Deve esserci una spiegazione

di fusion
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un animale indomabile ***
Capitolo 2: *** Una lunga ricerca ***
Capitolo 3: *** Una mira perfetta ***
Capitolo 4: *** Un aiuto inaspettato ***
Capitolo 5: *** Una drastica soluzione ***
Capitolo 6: *** Una buona ragione ***



Capitolo 1
*** Un animale indomabile ***


d
DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE




Un animale indomabile


Di tutti gli universi possibili, e dio solo sapeva quanti ce ne fossero, quello in cui gli era capitato di nascere doveva essere stato per forza generato dal caos. Non poteva esserci altra spiegazione.
Era una vera e propria assurdità che si potessero percorrere distanze interstellari in pochi secondi, che si potesse addirittura viaggiare nel tempo e cambiare il destino del cosmo con un solo gesto; quando un individuo che aveva bramato conquistarlo, quell'universo, non riusciva ad allontanarsi da un piccolo, insignificante pianeta ai confini del mondo conosciuto nel corso di un'intera vita. Pazzesco che si potesse desiderare l'immortalità, ottenerla; e mettere in gioco la propria esistenza mortale per qualcosa di completamente diverso. Eppure era possibile morire e tornare in vita con la stessa facilità, in quell'universo... Interi pianeti venivano distrutti e rigenerati con la stessa arbitrarietà, e intere civiltà morivano e rinascevano per un singolo capriccio; perché l'imposizione di un solo dito era in grado di estinguere un popolo le cui origini si perdevano in tempi remotissimi, mentre l'energia di miliardi di creature poteva a malapena essere sufficiente ad estinguere un singolo essere.
E queste erano solo alcune delle cose illogiche che poteva capitarti di vedere in una vita, o due... o magari tre. Tutto e il contrario di tutto sembrava possibile. In quell'universo ogni leggenda poteva divenire realtà... al pari di ogni incubo. E un membro di rango nobiliare poteva sedersi e banchettare al fianco di una terza classe senza esserne disgustato; perché alla fine quello era un universo dove un guerriero di sangue reale, il discendente privilegiato di una stirpe di combattenti le cui origini si perdevano in tempi remotissimi, poteva essere più... debole di un guerriero di terza classe.
Quell'ultima considerazione produsse una smorfia sprezzante sul suo volto, mentre schivava con un movimento fluido e rapidissimo un raggio di energia, che gli sfiorò pericolosamente una guancia.
In fin dei conti c'era qualcosa di rassicurante nel pensare che quella che un tempo aveva considerato una maledizione poteva essere adesso ciò che lo rendeva più forte. E come a dare dimostrazione di quella forza, neutralizzò con un ki blast un altro fascio di energia che si scagliò dritto contro di lui ad una velocità impressionante. L'esplosione fulminea con cui sprigionò quel ki e lo diresse con precisione, il modo in cui lo dosò accuratamente per non danneggiare il drone e l'estrema rapidità con cui rispose al colpo schivando gli altri attacchi denotavano una concentrazione che contrastava palesemente con l'espressione impassibile, quasi rilassata, con cui eseguiva invece ogni movimento, e ancor di più con la pacatezza con cui quei pensieri si avvicendavano senza meta nella sua mente, seguendo un vago, contorto ragionamento. Persino lui dovette impiegare un certo lasso di tempo per rendersi conto che continuava ad allenarsi ormai da un po' con movimenti fin troppo automatici. Si mosse ad una velocità a stento percepibile e, con un evidente moto di stizza, diede un lieve colpetto sul retro di ognuno dei droni, che continuavano a roteare intorno a lui sparando proiettili energetici. Quasi all'unisono, i piccoli robot si fermarono a mezz'aria e planarono lentamente sul pavimento laccato di bianco. Così fece anche Vegeta.

Proprio in quel momento, mentre raccoglieva da terra un asciugamano e se lo passava svogliatamente sul volto, la luce sul soffitto della gravity room cominciò a lampeggiare, la gravità si abbassò fino a raggiungere quella terrestre e una donna sulla trentina, pettinata accuratamente e vestita con un completo scuro, fece il suo ingresso con passo spedito, reggendo una cartellina fra le mani.
“Buongiorno Signor Vegeta” salutò candidamente. “La signora Bulma mi manda a chiederle se è così gentile da unirsi a lei per la cena, questa sera.”
Benché pronunciata col più formale dei toni, la domanda dissimulò malamente il sarcasmo con cui la diretta interessata l'aveva formulata in origine, e l'espressione seccata del saiyan lasciò intuire che ne aveva colto ogni sfumatura. “No!” sentenziò brusco.
No, non è così gentile o No, non si unirà a sua moglie?” insistette la donna.
Vegeta fremette impercettibilmente. “Fuori di qui!” inveì con aria minacciosa.
“Bene, informerò la Signora Bulma.”
La donna girò i tacchi guadagnando la porta, prendendo l'uscita poco cortese del saiyan come una risposta implicita alla sua ultima domanda, e lui si ritrovò spiazzato per un istante, nel tentativo di riguadagnare un contegno. La seguì con lo sguardo mentre si chiudeva la porta alle spalle e finì per deglutire sonoramente al pensiero che quella maledetta, efficientissima assistente l'avrebbe informata di certo, sua moglie. Era ovvio che Bulma doveva aver condotto personalmente una selezione impareggiabile per scovare una tale scocciatrice. In certi momenti aveva l'impressione che fosse solo un altro dei suoi innumerevoli robot tuttofare; ma provare a disintegrarla, come aveva fatto con l'ultimo che si era infilato in bagno, finora non gli era sembrata un'idea brillante.
Mentre cercava di ritrovare a fatica un briciolo di concentrazione per riprendere l'allenamento, cominciò a rendersi conto di avere una certa fame. Il riferimento alla cena probabilmente aveva risvegliato in lui quell'unica caratteristica che non si era mai preoccupato di avere in comune con Kakaroth; il suo formidabile appetito. E pregustando già quello che avrebbe potuto trovare nel frigo a misura saiyan di cui era dotata la Capsule, gettò l'asciugamano a terra e uscì con passo deciso dalla gravity room, dirigendosi verso la cucina.


Non era passato molto tempo da che aveva imboccato il corridoio con un incedere a dir poco marziale, quando si accorse con serio disappunto che il suo imperturbabile cipiglio era riflesso su ogni superficie metallica tutto intorno e lo scrutava bieco. Quel posto era talmente pulito che poteva specchiarsi sulle pareti... letteralmente. Un'altra assurdità. Per un saiyan cresciuto impastandosi le mani con terra bruciata e sangue, a imbrattarsi gli stivali di fango nelle paludi più putride della galassia, l'ultima mania di sua moglie di ottimizzare l'efficienza dei robot delle pulizie, sparpagliandone a frotte in ogni dove, non poteva che essere tanto fuori luogo quanto irritante.
A distrarlo di nuovo, o quantomeno a provarci, il dott. Brief spuntò in quell'istante dal fondo del corridoio, un po' troppo allegramente. Aveva svoltato ad una notevole velocità e spingeva, o meglio si faceva trascinare alla cieca da un enorme carrello pieno di bottiglie e contenitori vari che sembrava molto pesante e senza controllo. Vegeta lo schivò con un gesto naturale e rapidissimo che riuscì a malapena ad interrompere i suoi pensieri e, prima che lo scienziato e il suo voluminoso equipaggiamento si schiantassero contro il muro opposto da dove erano sbucati, aggiustò la traiettoria del trabiccolo con un calcetto ben assestato sulla ruota anteriore destra.
Il carrello rallentò considerevolmente e il vecchio scienziato riguadagnò in un attimo una posizione più stabile. “Oh, ciao Vegeta!” lo salutò allegramente fermandosi del tutto. Il gatto nero sulla sua spalla riservò al saiyan uno sguardo altrettanto eloquente, ma nessuno dei due venne ricambiato. Il grugnito che si udì a malapena, emesso già da una certa distanza, sembrò tuttavia una risposta soddisfacente e il baffuto ometto tornò ad ignorare l'uomo che gli aveva appena raddrizzato la giornata. Si chinò a raccogliere alcune bottiglie di plastica colorata finite in terra e ne studiò per un momento il contenuto, poi si aggiustò il camice e proseguì per la sua strada, quando il principe dei saiyan era oramai a un paio di corridoi di distanza.

Entrando in cucina, Vegeta pareva averne avuto abbastanza di convenevoli terrestri e si sforzò di ignorare del tutto l'ennesimo robot che si occupava di ordinare il piano di lavoro accanto ai fornelli. Si diresse senza indugi verso il frigorifero, spalancò l'enorme sportello e cominciò a studiarne l'interno. Afferrò subito dopo il gigantesco cosciotto arrostito di un qualche volatile e una bottiglia di plastica verde che era finita sul fondo del ripiano, dopo averla individuata con la coda dell'occhio in mezzo agli intrugli dimagranti di Bulma. Addentò l'animale senza troppe formalità, mentre faceva saltare il tappo della bottiglia sul pavimento e richiudeva il frigorifero, accompagnando gentilmente lo sportello con una pedata. Mandò giù il primo, succulento boccone assieme ad una lunga sorsata e la sua espressione corrucciata sembrò per un momento distendersi notevolmente.

Sentendosi rinfrancato dalla bibita fredda, pensò con un certo sollievo che forse, dopo essersi riempito a sufficienza lo stomaco, tornare a concentrarsi sull'allenamento non sarebbe stato poi così difficile. Riprese quindi ad azzannare il povero animale con rinnovato appetito, ma non poté fare a meno di notare che il robot si era voltato a scrutare il pavimento con un movimento inequivocabile.
La macchina soffermò a lungo lo sguardo digitale sul tappo che continuava a rotolare e che, essendo di un bel verde brillante, non faceva che spiccare di più sulle mattonelle chiare. Sembrò paralizzarsi per un momento, poi alcuni circuiti cominciarono a ronzare all'interno del corpo metallico, che iniziò a muoversi. Vegeta si affrettò a mandare giù il boccone con l'aiuto di un altro sorso, mentre la bevanda cominciava già pericolosamente a scaldarsi nella sua mano. Ma prima che il contenuto della bottiglia finisse per andare in ebollizione, il principe convenne saggiamente che fosse il caso di controllarsi e si limitò a gettare uno sguardo seccato all'intero pianeta Terra.
“Maledetta ferraglia!” mormorò a denti stretti.
Il robot attraversò lentamente la cucina dirigendosi verso il tappo, poco lontano da Vegeta, che non poté fare a meno di rilevare che quella specie di servitore metallico emetteva un ronzio del tutto simile a quello dei computer nei laboratori al piano interrato. Il perché avesse notato questo particolare fu qualcosa di cui non si preoccupò minimamente; sembrò preoccuparsi invece di decidere se farlo saltare in aria con un ki blast oppure distruggerlo semplicemente sbattendolo al muro con un calcio. Finì tuttavia per posare il cosciotto e la bottiglia sul tavolo, nel mezzo della stanza. Incrociò le braccia al petto e si fermò curioso ad osservare il robot che si bloccava a metà strada, analizzava attentamente il tavolo accanto a lui e tornava indietro, nella sua direzione.
Certo era strano; il criterio con cui agivano queste macchine sembrava sfuggirgli. Perché a quel maledetto robot ora non importava più del tappo per terra? Forse aveva trovato un modo per confonderlo? Forse invece erano i suoi pensieri che si erano fatti davvero strani... e confusi, sembrò comunicare l'espressione attonita che si impresse sul suo volto per pochi secondi. Continuò a seguire il robot che era intento a riordinare per qualche altro lunghissimo istante, poi convenne con se stesso che era lui che si sentiva decisamente in modo strano, e con la coda dell'occhio scorse un'ombra scura sfrecciargli di fianco.

***

Il pavimento della stanza era disseminato di indumenti di varie fogge e colori, alcune borse vuote e un numero imprecisato di scarpe, di cui almeno quattro apparivano spaiate. Un certo numero di asciugamani bagnati invece era buttato senza ritegno sul letto, rigorosamente disfatto. I cuscini erano disposti casualmente lungo un lato del suddetto letto, quello sbagliato, ma uno di essi faceva bella mostra di sé sotto la finestra, impegnato a ribadire la propria indipendenza. Sul tavolino da tè erano ammassati un discreto numero di fogli, sparpagliati con un criterio che sfuggiva ad ogni interpretazione; e un computer portatile semi aperto, abbandonato su una delle sedie, dava l'impressione di aver bisogno urgentemente di essere collegato alla corrente. Dell'altra sedia, oltretutto, non c'era traccia. L'armadio era aperto per due terzi e da esso, nel bel mezzo di un traboccante ammasso di stoffa e altri materiali non meglio identificabili, faceva capolino un lungo vestito scuro, elegante abbastanza per spiccare in mezzo a tutto quel caos, assicurato ad un'anta da una stampella in velluto.
Dalla vicina stanza da bagno, nel frattempo, proveniva il frastuono di un asciugacapelli a massima potenza, che sembrava stesse per soccombere da un momento all'altro ed esalare letteralmente il suo ultimo respiro. Quando il rumore cessò, tuttavia, fu Bulma ad esalare un profondo sospiro scocciato, facendo il suo ingresso nella camera da letto con un completo intimo grigio scuro. Il suo sguardo febbrile passò in rassegna l'eccidio dei suoi indumenti dispersi per la stanza, in cerca di qualcosa da mettersi, mentre l'espressione insofferente che aveva stampata in volto si incupiva di minuto in minuto in preda a certe riflessioni.
Vegeta come al solito aveva trovato molto più divertente mandare al diavolo la sua segretaria piuttosto che sforzarsi di mettere in fila due parole e formulare una semplice risposta. Era chiaro che doveva trovarci qualcosa di spassoso, nel farle saltare i nervi. Perché lui poteva passare la mattinata nella gravity room ad allenarsi e non doveva essere disturbato, certo. Invece lei, che aveva passato la notte e la mattina in laboratorio a perfezionare i suoi maledetti droni, non aveva il diritto di andare a cena fuori con suo marito, nemmeno dopo aver appena comprato un vestito stupendo che le stava stra-maledettamente bene.
Dopo aver gettato un'occhiata compiaciuta al vestito in questione, si affrettò ad indossare qualcosa di comodo e soppesò, subito dopo, uno sguardo altrettanto compiaciuto alla sua immagine riflessa nello specchio, beatamente incurante delle scarpe spaiate, dei vestiti sgualciti, lenzuola, asciugamani e borsette ricolme di trucchi e gioielli che facevano da cornice e da sfondo a tanta grazia.
In quella stanza, era tassativo, i robot delle pulizie entravano soltanto una volta a settimana, anche se normalmente Bulma impiegava poco più di mezza giornata per ridurre i loro sforzi ad un nulla di fatto, se proprio si fosse voluto badare ai dettagli. La realtà era che, per quanto potesse sembrare assurdo, di certo un saiyan, soprattutto uno di sua conoscenza, sarebbe stato molto più ordinato di lei, se solo non fosse stato anche l'ultimo essere nell'universo ad avere un qualche interesse nelle faccende domestiche.
Il pensiero di quel particolare saiyan, per l'appunto, che le era tornato alla mente quasi a tradimento, sembrò ricordarle con rinnovato entusiasmo per quale motivo fosse tanto arrabbiata e, mentre guadagnava l'uscita con passo risoluto, una scarpa particolarmente sfortunata si trovò a farne le spese e finì contro il muro a una velocità supersonica. Ormai era decisa a cercare Vegeta nella gravity room e a costringerlo ad accettare un invito a cena, pena la morte. E certo quelle minacce non erano state formulate a vuoto, nei suoi pensieri, perché l'espressione che sfoderava come un'arma mentre procedeva lungo il corridoio era abbastanza eloquente da meritarsi il rispetto del più bieco degli assassini.

Quella espressione irremovibile e il suo incedere militaresco contrastavano piuttosto visibilmente con il caos che si era lasciata alle spalle, ma a dirla tutta, una volta abbandonata la stanza da letto padronale, un certo contrasto con quel caos lo si sarebbe notato anche dal pianeta dei Kaioh, data l'estrema pulizia e l'estremo rigore di ogni altro altro ambiente della Capsule Corporation. Dovette notarlo ben presto anche Bulma, accorgendosi che poteva ammirare chiaramente la sua graziosa figura persino sulle pareti metalliche del corridoio contiguo alla gravity room. Non ebbe tempo di compiacersi anche per quest'ultimo successo, tuttavia, perché trovando la stanza gravitazionale desolatamente vuota rimase piuttosto sconcertata.
Era strano che Vegeta non fosse lì ad allenarsi a quell'ora, soprattutto dopo aver liquidato la sua segretaria così in fretta; cosa che, nel linguaggio dei saiyan, significava che doveva completare la sessione di allenamento e che nessuno, nemmeno Kaiohshin il Sommo venuto ad annunciare la fine dell'universo, aveva il diritto di disturbarlo. Di sicuro però, se Vegeta non si stava allenando, molto probabilmente c'era solo un altro posto dove poteva andarlo a cercare in quel momento; e l'andatura con cui tornò sui suoi passi e si diresse verso quel luogo fu la conferma definitiva che Bulma non avrebbe mai rinunciato alla sua cena, nemmeno se Kaiohshin il Sommo fosse venuto ad annunciare la fine dell'universo. Ormai era diventata una questione di principio.

Vegeta aveva torto su tutta la linea, tanto per cambiare. Non era affatto vero che i suoi robot delle pulizie fossero invadenti! Aveva attraversato due interi corridoi, su due piani diversi, e non ne aveva incontrato nemmeno uno! L'indignazione sembrò fare di nuovo capolino sul suo volto e si produsse nell'ennesimo sbuffo scocciato. Quel saiyan ne aveva addirittura fatto esplodere uno la settimana prima, perché quel poveretto aveva osato entrare in bagno e porgergli un asciugamano. Che cosa aveva detto? Già, che erano troppo efficienti... come se l'essere efficienti fosse un difetto! E guarda caso, aveva detto che pure la sua segretaria era troppo efficiente...
La smorfia sarcastica con cui aveva sottolineato quell'ultimo pensiero l'aveva accompagnata per diversi passi, assieme ad uno sguardo omicida, finché non giunse a pochi metri dalla cucina. Notò con piacere, però, a quel punto della giornata e dei suoi ragionamenti, che uno dei suoi robot stava effettivamente svolgendo il proprio lavoro con un contegno invidiabile, appena fuori dalla stanza verso cui era diretta. Il piccolo domestico metallico era tutto intento a spazzare qualcosa, ma da dove si era soffermata ad osservare non riusciva a scorgere cosa fosse. Solo quando fu abbastanza vicina e si chinò ad esaminare con attenzione l'ammasso di ferraglia, spinta dalla curiosità e da uno spaventoso, terribile dubbio, ebbe l'atroce certezza: quello che veniva raccolto e gettato in un contenitore per il riciclo dei componenti meccanici era proprio un altro dei suoi robot, o ciò che ne rimaneva.
Dopo un secondo di sgomento e di incredulità, le sue emozioni si attestarono prevalentemente sulla furia cieca. Raggiunse la cucina in appena due falcate sicura ormai di trovare lì suo marito, mentre passava in rassegna più volte, nel giro di pochi millesimi di secondo, alcuni metodi efficaci per riuscire a disintegrarlo; e oltrepassò la soglia della porta con la fermezza di un intero esercito saiyan, assumendo una posa intimidatoria che avrebbe fatto tremare perfino Freezer.
Dopo appena una frazione di secondo si bloccò. Tutta la sua determinazione svanì in una bolla di sapone e si tramutò in un'espressione esitante e vagamente confusa. Strizzò gli occhi un paio di volte, come a sincerarsi di aver visto esattamente ciò che aveva visto, ma questo sembrò paradossalmente confonderla ancora di più.
“Vegeta?” mormorò con un tono incredulo e quasi intimorito. La sua voce tradì un'evidente incertezza. “Che stai facendo?”

Il principe dei saiyan sedeva su una delle sedie accanto al tavolo, davanti a sé un cosciotto ora ridotto all'osso e una bottiglietta di plastica verde, il cui contenuto era stato svuotato della metà. Lo sguardo era fisso al suolo, dove un tappo dello stesso colore della bottiglia giaceva al momento immobile. Non era il solo a studiare l'oggetto, una palla di pelo dal manto nero lo stava fissando con altrettanta concentrazione.
Tama, il gatto di casa, allungò una zampa e toccò il tappo, per osservarlo muoversi. Gli diede poi un altro piccolo colpetto, facendolo scivolare accanto al piede di Vegeta. Questi osservò la scena in silenzio e con un piccolo gesto fece slittare il tappo verso il felino, che lo seguì con i suoi grandi occhi vispi. Come aveva fatto la prima volta, Tama allungò la zampina per verificare le capacità motorie dell'oggetto. “Non lo vedi da sola?” disse il principe rivolto alla moglie, senza guardarla. Il tappo tornò accanto alla punta della sua scarpa appena un secondo dopo e Vegeta gli diede un nuovo colpetto, osservando per l'ennesima volta la reazione del gatto.
La reazione di Bulma fu, per certi versi, simile a quella del gatto. Restò ammutolita qualche momento osservando la scena e, dopo aver appurato quello che stava realmente guardando, la sua mente brillante cominciò a passare in rassegna ogni possibile scenario in cui Vegeta, il principe dei guerrieri saiyan, avrebbe potuto intrattenere un animale domestico senza che questo preannunciasse come minimo la fine del mondo o una disgrazia peggiore. Non ne trovò alcuno.
“Ehm...” si schiarì la voce prendendo tempo e cercando di scegliere le parole con cura. “Scusami... ma stai...” non poteva credere che gli stesse davvero facendo quella domanda. “giocando con Tama?”


Il gatto, sentendo il proprio nome e interpretando la cosa come un invito ad unirsi alla conversazione, miagolò convinto delle sue idee e colpì il tappo con una zampata più vigorosa, mandandolo a finire sotto il tavolo. Il principe ne seguì la traiettoria con lo sguardo, chinando il capo per osservare il punto esatto in cui era finito. Tama miagolò una seconda volta, come fosse un invito a rimediare al problema, e Vegeta studiò ancora una volta il felino, per poi tornare a concentrarsi sul tappo. “È ovvio” rispose vago, dando un ennesimo calcio al giocattolo, che slittò sul pavimento fin troppo lucido e raggiunse e superò l'ingresso della cucina. Saiyan e gatto non distolsero mai lo sguardo, mentre Bulma cominciò a chiedersi dove e quando aveva sbattuto la testa così violentemente da aver perso i sensi. Perché non poteva esserci altra spiegazione.



CONTINUA…



Storia scritta a quattro mani in anni di lavoro (sì... anni!) e finalmente abbiamo deciso di pubblicarla. Nel ringraziarvi per aver letto il primo capitolo ci auguriamo che vogliate seguire anche i prossimi. (non temete saranno pochi, non ci vorranno anni per leggerli! XD)




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Capitolo 2
*** Una lunga ricerca ***


d
DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE




Una lunga ricerca


I piedi di Trunks toccarono l'asfalto davanti alla Capsule Corporation in un atterraggio leggero che aveva ormai consolidato negli anni. Sua madre si era sempre raccomandata di fare attenzione e di non dare troppo nell'occhio e negli anni aveva affinato anche quell'abilità. Dopo aver imparato che spesso e volentieri i suoi concittadini erano più interessati a quello che succedeva sotto i loro piedi piuttosto che sopra le loro teste, ormai poteva dirsi abbastanza capace; anche se qualche volta invidiava un po' il suo amico Goten, che vivendo sulle montagne godeva di molta più libertà di lui, nonostante non avesse il buon nome della famiglia Brief a giustificare ogni stranezza potesse provenire dal giardino di casa sua.
Si diede un attimo per sistemarsi lo zaino ancorato alle spalle, che durante il volo da scuola fino a casa si era mosso sobbalzato dal vento, ed eseguita quella che poteva essere definita la sua routine, varcò la soglia dell'enorme casa passeggiando con la più assoluta tranquillità. La giornata a scuola era stata pacificamente noiosa, ma forse il pomeriggio avrebbe potuto riservare qualche sorpresa, pensò tra se con l'ottimismo che si confaceva alla sua giovane età, ormai al sicuro da sguardi terrestri indiscreti.

Appena fu all'interno dell'edificio i suoi occhi azzurri si posarono per un istante sulla segretaria, dietro la scrivania. La donna non alzò lo sguardo neanche quando il piccolo inquilino si premurò di salutarla con un vago “Salve”, che l'assistente non parve nemmeno sentire. Annotando mentalmente che non appariva di buon umore, Trunks sembrò classificare l'informazione come poco pertinente nei riguardi di un possibile decorso del suo pomeriggio. La fissò per un momento in più, poi alzò le spalle noncurante e proseguì per i meandri dell'immensa casa.
Dovette ringraziare i suoi riflessi sovrumani se, svoltato il primo angolo appena dopo l'ingresso, riuscì ad evitare un robottino che gli era passato accanto indaffarato senza badare alla sua presenza e per poco non l'aveva investito senza tanti complimenti. “Ehi” si lamentò il bambino, seguendo con lo sguardo il domestico metallico che sembrava tutto preso da una qualche attività.
Il giovane saiyan inarcò un sopracciglio e storse un lato della bocca in una smorfia, quando vide il robot sparire all'interno di una stanza poco più in là. Non diede tuttavia altro pensiero al momentaneo intoppo e proseguì per la sua strada. Da qualche parte nella sua mente dovette di certo associare la zelante macchina per le pulizie che per poco non lo aveva tramortito e lo stato del pavimento su cui sgambettava allegro, talmente lucido e pulito da potercisi specchiare, ma la sua attenzione sembrava agile quanto i suoi passi lungo il corridoio e l'espressione sul suo volto stava già seguendo un'altra strada.

Sapeva che avrebbe dovuto svoltare a destra per affrontare le scale che lo portavano in direzione della propria cameretta. Doveva lasciare lì lo zainetto che ancora aveva sulle spalle e magari chiamare Goten per chiedergli se voleva andare in cerca d'avventura. Ma il suo stomaco alieno aveva un'altra teoria a riguardo. La sua scuola non era in grado di sfamare un saiyan, neanche con tutto il cibo nelle dispense, pertanto l'affamato Trunks si diresse nella direzione opposta, verso la cucina.
Si sfilò i lacci della borsa dalle spalle e la lasciò cadere al suolo, ripromettendosi di passare a riprenderla in un secondo momento, ma lo zaino non fece in tempo a toccare il suolo che un secondo robot, uscito quasi dal nulla, se ne appropriò. Trunks osservò l'inserviente svanire dietro un angolo prima che potesse aprire bocca, ma ancora una volta, la sua prima reazione fu l'ennesima alzata di spalle. Dopotutto non era poi così interessato alle sorti dei suoi libri scolastici e non si diede pensiero di rincorrere o fermare il robot.
Di certo mettersi tra un saiyan e il suo stomaco non sarebbe mai stata un'idea brillante in nessun universo possibile, anche se il saiyan in questione era solo un bambino, ma per l’ennesima volta il problema non si pose nemmeno. Trunks riprese il suo incedere alla ricerca di cibo, ignorando del tutto il pensiero o, per meglio dire, con la spensieratezza di chi di pensieri non ne aveva proprio nessuno. La sua espressione serena e vagamente speranzosa, che pregustava già qualche bella pietanza succulenta sotto i denti, non lasciava trasparire alcun dubbio sul fatto che tutta quella pace l'avrebbe accompagnato per il resto della giornata e non sarebbe mai svanita dietro il primo angolo.
Ovviamente fu nei pressi del salotto, per l'appunto svoltato il primo angolo, che incappò in qualcosa che lo costrinse a ricredersi e a rivedere i suoi piani.

Un po' incerto, il ragazzino osservò sua madre davanti alla porta della stanza, mentre era intenta a sbirciare al suo interno.
Era abituato alle stranezze della sua famiglia da ancor prima di imparare a camminare, quindi si chiese se fosse davvero il caso di porsi delle domande, ma la sua infantile curiosità gli suggerì di cambiare direzione e di avvicinarsi.
La donna gli stava dando le spalle, pertanto non si accorse della sua presenza e Trunks, che aveva percorso il tragitto con un passo involontariamente privo di ogni suono e degno di un piccolo ninja, le era arrivato alle spalle senza darle alcun preavviso.
“Ciao mamma” la salutò una volta raggiunta.
“Aaaahhhh” gridò lei saltando letteralmente in aria come un ordigno esplosivo. “Per la miseria Trunks!” si voltò a lanciare una terribile occhiata di rimprovero al piccolo saiyan, ma il tono stridulo della donna nascondeva a fatica un'inflessione preoccupata, “Quante volte ti ho detto di non arrivare alle spalle della gen... te…” il carattere imperioso della frase si indebolì improvvisamente, assieme al tono di voce, che si abbassò poco a poco fino a raggiungere un volume quasi impercettibile. “Lascia stare” tagliò corto agitando una mano, come se il perché avesse iniziato a bisbigliare come una ladra fosse ovvio.
Era tornata a osservare l'interno del salotto con fare altamente circospetto, con l'aria di qualcuno che temeva di essere stato scoperto. “Tesoro”, si rivolse nuovamente al bambino senza voltarsi a guardarlo, parlando a mezza voce. “Abbiamo un grosso problema”. Il tono che aveva usato rasentava la gravità di un messaggero di morte.
Trunks fissò sua madre come se fosse impazzita, “Ehm... che tipo di problema?” bisbigliò anche lui istintivamente. Si avvicinò ed imitandola le sgusciò accanto, trovando uno spazio tra la donna e la parete per osservare l'interno del salotto.
La scena che si poteva osservare da quella prospettiva pareva aver catturato l'attenzione della scienziata in modo assoluto. Fu quella la prima impressione del giovane saiyan. Soltanto restandole accanto sarebbe stato facile percepire la sua agitazione, anche non possedendo i sensi sviluppati di un guerriero.
“È tuo padre…” sentenziò inquieta senza distogliere lo sguardo dall'oggetto delle sue preoccupazioni. Trunks fu attratto nella stessa direzione.

Vegeta, completamente assorto in quello che sembrava uno strano monologo interiore, era intento a sollevare e a spostare con una certa meticolosità tutti i mobili del salotto, all'apparenza in cerca di qualcosa. L'intensa concentrazione con cui eseguiva questa minuziosa operazione sembrava in effetti un aspetto non irrilevante, dato che il saiyan non si era accorto di essere spiato e continuava a borbottare con una certa stizza parole incomprensibili da un tempo decisamente troppo lungo.
“Guarda!” sussurrò Bulma con un'inflessione a dir poco angosciata nella voce. “Sono almeno dieci minuti che va avanti così!” non fece alcuno sforzo per non apparire melodrammatica. “Sta parlando da solo!”
Trunks sollevò di nuovo lo sguardo per osservare sua madre. Per un lungo istante si domandò se dovesse essere più preoccupato per lei o per suo padre, indeciso su chi dei due si comportava nella maniera più bizzarra.
Lì per lì, sembrò optare sulle prime che sua madre poteva essere la vincitrice di questa peculiare gara, ma quando diresse lo sguardo ancora una volta verso il salotto, si accorse che suo padre stava ancora sollevando mobili, uno dopo l'altro, e con un sopracciglio inarcato si soffermò ad osservarlo con più attenzione. Di tutte le cose strane che poteva fare, questa era una novità. Almeno di questo doveva rendere atto alla madre.
Non era certo difficile per il principe dei saiyan sollevare l'arredamento di casa come se stesse alzando scatoloni vuoti, questo non era il problema. La cosa strana, cominciò a riflettere Trunks, era che non si fosse ancora accorto della loro presenza.
“Forse...” cominciò un po' perplesso, “forse si sta solo allenando” suppose poco convinto e ancor meno convincente.
“Ah, non dire sciocchezze!” piagnucolò rassegnata Bulma. “Non l'ho mai visto fare una cosa così assurda. E pensa che prima…”
“Tu!” Il tono perentorio del principe dei saiyan riuscì a farla trasalire ancora una volta e la donna si ammutolì di colpo, rimanendo in attesa come ne andasse della propria sopravvivenza.
Da quel particolare punto d'osservazione non si poteva scorgere la singolare espressione assorta di Vegeta, che dava le spalle al duo appostato appena fuori la porta, e quelle parole suonarono fin troppo come una specie di minaccia. “Non stare lì impalato! Potresti anche darmi una mano”
“Ce l'ha con te!” dichiarò brusca la donna. E, mentre parlava, con un movimento altrettanto deciso spintonò letteralmente suo figlio all'interno del salotto, incoraggiandolo ad avvicinarsi a suo padre con un goffo gesto della mano che non riuscì affatto ad apparire rassicurante come avrebbe voluto.
Il bambino diede un'ultima disperata occhiata alla donna, prima di compiere qualche altro passo all'interno della stanza. Deglutì nervoso, avvicinandosi a suo padre con circospezione. Di certo era arrabbiato, l'aveva compreso dal suo tono di voce, e questa non era affatto una buona premessa. Tuttavia, mentre osservava le spalle dell'uomo sollevare lo stesso mobile che gli aveva già visto alzare un paio di volte, Trunks cominciò a convincersi che doveva esserci per forza una spiegazione plausibile per quello che stava facendo.
D'altra parte si era accorto di loro e questo era ovvio. E si era arrabbiato perché stavano lì a spiarlo. La veloce disamina di tali pensieri bastò a dissipare ogni dubbio sull'efficienza delle facoltà mentali del padre e l'espressione del ragazzino si distese notevolmente. Sua madre stava solo esagerando, pensò tra sé. Non era quello che faceva sempre?
Cominciò a quel punto ad essere vagamente curioso. “Che c'è papà? Cosa vuoi che faccia?” gli chiese una volta raggiunto.
Vegeta si voltò di scatto e fissò sul giovane saiyan uno sguardo fin troppo penetrante e... sorpreso? Dopo aver appoggiato non proprio delicatamente a terra l'ennesimo complemento d'arredo, si limitò a scrutare per un momento il bambino e a riflettere su qualche oscura questione.
“Che vuoi, Trunks?” lo interrogò brusco. “Nessuno ti ha chiesto niente!”
Un secondo dopo era di nuovo intento a sollevare mobili e a ignorare suo figlio, che si ritrovò piuttosto confuso a scandagliare ancora più attentamente ogni sua mossa, incapace di allontanarsi.
Era evidente ormai che fosse in cerca di qualcosa e che, a giudicare dal modo in cui si stava adoperando, doveva essere anche qualcosa di estremamente importante. E... no, non si era accorto di loro.
“Ti avverto, non ho intenzione di perdere ancora altro tempo!” inveì poi all'improvviso, sollevando per la terza volta il divano. Stava continuando a scrutare sotto il mobile, che teneva in equilibrio con una mano sopra la testa. “La prossima volta vai a cercartelo da solo, sia chiaro!” il suo tono di voce era alterato, ma sembrava non avesse alcuna intenzione di rinunciare alla sua accurata ispezione.
“Eh? Pap... papà? Ti senti bene?” domandò Trunks, cominciando a credere che in fin dei conti sua madre non era poi impazzita del tutto. Il problema era che non poteva dire la stessa cosa di suo padre e questo, in linea di massima, era un fatto ben più grave, se non altro perché del tutto inedito.
Non ottenendo alcuna replica dal genitore, intento per l'ennesima volta ad alzare una poltrona, Trunks si voltò alle sue spalle per cercare lo sguardo della madre. Con un cenno del capo le fece capire che non aveva scoperto molto per quel che riguardava lo strano comportamento di Vegeta, ma sembrò intenzionato a non arrendersi e ad indagare ancora un po', cominciando a guardarsi intorno in cerca di qualche indizio.

Ad attirare la sua attenzione e a fornirgliene uno piuttosto decisivo, fu un miagolio proveniente dal basso. Trunks abbassò lo sguardo sul pavimento e si ritrovò ad osservare Tama, che lo fissò con i suoi grandi occhi felini. “Miao” ripeté il gatto, come se stesse cercando di dirgli qualcosa.
Accanto alle zampe dell'animaletto di casa, il piccolo saiyan notò quasi subito il tappo di una bottiglia di plastica. Inarcò un sopracciglio per un attimo, in preda a una qualche bizzarra ipotesi, che sembrava farsi sempre più bizzarra e concreta, mentre tornando ad osservare la schiena di suo padre continuava ad ascoltarla aggirarsi nella propria testa. Non è che...? Terminare quel pensiero scandendone chiaramente le conclusioni fu pressoché impossibile.
“Scusa papà... devo... andare” mormorò, in parte consapevole che nessuno lo stesse ascoltando. Fece i primi passi all'indietro in direzione della porta e quando fu abbastanza certo che nessuno lo avrebbe fermato, si voltò e cominciò a correre.

In un istante raggiunse l'uscita e appena lo fece tornò a guardare Bulma, “Mamma!” fu l'unica cosa che riuscì ad esclamare, ormai preoccupato.
“Visto?!” esclamò Bulma fin troppo ad alta voce. Parve accorgersi dell'imprudenza un secondo dopo e ricominciò a sussurrare. “Che ti avevo detto?” mormorò nervosa mentre afferrava suo figlio e lo trascinava al riparo nel corridoio, facendogli scudo col suo corpo. Si sporse solo un attimo dopo a osservare di nuovo all'interno del salotto con un'aria molto cupa. Trunks la imitò, cercando di sbirciare anche lui ancora una volta, aggirando sua madre che ormai era decisa a tenerlo al riparo quasi a forza.
“Potevi anche dirmelo che lo avevi trovato tu quel dannato tappo!” sbottò ad un tratto Vegeta.
Nemmeno le avesse lanciato un ki blast, la scienziata si ritrovò a fare un brusco passo indietro e si voltò con aria sgomenta a guardare il bambino, costretto anch’egli ad indietreggiare all'unisono con lei.
Bulma restò in silenzio per un paio di secondi che sembrarono eterni, poi fece un lungo sospiro e ritrovò, non senza difficoltà, una certa calma e una fin troppo ostentata sicurezza.
“Ok”, si fece forza rivolgendosi a suo figlio. “Tuo padre sta parlando col gatto, ma andrà tutto bene” “Con il gatto?!” esclamò Trunks. Il tono forzatamente fiducioso e rassicurante che aveva usato la donna probabilmente non avrebbe convinto nemmeno il suddetto gatto e l’impressione che ebbe in quel momento il piccolo saiyan fu che qualcuno lo avesse appena colpito con una certa forza sulla zucca.
Lei però non si curò di chiosare le sue deduzioni, se mai le si sarebbe potute definire tali, e tornò inquieta a sbirciare Vegeta, che era intento a rimettere a posto con molta cura i mobili che aveva spostato e aveva cominciato a studiarne attentamente la composizione.
Deve esserci una spiegazione, è ovvio…” continuò non troppo convinta, “Q… quale spiegazione, mamma?” balbettò Trunks, completamente inascoltato. Sua madre sembrava di gran lunga più concentrata in un dialogo con se stessa e il tentativo del ragazzino di dedurre qualche conclusione dai ragionamenti della scienziata si tramutò in un nulla di fatto.
Ad un certo punto Bulma si mordicchiò per un momento il labbro inferiore e si fece per un attimo più concentrata, segno che qualcosa di concreto le stesse passando per la testa.
“Trunks, penso di sapere come fare a capirci qualcosa!” annunciò ad un tratto con un barlume di speranza nello sguardo. “Davvero? Che cosa vuoi fare?” le domandò il figlio, fissando i suoi occhi in quelli di lei e aggrappandosi con fiducia a quella speranza. “Vieni!” lo esortò lei, mentre raggiungeva a passo spedito le scale in fondo al corridoio. “E speriamo che funzioni...” aggiunse tra sé sospirando.
Trunks si guardò un’ultima volta alle spalle per verificare la situazione all’interno del salotto. Dopo aver esitato per un istante in più si decise a seguire sua madre.


CONTINUA…



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Capitolo 3
*** Una mira perfetta ***


d
DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE




Una mira perfetta


Goku si limitò ad affilare lo sguardo verso il limitare della piccola spianata appena dietro l'edificio principale, in direzione del margine ovest del giardino. Si schermò con una mano dai raggi del sole, che avevano appena iniziando ad abbassarsi, e si sforzò di osservare la scena con tutta l'attenzione che riusciva a permettersi.
Sembrò maledettamente concentrato per alcuni interminabili secondi, mentre tutto intorno calava un silenzio di tomba e la tensione sembrava farsi sempre più palpabile. Quando si decise a voltarsi e a rivolgersi alle due persone che trattenevano il fiato, appena dietro di lui, non poté fare a meno di esordire sospirando, come a ribadire che ci aveva riflettuto a lungo e con cognizione di causa e... no, non stava affatto per dare della pazza alla donna più spaventosa dell'universo. “Ma sei proprio sicura che sia così grave, Bulma?”.
Lei additò il marito ad alcuni metri di distanza, “Guardalo, Goku! Ti sembra normale?” insistette per l’ennesima volta, la voce stridula che parve toccare una nuova intensità di decibel. Al suo fianco Trunks annuì vistosamente per darle manforte e Goku fu costretto a tornare a osservare la scena, sforzandosi di esaminare meglio la situazione.
“Beh, ecco... ” ebbene sì, forse il concetto di normalità era qualcosa di difficile da definire nell’universo in cui viveva. A voler essere proprio pignoli, c'erano due o tre cosette che probabilmente avrebbero potuto destare in lui una qualche apprensione, se solo si fosse ricordato di come in quell’universo non fosse poi così difficile che una giornata iniziata così serenamente come quella si tramutasse nel peggiore degli incubi. Nonostante il suo innato ottimismo infatti, il modo in cui si stava configurando il pomeriggio sembrava appunto volergli rammentare proprio questo tipo di circostanza, perciò Goku, dopo essere stato strappato quasi a forza dalle sue mansioni nei campi e aver rischiato almeno un paio di volte la vita - e peggio ancora la cena - per convincere sua moglie, aveva deciso che fosse il caso di impegnarsi almeno un po', se non altro per non contrariare Bulma.
“Ora che mi ci fate pensare...” l'espressione con cui si era messo nuovamente a scrutare Vegeta, a quel punto, sembrò una volta per tutte voler comprovare degnamente la sua presenza lì.

Ignaro di essere osservato, il principe dei saiyan si poggiò una mano al mento fissando con estrema attenzione la siepe che aveva davanti. Come se ciò non bastasse chinò il capo prima da un lato poi dall'altro, ripetendo l'operazione altre due o tre volte.
Goku aggrottò la fronte ancora più eroicamente di prima, alla ricerca di qualcosa che assomigliasse a una minaccia... ma no, proprio non ci riusciva! Con tutte le migliori intenzioni non poteva convincersi, e finì ben presto per scrollare le spalle e grattarsi la nuca con un gesto nervoso in cerca di un appiglio.
L'universo e il pianeta Terra, in quel preciso istante, non parevano minacciati da alcun potere oscuro e malvagio, su questo non potevano esserci dubbi. E dopo essere giunto a questa amara conclusione sospirò un'altra volta, più rassegnato di prima, tornando a dare le spalle al principe dei saiyan e a rivolgersi al resto della sua famiglia.
“Bulma, a parte il fatto che mi sta ignorando non mi sembra che ci sia nulla di stra... Eheh... Aspetta!” gli occhi scuri s'illuminarono all'improvviso. “Che mi sta ignorando non è mica strano!” concluse ridacchiando con una certa soddisfazione.
Bulma avrebbe voluto strozzarlo. Per quanta fiducia avesse nell'amico di sempre c'erano dei momenti nei quali dubitava riuscisse ad allacciarsi le scarpe da solo. Immusonita e frustrata lo guardò in una sorta di supplica nell'intento di ritrovare la calma che aveva ormai perso le speranze di recuperare.
Si concesse un sospiro in un ultimo disperato tentativo. “Goku...” iniziò controllando il tono di voce al meglio delle sue possibilità. Lui la osservò furtivo, con la massima cautela, cominciando a presagire il peggio.
“Tu credi che ti avrei fatto venire fin qui per nulla se non ci fosse qualcosa di strano?!” bisbigliò a denti stretti, incrociando lo sguardo con quello del saiyan.
“Già, ma...” il saiyan in questione si voltò a controllare di nuovo Vegeta e gli sfuggì un gemito rassegnato.
Certo che ce la stava mettendo proprio tutta, questo almeno Bulma non poteva rimproverarglielo. “Al telefono sembravi ma...” l'istinto lo spinse a interrompere bruscamente la frase, un secondo prima di commettere un errore che poteva costargli la vita.
Bulma incrociò le braccia e lo fissò seria, quasi come se volesse avvisarlo di valutare le sue parole. “Maledettamente spaventata!” aggiunse Goku all'ultimo momento, cercando ostinatamente qualche appiglio nell'espressione ansiosa di Trunks, prima di tornare a rivolgersi all'amica. Il ragazzino sembrava confuso almeno quanto lui.
“Cosa vuoi che faccia, esattamente?” le chiese nel modo più disponibile possibile. “Vai a parlare con lui!” ordinò subito la scienziata, poggiando le mani sulle spalle dell'amico e costringendo quest'ultimo a girare su sé stesso. “Siete entrambi saiyan, potrebbe essere una delle vostre stranezze” aggiunse spintonandolo in direzione del marito.
“Ma di che stranezze parli?” protestò non troppo convinto Goku. Puntò gli stivaletti a terra in modo infantile, nel tentativo di estorcere qualche indizio in più alla donna che lo stava letteralmente spingendo incontro al pericolo. “Che gli devo dire?” “Non m'interessa cosa gli dici... basta che scopri cosa gli sta succedendo” insistette lei, usando tutta la propria forza per allontanare il saiyan che tuttavia non si smosse di un solo millimetro.
“Bulma cara...” mormorò una voce alle spalle del terzetto.

Furono tutti costretti a voltare il capo nella medesima direzione. Il Dott. Brief infilò le mani nelle tasche del camice, osservando la scena con la più assoluta calma, “Stavo cercando il carbur...” “Non ora papà! Ho cose più importanti a cui pensare” lo interruppe la figlia. Tornò a riportare la propria concentrazione sull'amico nel giro di un secondo e ricominciò a spintonarlo “E ora vai, Goku!”

Goku si staccò malvolentieri da terra gettando un'occhiata sconsolata al Dott. Brief. Dopo aver riposto in lui la vaga speranza di essere tratto in salvo, si ritrovò ad osservarlo mentre lo stesso si spostava flemmatico verso l'edificio principale e scrollava le spalle. Senza volerlo, finì per pensare che in quel momento probabilmente Chichi stava preparando la cena, e dovette sforzarsi non poco per dimenticarsi che a pranzo aveva mangiato solo quattordici portate, muovendosi una volta per tutte in direzione delle siepi in fondo al giardino.
Atterrò con tutta calma accanto al principe dei saiyan, che intanto si era avvicinato alla siepe come a volerla valutare con maggiore attenzione, con la netta sensazione che dietro di lui, a qualche metro di distanza, Bulma e Trunks lo stessero osservando con fin troppa attenzione.
“Ehi, Vegeta!” esordì allegramente.
Ci fu un attimo di silenzio, prima che Vegeta si voltasse a squadrare il nuovo venuto. Fu come se lo vedesse per la prima volta e per un breve istante strizzò gli occhi cercando di mettere a fuoco l'altro saiyan, “Kakaroth!” esclamò dopo un tempo che parve infinito.
“Come va?” s'informò Goku, ottenendo in risposta un leggero annuire del capo, “Tutto bene” disse l'altro.
Tutto bene. Perché invece cominciava ad avere la sensazione che non fosse esattamente così?
Vegeta indugiò per un altro secondo prima di tornare alla siepe, poi di punto in bianco fece comparire un ki blast sul palmo della mano rivolgendolo verso l'arbusto. Il colpo partì immediatamente sfiorando la pianta, che perse una manciata di foglie. Si soffermò ad osservarla per un altro istante chinando il capo da un lato in un gesto che aveva già compiuto diverse volte negli ultimi minuti e Goku si trovò involontariamente a ripetere quella posa, inclinando la testa all'unisono con Vegeta, come se cercasse di cogliere anche lui qualcosa d'importante. Peccato che non vedeva niente.
“Non trovi anche tu che sia un po' storto?” domandò il principe, ancora immerso in una profonda concentrazione.
“Ehm...” Goku si concentrò insieme a lui con rinnovata attenzione. “Storto...” pronunciò fra sé e sé a bassa voce. Era più un'affermazione che una domanda. “Di che cosa stai parl...” quella era decisamente una domanda, ma non riuscì a pronunciarla per intero, incantato dai gesti dell'altro.
Una nuova sfera d'energia comparve nella sua mano e Vegeta la puntò nuovamente alla siepe con il chiaro intento di farle seguire il percorso che aveva già fatto la prima.
“Ma che stai facendo?” chiese a quel punto Goku, arrendendosi. Un'inflessione curiosa nella voce e un'espressione sorridente accompagnarono la domanda.
“Sto potando le siepi” rispose il principe alzando la mano. Per un attimo il braccio di Vegeta sembrò prendere la mira, oscillando da un lato all'altro.
“Ok” rispose accondiscendente Goku, per niente convinto. Per quanto non fosse sua abitudine saltare a conclusioni catastrofiche tanto presto, dovette ammettere che quello a cui stava assistendo non poteva essere del tutto normale.
Vegeta assunse un'espressione di pura concentrazione e solo dopo alcuni istanti il ki blast lasciò la sua mano. L'espressione del suo interlocutore, peraltro, a quel punto non era molto diversa.
Ci pensò su un momento. “Perché?” chiese con sincera curiosità... e del tutto inutilmente.
L'esplosione in realtà non colpì l'arbusto che stava potando, ma quello che, fino a pochi secondi prima, cresceva a qualche metro di distanza. “Tsk” commentò Vegeta, assottigliando lo sguardo, il braccio ancora teso davanti a sé.

Dunque, la situazione era questa: l'orgoglioso principe dei saiyan si reggeva in piedi a malapena e non era capace nemmeno di prendere la mira, sempre che quello a cui stesse mirando fosse qualcosa che avesse un senso di per sé; rispondeva a stento alle sue domande ed era anche gentile. No, era ovvio che ci fosse qualcosa che non andava. Cominciò a credere che, probabilmente per la prima volta in vita sua, Bulma non stesse proprio esagerando.

Vegeta parve elucubrare per un istante. Su cosa nessuno sarebbe stato in grado di dire, figuriamoci Goku. Assottigliò lo sguardo. Per l'ennesima volta una minacciosa luce irradiò dalla sua mano, costringendolo a ripetere l'operazione. Questa volta centrò in pieno il cespuglio che perse ben più di qualche semplice foglia.
“Ora va molto meglio” farfugliò ammirando la sua opera e la siepe ora palesemente pendente da un lato. “Bene!” esordì Goku con malcelato sospetto e un tono deciso che sembrava più un'auto-esortazione. Ma non andava bene per niente.
Se Vegeta usciva di senno potevano essere guai seri. E poi - soprattutto! - chi lo avrebbe spiegato a Bulma?! “Io adesso devo proprio andare” disse a voce alta, ancora una volta beatamente ignorato.
Cominciò ad allontanarsi con molta calma, riflettendo sul da farsi. Si prese tutto il tempo necessario per pensare a come avrebbe riferito a Bulma le conclusioni a cui era giunto nel modo più diplomatico possibile. Rischiare che uscisse di senno anche lei sarebbe stato ancor più problematico.
Quando fu abbastanza vicino da avvertire chiaramente l'ansia dell'amica e del ragazzino di fianco a lei, sfoderò uno dei sorrisi più rassicuranti del suo repertorio. “Credo che sia impazzito” esclamò candidamente.

Studiando la scena da lontano, Bulma si era già messa le mani tra i capelli, le parole di Goku le giunsero quindi come la fatidica ultima goccia. Senza preavviso e con uno slancio imprevisto, afferrò il saiyan per il colletto della maglietta, “Coooosaaaa?!” sbraitò.
Goku scattò di un passo indietro con un'espressione terrorizzata. “Ehi Bulma, aspetta!” farfugliò in preda alla confusione, mentre cercava invano di divincolarsi. Per un momento si chiese se fosse stato lui a farla arrabbiare così... ma poi che aveva fatto, in realtà? Non era Vegeta quello che stava polverizzando le siepi?
“Mamma, papà starà bene, vero?” si preoccupò il ragazzino accanto a lei, ma la madre era troppo impegnata a scuotere l'amico con vigore per ascoltare le parole del piccolo Trunks. “Come sarebbe a dire che è impazzito, Goku? Che cosa è successo? Cosa ti ha detto?” urlò Bulma agitando l'altro con veemenza.
“Ma...” dopo l'iniziale spavento, il saiyan diede segno di aver cominciato a capirci qualcosa. “Veramente...” deglutì sonoramente tra uno strattone e l'altro e un secondo dopo stava già ritrovando la sua proverbiale prontezza di spirito. “Veramente cosa?” lo imbeccò Bulma sempre più agitata, smettendo di smuovere l'amico per un breve istante.
Goku prese a grattarsi la nuca come era solito, mentre cercava di scegliere di nuovo le parole adatte. “Non so...” provò a spiegare assumendo una posizione stabile, nel contempo la donna continuò a fissarlo con crescente aspettativa.
Per uno dei guerrieri più potenti dell'universo, conversare tranquillamente con una terrestre attaccata alla gola che tentava di strangolarlo forse non era nulla di speciale, ma quella particolare terrestre aveva il potere di spaventarlo a morte in certe occasioni. E questa era una di quelle.
“Mi ha parlato di certe piante” rispose cautamente. “Piante?” domandò lei inarcando un sopracciglio in un'espressione perplessa.
Alle loro spalle il suono di un’esplosione improvvisa rimbombò per tutto il vicinato. Bulma si scorse leggermente oltre le spalle dell'amico giusto in tempo per notare una nuvola di fumo alzarsi nel punto esatto in cui, un tempo, crescevano gli arbusti a delimitare il proprio giardino.
Tradendo la preoccupazione riflessa nello sguardo, Bulma tornò a fissare Goku, che per un attimo si era voltato anche lui. I suoi occhi azzurri parvero chiedergli in silenzio “Dammi una spiegazione!”.
Ok, Goku doveva ammettere che di quello che aveva detto Vegeta lui proprio non aveva capito un tubo. “Si comporta in modo strano” concluse poi tagliando corto, più o meno soddisfatto. In fin dei conti questa era l'unica cosa di cui era certo.
La terrestre riprese a scuoterlo con ritrovato vigore, “Gokuuuu! Fin qui c’ero arrivata anch’io! È per questo che ti ho chiamato, ricordi?” la presa delle sue mani ricominciò a stringersi, “Tu devi aiutarmi a capire cosa gli è preso!” concluse.
“Ok” rispose d'istinto il saiyan, più per evitare di essere strattonato fino alla morte che per un'effettiva padronanza della situazione.
Bulma e Trunks sembravano davvero preoccupati però, così Goku si sforzò per l'ennesima volta di riflettere seriamente. Si voltò di nuovo per dare un'occhiata fugace al principe dei saiyan e per un momento una qualche idea sembrò balenargli nello sguardo. Gli occhi scuri rotearono pensierosi verso l'alto, poi tornò a fissare l'amica con un'espressione esitante, come se fosse indeciso se parlare o no. “Sai, Bulma...” esordì poi in tono pacato. “A dire la verità non penso proprio di poterti aiutare”. Quella... cosa andava ben oltre le sue possibilità.
Nel frattempo un'altra parte della siepe svanì per sempre in una nuvola di fumo.


CONTINUA…







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Capitolo 4
*** Un aiuto inaspettato ***


d
DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE




Un aiuto inaspettato


Il brusio che si levava dal giardino della Capsule Corporation, tra acuti isterici e borbottii più grevi, si poteva avvertire chiaramente anche da una certa altezza, pur non essendo dotati di un udito così straordinario.
La piccola folla radunata nei pressi dell'ingresso sembrava incurante del fatto che il sole fosse tramontato ormai da un paio d'ore e che stesse cominciando a rinfrescare e, appena i due namecciani atterrarono a pochi metri dall'eterogeneo gruppetto, la donna dai capelli azzurri diede un acuto più molesto dei precedenti e si fece largo a gomitate fino a piazzarsi davanti ai nuovi arrivati, con una postura decisa e un'espressione determinata.
“Ah, bene” affermò come se quello fosse un saluto, “Ci siete anche voi!”.
Piccolo la fissò per un attimo, indeciso su cosa rispondere, ma fu anticipato di un soffio dal saiyan dai capelli lilla che sgusciò fuori dal gruppo un secondo dopo sua madre e lo salutò allegro a sua volta. “Ciao Signor Piccolo!”, esclamò dopo aver spintonato con un certo entusiasmo il vecchio maestro Muten e Yamcha, che si videro sbalzati di lato non troppo delicatamente.
L'operazione congiunta della scienziata e di suo figlio aveva costretto anche Crilin e C18, accanto agli altri due, a fare affidamento sui propri riflessi e a scostarsi in tutta fretta con un balzo all'indietro; e l'effetto a cascata non aveva risparmiato nessuno, nemmeno Tenshinhan e Jiaozi, che pur essendo in disparte avevano evitato per un soffio di finire lunghi sul prato, e Gohan e Videl che, intenti a salutare anche loro i nuovi arrivati, si erano distratti rischiando di travolgere il povero Yamcha finito per terra.
“Ciao Dende!” continuò a salutare il bambino, incurante dello scompiglio che aveva provocato.
Il radunarsi di quell'improvvisata ed eccitata assemblea sembrava aver cancellato almeno in parte la preoccupazione dal suo volto. Sua madre, al contrario, era a dir poco elettrizzata. “Beh, che fate lì impalati?” s'informò incrociando le braccia al petto e iniziando a tamburellare nervosamente un piede sul prato.
“Ciao Trunks... ciao Bulma...” rispose timidamente il Dio della Terra, deglutendo sonoramente.
Gettò un'occhiata incerta alle spalle della donna, al gruppetto di persone che cercava di ricomporsi in maniera dignitosa “Ciao a tutti...”, e si rivolse subito dopo al suo compagno, esitando impercettibilmente in cerca di una qualche risposta. Questi incrociò le braccia, seguendo un percorso simile con lo sguardo. “Mh” mormorò tra sé, prima di rivolgersi alla padrona di casa, “Si può sapere qual è il problema?” domandò infine, senza nascondere il fastidio di essere stato trascinato lì per un motivo con ogni probabilità assurdo.
“Vegeta ha qualcosa che non va” piagnucolò insofferente Bulma.
“Ha qualcosa che non va!” le fece eco Trunks tutto serio.
Entrambi fissarono uno sguardo di supplica prima su Piccolo, poi sul giovane Dende; e infine tornarono all'unisono a rivolgersi al namecciano adulto che di conseguenza inarcò un sopracciglio pensieroso. “E nessuno di loro è stato del minimo aiuto!” aggiunse polemica la donna gettando un'occhiataccia di sbieco al confuso insieme alle sue spalle.
Dopo uno sguardo complice con l'altro namecciano, Piccolo si rivolse all'improbabile folla che gli era stata indicata in cerca di qualche informazione più precisa, ma finirono tutti per scrutarlo con aria interrogativa, in attesa loro stessi di una qualche spiegazione, mentre in un modo o nell'altro si sforzavano di ignorare le occhiatacce di Bulma con malcelata inquietudine.
Sebbene non fosse proprio convinto di quello che stava cercando di dire, Gohan si decise ad intervenire provando a fare un minimo di chiarezza, “Quelle siepi laggiù sembrano essere opera sua… Cioè, credo...” ovviamente con scarsi risultati.
“Le siepi?” mormorò interrogativo Piccolo, scostando ora lo sguardo sulle dirette interessate... o su quello che di esse era rimasto.
“Sì esatto, e poi c'è il gatto!” s'intromise Bulma con una certa agitazione. “E il divano in salotto!” aggiunse Trunks. “Già, il gatto in salotto!” annuì nervosamente la donna.
“Il gatto? Il divano? Si può sapere di cosa state parlando?” continuò a domandare il nativo di Namecc.
“Quando siamo arrivati io e 18 stava parlando con i vicini” aggiunse Crilin.
“Ma se volete sentire la mia opinione...” intervenne Yamcha mentre ritrovava una posizione eretta e un contegno spolverandosi la giacca, “Questo nuovo Vegeta è molto meglio di quello che avevamo. Quando abbiamo parlato mi è sembrato gentile...”
Gentile...” sussurrò fra sé Dende, perso in qualche congettura.
“Ma che accidenti stai dicendo?!” sbottò isterica Bulma.
Il giovane dio per poco non finì a terra pure lui dallo spavento, ma si accorse quasi subito che non era nella sua direzione che la donna stava inveendo. “Io non lo voglio gentile!” sbraitò la donna all'indirizzo di Yamcha. “Ok scus...” “Cioè...” aggiunse concitata ignorando l'amico. “Insomma, io rivoglio il mio Vegeta!”.
Il tono di voce della scienziata aveva richiamato l'attenzione di tutti i presenti, che si erano allontanati da lei assai allarmati e avevano creato il vuoto intorno al terrestre. Rimasto pericolosamente allo scoperto, Yamcha cercò di ritornare fra i ranghi e di riunirsi al gruppo in cerca di protezione, ma si vide rivolgere all'improvviso uno sguardo di fuoco che avrebbe fatto impallidire il più temibile dei criminali galattici. Finì per farsi scudo in preda al panico col piccolo Trunks, che essendo il più intrepido della truppa era quello più vicino a lui e si ritrovò ad un tratto sbattuto in prima linea.
“E poi nessuno vuole sentire la tua opinione, capito?!” “Mamma?” mormorò incerto il ragazzino, intercettando quell'invettiva con malcelata apprensione.
Piccolo osservò a turno i vari interlocutori, poi tornò ad osservare Bulma, che aveva iniziato a rimuginare tra sé a tempo di record mordicchiandosi il labbro inferiore. “Dov'è adesso?” s'informò.
“Oh sì, giusto!” la domanda sembrò riscuoterla. “Goku lo sta tenendo d'occhio” affermò con un tono vagamente fiducioso, guardandosi intorno in cerca dei due saiyan.

Seguendo l'esempio della padrona di casa, l'intera combriccola, inclusi i due namecciani, cominciò a vagare con lo sguardo in ogni direzione.
La ricerca durò meno di qualche istante, ma di saiyan ne fu trovato solo uno.
Goku, sentendosi al centro dell'attenzione, sollevò gli occhi dal pacchetto di biscotti che reggeva con una mano. Fece sparire un dolce nella propria bocca con tutta calma, prima di studiare con vago interesse i volti familiari dei suoi amici. Masticando, pronunciò alcune parole che suonarono in un primo momento incomprensibili. Tuttavia, alle orecchie ben allenate dell'intero gruppo, la frase appena pronunciata riuscì a risultare più o meno come un “Cosa c'è?”.
Bulma lo squadrò da capo a piedi come se dovesse nascondere qualcosa dentro quel pacchetto. “E adesso dove accidenti è Vegeta?!” domandò esalando un gemito esasperato.
La maggior parte dei presenti riprese a guardarsi intorno con fare circospetto, mentre Dende e Piccolo si scambiavano l'ennesima occhiata fin troppo eloquente.
“Non dovevi tenerlo d'occhio tu, papà?” chiese Gohan, pentendosi un secondo dopo di aver fatto quella domanda. “Mica l'hai lasciato da solo?” lo incalzò Crilin con una certa apprensione.
“Dov'è Vegeta?!” il tono con cui Bulma riformulò pacatamente la domanda ammutolì all'istante l'intero gruppetto che aveva iniziato a fare congetture, costringendolo a rivolgersi all'unisono verso Goku.
Trattenendo il fiato in evidente trepidazione, si avvicinarono tutti al saiyan circondando la scienziata, ben lieti che il bersaglio designato di quest'ultima fosse ormai l'ultimo arrivato.
Il suddetto ultimo arrivato, da parte sua, li fissò per un momento uno a uno come se li vedesse tutti per la prima volta, e fu solo dopo una breve ed intensa osservazione che finì per incrociare lo sguardo di Bulma. Con una calma quasi snervante per il resto del gruppo, conficcò in bocca un secondo biscotto prima di aver ingurgitato l’altro e con ovvietà mostrò ai presenti il pacchetto affinché tutti potessero vederlo. “Avevo fame” spiegò senza smettere di masticare.
“Da quanto tempo l'hai perso di vista?” s’informò per tutti Tenshinhan.
Goku sembrò riflettere un istante e subito dopo alzò le spalle in un gesto del tutto spontaneo. “Non lo so” ammise.
“Come sarebbe non lo so?!” esclamò in una strana tonalità Bulma, facendosi di nuovo largo tra la folla a gomitate.
“Sono andato a prendere qualcosa da mangiare...” spiegò lui dopo aver finalmente deglutito.
“Io non ci posso credere!” farfugliò la donna a denti stretti, socchiudendo gli occhi nel tentativo di non implodere. “Ti avevamo detto di tenerlo d'occhio!”
Goku si grattò la nuca con un gesto ben familiare all'intera assemblea e in modo altrettanto naturale confessò “Ah già… l’avevo dimenticato” sorridendo con un'espressione innocente.
Bulma a quel punto sbottò agitando un pugno nella sua direzione e piantando i piedi a terra. “Brutto idiota!” “Ehm... ma io...” provò a giustificarsi il guerriero, sobbalzando dopo aver notato la furia dell'amica. “Ma io un corno!”
Dietro la donna si creò per l'ennesima volta il vuoto, ma proprio quando stava per esprimere al meglio i suoi sentimenti, Trunks la superò correndo verso l'edificio.
“Razza di deficient...” “Vado a cercarlo!” gridò il ragazzino dopo aver oltrepassato anche Goku, ormai a qualche metro di distanza.
Bulma ci pensò su un istante e sembrò concludere che avrebbe potuto disintegrare l'amico con comodo anche più tardi. Un secondo dopo stava correndo anche lei, nella stessa direzione di suo figlio, seguita nell'ordine, e con andature tra le più spedite, da Gohan, Videl, Crilin, Muten, Tenshinhan, Jiaozi, Yamcha, C18, Dende e Piccolo.
Goku fu costretto a schivare la massa di gente che si precipitò in direzione dell'edificio. Lasciato solo, decise di aggregarsi soltanto dopo aver ingoiato anche l'ultimo biscotto.

Varcando la soglia della Capsule Corporation con tutta calma, qualche momento più tardi, il saiyan si ritrovò a sbattere contro un muro di persone. Erano tutti assiepati appena oltre la porta e si erano fermati a osservare qualcosa in direzione della reception.
“Che succede?” domandò cercando di sbirciare oltre le teste dei suoi amici, senza tuttavia ottenere alcuna risposta.
Fortuna volle che la ricerca disperata del principe dei saiyan era stata piuttosto breve. Con le spalle poggiate al muro appena oltre l'ingresso e le braccia incrociate, Vegeta stava fissando intensamente la donna seduta dietro il banco della reception, che singhiozzava inconsolabile.
La segretaria aveva uno sguardo inebetito, che pareva ostinarsi su una piega immaginaria della gonna che indossava, stritolando meccanicamente un fazzoletto tra le mani con il quale di tanto in tanto si soffiava il naso.
Bulma li raggiunse in un paio di falcate superando Trunks, che si fermò appena oltre l'ingresso insieme al resto dei presenti. Squadrò suo marito con un'espressione che oscillava tra la preoccupazione e il rimbrotto, ma il suo tono di voce suonò più che altro esasperato. “Perché sta piangendo? Che cosa le hai fatto?!”.
Con una flemma a dir poco esasperante, il saiyan si voltò ad osservare la moglie al suo fianco come se la stessa si fosse magicamente teletrasportata. Tuttavia si limitò a fissarla, perché non fu lui a rispondere alla domanda della scienziata.
“Signora Bulma” mormorò a fil di voce la segretaria, sollevando il capo per guardarla con gli occhi arrossati dal pianto, “No, il Signor Vegeta non mi ha fatto nulla” si asciugò le lacrime, “È stato molto gentile con me” precisò attirando definitivamente l'attenzione di tutto l'universo su di lei.
Gentile?!?” esclamò ad una sola voce e con un certo sgomento l'intero gruppo alle spalle dell'insolito trio di interlocutori.

“Visto?” l'intrepida voce di Yamcha emerse dal coro all'indirizzo della scienziata, aumentando di volume. “L'avevo detto io che mi era sembrato gentile!”.
Ovviamente fu ignorato dalla diretta interessata, ma non poté dire lo stesso del resto dei presenti, che ricominciarono a parlarsi addosso con più veemenza di prima.
“Gentile” iniziò di nuovo a rimuginare fra sé il giovane Dio a bassa voce. “Infatti prima stava parlando con i vicini” puntualizzò Crilin “E sembrava proprio gentile...” “Ma papà non è mica cattivo con i vicini!” protestò Trunks, dimenticandosi di precisare che in realtà suo padre non sapeva nemmeno di averli dei vicini. “Che sia gentile è proprio strano, però...” quella di Gohan sembrò quasi una replica, ma anche lui era intento piuttosto a riflettere tra sé. “Beh in fondo è una brava persona” disse Videl. “Sì, ma... gentile...” “Neee” se la ridacchiò in disparte il vecchio eremita “È ovvio che c'è qualcosa che non va” “Per forza... gentile!” Tenshinhan sembrava il più incredulo di tutti. “Ma siamo sicuri che...?”
“Ma volete smetterla di ripeterlo!” intervenne ad un tratto Piccolo, “Mi sembra che il concetto sia abbastanza chiaro” precisò sarcastico con un mezzo sogghigno seccato. Tuttavia la situazione, a detta delle espressioni dei presenti, sembrava tutto tranne che chiara.

Fu quell'insistente vociare alle sue spalle che attirò infine l'interesse del principe che, palesemente infastidito da quel continuo chiacchiericcio, decise di prestarvi finalmente attenzione. Il brusio intanto non accennava ad acquietarsi, giacché gli ospiti proseguivano a disquisire sulle azioni del saiyan, e Vegeta li fissò tutti uno per uno, assottigliando lo sguardo come se stesse cercando di metterli a fuoco. Ormai aveva perso definitivamente ogni interesse nelle spiegazioni che la segretaria stava dando alla moglie.
Attese ancora un paio di secondi.
“E voi che diavolo ci fate qui?” tuonò poi all'improvviso, congelando l’intera comitiva come se fossero appena stati tutti colti in flagranza di reato. Anche le due donne smisero di parlare fissando a loro volta il principe dei saiyan.
Per un istante ci fu uno strano silenzio, nel quale tutti i presenti si scambiarono occhiate complici nella speranza di trovare una soluzione o quantomeno un volontario al sacrificio, qualcuno abbastanza coraggioso da essere dato in pasto all’irascibile guerriero.
“Ehm…” cominciò incerto Gohan per poi pentirsene e zittirsi un istante più tardi.
Dopo un altro interminabile attimo di silenzio, come se tutti si fossero messi d’accordo telepaticamente, gli sguardi dei presenti si voltarono all'unisono alla ricerca di un unico bersaglio.

Goku guardò i volti dei suoi amici, ora intenti a fissarlo con intensità, ed infine incrociò gli occhi dell’altro saiyan, “Bulma e Trunks erano preoccupati per te” spiegò in tutta tranquillità dando un nome ai responsabili.
Vegeta assottigliò lo sguardo per un breve istante, “Tu dici sempre un mucchio di sciocchezze, Kakaroth”.
Detto ciò si separò dalla parete alla quale era appoggiato, facendosi largo tra la folla e incamminandosi per i corridoi della Capsule Corporation.
“Sa, Signora” confessò la donna rivolgendosi a Bulma “Ero molto triste per via del mio fidanzato e il Signor Vegeta mi ha dato degli ottimi consigli”.
“La ringrazio Signor Vegeta!” gli urlò dietro.
Lui si fermò, si voltò ad osservare la segretaria, ancora intenta ad asciugarsi l’ultima lacrima, e mormorò “Mh… figurati”, riprendendo il suo incedere con un’andatura vagamente instabile.
La faccia inebetita dei presenti, che sgranarono gli occhi ancora una volta all'unisono, non si avvicinò nemmeno lontanamente a quella di sua moglie, che mostrò platealmente prima alla segretaria ed in seguito alla marmaglia alle sue spalle un'espressione frastornata, a metà tra il terrore e la soddisfazione per aver avuto ragione.
Non aspettò alcun tipo di reazione e si affrettò a restare alle calcagna di Vegeta, che sembrava si stesse dirigendo in cucina. Nonostante il primo tentativo del principe dei saiyan finì miseramente contro il muro, sul quale rimase una bella crepa. Il resto dei presenti non aspettò un invito scritto per seguirli a sprezzo del pericolo.


CONTINUA…



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Capitolo 5
*** Una drastica soluzione ***


d
DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE




Una drastica soluzione


Quando Chichi e Goten comparvero sulla soglia della cucina dovettero fermarsi di fronte ad una barricata improvvisata di gente che li ignorò bellamente, impegnata come era in un frenetico borbottio.
Goku, rimasto ancora una volta indietro, sembrò da subito più interessato alla teglia che sua moglie aveva portato con sé che al resto degli accadimenti. “Come mai sono tutti qui?” gli chiese lei. “Cos’hai portato?” domandò in risposta, ignorando le parole della donna.
Il suo secondogenito invece sgusciò agile attraverso l'assiepamento di gambe, tute e stivali, raggiungendo una posizione ottimale da dove osservare quello che immaginava fosse uno spettacolo incredibile. Quando arrivò in prima linea però, l'unica cosa che si trovò davanti erano Bulma e Vegeta che sembravano discutere animatamente.
“Ohi Goten!” lo salutò l'amico d'infanzia, “Sei venuto anche tu?”. “Ciao Trunks! Ho accompagnato la mamma che doveva portare una cosa a Bulma.” annuì calorosamente. “Perché ci sono tutti?” domandò incuriosito un momento dopo.
“Forse mio padre è impazzito” rispose l'altro con lo stesso candore, ma nel suo tono di voce si percepiva anche una seria preoccupazione e l'amico non poté fare a meno di notarlo.
Goten gettò un'occhiata perplessa alle sue spalle, al gruppo di persone che discuteva vivacemente e sottovoce, cercando di cogliere qualche indizio, poi tornò a rivolgere la sua attenzione alla coppia. “Davvero?” mormorò concentrandosi sui due per tentare anche lui di capirci qualcosa.

“È mai possibile?!” si stava lamentando il principe, additando la folla sempre più numerosa ammassata all’esterno della cucina, “Tutta questa gente… non si può mai stare tranquilli qui!” continuava a brontolare all’indirizzo della moglie, che sembrava notevolmente infastidita e sul punto di prenderlo a cazzotti.
“Prima la tua segretaria che interrompe i miei allenamenti.” “Ma non ci stavi chiacchierando tu, un minuto fa, con la seg...” “I tuoi robot che continuano a pulire senza sosta…” Bulma evitò con ogni mezzo di fissare il robot che aveva fatto irruzione in cucina proprio in quel momento, sfrecciando a gran velocità alle spalle di suo marito. “Senti, forse dovrest...” “E quel seccatore di Kakaroth…” stava nel frattempo dicendo Vegeta.
Quando seguì con lo sguardo il dito indice che indicava il piccolo saiyan appena sopraggiunto, la scienziata sembrò sul punto di svenire…
“Io sono Goten” precisò il ragazzino in prima fila perplesso, e prontamente ignorato. “Veget...”. “Senza contare tuo padre…”.
Il saiyan sembrava non avere freno elencando tutte le seccature della giornata e, probabilmente per la prima volta in tutta la vita, Bulma sembrava invece in seria difficoltà. “Perché non ti calmi un secondo, maledizione!” si trovò a inveire, cercando di mettere un freno a quello che sembrava essere diventato l'uomo più loquace dell'universo.
In compenso fra gli spettatori delle prime file stava scendendo inesorabilmente il silenzio; come se lo spettacolo si stesse facendo sempre più avvincente.
Nel frattempo, dal fondo dell'assemblea, il Dott. Brief si era per l'appunto fatto largo tra la folla proprio in quel momento per raggiungere l’interno della stanza. “Ehi, Bulma” disse all’indirizzo della figlia, nonostante lei fosse nel pieno di una discussione.
“Potresti anche smettere un momento di parlare!” continuò lei imperterrita rivolgendosi al marito, ignorando suo padre e aumentando notevolmente il volume della voce. E... , aveva pronunciato proprio quelle esatte parole e non c'era alcuna ironia. “Ma che diavolo ti prende?!”.
“Bulma!” la chiamò di nuovo lo scienziato. E a quel punto attirò in modo definitivo l’attenzione di Vegeta che, dopo una vaga occhiata al suocero, rivolse alla moglie uno sguardo eloquente, anche se il dottore non sembrò notarlo. Lei socchiuse gli occhi, dopo averli rivolti al cielo, e prese un lungo respiro. “Forse ho lasciato qui la mia botti…” “Oh, ma piantala anche tu!” lo zittì sbottando, estremamente frustrata, voltandosi di scatto e fulminando l'ignaro scienziato con lo sguardo. Il suo tono di voce aveva ormai raggiunto modulazioni di frequenza da record. “Non lo vedi che abbiamo un'emergenza qui?!”
Mentre ignorava per l'ennesima volta la noncurante alzata di spalle di suo padre, Bulma tornò a rivolgersi al marito con un'espressione che si era fatta all’improvviso determinata.
“Ok, ora basta.” esordì rimboccandosi le maniche in un gesto che esprimeva forza di volontà allo stato puro. “È tutto il giorno che ti comporti come un pazzo! Questa storia deve finire!” La totalità dei presenti si trovò istintivamente a fare un passo indietro e a trattenere il fiato. “E deve finire adesso!”.

L’unico completamente disinteressato alla scena sembrava essere Goku, distratto dalla teglia di pasticcini che sua moglie aveva portato e confezionato con cura, da cui attingeva a piene mani; mentre Bulma, le mani ai fianchi in una posa estremamente minacciosa, prendeva fiato fissando Vegeta in modo ostile, come se potesse magicamente zittirlo con lo sguardo.
Dopo un attimo di silenzio che ai presenti sembrò un secolo, cominciò a inveire. “Ora voglio sapere che ti prende una volta per tutte” gli intimò. La risposta del principe fu quella di incrociare le braccia e replicare con uno stizzito “Tsk”. “Insomma Vegeta, hai praticamente raso al suolo mezzo giardino…” il saiyan parve sul punto di controbattere, ma Bulma non aveva ancora finito, “E il salotto è irriconoscibile. Ma che ti sei messo in testa di fare?!” ancora una volta lui sembrò voler dire qualcosa, ma venne brutalmente interrotto. “E soprattutto perché?!” continuò la moglie.
Quell'ultima domanda aveva toccato livelli di alterazione acustica mai sentiti prima in quella casa. “Stai facendo preoccupare tuo figlio!” continuò lei senza quasi respirare, mentre il figlio in questione dava piuttosto l'impressione di essere preoccupato per la sopravvivenza del pianeta, a quel punto, poiché sua madre pareva potesse farlo saltare in aria.
Vegeta la guardò con un certo fastidio per un istante e per la terza volta le sue labbra si schiusero nel tentativo di proferire parola. “Senza contare che non la vuoi smettere di parlare un secon...”

Molte cose sarebbero potute accadere in quel momento e molte di esse sembravano più probabili di altre, incluse la distruzione del pianeta Terra. Tuttavia, l’unica sulla quale nessuno avrebbe scommesso era quella di vedere Vegeta chinarsi verso sua moglie per baciarla davanti a tutti.

Bulma si era ritrovata a fare inconsapevolmente un passo indietro per l'assoluta sorpresa o, per meglio dire, aveva appena accennato a farlo, perché non era stata capace di fare assolutamente nulla se non pietrificarsi come una statua di gesso e assumere un colorito tendente al porpora acceso, nel momento in cui aveva cominciato a rendersi conto di quello che stava realmente accadendo. Cosa che, oltretutto, le aveva reso anche assai difficile confondersi con le piastrelle bianche e scomparire; il primo e ultimo pensiero razionale che le era passato per la mente.
Manco fosse stato presente un direttore d'orchestra, nell'attimo stesso in cui si stava compiendo la sciagura, la scena era stata accompagnata da un corale “Oooh!” che si era levato dalla folla alle sue spalle, poiché nessuno, a quanto pareva, era minimamente preparato ad assistere ad un evento del genere.
Nell'attonito e imbarazzato silenzio generale che era seguito un secondo dopo, il vecchio eremita, che si era sfilato prontamente gli occhiali scuri per osservare meglio, iniziò a ridacchiare, prendendo a dare di gomito al povero Yamcha che, di fianco a lui, sembrava il più smarrito fra tutti. “Ora sì che si fa interessante!” “Quest...” balbettò il terrestre arrossendo come un peperone insieme alla quasi totalità dei presenti, “Questo davvero non può essere normal...” “Io scommetto di sì invece!” cominciò a ridere di gusto l'anziano maestro. “Sei impazzito?!” lo zittì nervoso Yamcha bisbigliando “Abbassa la voce! Potrebbe ucciderci tutti!”
Non era chiaro se si stesse riferendo a Vegeta o a Bulma, ma di certo poteva condividere il suo frastornato sgomento con la maggioranza degli spettatori.
Perfino Chichi emise un leggero “Oooh” costringendo il marito ad alzare lo sguardo dai dolci per guardarla, “Cosa?” mormorò Goku, ma prima che avesse il tempo di volgere lo sguardo verso lo spettacolo che aveva attirato l’attenzione di tutti, la voce di Mr. Satan giunse alle sue spalle.
“Che succede?” domandò il campione mondiale, dando una vaga occhiata attorno a sé. “Dolci!” esclamò entusiasta Bu, che aveva seguito l’amico fin lì, ma aveva trovato immediatamente più interessante la teglia di Chichi.
Goku gliene offrì uno.

Quando Vegeta si decise ad allontanarsi, dopo quello che era sembrato circa un migliaio di anni a lei e un paio di secoli al resto dei presenti, Bulma rimase immobile, apparentemente intenzionata a non spostarsi di lì per niente al mondo e a non muovere un muscolo.
La sua espressione frastornata lasciò intuire che in ogni caso non le passava nemmeno per la testa di provarci, poiché in realtà non era affatto in grado di farlo.
Tanto meno sembrò passarle per la testa l'idea di voltarsi verso la sala gremita di spettatori. Il suo sguardo era rimasto inchiodato sul principe come se potesse scomparire da un secondo all'altro, e sembrava avesse tante di quelle cose da dire che quegli spettatori avrebbero potuto ascoltarne delle belle... Se solo quello sguardo avesse iniziato per magia a parlare, perché quanto alla bocca, ecco da lì invece pareva proprio che non sarebbe mai più potuto uscire alcun suono.
Con ogni probabilità il suo primo pensiero era stato esattamente quello di rimanere lì, immobile e in silenzio, in quella cucina, per il resto dei suoi giorni.

Vegeta osservò sua moglie con una vaga soddisfazione nascosta nello sguardo. “Finalmente sta zitta” commentò tra sé, mentre lei stava ancora cercando di distinguere il cielo dalla terra e fra il pubblico calava di nuovo un silenzio irreale. Ignorando il resto dei presenti come se non ce ne fossero mai stati, e soprattutto come se non fossero tutti in trepidante attesa di scoprire cosa stesse per fare, si voltò scoprendo una rinnovata attrattiva per il frigo.
Lo aprì, osservando per un istante il suo interno, e quando le sue dita riemersero da dietro l’anta, nella sua mano stava sorreggendo una bottiglia verde. Una volta richiuso l’elettrodomestico, si apprestò a svitare il recipiente.
Bulma non lo perdeva di vista un secondo e, seguendone i movimenti verso il frigo, sembrò iniziare a reagire allo shock. Provò ad articolare qualche suono. “Vege...” Ma le si bloccarono subito le parole in gola osservando suo marito armeggiare con quella bottiglia, come se avesse il terrore di dire qualcosa di sbagliato o, cosa assai più grave trattandosi di Bulma, come se non sapesse cosa dire.
Vegeta infatti era riuscito ad impiegare almeno un intero minuto prima di comprendere il motivo per cui il compito di dissetarsi gli risultava così complicato. In realtà su quella bottiglia il tappo non c’era e il saiyan continuava a tentare di svitare un recipiente già aperto.
Scrutò il contenitore ancora per un attimo come se la sua mente stesse cercando di svelare un arcano senza precedenti, mentre sua moglie, non fosse stato per l'ombra di sconcerto che non riusciva ad abbandonare la sua espressione, sembrava impegnata in un compito altrettanto arduo.
Sotto gli occhi increduli dei presenti, che stavano seguendo in silenzio anch'essi ogni sua mossa, il principe dei saiyan sembrò decidere che dopotutto il tappo non era un problema. Bevve un sorso, poi decise di accomodarsi su una delle sedie attorno al tavolo, sul quale posò quello che restava della bibita.
Non passarono nemmeno cinque secondi prima che il robottino, rimasto fino a quel momento sullo sfondo a rassettare la cucina, si appropriò della bottiglietta abbandonata. Bulma sembrò accorgersene solo quando era troppo tardi e si fece improvvisamente inquieta, mentre alle sue spalle ormai sembrava non stesse volando nemmeno una mosca.
Vegeta fissò la mano metallica allungarsi verso la sua bevanda, ma quando comprese che l’ammasso di ferraglia gliela stava sottraendo si allungò per riappropriarsene.
“Ehi!” lo rimproverò, strappandola alla presa del robot. Poi si voltò a guardare Bulma, che per istinto aveva fatto un passo verso di lui, senza sapere esattamente chi dei due volesse proteggere, se il robot o suo marito.
“Lo vedi?!” sbottò il saiyan indicando prima il cameriere artificiale e a seguire la donna, “Sì certo che lo v...” “È di questo che parlavo! Maledetti robot!” brontolò, prima di bere ancora dalla bottiglia, fino all’ultima goccia.

Ci fu un attimo in cui il mondo parve essersi fermato all’improvviso. Nessuno aveva detto loro di farlo, ma in un gesto pressoché unisono gli spettatori trattennero tutti il fiato senza un apparente motivo. Vegeta, invece, sembrò fermarsi a riflettere su un pensiero mooolto lontano.
Un istante, poi senza nessun preavviso il principe dei saiyan lasciò cadere la testa sul tavolo con un tonfo e restò immobile, ad occhi chiusi. Solo il leggero movimento del suo torace indicò che sembrava essersi addormentato o che fosse… svenuto?


CONTINUA…



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Capitolo 6
*** Una buona ragione ***


d
DEVE ESSERCI UNA SPIEGAZIONE




Una buona ragione


“Aaaah” Bulma si lasciò sfuggire un grido per l'assoluta sorpresa, ritornando in sé in meno di un millesimo di secondo. “Vegeta!” “Papà!” le fece eco Trunks. Furono entrambi accanto a lui in un lampo, mentre nella stanza, dopo l'ennesimo coro di Oh ed esclamazioni simili, era ricominciato nello stesso millesimo di secondo un incessante brusio.
“Qualcuno si decida a dirmi che accidenti succede!” esclamò la donna voltandosi verso il gruppo di gente altrettanto confusa dietro di lei. Il tono con cui aveva pronunciato quella richiesta sembrava in realtà un'intimidazione.
“Sta dormendo” precisò perplesso il piccolo saiyan accanto a lei, che stava osservando suo padre come se non lo avesse mai visto prima.
“Forse...” cominciò ad ipotizzare Gohan. “Magar...” “può essere che...” si sovrapposero Crilin e Tenshinhan. “Secondo me...” esordì Yamcha, “qualche entità malvag...” “Ma per favore...” lo zittì Piccolo, che parve rivolgere un commento sarcastico più all'intero universo che al terrestre.
Il vecchio Muten prese a bofonchiare fra sé. “C'è da ammettere che è strano, ma sembra...”
“Ehi, ma che succede?” si udì dal fondo del gruppo la voce di Mr. Satan, che si era attardato insieme a Bu e a Goku, intrattenuto dai dolcetti di Chichi.
Nessuno si premurò di replicare, visto che la risposta a quell'interrogativo pareva essere tra le più difficili della storia dell'umanità e Mr. Satan si voltò ad interpellare con lo sguardo il consuocero al suo fianco, che si limitò ad un’alzata di spalle.
L'unica anima gentile che aveva almeno provato ad azzardare una spiegazione era stato Dende, ma dopo aver riflettuto un momento, non aveva avuto il coraggio di esprimersi a voce alta. Aveva trovato invece un grandissimo coraggio solo un secondo dopo, quando si era deciso a provare ad avvicinarsi a Vegeta. In fondo, se era malato, l'unico lì che poteva fare qualcosa era lui, dato che, a giudicare dal modo in cui Bu si stava impegnando a spazzolare gli ultimi dolcetti rimasti, sembrava un'impresa impossibile convincerlo a concentrarsi su qualsiasi altra cosa.
Insieme a qualche altro temerario fra cui il piccolo Goten, il dio della Terra si accostò al tavolo per studiare meglio il problema e l'espressione interrogativa di Bulma che lo fissò con gratitudine sembrò infondergli immediatamente fiducia. “Che cosa gli è preso?” lo interrogò lei. “Beh ecco... lasciami pensare...”
In quel momento, mentre si avvicinavano anche Gohan e Crilin a dare manforte, il robottino, che era rimasto ad osservare avidamente il recipiente vuoto in attesa di riuscire a buttarlo, sembrò farsi impaziente e il fruscio elettrostatico che proveniva dai suoi circuiti aumentò notevolmente di volume. “Oh accidenti!” lo notò Bulma. “Trunks, dagli quella dannata bottiglia!”
Ma nell'attimo in cui si apprestò a staccare a forza la suddetta dannata bottiglia dalle mani di Vegeta, beatamente addormentato, il giovane saiyan si accorse che il robot non era l’unico che aveva un interesse per quel contenitore.
“Ah! La mia bottiglia!” esclamò dal fondo il Dott. Brief, fino ad ora distratto anche lui chissà da che cosa.
Trunks, che era riuscito davvero a fatica ad allentare la presa d'acciaio di suo padre e a sfilargliela di mano, porgendola sovrappensiero all'impaziente inserviente metallico si ritrovò a fissare il nonno con aria interrogativa.
Lo imitarono all'unisono quasi tutti presenti, soprattutto quelli che si trovavano attorno a Vegeta, voltandosi perfettamente in sincrono a osservare lo scienziato con la stessa espressione del ragazzino.
Solo Bulma ne mostrò a un tratto una differente, quella di chi aveva appena avuto un terribile sospetto. “Di che bottiglia stai parlando, papà?” chiese con un tono di voce diffidente, aggrottando lievemente la fronte e scrutando il genitore con aria pensierosa.

Lo scienziato avanzò, mentre la folla si apriva per lasciarlo passare. D’altra parte lo sguardo che gli stava riservando la figlia non prometteva nulla di buono, pertanto nessuno sembrò avere, sulle prime, il desiderio di trovarsi nei paraggi quando Bulma lo avrebbe eventualmente incenerito.
Solo l’anziano Dott. Brief parve non notarlo. I suoi occhi erano ancora focalizzati sul robot che si stava avvicinando al cestino dei rifiuti. Lo bloccò pochi istanti prima che lo raggiungesse e gli sottrasse il recipiente per poi rigirarselo tra le dita. “Oh, sì è la mia bottiglia” affermò. “È tutto il pomeriggio che la sto cercando” precisò osservandola scrupolosamente.
“Di che bottiglia si tratta? Papà?!” ripeté Bulma sempre più impaziente.
In pochi istanti il contenitore di plastica verde mezzo accartocciato fra le mani del dottore aveva attirato su di sé l'attenzione di ogni creatura senziente dell'universo. Anche il robottino lo stava fissando, ancora intenzionato a concludere il suo lavoro. Tuttavia, una volta stabilito da qualche parte nei suoi circuiti che non l’avrebbe più ottenuto sembrò perdere la pazienza. Emesso un metallico suono indignato girò su se stesso e prese la direzione della porta. Poco importò che per raggiungerla fu costretto a pestare un piede di Yamcha “Ehi!”, o a spintonare Jiaozi, prima di voltare l'angolo e svanire tra i corridoi.
“Papà!” insistette Bulma, al limite dell'autocontrollo.
“Stavo lavorando a un nuovo tipo di carburante biologico… l’ho chiamato Blue#1 Electro-fluid” annunciò lo scienziato come se il nome fosse la cosa più importante al mondo. Non parve nemmeno passargli per la testa di valutare le condizioni del genero, ancora privo di conoscenza.
“Vuoi dire che Vegeta si è bevuto il tuo carburante?” cercò di capire meglio lei, mal celando una certa incredulità mista a preoccupazione. “Ma come ha fatto quella bottiglia a finire nel frigo?!”
L'ennesimo robottino che intravide proprio in quell'istante, fuori dalla porta, mentre sfrecciava nel corridoio con un cuscino del divano, la costrinse ad inarcare un sopracciglio e a storcere la bocca in una smorfia fin troppo eloquente.

Goku intanto si era fatto largo tra Videl e Piccolo strattonando quest’ultimo - non troppo entusiasta della cosa - e, ora in prima fila, stava finalmente osservando la scena dalla quale si era distratto da quando era comparsa Chichi. “Cos’è successo a Vegeta?” domandò constatando solo in quel momento le condizioni dell’altro saiyan.
“È quello che sto cercando di scoprire da ore!” sbottò Bulma esasperata.
Per mero istinto di sopravvivenza gli occhi del saiyan ignorarono la donna bellicosa che gli aveva rivolto quelle parole e si posarono sul dio namecciano.
Dende, le mani aperte a pochi centimetri dall’addormentato principe, inarcò un sopracciglio. “Credo” cominciò un po' incerto “Io credo sia… ubriaco” affermò, dando voce alla sua analisi.
Seguì un breve istante di silenzio collettivo.
“Ubriaco?!?!” urlò la marmaglia di gente in un’unica incredula voce.
“Wow” commentarono in scia e all'unisono i due bambini, sovrastando per un momento il brusio che era ripreso in sottofondo. Si scambiarono uno sguardo più che eloquente. “Sentito, Trunks?!” “Forte!”
“Chi si è ubriacato?” cercò di farsi strada Mr. Satan.
“Ma che significa ubriaco?” domandò il piccolo Goten. “Come sarebbe, non lo sai?” lo prese in giro l'amico dandosi importanza. “No, e tu?”.
Il giovane padrone di casa sembrò rifletterci a sua volta per un breve momento, “Ohi Goten, ma non sai proprio niente!” ridacchiò nervoso.
E mentre alle sue spalle il mormorio continuava senza sosta, Goku, l’unico che non aveva ancora espresso platealmente la propria opinione, si poggiò una mano al mento, inarcò un sopracciglio ed inclinò il capo da un lato e dall’altro senza mai smettere di fissare Vegeta.
Bulma, gli occhi sgranati dalla sorpresa, continuava invece a mettere insieme le informazioni che le erano pervenute spostando freneticamente lo sguardo dal giovane namecciano a suo padre, al marito semi incosciente sul tavolo... a suo padre. “Ha ragione?” gli chiese ansiosa. “Cioè... cosa c'era dentro quella maledetta bottiglia?!”.
Il Dott. Brief restò pacatamente in silenzio per un tempo che alla figlia sembrò interminabile, “Non mi stupisce, se ha bevuto l’intera sostanza...” disse con una calma esasperante. “Uno degli ingredienti più importanti di questa ricetta è l’alcol... È come se Vegeta ne avesse appena bevuto una piscina intera”.
Annuì ripetutamente come a confermare a se stesso le sue parole, mentre l'ennesimo Oh si levò dalla folla.
“Perfetto!” Gli occhi della scienziata si rivolsero al soffitto in un'espressione tra il sarcastico e l'esasperato. “I miei complimenti, papà! Sei riuscito a far ubriacare un saiyan! Un'impresa davvero notevole!”
Il brusio che sottolineò quel rimbrotto sembrò modularsi su tonalità più acute. “Questa sbronza colossale gli passerà prima o poi... giusto?” aggiunse poi additando il povero Vegeta, dopo aver rivolto uno sguardo non meglio precisato al giovane dio.
Questi accennò ad annuire in preda ad un palese imbarazzo, di certo ormai pentito di aver assunto quel ruolo in cui peraltro non si sentiva affatto competente. “Credo di sì... cioè...” “Beh, sarà meglio!” quell'ultima chiosa dal tono tutt'altro che accomodante lo risparmiò tuttavia, perché venne riservata in modo inequivocabile all'anziano genitore, che si limitò ad un’alzata di spalle come se volesse dissociarsi da ogni responsabilità.
Intanto, avvicinatosi al principe dei saiyan, Goku aveva preso a punzecchiargli il volto con un dito, come a volersi davvero assicurare che fosse privo di sensi. Tanto perché il respiro pesante e la bocca schiusa non erano prove sufficienti ad identificare lo stato in cui versava Vegeta.
“Qualcuno si è ubriacato? Chi si è ubriacato?” insistette Mr. Satan, che non riusciva a raggiungere le prime file.
Per la prima volta da quando aveva perso i sensi, Vegeta si mosse, scacciando con una mano un fastidio di cui non era consapevole. Goku scostò il dito e ridacchiò tra sé con infantile divertimento.
“Goku!” lo sgridò Chichi dal retro della fila. “Cosa?” domandò il marito, ostentando tutta la sua innocenza.
“Beh, almeno adesso sappiamo che cos'ha...” commentò col tono più docile possibile Crilin, frapponendosi con sprezzo del pericolo tra la padrona di casa e il resto del gruppo. “Già... eheh... non sei contenta, Bulma?” lo spalleggiò Gohan ridacchiando nervoso. “ È vero”, intervenne a sua volta Videl, “Per fortuna non era niente di grave!”.
“Cosa è successo di grave?” furono le ultime parole appena udibili di Mr. Satan in fondo alla platea, perché a quel punto le sue domande furono definitivamente sovrastate da una pioggia di manifestazioni di entusiasmo, congratulazioni e rassicurazioni varie all'indirizzo della scienziata; il tentativo più appassionato della storia di renderla inoffensiva.
Un interminabile attimo dopo, il tentativo sembrò anche andare a buon fine, perché la tensione nella stanza si dissolse in un lampo, quando lei si lasciò andare ad un sospiro che parve di sollievo. “Sì, per fortuna...” e la totalità dei presenti la seguì a ruota. “Accidenti mi sono preoccupata per niente! Vero?”.
Mentre gli animi si facevano sempre più sereni e i cori e le risposte affermative riprendevano a fioccare in concomitanza con l'espressione sollevata della donna, quest'ultima finì per rivolgersi all'intera assemblea con un sorriso divertito stampato sulla faccia. “Bene, che ne facciamo adesso del bello addormentato?”.


FINE


Questa storia finisce così. Il seguito lo lasciamo - se volete - alla vostra immaginazione. Grazie di cuore a chi ci ha seguito fin qui.
Alla prossima!
taisa e lilac




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