Haiku

di Ghostclimber
(/viewuser.php?uid=128043)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Luna ***
Capitolo 2: *** Cicale ***
Capitolo 3: *** Fiori ***



Capitolo 1
*** Luna ***


...ma sì, dai, pubblico anche questa, giusto perchè mi sento romantica.
E perchè mi sento di portare il numero di storie su Slam Dunk in questo sito a MILLE! (risata da Tensai, così a caso)
E perchè Mitsui e Kogure sono i miei ciccipucci #2, non ci sono abbastanza MitKo al mondo.

Ah! Si tratta di una storia che sta in piedi anche da sola, ma può essere visto come prequel di "L'Amore è Nell'Aria Stasera", e in effetti originariamente si intitolava "Va bene, il Teppista e il Quattrocchi stanno insieme, ma com'è potuto succedere?". Per fortuna è intervenuta la mia adorata beta (e amica) Jonghyun88 che mi ha fatta desistere.

Un bacio a chiunque leggerà, commenti e insulti sono bene accetti (ma andateci piano con la cattiveria, shono una pershona shenshibile io).
XOXO







La festa sulla spiaggia era bellissima, un vero trionfo.

Come era stata un trionfo la loro partita contro il Ryonan.

-Devo smetterla con queste.- bofonchiò Mitsui, in un angolo lontano dal caos e da occhi indagatori, accendendosi una sigaretta. Si lasciò cadere seduto sulla sabbia e prese una lunga boccata.

-Parli anche da solo, adesso?- disse una voce dolce alle sue spalle. Mitsui soffiò fuori il fumo, spaventato, e si guardò freneticamente intorno per scovare un posto in cui gettare la sigaretta senza farsi vedere.

-Non preoccuparti, Mitsui, - aggiunse Kogure, avvicinandosi, -Cosa credi, che non so che fumi?

-Ah, ecco, io...- biascicò Mitsui, poi si arrese e chiese soltanto: -Non dirlo ad Akagi, ok?

-Se tu non gli dici che non ho davvero il coprifuoco a mezzanotte.- rispose Kogure con un sorriso e si lasciò cadere di fianco a lui.

-Affare fatto.- rispose Mitsui, e fece un altro tiro; espirò lentamente, stando attento a non investire Kogure con il fumo. Ridacchiò: -Guarda guarda, però, che sorpresa...

-Cosa?- chiese Kogure, sempre sorridendo.

-Il nostro quattrocchi che mente spudoratamente al capitano! Ahi, ahi, ahi, che ribelle...- Mitsui sfoderò un sorrisetto complice. Si sentiva proprio a suo agio di fianco a quel ragazzo così dolce; per un folle attimo desiderò che la sigaretta durasse in eterno, per dar loro una scusa per restare lì, fianco a fianco sulla sabbia fresca ad ascoltare i lontani schiamazzi dei compagni e lo sciabordio delle onde contro gli scogli.

-E dai, Mitsui, lo sai che non sono il tipo da feste! Mi imbarazzo, finisco per restare in piedi da solo in un angolo e poi arriva Akagi a cercare di intrattenermi con mille discorsi sulle tattiche di basket, e sugli esami di febbraio e... Kami, alle volte quel ragazzo è esasperante.

-Lo fa per te...- disse Mitsui, volgendo un attimo lo sguardo verso l'amico. Il suo profilo spiccava in controluce, illuminato appena dal bagliore tremolante di una lanterna che ogni tanto cavava una gibigianna dai suoi occhiali. Kogure chinò la testa e annuì un paio di volte.

-Lo so, sono un ingrato...

-Non ho detto questo, Kiminobu.- Mitsui avrebbe voluto aggiungere altro, ma si limitò a sussultare. Era vero che dentro di sé gli capitava sempre più spesso di pensare all'amico in termini di nome proprio invece che di cognome, ma non l'aveva mai chiamato così; non aveva neanche considerato l'idea di chiedere il permesso di farlo. E ora, gli era sfuggito e basta, così, come se fosse stata una cosa naturale.

-Lo so, Hisashi...- rispose Kogure, ponendo l'accento sul nome, in una piccola vendetta dal sapore indefinito, -Ma mi sento comunque ingrato. È che...- Kogure alzò il capo verso il firmamento. La coda fiammeggiante di una stella cadente attraversò il cielo come un'allucinazione.

-Dimmi.- lo incitò Mitsui, facendosi più vicino. Capiva che Kogure aveva qualcosa che gli frullava per la testa, e il suo discorso dava ad intendere che non fosse in grado di affrontarlo con Akagi; con tutto quello che Kogure aveva fatto per lui, nonostante il comportamento da vero stronzo di Mitsui, gli doveva almeno un orecchio aperto. Era proprio il minimo.

-Hisashi, non ti viene mai voglia di qualcosa di più?- chiese Kogure, di slancio.

-Qualcosa di più in che senso?- ribatté Mitsui, stupito.

-Voglio dire... esiste qualcosa oltre al basket e alla scuola, no? Non può essere sempre e solo lo stesso discorso trito e ritrito, “Sakuragi deve darsi una calmata e impegnarsi con i rimbalzi, se legasse un po' con Rukawa sarebbero una forza della natura”.- citò alla lettera, imitando crudelmente il vocione di Akagi. Mitsui rise.

-Se Hanamichi legasse un po' con Rukawa...- cominciò a dire, poi scosse il capo. Kogure si voltò verso di lui e lo incitò a continuare: -Dai, ti prego, prosegui! Ho avuto la sensazione che tu non stessi per parlare di basket!

-No, lascia stare, è una delle mie solite cazzate.- Mitsui scosse il capo. Era stato sul punto di dire una cosa abbastanza compromettente, ma la verità era che con Kogure si sentiva completamente privo di difese. E, sorprendentemente, la cosa non lo spingeva ad allarmarsi: sentiva che, con Kogure, quelle barriere che si era eretto attorno con così tanta fatica non avessero ragione di esistere.

-Ti prego!- supplicò platealmente Kogure, strattonandolo per una manica della camicia, -Ti prego, ti prego! Dimmi qualcosa che non c'entra col basket o con le leggi di Newton!

-E va bene...- cedette Mitsui, mentre ancora Kogure lo scuoteva. Perse l'equilibrio e frenò la propria caduta appoggiando una mano a terra. Puntò un dito contro l'amico e disse: -Ma ti avverto, non so se ti piacerà!

-Dimmelo lo stesso!- incalzò Kogure, e si girò del tutto verso di lui, seduto composto sui talloni.

-Se Hanamichi legasse un po' con Rukawa, ho la netta impressione che finirebbero a letto insieme.- confessò infine Mitsui. Kogure rimase un attimo in silenzio; il suo sguardo era indecifrabile, dietro le lenti degli occhiali e solo parzialmente illuminato.

-Wow...- disse infine, e trasse un profondo respiro. Mitsui non parlò: voleva chiedergli che idea se n'era fatto lui, se aveva qualcosa contro gli omosessuali, se la cosa gli faceva schifo, ma non aveva idea di che parole usare. Spense la sigaretta, ormai fumata fino al filtro, nella sabbia, senza sotterrarla, e decise di fingere indifferenza: -Mi ricordi di prenderla, dopo? Non voglio lasciarla qui.

-Certo...- disse Kogure con aria pensierosa.

-Vuoi?- aggiunse Mitsui, porgendogli una bottiglietta di Bacardi Breezer ancora chiusa.

-Non abbiamo l'apribottiglie...

-Tutto è un apribottiglie, se sai come fare.- dichiarò Mitsui, e con una mossa abile, prendendo il commento dell'amico come un assenso, stappò la bottiglia con l'accendino, gliela porse e poi ne aprì un'altra per sé.

-Salute.- disse, avvicinandola a Kogure, che fece tintinnare la propria sulla sua e rispose: -Salute.- Mitsui lo guardò bere un sorso, lentamente e con garbo, vide il suo pomo d'Adamo fare su e giù un paio di volte e si sentì di colpo soverchiato da una prepotente sensazione di panico. Kogure abbassò la bottiglia e si asciugò il labbro superiore con quello inferiore, portando in avanti il mento.

Giusto per ammazzare il tempo, Mitsui bevve a sua volta un sorso di Bacardi. Infine, Kogure parlò: -Sono fuori allenamento.

-Ma che dici? Oggi hai giocato benissimo!

-Non parlo di quello...- Kogure lo guardò di sottecchi con un lieve sorriso, -Intendo dire che non mi ricordo più come si chiacchiera di qualcosa che non è basket o scuola.- ridacchiò.

-Beh...- disse Mitsui, -Intanto potresti cominciare col dirmi cosa ne pensi.- Kogure rimase in silenzio per un po', poi disse: -Penso che quel che dici abbia un senso.- protetto dalla penombra, Mitsui sgranò gli occhi. Il cuore prese a battergli con violenza nel petto, e dovette rimproverarsi per impedire a se stesso di farsi illusioni.

-Sì, insomma... gli opposti si attraggono, si dice così, no?- aggiunse Kogure.

-E non t'importa che siano due maschi?

-Nemmeno a te importa, o sbaglio?

-Porca vacca, ti riprendi alla svelta, eh?- lo prese in giro Mitsui. Messo a suo agio dall'aura di calma che emanava da Kogure, confessò: -Comunque no, non m'importa. Credo che quando trovi la persona giusta non... non importa se è maschio o femmina, bianco o nero, bello o brutto.

-Sei bisessuale?- chiese Kogure di slancio, trascinato dal discorso.

-Porca miseria, adesso capisco perché Akagi si limita ai discorsi neutri con te!- si schernì Mitsui, imbarazzato. Non aveva collegato il cervello alla bocca, quando aveva introdotto il discorso, e il risultato era che si stavano avvicinando fin troppo ad un argomento che intendeva evitare, magari anche per il resto della vita, soprattutto con quella specifica persona.

-Scusa, sono stato invadente, non volevo.- disse Kogure. Mitsui aprì la bocca per tranquillizzarlo, ma Kogure non glielo permise. Con lo sguardo di nuovo perso in lontananza, proseguì: -Il fatto è che... ultimamente mi sto facendo un po' di domande scomode, e...- Mitsui ebbe la fugace sensazione che gli occhi di Kogure stessero luccicando un po' troppo. Lo vide sbattere le palpebre rapidamente, e poi guardare verso l'alto, come fanno le persone nei film quando tentano di non piangere. Di slancio, lo abbracciò, dimentico dell'imbarazzo: se c'era una cosa che proprio detestava era vedere il suo Kogure con qualche patema d'animo.

-Ehi!- rise Kogure, ricambiando la stretta con un braccio solo e premendo le spalle contro di lui per non perdere l'equilibrio: -E questo perché?- chiese.

-So cosa si prova, anche a me Kogure fa domande scomode!

-Ma cos... che scemo!- protestò Kogure, -Dovrei fare come Hanamichi e prenderti a testate!

-Non sapresti da dove cominciare...- lo prese in giro Mitsui, facendogli il solletico. Smise soltanto quando si ritrovò sdraiato su di lui, immobile nel tentativo di salvare la bottiglia ancora mezza piena. Guardò verso il basso brevemente, e colse l'immagine dei muscoli sul collo di Kogure che si tendevano un istante mentre lui cercava una posizione più comoda per la testa, poi si sdraiò di fianco a lui e rimasero in silenzio a guardare il cielo.

Un turbine di pensieri agitava la mente di Mitsui, ed era chiaro che anche Kogure non era del tutto sereno. Sotto il cielo stellato, lontani da occhi indiscreti, erano entrambi liberi di stare insieme nel silenzio, forti del fatto di non essere soli.

-“Le nubi di tanto in tanto / ci danno riposo / mentre guardiamo la luna.”- citò Mitsui.

-Basho?- chiese Kogure.

-Sì. Ma se dici a qualcuno che nel tempo libero leggo haiku, ti picchio.

-Il tuo segreto è al sicuro, con me.- dichiarò Kogure. Dopo un attimo di silenzio, chiese: -Secondo te, perché guardare la luna dovrebbe essere così stancante da farci cercare il riposo delle nubi?- Mitsui rifletté brevemente sulla domanda, si voltò per bere più comodamente un sorso di Bacardi e rispose, cercando di esprimere i propri sentimenti senza scoprirsi: -Perché la luna è lontana. Non puoi toccarla e lo sai, ma se la guardi troppo a lungo cominci a volerlo fare. È giusto che ogni tanto le nubi la coprano, perché altrimenti noi non faremmo altro che struggerci per il desiderio di toccarla.- Kogure rimase in silenzio, ma il dorso della sua mano sfiorò quella di Mitsui, due volte, due rapidi tocchi quasi impercettibili.

Involontariamente, Mitsui fletté le dita all'indietro e sfiorò quelle di Kogure, che le intrecciò alle proprie, e rimasero così a guardare la luna, pensando che sarebbe stato bello poterla toccare.

-Non credo.- disse Mitsui dopo un po'.

-Non credi cosa?

-Di essere bisessuale.

-Capisco.

-Beato te, io ancora no.- Mitsui percepì il viso di Kogure che si voltava verso di lui, in un muto invito a continuare.

-Voglio dire, finora sono stato solo con ragazze, ma più per passatempo e per far vedere che ci davo dentro. Adesso, col basket il tempo scarseggia, e non ho nulla che potrei dimostrare portandomi a letto una ragazza.- Kogure rimase in silenzio e Mitsui proseguì: -Solo che ora mi piace un ragazzo, e sono un po' nelle canne. Pensavo che fosse una fase, ma ho provato a guardare altri ragazzi, altri maschi, e nessuno mi fa lo stesso effetto, neanche Rukawa, che diciamocelo, è bello davvero. Le ragazze, poi, non mi fanno neanche il solletico.- angosciato dal persistente silenzio di Kogure, Mitsui si trasse seduto, bevve un altro sorso di Bacardi e si accese un'altra sigaretta.

-Ho gli stessi sintomi.- disse infine Kogure con voce tremula. Mitsui se lo ritrovò seduto di fianco, molto vicino, troppo vicino. Kogure emise uno sbuffo che poteva essere un accenno di risata autoironica e aggiunse: -Lo so che faccio la mamma chioccia con tutti, ma con lui sono anche peggio. Con lui...

-Lui?- sbottò Mitsui, mentre il cuore ricominciava a martellargli nel petto, dolorosamente ora.

-Fammi finire, Mitsui, se no non riuscirò più a dirlo.

-Scusa. Continua.

-Con lui sono più protettivo che con gli altri. Mi preoccupo un sacco, divento apprensivo, ogni tanto ho anche l'impressione di essere soffocante. E allora mi allontano, cerco di non parlargli per un po', faccio finta di ignorarlo, e poi basta un suo sospiro che sono di nuovo lì a chiedergli se sta bene, se ha bisogno di qualcosa, se è stanco... e...

-E?

-E la sera mi immagino di essere con lui, vorrei che mi toccasse, vorrei... cavolo, Mitsui, quanto è alcolica questa roba?- chiese Kogure.

-Poco. Sei tu che non sei abituato, Quattrocchi.- Mitsui sorrise appena e posò la mano sul dorso della sua, appoggiata sulla sabbia a metà strada tra loro due.

-E dimmi...- proseguì, perché ormai credeva di aver capito, -Ti capita spesso di sostituirlo in campo, questo super figo che ti scatena istinti da crocerossina?- si voltò a guardarlo con un sorriso, e il velo di attonito terrore che scuriva l'espressione di Kogure si sciolse un po'.

-Sì, beh... mi è capitato un paio di volte.

-Guarda tu che sfigato, non riesce a stare in campo una partita intera.

-Perché non mi ascolta, io glielo dico di bere di più, ma lui non mi dà retta.

-Che coglione. E scommetto che neanche si è accorto di piacerti.- Mitsui smise di sorridere insieme a Kogure e chiese: -Che c'è?

-Mi stai prendendo in giro?

-No.- Kogure arrossì: -Mi odi?-, chiese.

-Mai fatto in vita mia. Mai veramente.- Mitsui rivolse il viso verso la luna e ricordò un altro haiku che amava molto: -“Vi sono scorciatoie / nel cielo, / luna d'estate?”

-Sute Jo.- commentò in automatico Kogure.

-Dieci e lode, bacio accademico.- Kogure esitò un istante solo, si chiese se non stesse prendendo una cantonata madornale, poi dichiarò: -Accetto, e lo prendo al gusto di sigaretta.- Mitsui capì la sua risposta solo quando se lo ritrovò tra le braccia. Le labbra di Kogure catturarono le sue, e con la punta del naso sfiorò qualcosa di freddo: una lente. Incredulo ma deciso a non lasciarsi scappare l'occasione, accarezzò con riverenza la schiena di Kogure, percorrendo indomito i fasci sottili dei suoi muscoli discreti, assaporando ogni valle e ogni collina della sua spina dorsale fino all'incavo tra le scapole. La tela della maglietta di Kogure, ripiegata dalla posizione delle sue spalle, s'incastrò nella sua mano, intrappolandola; Mitsui ne approfittò per premere contro di sé il corpo di Kogure, che aveva desiderato al punto di vivere il momento della doccia come un'autentica tortura. Con la lingua forzò le labbra morbide del compagno, e fu accolto con calore. Si accarezzarono sull'umido corridoio delle loro stesse bocche, a lungo, mentre la disperazione si stemperava in una cauta meraviglia.

Infine, il vocione di Akagi si levò da lontano: -Kogure! Ma dove diavolo sei finito! È quasi mezzanotte, hai il coprifuoco!

-Mannaggia a me...- sussurrò Kogure, mentre un dispettoso millimetro di atmosfera si interponeva tra le sue labbra e quelle di Mitsui.

-Sì, arrivo!- rispose, girandosi, con le braccia ancora appoggiate alle spalle di Mitsui, che lo spinse via con poca delicatezza.

-Ah, eccoti, finalmente, dov'eri finito?- chiese Akagi, apparendo da dietro un ombrellone.

-Ero qui a... ehm... scambiare quattro chiacchiere con Mitsui.- Akagi guardò male l'ex teppista, poi di nuovo il vice capitano: -Sicuro che va tutto bene?

-Alla grande. Grazie per avermi avvisato, avevo perso il senso del tempo.

-Mh.- grugnì Akagi.

-Vado a salutare gli altri poi torno a casa.- disse Kogure, alzandosi. Si prese un attimo per spolverarsi di dosso la sabbia, poi si avviò senza salutare Mitsui, che si rese conto di averlo letteralmente spinto via. Si diede del cafone.

-Che diavolo gli hai detto?- chiese Akagi, aggressivo.

-Niente, parlavamo di poesia.- si difese Mitsui, dicendo la prima cosa che gli venne in mente.

-Ah sì? E allora perché sembra così preoccupato?

-Sai come sono i suoi, facile che lo rimprovereranno per il ritardo.- ed eccola lì, l'idea, il lampo di genio: -Forse è meglio se lo accompagno e provo a spiegare che è stata colpa mia.- senza aspettare una risposta di Akagi, corse dietro a Kogure e gli andò a sbattere addosso mentre si voltava per andare via, con una mano ancora levata a salutare gli amici.

-Ops! Mitsui, per poco non mi ammazzi!

-Scusa! Ti... ti accompagno a casa, vuoi?

-Cosa?

-Così ti aiuto a spiegare ai tuoi che è stata colpa mia se hai fatto tardi.- Mitsui fece l'occhiolino, sperando che la penombra lo nascondesse agli occhi degli altri. Solo Rukawa sembrò accorgersene, e roteò platealmente gli occhi al cielo mentre faceva schioccare le labbra. Sakuragi cominciò subito a sbraitare qualcosa riguardo al fatto che Rukawa era una dannata volpe insensibile, e che Mitchi stava facendo davvero un bel gesto. Rukawa gli mollò un pugno in faccia, e mentre cominciavano a darsele di santa ragione, Miyagi sospirò esasperato: -Devo ricordare ai miei di investire sulle azioni dei cerotti.- disse. Ayako ridacchiò.

-Accetto volentieri, Mitsui, grazie.- disse Kogure, e dopo un altro rapido cenno di saluto si incamminarono insieme verso casa sua.

Dopo un paio di isolati, Mitsui si fece coraggio e lo prese per mano; Kogure arrossì, ma non si divincolò. Improvvisamente, dopo una decina di minuti, sciolse la stretta e disse: -Manca un isolato a casa mia. Non devi venire per forza fino a lì.

-Bella, questa siepe, l'hai scelta apposta?- rispose Mitsui. Kogure arrossì nella penombra, e Mitsui lo prese come un assenso. Lo trascinò nell'ombra e lo baciò di nuovo, come preda di una trance agonistica; la risposta del compagno fu così entusiasta che si riebbero solo quando le sirene di un'autopattuglia squarciarono il silenzio poco distante.

Kogure guardò l'orologio: -Accidenti, adesso è tardi davvero!

-Muoviamoci, allora!- Mitsui lo prese per mano e insieme corsero fino a casa di Kogure; sulla soglia, aspettava una donna molto bella avvolta in una yukata azzurra.

-Kiminobu! Cominciavo a preoccuparmi!- lo rimproverò.

-Scusa, mamma, io...

-È colpa mia, signora, mi perdoni.- si intromise Mitsui, inchinandosi: -L'ho trattenuto parlandogli dei miei problemi e abbiamo perso il senso del tempo.

-Mamma, lui è Hisashi Mitsui, te ne ho parlato.

-Ma certo. È un piacere conoscerti, finalmente, Kimi-kun non fa altro che parlare di te.

-È un onore. Suo figlio è una persona...- Mitsui cercò una parola che fosse sufficiente a descriverlo, e infine sussurrò: -...preziosa.- la donna sorrise dolcemente, mentre Kogure si mordeva un labbro; i suoi occhi scintillavano di felicità.

-Ora devo andare, mi scusi ancora se ho fatto far tardi a Kiminobu.- disse Mitsui con un altro inchino. La signora Kogure disse: -Non importa, solo la prossima volta mandatemi un messaggio, così non mi preoccupo. Buonanotte, Hisashi, grazie per aver accompagnato a casa Kimi-kun.

-È stato un piacere, buonanotte!- disse Mitsui con un gran sorriso, poi corse via.

 

Arrivato a casa, scoprì finalmente dove si era cacciato il suo cellulare: esattamente dove l'aveva lasciato, sulla scrivania, attaccato al cavo di alimentazione, carico e pronto a mostrare un nuovo messaggio.

 

oggi

00.47

Mittente: Megane-kun

 

Il tetto si è bruciato:

ora

posso vedere la luna.

(Masahide)

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Cicale ***


Non ne avevano più parlato.

Si erano scambiati quel bacio in spiaggia, qualche carezza per strada e nient'altro.

Kogure aveva mandato un messaggio a Mitsui, un altro haiku sulla luna, poi non aveva ricevuto una risposta e non si era azzardato a scrivere più niente.

Fermo sulla terrazza a pensare a cosa mai poteva aver sbagliato, o frainteso, Kogure lasciò che la lieve brezza estiva gli scompigliasse i capelli. Senza accorgersene, si ritrovò a canticchiare sottovoce un brano dei Queen, cercando conforto nei versi struggenti di Freddie Mercury e cercando di tirare le fila di quello che c'era, o che ci sarebbe potuto essere, tra lui e Mitsui.

Era innegabile, quantomeno, che ci fosse dell'attrazione fisica. I baci che si erano scambiati erano ancora più torridi della canicola stessa, e se non fosse intervenuto Akagi avrebbero probabilmente finito per commettere qualche sciocchezza sulla spiaggia.

Quanto al resto, però, Kogure nutriva seri dubbi.

Certo, Mitsui l'aveva definito “prezioso”, ma solo di fronte a sua madre. Con un'amarezza dettata solo dalla propria scarsa autostima, Kogure si disse che di certo non poteva usare termini come “scopabile” o “arrapante” in quel contesto.

Quanto alla sua affermazione riguardo a Rukawa, che nemmeno lui riusciva a distrarlo, beh... a mente fredda, probabilmente non era altro che una mirata lusinga per accaparrarsi i suoi favori. Nessuno sano di mente avrebbe potuto trovare Kogure più avvenente di Rukawa.

Kogure appoggiò i gomiti alla ringhiera e lasciò che la schiena gli si incurvasse, mentre ancora canticchiava a mezza voce e si malediva per quel sentimento che, nonostante tutto, era ben lungi dal sopirsi; lo stesso sentimento che aveva tanto ingenuamente confessato a Mitsui, quella sera.

Tra le righe, certo, ma era ben chiaro.

E ora, l'haiku di Masahide che gli aveva scritto poco dopo averlo salutato assumeva tutt'altro significato. Il tetto che era crollato non erano più le sue difese che finalmente cedevano, permettendogli di fare quel passo in avanti che avrebbe cambiato la sua vita, ma una mera metafora della sua vita che era andata in pezzi. Ora, certo, poteva vedere la luna, poteva dirsi di averla quantomeno toccata, ma era una gioia dolceamara, resa aspra dalla consapevolezza che ora, seduto tra le rovine del proprio cuore, non poteva far altro che cercare una pallida consolazione nell'ammirarla.

-“You can reduce me to tears with a single sigh...”- canticchiò. Una voce si unì dolce in controcanto: -“Please don't cry anymore...”- e Kogure sussultò.

-Silenzio. / La voce della cicala / penetra la roccia.- disse Mitsui, appoggiandosi alla ringhiera al fianco di Kogure che, stordito, disse: -Matsuo Basho.

-Non ne manchi una, eh?- sorrise Mitsui, poi si massaggiò il dorso di una mano; Kogure notò che era piuttosto arrossata e si allarmò: -Cos'è successo alla tua mano?

-Eh? Ah, niente, ho dovuto mandare k.o. Rukawa per farlo dormire.- rispose Mitsui.

-Prego?!

-Allucinante, vero? Da quando siamo partiti è un'anima in pena, secondo me gli manca Sakuragi.- Kogure sobbalzò all'allusione, ricordando l'unica altra volta in cui avevano toccato l'argomento, seppur di sfuggita. Il ricordo di quella sera in spiaggia tornò prepotente a farsi vivo.

-Prima mi ha chiesto se volevo fare a botte.- dichiarò Mitsui, e interpretò il silenzio di Kogure come un muto invito a proseguire: -Così, come se niente fosse! Non era una provocazione, era un invito! La gente normale invita gli amici a fare un giro, lui li invita a fare a botte!- finalmente, la sua parlantina aprì una crepa nell'imbarazzo di Kogure.

-In che senso?- chiese, spingendosi gli occhiali lungo il naso.

-Te lo giuro. Viene lì e mi fa: “Ehi, Mitsui, ti va di fare a botte?” e poi dopo un po' si è lamentato che non andava bene, e ha detto che non servo a niente.

-Dici che gli mancano le risse con Sakuragi?- chiese Kogure, suo malgrado grato per quella strana conversazione che gli era concessa.

-Eh, sì, secondo me qui gatta ci cova.- Mitsui annuì con fare saggio e attese che Kogure aggiungesse del suo alla conversazione, ma l'amico non sembrò trovare parole adeguate. Rimasero in silenzio, fianco a fianco, a guardare nel buio inquinato dalle luci della città, cercando di scorgere invano qualche stella, sebbene il cielo fosse coperto da una coltre di nubi.

-Magari, quando torniamo dal ritiro succederà qualcosa. Tu hai idea di cosa voglia fargli fare il coach Anzai mentre noi siamo qui?- chiese Mitsui in tono un po' angosciato.

-No, non ne ho idea. Comunque credo che per loro ci vorrà del tempo, almeno per Sakuragi. Intanto deve rendersi conto che non è davvero innamorato di Haruko Akagi, poi deve accettare di provare attrazione per un maschio, e già questo non è facile...

-...poi, se consideri che oltretutto lui è un cretino...

-Non volevo dirlo così, ma...- Kogure lasciò in sospeso la frase. Un silenzio denso tornò a stendersi sopra di loro. Per un attimo la luna emerse da dietro le nubi, poi vi si tuffò nuovamente, lasciando di nuovo solo Kogure, con tutte le sue insicurezze.

Da qualche parte, in un cespuglio celato dalle tenebre, una cicala cominciò a frinire; doveva essere molto vicina, perché era quasi assordante, o forse era solamente il contrasto con il silenzio che spezzava. Inconsciamente, Kogure disse: -La prima cicala: / la vita è / crudele, crudele, crudele.

-Issa.- ribatté Mitsui, poi si volto a guardare Kogure, che abbassò lo sguardo.

-Perché la vita è crudele?- chiese Mitsui. Kogure riuscì a guardarlo solo un istante, poi i suoi occhi cominciarono a cercare qualcos'altro su cui focalizzarsi, mentre imbarazzato rispondeva: -No, no, è solo... mi è solo venuta in mente la poesia, tutto qui.

-Kiminobu...- tentò Mitsui.

-E non chiamarmi così! Non mi hai quasi rivolto la parola per un mese, adesso arrivi qui con i tuoi discorsi assurdi e fingi che non sia successo nulla? Cosa pensi, che io...

-Ehi, ferma un po'!- lo interruppe Mitsui, e Kogure tacque, sconvolto. Proprio lui, che manteneva sempre la calma, che non perdeva mai la pazienza, era lì su una terrazza in una città sconosciuta, in ritiro con la squadra dello Josei, che sembrava decisamente composta da antipatici sbruffoni, ad urlare come una casalinga tradita. Si vergognò di se stesso e di ciò che i sentimenti che provava per Mitsui lo spingevano a fare.

Indietreggiò di fronte al dito che gli veniva puntato contro al petto, e poté solo ascoltare mentre Mitsui ribatteva a tono: -Sei tu quello che si gira dall'altra parte appena entro in una stanza, sei tu che mi saluti a malapena, sei tu che...

-E tu, perché non mi saluti?- lo interruppe Kogure. Mitsui si sgonfiò. La sua mano ricadde lungo il suo fianco, e il suo capo si reclinò verso il basso.

-Senti, lascia perdere, Mitsui. È abbastanza chiaro anche così, grazie.- tagliò corto Kogure, e lo aggirò, spinto solo dalla speranza di riuscire a trovare una stanza, un bagno, un ripostiglio in cui piangere lontano da sguardi indiscreti.

-Perché ho paura.- sussurrò Mitsui, e Kogure si bloccò. Rimase in piedi al suo fianco, a guardare fisso davanti a sé mentre Mitsui guardava dalla parte opposta, senza trovare il coraggio di muovere un muscolo o il fiato per pronunciare una singola parola.

-Siamo qui solo io e te, Kimin... Kogure, e so che anche se ogni tanto provi a fare il duro non sei uno stronzo. Non sei me. E neanch'io farei...

-Hisashi, spiegati.- se Mitsui aveva notato il passaggio dal cognome al nome, non lo diede a vedere. Sospirò e puntò gli occhi nel nulla.

-Ho una paura fottuta, perché quando ti vedo che ti giri dall'altra parte sento qualcosa che mi muore dentro. Ho paura che più vado avanti e più questa cosa crescerà, fino a soffocarmi. Se ti ho seguito in terrazza stasera, e sappi che per farlo ho dovuto raccontare una balla colossale ad Akagi, è solo perché non ce la faccio più ad andare avanti così.- Mitsui si voltò, ma il viso di Kogure era immerso in un cono d'ombra e non seppe interpretarne l'espressione. Lo prese per le spalle e lo scosse, delicatamente ma con decisione: -Ti prego, parlami! Dimmi cos'è stata per te quella sera, perché io non riesco a capirlo!

-Tutto.- rispose Kogure a voce bassissima. Alzò gli occhi, e uno scintillio nelle lenti dei suoi occhiali gli diede un'aria decisa, tanto che Mitsui indietreggiò di fronte alla sua fiera e inconsapevole bellezza.

-Tutto, per me quella serata è stato tutto. E sono rimaste solo rovine.

-Perché? Perché sono rimaste solo rovine, cos'è successo?- Kogure guardò Mitsui come se fosse diventato completamente pazzo.

-Niente.- rispose Kogure, rassegnato, -Ecco cos'è successo. Niente. Neanche un ciao detto di sfuggita mentre esci dalla palestra. Niente di niente.- di colpo, Kogure indietreggiò e si mise una mano sulla bocca: le lacrime, che aveva così abilmente trattenuto con uno sforzo quasi minimo, ora premevano per erompere. Mitsui scattò in avanti e lo circondò con le braccia per impedirgli di andarsene; lo strinse a sé con forza, cullandolo mentre i primi singhiozzi traditori cominciavano a scuotergli le spalle e il petto.

-Sono un vigliacco, Kiminobu.- confessò Mitsui dopo un po', -Un vigliacco e un insensibile.

-No, Mitsui...

-Hisashi. Ti prego, continua a chiamarmi Hisashi.

-Hisashi, non sei...

-Sono, invece. Per gli ultimi undici giorni me ne sono stato lì a chiedermi se era il caso di continuare, con te, o se non era meglio chiudere baracca e burattini prima di...- Mitsui si interruppe.

-Prima di...?- lo incitò Kogure, pur non volendo sapere. Nel silenzio che seguì, la sua mente fece formulare ad un'immaginaria voce di Mitsui una notevole serie di variazioni sul tema “Prima di illuderti troppo e farti soffrire”.

“Prima di scoparti e poi sentirmi in colpa”

“Prima che tu ti innamori e diventi appiccicoso”

“Prima di rendermi conto che ormai stiamo insieme da un po' ed è complicato mollarti”

Kogure cominciò a tremare, vergognandosene ma incapace di fermarsi. La mano di Mitsui cominciò a salire e scendere lungo la sua schiena, in una carezza appena accennata a fior di dita, che poco a poco calmò Kogure al punto che riuscì a passare il braccio che non era intrappolato fra i loro corpi dietro la schiena di Mitsui.

Appoggiò mollemente la mano nell'incavo della sua spina dorsale, sulla cintura che tendeva e piegava all'infuori il bordo dei suoi jeans.

-Prima di scomparire in tutto l'amore che provo per te.- concluse finalmente Mitsui, poi le sue braccia ricaddero e si allontanò da Kogure. Indietreggiò fino a sbattere contro la ringhiera della terrazza, ma fu inutile.

Si ritrovò il corpo di Kogure pressato addosso, così tanto che sentiva i suoi capezzoli, inturgiditi per l'aria che cominciava a diventare davvero freddina, premere contro il proprio petto, una decina di centimetri sotto ai propri.

-Mi hai fatto sentire usato, Hisashi. Usato e poi scartato. Lo sai?- chiese Kogure, mentre stringeva i pugni intorno a due lembi della maglietta di Mitsui.

-Lo so. E ti chiedo p...

-Com'è che anche ora non riesco a non amarti?- Kogure alzò gli occhi in quelli di Mitsui e li trovò pieni di stupore. Li vide scurirsi, mentre il suo viso si addolciva in un'espressione di gratitudine, e finalmente quel sorriso che dalle labbra di Kogure era mancato per troppo tempo riemerse, illuminandogli tutto il volto.

Mitsui gli prese una mano, la staccò senza fatica dalla propria maglietta e se la appoggiò sul petto. Sotto ai suoi muscoli definiti, il cuore batteva rapido come le ali di una farfalla, e nel suo bozzolo di felicità Kogure notò che la vena sul collo di Mitsui pulsava all'unisono.

Incapace di resistere, si chinò in avanti e chiuse le labbra su di essa, baciandola con riverenza; la sfiorò con la lingua, quasi volesse abbeverarsi al sintomo di quel sentimento che, ora lo realizzava, Mitsui non aveva simulato per poter combinare qualcosa.

-Oh, cielo, Kimi...- bisbigliò Mitsui, e con un'urgenza impossibile da trattenere gli prese il mento tra le mani e portò le loro labbra a congiungersi.

Un bacio a lungo agognato, e Mitsui finalmente sentì di essere completo.

Era come rinascere, sulle labbra e nell'amore di Kogure, e poco a poco, mentre le loro lingue finalmente si trovavano e si accarezzavano, Mitsui riacquistò una forza che a lungo era scomparsa, soffocata dalla sofferenza dell'infortunio prima e messa a tacere dal senso di impotenza del suo periodo da teppista.

Scese a patti con se stesso, rinnegò ciò che era stato in passato: il duro, l'anima ardente che non andava contraddetta per nessun motivo, pena una sonora dose di botte, il ragazzo strafottente che non si dava nemmeno la pena di tagliarsi i capelli e che passava le giornate a fumare una sigaretta dopo l'altra appoggiato al muro, o seduto a cavalcioni sulla moto di Tetsuo, a parlare di cazzate prive di importanza, a esagerare ogni laida conquista.

Ricordò quando parlava ai compagni della sua gang di questa o quell'altra ragazza, i suoi racconti esagerati e inframezzati di bugie, scopate galattiche, ragazze prese in posizioni assurde e nei luoghi più disparati, cuori spezzati senza pietà, e si immaginò di raccontare a Tetsuo di Kogure.

“Senti, è inutile che menti a te stesso, Mitsui.” gli aveva detto proprio Tetsuo poco prima della sua partenza, sbuffando fumo di sigaretta dalle narici. Con lo sguardo fisso su un palazzo fatiscente di fronte a loro, aveva dato la sua muta approvazione all'omosessualità di Mitsui, intuendola prima ancora che lui ne parlasse, sviscerando i suoi sentimenti e trovando la soluzione più logica quando Mitsui era ancora colmo di timori.

Non c'era stato bisogno di nominare Kogure, Mitsui non gli aveva mai nemmeno raccontato cos'era successo in spiaggia, eppure a Tetsuo era bastata un'occhiata alle interazioni dell'amico con il compagno di squadra per comprendere ogni cosa.

Al ritorno dal ritiro, Mitsui l'avrebbe cercato per raccontargli tutto. Ma non avrebbe inventato nulla, oh no. Non avrebbe condito la narrazione di dettagli inventati che avrebbero fatto sembrare lui figo e Kogure sottomesso.

Avrebbe ringraziato Tetsuo, gli avrebbe detto che si erano baciati su una terrazza buia, fregandosene della strada che passava a poca distanza e della portafinestra aperta sul salottino comune del ryokan in cui alloggiavano, avrebbe provato a spiegargli quanto si sentiva bene tra le braccia di Kogure, quanto si sentiva... integro.

Si staccò a malincuore dalle labbra di Kogure e si impresse il suo viso nella mente. La bocca, gonfia e arrossata per il bacio da cardiopalma che si erano scambiati, quell'incredula felicità nei suoi occhi castani, i suoi capelli sottili e leggeri, appena smossi dal fresco venticello che li accarezzava entrambi, i suoi immancabili occhiali tondi alla John Lennon, la linea delicata del suo mento.

-Ti avverto, Quattrocchi, se continui a baciarmi non potrò più farne a meno.- disse con un sorriso.

-Correrò il rischio.- ribatté Kogure, e si sporse in punta di piedi per baciarlo di nuovo. Il suo bacino sfregò contro quello di Mitsui, che divaricò involontariamente le gambe, spinto solo dal desiderio di essere il più vicino possibile a Kogure. Gli accarezzò le cosce con le proprie, in una carezza che in un altro contesto sarebbe potuta essere allusiva, ma che lì, in quella notte d'estate piena di cicale, era solo una dolce culla per il loro nascente sentimento.

Kogure passò le dita fra i corti capelli di Mitsui, accarezzandogli la nuca e i forti muscoli del collo con entrambe le mani, sentendosi per la prima volta nella vita il re del mondo. Le sue mani non premevano, non tiravano, non erano sulla testa di Mitsui per impedirgli di staccarsi da lui, erano lì solo perché non c'era un posto migliore, per loro, del nido accogliente della sua chioma, libera dal gel che di solito vi strofinava sopra per tenerli vagamente in ordine. I suoi capelli erano spessi, morbidi, le ciocche come seta calda fra le dita intirizzite di Kogure.

Si sentì piccolo, piccolo e coccolato, circondato dalle braccia forti di Mitsui che gli cingevano la vita magra, abbracciato dalle sue cosce muscolose, e il freddo crescente che saliva insieme al vento sempre più forte cessò di avere importanza. Si sciolse, insieme al resto del mondo, nel loro abbraccio esigente e bisognoso.

 

-Ahem.- fece un vocione che proveniva più o meno dalla portafinestra. Kogure lasciò con uno schiocco involontario le labbra di Mitsui e si voltò, terrorizzato. Sulla soglia del terrazzo c'era Akagi, rosso in viso e con le braccia coperte di pelle d'oca.

-Ehm... Takenori, io... posso spiegare... noi...

-Guarda che non sono scemo, eh, lo vedo da me cosa stavate facendo.- grugnì Akagi, imbarazzato. Le mani di Mitsui non riuscivano a lasciare i fianchi di Kogure: se quelli fossero stati gli ultimi momenti in cui potevano stare insieme serenamente, voleva farli durare il più possibile.

-Mi... spiace interrompere...- si cavò di bocca Akagi, -Il proprietario del ryokan stava per passare a controllare le finestre, perché... sì, insomma, si sta alzando il vento e... non mi pareva il caso che vi trovasse... sì, insomma.- Mitsui si staccò di malavoglia da Kogure, e insieme attraversarono la terrazza per rientrare. Kogure lanciò un'occhiata intimidita ad Akagi, passandogli davanti, e disse: -Ascolta, Takenori...-, poi però non sembrò trovare altre parole, e la mancata risposta di Akagi non fu di certo d'aiuto. -Io... ci vediamo in stanza.- pigolò, poi salì le scale di corsa.

Spalancò la porta della stanza e vi si fiondò dentro, fregandosene di Rukawa che, a quanto aveva detto Mitsui, era già a letto. Si sedette nel proprio futon e si schiaffò le mani in faccia, combattuto tra la gioia dirompente dei baci e delle parole che si era scambiato con Mitsui e il terrore che Akagi li buttasse entrambi fuori dalla squadra.

Non aveva la minima idea di quale fosse la posizione del capitano nei confronti degli omosessuali, per quanto fossero amici solo di rado discutevano di questioni personali; inoltre, Mitsui era la prima persona di cui Kogure si fosse innamorato, Akagi sembrava preso solo dal basket e nessuno dei due era abbastanza bello da avere delle spasimanti.

Rukawa si mosse nel sonno e bofonchiò qualcosa che suonava molto come “Do'aho”; Kogure, malgrado l'ansia, ridacchiò. Mitsui aveva proprio ragione, su quei due.

 

La callosa manona di Akagi si abbatté sulla nuca di Mitsui, mentre quest'ultimo gli passava davanti fingendo di non esistere. Il cecchino rimase immobile nella sua stretta e sperò di dissolversi nel nulla, ma rimase dolorosamente corporeo.

Akagi intensificò la stretta e ringhiò: -Che intenzioni hai?

-Cosa?- biascicò Mitsui.

-Con Kogure. Che intenzioni hai?

-Akagi, è un po' presto per...

-Non ti mollo finché non rispondi.

-Voglio portarlo all'altare. Va bene, adesso?- Akagi mollò la presa sulla nuca per ghermirgli il mento. Si guardarono negli occhi, la sfida accesa nelle iridi di entrambi.

L'innamorato terrorizzato ricambiò con fierezza lo sguardo minaccioso dell'amico preoccupato. Poi, la mano di Akagi ebbe un fremito, e lasciò andare il mento di Mitsui, scostandogli con violenza il viso in un gesto minaccioso. Lo lasciò in mezzo al salottino a tremare di rabbia e di freddo e chiuse la portafinestra che dava sulla terrazza con un colpo secco.

-Se ti fa schifo puoi anche andare a fanculo, lo sai vero?- sibilò Mitsui.

-Non mi fa schifo. Quello scemo è cotto di te dalla prima volta che vi siete rivolti la parola, se mi facesse schifo non sarei suo amico.

-Dalla... dalla prima volta che...

-Naturalmente lui se n'è reso conto solo qualche mese fa, quando sei tornato in squadra.- disse Akagi, senza guardarlo. Si fermò di fronte ad un banalissimo quadretto con una natura morta e lo rimirò, mentre finalmente poteva dare sfogo a tutta la preoccupazione che provava per il suo migliore amico e che, con i suoi burberi modi di fare, non aveva mai saputo esprimere. -Ma io l'ho capito subito. Non ho osato parlargli, avevo paura di mandarlo in crisi, ma era troppo gasato di averti in squadra, ti copriva di troppe attenzioni. E quando ti sei infortunato, se non poteva passare a trovarti andava in sbattimento. E poi, quando hai mollato il basket... continuava a ripetere che piangeva perché con te se ne andavano metà delle nostre speranze di andare ai campionati nazionali, ma anche se non sono altro che un grosso gorilla insensibile, come dice Sakuragi, so riconoscere un cuore spezzato quando ce l'ho davanti.- Mitsui tacque, incredulo di fronte al lungo discorso del capitano, che mai e poi mai gli era sembrato così sensibile e attento. Capì di essersi di gran lunga sbagliato sul suo conto, e che la sua facciata da duro gli serviva solo a guidare una squadra di sbandati mezzi teppisti come quella dello Shohoku.

Dopo un lungo, angosciante silenzio, Akagi disse: -Ha già sofferto fin troppo per causa tua. Se scopro che l'hai fatto star male, che gli hai fatto passare una brutta giornata, che si è spezzato un'unghia e tu potresti esserne anche solo indirettamente la causa, lo giuro su tutto ciò che è sacro, Mitsui: ti farò rimpiangere di essere nato.

-Grazie, Gorilla.- rispose Mitsui, sollevato per non essere stato buttato fuori dalla squadra ma soprattutto per aver scoperto che il migliore amico di Kogure non intendeva rinnegarlo per la sua omosessualità. Non era una cosa scontata, soprattutto nella società in cui vivevano, tantomeno quando a parlare era un bestione aggressivo come Akagi, che proprio in quel momento gli stava lanciando un'occhiataccia che avrebbe incenerito una quercia.

Poi, una scintilla indefinibile gli accese lo sguardo, e con un sorriso sarcastico Akagi rispose: -Non c'è di che... Baciapiselli.- Mitsui spalancò la bocca, sconvolto.

-Ha intuito, quel Sakuragi, non trovi?- constatò Akagi, poi tornò a rimirare la natura morta appesa al muro, ridacchiando. Mitsui non ritenne necessaria una risposta.

 

Entrò in camera piano, ancora sconvolto, e trovò Kogure seduto con le ginocchia al petto e uno sguardo terrorizzato. -Allora?- chiese, torcendosi le mani.

-Abbiamo la benedizione del Gorilla.- rispose Mitsui. Kogure emise un lungo sospiro di sollievo e si nascose il viso tra le braccia, appoggiate sulle ginocchia. Mitsui si sedette di fronte a lui e gli accarezzò il dorso di un piede; al suo tocco, Kogure alzò gli occhi.

-Kiminobu, ti vuoi mettere con me?- chiese a bruciapelo Mitsui; Kogure arrossì.

-Sì... sì, Hisashi.- rispose, poi si sporse in avanti e si scambiarono un tenero, breve bacio.

-Per fortuna, altrimenti il Gorilla mi fa la pelle.- commentò Mitsui per sdrammatizzare.

-Avanti, Hisashi, guarda che non sembra ma ha un gran cuore.

-Lo so.- rispose Mitsui dolcemente. La porta si aprì, e il Gorilla dal cuore di zucchero fece il suo ingresso minaccioso. Mitsui baciò di nuovo Kogure a fior di labbra, si alzò dal suo futon e si diresse verso il proprio; per raggiungerlo, doveva aggirare quello di Akagi, e si trovò petto a petto con lui, che lo guardò male un'ultima volta, giusto per chiarire il discorso. Kogure li guardò, poi improvvisamente scoppiò a ridere.

-Che c'è?- chiese Akagi.

-Niente, niente, io... sono felice!- rispose Kogure. Non poteva certo confessare di essersi immaginato il Gorilla che benediva la loro unione colpendo loro le spalle non con una spada, come i cavalieri della Tavola Rotonda, ma con una buccia di banana.

Akagi scosse la testa e si sdraiò, mentre poco a poco le risate di Kogure scemavano. Rukawa continuava imperterrito a dormire, e quando al suo respiro regolare si unì anche il profondo russare di Akagi, Mitsui disse: -Un guscio / di cicala. Svuotatasi / nel canto.

-Matsuo Basho.- sussurrò piano Kogure, a mo' di buonanotte.

 

 

 

 

 

Finalmente ho trovato un po' di calma per riuscire a partorire il secondo capitolo di questa storia!

Continuavano a girarmi in testa immagini, frammenti, ma non sapevo assolutamente come collegarli né come finire l'episodio.

Le mie inclinazioni urlavano “LEMON!”, ma mi sembrava un po' troppo presto: cioè, stiamo parlando di Kogure, non di Sendoh!

Alla fine, mi è apparso il Gorilla in sogno (brutta roba) e tutte le tessere del puzzle hanno trovato un posto.

Spero vi piaccia questo proseguo di “Va bene, il Quattrocchi e il Teppista stanno insieme, ma com'è potuto succedere?”, se vi va lasciate un commento, mi fa sempre piacere sapere cosa ne pensate.

La canzone dei Queen che Kogure canticchia è You Take My Breath Away, da uno dei miei album preferiti, A Day At The Races.

La frase di Mitsui “Prima di scomparire in tutto l'amore che provo per te” è ispirata a uno dei miei brani preferiti di Simon and Garfunkel, Slip Sliding Away. La prima strofa recita “He said Delores, I live in fear / My love for you is so overpowering / that I'm afraid that I might disappear”.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Fiori ***


Kogure non riusciva a smettere di piangere.

Singhiozzava senza controllo nella coppa umida delle proprie mani, i singulti soffocati dalla spugna morbida di un accappatoio e dal rumore della doccia che andava a vuoto solo per fornire una scusa al bagno occupato. Quando Akagi sarebbe tornato, avrebbe capito subito cosa stava succedendo, ma Kogure contava per allora di essere riuscito a ricomporsi, o alla peggio sperava di poter fare affidamento sulla naturale discrezione del suo grosso, scorbutico amico.

Le gambe gli cedettero, e lui cadde in ginocchio, trascinando con sé l'accappatoio e tirandosi addosso anche un principio di panico: invece di migliorare poco a poco, sembrava peggiorare di minuto in minuto.

Non udì il lieve tintinnio della chiave del bagno che cadeva, e in effetti si trattò di un rumore davvero minimo visto che fu solo un lieve sfregare contro il metallo della serratura: sotto alla porta era scivolato un pezzo di stoffa, a occhio e croce una federa. Ma Kogure non solo stava voltando le spalle alla porta, ma aveva ancora il viso affondato nell'accappatoio ed era impegnato a chiedersi come avrebbe fatto a chiamare l'ospedale per farsi ricoverare nel reparto psichiatrico se non riusciva a smettere di piangere nemmeno per respirare decentemente.

Ma la vista di Sakuragi legato stretto ad una barella rigida, il viso pallido su cui spiccavano delle lentiggini che Kogure non aveva mai notato, i capelli sudati e il corpo coperto di un velo di sudore acido e maleodorante, gli occhi semichiusi e rovesciati nelle orbite... Kami, ce n'era abbastanza per farsi ricoverare tutti quanti insieme in delle belle stanze dalle pareti morbide. Proprio lui, Sakuragi, quell'uragano di energia, mai fermo, mai stanco, il bisonte che aveva incassato i pugni peggiori di Tetsuo qualche mese prima senza fare una piega. E le parole del medico che l'aveva visitato subito dopo la partita contro il Sannoh erano state il colpo di grazia definitivo: -Fate piano, potrebbe essere una frattura vertebrale. Se lo muovete troppo, potrebbe perdere l'uso delle gambe.- a quelle parole, il silenzio era calato a bordocampo. Haruko era svenuta, Ayako avrebbe fatto lo stesso se non ci fosse stato Miyagi a spingerla seduta sulla panchina, Anzai aveva barcollato e Mitsui, con gli occhi lucidi, aveva provveduto a sorreggerlo e a farlo accomodare al fianco di Ayako; persino Rukawa aveva sgranato gli occhi ed era sbiancato.

Akagi, con voce malferma, aveva pregato il medico di informarli non appena ci fossero state novità, e chissà quanto tempo prima si era appostato nella hall del ryokan in attesa della tanto agognata telefonata. Kogure aveva millantato un'indisposizione e si era ritirato nella stanza che divideva con il capitano appena in tempo per scoppiare in lacrime lontano da sguardi indiscreti.

Qualcuno lo prese per le spalle; Kogure sobbalzò e si divincolò, spaventato e preso alla sprovvista. Ebbe la fugace sensazione che il bordo della doccia si stesse avvicinando troppo rapidamente, poi un paio di braccia muscolose gli cinsero violentemente il petto e frenarono la sua caduta: -Kiminobu, tranquillo, sono io.- bisbigliò la voce di Mitsui.

-Tu... come... vai via!- biascicò Kogure.

-Ho tipo forzato la serratura. Kiminobu, sei chiuso qui dentro da due ore e non rispondi, Akagi mi ha chiamato e mi ha detto di buttare giù la porta.- Kogure cercò di divincolarsi dalla stretta di Mitsui: se c'era una persona dalla quale non voleva farsi vedere conciato come un relitto umano, era proprio lui. Ma non vi fu verso di liberarsi della sua stretta ferrea, e dopo un po' Kogure smise di agitarsi. Mitsui, constatato che non avrebbe ricominciato a muoversi come un'anguilla, allentò la presa. Kogure si lasciò scivolare esausto tra le sue braccia, accogliendo con un senso di sollievo il contatto con il corpo solido del compagno, che troppo spesso non riusciva ad assaporare, complici i mille impegni di scuola e dello sport e l'impossibilità di muoversi alla luce del giorno.

Si assopì o forse svenne, provato dalla lunga crisi isterica; si riebbe qualche minuto dopo. Mitsui, lo sguardo cupo e preoccupato, gli stava tamponando il viso congestionato con un panno morbido, umido e fresco. Gli occhi di Kogure incontrarono quelli di Mitsui, che tentò un sorriso: -E così oggi giochiamo a ruoli invertiti, eh? Io faccio l'infermiera e tu il paziente...- gli scostò qualche ciocca di capelli, umida e sudata, dalla fronte, con dita gentili e fresche.

-Si sa niente di Hanamichi?- Mitsui annuì. Qualcosa nel suo sguardo tranquillizzò Kogure, ma furono le parole che seguirono ad essere il vero balsamo: -Sta meglio. Ha spostato una vertebra, un ortopedico l'ha rimesso a posto in un baleno. Dovrà solo fare un bel periodo in riabilitazione perché ha più strappi muscolari lui di tutto il resto del Giappone, una costola incrinata e una microfrattura al coccige. Niente che compromette la sua carriera, deve solo andarci piano e non fare il coglione.

-Ha rischiato veramente grosso.- commentò Kogure, ma era sollevato. Sakuragi aveva ballato bendato sull'orlo di un precipizio a strapiombo sul mare, ma adesso era lontano dal pericolo.

-Rukawa ha sbottato. Ha detto che è colpa sua perché l'ha incitato a continuare. Il ryokan gli addebiterà il costo della riparazione del buco nel muro che ha fatto con il pugno.

-“Caduti i fiori / tra i rami degli alberi / il tempio appare.”- citò Kogure.

-Yosa Buson?- chiese Mitsui dopo una breve esitazione, incerto.

-Esatto.- confermò Kogure. Mitsui lo strinse più forte a sé e sussurrò: -Eh, sì, anche secondo me è inequivocabile. Quel che mi chiedo è come cazzo hai fatto a trovare un haiku perfetto dopo due ore che piangi in un asciugamano.

-È un accappatoio.- puntualizzò Kogure.

-Ah, allora si spiega tutto.- il blando tentativo di sdrammatizzare di Mitsui strappò finalmente un piccolo sorriso a Kogure, che spiegò: -In realtà mi è venuta in mente durante la partita, quando Hanamichi si è fatto male. Non ho mai visto Rukawa lanciarsi verso qualcuno così velocemente, neanche per fare a botte. Lì ho capito che avevi ragione su di loro.

-Ho sempre ragione, tranne quando ho torto.- sentenziò Mitsui con aria solenne, poi si chinò e baciò le labbra congestionate e gonfie di Kogure, che rispose al bacio come un assetato che si abbevera ad una fonte di montagna.

-Mitsui, sei... oh.- il vocione di Akagi li divise d'improvviso: -Scusate.- borbottò.

-Nessun problema.- disse Mitsui, poi si alzò e aiutò anche Kogure a rimettersi in piedi. Il vicecapitano si sentiva le gambe di gelatina.

-Kogure, sei stanco morto. Ti conviene mangiare un boccone e andare dritto a letto.- disse Akagi, e Mitsui gli rivolse uno sguardo di stupita gratitudine: da un buzzurro si sarebbe aspettato un commento molto più indelicato sull'aspetto di Kogure, che in effetti con la faccia gonfia che recava ancora i segni della stoffa e gli occhi pesti e iniettati di sangue stava un vero schifo, per non parlare dei capelli, ridotti ad un intrico che ricordava moltissimo un nido di qualche uccello davvero poco portato per il design. Akagi lo squadrò di rimando, e dopo una lunga esitazione aggiunse: -Mitsui, ho bisogno di una cortesia. Anzai si è già coricato, è molto stanco, ma gli altri stanno sfogando il nervosismo come un branco di bambini dell'asilo e se non resto a controllarli ho paura che ci faranno espellere dal campionato per il comportamento. Resti tu con Kogure?

-Oh... ma certo, Akagi, non c'è problema.- rispose Mitsui, stupito ma felice.

-Kogure, fatti la doccia per davvero e poi chiudi quel cavolo di rubinetto, stai prosciugando le risorse idriche di tutta la prefettura.- Kogure annuì e si chiuse in bagno, senza però serrare la porta a chiave: quella era ancora tra le mani di Mitsui, che se la rigirava pensoso tra le dita.

-Come hai fatto?- chiese Akagi, indicandola con un cenno del capo.

-Ho imparato da Tetsuo, che tu ci creda o no l'ha letto in un libro. Me l'ha fatto vedere una volta che un nostro amico si era chiuso in bagno e non rispondeva più. Ho girato la chiave con delle pinzette che mi sono fatto prestare da Ayako, poi ho infilato una federa sotto la porta e ho spinto la chiave per farcela cadere sopra e l'ho tirata fuori.

-Geniale. Alla fine il vostro amico stava bene?

-No, era in overdose. Ma gli abbiamo salvato la pelle, per quel che vale.

-E Kogure come sta?

-Starà bene. Era solo preoccupato a morte per Hanamichi. Gli vuole un gran bene.

-Gliene voglio anch'io, ma non dirlo in giro.- confessò il burbero capitano, poi guardò altrove; Mitsui si accorse che aveva gli occhi lucidi, ma ebbe il buonsenso di fingersi ignaro.

-Quando torna in squadra lo prendo a pugni per lo spavento che ci ha fatto prendere.

-Te lo terrò fermo.- Akagi annuì, soddisfatto di quello scambio tra giovani uomini che stava riuscendo a non naufragare in un mare di lacrime di ansia trattenuta. Mitsui appoggiò la chiave del bagno su un comodino e si sedette su un letto a caso, ma Akagi gli disse: -Alza la schiena.- Mitsui eseguì, e Akagi infilò una mano sotto al cuscino. Ne estrasse una maglietta stravecchia dal colore indistinguibile e un paio di calzoncini che in molti avrebbero potuto usare come paracadute d'emergenza. Rifugiandosi nel solito atteggiamento scorbutico, disse: -Non voglio disturbare Kogure quando si addormenta, stanotte dormo io con Miyagi.

-Oh, il Tappo sarà estasiato.

-I vostri vicini di stanza sicuramente sì.

-Non credo, sono Kakuta e Yasuda e fanno più casino di noi.

-Beh, allora i gestori dell'albergo.

-Sì, loro probabilmente ti faranno una statua in giardino.- Akagi sorrise e gli batté una manona sulla spalla, poi uscì. Mitsui sollevò la cornetta del telefono e compose lo zero per parlare con l'accoglienza: -Salve, la chiamo dalla stanza 309, il mio amico si sente poco bene e non riesce a scendere a cena. Sarebbe possibile avere qualcosa da mangiare qui?- Kogure uscì dal bagno in tempo per sentire le ultime parole, ma Mitsui non lo vide. Era sdraiato su un fianco e gli dava le spalle; la sua figura longilinea, il fianco che faceva capolino tra la maglietta e i calzoni, tutto di lui era di conforto a Kogure: -Certo, andrà benissimo.- lo sentì dire, -La ringrazio di cuore.- Mitsui appoggiò di nuovo la cornetta sulla forcella, e Kogure si sdraiò dietro di lui. Il suo braccio scivolò intorno alla sua vita e sotto alla maglietta, senza intenti maliziosi, e Mitsui interpretò il gesto nella giusta maniera. Appoggiò la testa al cuscino, piegando il collo ad un'angolazione tale che Kogure si sentì quasi obbligato a posarvi il capo, e intrecciò le dita a quelle del compagno.

-“Fiori di pruno / è un'estasi / la mia primavera”.- recitò Mitsui, riempiendosi le narici dell'insolito, delicato odore del bagnodoccia di Kogure. Era piacevole, diverso dai soliti saponi da sportivi, spesso aggressivi e sgradevoli alle narici, e anche se era un po' femmineo sembrava si addicesse perfettamente al carattere dolce e amorevole del suo Quattrocchi.

-Issa.- replicò Kogure, poi specificò: -Comunque, se ti riferisci al mio shampoo, non è ai fiori di pruno, ma ai fiori di pesco.

-Naturalmente lo sapevo, ma non volevo cambiare la poesia.- mentì Mitsui, e Kogure emise una lieve risatina nell'incavo del suo collo. Si udì un lieve bussare alla porta e un discreto: -Servizio in camera.- Mitsui si alzò, sciogliendosi con dolcezza dall'abbraccio di Kogure, e ritirò il vassoio che l'impiegato del ryokan gli porgeva, ringraziando profusamente.

-Il suo amico ha bisogno di altro? Aspirina, antidolorifici...?

-Kogure?- chiese Mitsui, voltandosi a mezzo.

-La ringrazio, ho già preso qualcosa.- rispose lui, cercando di celare un impudente sorriso, che gli sorgeva spontaneo alle labbra nonostante tutto: era la prima cena intima con Mitsui.

 

Mangiarono imponendosi calma, commentando distrattamente questa o quell'altra pietanza, e quando Kogure ebbe svuotato anche l'ultima ciotola di riso, Mitsui prese il vassoio e lo spostò sul comodino. Si guardarono a lungo negli occhi, imbarazzati.

-Beh...- disse infine Mitsui, -Il Gorilla ha detto che stanotte dorme con Miyagi al posto mio.

-Povero Miyagi!- commentò spontaneamente Kogure, che sapeva benissimo come il Gorilla potesse essere rigido e rompiscatole, soprattutto quando decideva che era giunta l'ora di coricarsi. Mitsui ridacchiò, un suono pieno di sottintesi: -Oh, no... povero te.- disse, e si sporse in avanti per cogliere un bacio dalle labbra di Kogure.

Si stesero sul letto, l'uno sopra all'altro, ancora nelle bocche il lontano sapore del cibo che avevano condiviso, baciandosi con la foga frenetica di chi ha improvvisamente capito che la vita è una, che il tempo sgocciola e che non sempre è saggio attendere.

Fu Kogure ad approfondire per primo il contatto: dopo una lunga serie di esitanti carezze sull'orlo arricciato dei pantaloni di Mitsui, si decise ad infilare le dita sotto l'elastico; incontrò quello dei suoi boxer e lasciò che la punta delle dita si insinuasse al di sotto anche di quello. Mitsui trattenne il respiro e lo lasciò andare in una serie di soffi concitati che si infransero sull'arco di Cupido sotto al naso di Kogure, che si scostò e ritrasse la mano.

-Ehi!- protestò Mitsui, -Chi ti ha detto di smettere?

-Mi sembrava che... avevo paura di...- biascicò Kogure.

-Senti un po'.- disse Mitsui, si sdraiò più comodamente che riusciva tra le gambe divaricate di Kogure e lo prese per i polsi; con una piccola contorsione, si portò entrambe le sue mani sui glutei: -Lo senti questo magnifico culo? Tutto tuo, puoi farne ciò che vuoi.

-Ah, non provocarmi, Hisashi, non sai cosa vorrei farti...- ribatté Kogure allusivo, lasciando Mitsui stupito ed eccitato sia dal tono di voce sia dal sottinteso delle sue parole. Le mani di Kogure accarezzarono le sue natiche, salirono verso la cintura dei pantaloni e vi si insinuarono sotto; poi, ripresero il proprio posto e strinsero. L'erezione di Mitsui ebbe un guizzo contro quella di Kogure, e l'ex Teppista si rese conto di essere burro tra le mani del Quattrocchi.

Kogure si sporse in avanti con il viso, e Mitsui gli offrì la bocca perché potesse baciarla; insinuò la lingua tra le sue labbra calde, mentre cercava di pensare a qualunque cosa, qualunque, salvo la sensazione che gli davano le dita monelle del suo compagno che gli massaggiavano i glutei, separandoli l'uno dall'altro tanto che a tratti Mitsui sentiva la pelle dell'ano che si tendeva sotto alle sue carezze intense. Per di più, ogni strattone lo costringeva a strofinare la propria erezione contro quella di Kogure, e temeva di venire da un momento all'altro. Per limitare il contatto, tentò un atto di coraggio non indifferente: insinuò una mano tra i loro corpi e si mise a massaggiare il membro di Kogure, ancora nascosto dalla biancheria intima e dal pigiama. Kogure gemette e gli morse un labbro per impedirgli di allontanarsi, sporgendo in avanti il bacino in una muta incitazione. Mitsui lo prese alla lettera, e con un fluido movimento del polso insinuò la mano sotto ai suoi vestiti; gemette ad alta voce quando assaporò il primo tocco della pelle di Kogure, morbida e sottile e calda, cedevole intorno alla solidità della sua asta. Con la base del pollice, senza volerlo fece leva sul prepuzio, denudando il glande. Nella piega dell'indice avvertì un senso di caldo umidore, segnale inequivocabile del desiderio di Kogure.

Nemmeno notò che i pantaloni e i boxer gli scivolarono lungo le cosce, ma un refolo d'aria in parti che fino a poco prima erano ben coperte e il tocco della mano ora timida di Kogure lo risvegliarono dall'inebriante sensazione di toccarlo.

-Oh, cielo, cosa stiamo facendo?- chiese di colpo Kogure, mettendosi entrambe le mani in faccia.

-Petting, credo sia la definizione.- tentò di scherzare Mitsui, poi si fece serio: -Ehi, se hai cambiato idea non c'è problema, dico davvero.

-No, non ho cambiato idea... è che... Hisashi, non so come si fa!

-Come quando sei in camera da solo e pensi alle chiappe di Bon Jovi, solo che tu tocchi il mio e io tocco il tuo. Facile, no?

-E poi?- lo spiazzò Kogure. Mitsui si sedette sui talloni, sperando che la conversazione gli smontasse quell'imponente erezione che sembrava essersi stabilita in pianta stabile, ma invano. Chiese: -E poi cosa?

-Non ci sono solo le... sì, insomma, le seghe...- Kogure abbassò la voce: -Il sesso orale, come si fa? E... il sesso proprio... insomma, non lo spiegano questo alle lezioni di educazione sessuale!- la sola menzione del sesso, e soprattutto di quello orale, meta proibita dei sogni di ogni ragazzo, rese completamente inutile il film mentale a base di cancelleria che Mitsui stava tentando di proiettarsi nel cervello per sconfiggere il proprio pene eretto. Immaginò Kogure che si chinava su di lui e schiudeva le labbra, si chiese come doveva essere sentire la sua lingua calda che gli accarezzava il glande, e poi wow, chissà se Kogure era capace di prenderlo tutto in bocca, fino ai tes... si riscosse.

-Scusa.- disse, arrossendo, -Stavo meditando sulla risposta.

-Sì, come no... hai concluso qualcosa?

-Intanto cominciamo dalle cose che sappiamo già fare, che ne dici? Per il resto, ci documentiamo.- Kogure annuì, e Mitsui aggiunse: -Posso spogliarti?- un altro cenno d'assenso. Con riverenza, Mitsui sfilò i pantaloni e la maglietta del pigiama di Kogure, poi infilò le dita sotto all'elastico dei suoi slip e ribadì: -Puoi fermarmi in qualsiasi momento, Quattrocchi, siamo intesi?

-Per adesso, vorrei continuare in eterno.- confessò Kogure, con il respiro corto, e Mitsui gli sfilò anche la biancheria intima. Rimase a guardarlo come un devoto di fronte a un'apparizione, le cosce sottili ma muscolose, una piccola cicatrice a forma di croce sul ginocchio destro, i peli pubici chiari e radi, arricciati attorno all'asta arrogantemente tesa verso l'alto del suo membro, il ventre glabro e magro, con le costole appena evidenti ad ogni tendersi della sua gabbia toracica per incamerare ossigeno, le clavicole sporgenti e oh, il suo viso, così imbarazzato e reso vivace da un vago rossore, e gli occhi che scintillavano di desiderio dietro alle lenti. Mitsui si distese con lentezza di fianco a lui, gli prese il mento tra le dita per volgere il suo viso verso di sé e lo baciò. Prima di lasciare che la sua mano veleggiasse verso altri, piacevoli lidi, dichiarò: -Ti amo, Kiminobu.

-Ti amo anch'io, HisAH!- non appena la mano di Mitsui venne a contatto con il membro di Kogure, questi rovesciò il capo all'indietro ed eiaculò, arrossendo con violenza. -S... scusa...- biascicò, ormai con le guance così calde da appannare gli occhiali.

-Lo prendo come un complimento.- rispose Mitsui, chinandosi per baciarlo. Eccitato e impaziente, strofinò il membro contro il fianco magro di Kogure, che lo ghermì con mano tremante, ancora imbarazzato. Mitsui gemette: -Oh, mi sembra di averlo sognato per anni...- aprì gli occhi con fatica. La sensazione era familiare eppure nuova, e la vista di una mano più sottile e chiara della propria, per di più attaccata ad un braccio che finiva attaccato al corpo di un'altra persona era quasi destabilizzante. Seguì i movimenti delle membra di Kogure fino alla sua spalla, e poi al suo viso: lo stava fissando con l'aria di chi non vorrebbe essere da nessun'altra parte, per nessun motivo. Si sentì montare l'orgasmo dal profondo del ventre, come un filo che tirasse da dietro l'ombelico; crebbe e si sciolse come una calma onda calda verso i testicoli e poi si riversò nella mano di Kogure, accompagnata da un sospiro. Rimasero sdraiati fianco a fianco a recuperare il ritmo del respiro e del battito cardiaco, poi Kogure si sporse oltre a Mitsui e aprì il cassetto del comodino che divideva i due letti della stanza. Mitsui accarezzò con riverenza i suoi fianchi e sorrise mentre la sua pelle sudata e calda sfiorava la propria; una sensazione di umidore sul basso ventre quasi lo commosse: era fastidioso, un fluido ormai freddino e appiccicaticcio, ma era la prova che quanto accaduto non era stato solo un sogno, ma la meravigliosa realtà.

Kogure si ritrasse nuovamente, con dei fazzoletti di carta in mano; li usò per pulire entrambi, e Mitsui non ripeté di amarlo solo perché temeva che la voce gli sarebbe uscita tremando. Kogure, terminata l'opera di pulizia, si rivestì e tornò a sdraiarsi al fianco di Mitsui: -Senti...

-Dimmi tutto.

-Come pensi di documentarti per... ehm... tutto il resto?

-A quel che mi risulta ci sono un sacco di film sull'argomento.- Mitsui sollevò un sopracciglio con fare allusivo e Kogure arrossì: -Mi stai proponendo di guardare un porno?

-Se preferisci, chiediamo all'infermiera della scuola.

-Il porno andrà più che bene.- cedette Kogure, ancora imbarazzato. Mitsui si girò su un fianco e lo abbracciò: -Sei la persona più bella che conosco.- disse.

-Avanti... non sono niente di che.

-Sei molto di più.- Mitsui chiuse gli occhi e la sua testa cominciò a ciondolare nell'incavo della spalla di Kogure, che con fatica e con cautela, cercando di non svegliarlo, coprì entrambi. La notte estiva era rinfrescata da un timido venticello, ed erano entrambi spossati dalla giornata stressante. Mitsui aprì gli occhi appena in tempo per vedere la testa di Kogure che si adagiava sul cuscino, e la sua mano che prendeva gli occhiali per una stanghetta, li ripiegava con gesto esperto e li riponeva sul comodino, fuori vista. In controluce vide un minuscolo piumino, di polvere o polline, che si era andato a posare lieve e impercettibile sul viso di Kogure, e che ora fremeva al ritmo del suo respiro. Alzò una mano ad accarezzare la guancia di Kogure e, mentre il granellino spariva nell'aria, bisbigliò: -“Non un grano di polvere / a turbare il chiarore / del crisantemo bianco.”-

-Matsuo Basho.- rispose Kogure con un sorriso.

 

 

 

 

Bene, bella gente, direi che a questo punto sono abbastanza insieme questi due, voi che dite?

Sì, insomma, in pratica ogni volta che scrivo un capitolo ripiombo nell'ossessione degli haiku, ne leggo a palate e ne scrivo a palate (e poi li nascondo nel cassetto delle mutande così non li vede nessuno), e comunque rischio di passare dal romanticismo al p0rn e non mi va, lasciamo ai due cucciolotti un po' di privacy e limitiamoci a spiarli altrove.

Questo capitolo potrebbe essere molto bello o molto delirante, non ne ho idea perché stasera ho la presentazione del mio libro e sono a) nervosa e b) un po' sbronza perché mi pareva una buona idea finire l'eggnog fatto da mamma. Spoiler: non era una buona idea, e devo ancora farmi la messa in piega.

Bene, grazie a tutti di aver letto, supportato, sOpportato (Ste_exLagu, ce l'ho con te, Mr. Palle di Amianto), se avete gradito battete un colpo!

 

...Mitsui, Kogure, non vi pare il caso di fare un salutino?

Mitsui: -Dopo, siamo impegnati!

Kogure: -Mmmpf!

 

Ok, li lascio soli.

A lunedì con il secondo capitolo di April, Come She Will!

XOXO

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3822668