Figlia di due mondi

di didi_95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il messaggero ***
Capitolo 2: *** Parole dal passato ***



Capitolo 1
*** Il messaggero ***


Il messaggero


                                                                                           Anno 3018, Erebor.


La sentinella si aggiustò il pesante martello sulle spalle, in modo da rendere la ronda leggermente più confortevole.
Stava calando la sera sulla piana di Erebor; il consueto via vai giornaliero tra la rifiorita città di Dale e la Montagna stava lentamente scemando.
Con una punta di preoccupazione notò come, anche quel giorno, il numero di mercanti fosse notevolmente diminuito; la cosa andava avanti da qualche anno ed era del tutto attribuibile alle voci che giravano.
C'era chi diceva che il male stava rinascendo e che, nella fortezza di Dol Guldur, l'oscurità cresceva ogni giorno di più.
Erano soltanto voci o c'era qualcosa di vero?
Il nano non lo sapeva e nemmeno avrebbe voluto saperlo; ciò che contava era che,
di lì a qualche ora, le porte di Erebor sarebbero state chiuse per la notte e, cosa più importante, il suo turno sarebbe finito.

< Hey Dùfr! Com'è andata la ronda? >
La sentinella si voltò, vedendo con piacere il nano che, entro qualche minuto, avrebbe preso il suo posto sul lungo camminamento al di sopra delle porte.
Alzò la mano in cenno di saluto, la bocca tirata in un sorriso stanco.
< Niente da segnalare, Horr... se non la tremenda voglia di un letto e magari di una buona birra. >
Ora i due nani stavano uno di fronte all'altro, salutandosi con reciproche pacche sulle spalle.
< Se avessi anche io una moglie, non vedrei l'ora di tornare a casa! > replicò Horr con un sorriso malizioso.
< Perché tu non conosci mia moglie... da quando mi hanno assegnato questi turni massacranti che mi permettono di stare poco in casa, ho dovuto sopportare più volte di dormire sul divano. >
Del tutto impegnato a ridacchiare, il nano non si avvide dello sguardo improvvisamente attento del collega, rivolto verso Sud; solo quando alzò lo sguardo notò che era cambiato qualcosa.
< Tutto a posto? > chiese.
< Lo vedi quello? > ribattè Horr mettendo le mani a coppa sulla fronte per schermarsi dal sole calante.
Dùfr, dopo aver posato a terra il grosso martello, seguì lo sguardo dell'amico e tutto ciò che vide fu un altro dei tanti puntini neri che si avvicinavano alle porte.
< Sembra uno dei soliti mercanti... > ma poi si interruppe, guardando meglio.
Non poteva essere un mercante.
Era a cavallo e procedeva velocemente... quasi ad una velocità innaturale.
Dùfr sentì all'improvviso una fitta di ansia allo stomaco; più guardava e più desiderava allontanarsi, ma era come malignamente attirato dalla nera figura in avvicinamento.
< P-per Durin... > gemette Horr con voce glaciale.
< Credo che quell'essere venga da Mordor... >
Il nome di quella terra oscura di cui da tanto tempo non si faceva altro che parlare, fece gelare il sangue nelle vene dei due nani.
< Credo che anche stanotte ti toccherà il divano, amico mio. Dobbiamo scendere a vedere che cosa vuole. >
Dùfr annuì, riprendendo il martello.
< Tanto ormai la mia schiena non sa nemmeno più che cosa sia un materasso... ma le mie mani non si sono certo scordate come si usa questa bellezza! >
Sussurrò passandosi l'impugnatura dell'arma da una mano all'altra.

Dopo aver avvertito alcuni colleghi di prendere il loro posto, entrambi cominciarono velocemente a scendere le scale che li avrebbero condotti alle porte.

Qualche minuto dopo, fatti rientrare tutti fino all'ultimo mercante, le porte furono chiuse in fretta e furia, lasciando fuori una ben misera delegazione di nani in attesa del macabro visitatore.
Dùfr ed Horr erano tra questi.
Ora lo straniero era finalmente del tutto visibile; il cavallo era nero, come il proprio cavaliere, ma gli occhi...
Dùfr rabbrividì e strinse con forza l'impugnatura del suo martello.
Gli occhi erano di un rosso acceso e spiccavano come fari di sangue su tutto quel nero.
< Che venga... che venga pure. Assaggerà il mio martello. > ringhiò tra i denti.
Horr fu l'unico a sentirlo e gli posò una mano sul braccio.
< Ricordati... prudenza. Non siamo in guerra. >
< Non ancora. > ribatté il nano e poi sollevò la testa di scatto.
Il cavaliere nero era arrivato.

La sala del trono era tranquilla e silenziosa.
Dain sedeva sul trono, aspettando pazientemente l'arrivo della sera.
Il vecchio nano si sentiva stanco.
Dopotutto, essere Re sotto la Montagna si era rivelato un compito piuttosto ingrato; più faticoso che onorevole.
Molto spesso in quei sessant'anni si era recato sulla tomba del cugino Thorin ScudodiQuercia e molto spesso aveva maledetto la sua prematura scomparsa.
< Saresti stato un Re migliore di quanto lo sono stato io... > era solito dire alla dura lapide di pietra sotto la quale riposava il cugino.
Ma Dain non era mai stato tipo da lasciarsi andare ai rimpianti; più che altro lo stava diventando in vecchiaia e la cosa gli dava alquanto fastidio.
Era già stato Re, ma sui Colli Ferrosi... e non avrebbe mai immaginato quanto potesse essere diverso.
Aveva dovuto mettersi d'accordo con Re Thranduil di Bosco Atro, e non solo una volta; aveva dovuto trovare un compromesso con gli uomini di Dale e non era stato facile. In più la Montagna andava ricostruita e liberata dall'annosa e puzzolente presenza del Drago Smaug; su questo non aveva nulla da rimproverarsi, il suo lavoro era stato egregio.
Adesso, dopo ben sessant'anni di sforzi, le cose sembravano aver trovato un proprio equilibrio; tuttavia c'era ancora qualcosa di irrisolto, qualcosa che turbava l'animo del Re, che si insinuava dentro di lui con tentacoli oscuri ed invisibili.
La cosa che più desiderava al mondo era cedere il trono al figlio e finire la propria vita in pace, ma tutto questo non era possibile e il proprio disagio si concretizzò non appena le porte della sala del trono furono spalancate con forza davanti a lui quella stessa sera.

Si alzò dal trono velocemente, un'ansia crescente alla bocca dello stomaco.
< In nome di Durin! Cosa diamine è successo? > chiese con voce perentoria all'ansimante sentinella che si era fermata ad un metro da lui.
< Mio Signore! > cominciò il nano con voce allarmata.
< Bando ai formalismi Horr... cosa succede? >
< Mio Signore Dain... alle porte c'è un messaggero. Vuole parlare con voi a nome del suo Signore... viene da Mordor. >
Dain strinse i pugni.
< Mordor... - sussurrò, mentre tutti i suoi timori si concretizzavano - Non è niente di buono, ci scommetto la barba. D'accordo, fallo passare e manda a chiamare mio figlio. >
< Si Maestà. > replicò Horr con un lieve inchino, prima di voltarsi e tornare sui suoi passi.

Qualche minuto dopo, Thorin III detto l'Elminpietra entrò nella sala con aria di sfida, i ribelli capelli rossi raccolti in una coda bassa.
Dietro di lui marciava un gigantesco nano pieno di tatuaggi; l'espressione marziale del viso era impassibile e non mostrava alcun cenno di debolezza o vecchiaia; tuttavia il suo incedere era più rallentato e rigido di una volta e la sua barba molto più grigia.
Dain accolse il figlio con un sorriso tirato ma sincero.
< Inùdoy... > disse, posandogli una mano sulle giovani spalle.
< Padre. > lo salutò lui con un sorriso, sistemandosi in piedi sul lato sinistro del trono.
< E' vero? > chiese il secondo nano, molto più diretto.
Dain chinò il capo, puntellandosi sul duro trono di pietra scura.
< Lo vedrai con i tuoi occhi Dwalin, dovrebbe essere qui a momenti. >

Proprio mentre Dwalin si sistemava all'altro lato del trono, le porte si spalancarono, lasciando spazio alla figura più nera ed oscura che essi avessero mai visto.
Il messaggero di Mordor incedeva velocemente e senza peso, come se scivolasse invece di camminare; il mantello nero e lacero lo copriva del tutto, lasciando scoperto solo il viso, fatto di pura oscurità.
Di fatto, l'unica cosa veramente visibile erano i luccicanti occhi vermigli.
I nani che lo attorniavano, membri della guardia reale, si tenevano a debita distanza e sui loro volti si leggeva un profondo senso di disagio.
Non appena il messaggero fu visibile a tutti, dalla corte si levò un sonoro bisbiglìo impaurito, che Dain si affrettò a far cessare con uno stizzito gesto della mano.
Il messaggero si fermò, era ormai a pochi passi dal trono.
Quando cominciò a parlare o meglio a sibilare, Dain desiderò ardentemente per un attimo di non averlo fatto entrare.

< I miei rispetti insieme a quelli del mio Padrone...
Oh Dain, Re sotto la Montagna.
>

Le parole erano all'apparenza gentili ma, al di sotto, Dain riuscì distintamente a percepire lo sdegno e la minaccia con cui esse venivano pronunciate.
Dwalin, alla sua destra, si irrigidì; gli occhi che mandavano lampi.

< Potrei offrirti i miei, messaggero oscuro, se solo sapessi da dove vieni e perché. >
Tuonò Dain cercando in tutti i modi di non apparire spaventato.

La nera figura piegò la testa con fare da rettile e sibilò; pareva quasi divertito.
< Hai ragione, potente Sovrano dei Nani... in questi tempi così oscuri è sempre meglio sapere con chi si ha a che fare... >

Il continuo sibilo della creatura stava cominciando a dargli fastidio, così come la sua falsa adulazione; Dain lo spronò, sottolineando le parole con un gesto della mano.
< Ebbene? Quali sono dunque le tue intenzioni? Parla! >

Il silenzio nella Sala era palpabile.

< Hai detto bene... io sono un messaggero e ti porto una richiesta di alleanza da parte del mio Padrone, Sauron l'Oscuro Signore di Mordor... Egli potrebbe aiutarvi a mantenere la pace in queste terre... Egli è molto generoso con coloro che accettano la sua amicizia. >

Dain raggelò; non si era certo aspettato una richiesta così diretta, né così improvvisa.
Dunque era vero: Sauron era tornato.
Tutti i loro sforzi per trovare la serenità erano svaniti nel nulla, la pace non esisteva più, forse non era mai esistita... forse per ognuno di quei sessant'anni non avevano fatto altro che illudersi.
L'oscurità era avanzata di soppiatto e adesso li stava sommergendo.
Non sapeva cosa dire.
Si schiarì la voce.

< Per esperienza so che niente viene concesso per niente. Perciò dimmi, messaggero di Sauron, cosa potrei io offrire ad un Signore così grande e potente? >

< Un piccolissimo pegno della tua lealtà... nient'altro. Sauron desidera sapere ogni singola informazione che possiedi sul conto degli hobbit. Un tempo ne hai conosciuto uno... Se ci fornirai queste insignificanti informazioni, il mio Padrone te ne sarà per sempre grato e nuovi Anelli saranno da lui creati e consegnati a voi, come in passato. Nessuno più di te, Dain Re sotto la Montagna, può sapere quanto sia utile avere i giusti alleati... al momento giusto. >

La mente di Dain era in subbuglio.
Bilbo Baggins?
Perché mai all'Oscuro Signore sembrava interessare così tanto quel piccolo hobbit?
L'espressione di Dwalin era una rigida maschera di disprezzo e rabbia, eppure... che fosse possibile? No... Del tutto impossibile, doveva essersi sbagliato.
La paura non aveva mai raggiunto gli occhi di ghiaccio del guerriero più formidabile di Erebor, ma fu proprio in quel momento che le labbra del nano tatuato formularono una frase silenziosa.
< Vi prego maestà... tacete. >
Dain alzò le sopracciglia, non aveva mai sentito Dwalin pregare nessuno.
Gli pose una mano sul braccio, cercando di rassicurarlo; non aveva intenzione di accettare l'offerta e adesso meno che mai.
Tuttavia non poteva neppure rifiutare.
"Serve tempo" si disse.
Ma il messaggero non aveva intenzione di aspettare ancora.
Adesso il suo tono si era fatto notevolmente minaccioso e gelido.

< Se rifiuterai, avrai Sauron come nemico... e non è cosa che ti convenga. Ebbene? Qual è la tua decisione? >
Il nemico fece un passo avanti, seguito a ruota da Dwalin.

< Non voglio rifiutare, messaggero, ma neppure accettare. Un Re saggio non può decidere così su due piedi e questo tipo di decisione richiede tempo. >

Dain strinse le labbra, sperando di aver ottenuto ciò che desiderava.
La sagoma avvolta nel nero mantello fece di nuovo un passo indietro.

< Sottile è il limite tra saggezza e stupidità, Signore dei Nani... spero che tu lo comprenda. Tornerò qui per tre volte in attesa di una tua risposta.
Intanto sappi che di tempo ne è rimasto ben poco. >

Dette queste parole, la nera figura si voltò ed uscì dalla Sala del Trono, scortata dalle guardie.
Dain si appoggiò pesantemente allo schienale del trono e si passò una mano sul viso e sulla barba ormai del tutto bianca.
< Padre... Cosa facciamo adesso? > chiese Thorin, nel brusìo generale.
Dain fu sincero.
< Non lo so, inùdoy... quella creatura tornerà e prima o poi dovrò dargli una risposta che non credo gli piacerà. >
< Dobbiamo chiedere consiglio, maestà. >
La voce di Dwalin suonò del tutto sicura e Dain si risollevò dal trono, interessato.
Il vecchio nano lo guardò con la fronte aggrottata.
< Non siamo soli, mio Signore. Dobbiamo informare gli uomini di Dale e, mi duole dirlo, anche gli "orecchie a punta"... perfino Thranduil potrebbe preferire noi Nani all'Oscuro Signore. In più, ci sono alcuni nani che potrebbero darti saggi consigli; dopotutto... un tempo erano principi di Erebor. >
Dain annuì; il suo capitano dell'esercito riusciva sempre a consigliarlo bene dopo che suo fratello Balin se n'era andato a Moria.
< D'accordo allora. Thorin, figlio mio, organizza un incontro con Brand... sentiamo prima lui.
E tu Dwalin, manda dei corvi sugli Ered Luin; avvertiamoli. >

< Non è necessario maestà., sarei in ogni caso partito stasera per quella destinazione... devo essere là tra un paio di giorni. Li avvertirò di persona. >
< D'accordo Dwalin, ma fa' in fretta. Come ha detto quella specie di lenzuolo nero, di tempo ne è rimasto ben poco. >



 

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Capitolo 2
*** Parole dal passato ***


Parole dal passato




                                                                                 20 Settembre 3018, Ered Luin

                            
Berit si svegliò con la calda e lievemente fastidiosa presenza del sole sulla guancia sinistra... sembrava che sua madre lo facesse apposta a lasciare socchiuse le imposte della sua finestra.
Sbuffando, tuffò la testa sotto il cuscino cercando di fuggire dalla bollente morsa del raggio solare e, nel frattempo, di ritrovare anche il sonno perduto.
Dopo poco però sentì che quest'ultimo l'aveva definitivamente abbandonata, allora si stiracchiò platealmente come era solita fare e, dopo essersi messa a sedere, lasciò penzolare le gambe dal bordo del letto.
Fu in quel momento che ricordò... come le accadeva ogni mattina, ormai da quasi vent'anni: sua madre non avrebbe potuto lasciarle ancora le imposte socchiuse, non da dove si trovava...
Trattenendo una lacrima, Berit lanciò uno sguardo fuori dalla finestra, fino in giardino, dove una piccola lapide bianca brillava al sole.
< Buongiorno mamma... > sussurrò con un piccolo sorriso, accogliendo ora con affetto il timido raggio di sole che bagnava il suo viso.
Il sole le ricordava i capelli biondi e lucenti della madre, la sua voce squillante aleggiava ancora in casa, sebbene fossero passati ben vent'anni dalla sua morte.
Berit aveva capito ben presto in quanti modi diversi potesse essere percepito il tempo; la sua famiglia era sempre stata di gran lunga una delle più strane negli Ered Luin.
Suo padre aveva sposato una Donna, mentre suo zio Kili addirittura un'elfa immortale... non era stato propriamente facile sentirsi parte della società dei nani.
Non si era mai resa pienamente conto del valore degli anni passati con sua madre, fino a che non aveva capito che le stavano scivolando tra le mani come granelli di sabbia.
Il tempo non scorreva allo stesso modo per lei e Sigrid...
Sua madre invecchiava mentre lei restava pressoché invariata.
Poi era accaduto... Sigrid era morta e lei e suo padre erano rimasti soli.

< Tesoro sei sveglia? >
La voce della nonna rimbombava nel corridoio.

No... in effetti non erano proprio soli.
Berit decise di non rispondere, sapendo che Dìs non avrebbe esitato ad irrompere nella sua stanza per accertarsene di persona.
Infatti, dopo cinque secondi netti, la porta si spalancò, lasciando entrare sua nonna, con in mano un cesto di biancheria ed un'espressione piuttosto corrucciata sul volto.
< Cara... su! Alzati! La colazione è sulla tavola. Vestiti e corri di là, non perdere tempo. >
Berit emise un potente e sonoro sbadiglio, cercando inutilmente di sistemarsi i capelli biondo scuro, stopposi ed annodati come una palla di fieno, in una treccia disordinata.
< Oh, se ci fosse un po' di tempo mi metterei a pettinarti quella specie di covone che ti ritrovi in testa... >
Berit si ritrasse istintivamente; non aveva mai avuto un buon rapporto con i pettini, tanto meno con le treccine tipiche dei nani, aveva sempre raccolto i capelli in un'unica, semplice treccia aderente alla testa e così intendeva fare per il resto dei suoi giorni.
In quel momento vide uno di quei sorrisi preziosi e rari che di rado illuminavano il volto rugoso della vecchia nana, sorriso che poteva significare una sola cosa: vecchi ricordi.
< Nonna? Ti sei incantata? > le disse scherzosamente, agitandole le mani davanti alla faccia.
Dìs si riscosse all'improvviso.
< Metti giù quelle manacce signorina e vestiti! Altrimenti giuro su Mahal che ti faccio uscire da questa stanza con un sonoro calcio nel didietro! >
Detto ciò, mise via l'aria arrabbiata e la strinse tra le sue braccia ancora forti.
< Buon compleanno nipotina mia... >
< Grazie nonna. > mormorò, sprofondata nel dolce odore di casa e famiglia che veniva dal vestito blu della nana.
< Adesso fammi andare tesoro, ci sono tante di quelle cose da fare prima che arrivino tutti quanti che non so dove sbattere la testa. >
< Appena avrò fatto colazione verrò ad aiutarti. > assicurò Berit sorridendo.
Dìs ricambiò il suo sorriso e le diede un lieve pizzicotto sulla punta del naso, com'era solita farle quando era molto piccola.
< Non ci pensare neppure, dopotutto settant'anni si compiono una volta sola... mi farò aiutare da tuo padre. >

Dopo queste parole, la nana uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle.
Se solo ci fosse ancora la mamma...
Si sorprese a pensare con lo sguardo perso nella stanza.
Ma poi scosse la testa velocemente per scacciare la tristezza; il suo carattere non prevedeva il piangersi addosso e certo non avrebbe cominciato ora.
Così, si tolse in fretta la camicia da notte, cercando nel disordine della sua stanza qualcosa di non troppo stropicciato.
Dopo qualche minuto, optò per la sua solita e semplice tenuta: pantaloni marrone scuro e camicia.
Un piccolo ghigno le apparve sul volto quando si immaginò la reazione di Sigrid se l'avesse vista vestirsi così.
"Sei troppo maschile!" le avrebbe detto, affannandosi per farle indossare qualcos'altro.
Berit non aveva ereditato questo aspetto dalla madre; odiava le gonne ed i vestiti e, come era solita dire Dìs, era in tutti i sensi molto più Nana che Donna.
Sua madre avrebbe anche fatto il diavolo a quattro per il disordine che c'era in camera sua e forse... forse era anche per questo che si affannava a mantenere un eterno caos; perché sperava che una mattina Sigrid sarebbe entrata sbraitando e costringendola a mettere in ordine.
Un tonfo sommesso la richiamò alla realtà.
Si voltò cercando di individuare la fonte del rumore.
E poi lo vide: il diario che le aveva regalato sua madre era per terra.
Era sicurissima di averlo lasciato sulla scrivania la sera prima... come aveva fatto a cadere?
Scuotendo la testa, si chinò e lo prese fra le mani, soffermandosi sulla ruvida copertina di carta spessa; quel diario era la sua vita, anche perché era appartenuto a sua madre.
Non potendo farne a meno, lo aprì alla prima pagina.
Le lettere erano un po' sbiadite ma si leggevano ancora; si appuntò mentalmente che prima o poi avrebbe dovuto ripassarle.
Sulla carta un po' ingiallita c'era scritto:

20 settembre 2948

Oggi sei nata! Io e tuo padre siamo così felici... il cuore mi dice che finalmente, insieme a te, potremo essere davvero felici.
Niente più guerra amore mio, non più.
Solo io, lui e te, piccolo fagottino biondo.
Quasi non ci credo di essere mamma!

Berit leggeva queste parole lentamente, assaporandole una per una.
Come sembrava giovane ed inesperta la voce di sua madre che le pronunciava...
Sotto c'erano due piccole impronte colorate di mani e poi... un post scriptum.

Tuo padre e tuo zio sono dei bambini... dopo che mi hai sporcato il vestito con la vernice, hanno cominciato a spruzzarsi da capo a piedi... santo cielo, non li capirò mai questi nani!

Come faceva sempre, con un sorriso sulle labbra, cercò di immaginarsi la scena e, senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò a ridacchiare sommessamente.
Ogni sera, dopo aver descritto gli avvenimenti della sua giornata, rileggeva quelle pagine, si immergeva nei pensieri e nelle impressioni di sua madre ed era come essere con lei, era come poterle parlare.

Decima pagina del diario: un disegno stilizzato di una piccola culla insieme ad alcuni giocattoli.

Lo zio Bofur ci ha portato la culla che ha costruito per te; è bellissima!
E lo zio Dwalin... bhè su questo sorvolerei, ma in fondo è il pensiero che conta...
Ti ha portato il pupazzetto di un orco, con tanto di bersaglio rosso proprio al centro del petto.
" Per farle capire bene fin da subito dove bisogna colpire..."
Me lo ha detto con aria talmente sicura ed innocente che non sono proprio riuscita a rimproverarlo.

Insomma, imparerai a capire che lui è... bhe... un po' particolare.

Una risata le uscì potente dalla gola... se era particolare... oh sì che lo era, decisamente.

Dori ti ha regalato una bellissima tutina di lana... ovviamente non gli ho detto che non appena te l'ho messa hai cominciato a gridare perché ti pizzicava, non sarebbe stato educato. In ogni caso ti sono piaciuti tantissimo i libri illustrati che ti ha portato Balin... com'è caro quel nano... per me è come se fosse un nonno.

Non poté continuare.
La lontananza di Balin si era fatta davvero triste da sopportare.
Moria...
Le aveva parlato tante e tante volte di quel posto; ne era così affascinato da lasciare tutto e tutti per tornarci.
Chissà se stava bene...
"Adesso basta brutti pensieri" si disse, chiudendo il diario di scatto.
Nel compiere quel gesto, vide con la coda dell'occhio, qualcosa che scivolava a terra.
Una busta.
Una semplice busta di carta con un numero all'esterno: il numero settanta.
E la scrittura era quella inconfondibile di sua madre.
Il cuore cominciò a batterle forte nel petto e non smise nemmeno quando si sedette sul letto con la busta in mano, incapace di aprirla, incapace perfino di respirare.
Aveva paura che, qualunque gesto avesse fatto, qualunque cosa avesse detto, quel pezzo di carta sarebbe scomparso.
Era passato qualche minuto quando si decise ad aprirla, le sue mani tremavano leggermente e la cosa non le piacque affatto.
Deglutendo pesantemente, cominciò a leggere.

Berit, tesoro mio...
Se stai leggendo questa lettera, vuol dire che hai settant'anni e che io non sono più insieme a te. Prima che tu ti faccia strane domande, ti dico che ho chiesto a tua nonna di fartela trovare oggi, per me è importante poterti parlare, anche se da molto lontano.
Sai... quando ci siamo resi conto che avevi preso da tuo padre e che probabilmente avresti vissuto quanto i nani, ne sono stata molto felice. Non solo per te, ma anche per tuo padre; so quanto la mia morte lo distruggerà.
Tuttavia avrà te e questo mi rende serena.
Sappi amore mio che io non cambierei nulla della mia vita, anche se non ti vedrò diventare adulta, anche se vedrò me stessa invecchiare giorno dopo giorno mentre tuo padre resterà lo stesso bellissimo nano di cui mi sono innamorata.
Non è facile... ma nessuno ha mai detto che lo sarebbe stato.
Non voglio farti raccomandazioni particolari e non voglio trattenerti troppo... in fondo oggi è il tuo compleanno; immagino che ci sarà festa grande lì a casa... Dìs sarà già parecchio indaffarata e su di giri se la conosco bene.
Dalle un bacio da parte mia.
Non ti dirò come comportarti o come vestirti (anche se forse di questo avresti bisogno; scommetto che hai addosso quegli orribili stracci marroni... ) voglio darti soltanto un consiglio: vivi, amore mio.
Vivi nel modo più intenso possibile, perché soltanto così non avrai rimpianti.
Ama più che puoi, guarda il mondo, emozionati, divertiti, piangi se ce n'è bisogno...
Sii orgogliosa delle tue origini e non dare MAI nulla per scontato.
La cosa più importante che posso insegnarti è questa.
Cerca di non sopravvivere soltanto... buttati e trova la tua strada.
Segui sempre il tuo cuore.

Non puoi immaginare la voglia che ho di abbracciarti, di vederti e di festeggiare con te questo compleanno.
Ma sappi che, in qualche modo, sono sempre lì vicino a te... vicino a voi.

Una scura chiazza rotonda interruppe all'improvviso le parole, rendendole liquide e ballonzolanti.
Stava piangendo.
Tirando su col naso, continuò a leggere.

Non credo che scriverò una lettera anche a tuo padre, non appena avrò finito la tua.
Non perché non voglia farlo... è solo che ho paura che lo distruggerebbe.
Vorrei che avesse la forza per dimenticarmi, per andare avanti; anche se so che non lo farà.
I nani amano una volta sola si dice... ma anche gli Uomini a volte.

Per me è stato così.
Ti auguro di trovare ciò che ho trovato io... perché ti assicuro che la vita non avrebbe potuto darmi nulla di meglio.
E adesso mi fiondo a scriverne una a tuo padre... credo di non poter resistere.
Dovrei farcela mentre tu continui a dormire e lui è ad allenarsi con Dwalin.
Le abitudini sono dure a morire, ti avverto.
Qui fanno talmente tanti addestramenti che sembra si debba partire per la guerra da un momento all'altro... mah, questi nani.
Ah! E non credere che non lo sappia signorina!
Di' a Dwalin che non gioisca troppo del fatto che non ci sono mentre ti insegna a combattere... e tu dagli filo da torcere, mi raccomando.
Scommetto che sei già brava quasi quanto tuo padre... ma sta' attenta per favore, non fatevi male.
Credo di aver parlato anche troppo, figlia mia... tuo padre ti starà aspettando.
Ti voglio bene tesoro, non dimenticarlo mai.
E Buon Compleanno!

Un abbraccio stretto
La mamma

La lesse tre volte prima di poter ripiegare il foglio; poi se lo strinse al petto più forte che poté.
Quando finalmente richiuse il diario e lo mise al suo posto, un bel sorriso le illuminava il volto, gli occhi marroni ancora lucidi di lacrime.
< D'accordo... > mormorò tra sé e sé.
Quando uscì dalla stanza, lo fece con le spalle dritte e l'animo sereno.
Sigrid aveva ragione, suo padre la stava aspettando.






NdA
Buonsalve a chiunque stia leggendo queste righe, spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento :)
Un ringraziamento più che speciale va alle mie recensiste fedelissime leila91 e Tielyannawen, vi adoro e lo sapete <3
La storia sta iniziando, seppur lentamente, ad entrare nel vivo e... preparatevi ad un sacco di reunions lacrimevoli xD
Se volete, vi aspetto nei commenti! Un bacio :*
Didi
 

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