Come l'acqua del lago

di Rfdl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


N.B. Ho già pubblicato questa storia qualche mese fa ma a causa del mio cambio del nick si è creato un problema che onestamente non ho proprio capito. Dopo un mese di mail e segnalazioni per far risolvere il problema, ho deciso di cancellarla direttamente e ripubblicarla di nuovo. Mi dispiace di aver perso tutti i messaggi carini da parte di chi aveva letto la storia e le mie note-sclero senza senso ma fa niente, la mia storia di Luca e Sara è di nuovo qui per chi volesse leggerla.


Capitolo 1.
Marzo era ormai alle porte, Luca aveva temuto l’inizio di quel mese per 184 giorni, desideroso di vederla, impaurito dalle conseguenze che il suo ritorno avrebbe comportato. Eppure il fatidico giorno era arrivato e mancavano poche ore al suo arrivo. Non sapeva dire quale fosse il suo stato d’animo in quel momento: paura, forse paura è la parola adatta per spiegare come si sentisse. Paura perché per la seconda volta non aveva mantenuto la promessa fatta prima della sua partenza, paura perché non sapeva cosa aspettarsi da lei, paura perché dopo quel bacio aveva smesso di mentire a sé stesso e d’ora in poi sarebbe stato difficile starle lontano. Paura perché nella migliore delle ipotesi avrebbe perso il suo migliore amico, colui che l’aveva accolto sotto la sua ala e protetto diventando un padre ed offrendogli una famiglia. Avrebbe deluso tutti, Sara, Bruno, Silvia e persino Giuliano. Tuttavia in quei mesi aveva riflettuto tanto, senza Sara a riempire ogni momento libero della giornata aveva avuto tanto tempo per pensare. L’amava. Amava il suo sorriso, amava accompagnarla a scuola e cantare con lei le canzoni che passavano in radio, amava quel modo tutto suo di saper vedere sempre il lato positivo delle cose. Forse quella sera era stato proprio questo a far scattare in lui la voglia di baciarla. Le aveva chiesto scusa per averla illusa ma lei aveva interpretato tutto a modo suo, come sempre. Non era stata un’illusione, era stato un bacio, aveva detto, un bacio voluto da entrambi ed aveva ragione.
“Sara? Sara mi senti? Si va bene, alle 12 in aeroporto!”
Mentre era assorto nei suoi pensieri aveva sentito la voce di Rosy provenire dalla cucina e un macigno gli era piombato sul cuore. Mancavano solo 4 ore al suo arrivo, meno di 10 ore e l’avrebbe rivista. In quel preciso istante si alzò e “Brù, ti aspetto in macchina. Cerca di far presto altrimenti arriviamo in ritardo” disse, prima di salutare Enza con un gesto della mano ed incamminarsi verso l’uscita. Doveva smettere di pensarci, avrebbe lavorato tutto il giorno e sarebbe tornato a casa solo in tarda serata, giusto in tempo per evitare tutti e mettersi a dormire. Purtroppo però le cose non vanno mai come le pianifichiamo ed infatti Luca quel giorno non fece altro che pensare a Sara, aveva voglia di vederla e di sapere cosa aveva da dirgli dopo quei sei mesi di lontananza.
 
*
 
Marzo era ormai alle porte, Sara aveva aspettato l’inizio di quel mese per 184 giorni, desiderosa di vederlo, impaurita dall’idea che in quei sei mesi Luca avesse ricostruito un nuovo muro, forse ancora più alto e robusto, per negare i suoi sentimenti. Le aveva promesso che non li avrebbe più negati, le aveva promesso che quei mesi sarebbero serviti ad entrambi per capire se il loro fosse un destino in comune. Ma Luca non aveva mantenuto la loro promessa, forse questo era già un segno del suo pentimento. In realtà Sara sapeva fin dall’inizio che non l’avrebbe fatto ma ogni mese continuava ad aspettare ed ogni mese puntualmente si ritrovava rannicchiata sul divano, stretta nella felpa che lui le aveva regalato.
Una lettera al mese per sei mesi. Era questa la promessa che si erano scambiati, un resoconto del mese passato e un resoconto dei loro sentimenti. Sara aveva tenuto fede alla promessa ma Luca no. Tuttavia la lontananza le aveva fatto bene, Dublino l’aveva aiutata a vivere la sua vita da diciassettenne e per una volta era riuscita a staccarsi dall’eccessiva protezione dei suoi genitori. Si era sentita libera, si era sentita accolta e capita da una città che le aveva offerto la libertà. È per questo che aveva deciso che non avrebbe più sofferto per Luca, l’aveva fatto già troppe volte ed adesso toccava a lui prendere in mano le redini di quel gioco. Doveva continuare ad essere quella donna che era stata a Dublino, libera da qualsiasi sofferenza. Eppure non poteva sopprimere quella felicità che cresceva nel suo petto ogni ora che passava. L’avrebbe rivisto e non poteva negare a sé stessa di esserne felice.
 
*
 
Come ogni sera Bruno, Luca e Giuliano finivano di lavorare e tornavano a casa per cenare insieme, il più delle volte. Ma quella sera non era come tutte le altre: Sara era tornata.
Bruno fremeva dalla voglia di tornare a casa e riabbracciare la sua bambina, non vedeva l’ora di stamparle un bacio sulla guancia e sentire i suoi racconti di Dublino. Quei mesi erano serviti anche a lui per prendere consapevolezza della crescita di sua figlia. Sarebbe stata per sempre la sua amata bambina ma di fatto non lo era più, era una giovane donna che aveva iniziato a vivere la sua vita da sola e non poteva più interferire nelle sue scelte. Sperava che quel viaggio fosse servito anche a lei per dimenticare Luca, se lo augurava con tutto il suo cuore. Non avrebbe interferito nelle sue scelte di vita ma non avrebbe mai potuto accettare l’amore che lei provava per Luca. Luca no, Luca l’aveva vista nascere, Luca aveva sposato sua cognata per poi tradirla e divorziare. Voleva bene al suo migliore amico ma sapeva che non era la persona giusta per sua figlia e non poteva lasciare che lei s’illudesse ancora.
Quella sera il ritorno a casa fu silenzioso, tutti assorti nei loro pensieri.
 
*
 
Quando Luca entrò in casa di Bruno lo fece con sguardo basso, in silenzio, senza sapere cosa fare, cosa dire. Ma fu questione di un attimo, Sara sciolse l’abbraccio con suo padre ed alzò gli occhi verso Luca che aveva puntato lo sguardo su di lei un attimo prima. I loro sguardi si incrociarono e fu in quel momento che entrambi ebbero ben presente quale fosse la parola giusta per descrivere quei mesi di lontananza: aspettativa. Ogni giorno di quei sei mesi avevano pensato al momento in cui si sarebbero rivisti, avevano creato nella loro mente ogni tipo di scenario possibile, le parole giuste da usare, un abbraccio che non desse nell’occhio ai presenti. Ma tutti gli scenari che avevano accuratamente creato in quei mesi non avevano tenuto conto dell’espressività dei loro occhi. Si era mancati così tanto che attraverso uno sguardo crollò tutto, le paranoie di Sara, i muri di Luca.
Con passi incerti Sara si avvicinò a lui, lo guardò per un secondo prima di buttarsi tra le sue braccia. La sua testa era contro il petto di Luca mentre la sua mano era andata a stringere la maglia che gli ricadeva sul fianco. Fu questione di secondi ma per entrambi durò un’eternità. In sala calò il silenzio, tutti attenti, tutti vigili a captare ogni minimo respiro.
“Allora? Come sono andati questi mesi?” fu Enza ad interrompere quel momento carico di tensione. Sara ne approfittò per voltare le spalle a Luca e riprendere la sua cena in famiglia. Raccontò delle strade di Dublino, raccontò di quanto fosse bella nonostante l’umidità ad entrargli nelle ossa. Raccontò dei pomeriggi passati sull’erba circondata dagli amici conosciuti nella sua nuova scuola, raccontò del bar che avevano scelto per le giornate di pioggia, raccontò della sua compagna di stanza, di quanto fosse migliorato il suo inglese, di Tito e la ragazza spagnola del quarto piano. Luca non poteva far altro che ascoltarla e sentirsi felice per lei, era cambiata la sua Sara, era diventata una donna. Mentre ascoltava i suoi racconti non riuscì a privarsi di guardarla, era così diversa, i capelli raccolti in uno chignon scomposto che lasciava cadere ciocche di capelli intorno al suo viso; un vestito semplice a scivolarle addosso con qualche fiore qua e là. In quel momento realizzò che allontanarsi era stata la scelta giusta per Sara perchè aveva trovato un luogo e delle persone che l’avevano resa felice.
“E tu Sara, l’hai trovato il fidanzatino?”. La serenità e la spensieratezza di quei racconti erano state interrotte da Giuliano che con la sua domanda aveva nuovamente fatto calare il silenzio in casa.
“Ma che domande sono, Giuliano? Di certo non verrà a dirlo a noi” disse Katia, andando a rimediare ai danni del futuro marito.
“Tranquilla Katia, in fondo lo so che siete tutti curiosi. No, non ho trovato il fidanzatino ma ho trovato una persona che mi ha resa felice” disse Sara scatenando l’interrogatorio di tutta la famiglia Miranda, in particolare Rosy finì per strozzarsi con lo spumante che stava sorseggiando. Luca era rimasto impietrito sul suo posto, con lo sguardo basso, senza sapere quale emozione mostrare. Doveva fingere di essere contento per lei? Doveva fingere di non aver capito bene e di volere altre notizie sulla “persona” di Sara? No, non avrebbe fatto niente se non aspettare il momento giusto per andare via.
“Bene, se non vi dispiace io vado a casa, è stata una lunga giornata e mi sento distrutto. Rosy grazie mille per la cena, era tutto buonissimo” tutti si voltarono verso di lui, Bruno gli disse di non fare l’esagerato, in fondo aveva passato la sua giornata a giocare a carte con Giuliano, come sempre. Ma alla fine tutti gli ospiti si resero conto della tarda ora e decisero di andar via, la serata che tutti temevano era finita.
Prima di andar via Luca si girò verso Sara che come una calamita si voltò a guardarlo. “Bentornata Saretta” le disse con un sorriso strano, prima di andare via.

 
Sei mesi prima.
Sara stava tornando a casa dopo aver buttato la spazzatura quando ad un certo punto si bloccò, Luca era seduto sul muretto di fronte casa sua. Aveva deciso di aspettarla e di chiederle scusa per aver strumentalizzato il sentimento che provava per lui. Si guardarono per un attimo negli occhi prima che Luca cominciasse a parlare.
“Ho aspettato che fossimo soli perché volevo parlare un po’ con te. Sai, dopo tutto quello che è successo, l’equivoco della malattia di tuo padre e tutto il resto…ti volevo dire che…” Luca prese un respiro e continuò “mi dispiace.”
“E perché?” lo interruppe Sara con il suo solito sorriso. “Mi hai baciata, che c’è da dispiacersi?”
Luca la guardò per un attimo e si rese conto, ancora una volta, di quanto quella ragazzina di diciassette anni riuscisse sempre a sorprenderlo. Immaginava di averla delusa, di nuovo. Immaginava di essere respinto e di aver perso definitivamente la sua fiducia ed invece no, con un sorriso radioso si era detta contenta del loro bacio. Era così diversa da tutte le donne incontrate in passato. Era in grado di entrare nella sua vita e ribaltarla completamente come se fosse uno tsunami per poi catapultarlo in un paesaggio silenzioso immerso nella natura, così da farlo sentire amato, protetto. Sara era come un mare in tempesta ma al tempo stesso pura e serena come l’acqua del lago.
“Il fatto è che io a questa storia del bacio finto…non ci credo.”
“No, eh?” la interruppe Luca. Lo sapeva, era troppo furba per poter credere alla scusa che aveva dato a Bruno. E’ vero, l’aveva baciata per non lasciare che andasse a Dublino proprio durante i presunti ultimi giorni di vita del padre. Aveva usato il bacio come mezzo per non farla partire ma neanche per un secondo aveva finto il trasporto che provava nei suoi confronti.
“So cosa hai provato durante il bacio. È qualcosa che non si può fingere. Però tu, se vuoi, puoi continuare a farlo, puoi raccontarti tutte le balle che vuoi, per tutto il tempo che credi ma la verità è che tu mi ami, esattamente come io amo te.  E un giorno che tu lo voglia o no, noi staremo insieme”. Luca la fissò per qualche secondo incapace di comprendere come una ragazzina riuscisse a togliergli la parola, incredulo di fronte alla sua tenacia. Scosse la testa sorridendo, prima di darle le spalle ed allontanarsi. Si fermò dopo qualche passo, restò fermo per valutare bene ciò che stava per fare. Si voltò a guardarla, era lì dove l’aveva lasciata, a bere un sorso della birra che lui stesso aveva poggiato sul muretto. Era così bella, così semplice eppure aveva un fascino tutto suo. Era innamorato, non poteva far altro che ammetterlo dopo tutti quei mesi. La raggiunse mentre lei lasciava da parte la birra e alzò il viso per guardarlo con la sfrontatezza che le apparteneva. Luca avvicinò la fronte alla sua e per un attimo Sara si sentì morire. Aveva aspettato quel momento per anni, aveva lottato per il suo amore, era andata contro tutti per lui. Luca le passò una mano dietro la schiena e l’avvicinò a sé prima di baciarla. Fu un bacio lungo, un bacio desiderato da entrambi, un bacio carico di passione. Si accarezzarono il viso, Luca la teneva stretta, sentiva i suoi ricci sfiorargli il braccio. Si allontanarono un attimo per guardarsi in faccia, Sara aveva un sorriso da bambina stampato in viso, sorriso ricambiato da quello sghembo di Luca.
“Sei bella, lo sai?” le chiese retoricamente Luca.
“Lo sono?” replicò Sara con voce sottile e occhi carichi di felicità, prima di stampargli un bacio sulle labbra.
“Tantissimo”. Restò a fissarla per qualche minuto, rivolgendole un sorriso ad ogni bacio che Sara stava stampando sul suo viso. “Saretta adesso è tardi, andiamo a dormire?” le chiese come se stesse parlando con una bambina, sapeva che da quel momento Sara non avrebbe più creduto alle sue bugie. Ed infatti lei gli rivolse un piccolo broncio e il solito sguardo da bambina che chiede in cambio solo qualche caramella in più.
“Mi prometti che domani non cambierà tutto e che ti avrò di nuovo con me?” Sara sapeva quanto gli era costato quel momento di debolezza, Luca sapeva essere molto risoluto e severo con sé stesso ma stavano raggiungendo dei piccoli traguardi insieme, non poteva permettere che le paure di Luca lo allontanassero ancora una volta. Luca non le rispose, la salutò con un bacio ed un sorriso prima di percorrere nuovamente il ballatoio che attraversava le loro case. Si girò a guardarla prima di entrare nel suo appartamento. Non avrebbe dovuto farlo, quella sera stessa aveva giurato a Bruno di non essere innamorato di Sara, aveva sbagliato ma si sentiva maledettamente bene.
Quella sera nessuno dei due riuscì a chiudere occhio. Il cuore di Sara scoppiava di felicità, finalmente Luca le aveva mostrato i suoi sentimenti. Ma se si fosse di nuovo rimangiato ogni cosa? Era già successo altre volte in effetti, le aveva detto di essere la sua più grande debolezza per poi cacciarla di casa il giorno dopo come se nulla fosse. Poteva farlo, è vero, ma arrivati a quel punto Sara non temeva più nulla: lei e Luca avrebbero avuto il loro lieto fine. Dall’altro lato del pianerottolo, Luca era sdraiato sul divano, aveva ancora il cuore a mille ma allo stesso tempo un vuoto allo stomaco che rischiava di risucchiare anche lui. Non doveva farlo, questa volta Bruno l’avrebbe davvero ammazzato. Decise che per lui e Sara non era ancora arrivato il momento, le avrebbe fatto capire che a volte è meglio aspettare che le acque si calmino dopo la stagione delle piogge.
Il giorno dopo evitò di passare per la colazione dai Miranda, aspettò Bruno in macchina perché sarebbe stato difficile far finta di niente ed inoltre avrebbe dovuto spiegare le sue occhiaie ai due amici e non aveva intenzione di mentire di fronte alla donna che la sera prima gli aveva chiesto di restare.
Quella mattina Sara si alzò di buonumore, trasmettendo a tutti i membri della sua famiglia la sua felicità. Bruno sperò che sua figlia si fosse decisa a lasciare tutte le lacrime e le grida di quella settimana alle spalle. Enza invece le sorrise e le disse che meritava tutto ciò che la rendesse felice. Ma quando Sara si rese conto che Luca non sarebbe arrivato sprofondò in un lungo silenzio: si era pentito di averla baciata, non potevano esserci altre spiegazioni. Mentre raccoglieva i libri per dirigersi fuori casa, il suo telefono vibrò.
 
“Passo a prenderti alle due fuori scuola. Ti porto in un posto speciale.”
 
Appena finì di leggere il messaggio di Luca, il sorriso le tornò sulle labbra. Tornò raggiante in cucina e “mamma, non aspettarmi per pranzo. Io e Matilde mangiamo una cosa al volo e poi andiamo in biblioteca. Chiamala se vuoi.” disse, dopo aver preventivamente informato Matilde di tenerle il gioco.
Non si era pentito del bacio della sera prima, forse poteva davvero sperare di averlo tutto il giorno per sé.
 
*
 
Luca andò in commissariato come tutte le mattine ma fin da subito destò sospetti per l’aria stanca e la testa tra le nuvole. Chiese a Bruno se potesse dargli il pomeriggio libero, gli spiegò di non aver chiuso occhio quella notte a causa dell’insonnia e di aver bisogno di tornare a casa e dormire. Non fu difficile credergli, aveva davvero un’aria affranta.
Preciso come un orologio svizzero, alle due aveva parcheggiato fuori la scuola di Sara e aspettò un paio di minuti prima di veder spuntare una testolina riccia e un sorriso felice tra la massa di studenti che a quell’ora uscivano da scuola. Sperava che la sua scelta non la facesse soffrire, sapeva di poter ragionare con lei e convincerla che sarebbe stata la scelta giusta per entrambi. Quando Sara entrò in macchina si spinse subito verso di lui per stampargli un bacio sulle labbra ma Luca si voltò, lasciando che il bacio gli sfiorasse la guancia. Ma Sara capì, erano in un luogo affollato, nessuno doveva vedere.
“Dove mi porti di bello?” chiese subito, dopo aver chiuso la portiera della macchina. Sembrava davvero una bambina che non crede ai suoi occhi, il regalo che desiderava da sempre proprio accanto a lei.
“In un posto tutto chiuso, dove saremo solo noi. È romantico” scimmiottò Luca, Sara gli sorrise ma non capì la sua allusione finchè non trovò davanti a sé una distesa di blu. L’aveva portata al mare proprio come lei gli aveva chiesto qualche mese prima quando, dopo averla accompagnata a scuola, gli chiese di portarla al mare, utilizzando esattamente le stesse parole che Luca le aveva detto qualche minuto prima. Non riusciva a crederci, stava accadendo davvero. L’amore della sua vita era lì accanto a lei e stavano per passare un pomeriggio al mare, proprio come una coppia qualsiasi. Nessuna differenza d’età, nessun padre geloso, nessuna zia di troppo. Erano solo Luca e Sara, due ragazzi come tanti altri.
Si sedettero sulla spiaggia, in un punto coperto dal muro del lungomare. Sara sentì che il momento della verità era arrivato ma non aveva il coraggio di chiedere, perciò prese una mano di Luca e cominciò a giochicchiare con le sue dita.
“Non mi sono pentito, se è questo che ti stai chiedendo.” Sara alzò lo sguardo e non riuscì a fermarsi dall’avvicinarsi a lui e baciarlo. Aveva il permesso ora, non avrebbe più dovuto temere un suo rifiuto. Luca sorrise nel bacio, in realtà voleva farlo dal momento in cui aveva visto Sara uscire da scuola. Ma prima di continuare doveva subito mettere in chiaro ciò su cui aveva riflettuto per tutta la notte. Il sorriso di poco prima era completamente sparito e Sara temette di aver sbagliato qualcosa. “Stanotte non ho chiuso occhio. Cercavo una soluzione giusta che non facesse soffrire nessuno ma credo sia imp-”
“La soluzione giusta è stare insieme. Noi ci amiamo e nessuno può ostacolarci.” Sara lo interruppe ripentendo parole che ormai Luca conosceva a memoria.
“Beh Sà, io non direi così. Tu sei minorenne ed io un poliziotto, verrei arrestato e perderei il lavoro in meno di due secondi se qualcuno lo sapesse” Luca ci rise su ma era la verità, era quello che doveva evitare a tutti i costi.
“Hai ragione ma ci nasconderemo per bene. Si tratta solo di 7 mesi, poi sarò maggiorenne e potremo -”
“Vorrei che partissi per Dublino.”
Fu come se un fulmine l’avesse trafitta. Come poteva dire una cosa simile dopo i baci che si erano scambiati? Come poteva allontanarla in questo modo dopo averle accarezzato il viso come aveva fatto per tutto il tempo in cui erano seduti sulla spiaggia?
“Cosa stai dicendo, Luca? Avevi detto di non esserti pentito. Io non ci vado a Dublino, non ora che sono con te. Ti prego Luca, non allontanarmi di nuovo, ti prego.” Le lacrime avevano ormai cominciato a rigarle il viso, Luca cercò di tranquillizzarla, continuò ad accarezzarle il viso cacciando via le lacrime che copiose scendevano dai suoi occhi. Il vento cominciò ad essere più insistente, tipico delle giornate di Settembre. L’aria divenne più fredda e Luca vide Sara tremare tra le sue braccia. Decise di togliersi la felpa blu e poggiarla sulle spalle della ragazza che si stringeva contro il suo petto.
“Saretta ascoltami, io non mi sono pentito. Hai sempre avuto ragione tu, io sono innamorato di te.” Sara si fermò, lo guardò negli occhi per capire se fosse sincero prima di riprendere a parlare tra i singhiozzi.
“Allora perché vuoi mandarmi via? Vuoi che il tempo logori i tuoi sentimenti?”
Luca fu intenerito da quelle parole. Logorare i suoi sentimenti? Era un anno che cercava di reprimerli, erano mesi interi che usciva con altre donne per non pensare a lei. Aveva dato persino una seconda possibilità al suo matrimonio, ma non era servito a nulla.
“Assolutamente no. Io voglio che trovi la tua felicità.”
“Sei tu la mia felicità” lo interruppe Sara. Luca non riuscì a fermarsi dal sorriderle. Era tornata la Sara testarda e tenace che aveva imparato ad amare.
“È proprio questo il punto, Sà. Io non devo essere la tua felicità, tu hai bisogno di staccarti da tutto questo, di trovare una felicità che non mi rappresenti e solo allora ti renderai conto che l’amore che provi per me deve completare la tua felicità, non rappresentarla”. Sara non proferì parola, era accucciata contro di lui, il viso nascosto contro il suo petto. Sapeva che le parole di Luca erano giuste, sapeva che in quei mesi si era dannata per il loro amore, aveva messo da parte sé stessa per riuscire a conquistarlo. Luca approfittò del silenzio della ragazza per continuare.
“Ascoltami, non ti sto chiedendo di dimenticarmi ma di cominciare a vivere. Questo è quello che io voglio per te. Per quanto riguarda me, ho bisogno che tu vada via.” Sara alzò lo sguardo, quelle parole le avevano trafitto il cuore ma non osò replicare. “Non fraintendermi, io ho bisogno che la situazione qui si distenda. Ho rischiato di essere ammazzato da tuo padre per due volte in una settimana. Cosa credi? Non si potrà fingere per molto. Abbiamo bisogno entrambi di capire quanto valga questo sentimento che ci unisce e solo allora, in un clima più pacifico, possiamo cominciare a viverlo.”
“Vuoi che io vada in una nuova città per incontrare nuove persone e rendermi conto che il mio è stato solo il capriccio di una bambina?” Sara pronunciò quelle parole con un filo di voce. Aveva gridato al mondo di amarlo per troppo tempo ed ora non le era rimasto più fiato in corpo per continuare.
“Io voglio che tu riscopra te stessa. E se dopo il tempo e la lontananza tu mi vorrai ancora, io sarò qui. Stavolta sarò io ad aspettarti.” Sara scoppiò di nuovo a piangere, stringendosi sempre di più nella felpa del ragazzo. Sapeva che ciò che aveva detto Luca era giusto, lei aveva messo lui prima di tutto. Era diventato un tormento, una vittoria da conquistare e così facendo avrebbe rischiato di rovinare la loro storia.
“Per tutti questi mesi non ho fatto altro che pensare a te, ad un modo per restare soli, alle parole giuste da usare per farti capire quanto profondo sia il mio sentimento…Credo che tu abbia ragione, ritrovare me stessa è anche un punto di partenza per far funzionare le cose tra di noi”. Luca la fissò per un attimo senza dire nulla, era sicuro che lei avrebbe capito. Era piccola ma a volte era in grado di superare una delusione come una persona adulta. Le stampò un bacio leggero sulle labbra per mostrarle ancora una volta che il suo non era un rifiuto. Restarono per molto tempo in silenzio, seduti sulla spiaggia e avvolti in un abbraccio.
“Io vado ma tu devi promettermi una cosa.”
“Mh, cosa?” sbuffò Luca, sempre la solita. Lei e le sue promesse, lei e i suoi segreti.
“Una lettera al mese per sei mesi. Solo per fare un resoconto del mese passato e dei nostri sentimenti. Se non ci amiamo più, tanto vale saperlo prima e metterlo per iscritto, senza rendere le cose più difficili quando tornerò. Non credi?” Sara inclinò il viso verso di lui, gli occhi lucidi ma il sorriso sulle labbra. Luca non le rispose, Sara era abituata a questo suo modo di non rispondere. Infatti Luca restò in silenzio ma suggellò la promessa con un bacio e a Sara bastò questo.
“Posso tenere questa felpa?” Sara lo chiese come se rappresentasse un motivo per convincersi a partire.
“Certo che puoi, d’ora in poi è tua.”
 
*
 
Sara partì due giorni dopo. Aveva spiegato ai suoi genitori di aver bisogno di cambiare aria. Le sarebbe servito per stare meglio e per poter ritornare ad essere felice. Rosy aveva cercato di convincerla del contrario mentre Bruno, non proferì parola: l’avrebbe assecondata. Aveva capito quanto il rifiuto di Luca e la loro opposizione al suo amore avesse danneggiato la piccola Sara, con il tempo l’avrebbe dimenticato.
Sara partì due giorni dopo, si incamminò verso le scale dell’aereo dopo aver rivolto un ultimo saluto ai suoi genitori. Un ultimo sguardo verso Roma ed un messaggio salvato nel suo telefono.

“Ricordati di me quando tutto ti sembrerà difficile. Io sarò qui ad aspettarti.”







Note:
La scorsa estate ho rivisto la serie Tutti per Bruno e mi sono ri-innamorata di Luca e Sara. Questa storia è senza pretese, nasce semplicemente come sclero per riuscire a dare un continuo alla storia della coppia dopo il bacio dell'ultima puntata. Spero vi piaccia!


 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2.

Ogni anno il clima del mese di Marzo rappresentava una tortura per tutti coloro che durante un giorno soleggiato, si ritrovavano a correre per le vie della città per trovare un riparo dalla pioggia. Anche quel giorno Marzo decise di non smentirsi e Sara si ritrovò a correre per le vie di Roma alla ricerca di un bar per restare al caldo. Decise di aspettare la fine di quel temporale prendendo un tè in un bar vicino la sua scuola, magari avrebbe potuto mettersi in un angolo a studiare oppure, perché no, a fissare un punto del muro per le successive due ore. In effetti da quando aveva messo piede a Roma, aveva avuto modo di guardare ogni centimetro del muro della sua stanza alla ricerca di un consiglio o di una spiegazione riguardo il comportamento dell’uomo che rappresentava un rebus da circa 3 anni. Si trovava a Roma da una settimana, aveva ripreso a frequentare le lezioni degli ultimi mesi di scuola, aveva incontrato tutte le sue amiche, era uscita un paio di volte con Tito ma, per quanto lo desiderasse, non aveva ricevuto ancora nessun segno da Luca. Anzi, negli ultimi giorni temeva addirittura che lui fosse un’illusione oppure che avesse preso un volo diretto per il Messico. Non sapeva bene quale fosse stato il suo destino ma di certo, da quel “Bentornata Saretta” non aveva più avuto modo di vederlo, neanche per sbaglio. Aveva ormai capito che non c’era più nulla da sperare, era come aveva pensato lei per tutti quei mesi: il viaggio a Dublino era stato un pretesto di Luca per allontanarla. Ogni volta che giungeva a quella conclusione, c’era una piccola parte di lei che continuava ad illudersi, a dire che non poteva essere così, Luca l’amava ancora, gliel’aveva promesso. Ma quella era solo una piccola parte di Sara, nascosta e soppressa, perché in quei mesi era riuscita a far emergere una nuova parte di sè, più serena, più matura e aveva deciso che Luca non avrebbe più rappresentato un motivo per star male. Aveva avuto modo di vedere quanto bene riuscisse a vivere anche senza di lui quindi se Luca avesse avuto l’intenzione di evitarla per sempre, a Sara sarebbe andata bene così. E mentre rimuginava fissando la parete gialla di fronte a lei, il tè ormai freddo tra le sue mani, notò che il temporale aveva lasciato spazio ad un bellissimo cielo azzurro.
 
Se quel giorno Marzo avesse deciso di tenere a bada il suo bipolarismo, Sara sarebbe tornata a casa verso le quattro del pomeriggio e avrebbe passato il tempo, molto probabilmente, a studiare, a guardare un film oppure a fissare la parete della sua stanza. Ma quel giorno Marzo decise di essere bipolare, per cui dopo la pausa al bar Sara tornò a casa a piedi, passeggiando per il lungomare e fermandosi a guardare distrattamente il sole che piano piano spariva oltre l’orizzonte. Per tutto il tragitto Sara si premurò di non pensare neanche per sbaglio a quella parte di lungomare che 6 mesi prima l’aveva vista abbracciata ad un uomo di trent’anni che prometteva di aspettarla.
Se Marzo fosse riuscito a controllare meglio le sue emozioni, molto probabilmente Luca non avrebbe deciso di cambiare strada per evitare il traffico causato da un incidente stradale e non si sarebbe trovato di fronte a un caso di suicidio, fortunatamente risolto senza troppi drammi. Nonostante avesse finito il suo turno qualche ora prima, era stato costretto a tornare in commissariato per mettere a verbale ciò che era successo e il motivo per cui quel ragazzo di 26 anni aveva cercato di togliersi la vita. Quando tutto fu risolto e Luca riuscì finalmente a svignarsela si erano già fatte le sei e mezza ed un bellissimo tramonto aveva colorato i muri delle case. Doveva passare da casa sua e di Giuliano per prendere della biancheria pulita, ormai quella che aveva preso una settimana prima era tutta da lavare. Fece due calcoli approssimativi ma si disse certo che a quell’ora sarebbe stato quasi impossibile trovare Sara in giro.
Quando Sara salì il primo scalino, Luca aveva appena chiuso la porta di casa sua e si avviava verso le scale con un borsone sulle spalle. Fino a sei mesi prima era successo mille volte di incontrarsi per sbaglio sul ballatoio di casa e approfittare di quel momento per chiacchierare o litigare. Grazie ai disturbi emotivi di Marzo, quella sera Luca e Sara ebbero di nuovo modo di scontrarsi all’angolo che unisce il pianerottolo e le scale.
“Ops, scusa, non ti avevo sentita arrivare” disse Luca, appuntandosi mentalmente di non fare più due calcoli approssimativi prima di fare una scelta importante.
“Non preoccuparti, buona serata”. Sara aveva il cuore in gola ma si era ripromessa di agire come se nulla fosse. Cercò di superare il ragazzo che aveva di fronte per tornare a casa ma una mano forte le afferrò il braccio e la fermò.
“Buona serata…Tutto qui?” chiese con sguardo deluso, quasi aspettandosi una reazione diversa dalla ragazza che lui stesso stava evitando da una settimana.
“Cosa ti aspetti, Luca? Due chiacchiere come due vecchi amici che si rivedono dopo 6 mesi? Cosa vorresti, che ti girassi ancora intorno per essere delusa nuovamente? Sono io che dal mio ritorno dovrei dirti “Tutto qui?” ma non ne ho più voglia, quel borsone che hai dietro la spalla parla per te ed io posso solo augurarti una buona serata.” Lo sguardo severo e le parole sprezzanti di Sara furono in grado di chiudere qualsiasi discorso, non lo guardò neanche un secondo in più prima di svincolarsi dalla presa di Luca sul suo braccio e lasciarlo lì, in silenzio, con lo sguardo basso e la consapevolezza di aver sbagliato tutto.
 
*
 
25/10/2009
Ciao Luca, finalmente posso scriverti la prima lettera e sentirti di nuovo vicino. Qui va tutto bene ma la prima settimana è stato difficile abituarsi ai nuovi orari, alle strade sconosciute e ai nuovi compagni. Però devo ammettere che mi piace tantissimo Dublino, nonostante sia fredda mi fa sentire come una bambina che scopre il mondo. Ogni giorno esco di casa e cerco di perdermi in questa città, cerco di scoprire quelle piccole cose che non sono considerate turistiche. C’è un pub tipicamente irlandese che molto probabilmente potresti apprezzare, ma più di tutto mi piacerebbe mostrarti un angolo nascosto che ho trovato l’altro giorno. Sono uscita per fare una passeggiata e senza rendermene conto mi sono ritrovata in un angolo deserto coperto da alberi enormi e con il Liffey a scorrere davanti a me. Avrei tanto voluto che tu ci fossi, sarebbe stato carino!
A scuola ho conosciuto dei ragazzi molto simpatici, abbiamo ormai un gruppo e tutti i giorni ci vediamo per studiare insieme. Mi sento davvero felice, se solo ci fossi anche tu… Ok niente lagne, come promesso. E lì come va? Come vanno le indagini in commissariato? Ti manco un pochino? Perché tu mi manchi tanto, non vedo l’ora di ricevere la tua lettera. A presto!
Tua, Sara.
 
 
25/11/2009
Ciao Luca, come stai? Il mese scorso non ho ricevuto una tua lettera, spero tu non abbia dimenticato la nostra promessa. Qui continua ad essere tutto bellissimo, ormai ho le mie abitudini e vorrei restare per sempre qui! Sai, Dublino mi fa sentire capita, accolta e soprattutto non mi giudica per l’uomo che amo. Ormai ho deciso che è il mio secondo posto preferito al mondo. Ho deciso anche che un giorno comprerò un mappamondo e segnerò tutti i luoghi che avrò la possibilità di visitare. Mi piacerebbe visitarne tanti, con te.
Due settimane fa mi è salita la febbre e sono stata male per almeno sei giorni… ti giuro, mi sono sentita così triste! Fortunatamente c’era la mia coinquilina che ogni sera prima di tornare a casa passava a prendere delle caramelle gommose o qualche barretta di cioccolata per tirarmi su il morale. È molto dolce, mi piacerebbe presentartela! Per il resto le lezioni continuano ad andare bene, ormai il mio inglese è migliorato tantissimo e continuo a divertirmi tanto con il mio gruppo di amici. È un po’ come in Friends, hai presente? Ci raduniamo in un bellissimo bar quando fa troppo freddo oppure organizziamo delle maratone di film per poi addormentarci sul divano! Ormai la cioccolata calda è diventata la nostra fonte di sopravvivenza…È divertente, credo che a mia madre verrebbero crisi isteriche se lo sapesse. Non ti ho mai parlato di loro…Siamo in 7, tre ragazzi e quattro ragazze di cui una è Sophia, la mia coinquilina francese. Sono delle persone bellissime, magari un giorno potresti venire qui e conoscerli!! E non essere geloso, nessuno potrebbe mai prendere il tuo posto :)
Per questo mese ho finito di riempirti la testa di chiacchiere, adesso aspetto le tue…Perché mi scriverai, vero? Aspetto di sapere come stai e se mi ami ancora. Mi manchi.
Per sempre tua, Sara.
 
 
25/12/2009
Ciao Luca, buon Natale! In questi giorni sono diventata una guida turistica perché, lo sai, mamma, papà e nonna sono venuti qui per passare le vacanze con me e ne sono molto felice. Papà sembra spaesato mentre mamma vorrebbe dispensare cibo a tutti i miei amici…i soliti insomma! Nonna mi ha chiesto di te, come andasse tra noi…le ho chiesto di cosa stesse parlando ma mi ha risposto che aveva formulato male la domanda, voleva solo sapere come stessi senza te. Abbastanza strano, non trovi?
Qui è tutto bellissimo, gli addobbi, i mercatini di Natale, andare in giro per i regali…insomma, è un Natale diverso ma meraviglioso. È il primo che non passerò anche con te… Ormai ho capito che non hai intenzione di scrivermi e va bene così. Io ho deciso che a prescindere da tutto continuerò a farlo perché una promessa è una promessa. Spero tu non ti sia pentito di tutto, spero che terrai fede alla tua di promessa e cioè che mi aspetterai. Tu e Giuliano avete fatto l’albero? Cosa farete in questi giorni senza mamma e papà? La speranza è l’ultima a morire, spero di ricevere una tua risposta. Nel frattempo, ti auguro un felice Natale e visto che non ho altre possibilità, anche un meraviglioso Capodanno. Mi piacerebbe poterti baciare sotto il vischio così da essere sicura di averti tutto l’anno.
Tua, Sara.
 
25/01/2010
Ciao Luca, ormai sono passati 4 mesi dalla mia partenza. Non so cosa mi aspettassi da questo viaggio ma di certo non mi aspettavo di stare così bene. Mi sento libera, sai? Mi sento amata. Forse è principalmente questo che mi mancava a Roma. Da quando i miei sono andati via, sento molto la vostra mancanza…è stato come avere un attimo indietro la mia vita. Però mi basta uscire di casa, andare nel mio angolo nascosto per stare meglio. I miei amici poi mi aiutano a non pensarci, mi diverto tanto con loro. La settimana scorsa abbiamo provato a fare una torta di mele ma non ti nego che era meglio passare il tempo a fare altro. Ti giuro che mi impegnerò per essere un’aspirante cuoca e preparare una torta di mele come piace a te, non l’ho dimenticato. Vorrei tanto vederti. A volte quando i brutti pensieri mi invadono la testa, cerco di calmarmi abbracciando forte la tua felpa e un po’ mi sento meglio. Il tuo odore è quasi sparito ma presto potrò sentirlo di nuovo. Mi manchi sempre.
Sara.
 
 
25/02/2010
Ciao Luca, il tempo è volato. Ormai mi sembra di non ricordare più il tuo viso, o forse un po’ spero di dimenticarlo. Tra una settimana tornerò a Roma e devo ammettere che temo abbastanza quel giorno. Ho paura di vedere ciò che sto cercando di negare da 5 mesi: il tuo pentimento. Cinque mesi sono tanti senza sapere nulla, senza avere la possibilità di scambiarsi un saluto. Però ci tenevo a ringraziarti per avermi convinta a partire. Ho scoperto una nuova me qui, ho scoperto di poter essere felice anche fuori da Roma…anzi, quasi non vorrei tornare. L’idea di separarmi dai miei amici mi fa star male ma poi penso che rivedrò te e mi sento meglio. Tanto c’è ancora tanto tempo, potrò tornare qui tutte le volte che vorrò, ormai Dublino è casa. A prescindere da tutto posso dire di essere felice e se tu lo vorrai ancora, mi piacerebbe essere felice con te.
Spero tu stia bene, ormai avrò modo di vederlo con i miei occhi tra 7 giorni.
Sara.
*
 
Quel giorno la presenza di Luca in commissariato fu pressoché inutile. Perfino durante l’interrogatorio, uno dei suoi momenti preferiti per mettere alle strette i colpevoli, mostrò di essere su un altro pianeta.
“Luca? Luca mi stai ascoltando? Luca ma che c’hai?” Bruno aveva appena terminato il suo discorso ma soltanto alla fine si era reso conto che il suo amico non gli aveva prestato neanche una minima attenzione. Soltanto dopo avergli schioccato due dita davanti agli occhi, il ragazzo sembrò tornare sulla Terra.
“Oi Brù scusa, è che ultimamente dormo male. Che mi dicevi?” In effetti era vero, erano circa cinque giorni che Luca non chiudeva occhio. Aveva un’intera schiera di personalità dentro di sé che gli consigliavano di agire, di lasciar perdere, di andare a riprendersela e dichiararle definitivamente il suo amore ma anche che no, Sara aveva iniziato a vivere anche senza di lui e questo era sufficiente per allontanarsi e lasciare che proseguisse la sua vita da adolescente. La cosa che più l’aveva turbato era sapere che ci fosse anche un altro nella sua vita. E se Sara si fosse innamorata della persona che l’aveva resa felice a Dublino? E se le avesse rovinato il futuro ritornando nella sua vita?
Doveva vederla. Doveva mettere a tacere tutte quelle voci nella sua testa.
“…e quindi volevo chiederti se ti andasse di accompagnare Giuliano.” Bruno aveva ripreso il suo discorso ignaro del fatto che a Luca bastasse poco per ritornare a viaggiare nei suoi pensieri.
“No Brù, lascia che vada da solo. Anzi, se non ti dispiace vorrei chiederti il pomeriggio libero…Mi sento poco bene.” Non era da lui lasciare il suo lavoro ad altri, eppure si avvicinavano le due del pomeriggio e lui aveva un posto in cui andare.
“Ok vai, però cerca di dormire che ultimamente sei totalmente assente!” Bruno non finì di pronunciare la sua frase che Luca era già pronto per uscire dal commissariato.
 
*
 
L’ultima volta che aveva visto il liceo scientifico di Roma era stato 6 mesi prima, quando aveva detto a Sara di volerla portare in un posto speciale. Dopo 6 mesi si trovava di nuovo lì, di fronte la sua scuola, con il cuore in gola e la speranza di poterle parlare in modo pacifico senza essere rifiutato. Ma proprio quando vide Sara attraverso il gran numero di studenti che uscivano da scuola, notò anche un ragazzo accanto a lei con il braccio poggiato sulle sue spalle. La prima reazione di Luca fu quella di scendere dalla macchina e spezzare il braccio del ragazzo ma non ebbe neanche il tempo di muovere un dito perché qualcos’altro attirò la sua attenzione. Il cuore gli sprofondò nel petto, il sorriso di Sara, quel sorriso che tanto amava, rivolto al ragazzo che adesso le stava toccando i capelli. L’aveva dimenticato, ormai era chiaro. Non sapeva quale emozione gli stesse attanagliando il petto, era un misto di sensazioni che lo stavano portando all’esasperazione. Rabbia, rabbia per non aver saputo mantenere nessuna delle loro promesse. Rabbia perché l’aveva illusa e delusa innumerevoli volte. Rabbia perché nonostante quel ragazzo rappresentasse la scelta giusta per Sara, non riusciva ad essere felice per lei. Come avrebbe potuto sopportare che quel sorriso non fosse più rivolto a lui? Chi avrebbe potuto difenderla dal mondo intero se non lui? Accecato dalla rabbia e dalla gelosia decise che era arrivato il momento di agire, sarebbe ritornato nella sua vita poco per volta e l’avrebbe riconquistata. Il primo passo da fare era tornare a vivere nell’appartamento che condivideva con Giuliano. In quelle due settimane aveva pensato bene di andare a vivere in un ostello, giusto il tempo di evitare Sara e far credere ai due amici di aver trovato una donna. In questo modo avrebbe allontanato definitivamente la ragazza e avrebbe rassicurato Bruno una volta per tutte. Ma quel pomeriggio si rese conto che non poteva più farlo, era stato un coglione a credere di poter rinunciare a lei per sempre.
 
L’occasione di tornare alla sua vita vera si presentò qualche sera dopo quando si ritrovò a cena a casa di Bruno in occasione del compleanno di Enza. Appena entrò in casa il suo sguardo cadde subito su Sara, intenta ad apparecchiare la tavola per tutti loro anche se in sala non c’era nessuno.
“Ciao! Scusami pensavo fosse alle 8.” Luca si grattò la testa imbarazzato, forse non era stato proprio il modo migliore per annunciarsi. Sara si voltò di scatto e gli sorrise, un sorriso diverso dai soliti che gli rivolgeva fino a qualche mese prima. Era bellissima, Luca non potette evitare di notarlo. I ricci sciolti ad incorniciarle il viso, un vestito leggero a coprirle il corpo.
“Si infatti era alle 8 ma papà e Giuliano hanno dimenticato di comprare la torta e sono usciti poco fa per rimediare. Mamma è da Katia perché pare che il regalo per la nonna si sia rotto. Tutto nella norma direi.” Sara fece un altro sorriso stanco prima di voltarsi per posizionare le posate sul tavolo. “Siediti pure” concluse.
Era stata la frase più lunga che sentiva da Sara da mesi, gli era mancata così tanto. Si sedette sul divano dopo essersi assicurato che non le servisse aiuto. L’aria iniziava a diventare decisamente pesante, erano soli in casa in un religioso silenzio per cui Luca decise che era arrivato il momento giusto per parlare con lei. Iniziò con un semplice “Come stai?” sperando di poter iniziare una conversazione. Si aspettava una risposta negativa oppure il silenzio ed invece Sara lo stupì, così come aveva sempre fatto.
“Bene, credo. È difficile riabituarsi alle vecchie abitudini, soprattutto se non c’è nulla di cui essere felice. E tu come stai?” la ragazza parlò con voce bassa, quasi come se fosse stanca di tutto. Però almeno gli aveva rivolto la parola ed era stata sincera, poteva ritenersi soddisfatto di questo ma doveva fare altrettanto.
“Bene, credo. Ultimamente non dormo molto bene la notte per cui sono sempre stanco e assente” Luca prese un respiro, non sapeva se dirlo o meno ma alla fine si decise: “Mi sei mancata così tanto.” Sara si voltò completamente a quelle parole. Lo scrutò per qualche secondo impedendosi mentalmente di scoppiare a piangere. Si sarebbe avvicinata a lui e l’avrebbe abbracciato se in quel preciso istante Rosy e Katia non fossero entrate dalla porta, cancellando il silenzio piacevole che si era creato tra di loro con urla e risate.
“Luca, meno male che sei qui. Potresti scendere ad aiutare Bruno? Pare che Giuliano si sia slogato una caviglia” fu Rosy a parlare, senza notare o forse si, di aver interrotto qualcosa.
Luca rivolse un ultimo sguardo carico di parole verso Sara prima di uscire di casa per aiutare Bruno e Giuliano.
Quella sera rimasero entrambi in silenzio mentre tutto intorno a loro faceva rumore. Luca rispose distrattamente a qualche domanda di Giuliano mentre Sara restò in silenzio per tutta la serata per poi sparire dopo cena nella sua camera. Fu una sera come tante altre, solo una cosa era diversa: entrambi non avevano fatto altro che guardarsi e comunicare pur restando in silenzio.
Quella notte, dopo tanto tempo, riuscirono a dormire tranquillamente perché forse, un macigno era sparito dal loro stomaco. Avevano capito entrambi che nulla era cambiato in quei mesi, che c’era ancora una speranza. Per una volta Luca non fu spaventato dall’idea di riaverla perché l’idea di averla persa era stata ben peggiore. Decise che avrebbe lasciato che il destino facesse il suo corso, senza ostacolarlo più, senza rifiutarlo, senza cercare di evitare ciò che lui aveva in serbo per loro.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

Un pomeriggio di fine Marzo Sara tornò da scuola verso le cinque perché, come sempre, aveva scelto di pranzare con i suoi amici per poi chiudersi in biblioteca e studiare per le prime interrogazioni del semestre. Girò il muretto che dava sulla strada per arrivare alle scale quando vide di fronte a lei un uomo bellissimo fare lo stesso dall’altro lato del muretto. Quando furono uno di fronte l’altra si sorrisero prima di iniziare a salire le scale.
“Ciao Sarè, com’è andata a scuola?” Non era esattamente così che le cose potevano essere risolte ma Luca decise che riavvicinarsi a lei con calma era la scelta giusta per riprendere da dove si erano fermati. Sara doveva essere della stessa opinione perché la sua risposta fu totalmente diversa da quella della settimana prima, quando aveva gridato con disprezzo contro Luca dicendogli che far finta di essere due amici di vecchia data non sarebbe servito a niente. Ma qualcosa doveva essere cambiato, entrambi avevano una nuova e rassicurante sicurezza.
“Ehi ciao, tutto bene. Ho intenzione di preparare tutto in anticipo così da non restare indietro e far tutto di fretta per la maturità” disse Sara, cercando di non far notare un leggero tremolio della sua voce.
“E da quando saresti diventata una studentessa modello?” la sbeffeggiò Luca, così come aveva sempre fatto prima che la situazione tra loro diventasse…complicata.
Sara scoppiò a ridere per poi rispondere con un buffo broncio “lo sono sempre stata.” Erano ormai di fronte casa di Sara, si guardarono per un attimo cercando di capire il modo migliore per salutarsi ma nessuno disse nulla, Luca le rivolse un sorriso prima di incamminarsi verso il suo appartamento. Sara fissò la maniglia della porta di casa sua per qualche secondo prima di chiamarlo nuovamente. “Luca.”
Il ragazzo era di fronte la sua di porta, le chiavi in mano e il viso rivolto verso la maniglia ma quando Sara pronunciò il suo nome, si voltò immediatamente a guardarla.
“E a te com’è andata la giornata?” sembrava una domanda stupida, o almeno lo era se pronunciata dopo essersi tacitamente salutati. Eppure Sara aveva davvero voglia di saperlo, aveva così tante cose da chiedergli, così tante informazioni da recuperare.
Luca le sorrise, abbassò lo sguardo per poi guardarla con una nuova luce negli occhi. “Bene Sà, finalmente va tutto bene.”
A Sara bastò questo, era soddisfatta della risposta che aveva ricevuto. Si scambiarono un ultimo sorriso prima di sparire entrambi nel proprio appartamento. Stava finalmente bene. Cosa poteva significare questa frase? Sara non poteva saperlo con certezza ma sperò di essere uno dei motivi che avevano reso bella la giornata di Luca. Non sapeva però di essere l’unico motivo a rendere la giornata di Luca finalmente bella. Di certo non poteva immaginare qualche ora dopo di sentire il cellulare vibrare e di trovare un suo messaggio.
“Alle 22, nel bar di Katia. Ti aspetto lì.”
Sara non credeva ai suoi occhi. L’aveva fatto davvero? Aveva davvero pensato ad un rifugio dove potessero incontrarsi senza dare nell’occhio? La risposta era solo una: si. Aveva il cuore in gola, non riusciva a crederci. Non doveva illudersi, poteva rivelarsi un’altra delusione ma non ci riusciva, nella sua testa passava il loop il messaggio di Luca. Era intenta a guardare il vuoto con un sorriso da ebete sulla faccia quando Enza entrò in stanza.
“Ehi cucciolo di donna, che hai da sorridere così tanto?” chiese.
“Nulla nonna. Finalmente va tutto bene.” Enza decise di non andare oltre, quella risposta poteva bastare.
 
Sara aveva aspettato ore come se stesse aspettando interi anni, il tempo sembrava non passare mai. Mangiò appena e si richiuse in camera. Aveva avvertito i suoi genitori che alle 22 sarebbe uscita con Tito, ormai sapeva che i suoi genitori si fidavano di quel ragazzo. Da quando aveva la fidanzata spagnola, era diventato praticamente il suo migliore amico e così anche i suoi genitori erano tranquilli quando era con lui. Sapevano che non c’era nulla tra di loro ma al tempo stesso si sentivano sicuri perché non le sarebbe successo nulla se fosse stata in sua compagnia. Alle 22 salutò Bruno e Rosy e si chiuse alle spalle la porta di casa. Scese in fretta le scale stando ben attenta che nessuno la vedesse, si diresse verso il bar di Katia, la porta era socchiusa per cui non aspettò molto prima di entrare, impaurita dalla possibilità che qualcuno potesse vederla.
Il bar era immerso nel buio, soltanto un paio di candele ad illuminare la stanza. Luca era lì, seduto sul bancone a giocherellare con le sue dita. Quando sentì la porta chiudersi sollevò lo sguardo e la fissò estasiato, l’adrenalina che scorreva nel suo corpo. Le sorrise, prima di alzarsi ed andarle in contro.
“Sono contento che tu sia venuta, avevo paura di non vederti arrivare da quella porta” disse Luca con sguardo basso, consapevole di aver commesso tanti errori in tutti quei mesi, da meritare, forse, un rifiuto da parte sua.
“Mi conosci, sono onesta con me stessa. Volevo vederti ed eccomi qua.” Sorrise, poi portò la mano sotto il mento di Luca per sollevargli il volto. Lui la fissò per qualche secondo con occhi lucidi prima di cominciare a parlare.
“Sara, mi sei mancata da morire” sussurrò sottovoce, quasi come se temesse un rimprovero, uno scontro dalla ragazza che aveva voglia di stringere tra le sue braccia.
Sara si avvicinò a lui e sottovoce gli rispose “tu di più” prima di gettargli le braccia al collo e stringerlo a sé. Luca affondò il viso sul suo collo, le circondò il busto e la strinse come mai aveva fatto prima. I loro respiri cominciarono a diventare pesanti, continuarono ad abbracciarsi per minuti interi prima che Luca si allontanasse per riportare gli occhi in quelli della ragazza.
“Mi dispiace. Credimi, mi dispiace così tanto. Non volevo sparire, volevo solo che ti godessi la tua vita senza pensare a me. Ero pietrificato dall’idea di poterti rovinare la vita, non voglio che per me rinunci alla tua spensieratezza. E mi dispiace, ti avevo promesso che ti avrei aspettata ma voglio che tu sappia che anche se sono sparito dalla tua vita, non c’è stato un solo secondo in cui io non ti abbia pensato. Te lo giuro.” Luca era un fiume in piena, Sara non l’aveva mai visto così turbato. Aveva le lacrime agli occhi, la voce gli tremolava e continuava a stringerla a sé come se avesse il terrore di vederla andar via. “Credimi, sei la cosa più bella che potesse capitarmi”. Sara lo zittì con il dito, cominciò a carezzargli il volto, le sue dita corsero ad asciugargli gli occhi. Gli lasciò dei baci leggeri su ogni centimetro del viso per poi allontanarsi appena per guardarlo. Non si fissarono a lungo perché Luca avvicinò subito il suo volto a quello di Sara e la baciò, nel modo più dolce che potesse trovare. Fu un bacio lento, desiderato, atteso. Luca continuò ad accarezzarle i morbidi ricci mentre continuava a stringerla e baciarla come se non ci fosse nessun motivo al mondo per smettere. Sara si allontanò un attimo per guardarlo, era così bello ed era di nuovo lì, con lei. Aveva sognato quel momento per tutti il suo soggiorno a Dublino, aveva vissuto il loro bacio milioni di volte nella sua testa: a Roma, a Dublino, in aeroporto, nella sua stanza, al mare ma non aveva mai pensato al bar di Katia come dimora per le loro fughe. Solo una cosa era uguale alle sue fantasie: la dolcezza con cui Luca l’aveva baciata.
“Ti devo mostrare una cosa” Luca indicò dei pacchetti poggiati su un tavolo poco più lontano da loro. Sara si girò a guardare nella direzione indicata dall’uomo che aveva accanto ma non riuscì a capire. Luca si liberò dalla stretta che li aveva tenuti vicini per tutto quel tempo e andò a prendere i pacchetti per poi tornare da lei. “Aprili, sono tutti tuoi.” Sara aveva un sorriso radioso sul suo volto, era presto per il suo compleanno, cosa significavano tutti quei regali? Iniziò a scartarne uno ad uno, cominciando dal più grande. Stracciò tutta la carta regalo, curiosa come mai in vita sua.

Un mappamondo. Un mappamondo con un post-it attaccato sull’Irlanda.
Anche a me piacerebbe girare il mondo, con te. Possiamo segnare qui tutti i posti che ci renderanno felici.

Sara non riusciva a crederci, aveva le lacrime agli occhi e la sensazione di trovarsi in un sogno. Era un riferimento ad una delle sue lettere, gli aveva scritto di desiderare un mappamondo per segnare tutti i luoghi che avrebbe visitato. Si voltò a guardarlo e lo trovò con gli occhi lucidi, a guardarla come se avesse di fronte una bambola di porcellana capace di rompersi da un momento all’altro.
“Luca, le lettere… Se le hai lette perché non mi hai risposto?” nella sua domanda non vi erano tracce di risentimento, solo pura curiosità.
“Ero alle prese con le mie paure. Leggevo di quanto fossi felice, di quanto desiderassi restare lì…non volevo essere un motivo per tornare, non volevo che per me rinunciassi alla tua felicità. Però ogni mese, dopo aver letto la tua lettera, cercavo un regalo che potesse renderti felice.”
Sara sorrise a quelle parole. Lo sapeva, sapeva che Luca non desiderava altro che la sua felicità senza rendersi conto che così facendo finiva per rendere entrambi infelici.
“Ti ricordi cosa mi hai detto quel pomeriggio al mare? Che dovevi completare la mia felicità, non rappresentarla. Ed è stato così. Sono stata felice, mi sono sentita libera, indipendente, spensierata. Ma sai cosa mi è sempre mancato?” Sara prese un respiro e continuò. “Qualcuno che andasse a completare la mia felicità, non ad incrinarla. E quel qualcuno sei sempre stato tu.”
Come poteva Sara essere una donna così matura a soli 17 anni? Come riusciva a dire sempre la cosa giusta per convincerlo di essere un coglione perdutamente innamorato? Non lo sapeva, ma di una cosa era certo: non avrebbe più incrinato la sua felicità, avrebbe passato il resto della sua vita a cercare di renderla felice. Ma non lo disse ad alta voce, Luca non era mai stato un uomo di molte parole ma a Sara non importò, i suoi occhi avevano parlato per lui. Come sempre, Luca preferiva chiudere il discorso con un bacio.
“Continua a scartare i regali” le intimò Luca. Sara gli sorrise ed afferrò un altro pacchetto.

 Un libro di dolci e dessert.
L’ho trovato in un mercatino dell’usato e mi sei venuta in mente. Adesso non hai più scuse, voglio la mia torta alle mele!

“Luca…” Sara scoppiò a ridere mentre sentiva un nuovo calore che riscaldarle il cuore. Passò poi al regalo successivo.

Un acchiappasogni.
Anche se non sei qui, non potevo evitare di comprarti un regalo di Natale ai mercatini romani che tanto ti piacciono. Un acchiappasogni che possa spazzar via tutti i tuoi incubi e tenerti al sicuro quando non potrò esserci io a stringerti.

Sara si gettò su di lui, voleva riempirlo di baci, ringraziarlo per aver avuto un pensiero per lei in tutti quei mesi. Se solo l’avesse saputo, avrebbe fatto i salti di gioia per tutta Dublino. Passò poi all’ultimo pacchetto.

Un vischio.
Hai detto che ti piacerebbe baciarmi sotto il vischio. Quando tornerai, anche se non sarà Capodanno, potremo farlo.

Luca prese il vischio dalle sue mani, lo alzò sopra le loro teste e la baciò dopo averle sussurrato sulle labbra “Buon Natale e felice Capodanno in ritardo anche a te”.
“Sei speciale, grazie davvero” disse Sara, felice come una bambina che apre davvero i suoi regali di Natale. Continuarono a baciarsi e sussurrarsi cose che per troppo tempo non si erano detti finché Sara decise che era il momento di mettere subito le cose in chiaro. “Sai che questa è la nostra ultima occasione, vero? O dentro o fuori. Basta ripensamenti, basta paure. Ci siamo solo noi.”
“Voglio stà con te, ormai la mia paura è perderti”
 
*
 
Il giorno dopo Sara si svegliò di buonumore, una nuova felicità a scaldarle il cuore. Lei e Luca avrebbero mantenuto la loro storia in segreto, almeno fino al suo diciottesimo compleanno. Era meglio così, con calma avrebbero fatto in modo che tutti accettassero il loro amore. Andò in cucina per la colazione, diede un bacio ai suoi genitori e a sua nonna. Mentre erano intenti a conversare del più e del meno, Luca irruppe in casa come suo solito.
“Oh scusate. Sò…Sò passato per dirti che Giuliano arriverà in ritardo perché deve passare dall’avvocato per le pratiche…del divorzio, sì. Quindi….niente…” Luca continuava a balbettare, chiaramente in imbarazzo.
“A Luca, eddaje, che hai stamattina? Vieni a fare colazione con noi” Bruno lo invitò a sedersi con loro ignaro del fatto che si trovasse in imbarazzo per la presenza della ragazza che da lontano sogghignava malefica.
Proprio quando Luca si sedette accanto a Sara, la porta si aprì nuovamente. Questa fu la volta di Tito.
“Oh scusate. Forse avrei dovuto bussare” disse il ragazzo che ormai si sentiva parte della famiglia.
“Si forse avresti dovuto” sussurrò Enza, diretta e sarcastica come sempre.
“Ao ma che c’avete oggi tutti? Che voi pure te?”
Tito completamente a suo agio entrò in casa e si rivolse alla più giovane dei Miranda. “So passato per prendere la principessa e portarla a scuola. Sono o no un aspirante genero perfetto?”
Luca fece uno scatto ma fu fermato dalla mano dolce di Sara che andò a poggiarsi sulla sua gamba, accarezzandola. A Luca non piaceva Tito, era sicuro che sotto sotto avesse ancora dei sentimenti per lei. Non ebbero molto tempo per ridere di quella battuta perché Bruno formulò una domanda che lasciò i due ragazzi seduti al suo fianco completamente pietrificati.
“Ma che genero perfetto? Ma ndo vai che ieri sera siete tornati tardissimo, dove l’hai portata?” Bruno scherzava, aveva imparato ad apprezzare Tito, purché tenesse lontano le mani da sua figlia.
Tito lo guardò senza capire “Ma che stai a dì?” poi si voltò verso Sara per cercare una spiegazione ma si ritrovò davanti uno sguardo preoccupato che gli chiedeva di reggere il gioco. Luca, al suo fianco, immobile, come se qualcuno l’avesse bloccato con qualche incantesimo. Tito non era mai stato una cima a scuola, di certo non in matematica ma fece due calcoli e capì. Conosceva l’amica, l’aveva ascoltata per tutti quei mesi a Dublino, l’aveva consolata quando, tornati a Roma, le cose non erano come lei avrebbe voluto. Era la sua migliore amica e nonostante detestasse Luca decise di coprirle le spalle. “Ah ma intendi ieri sera? Ah e boh, siamo andati in un posto abbastanza tranquillo. Siamo andati…all’Irish Pub! Si, all’Irish Pub a bere qualcosa in onore dei vecchi tempi” concluse Tito. Vide Sara rilassare le spalle e Luca sciogliersi dalla posizione che aveva assunto per cinque minuti.
“L’Irish Pub, un luogo tranquillo? Boh, se lo dici te” Bruno non si fece troppe domande, non era in grado di capire quando qualcuno gli mentiva, ormai era risaputo.
“Si papà, stranamente non c’erano molte persone. E poi era appena martedì, chi vuoi che ci sia?” Sara rincarò la dose per concludere la bugia nel migliore dei modi. Si alzò, prese lo zaino per la scuola e uscì con Tito, non prima di aver salutato tutti i presenti con un bacio sulla guancia, compreso Luca.


Note:
Va fatta una precisazione: non ho mai visto la serie spagnola a cui Tutti per Bruno è ispirata ma ammetto di aver visto qualche video su youtube riguardo Lucas e Sara. La coppia a cui mi riferisco nella mia storia è assolutamente quella italiana ma nel corso dei capitoli ho voluto aggiungere dei momenti di quella spagnola che mi sono piaciuti (ad esempio la scena del mappamondo!)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacio!

 

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

Per la prima volta dopo tanto tempo, Luca si sentì di nuovo interessato e coinvolto nel suo lavoro. Aveva concluso da poco l’interrogatorio di un criminale che da un paio di giorni era ricercato per aver ammazzato l’amante della sua compagna. Il caso era stato affidato qualche giorno prima all’ispettore Miranda e alla sua squadra. Inizialmente le ricerche si rivelarono un buco nell’acqua ma quel giorno Luca e i suoi inseparabili colleghi, avevano seguito una pista e l’avevano beccato, nascosto in un vecchio magazzino abbandonato. Dopo aver recuperato le sue cose nello spogliatoio, si affrettò ad uscire dal commissariato per tornare a casa. Una volta fuori, l’aria fresca gli colpì il viso, si fermò un attimo giusto per contemplare le sfumature del tramonto che gli sfioravano il corpo. Sentì scemare l’adrenalina di quella giornata, sostituita da una piacevole stanchezza di chi sa di aver impiegato al meglio le proprie energie. Provò una sensazione strana dentro di sé, si sentiva sereno, come se avesse ricevuto dalla vita tutti gli elementi necessari per essere felice. Eppure la sua vita era la stessa da circa 10 anni, lo stesso lavoro, gli amici di sempre e la sua passione per la torta di mele. Solo una cosa era diversa e forse, riflettendoci, era anche l’unica ad avergli riscaldato il cuore negli ultimi due anni: il sorriso della ragazza che da circa una settimana lo aspettava tutte le sere nel bar sotto casa. La mattina, prima di recarsi al lavoro, passava dai Miranda come aveva sempre fatto. Ma erano proprio quelli i momenti che rendevano la giornata di Luca più bella. Baci rubati, sguardi complici e cornetti alla nutella, come piacevano a lei. Ma nulla era più bello del vederla appena sveglia, i ricci ancora in disordine, gli occhi un po’ gonfi. Sapeva che non avrebbe potuto averla per sé, svegliarsi accanto a lei ed accarezzarle il viso fino a svegliarla. Per il momento doveva accontentarsi delle piccole cose ma a Luca andava bene così. Aveva tutto ciò che bastava per passare la giornata lontano da lei con la consapevolezza di trovarla lì al suo ritorno, un sorriso dolce ad accoglierlo e la premura di sapere come fosse andata la sua giornata. Aveva sempre amato questa caratteristica di Sara. Fin da piccola era sempre stata una bambina dolce e crescendo aveva mantenuto questa sua caratteristica. Nel periodo dell’adolescenza avevano sviluppato un rapporto d’amicizia, l’aveva coperta innumerevoli volte, l’aveva accolta tra le sue braccia quando tornava piangendo per qualche litigio con i suoi primi amori. Mai e poi mai avrebbe potuto immaginare che un giorno avrebbe amato quella ragazzina, neppure quando Sara passava le sue giornate a gironzolargli attorno. Aveva fatto di tutto per allontanarla, aveva cercato di farle capire che si trattava solo di una cotta adolescenziale ma non era servito a nulla.
Se gliel’avessero chiesto, non avrebbe saputo spiegare il momento esatto in cui il suo cuore aveva iniziato a battere un po’ più forte ad ogni sorriso di Sara. Era successo all’improvviso e poi, piano piano, aveva iniziato a guardarla con occhi diversi. Dopo la separazione con Silvia, tutti lo etichettavano come un traditore, un donnaiolo, una persona poco affidabile dal punto di vista sentimentale. Sara era l’unica persona che lo facesse sentire apprezzato, attraverso i suoi occhi riusciva a vedersi migliore. Ammetterlo a sé stesso non era stato semplice, aveva rifiutato quel pensiero per mesi ma il suo cuore aveva deciso di essere di tutt’altro avviso. Aveva capito di essere ammaliato dalla sua purezza quando Sara scese dalle scale con un vestito da sposa più grande di qualche taglia. Quella volta, a casa della sarta, perse le parole di fronte a tanta bellezza. Da quel momento capì che qualcosa stava cambiando in lui e, senza rendersene conto, decise di rifiutare questa consapevolezza riprovandoci con Silvia. Ma era stato proprio allora che la realtà arrivò dritta ai suoi occhi, più diretta e sfrontata che mai. Amava averla intorno, amava tornare da casa e sentirsi al centro delle sue attenzioni. Amava vederla sorridere ad ogni suo piccolo gesto. E quando Sara, con rabbia e delusione, l’aveva cacciato dalla sua stanza capì anche un’altra cosa: avrebbe voluto passare la sua vita a proteggerla e a renderla felice, piuttosto che spezzarle il cuore ogni giorno. Immerso nei suoi pensieri, non notò che i colori del tramonto erano ormai spariti ma fu il suono di un messaggio a riportarlo al presente, nel parcheggio del commissariato.

“Ho detto ai miei che avrei passato la notte da Matilde. E se andassimo a Roma? Sarebbe carino!”

A Roma…e se qualcuno li avesse visti? Luca restò per un attimo a fissare il messaggio, indeciso sulla risposta da scrivere. Conosceva le abitudini dei suoi amici, sapeva che avrebbero passato la loro serata a casa. Era spaventato dall’idea di vederla al di fuori delle mura del bar di Katia ma aveva avvertito la voglia che Sara aveva di passare una serata diversa con lui. Perché no? Avrebbe potuto tenerle la mano, senza sentirsi giudicato. Con il sorriso sulle labbra, digitò il suo messaggio.

Ti aspetto tra mezz’ora di fronte alla tua scuola. Ci vediamo lì
 
*
 
“Oddio è stupendo!” Sara si fermò a guardare la vetrina di un negozio per giocattoli, un pupazzo enorme a forma di panda sorrideva in modo buffo dall’altro lato del vetro. Luca non disse nulla, si limitò solo a sbuffare e scuotere la testa sorridendo. La ragazza al suo fianco gli afferrò il braccio, mettendo su il broncio per essere stata derisa. Stavano passeggiando da un’oretta per le strade principali di Roma, ammirando le vetrine e fermandosi di tanto in tanto a scattare foto alle attrazioni turistiche che incontravano camminando. Sara amava Roma, la conosceva come le sue tasche ma ogni volta si sentiva sempre entusiasta come se fosse la prima volta. Da quando si erano trasferiti in un quartiere periferico, non aveva avuto più occasioni di ritornare nel centro per cui considerava quel giro con Luca, un motivo in più per amare Roma. Continuarono a passeggiare per qualche minuto finchè Sara si bloccò per l’ennesima volta.
“Ti prego facciamoci una foto lì, insieme.” Luca si voltò a guardare nella direzione indicata da Sara. La fontana di Trevi, come aveva fatto a non pensarci?
“Cosa vuoi fare? Vuoi buttare una monetina nella fontana per poter esprimere un desiderio?” In effetti, a pensarci, Sara avrebbe voluto farlo ma non era quello a renderla così entusiasta.
“No. Anzi si, ma dopo” Luca scoppiò a ridere e Sara gli colpì il braccio fingendosi offesa. “In realtà penso sia molto romantico fare la nostra prima foto da fidanz-” la ragazza si bloccò di colpo, guardò Luca per vedere la sua reazione e quando notò il suo sguardo divertito, nascose il suo viso tra le mani. In effetti in quella settimana non avevano mai affrontato l’argomento. Erano stati più volte da soli ma mai si erano etichettati come una coppia a tutti gli effetti.
“Cosa c’è? Perché ti sei fermata?” Luca prese le mani di Sara e le spostò dal suo viso. Era così imbarazzata che Luca non riuscì a non notare quanto fosse bella e semplice. “Sai, lo penso anch’io. Possiamo fare qui la nostra prima foto da fidanzati.”
Sara alzò lo sguardo solo per inondare di gioia quello di Luca. Si gettò tra le sue braccia, incredula di fronte a ciò che stava accadendo. Fidanzati. Luca aveva pronunciato quella parola senza la minima esitazione, senza nessuna paura a bloccarlo. Il ragazzo sfilò il telefono dalla tasca, lasciò che Sara si mettesse in posa e scattò. Di certo non era la miglior foto che avessero mai fatto ma diventò comunque la foto più bella che entrambi avessero mai scattato. Due innamorati sorridenti e la fontana di Trevi alle loro spalle.
Sara si spostò leggermente per sbirciare l’espressione di Luca nel vedere la loro foto. Sentì uno sciame di farfalle volare nel suo stomaco quando notò il sorriso del ragazzo di fronte all’immagine di loro due. Aveva sognato così tante volte una scena simile, che per un attimo ebbe paura di sognare. Infilò la mano nella tasca per prendere una moneta, diede nuovamente le spalle alla fontana, chiuse gli occhi e la gettò nell’acqua.
“Che desiderio hai espresso?” Luca non si rese conto del gesto della ragazza finché non sentì il rumore di un sassolino cadere in acqua. Gli era sempre parsa come la tradizione più stupida del mondo ma in quel preciso istante, con gli occhi felici di Sara puntati nei suoi, riuscì solo a pensare a quanto lei fosse preziosa.
Sara lo fissò per un attimo, indecisa se rivelargli o meno il suo desiderio. Poi sorrise e cominciò a correre. “Te lo dico solo se mi prendi” urlò mentre si allontanava. Di fronte a lei, Luca restò fermo per un attimo, cercando di capire cosa stesse succedendo. Poi sorrise divertito, le diede altri secondi di vantaggio per poi cominciare a correre nella sua direzione. Sara era consapevole di aver lanciato una sfida persa in partenza ma cercò di nascondersi tra i gruppi di persone che passeggiavano per la piazza. Luca continuò a correre, il fiato corto dovuto al miscuglio di sensazioni che invadevano il suo corpo. Per la prima volta dopo tanto tempo si sentì vivo, vivo come forse non si era mai sentito in vita sua. Si sentì leggero, spensierato, come se non ci fosse nulla per cui vivere al di fuori della ragazza che in quel momento aveva afferrato per il busto. “Presa” le sussurrò sul collo, per poi abbracciarla e stringerla a sé. Come se fosse una bambola nelle sue mani, sciolse l’abbraccio, le afferrò il viso e la baciò. In quel bacio Luca cercò di comunicarle tutto ciò che aveva realizzato in quella giornata: la felicità, la sicurezza che lei rappresentava nella sua vita e il coraggio di lottare per gridare al mondo il loro amore.
“Ti ho presa ma non voglio sapere qual è il tuo desiderio, altrimenti non si avvera.”
 
*
 
“…E quindi gli ho detto che non ci sarebbe mai stato nulla tra noi e da quel momento ha smesso anche di parlarmi.” Sara concluse il suo racconto con una risata divertita. In effetti la reazione del ragazzo tedesco incontrato a Dublino era stata abbastanza buffa. Luca sentì un principio di irritazione stringergli lo stomaco ma cercò di non farlo notare alla ragazza che aveva di fronte.
“E perché l’avresti fatto?” Luca conosceva benissimo la risposta ma voleva comunque sentirselo dire.
“Lo sai benissimo perché. Non ho mai voluto nessun altro a parte te.” Sara pronunciò quelle parole con fermezza, era sempre stata bravissima a non far trapelare nessuna incertezza. Era così sicura del suo sentimento, così fedele al suo cuore. Luca la fissò per qualche secondo con il sorriso sulle labbra, prima di avvicinarsi a lei e baciarla. Restarono in silenzio per un po’, un silenzio piacevole coperto dalle onde del mare. La serata era abbastanza fredda ma avevano deciso entrambi di sedersi sul muretto del lungomare, per concludere quella serata fantastica nel migliore dei modi. Fu Luca ad interrompere quella calma serena che si era creata.
“Sà, ti posso fare una domanda?” la ragazza si voltò immediatamente. Non sapeva cosa aspettarsi ma non fu impaurita neanche per un momento dalla domanda che Luca intendeva fargli. Fece un cenno con la testa per incoraggiarlo a continuare. “La sera che sei tornata hai detto di aver incontrato una persona a Dublino che ti ha resa felice. Di chi parlavi?” Luca aveva rimuginato spesso su quella frase, avrebbe voluto rivolgerle quella domanda da giorni ma non gli sembrava mai il momento adatto. Quella sera, cullati dal suono delle onde, si sentì pronto a ricevere la risposta che temeva da circa un mese.
Sara si voltò, lo fissò per un momento e poi parlò. “Credi che io abbia avuto qualcuno a Dublino?”
La risposta di Luca non si fece attendere. “No.” Luca non era mai stato più sicuro di niente nella sua vita. Si fidava della ragazza al cento per cento ma aveva bisogno di capire. Sara riportò il suo sguardo sul mare e continuò.
“Sei tu quella persona. A Dublino ho trovato la felicità che tu hai voluto per me. Sei tu che mi hai resa felice spingendomi ad andare lì e a scoprire un nuovo lato di me stessa. Quella frase era un messaggio per te” Luca abbassò lo sguardo, forse sentendosi in imbarazzo per aver creduto, qualche settimana prima, che Sara l’avesse sostituito. Sorrise ma non riuscì a dire nulla, Sara era riuscita a spiazzarlo per l’ennesima volta.
“Ti ho fatto ingelosire? Davvero?” Per Sara tutto sembrava così assurdo. Neanche un mese prima aveva persino pensato che Luca non provasse più nulla per lei. D’altro canto, Luca si voltò a guardarla, fissò per qualche secondo il viso della ragazza, il contorno delle sue labbra, i morbidi capelli. Riportò lo sguardo sul muretto su cui erano seduti. Sbuffò e sorrise tra sé.
“Io ti amo, Sara.”
 
*
 
La colazione a casa Miranda era sempre la stessa tutte le mattina: cornetti caldi e spremuta d’arancia. Quasi sempre erano presenti tutti i componenti della famiglia, a volte si aggiungevano Luca e Giuliano, altre volte Sara si svegliava e non trovava nessuno seduto al tavolo. Quella mattina, senza farci caso, Sara si ritrovò a fare colazione soltanto con sua madre e sua nonna. Si sentiva maledettamente riposata nonostante fosse rimasta sveglia fino a tardi per memorizzare le formule matematiche per il compito in classe. Era sempre stata brava a scuola ma in quei giorni faceva fatica a concentrarsi sullo stesso punto per più di cinque minuti. Aveva vissuto quelle settimane come se si trovasse su un altro pianeta, a scuola passava le ore a guardare fuori dalla finestra, a casa non ascoltava mai i discorsi della sua famiglia e perciò capitava spesso che qualcuno la richiamasse un paio di volte per riportare la concentrazione della ragazza al presente. La verità è che dopo quel “ti amo” ricevuto una settimana prima, Sara non riusciva a staccare la mente dal pensiero di Luca. Viveva le sue giornate in attesa di vederlo tornare dal lavoro, cercando di trovare un’occasione per restare soli e gettargli le braccia al collo per risentire quelle due parole che le avevano colpito il cuore. Era riuscita a far emergere la parte insicura e al tempo stesso dolce e infantile di Luca, nonostante fosse abituato a mostrare al mondo solo quella sicura e coraggiosa. Aveva sempre saputo di amarlo più della sua stessa vita ma neanche nelle sue fantasie era stata in grado di creare la complicità e l’amore che erano riusciti a manifestare in quelle due settimane insieme.
Aprile era arrivato e con sé anche una ventata di aria fresca, un cielo sereno e un clima mite. Sara si sentiva in pace con il mondo e con sé stessa, tutti i suoi desideri si erano avverati e d’ora in poi avrebbe vissuto solo per rendere Luca felice e vedere nei suoi occhi l’aria da bambino che da tempo aveva perso.
“Sara? Sara ma che hai?” Rosy strillò dalla cucina nella speranza che Sara desse segni di vita. “Non senti che stanno bussando alla porta? Vai tu ad aprire che io ho le mani bagnate.” La ragazza tornò per un attimo in sé, si alzò e si diresse verso la porta. Per un attimo sperò che fosse Luca, passato magari a darle un bacio prima di andare al lavoro. Di certo se quella mattina avesse ascoltato sua madre, avrebbe saputo che ad accoglierla dall’altro lato della porta non avrebbe trovato il sorriso divertito di Luca, bensì quello dolce e familiare della zia Silvia.





Note:
Guardando la fiction ho sempre avuto la sensazione che Luca si sentisse una persona migliore grazie all'amore di Sara ed è quello che ho voluto raccontare in questo capitolo. Dai suoi amici è sempre considerato come il forte, misterioso e inaffidabile Luca mentre con Sara diventa felice, spensierato e perde quella maschera che indossa tutti i giorni a lavoro e con i suoi amici. Insomma, spero vi piaccia questo suo lato!
Un bacio!

 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5

“Ciao Saretta, come stai?”
Sara impiegò qualche secondo per comprendere la domanda che le era stata fatta. Come stava? Benissimo, non era mai stata così bene in vita sua. Ma come poteva dirlo ad alta voce? Come poteva dirlo proprio a sua zia, l’ex moglie dell’uomo che amava? Sua zia era una delle persone più importanti per lei ma in quel preciso momento, per Sara, rappresentava solo guai. Significava fare dieci passi indietro, significava combattere ancora una volta con i rimorsi e i sensi di colpa di Luca, significava tornare a negare l’uno l’esistenza dell’altra. L’ultima volta che l’aveva vista, sette mesi prima, aveva notato la tristezza negli occhi della zia, la delusione e la rabbia nei loro confronti. Sapeva che era tornata a Roma ad Ottobre per prendere le sue cose e trasferirsi a Pisa, dove aveva chiesto il trasferimento. L’aveva sentita qualche volta per telefono e le aveva raccontato della sua vita a Dublino, ricevendo in risposta informazioni sul suo nuovo distretto, i nuovi colleghi e una nuova città sconosciuta. Sara sapeva benissimo di aver causato la sofferenza della zia ma aveva anche promesso a sé stessa che nulla avrebbe rovinato la sua storia con Luca. Cercò di non far notare quanto poco fosse gradita la sua visita, non poteva farle anche questo.
“Ciao zia, che sorpresa!” gridò Sara, senza riuscire a controllare la sua voce.
Silvia entrò in casa accolta calorosamente da tutte le donne della famiglia Miranda, ricevendo tutto l’amore che in quei mesi le era mancato. Aveva appena iniziato ad elencare le lodi del suo capo, di cui si era sfortunatamente infatuata, quando Bruno entrò in casa, seguito da Luca e Giuliano. Quando Luca notò Silvia, seduta accanto a Rosy, il cuore gli balzò in gola. L’aveva vista sei mesi prima, quando le aveva chiesto scusa per averla illusa e delusa per la seconda volta. Ma quella volta Silvia non fece cenno di accettare le sue scuse, gli chiese piuttosto quali fossero le sue intenzioni con Sara. In quell’occasione, come in tante altre, Luca aveva mentito, le aveva detto che tra loro due non ci sarebbe mai stato nulla e che Sara non era altro che la figlia del suo migliore amico. Non sapeva bene se Silvia l’avesse creduto ma sicuramente vide le spalle della donna rilassarsi, per poi voltarsi ed andare via, senza neanche salutarlo. Probabilmente l’aveva convinta, Luca non poteva esserne certo. L’unica cosa che sapeva benissimo era che Silvia d’ora in poi avrebbe cercato di captare ogni segno possibile per trarre le sue conclusioni. La conosceva abbastanza per dire che avrebbe cominciato le sue indagini per scoprire la verità. Doveva assolutamente stare lontano da Sara per tutto il periodo di permanenza di Silvia, dovevano assolutamente convincerla per poter continuare a vivere la loro storia di nascosto. Ma come avrebbe fatto in quei giorni ad evitare del tutto Sara? Come poteva entrare in casa Miranda e non cercare lo sguardo della donna che amava? Non sapeva bene come ma avrebbe difeso la loro storia ad ogni costo.
Quando Bruno notò la presenza di sua cognata, si avvicinò subito per abbracciarla e stamparle un bacio sulla guancia. Silvia fece un cenno verso Luca e Giuliano che, rimasti fermi sulla porta, si limitarono a salutarla con un sorriso. Quando i convenevoli finirono e furono esaurite le domande di circostanza, un momento di silenzio e di imbarazzo generale piombò in casa. Fortunatamente ci pensò Bruno a rimediare, congedandosi dalla sua famiglia per andare al lavoro insieme ai suoi colleghi. Per tutto il tempo Luca non osò girare il suo sguardo verso Sara neanche per un attimo, ignorandola e cercando di creare un muro tra lui e la ragazza che dall’altro lato della stanza lo fissava con sguardo apprensivo e preoccupato. I tre poliziotti uscirono di casa dopo aver salutato tutti, e per la prima volta dopo due settimane, Sara avvertì una fitta allo stomaco e un conato di vomito risalirgli per la gola. Avrebbe voluto correre in bagno per svuotare la pancia del cornetto che aveva ingerito appena venti minuti prima e che pesava come un macigno sul suo stomaco. Ma ciò che fece fu restare seduta al tavolo, continuando a conversare con sua madre e sua zia, cercando di non mostrare il terrore che si stava impossessando della sua mente. Fortunatamente non fu costretta a restare a lungo perché Tito entrò in casa Miranda, e la trascinò via per dirigersi a scuola.
 
 
“Sara, Sara calmati. Non è successo niente, si può risolvere tutto.”
Quel giorno a Tito era toccato l’arduo compito di calmare la crisi isterica di Sara, una volta usciti da casa. “Sà, statte calma. Basta, basta” aveva ripetuto in loop quelle parole nella speranza di calmare la ragazza che, poggiata sul suo petto, aveva scaricato su di lui tutte le sue paure e i suoi dubbi su Luca.
“Torneremo al punto di partenza, lo so già. Non vorrà più vedermi e non mi dirà più che mi ama, non vorrà sapere più niente di me” Sara era un fiume in piena, aveva rivissuto nella sua testa tutti i loro momenti di quelle due settimana, vedendoli frantumarsi un secondo dopo. Sapeva che prima o poi la verità sarebbe venuta a galla ma quello non era il momento giusto, dovevano aspettare ancora un po’ prima di uscire allo scoperto.
“Non è così, stà tranquilla. Sei solo in preda al panico per tua zia, e hai ragione ma non scoprirà nulla, non te preoccupà.” Sara alzò il viso per guardarlo, come poteva credergli? Era un guaio enorme e la visita di sua zia avrebbe mandato in frantumi tutto ciò che lei e Luca avevano costruito in due settimane.
“E se Luca dovesse rendersi conto che rischiare di perdere tutto per me non ne vale la pena?” era sicuramente una domanda sciocca. Sara era sempre stata una ragazza matura per la sua età ma con quella domanda aveva fatto emergere tutte le insicurezze e le paure di una semplice diciassettenne.
“Se me l’avessi detto un mese fa, t’avrei detto di lascià perdere, di dimenticarlo. Lo sai che Luca nun me sta simpatico però una cosa l’ho capita…” Tito fece una pausa, quasi riuscendo a percepire i battiti del cuore di Sara che aumentavano ad ogni sua parola. “Ti ama davvero e per quanto ci abbia provato, stare lontano da te non è ciò che vuole” concluse il ragazzo, andando ad infilare una mano tra i capelli ricci di Sara per calmarla. Le sue parole ebbero l’effetto sperato perché Sara sembrò rilassarsi sotto il suo tocco e riprendere a respirare normalmente.
“Lo credi davvero?”
Tito pensò a quanto l’amasse, a tutte le volte che avrebbe voluto prenderle il viso e baciarla fino a farle dimenticare Luca. Pensò a quanto fosse ingiusto dover fingere di non essere innamorato, di provare solo affetto nei suoi confronti. Pensò a tante risposte ma quella giusta era solo una. Guardò Sara negli occhi e vide solo speranza, la guardò e pensò solo di non averla mai vista felice come lo era stata in quelle due settimane.
“Si.”
 
*
 
Sara aveva passato tutta la giornata a pensare un modo per poter parlare tranquillamente con Luca. Le sembrava di essere tornata indietro nel tempo, quando pianificava in ogni momento della giornata, un modo per poter corteggiare Luca. Ma quel giorno i suoi pensieri erano differenti perché girargli attorno non le era più concesso. L’unico modo per poter comunicare con lui erano i messaggi e così decise di scrivergli un semplicissimo “come stai?” per cercare di capire lo stato d’animo dell’altro. Di certo quel giorno la posizione di Venere non era favorevole per i Toro come lei perché la risposta di Luca non si fece attendere ma le sembrò più fredda che mai.
“Non è il momento, Sara.”
Una risposta secca, breve e che non lasciava altra scelta. Non riusciva a capire quali fossero le sue intenzioni ma una cosa le era chiara: per quel giorno poteva anche rassegnarsi all’idea di poter parlare con lui. Ebbe conferma di ciò che temeva quando, quella sera stessa, Luca fu l’unico ad essere escluso dalla cena che sua madre aveva preparato in occasione del ritorno di Silvia. Fu una cena come tante altre, una riunione di famiglia e di amici più cari ma Sara non era dello stesso avviso perché a mancare era l’uomo che per lei era casa.
 
Quando il giorno dopo aprì gli occhi, il primo pensiero di Sara fu quello di cercare Luca e parlargli. Non aveva intenzione di passare un’altra giornata a dannarsi per avere una risposta, per cui si vestì in fretta e con la scusa di un ultimo ripasso per il compito di matematica uscì di casa, sotto lo sguardo perplesso di Rosy e quello divertito di sua nonna. Avrebbe suonato senza troppe paranoie alla porta di Luca ma non fu necessario perché proprio in quel momento il ragazzo uscì di casa. In un primo momento Luca fu colto da un accenno di panico, la fissò per un attimo con sguardo preoccupato per paura che fosse successo qualcosa ma quando Sara rilassò le spalle e gli sorrise, divenne anche lui più tranquillo.
“Ehi, come stai?” iniziò Luca.
“Io sto bene. E tu? Mi sei sembrato strano ieri” Sara cercò di non farlo notare ma si percepì chiaramente una nota preoccupata nella sua voce.
Luca ridacchiò, beccandosi subito un’occhiataccia da parte della ragazza. Cosa aveva da ridere dopo averla evitata per un giorno intero?
“Pensi che voglia rompere con te solo perché è tornata Silvia?”
Sara abbassò lo sguardo, adesso quella sua paura le sembrava solo una stupida insicurezza di una bambina. L’aveva pensato, è vero. Non aveva fatto altro che rimuginare su questa ipotesi per tutto il giorno ma adesso, con il sorriso di Luca a scaldarle il cuore, tutto le sembrò più semplice ed improvvisamente la visita della zia le sembrò lontana anni luce da loro.
“Sà, ascoltami.” Dopo quel piccolo momento di sintonia e complicità, lo sguardo di Luca tornò ad essere impenetrabile. Sara si bloccò di colpo, pronta a sentire ciò che lui aveva da dirle. “In questa settimana dobbiamo limitare al massimo le nostre interazioni, ok?”
Sara sgranò gli occhi, i battiti del cuore di nuovo accelerati. “Luca…cosa vuoi dire?” domandò con un filo di voce.
“Conosci tua zia, cercherà in ogni modo di capire cosa c’è tra noi. E non possiamo permetterglielo, abbiamo bisogno di ancora un po’ di tempo. È per questo che ti sto chiedendo di evitarci, si tratta solo di una settimana.” Luca non sembrava effettivamente convinto di ciò che stava dicendo. Sapeva benissimo che quella farsa non sarebbe durata a lungo, non con una tempesta come Sara, ma dovevano provarci.
Dal canto suo, Sara si mostrò subito scontenta e contrariata. Non voleva fingere disinteresse per un’intera settimana ma sapeva che era la scelta più giusta, per cui acconsentì subito, senza opporsi. Avrebbero potuto nascondersi come avevano fatto in quelle due settimane ma Luca aveva ragione, Silvia avrebbe fatto caso ad ogni sguardo, ad ogni tocco, ad ogni sorriso strappato.
“Una settimana sarà un tempo infinito. Io ho bisogno di sapere tutti i giorni che mi ami” Sara mise su un finto broncio, giusto per sembrare ancora di più una bambina capricciosa. Luca accennò un sorriso sincero mentre continuava a guardarla come se fosse la cosa più preziosa al mondo. Stava per accarezzarle il viso per mandar via quel broncio adorabile quando sentì la porta alle loro spalle aprirsi. Luca spostò la mano verso il cielo, quasi ad indicare le nuvole che passeggiavano in quella distesa di blu.
“Quindi…penso che pioverà” disse, continuando un discorso che non avevano mai iniziato.
Bruno, che in quel momento era uscito da casa sua, guardò prima i due ragazzi davanti a lui e poi il cielo. Cercò di intravedere qualche nuvolone o quanto meno un cielo grigio ma nulla, ciò che vide fu una bellissima giornata primaverile.
“Dici? Ma se c’è anche il sole!” esclamò Bruno, completamente in disaccordo con l’amico.
“No, no, te dico che stà per arrivà una tempesta!” disse Luca con enfasi, mostrando a Bruno una sicurezza che in quel momento non gli apparteneva.
Bruno alzò di nuovo lo sguardo verso l’alto per cercare un minimo segno di un possibile maltempo. Ancora una volta non trovò nulla ma alzò le spalle e “Boh, se lo dici te” disse, prima di rientrare in casa per portare con sé un ombrello.
Rimasti nuovamente soli, Luca riportò lo sguardo su Sara che non aveva fatto altro che sogghignare per tutto il tempo.
“Sta per piovere è un modo segreto per dire che mi ami?” chiese, un luccichio negli occhi che fino a poco prima non aveva.
“Già, così posso dirtelo tutti i giorni senza che nessuno lo sappia”
Fu difficile per Sara non gettargli le braccia al collo e baciarlo fino a consumargli le labbra ma suo padre era di nuovo sul ballatoio del condominio, con un’espressione seccata e l’ombrello in mano. Sara si limitò allora a rivolgere un ultimo sorriso a Luca e un bacio per suo padre prima di avviarsi verso scuola, il cuore ancora una volta stracolmo di felicità.
 
Ebbe la conferma di riuscire a superare quella settimana lontana da Luca quando il giorno dopo il ragazzo entrò in casa dicendo “Brù, porta l’ombrello. Anche oggi pioverà, tantissimo.”
Tutti in casa lo guardarono senza capire, straniti dall’affermazione di Luca. Anche quel giorno il cielo era sereno e non sembrava esserci nessuna nube all’orizzonte.
“A Luca, ma che c’hai ultimamente? Levate che sembri l’uccello del malaugurio, manco fossi il figlio di Giuliacci” sbottò Bruno, infastidito dall’improvvisa voglia del collega di fare il meteorologo.
Tutti in casa scoppiarono a ridere ma soltanto una persona capì il significato di quelle parole e realizzò di non poter più accettare un futuro senza di lui.




Note:
"Sta per piovere" è una scena presa dalla versione spagnola della fiction.

 

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6

Ogni anno il 26 Aprile rappresentava per la famiglia Miranda una data importante da segnare sul calendario. Si trattava di un giorno speciale per loro ma mai come quell’anno era stato atteso con ansia  e trepidazione da tutti i membri della famiglia per diverse ragioni.
Ogni anno Rosy aspettava il 26 Aprile per un motivo ben preciso: era il giorno del suo compleanno. Quell’anno però anche Bruno aspettava con ansia l’arrivo di quel giorno per poter finalmente rivelare a Rosy il regalo che le aveva fatto. In tutti quei mesi aveva cercato di risparmiare il più possibile per poter regalare a sua moglie il viaggio che lei aveva desiderato e quasi acquistato l’anno prima in occasione del loro anniversario. Quella volta, il piano di andare a Parigi era fallito a causa di Bruno e della sua memoria corta, per cui aveva deciso di riscattarsi in occasione del compleanno della moglie. Rosy era a conoscenza di dover fare le valige e di dover partire ma non le era stata ancora rivelata la meta.
In quel giorno di fine Aprile nessuno era più entusiasta della piccola Sara che aveva aspettato l’arrivo di quella data non tanto per il compleanno della madre ma soprattutto perché era consapevole di poter restare con Luca più tempo senza dover dare troppe spiegazioni. Sapeva anche di poter ottenere facilmente il permesso per andare a studiare e dormire da qualche sua amica o meglio, di poter sgattaiolare nell’appartamento accanto. Stava aspettando quel fine settimana da tanto, forse da quando un mese prima Luca le aveva rivelato i suoi sentimenti nel bar sotto casa.
Luca dal canto suo era impaziente e spaventato allo stesso tempo. Aveva voglia di passare del tempo con la donna che amava, di poter guardare un film insieme senza la paura di essere scoperti ma al tempo stesso era spaventato dall’idea di non riuscire a contenere l’entusiasmo di Sara. Non ebbe neanche il tempo di realizzare quale sentimento prevalesse sull’altro che il suono del messaggio echeggiò nella stanza silenziosa.
“Se domani invento una scusa con la nonna, mi ospiti a casa tua per sempre?”
Luca sorrise nel leggere quel messaggio e comprese che la parte impaziente riusciva a prevalere decisamente sull’altra. Aveva voglia di passare con lei tutti quei momenti che in un mese non erano riusciti a vivere, perciò “No” rispose, per poi inviare un cuore subito dopo.
 
*
 
I suoi genitori erano partiti da circa due ore quando Sara tornò a casa. Pranzò con sua nonna e le raccontò di come fosse andata la sua mattinata a scuola. Ascoltò la donna raccontarle di quanto Katia avesse esagerato quella mattina di fronte ad un errore nella consegna delle birre e rise quando sua nonna terminò il racconto dicendo che solo un uomo buono e paziente come Giuliano poteva sopportare una pazza come lei. Sua nonna era sempre stata come un’ancora, fin da piccola aveva sempre ricevuto dalla donna carezze gentili e rassicurazioni quando le capitava di essere sgridata dalla madre. Sapeva di poter contare su di lei ma sapeva anche di non averla dalla sua parte per la questione-Luca. Perciò quando si alzò dal tavolo per sparecchiare e lavare i pochi utensili utilizzati, contò fino a dieci, si fece forza e “Nonna posso chiederti una cosa?” disse, cercando di apparire normale ma nascondendo dentro di sé la paura di un rifiuto.
“Certo amore, dimmi pure” rispose Enza, consapevole di ciò che la nipote stava per chiederle.
“Visto che è sabato e domani non c’è scuola, mi piacerebbe passare la serata con Matilde e…magari dormire con lei, se…se per te non è un problema. Ovviamente ritornerei per pranzo!” Sara balbettò tutto il tempo, cercando di non morire di fronte al sorriso affettuoso di sua nonna che però non le aveva ancora risposto perciò “Se non vuoi restare da sola stanotte, non c’è problema. Puoi dirmelo e torno a dormire” aggiunse, maledicendosi mentalmente per aver proposto quell’alternativa.
Sua nonna continuò a fissarla per qualche secondo senza proferire parola. Anche lei sembrava combattuta, come se non sapesse quale figura rappresentare in quel momento. Doveva comportarsi come una madre apprensiva e severa o lasciare che la nipote seguisse il suo cuore? Fortunatamente qualcosa le disse di continuare ad essere la nonna comprensiva e affettuosa di sempre.
“Vai pure tesoro, non preoccuparti. Ti chiedo solo di essere responsabile e di non mettermi nei casini con i tuoi genitori” concluse Enza. Sara illuminò la stanza con un sorriso, abbracciò la nonna e riempì la guancia della donna di baci.
“Promesso!”
 
*
 
Se qualcuno due anni prima gli avesse detto che avrebbe preparato una cena a lume di candela per la figlia di Bruno Miranda, probabilmente avrebbe riso di gusto. Eppure era questo che faceva da circa due ore nella casa che condivideva, in teoria, con Giuliano. Fortunatamente per lui, il collega conviveva ormai da sei mesi con Katia ma aveva deciso di non renderlo ufficiale prima del matrimonio per paura che portasse sfortuna. Per cui continuava ad occupare parte della casa ma di fatto viveva da Katia; Luca ormai era abituato a sopportare le sue stranezze e le sue superstizioni. Anzi, quella sera non poteva che essere felice della scaramanzia dell’amico perché avrebbe avuto la possibilità di passare la serata con la donna che amava in un atto di semplice quotidianità. Cercò di non pensare a quanto fosse agitato e alla paura che aveva di passare la notte con Sara: aveva preso una decisione e l’avrebbe rispettata a qualsiasi costo.
Era ancora perso nei suoi pensieri quando, dopo aver apparecchiato la tavola, qualcuno bussò alla porta. Non ebbe bisogno di fare un passo per andare ad aprire perché una ragazza bellissima dai capelli ricci spalancò di fretta la porta ed entrò senza chiedere il permesso.
“Scusa, volevo evitare che qualcuno mi vedesse” disse, scoppiando poi in una risata allegra. Luca ricambiò con un sorriso perché, di fatto, non riusciva a pensare a niente se non a quanto fosse bella la ragazza che aveva di fronte. Era sempre bella ma quella sera, con un abito nero a fasciargli il corpo, Luca realizzò di avere davanti una donna, non più una ragazzina. Dopo averla fissata a lungo, il ragazzo si avvicinò e la baciò appassionatamente, giusto per renderle noto quanto l’amasse.
“Guarda che cosa ho portato per stasera!” gridò Sara, entusiasta della sua scelta.
Luca abbassò lo sguardo e notò il dvd che la ragazza aveva tra le mani.
“No Sà, te prego, no” disse risoluto, scuotendo la testa e chiudendo gli occhi come si se trovasse davanti ad un incubo.
“Dai, perché no? È romantico e bellissimo, e poi è proprio come un appuntamento delle coppie innamorate. Ti preeego!” gridò la ragazza, congiungendo le mani in un gesto di preghiera e sbattendo le ciglia per somigliare ancora di più ad una bambina che cerca di ottenere ciò che vuole a tutti i costi.
“Ho detto di no.”
 
Due ore dopo in TV, Ryan Gosling era alle prese con la costruzione di una casa bianca con le finestre blu in “The Notebook” e Luca pensò che, grazie alla ragazza che in quel momento stringeva tra le sue braccia, avrebbe potuto combattere contro il mondo intero pur di passare tutta la vita a stringerla come faceva in quel momento.  
*

Quando il film finì e il condotto lacrimale di Sara fu finalmente vuoto a tal punto da non riuscire a versare neanche più una lacrima, era già la mezzanotte. Luca l’aveva guardata piangere per circa mezz’ora, cercando di baciarle la fronte e di farle notare che si trattava solo di un film e che tutto sommato i protagonisti avevano vissuto una lunga vita insieme. A lui quel film non era piaciuto per nulla e per un attimo si chiese se fosse quel film ad essere mediocre o lui a non avere un cuore. Decise alla fine che doveva trattarsi necessariamente della prima ipotesi.
“Ma non l’hai già visto due volte?” chiese Luca, appuntandosi mentalmente di non vedere mai nella vita un film drammatico con Sara.
“Si” rispose Sara, un cerchio alla testa dovuto alle troppe lacrime. “Ma ogni volta che vedo Allie gridare spaventata perché non riconosce Noah, mi si spezza il cuore. Come puoi essere così insensibile?”
“Io insensibile? Sei tu che sei una romanticona” Luca rise e cominciò a strizzarle le guance per prenderla in giro ricevendo in risposta uno schiaffo leggero sulla spalla per tenerlo lontano.
“Beh certo, se non fossi una romanticona non avrei mai creduto così tanto nel nostro amore anche quando non c’era niente in cui credere. Io sono come Noah, non mi sono arresa ed ora eccoci qui” disse Sara, un sorriso malizioso a renderla bella come poche altre cose al mondo. Luca la guardò per qualche secondo, affascinato dalla sua bellezza e dalle parole che aveva appena pronunciato. Era tutto maledettamente vero. Aveva creduto talmente tanto nei suoi sentimenti da far innamorare anche lui e nonostante i numerosi rifiuti, adesso erano lì, sul divano a prendersi in giro come una coppia di adolescenti.
“Mi stai dicendo che io sono come Allie? La stronza della storia che si rifà una vita con un altro mentre lui lotta per riaverla?” rispose Luca ridacchiando, perché effettivamente più di una volta si era comportato da stronzo con lei.
“Sto dicendo esattamente questo, si.” Sara scoppiò a ridere sotto lo sguardo divertito di Luca che continuò a fissarla per quelle che sembrarono ore per poi avvicinarsi e baciarla come se non ci fosse nient’altro nella vita che desiderasse di più. Da quando l’aveva baciata per la prima volta, seduti sul muretto della strada, aveva notato quanto fosse bella la sensazione che gli procuravano i suoi baci. La dolcezza delle mani che carezzavano tutto il suo viso, la lentezza dei suoi gesti che rendevano quel momento infinito. Tuttavia quella sera non vi era nulla di tutto questo. Luca aveva continuato a baciarla mentre lentamente si erano distesi sul divano. I baci lenti e dolci di Sara si erano trasformati in baci passionali e gesti frenetici. Luca era sopra di lei mentre le labbra si erano spostate verso il collo della ragazza e la mano a toccarle il seno. Sara era completamente senza fiato perché aveva desiderato Luca con tutta sé stessa e in quel momento lui stava desiderando lei allo stesso modo. I movimenti cominciarono ad essere sempre più frenetici e Sara, in un momento di lucidità, sfilò la maglietta di Luca che fece altrettanto con il vestito della ragazza. Luca sollevò il busto fino a sedersi sulle gambe di Sara e di colpo si fermò. Guardò ogni centimetro del corpo seminudo della ragazza che continuava ad essere sdraiata sotto di lui. Diverse volte aveva visto Sara girare per casa in mutante e con una semplice canotta a coprirle i seni ma mai aveva guardato il suo corpo scoperto come stava facendo ora. Il suo sguardo si spostava dalle labbra al seno, per poi posarsi sui suoi occhi mentre con le mani continuava a carezzarle il fianco. Era la donna più bella che avesse mai avuto modo di guardare. Il suo viso pallido era in contrasto con il rossore delle sue labbra gonfie a causa dei morsi che le aveva dato qualche minuto prima, i capelli scomposti sul divano lasciavano però delle ciocche ricce cadere ai lati del suo seno coperto da un reggiseno in pizzo bianco. Quel candore del suo corpo andava poi a mischiarsi con la malizia che Luca leggeva nei suoi occhi che lo pregavano di continuare.
“Sai che non posso farlo, vero?” Luca non aveva ben presente quale divinità l’avesse fermato dal venerare quel corpo sotto di lui ma doveva farlo, l’aveva messo in conto fin dall’inizio della loro storia. Vide lo sguardo malizioso di Sara trasformarsi immediatamente in un’espressione di sorpresa. La ragazza poggiò i gomiti sul divano per sollevarsi, un principio di panico a divorarle lo stomaco. Stava andando tutto bene, perché si era fermato così di colpo?
“Che cosa? Perché? Non ti piaccio?” replicò Sara, le lacrime già pronte nei suoi occhi.
Luca spalancò gli occhi per la sorpresa di quelle parole e ridacchiò quasi nervosamente per cercare di trattenere la voglia che aveva di baciarla e riportarla distesa sul divano continuando ciò che aveva interrotto. “Cosa? Sà, tu mi fai impazzire” disse, prima di portare le mani a coprirsi gli occhi per mettere in ordine i suoi pensieri.
“Allora perchè ti sei fermato?”
“Perché non posso farlo. Tu sei minorenne ed io un uomo di 32 anni. Tra un mese compirai 18 anni e di fatto non cambierà la nostra differenza d’età ma è una questione di morale, capisci? Io ti desidero come non ho mai desiderato nessuna donna in vita mia ma sono un poliziotto e rispetto la stessa legge che faccio rispettare ad altri. Ti prego cerca di capirmi…” Luca abbassò lo sguardo sentendosi nudo di fronte alla ragazza che amava, privo di qualsiasi maschera. Sara si mise seduta, portò una mano sul mento di Luca per costringerlo a sollevare lo sguardo su di lei mentre cominciava a carezzargli tutto il viso. Si avvicinò sempre di più per stampare piccoli baci sulla sua fronte ottenendo in risposta un sospiro di Luca, decisamente più rilassato di qualche minuto prima.
“Ascoltami” cominciò Sara con fare sicuro, “fare l’amore con me non ti rende un criminale ai miei occhi perché tra di noi c’è un sentimento bellissimo che nessuno potrà mai neanche immaginare. Però capisco ciò che dici e trovo che sia giusto aspettare, tanto un altro mese non cambierà l’amore che proviamo l’uno per l’altra” concluse, ricevendo un meraviglioso sorriso e un bacio in risposta.
“Sai perché mi fai impazzire?” chiese Luca ma continuò senza aspettare una risposta. “Perché sei la donna più sensuale che io abbia mai visto ma al tempo stesso sei così bella e innocente che mi vien voglia di sporcarti. Hai 17 anni ma agisci con una sicurezza e con una maturità che io, a 32 anni, non possiedo. E infine, la cosa che più mi piace di te è la dolcezza che dimostri in ogni piccolo gesto e che vedo in ogni tuo sguardo. Non potrò mai smettere di pensare a quanto io sia fortunato ad avere te al mio fianco.”
Sara restò senza parole. In quell’anno le aveva detto molte cose che l’avevano lasciata senza fiato ma mai come in quel momento si era sentita più amata e desiderata di così. Luca era una persona abbastanza taciturna e soprattutto cercava sempre di sdrammatizzare o di cambiare argomento ma quella sera, seduti sul divano, il ragazzo le aveva dichiarato il suo amore nel modo più dolce e romantico che potesse desiderare. Si poggiò contro il suo petto e restarono in quella posizione per molto tempo fino ad addormentarsi. Un paio d’ore dopo Luca si svegliò e notando la tarda ora, con dolcezza sollevò Sara e la portò in camera per poi stendersi accanto a lei. Dormirono tutta la notte abbracciati senza staccarsi neanche un secondo.
 
Non sapevano però che qualche ora prima, mentre dormivano abbracciati sul divano, qualcuno li aveva visti. Giuliano aveva aperto silenziosamente la porta per paura di svegliare Luca ma non poteva di certo immaginare che quella sera, oltre al suo collega, avrebbe trovato la figlia del suo migliore amico in casa sua. Era entrato per recuperare il caricabatterie che quel pomeriggio aveva prestato a Luca ma uscì subito, il telefono scarico e la consapevolezza che nulla sarebbe mai più tornato come prima.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

Quel giorno di maggio il cielo era di un azzurro limpido, le nuvole venivano trascinate verso ovest dal leggero venticello che rendeva quelle giornate soleggiate ancora un po’ fresche. Luca uscì di casa di buonumore, si sentiva riposato e soprattutto affamato perciò non esitò ad entrare nella casa accanto dopo aver bussato debolmente. Era felice perché sapeva che, seduta al tavolo, avrebbe trovato la sua Sara, intenta a spalmare la nutella su un biscotto. Ed infatti eccola lì, i capelli scomposti, gli occhi ancora un po’ gonfi, chiaro segno che doveva essersi svegliata da poco. La fissò per un attimo prima di distogliere lo sguardo e salutare anche le altre persone in casa. Bruno aveva tra le sue mani un giornale, alzò lo sguardo e salutò Luca, invitandolo a prendere un cornetto appena sfornato dalla pasticceria vicino casa. Il ragazzo non se lo fece ripetere una seconda volta e andò a sedersi nell’unico posto rimasto libero accanto a Sara, la quale non attese un momento per accarezzargli la gamba sotto il tavolo.
Luca sorrise tra sé ma decise di non darle corda perché sapeva che altrimenti l’avrebbe messo in difficoltà davanti a tutti.
“Giulià per favore, me passeresti la marmellata?” disse, indicando il vasetto che il collega aveva utilizzato qualche minuto prima.
“Se la vuoi, ti alzi e te la prendi” rispose Giuliano, con un pizzico di ostilità nella sua voce.
Un silenzio imbarazzante cadde in casa e tutti si voltarono verso di lui, sorpresi da quella risposta.
“Dai Giuliano, addirittura. È solo un vasetto di marmellata” fu Rosy ad interrompere il silenzio, ammonendo con dolcezza Giuliano e passando la marmellata a Luca.
Il ragazzo non guardò neanche per un attimo il gesto di Rosy, accecato dalla rabbia che provava per il collega. Era una settimana che andava avanti quella storia, ogni occasione era buona per rispondergli male, perciò decise di scoprire il motivo per cui ce l’avesse così tanto con lui.
“Ma si può sapere che c’hai ultimamente? Che t’ho fatto che sei sempre così incazzato con me? Parla invece di fare il coglione.” Luca alzò la voce, senza riuscire a controllarsi. Sara lo guardò preoccupata mentre Bruno, esasperato da quella situazione che andava avanti da una settimana, decise di prendere in mano le redini di quella situazione.
“Basta!” gridò, sbattendo una mano sul tavolo per poi alzarsi. “Non ho idea di quale sia il problema ma risolvete le vostre questioni fuori da casa mia!”
Luca fu il primo ad uscire, non prima di aver sbattuto una mano sul tavolo. Giuliano lo seguì poco dopo.
Si ritrovarono entrambi vicino alla macchina per aspettare Bruno ed andare al lavoro.
Restarono per qualche minuto in silenzio senza neanche guardarsi finché Luca decise di mettere una fine a quella situazione.
“Allora si può sapere che ti ho fatto?” disse, la rabbia ormai passata. Se doveva essere sincero adesso provava solo fastidio, Giuliano sapeva essere una vera seccatura.
“Dovresti essere tu a dirmi cosa hai fatto, o sbaglio?” rispose Giuliano, dopo qualche attimo di esitazione.
“Io? Ma che cosa stai dicendo? Ho forse detto qualcosa che ti ha dato fastidio?” Luca non aveva la minima idea di cosa avesse fatto, si sentiva stupido ma non riusciva a trovare assolutamente nessun torto fatto all’amico. “Allora? Parla una buona volta!”
“Una settimana fa vi ho visti. Vi siete addormentati mezzi nudi sul divano di casa mia.” Giuliano non ebbe neanche il coraggio di guardare il ragazzo negli occhi ma se l’avesse fatto, avrebbe visto davanti a sé un uomo pietrificato, le spalle tese, lo sguardo vuoto e una smorfia di dolore dovuta alla fitta allo stomaco che aveva provato ascoltando le parole di Giuliano.
Luca ebbe solo un po’ di fiato per mormorare un “Non è come pensi”, senza troppa convinzione, senza energia.
“Io non penso niente, Luca. Io penso soltanto che è da mesi che ci prendi in giro, è da mesi che inganni il tuo migliore amico sotto i suoi occhi. Ma non ti vergogni neanche un po’? Con che coraggio ti presenti a casa sua e scambi occhiate e gesti affettuosi con sua figlia sotto i suoi occhi? Credi che non si veda? Ti sbagli! Siete tutto il tempo a fare le colombelle innamorate e se per tutti questi mesi nessuno vi ha detto niente è perché speravamo che avessi un po’ di buon senso dopo quello che è successo lo scorso anno. E invece no! Avete continuato a mentire a tutti noi, a Bruno. Cosa aspetti a dirglielo?” Giuliano parlò a raffica, aveva avuto tutto dentro per una settimana ed ora era arrivato il momento di parlare.
“Io…Io giuro che ci ho provato…a starle lontano, intendo. Ma non ci sono riuscito. Credimi, ho fatto di tutto per non innamorarmi di lei, per dimenticarla ma la verità è che la amo.” Luca ammise quella verità come se fosse una colpa, come se fosse il peggiore dei reati. Pronunciò quelle parole a testa bassa, con un filo di voce, senza nessuna emozione sul suo viso. Abbassò la testa, era pronto a subire un’altra sfuriata di Giuliano. Aspettò qualche secondo ma non sentì nulla. Alzò lo sguardo almeno per controllare la reazione del suo amico. Giuliano era di fronte a lui, il corpo decisamente più rilassato rispetto a qualche minuto prima.
“L’ho capito, sai? In questa settimana ho visto come la guardi. Sembra che tu non voglia distogliere lo sguardo neanche per un secondo quando lei è nei paraggi. Ogni volta è come se avessi di fronte la cosa più preziosa della tua vita” disse Giuliano dopo un po’, il tono molto più addolcito.
Luca si limitò solo a rispondere “Lo è e non voglio perderla”, per poi abbassare di nuovo la testa perché sapeva che quell’ammissione gli sarebbe costata cara. Era sicuro, non aveva nessuna intenzione di perderla, neanche se avesse rischiato di perdere tutto il resto.
“A me non importa chi ami e quanti anni di differenza abbiate. A me importa di Bruno, devi dirglielo. Così facendo stai solo peggiorando le cose” concluse, ma non ebbe il tempo di ricevere una risposta perché la voce di Bruno arrivò alle loro spalle, cancellando quell’aria di tensione che si era creata.
“Allora? Avete risolto? Dai su, che siamo già in ritardo!” esclamò, per poi dirigersi verso il posto di guida pronto per far partire l’auto. Luca e Giuliano si scambiarono solo uno sguardo, consapevoli che quella conversazione non avrebbe visto la parola “fine” ancora per un po’.
 
*
 
Quando Luca tornò a casa erano ormai le sette, il cielo aveva appena raggiunto le sue sfumature d’arancione ed un venticello leggero aveva scomposto i suoi capelli fino a costringerlo ad infilarci una mano dentro per sistemarli. Il ragazzo passò poi una mano sul viso per stropicciarsi gli occhi, nella speranza di mettere fine all’emicrania che aveva dovuto sopportare tutto il giorno.
Stanco. Se qualcuno si fosse degnato di chiedergli come si sentisse, “stanco” sarebbe stato l’aggettivo che Luca avrebbe utilizzato. Stanco e triste come non si sentiva da tempo. Aveva passato tutto il giorno in compagnia di Serpico pur di evitare qualsiasi tipo di contatto con Bruno e Giuliano. Non si sentiva pronto, aveva ancora troppa paura di perdere tutto. Per Giuliano sembrava facile ma come avrebbe potuto spiegare a Bruno i suoi sentimenti? Cosa avrebbe potuto dirgli? “Si ho 32 anni e sono innamorato di tua figlia minorenne?” Bruno non l’avrebbe mai perdonato e sarebbe stato costretto ad allontanarsi da tutti loro, Sara compresa. Passeggiava sul marciapiede che conduceva al bar di Katia, immerso nei suoi pensieri e portandosi dietro la stanchezza di una giornata orribile.
“Come mai il mio uomo bellissimo cammina tutto solo con quel faccino triste?”
Luca sentì una voce alle sue spalle, non ebbe neanche bisogno di girarsi per capire chi fosse, un sorriso spontaneo apparve subito sul suo viso. Si voltò e ciò che vide spazzò via tutta la stanchezza e l’angoscia che quella giornata aveva portato con sé. Sara era seduta sul muretto di fronte casa, l’aveva visto arrivare e subito aveva approfittato del momento di calma e quiete per poter stare un po’ con lui. Luca la osservò per qualche secondo senza dire nulla, un sorriso appena accennato ed il cuore che aveva ripreso a battere normalmente.
“Non ti avevo vista, altrimenti mi sarei fermato!” cercò di scusarsi.
“Mi sono appena seduta, ero sulle scale quando ti ho visto arrivare…” chiarì Sara. “Ti stavo aspettando, volevo sapere come fosse andata questa giornata interminabile.”
Luca sorrise, aveva letto negli occhi della sua ragazza preoccupazione per il litigio con Giuliano di quella mattina. Chissà da quanto era lì ad aspettarlo, seduta sulle scale per potersi accertare che stesse bene. Si avvicinò a lei e dopo averle sorriso le porse una mano per incitarla ad alzarsi. Appena Sara fu in piedi Luca l’attirò a sé e l’abbracciò. Cercò subito riparo sulla sua spalla, lasciandosi andare ad un respiro profondo che andò ad infrangersi contro il collo della ragazza che stringeva a sé. Non ci fu bisogno di parlare perché Sara capì e nel momento esatto in cui realizzò che da quel momento tutto sarebbe cambiato, cominciò ad accarezzare i capelli di Luca, stampando sulla sua testa tanti piccoli baci per calmarlo e farlo sentire al sicuro.
“Giuliano sa di noi, vero?” domandò, giusto per avere la conferma di ciò che per un giorno intero aveva cercato di eliminare dalla sua testa. Aveva notato come Giuliano cambiasse atteggiamento quando loro due si ritrovavano ad interagire, per quanto innocente ed innocua fosse la situazione. L’aveva capito ma nonostante tutto cercava di negare a sé stessa che il momento fosse ormai arrivato. Sentì Luca annuire, ancora poggiato sulla sua spalla. Sara continuò ad accarezzargli i capelli sussurrandogli di stare tranquillo perché alla fine tutto si sarebbe risolto per il meglio.
“Ho paura Sà” si lasciò sfuggire Luca, ancora in preda ai suoi demoni interiori. “Bruno non accetterà mai uno come me per sua figlia…ed io non voglio perderti” concluse, un ultimo sospiro a sancire l’angoscia provata in quella giornata.
Sara si allontanò un paio di centimetri solo per poterlo avere davanti a sé, gli afferrò il volto e “Non succederà, fidati di me” disse, per poi carezzargli la guancia e suggellare quella tacita promessa con un leggero bacio sulle labbra. Luca le sorrise e nei suoi occhi calò il velo di tristezza che aveva coperto la luce che ormai da due mesi irradiava il suo sguardo. Si scambiarono un ultimo bacio, leggero e veloce come il vento che continuava ad infrangersi contro i loro corpi. Sara gli afferrò la mano e con calma si diressero verso casa.
Per tutto quel tempo nessuno dei due fece caso ai passanti, per la prima volta in due mesi non controllarono né il bar di Katia, né le finestre di casa Miranda. Ormai il dado era tratto e ben presto la verità sarebbe saltata fuori.
Se come sempre avessero sollevato lo sguardo prima di scambiarsi quei dolci gesti di conforto, avrebbero visto Rosy affacciarsi alla finestra per chiamare sua figlia. Ma alla donna non uscì neanche un soffio di fiato perché ciò che vide le fece crollare, per la seconda volta in un anno, un enorme peso sul cuore. Decise che non avrebbe detto nulla per quella sera, consapevole di ciò che sarebbe successo se avesse dato di matto in quel momento, davanti a Bruno. Avrebbe aspettato l’indomani per chiedere spiegazioni a sua figlia cercando di farle capire quanto sbagliato ed innaturale fosse il rapporto con l’uomo che pensava di amare.
 
*
 
Tutte le mattine la sveglia di Enza suonava alle sette un quarto e tutte le mattine la donna si girava sul fianco per guardare sua nipote dormire, indisturbata, come se nessuna sveglia fosse risuonata nella stanza. Quasi tutte le mattine era costretta quindi ad avvicinarsi al letto della nipote per scuoterla ed intimarle di svegliarsi per non arrivare tardi a scuola. Dopo essersi assicurata che la ragazza fosse effettivamente sveglia, si dirigeva in cucina dove sapeva che ad attenderla ci sarebbe stata una tazza di caffè e una copia de Il Quotidiano. Tutte le mattine il primo odore che raggiungeva il corridoio era quello di caffè e cornetti caldi, magari accompagnati da un lieve profumo di spremuta d’arancia. Ma quella mattina non fu come tutte le mattine per Enza perché ad accoglierla nel corridoio fu un odore di candeggina e disinfettante. Storse il naso a quell’odore ed alzò gli occhi al cielo perché quel profumo poteva significare solo una cosa: Rosy era infuriata. Fu quasi pronta a puntare il dito contro suo figlio, di solito era sempre colpa sua. Un anniversario dimenticato, delle mutande leopardate nella sua giacca, i segreti che non poteva rivelare…insomma, Enza poteva scommettere tutti i suoi soldi: suo figlio l’aveva combinata di nuovo grossa! Non ebbe il tempo di mettere piede in cucina che vide Bruno venirle incontro sollevando le spalle.
“Stavolta non è colpa mia” disse ridendo, come se avesse letto nel pensiero di sua madre.
Enza accennò un sorriso ed entrò in cucina. In tavola c’era solo una busta di biscotti, niente giornale, niente cornetti. Erano solo le sette e venticinque ma sapendo ciò che l’aspettava, la giornata di Enza poteva dirsi già rovinata.
Soltanto dopo una ventina di minuti vide Sara entrare in sala, vide il suo sguardo sconcertato e l’occhiataccia che rivolse nella direzione di sua madre. In effetti la donna era intenta a lavare il servizio di piatti che utilizzava solo quando in casa aveva più di dieci ospiti. Vide poi gli occhi della nipote incastrarsi nei suoi, con la speranza di trovare in lei una risposta a quella situazione ma tutto ciò che Enza riuscì a fare, fu sollevare le spalle e buttar fuori uno sbuffo di rassegnazione. Sara non fece neanche una domanda, chiaro segno di voler restare fuori da quella storia, perciò mangiò due biscotti al volo, salutò tutti e si chiuse la porta alle spalle per andare a scuola, lasciando Enza nelle mani di Rosy.
 
*
 
“Rosy?” chiamò Enza, ricevendo solo un distratto “Mh?” in risposta.
“Rosy?” ripeté, sperando di ottenere l’attenzione della donna che adesso era intenta a lavare il forno, cercando di eliminare le macchie di bruciato sul fondo.
“Si dimmi, ti ascolto” rispose Rosy, senza troppo interesse.
“In due ore hai pulito un servizio di piatti già pulito che non dobbiamo utilizzare, hai lavato i vetri delle finestre, il pavimento e adesso stai cercando di sgrassare il forno. Si può sapere che succede?” chiese, un cenno di irritazione nella sua voce. Lo sapeva, tutti erano usciti prima del previsto pur di non affrontare il malumore di Rosy, ogni volta doveva accollarsi lei i segni della menopausa della nuora.
“Che succede?” gridò Rosy, senza neanche voltarsi. “Che succede?” ripeté, se possibile alzando ancora di più la voce. “Succede che sto cercando un modo per non uscire da questa casa perché se lo facessi potrei non essere consapevole delle mie azioni” disse, riprendendo a grattare più forte la superficie del povero forno.
Enza rimase in silenzio, sapeva che la sfuriata era solo iniziata. Ed infatti non dovette attendere molto prima di sentire le grida della nuora far tremare le pareti della loro casa.
“Preparati perché stasera questa casa diventerà un inferno, mi puoi credere” disse Rosy, per poi chiudere con violenza la porta del forno.
“Rosy si può sapere cos’è successo? Mi stai facendo preoccupare.” Enza iniziò ad intuire qualcosa ma sperò con tutta sé stessa di sbagliarsi.
“Ho visto Luca e Sara baciarsi ieri sera” finalmente Rosy rilassò le spalle, le urla e la rabbia avevano lasciato posto ad un profondo senso di disagio. Provava disgusto anche solo a pronunciare quelle parole. Non aspettò una risposta dalla suocera perché continuò. “Ma sai, non era uno di quei baci appassionati. Era un semplice bacio dopo un abbraccio, un gesto talmente intimo da farmi sentire fuori luogo. Sono infuriata, mi chiedo da quanto tempo vada avanti questa storia” concluse, sedendosi di fronte ad Enza. Sollevò lo sguardo per vedere la reazione della suocera ma ciò che vide la lasciò per un attimo senza fiato. La donna che aveva di fronte la guardava con un sorriso appena accennato e con gli occhi dolci di chi comprende il tuo stato d’animo ma non può condividerlo. Rosy la fissò per qualche secondo prima di parlare.
“Tu lo sapevi” disse ma sembrò quasi un sussurro. Si prese la testa tra le mani e ripeté “Tu l’hai sempre saputo e non mi hai detto niente”. Rosy era nel bel mezzo di una crisi isterica quando Enza le afferrò le mani portandole sul tavolo e carezzandole piano.
“Lo sapevo, si” ammise. “Ma non me l’ha detto Sara. L’ho semplicemente immaginato” chiarì Enza, cercando di calmare la donna davanti a sé.
“E perché non le hai detto niente? Perché non hai detto niente a me? Perché hai fatto finta di nulla? Ti rendi conto che quando Bruno lo saprà farà di tutto per cancellare Luca dalla sua vita?” Rosy non riusciva a credere a ciò che stava apprendendo, piano piano. Le sembrava di aver vissuto con due fette di carne poggiate sugli occhi per mesi interi. Non riusciva a capire se fosse stata lei cieca a non vedere o i due amanti a nascondersi per bene. Sapeva benissimo però che la sua amata famiglia si sarebbe nuovamente spezzata a metà, come era già successo l’anno prima quando Sara aveva deciso di andare via.
“Rosy, ascoltami.” Enza cercò di attirare di nuovo la sua attenzione. “Io non credo che ci sia qualcosa da dire o da fare. Abbiamo cercato di separarli, ci siamo opposti al loro amore, sono stati lontani sei mesi pur di allontanarsi e cosa abbiamo ottenuto?” chiese, ma continuò senza aspettare una risposta. “Due persone infelici. Luca ha cercato in tutti i modi di starle lontano, lo sai anche tu. Nei sei mesi in cui Sara è stata via non sembrava neanche più lui. E Sara? Quando è tornata aveva sempre un’aria sofferente come se questa casa le togliesse il respiro. E poi? Poi magicamente un giorno entrambi hanno ripreso a respirare, a star bene. Io non sto dicendo che dobbiamo gioire di questo amore, sto solo dicendo che sono stati separati innumerevoli volte ma hanno sempre trovato un modo per ritrovarsi” concluse, sperando di aver lanciato il messaggio giusto. Vide Rosy abbassare lo sguardo, pensare qualche secondo prima di lasciarsi andare ad un sospiro.
“Mi stai dicendo che è giusto così?” chiese, cercando di trovare nella donna di fronte a lei le risposte che le servivano per trovare la pace.
“Non so dirti se è giusto, se è destino o se sono l’uno l’amore della vita dell’altra. Posso solo dire che opporsi non servirà a niente, se non a rendere infelici due persone a cui vogliamo bene”.
Rosy ascoltò senza dire nulla, annuì e “Ho bisogno di pulire il pavimento di tutta questa casa altrimenti rischio di impazzire” disse, per poi alzarsi e dirigersi in bagno sotto lo sguardo sorridente e comprensivo di Enza.
 
 
*
 
La squadra di Miranda rientrò in commissariato solo nel tardo pomeriggio, con grande soddisfazione e orgoglio nello sguardo. La loro sembrava quasi una sfilata, nell’atrio del commissariato, sotto gli occhi sbalorditi ed increduli degli altri poliziotti. Persino il commissario Pirone osservava la scena con un certo fastidio negli occhi ed irritazione perché non poteva credere che tra le tante squadre qualificate, ad incastrare Giovanni Murda era stata proprio la squadra meno qualificata di tutta Roma. Davanti ai tre eroi infatti, un uomo sulla quarantina camminava, sorretto da alcuni poliziotti, con le manette ai polsi e lo sguardo basso mentre altri poliziotti si avvicinavano per condurlo nella stanza degli interrogatori. L’uomo arrestato era colpevole di aver stuprato e ucciso circa tredici donne nell’arco di un anno e mezzo. Si trattava di un ricercato della polizia che per oltre un anno era riuscito a fuggire e a nascondersi nonostante continuasse a mietere vittime. Più volte la polizia del commissariato di Roma aveva rintracciato l’uomo ma, nonostante tutto, nessuno era riuscito a trovarlo. Soltanto qualche giorno prima era giunta al commissariato una segnalazione da parte di una donna che aveva riconosciuto il famoso killer e l’aveva denunciato alla polizia. Pirone era consapevole che, se si fosse fatto scappare nuovamente quell’assassino, ci sarebbero state conseguenze negative sulla reputazione del suo nome e del commissariato. Decise allora che quella sarebbe stata la volta buona. Ovviamente per una missione così importante la squadra di Bruno Miranda non fu minimamente interpellata nel piano per acciuffare il ricercato. Al contrario, a loro era stato affidato il compito di recarsi in un vecchio motel situato in una zona periferica, per recuperare il taccuino di un trafficante arrestato qualche giorno prima, che il direttore del motel aveva trovato e segnalato alla polizia. Come più volte era successo in passato, il destino si rivelò un ottimo compagno di squadra di Bruno perché, giunti al motel, oltre al taccuino del trafficante, riuscirono a scovare anche il temibile Giovanni Murda. Giuliano aveva deciso che avrebbe raccontato di un lungo ed estenuante inseguimento, terminato con uno sparo al ginocchio dell’assassino per fermarlo. La verità era ben diversa: dopo aver recuperato il taccuino, Bruno aveva chiesto di un bagno per potersi liberare di quel mal di pancia che cercava di sopportare da una mattinata intera. Mentre si dirigeva verso la direzione indicata dalla donna alla reception, colpì la spalla di un uomo che percorreva invece la strada opposta, dirigendosi verso l’uscita. Bruno si era perfino scusato, continuando la sua ricerca del bagno. All’improvviso sentì un colpo di pistola risuonare in quel vecchio motel, talmente vecchio da rischiare di crollare da un momento all’altro. Tornò subito indietro e ciò che vide significò solo una cosa per lui: soldi. I tre amici si erano ritrovati per puro caso nel posto giusto al momento giusto e la soffiata ricevuta dal commissariato non era altro che un modo del killer per depistare le sue tracce. Appena Luca riconobbe l’assassino gli puntò subito la pistola alla fronte ma era stato Giuliano a ferirlo alla gamba perché “così non può scappare” aveva detto.
Erano passati circa venti minuti dal loro ingresso al commissariato, Bruno era nell’ufficio di Pirone mentre Giuliano e Luca erano nell’ufficio della loro squadra a cercare di ricostruire quella giornata e capire di chi fosse il merito.
“Anche se non l’avessi colpito alla gamba, l’avremmo catturato lo stesso. L’ho praticamente bloccato io” disse Luca, orgoglioso di essere stato il primo a riconoscere e bloccare l’assassino. Luca scoppiò in una risata ma non ebbe il tempo di godersi quei cinque minuti di riposo perché Giuliano decise di rovinare tutto con un “Secondo me è il momento giusto per dire di te e Sara a Bruno” del tutto fuoriluogo.
Luca lo fissò per un momento, cercando di capire il nesso, prima di sbuffare. “Cosa c’entra adesso questa storia? Possibile che non riesci a pensare ad altro?” In effetti, per due giorni Giuliano non aveva fatto altro che ripetere a Luca di dire tutto a Bruno. Durante la pausa caffè alle macchinette, nel bel mezzo di un interrogatorio, persino in bagno…Luca non ne poteva più.
“Perché l’abbiamo incastrato noi e Pirone ci sarà riconoscente a vita. In una giornata così bella, non gli importerà nulla se ti scopi sua figlia” disse, inopportuno come sempre.
“Giulià, prima cosa, ti devi fare i cazzi tuoi” disse Luca, alzando finalmente la voce. “Seconda cosa, io non mi scopo Sara… e terza cosa, mi ammazzerebbe pure se vincesse un milione di euro al Superenalotto.”
Giuliano restò in silenzio per qualche secondo, prima di battere le mani ed urlare “Ho trovato!”
Luca si voltò nuovamente verso di lui, consapevole della cazzata che stava per arrivare.
“Devi utilizzare la psicologia inversa. Se gli dici che ti scopi sua figlia ma non sei innamorato, lui vorrà ammazzarti. Ma quando invece scoprirà che non è ancora successo e che la ami, lui sarà sollevato e accetterà la vostra relazione” concluse, una mano poggiata sotto il mento come se avesse partorito una un’idea degna di nota.
Luca sbuffò, cerco di trattenere l’irritazione crescente per ripetergli uno stanco “smettila di dire minchiate, tu e la tua psicoanalisi di merda. Lo so, prima o poi dovrò dirglielo ma non è questo il momento.” La frase di Luca risultò risoluta, era stanco e spaventato ma la sua frase non ammetteva repliche. Ed infatti Giuliano non lo contraddisse, in quei giorni gli aveva ripetuto senza sosta quanto sbagliasse a rimandare il momento della verità. Eppure in quel momento era consapevole del fatto che nessuna psicologia inversa avrebbe fermato Bruno dall’infuriarsi. Nella sala piombò un silenzio pesante, la vittoria di poco prima già dimenticata. E mentre entrambi continuavano a rimuginare sul discorso appena conclusosi, Bruno spalancò la porta.
“Ragazzi, dobbiamo festeggiare. Pirone aumenterà i nostri stipendi!”
 
*
 
In casa Miranda quella sera ci sarebbe stata una festa, di lì a poco sarebbero entrati gli ospiti, pronti a festeggiare il tanto atteso aumento degli stipendi. Rosy aveva cercato di calmarsi e di respirare, perché quella sera non avrebbe potuto rivelare nulla a Bruno; dovevano godersi i festeggiamenti. Non aveva avuto modo di sfogarsi, non aveva neanche visto Sara che, da quella mattina, aveva pensato bene di svignarsela con la scusa degli esami imminenti.
Era intenta a preparare i piatti degli antipasti quando la porta si aprì e Sara e Luca fecero il loro ingresso in casa. Il cuore di Rosy fece un sussulto alla sola vista dei due ragazzi, sentendo di poter scoppiare da un momento all’altro. Era pronta ad esplodere e gridare contro la coppia ma non fece in tempo neanche ad aprire bocca perché l’ingresso dei due fu subito seguito da quello di Bruno, Giuliano e Katia. Decise allora di chiudere gli occhi, respirare e rimandare quella discussione al giorno seguente.
“Ragazzi complimenti! Siete stati molto coraggiosi” disse Rosy, accogliendo poi suo marito con un abbraccio. Dopo aver salutato tutti, intimò agli ospiti di prendere posto ed iniziare la festa ma appena vide Sara prendere posto accanto a Luca un “NO” spontaneo uscì dalla sua bocca. Tutti si voltarono a guardarla ma Rosy non si fece trovare impreparata.
“No Sara, tesoro. Stasera puoi sederti al posto di nonna? Voglio che stiamo entrambe ai lati di Bruno, vero Enza?”
La suocera alzò gli occhi al cielo, cogliendo subito il reale motivo di quel cambiamento: evitare qualsiasi interazione tra Luca e Sara. Sbuffò ma decise di acconsentire alla richiesta della nuora. “Si Sara, voglio anch’io che stasera tu stia accanto a tuo padre.”
Rosy lanciò uno sguardo eloquente verso la figlia per farle capire che la sua non era una richiesta ma un ordine. Vide Sara aggrottare le sopracciglia, riflettere un paio di secondi prima di sbuffare, alzarsi e cambiare posto.
La cena trascorse abbastanza serenamente, tutti felici di poter riavere un discreto guadagno economico. Bruno raccontò dell’incontro con l’assassino e di come si stesse preparando per attaccarlo -cosa del tutto inventata- prima di sentire lo sparo. Luca intervenne per pavoneggiarsi di essere stato lui in realtà a bloccare ed incastrare il delinquente ma non ebbe neanche il tempo di finire che Giuliano dimostrò ancora una volta di essere il solito noioso, inopportuno, stupido Giuliano.
“Si infatti sei stato bravissimo! Anche secondo me è tutto merito tuo! Direi che ora come ora Bruno ti deve un favore…” ironizzò, per poi indirizzare un occhiolino verso Luca, il quale gli riservò un’occhiataccia e uno sbuffo.
Fortunatamente per Giuliano, fu Bruno a parlare e continuare quello che pensava fosse uno scherzo.
“Ma in verità l’avrei preso comunque, mi stavo solo preparando all’azione. Però dai, stavolta ti meriti la mia riconoscenza” Bruno concluse con una risata sincera, ignaro di ciò che tutti, nessuno escluso, stessero pensando.
“Eh! Hai visto?! Te lo dicevo io” Giuliano cercò di rincarare la dose, era sicuro che dopo l’aumento degli stipendi e qualche bicchiere di vino, Bruno avrebbe accettato la relazione tra Luca e Sara molto più facilmente.
Luca restò impietrito sul posto, cercò di ridacchiare per non far notare nessuna agitazione nel suo viso. Guardò Sara quasi involontariamente, cercando di capire cosa pensasse lei. Anche Sara però era in un evidente stato di agitazione perciò cercò di cavarsela con un “prendo il dolce? Che dite?”
Tutti annuirono e Luca si propose di aiutarla per approfittare di quell’occasione e parlare con lei ma ancora una volta “NO” gridò Rosy. E per la seconda volta in quella serata, tutti si voltarono a guardarla.
“Ehm no Luca, figurati. Non permetterei mai ad un mio ospite di servire il dolce. Tranquillo, aiuto io Sara” disse, lasciando un Luca -se possibile- ancora più impietrito.

Appena Sara entrò in cucina, chiuse la porta e “mamma che succede?” chiese. Rosy si voltò subito a guardarla, con uno sguardo carico di rancore e risentimento.
“No Sara, dimmelo tu. Che succede?”
Sara spalancò gli occhi ma non osò aprir bocca e quello fu un motivo per Rosy per continuare e vuotare il sacco.
“Tu credi che io sia stupida? Per quanto tempo pensavate di tenerlo nascosto?” chiese con il suo classico accento siciliano che avrebbe spaventato perfino il temibile Giovanni Murda. “Adesso te lo dico io cosa facciamo. Torniamo di là, facciamo passare questa serata e domani voglio te e Luca qui, per dirlo a tuo padre” disse, risoluta come sempre.
Sara non ebbe il tempo neanche di pensare ad una risposta, aveva bisogno di parlare con Luca ed avvertirlo di quello che stava succedendo senza che neanche lo sapessero. Annuì, prese il vassoio del tiramisù e tornò in sala visibilmente scossa.
Luca cercò di attirare lo sguardo di Sara per capire il motivo di quell’agitazione ma la ragazza gli rivolse solo uno sguardo triste e affranto e per Luca non fu affatto difficile capire cosa fosse effettivamente successo. Poi all’improvviso un segno catturò la sua attenzione. Enza, seduta accanto a lui, poggiò una mano sulla sua gamba. Luca si voltò a guardarla e ciò che vide fu l’unica cosa che gli ridiede fiducia in quella giornata carica di tensione. Enza annuì come a dirgli che tutto sarebbe andato bene e che dopotutto avrebbe avuto accanto a sé un’alleata. Luca le sorrise e si voltò a guardare Sara, la quale aveva assistito alla scena. Si sorrisero e Sara annuì, potevano farcela.

“Brù, ti devo dire una cosa.”

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

“Brù, ti devo dire una cosa” fu quasi un bisbiglio ma riuscì a catturare l’attenzione di tutte le persone sedute intorno a quel tavolo. Rosy era intenta a servire le fette di dolce e quando Luca parlò, per poco non le cadde il vassoio dalle mani. Bruno si voltò subito verso Luca e gli fece cenno di continuare.
“C’è una cosa che devi sapere” continuò, cercando le parole giuste per addolcire la pillola.
Bruno sorrise e “A Luca movete però, se continui così finiremo domani” disse, ignaro di ciò che da lì a qualche secondo avrebbe appreso.
“Sai, ho fatto tantissimi errori nella mia vita e so che questo potrebbe sembrare uno dei tanti ma credimi se ti dico che invece è l’unica cosa nella mia vita che mi fa sentire vivo” disse Luca, tenendo lo sguardo basso, intento a giochicchiare con le sue mani per evitare di guardare la reazione del suo amico.
Lo sguardo di Bruno passò dall’incuriosito al sorpreso, cercando di capire di cosa stesse blaterando. Si girò per guardare anche la reazione degli altri presenti e fu ciò che vide a fargli capire di cosa Luca stesse parlando. Sara, seduta al suo fianco, cercò di evitare il suo sguardo ma Bruno non riuscì a non notare il tremore delle sue spalle. Rosy invece gli rivolse uno sguardo carico di sottintesi come a dirgli di stare calmo. Fu allora che la mascella di Bruno si indurì e lo sguardo tranquillo e sereno di poco prima fu sostituito da un cipiglio preoccupato.
“Luca di che cosa stai parlando? Dimmi che non è quello che penso” disse, serrando i pugni sul tavolo.
Luca, che fino a quel momento non aveva osato alzare lo sguardo, inchiodò gli occhi in quelli di Bruno.
“Si Brù, credimi, ho cercato in tutti i modi di non innamorarmi di lei ma la verità è che io amo Sara e vorrei che tu lo accettassi” disse velocemente, a tal punto che per un attimo Bruno credette di esserselo immaginato. Ma fu solo un secondo dopo che realizzò ciò che Luca aveva appena detto. Spalancò gli occhi, guardò prima Luca e poi Sara, guardò sua moglie, sua madre, Giuliano ma nessuno di loro sembrava sconvolto quanto lui. Riportò la sua attenzione su Luca, cercando di trovare una risposta.
“Accettare? Accettare cosa Luca?” gridò, sbattendo un pugno sul tavolo.
La schiena di Luca fu percossa da un brivido. Stava per rispondere a quella domanda ma Sara lo precedette “la nostra relazione, papà”. La frase di Sara sembrò quasi una preghiera, talmente incerta da non sembrare neanche un’affermazione.
Fu allora che Bruno si alzò in piedi ed afferrò la camicia bianca di Luca, costringendolo ad alzarsi.
“Che cazzo le hai fatto? Come ti sei permesso di tradirmi in questo modo, alle mie spalle?” gridò, scuotendo il ragazzo davanti a sé.
Luca lo fissò, cercando di non apparire spaventato e cercando di fargli capire che non si pentiva affatto della sua scelta. Sussurrò solo un “mi dispiace ma è così ed è giusto che tu lo sappia” prima di avvertire un pugno arrivargli sul viso. Sentì un paio di persone gridare per fermare Bruno ma non riuscì a capire molto perché un nuovo pugno gli colpì la guancia. Fu Sara a fermarlo, implorandolo di ascoltare.
“Papà ti prego, ascolta” disse, il viso rigato dalle lacrime. “Capisco che tu possa essere arrabbiato ma è la nostra vita, non puoi decidere tu per noi” cercò di farlo ragionare ma non servì a molto perché Bruno sembrò non aver ascoltato neanche una parola. Si voltò verso le altre persone presenti in casa, ormai in piedi, che guardavano la scena senza riuscire a reagire.
“Nessuno di voi mi è sembrato sorpreso” disse Bruno, sembrò calmo ma in realtà non lo era per nulla ed infatti “Da quanto cazzo di tempo va avanti questa storia?” gridò, rivolgendosi a tutti e a nessuno in particolare. Tutti abbassarono la testa, non sapendo neanche rispondere ad una domanda così semplice. Ed infatti dopo un attimo di silenzio, fu Luca a rispondere.
“Due mesi, Brù” mormorò, mentre con le mani cercava di bloccare il sangue che colava dal naso. Si rese subito conto di essere un cretino, avrebbe potuto rispondere con un generico “da un po’”, oppure starsene semplicemente in silenzio perché ciò che riuscì a sentire furono solo le grida di Bruno che “Due cazzo di mesi” ripeté, “hai approfittato di mia figlia per due cazzo di mesi” gridò, continuando a scuotere il corpo dell’uomo davanti a sé. Fu bloccato da Rosy e Giuliano che gli intimarono di calmarsi e riflettere. Fu allora che Bruno decise di mettere un punto a quella serata.
“Esci da questa casa perché da oggi non ci entrerai più” concluse. A nulla servirono le parole di Rosy o le lacrime di Sara, rannicchiata in un angolo.
Giuliano e Katia aiutarono un Luca barcollante ad uscire di casa. Enza aiutò Sara ad alzarsi e accarezzandole i capelli, cercò di condurla verso la loro camera per poterle parlare e rassicurarla. Sara cercò di liberarsi del suo appoggio per poter seguire Luca e assicurarsi che stesse bene ma sua nonna le sussurrò di non farlo, non era il momento e poi Katia e Giuliano si sarebbero presi cura di lui. La ragazza annuì senza troppa convinzione e si lasciò trascinare nella sua camera.
Bruno osservò la scena privato di ogni emozione, senza mostrare né dispiacere, né collera, né pena. Era immobile ad osservare un uomo barcollare verso l’uscita e una ragazza diretta in una direzione opposta. Era in uno stato di trance quando Rosy gli toccò il braccio per intimargli di sedersi e di bere un po’ d’acqua.
Quella sera nessuno continuò quella discussione, nessuno ebbe il coraggio di riaprire il discorso e riaffrontarlo. Rosy cercò di calmare Bruno, il quale decise di chiudersi in un mutismo a tempo indeterminato. Sara continuò a piangere per quelle che sembrarono ore, fino ad addormentarsi cullata dalle carezze della nonna.
Dall’altro lato del pianerottolo invece Luca era sdraiato sul divano, il naso medicato da Katia e il cuore più pesante di tre tonnellate. Si sentiva senza forze, debole, come se qualcuno l’avesse strappato dalla quiete che in quei mesi l’aveva avvolto. Cercò di immaginare il loro futuro, cercò una soluzione che potesse accettare Bruno. Cercò disperatamente di pensare che tutto sarebbe andato per il meglio. In fondo cosa si aspettava? Che Bruno l’avrebbe avvolto in un abbraccio? Ovviamente no, sperava solo che prima o poi avrebbe accettato la loro relazione. Restò per molto tempo a rimuginare sul secondo passo da fare finché, esausto, non crollò in un sonno inquieto.
 
*
 
Il giorno seguente il risveglio di Luca non fu affatto piacevole perché le grida provenienti dalla casa accanto erano in grado di arrivare anche dall’altro lato di Roma. Riconobbe subito la voce di Sara, perciò uscì in fretta sul pianerottolo per cercare di capire il discorso e decidere se intervenire o meno. Una volta uscito di casa, le voci ovattate che l’avevano svegliato quel mattino, divennero decisamente più chiare.
“E cosa credi? Che ci separeremo solo perché tu hai deciso di rovinarci la vita?” sentì la voce di Sara incrinarsi sulle ultime parole. Una stretta allo stomaco gli causò quasi un giramento di testa ma riprese subito ad ascoltare la conversazione tra padre e figlia.
“Ah adesso sono io a rovinare la vita a voi? Ma non lo capisci? Che futuro potreste mai avere insieme? Non ti rendi conto che finirai tu stessa per rovinarti la vita?” urlò Bruno.
“Ma cosa stai dicendo? Io e Luca siamo felici quando siamo insieme!” affermò la ragazza, Luca poteva benissimo immaginare il volto della sua ragazza bagnato dalle lacrime che sicuramente le stavano rigando il volto. Avrebbe voluto irrompere in casa, abbracciarla e sussurrarle che tutto si sarebbe risolto.
“Ah si? Beh allora cerca di dimenticartela questa felicità perché tu non lo rivedrai più, fosse l’ultima cosa che faccio!” Luca restò paralizzato al sentire quelle parole. Aveva sempre saputo che non sarebbe stato facile ma sembrava che Bruno non avesse neanche in mente di dargli una piccolissima possibilità. Il mondo sembrò crollargli addosso e i suoi timori divennero più concreti che mai.
Fu quando sentì Sara urlare un disperato “Tu non decidi della mia vita. Tra due settimane sarò maggiorenne e sarete voi quelli che non rivedrò più” seguito da un silenzio assordante, decise di richiudersi in casa. Si buttò immediatamente sotto la doccia, cercando di coprire ogni possibile rumore esterno. Avrebbe risolto quella soluzione andando via, era l’unica possibilità.
 
Nel frattempo, nella casa accanto continuò a troneggiare un assordante silenzio. La frase di Sara di poco prima, aveva ferito Bruno e Rosy come dei coltelli piantati nello stomaco. Erano rimasti soli in casa a riflettere su ciò che era appena successo. Sara invece aveva afferrato lo zaino ed era uscita, sbattendo la porta alle proprie spalle, non prima di aver chiarito con una sprezzante ironia che si sarebbe diretta verso scuola, potevano stare tranquilli.
Bruno si prese la testa tra le mani, se avesse perso sua figlia non se lo sarebbe mai perdonato. O meglio, non gliel’avrebbe mai perdonato. Era il suo migliore amico, come aveva potuto fargli questo?
Rosy accanto a lui, cercò di mantenere i nervi saldi, accarezzando il braccio del marito e ripetendogli che era una frase detta per rabbia, Sara non lo pensava per davvero. Bruno cercò di convincersi delle parole della moglie, avrebbe cercato un modo per far ragionare Sara e farle capire che Luca era la persona più sbagliata che potesse avere al suo fianco.
 
*
 
Luca era chiuso in ufficio a raccogliere le ultime cose, prima di lasciare il commissariato. Sul tavolo alcuni fogli firmati, in attesa di essere consegnati a Pirone. Era quasi pronto a lasciare l’ufficio quando Bruno fece il suo ingresso. Appena lo vide, alzò gli occhi al cielo e si voltò, pronto ad uscire da quella stanza per non dovergli rivolgere la parola. Ma si bloccò sull’uscio della porta perché una voce alle sue spalle gli chiese di fermarsi. Si girò nuovamente verso di Luca e “Che vuoi?” chiese.
Luca si fece coraggio e parlò. “Sto andando via due settimane, ho chiesto a Pirone di potermi assentare per motivi familiari e lui ha acconsentito” disse. Era pronto a ricominciare ma Bruno lo interruppe.
“Solo due settimane? Speravo andassi via per sempre perché non voglio più vederti” per Bruno la conversazione poteva dirsi finita. Era pronto a voltarsi ed andare via ma Luca continuò a parlare.
“Non hai capito. Io non rinuncio a Sara, io la amo e non la deluderò di nuovo solo perché tu hai deciso che non sono l’uomo giusto per lei” disse con un po’ di incertezza, sapeva che Bruno sarebbe scoppiato da un momento all’altro.
Ed infatti Bruno stava per urlargli che mai avrebbe permesso una relazione tra loro ma non ebbe il tempo perché Luca continuò il suo discorso, come se l’avesse preparato ed imparato a memoria.
“Ho sentito ciò che Sara ti ha detto stamattina e voglio che tu sappia che non lo permetterò mai, non accetterò mai che si separi da voi” disse, notando le spalle di Bruno rilassarsi. “Voglio andare via due settimane per rendere le cose più semplici e non farti pensare in ogni momento della giornata, che quando non vedi Sara a casa, è perché sta con me”
“Molto gentile da parte tua. Così metteremo in pausa questa parentesi e la riapriremo tra due settimane, molto intelligente in effetti” ironizzò Bruno, senza capire dove Luca volesse arrivare.
“Infatti ciò che ti chiedo è proprio questo. Hai del tempo per razionalizzare quello che sta succedendo e ti prego, ti prego non allontanarmi da lei. Sono disposto ad andare via per sempre dalle vostre vite, spezzandole il cuore, piuttosto di vederla allontanarsi da voi ma ti sto pregando di riflettere e di rendere le cose più semplici per tutti…Accettalo.” Quella di Luca era sembrata alle orecchie di Bruno come una preghiera ma al tempo stesso come un ordine. Non riusciva a capire se fosse irritato o divertito da quelle parole.
“Luca, ti rendi conto di non essere in grado di portare avanti una relazione? Ti rendi conto che quando ti stancherai, le spezzerai il cuore come hai fatto con tutte le donne della tua vita?” chiese Bruno spazientito.
“Non è così, ti sbagli. Io Silvia l’ho amata e ho cercato di rimettere più volte in piedi il nostro matrimonio ma le cose si erano rotte, c’era poco da fare. Ma io non l’ho mai tradita, è quello che lei ha pensato ed io ho lasciato che lo credesse per farmi odiare e per rendere più semplice il divorzio. Brù, io non farei mai del male a Sara, credimi” disse, ma Bruno sembrò poco convinto. Restarono in silenzio per qualche secondo, entrambi assorti nei loro pensieri. Di sicuro la rabbia e la violenza del giorno prima aveva lasciato il posto alla rassegnazione.
“Luca spiegami com’è successo. Spiegami come hai fatto ad innamorarti di lei e cosa ti passa per la testa quando realizzi che lei ha diciassette fottutissimi anni ed è solo una ragazzina” chiese Bruno, cercando di ricevere una risposta a quella domanda che non l’aveva abbandonato tutta la notte.
Luca sorrise tra sé e sé prima di rispondere. “È una ragazzina, hai ragione. È irritante e testarda. Ho cercato più volte di farle capire che si stava sbagliando, che confondeva affetto per amore. Ma sai che ti dico? Che è una ragazzina irritante ma al tempo stesso una donna forte e coraggiosa. L’ho vista innamorarsi di me, l’ho vista corteggiarmi senza avere mai, e ripeto mai, un segno da parte mia. Poi l’ho illusa con quel bacio durante l’equivoco della tua malattia, l’ho delusa ma lei non ha mai mollato, ha insistito e ha sempre trovato un motivo per continuare ad amarmi, nonostante tutto. Ha tirato fuori la parte migliore di me e mi ha amato come nessuna donna ha mai fatto. Quindi per rispondere alla tua domanda, si, è una ragazzina ma è anche l’unica persona che è riuscita a farmi star bene soltanto amandomi. E lo so che ti sembrerò patetico ma la verità è questa e mi dispiace se questa verità ferisce te.” Luca abbassò lo sguardo, sentendosi nudo come mai si era permesso di esserlo davanti ai suoi amici. Si sentì privato della sua solita corazza e sapeva che quel discorso non sarebbe bastato a far cambiare l’idea di Bruno ma doveva dirlo, doveva essere onesto con sé stesso e con gli altri, almeno per una volta.
Guardò l’uomo che aveva di fronte e lo vide impassibile, quasi nauseato. Perciò senza aspettare una risposta, afferrò i fogli sulla scrivania e uscì dall’ufficio, lasciandosi alle spalle quello che per tutta la sua vita era stato un padre e un migliore amico, consapevole di aver perso la sua fiducia e il suo affetto per sempre.
 
*
 
Alle due in punto, Luca parcheggiò la sua auto di fronte la scuola di Sara, aspettando di vederla uscire e pregustando il sorrisone che la ragazza gli avrebbe rivolto non appena l’avesse visto. Non aspettò molto perché dopo cinque minuti, tra l’orda di studenti, vide Sara uscire da scuola ed avviarsi verso la fermata dell’autobus.
“Sara” chiamò, sperando di fermarla. “Sara” ripeté, leggermente più forte. Vide la ragazza girarsi, la fronte aggrottata per cercare di capire da dove provenisse quella voce. Appena i loro occhi si incontrarono, Sara si aprì in un sorriso luminoso che riscaldò il cuore di Luca, così come aveva sempre fatto. La ragazza non esitò neanche un attimo prima di correre verso di lui e gettarsi tra le sue braccia. Si strinsero fortissimo, quasi togliendosi il respiro ma paradossalmente fu come ritornare a respirare dopo un giorno di apnea. Si staccarono un attimo per guardarsi negli occhi e non poterono evitare di sorridersi felici, erano ancora lì, insieme nonostante tutto.
“Luca fammi vedere come stai, ti fa male il viso, vero?” chiese subito Sara, preoccupata.
Luca sorrise e le lasciò un bacio sulla fronte. “No, non preoccuparti. So un uomo forte io eh! Non lo devi mica dimenticare” cercò di ironizzare, godendosi quel momento di pausa.
Ma non durò per molto perché fu Sara a tornare alla realtà chiedendogli per quale motivo l’avesse aspettata fuori scuola.
“Cosa c’è? Non posso aspettare la mia ragazza per darle un passaggio? E poi non è mica la prima volta che vengo a prenderti? Mi offendi” Luca cercò di sdrammatizzare, straparlando e gesticolando più del dovuto ma furono proprio questi chiari segni di nervosismo a tradire la sua sicurezza. Sara infatti aggrottò nuovamente la fronte e “non mentirmi, lo capisco quando sei in ansia per qualcosa” disse, facendo sbuffare Luca.
“Bene, mia piccola Sherlock Holmes. Si, ti devo dire una cosa ma voglio precisare che non cambierà nulla e che ti devi fidare di me” disse, cercando di sembrare il più rilassato possibile. Sara pensò subito al peggio, in fondo non erano passate neanche ventiquattro ore dalla sfuriata di suo padre. Poteva trattarsi di tutto o di niente.
“Andrò via per un po’” chiarì finalmente Luca, afferrando subito le mani della ragazza. Vide le sue spalle tremare come se il peggiore degli incubi si fosse palesato davanti a lei.
“Cosa? Mi avevi promesso che avremmo combattuto insieme e che non mi avresti lasciata” iniziò a piagnucolare Sara. Luca sorrise, la sua bambina.
“Ascoltami, per favore” chiese. “Vado via per qualche settimana ma ci sentiremo, ok? Ma capisci anche tu che la situazione adesso è critica e che Bruno ha bisogno di tempo per realizzare e riflettere? Gli ho parlato poco fa, a lavoro. Ho chiarito che non ho nessuna intenzione di rinunciare a noi” sorrise nel vedere le spalle di Sara rilassarsi. “Voglio chiederti solo un favore” disse, cercando di apparire quanto più serio e risoluto possibile.
“Qualunque cosa” affermò Sara, di nuovo sicura della solidità della loro relazione.
“Non pensare mai più, neanche per un momento, di allontanarti dai tuoi genitori per me. Piuttosto sono disposto a mettermi io da parte ma loro sono i tuoi genitori e non dovrai mai rinunciare a loro per nessuno al mondo” disse con un po’ di ansia nella voce perché sapeva benissimo di aver toccato un tasto dolente. Ed infatti Sara serrò la mascella ed abbassò lo sguardo, quasi vergognandosi di ciò che aveva detto quella mattina.
“Cosa significa che ti farai tu da parte?” chiese, come se da quella risposta dipendesse tutta la sua vita.
Luca le accarezzò la testa, infilò le dita tra i suoi ricci per tranquillizzarla. Erano in piedi sul marciapiede di una strada affollata di macchine e studenti ma in quel momento, per loro, fu come essere in un luogo deserto in cui c’erano solo loro due.
“Non voglio mentirti. Io lotterò con tutte le mie forze per convincere tuo padre ma qualora non dovesse accadere, io preferisco uscire dalle vostre vite piuttosto di essere la causa della vostra separazione” ammise, consapevole di aver sferrato un colpo duro da digerire. Non dovette aspettare molto prima di vedere gli occhi di Sara inumidirsi, per poi scoppiare a piangere.
“No, no, no, ti prego. Me l’avevi promesso, non farmi questo” sussurrò Sara, tra le lacrime.
Luca l’abbracciò e le baciò più volte il viso per cercare di calmarla. “Non succederà, si risolverà tutto e non ci sarà bisogno, vedrai” le sussurrò più volte all’orecchio, nel vano tentativo di far cessare i suoi singhiozzi.
“Ascoltami” disse, riprendendo a guardare Sara negli occhi. “Io voglio essere onesto con te e dirti che si, può esserci questa possibilità ma è proprio la nostra ultima spiaggia, capisci? Io andrò via queste due settimane ma potremo sentirci quando vorrai e al mio ritorno il clima sarà più tranquillo e riusciremo a risolvere tutto, va bene? Mi prometti di calmarti e di essere positiva?” chiese addolcendo la voce come se si trovasse davvero di fronte ad una bambina.
“No” mormorò Sara facendo sorridere l’uomo che aveva di fronte. Passarono un paio di minuti abbracciati, in cui nessuno sembrò avere nulla da dire per non spezzare la dolcezza di quell’abbraccio.
“Adesso voglio che sia tu ad ascoltarmi” disse Sara dopo aver riacquistato un po’ di lucidità. “Se pensi che andar via sia più semplice per mio padre, lo accetterò. E se alla fine mio padre non dovesse accettare la nostra relazione, sono disposta a lasciarti andare per sempre. Ma sai cosa? Non permetterò mai che ciò accada e farò tutto ciò che posso per vederti tra dieci anni accanto a me, felice come lo sei stato in questi mesi” concluse, ritrovando la tenacia e il coraggio che la contraddistingueva. Luca le sorrise e le sfiorò le labbra.
“È così che ti voglio!” esclamò, cercando di convincere entrambi, o forse solo sé stesso, che quella di lasciarsi per sempre fosse solo una piccola, lontana e assurda possibilità.
 
*
 
La fine di maggio era quasi giunta, mancavano solo pochi giorni prima che quel mese infernale finisse. Con la fine di maggio però anche le due settimane di tregua erano quasi passate e mancavano solo pochi giorni al ritorno di Luca. Due settimane rappresentavano per Bruno una scadenza per prendere la sua decisione ma se doveva essere onesto, una decisione non l’aveva ancora presa. Era fermamente convinto delle sue idee, non avrebbe mai potuto accettare un uomo di quindici anni più grande per la sua piccola Sara e non avrebbe mai sopportato l’idea di quei due insieme. In poche parole, non avrebbe mai dato il suo consenso.
Se quelle due settimane avevano rappresentato una tregua da Luca, non si poteva dire lo stesso per Sara. Bruno l’aveva vista cambiare sotto i suoi occhi e della ragazzina sorridente e allegra non vi era più traccia. I primi giorni vivere in quella casa era stato davvero un inferno perché tutto sembrava un buon motivo per litigare. Più volte Sara gli aveva fatto notare di averle rovinato la vita e che, se non avesse accettato la loro relazione, avrebbe avuto sulla coscienza l’infelicità di due persone. E tutte le volte Bruno le rispondeva che, se avesse accettato la loro relazione, avrebbe avuto sulla coscienza l’errore più grande di sua figlia. Inutile dire che ogni santissima volta, Sara usciva di casa sbattendo la porta per mettere fine alla discussione.
In quel momento Bruno era seduto nel soggiorno di casa sua a fissare i fondi del caffè, nella speranza di trovare una risposta alle sue domande. Alla sua destra vi era Enza, intenta a leggere il suo giornale come tutte le mattine. Quando Rosy si sedette alla sinistra di bruno per poter finalmente fare colazione, notò suo marito immobile a fissare una tazzina vuota.
“Bruno tutto bene?” chiese, forse anche un po’ preoccupata. “Vuoi dell’altro caffè?” ipotizzò.
“No amore, grazie” rispose, riprendendo a fissare la sua tazzina.
Rosy capì allora la causa di quell’atteggiamento e “vuoi parlarne?” chiese con dolcezza.
Bruno si voltò a guardarla e sollevò le spalle. Che cosa avrebbe dovuto dirle?
“Magari ti dico quello che penso io, così mi dici se sei d’accordo” iniziò Rosy, affrontando un discorso che più volte avevano affrontato in quelle settimane. “Capisco quello che pensi e mi trovi totalmente d’accordo. Luca è un uomo adulto mentre Sara è solo una ragazzina” disse, cercando di trovare le parole giuste.
“Quindi mi suggerisci di proseguire con le mie convinzioni?” chiese, interrompendo la moglie e credendo finalmente di aver trovato una risposta.
“Non ti voglio suggerire nulla, voglio solo dirti quello che farò io quando Luca tornerà” chiarì Rosy, per poi proseguire. “Io non credo che questa relazione sia una cosa giusta per nessuno dei due ma se c’è una cosa che ho notato è che in quest’anno li abbiamo più volte separati, Sara è andata a Dublino per dimenticarlo e Luca ha cercato con tutto sé stesso di allontanarsi da lei e così facendo cosa abbiamo ottenuto? Due persone infelici che hanno sempre trovato un modo di ritrovarsi per tornare a respirare” disse Rosy, lanciando un’occhiata alla donna seduta di fronte a lei. Le sorrise e annuì, aveva capito cosa intendeva la suocera qualche settimana prima quando le aveva detto che opporsi non sarebbe servito a niente.
Bruno la guardò, con gli occhi spalancati perché in quelle settimane avevano solo discusso di quanto assurda fosse quella situazione e di quanto Luca fosse un bastardo ad essersi innamorato della loro bambina.
“Mi stai quindi dicendo che la cosa giusta da fare è accettare la loro storia?” chiese stupito.
“Ti dico quello che qualcuno una volta ha detto a me. Non so dirti se è la cosa giusta e se sono destinati a stare insieme. Hai visto nostra figlia in queste due settimane? Non sembra neanche più lei, è triste, è nervosa, è soffocata da questa casa. Se vederla felice significa vederla con Luca, allora vorrà dire che io accetterò la loro relazione” sorrise Rosy, prendendo le mani di Bruno tra le sue.
“E se lui dovesse spezzarle il cuore? Cazzo Rosy! Lui ha quindici anni più di lei, come può essere possibile?” chiese Bruno, in preda a mille dubbi.
Rosy gli sorrise, comprendendo a pieno tutte le paranoie del marito perché un po’ erano anche sue. “Conosciamo Luca da una vita. È una persona affidabile e protettiva, non le spezzerebbe mai il cuore. Ma se dovesse succedere noi saremo qui a consolarla” concluse, con un po’ di amaro in bocca.
Restarono in silenzio per diversi minuti, ognuno assorto nei propri pensieri, nei propri dubbi.
Per tutto quel tempo Enza, seduta accanto a loro, non aveva osato proferire parola. Ormai era chiara a tutti quale fosse la scelta giusta per non far soffrire nessuno. Perciò decise di interrompere lei quel silenzio assordante che riempiva la loro casa.
“Vedrete, andrà tutto bene…” disse sorridendo alla sua famiglia e annuendo per rassicurarli.
Bruno restò ancora qualche minuto a riflettere come se da quella decisione dipendesse la vita e la felicità di tutta la sua famiglia. Poi all’improvviso si alzò e “devo fare una telefonata” disse, uscendo di casa.
 
*
 
30 maggio.
Non c’era mai stato un giorno che Sara avesse aspettato più di questo. Per tutta la sua vita aveva aspettato di compiere 18 anni come se questo significasse superare un traguardo per sentirsi -ed essere considerata- finalmente grande. Negli ultimi anni però il 30 maggio non significava soltanto raggiungere la maggiore età ma principalmente fare un passo in avanti verso Luca. Aveva più volte immaginato come avrebbe festeggiato questo suo giorno speciale: da una semplice festa a viaggi in giro per il mondo. Non importava che lo scenario cambiasse di volta in volta, l’unica costante era l’uomo che amava più della sua stessa vita.
Eppure quando Sarà si svegliò quella mattina, il primo pensiero che le arrivò dritto al cervello fu la consapevolezza che Luca non ci sarebbe stato. Qualche giorno prima infatti le aveva scritto per comunicarle che avrebbe prolungato le sue ferie e che avrebbero avuto una seconda occasione per festeggiare. Quello che doveva essere un giorno speciale era appena diventato un giorno come tanti altri.
Decise di desiderare che quel 30 maggio terminasse il prima possibile quando, uscita di casa per prendere aria, realizzò di aver appena sopportato l’esuberanza di sua madre, intenta a preparare il pranzo per la sua piccola festicciola, le urla di sua nonna perché qualcuno -Giuliano- aveva mangiato il suo cornetto ai mirtilli e chiaramente aver costretto sé stessa a fingere sorrisi, felicità e ringraziamenti per gli auguri che le venivano dati.
“Non doveva andare così” pensò, prima di incamminarsi verso il lungomare per cacciar via tutti quei pensieri e godersi una calda giornata di fine maggio.
Passeggiò per un paio d’ore senza una reale meta, beandosi del venticello caldo che le spettinava i capelli mentre la sua testa viaggiava nel tempo alla ricerca di ricordi felici che le permettessero di non odiare del tutto quella domenica priva di significato. Pensò al suo viaggio a Dublino, al suo angolo nascosto che si affacciava sul fiume Liffey, ai suoi amici. Pensò al motivo che l’aveva spinta a partire, il loro primo vero bacio sul balcone di casa e la richiesta di Luca quel giorno al mare. Pensò al suo ritorno, ai malintesi, ai piccoli gesti, ai loro baci, le passeggiate, i nascondigli, le promesse
Quando si risvegliò dallo stato di trance in cui era stata catapultata, guardò preoccupata l’orario.
Le 11:30.
Aveva promesso a sua madre che sarebbe stata a casa per mezzogiorno, perciò si affrettò per tornare indietro prendendo un autobus.
Ma c’era un’altra promessa che doveva mantenere: non avrebbe più messo nessuno davanti a sé stessa. Non poteva di certo sentirsi felice, era alquanto impossibile per lei ma decise di non rimuginare sul ritorno di Luca e sul loro futuro insieme. Avrebbe passato quella giornata nel migliore dei modi…per quanto possibile.
 
*
 
Erano tutti in casa da circa 20 minuti, seduti intorno al tavolo ad aspettare il ritorno di Sara. Perfino Tito si era presentato in orario, proprio lui che in ogni occasione decideva di aggiungere un quarto d’ora all’orario prefissato.
Bruno guardò distrattamente l’orario: le 12:15. Sara aveva avvertito del suo ritardo ma lui non riusciva a calmare quella stretta d’ansia che gli stringeva lo stomaco. Era un giorno importante per la sua piccolina, niente e nessuno le avrebbe rovinato questa giornata. Aveva speso gli ultimi diciotto anni della sua vita seguendo un unico obiettivo: renderla felice. Ripensò agli ultimi anni, alle ultime settimane, ripensò alle regole che le aveva sempre imposto di rispettare, all’amore che le aveva sempre dato ma anche alle grida di quelle due settimane e si chiese se dopotutto potesse definirsi davvero un buon padre.
Immerso nei suoi pensieri non si rese conto di un rumore di chiavi, ma si voltò solo quando vide la porta alla sua destra aprirsi. Sentì le grida della sua famiglia accogliere Sara per darle gli auguri mentre tutti si alzavano per darle un abbraccio e augurarle un buon compleanno. Vide la ragazza sorridere a tutti, ricambiare gli abbracci e lasciarsi coccolare dalle persone che le volevano bene.
“Scusatemi per il ritardo, ho fatto una passeggiata ma non mi sono resa conto di essermi allontanata così tanto” disse per scusarsi, con un leggero rossore a colorarle il viso e un sorriso forzato sul suo volto.
Era finalmente arrivato il suo turno perciò si alzò e si avvicinò alla ragazza, stringendola tra le sue braccia e lasciandole un bacio sulla fronte.
“Buon compleanno, bambina mia” le sussurrò, prendendole poi la mano e trascinandola verso il tavolo per poter finalmente iniziare quella festa.
La fissò per qualche secondo e ciò che vide fu finalmente una donna coraggiosa, una bellissima e intelligente donna. Non poteva dire di essere stato in tutto e per tutto un buon padre ma di sicuro il risultato era stato perfetto.
Erano tutti intenti ad aprire le danze e a tuffarsi sul cibo quando un rumore alla porta bloccò tutti i presenti e lasciò cadere il silenzio in casa.
Bruno guardò Sara alzare il viso e fissare la porta ormai aperta. Vide la passività di quei giorni trasformarsi in stupore ma quando lo stupore fu sostituito da un bellissimo e sincero sorriso, Bruno capì di aver fatto la cosa giusta.
Luca era in piedi sull’uscio di casa, un mazzo di rose rosse tra le mani, lo sguardo fisso in quello di Sara e gli occhi più lucidi che mai. Dopo un momento di stupore la ragazza si alzò in piedi e con passo svelto si avvicinò a lui. Non aspettò neanche un secondo prima di buttargli le braccia intorno al collo, lasciando che lui si abbassasse per circondarle il busto, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo. Entrambi tremarono al contatto con la pelle dell’altro e fu come se quelle due settimane non ci fossero mai state. Bastava riuscire a percepire il loro profumo e il loro tocco per ritornare a stare bene. I due ragazzi sciolsero poi l’abbraccio e Luca ne approfittò per consegnarle i fiori e lasciarle un bacio sulla fronte. Si voltò poi a guardare Bruno, un misto di felicità e terrore nel suo sguardo.
Bruno guardò la scena che aveva di fronte come quando si assiste ad un film, un misto di emozioni a vibrargli nel corpo ma la consapevolezza di non poter cambiare nulla. Con il tempo l’avrebbe accettato, l’avrebbe fatto per loro, per quei due paia d’occhi lucidi. Per il momento, si disse, andava bene così.
Perciò Bruno gli sorrise, annuì e spalancò le braccia. Luca non se lo fece ripetere due volte prima di avvicinarsi ad una delle persone più importanti della sua vita per poi gettarsi tra le sue braccia.
“Falla soffrire e sei un uomo morto” disse Bruno, per poi lasciarsi andare ad una risata.





Note:
Bene, siamo arrivati alla fine. Scrivere questo capitolo è stato molto difficile perchè ero indecisa sul finale da dare a Luca e Sara. Ammetto di aver considerato una fine drammatica in cui ovviamente Luca non ritorna ma poi mi sono ricordata il motivo per cui ho iniziato a scrivere questa storia: per dare loro un lieto fine. Spero vi sia piaciuta questa scelta e che abbiate apprezzato il finale! Adesso manca solo un piccolissimo epilogo.
Volevo ringraziare (così come ho fatto la prima volta che ho pubblicato questo capitolo) tutte le persone che hanno commentato durante i miei aggiornamenti, quelle che hanno seguito e messo tra i preferiti e anche le ragazze che mi hanno scritto quando la storia non era più visibile.

Grazie, un bacio!


 

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


Ogni tanto, nelle giornate di vento, scendeva fino al lago e passava ore e guardarlo, giacché, disegnato sull’acqua, gli pareva di vedere l’inspiegabile spettacolo, lieve, che era stata la sua vita.
Alessandro Baricco
 
 



Marzo era ormai alle porte, Luca aveva aspettato l’inizio di quel mese con trepidante attesa, orgoglioso del traguardo che quel giorno si sarebbe realizzato. Sentiva un misto di emozioni battergli nel petto, un insieme di agitazione, orgoglio e felicità. Non sapeva dire quale fosse il suo stato d’animo in quel momento: ansia, forse ansia è la parola adatta per spiegare come si sentisse. Era seduto su quelle sedie blu da circa un’ora ad aspettare che finalmente il momento arrivasse. Al suo fianco, nella stessa situazione, vi era quella che ormai da sei anni considerava una famiglia a tutti gli effetti. In quell’ora aveva ascoltato circa quattro discussioni ma la verità è che aveva smesso di ascoltare dopo la prima ragazza, lasciando che quelle parole si disperdessero in quell’enorme aula. La sua pazienza iniziava ormai a scarseggiare, il suo piede andava a ritmo dei ticchettii del suo orologio mentre le sue mani erano strette a pugno da quando aveva messo piede lì dentro e ormai avevano raggiunto una temperatura di sessanta gradi, più o meno. Era quasi sul punto di impazzire ma quando la voce di un signore grassoccio risuonò nell’aula, la sua mente si bloccò.
“Sara Miranda”
Luca vide la ragazza alzarsi, farsi spazio tra gli altri studenti e finalmente percorrere quei venti passi che la separavano dalla commissione. I capelli raccolti in una coda raffinata, i ricci a sfiorare la giacca di quel completo blu che le fasciava perfettamente le forme, rendendola elegante. Luca non poté fare a meno di guardarla, rendendosi conto ancora una volta di quanto fosse bella. La vide stringere la mano degli insegnanti della Commissione, per poi sedersi ed iniziare il suo discorso. Luca ascoltò ogni parola con attenzione, seguendo un discorso che aveva sentito più e più volte nel corso di quei mesi. Ascoltò ogni sfumatura della voce di Sara che, con sicurezza, elencava una serie di articoli su cui si basava la ricerca che da oltre un anno cercava di perfezionare.
Aveva visto quella ragazzina crescere, innamorarsi e combattere. L’aveva ignorata, amata, ignorata e poi di nuovo amata. Aveva combattuto con lei per poi iniziare a viversi alla luce del sole. L’aveva vista scegliere la facoltà di giurisprudenza, per poi consolarla prima di ogni esame. L’aveva supportata nei sei mesi di Erasmus per poi accogliere le sue lacrime per la boccatura in diritto amministrativo.  L’aveva abbracciata nei momenti più difficili, amata con dolcezza, si era beato dei suoi tocchi, del suo profumo e delle sue carezze. Aveva visto quel corpo minuto diventare sempre più il corpo di una donna e l’aveva amato e venerato sotto ogni punto di vista. Non era stato semplice, doveva ammetterlo. C’erano stati momenti difficili in cui sembrava che tutto stesse andando male ma gli bastava toccare i suoi capelli ricci, mentre il suo sorriso riprendeva ad illuminare il suo mondo.
Aveva fatto tante cazzate nella sua vita ma innamorarsi di Sara era stata la migliore cazzata della sua vita.
Era totalmente immerso nei suoi pensieri ma fu costretto a tornare sulla terra quando una mano strinse la sua. Bruno era al suo fianco, teso come una corda di violino.
“Sara Miranda. Centodieci su centodieci” dichiarò l’uomo grassoccio, gli occhiali rotondi poggiati sul naso. Un boato di applausi e di grida riempì l’aula, tipico di ogni sessione d’esami. Luca vide Sara sorridere e accogliere la pergamena di laurea che l’uomo grassoccio le aveva consegnato.
 
Lo sguardo di Sara vagò per l’enorme aula, alla ricerca di un paio d’occhi che ormai era libera di amare. E quando li trovò non riuscì a leggere altro che orgoglio. Stavano costruendo una vita insieme e ogni tassello sembrava prendere il suo posto. Aspettò che la proclamazione di laurea terminasse prima di correre verso la sua famiglia. Si precipitò ad abbracciare i suoi genitori che, lo sapeva, non erano mai stati più orgogliosi. Abbracciò sua nonna, i suoi amici, Tito, Giuliano e persino il relatore della sua tesi.
Poi si voltò e un sorriso, se possibile ancora più radioso, le illuminò il viso. Luca l’aveva guardata tutto il tempo mentre veniva sommersa di abbracci e auguri. Aveva lasciato che si beasse dell’affetto di tutti coloro che in quegli anni avevano fatto parte della sua vita. Ma adesso era il suo turno perciò si avvicinò e fu un attimo prima di ritrovarsi l’uno nelle braccia dell’altra.
“Sei stata fantastica! Credimi, non potrei essere più orgoglioso della donna che sei diventata” disse Luca con un po’ di commozione nella voce.
Sara gli sorrise, gli carezzò il viso e pensò a quanto fosse orgogliosa lei ad avere l’uomo migliore del mondo al suo fianco.
“Sai, ho sempre voluto essere grande abbastanza da avere il diritto di stare con te. Adesso sono laureata e potrò iniziare la mia carriera di avvocato quindi mi sento grande abbastanza” disse, lasciando a metà la sua frase.
Luca la fissò per qualche secondo prima di chiederle “Grande abbastanza per cosa?”
“Per sposarti” disse con un sorriso e la sua solita sicurezza.
Lo sguardo di Luca non avrebbe potuto essere più sorpreso in quel momento ma non riuscì ad evitare la nascita di un sorriso sincero sul suo viso. Ne avevano parlato in alcune occasioni ma senza mai prendere sul serio il discorso. Quella ragazzina l’aveva incastrato già sette anni prima quando, con fermezza, aveva dichiarato che un giorno sarebbero stati insieme. Era proprio brava a spiazzarlo, lasciandolo senza parole. Non aveva bisogno di sentire altro per dirle che l’amava così tanto che l’avrebbe sposata anche quel giorno, se fosse stato possibile.
Ma non ebbe né il tempo e né la possibilità di dirle quelle esatte parole perché vide Bruno avvicinarsi con una ghirlanda d’alloro e poggiarla sulla testa di Sara.
Perciò “Si Sara, a breve pioverà” disse, gettando uno sguardo alle finestre.
Sentì Bruno sbuffare. “A Luca, pure oggi! Ma ndò la vedi sta pioggia che c’è un sole che spacca le pietre?” chiese, seriamente preoccupato per la stabilità mentale del suo amico.
Tutti scoppiarono a ridere, ma nessuno badò al significato di quelle parole, troppo impegnati a pensare al traguardo di Sara per tener conto delle previsioni del tempo di Luca.
Sara invece si voltò a guardare Luca, sorridendogli radiosa.
E semplicemente capì.

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