Luce di salvezza

di kyuukai
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Saving light ***
Capitolo 2: *** E.T. ***



Capitolo 1
*** Saving light ***


N.d.V: Altri compiti a casa. Stavolta i prompt erano:

Guido/Giorno + Fluff + Alien!AU. Spesso Giorno non gli sembrava per niente umano.

[Ammessi: introspettivo. Proibiti: comico/parodia. Giorno deve essere DAVVERO un alieno]. Sì altri personaggi di contorno.

Il che è stata una mezza sfida, perché ho una fifa degli alieni, e EuphemiaMorrigan che mi ha assegnato il compito lo sapeva eccome lol
A lei dedico la storia, ringraziandola del prompt stimolante, ed augurandomi che il fluff cariante risollevi l'umore dopo queste settimane impegnative.

E la ringrazio di averla anche betata.

Questo esercizio sarà di due capitoli, devo solo controllare un paio di dettagli prima di pubblicare il seguente, quindi abbiate un poco di pazienza.
Scritta ascoltando Gareth Emery & Standerwick feat. HALIENE “Saving Light (Notaker Remix)”.

Buona lettura!

If I fall tonight
You can be my saving light.

 

Mista era tornato strafatto dal lavoro dopo le nove di sera. Una volta tornato a casa, a malapena aveva buttato giù due bicchieri d'acqua, poi si era trascinato in camera, disfatto dei vestiti e spaparanzato sul letto ancora in disordine.

Accomodò la schiena contro il materasso, sospirando profondamente. Allungò una mano a far scivolare il cappello adorato dalla testa, e ravvivare i capelli corvini rimasti schiacciati sotto.

L'aria calma della campagna gli accarezzava la guancia, prometteva sollievo per la stanchezza; sorrise, socchiudendo gli occhi castani, e stirò le braccia sulla testa per dare pace alla pressione accumulata tra le vertebre.

Un sibilo strano lo privò della possibilità di addormentarsi sul posto. Si stuzzicò le orecchie con un dito, ma presto realizzò che proveniva da fuori.

Con il tempo che passava si fece progressivamente più forte, divenendo un rumore potente abbastanza da far vibrare i vetri delle finestre e l'intera cascina, far vacillare in modo precario i mobili.

Allarmato, si tirò a sedere e ruzzolò giù dalle scale alla svelta mentre il terremoto aumentava di intensità.

Il pensiero volò con preoccupazione alla famiglia, in visita alla sorella maggiore ad un paio di chilometri da lì, aveva appena partorito il suo primo figlio. Sperò con tutto il cuore che fosse circoscritto solo alla zona, e che loro stessero bene.

Si resse agli infissi quando un boato quasi spiantò la porta di casa, piatti e bicchieri cadevano dalla credenza, disseminandosi sul pavimento polveroso.

Bestemmiò con spirito, ancora col fiatone, poi un lampo di luce assoluta lo rese cieco per vari secondi; l'aria vibrò di energia che lo investì in pieno e gli rubò l'equilibrio, facendolo cadere sul pavimento, stordito.

Infine il nulla. Solo un silenzio ultraterreno, lo spavento per il fenomeno tale da mettere a tacere perfino i merli che di solito cinguettavano tra gli uliveti vicini.

C'era da aspettarselo: se il mondo doveva finire prima o poi, avrebbe scelto proprio il quattro di agosto per farlo, in barba a coloro che, da una vita, lo prendevano in giro per la sua tetrafobia.

Non appena fu abbastanza sicuro che la scossa fosse terminata si rialzò, sollevato che non avesse riportato ferite oltre un paio di lividi sulle ginocchia, e si affacciò all'esterno per controllare la situazione.

La sua Panda arancione era dove l'aveva lasciata sul vialetto, tutta intera.

Gli attrezzi da giardinaggio invece erano fuori posto, alcuni rovesciati a terra, due vasi di terracotta distrutti.

Storse le labbra, soppesando se fosse il caso di provare a mettere in ordine tutto prima del ritorno dei familiari o meno.

Alla fine decise di farlo, si abbassò a raccogliere l'innaffiatoio e riportarlo contro il muro della cascina. Buttò un occhio oltre le filari di viti, in cerca di qualche segno, magari i vicini di campo che allarmati erano usciti dalle loro case, ma non c'era anima viva in giro a quell'ora.

Sospirò spossato e fece per tornare dentro quando, con la vista periferica, scorse qualcosa alzarsi dal giardino sul retro della cascina.

Del fumo bianco.

Fece due passi verso il punto da cui proveniva.

C'era effettivamente una voragine circolare tra le file di fiori, ed al suo interno, una figura a faccia in giù nel terriccio. Le membra piegate in angoli poco naturali, sparpagliate tra le petunie piantate dalla madre neanche un mese prima.

Immediatamente accorse al suo fianco, e lo issò sulle ginocchia, mentre la sudorazione aumentava sempre più.

Lo sconosciuto non pesava niente e l'epidermide era di un colore bizzarro, quasi fosse semi trasparente, oppure era colpa del riflesso debole della luna che faceva capolino ogni tanto da dietro le nuvole.

Le palpebre erano strette, chiuse, ed i tratti del viso algido totalmente abbandonati nell'oblio.

Mista provò a smuoverlo per le spalle un paio di volte, sorprendendosi di quanto fosse gelido e difficile da afferrare; le mani non riuscivano a far presa contro la pelle, venivano respinte come se ci fosse una barriera invisibile a separarli, il che lo allarmò ulteriormente.

Nonostante i suoi tentativi rimase svenuto, la testa ciondolante sul petto glabro era sporca di fiori e terra fresca.

“Ehi, dimmi che non sei morto, su” lo scongiurò, la voce rotta per l'agitazione e la stanchezza.

Messo alle strette, alzò le mani a schiaffeggiargli piano le guance, e tentennò, sbattendo con forza gli occhi.

Poteva essersi trattato di un'allucinazione, eppure avrebbe giurato per un secondo di vedere, da sotto l'epidermide del ragazzo, delle particelle di luce brillare. Sparirono veloci, lasciando un velo di colore addosso alla sua forma, molto più rassicurante del pallore spettrale in cui lo aveva trovato.

Un timore terribile gli attraversò la mente nel vederlo così inerme tra le sue braccia, la cassa toracica non si espandeva, ed avvicinando l'orecchio, nemmeno un filo di respiro usciva dalle labbra.

Solo allora gli poggiò due dita all'altezza del collo, e sbigottito realizzò che non avvertiva battiti.

Guido però aveva dimenticato del tutto ogni nozione della respirazione bocca a bocca che gli avevano insegnato in piscina all'età di dieci anni.

Si diede forza, poiché senza il suo aiuto il giovane sarebbe morto a quel modo, e stava per appoggiarlo a terra e far pressione sul suo sterno, quando sentì un debole suono provenire da lui.

Stava riprendendo lentamente i sensi, e mugugnò infastidito, ritirando le mani al petto per riflesso incondizionato.

I capelli, lunghi fino ad oltre la nuca e biondi, quasi platino alla luce lunare, ondeggiarono assieme alla testa, in evidente segno di smarrimento. Dopo cominciarono ad emanare una luminescenza simile a quella delle lucciole di notte, si sgrovigliarono dai morbidi boccoli e ricaddero sul viso che aveva provato a ripulire.

Aprì la bocca dopo poco, ma Mista non capì un'accidente di quello che provava a dire.

Lo prese comunque per un buon segno.

“Ah, per fortuna stai bene! Non ci crederai, ma c'è stato un terremoto pazzesco, e poi quella lampo accecante... Giuro, non ho toccato vino stasera, sono sobrio. Anche se un bicchierino ci vorrebbe per rilassarmi ora come ora” scherzò amabilmente per combattere la confusione scatenata dall'intera situazione.

Il fatto che il ragazzo adagiato a lui, in ascolto, fosse a dir poco stupendo non aiutava a calmare l'agitazione che animava il suo cuore.

Con lo sguardo, vigile nonostante si fosse appena ripreso, stava seguendo il percorso di una goccia di sudore lungo la sua tempia con estrema attenzione.

Possedeva un'eleganza senza tempo, perfino nel stare perfettamente fermo, etereo nel modo in cui pian piano drizzò le spalle, distendendo le membra pallide e slanciate, piantò le dita dei piedi nel terriccio, ad assaggiarne la trama sotto la pianta nuda.

Il movimento dell'iride, schermata dai boccoli in disordine, faceva vibrare le ciglia bionde, così folte e lunghe.

Era come ammirare da lontano il David di Michelangelo, e vederlo prendere vita proprio sotto i propri occhi increduli, avere l'onore di essere testimone dei primi preziosi attimi di esistenza di un tale essere ultraterreno, in cui la fredda roccia diveniva carne duttile e tangibile al tatto.

E Mista al centro del mondo che si apprestava a scoprire.

Serrò le labbra di scatto, sentendo i morsi dell'imbarazzo avvinghiarsi dietro le spalle e stringere prepotente, facendo rizzare i peli sulla nuca ora che aveva ripreso conoscenza e poteva constatare che l'aveva soccorso con indosso solo le mutande.

Non che lo sconosciuto fosse messo tanto meglio, dato che era nudo come sua madre l'aveva fatto.

“Ma che fine hanno fatto i tuoi vestiti? Non puoi essere arrivato senza fin qui. Han fatto... puf?” chiese non appena avvertì il peso dell'altro gravare più sulle gambe, osservarlo con stupore mentre allungava le mani nella sua direzione.

Una ciocca bionda cadde dalla spalla ad incorniciare il collo da cigno, distraendolo dal chiedere perché avesse una gemma conficcata nel palmo levato.

Mista ebbe seri problemi ad inghiottire non appena le sentì appoggiarsi contro la curva delle spalle, in cerca di un appiglio ben saldo.

“... B-bimbo che ti prende?”.

Lo sconosciuto non parve curarsi del suo farfugliare nervoso, le ciglia spesse e chiare sfioravano la pelle arrossata della guancia di Guido, prima di accostarsi ulteriormente e premere le labbra sulle sue.

Ogni nervo nel corpo esplose non appena il contatto avvenne, e le sentì sostare sulle proprie con fermezza. Le cosce tremarono senza controllo, le punte dei piedi formicolarono nelle ciabatte e la testa vorticò, mentre l'asse gravitazionale si spostava completamente verso il misterioso estraneo.

Avvertì le vene andare a fuoco, ed energia pura scorrere a velocità spaventosa verso il punto dove erano congiunti, caldo e soffice come il ragazzo non gli era parso in precedenza.

Fu un bacio casto, una semplice impressione sulla bocca schiusa per la sorpresa. Eppure lo lasciò col fiatone, una leggera sensazione di vertigine e stanchezza addosso.

Il biondo sospirò profondamente, e con lentezza calcolata lasciò cadere i palmi da lui.

“Per l'autonomia limitata basterà” disse con pizzico disappunto alla fine, riaprendo gli occhi tempestati di stelle, profondi come il cielo notturno, privi di sclera.

Il moro vi ci specchiò, sgomento, vedendo il suo stesso colorito sbiancare mano a mano.

“Ti ringrazio, Guido Mista, per le informazioni che mi hai fornito. Ne farò tesoro e buon uso”.

Probabilmente stava anche boccheggiando come un pesce fuori d'acqua senza rendersene conto, poiché fece affiorare una risata cristallina. Una volta esaurita, rizzò maggiormente la sua postura, catturando il chiarore lunare sugli zigomi eleganti, impreziositi da polvere di diamante.

Le unghie allora si illuminavano e le alzò, pigiando come se avesse una tastiera sotto le dita.

Guido si ritrasse di scatto non appena apparve un ologramma davanti a sé, trattenendo a malapena un urlo spaventato. Varie icone colorate guizzavano su un reticolato al neon tra i loro visi.

“A quanto pare la mia navicella si trova a tre chilometri dalla posizione attuale, il che ne renderà il recupero assai difficile, dato che non ho abbastanza energia per teletrasportarmi a bordo”.

“Ma... Chi sei?” farfugliò, aggrottando con forza la fronte. L'altro fece svolazzare veloce la mano per far scorrere lo schermo di lato, per evitare che si frapponesse tra di loro, e continuò svelto le sue operazioni.

Il che forse era ancora più incredibilmente strano: non sembrava affatto preoccupato dal mare di corbellerie che aveva appena detto.

“Sono Giorno Giovanna, provengo da Hamon, sfera celeste situata in prossimità della nebulosa Brando, a sedici milioni di anni luce dal questo pianeta” mormorò affabile, senza il benché minimo impaccio “Spero tu possa perdonare il modo bizzarro in cui ci siamo incontrati, si è trattata di un'emergenza. Ero in missione quando, attraversando il Sistema Solare, una pioggia di meteoriti sulla cintura di Giove ha colpito i propulsori del mio velivolo. Dopo aver perso rapidamente energia e controllo, mi sono visto costretto a ...”.

“Aspetta 'spetta 'spetta!” interruppe Guido, premendo una mano sul petto del ragazzo, che si ammutolì all'istante “... Mi vorresti far credere che sei un alieno?”.

Giorno fece un gesto col polso, facendo sparire in una pioggia di scintille blu i diagrammi disegnati in aria. Poi annuì con decisione “Trovandomi su un pianeta non mio, presumo di sì”.

Mista andò in tilt, lasciandolo senza parole, incerto perfino su come sentirsi a riguardo.

Davvero non riusciva ad associare all'adone a pochi centimetri da lui ad una testa a lampadina che tante volte aveva visto nei film. Quinto ne aveva una fifa terribile fin da bambino, faceva spegnere all'istante la televisione prima che potesse riapparire sullo schermo un'altra volta.

Senza rendersene conto, dopo un po' il cervello doveva essere andato in modalità autonoma, perché la prima cosa che si ritrovò a dire fu:

“Si, però... P-però di tutti i posti dove dovevi cadere proprio tra i fiori di mia madre? Già si lamenta per ogni respiro che prendo! 'E Guido trovati un lavoro, a quando ci fai conoscere la tua ragazza, hai ventitré anni, è ora di pensare a mettere su famiglia', è una piaga!” vomitò, in un crescendo di sgomento, dando voce ad ogni pensiero gli frullasse in testa senza la benché minima censura “E poi... Bimbo, che ti hanno insegnato i tuoi genitori o a scuola? Non si baciano mica le persone senza chiedere il permesso!”.

Che probabilmente era la cosa più stupida da dire in una situazione di contatto del terzo tipo con un essere misterioso, di cui non sapeva le intenzioni perché lo aveva interrotto.
Se ne ricordò solo allora, e temette di averlo fatto arrabbiare o scocciare di fronte alla moltitudine di sciocchezze appena proferite, invece non parve averci fatto troppo caso.

Dopo averlo ascoltato senza batter ciglio, si rannicchiò tra le sue braccia, con una tranquillità allarmante o spossatezza, non riuscì a capirlo.

“Ehi!” si lamentò indignato, agitandosi, per riavere l'attenzione su di sé.

“Perdonami, la carica sta finendo. Sono un essere fatto di luce, e senza” sbadigliò con grazia, posando la guancia fredda sul petto, una mano appoggiata contro la sua anca, morbida e delicata “Temo potrei correre il rischio di non potermi muovere più”.

Le unghie a mandorla, che aveva usato come tasti in precedenza, sfiorarono appena la linea dei boxer, e Mista alzò gli occhi al cielo, implorandolo di farle fermare prima che avvampasse al suo cospetto.

Non avrebbe potuto dire se la richiesta era stata ascoltata o meno, perché non appena riabbassò lo sguardo verso la creatura si accorse che era svenuta nuovamente, senza forze tra le sue braccia aperte. Inoltre poteva vedere, attraverso il corpo etereo in trasparenza, l'orma lasciata nel terreno e ciò che restava delle petunie.

Rafforzò perciò la presa sulla forma appena tangibile e si alzò sulle gambe, diretto a casa.

Doveva portarlo al sicuro e trovare un modo per aiutarlo.

Le tante domande che frullavano nella testa avrebbero dovuto attendere il suo risveglio.

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Capitolo 2
*** E.T. ***


N.d.V: Pronti per una sostanziosa dose di fluff ed eccessivo petting?
Ringrazio assai EuphemiaMorrigan per il betaggio.
Per questo capitolo, mi sono data più al pop e scontato, “E.T” di Katy Perry ft Kanye West.

Buona lettura!

 

Take me, take me
Wanna be a victim, ready for abduction.

 

La mattina successiva si risvegliò con calma, senza la benché minima idea di che ora fosse. La sveglia era rivolta dall'altra parte sul comodino, ed il vecchio gallo di famiglia era sempre troppo impegnato con le galline del pollaio per annunciare gracchiante l'albeggio.

Prima o poi ci avrebbe fatto il brodo.

Guido si strofinò con forza le palpebre stanche, brontolando sui soffici boccoli biondi di quanto il letto si fosse fatto stretto.

Nottetempo evidentemente il ragazzo delle stelle si era appropriato di spazio sul materasso, ricercando vicinanza. Riposava ancora, rannicchiato a metà tra il cuscino e la sua spalla, emanava un leggero bagliore da sotto la pelle, rischiarando la stanza.

Mista grugnì con forza e gli buttò un braccio attorno, vedendolo coperto di pelle d'oca. Era leggermente tiepida, totalmente tangibile sotto il suo tocco, il che era buona cosa.

“Buongiorno” lo sentì sussurrare poco dopo contro il collo abbronzato, posandovi un bacio sonnolento, capace di sviluppare un piccolo brivido lungo il petto. Mista si lamentò, scacciando con le dita libere i residui di stanchezza dagli occhi, poi rise leggero nel sentire la punta del naso freddo di Giorno infilarsi nella nicchia tra il suo viso ed il lenzuolo, sfuggendo al chiarore che proveniva dalle persiane socchiuse.

Non doveva essere molto mattiniero.

“Come va, meglio oggi?”.

“Ho trovato una fonte di energia alternativa, spero non ti dispiaccia che ne stia usufruendo senza chiedere il permesso” disse con pigrizia senza levare il capo, indicando un punto indefinito della schiena. Per capire cosa intendeva, avrebbe dovuto scostare le lenzuola e Guido non ci teneva affatto.

La temperatura corporea però si alzò lo stesso, e giurò di sentire impresso sull'epidermide un sorriso.

“N-no no, fai come se fossi a casa tua”.

L'essere sospirò profondamente, e poi si tirò lento a sedere sulle ginocchia in un movimento elegante, additando con attenzione la capigliatura elaborata, per assicurarsi che la treccia che arrivava fin sotto le scapole fosse ben stretta.

Quando aveva trovato il tempo utile per cotonarseli ed acconciarli, non ne aveva idea, c'era da considerare però che quando dormiva, neanche le bombe lo svegliavano.

Ai suoi occhi, più che un alieno, aveva la parvenza di un angelo. Un eccentrico angelo piovuto dal cielo.

“Sembri star benone”.

“Tutto grazie al tuo ausilio” mormorò piano, sintomo che risentisse in maniera minore della spossatezza del giorno prima “Se tu non mi avessi riportato all'interno di questa struttura, non sarei riuscito a ricaricarmi a sufficienza, nemmeno per risponderti in questo momento”.

Guido annuì piano e si riaccomodò contro il cuscino, portando le braccia dietro il capo.

La notte prima, dopo aver rischiato di perderlo nell'aria un paio di volte tanto si era fatto incorporeo, si era limitato ad appoggiarlo sul letto. Aveva poi tolto le batterie stilo al telecomando del televisore e gliele aveva chiuse nei pugni, pregando che funzionasse.

Alla fine era stato utile, e ne era sollevato.

Il suo ospite nel frattempo stiracchiò la schiena, facendo scivolare via le coperte dai fianchi longilinei; senza pudore scoprì la coda guizzante di elettricità conficcata nella presa vicino al comodino.

Mista abbassò immediatamente gli occhi, per non cadere in tentazione di indagare oltre.

Notò solo allora che sotto la pianta dei piedi aveva una gemma identica a quelle sui palmi delle mani, a differenza della sera prima, emanavano un bagliore soffuso e confortante.

Il materasso si incavò accanto a lui.

“Ritengo debba trovare un modo con cui sdebitarmi per la tua gentilezza ed accoglienza. Mi è sembrato di capire che di mattina agli umani è necessaria l'assunzione di caffè, per far fronte alla giornata” disse, facendo scivolare una mano affusolata sui pettorali, e fermarsi tra i peli che crescevano al centro.

Alzò un sopracciglio, stupito. Non si era per niente accorto di quanto si era avvicinato, fino ad un attimo prima era stato a venti centimetri buoni da lui.

Giorno di certo non ne fece un problema, visto che pareva fin troppo compiaciuto di aver di nuovo per sé tutta l'attenzione.

“Potresti gentilmente ricordarmi come accendere la macchina che lo eroga?”.

Mista scoppiò in una prorompente risata di cuore, gli carezzò il braccio e piano lo attirò a sé. L'essere lo seguì volentieri, e non appena inclinò il viso di lato, rispecchiò la movenza per far incontrare le labbra con dolcezza.

L'aria attorno ai loro capi pulsò di energia tiepida, facendo sospendere la treccia di Giorno a pochi centimetri dalle spalle ed accenderli di bagliori dorati.

Stavolta non gli costò fatica baciarlo, anzi, si sentì rinvigorito nel riscoprire con quanta gentilezza fosse capace di massaggiare la sua bocca.

“Non sono mica così grullo, non c'è bisogno di scuse per chiederne altri”.

Giorno socchiuse le iridi stellate e poggiò la fronte contro la sua, sfregando i boccoli morbidi contro i quelli ispidi. Pigro accarezzò di nuovo le labbra, insistette nel punto dove erano ancora suggellate, invitandole ad aprirsi e carpirne ogni centimetro con attenzione, come se fosse una scoperta inaspettata. Era davvero preso ad assaporare l'essenza che era sua personale, e condivise con Mista un respiro elaborato e gratificato, di far parte di quella sfera così intima e prossima, nonostante non necessitasse affatto di ossigeno.

Tuttavia l'invasione furtiva della lingua ruvida, la frizione che lasciò contro il palato fu tale da stordirlo per un attimo e rischiare di strozzarsi con la sua stessa saliva.

L'essere lo lasciò subito andare, allarmato, ed attese che riprendesse fiato.

“Mi attengo all'antica usanza umana di rispettare la cultura del paese in cui si è in visita. E dalle informazioni che mi hai fornito, non penso tu sia completamente avverso a questo tipo di effusioni” soffiò sottile e convinto, mentre gli sfiorava con delicatezza la curva della schiena scossa da colpi di tosse, come se fosse la cosa più naturale in tutto l'universo.

Guido ci rimase per un attimo.

“Sì, ma così non vale” mormorò roco e divertito, poi si lanciò ad allungare le mani per fargli il solletico lungo la vita, fino a sentire la sua risata riempire l'intera stanza.

Lo scalciare ritmico sul materasso lo faceva somigliare più ad un umano rispetto all'essere stellare piovuto dal cielo la notte prima, come anche i tentativi di fuggire dai suoi polpastrelli, stringendo la presa sui polsi abbronzati.

Sprizzi luminosi cadevano dalle ciglia lungo gli zigomi ridenti, in assenza di lacrime doveva essere quello il modo in cui il suo corpo rispondeva allo stimolo.

Si divertì più del dovuto a cercare parti dove fosse più sensibile al formicolio, dove la pelle liscia e senza imperfezioni lo avrebbe condotto, finché ovviamente l'alieno ne ebbe abbastanza, e decise di svanire in un guizzo di energia.

Mista sbatacchiò con forza gli occhi scuri, girandosi per cercarlo attorno, spaesato, e proruppe in una risata corale nel ritrovarlo ad un braccio di distanza, che fluttuava in aria.

Completamente a suo agio a testa all'ingiù, accanto al lampadario impolverato che non puliva da una vita.

L'espressione sul viso etereo pareva stranamente compiaciuta e tronfia, illuminata dal delicato bagliore degli orecchini di quarzo che adornavano le orecchie.

“Non mi dirai che sei per metà anche un pipistrello! Non ti ci va tutto il sangue lì?” chiese divertito, mentre gesticolava con le mani per invitarlo a scendere.

Giorno inclinò il capo, soppesando se fidarsi o meno dell'armistizio, poi intrecciò le dita con le sue, facendosi tirare verso il basso, a riaccomodarsi sulle lenzuola stropicciate.

“L'anatomia della mia specie è assai diversa da quella di voi umani” ricordò con fare paziente, accarezzando il palmo di Guido con pigri giri del pollice, le ciglia abbassate a guardare con interesse il percorso delle vene che si insinuavano sotto la pelle “Per rispondere adeguatamente alla tua domanda: non ne posseggo neanche una goccia, quindi è impossibile che mi provochi le vertigini”.

Mista lo ascoltò più che volentieri, trovando la sua voce terribilmente rilassante, tanto da non rendersi conto che il tocco esplorativo si era spostato, lungo il braccio coperto da una leggera peluria.

Faceva effetto quanto glabro in confronto fosse l'essere, eppure non parve provare disdegno per la differenza, anzi lo massaggiò sovrappensiero per la sua interezza, prima di passare ad abbracciare la curva della spalla, e risalire fino al collo, lì dove i capelli corti solleticavano la mascella.

“Un vero peccato davvero” sussurrò, alzando gli occhi luminosi al viso, velato di rossore.

Guido ridacchiò mattacchione, posando un bacio sui palmi.

“Cosa? Vuoi essere sgamato ogni santa volta che provi spavento, imbarazzo, eccitazione? Tanto meglio rendersi impalpabile e quasi invisibile nelle occasioni sfigate. A me capita spesso poi, sai quanto sarebbe utile?”.

“Nessuno è mai contento di ciò che possiede, perfino sulla Terra. Sono stato in ogni caso fortunato a subire la forza di gravità di questo pianeta verde, ed incontrarti. È la stessa che avverto anche in questo momento, che mi tiene legato a te” fece eco l'alieno, tendendo gli angoli delle labbra morbide in su non appena l'umano lo riavvolse in un caldo abbraccio “Trovo estremamente affascinante ogni particolare della tua esistenza che svelo, di attimo in attimo che passiamo assieme”.

Mista lo guardò con la coda dell'occhio per un attimo, quasi a capire se fosse serio. Era difficile, dietro quel morbido sorriso avrebbe potuto celarsi del sarcasmo, ma fino ad allora Giorno gli aveva dato l'impressione di essere un tipo sincero.

E lui voleva credere a quelle parole, al fatto che le vestisse senza tensione lungo il suo corpo, e le aveva condivise con lui come un dono più che dovuto.
Ciò contribuì alla vivace attività cardiaca di quella mattina molto meglio di quanto una corsetta in giardino potesse fare.

“Sai cosa? A me piaceresti ancora di più, se ti vestissi” scandì Guido, piantando un bacio sulla scapola dell'alieno ad ogni sillaba “Renderebbe più semplice sventare l'infarto che potrei avere, la prossima volta che i nostri sguardi si incroceranno”.

Una cometa attraversò le iridi cosmiche non appena si incontrarono, e piegò graziosamente gli angoli, dove le ciglia si incurvavano con dolcezza.

“Ah, lo hai appena rifatto. Ecco che mi si ferma il cuore” mormorò teatrale, portandosi una mano al petto, mimò di cadere stecchito tra le lenzuola, scatenando l'ilarità del compagno “Te l'ha mai detto nessuno che i tuoi occhi sono di una bellezza assurda?”.

Giorno sorrise mentre si accostava a lui, e con tranquillità inclinò il collo.

“Non fino ad ora. Ti ringrazio” sospirò, contento di sentirlo massaggiare la voglia a forma di stella sulla spalla. Guido mugugnò compiaciuto, continuando a far vagare le mani lungo la schiena pallida e schiacciare in più punti, solo per sentirlo sciogliersi di più addosso.

L'epidermide era come seta sotto i suoi polpastrelli pieni di calli.

“Inoltre, mi rincresce informarti di non poter soddisfare la richiesta, poiché non c'è niente che adori di più nell'intera galassia del contatto contro la tua pelle” alzò un dito affusolato a carezzare lo zigomo “Ed il fatto che si tinga di questo adorabile rossore quando ci sfioriamo”.

L'umano rise roco, godendo del piacevole formicolio che la lusinga genuina gli aveva lasciato addosso per un attimo; strinse poi le braccia attorno alla vita snella, ed immediatamente lo vide stendersi al suo fianco tra le lenzuola, osservarlo in trance da dietro quelle ciglia folte.

Non resistette al richiamo, svelto lo aiutò ad accomodarsi nella nuova posizione, e scese a solleticare la bocca sorridente.

Ancora non si capacitava della sensazione unica che le interessava ogni volta che vi si appoggiava sopra, era come fluttuare tra nuvole cariche di elettricità.

“Non devi tornare nel cielo a prendere in giro i fanatici dello spazio con i dischi volanti fatti di cartone?” domandò divertito, spostando il peso sui gomiti piantati contro il materasso per non gravargli troppo addosso “Avevi detto che eri in missione. Che combina tra le stelle un tipetto bizzarro ed affascinante come te?”.

Giorno parlò direttamente contro le sue labbra, senza scostarle di un millimetro “Prova ad indovinare”.

“Non so, nei film spesso arrivano sulla Terra per ammazzarci tutti nel modo più traumatizzante possibile. O rapiscono gli umani, li portano sulla loro navicella e poi gli ficcano qualcosa su per il culo” alzò le sopracciglia folte, fingendo sgomento mentre passava un dito sulle crocchie che aveva in fronte “Mi devo preoccupare?”.

L'essere arricciò il naso, poi inclinò il viso per trovare l'angolazione migliore per intersecarlo con quello di Guido. Il tocco ruvido della lingua contro il labbro inferiore fu delizioso, lo fece mugugnare di piacere.

“Sono un Joestar d'onore, nella mia famiglia viene tramandata fin dalla nascita il valore della cortesia e rispetto, verso qualunque estraneo ed amico. Non farei mai niente del genere” fece una pausa ad effetto, che fece sghignazzare da matti il moro quando finì con un leggiadro “Non senza il tuo completo, assoluto consenso”.

“La sai lunga su questi cavilli legali. Faresti sicuramente carriera come avvocato qui sulla Terra” aggiunse poi lui “Quindi stai aspettando solo di avermi in totale balia del tuo fascino per catturarmi e torturarmi”.

In tutta risposta, la linea delle sue labbra tremò, divertita, prima di muoversi e risalire lungo la guancia, ricercando appiglio tra i ricci neri.

“Pensavo piuttosto di istruirti su quanto sbagliati siano i luoghi comuni che, negli anni, sono stati divulgati dai vostri mezzi di comunicazione riguardo il popolo del cosmo, ma prima di allora, ho questioni più pressanti che vorrei portare alla tua attenzione”.

Guido ghignò ampiamente “Dimmi, sono tutto orecchie”.

Vide le stelle non appena lo premette con forza contro di sé, facendo leva sul retro della sua testa. Eliminare qualunque distanza tra i loro volti.

“Ancora cinque baci” mugugnò con vena esigente.

Il cuore di Mista palpitò prima che potessero scambiarsene un altro e l'energia emanata dal suo corpo lo investisse, richiamandolo come un magnete. Fece scivolare l'indice nella treccia bionda, giocherellando con la parte finale.

“Anche sei, sette, otto. Che dico, rimani ad approfittarti di me per quanto tempo ti pare, tanto le bollette non le pago io”.

Non appena ne fu sazio, la creatura tese il collo e glielo lasciò esplorare liberamente quando si abbassò a solleticarlo. Particelle di luce esplodevano sotto gli occhi mori ed increduli di Mista, e dal peso che assumevano le mani di Giorno lungo le sue spalle, i palmi caldi a sfregare con insistenza dove era più piacevole ed i propri muscoli guizzavano sull'attenti, capì che forse erano più simili di quel che sembrassero.

“Tu si che fai sentire a casa propria, Guido” si complimentò, con voce profonda e melodiosa che toccò ogni nervo, facendogli vibrare le ossa.

Si ritrovò a pensare che era meraviglioso il modo con cui lo avesse chiamato per nome, ricolmo di desiderio sbocciata in bocca ad un essere che aveva la parvenza di un cherubino.

Gli piacque troppo, ben prima che si avviluppasse attorno ai suoi fianchi, scacciando ogni dubbio sul fatto che le effusioni fossero a sfondo innocente.

Facendo leva sulle caviglie, Giorno strusciò le gambe lunghe e sinuose contro il retro dei boxer, muovendosi come un'onda gentile e sfuggente, che dopo essersi infranta addosso a lui si ritirò con altrettanta lentezza con cui era arrivata.

Ciononostante Mista vide dei lampi esplodere sul retro delle sue palpebre, dove gli occhi si rifugiarono mentre la bocca si apriva in un tanto goduto e baritono ansimo.

Quando le riaprì, notò che sul viso del giovane riverso sotto di lui si era disegnata una linea di espressione lungo la fronte, accarezzata da un morbido boccolo dorato.

“Appaiono dolorosamente stretti e scomodi. Non sarebbe meglio se li togliessi?”.

Una vampata di calore lo investì da capo a piedi sotto lo sguardo estasiato del biondo, in attesa con una mano lungo lo stomaco in tensione.

Lo squadrò stupito, a corto di parole e saliva, e tremò nell'avvertire la pressione delle restanti dita sfiorare il collo. Stava ascoltando il battere forsennato del suo cuore, a labbra schiuse e l'espressione completamente rapita.

“Sta volando, sicuro di sentirti bene?”.

Una supernova esplose non appena le dolci parole si infransero addosso a lui, e dopo lo sprigionamento di inaudita energia, si ritrovò risucchiato da una forza che lo schiacciò inesorabile contro il corpo pallido di Giorno.

Mista sorrise, giocoso e seducente, riabbassandosi per ricercare ed allacciare la lingua con quella dell'essere e massaggiarla, amoreggiare con essa finché non avvertì ogni cellula del corpo sotto pulsare ancora più forte, e rilucere d'oro fulgido attorno alla sua forma.

I lamenti acerbi che facevano schiudere le labbra la più dolce melodia per le proprie orecchie.

“Bimbo, se tu mi fai i grattini sugli addominali e suggerisci di denudarmi, ci credo che deve fare il doppio del lavoro a pompare sangue al cervello” mormorò furbescamente, passando a leccargli l'arco di cupido con lentezza, adorando il modo in cui la carne sotto tremasse al contatto “Oltre che nel resto del corpo”.

Come se avessero capito l'antifona, avvertì le dita scivolarono via, ed in un sospiro strozzato, Guido tese i muscoli del basso ventre per favorire il percorso verso il basso.
Si incurvò con la schiena con delizia, prendendo tra i palmi caldi la curva appena accennata dei suoi fianchi e lo spinse tra i cuscini, sostando i pollici sulle ossa in rilievo.

In tutta risposta, Giorno allungò senza esitazioni il braccio libero a carpire l'angolo delle spalle tese ed accostarsi al suo viso. Si issò di quel poco che bastava ad accomodarlo totalmente contro il basso ventre, mentre una mano del toscano si perdeva nella nuvola luminosa e soffice che erano i suoi capelli.

Il suono gaudente che partorì non appena si appoggiò contro il suo collo e morse delicato si perse nell'aria tiepida, sovrastato dall'inconfondibile voce del padre dal piano di sotto.

“Dè, Guido! Che caspita hai combinato in cucina?! Tutto il corredo di matrimonio andato in frantumi, maremma santa, nonna Gina ti mozzerà la testa!”.

Il ragazzo rialzò il capo di scatto, sbarrando gli occhi mentre l'alieno continuava a mugugnare e far le fusa contro la mascella tesa. A nulla valse la calma con cui ancora ondeggiava verso di lui e lavorava la pelle con delizia.

Il panico l'aveva appena sbalzato fino all'ultimo strato dell'atmosfera e congelato il respiro, lasciandolo alla deriva nello spazio sperduto.

“Merda merda merda” imprecò, rotolando giù dal letto e dritto sul comodino, guadagnando un bel livido, poco ma sicuro. Alla svelta provò a rivestirsi, tanto che finì per infilare le braccia nelle gambe dei jeans.

Giorno nel frattempo si riaccomodò, lo stomaco contro il letto, la coda schizzava nervosa in aria, illuminata dall'energia elettrica che stava ancora assorbendo.

Avrebbe venduto milioni di materassi, se si fosse trovato in una televendita.

Si morse le labbra a sangue, provando a non pensare a quanto avrebbe voluto massaggiare quel sederino delizioso.

“Ehi, non stare in panciolle, devi nasconderti! E togliti quella spina dal culo, maremma santissima!”.

“Vorresti per cortesia spiegarmi il motivo per cui ti stai allontanando da me?”.

Mista levò il capo dopo essere riuscito a chiudere la zip dei pantaloni a fatica “Hai sentito che sono tornati i miei? Non sanno mica che c'è un ospite a casa!”.

Appoggiò il capo contro la mano.

“Non c'è motivo di agitarsi, reputo che presentarsi al tuo nucleo famigliare potrebbe spiegare meglio l'accaduto della notte precedente. In fondo è mia la colpa dei danni riportati durante la caduta di Gold Expe...”.

Guido si grattò con forza dietro la nuca. Sentiva l'isteria crescere, ed aveva bisogno di tutto il sangue rimasto nel cervello per affrontare chi lo aspettava di sotto.

E ne era già poco di mattina. Quasi assente dopo quella pesante sessione di pomicio con colui che, non fosse stato per l'arrivo tempestivo dei genitori, avrebbe avuto buone probabilità di fargli toccare il cielo con un dito.

“Mia madre non vuole sentir ragioni. Che sia stato io o meno, mi farà lo stesso una testa così sul fatto che sono un figlio screanzato e non avviso mai quando invito gente a casa! Poi tu sei piombato dal cielo e ti sei annunciato come se fosse la cosa più normale possibile, mica puoi farlo! Se arriva alle orecchie di zia Roberta hai finito di vivere, dalle due ore e tutte le comari del borgo lo verranno a sapere! Chiameranno la polizia, poi a Roswell ed addio nebulosa di Vattelappesca!”.

L'alieno alzò un sopracciglio, evidentemente poco convinto, però seguì il suo consiglio, scivolando giù dalle lenzuola in nuda gloria.

I suoi piedi non toccavano terra, abbracciati dallo scintillio dei quarzi rosa.

Se non fosse stato nel panico gli avrebbe chiesto se era in grado di reggerlo e volare assieme a lui, per evitare l'interrogatorio con i genitori.

“Svelto, nasconditi!” lo implorò, aprendogli l'anta dell'armadio; era sicuro che ci sarebbe entrato, era abbastanza spazioso.

Giorno annuì, schizzò letteralmente da un punto all'altro della stanza, teletrasportandosi vicino alla vecchia cassettiera tarlata. Volteggiò fino a sedersi sulla superficie, incrociò le lunghe gambe e si mise in testa il paralume, come fosse un cappello.

“COSA FAIII?!”.

Occhi stellati fecero capolino, guardandolo severamente.
“'Testa a lampadina', non è così che chiamate gli esseri in visita da altri mondi?” mormorò rigido “L'ho sentito nei tuoi pensieri la sera scorsa, prima di aggiungere commenti fuori luogo sul fatto che non gli somigliassi affatto. I Tall Gray sono la specie che ha sofferto per eoni le esclusioni razziali di vari sistemi, e durante l'assedio Sontariano della Cintura di Orione sono stati quasi del tutto sterminati. Quindi ci tengo a specificare, a maggior ragione che deriviamo da culture a distanza di milioni di anni luce, che una tale considerazione non è ben accettata, soprattutto all'interno della Federazione S.T.A.N.D”.

“Non è il momento di far della satira politica, Gio! Anche perché non ho capito una ceppa di quello che hai appena detto” ululò, lanciandogli la sua t-shirt dei Sex Pistols “Cerca di aiutarmi un po', non so che pesci pigliare!”.

Il giovane caduto dalle stelle sospirò “Nella forma più pura sarei riuscito a trasformarmi in energia, insinuarmi nella rete elettrica della casa e continuare ad usufruirne. Purtroppo però non abbiamo avuto tempo sufficiente per raggiungere l'intensità giusta di stimoli necessari”.

Il moro aggrottò la fronte, non capendo a pieno il senso della frase, ma l'alieno scosse il capo, come se non fosse un problema. Abbandonò con noncuranza la maglia a terra poco dopo, con aria offesa.

“Inoltre, gli indumenti con cui si coprono gli umani sono inutili e fastidiosi”.

“A chi lo dici” gli venne da ridere alla battuta velata, e lo scontento dipinto sui tratti eleganti di Giorno per l'interruzione delle loro attività ricreative.

“È comunque sempre meglio che farsi vedere completamente nudi e leggermente arrapati, soprattutto da chi ti ha visto nascere. Tu sei un caso a parte” flirtò mattacchione, appoggiando le mani sui fianchi.

“Immagino tu abbia ragione” rispose, prima di venir sovrastato dalle voci al piano di sotto.

“Ma che cavolo di fine ha fatto?”.

“Come minimo sarà scappato a gambe levate a casa di uno dei suoi amici delinquenti. Quello screanzato, se non la finisce di fumare erba quando non ci siamo...”.

“Arrivo!!” urlò spazientito verso la porta, facendo per avviarsi “Te fai il bravo qui, ok? Sta in silenzio e non dovrebbero venire a scocciarti”.

Detto questo, fece per sparire verso le scale ed affrontare i parenti serpenti, quando in un bagliore rosato gli apparve affianco.

Non fece in tempo per esclamare per la sorpresa che lo attirò a sé, sigillando le loro labbra in un bacio frizzante.

Gli fece vedere le stelle, il cosmo profondo in quelle iridi fisse nelle sue, ipnotizzanti. Le punte dei piedi si arricciarono nel sentire la bocca dell'alieno sciogliersi dolcemente dalla sua, e scendere a mordicchiare lì dove era piena e carnosa con cura.

Senza staccare le iridi dal suo viso paonazzo.

Sfortunatamente sentì nuovamente il materiale dei pantaloni farsi troppo stretto.

“Torna da me il prima possibile” mormorò con decisione.

E bastò quello a farlo ribollire dal desiderio di allungare le braccia per condurlo a sé, rubandolo all'aria dove stava fluttuando; non voleva altro che sentire la pressione delle mani contro la nuca, lo strofinio gentile delle sue braccia lisce attorno al torace.

Senza bisogno di parole, Giorno glielo concesse, regalandogli un sorriso splendente ed altrettanto lieto.

Parve quasi un miracolo donato dall'alto dei cieli per quanto paradisiaco fosse il tocco, e riuscisse a riportare chiarezza e pace nella sua mente. Prezioso sollievo per le sue membra che, inconsciamente, lo avevano chiamato a gran voce da quando si era dovuto alzare dal letto.

“Oh, si fotta il mondo” brontolò, avvolgendo con naturalezza la vita snella per farlo appoggiare contro la sua maglietta.

Non appena i loro nasi si sfiorarono, schiuse le labbra per implorare di incontrare le sue, e l'essere lo ricompensò in una risata adorante, passando poi a lasciare una carezza lenta e morbida lungo il piatto della lingua.

Le spalle magre vibrarono per un attimo contro il palmo della sua mano, e le massaggiò con calma, sentendo la pelle scaldarsi e sciogliersi. Finché non si appoggiò maggiormente contro la sua maglia, e ricambiare il bacio con maggiore trasporto, facendo della sua nuca un'ancora per approfondirlo.

Non pareva trovarne sazietà mai, e non poteva di certo biasimarlo, avvertiva lui stesso quella forza di cui aveva fatto menzione. Era come se ormai gravitassero l'uno intorno all'altro, trovando sostentamento solo in quel tipo di contatto elettrificante, e far incontrare le loro esistenze così bizzarre e diverse in uno scoppiettante e passionale abbraccio.

Mista si lamentò quando dopo poco si scostò, seppur pareva ugualmente scontento di ciò.

Giorno premette l'indice sulla sua bocca per suggellare ciò che era stato, e tenere a cuore il modo in cui, per un attimo, era sembrato fossero un solo essere, e la sincronizzazione delle loro movenze creato energia preziosa che ravvivava il candore che splendeva attorno ai suoi capelli.

Faceva scintillare le iridi stellate, rendendole ancora più graziose.

Guido era in piena trance, lasciò un bacio sul dito prima di vederlo fluttuare via, e raggiungere l'anta dell'armadio che aveva aperto per lui, irradiando di particelle arcobaleno ogni parete attorno a lui.

Era la prima volta che era accadeva una cosa del genere.

L'ovvia voglia di sapere a cosa fosse dovuto venne soddisfatta quando l'alieno si piegò per farsi spazio tra i vestiti buttati alla rinfusa ed accavallò in un movimento fluido le lunghe gambe.

Notando il suo sguardo indagatore, le tirò lentamente su, appoggiandole contro il petto, e si avvolse la coda attorno ad esse, per preservare un minimo di pudore.

Un brivido lo scosse per intero, prima di sentire un brillamento solare esplodere nello stomaco.

In riflesso incondizionato, si leccò le labbra, per ricordare il sapore che vi aveva lasciato.

La risata leggera ed indubbiamente imbarazzata che seguì gli fece capire che probabilmente era rimasto imbambolato per troppo tempo, e fece bene ad avvertirlo, visto che sentiva chiari i passi dei suoi risalire le scale, diretti verso la camera.

Si schiaffeggiò perciò le guance, e corse via, scendendo i gradini due alla volta.

Magari più tardi l'avrebbe potuto coccolare con più tranquillità, e sentire le dita tiepide ed elettriche accarezzargli i peli sul petto.

A mali estremi, si sarebbe fatto abdurre volentieri da Giorno, ed accettato qualunque genere di sonda potesse proporgli. La sua sarebbe stata la più gradita, certo.

“No Guido, torna coi piedi a terra, non hai bisogno di questi pensieri ora” brontolò a se stesso, prima di incontrare la madre ed il padre sul pianerottolo.

“Sarebbe la prima volta da quando sei nato che non la hai tra le nuvole. Che diamine hai combinato di sotto? Pare sia passato un tifone nella cascina!” commentò sarcastico lui. La moglie fece eco subito dopo, le mani assicurate sui fianchi non promettevano niente di buono.

“Hai di nuovo invitato Narancia ed Abbacchio a bere mentre eravamo via? Potevate almeno rimanere dentro, invece di prendervela con i miei poveri fiori”.

Mista prese un bel respiro, abbassando il capo con fare mesto.

Sinceramente aveva timore più di fronteggiare loro, con un diavolo per capello, che l'alieno chiuso nell'armadio di sopra.

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