Vaulting For A Dream

di historiae
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Courtney: la ginnasta scheggia ***
Capitolo 2: *** Izzie: la ginnasta spericolata ***
Capitolo 3: *** Heather: la ginnasta dell'eleganza ***
Capitolo 4: *** Gwen: la ginnasta fantasma ***
Capitolo 5: *** Jo: la ginnasta combattente ***
Capitolo 6: *** Dawn: la ginnasta libellula ***
Capitolo 7: *** DJ: il ginnasta cocco di mamma ***
Capitolo 8: *** Tyler: il ginnasta imbranato ***
Capitolo 9: *** Mike: il ginnasta strampalato ***
Capitolo 10: *** Alejandro: il ginnasta latin lover ***
Capitolo 11: *** Lightning: il ginnasta senza cervello ***
Capitolo 12: *** Cody: il ginnasta damerino ***
Capitolo 13: *** Arlington pt.1 - Allenamenti impegnativi ***
Capitolo 14: *** Arlington pt.2 - Sfide e vecchi incontri ***
Capitolo 15: *** Saint Louis pt.1 - Un ospite importante ***
Capitolo 16: *** Saint Louis pt.2 - Paure traditrici ***



Capitolo 1
*** Courtney: la ginnasta scheggia ***



COURTNEY

Età: 18
Esperienza: 16 anni
Specialità: Volteggio
Sottofondo musicale a corpo libero: Bellydance di Edvin Marton

-Sono sempre stata una persona molto attiva. Cercavo uno sport che mi desse soddisfazioni e l'ho trovato.-
Così dice Courtney Smith, campionessa nazionale per due anni consecutivi.
A due anni si iscrisse all'Accademia di Ginnastica Artistica di Ottawa e a cinque era già entrata nell'agonistica.
Oggi, tredici anni dopo, è il capitano della squadra canadese, e la sua camera ha più di sette mensole stracolme di trofei.
-Alcune volte ci penso e mi chiedo come ho fatto ad arrivare fin qui. Il fatto è che so sempre che cosa voglio e so anche come fare per ottenerlo. Il trucco è stringere i denti e non mollare, neanche dopo un insuccesso. Se dovessi scegliere tra l'essere triste e arrabbiarmi dopo una sconfitta sceglierei di arrabbiarmi. Ed  è quello che faccio.-
Courtney è come vetro infrangibile: niente e nessuno riesce a farla cadere a pezzi, niente e nessuno riesce a scoraggiarla, nemmeno una sconfitta, uno sbaglio, una caduta. È sempre pronta a fare del proprio meglio per ottenere quello che vuole.
-Sono una precisa, a cominciare dall'ordine del mio armadietto in spogliatoio e dai miei voti a scuola. Sbagliare è qualcosa che proprio non sopporto. A volte mi capita di prendermela per niente, ma non sono una cattiva persona. Mi serve del tempo per calmarmi e fare un po' d'ordine nella mia mente. Cerco di capire dove ho sbagliato, valuto la gravità dell'errore e penso a come posso fare per rimediare.-
Il carattere di una ragazza così determinata non è facile da gestire. Quasi tutti, in quel piccolo ambiente, la temono, spesso anche le sue stesse compagne, ma dall'altro lato l'ammirano perchè sanno che è la più fore della squadra. Molte volte è stata lei a portarla alla vittoria contribuendo a far salire il punteggio. Finora non si è guadagnata antipatie e va d'accordo con tutte. Grazie ai suoi successi nel mondo della ginnastica, a scuola è diventata popolare e talvolta capita persino che qualche ragazza o qualche ragazzo si fermi a chiederle di fare una foto con lei. A Courtney non dispiace un po' di notorietà, ma ha promesso a se stessa di non lasciarsi distrarre troppo. Nella vita ha due cose fondamentali su cui concentrarsi: sport e studio.
O almeno questi erano i suoi obiettivi principali. Poi ha conosciuto Duncan.
Frequentano insieme il corso di lettere e lui è a conoscenza della sua carriera di atleta. Non si può dire che stiano insieme ma si vede a un miglio che tra di loro c'è attrazione. Secondo Courtney, Duncan è un tipo a posto, a parte il suo carattere ribelle -che accomuna entrambi- e la sua fissa per il metal, e Duncan ha un debole per le ragazze atletiche. I due si vedono poco a causa degli impegni di Courtney, ma capita che a volte lui vada a trovarla in palestra: sono gli unici momenti in cui la ragazza si distrae e si dimentica del suo programma di allenamento, cosa che accade di rado. Sfortunatamente per lei, Duncan non può trattenersi molto poiché dopo appena cinque minuti di conversazione, il coach lo invita -per non dire costringe- ad andarsene. Così Courtney può continuare ad allenarsi, ma per quel giorno la sua testa è altrove, rivolta soltanto a quel ragazzo dagli occhi dannatamente belli.
-Se ho un nomignolo? Le ragazze mi chiamano Scheggia. Perchè nell'eseguire i miei esercizi sono veloce. Il fatto è che appena salgo in pedana o sugli attrezzi ci prendo gusto e niente può fermarmi. Sento l'adrenalina che sale ed è come se mi si accendesse un fuoco dentro. È il mio momento.-
Courtney non è molto snodata e nemmeno molto alta, e non le importa di fare bella figura con passi di danza o frivolezze del genere. Punta tutto sulla dinamica dei salti e sulla serie acrobatica, sulla velocità e sull'elevazione. Per questo ci vuole una notevole forza negli arti e lei ne ha da vendere. Le sue braccia e le sue gambe sembrano scolpite, e alcune ragazze a scuola invidiano il suo fisico mozzafiato.
È tutto frutto del duro lavoro di anni, e Courtney ci tiene a mantenersi in forma, tanto che molte volte si alza alle cinque del mattino per andare a correre, per poi tornare a casa, cambiarsi e andare a scuola.
Le quindici ore a settimana di allenamenti non le bastano. È così, a Courtney non basta mai nulla.
Non si accontenta mai dei suoi risultati: una gara è andata bene? Non importa, sarebbe dovuta andare ancora meglio!
Ma nessuno osa lamentarsi. Sono l'aggressività  e la determinazione che rendono Courtney la campionessa che è oggi.



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Capitolo 2
*** Izzie: la ginnasta spericolata ***


IZZIE

Età: 15
Esperienza: 12 anni
Qualità: Vivacità
Specialità: parallele asimmetriche
Sottofondo musicale a corpo libero: Spontaneous me di Lindsey Stirling

Isabella Douglas, chiamata da tutti Izzie, è una delle atlete più giovani della squadra. La sua storia non comincia all'Accademia di Ginnastica di Ottawa, a differenza delle sue compagne. Fin da piccola era sempre stata un po' spericolata e sempre in movimento: si arrampicava su qualunque cosa e si divertiva a fare le capriole più improponibili. A sei anni arrivò persino a lanciarsi dal ramo di un albero fingendo di essere al circo. Atterrò in piedi e tutta intera per pura fortuna. Da immaginarsi gli innumerevoli lividi e le altrettanto innumerevoli sbucciature. Ma Izzie si divertiva un mondo. 
A undici anni aveva imparato dei salti incredibili, e in quel periodo entrò nella squadra delle cheerleaders della scuola su consiglio della professoressa di educazione fisica. Era una squadra fantastica. Izzie non si era mai fatta tante amiche in una sola volta. Trascorse due anni tra pom pons, pigiama party, divise bianche e rosse e inni di incitamento alle partite di football che si tenevano nel cortile della scuola. Ma compiuti i tredici anni decise di lasciare la squadra per iscriversi all'Accademia: avrebbe dedicato completamente la sua vita alla ginnastica da quel momento in poi. Lei e le altre cheerleaders furono un po' tristi quando arrivò il momento di salutarsi, ma Izzie promise loro che si sarebbero riviste e si rallegrò: chissà quante altre amiche avrebbe conosciuto. La sua vita da ginnasta stava per cominciare.
-La ginnastica è l'antitesi dell'ordinario. Il mondo è molto più bello a testa in giù! Chi non ha mai provato non può capire. La gente che abitualmente cammina con i piedi a terra non comprenderà mai l'emozione che si prova camminando sulle mani. È qualcosa di nuovo, di diverso da ciò che si fa tutti i giorni. È per questo che mi piace tanto.-
Oggi Izzie fa parte della squadra canadese e ha già partecipato a qualche gara, ma non ha ancora ottenuto un primo posto. Intende combattere per arrivarci, perchè sa che le porterebbe grande soddisfazione. 
-È difficile descrivere cosa si prova a sentirsi cadere nel vuoto anche solo per pochi secondi. Hai paura, ma allo stesso tempo ti senti incredibilmente su di giri e provi quasi una sensazione di libertà. 
Volare? Un giorno credevo di riuscirci. Ho preso più rincorsa del dovuto e ho ruotato in aria per quattro volte invece di tre. Com'è andata a finire? Beh, mi sono rotta il braccio sinistro, ma adesso è doppiamente snodabile, anche al contrario!-

Izzie sembra non avere paura di niente, nemmeno dell'alta percentuale di infortuni dello sport che pratica. In realtà non è così: è perfettamente consapevole del fatto che basta un niente per finire in ospedale con le ossa rotte. Ma per esorcizzare la paura sdrammatizza ogni volta che può. È una ragazza che ama scherzare, socievole, solare e sempre pronta a ridere.
-Ho inventato io il soprannome di Courtney. Cerco sempre di farla sorridere un po' dato che è sempre tanto seria. Penso che alcune volte, quando sente quel nomignolo da me, mi frantumerebbe volentieri una trave sulla testa, ma... non lo farebbe mai. Siamo pur sempre compagne di squadra e ci vogliamo bene.-
Il suo elemento preferito è il Tarzan alle parallele asimmetriche. Dice che adora immedesimarsi nel Re delle Scimmie, e le sue ridono a crepapelle ogni volta che la vedono provare l'elemento con tanto di grido annesso.
Izzie se la cava molto bene in tutte le specialità: è agile, energica e frizzante, e se la si guarda mentre saltella nel suo body verde fluo e nel suo codino di capelli rossi pare di vedere un fuoco fatuo.
-Una volta ho voluto testare le mie capacità e ho eseguito dieci salti mortali tutti di seguito. Il coach ce li fa fare tutt'ora in allenamento. Alcune si fermano prima, ma io niente affatto. Se necessario ne faccio anche quindici. Se mi gira la testa? No, oramai non più.-
Ma Izzie non si preoccupa solamente di ridere e giocare. Capita che anche lei senta la tensione prima di una gara, e in quei momenti sa mettere da parte il suo lato comico e concentrarsi per dare il meglio.
Tanta passione, tanta energia e tanta allegria: questa è Izzie, che ha saputo dare alle sue compagne di squadra un insegnamento molto importante, forse fondamentale nella ginnastica: divertirsi.



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Capitolo 3
*** Heather: la ginnasta dell'eleganza ***


HEATHER


Età: 17
Esperienza: 13 anni
Qualità: Eleganza
Specialità: Corpo Libero
Sottofondo musicale a corpo libero: Gypsy di Ronan Hardiman

-L'ho detto e ridetto: non ho problemi ad apparire in televisione durante le gare. Lo so che vengo bene. Non mi agito nemmeno più di tanto. Sono un'atleta di un certo livello, per me è del tutto normale ottenere punteggi alti. Ho vinto più medaglie di quante potessi mai sognarne, e sono certa che molto presto ne arriveranno altre.-
Heather Stone è una delle ginnaste più belle ed aggraziate dell'Accademia di Ottawa. Per lei fare bella figura in gara è tutto. Si sa che i giudici, oltre agli esercizi valutano anche la grazia e la bellezza: una ginnasta che si presenta truccata e pettinata male avrà certamente meno potenziale di una ginnasta che si presenta ben truccata e ordinata. Heather non rinuncia mai ad essere perfetta, in campo gara come in qualunque occasione.
-Sono cresciuta in una famiglia di atlete: ho due sorelle più grandi; la maggiore è una ballerina, quella di mezzo una ginnasta ritmica. Sono state loro a insegnarmi tutto. Io avevo quattro anni, quando loro iniziarono ad esibirsi davanti ad un pubblico. Mancavo soltanto io, ma non volevo seguire l'esempio di nessuna delle due. Ho deciso di prendere una strada diversa.-
Heather possiede una sensualità e un'eleganza rare, da fare invidia alle ballerine di teatro, che senza dubbio ha ereditato dalle sorelle maggiori. Ha un corpo da urlo e ne va fiera, oltretutto è la più flessibile di tutte: la sua massima apertura di gambe raggiunge circa i 195°, ed è come se avesse due ali. Per questo il suo elemento forte è l'enjambè, o spaccata in aria, con cambio o con cambio ad anello -cioè quando la gamba che in spaccata sta dietro, si piega per cercare di raggiungere la testa con il piede-, che eseguito da lei fa una splendida figura.
Le altre ginnaste dell'Accademia la ammirano, ma sono riuscite a trovarle anche qualche difetto. Uno di questi è forse quello di essere un po' troppo orgogliosa di se stessa, causa per cui all'inizio si era guadagnata qualche antipatia.
Dopo tanto tempo passato insieme, le ragazze hanno imparato a conoscerla meglio e sanno che sa essere una buona amica, e che nella ginnastica mette tutta se stessa. L'unica cosa che a volte ancora le rimproverano è una punta di perfidia.


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Capitolo 4
*** Gwen: la ginnasta fantasma ***


GWEN

Età: 17
Esperienza: 10 anni
Qualità: Scioltezza
Specialità: Corpo Libero
Sottofondo musicale a corpo libero: Born Of The Night di Nox Arcana

Anche la carriera di Gwen non cominciò all'Accademia di Ginnastica. Aveva cinque anni, quando i suoi genitori la portarono per la prima volta a lezione di danza classica. Era una bambina molto timida e volevano che socializzasse.
-Ricordo che all'inizio fu orribile, ballare non mi piaceva. Ci facevano indossare delle scarpe tanto strette che era come avere i piedi incastrati in trappole per topi. Dovetti abituarmi in fretta.-
Alla scuola di danza era un compositore a suonare durante le lezioni. L'unica sala che c'era, disponeva di un magnifico pianoforte a coda le cui note incantavano ogni ascoltatore.
-Passò un po' di tempo prima che scoprissi di amare il suono di quel pianoforte. La musica era così dolce che presto scoprii addirittura che danzare era ciò che avrei sempre voluto fare. Proprio così: avevo scoperto una passione.-
A volte non si ha idea del perchè ci si appassiona a qualcosa che prima si odiava tanto. A volte non c'è un perchè, accade per caso. Gwen sembrava aver trovato lo sport della sua vita, ma poi qualcosa cambiò.
-La mia famiglia mi sosteneva sempre e mi incoraggiava a continuare con la danza poiché ero diventata brava. Ma un giorno mio padre disse che ero diventata elastica e che volendo avrei potuto darmi alla ginnastica! Non mi sembrò una cattiva idea, e volli provare. Beh, se la ginnastica non mi avesse fatto una buona impressione ora non sarei qui.-
Così a sette anni Gwen abbandonò la danza e si iscrisse all'Accademia di Ginnastica di Ottawa. Durante i primi anni non parlava molto con le sue compagne, ma si dava da fare e si allenava duramente, e ben presto gli allenatori si accorsero del suo talento. Per questa ragione, quando compì dodici anni ed entrò nell'agonistica, si fece una rivale: Heather, che aveva la sua stessa età ed era sempre stata considerata una delle più brave, e che ora temeva di essere rimpiazzata.

Oggi, che sono in squadra insieme, si può dire che abbiano imparato a convivere, anche se a volte si punzecchiano a vicenda. Da un lato questa rivalità fa sì che entrambe impieghino tutta la loro buona volontà per migliorarsi. Quando però arriva il momento di gareggiare contro altre squadre non badano più a cercare di battersi a vicenda, ma fanno gioco di squadra e uniscono le forze per sbaragliare le avversarie.
-Le persone a cui sono più legata? Beh, posso dire che Courtney sia la mia migliore amica. Nei primi tempi all'Accademia c'è stata subito intesa, tra noi. Lei si allenava qui già da sei anni e io ero ancora alle prime armi. Ma è stata proprio lei ad aiutarmi a superare le prime difficoltà, e lo fa ancora oggi.-
Il talento di Gwen l'ha portata a ottenere molti successi a livello regionale e nazionale tra cui anche qualche primo posto a corpo libero. È la specialità in cui Gwen si esprime al meglio, senza uno staggio tra le mani o dieci centimetri scarsi di legno sotto i piedi. Ci sono soltanto lei, il suo talento e la sua personalità. Gwen è dotata di un'incredibile scioltezza nei movimenti, in parte acquisita con la danza, che dà quel tocco di espressività in più alle sue performance. Passa da un movimento all'altro con estrema facilità, e talvolta pare come una marionetta, una bellissima e agile marionetta dalla pelle di porcellana, appesa al cielo e mossa da fili invisibili. Oltretutto Gwen ha uno stile davvero particolare: quasi tutte le ginnaste adorano i vestiti e i body colorati; lei no. Il nero è il colore del suo mondo. I suoi capelli sono neri, così come gli occhi, la sua tenuta da allenamento, i body, le sue vecchie scarpine da punta di danza.
Se la si osserva bene, anche nel suo modo di fare ginnastica si può notare uno stile diverso, che rispecchia appieno il suo carattere piuttosto serio ed introverso: i movimenti sembrano quelli di una triste danza funebre. Una triste, emozionante, coinvolgente danza funebre.
-La ginnastica è emozione. Con la ginnastica esprimo quello che non so dire a parole. Può essere rabbia, tristezza, gioia. Con la ginnastica posso essere me stessa.-
Tutti sanno che Heather è la più elastica della squadra, ma anche Gwen non scherza: è così sciolta di schiena che se, partendo da ferma a pancia in giù, si piega il più possibile all'indietro mantenendo le gambe a terra, riesce a raggiungere il fondoschiena con la sommità della testa.
-Ci hanno allungato, piegato e stirato come pasta per il pane. Gli allenamenti di danza non erano niente in confronto a ciò che dobbiamo sopportare oggi.-
La ginnastica ha aiutato Gwen a diventare un più sicura di sè, soprattutto a scuola. Si è fatta molti amici e sì, da poco si è anche fidanzata. Lui si chiama Trent e ha una passione per il canto. Forse un giorno Gwen lo vedrà su un palco, come un giorno lui la vedrà gareggiare. Il ragazzo aspetta ancora l'occasione di vederla in campo gara, dato che non ha mai potuto farlo. La immagina sul gradino più alto del podio con una medaglia d'oro al collo, mentre sorride emozionata.
-Io e gli attrezzi andiamo d'accordo, tuttavia gli unici che forse mi recano più difficoltà sono la trave e le parallele. Ho un problema che mi perseguita da quando ho cominciato a fare ginnastica e che non sono ancora riuscita a risolvere pienamente: soffro di vertigini, specie quando sono nervosa e devo salire sugli attrezzi alti. Credo di avere avuto il trauma quando qualche anno fa sono caduta dalla trave. È l'attrezzo su cui parecchie delle mie compagne si trovano più a loro agio, ma non io. Lo ammetto: ne ho una paura folle.-
Quante volte, Gwen è caduta dalle parallele; quante volte, ha perso l'equilibrio sulla trave; quante volte si è scoraggiata; quante volte, ha pensato di mollare tutto. Ma alla fine, dopo ogni caduta si è sempre rialzata, ha sempre ritrovato l'equilibrio, ha sempre ritrovato la motivazione grazie al sostegno dei suoi amici, ha sempre ritrovato il sorriso.
Denti stretti, concentrazione e tanto impegno: questo è il suo segreto. Gwen ha iniziato a fare ginnastica per gioco, ma con il tempo ha capito di non poterne più fare a meno, e ne ha fatto uno scopo di vita. Le sue compagne, i suoi amici e le persone che l'amano se la tengono stretta perchè è una persona rara. Forse un po' tetra, forse un po' chiusa, ma tanto dolce e sensibile come pochi sanno essere.


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Capitolo 5
*** Jo: la ginnasta combattente ***


JO



Età: 20

Esperienza: 17 anni
Qualità: Precisione
Specialità: Trave

Joanne, chiamata da tutti Jo, è la più grande delle atlete dell'Accademia di Ginnastica di Ottawa. Fin da piccola aveva le idee chiare su cosa avrebbe voluto fare da grande, finchè un'inaspettata decisione le fece cambiare idea.
-Ho sempre avuto un interesse particolare per gli sport maschili. All'asilo ero l'unica femmina che si divertiva facendo due tiri a pallone con gli altri maschi. Ero arrivata a pensare di voler entrare in una squadra di calcio femminile. Quando lo dissi ai miei genitori, ricordo che non furono d'accordo. Quel giorno continuarono a discutere per ore: mia madre avrebbe voluto che praticassi uno sport più femminile; mio padre sosteneva che sarebbe stato giusto lasciare decidere a me. Per fortuna giunsero a un compromesso: avrei praticato uno sport che fosse stato praticabile da tutti. Così la scelta cadde sulla ginnastica.-
Jo fu la prima ad entrare all'Accademia e a passare subito all'agonismo. Si fece un'idea della ginnastica solo dopo qualche settimana di allenamenti. Realizzò che non le faceva poi tanto schifo allenarsi per acquisire forza e precisione. Ogni salto riuscito era un'iniezione di autostima e di sicurezza, e Jo amava queste sensazioni.
-Il primo impatto con la ginnastica fu strano. Era uno sport che non conoscevo, ma pian piano mi ci abituai. Non seppi subito dire se mi piaceva oppure no. In un modo o nell'altro me lo sarei fatto andare bene. La regola principale per i miei genitori era ed è: “Vietato poltrire!”-
Jo è la più matura della squadra: sa calmare le acque quando tra le sue compagne sta per scatenarsi la guerra, sa accettare le critiche, ha bene in mente quali sono i suoi compiti e non esita ad obbedire quando le viene richiesto qualcosa. Ha un carattere forte e sprezzante del pericolo.
-Io e la mia compagna di squadra Courtney siamo molto simili. Entrambe siamo forti, determinate e se c'è una cosa che non sopportiamo è sbagliare. L'unica differenza tra noi è che io non mi oppongo alle critiche. Non c'è ragione di prendersela. Se nessuno ci facesse notare i nostri errori non miglioreremmo mai. Quando non ottengo il risultato che mi aspettavo non me la prendo più di tanto. O quasi...-
La vera differenza tra Courtney e Jo sta nel fatto che Jo, per certi aspetti, è molto più fragile della sua compagna, anche se non lo ammetterebbe nemmeno sotto tortura. Dopo una sconfitta si scoraggia facilmente a differenza di Courtney, che va su tutte le furie e se la prende con se stessa e con gli altri. La capacità di Jo sta nel nascondere la delusione sotto una maschera di indifferenza che quasi nessuno è in grado di strapparle di dosso.
L'unico che ci riesce è il suo migliore amico. Si chiama Brick, e non frequenta la sua stessa scuola. Lui sta a Montrèal, ma ha dei parenti a Ottawa e spesso trasloca nella capitale canadese per qualche giorno. Se Jo non è in trasferta per le gare riescono a vedersi e a passare del tempo insieme. Brick sembra essere l'unico a capirla e a vedere al di là di quella scorza dura che Jo porta attorno al cuore.

La specialità di Jo, per eccellenza, è la trave. È un attrezzo che richiede la massima precisione, poiché i movimenti devono essere contenuti in dieci centimetri di spazio. Jo conosce alla perfezione la tecnica di ogni elemento, ed è raro che perda l'equilibrio o che esegua salti imprecisi o sbilanciati.
Essendosi allenata all'Accademia per più tempo rispetto alle sue compagne di squadra, ha avuto modo di aumentare la difficoltà degli esercizi e di aggiungere elementi al suo repertorio di base.
-Non si finisce mai di imparare. Più è alta la difficoltà, più è alto il punteggio di partenza. Se ho a che fare con un nuovo elemento mai provato prima, lo affronto senza problemi. Ci vuole del tempo, ma alla fine riesco a padroneggiare qualsiasi salto. I cambiamenti e le novità non mi spaventano. Io non tempo gli attrezzi, loro temono me.-
Jo è disposta a qualsiasi sacrificio, pur di essere la migliore. Tuttavia non sa se la sua carriera da ginnasta durerà ancora a lungo, per cui cerca meglio che può di godersi gli ultimi anni nella squadra. Presto arriverà il momento di farsi da parte e lasciare il posto a nuove aspiranti campionesse.
-Spero tanto di diventare un modello per le nuove allieve di ginnastica. Sarebbe bello sapere che gli sforzi verranno ripagati in questo modo. Non so che cosa farò dopo che la mia carriera agonistica sarà finita. Credo che non riuscirò a stare lontana dalla ginnastica. Molto probabilmente lavorerò come coach. Insegnerò ad altre ginnaste ad essere coraggiose come lo sono io e ad affrontare sempre le difficoltà a testa alta. E quando saranno diventate campionesse e si ricorderanno di me, potrò dire di essere fiera di loro come lo sono oggi di me stessa.-


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Capitolo 6
*** Dawn: la ginnasta libellula ***


DAWN


Età: 14

Esperienza: 11 anni
Qualità: Leggerezza
Specialità: Trave
Sottofondo musicale a corpo libero: Celtic dream di Ronan Hardiman


Il percorso di Dawn nel mondo della ginnastica comincia con la ritmica. Accade spesso che alcune ragazze scelgano di passare da una disciplina all'altra, come chi passa dalla danza alla ritmica o dalla ritmica all'artistica e viceversa. Anche Dawn dice che è importante distinguere le due discipline dato che sono completamente diverse.
-La ginnastica è arte, in tutte le sue forme. Mi permette di esprimere le mie emozioni solo con l'aiuto del corpo, come farebbe un pittore con un pennello, una tela e una tavolozza. Ho praticato entrambe le discipline e mi sono resa conto di quanto la ritmica sia tanto più bella quanto più complicata dell'artistica. Richiede un'elevatissima coordinazione, molto più di quella che serve nell'artistica. Dopo qualche anno nella squadra ho capito che ne avevo abbastanza di nastri e clavette. Volevo provare qualcosa di nuovo.-
Così a otto anni Dawn entra a far parte dell'Accademia di Ottawa. La ginnastica artistica è tutto un altro mondo, fatto di danze e giravolte ma anche di salti difficilissimi e piuttosto pericolosi.
-Ogni giorno praticando questo sport sfidiamo le leggi della fisica, della dinamica e della gravità, e preghiamo ogni giorno che la gravità stessa non ci uccida. Non si sa mai che può succedere. È  così, l'artistica è molto più pericolosa rispetto alla ritmica. Non hai solo una pedana dove esibirti, ma altri tre attrezzi da cui potresti cadere e su cui potresti farti molto male se non sei concentrata al massimo. Oltretutto gli elementi sono molti di più e saltando raggiungi perfino i tre metri d'altezza. E non sono pochi.-

Dawn è come una farfallina. Tra le sue compagne è la più minuta, oltre ad essere la più giovane. Inoltre ha un altissimo senso dell'equilibrio e una leggerezza nei movimenti tale per cui guardandola fare ginnastica verrebbe da chiedersi se le fate esistano davvero. Pare quasi che non tocchi terra. Lei stessa dice che ha imparato a muoversi con tanta grazia e leggerezza osservando le farfalle, i suoi insetti preferiti. Probabilmente avrebbe voluto essere una di loro, ma visto che così non è, non le resta che imitarle. Veste quasi sempre di azzurro, il suo colore preferito, che le ricorda ogni giorno che il cielo è il suo limite, è ciò a cui punta e non la spaventa.
Dawn ha imparato a fare della ginnastica un'arte che le permette di sentirsi in armonia con anima e corpo. La sua è una filosofia particolare. La ginnastica è sinonimo di armonia.
-Noi ginnaste ci sosteniamo sempre a vicenda e cerchiamo il più possibile di andare d'accodo tra noi. Anche nella squadra deve esserci armonia, non solo nei nostri esercizi. Sappiamo perfettamente chi è più forte dell'altra, anche se ogni tanto qualcuna se ne dimentica. Nonostante questo abbiamo una regola precisa: non mollare mai.-
Dawn è molto timida e non ama stare al centro dell'attenzione. Se riceve un complimento arrossisce subito. Tuttavia si è fatta più amici di quanti ne immaginasse, e questo l'ha aiutata a diventare più sicura di se. Sa che le sue amiche la sostengono sempre durante le gare e non ha paura di sbagliare, perchè sa che potrebbe capitare a chiunque.
-L'Accademia è una vera gabbia di matti. È qui che ho incontrato quella che oggi posso definire la mia seconda famiglia. Ci sono tutti, dalle persone più adorabili a quelle più prepotenti. Qui ho conosciuto le mie migliori amiche ma anche i miei migliori amici. Sto parlando dei ginnasti che si allenano con noi! Sono uno più buffo dell'altro. Noi ragazze ci divertiamo sempre a osservare i loro esercizi e a volte ci improvvisiamo giudici assegnandogli un voto. Ogni volta è uno spasso. Finchè il coach non ci ordina di tornare al nostro lavoro, pena l'espulsione dalla squadra...-

Unita a quegli occhi celesti, a quei folti capelli biondi e a quel corpicino minuto c'è tanta sensibilità ma anche tanta determinazione. Finora Dawn ha partecipato soltanto a competizioni regionali, ma presto arriverà anche per lei il momento di esordire in gare più importanti a livello nazionale. Ha lottato per un posto nella squadra, l'ha ottenuto e non intende lasciarselo sfuggire. Saprà stupirci?



VOLTA PAGINA PER CONOSCERE I GINNASTI!

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Capitolo 7
*** DJ: il ginnasta cocco di mamma ***


DJ

Età: 18
Specialità: Corpo Libero

Devon Joseph, chiamato da tutti DJ, è un adorabile ragazzone afro-canadese nonché un affettuoso cocco di mamma con la passione della ginnastica, trasferitosi a Ottawa per allenarsi all'Accademia.
Non è sempre facile vivere lontano da casa, e per non sentirsi solo ha deciso di andare a vivere in un appartamento dividendolo con i suoi due migliori amici nonché compagni di squadra.
Ogni sera, dopo gli allenamenti e i compiti, non dimentica mai di fare una telefonata a mamma per aggiornarla sulle ultime novità a scuola, sulle gare in programma, sui progressi fatti nella ginnastica e soprattutto per dirle quanto le vuole bene e e quanto tutta la sua famiglia -a cui è molto, molto legato- gli manchi.

Oltre alla ginnastica, DJ coltiva un'altra passione: la cucina! Sa preparare manicaretti deliziosi di cui ovviamente tutti i suoi amici vanno ghiotti. È sempre un peccato dover resistere ai suoi pasticcini per non rischiare di prendere peso. Dopotutto nella ginnastica rimanere in forma è più che importante.
Lui stesso è golosissimo e la sua mamma lo sa bene, tant'è che spesso gli manda i cioccolatini fatti da lei per ricordargli che la sua famiglia gli è sempre vicina ed è fiera dei suoi suoi successi.

Una delle più grandi ambizioni di DJ è vincere una medaglia d'oro all-around, il premio per aver ottenuto il punteggio più alto della gara su tutti e sei gli attrezzi maschili: volteggio, sbarra, cavallo con maniglie, corpo libero, anelli e parallele simmetriche.
DJ ha un grande talento, è preciso nei movimenti e sa essere perfino aggraziato ed espressivo, quasi come un ballerino! Questa sua grande qualità gli permette di fare sempre un'ottima figura davanti alle ragazze, al coach, ai giudici di gara e a mamma, che lo guarda sempre alla TV da casa.
Tutti sono amici di DJ, in palestra e a scuola. È studioso e simpatico, ama aiutare gli altri e sa dare ai suoi amici preziosi consigli per superare i loro momenti di difficoltà.

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Capitolo 8
*** Tyler: il ginnasta imbranato ***


TYLER



Età: 19
Specialità: Cavallo con maniglie



È da quando era nella culla, che Tyler manifesta una forza incredibile. Frantumava quasi tutti i suoi giocattoli solo con la forza dei denti, e alla prima lezione di pianoforte dovette dire addio a un paio di tasti. Se la sua famiglia lo vedesse oggi si renderebbe senz'altro conto che non era portato per il piano.
Ma ne siamo sicuri?
La ginnastica trasmette a Tyler tanta energia, e lo fa sentire il campione del mondo. Ma non è sempre così: il ragazzo è un grande atleta, alto, bello, muscoloso, veloce e scattante, ma è in assoluto il più imbranato e goffo della squadra.
Cade circa sette volte su dieci tentativi e rischia sempre di farsi male. Fortunatamente non ha mai subito gravi infortuni, se l'è sempre cavata con qualche livido.
Spesso si lascia abbattere, specie quando gli allenamenti sono un fiasco, ma i suoi amici sono sempre pronti a consolarlo.
Talvolta viene da chiedersi se non sarebbe stato meglio fargli prendere lezioni di piano.
Ma Tyler non ha intenzione di mollare e di andarsene dall'Accademia. La sua vita è lì, ha i suoi amici, la scuola, la sua squadra. La ginnastica è ciò che lo rende felice, malgrado le sue difficoltà. La sua goffaggine e i suoi capitomboli divertono tutti, in palestra, ma, che ci crediate o meno, sa anche stupire il coach con arrivi perfetti!

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Capitolo 9
*** Mike: il ginnasta strampalato ***


MIKE



Età: 16
Specialità: Anelli

Mike, fin da ragazzino, è sempre stato un po' strambo. Vi erano giorni in cui si comportava normalmente e altri in cui non sembrava se stesso. Diceva di chiamarsi con altri nomi e ne inventava di quanti più insoliti ne esistano. Un bel giorno gli venne diagnosticato il disturbo dissociativo dell'identità, un disturbo psicologico che porta una o più personalità a prendere il controllo del comportamento della persona affetta. Mike aveva dieci anni quando disse per la prima volta ai suoi genitori che una certa Svetlana era entrata nella sua testa. Questa personalità era nientemeno che una donna, secondo Mike una figura astratta e simbolica che incuteva in lui un desiderio sfrenato di correre, saltare, danzare, volteggiare, stare a testa in giù e fare tante altre acrobazie. Fu grazie a questa seconda personalità, che Mike scoprì la ginnastica.
Il suo disturbo di personalità non è grave, infatti è stato quasi completamente curato. Ancora oggi a volte la personalità di Svetlana prende il sopravvento, ma non comporta cambiamenti nel carattere di Mike o nel suo atteggiamento. Essa non è altri che una rappresentazione simbolica della grande passione che Mike nutre per la sua ginnastica, nonché dell'emozione che questa sa regalargli. È la personalità che si manifesta quando ogni mattina il ragazzo arriva in palestra motivato più che mai ad allenarsi a fare ciò che ama di più; quando è fiero di se stesso; prima di un'esibizione di gara; quando riceve un incoraggiamento; ad ogni salto.
Mike non può far altro che essere grato alla Svetlana che sta sempre nascosta in un angolo della sua mente, per avergli donato tanta motivazione e tanta passione, e per avergli permesso di inseguire il suo sogno.


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Capitolo 10
*** Alejandro: il ginnasta latin lover ***


ALEJANDRO


Età: 17
Specialità: Anelli


Alejandro è il belloccio della palestra; quasi tutte le ginnaste dell'Accademia gli sbavano dietro e le più estroverse osano anche flirtarci un po'. Non c'è ragazza che non ami osservarlo dall'inizio alla fine dell'allenamento, e il che è più che comprensibile perchè oltre a essere bello è anche bravo! È uno dei migliori e lui stesso ne è consapevole, ma è un ragazzo molto umile a differenza di qualcun altro in palestra.
Anche Alejandro proviene da una famiglia di atleti e ha ereditato dai suoi fratelli un fisico scolpito, un portentoso equilibrio e una grande agilità. È stato per due volte campione regionale e una volta campione nazionale, ed è stato nominato capitano della squadra maschile.
È originario di Cordoba, Argentina, e il suo accento spagnolo ha un fascino magnetico capace di attrarre le ragazze come calamite.
Non si ferma davanti a niente e nessuno, ed è disposto a tutto pur di salvaguardare la sua reputazione di miglior ginnasta dell'Accademia.

Ha soltanto un punto debole: è alta circa 1.65cm, ha i capelli neri, due gambe da sogno, veste di rosso e si allena in palestra con lui: Heather.
La sua sola presenza in palestra è capace di fargli perdere la concentrazione e, ogni tanto, le occhiatine provocatorie che gli lancia lo mandano completamente in tilt.
Il loro passatempo preferito è battibeccare su chi dei due sia il migliore dell'Accademia, non tenendo mai conto della diversità tra le due discipline, la ginnastica maschile e quella femminile.
Alejandro ne esce sempre sconfitto. Lei è così bella... e chi oserebbe mettere in dubbio le sue doti? Lui è innamorato pazzo, mentre Heather si ostina a nascondere la gelosia nel momento in cui lo vede flirtare con altre ragazze.
Se solo riuscissero a mettere da parte l'orgoglio per un giorno, realizzerebbero finalmente quanto si piacciono l'un l'altro e avrebbero entrambi l'onore di essere riconosciuti come i migliori ginnasti dell'Accademia, senza bisogno di ricorrere alle loro solite inutili guerriglie fatte di occhiatacce, ironia e insulti a denti stretti.

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Capitolo 11
*** Lightning: il ginnasta senza cervello ***


LIGHTNING


Età: 20
Specialità: Anelli

Sbruffone, strafottente e presuntoso, Lightning è il secondo belloccio della palestra dopo il suo collega Alejandro, con la differenza che è molto più scontroso e vanitoso di lui.
Durante gli allenamenti non fa altro che fare l'esibizionista, baciarsi i bicipiti e prendere in giro i meno bravi. Poi quado cade di faccia tutti ridono di lui, e ben gli sta.
Del resto non si può dire che non sia un bravo ginnasta: si allena duramente per cinque ore al giorno ed è sempre molto attivo, tranne quando decide che non ha voglia di lavorare e preferisce schiacciare un pisolino tra i tappeti di gommapiuma.
È il ragazzo che finora si è beccato più strigliate da parte del coach. Ciò che irrita di più è il suo comportamento arrogante e il suo credersi migliore di tutti. Ama mostrare a tutti quanto è bravo e vantarsi dei suoi successi. 
Probabilmente ricerca tutte queste attenzioni -ora come da piccolo- a causa del fatto che i suoi genitori sono sempre stati piuttosto impegnati per lavoro e non hanno mai trascorso molto tempo con lui.
Non hanno nemmeno mai potuto andare a vedere il loro campione alle gare.
Lightning spera sempre di vederli sugli spalti a tifare per lui. Gli hanno promesso più e più volte di venire, chissà se un giorno manterranno la parola.

In palestra Lightning non si lascia distrarre facilmente, ma da qualche anno a questa parte qualcuno attira spesso la sua attenzione: si sa che i ragazzi non si stancano mai di sbirciare le ragazze mentre si allenano e, fra tutte, Lightning è rimasto particolarmente affascinato da Jo: per certi versi la ragazza è molto simile a lui, soprattutto caratterialmente: anche lei tiene molto a dimostrare di essere la più forte, di essere la migliore in tutto, anche se è raro che si vanti delle sue capacità. 
Lightning ammira da sempre il fatto che Jo cerchi sempre di sfidare se stessa e che non abbia paura di niente, e il ragazzo cerca sempre di prendere esempio da lei.
Non osa mai fare il prepotente con lei perchè sa che se lei volesse potrebbe benissimo rispondergli a tono, spiazzandolo, o, se necessario, fargli del male.
Non ammetterebbe mai di essersi preso una piccola cotta per lei, ma in ogni caso non ci sarebbe speranza per loro.
Brick non può competere con Lightning. Jo è molto legata a lui, e lui la capisce davvero.
I due atleti continueranno a essere buoni amici. Certo, alcune volte ancora oggi vola qualche sinistro, specie da parte di Jo, ma non c'è da aver paura che si scannino. È il loro modo di conversare, come due buoni amici.

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Capitolo 12
*** Cody: il ginnasta damerino ***


CODY

Età: 16
Specialità: Sbarra

L'ultimo -ma non meno importante- membro della squadra di ginnastica maschile è Cody Emmett Jameson Anderson, per gli amici Cody.
È il più giovane e il più mingherlino del gruppo. Non sarà un palestrato con gli addominali d'acciaio ma è il più agile di tutti, il che gli dà un enorme vantaggio negli esercizi.
Ha solo dieci anni d'esperienza, molti di meno rispetto ad alcuni suoi compagni, ciò nonostante nella sua carriera di ginnasta ha avuto l'onore di ricevere ben quattro medaglie d'argento.

È ubbidiente e impara velocemente, ama scherzare e far ridere le ragazze.
Non si può dire che ami altrettanto la scuola: ce la mette tutta, ma a volte studiare proprio non fa per lui. Preferisce di gran lunga fare ginnastica, ciò a cui vuole davvero dedicare la sua vita.
È molto più facile un triplo salto raccolto di una divisione a due cifre!


Cody condivide un appartamento in città con i suoi due migliori amici, Tyler e DJ. Quanto se la spassano insieme! Gustano i manicaretti di DJ, si sfidano ai videogames, sono tanto spericolati da fare ginnastica in casa e non fanno che parlare di sport e ragazze. Quando è inevitabile, decidono di riunirsi attorno al tavolo per fare i compiti e ripassare insieme le lezioni.


Si sa che i ragazzi sono a dir poco esuberanti e a volte dei veri birbantelli, in special modo Cody, che talvolta escogita la brillante idea di nascondersi e sbirciare le ginnaste in spogliatoio. Alcuni dei suoi compagni di squadra accettano il più delle volte di unirsi a lui in questa pericolosissima impresa. La maggior parte delle volte vengono colti in flagrante; vi lascio immaginare le conseguenze.

Ma aspettate a giudicare, Cody non è solo un ragazzino un po' pervertito come sembra. Sotto sotto è nascosto un gran romanticone.
Ebbene sì, il nostro Cody ha una cotta segreta. Per chi altri potrebbe essere se non per Gwen, la bella e tenebrosa fata dalla pelle bianca come il latte?
Cody ci ha provato tante volte ma è sempre stato respinto. Si è fatto una ragione, sa che la sua fiamma ha occhi solo per Trent, il suo ragazzo. 
Ad ogni modo Gwen ha sempre trovato un buon confidente in Cody e lo considera un fantastico amico; le volte che ha rifiutato le sue avances non lo ha fatto certo con cattiveria.
Cody si è comunque promesso di non lasciarla mai andare. Si è promesso si essere un buon amico per lei, nonché un buon compagno di avventure nel mondo della ginnastica, e di starle sempre accanto nei momenti più bui. 

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Capitolo 13
*** Arlington pt.1 - Allenamenti impegnativi ***


-Oh, no, ho preso un'insufficienza!- esclamò Cody reggendo il compito di storia che gli era appena stato consegnato.

Mancava soltanto un quarto d'ora all'uscita da scuola e, fuori, la città soleggiata era più invitante che mai. Erano i primi di maggio e benchè fosse presto, a scuola già si respirava l'atmosfera tipica degli ultimi giorni. Il corridoio era affollato di studenti e accanto agli armadietti appena fuori dall'aula di calcolo una decina di compagni di classe chiacchieravano animatamente.

-Non te la prendere, ce ne saranno altri di compiti di storia.- disse Gwen, cercando di consolare l'amico. -Se può farti sentire meglio nemmeno io e Leshawna siamo state brillanti.-
-Puoi dirlo, ragazza...- disse, mogia, una ragazzona dalla pelle scura con una coda di cavallo formata da minuscole trecce e due grandi cerchi argentei ai lobi.
-Non ho avuto il tempo per studiare, io e i ragazzi siamo stati impegnati con gli allenamenti. Tra due settimane avremo la regionale!- esclamò Cody.
-Anche noi siamo nella stessa situazione.- disse Courtney, intromettendosi nel discorso. -Alla regionale di Arlington mancano due settimane e i coach ci stanno mettendo a dura prova. Pretendono il massimo.-
-Per non parlare delle interrogazioni che ci aspettano a fine semestre.- disse Gwen, scoraggiata.
-Vedrete, troveremo ugualmente il modo di divertirci.- disse Trent, con la custodia della sua chitarra sulle spalle. Gwen gli sorrise. Non vedeva l'ora che arrivassero finalmente le vacanze per poter stare sempre insieme a lui.
-Trent ha ragione. Dobbiamo tenere duro, manca poco alla fine della scuola. Ci penserò io a organizzare i festeggiamenti per l'estate come si deve. Saranno le vacanze più sballose della storia!- esclamò allegro un simpatico surfista biondo vestito con una bizzarra camicetta rosa: Geoffrey, per gli amici Geoff. Perennemente di buon umore, quel tipo riusciva sempre a strappare un sorriso a chiunque.
-Ragazze, mi dispiace dovervi interrompere, ma sono già le quindici meno dieci. Meglio andare, o faremo tardi in palestra.- disse ad un certo punto Heather, dopo aver dato un'occhiata all'orologio e aver preso la sua borsa dall'armadietto. Con un sospiro, anche Gwen, Dawn e Courtney raccattarono i loro zainetti e di prepararono a uscire.

Il trillo della campanella si udì nel corridoio e anche gli studenti di altre classi si sparsero per la scuola, diretti verso l'uscita. 
-Ci vediamo domani.- le quattro ragazze salutarono i loro compagni. 
Tra la folla udirono all'improvviso una voce squillante chiamarle e realizzarono che non poteva essere che la voce di Izzie, distinguibile tra mille.
Si diressero verso l'aula di biologia dove la loro compagna di squadra le stava aspettando.
Proprio in quel mentre nella direzione a loro opposta passò un gruppetto di cinque ragazzi che ridevano e scherzavano; tra questi, uno sembrò attirare particolarmente l'attenzione di Dawn, che arrossì non appena i loro sguardi si incrociarono. Era un ragazzo piuttosto alto, con i capelli rossi e le lentiggini, e aveva un sorriso malizioso ma attraente. Lui e Dawn frequentavano il corso di lettere assieme a Duncan e a Courtney, e capitava spesso che si scambiassero occhiate fugaci. Non avevano ancora trovato il coraggio di parlarsi. Anche in quel breve attimo il ragazzo smise di ridere con i suoi amici per posare chi occhi su di lei, che, intimidita, distolse lo sguardo e si portò i capelli biondi dietro l'orecchio. Gwen vide la scena e sorrise, complice, all'amica. 

-Com'è andata stamattina, ragazze?- chiese Izzie, allegra.
-Lasciamo perdere...- fece Gwen, per tutta risposta.
-Dov'è Jo? Ci sta aspettando in palestra come promesso?- chiese Heather. Izzie annuì e finalmente tutte quante si incamminarono verso la palestra.

(Heather) La routine di noi ginnaste è sempre la stessa ogni settimana. L'allenamento in palestra comincia alle tre precise, e io e le mie amiche facciamo sempre la strada insieme dopo scuola. Ci alleniamo tre ore al giorno per cinque giorni. La squadra maschile arriva in palestra un'ora dopo di noi. Se ci penso siamo fortunate: a loro spettano ben quattro ore di fatica.

(Courtney) Dopo l'allenamento torniamo sempre a casa sfinite. Se l'allenamento ha dato frutti siamo soddisfatte, se invece è stato un fiasco non lo siamo affatto. Ma tanto noi sappiamo già qual'è la regola. Fare sempre del nostro meglio.



***


Una dopo l'altra, le ragazze entrarono in spogliatoio, posarono gli zaini sulle panche e si affrettarono a cambiarsi e a legarsi i capelli.
-Ti prego, Jo. Con quella tuta non ti si può vedere.- disse Heather, acida.
-Pensa per te. Abbiamo allenamento, non una sfilata. Ora sbrighiamoci.- ribattè Jo.
Riconoscendo di essere stata forse un po' troppo diretta, Heather alzò gli occhi al cielo, dopodichè prese con se tutto il necessario e si trasferì con le altre nella palestra degli attrezzi.

(Izzie) Siete mai stati in una palestra di ginnastica artistica? La prima volta è un po' come entrare nel paese dell meraviglie. Sapete, dove tutto è possibile. Non conosci nessuno e vedi solo facce sconosciute, ma già sembra un posto magico. Puoi assistere già da subito a salti spettacolari di atleti professionisti. Ognuno fa il suo lavoro. In ogni angolo c'è qualcuno che volteggia in aria, e ti sembra di trovarti in una stanza priva di gravità.
La nostra palestra non è molto grande ma non è nemmeno una bettola. Ogni giorno vi entriamo e ci troviamo davanti all'immensa pedana del corpo libero, un quadrato bianco incorniciato di rosso; subito dopo ci sono le travi e, per finire, in fondo alla palestra ci sono le parallele e gli attrezzi maschili. C'è spazio per tutti.
Sul lato sinistro c'è il tumbling per la rincorsa del volteggio, sul lato destro c'è il trampolino elastico, la cosa più divertente in assoluto. È dove proviamo i salti prima di eseguirli in pedana. Atterriamo in un mucchio di cubotti di gommapiuma, così evitiamo di farci male.
Sul muro di fronte all'ingresso è affissa la bandiera canadese. Serve a ricordarci il paese che rappresentiamo. Così dice il coach.


In ogni palestra di ginnastica, ma in particolar modo all'Accademia di Ottawa, i coach sono le figure più importanti in assoluto, per le ginnaste, e vanno trattati con il massimo rispetto: senza di loro le ginnaste non sarebbero nemmeno considerate tali. I coach della squadra canadese sono due ed entrambi esigono obbedienza e disciplina. 

Prima fra tutti il temuto e severissimo allenatore Hatchet.
Il suo vero nome è Chef Hatchet ed è un ex militare nonché ex atleta olimpionico per tutti gli sport, compresa la ginnastica maschile. È un vero e proprio torturatore e ama infliggere pesanti punizioni a chi non rispetta le regole. Può costringere a fare cinquanta flessioni, cento addominali o venti verticali alle parallele, come può condannare un atleta ai lavori forzati in palestra a pulire e mettere in ordine.
Gli piace comandare a bacchetta i suoi allievi; quando arriva in palestra ogni giorno si aspetta di trovare le ginnaste pronte in riga e sull'attenti, quasi facessero parte del suo vecchio corpo militare. A volte è talmente schietto e severo con loro che riesce a demoralizzarle. Dice che se prima imparano a prendersi le loro responsabilità meglio è. Non accetta obiezioni o gente che batte la fiacca, chi si stanca o pretende una pausa si guadagna la reputazione di rammollito. Finora nessuno dei suoi allievi è mai riuscito a ribellarsi al suo caratteraccio.

Fortunatamente le ragazze hanno anche trovato un'amica e una preziosa confidente nella loro allenatrice e coreografa Mildred Stacey Andrews, chiamata da tutti Stacey. È bionda, sexy e soprattutto adorabile. Non si sognerebbe mai di torturare le sue ginnaste, ma al contrario si preoccupa di capirle e motivarle a dare sempre il meglio. Il rapporto tra lei e le ginnaste però non è sempre rose e fiori: in realtà anche Stacey è una precisa e vuole sempre le sue ragazze al massimo. Come il suo collega, non sopporta chi discute o batte la fiacca, e quando è necessario è costretta a schierarsi dalla parte del torturatore. Tuttavia a volte è divertente vedere i due coach accusarsi l'un l'altra di essere troppo o non abbastanza severo.



***


Un fischio assordante echeggiò nella palestra. Le ragazze si disposero in fila una accanto all'altra, al centro della pedana, in attesa dell'arrivo dell'allenatore Hatchet. Stacey era già arrivata e pronta per iniziare l'allenamento. Dal coach Hatchet era solito aspettarsi un ingresso teatrale.
-Molto bene, signorine. Petto in fuori, pancia in dentro!- esclamò un omaccione di colore tutto muscoli con una divisa rossa e un fischietto appeso al collo. -Voglio che in queste due settimane ci diate sotto con gli allenamenti. Voglio una performance impeccabile alla regionale, intesi? Incontrerete la squadra di Edmonton, Alberta, che ha già un titolo nazionale.- Parlando, prese a camminare avanti e indietro davanti alle ragazze con aria da esaminatore. -Non fate quella faccia. Questo è solo l'inizio. Immaginate gli allenamenti che vi aspetteranno in vista dei mondiali. Voglio che facciate ognuna il vostro dovere e che promettiate di non lasciarvi distrarre.-
-Signorsì, coach.- risposero le ragazze all'unisono.
-Alla fine di queste tre ore mi mostrerete il frutto di questo allenamento. Dopodichè, se lo deciderò, potrete tornare a casa. E ora si comincia. Dieci giri di corsa, scattare, soldati!- e soffiò nuovamente nel fischietto.

(Courtney) Il nostro allenamento è diviso in fasi ben precise. 
Fase uno: dieci giri di corsa sul quadrato, fondamentali per il riscaldamento.
Fase due: stretching per la schiena. Puoi avere dolori alle braccia, alle caviglie o alle gambe, ma niente è peggio del mal di schiena. Potrebbe impedirti di alzarti dal letto per giorni, e sarebbe la fine. Un tipoco esercizio è quello di camminare avanti o indietro nella posizione del ponte. Avete presente 'L'Esorcista'?
Fase tre: le spaccate. Scaldare le gambe è di vitale importanza se si vogliono evitare strappi muscolari. Stacey ci riunisce accanto alla sbarra degli esercizi, quella che utilizzano le ballerine nelle scuole di danza. Usando quella come punto d'appoggio dobbiamo allungare il più possibile i muscoli delle gambe afferrando la caviglia e cercando di portarla fin sopra la testa. O ancora, partendo in posizione eretta di fronte alla sbarra dobbiamo piegarci in avanti con le spalle tenendo la testa dritta, e nel frattempo sollevare una delle due gambe in verticale all'indietro, fino formare un angolo di 180° con la gamba a terra. Volendo, piegando la gamba sollevata, il piede dovrebbe riuscire a toccare la testa.
Dieci slanci laterali, dieci frontali e dieci posteriori, e, per finire, un minuto in spaccata sagittale e uno in spaccata frontale. Stacey non è così spietata da farci eseguire le spaccate fra due sedie come fanno le atlete di ginnastica ritmica. Ci riuscirebbe solo Heather, che ha una buona apertura di gambe. A noi povere mortali basta e avanza la pedana. Dopo un po' i muscoli cominciano a bruciare, ma è un bene, significa che sono riscaldati.
Fase quattro: verticali. La posizione di partenza è in ginocchio. Non appena il coach fischia per dare il via dobbiamo sollevarci in verticale dandoci la spinta con la gambe. Dobbiamo resistere in quella posizione per almeno trenta secondi per abituare le braccia al nostro peso: dopo occorrerà meno forza, durante gli esercizi. Passati i trenta secondi dobbiamo percorrere il lato del quadrato camminando sulle mani fino a raggiungere il lato opposto a quello da dove siamo partite. Izzie arriva sempre per prima.

(Dawn) La prima volta che sali in verticale la percezione dello spazio è completamente distorta. Non appena prendi posizione incomincia a girarti la testa e improvvisamente ti senti pesante come un macigno. Hai l'impressione di dover cadere da un momento all'altro e non sai nemmeno tu se in avanti o all'indietro. Le tue braccia diventano le tue gambe e le tue mani diventano i tuoi piedi. L'udito si fa più ovattato. Dicono che per rimanere in equilibrio il più a lungo possibile devi immaginare di essere tu a sollevare il pavimento. Ma già è difficile sollevare te stessa, figuriamoci la terra dove cammini.



***


L'allenatore Hatchet soffiò nel fischietto e Courtney partì di corsa sulla diagonale.

(Courtney) Qui dentro tutte noi abbiamo un compito diverso. Raramente svolgiamo tutte lo stesso programma. Ognuna deve lavorare ai propri esercizi, perfezionare i salti e le coreografie, aggiungere elementi e provare più e più volte quelli da portare alle gare. C'è sempre un mucchio di lavoro. Ogni giorno c'è qualcosa da mettere a punto. Oggi il mio compito è lavorare al doppio carpio, un salto che purtroppo mi riesce meno bene di altri. Fa parte della seconda diagonale del mio esercizio a corpo libero. Dopo la rondata e il flick-flack devo roteare all'indietro per due volte di fila mantenendo le gambe tese e il busto inclinato in avanti. La rincorsa deve essere potente, in questo modo il salto sarà più dinamico. Se per Arlington non sarà perfetto non potrò eseguirlo alla gara. Ma niente è impossibile per Courtney Smith!

Cinque passi di corsa; mani; piedi; mani; piedi; spinta; gambe tese, busto chiuso, due rotazioni, atterraggio...un passo di troppo.
-Cavoli!- esclamò Courtney.
-La rondata è storta, signorina!- gridò Hatchet. -E' ovvio che ti sbilanci sull'atterraggio.-
-Cosa? Non ho mai fatto una rondata storta in vita mia!- disse Courtney, allibita.
-C'è sempre una prima volta. Daccapo, soldato!- e fischiò.
Di nuovo. Rincorsa, rondata, flick-flack, spinta, doppia rotazione, atterraggio. E così altre innumerevoli volte. Al sesto tentativo Courtney bloccò l'arrivo su due piedi, e così fece per altre due volte. Contenta, cercò lo sguardo del coach sperando che avesse visto i suoi progressi. Hatchet annuì, compiaciuto.
-Continua di questo passo e ad Arlington riceverai gli onori che meriti.- le disse.
-Lo so, perchè una cosa venga bene bisogna continuare a provare.- rispose Courtney, e tornò all'angolo del quadrato.

(Gwen) Se c'è una cosa che mi spaventa più dei salti sulla trave è la verticale sulla trave. Uno dei primi elementi del mio esercizio è una verticale tenuta su un braccio solo, che termina in spaccata frontale. Assumo quasi la forma di una T e Stacey dice che è una bella figura, e vuole che io la esegua. Ha ragione, è una figura interessante, ma io devo ancora trovare il modo di abituarmi alla sensazione di vertigine che provo non appena stacco il secondo braccio dalla trave. I due metri che mi separano dal suolo sembrano molti di più. Il lavoro alla trave si esegue per gradi. Da piccola, quando lavoravo sulle travi più basse, non avevo paura. Ma poi...

-Attenta alle braccia...- mormorò Stacey, che osservava a intervalli regolari prima Gwen e poi il cronometro da polso. Gwen allargò le braccia e prese un respiro profondo.
Quel giorno faceva terribilmente caldo e venire in palestra con il Rimmel nero non era stata una buona idea. Per fortuna era resistente all'acqua ma dava ugualmente fastidio. Gwen non si era legata i capelli, poteva farne tranquillamente a meno dato che li portava corti ed era impossibile raccoglierli.
Un piede avanti, l'altro dietro, braccia in alto. Il salto costale era l'ultimo elemento dell'esercizio prima dell'uscita. A Gwen girava la testa solo a pensarci. “Via” si disse, “fallo e basta. Questa non è una gara.”
Questo auto-incoraggiamento funzionava solo per poco. Sapeva che presto o tardi le sarebbe toccato salire su quell'attrezzo davanti ad un pubblico. Rimandò a più tardi quella preoccupazione.
Flesse il busto in avanti, si diede la spinta con la gamba destra e sollevò il fianco sinistro. Appoggiò per primo il piede sinistro, poi il destro e raggiunse così l'estremità della trave con la linea del bacino parallela all'attrezzo. Si assestò e si volse verso l'estremità opposta.
-Sei secondi, Gwen.- disse Stacey. Sei secondi di tempo per scendere dalla trave. E non semplicemente saltando giù, bensì compiendo altre evoluzioni aeree fino a terra. Gwen si fece coraggio e si preparò alla successiva combinazione di salti. Una piccola spinta; rondata; flick-flack e Tsukahara. Quest'ultimo salto in genere si esegue a volteggio ma spesso anche a corpo libero e alla trave. Dopo il flick-flack si eseguono due salti raccolti all'indietro, al primo dei quali si aggiunge un avvitamento.

Non è stato così terribile, pensò Gwen tra sé e sé una volta atterrata in piedi sul tappeto.
-Quasi quasi mi sorprendi.- disse Stacey, azzerando il cronometro. Gwen sorrise timidamente. -Sei molto migliorata nella parte artistica, ora devi solo acquisire più sicurezza nella parte acrobatica. Poi quell'esercizio sarà perfetto.-
-Pensi davvero che potrei portare questa serie alla regionale?- chiese la ragazza.
-Non lo penso. Ne sono sicura. Ci lavoreremo insieme e presto tu e la trave andrete d'accordo come quando eri più piccola. Continua a provare. Io vado a parlare per un momento con la tua amica Dawn.- Stacey si diresse verso la pedana del corpo libero mentre Gwen, incoraggiata dalle sue belle parole, risalì sulla trave.

(Dawn) Quella di Arlington sarà la mia ultima gara regionale. Il prossimo anno voglio ad ogni costo partecipare a una competizione nazionale. Sarà la mia prima e per questo sarà la più importante, per me. Farò del mio meglio per arrivarci. Oggi metterò a punto la coreografia a corpo libero e lavorerò alla successione di salti della parte acrobatica. Fino a qualche anno fa cominciavo l'esercizio seduta in ginocchio al centro della pedana. Subito dopo portavo il peso in avanti e appoggiando a terra gli avambracci mi sollevavo in una verticale con spaccata sagittale, cioè con una gamba dietro e l'altra avanti, sopra la testa. Dopodichè le mia musica partiva, e con una rapida successione di flick-flack smezzati raggiungevo l'angolo del quadrato da dove sarebbe partita la mia prima diagonale. Stacey dice che le serie delle diagonali vanno bene, ma l'ingresso ha qualcosa da rivedere.

-Per le prossime gare, a cominciare da questa, vorrei che tu entrassi in pedana con un nuovo ingresso, più d'effetto. A mano a mano che cresci diventi sempre più brava, e presto prenderai parte a gare molto più importanti. È giusto che il pubblico, i giudici e perchè no? anche le altre ginnaste si accorgano del tuo potenziale. Sei disposta a modificare questa parte dell'esercizio?- chiese Stacey. Dawn annuì, entusiasta della proposta. -Fantastico. Se non dovessi trovarti bene potremo sempre riprendere la vecchia entrata. Tu hai un equilibrio straordinario, devi sfruttarlo il più possibile. I giudici rimarranno a bocca aperta. Cominceremo da questo. Potresti partire dal centro.-


***


-Perchè l'allenatore Hatchet non vuole dirci chi saranno le nostre avversarie ad Arlington?- chiese Heather sottovoce a Courtney, che, non vista dal coach, si era avvicinata alla sua compagna di squadra in fondo alla pista del volteggio, per riprendere fiato cinque minuti.
-Vuole che sia una sorpresa.- rispose Courtney. -Il coach ci tiene all'oscuro di chi siano le partecipanti e soprattutto di chi sia il capitano della squadra di Edmonton. L'ultima volta che abbiamo gareggiato contro di loro è stato due anni fa, e abbiamo vinto noi, anche perchè la loro leader era infortunata e per la seconda volta non era entrata in squadra alle selezioni. In questo lasso di tempo potrebbero aver rivoluzionato completamente il loro team. Non si sa se ci saranno nuove leve più forti. Credo che il coach voglia che facciamo il nostro lavoro senza farci condizionare.-
-Ho capito. Non vuole che ci lasciamo intimorire dalle avversarie ma allo stesso tempo non vuole che ci montiamo la testa.- disse Heather.
-Signorine!- gridò il coach. -Meno chiacchiere e più lavoro. Courtney, torna subito alla pedana. Heather? Deciditi a partire.-

(Heather) Oggi lavorerò al mio esercizio al volteggio, per la precisione ad un doppio teso di tipo Yurchenko: dovrò correre sul tumbling ed eseguire una rondata atterrando in piedi sulla pedana a molla. Successivamente eseguirò un flick-flack appoggiando le mani sul cavallo, dopodichè ruoterò in aria tre volte mantenendo il corpo teso e atterrerò in piedi -si spera- con lo sguardo rivolto verso il punto di partenza. Tutto sommato è più semplice di quanto si pensa. Non ci sono né carpi né avvitamenti. Posso farcela.

Per gli esercizi a volteggio è importantissimo prendere le misure per la rincorsa, regolare l'altezza del cavallo e la posizione della pedana a molla. Se la rincorsa è imprecisa, se si fa un passo in più o uno in meno tutti va a rotoli; se il cavallo è troppo alto per te il salto non riesce e in più rischi di farti male; stessa cosa se la pedana a molla non rimbalza abbastanza: più rimbalza, più il salto sarà alto, migliore sarà l'atterraggio.

Dopo undici passi di rincorsa Heather gettò un'occhiata a terra, ricordandosi il punto preciso dove avrebbe dovuto mettere le mani per la rondata. Rimbalzò sulla pedana facendo attenzione a spingersi il più possibile verso l'alto. Si inarcò e gettò le braccia all'indietro cercando l'appoggio sul cavallo. Lo trovò, si diede la spinta con le mani e contò i giri: uno e due. Atterrata. Ops! Non era previsto un atterraggio sulle ginocchia. Quel dannato materasso era sempre troppo morbido, e mantenere la posizione eretta all'arrivo era sempre un problema.
-Ovunque andrai troverai sempre dell'attrezzatura difettosa!- esclamò Hatchet. -Stabilizzati sul tuo baricentro prima che lo faccia il tappeto al posto tuo. Devi abituarti, o quella è la porta!-
Heather si aggiustò la spallina del body e tornò in fondo al tumbling, pronta per ripartire.

(Izzie) Io e Jo alleneremo lo Jaeger alle parallele. Tutte noi dobbiamo saperlo fare, è il nostro elemento di gara. Ho promesso al coach di riuscire a farne almeno tre senza errori. Nessun problema. Io e le mie amate parallele siamo in sintonia. Il mio attrezzo preferito sa come mettermi a mio agio. Aiuterò Jo a controllare il suo Jaeger teso. In questo periodo non le riesce molto bene. Sono qui per questo. Chi meglio di un'amica può dare consigli a una compagna che vuole migliorarsi?

Lo Jaeger è un elemento che prevede lo stacco da una parallela prima dell'esecuzione e il ritorno alla stessa. La parte più paurosa è la fase di volo: non sai mai se riuscirai ad afferrare lo staggio. Probabilmente lo prenderai ma ti scivolerà la presa. Ci vuole precisione e un pizzico di fortuna, ed è meglio tenere lontane dai pensieri tutte le possibili disgrazie che potrebbero capitare.

Izzie si diede una spinta e si aggrappò alla parallela più alta. Si preparò per la verticale stabilizzandosi al centro. Una spinta con gli addominali e fu in cima. Aveva una presa saldissima, non avrebbe potuto cadere nemmeno se l'avesse voluto. Portò il peso in avanti e il suo corpo completamente teso fece il giro completo. Quando raggiunse la posizione orizzontale lasciò la presa, effettuò una rotazione in avanti su se stessa e prima di allungarsi nuovamente afferrò la parallela nello stesso punto dove l'aveva lasciata. 
-Molto bene, Izzie.- disse Hatchet, che non aveva avuto necessità di intervenire.

(Jo) Se fai bene il tuo lavoro ti guadagni il rispetto del coach Hatchet. Qui funziona così. Se sei predisposta a lavorare bene su un attrezzo non avrai problemi e i salti riusciranno al primo colpo. Se vedi pericoli ovunque ci vorrà molto più tempo prima che tu riesca a prendere confidenza. Il pericolo è il mio mestiere. A me interessa alzare il punteggio, non mi importa quanto i salti siano pericolosi. Qui in palestra lavoriamo sempre in sicurezza. Se manchi una presa allo Jaeger cadi sul tappeto. Forse dovrebbero mettere meno protezioni, così dovremo per forza riuscire a fare il salto. Scherzo, non lo penso davvero. Non sarebbe piacevole frantumarsi le ossa sul pavimento. A volte ci affidiamo troppo alle protezioni e non pensiamo a fare quell'elemento come si deve. Nello Jaeger teso le gambe devono rimanere unite durante il giro in avanti. Il corpo teso non è aerodinamico come il corpo raccolto, il giro è più lento ed è più difficile rimanere in volo. Ci sono più probabilità di cadere durante uno Jaeger teso che durante uno Jaeger normale.

Mancato. Di nuovo. Indignata, Jo si rialzò in piedi e strinse il cinturino dei paracalli ai polsi. Gettò un'occhiata all'ingresso e vide che erano arrivati i ragazzi della squadra maschile. Non perse tempo e risalì alle parallele.
-Quanto tempo è passato dall'ultima volta che sei riuscita a prenderlo?- ridacchiò Izzie, che a volte, per scherzare, si divertiva a provocare le sue compagne nel tentativo di innescargli un po' di grinta. 
-Spiritosa.- fece Jo, guardandola dall'alto dello staggio. 
-Stacchi le mani troppo presto, soldato.- disse il coach Hatchet, che non si perdeva un movimento dell'esercizio di Jo. -Calcola i tuoi tempi e riprova.-
Mentre gli altri ragazzi correvano sulla pedana per riscaldarsi, Mike e Tyler si erano avvicinati a Izzie per assistere al salto miracoloso.
-Psst...ehi, Jo!- bisbigliò Mike. -Lascia che ti dia un consiglio. Quando pensi di dover lasciare la presa non farlo, e aspetta un altro secondo. Solo un altro secondo, sarà quello, il momento.-
-Ricevuto, Svetlana.- disse la ragazza, e ripartì daccapo. Verticale e granvolta. È ora di girare. No, non ancora! Che ha detto Mike? Un altro secondo. Ecco, adesso è il momento. Via le mani, testa sotto, gambe tese. Presto, o la gravità farà il suo effetto. Lo staggio è pochi centimetri sotto. Braccia avanti. Preso!
-Spettacolare!- esclamò battendo le mani DJ, che si era unito ai tre spettatori di fianco agli staggi. 
-Era il tuo ultimo elemento prima della fine, soldato, continua fino alla fine. Devi saper conservare il fiato per tutta la durata dell'esercizio. Voglio vedere quel doppio raccolto con mezzo giro qui e adesso.- ordinò Hatchet. Jo non se lo fece ripetere. “E doppio raccolto sia” pensò, prima di risalire in verticale. Le ultime due granvolte in avanti, posizione orizzontale e via che si gira.
-Ne hai di benzina, Jo.- si complimentò Mike. Anche lui era forte e sapeva cavarsela sugli attrezzi alti. Era più che disposto a dare consigli ai suoi compagni e alle sue compagne quando si trattava di staggi, maniglie e parallele.

Le mani devono essere forti come arpioni, su quegli attrezzi: sono l'unica cosa che può salvarti da una caduta.

-Anch'io ne sono capace.- disse quel simpaticone di Tyler, e corse alla sbarra.
Tyler aveva la stessa uscita di Jo, nel suo esercizio: doppio salto raccolto indietro con mezzo giro all'arrivo. Carico di energia, decise di dare prova della sua abilità prima che l'allenatore Hatchet potesse dirgli alcunchè. 
-Stia a guardare, coach.- esclamò, prendendo posizione.
-So già come andrà a finire...- mormorò il coach, alzando gli occhi al cielo.
In genere si sapeva che se Tyler provava un'uscita alla sbarra senza riscaldamento finiva sempre allo stesso modo.
Dopo tre granvolte, il ragazzo spiccò il volo ed eseguì due perfette rotazioni. Purtroppo, a sorpresa, ne fece una terza sciogliendo la posizione del salto raccolto ed eseguendo i due quarti di giro troppo tardi. Finì lungo e disteso sul tappeto. Già, fortuna che c'era il tappeto. Se i tecnici avessero dato retta a Jo, a quest'ora Tyler sarebbe in ospedale.

Anche quelle tre ore di allenamenti finirono e presto giunse il momento di tornare a casa. Le ragazze e i ragazzi si sarebbero rivisti l'indomani, pronti per nuove fatiche e nuovi salti da provare.


***


Gwen sollevò la testa dal quaderno di fisica e si abbandonò sulla sedia della sua scrivania, gettando un'occhiata verso la parete di fronte a lei, dove stava affissa una fotografia scattata sei anni prima, che ritraeva lei in compagnia di Heather e Courtney, tutte e tre sedute sulla trave. Le migliori ginnaste dell'Accademia. Avevano si e no undici anni, e ricordarsi così piccola fece sorridere Gwen.
Chissà come sarebbero andate le selezioni per la regionale. La gara si sarebbe svolta a metà maggio, un periodo critico a causa dell'imminente fine della scuola. Per qualche legge della sfortuna compiti in classe e impegni sportivi coincidevano sempre. I professori non perdonavano, ma nemmeno l'allenatore Hatchet. Era sempre stato estenuante combinare studio e allenamenti: il più delle volte si risolveva tutto con un allenamento per niente produttivo o con un votaccio. Gwen aveva sempre fatto il suo lavoro sia a scuola che in palestra, ed era a posto con il programma. Così anche le sue compagne Courtney, Jo ed Heather. Forse le uniche ad essere rimaste un po' più indietro erano Dawn e Izzie. Avevano avuto tanto da fare a scuola, addirittura a metà marzo Izzie si era presa una brutta influenza primaverile. Ad Arlington avrebbero partecipato alla gara solamente quattro ginnaste, e tutto sommato Gwen era sicura di essere riuscita a ottenere un posto nella squadra. C'era ancora qualcosa da perfezionare alla trave, ma complessivamente i suoi esercizi erano buoni; Heather doveva ancora perfezionare l'arrivo al volteggio e Jo doveva ancora fare un po' di pratica sullo Jaeger teso; niente da dire invece su Courtney. Era sicuramente dentro. Mancavano solo due settimane. Due settimane e la squadra sarebbe stata formata. Per la scuola c'era tempo: tornate dalle gare, tutte quante si sarebbero messe sotto a studiare per le ultime interrogazioni. L'importante, ora, era concentrarsi su ciò che per loro era più di un semplice hobby. Era un vero lavoro. Un lavoro spietato, sì, ma ben retribuito. Naturalmente non si parla di soldi, ma di soddisfazioni personali. Quando la ginnastica chiama non c'è tempo per nient'altro.
Quella piccola fotografia appesa al muro ricordava ogni giorno a Gwen qual'era il suo compito. E quel posticino vuoto sulla mensola dei trofei non aspettava che un'altra medaglia, una medaglia che Gwen avrebbe sena dubbio rincorso fino alla fine all'imminente competizione.
E chissà, forse sugli spalti, tra il pubblico, avrebbe scorto anche il volto di Trent, e le sarebbe bastato un suo cenno per ricevere una scossa di coraggio in più, che non faceva mai male.

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Capitolo 14
*** Arlington pt.2 - Sfide e vecchi incontri ***


[2 settimane dopo...]


L'allenatore Hatchet aveva l'abitudine di formare la squadra per una gara all'inizio dell'allenamento, mai alla fine. E ciò era insopportabile: le ginnaste che erano state convocate cominciavano l'allenamento motivate e consapevoli di dover mettere a punto tutto quanto per tempo. Per chi invece era rimasta fuori dalle selezioni andava di male in peggio: non vi era solo la delusione dell'esclusione; la voglia di allenarsi era pari a zero. 
Qualcuno aveva visto giusto: Courtney, Heather, Gwen e Jo avevano passato le selezioni. Dawn e Izzie erano state costrette a rinunciare. Ma non fu una tragedia.

(Izzie) Guardiamo il lato positivo: le nostre compagne domani partiranno per Arlington e saranno spaventate da morire. Io e Dawn siamo libere da ogni ansia pre-gara e possiamo allenarci in tutta tranquillità. Ci prepareremo al meglio e alla prossima gara avremo anche noi un posto in squadra. E poi ne approfitteremo per studiare, e saranno obbligati a promuoverci a pieni voti. Essere state escluse non è poi così male!

(Dawn) Avrei voluto dare il mio contributo alla squadra contro la North Edmonton Academy, ma forse è meglio che io sia rimasta a Ottawa. Potrò impegnarmi di più con gli allenamenti e cercare di arrivare pronta alla prossima gara nazionale. Avrò il mio posto nella squadra, dovessi provare e riprovare per cinquecento volte ogni singolo elemento per ogni singolo attrezzo.



***


La stazione di Arlington era immensa. La piccola squadra, accompagnata dal coach Hatchet e da Stacey, stava immobile davanti all'ingresso aspettando l'autobus che avrebbe portato tutti e sei al palazzetto dove si sarebbe svolta la gara. La città era poco lontana da Washington, sulla costa orientale, la strada percorsa dal bus costeggiava il fiume locale. Erano circa le sette di mattina e in giro c'erano poche persone, tra cui qualche studente. Le ragazze si sarebbero fermate solo per due giorni e avrebbero alloggiato in un piccolo albergo a tre stelle non molto lontano dal palazzetto. 
Quella mattina la colazione era rimasta sullo stomaco a tutte e quattro. L'ansia pre-gara si stava facendo sentire. Non avrebbero nemmeno fatto in tempo a salire nella loro camera. L'allenatore Hatchet non intendeva perdere ore preziose, perciò bisognava obbedire ed entrare di filato al palazzetto per cominciare l'allenamento alle otto precise. Le ragazze avrebbero avuto diritto a una pausa solo dall'ora di pranzo alle quattro del pomeriggio: a quell'ora avrebbero dovuto tornare di corsa al palazzetto per le prove: alle cinque in punto sarebbe cominciata la gara.

Reggendo a fatica i borsoni, le ginnaste scesero dall'autobus. Il palazzetto era vuoto, fatta eccezione per alcune bimbe che si stavano allenando seguite da una giovane coach, che doveva avere sì e no diciannove anni. Avrebbero gareggiato anche loro alla regionale, ma di primo pomeriggio, in categoria juniores, cioè con le ginnaste al di sotto dei quattordici anni.
Lo spazio bastava a contenere i nove attrezzi, ma non si poteva definire una gigantesca arena come la North Greenwich di Londra. 
Il giorno dopo le avrebbero raggiunte i ragazzi per la competizione maschile. Alejandro, Cody, Mike e DJ avrebbero gareggiato contro il Capital City Gymnastic Club, residente sempre in Alberta.

-Coraggio, ragazze.- disse Stacey. -Disfate le borse e correte a cambiarvi. È importante che prendiate confidenza con gli attrezzi. È sempre meglio controllare di che pasta sono fatti  e, nel caso, intervenire per tempo. La squadra di Edmonton arriverà qui nel pomeriggio, subito dopo di noi. Se arriveremo prima dell'inizio della gara riusciremo ad assistere a qualche esercizio, così sapremo con chi avremo a che fare.-

Uscite dallo spogliatoio, le ragazze si diressero ognuna ad un attrezzo. Si sarebbero date il cambio in modo che ciascuna avrebbe potuto provare i propri esercizi.
-Courtney, prova qualche rimbalzo sulle righe, voglio vedere se questa pedana è elestica o se è una lastra di pietra.- disse Stacey.
La pedana di quel palazzetto era come la pedana della palestra: il quadrato era diviso in settori da righe orizzontali, in modo da dare spazio ai salti di ciascuna ginnasta quando in allenamento seguivano tutte lo stesso programma.
Courtney corse immediatamente al quadrato e provò una serie di salti raccolti di fila. La pedana non dava  nessun problema.
-È elastica a puntino.- disse Courtney.

-Coach, si ricorda di quella palestra a Boston? Gli attrezzi stavano in piedi a stento, addirittura la trave aveva rischiato di crollare completamente poiché non era ben ancorata al suolo, e avevano dovuto annullare la gara di quel giorno...
Quello che sto cercando di chiederle, coach, è... lei è sicuro che questi attrezzi siano montati a regola d'arte?- chiese nervosamente Jo, che indugiava davanti all'estremità della trave con le mani impolverate di magnesite.
-A me sembra sicura.- ghignò il coach, dopo aver dato un paio di colpi all'attrezzo per controllare che i bulloni fossero a posto.
Senza aspettare il 'via' dell'allenatore Hatchet, la ragazza salì sulla trave e si preparò per la prima serie di salti:  un flick smezzato -appoggiando prima un piede e poi l'altro all'arrivo- e un carpio singolo all'indietro. Il tutto su dieci centimetri di legno.
Nel momento in cui Jo atterrò in piedi dopo il carpio, il suo viso si distorse in una smorfia.
-Non atterrare a gambe tese, ti verrà male alla schiena!- esclamò il coach.
Jo scese immediatamente dalla trave. -Ce l'ho già, il mal di schiena, ma grazie per l'interessamento...- disse, mentre lasciava il posto a Courtney.

Gwen sparse un po' di acqua e magnesia sugli staggi per pulirli e renderli meno scivolosi possibile.
-Qui sembra tutto a posto.- disse Stacey, che passava da quelle parti.
-Prima le signore.- disse Gwen, sarcastica, esortando Heather a salire per prima. La compagna la ignorò ed eseguì una salita di prova. Non proseguì dalla vertiale, ma smontò subito e si affrettò a prendere altra magnesia. -Cavolo, Gwen, è troppo scivolosa. Ma che ci hai messo?- chiese.
-Occupatene tu, visto che pensi di sapere come si fa!- rispose Gwen, stizzita.
-Ragazze...che cosa vi ho detto?- si intromise Stacey. -Comportatevi da persone mature. Avete una gara da vincere, è importante che andiate d'accordo e che non perdiate la concentrazione. Siete tutte nervose. È per questo che dovete sostenervi l'un l'altra.-
-Scusa...- disse Gwen, fredda.
-Scusa...- rispose Heather, di rimando.
-Molto meglio.- disse Stacey. -Cercate di non uccidervi a vicenda.-

Courtney prese posizione sulla trave e partì. Un flick smezzato, uno smezzato senza mani e un salto teso -o layout-. Atterrò pestando i piedi con tanta forza che perse l'equilibrio e rischiò di cadere di lato.
-Non essere così veloce! La fretta non risolve niente.- disse Stacey. -Ricordati che...-
-...la gatta frettolosa partorì gattini ciechi. Lo so.- completò la frase Courtney, con tono annoiato.
-Non pensare sempre e solo a finire l'esercizio per tempo. Tutti i tuoi elementi sono perfettamente inseriti nei 130 secondi. Concentrati sulla tecnica e fai le cose con calma. D'accordo?- Courtney annuì. -Bene. Coraggio, fà l'uscita e và al volteggio. 



***

h 16.30

****


(Heather) È una fortuna non dover indossare il body di squadra. Se c'è una cosa che non sopporto è vedere altre donne vestite come me. È una gara regionale e gareggiamo contro atlete del nostro stesso paese, per cui ai giudici non servono determinati colori per riconoscere la nazionalità delle ginnaste. Potrò finalmente sfoggiare il mio fantastico nuovo body blu.

Mancava mezz'ora all'inizio della gara. Alla biglietteria del palazzetto si stava già formando una piccola fila. Le ragazze della Ottawa Academy erano arrivate con lo stesso autobus di quella mattina, rifocillate da un po' di riposo e più cariche che mai. Di nuovo entrarono in spogliatoio, si cambiarono, indossarono un filo di trucco e si prepararono a entrare in campo. Heather in blu, Courtney in arancio; argento per Jo e nero per Gwen.
Mancavano pochi minuti, e ne approfittarono per stirare ancora un po' i muscoli e per guardare se ci fosse qualche viso noto tra il pubblico. Indovinate chi vi trovarono! I loro compagni di classe riuniti in comitiva, in prima fila muniti di popcorn mentre sventolavano uno striscione con l'acronimo di 'Ottawa Gymnastic Academy'. Neanche fossero allo stadio. Fu una tale sorpresa, vederli. Avevano fatto 700 chilometri solo per sostenere la loro squadra preferita. Erano venuti anche i quattro componenti della squadra maschile, anticipando la partenza di un giorno.
-Non potevamo mancare alla vostra esibizone!- disse Cody, facendo l'occhiolino.
Gwen si guardò in giro alla ricerca del suo ragazzo, ma quando non lo vide da nessuna parte si rattristò. Andò da Bridgette, una sua compagna di classe, e le chiese di lui.
-Mi dispiace che Trent non sia venuto. Aveva un impegno con i suoi genitori, o almeno così mi è sembrato di capire... Ma ti saluta tanto e ti manda i suoi migliori in bocca al lupo. Ha detto che sarà con te con il pensiero.- rispose Bridgette. Le parole dell'amica confortarono Gwen per quel poco che poterono, ma la ragazza sapeva che non sarebbe stato lo stesso gareggiare senza il sostegno di Trent.

Per qualcun altro, invece, fu una gioia immensa incontrare tra gli spettatori una persona che non vedeva da tanto, troppo tempo.
-Ehi, Jo!- Una voce maschile chiamò il suo nome. 
Non poteva crederci.
-Brick?!- Il volto di Jo si illuminò non appena vide l'amico salutarla dalla porta del corridoio che dava accesso al campo gara. Sorridendo, gli andò incontro e i due si abbracciarono. Lui era tanto forte da sollevarla, ma del resto era lei ad essere una piuma.
-Quando sei arrivato?- gli chiese Jo.
-Questa mattina.- rispose Brick. -A dire la verità non sapevo quando sarebbe cominciata la gara. Ma quando i ragazzi mi hanno chiamato ho preso il primo treno per Arlington e sono corso qui. Spero non ti dispiaccia se tiferò per voi.- e sorrise.


Nel frattempo Courtney dava uno sguardo alle componenti della squadra di Edmonton. Erano arrivate circa mezz'ora prima,proprio mentre il palazzetto cominciava a riempirsi. Sembravano parecchio forti e apparivano molto sicure sugli attrezzi. Courtney osservò la ragazza che in quel momento si stava esercitando alle parallele. Com'era agile! Non riuscì subito a distinguerne il volto, ma non appena fece l'uscita e atterrò potè vederla meglio.

Sgranò gli occhi e trasalì. Quasi prese un colpo.
-Lei è qui...?- mormorò, sconvolta.
-Courtney, ti senti bene?- chiese Gwen, che non aveva ancora capito cosa la compagna cercasse di dire. Non fece in tempo a ricevere una risposta che, una volta raggiunta l'amica, comprese anche lei quale fosse il terribile dramma. Heather e Jo le raggiunsero a loro volta e rimasero impietrite.
-Lei è qui!!- esclamò Courtney. -Non è possibile!-
-Non ci credo.- disse Heather.
-Ditemi che non è vero.- si disperò Gwen.

Da quelle parallele era appena scesa proprio lei: Sky Brooks. Ex campionessa nazionale, capitano della squadra di Alberta, un nome, una garanzia. Per le ragazze della Ottawa Academy rivederla laggiù in campo gara fu come tornare ai Campionati Canadesi di due anni prima, quando, nelle finali individuali, Sky aveva ottenuto il titolo di campionessa nazionale strappando per un soffio la medaglia d'oro a Courtney.
Dopo un infortunio, Sky stette lontana dalle gare per moltissimo tempo. Mancò ad altri due campionati nazionali, due competizioni in cui Courtney vinse e stravinse per due anni di seguito la medaglia d'oro nelle finali individuali e il titolo di campionessa nazionale.
Courtney sperava in cuor suo che quell'infortunio tenesse la sua nemica lontana dalle gare ancora per un po'; pensava che la sua carriera stesse per finire, ma si sbagliava. Non ci si liberava facilmente di Sky Brooks. Era tornata più forte di prima.

Era alta sì e no un metro e cinquanta, i capelli erano neri, come gli occhi, la carnagione chiara e indossava un body smanicato bianco e viola. Appariva fin troppo sicura di sé. Troppo!
Courtney fu assalita da un'onda di rabbia e digrignò i denti come una tigre inferocita quando la vide venire verso di lei.
-Sky...- la salutò, cercando di tenere a freno la collera.
-Courtney, che sorpresa.- disse Sky, in tutta tranquillità.
-La tua caviglia va meglio, vedo.- disse Courtney, corrucciata in viso.
-Già, una brutta frattura. Pensavo di aver subito un danno irreparabile, ma mi sono rimessa. Ce n'è voluto di tempo, ma ora sono tornata per vincere.- disse Sky. -Preparati, Courtney. La mia squadra non darà tregue alla tua. Sarà una gara molto interessante.-


***

La prima prova era alla trave.
-Me la sto facendo sotto...- mormorava Courtney, mentre camminava nervosamente avanti e indietro.
-Perchè mai?- chiese Stacey. -Sky Brooks sarà stata campionessa nazionale una volta, ma tu lo sei stata per due volte dopo di lei. Alla fine non importa se non ottieni un posto sul podio. L'importante è che tu faccia del tuo meglio fino alla fine. Te lo ripeto da quando sei alta ottanta centimetri, e probabilmente non mi stancherò mai di dirlo.-
Dalla prima fila i compagni di scuola delle ragazze potevano sentire le parole di Stacey.
-Ben detto.- disse Geoffrey, reggendo con una mano lo striscione. -Tirate fuori il vostro talento e fatelo nero alle vostre avversarie! Forza, O.G.A.!-

Sky Brooks era tanto glaciale quanto abile. La difficoltà dei suoi elementi alla trave non aveva niente da invidiare a quella degli elementi di Courtney, eppure lei aveva qualcosa in più che la faceva apparire molto più esperta di quanto volesse far credere. Un doppio avvitamento nell'uscita le assicurò un punteggio di 15.085.
Courtney decise che osservare gli esercizi della sua rivale era frustrante, perciò promise nuovamente a se stessa di pensare solo ed esclusivamente alla sua esibizione. Ignorò il sorrisetto che Sky le rivolse prima di allontanarsi e si preparò per salire sulla trave. L'altoparlante annunciò il suo nome e cognome e la ragazza portò in alto le braccia in segno di saluto ai giudici. La squadra avversaria si stava dirigendo verso la pedana del corpo libero, la prova successiva.

-Siamo rovinate.- si lamentava Gwen, preoccupata. -Sky Brooks ha battuto tutte le sue avversarie su tutti e quattro gli attrezzi ai campionati di Halifax, due anni fa.-
-E allora?- disse Jo, che non aveva nessuna voglia di darsi per codarda di fronte alle avversarie. -Tra i campionati di Halifax e questa regionale c'è un infortunio durato ben due anni. Non dobbiamo temere l'altra squadra. Noi abbiamo Courtney Smith!-

-Sei stata perfetta.- disse Stacey dopo che Courtney ebbe bloccato mezzo giro all'arrivo nel suo doppio Arabian in uscita alla trave.
Heather era parecchio nervosa. Sarebbe stata la prossima a gareggiare e non riusciva a dimenticare l'esercizio a parer suo impeccabile che aveva visto fare da una delle ragazze avversarie. Sarò anche io all'altezza? si chiedeva.
Gwen si era esibita prima di Sky ottenendo un punteggio di 13.018. Courtney aveva preso 15.012.
-Heather!- Courtney la chiamà dai posti a sedere a lato del campo gara. -'Concentrazione' è la parola d'ordine. Falli secchi!-
Heather accennò un sorriso e diede uno sguardo agli spalti. Lassù, tra la confusione generale e gli applausi, seduto accanto ai ragazzi della squadra maschile, Alejandro la stava guardando. D'un tratto si sentì un poco in soggezione. Ignorò quella sensazione. Era il momento di mostrare di cosa era capace. Sì, lei era una delle migliori. Lo dicevano tutti. Persino Alejandro.
Fece un respiro profondo, prese coraggio e partì. Dalla pedana a molla montò sulla trave in spaccata frontale.
Nulla da dire. Era dotata di una grazia unica al mondo.
Gwen la osservava attentamente dal suo posto. Come diamine faceva ad essere così precisa ed espressiva? Pensò che avrebbe avuto molto da imparare, da lei. Gwen era già brava, ma la paura, molte volte, la bloccava. Se tra lei e quella benedetta trave ci fosse stata un po' più di confidenza avrebbe presto raggiunto i livelli delle sue compagne.
Heather era al momento clou della serie acrobatica. Dopo l'ultima combinazione di salti le sarebbe toccato il doppio avvitamento e mezzo dell'uscita. A un flick smezzato con appoggio delle mani e a uno senza seguì un salto teso perfetto. Prese posizione sull'estremità della trave, un piede avanti e l'altro dietro.
Dopo due enjambèe con cambio, una ribaltata avanti e una ruota -entrambe senza mani-, un salto Onodi (una ribaltata all'indietro con mezzo giro prima dell'appoggio delle mani), un salto Johnson (un enjambèe frontale con un quarto di giro all'arrivo), un salto teso e un doppio avvitamento e mezzo il massimo punteggio era assicurato. Dopo la rondata e il salto, Heather atterrò dando le spalle alla trave, tra gli applausi del pubblico e le grida di incitamento delle sue compagne.

“Una splendida uscita per Heather Stone, che ottiene il punteggio più alto superando Sky Brooks nella classifica individuale...” la voce del cronista riecheggiava per il palazzetto.
15.099. Aveva battuto Sky di pochi decimi. Il primo posto alla trave era suo.
-Goditi il tuo momento di gloria.- disse Sky ad Heather, poco prima che la squadra di Ottawa si trasferisse alla pedana del corpo libero. -Il primo posto del podio sarà tutto mio.-
-Dovrai passare sul mio cadavere!- ribattè la caposquadra.
Con un'espressione di sfida, Sky si allontanò e si diresse verso la sua squadra.
-Sei la prima.- disse Courtney a Heather. -Facciamogli vedere che non abbiamo paura di loro.-

“Heather Stone apre la seconda rotazione per la O.G.A. al corpo libero mentre la squadra di Alberta comincerà dalle parallele.”

Inutile dirlo, le due caposquadra si odiavano a morte. Potendo scegliere avrebbero risolto i loro conflitti prendendosi a pugni. Ma non erano teppiste di strada. Erano ginnaste, e avrebbero dovuto accontentarsi di sfidarsi in una battaglia all'ultima piroetta. Le squadre erano composte da quattro membri ciascuna, ma era come se in campo gara ci fossero soltanto loro due. Ontario contro Alberta, capitano contro capitano, numero uno contro numero uno. I due comandanti supremi si servivano dei loro armigeri per vincere la guerra. Era come una partita a scacchi, il campo gara fungeva da scacchiera. In quel momento Courtney avrebbe dato l'anima per vedere la sua rivale cadere, sbagliare, fallire in ogni esercizio.
Sapeva anche che avrebbe dovuto fare affidamento sulle sue compagne, nonostante la sua politica fosse quella per cui 'se vuoi che una cosa venga bene devi farla da sola.'
Nella ginnastica questa politica non vale. Nemmeno una campionessa mondiale può battere una squadra avversaria da sola. C'è bisogno dell'aiuto di tutte le componenti, per vincere. La squadra di Edmonton era più unita che mai, ma la squadra di Ottawa in quel momento non era da meno.

Con doppi raccolti, doppi carpi, twist e avvitamenti le ragazze della O.G.A. si esibirono in una performance impeccabile e non incontrarono difficoltà. Ricevettero quattro punteggi al di sopra del 13, un buon traguardo.

I problemi incominciarono poco prima dell'esercizio a volteggio. Alcune delle ragazze avversarie si erano già esibite ottenendo punteggi piuttosto alti. Nel momento in cui Jo sarebbe dovuta partire iniziò ad accusare un forte mal di schiena. Non lo disse a nessuno, naturalmente. Se Stacey l'avesse saputo le avrebbe impedito di saltare, cosa che Jo non avrebbe potuto accettare. L'allenatore Hatchet aspettava impaziente di vedere riuscire il doppio salto avanti provato mille volte. Il salto di Jo non era di tipo Yurchenko, non avrebbe eseguito quindi una rondata.
-Ti fa molto male?- le chiese Courtney, che aveva capito subito che c'era qualcosa che non andava. Aveva una sorta di sesto senso. Chi, se non lei, avrebbe dovuto preoccuparsi della salute delle sue compagne di squadra?
-No, tranquilla. Posso farlo.- rispose Jo.
La ragazza cercò di non pensare al dolore e partì. Corse sulla pedana, prese velocità e si preparò allo stacco. Rimbalzò a piedi pari sulla pedana a molla, appoggiò le mani sul cavallo dandosi la spinta in avanti. Raccolse le gambe al petto e girò su se stessa per due volte prima di toccare il tappeto.
Di nuovo quella fitta. Era partita come una scossa elettrica dal ginocchio sinistro aveva colpito la spina dorsale. Il salto era stato alto, e l'impatto più forte. Immediatamente dopo l'arrivo, Jo scaricò d'istinto il peso sul piede destro -che non era ancora allineato con il sinistro- finendo fuori dal tappeto.
Fantastico. Mezzo punto giocato per una sporcatura sull'arrivo. E ora chi la sente, Courtney? Non supereremo mai le avversarie se perdiamo punti, pensò, ansiosa. Temeva che non avrebbe retto l'uscita alle parallele: un altro impatto come quello e avrebbe detto addio alla colonna vertebrale. O peggio, un altro impatto come quello e la Ottawa Academy sarebbe tornata a casa perdente.
Beh, forse non era ancora tutto perduto. Probabilmente l'ultima partecipante avrebbe sbagliato il salto e le due squadre avrebbero raggiunto la parità. Toccava all'ultima componente della squadra di Alberta: Madeline Gardiner, campionessa All Around ai campionati di CharlotteTown con un punteggio totale di 54.475.
Biondina, tutta muscoli, non molto alta, indossava un body a maniche lunghe arancione e grigio e aveva una faccia per niente simpatica. Annuì alle parole di una delle sue compagne, si concentrò e prese la rincorsa. Rondata-flick, un avvitamento. Si pavoneggiò davanti ai giudici e diede il cinque a tutte le sue compagne che l'abbracciarono esultanti come se avessero raggiunto l'obiettivo del secolo.

“Alla fine della seconda rotazione la squadra di Alberta si porta in testa.”

Prima dell'esercizo alle parallele, Brick raggiunse Jo a lato del campo gara, dove la ragazza, amareggiata, cercava di dimenticare la delusione dell'esercizio al volteggio.
-Va tutto bene?- le chiese il ragazzo.
-Non va bene per niente.- rispose Jo. -Non doveva andare così. Per colpa di questo stupido mal di schiena mi sono giocata il primo posto. Mi sono allenata per settimane e stavo benissimo. Non ho mai avuto problemi sugli arrivi a volteggio.-
-Vedi...io non sono un ginnasta, ma penso di capire cosa provi.- disse Brick, cercando di tirarla un po' su. -Ti alleni per tanto tempo, provi per tante volte un salto finchè sembra riuscirti e poi... improvvisamente non riesce più e tutto va in fumo. E quel che è peggio è che succede quasi sempre prima di una gara. Ho ragione?-
Jo annuì tristemente.

(Jo) A una certa età le ginnaste cominciano a perdere colpi. A 17-20 anni alcune non hanno più l'energia e la vitalità di quando ne avevano 8-9, ma è comprensibile. Sei più alta e più pesante, e dopo tanti allenamenti e gare il fisico comincia a risentire dello stress. La tensione prima delle gare è capace di far comparire in un secondo dolori che prima non avevi. È in quei momenti che cominci a pensare che forse sta arrivando il momento di appendere body e paracalli al chiodo...

-Beh, è inutile tirarsi indietro. Abbiamo una gara da vincere. Non permetterò che ci battano anche alle parallele.- disse Jo.
-Questo è lo spirito. Fino in fondo.- disse il ragazzo, felice. La strinse in un ultimo abbraccio e tornò sugli spalti. -Ci vediamo all'uscita.- le disse prima che il giudice chiamasse il nome della prima ginnasta alle parallele.

Con grande sorpresa la squadra di Edmonton non eseguì una performance brillante, sugli staggi. Gli elementi erano di discreta difficoltà. C'era ancora speranza di arrivare prime. Non importava eseguire tanti elementi complicati, bastava fare bene i propri, per semplici che fossero.
Heather bloccò l'arrivo dopo un doppio raccolto avanti mentre Jo, nonostante qualche difficoltà nell'atterraggio, eseguì tutti gli elementi con grande precisione, compreso il temibile Jaeger teso.
Brick era un angelo: il solo fatto che fosse sceso dagli spalti per parlare con lei le aveva ridato la carica di cui aveva bisogno per affrontare l'ultimo esercizio della gara. La Ottawa Academy era in testa.
Le ultime sarebbero state Gwen e Courtney. L'esito della competizione dipendeva da loro. Courtney diede un segno di intesa a Gwen e le diede il cinque per poi stringerle la mano. -Parola d'ordine?-
-Concentrazione.- rispose Gwen, con un velo di preoccupazione in viso.
-Sono con te, amica.- disse Courtney, e le sorrise.
Gwen prese posizione davanti allo staggio basso dopo essersi tolta dalle mani la magnesia in eccesso. Cercò di non pensare al fatto che di lì a poco si sarebbe trovata appesa a una sbarra a un'altezza vertiginosa. Afferrò la parallela e salì in verticale. Dopo due giri addominali (con le braccia ancorate al busto e il bacino attaccato allo staggio) si risollevò, allontanò le mani e si gettò all'indietro verso lo staggio alto.

Questo salto prende il nome di Shaposhnikova.
Quasi tutti gli elementi prendono il nome dal/la ginnasta che li ha portati in gara per la prima volta. La cosa buffa è che alcuni sono tanto difficili da eseguire quanto da pronunciare.

Una seconda salita in verticale e Gwen si preparò per lo Jaeger. Sentiva su di sè gli occhi degli spettatori e sotto di sé il vuoto. Queste due sensazioni combinate non erano affatto piacevoli. Vada come vada, diceva a se stessa. Se dovessi cadere mi prenderà il tappeto, e non una delle due parallele.
Granvolta in avanti, posizione orizzontale, via le mani e giro a gambe divaricate in posizione della squadra. La tecnica era sempre quella, ma chissà perchè? c'erano giorni in cui sembrava più complicata del solito.
Gwen aveva spinto troppo verso l'esterno e nella fase di ritorno si era ritrovata troppo distante dallo staggio alto. Benchè avesse cercato di allungarsi il più possibile non era riuscita a prenderlo. Aveva preso un brutto colpo, cadendo da quell'altezza. Il cuore era a milla, l'adrenalina alle stelle.
Si udì una triste esclamazione di delusione da parte degli spettatori.
-Non importa, Gwen! Coraggio.- gridò Cody dagli spalti. Gwen si riprese dallo spavento e riuscì a risalire sullo staggio senza l'aiuto dell'allenatore Hatchet. Per il resto dell'esercizio non ebbe problemi e nemmeno all'uscita, quando dalla verticale sullo staggio superiore si diede la spinta con le braccia ed eseguì due carpi all'indietro fino a terra.
Tornò a sedersi a lato del campo gara, delusa.
-Che è successo sullo Jaeger?- chiese Hatchet, dinnanzi a lei con i pugni chiusi sui fianchi. -Pretendo una spiegazione.-
-Io...io...- fece Gwen. Non sapeva dargli una risposta. Non sapeva nemmeno lei cosa fosse successo.
-So io che è successo.- replicò Hatchet. -Ti sei distratta. Non devi mai e poi mai perdere la concentrazione. Tienilo a mente per la prossima volta, soldato.-
-Signorsì, coach.- disse Gwen. Hatchet si allontanò. -Vorrei tanto che Izzie fosse qui.- sospirò la ragazza. -Saprebbe tirarci su di morale in men che non si dica, e saprebbe come farci vincere.-
-Già. C'è sempre bisogno di una Izzie alle parallele.- disse Heather.
-Non prendertela. Hai fatto del tuo meglio.- disse Stacey per rassicurare Gwen. -Il giro era buono. Ai giudici interessa la qualità.-
-Ti sei fatta male?- chiese Courtney dopo che Stacey se ne fu andata.
-Solo alle costole...- rispose Gwen portando le mani nel punto che le doleva.
-Ci credo. Sei talmente magra... se fossi composta per l'80% di tessuto adiposo come quel tuo compagno di classe, Owen, non avresti male.-
-Non dirlo neanche per scherzo, Courtney.- disse Gwen, seria, mentre Courtney accennava un saluto verso gli spalti, in direzione del diretto interessato: il simpatico ragazzo in sovrappeso, il quale ricambiava il saluto con un sorriso, ignaro della battuta. -Mi è già difficile fare ginnastica così come sono, scordati che io metta su qualche chilo solo per proteggere le ossa.-
-Andiamo, era una battuta.- disse Courtney. -Coraggio, non importa se hai mancato la presa allo Jaeger. Poteva capitare a tutte. Sky Brooks e le sue atlete non hanno scampo contro di noi. Non hanno ancora visto il mio esercizio.- Detto questo si infilò i paracalli e scese in campo gara.

“Le due squadre sono a parimerito. La prossima alle parallele asimmetriche sarà Courtney Smith. Una perfetta esecuzione assicurerebbe la vittoria alla Ottawa Gymnastic Academy.”

-Cerca di farci vincere, o te la vedrai con me!- esclamò Jo dalla sua sedia.
-Spiritosa, Jo...- replicò Courtney. -Hai detto una cosa scontata.-
La ragazza udì il suono d'inizio e prese posizione per l'entrata. L'esercizio di Courtney cominciava con due passi di rincorsa e una rondata con rimbalzo sulla pedana a molla; un avvitamento all'indietro ed ecco che si ritrovava ad aver afferrato lo staggio inferiore, pronta per la prima salita in verticale. Seguirono uno Jaeger e un Khorkina (Shaposhnikova con mezzo giro prima della presa dello staggio alto), fino ad arrivare all'elemento dal nome impronunciabile: una sorta di Jaeger teso con un avvitamento in aria. 
Purtroppo qualcosa andò storto.
Al momento della presa, la mano destra di Courtney scivolò via dallo staggio e per pochi attimi la ragazza restò ancorata alla sbarra reggendosi con un solo braccio. Se non fosse riuscita prontamente a riaggrapparsi con entrambe le mani probabilmente sarebbe precipitata. Dagli spalti, la sua impressionabile amica e compagna di scuola, Bridgette, si era coperta di scatto gli occhi con le mani per paura di assistere alla caduta rovinosa.

“È strano che Courtney Smith abbia sbagliato una presa così semplice...”

Con il fiato corto per lo spavento, Courtney si ricompose e riuscì a terminare l'esercizio con un'uscita perfetta.
Verde di rabbia, si tolse i paracalli e li gettò a terra accanto al suo posto a sedere. Ancora poco e sarebbe esplosa dalla furia. Per colpa di quella parallele troppo scivolosa, il suo esercizio perfetto era fallito. Premette la fronte contro il muro sforzandosi di non piangere per non mostrarsi debole, mentre le ragazze di Edmonton, visibilmente soddisfatte, godevano della disfatta.
-Una vittoria scontata, vero?- disse Jo, indignata.
-Non ti ci mettere anche tu, Jo.- rispose la caposquadra, sull'orlo di una crisi di nervi.

“La squadra di Alberta si aggiudica la vittoria.”
Alle parole del cronista risuonò l'applauso degli spettatori mentre le vincitrici prendevano posto in fila sulla pedana in attesa di ricevere la meritata coppa. A quel punto Courtney perse la pazienza. Heather e Gwen dovettero trattenerla per impedire che andasse a scaricare la sua ira sui giudici o peggio sulle ginnaste vincitrici.
-Non è giusto! Non è giusto!- si lamentava.
Settimane di allenamenti andate in fumo per vedersi strappare via il primo posto da quella presuntuosa di Sky Brooks. Sebbene le parallele fossero state un poco ostiche, le ragazze di Alberta avevano portato a termine i loro esercizi senza gravi errori. Gli sbagli di Gwen e di Courtney, invece, erano stati imperdonabili. La squadra di Edmonton era troppo forte.
-Riflettete sull'esito di questa gara, soldati.- intimò l'allenatore Hatchet. -Vi sarà utile per la prossima competizione.-
-Avrei potuto battere quella patetica squadra se non fosse stato per quello stupido staggio!- ora Courtney  dava la colpa perfino agli innocenti paracalli che secondo lei non avevano svolto il loro compito, cioè assicurare una presa più salda alle parallele.
Era inutile accampare scuse. Così era andata. Ma ancora non poteva dirsi finita.
Nel concorso generale, Sky si era classificata prima ottenendo il titolo di campionessa regionale, e ora occupava trionfante il primo gradino del podio; Courtney scoprì di essere arrivata seconda. Una madra consolazione; la sorpresa più grande fu per Gwen, che scoprì di essere arrivata terza. La medaglia di bronzo, in quel momento, le appariva come la cosa più preziosa che avesse mai tenuto tra le mani, e ai sui occhi aveva perfino più valore dell'oro.
-Ci rivedremo, Sky Brooks. Non è finita qui.- ringhiò Courtney,  poco prima di risalire sull'autobus per tornare a Ottawa.

(Courtney) Sono passate due ore dalla partenza e ancora non riesco a perdonarmi per aver lasciato che quella smorfiosa di Sky mi rubasse il primo posto. Ma ora che ci penso avrò ancora molte altre occasioni di battermi con lei. In fin dei conti questa è stata solo una semplice competizione regionale. A me interessa competere contro le squadre più forti al mondo, a cominciare dalle nostre care amiche statunitensi.
Appena tornate a Ottawa dovremo incominciare a prepararci per i Visa Championships, un incontro molto importante a cui la nostra squadra cerca di arrivare da anni.
Per quanto riguarda Arlington... beh, credo che il mio peggior errore sia stato quello di dare la vittoria per scontata. È il più grande sbaglio che uno sportivo possa fare. La delusione è stata maggiore di quel che credessimo. Ora è inutile farne un dramma. Gwen è entusiasta della sua medaglia di bronzo, io ho avuto la mia medaglia d'argento e anche se avrei potuto arrivare all'oro sono contenta così.
Siamo sopravvissute, e questo è l'importante.
Ora schiaccerei volentieri un pisolino. A Ottawa manca ancora qualche ora...

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Capitolo 15
*** Saint Louis pt.1 - Un ospite importante ***


Quel pomeriggio i ragazzi irruppero in palestra più entusiasti del solito. Alejandro, Cody, Mike e DJ erano rientrati quella mattina da Arlington  e portavano ottime notizie: Cody si era piazzato primo nelle finali di specialità alle parallele asimmetriche, mentre Mike si era piazzato secondo al volteggio. Alejandro aveva confermato ancora una volta il suo titolo di campione regionale. La squadra maschile della Ottawa Academy era tornata vincitrice.
Tyler e Lightning erano subito corsi a congratularsi con i loro compagni che, entusiasti del loro successo, avevano issato sulle spalle il piccolo Cody e l'avevano portato in trionfo fino in palestra. Qui erano stati sommersi da altri complimenti da parte di Stacey e delle ragazze. Il primo quarto d'ora dell'allenamento fu dedicato ai festeggiamenti. Dawn, Izzie e le sue compagne poterono riabbracciarsi, e benchè deluse dalla sconfitta furono felici di rivedersi.
Il coach Hatchet non era ancora arrivato e le ragazze ne stavano approfittando per svagarsi un po'. Izzie aveva portato in palestra con se il suo computer portatile per studiare, ma ora aveva chiuso tutte le schede di ricerca e aveva acceso un po' di musica.

-Dawn, guarda, ho messo la tua canzone preferita!- esclamò la rossa e, sprizzando energia da tutti i pori, improvvisò un balletto mentre le sue compagne ridevano a crepapelle.

Dawn e Izzie rimasero esterrefatte quando Courtney raccontò loro di essersi battuta in un duello all'ultimo salto mortale contro la ex campionessa nazionale Sky Brooks. Anche a loro sarebbe piaciuto incontrarla. Courtney ne parlava di continuo ma loro non l'avevano mai vista di persona: due anni prima Izzie non prendeva ancora parte a campionati importanti e Dawn, appena dodicenne, era appena entrata nella squadra agonistica.

-Signorine! A rapporto!- la voce del coach Hatchet rimbombò tra le pareti e le due squadre si affrettarono a disporsi in fila sulla pedana. Izzie, fulminea, spense il PC e prese posto in riga tra Mike e Heather.
-Bene bene, soldati.- disse il coach con un sorrisetto stampato in volto mentre si sfregava le mani soddisfatto. -Vi comunico subito che ho una sorpresa per voi.-
I ginnasti e le ginnaste stettero in ascolto per cercare di capire se la sorpresa sarebbe stata positiva o negativa. Conoscendo l'allenatore Hatchet, non c'era mai da fidarsi.
-In vista della prossima competizione, che si terrà a Saint Louis, sponsorizzata dalla VISA, ho deciso di convocare qui -esatto, proprio qui- uno dei più competenti giudici della nostra nazionale per un'accurata e scrupolosa supervisione dei vostri esercizi. Ci raggiungerà la prossima settimana. Vorresti aggiungere qualcosa, collega?- chiese Hatchet a Stacey, e le cedette la parola.
-Grazie, Chef.- disse la coach. -L'incontro con il giudice sarà determinante per le convocazioni a Saint Louis. La Visa Championship non è una gara da prendere alla leggera. La strada per le Olimpiadi, ragazze, è tutta in salita e per arrivarci avremo una cosa importante da fare: alzare il punteggio. Per cui vorrei inserire qualche nuovo elemento nei vostri esercizi. Non pretendo che li impariate in tempo per il test ma che siano pronti per la gara di Saint Louis.-
-Siete tutte d'accordo?- chiese Hatchet, con tono minaccioso.
-Signorsì coach.- risposero le ragazze.
-Uomini,- fece Hatchet, chiamando a se l'attenzione della squadra maschile -filate agli attrezzi. Non abbiamo tempo da perdere.-

Le atlete della nazionale, prima di ogni gara, venivano sottoposte a un test di verifica, come a scuola: se hai studiato e sei al passo con il programma passi senza problemi; altrimenti vieni bocciato.
Le ginnaste con la più alta padronanza della tecnica sarebbero state scelte per partire, le altre beh... già si sa, avrebbero dovuto farsi da parte.
Stacey era stanca dei soliti salti. Voleva vedere qualcosa di nuovo, qualcosa che stupisse i giudici di gara, il coach Hatchet, Stacey medesima e perfino le ginnaste stesse; qualcosa che suscitasse loro un pensiero come... “Era davvero difficile, eppure ci sono riuscita.”
E naturalmente, più di chiunque altro, che stupisse il giudice supervisore. Sarebbe stato lui a selezionare le più preparate.
Stacey decise che avrebbe assegnato un nuovo elemento alla ginnasta che avrebbe reputato più adatta ad eseguirlo. Decise di cominciare dalla trave.
-Gwen, sarai la prima.- disse, mentre la sua interlocutrice saliva sull'attrezzo. -Vorrei provare ad aggiungere un po' più di espressività artistica al tuo esercizio. Non preoccuparti, l'elemento che ti assegnerò non ti ruberà secondi preziosi. Hai mai sentito parlare della Vela?-

La Vela è un elemento tipico della ginnastica ritmica ma è eseguibile anche nell'artistica, per chi lo desidera. Non è difficile, ma non è nemmeno una delle mosse più semplici. La ginnasta deve partire da ferma mantenendo il peso su una gamba; dopo di che si piega in avanti sollevando l'altra in verticale, e nel frattempo compie una rotazione completa sul piede a terra per poi ritrovarsi diritta nella posizione di partenza.
Vedendola si ha l'illusione che il corpo della ginnasta ruoti di 360° sul legamento del fianco corrispondente alla gamba ferma. È per questo che prende anche il nome di Illusion.

Le altre ragazze, sulle travi, sgranarono gli occhi appena sentirono nominare quell'elemento.
-La Vela?!- trasalì Courtney. -È l'elemento più difficile che abbia mai visto fare. Sulla trave riesce una volta su mille!-
-Stai cercando di spaventarmi?- chiese Gwen, indignata, guardando la sua compagna dall'alto della trave.
-Ti prego, Courtney, in confronto ai salti che hanno insegnato a te è una bazzecola.- disse Jo, alzando gli occhi al cielo. -Per te il mondo gira al contrario: i salti difficili ti riescono facili, mentre ha paura dei salti più semplici. È così?-
-Io non ho paura.- replicò Courtney. -Dico solo che forse Gwen dovrebbe portare in gara un elemento meno...rischioso. Ce la vedi a compiere un'evoluzione del genere su dieci centimetri di spazio?-
-Cosa vorresti dire con questo? Pensi che non sia all'altezza?- le chiese di nuovo Gwen, malgrado dentro di se avesse timore.
-Io penso che possa farlo.- disse Stacey. -Devi solo acquisire un po' più di confidenza con l'attrezzo.- aggiunse poi rivolta a Gwen.


Una volta appreso il meccanismo, Gwen decise di buttarsi. Prese posto dapprima sulla trave interrata, così da facilitare il tutto.
Posizione, braccia in alto, busto flesso, una mano appoggiata a terra per darsi una piccola spinta, rotazione del piede, gamba dietro in verticale, ancora un quarto di giro e su. Ora più veloce.
Qualche piccolo sbilanciamento c'era, ma era questione di esercizio prima che l'elemento riuscisse perfettamente.
Stacey consigliò a Gwen di provare dalla trave alta. Un po' titubante, la ragazza salì e si posizionò al centro.
-Allora, la vogliamo fare questa Illusion?- la esortò Stacey.
-Io... non mi sento pronta...- mormorò Gwen, ansiosa.
-È lo stesso meccanismo.- disse Stacey. -Affronta la tua paura dell'altezza. Il giro è perfetto, sei solo più incerta all'arrivo, se dovessi cadere, cadrai in piedi. Ricorda che non devi interrompere la rotazione a metà. Noterai che il giro rallenterà quando starai per sollevarti. Non guardare il soffitto o ti girerà la testa. Àncora per bene i piedi alla trave e guarda davanti a te.-
O la va o la spacca. Gwen decise di riprovare. Al diavolo la paura dell'altezza. La Illusion era più semplice del previsto. Di nuovo: slancio della gamba sinistra indietro, giro sul piede destro e su. Un'altra volta, e un'altra ancora.
Gwen non credeva a se stessa. -L'ho fatto?- chiese dopo essersi stabilizzata. La coach annuì e le ragazze riservarono un piccolo applauso di incoraggiamento alla compagna.
-Come ci riesci?- chiese Courtney, incredula.
-Facile, è un talento naturale.- rispose Dawn al posto di Gwen. -Tu ne saresti capace, caposquadra?-


(Courtney) Non ho affatto intenzione di spaventare Gwen, il fatto è che dubito che sarei in grado di imparare un elemento come la Vela in poco tempo. Non sono abbastanza sciolta per una figura di così grande spessore artistico, e non ci tengo a prendermi uno strappo prima della Visa. Lo ammetto, forse provo un po' di invidia verso Gwen. Cavoli, non è giusto. Avrebbero dovuto assegnare a me un elemento così difficile.



***



Erano le sette di sera e tutte le ginnaste erano tornate a casa. Tutte, tranne Courtney. A quanto pareva quella ragazza aveva intenzione di distruggersi fisicamente e psicologicamente.
“Io rimango ancora per un po'. Ci vediamo domani a scuola.” aveva detto alle altre. Finchè c'era tempo -e luce- ogni scusa era buona per proseguire a fare un po' di esercizio.
Stava provando e riprovando gli ultimi elementi alla trave, e non immaginava certo che di lì a poco avrebbe ricevuto una visita inaspettata. Qualcuno, sbirciando dalla porta della palestra, aspettava il momento giusto per entrare e sorprendere la ragazza.
Courtney partì per eseguire una ruota senza mani. Non appena i suoi piedi si staccarono dalla trave, un ragazzo moro con i capelli a spazzola e con indosso una maglietta nera con un brutto teschio stampato, fece capolino dalla porta e, gridando -Ehi, campionessa!-, agitò il braccio in segno di saluto.
Courtney, che era in procinto di atterrare sulla trave e tirarsi su, fece appena in tempo a udire la voce del ragazzo e -per miracolo- arrivò sull'altro capo dell'attrezzo perdendo l'equilibrio, e imprecando ruzzolò sul tappeto sotto di lei.
-Duncan!- gridò mentre si sollevava aggrappandosi alla trave. -Accidenti a te, avrò perso come minimo dieci anni di vita!- 
Duncan aveva le lacrime agli occhi dal ridere. Mancava poco che si ritrovasse a rotolare a terra su se stesso.
-Scusami, non pensavo stessi ancora allenandoti.- ridacchiò, asciugandosi le lacrime.

Bugia. Duncan sapeva perfettamente che l'avrebbe trovata lì, e come sempre aveva escogitato il piano perfetto per farle prendere un colpo sul più bello di qualche evoluzione aerea. Adorava vedere la sua reazione. In genere si arrabbiava, ma Duncan sapeva che non se la sarebbe mai presa con lui per davvero. Ormai era psicologicamente preparata alle sue burle.
-Ti perdono.- sospirò Courtney, ricomponendosi. -Esattamente come ti ho perdonato dopo le altre otto cadute che ho fatto per colpa dei tuoi stupidi scherzi. Posso sapere come mai sei qui?-
-Passavo da queste parti. Tu, piuttosto, che cosa ci fai ancora qui a quest'ora?- le chiese il ragazzo. -È tardi e la palestra è deserta.-
-Conosci la mia regola, Duncan, finchè non si raggiunge la perfezione non si deve smettere mai di provare.- rispose la ragazza.
-E com'è andata la gara?- le chiese di nuovo Duncan, dirigendosi con lei al contenitore della magnesia.
-La gara? Uno schifo.- rispose Courtney, seria. -I ragazzi sono stati più fortunati di noi. Beh, tutto sommato qualche medaglia l'abbiamo portata a casa. È un periodo nero, ma bisogna perseverare. La prossima settimana dovremo sostenere un test sotto la supervisione del giudice della squadra nazionale. Non ho nessuna voglia di incontrarlo. Non farà altro che criticarci e mandarci in paranoia. A giugno dovremo essere pronte per la Visa Championship, e serve che lui giudichi i nostri esercizi. Ci toccherà spendere un mese delle nostre vacanze in palestra. Finirò per avere un esaurimento nervoso, me lo sento.-
-Non mi stupisce che siate sotto stress.- disse il ragazzo, mentre Courtney ammazzava il tempo spezzettando un blocchetto di magnesite fino a ridurlo in polvere. -Soprattutto tu, che alle tre ore di allenamenti ne aggiungi una quarta. È ovvio che finirai per sfiancarti più delle altre.-
-Devo ripeterti la mia regola?- chiese Courtney con un'espressione che lasciava trasparire chiaramente un “Forse non mi sono spiegata bene.”
Duncan alzò gli occhi al cielo. Niente da fare. Quando Courtney si metteva in testa qualcosa non c'era verso di farla ragionare.
-Beh, penso che oggi tu ne abbia avuto abbastanza.- disse il ragazzo e, scherzosamente, si impolverò le dita con un pizzico di magnesia e sfiorò il naso della ragazza, sporcandolo di bianco. -Ho un casco in più. Che ne dici se torniamo a casa insieme?- le chiese poi.
-Ma Duncan...-
-Andiamo. Non hai bisogno di continuare a esercitarti all'infinito. Tu sei già la migliore, campionessa.-
Courtney si ripulì il viso dalla magnesia e gli sorrise, perdendosi per un attimo nell'azzurro dei suoi occhi.

Pochi minuti dopo stavano già correndo fuori, mano nella mano.
Era incredibile come Duncan riuscisse a far scomparire dalla mente di Courtney tutto lo stress e la tensione accumulati dai troppi impegni e dalle sfide quotidiane che incontrava facendo ginnastica.
Indossati i caschi, montarono sullo scooter del ragazzo.
-Tieniti forte.- le disse, mentre Courtney di aggrappava a lui. Era felice. In quel momento la vita era stupenda: niente ansie, niente gare, niente punteggi, podi, trofei. Solo pura e semplice vita.
Lo scooter sfrecciò sulla strada verso casa, mentre il sole tramontava sulla città tingendo il cielo d'arancio.



***

[Una settimana dopo...]

***



Seduta a gambe incrociate su una delle righe della pedana, Heather pensava, appoggiando il mento al palmo della mano. Cercava di immaginare che aspetto potesse avere il fantomatico giudice. Era certamente un uomo, così aveva detto il coach Hatchet. Chissà perchè, si chiedeva, le giudici donne erano tanto più antipatiche quanto più esigenti? Ad ogni modo Heather odiava sentirsi sotto esame. A maggior ragione da un completo sconosciuto.

(Heather) In fondo essere giudicate è una delle tante sfide a cui siamo sottoposte ogni giorno. Ci insegna a maturare, anche se molto spesso ne facciamo una questione personale. Dobbiamo pensare che gli allenatori e i giudici non giudicano noi come persone. Giudicano noi come ginnaste. Tutte noi siamo ragazze diverse, ed essere ginnaste è la principale cosa che ci accomuna.
Dovremo accettarlo, prima o poi: siamo venute al mondo per essere giudicate.


Era trascorsa una settimana ed entrambe le squadre si erano preparate per il test.
Il supervisore sarebbe dovuto arrivare alle 17:00. Erano le 16:55 e le ragazze non stavano più nella pelle. In senso negativo, s'intende.
Ognuna non faceva che domandarsi: Come sarà questo giudice? Sarà giovane o anziano? Sarà amichevole o ipercritico? Gli farò una buona impressione? Si accorgerà del talento che ho? Ma soprattutto... avrò il mio posto in squadra e arriverò a oltrepassare la soglia della Chaifetz Arena di St.Louis?

Alle 17:00 in punto, preciso come un orologio, fece ingresso in palestra un minuscolo entourage composto da un uomo e da una donna in divisa nera e, immediatamente dopo, comparve un uomo sulla quarantina piuttosto basso, che portava una giacca nera e teneva sottobraccio nient'altro che un'agendina. Era il giudice, senza ombra di dubbio!
Il suo aspetto,in fin dei conti, non metteva paura: aveva il tipico aspetto dei conduttori TV, o personaggi del genere. Capelli accuratamente pettinati, basette perfettamente definite, una parvenza di barba incolta. Aveva due occhi vispi, tipici degli osservatori scrupolosi che notano all'istante ogni cosa, e un sorriso quasi simpatico.
Appena entrato ricevette una calorosa accoglienza da parte dei coach. Strinse energicamente la mano all'allenatore Hatchet e poi a Stacey. Dopodichè si guardò intorno con la stessa espressione di un turista ammaliato alla vista del resort a cinque stelle dove alloggerà, malgrado conoscesse già la Ottawa Gymnastic Academy come le sue tasche. Gli altri due supervisori facevano lo stesso, quasi tastando con la vista la consistenza e la resistenza di ogni attrezzatura, borbottando qualcosa tra loro di tanto in tanto.
Inevitabilmente, le mura della palestra furono d'un tratto bombardate dal fischio assordante del coach Hatchet. I ginnasti e le ginnaste non tardarono a posizionarsi in riga, come sempre, sulla pedana.
Il giudice, reggendo sempre la sua inseparabile agendina, li squadrò tutti da capo a piedi con un sorrisetto all'apparenza gentile. Poi, finalmente, parlò.
-Buongiorno, ragazzi e ragazze. Vorrei innanzitutto presentarmi: il mio nome è McLean. Chris McLean. E sarò il supervisore delle vostre squadre da adesso in poi.- disse, con lo stesso atteggiamento di un nuovo professore che si presenta alla classe.

Sul giudice McLean -chiamato così da molti- c'erano tante, molte, forse troppe cose da sapere.
Era supervisore della nazionale canadese ancora prima che le agoniste e gli agonisti attuali ne entrassero a far parte. Capitava spesso che prima di gare importanti venisse all'Accademia per supervisionare il lavoro di ogni ginnasta. 
Non era ipercritico, antipatico o snervante, se non quando necessario; sapeva instaurare splendidi rapporti di amicizia con ogni componente della squadra. Sapeva dare consigli su come migliorare la qualità dei salti e, prima di tutto, su come renderli meno rischiosi possibile per l'incolumità degli atleti. Sapeva distinguere sin dai primi incontri i più talentuosi dai meno esperti, e dopo un certo lasso di tempo passato a lavorare con i ginnasti, era in grado di notare subito miglioramenti o peggioramenti.

Da esperto ex coach, nonché amico e conoscente dell'allenatore Hatchet, con lui “La perfezione è regola.”
Oggi come oggi, il coach fa di tutto per guadagnarsi il suo rispetto. A volta si comporta da lecchino: gli porta sempre il caffè e si rivolge a lui quasi fosse sua maestà l'imperatore del Giappone.
Chef non ha niente da temere: il giudice McLean ha un'ottima stima di lui poiché sa che è un allenatore efficiente e sa preparare sempre al meglio i suoi allievi per le competizioni.

McLean è un tipo preciso e ci tiene a informare gli atleti su ogni minimo dettaglio, in modo che siano sempre organizzati.
Quello che nessuno sa -e che nessuno immaginerebbe- è che si affeziona sempre ai ginnasti e alle ginnaste a cui offre il suo aiuto ed è capace di tutto pur di dargli una mano a realizzare i propri sogni. Naturalmente ogni ginnasta deve guadagnarsi la vittoria: lui è sempre e comunque un giudice professionale, rapporti di amicizia o meno. Ogni squadra in ogni parte del mondo ha un supervisore pronto a rendere perfetti gli esercizi di ogni atleta. McLean interviene solo in allenamento e non in gara, a maggior ragione se al tavolo della giuria c'è proprio lui.
Dov'eravamo rimasti?
Già. Le competizioni, i punteggi, le classifiche e le penalità sono la sua vita.



-Questo piccolo test ci servirà per valutare la vostra preparazione atletica. Sarà una sorta di simulazione della gara che si terrà a St.Louis. Perciò fate attenzione: sbagliare potrebbe significare giocarsi il posto alle selezioni. Cercate di dare il massimo proprio come se foste in campo gara.- disse il giudice. -Cominceremo dal volteggio. Buona fortuna.- e raggiunse i suoi assistenti.

Il dolore alla colonna vertebrale era scomparso, ma Jo non era completamente tranquilla.
-Che motivo c'è di sottoporci a un test?- chiedeva mentre si preparava a partire. -Non potevano semplicemente comunicare i nomi delle partecipanti al momento delle convocazioni?-
-Devono basarsi sui fatti per poterci assegnare un posto in squadra.- rispose Courtney, mentre lasciava cadere a terra la pedana a molla nel punto giusto davanti al cavallo. -Coraggio, è solo un salto. Ne va della tua convocazione. Non vorrai tirarti indietro!-
-Nemmeno per sogno.- la tranquillizzò Jo.
I venticinque metri della rincorsa sembravano più spaventosi del solito. Jo scosse la testa e si concentrò. Partì.
Eseguì il solito doppio avanti e straordinariamente non avvertì alcuna fitta pungente durante l'atterraggio. Si risollevò e sorrise tra sé e sé, soddisfatta. Forse stavolta sarebbe riuscita a riscattarsi dopo la sconfitta subita alla regionale.

Ognuna delle ragazze esordì con un salto perfetto.
Dopo ogni esecuzione, il giudice McLean sbirciava attraverso i suoi occhiali dalla montatura nera e, con un sorriso compiaciuto, abbassava gli occhi per scrivere qualcosa sui suoi appunti, probabilmente un ipotetico punteggio.
Era impaziente di vedere gli elementi nuovi di zecca che le ragazze avrebbero portato in gara: il nuovo ingresso di Dawn al corpo libero, il salto Gienger alle parallele e la Illusion di Gwen, il salto costale alla trave con arrivo a piedi pari di Courtney, e molti altri.

Giudicò accettabili anche gli esercizi a corpo libero.
Si sa che sul quadrato le ginnaste sanno esprimere appieno le loro personalità. Osservando attentamente, le colse una per una. Il giudice McLean conobbe la vitalità di Izzie, la timidezza di Dawn, l'aggressività di Courtney, l'eleganza di Heather, la grinta di Jo e l'emotività di Gwen.
Avevano tutte quante un incredibile potenziale, e ognuna aveva qualcosa di speciale che la distingueva dalle altre.

-La pedana di St.Louis è tosta, fate attenzione agli arrivi.- fu l'unica cosa che disse.
Quante cose, sapeva. Di certo era già stato alla Chaifetz Arena e aveva esaminato con cura tutta l'attrezzatura: l'elasticità della pedana, la controspinta degli staggi, la copertura della trave e forse persino la sofficità dei tappeti. Che supervisore organizzato!

Le ragazze si erano appena infilate i paracalli per la prova alle parallele, quando Gwen cominciò a dare segni di agitazione.
-Perchè sono così nervosa?- chiedeva, mentre ogni tanto prendeva un respiro profondo e si tirava qualche schiaffo leggero sperando di riacquistare la lucidità mentale. -Qualcosa andrà storto, me lo sento.-
-Non farti intimorire da McLean. La sua presenza ti sta facendo saltare i nervi.- disse Courtney, mentre si impolverava le mani di magnesite.
-In fin dei conti è il suo mestiere.- disse Izzie, stringendo i cinturini ai polsi.
Izzie non aveva paura delle convocazioni. Sapeva perfettamente di essere uno degli elementi più validi della squadra. Il suo talento alle parallele -come negli altri tre attrezzi- avrebbe certamente portato la nazionale canadese ai vertici più alti delle classifiche.
Era pronta a dimostrare le sue capacità al giudice, e non vedeva l'ora di afferrare quelle parallele come fossero rami e volteggiare sottosopra come se non ci fosse un domani.

Dopo il doppio raccolto avanti di Courtney e il doppio Arabian di Heather, il giudice si tolse gli occhiali e, con un'espressione soddisfatta, si rivolse ai suoi assistenti e mormorò: -Non me l'aspettavo, ma il livello delle ginnaste è molto buono.-
Nell'udire quell'affermazione, l'allenatore Hatchet e Stacey si sorrisero, contenti che le loro allieve fossero riuscite, con il loro talento, a fare colpo sul giudice.
Già si immaginavano mentre ricevevano il premio per il miglior coach dell'anno.

-E ora a noi, belle mie.- rise Izzie, e con un saltello si issò sulla parallela inferiore. Un giro addominale e afferrò quella superiore.
Dopo uno Jaeger e un Tkachev venne il momento del salto Bhardway, 'il più divertente', così lo definiva Izzie.

Dopo la granvolta, raggiunta come sempre la posizione orizzontale, avrebbe dovuto lasciare la presa  e gettarsi verso lo staggio inferiore effetuando un avvitamento in aria, ritrovandosi così con le mani ancorate alla parallela e con i piedi rivolti verso lo staggio alto.
E' abbastanza rischioso a differenza del Tarzan, in cui la ginnasta si getta verso lo staggio basso effettuando solo mezzo giro in volo.
Di questo salto esiste una versione molto più pericolosa, senza avvitamenti in aria: la ginnasta deve solamente lanciarsi dallo staggio alto a quello basso effettuando una rotazione su se stessa simile a un salto teso. In questo modo è molto, molto difficile riuscire a vedere dove sta la parallela, e di conseguenza è molto difficile riuscire a prenderla. Nel Bhardway, l'avvitamento in aria aiuta a distinguere meglio la posizione della parallela, ma è comunque una tra le evoluzioni più estreme.

Le ragazze si erano scostate leggermente per lasciare più spazio a Izzie, che già era alla granvolta.
Da lassù, pensava Izzie, la parallela bassa sembrava molto più lontana del previsto. Con un po' di slancio in più sarebbe riuscita a prenderla.
Il coach Hatchet, Stacey, il giudice e i suoi assistenti osservavano col fiato sospeso il momento acrobatico.

Izzie staccò le mani.
Compì mezzo giro con le braccia protese in avanti, pronta per la presa. Gli occhi delle sue compagne rimanevano fissi su di lei, quasi disegnassero la traiettoria che avrebbe dovuto percorrere.
Guardò giù. 
Si accorse che la parallela era posizionata nel punto giusto, e il fatto che le fosse apparsa più lontana era stata solo un'impressione.
Fulminea, allungò la mano sinistra per afferrare quell'ostacolo che si era trovata davanti, prima che le sfuggisse del tutto.
Una pessima mossa. Mancava ancora mezzo giro, alla fine del salto.
Oramai la mano sinistra aveva colpito la sbarra e frenato il lancio.
L'ultimo mezzo giro annebbiò la vista. Magari non avesse tentato di farlo. Izzie non fece in tempo a riprendere lo staggio con la mano destra.
Trasalì. Serrò le palpebre.
Sentì girare la testa e un dolore lancinante.
Un tuffo al cuore. E infine l'impatto.

Izzie si ritrovò a terra, accanto alla parallela inferiore. Era caduta di schiena, e per colpa di quel mezzo giro era rotolata un po' più in là.

Intorno si era sollevato il caos più totale. McLean aveva lasciato cadere a terra la penna e, scioccato, si era alzato di scatto dalla sua sedia; le ragazze, nel panico, cercavano invano di mantenere la calma; Stacey era accorsa con il fiato corto, mentre Izzie si contorceva rannicchiata su se stessa con le lacrime agli occhi, cercando di non gridare per il dolore.

Me**a. Il braccio sinistro. Quello già infortunato, per giunta.

-Ghiaccio, serve del ghiaccio!- esclamò Stacey, mentre il coach Hatchet correva a provvedere.
-Si è fatta molto male?- chiese il giudice alla coach, una volta giunto sul posto.
-Izzie, dove hai battuto? Riesci a dirmi dove hai battuto?- chiedeva Stacey, sperando in qualche modo di ottenere risposta. Izzie non riusciva nemmeno a parlare. Piangeva solamente, tenendosi il braccio, e tremava come una foglia. Questo bastò a Stacey per capire quale fosse il danno.

Izzie scoppiava sempre a ridere, ogni volta che le capitava di fare qualche capitombolo.
Questa volta non lo fece.
La frattura di quel famoso braccio ora doppiamente snodabile era già stata una brutta esperienza. Doverla rivivere sarebbe stato tutt'altro che divertente.

Hatchet tornò con il ghiaccio mentre le altre ginnaste non poterono fare altro che restare a guardare, angosciate. Il test stava andando alla grande. Tutte quante stavano dimostrando di meritare un posto nella squadra. Ma proprio quando tutto sembrava andare per il meglio era successo l'inimmaginabile.
Dawn cercava di non piangere. Per lei, sensibile com'era, vedere soffrire così la sua amica era frustrante. Anche i ragazzi della squadra maschile avevano assistito alla scena, turbati.
-Andrà tutto bene, ragazze.- disse Stacey dopo che Izzie sembrò essersi calmata un po'. -Poteva capitare a chiunque. Tenete a mente che siete ginnaste. Siete potenti e fragili al tempo stesso.-

L'allenatore Hatchet aiutò Izzie a sollevarsi e l'accompagnò fino all'infermeria della palestra. Forse, un tempo, burbero com'era, non l'avrebbe fatto. Era stata una brutta caduta, ma la ragazza riusciva comunque a reggersi sulle sue gambe. Continuava a tenersi il braccio, che doveva essere davvero ridotto male.
Prima che scomparisse oltre la porta, le ginnaste udirono la loro compagna mormorare un flebile -Mi dispiace...-.



***



-E' evidente che non potrà continuare...- diceva, piano, il giudice McLean a una Stacey a dir poco preoccupata.
Stavano parlando da circa cinque minuti, e le ragazze non riuscivano a capire cosa si stessero dicendo.
-Che ne sarà della gara, adesso?- chiedeva Courtney. Alla squadra mancava una componente.
-Hai il coraggio di pensare alla gara dopo quello che è successo?- la aggredì Gwen, ancora scossa. -Forse Izzie si è di nuovo rotta il braccio. Scommetto che se fosse capitato a te, nella gara te ne sarebbe importato meno di zero.-
-Calmatevi, ragazze.- intervenne il giudice. -La gara si farà, questo è sicuro. Al momento siete senza una componente, e la squadra per la Visa dovrà essere formata da sei ginnaste. Mi duole dirlo, ma dobbiamo proseguire con il test per le selezioni.- aggiunse poi, con rammarico.
-Non se ne parla.- disse Gwen, scuotendo la testa.
Mancava soltanto la prova alla trave, per concludere il test, e in quel momento il panico che la opprimeva non le sarebbe stato di alcun aiuto. Se fosse salita sul tanto odiato attrezzo in quello stato, era certa che come minimo avrebbe sperimentato un bell'attacco di vertigini e avrebbe fatto la stessa fine di Izzie.

E' così per tutte le ginnaste: assistere a una caduta o a un infortunio fa sorgere nelle loro menti il terrore più assoluto di fare la stessa fine, cancella ogni più piccola traccia di ottimismo rimasta e le fa pentire all'istante di aver dedicato la vita a quello sport. E' come se fossero esse stesse a vivere il trauma dell'infortunata. E' uno shock, e spesso non c'è rimedio.

-Gwen, non pensarci nemmeno per sogno.- le intimò Heather. Temeva che Gwen se ne andasse, abbandonando la squadra e buttando all'aria le settimane di fatica e di preparazione per quel test.
-Nessuna di noi è obbligata a concludere il test quest'oggi. Per quanto mi riguarda lo potremmo benissimo rimandare.-
-Non dire sciocchezze.- Heather la guardò severa. -Il giudice ci ha dato la sua disponibilità per oggi, perciò dobbiamo finire questa valutazione.- aggiunse sottovoce.
-Non mi importa più della Visa Championship.- disse Gwen.

Bugia. Gwen desiderava prendere parte alla Visa Championship più di qualunque altra cosa al mondo. Ma per colpa di quella disgrazia appena successa l'aveva dimenticato. La verità era che non voleva andarci senza Izzie. Nessuna di loro lo voleva. Avevano già perso una volta senza di lei.
Ognuna sperava che il suo povero braccio avesse solo preso un brutto colpo, che il dolore fosse già scomparso e che la loro compagna, per un improbabile colpo di fortuna, potesse riuscire a gareggiare.

Gwen sollevò lo sguardo e lo posò sulle travi allineate laggiù, nell'unica zona d'ombra della palestra.
-So che non lo pensi davvero. Vuoi rischiare di rimanere esclusa?- chiese di nuovo Heather, cercando di convincerla a restare. -Io non penso proprio. Ora fatti coraggio e concludiamo questo test.-

Gwen inspirò profondamente e a poco a poco riuscì a calmarsi. Fece ordine nella sua mente e, più convinta, decise di accontentare Heather. C'era un posto per lei nella squadra, e non avrebbe voluto vederselo strappare via. Scacciò dai pensieri le immagini di Izzie che cadeva dalle parallele, la paura e la sensazione di impotenza.
Andò alla trave, seguita dalle altre. 
Cominciò per prima, per togliersi subito il pensiero. McLean e i suoi assistenti presero posto a lato per osservare l'esercizio.

Le ragazze erano tutte rimaste scioccate, ma avevano capito che disperarsi e farsi prendere dal panico non avrebbe avuto senso. Forte e resistente com'era, Izzie si sarebbe senz'altro rimessa presto. Nel peggiore dei casi non avrebbe potuto partecipare alla Visa. Un vero peccato, dato che era mancata anche ad Arlington.
Pazienza. Una volta guarita sarebbe tornate più carica che mai ad allenarsi, entusiasta come sempre, e la squadra sarebbe di nuovo stata unita.
E ragionando con ordine e calma si riusciva sempre a ritrovare l'ottimismo.

Al diavolo il giudice, al diavolo il test, e al diavolo la paura, si ripeteva Gwen, in piedi sulla pedana a molla posta al centro, a lato dell'attrezzo.
Prese fiato e salì. Mani sulla trave, una spinta con i piedi, mezzo giro con il busto e si ritrovò in verticale dalla parte opposta. Quando eseguì una spaccata frontale da quella posizione, assunse la bellissima forma di una T, che si trasformò subito dopo in una verticale con spaccata frontale tenuta su un braccio solo.
Sciolse la posizione appoggiando un piede dopo l'altro, ritrovandosi sul lato, con lo sguardo rivolto verso il giudice.
Seguirono un Kolesnikova e una ruota con appoggio sugli avambracci. Una serie artistica davvero d'effetto; salto Arabian raccolto, ribaltata senza mani, Illusion; enjambè con cambio di giro, salto del montone, salto costale; rondata, flick-flack e Tsukahara.
Salva.
Tirò un enorme sospiro di sollievo, mentre i ginnasti e le ginnaste esultavano facendole i complimenti. Prima di lasciare posto alla prossima, notò con la coda dell'occhio il giudice McLean appuntare qualcosa sul suo foglio, annuendo compiaciuto.



***




Le ragazze avevano terminato il test da un quarto d'ora, e stavano aspettando gli esiti sedute sulla pedana del corpo libero. Nessuno era venuto a informarle sulle condizioni della loro compagna. Non sapevano che cosa fosse peggio: la preoccupazione per la salute di Izzie o l'ansia delle convocazioni.
-Santo cielo... sta arrivando.- disse Courtney, scorgendo il giudice rientrare in palestra seguito dai due assistenti.
-Possibile che ci metta tanto?- chiese Heather, che non stava più nella pelle. Voleva, doveva sapere se era stata scelta per entrare nella squadra.
-Non hai capito?- si indignò Gwen. -Gode a prolungare la tensione il più possibile.-
Deve esserci il mio nome su quel pezzo di carta, pensava Courtney, con gli occhi fissi sul foglio ripiegato che il giudice teneva tra le mani.
Senza che se ne fosse accorta, McLean si era avvicinato alle ragazze, affiancato dai coach.
-Courtney?- pronunciò l'uomo, ridestando la ragazza dai suoi pensieri.
-Sì, signore?- 
-Sei presa in considerazione per questa gara.- disse McLean. Il messaggio arrivò forte e chiaro, e Courtney si sentì realizzata. La sua espressione tesa si trasformò in un sorriso gioioso. -Lo stesso vale per Joanne, Gwen, Heather e Dawn.-
La tensione era scomparsa, e tutte poterono tirare un sospiro di sollievo. Dawn non credeva alle sue orecchie. Ce l'aveva fatta, finalmente aveva ottenuto un posto in squadra. Avrebbe partecipato alla sua prima competizione nazionale. Quanto sarebbe stato bello condividere quel momento con Izzie...
-Avete ottenuto dei buoni risultati.- proseguì McLean. -Tutte voi cinque partirete per Saint Louis. Per quanto riguarda Isabella... siamo costretti a ritirarla. Le servirà del tempo per recuperare, e dubito fortemente che potrà gareggiare alla Visa. La sua sostituta vi raggiungerà all'aereoporto per unirsi alla competizione.-
-Non vuole dirci chi sarà la sostituta?- chiese la caposquadra. Sembrava facessero apposta a tenere tutti quei segreti.
-Ogni cosa a suo tempo.- disse il giudice, per tutta risposta. -Questo test ha dato i suoi frutti. E' stato un vero piacere lavorare con voi. Il nostro prossimo appuntamento sarà a settembre. Avremo modo di vederci molto spesso. Vi auguro buona fortuna a St.Louis, e che vinca la migliore. Joanne?- d'un tratto si rivolse a Jo, chiamandola per intero.
-Sì, signor giudice?- fece la ragazza.
-Non male il tuo volteggio. Bel lavoro.-
Jo si aspettava una critica, ma l'uomo la lasciò attonita con quel complimento e, dopo averle fatto l'occhiolino, se ne andò.
La ragazza lo guardò scomparire sorridendo tra sè e sè, e quando sollevò gli occhi incontrò quelli dell'allenatore Hatchet, fissi su di lei. Sembrava sinceramente soddisfatto.
-Che c'è?- gli chiese Jo, divertita alla vista della sua insolita espressione.
-Ho una domanda per te.- disse il coach. -Chi ti ha insegnato a bloccare quell'arrivo?- chiese poi, riferendosi al salto al volteggio di Jo e alludendo a se stesso.
La ragazza trattenne una risata. Il coach era sempre lo stesso: adorava ottenere riconoscimento da parte delle sue atlete.
-Sa, coach, al momento ho un vuoto di memoria...- scherzò Jo, dandogli a intendere che era perfettamente conscia del fatto che era merito del miglior coach dell'Accademia, se lei era considerata una delle migliori ginnaste della nazione.
Osservò Chef allontanarsi verso i ragazzi della squadra maschile, dopodichè seguì le sue compagne fuori dalla palestra, verso lo spogliatoio.
Durante il tratto di corridoio che separava le due porte, le ragazze gettarono uno sguardo verso l'infermeria, situata poco lontano. Fu in quel momento che videro uscire da quella porta il medico, il quale si diresse verso di loro.
-Ragazze, congratulazioni per aver passato il vostro test a pieni voti. Ho saputo che andrete a Saint Louis.- disse.
Le ragazze sorrisero timidamente. Sapere che sarebbero partite tutte e cinque per la Visa Championship era stata una buona notizia, ma sarebbe stata ancora migliore se avesse potuto prendervi parte anche la sesta componente della squadra.
L'uomo con il camice bianco notò subito l'espressione preoccupata delle ragazze e si affrettò a tranquillizzarle.
-Non abbiate paura, Izzie sta benone. Per fortuna il braccio si è soltanto slogato. L'infortunio non è grave, ma per precauzione abbiamo voluto immobilizzarlo per evitare che subisca altri danni.- disse.
Proprio quando le ragazze sembrarono essersi risollevate un poco, videro uscire dalla porta dell'infermeria Stacey in compagnia di Izzie, che sorrideva come sempre, malgrado il gesso bianco che portava sul braccio sinistro.
Le ragazze, felici come pasque di vederla, corsero immediatamente ad abbracciarla, senza stringerla troppo forte per non farle male.
Izzie fu felice di sapere che tutte loro erano state convocate alla Visa, ma inevitabilmente si fece triste quando realizzò che non avrebbe potuto gareggiare.

(Izzie) Mi dispiace di essere stata distratta. Ho perso l'occasione di fare colpo su un giudice di così alta competenza. Avrò pensato di certo che fossi un'incapace, che non sapessi gestire i miei tempi e i miei elementi. Mi dispiace per aver rischiato di farmi male sul serio. Avrebbe potuto finire peggio. Avrei tanto voluto scusarmi con il giudice, fargli sapere quanto lo rispetto, ma se n'è andato con la sua lista di nomi e punteggi, e non so se ci sarà di nuovo occasione di mostrargli ciò che ho imparato in questi anni. Ora vorrei solo avere a disposizione un tasto di reset per poter tornare indietro nel tempo e ricominciare tutto daccapo.

-Ehi!- disse amichevolmente Stacey a Izzie, notando una piccola lacrima sfuggire sulle sue guance rosse. Le diede un buffetto sul mento e le mise un braccio sulle spalle. -Perchè piangi? Dovrai portare il gesso solo per qualche settimana, dopodichè potrai gareggiare di nuovo. E c'è di più: McLean pensa che tu abbia del potenziale, e sta già pensando di portarti alla competizione del prossimo autunno.-
-Davvero?- chiese Izzie, rallegrata. Stacey annuì.
Nessuno meglio della coach poteva conoscere le paure, le preoccupazioni ma anche le gioie delle sue allieve. Era stata anche lei una ginnasta e sapeva perfettamente cosa si provasse a sentirsi giudicate da un perfetto sconosciuto, aveva provato sulla sua pelle l'ansia di una gara, l'adrenalina di un salto difficile, il dolore di un infortunio, l'amarezza di un'esclusione e la gioia di una vittoria.
-Verrai con noi.- promise Stacey a Izzie. -Ci accompagnerai a Saint Louis. Le tue compagne avranno bisogno del tuo sostegno per vincere contro le statunitensi. Che cosa ne dici?-
Izzie non disse nulla. Era di nuovo felice, così come le sue migliori amiche. Era solo l'inizio, non era ancora tutto perduto. Ci sarebbero state molte, moltissime altre occasioni di riscattarsi recuperando il tempo perso.
Le sei ragazze si strinsero di nuovo in un affettuoso abbraccio di gruppo.
Nessun infortunio, nessun giudice, nessuna sconfitta avrebbe mai potuto porre fine alla loro sconfinata amicizia.

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Capitolo 16
*** Saint Louis pt.2 - Paure traditrici ***


Non era la prima volta che la squadra disputava una gara in tarda sera. Il tempo di un pranzo veloce e le ragazze erano state catapultate in tutta fretta all'aereoporto di Ottawa, su un aereo diretto a Saint Louis, nel Missouri.
Nonostante avesse un braccio infortunato, Izzie le aveva accompagnate in quell'avventura. Non voleva perdersi lo svolgersi della competizione. Dato che non avrebbe potuto offrire il suo aiuto alle compagne in campo gara le avrebbe sostenute dagli spalti, facendo gioco di squadra solamente con la sua presenza.
Una gara alle 19.00 in punto per le nazionali maschili e una alle 20.30 per le nazionali femminili. Orari davvero bizzarri e scomodi.
In compagnia dei ragazzi, le due ore di viaggio stavano passando velocissime. Tyler, Lightning, Cody, DJ, Mike e Alejandro avevano superato il test e avevano ottenuto dal giudice McLean il permesso di partire per la competizione nazionale più importante dell'anno.
Ginnasti e ginnaste ridevano e scherzavano sforzandosi il più possibile di mantenere un tono di voce consono per non svegliare i due coach che dormivano saporitamente.
-Davvero ci sarà anche la tivù?- chiedeva DJ, entusiasta. -Verremo ripresi durante la gara? Vorrei tanto che mamma mi vedesse.-
-Scommetto che ha già acceso la televisione. A fine gara potrai portarle i tuoi saluti.- gli rispose Mike, ammiccando. Non vedeva l'ora di entrare all'arena ed esibirsi.

-Scommetto che verrai benissimo nel replay.- diceva Alejandro, dando fondo al suo lato poetico cercando, con le più belle parole che riusciva a trovare, di attirare l'attenzione di una Heather a metà tra l'indifferente e il distratto. -E oggi hai dei capelli meravigliosi.- Proseguiva, adocchiando la sua coda di cavallo lievemente ondulata e la piccola treccia appena sopra la tempia che ornava il tutto.
Al ragazzo non sfuggiva mai niente, e la vide arrossire lievemente per poi mormorare un -Grazie...- e tornare a osservare il paesaggio dal finestrino.
Heather non aveva tempo per i salamelecchi, e nemmeno per rivolgere la parola a quel Casanova dei poveri che, ne era sicura, stava facendo di tutto per farle perdere la concentrazione. Era intenta a percorrere mentalmente i suoi esercizi quando se l'era ritrovato alle spalle, sollevatosi dal sedile appena dietro il suo. La ragazza non ci aveva pensato due volte prima di infilarsi le cuffie e ignorare le sue provocazioni. Avrebbe avuto tutto il tempo per dirle quanto fosse bella e dotata, ma non prima della fine della competizione. Come riusciva, lui, a non essere in ansia? Egli stesso avrebbe dovuto gareggiare. All'arena. Davanti a centinaia di spettatori.
Facile: lui aveva troppa stima di sé per temere una sconfitta.


Cody si alzò svelto e corse a prendere posto nel sedile vuoto accanto a Gwen. La ragazza trasalì nel momento in cui lo vide avvicinarsi sprizzando vitalità da tutti i pori e con un'espressione da ganzo stampata in volto.
-Allora, principessa, come ti senti in vista di questa gara?- le chiese d'un tratto, facendole l'occhiolino e dandole un colpetto sul braccio con il gomito.
Fino a quel momento, Gwen aveva sperato che nessuno le ponesse quella domanda, poiché non avrebbe avuto la più pallida idea di come rispondere.

Il viaggio in aereo le dava il mal d'aria, e ad esso si aggiungeva il pensiero di dover gareggiare quella stessa sera.
Facendo salti mortali su una trave di legno larga quanto un tronchetto.
E alle parallele. A testa in giù. A tre metri da terra.
E qualcosa non andava, qualcosa turbava la sua apparente tranquillità. Si sentiva stanca, assonnata, debole. Tanto debole da temere di non reggersi in piedi. Forse era colpa della tensione. Il fatto di farsi prendere dall'ansia tanto facilmente era uno dei suoi più grandi difetti.

-Abbastanza bene.- mentì, forzando un sorriso per non lasciar trasparire la paura.
-Trent verrà a vederti questa volta?- chiese di nuovo Cody. A quella domanda Gwen si ridestò dai suoi pensieri. Ricordò che Trent le aveva scritto per SMS che avrebbe provato a convincere i suoi genitori a permettergli di recarsi fino a Saint Louis, e che le avrebbe fatto sapere quel pomeriggio.
-Lo spero tanto.- disse Gwen. Sapere che il suo ragazzo sarebbe stato presente, anche se probabilmente non avrebbe potuto notarlo tra il pubblico, sarebbe stata una grande consolazione in quel brutto momento.
-Anche a me farebbe piacere rivederlo. Non ci si becca da un sacco di tempo. Certamente sarà impegnato con la scuola e naturalmente anche con la sua... band.- continuò Cody, cercando di distrarre la ragazza. A Gwen sfuggì un sorriso immaginandosi Trent intento a suonare la sua chitarra dall'alto di un palco. Le mancava terribilmente. In quel momento nessuno, se non lui, avrebbe saputo come farla sentire meglio.


Ginnasti, ginnaste e allenatori scesero dall'aereo alle 17.30 precise. Intorpidite e annebbiate per la stanchezza, non si accorsero che il coach Hatchet si era allontanato per un momento, per poi tornare da loro in compagnia di una ragazza dai capelli rossicci, tutta spalle e addominali, col nasino all'insù, gli occhi celesti e una piccola fossetta nel mento.
-Voglio presentarvi Alyssa. Questa sera gareggerà in squadra con voi come sesta componente. Si allena a Edmonton, probabilmente vi siete già incontrate.- disse Hatchet mentre la ragazzina sorrideva cordialmente accennando un saluto con la mano.
Un'altra componente della squadra di Alberta! Uno scherzo del destino, non c'era dubbio.
-Tu sei Alyssa Brown, non mi sbaglio, vero?- chiese Courtney. -Ma certo, eravamo in squadra assieme ai campionati di Halifax, abbiamo lottato insieme per l'oro alle finali, che non abbiamo ottenuto per colpa di quella presuntuosa della nostra vecchia compagna, Sky. Tu hai gareggiato alle Olimpiadi di Pechino, ti ho vista alla televisione.- sorrise, infine, la caposquadra. -Sono una tua ammiratrice!-
-E' bello rivederti,  vecchia compagna di squadra.- sorrise Alyssa, e strinse la mano a tutte e sei le componenti della nazionale canadesa, Izzie compresa, la ginnasta che avrebbe dovuto sostituire per quella sera.

L'ora di cena arrivò in un batter d'occhio. La Chaifetz Arena stava cominciando a riempirsi. Gli amanti della ginnastica accorrevano a fiumi mentre le ragazze della Ottawa Academy prendevano posto in una delle prime file degli spalti assieme alla nuova componente e ad alcuni dei loro compagni di classe, gli stessi che non erano mancati alla gara regionale. A sorpresa, il simpatico Duncan li aveva raggiunti e aveva portato con sé un paio di amici.
Intanto, in campo gara, Hatchet stava dando le ultime dritte ai ragazzi della squadra maschile.

-Aprite le orecchie: la differenza tra il campione e il mollaccione è la seguente: al primo non importa di vincere, ma cerca di metterci sé stesso fino in fondo; mentre il secondo si arrende alla prima difficoltà senza nemmeno riprovarci.- diceva, squadrando dall'alto in basso i sei ginnasti. -Voi siete mollaccioni... oppure campioni?-
-Campioni, naturalmente, allenatore Hatchet.- rispose timidamente Mike.
-Vedo che avete capito l'antifona. Ora si comincia a ragionare. Mettetevi in riga, si comincia, soldati!-

Gli amici di Duncan avevano portato da mangiare per tutti. Durante la presentazione delle squadre maschili le ginnaste e i loro compagni consumavano la loro cena composta da hamburger, Cola e patatine. Dell'autentico veleno, considerata la gara che le atlete avrebbero dovuto disputare di lì a un'ora e mezza. Tutto sommato per quell'ora avrebbero già bell'e digerito e non ci sarebbero stati problemi. Avrebbero avuto bisogno di energia per affrontare l'esibizione.

I ragazzi avevano cominciato a gareggiare agli anelli, e dopo due atleti americani era venuto il turno di Tyler. I suoi amici presero subito a tifare per lui, ma il suo esercizio non fu brillante come previsto: a metà di un'evoluzione aerea successe l'impensabile. Mentre avrebbe dovuto issarsi in verticale rimase impigliato nella corda che sosteneva uno dei due anelli. Riuscì a liberarsi con non poca difficoltà ma nulla gli impedì di concludere la performance. Al momento dell'uscita le ginnaste, dagli spalti, incrociarono le dita pregando perchè non atterrasse sul collo com'era già successo più volte in allenamento. Lo stesso fecero Stacey e il coach Hatchet.
-Puoi farcela, Tyler!- si udì da una delle prime file. Hatchet pregava perchè il ragazzo riuscisse a calcolare bene i tempi di quel doppio avvitamento provato tante, troppe volte.
Tyler eseguì l'ultima verticale e con una spinta staccò le mani dagli anelli. Come per miracolo girò su sé stesso rimanendo in posizione perfettamente simmetrica e senza sbavature. Le ginnaste, i ginnasti e i coach trattennero il fiato.
Tyler arrivò a terra e con gran sorpresa non inciampò, ma bloccò l'arrivo.
Fu un salto da campioni. Un applauso si sollevò in suo onore e tutti quanti i suoi amici, nonché i coach, poterono tornare a respirare normalmente. Mentre Hatchet si congratulava con il ragazzo, i più famosi ginnasti americani si esibivano nei sei attrezzi dando prova della loro innata abilità.
La squadra canadese non fu da meno: Cody lasciò i giudici a bocca aperta al cavallo con maniglie, Alejandro sfoggiò la sua incomparabile coordinazione al corpo libero e il suo equilibrio portentoso alle parallele simmetriche, mentre Lightning mise tutta la potenza possibile in un perfetto quadruplo salto avanti a volteggio e, dopo aver scoperto di aver ottenuto un punteggio al di sopra del 16 si congratulò con sé stesso, nonché con i suoi bicipiti.
Mancava l'ultimo esercizio alla sbarra, quello di Mike. Il ragazzo era più carico che mai. Gettò un occhio ai suoi compagni di squadra, i quali gli risposero alzando i pollici in un 'OK' d'intesa. Non appena sentì il cronista pronunciare il suo nome all'altoparlante il cuore incominciò a battergli velocemente nel petto. Ripensò a tutte le fantastiche esibizioni che aveva compiuto e ai risultati raggiunti finora; pensò alle gare a cui aveva assistito, ai campioni e alle campionesse che per lui erano un punto di riferimento e di cui era un grandissimo ammiratore.
Il vecchio timido Mike scomparve  non appena i suoi piedi rimbalzarono sulla pedana a molla e le sue mani si ancorarono allo staggio. Ora erano due, a volteggiare sull'attrezzo: il corpo di un ragazzo sedicenne e la personalità di una grande ginnasta olimpionica a cui, solo sei anni prima, Mike aveva dato il nome di Svetlana. Era in questi momenti di pura adrenalina che il suo disturbo dissociativo dell'identità si manifestava, anche se solo per pochi attimi. Quella personalità non era altro che la determinazione e la voglia di vincere che si impadronivano di un Mike solitamente piuttosto insicuro.

Una kippe, due granvolte e cambio di giro, e un altro arrivo bloccato rese onore alla squadra maschile della Ottawa Gymastic Academy. Si stava dimostrando una grande gara e tutti quanti i competitori stavano dando il meglio di sè. Il coach Hatchet poteva dirsi orgoglioso.


***


-Un quarto d'ora, ragazze!- avvertì Courtney.
Alle 20 e quindici minuti le ragazze incominciarono a prepararsi. Qualcuna aveva già infilato il body, altre erano già impegnate a riscaldarsi in pedana.
Dopo aver riposto il suo zainetto su una delle seggiole riservate ai competitori, Gwen decise di fare un salto al bagno per rendersi presentabile. Una volta entrata trovò Alyssa intenta a sistemarsi il trucco. Il body rosso della squadra di Ottawa si intonava perfettamente al suo colore di capelli e le stava davvero bene.
Gwen si diede uno sguardo allo specchio e quasi trasalì. Che occhiaie spaventose... pensò, stranita. Non aveva dormito molto, la notte precedente, e i segni dello stress iniziavano a mostrarsi. Non vi diede peso e fece  mente locale sulla gara. Courtney e Jo erano in pedana a riscaldarsi, Dawn era in panchina concentrata nel suo yoga pre-competizione e una componente mancava all'appello.
-Hai per caso visto Heather, qui in giro?- chiese alla compagna.
-Heather si è chiusa in bagno...- rispose Alyssa. D'un tratto si udì un rumore sordo provenire da una delle porte del bagno. Un rumore che Gwen riconobbe subito. Heather stava dando di stomaco. Preoccupata, bussò alla porta e chiese alla compagna di squadra se si sentisse molto male. Immediatamente dopo, Heather uscì composta come se nulla fosse successo. -Perchè ti preoccupi tanto?- chiese, con noncuranza. Gwen capì allora che nulla vi era, in lei, che non andava; lo aveva fatto apposta.
-Così ti rovini. Avrest potuto rinunciare a quel cibo letale invece di abbuffarti e poi farti del male.- sentenziò Gwen.
-Scusa, mi piacciono troppo gli hamburger.- mormorò Heather, quasi con vergogna, e uscì per tornare dalle altre.
Gwen, ancora confusa, spostò gli occhi su Alyssa, che per tutto quel tempo era rimasta impassibile, in cerca di spiegazioni, anche blande. Alyssa la guardò con l'espressione di chi conosce il mondo meglio di chiunque e le mise una mano sulla spalla in segno di comprensione.
-Alcune ragazze della mia squadra lo fanno di continuo.- disse, accennando un sorriso rassegnato. -La maggior parte delle volte non possiamo farci niente.- concluse, e uscì.
Gwen sospirò e la seguì fino al campo gara.


La squadra di Ottawa era già stata presentata e i tabelloni mostravano ora l'ordine di esibizione delle componenti. Prima prova: corpo libero.
-Dawn, sei la prima a cominciare.- annunciò Courtney. -Ricordiamoci la nostra parola d'ordine.-
Dawn, nettamente pià minuta rispetto alle compagne, spiccava tra tutte, così piccola in quel grande spazio tutto da riempire di gesti, attorniata da quella grande folla in agitazione.
L'euforia del momento non la scompose; prese un respiro profondo e attinse alla sua fonte di energia nascosta, recitò il suo mantra in silenzio e aprì gli occhi per ritrovarsi al centro esatto della pedana. Si fece strada tra le centinaia di occhi puntati su di lei fino a che scorse colui che cercava. Il ragazzo dai capelli rossi. Ebbe un tuffo al cuore e distolse subito gli occhi, intimidita, tornando con la mente al suo esercizio e prendendo posizione in un equilibrio sul piede sinistro mentre la gamba destra si sollevava agilmente fin sopra la testa. Le prime note del sottofondo musicale si diffusero intorno, mentre i movimenti armonici e scattanti della ginnasta stupivano il pubblico. I piccoli piedi sembravano voler camminare sull'aria, attraversarla, danzarci assieme, e le minuscole mani parevano volerla afferrare per poi riscagliarla nel vuoto. La musica finì e con essa la magia di quei gesti. Ma un lungo applauso seguì, e scaldò il cuore di Dawn, che ringraziò dal profondo i suoi amici per il caloroso supporto. Non si accorse che il ragazzo dai capelli rossi, intanto, si era allontanato.


***


Quella sera la pedana a molla del volteggio sembrava dovesse cedere sotto i salti agguerriti delle agoniste.
Heather aveva lavorato al doppio salto teso per tutto il mese precedente e aveva deliberatamente rifiutato il suggerimento del coach di aggiungere un avvitamento per alzare il punteggio. Non aveva intenzione di rischiare sbilanciamenti o sporcature poco piacevoli da vedere. Ma Hatchet aveva insistito tanto, e dopo diverse intimazioni la ragazza aveva finito per cedere, a patto che almeno per questa gara avesse mantenuto il salto semplice. Sperava in cuor suo che il coach rispettasse il patto, ma ora il suo sguardo investigatore non le stava piacendo per nulla; aveva l'orribile presentimento che, di quel patto, se ne fosse beatamente lavato le mani.
-Heather. Chef vuole vedere il salto di prova.- trillò la voce di Stacey. -Con avvitamento annesso.-
C'era mai stato da fidarsi del coach Hatchet?
Heather alzò gli occhi al cielo e si diresse verso la pedana. -E' proprio necessario?- chiese, scocciata. -Non ho bisogno di sprecare energie.-
Hatchet si accigliò. -Da quando ti fai questi problemi? E' tuo dovere occuparti dei tuoi salti.-
-Avevamo un accordo. Non me la sento di renderlo più complicato di quanto già non lo sia.-
-In gara farai un avvitamento come promesso, signorina, e non si discute.-
-Veramente...-
-Sei in questa squadra. E in questa squadra si fa quello che dico io.-

Heather sapeva troppo bene che quando il coach Hatchet si alzava dal letto con la luna di traverso non voleva sentire ragioni.
-Calma. Risolveremo la questione con diplomazia.- li interruppe McLean, che si aggirava da quelle parti e aveva avvertito elettricità nell'aria. -Lascia che sia Heather a decidere.- disse, e si rivolse alla ragazza. -Restare nella zona di comfort, oppure oltrepassarla in favore di qualche punto in più. Farai senz'altro la scelta giusta.- detto questo accennò un sorriso e si allontanò.
-Bene.- fece Hatchet. -Fà quello che desideri. Ma non voglio lamentele, alla fine del salto.- e se ne andò.

Heather riflettè. Dopotutto non le sarebbe dispiaciuto dare una piccola soddisfazione al coach, oltre che a sè stessa, e dimostrare al giudice McLean di non essere una codarda. Ma non c'era più tempo per pensare. La giuria stava per chiamare il suo nome e di lì a poco avrebbe dovuto decidere in definitiva cosa fare del suo salto. Andare sul sicuro o mettersi alla prova?
Il giudice diede il via ed Heather prese la rincorsa. Sette passi, stacco e rondata, ponte e spinta sulle mani. E va bene, coach, questa volta ha vinto lei.
Dopo due giri tesi strinse le braccia al busto e compì mezza rotazione su sè stessa prima di atterrare sul tappeto dando le spalle al cavallo. Sono viva?
Aprì gli occhi ed esultò mentalmente mentre si sollevava nella posizione di saluto alla giuria, raggiante. Hatcjet applaudiva, felice che la sua degna allieva avesse avuto fiducia in lui; McLean non si era perso un millisecondo del salto e ora annuiva compiaciuto. Le ragazze della O.G.A. lanciavano grida di incitamento tra gli appalusi generali.
Heather era contenta; non tanto per quei pochi punti in più, quanto per aver convinto sè stessa ed il suo orgoglio ad osare, e per il meritato apprezzamento del giudice e dei coach.

***

Gwen cercava di regolare la respirazione mentre ripassava mentalmente l'esercizio a corpo libero. Avvertiva una sensazione di fiacchezza a dir poco spiacevole, come se le avessero iniettato del sedativo nelle vene. Non va bene, non va per niente bene, pensava, mentre gettava continuamente lo sguardo al tabellone in attesa che comparisse il segnale d'inizio. Trent l'aveva avvertita appena un'ora prima della gara che non avrebbe potuto essere presente, e ora sentiva che le sarebbe mancato un grande appoggio morale. Non si spiegava il batticuore e nemmeno il tremolio alle gambe. Probabilmente era ancora sotto shock per l'infortunio di Izzie e ora non voleva ammettere di non essere riuscita a dimenticarlo. Inoltre il coach e l'arrivo del giudice McLean avevano messo tutta la squadra sotto pressione, ed ora lo stress accumulato aveva scelto il momento peggiore per esplodere.
Il nome della ragazza comparì finalmente a caratteri cubitali sul tabellone, e scuotendosi dai suoi pensieri, Gwen diede il saluto ai giudici, cercò di stamparsi in viso il sorriso meno falso di cui era capace e diede il via al suo esercizio.
Dopo qualche mossa le parve di incominciare a prendere il ritmo e di sentire i muscoli risvegliarsi a poco a poco, ma il senso di debolezza non la voleva abbandonare. In qualche modo, forse grazie all'incitamento delle sue compagne, trovò l'energia necessaria per portare a termine le successioni di salti delle diagonali, ovvero la parte peggiore. La ricca e calcolata parte coreografica le consentì di conservare fiato sufficiente fino alla fine. Tutto sommato non è stata poi una tragedia, pensò, mentre abbandonava la pedana con un pensiero in meno nella testa.


-Prepararsi per la trave!- ordinò il coach Hatchet alla metà della sguadra che l'avrebbe seguito alla trave d'equilibrio; l'altra metà squadra avrebbe cominciato al volteggio.
Jo sarebbe stata la prima alla trave e, mentre si preparava mentalmente, la sua amica Dawn le dispensava consigli preziosi.

Izzie, nel mentre, sorseggiava limonata sugli spalti; aveva appena finito di chiacchierare amabilmente con la -ora- rilassatissima squadra di ginnasti che aveva già gareggiato prima delle ragazze, nonchè con alcuni compagni di scuola, e ora si stava godendo la competizione, spensierata ma pur presente nel suo ruolo di sostenitrice.
-Sei tu Isabella?- chiese all'improvviso una voce altisonante. Izzie si guardò alle spalle e vide che tra l'allegra comitiva era spuntata una buffa ragazza di cui conosceva il volto solamente di vista, alticcia e con una treccia di capelli violacei lunga fino al sedere.
-Colpevole!- fece Izzie.
-Oh, per tutti i gingilli, finalmente ho l'onore di conoscerti!- e si sedette accanto a lei. -Frequientiamo la stessa scuola. Io mi chiamo Sierra. Facevo parte delle cheerleaders fino all'anno scorso, ma ho lasciato la squadra ed ora vorrei diventare giornalista. Ho seguito tutte le vostre gare da prima che diventaste stelle della ginnastica, e non ho mai avuto l'occasione di dirvi di persona quando siete fenomenali. Sono la vostra fan numero uno!-
-Quanto sei gentile! Ti ringrazio a nome di tutta la mia squadra.- sorrise Izzie.
-Non ti dispiace se mi siedo qui con te, vero? Cielo, sono così emozionata. Mi concederesti una piccola intervista per il giornale della scuola?- Al consenso di Izzie, la ragazza esagitata estrasse un taccuino scintillante e una penna altrettanto vistosa. -Ho notato solo ora il gesso che porti al braccio. Dev'essere stato terribile, raccontami tutto.-
-Beh, ecco, tutto è cominciato così...-


***


Jo ce la stava mettendo tutta per mostrare ciò di cui era capace alla trave d'equilibrio, ma a tratti alcune lievi fitte di dolore alla schiena la facevano traballare e compromettevano la stabilità dei salti. Strinse i denti per tutta la durata dell'esercizio, incoraggiata dalla voce di Dawn, poco distante, che la sosteneva. Chiuse l'esercizio con un impeccabile triplo avvitamento e si guadagnò gli applausi dell'intera squadra.
-Decisamente il miglior salto della tua vita.- si congratulò Dawn.

Malgrado qualche residuo di nervosismo, la squadra canadese se la stava cavando niente male, e reggeva appieno il confronto con la squadra americana.
Al corpo libero si erano già esibite tutte quante; arrivate al volteggio e alle parallele la tensione cominciò a farsi risentire. Gli staggi sembravano improvvisamente più scivolosi e la pedana a molla un ostacolo infernale e invalicabile.
Dawn dimostrò tutto il suo valore con una grande sicurezza in sè stessa che diede frutto a esercizi puliti e calcolati al millisecondo. La caposquadra, conscia del fatto di avere molto da imparare dalla compagna, ne osservava le mirabili esecuzioni con una briciola di invidia.
Di contro, era stata una giornata nera per Gwen, che tra una sbavatura e l'altra sentiva di essersi meritata solamente applausi di consolazione.
Courtney, che nelle situazioni di difficoltà della squadra cominciava a soffrire della sindrome della crocerossina, credendo di poter alzare il punteggio complessivo solo con l'aiuto della sua impeccabile tecnica, si era messa in testa di eseguire il salto carpiato migliore dell'anno, e già si era appostata al fondo della pedana con il fuoco negli occhi.
Sbagliò però a dosare la potenza della rincorsa ed ottenne come risultato un bell'atterraggio sul didietro. Furente, tornò dalle compagne mentre osservava i nomi delle avversarie americane salire uno dietro l'altro nella classifica individuale.
La O.G.A. stava lentamente perdendo colpi, tradita dall'ansia e dalla stanchezza.

-Si mette male per le ragazze...- si udiva ogni tanto tra i compagni di scuola.
-E' la vostra ultima prova. Date il massimo, e mi raccomando, non vi fate male.- disse una Leshawna piena di premura, a meno di un'ora dal termine della gara.
L'ultima a salire alla trave era Gwen, che non esitò a respingere la iella. -Ehi, uccellaccio del malaugurio! Io sto sempre attenta!-

In piedi sul tappeto salva-vita, Gwen osservava la trave come un dannato al cospetto dell'inamovibile Minosse, intento a scegliere la pena da destinargli.
Ogni tanto potresti anche pensare positivo!, le diceva il cervello. Ma in quel momento, pensieri positivi sembravano non essercene.
Salì sull'attrezzo di slancio con una verticale in spaccata frontale, il braccio di sostegno tremolante come non mai. Si sentiva un mollusco, un burattino che eseguiva movimenti meccanici preconfezionati. Si assestò al centro esatto e si preparò alla serie acrobatica. Dopo un'instabile ribaltata aerea e un salto Arabian venne il momento della famigerata Illusion, con la quale aveva stabilito un rapporto di odio-amore durante quei pochi mesi di pratica.
Diede fondo a ciò che restava della sua concentrazione, si diede lo slancio e roteò sul piede di terra.
Portò a compimento la figura, ma perse l'equilibrio in fase di risalita e con un tuffo al cuore cadde dalla trave, piombando in piedi sul tappeto sottostante.
Il pubblico emise un boato di disappunto. Le compagne di squadra, anche.
-Ma che ha, Gwen? Non ha mai avuto problemi con quella benedetta Illusion.- mormorò Courtney, con apprensione. -Avanti, Gwen! Questi punti ci servono come l'ossigeno! Concentrati!-

Gwen, con gli occhi a terra dalla vergogna, risalì sulla trave, il cuore a mille. L'unica cosa che desiderava era terminare l'esercizio, scendere dalla trave e andare a nascondersi in un angolo buio, dove nessuno avrebbe potuto vederla. L'umiliazione di quella intera gara era stata abbastanza. E ne aveva abbastanza dell'ansia da prestazione che ad ogni sfida le attanagliava le viscere compromettendo l'impegno di interi mesi di allenamento.
Ricacciò indietro una parvenza di pianto e cercò di mascherare l'espressione delusa; si diede forza per eseguire la discesa.
Il salto d'uscita riuscì, sebbene l'atterraggio venne sporcato con un leggero sbandamento.
Gwen tornò desolata dalle compagne. Courtney capì che l'amica, quel giorno, non era particolarmente in forma e decise di evitare per quanto possibile di fare osservazioni puntigliose circa la sua performance.
Ci pensò invece Heather, sarcastica. -Bell'arrivo, Gwen...-
-Smettila di essere così antipatica.- la difese la caposquadra.

Il giudice McLean discuteva animatamente con alcuni colleghi al tavolo della giuria mentre le atlete attendevano trepidanti il risultato della gara. 
Le canadesi sperarono fino all'ultimo di salvare il primo posto, o per lo meno di ottenere un pareggio, ma la squadra americana, infine, risultò vincitrice.
I coach decisero, in un'impeto di comprensione, di rimandare le critiche al ritorno a casa, per non rigirare il coltello nella piaga.
La sconfitta fu tosta da mandare giù, ma le ragazze avrebbero dovuto farsene presto una ragione; non sempre le gare vanno come si spera, specie quando subentrano ansie, preoccupazioni, stress accumulato e distrazioni. Il fatto di sentire la mancanza di una persona importante, come Trent, aveva tradito il coraggio di Gwen, facendola piombare nella sfiducia più totale.

Nella classifica individuale, Dawn si classificò seconda al corpo libero e si guadagnò sentiti complimenti da parte di entrambi i coach. 
La sorpresa più grande, per lei, arrivò quando il ragazzo dai capelli rossi che aveva visto sugli spalti venne da lei per farle le congratulazioni e invitarla a bere un'aranciata assieme dopo la premiazione.
Rossa come un peperone, Dawn accettò la proposta. Quella giornata, malgrado la sconfitta della squadra, aveva avuto un dolce epilogo.

La squadra maschile portò a casa degli ottimi traguardi. Il più acclamato fu DJ, che si guadagnò una medaglia d'oro di specialità per il suo esercizio agli anelli.
-Grazie a tutti! Mamma ne sarebbe fiera.- diceva, commosso, ai compagni, tra abbracci e pacche sulle spalle.

Gwen non partecipava ai festeggiamenti con gli altri; sedeva sconsolata sul tappeto della trave.
La trave su cui, pensava, da allora in poi non avrebbe mai, mai più messo piede.
 

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