Centuries

di inkandaliens
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Klay ***
Capitolo 2: *** Vivid ***
Capitolo 3: *** Steph ***
Capitolo 4: *** Gift ***
Capitolo 5: *** You're so strange ***
Capitolo 6: *** Portland ***
Capitolo 7: *** Contact ***



Capitolo 1
*** Klay ***


Un altro mercoledì sera scivolava via, insieme alle gocce di pioggia sul finestrino del taxi.
Le sagome della città erano ormai sfuocate dalla costanza con cui l’acqua scendeva sui vetri.
Luci intermittenti si intravedevano ancora, tra un ombrello e l’altro.
- Dove la porto, signor Thompson? -
- Va dove ti pare…un giro da 30 dollari e poi portami a casa. -
L’autista riportò gli occhi sulla strada, accartocciando la mazzetta ricevuta nella tasca della giacca.
Il borsone per l’allenamento cominciò improvvisamente a vibrare, emettendo poi una luce bianca, che illuminò il volto contrariato del passeggero:

- Klay domani in palestra alle 19 in punto, anticipo a causa di un nuovo arrivo.
Ti aspetto.
Steve –

Il telefono si scontrò con il sedile a fianco dell’autista, che sobbalzò e imprecò per lo spavento.
- Hey, hey! io ci lavoro con questo catorcio! -
Il passeggerò si passò una mano sul volto, borbottando delle scuse, giustificandosi facendo leva sul fatto di aver avuto una giornata pesante; fece segno al conducente di fermarsi, aprendo la porta del taxi.
- Un attimo signor Thompson! -
L’autista aprì il finestrino, urlando con la poca voce che il fumo non gli aveva portato via.
- La prego signor Thompson, potrebbe firmare questo per il mio nipotino? Sa, lui è pazzo di lei!
Dice che il modo in cui gioca è spettacolare..-
- Certo, mi passi la penna - L’autista venne interrotto e frettolosamente liquidato, dopo essere stato soddisfatto.
- Buona notte signor Thompson!-
- Buon riposo anche a lei, Stan. -
Un mercoledì come gli altri, quello di Klay Thompson.
La stanchezza si faceva sentire ad ogni gradino che risaliva, arrancando verso la camera da letto.
La casa spoglia era il riflesso dei suoi sentimenti. Fallimenti al lavoro, per via di una recente rottura.
Nulla lo confortava di più, se non una bella dormita.

La mattina successiva, Klay si alzò di malumore.
L’allenamento del giorno prima lo aveva sfinito, e il dover correre per l’argine vicino casa di mattina presto, non lo confortava affatto.
Doveva mantenere sempre una forma fisica perfetta per via del suo lavoro:
tutte le più grandi squadre di basket cercavano giocatori continuamente, fiutando il miglior affare da poter aggiungere alla loro franchigia, e lui era uno di quelli.
Aveva lavorato sodo per raggiungere quel posto, non se lo sarebbe fatto scappare facilmente, anche se dopo essere stato lasciato dalla sua fidanzata aveva cominciato a perdere il grip che ogni giocatore emergente deve dimostrare di avere.
Ci pensava ogni giorno, correndo sull'argine.
Pensava ad un modo per ricominciare ad andare forte, come aveva fatto nell'ultima stagione, ma finiva solo per distrarsi e finire preda dei gruppi di fotografi che giravano per San Francisco in cerca di qualche scoop sui giocatori della squadra più importante della città.
Riusciva sempre e comunque a fuggire da quella giungla di scatti.

Quella sera, la palestra era particolarmente movimentata: l’eccitazione da parte degli altri giocatori per l’arrivo della nuova recluta era palpabile.
- Dicono che sia un mostro con i tiri dalla distanza – Disse qualcuno dal corridoio.
- Io ho sentito che potrebbe essere il nuovo MVP! – aggiunse una voce dalla stanza a fianco.
Klay arrivò con un leggero ritardo, per via del traffico: San Francisco era caotica come città, ma stranamente piacevole da percorrere nonostante la lenta scorrevolezza del traffico.
Lo spogliatoio sembrava deserto: le giacche dei suoi compagni erano appese agli appendiabiti assieme ai borsoni. Ad un tratto, la porta del bagno si spalancò, e ne uscì un ragazzo moro non troppo alto.
- Sei Curry? –Disse Klay senza degnarlo di uno sguardo.
- Si. Sono io –
Attendeva una risposta. Aspettava il suo ‘benvenuto nella squadra’ detto proprio dal ragazzo seduto sulla panchina di fronte a lui, ma in vano.
Il novizio uscì impacciatamente dalla stanza, riuscendo comunque a sentire il nuovo compagno sbuffare alle sue spalle.

Nulla di nuovo, durante gli allenamenti.
I soliti schemi, i soliti passaggi.
Ma qualcosa, qualcosa era cambiato.
Thompson se ne stava nell'angolo, cercando di capire quante delle voci sentite riguardo il nuovo arrivato, fossero vere.
Curry faceva un buon lavoro di squadra, faceva degli ottimi passaggi, applicava benissimo gli schemi discussi in precedenza… ma non tirava.
Non ci provava nemmeno. Appena ne aveva la possibilità, passava la palla al compagno più vicino.
Perché non tirava? Perché non dimostrava a tutti quanto valeva?
Klay decise di provare a stuzzicarlo, magari avrebbe tirato.
Ma non voleva schiacciare o intimorirlo, no certo, lui voleva solo istigarlo. Magari proprio in quello per cui Curry era famoso, i tiri da tre punti.
Tutti i giocatori si affiancarono, cominciando a tirare verso i due canestri.
Klay sembrava inarrestabile: non tirava con così tanta foga ed energia da settimane. Tornava alla linea dei tre punti e segnava, linea dei tre punti e canestro, linea e canestro, uno dopo l’altro senza fermarsi.
Ad un tratto si voltò verso il nuovo arrivato, che ormai lo affiancava: aveva tenuto il pallone in mano per tutto il tempo, senza provare nemmeno un tiro. Erano rimasti soli.
Il tempo era passato in fretta e il resto della squadra era ormai a cambiarsi, se non già tornata a casa.
Klay tra un respiro affannoso e l’altro, cercava una spiegazione che Curry non sembrava disposto a fornire.
Anzi. Sembrava divertito: teneva il pallone a spicchi sotto il braccio, ricambiando lo sguardo vivo del compagno.
Un impercettibile ghigno apparse sul volto del nuovo arrivato, quando Thompson scosse la testa ridacchiando ironicamente fra se e se.

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Capitolo 2
*** Vivid ***


I corridoi della palestra, erano sempre vuoti a quell'ora.

Il rintocco delle campane di una chiesa in lontananza, indicava l’arrivo imminente della mezzanotte.

Quel suono ripetitivo e costante, che andava affievolendosi man mano che il tempo passava, rendeva il prato esterno al campo, un posto lugubre e sinistro.

Ma Thompson ci era abituato.

Era sempre l’ultimo a lasciare la palestra, tanto per godersi quella tranquillità che solo un parcheggio desolato poteva dargli.

Si portò l’ennesima sigaretta alle labbra, promettendosi di smettere definitivamente ogni qual volta che il filtrino finiva per terra, schiacciato sotto la sua scarpa.

Ma quella contro il fumo era una partita persa in partenza.

 

Le porte della palestra si chiusero di scattò, interrompendo la quiete che infestava il parcheggio.

-Sei forte- Disse una voce profonda, proveniente dalle scalinate esterne.

Klay si voltò, facendo una smorfia e continuando a fumare.

-Direi lo stesso di te, se solo me ne dessi la possibilità-

Per quanto la distanza fra i due fosse considerevole, si tenevano d’occhio l’un l’altro.

 

Nulla di tutto ciò che Curry aveva sperato purtroppo, stava accadendo.

Quello stronzo di Thompson non lo considerava.

Lui sapeva chi era Klay, non aveva bisogno di presentazioni, no di certo. Solo non capiva la ragione di tutta questa ostilità nei suoi confronti.

 

-Senti, non sono venuto qui per farmi dei nemici-

Stephen si fermò vicino alla propria auto.

-Ora sono nella squadra anche io, quindi perchè non ricominciamo da capo e proviamo ad essere amici?-

 

“Amici”

A quelle parole, Klay sbuffò divertito.

Non era proprio in vena di farsi dei nuovi amici.

-Mi spieghi quale cazzo di problema hai?- disse Curry sbigottito.

-Vedi è semplice Curry. Io non ti devo niente, questa squadra non ha bisogno di te e io non ho bisogno di te- rialzò il capo fissando il ragazzo davanti a se -Quindi perchè non fai un favore tutti e te ne torni da dove sei venuto?-

Una persona qualsiasi se ne sarebbe andata, ma non Steph, non quella sera.

Tra le tante cose che il basket gli aveva insegnato, c'era anche il saper leggere le situazione a dovere, e in quel momento non poteva tirarsi indietro. Se voleva farsi rispettare da Klay, doveva dimostrargli di valere tanto quanto lui.

-Va bene allora- disse Curry -Se la metti così...ti va di fare due tiri?-

 

 

Qualche ora dopo, si ritrovarono uno di fronte all'altro, sotto la luce fioca dei lampioni di una piazzetta nel centro della città.

Sopra le loro teste, si ergeva un tabellone trasandato, con un canestro arrugginito nel centro.

L’asfalto sotto di loro era gelido così come l’aria che respiravano affannosamente.

-Lascia perdere Curry, non puoi battermi- ringhiò Klay al compagno.

-Oh amico, abbiamo appena iniziato!-

Curry si precipitò verso il tabellone, scartando l’avversario e mettendo a segno una schiacciata fenomenale.

Klay invece, continuava ad incassare colpi: Stephen sembrava imbattibile, era un fulmine.

Inoltre, riusciva a mettere a segno tiri che partivano dalla metà opposta del campetto cementato, dimostrando le voci sul nuovo arrivato.

Stephen era visibilmente divertito, nel vedere il compagno sbigottito, difronte alle sue mosse.

La palla a spicchi sembrava essere in simbiosi con il corpo del nuovo arrivato, a tal punto che Klay, non riusciva nemmeno ad avvicinarcisi.

 

La partita continuava ormai da ore, e le stelle avevano completamente invaso il panorama di San Francisco.

“Che notte per un giro di ronda…e pensare che mia moglie mi aspettava a casa..” Pensò un poliziotto che finiva il suo turno notturno.

Stava giusto per girare l’auto e tornare in centrale, quando si accorse di non essere solo per quei vicoli.

Il campetto di cemento dove di solito giocano i ragazzini del liceo vicino, era occupato da due persone.

-Dio che fastidio…Adesso mi tocca mandarli via-

Il poliziotto scese dalla volante un po’ goffamente, ma si ricompose non appena la luce dei lampioni lo illuminò.

-Hey, voi due-

Si appoggiò alla ringhiera, aspettando una risposta dai due ragazzi.

-Su ragazzi, non fatemi arrabbiare, tornatevene a casa-

Ma i due non lo ascoltarono, erano troppo concentrati sul loro scontro per accorgersi di cosa stava succedendo.

-Non potete restare qui, è tardi ormai e state disturbando la gente che dorme!-

Ad un certo punto però, il pallone rotolò per terra.

I due giocatori si trovarono uno di fronte all'altro, entrambi con il petto gonfio e lo sguardo vitreo negli occhi:

-…Che cazzo hai detto?- Disse quello più basso.

-Vaffanculo fallito del cazzo- Esclamò provocatorio il secondo.

Un pugno gli colpì lo zigomo destro, facendolo indietreggiare dal dolore.

Cominciarono a picchiarsi, colpendosi sempre più furiosamente e selvaggiamente, tirandosi per la canotta e imprecando uno contro l’altro.

Il povero ed esausto poliziotto, si ritrovò a dover dividere due ragazzi da una rissa, nel cuore della notte.

 

Passò una mezz'ora buona, prima che i due vennero rilasciati.

Erano ormai passate le sei del mattino, e i due erano stati portati in centrale la stessa notte.

La luce del sole si faceva spazio fra i grattacieli della città, che risplendevano di un colore ambrato.

Riuscirono a non farsi notare, tenendo quindi la vicenda lontano da occhi indiscreti.

-Senti…grazie per aver pagato la cauzione- Mormorò Stephen.

Klay sbuffò, quasi infastidito. –Di nulla-

Si toccò lo zigomo destro ancora dolorante.

-Certo che ci sai fare con i destri-

In centrale non avevano avuto molto tempo per parlare, ma erano riusciti a calmarsi.

-Mi dispiace per prima..- Disse Stephen, notando l’effettivo ematoma che aveva lasciato sul corpo del compagno.

–Se vuoi posso metterti del ghiaccio, il mio appartamento dista soltanto qualche isolato da qui-

-Non importa, non mi fa poi così male-

Il senso di colpa sulla faccia di Stephen era evidente tanto quanto la botta violacea su quella di Klay.

Si sentiva in dovere di rimediare in qualche modo.

Anche se era uno stronzo.

 

-Allora ci vediamo- Disse Klay, aprendo la portiera dell’auto.

-Klay, fermati un secondo-

Il ragazzo si fermò.

Non si erano ancora mai chiamati per nome.

-Casa mia è davvero vicina…Se ti va puoi restare,almeno per un po’ –

Il nervosismo nelle sue parole era palpabile.

Klay aprì la bocca senza emettere alcun suono.

Rimase a guardare il compagno, che lo fissava speranzoso, limitandosi però a scuotere la testa e a salire in macchina.

Curry rimase da solo nel piccolo parcheggio.

“sarà per un’altra volta, allora” Mormorò tranquillo.


Salve a tutti! Spero che la storia, anche se per ora breve, vi stia piacendo! Sentitevi liberi di commentarla, anzi mi farebbe estremamente piacere sentire il vostro parere.
See you soon,
-inkandaliens

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Capitolo 3
*** Steph ***


La sveglia suonava ininterrottamente da vari minuti, senza che nessuno la fermasse.

Erano le 07:05 del mattino.

Le tapparelle in quel piccolo appartamento a San Francisco erano tutte chiuse, tranne quella della camera da letto;

Stephen si era appoggiato sul balcone, scrutando i movimenti delle persone nelle prime ore del mattino.

Sembravano tutte così perfettamente in sincronia, andavano tutte allo stesso ritmo frenetico, anche durante il sabato.

Adorava le metropoli, dal modo in cui ti affascinano di notte, a come possono sorprenderti durante le prime luci dell'alba, con il sole infuocato riflesso su ogni grande grattacielo.

Ma il rosso non era l'unico colore ad attirare la sua attenzione: c'era anche quello del suo caffè.

Ne bevette un sorso, prima di constatare che fosse decisamente troppo amaro; il gusto deciso della caffeina lo fece uscire da quello stato di torpore mattutino, facendogli tornare in mente gli avvenimenti della sera precedente.

Oh, il suo compagno di squadra (pensò mescolando il caffè): uno stronzo, non c'è che dire.

Nulla di più fastidioso con cui discutere, dal suo tono di voce alla sua irascibilità.

Ma qualcosa, qualcosa lo accomunava al suo dolce caffè.

Forse sarebbero bastati un paio di cucchiaini di zucchero, per renderlo migliore...D'altronde, anche i caffè più amari possono diventare dolci come il latte, no?

 

Era pomeriggio inoltrato ormai, quando Stephen decise di uscire per fare quattro passi.

Una giornata splendida, senza nemmeno una nuvola in cielo: si sarebbe voluto fermare per un secondo e contemplare insieme ad un passante la meraviglia di quel sole lucente, che per quanto lontano,riusciva a riscaldarti anche dagli inverni più freddi.

Pensieri strani da condividere con uno sconosciuto.

Si limitò quindi a proseguire con la sua passeggiata, sorseggiando le ultime gocce di un cappuccino appena comprato.

Un particolare però, attirò la sua attenzione: c'era un giornale, poggiato sulla panchina su cui era seduto. Come aveva fatto a non notarlo prima? Scrollò le spalle e afferrò il quotidiano.

Sfogliò le prime pagine, leggendo a malapena i titoli dei vari paragrafi: foto su foto, disastri su disastri, scandali su scandali, personaggi famosi che finiscono nel tunnel della droga, personaggi dello sport che...

-...che vengono sempre più spesso rimpiazzati, o addirittura traditi, per persone più popolari di loro. Come per il povero Klay Thompson, lasciato giorni fa dalla bellissima Anna Isdavikas, stella emergente di Hollywood...

...lasciato alla vigilia di un'importante partita...rimpiazzato con l'agente di Tony Parker...aveva scoperto messaggi provocanti tra la fidanzata e il presunto amante...stato di shock...pessime prestazioni in campo...

scarsa concentrazione...-

Questo spiegava tutto: la frustrazione e la rabbia del compagno erano causati da una donna.

Stephen ridacchiò, era una storia che aveva sentito fin troppe volte.

Continuò con la lettura dell'articolo, un po' meravigliato forse, ma decisamente divertito.

-Non ti facevo così sentimentale Klay...- mormorò il ragazzo, ripiegando il giornale soddisfatto.

Erano le cinque quando si rese conto che la sua passeggiata stava per finire: le persone intorno a lui cominciavano a bisbigliare, guardandolo in gruppi sempre più numerosi.

Si sbrigò a rientrare a casa, prima che i flash delle macchine fotografiche cominciassero a tormentarlo.

Nulla di più fastidioso e utile della pubblicità per lui: molto efficace se si vuole mandare un messaggio diretto alle persone, ai fan per esempio, perché è un modo immediato per comunicare con loro; ma i fotografi non ti danno tregua, non ti mollano mai.

E questo Curry lo sapeva, forse anche troppo bene.

Mentre ripensava al suo passato burrascoso, Stephen finì di mangiare il pollo che si era preparato. Si congratulò con se stesso per il buon cibo che sapeva cucinare.

Essere dei bravi cuochi è fondamentale quando si vive da soli, soprattutto quando uscire di casa per andare in pizzeria diventa una vera e propria guerra.

 

Passò qualche ora prima che il livido sulla faccia di Klay passasse dal nero al bluastro, per poi divenire un violetto tenue.

-Quel bastardo ci è andato giù pesante- disse l'infermiere della palestra -D'altronde è proprio da vigliacchi aggredire qualcuno con la faccia coperta- scosse la testa, passando della crema sul viso del ragazzo.

-In realtà non è niente...non capisco perché tu abbia insistito tanto- Klay si girò per andarsene, ma il giovane infermiere lo fermò.

-Non vorrai presentarti così di fronte alle telecamere, no?- Sorrise, per poi afferrare un tubetto di crema rosa chiaro -Ecco ora nessuno saprà nulla- disse soddisfatto, spalmando la crema sulla faccia del ragazzo.

-Mi stai truccano per caso? Non mi serve questa merda- cercò di uscire dalla stanza, ma venne fermato dall'infermiere che insistette fermamente sul suo punto di vista.

-Non puoi presentarti così! Penseranno che sei un personaggio rissoso, cosa che potrebbe nuocere all'immagine della squadra. Pensavo ci arrivassi....-

Klay si fermò a pensare: infondo cosa poteva mai fargli un po' di trucco?

Si lasciò quindi a malincuore nelle mani del ragazzo.

-Senti...ti andrebbe di cenare insieme dopo la conferenza di questa sera? O se preferisci potremmo andare a prendere un caffè, vedere un film...- Il giovane infermiere socchiuse gli occhi, aspettando la risposta del giocatore, che tardò ad arrivare.

Socchiuse le labbra, avvicinandosi velocemente al volto di Klay, che si girò appena in tempo.

-...No. La mia risposta è no. Non so chi sei ma ti posso assicurare che non sono quel tipo di persona - le sue parole erano gelide come il ghiaccio.

L'infermiere arrossì e annuendo a denti stretti si allontanò dal lettino -Comunque, grazie per quello che hai fatto-

Klay salutò senza troppo affetto il ragazzo, che scoppiò in lacrime per l'imbarazzo non appena si ritrovò solo in mezzo allo stanzino.

 

Mancavano una ventina di minuti all'arrivo dei giornalisti, restava poco tempo quindi per prepararsi uno straccio di discorso: questo passava per la mente di Klay Thompson mentre si chiudeva i bottoni della camicia.

La porta dello spogliatoio si aprì di colpo, facendo entrare qualcuno.

Klay si girò, trovandosi di fronte Stephen: sembrava appena tornato da una maratona.

- Hanno già cominciato?- chiese respirando affannosamente -No giusto? prima devo dirti una cosa, dobbiamo decidere cosa dire. Beh diciamo che sono stato accolto bene, i fan sono grandiosi e che...-

Il compagno lo fermò.

-Non ho bisogno del tuo aiuto per un'intervista. Solo perché sono più giovane di te, non significa che non sappia cosa fare -

Curry non diede tanto peso alle sue parole, quanto alla chiazza rosata che aveva sul volto.

-Ma è fondotinta quello?-

Klay si portò una mano sullo zigomo, spalancano gli occhi per la vergogna. -Non è niente- disse, togliendosi via dal viso la crema messa poco prima.

 

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Capitolo 4
*** Gift ***


-...E con questo possiamo assicurarci una buona qualificazione per i prossimi tornei, forse anche una buona partenza per la Regular Season, ma come ho detto in precedenza è ancora presto per trarre conclusioni-

Il giornalista ringraziò Steve Kerr sorridendo, finendo di appuntare le ultime parole del coach.

Il rumore persistente dei flash era accompagnato dalle domande degli intervistatori, che come delle sanguisughe insaziabili, cercavano di carpire il maggior numero di informazioni dai giocatori.

-Hey!- Bisbigliò Stephen al compagno vicino -Hey Klay!-

Thompson lo guardò con la coda dell'occhio, continuando a sorridere per i fotografi -Che vuoi?- disse a denti stretti.

-Ti ricordi del fondotinta di prima?- Salutò il pubblico della sala stampa con la mano, cercando di sembrare il più naturale possibile.

-Non è il momento di parlarne- Anche lui si rivolse con un cenno ai fotografi, continuando segretamente a bisbigliare.

Stephen non gli diede retta -Vedi, non potevi metterlo- La voce del manager faceva da sottofondo alle loro parole, coprendole benissimo da orecchie indiscrete.

-Ah e sentiamo, perché no?- Klay si stava innervosendo, dimenticandosi di sorridere e di fingersi interessato all'intervista.

-Beh la tua pelle non è di quel colore- disse tranquillamente -La tua è più bella-

Klay si girò perplesso (e leggermente infastidito) verso Stephen, che sembrava aver perso interesse per quella chiacchierata: stava salutando i fotografi uno per uno, prestando attenzione alle domande dei giornalisti.

-Curry!- Lo disse con un po' troppa enfasi, tanto che qualche giornalista se ne accorse girandosi verso di lui interessato: fortunatamente il giocatore mascherò la cosa con un colpo di tosse, rendendosi conto di una piccola risata del compagno.

-Curry che cazzo volevi dire con quello?- disse nuovamente, ricordandosi però di abbassare la voce.

-Rispondimi...- Si stava spazientendo, visto che Stephen lo stava volontariamente ignorando, facendo delle piccole risatine.

-Curry!-

Disperato, Klay decise un approccio più gentile, sospirando frustrato -Stephen...-

Il ragazzo sorrise compiaciuto sentendosi chiamare per nome.

-...cosa volevi dire con quello?- la conferenza era ormai agli sgoccioli, tutti gli altri giocatori si stavano alzando, pronti ad andarsene.

-Con quello cosa?- Stephen non riusciva a trattenersi dal ridere.

-Sei proprio una testa di cazzo- Klay sospirò, pronto a ripetere le parole che lo avevano lasciato di stucco qualche minuto prima .

-Cosa intendevi con 'La è più bella'?-

Ma ormai era tardi, il nuovo arrivato era già stato circondato da una nube di flash.

-Che idiota- mormorò Thompson.

 

-Hey Klay!-

Il cestista era pronto a reclamare una spiegazione, spegnendo velocemente una sigaretta sull'asfalto.

-Ah, sei tu..- Abbassò nuovamente il capo, quasi deluso.

-Ti aspettavi una spogliarellista?- Draymond Green, il suo compagno di squadra, gli tirò un pugnetto sulla spalla ridacchiando.

-Comunque cosa fai qua fuori tutto solo?- Klay alzò le spalle, accendendosi una seconda sigaretta.

-Tu e il tuo vittimismo...ancora problemi con Anna, eh?- Chiese Draymond, alzando lo sguardo verso il cielo stellato.

-Non esattamente...solo in parte-

Si fissò la mano che reggeva il mozzicone fumante.

"La tua pelle..."

-...la mia pelle...- si lasciò scappare un sussurro che si spense velocemente, nel silenzio di quel parcheggio.

Draymond lo guardò curioso, senza però disturbarlo.

"La tua pelle è più bella"

Sarà stata quella notte stellata.

Sarà stata quella dannata sigaretta.

O forse semplicemente pazzia.

Ma Klay volle per un piccolo folle attimo risentire quelle parole, sentirle veramente.

Sentirle in uno scenario diverso.

Sentirselo dire, avendone la prova...provò ad immaginare le sue mani sfiorarlo, accarezzandogli la mano delicatamente.

 

"Ma che diavolo sto facendo" Klay sospirò scuotendo la testa: non avrebbe mai dovuto fare dei pensieri così assurdi.

-Scusa Dray, stavo..- Ma il suo compagno non c'era più.

Klay si girò, sentendosi in colpa per l'amico dimenticato.

Fece cadere a terra la sigaretta ormai spenta, dirigendosi a testa bassa verso l'auto.

 

La radio non sembrava aiutarlo quella sera: una dopo l'altra, canzoni sempre più dolci e sentimentali passavano da stazione a stazione.

Klay non ebbe il coraggio (o la forza) di cambiare stazione, lasciandosi trascinare in un vortice di emozioni che non credeva aver mai provato prima.

Il ponte di San Francisco rese tutto ancora un po' più magico: il suo riflesso brillante faceva sembrare il fiume sottostante una distesa dorata.

Non per niente veniva chiamato Golden Gate Bridge.

Collegava Oakland direttamente con la baia di San Francisco, dove Klay aveva una piccola abitazione.

Da quanto successo la sera prima, era riuscito a capire che anche Stephen viveva li, a differenza degli altri membri della squadra che avevano tutti una casa ad Oakland.

Lo stadio degli Warriors effettivamente era ad Oakland, quindi per arrivarci Klay doveva oltrepassare il ponte ogni giorno (cosa che non gli dispiaceva affatto).

Stava per arrivare a casa, quando il telefono vibrò:

 

> Klay sono Anna, domani chiama i tuoi avvocati: dobbiamo firmare le ultime carte per il divorzio. <

 

Si rassegnò all'idea di passare un'altra brutta giornata insieme alla sua ex fidanzata, o meglio ex moglie: non ne aveva mai parlato con nessuno del matrimonio avuto con Anna.

Già all'epoca pensava fosse un errore, ma era ancora molto giovane e (ammettendolo ancora a malincuore) troppo stupido per capire cosa fosse meglio per lui.

Poi le cose cominciarono a peggiorare col tempo, lei era molto esigente e Klay non poteva accontentarla in tutto.

Lui pensava di amarla, di amarla davvero e avrebbe continuato a farlo nonostante il suo tradimento: fu Draymond a farlo disintossicare dalla dipendenza per quella donna.

 

La mattina dopo si svegliò grazie alla sirena di una nave che passava per la baia, una grande nave passeggeri.

Si stava per riaddormentare, quando sentì il campanello suonare: non riusciva a trovare un attimo di pace.

Pensava fossero gli avvocati di Anna, quindi rimase sorpreso (ma soprattutto sollevato) nel ritrovare un piccolo pacchetto di fronte alla porta d'ingresso.

 

>Questo andrà meglio<

 

Diceva il biglietto fissato con un fiocco sul sottile involucro della carta da regalo.

Klay aprì la piccola scatolina, trovandoci dentro una piccola confezione: "Fondotinta"

- Curry... - Borbottò senza riuscire però a trattenere un sorriso compiaciuto.

Era esattamente del suo stesso colore: come faceva Stephen a ricordarselo così bene?

Il livido comunque non era ancora sparito, e per ora era l'unico vero contatto che Klay era riuscito ad avere con il nuovo arrivato.

 


Salve a tutti!
Volevo comunicarvi che d'ora in poi pubblicherò un nuovo capitolo ogni mercoledì, in modo da fissarmi una scadenza più regolare.
Ad ogni modo, spero che vi piaccia come sta proseguendo la storia e sarei davvero felice di sapere cosa ne pensate! :)
Grazie e alla prossima!
-inkandaliens

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Capitolo 5
*** You're so strange ***


Che fosse stato un azzardo, non c'era alcun dubbio.

Ma Stephen era fiducioso, nonostante il rinomato caratteraccio del compagno di squadra.

Da quando era approdato in NBA non si era lasciato scappare nemmeno uno sgarro, perchè sapeva che il prezzo da pagare a quei livelli arriva spesso a compromettere la carriera di un atleta.

Steph era stato molto attento ad evitare scappatelle e bravate da liceali, per questo si era abituato a non andare mai oltre il limite.

“Sarà solo per questa volta” disse fra se e se, mentre rientrava a casa.

Se i fotografi lo avessero visto lasciare il piccolo pacchetto argentato sulla porta di Thompson, sarebbe scoppiato un putiferio per capire cosa contenesse e del perchè di questo gesto; forse si sarebbero chiesti se c'era del tenero fra i due.

Arrossì al solo pensiero.

Poi scosse la testa, ridacchiando davanti allo specchio di casa “Datti una calmata Steph” mormorò tornando alla realtà.

Tanto Klay era uno stronzo.

Sapeva che non ci sarebbe mai stato niente.

E nemmeno lo voleva.

Queste erano le sue sicurezze durante ogni giornata; ma allo stesso modo ogni sera, quando tornava a casa, non riusciva a smettere di pensare a lui.

 

Gli allenamenti si fecero più intensi di giorno in giorno, vista l'imminente partita contro i Toronto Raptors. La squadra sembrava rispondere bene agli stimoli del coach e soprattutto all'arrivo del nuovo arrivato.

-Allora?- disse Draymond Green al compagno vicino -Cambiato idea su Curry?-

Klay lo guardò perplesso -Cambiato idea? Non mi sono mai espresso a riguardo-

Green alzò gli occhi al cielo mentre recuperava una bottiglia d'acqua -Come se non ti conoscessi Klay...- Si sedettero stremati sulle panchine a bordo campo – Lo hai squadrato malissimo dal primo momento in cui è arrivato, non ci hai mai scambiato mezza parola e come se non bastasse hai un livido gigante sullo zigomo-

Thompson si girò immediatamente, visibilmente imbarazzato -te l'ho già detto, sono scivolato in campo e...-

Green lo interruppe bruscamente -Hey puoi dare a bere una storia del genere alla stampa, ma non a me-

Klay si ammutolì, dando una fugace occhiata a Curry, che stava parlando dall'altro lato della palestra con il coach.

-Qualsiasi cosa sia successa tra di voi, sono felice che sia finita- sospirò infine Draymond alzandosi -E se ti stai chiedendo come faccio a saperlo, sappi che ti conosco abbastanza da poter dire quando vuoi fare a pezzi qualcuno e quando no- disse ridacchiando, tornando ad allenarsi insieme alla squadra.

Klay si passò una mano tra i capelli, sospirando.

 

Gli ultimi membri della squadra lasciarono lo spogliatoio per dirigersi a casa, e salutarono Curry che si era trattenuto fino all'ultimo: odiava aspettare, ma odiava molto di più doversi lavare di fretta per non far aspettare gli altri, quindi attese di essere solo prima di entrare in doccia.

Tanto non ci sarebbe stato nessuno a casa ad aspettarlo.

 

Klay si fece coraggio ed entrò nello spogliatoio.

Forse era la cosa giusta da fare no? Insomma, erano passati giorni da quel regalo e non aveva ancora rivolto la parola a Steph.

Per una persona così orgogliosa, ringraziare non è sempre facile, ma questa volta era diverso.

Era una situazione strana dopotutto.

E Curry era un tipo maledettamente strano.

Entrò nella stanza ma non trovò nessuno, proseguì verso le docce e capì che il compagno era ancora sotto l'acqua. Una nuvola di vapore inondava la zona, insieme al profumo dello shampoo.

Klay era fermo sull'uscio, paralizzato dall'indecisione: avrebbe dovuto farsi sentire? O forse era meglio aspettare?

Era davvero strano.

Per un attimo venne pervaso dalla stessa insolita euforia che lo avvolge nelle notti calde di San Francisco: il traffico è lento sul Golden Gate Bridge, ma a Klay non interessa.

Uno stato di impotenza che non ti disturba ma anzi, ti culla.

Non si sentiva così tranquillo da tempo.

E rimase così, a fissare i movimenti irregolari del vapore, sentendo la calda umidità sulla sua pelle.

Non era poi una giornata così brutta.

Ad un tratto l'acqua si spense, e Klay alzò lo sguardo verso la porta che si era appena aperta.

Steph uscì dalla doccia con un asciugamano avvolto intorno alla vita, dirigendosi verso lo spogliatoio per cambiarsi.

Appena alzò lo sguardo si accorse che non era solo.

Klay era appoggiato alla porta con gli occhi fissi su di lui.

Per quanto avesse provato ad asciugarsi, il vapore nella stanza condensava, tornando a riempire di goccioline il corpo del giocatore.

Thompson si sorprese nel ritrovarsi senza parole e leggermente imbarazzato di fronte al compagno di squadra: stava facendo la figura dell'idiota? Dopotutto era normale per due giocatori spogliarsi nello stesso posto.

Ma c'era un velo di intimità nell'aria, che Klay capì di aver appena oltrepassato.

Stephen aveva un corpo più minuto del suo, ma non meno definito; nella frazione di secondo in cui si portò una mano tra i capelli, Steph alzò lo sguardo verso il compagno: i due si guardarono per un breve istante, lasciando Klay di stucco nel realizzare la particolarità degli occhi del compagno, di cui non aveva mai colto la vibrante sfumatura verde.

Quegli stessi occhi ora lo guardavano perplessi, e forse un po' incuriositi.

-Hey!-

Disse Curry indaffarato ad asciugarsi i capelli.

-Hey...- Ripeté Thompson distogliendo lo sguardo, uscendo così da quel limbo di vapore in cui era finito.

-C'è qualcosa che posso fare per te o?...- chiese Steph, facendo segno verso lo spogliatoio.

-Oh si, certo scusa-

Klay non si era accorto di essere rimasto fermo in mezzo al passaggio dalle docce agli spogliatoi -Ecco, volevo ringraziarti- Disse seguendo il compagno -per quella cosa che mi hai dato-

L'agitazione di Klay era palpabile, era visibilmente vulnerabile, uno stato in cui era davvero difficile finire per lui.

Steph sorrise tra se e se, sentendo ancora gli occhi del compagno addosso mentre si rivestiva.

Si avvicinò a Klay prima di indossare la maglietta, e senza esitare gli accarezzò lo zigomo ancora vagamente bluastro -dovresti metterlo più spesso, quel regalo-

La luce filtrava fioca tra la leggera coltre di vapore rimasta, ma in quel momento Steph giurò di aver visto distintamente il viso del compagno arrossire.

-Sai, ci ho messo un bel po' a trovare la tonalità giusta- aggiunse abbassando lo sguardo.

Le braccia del giocatore erano conserte, i muscoli visibilmente in tensione.

Steph lo guardò di nuovo dritto negli occhi, accennando un leggero sorriso, prima di allontanarsi nuovamente.

 

Klay rimase immobile.

Quel gesto, per quanto piccolo, lo aveva colto impreparato.

C'era qualcosa di magnetico in Stephen, qualcosa per cui Thompson non riuscì a levargli gli occhi di dosso per tutto il tempo; aveva la sua più totale attenzione.

Ogni gesto, ogni sguardo, per qualche motivo avevano un importanza prioritaria su tutto il resto.

Il tempo sembrava rallentato, quella manciata di secondi sembrò un eternità per Klay.

Fece per dire qualcosa, ma esitò.

Per la prima volta nella sua vita, Klay Thompson era rimasto a corto di parole.

-Buonanotte Klay- disse Curry riprendendo l'attenzione del compagno di squadra, che sembrava essersi perso nei propri pensieri; gli diede un ultimo sguardo divertito prima di dirigersi verso l'uscita.

“...sei maledettamente strano” si disse, ancora succube di quel momento in cui il compagno lo aveva lasciato.


Salve a tutti!
Come annunciato in precedenza, aggiornerò la storia ogni mercoledì (anche se oggi un po' in ritardo devo ammetterlo!).
Detto questo, ci terrei davvero tanto a sentire i vostri pareri, sopratutto su questo capitolo che per ora è il mio preferito :D
Alla prossima!
-inkandaliens

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Capitolo 6
*** Portland ***


Klay si svegliò bruscamente, sbattendo ancora intontito la testa contro il finestrino dell'aereo: si guardò intorno, notando che tutti i suoi compagni stavano ancora dormendo.

Un paio di sogni troppo intensi avevano ormai turbato il sonno del giocatore, che risistemandosi le cuffie tirò un sospiro di sollievo nel vedere che ormai mancavano solo poche ore all'atterraggio.

La visuale dal finestrino era ancora ostruita dalle fitte nubi che ricoprivano i cieli dell'Oregon, cosa che impedì a Klay di apprezzare a pieno quella splendida vista.

Portland era ormai sempre più vicina, e il giocatore non poté nascondere la malinconia che lo assalì solo al pensiero delle splendide giornate passate a crescere tra le vie affollate della città; dopotutto Klay non aveva mai smesso di considerarla come casa, nonostante la distanza.

 

Il silenzio che infestava il jet privato della squadra non era poi così male, pensò sfilandosi le cuffie, almeno non quella sera.

L'unico suono udibile al di fuori di quello emesso dall'aereo, era il singhiozzante russare di Draymond, motivo per cui il vicino Jordan Bell si era addormentato con un cuscino sulla testa; erano scene di questo tipo che scacciavano via la malinconia, ricordando a Klay quanto fossero importanti per lui la squadra e quei ragazzi.

Ridacchiò fra se e se, prima di ritornare a guardarsi in giro, ormai annoiato dalla lunga attesa.

Curry era seduto solo un posto più avanti, accoccolato sul sedile con un braccio a penzoloni, anche lui nel mezzo di un sonno profondo.

Dopo l'episodio di scuse della settimana prima, avevano cominciato a parlare, almeno in palestra.

Klay sembrava più rilassato, aveva abbassato le barriere che lo rendevano così scontroso, rivelandosi un ottimo compagno di squadra.

Notò che ai piedi del compagno giaceva un libro, evidentemente scivolatogli prima di prendere sonno; decise così di alzarsi per recuperarlo, cercando con cautela di non svegliare Durant, che gli dormiva affianco.

Raccolse il piccolo volume da terra e lo ripose nella borsa che Curry teneva vicino, sorprendendosi nello scoprire il numero di libri che aveva portato con se.

Rimase incredulo qualche istante, alzando lo sguardo perplesso verso il compagno che però dormiva ancora profondamente; i pensieri scivolarono via dalla mente di Klay nel momento in cui si accorse di trovarsi di nuovo ad osservare meticolosamente il ragazzo che riposava giusto a qualche centimetro di distanza: ogni dettaglio del suo corpo, del suo viso, della sua pelle erano lì, esposti ai suoi occhi che per troppo tempo si erano nascosti, un po' per orgoglio e un po' per timore.

Ma nessuno in quel momento lo avrebbe potuto notare.

Osservò il suo torace espandersi ad ogni respiro, regolare e delicato, soffermandosi poi sul viso beatamente rilassato, le cui labbra sembravano accennare un sorriso.

C'era una flebile armonia nel sonno di Steph a cui Klay non riuscì a sottrarsi: giaceva tra le braccia di Morfeo, quieto e vulnerabile, ignaro del pressante sguardo del compagno.

Restò succube di quel momento per diversi minuti, facendosi traviare dall'aura irreale che riempiva il piccolo jet.

C'era qualcosa di davvero bello in Steph, qualcosa che Klay da tempo cercava di spiegarsi.

Per questo lo osservava.

Per trovare una risposta.

O forse perché lo faceva sentire bene.

Sospirò abbassando lo sguardo, prima di ritornare a sedere, con lo sguardo fisso verso le luci della città che si intravedevano in lontananza.

“Forse sto diventando pazzo” pensò.

 

Il jet atterrò in perfetto orario, e i giocatori appresero con estremo piacere che avrebbero avuto la serata libera, visto il provante viaggio che avevano appena concluso.

Un bus dai vetri oscurati li attendeva di fronte all'aeroporto, pronto a partire verso gli alloggi prenotati: si inoltrarono verso le vie trafficate della città, ammirando la bellezza del panorama che li circondava, dalla bellezza delle sponde del fiume Willamette alla maestosità del monte Hood, la cui bianca cima sovrastava il paesaggio urbano.

La squadra venne condotta subito all'hotel in cui avrebbero passato la notte, cosa di cui Steph fu veramente grato: non sopportava i viaggi in aereo e dopo dieci lunghe ore di viaggio aveva solo voglia di riposarsi un po'.

Non appena ricevette la chiave, si diresse barcollando sensibilmente verso la sua stanza, declinando la proposta di KD di fare un salto nella palestra all'interno del complesso.

Era riuscito a fermare il mal di stomaco grazie a un paio di antiacidi, ma sapeva che l'unico rimedio per quella sgradevole sensazione era una doccia calda; l'ascensore saliva piano dopo piano, lasciando sempre meno compagni al suo interno.

-Ci si vede dopo Steph- disse Andre Iguodala, facendo un cenno con la mano all'amico, che accennò un sorriso forzato, ancora in preda al mal d'aereo.

Il gruppo di giocatori si affievolì velocemente, e Steph si accorse tardivamente che l'unica persona rimasta ad aspettare con lui il quinto piano era Klay.

Alzò lo sguardo innervosito, vista la penosa situazione fisica in cui si trovava: Klay sembrava soddisfatto e tranquillo, mentre tamburellava con le dita sulla porta metallica dell'ascensore.

Era lontano dal fascio di nervi che Curry adorava punzecchiare, quello con l'espressione scontrosa e la faccia corrucciata.

Dopo qualche secondo, anche Klay si accorse della situazione e con un solo sguardi entrambi capirono che per quella notte avrebbero dormito sullo stesso piano, lontano dai loro compagni.

 

Tutta la tranquillità che Steph aveva percepito sembrò svanire di colpo, nel momento in cui Klay notò che la camera 233 del compagno era attaccata alla sua 235.

Si schiarì la voce, incespicando nel tentativo di inserire la chiave magnetica che non ne voleva sapere di azionare la serratura.

-Sembra che noi...cioè io e te, voglio dire la tua camera e la mia...-

Non riuscì però a terminare quell'accozzaglia di parole imbarazzate che Curry aveva già lasciato il pianerottolo, chiudendosi la porta della 233 alle spalle.

Il leggero rossore delle guance di Klay fece spazio ad un esplosivo bordeaux, tanto era l'imbarazzo che provava in quel momento.

“Ma che diavolo!” pensò spalancando gli occhi buttandosi sul letto.

-Sono un idiota- mormorò portandosi frustrato le mani al viso.

Ripercorse più volte la figura da liceale imbranato che aveva appena fatto, pensando a come Stephen se ne fosse andato, nel migliore dei casi per mancanza di interesse nel sentire quello che aveva da dire.

Aveva raggiunto il punto di non ritorno?

Di figuracce ne aveva fatte tante, ma questa volta era andato nel panico più totale.

E Klay Thompson non andava mai nel panico.

Ma da quella volta negli spogliatoi, Steph era diventato qualcosa di diverso.

Qualcosa a cui era impossibile sottrarsi, anche se solo con lo sguardo.

Lo stava facendo impazzire lentamente, anche perché conosceva bene il rischio che avrebbe corso nel tentare anche solo di stringere un rapporto più intimo.

Ma giorno dopo giorno questo desiderio cresceva inconsciamente dentro Klay, che anzi soffocava la questione con il suo classico scetticismo.

“Ho bisogno di una sigaretta” pensò, aprendo la porta scorrevole del balcone.

 

 

Stephen d'altro canto, era impegnato a rigurgitare il pranzo dritto nel water; alla fine gli antiacidi avevano fallito, lasciando il povero ragazzo in balia del suo stomaco irritato.

Si sentiva davvero uno schifo, sperava di non arrivare a quel punto, ma ormai era successo talmente tante volte che sapeva come comportarsi.

Si ripulì velocemente, prima di fiondarsi sotto la doccia, sperando di riuscire a riprendersi almeno a livello mentale.

L'acqua calda cominciò a scorrere sul suo corpo, facendolo rilassare e tirare un sospiro di sollievo.

Passo una ventina di minuti sotto il getto scrosciante della doccia, facendosi passare quel brutto mal di stomaco.

Il bagno si era riempito velocemente di vapore, che svanì con altrettanta velocità quando Stephen si diresse verso la camera.

Si infilò un accappatoio, buttandosi sul letto soffice che sognava ormai da diverse ore, quando gli tornò in mente un particolare a cui non aveva fatto caso in precedenza: prima di correre in camera a vomitare, aveva sentito la voce di Klay, senza però capire di cosa stesse parlando.

Ci pensò su per un po', ripensando a quanto fosse diventato impacciato dopo quella conversazione negli spogliatoi: non pensava che avrebbe reagito così a quel regalo, anzi, era convinto che quello con un occhio nero questa volta sarebbe stato lui.

Gli piaceva giocare con Klay, era estremamente prevedibile e facilmente irritabile alle volte, ma erano settimane ormai che Stephen non pensava ad altro; da quando era arrivato negli Warriors aveva notato che Thompson aveva qualcosa di diverso dagli altri, oltre al fatto che fosse fisicamente stupendo.

Sapeva di non avere possibilità, tante erano le storie estremamente dettagliate che Draymond gli aveva raccontato divertito sul conto del compagno, in quanto a ragazze rimorchiate e storielle di una notte.

Si ritrovò come sempre a fare pensieri senza capo ne coda, viste le incongruenze che sapeva non lo avrebbero portato da nessuna parte, se non alla disperazione.

Si alzò sospirando, girovagando per la stanza intento a vestirsi, senza accorgersi della nuvola di fumo che svolazzava di fronte al suo balcone.

 

Klay restò ad ammirare la sua bella Portland per un po', prima di sentire dei rumori provenire dalla sua destra, accorgendosi solo in quel momento che i balconi delle due stanze erano comunicanti.

Si scostò velocemente sperando che il compagno non lo avesse notato, non resistendo però all'impulso di dare una sbirciatina alla camera affianco; Curry si era appena alzato dal letto, con ancora indosso l'accappatoio: si fermò di fronte all'armadio senza notare la presenza di Klay, che ormai si era spostato quasi completamente di fronte alla porta finestra della 233.

Stava per fare un altro tiro dalla sigaretta, quando sentì un groppo salirgli alla gola: Stephen si era fatto scivolare l'asciugamano di dosso, rimanendo completamente nudo agli occhi di Klay.

La pelle perfettamente abbronzata rendeva il corpo muscoloso del ragazzo ancora più attraente ed irresistibile; Thompson non riuscì a trattenersi dall'esaminare ogni sua curva, ogni muscolo esposto alla luce crepuscolare di quella sera, sentendo un'improvvisa vampata di calore pervaderlo da capo a piedi.

Non era mai stato attratto dal corpo maschile prima di allora, ma Stephen sembrava riuscire a farlo tentennare anche sulle sue certezze più fondate.

Ogni centimetro del suo corpo sembrava perfettamente proporzionato al resto, creato ad arte solo per la gioia dei suoi occhi.

Sentì una strana sensazione risalire dal profondo, come un turbolento istinto che amplificava ogni sua sensazione, lasciandolo con un bruciante desiderio che sapeva non poter soddisfare.

Decise quindi di tornare velocemente nella sua stanza, lasciando il mozzicone ancora fumante di fronte alla finestra di Steph, ignaro di ciò che era appena successo.

Klay si distese sul letto, incapace di comprendere il motivo per cui Stephen gli facesse perdere ogni controllo anche soltanto standosene fermo in mezzo alla stanza.

Che fosse completamente nudo poi, era un'aggravante che il ragazzo non riuscì a metabolizzare come faceva di solito, vista la crescente erezione che si sorprese di avere ripensando al bellissimo sedere che aveva appena avuto il piacere di ammirare.

Buttò la testa all'indietro, respirando affannosamente, ormai succube delle sue stesse pulsazioni.
 


Ciao a tutti!
Purtroppo sono riuscita ad aggiornare la storia solo ora, ma il capitolo è più lungo del solito quindi spero di essermi fatta perdonare!
Come sempre vi invito a farmi sapere cosa ne pensate, soprattutto riguardo questa nuova aggiunta :)
A presto!
-inkandaliens

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Capitolo 7
*** Contact ***


“Cazzo devo smetterla”

Klay si alzò per l'ennesima volta nel cuore della notte, ripetendosi quelle parole in testa come un mantra.

Si sciacquò la faccia con dell'acqua gelida, alzando lo sguardo verso il proprio riflesso, cercando nei suoi stessi occhi una risposta a ciò che gli stava accadendo.

Per quanto ci provasse infatti, l'immagine del corpo scolpito di Stephen non voleva saperne di andarsene dalla sua mente; quello che aveva intravisto nella camera 233 lo stava facendo impazzire, ripresentandosi nei suoi pensieri in maniera vivida in ogni instante di quella tiepida serata.

Passò tutta la sera a combattere contro il suo stesso istinto, tentando di non cedere ai propri desideri carnali; ma non appena abbassava la guardia tentando di dormire quella sensazione si ripresentava, insieme al ricordo del corpo di Steph ovviamente.

Come avrebbe anche solo potuto guardarlo in faccia? Se le cose prima sembravano farsi difficili, ora stavano proprio precipitando.

In fin dei conti però, Klay era sempre stato bravo a mentire, in qualche modo se la sarebbe anche potuta cavare: ma il dilemma di quella sera incombeva sulle più solide certezze del ragazzo, o meglio, sulla sua convinta eterosessualità.

Sospirò frustrato, prima di brancolare nel buio della stanza in cerca del cappotto; forse fare quattro passi per la città lo avrebbe aiutato a chiarirsi le idee.

 

Stephen si era addormentato prestissimo per via della spossatezza causata dal viaggio, trovandosi sveglio nel cuore della notte a fissare il soffitto.

Si raggomitolò nuovamente su se stesso nella speranza di tornare a riposare, prima di sentire la porta della stanza accanto sbattere improvvisamente.

Si mise a sedere sul letto, corrucciando lo sguardo intento ad elaborare una possibile spiegazione per ciò che aveva provocato quel rumore.

La curiosità lo spinse a fantasticare sul perché quella porta si fosse aperta, se per far entrare qualcuno, o se invece per farlo uscire.

Non sarebbe stato strano vedere Klay in compagnia di qualche avvenente ragazza pronta a tutto per un po' di fama; d'altronde la nomea del ragazzo era molto chiara in merito e nonostante fosse un tipo estremamente riservato, si ritrovava spesso e volentieri circondato da bellissime ragazze che con la scusa di un autografo o una foto, cominciavano a flirtarci languidamente senza alcun filtro.

Al solo pensiero Steph si alzò in piedi, portando l'orecchio alla parete che le due stanze avevano in comune, senza sentire però alcun rumore provenire dall'interno: si diresse così verso il balcone, pensando di riuscire a scorgere l'illuminazione della stanza del compagno.

Si accorse con stupore che le due camere condividevano lo stesso balcone e che Klay ne aveva sicuramente già fatto uso, visti i due mozziconi di sigaretta che giacevano al suolo.

La sua camera era buia, non c'era nessuno all'interno.

Capì che il ragazzo doveva essere uscito.

Si sentì sollevato in parte, anche se cosciente dell'inutilità di quella sensazione: prima o poi sarebbe dovuto succedere e magari la cotta da liceale che si era preso per Thompson sarebbe svanita.

In quel momento, Steph sentì dei passi risuonare dal parcheggio sottostante e affacciandosi dalla balconata riconobbe nell'individuo che si muoveva con estrema cautela il compagno della stanza affianco.

Klay uscì indossando un lungo cappotto scuro, che in combinazione con il cappuccio della felpa lo rendeva invisibile agli occhi dei fotografi appostati dall'altro lato dell'edificio: Steph lo vide dirigersi verso un vicolo che dava sulla via principale, prima di sparire immergendosi nelle ancora affollate vie della città.

 

Le sfavillanti luci della metropoli si riflettevano in modo incantevole nelle acque del fiume, le cui sponde erano attraversate da dei magnifici viali alberati; quella fu la prima meta di Klay, probabilmente una delle cose che più gli erano mancate della sua città.

Un'estrema euforia lo pervase nel vedere che nonostante gli anni, era tutto rimasto come sempre: si sedette su una panchina del viale ad ammirare i movimenti ipnotici delle acque del Willamette, prima di estrarre una sigaretta dal pacchetto nella tasca.

Forse avrebbe dovuto smettere.

Mentre si interrogava sull'opinabile scelta per un giocatore del suo calibro di concedersi questo piacere proibito, intravide nella tasca la luce lampeggiante del telefono:
“Klay sei in camera?”

Era un messaggio di Draymond; gli rispose immediatamente chiedendogli il perché di quella domanda.

“Nulla di ché, ti ho visto uscire e volevo sapere se era tutto ok”

Klay sorrise nel leggere quelle parole, ricordandosi quanto profonda fosse l'amicizia che li legava: per quanto potesse sembrare petulante alle volte, Dray c'era sempre stato per lui, sopratutto nei momenti più bui.

Per questo motivo era spesso estremamente apprensivo nei suoi confronti.

“Si mamma tranquilla va tutto alla grande ;)”

Ridacchiò pensando alla reazione dell'amico, che arrivò senza farsi attendere.

“Siamo simpatici oggi eh? Me ne ricorderò la prossima volta che sei nei casini fino al collo xoxo”

Thompson si lasciò scappare una risatina, rispondendo al compagno che sarebbe tornato il prima possibile: dopotutto erano a Portland per giocare, non certo per farsi una vacanza.

Anche se sarebbe stato magnifico tornare a casa per un po'.

 

Erano ormai le due del mattino, quando Klay arrivò al parcheggio dell'hotel; il silenzio che infestava lo spiazzo aveva lasciato il posto ad una piacevole melodia, che fuoriusciva da un locale jazz posto sull'altro lato della strada.

Il ragazzo si diresse verso l'uscita sul retro, evitando nuovamente i paparazzi appollaiati di fronte all'entrata principale dello stabile.

Il parcheggio era scarsamente illuminato, ma Klay riuscì comunque ad intravedere qualcuno che aveva deciso di sostare al di sotto della tettoia della porta posteriore.

Pensò che fosse Draymond, aspettandosi quindi una lavata di capo per aver fatto così tardi.

Ma man mano che la distanza si accorciava, si accorse immediatamente di essersi sbagliato.

-Ciao Steph-

Il ragazzo alzò timidamente lo sguardo, cercando di nascondersi nella felpa oversize che la squadra gli aveva fornito, rispondendo con un flebile “ hey “.

Nonostante fosse autunno, la fredda umidità della città si fece sentire sul corpo di Stephen, che cercò il più possibile di nascondere i brividi che lo attraversavano.

-Io non...non riuscivo a dormire– mentì spudoratamente. Sarebbe tornato volentieri a letto, ma la pallida possibilità di vedere il vicino di stanza tornare da quella curiosa uscita notturna, era irresistibilmente ammaliante.

Un profondo silenzio piombò tra i due, interrotto solamente dal cenno che fece Klay prima di dirigersi alla porta.

Stephen si voltò abbattuto, pensando di essere un idiota: cosa gli era passato per la testa? Aspettarlo fuori in piena notte per attirare la sua attenzione? Se gli avesse detto la verità avrebbe fatto la figura dello stalker.

-Vuoi salire?-

Klay era fermo sull'uscio, con il braccio appoggiato all'anta della porta ancora aperta.

Il ragazzo fu sorpreso da quel gesto segretamente desiderato e annuì senza esitare, proseguendo all'interno dello stabile.

Entrambi percorsero il lungo corridoio rimanendo in religioso silenzio, prima di raggiungere l'ascensore.

Per quanto fosse un hotel di lusso, risalire cinque piani richiedeva comunque molto tempo, tempo che Klay impiegò cercando di rimanere impassibile di fronte alla persona che solo qualche ora prima aveva accidentalmente visto senza veli.

Tutto stava andando per il meglio, quando a cavallo tra il terzo e quarto piano, l'ascensore ebbe uno scossone improvviso, cosa che fece aggrappare Stephen inavvertitamente al braccio del compagno vicino: il cuore di Klay saltò un battito nel sentire la presa del ragazzo irrigidirsi su di se.

Steph alzò confusamente lo sguardo, trovandosi faccia a faccia con gli occhi spalancati di Klay.

L'impianto ripartì immediatamente, cosa a cui i giocatori, entrambi con il cuore in gola, non fecero caso: il tempo sembrava essersi fermato, dal momento in cui i loro sguardi si erano intrecciati.

Quell'attimo sembrò eterno.

La mano di Steph era ancora avvinghiata saldamente al braccio di Klay, quando le porte automatiche si aprirono; solo il suono che avvisava l'arrivo al quinto piano fece ricomporre Stephen, che si avviò incespicando verso la propria stanza, sbattendo velocemente la porta verso di se.

Klay inserì la chiave magnetica della 235, restando in piedi nella camera buia, con lo sguardo fisso nel vuoto.

 

“Devo vederlo”

 

Stephen fece un respiro profondo per scaricare la tensione, prima di aprire la porta scorrevole che dava sul balcone.

Nello stesso istante, Klay attraversò la stanza senza indugiare, anche lui diretto verso il terrazzo.

Non appena avevano messo piede nelle rispettive stanze, entrambi avevano realizzato le medesime intenzioni.

Si sarebbero incontrati lì.

 

La luna si fece spazio tra la coltre di nubi, illuminando pallidamente tutti gli anfratti dell'edificio, compreso il candido balcone comunicante della 233/235.

Klay pensò di poter vomitare, vista la mole di ansia che si accese in lui nel momento in cui Stephen varcò quella porta: la luce lunare gli donava davvero bene.

Si trovarono uno di fronte all'altro, in silenzio.

Qualsiasi parola sarebbe stata di troppo.

Steph studiò il compagno che gli si ergeva di fronte, notando che non si era nemmeno tolto il cappotto, prima di precipitarsi lì.

Si osservarono per qualche istante, prima di varcare una dimensione totalmente nuova: ciò che avevano da tempo desiderato era lì davanti ai loro occhi, immerso nella solitudine di una notte dell'Oregon,

Steph aprì la bocca, ma senza emettere alcun suono; avrebbe voluto parlare di qualcosa, di qualsiasi cosa, ma si bloccò di fronte a ciò che Klay aveva deciso di essere quella sera: non sapeva se fosse merito dei suoi profondi occhi scuri, o se fosse a causa del suo viso perfettamente scolpito, ma il fascino di quel lato così misterioso che il ragazzo gli stava porgendo ebbe il potere di farlo congelare su due piedi.

Come una violenta scarica elettrica, gli sguardi dei due si ritrovarono ancora una volta, non lasciando oramai più spazio all'esitazione: Klay si avvicinò, accarezzando delicatamente i capelli di Stephen, che senza indugiare portò le braccia al collo del ragazzo, suggellando quel prezioso momento con un caldo, umido e attesissimo bacio.

In un attimo, i loro tiepidi respiri si sovrapposero sulle labbra ancora pressate l'una sull'altra.

Klay riuscì a percepire distintamente la muscolatura della schiena di Stephen, sentendosi lentamente irradiare da un brivido di piacere indescrivibile.

Anche il maggiore si lasciò cullare da quel momento, passando istintivamente una mano tra i soffici capelli ricci del ragazzo, che non sembrò disprezzare quell'impeto passionale.

Passarono alcuni minuti prima che i due giocatori, entrambi ancora troppo succubi l'uno dell'altro, si scostarono per riprendere fiato.

Steph sentì immediatamente la mancanza delle calde braccia di Klay, percependo la fredda brezza autunnale tornare ad avvolgerlo.

Si guardarono per un'ultima volta sorridendo impercettibilmente, prima di separarsi definitivamente, ognuno allontanandosi silenziosamente verso la propria stanza.

-Notte Steph- Si sorprese di dire Klay, voltandosi verso il compagno, che si fermò sull'uscio.

-Buonanotte Klay- sorrise sinceramente nel dirlo, non sentendosi così felice da tanto tempo.

Rimasero entrambi svegli nei rispettivi letti, a fissare la pallida luna che li aveva illuminati quella sera.


Se solo avessero potuto essere altre persone, in un altro luogo, in un altro tempo.
 


Salve a tutti!
Volevo comunicarvi che d'ora in poi pubblicherò il venerdì, visto il ritardo mostruoso in cui ho postato gli ultimi due capitoli.
Spero che la storia vi stia piacendo, soprattutto quest'ultimo capitolo in cui le cose si fanno più intense tra i due :)
Alla prossima!
-inkandaliens

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