Intermezzo

di Spoocky
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Equilibrio ***
Capitolo 2: *** Perdita ***
Capitolo 3: *** Rassegnazione ***



Capitolo 1
*** Equilibrio ***


Ecco un breve intermezzo sulle avventure di questi due giovanotti. 
Le scene qui riportate costituiscono una specie di raccordo tra le storie precedenti e ciò che le seguirà.
Ringrazio in anticipo chi vorrà leggere o commentare.

Un ringraziamento davvero speciale va a fiore di girasole che mi ha regalato le parole che costituiscono i titoli di queste storie rendendole, di fatto, possibili. Grazie infinite!

Buona Lettura! ^^


Dopo settimane a letto, trascorse nell’immobilità quasi completa, con le gambe immobilizzate da bende e stecche, una mattina il dottor Woodward si avvicinò sorridendo al capezzale di James e gli annunciò che quel pomeriggio avrebbe finalmente potuto alzarsi per la prima volta.

Tobias esultò per la splendida notizia e per poco non si mise a saltare, tanto era l’entusiasmo che lo aveva pervaso dopo aver presenziato ai giorni di agonia dell’amico ed essere arrivato tanto vicino a perderlo.
James, invece, rimase molto scosso e si chiuse in sé stesso. La notizia lo rassicurava sulle sue possibilità di recupero ma, al contempo, era terrorizzato dal dolore che avrebbe potuto causargli il movimento e soprattutto dalla possibilità che le gambe non lo reggessero e che fossero talmente danneggiate da rendergli impossibile camminare di nuovo.
Non disse nulla, tuttavia, e tenne quei pensieri per sé per non turbare l’amico.

Quando poi arrivò il momento di alzarsi, fu grato di averlo al proprio fianco.
Senza dire una parola, Tobias si inginocchiò al suo capezzale e gli tese le braccia, lasciando che le afferrasse per sostenersi mentre faceva scivolare le gambe sul materasso e sedeva sul bordo del letto, come ormai era in grado di fare da qualche giorno.  
Una volta seduto, James fu sopraffatto dai capogiri ma l’amico lo soccorse immediatamente, sorreggendolo affinché non crollasse: “Non avere fretta, James. Fai con calma: abbiamo tutto il tempo che ti serve.”

Trascorse qualche minuto, poi i giramenti si attenuarono e James diede un cenno con il capo, indicando di essere pronto.
“Molto bene, tenente. Adesso alzatevi con calma, mi raccomando.”

I piedi nudi del giovane rimasero ben ancorati sul pavimento e le mani di Tobias, calde e forti sulle sue spalle, gli infusero il coraggio necessario a pesarsi su di essi e flettere i muscoli indeboliti.
Le ginocchia schioccarono sonoramente, scatenando una fitta di dolore, ma non volle arrendersi e raggiunse finalmente la posizione eretta.
Di nuovo si presentarono i capogiri ma, prima ancora che potesse preoccuparsi, sentì l’amico sorreggerlo ed aiutarlo a mantenersi in equilibrio.

Tobias sentì il cuore gonfiarsi di gioia al punto che avrebbe potuto scoppiare: “Ce l’hai fatta, James! Bravissimo! Ce l’hai fatta, hai visto?”
Sempre aggrappandosi a lui con una stretta ferrea per il timore di perdere l’equilibrio, aprì gli occhi e guardò in basso. Avrebbe voluto piangere, vedendo i suoi piedi pallidi spuntare da sotto la camicia da notte e poggiare sul pavimento.
Con il cuore in gola, tentò di alzarne uno e, a parte un lieve indolenzimento, si sorprese nel non provare dolore.
Senza quasi rendersene conto, con Tobias che gli teneva una mano e gli sosteneva la schiena con un braccio, James riuscì a compiere tre, piccoli, meravigliosi passi. I suoi nuovi primi passi.

Poi dovette fermarsi, sopraffatto dalla commozione per la stretta calorosa che ancora lo avvolgeva, e rivolgere lo sguardo lucido di lacrime verso il volto sorridente dell’ amico: “Grazie.” Sussurrò “Non ce l’avrei mai fatta, senza di te.”
“Sono fiero di te, amico mio.” rispose l'altro, con la voce rotta.
 
- The End -

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Capitolo 2
*** Perdita ***


Ecco un altro capitoletto nella ripresa del nostro amico.
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno letto questa raccolta e che l'hanno commentata, grazie dal profondo per la vostra partecipazione ^^

Buona Lettura ^^


Pallido e smagrito, con i capelli raccolti in una coda e le bende che ancora spuntavano dalla camicia da notte, James tremava leggermente tra le braccia dell’infermiere mentre vedeva Tobias allontanarsi lungo il corridoio.
Sembrava così naturale per lui camminare, lo faceva con una tale facilità!
Lui invece era ancora debole, inciampava spesso e un paio di volte era caduto, provocandosi un dolore tale da dover poi restare a letto per il resto della giornata.
Era più tranquillo, ora che aveva la certezza di non dover subire un’amputazione, ma comunque la distanza che lo separava dall’amico lo spaventava: tutti sembravano riconoscergli grandi risultati, eppure era il suo obiettivo era ancora lontanissimo.

“Quando volete, tenente.” Lo avvertì l’infermiere “Ricordate che il dottore vi ha detto di fare con calma. Non sforzatevi troppo e arrivate fin dove riuscite.”
Altham annuì, deciso a non mostrare quanto fosse spaventato in realtà, e appoggiò una mano sul muro per sorreggersi mentre si sforzava di stare in piedi da solo.

Tobias aspettava immobile, chiuso in un raccoglimento riflessivo mentre osservava i progressi dell’amico.
Ormai erano passate due settimane da quando aveva scoperto di poter ancora muovere le gambe e, a quell’enorme vittoria, ne erano seguite altre più piccole ma James non sarebbe soddisfatto finché non avesse dimostrato a sé stesso e agli altri di poter riprendere il servizio.

Mentre lo osservava progredire ostinatamente lungo il corridoio, sforzandosi di nascondere la fatica e la paura che sapeva stesse provando perché le leggeva nel suo sguardo e nella sua postura, Habencroft non riusciva a distogliere lo sguardo dalle bende che ancora gli avvolgevano gli arti.
Aveva visto le ferite terribili che vi erano nascoste, le aveva viste infiammate e sanguinanti, e aveva ancora nel cuore le grida di dolore dell’amico mentre le pulivano.
Rabbrividì ricordandolo mentre giaceva tremante nel suo letto, aggrappandosi alle coperte e piangendo per il dolore e per la febbre che lo stava consumando. Dovette sforzarsi di trattenere le lacrime pensando a quanto vicini fossero arrivati a perderlo per sempre.

James però non si era arreso: aveva continuato a lottare per la sua vita e la sua dignità.  
Anche in quel momento, mentre tremava e barcollava, malfermo sulle gambe come un puledro appena nato, James aveva negli occhi una volontà inamovibile, una forza intima e potente che lo spingeva a stringere i denti e andare avanti nonostante la paura, la fatica, ed il dolore che ancora tornava a farsi strada nelle sue ancora deboli ossa.
Aveva percorso una lunga strada dal momento in cui, straziato dall’agonia, lo aveva supplicato di aiutarlo a togliersi la vita e sembrava aver rielaborato quel momento in modo da trasformarlo in un proprio punto di forza, secondo quella resistenza che gli era propria. Da tanto fragile com’era diventato aveva saputo rialzarsi più forte e ritrovare il coraggio di riprendere in mano la propria vita.
Lo ammirava profondamente per questo.

Tobias si commosse fin quasi alle lacrime quando finalmente Altham arrivò da lui dopo aver percorso cinque metri, un nuovo traguardo, e gli si accasciò tra le braccia. Accompagnò l’amico a terra, inginocchiandosi sul pavimento accanto a lui e abbracciandolo forte, semplicemente grato del fatto di poterlo toccare, di sentirlo respirare.
Ansimante e pallido per lo sforzo, James appoggiò la fronte sulla sua spalla e si strinse a lui mentre realizzava, forse per la prima volta, cosa avesse rischiato di perdere oltre alla carriera in Marina.

Restarono per terra un lungo momento, stretti l’uno all’altro, prima di rialzarsi e riprendere a camminare.
Ancora una volta insieme.
 
-  The End -

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Capitolo 3
*** Rassegnazione ***


Mi scuso con i miei lettori per il ritardo nell'aggiornamento: non è stato intenzionale ma, a causa di svariati problemi al computer ed essendo in piena sessione estiva, non ho purtroppo potuto fare diversamente.
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno trovato il tempo di leggere e commentare queste piccole storie: ho apprezzato moltissimo la vostra partecipazione.

Buona Lettura ^^


Era ormai primavera quando il tenente James Altham venne finalmente dimesso dall’ospedale. 

Nelle ultime settimane, con il bel tempo gli era stato permesso di uscire a passeggiare in giardino ma quando uscì dall’ala dell’edificio in cui era stato ricoverato dovette comunque chiudere gli occhi perché la luce gli parve troppo forte.
I lunghi giorni di convalescenza lo avevano consumato: era tanto pallido che persino le ciglia risaltavano scure sul suo volto scavato dalla sofferenza, e gli stessi abiti che gli avvolgevano le membra qualche mese prima ora gli pendevano addosso come alghe da un relitto.
Nonostante fosse tanto provato, tuttavia, il giovane sorrise quando la brezza salmastra che proveniva dal mare gli sfiorò il viso, ed il suo sorriso contagiò l’immancabile Habencroft, in piedi al suo fianco. Vedere l’amico finalmente sereno dopo tanto dolore era per lui la gioia più grande. Forse avrebbe potuto dimenticare una volta per tutte la sua voce, spezzata e sofferente, che lo implorava di aiutarlo a togliersi la vita. Momenti di sconforto ne aveva avuti ma ora sembrava deciso a lasciarseli alle spalle.

“Ci avviamo, James? Miss Stephens avrà già apparecchiato a quest’ora. Non so tu ma io ho una fame!” lo spronò, dopo qualche minuto.
“Eh? Ah sì! Sì, andiamo.” L’idea di uscire finalmente da quell’edificio sembrava assurda ed ancora Altham faticava a crederci.

Seguendo l’amico verso il portone d’ingresso, James dovette soffocare una sfilza d’imprecazioni perché le grucce che gli avevano dato per sorreggersi ancora lo impacciavano. Si sentiva strano, con quei legni sotto le braccia, che lo costringevano a camminare lento e a prestare particolare attenzione a dove metteva i piedi. Si chiese come avrebbe fatto a portarle sul ponte della HMS Valiant, dov’era stato riconvocato come primo tenente, dato che William Smith, suo predecessore, era stato promosso comandante dopo la loro azione vittoriosa contro la USS Andromeda.
Aver conservato il suo incarico nonostante le gravi ferite lo rendeva orgoglioso ma doversi affidare a quegli affari demoniaci per reggersi in piedi lo imbarazzava molto, nonostante si fosse ormai rassegnato da tempo alla necessità di usarli: chiunque lo avrebbe riconosciuto come invalido ed avrebbe dovuto subire la pietà della gente comune, mentre i marinai lo avrebbero guardato con la compassione di chi aveva visto ferite simili e ne capisse la gravità. 
Si chiese come avrebbe potuto dimostrarsi un buon ufficiale nonostante l’evidente menomazione.
Quando ne aveva parlato a Tobias,  questi lo aveva rassicurato dolcemente, ricordandogli che il grande ammiraglio Nelson aveva perso un braccio ed era rimasto cieco da un occhio ma era diventato comunque un eroe nazionale ed aveva inflitto ai mangiarane delle sconfitte cocenti.

Quel ricordo lo portò ad alzare lo sguardo e ad incrociare quello dell’amico che gli sorrideva, fermo sul marciapiede appena fuori dalla porta, con la sua sacca da marinaio sulle spalle.
Gli venne spontaneo ricambiare il suo sorriso e raggiungerlo. Sapeva che Tobias non lo avrebbe mai giudicato per le sue insicurezze né avrebbe avuto pietà di lui: da che era rimasto ferito lo aveva sempre trattato come chiunque altro, nonostante le premure che il suo caso richiedeva, e sapeva che gli sarebbe rimasto accanto comunque, nel bene e nel male. Qualunque cosa fosse successa, non avrebbe dovuto affrontarla da solo.

Questa consapevolezza gli infuse nuova fiducia e rinvigorì la sua speranza.  
Il portone di legno si richiuse alle loro spalle, e i due si avviarono chiacchierando verso la locanda.
Le loro risate argentine si persero nella brezza, mescolandosi al vociferare della città ed alle grida dei gabbiani, che sembravano richiamarli verso il mare.
 
- The End -

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