ennesima volta di riflettere seriamente. Si
voltò di nuovo per dare un'occhiata fugace al principe dei
saiyan e per un momento una qualche idea sembrò balenargli nello
sguardo. Gli occhi scuri rotearono pensierosi verso l'alto, poi
tornò a fissare l'amica con un'espressione esitante, come se
fosse indeciso se parlare o no. “Sai, Bulma...”
esordì poi in tono pacato. “A dire la verità non
penso proprio di poterti aiutare”. Quella... cosa andava ben oltre le sue possibilità.
Nel frattempo un'altra parte della siepe svanì per sempre in una nuvola di fumo.
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Capitolo 4 *** Un aiuto inaspettato ***
d
DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE
Un aiuto inaspettato
Il
brusio che si levava dal giardino della Capsule Corporation, tra acuti
isterici e borbottii più grevi, si poteva avvertire
chiaramente anche da una certa altezza, pur non essendo dotati di un
udito così straordinario.
La piccola folla radunata nei pressi dell'ingresso sembrava incurante
del fatto che il sole fosse tramontato ormai da un paio d'ore e che
stesse cominciando a rinfrescare e, appena i due namecciani atterrarono
a pochi metri dall'eterogeneo gruppetto, la donna dai capelli azzurri
diede un acuto più molesto dei precedenti e si fece largo a
gomitate fino a piazzarsi davanti ai nuovi arrivati, con una postura
decisa e un'espressione determinata.
“Ah, bene” affermò come se quello fosse
un saluto, “Ci siete anche voi!”.
Piccolo la fissò per un attimo, indeciso su cosa rispondere,
ma fu anticipato di un soffio dal saiyan dai capelli lilla che
sgusciò fuori dal gruppo un secondo dopo sua madre e lo
salutò allegro a sua volta. “Ciao Signor
Piccolo!”, esclamò dopo aver spintonato con un
certo entusiasmo il vecchio maestro Muten e Yamcha, che si videro
sbalzati di lato non troppo delicatamente.
L'operazione congiunta della scienziata e di suo figlio aveva costretto
anche Crilin e C18, accanto agli altri due, a fare affidamento sui
propri riflessi e a scostarsi in tutta fretta con un balzo
all'indietro; e l'effetto a cascata non aveva risparmiato nessuno,
nemmeno Tenshinhan e Jiaozi, che pur essendo in disparte avevano
evitato per un soffio di finire lunghi sul prato, e Gohan e Videl che,
intenti a salutare anche loro i nuovi arrivati, si erano distratti
rischiando di travolgere il povero Yamcha finito per terra.
“Ciao Dende!” continuò a salutare il
bambino, incurante dello scompiglio che aveva provocato.
Il radunarsi di quell'improvvisata ed eccitata assemblea sembrava aver
cancellato almeno in parte la preoccupazione dal suo volto. Sua madre,
al contrario, era a dir poco elettrizzata. “Beh, che fate
lì impalati?” s'informò incrociando le
braccia al petto e iniziando a tamburellare nervosamente un piede sul
prato.
“Ciao Trunks... ciao Bulma...” rispose timidamente
il Dio della Terra, deglutendo sonoramente.
Gettò un'occhiata incerta alle spalle della donna, al
gruppetto di persone che cercava di ricomporsi in maniera dignitosa
“Ciao a tutti...”, e si rivolse subito dopo al suo
compagno, esitando impercettibilmente in cerca di una qualche risposta.
Questi incrociò le braccia, seguendo un percorso simile con
lo sguardo. “Mh” mormorò tra
sé, prima di rivolgersi alla padrona di casa, “Si
può sapere qual è il problema?”
domandò infine, senza nascondere il fastidio di essere stato
trascinato lì per un motivo con ogni probabilità
assurdo.
“Vegeta ha qualcosa che non va”
piagnucolò insofferente Bulma.
“Ha qualcosa che non va!” le fece eco Trunks tutto
serio.
Entrambi fissarono uno sguardo di supplica prima su Piccolo, poi sul
giovane Dende; e infine tornarono all'unisono a rivolgersi al
namecciano adulto che di conseguenza inarcò un sopracciglio
pensieroso. “E nessuno di loro è stato del minimo
aiuto!” aggiunse polemica la donna gettando un'occhiataccia
di sbieco al confuso insieme alle sue spalle.
Dopo uno sguardo complice con l'altro namecciano, Piccolo si rivolse
all'improbabile folla che gli era stata indicata in cerca di qualche
informazione più precisa, ma finirono tutti per scrutarlo
con aria interrogativa, in attesa loro stessi di una qualche
spiegazione, mentre in un modo o nell'altro si sforzavano di ignorare
le occhiatacce di Bulma con malcelata inquietudine.
Sebbene non fosse proprio convinto di quello che stava cercando di
dire, Gohan si decise ad intervenire provando a fare un minimo di
chiarezza, “Quelle siepi laggiù sembrano essere
opera sua… Cioè, credo...” ovviamente
con scarsi risultati.
“Le siepi?” mormorò interrogativo
Piccolo, scostando ora lo sguardo sulle dirette interessate... o su
quello che di esse era rimasto.
“Sì esatto, e poi c'è il
gatto!” s'intromise Bulma con una certa agitazione.
“E il divano in salotto!” aggiunse Trunks.
“Già, il gatto in salotto!”
annuì nervosamente la donna.
“Il gatto? Il divano? Si può sapere di cosa state
parlando?” continuò a domandare il nativo di
Namecc.
“Quando siamo arrivati io e 18 stava parlando con i
vicini” aggiunse Crilin.
“Ma se volete sentire la mia opinione...”
intervenne Yamcha mentre ritrovava una posizione eretta e un contegno
spolverandosi la giacca, “Questo nuovo Vegeta è
molto meglio di quello che avevamo. Quando abbiamo parlato mi
è sembrato gentile...”
“Gentile...” sussurrò fra sé
Dende, perso in qualche congettura.
“Ma che accidenti stai dicendo?!” sbottò
isterica Bulma.
Il giovane dio per poco non finì a terra pure lui dallo
spavento, ma si accorse quasi subito che non era nella sua direzione
che la donna stava inveendo. “Io non lo voglio
gentile!” sbraitò la donna all'indirizzo di
Yamcha. “Ok scus...”
“Cioè...” aggiunse concitata ignorando
l'amico. “Insomma, io rivoglio il mio Vegeta!”.
Il tono di voce della scienziata aveva richiamato l'attenzione di tutti
i presenti, che si erano allontanati da lei assai allarmati e avevano
creato il vuoto intorno al terrestre. Rimasto pericolosamente allo
scoperto, Yamcha cercò di ritornare fra i ranghi e di
riunirsi al gruppo in cerca di protezione, ma si vide rivolgere
all'improvviso uno sguardo di fuoco che avrebbe fatto impallidire il
più temibile dei criminali galattici. Finì per
farsi scudo in preda al panico col piccolo Trunks, che essendo il
più intrepido della truppa era quello più vicino
a lui e si ritrovò ad un tratto sbattuto in prima linea.
“E poi nessuno vuole sentire la tua opinione,
capito?!” “Mamma?” mormorò
incerto il ragazzino, intercettando quell'invettiva con malcelata
apprensione.
Piccolo osservò a turno i vari interlocutori, poi
tornò ad osservare Bulma, che aveva iniziato a rimuginare
tra sé a tempo di record mordicchiandosi il labbro
inferiore. “Dov'è adesso?”
s'informò.
“Oh sì, giusto!” la domanda
sembrò riscuoterla. “Goku lo sta tenendo
d'occhio” affermò con un tono vagamente fiducioso,
guardandosi intorno in cerca dei due saiyan.
Seguendo l'esempio della padrona di casa, l'intera combriccola, inclusi
i due namecciani, cominciò a vagare con lo sguardo in ogni
direzione.
La ricerca durò meno di qualche istante, ma di saiyan ne fu
trovato solo uno.
Goku, sentendosi al centro dell'attenzione, sollevò gli
occhi dal pacchetto di biscotti che reggeva con una mano. Fece sparire
un dolce nella propria bocca con tutta calma, prima di studiare con
vago interesse i volti familiari dei suoi amici. Masticando,
pronunciò alcune parole che suonarono in un primo momento
incomprensibili. Tuttavia, alle orecchie ben allenate dell'intero
gruppo, la frase appena pronunciata riuscì a risultare
più o meno come un “Cosa
c'è?”.
Bulma lo squadrò da capo a piedi come se dovesse nascondere
qualcosa dentro quel pacchetto. “E adesso dove accidenti
è Vegeta?!” domandò esalando un gemito
esasperato.
La maggior parte dei presenti riprese a guardarsi intorno con fare
circospetto, mentre Dende e Piccolo si scambiavano l'ennesima occhiata
fin troppo eloquente.
“Non dovevi tenerlo d'occhio tu, papà?”
chiese Gohan, pentendosi un secondo dopo di aver fatto quella domanda.
“Mica l'hai lasciato da solo?” lo
incalzò Crilin con una certa apprensione.
“Dov'è Vegeta?!” il tono con cui Bulma
riformulò pacatamente la domanda ammutolì
all'istante l'intero gruppetto che aveva iniziato a fare congetture,
costringendolo a rivolgersi all'unisono verso Goku.
Trattenendo il fiato in evidente trepidazione, si avvicinarono tutti al
saiyan circondando la scienziata, ben lieti che il bersaglio designato
di quest'ultima fosse ormai l'ultimo arrivato.
Il suddetto ultimo arrivato, da parte sua, li fissò per un
momento uno a uno come se li vedesse tutti per la prima volta, e fu
solo dopo una breve ed intensa osservazione che finì per
incrociare lo sguardo di Bulma. Con una calma quasi snervante per il
resto del gruppo, conficcò in bocca un secondo biscotto
prima di aver ingurgitato l’altro e con ovvietà
mostrò ai presenti il pacchetto affinché tutti
potessero vederlo. “Avevo fame” spiegò
senza smettere di masticare.
“Da quanto tempo l'hai perso di vista?”
s’informò per tutti Tenshinhan.
Goku sembrò riflettere un istante e subito dopo
alzò le spalle in un gesto del tutto spontaneo.
“Non lo so” ammise.
“Come sarebbe non lo so?!” esclamò in
una strana tonalità Bulma, facendosi di nuovo largo tra la
folla a gomitate.
“Sono andato a prendere qualcosa da mangiare...”
spiegò lui dopo aver finalmente deglutito.
“Io non ci posso credere!” farfugliò la
donna a denti stretti, socchiudendo gli occhi nel tentativo di non
implodere. “Ti avevamo detto di tenerlo d'occhio!”
Goku si grattò la nuca con un gesto ben familiare all'intera
assemblea e in modo altrettanto naturale confessò
“Ah già… l’avevo
dimenticato” sorridendo con un'espressione innocente.
Bulma a quel punto sbottò agitando un pugno nella sua
direzione e piantando i piedi a terra. “Brutto
idiota!” “Ehm... ma io...”
provò a giustificarsi il guerriero, sobbalzando dopo aver
notato la furia dell'amica. “Ma io un corno!”
Dietro la donna si creò per l'ennesima volta il vuoto, ma
proprio quando stava per esprimere al meglio i suoi sentimenti, Trunks
la superò correndo verso l'edificio.
“Razza di deficient...” “Vado a
cercarlo!” gridò il ragazzino dopo aver
oltrepassato anche Goku, ormai a qualche metro di distanza.
Bulma ci pensò su un istante e sembrò concludere
che avrebbe potuto disintegrare l'amico con comodo anche più
tardi. Un secondo dopo stava correndo anche lei, nella stessa direzione
di suo figlio, seguita nell'ordine, e con andature tra le
più spedite, da Gohan, Videl, Crilin, Muten, Tenshinhan,
Jiaozi, Yamcha, C18, Dende e Piccolo.
Goku fu costretto a schivare la massa di gente che si
precipitò in direzione dell'edificio. Lasciato solo, decise
di aggregarsi soltanto dopo aver ingoiato anche l'ultimo biscotto.
Varcando la soglia della Capsule Corporation con tutta calma, qualche
momento più tardi, il saiyan si ritrovò a
sbattere contro un muro di persone. Erano tutti assiepati appena oltre
la porta e si erano fermati a osservare qualcosa in direzione della
reception.
“Che succede?” domandò cercando di
sbirciare oltre le teste dei suoi amici, senza tuttavia ottenere alcuna
risposta.
Fortuna volle che la ricerca disperata del principe dei saiyan era
stata piuttosto breve. Con le spalle poggiate al muro appena oltre
l'ingresso e le braccia incrociate, Vegeta stava fissando intensamente
la donna seduta dietro il banco della reception, che singhiozzava
inconsolabile.
La segretaria aveva uno sguardo inebetito, che pareva ostinarsi su una
piega immaginaria della gonna che indossava, stritolando meccanicamente
un fazzoletto tra le mani con il quale di tanto in tanto si soffiava il
naso.
Bulma li raggiunse in un paio di falcate superando Trunks, che si
fermò appena oltre l'ingresso insieme al resto dei presenti.
Squadrò suo marito con un'espressione che oscillava tra la
preoccupazione e il rimbrotto, ma il suo tono di voce suonò
più che altro esasperato. “Perché sta
piangendo? Che cosa le hai fatto?!”.
Con una flemma a dir poco esasperante, il saiyan si voltò ad
osservare la moglie al suo fianco come se la stessa si fosse
magicamente teletrasportata. Tuttavia si limitò a fissarla,
perché non fu lui a rispondere alla domanda della scienziata.
“Signora Bulma” mormorò a fil di voce la
segretaria, sollevando il capo per guardarla con gli occhi arrossati
dal pianto, “No, il Signor Vegeta non mi ha fatto
nulla” si asciugò le lacrime,
“È stato molto gentile con me”
precisò attirando definitivamente l'attenzione di tutto
l'universo su di lei.
“Gentile?!?” esclamò ad una sola voce e
con un certo sgomento l'intero gruppo alle spalle dell'insolito trio di
interlocutori.
“Visto?” l'intrepida voce di Yamcha emerse dal coro
all'indirizzo della scienziata, aumentando di volume.
“L'avevo detto io che mi era sembrato gentile!”.
Ovviamente fu ignorato dalla diretta interessata, ma non
poté dire lo stesso del resto dei presenti, che
ricominciarono a parlarsi addosso con più veemenza di prima.
“Gentile” iniziò di nuovo a rimuginare
fra sé il giovane Dio a bassa voce. “Infatti prima
stava parlando con i vicini” puntualizzò Crilin
“E sembrava proprio gentile...” “Ma
papà non è mica cattivo con i vicini!”
protestò Trunks, dimenticandosi di precisare che in
realtà suo padre non sapeva nemmeno di averli dei vicini.
“Che sia gentile è proprio strano,
però...” quella di Gohan sembrò quasi
una replica, ma anche lui era intento piuttosto a riflettere tra
sé. “Beh in fondo è una brava
persona” disse Videl. “Sì, ma...
gentile...” “Neee” se la
ridacchiò in disparte il vecchio eremita
“È ovvio che c'è qualcosa che non
va” “Per forza... gentile!” Tenshinhan
sembrava il più incredulo di tutti. “Ma siamo
sicuri che...?”
“Ma volete smetterla di ripeterlo!” intervenne ad
un tratto Piccolo, “Mi sembra che il concetto sia abbastanza
chiaro” precisò sarcastico con un mezzo sogghigno
seccato. Tuttavia la situazione, a detta delle espressioni dei
presenti, sembrava tutto tranne che chiara.
Fu quell'insistente vociare alle sue spalle che attirò
infine l'interesse del principe che, palesemente infastidito da quel
continuo chiacchiericcio, decise di prestarvi finalmente attenzione. Il
brusio intanto non accennava ad acquietarsi, giacché gli
ospiti proseguivano a disquisire sulle azioni del saiyan, e Vegeta li
fissò tutti uno per uno, assottigliando lo sguardo come se
stesse cercando di metterli a fuoco. Ormai aveva perso definitivamente
ogni interesse nelle spiegazioni che la segretaria stava dando alla
moglie.
Attese ancora un paio di secondi.
“E voi che diavolo ci fate qui?” tuonò
poi all'improvviso, congelando l’intera comitiva come se
fossero appena stati tutti colti in flagranza di reato. Anche le due
donne smisero di parlare fissando a loro volta il principe dei saiyan.
Per un istante ci fu uno strano silenzio, nel quale tutti i presenti si
scambiarono occhiate complici nella speranza di trovare una soluzione o
quantomeno un volontario al sacrificio, qualcuno abbastanza coraggioso
da essere dato in pasto all’irascibile guerriero.
“Ehm…” cominciò incerto Gohan
per poi pentirsene e zittirsi un istante più tardi.
Dopo un altro interminabile attimo di silenzio, come se tutti si
fossero messi d’accordo telepaticamente, gli sguardi dei
presenti si voltarono all'unisono alla ricerca di un unico bersaglio.
Goku guardò i volti dei suoi amici, ora intenti a fissarlo
con intensità, ed infine incrociò gli occhi
dell’altro saiyan, “Bulma e Trunks erano
preoccupati per te” spiegò in tutta
tranquillità dando un nome ai responsabili.
Vegeta assottigliò lo sguardo per un breve istante,
“Tu dici sempre un mucchio di sciocchezze,
Kakaroth”.
Detto ciò si separò dalla parete alla quale era
appoggiato, facendosi largo tra la folla e incamminandosi per i
corridoi della Capsule Corporation.
“Sa, Signora” confessò la donna
rivolgendosi a Bulma “Ero molto triste per via del mio
fidanzato e il Signor Vegeta mi ha dato degli ottimi
consigli”.
“La ringrazio Signor Vegeta!” gli urlò
dietro.
Lui si fermò, si voltò ad osservare la
segretaria, ancora intenta ad asciugarsi l’ultima lacrima, e
mormorò “Mh… figurati”,
riprendendo il suo incedere con un’andatura vagamente
instabile.
La faccia inebetita dei presenti, che sgranarono gli occhi ancora una
volta all'unisono, non si avvicinò nemmeno lontanamente a
quella di sua moglie, che mostrò platealmente prima alla
segretaria ed in seguito alla marmaglia alle sue spalle un'espressione
frastornata, a metà tra il terrore e la soddisfazione per
aver avuto ragione.
Non aspettò alcun tipo di reazione e si affrettò
a restare alle calcagna di Vegeta, che sembrava si stesse dirigendo in
cucina. Nonostante il primo tentativo del principe dei saiyan
finì miseramente contro il muro, sul quale rimase una bella
crepa. Il resto dei presenti non aspettò un invito scritto
per seguirli a sprezzo del pericolo.
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Capitolo 5 *** Una drastica soluzione ***
d
DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE
Una drastica soluzione
Quando
Chichi e Goten comparvero sulla soglia della cucina dovettero fermarsi
di fronte ad una barricata improvvisata di gente che li
ignorò bellamente, impegnata come era in un frenetico
borbottio.
Goku, rimasto ancora una volta indietro, sembrò da subito
più interessato alla teglia che sua moglie aveva portato con
sé che al resto degli accadimenti. “Come mai sono
tutti qui?” gli chiese lei. “Cos’hai
portato?” domandò in risposta, ignorando le parole
della donna.
Il suo secondogenito invece sgusciò agile attraverso
l'assiepamento di gambe, tute e stivali, raggiungendo una posizione
ottimale da dove osservare quello che immaginava fosse uno spettacolo
incredibile. Quando arrivò in prima linea però,
l'unica cosa che si trovò davanti erano Bulma e Vegeta che
sembravano discutere animatamente.
“Ohi Goten!” lo salutò l'amico
d'infanzia, “Sei venuto anche tu?”. “Ciao
Trunks! Ho accompagnato la mamma che doveva portare una cosa a
Bulma.” annuì calorosamente.
“Perché ci sono tutti?”
domandò incuriosito un momento dopo.
“Forse mio padre è impazzito” rispose
l'altro con lo stesso candore, ma nel suo tono di voce si percepiva
anche una seria preoccupazione e l'amico non poté fare a
meno di notarlo.
Goten gettò un'occhiata perplessa alle sue spalle, al gruppo
di persone che discuteva vivacemente e sottovoce, cercando di cogliere
qualche indizio, poi tornò a rivolgere la sua attenzione
alla coppia. “Davvero?” mormorò
concentrandosi sui due per tentare anche lui di capirci qualcosa.
“È mai possibile?!” si stava lamentando
il principe, additando la folla sempre più numerosa
ammassata all’esterno della cucina, “Tutta questa
gente… non si può mai stare tranquilli
qui!” continuava a brontolare all’indirizzo della
moglie, che sembrava notevolmente infastidita e sul punto di prenderlo
a cazzotti.
“Prima la tua segretaria che interrompe i miei
allenamenti.” “Ma non ci stavi chiacchierando tu,
un minuto fa, con la seg...” “I tuoi robot che
continuano a pulire senza sosta…” Bulma
evitò con ogni mezzo di fissare il robot che aveva fatto
irruzione in cucina proprio in quel momento, sfrecciando a gran
velocità alle spalle di suo marito. “Senti, forse
dovrest...” “E quel seccatore di
Kakaroth…” stava nel frattempo dicendo Vegeta.
Quando seguì con lo sguardo il dito indice che indicava il
piccolo saiyan appena sopraggiunto, la scienziata sembrò sul
punto di svenire…
“Io sono Goten” precisò il ragazzino in
prima fila perplesso, e prontamente ignorato.
“Veget...”. “Senza contare tuo
padre…”.
Il saiyan sembrava non avere freno elencando tutte le seccature della
giornata e, probabilmente per la prima volta in tutta la vita, Bulma
sembrava invece in seria difficoltà.
“Perché non ti calmi un secondo,
maledizione!” si trovò a inveire, cercando di
mettere un freno a quello che sembrava essere diventato l'uomo
più loquace dell'universo.
In compenso fra gli spettatori delle prime file stava scendendo
inesorabilmente il silenzio; come se lo spettacolo si stesse facendo
sempre più avvincente.
Nel frattempo, dal fondo dell'assemblea, il Dott. Brief si era per
l'appunto fatto largo tra la folla proprio in quel momento per
raggiungere l’interno della stanza. “Ehi,
Bulma” disse all’indirizzo della figlia, nonostante
lei fosse nel pieno di una discussione.
“Potresti anche smettere un momento di parlare!”
continuò lei imperterrita rivolgendosi al marito, ignorando
suo padre e aumentando notevolmente il volume della voce. E...
sì, aveva pronunciato proprio quelle esatte parole e non
c'era alcuna ironia. “Ma che diavolo ti prende?!”.
“Bulma!” la chiamò di nuovo lo
scienziato. E a quel punto attirò in modo definitivo
l’attenzione di Vegeta che, dopo una vaga occhiata al
suocero, rivolse alla moglie uno sguardo eloquente, anche se il dottore
non sembrò notarlo. Lei socchiuse gli occhi, dopo averli
rivolti al cielo, e prese un lungo respiro. “Forse ho
lasciato qui la mia botti…” “Oh, ma
piantala anche tu!” lo zittì sbottando,
estremamente frustrata, voltandosi di scatto e fulminando l'ignaro
scienziato con lo sguardo. Il suo tono di voce aveva ormai raggiunto
modulazioni di frequenza da record. “Non lo vedi che abbiamo
un'emergenza qui?!”
Mentre ignorava per l'ennesima volta la noncurante alzata di spalle di
suo padre, Bulma tornò a rivolgersi al marito con
un'espressione che si era fatta all’improvviso determinata.
“Ok, ora basta.” esordì rimboccandosi le
maniche in un gesto che esprimeva forza di volontà allo
stato puro. “È tutto il giorno che ti comporti
come un pazzo! Questa storia deve finire!” La
totalità dei presenti si trovò istintivamente a
fare un passo indietro e a trattenere il fiato. “E deve
finire adesso!”.
L’unico completamente disinteressato alla scena sembrava
essere Goku, distratto dalla teglia di pasticcini che sua moglie aveva
portato e confezionato con cura, da cui attingeva a piene mani; mentre
Bulma, le mani ai fianchi in una posa estremamente minacciosa, prendeva
fiato fissando Vegeta in modo ostile, come se potesse magicamente
zittirlo con lo sguardo.
Dopo un attimo di silenzio che ai presenti sembrò un secolo,
cominciò a inveire. “Ora voglio sapere che ti
prende una volta per tutte” gli intimò. La
risposta del principe fu quella di incrociare le braccia e replicare
con uno stizzito “Tsk”. “Insomma Vegeta,
hai praticamente raso al suolo mezzo giardino…” il
saiyan parve sul punto di controbattere, ma Bulma non aveva ancora
finito, “E il salotto è irriconoscibile. Ma che ti
sei messo in testa di fare?!” ancora una volta lui
sembrò voler dire qualcosa, ma venne brutalmente interrotto.
“E soprattutto perché?!”
continuò la moglie.
Quell'ultima domanda aveva toccato livelli di alterazione acustica mai
sentiti prima in quella casa. “Stai facendo preoccupare tuo
figlio!” continuò lei senza quasi respirare,
mentre il figlio in questione dava piuttosto l'impressione di essere
preoccupato per la sopravvivenza del pianeta, a quel punto,
poiché sua madre pareva potesse farlo saltare in aria.
Vegeta la guardò con un certo fastidio per un istante e per
la terza volta le sue labbra si schiusero nel tentativo di proferire
parola. “Senza contare che non la vuoi smettere di parlare un
secon...”
Molte cose sarebbero potute accadere in quel momento e molte di esse
sembravano più probabili di altre, incluse la distruzione
del pianeta Terra. Tuttavia, l’unica sulla quale nessuno
avrebbe scommesso era quella di vedere Vegeta chinarsi verso sua moglie
per baciarla davanti a tutti.
Bulma si era ritrovata a fare inconsapevolmente un passo indietro per
l'assoluta sorpresa o, per meglio dire, aveva appena accennato a farlo,
perché non era stata capace di fare assolutamente nulla se
non pietrificarsi come una statua di gesso e assumere un colorito
tendente al porpora acceso, nel momento in cui aveva cominciato a
rendersi conto di quello che stava realmente accadendo. Cosa che,
oltretutto, le aveva reso anche assai difficile confondersi con le
piastrelle bianche e scomparire; il primo e ultimo pensiero razionale
che le era passato per la mente.
Manco fosse stato presente un direttore d'orchestra, nell'attimo stesso
in cui si stava compiendo la sciagura, la scena era stata accompagnata
da un corale “Oooh!” che si era levato dalla folla
alle sue spalle, poiché nessuno, a quanto pareva, era
minimamente preparato ad assistere ad un evento del genere.
Nell'attonito e imbarazzato silenzio generale che era seguito un
secondo dopo, il vecchio eremita, che si era sfilato prontamente gli
occhiali scuri per osservare meglio, iniziò a ridacchiare,
prendendo a dare di gomito al povero Yamcha che, di fianco a lui,
sembrava il più smarrito fra tutti. “Ora
sì che si fa interessante!”
“Quest...” balbettò il terrestre
arrossendo come un peperone insieme alla quasi totalità dei
presenti, “Questo davvero non può essere
normal...” “Io scommetto di sì
invece!” cominciò a ridere di gusto l'anziano
maestro. “Sei impazzito?!” lo zittì
nervoso Yamcha bisbigliando “Abbassa la voce! Potrebbe
ucciderci tutti!”
Non era chiaro se si stesse riferendo a Vegeta o a Bulma, ma di certo
poteva condividere il suo frastornato sgomento con la maggioranza degli
spettatori.
Perfino Chichi emise un leggero “Oooh” costringendo
il marito ad alzare lo sguardo dai dolci per guardarla,
“Cosa?” mormorò Goku, ma prima che
avesse il tempo di volgere lo sguardo verso lo spettacolo che aveva
attirato l’attenzione di tutti, la voce di Mr. Satan giunse
alle sue spalle.
“Che succede?” domandò il campione
mondiale, dando una vaga occhiata attorno a sé.
“Dolci!” esclamò entusiasta Bu, che
aveva seguito l’amico fin lì, ma aveva trovato
immediatamente più interessante la teglia di Chichi.
Goku gliene offrì uno.
Quando Vegeta si decise ad allontanarsi, dopo quello che era sembrato
circa un migliaio di anni a lei e un paio di secoli al resto dei
presenti, Bulma rimase immobile, apparentemente intenzionata a non
spostarsi di lì per niente al mondo e a non muovere un
muscolo.
La sua espressione frastornata lasciò intuire che in ogni
caso non le passava nemmeno per la testa di provarci, poiché
in realtà non era affatto in grado di farlo.
Tanto meno sembrò passarle per la testa l'idea di voltarsi
verso la sala gremita di spettatori. Il suo sguardo era rimasto
inchiodato sul principe come se potesse scomparire da un secondo
all'altro, e sembrava avesse tante di quelle cose da dire che quegli
spettatori avrebbero potuto ascoltarne delle belle... Se solo quello
sguardo avesse iniziato per magia a parlare, perché quanto
alla bocca, ecco da lì invece pareva proprio che non sarebbe
mai più potuto uscire alcun suono.
Con ogni probabilità il suo primo pensiero era stato
esattamente quello di rimanere lì, immobile e in silenzio,
in quella cucina, per il resto dei suoi giorni.
Vegeta osservò sua moglie con una vaga soddisfazione
nascosta nello sguardo. “Finalmente sta zitta”
commentò tra sé, mentre lei stava ancora cercando
di distinguere il cielo dalla terra e fra il pubblico calava di nuovo
un silenzio irreale. Ignorando il resto dei presenti come se non ce ne
fossero mai stati, e soprattutto come se non fossero tutti in
trepidante attesa di scoprire cosa stesse per fare, si voltò
scoprendo una rinnovata attrattiva per il frigo.
Lo aprì, osservando per un istante il suo interno, e quando
le sue dita riemersero da dietro l’anta, nella sua mano stava
sorreggendo una bottiglia verde. Una volta richiuso
l’elettrodomestico, si apprestò a svitare il
recipiente.
Bulma non lo perdeva di vista un secondo e, seguendone i movimenti
verso il frigo, sembrò iniziare a reagire allo shock.
Provò ad articolare qualche suono.
“Vege...” Ma le si bloccarono subito le parole in
gola osservando suo marito armeggiare con quella bottiglia, come se
avesse il terrore di dire qualcosa di sbagliato o, cosa assai
più grave trattandosi di Bulma, come se non sapesse cosa
dire.
Vegeta infatti era riuscito ad impiegare almeno un intero minuto prima
di comprendere il motivo per cui il compito di dissetarsi gli risultava
così complicato. In realtà su quella bottiglia il
tappo non c’era e il saiyan continuava a tentare di svitare
un recipiente già aperto.
Scrutò il contenitore ancora per un attimo come se la sua
mente stesse cercando di svelare un arcano senza precedenti, mentre sua
moglie, non fosse stato per l'ombra di sconcerto che non riusciva ad
abbandonare la sua espressione, sembrava impegnata in un compito
altrettanto arduo.
Sotto gli occhi increduli dei presenti, che stavano seguendo in
silenzio anch'essi ogni sua mossa, il principe dei saiyan
sembrò decidere che dopotutto il tappo non era un problema.
Bevve un sorso, poi decise di accomodarsi su una delle sedie attorno al
tavolo, sul quale posò quello che restava della bibita.
Non passarono nemmeno cinque secondi prima che il robottino, rimasto
fino a quel momento sullo sfondo a rassettare la cucina, si
appropriò della bottiglietta abbandonata. Bulma
sembrò accorgersene solo quando era troppo tardi e si fece
improvvisamente inquieta, mentre alle sue spalle ormai sembrava non
stesse volando nemmeno una mosca.
Vegeta fissò la mano metallica allungarsi verso la sua
bevanda, ma quando comprese che l’ammasso di ferraglia gliela
stava sottraendo si allungò per riappropriarsene.
“Ehi!” lo rimproverò, strappandola alla
presa del robot. Poi si voltò a guardare Bulma, che per
istinto aveva fatto un passo verso di lui, senza sapere esattamente chi
dei due volesse proteggere, se il robot o suo marito.
“Lo vedi?!” sbottò il saiyan indicando
prima il cameriere artificiale e a seguire la donna,
“Sì certo che lo v...”
“È di questo che parlavo! Maledetti
robot!” brontolò, prima di bere ancora dalla
bottiglia, fino all’ultima goccia.
Ci fu un attimo in cui il mondo parve essersi fermato
all’improvviso. Nessuno aveva detto loro di farlo, ma in un
gesto pressoché unisono gli spettatori trattennero tutti il
fiato senza un apparente motivo. Vegeta, invece, sembrò
fermarsi a riflettere su un pensiero mooolto lontano.
Un istante, poi senza nessun preavviso il principe dei saiyan
lasciò cadere la testa sul tavolo con un tonfo e
restò immobile, ad occhi chiusi. Solo il leggero movimento
del suo torace indicò che sembrava essersi addormentato o
che fosse… svenuto?
CONTINUA…
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Capitolo 6 *** Una buona ragione ***
d
DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE
Una
buona ragione
“Aaaah”
Bulma si lasciò sfuggire un grido per l'assoluta sorpresa,
ritornando in sé in meno di un millesimo di secondo.
“Vegeta!” “Papà!” le
fece eco Trunks. Furono entrambi accanto a lui in un lampo, mentre
nella stanza, dopo l'ennesimo coro di Oh ed esclamazioni
simili, era
ricominciato nello stesso millesimo di secondo un incessante brusio.
“Qualcuno si decida a dirmi che accidenti succede!”
esclamò la donna voltandosi verso il gruppo di gente
altrettanto confusa dietro di lei. Il tono con cui aveva pronunciato
quella richiesta sembrava in realtà un'intimidazione.
“Sta dormendo” precisò perplesso il
piccolo saiyan accanto a lei, che stava osservando suo padre come se
non lo avesse mai visto prima.
“Forse...” cominciò ad ipotizzare Gohan.
“Magar...” “può essere
che...” si sovrapposero Crilin e Tenshinhan.
“Secondo me...” esordì Yamcha,
“qualche entità malvag...” “Ma
per favore...” lo zittì Piccolo, che parve
rivolgere un commento sarcastico più all'intero universo che
al terrestre.
Il vecchio Muten prese a bofonchiare fra sé.
“C'è da ammettere che è strano, ma
sembra...”
“Ehi, ma che succede?” si udì dal fondo
del gruppo la voce di Mr. Satan, che si era attardato insieme a Bu e a
Goku, intrattenuto dai dolcetti di Chichi.
Nessuno si premurò di replicare, visto che la risposta a
quell'interrogativo pareva essere tra le più difficili della
storia dell'umanità e Mr. Satan si voltò ad
interpellare con lo sguardo il consuocero al suo fianco, che si
limitò ad un’alzata di spalle.
L'unica anima gentile che aveva almeno provato ad azzardare una
spiegazione era stato Dende, ma dopo aver riflettuto un momento, non
aveva avuto il coraggio di esprimersi a voce alta. Aveva trovato invece
un grandissimo coraggio solo un secondo dopo, quando si era deciso a
provare ad avvicinarsi a Vegeta. In fondo, se era malato, l'unico
lì che poteva fare qualcosa era lui, dato che, a giudicare
dal modo in cui Bu si stava impegnando a spazzolare gli ultimi dolcetti
rimasti, sembrava un'impresa impossibile convincerlo a concentrarsi su
qualsiasi altra cosa.
Insieme a qualche altro temerario fra cui il piccolo Goten, il dio
della Terra si accostò al tavolo per studiare meglio il
problema e l'espressione interrogativa di Bulma che lo fissò
con gratitudine sembrò infondergli immediatamente fiducia.
“Che cosa gli è preso?” lo
interrogò lei. “Beh ecco... lasciami
pensare...”
In quel momento, mentre si avvicinavano anche
Gohan e Crilin a dare manforte, il robottino, che era rimasto ad
osservare avidamente il recipiente vuoto in attesa di riuscire a
buttarlo, sembrò farsi impaziente e il fruscio
elettrostatico che proveniva dai suoi circuiti aumentò
notevolmente di volume. “Oh accidenti!” lo
notò Bulma. “Trunks, dagli quella dannata
bottiglia!”
Ma nell'attimo in cui si apprestò a staccare a forza la
suddetta dannata
bottiglia dalle mani di Vegeta, beatamente
addormentato, il giovane saiyan si accorse che il robot non era
l’unico che aveva un interesse per quel contenitore.
“Ah! La mia bottiglia!” esclamò dal
fondo il Dott. Brief, fino ad ora distratto anche lui chissà
da che cosa.
Trunks, che era riuscito davvero a fatica ad allentare la presa
d'acciaio di suo padre e a sfilargliela di mano, porgendola
sovrappensiero all'impaziente inserviente metallico si
ritrovò a fissare il nonno con aria interrogativa.
Lo imitarono all'unisono quasi tutti presenti, soprattutto quelli che
si trovavano attorno a Vegeta, voltandosi perfettamente in sincrono a
osservare lo scienziato con la stessa espressione del ragazzino.
Solo Bulma ne mostrò a un tratto una differente, quella di
chi aveva appena avuto un terribile sospetto. “Di che
bottiglia stai parlando, papà?” chiese con un tono
di voce diffidente, aggrottando lievemente la fronte e scrutando il
genitore con aria pensierosa.
Lo scienziato avanzò, mentre la folla si apriva per
lasciarlo passare. D’altra parte lo sguardo che gli stava
riservando la figlia non prometteva nulla di buono, pertanto nessuno
sembrò avere, sulle prime, il desiderio di trovarsi nei
paraggi quando Bulma lo avrebbe eventualmente incenerito.
Solo l’anziano Dott. Brief parve non notarlo. I suoi occhi
erano ancora focalizzati sul robot che si stava avvicinando al cestino
dei rifiuti. Lo bloccò pochi istanti prima che lo
raggiungesse e gli sottrasse il recipiente per poi rigirarselo tra le
dita. “Oh, sì è la mia
bottiglia” affermò. “È tutto
il pomeriggio che la sto cercando” precisò
osservandola scrupolosamente.
“Di che bottiglia si tratta? Papà?!”
ripeté Bulma sempre più impaziente.
In pochi istanti il contenitore di plastica verde mezzo accartocciato
fra le mani del dottore aveva attirato su di sé l'attenzione
di ogni creatura senziente dell'universo. Anche il robottino lo stava
fissando, ancora intenzionato a concludere il suo lavoro. Tuttavia, una
volta stabilito da qualche parte nei suoi circuiti che non
l’avrebbe più ottenuto sembrò perdere
la pazienza. Emesso un metallico suono indignato girò su se
stesso e prese la direzione della porta. Poco importò che
per raggiungerla fu costretto a pestare un piede di Yamcha
“Ehi!”, o a spintonare Jiaozi, prima di voltare
l'angolo e svanire tra i corridoi.
“Papà!” insistette Bulma, al limite
dell'autocontrollo.
“Stavo lavorando a un nuovo tipo di carburante
biologico… l’ho chiamato Blue#1
Electro-fluid” annunciò lo scienziato
come se il
nome fosse la cosa più importante al mondo. Non parve
nemmeno passargli per la testa di valutare le condizioni del genero,
ancora privo di conoscenza.
“Vuoi dire che Vegeta si è bevuto il tuo
carburante?” cercò di capire meglio lei, mal
celando una certa incredulità mista a preoccupazione.
“Ma come ha fatto quella bottiglia a finire nel
frigo?!”
L'ennesimo robottino che intravide proprio in quell'istante, fuori
dalla porta, mentre sfrecciava nel corridoio con un cuscino del divano,
la costrinse ad inarcare un sopracciglio e a storcere la bocca in una
smorfia fin troppo eloquente.
Goku intanto si era fatto largo tra Videl e Piccolo strattonando
quest’ultimo - non troppo entusiasta della cosa - e, ora in
prima fila, stava finalmente osservando la scena dalla quale si era
distratto da quando era comparsa Chichi.
“Cos’è successo a Vegeta?”
domandò constatando solo in quel momento le condizioni
dell’altro saiyan.
“È quello che sto cercando di scoprire da
ore!” sbottò Bulma esasperata.
Per mero istinto di sopravvivenza gli occhi del saiyan ignorarono la
donna bellicosa che gli aveva rivolto quelle parole e si posarono sul
dio namecciano.
Dende, le mani aperte a pochi centimetri dall’addormentato
principe, inarcò un sopracciglio.
“Credo” cominciò un po' incerto
“Io credo sia… ubriaco”
affermò, dando voce alla sua analisi.
Seguì un breve istante di silenzio collettivo.
“Ubriaco?!?!” urlò la marmaglia di gente
in un’unica incredula voce.
“Wow” commentarono in scia e all'unisono i due
bambini, sovrastando per un momento il brusio che era ripreso in
sottofondo. Si scambiarono uno sguardo più che eloquente.
“Sentito, Trunks?!” “Forte!”
“Chi si è ubriacato?” cercò
di farsi strada Mr. Satan.
“Ma che significa ubriaco?”
domandò il
piccolo Goten. “Come sarebbe, non lo sai?” lo prese
in giro l'amico dandosi importanza. “No, e tu?”.
Il giovane padrone di casa sembrò rifletterci a sua volta
per un breve momento, “Ohi Goten, ma non sai proprio
niente!” ridacchiò nervoso.
E mentre alle sue spalle il mormorio continuava senza sosta, Goku,
l’unico che non aveva ancora espresso platealmente la propria
opinione, si poggiò una mano al mento, inarcò un
sopracciglio ed inclinò il capo da un lato e
dall’altro senza mai smettere di fissare Vegeta.
Bulma, gli occhi sgranati dalla sorpresa, continuava invece a mettere
insieme le informazioni che le erano pervenute spostando freneticamente
lo sguardo dal giovane namecciano a suo padre, al marito semi
incosciente sul tavolo... a suo padre. “Ha
ragione?” gli chiese ansiosa. “Cioè...
cosa c'era dentro quella maledetta bottiglia?!”.
Il Dott. Brief restò pacatamente in silenzio per un tempo
che alla figlia sembrò interminabile, “Non mi
stupisce, se ha bevuto l’intera sostanza...” disse
con una calma esasperante. “Uno degli ingredienti
più importanti di questa ricetta è
l’alcol... È come se Vegeta ne avesse appena
bevuto una piscina intera”.
Annuì ripetutamente come a confermare a se stesso le sue
parole, mentre l'ennesimo Oh
si levò dalla folla.
“Perfetto!” Gli occhi della scienziata si rivolsero
al soffitto in un'espressione tra il sarcastico e l'esasperato.
“I miei complimenti, papà! Sei riuscito a far
ubriacare un saiyan! Un'impresa davvero notevole!”
Il brusio che sottolineò quel rimbrotto sembrò
modularsi su tonalità più acute.
“Questa sbronza colossale gli passerà prima o
poi... giusto?” aggiunse poi additando il povero Vegeta, dopo
aver rivolto uno sguardo non meglio precisato al giovane dio.
Questi accennò ad annuire in preda ad un palese imbarazzo,
di certo ormai pentito di aver assunto quel ruolo in cui peraltro non
si sentiva affatto competente. “Credo di sì...
cioè...” “Beh, sarà
meglio!” quell'ultima chiosa dal tono tutt'altro che
accomodante lo risparmiò tuttavia, perché venne
riservata in modo inequivocabile all'anziano genitore, che si
limitò ad un’alzata di spalle come se volesse
dissociarsi da ogni responsabilità.
Intanto, avvicinatosi al principe dei saiyan, Goku aveva preso a
punzecchiargli il volto con un dito, come a volersi davvero assicurare
che fosse privo di sensi. Tanto perché il respiro pesante e
la bocca schiusa non erano prove sufficienti ad identificare lo stato
in cui versava Vegeta.
“Qualcuno si è ubriacato? Chi si è
ubriacato?” insistette Mr. Satan, che non riusciva a
raggiungere le prime file.
Per la prima volta da quando aveva perso i sensi, Vegeta si mosse,
scacciando con una mano un fastidio di cui non era consapevole. Goku
scostò il dito e ridacchiò tra sé con
infantile divertimento.
“Goku!” lo sgridò Chichi dal retro della
fila. “Cosa?” domandò il marito,
ostentando tutta la sua innocenza.
“Beh, almeno adesso sappiamo che cos'ha...”
commentò col tono più docile possibile Crilin,
frapponendosi con sprezzo del pericolo tra la padrona di casa e il
resto del gruppo. “Già... eheh... non sei
contenta, Bulma?” lo spalleggiò Gohan ridacchiando
nervoso. “ È vero”, intervenne a sua
volta Videl, “Per fortuna non era niente di grave!”.
“Cosa è successo di grave?” furono le
ultime parole appena udibili di Mr. Satan in fondo alla platea,
perché a quel punto le sue domande furono definitivamente
sovrastate da una pioggia di manifestazioni di entusiasmo,
congratulazioni e rassicurazioni varie all'indirizzo della scienziata;
il tentativo più appassionato della storia di renderla
inoffensiva.
Un interminabile attimo dopo, il tentativo sembrò anche
andare a buon fine, perché la tensione nella stanza si
dissolse in un lampo, quando lei si lasciò andare ad un
sospiro che parve di sollievo. “Sì, per
fortuna...” e la totalità dei presenti la
seguì a ruota. “Accidenti mi sono preoccupata per
niente! Vero?”.
Mentre gli animi si facevano sempre più sereni e i cori e le
risposte affermative riprendevano a fioccare in concomitanza con
l'espressione sollevata della donna, quest'ultima finì per
rivolgersi all'intera assemblea con un sorriso divertito stampato sulla
faccia. “Bene, che ne facciamo adesso del bello
addormentato?”.
FINE
Questa storia finisce così. Il seguito lo lasciamo -
se volete - alla vostra immaginazione. Grazie di cuore a chi ci ha
seguito fin qui.
Alla prossima!
taisa e lilac
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