Insieme per sempre

di Myriru
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***
Capitolo 24: *** 24 ***
Capitolo 25: *** 25 ***
Capitolo 26: *** 26 ***
Capitolo 27: *** 27 ***
Capitolo 28: *** 28 ***
Capitolo 29: *** 29 ***
Capitolo 30: *** 30 ***
Capitolo 31: *** 31 ***
Capitolo 32: *** 32 ***
Capitolo 33: *** 33 ***
Capitolo 34: *** 34 ***
Capitolo 35: *** 35 ***
Capitolo 36: *** 36 ***
Capitolo 37: *** 37 ***
Capitolo 38: *** 38 ***
Capitolo 39: *** 39 ***
Capitolo 40: *** 40 ***
Capitolo 41: *** 41 ***
Capitolo 42: *** 42 ***
Capitolo 43: *** 43 ***
Capitolo 44: *** 44 ***
Capitolo 45: *** 45 ***
Capitolo 46: *** 46 ***
Capitolo 47: *** 47 ***
Capitolo 48: *** 48 ***
Capitolo 49: *** 49 ***
Capitolo 50: *** 50 ***
Capitolo 51: *** 51 ***
Capitolo 52: *** 52 ***
Capitolo 53: *** 53 ***
Capitolo 54: *** 54 ***
Capitolo 55: *** 55 ***
Capitolo 56: *** 56 ***
Capitolo 57: *** 57 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Era tardo pomeriggio, il sole stava calando per dare posto alla sera. Oscar e i suoi soldati stavano ritornando da un attacco da parte delle guerriglie reali. Dei cinquanta soldati ne erano rimasti poco più della metà.
«Comandante...»
Oscar si voltò verso Alain. Il suo volto era stanco, segnato dalla malattia. Aveva le guance scavate, la pelle era pallida aveva gli occhi lucidi. Tremava come una foglia per la febbre, la malattia l'aveva colpita durante la battaglia. Alain si avvicinò a lei, preoccupato.
«Cosa c'è Alain?»
«Mi spiace...»
Oscar lo guardò incredula.
«Non capisco Alain...cosa intendi dire?»
«Mi spiace che una donna come voi debba assistere ad una cosa del genere »
André guardò l'amico tristemente, capendo cosa intendesse dire.
«Non ti preoccupare Alain...sto bene...»
Oscar si alzò dal mucchio di paglia dove era seduta e si avvicinò alla porta del fienile. I rossi raggi del sole entravano attraverso le fessure di legno creando un'atmosfera quasi surreale.
«Comandante io inzio a non credere più in questa causa, stanno morendo un sacco di persone per una libertà che forse non avremo mai»
Disse uno dei soldati guardandosi la punta degli stivali. Oscar si girò di scatto.
«Queste persone sono morte perché credevano in una giusta causa. Noi non dobbiamo rendere vana la loro morte! Noi non dobbiamo mai smettere di credere in questa causa, qualunque cosa accada! Io ho rinunciato al mio titolo di contessa perché credevo e CREDO in questa causa. Non per compassione!»
Oscar aveva uno sguardo glaciale, anche se la voce bassa ed il tremolio delle mani la tradivano.
Alain la guardava stupito, seguito dai suoi compagni.
«Io credo in questa causa.
Ieri, oggi, domani, per sempre»
Disse André avvicinandosi alla sua compagna.
«Anch'io ci credo!»
«Anch'io!»
«Si anch'io!»
«Ci credo!»
I soldati erano scatenati, si, ora erano ancora piu convinti che la libertà, un giorno, sarebbe arrivata.

///@///

«Passiamo sotto il ponte, saremo più al sicuro»
I sodati annuirono passando sotto il ponte, sotto il naso della cavalleria. Un soldato si girò sentendo dei passi sotto di lui. Appena vide Oscar prese il fucile puntandola, la donna fece lo stesso con la pistola. Dopo gli spari il silenzio, solo il tonfo di un qualcosa cadere. A terra, giaceva il corpo privo di vita del soldato. I soldati della guardia aspettavano un segno del comandante ma niente. Videro solo la sua mano far cadere la pistola a terra, stava tremando.
«A...An...André...»
André si avvicinò a lei tremando. Fu tutta una questione di secondi. Oscar cadde a terra svenendo mentre André la prese prima che la sua testa sbattesse a terra violentemente.
«Oscar!»
Quando Oscar fu tra le sue braccia solo allora si accorse della macchia di sangue sul suo petto. La fronte era sudata, le gote arrossate per la febbre e lacrime di dolore le bagnavano gli occhi.
«A-A...»
«Alain dobbiamo andare da Bernard, SUBITO!»
Nella sua voce si avvertiva il panico più totale. Il ragazzo annuì salendo sul cavallo seguito dai suoi compagni. André portò Oscar con se, tenendole la mano cercando di fare il più veloce possibile. Non voleva perderla. Non ora. Tratteneva a stento le lacrime, non sarebbe morta. No!
«Oscar ti prego non mi lasciare... Ti prego non lo sopporterei!»
Oscar lo guardò con gli occhi socchiusi mentre lui spingeva il cavallo ad una corsa estrema per salvargli la vita. La ragazza poggiò la sua mano fredda sul suo volto.
«Non ti lascerò mai.... André...»
Oscar gli sorrise dolcemente, iniziando a socchiudere gli occhi.
«Tti prego apri gli occhi, non farlo ti prego!»
Oscar cercava di tenere gli occhi aperti ma non ci riusciva, era troppo debole.
«S-Sono stanca An... André...»
Arrivarono nella piazza principale poco dopo ma per André quel breve lasso di tempo gli era sembrato infinito.
«Bernard abbiamo bisogno di un dottore subito!»
Bernard annuie  corse a chiamare un medico mentre Rosalie si avvicinò ad Oscar.
«Oscar?! Mi sentite? Sono io Rosalie! Vi prego non lasciateci»
Oscar sorrise leggermente sentendo la voce della ragazza.
«Ro... Sa...»
Era troppo debole, la sua voce era si era ridotta ad un sussurro. Stava sudando freddo, aveva il volto corrugato in una smorfia di dolore, il sangue non si fermava, nonostante i tentativi di Rosalie. La fecero stendere su di un letto dove poi la raggiunsero velocemente un paio di dottori.

///@///

«Ho bisogno di te...»
«Sono qui»
Oscar alzò lo sguardo verso di lui imbarazzata. André le sorrise, avvicinandosi a lei lentamente. I suoi occhi erano due gemme azzurro chiaro, le gote rosse per l'imbarazzo, si mordeva leggermente le labbra.
«Resterai con me?»
La sua voce solo un soffio leggero, appena udibile.
«L'ho sempre fatto»
L'avvicinò a se lentamente. Le prese la mano per poi baciarla, continuando a guardarla negli occhi.
«Perché dovrei smettere proprio ora?»
Oscar sorrise timidamente, poggiando il capo sulla sua spalla.
«Insieme...?»
«Per sempre»
André prese il suo volto tra le mani, baciandola dolcemente.
«Ti amo André... Ti amo tanto...»

 

Angolo autrice:
Questa è una storia vecchia, ma che tutt'ora mi tiene impegnata la sera dopo aver finito di studiare. Ho preferito non cambiare nulla del capitolo originale, per mostrare anche il mio percorso stilistico nel tempo forse. Ma mi dispiaceva davvero troppo metterci penna di nuovo! Non me ne vogliate!! ^^
Spero davvero che vi piaccia!

Hey, tu! Si proprio tu! Grazie per essere arrivato fino a fine pagina!

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Capitolo 2
*** 2 ***


Avevano portato la donna a casa di Rosalie e Bernard. Oscar, nonostante le poche forze rimaste, aveva chiesto ai soldati di continuare a combattere. L'avevano stordita con del laudano per non farle sentire il dolore della ferita durante la medicazione. André ed Alain erano rimasti con lei, preoccupati per le sue condizioni.
«Cosa ti ha detto il dottore?»
Chiese Alain con la schiena poggiata sul muro e le braccia conserte, osservava da lontano il suo migliore amico seduto vicino al letto del comandante.
«La ferita è grave e profonda, per poco il proiettile non le ha sfiorato il cuore. Se il colpo fosse stato un po' più a destra sarebbe morta sul colpo. Ma è ottimista, dovrebbe farcela»
«Non sembri convinto...»
André poggiò la mano su quella della donna e Alain sussultò.
«Ed io che pensavo di essere uno dei primi...»
«Di cosa stai parlando?»
André alzò lo sguardo verso Alain, cupo. Sapeva perfettamente a cosa stesse alludendo il suo amico, perché mentire?
«Ti abbiamo aiutato André, lei non lo sa, rilassati »
«Non intendo questo...»
Alain annuì leggermente, poggiando lo sguardo sulla donna. La febbre si era abbassata. Aveva la fronte sudata, gli occhi chiusi ed una smorfia di dolore sul volto.
«Ah... A-A...»
L'effetto del laudano era quasi terminato ed Oscar iniziò a lamentarsi per il dolore. Si agitava nel letto, sentendo un bruciore atroce sul petto. Alain prese di nuovo la pezza impregnata e la avvicinò al viso della donna.
«Fa attenzione...»
La allontanò velocemente dal suo viso e vide la donna rilassarsi un po'.
«Meglio non scherzare con queste cose, vero?»
«Già...»
Sentirono qualcuno bussare e poco dopo aprire la porta.
«Vi ho portato un po' di minestra, avrete fame...»
«Grazie Rosalie...»
La ragazza poggiò il piccolo vassoio sul tavolino poco distante e si soffermò vicino ad André, poggiando le mani sulle sue spalle.
«Vuoi un po' di minestra? Non è molto ma spero che sia di vostro gradimento»
«No grazie... Non ho molta fame Rosalie»
«Ma dovrai pur mangiare qualcosa...!»
Il volto dell'uomo era pallido e stanco. Avevano combattuto tutto il giorno e si erano riposati solo prima del ferimento di Oscar.
«Non preoccuparti, ti ringrazio, come se avessi accettato Rosalie…»
La donna  non rispose, chinò il capo e si allontanò da lui lentamente
«Mm...»
André si avvicinò a Oscar, la febbre era tornata e sembrava più alta di prima. Strizzò una pezza nell'acqua fresca e la poggiò sulla sua fronte.
«Le è salita di nuovo la febbre?»
«Già...»
André le accarezzava i capelli lentamente, con lo sguardo perso nel vuoto. Le campane della cattedrale suonarono la mezzanotte, facendo rabbrividire tutti nella stanza.
«Perché non andate a riposare? Penserò io ad Oscar»
«Non preoccuparti Rosalie, non vorrei arrecarvi altro disturbo»
«Nessun disturbo, vi ho preparato una camera, almeno potrete riposare»
«Grazie...»
I due si allontanarono dalla stanza stanchi, André prima di uscire girò il capo verso di Oscar, sperando che lei si svegliasse.
 
///@///
 
«André! Alain!»
Bernard bussò violentemente alla porta della loro camera, sperando di svegliare i due uomini.
«Bernard? Che succede?»
André aprì la porta ancora assonnato mentre Alain si stiracchiava seduto sulla poltroncina.
«Abbiamo bisogno di voi»
 
///@///
 
«Allora? Potete spiegarci cosa sta succedendo?»
Chiese Alain impaziente. Gli uomini che si erano radunati in quella locanda fuori città erano irrequieti, c’era un caos totale e tutto quel parlare e urlare avrebbe allertato qualsiasi sentinella nei paraggi.
«Alcuni di noi vogliono abbattere la Bastiglia»
Disse Bernard senza troppi giri di parole, il suo volto era serio e leggermente preoccupato.
«COSA?!»
I due granarono gli occhi stupefatti.
«MA SIETE IMPAZZITI?! È IMPOSSIBILE!»
Urlò Alain fuori di sè.
«È un carcere militare, solo la parola significa INESPUGNABILE!»
«No! Noi possiamo farcela!»
«Abbiamo le armi!»
«Non c'entrano le armi! Ci trucideranno maledizione!»
In quella camera c'era un caos totale, trovare una soluzione sembrava impossibile. André non aveva detto nulla, aveva valutato tutti i "Pro" ed i "Contro" e doveva ammettere che assalire la Bastiglia non era una cattiva idea.
«Alain!»
Era del tutto inutile, c'era troppo rumore. All'improvviso gli venne un idea. Si avvicinò alla porta ed iniziò a battere sulla superfice come se stesse cercando di forzarla per poter entrare. Tutti si voltarono verso la porta, ammutoliti.
«Finalmente avete smesso...»
Sorrise leggermente, sentendo alcune frasi poco carine sul suo conto e qualche bestemmia volò dall’altra parte della stanza.
«La Bastiglia non è inespugnabile, dovete solamente seguire le mie indicazioni»
Disse André in modo pacato, conosceva bene la Bastiglia e tutti i suoi punti deboli.
"Grazie Oscar...!"
Pensò sorridendo, pensando alla discussione che sentì tempo prima tra Oscar e il generale Jarjayes.
«Quindi? Si fa?»
«Certo, solo se prestate attenzione a quello che sto dirvi»
 
///@///
 
«Come sta?»
André entrò lentamente nella camera, cercando di fare il meno rumore possibile. Era l'alba, erano tornati qualche ora prima dalla riunione straordinaria e Rosalie non si era mossa dal capezzale di Oscar. La donna  bagnò un pezzo di stoffa nella bacinella di acqua fresca che aveva vicino e sulla fronte di Oscar.
«La febbre si è abbassata ancora un po’, dovrebbe essere fuori pericolo. Sai... Ha sussurrato il tuo nome, ti vuole vicino...»
Detto questo Rosalie si alzò, lasciando l'uomo solo con Oscar. Lei riposava indisturbata, la fasciatura era leggermente sporca di sangue e il suo respiro era regolare.
«Oh...»
Si sedette sulla sedia dove poco prima era seduta Rosalie, prendendo la mano della donna tra le sue.
«Sono qui...»
Le baciò dolcemente il palmo, sentendo la sua morbida pelle sulle labbra. Oscar si mosse leggermente, socchiudendo le labbra, per poi sospirare. Sussultò, si stava forse svegliando? Rimase in attesa per qualche secondo ma lei mosse leggermente la testa, lasciandosi sfuggire un lamento. André sorrise, accarezzandole dolcemente il capo.
«Sei forte, puoi farcela...»
«André? Dobbiamo andare»
Bernard aprì la porta accompagnato da Alain, Rosalie li osservava da dietro, pregando.
«Arrivo»
Si alzò lentamente, lasciando la mano della donna. Prima di uscire però, sussurrò un "Ti amo", voltandosi a guardarla un ultima volta prima di uscire.

///@///

«André...?»

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Capitolo 3
*** 3 ***


«André...?»
Oscar aprì lentamente gli occhi. Le girava fortemente la testa e sentiva un dolore acuto al petto che riusciva a mozzarle il fiato. Girò lentamente il capo, cercando di mettere a fuoco la stanza nella quale si trovava: era una camera spoglia, c'era solo un letto, alcune sedie occupavano lo spazio tra un mobile e il letto, nulla di più. Cercò di alzarsi ma una fitta al petto la fermò, portò una mano alla parte sinistra del petto e sentì la stoffa ruvida fasciarle tutto, era leggermente umida e un sottile odore di sangue entrò nelle sue narici.
"Maledizione..."
Nonostante il dolore iniziale, cercò in tutti i modi di sedersi sul bordo del letto ma un forte capogiro le annebbiò la vista per alcuni secondi e un’improvvisa nausea la fece piegare in due.
"Almeno sono salva..."
Non aveva la più pallida idea di dove fosse, quella camera non le diceva nulla e non c’era nessuno nei paraggi a cui chiedere, non sentiva nessun rumore provenire da fuori. Girò lentamente il capo verso la piccola finestra che c’era nella stanza e coprì il volto con una mano tanta era forte la luce del sole.
"Quanto tempo è passato?"
Si alzò lentamente, le gambe le tremavano incredibilmente e con non poca fatica riuscì a posare le mani sulla spalliera della sedia.
"Dov'è André...?"
Cercò di chiamarlo ma la voce non voleva uscire, sentiva la gola tremendamente secca e un’improvvisa tosse la colpì violentemente.
"Dove sono?"
Cercò di avvicinarsi alla porta ma le gambe sembravano non reggere il peso, cosa diavolo era successo? Ah, sì… era stata colpita… André…. Provò a camminare e questa volta trascinò la sedia con sé per avere un appoggio e uscì dalla stanza, per ritrovarsi poi in una piccola cucina, spoglia come la camera. L’unico mobile ad occupare il grande spazio centrale era un tavolo di legno grigiastro e all’apparenza molto instabile, sul quale erano poggiati migliaia di fogli e cartine.
"Di chi è questa casa?"
Si avvicinò al tavolo cercando di capire dove si trovasse ma non trovò nessun elemento utile alla sua ricerca, e la quiete di quel momento fu spezzata da alcune urla provenire dalla strada insieme ad alcuni spari.
"Cosa sta succedendo?”
Uscì lentamente dalla casa e scese dolorante le scale fino ad arrivare al portone d’ingresso però appena fu fuori un fiume umano la trascinò con sé, costringendola a camminare con loro senza poter scappare.
«Viva la Francia!»
«Abbasso la Monarchia!»
«Viva Robespierre!»
«Alla Bastiglia!»
Oscar era confusa, cos'era successo in quelle ultime ore? Perché conquistare la Bastiglia? Cosa diavolo centrava ora la Bastiglia? Un rimbombo squarciò il cielo. Una palla di cannone aveva appena distrutto una palazzina lontano qualche isolato.
"Oh... no... No no no!"
Ieri lo aveva notato, mentre passavano poco lontano dalla fortezza. I cannoni della Bastiglia erano puntati sulla città ma non avrebbe mai pensato che iniziassero a sparare.
 
///@///
 
«Dobbiamo muoverci! Stanno iniziando ad attaccare la città!»
I soldati caricarono i 5 cannoni a disposizione; anche se erano inferiori di numero, avevano procurato già notevoli danni alla struttura.
«Puntate alle torri! Sono lì i generali! Se puntate alla base crollerà tutto e al momento non è il nostro obiettivo!»
I soldati della ex-guardia metropolitana non si fermavano, continuavano a caricare i cannoni sotto gli ordini di André,
«Certo che è utile quella donna eh?»
Urlò Alain mentre ricaricava il cannone insieme all’amico.
«Sempre... Aspetta!»
André si allontanò dall'uomo, raggiungendo poi Bernard poco lontano.
«Cosa volete fare?»
«Robespierre non si è fatto ancora vivo?»
«No e la cosa mi preoccupa. Saint Just è andato a cercarlo ma non ha ancora fatto ritorno»
«Abbiamo bisogno di lui ora, non possiamo aspettare ancora a lungo»
I due uomini si allontanarono dalla piazza, sentendo poi le urla del popolo mentre entrava nella fortezza.
«Sono riusciti ad entrare, dobbiamo muoverci!»
 
///@///
 
«A...A...»
Oscar stava barcollando per la strada, in preda alla febbre, La ferita si era aperta e le bruciava da morire, in più la camicia che indossava stava iniziando a macchiarsi di rosso. Sentiva il fiato mancare e qualcosa stringerle la gola, stava forse per morire? No, voleva vedere tante cose, voleva fare ancora tante cose… non poteva morire proprio ora… non ora che lei e André si erano riuniti, non ora che l’aveva fatta sua. In un attimo di lucidità vide l’oggetto dei suoi pensieri correre davanti a lei, imboccando insieme a Bernard una strada che non riusciva a riconoscere.
«An... And...!»
Tese la mano verso destra, verso la direzione che il suo uomo aveva preso ma le forse le vennero meno, così come la voce. Non l’aveva sentita, non l’aveva vista. Si accasciò a terra, in preda al dolore e alla febbre.
«No... Non andare... Sono qui! Sono qui André! Ti prego... Torna indietro... Ti prego... »
 
///@///
 
«Questo giorno sarà ricordato! Ne sono certo!»
Disse Bernard aprendo la porta di casa esausto, lasciando il passaggio libero alla moglie e ai due eroi della giornata
«Sicuramente... »
Erano stanchi, feriti ma felici. La giornata era stata stancante ma aveva dato le sue soddisfazioni. La mattina gli insorti, comandati da Pierre-Augustin Hulin e Alain, avevano attaccato l'Hôtel des Invalides con l'obiettivo di procurarsi delle armi; si impossessarono di circa ventottomila fucili e qualche cannone, ma non trovarono la polvere da sparo. Per impadronirsi della polvere decisero di assalire la prigione-fortezza della Bastiglia, con il grande consenso del popolo, il quale aveva già intenzione di distruggere la fortezza, nella quale erano tenuti in custodia solamente sette detenuti. Gli insorti riuscirono così a occupare la prigione-fortezza; le guardie trovate morte vennero decapitate e le loro teste furono infilzate su pali appuntiti e portate attraverso tutta la città. Il resto della guarnigione fu fatta prigioniera e condotta al Municipio ma lungo la strada, in piazza de Grève, il generale a capo della Bastiglia Launay fu preso dalla folla e linciato. Uno degli insorti lo decapitò ed infilzò la testa su una picca. Uno spettacolo davvero raccapricciante, chissà come avrebbero reagito i sovrani a quella notizia.
Rosalie li aveva aiutati nel rifugio, aiutando i feriti e procurando del cibo insieme alle altre donne. André ed Alain erano feriti, uno al braccio e uno alla gamba. Poteva andare molto peggio, pensò Rosalie mentre prendeva le bende nascoste in un cassetto della cucina insieme a l’acqua per lavare le ferite,
«Brucia?»
Disse Rosalie tamponando la ferita ad André, ma l’uomo scosse il capo sorridendole stancamente.
«N'è valsa la pena!»
«Certo... Certo, siete fatti tutti così voi uomini»
Appena Rosalie finì di fasciargli il braccio, André si alzò lasciando spazio a Alain e entrò nella camera dove Oscar riposava. Chissà cos’avrebbe fatto lei quella mattina, chissà se avrebbe accettato una cosa del genere, chissà… Scosse il capo e aprì la porta della camera, senza notare l’assenza della sedia che aveva occupato fino alla sera precedente.
«Oscar...»
Si avvicinò al letto, tenendo in mano una candela che aveva preso poco prima e l’avvicinò al materasso, trovandolo vuoto. Si girò di scatto, non c’era nessuno nella stanza, era solo. Le sedie… erano spostante, una era caduta, il mobile era spostato la divisa di lei era a caduta rovinosamente a terra, ai piedi del letto. André sbiancò. Si passò una mano sugli occhi, stava sognando, ne era certo. Quando riaprì gli occhi l’immagine della stanza non era cambiata.
«André...? Cos'è successo?»
Rosalie si avvicinò a lui, poggiando una mano sulla spalla di lui. Non riusciva a vedere cosa ci fosse nella stanza, lui si era fermato poco avanti alla porta e non le permetteva, con il suo metro e novanta d’altezza, di vedere qualcosa. Cos'era successo? Perché era così tanto sconvolto da non parlare? Che le fosse successo qualcosa durante la loro assenza? Non doveva lasciarla da sola, maledizione!
Appena André si fece da parte, entrò nella stanza e trattenne appena un urlo.
«O-Oscar!»
Alain e Bernard raggiunsero i due nella camera, senza capire il motivo di tanta paura nei due. Fu André a parlare, ma la voce che gli uscì non sembrò neanche sua.
«Do... Dov'è Oscar...?»

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Capitolo 4
*** 4 ***


L'avevano cercata per tutta la casa, avevano chiesto ai vicini se avevano visto o sentito qualcuno uscire dalla porta ma non sapevano nulla, si erano riuniti alla rivolta e non erano stati in casa. Una persona non può scomparire da un momento all’altro, vero? Non avevano pensato neanche un momento ad un suo movimento spontaneo, le sue condizioni non le permettevano di andare da nessuna parte.
«Maledizione...»
«Eppure la porta non sembra essere stata forzata... Non capisco... Non ha senso! »
Rosalie non aveva smesso di piangere. Era terrorizzata, lo erano tutti. André non aveva pronunciato parola, sperava solo che fosse un sogno... Un terribile incubo. Non riusciva a realizzare il letto di quella stanza vuoto, senza il suo corpo steso sopra, senza di lei.
"Non può essere scomparsa nel nulla... Oscar... Non può…"
Ormai il sole stava calato ed il cielo stava iniziando ad imbrunire, per lasciare spazio alla luna e alle stelle. La stessa luna e le stesse stelle che la sera prima li avevano scoperti amanti, avvinghiati nel letto di lei, a sussurrarsi parole d’amore e giuramenti eterni, mentre le loro mani si accarezzavano e i loro corpi si amavano e si marchiavano di passione.
"E pensare che l'altra notte eravamo insieme... Eri stretta a me, nel tuo letto... Timida e tenera come non ti ho mai vista, con le guance imporporate e i capelli a coprire il cuscino di seta. La pelle bianca e morbida... Il tuo profumo a inebriarmi la mente e i sensi… Il tuo calore…”
Si alzò bruscamente dalla sedia, facendo sussultare tutti.
«André...»
L'uomo si allontanò dalla cucina, entrando nella prima camera senza dire una singola parola.
 
///@///
 
Oscar si svegliò in un letto morbido, dalle lenzuola impregnate dal profumo di narcisi. I muri erano alti, candidi, con quadri maestosi che li decoravano. Di certo non era nella casa spoglia dove si era svegliata, nel cuore di Parigi qualche ora… giorno… tempo prima.
«Oh...»
Cercò di alzarsi ma la ferita al petto le doleva ancora, forse le era passata la febbre ma si sentiva ancora rintontita, le avevano somministrato qualcosa a sua insaputa? Perché era lì? Ma soprattutto... Come era ci era arrivata?
"Ah, già... Ricordo che per strada ho intravisto André... Poi ho perso i sensi... Ma adesso dove mi trovo?"
Mentre cercava qualche indizio che potesse aiutarla vide la porta aprirsi e una figura avvicinarsi a lei.
«Vi siete svegliata...»
Oscar sussultò, alzando involontariamente le coperte sul petto, coprendo la spessa fasciatura.
«Sono Alexandre François Marie de Beauharnais, generale di divisione dell'Armata del Reno*»
Beauharnais? Era un uomo davvero… spettacolare: alto, i capelli scuri ad incorniciare il volto perfetto, gli occhi verdi, lo sguardo freddo, la postura dritta degna di un generale. Aveva sentito già il suo nome, in qualche conversazione tempo prima ed era rimasta affascinata dalle imprese che aveva sentito sotto il suo nome.
«H-Ho sentito parlare di voi... Avete fatto parte della guerra d'indipendenza americana...»
La sua voce era diventata sottile, quasi irriconoscibile. Quell'uomo doveva conoscerla e sperava con tutto il cuore che quell’uomo non la riportasse sotto il tetto paterno.
«I-Io so-no...»
«So chi siete... De Jarjayes...»
Oscar impallidì, iniziò a sudare freddo e a tremare. Un punto a favore del conte.
«Non preoccupatevi, non vi riporterò da vostro padre... Non potete muovervi, la ferita non è ancora guarita del tutto... Non lascerete questa casa prima del tempo prestabilito»
«Ma...»
«Non voglio sentire ma. Dovete riposare»
La sua voce era fredda, inespressiva, a tratti minacciosa, e penetrante. Oscar cercò di alzarsi ma dovette sedersi, una fitta le spezzò il fiato e trattenne un conato di vomito. Lui le voltò le spalle, uscendo in silenzio dalla camera dell’ospite e lo sentì chiaramente ordinare ad una cameriera di chiamare un medico.
"Ora André sarà preoccupato... Devo trovare il modo di ritornare da lui il prima possibile... Oh André..."
Calde lacrime iniziarono a bagnarle il volto, non poteva averlo perso per sempre, non ora.
"E pensare che l'altra notte eravamo insieme... Abbracciati... Tu-Tu mi... Mi..."
All'improvviso bussarono alla porta.  Oscar si asciugò le lacrime velocemente, cercò di stendersi di nuovo.
«Buona sera comandante de Jarjayes...»
Entrò una donna molto elegante, sicuramente la consorte di Beauharnais. Il suo viso sembrava fatto di porcellana, la sua pelle era bianca e sicuramente morbida al tatto, occhi ed i capelli scuri come la notte, i lineamenti dolci e sottili. I suoi capelli erano raccolti dietro la nuca, lasciando libero il volto e il collo decorato da una vistosa collana di perle. Era abbaiata da tanta bellezza.
«È un piacere fare la vostra conoscenza, sono Marie-Josèphe-Rose de Tascher de La Pagerie, contessa de Beauharnais. Ho sentito molto parlare di voi Jarjayes, l’ultima volta è stata proprio stamane… che dolce e curiosa coincidenza, non trovate?»
«Madame... Io...»
«Non volevo mettervi a disagio... Ne sono mortificata, ora la lascerò riposare, spero di poter godere presto della vostra compagnia »*
 
///@///
 
«André...»
Rosalie aprì lentamente la porta, cercando André e lo trovò seduto sul letto, con la giacca della donna tra le mani, pensieroso.
«Vuoi mangiare? Ho preparato un po' di stufato...»
«Non ho molta fame...»
«Ti prego André... Devi mangiare qualcosa… »
André si voltò a guardarla, i suoi occhi erano ancora leggermente rossi per il pianto. Le si sciolse il cuore, quell’uomo così grande e forte, che più di una volta l’aveva aiutata a superare ogni difficoltà, aveva pianto. Chi non l’aveva fatto oggi? Poggiò la mano sulla spalla dell’amico, sperando di confortarlo un po’.
«Lo faccio solo per accontentarti...»
I due sorrisero, guardandosi negli occhi. Si alzò lentamente, ma appena mise piede fuori dalla camera, notò qualcosa luccicare sul pavimento.
"Ma cosa...?"
Si chinò lentamente, prendendo una piccola collanina.
"Ma questa è di Oscar!"
André osservò meglio il ciondolo che aveva tra le mani. Raffigurava una spada con intorno una rosa. L’aveva presa poco tempo prima e gliela aveva donata poco dopo la cena, prima che lei si ritirasse nelle sue camere e lei l’aveva ringraziato con un dolce bacio.
"«Oh... È bellissima... Grazie André...»"
«È successo qualcosa?»
«N-No... Non preoccupatevi»
Nascose velocemente la collana nella tasca del pantalone, avvicinandosi al tavolo dove erano tutti seduti per la cena.
 
*=Sono entrambi personaggi realmente esistiti. Il conte de Beauharnais era una figura della rivoluzione americana e francese. (Il conte è nato nel 1760, ma in questa storia lo faro "invecchiare" un po'... perdonatemi!)

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Capitolo 5
*** 5 ***


«Come vi sentite oggi comandante?»
Oscar scese le scale lentamente, avvicinandosi poi nella sala dove la contessa de Beauharnais stava bevendo un po’ di tè caldo. Erano passati diversi giorni dal suo arrivo a palazzo, la ferita era guarita del tutto e si era ripresa completamente. Aveva visto di rado sia il conte sia la contessa, impegnati probabilmente nella loro quotidianità, interrotta con il suo improvviso arrivo. Al dire il vero non aveva avuto il tempo neanche per ringraziare il conte per la sua ospitalità, appena l’avrebbe visto probabilmente lo avrebbe ringraziato.
 «Molto meglio madame... La... La ringrazio»
«Prego... Mi faccia compagnia»
Oscar si sedette sul piccolo divano bianco, distante dalla donna. La stanza era ampia, le pareti erano chiare, ricoperti da numerosi quadri raffiguranti paesaggi e persone, le tende erano scure, quasi a rompere quel paradiso bianco, un clavicembalo occupava un angolo insieme ad altri strumenti tra i quali poteva notare un finissimo ed elegante Stradivari. Oscar osservava la camera con discrezione, sperando di non catturare l’attenzione della padrona di casa.
«Madame la ringrazio molto per la vostra ospitalità...»
«Oh... È un piacere per noi avervi qui...»
Entrò una cameriera con in mano un vassoio d’argento sui quali erano poggiati alcuni dolci ed alcune lettere, insieme a lei entrò anche un ragazzino, forse di 7 o 8 anni, che corse tra le braccia bianche della madre.
«Maman! Maman!»
Oscar osservò muta la scena, i ricordi la riportarono indietro quando Marie Thérèse o Louis Joseph correvano dalla madre per cercare affetto o semplicemente per giocare.  Abbassò lo sguardo, cercando di trattenere le lacrime, il ricordo di quel povero angelo la faceva soffrire ogni volta.
«Cosa succede mio caro Adrien?»
La donna le accarezzava il viso, mentre il bambino sorrideva stringendosi a lei.
«Nulla maman! Volevo solo informarvi che il precettore mi ha appena dato il pomeriggio libero per via dei miei ottimi risultati!»
«Sono molto orgogliosa di te mio piccolo. Ora però vieni qui, devo presentarti una persona molto importante…»
«Come volete»
Adrien si voltò verso di lei, il suo sguardo azzurro le ricordò molto quello del conte.
«Chi siete?»
«I-Io...»
«Lei è Oscar Françoise de Jarjayes...»
Disse il conte, entrando maestosamente nella stanza.
L'uomo poggiò le mani sulle spalle della donna, facendola sussultare. Un brivido freddo le percorse la schiena, si alzò dal divano di scatto, allontanandosi dall’uomo che aveva alle sue spalle.
«È stato un piacere poter fare la vostra conoscenza... Ma io non...»
«Voi rimarrete qui... Ho bisogno di voi»
Il suo viso non lasciava trapelare alcuna emozione. Era freddo e autoritario, le ricordava il padre.
«Devo andare, hanno bisogno di me. Vi ringrazio per avermi aiutato a guarire ma credo sia il caso che me ne vada»
Detto questo la donna lasciò il salotto, avviandosi verso l’ingresso del palazzo. Sentì i passi lenti del conte seguirla e la sua voce tuonare nel silenzio di quel pomeriggio.
«De Jarjayes!»
Oscar impallidì all'improvviso, arrestando la sua corsa verso la porta. Sentì di nuovo quella sensazione di soffocamento, la stessa che aveva provato l’altra volta. Le gambe non la ressero più, si accasciò a terra tremando. No… non aveva le forze per raggiungere un cavallo e scappare. Non ora.
 
///@///
 
"Questa collana..."
André faceva dondolare la collana tra le mani, sul suo viso. Osservava attentamente quel piccolo ciondolo, come se da un momento all’altro potesse mostrargli cosa fosse successo quella mattina. Era stanco, ma non aveva chiuso occhio tutta la notte, non ci riusciva. Il pensiero di Oscar lo stava torturando.
"L'hanno rapita? No... Non può essere..."
Era il suo, ne era certo. Lo aveva scelto con cura, non poteva averlo scambiato con un altro. Si alzò dal letto, per poi risedersi stanco, tenendo la testa tra le mani. Sentì qualcuno bussare alla porta, era Bernard.
«André? È arrivato La Fayette... vuole parlarti »
L'uomo uscì dalla stanza, trovando Rosalie e gli altri ad aspettarlo. Marie-Joseph Paul Yves Roch Gilbert du Motier, o semplicemente Marchese de La Fayette, era un uomo non molto alto, la sua corporatura era magra e il suo aspetto ben curato. I capelli scuri erano legati sulla nuca da un fiocco scuro, gli abiti eleganti da perfetto generale delle forze armate parigine.
«È un piacere fare conoscenza con l'uomo che ha guidato i francesi nell'assalto della Bastiglia...»
Disse il marchese con tono altezzoso, sul volto aveva stampato un sorriso a 32 denti.
«Non ho fatto niente per meritarmi questa lode»
André si avvicinò lentamente al tavolo dove erano seduti gli altri uomini. Rosalie si allontanò e si rinchiuse nella sua camera da letto, probabilmente per non disturbare il loro incontro. Il suo tono era freddo, il suo sguardo duro. Non aveva voglia di parlare con qualcuno, tantomeno con La Fayette.
"Non l'ho mai sentito parlare in questo modo..."
Pensò la donna prima di prendere ago e filo e sistemare alcune camicie del marito.
«Invece è una lode meritata e sono qui per parlarvi e per farvi una proposta che, a mio avviso potrebbe interessarvi»
«Vi ascolto»
«Il motivo per cui sono qui è molto semplice... Sto raggruppando una milizia di parigini per eliminare qualsiasi rivolta anti rivoluzionaria... Sei con noi?»
Era andato dritto al sodo, senza alcun giro di parole. André sorrise leggermente, un reggimento per eliminare un altro reggimento? Erano entrati forse in guerra? Probabile.
«Perché proprio me?»
«Perché siete un abile soldato e avete guidato abilmente il popolo nell’assalto della Bastiglia»
«Ho solo un occhio e sto per perdere la vista, sarei solo d’intralcio»
«Affatto»
Scosse la testa, non si sarebbe unito ad un altro regime, era stanco di lottare.
«Ho cose più importanti da fare»
«E cos’è, se posso, più importante della rivoluzione?»
«Le persone sono più importanti della rivoluzione»
Detto questo, uscì dall'appartamento, incamminandosi verso il centro della città, senza dare il tempo al marchese di replicare.
 
///@///
 
Oscar alzò leggermente il busto dal letto, la testa le girava tremendamente. Le sembrava una di quelle mattine post-sbronza, la testa che girava e lo stomaco sottosopra.
"Devo trovare il modo per andarmene... Non posso rimanere qui! André sarà preoccupato per me e mi starà sicuramente cercando"
Cercò di alzarsi dal letto ma le gambe si erano addormentate ed un insopportabile formicolio alle gambe la colse impreparata. Odiava quel genere di situazione.
«Dove pensate di andare?»
Si voltò di scatto; il conte la stava scrutando, poggiato al muro alle sue spalle.
«Sicuramente lontano da voi»
L'uomo sorrise, senza abbassare lo sguardo.
«Ribelle... Ora capisco tutto»
«Lasciatemi andare»
«Non posso... Ho bisogno di voi, della vostra abilità»
«Non vi aiuterò mai»
Nel frattempo riuscì ad alzarsi, il fastidio alle gambe era passato e ora cercava di allontanarsi dal letto e dall’uomo che aveva d’avanti.
«Certo che lo farete... Sapete... La mia villa non dista molto da quella dei Jarjayes...»
Oscar rabbrividì, si poggiò al muro per non cedere.
«Ancora non vi ho ringraziato per avermi salvato la vita...»
«Non dovete ringraziare me»
«Dove mi avete trovato?»
Il suo sguardo si era abbassato, non ricordava molto di quel giorno. L’unico ricordo lucido era quello di André che correva lontano da lei, ma probabilmente era solo frutto della sua fantasia.
«Eravate sdraiata a terra sanguinante, poco lontano dalla piazza principale»
«Ah... capisco…»
Calò il silenzio tra di loro, il conte non si era mosso di un centimetro, Oscar lo fissava di nascosto.
"Vi ho già visto da qualche parte... Ma dove...?Dove...?"
Poi un lampo.
«V-Voi... Eravate un deputato della nobiltà agli stati generali...»
«Avete una memoria di ferro»
«Non dimentico facilmente»
«Buon per voi»
Il conte si allontanò dalla stanza, lasciandola con un pessimo presentimento.

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Capitolo 6
*** 6 ***


«La vostra ferita è guarita completamente?»
Il conte de Beauharnais era entrato nella camera di Oscar con poche e ampie falcate, senza preoccuparsi delle lamentele della governate e della moglie sulle sue entrate e uscite in quella camera.
«Sì... Grazie per quanto avete fatto per me, conte. Ma credo sia giunto il momento che me ne vada da casa sua»
Oscar aggiustò la scollatura della camicia, chiudendo poi il gilè nero. Si voltò verso il conte, l’osservava attentamente e sempre con il suo sguardo impassibile e freddo, da fare competizione con quello del padre. Un brivido le percosse lungo tutta la schiena e lo vide sorridere, se n’era accorto?
«E dove pensate di andare?»
Li raggiunse la contessa, con il suo lungo abito d'Avorio, i capelli scuri legati in una elegante ed elaborata acconciatura  nella quale finissime perle bianche si alternavano con i boccoli neri creando un piacevole contrasto.
«Mi stanno aspettando»
Aggiustò la manica della camicia, senza badare ai conti. Non poteva restare lì un minuto di più, era stanca di sentire il suo sguardo gelido sulla pelle e la paura prendere possesso del suo corpo ogni volta che lo vedeva.
«Chi? I rivoluzionari? Che ingenua... Credi davvero che ti permetterò di lasciare il mio palazzo? Ormai sei sotto la mia diretta sorveglianza Jarjayes »
«Prego?!»
Oscar si voltò di scatto, non poteva tenerla chiusa in quella casa!
«Sei stata colpita durante gli scontri alla Bastiglia, questo vuol dire che eri a comando dei rivoluzionari e che la rivoluzione è iniziata. Conosci sicuramente i capi e non posso lasciar libero un elemento così importante come te...»
Oscar indietreggiò lentamente, spaventata da quel tono.
"No... Devo scappare...! Non deve sapere dove sono André e gli altri...!"
Corse via dalla stanza, lasciando il conte divertito, la contessa non aveva osato pronunciare una parola, era rimasta muta nella stanza a sentire i loro discorsi.
«Dove credete di andare comandante?»
Un uomo, probabilmente l’attendente del Beauharnais, la prese per i polsi e la condusse di nuovo nella camera con la forza. Era inutile, se non impossibile, ribellarsi: quell’uomo era il triplo di lei, sia in altezza che in forza, sarebbe stato fiato sprecato.
«LASCIATEMI ANDARE SUBITO! LASCIAMI!»
 
///@///
 
«Come ti senti mia cara? Hai il viso così pallido»
LouiseAdélaïde di Borbone-Condé, una religiosa, aveva sempre avuto degli ottimi rapporti con la famiglia dei Beauharnais, nonostante il suo improvviso avvicinamento alla Chiesa. Era passato poco meno di un mese dall'attacco alla bastiglia ma la donna ricordava quel 14 luglio come se fosse ieri.
«Questa rivoluzione... Mi preoccupa...! Ho paura Rose!»
«Come ti capisco... In più tu abiti nei pressi della vecchia Bastiglia... Come l'hanno ridotta?»
«Ne sono rimaste solo le fondamenta... Le cannonate mi riempiono la testa ed è solo grazie al nostro Signore se sono ancora viva!»
La donna fece il segno della croce, baciando il rosario che aveva appeso al collo e continuò a parlare.
«La situazione sta precipitando, cosa ne pensa Alexandre? »
«Non lo so, non abbiamo molto tempo per parlare di queste cose noi, è molto occupato »
Le due proseguirono verso il retro del giardino, nel quale Josephine aveva dato l’ordine di preparare un po’ di tè per lei e la sua amica.
«Attento! Non così! Più alta! Si... Bravo!»
Le due si voltarono e videro il piccolo Adrien con una spada di legno e Oscar, intenta a spiegargli alcune mosse e a dargli qualche consiglio.
«Chi è quel ragazzo?»
Chiese curiosa la religiosa, osservando attentamente il giovane biondo dal fisico esile.
«È un parigino, l’aiutammo tempo fa e ora insegna a mio figlio come tirare a scherma »
Esclamò la contessa, muovendo un po’ il ventaglio per farsi un po’ di aria.
"Meglio evitare di dirle la verità..."
Oscar alzò lo sguardo verso di loro, per poi andarle in contro.
«Mesdames... »
Oscar fece un piccolo inchino, incrociando gli occhi con quello della contessa.
«Mio figlio vi sta sfinendo... Non è così?»
«È abile, ha davvero delle ottime capacità. Dovreste essere fiera di lui »
«Sono felice di sentirvelo dire. Vi presento LouiseAdélaïde di Borbone-Condé, una mia cara amica»
«È piacere fare la vostra conoscenza, io sono...»
La contessa sussultò, scosse la testa e Oscar intuì, non doveva sapere. Doveva inventarsi un nome e alla svelta. Schiarì la voce, cercando di essere il più naturale possibile.
«Mi perdoni madame, io sono André Lefebvre...»
«È un piacere fare la vostra conoscenza André»
Oscar le lasciò sole, tornando ad occuparsi del piccolo della casa.
 
///@///
 
«Eravate presente agli scontri André?»
«No madame, ero fuori. Sono tornato da poco e ho trovato Parigi in fermento. Pensavo fosse successo qualcosa di bello ed invece...la rivoluzione è appena iniziata»
Erano sedute in salotto, la contessa ascoltava in disparte i discorsi delle due donne, portandosi davanti il ventaglio.
«Madame... Mi scusi ma vostro marito vi cerca...»
«Arrivo... Dovete perdonarmi, torno subito...»
La donna si allontanò velocemente dalla stanza, sperando che suo marito non la intrattenesse più del dovuto.
«Adrien è un bambino molto vivace, non trova?»
«...»
«Come mai non parlate più André? L'assenza di Rose vi turba?»
Oscar deglutì a fatica, alzandosi poi dal piccolo divano.
«Perdonatemi madame, ma non ho altra scelta»
«Cos…»
 
///@///
 
I due consorti stavano discutendo quando sentirono un urlo femminile squarciare il silenzio di palazzo Beauharnais.
«LouiseAdélaïde?! Cosa sta succedendo?»
I due coniugi si recarono velocemente nella stanza spaventati e preoccupati allo stesso tempo, si trovavano alla fine delle scale quando videro Oscar e Louise.
«LouiseAdélaïde!»
Oscar teneva la donna stretta al petto, con un coltello puntato alla gola. Odiava sé stessa in quel preciso istante, odiava quel tipo di violenza eppure in quel momento lei era la prima a farla.
«Se non volete che le accada qualcosa di male fammi uscire subito da questa casa!»
La contessa si avvicinò alla ragazza ma Oscar le puntò il coltello contro.
«Non avvicinarti se non vuoi che le faccia del male »
«Ti prego! Prendi me al suo posto! Lascia stare quella donna!»
Non avrebbe mai pensato di vedere la rigida contessa de Beauharnais piangere disperata, eppure era proprio quello che stava facendo in quel preciso instante.
«Cosa volete Jarjayes?!»
Tuonò il conte senza staccare lo sguardo da quello della donna per neanche un secondo. LouiseAdélaïde sgranò gli occhi, aveva sentito bene?
«Jarjayes? O-Oscar..?»

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Capitolo 7
*** 7 ***


«Mi sembra di capire che non sei molto d'accordo André»
«Non ho detto questo»
André poggiò il libro sulla scrivania di Bernard nella piccola redazione abusiva in un appartamento vicino le mura parigine.
«Non verrai con me al comizio... Ti conosco»
«Hai ragione... »
I due risero, uscendo dallo studio nel pomeriggio. Il sole stava iniziando a calare e dovevano affrettarsi se non volevano far preoccupare ancora di più la loro piccola Rosalie: avevano già tardato molto e non volevano intrattenersi ancora.
«Ho sentito che tu ed altri quattro membri dell' Assemblea dovete stilare un...?»
Chiese André incuriosito, ricordando il titolo di un foglio che aveva visto poco prima sulla scrivania e collegandolo ad alcune “anticipazioni” fatte da Alain.
«Un atto che segnerà la storia di noi cittadini parigini »
Disse il giornalista soddisfatto, sorridendo.
«Cittadini? Pensi in grande! Il re non accetterà mai, lo sai?»
«Dovrà accettare invece! Non potrà opporsi»
«E se lo farà?»
André si voltò a guardarlo, tra il divertito e il serio. Bernard fece passare il pollice sul collo, da destra a sinistra, facendolo trasalire.
«Ucciderlo... Severo ma giusto..?»
«Esatto, ma questo solo in un caso del tutto eccezionale e se proverà ad ostacolarci in tutti i modi possibili ed immaginabili»
«E cosa vorreste scrivere? Sentiamo…»
Erano arrivati a casa di Bernard dopo pochi minuti, Rosalie li accolse non poco preoccupata.
«Vi aspettavo tre ore fa»
Rosalie teneva le mani poggiate sui fianchi, mentre un’espressione arrabbiata li osservava fiammeggiante.
«Lo so... Mi dispiace tanto tesoro»
Bernard si avvicinò alla moglie baciandole leggermente le labbra.
«C'è André»
Sussurrò velocemente, allontanandosi dal marito con il volto paonazzo. L'uomo aveva distolto lo sguardo, un sorriso malinconico gli decorò il volto.
"Come potevo proteggerla? Con un occhio solo? "
«André resti con noi per cena »
«No... No grazie»
«Non era una domanda Grandier »
Disse Rosalie sorridendogli, mentre preparava un po’ di tavola.
«Ma »
«Insisto!»
 
///@///
 
«Che stanchezza...»
Si era ritirato nella sua stanza da poco. Si spogliò velocemente, si sciacquò il viso, passando le mani bagnate tra i capelli. Un mese. Era passato un mese dalla sua scomparsa e non era riuscito a trovarla. Al dire il vero non sapeva neanche da dove iniziare. Aveva cercato ovunque, a Palazzo, a Versailles, ad Arras, dal conte Fersen ma nulla. Sembrava scomparsa nel nulla.
«Sono un perfetto idiota...»
Alzò lo sguardo verso lo specchio. Il suo viso era pallido, l'unico occhio era stanco, i suoi capelli erano cresciuti fino a posarsi sulle spalle. Sospirò amaramente.
"Che strano... Prima li portavo lunghi ed ora... Non riesco proprio a sopportarli"
Prese il coltello che teneva nascosto nello stivale e li tagliò, tanto da scoprirgli la nuca. Notò la leggera barba iniziare a crescere sul suo viso  e si massaggiò la guancia, cercando di focalizzare bene l’immagine nello specchio.
"«Mi sono sempre chiesta come saresti con la barba, lo sai? »"
Osservò il "suo" ciondolo che portava al collo per qualche secondo, sbuffò per poi buttarsi sul letto. Ripensò di nuovo a qualche luogo dove poteva essersi nascosta ma nulla, non aveva la più minima idea. Aveva pensato anche alla contessa de Polignac, ma quest’ultima era partita da Parigi poco prima dello scoppio delle rivolte. Aveva chiesto alle sorelle di lei, ma neanche loro sapevano nulla.
«Dove sei? Ho bisogno di te...»
Il suono di una mano battere contro il legno della porta lo fece riportare alla realtà.
“Ma chi diavolo può mai essere a quest’ora della notte?”
Si domandò infastidito, mentre usciva dalla camera e andava ad aprire la porta di casa. Aveva occupato un appartamento difronte a quello dei coniugi Chatelet, sotto loro richiesta.
«Chi è?»
Indossò la camicia ed aprì la porta, trovandosi davanti una ragazzina.
«Renée? Che ci fai qui a quest'ora?»
Renée era una ragazza di quindici anni, i suoi capelli erano rosso fuoco, il viso era macchiato da tante piccole e chiare lentiggini e i suoi occhi erano grandi e verdi... In quel momento pieni di lacrime.
«Scusate André... Per l’orario… Io...»
Si buttò tra le sue braccia tremando e piangendo disperata. André sussultò, sentendo con quanta foga quella ragazzina lo stava abbracciando, ma le lacrime che stava versando in quel momento…
«Renée...»
La fece accomodare dentro ma appena cercò di allontanarla si rese conto che la ragazzina si era addormentata.
 
///@///
 
«Allora? Mi spieghi perché sei venuta qui di notte? I tuoi genitori lo sanno?»
«No...»
«Dove sono?»
«Sono scappata di casa tempo fa… non so che fine abbiano fatto…»
André aggrottò la fronte, poggiando il mento sui palmi delle mani.
«Cos'è successo? Il tuo vestito è strappato...»
«Hanno... Hanno...»
Non provò neanche a fermare le lacrime, tanto era il dolore e la vergogna che provava in quell’istante solo nel ricordare cosa le fosse successo appena qualche minuto prima. Quell’uomo era stata la prima persona a cui aveva pensato.
«Capisco...»
Renée si voltò a guardarlo, tremando. Provò un’infinita tenerezza nel vedere quella piccola donna così fragile e debole, le accarezzò dolcemente la guancia e lei sussultò spaventata.
«Non preoccuparti, non ti farò nulla... Non tocco le donne, puoi starne certa »
Le sorrise, sperando di calmarla un po’ e le preparò la sua stanza per farla riposare in un letto comodo e nelle lenzuola pulite.
///@///
 
«Pensavo che lui si fosse innamorato di me...»
Sussurrò la ragazza il mattino seguente. André aveva chiesto a Rosalie un vestito per lei, i suoi abiti erano troppo grandi per lei. La donna l’aveva aiutato con piacere, regalandogli alcuni vestiti che non usava più e che le andavano piccoli. André si voltò a guardarla, senza parlare.
«Mi regalava fiori... Mi diceva "ti amo"... Era dolce con me e poi... Non so cosa sia successo al dire il vero»
«Come ti guardava?»
«Cosa...?»
«Sai... Gli occhi sono lo specchio dell'anima... Alcune volte basta guardare una persona negli occhi per capire cosa sta pensando»
«Voi... Ci siete mai riuscito?»
André si fermò un attimo, pensò per un secondo e poi sorrise .
«Sì»
«Davvero? Come ci siete riuscito? Come si fa?»
«Non è facile... Ma conoscevo molto bene quella persona quindi... Era facile capire il perché della sua tristezza o della sua gioia…»
«Capisco...»
André le sorrise, poggiandole una mano sulla spalla e Renée arrossì, per poi sorridergli di rimando.
 
///@////
 
«Allora? Hai deciso cosa scrivere?»
«Certo! Dobbiamo basarci sulla costituzione americana, La Fayette ci ha spiegato cosa fare. Tieni, cosa ne pensi?»
I sei uomini erano riuniti a casa di Bernard, anche se André non era incaricato "ufficialmente" a modificare e creare la costituzione si era unito a loro, ma solo per pura curiosità. André lesse velocemente il contenuto, anche se sforzò molto la vista.
«Vuoi il mio parere?»
«Si»
«Questa non è una costituzione, è una dichiarazione. Tu stai dichiarando i diritti e i doveri che ogni uomo dovrebbero avere e rispettare, lo sai?»
«Suona anche meglio lo sai?»
«Vediamo un po'... "Art. 1 - Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull'utilità comune."»
«Questa mi piace, potevate pensarci prima»
Disse André, per poi sorridere, facendo ridere alcuni dei presenti.
"Ci credo"
Pensò Alain divertito mentre scarabocchiava con un po’ di grafite il foglio che aveva davanti disinteressato.
«"Art. 4 – La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri: così, l'esercizio dei diritti naturali di ciascun uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti. Tali limiti possono essere determinati solo dalla Legge"»
«Questo lo hai scritto tu?»
Disse indicando Bernard, riconoscendo la penna dell’amico.
«Sì»
«Bel concetto di libertà»
«Grazie Grandier»
«"Art. 17 – La proprietà essendo un diritto inviolabile e sacro, nessuno può esserne privato, salvo quando la necessità pubblica, legalmente constatata, lo esiga in maniera evidente, e previo un giusto e preventivo indennizzo."»
«Quando avete intenzione di pubblicarlo? »
«Robespierre vuole farlo nella prossima edizione del giornale, il 26 agosto »
«Perfetto… Signori, state scrivendo la storia in questo preciso istante, lo sapete vero? »

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Capitolo 8
*** 8 ***


«Jarjayes? O-Oscar..? »
La donna alzò lo sguardo verso Oscar, notava la mascella contratta e alcune gocce di sudore cadere dalla fronte, stava tremando. Cosa significava tutto questo? Perché?
«Perfetto, Alexandre de Beauharnais. Allora ascoltami bene: voglio che mi prepari una carrozza. Un solo cocchiere e ovviamente lei verrà con me, dimentichiamoci di questo piccolo inconveniente, che ne dite?»
Il conte cercò di avvicinarsi lentamente ma Oscar lo fermò.
«Mm... Forse non sono stata chiara?»
Avvicinò di più la lama al collo della donna, quasi tagliandola.

///@///

«Dove avete intenzione di portarmi?»
Le due sedevano una difronte all’altra, Oscar aveva posato il pugnale e non aveva alzato lo sguardo mentre Louise non era riuscita a non smettere di guardarla.
«Non vi farò del male, appena arriveremo a destinazione tornerai a casa Beauharnais su questa carrozza. Mi dispiace per lo spavento, ma non avevo altra scelta…»
«Destinazione? Tu... Sai dov'è André Grandier?»
Sussultò, votandosi a guardarla.
«Il vostro volto era troppo simile a quello del comandante de Jarjayes, quando vi ho vista insieme a lui il 13 luglio ho capito...»
«V-Voi co-come lo...»
«Mi aiutò una volta a portare delle provviste a casa, nulla di ché... E’ un uomo molto buono»
«Oh...»
Oscar abbassò lo sguardo, guardandosi la punta dei piedi.
«Però se lo vuoi rivedere devi tornare indietro»
«Cosa...? Ma perché? Io devo aiutarli! Hanno bisogno di me! Ha bisogno di me! Non posso lasciarli da soli!»
«No Oscar! Non in questo modo! Potresti condurli alla rovina! Alexandre potrebbe farti seguire! Ascoltami ti prego! Appena le acque si saranno calmate potrai andare. Il re sta chiamando altri eserciti e appena chiamerà quello di Alexandre tu potrai scappare!»
Oscar la fissò per qualche secondo, con lo sguardo cupo. Quella donna non aveva tutti i torti. Era una questione di giorni alla fine, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro. All'improvviso la carrozza si fermò, erano quasi arrivati a Parigi.
«Che succede? Perché fermarsi?»
«Nulla di grave, devo controllare le ruote, mi fareste la cortesia di scendere un secondo?»
«Niente inganni»
Oscar sorrise, puntando una pistola.
«Mi spiace madame... Era la mia unica via di fuga»
Oscar sussurrò, senza smettere di fissare il cocchiere.
«Che Dio vi aiuti»
Sussurrò la donna, facendo il segno della croce. Ad un tratto, sentì qualcuno prenderla da dietro, legandole poi i polsi dietro la schiena. Provò a dimenarsi ma non riuscì a slegare i polsi e due mani le stringevano le spalle.
«Lasciatemi! Lasciatemi subito!»
«LouiseAdélaïde da questa parte»
Il tenente, uomo fedele a Beauharnais,  accompagnò la donna su un'altra carrozza, lasciando Oscar tra i suoi compagni sorridendo maliziosamente.
«MI HA INGANNATA?! QUEL MALEDETTO! LIBERAMI SUBITO!»
«La prego di calmarsi, io eseguo solo i compiti che mi assegna il conte. Inoltre, la invito a tornare alla villa, senza fare storie»
Lo sguardo del tenente la ferì profondamente, era duro e tagliente, freddo come il ghiaccio, come quello del suo superiore.
Maledì quell’uomo e la sua stupidaggine. Come aveva potuto sottovalutarlo in quel modo?

///@///

«Alla reggia c'è una donna strana sapete?»
«Una sola?»
Il conte sbuffò, osservando senza interesse le carte che aveva davanti. Josephine lo guardò storto per alcuni secondi, camminando innervosita davanti la scrivania del marito.
«Appena ha incrociato il mio sguardo mi ha detto una cosa... Che mi ha scosso...»
«Non siamo più marito e moglie, non devi dirmi tutto»
«Io credo che ti interessi... Ha iniziato ad urlare nella stanza, richiamando l'attenzione dei sovrani. Urlava : "la famiglia di questa donna ci porterà alla disgrazia! Nascondono una persona che ha combattuto contro di noi anche se nelle sue vene scorre sangue nobile! Se siete davvero fedeli alla corte, perché non ci portate quella persona?!"»
Il volto di Alexandre impallidì, stava parlando di Oscar.
«Dovremmo lasciarla andare, è inutile averla qui»
«Chi ti ha detto questo?»
«La figlia della Polignac, sai, ora si diletta nell'arte della veggenza! E ovviamente la nostra regina l'asseconda!»
«E tu credi che io la stia nascondendo perché non voglio che il re o le sue guardie la usino come più gli piace? Se fosse stato per questo Oscar ora sarebbe chiusa in cantina, senza poter neanche muoversi!»
Aveva alzato troppo la voce, sperava solo che non l'avesse sentito. Era furioso, odiava a morte la corte e i suoi abitanti, ed era per questo che si era sempre rifiutato di soggiornare a Versailles.
«Non... Davvero? È questo quello che provi per lei?!»
«No, che cosa stai pensado?»
«Allora consegnala alle autorità!»
«Io sono un autorità, lei resterà qui perché la Francia ha bisogno di lei!»
«La Francia o tu?»
Detto questo la donna uscì dalla stanza, sbattendo la porta violentemente. Il conte sospirò, lasciandosi cadere sulla sedia della scrivania reggendosi il capo con una mano.
«C-Conte...»
«Alexandre... Chiamami Alexandre... Ah... Hai sentito tutto»
Oscar abbassò lo sguardo, colta in fallo, ma non aggiunse nulla.
«Non ti porterò alla reggia, né alle Tuilleries. Non lascio le mie prede così facilmente. Senza contare che devi ancora incontrare André Grandier»
Oscar sussultò. Come faceva a conoscere il suo nome? Chi glielo aveva detto? La religiosa? No… non poteva essere…
«Quando vi ho portata qui, sussurravate un nome, lo ripetevate sempre. Ho fatto le mie ricerche»
«Voi...»
«Non so dove si trova, ma lo scoprirò»

///@///

"Lo scoprirà... Oh no..."
Oscar si coprì il volto con le mani, trattenendo le lacrime. Le parole dell’uomo le risuonavano in testa come una litania, e non riusciva a smetterla. Non osava immaginare cos’avesse fatto se li avesse trovati. La prigione era la pena minore… ma tradire lo stato… c’era la pena capitale.
"Non voglio sapere cosa gli farà appena lui lo... Oh..."
Oscar strinse il cuscino tra le braccia, lasciando che le lacrime scendano senza sosta.
"André... Mi spiace... È tutta colpa mia... Non dovevo andarmene... Dovevo aspettarti... Amore mio..."
Si stese sul letto lentamente, ripensando alle parole di Alexandre.
"«Se fosse stato per questo Oscar ora sarebbe chiusa in cantina, senza poter neanche muoversi!»... Cosa voleva dire? Perché queste parole? Cosa voleva farmi? Io sono tua moglie André davanti a Dio… Non può farmi del male! Non può maledizione! Forse... Forse... No, non può essere!"
Scacciò via quel pensiero, massaggiandosi le tempie sperando di cacciare via quel mal di testa tremendo. Quella sua mini fuga non aveva avuto ripercussioni, Alexandre non l’aveva punita né consegnata alle guardie reali. Che volesse scoprire tutto da solo per avere la gloria? Cos’aveva in mente il generale? Volle eliminare anche quel pensiero, non voleva pensare più a nulla che non fosse il suo amato. Sospirò, lasciando che il sonno prevalesse su di lei. 

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Capitolo 9
*** 9 ***


André si buttò, stanco, sul letto. Si era tolto velocemente gli stivali e aveva sbottonato la  camicia e lasciandola aperta sul petto. Fissò il soffitto della camera per alcuni istanti, senza dare importanza a tutto quello che lo circondava. Ancora nulla.
"Un'altra giornata senza risultati"
La testa gli doleva maledettamente, non sapeva cosa fare, dove cercare, se poteva sperare di rivederla viva. Aveva il terrore di entrare nella chiesa e trovare il suo corpo ammassato insieme a quello dei morti durante gli scontri, aveva paura di trovare una croce con su scritto il suo nome conficcata nel terreno del cimitero o di scoprire che il suo corpo era stato gettato in una fossa comune. No, non poteva essere morta. Non la sua Oscar.
"Maledizione!"
Si era alzato velocemente, aggrappandosi alla sedia poco lontana. Trattenne la rabbia che aveva in sé per non rompere quella dannata sedia e pianse, in silenzio come aveva sempre fatto.
«André...?»
Renée entrò lentamente nella stanza, preoccupata. Aveva visto l’uomo rientrare nervoso a casa e rintanarsi in camera sbattendo la porta violentemente. Dopo quella notte, André aveva deciso di prendersi cura di quella ragazzina dai folti capelli rossi e lei faceva di tutto per aiutarlo, almeno a casa, facendogli trovare quasi ogni sera un piatto caldo a tavola e a lavargli le camicie.
«V-Va tut-to bene?»
André non disse nulla, scaraventò la sedia a terra, buttò a terra tutto ciò che c’era sul piccolo scrittoio, i fogli volavano per tutta la camera e una chiazza di inchiostro nero macchiò il pavimento di legno marcio e la piuma si spezzò. Renée si avvicinò a lui, abbracciandolo da dietro e stringendo le braccia di lui sotto le sue.
«André! Ti prego smettila! »
Caddero in ginocchio, lei continuò a tenerlo stretto tra le sue braccia e poggiò il capo sulla schiena di lui, lasciando che lui si sfogasse e che si liberasse del peso di quelle lacrime.
«Va tutto bene André... Va tutto bene... Calmati...»
André tremava dall'ira e dalla disperazione, scuoteva il capo da destra verso sinistra lentamente, senza fermare le lacrime..
«Non la ritroverò... L'ho persa... L’ho abbandonata... »
Abbassò il capo, respirando  profondamente, cercando di ricomporsi e di calmarsi un po’.
«Calmati... Andrà tutto bene! La ritroverai... La ritroverai. Non l’hai abbandonata. Lei è viva e ti sta cercando, ne sono certa...»
André sospirò e annuì lentamente, cercò di alzarsi e si sedette sul letto a pensare, senza dire nulla. Renée rimase qualche secondo a guardarlo, poi si alzò e lo lasciò solo, sperando nel suo buon senso. Appena uscì fuori chiuse la porta e poggiò la schiena su di essa, sospirando, e lo sentì singhiozzare di nuovo.
 
///@///
 
Aveva aiutato Bernard nei comizi, rimanendo sempre nell'ombra. Aveva in mente di fare una sorpresa alla piccola Renée e sapeva che l'avrebbe resa felice, o almeno era questo quello che sperava.
«Sei tornato!»
Disse sorpresa la ragazza, senza accorgersi della presenza dell’uomo che le aveva salvato la vita quella sera.
«Già... Perché non mi volevi tra i piedi?»
Disse sarcasticamente l’uomo scombinandole i ricci rossi. Lei sorrise allegra, abbracciandolo dolcemente.
«No! Anzi non vedevo l'ora di stare con te! Oggi ho fatto qualche servizio e ho messo a posto alcune cose»
André poggio il mantello sulla sedia della scrivania, notando un incredibile ordine: tutti i fogli erano perfettamente impilati in un angolo, il calamaio era posizionato dall’altra parte della scrivania con a fianco la sua piuma, al centro c’erano le lettere che aveva ricevuto quella mattina insieme al giornale.
«Hai riordinato la mia scrivania, quanta pazienza!»
«Grazie! Ancora non riesco a capire come faccia tu ad essere così disordinato!»
André le sorrise, accarezzandole la guancia.
«Tra poco è pronta la cena!»
«Sei una perfetta donna di casa, lo sai?»
Mangiarono allegramente, André le raccontava cosa aveva fatto durante la giornata e Renée ascoltava rapita le sue parole.
«Dev'essere bello poter modificare la storia… »
«Si, credo di si. Tu cos'hai fatto?»
«Ho fatto un giro con Rosalie al mercato, ho comprato così tanta roba che potrei sfamare un esercito!»
I due risero, per poi riordinare il tavolo, André l’aiutò a sparecchiare e a lavare i piatti.
«Ho una sorpresa per te….»
«Cosa? Una sorpresa? Per me? Ma io non…»
Renée arrossì di colpo, abbassando lo sguardo imbarazzata. André le porse una lettera sorridendole come solo lui sapeva fare.  Le sue mani tremavano mentre la prendevano e scosse la testa.
«Non so leggere »
«Oh ma non è nulla di ché, ora secondo tutti tu sei mia figlia adottiva »
«Davvero?! Davvero volete adottarmi?!»
André le sorrise.  Sapeva che, alla sua età, una figura materna/paterna era indispensabile, non voleva negarle quella gioia che non aveva potuto avere: la notizia della scomparsa della madre e della dipartita del padre l’aveva scossa e non poco. L'aveva sentita piangere, la notte, invocando il padre o la madre.
«I-Io... Non so cosa dire...»
I suoi occhi si riempirono di lacrime, corse ad abbracciarlo, senza trattenere la gioia di quella notizia. L’aveva adottata! Non era più sola adesso!
«Grazie André! Grazie infinite!»
«E di cosa? Non devi ringraziare me ma Bernard»
Renée alzò il volto sorpresa, ma aveva ancora un dubbio.
«Non mi lascerai mai vero?»
«Mai»
«Oh...»
Le lacrime aumentarono sempre di più, il suo cuore batteva all'impazzata.
 
///@///
 
«Le hai mostrato il foglio?»
«Si, era entusiasta...! Non la smetteva di ringraziarmi. Quando le ho detto che è tutto ciò è stato possibile grazie a te ha detto "Appena lo vedrò lo ringrazierò!"»
«Ahahah! È stato un piacere potervi aiutare, quella ragazza merita il meglio»
«Spero solo di esserne all'altezza, non vorrei ferirla. Sai... Questa mattina prima di uscire mi ha detto "Buon lavoro papà"... Non l’ho costretta a chiamarmi in quel modo e non le ho proposto nulla »
«Davvero? Wow...»
«È stato molto strano... E molto bello...»
«Beh, ora è tua figlia... Dovrai abituarti!»
«Lo so... Lo so...!»
André sorrise, passandosi la mano tra i capelli.
«Ha bisogno di una figura paterna...»
«Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che ci guidi»
«Già...»
Erano arrivati nel palazzo di Robespierre, dovevano discutere di alcune faccende e sicuramente non sarebbero usciti prima di sera.
 
///@///
 
«Sono a casa»
André entrò a casa verso mezzanotte, dopo la riunione con Robespierre si era fermato in una locanda con Bernard e Alain e non si era reso conto del tempo passato.
«Renée?»
Aprì lentamente la camera della ragazza, trovandola sotto le coperte dolcemente addormentata.
"Oh... Sta dormendo"
Si sedette al bordo del letto, osservandola dolcemente.
"Mia figlia... Non in tutti i sensi ma... Mia figlia"
Sorrise a quel pensiero. Una bimba tutta sua. Sua e di Oscar. Scacciò quel pensiero dalla testa, continuando a guardarla.  Le accarezzò il capo, spostandole una ciocca ribelle dal volto e le baciò la fronte.
«Buona notte mia piccola Renée…»

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Capitolo 10
*** 10 ***


Oscar era nella camera del piccolo Beauharnais, stavano passando un po' di tempo insieme. Si era legata molto a quel bambino, era molto dolce e molto intelligente. Aveva gli stessi occhi del padre ed alcuni lineamenti della madre, ma non era freddo come lui, il suo sguardo era sereno e dolce, come quello di un bambino.
«Mi state ascoltando?»
Oscar si girò verso il ragazzo, sorridendogli poi dolcemente.
«Scusami tanto Adrien, mi sono distratta, cosa stavi dicendo?»
Accarezzò i riccioli scuri, mentre lo sentiva ridacchiare e scuotere la testa in segno di disapprovo.
«Voi avete mai suonato uno strumento?»
«Si, il violino. Come mai questa domanda?»
«Per curiosità... Mia madre suona il clavicembalo ma ultimamente non la sento più suonare come prima»
«Davvero? Madame suona il piano?»
«Si! Ed è molto brava!»
Oscar gli sorrise, mentre controllava il suo operato. Il precettore aveva lasciato al ragazzo alcuni compiti da svolgere e l’aveva aiutato con molto piacere. Il pomeriggio era volato via in un attimo, tra esercizi e risate varie si erano diverti molto. Alcuni rumori provenire da una delle camere destarono la loro attenzione: urla, oggetti che si muovevano, vasi che cadevano a terra, il caos più totale. I due non si erano mossi dalla loro posizione, conoscevano già il motivo di quei rumori: i coniugi stavano litigando.
«Ora iniziano… »
Disse il ragazzino  sospirando, asciugandosi il volto con la mano velocemente e abbassò il capo, quasi mortificato. Oscar poggiò la mano sulla sua spalla,  massaggiandola un po’ ma alcuni singhiozzi lo fecero tremare. Si sfogò silenziosamente, ma solo per qualche instante. Le si strinse il cuore nel vedere una sofferenza così  grande bambino
«Mi suoni qualcosa con il violino...?»
La sua voce era bassa, la fissava interrogativo con i suoi occhioni verdi.
«Come vuoi...»
Fece stendere Adrien sul suo letto, prendendo in prestito il suo violino. Poggiò il mento sullo strumento iniziando a muovere le dita e l'archetto. Il suono del violino riempì la villa in un attimo.  Oscar sfiorava delicatamente le corde, faceva volare l'archetto nell'aria. I suoi movimenti erano delicati, naturali. Come se lei e il violino fossero un'unica realtà. Adrien la ammirava rapito, con la bocca socchiusa. Sentirono la porta aprirsi ma Oscar non si girò, era immersa nei suoi pensieri. Pensava a lui, all'ultima volta che aveva toccato uno strumento e a quello che era successo dopo... Sentì le lacrime bagnarle gli occhi, le gambe tremare... ma cercò in tutti i modi di contenersi
"André..."
Oscar tremava, quella distanza la stava distruggendo. Aveva bisogno di lui, voleva sentire la sua voce,  la sua risata, voleva vedere il suo volto, voleva... Lui. Solamente lui. Chiuse gli occhi, cercando di trattenere le lacrime. Perché era qui? Perché non era con lui?
"Sembra che il mio mondo stia crollando su di me... André non ce la faccio più, non so come scappare…"
Appena finì la composizione sentì gli applausi di Adrien e della servitù riempire la camera.
«Siete bravissima!»
Oscar sorrise leggermente imbarazzata, asciugando una lacrima sfuggita al suo controllo.
«Hai davvero un grande talento»
Girò lentamente il volto, notando il conte fissarla.
«G-Grazie...»
Oscar posò il violino nella sua custodia, tornando nella sua camera.  Aveva appena varcato la soglia quando sentì qualcuno fermarla prendendole il polso con la forza.
«Lo troverò, te l'ho promesso»
Oscar sussultò, irrigidendosi.
 
///@///
 
Appena sentì la porta chiudere alle sue spalle, liberò le lacrime. Sentì tutto il dolore scendere con loro.
"Il mio... André..."
Scivolò contro la porta, tremando. Non sapeva cosa fare! Aveva tentato in tutti i modi di poter uscire senza essere notata ma il conte le aveva piazzato alle calcagna due uomini in modo da poterla osservare. Le sembrava di impazzire.
"Dove sei?"
Poggiò la testa tra le mani, stringendo i denti per non urlare. Sentiva un vuoto divorarla.
"A-A... An..."
Si alzò velocemente, raggiungendo il materasso morbido e si buttò su di esso, stringendo le lenzuola tra i denti, tra le mani.
"Perché?! Perché? Per... Ché...?"
Era disperata, come poteva vivere così?  Lo aveva appena ritrovato, aveva appena scoperto l'amore... Lei voleva solo essere felice...
"Io... Volevo solo vivere con te.. Sposarci... Avere una famiglia..."
Si girò, guardando il soffitto ed istintivamente portò una mano sul ventre.
"Un... Bambino...? Mio e... Suo?"
Perché no? Un bambino nato dall'amore di due persone, da portare nel ventre per nove mesi, amare ogni giorno di più...
Si alzò lentamente dal letto, asciugando le ultime lacrime rimaste sulla pelle. Si avvicinò allo specchio.
"Vorrei un bambino... Il mio bambino"
Sorrise al pensiero, anche se prima di adesso non aveva mai pensato a quella eventualità che entrambi non avevano considerato quella notte. Non si immaginava con il pancione, però le sarebbe piaciuto moltissimo. Aprì la camicia leggermente lasciando scoperta la pancia. Ma ne sarebbe mai stata capace?
"Oscar non farti illusioni... Non... Farlo... Non p... Pian... No..."
Portò la mano alle labbra, sorridendo nonostante le lacrime. Stava davvero impazzendo. Il comandante Oscar François de Jarjayes non pensava ai figli e al suo matrimonio, non pensava al ruolo di madre e di moglie.
"Oh... André... Andre..."
Si sedette sul letto lentamente, per poi sdraiarsi a pensare ancora un po’, per poi crollare tra le braccia di Morfeo.
 
///@///
 
«Devo andare, tornerò tra qualche ora»
«Dove?»
Chiese Alexandre, continuando a fissare il documento che aveva davanti.
«A casa di mia cugina, mi ha invitato per prendete un the»
«Viene con te Adrien?»
«No»
Firmò il foglio velocemente e si alzò, mettendosi davanti alla donna.
«Cosa vuoi ora?»
La fissò per qualche istante ma non disse nulla. Sentì il suo profumo di rosa, quello che usava solo per eventi speciali, indossava un abito sontuoso e scollato e notò che i gioielli erano gli stessi che usò nel giorno del loro matrimonio.
"L'amante... Ovviamente"
«Nulla, vai e divertiti»
La donna alzò le spalle e gli sorrise, per poi andarsene.
«Abbi almeno la decenza di non portare gioielli che ti ha donato un altro uomo! »
Urlò, riferendosi a quell’anello insolito che non ricordava di averle mai visto al dito e che da un paio di giorni le adornava il dito.
 
///@///
 
«È permesso?»
«Si»
Oscar entrò nello studio lentamente, seguita da Adrien. Beauharnais stava leggendo una lettera e sembrò disturbato dalla loro interuzione.
«Cosa c'è?»
«C'è qualcuno che vuole parlarti, nel salone»
«Chi?»
«Non lo so, ha detto che era importante»
L'uomo si alzò e si avviò verso il salone, sfiorando la spalla di Oscar. Lei lo seguì non lo sguardo corrugando la fronte e un cattivo presagio le invase la mente.
«Chissà quanto tempo ci vorrà!»
Disse Adrien fissando l'immensa libreria nell'ufficio del conte.
«Delle ore, suppongo»
Come volevasi dimostrare, la loro conversazione durò diverse ore. Appena si liberò, l'uomo si recò di nuovo nello studio ma si fermò a metà strada. C'erano Oscar e Adrien che stavano parlando allegramente. Non poteva non ammettere che Oscar era stata una benedizione per Adrien. Da quando sua sorella se n'era andata nel convento per una migliore educazione, era rimasto solo a Palazzo e ne se dava una colpa per non aver trovato un attendente per fargli compagnia. Ora lo vedeva ridere e scherzare ed era felice. All'improvviso sentì le forze venirgli meno, si poggiò alla colonna respirando affannosamente. Oscar lo vide, si allontanò da Adrien con una scusa e si avvicinò all'uomo. Era pallido in volto e sudava freddo. Provò ad avvicinarsi all’uomo ma sembrò privo di sensi. Fu allora che un idea le balzò nella mente.
"In casa non c'è nessuno... Posso andare"
Cercò di allontanarsi ma l'immagine del conte a terra la fece desistere dal suo intento.
“Perché mi hanno insegnato ad essere corretta e giusta?”
«Conte...? Mi sentite?»
«Uhm... Cosa?»,
Alexandre si alzò velocemente, poggiando la schiena contro la colonna e respirando regolarmente; portò la mano alla fronte cercando di fare un po’ di ordine nella sua mente.
«Sto bene, ho avuto solo un capogiro»
Oscar lo fissò per qualche secondo negli occhi, per poi andarsene.
«Domani verrai con me»
«Dove?»
«Non ti è dato saperlo...»
Sentì un brivido lungo la schiena.
Quell'uomo... Le metteva paura ma allo stesso tempo la attirava, non sapeva cosa pensava di lui e questo la spaventava a morte.

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Capitolo 11
*** 11 ***


«André! André!»
Bernard bussò violentemente alla porta di André, agitato. Era ancora buio e Parigi sembrava completamente addormentata.
«Bernard? Che succede? Sono le quattro del mattino...»
Erano tornati a casa tardi, dopo una serata in locanda e ora voleva solo dormire. Perché tanto chiasso? Renée si avvicinò all’uomo, svegliata anche lei da tutto quel trambusto.
«Cosa succede? »
Chiese la ragazza assonnata, guardando sia André che Bernard.
«Devi venire con me, è urgente!»
André sbuffò, scompigliandosi i capelli e sbadigliò.
«Posso almeno vestirmi?»
«Si ma muoviti!»
Si vesti velocemente, maledicendo sottovoce Bernard e la sua impazienza. Appena fu pronto uscì di casa lasciando la ragazza da sola e si incamminò per le strade di Parigi.
«Allora? Mi vuoi spiegare cosa sta succedendo?»
Stavano camminando velocemente verso il loro punto di raccolta, vicino Nôtre-Dame.
«Le donne voglio marciare verso Versailles»
André si fermò all'improvviso, aveva sentito bene?
«Cosa? Ma sono impazzite?»
«Vogliono il pane, i loro figli stanno morendo di fame... I nobili non capiranno mai cosa si prova nel perdere un figlio...»
«Ne dubito... Anche la regina ha perso due figli, credo che...»
«No... Non capirà mai... Ma anche se fosse  non cambierà il corso della storia»
«Lo so... Lo so...»
 
///@///
 
«I nostri figli muoiono tra le nostre braccia mentre loro banchettano! Non possiamo tollerare una cosa del genere!»
«E secondo voi a loro importa?»
Disse André. Aveva ascoltato con attenzione le loro lamentele, ma era inutile scaldarsi. Eppure quella era la dura e scomoda realtà.
«Io ho vissuto a Versailles, so cosa succede lì dentro. Maria Antonietta non aveva i soldi per pagare i funerali dei suoi figli. Voi non l'avete vista ma credetemi, è diversa dell'immagine che vi hanno mostrato. Non la sto difendendo, vi sto solo dicendo la verità. La maggior parte degli scandali che portano il suo nome sono stati commessi da altri, ve lo posso assicurare »
«Vogliamo comunque provarci! Non abbiamo nulla da perdere!»
«Fate quello che volete...»
Si sedette con le braccia conserte, chiudendo gli occhi pensieroso.
«Aspetta un secondo... Tu andavi a Versailles?»
Disse un uomo girandosi verso di lui, un silenzio tombale cadde in quella camera, tutti si voltarono a guardarlo ed era sicuro che qualcuno avesse impugnato il fucile.
«Già, ero l'attendente di un nobile ma poi mi sono licenziato. C'è qualche problema? Eppure sono stato io ad aiutarvi nel momento del bisogno... Non vi fidate di me?»
«No… No!»
André sbuffò, voltando lo sguardo verso la finestra, stava piovendo.
 
///@///
 
«Tu cosa hai intenzione di fare?»
André le aveva spiegato il motivo della sua uscita mattiniera e Renée era rimasta un po' scossa.
«Non lo so, tu però non uscire di casa. Capito? Dirò a madame Loyre che non sei potuta andare a lavoro perché non stavi bene»
«Ma...»
«Niente "Ma" Renée, devi rimanere qui al sicuro»
La ragazza abbassò il volto, triste.
«Lo so che vuoi renderti utile, ma non voglio che qualcuno ti faccia del male. Ci tengo a te, lo sai?»
André poggiò le mani sulle sue spalle, cercando di rassicurarla.
«Si...»
«Bene... Grazie»
Le accarezzò dolcemente il viso, scostando una ciocca di capelli per fermarla dietro l’orecchio, baciandole poi la fronte scoperta. André uscì dall’appartamento e si avviò verso le scale.
«Fa attenzione!»
Urlò la ragazza all’uomo che le rispose con un sorriso e un cenno della mano.
«Non ti preoccupare per lui, è un uomo in gamba»
Rosalie poggiò la mano sulla sua spalla, sorridendole.
«Lo so ma... Nessuno si era occupato di me come lui... sembra quasi un padre per me»
 
///@///
 
«Perché ci sono queste guardie?»
«Non lo so... Ma ho un  brutto presentimento»
Mentre André, Bernard ed Alain su recavano al quartier generale videro tutte le donne di Parigi recarsi verso Versailles.
«Wow! Hanno la testa dura eh?»
«Come tutte le donne alla fine»
Disse André ridendo, seguendo il corteo che, più andava avanti, più diventava grande.
 
///@///
 
«Abbasso la Regina!»
«Esci fuori cagna!»
«Vogliamo la Regina!»
«Muori bastarda!»
Avevano fatto irruzione nella reggia, gli uomini e i soldati tra i rivoltosi erano entrati a palazzo e avevano fatto razzia di tutto. Le donne invece si erano fermate sotto i balconi reali, sicuri della presenza della famiglia in una delle stanze. Non entrò nel palazzo, si nascose tra la folla sotto il balcone per non vedere tutto quello che stavano facendo ai poveri innocenti lavoratori a palazzo. Tutte le cameriere, i maggiordomi… cos’avevano fatto loro se non trovare un lavoro e rimanere a lavorare per mantenere la famiglia?  Pioveva a dirotto ma nessuno sembrava accorgersene.
“Cosa stanno facendo alla tua regina Oscar…”
«Esci fuori cagna austriaca!»
Alcune figure sembravano muoversi nell’appartamento, cosa stava accadendo? Ad un certo punto le finestre si aprirono e una figura si affacciò, fasciata da una lunga camicia da notte bianca e con i capelli biondi sciolti sulle spalle. Maria Antonietta non si era mai mostrata al popolo, se non quando arrivò a Parigi per la prima volta. Il suo volto era pallido, un po’ di viola le colorava il contorno degli occhi, forse era dimagrita.
«Eccola qui! Bastarda!»
Sentì degli uomini preparare i fucili e pistole per colpirla ma il volto della Regina era impassibile.
"Ora la uccideranno, ne sono sicuro"
Maria Antonietta prese un po’ la gonna della camicia, alzandola leggermente, e chinò la schiena e il capo, senza dire una singola parola. Si era inchinata al popolo.
"Ha chinato la testa... "
«Viva la Regina!»
Urlò spensierato, seguito poi dal boato di gioia improvvisa e momentanea del popolo. La donna riconobbe subito la sua voce e sorrise, non riuscendo a trattenere le lacrime.
"André..."
 
///@///
 
Dopo una lunga udienza con sei donne e il marchese La Fayette, Luigi XVI aveva deciso di ritornare a Parigi insieme alla sua famiglia. Maria Antonietta, dopo l’inchino, non aveva pronunciato una singola parola, si era limitata a fare quello che le dicevano senza opporre la ben che minima resistenza.
«Dopo tanto tempo, il re torna a Parigi!»
Disse Bernard sorridendo.
«Così lo controllerete meglio?»
«Certamente»
Oramai si ritrovavano a Parigi, nei pressi delle Tuilleries ma un’improvvisa sparatoria fece animare di nuovo gli animi.
«Ecco! Lo sapevo!»
Urlò Alain, cercando di tenere a bada il cavallo imbizzarrito. Cosa diavolo era successo? Provare a scappare da quel fiume umano sembrava ormai impossibile, nelle strade c’era il caos più totale.
"Maledizione!"
All'improvviso André senti un dolore acuto alla spalla, portò la mano sulla parte ferita e la riscoprì piena di sangue.
"Devo andarmene da qui...!"
Riuscì, con non poca fatica, ad uscire dalla strada principale, rifugiandosi nel primo vicolo libero che trovò. Respirò profondamente, cercando di non pensare al fuoco che gli stava bruciando la spalla, le gambe gli tremavano maledettamente. Sentì delle urla di soldati della Corona per strada, altri spari.
"Un piccolo sforzo André... Ci sei quasi..."
Strinse la mano vicino alla ferita, cercando di fermare il sangue e iniziò a camminare ma sentì qualcuno avvicinarsi a lui.
"Dio... Fa che non sia un soldato... Devo tornare da Renée... "
La figura si avvicinò sempre di più a lui e quando fu abbastanza vicino da riconoscerla si fermò.
«Tu… »

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Capitolo 12
*** 12 ***


Oscar si alzò lentamente dal letto, svegliata dai violenti raggi del sole. Sospirò profondamente. Si sentiva inquieta, anche se non ne sapeva il perché.
"Non riesco a non pensarci..."
Si toccò di nuovo il ventre, pensando al sogno che aveva fatto. Ultimamente non aveva smesso di pensarci, alla fine lei aveva un ritardo ma non aveva voluto darci peso visto la scarsità delle sue mestruazioni e delle sue lunghe pause. Ora le doleva tutta la schiena e il basso ventre e cercò una posizione comoda per non soffrire più quei dolori atroci. Sentì qualcuno bussare all'improvviso, era una delle cameriere che le diceva che il pranzo era in tavola.
"Pranzo...?"
Alzò lo sguardo verso l'orologio e si rese conto che era l'una. Aveva davvero dormito tutto questo tempo?
"Maledizione"
Si vestì in fretta e scese le scale. Sperò vivamente di non farsi notare dal conte ma appena entrò nella sala se lo ritrovò difronte.
«Buongiorno»
Gli disse educatamente, sorridendole freddamente e si fece da parte lasciandola entrare per prima nella sala da pranzo.
«Oh... B-Buongiorno...»
«Avete dormito molto?»
Oscar si sedette, lentamente, accanto ad Adrien che la salutò con un bacio sulla guancia.
«Ciao Adrien»
Oscar gli scompigliò la chioma e posò un piccolo bacio sul capo e lui sorrise.
«Non ho mai dormito così tanto, credetemi. Come voi, credo, sono abituata ad alzarmi all’alba»
«Certo, ogni tanto possiamo permetterci di riposare un po’ di più»
Tra i due scese un silenzio tombale. Beauharnais la scrutava attentamente e Oscar sentiva il suo sguardo addosso e le dava un fastidio enorme. Come avrebbe reagito André?
«Oscar oggi potete insegnarmi un brano sul violino?»
«Certo, qua...»
«Non potete, dovete venire con me»
Oscar abbassò lo sguardo, notando il sorriso sul volto del ragazzino svanire lentamente.
«Appena torno ti insegno qualcosa, va bene?»
«Perfetto…!»
Finirono di mangiare poco dopo, madame Beauharnais non era scesa a mangiare, forse non era neanche a casa ma a nessuno sembrava importasse qualcosa, soprattutto al conte. Prima di lasciare la sala, l’uomo si fermò dietro di lei.
«Preparativi, partiamo tra dieci minuti»
 
///@///
 
«Dove mi portate?»
Il conte teneva il capo chino e le braccia conserte, non aveva pronunciato parola durante tutto il tragitto e Oscar si sentiva stretta in quella carrozza. Si sentiva terribilmente a disagio da sola con lui.
«Perché non mi rispondete?»
«Non vi è dato saperlo»
"Maledizione"
Si morse il labbro, girando il capo verso il finestrino e notò in lontananza un gruppo di persone circondare una carrozza. Oscar si affacciò al finestrino cercando di capire il simbolo della carrozza ma la fitta pioggia non le permetteva di vedere quasi nulla. Un fulmine illuminò il cielo e riconobbe il simbolo.
«Ma quella è la carrozza reale!»
Le sfuggì ad alta voce e il conte alzò subito il capo.
«Che cosa?!»
Anche il conte si affacciò e videro la carrozza reale e il gruppo di rivoltosi condurli verso le porte della città.
«Li stanno portando a Parigi, maledizione!»
«A Parigi!»
La carrozza partì di colpo, Oscar sussultò trovandosi improvvisamente tra le braccia dell’uomo e si allontanò velocemente, cercando di evitare ogni minimo contatto con lui.
 
///@///
 
Avevano seguito la folla lentamente. Non avevano seguito la via principale e avevano cambiato strada numerose volte e il conte aveva mandato il suo fedele attendente in avanscoperta e lo teneva sempre informato.
"Cos'ha intenzione di fare?"
Era tardo pomeriggio e Adrien la stava aspettando.
«Non avete un bel rapporto con vostro figlio»
«Affatto. Passavo molto tempo con lui, è dal vostro arrivo che non stiamo molto insieme. Ma non ve ne do una colpa, sono molto impegnato»
«E con vostra moglie?»
«È un interrogatorio?»
«…»
«Vuole divorziare, ma desiste perché sa che Adrien e Hortense* sono molto legati a me»
La carrozza si fermò all'improvviso, erano arrivati al palazzo delle Tuileries, sulla riva destra della Senna. Alexandre sbiancò, quel palazzo ormai era caduto quasi in disuso.
«Cosa...? Vogliono portarli qui?»
Oscar sussultò, videro i sovrani scendere lentamente dalla carrozza: Luigi XVI camminava dritto tra la folla, vicino a lui c’erano i due figli mentre Maria Antonietta li seguiva poco distante con il capo chino, senza alzare lo sguardo neanche una volta. Insieme alla cugina del re, dietro la famiglia reale c’era il conte Fersen.
"Hans..."
Il conte si irrigidì alla vista dello svedese.
«Non l'ho mai sopportato»
«È un brav'uomo»
Oscar abbassò lo sguardo, pensando alla loro ultima conversazione.
«Provate qualcosa per lui?»
«Amicizia, nulla di più »
Si guardarono per alcuni secondi negli occhi, senza dirsi nulla, ma all'improvviso sentirono uno sparo. Il conducente cadde in una pozza di sangue. Li avevano scoperti. Alcuni avevano iniziato ad assalire la carrozza e il conte tentò di prendere la spada ma non ebbe il tempo di farlo che entrambi furono portati fuori con la forza.
«Lasciatemi!»
Oscar tentò di sfuggire dalle mani dei assalitori, ma continuava a ricevere calci e pugni. Provò a difendersi il più che poteva ma un uomo l’aveva stretta da dietro e le impediva qualsiasi movimento.  Notò che il conte aveva preso la pistola e aveva iniziato a sparare sul popolo.
«Cosa? NO! NON SPARARE! »
Uno sparo le rimbombò vicino l’orecchio: Oscar cadde rovinosamente a terra, l'uomo che l'aveva presa era appena morto con un colpo in piena fronte di Alexandre.
"Posso scappare...!"
Si alzò lentamente, sentiva un dolore lancinante alle ginocchia ferite e in tutto il corpo. Iniziò a correre, per quel che poteva, tra la folla, senza poter evitare i calci e i pugni. Quella strada era nel caos più totale, Oscar non riusciva più a muoversi per il dolore e provò a rifugiarsi in un vicolo stretto e buio per ripararsi dalla folla.
«Ah...»
Si toccò la fronte con una mano e la trovò sporca di sangue. Strinse i denti e continuò a camminare nel vicolo, sperando di non trovare nessuno  ma le sue preghiere non furono esaudite. Era un uomo, n’era certa, e un terribile presagio si fece strada nella sua testa.
“N-No… Ti prego… Fa che non sia quello che penso…”
Oscar tentò di avvicinarsi ancora, sperando di essersi sbagliata ma appena riconobbe il volto sbiancò.
«Oh! »
 
*= i figli di Beauharnais erano due: Hortense e Eugène. Mi sono “permessa” di cambiare il nome al figlio ( perdonami Alexandre, ma Eugène non mi scende proprio!)

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Capitolo 13
*** 13 ***


André rimase immobile, appoggiato al muro, con gli occhi sgranati e le labbra socchiuse. Si sentiva mancare la voce, avrebbe voluto urlare con tutta la forza che aveva nel corpo ma c’era qualcosa che lo bloccava. Si avvicinò di più alla sua figura, sperando non fosse un’illusione.
«André... »
Alzò la mano tremante, senza curarsi della fitta di dolore al braccio e la poggiò sul suo volto. Stava piangendo, il suo volto era stupito tanto quanto il suo e sperò che anche il battito del suo cuore fosse violento come il suo. Sentì la sua piccola mano poggiarsi sulla sua, avvicinandola sempre di più al viso bagnato dalle lacrime.
«Sei tu... »
Sussurrò ancora incredulo, mentre con entrambe le mani prese il suo volto avvicinandolo al suo. I suoi occhi erano colmi di lacrime e le sue guance rosse. Il suo sguardo era dolcissimo, mentre sfiora con le dita il collo, fino ad accarezzarle la nuca.
«Oscar… Oh mio Dio… »
Oscar poggiò entrambe le mani sulle sue, sorridendogli dolcemente. Era lì! Davanti a lei! Sentì le gambe tremare e la sua pelle fu scossa da un brivido quando l’aveva toccata; la gioia che provava in quel momento era indescrivibile, aveva paura che il suo cuore potesse esplodere! Quando aveva riconosciuto la sua figura nel vicolo si sentò mancare, si erano ritrovati!
«André... Oh... »
La strinse a sé, affondò i capelli nella sua bionda chioma; respirò il suo profumo, le tempestò il collo di tanti piccoli baci, le sue mani vagavano per tutta le sua schiena e non smetteva di ripeterle, tra un bacio e un altro:
«Ti amo»
all'infinito, tre parole che dedicherebbe solo ed esclusivamente a lei che gli aveva insegnato ad amare, a lei che aveva amato con tutto se stesso, a lei che aveva donato tutto il suo essere.
"André... Oh... Dimmi che non mi sfuggirai tra le dita... Come sabbia al vento... "
Oscar gli cinse il collo con le braccia, per poi alzarsi sulle punte dei piedi e baciarlo. Un bacio passionale, per colmare il vuoto di quei mesi, per dimostrare che tutto l'amore che provavano l'uno per l'altra non era mutato in quei mesi di distanza, che era diventato più forte nella speranza di un loro incontro. Un calore invase il corpo, come un'improvvisa e violenta febbre. Sentiva le sue mani accarezzarle la schiena che, nonostante i vestiti, tremava al suo tocco e sussultava. Non avvertivano il rumore assordante dei fucili e delle urla... Sentivano solo il battito dei loro cuori uniti. Le sue mani si erano spostate dal collo al viso, avvicinandolo sempre più al suo. Si allontanarono lentamente, fissandosi negli occhi con il respiro affannato.
«André... Io... »
«Shh... Non dire nulla... »
E ricominciò la danza più vecchia del mondo. Labbra che si toccano, lingue che si sfiorano e si cercando, mani che esplorano corpi, i respiri corti e la gioia nel cuore. I due amanti si erano ritrovati... Oscar gli accarezzò la spalla lentamente, ma senza volere sfiorò la sua ferita ancora dolorante. André si allontanò di scatto e si poggiò alla parete del muro. Sentiva la pelle bruciare e il muscolo irrigidirsi. Poggiò la schiena contro il muro, respirando affannosamente e Oscar si allarmò.
«André...! Cos'hai? Oh mio… Il tuo braccio! Dobbiamo andare subito dal medico»
«Va tutto bene... D-Dobbiamo andare... via di qui »
«No! Il tuo braccio...!»
«Andiamo...!»
Le prese il polso e la trascinò con sè, tra la folla.
 
///@////
 
"Sei tu... Sei qui... Davanti a me... Non sei una visione, come è successo nei miei sogni... Sei tornata da me... Ed io che pensavo che tu mi avessi lasciato, ero sicuro che fossi tornata da tuo padre, che il tuo amore fosse tutta una farsa... Ma come ho potuto?! Tu non sei così... Io ti ho visto crescere al mio fianco, diventare donna... La mia donna... Non voglio sapere dove sei stata, chi ti ha ospitato... Non mi interessa, l'unica cosa che conta è che sei qui...„
 
*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*~*
 
"Non è un'illusione vero André? Sei davvero tu? Dimmi che non è un sogno... Oh! Le tue labbra... Il tuo viso... La tua voce... Il tuo profumo... Non lasciarmi mai più... Non lo sopporterei... Io vorrei diventare tua moglie, essere tua ed urlarlo a tutto il mondo.... Senza di te io non sono nessuno... Tu sei la mia ombra... Non posso vivere senza di te amore mio... „
 

///@///
 
Oscar e André stavano correndo contro la folla incasinata. Andavano contro la corrente, i popolani correvano senza guardare in faccia a nessuno, aveva ricevuto innumerevoli calci e gomitate da donne, uomini, bambini…
«André! A-A... »
Le teneva la mano stretta, ma era sempre più difficile poter rimanere uniti. Oscar tentò di avvicinarsi a lui, cingendogli la vita con un braccio, ma un uomo le spinse nella direzione opposta, lasciandola poi cadere a terra.
«OSCAR!»
L’uomo si girò, tornando indietro per cercarla, ma non la vedeva, ora non vedeva più nulla.
“No! Non ora maledizione! Ho bisogno di vederla!”
Oscar lo vide, immobile, mentre si teneva con la mano il braccio sanguinante e tentò di avvicinarsi a lui, nonostante i pugni e le gomitate ma lui si allontanò. Non l’aveva vista. Si sentì morire dentro, provò a chiamarlo con tutta la voce che aveva in corpo ma le urla del popolo in fermento coprivano la sua disperazione, così come quella dell’uomo. In un attimo di luce sembrò vederla e tentò di raggiungerla: lei allungò il braccio verso di lui e fece lo stesso, sperando di poter prenderle la mano di nuovo e di poterla tornare a casa. Le loro dita si sfiorarono per qualche istante, ma le forze di lui vennero meno, aveva perso troppo sangue e si lasciò andare tra la folla, lasciando una Oscar disperata nella sua ricerca. Un’altra sparatoria avvenne poco lontano, alimentando sempre di più le fiamme della furia del popolo. Fu spinta fuori dal fiume umano, andando poi a sbattere violentemente il capo e la schiena contro il muro di un palazzo, accasciandosi poi a terra priva di sensi.

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Capitolo 14
*** 14 ***


«Uhm? Chi può mai essere a quest’ora?»
Chiese Bernard girandosi verso la porta mentre la moglie lo aiutava a stringere la fascia sulla spalla destra. Durante lo scontro era rimasto ferito da una mina vagante e con l’aiuto di Alain aveva fatto ritorno a casa sano e salvo. André non l’avevano più visto, il soldato infatti era andato fuori a cercarlo eppure erano passate diverse ore. Che fosse appena tornato? Rosalie si alzò e andò ad aprire alla porta, sperando di ricevere buone notizie. Ad aprirgli però non fu Alain ma André.  
«André! Oh mio Dio stai bene? Non sai quanto fossimo preoccupati per te! Sei ferito? »
L’uomo si poggiò sul bordo della porta, il suo volto era pallido e tremava come una foglia, aveva la mano poggiata sul braccio e le guance rigate dalle lacrime.
«R-Rosa... »
Provò a fare due passi verso la donna ma non riuscì a rimanere in equilibrio, la donna lo sorresse, per evitare di farlo cadere e notò il braccio sporco di sangue.
«BERNARD! »
 
///@///
 
«Come sta?»
«La ferita non è grave ma gli è venuta una forte febbre e ciò potrebbe compromettere il cammino della guarigione. Il mio consiglio è di non farlo uscire almeno per il momento, anche se la ferita è al braccio ha perso molto sangue »
«Capisco... »
Rosalie sospirò sollevata, poggiando la mano sul petto.  
"È salvo... Oh mio Dio grazie...!"
Bernard ringraziò il dottore e si voltò poi verso la moglie preoccupato.
«Come ti senti?»
«Sollevata...  Ho temuto il peggio... Era così pallido... Oh non voglio pensarci!»
Bernard la strinse tra le sue braccia, lei poggiò il capo sul suo petto sospirando. Rimasero per alcuni secondi stretti i quel dolce abbraccio, Rosalie si sentì meglio e tutta la paura che aveva provato fino a quel momento era finalmente svanita.
«Non ti preoccupare… andrà tutto bene »
«Sì. Vado da lui... »
 
///@///
 
"Dove sono?"
André si alzo lentamente, era tutto così...  Bianco?
"Ma cosa... "
Si voltò, alla ricerca do un qualcosa,  e la vide.
"Oscar...?!"
«Oh...  Sei qui... »
La donna si avvicinò a lui ma...  Era diversa. Indossava un lungo abito bianco, che somigliava ai vestiti che indossavano le contesse a corte ma più semplice, era elegantemente ricamato, nulla in confronto ai vestiti sfarzosi di Maria Antonietta e delle cortigiane francesi.
«André... »
I suoi occhi erano così dolci, così azzurri...  I capelli erano raccolti in una dolce treccia, portava al collo una collana d'argento. Le prese le mani e le baciò.
"Oscar... "
Le sue mani erano così morbide e bianche, le dita erano così sottili e delicate che aveva paura di farle del male. Il suo sguardo era confuso, le sue sopracciglia erano corrugate e la sua bocca socchiusa. Solo allora notò il suo anello: era un piccolo cerchietto d'oro.
«Che cosa significa...? »
«André io sono sposata...  Pensavo lo sapessi... »
«Cosa... »
Lasciò le sue mani, incredulo. Cosa significava? Era sposata? Quand’era successo?
"No...  Non è possibile... "
«Oh...  André! È un piacere rivederti!»
Quella voce...  Si volto di scatto.
Fersen...
 
///@///
 
«Oh... Ha la febbre ancora alta... »
Rosalie tolse la mano dalla fronte dell’uomo, prese una pezza e la bagnò nell’acqua e la poggiò sulla fronte dell’uomo. La pelle del volto era bollente, ogni tanto lo sentiva lamentarsi nel sonno e chiamarla, sussurrare il suo nome.
«Renée sarà preoccupata... Vado ad avvertirla»
Rosalie uscì di fretta dall'appartamento e bussò alla sua vicina. Renée le aprì poco dopo, impegnata a pulire la casa per il ritorno dell’uomo.
«Rosalie! È un piacere vederti! Ti senti bene? Sei bianca... »
«André è... »
 
///@///
 
"È cambiata...  Totalmente... "
Non riusciva a crederci, era davvero lei? Perché era vestita da donna? Perché aveva quella fede? Perché era sposata con LUI? Troppe domande gli passavano per la testa a cui non sapeva dare risposta. Oscar ora sembrava così lontana e al suo fianco non c’era più il conte svedese. Hans non aveva i capelli neri, Hans non era così serio, Hans non era così duro nei lineamenti, Hans… non aveva lo sguardo così gelido.
«Chi sei? »
«L’hai persa per sempre Grandier, fattene una ragione »
 
///@///
 
Renée gli era rimasto vicino tutto il tempo. Poggiava spesso una pezza d'acqua fresca sulla fronte, gli disinfettava la ferita seguendo i consigli del dottore, gli teneva la mano.
"Per favore... Non lasciarmi..."
Gli occhi le si riempirono di lacrime, non voleva perdere quell'uomo. Alcune volte lo sentiva sussultare e gemere dal dolore e sperava che si calmasse, perché odiava quella sua smorfia del dolore.
«O-Osc... Ar...»
Renée sussultò, si stava svegliano? André sembrò aprire gli occhi e respirava a fatica, gli aprì la camicia sperando di poterlo aiutare e lui alzò leggermente la mano, come a voler prendere qualcosa sopra di lui.
«P-Perché... Non... Puoi...»
«André...?»
«Non... Lasciarmi... »
Cadde di nuovo in un sonno profondo, lasciando la ragazza esterrefatta.
 
///@///
 
Lo avevano portato a casa con non poca fatica, ma almeno poteva restare comodo. Rosalie e Renée si prendevano cura di lui ogni giorno, gli cambiavano la benda, gli radevano il volto... Facevano tutto il necessario. André pronunciava qualche parola, una frase ma nessuna di quelle aveva un nesso logico. Erano passati pochi giorni dall’arrivo dei reali a Parigi, eppure la sua febbre non era scesa neanche di un po’.
 
///@///
 
Aveva notato quella bambina, nascosto dietro il suo vestito.Aveva i suoi capelli, i suoi lineamenti del viso ma aveva gli occhi freddi come il ghiaccio di lui.
«Una figlia...?»
«Si chiama Margot... Margot Marie de...»
Sentiva una stretta al cuore, non poteva sopportarlo.
"Tu... Perché....?"
 
///@///
 
André aprì gli occhi lentamente, alzando leggermente il busto. Si sentiva tremendamente debole e la testa gli girava vorticosamente. Girò il volto e trovò Renée addormentata con il capo sul materasso e gli stringeva dolcemente la mano. Non aveva la minima idea di cosa fosse successo in questi giorni, non ricordava neanche il sogno che aveva fatto. L’ultima cosa che ricordava con sicurezza era lei. La sua Oscar…
«Oh…! »
Renée aveva alzato il capo di scatto, vedendo l’uomo che l’aveva adottata sveglio e rilassato, non più in preda alla febbre e sofferente. Coprì la bocca con le mani, senza trattenere le lacrime e lui le sorrise dolcemente.
«Sei tornato… »

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Capitolo 15
*** 15 ***


Era riuscita a trovarla poco lontana da il Palazzo reale, a terra sanguinante. Aveva temuto per la sua vita quando la vide, la prese tra le braccia ma si accorse che respirava ancora. Il suo volto era terribilmente pallido, le labbra erano livide e doveva aver sbattuto fortemente la testa da qualche parte visto il taglio che aveva sulla tempia sinistra e il sangue incrostato che le scorreva fino alla mascella.
"Non può morire... Ah... I miei piani sono andati in fumo...! Non può morire..."
Sospirò amaramente, la alzò delicatamente da terra e la fece stendere in una carrozza senza stemma che aveva fermato poco prima.  
 
///@///
 
«Padre... Si riprenderà?»
Adrien si girò a guardare il padre preoccupato, l’uomo stava facendo avanti e indietro di fronte alla porta dove un medico stava visitando Oscar. Non aveva mai visto quell’uomo così preoccupato in tutta la sua vita e sembrava scattare ad ogni singolo movimento che accadeva nella camera.
«Certo Adrien, non devi preoccuparti»
Il dottore aveva già detto che le ferite non erano apparentemente gravi, l'unica cosa che lo preoccupava di più era la ferita alla testa. Quando il dottore uscì si aggiustò le lenti sul naso, per poi alzare lo sguardo verso Alexandre.
«Ehm... Posso parlare con voi... In privato?»
«Certo»
Adrien annuì, rifugiandosi insieme alla madre nella camera della donna lasciando i due da soli.
«Quella donna... Ha qualche legame con voi?»
«Nessun legame in particolare dottore e non capisco a cosa possa servirvi tale informazione?»
«Beh... Ecco... Quella donna aspettava un figlio»
Il conte sussultò. Un figlio?
«State scherzando? È impossibile lei...!»
«Lo ha perso, non scaldatevi... voi sapete chi è il…»
«No e non mi interessa. L'unica cosa che voglio è farla parlare. Voglio sapere dove sono gli uomini di Robespierre e fermare questa stupida messa in scena»
Il dottore si aggiustò di nuovo gli occhiali, sospirando.
«Capisco... Chiamatemi se notate qualcosa di strano»
L'uomo prese la sua borsa e andò via, lasciando da solo il conte con i suoi pensieri. Entrò nella camera di lei solo dopo alcuni minuti, cercando di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle.
«Per favore... Svegliati... »
Adrien era seduto vicino al letto dove riposava Oscar, le prendeva la mano e le parlava a lei sembrava non voler accennare nessun movimento. Solo alcune volte l’aveva vista sussultare o farfugliare qualcosa di insensato.
«Non preoccuparti piccolo mio, si sveglierà e potrete tornare a divertirvi come prima!»
Josephine poggiò le mani sulle piccole spalle del figlio, cercando di rassicurarlo. Nel mattino le era salita la febbre ma nel pomeriggio sembrava essersi ristabilita quasi del tutto.  Adrien ne soffriva, si era affezionato troppo a quella donna e non voleva assolutamente perderla.
 
///@///
 
Si era mossa. Dopo giorni, finalmente, sembrava riprendere conoscenza.  Il piccolo Adrien non si era allontanato dal suo capezzale neanche per un momento. Gli mancava la sua compagna di giochi, la sua migliore amica. Stava giocando con il lenzuolo, tenendo la testa poggiata sul suo ventre.
«Uhm...»
Oscar aveva mosso appena la mano, sfiorando accidentalmente quella di Adrien continuando a mormorare qualcosa. Adrien quasi non credette ai propri occhi, solo quando vide le dita di lei muoversi e la sua espressione cambiare chiamò i genitori.
«Madre! Padre!»
Josephine si avvicinò subito al figlio, preoccupata per la donna. Oscar aprì gli occhi lentamente, sbattendo più volte le palpebre, e tossì un po’, come se fosse appena uscita da una lunga apnea.
«Oscar! Oscar! Ti sei ripresa? Mi riconosci, vero?! Che sollievo! Cominciavamo a temere che non avresti più riacquistato conoscenza. Hai dormito per molto tempo, sai! Meglio così... Non ti dico la preoccupazione di Adrien!»
Lei alzò il busto lentamente, cercando di mettere bene a fuoco la stanza e le persone che la circondavano e un forte mal di testa la colpì d’improvviso. Si portò una mano sul viso, massaggiandosi le tempie.
«Oscar...? Ti senti ancora male? Oh! Perdonami...Forse ho parlato troppo in fretta... Coraggio, ora mettiti giù»
Josephine addolcì il tono di voce e poggiò la mano sul suo braccio ma Oscar si ritrasse velocemente, come se avesse si fosse appena bruciata con quel contatto. Non ci aveva fatto caso, lei stava tremando come una foglia e sembrava quasi spaesata.
«Tu... Chi sei?»
Chiese Oscar con un filo di voce mentre alzava il capo verso la contessa. I Beauharnais si guardarono per un istante, stupiti da tali parole. Solo Josephine lanciò un urlo, sorpresa.
«Dimmi, chi sei?! E io... E io... Perché mi trovo qui?! Io... Come mi chiamo?! Chi sono?! CHI?!»
Iniziò ad urlare, in preda al panico, tenendo la testa tra le mani. Josephine le prese i polsi cercando di fermare la ragazza che sembrava sul punto di strapparsi i capelli dalla testa.
«PERCHÉ MI TROVO QUI?! CHI SONO?!»
Oscar poggiò una mano sul petto, sentendo l’aria mancare per alcuni istanti.
"Chi sono... Chi?! Loro sembrano conoscermi... Ma... Perché?! Cos'è successo?!"
Adrien si era avvicinato lentamente a lei, prendendole dolcemente la mano.
«Oh...»
Oscar sussultò a quel contatto, girandosi di scatto a guardare il ragazzino.
«Non ti preoccupare, ti aiuterò io a ritrovare la memoria!»
La sua promessa sembrò darle una piccola punta di speranza, forse era il tono sicuro che aveva usato, forse il sorriso che le aveva donato per sancire la sua parola.

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Capitolo 16
*** 16 ***


Le nuvole coprivano il cielo, il vento gelido, le temperature  erano scese drasticamente nell'arco di due giorni e le strade erano deserte. Nessuno aveva messo piede fuori da casa. André era rimasto sotto le coperte, non aveva ancora la forza di alzarsi ma soprattutto non voleva abbandonare il poco tepore delle lenzuola. Erano passati diversi giorni dalla rivolta, la sua ferita era ancora grave tanto da non fargli muovere ancora il braccio. Era confuso, tremendamente confuso. Durante tutto quel tempo non aveva smesso neanche un attimo di pensare ad Oscar e al sogno che aveva fatto. Ma era davvero lei? Oppure era solo un'illusione? No... Era lei, aveva riconosciuto il suo profumo e la sua morbida pelle. Non riusciva a darsi una spiegazione. Era viva! Quindi quelle tracce di sangue per terra trovate quel 14 luglio... Era scappata? Sbuffò, portano la mano alla fronte. E chi era allora quell’uomo al suo fianco nel suo sogno? Dove l’aveva già visto? E perché gli aveva detto “L’hai persa per sempre?” ? Cosa diavolo stava succedendo? Si alzò di colpo, sentendo la testa girare tremendamente. La benda stretta al suo braccio era leggermente sporca di sangue, di nuovo.
"Maledizione..." 
Era la seconda volta che la ferita si riapriva o che perdeva sangue e il dolore che provava ogni volta era intenso. Si avvicinò lentamente alla porta e camminando lentamente nella cucina a testa bassa fino ad arrivare vicino a Renée, seduta di spalle alla camera di lui, che singhiozzava. La ragazza sussultò appena sentì la sua presenza alle spalle, asciugandosi velocemente le lacrime con la manica del vestito.
«Oh! Vi siete svegliato... ehm... Avete dormito bene? Ho comprato un po' di verdure, se vuoi possiamo fare un bel minestrone, anche se non hanno un bellissimo aspetto... Sì... hai fame? Non te l'ho neanche chiesto... Sono un po' sbadata ultimamente ehehe non so perché..! Beh io inizio a cucinare »
«Renée fermati!»
Le prese il polso velocemente, fermando la ragazza e l’avvicinò a sé preoccupato.
«Perché stavi piangendo? E’ successo qualcosa?»
«Non... Stavo pia... Piangend...Do... I-io »
Renée scoppiò in lacrime, stringendosi al petto di André. Lui le stava accarezzando lentamente la schiena, cercando di consolarla. 
«Mi... Mia madre... »
«Cos'è successo con tua madre?»
«Lei... Lei era...una... »
Ma il suo pianto divenne più violento, ma André intuì cosa volesse dirgli.
«Calmati... Non piangere così... »
«Mi ha ingannata... Mi ha sempre ingannata...ERA UNA PUTTANA! ERA UNA... Oh... »
«Chi ti ha detto una cosa simile?»
«Ero dal fruttivendolo con Rose stamane, abbiamo comperato il necessario e quando siamo uscite c'era un uomo che stava per entrare. Mi chiese se ero la figlia di Enora Leullier ed io gli ho detto di si. Mi disse che assomigliavo moltissimo a mia madre, lei lavorava nella sua taverna " Au claire de la Lune" e aveva abbandonato appena scoperto la gravidanza... »
André sussultò, aveva sentito bene? Aveva detto Enora?
«E-Enora? »
«Si... Perché? »
«N-Niente... non avevo capito il nome... »
«Ha aggiunto anche che... da una notte di fine Giungo del 1775 era cambiata... Pensava sempre ad un uomo e non lavorava più... IO SONO LA FIGLIA DI UNA SGUALDRINA E DI UN SUO SPORCO CLIENTE!»
«Renée... »

 
///@///

«E lei come ha reagito? »
«Non mi parla... »
André sbuffò. L'aveva fatta arrabbiare, e anche molto. 
«Come fai ad esserne certo? Insomma... ce ne sono di prostitute a Parigi... Non so se mi spiego... »
«Si chiamava Enora Leullier, lavorava al "Au Claire de la Lune". Non ricordo perché ero in quella taverna e perché avevo bevuto ma l'ho fatto… e se quello che le ha detto quell’uomo è vero molto probabilmente sono davvero suo padre…»
«Beh, prendiamola a ridere... Tu hai adottato tua figlia!»
Disse Alain sorridendo, ricevendo una gomitata da Rosalie.
«Già...»
«Forse però non hai bisogno di conferme, tu e Renée in effetti vi somigliate moltissimo! Ha i tuoi stessi occhi verdi, il vostro carattere è molto simile e quando mi accompagna a lavoro mi viene in mente quando abitavo con voi a Palazzo. Avete gli stessi modi, siete quasi due gocce d’acqua! »

 
///@///

«Renée? Sei a casa? »
André rientrò a casa nel tardo pomeriggio, mentre tornava dalla riunione era stato preso di sorpresa da un violento acquazzone che, visto i tempi, sarebbe durato quasi tutta la notte. Prima di entrare in casa aveva preso un bel respiro, pronto ad affrontare di nuovo la collera della figlia.  
«André... »
Renée si era seduta sul piccolo divanetto presente vicino alla porta d’ingresso, con il volto ancora rigato dalle lacrime. André si sedette al suo fianco, guardandola per alcuni secondi aspettando che si calmasse.
«Scusa... La mia reazione è stata esagerata... Non dovevo urlarti contro in quel modo…»
«Non ti devi preoccupare Renée, va tutto bene. E’ normale, hai appena scoperto cose non proprio piacevoli del tuo passato… »
«Se tutto questo è vero… ne sono felice! »
«Ah si? »
«Il compagno, credo, di mia madre era un ubriacone e violento, finalmente oggi all’Inferno. Tu invece sei così calmo e pacato… »
André le sorrise, allontanando una ciocca di capelli dal volto e fermandola dietro l’orecchio.
«Posso farti una domanda? »
«Tutte quelle che vuoi Renée »

 
///@///

Avevano parlato quasi tutta la notte, Renée gli aveva chiesto la sua vita, perché quella sera si trovava in quella taverna, com’era sua madre… tutto quello che le passava per la testa e André aveva risposto a tutto.
«Perché copri un occhio con i capelli? »
André alzò il sopracciglio, sospirando. Con una mano allontanò i capelli dal volto, mostrando la cicatrice bianca alla figlia; Renée sussultò, sorpresa da quella ferita e sgranò gli occhi.
«Come… Come…? »
«Ti ricordi il cavaliere nero? »
«Bernard…? Bernard ti ha fatto questo?»
«Sì… diciamo di sì… »
«E l’hai perdonato? »
«Sì, dovresti fare lo stesso con tua madre. Ti ha messo al primo posto, è scappata da quel locale per stare con te e per crescerti. Eri importante per lei e lei lo è per te »

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Capitolo 17
*** 17 ***


Erano ormai tre notti che lo sognava. Ma chi era quell'uomo? I capelli neri come la pece adornavano un viso perfetto, i suoi occhi… O meglio... L'unico occhio che aveva visto era di un verde così intenso che non avevo mai visto... La sua pelle era ambrata e il suono della sua voce avvolgente.  Dove aveva sentito quel suono? Eppure più tentava di ricordare più aumentava quel forte dolore alla testa. Provò a scendere dal letto, provando delle dolorose fitte al ventre ma non ci dette peso.
"Maledizione"
Oscar si cambiò della veste da notte, indossando una semplice camicia bianca e un pantalone altrettanto bianco, legò i capelli con un fiocco scuro alla nuca. Iniziò a vagare tra quei corridoi così freddi: non era casa sua, di questo ne era certa.
«Ciao! Come ti senti oggi? »
Chiese il piccolo Beauharnais appena la vide entrare nel salone, posando il libro che aveva in mano sul tavolo poco distante.
«Sto bene... Almeno credo... Grazie... »
«Andiamo a fare colazione? Oggi Odette ha fatto i biscotti al cioccolato »
"Biscotti al cioccolato...?"
Oscar corrugò la fronte, non sapeva il perché ma " biscotti al cioccolato" aveva occupato la sua mente, eppure aveva lo stomaco chiuso.
«Oh... Non ti senti bene? Vuoi che chiami mia madre o mio padre? »
«NO!Ehm... No Adrien no... Ora sto meglio grazie, mi sono solo distratta un attimo... Andiamo?»
 
///@///
 
«Come vi sentite? »
Non si era neanche resa conto della sua presenza in sala, era entrato così  silenziosamente che sussultò spaventata quando si girò. Il conte aveva leggermente chinato il volto per guardarla meglio ed ebbe la sensazione di essere nuda davanti a quello sguardo. Si sentiva terribilmente a disagio con lui.
«B-Bene... V-Vi ringra-zio... »
I due si sedettero al grande tavolo, facendo colazione silenziosamente. Oscar fissava la tazza di the  il piattino di biscotti che aveva davanti, stropicciando il fazzoletto che aveva tra le mani senza toccare cibo. I presenti notarono il suo turbamento e il conte si avvicinò a lei lentamente.
«Non avete fame?»
«Sono  mortificata... »
«Non dovete preoccuparvi, va tutto bene...»
L'uomo poggiò la mano sulla sua spalla, facendola sussultare. Oscar si  voltò verso di lui con gli occhi sbarrati, si sentiva terribilmente confusa. Quell'uomo la turbava e la affascinava allo stesso tempo, quegli occhi verde scuro la tormentavano e il suo tono di voce controllato, per niente volgare, la avvolgeva facendola tremare ogni singola volta.
«Perdonatemi, ho bisogno di prendere un po’ d’aria »
 
///@///
 
Quasi non avvertiva quel freddo che attraversava il tessuto leggero della camicia per accarezzarle la pelle. Osservava distrattamente il giardino innevato davanti a lei, stringendo sempre di più le ginocchia al petto e stringendo le spalle. Aveva provato di tutto per cercare di ricordare, anche la cosa più insignificante della sua vita ma niente, vuoto. Il conte non le aveva detto niente sul suo passato, né le sue origini. Evitava sempre quel tipo di conversazioni, la prima volta le disse che l’aveva trovata morente in mezzo alla strada. Non sapeva se credergli o meno. Poi c'era quell'uomo, quel bellissimo uomo che popolava i suoi sogni e che sembrava volerle dire qualcosa. Lei lo conosceva, conosceva il suo volto ma le era impossibile identificarlo.
«Voglio ricordare... Voglio sapere chi sono... Perché sono qui... »
Calde lacrime iniziarono a bagnarle il volto dolcemente, mentre dentro si sentiva morire.
«Prenderai un malanno, lo sai? »
Abbassò il capo, evitando il suo sguardo.
«Vorrei restare da sola se non vi dispiace »
«Certamente ma non voglio vedervi morire assiderata, siete ancora convalescente »
Oscar si alzò lentamente, un improvviso alito di vento scompigliò i capelli ad entrambi.
«Attenzione...»
L'uomo si tolse la giacca e la poggiò sulle spalle della donna, sperando di poterla riscaldare almeno un po’ e se ne andò, lasciandola da sola come aveva chiesto.
«Grazie... »
Oscar arrossì leggermente, guardando la sua figura scomparire tra i corridoi della villa.
 
///@///
 
Non ricordava cos'era successo, l’unica cosa di cui era certa era che ad un tratto tutto era diventato buio. Aveva sussurrato il suo nome prima di cadere tra le braccia dell'oscurità, sperando di catturare la sua attenzione prima di accasciarsi sugli scalini. Accanto a se c'era una tazza di cioccolata calda e nonostante le pesanti coperte che portava aveva freddo e sentiva un forte mal di testa.
«Siete stata un’incosciente! Stare fuori al freddo senza neanche una giacca o una coperta! Meno male che mio marito vi ha portato la sua giacca, altrimenti sareste di sicuro morta »
Madame de Beauharnais la guardava esterrefatta, coprendo il volto con il ventaglio che aveva tra le mani.
«Mio marito mi ha detto che vi siete intrattenuta fuori quasi tutta la mattina ma non pensava certo senza alcun indumento caldo che vi coprisse... Ah... Ve la meritate quasi questa febbre... »
Oscar si sedette, respirando profondamente.
«Sono mortificata Madame... Avevo bisogno di pensare... »
«A cosa stavate pensando? »
«Al passato... »
«Come fate a pensare a qualcosa che non ricordi? Vi è venuto in mente qualcosa? »
«Non molto... Solo... »
«Solo? »
«Un uomo... »
Descrisse l'uomo nei minimi dettagli e più parlava di lui, più cresceva il mal di testa. La contessa la ascoltava muta, memorizzando ogni sua parola.
«Capisco... Ora però riposatevi, avete la febbre molto alta... »
«Grazie per la vostra disponibilità Madame... »
«Di niente cara »
 
///@///
 
«Tu credi che l'uomo che sogna sia lui? »
«Lei ne è innamorata ma al momento non lo ricorda e l'immagine di quell'uomo è l'unica cosa che la lega al suo passato. Inoltre lei ha perso la memoria dopo la rivolta, probabilmente deve averlo incontrato »
«Si... Hai ragione... Ora che so chi cercare... »
«Vuoi arrestarlo? »
«Non lo so... »
L'uomo volse lo sguardo verso la finestra chiusa, fissando l'orizzonte pensieroso. Madame era rimasta seduta vicino alla sua scrivania, guardando le sue spalle.
«Come sta Adrien? »
«Non l'ha presa bene, le manca la sua amica... »
«Tra qualche giorno tornerà... »
«Quando? »
La voce della donna tremò, lei si portò una mano al cuore stupita mentre l’uomo si girò a guardarla per alcuni secondi negli occhi.
«Tra una settimana, dieci giorni massimo... Potrai abbracciare tua figlia »
 
///@///
 
Era rimasto in studio tutto il pomeriggio, lavorando sul da farsi. Aveva appena ricevuto una lettera dal convento che lo informava della posticipazione del ritorno della ragazza di una decina di  giorni a causa della forte pioggia e dell'imminente nevicata. Sospirò amaramente. Aveva illuso nuovamente quella donna, ma che colpa ne aveva? Infondo, erano solo pochi giorni e lui non poteva controllare il tempo atmosferico per poter così anticipare il rientro della figlia. Si alzò dalla sedia, iniziando a pensare cosa fare di quella donna che, da qualche tempo, occupava i suoi pensieri.
"Maledizione... Quella donna mi farà uscire fuori di testa..."
L'unica cosa positiva era che , senza volerlo, era riuscito ad ottenere i dati per poter riconoscere André Grandier e scoprire dove si nascondevano i rivoluzionari comandati da Robespierre.
"Devo pattugliare tutta Parigi... Devo trovare quell'uomo a tutti i costi..."
Strinse i pugni guardando fuori dalla finestra, un lampo illuminò per alcuni istanti la vetrata. Sua moglie era fuori e Adrien si era ritirato nelle sue stanze già da tempo così come Oscar.  All'improvviso sentì un urlo.
"Oscar?!"
Uscì di corsa dal suo studio e arrivò nella stanza della donna, trovandola seduta ai piedi della finestra che teneva le mani nei capelli.
"La pioggia? Perché mi si stringe così il cuore? Dev'essermi successo qualcosa di importante in una notte di pioggia... Una notte in cui la pioggia non ti permetteva di distinguere niente..."
L’uomo si avvicinò velocemente a lei, prendendola tra le braccia e poggiò le labbra sulla fronte, trovandola bollente.
«Perché ti sei alzata? Hai la febbre altissima... »
«Dovevo... Quando ho sentito il rumore della pioggia, per un attimo, ho avuto l'impressione di ricordare qualcosa... Ultimamente mi succede spesso. Quando cerco di ricordare qualcosa mi viene un mal di testa terribile... Come se il mio cervello stesse per frantumarsi... Sono certa che in passato mi sia accaduto qualcosa di orribile in una notte come questa...»
Disse con voce roca, socchiudendo gli occhi mentre poggiava il capo sul suo petto.
«Può darsi che si tratti di qualcosa che è meglio non ricordare »
Per un istante si guardarono negli occhi, lei gli sorrise timidamente e lui corrugò la fronte leggermente, poggiandola infine sul suo letto.
«Sei una persona premurosa... »
Quella frase e quel sorriso lo fecero sussultare, non si sarebbe mai aspettato una frase simile da lei.
«Cosa c'è? Forse sono stata troppo indiscreta? »
«No no... E' solo che nessuno mi aveva mai detto nulla del genere fino ad oggi »
Oscar abbassò lo sguardo, giocando con il lenzuolo che aveva tra le mani.
«Quando avrò recuperato la memoria, e tutto si sarà risolto, troverò il modo di ripagarti della tua gentilezza. Fino ad allora Alexandre... »
Aveva alzato lo sguardo, notando il suo turbamento.
«Ti prego di portare pazienza e di sostenermi nei giorni più difficili... »
"Cosa diresti, Oscar, se facessi il nome di André Grandier? Cosa accadrebbe se scoprissi che ti conosco molto meglio di quanto ti sto facendo credere? Dubito fortemente che vorresti ancora ripagarmi della mia gentilezza, a quel punto..."

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Capitolo 18
*** 18 ***


Era mattina presto, il sole doveva ancora sorgere e per le strade della capitale l’aria era gelida e alcune pozzanghere riempivano le strade. Sì lamentò un po’, mormorando qualcosa contro il materasso e si alzò, lasciando il tiepido giaciglio del letto. Aveva la schiena a pezzi ed era davvero stanco, ma la giornata si prospettava lunga e i suoi impegni non potevano aspettare. La sua mente durante la notte aveva riportato il volto giovane dei Enora, i suoi capelli rossi e ricci e le leggere lentiggini sul naso, il dolce sorriso e due grandi occhi… azzurri?
«Buongiorno!»
Gli disse Renée mentre gli preparava la giacca che doveva indossare.
«Giorno... Dormito bene? »
Si avvicinò a lei, poggiando le labbra sulla sua fronte e lei annuì sorridente.
«Cosa devi fare oggi? »
«Nulla, oggi non devo fare niente, perché?»
«Così, per chiedere... »
«Sono arrivate alcune lettere, sono per te. Le ha portate Jean... »
«Bene, dove sono? »
«Sul tavolo accanto alla porta »
André si avvicinò al tavolino di legno scuro sul quale c'erano cinque lettere tutte arrecanti il suo nome, un vaso di piccoli bucaneve freschi, una candela quasi totalmente consumata e un piccolo libro di poesie che aveva comprato tempo fa e che aveva regalato a Renée. Prese quelle lettere lentamente, leggesse sempre svogliatamente i mittenti di quelle lettere ma una lettera lo incuriosì in modo particolare. Era anonima.
“Oscar?”
La aprì rapidamente, cercando di mettere a fuoco le parole scritte su quel pezzo di carta.
 
" Mia piccola Renée,
mi spiace non poterti dire queste cose a voce ma se troverai questa lettera vorrà dire che sarà troppo tardi e che io, forse, ho lasciato questa terra. Non ti ho mai detto la verità sulla tua famiglia ma lui, come sai, mi impediva di dirti o farti fare qualsiasi cosa. Antoine, non è tuo padre. Forse già lo sapevi o forse l’avevi pensando, mi hai sempre chiesto perché la gente diceva che non assomigliavi per niente a lui. Mi spiace tantissimo piccola mia. Tuo padre lo conobbi quando lavoravo ancora in taverna, era un uomo fantastico. I suoi occhi verde scuro mi rapirono all'istante. Ci siamo incontrati due, forse tre volte. Dire che mi ero innamorata dio quell'uomo era dire poco. Dopo la terza notte io non l'ho più visto, se non di sfuggita. Era innamorato di un'altra donna, una nobildonna. Ma lui, semplice dipendente del suo palazzo, non poteva amarla e la seguiva in silenzio. Dopo un mese, scoprì di essere incinta di te. Ero tentata di dirglielo, ma non l'ho fatto. L'ho fatto per proteggerlo, per proteggerti. Hai i suoi occhi e il suo sorriso... Sei perfetta proprio come lui. Forse ora mi starai odiando, mi spiace moltissimo, ma non avevo altra scelta. Se lo vuoi sapere, tuo padre è André Grandier.
Mi spiace solo non avertelo detto a voce.
Ti voglio bene amore mio,
Enora "
 
«Questa è per te... »
André le porse la lettera, lasciando che Renée, che nel frattempo aveva iniziato ad imparare a leggere, riconosceva il significato di quei segni.
«Renée io... »
«E' morta... Mia madre... Lei... »
Renée trattenne i singhiozzi, lasciando cadere la lettera sul tavolo e coprendo le labbra con la mano, piegandosi su sé stessa. André la raggiunse, stringendola tra le sue braccia liberando una lacrima traditrice. Le accarezzò la chioma rossa, la schiena fasciata dal vestito azzurro a righe blu, la rassicurava sussurrandole parole di conforto mentre i singhiozzi della ragazza diminuivano di intensità.
«Non sei sola... Ci sono io... Va tutto bene... »
///@///
Non voleva lasciarla sola ma lei aveva insistito. Era così testarda!
«Posso spostare i miei impegni, il consiglio capirà... »
«Non ti preoccupare, io sto bene... Ora però devi andare perché è molto tardi e rischi che ti cacciano via sul serio questa volta »
Rise debolmente, tirando su con il naso. André sorrise, accarezzandole il viso dolcemente.
«Se hai bisogno di qualcosa sai dove trovarmi, anche per la cosa più stupida del mondo, io ci sarò. Va bene? »
«Ahah sì... Grazie... »
«Ho già perso molto di te... Non voglio essere un padre assente... »
«Non lo sei, sei il miglior padre che potessi mai desiderare...»
///@///
Era stanco. Ormai non sapeva più dove cercare. Era sparita di nuovo, così com’era apparsa. Stava iniziando a credere di aver immaginato quel loro incontro, quel pomeriggio di dicembre. Eppure era così reale! Aveva sentito il suo profumo, aveva toccato quel corpo, aveva baciato le sue labbra...
"MALEDIZIONE!"
Rientrò a casa un'ora più tardi del solito, lasciò il mantello poggiato su una sedia stancamente.
«Renée  sono a casa... »
Non ricevette risposta.
"Forse è uscita... No... Avrebbe avvisato Rosalie... E prima non mi ha detto nulla"
Entrò nella sua stanza e lo vide. Stava guardando fuori dalla finestra, con il braccio destro dietro la schiena, la postura perfetta e fiera , cosa ci faceva in camera di sua figlia? Ma soprattutto, lei dov'era?
«Generale... Cosa ci fate qui? »
«Sei tornato finalmente, mi ero stancato di aspettarti... »
«Dov'è mia figlia? »
Gli venne così naturale dirlo e ciò lo sorprese.
«Ah... Allora è tua figlia... stavo proprio per dirti che quella ragazza era troppo giovane per te... Tu hai sempre aspirato al meglio, non è vero? »
«Cosa state insinuando Generale? Se siete venuto ad offendermi in casa mia sarà meglio che voi ve ne andiate »
Stava iniziando ad arrabbiarsi. Perché parlava in quel modo? Perché era lì?
«Andrò dritto al sodo... Dove nascondi mia figlia? »
André sussultò.
"Non è a casa?"
«Non guardarmi in quel modo! DIMMI SUBITO DOV'E' MIA FIGLIA! »
«Pensavo fosse con voi generale... Anzi... Ne ero sicuro... »
«Non fare l'idiota! Tanto lo so che la stai nascondendo da me! Portamela subito! »
«Io non so dove sia Oscar... Ne so quanto voi su quest'argomento... L'ultima volta che l'ho vista è stato il 13 luglio... »
«NON SFIDARMI GRANDIER! Sappi che ora che ho scoperto dove abiti non ci metterò molto a farti arrestare per terrorismo, sappilo! »
André rise. Lui voleva arrestarlo?
«Lasciatemi in pace, io non so dove sia vostra figlia ma vi giuro che l'ho cercata a lungo e continuerò a farlo. Forse ha abbandonato tutti e ha lasciato il paese, forse è rinchiusa in prigione o forse è morta ma non smetterò mai di cercarla e se volete arrestarmi per questo fatelo pure ma vi avverto, io conosco Robespierre e nel giro di poco tempo potreste trovare la vostra villa circondata dai popolani. Insomma, la vostra casata è quella più vicina alla famiglia reale e...»
«Tu non lo faresti mai... Tua nonna »
«Mia nonna è morta e… Ne siete davvero certo? Ora ditemi dov’é mia figlia e vi prometto che non ne farò parola con nessuno del nostro incontro »
Il volto del generale era diventato verde dalla rabbia. Aveva le mani chiuse in pugno e le unghie graffiavano la pelle delle mani tanto da farle sanguinare.
«Tua figlia è uscita a fare la spesa con Rosalie... Tornerà presto... »
Uscì da quella casa a testa alta ma nonostante ciò, André aveva sentito nel suo tono la disperazione più totale.
"Forse lo sarei anch'io se mia figlia scomparisse da un momento all'altro..."

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Capitolo 19
*** 19 ***


Lo doveva ammettere, quel posto in fin dei conti non era male. Il conte la lasciava molto libera, le aveva permesso di poter occupare il suo studio in sua assenza per leggere i libri che conservava gelosamente. Madame invece non passava la maggior parte del tempo a casa, preferiva passare il tempo alle feste e a giocare con le sue amiche. Al contrario, il figlio preferiva rimanere a casa, come il padre, per studiare o esercitarsi con la spada. Oggi era il suo compleanno, era così elettrizzato! 

«Tra poco potrò entrare nell'accademia militare e diventare come mio padre, non vedo l'ora!»

Oscar sollevò le sopracciglia, abbozzando un sorriso.

«Ah si?»

«Lui è un grande comandante  e io non voglio essere da meno, non voglio deluderlo... »

Disse fiero, Oscar sentì un nodo alla gola e si sistemò il colletto della camicia. Dove aveva già sentito quella frase?

 

///@///

 

Stava combattendo con un uomo molto avanti con l'età.

Era davvero difficile evitare i colpi della sua spada ma dopo poco era riuscita a disarmarlo.

«Vi ho sconfitto, padre. Come promesso, dovrete affidarmi un plotone »

«Uhm... »

Ma l'uomo non era molto contento, prese di nuovo la spada e disarmò la ragazza, facendola cadere.

«Vigliacco! »

«Ahahahah! Ecco cosa succede ad abbassare la guardia! Non sono io vigliacco, sei tu che non eri abbastanza concentrato mentalmente!Non posso ancora affidarti un bel niente, Oscar! Ahahahah! »

 

///@///

 

«State bene?Avete lo sguardo perso.... »

«Si Adrien, stavo solo pensando... Nulla di che non preoccuparti »

Gli sorrise dolcemente, avviandosi verso la sala da pranzo. Era lui? Suo padre? Come si chiamava.... Non lo ricordava... Ah! A... Auguste...

"Meglio non pensarci... Meglio non farlo...!Non ora... Mi fa male la testa".

 

///@///

 

«Stasera andremo a teatro, verrà messo in scena una commedia che Adrien ama molto »

« Capisco... »

«Tu ovviamente verrai con noi. Adrien tiene molto a te e ti vuole vicino. Sei riuscita a conquistare il suo cuore »

Oscar annuì silenziosamente, Alexandre la scrutava attentamente e senza toglierle gli occhi di dosso si avvicinò a lei.

«Come va la testa? Adrien mi ha detto che provate spesso delle forti emicranie »

I loro corpi si sfioravano, il volto di quell'uomo era poco distante dal suo. Oscar strise le spalle, arrossendo leggermente.

«Va bene, non vi preoccupate per me... »

«Spero che sia così...  »

L'uomo si allontanò da lei e si avviciò alla finestra dandole le spalle. Oscar lo guardò per un po', mordendosi il labbro agitata.

« Non vi mentirei mai... »

Oscar sorrise leggermente, lasciando la stanza. Alexandre rimase a fissare la porta per alcuni istanti per poi sorridere.

"E' arrossita...  Da non crederci "

 

///@/// 

 

Erano arrivati da poco al Palazzo dell'opera. Quel posto era circondato di guardie per via della rivoluzione e i nobili sembravano non voler accettare quella nuova realtà. Erano appena scesi dalla carrozza e Oscar si guardò intorno, quel luogo le era familiare...Lei strinse il cappuccio tra le dita, il vento gelido la stava facendo rabbrividire. Appena entrarono, un calore li inondò tanto che gli ultimi arrivati iniziarno a sudare. Madame de Beauharnais si era soffermata con un gruppo di amiche poco lontano e le sentiva ridere e scherzare mentre un gruppo di signore si avvicinava a loro.

«Oh conte de Beauharnais  è un piacere rivedervi!»

«Conte perché non avete portato con voi anche vostra figlia? »

«Su Alexandre non fare quella faccia! »

Tutte quelle dame si erano raggruppate attorno all'uomo e al figlio e Oscar sorrise notando la faccia incredula del conte. Era evidentemente a disagio e cercò in tutti i modi di evitare i discorsi delle donne.

«Ehm... Mi scusi... »

Oscar si girò lentamente, notando una donna dietro di sé.

«Ne è passato di tempo dall'ultima volta che ci siamo viste!Non avrei mai creduto di incontrarla proprio qui, a palazzo dell'opera. C'è una cosa che vorrei dire... »

La donna la prese per il braccio, era agitata ma Oscar non capiva cosa volesse da lei. Lei corrugò la fronte, ascoltandola attentamente.

«Ricorda ancora ciò che le riferii in occasione del nostro incontro? Ebbene, dobbiamo mobilitarci per aiutare André... »

Oscar si allontano da lei di scatto.

«E chi sarebbe questo André? Soprattutto, chi è lei?! Guardi che io non conosco nessun André! Io non l'ho mai vista prima d'ora... »

«P... Possibile che abbia dimenticato tutto?! Ha dimenticato tutto ciò che mi ha detto in occasione del nostro primo incontro?! Mi disse che... »

Il conte si avvicinò alle due donne, lanciando un'occhiata gelida alla donna.

«Conte de Beauhnarnais! »

«Le chiedo scusa LouiseAdélaïde di Borbone-Condé. Andiamo Oscar, il sipario si alzerà a momenti... »

L'uomo poggiò le mani sulle spalle di Oscar, invitandola a seguirlo.

«D'accordo... »

Mentre si avviavano verso il teatro Oscar si voltò di nuovo verso la donna preoccupata.

 

///@///

 

«Sei molto pallida, ti senti male? »

Lo spettacolo era inziato da poco e non aveva ascoltato una singola parola di quello che gli attori stavano dicendo. Non aveva capito neanche la trama di quell'opera. Era distratta, non aveva smesso neanche per un attimo di pensare a quella donna e a quello che le aveva detto.

"André... "

«Alexandre... Perdonami.... In effetti non sto molto bene... Mi spiace, ma è meglio che esca un attimo... »

«Vuoi che venga con te? »

Stava per alzarsi ma lei lo fermò sorridendogli.

«Non ti preoccupare, tornerò subito e credo di riuscire a farcela da sola »

Non gli diede il tempo di rispondere, Oscar uscì dal palazzo in fretta ma mentre stava per raggiungere la carrozza dei Beauharnais sentì un boato.

«Oscar! »

Si girò ma non fece in tempo a vedere il volto di quella persona che una bomba esplose poco lontano. Tutti iniziarono ad evacuare l'edificio in preda al panico più totale.

«Scappiamo! C'è stata un'esplosione! »

«Un attacco terroristico! »

«Aiuto! Qualcuno mi aiuti! »

«AAAAH! »

«SCANSATEVI! FATE LARGO! OSCAR! »

Il conte, appena sentì l'esplosivo, corse fuori insieme al figlio. Perché le aveva permesso di uscire fuori da sola? Le vie di fuga erano poche e la gente cercava di uscire spaventata, un fiume umano scendeva verso la strada.

«OSCAR! DOVE SEI? »

Correva come un pazzo tra la folla, il terrore puro aveva annebbiato la sua mente. Si ritrovò dopo poco all'ingresso e vicino ad una colonna c'era lei. Era sdraiata sui gradini, il braccio destro era coperto di sangue, i vestiti che lo coprivano erano ridotti a brandelli.

«L'ESPLOSIONE TI HA FERITA?! CORAGGIO, APRI GLI OCCHI! »

Il conte si avvicinò a lei e prese il suo volto tra le mani, prendendola in braccio.

«V-Va tutto... Bene ... Mi sono... Soltanto ... Fatta male ad una mano... A-A quanto pare l'attentatore... E'  stato scoperto dalle guardie ... E non è riuscito a raggiungere il suo scopo... »

Sussurrava tremando per dolore, il suo volto era sofferente e iniziava a sudare freddo.

«Purtroppo è successo tutto all'improvviso, che non abbiamo avuto il tempo di fermarlo! »

Sentì delle guardie parlare tra di loro ma non gli diede peso.

«Adrien corri subito a cercare una carrozza pubblica! Ci raggiungerete a casa »

«Sì padre »

Adrien corse via subito mentre i due si avviarono nella carrozza.

«Oh... »

Salirono subito in carrozza e ll'uomo diede ordine di raggiungere la villa. Teneva la donna stretta a se e cercava in tutti i modi di immobilizare il braccio ferito.

«AAAH... »

«Oscar?! Ti senti male? »

Non disse niente, si tranquillizzò poco dopo, poggiando il capo contro il suo petto. Alexandre non disse niente, le accarezzò il viso dolcemente.

«A-André...  »

L'uomo sospirò e le baciò la fronte, stringendola più a sé.

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Capitolo 20
*** 20 ***


Aveva una brutta sensazione. "Hypnos non ti ha fatto riposare bene"

avrebbe detto il precettore di cultura greco-latina.

«Come iniziare la giornata con piede giusto... 

Disse ironicamente tra sé e sé, si alzò lentamente e quasi trascinando i piedi. Appena si ritrovò davanti lo specchio, sospirò stancamente, portandosi una mano tra i capelli che stavano lentamente crescendo. Era passato capodanno da un pezzo, era il 28 gennaio 1790. Sette mesi. Sette interminabili mesi cercando una donna che molto probabilmente era morta, che molto probabilmente lo aveva solo ingannato. Non riusciva a dare un nome a quel tornado di emozioni che lo sovrastava e che, alcune volte, non lo faceva dormire la notte. Era arrabbiato, disperato, angosciato, ottimista, terrorizzato...  Si sciacquò il viso velocemente, cercando di placare quella confusione e scacciare quei pensieri e quelle teorie assurde che aveva immaginato durante la notte. Poggiò le mani sul bordo della bacinella e abbassò il capo, guardando il suo rifesso nell'acqua. Immerse la testa, di scatto, nell'acqua tiepida per poi rialzarla dopo qualche secondo. Tante gocce d'acqua bagnavano il profilo perfetto dell'uomo,  sentiva alcune gocce bagnargli la schiena nuda, le braccia e il petto muscoloso. Al collo, sempre quel ciondolo che nascondeva sempre sotto la camicia, l'unica cosa rimasta di lei materiale, per non dimenticare quel bacio che si erano scambiati quel pomeriggio di dicembre. Ma lei cosa ci faceva lì? Perchè era nella folla? Passò la mano tra i capelli bagnati e sospirò. Arrendersi? Era in'idea che gli ronzava in testa da un po... Ma perchè arrendersi? Quali motivi lo spingevano a prendere una decisione del genere? Arrendersi significava lasciare tutto, dimenticare una vita intera passata con lei e per lei. Rinnegare quello che era stato?

 

///@///

 

«Buongiorno... »

Reneé uscì dalla sua stanza con gli occhi gonfi dal sonno, aveva i capelli arruffati e la veste da notte era troppo grande per lei.André rise guardandola mentre  si sedeva a tavola bevendo un sorso del latte caldo che le aveva porso.

«Ah! Scotta! »

Disse quasi urlando, sentendo la bocca andare in fiamme.

«Ahahah... Eppure la tazza scotta, sei ancora nel mondo dei sogni? »

Renée sbadigliò, annnuendo.

«E perchè ti sei alzata? Potevi dormire un'altra ora... »

«Oggi devi.... Ehm... Andare da Bernard e Alain e.... Devo prepararti qualcosa...  »

Reneè fece per alzarsi ma André la fermò.

«Ora tu torni a letto e ti riposi, va bene? Sei stanca e non preoccuparti per me, posso benissimo  cavarmela da solo! »

«Ma io... »

«Niente "Ma io..." , fila a letto è un ordine»

La ragazza si alzò lentamente, poggiò la tazza sul tavolo e portò una mano al ventre con una smorfia di dolore dipinta sul volto.

«Allora... Buona notte... »

«Si, buona notte »

Si alzò e le diede un bacio sulla fronte, come faceva ogni sera prima di ritirarsi nella sua stanza. Amava quel momento della giornata, passare la serata con lei e poterla vedere felice gli riempiva il cuore di gioia.

«Hai bisogno di qualcosa?»

«No padre, passerà da solo come ogni volta...»

Disse lei sorridendo leggermente, poggiando la mano sul braccio dell'uomo.

 

///@///

 

Era quasi arrivato a casa di Alain, Bernard lo aveva preceduto di un'ora perchè aveva da fare con Robespierre più tardi.

"Ora devo girare a sinistra.... Bene... Dov'è quell'osteria.... Eccola! Perfetto"

Entrò nel palazzo velocemente, stava iniziando a piovere e quello aveva tutta l'aria di essere una bella tempesta.

"Terzo piano... Prima porta a destra"

Si avvicinò alla porta lentamente e alzò la mano sulla porta per bussare.

«Ho incontrato Oscar... »

"Alain?"

«Ne sei sicuro? Non vorrei che...» 

«Si, non ho dubbi...»

«Ma  fantastico! Dobbiamo subito informare André! »

«No!»

«Cosa? »

André poggiò l'orecchio sulla porta, ascoltando la loro conversazione.

«Preferisco non dirglielo... Anche se dopo verrà comunque a saperlo... »

«E perchè? Ma soprattutto, perché non è con te ora?»

«Saint Just voleva lanciare una bomba a teatro »

«Lo so, ma non capisco cosa c'entri in questo momento »

«Lei era lì  »

«Cosa...?»

Sentì il sangue gelarsi nelle vene...

"No... Non è possibile..."

«Non dirmi che... »

«Era lei...L'ho chiamata e lei si è voltata verso di me, ma era pallida, confusa e non sembrava lei... Era turbata»

«Lei è... »

«No... La bomba è scoppiata lontano da lei ma credo che ne sia rimasta ferita,un uomo l'ha presa tra le braccia e l'ha portata in una carrozza... »

«Un uomo?»

«Sì, l'ho riconosciuto in volto era il generale De Beauharnais »

André bussò alla porta, cercò di essere il più naturale possibile nel parlare con i suoi amici e quando lo scoprivano pensieroso rispondeva:

«Renée è a casa si sta riposando e ho paura che abbia un po' di febbre... Ma non preoccupatevi, di cosa stavamo parlando? »

 

///@///

 

«Renée sono a casa... »

«Oh... Siete tornato... Che bello... »

Aveva trovato Renée come l'aveva lasciata prima di andarsene.

«Ti sei appena svegliata? »

«Si... No... Forse... »

André poggiò la mano sulla sua fronte e la scoprì bollente.

«Hai la febbre, devi tornare subito a letto o peggiorerai... »

«Ma devo fare tantissime cose... Non posso... Uff mi fa male anche la pancia...»

André la prese in braccio ma Renée cercò di opporre resistenza al padre, purtroppo non aveva abbastanza forza per farlo. Si sentiva debole, la testa  le doleva moltissimo e sentiva un forte dolore al basso ventre.

«Ti preparo qualcosa di caldo, tu rimani qui... »

«Non potrei muovermi neanche se volessi »

Disse la ragazza, poggiando il capo sul petto del padre. André la adagiò sul letto e le rimboccò le coperte. Dopo un po' si presentò con un brodo caldo tra le mani ancora fumante.

«Devo berlo tutto...? »

La ragazza guardò quella ciotola come se dentro di essa non ci fosse brodo ma qualcosa di disgustoso. Eppure quel brodo aveva un odorino invitante ma il suo stomaco non la pensava allo stesso modo.

«Si, dopo ti sentirai megio...  »

«Speriamo... »

«Fidati di me... Sai... Mia nonna mi preparava sempre il brodo quando avevo la febbre e avevo a tua stessa reazione! Ma dopo averlo bevuto inizierai a sentirti meglio... »

"Almeno spero"

Pensò ironicamente, guardando la faccia della ragazza nell'immergere il cucchiaio nel brodo. Parlarono un po, Renée appena finì di mangiare si addormentò subito.

"Renée... Mia piccola Renée..."

 

///@///

 

«Alexandre de Beauharnais... »

André poggiò la testa tra le mani, dove aveva già sentito quel nome? Ripensò a quello che aveva detto Alain, perché erano insieme? Cosa ci faceva Oscar  a teatro? Con quell'uomo? Con i tempi che girano? Cosa stava succedendo?

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Capitolo 21
*** 21 ***


Era notte fonda a palazzo De Beauharnais, fuori la pioggia disturbava la quiete del regno dell’ombra con la sua violenza. In camera sua Oscar tremava, in preda ai dolori che le causava la ferita al braccio e si muoveva nel letto cercando una posizione favorevole al ristoro.
«Ngg... Aaah... mi fa male... »
Aprì di scatto gli occhi e si alzò a sedere, sentiva il cuore battere come una furia nel suo petto e sudava, tremendamente.
«Alexandre...? »
 
““Era a cavallo in una serata di pioggia, rincorreva un uomo anch’egli a cavallo.
«Fermo cavaliere nero! Se non vuoi che spari, ti conviene fare come ti ordino! »
Rise, accompagnata da un uomo che era poco dietro di loro. Finalmente lo aveva in pugno! Ma l'uomo nero al suo fianco, il vero "cavaliere nero", cacciò da sotto il mantello una frusta rapidamente e fu una questione di secondi. L’uomo mosse il braccio, la frusta si avvicinò al volto del suo sosia, il sangue a macchiare i vestiti e le mani.
«ANDRE' ! Il tuo o...»
«N... NON BADARE A ME, OSCAR! INSEGUILO! COSA ASPETTI?! OSCAR! »””
 
«A... A... »
Portò una mano tremante al volto, osservava il vuoto con gli occhi sgranati e tremava come una foglia. Un improvviso lampo illuminò la stanza e non trattenne un urlo.
«ALEXANDRE! »
Uscì di corsa dalla stanza, avvolta nella sua camicia da notte e corse verso lo studio dell’uomo, terrorizzata. Appena entrò nella stanza lo trovò lì, impegnato nelle sue carte, che la fissava confuso.
«Hai bisogno di qualcosa? »
«Ale... »
L'uomo si alzò lentamente dalla sedia, avvicinandosi a lei. Non l’aveva quasi mai visto senza la sua divisa da generale, e ora quella figura snella vestita solo di una semplice camicia leggermente aperta e un paio di pantaloni la fece sentire meglio.
«Osc... »
Oscar alzò le spalle, lasciando che alcuni lacrimoni le bagnassero le gote rosse e si buttò tra le sue braccia. L’uomo si irrigidì per alcuni istanti, per poi ricambiare l’abbraccio. Le accarezzò dolcemente i capelli lunghi e biondi e poggiò il mento sul suo capo, sussurrandole parole di conforto.
«Va tutto bene... Non ti preoccupare... Ci sono io con te... »
«Per un attimo, ho pensato che te ne fossi andato e mi avessi lasciata qui... ho temuto che qualcuno... poi è...»
«Ma che sciocchezza! Su, ora torna in camera... Ho del lavoro da sbrigare »
Alexandre sciolse il loro abbraccio, prendendole le mani.
«Ti prego, Alexandre, non lasciarmi sola! Le tempeste mi fanno paura! Basta il solo rumore a farmi precipitare in uno stato di frenesia! Non riesco a controllarmi! Ti prego... Non lasciarmi sola... »
Oscar si strinse di nuovo all’uomo, cercando conforto, ma lui rise e si allontanò di nuovo da lei.
«ALEXANDRE, DOVE VAI? NO...! »
«Calmati. Ti sto solo preparando un giaciglio in modo che tu possa stenderti. Non puoi lasciarti condizionare così da una semplice tempesta »
Lei si sentì sollevata, poggiò una mano sul petto rincuorata. Si avvicinò lentamente a lui, prendendo tra le dita un po’ della stoffa della manica dell’uomo.
«Ti prego, non andartene senza dirmi niente. Permettimi di restare qui con te; dormirò senza fare alcun rumore »
Lui annuì e la fece sdraiare sul divanetto vicino la scrivania, lei non disse nulla, rimase silenziosa a guardarlo ma lo sguardo di lui indugiò sulla scollatura della camicia da notte e su quel po’ di gamba lasciato scoperto senza volere. Alexandre la guardò dritto negli occhi e senza dire una parola si sedette di nuovo vicino la scrivania e iniziò a guardare i fogli.
"Maledizione, proprio questo ci voleva...."
Pensò l'uomo tra sé e sé, per poi sospirare. Provò a concentrarsi sui fogli che aveva davanti ma ogni tanto c’era qualcosa che lo spingeva a voltarsi verso di lei. Quando lo fece, lei continuava a fissarlo, il suo volto era triste e alcune lacrime bagnavano le sue gote.
«Oscar...! »
Alexandre si alzò dalla sua scrivania e si avvicinò alla donna, inginocchiandosi davanti a lei
«A volte mi chiedo... Chi sono realmente? Cosa mi è successo? Possibile che in un paese così grande non mi conosce nessuno ? Perché sono finita in questo posto, completamente sola? Perché...? »
Alexandre prese la sua mano tra le sue e baciò delicatamente il dorso, fissandola negli occhi e la vide arrossire di nuovo.
«Oh Alexandre... Ma certo, hai ragione, ci sei tu con me... Non è vero che sono sola al mondo. Non abbandonarmi... ti prego... »
Lui annuì lentamente, baciandole di nuovo la mano e stringendola tra le sue. Oscar sorrise, con il viso arrossato e in quel momento il conte la trovò bellissima.
 
///@///
 
«Cosa? Il nonno tornerà a breve dalla Spagna? »
Disse la contessina entusiasta. Hortense Eugénie Cécile De Beauharnais era tornata da qualche giorno a casa dopo la sua lunga formazione in convento.
«Non vedo l'ora di incontrarlo, ne è passato di tempo dall'ultima volta... »
Continuò la ragazza, sorridendo leggermente al ricordo di quell'uomo tanto dolce e severo allo stesso tempo mentre muoveva con eleganza il ventaglio. Tutta la famiglia era riunita nel salone, mentre Oscar si era rifugiata nel giardino a pensare.
«Ehm... Madame? »
Oscar si voltò verso l'uomo, era un soldato di Alexandre e aveva in mano una lettera.
«Cosa succede soldato? »
«C'è una lettera per il comandante de Beauharnais »
Oscar si avvicinò all'uomo, prendendo la lettera dalle sue mani
«Posso consegnargliela io, non c'è problema »
«Grazie madame »
Oscar annuì e l’uomo, dopo un perfetto saluto militare, si allontanò a cavallo. La donna entrò lentamente nella villa, avviandosi verso il salone.
«Ehm... Alexandre, ecco... c'è una lettera... »
Alexandre lasciò in sospeso un discorso con il figlio e si avvicinò alla donna, prendendo la lettera e lesse velocemente il contenuto.
«No... Non può essere... »
L’uomo lasciò cadere la lettera ai suoi piedi, sotto lo sguardo stupefatto di tutti.
«Oscar... Puoi leggere la lettera per favore? »
Chiese Adrien spaventato dalla reazione del padre. Lei annuì, raccolse la lettera e guardò per un istante il volto dell’uomo che aveva davanti.
«Comandante, siamo appena venuti a sapere che vostro padre è stato assassinato nei pressi del confine spagnolo. Non sappiamo con certezza chi sia l'autore di questo delitto ma sospettiamo siano i rivoluzionari di Parigi »
«Il nonno è... »
«Morto?! »
La ragazza scoppiò in lacrime, consolata tra le braccia del fratello che tratteneva a stento le lacrime. Alexandre uscì velocemente dalla stanza, correndo come una furia verso il suo studio.
«ALEXANDRE! »
Oscar gli corse dietro, sperando di fermare una sua pazzia. Aveva sguainato la sua spada e stava colpendo i vuoto, quasi come se davanti a lui ci fosse l'uomo che aveva ucciso suo padre.
«Alexandre! Alexandre! »
Oscar si avvicinò a lui, gli tolse la spada da mano e gli prese il viso tra le mani.
«Alexandre... »
Gli asciugò le lacrime con i polpastrelli e poggiò la fronte sulla sua. Alexandre la guardò incredulo e sconvolto, per poi stringerla a sé il più forte possibile.
"Alexandre sta soffrendo molto... Non avrei mai creduto di vederlo piangere! E' davvero sconvolto... Il suo fisico robusto e le sue braccia possenti di solito così... impassibili... tremano come foglie al vento e i suoi occhi... così penetranti, sono bagnati da un fiume di lacrime... oh Alexandre..."
Oscar ricambiò quell'abbraccio, l'uomo poggiò il capo nell'incavo del collo della donna silenziosamente, cullato dalle carezze della donna.
«Oscar... »
L'uomo si allontanò da lei poco dopo, facendo scivolare la mano prima tra i suoi capelli, poi sulla spalla.
«Ti prego, lasciami solo... Sono desolato di averti messo in ansia ma adesso, se non ti dispiace... »
«D'accordo, ho capito. Me ne vado. Comunque, mi amareggia che alla fine sia sempre io ad appoggiarmi a te, senza mai poter far niente per sdebitarmi... »
«Esci di qui, per favore! »
Oscar uscì dalla stanza, chiudendo la porta alle sue spalle e poggiò la schiena su di essa, sentendo poi dopo un attimo di pace le urla dell’uomo e alcune cose andare in frantumi.
«Alexandre… »

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Capitolo 22
*** 22 ***


«So tutto »
Alain si voltò in direzione di André, intento a leggere un foglio che gli aveva passato prima Bernard.
«Cosa? »
André alzò lo sguardo dai fogli, fissandolo in silenzio. Quello sguardo... sembrava volesse ucciderlo tanto che era freddo. Trasalì.
«Spiegati Grandier, mi stai preoccupando »
Rosalie posò l'ultimo bicchiere nella piccola credenza e si voltò verso i due uomini e così fece Bernard, che stava scrivendo l'articolo del giornale sull'incidente all' Opera.
«Tu... L'hai vista... »
Alain sbiancò di colpo come tutti i presenti ma l'uomo non ci fece caso, non volle farci caso.
«Ti ho sentito.... Mentre ne parlavi con Bernard prima del mio arrivo a casa tua... »
«André io... »
L'uomo sorrise, poggiando il braccio sullo schienale della sedia.
«Non ti preoccupare... Potevi dirmelo »
«Ah si? »
Alain alzò gli occhi al cielo, portandosi una mano alla fronte.
«Sai perché non ho voluto dirti niente? Perché non volevo vederti soffrire! Lo capisci questo? »
«Certo e te ne sono grato, credimi »
André si alzò dalla sedia e poggiò i fogli vicino Bernard.
«Questi vanno bene, puoi usarli »
Detto questo, prese il suo mantello ed uscì dalla casa. Se era sicuro di  riuscire a digerire quella notizia... Perché ora si sentiva così male?
 
///@///
 
«Oh Renée! Ciao! Va tutto bene? Sembri preoccupata... »
«Rosalie, scusa il disturbo ma... mio padre è qui? »
«Ehm no... E' uscito più di un'ora fa... non è a casa? »
«No... »
«Cosa succede? »
Chiese Bernard guardando in direzione di Renée e della moglie, incuriosito, seguito da Alain.
«André non è a casa, credevo che fosse da voi… »
«Cosa? »
«Doveva tornare a casa due ore fa... Ho paura che sia successo qualcosa... »
Renée alzò lo sguardo verso i tre, sperando che loro le potessero dire dove si fosse cacciato quell'uomo.
«Sapete dove possa essere? Se doveva svolgere delle commissioni o altro? »
Il tono preoccupato della ragazza li fece preoccupare ancora di più. Si guardarono negli occhi, cercando di ricordare le parole che aveva detto prima di andarsene.
«Lui non ci ha detto niente, è uscito e basta, in silenzio... »
«Io so che doveva solo consegnare dei fogli a Louis al mercato ma mi disse che sarebbe passato domani mattina perché ormai si è fatto tardi »
«Anch'io so che doveva dare delle cose a Louis... »
Disse Rosalie, girandosi verso Renée. La ragazza abbassò il capo, ancora più preoccupata di prima.
«Oh... »
Il volto di Alain si illuminò, come aveva potuto non pensarci prima?
«Forse so dove trovarlo... »
I tre si scambiarono un'occhiata, non capendo a quale luogo si riferisse.
 
///@///
 
André stava passeggiando lungo la Senna, passando per quel piccolo marciapiede sotto i ponti che collegavano le due sponde della città.
"Ah... proprio lì hanno ferito Oscar..."
André si fermò a guardare quella scalinata dove c'erano tracce di sangue e  una piccola spilla dei soldati della guardia metropolitana. Ricordava perfettamente quella sera e sentì un brivido attraversargli la schiena. Si sedette, poggiando la schiena al muro. Parigi al tramonto era bellissima. C'era un'atmosfera magica, una maschera copriva la città e sembrava perfetta. Non sembrava neanche Parigi. Così calma, così silenziosa... Abbassò lo sguardo, guardando la Senna e non nascose una smorfia di disgusto. Era sporca, lurida, poteva intravedere qualcosa galleggiare, forse il corpo di qualche parigino o soldato. L’immagine del Massacro della notte di San Bartolomeo gli si presentò davanti.
"Che silenzio... Mette quasi i brividi... "
Alzò lo sguardo verso il cielo e vide la luna che stava portando l'oscurità su quella città, prima definita dell'amore ed ora della fame. Sospirò.
"Dovevo essere colpito io da quel proiettile... non lei... perché ti sei messa in mezzo Oscar? Dovevo essere io a proteggerti, dovevo fare io da scudo umano, non tu. Perché? Io, che dovevo proteggerti... ma chi voglio prendere in giro? Non so neanche dove sei... se stai bene o male... almeno so che sei ancora viva... che quel bacio non era un miraggio..."
Chiuse gli occhi, ricordando quell'incontro per l'ennesima volta. Solo allora si accorse di star piangendo. Una lacrima scese lungo lo zigomo, abbassò di nuovo il capo, sospirando amaramente.
"Sono un idiota..."
Stava crollando. Dopo quello che aveva sentito, aveva perso le speranza. Lei non lo voleva, forse non l'aveva mai voluto. Chi diavolo era il Generale Beauharnais? Dove l’aveva conosciuto? E perché si trovavano insieme all’opera? Stava male, ma perché mostrarlo? Non voleva che i suoi amici lo vedessero, o peggio, che Renée lo vedesse in quello stato.
"Questa non era la Oscar che conoscevo... no... non è da lei..."
Soffocava i singhiozzi, teneva il capo poggiato sulla gamba piegata con una mani tra i capelli.
«André... »
L'uomo asciugò veloce le lacrime, per poi alzare lo sguardo. Un improvviso buio lo colse di sorpresa, sussultò spaventato.
«Alain... »
Piano piano la vista sembrò tornare di nuovo, Poco lontano scorse Renée, Rosalie e Bernard che lo fissavano preoccupati. Da quanto erano lì? Da quanto lui era lì? Si alzò lentamente, sistemando il mantello sulle spalle.
«Padre... »
André si voltò a guardarla e le sorrise tristemente.
"Oh mia piccola Renée... Ti ho fatto soffrire, eh? Lo vedo dai tuoi occhi rossi... Tu hai pianto, per colpa mia..."
Si avvicinò a lei e la ragazza si buttò tra le sue braccia, legando le braccia dietro il collo dell'uomo.
«Torniamo a casa... »
 
///@///
 
«Mi hai fatto preoccupare, sei un'incosciente! »
«Mm... Sembri mia nonna così... »
La ragazza lo fulminò con lo sguardo, poggiando le mani sui fianchi  sotto lo sguardo divertito di André.
«Ho avuto paura che ti fosse successo qualcosa... Non farlo mai più... »
L'uomo non rispose, si limitò solo ad annuire. Non toccò cibo a cena, non disse niente,  non se la sentiva di fare niente.
«Da quanto tempo mi stavate osservando? »
«Da un po'... Volevo che ti sfogassi... »
André sorrise amaramente, le diede un bacio sulla fronte e si ritirò nella sua stanza a dormire. O almeno era quello che sperava di fare. Si stese direttamente sul letto, senza cambiarsi.
"Forse... Se Enora non fosse morta... Forse avrei tentato... Si... Merita di avere una famiglia... Una madre e un padre che la amino.... Lei non merita di vivere da sola.... Io non posso lasciarla sola... Non voglio che lei soffra la mancanza dei genitori..."
All'improvviso sentì dei singhiozzi.
"Renée...?"
Socchiuse la porta e vide la ragazza piangere, seduta a tavola. Aprì completamente la porta e si avvicinò alla ragazza, inginocchiandosi vicino. Renée si voltò a guardarlo sorpresa e tentò di asciugare le lacrime ma André la fermò, prendendole delicatamente il polso. Con la mano libera le accarezzò dolcemente la guancia bianca piena di piccole lentiggini.
«Perché stai piangendo? »
Renée non disse niente, si gettò tra le sue braccia e per poco non caddero a terra. Il suo pianto divenne più violento, mentre si stringeva sempre di più all'uomo. E fu allora che che capì.
"Stai soffrendo vero? Ed è solo colpa mia... Mi spiace... Mi spiace... Non volevo farti preoccupare..."
La strinse a se, accarezzandole dolcemente la schiena e le sussurrò parole dolci e di conforto.
«Padre... Padre... »



 

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Capitolo 23
*** 23 ***


«Sei tornato molto tardi questa notte, è successo qualcosa? »
Alexandre posò i guanti sulla scrivania, sospirando amaramente. Oscar si avvicinò a lui curiosa: lo aveva sentito rientrare nella sua camera verso le tre del mattino. La cosa era alquanto in solita, dato he lui era uno dei primi a ritirarsi nelle sue stanze.
«Ho avuto un incontro con una persona, doveva darmi delle informazioni su una questione che mi sta molto a cuore e anche questa sera dovrò raggiungerlo »
Oscar annuì, tenendo la testa bassa.
«Dove sono i miei figli? C'è un silenzio innaturale in questa casa... »
Alexandre alzò lo sguardo verso di lei, attendendo una sua risposta che non tardò ad arrivare
«Sono ancora molto provati dalla notizia della scomparsa di vostro padre... In più... E' arrivata questa da parte di Josephine »
L'uomo prese la lettera dalle mani di Oscar e ne lesse il contenuto svogliatamente. Poi rise. La donna corrugò la fronte, senza capire il motivo di tale risata.
«Incredibile... Vuole il divorzio...  »
Oscar sussultò sorpresa, socchiudendo le labbra.
"Vuole separarsi da lui! Oh...!"
«A-Ah si? »
Alexandre si voltò verso di lei, scrutando il suo volto. Era confusa o era solo una sua impressione? Alzò un sopracciglio, squadrandola da capo a piede.
«Tutto bene? »
«Ehm... Si... »
«Sei pallida, sicura di star bene? »
«Sì... Oggi... Adrien deve preparare l'esame con l'istruttore di musica vero? »
«Sì, perché? »
Oscar non disse niente, si limitò solo da abbassare il capo e allontanarsi dall'uomo.
"Alcune volte non la capisco proprio"
Pensò l’uomo, alzando poi le spalle.
 
///@///
 
«Bene, puoi iniziare »
Disse il precettore di musica ad Adrien. Il ragazzo annuì e prese delicatamente lo strumento a corde e l'archetto, posizionò lo spartito davanti a sé  ed iniziò a suonare. Iniziò a suonare un pezzo di Mozart e  i presenti rimasero estasiati da quella melodia perfettamente riprodotta. Era presente anche madame Josephine, seduta al fianco di Alexandre, e assisteva annoiata all’esecuzione del brano. Oscar si poggiò alla parete del muro, ascoltando distrattamente la melodia.
"Questa melodia... Dove l'ho sentita? Dove? Dov'è stato? Perché mi sento così agitata?"
Iniziò a tremare, il suo viso era diventato pallido e iniziò a sudare freddo. Portò una mano al petto, sentendo il cuore battere forsennato sotto la sua mano. Respirò profondamente, scivolando a terra con ancora la schiena poggiata al muro.

 
"«Oscar! E' a te che spetterà il compito di difenderla. Ti conviene cominciare a prepararti già da ora, per quando sarà quel giorno! »
«Salve Oscar François . Ho notato che ... Non danzi e non discuti mai con alcuno. Verresti al mio salotto, questo pomeriggio? »
«Sua maestà fa vestire da uomo le donne di cui si innamora. Le tiene presso di sé come sue amanti »
«Indossa una maschera e un costume nero. Oh, se solo lo sapeste! E' un ladro dall'agilità spaventosa... »
«Conosco una persona a cui voi somigliate incredibilmente. Una donna bellissima... con degli splendidi capelli biondi, identici ai vostri... di buon cuore e particolarmente colta... disposta a sacrificarsi per le proprie idee e voi le somigliate...  una donna bellissima. Tuttavia... nasconde la sua pelle profumata sotto uniformi militari dai galloni d'oro... e respinge gli sguardi degli uomini, proprio come fosse un fiore di ghiaccio... »
«E' per lui che non prenderete mai marito? » "
 
Adrien smise di suonare e la guardò preoccupato, cosa stava succedendo? Tutti si girarono in direzione dello sguardo del ragazzo. Alexandre si alzò di scatto dalla sedia, facendola cadere rovinosamente a terra e si inginocchiò davanti a lei, poggiando le mani sulle sue spalle.
«Oscar...? »
Ora ricordava. Lei... Lei era la figlia del Generale Jarjayes, l'unico erede del suo patrimonio...
«I-Io... »
Era confusa, quella melodia... perché si sentiva così? Che cosa stava succedendo? Cosa significava quella melodia per lei? Perché era riuscita a risvegliare la sua mente da tanto assopita?
«Oscar?! »
Sentì milioni di voci diverse confondersi nella sua testa, situazioni che non ricordava di aver mai vissuto, una vita intera passargli davanti gli occhi oscurando i volti dei suoi attori.
«I-Io... »
Alzò lo sguardo verso di lui, lo guardò terrorizzata. Svenne tra le sue braccia, ma sentì chiaramente la voce preoccupata di Alexandre ordinare alle domestiche di chiamare il dottore.
"Oh... Alexandre...."
Lui la prese in braccio, uscendo dal salotto e la portò nella sua camera e la fece stendere sul suo letto.
 
///@///
 
«Come sta? »
«Sicuramente ha sentito qualcosa. I ricordi stanno tornando, non c'è altra spiegazione. Ditemi, ha fatto o ascoltato qualcosa di particolare oggi? »
«Adrien ha suonato un pezzo di Mozart a violino e...  »
Il volto del conte si illuminò. Quel pezzo... lo suonò anche Oscar, prima di lasciarsi andare in una crisi di pianto. Prima dell'incidente...
«Quel pezzo... Era molto importante per lei, ne sono certo... »
«Capisco... Adrien ed Hortense sono con lei, forse avere i vostri ragazzi al suo fianco potrà aiutarla »
 
///@///
 
«Oscar...? Mi sentite? »
«A-Adrien... Hortense...?»
Oscar aprì lentamente gli occhi e cercò di sedersi sul morbido letto. La testa le girava ancora, in quel momento si sentiva terribilmente stanca.
«Non fate movimenti bruschi, vi siete appena ripresa, ricordate? »
La donna portò la mano alla testa, spostando i capelli dalla fronte per liberarla ma poi sorrise.
«I-Io ricordo... Io ricordo! »
I due ragazzi sussultarono, guardandosi negli occhi sorpresi, aveva recuperato la memoria!
«Oh... Madre! Madre! Padre!»
La prima ad accorrere fu madame Josephine, preoccupata dalle urla della figlia.
«Cosa succede? Perché urlate così tanto? »
Si voltò verso la donna, stava sorridendo, cosa stava succedendo?
«Io ricordo... sono la figlia del... del Generale Jarjayes e... e io mi chiamo Oscar François De Jarjayes... ho protetto la regina per più di vent'anni... sì... io... »
Il volto della contessa si incupì, doveva farlo. Era arrivata l'ora di dirle la verità. Era inutile aspettare il consenso di Alexandre.
«Esatto... poi hai rinnegato il tuo titolo per seguire gli ideali rivoluzionari e André Grandier... »
"André...?"
Lo sguardo duro della contessa la fece rabbrividire, che cosa significava? E poi… chi era André Grandier? Era sicura di conoscerlo, ma non riusciva a ricordare il suo volto, né la sua voce.
«Cosa... Cos' hai detto? »
«TE LO RIPETO UN'ALTRA VOLTA , QUINDI APRI BENE LE ORECCHIE! ERI UNA NOBILE ED HAI RINNEGATO IL TUO TITOLO PER SEGUIRE LA RIVOLUZIONE FRANCESE ED UN CERTO ANDRE'. POI MIO MARITO TI HA TROVATA MORENTE PER STRADA E TI HA PROTETTO PER MESI MA TU HAI CERCATO DI FUGGIRE E HAI PERSO LA MEMOR... »
La porta si aprì di scatto, Alexandre entrò nella stanza senza fiatare. Josephine si azzittì subito, intimorita dal marito. Oscar aggrottò la fronte, non capiva! Perché aveva lo sguardo di fuoco? Perché sembrava voler uccidere chiunque con esso?
«Alexandre...! Non potevamo tenerglielo nascosto all'infinito! »
Tentò di giustificarsi la donna, ponendosi tra l’uomo e la donna.
«Esci subito Josephine. Non mi interessano le tue giustificazioni »
«Alexandre, questa ragazza ha il diritto di conoscere la propria identità! »
«Ho detto... ESCI SUBITO! »
Odiava urlarle contro ma in quel momento era costretto a farlo, vide la moglie avvicinarsi con i due figli alla porta ma prima di uscire si voltò a guardarlo.
«Sei un vigliacco, Alexandre! Oscar non è l'unica persona che hai imbrogliato. Stai imbrogliando anche il tuo cuore! »
Sbatté la porta violentemente, lasciandoli soli. Oscar, nel frattempo, si era alzata dal letto e si era avvicinata all'uomo sconvolta da quel dialogo.
«Alexandre... tu... tu... mi hai mentito... ? Sapevi tutto su di me, non è vero? Eppure mi hai mentito... »
L'uomo la fissava, senza dire una singola parola, usando quello sguardo che tanto odiava: freddo ed impassibile, come solo un soldato riusciva ad avere.
«ALEXANDRE, NON CI POSSO CREDERE! PERCHE'...? PERCHE'?! »
Copiose lacrime iniziarono a rigare il suo viso, ma lui non se ne importò, uscì dalla stanza senza degnarle di una parola. Oscar cadde in ginocchio e pianse.
"E pensare che io... Io..."

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Capitolo 24
*** 24 ***


Ultimamente stava facendo dei sogni molto strani e si svegliava sempre prima dell’alba, inquieto. Sentiva che stava per succedere qualcosa, qualcosa di grande, però non sapeva se sentirsi felice o angosciato. Quella mattina si era  svegliato prima del solito, fuori era ancora buio. Passò una mano sul volto, sospirando stancamente. Immerso nei suoi pensieri, non si era neanche reso conto del sole che sorgeva e che gli illuminava il viso che, dopo essersi lavato e vestito, aveva preferito sostare ancora un po’ sul letto. Ricordò la notte del 12 luglio scorso, anche allora si era svegliato presto. Lei era sdraiata a pancia in giù: la schiena bianca era parzialmente coperta da un lenzuolo, la guancia destra poggiata sul guanciale e una mano posta vicino alle labbra… sembrava un angelo. Ricordava ancora quel segno di passione che le aveva lasciato, piccolo, sulla base del collo, trovato poi gemello su di lui. Si alzò di nuovo con mala voglia e si avviò nella cucina dove Renée era intenta a mangiare un piccolo pezzo di pane.
«Buongiorno tesoro »
«Buongiorno padre »
André posò un bacio sul capo della ragazza, accarezzandole poi il viso.
«Qualche giorno fa è venuto un certo Kilian, mi ha chiesto di te... »
«Kilian? »
La ragazza arrossì: Kilian era un ragazzo che aveva conosciuto quando abitava ancora con la madre e il patrigno. Era alto, magro, i capelli neri gli incorniciavano il viso perfetto e gli occhi erano profondi e scuri. Si erano conosciuti la prima volta da piccoli nella piazza del villaggio ed erano diventati inseparabili, ma poi lei scappò di casa e persero i contatti. A quanto pare era riuscito a trovarla.
«Devi dirmi qualcosa, Renée? »
André sorrise, aveva intuito che tra Renée e quel Kilian ci fosse qualcosa ma voleva sentirlo dire dalla sua bambina.
«Ehm... Ecco... I-Io... »
«Non ti mangio, puoi parlare »
«Credo di... Ma... »
«Di...? »
«E’ un bravo ragazzo ed è… carino »
Aveva sussurrato quelle parole mentre il suo viso iniziava  a tingersi dello stesso colore dei suoi capelli. André rise, poggiando poi una mano sulla spalla della figlia.
«Ti  sei innamorata, dovresti essere felice, lo sai? »
«Lo so ma... Ho paura... »
«Di cosa? »
«I-Io... Sono... Sono stata... E... E ho... Paura che... »
«Hai paura di avere una relazione perché temi di essere di nuovo oggetto di violenza... Capisco che tu possa sentirti così ma... Ti assicuro, che non tutti gli uomini sono così... Ci sono uomini che darebbero la vita per la propria amata, che sono disposti a rinunciare a tutto per l'amore di quella donna, anche di rinunciare alla felicità... Ma quando lei se ne renderà conto, quando anche lei proverà i tuoi stessi sentimenti, si prova un amore completo, che niente può distruggere, neanche la morte... »
André abbassò il capo. per poi alzare lo sguardo verso Renée.
«Mia madre ti ha sempre amato... Nonostante tutto... »
«Io non sapevo neanche della tua esistenza, eppure lei sapeva dove cercarmi... Ma non l'ha mai fatto... »
«L'ha fatto per il tuo bene... Ne sono certa! »
Alzò le spalle, abbozzando un sorriso.
«Oggi devi andare da qualche parte? »
«Da Alain, dobbiamo decidere sul da farsi... »
«Capisco, quando tornerai? »
«Non lo so, credo tra un paio d'ore, non ti preoccupare tornerò per cena se le cose dovessero durare più del previsto»
Le accarezzò la guancia bianca per poi uscire dalla porta, incamminandosi per andare dal compagno. Per le strade c’era una calma innaturale, poca gente camminava insieme a lui, chi verso il mercato, chi verso casa.
"Che strano... è davvero innaturale"
Sentì un brivido, deglutì a vuoto.
«I SOLDATI! »
«SONO ARRIVATI I SOLDATI! »
«VIA! CORRETE! »
André si girò di scatto, in lontananza sentiva dei cavalli. Rapidamente si nascose in un vicolo, osservando la scena. Un intero plotone di soldati aveva invaso la città ma non riusciva a scorgere il volto del generale al comando.
«Generale de Beauharnais, procediamo? »
«Sì, dovete catturate tutti questi uomini »
"Beauharnais?"
Sussultò, era il generale che Alain aveva visto con Oscar. I soldati avevano preso con la forza una decina di uomini e li fucilarono poco dopo, accanto a quello che rimaneva della Bastiglia.
"Oh mio Dio... stanno uccidendo i seguaci di Robespierre... "
Molto probabilmente lui avrebbe fatto la stessa fine.
"Maledizione... Dobbiamo fare qualcosa!"
All'improvviso un foglio si posò sul suo stivale.
"Ma questo..."
Era la lista degli uomini che dovevano catturare, ed in cima alla lista c'era il suo nome e a seguire quelli di Bernard ed Alain. Ma c’era una cosa che non gli tornava, perché i loro nomi erano sbarrati? Come facevano a sapere i loro nomi? Tutti i soldati della guardia di Oscar erano stati dati per morti!
"Noi... Siamo salvi? Perché i nostri nomi sono stati barrati? Non ci vogliono uccidere? Quel Beauharnais... Che cosa vuole fare?"
Ripiegò quel foglio con le mani tremanti. Coprì il capo con un cappuccio, cercò di nascondere il più posibile il volto e si incamminò di nuovo verso casa di Alain.
 
///@///
 
«Non capisco... Perché cancellare i nostri nomi? »
«E' quello che sto cercando di capire... Non ha senso! Hanno ucciso dei semplici seguaci prima... »
«La cosa che mi sorprende è il fatto che abbiamo segnato il tuo nome per primo André.... E' vero sei uno dei soldati ribelli, ma credevo che pensassero che tu fossi morto! »
«Voi soldati siete stati dati per morti, come fanno a sapere di voi due? »
«Bernard ha ragione, tu non ti sei mai mostrato! Rischi più tu che ci aiuti a... »
«Io conosco molto bene sia la reggia che tutti gli altri palazzi aristocratici nella zona... Pur volendo posso anche darvi le coordinate per farvi entrare senza essere scoperti... Sono una minaccia per loro e so già chi potrebbe aver venduto il mio nome »
«Il generale? »
«No... Il conte De Girodelle »
Lo sguardo di André si fece freddo e duro. Odiava tremendamente quell'uomo e la proposta di matrimonio che  aveva fatto ad Oscar aveva aumentato ancora di più quell'odio, ricambiato dal conte.
«Ne sei sicuro André? »
Dissero i due, notando lo sguardo dell'uomo.
«S^ e credo che abbia venduto anche i vostri... Deve aver sentito i vostri nomi da qualche parte, ne sono certo! »
Sbatté il pugno contro il tavolino, ma si rese conto che era inutile arrabbiarsi, non poteva fare niente.
«Cosa vorresti fare? »
«Niente, sarebbe inutile. Se mi mostrassi metterei in pericolo non solo voi ma anche tutti i rivoluzionari e non voglio farlo. Non voglio far preoccupare ancora Renée... »
«Capisco... Dobbiamo andare André, ti ricordi? Oggi dobbiamo recarci tutti fuori città per il comizio e abbiamo bisogno anche di te »
«Vero... Andiamo a prendere i cavalli... Così ne approfitto per avvisare mia figlia... Ci vediamo vicino alla solita locanda »
 
///@///
 
«Che tempaccio... »
«Già... Speriamo che non venga a piovere... Ah ecco Alain! »
Il cielo era coperto da grosse nuvole nere, il vento era gelido e la città deserta. Quel silenzio era surreale, sembrava di essere in una città fantasma. André ripensò alla sparatoria avvenuta nel pomeriggio ed un brivido freddo gli percorse ancora la schiena, facendolo sussultare.
«Lo sapete voi che siamo ancora in tempo per tornarcene a casa e starcene per fatti nostri nel letto caldo, vero? »
«Non sai quanto hai ragione amico mio ma il dovere ci chiama »
I tre partirono al galoppo, uscirono dalla città e si inoltrarono nel bosco poco lontano. Qualche minuto a cavallo e sarebbero arrivati. Erano arrivati a metà viaggio quando un ombra sbucò dal bosco vicino, spaventando i cavalli.
«Ehi, tu! Sei tutto intero?! Ce la fai ad alzarti in piedi?! »
André scese dal cavallo, lasciando le redini a Bernard, e insieme ad Alain si avvicinò alla figura.
Poggiò la mano sulla spalla dell'uomo ma quest'ultimo si allontanò di scatto, mostrando il corpo magro nascosto prima dal largo mantello nero.
«Dobbiamo chiamare aiuto! »
«Vado io André, tu e Bernard portatelo con voi vi raggiungo »
«Lo portiamo da me, avverti anche Rosalie da parte mia! »
Disse Bernand prima che l’amico partisse a cavallo. L'uomo cercò di alzarsi ma le gambe sembravano non reggerlo più e cadde su André.
«Ti fa male la gamba? Sei ferito? »
L'uomo alzò il capo, il cappuccio nero cadde e mostrò il suo volto.
«T-Tu...! »
 

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Capitolo 25
*** 25 ***


«Oscar? Ti vuole il conte »
La donna si voltò rapidamente verso la cameriera, sorpresa dalla richiesta di lui. In quei giorni si erano evitati, Madame e i figli le avevano chiesto di restare con loro e lei aveva accettato, non aveva posto dove andare alla fine. Ora non capiva l’urgenza di Alexandre di voler parlare con lei. Posò il libro che aveva preso dalla piccola libreria nel salotto al proprio posto e si avviò verso lo studio del conte, sicura di trovarlo lì. Bussò leggermente la porta e un secco “avanti” le ordinò di entrare.
«Hai bisogno di qualcosa, Alexandre? Cos'altro puoi volere da me, dopo avermi mentito in quel modo? »
Gli disse freddamente, ferita ancora da quello che era successo. Lui la conosceva, sapeva chi fosse, non solo il suo nome ma anche la sua vita prima dell’incidente e non le aveva detto nulla. L'uomo era seduto alla scrivania con dei fogli in mano, non portava la sua solita divisa anzi aveva una semplicissima camicia bianca, un po' aperta sul petto.
«Sta' zitta e siediti »
"Che modi..."
Oscar si sedette di fronte a lui, il suo sguardo era freddo e tagliente. Incrociò le braccia al petto, in attesa di un suo gesto e di una sua parola. Alexandre le passò dei fogli che aveva tra le mani e Oscar li esaminò velocemente, senza capirne un motivo. Erano dei documenti falsi e una falsa lettera che le chiedeva di raggiungere l’Inghilterra per aiutare la madre malata.
«Ma questi... »
«Li ho fatti falsificare nel modo più realistico possibile. Prendili, attraversa la frontiera e va in Inghilterra. Farò io da garante, in modo che non ti accada nulla durante il viaggio »
«Ma... Alexandre io non so ancora chi sono realmente! Come puoi... »
Oscar prese quel briciolo di pazienza che si era promessa di mantenere durante il loro colloquio. Si alzò di scatto dalla sedia, poggiando entrambe le mani sulla scrivania.
«Sei la sesta figlia femmina del generale Jarjayes, una famiglia molto vicina alla corona francese. Sei stata cresciuta come un uomo sin da piccola e hai affiancato la regina Maria Antonietta fino il 1788. Non so esattamente per quali circostanze il tuo plotone si è unito ai rivoluzionari e dopo la presa della Bastiglia ti ho ritrovata per strada sanguinante. Appena ti sei ripresa volevi tornare a Parigi sulle tracce del rivoluzionario André Grandier »
"André Grandier?"
«Essendo che tu sei l'unica persona a sapere di preciso dove si trovano Robespierre e i suoi ti ho tenuta prigioniera nella mia casa. E poi, un giorno, a causa di un incidente , hai perso la memoria di tutto ciò che ti era successo fino a quel momento »
Oscar era immobile come una statua, cercando di immagazzinare tutto quello che Alexandre le aveva detto. Portò istintivamente la mano alla testa.
«Alexandre... Si può sapere chi è questo André Grandier? Perché tutti lo state nominando? Che tipo di legame esiste tra me e lui? »
«Non lo so neanche io. Forse tra voi è successo qualcosa, tempo fa. L'unica certezza... E' che ormai l'oggetto dei tuoi desideri è diventato irraggiungibile. André Grandier è scomparso tempo fa e la probabilità che sia morto è altissima »
Oscar sussultò. Quell'uomo... Era morto? Oscar si poggiò alla sedia affianco, cercando di calmare il tremore delle gambe. Sentì come se il mondo le fosse appena crollato addosso, e un’ansia le scosse il corpo.
«Oh... Dunque adesso non hai più bisogno di me... E quindi vuoi portarmi via dopo avermi raccontato tutta la verità... Ormai non puoi più usarmi in alcun modo...E io che per tutto questo tempo sono vissuta in casa tua... Fidandomi ciecamente di te, senza sospettare nulla di ciò che mi hai appena rivelato. Ero felice della gentilezza che mi mostravi! Ero convinta che tu fossi il mio unico protettore... Se non ti vedevo per un po' di tempo, mi mettevo a cercarti dappertutto come una disperata! Ti seguivo come si insegue un'ombra evanescente! »
La sua voce si abbassò progressivamente, fermata da alcuni singhiozzi soffocati. Alexandre non aggiunse altro, continuò ad ascoltarla senza smettere di guardarla.
«E invece adesso viene fuori che ti sei servito di me come un’oggetto! Che mi hai tenuta con te soltanto per raggiungere i tuoi obbiettivi! Che  hai sfruttato la mia amnesia! »
«No... Oscar, no... »
Alexandre tentò di avvicinarsi a lei ma Oscar lo respinse, allontanandosi da lui rapidamente. Si asciugò le lacrime e cercò di tranquillizzarsi; prese i documenti sulla scrivania dell'uomo con le mani che tremavano sotto lo sguardo di Alexandre. Si vergognava così tanto delle sue parole.
«Me ne vado. Grazie... Di tutto... Grazie di aver fatto... Preparare... Questi documenti... »
L'uomo scagliò un pugno contro la scrivania ma Oscar non volle darci peso.
«Grazie per avermi tenuta in casa tua per tanto tempo... »
Oscar gli tese la mano ma lui le diede le spalle, voltandosi a guardare fuori la finestra.
"Oh..."
Oscar abbassò la mano, si voltò anche lei e si avviò fuori dallo studio con passo lento.
«Non hai capito niente... »
Si fermò a un passo dalla porta, la mano sospesa in aria vicino al pomello della porta. Si girò incuriosita dalle sue parole, allontanò la mano dal pomello e fece alcuni passi verso di lui. Alexandre era di fronte a lei, fu una questione di secondi e si ritrovò stretta a lui, e le labbra ad imprigionare le sue. Oscar sgranò gli occhi, poggiando le mani sul petto di lui. Sentì una fitta al cuore, la sua anima urlare, la mente offuscata. Alexandre si chinò di più verso di lei, approfondendo il bacio. Si staccò lentamente da lei, il capo della donna poggiato sul suo petto; lei ascoltava il battito impazzito del suo cuore, lui la teneva stretta tra le sue forti braccia.
"Oh... sento il battito del tuo cuore così vicino a me... Ricordo che, in un giorno lontano, ho affondato il viso nel petto robusto e confortante di qualcun altro... E ho chiuso gli occhi, come sto facendo adesso... Affidandomi unicamente a questa dolce sensazione di tepore..."
«Sono proprio uno stupido... Non mi sono accorto di niente, finché Josephine non mi ha aperto gli occhi... »
"Perché ti ho riservato un trattamento così crudele, in modo del tutto irragionevole e immeritato?"
Pensò lui alzando poi lo sguardo al cielo, corrugando la fronte. Oscar si aggrappò alla sua camicia, sperando di non farlo scappare ancora.
«Non... Non lasciarmi.... Tu per me sei molto più importante dell'Inghilterra... »
Si era innamorata di un uomo che non poteva avere ma che, a quanto pare, ricambiava i suoi sentimenti. Alzò il capo, guardandolo negli occhi mentre copiose lacrime le rigavano le guance rosse per l'imbarazzo. Alexandre sorrise, spostando alcune ciocche di capelli dal suo viso, donandole un nuovo bacio. Respirò a pieni polmoni il suo profumo, le mani poggiate sul petto, il suono del battito del suo cuore... Era lì che voleva stare.
«Se io fossi responsabile del tuo destino... Probabilmente ti avrei già rapita... Se potessi disporre di te a mio piacimento, come è accaduto in passato... Probabilmente ti avrei già fatta mia, anche a costo di usare la forza....Noi esseri umani siamo destinati a sfidare continuamente noi stessi, anche se percepiamo la sostanziale utilità di questo atteggiamento... Ci rendiamo conto del fatto che lottare contro la sorte è sciocco…Eppure, poiché questa è l'unica strada attraverso la quale percepiamo l'autenticità della nostra esistenza...E che non porterà alcun frutto. Non ci resta altro da fare se non procedere senza sosta... »
Oscar sussultò, stringendo le spalle.
«Non capisco... Non riesco a capire! Perché dici così?! Che hai intenzione di fare? »
Alexandre abbassò il capo per poterla guardare meglio negli occhi, avvertì una stretta al cuore nel vederla stupita dalla sua frase.
«Vorrei che tu andassi in Inghilterra dove potrò saperti sana e salva prima che la Rivoluzione diventi ancora più violenta... Devi affrettarti, Anzi mi scuso per averti trattenuta oltre per un motivo tanto futile »
Si allontanò lentamente da lei, facendo scivolare tra le dita l’opportunità di una vita insieme.
"Ormai i tuoi occhi... Mi attraversano come se fossi trasparente e si posano oltre... E' come se la passione bruciante di un attimo fa fosse stata solo un'illusione!"
 
///@///
 
Aveva giurato a se stessa di non voltarsi, di non tornare indietro e di non cedere al suo cuore. Ormai le nuvole avevano coperto il cielo, il vento era freddo e il mantello nero che indossava non la riscaldava.
Stava camminando verso la città, aveva chiesto ad Alexandre di non essere scortata da uno dei suoi soldati e lui l'aveva accontentata, regalandole una dolce carezza al braccio. Era ancora stordita da quello che era successo nel suo studio, sentiva ancora il calore delle labbra di lui sulle sue... Se non di fosse fermato lui... Scosse la testa, non doveva pensarci! Attraversò velocemente il piccolo sentiero ma non si accorse dei tre cavalli che stavano correndo.
«Ah! »
Cadde a terra, spaventata e cadendo prese una storta alla caviglia. Trattenne un grido di dolore, poggiò la mano sulla caviglia dolorante.
«Ehi, tu! Sei tutto intero?! Ce la fai ad alzarti in piedi?! »
Un uomo si era avvicinato a lei e poggiò una mano sulla sua spalla ma si allontanò, stava bene.
«Sicuro? Devo chiamare aiuto? »
Sentì altre due voci parlare, ma un improvviso mal di testa la colpì violentemente. Portò una mano al capo, sperando che il dolore passasse subito. Tentò di alzarsi, ma le gambe le tremavano ancora terribilmente ed inciampò sull’uomo che aveva davanti.
«Ti fa male la gamba? Sei ferito? »
Alzò il capo per guardare l’uomo negli occhi, il cappuccio del mantello la scoprì il volto.
«T-Tu! »
Disse tremando lei, sotto la faccia stupita dell’uomo, prima di svenire tra le sue braccia.

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Capitolo 26
*** 26 ***


Non ricordava bene cosa fosse successo. L’unica cosa di cui era certa era di aver incontrato degli uomini e che era svenuta tra le braccia di uno dei due. Alzò lentamente il busto, guardandosi in giro. Non era a palazzo, di questo ne era certa. La camera non aveva i muri decorati da quadri e grandi finestre, non c'era un grande candelabro di cristallo, non c'era quell'odore di narcisi, le lenzuola non erano seta, non era una camera grande e sfarzosa era... Semplice. Era piccola e pulita, le lenzuola bianche profumavano di buono, il letto morbido, una piccola finestra dava sulla strada, dalla quale entrava la luce del sole mattutino, c'era un piccolo tavolo con uno sgabello in un angolo, vicino la porta, un armadio non molto grande poco lontano dal letto. Corrugò la fronte, conosceva quel posto. Aveva già dormito in queste lenzuola. Istintivamente portò una mano al collo. Girò il volto verso l’uomo che sedeva al suo fianco. Stava dormendo, la schiena poggiata su una scomoda sedia in legno, il volto chinato verso sinistra, il braccio teso verso il letto. Abbassò lo sguardo sulla sua mano, notando che stringeva debolmente la sua. Tornò a guardarlo interrogativa. Era lui l'uomo che aveva popolato i suoi sogni da quando aveva perso la memoria. L’uomo dai capelli neri, solo più corti, dallo sguardo verde smeraldo. Lo vide muoversi leggermente e aprire gli occhi. Si stiracchiò sulla sedia, muovendo le spalle.
«Uhm... Che nottata... »
La sua voce era profonda e dolce, un po' roca...
«Oh... Ti sei svegliata... »
Lui sorrise, notò due piccole fossette sulle guance, ai lati delle labbra. Accennò un debole sorriso, senza dire nulla.
«Come ti senti? Ti fa male la caviglia? »
Con la mano libera le accarezzò dolcemente la guancia. Lui avvicinò la sedia al letto, lei arrossì nel vederlo così vicino.
«Che fai? Arrossisci? »
«I-Io... »
Le regalò un nuovo sorriso, per poi baciarle la mano, senza allontanare lo sguardo.
«Sto bene... mi fa solo un po' male la caviglia e la testa mi gira... »
«Beh... è normale, sei svenuta... »
«Oh, capisco. Mi chiamo Oscar »
Lei sorrise, sperando non le chiedesse il perché del nome maschile, ma lui la guardò divertito, cercando di trattenere una fragorosa risata.
«Lo so chi sei, Oscar! Non c'è bisogno di presentarti!»
«Davvero? »
«Ma stai scherzando? Forse il tuo mal di testa è più forte di quanto immaginassi...! »
«Forse… forse hai ragione… puoi ripetermi il tuo nome? Forse così riuscirò a fare mente locale »
«Oscar… sono io! André! »
Oscar sussultò, André? Aveva detto André?
«André? André Grandier? »
«Sì...? »
Corrugò la fronte, senza smettere di sorridere. Stava giocando? Avevano vissuto per più di vent'anni sotto lo stesso tetto e non riusciva a riconoscerlo? Forse non doveva tagliarsi i capelli...
«A-Allora è proprio vero che tu mi conosci... Credevo che fossi morto... »
Quel bel sorriso che aveva prima scomparse all'improvviso, lasciando sul suo volto un'espressione di stupore.
«A-Allora mi conosci davvero? Ti prego, dimmi perché ho abbandonato tutto per venire a cercarti! Se è vero che mi conosci, allora ti supplico, spiegamelo ! Che tipo di rapporto esiste tra di noi?! »
Un brivido lo scosse, d’improvviso. Aveva perso la memoria? Quand’era successo? Quel giorno… lei ricordava! Ha perso la memoria in quell’occasione? Cos’era successo?
«Oscar... Oscar, non è possibile...! Perché non...?! Io... Non può essere... »
L'uomo prese il suo volto tra le mani per poi stringerla a sé. Oscar rimase impietrita tra quelle braccia. Poggiò la fronte sul suo petto, tremando.
"Perché provo questa sensazione di benessere? Perché tra le sue braccia e non tra quelle di Alexandre... Forse io... Ero innamorata di te? Ma io non ricordo! Non ricordo di provare un sentimento del genere nei tuoi confronti! Non mi ricordo neanche di te! Oh... Mi spiace! Io..."
 
///@///
 
«Non ricordi niente della tua vita precedente? »
«No, o meglio, ricordo qualcosa ma, niente di importante... credo... »
Non aveva la più pallida idea di chi fossero le persone intorno a lei. Riconosceva le voci, ma il loro volto non le dicevano nulla. Si erano presentati, Bernard Chatelet e la moglie Rosalie Lamorlière e il soldato Alain de Soisson. Il nome dei due uomini non le era nuovo, Alexandre aveva una lista con i nomi di rivoluzionari da fermare e arrestare. Anche Grandier faceva parte della lista. Era rimasto in disparte. Prima sembrava così felice mentre ora sembrava freddo e pensieroso. Si chiese cos’avesse trovato nel suo sguardo, ne sembrava interessato.
«Quando hai perso la memoria? »
Chiese Rosalie, era così dolce e minuta, sembrava una delle bambole di porcellana della piccola Hortense.
«Da quando i sovrani si sono trasferiti a Parigi... »
André sussultò.
"Quel giorno... maledizione...! Non dovevo costringerti ad affrontare la folla! E' tutta colpa mia! Sono un idiota..."
Oscar lo guardò per un instante.
"Dev'essere dura... ma non posso farci niente... "
«Cosa ricordi in particolare? »
Chiese, “com’è che si chiamava?”, Bernard.
«Ecco... ricordo di essere la figlia del generale Jarjayes... e che sono cresciuta come un uomo... poi mi hanno detto che ho affiancato la regina... »
«Ti hanno detto? »
Alain aveva l'aria simpatica però il tono della sua voce la fece rabbrividire.
«Sì, la famiglia che mi ha ospitato... »
Aveva parlato troppo, Alexandre era un nobile e non voleva metterlo in pericolo. Loro erano dei rivoluzionari, non potevano capire...
«Chi ti ha ospitato? Dobbiamo ringraziarli... »
Bernard era un uomo particolare, un po' misterioso forse, ma le piaceva. All’improvviso bussarono alla porta, lei tirò un sospiro di sollievo.
«Buongiorno Rosalie! Disturbo? »
«No Renée, affatto! Ah! Ti presento Oscar... »
Renée sgranò gli occhi, guardando la donna seduta poco distante. Era bellissima. Proprio come l’aveva descritta il padre.
«E' un piacere conoscerti Oscar! Io sono Renée Grandier »
Oscar le sorrise. La conosceva? No, né il suo volto né la sua voce le dicevano nulla.
«E' un piacere anche per me conoscerti Renée »
Renée ricambiò il sorriso, diede una lettera ad André e se ne andò a lavoro.
«V-Vi stanno cercando... »
Disse Oscar all'improvviso.
«Vi vogliono morti, siete i primi di una serie di rivoluzionari.... »
«Lo sappiamo Oscar, non devi preoccupare, guarda »
André le diede il foglio che aveva recuperato il giorno prima, lei gli diede un'occhiata veloce.
«Alexandre... E' lui ad aver cancellato i vostri nomi... Riconosco la sua scrittura...»
Aveva sussurrato ma André la sentì lo stesso.
«Alexandre? Alexandre de Beauharnais? »
Oscar sussultò. L'aveva sentita?
«Tu lo conosci? »
Era inutile tenerlo nascosto, tanto prima o poi l'avrebbero scoperto. Deglutì a vuoto.
«Si... Lui... Lui mi ha ospitata... Voleva che gli rivelassi tutto su Robespierre e su dove si tenevano le riunioni... »
Il solo parlare di lui la faceva rabbrividire, sentiva lo sguardo attento di André su di sé. Ricordò il bacio che si erano scambiati qualche ora prima, arrossendo.
«Ma non ricordo niente della mia vita privata, perché dovrei ricordarmi di questo Robespierre? »
 
///@///
 
«Sei geloso? »
André si voltò verso di Rosalie, corrugando la fronte. Era appena uscito da casa loro, sperando di buttarsi nel letto e riposare.
«Stai scherzando spero... »
«Ho visto come la guardavi... sei geloso... »
«Se si è innamorata di un altro non posso farci niente. E' del tutto ovvio che lei si sia innamorata di lui... »
"Non c'è proprio nulla di strano! Si può sapere che diavolo mi sta succedendo?! Devo darmi una calmata!"
Deglutì a vuoto, aggiustando il colletto della camicia. Rosalie corrugò la fronte, incrociando le braccia al petto, senza allontanare lo sguardo. André abbassò il capo, dandole le spalle, impedendole di vedere l’espressione del suo viso.
«Ne sei sicuro? »
Lui annuì, per poi entrare nel suo appartamento.

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Capitolo 27
*** 27 ***


Da quando si era trasferita dai coniugi Chatelet usciva sempre in città, sia in compagnia di Rosalie sia da sola. Facevano la spesa, incontravano persone nuove, parlavano e ridevano, era tutto bello e tranquillo in compagnia di quella donna. Rimpiangeva alcune volte la pace e la tranquillità della villa dei Beauharnais, il cinguettio degli uccellini e il rumore dell’acqua della fontana che smuoveva il silenzio dei pomeriggi. Quella strana solitudine la avvolgeva, facendola sentire un'estranea in quella città in cui, a quanto pare, era vissuta. La sua psiche sembrava essersi bloccata nel momento in cui aveva incontrato André.
"Come sarà stato, quando ho conosciuto quell'uomo? Quali parole d'amore gli avrò detto...?"
Non sapeva dove stava andando, il sole era già basso ma non toccava ancora l'orizzonte, doveva tornare a casa. Per le strade  non c'era più nessuno, era rimasta sola.
"André... Cercherò in ogni modo di recuperare la memoria... Te lo prometto!"
Pensò la donna decisa, stringendo i pugni. Si incamminò sotto un ponte, poco lontano vedeva il campanile di Notre-Dame. Rosalie le aveva raccontato una leggenda popolare riguardo proprio quel semplice campanile, e soprattutto del suo campanaro. Le campane venivano suonate da Quasimodo, un giovane uomo deforme e di mostruosa bruttezza che lavorava come campanaro della cattedrale di Notre-Dame. Nonostante tutti provassero disgusto e paura nei suoi confronti, Quasimodo, più comunemente detto Il gobbo di Notre-Dame, era di animo buono, anche se non aveva mai potuto manifestarlo. Trascorreva le giornate appollaiato sui gargouilles e sulle guglie: era sordo a causa della continua esposizione al suono delle campane. La sua sordità e l'assenza di persone con cui parlare lo resero anche muto. Si innamorò di una zingara di nome Esmeralda ma lei era innamorata di un cavaliere di nome Phoebus. Accusata di omicidio e stregoneria, la zingara fu condannata a morire impiccata ma prima dell'esecuzione Quasimodo riuscì a rapire l'amata e a condurla a Notre-Dame, sul cui suolo vige il diritto d'asilo. Nonostante tutto, la zingara venne trovata ed uccisa, per poi buttarne il cadavere in una fossa comune. Quasimodo, venuto a conoscenza della morte dell'amata, le fece visita alla tomba, per poi morire accanto alla donna, stringendola tra le sue braccia.
* Il suono improvviso delle campane la fece trasalire. Si avvicinò ad una rampa di scale e lì notò André, seduto sui gradini, intento a guardare il cielo rosso.
«Ciao... »
André abbassò il capo distratto, sorridendo poi alla donna.
«Ciao... »
Le fece segno di sedersi accanto e lei lo accontentò, sedendosi su un gradino più basso rispetto a lui.
«Non è bellissimo il tramonto? »
Oscar alzò il volto verso il cielo, osservando quelle sfumature di rosso e blu intrecciarsi tra di loro. Quei colori la fecero tranquillizzare, c'era un atmosfera rassicurante quel dolce tepore le fece dimenticare tutti i problemi, tutti i dubbi, tutte le incertezze. Le nuvole si perdevano all'orizzonte e si potevano scorgere alcune piccole stelle. Era tutto irreale e magico.
«Sì... Hai ragione... »
L'uomo si voltò a guardarla, i raggi rossi coloravano il viso incantato, i capelli mossi si muovevano lentamente, mossi da un debole vento. Abbassò lo sguardo, guardando di nascosto la spilla che aveva preso tempo prima proprio sotto quel ponte.
 
///@///
 
«E' come se stesse cercando di ricordare qualcosa di particolare... »
Disse Rosalie, poggiando in grembo la giacca di Bernard che stava ricucendo.
«Si ma cosa? »
Chiese Alain corrugando la fronte, muovendo la mano in aria. Rosalie alzò le spalle.
«Sembra non provare alcun sentimento... »
«E' come se vivesse in un limbo, la sua mente si rifiuta di accettare la realtà »
«Ma quale realtà Rosalie? »
«Non lo so Alain... Non lo so... »
«I suoi ricordi si fermano ad una giornata di tempesta... André tu la conosci meglio di noi, hai vissuto con lei per più di vent'anni, cosa può mai esserle successo di così importante in un giorno di tempesta? »
Avevano mangiato tutti insieme quella sera a casa di Bernard e Oscar, appena finito il pasto, si era ritirata nella sua piccola stanza a dormire.
«Una tempesta dici? Mmm... Il padre ha cercato di ucciderla, una sera di tempesta... Ma non credo sia questo il motivo... »
«Non è stata ferita gravemente o qualcosa del genere? »
«No Bernard, quella sera siamo venuti da te... »
«Mhm... Nessuna ferita, nessun trauma quindi... O grande spavento? »
André portò una mano alla fronte, cercò di ricordare un qualsiasi avvenimento che possa averla scossa durante una notte di tempesta. Fece scivolare la mano sulla palpebra ferita. La nonna gli aveva raccontato che la notte del ferimento Oscar l’aveva portato a casa e quasi l’era venuto un colpo a vederlo in quel stato. In più, lei gli disse che quella notte non aveva smesso neanche un attimo di piovere.
«Quella notte ci fu una tempesta... Lei mi rimase accanto spaventata... Forse può essere questo... »
Mormorò, sempre più sicuro della sua ipotesi e le immagini che ricordava di quella serata sembravano confermare il suo pensiero.
«O forse è successo qualcosa una notte di tempesta quando lei era a casa del generale de Beauharnais... »
Esordì Renée, pentendosene subito appena vide il volto del padre. André trasalì. Non ci aveva pensato.
«Purtroppo non abbiamo modo di sapere quali cambiamenti abbiano avuto luogo nella mente di Oscar, a forza di vivere con quell'uomo. E non abbiamo modo di sapere neanche se lui le abbia fatto qualcosa!»
Disse André soffocando la rabbia che provava. Renée si avvicinò a lui, poggiando la mano sul suo braccio.
«André... Capisco la tua rabbia... Ma questa è solo un'ipotesi... »
L'uomo sospirò, infondo Rosalie aveva ragione, poteva anche sbagliarsi su quell'uomo… Si alzò dalla sedia di scatto e uscì dal loro appartamento, per poi entrare nel suo.
 
///@///
 
"La collana... forse dovrei restituirgliela..."
André iniziò a giocherellare con il ciondolo che aveva in mano, guardando distrattamente il soffitto sopra di lui.
"Oh Oscar... riusciremo mai ad essere felici?"
Rise amaramente, ricordando quei pochi minuti trascorsi insieme quel pomeriggio, sulle scalinate che l’avevano vita, il luglio scorso, ferita quasi a morte. Che ironia della sorte, lei era viva ed era tornata su quei scalini.
"Dimmi la verità Oscar... ti sei innamorata di lui, vero? E' lui che vuoi ora? Alexandre De Beauharnais... non sai quanto ti invidio... sei riuscito a conquistarla in così poco tempo "
Ricordò Oscar voltarsi verso di lui, guardarlo per qualche istante e abbassare il volto. In quel momento aveva avuto una voglia matta di baciarla.
"Quanti baci ti ho rubato fino ad ora Oscar? Quanti? Mentre dormivamo insieme quand'eravamo adolescenti, quando la sera eri troppo ubriaca per tornare a casa e svenivi tra le mie braccia, quando dopo la mia ferita all'occhio ti addormentavi vicino il mio letto... e quante volte ti ho desiderato, eh? Innumerevoli volte... come adesso... e anche questa volta ho le mani legate perché tu non ricordi... ricordi solo di avermi amato tempo fa ma niente più... ora il tuo cuore è solo per lui... per Alexandre François Marie De Beauharnais..."



*= in realtà questa è la trama di "Notre-Dame de Paris" di Victor Hugo, pubblicato nel 1831 all'età di 29 anni. Mi intrigava la leggenda popolare che scatenava nella mente di un autore una storia tanto bella quanto complicata, al tempo di Louis XI.

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Capitolo 28
*** 28 ***


«André... Non verrà neanche oggi, vero? »
Oscar girò il volto verso la porta, sperando di veder entrare l’oggetto dei suoi pensieri. Rosalie alzò il capo verso di lei, notando il suo sguardo malinconico.
«Devi capire che è molto occupato. A volte capita che debba nascondersi, per evitare i soldati. Comunque, non preoccuparti; non ti ha dimenticato di certo! »
«Capisco... »
Oscar poggiò il bicchiere sul tavolo, sospirando amaramente, e perse lo sguardo nel vuoto.
«Ecco fatto! »
Oscar si voltò di scatto verso Rosalie, la quale sorrideva soddisfatta mentre girava tra le mani un abito.
«Cosa stai combinando? »
Disse Oscar ridendo, per poi avvicinarsi alla donna.
«Eh eh.... Un vestito. Sto rispolverando la mia abilità di sarta per confezionarne uno adatto a te! »
«Per me?! Davvero?! Ah ah! »
Rosalie diede un'ultima occhiata al vestito e si alzò, mostrandolo alla donna. Oscar lo ammirò stupefatta. Era un abito semplice, di colore azzurro cielo, le maniche erano lunghe e decorate da un po' di pizzo che Rosalie aveva conservato dopo la sua partenza da villa Jaryaies, la gonna lunga e un  semplice corsetto stringeva la vita.
«Complimenti Rosalie, è molto bello! »
«Che ne diresti di provarlo? »
«Io? Ehm... ecco... non mi sembra il caso »
«Si! Tu! Dai! Fallo per me! »
Rosalie le poggiò il vestito tra le mani e la guardò come se fosse un cucciolo in cerca di amore.
"No... non può fare quegli occhi! Lo sa che non resisto!"
«Uhm.... e va bene! Ma solo per una volta! Lo tolgo subito! »
Rosalie sorrise, annuendole e entrambe si avviarono nella camera.
 
///@///
 
«Ah... Ho una fame da lupo.... Speriamo che Rosalie abbia cucinato qualcosa...! »
Disse Bernard esausto, mentre saliva con malavoglia le scale, sotto le risate di André e Alain
«Credo di si... Senti che profumino c'è per le scale! »
«Ah! Non è giusto! Anche io vorrei avere una donna che cucini come Rosalie! E' una cuoca provetta! O come Renée! E invece, sono solo come un cane »
«Geloso, eh? »
I tre scoppiarono a ridere davanti la porta e appena Bernard l'aprì trovarono una Rosalie che spruzzava gioia da tutti i pori.
«Ah! Sei bellissima! »
«Lo dici solo perché mi vuoi bene... »
Oscar spostò leggermente la gonna, arrossendo notevolmente imbarazzata da quell’abito.
«Ah questo non c'entra! Sei veramente molto bella! »
Disse Bernard, sorridendole. Le due donne si voltarono di scatto, non avevano sentito la porta aprirsi. Oscar si nascose dietro la figura di Rosalie, abbassando lo sguardo piena di vergogna.
«Oscar credimi, sei davvero bellissima! »
André rimase sull'uscio della porta e non riusciva a staccarle gli occhi da dosso. Oscar alzò lo sguardo su di lui per alcuni istanti e avvertì un brivido lungo la schiena nel notare quello sguardo a tratti glaciale e penetrante su di sé
"Chissà come avrebbe reagito Alexandre vedendomi così... "
Pensò tra sé la donna, ricordando lo sguardo del conte.
«Ho preparato lo stufato, André? Alain? Rimanete con noi a cena? Ne ho fatto in abbondanza! »
«Mh... Perché no? »
«Io vado a cambiarmi Rosalie… non mi sento a mio agio »
Mormorò Oscar, rifugiandosi nella sua camera. Rosalie sorrise, voltandosi poi verso André che alzò le spalle, abbozzando anche lui un mezzo sorriso. Cenarono insieme allegramente, parlando del più e del meno, ridendo e scherzando tra di loro. Dopo che finirono di mangiare, Alain tornò a casa, provato dalla lunga e stancante giornata e André lo seguì. Oscar lì accompagnò alla porta e prima che André uscisse, si girò verso di lei.
«Non sono riuscito a dirtelo prima »
Oscar alzò lo sguardo verso di lui, incuriosita.
«Stavi molto bene con quell’abito »
André le sorrise dolcemente vedendola arrossire, le diede un bacio sulla fronte e si allontanò da lei, per poi aprire la porta di fronte ed entrare.
Oscar chiuse la porta lentamente;  ancora scossa da quella piccola e inaspettata dimostrazione d'affetto da parte di André.
 
///@///
 
André chiuse la porta dietro di sé e sospirò.
"Stupido, André sei uno stupido"
Si era promesso di non toccarla finché non avesse recuperato la memoria e ora?
«Va tutto bene? Sembri arrabbiato... »
«Va tutto bene, Renée... Non preoccuparti »
«Non ne abbiamo più parlato... »
«Di cosa? »
«Mi spieghi cosa sta succedendo? Insomma... la donna della tua vita vive nell'appartamento accanto e vi comportate come due sconosciuti! Si può sapere cosa state combinando voi due? »
Renée poggiò le mani sui fianchi, guardandolo intensamente con aria arrabbiata. L’uomo le fece segno di abbassare la voce, ma lei sembrò non darci peso
«Per non parlare del fatto che è mezzanotte passata! Ma dove diavolo vai a quest'ora? »
André rise, accarezzandole dolcemente la guancia.
«E' difficile Renée... molto difficile... »
«Allora cerca di spiegarmelo... non sono stupida »
«Non possiamo stare insieme... »
«Si è innamorata di un altro uomo? »
«Sì e no... Ha perso la memoria... Lei non si ricordava di me quindi... »
Abbassò lo sguardo, in quella settimana aveva cercato di evitare quell'argomento ed era difficile da accettare.
«E' colpa mia se ora non ricorda più niente, l'ho incontrata a dicembre, quando le donne si recarono a Versailles, volevo portarla a casa ma la folla ci divise... Deve aver perso la memoria in quella occasione, ne sono certo... Ed è tutta colpa mia... »
Una lacrima rigò la sua guancia, Renée lo abbracciò forte, accarezzandogli la schiena dolcemente.
 
///@///
 
Erano tutti riuniti a casa di André. I tre uomini stavano discutendo sul da farsi mentre le tre donne parlavano tra di loro indisturbate. Precisamente, erano Rosalie e Renée a discutere tra loro e ogni tanto si sentiva la voce distratta di Oscar.
«Oscar, sei pensierosa... C'è qualcosa che non va? »
«Uhm? No no... va tutto bene... stavo solo pensando... »
«Non mi dire...  »
Sussurrò Renée sarcasticamente, lanciandole uno sguardo incredulo. In quei momenti, Renée dava dimostrazione di essere degna erede di suo padre.
«Certe volte sei proprio identica a tuo padre, eh? Comunque… a cosa stavi pensando? »
«O dovrei dire... Chi? »
Oscar arrossì, abbassando il capo imbarazzata. Le due risero tra di loro, mentre Renée versò un po' di tè nelle tazze.
«Oscar, ti sei innamorata, non è vero? »
La donna si incupì, rannicchiandosi sulla sedia.
«Oh, scusa... Ho detto qualcosa di sbagliato? »
«No Renée...... Stavo pensando ad un uomo, è vero... »
«Alexandre... Non è vero? »
Oscar annuì, mentre guardava il suo riflesso della tazza piena.
«Forse è vero che mi sono innamorata di lui... ma io»
All'improvviso sentirono un pugno sbattere contro il tavolo e André si alzò di scatto dalla sedia
«André.... »
Renée e Oscar si alzarono contemporaneamente, spaventate dallo scatto dell’uomo.
«Cosa succede?! »
André abbassò il capo, doveva smetterla.
«N-Niente... mi... mi da un po' fastidio l'occhio, nulla di grave... di cosa stavamo parlando? »
«André... »
L'uomo si voltò verso Oscar e la vide spaventata e preoccupata. Oscar rimase colpita dal suo sguardo sofferente e sentì come una pugnalata in pieno petto.
"Ti ho sentito... ma va bene così... va bene così... devo calmarmi... devo calmarmi..."
Oscar si avvicinò a lui lentamente.
«Forse posso aiutarti... Alex... »
«Alexandre, Alexandre, ALEXANDRE! Si può sapere perché pensi sempre a lui?! Se ci tieni così tanto allora perché sei andata via da casa sua? Comunque d’accordo! Se ci tieni tanto, ti porterò subito da lui. In cambio, però, non dovrai farti vedere mai più dal sottoscritto! »
André vomitò le parole tutto d'un fiato, spaventando i presenti. Oscar impallidì, spaventata a morte da quell'uomo. Quello non era André, non poteva essere lui. Lui non era così aggressivo, lui non le aveva mai rivolto quelle parole di disprezzo.  Il suo sguardo era freddo, era furioso, aveva i pugni chiusi, serrati come tenaglie, e i muscoli contratti. Il suo respiro era pesante e si sentì così impotente davanti a lui, così alto e robusto.
«André ma sei impazzito?! »
«Calmati André! Perché un simile scatto di nervi?! »
Renée si avvicinò al padre, poggiando le mani sulle spalle di lui, ma André non staccò lo sguardo da quello di Oscar e sembrò mormorargli qualcosa. Oscar sussultò, intuendone il significato. Lui serrò la mascella, allontanandosi rabbiosamente dalla figlia e uscì di casa, lasciando tutti pietrificati.
“André… è questo quello che intendevi quando hai mormorato – ti amo e ti odio allo stesso tempo – ?”
Si chiese Oscar, scoprendosi la guancia rigata da una lacrima.

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Capitolo 29
*** 29 ***


Salì lentamente le scale con la mano poggiata alla parete, come se portasse un macigno sulle spalle. La testa sembrava sul punto di scoppiare e le gambe non lo reggevano quasi più. Sospirò pesantemente, ritrovandosi davanti la porta del suo appartamento alle prime luci dell’alba. Una parte di sé lo spingeva a buttarsi nel letto e a dormire, mentre l’altra lo tentava a bussare alla porta di Rosalie e di raggiunge Oscar nella sua stanza per scusarsi. Scosse il capo. Se avesse seguito quel consiglio, lei lo avrebbe cacciato. Non perché non ricordava la loro relazione, ma perché l’aveva ferita. Tossì violentemente, rabbrividendo. Era meglio tornare a casa. Nonostante tutto l’alcool ingerito il ricordo del suo volto pallido e spaventato lo tormentava e non lo lasciava andare. Aprì la porta di casa con lentezza, un improvvisa nausea gli disturbò lo stomaco. Fece una smorfia e si rintanò nella sua stanza, buttandosi a peso morto sul letto. Ripensò per un attimo a quella frase mormorata che era sfuggita al suo controllo. L’aveva sentito? Sperò di sì.
“Ti amo così tanto… e allo stesso tempo ti odio da morire”
Pensò tra sé e sé, stendendosi prono sul letto, per poi addormentarsi dopo pochi secondi.
 
///@///
 
«Mi sta evitando... completamente... »
Ammise Oscar mentre aiutava l’amica a riordinare le camicie di Bernard. Rosalie si voltò verso di lei, curvò le sopracciglia.
«Oscar... ?»
«L'ho provocato, nominandolo sempre. E' colpa mia, non sua. Lui... è innamorato di me... vero? »
Rosalie non disse niente, abbassò il capo e poggiò la giacca di Bernard sul tavolo. Oscar avvertì una forte fitta al petto, il cuore sembrò ridursi in tanti piccoli pezzi e gli occhi le si riempirono di lacrime. Perché si sentiva così male?
«Oh... »
Rosalie impallidì di colpo e perse l’equilibrio, tentò di aggrapparsi ad una sedia inutilmente ma Oscar la prese prima che potesse cadere a terra.
«ROSALIE! »
 
///@///
 
«Rosalie? Rosalie, mi senti? Sono Bernard... »
Bernard era seduto sul materasso, accanto alla consorte, e le accarezzava dolcemente il volto. Le sue mani tremavano e la sua voce non nascondeva un tono preoccupato.
«Uhm... cos'è successo? »
Rosalie aprì gli occhi lentamente, girò la testa sul cuscino e vide la propria camera da letto occupata da tutti i suoi più cari amici.
«Sei svenuta poco fa, mi hai spaventata a morte... »
Disse Oscar con voce tremante, ancora scossa dal malore che aveva colpito la donna poco prima. Ringraziò mentalmente l’arrivo anticipato di Bernard, se non fosse arrivato lui…
«Devo chiamare il dottore.... »
Alain fece per andarsene, seguito da André ma Rosalie li fermò subito
«Non vi preoccupare Alain, André… io so cosa mi accade »
Oscar la guardò spaventata, non stava bene? Era malata? Eppure non era pallida, anzi... la sua pelle era rosea, gli occhi le brillavano come due diamanti...
«Non dovete preoccuparvi per me, ogni tanto ho dei cali di pressione, è il caldo. Mi capita spesso in estate... »
Bernard annuì, strinse la mano della moglie tra le sue e poi posò un bacio sul dorso. Oscar abbassò lo sguardo, pensando quanto fosse fortunata la sua amica a stare con un uomo che l’amava con tutto il cuore e l’anima. All’improvviso un profumo familiare risvegliò i suoi sensi. Si voltò lentamente, trovando André dietro di sé. Socchiuse le labbra, come per dirgli qualcosa, ma non trovava le parole. Lui sembrò notarla, quando abbassò lo sguardo su di lei.
«Mi spiace avervi fatto preoccupare, amici, ma va tutto bene, ora mi sento molto meglio! »
Il sorriso di Rosalie li rassicurò e Bernard e gli altri decisero di ritornare alla locanda sotto consiglio della donna. Oscar aspettò che tutti abbandonassero la camera e si sedette vicino all’amica.
«Non sei preoccupata per Bernard? Non hai paura che...? »
«No, loro torneranno sani e salvi. Io lo aspetto fiduciosa, ogni sera... »
«E cosa ti sostiene, durante quest'attesa? Come ci riesci? »
Chiese alla fine, guardando la mano che poco prima André aveva stretto tra le sue. Doveva essere arrossita, sentiva le guance andare in fiamme.
«Ci riesco perché amo Bernard profondamente e condivido tutto ciò che pensa e che fa. L'ideale per cui Bernard mette a repentaglio la propria vita anima anche la mia mente... e il suo coraggio generoso riecheggia nel mio cuore. Sono certa che questi principi si trasmetteranno anche al figlio di Bernard, che sta crescendo nel mio ventre... »
Dichiarò la donna, posando una leggera carezza al ventre. Gli occhi di Oscar iniziarono a brillare e un dolce sorriso comparve sul suo volto.
«Rosalie! Allora aspetti un bambino! »
Rosalie arrossì leggermente, ancora incredula.
«Bernard lo sa? »
«No, è una sorpresa... »
Rosalie le fece l'occhiolino e Oscar non riuscì a trattenere una risata.
 
///@///
 
«Ultimamente Rosalie è strana, o sbaglio? »
Disse Bernard, attirando l’attenzione dei due amici.
«Perché dici questo, Bernard? »
André aggrottò la fronte, guardando l’amico. Alain lo sguardò curioso, Rosalie sembrava tranquilla e pacata, che fosse in uno dei suoi giorni?
«Rosalie è normalissima, anzi, sembra più felice del solito, perché ti preoccupi? »
«Secondo me è successo qualcosa, ne sono certo... »
«Mah... secondo me ti sbagli... forse è semplicemente la sua natura di donna che fa il suo corso, come ogni mese?»
«Secondo me Alain ha ragione, ti stai preoccupando per niente Bernard! La tua piccola Rosalie sta benissimo »
Poco dopo si divisero, André e Bernard si avviarono verso il centro della città mentre Alain, stanco dopo un duro turno nella guardia nazionale, preferì tornarsene a casa a recuperare le ore perse stando sveglio.
«C'è qualcosa che non va... »
Mormorò André, guardandosi in giro. Quel giorno per le strade non c’era una sola voce, era tutto molto silenzioso. Poco lontani da loro c’erano due ragazze che stavano portando delle ceste di panni e chiacchieravano tranquillamente, nell’aria c’era un leggero profumo di pane, il primo dopo giorni di puzza di cadaveri putrefatti. André si girò un paio di volte, sotto lo sguardo confuso di Bernard.
«In che senso André? »
«C'è troppa... calma. Non so spiegartelo, ma spero vivamente di sbagliarmi amico mio »
Bernard annuì, poggiò una mano sulla spalla dell’amico e continuarono il loro cammino indisturbati.
«Quella non è Renée? »
«Si, è vero... sta andando da Kilian molto probabilmente »
André sorrise, aveva conosciuto il ragazzo poco tempo prima e doveva ammettere che era un ragazzo davvero fantastico. Era simpatico, curioso e si preoccupava per la sua bambina. Gli piaceva e, chissà, se un giorno dovesse chiedergli la mano di Renée… ma cosa andava pensando? Era troppo presto per un matrimonio! Renée corse verso il panificio, fuori c’era un ragazzo ad aspettarla ed insieme entrarono nel negozietto. Iniziarono a discutere sugli ultimi avvenimenti quando sentirono il vetro di un negozio andare in frantumi e il locale prendere velocemente fuoco. Si girarono di scatto entrambi, il panificio stava per essere divorato dalle fiamme. André avvertì un brivido percorrergli tutto il corpo e il suo cuore sembrò fermarsi.
«Renée?! »
«André! Fermati è pericoloso! Aspetta! »
Corse via, disperato, pregando Dio. Pregò per trovarla viva, pregò per poterla salvare, pregò per Kilian, pregò per la salvezza di entrambi.
“Preferisco morire io, tra le fiamme, invece di dover piangere sulla tua tomba… no! Tu non sei morta! Tu sei sana e salva e Kilian ti starà proteggendo dalle fiamme! Sì!”
Non sentiva più niente, quasi non sentì il colpo di pistola alla spalla che aveva sparato un soldato poco distante per fermarlo. L'unica cosa che contava in quel momento era trovare Renée sana e salva e tornare a casa. Entrò nell'edificio in fiamme, il fumo era denso, il rosso delle fiamme colorava i muri ed era difficile avanzare. Sentì un forte dolore alla testa, quelle fiamme…
«Renée! »
Urlò di nuovo, girò il volto verso il piccolo bancone e li trovò accovacciati, vicino al muro, lei che teneva la mano alla caviglia e perdeva sangue dal volto. Kilian le stava accanto, anche lui ferito, e teneva un panno davanti alla bocca e al naso della ragazza.
«Monsieur Grandier! »
Disse il ragazzo, notando l’uomo e Renée si voltò, stupita e sembrò avvicinarsi a lui ma una trave cadde sul bancone, facendo stendere i ragazzi a terra per non essere colpiti.
«Renée, andrà tutto bene, rilassati, ci sono io con te....! »
«Ho paura...! Padre! »
Renée allungò la mano verso André, con le lacrime agli occhi, mentre le fiamme diventavano sempre più alte. I due ragazzi gattonarono fino alla fine del bancone ancora libero e riuscirono a scappare. Renée si buttò tra le braccia del padre, piangendo disperata. Ormai tutto era bruciato, non c'era più niente. Le fiamme sembravano avanzare sempre di più. André cercò una via d’uscita, avvertì una strana adrenalina per tutto il corpo.  Poco lontano c'erano delle tinozze piene d'acqua, un lampo.
«Bagnate i teli vicino il pane e indossateli ORA! »
I ragazzi annuirono e velocemente bagnarono i grossi teli del pane e si coprirono. André e Kilian aiutarono anche la proprietaria del negozio e il figlioletto ad uscire, portandoli sotto il panno bagnato. Corsero così tra le fiamme, André sperò in cuor suo di riuscire ad attraversare la porta sani e salvi e di uscire da quell’inferno. Appena si trovarono per strada, trovarono Bernard ed altri popolani che li aspettavano per    dare una mano, mentre alcuni soldati tentavano di domare il fuoco buttando secchiate d’acqua della Senna, poco distante, nel negozio.
«Renée... »
André strinse tra le braccia la figlia, trattenendo a stento le lacrime. Renée scoppiò in lacrime, strinse fortemente l’uomo a sé e non volle più staccarsi da lui. Kilian cadde in ginocchio, respirando l’aria fresca a pieni polmoni, tossendo un paio di volte.
«Tu sei pazzo »
Disse Bernard, dando una pacca sulla spalla ad André. Mentre l’amico era corso nell’edificio per salvare la figlia, Bernard aveva fatto evacuare i pochi appartamenti che c’erano sopra, e tutte le famiglie che abitavano in quel palazzo erano per strada, cercando di respirare il meno possibile quei fumi neri. André sorrise all’uomo e strinse i denti quando ricordò la ferita alla spalla.
Renée si allontanò di colpo dall'uomo, guardandolo terrorizzata, non riuscendo a trattenere un grido di paura.
«Padre! »
L'uomo abbassò il capo verso la ferita, guardando la giacca macchiarsi di un rosso vivo. Si sentì come se fosse sott’acqua, tutto divenne ovattato e l’ultima cosa che vide fu il dolce volto di una donna dagli occhi color dell’ambra e i capelli neri come la pece che gli sorrideva dolcemente.
“Madre…?”

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Capitolo 30
*** 30 ***


Si svegliò di soprassalto, alzandosi a sedere sul letto. Aveva il respiro corto. Portò le mani alla testa, cercando di rimettere in ordine gli ultimi avvenimenti. Ricordava l’incontro con Bernard e Alain, il malore di Rosalie, l’incendio… avvertì un brivido freddo lungo la schiena. Gli era sembrato, seppur per una manciata scarsa di secondi, di vedere sua madre. Era quello l’ultimo ricordo che aveva della donna, tra le fiamme della sua vecchia casa. Sentì il cuore andare in frantumi.
«Ti sei svegliato... »
André alzò il capo lentamente verso Oscar e Rosalie e dopo essersi guardato intorno si rese conto di essere nella stanza di Oscar. Come era arrivato lì? Chi l’aveva portato? Bernard? E dov’era Renée? Stava bene? Era ferita?
«Dov'è mia figlia? »
Chiese notevolmente preoccupato, Rosalie si sedette accanto a lui e lo consolò.
«Lei sta bene, ha una leggera bruciatura sulla spalla ma nulla di grave, anche Kilian sta bene... siete vivi per miracolo... ora vado a disinfettarle le ferite »
André annuì sollevato. Rosalie sorrise ed uscì dalla stanza, lasciandoli soli. Oscar prese un lungo respiro e si voltò verso di lui, sedendosi al suo fianco, dove prima c’era Rosalie.
«Ora non muoverti, devo cambiarti la fasciatura, dimmi se ti faccio male... »
André annuì e Oscar iniziò a togliere lentamente la spessa fasciatura che aveva alla spalla e sulla schiena. Si sentiva completamente in imbarazzo. Le mani le tremavano mentre disinfettava la ferita e sentiva il suo sguardo su di sé, come se la stesse giudicando.
«Oscar... »
La donna si fermò un attimo, le dita le tremavano come la pinza e la piccola garza che aveva in mano.
«Non dire nulla... ti prego.... »
Il dottore le aveva spiegato come pulire a ferita e doveva farlo almeno due volte al giorno, passò delicatamente uno straccio umido sulla ferita, notando compiaciuta che non usciva più sangue, poi iniziò di fasciarlo. Mentre gli fasciava la spalla sentì il capo di André poggiarsi sulla sua spalla, le braccia cingerle la schiena, sentì le sue labbra sfiorargli il collo e un brivido le percorse la schiena. Oscar arrossì ancora di più, sentiva il suo profumo invaderle le narici, cercò di non pensarci e con mani tremanti continuò a fasciarlo. André si allontanò lentamente da lei, per poi sdraiarsi sul letto senza dire una parola.
«Il dottore ha detto che non devi fare grandi sforzi con il braccio »
«Dove mi sono ustionato precisamente? »
«Sei stato ferito con un’arma da fuoco al braccio destro, la maggior parte della bruciatura è sulla schiena ma il medico ha detto che guariranno presto e che non avrai cicatrici evidenti »
André sospirò, era stato fortunato, doveva ammetterlo, molto fortunato.
«Renée era molto preoccupata per te.... ti vuole molto bene... mi chiede sempre di te quando vado a medicarla
»
André sorrise timidamente, senza smettere di guardarla. Oscar arrossì leggermente, sentendo il suo sguardo addosso e si voltò a guardarlo, accennando un debole sorriso. Sentì la grande mano dell'uomo coprire la sua e abbassò lo sguardo osservando le loro dita intrecciarsi lentamente. Sentì come un tuffo al cuore, ora stava sicuramente sorridendo come una ragazzina.  Alzò il capo come a voler chiedere spiegazioni ma lui la bloccò, forse nel modo più dolce possibile. La mano libera a raccoglierle parzialmente i capelli sulla nuca, il viso contro al suo, le labbra avvolte in un gentile assalto. Chiuse gli occhi, trasportata da una dolcezza che non le sembrava possibile esistere.
 
///@///
 
«Oscar, vado al mercato, mi accompagni? »
«Certo »
Oscar  e Rosalie uscirono di casa  subito dopo aver messo qualcosa sotto i denti, le campane suonavano le otto di mattina e avevano tutta la mattinata a disposizione per poter trovare il cibo per riempire almeno un po’ la dispensa.
«Sai, Renée ha un innato talento per le vendite... riesce sempre a trattare in affari con tutti, non sai quanto la invidio! Ha un carattere molto forte! »
Rosalie rise, mentre si incamminarono per la via principale. Oscar sorrise, ma non nutriva in quel momento un profondo interesse per il tema "Renée Grandier", se non per l'uomo che le aveva dato il cognome.
Arrossì pensando alle sensazioni provate il giorno prima nello stringere tra le braccia il suo corpo, nel sentire le sue labbra vicine alla pelle del collo, le sue labbra sulle sue... non aveva fatto parola con nessuno riguardo a ciò. Scosse il capo, cacciando quei pensieri e aiutò Rosalie con la spesa.
«Allora... quando vorrai dirlo a Bernard? Lo sai che non puoi nasconderlo per sempre vero? »
«Tra poco è il nostro anniversario di matrimonio... così ho pensato di fargli questa sorpresa! »
Rosalie sembrava così felice di avere un bambino ed era certa che anche Bernard non vedeva l'ora di avere un figlio dalla sua amata moglie. Li aveva notati, quei sguardi complici, quelle dolci attenzioni di Bernard, quei baci rubati mentre credevano di non essere visti.... erano davvero una bellissima coppia, doveva ammetterlo. Mentre andavano in giro cercando di scambiare un po' di uova con della farina, notò un soldato addentrarsi in un vicolo poco lontano e uscire dopo un paio di minuti. Quel volto non le era nuovo. Oscar si incuriosì, si allontanò da Rosalie con una scusa e seguì quella guardia. Lentamente, si addentrarono nel caos del piccolo mercato e lo perse di vista appena cercò di seguirlo in un vicolo.
«Maledizione... »
Si morse un labbro arrabbiata, cercò di tornare da Rosalie ma la voce di un uomo la fece sussultare.
«Grazie, va' pure da qui in poi... procedo da solo »
Oscar si voltò di scatto e lo vide, con la divisa bianca impeccabile, nascosta sotto un mantello nero.
Si voltò, sentendosi osservato e la vide. Senza pensarci due volte la raggiunse, stringendola tra le sue braccia.
«Lo sapevo che non dovevo lasciarti partire senza una scorta.... »
Le strinse le spalle, guardandola negli occhi preoccupato.
«N-Non ci vediamo da tempo.... »
Lei si voltò, evitando lo sguardo.
«Perché sei rimasta qui? Perché non te ne sei andata?»
«Alexandre... Io...»
L'uomo si fermò, prendendo il suo volto tra le mani, costringendola a guardarlo negli occhi.
«L'hai trovato... alla fine... »
Oscar sussultò, come faceva a saperlo? Per lui André doveva essere morto e sepolto!
«Dimmi Oscar... sei felice? »
I due si guardarono negli occhi per alcuni istanti, ricordando quel giorno lontano. Le sembrò un'eternità, eppure erano passati pochi mesi da quel giorno. Erano bastati passati pochi mesi per dimenticare l'uomo di cui si era innamorata, per dimenticare quel suo bacio, per dimenticare quello che era stato e che poteva essere? Lo aveva davvero dimenticato così facilmente? Lei era cambiata, lo aveva notato. Il volto era più rilassato, gli occhi erano limpidi e cristallini, non cupi e pensierosi e i colorito era più roseo, nonostante l'eccessiva magrezza.
«Perdonami Alexandre... per non aver tenuto conto dei tuoi premurosi consigli. Ma adesso mi sento davvero... »
La zittì con un bacio. Ma quelle... non erano le labbra che conosceva… lo conosceva, lo ricordava.
"Le labbra che conosco io sono molto più calde ed elastiche... Si sono avvicinate, silenziose, ad avvolgere le mie umide labbra, come a volerle succhiare... A-A..."
Oscar poggiò le mani sul suo petto, cercando di allontanarlo da lei.
«No! Non posso... i-io non posso... devi dimenticarmi Alexandre! Dimenticami, te ne prego! »
«Non so se sono pronto a lasciarti andare per sempre.... forse un tempo ne sarei stato capace Oscar ma non ora.... non ora... »
«Ci stiamo facendo solo del male... »
Le lacrime iniziarono a scendere lentamente, bagnando le gote rosse dall'imbarazzo. Quello che aveva provato per lui era solo passeggero, quindi? Non era rimasto più niente? Ma non poteva negarlo, né a lui né a se stessa.
Eppure quel bacio che si erano appena scambiati, perché non aveva provato quasi nulla? E perché quando André le aveva rubato quel bacio ieri mattina aveva sentito il suo cuore esplodere dalla gioia?
«Ho evitato la fucilazione di André per ben tre volte, Oscar. Ho finto di non riuscire a trovarlo, ma al tempo stesso non volevo che tu lo incontrassi ed ero geloso. Perché il tuo cuore batte solo per lui. Sono stato io un folle ad essermi innamorato di te... e ad aver provato a farti innamorare di me »
Oscar sussultò, voltandosi a guardarlo negli occhi.
«Ma ormai è troppo tardi... »
Alexandre sospirò: era arrivato troppo tardi, doveva lasciarla andare.
«Alexandre... io non »
«Non dire niente, ti prego... mi farò da parte ma lasciami quest'ultima libertà... »
Spostò una ciocca di capelli dietro il suo orecchio e la baciò di nuovo, spingendola dolcemente contro il muro. Lei non rispose al bacio, ma non lo allontanò. Sentì alcune lacrime bagnarle le gote e un dolore acuto scuoterle il petto.
 
///@///
 
«Come ti senti oggi? Ti brucia ancora la schiena? »
«Leggermente,  poteva andare peggio...  »
André rise, poggiando di nuovo il capo sul cuscino. Posò la mano sul petto, piegò una gamba e si girò a guardarla. Oscar ripiegò alcuni vestiti nel cassetto, scuotendo lentamente il capo.
«Questo è vero... »
Oscar poggiò una piccola bacinella sul comodino e posò le fasce poco distante, girandosi a guardarlo.
«Posso farti una domanda Oscar? »
Chiese André, evitò il suo sguardo. Oscar corrugò la fronte, si avvicinò al letto e incrociò le braccia al petto, aspettando pazientemente.
«Dimmi pure. C'è qualcosa che non va? »
André temporeggiò per qualche istante, si mise a sedere sul letto e abbassò lo sguardo.
«Perché sei qui, nonostante quello che ti ho detto e che ti ho fatto? »
Oscar sgranò gli occhi sorpresa, colpita dalle parole dell’uomo.
«Perché? Perché sei molto importante per me... »
André si voltò a guardarla, misterioso, e avvertì un brivido lungo tutta la schiena.
«... più di quanto tu creda »
Ammise lei, senza alzare lo sguardo che avvertiva già pesante su di sé e se ne andò, notevolmente imbarazzata, chiedendo a Rosalie di cambiare le bende ad André.

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Capitolo 31
*** 31 ***


«Ieri l'ho incontrato... »
Ammise Oscar, intenta ad aiutare Rosalie con il bucato, mentre osservava l’acqua riscaldarsi sul piccolo fuoco nel cortile. Rosalie si girò a guardarla, mentre posava i panni sporchi vicino al lavatoio.
«Chi? »
Chiese senza capire, cercò lo sguardo di Oscar ma le sembrò distante.
«Alexandre... »
«Non parlavi più di lui da molto tempo... »
«Già... »
Oscar abbassò lo sguardo. Prese la tinozza d’acqua calda e aiutò Rosalie a lavare le camicie dei tre uomini, con una cura e attenzione meticolosa. Restarono in silenzio per alcuni secondi, ma la curiosità stava divorando la povera Rosalie.
«Com'è stato incontrarlo dopo tanto tempo? Ne sei innamorata, vero?»
Rosalie strigliò la spazzola sulla camicia di André, ancora insanguinata. Oscar ricordò quando Bernard portò André a casa, svenuto, con i panni bruciati e il braccio sanguinante. Per fortuna le fiamme non avevano deturpato il suo bel volto, e la schiena non sembrava notevolmente compromessa. Avvertì una stretta al cuore e rimase per alcuni secondi immobile, con il sapone di Marsiglia tra le mani e una camicia nell’altra.
«Non lo so... ma di una cosa sono certa Rosalie: io... io ho messo da parte alcuni sentimenti »
Rosalie la guardò per alcuni istanti dritto negli occhi, ma non disse nulla a riguardo e le fu grata per questo. Continuarono a lavare i panni in silenzio, li risciacquarono rapidamente e li stesero ad asciugare, godendosi poi un po’ di meritato riposo dopo la lunga fatica.
«Buongiorno.... »
Oscar sussultò, cercò di non dare a vedere quanto l’improvviso arrivo di André l’avesse destabilizzata. Il giorno prima Rosalie aveva preso alcuni panni dalla camera dell’uomo, visto che oramai si era quasi insidiato a casa Chatelet. André sorrise alle due donne, indugiando lo sguardo su Oscar, tentando di capire le sue emozioni, tentando di decifrare i suoi pensieri.
«André! Come mai sei sceso? Lo sai che sei ancora convalescente? »
«Sì nonnina, me lo ricordo! Ma non ce la facevo più a stare rinchiuso in quelle quattro mura, avevo bisogno di prendere aria »
Disse sincero, accennando una debole risata mentre passava una mano sul braccio fasciato. Oscar sorrise, al suono della risata di André, anche se ne avvertì una certa tristezza.
«Forse è meglio che rientri, non mi sento molto bene »
Disse Oscar, lasciando soli i due, senza osare guardare André negli occhi.
 
///@///
 
«Sembri stanca... non stai dormendo molto ultimamente... »
Oscar accese un paio di candele e le poggiò sul comodino vicino il letto. André era seduto sul bordo del letto e la osservava rapito. Dopo aver finito, si sedette accanto a lui.
«Non preoccuparti per me.... piuttosto preoccupati per la tua di salute! Ti è appena salita la febbre e sembra anche alt »
Costatò la donna, poggiando il dorso della mano prima sulla fronte dell’uomo, poi sulle guance rosse.
«Non dovevi uscire stamattina, il dottore ha detto che non devi fare sforzi »
«Mi sono impossessato del tuo letto... »
La sua voce era roca e sensuale, i capelli neri cadevano morbidi sul volto e sul collo, il suo sguardo era dolce e l'iride le ricordò il colore dell'ossidiana, con alcuni riflessi verde scuro ed erano bellissimi. Rimase ammaliata dal suo sguardo, e il solo pensare di dover terminare quel contatto la spaventava a morte.
«Non fa niente, l'ho fatto con piacere »
André sorrise. Ultimamente aveva fatto di tutto per non lasciarlo solo e doveva ammettere che era felice di poter stare solo con lei. Lei era sempre dolce e premurosa con lui e anche dopo quel bacio.... lei era rimasta.
«Grazie, per esserti presa cura di me.... »
Le disse alla fine, dopo essersi steso nel letto distrutto. Oscar restò seduta sul bordo, cercò di non interrompere quel contatto visivo tra  di loro.
«Non devi ringraziarmi André, l’ho fatto con piacere... si è fatto tardi, buonanotte»
Oscar fece per andarsene ma André la fermò, prendendole il polso. Oscar gemette, sentendo la mano grande dell’uomo stringerle delicatamente il polso.
«Non andartene, rimani qui stanotte »
André sembrava così sicuro delle sue parole, come faceva ad esserlo? Si stupì anche lui di tanta serietà nella sua voce e della sua semplicità.
«André io... »
«Ti prego... »
Oscar esitò imbarazzata da quella improvvisa richiesta. Oscar restò immobile per alcuni istanti, immersa nei suoi pensieri. Alla fine, cosa c’era di male? Proprio nulla, erano due persone adulte e non sarebbe accaduto nulla, forse.
Si avvicinò lentamente a lui, notevolmente imbarazzata, ma il dolce sorriso di André sulle labbra la convinse ancora di più. Si trattava solo di una notte… e di dormire…no? Un pensiero impudico attraversò la mente di André per una manciata di secondi, per poi spegnersi del tutto quando potete abbracciarla sotto le coperte. Lo spazio era ristretto per due persone, eppure André aveva fatto in modo che, nonostante la sua altezza e il resto, Oscar potesse poggiare la testa sul cuscino e potesse riposare su una superficie morbida che non fosse una sedia e un tavolo. L’aveva scoperta quella stessa mattina, si era svegliato forse prima di tutti e, nell’andare in cucina l’aveva trovata addormentata, con le braccia conserte poggiate sul tavolo, a riposare. Era questo che, oltre all’irrefrenabile voglia di tenerla di nuovo tra le braccia, che l’aveva spinto a chiederle di dormire con lui. La sua reazione all’inizio l’aveva turbato, aveva accettato senza neanche una piega, ma il rossore del suo volto aveva tradito le sue emozioni. Ne sorrise. Strinse il corpo della donna al suo, addormentandosi beato, respirando il suo profumo. Oscar poggiò il capo sul suo petto e chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dai battiti del suo cuore.
 
///@///
 
Aprì gli occhi lentamente, cercando di ricordare dove fosse. Oscar si mosse leggermente, i primi raggi del sole illuminavano debolmente la camera e creavano un'atmosfera quasi surreale. Si stropicciò gli occhi con una mano, accoccolandosi tra le braccia dell’uomo. Alzò solo un po’ il volto verso di lui, curiosa di vederlo dormire. Il volto rilassato, le lunghe ciglia scure, le labbra leggermente socchiuse, libero dalla ciocca di capelli che nascondeva al mondo una grande cicatrice che gli marcava il volto, dallo zigomo sinistro fino al sopracciglio. Fu tentata di accarezzargli il volto, ma ebbe paura di svegliarlo e di dover sentire il suo sguardo su di sé. Sentì la sua stretta farsi più salda e ne fu felice, in qualche modo. Ora i loro volti erano vicinissimi, se si fosse avvicinata un po’ di più avrebbe unito le loro labbra un’altra volta, e la tentazione fu forte.
“Ma cosa sarà mai, un bacio rubato? Lui non lo saprà mai, e sarà una questione di secondi… non se ne renderà conto”
Si disse Oscar prima di allungarsi verso di lui. André avvertì vagamente quel bacio leggero e pensò che un risveglio migliore di quello non potesse esistere. Era davvero lei o era un semplice sogno? Le labbra di lei erano così morbide…
Al principio, fu un bacio lento, soffice e delicato,  ma lui piegò la testa, rispondendo a quel bacio, sorprendendola.
Oscar sgranò gli occhi incredula e stupita. André la guardò a sua volta, calmo, pronto ad un suo rifiuto, che non arrivò.
Si lasciò andare tra le sue braccia, lui la fece stendere supina e continuò a baciarla. Come gli erano mancate le sue labbra! Oscar prese il suo volto tra le mani, avvicinandolo a suo. Come poteva sentire un così grande trasporto per lui, mentre con Alexandre non aveva provato nulla di lontanamente simile? Gli morse il labbro, dolcemente, e lo sentì ridere. Rise anche lei. André si allontanò dalle sue labbra e scese lungo il suo collo. La sentì rabbrividire, mentre le lasciava baci umidi sul collo. Oscar gli accarezzò la nuca, e giocò con i suoi capelli.
"Non sono così pazzo da dirti di no"
Le sbottonò la camicia, facendola scivolare dalle spalle , ma le sue labbra lo attiravano, rese rosse e morbide a furia dei baci che si erano scambiati. Si chinò di nuovo, verso il petto della donna, ma una fitta lancinante alla spalla lo fermò.
«André...! »
Disse allarmata, chiusa tra il suo corpo e il materasso non riusciva a muoversi. André fece una smorfia di dolore, che tentò in tutti i modi di nasconderle.
«Va tutto bene.... ora mi passa.... va tutto bene... »
Poggiò il capo sul suo petto, tremando. Oscar lo strinse a sé, lo sentì rilassarsi tra le sue braccia e, quando fu certa che si fosse addormentato di nuovo, liberò alcune piccole lacrime silenziose.

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Capitolo 32
*** 32 ***


Il mattino seguente era uscita da quella stanza alle prime luci dell’alba, prima che lui se ne accorgesse. Non gli rivolse la parola, forse troppo imbarazzata per quello che era successo tra di loro, e non aveva avuto il coraggio di guardarlo negli occhi. Quello stesso giorno lui lasciò la stanza, non senza ringraziare a dovere Rosalie e Bernard per l’ospitalità.
«A cosa stai pensando? Sembri pensierosa »
Rosalie arrossì di colpo, mentre riordinava la piccola cucina e rise leggermente. Oscar corrugò la fronte, senza però spegnere il suo sorriso.
«Al nostro piccolo segreto! »
Disse, guardando Bernard con la coda dell'occhio, senza smettere di sorridere. Bernard si voltò a guardarle confuso, alzando un sopracciglio.
«Donne! »
Bernard sbuffò, mentre tornava a scrivere l'articolo del giornale e le due risero e l'uomo si voltò di colpo, fulminandole con lo sguardo.
«Va tutto bene, Bernard? Sembri arrabbiato... »
Rosalie si avvicinò all'uomo, poggiando le mani sulle spalle del marito massaggiandole dolcemente, l'uomo chinò il capo verso di lei, poggiando una mano sulla sua spalla sorridendole.
«Non preoccuparti... sono solo un po' stanco... »
«Sicuro? »
«Sì, non preoccuparti per me »
Oscar sorrise, erano una coppia magnifica. Nonostante Bernard passasse la maggior parte del suo tempo fuori casa, cercava sempre di non farla sentire sola. Sarebbe stato un ottimo padre, ne era certa. Abbassò il capo, sorridendo a quel pensiero.
«Devo andare, si è fatto tardi, ci vediamo tra tre giorni... »
Bernard si alzò lentamente dalla sedia, prese i fogli e sospirò, per poi voltarsi verso Rosalie, stupita dalla frase dell'uomo.
«Ma domani è il nostro anniversario... »
Rosalie guardò dritto negli occhi il marito, stringendo tra le mani la giacca di lui.
«Lo so e mi spiace... non sai quanto, ma ti prometto che appena tornerò resterò a casa tutto il tempo che vuoi, va bene? »
L'uomo accarezzò dolcemente la guancia della donna, ma lei rimase fredda, ferita.
«Va bene... ma cerca di stare attento, ti prego... »
«Non preoccuparti, ci vediamo! »
Salutò le donne con un cenno e se ne andò. Rimasero in silenzio per qualche istante. Continuarono a pulire alcuni bicchieri e piatti finché non vide alcune lacrime bagnare il piatto che Rosalie stava pulendo.
«Rosalie... »
«E' sempre così... il giorno del nostro anniversario non c'è mai... forse anche il giorno del nostro matrimonio se avesse potuto non si sarebbe presentato! »
Rosalie poggiò entrambe le mani sul bordo della tinozza, trattenendo la rabbia e la frustrazione che provava.
«Non dire così Rosalie... Bernard sta combattendo per dare a vostro figlio un mondo migliore... e per questo occorre fare qualche sacrificio... »
«Vorrei solo che rimanesse a scrivere i suoi giornali a casa, insieme a me! Non mi piace quel Robespierre e neanche Saint- Just, suo cugino! Stanno acquistando sempre più potere e ho paura che questo li porterà a perdere la testa e i principi per cui mio marito ed io ci stiamo facendo in quattro! A cosa è servito alla fine tutto questo? Per far accrescere il potere di alcuni popolani? Io sono sicura che non cambierà un bel niente! Anzi, credo che rimpiangeremo gli sprechi di Maria Antonietta!»
Oscar sussultò, stupita dalla rabbia che aveva sentito in quelle parole. Rosalie si era sempre mostrata come una persona mite e gentile, non si sarebbe mai aspettata di vederla così in collera con qualcuno, neanche con suo marito.
«Rosalie... »
«Ho visto troppo sangue Oscar... non so se ce la farò a sopportare altro dolore »
Mormorò la donna, senza alzare lo sguardo.
«Non fare così... Rosalie ti prego... »
Oscar la strinse la le braccia dolcemente, cercando di calmarla. Sentì alcune lacrime bagnarle la camicia e ne sorrise, finalmente era tornata la loro piccola piagnucolona di sempre. Rosalie si calmò poco dopo, poggiando il capo sulla spalla della donna.
«Oscar... grazie »
Oscar sorrise, e lo sguardo di Rosalie si spostò sul collo della donna e soprattutto sul piccolo segno rosato che aveva appena sotto l’orecchio e ne sorrise. Li aveva visti, quella sera, quando André le aveva chiesto di dormire con lui, e fu felice di dedurre che quella semplice dormita si era trasformata in altro, per loro. Non osò chiederle nulla, per il momento, e forse lei non si era neanche resa conto di quel piccolo segno che André le aveva lasciato sul collo. Ne sorrise compiaciuta quando, passando vicino al piccolo specchio, Oscar sussultò nel vedere la macchia rosata, per poi arrossire.
 
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Doveva ammetterlo, aveva cercato di evitare qualunque argomento che riguardasse l’amore con Rosalie per tutto il giorno: come poteva dirle che era stato André a lasciarle quel segno sul collo? Lei doveva essersene accorta, visto che aveva legato i capelli dietro la nuca e scoperto quella parte di pelle. Dove avrebbe trovato il coraggio di dirle che qualche sera prima stava per fare l'amore con quell'uomo? Con André? E se li avessero visti? Oscar affondò la testa nel cuscino. Poggiò la guancia destra sul guanciale, pensierosa. Se non si fosse fermato, se quel dolore non l'avesse fermato... lui sarebbe andato avanti? Ma cosa più importante... gli avrebbe permesso di andare avanti? Si sentiva terribilmente confusa. Non riusciva a credere come un semplice bacio avesse potuto scatenare una simile reazione in loro. In lei, soprattutto. Portò le dita alle labbra, sfiorandole leggermente. Ricordava ancora quanto fossero morbide e calde, le sue. Chiuse gli occhi, le immagini di quella notte tornarono a farsi avanti nella sua mente.
 
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Era mattina presto, Oscar si era alzata all'alba. Quelle dannate immagini… non riusciva a pensare ad altro! Iniziò a tagliare alcune fette di pane e mise a bollire un po’ di acqua per Rosalie.
«Ti sei svegliata presto oggi... »
Oscar sussultò, spaventata dall’improvviso arrivo di Rosalie.
«Anche tu sei mattiniera, va tutto bene? »
«Sì, va tutto bene, grazie »
«Ne sono felice. Ho messo a riscaldare un po’ di acqua per la tisana, ne vuoi un po’? »
Quella mattina era molto tranquilla, la città era ancora addormentata e regnava il silenzio totale. Rosalie mangiava  lentamente una fetta di pane, immersa nei suoi pensieri.
«Mi chiedevo come sarà la reazione di Bernard »
«Ne sarà sicuramente felice »
«Hai già pensato ad un nome? »
All'improvviso bussarono alla porta, una cosa un po' insolita a quell'ora del mattino.
Rosalie si alzò a controllare chi fosse e si ritrovò Jules, il figlio del fioraio.
«Buongiorno. Tu sei la moglie di Bernard, vero? »
Era un bambino di circa sei anni, gli arrivava alla vita, i capelli erano scuri e due occhioni azzurri la scrutavano dolcemente e tra le mani aveva un piccolo mazzo di fiori.
«Ciao Jules, si sono io »
«Questi sono per te! »
Il piccolo le porse quel piccolo bouquet di fiori e se ne andò, ridendo.
«Chi era? »
Oscar si avvicinò a lei e vide tra le sue mani il bouquet di zinnie bianche.
«Sono bellissime, non trovi? Oh! C'è un bigliettino... »
Rosalie si sedette a tavola, ma prima prese un piccolo vaso pieno d'acqua e mise dentro i fiori, per poi poggiarli sul comodino poco distante.
 
"I migliori anni della mia vita li ho passati con te
Buon anniversario
Bernard"
 
Rosalie sorrise, poggiando quel piccolo pezzo di carta sul petto.
«Che dolce... ti ama moltissimo, devi ritenerti molto fortunata... »
«Già... anche se mi fa arrabbiare molto… non vedo l'ora che passino questi giorni per dirglielo »
Rosalie accarezzò il ventre leggermente gonfio, nascosto dal largo vestito blu scuro.
«Secondo te è un maschio o una femmina? »
Chiese, poggiando la mano sul ventre dell'amica ridendo.
«Per me è un maschietto... e sono sicura che anche Bernard lo penserà! »
 
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La giornata era scorsa lenta e monotona. Avevano appena finito di cenare e Oscar ne aveva approfittato per chiederle qualcosa in più sul suo passato. Rosalie, però, le dava risposte vaghe e confuse e questo le stava facendo perdere la pazienza.
«Dimmi... come vi siete conosciuti tu e Bernard? »
«Lo conobbi quando avevo all'incirca... uhm... diciotto anni appena e lui venti. Una contessa travolse mia madre con la carrozza e la uccise. In quei giorni mi fu molto vicino... ci rincontrammo un paio di anni dopo a casa tua Oscar, lui era ferito e tu decidesti di prendertene cura finché non si fosse ristabilito »
«Capisco... »
All'improvviso si immaginò Rosalie seduta sul bordo del letto di Bernard e lo aiutava con le fasciature. Sorrise leggermente, sistemandosi sulla sedia di legno. Bussarono di nuovo alla porta.
«Chi sarà mai? »
Oscar si avvicinò alla porta e la aprì, trovandosi André.
«Oh, ciao… »
«Devo parlarti... Rosalie ti rubo un attimo Oscar, va bene? »
«Va bene... André? »
«Grazie! »
André l’afferrò per un braccio e la trascinò fuori dall’appartamento, senza forzarla, e chiuse la porta.
«Dimmi André, di cos…! »
L’uomo poggiò l’indice sulle labbra, invitandola a fare silenzio e lei si voltò verso la figura che li stava raggiungendo, confusa.
 
///@///
 
«E così... Bernard ha fatto una sorpresa a Rosalie... »
Oscar sorrise, immaginando la reazione di Rosalie e la sua sorpresa per il marito.
«Che romanticone! »
Renée sorrise estasiata, immaginando Kilian farle una sorpresa del genere, per poi arrossire
«Ah... Oscar stasera resterai da noi, ti spiace? »
«Per lasciarli un po' soli, capisci? »
Aggiunse Alain, sorridendo maliziosamente.
Oscar annuì, incrociò le braccia al petto pensierosa.
«Ragazzi... io vado! Ci vediamo domani! »
Alain si alzò velocemente dalla sedia, sbadigliando, per poi uscire dall'appartamento. André scosse il capo, senza trattenere una risata.
Renée si alzò lentamente dalla sedia, appoggiandosi delicatamente al tavolo, la caviglia le doleva da morire anche se erano passati diversi giorni dall'incidente.
«Aspetta! Ti aiuto... »
André si alzò, avvicinandosi alla figlia e la prese in braccio.
«No, grazie... Posso farcela anche da sola! Mettimi giù! »
Renée iniziò a ridere a crepapelle e André posò un bacio sul suo capo e la portò nella sua stanza e la lasciò cambiarsi per la notte. Oscar li aveva osservati intenerita, insieme sembravano davvero felici.
«Le fa ancora male la caviglia? »
«Già... anche se alcune volte credo faccia solo finta. Le piace essere portata a letto e non dover camminare per arrivarci »
I due risero, rilassandosi.
«Posso farti una domanda? »
«Dimmi »
«Ultimamente Rosalie era un po'... strana... »
«Strana? »
«Sì... è stato Bernard in realtà a farcelo notare ma pensavo fosse una cosa passeggera »
Oscar scoppiò a ridere, sotto lo sguardo incuriosito e confuso di lui.
«Non credevo di essere così divertente »
Disse André, iniziando a meditare su una possibile carriera da attore di commedie.
«Scusa scusa... »
Si schiari la voce, trattenendo ancora le risate.
«Rosalie non è strana... aspetta solo un bambino »
La sua voce di addolcì e André la guardò stranito, per poi sorridere a sua volta. Un figlio. Rosalie era incinta. Non riusciva ad immaginare Rosalie con il ventre gonfio, anche se la sua mente gli diceva che lei sarebbe stata una madre perfetta. Sorrise, immaginando per qualche secondo Enora con il pancione. Si voltò a guardare la porta chiusa di Renée.
«Com’è stato… sapere di diventare padre? »
Chiese curiosa Oscar, guardando attentamente André. Lui alzò le spalle, tornando a guardarla negli occhi.
«Non lo so, l’ho scoperto leggendo una lettera »
Oscar corrugò la fronte. Una lettera?
«Ho scoperto che Renée è mia figlia per puro caso, alla fine. L’avevo adottata pochi giorni prima, grazie all’aiuto di Bernard. Ho avuto una storia con la madre, quand’avevo forse la sua età o più grande, ma poi perdemmo i contatti. Nella lettera che ti dicevo prima, Enora, sua madre, la informava che io sono effettivamente suo padre… è complicato »
Oscar sgranò gli occhi, stupita dalle parole dell’uomo. Abbassò lo sguardo. Un'altra donna.
«Ho perso molto di lei, è già una ragazzina… devo ammettere di essere un po’ geloso di Bernard in questo momento »

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Capitolo 33
*** 33 ***


Stava albeggiando. Una mattina come tante, pensò Oscar, se solo non si fosse addormentata nel letto con André, un’altra volta. Sbuffò, coprendosi il volto con le mani, cercando di cacciare quei pensieri che stavano occupando la sua mente da giorni. Allontanò le mani dal volto e si voltò verso di lui. Era girato di spalle e forse solo in quel momento si era resa conto di quanto fossero larghe e forti.  Arrossì come una bambina, pensando che sarebbe bastato un attimo, quella notte, per togliergli la camicia e… Sorrise leggermente, cercando di aggiustare la scollatura della camicia e sussultò nel notare che stava cambiando posizione e che si era appena voltato verso di lei. Socchiuse gli occhi e si mosse tra le lenzuola, fino a raggiungerlo. Poggiò il capo sul suo petto e avvertì un suo braccio circondarle la vita.
"Sono proprio fortunata ad averti incontrato André... se non fosse stato per te chissà dove sarei ora"
Rise leggermente, stringendosi di più a lui, chiudendo gli occhi sognante.
"Sei così caldo... e hai un profumo così buono..."
Gli accarezzò la guancia leggermente ruvida, la barba stava ricrescendo e sorrise, immaginandosi André con la barba. Gli accarezzò i capelli che gli sfioravano leggermente le spalle, anche se lei ricordava di averli visti più lunghi, e sfiorò leggermente le sue labbra, involontariamente. Sperò di non averlo svegliato, aspettò qualche secondo ma quell'uomo non si mosse ma sentì la sua stretta farsi più forte e sospirò.
“Devo smetterla, ammettilo Oscar, vorresti baciarlo di nuovo ma non puoi, oppure c'è qualcosa che ti blocca... eppure sembra ricambiare i tuoi sentimenti! Che diamine! Hai comandato i soldati della guardia nazionale e ora non riesci a dire un semplicissimo...”
Arrossì di colpò e solo allora se ne rese conto. Eppure era stato sotto i suoi occhi per tutto il tempo! Per tutta la sua permanenza dal conte de Beauharnais! La sua ombra era rimasta con lei sempre. L’uomo che aveva sognato tante volte… al quale aveva detto, mille volte:
“Ti amo...”
Abbassò il capo, confusa e cercò di ricollegare i ricordi, lei lo amava ma lui lo sapeva già? Cos'era successo prima dell'incidente? Cercò di dare una risposta a tutte quelle domande ma il calore del suo abbraccio e il battito regolare del suo cuore la fecero addormentare di nuovo e quella sensazione di casa le scaldò il cuore, per la seconda volta.
 
///@///
 
L'aveva sentita avvicinarsi a lui, aveva sentito le sue dita sfiorargli il viso e i capelli ma non aveva aperto gli occhi, voleva solamente godere del tocco delicato delle sue mani sulla sua pelle, sapendo che lei era del tutto naturale nel farlo. In quel momento la voglia di baciarla e stringerla di nuovo tra le sue braccia aumentò e fece uno sforzo incredibile per cercare di contenersi. Se solo quella notte quel dolore alla spalla non l'avesse fermato...
“Forse è meglio così... per ora”
Insomma, l’aveva aspettata pazientemente per vent'anni, un giorno in più avrebbe fatto la differenza? No, assolutamente. All'improvviso sentì le sue dita sfiorare il suo viso, i suoi capelli ed infine le sue labbra e lei sussultò.
“Perché questa reazione Oscar? Non vuoi svegliarmi, vero? Non vuoi dirmi perché continui a tormentarmi in questo modo? Perché continui a toccarmi e a cercarmi?”
La sentì rigida, come una statua di pietra e per un momento si spaventò, la strinse di più a sé e la sentì più rilassata.
“Cosa ti turba, amore mio? A cosa stai pensando? Cosa diavolo è successo durante la tua permanenza dal conte de Beauharnais? Eri un libro aperto per me, ti conoscevo meglio delle mie tasche, ma qualcosa è cambiato... e non solo la tua memoria... sei così triste, i tuoi occhi sono spenti e scuri, non sono più quei cristalli di cui mi ero follemente innamorato da ragazzo...”
Avvertì vagamente che Oscar, ormai, si era addormentata abbracciandolo dolcemente, con il capo poggiato sulla spalla. Aprì gli occhi lentamente, era letteralmente sprofondata di nuovo tra le braccia di Morfeo.
“Sei così bella quando dormi... Così innocente e pura...”
La sentì sussurrare qualcosa ma non riuscì a capire cosa, ma dal suo sorriso capì che era felice. Sorrise anche lui, accarezzandole dolcemente il volto per poi poggiare leggermente le labbra sulle sue, in un bacio leggero, per poi salire sopra a baciarle la fronte libera dai capelli.
“Aspetterò ancora, te lo prometto, ci sarò sempre per te”
 
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«Buongiorno Oscar! »
Renée le sorrise dolcemente, porgendole una piccola tazza di latte fresco, André le sorrise, per poi chinare il capo sui fogli che aveva tra le mani.
«Buongiorno... »
«Dormito bene? Se avessi saputo prima di quella sorpresa avrei preparato un letto per te, mi spiace che tu abbia dovuto dividere il letto con mio padre ma era l'unico disponibile, avrei voluto darti il mio ma... »
«Non preoccuparti Renée, ho dormito benissimo. Se mi avessi concesso il tuo letto non avrei accettato! Nelle tue condizioni devi restare a riposo e il più comodo possibile. Non preoccuparti per me »
«E' che mi spiace... e credo che dovrai restare per un po'... »
«Ah sì? »
«Bernard resterà a casa per un paio di giorni, una settimana al massimo se si può dire, e avevamo pensato di lasciarli un po' soli. Purtroppo, Bernard ci ha informati tardi e abbiamo fatto di in fretta  »
Oscar si sedette poco distante da André, mentre l'uomo le spiegava il motivo di tale decisione e agitava la piuma che aveva tra le mani. Tra una settimana Bernard sarebbe dovuto partire per risolvere alcuni problemi, accompagnato da Saint Just, nel nord della Francia, verso il confine con il Belgio, e questo spiegherebbe il perché della sua sorpresa.
«Ah, capisco »
«Puoi rimanere qui tutto il tempo che vuoi, sappilo. Non crei alcun disturbo anzi... è un piacere averti con noi! Poi… »
Renée rise, si avvicinò alla donna quasi a sussurrarle nell’orecchio ma parlò così forte che André la sentì.
«E’ così bello avere un’altra donna in casa con cui parlare »
Oscar rise, voltandosi a guardarla e André alzò lo sguardo, sorrise anche lui nel vederle insieme.
 
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«A cosa stai lavorando? »
Oscar sbirciò sul foglio dell'uomo, sperando di trovare qualche informazione, ma era un semplicissimo pezzo di carta... bianca.
«Dovrei scrivere alcune lettere ma non riesco proprio a concentrarmi oggi... »
«E' da stamane che stai lavorando... cos'è che ti distrae? O dovrei dire chi? »
Oscar sorrise leggermente, cercando di stuzzicarlo, ma André sembrò fulminarla con lo sguardo.
«Ahah, molto divertente Jarjayes, molto divertente... i miei complimenti »
«Grazie mille Grandier, modestamente, sono molto brava »
I due iniziarono a ridere, mentre il sole iniziava a calare per dare spazio alla luna. André tornò a concentrarsi su quel pezzo di carta e Oscar potette osservarlo per un po’, senza essere disturbata.
«Come va la spalla, e la schiena? »
«Benissimo, ogni tanto la spalla mi fa male ma il dottore ha detto che è normale. Grazie »
André le sorrise, per poi chinarsi di nuovo a guardare il foglio, spazientito.
«Dov'è Renée? Oggi non l'ho vista per tutto il giorno... »
«E' da una amica... ha detto che avevano una cosa importantissima  fare e che non potevano rinunciare... l'ho accompagnata io poche ore fa, mentre tu eri fuori »
«Capisco... »
Oscar si voltò, fissando al di fuori della piccola finestra dell'appartamento, colpita da quel miscuglio di colori caldi. André si alzò dal tavolo e sospirò amareggiato, sussurrando un debole “basta, non riesco a concentrarmi”.
«L’hai ritrovata quella donna, André? »
André si girò verso di lei, per poi sospirare. Alludeva a quella domanda che gli aveva posto tempo fa? A quella in cui chiese:
“Sei mai stato innamorato, André?”
«Sì »
«Perché non sei con lei ora? »
«Perché non possiamo, perché complicato... ma se non l'avessi mai più ritrovata... Se la madre di mia figlia fosse ancora viva, da qualche parte del paese... correrei da lei, per dare una famiglia a mia figlia »
Si sedette di nuovo, ricordò l’incontro avuto con lei dopo la marcia a Versailles. Lei le aveva chiesto, tempo fa, se fosse mai stato innamorato, e lui le raccontò di loro, senza tralasciare alcun dettaglio. Tacque solo il suo nome, sperò vivamente che questo potesse aiutarla a ricordare. Oscar sussultò, voltandosi verso di lui con gli occhi sgranati.
«André... »
«Ma lei è una realtà, e Enora è morta... eppure quando eravamo piccoli avevamo letto quel libro... sull'amore cortese... l'amore è solo una lenta e triste agonia, per noi di basso rango... »
André si alzò lentamente dalla sedia, prese i fogli ed il calamaio e li posò nel piccolo cassetto sotto il tavolo. Teneva il capo basso e un triste sorriso gli increspava le labbra.
«Ma può portare anche alla felicità... lo sai questo? »
«Sì... ma ormai è troppo tardi... »
Infierì lui, senza volere e Oscar si alzò di scatto, gli si avvicinò spavalda. André la osservò stupito davanti a sé, notando ora più che mai la loro differenza di altezza, gli arrivava alla spalla e trattenne un sorriso nel vedere il suo sguardo così freddo. 
«Troppo tardi?! No André! Non è mai troppo tardi! Non ci hai neanche provato! Vai da lei! Va e urlale in faccia quello che provi per lei! »
«Oscar... »
Oscar prese la sua camicia tra le mani, avvicinando il suo volto a quello di lui senza smettere di parlare.
«Corri da lei maledizione! Tutti meritano di essere felici! Dille che la ami da impazzire! Perché io lo so... che tu... la ami... »
André la guardava smarrito, confuso e Oscar sgranò gli occhi, mortificata. Abbassò il capo, allentò la presa della camicia e lasciò le mani poggiate sul suo petto. Sentì alcune lacrime bagnarle le guance, ininterrottamente. Se lui amava davvero quella donna… quella donna di cui le aveva parlato quella volta… perché l’aveva baciata? Perché aveva avuto Renée con un’altra? Perché aveva provato a sedurla con i suoi baci e con le sue carezze? Perché gli permetteva di giocare in questo modo con lei?
«Scusami... non so cosa mi...io… forse è meglio che vada…»
Disse Oscar in un sussurro, tremava tra le sue braccia. André la guardò per alcuni istanti, senza aggiungere una parola; strinse dolcemente i suoi polsi tra le mani e la vide sussultare.
«Cos’ha di tanto attraente quella donna? »
Teneva il capo basso, si vergognava. Sussurrò lentamente, scandendo ogni parola ma non osò sfidare il suo sguardo. André sorrise, strinse la presa sui suoi polsi.
«A volte è sufficiente che nell’anima delle due persone coinvolte esista una piccola ferita, un’apertura attraverso la quale possano unirsi. E’ sufficiente che due persone conoscano entrambe il dolore e la tristezza… è sufficiente che i loro cuori abbiano già subito almeno una ferita, per quanto piccola. Basta questo, per innamorarsi… »
Disse lui, guardando un punto indefinito del muro davanti a sé, Oscar strinse le spalle e la sentì singhiozzare.
“Oscar… cosa posso dire affinché tu capisca che mi riferisco a te? Di chi altri pensi stia parlando?!La mia anima è colma di te, dal primo giorno che ci siamo incontrati!”
«Sono queste le condizioni in cui nasce l’amore! E a quel punto si è disposti a rischiare il tutto per tutto… perfino che la propria anima finisca in pasto ai demoni »
“Il mio cuore è così rigonfio della tua presenza, che non c’è spazio per nessun’altra!”
André si chinò a guardarla, cercò il suo sguardo ma gli sfuggì, come sabbia tra le dita, e scappò, in un momento di debolezza, dal suo abbraccio. Oscar asciugò rapidamente le lacrime dal volto, cercò di cancellare dal suo viso i segni del pianto.
«Oh… perché mi guardi con quegli occhi…? »
André allungò la mano verso il suo viso e le accarezzò il volto, lei indietreggiò fino a ritrovarsi spalle a muro. Lui avvicinò il volto al suo, catturò la sua bocca e la zittì, bloccandola contro la parete. Oscar tentò di opporre resistenza, provò ad allontanarlo ma le sue mani erano malferme, le era davvero così difficile essere arrabbiata con lui? Appena si allontanarono Oscar assottigliò lo sguardo e le labbra, con le guance rosse. André rise, passò il pollice sul labbro inferiore della donna, guardandola avidamente.
«André io… »

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Capitolo 34
*** 34 ***


Era seduta su di lui, le gambe incrociate dietro la sua schiena, il suo volto tra le mani. Sentiva le sue mani accarezzarle la schiena e lasciò sfuggire un sospiro.
«Oscar... »
Oscar sfiorò leggermente le sue labbra con le proprie, mentre sentiva la sua stretta farsi più forte. Perché non riusciva a smettere di baciarlo? Sussultò quando sentì una scia umida di baci sulla pelle candida del collo e della la spalla. Incurvò la schiena verso di lui, André poggiò la fronte sulla sua, guardandola dritto negli occhi e le sorrise dolcemente, mentre la stendeva sotto di sé, senza smettere di baciarla e di accarezzarla. I respiri intrecciati scivolano gli uni negli altri, gli sguardi allacciati... erano così morbide e dolci le sue labbra, rosse a furia dei baci che si erano donati in quella notte, che le aveva donato quella notte. Da quanto tempo non si perdeva nel suo profumo? Quanto tempo era passato da quell'unica notte in cui si erano amati e donati il loro corpo e la loro anima? Troppo, troppo tempo. Fu così bello poter sentire la sua forza dentro di sé. Un'immagine, di pura passione, si impose ai suoi occhi: era André, in un morbido letto, e la stava spogliando, si stavano spogliando. Si erano già amati in precedenza? Sperò di no, con tutto il cuore. Non poteva aver dimenticato quelle meravigliose sensazioni che le stava facendo provare in quel momento! Oscar sorrise, ringraziò l'assenza di Renée e André intrecciò le loro dita, tornando nuovamente sulle sue labbra, senza smettere di accarezzarle fianchi e cosce.
"E' questo quindi quello che stava per accadere l'altra notte? Erano queste le carezze, i baci, i sospiri che dovevamo donarci prima? Che sia maledetta quella fitta che ti ha spezzato il fiato!"
Si allontanò poco dopo, ma solo per riprendere fiato.
 
///@///
 
La luce del sole lo svegliò, disturbando i suoi sogni. Si stropicciò l'occhio sano trattenendo uno sbadiglio. Si alzò a sedere lentamente guardando assonnato un punto indefinito davanti a lui. Voltò il capo verso di lei e la osservò dolcemente, cullata dalle braccia di Morfeo, con i capelli sparsi fuori dal letto. Era così bella, così pura ed innocente... sorrise. Le accarezzò amabilmente la schiena e sarebbe rimasto li per sempre se non fosse stato per il brontolio del suo stomaco. Si alzò dal letto a malavoglia, indossò i pantaloni e si avviò in cucina. Alzò lo sguardo sul piccolo orologio e notò con stupore che erano da poco passate le due del pomeriggio.
"Accidenti... "
Aveva perso completamente la cognizione del tempo? Decisamente sì. Sospirò stanco ma un piccolo sorriso comparì sul suo volto, si voltò leggermente verso la porta della sua stanza. Prese un paio di cose da mangiare e le portò in camera, sperando di farle mangiare quel poco che era rimasto in casa. Entrò in camera, cercando di fare il meno rumore possibile per non svegliarla, ma appena alzò lo sguardo, la vide sbadigliare, coprendosi il volto con una mano, il corpo nudo coperto dal lenzuolo sfatto. Le sorrise, poggiando il piccolo vassoio che aveva in mano sul letto. Oscar non alzò lo sguardo, strinse il lenzuolo sulle spalle, accennò solo un debole ciao. Lui le rispose di rimando, indugiando qualche secondo lo sguardo su di lei.
«Che ore sono? »
Chiese timidamente, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. André non rispose subito.
«Sono le due del pomeriggio... »
Mormorò lentamente e Oscar arrossì di colpo; nascose il viso nel lenzuolo sperando che non notasse quel rossore improvviso.
«Già... ti ho portato qualcosa da mangiare, non... non è molto... »
«Oh... va bene, non preoccuparti... »
Oscar prese una fetta di pane e la portò alla bocca, tenendo sempre il volto basso.
«Sei molto magra »
Esordì André, guardandola preoccupato, alzando un sopracciglio. Lei alzò le spalle, continuando a mangiare indisturbata.
«Parli proprio tu... »
«Touché »
Disse, ridacchiando, mentre si stese sul letto giocosamente, poggiando una mano sulla nuca e l’altra sul ventre magro. Chiuse gli occhi e Oscar si voltò a guardarlo con la coda dell'occhio, accennando un lieve sorriso. Si alzò lentamente, poggiando il piccolo vassoio sul mobile poco lontano, sempre con il suo fedele lenzuolo a coprirla. Si sentiva in imbarazzo, ora, alla luce del sole, nel farsi vedere nuda. Si era lasciata trasportare da una passione che non credeva neppure di possedere. Un improvviso brivido le attraversò la schiena: si era davvero concessa a lui, alla fine. Sorrise al pensiero, ma non si voltò a guardarlo, non voleva ancora vederlo. Non diede peso alle spalle nude che il lenzuolo non voleva proprio coprire e ne rise debolmente, portò una mano sul petto tentando di fermare il lenzuolo almeno in quel punto. Si accorse di lui solo quando André poggiò le mani sulle sue braccia. Girò un po' il volto verso di lui, sperando con tutto il cuore che non dicesse nulla. Era così rassicurante la sua presenza, il calore che lui stesso emanava... lo adorava. Poggiò il capo sul suo petto e strinse le spalle, André le accarezzò dolcemente le braccia e allontanò i suoi capelli dal collo.
«Io ti amo... »
Le sussurrò lentamente all'orecchio, poggiò il mento sulla sua spalla e l'abbracciò da dietro. Tremava, Oscar, tra le sue braccia, ma non la lasciò andare. Quella stupida commedia doveva finire: che senso aveva continuare a fingere un'altra donna? Aveva sperato in una reazione, anche minima, di gelosia da parte sua? Aveva sperato di poterla avere tra le sue braccia come sposa, non come un amante, non solo come amante. Era quello che pensava di lei ora? Forse. Cosa gli costava ripetere per l'ennesima volta di amarla, di amarla da sempre? Nulla, esattamente nulla. Se lei non avesse accettato il suo amore e sarebbe tornata da Beauharnais per lui andava bene, doveva essere felice.
«Ti amo, Oscar! Ti ho sempre amato, fin dal giorno in cui ti ho vista per la prima volta da bambini. L'unica che voglio sei tu! »
Oscar si irrigidì tra le sue braccia, da bambini? Si conoscevano da bambini?
"«Lei? L'ho conosciuta da bambino, avevo 8 anni e lei 7. La prima volta che l'ho vista era sulle scale di casa sua, era bellissima...  »"
Si voltò verso di lui, scossa, e André la fermò stringendo le sue braccia. Oscar si bloccò nel vedere il suo volto sofferente. Era teso, ma la stretta delle sue mani sulle braccia era incerta, tremava quasi. Il suo sguardo era supplichevole, triste e sentì una stretta allo stomaco bloccarle il respiro. Corrugò la fronte e lo guardò interrogativa.
"Tu... mi ami? Perché solo adesso me ne rendo conto? Le parole che ci siamo detti, gli sguardi che ci siamo scambiati, il tuo calore, quei baci... io cosa...?"
Alcune lacrime le annebbiarono la vista, si morse leggermente il labbro per evitare che fuoriuscissero incontrollate. André deglutì a vuoto, quasi pentendosi di averle parlato, ma avrebbe mai accettato una sola notte di passione con lei? Avrebbe mai accettato il fatto che lei l'avrebbe considerato come uno svago? No, mai. L'aveva provocato, involontariamente, e lei non l'aveva fermato, cedendo al suo istinto carnale. Oscar strinse il lenzuolo e si alzò lentamente sulle punte dei piedi baciandolo, con una lentezza e dolcezza disarmante, lui l'abbracciò e rispose con la stessa lentezza a quei baci profondi. Prese il suo volto tra le mani, l'avvicinò di più a sé.
«Eri tu... »
Dissero insieme, lasciandosi sfuggire una piccola risata, André poggiò la mano sulla sua nuca, l'avvicinò a sé.
«Ti ho sognato tante volte dopo il mio incidente, ma non riuscivo mai a scorgere il tuo volto »
Sussurrò la donna, con gli occhi chiusi.
«Ti ho cercata per tutta Parigi, in tutti gli ospedali, cimiteri, a casa tua... pensavo di averti persa per sempre. E' stato difficile per me ritrovarti senza memoria, ma eri viva! Potevo vederti, sentire la tua voce... questo mi ha dato la spinta per andare avanti  »
Disse lui di rimando, si chinò di nuovo sulle sue labbra, ammaliato da lei e dal suo profumo. Come aveva fatto a vivere senza di lei fino a quel momento? L'aveva amata come la prima volta, forse anche di più. Gli sembrava così delicata in quel momento e così aurica: la sua pelle era così chiara a confronto con la sua, gli occhi grigio azzurro lo scrutavano dolcemente, le sue labbra erano socchiuse e rosse, la pelle scoperta del collo e delle spalle era candida e tutto era incorniciato con i suoi biondi capelli mossi e il lenzuolo pallido che non voleva ancora abbandonare. Prese la mano tra le sue e le avvicinò al suo petto, il lenzuolo cadde avvolgendo i loro piedi nudi.

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Capitolo 35
*** 35 ***


«Sembri turbata... »

Oscar alzò lentamente lo sguardo su di lui, sgranando gli occhi sorpresa. André corrugò la fronte e tentò di focalizzare il suo volto, ottenendo la piccola soddisfazione di vedere parte del suo viso. Per fortuna, la vista sembrava non volergli più dare problemi e non poteva non rallegrarsene. Oscar poggiò di nuovo il capo sul petto dell'uomo, godendosi le lente e dolci carezze che le stava donando sulla schiena. 

«Stavo pensando... »

Sussurrò lentamente, facendo scorrere leggere le dita sul petto di lui.

«Me ne sono reso conto »

André rise debolmente, stringendo il suo corpo a sé, evitandole qualsiasi movimento. 

«Lasciami andare...! »

Oscar tentò di divincolarsi dalla sua stretta, senza trattenere le risate, ma ottenne l'effetto contrario, ritrovandosi supina sul letto con lui sopra. Trattenne un grido, lasciandogli uno sguardo divertito e lui le sorrise maliziosamente, sistemandosi tra le sue gambe.

«Cosa c'è? »

Gli donò una dolce carezza sul viso, spostando alcune ciocche dei capelli dagli occhi e sorrise dolcemente. Cinse i fianchi di lui con le gambe e André le sorrise maliziosamente. 

«Non mi hai risposto »

«Hai una bellissima figlia... »

André sorrise, si chinò verso di lei a baciarle la fronte e la punta del naso, per poi dedicarsi completamente alle sue labbra. Oscar immerse le mani tra i suoi capelli, avvicinandolo a sé. 

«Dubito che questo sia l'unica cosa che ti preoccupi, ma devo ammetterlo, forse ho capito... di cosa si tratta »

Sussurrò l'uomo, accarezzandole lentamente il volto gentile. Oscar corrugò leggermente la fronte, schiudendo un po' le labbra.  

«I-Io... »

André accennò un lieve sorriso, ma Oscar distolse lo sguardo. 

«Nulla, lascia stare... »

Oscar si irrigidì tra le sue braccia, scossa e André tentò di tenerla stretta a sé, cercando di capire cosa le fosse successo in quei pochi istanti.

«Ma »

«Niente "ma". Era una stupidaggine, te l'assicuro »

Lo rassicurò lei sorridendogli, gli donò un leggero bacio sulla punta del naso, accarezzandogli dolcemente il viso.

«Se è così stupida come cosa perché non me la dici? »

Continuò lui, guardandola negli occhi, ma Oscar si alzò lentamente dal letto, dandogli le spalle per qualche istante; André cercò di definire la sua figura, intuendo i suoi movimenti: si stava rivestendo e anche lui indossò i pantaloni. Lei iniziò a legare lentamente i lacci della camicia sul petto e si aggiustò la camicia sul petto. Fermò le mani sul ventre, corrugando la fronte leggermente, socchiuse le labbra. 

«Oscar...? »

Lei si voltò leggermente verso di lui, accennando un lieve sorriso. André si avvicinò verso di lei e la costrinse a guardarlo negli occhi. Lei tremò e scosse il capo lentamente, accennando un debole sorriso. André l'abbracciò dolcemente, stringendo il corpo della donna al suo e lei poggiò il capo sul suo petto, godendo del calore del suo corpo ancora un po'. 

«Ti amo »

Sussurrò Oscar stringendo le mani tra le sue sulla pancia, sorridendo. André sorrise.

«Sei mia »

 

///@///

 

Renée era tornata due giorni dopo: aveva sperato con tutto il cuore che la sua assenza in casa li avesse avvicinati, almeno un po', e fu felice di scoprire che la sua missione era riuscita. Anche se nessuno le aveva detto nulla, aveva notato le spalle rilassate del padre e la pace che circondava Oscar. La donna si era assentata per qualche ora, e cio le permise di parlare con il padre.

«Allora... cos'avete fatto in questi due giorni? »

«Avrei dovuto fare una cosa in particolare? »

Chiese André senza guardare la ragazza negli occhi, Renée sbuffò.

«In effetti sì... »

«Rinfrescami la memoria, ti prego... »

André continuò a scrivere indisturbato, e Renée trattenne un urlo disperata.

«Oh ma ti prego! Lei!? »

Disse la ragazza poggiando le mani sul tavolo e solo allora André alzò lo sguardo su di lei. Renée tremò, erano così freddi e così cupi i suoi occhi, poi André le sorrise divertito.

«Ah Renée, Renée, Renée... »

Sospirò lui, ridendo. La ragazza rimase per qualche istante immobile, con gli occhi sbarrati e André non trattenne le risate.

«Ma... io non... »

Tentò di gistificarsi lei, ridendo alla fine insieme al padre. Sentirono la porta aprirsi velocemente e si girarono di scatto, ritrovandosi davanti Bernard e Alain.

«Bernard... Alain... cosa succede? »

Chiese André alzandosi, preoccupato. Bernard indugiò per alcuni istanti, cercando di riprendere fiato e Alain si avvicinò a lui, porgendogli un giornale. 

«Credo che questo possa interessarti »

Disse Alain; non aveva mai visto il suo amico così serio e questo lo preoccupò non poco. Prese con mani tremanti l'articolo e sperò con tutto il cuore di non ricevere brutte notizie.

«Cos'è successo? Cosa significa? »

André lesse distrattamemte il titolo di ogni articolo, diffamavano chiunque capitasse a tiro. Corrugò la fronte, non era un giornale legale, o almeno non quello per cui Bernard, e alcune volte lui, scriveva. Lo colpì il suo nome.

«" Per quanto riguarda André Grandier, soldato della vecchia guardia metropolitana, non dovete fidarvi. Non è l'uomo che dimostra di essere! Nonostante segua i nostri stessi ideali, nasconde la sua donna di nobili origini nella dimora della sua signora. Come tutti i nobili, anche lui è un nemico della Rivoluzione!"»

«Padre, smettetela...»

«"Inoltre, riguardo la sua donna..."»

«Padre!»

André indugiò, continuando a leggere quelle frasi diffamatorie mentre un moto di rabbia iniziava a crescergli nell'anima.

«"Riguardo la sua donna sappiamo che fu la sgual"»

«Ho detto basta!»

Urlò Renée e strappò il giornale dalle mani del padre, buttandolo a terra, e si voltò a guardarlo. Era teso, il suo corpo e notò il fuoco nei suoi occhi, i sopraccigli ravvicinato e abbassati, le labbra serrate. Renée si avvicinò a lui e piano lo abbracciò, sperando di calmare quel tumulto di sentimenti che albergavano nel suo cuore.

«Tutti noi sappiamo bene in che condizioni vivete, e soprattutto la vostra relazione. Rilassati »

Esordì Alain, recuperando il giornale stropicciato.

«Questo è uno dei giornali clandestini, non ho potuto bloccarne l'uscita... »

«Lo so Bernard, non  ti preoccupare, non è colpa tua. Li leggono ancora nelle taverne?»

Chiese lui con tono freddo, senza mutare d'espressione. Alain annuì lentamente e aspettò una sua reazione, catastrofica anche ma il suo silenzio valse più di mille parole. Come riusciva a mantenere il controllo nonostante quello che aveva letto?

"Oscar è nobile... per questo viene reputata un nemico della Rivoluzione... non è giusto... "

André annuì lentamente, posò un bacio sul capo della figlia ancora stretta a lui. 

«Cos'hai intenzione di fare? »

«Nulla, non posso fare proprio nulla. Ho le mani legate: un passo falso e sono morto »

Ammise l'uomo, passandosi una mano tra i capelli e sospirò disperato, abbassando il capo.

«Non so davvero come muovermi ora »

«Credo che sia il caso di continuare ad agire come al solito. Se dovesse cambiare qualcosa loro lo scopriranno e peggiorerà solo la situazione »

Disse Bernard posando lo sguardo prima su Renée, poi su André. Lui annuì lentamente, valutando tutte le possibilità. Doveva nascondere quel giornale: Oscar non doveva leggerlo.

 

///@///

 

Oscar per un istante si sentì morire. Portò una mano alla fronte, tremante, e strinse le spalle, distrutta. Si accasciò sulla scalinata, sotto il ponte e sperò di non essere disturbata. Cosa le era successo? Si sentì debole, e una strana sensazione di nausea le morse lo stomaco. Com'era iniziato tutto? 

"Non capisco... cosa significa tutto questo?"

Aveva ricordato una strana sensazione, si sentì davvero male solo al pensiero. Toccò lievemente, quasi impaurita, il ventre. Perché sentiva nelle sua testa delle voci che, con insistenza, le ripetevano sempre la stessa frase? Di nuovo quella fastidiosa sensazione di nausea, chiuse gli occhi, poggiando la schiena sul muro freddo.

"«André... sono incinta...»"

Sussultò al pensiero, quand'era successo? Come? Perché? Eppure l'immagine che aveva davanti agli occhi era proprio la sua figura, davanti allo specchio, mentre controllava quella rotondità sospetta con un sorriso enorme.

"«Alexandre, ti ricordo che quella donna ha avuto un aborto!»"

Aveva abortito? Si sedette sul freddo pavimento, le lacrime iniziarono a scivolare sulle sue guance da sole. Perché non ricordava altro? Com'era successo? Come aveva fatto a perdere il bambino? Un lampo le attraversò la mente: Rosalie era incinta! Ecco perché aveva ricordato!

"Ti prego, Dio, dammi la forza per andare avanti... perché io non ce la faccio... non ce la faccio"

 

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Capitolo 36
*** 36 ***


Riprendere i lavori all’Assemblea era complicato, soprattutto ora che la costituzione civile del clero sembrava aver smosso anche le più alte cariche nello stato pontificio. La Francia, anzi, i Francesi avrebbero eletto vescovi, parroci e vicari, un bel passo avanti, no? Un brivido gli attraversò la schiena, quasi non ascoltava le parole di Bernard, e forse non gli interessavano neanche. Si sentiva terribilmente stanco e non vedeva l’ora di tornare a casa, da sua figlia e dalla sua compagna. Sospirò pesantemente, sorridendo leggermente al pensiero.
«Scommetto la mia paga che tu non hai ascoltato una singola parola di quello che ti ho detto »
André rise, fermandosi nel bel mezzo della strada, osservando la struttura imponente della cattedrale con sguardo severo. Aveva saputo che pochi giorni prima erano stati rubati quasi la metà degli oggetti metallici nella cattedrale, sicuramente per essere fusi o per rivenderli e racimolarci qualche moneta.
«Mi dispiace, papà »
Disse allegramente, mentre ripresero il loro ritorno a casa. Bernard chinò il capo imbarazzato, ma un dolce sorriso nacque sul suo viso.
«Ancora non posso crederci, sai? Anche se ho paura a giurarci »
«In che senso? »
Lo sguardo di Bernard si velò di tristezza e arrestarono ancora una volta il passo. André corrugò la fronte senza capire.
«Rosalie ha perso un bambino, non molto tempo fa, non vorrei che accadesse di nuovo »
André lo guardò incredulo per alcuni istanti, stupito dalla rivelazione dell’amico.
«Bernard… mi dispiace… »
L’uomo alzò le spalle e riprese il cammino, seguito a ruota da André. Continuarono il breve tratto in silenzio, chiusi nella loro nube di pensieri. Bernard si chiuse in un silenzio profondo e André fece lo stesso; nella sua mente riaffiorò il volto di Enora e sorrise amaramente. Appena arrivarono davanti le rispettive case, Bernard si voltò a guardare André per un istante.
«Non augurerei neanche al mio peggior nemico di vedere la propria compagna soffrire per la perdita di un figlio… e non poter fare nulla per alleviare il suo dolore »
André trasalì e abbassò il capo, senza trovare la forza di controbattere in qualche modo ed entrò a casa.
«Padre! Siete tornato! »
Renée si buttò tra le sue braccia, improvvisamente e lui sussultò. Ripensò per un attimo alla conversazione avuta con Bernard e strinse il corpo esile della figlia tra le braccia, godendo del calore di quell’abbraccio. Oscar li osservò, in disparte, e non riuscì a trattenere un sorriso.
 
///@///
 
«André… dove stai andando? »
Oscar si voltò stupita verso l’uomo che, in fretta, stava recuperando alcuni fogli sul piccolo scrittoio in camera. Si era alzato di scatto dalla sedia, colto da un non sapeva quale demone, e aveva iniziato a correre come un pazzo per tutta la casa.
«Devo portare questi fogli ad Alain… sono urgenti! Ma dove diavolo ho la testa in questi giorni! »
La donna si avvicinò a lui, piazzandosi davanti la porta di casa, impedendogli di uscire.
«André! Calmati! Li porti domani mattina, è tardi ed è pericoloso uscire a quest’ora! »
«Porto la pistola »
André tentò di spostare la compagna ma fu inutile, le lanciò uno sguardo serio ma lei non si mosse.
«Padre, dove pensate di andare? Da solo poi! Verrò con voi! »
«Non ci pensare proprio! »
Urlò l’uomo, spazientito. Renée si avvicinò al padre, tirando la manica della camicia.
«Oscar non può uscire allo scoperto, ma io sì! Verrò con voi, con o senza il vostro consenso! »
La donna trasalì, cosa significava “non può uscire allo scoperto”? Oscar lo guardò interrogativa ma André teneva il capo basso, pensieroso e alla fine cedette, esasperato.
«Va bene, vieni con me… ma cambiati prima, non uscire con il vestito »
Disse l’uomo senza voltarsi a guardarla e Renée scattò subito nella sua stanza, cercando nel suo minuscolo armadio una camicia e un pantalone che teneva ben nascosti. Oscar tremò, intrappolata tra la porta in legno di pessima qualità e il corpo dell’uomo, e si sentì tremendamente a disagio con quello sguardo severo che André le stava rivolgendo. Abbassò il capo e le spalle mortificata, senza riuscire a formulare una singola parola.
«Tornerò presto, te lo prometto »
«Non voglio stare da sola… »
«Chiamo Rosalie »
«No… voglio che tu rimanga qui, con me, al sicuro »
Sussurrò a bassa voce; André le alzò il volto poggiando le dita sotto il mento e la guardò dolcemente.
«Resterò al tuo fianco, anche se tu non mi vedrai »
Posò un leggero bacio sulle sue labbra e appena Renée fu pronta uscirono di soppiatto dalla piccola palazzina. Oscar chiuse la porta lentamente, cercando di evitare quel debole e fastidioso cigolio della porta consumata e si sedette sul divanetto poco distante, pregando che non succedesse nulla a quei due pazzi. Rise debolmente al pensiero, e si addormentò quasi nel tepore del divanetto fin quando non sentì un deciso bussare alla porta. Erano già tornati? Doveva essersi davvero appisolata.
«André! »
Esclamò sollevata, avvicinandosi speranzosa alla porta ma ad aspettarla non erano André e Renée. Due figure maschili, coperti da un largo mantello e un cappello che scopriva, stranamente, solo i loro occhi, si avvicinarono a lei, minacciose e Oscar indietreggiò, spaventata.
«V-Voi… chi siete? »
Si scontrò con il tavolo, cosa stava succedendo? Chi erano quei due? Un uomo tolse il fastidioso cappello, rivelando una folta capigliatura biondo cenere. Lei corrugò la fronte, senza smettere di tremare. Si sentì terribilmente indifesa, dov’era André? Perché non tornava? E se quei due gli avessero fatto del male?
«Mi dispiace tantissimo Oscar, non volevamo spaventarti in questo modo »
Nonostante il perfetto e fluido francese, Oscar notò uno strano accento, quasi forzato e questo la destabilizzò.
«C-Cosa…? »
«Dovevamo incontrarti, non esci mai da questa… casa? Abbiamo aspettato per ore che André e quella ragazzina ti lasciassero da sola »
Oscar lo guardò sempre più confusa, intanto l’uomo aveva slacciato anche il mantello, riponendolo sulla sedia poco lontano.
«Lascia fare a me »
Anche l’altro compare si spogliò di quella maschera, rivelando finalmente il suo volto. Oscar quasi non trattenne un grido.
«Alexandre… »
Portò una mano alla bocca, sorpresa, e un misto di terrore e gioia le contorse le membra.
«Ma purtroppo non posso darti torto, Fersen. Non ti lascia mai sola, vero? »
«Cosa ci fai qui? E voi chi siete? Come fate a sapere che vivo qui? »
Chiese colta da un improvviso coraggio e il biondo quasi non trattenne una risata.
«Ma come, Oscar? Non pensavo mi aveste dimenticato così facilmente! »
Disse alludendo all’ultima discussione avuta con la donna, cosa che lei non colse. Lei scosse il capo, spaventata, ma cercò in tutti i modi di non darlo a vedere ai due uomini.
«Non vi conosco, come potrei ricordarmi di voi? Uscite immediatamente o chiamo aiuto! »
«Oscar, calmati, siamo qui solo per parlarti e per farti una proposta »
Disse Alexandre ponendosi tra il conte svedese e la donna, fissandola freddamente negli occhi.
«Tu sai meglio di tutti noi che la monarchia costituzionale sarà la rovina della Francia »
«Non è vero »
«Zitta. Non posso permettere che il paese che noi due abbiamo servito per tutti questi anni cada in mano a degli incompetenti che si sono dichiarati liberatori da un giorno all’altro. Non accetterò mai la Repubblica o qualsiasi cosa contro l’Antico Regime »
«Perché vieni a rinfacciarmi questo tuo disprezzo? »
Disse lei, notando nel suo discorso quanto lui odi la situazione attuale del paese.
«I sovrani devono tornare a Versailles »
«Possono governare anche qui, a Parigi »
«Non stanno governando, se ne stanno con le mani in mano! »
«Come hanno sempre fatto, alla fine! »
«Faremo scappare i sovrani in Austria, paese del fratello di Maria Antonietta, ci aiuterai? »
Oscar sbiancò di colpo, far scappare i sovrani? Era davvero possibile? Un brivido le attraversò la schiena e sentì le gambe reggerla a fatica. Alexandre la strinse per le spalle, per evitare di farla cadere. Il conte si avvicinò allarmato e osservò in silenzio religioso lo sguardo che i due si stavano scambiando. Quello di lei sembrava combattuto, mentre lo sguardo di lui era di fuoco.
“Dimmi, Oscar… André è a conoscenza dei sentimenti che nutri per Beauharnais?”
«Tu… lo sai con chi stai parlando… vero? »
Chiese incredula e Alexandre assottigliò lo sguardo.
«Con una nobile »
«Oscar, se non volete farlo per la Francia, fatelo per An… la sovrana »
Intervenne Fersen disperato e Oscar sembrò ricordare la presunta relazione che aveva con la regina. La donna scosse il capo, turbata, e allontanò Alexandre che si era fatto pericolosamente vicino.
«No! Non posso! Andatevene da casa mia!  »
«Oscar »
«Vai via! »
Urlò alla fine, angosciata, inginocchiandosi con il viso bagnato dalle lacrime. Era così vulnerabile, pensò il conte Beauharnais, e lui si inginocchiò al suo fianco, poggiando una mano sulla sua spalla.
«Se dovessi cambiare idea, sai dove trovarmi. Le porte di casa mia sono sempre aperte per te »
Disse dolcemente, anche se il suo volto era rimasto freddo ed impassibile. Fersen corrugò la fronte, domandandosi come facessero a conoscersi, che rapporto li aveva uniti, cosa fosse successo ad Oscar di così grave da renderla così… debole. Gli sembrò strano associare il termine debole alla figura di Oscar, eppure quella che si trovava davanti a lui, piegata dal peso degli eventi e da qualcosa che non riusciva bene a definire, non poteva non essere la più piccola di casa Jarjayes.
«Alexandre, sento dei passi. Andiamo »
Mormorò lo svedese allarmato. Alexandre si alzò e si soffermò a guardarla ancora un po’.
«Prediti cura di te »
Le sussurrò prima di scomparire così com’era arrivato. Oscar rimase immobile, inginocchiata a terra e solo allora si accorse di una lacrima che le bagnava la guancia destra. Beauharnais e Fersen raggiunsero rapidamente la strada e proprio mentre imboccavano un vicolo poco distante André e Renée si affrettavano a rientrare a casa.
«Beauharnais… che tipo di rapporto c’è tra te e Oscar? »
 
///@///
 
«Oscar? »
André e Renée tornarono, dopo una buona ora, finalmente a casa. C’era un silenzio tombale nella casa, che Oscar si fosse addormentata? André aprì la porta della camera da letto e la trovò lì, seduta sul materasso, con il capo chino e con addosso una vestaglia pesante per riscaldarsi. Sorrise sollevato e, dopo aver salutato la figlia, entrò nella stanza avvicinandosi lentamente a lei.
«André… »
Oscar strinse le spalle, senza smettere di tremare per il freddo.
«Perché stai piangendo…? »
Chiese stupito una volta che le fu davanti. Oscar si alzò, posando lo sguardo su di lui e si mise sulla punta dei piedi, lambendo le sue labbra. André la strinse a sé, intuendo il perché di tale pianto e l’accarezzò dolcemente, riempiendo il suo volto di piccoli baci. Oscar armeggiò con la camicia di lui che sfilò poco dopo, e sentì il desiderio crescere. Si perse tra le sue carezze, tra le sue mani grandi e forti, tra le sue braccia robuste, e trovò consolazione nei suoi baci e nell’appartenenza dei loro corpi e André non aveva più chiesto il perché di quelle lacrime che erano tornate a bagnare i suoi occhi mentre diventava sua.
“Ormai non ho più bisogno di niente! Non ho più bisogno di niente! Finché le tue braccia cingono il mio corpo… non m’importa neppure di morire!”

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Capitolo 37
*** 37 ***


Era davvero un reato amare qualcuno? Amarlo con così tanta passione da rimanerne bruciati? Divorarlo con i propri baci, marchiarlo con il proprio odore, stringerlo a sé con le proprie mani? Era bellissima Oscar, con quei lunghi capelli biondi, con quella pelle diafana così morbida e delicata, resa rossa a furia dei baci che lui le stava donando. Ma chi era quell’uomo? Chi era quell’uomo, dallo sguardo freddo, che osava toccare la sua donna? Che osava farla sua? Perché non interveniva? Perché non riusciva a muoversi o urlare? Perché restava a guardare? Perché lei non lo allontanava? Si sentì di troppo a guardarli, perché diavolo ci vedeva così bene ora? Volle diventare cieco, per non vedere quello che accadeva e volle diventare sordo, per non dover sentire i gemiti di lei.
«Alexandre… »
Sussurrò, Oscar, e André capì. Sentì un vuoti divorargli l’animo ferito e si inginocchiò a terra, senza riuscire a smettere di osservarli nel loro amplesso. Poi i loro sguardi si posarono su di lui: lei aveva gli occhi lucidi, lui lo guardava freddo, con un mezzo sorrisetto sul volto.   
André si svegliò di scatto, accaldato, e si alzò a sedere sul letto, coprì il volto con le mani. Cercò in tutti i modi di togliersi dalla mente l’immagine di Oscar stretta tra le braccia del conte de Beauharnais. Era da un po’ che quel sogno non tornava a tormentarlo. Da quando aveva scoperto che Beauharnais conosceva Oscar non era riuscito a pensare ad altro, e la prima notte notte quell’incubo lo traumatizzò. Sentì un moto d’angoscia nascere nella sua anima e sbuffò pesantemente, alzando gli occhi al cielo. Non poteva sopportare l’idea di perdere ancora una volta Oscar… né tantomeno per colpa di quell’uomo.  Eppure il sogno, sembrava forse più un incubo, sembrava reale e sentiva ancora nelle orecchie la voce della donna invocare il suo nome in preda al piacere. Si voltò a guardarla, gli stava dando le spalle e sembrava dormire tranquillamente nel tepore delle coperte. Successivamente sentì il frusciare delle lenzuola e notò che la donna si era girata e aveva allungato il braccio verso di lui, cercandolo nel sonno. Sospirò e tornò a stendersi al suo fianco, stringendo il corpo al suo. Vide un dolce sorriso decorare il suo viso, rilassato, e dalle sue labbra sfuggì il suo nome e André si sentì sollevato. Le baciò la fronte, dolcemente, per poi lambirle le labbra languidamente, poggiando una mano sulla sua nuca per avvicinarla a sé.
 “Non allontanarmi da te, ho bisogno di sentirti vicino… di sentire che sei mia e di nessun’altro!”
 La donna mugugnò qualcosa tra un bacio e l’altro, allontanandolo un po’ ma ciò fece aumentare la sua stretta. Aprì gli occhi e le sembrò triste, così come il suo assalto e le sue mani sul suo viso. Rispose al suo bacio poco dopo, stringendosi di più a lui e André tentò di farla stendere sotto di sé ma lei lo spinse a sdraiarsi supino e Oscar si sedette sul suo grembo, sorridendogli imbarazzata.
«Ciao… »
Spostò le ciocche nere dal suo volto e gli accarezzò dolcemente le guance ruvide per la barba di un giorno. André si limitò a guardarla e ad accarezzarle la schiena. Era amareggiato, aveva fatto qualcosa di sbagliato? Lui poggiò le mani sui suoi fianchi e accennò un lieve sorriso. Vide le guance della donna colorarsi un po’ e la spallina della veste da notte scoprirle la pelle della spalla.
«Ti amo… »
Sussurrò lei divertita e si addormentò di nuovo, sul suo petto, cullata dalle sue carezze. André corrugò la fronte e la strinse a sé, come a non volerla far scappare. Non riuscì a prendere sonno un’altra volta, restò a guardarla fino all’alba.
“Ripetimelo mille volte… fin quando questo mio dubbio non si annullerà…”
 
///@///
 
Oscar si svegliò qualche ora dopo fresca e riposata. Sentiva il corpo percosso da un’energia positiva, dovuta a suo parere dalle braccia che l’avevano accolta nella notte. Si alzò a malavoglia dal letto che l’attirava più di una calamita e notò a malincuore che André non aveva osato svegliarla, come faceva di solito. Abbassò le spalle e si girò verso l’armadio e cercò dei vestiti. Mentre cercava una camicia trovò, ben piegata in un angolo, una giacca blu. La prese lentamente e la poggiò sulle cosce, curiosa, e accarezzò con le dita il colletto rosso bordato di bianco e il tessuto blu zaffiro. Dove aveva già visto quella giacca? Poggiò la giubba sul letto e finì di rivestirsi, tenendo d’occhio l’indumento e non appena ebbe finito la prese di nuovo e l’osservò attentamente. Sembrava la divisa di un militare, come quella che indossava Alain, solo molto più semplice. Il tessuto era ruvido, di sicuro pungente, e in vari punti era stata strappata e rammendata più volte. Era enorme a confronto con il suo corpo minuscolo e sorrise, immaginando André con quella divisa. Sbottonò con cura ogni bottone, e la indossò, si sentì avvolta dal profumo del suo uomo e ne sorrise.
“Eri un soldato, André? Nostro figlio avrebbe avuto un valoroso soldato come padre?”
Si chiese tristemente mentre lasciava con una mano una carezza sul ventre magro e vuoto. Sospirò amaramente, decisa più che mai a cercare di dimenticare quel dolore nato troppo tardi in lei. André non doveva saperlo, non aveva la forza neanche per dirlo a sé stessa.
“Anche Alexandre indossava la divisa… l’altra sera”
Strinse a sé la giacca, immaginando di essere ancora tra le braccia di André. Come poteva non dire al suo uomo quello che le avevano detto? Come aveva anche solo osato chiederle di tradirlo?
“Non avrei mai immaginato che Alexandre mi avrebbe coinvolta in una cosa del genere… maledetto! Perché mi fai ancora quest’effetto?! Perché, per qualche istante, ho quasi voluto abbandonarmi tra le tue braccia?! Ti prego, André, aiutami!”
Oscar portò una mano alla fronte e si sentì mancare, poggiò la mano sulla parete e tentò di non cadere a terra rovinosamente. Sentì la voce di Renée chiamarla preoccupata ma non riuscì ad allontanare la schiena da quel muro piacevolmente freddo.
«A…A… »
«Oscar? Oscar?! »
 
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«Sei silenzioso oggi, Grandier »
Disse Alain tra il divertito e il serio, osservando attentamente il volto dell’uomo.
«Tu non dovresti essere di turno oggi? »
«Sono in licenza, amico mio! Sai, ogni tanto noi poveri soldati abbiamo la libera uscita… »
«Idiota… »
Disse André accennando un debole sorriso all’amico e Alain rise.
«Scherzi a parte, che ti prende? Problemi con il comandante? »
André alzò le spalle, rinchiudendosi di nuovo nel suo silenzio. Ripensò al sogno di quella mattina, ne era rimasto scosso. Aveva l’impressione che Oscar gli stesse nascondendo qualcosa, ma non riusciva a definire cosa. Non seppe giustificare quella sensazione e si sentì uno stupido nel ripensarci. Alain non osò indagare oltre e cercò di cambiare argomento.
«Reclutiamo altri soldati, se vuoi posso garantire per te »
«No Alain. Sono stato forzato ad entrare nella guardia metropolitana, non voglio unirmi ad un altro reggimento. Lascio troppo tempo a casa sole Oscar e Renée, arruolarmi costringerebbe me a vivere in caserma e tornare a casa solo nelle poche libere uscite. Poi dopo quei giornali… non me la sento Alain »
«Capisco. E così sei stato forzato… »
André scosse la testa in segno di disappunto e a pochi passi da casa invitò a restare con lui almeno fino a pranzo e il soldato accettò con piacere. Finalmente un buon pasto caldo come si deve!
«Rosalie….! »
André le fece cenno con la mano, salutandola, e la donna si avvicinò velocemente a lui.
«André! Oscar è…! »
L’uomo sbiancò di colpo, cos’era successo? Perché Rosalie era così spaventata?
«Cos’è successo Rosalie?! »
La donna cercò aria, poi alzò lo sguardo su di lui.
«Non lo so! Renée l’ha trovata in camera stesa a terra, priva di sensi! »
Alain corse a cercare il medico mentre André corse per le scale, raggiungendo il proprio appartamento. Non diede peso a Renée e raggiunse la camera, trovando Oscar stesa sul loro letto, priva di sensi, e con una ferita sulla tempia scoperta. André si avvicinò a lei, tremava. Solo allora si accorse che indossava la giubba della sua divisa. Ma cosa ci faceva con quella addosso? Non ci diede peso, cercò di disinfettare il taglio che stava perdendo sangue e tentò di farla svegliare.
«Alain? Dov’è Alain con il dottore? »
Urlò all’improvviso, spaventando le donne. Renée non riuscì a rispondergli e Rosalie tentò di rassicurarlo e sperò vivamente che il soldato si facesse vivo il prima possibile.
«Oscar? Oscar mi senti? »
 
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«Il  respiro si è fatto regolare. A questo punto, non c’è più motivo di preoccuparsi. Quando si sarà ripresa, penseremo a correggere la sua alimentazione »
Il dottore era una persona un po’ strana, provata per il duro lavoro di questi ultimi tempi. Non era molto alto e i capelli biondi erano perfettamente ordinati, così come i baffi. La sua voce era rassicurante e a tratti paterna. André annuì, sollevato, e si voltò verso la porta chiusa della loro stanza, trattenendo il respiro. L’anziano medico se ne andò poco dopo e Rosalie tirò un sospiro di sollievo.
«Meno male… »
Disse debolmente, sedendosi sulla sedia poco distante. André le sorrise stancamente, poggiando la mano sulla sua spalla esile. Le sembrò così buffa Rosalie, così piccola con quella rotondità appena accentuata dal vestito stretto non più in vita ma sotto il seno. La sua pelle era più luminosa, così come il suo sorriso e sembrava anche più bella. Rosalie gli sorrise dolcemente, lasciando una tenera carezza sul ventre.
«Come stai? »
«Bene, grazie. Ma non preoccuparti per me. Oscar ha bisogno di te… »
André si lasciò sfuggire una risata, seguito poi dalla donna e si avviò nella camera dove la donna riposava e  attese che lei si svegliasse. Prese la sedia vicino al piccolo scrittoio e l’avvicinò al letto, si sedette e prese una mano tra le sue. Era davvero pallida e, ora che la osservava meglio, era dimagrita parecchio. Sentì una morsa allo stomaco e lei si mosse, iniziò a tremare. La donna sussultò, strinse la stretta della sua mano, alcune lacrime iniziarono a bagnarle il volto. André si alzò e si chinò su di lei, allarmato.
«Oscar mi senti? Sono qui, rilassati… sono qui amore… »
Oscar si aggrappò al ferro del letto e si morse il labbro, senza smettere di piangere. Sembrò mormorare qualcosa come:
«Perdonami… »
André si fermò, come pietrificato. Si sedette sul bordo del letto e tenne la testa tra le mani, disperato.

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Capitolo 38
*** 38 ***


«Dove stai andando? »
Oscar si voltò lentamente verso André, stupita dal tono così freddo che le aveva rivolto, ma lui non fece lo stesso, continuò a darle le spalle.
«Rosalie non sta molto bene, ormai manca poco al parto e Bernard è fuori per lavoro. Ho pensato di farle compagnia... deve sentirsi molto sola… »
Oscar uscì dall'appartamento, senza aspettare una sua risposta e bussò alla porta di fronte. Si voltò per qualche istante verso la porta chiusa dietro di lei, preoccupata. Era strano André negli ultimi giorni, sembrava in collera con lei per qualcosa, ma non riusciva proprio a capire riguardo cosa. Aveva provato a parlare con lui, a chiedergli cosa stesse succedendo, ma lui non le aveva risposto. Aveva preferito dormire su quel sudicio divanetto che nel loro letto per un paio di notti e alla sua richiesta di spiegazioni aveva risposto che non riusciva a prendere sonno nel letto e preferiva riposare lì.
«Rosalie? Ci sei? »
Oscar entrò lentamente nella casa, trovando Rosalie seduta al tavolo che ricamava, non l’aveva sentita. Notò subito il ventre gonfio nel pieno nono mese di gravidanza e ne sorrise.
«Oh ciao Oscar, non ti avevo sentito scusami! Ero immersa nei miei pensieri »
«Figurati, come ti senti? Tra poco nascerà, vero? »
«Già... sembra ieri che ho scoperto di essere incinta e invece... non vedo l'ora di poter abbracciarlo... »
Oscar sorrise, poggiando la mano sul pancione dell'amica. Rosalie sembrava sicura che il piccolo in arrivo non era altro che un bel maschietto, con la complicità di Bernard.
«Sei molto fortunata... »
«Anche tu diventerai madre »
Oscar sussultò e Rosalie se ne rese conto, ma non osò chiedere.
«Credo che non mi voglia neanche più… »
Ammise a bassa voce, senza togliere la mano dal ventre gonfio dell’amica.
«Perché vi siete allontanati tanto? »
«Non lo so... lui non è mai in casa e non so dove vada e con chi stia... ma non è questo il problema! E’ iniziato tutto dal giorno in cui mi sono sentita male »
«Ma se questo è il problema allora perché non ne parlate? »
«Ho provato… ma lui è schivo, non vuole discutere…»
«L'importante è non avere segreti Oscar, sono quelli che dividono la coppia più di qualsiasi altra cosa, anche più di un tradimento carnale »
"Cos’è peggio? Il segreto o l’amante? E io chi sono Rosalie? Una bugiarda?”
«E poi Oscar ultimamente sei un po' strana, devi ammetterlo. Sei continuamente in ansia, sei spesso pensierosa e ti distrai facilmente, non ti sei chiesta se non fosse proprio questo comportamento a dividerti da André? »
No, in effetti non ci aveva pensato. Forse era colpa sua, ma lei stava solo... solo facendo cosa? Proteggendo due conti che volevano far fuggire i reali all'estero per evitare la loro deposizione e la proclamazione della Repubblica? E' per questo che lei ha messo in dubbio il suo rapporto con André? Ma la cosa più grave era… per chi lo stava facendo? Per i sovrani… o per Alexandre? André o Alexandre?
«Capisci? Anche se, sono sincera Oscar, credo che André pensi che tu l’abbia tradito...»
Oscar sussultò. Tradimento. Puro tradimento. Sentì gli occhi riempirsi di lacrime e la mente annebbiarsi. Non poteva fare questo ad André!
«I-Io non...non... cosa te lo fa pensare…?»
«Lo so che tu non ... ah! »
Rosalie avvertì una dolorosa fitta al basso ventre, le mancò quasi il respiro e iniziò a sudare. Oscar si alzò di scatto verso la donna.
«Rosalie?! Cos'hai?! »
«Credo che... il bambino... si... si sono appena... rotte le acque! »
 
///@///
 
L'aveva aiutata a stendersi sul letto con non poca fatica, la donna non riusciva a reggersi in piedi e ogni minuto che passava il dolore sembrava aumentare.
«Respira Rosalie respira... andrà tutto bene... andrà tutto bene... »
Rosalie cercava in tutti i modi di respirare ma non ci riusciva, il dolore era troppo forte.
«Non ce la faccio...! »
«Vado a chiamare André, torno subito! »
«N...NO! »
Non le diede retta, non poteva. Oscar corse fuori dall'appartamento, entrando come una furia a casa e per poco non si scontrò con André.
«Oscar? Cosa succede? Sei pallida... »
L’uomo poggiò la mano sulla sua spalla, preoccupato. Era agitata e notevolmente spaventata.
«André... Rosalie... lei... il bambino... abbiamo bisogno della levatrice!»
André annuì, corse per le scale come un matto e Renée la raggiunse.
«Oscar! Vengo con voi! »
Le due donne tornarono a casa Chatelet e trovarono Rosalie stremata da una nuova contrazione. Oscar l’aiutò ad alzarsi e la fece stendere di nuovo sul letto.
«Renée toglile quel sudore da dosso, vado a prendere dei panni e dell'acqua calda... »
«S... sì... »
Renée asciugò la fronte della donna con un panno, evitando che il sudore le bagnasse gli occhi. Oscar uscì fuori al corridoio, sperando di vedere André tornare con la levatrice.
«Non preoccuparti Rosalie, mio padre è andato a chiamare una levatrice, arriverà subito... »
«Bernard... dov'è mio marito? »
«Sta arrivando Rosalie... sta arrivando! »
Tentò di rassicurarla Oscar, Bernard non l’avrebbe raggiunta prima di qualche giorno. Un'altra contrazione, un altro urlo. Oscar tornò dentro, poggiò un panno sotto le gambe della donna e l'altro lo diede a Renée.
«Dove diavolo è quella donna quando serve?! »
Oscar aiutò Rosalie a piegare la gambe, ormai mancava poco. Passavano i minuti ma l'uomo non tornava, Rosalie stava soffrendo e il bambino non sembrava intenzionato a venire fuori.
«Maledizione... si può sapere perché ci mette così tanto? »
Chiese esasperata Renée notando il volto stanco di Rosalie.
«Non lo so... ma Rosalie non ce la fa più... è stremata... »
«Fatelo uscire... Vi prego... »
Rosalie aveva il capo poggiato sulla spalla di Renée, aveva il volto dolorante, era sudata e i capelli in disordine erano incollati alla fronte. Ad un certò punto si sentì qualcuno battere la porta di casa, André era tornato! Oscar uscì dalla camera da letto e trovò André, solo, ad aspettarla.
«André! Dov'è la levatrice? »
Chiese lei guardandosi in torno spaesata e André scosse il capo.
«Non può... venire... dobbiamo... dovete farlo voi... »
André cercò di riprendere fiato dalla corsa appena fatta, si sedette sulla sedia respirando profondamente.
«Come sta? »
Chiese l’uomo e dall’altra parte del muro sentirono un nuovo urlo della donna. Oscar tremò.
«Ma io non sono una levatrice! Non so come si fa! E dubito profondamente che Renée sappia come far partorire una donna! »
«Lo so Oscar ma qualcuno deve farlo... io non posso entrare, Bernard mi ucciderebbe, e anche Rosalie... »
Si guardarono negli occhi per alcuni istanti e lei avvertì una scossa lungo la schiena. André la guardava tristemente, perché era così? Cos’era mutato tra loro? Perché tutto era degenerato in quel modo? Aveva detto qualcosa mentre lei era ancora addormentata? Aveva rivelato qualcosa?
"Forse... Rosalie ha ragione..."
«So che puoi farcela... mi fido di te... »
Aggiunse lui alla fine, regalandole un debole e triste sorriso. Oscar annuì debolmente e si avvicino alla porta della camera e sentirono un nuovo urlo della donna.
«Chiama un dottore… ho paura per lei… »
Sussurrò Oscar, avvertendo un brivido di paura scuoterle il corpo e sentì la porta di casa aprirsi e i passi di André farsi sempre più lontani.
«Rosalie… tra poco arriverà un dottore… André è andato a cercare qualcuno…»
Disse la donna mentre entrava nella stanza e chiudeva la porta alle sue spalle. Renée la guardò confusa mentre aiutava Rosalie a stendersi sul letto, dolorante.
«Che… che significa? Non… »
«Rilassati Rosalie, andrà tutto bene »
Tentò di rassicurarla Renée, accarezzandole dolcemente la fronte, e una nuova smorfia di dolore compare sul viso della donna. Rosalie stringeva i denti e tentava di trattenere quelle grida di dolore, pregava Dio di aiutarla, invocava il nome del marito con le lacrime agli occhi per lo sforzo. Quelle fitte lancinanti sembravano volerle spezzare la schiena e sentiva chiaramente, nel suo ventre, il piccolo cercare di uscire. Quanto tempo avrebbe dovuto aspettare? Le fitte erano ravvicinate, aveva il fiato spezzato.
«Renée… scalda l’acqua… »
Disse in un attimo di riposo, guardando la ragazza negli occhi seria, poi si rivolse ad Oscar.
«Aiutami tu… non posso farcela da sola… ho paura… »
Oscar tremò e si avvicinò al corpo della donna. La denudò della biancheria e aspettò una nuova contrazione.
«A-Andrà tutto bene Rosalie… tuo… tuo figlio nascerà sano e forte… ne sono sicura… »
Le disse sorridendo e fu felice di notare un debole sorriso incresparle le labbra. Rosalie annuì rapidamente, con il respiro affannato e sentì di nuovo le carni contorcersi dal dolore, le venne quasi naturale spingere. Oscar rimase come pietrificata, ormai era davvero questione di minuti.
«Al diavolo il medico! Rosalie! Spingi! »
Le urla di Rosalie avevano invaso l’intero palazzo, sovrastata solo dalla voce di Oscar che la esortava a spingere. La donna inarcò la schiena e strinse i denti, era davvero così difficile mettere al mondo un bambino? Perché, per dare una vita, bisognava soffrire così tanto? E se il bambino non ce l’avesse fatta? Tentò di scacciare le lacrime, sentiva la testa girare pesantemente e le sembrava quasi impossibile respirare. Non riusciva a pensare ad altro, eppure quando sentì la testa finalmente fuoriuscire dal suo corpo si sentì in Paradiso. Si accasciò su quei cuscini che non avrebbe mai immaginato così morbidi e cercò aria disperatamente. Sentiva vagamente quello che stava accadendo intorno a sé, forse era tornato André con un medico. Come stava il bambino? Era un maschio? Era una femmina? Perché non piangeva? Oscar si era avvicinata a lei e le stava sorridendo, le parlava piano ma non riusciva a sentirla. Tentò di dire qualcosa, ma non aveva le forze neanche per tenere gli occhi aperti.  
“Lasciatemi riposare… sono stanca… ho bisogno di dormire…”
«Rosalie…? Rosalie mi senti? Dottore! »
 
///@///
 
«Il bambino è sano e salvo, nonostante la sua piccolezza deve aver scombussolato molto vostra moglie »
«Non… è mia moglie, non sono sposato. Suo marito tornerà presto. Lo informerò io di tutti i dettagli »
André sforzò un sorriso, guardando l’uomo che aveva davanti a sé, o almeno la sua sagoma. Non riusciva a distinguere i tratti del suo viso, ma dalla sua voce forte e sicura doveva avere sulla cinquantina di anni.
«Assomigliate in modo impressionante a monsieur Chatelet… monsieur? »
Il medico aggiustò le lenti sul naso grande, notando alla fine la vera differenza tra il giornalista e quell’uomo. Doveva essere più alto di monsieur Chatelet, di qualche centimetro, e di sicuro monsieur Chatelet non copriva il volto con una ciocca di capelli. Si chiese il perché di quel singolare modo di portare i capelli, ma non osò chiedere.
«Grandier, André Grandier »
«Bene monsieur Grandier, madame Chatelet deve stare in riposo assoluto. Il parto ha quasi rischiato di ucciderla, ringraziando il cielo madame è una donna molto forte ed è riuscita a superare il trauma. Purtroppo devo riferirle che la possibilità di avere un altro figlio è piuttosto bassa, se non nulla. Detto questo, posso andare. Tornerò domani per controllare come sta la madre »
«Certamente, la ringrazio dottore »
André si era fermato a parlare con il dottore per qualche istante, cercò di memorizzare tutte le notizie che gli stava fornendo il dottore per poi riferirle a Bernard, una volta tornato dal suo viaggio. Oscar e Renée rimasero nella camera da letto, il piccolo Chatelet dormiva placidamente tra le braccia di Oscar e insieme aspettarono che Rosalie si riprendesse. Dopo il parto aveva continuato a perdere sangue inspiegabilmente, lei era svenuta e per qualche istante ebbe paura. Temette per la sua vita. Sapeva benissimo che il parto poteva essere mortale non solo per il bambino, ma soprattutto per la madre. Tentò di scacciare via quei brutti pensieri: il peggio era passato, Rosalie e il bambino stavano bene, solo quello importava. Renée si era addormentata poco dopo, con il capo poggiato sul materasso mentre Oscar rimase sveglia ad osservare il viso dolce del bambino. Si chiese il colore dei suoi occhi: blu come il padre o azzurri come la madre? E i capelli? Biondi o neri? Che contrasto! Rise debolmente, cercando di non svegliarlo, mentre immaginava la faccia di Bernard nel vedere il piccolo. Rosalie ci aveva visto giusto, era davvero nato un bambino!
«E’ davvero minuscolo… »
Disse André debolmente, guardando stupito il piccolo tra le braccia della compagna. Lei alzò il capo verso di lui, sorridendogli dolcemente.
«La natura umana è capace di tante cose… meravigliose »
Sussurrò Oscar, poggiando il piccolo al fianco di Rosalie, dove dormiva Bernard. André l’affiancò, prendendo una sedia e ponendola vicino la sua.
«Siete state bravissime »
«E’ stata dura… ho avuto paura per tutti e due. Ho cercato in tutti i modi di tranquillizzare Rosalie ma io per prima temevo per loro »
«Eppure eccoli lì, sani e salvi. Non sei contenta? »
Oscar sorrise dolcemente, senza staccare lo sguardo dal piccolo Chatelet.
«Ti piacciono i bambini? »
Chiese André sorridendo, la luce che entrava nella stanza gli permetteva chiaramente di vedere solo alcuni dettagli del profilo della donna, e ciò che lo colpì di più furono gli occhi dolci che aveva mentre guardava il neonato. Lei annuì lentamente, voltandosi poi a guardarlo negli occhi. Lei si alzò, lasciando dormire i tre in pace e insieme ad André si recò nella piccola cucina per parlare più tranquillamente.
«L’altro giorno, mentre dormivi, mi hai chiesto più volte di perdonarti… »
Disse di getto André, lentamente, senza smettere di guardarla negli occhi. Oscar corrugò la fronte, spaesata, e tentò di ricordare il motivo di tale affermazione.
“Perché ti ho chiesto di scusarmi? Per il… bambino o per Alexandre? Cos’è più grave?”
«Non… non so, forse hai sentito male »
«A sentire ci sento, anche bene, sono gli occhi a non funzionarmi »
Disse acidamente André, senza volere ma la donna sussultò, alzò le spalle e tentò di ignorare il tono usato.
«Parlando di dormire… ultimamente faccio sogni strani. Soprattutto da… quando tu e Renée siete usciti quella notte »
«Davvero? »
André alzò un sopracciglio, stava cambiando discorso.
«Sì, forse è per quello… »
«Cosa sogni? »
«Quella notte… ho sentito qualcuno parlare sotto la finestra e ho sentito il nome di Maria Antonietta. Da allora sogno spesso loro fuori dalle Tuileries… come se fossero usciti in qualche modo. Non lo so, mi ha fatto riflettere »
«Credi che possano scappare? »
«Devo dirti la verità? »
André annuì, deciso e Oscar prese un bel respiro.
«Sì »
«Se questo può rasserenarti, parlerò con chi di dovere di rafforzare le sentinelle intorno al palazzo »
«La mia è sicuramente una paura infondata… »
«Per nascere la paura deve pur avere un terreno fertile su cui aggrapparsi. Ti ringrazio per avermelo detto »
Un piccolo sorriso nacque sul viso dell’uomo, e lei si sentì rincuorata dalle sue parole. Sperò vivamente che André avesse creduto a quella mezza verità e le sue parole l’avevano fatta sentire subito meglio.
«Perdonami se non ti ho informato subito, forse è per quello che ti chiedevo perdono. Non mi viene in mente altro al dire il vero »
Sussurrò alla fine, poggiando una mano sulla sua.
«Non ti devi preoccupare, va tutto bene. Tra di noi non di devono essere segreti »
André prese il suo volto tra le mani e le sorrise, rilassato e Oscar accennò un sorriso.
«Devi dirmi altro? »
André tentò di farla parlare ancora. Aveva l’impressione che stesse nascondendo ancora qualcosa.Oscar abbassò lo sguardo, portò le mani sulle sue e chinò il capo.
«Dammi solo un po’ di tempo…  »
«Ma certo… ti amo »
Sussurrò alla fine e lei accennò un sorriso.

 

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Capitolo 39
*** 39 ***


I raggi del sole gli davano fastidio più del solito. Provò ad aprire gli occhi e gli sembrò impossibile distinguere bene le assi del soffitto. Si stropicciò gli occhi con la mano, notando con una piacevole sorpresa che anche quello ferito sembrava vedere qualcosa. Sospirò sollevato e abbozzò un debole sorriso. Ormai il modo gli appariva grigio, se Rosalie non gli avesse detto il colore dei capelli di Renée l’avrebbe creduta mora, non rossa. Alzò un po’ il busto, voltandosi in giro per costatare, come faceva ogni mattina, la gravità della situazione. Ultimamente la vista non era peggiorata molto, anche se alcune volte faticava a riconoscere le persone un po’ più lontane. Quando si perde un senso, se ne sviluppa un altro. Alain per primo aveva costatato quanto ci sentisse dannatamente bene. Si voltò a guardarla e sorrise dolcemente: dormiva serenamente, aveva le braccia raccolte davanti a sé e le labbra socchiuse. Sorrise quando la sentì avvicinarsi di più al suo corpo, cingendo la vita con un braccio, prese la sua mano destra e osservò le dita intrecciarsi con le sue: era così piccola tra le sue mani, le dita erano lunghe e affusolate, prefette per suonare il violino o il clavicembalo. Ricordò la notte del 12 luglio, quando la sentì per l'ultima volta suonare con il suo prezioso violino un brano di Mozart, non ricordava però quale. Oscar aprì gli occhi lentamente e lo guardò in silenzio osservare le loro mani, assottigliare lo sguardo, avvicinare il volto, pensieroso. André alzò lo sguardo su di lei e tentò di mettere a fuoco il suo viso.
«Stai piangendo? »
"Sebbene il sole sia sorto, ti accarezzo... E non ti vedo..."
Oscar lo guardò stupita, non se n’era neppure accorta. Deglutì a vuoto e abbassò lo sguardo, si alzò anche lei e si fermò a guardarlo negli occhi. I capelli arruffati non nascondevano il suo volto e lei era felice di poterlo vedere di nuovo senza quella dannata ciocca. Avvicinò la mano al suo volto per accarezzargli la guancia destra, lui chinò il capo e chiuse gli occhi, con un dolce sorriso sul volto.
«André... »
«Ti amo »
«Lo so, me lo ripeti ogni giorno »
Disse allegramente, con un pizzico di malizia, e nella quiete del mattino si sentì il pianto di un bambino. Oscar avvertì un brivido lungo la schiena e gli occhi divennero lucidi. La sua mano tremò e André aprì gli occhi, preoccupato. Lei aveva il capo basso, non riusciva a definire la sua espressione in quel momento. La donna fece una smorfia. André la chiamò piano e lei sembrò come svegliarsi dai suoi pensieri.
«Va tutto bene? »
«Oh… sì, stavo pensando. Bernard non è ancora tornato? »
«Dovrebbe tornare oggi »
Oscar accennò un sorriso.
«Oggi conoscerà il suo bambino… sono così felice per loro »
«Oscar… »
«Mi chiedo cos’abbia provato Rosalie mentre portava il bimbo nel grembo »
Il volto della donna era rilassato e un piccolo sorriso forzato increspò le sue labbra. André corrugò la fronte, non riusciva a capire cosa volesse dire. Non ne avevano mai parlato, Oscar ne sembrava terrorizzata e lui non voleva farla sentire a disagio.
«Lei… ha perso un bambino, me l’ha detto Bernard »
«Quindi… credi che sia possibile avere un figlio  nonostante… l’aborto…? »
L’uomo alzò le spalle, ancora più confuso.
«Non sono un medico, non so cosa dirti al dire il vero. Ma perché mi fai questa domanda? »
Lei sospirò e alzò lo sguardo verso di lui. Le labbra le tremavano e la voce la tradiva.
«Mi chiedevo solo… non è… oh lascia stare, non è importante »
Abbassò di nuovo il capo e allontanò la mano dal suo volto, poggiò entrambe le mani sulle cosce a poca distanza dal ventre e chiuse gli occhi.
«Parla, mi avevi promesso che tra di noi non si sarebbero stati segreti »
Disse esasperato ma quelle parole sembravano non averla proprio toccata.
«Lo so. Pensavo a quanto fosse bella la natura umana, che permette a noi donne un’altra possibilità se perdiamo i nostri bambini quando sono ancora nel nostro ventre »
«Perché dici questo? Che cosa significa? »
«Mi piacerebbe avere un figlio, un bambino tutto nostro… da poter coccolare e amare »
Sussurrò con un dolce sorriso dipinto sul suo volto e il volto di André si illuminò, estasiato. Poggiò la mano sulle sue e lei alzò lo sguardo su di lui, non riuscì a terminare la frase che l’uomo catturò le sue labbra in un dolce bacio.
 
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Era andata a trovare Rosalie qualche giorno dopo il ritorno di Bernard e fu felice di vedere che la sua amica si era ripresa del tutto. Il piccolo Chatelet aveva aspettato l’arrivo del padre per avere un nome, e Rosalie fu felicissima di annunciarle che François era il nome che Bernard aveva sussurrato appena aveva preso il piccolo tra le sue braccia.
«Bernard adora il nostro bambino. Ieri sera è riuscito a farlo addormentare subito, tra le sue braccia e ha dormito per tutta la notte! »
Le due donne sorrisero, Oscar gli accarezzò leggermente la guancia paffuta cercando di non svegliarlo dal suo sonno. Rosalie era al suo fianco e non riusciva a smettere di sorridere.
«Come va con André? Avete parlato? »
Chiese poi la donna, cercando lo sguardo dell’amica.
«Sì, abbiamo parlato... credeva gli stessi nascondendo qualcosa perché quando ero incosciente l’avevo pregato di perdonarmi… »
«E? »
«Vorrebbe un bambino, ma non ha mai osato dirmelo. Gli ho chiesto io cosa ne pensasse a riguardo »
Rosalie poggiò una mano sulla sua spalla e Oscar si voltò a guardarla.
«Non sai se sei pronta? »
«Ho paura di averlo illuso… credo di non poterne avere... »
Ammise lei a voce bassa, combattuta se liberarsi di quel peso prima con lei. Rosalie poggiò dolcemente la mano sul braccio della donna, sperando di consolarla.
«Devo raccontarti una cosa... vieni »
Le due si sedettero al tavolo, vicino la piccola culla di legno, Rosalie le porse una tazza di tè che aveva appena fatto.
«François doveva avere dei fratelli o sorelle più grandi... »
Lo sguardo della donna si intristì, Oscar sentì chiaramente qualcosa stringerle lo stomaco e la gola. 
«E' stato... tre anni fa... non sapevo di essere incinta e questo Bernard non lo sa... poi due anni fa è accaduto di nuovo... i bambini arrivano Oscar. François è qui ora ed è solo grazie a te... non devi preoccuparti, André non smetterà né di amarti né di volerti se non avrai un figlio, stanne certa...»
«Lo so... capisco »
Rosalie corrugò la fronte, Oscar sembrava volerle dire qualcosa ma non riusciva a trovare le parole.
«Che cosa hai detto? Puoi ripetere per favore? »
«Capisco… cos’hai provato… »
Rosalie non capì subito, sgranò gli occhi non appena colse il significato di quella frase. Portò la mano alla bocca, stupita e sembrò incapace di dire altro. Com’era potuto accadere? Quand’era successo? In quel periodo che aveva occupato la stanza non le aveva dato l’impressione di aspettare un figlio, né di averlo perso. Non era recente? Era successo durante il soggiorno dal conte?
«Lo sfoghiamo in modo diverso, il dolore… io non ricordavo neanche di aspettare un bambino. Ho solo vaghi ricordi e la certezza di averlo perso- prese un bel respiro, sentiva le lacrime pungerle gli occhi- Rosalie io… »
«Non dire nulla, non ce n’è bisogno. Sappi solo che non può essere colpa tua, né del Signore che si è innamorato di tuo figlio prima del tempo. Non è colpa di nessuno. Ma… André lo sa? »
Oscar scosse il capo, asciugò una piccola lacrima sfuggita al suo autocontrollo e iniziò a tremare. Doveva dirlo anche a lui. Aveva trovato confortante parlare con Rosalie, si sentì in parte capita e il cuore le sembrava più leggero.
«I bambini tornano Oscar, succederà anche a te, amica mia! »
 
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André non tornò a casa quella sera, Oscar lo aspettò in piedi fino a tardi ma appena si accorse dell’orario decise di andare a dormire. Sospirò amaramente e iniziò a pregustare le fredde lenzuola che la stavano aspettando. Sperò con tutto il cuore che André la raggiungesse nella notte e tornasse da lei. Si sentì terribilmente sola in quel momento. Riordinò alcune lettere che Renée aveva poggiato sulla tavola dopo aver cenato e osservò con noia i nomi dei destinatari. Erano tutte per André.
“E per chi altri?”
Si chiese sorridendo, lesse il destinatario dell’ultima lettera e scoprì con sorpresa che quella volta l’ambito non era André, bensì lei. Poggiò con cura le altre lettere sul tavolo e aprì la sua lettera lentamente. Controllò se ci fosse scritto da qualche parte il mittente e si stupì di non trovare nessun’altra scritta se non il suo nome. Lesse con stanchezza il contenuto del foglio, erano poche righe:
“Ho bisogno di parlarti, ti prego raggiungimi domani notte fuori città. A”
Corrugò la fronte, spaesata. Rabbrividì, non poteva credere a quello che aveva appena letto. E se l’avesse trovata André? Era uno sconsiderato! Prese la busta e cercò di eliminare tutte le prove dell’esistenza di quella lettera in quella casa. André non doveva sapere nulla.
 
///@///
 
«Buongiorno mie amate donne »
André era tornato nella tarda mattinata. Renée e Oscar erano intente a riordinare i panni puliti e la donna abbandonò il lavoro per correre ad abbracciarlo. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte, se non alle prime luci dell’alba. Aveva pianto, un po’ per la solitudine, un po’ per la situazione che si era venuta a creare senza che lei potesse impedirlo. Il suo volto era pallido, e André se ne rese conto e le accarezzò la guancia.
«Hai pianto? »
Le chiese in un sussurrò, allontanando un po’ il viso per poterla guardare meglio. Lei non rispose, si strinse solo di più a lui, in cerca di conforto.
"Aiutami André... credo di impazzire! Mi scoppia la testa! Come vorrei dirti quello di cui sono venuta a conoscenza! Ho troppa paura André! Ti prego, dimmi che non succederà nulla... ti prego..."

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Capitolo 40
*** 40 ***


Oscar non aveva smesso di pensare a quel dannato biglietto per un solo istante. Si era chiesta per tutta la mattina cosa dovesse fare. Cos’avrebbe fatto se non avesse perso la memoria? Avrebbe aiutato i sovrani a fuggire o sarebbe rimasta al fianco di André? Sospirò stancamente, com’era riuscita a cadere in tutto questo? Sperò che arrivasse presto la mezzanotte, così da poter dimenticare tutto e tutti. Sbuffò, mentre poggiava il capo sul cuscino e la mano sugli occhi.
“Perché mi hai coinvolta, Alexandre? Perché vuoi mettermi contro André, contro tutti? Non posso tradirli, non puoi chiedermi questo! Ti prego, abbandona quest’idea malsana…”
 Si alzò, poggiando la schiena sulla testata del letto, senza smettere di pensare. Vide André muoversi nel sonno, girarsi, mugugnare qualcosa di incomprensibile e tornare a dormire indisturbato. Aveva un’espressione così pacata e stanca che riuscì a rilassarla in qualche modo. Oscar sorrise e iniziò ad accarezzargli dolcemente il viso, i capelli stavano crescendo di nuovo e ora poggiavano quasi sulle spalle, poi gli accarezzò il braccio. Ricordò le cicatrici che gli erano rimaste sulla schiena dopo l’incendio e sentì una morsa allo stomaco.
«Mm... Oscar »
La donna sorrise, accarezzandogli dolcemente il capo per poi poggiarvi un dolce bacio. Dormiva profondamente il suo uomo.
"Mi spiace André ma devo andare... tornerò subito te lo prometto, metterò la parola fine a questa storia e tutto tornerà come prima"
Oscar sguisciò dalla stretta di André lentamente, sperò di non svegliarlo. Si vestì rapidamente, lanciò alcuni sguardi nella sua direzione per controllare i suoi movimenti e appena fu pronta uscì, nel cuore della notte, in una Parigi pericolosa.
 
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Era arrivato da poco, mancavano due minuti alla mezzanotte. Non riusciva più a sopportare quel damerino nordico e quel suo perfetto francese gli dava ai nervi. Non credeva possibile poter odiare una persona in modo così crudele. Eppure doveva sopportarlo, non poteva rinunciare a lui e al suo piano per far scappare i reali. Tutti sembravano riporgli una sincera fiducia e lui non poteva diventare la nota stonata di quella melodia, soprattutto la regina. Sperò che passasse presto e che non dovesse più vedere il volto di quell’uomo mai più. Avvertì dei passi dietro di sé e impugnò la pistola, pronto a sparare. I passi si fermarono e lui uscì allo scoperto, puntando la pistola contro la figura avvolta nel mantello nero. L’ombra alzò le mani e si avvicinò cauta a lui, scoprendo i capelli biondi.
«Abbassa la pistola, sono io... »
Alexandre sgranò gli occhi, ma cercò di ricomporsi subito. Aveva creduto che non l’avrebbe mai raggiunto, che sarebbe rimasta fedele ad André e ai suoi ideali e fu sorpreso di vederla lì, davanti a sé.
«Sei qui »
Disse con finta noncuranza, tentando di sembrarle il freddo soldato che le aveva fatto conoscere quel giorno di luglio. Oscar sorrise falsamente, alzò le spalle senza staccare lo sguardo dal suo.
«Già, e mi chiedo se ne valga la pena... »
Aggiunse lei assottigliando lo sguardo.
«Non voglio aiutarvi, se i reali sono stati rinchiusi ci sarà un perché, o sbaglio? Non credo che un parigino si sia svegliato un mattino e abbia detto: "Ehi! Perché non imprigioniamo i reali?" »
Disse Oscar con tono sarcastico, squadrandolo freddamente. Le sembrò più magro, ma il fuoco che aveva negli occhi non si era mai spento. Il conte rise e portò una mano alla fronte.
«Sempre simpatica… »
«Solo con te »
L'uomo sorrise e questo la irritò ancora di più.
«Perché mi hai inviato quel messaggio? Cosa vuoi dirmi di così tanto importante da incontrarci a mezzanotte in n luogo desolato? Ti ho già detto che non voglio sapere nulla di questa storia e ti prego di fermare quest’assurdità! »
«Oscar... io ti amo »
La donna sussultò, sperando che i raggi della luna nascondessero il suo improvviso rossore.
“Non voglio sentire ora queste parole! Volevo sentirle prima! Prima di ricordare l’amore di André!”
«Perché me lo dici proprio ora? »
Disse tremando, l’uomo le si avvicinò ma lei indietreggiò.
«Il tuo posto non è con lui, ormai la Francia sta passando un brutto periodo ma le cose finiranno presto. I reali torneranno a Versailles e tutto si risolverà. Allora non potrà salvarti. Lo sto facendo per te... »
Alexandre si avvicinò a lei, accarezzandole dolcemente la guancia ma lei si allontanò, come se il suo tocco la bruciasse. Fece solo qualche passo indietro, sconvolta.
«Non toccarmi. Non voglio saperne più niente di questa storia! Per colpa tua il rapporto tra me e MIO MARITO sta andando in frantumi! »
«Non è tuo marito! Voi non siete sposati né fidanzati! Non ha aspettato a tradirti e ha anche una figlia con un'altra donna! Ti ha trascinata via dalla tua vita, da tuo padre! »
«E non hai pensato alla possibilità che sia stata proprio io ad andarmene di mia spontanea volontà?! »
Urlò esasperata, sentiva la testa scoppiare e il cuore farle male.
«Lasciami vivere! Non mi hai neanche detto che avevo perso un bambino! Avrei preferito sentirlo uscire dalle tue labbra invece ho dovuto origliare! »
L'uomo sgranò gli occhi, stupito dalle sue parole. Ne aveva parlato solo una volta con Josephine, come poteva averli sentiti? Alcune lacrime iniziarono a bagnarle le gote rosse e sentì chiaramente il suo cuore andare in frantumi. Alexandre l'abbracciò, cullandola lentamente tra le braccia, ma la donna iniziò a dargli pugni violenti sul petto, senza smettere di piangere. Restò fermo, immobile, e aspettò che la donna sfogasse la sua rabbia e frustrazione su di lui. Alzò il capo verso il cielo, pregò che capisse il perché delle sue azioni e lo perdonasse per la sua sfrontatezza. Oscar scappò dal suo abbraccio, non riusciva a sopportare le sue mani su di lei.
«Ti prego, lasciami stare. Non cercarmi mai più, io per te sono morta! »
Disse prima di scappare nella città, lasciando il conte da solo vicino il bosco. Alexandre tentò di raggiungerla, senza farsi notare e la vide rifugiarsi nella cattedrale. Fu tentato di entrare anche lui ma qualcosa dentro di sé gli disse di lasciar perdere.
“E va bene Oscar, non ti costringerò a darci una mano, ma ti prego… non chiedermi di abbandonare i sovrani nelle grinfie della rivoluzione!”
Diede un ultimo sguardo alla cattedrale e si rifugiò in un vicolo buio poco distante, allontanandosi di soppiatto.
 
///@///
 
Tornò a casa dopo pochi minuti, si sedette sulla sedia e incrociò le braccia sul tavolo. Oscar si voltò a guardare la porta chiusa della camera da letto e chiuse gli occhi. Provò a dormire un po’ sul tavolo, come aveva fatto nel periodo in cui André e Renée erano stati vittima dell’incendio. Era nel dormiveglia quando si sentì sollevare e il profumo di André la invase. Poggiò il capo sulla sua spalla e lui le baciò il capo, la fece stendere sul letto e le tolse gli stivali e la giacca, sperando di non farla svegliare. Lei si mosse nel letto, cercò le sue mani. André alzò lo sguardo verso di lei e la scoprì guardarlo, le sorrise e si alzò a guardarla. Le accarezzò dolcemente la guancia e lei schiuse le labbra.
«Dove sei andata? »
Le chiese dolcemente mentre l’aiutava a slacciare la camicia e i pantaloni. Sospirò stanca e chiuse gli occhi quando lui poggiò la mano tiepida sul suo fianco. Alzò lo sguardo verso di lui e l’uomo le sorrise, fece scivolare leggera la camicia da notte sulla sua pelle e la donna si stese lentamente, stringendo la sua mano sul petto.
«A pregare… »
Sussurrò lei. Era corsa nella cattedrale una volta giunta in città e aveva osservato in silenzio un sacerdote accendere dei lumi per permetterle di vedere la croce. André corrugò la fronte, aveva pianto e tremava come una foglia al suo tocco. Oscar accennò un debole sorriso, poggiò l’altra mano sulla sua. Aveva pregato per lui, per la sua salvezza e pregò per la non riuscita del piano, pregò per la salvezza del suo rapporto con André. Sentì un brivido lungo tutta la schiena e non riuscì a nascondere la sua agitazione.
«Ti senti bene? Stai tremando »
André poggiò una mano sulla sua nuca e lei scosse il capo, cercò di sembrare il più naturale possibile.
«Sto bene, sono solo stanca…  »
Disse lentamente, girandosi per dargli le spalle. André la guardò stupito, si stese anche lui sul letto e osservò il suo volto per qualche istante, prima che lei si girasse di nuovo.
“Oscar…”

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Capitolo 41
*** 41 ***


Era in ritardo. Non era da lui presentarsi tardi in redazione ma non era riuscito a resistere alla tentazione di controllare di persona quella dannata cosa. Si sentì un verme, non riusciva proprio a fidarsi. C’era qualcosa che non gli tornava, ma non riusciva proprio a capire cosa. Raggiunse rapidamente Bernard e gli altri nella redazione e si sedette accanto all’amico, pensieroso. Gli altri parlavano animatamente tra loro, lui non riusciva proprio a concentrarsi. Bernard sembrava l’unico ad essersi accorto del suo stato d’animo e gli fu grato del suo silenzio. Non aveva voglia di parlare, ma la sua assenza avrebbe destato sospetti: se credeva di conoscere bene alcuni di loro, di sicuro avrebbero parlato con Saint Just, il cugino di Bernard, della sua assenza. Odiava quell’uomo e lui sembrava ricambiare con la stessa foga il sentimento, soprattutto nei confronti di Oscar. Jean, un ragazzo entrato da poco nella redazione, lo stava guardando da un po’. Gli dava fastidio quello sguardo indagatore su di lui, cosa diavolo voleva? Era troppo arrabbiato per pensare alle buone maniere.
«André si può sapere cosa ti prende? »
Gli sussurrò Bernard discretamente notando lo sguardo di fuoco che rivolgeva al povero ragazzo.
«Nulla »
«Dove sei stato? Ti stavamo aspettando »
«Alla cattedrale, dovevo chiedere una cosa »
«Non sapevo fossi religioso »
«Infatti non lo sono »
«Jean ti sta osservando da un po’ »
«Me ne sono accorto, mi da fastidio »
«Usciamo, non abbiamo niente da fare qui »
I due amici si alzarono in silenzio, lasciando il caos della stanza e André poggiò la schiena sul muro, sospirò sollevato e sentì quel dolce silenzio avvolgerlo. Sentiva la testa scoppiare e quell’aria tranquilla era davvero un toccasana.
«Mi dici cosa sei andato a fare a Notre Dame? »
«Oscar ieri è uscita a mezzanotte ed è tornata verso l’una di notte »
Bernard corrugò la fronte e guardò l’amico spaesato.
«Sai dov’è andata? »
«Mi ha detto di essere andata a pregare »
«Non mi sembra strano, forse aveva bisogno di stare un po’ da sola. Ultimamente non mi sembra molto in forma… »
«Quando è tornata non aveva il coraggio di guardarmi in faccia Bernard. Credo mi stia nascondendo qualcosa »
«Per questo sei andato alla cattedrale, per sapere se ti aveva mentito? »
«Sì, un sacerdote mi ha confermato quello che mi ha detto lei ma è stata nella cattedrale una decina di minuti, da sola. Cos’ha fatto prima di tornare? »
Bernard lo guardò attentamente e sembrava davvero preoccupato. Uno strano presentimento si insinuò in lui. André si passò una mano tra i capelli e sbuffò rumorosamente.
«Rosalie mi ha detto che avete litigato »
«Io credevo che Oscar non avesse segreti con me »
«Non dirmi che non ti fidi più di lei »
Disse ridendo il giornalista. André si girò a guardarlo e trattenne il respiro, Bernard sgranò gli occhi.
«Stai… stai scherzando? »
«Non… so più cosa pensare »
 
///@///
 
«Se siamo d'accordo, la data prevista è il 20 giugno. Non possiamo sbagliare. Ecco cosa dobbiamo fare... »
«Sorge però un problema... e anche piuttosto grave »
«Cioè? »
Fersen alzò lo sguardo verso il generale Bouille seccato. Non lo sopportava minimamente, troppo sicuro di sé e troppo arrogante. Beauharnais sbirciò fuori alla finestra, senza dargli troppa importanza.
«La Jarjayes... sa troppo... »
«Cosa vuole fare allora, generale? Dobbiamo rapirla per poi rilasciarla appena il piano sarà partito in modo da non poter avvertire Grandier? »
Disse il conte seccato, osservando le carte che gli aveva appena passato Fersen riguardanti le carrozze da usare per il viaggio. Lo irritava la sua sola presenza nella stanza. Era più inutile di un mulo sul campo di battaglia ma era un forte alleato e non potevano abbandonarlo.
«No... quella donna deve morire »
I due conti sussultarono, voltandosi di scatto verso il generale. Fersen strinse i pugni, avvicinando la mano senza volere alla spada che aveva sul fianco ma Beauharnais fu più istintivo e si avventò su di lui, strattonandolo.
«State scherzando vero?! »
«Beauharnais! »
Hans tentò di separarli ma Alexandre lo spinse via senza troppe cerimonie, stringendo il collo del generale tra le mani.   
«No Beauharnais! Quella donna ha scelto il popolo, non te! Tutti qui sappiamo dei tuoi sentimenti per quella sottospecie di donna ma in questo momento cos'è più importante? »
«Non fare vittime »
Scandì bene ogni singola parola, non dovevano esserci fraintendimenti. Lo sguardo del conte gli fece raggelare il sangue, sapeva benissimo a cosa sarebbe andato in contro ma quella donna doveva morire il più presto possibile.
«Azzardatevi a toglierle anche un singolo capello e ti ritroverai mutilato, mi sono spiegato? Potrei far sapere tranquillamente a quel Grandier dove abiti e che stai complottando contro l'assemblea, lo sai questo vero? Tutto potrebbe andare in fumo e sarà tutta colpa tua se scoprirò che Oscar è morta improvvisamente, mi sono spiegato razza di pallone gonfiato che non sei altro? »
L'uomo annuì velocemente, spaventato dalle parole dell’uomo. Alexandre aveva rafforzato la presa al collo tanto da non farlo respirare e fargli diventare il volto violaceo. Strinse ancora di più, per poi lasciarlo andare.
«Patti chiari, amicizia lunga generale »
                                                                           
///@///
 
«Oscar? Ti senti bene? Sei pallida »
Renée si avvicinò alla donna lentamente e poggiò una mano sulla sua spalla con dolcezza. Lei aveva il capo basso e osservava le sue mani. Oscar alzò lo sguardo distratta, tornando alla realtà.
«Oh Renée perdonami, mi capita di incantarmi a guardare le cose, mi hai chiesto qualcosa? »
Le sorrise dolcemente e Renée sbarrò gli occhi.
«S-Sì… ti senti bene? Sei bianca come un lenzuolo nobiliare! »
Oscar trattenne un sorriso immaginando le lenzuola pallide come il suo incarnato.
«Sto bene, ti ringrazio. Sono davvero così bianca? »
Poggiò una mano sulla guancia e increspò un po’ le labbra, Renée annuì e rise anche lei.
«Forse dovresti mangiare di più…! »
«Non ho fame Renée »
«Ma hai lasciato più della metà del piatto! »
La donna alzò le spalle e chiuse gli occhi, rilassò le spalle e guardò il soffitto pensierosa. Sentì una fitta al ventre così improvvisa da spezzarle il fiato e sgranò gli occhi. Ne avvertì un’altra e un’altra ancora. Si morse il labbro infastidita e portò una mano alla pancia, trattenendo un gemito di fastidio.
«Oscar! »
Renée si avvicinò a lei spaventata, era impallidita ancora di più e si piegava su se stessa.
«Sto bene… mi è passato, è stata questione di un attimo. Mi sento disturbata con la pancia, deve avermi fatto male qualcosa »
Mormorò stupita, quel fastidio sembrava averla abbandonata davvero e guardò la ragazza negli occhi, Renée corrugò la fronte, cosa stava succedendo? La donna sospirò stanca e si alzò con lentezza.
«Devo chiamare il medico »
«No! Non farlo! Non c’è bisogno. Sto bene ora, mi è passato, te lo giuro »
Oscar lasciò una tenera carezza sul suo viso e Renée la guardò smarrita, per poi buttarsi tra le sue braccia. La donna sorrise e le accarezzò lentamente i ricci rossi, godendo dell’abbraccio spontaneo che le aveva appena regalato. Fu invasa dal suo dolce profumo di buono e dal calore del suo corpo. Poggiò il mento sul suo capo e sospirò piano, chiuse gli occhi stanca.
 
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André aprì lentamente la porta di casa, stanco per via della giornata lavorativa. Poggiò il mantello sulla sedia poco distante, notando una Oscar addormentata sul tavolo coperto da libri e fogli di giornale. Diede un'occhiata veloce ai titoli e si rese conto che erano i libri e testi contro la nobiltà francese, soprattutto gli articoli diffamatori che aveva cercato di nascondere alla sua vista.
«Questi libri... non ne sapevo nulla... »
"Povera Oscar... purtroppo il terzo stato si sta rivoltando contro il tuo ceto sociale... e tu ne sei consapevole ma nonostante ciò abbandoni la tua famiglia e lui per vivere al mio fianco... scegliendo la strada più tortuosa e più irta di rovi, eppure…"
Sospirò amaramente, poggiando il libro sul tavolo per poi prenderla in braccio per portarla in camera.
«André...? Oh... »
Oscar aprì lentamente gli occhi, sorridendogli dolcemente, poggiando il capo sulla sua spalla. André la guardò per alcuni secondi, per poi aprire la porta della loro stanza.
«Allora sei tornato... devo essermi assopita... hai fame? Ti ho messo da parte un po' di stufato appena fatto se vuoi »
L’uomo scosse lentamente il capo, accennando un debole sorriso, la fece stendere nel letto e si avviò verso la cucina. Si voltò un ultimo istante sullo stipite della porta e le sussurrò maliziosamente:
«Preferirei mangiare te, Oscar, piuttosto che lo stufato »
“Devo essere proprio matto per dubitare di te…”
«Eh? »
Oscar rimase per un attimo interdetta, imbarazzata dalle parole dell’uomo ma sorrise, accennando una debole risata. André sorrise rincuorato e si sedette davanti a lei, ricevette una dolce carezza sulla guancia e ne fu tremendamente felice.
«Ti amo… »
«Dimmelo di nuovo »
«Ti amo André Grandier, più della mia stessa vita! »

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Capitolo 42
*** 42 ***


Finalmente era arrivata l’estate ma l’aria che si respirava a Parigi era delle più gelide. Oscar sembrava anche lei contagiata da quella strana agonia che contaminava l’aria e avvertiva una certa tensione tra i soldati che girovagavano per tutta la città. Sospirò stanca, vicino il palazzo dell’Assemblea c’era uno strano movimento e anche il palazzo delle Tuileries le sembrò in fermento. Cosa stava succedendo? Oscar spostò una ciocca dietro l’orecchio e strinse il fiocco nero che legava i capelli sulla nuca, osservandosi in giro.
«Sembra che stia per accadere qualcosa di grande! »
Disse Renée alzando un sopracciglio. Oscar alzò le spalle e avvertì un brivido lungo la schiena. Si sentì avvolgere da un’ansia nata dal nulla e portò la mano alla fronte.
«Oscar! Ti senti bene? »
Renée la guardò preoccupata ma i loro pensieri furono interrotti dalle urla di un uomo nella strada. Tutti si girarono incuriositi verso quell’uomo comparso dal nulla. Probabilmente era ubriaco e voleva dare spettacolo di sé davanti a tutti. Oscar corrugò la fronte e schiuse le labbra, non sembrava ubriaco.
«I REALI SONO FUGGITI! E’ L’ASSEMBLEA CHE MI MANDA! IL RE HA TRADITO IL PROPRIO POPOLO! »
Sbraitò l’uomo tutto d’un fiato e Oscar sentì il mondo crollarle sulle spalle. Il volto divenne bianco d’improvviso e sgranò gli occhi.
«No… non… può essere… »
Sentì il cuore battere così violentemente nel petto che sembrava sul punto di esplodere e il corpo percosso da brividi. Iniziò a tremare e la terra sotto i piedi scomparire. Le gambe tremarono, portò una mano alla bocca, spaventata.
«Oscar…?! »
Renée la chiamò spaventata dalla sua reazione, tremava terribilmente e il volto era impallidito parecchio e gli occhi mostravano senza veli quello che la tormentava nell’anima. Provò a scuoterla, per farla ritornare da lei ma vide le lacrime bagnarle gli occhi. Sentì come un pugno nello stomaco, era davvero sconvolta: la notizia della fuga della famiglia reale era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso? Il panico si diffuse tra la folla, incitata però da gridi di rabbia nei confronti del proprio sovrano e sembrò che una rivolta fosse sul punto di nascere. Provò a trascinarla via dalla strada e a rifugiarsi in un vicolo. Arrivò la guardia nazionale a sedare gli animi, non senza usare la forza, e fu allora che Renée avvistò in lontananza Alain.
«Monsieur Alain! Monsieur Alain! »
«Renée dobbiamo tornare a casa… »
La chiamò piano Oscar, tirandola per un braccio, ma la ragazza le urlò contro.
«Sei troppo sconvolta! Abbiamo bisogno di Monsieur Alain! »
Oscar portò una mano al viso e tentò di asciugare rapidamente le lacrime, mormorò qualcosa ma Renée non ci fece caso. Alain le raggiunse non appena le notò le raggiunse con il suo cavallo e quello di un suo commilitone.
«Oscar, Renée, cosa diavolo ci fate qui?! Dovete tornare a casa! E’ pericoloso! Comandante capisco la vostra frustrazione ma non potete restare qui! Pierre aiuta la ragazzina a salire, le riportiamo a casa! »
Urlò il soldato tutto d’un fiato, senza dare il tempo alle due di controbattere. Fece salire Oscar sul proprio cavallo e partirono rapidamente verso casa Grandier.
 
///@///
 
André e Bernard rientrarono di corsa nella loro palazzina. Il popolo era insorto e per un attimo sembrò di essere tornati in quei giorni di metà luglio del ’89, dove la rabbia popolare aveva distrutto senza pietà i simboli della nobiltà e dell’ancien regime. Un moto di paura assalì André e temette per Oscar e Renée. Non poteva perderle, non ora! Abbassò il capo nervoso, consumando il pavimento di legno marcio a furia di andare avanti e dietro alla ricerca delle due donne.
“Maledizione! Non posso restare ad aspettare! Sia maledetta la mia vista!”
Bernard stava spiegando ad una Rosalie terrorizzata cosa stesse succedendo nelle strade e André non riusciva a non pensare ad Oscar. Pregò Dio come mai aveva fatto finora di trovarla viva, sperò che Alain trovasse la sua famiglia e le portasse in salvo. Le lacrime di François gli riempirono la mente e si sentì chiuso in gabbia.
«Non posso restare qui… devo andare a cercarle… »
Mormorò spaventato, avviandosi con fare deciso verso la porta ma Bernard lo bloccò.
«Dove pensi di andare?! C’è l’inferno lì fuori! »
«In quell’inferno ci sono mia figlia e la mia donna Bernard! Non posso starmene con le mani in mano mentre loro rischiano di morire! »
Gli urlò di rimando, cercò di allontanare Bernard dalla porta ma lui non si mosse.
«Non puoi uscire in quello stato André! Non ci pensi, Andre?! E se tu uscissi e loro tornassero? E se tu morissi mentre sei alla loro ricerca mentre loro sono qui ad aspettarti?! »
«Padre! »
 
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Aveva stretto la figlia con tutta la forza che aveva nel corpo. Aveva temuto di perderla in quei violenti scontri e fu felice di saperla al sicuro, a casa, con lui. Renée tremava tra le sue braccia come una foglia e non sembrava intenzionata a lasciarlo andare.
«Va tutto bene tesoro, va tutto bene… »
Le sussurrava piano all’orecchio mentre le accarezzava dolcemente i lunghi capelli ricci. Rosalie aveva fatto sedere Oscar sul divanetto ed era rimasta al suo fianco. André le spiava ogni tanto e l’espressione di Oscar lo turbò molto. C’era qualcosa che non quadrava e lei sembrava davvero sconvolta. Che avesse ricordato qualcosa mentre erano fuori? Non l’aveva sentita parlare neanche una volta da quando erano tornate e ora stava davvero iniziando a preoccuparsi. Non sembrava ricordare i rapporti che aveva con la regina ed egoisticamente nessuno aveva voluto dirle nulla. Renée si allontanò da lui e lo lasciò libero di muoversi verso la sua compagna.
«Oscar… »
Le parlò piano e le accarezzò lentamente la guancia. La donna aprì gli occhi lentamente e lo guardò spaesata, prese la sua mano tra le sue e le avvicinò alla fronte. Tremava anche lei.
«Ti senti bene? Sei ferita? »
Oscar annuì lentamente e tutti si guardarono interrogativi. Renée non ricordava di aver visto sangue tra i suoi vestiti ma nella confusione poteva aver ricevuto calci e pugni da  sconosciuti spaventati. André si inginocchiò davanti a lei e prese il suo volto tra le mani, costringendola a guardarlo in faccia: aveva gli occhi tremendamente lucidi e sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
«Se senti il bisogno di piangere fallo, non trattenerti… »
Le aveva sussurrato con un piccolo sorriso sul volto e Oscar strinse tra le mani i polsi di lui e mormorò appena.
«Lo sapevo… »
André corrugò la fronte, senza smettere di sorridere.
«Cos’hai detto? Non riesco a sentire se parli così piano »
Ammise ridacchiando ma Oscar iniziò a piangere e il sorriso gli morì all’istante.
«Lo sapevo… »
Ripeté a voce più un po’ più alta e il viso di André si incupì di botto. Si alzò lentamente e parlò con voce ferma. Rosalie alzò lo sguardo su di lui interdetta, perché si era fatto serio tutto d’un botto? Cos’aveva detto Oscar di tanto importante? Anche a lei aveva rivelato quel sogno e a quanto pare quella sua paura si era rivelata.
«Scusateci un attimo »
Prese il polso della donna senza troppe cerimonie e la costrinse a seguirlo nella loro stanza, sotto gli occhi stupiti degli altri. Rosalie ebbe un brutto presentimento, non aveva mai visto André così serio e furioso, non sembrava neanche lui. Bernard si voltò a guardare Renée ma lei scosse il capo, ignorante di quello che stava succedendo. Avrebbe voluto chiedere ad Alain cosa stesse succedendo ma li aveva abbandonati subito dopo aver accompagnato le donne a casa.
Ebbe un sussulto quando sentì le urla di André, cos’era successo?
 
///@///
 
«Cosa significa che lo sapevi? Cosa sapevi Oscar? »
La donna lo guardò spaventata, la stretta intorno al polso era aumentata e iniziava a fargli male. Non credeva possibile poter vedere tanta rabbia nei suoi occhi e non riuscì ad aprir bocca tanto che era spaventata. André era teso, la mascella era contratta, le labbra serrate, le sopracciglia aggrottate e il respiro era irregolare. Ebbe davvero paura.
«A-André… »
«Parla, cosa diavolo mi stai nascondendo? Mi sono stufato delle tue menzogne »
Parlava a bassa voce senza distogliere lo sguardo dal suo e Oscar deglutì a vuoto.
“Non avrei mai creduto di avere paura di te… ti prego smettila di guardarmi così!”
La donna distolse lo sguardo e tentò di sciogliere la presa e di allontanarsi da lui.
«André io… ti prego lasciami »
«No »
La durezza nel suo tono di voce la colpì più forte di uno schiaffo in pieno viso.
«S-Sapevo che sarebbe successo… non… non ti ricordi? T-Te ne parlai… »
«L’hai rivisto »
Oscar sussultò e sbarrò gli occhi. Come faceva a saperlo? Aveva bruciato quel biglietto!
«N-No… »
André sgranò gli occhi e la guardò stizzito, l’allontanò violentemente e Oscar cadde a terra per lo squilibrio. Oscar portò una mano al braccio dolente e lo guardò terrorizzata. Aveva le mani chiuse a pugno e tremava dalla rabbia.
«S-Stai scherzando?! Credi che sia un idiota?! Hai rivisto quel conte! Non l’ho neanche nominato Oscar! Hai la benché minima idea di cosa significhi questo?! »
Oscar strinse le spalle, André le sbraitava contro e agitava le mani in aria come un matto e si avvicinò a lei minacciosamente.
«Tu sapevi della loro fuga! Hai collaborato con lui per farli scappare! »
«No! Io non li ho aiutati! »
«E anche se non l’avessi fatto, perché non me l’hai detto?! Sei rimasta in silenzio, non hai mosso un singolo dito per fermarli! Ti rendi conto di quello che è successo?! Il re ha tradito la Francia, il suo popolo! Noi potevamo evitarlo! Potevamo risparmiare di versare altro inutile sangue!»
André abbassò le spalle, sentiva la gola in fiamme. Non poteva essere vero, non poteva averli traditi in quel modo così crudele. Sentì le lacrime pizzicargli gli occhi e si inginocchiò esausto vicino al letto, stringendo tra le mani il lenzuolo bianco. Oscar si alzò lentamente e allontanò dal volto una ciocca di capelli con mano malferma.
«André, mi dispiace! Mi dispiace tanto! Ti scongiuro, non fare così! Io… »
«Credevo che senza memoria saresti cambiata, credevo che avessi abbracciato a pieno la causa per cui ci battiamo! Mi sono illuso che nella tua mente fosse cambiato qualcosa ma come potevo pretendere così tanto da te? Da una nobile! Aveva ragione mia nonna, avevano ragione tutti! Sono stato un idiota a credere che tu potessi cambiare per me! »
«André… »
«Ti ho chiesto solo una cosa! Una! E non l’hai rispettata!  »
L’uomo le diede le spalle, strinse fino a strappare le lenzuola e Oscar provò ad avvicinarsi a lui e tentò di allontanarlo dal letto ma lui la spinse via. Oscar cadde di nuovo a terra e lanciò un grido di dolore. Strinse i denti e tentò di alzarsi da terra, alzò lo sguardo su di lui lentamente.
«Non costringermi a picchiarti! »
Oscar impallidì e pianse, Bernard entrò nella stanza seguito da Renée e si avventarono su André che si era alzato e la guardava disgustato. La donna chinò il capo, Rosalie si avvicinò a lei lentamente e si inginocchiò al suo fianco, guardandola gravemente.
«Ro…Rosalie… io non… »
«Lasciami Bernard! »
«Devi calmarti! Ti rendi conto che la stai solo spaventando?! Ormai non possiamo fare più nulla, dobbiamo rassegnarci! »
Gli urlò contro Bernard, prendendo le difese della donna. André tremò e si allontanò pieno di collera, poggiò una mano sul fianco e l’altra alla fronte, dando le spalle a tutti.  Oscar si alzò a fatica e tentò di avvicinarsi a lui ma Renée la fermò, facendole segno di non insistere. Oscar tornò a guardare l’uomo, sperò che potesse calmarsi.
«D-D’accordo che la nostra situazione è molto grave ma… come hai potuto arrivare a tanto? »
«A-A… »
André si portò la mano sul viso, respirò profondamente e cercò di calmarsi. Bernard aveva ragione, ormai non potevano fare più nulla. Oscar tremò, tentò di avvicinarsi a lui ma Bernard la bloccò, poggiando le mani sulle sue braccia, e la tirò a sé.
«Ringrazia che io non sappia dove sia tuo padre adesso… »
Disse con voce ferma, non incrinata dalle lacrime. Rosalie sgranò gli occhi e portò una mano alla bocca, tremò e scosse il capo lentamente sussurrando un debole “no”, sconvolta. Oscar si girò a guardarlo confusa.
«Padre… cosa significa? Cosa volete dire? »
Chiese Renée allarmata dall’espressione di Rosalie e Oscar ma André non le rispose.
«Vattene via, Oscar »

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Capitolo 43
*** 43 ***


André portò lentamente la tazza alle labbra e continuò a scrivere vari appunti su un foglio bianco. Sentiva la testa scoppiare e un peso enorme schiacciargli il petto. Sospirò amaramente, passò una mano tra i capelli e ascoltò il silenzio di quella mattinata di giugno. Era assordante quella calma innaturale, odiava quel silenzio assordante riempirgli le orecchie. Tutto sembrava come sospeso in un limbo, persino François aveva preferito tacere e non piangere come ogni mattina. Poggiò la testa tra le mani, l’angoscia sembrava volerlo divorare. Sospirò rumorosamente e coprì gli occhi con la mano. Doveva aver bevuto molto la sera prima, ma non riusciva a ricordare nulla. Sperò di non aver fatto alcuna pazzia.
«Padre… »
André, in un attimo di lucidità, alzò lo sguardo verso la figlia. Renée strinse le spalle e lo guardò per alcuni istanti.
«Dimmi, hai bisogno di qualcosa? »
Le regalò un dolce sorriso e Renée sentì una stretta allo stomaco. Stropicciò la gonna tra le dita e André corrugò la fronte, senza intuire i pensieri della figlia. Lei alzò lo sguardo di scatto, preoccupata, e sussurrò piano.
«Perché…? »
L’uomo sospirò, posò la tazza sul tavolo e vicino ad essa la grafite che aveva in mano. Le fece cenno di sedersi e lei obbedì, silenziosa, attendendo una sua risposta.
«E’ meglio che se ne sia andata. Altrimenti, avremmo finito per odiarci a vicenda… »
“Alla fine, non sono riuscito a rendere felice neanche una donna. Sono fatto così… finisco sempre per deludere tutti coloro che ripongono in me la loro fiducia”
Parlò piano, la sua voce era terribilmente bassa e rauca e il suo volto stanco le fecero capire che non era riuscito a dormire neanche quella notte. Probabilmente era uscito e per miracolo era riuscito a tornare a casa sotto l’effetto di fiumi di alcool. Non aveva la più pallida idea di dove fosse andata Oscar e lui non aveva voluto saperne niente. Appena Oscar aveva varcato la soglia di casa suo padre si era come bloccato, era sicura che non fosse neanche più arrabbiato. L’aveva osservato attentamente e aveva dato le spalle a tutti, sedendosi sul bordo del letto, e non aveva voluto parlare con nessuno. Capiva la sua frustrazione, la condivideva a pieno ma non concepiva il fatto che l’avesse addirittura cacciata di casa. Lei non aveva neanche obiettato, aveva raccolto in fretta poche cose e se n’era andata in silenzio. Non riusciva proprio ad essere arrabbiata con lei o delusa dal suo comportamento, forse perché avrebbe fatto la stessa cosa. L’avevano messa sicuramente alle strette e lei non aveva potuto fare altro che osservare in silenzio. Si chiese cosa stesse pensando l’uomo davanti a sé.
«Dopo quello che è successo non è saggio lasciarla andare in giro da sola… »
«Renée, basta. Non voglio parlarne »
La voce uscì ferma, a tratti autoritaria ma Renée non si fece intimorire.
«Non hai mai pensato che lei non abbia detto nulla solo per proteggerci? »
«Ho detto basta, Renée. Ti prego non parliamone più »
André si alzò lentamente dalla sedia e si avviò verso la porta, prese il mantello e si coprì le spalle. Le temperature erano scese ancora una volta e la pioggia ingrigiva quelle giornate di giugno. Renée non aggiunse altro, non osò neanche avvicinarsi al padre per salutarlo e lui se ne andò, in silenzio, immerso nei suoi pensieri.
 
///@///
 
«Vattene via, Oscar »
Quelle parole rimbombavano nella sua testa in continuazione. Aveva guardato André per qualche istante, aveva sperato in un suo ripensamento ma il suo sguardo glaciale l’aveva ferita più di una pugnalata in pieno petto. Aveva sentito l’aria mancare e la terra scomparire sotto i piedi. Si era mossa solo per raccogliere un paio di monete guadagnate facendo il bucato ad un vicino e alcuni oggetti personali e aveva abbandonato la casa, senza il coraggio di guardare in faccia nessuno. Girovagare per le strade di Parigi era pericoloso, soprattutto di notte e dopo una sommossa. La notizia della fuga dei reali aveva creato scalpore e gli animi dei parigini si erano infuocati. Si chiese come mai quello strano conte straniero le avesse chiesto di aiutarli. Aveva già sentito la sua voce e in quei giorni aveva ricordato vagamente la sua storia e ciò che li legava. L’ultima incognita restava la regina. Nella sua mente appariva l’immagine di una ragazzina non su più di diciotto anni dai boccoli biondi incipriati e lo sguardo smeraldino e si era chiesta se non fosse proprio lei la regina. Girò il volto alla ricerca di una locanda dove passare la notte e sperò che quei pochi risparmi potessero pagare almeno per una notte un giaciglio gradevole dove dormire. Sospirò amaramente e notò un posto all’apparenza tranquillo. Entrò cauta e vide l’oste dietro al bancone pulire dei bicchieri fischiettando allegramente; due uomini invece sedevano appartati a parlare sottovoce, non riusciva a scorgere i loro volti; un gruppo più rumoroso, ma non eccessivamente, poco distante dalla porta d’ingresso. Si fece avanti con titubanza ma drizzò la schiena e camminò a testa alta, sperò che il rossore dal viso e dagli occhi fosse scomparso. L’oste le regalò un sorriso di cortesia e poggiò sul bancone entrambe le mani.
«Salve monsieur, cosa posso offrirvi? »
«Salve monsieur, mi chiedevo se ci fosse una camera libera »
L’oste la guardò per qualche istante e Oscar si sentì tremendamente a disagio ma cercò di non darlo a vedere.
«Certo, ho molte stanze libere »
Oscar portò la mano dentro la tasca della giubba e prese alcune monete, poggiandole sul banco. Si sentì quasi umiliata dalla pochezza di quel denaro e sperò di poter accontentare l’uomo.
«E’ solo per una notte, può bastare? »
L’uomo aveva sgranato gli occhi, titubante, spostando lo sguardo da lei alle monete un paio di volte, per poi sorridere.
«Se non dovessero bastare…  ecco potrei »
Le venne quasi spontaneo offrigli una mano ma si rese conto che di cucina e di pulizia non era una grande esperta. Aveva osservato attentamente sia Rosalie che Renée immerse nelle faccende domestiche e lei le aveva semplicemente imitate, non sempre con ottimi risultati.
«Basta e avanza, non è un problema. Posso darvi qualcosa da mangiare? Lo offre la casa »
«Oh no… non ho appetito ma la ringrazio per il pensiero »
Disse lentamente e portò la mano alla fronte stancamente, abbozzando un debole sorriso. Una strana sensazione si impossessò del suo corpo e sentì quasi un peso gravarle sulle spalle. Si girò lentamente, cercò con lo sguardo la causa di quella sensazione e vide che uno dei due uomini in disparte la stava guardando. Girò lo sguardo e aspettò con ansia. L’oste le diede una chiave e si apprestò a ordinare ad un ragazzo, forse suo figlio, di accompagnarla alla sua stanza. Mosse qualche passo verso il ragazzo ma una forte fitta alla testa la bloccò, dovette appoggiarsi ad una sedia poco distante.
«Monsieur! State bene?! Mi sentite? »
Chiese il giovane allarmato, richiamando l’attenzione di tutti i commensali. Sentì lo sguardo di tutti addosso, un uomo della comitiva si era alzato. Oscar annuì rapidamente e tentò di sembrare il più naturale possibile.
«E’ stato un semplice capogiro, non preoccupatevi. Sto bene… »
Parlò lentamente sperando di rassicurare il povero ragazzo e tentò di fare un altro passo ma questa volta le forze l’abbandonarono definitivamente.
«Oscar! »
 
///@///
 
Non ricordava cosa fosse successo. Si guardò in torno confusa e non riconobbe la stanza in cui stava.
«A-André…? »
No, non era a casa di André. Era in quella piccola locanda, in una semplicissima stanza e si era appena svegliata dopo… quanto? Avvertì una fitta al bassoventre e si sentì mancare il respiro. Era ferita? Portò la mano sul punto dolente ma non sentì né fasce né ferite. Scosse un po’ il capo e guardò fuori dalla piccola finestra: pioveva. L’aria era fredda ma non riusciva ad avvertire quel gelo perché lei per prima si sentiva un pezzo di ghiaccio. Le coperte non sembravano riscaldarla in alcun modo e lei non ci fece caso. L’unico posto in cui non aveva mai avuto freddo erano le sue braccia ma non poteva più addormentarsi tra loro. Aveva dimenticato la freddezza della solitudine, il sentirsi incompleti e infelici erano solo un ricordo lontano. Ora quelle sensazioni erano tornate più forti di prima e l’avevano come risvegliata all’improvviso da un sonno meraviglioso. Era stata una stupida nel credere di poter gestire la cosa da sola, a non chiedere il suo aiuto. Se non fosse stata così testarda forse tutto questo non sarebbe successo. Se non avesse voluto salvarlo, forse non avrebbe perso il suo uomo. Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi e non tentò di fermarle. Qualcuno bussò alla porta, disse uno sbrigativo “avanti” e si asciugò le lacrime in fretta. Passò una mano tra i capelli e provò a sistemarli mentre si sedeva composta sul letto.
«Buongiorno… »
Sussultò e si girò di scatto verso quella voce. Sentì un moto di rabbia nascere e crescere rapida nella sua anima che si catapultò fuori dal letto e si fiondò su di lui, tirandogli uno schiaffo in pieno viso. L’uomo indietreggiò di un passo e spalancò gli occhi, sorpreso, ma si ricompose subito, girando il volto verso la donna.
«Ti odio! Cosa ci fai ancora qui?! Perché?! Perché vuoi continuare a tormentarmi?! »
«Oscar, rilassati »
Sentiva la guancia offesa bruciare come fuoco, nei suoi occhi freddi riusciva a vederle quelle fiamme che gli aveva appena impresso sul viso.
«Non posso rilassarmi Alexandre! »
Urlò con tutta la voce che aveva in corpo e lui le fermò i polsi, costringendola a seguirlo vicino al letto.
«Devi riposarti, sei svenuta ieri sera e non è il caso di agitarsi tanto »
«Non mi importa! Non mi importa più di nulla ormai… »
Oscar si sedette sul bordo del letto e chinò il capo. Perché doveva trovarsi con lui? Perché non poteva essere Alain? Non voleva più vederlo, non tollerava più la sua presenza nella sua vita. Avvertì di nuovo le lacrime inumidirle gli occhi. Era tutta colpa sua.
«Ti ha visitato il medico »
Disse il conte lentamente, buttando lo sguardo fuori dalla finestra distrattamente. Stava piovendo.
«Non voglio sapere cos’ha detto »
Rispose calma, la sua voce era quasi spezzata e l’uomo si girò verso di lei con sguardo grave. Si era chiesto il motivo della sua presenza in quella locanda per tutta la notte e dell’assenza di André ma dal suo sguardo capì che era successo qualcosa e che forse lui era il responsabile.
«Tra poco tornerà a visitarti »
«Bene, ora puoi andare… hai fatto quello che dovevi e ti ringrazio. Ho bisogno di stare da sola »
«E’ successo qualcosa di cui non sono a conoscenza? »
Oscar alzò uno sguardo fulmineo su di lui e l’uomo deglutì a vuoto, colpito dall’intensità dei suoi occhi. Alexandre le diede le spalle e si avviò verso la porta.
«L’oste è rimasto sconvolto nel sapere del tuo essere donna »
«Vorrei tanto non esserlo e dimenticare tutto… un’altra volta »
 
///@///
 
André camminava a passo lento, era arrivata la notizia che il 24 giugno la famiglia reale sarebbe tornata a Parigi. Non avevano varcato il confine, il giudice Destez, che tra l’altro non aveva mai sentito nominare, aveva riconosciuto formalmente il re. La famiglia si era spacciata per il convoglio della baronessa di Korff, vedova di un colonnello russo, che si stava recando a Francoforte con due bambini, una governante, un maggiordomo e tre domestici. Secondo quanto riferito dalla Guardia Nazionale, il re era vestito da valletto, la sovrana da governante, i due bambini da figlie della baronessa, ,Madame Louise Elisabeth de Croÿ era la baronessa Korff e Madame Elisabeth, sorella del re, era la dama di compagnia della baronessa. Tutto era sembrato minuziosamente preparato, peccato che alcuni ritardi avevano dichiarato il fallimento dell’intera operazione. Sospirò amaramente, avevano ricevuto la lista dei partecipanti al complotto ai danni della rivoluzione e tra i primi c’era proprio quello del conte de Beauharnais, seguito dal conte di Fersen, del generale Bouillé e molti altri. Fu sorpreso di non leggere il nome del generale Jarjayes. Si fermò in mezzo alla piazza dove un tempo sorgeva la Bastiglia e ricordò con un mezzo sorriso sul volto quello che era successo il 14 luglio dell’89. Tutto era partito da quella maledetta data. Se non fosse uscito con Alain, se non avesse lasciato Oscar da sola quella mattina tutto questo forse non sarebbe accaduto. Sospirò pesantemente. Il pensiero di quella donna non riusciva proprio ad abbandonarlo. Era stupito dalla sua stessa rabbia contro di lei, non avrebbe mai immaginato di urlarle contro quelle cose. Come aveva potuto pensare di metterle le mani addosso? Doveva essere impazzito. Portò una mano alla testa e deglutì a fatica. Si era sfogato, aveva liberato tutto l’amaro che teneva nella sua anima ma ora si sentiva anche peggio. Appena aveva sentito la porta di casa chiudersi aveva sentito il suo cuore andare letteralmente a pezzi e il mondo scomparire sotto i suoi piedi. Sentiva ancora un peso sul petto e non sembrava volersene andare e ne fu grato. Per quanto si sentisse in colpa per quello che le aveva detto non riusciva a dimenticare cos’era successo. Aveva incontrato di nascosto il conte, si erano visti a sua insaputa. Aiuto o non aiuto, lei era stata con lui. Quel dannato incubo sembrava tornare a tormentarlo di nuovo e si rese conto di non essersi sbagliato, almeno in parte. Non aveva sentito un odore diverso sulla sua pelle, non aveva visto segni sospetti sul suo corpo… non erano stati a letto insieme, di questo ne era più che sicuro. Oscar non era così, non si sarebbe mai comportata in quel modo con lui. Continuò il suo cammino un po’ rincuorato. Avrebbe voluto tanto vederla, chiederle spiegazioni, chiarire con lei ma era sicuro del fatto che, adesso, lei lo odiasse.
“E hai anche tutte le ragioni per farlo… odiami Oscar! Odia quest’uomo folle di gelosia! Perdona un cieco alla verità!”
Abbassò le spalle, distrutto, e tentò di raggiungere casa sua. Renée esigeva spiegazioni che neanche lui sapeva darsi e si sentì combattuto. Pensò di non tornare a casa quella notte, forse avrebbe preso una stanza in una locanda e avrebbe passato la notte a bere come una spugna. Pensò a sua nonna e alla rivelazione dell’eccessivo uso di alcool che aveva fatto Oscar nell’ultimo mese, prima dello scoppio della rivoluzione.
“Troviamoci di nuovo Oscar… non lasciamo che gli eventi ci separino ancora una volta!”
André alzò lo sguardo verso la palazzina davanti a sé e la vide, la sua figura, uscire dal portone e camminare, a testa bassa, verso di lui. Non l’aveva notato, era immersa nei suoi pensieri. Fu tentato di fingere di non averla vista, di fuggire da lei ma mosse alcuni passi nella sua direzione sicuro. Oscar alzò lo sguardo sorpresa e i suoi occhi si velarono di tristezza e di dolore. Portò una mano alle labbra e sussurrò appena il suo nome.
«A-André… »
«Oscar… »
La donna fece qualche passo indietro ma lui le prese gentilmente il polso, avvicinandolo a sé. Oscar guardò incredula la stretta delle sue dita attorno a lei e alzò lo sguardo verso di lui.
«Ho bisogno di parlarti »

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Capitolo 44
*** 44 ***


«Credevo che non tollerassi più neanche vedermi… »
Ammise Oscar in un sussurro, stringendo le gambe verso il petto. Si erano seduti sulle scalinate vicino la Senna, sicuri di non essere disturbati e Oscar aveva aspettato che lui aprisse bocca, ma fu lei a rompere alla fine il ghiaccio. Lo guardava di nascosto, cercava di capire i suoi pensieri ma il suo sguardo le sfuggiva. André teneva il capo basso e il braccio poggiato sul ginocchio piegato, non riusciva a guardarla in volto.
«Quando ti ho vista uscire di fretta da quel palazzo ho pensato per qualche istante di fingere di non averti visto… cosa ci facevi lì? »
«E’ una locanda, ho dormito lì in queste notti. Non sono stata bene la prima notte e il proprietario ha insistito che rimanessi fin quando non avessi recuperato le forze. Mi ha visitato il medico e mi ha consigliato di prendere un po’ di aria fresca »
Oscar accennò un sorriso e strinse le spalle. Si erano seduti sullo stesso gradino ma evitavano qualsiasi forma di contatto, anche involontaria.
«Cos’hai avuto? »
Chiese preoccupato, volgendo un po’ il capo verso di lei.
«Sono svenuta… il medico ha detto che è colpa della mia alimentazione »
André annuì lentamente e alzò lo sguardo verso il cielo plumbeo, forse tra poco la pioggia sarebbe tornata a bagnare le strade di Parigi.
«Lo so che sei furioso con me… »
«Non è vero, non sono arrabbiato »
«André ti prego… »
«Sono semplicemente deluso e confuso allo stesso tempo. Per quanto cerchi di capire il perché delle tue azioni mi sembra di allontanarmi sempre di più dalla soluzione »
Oscar tacque, sistemò i polsini della camicia bianca. André sospirò amaramente, guardò la punta delle sue scarpe.
«Se li avessi aiutati sarei scappata con loro »
«Vero. Ma perché ti sei inventata la storia del sogno? »
«Avevo paura che se te l’avessi detto ti sarebbe accaduto qualcosa… anzi ne ero certa. Non ti ho mentito perché non avevo fiducia in te, volevo solo proteggere le persone a me più care »
«Anche a costo di perderle? »
«Sì… io vi amo. Amo te, Renée… non potevo permettere che vi accadesse qualcosa… »
Ammise la donna con la voce spezzata, provò a non piangere. André si voltò verso di lei e notò nel suo sguardo la sicurezza con la quale gli aveva parlato, nonostante la forte emozione. Gli venne da sorridere, finalmente riusciva a vedere in lei la Oscar del passato.
«Ti ringrazio per questo. L’hai più rivisto? »
«Chi? »
Chiese lei distrattamente, girandosi a guardarlo.
«Il conte Beauharnais »
«E’ stato lui a soccorrermi, ma non ci siamo detti altro se non formalità »
«Avrei voluto sentire questa domanda anche l’altro giorno. Mi ha imbestialito la tua sicurezza nell’affermare di non averlo visto »
André assottigliò lo sguardo e osservò il suo viso attentamente.
«Mi dispiace, ma a chi potevi riferirti se non a lui? »
Oscar accennò un debole sorriso e lui alzò le spalle.
«Al conte Fersen, non lo so… »
«Lo svedese… certo »
André non rispose, distolse di nuovo lo sguardo e sentì alcune gocce di pioggia bagnargli la camicia e il capo. Prese il suo polso e la invitò a seguirlo sotto il ponte per ripararsi dall’imminente pioggia. Oscar lo seguì muta, godendosi quel piccolo contatto con la sua pelle.
«Il problema… non è la fuga dei reali, non è il conte… »
André sbuffò e si allontanò da lei, Oscar si avvicinò a lui e poggiò la mano sulla spalla, costringendolo a voltarsi. 
«E allora qual è? »
I due si guardarono per alcuni istanti, André la guardava con sguardo grave e Oscar si sentiva terribilmente debole. Poggiò la spalla sul muro, cercando un appoggio e lo guardò dritto negli occhi.
«Noi due »
La donna sgranò gli occhi sorpresa e schiuse le labbra, come a voler dire qualcosa, ma lui l’anticipò.
«Ti ho visto piangere più in quest’ultimo periodo che in tutta la tua vita, Oscar. Mi sono sentito impotente. Non riuscivo ad entrare nel tuo mondo e tu non mi permettevi di farlo. Quando stavamo insieme… ti sentivo lontana. Ti toccavo, ti accarezzavo ma la tua mente era lontana, i tuoi pensieri rivolti altrove. Anche quand’è nato François hai pianto, ma dubito fortemente per la felicità perché non sorridevi neanche un po’ »
Disse con un sorriso forzato e la donna abbassò le spalle.
«Mi dispiace… »
Oscar abbassò il capo e ricordò, per un attimo, il piccolo perduto. Sentì un brivido lungo la schiena, André mosse qualche passo verso di lei.
«Oscar io non riesco proprio a riconoscerti… »
Ammise a voce bassa ma i suoi pensieri furono bloccati dalle parole inaspettate di Oscar.
«Ho avuto un aborto »
Disse lentamente, tornando a sedersi sul pavimento umido. André impallidì di colpo, Oscar stese le gambe sul pavimento freddo e poggiò la schiena lentamente, lasciandosi sfuggire un sospiro. L’uomo mosse alcuni passi verso di lei e si inginocchiò al suo fianco.
«C-Cosa? »
«Ho perso un bambino. Quando vivevo con i coniugi Beauharnais ho sentito una loro conversazione su di me. Parlavano proprio di questo… il giorno stesso dell’incidente e della mia perdita della memoria io… ho perso un bambino. Non ci ho dato mai peso, forse perché la mia mente non riusciva ad elaborare la cosa ma non appena Rosalie mi ha rivelato la sua gravidanza… mi si è aperto un mondo. Mi sono resa conto di quello che avevo appena perso ed è stato… difficile accettarlo. Dovevo trovare solo la forza per parlarne. Solo Rosalie lo sa; lei mi ha capito, ha capito quello che sento dentro e solo lei poteva farlo »
Respirava regolarmente, le labbra le tremavano e il suo sguardo era fisso sulla Senna che scorreva poco distante. Tremò e alzò un po’ il petto, deglutì a vuoto.
«Oscar io… »
«Non potevo più nascondertelo, dovevi saperlo. Per questo io »
«No, non capirò mai quello che tu stai provando. Ma ti prego, non scusarti per questo… come se fosse colpa tua »
André prese le mani della donna tra le sue e le strinse dolcemente. Le baciò il polso e avvicinò la fronte, si lasciò sfuggire un sospiro. Oscar sorrise timidamente, voltò lentamente il capo nella sua direzione. I capelli neri gli coprivano il volto e le risultava impossibile vedere l’espressione del suo viso. Allontanò la mano e lui sussultò, spalancò gli occhi e rivelò lacrime silenziose. La donna intrecciò le loro dita con lentezza sotto il suo sguardo e poggiò la mano sul ventre. André ebbe un fremito, deglutì a vuoto e non riuscì a distogliere lo sguardo dalla sua mano sul suo ventre. Come aveva fatto a non accorgersene? Avvertì chiaramente una piccola rotondità, alzò lo sguardo verso di lei interrogativo.
«Il dottore crede sia da Aprile… ha detto che devo correggere la mia alimentazione e di evitare come la peste di affaticarmi. I primi mesi sono quelli con il rischio più alto di aborto e… visto che ho già perso un figlio… non è improbabile che possa accadere di nuovo »
Spiegò lei con dolcezza, guardando con sguardo carezzevole la sua mano.
«Perché… non me l’hai detto subito? »
Chiese con voce strozzata e lei alzò le spalle.
«Perché volevo parlarti prima di quello che era successo, come due persone normali e non… come la madre di tuo figlio »
Rimasero un po’ in silenzio, la pioggia sembrò iniziare ad aumentare d’intensità e André aiutò Oscar ad alzarsi. L’uomo le lasciò una rapida carezza sulla guancia e lei chiuse gli occhi.
«Sono stata una pessima compagna… ti ho procurato solo dispiaceri… mi perdoni, André? »
Chiese incredula e felice allo stesso tempo. L’espressione di André era diventata più rilassata e aveva chiuso gli occhi.
«Sono io che ti chiedo perdono, Oscar... sono io che ti chiedo perdono... »
Gli occhi della donna si riempirono di lacrime, chinò il capo e strinse le spalle. André l’abbracciò e lei si aggrappò alla sua schiena, sentì le sue braccia stringerla forte e sperò che non la lasciasse più andare via.
«Torna a casa… »
 
///@///
 
Oscar passò un panno tra i capelli bagnati e li tamponò delicatamente, tentando di togliere l’acqua in eccesso. Erano tornati a casa rapidamente ma era troppo tardi, il temporale li aveva colti quasi alla sprovvista e fu impossibile tornare a casa con i vestiti asciutti. Sorrise debolmente e si sedette sul bordo del letto, strinse la coperta tiepida sulle spalle e si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. André aveva finito di pagare il pernottamento di Oscar nella locanda e l’aveva fatta tornare a casa, silenzioso, come se nulla fosse successo. Iniziò a giocare un po’ con i capelli e li intrecciò malamente. Rise del risultato appena si specchiò e le sue guance si colorarono di un velo di rosa. Scosse il capo e si coprì meglio il petto, indossò una camicia da notte pulita e si avvicinò verso il letto. Sulle coperte trovò due rose fresche. Si sedette sul letto e accarezzò con la punta delle dita i petali morbidi, chiedendosi come avesse fatto a trovarle. Una rosa era gialla, l’altra bianca. Sorrise all’accostamento dei due colori, poi ricordò il loro significato e comprese il motivo della sua scelta1.
«Dormirò sul divano… se ti serve qualcosa non esitare a chiederlo »
“Non dormirà con me… ma mi ha fatto capire tanto… grazie André…”
Sorrise timidamente, strinse la camicia di lui al corpo e si lasciò avvolgere dal profumo di casa. Pianse silenziosamente, questa volta di felicità. Poggiò la mano sul ventre insieme alle due rose e sorrise.
“Figlio mio, ti prometto che non ti accadrà nulla…”
 
1= il significato della rosa gialla sta nel comunicare, regalandolo alla persona amata, che i suoi dubbi e gelosie (del mittente) devono essere dimenticati perché non hanno senso di esistere. Nella rosa bianca, invece, non c’è sensualità bensì un messaggio di affetto e di stima, di amore puro, pulito e intatto.

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Capitolo 45
*** 45 ***


André si rigirò sul divano e sbuffò pesantemente. Poggiò il braccio sul viso e si coprì gli occhi stanco. Non riusciva a prendere sonno. Nonostante la certezza di saperla al sicuro, a casa e a pochi passi da lui, era inquieto. Come poteva non essersi accorto di nulla? Come poteva non aver neanche intuito una possibile gravidanza? Oscar aveva perso il bambino quando si erano ritrovati durante il ritorno dei sovrani a Parigi. Sospirò devastato, si alzò a sedere e si massaggiò le tempie nervoso. Dopo essersi alzato dal divano si voltò a guardare la porta chiusa della loro camera e fu tentato di raggiungerla. Non aveva il coraggio di dormire con lei, si sentiva un verme.
“Non ti merito, non merito neanche il bimbo che porti in grembo… avrei potuto picchiarti, l’ho pensato… non ti merito…”
Pensò alle rose che le aveva lasciato la sera prima e si chiese se ne avesse compreso il significato.
Si accasciò stanco sulla sedia, incrociò le braccia sul tavolo e vi nascose il viso, camuffò delle lacrime. Provò ad addormentarsi di nuovo e fortunatamente ci riuscì, poco più tardi, e fu proprio così che Renée lo trovò appena entrò nella cucina.
«Padre? »
La ragazza camminò cauta verso di lui, spostò alcune ciocche dal suo viso e scoprì la pelle segnata dalla cicatrice. Gli accarezzò il volto delicatamente e sperò di non svegliarlo.
“Ha passato un’altra notte qui… non può andare avanti così, devo assolutamente parlargli”
Provò a chiamarlo piano, provò a scuoterlo un po’.
Sentì la porta dietro di lei aprirsi lentamente ed ebbe un sussulto. Chi c’era in casa? Chi aveva portato? Si allontanò dal padre come se le sue mani stessero bruciando a contatto con la sua camicia. Deglutì a vuoto e girò piano il volto.
“Ti prego… non può essere… hai portato una…”
Appena si girò completamente non alzò subito lo sguardo, ancora timorosa di scoprire chi fosse l’inatteso ospite. Guardò i piedi nudi e le caviglie scoperte, deglutì a vuoto un’altra volta. Alzò ancora lo sguardo, le cosce erano coperte da una camicia scura, avvertì un brivido lungo la schiena. Conosceva quei lunghi capelli biondi, sgranò gli occhi. Oscar le sorrise divertita, notando lo sguardo confuso e stupito della ragazza che aveva davanti.
«O-Oscar… »
La donna allargò le braccia e Renée si buttò tra di esse, felice come non mai. Oscar iniziò ad accarezzarle la testa con dolcezza, senza dire nulla. Aprì gli occhi e scoprì André osservarle con un piccolo sorriso sulle labbra.
 
///@///
 
«Non uscire di casa, voglio che tu rimanga al sicuro »
André si voltò a guardarla per alcuni istanti e lei annuì, si avvicinò a lui per aggiustargli il fazzoletto intorno al collo. Le sussurrò un sincero e debole grazie e la guardò per qualche istante. Lei allontanò subito le mani e abbandonò le braccia lungo il corpo, senza staccare lo sguardo dal suo.
«Rosalie verrà a momenti »
«Non ho bisogno di una balia »
«Lo so, ma almeno potrai confidarti con lei »
Oscar sgranò gli occhi e schiuse le labbra.
«André io non… »
André avvicinò la mano al suo volto e lasciò una tenera carezza sul viso.
«Non voglio che tu ti senta sola »
«Per i prossimi mesi non sarò sola »
Sussurrò con un piccolo sorriso che contagiò anche André.
«Hai bisogno di qualcuno… un po’ più grande… »
Puntualizzò l’uomo sorridendo, abbassò lo sguardo sul ventre magro della donna.
«Dovremmo dirlo a Renée… e a tutti gli altri »
«Puoi farlo, non è un problema »
Oscar annuì lentamente e André le diede le spalle, si avviò verso la porta e prima di richiuderla le sorrise dolcemente.
«Aspetta… grazie per i fiori, sono stupendi »
Le guance di Oscar arrossirono debolmente e sorrise anche lei. André abbassò lo sguardo senza smettere di sorridere e chiuse lentamente la porta alle sue spalle. Oscar si lasciò sfuggire un sospiro, tornò ad occuparsi di quello che stava facendo ma venne interrotta da qualcuno che bussava alla porta.
«Sei tornata! Sono felice di vederti qui di nuovo! »
Rosalie l’abbracciò con foga, sorridendole amabilmente. Oscar si stupì della totale assenza di rancore nei suoi confronti.
«Non… sei arrabbiata con me? »
Chiese stupita, si sarebbe aspettata del gelo da parte sua ma i suoi timori vennero eliminati dal sorriso che le regalò.
«Arrabbiata con te? Assolutamente. Perché dovrei esserlo? »
«Ho tradito la vostra fiducia »
Lo disse con amarezza, camminando avanti e dietro per tutta la stanza, senza guardarla negli occhi.
«Non hai tradito nessuno, hai solo fatto quello che ritenevi più giusto da fare. Nessuno te ne ha fatto una colpa »
«Tranne André »
Ammise lei con dispiacere ma Rosalie la corresse subito.
«André non era arrabbiato per la fuga dei sovrani. André ti conosce meglio delle sue tasche, credo sia stata la gelosia e la rabbia a parlare per lui. Non l’ho mai visto in questo stato »
«Io sì… ma si calmò subito… ma non posso dargli torto, forse meritavo di essere picchiata »
«Non ti avrebbe mai messo le mani addosso, lo conosco »
«Lo so… »
Il silenzio cadde tra loro per alcuni istanti, solo il vociare di François sembrò alleggerire la tensione tra di loro. Oscar sorrise dolcemente nel vedere il piccolo pieno di energia. Assomigliava sempre di più a Bernard, solo che i capelli biondi erano una chiara eredità della madre.
«François è un bambino bellissimo »
«Sta crescendo in fretta, in effetti… è molto dolce e si è molto affezionato a me e ad Alain »
«Immagino…! »
«Non ho avuto più modo di chiedertelo… »
«Dimmi »
«Ne avete parlato? »
Sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo. Si chiese se non avessero parlato prima dell’incontro. Entrambi stavano alludendo alla stessa cosa.
«Sì, gli ho detto del bambino e… »
«E…? »
Rosalie alzò un sopracciglio, senza capire cosa volesse dire la donna, e la guardò incuriosita. Oscar la guardo negli occhi e accennò un debole sorriso.
«E gli ho detto di aspettarne un altro »
Disse timidamente, mentre il viso sembrava prendere fuoco all’istante. Rosalie sgranò gli occhi sorpresa e sorrise estasiata alla notizia.
«Davvero? Oh mio Dio sono così felice per te! »
«Il dottore ha detto che il periodo critico è quasi passato e che la gravidanza, se seguirò i suoi consigli, andrà a buon termine »
Disse eccitata, abbassò il capo ad osservare il ventre ancora piatto e non riuscì a smettere di sorridere.
«E dimmi… Renée lo sa? »
«Non ancora... al dire il vero sei la prima persona, escluso ovviamente André, a cui l’ho detto »
«Che onore, sono così felice per voi! Spero vivamente che voi possiate trovare la pace che vi meritate! »
 
///@///
 
André tornò tardi quella sera, poggiò svogliato il mantello sul divano poco lontano ed entrò nella stanza da letto. Si cambiò rapidamente i panni sporchi e si lavò con lentezza, sbadigliò un paio di volte distrutto e si voltò a guardare le donna riposare nel letto. Sorrise dolcemente e mosse alcuni passi verso di lei, il materasso cigolò sotto il suo peso e la guardò dormire beata. Era rannicchiata su un lato e notò con stupore che indossava una sua camicia per dormire. Spostò alcune ciocche di capelli dal viso e dal collo, lei si mosse un po’ infastidita e si stese supina, mostrandogli la scollatura sul petto. La mano dell’uomo spostò alcune ciocche di capelli dal viso e lei fece una smorfia.
Aprì gli occhi lentamente e si meravigliò di vedere André davanti a sé. Sussurrò appena il suo nome e lui le accarezzò le labbra con la punta delle dita, poggiò il palmo della mano sulla sua guancia. Si lasciò sfuggire un sospiro e le baciò il dorso della mano senza staccare lo sguardo dai suoi occhi. Gli fece spazio e lui, seppur un po’ titubante, si sdraiò al suo fianco. Lei gli si avvicinò, poggiò il capo sul suo petto e si accoccolò tra le sue braccia sorridente. André le accarezzò il volto e si guardarono negli occhi senza dirsi nulla. Sentì la mano di lei accarezzargli la nuca lentamente e lui chinò il capo a baciarle il collo, lasciandovi una piccola scia umida di baci. Oscar rise e l’avvicinò di più a sé. Sentì la sua mano sul ventre regalarle carezze delicate e lente. André tornò a guardarla e vide la dolcezza nei suoi occhi.
 Mormorò piano il suo nome e avvicinò le labbra alle sue, catturandole in un languido bacio. Avvertirono entrambi un brivido attraversare il proprio corpo e un dolce tepore farsi strada nel loro abbraccio. Si abbandonarono alla dolcezza del momento ed entrambi schiusero le labbra, lui la sovrastò e in un attimo le fu sopra, alzando la camicia fin sotto il seno.
«Sposami »
Disse appena si allontanarono, lei sgranò gli occhi sorpresa.
«C-Cosa? »
André deglutì a vuoto e intrecciò le dita con le sue, poggiando le loro mani ai lati della sua testa.
« Tu sei la donna della mia vita… vuoi diventare mia moglie? Vuoi diventare la compagna di un uomo folle di gelosia? Di un uomo pazzo di te? Vuoi essere mia, soltanto mia? »
Oscar lo guardò per qualche istante negli occhi, le sembrò di perdersi in quel verde così profondo. Il cuore perse un battito, perché quella scena le sembrava familiare? La stretta dei suoi polsi era più forte nei suoi ricordi, il suo sguardo era in fiamme.
«Ho fatto e… detto… cose di cui me ne vergogno. Ti amo così tanto che ho paura di impazzire… ho paura di perderti ma io stesso ti ho cacciato via… non voglio che ti accada nulla di male ma sono io per primo a ferirti… no, io non ti merito »
Deglutì a vuoto e sentì l’aria mancare. Liberò i suoi polsi e tentò di allontanarsi, Oscar lo fermò bloccandolo per il polso. Lo costrinse a sedersi sul loro letto e a guardarla negli occhi.
«André… non dirlo mai più. Non dire mai più di non meritarmi, perché se proprio dobbiamo dire la verità, sono io a non meritarti. André io sono tua, soltanto tua… »
Gli sorrise dolcemente e André chiuse gli occhi, poggiando la fronte sulla sua.
«Tua e di tuo figlio che sta nascendo dentro di me »
Aggiunse ridendo e lui tornò a baciarla con devota passione. Allontanò lentamente le labbra dalle sue,  poggiò il capo sul suo ventre, socchiuse gli occhi e si lasciò vezzeggiare dalle sue lente carezze sul capo. Lasciò che Morfeo lo addormentasse e sperò tanto che i suoi papaveri non gli disturbassero il sonno con le loro tremende allucinazioni1.
Lei era con lui, si stavano amando di quell’amore puro e infinito: voleva fare, dopo lunghe notti insonni e piene di timori, sonni tranquilli tra le braccia di quella che, un giorno, sarebbe diventata sua moglie.
Venere era l’unica persona al mondo che poteva calmare Marte e lui, sentendo le dolci carezze della donna, si rese conto che forse assomigliava un po’ a quella divinità che nulla poteva contro l’amore2.
 
 
1= Morfeo porta sempre con sé un bouquet di papaveri, con il quale tocca lievemente gli occhi di chi è addormentato per donargli le illusioni realistiche che caratterizzano i sogni. Queste immagini ingannevoli sono spesso rappresentate come folletti, spiriti che lo circondano. Non sempre “cadere tra le braccia di Morfeo” sta a significare sogni tranquilli, infatti l’oppio contenuto nei papaveri può anche creare allucinazioni che potrebbero trasformare un dolce sogno in un terribile incubo.
 
2=  Lucrezio apre il suo poema didascalico De rerum natura con una meravigliosa invocazione a Venere, la cui potenza è evidente non solo nel vivace risveglio delle piante e degli animali in primavera, ma anche nella capacità della dea di placare, con le arti della bellezza e della seduzione, il terribile Marte, vincitore di mille battaglie... ma non di quella dell'amore. La delicatezza con cui l'autore descrive l'abbandono del dio sul grembo dell'amata è fra le pagine più lette e ammirate della letteratura latina, lontanissime dai toni ironici e beffardi del racconto omerico. Ovviamente il nostro André è ben lontano dal carattere burbero e sanguinoso del dio Marte, ma il conforto che riescono a trovare entrambi solo nella loro donna è assolutamente magnifico.

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Capitolo 46
*** 46 ***


Agosto stava per volgere al termine, Oscar lasciò una dolce carezza sul ventre gonfio di circa cinque mesi. L’estate quell’anno si era mostrata particolarmente calda e le belle nottate avevano portato molte volte André lontano da casa per riunioni speciali con il giornale. Renée aveva rimproverato spesso il padre della sua mancanza durante tutta la gravidanza e l’uomo non aveva potuto che subire le sgrida della figlia sotto lo sguardo divertito di Oscar. Una leggera brezza rinfrescò per qualche istante l’aria nella piccola cucina e Oscar si sentì pervasa da un istante di pura freschezza.
«A quanto pare anche oggi sia André sia Bernard non torneranno a casa »
Pensò ad alta voce Rosalie mentre cullava il piccolo François, Oscar alzò le spalle e Renée sbuffò spazientita.
«Non è davvero possibile! Non posso credere che mio padre ci lasci da sole! Per di più ora che Oscar è incinta! Davvero non lo accetto! »
«Renée, calmati »
La ammonì Oscar lanciandole uno sguardo divertito e la ragazza si sedette triste, con le braccia incrociate sul petto. Rosalie rise divertita e Alain si rivolse dolcemente a Renée.
«Capisco il tuo dispiacere, Renée, ma devi sapere che Oscar è capace di prendersi cura di sé. E poi… André non l’avrebbe mai lasciata senza saperla al sicuro »
L’uomo incrociò le braccia dietro il collo, stiracchiandosi pigramente.
«E poi ci sono io qui a sorvegliarvi per un paio di giorni, non siete contente? »
Oscar rise e poggiò entrambe le braccia sul tavolo davanti a sé, rivolgendosi poi ad Alain. Il soldato aveva ricevuto un congedo straordinario per cinque giorni e lui aveva accolto con molto piacere quella “piccola vacanza” inaspettata.
«Tu sai dove sono? »
«No, so solo che ultimamente l’Assemblea voleva fare dei feudi papali di Avignone e del Contado Venassino parte del territorio della Repubblica. Probabilmente saranno andati lì per »
«Mi ha dato un calcio »
Sussurrò la donna sgranando appena gli occhi, abbassò il capo e guardò il ventre spaventata. Renée la guardò interrogativa per qualche istante, notando il cambio d’espressione della donna che aveva davanti.
«Oscar? Ti senti bene? »
Chiese Alain interrogativo mentre le poggiava la mano sulla spalla preoccupato. Oscar annuì lentamente senza alzare lo sguardo, strinse la larga camicia tra le mani e arrossì lievemente.
«Si è mosso… mi ha dato un calcio »
Lo ripeté a voce più alta con una piccola sfumatura di emozione. Rosalie sorrise e Renée si avvicinò di corsa a lei, poggiando una mano timorosa sul ventre gonfio della donna. Lo accarezzò lievemente e un nuovo colpetto spaventò la ragazza. Oscar rise nel vedere l’espressione della ragazza e Alain sbuffò.
«E ora chi lo dice a Grandier che suo figlio si è fatto vivo in sua assenza! »
Le donne risero divertite e Oscar arrossì imbarazzata. Maledetto! Le stava facendo male ora!
«Oggi è il suo compleanno »
Disse in un soffio Oscar guardando il cielo azzurro dalla finestra.
«Di chi? »
Chiese Renée incuriosita girandosi a guardarla.
«Come di chi? Di tuo padre! »
Oscar non riuscì a trattenere una leggera risata e Renée arrossì per l’imbarazzo. Si coprì il viso con le mani e risero tutti di cuore. Oscar si alzò lentamente, provò a sgranchirsi un po’ le gambe. Non poteva più costringere il suo corpo a portare i pantaloni, sentiva tutto il bacino stretto e doveva, a suo malgrado, abbandonarli per un po’ per dare spazio alle gonne. Aveva provato ad allontanare sempre di più quel giorno ma ormai non poteva costringere il suo corpo nei pantaloni.
«Avete pensato ad un nome? »
Chiese Rosalie incuriosita, Renée scosse il capo.
«In realtà due nomi ci sarebbero… »
«Ah sì? »
«Ecco, non ne ho parlato con André ma… »
«Ti prego, non dirmi che chiamerai tuo figlio con un nome femminile o il contrario »
«Oh no, no! Assolutamente! Questa croce me la porto da sola »
Oscar rise.
«Avevo pensato a Juliette o Robert »
La voce di Oscar si addolcì e sulle sue labbra nacque un piccolo sorriso. Lo sguardo di Rosalie brillò, Alain la guardò interrogativo.
«Mi piace! »
Renée giunse le mani entusiasta, Alain volse il capo a guardare Oscar.
«Come mai questi due nomi? »
«Sì, come mai? »
Sentì lo sguardo di tutti addosso, era sicura che persino François era curioso di sapere il perché di quella scelta. Si sentì leggermente in imbarazzo e guardò Renée negli occhi.
«Mi ricordo che i genitori di André si chiamavano così »
Disse tranquillamente e Renée sgranò gli occhi sorpresa. Alain e Rosalie si scambiarono uno sguardo sorridenti e l’uomo tornò ad interessarsi di Oscar.
«Te lo ricordi »
«Sì, me lo disse lui stesso i primi giorni in cui venne ad abitare a… »
Corrugò la fronte e portò una mano alla testa, cosa le prendeva ora? Aveva parlato con così tanta naturalezza del loro passato ma un muro si era piazzato davanti ai suoi ricordi all’improvviso, bloccando la sua visuale.
«A…? »
«A palazzo Jarjayes »
Aggiunse Rosalie sorridendo al ricordo del maestoso palazzo e lo sguardo di Oscar si incupì.
«Jarjayes… è questo il mio cognome… »
«C’è qualcosa che non va comandante? »
«No, sto bene Alain… scusatemi se vi ho fatto preoccupare… stavo cercando di ricordare. E ti prego Alain non mi chiamare comandante… non lo sono più! »
«Non devi scusarti con noi, non ne hai motivo! »
Oscar abbozzò un debole sorriso e lanciò uno sguardo sul cerchietto che decorava il suo anulare. Non era nulla di sfarzoso, era un semplicissimo anello che André le aveva regalato la mattina dopo la sua proposta. Sorrise al ricordo del suo capo abbandonato sul suo ventre e di come le sue braccia l’avevano stretta a sé.
«Oscar…? »
La donna poggiò la mano sul ventre e corrugò la fronte: come poteva lei crescere un figlio? Lei era abituata a comandare reggimenti, non ad accudire bimbi.
«Certo che il comandante si distrae spesso »
Notò Alain cercando di trattenere una risata ma Rosalie lo fulminò con lo sguardo, Renée si avvicinò ad Oscar e poggiò le mani sulle sue spalle, portandola alla realtà.
«Sì, mi distraggo spesso, è solo che »
All’improvviso la porta si aprì e André e Bernard fecero il loro ingresso. Erano stremati e i loro volti non nascondevano la fatica. Rosalie si alzò e raggiunse il marito regalandogli una carezza sul viso e lo aiutò a togliersi la giacca.
«Maledizione, sono distrutto… »
André si buttò sul divano e si mise a sedere scomposto, reclinò la testa all’indietro e liberò uno sbuffo. Oscar e Renée si guardarono negli occhi e risero di gusto.
«Povero il mio amato padre… la prossima volta impari a non lasciarci sole! »
«Ah! Non girare il dito nella piaga! »
L’uomo portò una mano al cuore e Oscar scosse il capo, per un istante Renée le sembrò uguale ad una donna che aveva conosciuto e che era solita rimproverare André.
Alzò lo sguardo verso André e lo scoprì ad osservarla in silenzio, con un dolce sorriso ad increspargli le labbra.
 
///@///
 
«André… »
«Dimmi, hai bisogno di qualcosa? »
Oscar abbassò le spalle e lo guardò senza parlare. Sentì come se le parole fossero bloccate dentro di lei e non volessero uscire per nessun motivo al mondo. André finì di cambiarsi e la raggiunse con passi lenti verso lo specchio.
La donna era in piedi, scalza, davanti alla specchiera e non aveva distolto lo sguardo dal suo. Deglutì a vuoto e strinse le spalle, gli donò un dolce sorriso.
«Buon compleanno… »
Lo sguardo di André si illuminò come il suo sorriso. Lasciò una dolce carezza sul suo viso e avvicinò il volto al suo, sfiorò le labbra con le sue.
«Te lo sei ricordata… onestamente pensavo te ne fossi dimenticata! »
Sussurrò sorridendo e lei prese delicatamente il polso dell’uomo e poggiò la sua mano sul ventre. André abbassò il capo a guardare il loro piccolo miracolo e quasi perse un battito quando sentì un colpo proprio sotto la sua mano. Fu tentato di ritirarla ma non ci riuscì, si sentiva attratto da quella rotondità. Dopo qualche secondo l’avvertì di nuovo e sentì la risata cristallina di Oscar riempirgli le orecchie.
«Cosa…? »
«Tuo figlio è violento, non la smette di darmi calci. Dovresti sgridarlo »
Disse sottovoce Oscar prendendolo in giro, l’uomo deglutì a fatica e sorrise emozionato senza staccare lo sguardo dal suo ventre.
«Il nostro bambino… »
«Già… il nostro bambino… »
Oscar si allontanò da lui lentamente e iniziò a cambiarsi con lentezza, lui invece rimase in piedi, davanti allo specchio, guardando la mano che fino a poco tempo prima aveva accarezzato e sentito il proprio bambino.
«Non credevo ti ricordassi il nome dei miei genitori »
Sussurrò a voce bassa, girando il volto per guardarla per qualche istante. Oscar schiuse le labbra come per dire qualcosa ma finì per sorridergli dolcemente.
«Hai origliato quindi… scusami se non te ne ho parlato prima ma vedi io »
«Oscar… grazie »
La fermò subito, avvolse il suo corpo con le sue braccia e si chinò a sfiorargli le labbra dolcemente con le sue e la guardò dritto negli occhi, senza riuscire a staccare lo sguardo dal suo. Oscar arrossì lievemente e cinse il suo collo con le braccia e si alzò sulla punta delle dita per avvicinarsi di più a lui.
«Grazie a te per avermi, quasi, reso madre »

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Capitolo 47
*** 47 ***


Renée era pensierosa in quei ultimi giorni. Oscar credette per qualche momento che la stesse deliberatamente ignorando e fu difficile per André cercare di dissuaderla da tali pensieri.
«Mi spieghi perché hai iniziato a credere che ti stia ignorando? »
«Non lo so, è solo una sensazione. Non credo di averle fatto nulla di male ma molte volte ignora la mia voce e i miei “richiami”, evita di restare da sola con me e preferisce restare o in camera o uscire. Con te è diversa, è sempre la solita ragazza allegra e spensierata… forse è per questo che non te ne accorgi. Me l’ha fatto notare Rosalie, pensava avessimo litigato »
Oscar abbassò lo sguardo ferita dalla superficialità del compagno e maledisse la gonna che era costretta ad indossare per via della gravidanza. André abbassò le spalle e la guardò per alcuni istanti in silenzio e rifletté sulle parole della compagna. In effetti lo aveva notato, ma credeva fosse solo la sua immaginazione. Forse doveva parlare con sua figlia e chiarire quella situazione particolare.
«Mi dispiace, proverò a parlare »
Disse dolcemente regalandole un sorriso. La donna abbassò lo sguardo, coprì le spalle con uno scialle caldo e gli diede le spalle, lasciando vagare lo sguardo oltre la finestra. Stava piovendo a dirotto.
«Forse dovresti parlare con Enora »
Sussurrò Oscar e André trasalì, sgranò gli occhi per lo stupore e si alzò di scatto dalla sedia, facendola cadere dietro di sé. Era impallidito di colpo e la guardò allibito per qualche istante. Oscar teneva il capo basso e la mano poggiata sul braccio, gli sembrò per qualche istante assente.
«Oscar… ma cosa…?! »
La voce gli uscì strozzata e lei finalmente alzò lo sguardo su di lui.
«Sono tornata! »
L’arrivo improvviso di Renée lo fece tornare alla realtà. Tremò e deglutì a vuoto. Si girò lentamente verso la porta chiusa della loro camera e fece alcuni respiri profondi per calmare il battito forsennato del suo cuore.
Dopo qualche istante mosse qualche passo verso la porta e indugiò qualche istante prima di aprirla. Voltò appena il capo ma nascose ai suoi occhi l’espressione del suo viso.
«Enora è morta, non posso parlare con i morti »
Oscar schiuse le labbra e tentò di avvicinarsi a lui ma André uscì in fretta dalla stanza, lasciandola sola.
 
///@///
 
«Vi sono arrivate delle lettere! Me le ha date monsieur Cyril »
«Ah, grazie Renée »
La ragazza porse le lettere al padre con un sorriso forzato e André le prese con cura, poggiandole poi sul tavolo.
«Va tutto bene? Di solito vi fiondate a leggere le lettere che vi arrivano e, se non ci riuscite, chiedete a me o Oscar di leggervele »
«Al momento non sono importanti. Vorrei parlarti di una cosa »
Disse pacato mentre prendeva posto accanto al tavolo. Renée alzò un sopracciglio e si accomodò vicino a lui e poggiò la mano sulla sua.
«Va tutto bene? »
«Forse dovrei chiederlo io a te »
L’uomo la guardò negli occhi e la ragazza si ricompose sulla sedia, poggiò il dorso sullo schienale e abbassò lo sguardo.
«Ho notato che ultimamente sembri un po’ distante, soprattutto anche con Oscar… è successo qualcosa che non so? »
«No, va tutto bene. Non abbiamo litigato, anzi non mi ha fatto proprio nulla Oscar »
Disse con tono fermo e André non distolse lo sguardo dal suo viso.
«Non mi sembra che vada tutto bene, ho visto come ti comporti con lei »
«Oggi è il compleanno di mia madre »
André restò di stucco, sapeva così poco della madre di sua figlia e se ne vergognò a morte. Abbassò lo sguardo, il non sapere nulla sulle condizioni attuali di Enora lo feriva tremendamente e per Renée non doveva essere facile. La possibilità che fosse morta da tempo non era da scartare, Renée sembrava al quanto certa della sua morte.
«Non lo sapevo »
«Non sai molte cose di lei »
«Renée io… »
«Non è giusto padre! Alcune volte penso al perché non ho vissuto da sempre con il mio vero padre! Mi chiedo perché mia madre abbia dovuto crescermi da sola con quel mostro! Mi vergogno di pensare che Oscar non merita tutto questo perché non è vero! Perché vi vedo e penso che siate perfetti insieme ma non posso credere che mia madre non abbia potuto avere quest’opportunità in vita! Me ne vergogno perché Oscar non lo merita questo mio risentimento perché non ha fatto nulla per meritarlo! E mi sento in colpa perché se non fossi nata molte cose non sarebbero successe! »
Renée si era alzata di colpo e aveva iniziato ad urlare con quanto fiato aveva in corpo. André aveva aspettato pazientemente che finisse di sfogare la sua rabbia in silenzio, senza cercare di interromperla o di placare la sua ira. Appena la ragazza si calmò tornò a sedersi e si asciugò delle lacrime velocemente con il dorso della mano.
«Sai… quando ho conosciuto tua madre avevo più o meno diciannove anni e lei doveva averne diciotto o diciassette, non ricordo. Abbiamo parlato, ci siamo conosciuti in quella locanda che non osi neanche guardare quando ci passiamo davanti. - lo disse con un piccolo sorriso sulle labbra e la ragazza arrossì -  E’ vero, non era un lavoro dignitoso ma se si ha fame si fa di tutto »
«Non riesco a sopportarlo lo stesso, lo trovo disgustoso! »
«Ricordo che il proprietario quando mi vedeva era sempre felice. Diceva che Enora non lavorava più per gli altri, ma solo con me. Sarà rimasto deluso quando avrà scoperto che in realtà io e tua madre parlavamo tutta la notte »
«Per avermi concepito non avrete parlato ogni notte »
«Mi piaceva tua madre, era una persona magnifica e bellissima. Non sai quante volte io abbia provato a farla andare via da quel posto per portarla con me. Ma lei ha sempre rifiutato, forse perché si era affezionata alle sue amiche. Non tutte le prostitute sono come ti immagini tu »
Disse sorridendo, quella conversazione era al limite dell’assurdo! Renée lo guardò per alcuni istanti, alcuni goccioloni stavano bagnando le sue guance lentigginose e André si alzò, le prese delicatamente il braccio, e la strinse in un dolce abbraccio paterno.
«Tua madre un giorno è sparita. Ho provato a cercarla anche a Lille, dove mi disse di essere nata, ma lì non la trovai. Se avessi saputo della gravidanza, se avessi pensato almeno per un istante cosa sarebbe potuto accadere, non le avrei permesso di scappare e sì… vi avrei rese felici entrambe »
«Mi dispiace… »
«Non deve dispiacerti, va tutto bene. Se hai bisogno di parlare fallo, non spaventarti né di me né di Oscar che ti vuole un bene dell’anima »
«Anch’io le voglio bene… le voglio davvero tanto bene…! »
André lasciò un piccolo bacio sulla fronte della figlia e le accarezzò dolcemente i capelli, lasciò che liberasse le lacrime e la strinse di più a sé. Oscar abbozzò un debole sorriso, abbassò leggermente lo sguardo e chiuse senza farsi notare la porta della camera da letto.
«Sei davvero un padre perfetto, André… »
 
///@///
 
«Ti sono arrivate delle lettere, lo sai vero? »
Chiese Oscar notando alcune carte sul tavolino vicino alla porta d’ingresso. Renée rise.
«Sì, se ne sarà sicuramente dimenticato! Sono arrivate ieri! »
«H avuto altro da fare ieri pomeriggio »
André alzò le spalle e con un dolce sorriso si avvicinò alla compagna e prese le lettere che gli stava porgendo. Sussurrò un debole merci e iniziò a leggere il contenuto di ogni lettera con devota attenzione.
«Sempre le solite cose, eh? »
Disse stanco e sorrise nervosamente.
«Oggi devi aiutarmi a prendere il bucato, è pesante e non riesco a piegarmi per prendere la cesta »
Le dice lentamente Oscar senza guardarla e Renée annuisce.
«Certo, non è un problema »
André osservò per qualche istante le due riorganizzare insieme la cucina e non riuscì a non pensare a quanto fosse imprevedibile la vita.
“Tu che fino a un annetto fa comandavi soldati… ora sei una semplicissima donna di casa… con un vestito… incinta… assurdo!”
Mentre rideva tra sé e sé lesse l’ultima lettera che aveva tra le mani. Si alzò velocemente e si avvicinò rapido ad Oscar.
«Io devo andare, non aspettatemi per pranzare »
«Cosa? »
Diede un bacio rapido alla donna sulle labbra e uno sulla fronte alla figlia e uscì di corsa da casa, nascondendo il biglietto nella tasca della giacca.

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Capitolo 48
*** 48 ***


André non era più tornato a casa quel giorno. Oscar aveva aspettato invano per tutto il giorno il suo ritorno, ma dell’uomo non c’era traccia. Aveva chiesto a Bernard se avesse incontrato André durante la giornata ma lui le disse di averlo visto solo per un istante e, a detta sua, era molto agitato. Era andata anche in caserma da Alain ma l’uomo era impegnato in una riunione e dovette rinunciarci. Iniziò a preoccuparsi seriamente quando, verso il calare della notte, ancora non era tornato a casa.
Renée le aveva consigliato di andare a riposare e aveva cercato di rasserenarla rivelandole che era capitato più volte che André si assentasse per qualche giorno, all’improvviso, forse per depistare qualcuno che lo voleva far fuori.
Le parole di Renée però non ebbero l’effetto sperato, anzi, l’attesa l’aveva innervosita ancora di più. A complicare le cose fu la notizia di una sommossa nei pressi della redazione dove sia André che Bernard lavoravano: i soldati che erano giunti sul luogo per calmare la folla avevano ricevuto l’ordine di sparare e c’erano stati molti feriti e qualche morto.
Aveva aspettato che la ragazza si addormentasse per uscire dalla sua camera e aspettare l’uomo in piedi.
“Dannazione Grandier, dove diavolo ti sei cacciato? Cosa c’era scritto sul biglietto che hai portato con te? Perché non torni… da me…”
Oscar si morse un labbro e si affacciò alla piccola finestra. Allontanò lentamente le tendine chiare e guardò Parigi abbandonata al sonno.
Poteva notare un mendicante seduto sul bordo della strada che cercava di dormire nonostante l’aria fredda, un soldato della guardia nazionale gli passò vicino accompagnato da una donna, sicuramente una prostituta. Dovevano essere entrambi ubriachi data l’incertezza dei loro passi e le risa che scuotevano il silenzio della notte.   
Sospirò amaramente e, quasi senza volerlo, stropicciò la tenda che aveva fermato ai lati dell’infisso di legno. La porta si aprì lentamente e il cigolio che ne seguì la fece rabbrividire. Era tornato!
Si voltò sollevata e vide André togliersi lento la giacca e poggiarla sull’appendiabiti poco distante. Non l’aveva notata, fece qualche passo verso la loro stanza e appena alzò lo sguardo la vide immobile vicino alla finestra.
«Oscar… »
«Dove sei stato? »
«In giro, avevo delle commissioni da fare »
«Perché te ne sei andato così velocemente? Mi hai fatto preoccupare! Ho temuto per te! C’è stata una sommossa, ho creduto di averti perso! »
«Lo so, ti giuro mi dispiace tantissimo. Ma sto bene, sto davvero bene »
Le sorrise dolcemente e prese il viso tra le mani, avvicinò lentamente il viso al suo e catturò le sue labbra in un dolce bacio.
«Non mi calmerai così »
Gli sussurrò imbronciata, tentando di allontanare l’uomo da sé.
«Lo so, ma mi piace pensare di riuscirci »
Oscar arrossì e abbassò lo sguardo, non volle dargli ragione, non voleva fargli credere che appena l’aveva visto rientrare tutta la rabbia che aveva provato nei suoi confronti fino a quel momento era scomparsa. Era tornato, era al sicuro con lei, era questa l’unica cosa che contava adesso.
«Come state? »
Chiese André bisbigliando al suo orecchio mentre con una mano lasciava tenere carezze sul ventre della donna.
«Bene… ma non cambiare discorso! »
L’uomo rise e baciò la pelle appena sotto l’orecchio della donna. Oscar rabbrividì, poggiò una mano sul braccio del compagno e strinse la camicia tra le dita, trattenendo un sospiro.
«André… »
«Mi era mancato il tuo viso imbronciato, per un attimo ti ho rivisto bambina quando volevi avere a tutti i costi ragione con tuo padre »
«Davvero…? »
«Sì, sei stupenda »
Oscar tremò tra le sue braccia e vide la sua mano spostare alcune ciocche di capelli che ricadevano sul petto, sfiorare con la punta delle dita la pelle bianca e scendere verso il laccetto che teneva stretto per coprire il seno.
«André tu… »
«Io? »
«Oh, ti odio quando fai così… »
Disse alla fine, esasperata, prendendo il suo viso tra le mani per baciarlo con passione, alzandosi appena sulla punta dei piedi. Lui la prese in braccio e la portò in camera ridendo e la poggiò lentamente sul letto.
«Ti ricordavo più leggera… »
«E io più silenzioso »
André rise stendendosi al suo fianco, coprendo gli occhi con il braccio. Oscar accennò una lieve risata e gli accarezzò il volto con il dorso della mano. Lui allontanò il braccio, i suoi occhi si posarono su di lei e ne fu felicissima. Era stanco, lo notava dall’espressione dei suoi occhi ma allo stesso tempo non le sembrava tranquillo.
«Va tutto bene…? Stai tremando »
Sussurrò la donna con un filo di voce.
«Sì, sto bene, te l’ho già detto. Ti amo… »
Oscar sorrise e si avvicinò a lui, poggiò la schiena sul petto di lui e si lasciò cullare dalle dolci carezze sul fianco e sul braccio. Sussurrò piano il nome del compagno ma sussultò quando sentì il corpo di lui aderire al suo. André intrecciò le loro dita e portò la mano di lei alle labbra, baciandole in polso, muovendo appena i fianchi contro di lei.
Il vuoto della stanza fu riempito da gemiti soffocati, André l’abbracciò da dietro e sentì la mano della donna sulla sua guancia invitarlo a baciarla. Passarono la notte così, ad amarsi nel silenzio della notte con lentezza e delicatezza, ad accarezzarsi e baciarsi, a pensare il loro futuro nel piccolo della loro stanza.
 
///@///
 
«André… »
«Sì? »
«Perché la tua camicia è sporca di sangue…? Non… sei ferito »
André si irrigidì, Oscar lo guardò negli occhi per qualche istante e si accorse nel cambiamento d’espressione dell’uomo. Lei gli mostrò la camicia macchiata e lui si avvicinò, prendendola tra le mani.
«Ti ricordo che ieri c’è stata una sommossa »
«Tu non sei ferito  »
«Ho portato dei feriti in ospedale, credo sia normale sporcarsi un po’ di sangue »
Le disse accennando un sorriso ma Oscar abbassò lo sguardo.
«Cosa c’era scritto su quel biglietto? »
«Biglietto? Quale biglietto? »
«Quello che  hai nascosto ieri… perché sei uscito così di fretta? »
André sospirò, si allontanò da lei alla ricerca di una nuova camicia da indossare ma lei non mosse alcun passo.
«Nulla di importante, lavoro »
«Capisco… non ne vuoi parlare »
«Oscar »
«Va bene, non sei costretto a dirmi tutto del tuo lavoro. Ma ti prego… non allontanarti così mai più… »
L’uomo sorrise, allungò la mano verso di lei e con le dita le accarezzò la guancia.
«Non avere paura, tornerò sempre da te. Sei l’amore della mia vita… »
 
///@///
 
«Come stai? Ti fa male? »
«Il dottore ha detto che… è stabile. Brucia tantissimo André… »
«Lo so… lo so… mi dispiace, non sono riuscito ad evitare che ti colpisse »
«Non è colpa tua, André… va tutto bene, ti prego non piangere »
«Ti hanno colpita per colpa mia, maledizione! »
«C’è stata una rivolta, hanno sparato senza neanche guardare! Rilassati, e poi io sto benissimo! »

André sospirò, uscì lentamente dalla locanda e alzò gli occhi al cielo. Mosse qualche passo verso la redazione ma fu fermato da qualcuno che lo costrinse a seguirlo in un vicolo.
«Ma che diavolo… Alain?! »
Il soldato lo guardò grave, stringendo la presa attorno al braccio. André provò ad allentare la presa ma l’uomo era stranamente forte.
«Si può sapere cosa ti prende? »
«Cosa ci facevi lì dentro? Ti ricordo che a casa hai una figlia e una compagna incinta »
«Cosa stai insinuando, Alain? »
Sibilò André assottigliando lo sguardo.
«Cosa ci facevi in quella locanda? Chi c’è lì dentro di così importante da trascurare per una giornata intera la tua famiglia? »

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Capitolo 49
*** 49 ***


«Alain, lasciami »
«Mi devi delle spiegazioni »
«Non ti devo niente, devo tornare a casa e tu dovresti tornare in caserma »
Rispose secco, senza volergli dare importanza. Alain sorrise amaramente e poggiò le mani sui fianchi, guardandolo con aria di sfida.
«Hai ragione, a me non devi nulla, ma ad Oscar sì »
André si irrigidì e allontanò lo sguardo, Alain lo prese per il colletto della camicia e lo fece sbattere contro il muro.
«Chi? Chi c’è lì?! E’ una donna per caso?! Rispondimi! »
L’uomo non rispose, strinse le mani attorno ai polsi dell’amico ma non tentò di allontanarlo. Si guardarono negli occhi, André non parlava ma il suo sguardo… Alain comprese e per qualche istante quasi non volle crederci.
Sgranò gli occhi e lo guardò basito, sperò di vederlo negare, di sentire la sua voce dargli dell’idiota e di spiegargli meglio la situazione. Come poteva aver fatto una cosa del genere, ad Oscar? Soprattutto nel suo attuale stato?
«Maledetto orbo1… »
Sibilò a denti stretti. Le mani gli tremarono, André se ne accorse dalla presa incerta sulla sua camicia ma non ebbe il tempo di finire il pensiero che Alain lo colpì in pieno viso e gli diede un pugno nello stomaco. Non volle difendersi dagli attacchi furibondi di Alain perché sapeva che, in un modo o in un altro, li meritava tutti.
La testa gli girava vorticosamente, portò la mano sotto il naso per togliere il sangue e il forte odore metallico lo stordì. Sentì la gamba dell’uomo colpirlo sulle ginocchia e cadde rovinosamente a terra, il respiro sembrò mancargli. Era stanco e senza forze, sarebbe stato difficile tornare a casa in quello stato.
«Sei un infame, l’hai cacciata di casa per una tua stupida gelosia e ora cosa fai? Te la spassi tra le gonne di una puttana mentre lei ti aspetta a casa ogni giorno? Con tuo figlio in grembo? Mi fai schifo »
«Non… è… puttana… »
«Oh come se non conoscessi quel posto! Ti prego! Se fosse stata una locanda qualsiasi non ti avrei detto nulla! »
Il soldato lo guardò con disprezzo, il petto si abbassava e rialzava velocemente per lo sforzo e le nocche delle mani gli dolevano maledettamente. André tentò di rialzarsi appoggiandosi al muro, non senza scivolare e appena fu in piedi poggiò la schiena dolente sul muro freddo della palazzina trovando un dolce sollievo.
«Chi è André…? Perché sei qui…? »
Gli chiese ancora una volta Alain ma non urlava più, la voce sembrava roca e spezzata e non osava neanche guardarlo in faccia. Deglutì a vuoto, cercò aria e provò a parlargli.
«Ieri… l’ho incontrata e »
«Non voglio sapere come te la sei sco »
«No… sbagli io non… mi lasci finire di parlare? »
Un colpo di tosse lo colse alla sprovvista e, appena si riprese, sospirò amaramente.
«Lei non… è una puttana… o meglio non lo è più »
«André cosa cavolo stai »
«Zitto. Lei è… »
 
«André! »
«Padre! Mio Dio cos’è successo?! »
Urlò Renée appena vide André tornare a casa con il volto tumefatto e sanguinante. Alain aiutò l’uomo a sedersi sul divano e Oscar si avvicinò a lui, gli prese il viso tra le mani e scostò alcune ciocche di capelli liberandogli la fronte.
«Sto bene, qualcuno ha pensato di divertirsi a prendermi a pugni in un vicolo. Non vedo bene in quei luoghi, mi hanno conciato per le feste »
Disse cercando di sembrarle il più naturale possibile e le sorrise. Oscar si morse un labbro.
«Hai il viso livido e facevi fatica a camminare… più che divertirsi volevano ucciderti André »
«No, non credo… ah! Mi fai male…! »
Lamentò l’uomo appena Oscar poggiò un panno freddo che le aveva passato Renée sullo zigomo gonfio, Alain distolse lo sguardo e Renée se ne accorse.
«Dov’era quando l’hai trovato? »
Chiese Oscar distrattamente mentre cercava di pulire il sangue sul viso dell’uomo.
«Era a terra, cercava di alzarsi e l’ho portato direttamente qui. Io devo tornare in caserma, credo che sia meglio farlo vedere da un dottore »
«Sì… grazie Alain »
La bionda annuì lentamente e lo guardò aggiustarsi la giacca dell’uniforme e allontanarsi silenzioso.
«Renée va a chiamare il medico, per favore »
La ragazza annuì e uscì svelta dall’appartamento e andò a cercare il medico. Quando rimasero soli Oscar liberò un sospiro e tornò a guardare il volto dell’uomo. André accennò un sorriso.
«E’ stato Alain… vero? »
Gli chiese guardandolo negli occhi e lui impallidì di colpo. Iniziò a sudare freddo e simulò una risata divertita.
«Cosa te lo fa pensare? »
«Vi comportate in modo strano, non vi siete guardati neanche in faccia e le sue mani erano sporche di sangue »
«Perché avrebbe dovuto picchiarmi? E perché avrei dovuto lasciarmi picchiare da lui? »
Il suo sorriso e la fermezza della sua voce la fece traballare, si era solo immaginata tutto e ne fu tremendamente sollevata.
«Non lo so… »
«Visto? Non è stato lui, mi ha trovato e mi ha aiutato, non è in vena di scherzi oggi a quanto pare »
Oscar annuì lentamente, abbassò il capo e rilassò le spalle. André le alzò il volto facendo pressione sotto il mento con le dita e si perse nel suo sguardo cristallino.
Lei sorrise, prese di nuovo la pezza inumidita e tornò a pulirgli il labbro tagliato.
 
 
«Ho bisogno di parlare con te… di una cosa »
Oscar alzò lo sguardo su di lui incuriosita, posò la mano sul ventre e aspettò che André prendesse di nuovo parola. L’uomo si sedette sul letto accanto a lei e poggiò la mano sul ventre gonfio.
La donna sorrise e guardò la mano dell’uomo lasciare tenere carezze.
«Come stai? Mi sei sembrata più affaticata del solito »
«Sto bene, sono solo un po’ stanca. Dovrei riposare di più ma dubito fortemente che questo sia l’argomento della discussione »
Disse con calma alzando lo sguardo su di lui. André accennò un debole sorriso e poggiò il capo sul pancione. Oscar giocò con le ciocche di capelli dell’uomo, così scure a confronto con la pelle pallida di lei e liberò il suo viso per poterlo guardare meglio.
«Hai ragione… non voglio parlare di questo »
«Riguarda quel biglietto? »
«Sì »
Oscar gli accarezzò il volto e André si strinse a lei. Iniziò a preoccuparsi quando lo sentì tremare tra le sue braccia e lo chiamò con un filo di voce.
«In realtà non so neanche da dove iniziare… è così surreale »
«André mi stai spaventando cosa succede? »
«Quando ho ricevuto quel biglietto… non volevo crederci. Era troppo strano che qualcuno scrivesse una cosa del genere e mi sono preoccupato, per questo sono corso fuori. Appena arrivai al luogo dell’appuntamento io… ero sconvolto »
«André… chi hai incontrato? »
 
«Enora… »
«Ciao André… ne è passato di tempo, vero? »
André la guardò sconcertato, non riusciva a muovere un singolo passo e a smettere di guardarla. La donna sorrise timidamente e fermò una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio. Sentì il respiro mancarle e si morse un labbro emozionata senza trovare le parole che aveva cercato per potergli parlare.
Non pensava potesse diventare ancora più bello: i capelli corti e i lineamenti maturi… era cresciuto il ragazzo di diciannove anni di cui si era innamorata da ragazza ed era diventato un uomo splendido.
Enora strinse tra le mani la gonna blu e si sentì tremendamente in imbarazzo.
«Tu… com’è possibile? Credevo che… la lettera tu… »
Balbettò André agitando le mani. Ricordava bene il contenuto della lettera e non riusciva a credere di ritrovarla d’avanti a sé.
«E’ vero, nella lettera che ho fatto scrivere dicevo che probabilmente sarei morta di lì a poco, o che forse ero già morta. Mi dispiace aver arrecato a te e a… nostra figlia questo dispiacere »
Chinò il capo desolata e sospirò amaramente.
«Perché non mi hai detto della gravidanza? »
Enora evitò il suo sguardo e poggiò le mani sul grembo, André sussultò.
«A dire il vero… non lo so. Non volevo costringerti a restarmi accanto perché sapevo che il tuo cuore apparteneva a quella donna, non volevo allontanarti da lei. L’idea di costringerti al mio fianco e di vederti infelice mi opprimeva il petto… è per questo che non ti ho detto nulla »
«Renée… mi ha detto che ti sei sposata »
«Sì, per nascondere anche la gravidanza alla fine. Ma… non è andata bene… per me e mia figlia… non voglio parlare di Antoine »
«C-Certo scusami, non volevo costringerti… »
Enora strinse le spalle, pensierosa e André mosse un passo verso di lei. Lei alzò di nuovo lo sguardo e si guardarono per alcuni istanti.
«Cosa… ti è successo? Perché copri l’occhio sinistro… »
Chiese corrugando la fronte senza osare avvicinare la mano al volto dell’uomo.
«Sono cieco »
Disse schietto, senza quasi dare peso alla cosa ma lei spalancò gli occhi e portò la mano alla bocca, sconvolta.
«C-Cosa? Com’è possibile…? »
«Sono stato ferito all’occhio e ne sono rimasto cieco, nulla di eclatante »
«Mio Dio…  è per lei che l’hai fatto, vero? »
André sorrise amaramente e incrociò le braccia al petto, guardandola con sguardo assente. La ricordava più alta o forse era solo lui che era cresciuto di più in altezza rispetto a lei.
«Come hai fatto a scoprire dov’ero? »
«Kilian »
Enora sorrise appena vide la faccia stupita dell’uomo e non riuscì a trattenere una risata.
«Devo averlo traumatizzato un po’ quel povero ragazzo. E’ anche colpa mia se è venuto qui a Parigi… ha sempre amato molto Renée e dev’essergli costato molto mentirle »
«Non oso immaginare… »
«E’ grazie a lui se so di Renée, di te e… di Oscar »
La donna sorrise dolcemente e si avvicinò ad André. Lui deglutì a vuoto.
«Congratulazioni… aspetta un bambino! Renée avrà un fratello o una sorella! Sono così felice per voi! »
«Perché… hai voluto vedermi…? »
Il sorriso morì sulle sue labbra e il suo sguardo diventò triste e malinconico. André si sentì tremendamente a disagio, intorno a loro il mondo scorreva tranquillo ma lui si sentiva quasi soffocare.
«André… posso abbracciarti? »
André sbarrò gli occhi e schiuse le labbra, Enora lo guardò in silenzio pronta ad accettare un suo rifiuto data la sua reazione.
Si sentì dannatamente stupida nel chiederglielo e sospirò amaramente, fece un passo indietro imbarazzata.
Allargò le braccia verso la donna e i suoi occhi si illuminarono, si buttò tra di loro e si strinse a lui con tutta la forza che aveva nel suo corpo. Lui poggiò una mano sulla nuca di lei e l’altra sulla sua schiena, le accarezzò la folta chioma rossa e lei si aggrappò alla sua camicia. Stava piangendo silenziosamente e si stringeva al corpo forte dell’uomo.
«Non voglio nulla da te, volevo solo poter sentire la tua voce… mi sei mancato… non pensavo ti ricordassi di me! Sono così felice André! Ti ho amato così tanto, nostra figlia era l’unica cosa che mi legava a te… non ho avuto la decenza di lavare il mio corpo dopo i nostri pochi incontri. Sono stata una sconsiderata, lo so… mi dispiace »
«Non… dispiacertene… non dispiacertene… »
«Grazie… grazie mille André! »
Enora si allontanò un po’ dall’uomo e lo guardò negli occhi sorridendogli dolcemente ma la felicità di quel momento fu spezzata da un’esplosione poco lontana. André strinse la donna a sé la quale si aggrappò a lui terrorizzata.
 Provarono ad allontanarsi dal quartiere ma l’arrivo repentino dei soldati della Guardia Nazionale bloccò alcune vie di fuga e iniziarono a sparare sulla folla.
«Non allontanarti da me, hai capito? Non farlo per nessuna ragione! »
Enora annuì terrorizzata e seguì l’uomo lungo la stradina affollata e pericolosa. La polvere si era alzata e iniziava a pizzicare gli occhi, il rumore degli spari rimbombava nelle orecchie ed Enora sentì la testa scoppiare e il cuore esplodere da un momento all’altro.
La stretta dell’uomo attorno al suo polso la sollevava, la stava salvando! Tra poco si sarebbero allontanati dal caos della via e si sarebbero rifugiati da qualche parte, sani e salvi. André tentava di evitare le guardie, sperava di ritrovare Alain tra le file per poter fuggire da quell’Inferno ma il reggimento accorso non era il suo e maledisse il destino crudele. Un urlo troppo vicino lo freddò, si voltò verso Enora spaventato e vide il suo volto diventare pallido e le gambe non la reggevano. La donna portò la mano sul fianco e tentò di aggrapparsi all’uomo.
«Enora! »
André la prese in braccio, era ferita al fianco e la ferita sembrava dannatamente profonda tanto era il sangue che usciva e che le macchiava le vesti.
«Enora?! Mi senti?! Ti prego rispondi! »
«A-A… »
«Ti porto via di qui… te lo giuro! Resisti ti prego! »
 
«La ferita non è grave ma ha perso molto sangue. Si riprenderà se resterà in assoluto riposo »
«Me ne occuperò personalmente »
«Se dovessero esserci delle complicazioni vi prego di informarmi monsieur Grandier »
«Lo farò senz’altro »
Il medico gli sorrise e raccolse lentamente i suoi strumenti, diede un ultima occhiata veloce alla donna e si allontanò discreto. André lo seguì con lo sguardo e, appena chiuse la porta della camera, tornò a guardare il corpo di Enora steso sul letto grande.
Sospirò amaramente, non poteva credere che il loro incontro fosse finito in un modo così tragico. Guardò fuori dalla finestra e il cielo plumbeo sembrò promettere una tempesta.
«Ah… Enora… forse era meglio incontrarci in un luogo più sicuro »
Disse guardando il viso abbandonato al sonno sul cuscino. I capelli rossi erano sparsi sulle lenzuola e sul suo viso, si avvicinò a lei e si sedette al suo fianco, avvicinò la mano al volto e allontanò un ciuffo. Resto a guardarla per alcuni istanti, cercando di mettere a fuoco i particolari del viso, poi guardò in direzione della ferita e notò che le bende stavano iniziando a macchiarsi un po’ di sangue.
«Brucia… »
Mormorò nel sonno e André sorrise notando l’espressione contrariata di lei.
«Brucia… Renée… »
Fece una smorfia, aveva completamente rimosso dalla sua mente Renée e Oscar, dovevano essere preoccupate per lui ma non poteva lasciarla in questo stato. Avrebbe aspettato almeno il suo risveglio, sarebbe tornato il giorno seguente al più presto.
“Sta iniziando a perdere di nuovo sangue, non mi piace… la medicazione dovrebbe tamponarla ancora per un po’… perché perde ancora sangue?”
Corrugò la fronte pensieroso e si affacciò alla finestra con le braccia incrociate, guardò distratto dai suoi pensieri le strade ora calme di Parigi. Notò un gruppo di soldati camminare proprio sotto la sua finestra e si nascose dietro ad una tenda, sperando che tra di loro non ci fosse Alain.
“Non so cosa fare, credevo fosse morta… è la madre di mia figlia… ma anche Oscar aspetta mio figlio… mio Dio!”
«André…? »
Si voltò di scatto e vide i suoi occhi verdi aperti e un sorriso forzato. Si avvicinò a lei cauto, prese una sedia vicino al letto e si accomodò, guardandola negli occhi.
«Come stai? »
«Mi sento… lacerata… mi fa male il fianco »
«Sei stata ferita, qualcuno ti ha sparato »
«Fa malissimo… »
«Lo so… è difficile ma cerca di non pensarci. Ti ha somministrato del laudano… è strano che tu senta dolore »
«Forse non mi fa effetto… »
Disse cercando di non pensare alle fitte al fianco, maledisse nella sua mente lo scontro. André la guardò cupo in volto.
«Dimmi… sto per morire? »
«Cosa? No, no assolutamente, cosa vai a pensare… »
«Allora perché sei così triste? »

 
Oscar tremò, portò una mano alla tempia dolente e andò in cucina, sconvolta, per bere un po’ di acqua. André la seguì, teso.
Lei prese la brocca d’acqua e versò il contenuto in un bicchiere, senza voltarsi a guardarlo in faccia. André poggiò la schiena contro il muro e la guardò in silenzio. Lei bevve tutto d’un fiato e poggiò lentamente il bicchiere vuoto sul tavolo.
«Come… come sta? L’ha visitata un dottore? Non è grave, vero? »
«No, ha detto di no… ma perde ancora sangue, ho paura per lei… »
La donna si coprì le spalle con uno scialle e gli diede le spalle, con la coda dell’occhio guardò la porta chiusa della stanza di Renée e abbassò lo sguardo, pensando alla donna.
«E’ da lei che stai andando ultimamente? »
«Sì »
Tacque per alcuni istanti, fece un respiro profondo e si voltò lentamente verso di lui e gli si avvicinò lentamente, alzando lo sguardo su di lui.
«Perché non me ne hai parlato prima? Ti avrei aiutato a trovare una soluzione »
«Avevo paura di parlartene, è comunque… una donna con la quale ho avuto una relazione e da cui è nata una bambina »
Disse con un sorriso forzato ma lei gli accarezzò dolcemente la guancia, stava tremando.
«Andrà tutto bene… non ti preoccupare »
L’uomo annuì lentamente, poggiò la mano su quella di lei e liberò alcune lacrime, rifugiandosi tra le braccia della compagna.
«Domani… vieni con me »
«Ne sei sicuro? »
«Sì »
Oscar gli accarezzò il volto, pensando all’opportunità di vedere la sua “rivale”.
«Va bene, verrò con te… ma credo le verrà un colpo nel vederti ridotto così, pieno di lividi! »
 
 
1= Alain definisce così André nel manga, riferendosi ovviamente alla sua disabilità, dopo che quest’ultimo lo aveva aggredito ( eh già! Nel manga è un po’ violento ^^’) per alcune allusioni alla sensualità di Oscar.

 

 
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Capitolo 50
*** 50 ***


«E’… qui? »
Chiese Oscar girandosi a guardare André e lui annuì deciso. Tornò a guardare la palazzina dove Enora riposava e deglutì a fatica. Sentì la stretta dell’uomo intensificarsi e osservò la mano forte di lui stringere la sua. Tremava e sembrava davvero in ansia per quella donna.
Per un attimo anche lei fu avvolta dall’angoscia che non riuscì a spiegare.
«Andrà tutto bene… sono sicura che lei stia bene e che si riprenderà »
Gli parlò piano accennando un debole sorriso. Sperò che le sue parole potessero in qualche modo tranquillizzarlo, come poteva non essersi resa conto del groviglio di sentimenti che provava il suo uomo? André annuì lentamente e, dopo aver preso un bel respiro, si avviò dentro la struttura.
 
«La camera è questa… ah! Non ho il coraggio di aprire la porta… »
Disse sorridendo amaramente, coprendo gli occhi con una mano.
«André… perché sei così pessimista? Sei così convinto di trovarla morta che mi stai facendo nascere il dubbio! Per favore, rilassati… andrà tutto bene »
Oscar prese le mani dell’uomo tra le sue e le baciò, portandole poi vicino al viso sorridendogli mentre lo guardava negli occhi. André accennò un lieve sorriso e si sentì rincuorato, allontanò le mani da lei e, dopo aver preso le chiavi da dentro la tasca, girò la chiave nella toppa ed entrò nella stanza.
«Enora…? Sono André… »
La camera era avvolta ancora nel buio e notò con la coda dell’occhio qualcosa muoversi sotto le coperte. Oscar si avvicinò ad André e intrecciò una mano con la sua.
«André? Sei davvero tu…? »
L’uomo nel frattempo aprì le tende della stanza e lasciò che i raggi solari entrassero nella stanza. Oscar guardò il letto poco distante e notò una massa di capelli rossi sotto le coperte.
Per un istante pensò a Renée, cos’avrebbero fatto con lei? Le avrebbero mai detto la verità?
«Sì Enora… come stai oggi? »
«Oh André! »
André si sedette sul letto accanto a lei e Oscar trasalì nel vedere la donna sedersi sul materasso e gettare le braccia al collo del compagno. Si sentì terribilmente a disagio e abbassò lo sguardo, piena di vergogna. Era decisamente di troppo, perché mai aveva accettato di venire con lui? Sospirò silenziosamente e osservò André girovagare per la stanza alla ricerca di bende nuove e pezze pulite per medicare la ferita.
«Oscar… vieni qui ti prego »
La voce di André la riportò alla realtà, sia lui che Enora la stavano osservando e lei, con finta fermezza, si avvicinò al compagno.
«Dimmi, ti serve qualcosa? »
«Sì, ecco… io non posso cambiare la fasciatura di Enora. Di solito chiedo ad una delle donne che lavorano qui di farlo e »
«Le cambio io, non è un problema »
André sgranò gli occhi e guardò Oscar negli occhi stupito. Si guardarono negli occhi per alcuni istanti e André non trovò alcuna incertezza nei suoi.
«Ne sei sicura? »
«Sì »
«Ah… allora vi… vi lascio sole, sì resterò qui fuori »
Oscar annuì, accennò un sorriso per poi allontanarsi da lui e nascondere il letto dietro un paravento di scarsissima qualità e con lentezza aiutò la donna a svestirsi. Enora la guardò in silenzio per alcuni istanti e fu tentata di parlarle, di sapere qualcosa in più su di lei.
«Dimmi se ti faccio male… »
«Va bene… grazie »
«E di cosa? Non c’è bisogno che tu mi ringrazi »
Le disse sorridendo appena, inumidì un panno nell’acqua fresca e iniziò a tamponare delicatamente la ferita, cercò di non premere troppo da farle male.
«Stai aiutando me… aiuti mia figlia… ti sono davvero grata per tutto »
Oscar alzò lo sguardo su di lei e Enora sorrise ma distolse lo sguardo, si sentì tremendamente in imbarazzo. Non avrebbe mai creduto di vedere la sua nuova compagna, e non riusciva a concepire il fatto che lui l’avesse portata con sé. Eppure ne era felice, lei non provava ribrezzo nei suoi confronti o almeno così sembrava.
«Renée…- sussurrò Oscar-  ti assomiglia molto »
«G-Grazie… »
Calò di nuovo il silenzio tra di loro, Oscar finì di medicare in fretta la ferita e raccolse le bende sporche di sangue per cambiarle con bende più pulite.
«E’… E’ normale che bruci così tanto…? »
Chiese Enora sentendo una fitta al fianco stringendo gli occhi e lasciandosi sfuggire un sospiro strozzato. Oscar si girò a guardarla e sentì il cuore stringersi per il dispiacere.
«Credo di sì, non mi sembra neanche infettata ma questo dovrebbe dirlo il medico. Io ho finito, chiamo André… »
«Va bene… »
Uscì lentamente dalla stanza e André alzò lo sguardo su di lei, poggiato con la schiena dal muro davanti alla porta e la guardò preoccupato.
Oscar si avvicinò con il capo chino e si morse un labbro.
«Oscar… »
«Credo che… dobbiamo chiamare il medico. Non mi piace la sua ferita, mi dispiace »
André sospirò e si passò una mano tra i capelli, allontanandosi da lei. La donna accarezzò il ventre e sentì il piccolo calciare, si lasciò sfuggire un debole sorriso e si voltò verso il compagno.
«Vado a chiamare il medico… sarò qui tra poco »
«Va bene »
L’uomo si avviò verso le scale, in fretta, ma poi si fermò e tornò verso di lei, Oscar lo guardò interrogativa.
«Oscar… »
«Sì? »
«Grazie »
Sorrise e gli accarezzò il viso, André chiuse gli occhi e poggiò la mano sulla sua, baciando poi il palmo della donna.
«Vai… »
 
«Come sta? »
Il medico riordinò in silenzio i suoi strumenti nella valigetta che aveva portato con sé, Oscar e André si guardarono negli occhi preoccupati. André iniziò a sudare freddo e guardò Enora semicosciente nel letto con Oscar al suo fianco che teneva la mano della donna.
«Dottore la prego, ci dica qualcosa! »
Disse disperato avvicinandosi a lui e il medico sospirò, si girò a guardarlo.
«Avete fatto bene a chiamarmi, ma dubito fortemente che il mio intervento ora sia più utile »
«C… Cosa… »
«Mi dispiace, a quanto sembra il proiettile deve aver creato un’emorragia non solo esterna ma anche interna »
André impallidì di colpo e diede le spalle al dottore. Sentì la mano dell’uomo dargli una pacca sulla spalla.
«Restatele accanto »
Detto questo, l’uomo uscì in fretta dalla camera, André rimase quasi paralizzato vicino la porta e non osò muovere un passo.
Oscar si era voltata a guardarlo preoccupata, lui scosse il capo e lei sgranò gli occhi. Gli fece cenno con la testa di avvicinarsi.
Fece un respiro profondo e si avvicinò al letto, seppur con titubanza e Oscar alzò lo sguardo su di lui.
«Cos’ha… detto? »
Sussurrò Enora guardandolo preoccupata, Oscar strinse la mano della donna tra le sue e André tentò di sorridere.
«Nulla di grave, la ferita ci metterà un po’ in più a guarire ma andrà tutto bene »
André si sedette sulla sedia poco lontano e le accarezzò il volto allontanando i capelli bagnati dal sudore dalla fronte.
«Sono così felice che tu… sia qui… con me »
«Non ti avrei abbandonata in mezzo alla strada, lo sai… »
«Oscar è così… fortunata ad averti »
Oscar abbassò lo sguardo e André sorrise imbarazzato, stringendo la mano di lei tra le sue.
«Vi sposerete…? Mi piacerebbe tanto vedervi felici… »
«Sì… credo proprio di sì e ci piacerebbe molto averti tra di noi quel giorno »
Disse Oscar sorridendo e gli occhi di Enora si illuminarono.
«Mi… farebbe davvero molto piacere! »
Aggiunse convinta, Enora sorrideva felice ma notava il dolore causato dalla ferita nei suoi occhi. Con la mano libera, Enora avvicinò la mano al ventre della donna e tremò, senza smettere di sorridere.
«Di quanti mesi sei…? »
«Di sette mesi, nascerà a Dicembre »
La donna annuì lentamente, sospirando, cercando di non pensare alle fitte lancinanti all’addome.
«Cosa… sarà? Secondo voi… un maschio… o una femmina? »
Faticava anche a parlare ora, André poggiò la fronte sulle loro dita intrecciate e Oscar alzò le spalle.
«Non lo so… »
«Sarebbe… bellissimo se… se fosse una bambina…! Renée… avrebbe una sorellina! »
Enora sorrise al ricordo della figlia e si voltò a guardare André ma il suo volto era nascosto e non riusciva a vedere la sua espressione.
«Sono felice di… non aver abortito… ma dovevo… avvertirti… mi dispiace così tanto: mi perdoni, André? »
Sussurrò all’uomo che, nel frattempo, aveva poggiato il capo sul materasso e lei, libera dalla sua stretta, gli accarezzò piano i capelli neri, perdendosi nei ricordi.
Aveva accarezzato molte volte i capelli dell’uomo quando, dopo il rapporto, aveva adagiato il capo sul suo petto o quando invece lo poggiava sulle sue cosce mentre parlavano e ridevano.
Forse anche André ricordò quel piccolo dettaglio e per qualche istante la sua vista si offuscò per colpa delle lacrime.
«Sì… sì Enora… sì… »
La sua voce era spezzata, Oscar sentì le lacrime pizzicarle gli occhi e, ne era sicura, André aveva nascosto il volto tra le lenzuola per non far vedere ad Enora le lacrime che le bagnavano il viso.
«Ah… sono così felice ora… mi avete reso così felice… »
André alzò il capo verso la donna di scatto e vide chiaramente il volto della donna sorridergli. Oscar chiuse gli occhi e girò il capo, coprì il viso con la mano e soffocò alcune lacrime, senza riuscirci.
Enora poggiò il capo sul cuscino e sospirò, serena, e chiuse gli occhi, ridendo.
«Sono stata felice…! »
«Enora! »
André si sollevò e guardò il volto addormentato della donna, lo prese tra le sue mani, la chiamò prima piano, poi sempre a voce più alta. Scosse il suo corpo, continuò a chiamarla, ma non riceveva mai risposta.
Oscar si alzò dal letto e tentò di asciugare le lacrime, guardò André stringere tra le braccia il corpo privo di vita della donna e il suo pianto le straziava il cuore.
 
«Padre! Dove siete stati tutta la giornata? Stavo per preoccuparmi! »
André aprì lentamente la porta, tenendo il capo basso, si accostò ad essa per far passare prima Oscar e poi la richiuse. Renée si avvicinò al padre ma lui la ignorò, si diresse verso la piccola credenza, cercò rapidamente la bottiglia di vino di scarsa qualità che avevano e versò il liquido rosso nel bicchiere fino a riempirlo quasi. Sperò che fosse abbastanza forte da stordirlo per un po’.
Bevve tutto d’un fiato e poggiò il bicchiere con violenza sul tavolo, rischiando di romperlo e di ferirsi con i vetri.
Renée sussultò spaventata e si girò verso Oscar, chiedendo spiegazioni.
«Lascialo bere, meglio qui che in una locanda qualsiasi »
Disse semplicemente la donna guardando André che dava le spalle alle due mentre si versava un altro bicchiere di vino. Renée guardò Oscar sconvolta e notò, con stupore, che i suoi occhi erano lucidi e tristi.
«Ma cos’è successo? »
«Lavoro, non preoccuparti per lui »
La ragazza strinse le spalle e osservò muta Oscar che si avvicinava ad André, che lo invitava a sedersi e che gli consigliava di mangiare almeno qualcosa. Non osò chiedere altro.
 
Il conte de Beauharnais bevve un bicchiere di cognac guardando fuori dalla finestra. Strinse la mano attorto al bicchiere e sentì una rabbia innaturale prendere il sopravvento sul suo autocontrollo.
Aveva sbagliato mira, se non fosse stato per quel maledetto soldato che gli aveva sparato al braccio di sicuro non avrebbe ferito quella donna.
Abbassò il capo verso il braccio fasciato e, in un moto di rabbia, lanciò il bicchiere che aveva in mano contro la parete, distruggendolo in mille pezzi.
“Maledetto Grandier… chi diavolo era quella donna insieme a te? Ringrazia la tua buona stella… perché quella pallottola doveva essere destinata a te!”

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Capitolo 51
*** 51 ***


André era seduto sul bordo del letto, non riusciva a prendere sonno da diverse notti e, se ci riusciva, dormiva talmente male che preferiva passare la nottata in bianco invece di cadere tra le braccia dei suoi incubi. Sospirò amaramente e si voltò a guardare Oscar: era abbandonata al sonno accanto a lui e sorrise dolcemente nel vederla sdraiata con un cuscino tra le gambe.
Passò una mano tra i capelli neri e si stese sul fianco, poggiò il petto contro la schiena della donna e provò ad addormentarsi; fece scivolare la mano sul loro bambino e lo accarezzò dolcemente, immaginando il suo volto per qualche istante.
Riuscì a prendere sonno solo alle prime luci dell’alba, Oscar sgusciò fuori dal suo abbraccio e non ebbe cuore di svegliarlo, gli diede un piccolo bacio a fior di labbra e lo lasciò riposare tranquillo, dopo tanto tempo.
 
«Perché non mi hai svegliato stamattina? »
Chiese André guardando Oscar poggiare accanto a lui una tazza di latte. Lei gli sorrise e anche Renée li raggiunse nella piccola cucina.
«Non dormi bene la notte e stamattina sembravi così tranquillo che mi dispiaceva svegliarti. Dormivi come un angioletto. Dovresti avvertire Bernard, perché non resti a casa per qualche giorno? Hai bisogno di riposare »
«No, non è il caso… c’è tanto lavoro da fare e io non posso assentarmi »
«Faranno a meno di te per un po’, non per sempre! Non ti sei fermato un attimo da quando… »
Abbassò la voce per non farsi sentire dalla ragazza e lui sospirò, stanco, e annuì. Oscar gli sorrise e Renée guardò il padre preoccupata.
«Posso sapere cosa succede? »
Chiese Renée sentendosi esclusa dai due, Oscar si voltò verso di lei e le sorrise.
«Non è nulla di grave, non ti preoccupare: ho avuto così tanto da fare e sono stanco, molto »
André sorrise dolcemente alla figlia e Oscar li guardò serena.
 
«Monsieur Grandier! E’ un piacere vedervi da queste parti! Come state? »
«Bene, la ringrazio monsieur Gueiller. Oggi Kilian è venuto a darvi una mano? »
«Sì, è nel retrobottega, ma è successo qualcosa? »
«No, Kilian è un bravo ragazzo, volevo solo ringraziarlo per un favore che gli avevo chiesto »
Disse André sorridendo e l’uomo gli mostrò la strada per raggiungere il ragazzo. Kilian era intento a riordinare il magazzino della bottega dove aveva trovato lavoro, fischiettava allegro mentre ordinava alcuni pezzi di legno in un angolo.
«Kilian, c’è qualcuno che vuole parlarti! »
Il ragazzo si girò lentamente, stupito, e guardò in direzione della voce. Si drizzò subito con la schiena e si avvicinò con passo fermo ai due uomini con un sorriso sulle labbra.
«Salve monsieur Grandier! »
«Vi lascio, il lavoro chiama! »
Disse monsieur Gueiller allontanandosi dai due, chiudendo la porta alle sue spalle. André gli fece cenno con il capo e si assicurò che la porta fosse chiusa e che non ci fosse nessuno ad origliare, soprattutto monsieur Gueiller.
«Volevo ringraziarti per quello che hai fatto per Enora »
Il ragazzo sgranò gli occhi e per poco non gli cadde di mano uno degli attrezzi che non avveva finito di sistemare.
«Voi… come fate a…? »
«Ho parlato con Enora »
«Mi dispiace! Non vi ho detto nulla a riguardo perché… »
«Non devi dispiacerti, capisco perfettamente i motivi che hanno spinto Enora a chiederti di non dire nulla. Sei un bravo ragazzo »
André sorrise. Il ragazzo abbassò il capo dispiaciuto.
«Enora… purtroppo è… »
Sospirò e deglutì a vuoto, il ragazzo corrugò la fronte e lo guardò incuriosito.
«Enora è morta, grazie per quello che hai fatto per lei e per Renée »
Kilian alzò il capo di scatto, sgranò gli occhi azzurri e guardò l’uomo davanti a sé pietrificato.
«Q-Quando… come? Non può essere… »
Iniziò a balbettare, non riusciva a credere che colei che l'aveva trattato quasi come un figlio fosse morta. Com'era potuto accadere? L'aveva rivista se non qualche giorno prima e l'era sembrata in buona salute e, dopo tanto tempo, serena e in pace con sè stessa. 
«Qualche giorno fa, le hanno sparato e io l’ho soccorsa. Purtroppo… non c’è stato modo… di salvarla... ho tentato ma... non ci sono riuscito »
Il ragazzo deglutì a vuoto e portò una mano alla fronte, sconvolto. Alcune lacrime gli annebbiarono la vista ma riuscì a trattenersi, guardò l’uomo davanti a sé.
«Grazie per avermelo detto »
André chinò il capo e sorrise, gli diede le spalle e si avvicinò alla porta. Kilian si morse un labbro per cacciare ancora una volta le lacrime dagli occhi.
«Ci vediamo »
Gli fece cenno con la mano e andò via, lasciando il ragazzo da solo.
 
«Ho parlato con Kilian oggi »
Oscar alzò lo sguardò verso André e lo vide riempirsi un bicchiere di vino. Abbassò le spalle e sospirò amaramente guardando l’uomo con sguardo grave. Non le piaceva per niente il nuovo vizio che aveva preso.
«Mi chiedo da dove continui a cacciare quel vino… »
L’uomo ignorò la sua frase e bevve tranquillamente, sospirando.
«Dovresti smettere di bere così tanto »
«Parigi mi sta davvero stretta… non riesco più a vivere qui, credo che l'alcool e la tua compagnia siano le uniche due cose che riescano a distrarmi »
La donna sussultò e si sedette al suo fianco, allontanando alcune ciocche di capelli dal suo viso. André sorrise amaramente guardando la bottiglia che aveva davanti a sé.
«E dove vorresti andare? C’è un posto in particolare in cui vorresti vivere? »
Gli chiese dolcemente e lui annuì, si voltò a guardarla e sorrise.
«Mia madre mi parlava di questa città con occhi sognanti, ricordo l’espressione beata del suo viso e che dovevamo trasferirci lì ma… dopo la morte di mio padre non ci siamo più mossi »
Oscar assottigliò lo sguardo e lo guardò incuriosita. Poggiò la mano sulla sua e l’uomo fece intrecciare le loro dita.
«E’ in Normandia,  si chiama Beuvron-En-Auge »
«Normandia? »
«E’ da un po’ che ci penso, forse allontanarci da Parigi può aiutarci a lasciare il passato alle spalle e, perché no, iniziare una nuova vita solo noi due e i nostri figli… »
La donna lo guardò stupita, era più lucido di quanto si aspettasse. Oscar distolse lo guardo pensierosa, non era sicura di voler andare via ma se questo avrebbe reso felice il suo uomo avrebbe accettato.
«Sì… »
«Davvero? »
«Sì, se questo ti rende felice sì »
André si alzò  lentamente dalla sedia e si inginocchiò davanti a lei sotto lo sguardo stupito di Oscar.
«André… »
«Non dire di sì per farmi felice, se vuoi restare a Parigi resteremo a Parigi, non è un problema. Ma ti prego, non voglio costringerti a farti fare qualcosa che non vuoi! »
Oscar lo guardò sconvolta per alcuni secondi e non riuscì a trattenere una risata divertita. André, che aveva poggiato il capo sulle gambe della donna, alzò la testa di scatto.
«Oscar…? »
«Oh André! Non mi costringi a fare nulla, hai preso una decisione e la condivido appieno. Ormai… Parigi non è più una città sicura e non credo sia il posto adatto per crescere un bambino… »
André le accarezzò il viso e lei sorrise, chiuse gli occhi per godersi il calore di quel contatto.
 
Il tempo passava rapidamente, Ottobre aveva lasciato il posto a Novembre che aveva lasciato il posto a Dicembre. Oscar quasi si stupì di come quelle giornate erano passate così in fretta, senza alcun preavviso e per qualche istante credette di star sognando.
«Purtroppo no! E’ davvero Dicembre! »
La canzonò Alain ridendo e la donna alzò le spalle, poggiando la mano sul ventre sfinita. Era felicissima di aver potuto mantenere i suoi fidatissimi pantaloni che, quando restava a casa, teneva un po’ allentati, tutto nascosto dietro le camicie pesanti e lunghe che indossava.  Questo non lo sapeva nessuno, forse perché non voleva ammettere che la gonna le era sembrata più comoda sotto questo aspetto. Ridacchiò poggiando una mano sulla coscia.
«Non avete rinunciato ai vostri pantaloni, eh? »
«Sono felicissima di indossarli, l’ultima volta che mi sono vestita da donna non è finita bene »
Disse sorridendo e guardò il soldato accanto a sé divertita. Alain alzò un sopracciglio incuriosito e si girò per guardarla meglio.
«Quindi qualcuno ha avuto l’onore di vederti con degli abiti femminili »
Esclamò Bernard alzando le braccia al cielo mentre si avvicinava alla moglie per prendere François in braccio. Rosalie rise divertita e Renée alzò il capo con gli occhi sgranati.
«Qualcuno? Tutta Versailles! »
Aggiunse André con un mezzo sorriso sul viso e Renée si voltò a guardarlo stupita.
«Davvero?! Avete partecipato ad un ballo a Versailles?! »
«Non urlare! »
La rimproverò il padre ridendo e la ragazza arrossì di colpo. Oscar annuì semplicemente e Rosalie si avvicinò a lei per porgerle un po’ di tè caldo.
«Quando me lo disse mia nonna non volevo crederci, pensai che vestita da donna sarebbe sembrata uno spaventapasseri allampanato con uno straccio addosso »
«André! »
Lo richiamò fingendosi offesa ma non riuscì a trattenere una risata soffocata.
«Non hai… avuto più notizie di tua nonna? »
Chiese Rosalie preoccupata e André scosse il capo alzando le spalle.
«Non so più nulla di lei dal 12 luglio di due anni fa, ma non mi sembra impossibile l’idea che lei sia… morta »
Disse tristemente e si sedette al fianco della compagna silenziosamente. Oscar poggiò una mano sulla sua e lo vide accennare un debole sorriso.
«Non posso credere che proprio tu la consideravi uno spaventapasseri! »
Alain cercò di cambiare argomento e di sollevare l’umore di André; lui accennò un sorriso amaro e Oscar alzò le spalle, cercando di punzecchiarlo un po’.
«E hai visto com’è andata a finire? E’ lui ad avermi messo l’anello al dito… e qualcos’altro… »
André e Renée arrossirono un po’ sotto lo sguardo divertito di tutti.
«Oscar… lo sai… chi disprezza compra! »
Aggiunse Rosalie sorridendo e Bernard annuì deciso mentre François cercava di tirargli una ciocca di capelli nera. Renée rise e si voltò verso il padre e lo scoprì ridere divertito, la sua tristezza sembrava sparita così com’era arrivata e ne fu tremendamente felice.

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Capitolo 52
*** 52 ***


«Non dovresti andare in giro nel tuo stato, lo sai bene »
Oscar voltò un po’ il capo, aveva lo sguardo triste e gli continuava a dare le spalle. Strinse di più il mantello pesante attorno le spalle per ripararsi da un’ondata di aria gelida. Alcuni fiocchi di neve iniziarono a scendere lentamente intorno a loro e iniziò a posarsi sulle loro spalle.
Negli ultimi giorni di Dicembre la neve aveva imbiancato tutta Parigi e ora, il 4 gennaio 1792, era tornata a raffreddare i loro cuori e le loro menti.
«E’ pericoloso, perché sei uscito allo scoperto? »
Chiese lei con un filo di voce e il conte fece una smorfia.
«Non è difficile andare in giro se si ha il giusto travestimento »
Commentò acido e Oscar tremò e si girò completamente a guardarlo.
«Alexandre credo sia meglio che tu te ne vada »
«Non lascerò il paese nelle mani di incompetenti »
«Anche i sovrani… alla fine… erano incompetenti »
Rispose tranquilla e il conte sussultò.
«Chi vorrebbe mai essere re? Nessuno. Purtroppo i sovrani sono stati plagiati e, per il bene dello Stato, non hanno mai agito: erano incompetenti. Se solo avessero agito più di testa loro… se solo avessero avuto entrambi un carattere più forte e meno incline alle tentazioni… forse non si sarebbe mai arrivati alla Rivoluzione »
Alexandre fece un mezzo sorriso e abbassò lo sguardo sul ventre gonfio della donna. Si avvicinò cauto e lei non si mosse, intuendo i pensieri dell’uomo che aveva davanti a sé.
Lui deglutì a vuoto, fu tentato di avvicinare la mano ma fu proprio lei che, prendendolo delicatamente con il polso, aveva fatto poggiare la mano sul ventre. Alexandre trattenne il respiro e sgranò gli occhi, sentì una leggera risata da parte di Oscar e la guardò incuriosito, alzando un sopracciglio.
Oscar sorrideva estasiata e guardava con tenerezza la mano dell’uomo sul suo bambino, Alexandre si sentì a disagio.
«Si direbbe che tu non abbia mai visto una donna incinta… peccato che tu e tua moglie abbiate avuto due bambini »
«Josephine ha portato via i miei figli, non li vedo da mesi »
La donna lo guardò sbigottita e lui ritrasse la mano, come se d’improvviso il ventre di lei fosse diventato bollente, e le voltò le spalle.
«Torna a casa, fa freddo fuori »
Oscar abbassò le spalle e fece un mezzo sorriso, si incamminò e lo superò di qualche passo prima di rivolgersi di nuovo a lui.
«Non farti trovare da nessuno »
Il conte annuì serio e Oscar non trattenne un sorriso sincero e triste allo stesso tempo.
«Adieu, monsieur »
«Adieu, madame Grandier »
Oscar abbassò lo sguardo, le guance si erano colorate di un velo di rosa. Si allontanò con calma dalla strada desolata dove aveva trovato il conte, si girò in torno per ritrovare Renée per poter tornare a casa.
Il conte la vide sparire tra i palazzi accompagnata dalla ragazzina e la seppe al sicuro.
Adieu… mon amour
 
«Siamo tornate! »
Oscar poggiò il mantello sull’appendiabiti e strinse le spalle rabbrividendo. L’aria era davvero gelida anche a casa e sentiva tutto il corpo ghiacciato.
«Fa freddo fuori, non mi sento più le gambe »
«Ve l’avevo detto che non era il caso uscire ma a quanto pare la mia opinione non conta molto qui »
Disse André guardandola divertito mentre scuoteva il capo, Renée rise e Oscar si scaldò nel suo abbraccio.
«Il dottore ha detto che devo muovermi, non posso restare segregata in casa »
«Lo so, ma fuori fa davvero troppo freddo… e tu stai tremando come una foglia »
La donna nascose il volto sul suo petto e si aggrappò a lui, serena. Non se la sentiva affatto di lasciare andare André, voleva restare con lui per sempre.
Si sentiva così protetta e al sicuro, il calore del suo corpo la tranquillizzava come non mai. D’improvviso tremò tra le sue braccia e iniziò a sudare freddo, sentì una fitta al basso ventre e le scappò un lamento. Sentiva qualcosa di umido bagnarle le gambe,
«Oscar…? »
Serrò gli occhi e le labbra, la presa delle sue mani si fece più intensa e alzò il viso verso il suo.
«Il bambino… André… il nostro bambino… si sono rotte le acque »
Renée sussultò e André sgranò gli occhi, colto di sorpresa e chiese alla figlia di chiamare Rosalie e la levatrice.
«Tranquillizzati, va tutto bene… andrà tutto bene amore mio »
Le disse cercando di tranquillizzarla: nonostante la sicurezza con cui aveva annuito, i suoi occhi non riuscivano a nascondere la paura e l’emozione forte. Le baciò la fronte e l’aiutò a raggiungere la loro camera da letto e la fece stendere con lentezza.
«Ho paura… »
Ammise Oscar voltandosi a guardarlo. André si sedette al suo fianco e prese una mano tra le sue, stringendola forte.
«Sono con te, non ti lascio, va bene? Voglio che tu sappia che io non ti abbandonerò mai, non avere paura »
La bionda annuì, rincuorata in parte da quelle parole così dolci e rafforzò la stretta appena sentì una fitta che le spezzò il respiro per qualche istante. Rosalie li raggiunse subito, sorpresa, e si avvicinò ad Oscar, ignorando André.
«Oscar, devi respirare, andrà tutto bene… ci siamo noi con te e ti aiuteremo »
Oscar annuì decisa e deglutì a vuoto, cercò aria ma si sentiva soffocare e i brividi le percorrevano il corpo senza sosta. Rosalie preparò tutto l’occorrente per il parto e iniziò a riscaldare l’acqua mentre Oscar si contorceva dal dolore.
 
La levatrice era arrivata quasi due ore dopo, Oscar era distrutta e il volto era completamente bagnato di sudore. André era stato accompagnato fuori nonostante il suo forte disaccordo, non voleva lasciare la sua compagna da sola in un momento così delicato e importante per le loro vite.
Rosalie e Renée si erano date da fare aiutando la levatrice e ogni tanto dalla porta serrata della camera si sentivano alcune grida della donna. André si sedette sul vicino al tavolo con il volto nascosto tra le mani, preoccupato come non mai per la salute della compagna e le sue urla non contribuivano a calmarlo.
«Padre! »
Renée uscì in fretta dalla stanza e si avvicinò al padre che nel frattempo era saltato in piedi dalla sedia, facendola cadere rovinosamente a terra.
«Renée… »
«Bisogna chiamare il medico, è urgente! »
«Che cosa succede? Come sta? »
«Vi prego! »
André impallidì. Renée era tremendamente agitata e temette il peggio. C’era qualcosa che non andava, che il bambino… Oscar non aveva più urlato, c'era un silenzio innaturale. E se... Corse subito fuori dall’abitazione a cercare un medico il più in fretta possibile, non poteva permettersi di perdere tempo. Non poteva perdere l'amore della sua vita e suo  figlio in un solo giorno. Un debole vagito spezzò il silenzio nel palazzo ma André era troppo lontano per poterlo udire.
 
«Rosalie… Renée… »
André guardò sbigottito le donne mentre lasciavano la stanza e si accasciavano esauste sulle sedie poco distanti. Il medico era entrato da pochi minuti.
«Perché… cos’è successo… voi… »
«E’ stato il dottore a mandarci via, Oscar sta bene. Ora sta riposando, era troppo debole… »
«E…e il bambino… ?»
Sentì un brivido percorrergli tutta la schiena, si sedette di nuovo con il volto pallido e le labbra serrate. Se quello che sospettava si fosse rivelato vero… come l’avrebbe detto a Oscar?
«Vorrete dire “bambina” »
La voce della levatrice lo svegliò da un incubo ad occhi aperti. Voltò il capo di scatto, la donna teneva in braccio, avvolto da una pesante coperta di lana, qualcosa di minuscolo. Si avvicinò timoroso, la donna mosse le braccia per mostrargli quello che aveva tra le mani e gli fece cenno di prenderlo tra le braccia.
André guardò stupito il corpicino minuscolo della neonata avvolto in una tiepida fasciatura, il capo era abbandonato nella coperta e le labbra e gli occhi si muovevano piano. Le guance erano rosee e notò qualche sottile ricciolo chiaro sul capo.
Sorrise estasiato, Renée si avvicinò al padre e guardò intenerita la sua piccola sorellina appena nata.
«Juliette… la mia piccola Juliette… »
Disse André senza trattenere l’emozione, strinse il corpo della figlioletta al suo e rise, guardò la porta della camera aprirsi e il dottore sorridere soddisfatto.
«Vi sta aspettando »
André annuì rapido ed entrò, si avvicinò al letto con poche e lunghe falcate e raggiunse il letto. Oscar era sfinita, teneva gli occhi socchiusi e i capelli attaccati al viso umido di sudore. Alzò un po’ il braccio per fargliela vedere, mostrandole il viso roseo e puro. Oscar allungò un po’ il braccio, distrutta e le accarezzò la guancia morbida.
«Amore  mio… la mia bambina… »
Sussurrò con le lacrime agli occhi, stringendosi al suo compagno commossa. L’uomo poggiò la piccola tra le braccia della sua mamma e lei pianse di gioia, riempiendo di piccoli baci il suo viso senza smettere di ridere estasiata.
«Benvenuta al mondo… Juliette Enora Grandier! »

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Capitolo 53
*** 53 ***


Oscar aprì lentamente le palpebre. Un fastidioso raggio di sole si era poggiato proprio sul suo volto e non aveva più potuto riposare in pace.
Sentiva un po’ di fastidio tra le gambe e la schiena le doleva da morire. Si massaggiò lentamente le palpebre pesanti e guardò verso l’altra parte del letto, vuota. Alzò piano il capo stordita e allungò il braccio verso la parte di André, le sue labbra si piegarono in un dolce sorriso.
“Oh… il mio bambino…”
Portò rapidamente la mano sul ventre e il suo cuore perse un battito. Le doleva maledettamente e la pelle non era più tesa.
Cos’era successo?
E il suo bambino?
Lo aveva perso?
Era terrorizzata, non si sentiva alcun rumore e anche François non piangeva. Sentì l’angoscia invaderle l’animo e le lacrime bagnarle gli occhi copiose.
La porta si aprì piano e cigolò un po’, Oscar si alzò a sedere e guardò, spaventata, il ventre. Si asciugò rapidamente le lacrime e alzò il volto in direzione della porta.
«Buongiorno… finalmente ti sei svegliata »
André si avvicinò a lei sorridente e Oscar si diede mentalmente della stupida. Poggiò le spalle sulla ringhiera del letto e sorrise beata, l’uomo la guardò interrogativo e lei gli accarezzò dolcemente il volto.
Doveva essere completamente ammattita, si sentiva così stordita da aver creduto ad altro!
«Per un attimo ho pensato di… aver perso il bambino… sono così stupida »
«No, non sei stupida… hai solo avuto paura è… normale »
Oscar annuì lentamente e sorrise, André si avvicinò al suo volto e le baciò le labbra dolcemente, le lasciò una tenera carezza sulla guancia e le sorrise.
«Dov’è? »
«E’ con Renée, la sta tenendo in braccio. Te la porto subito »
Fece cenno di sì con il capo e l’uomo si alzò dal letto, felice, avviandosi verso la piccola cucina. Tornò poco dopo, Oscar lo vide entrare seguito da Renée che reggeva con una coperta tra le braccia e un dolce sorriso sulle labbra. L’uomo si inginocchiò al suo fianco e le accarezzò il volto emozionato. Alzò un po’ il capo per vedere meglio cosa c’era tra quelle coperte calde e, appena Renée si sedette al suo fianco, potette finalmente vedere il corpicino fasciato della loro bambina.
«Ecco, prendila tu »
Oscar allungò le braccia verso Renée, fece scivolare una mano sotto la testa e l’altra sotto il sederino. L’avvicinò piano a sé, spaventata dall’idea di farla cadere o di farle del male. Portò il braccio lungo la schiena di Juliette, facendo sì che lei poggiasse il capo sulla piega del gomito.
Si ristese sul cuscino rialzato e sospirò sollevata, spostò lentamente la lana calda dal suo viso e le venne quasi da piangere.
«E’ perfetta… »
Sussurrò piano guardando incantata la bimba, le accarezzò il viso con la punta delle dita e lei si mosse un po’ e aprì piano gli occhi grigi.
«Ciao Juliette… sei bellissima tesoro… mio Dio André… »
Posò un leggero bacio sulla fronte della piccola e Juliette mormorò qualcosa di indecifrabile, facendoli ridere. Renée sorrise e guardò incuriosita la sorellina muovere piano i pugni e sbadigliare.
«Sei stata bravissima Oscar »
Sussurrò André baciandole la fronte e lei rise, felice come non mai, stringendo la loro creatura al petto.
 
«Cosa significa che si è consegnato alla Guardia Nazionale?! »
Urlò André in uno scatto d’ira sbattendo violentemente i pungi sul tavolo. Bernard rimase un attimo scosso dalla sua reazione così furiosa.
Alain lo guardò apatico, seduto alla sua scrivania mentre giocava con la piuma che usava per scrivere.
«Significa quello che ti ho detto. E’ venuto ieri, poco dopo l’arrivo di Bernard che mi ha detto di Oscar. E comunque, congratulazioni »
André si allontanò di pieno di rabbia e si passò una mano tra i capelli, cercando di placare il suo stato d’animo.
«Cosa ti ha detto? Cosa ha fatto? Perché cazzo lui è in galera?! »
«Rilassati André, perché ti scaldi così tanto? Non è questo quello che volevi? »
André sbuffò e guardò fuori dalla finestra. Bernard si voltò a guardarlo preoccupato e si avvicinò a lui.
«Cosa succede? »
«Succede che quando a Oscar si sono rotte le acque è stato lui a portarla a casa. Io devo sapere come sapeva della sua gravidanza, perché era con lei e come diavolo è venuto a sapere dove abitiamo »
«Questo lo dirà davanti al giudice André, verrà processato domani mattina »
«Oh no, no! Non posso aspettare ancora, io devo parlarci ora »
Bernard e Alain si guardarono in faccia per alcuni istanti, André era davvero intenzionato a parlare con quell’uomo e non voleva sentire ragioni. Il giornalista alzò le spalle, la decisione spettava ad Alain, dopotutto era lui uno dei capi in quella caserma.
Alain sbuffò e portò una mano dietro la nuca, parlò deciso.
«Non posso farti entrare »
Bernard sgranò gli occhi e gli fece cenno con la mano. André si girò, lo guardò con sguardo grave ma non disse nulla.
«O meglio, non potrei… Puoi starci solo per qualche minuto, intesi? »
«E’ qui? »
«Sì, verranno a prenderlo domani mattina presto. Assisterò al processo così come Bernard, tu stanne fuori. Ti informeremo di tutto »
André annuì lentamente, il militare gli fece cenno di seguirlo e lui lo fece, in religioso silenzio, lungo i corridoi bui della caserma. Un pizzico di nostalgia gli toccò il cuore e non riuscì a non sorridere: ripensò ai primi giorni di servizio; alle prime litigate con Alain; le risse; le partite a carte clandestine; i ragazzi e le loro storie.
Ricordò l’albino François Armande e quel “nanerottolo” di Michel Verre, sorrise divertito.
“Peccato… che siano tutti morti… siamo rimasti solo noi due, Alain…”
«Ci pensi mai al passato, André? »
André alzò il capo stupito, anche lui pensava al passato, dunque, camminando quel corridoio.
«Certo, è normale »
«Io non riesco a smettere di farlo: penso a mia sorella, a mia madre, ai vecchi amici… tutti persi, tutti morti… »
«Siamo rimasti solo noi »
«E il comandante »
«Il comandante… è perso insieme ai suoi ricordi »
«Non ha ancora recuperato la memoria, eh? »
«No, eppure le parlo del passato, lei ha trovato la mia vecchia divisa… alcune volte sembra arrivare a ricordare qualcosa ma è solo un’illusione »
«Prova a darle la spada, portala a casa… non so! »
«Forse… dovrei farlo… ma non ora »
«No, di certo non è il caso »
Alain rise e si voltò a guardarlo con un sincero sorriso sulle labbra. André si fermò qualche passo dietro di lui e si guardarono negli occhi per alcuni istanti.
«Non te l’ho detto prima, congratulazioni neo papà! »
«Grazie, quando sei libero vieni a trovarci »
«Certo, lo farò »
Camminarono ancora per un po’ in silenzio, arrivarono davanti la porta delle celle e Alain diede ordine alle due guardie di turno di levarsi dalle palle.
«Non più di qualche minuto, intesi? »
«Sì, certo »
 
«Dove siete stato padre? »
«Sono stato con Bernard in caserma, da Alain. Dovevamo parlare di una cosa importante. Dov’è Oscar? »
«E’ in camera con Rosalie e i bambini. Sono così contenta! »
Renée sorrise gioiosa e André l’abbracciò sicuro, strinse a sé il corpo esile della figlia e le accarezzò teneramente i capelli rossi.
«Sapevo della sua gravidanza, ma non mi aspettavo di vederla partorire »
«Come facevi a saperlo? »
«Ti ricordi quando l’hai cacciata di casa come un cane? E’ svenuta in una locanda e io l’ho soccorsa. Il dottore credeva che io fossi il padre »
Renée sciolse il loro abbraccio e gli tirò gentilmente la manica della camicia, costringendolo quasi a seguirla. Bussò lentamente la porta e Oscar gli diede il consenso. André le trovò sedute entrambe sul letto, Oscar reggeva la piccola tra le braccia e Rosalie le spiegava cauta alcuni consigli che le aveva dato una cara amica dopo numerosi parti.
«Sei tornato finalmente »
Il suo volto era raggiante, sorrideva estasiata e gli occhi le brillavano come gemme blu.
«Non la stavo seguendo, diciamo che ho fatto un giro e l’ho incontrata. Volevo sapere come stava, tutto qui. Il resto, beh… lo conosci, no? »
«Mi dispiace, ho fatto tardi. Sono stato da Alain insieme a Bernard e non ci siamo resi conto del tempo. Rosalie, tuo marito ha detto che sarebbe tornato tra poco »
«Va bene, grazie mille André. Ora devo proprio andare, si è fatto tardi e François qui sta per addormentarsi  »
«Ne sei sicura Rosalie? »
«Sicurissima, è meglio che vada. E’ stato bellissimo conoscerti Juliette »
Disse teneramente la donna posando una tenera carezza sulla guancia rosa della piccola.
«Chi era quella donna rossa con voi, Grandier? »
«Cosa? »
«Vi siete visto con una donna dai lunghi capelli rossi, qualche mesetto fa
«Non sono tenuto a rispondervi »
«Ma come? Venite qui a farmi l’interrogatorio senza alcuna carta ufficiale e senza che io mi lamenti ma voi non mi permettete una semplice e innocente domanda? »
«Una mia parente, ti basta? »
«Capisco… »

Renée accompagnò Rosalie alla porta, si ritrovarono soli. Soli con la bambina.
«Come stai? »
«Sto bene, anche se non è molto bello sentire le sue urla quando ha fame »
Disse ridendo mentre stringeva il corpicino della piccola al suo. André poggiò il mento sulla spalla della donna per guardare meglio il frutto del loro amore.
«Descrivimela »
Sussurrò con un tono triste e lei sussultò, le sue braccia iniziarono a tremare.
«Il suo viso è un po’ paffuto, il naso è piccolo e un po’ all’insù... »
«Come il tuo »
«Ma ha le tue labbra… ha un po’ di peluria bionda sulla testa e il colore degli occhi ora è grigio scuro, il medico ha detto che cambierà. André… »
«Sì? »
«La vedi? »
Non rispose subito, rimase in un religioso silenzio a osservare il volto della piccola. Di certo l’oscurità della stanza non lo aiutava, ma la lieve luce della candela gli permetteva di vedere il profilo del suo volto e il corpo fasciato. Aprì un po’ la bocca e iniziò a lamentarsi, forse aveva fame.
Oscar sembrava preparata per farlo. Si slacciò rapida con la mano libera il tessuto sul petto e avvicinò calma la piccola al seno. André le guardò incantato, senza riuscire a staccare lo sguardo da loro. Juliette non piangeva più, si nutriva pacata e teneva gli occhietti socchiusi.
«La vedo… ed è bellissima »
“Al diavolo Alexandre De Beauharnais! Juliette, figlia mia… sei magnifica”

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Capitolo 54
*** 54 ***


Juliette riposava tranquilla nella sua culla, poco lontana dal loro letto, e la casa era sprofondata nel silenzio più totale. André finì di scrivere un articolo di giornale e con una mano si massaggiò le palpebre chiuse, sospirando poi stanco.
Si alzò lentamente dalla scrivania e andò verso la culla, cercando la piccoletta. Restò a guardarla sereno, dormiva tranquillamente e sembrava riuscire a trasmettergli calma e tranquillità. Sorrise, era davvero stupenda.
Allungò la mano verso il lenzuolo pesante che la copriva fino a metà pancia e lo alzò fino alle spalle, assicurandosi che fosse al caldo e che non soffrisse da nessuna parte il freddo. Juliette alzò le braccia fino alla testa e André non trattenne una leggera risata. Le accarezzò il viso con la punta delle dita e la piccola poggiò la guancia sul palmo del padre.
Oscar li guardava da lontano, con la spalla poggiata sulla porta e con un dolce sorriso sulle labbra.
«Ti somiglia molto Oscar »
La donna alzò un sopracciglio, rise divertita e si avvicinò al compagno, poggiando le mani sulle sue spalle.
«Ha solo tre giorni, non puoi dirlo… »
«Invece sì »
André si girò verso di lei, strinse il corpo snello al suo e poggiò la fronte sulla sua.
«E’ così bello abbracciarti senza quell’ingombrante pancia »
Disse ridendo e lei lo allontanò per gioco, tentando di fare il meno rumore possibile per non svegliare Juliette.
«Se non mi avessi amata così tanto… non sarei rimasta incinta »
«Touché »
André prese il suo viso tra le mani e la baciò dolcemente, le morse piano il labbro e tentò di stringerla a sé il più possibile.
Oscar si lasciò guidare dalle sue labbra e si abbandonò tra le sue braccia. Si allontanarono senza fretta, André tenera ancora tra le mani il viso della donna e non riusciva a staccare lo sguardo dalle sue labbra ora lucide.
«Ti amo, sei bellissima, nostra figlia è stupenda, ti amo »
Oscar rise e si alzò sulla punta dei piedi per baciargli la punta del naso. La porta si aprì appena, Oscar si girò felice e André alzò lo sguardo disturbato.
«E’ arrivato Alain! »
Disse Renée vicino alla porta, senza aprirla completamente e Oscar sorrise allegra, guardò in volto André e sciolse il loro abbraccio.
«Maledetto Alain… »
Esclamò André tra il divertito e l’amareggiato, portando una mano alla testa e fece un mezzo sorriso. Oscar lo guardò per alcuni istanti per poi dirigere lo sguardo verso la loro bambina che, ormai sveglia, agitava energicamente braccia e gambe. Sorrisero entrambi divertiti e Oscar allungò piano le braccia per prenderla ma si fermò a metà strada. Si girò a guardarlo e gli sorrise.
«Prendila tu »
André distolse lo sguardo, guardò attentamente il corpo della piccola agitarsi nella culla ed ebbe paura di prenderla in braccio.
«Non è il caso »
La colpì la freddezza delle sue parole, le era sembrato così felice di stare con la loro bambina ma lui, davanti a lei, non l’aveva mai presa in braccio.
«Come…? »
«Intendo che forse è meglio che sia tu a mostrargli nostra figlia »
Aggiunse lui lentamente e allungò la mano verso il viso di Juliette, lasciando piccole e tenere carezze con la punta delle dita.
«Ma io non »
«Ti prego »
Le sorrise sincero e portò le sue mani alle labbra, baciandole dolcemente. Oscar corrugò la fronte, allontanò le mani ferita e prese la piccola tra le braccia.
«Va bene… Alain ci sta aspettando, è meglio andare »
 
«Eccola qui la piccola Grandier, eh? Assomiglia di più alla madre »
Costato allegramente Alain guardando la neonata tra le braccia della madre. Oscar sorrise imbarazzata e abbassò lo sguardo verso la figlia.
Alain lanciò uno sguardo divertito verso André e lui rispose con un mezzo sorriso, poggiò entrambe le mani sulle spalle della compagna ma lei si irrigidì per un istante, per poi tornare a cullare Juliette. André allontanò le mani piano e si allontanò piano dalla donna, fingendo un sorriso.
«E’ davvero minuscola tra quelle coperte però »
Il soldato notò il gelo tra i neo genitori e lanciò uno sguardo interrogativo verso Renée, trovandola però all’oscuro dei fatti, come lui. Oscar alzò lo sguardo verso di lui.
«Sì… è piccola ma in buona salute! »
André sembrava fiero di sua figlia e Alain se ne accorse, anche se Oscar non sembrava pensare la stessa cosa data la sua espressione poco convinta.
«Come si chiama? »
«Juliette Enora Grandier »
«Niente nomi maschili, sono orgoglioso di voi comandante! »
Renée alzò lo sguardo verso suo padre, sorridendo, e sentì il cuore sciogliersi dalla felicità. André le sorrise dolcemente e si avvicinò a lei, accarezzandole poi il suo viso dolcemente.
«Ah, André? Posso parlarti un attimo fuori? E’ importante »
Disse Alain improvvisamente serio, André corrugò la fronte e accennò un sicuro sì, seguendolo fuori l’appartamento.
«Cosa succede? »
Lo fermò Oscar prima che uscisse e lui tentò di rassicurarla.
«Nulla di grave, riguarderà il giornale. Non c’è bisogno di preoccuparsi »
La donna lo lasciò con riluttanza, lui si avvicinò a lei e le baciò le labbra lievemente, seguendo poi Alain.
 
«Cosa succede? Perché sei diventato serio tutto d’un tratto? »
«Lo giustizieranno, non subito ma lo faranno »
«Come non subito? Cosa intendi? »
Iniziarono a sussurrare tra loro, cercando di evitare che chiunque passasse da lì o vivesse accanto a loro potesse sentirli. Passarono al loro fianco una coppia di sposi e lui li guardò con sospetto e con disprezzo.
«Non lo so, ci sono dei problemi prima da risolvere. Sia io che Bernard siamo tornati da poco, appena mi sono liberato sono venuto da te ad avvisarti. Ha ammesso di aver partecipato alla fuga dei reali e »
«E? »
Alain sospirò e lo guardò amareggiato, André iniziò a preoccuparsi sul serio. Si guardò in giro rapidamente e si avvicinò a lui.
«Alain, parla maledizione »
Sibilò a denti stretti e il soldato sospirò un’altra volta.
«Ha detto di dirti che… è stato lui a sparare »
André corrugò la fronte e lo guardò stranito.
«Tu sai a chi, o almeno queste sono le parole che ha usato prima che lo riportassero in cella »
«Cosa significa che io… no… non essere… »
André impallidì di colpo e si poggiò al muro poco distante, sconvolto. Alain si avvicinò a lui visibilmente preoccupato e poggiò la mano sulla sua spalla, chiamandolo varie volte.
«Quel bastardo… quel maledetto bastardo…! »
«Che significano quelle parole, André? A chi ha sparato? »
L’uomo non rispose, poggiò la fronte sul muro e coprì il volto con una mano, senza permettere ad Alain di poterlo guardare in viso. Sussultava, soffocava in sé tutto quel groviglio di sensazioni inaspettate e il soldato iniziò seriamente a preoccuparsi per l’amico.
«André parla maledizione! »
«Vorrei spaccare la faccia a quel bastardo! Cos’ha fatto? Ha ucciso Enora… ha ucciso la madre di mia figlia! Se non fosse per lui Enora sarebbe ancora viva! »
Sbraitò l’uomo livido di rabbia contro l’amico e se ne andò di fretta, lasciandolo solo e sconvolto.
 
Oscar posò Juliette nella culla lentamente, cercò di non svegliarla e la coprì subito con la coperta di lana. Quella notte faceva estremamente freddo, il suo corpo era percosso numerose volte da brividi di freddo e coprì le spalle con una coperta calda.
Da quando Alain aveva trascinato André fuori per parlare quella mattina, lui non aveva fatto ritorno. Iniziò a preoccuparsi seriamente quando, appena il sole iniziò a calare, lui ancora non era tornato.
Aveva bussato alla porta di Rosalie e Bernard ma quest’ultimo non era ancora rientrato da lavoro e non poteva costringere né Juliette né Renée a seguirla fuori alla ricerca dell’uomo.
Si sedette sul piccolo divanetto ad aspettare, in silenzio, il ritorno del compagno, controllano di tanto in tanto che la piccola stesse bene e che Renée stesse dormendo tranquilla.
Verso l’una di notte, quando iniziò ad assopirsi cullata dal calore della coperta, fu svegliata dal borbottare di Alain e di Bernard.
Si alzò rapida e aprì la porta, sperò che almeno loro sapessero di André ma le parole le morirono in gola. Entrambi gli uomini reggevano André, chi da una parte chi dall’altra, e la loro espressione era seria.
«André… »
Sussurrò con un filo di voce e con gli occhi sgranati. Fece qualche passo verso l’uomo preoccupata.
«Ha alzato un po’ il gomito ed siamo stati coinvolti in una rissa. E’ meglio che te ne occupi tu »
Disse Alain a voce bassa mentre André rideva tra sé e sé. Effettivamente, i tre avevano il volto sporco e livido e i vestiti sgualciti. Oscar si avvicinò rapida ad André e lo chiamò piano, lui sembrò riconoscerla solo dopo alcuni istanti e si aggrappò a lei, in silenzio, mentre con le labbra cercava il suo collo e, quando lo trovò, iniziò a riempirlo di baci roventi.
«Grazie Alain, Bernard… »
«E’ stato un piacere »
Sussurrò cauto Bernard e non trattenne una risata quando vide Oscar spingere via André rossa in volto.
«La prossima volta non ci saremo per aiutarlo, sappilo »
«Non ci sarà una prossima volta Alain, te lo giuro. André smettila, ti prego »
Alain alzò un sopracciglio e lei volse loro le spalle, portando André a casa. Chiuse piano la porta per non far rumore ma le mani di André sui suoi fianchi la fecero trasalire. Si voltò rapida ma lui la strinse contro la porta, tappandole la bocca con un bacio violento.
Tentò di dimenarsi, di allontanarlo, ma sembrava tutto inutile contro di lui. Era arrabbiata, furiosa e cosa faceva lui? Usciva, faceva perdere le sue tracce per un giorno, tornava a casa ubriaco fradicio e si permetteva di baciarla?
Non lo sopportava, non sopportava di potergli perdonare qualsiasi cosa e, dannazione, era così tremendamente felice di averlo di nuovo a casa sano e salvo.
All’inizio ricambiò il suo bacio e si aggrappò al suo corpo, come aveva fatto quella stessa mattina ma sentiva che c’era qualcosa che non andava. Non era il suo sapore di vino scadente, né la camicia sporca né il volto livido. C’era qualcosa di non detto, che forse lui stesso non voleva o poteva dire ma aveva bisogno di lei e quel bisogno lo sentiva premere contro il suo ventre.
«André… sei ubriaco… »
Lasciò sfuggire un sospiro mentre lui le toglieva la coperta dalle spalle e le tempestava il collo e il petto ,lasciato scoperto dalla camicia di notte, di baci. Anche se lo desiderava tanto anche lei, non potevano andare avanti.
Lui non sembrava darle ascolto, una parte di lei amava quella sua intraprendenza ma l’altra parte non voleva assolutamente stare con lui.
«Ti amo »
«Ti amo tanto anch’io ma ti prego, cerca di tornare in te! »
«Sto bene… non sono ubriaco »
Le disse sorridendo mentre le accarezzava il viso e soffocava una risata.
«Sì invece, lo sei. Ti prego… »
André si allontanò piano da lei e Oscar si ricompose rapidamente, lo accompagnò in camera loro e l’uomo si buttò subito nel letto, esausto, e la donna ne fu felice. Lui continuava a guardarla mentre posava la coperta sulla culla e controllava se la piccola stava dormendo serenamente. Sorrise nel vederla muoversi piano e fare una buffa smorfia, le baciò piano la fronte e si avvicinò al letto.
Si sedette al suo fianco e lo guardò preoccupata. Il suo sguardo era spento, quell’unico occhio di giada era lucido e arrossato.
«André… »
L’uomo teneva la man poggiata pigramente sul ventre e si sbottonava malamente la camicia, con lo sguardo puntato su di lei.
«Cosa succede? Perché sei scappato? Non puoi andartene senza dire nulla… mi sono preoccupata. Io ho bisogno di te, così come Renée e Juliette… »
«Mi dispiace… »
Oscar lo guardò grave e lui coprì gli occhi con la mano.
«E allora… perché mi fai stare così male? »
Gli mormorò delusa, portando una ciocca di capelli dietro l’orecchio ma lui si alzò a sedere e si avvicinò a lei, in fretta.
«Oscar…! No… mi dispiace, mi dispiace amore mio… no… »
André l’abbracciò disperato, la strinse a sé e la tenne stretta per non farla scappare. Oscar girò il volto, e restò fredda e impassibile.
«Oscar… mi dispiace amore, mi dispiace… »
«E’ stato… umiliante… è umiliante, André »

Oscar asciugò rapida una lacrima scappata al suo controllo e si allontanò da lui.
«Non ti reggevi neanche in piedi maledizione… mio Dio… »
Allontanò i capelli dal viso e lo guardò con disprezzo, delusa  dal suo comportamento e con un peso troppo grande da gestire sul cuore.
André si alzò rapido dal letto e tentò di avvicinarsi a lei ma l’alcool ingerito non lo aiutava a mantenersi stabile eppure, nonostante la difficoltà, riuscì a raggiungerla.
«Oscar ti prego… »
«Allontanati da me »
Lo allontanò malamente e lui quasi cadde, si appoggiò al legno del letto e tossì violentemente. Appena si riprese il pianto di Juliette li richiamò alla realtà. Oscar raggiunse rapida la culla della figlia e la prese tra le braccia, cullandola dolcemente.
«Juliette… »
«Non avvicinarti, torna da lei quando sarai presentabile »
Disse fredda Oscar, costringendo l’uomo ad uscire dalla loro stanza. André tentò di resisterle ma purtroppo, in meno di due secondi, si ritrovò contro il tavolo della cucina con Oscar che gli sbatteva la porta in faccia.
«Oscar! Apri la porta… non siamo bambini… ti prego fammi entrare…! »
André poggiò la fronte sulla porta e sospirò stanco, si sedette a terra e aspettò che la compagna lo facesse entrare. Finì con l'addormentarsi davanti alla porta, da solo e al freddo, mentre Juliette non la smetteva più di piangere tra le braccia calde della madre, anche lei silenziosamente in lacrime.

 

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Capitolo 55
*** 55 ***


«Questo… è strano. Decisamente strano »
André alzò lentamente la testa e trovò Renée guardarlo in modo strano, con i pugni poggiati sui fianchi e la fronte corrugata.
Si alzò lentamente ma una fitta alla schiena lo bloccò all’improvviso, facendolo imprecare a bassa voce. Guardò confuso la porta della loro stanza e cercò di ricordare cosa effettivamente fosse successo la sera prima. Com’era tornato a casa?
Ricordava di aver bevuto, tanto, e che un uomo lo aveva importunato, non ricordava bene chi avesse sganciato il primo pugno ma di sicuro si era sfociata in una rissa, ne sentiva chiaramente tutti i dolori. Renée gli fu vicino mentre poggiava la schiena sulla superficie morbida del divano e si sincerò che stesse bene.
«Cosa ci fate qui? »
«Credimi se ti dico che non lo so neanch’io »
«Avete bevuto… ancora? »
Abbassò il capo mortificato, immaginando già l’espressione delusa della figlia e non osò immaginare quella di Oscar.
Sospirò amaramente e cercò di sgranchirsi la schiena e le gambe ma sentiva più dolore che sollievo.
«Cos’è successo? Siete scappato all’improvviso, non vi ho sentito fare ritorno e ora vi trovo a dormire a terra come un mendicante! »
«Ci sono stati dei problemi al giornale e… e dopo sono andato con dei colleghi a bere… mi gira la testa »
«Sapete che vi dico? Ve lo meritate il mal di testa! Oscar è stata in pena per voi! »
«Mi dispiace figlia mia… mi dispiace… »
Oscar poggiò la fronte sulla porta e chiuse gli occhi, stanca. Ascoltò in religioso silenzio quello che si stavano dicendo padre e figlia e aspettò che terminassero per uscire allo scoperto.
 
«Comandante? C’è una donna con un bambino che vorrebbe parlarvi »
«Una donna con… un bambino? »
Alain corrugò la fronte e guardò confuso il soldato davanti alla porta del suo ufficio. Sentì chiaramente la risata del colonnello al suo fianco e alzò gli occhi al cielo.
«Capisco, arrivo subito. Non farla attendere fuori, se ha un bambino non deve al freddo »
«Ai suoi ordini, comandante »
«Già De Soisson, non fatela attendere molto »
Disse maliziosamente il colonello ridendo, Alain lo fulminò con lo sguardo e uscì rapido dal suo ufficio.
 
«Oscar? Cosa ci fai tu qui? »
Oscar si alzò lentamente e mosse qualche passo verso il soldato, sorridendogli.
«Buongiorno Alain. Perdonami se ti disturbo ma… è importante »
«Capisco. Come sta André? »
La donna si irrigidì e fece una smorfia, lanciò uno sguardo furtivo alla bambina e si assicurò che stesse al caldo.
«Sta bene, si riprenderà »
«Avete litigato, vero? »
«Non ne voglio parlare, ma ho bisogno di sapere cos’è successo. André non ne vuole parlare e sono sicura che non è una sciocchezza come lui va dicendo »
Alain sospirò amaramente e guardò la donna davanti a sé, indeciso se rivelarle la verità o continuare la farsa di André. Però, conoscendo il suo ex comandante, di sicuro non si sarebbe fermata e avrebbe cercato di scoprire, in un modo o in un altro, la verità.
Non se la sentiva di mentirle.
«André ha scoperto che la morte di Enora non era dovuta alla rivolta »
Oscar sgranò gli occhi, tra lo stupore e lo sconvolto. Come faceva Alain a sapere di Enora? E chi aveva sparato alla donna? Perché André non le aveva detto nulla?
«Come… come fai a sapere di Enora? »
«Un giorno l’ho scoperto uscire dalla locanda dove alloggiava la donna. Pensavo ti stesse tradendo e, lo ammetto, gli ho dato una lezione. Però… non era andato a “consolarsi” tra le sottane di una tipa, ma a prendersi cura di lei »
«Quindi sei stato tu quel giorno… »
«Sì, mi dispiace Oscar »
La donna abbassò il capo, stupita dalle parole di Alain. Sentì un brivido percorrerle il corpo e strinse Juliette al petto, cercando conforto.
Alain poggiò la mano sulla sua spalla e accennò un sorriso.
«Ma se il proiettile che l’ha colpita era diretto a loro… chi ha sparato? »
Chiese Oscar spaventata. Un miscuglio tra terrore e disperazione iniziò a crescere rapidamente in lei, così forte che anche Juliette sembrò rendersene conto tanto che iniziò a piangere.
«No piccola… non piangere tesoro… va tutto bene, c’è la mamma… »
Sussurrò lieve alla piccola, tentando di calmarla con la sua voce e le sue coccole. Juliette si dimenava indispettita tra le sue braccia e il suo pianto sembrò aumentare d’intensità.
«Non avrà freddo? Vieni con me, in ufficio, lì c’è il camino potrete riscaldarvi »
«Non è il caso, non voglio disturbarti ancora di più »
«Disturbarmi? Se devo essere sincero, un po’ mi stavo annoiando. Almeno avrò qualcuno con cui parlare di qualcosa che non riguardi turni di ronda o la disastrosa situazione politica »
Disse il soldato alzando le spalle e Oscar non trattenne una risatina. Seguì silenziosa l’uomo e raggiunsero insieme l’ufficio che, un tempo, era stato anche il suo.
Oscar si guardò in torno immersa nei suoi pensieri, ricordava quei corridoi grigi e quando incontrò alcuni soldati venire incontro al comandante sentì una strana sensazione nel petto. A tratti nostalgica.
«Le divise… non sono cambiate molto »
Mormorò nostalgica e Alain si girò a guardarla, la trovò confusa e ferma a guardare il piazzale innevato.
«Già. E’ cambiato tutto e non è cambiato nulla, alla fine »
Disse anche lui malinconico guardando nella stessa direzione della donna. Oscar strinse la bambina tra le braccia e distolse lo sguardo, sopraffatta da un’emozione a cui non riusciva a dare un nome. Alain tornò a camminare e lei lo seguì rapida, trovandosi poi davanti la porta del suo ufficio, ormai libera da orecchie e occhi indiscreti.
«Eccoci qui, il fuoco è acceso. Ecco, se vuoi posso farti portare qualcosa da bere… »
Alain le sembrò un po’ impacciato e rifiutò cortesemente quel suo maldestro ma gentilissimo invito e si sedettero vicino al fuoco, finalmente al caldo.
Oscar fece stendere Juliette sul divano poco lontana da lei e poggiò la mano sulla sua schiena, stando attenta a non farla cadere in nessun modo.
«Dimmi Alain, tu sai chi ha sparato… vero? »
«Ti mentirei se ti dicessi di no »
«André… lo sa? »
Alain annuì e Oscar sentì un nodo allo stomaco. Era questo il motivo della sua bevuta, capì Oscar.
«Chi? »
«Ti ricordi il tuo bel conte? Ecco, è stato lui »
Oscar sbiancò di colpo e sentì la terra mancarle sotto i piedi. Per fortuna era seduta e non aveva Juliette in braccio.
Portò una mano al viso e sentì le lacrime pungerle gli occhi e le lasciò scorrere, sconvolta, lungo le guance pallide. Il cuore sembrava sul punto di scoppiarle nel petto e, nonostante il forte calore del fuoco poco distante, sentì il freddo penetrarle nelle ossa e ghiacciarle. Si coprì il viso con le mani, cercando di nascondere le sue lacrime.
Alain si avvicinò a lei mortificato, porgendole un fazzoletto e un po’ di acqua per calmarsi. Non avrebbe mai immaginato di vederla così vulnerabile. Nonostante la perdita della memoria, Oscar aveva mantenuto il suo sguardo glaciale e la fredda postura e mai si sarebbe aspettato di vederla piangere in quel modo.
«Perdonami io… sono stato privo di tatto non dovevo… mi dispiace tantissimo »
«No… non è colpa tua… se solo avessi potuto impedire tutto ciò… Enora era del tutto innocente ed è morta… quel proiettile poteva colpire André e ucciderlo! Poteva portarlo via da me! Mio Dio… cos’aveva fatto di sbagliato Enora… e ora non c’è più…»
Alain l’abbracciò, istintivamente, e lei, nonostante l’iniziale stupore, si lasciò consolare dalle sue braccia. Pianse in silenzio, l’unico rumore che disturbava l’aria era lo scoppiettio del caminetto e il leggero russare della piccola Juliette. Oscar poggiò la fronte sulla sua spalla e iniziò a tremare, Alain le accarezzò piano la schiena per calmare le sue lacrime e la guardò in viso.
«Scusami… ti ho bagnato la divisa »
«Non fa niente, si asciuga »
Oscar rise leggermente e abbassò il capo, nascondendo il viso. Si asciugò rapidamente le guance ancora umide.
«Alain… »
«Sì? »
«Ti ringrazio per quello che hai fatto per me e per André… lo apprezzo molto. Sei un caro amico »
Alain la guardò negli occhi e le sorrise sincero. Le accarezzò piano la guancia e Oscar accennò un sorriso, Alain chinò il capo verso la donna e la baciò, d’improvviso, prima che potesse pentirsi di non averlo fatto. Oscar sgranò gli occhi e tentò di liberarsi dalla sua stretta dimenandosi ma lui era più forte.
L’aveva già baciata1.
Ricordava di esser stata tra le sue braccia, di aver avuto le sue labbra sulle sue ma, come quella volta, non le voleva. Non era lui quello che voleva, non voleva sentire il suo profumo sulla sua pelle e sulle labbra.
Riuscì ad allontanarsi in fretta, con le dita sulle labbra e lo guardò stranita. Prese la piccola tra le braccia e si allontanò, corse via da lui e Alain non tentò di seguirla.
 
«Siete tornate… »
André e Renée si avvicinarono rapidi ad Oscar e alla piccola: Renée prese Juliette tra le braccia e si prese cura di lei mentre André abbracciò la donna così forte da impedirle quasi di respirare.
Oscar cinse le braccia al suo collo, respirò il suo profumo muschiato e trovò riparo nel suo abbraccio.
«Dove siete state? Fuori si gela perché hai portato Juliette con te? Perché non l’hai fatta rimanere con Renée o con me? »
«Lo so, mi dispiace. Noi… dobbiamo parlare »
Disse seria in viso, prendendo una delle sue mani. André si ammutolì tutto d’un tratto, abbassò lo sguardo sulla mano di lei che stringeva la sua e annuì lentamente.
L’uomo chiese pacato alla più grande di prendersi cura di Juliette e si avviò nella loro camera, seguito dalla compagna, e chiuse a chiave la porta.
«Senti Oscar, se riguarda la notte scorsa mi dispiace, non dovevo »
«No… non è di questo che voglio parlare »
«E di cosa allora? »
Chiese cercando il suo sguardo. Lei si era seduta sul letto e teneva il capo basso, si avvicinò piano e si inginocchiò davanti a lei, prese le sue mani e la guardò in viso.
«Perché non mi hai detto nulla di Alexandre? »
André sgranò gli occhi. Oscar avvertì chiaramente il tremore delle sue mani e lo guardò preoccupato.
«Perché avevi partorito da poco e poi… non mi sembrava il caso »
«E’ stato lui… lo so »
«Chi te l’ha detto? »
Parlò con voce malferma, non la guardava più, non ce la faceva.
«Alain »
«Capisco… »
«André… »
L’uomo posò il capo sulle gambe della donna, piangendo silenziosamente. Oscar gli spostò piano alcune ciocche di capelli dal viso, asciugò con la stessa dolcezza le lacrime che gli bagnavano le gote e prese il suo viso tra le mani.
«Non ho mai odiato nessuno in tutta la mia vita… »
«Lo so, sei una brava persona »
«Ha ucciso Enora… voleva uccidere me per averti »
«Non mi avrà, stai tranquillo amore »
«Lo odio »
«Cosa vorresti fare? Ucciderlo? »
«Sarebbe una soddisfazione impagabile »
Mormorò con lo sguardo triste e Oscar lo guardò scandalizzata.
«E ci lasceresti? Ti rinchiuderanno in carcere: Juliette non potrebbe mai conoscere suo padre, Renée ti perderebbe di nuovo e io non posso vivere senza di te… non fare stupidaggini, ti scongiuro »
«Oscar io »
«André! Ti prego… »
Lui poggiò la fronte sulla sua e le accarezzò la nuca coperta dai folti capelli biondi. Oscar chiuse gli occhi e si morse le labbra, cercando di trattenere delle lacrime.
«Mi dispiace… mi dispiace tanto Oscar… »
André l’abbracciò stretta, cullandola tra le sue braccia come faceva lei con la piccola Juliette.
«Andrà tutto bene, andrà tutto bene »
«Perché non riusciamo ad avere una vita tranquilla? Perché ogni volta che sembriamo raggiungere la felicità ci accade sempre qualcosa? »
Sussurrò Oscar tra le sue braccia, ascoltando rapita il battito del suo cuore. André non rispose, la strinse solo di più a sé e la baciò dolcemente, inebriandosi con il profumo della sua pelle e con la dolcezza delle sue labbra morbide. 
«Dobbiamo andarcene, dobbiamo farlo il prima possibile »
 
 
1= nel manga, durante gli Stati Generali, Alain bacia Oscar contro la sua volontà. André lo ferma strattonandogli il braccio e, deciso a dargli una “lezione”, si blocca non appena si rende conto che anche lui, purtroppo, si era innamorato di Oscar. Lei, in tutto questo, gira il volto e non osa guardare André in viso. Ecco il link.

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Capitolo 56
*** 56 ***


[Avviso per i lettori]: i capitoli 56 e 57 sono stati cancellati e modificati. 
 
«Quando lo giustizieranno? »
«Tra una settimana esatta, insieme ad altri prigionieri politici »
André incrociò le braccia al petto pensieroso. Bernard lo fissò per alcuni istanti, dal lato opposto del tavolo.
«Capisco… per quel giorno io e Oscar ce ne andremo o, se tutto va secondo i piani, saremo già lontani da Parigi »
«Dove hai intenzione di andare? »
Chiese Bernard corrugando la fronte. Tempo prima gli aveva confessato la sua idea di trasferirsi in un’altra regione ma, dato il tempo trascorso da quella volta, aveva creduto che l’amico avesse accantonato l’idea.
«Beuvron-En Auge, in Normandia. E’ un paese tranquillo e ho già trovato una casa, ora dobbiamo solo trasferirci »
«Quindi ve ne andate davvero, fate bene. Io credo che, di questo passo, anche io, Rosalie e François ci trasferiremo presto. C’è un’aria strana in giro e troppo sangue per le strade »
«E la settimana prossima ce ne sarà altro, non so come dirglielo »
«Non hai una bella cera, sicuro di stare bene? »
La locanda stava iniziando a riempirsi e gli animi si stavano già riscaldando. André si girò a guardare un gruppo di uomini che stavano litigando per qualche futile motivo e decise di tornare a casa, di comune accordo con Bernard. Pagarono l’oste e si dileguarono in fretta, giusto in tempo perché non appena lasciarono il locale il gruppo che André aveva notato aveva iniziato una rissa.
«Capita ogni sera in ogni locale, non se ne può più. I soldi scarseggiano eppure c’è ancora gente che ogni sera va ad ubriacarsi »
Notò Bernard girandosi a guardare la locanda ormai lontana da loro e André non potette che annuire. Camminarono in silenzio lungo tutto il cammino verso casa che, almeno per André, sembrò più lungo del solito. Teneva il capo basso, cercava di guardare dove stava mettendo piede e pensava a come dire ad Oscar quello che aveva scoperto senza farle ulteriormente del male.
Avevano – soprattutto lei – sofferto abbastanza per colpa di quel conte anche se sapeva bene che, in fondo, Oscar l’aveva amato durante il suo soggiorno alla sua villa.
Sospirò amaramente e cercò di eliminare dalla mente tutti i pensieri negativi.
«A cosa stai pensando? »
«A come non farle male… ma non posso nasconderle una cosa simile, mi odierebbe »
«Non ti odierà, capirà che l’hai fatto per proteggerla »
André si fermò e si girò a guardarlo in viso.
«No, non posso farlo. Lei… deve saperlo. Devo essere onesto con lei ma… è così difficile trovare le parole. Anche se non l’ha mai detto esplicitamente lei tiene molto a lui. Sarei un egoista »
Bernard non seppe come replicare e abbassò lo sguardo. André passò una mano sul viso, non voleva pensare più a nulla. Era dannatamente stanco. Ma non era colpa del lavoro, non era una stanchezza fisica – era abituato a quello – che prosciugava le sue energie ma una stanchezza più mentale. Era una sensazione che non sapeva spiegare. Sapeva che tutto quello stress accumulato, quella rabbia repressa dentro e quel dannato vizio dell’alcol che ormai era entrato in lui non sarebbe scomparso se fosse rimasto a Parigi.
Salirono lentamente le scale che portavano alle rispettive case e si salutarono con un misero “buonanotte” che aveva un retrogusto amaro.
Chiuse la porta alle sue spalle e poggiò le chiavi di casa sul piccolo mobile che aveva costruito con alcune assi recuperate in città a poco prezzo. Sentiva provenire dalla camera da letto, come un balsamo per le orecchie, i mugolii della sua piccola e sorrise. Raggiunse la stanza con pochi passi e, una volta aperta la porta, notò Oscar, pronta per la notte, che teneva tra le braccia la loro bambina. Oscar si voltò verso di lui, sentendosi osservata, e gli sorrise dolcemente.
«Sei tornato, non ti ho sentito entrare »
«Credevo di trovarvi tutte addormentate »
«Juliette non ha molta voglia di dormire, mi sta facendo dannare! Renée, invece, è andata a dormire poco fa »
André si avvicinò alle due, diede un bacio sulla fronte alla piccola e uno sulle labbra a Oscar sorridendole.
Senza dire nulla l’uomo prese la piccola dalle braccia della madre e provò lui a farla addormentare, cullandola dolcemente. Oscar incrociò le braccia al petto e li osservò commossa.
Erano così belli insieme e lo sguardo di André era dolcissimo quando guardava la figlia. Eppure c’era qualcosa che non andava, lo notava dal suo viso perso e da quel sorriso triste che incurvava le sue labbra. Poco dopo Juliette era magicamente quieta e dormiva tra le braccia del padre dopo aver fatto disperare la madre. André la posò nella sua culla e baciò la sua minuscola mano.
Restò ancora un po’ a guardare la figlia, rilassato dalla perfezione del suo viso e dalla sua espressione rilassata. Sentì le braccia della donna avvolgergli la vita e sorrise.
Si girò verso di lei lentamente e le accarezzò il viso, baciandole poi la fronte.
«Va tutto bene? »
«Devo dirti una cosa »
«Dimmi »
André poggiò la fronte sulla sua e teneva il suo viso tra le mani.
«André scotti, sicuro di stare bene? »
«Bernard mi ha detto che Beauharnais verrà giustiziato la settimana prossima »
Oscar rimase impassibile ma le sue labbra tremavano, notò André.
«Oscar… »
«André scotti molto, hai bevuto? »
L’uomo scosse il capo e portò una mano alla testa dolente, quando riaprì l’occhio sano la vista era più appannata del solito. Poggiò una mano sulla spalla di Oscar e si fece aiutare per svestirsi e mettersi a letto.
«Non ho bevuto, te lo giuro »
«Ti credo ma hai la febbre, questo non puoi negarlo. Ora dormi, va tutto bene. Domani mattina dirò a Bernard che non stai bene e lui informerà il giornale, va bene? »
«Sì… Oscar? »
«Sì? »
«Riguardo Beauharnais… »
«Ho capito, non è importante al momento. Tu sei più importante, sei il mio uomo »
André le sorrise appena e, quando posò il capo sul cuscino, si addormentò all’istante. Oscar rimase seduta al suo fianco e gli accarezzò il viso caldo e sentì una fitta al cuore quando vide una smorfia di dolore sul suo viso.
Una piccola lacrima rigò il viso della donna ma lei l’asciugò subito, si mosse a riempire una piccola bacinella d’acqua fresca e a prendere una pezza da mettere sulla sua fronte per rinfrescarlo.
Bagnò un panno e la strinse per eliminare l’acqua di troppo e lo passò sul suo viso e sul collo, cercando di non svegliarlo.
“Maledetto… riesci a distrarmi dal prendermi cura di lui …”
Oscar posò il panno umido sul comodino e sospirò amaramente.
“Ora non fa più parte della mia vita, dovresti saperlo André anche se… è vero, alcune volte mi capita di pensare a lui, a cosa stia facendo e altro ma non provo più nulla. Sei molto caro André… sono felice che tu me l’abbia detto ”
Oscar si stese al suo fianco e lo guardò dormire fin quando anche lei non si addormentò.
 
«Capisco, mi dispiace molto per lui, spero si rimetta presto »
«Lo spero anch’io ma non sembra grave, scusa per il disturbo »
«Nessun disturbo Oscar, non preoccuparti. Passa una buona giornata »
«Grazie mille Bernard, buona giornata anche a te »
Oscar chiuse la porta lentamente, Renée uscì dalla sua stanza riposata ed era radiosa.
«Buongiorno Oscar! »
«Come siamo felci questa mattina, hai fatto un bel sogno? »
Disse la donna notando il sorriso della giovane. Renée arrossì leggermente e annuì, avvicinandosi a Oscar per abbracciarla.
«Mio padre è già uscito? »
«No, resterà a casa per un paio di giorni. Ha la febbre »
«La febbre? »
«Sì, gli sarà salita nel pomeriggio. In effetti era da un po’ che non si sentiva bene »
«E’ colpa del lavoro, da quando è nata Juliette non ha smesso di lavorare un attimo… »
Oscar abbassò lo sguardo, Renée aveva ragione. Juliette era una nuova bocca da sfamare, non ci aveva ancora pensato. André era spesso assente a casa e lui ne soffriva molto. Si aggiustò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e osservò distratta Renée mentre tagliava un po’ di pane raffermo e lo addentava affamata.
«Oscar… »
«Sì? »
«Quindi… ci trasferiremo davvero? »
«Credo di sì, aspetteremo che tuo padre guarisca e ne parleremo di nuovo con calma »
«Bene… »
Oscar alzò un sopracciglio ma fece finta di non notare il tono affranto di Renée. Sapeva benissimo che Renée non voleva assolutamente lasciare Parigi e che preferiva restare con Kilian.
«Vado a controllare come si sente tuo padre »
Disse la donna avvicinandosi alla porta della camera; esitò un attimo, aspettandosi una reazione da parte di Renée ma lei non fece nulla.
 
«Come ti senti? »
Oscar passò un panno umido sulla fronte e sulle guance di André, le tende erano chiuse ma alcuni fiochi raggi illuminavano la stanza. André strinse la mano della donna e le sorrise.
«Meglio, avevo solo bisogno di riposare. Domani potrò tornare già da Bernard »
André alzò appena il capo e tentò di alzarsi dal letto ma un’improvvisa fitta alla testa lo bloccò.
«Non puoi aspettare almeno qualche altro giorno? Non mi sembra il caso di tornare già a lavoro »
«Cosa c’è Oscar? Ammettilo: ti piace tenermi segregato in casa! »
Disse André ironicamente mentre si sedeva al fianco della compagna. Oscar alzò gli occhi al cielo e sorrise.
«Preferirei averti di più a casa, questo è vero… ma non da malato »
«Lo so e… mi dispiace molto. Cercherò di essere più presente, soprattutto quando ci trasferiremo a Beuvron-En-Auge »
Oscar sorrise appena e strinse le loro mani, fece un sospiro e alzò lo sguardo verso di lui. L’uomo le accarezzò la guancia con la mano libera e tracciò, con la punta delle dita, i lineamenti della donna. Doveva dirgli qualcosa, lo sapeva, lo sentiva, ma non era sicuro di volerlo sapere.
«André io… voglio assistere all’esecuzione »
Il silenzio calò tra di loro. André si irrigidì ma la sua espressione non cambiò. La guardava serio, duro, forse arrabbiato ma Oscar non si era mai sentita così a disagio davanti a lui.
«No, è fuori discussione »
Il suo tono di voce era più freddo di quanto in realtà volesse, teneva le labbra serrate.
«André… »
«No, stammi a sentire almeno una volta »
Oscar allontanò le mani e si alzò dal letto furiosa. André sembrò non accorgersi della sua espressione.
«Voglio che tu stia qui, a casa e al sicuro, con me e le ragazze. Non è uno spettacolo guardare il boia che taglia la testa a qualcuno, non è divertente. Non voglio che tu soffra guardando quell’uomo morire davanti ai tuoi occhi… non capisci che lo faccio per il tuo bene, maledizione?! »
André nascose il viso tra le mani e rimase in silenzio, immobile, sotto lo sguardo incredulo di Oscar. L’uomo fece un respiro profondo e si passò una mano sulla guancia umida, cercando di mantenere il controllo.
«André… »
«Lasciami solo »
«Mi dispiace io »
«Ho detto “lasciami solo” »
 
«Non capisco perché tu gliel’abbia detto, ti sono sincera. Ti avrei aiutato ad andare senza fargli sapere nulla »
Disse Rosalie mentre versava una tazza di tè caldo all’amica. Oscar teneva in braccio Juliette avvolta in una camicia del padre e la stringeva forte, con gli occhi ancora lucidi.
«Volevo essere sincera Rosalie, volevo che fosse al mio fianco… volevo che tutto finisse lì e che subito dopo ce ne saremmo andati a Beuvron-En-Auge insieme alla piccola e a Renée per ricominciare tutto da zero e… perché no? Sposarci… Alexandre de Beauharnais ha rovinato la mia famiglia. Ho paura che dopo questo André non vorrà sapere più nulla di me »
Prese la tazza lentamente e la portò alle labbra, Rosalie corrugò la fronte.
«E perché mai? André ti ama, non ti lascerà mai andare per una stupidaggine come questa »
«Ti ricordo che mi ha cacciato di casa un anno fa1 »
«Non lo farà di nuovo, puoi starne certa. Se vuoi posso tenere un po’ io Juliette, così tu e André potete parlare tranquillamente, tanto Renée non è a casa giusto? »
«Ti ringrazio ma non ti devi preoccupare, devi occuparti già di François. A proposito, come sta? »
«Sta dormendo, per questo la porta della stanza è aperta. Questa notte ci ha fatto dannare! Secondo me confonde la notte con il giorno »
Oscar sorrise divertita, aveva notato il viso stanco di Rosalie ma non aveva osato a chiederle il perché. Continuarono a chiacchierare per una buona ora finché Bernard non fece ritorno a casa.
«Ah Oscar, sei qui. Sono passato a casa vostra prima e c’era solo André »
«Renée non è ancora tornata? »
«E’ arrivata poco dopo, non ti preoccupare »
«Bene, allora vi lascio. Grazie Rosalie »
«Di nulla amica mia, salutami Renée e André. Ciao piccolina »
Rosalie diede una carezza alla piccola e abbracciò l’amica calorosamente.
«Buona notte Rosalie, Bernard »
«Buona notte Oscar »
Oscar chiuse la porta alle sue spalle e con pochi passi raggiunse la porta del loro appartamento. Sospirò stancamente, non aveva voglia di litigare con André né di vederlo triste. Juliette iniziò a tirarle i capelli e a ridere e Oscar si distrasse.
«Non si tirano i capelli alla mamma »
Aprì la porta con il sorriso sulle labbra e notò Renée che stava riscaldando sul fuoco la zuppa rimasta dal pranzo.
«Renée dov’è tuo padre? »
«E’ in camera, ha detto che non vuole mangiare e che vuole riposare. E’ successo qualcosa? »
«No, non ti preoccupare. Tieni Juliette, alla cena ci penso io tra qualche minuto, va bene? »
«Va bene »
Renée prese la piccola dalle braccia della madre e iniziò a giocare con lei, Oscar sorrise e si avvicinò rapida alla porta della loro stanza e l’aprì. André era sdraiato nella sua parte del letto e guardava il soffitto, la camicia era aperta sul petto e aveva i piedi nudi, gli stivali erano ai piedi del letto.
«André… »
«Dimmi »
«Mi dispiace per quello che è successo »
«Non fa niente, se vuoi andare vai, non sarò io a fermarti »
Non sembrava più arrabbiato. Si alzò dal letto e guardò verso la sua direzione, era tranquillo. Oscar si avvicinò a lui e si sedette al suo fianco silenziosamente.
«Come ti senti? »
«Bene, dopodomani tornerò al giornale »
Oscar annuì e abbassò il capo, era freddo nei suoi confronti. André la costrinse a guardarlo in viso e prese il suo volto tra le mani. La donna sgranò gli occhi e lo guardò confusa, non si aspettava una reazione simile da parte sua e non ne comprendeva il motivo.
«André? »
«Promettimi che dopo la sua esecuzione andremo via, che lui resterà qui a Parigi e che non ci farà più del male. Promettimi che una volta arrivati a Beuvron mi sposerai, me lo devi promettere »
André la guardò serio e quasi le fece paura ma annuì seria, decisa. Lo voleva anche lei, voleva dimenticare tutto e tutti e pensare solo a loro, alla loro famiglia, a lui.
«Te lo prometto. Ti prometto che andremo via, che lui resterà qui e che non ci farà più male e sì! Voglio essere tua moglie, non aspetto altro! »
 
1= vedi capitolo 42.

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Capitolo 57
*** 57 ***


«Ancora non riesco a credere che si sia consegnato »
«Anche io, ma quell’uomo non aveva più nulla da perdere. I suoi figli e la moglie l’hanno abbandonato »
«Non credo. Adrien amava molto suo padre, non l’avrebbe mai abbandonato. Forse è stato costretto dalla madre, anzi ne sono più che sicura »
Erano tutti riuniti a casa Grandier, la sera prima dell’esecuzione e della conseguente partenza dei futuri coniugi. Renée teneva in braccio la sorellina, facendo qualche smorfia per farla sorridere o accarezzandole il viso e coccolarla mentre i più grandi erano impegnati a parlare. Oscar fece un sospiro, chiudendo gli occhi. Era davvero stanca e sapeva che quella notte non avrebbe preso sonno.
«Sei sicura di voler assistere? »
Chiese Bernard visibilmente preoccupato, Rosalie prese le mani dell’amica tra le sue e le strinse forte e quando Oscar alzò lo sguardo verso di lei, la vide sorridere appena.
«Certo, sono solo stanca. Juliette sta portando via tutte le energie che mi sono rimaste. Ma ce la faccio »
«Non sarà un bello spettacolo »
Mormorò Alain incrociando le braccia al petto, André per tutto il tempo era rimasto in silenzio, non sapendo cosa dire, si voltò verso Oscar. Lo notò il suo estremo pallore, gli occhi spenti e l’espressione perennemente stanca, neanche lui era riuscito a prendere sonno negli ultimi tempi. Ogni volta che chiudeva gli occhi, la sua mente gli faceva ricordare solo scene di sangue e dolore immenso, e sapeva benissimo che la stessa cosa accadeva ad Oscar. Gli unici attimi di pura gioia erano regalati dalla piccola Juliette, dalle prime scoperte e le prime gioie di essere genitori, o da quei piccoli però pochi momenti d’intimità, di semplici carezze che in quella settimana si erano regalati.
«Lo so, Alain. Ho già visto tanta morte in tutti questi anni… l’unica cosa di cui mi rammarico è di non aver fatto abbastanza per ricambiare il favore »
«Quale favore? »
Oscar girò lo sguardo verso André, lui teneva il capo basso e lo sguardo posato sulla mano posata sulla coscia di lei. Solo in quel momento si accorse che non aveva ancora parlato.
«Se non fosse stato per lui… probabilmente quel giorno alla Bastiglia sarei morta »
«È l’unica cosa di cui gli sono grato »
Mormorò André con una smorfia, solo un sordo non si sarebbe reso conto dell’odio nelle sue parole. Oscar rise al pensiero.
«Ha fatto davvero molto per me, questo non possiamo negarlo André »
André fece una smorfia, baciando la spalla della donna e posando poi la fronte sullo stesso punto.
«Potrei fartelo incontrare, per qualche minuto »
Propose Alain ma lo sguardo gelido di André gli fece pentire di aver parlato, ma ormai non poteva più tirarsi indietro.
«No. E poi non saprei cosa dirgli, sarebbe imbarazzante. Ci siamo detti addio molto tempo fa »
«Meglio così »
«Cambiamo argomento… Renée resterà qui, giusto? »
Disse Rosalie voltandosi verso la ragazza e lei sorrise, annuendo felice. Era stata dura convincere André, ma dopo vari tentativi era riuscita a trovare un modo per restare a Parigi. Avrebbe lavorato al fianco di Rosalie al mercato, e Oscar aveva riso quando aveva ricordato che anche Kilian lavorava al mercato, aiutando la moglie del mastro falegname, che gli aveva dato lavoro in bottega, a vendere i suoi tessuti. André, ovviamente, era all’oscuro di tutto.
«Già, ancora non riesco a credere di aver detto di sì »
André sorrise, anche se non del tutto felice di dover lasciare la figlia a Parigi, di abbandonarla, ma sapeva che sarebbe stata più felice a Parigi. Non era di certo stupido, sapeva benissimo che lei voleva restare principalmente per un ragazzo, ma non poteva di certo fare il puritano lui che di puro forse non aveva mai fatto nulla nella sua vita.
«Purtroppo avete detto di sì e voi siete un uomo di parola, o sbaglio? »
L’uomo alzò le mani e tutti risero, dimenticando per qualche istante i pensieri cupi. Per un po’ Oscar sentì il cuore leggero, la sua mente dimenticò quello che sarebbe successo il giorno dopo. 

 

«Svegliati idiota, non ho tutto il giorno »
Alexandre si risvegliò di colpo da un forte calcio allo stomaco. Ormai si era abituato a quel dolce risveglio, alla colazione misera che consisteva in una bicchiere di, forse, acqua e pane vecchio di giorni. Non aveva specchi in quella minuscola stanza, ma sapeva che se si fosse specchiato non sarebbe riuscito a riconoscersi. La fame gli faceva contorcere lo stomaco dal dolore, la testa gli doleva maledettamente da giorni e Dio solo sapeva da quanti giorni era rinchiuso lì senza vedere la luce del sole.
«Muoviti, dobbiamo andare »
Il conte portò una mano al viso cercando di riprendersi dal fastidio allo stomaco e si alzò tremante, le gambe sembravano non volerlo reggere più. Lasciò che i due soldati gli legassero i polsi dietro la schiena e li seguì in silenzio, lungo il buio e lungo corridoio, sentendo oscenità sul suo conto dagli altri detenuti, alcuni nobili come lui, altri semplici disgraziati.
Di solito, quando si è vicini alla morte, si ripensa a tutto quello di bello e brutto era successo in vita. Lui, in quel momento, non riusciva a pensare. Il buio. Chiuse gli occhi e quando li riaprì fu accecato dalla luce del sole e fece due passi indietro.
«Smettila di muoverti in continuazione! »
Urlò uno dei soldati strattonandolo per il braccio.
«Lascialo stare, Pascal. Almeno questi ultimi momenti potresti smetterla di essere una testa di cazzo. L’hai già torturato abbastanza quando era in cella, senza il mio consenso »
Quella voce gli era familiare, quando alzò lo sguardo il conte riconobbe il comandante di quei soldati, amico di lei.
«Ma Alain…! »
«Niente “ma”. Ora andiamo »
Salì lentamente sul carretto, respirando profondamente quella nuova aria pulita e fresca ma poi rise, rendendosi conto che sarebbe stato davvero inutile respirare a pieni polmoni visto che, tra pochi minuti, la sua testa sarebbe stata staccata dal corpo. Il pensiero non lo rattristì, al contrario non vedeva l’ora. Morire non gli era mai apparso così liberatorio.
Tra la folla che si era creata attorno al patibolo, riconobbe una figura. Il suo rivale, se così si poteva definire. Il viso bianco, l’espressione stoica… si guardarono per alcuni istanti, il conte sorrise. Fu fatto scendere dal carretto con la solita e immotivata violenza, non volle dargli peso, e salì le scale che portavano alla ghigliottina con il capo alzato, a tratti fiero. Era pentito di quello che aveva fatto? No. L’avrebbe fatto di nuovo se avesse avuto l’occasione, senza cambiare nulla. O forse sì. Forse avrebbe divorziato dalla moglie, sarebbe scappato da tutto e tutti con Oscar prima che lei recuperasse la memoria. Sarebbe stato più facile. Più bello. Ma lui sapeva che lui non meritava affatto di essere felice, infondo non lo era mai stato davvero.
«Le tue ultime parole? »
Chiese il boia, un mostro alto due metri, le spalle larghe e la pancia piena. Si diceva, in prigione, che quell’uomo fosse stato arrestato proprio perché aveva ucciso, tagliandogli la testa, due uomini, con gli stessi strumenti con i quali sgozzava i suoi maiali. Aveva trovato ironico il fatto che fosse diventato proprio lui, un detenuto, a tagliare la testa ai condannati a morte.
Si girò verso la folla, guardò di nuovo André Grandier e notò che non era solo. Lei era presente . Era lì. Sentì il cuore battere come un pazzo nel petto, il panico per un istante si impossessò di lui.
“Perché sei qui? Perché diavolo l’ha portata qui?”
«Allora? Nessuna ultima parola? »
«Mi dispiace »
«È troppo tardi, non trovi? »
Il boia non sapeva che quelle parole di certo non si riferivano ai suoi peccati, ma a quegli occhi blu che lo fissavano spaventati e tristi. Gli si strinse il cuore, odiò il fatto che l’ultimo ricordo che avrebbe avuto di lui sarebbe stato proprio quello della sua morte. Le corde lo legarono troppo forte alla tavola, ma ancora una volta non volle dargli peso, tra poco sarebbe stato libero. Il collo ora costretto tra i due montanti, chiuse gli occhi.
“Non guardarmi amore mio”
Quello fu il suo ultimo pensiero.
Oscar distolse lo sguardo quando il boia lasciò cadere la lama, stringendo il braccio ad André. Trattenne il respiro per qualche istante, la sua mente si offuscò completamente. Si coprì la bocca con la mano, chiuse gli occhi.
«Va tutto bene, va tutto bene amore »
André la strinse forte a sé, baciandole la fronte. Come avrebbe voluto che avesse ragione. Ora le sembrava andare tutto storto. Era disgustato, quando la lama aveva compiuto il suo dovere la folla era scoppiata in applausi e urla di gioia, per quanto lui odiasse quell’uomo non riusciva a provare felicità nel saperlo morto, non dopo aver visto la reazione di Oscar. Tremava come una foglia tra le sue braccia, ed era sicuro che se non l’avesse abbracciata lei sarebbe crollata a terra.
«Ti prego andiamo via »
Lo mormorò appena, stringendo la giacca dell’uomo.
«Certo, andiamo via subito. La carrozza ci aspetta sotto casa »
Oscar annuì piano e fece un respiro profondo. Si fecero largo tra la folla che cresceva ancora di più, Oscar si aggrappò ad André stanca, ora voleva soltanto stringere di nuovo la sua bambina tra le braccia e dimenticare tutto. Quando tornarono di nuovo a casa, Bernard, Rosalie e Renée con la piccola Juliette in braccio. Lei sorrise, prendendo la bambina e stringendola al petto forte.
«Alain non è potuto venire per salutarvi »
«Lo abbiamo visto questa mattina presto, prima di… »
«Capisco, comunque se vuoi posso accompagnarvi fino a metà strada »
«No, non c’è bisogno. Ma ti ringrazio tantissimo »
«Mi mancherai tantissimo, promettimi che mi scriverai »
«Lo farò di sicuro Rosalie, non ti preoccupare e anche tu promettimi di scrivere »
«È stato bello averti come vicina di casa »
«Anche per me, mi mancherai tantissimo e mi mancherà anche François »
«Come stai? »
Rosalie le accarezzò il viso dolcemente, spostandole una ciocca bionda dietro l’orecchio e Oscar si irrigidì appena, forzando un piccolo sorriso.
«Passerà anche questa »
La voce le si spezzò, abbassò lo sguardo verso la figlia e le baciò la fronte.
«Quando ti sentirai pronta per parlare… sai dove trovarmi »
«Sei un angelo, Rosalie »
Le due donne si abbracciarono forte, Oscar quasi si aggrappò alla figura minuta di Rosalie. Dopo aver sistemato gli ultimi bagagli sulla carrozza, ci furono gli ultimi saluti. Renée abbracciò il padre per forse ben cinque minuti prima di lasciarlo andare.
«Va tutto bene? »
Chiese André quando Oscar prese posto nella carrozza prima di partire, lei gli sorrise, annuendo piano.
«Sì, sto bene »
«Ti amo, lo sai vero? E ci sarò per sempre per te »
«Grazie amore, ti amo anche io »

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