Innamorata di mio marito

di kissenlove
(/viewuser.php?uid=173886)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. // ***
Capitolo 2: *** 2// ***
Capitolo 3: *** 3// ***
Capitolo 4: *** 4// ***
Capitolo 5: *** 5// ***
Capitolo 6: *** //6 ***
Capitolo 7: *** 7// ***
Capitolo 8: *** 8// ***
Capitolo 9: *** 9// ***
Capitolo 10: *** 10// ***



Capitolo 1
*** 1. // ***


                                                Innamorata di mio “Marito” 
                                                                                          capitolo 1


Coppia: Amu/Ikuto
, per la gioia dei fan.
Rating: Giallo, a volte arancione, ma è normale avendo Ikuto come protagonista. 




Avevo solo sedici anni, a breve ne avrei compiuti diciasette, quando mio padre mi chiese esplicitamente di sedermi con lui perché aveva una cosa urgente e importante da dirmi, una cosa che a suo parere avrebbe cambiato completamente la mia vita. Completamente è dire poco a giudicare dalla sua espressione... 
— Amu so che la cosa non ti piacerà per niente, neanche a me va a genio per la verità. 
— Papà non sono una bambina. Ci stai girando intorno da un’ora, ti prego parla! 
— La cosa ha sconvolto me e sono sicuro sconvolgerà anche te. Sai come funziona nella nostra famiglia.. 
Da quando ero venuta al mondo nè ero a conoscenza di questa buffa tradizione dei matrimoni. Somigliava a un matrimonio combinato, in realtà lo era, un matrimonio senza amore, senza alcun senso, con un perfetto sconosciuto scelto dal capofamiglia, così si agiva nella nostra famiglia. Anche mio padre e mia madre erano stati costretti da questa tradizione a contrarre matrimonio, ma mia madre non era tagliata per essere una moglie e una madre e ci lasciò di sua spontanea volontà quando avevo solo tre anni. Mio padre soffrì per questa situazione, ma si rialzò fiducioso della vita che ci aspettava, così abbandonammo la casa di campagna per trasferirci in centro dove avremmo vissuto una nuova vita lontana dai brandelli mai dimenticati del passato. Mio padre non faceva mai visita ai suoi, perché erano loro che avevo iniziato questo nefasto rito, toccato a tutti purtroppo. Solo nelle ricorrenze, era già tanto. 
— Vedi Amu... è tradizione della nostra famiglia che io debba scegliere il tuo futuro marito, lo sai questo? 
— Non dirai sul serio?! Non sposerò un perfetto sconosciuto solo per una stupida tradizione che per anni portate avanti. 
— Ti prego Amu, non fare così. Tua nonna me l’ha imposto, e non ho potuto fare altrimenti. 
— Bravo! Tu ci sei passato e ne sei uscito davvero male, adesso dovrei vivere nello stesso inferno? No papà, io non sposerò mai chi non conosco, e quando mi sposerò sarà perché l’ho scelto. — urlai completamente travolta dall’agitazione, mentre mi alzava dalla sedia. Papà cercava di calmarmi, ma invano. — Amu.. 
— Amu niente papà, non lo farò. La nonna dovrà farsene una ragione per una volta. — corsi fuori dal salotto e salii a balzi le scale per aumentare le distanze fra me e lui. Raggiunsi la mia camera, sbattei la porta con forza ma sopratutto con rabbia e mi distesi sul pavimento freddo, ghiacciato come la mia anima mentre calde lacrime percorrevano la mascella e i contorni del mio volto. In nessun modo avrei sorriso anche se dentro morivo, o avrei baciato quell’uomo, lo avrei toccato o mi sarei spogliata. Ogni volta che mi trovavo a casa dei nonni non si parlava di altro che di quel giorno che stava diventando seriamente il mio incubo giornaliero. Mia nonna parlava di quel giorno con gli occhi emozionanti e in procinto di piangere per l’emozione, mentre io mi ritrovavo a rabbrividire nel sentire quei discorsi. Lei sognava per me un ragazzo rispettabile, con la testa sulla spalle e una bellezza travolgente, senza nemmeno fare caso a quello che volevo io; controllavano la mia vita, la disegnavano e cancellavano dove volevano e quello che volevano, nulla poteva mio padre se non acconsentire a quella pantomima infernale. Quel giorno compivo diciasette anni finalmente, e mentre per altre ragazze era il culmine della felicità, io ero a un passo dal fuoco dell'inferno che incendiava la mia anima perché proprio quel giorno avrei incontrato il mio futuro marito. Mio padre non voleva che attraversassi questo, che succedesse la stessa cosa anche a me, ma non voleva dare un dispiacere alla nonna. Cercava di convincermi ad asseccondare la scelta degli adulti illogici, eternamente illogici, che avrei dovuto sposarmi anche se questo non era il mio volere solo per rendere felice la nonna, che da quando si era ammalata era ancora più determinata su questo fronte, e voleva a tutti i costi vedermi in abito bianco e percorrere quella navata dannata. Era pur sempre la mia cara nonnina, non avrei potuto ferirla, forse potevo solo uscire con lui, come amici, semplici conoscenti, farle credere che ci stavamo intendendo, che eravamo una coppia a tutti gli effetti, e che nulla avrebbe impedito il nostro matrimonio, quando ovviamente in realtà non volevo avere niente a che fare con quell’uomo. 
Sentii uno scalpiccio dietro la porta. — Tesoro.. 
Mi sollevai piano dal pavimento con la faccia stravolta dalla tristezza. 
— Potresti solo incontrarlo... e conoscerlo meglio, ti assicuro che non è un cattivo tipo.. — non sembrava una cattiva idea, ma tutto si sarebbe ridotto alla conoscenza, niente di eccessivamente serio; forse aveva ragione mio padre, dovevo incontrarlo, magari così la nonna sarebbe stata felice di questa mia iniziativa, e non avrebbe più infierito sulla mia vita ulteriormente. 
— Va bene. — risposi seria a papà dall’altro lato della porta chiusa. — Lo incontrerò, ma mettitelo in testa che la mia è una forma di conoscenza e non ho alcuna intenzione di unirmi a quello lì. — mormorai con la voce singhiozzante asciugandomi il bordo degli occhi. 
— Grazie Amu, so che ti chiedo troppo, non mi aspetto che tu lo faccia. — disse mio padre con voce improvvisamente più rilassata, come se si fosse liberato di un macigno. 
— Potresti lasciarmi sola? Nè ho bisogno. 
— Certo piccola, ma sbrigati a prepararti. La nonna considera il ritardo come una forma di mancanza di rispetto. — e detto questo avvertii la sua figura allontanarsi dalla porta, mentre io guardavo ogni singolo angolo della mia stanza per cercare di distrarmi da questa improvvisa e sconvolgente rivelazione. 
Feci una doccia velocissima per schiarirmi le idee sul da farsi. Uscii dieci minuti dopo con più confusione di prima, e rientrai nella camera con i capelli umidi rinchiusi in un asciugamano a mo di turbante. Non era una tipa molto elegante quindi optai per una semplice base di fondotinta, un filo di cipria per arrossire le mie guance, un eye-liner nero per coprire i segni del pianto di prima, il mascara e un lucidalabbra rosa per risaltare le labbra, non che volessi baciare il mio pretendente. Dopo aver fissato il mio armadio per ore presi dalla gruccia un vestito bianco perlato a tubino e delle insolite scarpe con il tacco di dodici centimetri. 
Presi il cellulare, e uscii dalla mia stanza in ghigheri, comparendo dinanzi a mio padre che aspettava pazientemente seduto sulla poltrona dinanzi al camino spento. 
Non appena mi vide si alzò come una molla. — Figliola... sei stupenda. 
— Grazie papà, anche se avrei voluto non uscire proprio oggi. 
— Su, su cara. Vedrai che pretendente ho scelto per te. — gli rivolsi un mezzo sorriso, ma in realtà avrei voluto nuovamente scoppiare a piangere come un’idiota, ma mi sarei rovinata il capolavoro sulla faccia quindi evitai anche per non rovinare la giornata a mio padre. 
— Ci staranno aspettando tesoro, vieni Amu. — papà mi tirò per il braccio per scollarmi da quella posizione, sarei rimasta così per tutta la vita se fosse stata sufficiente per non incontrarlo. 
Senza rendermene conto eravamo già in viaggio, verso la casa della nonna. Nella mia testa si facevano spazio orribili visioni sul ragazzo che mi era capitato a sorte, volevo tanto che non arrivassimo mai, e che papà non abusasse tanto dell’acceleratore, stavamo correndo troppo, o forse ero io che non voleva che la macchina bruciasse quelle distanze fin troppo piccole per i miei gusti. Purtroppo la realtà non era quella che volevo, eravamo già di fronte a quella casa, e dietro quelle mura, mi aspettava il mio futuro sposo, mio marito, e la parola mi faceva ribollire il sangue nelle vene. Strinsi la mano sul vestito, mentre la portiera mi si apriva e vedevo mio padre mostrarmi la mano per aiutarmi a scendere, non poteva aspettare ancora un po’ perché doveva sempre affrettare ogni cosa? Conscia di doverlo fare mi costrinsi a farmi trascinare da quella stessa mano via dal sedile che mi aveva accolto, e ci dirigemmo verso la porta di ingresso. Pregavo intensamente che qualcuno lassù, non molto lontano, avesse pietà di quella giovane ragazzina, che la terra mi si aprisse sotto i piedi e io sparissi in essa, in un varco di protezione.. ma i sogni son desideri. 
Mio padre spinse un tasto e il suono concitato del campanello fece accorrere la padrona alla porta, che si aprì dinanzi a noi mostrando la figura arzilla e contenta della nonna. 
— Amu, tesoro sei di una bellezza indescrivibile! — e mi si fiondò contro soffocandomi in uno dei suoi abbracci letali. 
— Grazie, nonna. Come stai? Va bene con le terapie? — chiesi quando mi liberò e potei respirare a pieni polmoni l’aria che mi era mancata. 
— Ciao mamma. — si fece avanti mio padre, alludendo anche alla sua di presenza. 
— Ciao figliolo. — lo salutò con freddezza, come faceva da ormai molto tempo, da quando mamma lo aveva lasciato e lui aveva deciso di non sposarsi più, almeno finché non avesse conosciuto la donna giusta, e ovviamente la nonna non era stata d’accordo perché andava contro i suoi principi. — Amu, adesso non importa molto la mia salute, perché hai una persona da conoscere. — non ebbi il tempo di replicare altro che lei mi trascinò di nuovo, verso il saggiorno, e verso la mia fine. 
La prima cosa che notai furono i suoi occhi ametista, i suoi romantici e misteriosi occhi di un blu intenso come quello di una notte stellata, occhi in cui ti immergi ma che ti soffocano allo stesso tempo. Cercai di dissimulare, di fare finta che quel tipo non mi interessasse, ma purtroppo fallii. Mi concentrai ai suoi capelli, dello stesso identico blu, capelli lisci, tenuti scompigliati, come se avesse litigato con il suo pettine.. forse non aveva conosciuto mai una cosa chiamata pettine? Aveva un pantalone nero e una camicia bianca, le sue braccia erano forti e vigorosi, e il suo sorriso... il suo sorriso era la cosa più perfetta del mondo, probabilmente anche di più.. 
Non capivo perché mio padre aveva scelto questo stupido. Troppo strafottente per me, secondo me ci azzanneremo come cane e gatto, non siamo molto compatibili, ho l’impressione che la nostra convivenza durerà meno del previsto. Meglio. 
Si avvicinò per “tastare il territorio” e mi mostrò una mano bianca. 
— Ciao Ikuto, Ikuto Tsukiyomi. — la sua voce era profonda. 
— A-amu.— balbettai improvvisamente con la faccia rossa e gli occhi a forma di tazzine da thè, mentre lui mi mostrò ancora una volta quel suo sorriso strafottente, che mi urtava, ma al tempo stesso riusciva a catturarmi come una falena alla luce, carbonizzata per intenderci. 
— Ikuto è il figlio di uno dei padroni della Easter, una grande società qui in Giappone. Ho pensato ti avrebbe fatto piacere conoscerlo Amu. Dopotutto non avete poi grande differenza di età. — mi informò mia nonna più che emozionata nel vedere che il primo incontro era iniziato col piede giusto. Ora riuscivo a compredere il motivo... quel ragazzo era straricco, figlio di papà, strafottente, aveva tutte le carte per rendermi la vita impossibile, e alla nonna quel tipo non dispiaceva, e mio padre? Lui stava lì, senza dire nulla, come un cagnolino bastonato, perché tutto a me? Perché questa punizione divina, perché Ikuto? Perché sei dovuto entrare così turbolosamente nella mia vita? Non potevi startene al tuo posto? 
Bene, adesso con che scusa me ne sarei uscita? Ero nei guai, completamente.. per un solo motivo e una sola ragione chiamata Ikuto




Angolo della Love// 

Eh sì, mi mancava tanto scrivere in questo piccolo mini mondo di fanfiction, e anche voi credo abbiate suonato le trombe perché mi sono rifatta viva, dopotutto cominciare con una Amu/ Ikuto sempre col piede giusto, vero? Credo abbiate capito che Amu sarà costretta a sposarsi.. con Ikuto... il nostro pervertito e maniaco ragazzo... ma il matrimonio non sarà tutto rose e fiori come vi fanno credere, no, sopratutto se è un matrimonio combinato, ma si sa, quando c’è di mezzo Ikuto tutto diventa più semplice.. riusciranno a convivere pacificamente? Ovviamente dovete scoprirlo voi, io non vi dirò nulla. 
Bye *_* Love, rediviva. 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2// ***


                                       Innamorata di mio “Marito” 
                                                                                                    capitolo 2



Dopo aver conosciuto il mio futuro conpagno tutti i festeggiamenti del mio diciassettesimo compleanno continuarono nella più totale e completa monotonia. Ikuto era sulla bocca di tutti i presenti. Avevano speso ore ad informarmi sulle sue qualità, sull’importanza della famiglia di Ikuto nella società giapponese, sui vantaggi che ne avrebbero ricavato, e tutte le altre fantastiche opere di bene che aveva fatto durante gli anni. A mia nonna, tradizionalista da sempre, erano piaciute davvero tanto perché non la smetteva più di elogiarlo. Mi limitavo ad annuire a lungo, a far finta di ascoltarla, desiderando ardentemente di essere in qualunque posto sulla faccia di questo mondo ma non in quella stanza. Ikuto era comodamente seduto sul divano insieme a mio padre, proprio di fronte a me, mostrandomi un sorriso strafottente probabilmente perché la mia sofferenza lo faceva divertire. Di tanto in tanto apriva bocca e si intrometteva nel discorso di mia nonna continuando a parlare di quanto la sua famiglia fosse facoltosa e avesse contatti con diverse personalità aziendali di una certa importanza e di tutti quei viaggi, Parigi, Tokyo, America a cui aveva preso parte.. sembrava stesse declamando un discorso che precedentemente aveva imparato a memoria, non mi avrebbe stupita se dietro tutta quella grazia ed eleganza si nascondesse un’anima piuttosto perversa. Tutto il discorso si incentrava su di lui e sulla meravigliosa vita che il denaro gli offriva, fosse stato vero oppure pura tattica, l’egocentrismo non era una qualità che apprezzavo nel mio “lui ideale”. 
— Amu.. — fu la nonna a strapparmi dal turbine ininterrotto dei miei pensieri. Mi voltai e la guardai. — Ikuto ha un regalo per te.— mi informò in un secondo momento mentre le mie labbra si piegavano in una smorfia ben visibile. 
— Non preoccuparti, Ikuto! Non amo molto i regali, non avresti dovuto disturbarti. — lo fissai dritto negli occhi per mettere in chiaro che non ero affatto interessata a lui, che i suoi occhi e la sua pelle non mi avevano minimamente colpito prima. Ikuto sussultò mostrandosi ferito per le dure parole che gli avevo riservato. 
— Ti piacerà, confettino.— mi strizzò un occhio. 
Come mi aveva chiamato? “Confettino!” che nomignolo disgustoso e patetico tra l’altro, mi sta forse prendendo in giro questo montato
— Presumo che non ti piaccia confettino. 
— Presumi bene... se non la smetti anche io potrei nomignolarti. 
— Fai pure con comodo, non me la prendo mica per un innocente nomignolo. 
— Ti va bene gattastro pervertito? O preferisci idiota? Suona meglio questo invece. 
— Come vuoi confettino dolce. 
— Amu diamine, sono Amu. 
— Va bene, Amu.— chiuse lui la discussione, decidendo di darmela vinta per questa volta. — Dopotutto dobbiamo imparare a convivere... dato che tra qualche mese sarò tuo marito. 
Nei tuoi sogni, idiota. Che fastidio!
Si alzò dal divano e si avvicinò a me con un tale portamento che ricordava il principe William, ma lui è più carino, decisamente più carino e anche più stronzo aggiungerei. Si abbassò su un solo ginocchio e recuperando una scatolina dalla tasca della sua giacca nera la aprì e me la mostrò: 
— Amu Hinamori mi vuoi sposare? — 
Oh no, questo tipo è davvero pazzo... ci conoscevamo da sole due ore e poco più, e mi chiedeva addirittura di sposarlo? Non so io, ma lui ha veramente qualche rotella fuori posto. Sapevo che neanche lui aveva intenzione di convolare a nozze così presto e che la proposta non era stata una sua idea, ma di altri e guardando in quella stanza c’era solo una persona dei presenti che voleva quel sì da parte mia ed era.. 
— Sì, ovvio che lo vuole Ikuto caro! Non potevi trovare momento più opportuno di questo. — urlò nonna più eccitata che mai, confiscando la scatolina ed estraendo il prezioso anello che Ikuto aveva da poco comprato per infilarlo nel mio dito contro la mia volontà. Fece tutto lei, io rimasi in silenzio, non avevo voce in capitolo nella storia che riguardava la fine della mia esistenza da nubile, non ebbi la possibilità di rinunciare. Ikuto mi spinse nelle sue braccia per mantenere le apparenze, e finii contro il suo muscoloso petto invasa del suo profumo maschile mentre lui mi sussurrava: 
— Sarà divertente confettino. Non illuderti, io non voglio sposarmi, né con te né con nessun’altra. 
Stare nelle sue braccia mi fece salire pericolosamente il sangue al cervello, mentre le mani che si sostenevano alla sua schiena grondavano sudore, dei brividi fulminei mi percorsero la schiena quando mi lasciò un bacio sulla fronte per suggellare il patto matrimoniale. Considerando che neanche lui voleva quel finto matrimonio forse avremmo potuto lavorare insieme per uscire da questa spiacevole situazione. Non avrei speso un secondo di più della mia vita di adolescente sposata con lui che continuava a punzecchiarmi, neanche morta, quindi mi toccava sbrigarmela da sola. Tentai di separarmi da lui, dalla sua poderosa stretta, ma prima di abbandonare del tutto quel calore lui mi prese il viso fra le mani e mi avvicinò le sue labbra che alla fine collisero con le mie. Un bacio a stampo, ma restammo attaccati, restai attaccata come una mosca in trappola nelle carte moschicide, abbagliata da quel ragazzo che doveva essere il mio inferno e invece capovolgeva il mio stomaco e mi faceva sentire bene, fin troppo bene. No, diamine, non potevo, non con Ikuto. Il mio corpo doveva odiarlo perché mi privava della mia amata libertà e invece non ci riuscivo, il mio odio non superava le aspettative che mi ero posta. Mi tirai indietro appena realizzai quanto tutta questa situazione fosse sbagliata, quanto la mia vita si stesse per rovinare grazie a lui. Gli lanciai uno sguardo furioso e tutto ciò che ottenni in risposta fu il solito sorrisino strafottente mentre si inseriva una mano tra i capelli blu notte. Se stava zitto era bello, attraente fisicamente, ma se parlava rovinava quella immagine di immane perfezione. Penso di aver costretto la mia testa a rimuovere dalla mia coscienza il presupposto di quelle attrazioni fisiche che stavo avendo di lui, perché lui non era altro che un rito di passaggio, un inconveniente bello grosso. Lui mi irritava ma al tempo stesso mi incuriosiva, se magari avessi potuto decifrare quegli occhi profondi e immergermi in essi, ma no non avevo bisogno di altri problemi, la mia vita era già un problema di per sé. 
— Guardatevi, voi due siete meravigliosi insieme, insieme vi illuminate. In breve, potrò godere della gioia di un bel pronipote no? — disse mia nonna, mentre io la maledicevo mentalmente. Il termine illuminare non si addiceva all’amore, alla compatibilità, ma al mondo con cui trovavamo ogni occasione per litigare. 
— Non fin quando sarete marito e moglie ovvio, una volta sposati credo che né farete tanti e starete sempre a letto. — continuò ridendo, lo faceva per mettermi in imbarazzo e perché Ikuto trovasse un pretesto per prendermi nuovamente in giro con quella faccia tosta che si portava alla perfezione. 
Comunque io e Ikuto non avremmo mai fatto sesso, non ci saremmo nemmeno sfiorati, non esisteva. 
Mia nonna aveva da poco raggiunto i cinquant’anni e se li portava davvero bene, a parte le rughe. Aveva sempre condotto una vita mondana, avventure e storielle di poco conto quasi tutti i giorni, fin quando non ha iniziato a stare male. Anche quando assumeva alcolici o fumava, - non le sigarette, - restava la persona più tesa ed equilibrata di questo mondo e non mi sarei mai aspettata che da sobria alludesse a queste cose così intime. Sono completamente morta di vergogna, non per Ikuto, lui ci viveva sicuramente.. ma per me.
— Certo signora, io e Amu ci metteremo subito all’opera. Né vuole 17 per domani? — scherzò Ikuto, ma avrei voluto tanto prenderlo a calci. Sapevo che la cosa lo divertiva, che scherzava come un completo idiota, lui non voleva fare nulla con me, io non ero il suo tipo, lui cercava tipi più intraprendenti. Più svegli, più donne non bambine. 
— Be’ questa è la sola ragione per cui vi sposerete il prima possibile. — aggiunse mia nonna. 
— Presto? Un matrimonio non si organizza... che ne so.. anni? Sai, ci vuole più tempo perché io conosca meglio Ikuto..altrimenti dubito che la relazione funzioni, no? — Speravo onestamente che posticipando il matrimonio sarei potuta riuscire a tirarmi fuori da quella situazione. 
— Oh no Amu, non se ne parla mia cara, la data è stata fissata già. Vi sposerete a luglio, 18 precisamente. 
Un mese, un mese solo da single e libera, poi l’inferno... 
— Dobbiamo pianificare tante cose, ma non vi preoccupate io, Ayu e Yuka vi aiuteremo. 
Non sapendo più cosa dire per mandare a monte quel progetto non mi restò che fermarmi immobile e in silenzio per partecipare inerme alla fine della mia felicità. 
— Io vado nell’altra stanza con gli altri, voi due restate qua e conversate.. mi raccomando.— ci avvisò mia nonna mentre si alzava dal divano. — Tra un’ora venite che ceniamo, va bene? 
No, non va affatto bene! Un’ora con Ikuto.. a sorbirmi i suoi stupidi colpi bassi, no sarei morta. La morte sembrava adesso l’unica via di fuga da questo matrimonio che non mi andava nemmeno tra mille anni di concretizzare. Restai seduta sul divano color panna a osservare i messaggi del mio cellulare fin quando fui interrotta da Ikuto, che appoggiandosi sulla mia spalla, mi sottrasse il telefono dalle mani. 
— Ridammelo, gattastro! — brontolai. 
Era la prima volta che parlavamo da soli. 
— Ehi, non ti scaldare Amu. Te lo ridò, ma a una condizione.. 
— Quale? Dai.. avanti parla una buona volta Ikuto. 
— Devi parlare con me o niente cellulare. 
— E perché di grazia dovrei provare più piacere a parlare qui con te che messaggiare con Yaya? — scattai. 
— Perché non sono un cattivo interlocutore, so ascoltare una donna.. 
— Non voglio parlare. Però ti potrei consigliare una persona perfetta che ti può ascoltare. 
— Uhm, sono curioso. 
— Lo strizzacervelli, magari ti rimette a posto i neuroni, imbecille. 
— Allora siamo in due, perché anche tu avresti bisogno seriamente di una seduta. — si avvicinò ancora di più e le distanze iniziarono a diminuire di nuovo pericolosamente, era così vicino a me che avevo pensato sarebbe potuto esserci un nuovo e profondo contatto labiale, restai congelata sul posto, con le mani alzate in disperato appello per il cellulare ancora nelle sue mani. Restammo così per un po’ a guardarci in silenzio, quando lui scoppiò a ridere e si tirò indietro. — Illusa. Non avrai mica pensato che volessi baciarti di nuovo, vero? 
Non parlai. Non volevo dargli la soddisfazione di averlo solo pensato. Guardai da un’altra parte per non incontrare il suo volto o i suoi occhi scuri, era uno dei suoi ennesimi giochetti idioti, perché lui era un vero idiota.
— Ci avevi sperato almeno.. confettino, ma ti è andata male. — continuò, restituendomi il cellullare. 
Lo presi velocemente prima che cambiasse idea, cacciai dalla tasca del pantalone le cuffie e me le infilai nelle orecchie per annegare nella musica più totale e dimenticare la sua presenza snervante.. dovevo riuscirci, il problema era... lo volevo veramente? Volevo veramente uscire da questa situazione
Ikuto mi ignorò. 



 Angolo della Love//






Ritornata dal mondo degli addormentati, scusatemi tanto ma è difficile per me in questo periodo dato che si avvicina la data del mio esame e sono così nervosa. EFP è un pretesto per distrarmi, se non avessi voi... allora come avrete capito presto i nostri Amu e Ikuto si sposeranno forzatamente... ma come vi suggerisce il titolo non sarà poi una convivenza tanto.. forzata.. però non vi anticipo assolutamente niente, già ho detto abbastanza. Al prossimo capitolo fan, mi raccomando tifate per me e per l’Amuto

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3// ***


                                        Innamorata di mio “Marito” 
                                                                                                    capitolo 3



Mi avete chiesto di trovare un po’ di tempo per continuare questa storia, ed eccomi qui, anche se mercoledì 22 farò un tantino tardi e quindi non aggiornerò. Comunque continuerò prestissimo, non vi dovete assolutamente preoccupare. Sto rivedendo le puntate di Shugo Chara mentre scrivo, specialmente la seconda stagione quando Ikuto è per la milionesima volta in casa di Amu senza che i genitori lo sappiano. Io adoro AMUTO, chi tifa loro deve assolutamente commentare questa storia. 
Ci conto, ringrazio come sempre i miei fan affezionati Blue_Passion e TimeStrangeRey
Vi adoro! Continuate a seguirmi, anche se per colpa dei miei ritardi sono molto altenelanti. ►



Un’ora... una sola ora con lui poteva essere un giro nell’inferno oppure salire in paradiso, per me era più la prima, lo detestavo con tutta me stessa, o almeno cercavo di detestarlo. La cena in realtà fu decisamente insopportabile, ci raggiunsero poco dopo i familiari di Ikuto, molto simpatici sopratutto la sorella, lui invece era l’emblema della sua perfezione di strafottenza al limite dell’indicibile. La madre di Ikuto, Ayu, era così gentile e premurosa nei miei confronti, il tipo di madre che avrei voluto, visto che la mia decise di abbandonarci quando comprese che il ruolo di madre e moglie non le era mai andato a genio. Non vi erano dubbi che Ikuto tenesse molto a lei, lo si capiva dal modo in cui si guardavano con dolcezza. Ikuto cambiava totalmente con lei, diventava un’altra persona, ma nonostante questo continuavo ad odiarlo con tutta me stessa. Se non ci fossimo trovati in questa situazione così disperata avrei provato lo stesso odio smisurato di ora? Be’ sinceramente non sono poi tanto sicura che questi sentimenti sarebbero mutati, odiavo il modo in cui si faceva continuamente beffe di me. Utau la sorella di Ikuto di un anno più piccola si era rivelata un’ottima amica e confidente, andavamo molto d’accordo, ci parlavamo apertamente, cercavamo di fare conoscenza visto che saremmo presto diventate non solo amiche, ma anche “cognate” molto probabilmente tra un solo mese. Mi ricordava molto la mia amica Nadeshiko. Era partita qualche anno fa per l’Inghilterra per studiare danza, era il suo grande sogno e io da buona amica non avevo potuto far altro che vederla andare via nonostante avvertissi la malinconia stritolarmi in una morsa il cuore.
Avrei tanto voluto che Nadeshiko tornasse così almeno avrei potuto parlarle della situazione e riuscire a risolverla, insomma.. avevamo fatto sempre tutto insieme, ora senza di lei mi sentivo sola, abbandonata e completamente smarrita in me stessa. Che pasticcio!
Mia nonna trascorse la maggior parte della cena chiacchierando con Ayu e Yoshi, i genitori di Ikuto, i miei futuri suoceri mentre mio padre intratteneva una piacevole conversazione con il futuro genero, sembravano essere molto in sintonia sulle questioni maschili di cui stavano discutendo, mentre io sembravo presa nel mio mondo di ricordi, intrappolata costantemente nella regnatela che qualcuno ha intessuto, quel qualcuno era mia nonna.. era lei che mi aveva infilato in quella situazione davvero raccapricciante. Anche con i posti aveva progettato tutto lei: Utau era stata disposta di fronte a me, nonna stava accanto a lei, mio padre invece accanto alla madre di Ikuto, mentre io avevo il piacere incommensurabile di stare appiccicato a lui pure a tavola. 
Quando finimmo anche il dessert restammo tutti seduti intorno al tavolo a chiacchierare con gli argomenti più disparati quando improvvisamente senza che me ne rendessi conto Ikuto appoggiò e fece scorrere una sua mano verso la mia gamba destra. Quando avvertii la sua mano poggiarsi sulla mia pelle sussultai un momento e abbassai lo sguardo. Ikuto strinse ancora di più, rialzai il volto e incontrai il suo. I suoi occhi profondi mi guardavano, fondendosi con i miei color caramello, mentre sul mio volto si espandeva un timido rossore. Il suo tocco scatenò dentro di me un fluire ininterrotto di emozioni, di sentimenti contrastanti, riuscì a trasmettermi delle scariche così forti, che partirono dai piedi fino ad arrivarmi alla testa percorrendo tutto il mio corpo, triplicando lo strimpellare del cuore creando un concerto che mai mi sarei aspettata. Colpii la sua mano cercando di allontanarla, ma lui non demordeva, continuando a tenermi la coscia con una sicurezza incrollabile ben visibile nei suoi occhi misteriosi. 
— Ikuto! — gli urlai sdegnata, esortandolo a darci un taglio coi sentimentalismi. — Cosa cerchi di fare? 
— Dovresti abituarti a tutti questi sentimentalismi confettino, dopotutto tra meno di un mese saremo sposati, ricordi? E un marito fa questo e molto altro per la sua consorte. — rispose, spostandosi con tutto il suo peso verso il mio collo per lasciarvi un bacio, per poi ritrarsi. Capire il gioco di un’idiota era impensabile. 
— Oh... - sospirò mia nonna finendo di annoiare Utau. — Guardateli, sono davvero meravigliosi insieme, formano una bellissima coppia, non credi anche tu Utau cara? —
La sorella di Ikuto ci guardò, poi ritornò a fissare la nonna. 
— Penso che Amu sarà un’ottima compagna per il mio fratellino, purché non la faccia soffrire. 
Ikuto non voleva fare nulla con me questo mi era chiaro. Aveva le sue tattiche da maniaco, idiota, cetriolo... voleva sembrare un compagno perfetto, provare interesse per me, così quando avremmo finito la pantomima avrebbe capovolto la situazione a suo vantaggio con tutti quanti apparendo la vittima, mentre io il suo carnefice. Non gliela avrei mai data vinta, se lo poteva scordare, non avevo paura di lui. 
Ci alzammo dalla tavola per trasferirci nell’altra stanza, e chiudere quella serata ormai al limite dell’insopportabile. Mentre Ikuto veniva sequestrato dal braccio di mio padre, io rimasi ad aiutare a sparecchiare e riporre ogni cosa al suo posto insieme a Utau, che colse l’occasione per manifestarmi i suoi dubbi sulla convivenza con suo fratello. Utau si sporse per recuperare i piatti, mentre io i bicchieri, e proprio in quel momento mi si avvicinò stringendomi il braccio: 
— Amu. 
— U-utau? — la guardai sospendendo il lavoro. — Cosa c’è? 
— Niente, Amu. Volevo solo chiederti di stare attenta, io amo molto il mio fratellino ma lui non è come sembra. Lui non è assolutamente un ragazzo facile, anzi è un vero e proprio problema. — mi disse. 
— Utau.. sai benissimo che io e tuo fratello non siamo fatti per stare insieme. Non ci sopportiamo. Non ci vogliamo assolutamente bene, sicuramente saremo cane e gatto una volta sposati. Io infatti non ho alcuna intenzione di sposarlo
Utau spalancò le iridi, non mi credeva così coraggiosa, forse era convinta che io fossi come tutte le altre, che finissi abbagliata dalla sua bellezza smisurata, non potevo non ammettere che appena lo avevo visto tutte le mie certezze erano crollate e il mio odio non aveva avuto il sopravvento, ma adesso stavo provando con tutta me stessa a resistere, resistere per liberarmi di lui. Ma lo volevo davvero? Volevo davvero liberarmi di lui? 
— Non sarà così semplice scappare da questo matrimonio in cui sei stata intrappolata. Gli adulti decidono quello che più fa comodo a loro, noi dobbiamo solo sorbire in silenzio le conseguenze delle loro decisioni. —
Utau mi sorrise per alleggerirmi il peso che mi portavo dentro, ma esso non accennava a svanire per quanto mi sforzassi. — Non mi interessa proprio per niente. Nessuno può decidere per me
—Mi dispiace Amu che ti sia toccato in sorte quel rompiscatole di mio fratello Ikuto. Anche se è veramente insopportabile in realtà è molto dolce e gentile. Dipende da quale punto di vista lo conoscerai. 
Utau sorrise debolmente stringendo le mie braccia. Continuammo a fare ordine e quando finimmo ci toccò tornare in salotto, dove tutti ci stavano aspettando. Dopo quello che mi aveva detto Utau ero ancora più arrabbiata con mio padre e con mia nonna, come avevano potuto scegliere per me il ragazzo che avrei dovuto sposare? Diamine, non è possibile non avere proprio il controllo della mia vita accidenti
Mi avvicinai a mio padre che stava ancora parlando con Ikuto, e posi le mani sui fianchi. 
— Ipocriti! Non avevate il diritto di scegliere chi avrei dovuto sposare! Come hai potuto papà, ci sei già passato tu, perché non hai fatto assolutamente niente per riuscire a convincere la nonna, anche tu sei come lei, e vuoi la mia infelicità! — urlai, mentre Ikuto guardava altrove perso in non si sa quali pensieri. 
— Amu Hinamori modera il linguaggio, abbiamo ospiti. Questo non è il modo che si addice a una futura moglie...— mi rimproverò mia nonna, balzando in piedi come una molla. 
— Tesoro, sai già che questa non è una mia idea. Ci ho provato a tirarti fuori da questa situazione, sai benissimo che ci ho provato, voglio solo il meglio per te... per questo ho scelto Ikuto. Mi dispiace. — disse mio padre sull’orlo di un pianto disperato. Ci teneva a me, forse avrei dovuto controllarmi perché Ikuto continuava a guardarmi come se avessi detto una stupidaggine delle mie. 
— Non ti credo! Sei solo un debole. Ti prego lasciami sola, e non provate a seguirmi! — e detto questo mi precipitai fuori da quella casa che mi stava incastrando, mi stava imprigionando. 
Chiusi la porta sperando di poter stare da sola, prendere i miei spazi senza Ikuto tra i piedi. Ero solo una ragazzina, e volevo fare le cose normali che si facevano a quest’età, ma ormai non avrei potuto più farlo. 
Sentivo già il sapore amaro della delusione di quando sull’altare avrei rinunciato alla mia libertà, alla mia adolescenza, a tutto ciò che non avrei potuto fare con un marito per un anno intero, che mi sembrava un’eternità. Camminai piano oltre il viale della casa di mia nonna, l’aria era fresca e frizzante e mi entrava piano nei polmoni. Mi fermai sedendomi sul marciapiede, e abbastanza lontana da occhi indiscreti gettai via il mio scudo di superiorità e cominciai a sentirmi debole, mentre le lacrime rigavano le mie guance. Avvicinai i pugni chiusi per asciugarmele, e restai immobile a guardare i lampioni che lentamente prendevano ad illuminare la zona desolata. Vidi un’ombra stagliarsi sulla mia figura accucciata, e delle mani posarsi sulle mie spalle, non fu difficile capire di chi si trattasse, ma non avevo bisogno della sua ridicola consolazione. 
— Ikuto.. — mormorai fra le lacrime, stringendo le braccia intorno alle gambe. — Lasciami stare. 
— Non posso, confettino. Se stai male tu, sto male anche io. — ribatté lui.
— Non ho né il tempo, né la voglia di starti a sentire. Vattene dentro, per favore! 
— Non ubbidisco mai. — fece lui. — Torniamo dentro. Tua nonna è su tutte le furie, e mi ha chiesto di convincerti a rientrare.
— Sprechi fiato. Non ci rientro lì dentro, in quelle quattro mura, è fuori discussione. — scossi la testa. 
— Va bene... allora se non ti dispiace, non voglio essere colpevole perché ti sei presa un bel malanno. Ti ci porto a casa io. 
Mi voltai a guardarlo. — D’accordo ma questo non significa affatto che mi piaci. 
Ikuto fece un sorrisetto. — Ovviamente no confettino, tu in realtà mi ami. 
Era ritornato a fare lo stupido con me, insopportabile, aveva ragione Utau: Ikuto non sarebbe mai cambiato.
— Sei troppo sicuro di te stupido, non solo non ti amo, non mi piaci, non sei una mia scelta, ti odio mettitelo in testa una buona volta. — gli diedi un leggero colpetto sul braccio. 
— Calmati confettino, stavo scherzando. — fece un sorriso mentre con le sue braccia mi rialzava dal cordone del marciapiede e mi rimetteva in piedi, stringendomi nuovamente al suo petto muscoloso. Mi portò verso la sua macchina parcheggiata nelle vicinanze, e mi aprì la portiera: — Prego. 
— Grazie.. Ikuto. — mi tenne la portiera aperta finché non mi sedetti sul sedile morbido e confortevole del suo bolide. Anche lui fece il giro ed entrò, trascinandosi dietro la portiera silenzioso. Accese il motore e partimmo verso casa accompagnati dal buio più profondo. Il viaggio fu particolarmente silenzioso. Ikuto era serio e concentrato con gli occhi alla strada dinanzi a noi e le mani rigide sul volante, io mi godevo il misterioso spettacolo degli alberi smarriti nell’oscurità da un finestrino semi-aperto da cui proveniva un piacevole venticello. Spostai lo sguardo verso lui, notando quanto fosse carino quando era serio e non sbruffone come poco fa, ma non appena si accorse del mio interessamento feci finta di nulla e tornai al passatempo di prima. Guardare la natura mi aiutava a smembrare tutte le mie paure e materializzava dentro di me una pace che non avevo mai trovato. Quando arrivammo fuori casa mia, dopo un’ora di sguardi fuggitivi e parole vuote restai delusa, non perché mi mancava la presenza di Ikuto, ma perché la macchina in quel momento sembrava abbastanza sicura e rassicurante per poter scappare via da ogni problema. Accostammo vicino al marciapiede dinanzi la mia casa e spense la macchina. 
— Grazie molte per avermi portato a casa. Non ce la facevo più a stare lì dentro, è stato il peggior compleanno di tutta la storia. — sorrisi debolmente.
— É stato un piacere, confettino. — tornò a prendermi in giro. 
— Smettila di chiamarmi in questo modo, Ikuto. Forse dovrei rimangiarmi quel “grazie”. 
— Presto sarai mia e ti chiamerò in qualunque modo vorrai. — feci una smorfia per poi aprire la portiera. 
— Davvero non c’è una via d’uscita? Dovremo sposarci... anche se non ci amiamo, se non ci sopportiamo, perché io non ti sopporto Ikuto. 
— Credo di no, Amu. Deve sembrare che ci stiamo provando ad essere felici prima di chiedere il divorzio. — si portò una mano tra i capelli scuri spostandoseli piano. — Ma fino a quel momento può essere che ti innamorerai veramente di me, allora mi implorerai di restare al tuo fianco chi lo sa? Può succedere.. 
Nei sogni la principessa non si innamora dell’orco ma del principe in sella al suo cavallo, forse dovevo aspettare prima di definire Ikuto una persona spregevole, forse aveva qualità fin troppo nascoste che mostrava solo alle persone che voleva lui, forse.. una di quelle sarei potuta essere io, ma probabilmente erano solo mie stupide supposizioni come del resto i miei stravaganti pensieri su me e lui. Chiusi la portiera. 
— Ti piacerebbe, Tsukiyomi! 
— Sì... ammetto che una come te non è un cattivo tipo per me, non devo poi aspettare così tanto per averti tutta per me, mogliettina mia. — mi voltai verso la porta principale, era talmente fastidioso che guardarlo in faccia mi sarebbe addirittura costata cara la vista. Per renderlo felice scossi semplicemente la testa e dopo aver cercato la chiave nella borsa aprii la porta, un colpo di clacson e lui sparì nel nero della notte. 
Una volta entrata nel corridoio di casa tolsi le scarpe, mi piaceva camminare a piedi scalzi, mi rilassava, presto avrei dovuto dimenticare i miei illogici comportamenti e diventare matura per Ikuto, per il mio futuro marito, quella parola che mi lasciava solo l’amaro in bocca. Mi incamminai verso la mia camera, e non appena vi entrai scoprendo il disordine che avevo lasciato prima di uscire i miei occhi si spalancarono. Era abbastanza tardi per fare grandi pulizie, ma questo mi avrebbe aiutato a rimuovere dalla mia coscienza l’immagine di quello che era accaduto poco fa, la promessa matrimoniale e l’anello che era come una pugnalata ogni volta che mi guardavo il dito. Sfilai via il vestito rosso e lo aggiustai sulla gruccia, che riposi nell’armadio indossando un pantaloncino in cotone e una t-shirt larga. Legai i capelli rosa in un disordinato chignon e mi struccai infilandomi immediatamente nella coltre di coperte tanto che ricordavo un sarcofago egiziano. Recuperai il telefono e vittima di un colpo di insonnia inviai un messaggio a Yaya, una dei miei amici, insieme a Tadase, Kukai, Rima, il gruppo dei guardiani che formammo alle elementari. 
   Ragazzi, aiutatemi per favore. Quello che più temevo si è concretizzato, dovrò sposarmi...
       sapete con chi? Con Ikuto Tsukiyomi! Non so che fare per uscire da questa brutta situazione. 
                Devo vedervi. Facciamo domani al Royal Garden? 
                                               Amu.


Posai il cellullare sul comodino e mi tirai le coperte fin sopra al naso per riuscire a ritrovare la voglia di cadere nelle braccia dello sperduto Morfeo. Proprio mentre mi stava conducendo in uno dei miei sogni più belli il cellulare emise una lieve vibrazione, e pensando che Yaya mi avesse risposto lo presi felice, ma purtroppo non era la persona che speravo, no. Era... Ikuto, lui di nuovo dopo che ci eravamo salutati. Perché non mi lasciava dormire quel ragazzo? Avevo bisogno di dormire per ritemprare lo spirito. Era cattiva educazione non rispondere. Accesi il display e lessi il messaggio:
                           
         Amu, anzi confettino... oggi è stato molto divertente. 
         Mia madre mi ha confermato che domani dobbiamo fare qualche compera per il matrimonio e ci vuole entrambi presenti, visto che si tratta di noi due. Dimmi che ci sei. 
Dopotutto sarà un evento straordinario, confettino... sono sicuro che lo amerai proprio come ami me.
                                                                  Ikuto, con amore.


Perché non andava al diavolo, lui e il matrimonio pure. Forse non aveva capito... non avevo intenzione di sposarmi con il re degli stupidi e passare uno spaventoso anno in sua compagnia. Lui invece parlava di sposarci e in un secondo momento lasciarci, era fuori del tutto, potevamo mai stare insieme senza avere rapporti, senza provare passione l’uno per l’altra, saremmo riusciti a resistere tutto quel tempo? Credo proprio di no. Vidi il numero e misi in chiamata, per ascoltare la sua voce calda e profonda? No, per cantargliene quattro a quel gattastro pervertito. Due squilli, cadenzati dai battiti del mio cuore, e infine la sua voce, ancora più profonda di come l’avevo sentita poco fa. 
— Confettino, che onore con questa telefonata.. 
— Nessun onore, onore... tu nemmeno sai cos’è, ma ti chiamavo per sapere.. come hai il mio numero? 
Nessun rumore o respiro, speravo che non avesse riattaccato per la miseriaccia. 
— Questo non posso dirtelo, è un segreto professionale. Domani vieni con noi, vero?
Sembrava un bimbo che chiedeva alla mamma di comprargli le caramelle, ma secondo me era la sua ennesima tattica di convincermi a fare ciò che più non volevo: partecipare a quella pantomima. 
— Ho altri impegni per domani. — tagliai corto. 
— E dove devi andare? Qualcosa più importante a quanto pare del tuo futuro marito. 
— Mi vedo con gli amici. Tu a quanto pare sei un asociale, vero? 
— Preferisco stare solo. 
— Come i gatti, Ikuto. 
— Uhm.. sì, ma accetto la buona compagnia sopratutto la tua. 
— Forse in un’altra vita sei stato un imbecille e anche un gatto. Comunque, vai da solo. Tua madre ha buoni gusti, sceglierà sicuramente la cosa più giusta per quella cerimonia. 
— Insignificante? Sveglia confettino, sarà il giorno più bello delle nostre vite legate per sempre. 
Sbuffai. — Mi dispiace, ma non attacca. Ti ho chiamato solo per mettere in chiaro che non verrò. 
Ikuto sospirò dandomi l’impressione di essere rimasto deluso, ma a me non importava partecipare allo shopping, quanto invece vedermi con Yaya e gli altri domani al Royal Garden. 
— Buona notte, Ikuto.
— Amu! — mi bloccò lui mentre stavo per premere il tasto rosso. — Ti troverò confettino, in qualunque posto perché tu domani verrai con me, e non si discute. Verrò a prenderti, quindi sii presentabile. 
— Sei tosto, Ikuto. Non ci vengo! 
— Ti convincerò, ora.. dormi bene e sognami. 
Risi. — Allora... sarà uno dei miei incubi peggiori, Tsukiyomi. 
— Ci vediamo domani, confettino. — e prima che potessi rimproverargli di nuovo questo lui attaccò. 
Questo ragazzo che mi avevano trovato era un vero e proprio mistero, ma per quella sera ero troppo stanca per iniziare a decifrarlo. La cosa era rinviata a domani, a quando avrei discusso con gli altri sul da farsi, speravo solo che Ikuto si sarebbe convinto che era tutta un’enorme buffonata, che con questo matrimonio forzato non avremmo vissuto in un sogno, ma con gli incubi, gli incubi di non sentirci in sintonia. Io non ero affatto in sintonia con lui, lui era troppo diverso, troppo strafottente, troppo idiota, troppo tutto, mentre io non ero altro che una ragazzina che voleva godersi la vita, e mentre la mia mente ripescava questo ragionamento Morfeo mi avvolse in una bolla di piacere e annullò ogni cosa. 
                                            






 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4// ***


                                        Innamorata di mio “Marito” 
                                                                                                    capitolo 4


La vostra Kissenlove finalmente torna con uno dei suoi tanto aspettati aggiornamenti. Sembra che in questo periodo stia tralasciando un po’ i miei doveri su questo sito magnifico, in cui ci sono iscritta da ormai quattro anni... mi sembra passato soltanto ieri, ma vabbé dettagli. Andiamo al punto ragazzi: allora... eravamo rimasti a questa cruciale domanda, Ikuto riuscirà a convincere Amu ad andare a fare shopping con lui per la loro cerimonia nuziale? Se volete scoprirlo non vi resta che leggere il continuo, e lasciare una piccolissima recensione! 
La vostra Love vi saluta, e vi augura una buona lettera - mi date il buona fortuna per la prossima prova di domani, por favor? - non è obbligatorio, ma mi sentirei più gasata per la prova di indirizzo. Forza, ragazzi! In bocca al lupo a me.. e a voi per questa lettura. 





Un minuto prima mi trovavo ad imprecare con tutta me stessa contro un povero apparecchio elettronico che non aveva alcuna colpa della testardaggine del mio quasi marito, il minuto dopo ero completamente abbandonata nei sogni più profondi della mia anima tormentata. Continuavo a immaginare la raccapricciante scena di quell’evento che avrei voluto volentieri evitare. Gli invitati posizionati come piccoli soldatini, la marcia nuziale che avvolgeva la mattinata, il tappeto bianco immacolato che veniva calpestato dai miei piedi, la mia vita fragilmente distrutta da un matrimonio combinato. Alla fine mi aspettava una persona, che sorrideva emozionata al vedermi sopraggiungere, e a quel punto senza neanche poter riflettere sull’espressione da indossare mi ritrovavo sollevare gli angoli della labbra e a velocizzare il passo quando soltanto pochi istanti prima che tutto iniziasse desideravo solamente che la terra mi inghiottisse. Mentre avvertivo la libertà scivolare via dalle mie mani e il mio sorriso allargarsi pensai immediatamente a una spiegazione plausibile, poi ricordai quella legge di vita per cui ogni nostra azione è organizzata dal nostro pensiero incosciente, e il mio è di fronte a me. Dannata Psicologia, dannato chi l’ha inventata! Non potevamo continuare a perseverare sulla nostra idea che fosse la nostra vita cosciente a guidarci, così almeno avremmo commesso meno errori.. ma no Freud non se ne è stato al suo posto, ha inventato la sua teoria e ha sconvolto il mondo, ha sconvolto il mio mondo interiore.. solo dopo però che Ikuto aveva fatto la mia conoscenza. La colpa non è di Freud.. la colpa è mia, soltanto mia. Sospiro, mi piacerebbe sfumare via come i colori da una tela. Vorrei fermare il tempo e ripartire da zero inserendo la marcia giusta, vorrei non proferire quel sì dinanzi a tutti, vorrei essere libera di essere quello che mi pare e piace, vorrei che tutto questo svanisse, che sia tutto frutto della mia mente malata, e che anche Ikuto sia in realtà un miraggio. Posso sperare che sia così almeno, anche se un sogno resta un sogno e la realtà resterà pur sempre realtà. Amu smettila di sperarci, Ikuto non sparirà mai.. mai e poi mai, neanche se avvenisse un miracolo.. lui è la tua prigione. 
La tua follia, la crudele recitazione che ben presto stritolerà la tua vita da adolescente. Ero a un passo dal perdere tutto, a un passo da Ikuto, pronto ad accogliermi col suo sorriso sfrontato, quando un risucchio improvviso tramutò la scena in un’oscurità lacerante e profonda che mi squarciò lo stomaco in due parti. Ikuto non era più lì, non che lo volessi, ma quella luce, la sua luce.. mi riscaldava, mi sentivo meno sola, adesso invece in questo limbo non riesco più ad orientarmi.. ho perso la bussola, ci si può mai perdere nella propria anima così facilmente da non ritrovare più se stessi? L’oscurità che mi accerchia smette di affogarmi, e un barlume di luce proveniente da destra rischiara il posto, mi ritrovo nel mio letto, con il mio pigiama, nell’ammasso di coperte soffocanti, con gli occhi al soffitto da cui si dirama un flebile spiraglio di sole. Mi volto, e traggo un sospiro di sollievo.. niente Ikuto in vista. Mi sposto dalla parte opposta e incontro il freddo muro. 
— Ehi, buongiorno bella addormentata. Dormito bene? 
— Vi prego su quello che ho di più caro... fa che non sia quel pervertito di.. — non riesco a concludere la frase che un indice mi sfiora la guancia. — Vattene, lasciami dormire in pace! 
— Amu, lo sai che sei una gran maleducata? — sembra arrabbiato, anche se la sua voce è più ironica. Avverto i suoi movimenti mentre si accomoda al ciglio del mio letto. — Allora, ti va di fare qualcosa oggi? 
— Scordatelo, Ikuto. Non ho voglia di fare un bel niente... te l’ho detto, ho da fare per conto mio. Non siamo ancora sposati.. quindi preferirei essere lasciata sola, grazie, e godermi questi ultimi momenti da single. 
Gli do le spalle, mentre lui ridacchia. — Non ancora, però presto lo saremo e allora non faremo altro che cose da perfetti neo sposini, andremo in luna di miele, condivideremo il letto e lo spazio, ma sopratutto ci divertiremo un sacco, vedrai. 
— Ikuto.. - avrei voluto dormire, ma a quanto pare quel piccolo pervertito non né vuole sapere di sparire, così  mi alzo e cerco di mettere in chiaro la situazione in modo che lui capisca. — Non voglio essere controllata, non voglio fare niente con te sopratutto spartire lo stesso spazio, quindi fammi il favore. - mi alzo dal letto e gli indico gentilmente la porta, perché se lo facessi con meno grazia, lo dovrei sbattere fuori a calci. 
— Quella è la porta. 
Lui si alza e mi viene incontro, diminuendo immediatamente la distanza che ci sta separando. 
— Va bene confettino, ti lascio ai tuoi impegni... ma alle cinque non si discute, dobbiamo uscire con mia madre, quindi ti conviene liberarti. - con una mano mi spinge contro il suo muscoloso petto. — Un bacio? 
— Un pugno andrebbe bene. - mi libero dalla sua stretta e gli muovo l’indice vicino al volto. — Ora fuori. 
Ikuto alza le mani in segno di sconfitta. — Hai vinto. - prima di scomparire definitivamente dalla mia vista indietreggia e mi lascia un leggero bacio sulla guancia, dato che mi sono spostata e quindi non gli è stato possibile centrare il suo obiettivo. Alla fine posso stare finalmente sola nella mia stanza, senza quel pervertito, scemo, menefreghista che mi hanno trovato per consorte. La mia trovata libertà. 
Il mio cellulare continuava a vibrare dove l’avevo abbandonato, e prendendolo in mano notai il messaggio salvifico che tanto si era fatto aspettare: quello di Yaya. 


Non ci posso credere! E non sei contenta? Insomma ti sposi quel figo di Ikuto... ma però a quest’età non è la cosa più responsabile che potresti fare. Non preoccuparti Amu, ti aiuteremo, allora ci vediamo al Royal Garden alle undici. Mi raccomando, puntuale, così cercheremo una soluzione al tuo problema. 
                                                              Yaya. 


Guardai l’orologio che segnava le dieci e un quarto, non mancava molto alle undici.. dovevo sbrigarmi, ai guardiani non piaceva che arrivassi in ritardo a una delle nostre riunioni speciali. La giornata era destinata ad andarmi anche peggio, visto il risveglio scombussolato grazie alla visione di Ikuto. Perchè tutto a me?
Corsi velocemente nel bagno, una doccia velocissima, diedi una sistemata alla chioma rosa che di mattina somigliava a quella di un barboncino spettinato, un leggerissimo make-up e alla fine la scelta dei vestiti, che ovviamente erano sempre stile spicy and cool, lo stile che più mi rispecchiava. Presi la borsa, sistemai i vestiti della serata precedente nell’armadio, recuperai una manciata di soldi dal salvadanaio, il cellulare e qualche altro piccolo accessorio femminile, poi chiusi la porta della mia stanza. Speravo che Ikuto se ne fosse andato, che non mi infastidisse più, ero davvero esausta di vederlo girovagare in quella casa come se fossimo già una coppia sposata, era già tanto sorbirmelo a tutte le cene ufficiali della mia famiglia, ora anche quotidianamente. Oltre a lui nemmeno mio padre era nella lista. Ero ancora arrabbiata perché mi aveva nascosto il mio matrimonio con Ikuto e che tutto era stato deciso quando ero ancora una bambina, come riteneva quella stupida tradizione millenaria. Fortunatamente almeno lui dormiva ancora così sarebbe stato più facile riuscire ad evitarlo. Non mi andava proprio di discutere anche con lui per la questione delle nozze, la serata rovinata del mio compleanno era stata sufficiente a farmelo ricordare a vita. Scesi piano le scale, silenziosa, ma mentre stavo per sgattaiolare fuori dalla porta principale una presenza asfissiante mi bloccò: 
— Amu, dove vai? 
Digrigno i denti nervosa, non può controllarmi adesso che sono libera, non è mio padre, non è niente. 
— Che ti importa! Non sei mio padre, fatti gli affaracci tuoi, pervertito. 
— Dimmi.. ti svegli sempre così di mattina? Molto scontrosa? 
Mi voltai furibonda, ero arrivata al limite della sopportazione. 
— Sì, hai qualche problema gatto. Tanto non dormiremo insieme, tu sul divano, io sul letto.. quindi non farti strane idee, anzi la tua presenza in questa casa mi sembra fuori luogo, eclissa via immediatamente! - non volevo più restare lì a parlare con lui, mi stava facendo far tardi, quindi lo ignorai così avrei avuto più probabilità di non sentirlo più parlare a sproposito. Una volta fuori sbattei con forza la porta e respirai nuova aria, lontana dalla prigionia in cui mi stavano condannando. 

Quando entrai nel Royal Garden c’era già il solito gruppetto ad aspettarmi muniti di teiere e biscottini, perché bisognava pensare con stomaco pieno, altrimenti le idee non erano mai producenti. Yaya stava già gustando le prelibatezze, con in bocca un biscotto alla vaniglia intero, mentre gli altri la guardavano perplessi. 
Non appena la piccolina del gruppo mi vide alzò la mano in aria: 
— Amu! 
— Buongiorno, ragazzi! - salutai, e loro ricambiarono offrendomi una sedia, così mi accomodai al tavolino insieme a loro per sgranocchiare qualche buon biscotto, per colpa di Ikuto la mia colazione si era fatta andare a benedire. Non appena presi posto tutti gli occhi dei presenti furono nei miei per la questione del matrimonio, fui costretta quindi a raccontare il mio strano rapporto con il mio futuro marito e la brutta serata passata a casa della nonna, tutto nei minimi particolari, senza tralasciare nulla, neanche il bacio che io e Ikuto costretti dalle circostanze ci eravamo scambiati. 
— Amu non ci posso credere che per tutto questo tempo tuo padre, tua nonna, tutti ti hanno mentito! - esclamò Nagihiko, che più di tutti mi conosceva benissimo, anche grazie al nostro rapporto di amicizia e totale appoggio. 
— Da quel momento imbarazzante quel gattaccio mi sta sempre tra i piedi. - sospirai - non riesco a liberarmi di lui, riesci a trovarsi in ogni posto che frequento. - mi voltai dietro e trassi un nuovo sospiro di sollievo. 
— Ikuto è d’accordo sul matrimonio? 
— Non si è espresso molto. Sembrava che lui fosse meno sorpreso, forse era stato avvisato dai suoi in qualche modo. - spiegai. Poggiai i gomiti sul tavolo, e nel mio anulare sinistro spiccava quell’odiato oggetto finto. 
Yaya scattò in piedi: — Che bello! Questo è l’anello di fidanzamento? Ce lo fai vedere, sono curiosa! 
— Sì... niente di così prezioso, è semplicemente un anello, non fa differenza se non è dettato dal sentimento. Io infatti non lo amo, anzi lo odio, perché mi sento costretta a sposarmi con lui. Non volevo fare questa fine anche io, come mio padre. 
— Dai, voglio vederlo! - mi pregò Yaya come una bimba piccola dinanzi a un negozio di dolciumi. 
— Va bene. - me lo sfilai dal dito e lo appoggiai sul tavolo. 
— Bellissimo! - lo prese fra le mani e lo rigirava, poi mi guardò con un cipiglio alzato. — Sicura di non volerti sposare con l’erede della grande famiglia Tsukiyomi? 
— Sì. Tra noi non ci sarà mai nulla di romantico... anzi forse ci odieremo.. l’unica cosa che voglio è non percorrere quella navata. - Yaya mi restituì l’anello, che non infilai al dito di nuovo. Forse mentivo a me stessa, l’anello era bello, Ikuto aveva gusti raffinati e femminili, aveva pensato al femminile, ma il significato della costrizione lo rovinava totalmente. Lo chiusi nella mano e lo lasciai scivolare noncurante nella borsa. 
— Non lo vuoi più indossare? - mi chiese Tadase, stringendo la mano alla sua fidanzata. 
— In via del tutto eccezionale, solo davanti alle nostre famiglie per mantenere le apparenze.. 
— Quindi davanti a tutti gli altri no? - continuò Kukai. 
— No. Davanti agli altri sono una donna libera. 
— Visto che gli Tsukiyomi sono molto ricchi, immagino che la cerimonia avrà molti invitati. - dichiarò Yaya, eccitata di dover partecipare a una di quelle cerimonie in grande stile dei ricconi come Ikuto. 
— Se si farà il matrimonio ci saranno le nostre famiglie, voi ovviamente, i miei amici guardiani e inviterò anche le fidanzate di Kukai e Tadase. - mi posi un dito sulla guancia. - Devo scegliere chi sarà la mia damigella d’onore... forse... - Yaya alzò la mano, ma io guardai il volto di Nagihiko. - Nagihiko, potresti tu.. 
Il guardiano mi guardò perplesso, come a farmi intendere che aveva abbandonato ormai la sua controparte femminile, per essere solo sé stesso. — Guarda Amu.. 
— Ti prego, sei la mia prima amica... e voglio che in questo giorno speciale tu mi stia vicino. 
— E io allora? Non sono una tua amica.. - piagnucolò Yaya come una bambina. 
— Certo, ma per questo ruolo vorrei Nagihiko. Scusa Yaya, e scusa anche a te Rima. 
— Figurati Amu. - rispose l’interpellata. 
— Allora come sarà questo tanto odiato matrimonio? - scherzò Kukai. 
— Sicuramente non sarà come me lo sono sempre immaginato. Lascerò le decisioni ad Ayu e mia nonna, così quando io e Ikuto divorzieremo e incontrerò qualcuno che amerò veramente, avrò la cerimonia che ho sempre sognato. - dissi. 
— Buona idea. - annuì Rima in approvazione. 
Passammo i restanti minuti a discutere di vari argomenti. Ero felice di trascorrere il mio tempo in compagnia dei miei buoni amici, perché la mia mente automaticamente cancellava i brutti ricordi e riaccoglieva quelli belli che potevano aspettarmi in un lontano futur prossimo. Purtroppo anche questi momenti sono destinati a volgere al termine, e per colpa di chi? Della stessa persona.. il mio stalker, Ikuto Tsuyikomi. 
— Confettino! - mi chiamò e l’eco rimbombò facendo scoppiare a ridere Kukai, mentre ammattivo di rosso. 
Quando mi inquadrò al tavolo mi raggiunse a grandi falcate. 
— Ah.. sei qui. Su andiamo, tempo scaduto, avevamo dei nostri piani oggi. - sottolineò la parola noi alla vista di Kukai e Tadase, per timore che fossero miei pretendenti. 
— Tu devi essere Ikuto! - urlò Yaya, come se non avesse mai visto un uomo sulla faccia della terra. 
— In carne e muscoli... e tu invece dovresti essere Yaya.. — Ikuto stava continuando a prenderla in giro, odiavo che schernisse i miei amici perché non volevo seguirlo, quindi per salvarli decisi di sacrificarmi. 
— Cos’ho? - lo guardai furiosa, tirandolo per la camicia fuori da quello spazio incantato. 
Lui mi fissò attentamente: — Un chip nel cervello, confettino.. 
Un chip installato nel mio cervello? 
— Stupida, ci sei cascata davvero! 
Io gonfio le guance come una bimba piccola. 
— Andiamo che ci aspetta mia madre in macchina. - disse prendendomi per un braccio e avvicinandomi meglio al suo corpo muscoloso per poi far scivolare le nostre mani le une contro le altre. 
— Non stare troppo attaccato a me. 
— Scusa Amu - sorrise lui, un sorriso che mi riscaldò, poi la sua faccia mutò in perplessa. — Il tuo anello?
Mi guardai istintivamente il dito, ma lo avevo tolto per mostrarlo al gruppo di guardiani. 
— Non preoccuparti. Prima che uscissimo, l’ho preso. - e me lo infilò. 
Ci incamminammo e a pochi isolati c’era parcheggiata la macchina di sua madre. Quando fummo abbastanza vicini alla vista di Ayu Ikuto mi sorprese con quei suoi gesti affrettati e mi chiuse la mano nella sua. 
— Cosa fai? 
— Cerchiamo di sembrare una coppia. - rispose con sarcasmo. 
Una volta arrivati Ikuto da gentiluomo mi aprì la portiera, e con grazia mi fece accomodare al sedile. Supposi che il mio posto era quello al suo fianco, visto che Ayu ci teneva che stessimo vicino nella vettura. Una cosa che sinceramente non mi andava a genio. Quando entrai mi voltai a salutare la madre di Ikuto, era davvero una persona amorevole. Dopo circa dieci minuti Ikuto parcheggiò davanti a un grande magazzino. 
— Cosa ci facciamo qui? - chiesi con il tono più carino che potessi fare visto che ero un tantino confusa.
— Scegliamo la vostra lista di regali, sai per il matrimonio - mi informò la mia futura suocera mentre scendeva dalla macchina, Ikuto e io la seguimmo pochi secondi dopo. 
— Ma non serve per le cose di uso domestico? - chiesi, cercando di mostrare l’interesse di una futura sposa. 
— Sì, ma tu e mio figlio Ikuto andrete in una piccola casetta con un solo letto una volta sposati, carina e molto confortevole per due persone. Ovviamente non adatta a una famiglia, per questo una volta che ne avrete vi dovrete trasferire in una casa più grande. - rispose Ayu e un sorriso radioso le si formò in volto. 
Mi trasferirò con Ikuto? Tecnicamente è mio marito. Non avevo ancora pensato che questo potesse accadere fino ad ora, che i preparativi per il matrimonio si concretizzassero sotto i miei occhi. Non sapevo cosa mi aspettassi, ma non avevo ancora realizzato che una volta il sì lo voglio avremmo vissuto insieme, come facevano una donna e un uomo dopo il matrimonio ovviamente, ma il nostro era stato deciso non da noi. 
Un solo letto! No, io non avrei dormito con lui neanche morta, neanche se questo fosse stato l’ultimo rifugio al riparo dalle intemperie. Entrammo nella sezione casa, guardavamo in giro le offerte, non mi importava molto, mi limitavo ad annuire distrattamente quando Ayu mi proponeva qualcosa da aggiungere alla lista. 
Ikuto non voleva sapere niente, riteneva fossero cose troppo femminili. Era completamente disinteressato di me e lo si poteva dedurre dal fatto che selezionava le cose più stupide e orrende che trovasse lì dentro. 
Dopo un’ora passata a bighellonare tra le cucine e il salotto fui molto annoiata da tutti quegli oggetti, dopotutto ero abbastanza giovane per pensare alla mia vita una volta diventata adulta a tutti gli effetti. 
Ayu propose di andare a pranzo in un piccolo ristorante in centro. La mia unica intenzione era recitare davanti ma scappare da dietro, fare qualsiasi cosa, utilizzare qualsiasi sotterfugio per evitare la celebrazione di quella commedia senza senso. Accettai, e anche Ikuto fu felice, anche lui era annoiato. 
Non appena ci sedemmo, ovviamente io e Ikuto fummo disposti vicino e lei al lato opposto cominciammo a parlare. Ayu era gentile, comprensiva, mi ritrovai quasi a desiderare lei come madre. 
Dopo aver finito anche l’ultima pietanza ci disse che aveva un appuntamento che non poteva rimandare e che ci avrebbe lasciati. Anche io provai a inventare una scusa per rincasare, ma Ayu mi fermò insistendo sul fatto che Ikuto dovesse accompagnarmi come un cagnolino. 
— Dopotutto è il tuo fidanzato, e tra un mese, il tuo futuro marito cara. - mi rassicurò. 
Abbracciai cordiale Ayu augurandole una buona giornata e ci accordammo per un eventuale rincontro in settimana, dove avremmo visitato un atelier e comprato il vestito da sposa che avrei indossato. 
Quando sua madre andò via restai nuovamente sola in compagnia del pervertito Ikuto. 
— Andiamo, ti accompagno a casa. Non vorrei che la tua bellezza istigasse qualcun altro. - disse tirandomi per un braccio sembrando più bambino del solito. La sua stretta era talmente forte che non mi restò altro da fare che seguirlo in macchina. Non appena mi aggiustai la cintura in quel catorcio soffocante Ikuto mi fissò quasi divertito del mio atteggiamento di prima: — Guarda che un marito e una moglie dormono insieme. Immagino che il pensiero che una volta sposati avremmo vissuto insieme non ti ha mai sfiorato neanche una volta. 
— Uhm... da cosa lo hai dedotto? - sorrisi, guardandolo a mia volta. 
— Il tuo volto... mi sei sembrata stordita, dopotutto è normale.. - mi fissò per un altro secondo. 
— Solo penso al sesso, dovunque vogliamo. - accese il motore e con un rombo frenetico la macchina partì. Lo avrei volentieri colpito in faccia, la sua faccia da pervertito senior era tornata e più forte di prima. 
— Continua a sognare, cretino rincitrullito. Da me non avrai nemmeno una notte, dovrai cercartelo altrove. - colpii il suo braccio scherzosamente, mentre gli occhi ametista fissavano con attenzione le strisce della strada.
— Con questo fisico? - continuò a ridere - Non credo proprio. Amu, presto mi implorerai di farlo. - mi fece l’occhiolino, mentre roteavo gli occhi al cielo. Il vecchio Ikuto non si smentiva mai

 





 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5// ***


                                      Innamorata di mio “Marito” 
                                                                                                    capitolo 5


Per stare qui a scrivere il quinto capitolo significa che sono salva dalla terza prova, quella più dura a parere di tutti i maturandi e ora al via con gli orali, mi raccomando incrociate i pollicini per la vostra Kiss! A quanto pare sono sempre più autori ad amare, anzi a sentirsi proprio ossessionati da Ikuto e Amu, la prima sono io... e ne sono letteralmente fiera di esserlo. Come già detto poco fa in vista degli orali purtroppo non potrò stare molto qui, la linea poi è pessima e ci vorranno sì o no tre giorni affinché tutto ritorni normale. Meno male che il telefono aiuta sempre in certi casi a sentirsi in contatto col mondo. Pazienza, vorrà dire che aspetterete - come si fa sempre - comunque ho deciso di cambiare "-" in qualcosa tipo "«»" seguendo il consiglio di una recensitrice. Grazie mille per i consigli, aumentate sempre di più! 
Mi raccomando, leggete e mandatemi qualche opinione sugli sviluppi hihi. 




Dovrebbero proibire i rumori molesti di prima mattina.
L’assordante rumore di un camion mi fece spalancare gli occhi alle dieci e mezza.
«Capisco che fate il vostro lavoro, ma abbiate pietà per una ragazza che sta poltrendo nel letto. — come direbbe quello stupido gattaccio pervertito.» mi sollevo di soprassalto, accarezzandomi a rallentatore le labbra che poco prima avevano nominato quel nome con una dolcezza che non mi aspettavo, una dolcezza che la mia ragione non gli avrebbe mai riservato. Mi presi la testa fra le mani arruffandomi i capelli. La mia testa si ostinava a odiarlo, ma il mio cuore aveva deciso che non poteva essere così. Da qualche giorno poi mi sento ancora più confusa su ciò che il mio cuore prova realmente, l’ho sempre tra i piedi, e quando non c’è percepisco la sua presenza invisibile dietro di me, e quando realizzo che non può essere lì, mi sento addirittura delusa di questo disincanto. Lui cambia le mie giornate, lo ammetto. Anche ieri eravamo stati insieme per colpa dei preparatevi del matrimonio. Lui mi aveva riaccompagnato a casa a un orario accettabile, ed era stato diverso rispetto a tutte le altre volte. Avevo conosciuto il secondo Ikuto, quello che nascondeva dietro quella corazza di ferro. Amichevole, calmo, persino piacevole. Ovviamente il suo era un mero tentativo di smorzare la tensione, alleggerire il peso, ma in realtà stare nello stesso posto senza azzannarci a vicenda era un miracolo della natura. I rapporti in casa inoltre erano insostenibili. Non parlavo più con mio padre dal momento in cui avevo saputo che era stato tutto programmato, che la mia vita intera era stata manovrata da loro, come fossi stata un burattino piuttosto che un essere umano. Fissai la sveglietta luminosa, scostandomi una ciocca di capelli dal viso. Spostai il cumulo di lenzuola e abbandonai il caldo giaciglio. Scesi le scale ancorandomi al corrimano per evitare capitomboli della scale, e poi non volevo che papà sentisse. 
Non appena fui nel corridoio notai che la luce naturale già invadeva con prepotenza la cucina, e quando feci capolino vidi mio padre, insonne come me, appoggiato al bordo del lavandino che fissava con malinconia il paesaggio mattutino. Non volevo che mi vedesse, non volevo discutere con lui, provai a tornare indietro con discrezione, ma proprio in quel momento alzò lo sguardo dalla tazza di caffè e mi inquadrò. 
«Buongiorno, Amu.» — rilassai le spalle provando a fingere di stare bene, ma non ci riuscivo. Nella mia mente echeggiavano quelle mostruose parole, e la tempesta invadeva i miei sensi. «Ti ho preparato la colazione, tesoro.» — continuò avvicinandosi piano, come se io fossi un animale selvatico pronto a darsela a gamba. Avrei voluto tanto, ma non ci riuscii e rimasi allora immobile. «Sono i pancakes.» mi toccò lievemente le spalle, mentre la sua voce si incrinava nel pianto più silenzioso. 
Davvero credeva che con uno dei suoi trucchi avrebbe risolto tutto quanto? Che saremmo tornati ad essere quelli di prima, sapendo che lui mi aveva rovinato la vita. Sapendo che poteva avere più fegato e opporsi alle volontà di quella donna infernale travestita da dolce nonnina? Se la pensava così, si sbagliava. 
«Grazie.» — increspai un lieve sorriso, mentre ci sedevamo intorno al tavolo dinanzi ai nostri piatti. 
Amavo i pancakes, forse per questo quella mattina papà li aveva preparati. Stava facendo di tutto per ottenere il mio perdono, ma non me la sentivo, non dopo quel cambiamento radicale. 
«Amu... forse dovremmo discutere di quello che è accaduto il giorno del tuo compleanno.» — ruppe improvvisamente il silenzio che si era creato. Da parte mia regnava il silenzio tombale e impenetrabile. 
Presi la forchetta e il coltello, e ingoiai in due o tre boccate quel povero pancakes. Disposi le posate sporche nel piatto, e mi alzai posando tutto nel lavabo fra gli altri piatti. Mi voltai e senza rispondere nulla, camminai spedita verso la mia camera al piano superiore. Tutto ciò senza emettere un singolo suono, una singola parola, sotto gli occhi abbassati di mio padre con metà pancakes ancora da finire. Il problema non era quello che aveva fatto “rovinarmi la vita” dato che prima o poi avrei cestinato questo ricordo, no... non ero pronta per discuterne con lui, non ero pronta ad ascoltare le sue ragioni paterne. Volevo allontanarmi da qualsiasi dramma, dalle sue scuse, dalle sue spiegazioni, dalla sua vigliaccheria, preferivo chiudermi a chiave e disintegrare ogni cosa fragile, fino a che non mi sarei scaricata del tutto. 
Quando tornai su mi sistemai sul letto sfatto e decisi di trascorrere qualche altra ora a sonnecchiare come un ghiro, ma improvvisamente fui catapultata fuori dai miei pensieri dal suono del cellulare sul comodino. 
Chi poteva disturbarmi alle dieci e mezza di mattina? Di certo non un sano di mente.. ma Ikuto, che a mio parere, è fuori come un balcone
Forse avrei fatto meglio a rifiutare quella chiamata, chiudergli il telefono in faccia così avrebbe smesso di infastidirmi nel cuore della “mattina” ma poi riflettei sul fatto che poteva riguardare la cerimonia. Sicuramente Ayu gli aveva detto di chiamarmi per un nuovo incontro, forse voglio ascoltare la sua voce? 
Scuoto la testa come un’ossessa. Cosa diamine vado a pensare!
Il mio dito dissolse definitamente le mie decisioni e rispose per me. 
«Buongiorno, confettino. Sapevo che mi avresti risposto.. » — feci una smorfia e sussurrai illuso.
«Posso sempre riattaccare.» 
«Non lo faresti credimi.» — risponde lui con una sicurezza invidiabile. 
«Perché, di grazia?»
«Semplice.» — il suo tono divenne sensuale. «Perché tu hai bisogno di me
La mia faccia si colorò di rosso. 
«Bando alle chiacchiere stasera un mio amico da una festa.» 
«Dovrebbe importarmi di questa stupida festa?» — domando senza interesse. 
«Sì, perché ci verrai con me.» — aveva deciso di scegliere per me l’eventualità di andarci. 
Gonfiai le guance, restando seduta per riflettere se accettare o meno la proposta, anzi la minaccia. 
«Ci verrai con me, niente storie. Casa tua non è poi confortevole in questo periodo dopotutto.» 
«Hai ragione, Ikuto. Credo che per distrarmi verrò con te, non mi dovrai obbligare.» 
Lui rimase silenzioso, e dalla cornetta si sentì il suo respiro, caldo, avvolgente, cadenzato da pause. 
«Ti ha rapito qualche alieno, Amu?» 
«Perché?»
«Questo è insolito, vedere Amu docile come un cucciolo appena nato.» — rise eccitato all’idea, ma poi tornò serio come prima. «Vieni a casa mia verso le otto, ti manderò l’indirizzo per messaggio.»
«Allora a dopo, Ikuto.» 
«A dopo... Amu.» — pose fine alla chiamata. 
Una parte di me si domandava insistentemente se Ikuto fosse stato un buon partito per me, se ci fossimo conosciuto così per caso, o se in ogni caso sarebbe stato l’emblema della perversione. Forse questa circostanza ha attizzato il mio odio nei suoi confronti, forse mi sarebbe piaciuto addirittura se lo avessi testato io e non mia nonna e mio padre prima di me. Questa situazione però aveva complicato ulteriormente il nostro rapporto: entrambi volevamo evadere da un matrimonio che ci avrebbe intrappolato per sempre, ma entrambi non potevamo ammettere che in fondo eravamo simili, che avevamo gli stessi obiettivi e desideri, perché era il nostro orgoglio a decidere per noi, perché nessuno in certi casi ammette che l’altro diventa necessario. 
Probabilmente avrei dovuto chiamare Rima e Yaya e organizzare qualcosa con loro, così almeno avrei disdetto quella festa con Ikuto. Provai con Yaya. 
«Amu, che bello sentirti!» 
«Scusa tanto Yaya se ieri Ikuto mi ha praticamente costretto a seguirlo.» — mi scusai, ma Yaya non sembrava avercela con me, anzi blaterava in favore di quel gattastro. «Oh no... dopotutto è il tuo futuro marito. L’abbiamo vista la vostra “intesa” era quasi palpabile con un tipo come quell’Ikuto.»
«Cosa?!» — chiesi arrossendo per ciò che aveva appena ipotizzato. 
«Dai Amu, per favore non prenderti per i fondelli. Quello sì che è un tipo da.. » 
«Yaya!» — la rimproverai per i suoi pensieri poco puri su Ikuto, il mio futuro marito. 
«Quel ragazzo è bello da guardare, sul serio.» 
Mi sentivo davvero imbarazzata. Sì, sapevo che Yaya non era più piccolina, ma non mi aspettavo che il suo cervello sviluppasse questi pensieri così poco casti, e non volevo ammettere che Ikuto oltre che un pervertito era anche bello da guardare. 
«Lo è e anche tu lo sai, Amu ma preferisci mentire a te stessa. Fossi in te, salterei dalla gioia perché diventerai sua moglie di uno dei ragazzi più ricchi e belli della terra. É sexy... e tu avrai la fortuna di dormirci insieme. Immagina come sarà bello il sesso con un tipo come lui!» — iniziò ad eccitarsi oltremisura. 
«Ehm, è il mio fidanzato.. non il tuo Yaya.» 
«Allora sei gelosa?»
«Io gelosa? Pff... neanche per sogno.» — ripresi. «La sua personalità rovina del tutto il suo aspetto statuario e muscoloso, e sicuramente noi due non dormiremo mai insieme.» — la informai prima che si facesse strane idee su me e Ikuto, che solo a pensarci mi saliva il sangue al cervello e il cuore mi rimbalzava nel petto. 
«Ti credo, Amu.» 
«Comunque... volevo solamente organizzare un’uscita fra amiche, io, tu e Rima, ti va bene per stasera? Purtroppo non mi va a genio fare la fidanzatina di Ikuto per tutta la sera per quella festa a cui lui mi ha invitato dei suoi amici.» — sbuffai. 
«Ikuto ti ha invitato a una festa con i suoi amici?» — a cui io non volevo proprio andare. «Voglio venirci! Ti prego.. ti prego, devo conoscere uno dei suoi amici palestrati, e magari sposarmelo.» 
«Ti ho appena detto che non ci andrò.» — la fermai. 
«No, Amu. Quella festa è la mia occasione per trovarmi un fidanzato, ti prego! Non essere egoista.. non tenerti tutti quei ragazzi per te.. anche io e Rima vogliamo partecipare.»
«Ma non è mica un’orgia?»
«No.. comunque, a che ora è l’appuntamento?» 
Sospirai rassegnata. 
«Alle otto. Chiamerò un taxi, quindi tu e Rima fatevi trovare a casa mia alle diciannove e trenta.»
«Saremo puntualissime.» — strillò emozionata, rompendomi un timpano. 
«Va bene, ci vediamo dopo.»
Piano fallito. Oltre che andare a quella festa, Io e Ikuto non avremo l’opportunità di passare un secondo da soli. Peccato.. — ghignai soddisfatta. 
Lanciai il telefono sul letto e con aria trafelata mi diressi in bagno.

Il pomeriggio era volato fra la mia insistenza a non parlare, e mio padre che fremeva di sapere con chi sarei uscita stasera, era scontato che anche le serate fossero passate in compagnia dell’odioso Ikuto, ma non gli diedi nemmeno questa soddisfazione, e senza dire una sola parola, posate le patatine che mi stavo divorando nel mobile mi diressi verso il bagno. Appena entrai chiusi la porta, e appoggiai il cellulare sulla lavatrice. 
Erano quasi le sei, avevo a disposizione due ore per correggere l’orrore vivente che ero, prima che Rima e Yaya si presentassero a casa mia. Feci una doccia rinfrescante, perdendomi totalmente nel forte getto di acqua calda che percorreva, scivolando, ogni parte del mio corpo coperto dal bagnoschiuma. Dopo mi concentrai sui capelli, lisci, corti, lasciati sciolti? Scelsi di arricciarli solo alle punte e inserendo una mano li lasciai scivolare lungo la schiena. Visto che dovevo andare ad una festa decisi come trucco un bel rosso fuoco per le mie labbra e sugli occhi un ombretto sfumato dei colori del vestito che avrei indossato: un abitino nero, nulla di troppo appariscente, a tubino nero, con una scollatura davvero imbarazzante sul petto abbinati a dei tacchi più o meno alti dello stesso colore. Scelsi una pochette elegante e mi sedetti sulla sedia per controllare l’ora. 
«Giusto in tempo.. » — mi alzai sentendo il campanello d’ingresso suonare, e la voce di mio padre che mi chiamava mentre stavo attenta a non inciampare nei tacchi. Lui non fece domande, sorrise e scosse il capo come se avesse intuito quali erano i miei piani per quella sera. 
«Non aspettarmi sveglio.» — gli ricordai, mentre mi sistemavo la gonna salita leggermente. 
«Divertiti.. Amu.» 
«Ciao, allora.» — spinsi la maniglia e uscii, mentre lui ancora mi fissava dietro i vetri mentre mi allontanavo verso il taxi. Aprii la portiera e trovai al suo interno Yaya e Rima, con abiti eleganti, e mi sedetti al loro fianco. Educatamente mi riferii all’autista consegnandogli l’indirizzo lasciatomi da Ikuto. A quanto pare la festa si sarebbe svolta a casa di un suo amico, un altro della sua stessa pasta. La cosa non mi faceva impazzire, non mi piaceva essere accerchiata da figli di papà, mi sentivo un pesce fuor d’acqua, il fatto che ci fosse anche Ikuto quella sera mi rassicurava. Il viaggio durò poco, e in quel lasso di tempo fra i palazzi che seminavamo a gran velocità io e le ragazze parlavamo del mio strano rapporto con Ikuto e della festa che ci aspettava. Quando il taxi ci lasciò a destinazione, mi voltai a fissare la casa del proprietario. 
Era enorme, dietro a un grande cancello nero, con immensi giardinetti curati e tenuti puliti. Il mio primo pensiero era che Ikuto mi aveva convinto ad andare a quella festa solo per farsi invidiare dagli altri suoi compagni, che lui si sarebbe sposato, e mostrarmi come un pittore mostra il suo quadro. Yaya e Rima avevano gli occhi completamente spalancati, con le orbite fuori dagli incavi, come se non avessero mai visto una casa prima di quel momento. Mi avvicinai, e bussai il grande citofono aspettando che qualcuno venisse a darci il benvenuto. Pochi minuti dopo si presentò a noi un altro uomo con la divisa stirata e ben pulita, che si confondeva nel blu della notte e nel verde scuro del prato dinanzi a noi. Era il maggiordomo. 
«Signorine... — con aria da galantuomo baciò le mani a noi tre, e aprì le braccia per mostrarci l’entrata. — Il Signor Ikuto mi aveva precedentemente avvisato del vostro arrivo, signorina Amu, Yaya e Rima.»
Non era possibile che ci fosse anche un maggiordomo, pensavo che Ikuto mi avesse fatto uno scherzo e che quella casa fosse invece di una persona a caso, ma non appena sentii il maggiordomo citare i nostri nomi, e la figura nera di Ikuto venirci incontro mi sentii sollevata. - «Ciao Amu! Vedo che ti sei portata dietro le tue amiche.. »
Non appena lo vidi sorrisi istintivamente. «.. Ho pensato che più eravamo, meglio era.» 
«Avrei voluto stare solo con te però.» sottolineò lui, passandosi la lingua sulle labbra come uno psicopatico. 
«Avremo una vita intera per stare insieme io e te, non esagerare, è già troppo.» — si avvicinò e mi tirò verso di sé facendo combaciare le nostre anche per stringermi piano la vita. «Andiamo dentro.» fece un cenno anche alle mie amiche dietro di noi, che ci seguirono fin dentro l’enorme villa dove ci aspettavano i suoi amici. 
Entrammo nel grande salone che sembrava la Galleria degli Uffizi per quanto era ricca di reperti e vasi di antichissima bellezza. In fondo c’erano due divani in pelle beige, spostati di fronte a una televisione a led sottilissima che doveva costare un occhio della testa, ma a quanto pare la famiglia del festeggiato se lo poteva permettere a giudicare anche dalla vastità delle altre stanze. Sui divani c’erano dei ragazzi alti quanto Ikuto che confabulavano con in mano calici pieni di alcol fino all’orlo. Uno ero biondo platino, l’altro bruno. Ikuto mi sussurrò di fare attenzione a questi tipi, e mentre ci stavamo avvicinando sempre di più quello biondo né approfittò e si alzò: «Ikuto!» — si manteneva in equilibrio a malapena, era brillo pure lui, e diede una forte pacca sulla spalla di Ikuto, spostandosi poi a fissarmi, scatenando una insolita reazione in Ikuto che lo spintonò. «Giù le mani, Aru.» 
«Sei la sua fidanzata?» mi chiese, ma io non potei rispondere perché Ikuto mi precedette. «Lo è, anzi ti dirò di più, lei è la mia futura moglie. Ti avverto, se la tocchi giuro che ti spacco la faccia, chiaro?» rafforzò quella possessione, mettendo in chiaro quel piccolo concetto, e quel povero malcapitato non poté far altro che alzare le mani in segno di sconfitta. 
«Almeno mi presenti le tue amiche?»
Mi scrollai dalla mia posizione e mi staccai da Ikuto. 
«Certo. Mi chiamo Amu comunque e loro sono Rima e Yaya.»
Aru sembrò molto interessato a loro dopo quella minaccia di Ikuto, così si spostò da noi per avvicinarsi per passar loro un bicchiere di vodka alla fragola, mentre le guance delle due andavano a fuoco. Aru era molto simile ad Ikuto, occhi scuri, profondi, tentatori, comportamento pessimo e un tatuaggio sul collo. 
«Nessuno può toccarti senza il mio consenso.» grugnì Ikuto. 
«Non sei stato carino con Aru, voleva essere gentile. Perché non mi presenti ai tuoi amici lì?» indicai la fila di ragazzi sul divanetto. Ikuto parve contrariato, ma non rifiutò la proposta, e si avvicinò. 
«Ragazzi!» 
«Salve.» 
«Ciao Ikuto, m-ma che bella ragazza!» esclamò uno di quelli, battendo una mano sul divano per invitarmi a sedergli vicino. Annuì e presi posto insieme a Ikuto, che risultava urtato dalla mia disponibilità nei confronti di altri che non fosse lui, forse perché io e lui eravamo solo felicemente fidanzati e in procinto di sposarci, in teoria, ma in pratica non avevamo nulla da spartire con l’altro. 
«Piacere.» — superai Ikuto e strinsi la mano al ragazzo moro di prima, meno brillo dell’altro. «Io sono Amu.»
«Lo so chi sei.» mi strizzò un occhio, mentre Ikuto avrebbe voluto volentieri incenerirlo. 
«Vale anche per te, Taro.» si sistemò meglio creando uno scudo umano fra me e il suo amico. 
«Quindi questa è la tua futura moglie, giusto?» 
«Esatto, quindi frena le tue mani.»
«Amu.. » — si girò a fissarmi. «L’anello? Non vuoi più essere mia moglie?» si imbronciò fingendo di essere seriamente preso da una come me, una ragazza normale, una ragazza che non era il suo tipo. 
«Non siamo ancora sposati! Poi stasera non voglio parlare di matrimonio, Ikuto. Grazie.» gli diedi una leggera gomitata nelle costole prima di confiscargli il bicchiere dalle mani e buttare giù la tequila. Nè presi altri, più forti di quello di Ikuto, per cercare di annegare tutte le mie sofferenze, ma era servito solamente a farmi sentire su di giri e peggio di come stavo. Qualche ora dopo ero ubriaca. Si dice che gli ubriachi, i febbricitanti dicano solo il vero, speriamo non sia così. Ikuto mi fissava come un avvoltoio mentre ridacchiavo e dimenticavo i miei problemi con i suoi amici, se avesse avuto la possibilità avrebbe montato una rissa soltanto per me. Mi piaceva spiarlo e vedere che anche lui mi guardava appostato come una statua sul divano, mentre io e gli altri ci divertivamo a giocare al gioco della bottiglia. Quando si era ubriachi si guardava il mondo con un’altra ottica e prospettiva, ci sentiva diversi, migliori, ma sopratutto liberi. 
«Verità... o penitenza?» — mi chiese Aru dopo che la bottiglia aveva scelto me. 
«Verità.» risposi. 
«Allora... sei contenta di sposarti con Ikuto Tsukiyomi?» 
Questa era una domanda davvero scontata a cui rispondere. Se non fossi stata ubriaca avrei risposto certamente no lo faccio solo perché costretta, ma purtroppo la mia mente era annebbiata. 
«S-sì. Cioè Ikuto è un bel ragazzo dopotutto.. » mi voltai, e Ikuto aveva un sorriso che si sarebbe notato a chilometri e chilometri di distanza nella notte. Era bello vincere facile? 
«Ci sposiamo solamente perché siamo obbligati.» — replicai. 
«Quindi non siete innamorati, vero?»
Ikuto si alzò dal divano. 
«Ragazzi, basta davvero. Continuate voi, Amu e io abbiamo.. andiamo a prendere altre bottiglie.» — mi prese una mano e mi issò in piedi, mentre mi trascinava dietro di sé verso la cucina, nell’altra parte della villa. 
Quando ci fermammo, Ikuto aprì il frigorifero e appoggiò sul tavolo due bottiglie di birra. 
«Volevo giocare!» protestai come una bambina delle elementari, mentre Ikuto apriva il mobile nella disperata ricerca di qualcosa per stappare il tappo oppure voleva tenere impegnata la sua testa. 
«Sei troppo grande per giocare.. e poi non puoi parlare con gli altri dei nostri segreti.» 
«Ikuto, non ho detto nulla che non dovessi dire!» — incrociai le braccia. «Era la verità. Io e te, tra noi non potrà mai esserci qualcosa di serio nemmeno lontanamente, devi fartene una ragione.»
«Hai ragione, sai? Forse ho sbagliato io a ritenerti la persona giusta..»
«Come? Scusa, che diamine dici? Ti sei offeso? Questa è bella, per aver detto esclusivamente la verità.»
«La verità mi fa male. Sapere che tu non mi vedrai mai come un ragazzo, ma come un perditempo pervertito.»
«Cosa sei allora se non questo?» — gli chiesi scrutandolo attentamente per cogliere una sua piccola reazione. 
«Sai, stasera... per la prima volta non ho visto dinanzi a me una ragazzina, ma una donna. Eri perfetta, anzi sei perfetta.» — iniziò a sussurrarmi, avvicinandosi sempre di più. 
«Q-questo cosa centra Ikuto? Stavamo litigando prima.»
«Prima era prima, ora invece.. » — qualcuno entrò nella cucina improvvisamente e mi tirò a sé, così velocemente che mi strappò un urlo dalle labbra. Riconobbi i capelli di Aru, mentre mi sollevava verso il suo volto. Prima che potessi evitarlo, prima che Aru si rendesse conto che era semplicemente ubriaco, prima di tutto quello, mi ritrovai a dover fronteggiare delle labbra estranee, le labbra di Aru, forzate sulle mie chiuse, mentre con violenza mi bloccava contro il mobiletto. Cercai di spingerlo via appellandomi alle mie poche forze, ma fu Ikuto a liberarmene scaraventandolo a terra. 
«Aru sei andato completamente! Stai lontano dalla mia futura moglie!»
«Tu difendi il tuo territorio, ma io ho capito che lei ti deve sposare, non perché vuole farlo, ma perché è costretta. Allora, perché secondo te non può provare con altri uomini?» 
Ikuto digrignò i denti e con forza gli affondò un pugno nel volto. Mi spaventai e scivolai via da Aru, prima che Ikuto mi facesse del male. Sembrava una bestia, sapeva difendere il suo onore e anche il mio. 
«Non puoi avere tutte le donne, Tsukiyomi
«Finiscila o non avrai neanche una faccia domani, Aru!» — urlò, mentre io mi posizionai dietro di lui e gli bloccai il braccio. «Ti prego, Ikuto! Ti prego, io sto bene, ti prego Ikuto. Per favore.» 
Ikuto si fermò, e si girò a guardarmi, mentre le lacrime scendevano a fiotti dalle guance. 
«Sei fortunato. Stasera, grazie a lei, sono buono. Ti risparmio, ma attento.. se ci provi di nuovo.. ti spaccherò tutti i denti, uno per uno, chiaro!» lasciò la preda che rimase a terra, e prendendomi per mano uscì dalla cucina per recuperare i nostri accessori rimasti all’ingresso. Senza nemmeno dire una parola abbandonò quella festa, ignorando il richiamo degli amici brilli. Quando fummo fuori ci incamminammo nei vialetti, nella frizzante aria notturna con il candido pallore della luna ad illuminarla, e Ikuto né approfitto per mostrarmi un nuovo lato oscuro di sé. — «Ti sei fatta male?» 
La sua rabbia era stata sbollita. Era tornato calmo e strafottente. 
«Sto bene.. grazie per avermi difeso.» — la sbornia sembrava essersi dissolta dalla mia testa, mentre ci fermavamo a riposare vicino alla fontana. 
«Non lo farà di nuovo. Aru è un piccolo figlioletto di papà che vuole tutte le ragazze, ma tu no.. tu sei mia
«Fa freddo stanotte. Uscire con questo vestitino così scollato non è stata proprio una buona idea.. »
Ikuto si abbassò a fissare le mie gambe intirizzite e sembrò perlustrare ogni strato della mia pelle, mentre io guardavo altrove rossa in volto. Non mi ero ancora abituata. «Smettila, pervertito.»
«Amu... sei bellissima. Sei esattamente il tipo di ragazza che vorrei al mio fianco.» — rimasi senza fiato, stringendomi le braccia al petto. Ikuto si tolse la giacca nera, e con gentilezza me la pose sulle spalle. 
«Tieni.» 
«Ma è tua, e tu ti prenderai un malanno.»
«Correrò il rischio, potresti almeno ringraziarmi.»
«Certo, grazie mister presuntuoso.» — lo presi in giro sorridendo. Dopotutto Ikuto non era un tipo molto perverso, alle volte poteva anche rivelarsi dolce, premuroso e leggermente presuntuoso per le sue buone azioni. Ikuto mi tirò verso di sé, stringendomi. «Ti porto a casa, vieni.»
«Ma se sei ubriaco anche tu!»
«Io perlomeno lo sono meno di te, confettino. Su, su non fare storie.» — mi esortò dolcemente. 
«Non faccio storie, è pericoloso.»
«Ti preoccupi per me? Oddio sono davvero commosso, che onore!»
«Spiritoso. Ritiro tutto quello che ho detto fino ad ora.» 
Nonostante la mia iniziale preoccupazione Ikuto riuscì a convincermi a salire nella sua macchina per riportarmi a casa. Anche qualcosa di amaro ha un pizzico di dolce, no? 
Quando mi accompagnò a casa, scesi dall’auto e lo salutai. «Poteva andare meglio la serata. Per colpa tua ho lasciato Rima e Yaya lì per tutta la notte, saranno furiose con me.»
«Se la caveranno. Per me la cosa più importante è sapere che sei al sicuro da quel maniaco del mio amico.»
«Grazie, ma so cavarmela.»
«Uhm, ho qualche dubbio sai?» — disse picchiettando le dita sul volante. 
«Sei un cafone.»
«Fiero di esserlo per te.»
Cominciai a inoltrarmi verso il mio viale, ma tornai indietro: «Dimenticavo. Continuo ad odiarti.» 
Onestamente il mio odio si era indebolito dopo quel piccolo episodio, ma lui doveva saperlo per non dimenticarlo. 
Ikuto sorrise. «Lo so, anche io ti odio ancora confettino rosa.»— e dopo quelle parole la mia testa cominciò seriamente a pensare che molto in fondo anche Ikuto Tsukiyomi non mi odiava del tutto.. 






 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** //6 ***


                          Innamorata di mio “Marito” 
                                                                               capitolo 6


L’estate avanza e io mi sto facendo aspettare un’ulteriore volta... ma non fa niente giusto se il capitolo risultata strabiliante come il precedente? I miei di certo non lo sono ragazzi, ma sto facendo qualsiasi cosa per riuscire a dare il meglio di me. Bene, adesso vi lascio al capitolo numero sei visto che siete molto arrabbiati, ma mi farò perdonare. Volete sapere cosa accadrà oggi ad Amu e Ikuto.. leggete e buon divertimento.



 
Un fascio di luce inondò il meraviglioso luogo dinanzi al mio volto stupefatto. Era un giardino, lì nelle vicinanze c’era una fontana i cui zampilli di acqua schizzavano dappertutto. Quando iniziò a schiarirsi notai dei banconi di legno a cui vi era attaccata una rosa bianca, colore della purezza. Alla fine del grande tappeto si intravedevano due archi che si congiungevano a formare un cuore. Un matrimonio? Chi erano gli sposi? Stavo sognando o è realtà... tante erano le domande che mi affollavano la mente a cui non sapevo dare risposta. Le mie ciglia nere pettinavano la brezza gentile di metà luglio e intanto danzava con essa, mentre fissavo sbigottita il lungo abito che indossavo, un abito da sposa a quanto mi poteva suggerire il colore. 
«Amu.»
Una voce maschile disturbò la quiete del posto, come se non bastasse la conoscevo. 
«Vogliamo andare?» — mi mostrò il suo avambraccio. «Ci aspettano.»
Alzai gli occhi, era lui. La sua giacca nera, i suoi pantaloni, i suoi capelli scuri contrastanti col verde della zona, ma sopratutto i suoi occhi che parevano splendere come due cherubini. Avrei voluto mandarlo al diavolo, abbandonare quella cerimonia, quella pantomima orrenda, ma per uno strano motivo mi venne solamente da sorridere, un sorriso istintivo, che si allargò ancora di più quando mi aggrappai con qualche riserva al suo braccio. I comportamenti umani erano nettamente incomprensibili. Prima che me ne potessi realmente rendere conto lui mi stava spingendo. Sfilavamo come due modelli su quel tappeto, tutti ci osservavano con invidia, con gioia, versando qualche lacrima. Ikuto non si era scomposto, nessun sentimento trapelava dai suoi occhi misteriosi, si comportava da insensibile come era suo solito.. anche se non ci conoscevamo poi molto, Ikuto non era molto loquace. Si fermò, strappandomi improvvisamente dai miei futili pensieri sul mio futuro marito. «Amu... sei sicura?» 
Che razza di domanda? Ovvio che non lo sono. 
«Tu, invece, ti vuoi sposare?» — non era quello che bramavo di chiederglielo, ma mi sembrava inopportuno rispondere a bruciapelo su questa questione. 
«Perché?» — si imbronciò, fingendosi offeso a morte per le mie parole, infondo io sapevo che il matrimonio tra noi ci avrebbe soltanto esortato a litigare molto più di quanto potevamo fare in questo momento. Non eravamo la classica coppia sdolcinata sempre presi a sbaciucchiarsi. Una cosa in comune che avevamo era che entrambi non volevamo dare nell’occhio, eravamo riservati, timidi e impacciati e se ci capitava di scambiarci effusioni in pubblico era per costrizione, non per altro. 
«Vuoi davvero saperlo?» — si avvicinò a me chinandosi vicino al mio orecchio. «Non l’ho mai detto ad anima viva, tu sei la prima..» — il cuore mi rimbalzò nel petto quando il suo respiro si depositò sul mio collo. Serrai gli occhi lasciandomi trasportare da quella tenera sensazione. Mi sembrò di respirare solo felicità, efferata felicità intorno a noi, ma tutto sfumò via, come una bolla di sapone che si disintegra quando Ikuto mi mordicchiò il lobo. «Stupido! Pervertito, questo è il mio orecchio!» — indietreggiai, portando entrambe le mani vicino alla parte dell’orecchio. «E questo... è... il mio futile tentativo di averti.» 
«Che significa? Lo sai che fai discorsi strani?»
«Lo so... è per questo che tu hai bisogno di me..»
«Chi ti credi di essere, eh? Sei solo un pallone gonfiato.»
Ikuto ghignò. «Allora perché mi stai sognando?»
«Vattene! Lasciami in pace, voglio dormire.. sparisci!» — lo spinsi via, lui cadde a terra sotto gli occhi di tutti gli invitati che cominciarono a guardarmi di sbieco, bisbigliando, e lanciandomi ochiattacce di fuoco mentre Ikuto fingeva di essersi ferito a causa della caduta. Era bravo a fingere, molto bravo. Lo odiavo. Lo odiavo talmente tanto che il mio cuore avrebbe potuto esplodere. Nel giardino improvvisamente si diffuse uno strano, caotico, insopportabile “bip...bip... bip..” mentre i miei occhi lentamente si riaprivano.
 Dalle tende socchiuse penetravano piccoli fasci di luce diurna irregolari, mentre inquadravo.. un attimo.. dov’era finita la mia preziosa stanza? Non poteva essere possibile, ieri ero rincasata.. ero rincasata? Mi sollevai, appoggiandomi con la fredda schiena alla testiera di un letto matrimoniale stringendomi le gambe al petto nel mero tentativo di riacciuffare i ricordi della nottata precedente, sul come e perché ero finita in un letto matrimoniale invece che nel mio, ma anche se spremevo le meningi quello che ricordava era poco e niente tanto che iniziai ad avvertire un dolore potente a livello della testa che non mi lasciava in pace. Avvertii dei leggeri scalpettii fuori alla porta, e mentre stava per abbassarsi la maniglia mi infilai nuovamente nelle coperte per simulare un sonno molto profondo. La porta si aprì e si richiuse. Rimasi immobile, mentre quello che era entrato appoggiava un peso sulle coperte e si accomodava sul ciglio del letto. Con gli occhi chiusi non potei osservare bene i suoi movimenti, ma non era difficile capire che cercava di avvicinarsi il più possibile alla persona che si era volutamente impossessata del suo letto. Percepivo la dolce cadenza del suo respiro che mi solleticava la pelle, mentre con una mano mi accarezzava lentamente i capelli. 
«Amu... sei molto più bella quando dormi.» — non potevo davvero crederci, quello che mi stava sfiorando era Ikuto Tsukiyomi. Il mio futuro marito per la cronaca. Il suo dito scivolò silenzioso sulla fronte, segnò le rughe di espressione appena comparse, poi scese verso le guance, piccole, paffute come quelle di una bambina, che stavano lentamente diventando rosse. Cercai di restare ferma, di non tremare, mentre il suo dito scolpiva le mie labbra semichiuse. «Sembri un dolce angioletto, anche se poi da sveglia diventi un piccolo diavoletto tentatore. Se potessi confessarti.. quello che sto provando in questo momento, è qualcosa di insolito per uno come me, uno abituato sempre a una vita agiata... una vita senza te.» 
Si avvicinò e mi lasciò un bacio sulla fronte, un bacio carico di importanza e protezione, e in quel momento decisi di aprire lentamente gli occhi, mentre lui come un ladro esperto faceva finta di nulla, come se quel bacio innocente non fosse mai esistito. 
«Buongiorno.» — intrecciò le mani torturandosele, ma quella parola cercò di svuotarla di ogni più piccola particella di dolcezza o interessamento. Forse si comportava da duro, ma in realtà era tenero. 
«Buongiorno.»
«Ho preparato la colazione, Amu. Cornetti e succo d’arancia, serviti pure.»
«Grazie, Ikuto.» — mi passò un vassoio su cui ha appoggiato ogni cosa e si alzò per aprire le tende e far entrare la luce del primo mattino. «Senti... » cominciai a mordere il cornetto, mentre lui tornava a sedersi, ma questa volta vicino al suo letto. «Dimmi.. Amu.»
«Vorrei delle spiegazioni plausibili, perfavore.»
«Certo, tutto quello che vuoi.» 
Pensai di essere in uno dei miei sogni, ma così non era, quella era semplicemente la pura e semplice realtà. Mi trovavo nell’appartamento di un grosso condominio, nelle vicinanze del centro, ma come mai ero lì? Forse lui mi aveva rapita... forse la sua faccia di angelo nasconde davvero un’anima così spietata? 
«Non sono perverso così tanto da rapirti e trascinarti nel mio appartamento. Ieri ti ho accompagnato a casa, ma tu a quanto pare hai deciso di andartene in giro di notte visto che non sei mai entrata a casa tua. Passavo vicino a un bar, e ti ho visto, eri ubriaca, dicevi cose senza senso, parlavi a sproposito, così ti ho caricato sulle spalle e siamo arrivati a casa mia.»
«Ma mica... io e te... tu e io... a-abbiamo fatto quello. Vero?»
Ikuto arrossì. «Io non faccio sesso con i diavoli in rosa. Comunque no, non mi sarei mai potuto approfittare di te in quelle condizioni. Ti voglio, ma ti voglio sobria non completamente fuori.»
«Ti ringrazio di avermi salvato, ma potevi riaccompagnarmi a casa cretino.»
«Cretino, la prossima volta ti lascio sola, in quel bar, così tieni la lingua apposto viziatella.»
«Il mondo non è tuo.»
«Avanti, vestiti.. devo uscire e non ti voglio tra i piedi.» — si alzò di scatto dalla sedia e recuperò il vassoio prima di uscire dalla stanza. «e... fa presto Amu, non amo fare ritardo.»
«Sì! Mister coerenza.» — scostai le coperte e scesi giù dal letto. Accesi il cellulare e fissai il display che segnava quattro nuovi messaggi nella casella, più una chiamata persa che doveva essere quella di mio padre che si era dovuto spaventare non trovandomi nel letto. Al momento non avevo alcuna voglia di parlargli, avevo ancora qualche risentimento nei suoi confronti sulla faccenda del matrimonio combinato, volevo solo dimostrargli che una persona non si manovrava come un burattino con i fili trasparenti. Avevo bisogno di conquistare la mia pace interiore, prendere i miei spazi, assumere le mie posizioni e decidere autonomamente cosa fare della mia vita una volta fuori da quella situazione. Aprii la casella messaggi e trovai un messaggio di Yaya. Un bagliore fulmineo mi illuminò la mente, ancora annebbiata dai fumi dell’alcol. La festa, il litigio tra Ikuto e un suo amico, la sua protezione e il fatto che lui mi abbia accompagnata a casa.. 

Ciao, Amu! Tutto bene? Non posso credere a quello che Ikuto ha fatto al tuo amico per te. Deve essere proprio innamorato di te amica mia. Gli amici di Ikuto sono molti simpatici, ho fatto molte amicizie, ma devo confessarti che quel Takumi mi ha colpito molto. Ieri sera mi ha riportato a casa, Rima ha preferito farsi venire a prendere... credo che mi divertirò molto a frequentarlo. Credi potremmo piacerci come vi piacete tu e Ikuto?

Le inviai una risposta molto veloce. Non volevo essere diabolica con la piccola dolce Yaya, che stava appena imparando ad inoltrarsi nella fitta rete delle relazioni prossime a diventare serie. Le assicurai che stavo più che bene, anche se ero confusa sugli ultimi avvenimenti della serata. Riguardo a Takumi, non avevamo parlato molto, lui stava sempre in disparte e poi dopo la lite Ikuto mi aveva letteralmente portato via di lì. A prima impressione era un tipo serio, ero sicura che ricambiasse Yaya in qualche modo. Finsi di essere interessata alla questione, mi sentii terribilmente in colpa, ma onestamente non riuscivo a darle importanza, avevo troppe cose a cui pensare e troppi pensieri da ordinare. Scorsi nella rubrica e trovai un secondo messaggio, Takumi, il ragazzo che piace a Yaya. 

Ciao Amu, scusa dovrei chiamarti Hinamori visto che non ci conosciamo molto bene. Spero tu stia bene, si sono alterati gli animi ieri sera, non avevo mai visto Ikuto lottare per una ragazza, a quanto pare è veramente preso da te altrimenti non si sarebbe mai azzardato. Mi piacerebbe incontrarci di nuovo, con Ikuto.. e con... quella tua amica, Yaya mi pare si chiami. Comunque, è stato un piacere conoscerti, spero diventeremo presto amici acquisiti

Takumi era risultato molto carino per interessarsi così tanto ai miei problemi. Lo rassicurai, scrivendogli che adesso la situazione era sotto controllo e che non ci sarebbero stati più episodi del genere. Gli chiesi se Ikuto era il classico animale che difendeva la sua preda da attacchi nemici e successivamente scherzai molto sulla questione di essere buoni amici. Onestamente Takumi non era un ragazzo perverso come Ikuto, era un tipo affidabile, e diventare buoni amici era una delle cose che avrei voluto accadesse senza che il mio futuro marito diventasse troppo geloso. 

Il terzo messaggio... era il tizio che Ikuto aveva picchiato? Cosa, non poteva essere. Stavo per spuntare “elimina” ma non ci riuscii perché Ikuto da perfetto cretino aprì la porta senza osare bussare. D’accordo che era la sua casa, la sua camera, ma un minimo di educazione non guastava mai. 
«Volevo ricordarti che - » alzò un cipiglio, mentre balzavo in piedi sul letto con il suo pigiama addosso di due taglie in più visto che mi andava grosso. «Che ci fai ancora in pigiama? Mia madre mi ha appena chiamato.»
«Non le avrai detto che sono qui, vero?»
«Ovviamente no. Altrimenti lei mi avrebbe chiesto che ci fa la tua futura sposa nel tuo appartamento, e allora avrei dovuto raccontarle il resto, la sbronza e il fatto che ti sei lanciata nel mio letto per dormire. Sì, questo particolare avrei dovuto dirglielo.»
Digrignai i denti, avrei dovuto torcergli il collo. 
«Tornando a cose serie, mi ha inoltre avvisato che verrà a prenderti a casa tua a mezzogiorno per scegliere il vestito da sposa.» 
Vestito? Matrimonio, oddio... con la sbronza avevo dimenticato ogni cosa. Ikuto mi fissò, e guardando la mia faccia sconvolta scoppiò a ridere come uno scemo. 
«Che hai da ridere tu?!»
«Sarà uno spasso vivere insieme a te.»
«Ti assicuro che ti farò patire le pene dell’inferno.» — lui non sembrò spaventarsi minimamente, e mi colpì piano sulla fronte. «Non sto scherzando Ikuto!»
«Nemmeno io. Su Amu, vai a preparti che fra mezz’ora a casa tua verrà mia madre.»
Ultimamente fare tutto in fretta era diventato una vera e propria abitudine.
Ikuto si offrì con gentilezza di accompagnarmi, e nel giro di qualche minuto ci trovammo dinanzi al giardino di casa mia. «Ehm, grazie» — e senza aggiungere altro spalancai la portiera dell’auto e abbandonai il caldo sedile della sua vettura. Non ottenni risposta, solo un banale sorriso e un cenno col capo.
«Non cambierà mai.» — varcai la soglia di casa e chiusi la porta.
«Amu, sei tu?» 
Chi credeva che fossi?
«Sì, papà. Sono io.» — sbuffai, appoggiando il cappotto sul gancio, e salii ai piani superiori chiudendomi nel bagno per concedermi una doccia rilassante. Erano accadute troppe cose, – che la mia testa non riusciva a ricordare – Ikuto mi aveva detto che mi ero lasciata andare a più di un bicchierino e che mi aveva trovato a vagare da sola, per strada, in pessime condizioni aggiungendo che non si sarebbe mai approfittato di me completamente sbronza, e stranamente c’era del vero in quello che aveva detto, gli credevo con mia enorme sorpresa. Uscii dal bagno con addosso l’accappatoio e un turbante fra i capelli, li asciugai con fretta frazionando ogni ciocca, aggiustandoli come meglio potevo, e per finire applicai un velo di cipria, un po’ di ombretto e il mascara mantenendo un aspetto pressoché naturale.
Scelsi qualcosa di comodo, così mi sarebbe stato più facile spogliarmi per infilarmi in ogni abito che la mia futura suocera avrebbe voluto provassi; speravo solo che non ci fosse anche mia nonna, non era finita molto bene l’ultima volta e non volevo scontrarmi di nuovo con le sue ridicole tradizioni di famiglia. Scesi al piano di sotto e mi preparai ad attendere la madre di Ikuto, decidendo nel frattempo di concedermi una tazza di caffè, avevo bisogno di tutte le mie forze per sopravvivere alla prova abito per un giorno intero. Fortunatamente non ero affatto nervosa, altrimenti la giornata sarebbe stata un vero incubo — a pensarci meglio, nel letto di Ikuto avevo sognato la scena di un matrimonio, quello che si sarebbe svolto a breve, ed era stato un vero e proprio incubo visto che avevo accarezzato l’idea di finire all’altare con il peggiore dei maniaci —. Un intenso odore di caffè pervase le mie narici, inebriandomi i sensi. Nè versai metà in un bicchiere, e presi posto sul grosso divano, dove mio padre era intento a vedersi una delle sue serie televisive sui vampiri, la sua era una vera e propria paranoia. 
«Non la smetti mai di vedere queste serie?» — era la prima volta, da quando avevo discusso, che avevo il coraggio di rivolgergli la parola. Lui se ne rese conto, e con la bocca spalancata si voltò verso di me. «Cosa Amu?»
«Queste serie sui vampiri, intendo. Perché ti piacciono molto?»
«Mi fanno compagnia nei momenti più duri..» 
«E questo... è uno di quelli?» mormorai a braccia conserte.
«Mh, mi aiutano a distrarmi.» — occupò le bocca con una manciata di popcorn. «Anfa severid?» aggiunse, ed avendo la bocca occupata non capii nulla di ciò che aveva detto, sembrava una via di mezzo fra arabo e cinese.
«Eh?»
Lui deglutì il boccone. «Dicevo: dove vai conciata così?»
«La mia adorabile suocera e forse anche quell’antipatica vecchia mi verranno a prendere fra poco per trovare l’abito del matrimonio.» mi lagnai per tutto il tempo riguardo quella cerimonia insulsa che non avrei voluto celebrare e mio padre continuò a ridere per tutto il tempo, col rischio di soffocare, trovando quella situazione abbastanza ridicola per i suoi gusti.
«Tu adori lo shopping, quindi non vedo dove sia il problema.»
«È questo il problema. Questo matrimonio.» 
«Tesoro» — posò il contenitore con i popcorn sul tavolino, e mi prese delicatamente la mano stringendomela. «mi dispiace per questo, lo sai?»
Amu ascoltò attentamente, prima di replicare. 
«Sì, ma non ti ho ancora perdonato.»

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7// ***


Innamorata di mio “Marito” 
                                                                                                             capitolo 7





Ero in macchina con la mia futura suocera e, per tutta la durata del viaggio, non abbiamo fatto altro che parlare del suo adorabile figlio e del nostro matrimonio. Entrambi non erano i miei soggetti preferiti, e se ne accorse anche lei quando storsi il naso, voltando lo sguardo al finestrino.
Quando arrivammo all'atelier per scegliere il mio abito da sposa, dando un'occhiata alle vetrine mi resi conto di quanto fossero eleganti e i prezzi non potevano essere alla portata dei comuni mortali. Non volevo sprecare tutta la giornata lì dentro quindi m'impegnai il più possibile per trovare un abito carino. Non né volevo uno speciale perché quella giornata mi avrebbe lasciato l'amaro in bocca, finché sarei stata sposata con quel pervertito insopportabilite.
Dopo un'infinità di tempo e migliaia di abiti, che entrambe abbiamo bocciato, trovai finalmente quello adatto e decisi di indossarlo. Ayu sembrava d'accordo con la mia scelta, e quando me lo vide addosso né ebbi la conferma. Secondo lei, ero perfetta, mi calzava a pennello con quella scollatura a cuore ricoperto di piccoli diamanti, e sul fondo un lungo strascico.
Non volle sentire alcuna ragione e pagò lei, nonostante avessi rifiutato. Usciti dal negozio, Anne decise di portarmi a pranzo. Non mi ero resa conto di quanto fosse tardi, perché mio padre non si era degnato di chiamarmi?
– Ti va la proposta, cara?
Ayu mi guardò con dolcezza aspettando una mia risposta.
Avrei voluto dire no visto che mi aveva già fatto un favore per l'abito, ma il mio stomaco non sarebbe stato d'accordo, così accettai, vedendo un sorriso fare capolino sul suo viso. Che famiglia di matti...

Quando entrammo nel ristorante notai una chioma blu distinguersi fra le altre e il respiro cozzò fra i denti.
"Che ci faceva lui qui? Era una cospirazione!" stavo per indietreggiare con l'intento di non farmi vedere, ma Ayu con scatto repentino mi afferrò il braccio.
- Ho pensato avremmo trascorso bene il pranzo invitando anche Ikuto.- cinguettò felice la donna.
Ora capivo perché ogni tre per due doveva allontanarsi e rispondere al cellulare. Sicuramente Ikuto, col pessimo senso di orientamento che si ritrovava, non riusciva a trovare la strada.
– Grandioso...
Non potevo far altro che mostrare l'accenno di un sorriso, anche se l'idea di passare un po' di tempo con lui, come se non fosse già abbastanza quello da finti sposi, mi desse l'orticaria. Ikuto, d'altronde, riusciva ad entrare perfettamente nella parte di "fidanzato innamorato" davanti agli altri. Esattamente come adesso, quando si alzò dal tavolo per accoglierci.
Per tutto il pranzo Ikuto non fece altro che fingere interesse per il mio abito da sposa. Lo si poteva notare dall'alto livello di entusiasmo nella sua voce. Dopo un po' iniziò a flirtare apertamente con me e io dovetti per forza stare al gioco, dovevamo sembrare una coppia di fronte alla madre ed eravamo davvero coinvolti nella recita.
– Oh, ragazzi. Sono sicura che il vostro matrimonio sarà felice e duraturo.
–Certo.- allungò il braccio e mi prese delicatamente la mano chiudendola nelle sue. – Non è vero Amu?
– Ehm, sì...- mormorai sorridendo falsamente.
Gli tirai un calcio e lui mi lasciò la mano.
Comportarci da fidanzatini va bene, ma ostentare in questo modo una complicità che non esiste.
Dopo aver terminato il pranzo, Ayu propose una passeggiata per la città. Sia io che Ikuto inventammo delle scuse per tirarcene fuori, ma alla fine fummo costretti ad accettare. Ormai mi ero rassegnata, avrei recitato tutta la giornata il ruolo della nuora premurosa.
Mentre ci incamminavamo in direzione della macchina, Ikuto mi prese per il braccio e mi tirò verso di lui facendo scontrare le nostre labbra. Fu un piccolo bacio, durò qualche secondo, sufficiente a farmi percepire delle scariche lungo la spina dorsale e tremare impercettibilmente.
– Scusami per l'altra notte.- mi disse per poi staccarmi da sé piuttosto bruscamente. 
–E'... va tutto bene.- balbettai scioccata per l'accaduto.
Ikuto mi aveva dato un bacio e non potevo negare a me stessa che non mi era dispiaciuto. Perché non l'avevo respinto? Avrei potuto mollargli uno schiaffo, invece ero rimasta immobile come un'idiota. No, Amu... non lasciarti giocare in questo modo! Tu odi quest'uomo, lui tra qualche mese ti rovinerà la vita con un matrimonio combinato, non può piacerti.
– Come siete carini! - squittì la madre euforica, giungendo le mani.

Dopo un quarto d'ora Ayu parcheggiò nel giardino di villa Tsukiyomi.
Appena scesi potei constatare con i miei occhi il motivo per cui la nonna aveva stabilito questo matrimonio. Ikuto poteva essere pure un essere insopportabile e narcisista, ma aveva una posizione altolocata che avrebbe giovato all'economia della mia famiglia - in particolare a quell'acida di mia nonna.
La villa era posta su più piani ed era enorme, circondata da un immenso giardino. Non riuscivo a capire come facessero a vivere in un posto come quello, non sembrava molto accogliente.
Ad aspettarci nel salone c'era la sorella di Ikuto, Utau, con cui avevo stretto fin da subito un buon rapporto e che felice di vedermi venne ad abbracciarmi.
Dopo un po' decidemmo di vedere, sotto richiesta di Ikuto, Love Actually.
– Ma non è ancora Natale!- protestai come una bambina piccola.
– Sta zitta, confettino, a me piace.- rispose, colpendomi con l'astuccio. 
– Come osi chiamarmi in questo modo?!
– Perché mi piace quando ti arrabbi.
– Ti piacerà meno quando saremo sposati.
– Ragazzi, fate silenzio che il film sta per cominciare.- ci riprese Ayu. 
Ci sedemmo sul divano mentre partivano i titoli di testa. Io ero seduta tra Ikuto e Utau mentre Ayu sulla poltrona. Ikuto non faceva altro che punzecchiarmi.
Durante il film sentii il suo braccio scivolare intorno alle mie spalle. Nessuno faceva caso ai suoi gesti, né sua sorella né la madre, che continuavano imperterrite a guardare lo schermo, mentre io inghiottivo saliva nel sentire i nostri corpi attaccati a causa del poco spazio che c'era.

Che strano... quando ero entrata da quella porta non mi sarei mai immaginata uno scenario di questo genere: una serata tranquilla davanti a un film invernale con Ikuto e gli altri.

Una volta finito il film, la padrona di casa ordinò ai camerieri di preparare la cena, che ci venne servita nella lussuosa sala da pranzo. Mi sentii perfino a disagio nel ricevere tutte queste attenzioni, dato che a casa mia l'unico che si improvvisava chef era mio padre. Parlammo tutto il tempo, scherzando un po'. Ayu stava diventando sempre di più la figura materna che non avevo e con Utau non potevo chiedere niente di meglio... perfino Ikuto sembrava più piacevole con loro nei paraggi.
Dopo cena restammo seduti a tavola, ma guardando l'ora mi resi conto che sarei dovuta tornata a casa al più presto, e Ikuto si offrì di accompagnarmi.
Non riuscivo a capire cosa passasse nella testa di questo ragazzo, si stava spingendo troppo nel profondo con questa recita. 
Mi alzai per prendere le mie cose, ma Ayu mi bloccò.
– Aspetta un secondo, cara. Non andartene.
– Vorrei tanto rimanere un altro po', ma finirei per far preoccupare mio padre.
– Lo so, ma è tardi. Rimani a dormire qui per stanotte.- si voltò verso il figlio. – Ovviamente nella camera degli ospiti. Non siete ancora sposati.
Il figlio scrollò le spalle, in risposta. – Chi ti dice che non l'abbiamo già fatto?
–Cosa?- esclamammo io e la madre. Io, sopratutto, ero sul punto di soffocare.
– Stavo scherzando.

– Calma i tuoi bollenti spiriti, figliolo. Tienili a bada fino al matrimonio."
Ikuto non parlò. Si mise le mani nei pantaloni e uscì dalla sala.
Ayu mi mostrò la camera in cui avrei dormito - una delle tante - molto spaziosa, tanto che facevo fatica a credere fosse una stanza per gli ospiti, che usavano di rado.
Non avevo un pigiama quindi Ayu mi diede una t-shirt e un paio di boxer di Ikuto.
– Sei la sua fidanzata, quindi non importa. E' solo per una notte.- disse ridendo del rossore che mi era esploso sul viso.
Era un po' bizzarro dormire nei vestiti di Ikuto ma non avevo altra scelta, se non dormire completamente nuda e rischiare di beccarmi un raffreddore. E io che mi ero ripromessa non una, ma mille volte, di non lasciarmi coinvolgere da questa situazione assurda. La sua maglietta odorava di lui, del suo profumo inconfondibile e portandola più vicino al viso mi resi conto che era la stessa che aveva indossato quel giorno, quando mezza ubriaca mi portò a casa sua, sperando che non fosse lo stesso per i boxer.
Mi stesi nel letto e spensi l'abat-jour. Stavo per prendere sonno quando lo squillo del cellulare anticipò l'arrivo di un messaggio.
Fa' che non sia lui..
Presi il cellulare da sopra il comodino e puntai lo schermo contro il mio volto.

Scommetto che vorresti essere nel mio letto, vero confettino?
Perché non vieni qui? Ho tanto freddo e avrei bisogno del tuo calore...


E' una persecuzione al quadrato! Perché mi deve infastidire nel bel mezzo della notte?

Nei tuoi sogni, pervertito.

Posai il cellulare, tirandomi a sedere con le braccia incrociate. Ormai il sonno si era andato a far benedire. Sicuro che da sposati non gli avrei permesso di farmi compagnia una sola notte in più.

Pochi secondi dopo arrivò un nuovo messaggio. Sbuffai, aprendo nuovamente la chat.

Nei miei sogni facciamo molto più che dormire...

Ma che maniaco!

Dopo lo squallore che aveva lasciato trasparire nell'ultimo messaggio decisi di non rispondere. Ora ero sicura di non essere per niente attratta da lui.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8// ***


 
Innamorata di mio “Marito"
capitolo 8





 
Qualche settimana dopo...





 
Era sabato mattina ed ero seduta sul divano in compagnia di mio padre bevendo una tazza di caffè. Era l'unica cosa che in quel periodo mi manteneva i nervi saldi durante tutti i preparativi delle nozze. 
Io e mio padre avevamo ripreso a parlare, non perché l'avessi perdonato per quello che aveva fatto alle mie spalle, ma era comunque mio padre, l'unica persona che mi era rimasta, per quanto ci provassi non ero in grado di portargli rancore per sempre. Infondo, non era colpa sua ma di quella bisbetica di mia nonna, che si era messa in testa di voler diventare bisnonna prima di morire, e nessuno si sarebbe azzardato a farle cambiare idea.

Stavamo guardando uno stupido quiz televisivo quando il cellulare squillò per qualche istante. 

Era uno degli amici del mio finto fidanzato.
Un certo Taro aveva invitato me e le mie amiche in una discoteca che aveva da poco aperto. La scorsa volta non avevo avuto la possibilità di approfondire la conoscenza dato che Ikuto mi aveva letteralmente trascinato via dalla villa, ma sembra un ragazzo gentile ed amichevole. Magari se mi fossi trovata a dover sposare lui, anziché quel presuntuoso belloccio non sarebbe stato difficile tollerare la sua presenza per almeno un anno, finché non avremmo potuto firmare i documenti dell'annullamento. Decisi di unirmi a loro così gli confermai la mia presenza e quelle delle ragazze – sicuramente sarebbero state entusiaste, soprattutto Yaya. 

Durante la settimana io e Ikuto ci eravamo messaggiati un po', anche se per la maggior parte del tempo mi prendeva soltanto in giro. Ero contenta del rapporto civile che stavamo costruendo, almeno da fidanzati, perché la vita matrimoniale sarebbe andata nel verso peggiore. 


 





Alcune ore dopo...
 


Appena giunta al Royal Garden informai le ragazze dell'invito di Taro, e come avevo previsto, Yaya appariva la più euforica delle tre. Taro mi aveva anche parlato di quanto fosse impaziente di incontrarla, dato che alla villa avevano parlato a lungo, scoprendo degli interessi comuni.
Yaya e Rima mi costrinsero a fare un po' shopping. Facemmo il giro tra i negozi per trovare qualcosa di adatto per l'occasione, anche se non avrei modificato il mio look da "dura", quel modo di vestire mi aveva contraddistinto fin dalle elementari. Anche le ragazze acquistarono dei vestiti per l'occasione. 

Mentre il nostro giro proseguiva ci imbattemmo in Utau e Kukai.

Cosa ci faceva Kukai con la sorella di Ikuto? Che significava quel "chiacchierare amabilmente?".

Non avrei mai pensato che si conoscessero. 

Dopo aver concluso le nostre spese tornammo a casa mia per prepararci alla grande serata, a cui seppi da Yaya che avrebbe partecipato anche Tadase, ma non sapevo il motivo della sua presenza.

Quando il taxi arrivò, salutammo mio padre che ci diede dei soldi extra come ricompensa. Personalmente sapevo che stava cercando di comprarmi per farmi dimenticare la questione del matrimonio combinato; sapeva benissimo che non avrebbe funzionato, che acqua e olio non si potevano mischiare, eppure aveva deciso di partecipare a quella pantonima. Me l'avrebbe comunque pagata, si sbagliava se pensava di poter ottenere il mio perdono così presto.

Quando scendemmo davanti alla discoteca, i ragazzi erano già fila e parlavano fra di loro, spintonandosi e scherzando fra di loro mentre aspettavano di arrivare al cospetto del muscoloso buttafuori. Yaya si accostò afferrandomi per il braccio. 

– Quindi credi che Taro provi qualcosa per me?

– Credo di sì, altrimenti non mi avrebbe chiesto espressamente di portarti. – risi, osservando Yaya sollevare il mento, come a mostrare la sua superiorità. 

Una voce maschile interruppe il nostro discorso. Taro si allontanò dal gruppo dei ragazzi per venirci incontro. Yaya lo fissava in totale ammirazione, mentre Rima affianco a lei scuoteva il capo più volte. 

– Sei bellissima, Amu-chan. – disse. – Ikuto vorrà sicuramente qualcosa stasera.

– Rimarrà deluso, allora. Non ho intenzione di dargli nulla. - risposi, contrariata sentendomi improvvisamente accaldata. Il diretto interessato sentendosi preso in causa si palesò alle spalle di Taro, che balzò in avanti.
Ikuto lo osservò attentamente, infilando le mani delle tasche del pantalone. 

– Cosa diavolo state combinando? -

"parli del diavolo e spuntano le corna."

–Nulla. - gli dissi, senza mezzi termini. 

Ikuto spostò il suo sguardo indagatore su ogni parte del mio corpo, cosa che mi infastidì parecchio. Per una manciata di minuti non aprì bocca, continuando a guardare il mio vestito aderente che mi lasciava scoperte le gambe e la schiena. Accennò un passo verso di me, fermandosi strategicamente a pochi centimetri. 

– Sei molto bella... Amu.– sussurrò.

Quel molto bella, supposi che fosse il suo modo personale di complimentarsi per il mio aspetto. Onestamente anche lui era carino quella sera, ma detestavo ammetterlo.

Nel frattempo che la nostra sfida di sguardi proseguiva con maggior trasporto, Taro e Yaya erano persi in una conversazione così Tadase – il ragazzo di cui in passato avevo provato una cotta di breve durata – si avvicinò poggiando il braccio sulla spalla di Ikuto. 

– Oh, Amu... sei davvero bella stasera. 

– Grazie. - sorrisi timidamente. 

– E' un tatuaggio quello che vedono i miei occhi? 

– Sì. Fa' parte del mio stile. Cool e Spicy. - spiegai. Ricordai vagamente il dolore e la soddisfazione per aver disegnato sul mio corpo il mio simbolo preferito, il teschio, e anche l'espressione sul volto di mio padre quando lo scoprì mentre m'infilavo una maglietta. Quasi gli mancò l'aria. 

Fin dalle elementari, avevo sempre mostrato agli altri una parte "costruita" di me. L'altra, quella più debole, avevo deciso di seppellirla per evitare al dolore di scalfirmi. Ero considerata una leader ed ero temuta quando camminavo per strada, ma in realtà ero molto timida e non riuscivo ad esternare i miei sentimenti. Solo con i miei amici guardiani avevo avuto il coraggio di mostrarmi per quella che ero. Essere abbandonata da mia madre in tenera età non mi aveva aiutato granché...

– Ne hai altri? – continuò Tadase, dopo aver studiato il teschio disegnato sul mio fianco sinistro. 

– Forse... - risposi, vaga. 

– Dove? - s'intromise Ikuto, che improvvisamente sembrava interessato alla questione più di chiunque altro.

– Oltre il teschio non ho altro. Mio padre non ne reggerebbe un altro.

– Non pensavo fossi una cattiva ragazza, Amu Hinamori. Mi stupisci...

– Ci sono molte cose che non sospetti di me, Tysukiyomi. Non credo riuscirai a scoprirle tutte.

Un anno era troppo poco per capire la vera natura di una persona, anche per uno come Ikuto.

– Non dovresti sottovalutarmi, confettino. Sono più furbo di quanto pensi. - cercò di provocarmi spostandomi leggermente i capelli con una mano, tenendomi scoperto il collo. Fermò il suo viso di fronte al mio, ad un soffio dalle mie labbra. Alzai lentamente la testa per poter competere con i suoi occhi cobalto. 

La sua mano continuava a seguire il contorno del mio viso, bloccandosi dietro la nuca per assottigliare la distanza fra i nostri nasi.
– Posso baciare la mia fidanzata? -

Scossi la testa in protesta, allontandolo leggermente con una mano.

– Magari più tardi. La notte è giovane. - mi prese la mano e, ignorando i nostri amici, mi trascinò nel locale.

Le luci della discoteca era soffuse, solo la consolle appariva illuminata da piccoli fari bianchi posti ai piedi del palco. L'ambiente era caldo, affollato, soffocante, ma con una serie di aperitivi la serata iniziò a diventare movimentata. 

Dopo qualche ora, e altrettanti drink, eravamo tutti brilli. La sensazione di calore si univa a quella dell'alcol che circolava a dosi massiccie nel nostro sangue, attraverso i nostri atteggiamenti sfacciati. Yaya era sparita da qualche parte insieme a Taro. Io e Tadase, dopo l'ultimo trascorso burrascoso, avevamo bevuto, ballato e riso tutta la serata. Ikuto ci aveva tenuto compagnia per quasi tutto il tempo, anche se a volte spariva e non lo si vedeva più in giro. Mi ritrovai a sperare che non si fosse appartato con qualche ragazza. 

Lasciai Tadase seduto al bancone a ingurgitare l'ultimo drink e andai alla ricerca del mio finto fidanzato, attraversando una calca abnorme di persone al centro della pista. Quando lo trovai, appoggiato a una colonna portante, con lo sguardo perso nel vuoto decisi di fargli compagnia.

Mi disposi accanto a lui con difficoltà, mentre bevevo tutto d'un fiato il drink offertomi. Ikuto mi prese il bicchiere dalle mani e lo bevve a sua volta. 

– Ehi! - 

– Non dovresti bere così tanto, confettino. Sai cosa ti succede se lo fai.

– Chi saresti tu? - gli rubai di nuovo il bicchiere dalle mani, trovandoci solo una goccia nel fondo. Sbuffai, e lo lanciai per terra frantumandolo in mille pezzi. La cosa positiva di essere ubriachi era che non avevi il controllo delle tue azioni, potevi commettere qualsiasi pazzia senza che la ragione te lo impedisca; la negativa è che, alla fine, ti sentivi solo uno straccio da buttare e non facevi altro che vomitare. 

Ikuto si voltò nella mia direzione.
– Una persona che ti vuole bene.

Ridacchiai senza alcun freno, ma la gente era troppo impegnata a ballare per fare caso a due ubriachi nel fondo della pista. Il sospiro di Ikuto si confuse nella confusione grottesca della musica, che aveva ripreso a fuoriuscire dalle casse ai massimi decibel. Ikuto si staccò dalla parete e mi afferrò il braccio, guidandomi in un posto più appartato, dove le nostre povere orecchie trovarono sollievo.

– Dove eri andato prima? - esordii, evitando di fare la parte della gelosa.

Senza alcun risultato.

– Ero fuori a fumare.

– Davvero?

Sospirò più forte. – So a cosa hai pensato. "Ikuto si sarà appartato con un'altra ragazza, e chissà quali sconcerie ha fatto..."

Mi mordicchiai il labbro inferiore cercando di nascondere la vergogna che provavo. 

– NO!

Pessima imitazione di una ragazza, che non era andata irrimediabilmente nel panico. Evitai di guardarlo per timore di essere scoperta, ma ero troppo brilla per nascondermi dietro la maschera di porcellana, che negli anni mi ero costruita per avere una buona reputazione con gli altri. E Ikuto capì che stavo mentendo, visto il sorriso sarcastico che potrei notare a chilometri di distanza. 

Presi una sigaretta, cercando un pretesto per rimanere in silenzio. 

– Non sapevo che fumassi.

Feci un tiro e tolsi la sigaretta dalle labbra.
– Come ho detto poco fa, io nascondo molti segreti Tsukiyomi. 

– Questo ti rende ancora più sexy.

– Oh, certo... morire di cancro e avere i denti gialli è una cosa davvero attraente - scherzai, tirando un'altra volta fino a sentire il fumo penentrare nei polmoni. 

– Beh, non hai ancora i denti gialli... - mi prese in giro - Perché fumi? Vuoi dimostrare al mondo di essere tosta, Amu Hinamori?

– Tu fumi, Tsukiyomi? 

– Non si risponde con un'altra domanda.

– Forse non so la risposta. - risposi un po' brusca, mostrando il mio lato oscuro, come la notte che ci stava avvolgendo lentamente fino a nasconderci agli occhi indiscreti.

– Che cosa ti spinge... ad essere così... dura con te stessa? 

Sentire questi discorsi "filosofici", "esistenziali", da un tipo come Ikuto mi sorprese, e non poco. Molto probabilmente domani non avrei ricordato più niente di questa conversazione, quanto avrei voluto registrare queste parole per dimostrare che anche lui era capace di riflettere, oltre che rimorchiare.

– La vita, probabilmente. Sono sempre stata debole, e questo lato di me l'ho sempre odiato. I bambini a scuola mi prendevano in giro perché mia madre mi aveva abbandonata per andarsene con un altro chissà dove. Poi mia nonna si è ammalata. Nonostante non abbiamo proprio un ottimo rapporto, questa situazione ha finito per distruggermi. Così ho deciso di diventare quella che sono adesso. Ho iniziato a violare le regole, ad essere spregiudicata e ad etichettarmi con questo stile "cool e spicy", per un periodo bevevo e mi autolesionavo... – mentre terminavo il racconto la mia voce diventava sempre più bassa e singhiozzante. 

Non sapevo perché mi fossi aperta solo con lui. Non l'avevo confessato a nessuno. Non avevano mai avuto il coraggio di riportare alla mente quello che era successo nel passato, e adesso la ferita si era riaperta e la sensazione di gioia e spensieratezza aveva lasciato il posto alla tristezza. 

Ikuto non disse nulla e si limitò ad abbracciarmi. Non era come i soliti abbracci che ci eravamo dati, forzati e scomodi, era confortante stare tra le sue braccia e ascoltare il battito del suo cuore, mi faceva sentire protetta. 

Restammo in quella posizione finché non decisi di interrompere il contatto. Non volevo dargli l'illusione che il nostro matrimonio poteva portare entrambi alla felicità, anche se quell'abbraccio mi aveva rincuorato. 

– Non sono sicura del perché io te l'abbia detto, forse perché sono ubriaca... ma ti prego, non dirlo a nessuno. Sarà il nostro segreto. - cercai una scusa per poter spiegare quel contatto a me stessa. 

– Sì, certo. Sarà il nostro segreto - mi strinse le mani – Amu mi dispiace.

– Per cosa? 

– Per ciò che hai dovuto affrontare. Molte persone preferiscono scappare. Tu invece hai fatto una scelta ben precisa, è ammirevole il tuo coraggio.

Sorrisi dolcemente, non sapendo esattamente quali parole utilizzare. Era chiaro che l'abbraccio era un palese gesto di conforto. 

Qualche minuto dopo decisi di chiedergli di Tadase, mi sembrava di capire che i due si conoscessero da molto tempo, ma il discorso non gli piacque affatto.

Cominciò ad innervosirsi. 

– Ho visto quanti drink ti ha fatto bere. Voleva inibirti e magari portarti a letto. Devi stare lontana da lui!

– Perché? E' successo qualcosa in passato? Ti ha fatto qualcosa?

– Ha finto di essermi amico e ha giocato con i sentimenti di mia sorella, che all'epoca era solo una ragazzina senza alcuna esperienza. Le ho riempito la testa di stupidaggini e adesso lei non si fida più di me. E' solo un bastardo senza alcuna spina dorsale. Voleva solo portarsi a letto mia sorella! 

– Non sembra come lo descrivi. E' un bravo guardiano - gli faccio notare, additando il bancone del locale, dove prima stava bevendo come una spugna. 

– Stai alla larga da lui.

– Va bene, calmati.- lo rassicurai, ma lui non sembrava tranquillizzarsi. 

– Mia sorella non capisce nulla dei miei sentimenti. Lei può scegliere con chi stare, mentre io sono qui con te.

Quando si rese conto che quelle parole mi avrebbero potuto ferite, - da sobria, ovviamente -  si schiarì la voce.

– Neanch'io voglio sposarti. - scattai.

– Non intendevo in quel senso. Volevo dire che lei ha una scelta ma io no. - precisò.

– Non è una cosa giusta per nessuno dei due. - concordai, abbassando lo sguardo al pavimento.

Dopo la nostra piccola discussione, decidemmo di tornare all'interno. Non eravamo abbastanza brilli, così tornammo a bere altri drink e a ballare, tentando di dimenticare il passo che ci stavano costringendo a fare.

Erano le quattro del mattino, quando la musica si placò e il d-jay annunciò la chiusura del locale. Rima e Yaya decisero di andare via con Taro, lasciandomi in compagnia di Ikuto e Tadase. I due cavalieri dall'armata splendente che non sopportavano l'uno la presenza dell'altro.

Avevo già avvisato mio padre che non avrei dormito a casa, ma adesso che Yaya non c'era per ospitarmi a casa sua e avevo lasciato le chiavi di riserva sotto il tappetino, Tadase si propose di ospitarmi e non avendo altra scelta fui costretta ad accettare, ancora sotto l'effetto del'alcol.

Ikuto si auto-invitò, facendo notare a Tadase molto esplicitamente che ero la sua fidanzata e non poteva permettere che stessimo da soli. 

Mentre il biondo inseriva la chiave nella toppa, sentivo le gambe cedere e mi appoggiai delicatamente alla spalla di Ikuto. I miei occhi si stavano lentamente chiudendo. "Accidenti! Non avrei mai imparato la lezione!".

– Starai anche tu qui? - gli chiesi, sentendo la testa diventare pesante.

– Certo, confettino. Non lascerei mai la mia attraente fidanzata da sola con un altro uomo.















 

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** 9// ***


Innamorata di Mio Marito 
capitolo 9 




 
 Che cosa succede?
Mi svegliai a causa dei raggi del sole che mi colpivano dritto in faccia. Guardandomi intorno realizzai di non trovarmi nella mia camera, e solo dopo ricordai che Tadase mi aveva ospitato a casa sua, quando eravamo usciti dalla discoteca. Dopo un po' mi resi conto di non essere da sola, un braccio attorno alla mia vita e la mia testa era poggiata su un petto nudo, che mi cullava dolcemente. Aprii gli occhi e guardai in alto per controllare chi avesse quella faccia tosta, e vidi Ikuto seminudo. Nella mia testa suonò l'allarme. 

Perché Ikuto era mezzo nudo, accanto a me?

Diedi un'occhiata al mio corpo e notai di avere solo la maglietta di Ikuto, che indossava la sera precedente, a coprirmi. Cercai di sfuggire alla sua presa, e mi sedetti sul ciglio del letto portandomi le mani nei capelli pregando con tutte le mie forze di non essere andata a letto con lui. Non ci sarebbe nulla di sbagliato, dato che Ikuto fra meno di un mese sarebbe diventato ufficialmente mio marito, ma avevamo deciso di comune accordo di tenere le mani al proprio posto. Era bastata una sbornia per inibire i miei conflitti interiori?
Un movimento ambiguo alle mie spalle mi suggerì che doveva essere sveglio, infatti poco dopo interruppe i miei pensieri facendomi sussultare. 

"Non abbiamo fatto niente, confettino." mormorò. "E devo ammettere che avrei voluto..." confessò, mentre il mio viso diventava più rosso e nel petto una sensazione opprimente. Velocemente tentai di escludere quella visione di noi nel letto. "Amo il tuo tatuaggio, è davvero singolare come scelta."

"Ikuto..." sussurrai, ma lui mi bloccò facendo scivolare la sua mano nelle pieghe della schiena. Ci misi un po' ad elaborare cosa volesse fare, ma non appena sentii la mano proseguire verso il basso, gliela bloccai e lo incenerii con lo sguardo. Non doveva permettersi di sfiorarmi una sola volta in più. Ero sobria, ma non avevo le energie per arrabbiarmi con lui in quel momento, e la nebbia nella mia testa non si diradava. Schiarii la voce, e accostai i lembi della maglia.

"Allora, come ho fatto a finire in questa situazione?" chiesi facendo riferimento alla sua maglia.

"Ti sei spogliata davanti a me e a Tadase ieri notte. Hai esordito dicendo che il vestito era troppo stretto e avevi bisogno di respirare, così ti ho prestato la mia maglia per coprirti." ridacchiò, facendomi andare nel panico.

Un momento, mi ero spogliata davanti a due ragazzi?

"Ma come ti sei permesso!?" gli urlai contro. "Non avevi nessun diritto!"

"Va bene. Avresti preferito gironzolare in mutande per tutto l'appartamento?"

"No, però non ti avevo autorizzato. Tadase... mi ha visto?"

"No. L'ho mandato via nel momento in cui hai iniziato a svestirti. Nessuno può vedere la mia futura moglie nuda, escluso il sottoscritto." sorrise, fissandomi le gambe nude. 

"Sarà la prima e ultima volta. Non ce ne sarà un'altra." misi in chiaro, prima di uscire dalla stanza e raggiungere il salotto, dove un ignaro Tadase stava guardando la televisione. Giunta alla soglia salutai il proprietario, che si voltò. "Ehi, avete dormito bene?"

Aprii le ante del frigofero per bere un bicchiere di latte fresco, dato che avevo la bocca totalmente asciutta.

"Vi siete divertiti ieri notte? Ho sentito il letto scricchiolare un paio di volte." domandò muovendo su e giù le sopracciglia. Per poco non sputavo tutto il latte contro il muro.

"Tadase perché hai dormito sul divano?" ripresi, ignorando le sue allusioni.

"Beh, non c'era posto per tutti e tre, e dato che state per sposarvi ho pensato avreste voluto condividerlo."

"Grazie, ma non ce n'era bisogno. Ti prego, possiamo non parlare del matrimonio?"

Tadase acconsentì. Poco dopo, Ikuto apparì nella stanza portandosi una mano fra i capelli scuri con fare sensuale, e si accomodò con un tonfo sul divano. 

"Mia mamma ha appena chiamato, dobbiamo andare a casa di tua nonna per scegliere il menù del matrimonio." disse con un'espressione preoccupata dipinta sul viso.

"Bene." sospirai. "Perchè sei preoccupato?"

"Oh, ho pensato che non avresti voluto vedere quella donna." rispose leggermente imbarazzato.

"Non sopporto mia nonna perché ci ha infilato in questa situazione, ma ormai siamo in ballo..."

"Quindi balliamo?" chiese.

"Sì, però devo tornare a casa per cambiarmi."

Ikuto salutò Tadase con un cenno della mano, andando a recuperare i suoi effetti personali dalla camera degli ospiti. Tadase, intanto, si era avvicinato tirandomi in un abbraccio soffocante, sussurrandomi a un orecchio che se avrei voluto, avrei messo fine alla pantomima del matrimonio; quando il mio fidanzato tornò nella stanza mi staccai velocemente, ringraziandolo per la premura che aveva, come sempre, nei miei confronti.



Il viaggio verso casa mia fu silenzio, nessuno dei due spiccicò parola. Avevo ancora addosso la sua maglia pervasa dal suo profumo, e mi ci stavo affezionando. Quando arrivammo a casa, corsi su per le scale per non farmi beccare da mio padre, con Ikuto che mi tallonava. Una volta su, feci una doccia mentre avevo lasciato Ikuto a curiosare nella mia stanza, sperando che non frugasse nei cassetti della biancheria. Quando uscii, mi diede il cambio approfittando della mia doccia, mentre io mi sedetti sul letto per aspettarlo. Mancava poco all'apputamento. Pochi minuti dopo, comparve nuovamente nella stanza. Le goccioline di acqua gli scivolavano dai pettorali verso il basso e soltanto un asciugamano intorno alla vita.

Lui gironzolava per la stanza incurante della mia presenza. 

"Vai a cambiarti." ordinai perentoria, distogliendo lo sguardo per non osservare il suo corpo. Ridendo per la mia reazione, Ikuto ritornò in bagno e indossò gli stessi vestiti. Non avevamo il tempo per andare a casa sua, e di certo non avrebbe dato nell'occhio né a mia nonna, né a sua madre. Tornammo al piano inferiore e, mentre eravamo sul punto di aprire la porta, mio padre si palesò alle nostre spalle schiarendosi la voce.

"Amu, potrei parlare un attimo con te in cucina?" urlò, indicandomi senza troppi preamboli la cucina. 

"Ma papà..." lanciai uno sguardo a Ikuto, e lui fece un cenno con la testa. Seguii mio padre titubante, mentre Ikuto aveva deciso di aspettarmi in macchina. 

"Cosa c'è?" esordii una volta soli. 

"Perché eri vestita in quel modo? E' successo qualcosa fra voi due? State davvero insieme? Che mi stai nascondendo, Amu?" mi fece un mucchio di domande. Capii subito che mi aveva vista salire furtiva ai piani superiori poco prima, e indossavo anche la maglia di Ikuto. Aveva avuto tutti gli elementi per farsi delle strane idee. 

"Papà. hai frainteso. Tra me e Ikuto non c'è assolutamente nulla! Mi ha dato la sua maglietta per non farmi dormire col vestito. Non sta succedendo nulla." cercai di rassicurarlo e speravo avesse funzionato.









Quando bussammo alla porta ad aprirci ci pensò mia nonna, per fortuna avevo infilato nuovamente l'anello, mentre Ikuto mi stringeva la vita. Ci accomodammo nella sala da pranzo per fare degli assaggi di tutte le diverse pietanze, che la nonna aveva ordinato per il ricevimento. Voleva che tutto fosse perfetto. Non m'importava molto delle pietanze che ci passavano sotto il naso, e nemmeno ad Ikuto, così ci limitammo ad approvare le scelte di mia nonna e Ayu, che erano su di giri. Poco dopo arrivarono anche Utau e Kukai, che ci presentò come suo nuovo fidanzato, lasciandomi sorpresa. Mia nonna aveva chiesto a Utau di coinvolgere un'altra persona per avere un opinione più dettagliata. Ikuto sembrava parecchio infastidito per la presenza del mio amico e strinse leggermente la mia coscia, quasi a volermi proteggere e mostrare al nuovo arrivato a chi appartenessi. Quando finimmo l'assaggio, ci spostammo sul divano in salotto per decidere il menù finale. 

Mentre discutevamo di quali piatti abbinare, lo stomaco cominciò a fare i capricci, e avvertii la nausea pungermi la gola. Era un brutto segno. Nel bel mezzo della conversazione fui costretta a scusarmi coi presenti e corsi su per le scale arrivando in tempo per piegarmi sulla tazza e vomitare. 

Sentii la porta aprirsi piano. Non ebbi neanche il tempo di controllare chi fosse, che nuovi conati mi costrinsero a rimettere la faccia nel gabinetto. 

"Stai bene?" era la voce di Ikuto. Sicuramente mia nonna l'aveva mandato a controllare la situazione.

"No. La nausea mi sta uccidendo." piagnucolai, tenendomi il grembo con entrambe le mani, mentre Ikuto mi sosteneva i capelli per toglierli dal viso e rendermi più facile il lavoro. 

"Non sarai mica incinta?" ipotizzò.

Mi sollevai di scatto. "Sei impazzito o cosa? E con chi l'avrei fatto?"

"Con me, per esempio?" 

"Impossibile. Hai detto che stanotte non è successo nulla. E poi non credo che tu sia così veloce..."

Si allontanò per prendere un asciugamano, mentre mi sciacquavo la bocca. Sentii una lacrima correre lungo la guancia e poi ne' susseguì un'altra, fino a che non cominciai a singhiozzare. Avevo paura di ricadere in quel baratro di molti anni fa. Soffro di frequenti attacchi di panico, e questo è uno di questi. 

Sentivo un peso insopportabile che mi schiacciava, e la sensazione di svenimento appesantirmi le ossa. Ikuto tornò serio, e mi fece sedere sul pavimento sedendosi di fronte a me con le mani sulle mie spalle. Eravamo l'uno di fronte all'altra, mi guardò dritto negli occhi e mi disse di respirare e chiudere gli occhi.

Dopo pochi minuti, riuscii finalmente a tranquillizzarmi, e io gli confessai della mia paura. 

"Attacchi di panico?" Annuii, abbassando lo sguardo. 

"Beh, vedrò di farteli passare allora. Non aver paura."

Non sapevo che cosa intendesse, ma quelle parole mi rassicurarono.

"Grazie." gli sorrisi timidamente. 

"Penso sia stato qualcosa che hai mangiato di sotto, perché anche Kukai aveva problemi di stomaco." rise, felice del fatto che Kukai avesse fatto indigestione. Quando tornammo di sotto, nonna chiese subito cosa mi fosse successo e insistette per farmi riposare e costrinse Ikuto a rimanermi accanto come "crocerossina". Io avevo cercato di farle cambiare idea, dicendole che era stata una banale indigestione, ma lei era stata ferma sulla sua posizione, esattamente come sul matrimonio.

"Beh, è il tuo fidanzato e futuro marito, ha bisogno di prendersi cura di te. Non divertitevi però, anche se credo che tu non sia in vena visto che stai male." disse mia nonna, prima di lasciarci soli. Ancora una volta aveva alluso al sesso. Da quando era diventato il suo argomento preferito? Per caso voleva farlo lei con Ikuto?

Era insopportabile.

Ikuto, dal suo canto, non protestò perché avremmo trascorso altro tempo insieme e si sarebbe preso cura di me, come aveva detto nel bagno. Mi chiedevo se era giusto trattarlo male, visto che stava dimostrando il suo lato sensibile.

Mi sdraiai sul letto. Anche se odiavo farlo, chiesi a Ikuto di sdraiarsi accanto a me e di coccolarmi. Avevo davvero paura di sentirmi male. Lui non obiettò e mi prese fra le sue braccia senza dire nulla. Mentre mi accarezzava il viso, sentii i miei occhi appesantirsi di colpo. 

Risi pensando che per la seconda volta in poco tempo, ero di nuovo nelle sue braccia. E stavolta non mi sarei spostata.

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** 10// ***


Innamorata di Mio Marito 
capitolo 10 





 
Erano passati un bel po' di giorni da quando ero stata male e adesso stavo decisamente meglio. Quella notte avevo vomitato altre due volte e Ikuto si era pazientemente impegnato ad afferrarmi i capelli e confortarmi quando scoppiavo a piangere, dopo l'ennesimo attacco.
Avevo apprezzato il suo essere premuroso e attento nei miei confronti senza prendersi gioco della situazione o di me. Ovviamente il vecchio Ikuto non aveva ritardato a riemergere e la cosa mi stava bene, era divertente punzecchiarlo e sentirlo rispondere alle frecciatine con alterigia. Avevo appena finito di prepararmi per uscire con il mio "finto" fidanzato ed ero abbastanza annoiata, visto che non avremmo fatto niente di divertente. I preparativi stavano quasi per terminare, l'ultima cosa a cui dovevamo pensare era la riunione con il parroco per parlare delle nostre nozze e anche dell'importanza di questo sacramento, che sanciva la nascita di una famiglia. Era una stupida idea, e lo feci presente anche ad Ikuto, ma di certo non potevamo dare un dispiacere alle "wedding planners" che avevano organizzato tutto nei miei minimi dettagli. L'incontro con il parroco si rivelò noioso, non avevo alcun interesse a sentire di cosa stesse parlando, soprattutto perché questa unione era una completa finzione e non c'era bisogno di parlare di fedeltà e promesse. Ma il prete ignorava l'antifona. Stavo cominciando a sospettare che, anche lui, facesse parte del nostro fan club. Possibile?
Alla fine dell'incontro, il prete ci ordinò di restare per la messa e accettammo riluttanti. Dopotutto era dall'inizio di questa pantomima che non avevamo voce in capitolo su nulla.
Il rito fu peggiore dell'incontro in sé. Mentre stavamo seduti ad ascoltare i lunghi giri di parole del prete, Ikuto si sporse verso di me.

"Vorrei rendere la cosa più divertente." 

"E come pensi di fare?" gli dissi, a mia volta, vedendo il suo ghigno diabolico dipingersi sulla sua faccia.

"Cazzo." 
Sgranai gli occhi, capendo il gioco meschino che aveva in mente, poi assunsi un'espressione terribilmente determinata.

"Cazzo." ripetei più forte, facendo voltare alcune persone. 

Continuammo così per un paio di volte fin quando Ikuto non urlò quella parola, che fece eco all'interno della struttura. Ricevemmo diversi sguardi, ma ogni volta che le persone si giravano a fissarci facevamo finta di niente, e con sguardi complici scrutavamo intorno alla ricerca del colpevole.

Nel bel mezzo di un inno decisi di urlarlo ancora più forte.

"Hai vinto." ribadì di nuovo Ikuto, alzando le mani in segno di resa.

Quando la funzione terminò, lasciammo subito la chiesa per evitare di ritrovarci intrappolati nella calca di persone. Mentre eravamo in macchina, il cellulare di Ikuto squillò. Guardò il display con la coda dell'occhio passandomelo subito, e senza distogliere gli occhi dalla strada mi esortò a rispondere per lui.

"Ciao, Ayu."

"Oh ciao Amu cara, ho interrotto qualcosa?" chiese, alludendo a chissà che scenari perversi.

"Siamo in macchina. Ikuto mi sta riportando a casa." La informai, sperando di averla convinta.

"Oh, bene. Digli di tornare indietro e raggiungermi allo studio di danza, imparerete a ballare per il matrimonio."

Di nuovo. Il matrimonio... Ormai non facevano che parlare di questo, e la cosa mi stava snervando.

"Va bene." tagliai corto, sentendomi improvvisamente infastidita. Ikuto, d'altro canto, capì subito quale fosse stato l'argomento della discussione che mi aveva resa di cattivo umore.

"Cosa c'è?"

Feci un sospiro. "Dobbiamo andare a lezione di ballo." Annunciai, girando il volto verso il finestrino. 

"Fantastico..." commentò anche lui, sarcastico.

"Sì, lo so. L'idea ti fa rabbrividire..." concordai. 

"Beh, almeno ci divertiremo, giusto?" Sorrise, voltandosi nella mia direzione per un istante, ed io lo imitai, smettendo di osservare il mio broncio dal riflesso. 

"E come? E' una lezione privata."

"Oh, beh, saremo intenzionalmente dei cattivi ballerini e faremo delle danze sciocche." suggerì, tentando di smorzare la tensione che si era creata nello stretto abitacolo. 

"Sì, ci sto. Magari movimentiamo le cose."

Quando arrivammo allo studio fummo accolti da un uomo di mezza età, elegante e molto presuntuoso. Sembrava la fotocopia di Ikuto, urtava nell'identico modo quando ci dava ordini a destra e manca su come disporci. Ayu era seduta al lato della sala e ci osservava attentamente mentre sbagliavamo di proposito i passi finendo per inciampare l'uno nelle gambe dell'altro. Il professore, d'altronde, non sembrava soddisfatto dalla nostra disastrosa performance, e ci ammoniva con uno sguardo. Alla fine, io e Ikuto non eravamo tanto male come "coppia", forse il periodo che avremmo trascorso insieme da sposati non sarebbe stato poi così terribile...

L'istruttore iniziava seriamente ad arrabbiarsi e Ayu lo era altrettanto.

"Ikuto puoi essere serio per favore? Sta diventando imbarazzante! Mi stai facendo fare una brutta figura." lo supplicò la donna, non immaginando che stessimo recitando. "E' importante che tu balli bene al tuo matrimonio, specialmente il primo ballo. Tutti vi guarderanno, sarete al centro dell'attenzione degli invitati, e non potrai fare come agli altri matrimoni. Devi essere impeccabile."

"Va bene." rispose di rimando il giovane, mantenendo il suo sguardo incollato al mio. Si abbassò di più, avvicinando le labbra a stretto contatto con il mio collo, dove sentii il suo caldo respiro scivolarmi sulla pelle. "Proviamo sul serio, adesso."

Trascinanti da una musica invisibile ci stavamo davvero muovendo. Eravamo molto vicini l'uno all'altra e mi sentivo davvero strana a stargli appiccata addosso, sentendo il suo respiro colpirmi sulle guance. Pensare che questo sarebbe stato il ballo del nostro matrimonio mi intimidiva. Avevo bisogno di ridere per smorzare la tensione che mi stava torturando lo stomaco, ma non potevo perché se non avessi preso la cosa sul serio, la mia futura suocera se la sarebbe presa.

Ero in balia dei miei pensieri mentre le nostre mani erano intrecciate e i corpi a stretto contatto. Seguivamo attentamente i passi, dettaci dall'istruttore, evitando accuratamente d'incatenare i nostri sguardi. 

"No, no, no! Dovete guardare l'uno negli occhi dell'altro. Deve essere una cosa passionale. Sentita. Dovete essere innamorati." tuonò l'istruttore, puntandoci l'indice contro.

Ikuto portò la mano sul mio mento guidandolo di fronte al suo, poi riportò la mano contro la mia vita riprendendo ad ondulare leggermemente. Adesso non potevo più sfuggirgli, i miei occhi erano immersi nei suoi, ed erano così profondi da non riuscire a leggervi dentro. Al contrario i miei dovevano essere un libro aperto mentre tentavo di reprimere ciò che sentivo.

"Maledizione. Cosa sto facendo? Non dovevo odiarlo?"

Fui molto sollevata quando Ikuto slegò la presa, anche se da un lato avrei preferito continuare, ma la lezione era finita ed io ero esausta. Ayu ci venne vicino, affiancandoci mentre l'istruttore lasciava la stanza con un diavolo per capello. 

"Avete fatto uno splendido lavoro quando avete smesso di fare gli stupidi. Sembrate una coppia così perfetta. Sono davvero felice che state insieme e che andate d'accordo." squittì su di giri la donna, facendomi alzare gli occhi al cielo. Non me la sentivo di far crollare il suo castello di speranze dicendo che io e suo figlio avevamo stretto un patto d'alleanza per evadere da questo matrimonio, che nessuno dei due realmente voleva.

Ikuto spezzò il silenzio creato dall'affermazione della madre. "Sì, lo so, mamma. Sono felice di aver incontrato una donna che mi ha colpito dal primo momento. Immagina se fosse stato il contrario... terribile." Intercettò il mio sguardo, rivolgendomi un lieve sorriso, che io non ricambiai.

Raggiunta la macchina e nel frattempo che Ayu sistemava alcune borse nel cofano, Ikuto ne approfittò per ribadire il concetto iniziale: ovvero che io a lui non piacevo per niente e che le cose che aveva dichiarato prima erano frasi di circostanza rifilate a sua madre per mantenere l'apparenza di un uomo innamorato.

"Non c'è bisogno di ribadirlo, Ikuto. Neanche io ti sopporto." 

"OH, davvero?" Rispose, alzando un sopracciglio. "Ma durante il ballo non mi hai dato quest'impressione. Anzi..."

"Taci." tagliai corto, mettendogli la mano contro la bocca.












Non potevo credere che mancassero solo tre giorni al mio matrimonio. Il mio FALSO matrimonio a cui ero stata costretta da quell'adorabile demone travestito da nonnina. Questo mese è passato velocemente, non ho avuto il tempo di prepararmi psicologicamente a quest'evento. Le ultime due settimane erano state un andirivieni continuo, finendo per trascurare i miei amici guardiani e le loro riunioni al Royal Garden. Abbiamo fatto gli ultimi acquisti per il matrimonio con mia nonna e Ayu. Non avevo alcun interesse per quella stupida cerimonia, quindi lasciai decidere loro ogni particolare. 

Per fortuna, non avevo trascorso molto tempo con Ikuto e di questo ne ero stato profondamente felice. Le uniche volte in cui l'avevo visto era quando ci trascinavano fuori per fare qualcosa. Quasi sempre uscivamo a pranzo o a cena da soli, perché loro sostenevano che la cosa avrebbe rafforzato il nostro legame e ci avrebbe aiutato a sentirci una "coppia intima" a tutti gli effetti. Io rabbrividivo alla sola idea. 

In qualche modo mio padre era riuscito ad astenersi dall'organizzazione. Personalmente pensavo lo avesse fatto per non scatenare di nuovo la mia rabbia. Si limitò a dirmi un banale "divertiti e torna presto a casa", per poi rintanarsi sul divano di fronte alla sua ennesima serie TV preferita, accompagnata da una maxi confezione di popcorn. A breve, Ayu e Ikuto sarebbero venuti a prendermi per andare a vedere la nuova casa, per essere certi che l'arredamento corrispondesse ai nostri gusti e fossimo a nostro agio.

Il nostro appartamento... suonava così strano. Non riuscivo ad immaginare che non avrei più dormito nella mia stanza, che seppur piccola era confortevole, e che non mi sarei più svegliata con l'odore di caffè e frittelle appena sfornate nelle narici. Avrei vissuto con Ikuto, sotto lo stesso tetto, sopportando la sua strafottenza che mi faceva saltare i nervi. Non mi sarebbe piaciuto l'appartamento, non importava che fosse accogliente e perfetto perché non volevo vivere lì.








L'appartamento era accogliente, e ancora una volta immaginai che doveva essere un regalo delle nostre rispettive famiglie. Era un ambiente moderno con un ampio soggiorno, la camera da letto e avevamo addirittura la cabina armadio e il bagno incorporato, nascosto da una porta scorrevole. L'intero arredo era bianco e nero, e la cosa non mi dispiaceva. Dopo aver visto la parte living, entrammo nella camera da letto e notai subito un particolare agghiacciante.

Il letto era enorme, studiato per offrire i miglior comfort... per due persone. 

"Sarà confortevole dormire da sola qui dentro." pensai, ammirando la vista che propinava la porta finestra.
Subito un pensiero mi occupò la testa. Io e Ikuto non avevamo ancora parlato di come avremmo dormito. Avevo sempre presunto che lui avrebbe dormito sul divano in salotto, ma di certo non poteva farlo per tutta la durata del nostro matrimonio. Avremmo dovuto affrontare immediatamente questo argomento per evitare spiacevoli inconvenienti. "Non che io sentissi quel desiderio..."

"Ayu non avresti dovuto spendere tutto quel denaro per questo amabile appartamento. Potevamo venire da te o trasferirci da mio padre." le feci notare.

"Non preoccuparti cara, tu e mio figlio sarete neo sposini, avete bisogno del vostro spazio. Inoltre... non voglio sentire voi due fare determinate cose ogni notte." osservò Ayu ridendo sommessamente alla fine, mentre sprofondavo nell'imbarazzo più totale.

Sul serio, non riuscivo a capire perché i nostri familiari parlassero così apertamente della nostra vita sessuale, che tra l'altro era anche inesistente. Che cosa ci trovavano di così divertente? Volevano solo dar modo al principe nero di burlarsi ancora una volta della mia stupida innocenza.

Come pensavo, Ikuto iniziò a ridacchiare per il commento della madre.

"Aw, mamma... hai fatto arrossire Amu, non è così adorabile?" disse sarcasticamente avvolgendomi le spalle con le sue braccia mentre mi poneva un bacio sulla fronte. Ayu ci guardò per una manciata di secondi, trasportando lo sguardo sulle nostre figure.

"Credo sia meglio lasciare voi due uccellini innamorati per un po' nel VOSTRO nuovo nido. Sarò in macchina ad aspettarvi quando sarete pronti." annunciò la donna prima di lasciare la stanza e l'appartamento. Quando sentii la porta dell'ingresso sbattere, ripresi a respirare. 

"Uccellini innamorati? Seriamente?" ripetei, scuotendo la testa.

"Oh, andiamo, confettino... facciamo quelle determinate cose." sottolineò trascinandomi con sé sul letto. 
Non sembrava serio in quell'affermazione, ma in quella posizione chiunque ci avesse visto avrebbe potuto fraintendere la situazione.

Ero sopra di lui ancora persa nelle risate, che non riuscivano a placarsi. Dopo un po' lo guardai, diventando seria. I nostri visi erano nuovamente a una minima distanza, potevo vedere gli occhi ametista di Ikuto fissi sulle mie labbra, come un gatto randagio che punta la sua preda prima di attaccarla.

Eravamo pronti a baciarci, ciò di cui non ero sicura era se io lo volessi oppure no... 
Volevo disprezzarlo. E ci stavo riuscendo, ma ogni volta è come se tornassi al punto di partenza, mentre sono in lotta contro me stessa per non cedere. Prima che riuscissi a far chiarezza in questa nebbia avvolgente, Ikuto mi spinge di lato iniziando a ridere.

"Se fossimo a quel punto, confettino... " si sollevò su un braccio, sostenendo la mano contro la guancia. "Sarei io quello sopra. Sono sempre io ad avere il controllo." mormorò con voce sensuale causandomi dei brividi lungo la schiena e il solito rossore sulla faccia. 

"Ti assicuro che non accadrà mai, Tsukiyomi!" lo presi in giro colpendolo scherzosamente. Lui mi guardò con aria da sufficienza, mentre io m'imbronciavo di fronte al suo atteggiamento sfacciato.

"Dove dormiremo?" chiesi, a un certo punto, sperando che lui collaborasse. 

"Beh, credo di poter prendere il divano. Sarà la cosa migliore, non credi? E così evito di destabilizzarti..." mi punzecchiò nuovamente.

"Sei il solito straffottente." risposi piccata alla sua provocazione. "E non sei per niente virile." aggiunsi, strizzandogli un occhio.

"Vuoi che te lo mostri?" ringhiò.

Posi le mani di fronte per bloccare le sue. "No, grazie. Ad ogni modo dovrà passare più di un anno prima del divorzio, e tu non puoi dormire per tutto questo tempo sul divano." gli feci notare. "Magari potrei darti il cambio per qualche notte, la maggior parte delle volte spetterà a te però." misi in chiaro, mentre lui ascoltava attentamente. 

"Va bene, magari potrei essere fortunato qualche volta, e dormire qui con te." scherzò ancora, lasciando intravedere un sorrisetto malizioso.

"Ti assicurò che non succederà." ribadii, rimettendomi in piedi. "E' meglio che torniamo da tua madre o penserà che stiamo davvero facendo qualcosa." risi, prendendo la sua mano per aiutarlo ad alzarsi.

Quando arrivammo alla macchina, Ayu ci lanciava continue occhiate, alludendo a cosa avevamo combinato per quella mezz'ora chiusi nell'appartamento. Per fortuna, trovai il modo per raggirarla, informandomi se c'era altro ancora da organizzare.

"Oh, beh, stiamo andare a fare shopping per la luna di miele. Non lo sapevi?" rispose emozionata, come se fosse lei la sposa piuttosto la sottoscritta. 

"Luna di miele? No, non lo sapevo." dissi onestamente.

"Sì, andremo in Italia per una settimana. Partiremo la notte del nostro matrimonio." spiegò Ikuto, appoggiando una mano sulla mia gamba.

"Davvero? Ho sempre sognato di visitare l'Italia." sospirai languidamente, e nel sentire lo sguardo di Ikuto su di me, cercai di darmi un contegno.

"Sì, anche io. Sarà anche meglio visitarla con te." aggiunse, baciandomi sulla guancia.

Qualche volta le sue azioni mi confondevano, sembrava si stesse davvero affezionando, che non mi considerasse "un incidente di percorso". Poi ricordavo, a malincuore, che eravamo in presenza delle nostre famiglie e che lo faceva per mantenere le apparenze. Di certo, i suoi gesti non potevano significare nulla. Beh, eravamo pari. Neanch'io provavo affetto nei suoi confronti.

Una luna di miele poi?
Sì, gli sposi sono soliti partire e visitare continenti meravigliosi per comportarsi da perfetti "piccioncini", ma noi? Noi eravamo le note sbagliate su un pentagramma, e un'intera settimana con lui, sulle gondole di Venezia sarebbe stato un incubo... 

Non può essere altrimenti.











E dopo vari blocchi di scrittore, e problemi vari... sono tornata con il continuo di "Innamorata di mio Marito". Non mi piaceva lasciare questa storia incompleta, senza alcun finale... per la gioia dei fan di Amu e Ikuto soprattutto, perché nel prossimo capitolo non solo conosceremo i pensieri del nostro gattaccio preferito, ma sarete tutti invitati al matrimonio dell'anno! Amu e Ikuto, dopo oltre un mese di preparativi, diventeranno ufficialmente marito e moglie, i signor Tsukiyomi! Inoltre si prospetta un bel viaggetto in terra nostrana per i neo sposini. Che dite si ammazzeranno durante la luna di miele, oppure questo aiuterà il loro rapporto a consolidarsi? Non dimenticate di leggere i prossimi capitoli, e non dimenticate la partecipazione...


Io intanto ringrazio di cuore chi ha inserito le storie nella sezione preferiti/ ricordate/ seguite, e in particolare TimeStrangeRey, Blue_Passion. Zonami84, Emma Hinamori, Krystal03, Mahela... 

Io vi ringrazio per le vostre recensioni, i consigli, e si, anche gli scleri...

Spero che il capitolo vi piaccia, e non dimenticate che nel prossimo assisteremo finalmente al matrimonio tra i due, quindi non mancate per nessuna ragione al mondo!

- KISS

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3468048