the revenant

di Vincentpoe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** rinascita ***
Capitolo 2: *** eternità ***



Capitolo 1
*** rinascita ***


Rimanevano solo poche braci a illuminare la spiaggia, quella fredda mattina. Un po’ più a largo, una drakkar stava affondando, incastrata in uno scoglio, vi era una nave vichinga avvolta nelle fiamme e, negli oscuri flutti del mare, vi erano decine di corpi: corpi che andavano a fondo, corpi che venivano divorati dal fuoco, corpi incastrati nelle scogliere.
Un po’ più su della riva, appoggiato sulla scogliera, stava Bjorn, l’unico sopravvissuto di quel massacro, anche se non sarebbe vissuto ancora a lungo.
Era una delle innumerevoli invasioni che i Vichinghi facevano nell’Inghilterra, e tutte finivano con grandi razzie e un ricco bottino da portare a casa. Ma questa volta non andò così.
La flotta, capitanata da Torhmund, lo jarl, aveva cercato approdo lungo la costa inglese, spostandosi per oltre venti chilometri verso nord, su consiglio di Raghnar; fu lì che trovarono una piccola spiaggia, coronata da grossi e impervi scogli, un posto dimenticato, cui nessuno avrebbe fatto caso, i caso di un attacco da parte dei Sassoni, o almeno così credevano i Vichinghi.
Appena le navi si avvicinarono alla spiaggia, un nugolo di frecce infuocate piovve addosso alle drakkar, che si incendiarono. Un’imboscata! Ma come facevano a sapere dove sarebbero approdati?
I vichinghi risposero scagliando anche loro delle frecce, ma gli arcieri nemici si trovavano su un’ alta insenatura, dove le frecce vichinghe non potevano arrivare. Non restava che scendere dalle navi.
I rematori diedero forza ai remi, mentre i guerrieri si buttavano in mare per alleggerire la nave.
-Combattete compagni, il Valhalla è aperto solo a coloro che bagnano la propria spada con il sangue nemico- urlò Bjorn
Intanto dalla scogliera delle catapulte lanciarono pesanti palle di piombo, che si andarono ad abbattere sulle drakkar, spezzando gli alberi, rompendo i remi e uccidendo gli uomini.
Bjorn, siccome la sua nave stava per affondare,  si buttò in mare, sperando di arrivare alla riva: la pesante corazza e l’ascia bipenne,  lo trascinava affondo, e Bjorn se ne dovette liberare, restando solo con la spada, la corazza di cuoio e l’elmo, che era stato di suo padre, e che mai lo avrebbe lasciato. Con delle forti bracciate e con l’aiuto delle onde, riuscì ad arrivare sugli scogli, Le onde lo ricoprivano e le rocce dello scoglio gli graffiavano il viso e le mani,   ma Bjorn non si perse d’animo, e si arrampicò sopra lo scoglio; prese il suo piccolo scudo circolare che, essendo fatto di legno leggero, era riuscito a salvare; estrasse la spada e si unì insieme ai pochi sopravvissuti., formando un muro di scudi impenetrabile che le frecce non riuscivano a trapassare. Sarebbero presto riusciti ad arrivare sull’alta insenatura e ad abbattere gli arcieri, pensava Bjorn, ma le sue speranze crollarono quando, da uno stretto dietro gli scogli, reso nero dalle alghe, una cinquantina di cavalieri sassoni partì al galoppo, formando un cuneo e travolgendo sul fianco il battaglione vichingo. Il muro di scudi si ruppe, einiziò una battaglia per la sopravvivenza da parte dei vichinghi, che cercavano riparo dietro gli scudi dai fendenti dei cavelieri. Bjorn, sapendo che ormai era finita, invocò l’aiuto di Odino, di Thor, e di tutti gli dei, cosicché gli permettessero di andare nel Valhalla, e pensò, un’ultima volta a sua moglie Helga e alla sua piccola bambina, Wuuntral, dopo ciò si lanciò all’attacco della cavalleria.
Il combattimento durò a malapena cinque minuti, e alla fine Bjorn si ritrovo con una spada nella schiena e una decina di frecce nel torace. Cadde dalla scogliera , e si trascinò fino alla baia.
Tutto l'esercito era stato massacrato; le navi, loro unica speranza di salvezza, stavano prendendo fuoco, e si inabissavano lentamente tra i flutti del mare; i pochi sopravissuti venivano passati a fil di spada dai Britanni, e i cadaveri venivano lasciati in balia dei gabbiani.
Dopo mezz’ora dalla battaglia, quando la Morte e il silenzio piombarono sulla spiaggia, comparvero diverse figure sulla : Era il re del Wessex insieme al suo esercito e, accanto a lui, stava Raghnar, con un sorriso malizioso sul volto, e con una grossa croce d’oro intorno al collo.
Non era difficile intuire che cosa era successo, chi fosse in realtà il vero nemico, chi avesse mandato loro in una trappola; e Bjorn, furioso e morente, con il poco fiato che aveva in gola, disse:
-Traditore, schifoso bastardo traditore. Hai voltato le spalle agli dei, ai tuoi compagni, alla tua gente. Odino non perdonerà questo tradimento. Viòarr in persona scenderà da Asgard a reclamare la tua testa-.
Raghnar si avvicinò al corpo di Bjorn e li premette uno stivale sul petto; sputò e disse:
-i nostri Dei non hanno potere su questa terra, Bjorn, e io non ho certo intenzione di tornare dalla nostra gente; meglio vivere qui, come conte di un castello, con montagne d’ oro , di servitori, di donne pronte a scaldarmi il letto. Il Dio cristiano saprà ricompensarmi bene. Io vivrò bene su questa terra, mentre a te non resta che morire- detto questo, sputò sul corpo martoriato di Bjorn.
- Com'è possibile?-pensò Bjorn- i nostri padri ci avevano insegnato il valore in battaglia, il coraggio, e i nostri dei non ci avrebbero mai abbandonati. Il Dio dei cristiani non insegnava altro che la paura e la viltà nei confronti dei propri compagni; ma proprio quel Dio aveva corrotto Raghnar, con promesse di ricchezza che gli avevano annebbiato la mente. Perché gli Dei non avevano protetto loro? Perché non avevano impedito che il suo compagno fosse accecato dall’avidità? Perché non avevano impedito questo massacro?
Bjorn sapeva qual era la risposta: Era la stessa risposta che gli aveva dato Raghnar non si trovavano più nei freddi fiordi della loro terra, protetta da Thor e Odino, si trovavano in Inghilterra, la terra dei cristiani, e i loro Dei erano troppo lontani per proteggerli; e loro erano troppo lontano per ascendere nel Valhalla.
Gli Dei erano morti, e cosi gli uomini del nord, e questo ferì Bjorn ancor più delle frecce che gli si erano conficcate nel petto; la mano andò istintivamente sull’elmo, che era stato di suo padre, quasi per ricevere una qualche protezione, ma tutto ciò che toccò fu uno squarcio all’altezza della visiera, che si diramava su per tutto l’elmo, e Bjorn sentiva la vita scivolargli via, dopo quest’ultima beffa.
Dopo tanti anni, Bjorn pianse, emise un lamento disperato. Ricordava l’ultima volta che aveva pianto, era stato anni fa, quando lui era a malapena un bambino, quella volta che si ustionò la mano, toccando per sbaglio un calderone rovente, e suo padre lo sbeffeggiò, dicendo che il Valhalla non attendeva i bambini che strillavano per una scottatura, mentre sua madre gli medicò la mano, che era diventata rossa vermiglio, scherzando e consolandolo sul fatto che l’avrebbe reso più forte.
Pianse a non finire, per tutta la notte, e le sue lacrime si fusero con la pioggia e divennero rosse per il sangue quando dai flutti del mare per tutta la notte, comparve una figura luminosa, aggraziata; la figura di una giovane guerriera; una Valchiria.
Si avvicino a Bjorn e gli prese la mano con delicatezza. Bjorn pensava di non aver mai visto volto più grazioso; era più bella perfino di sua moglie, Helga. Bjorn non emise alcun suono, ma la Valchiria sembrò comprenderlo e lo consolò, con voce soave:
-non temere, coraggioso guerriero, raggiungerai il Valhalla insieme ai tuoi compagni, e festeggerete in eterno con gli Eroi e i guerrieri di tutti i tempi-.
Mentre diceva questo, tante luci comparvero in cielo, erano altre Valchirie, bellissime donne guerriere dai lunghi capelli rosso fuoco,  in groppa a splendide cavalcature: Grifoni, draghi, aquile e corvi. Si avvicinarono  ai cadaveri dei vichinghi, li presero fra le loro braccia, e li trasportarono verso a una luce, che era comparsa sul mare. In mezzo a quell’accecante bagliore, centinaia di volte più luminoso del sole, si stagliava Yggdrasil il grande albero Del Mondo, attraversato dal Ponte Arcobaleno. Alle sue radici si poteva scorgere il mondo infernale di Hel, salendo per il mondo dei giganti del gelo. Vicino ai suoi rami, si estendeva un lungo muraglione, sorvegliato da giganteschi uomini armati di argentee lance: I cancelli del Valhalla.
La Valchiria accolse tra le braccia Bjorn, il suo tocco era caldo e gentile, e sollevo anche lui, ma questi la fermò.
-No- rispose Bjorn.
La Valchiria, sorpresa, lo fissò per alcuni secondi; gli occhi color ambra incrociarono quegli azzurri, inferociti dal rancore, bagnati dalle lacrime e prossimi alla morte.
-ti supplico, mia signora, non bramo più il Valhalla, non mi interessa più essere un eroe, l’unica cosa che voglio adesso è la vendetta.
La Valchiria lo guardò, i suoi occhi parvero capire.
-nel tuo cuore non c’è più amore.- Rispose.- non c’è più  felicità o fama di gloria. In te arde solamente la sete di vendetta. Sei il primo guerriero che abbia mai incontrato a rinnegare il Valhalla, a desiderare il dolore e la morte al posto della gloria…. Così sia allora.
Dal corpo luminoso della valchiria, uscirono lunghe lingue d’ombra, che entrarono nelle ferite Bjorn, e percorsero tutto il suo corpo. Scavarono nei polmoni, nelle vene, nelle viscere, e nel suo cuore.
Bjorn sentì freddo, un freddo mortale, al cui confronto i gelidi laghi congelati, o le nevi perenni sulle montagne, sembravano un caldo tepore. Il sangue si gelò nelle vene, e il suo cuore smise di battere,,,, ma allora come faceva a essere vivo?
Si rialzò, e guardo le ferite provocateli dalle frecce: laddove avevano penetrato la carne, restavano delle cavita nere, buie come la notte. Bjorn si specchio nell’acqua del mare, e vide la sua pelle di un colore grigiastro, e livida, come quella di un cadavere  abbandonato alle selvagge onde del mare, i suoi capelli, un tempo biondi, bianchi come la neve, e i suoi occhi, un tempo azzurri, ora opachi, ma con una fiamma rossa che ardeva al centro dell’ iride: La fiamma della vendetta.
Guardò per l’ultima volta la Valchiria, ma quella era sparita, rimaneva solo un tenue calore, e un profumo di tempesta nell’aria. Tra le onde del mare, Bjorn pote udire la sua voce dire:
- Compi la tua vendetta, sii un emissario di Viòarr, sii la sua spada vendicatrice, risorta dalla Morte, per punire gli empi!-.
La voce si dissipò tra il rumore delle onde, e Bjorn rimase solo. Raccolse da terra l’elmo del padre, con una fenditura nella visiera, e se lo calcò in testa. Si incammino in silenzio, nell’entroterra, con la tempesta che ruggiva alle sue spalle.

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Capitolo 2
*** eternità ***


Nella sala del trono nel castello era stato indetto un sontuoso banchetto, per festeggiare la sconfitta dei Norreni: sulla tavola imbandita si poteva trovare la carne dei più pregiati pollami e ogni altro tipo di squisitezza dalle terre più lontane, e i bardi, giunti da ogni parte del paese, intonavano canzoni sul Re flagello dei pagani la sconfitta dei Norreni, e Raghnar, il traditore sedeva proprio a fianco del Re dell’Essex, vicino al trono; Al collo teneva il crocifisso d’oro, simbolo della sua fedeltà ai Sassoni, e la mano spesso li andava sulla scarsella, laddove teneva le monete d’oro, ricevute con il tradimento nei confronti del suo popolo. La sua mente gustava quelle che sarebbero state le sue future ricchezze, ora che era divenuto vassallo del Re dell’Essex, eppure, nonostante la vittoria, qualcosa lo turbava; ogni volta che chiudeva gli occhi, rivedeva lo sguardo colmo di rancore di Bjorn, poco prima che spirasse, trafitto dalle frecce inglesi.
Decise di scacciare quei pensieri cupi, in quella notte di festa. Mangiò dalla tavola del re, bevve fiumi di vino,  e alle volte il suo sguardo ricadeva sulle serve che passavano fra i tavoli. Ora che era visto come un eroe avrebbe potuto comprarsi tutto ciò che desiderava con l’oro, terre, castelli, servitù pronta ad obbedire ad ogni suo singolo capriccio, avrebbe sposato una nobildonna sassone, e avrebbe generato una stirpe di conquistatori, che sarebbe tornata a Nord, e avrebbe reso le terre dei norreni sotto il potere della Britannia, e lui ne sarebbe stato il sovrano indiscusso; “Jarl Raghnar”, già si immaginava con lo scettro in una mano, la corona in testa e la croce nell’altra mano, simbolo di un nuovo ordine che perdonava chiunque passasse dalla sua parte, e schiacciava come insetti i ribelli .E mentre fantasticava sul suo futuro non si accorse, ne lui, ne tutta la coorte che il tempo fuori era cambiato. Nubi di tempesta provenivano dal mare, e l’oscurità della notte veniva illuminata per pochi secondi da lampi, che sparivano, e subito lasciavano il posto ad un cupo brontolio. Furono le guardie sulle mura ad accorgersi che qualcosa, nell’ambiente era cambiato: la squadra di ricerca, che aveva il compito di stanare eventuali norreni, fuggiti sulla costa, sarebbe dovuta tornare già da un paio d’ore, ma il comandante della guarnigione liquidò la cosa, giustificando il loro ritardo come una conseguenza del maltempo che si stava avvicinando, eppure una strana sensazione contagiava i soldati sulle mura, come un brivido sulla schiena, che preannunciava un’incomparabile sventura.
E la sventura, presto, si abbatte su di loro.



I cani erano irrequieti ed aggressivi, ringhiavano al cielo, le bestie da pascolo si erano raggruppate tutte in un solo punto, i cavalli scalpitavano e divennero ingovernabili, tanto che fu necessario sprangare le stalle, per evitare che scappassero, il vento si era alzato, e tempestava le mura del castello, fischiava attraverso le finestre, e portò una pioggia pesante sulla fortezza. Fu una giovane guardia sulle mura che vide qualcosa, come un’ombra, che camminava nella brughiera devastata dalla tempesta. Si sentì un nitrito, e videro un cavallo inglese giungere al galoppo al portone, con un cavaliere che reggeva lo stendardo del re dell’ Essex. Venne informato il comandante della guarnigione, al caldo nella caserma, del cavaliere con i colori dei sassoni “sicuramente un messaggero dagli esploratori, che giustifica questo ritardo” pensò il comandante, sollevato per l’evolversi degli eventi. Egli liquidò la guardia, dando ordine di aprire il portone, non volendo uscire lui stesso sotto quella tempesta, e la guardia fece aprire il portone, non preoccupandosi neppure di chiedere al messaggero chi fosse. Quest’ultimo  venne fatto entrare nel castello, ma non parlava ne rispondeva alle domande dei propri compagni, restava seduto, immobile sul cavallo, con il capo chino. chiese la guardia sul portone, ma non ottenne risposta dal cavaliere. Tutti erano impegnati a guardare il loro compagno, ansiosi di ricevere risposte, e nessuno si accorse che un’ombra nera si era formata in cielo, coperta dalle nuvole, che lentamente scendeva verso il castello La guardia mandata dal comandante, esasperata, diede uno strattone al braccio del cavaliere.
Appena venne strattonata, il cavaliere cadde al suolo, e tutti capirono perché non rispondeva alle loro domande: entrambi gli occhi li erano stati cavati, le orecchie  tagliate, probabilmente quando era ancora vivo, la gola era stata tagliata, e il cadavere si reggeva sul cavallo solo perché era stato impalato con lo stendardo, e quest’ultimo era stato fissato alla sella. La guardia, pietrificata da ciò che aveva appena visto, non ebbe il tempo di dare l’allarme che la nube oscura si abbatté sul castello.
 Erano corvi. Centinaia, migliaia di corvi assaltarono le mura, aggredirono le guardie graffiando, beccando, e scatenando un putiferio, diverse sentinelle caddero dalle mura, al suolo, morendo sul colpo, quella che prima era pioggia divenne una grandine pesante, che accecava e rendeva impossibile potersi muovere all’aperto. Il comandante sentì questo trambusto ed uscì dalla caserma a controllare. Varcata la soglia venne aggredito dai corvi, che con il becco cercavano di cavarli gli occhi, con fatica cercò di raggiungere le mura, dalla giovane guardia, che urlava aggredita dai corvi ed accecata dalla grandine. Non fece in tempo a chiederle cosa stesse succedendo, che un fulmine colpì in pieno la guardia, folgorandola sul posto. Decine di fulmini iniziarono a piovere dal cielo, folgorando le persone e bruciando le case. Il Generale cercò riparo sulle mura e, una volta rintanatosi in uno dei bastioni con alcuni dei suoi uomini, si ritrovò faccia a faccia con al sua morte. Da fuori, sulle mura, una oscura figura si avvicinava, con un elmo vichingo calato in testa, la spada e la scure strette nelle mani.
-Un norreno- urlò il generale -è lui la causa di questo. Dio ci punisce per non averli ammazzati tutti nella baia, uccidetelo- Ordinò ai suoi uomini. Essi, intimoriti dalla figura che velocemente si avvicinava a loro, presero comunque in mano le loro spade e lo caricarono. Volarono fendenti e affondi, ma nessuno sembrava colpire il guerriero, che si muoveva con velocità sovraumana. Presto le guardie caddero sotto i fendenti del guerriero nordico, e rimase solamente il generale, che terrorizzato, cadde in ginocchio e chiese pietà. Il guerriero per tutta risposta lo prese per il collo, e lo scaravento giù dal bastione.i corvi, videro un succulento pasto cadere dagli spalti e si piombarono su di lui in centinaia, tanto che il generale smise per qualche secondo di cadere, tenuto a mezz’aria dalla massa nera e piumata che lo aveva avvolto. Alla fine ciò che i corvi lasciarono cadere furono solo la sua armatura, ed il suo scheletro spolpato.
-La Morte non ha alcuna pietà- replicò Bjorn.



La gente all’interno del castello si rifugiò nella chiesa, e il prete, con le mani giunte in preghiera, inginocchiato di fronte la grande croce di legno, implorava perdono. Le ombre si avvicinarono alle vetrate e spiarono all’interno della chiesa, un forte vento spalancò le porte e un’oscurità tangibile vi entrò, risucchiando i cittadini, si diresse verso l’altare, e con un fendente tagliò a meta la croce, il simbolo del tradimento. Nella chiesa non rimase più nessuno, se non il silenzio di una falsa divinità che elargiva perdono in cambio dell’oro.
Nella coorte si era intanto scatenato il panico: La gente veniva spinta, buttata a terra, pestata; tutti si accalcavano verso il portone, per guadagnarsi una possibilità di fuga da quella che sarebbe diventata, a tutti gli effetti, la loro tomba.
Le lanterne si spensero di colpo, e presenti sentirono qualcosa avvicinarsi molto velocemente dal corridoio: i sopravvissuti al massacro avvenuto all’esterno corsero dentro il castello, chi ricoperto di sangue altrui, chi cercava di trattenersi le viscere con le mani, chi aveva perduto il lume della ragione e correva senza alcuna metà, come un animale in trappola, e ad inseguirli c’era un’ombra, che piombò dentro il salone e continuò il massacro dell’esterno. Arti vennero tranciati da lame di ombra, e una spada spettrale ripetutamente affondava nelle carni dei Sassoni. Uno ad uno, tutte le persone dentro al castello furono massacrate, tutte complici del tradimento di Raghnar; l’unica creatura che forse Bjorn non uccise fu il figlio nato da poco del Re, che venne avvolto dalle ombre e portato nel regno degli Inferi, per servire alla corte di Hela come schiavo.
Uno degli ultimi a cadere fu il Re, che con le mani chiuse in preghiera cercava di corrompere lo spirito vendicatore con argenti e titoli, arrivò persino a cedere la sua stessa moglie allo spirito, pur di ottenere salva la vita; l’unica risposta che ottenne fu un fendente che gli spaccò in due la corona e la testa, fino a giungere ai lombi.



Mancava solo un’ultima persona da uccidere. Un traditore
Raghnar si era nascosto non appena il massacro aveva avuto inizio, conscio che non fosse un nemico terreno, ma qualcosa di molto più terribile di un esercito di guerrieri; si mise la corazza a piastre migliore che riuscì a trovare nelle stanze del Re,  verso dell’acqua santa sulle sue due spade norrene e si fece avanti, contro Bjorn; sebbene fosse stato un traditore in  vita, era pur sempre un vichingo, e sapeva che il suo nemico non si sarebbe fatto corrompere. L’unico modo per fermarlo era uccidere il Revenant.
I due vichinghi si scrutarono come due lupi pronti ad attaccare, nel salone tinto di sangue.
-sei venuto qui a morire un’altra volta?-  chiese Raghnar con scherno
-sono venuto qui a prendere la tua vita!- rispose Bjorn, e l’ultimo combattimento ebbe inizio.
Raghnar non era un Sassone, ma un guerriero vichingo tra i più capaci, cresciuto nelle asperità delle montagne del Nord, e si dimostrò in grado di tenere testa a Bjorn. Le spade cozzavano e l loro stridore si udì per tutto il castello disabitato. Lì in Britannia il potere del Dio cristiano era forte, tanto da rivaleggiare con quello di Odino, e le armi di Raghnar sembravano tener testa a quelle di Bjorn: L’armatura del traditore era di un acciaio di qualità superba, con una grossa croce sulla pettorina, che sembrava quasi proteggerlo dai colpi di Bjorn, mentre la spada impregna di acqua santa sembrava tagliare persino l’oscurità che avvolgeva il Revenant e che sarebbe stato capace di ucciderlo, probabilmente
Bjorn tentò più volte un assalto su Raghnar, ma questi rispondeva con grinta, mentre quest’ultimo combatteva come un animale feroce, e i suoi attacchi si facevano sempre più vicini .  all’ultimo, una finta di Raghnar ed un successivo fendente aprirono uno squarcio sul torace di Bjorn, e l’acqua benedetta ebbe come l’effetto di un potente acido, facendo fare al Revenant un ruggito di dolore. Egli si accasciò e divenne vittima dei colpi di Raghnar, minati non ad ucciderlo, ma a farlo soffrire ancora di più.
Bjorn chiuse gli occhi e ripensò alla Valchiria sulla spiaggia, ai suoi compagni morti che adesso festeggiavano nel Valhalla, a sua moglie e a suo figlio, che non avrebbe più rivisto, e un nuovo furore cominciò a scorrere nelle sue vene; la terra tremo, stravolta dall'aura mistica del guerriero. Bjorn  smise di attaccare direttamente Raghnar, ma iniziò a schivare i suoi attacchi, portando l’avversario allo  sfinimento; con la sua forza sovrumana prese il grande tavolo al centro del salone, e lo lanciò contro il guerriero, che venne travolto. Poi Bjorn prese con i suoi tentacoli di oscurità i grandi bracieri appesi alle pareti e li rovesciò addosso a Raghnar prono, che iniziò a bruciare; l’armatura poteva proteggerlo dagli attacchi sovrannaturali di Bjorn, ma si comportava come il normale metallo nei confronti del fuoco, diventando incandescente, Raghnar urlo’ di dolore, mentre le sue vesti prendevano fuoco, e le braci gli ustionavano le carni; iniziò a rotolare per spegnere le fiamme, e nel farlo appiccò il fuoco agli stendardi del sovrano, ed in poco tempo il salone cominciò a bruciare.
Il vichingo traditore si tolse l’elmo, e subito Bjorn gli fu addosso, tempestandolo di colpi sul volto, fracassandogli il naso e rompendogli tutti i denti. Sfogò tutta la sua ira, lasciando il volto di Raghnar tumefatto. Ora era alla sua merce’, ma ciononostante la vendetta risultava amara per Bjorn, che si accorse di non essere solo con Raghnar, nel salone: si sentiva, su di sé, lo sguardo di un essere sovrannaturale, e poteva intravedere con la coda dell’occhio una figura cornuta osservarlo e ridersela.
-Loki…-  borbottò Bjorn, anche se in quella terra, quella divinità caprina era conosciuta con un altro nome. Anche Raghnar si accorse della sua presenza,  e sapeva che quella divinità era dalla sua parte, e se la rise, schernendo Bjorn
-cosa speri di ottenere con le tue azioni?> disse Raghnar <è questo il futuro che attende gli uomini, un futuro di traditori, di sangue e  di cupidigia, comandato da un grande Dio che perdona i torti per l’oro e le preghiere, mentre intanto un ingannatore prospera nell’ombra insieme ai suoi figli!. Io sono solo uno dei tanti! Ci sarà sempre un uomo come me che  tradirà i propri fratelli per il male!-



Mentre il castello bruciava, Bjorn alzò lo sguardo alle balconate, e vide una figura famigliare venirgli incontro. La Valchiria era venuta a prendere l’anima del Revenant, che aveva concluso il suo compito. I loro sguardi si incrociarono, e la Valchiria capì cosa stava per chiedere, per l’ultima volta il guerriero. Stupita dalla sua volontà, fece un cenno di assenso.
-Hai ragione, ci sarà sempre un uomo come te, ma ci sarà sempre un uomo come che ripagherà i torti perpetrati- rispose Bjorn, e si voltò, lasciando Raghnar in pasto alle fiamme.
Bjorn lasciò cadere la spada e l’elmo, che non servivano più e mentre le due divinità si guardavano con fare di sfida, egli ripensò agli occhi i sua moglie, che non avrebbe più rivisto, a suo figlio, che non avrebbe mai potuto veder crescere, ma lo stesso era sereno venne avvolto da una fosca ma delicata coltre di oscurità che lo trasfigurò in una nuova forma. Non fu un uomo a lasciare il castello in fiamme, ma un corvo, che volò nelle fosche tenebre notturne, e attraversò i secoli, giungendo da un nobile che aveva visto la propria famiglia uccisa da un vampiro, poi dopo aver versato altro sangue egli volò ancora attraverso lo spazio ed il tempo,  verso un corsaro che era stato venduto agli spagnoli, poi da un Moicano, ultimo della sua tribù, per vendicare il suo popolo, e volò ancora,e ancora, fino a quando ci sarebbe stato un uomo desideroso di vendetta, sarebbe passato e avrebbe donato nuova vita e poteri sovrannaturali, per ottenere giustizia, chiudere un ciclo, e ricominciarne un altro.

 per l’eternità. 

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