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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima- L'inizio ***
Capitolo 2: *** Parte seconda- Dove sei? ***
Capitolo 3: *** Parte terza- Giorni lontani ***
Capitolo 4: *** Parte quarta- Nel baratro ***
Capitolo 5: *** Parte quinta- Sotto l'ombrello ***
Capitolo 6: *** Parte sesta- Grief ***
Capitolo 7: *** Parte settima- Mappa ***
Capitolo 8: *** Parte ottava- Il laboratorio ***
Capitolo 1 *** Parte prima- L'inizio ***
Se
dovessi disegnare il volto dell'Amore, disegnerei il tuo.
Parte
prima- L'inizio.
Disegnare
era il suo passatempo preferito. Appena aveva a disposizione anche
solo pochi minuti per dar vita a qualche sua ispirazione, ne
approfittava. Sul suo stile c'era poco da dire, semplice ma
d'impatto, tanto che spesso le veniva chiesto se avesse studiato
presso qualche accademia artistica; tuttavia, dopo i primi
complimenti sul suo talento che, a detta dei più, sarebbe
stato
molto più utile altrove piuttosto che tra le pagine di un
quaderno
sgualcito, seguivano frasi che la innervosivano parecchio.
All'ennesimo
“ sei così giovane e bella”, che di per
sé apprezzava e
interiormente la faceva sorridere e pensare che dopotutto quei suoi
lineamenti non erano così sgradevoli, comprese che le
persone non
riuscivano a guardare al di là di quello che lei
rappresentava su
quei fogli.
Si
limitavano tutti a storcere il naso, qualcuno addirittura pensava
fosse devota a qualche setta dell'occulto. Semplicemente ridicolo.
Non si capacitava del fatto che le persone etichettassero quei suoi
schizzi come disegni “brutti”. Certo, non disegnava
unicorni,
folletti, paesaggi incantati o coppiette sdolcinate
– perché
avrebbe dovuto farlo? - però trovava i suoi
disegni affascinanti
per quello che sapevano comunicare, anche se il significato lo capiva
solo lei.
Al
diavolo quello che pensano gli altri.
Non
che avesse mai mostrato di sua volontà quello che disegnava,
per lo
più la gente la osservava e, incuriosita da quello sguardo
così
concentrato e quella mano che non si fermava un attimo e tracciava
righe su righe, non poteva fare a meno di sbirciare e criticare,
pensando che una ragazza così giovane e bella non potesse
disegnare
cose tanto tristi e inquietanti. Essere capiti, però, non
doveva
essere niente male.
Il
giorno in cui tutto ebbe inizio, fu anche la prima volta in cui venne
compresa. Un passeggero del Super Espresso sul quale lei
stava
viaggiando per raggiungere i suoi amici, riconobbe ciò che
tanto le
stava a cuore comunicare. L'uomo era alto, molto magro, dal viso
buono e gentile, con una piccola cicatrice a forma di mezza luna sul
mento. Eppure c'era qualcosa di fin troppo buono in quello sguardo, e
la ragazza lo avrebbe percepito, probabilmente non gli avrebbe
nemmeno rivolto la parola se non fosse stata troppo concentrata sui
suoi disegni. Non lo sentì neppure quando le
domandò se il posto
accanto a lei fosse occupato. Non ricevendo risposta, l'uomo si
sedette e la fissò.
Solo
dopo tre, quattro minuti circa, lei si accorse di una presenza
accanto a sé. Imbarazzata per la mancata educazione
– sicuramente
le aveva chiesto educatamente se potesse sedersi accanto a lei -
accennò un sorrisino, le guance le si colorirono di rosso e,
guardandolo negli occhi e provando una sensazione strana, quasi un
nodo allo stomaco, distaccò lo sguardo, scusandosi.
“
Non
si preoccupi, signorina.” I suoi occhi caddero sul quaderno.
“Noto
che è impegnata, mi spiace averle creato disturbo sedendomi
qui
accanto a lei.”
“
Sono
io che mi devo scusare, ero talmente immersa nei miei disegni da non
essermi nemmeno accorta della sua presenza!” Portò
una mano dietro
la testa, come era solita fare quando era imbarazzata. “Mi
dia pure
del tu, sono giovane.”
Guardandolo
di nuovo negli occhi, provò ancora quella specie di stretta
allo
stomaco. Che significa?
“Lasciatelo
dire, disegni benissimo! Ho dato una sbirciatina al tuo lavoro,
sì...
Non avrei dovuto? Ah ah, scusa, non volevo essere invadente.”
Sistemandosi il bavero della giacca aggiunse: “Oltre allo
stile,
riconosco qualcosa di molto intimo e profondo... tu vuoi comunicare
qualcosa, non è vero? Sì, deve essere
così! E fai benissimo! Non è
facile esprimere i propri sentimenti, trovare un canale di
comunicazione con il mondo fa bene all'anima. Carissima, ti spiace
mostrarmi un disegno completo?”
Non
sapeva cosa rispondere. Per la prima volta, uno sconosciuto aveva
capito. Sì, un uomo mai visto prima, dando una sbirciata al
suo
lavoro, aveva capito. Era gratificante. Senza
rendersene
conto, sorrise. È solo un disegno, cosa
c'è di male?
Sfogliando
le pagine del suo quaderno, un semplice quaderno nero un po'
sgualcito, cercò un disegno “innocente”
da mostrargli.
Il
cuore mancò un battito.
Ma
questo cos'è?
Era
sicura di aver lasciato quella pagina bianca. Sicurissima.
Notò, a
conferma dei suoi pensieri, un piccolo segno rosso a matita
sull'angolo del foglio. Lo aveva lasciato volutamente bianco per un
bel progetto e, per ricordarselo, aveva macchiato di rosso l'angolo
del foglio. Solo che non era più bianco come lo aveva
lasciato.
Non
c'erano molti dubbi sui soggetti... Si trattavano indubbiamente di
lei e l'uomo che poco prima le si era seduto accanto.
L'uomo
non sorrideva più, un ghigno malvagio copriva il suo volto,
piccole
macchie rosse ornavano
la sua bella ed elegante giacca di tweed. Accanto a lui, la ragazza,
lei,
era... Trattenne
a stento un urlo.
Queste
cose non succedono nella vita reale! Dandosi
un piccolo schiaffo sulla guancia si ridestò,
tornò a osservare il
foglio e... Il disegno era lì, reale.
Come se fosse stata lei
a disegnarlo. Riconobbe i tratti della sua matita e il suo
inconfondibile stile. Tuttavia, a differenza degli altri suoi lavori,
mancava un elemento che mai e poi mai avrebbe tralasciato: la firma.
Era come se il disegno non fosse completo... Questo
ne avrebbe spiegato l'assenza. Eppure non era convinta di quello che
i suoi occhi stavano osservando.
-Signorina,
tutto bene?- domandò l'uomo con una voce fin troppo
stucchevole.
Tutto
ciò non è reale. Voltandomi verso di lui
sarà tutto come prima,
no?
Due
enormi occhi iniettati di sangue la stavano fissando
con
ferocia. Si sentì invadere da un terrore puro, come non
provava da
anni ormai... Quello sguardo così penetrante e intimidatorio
avrebbe
potuto mandarla al manicomio. Sembrava leggerle dentro,
nel
suo io più profondo, dove nessuno
ha il diritto di
curiosare. Avrebbe potuto usare la sua unicità, le
sue Fiamme
del Drago,ma si sentì
come violata, denudata,
impotente.
Sentiva
il suo fiato sul collo, emanava malvagità da tutti i pori.
Come
aveva potuto essere stata così ingenua? Fin dal primo
momento in cui
aveva incrociato il suo sguardo, si era sentita pervadere da una
strana sensazione. Se solo non fosse stata concentrata sul suo
maledetto disegno...
Vuole
davvero me? Perché?
Tanti
erano i pensieri che vagavano nella sua mente... Non aveva
più il
coraggio di guardarlo negli occhi.
Osservò
il disegno. Poteva sembrare identico a quello visto poco prima, se
non per un particolare.
Nel
disegno, compariva la schermata a colori del treno a super
velocità
che annunciava l'ora e la fermata successiva. Ore 14.38. E in un
rosso scarlatto -sangue?- sulla parete adiacente,
campeggiava
questa scritta: “ COUNTDOWN...
YOU'RE FUCKED “
Che
cazzo significa? Quello è... Sangue? Il mio sangue?!
Appurò con ormai
sempre
meno crescente sorpresa, quasi rassegnazione, che quella scritta era
reale... Reale come il terrore che provava e la ferocia che emanava
l'uomo accanto a lei. Si agitò quando vide che il treno era
vuoto.
I
passeggeri... Dove sono? Non ero sola su questo treno... Ricordo una
famiglia poco più avanti, un gruppo di ragazzi qualche fila
dietro
la mia... Tutti scomparsi? COSA CAZZO SIGNIFICA TUTTO QUESTO?E poi
con tutti i posti liberi su questo treno, perché proprio
accanto a
me?
“Molto semplice. Sei
fottuta. Il Super Espresso ha una nuova fermata.” Lo
guardò,
inorridita. Schiumava dalla bocca, la quale era troppo grande per
essere quella di un essere umano...
In un attimo di
lucidità
notò una piccola cicatrice sotto il mento, ricordava una
mezza luna.
È
un dettaglio da poco, però devo pur aggrapparmi a
qualcosa...!
Dalla bocca dell'uomo
uscì un grido rabbioso e profondo. Collerico. Malvagio. E un
po'
beffardo.
Una mano le si
avvicinò
al volto.
Katsuki...
Poi, il buio.
Angolo
dell'autrice
Ciao
a tutti! Sono nuova nel fandom, questa è la mia prima
fanfiction.
Spero
che il mio personaggio vi piaccia (e che possa piacervi anche la
storia, of course!)e
che
apprezziate questa ship. Ho in mente progetti futuri, sempre con
protagonista
Bakugou,
il mio personaggio preferito di My Hero Academia.
Sarei
felice di sapere che cosa ne pensate! (:
Buona
lettura!
xoxo
Black_Spark
|
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Capitolo 2 *** Parte seconda- Dove sei? ***
Tu
adori la cannella, a me non piace per niente.
Però
se fossero le tue labbra ad avere quel sapore... Potrei anche amarla,
la cannella.
Parte
seconda- Dove sei?
Faceva
caldo, molto caldo, fin
troppo per essere aprile. I meteorologi già
parlavano di caldo record, ottimo per chi non lo poteva soffrire.
Le
persone affollavano parchi, strade, gelaterie. Nonostante il caldo,
sarebbe stato un peccato perdersi l'occasione di stare all'aria
aperta, in una giornata così luminosa. Diverse settimane
prima, il
paese era stato colpito da forti piogge che avevano messo in
ginocchio i contadini più poveri, i quali basavano
esclusivamente la
loro attività su piccoli appezzamenti di terreno. Quel caldo
era,
sicuramente per loro, una manna dal cielo. Avrebbero potuto dedicarsi
ai campi con maggiore impegno e far fronte alle perdite avute nelle
lunghe settimane in cui il cielo non smise un attimo di piangere.
Lacrime benedette o maledette? Dipende dai punti di vista.
Tra
le tante persone che affollavano le strade, un gruppo di bambini
notò
i tanto chiacchierati futuri eroi del momento: gli studenti del primo
anno, sezione A, della UA! Dopo il festival sportivo, potevano
considerarsi delle piccole celebrità. In particolare Bakugou
Katsuki, il vincitore del festival, noto al pubblico – e i
suoi
compagni possono ben confermarlo – per il suo carattere non
proprio
amichevole, e Todoroki Shoto, il figlio dell'eroe numero due,
Endeavor. Il loro incontro non era stato all'altezza delle
aspettative. Todoroki non aveva combattuto con quell'ardore che aveva
caratterizzato il suo scontro con Midoriya Izuku, Deku, e
ciò fece
imbestialire Bakugou. Voleva uno scontro alla pari, non voleva essere
sottovalutato e guardato dall'alto in basso. Todoroki portava un peso
troppo grande sulle spalle e non era riuscito a dare il massimo.
Bakugou si sforzava ben poco di capire, anche se, a dirla tutta,
sentire il racconto del compagno sul suo passato lo aveva fatto
riflettere non poco sulla sua situazione familiare. Shoto avrebbe
voluto combattere come si deve ma era incatenato al suo fardello.
Comprendeva
la rabbia di Bakugou, non gliene fece una colpa e giurò a se
stesso
di sfidarlo come si deve, un giorno.
Con
Midoriya lo scontro era stato di tutt'altro tipo. Lui lo aveva fatto
riflettere sul suo potere. Già, il suo
potere.
Ma la strada da fare era ancora molta.
Vide
una giovane donna che gli ricordò la madre. Sorrise. L'aveva
incontrata all'ospedale giorni prima, dopo anni di assenza. Temeva di
farle del male. Ma vedere la madre e, soprattutto, gestire il suo
potere, accettare la
parte di sé legata al padre era fondamentale per poter
diventare un
eroe.
“Mamma,
ci sono gli studenti della UA, quelli del primo anno! Guarda,
c'è
anche il vincitore, Bakugou!” Urlò un ragazzino,
strattonando la
gonna della madre.
“Vincitore
un cazzo! Come posso accettare di aver vinto uno scontro dove nemmeno
ho combattuto, eh, bastardo a metà?”
“Mi
dispiace, ci sarà un prossimo scontro e in quel caso
combatterò
come si deve.”
“Bastardo
che non sei altro!”
“Bakugou
è sempre il solito” disse Uraraka, mentre beveva
il suo frappè al
cioccolato. “Deve farsi riconoscere ovunque!”
“Ah
ah, Bakugou, dai sempre in escandescenze.”
“Testa
a punta, taci!” Urlò di rimando a Kirishima.
“Ho
un nome, te lo ricordo!”
Che
ci faccio con questi idioti! Maledetto Kirishima, se avessi saputo di
incontrare il nerd di merda, il bastardo a metà e la testa
tonda, me
ne sarei rimasto a casa!
Che
Bakugou andasse d'accordo con qualcuno era strano. Aveva legato
abbastanza con Kirishima, quanto meno non lo considerava una spina
nel fianco come pensava di altri, e poi c'era la bellissima Nakano
Touka... secondo Iida, rappresentante di classe della prima A, quei
due non la raccontavano giusta. Erano dello stesso parere anche altri
membri della classe, però non erano mai riusciti a scoprire
la
verità. Notavano degli sguardi di intesa tra loro due o la
faccia da
pesce lesso di lui quando la guardava... però non c'era
nulla di
certo. Solo supposizioni su un'ipotetica storia d'amore tra la bella
della classe e il ragazzo più... improbabile tra tutti? Ti
ci
metti pure tu a rompermi i coglioni? Merdosa! Non volevo nemmeno
uscire con questi qua! ( Kacchan,
sta buono che siamo solo all'inizio. B_S)
“Ragazzi,
che fine ha fatto Nakano?” Interruppe Kirishima.
“È
molto in ritardo, in effetti non è da lei.” Disse
Uraraka.
“Bakugou,
tu sai qualcosa?”
“Perché
chiedi a me, bastardo a metà?”
Ovvio
che chiedesse a lui. Cercò di non darlo a vedere, ma era
preoccupato
per l'assenza di Nakano, soprattutto perché, cercandola al
cellulare, il telefono non dava nessun segnale.
C'erano
delle voci in classi su loro due, e dovette ammettere che i compagni
ci avevano visto giusto. Lui era innamorato di lei.
Quella
parola gli faceva quasi senso. Di Bakugou Katsuki si potevano dire
tante cose, non certo che fosse un fanatico dell'amore! Eppure...
quella ragazza lo aveva travolto. Non era solo attrazione fisica, era
qualcosa di più profondo e non certo superficiale.
Che
fosse una bellissima ragazza lo poteva dire chiunque. Capelli rossi,
lunghi quasi fino alla vita, due occhi verdi che ti stregano, qualche
accenno di lentiggini e... degli attributi niente male. Bakugou la
fissava spesso in classe, visto che lei era seduta più
avanti
rispetto a lui e si trovava nella fila adiacente alle finestre. Lui,
dall'ultimo posto della fila adiacente alla porta, la fissava. La
fissava e pensava a quanto fosse bellissima e a quanto fosse
speciale. A quanto avrebbe voluto baciarla, abbracciarla, renderla
sua...
Ricordò
di essere stato lui a fare il primo passo. In classe parlavano
abbastanza – dovette ammette, suo malgrado- che Kirishima
giocò un
ruolo fondamentale. Se c'era un membro della classe a essere sicuro
dei sentimenti di quei due, era proprio Kirishima, l'amico di
Bakugou, che ovviamente non l'avrebbe mai tradito e
taceva
quello che sapeva.
Uscivano
spesso in compagnia. Bakugou, Nakano, Kirishima e Kaminari si
divertivano un mondo insieme. Sebbene la pessima tendenza di Bakugou
ad andare in escandescenze per un nonnulla, in presenza di Nakano era
leggermente più tranquillo del solito. La differenza era
così
sottile che solo chi lo conosceva davvero bene poteva notarlo.
Andavano
insieme ai concerti, passeggiavano in riva alla spiaggia, andavano al
parco divertimenti... insomma, cose da ragazzi. Solo che all'ennesima
uscita di gruppo, Bakugou decise che era il momento di stare solo con
Nakano per poterla conoscere meglio. Uscendo in compagnia aveva
scoperto la sua passione per il disegno e, sebbene non ne avesse mai
visto uno, sospettava, dall'impegno e dall'importanza che ci dava,
che fosse davvero bravissima. Avrebbe voluto vedere i suoi disegni ma
non si era mai permesso di domandarglielo. Al contrario, Kaminari e
Kirishima glielo chiedevano in continuazione. Lei rideva di gusto ma
negava sempre. Ascoltando la sua risata, pensò che non ci
fosse
niente di più dolce del sentire quella voce chiamarlo per
nome.
Katsuki.
Lo
chiamò così la prima volta che uscirono da soli
insieme. Lei se ne
vergognò tantissimo, e, come era solita fare quando era in
imbarazzo, si portò una mano dietro la testa, goffamente.
“Scusami
tanto per la troppa confidenza” disse “ solo che
con te... non
so... mi sento a mio agio, sai? Chiamarti per nome è stato
molto
naturale.”
“Puoi
chiamarmi Katsuki.” Disse lui, guardandosi le scarpe, per
impedire
che lei notasse il lieve rossore sulle sue guance. “E quando
verrà
naturale anche a me, ti chiamerò Touka, intesi?”
“Sì...”
si alzò in piedi, dandogli la schiena. Erano in spiaggia,
seduti sul
bagnasciuga. Ed era pieno inverno.
“Mi
piace tanto il mare in inverno, lo trovo così affascinante e
malinconico... ha una forza tutta sua, non trovi? Secondo me
è
diverso rispetto alla stagione estiva.”
Non
la stava ascoltando molto. Era perso ad osservare i suoi capelli
leggiadri cullati dal vento.
Pensava
che invitarla ad uscire fosse una cosa da ragazzi. Dovette ammettere
a se stesso di essere stato molto in imbarazzo... ma riuscì
comunque
a conservare la sua immagine di ragazzo molto... come lo
definiva
Kirishima? Ah sì, macho.
“Anche
il gelato per me è più buono in inverno. Sono
lenta a mangiarlo e
almeno in inverno non si scioglie.”
“Certo
che sei proprio goffa eh! Neanche da bambino ho mai fatto colare il
gelato. Lo finivo subito.”
“Qual
è il tuo gusto preferito?”
“A
me piace molto la cannella, a te?”
“Gelato
alla cannella...? Esiste? A me piace tanto il cioccolato! La cannella
proprio non mi piace, però...”
“Sì?”
Si
voltò a guardarlo.
“Nulla,
come non detto.”
Aveva
un ghigno beffardo sul volto.
Non
seppe spiegarlo, eppure, in quel giorno d'inverno sulla spiaggia, la
ragazza che tutti vedevano come forte, dinamica e coraggiosa, le
sembrò più fragile che mai...
Le
uscite aumentarono, si vedevano frequentemente. Più passava
il
tempo, più ne rimaneva attratto.
Quel
giorno caldo di aprile, aveva accettato l'invito di Kirishima ad
uscire solo per poter stare un po' con lei. Come poteva aver voglia
di uscire dopo la pessima figura al festival sportivo? Per giunta la
gente lo definiva vincitore, roba da matti.
Poi
si erano imbattuti negli altri membri della classe e, per quanto
Bakugou non sopportasse l'idea di stare con loro, cercò di
non fare
troppe storie, pur lanciando frecciatine neanche troppo -ine a
Todoroki.
Un
rumore assordante riempì l'aria e ammutolì tutti.
Qualche bambino
pianse spaventato, attaccandosi alle sottane delle mamme con fare
nervoso, altri urlarono a loro volta, i più curiosi si
lanciarono in
direzione del rumore.
“Che
cos'è stato?” Uraraka sobbalzò, il suo
frappè al cioccolato
cadde, rovesciando completamente quel poco che le restava da bere.
Deku,
Todoroki e Bakugou si erano già precipitati verso quella che
possiamo considerare la fonte del rumore. Proveniva dalla stazione
ferroviaria.
Erano
rimasti solo Kirishima e Uraraka del gruppo della prima A. Si
scambiarono un'occhiata fugace, per poi raggiungere i compagni.
Nei
pressi della stazione, non molto lontana da dove si trovavano i
nostri eroi, la polizia stava indagando i passeggeri del treno Super
Espresso che viaggiava sulla Shinkansen, la rete ferroviaria dei
treni super veloci. I passeggeri sembravano particolarmente
disorientati, molti erano pallidi in volto.
“State
dicendo che non avete visto e sentito nulla di anomalo?”
Domandò
il capo della polizia locale, madido di sudore per il troppo caldo.
Odiava quelle temperature, avrebbe preferito prestare servizio al
nord del Giappone, o in qualsiasi posto freddo.
Stava
interrogando una donna sulla trentina d'anni, pallida in volto, gli
occhi fuori dalle orbite, l'abito scomposto. Indossava un vestitino
estivo color pesca, al quale erano aggrappati i suoi due figli
più
piccoli.
“Nulla
di particolare “ rispose la donna, “tuttavia sia io
sia i miei
figli abbiamo provato una sensazione molto strana... di terrore. Ma
se mi dovesse chiedere cosa mi ha provocato questo terrore, non
saprei risponderle.”
“Terrore?”
“Stavo
intrattenendo i miei piccoli, sa si annoiano molto sul treno.
Vorrebbero correre da tutte le parti, giocare... ovviamente sul treno
non si può. Che figura ci faccio poi? Sa io sono una brava
madre, me
lo dicono in tanti. Comunque dicevo... sì, mentre ero con i
miei
splendidi bambini, ho provato una sensazione stranissima. A dir la
verità, poco prima era salito sul treno un uomo alto e
magro, ma
dubito possa essere collegato a lui il tutto.”
Un
altro agente aveva appena finito di interrogare un gruppo di
adolescenti.
“Anche
loro mi hanno parlato di un uomo alto e magro con una cicatrice sul
mento, uno di loro dice che assomiglia ad una mezza luna, qualcosa di
simile.” Si fece scuro in volto. “Capo...”
“Sputa
il rospo!”
“Uno
dei ragazzi sostiene che tale uomo si sia seduto accanto ad una
ragazzina con i capelli rossi. Le ha parlato ma lei non ha risposto,
troppo impegnata a disegnare.”
“Quindi?”
“Non
so... insomma, ho interrogato anche altri passeggeri, tutti dicono di
aver provato quella strana sensazione dopo che il
nostro uomo
è salito sul treno. È un personaggio anonimo con
una cicatrice,
vestito elegante, eppure tutti i passeggeri lo ricordano. E poi quel
rumore... il treno è perfettamente intatto, non ci sono
danni.”
“Arriva
al dunque, Takamura.”
“Tutti
ricordano lui e la ragazza dai capelli rossi... però... dove
sono?
Non possono essere scesi dal treno. Dopo il rumore assordante di poco
fa, il capotreno ha interrotto la corsa, dichiarando emergenza.
Temeva un guasto o chissà cosa. Tutti i passeggeri sono
stati tenuti
d'occhio, eppure nessuno, dopo quel rumore, ha più visto
quei due.”
Estrasse un fazzoletto e si asciugò la fronte imperlata di
sudore.
“Abbiamo
due persone scomparse, e dalla dichiarazione dei passeggeri,
quell'uomo ha comunicato una brutta sensazione a tutti... che abbia
rapito la ragazza?”
“Forse
è in grado di teletrasportarsi, altrimenti non me lo
spiego!”
“Nakano
era su questo treno.”
“Ne
sei sicuro?” Chiese Deku, maledicendosi per non essersi
vestito più
leggero.
“Sicurissimo.
So che prende spesso questa linea.”
“Ragazzi...
brutte notizie.”
Kirishima
e Uraraka, rimasti indietro rispetto ai compagni, erano riusciti a
sentire il discorso dei due poliziotti. Non avevano bisogno di
chissà
quali prove per capire che la ragazza dai capelli rosse fosse Nakano.
Diedero
la notizia ai ragazzi. A Bakugou sembrò di sprofondare.
“Che
vai blaterando? Figuriamoci se Nakano si fa sorprendere
così!
Avrebbe potuto arrostirlo con le sue fiamme!” Bakugou
urlò. Non
poteva accettare quella situazione.
“Ci
sarà un motivo se non l'ha fatto. Dobbiamo capire
cos'è successo.
Nakano è forte, sono sicuro che starà
bene.” Disse Kirishima,
cercando di tranquillizzare Bakugou.
“Aiutiamo
la polizia nelle indagini, se davvero a Nakano è successo
qualcosa,
sono sicuro che ci avrà lasciato un indizio. Dopotutto,
sapeva che
saremmo venuti a cercarla.” Anche Todoroki cercò
di portare un po'
di calma, anche se era preoccupato. In effetti, la situazione era
strana. Ma poteva esserci una spiegazione più che logica
dietro
tutto questo.
“Andiamo
a parlare con la polizia!” Uraraka si avviò verso
l'uomo, gli
altri lo seguirono.
Bakugou
era immobile. Kirishima voleva consolare l'amico, ma sapeva che in
quel momento qualsiasi parola sarebbe stata di troppo.
“Andiamo,
Bakugou. Ci serve anche il tuo aiuto.”
I
suoi occhi si fecero piccole perle di fiamme.
Aveva
un sospetto, ma non era il momento di parlare. Con la rabbia che
cresceva piano dentro di lui e trasformava il suo volto in una
maschera raccapricciante, superò Kirishima, dandogli una
spallata
violenta.
Touka,
dove sei?
|
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Capitolo 3 *** Parte terza- Giorni lontani ***
A
volte ho la sensazione di averti già incontrato.
Parte
terza – Giorni lontani
19
dicembre 2004
Mancavano
pochi giorni a Natale. Uno sfarfallio di luci pullulava la
città
ormai imbiancata. Pesanti fiocchi di neve cadevano dal cielo,
danzando in quell'aria così magica. Musiche natalizie in
sottofondo
provenienti da ogni dove, profumi, colori, odori... l'atmosfera
natalizia è così affascinante!
Ogni
vetrina era addobbata con mille lucine colorate, decorazioni a spray
di fiocchi o pupazzi di neve, vischi e bastoncini di zucchero. I
bambini ne andavano matti!
Per
le strade, bancarelle improvvisate a scopo benefico dove poter
acquistare qualche regalo simpatico.
Pattinatori
in erba e non, si destreggiavano tra le diverse piste di pattinaggio
allestiste durante il periodo festivo.
In
quei giorni, le strade erano decisamente fin troppo affollate.
Giovani coppiette, adolescenti e adulti si trascinavano pesantemente
nei loro caldi giubbotti invernali, girovagando tra un negozio e
l'altro alla ricerca del regalo perfetto. Molti
uomini erano
totalmente insofferenti a quelle spese. Reggendo pacchettini e
pacchetti un po' più grandi, accompagnavano le proprie donne
in
quella corsa infernale.
Diversi
stand di bevande calde rallegravano quelle anime afflitte dallo
shopping natalizio. Unico difetto, la fila interminabile. Poco
importava, ne valeva la pena. Una tazza fumante di cioccolata calda
avrebbe fatto felice chiunque in quella giornata così fredda.
Nonostante
qualche brontolio, l'atmosfera era decisamente piacevole. Come si
suol dire, a Natale siamo tutti più buoni, e più
felici.
Le
adolescenti, in particolar modo, fantasticavano di essere baciate
dall'uomo dei loro sogni sotto al vischio.
Caldi
abbracci, calorosi auguri di buone feste, luci sfavillanti e le
immancabili canzoni natalizie di Michael Bublè diffondevano
un senso
di pace e armonia.
Magia
del Natale.
Alcuni
tra i bimbi più piccoli della scuola materna erano stati
scelti da
alcune insegnanti per partecipare ai canti natalizi. Ogni anno,
venivano organizzati questi eventi a scopo benefico, dove mamme
inorgoglite indicavano febbrilmente i loro pargoli.
“Il
solista è mio figlio! È bravissimo, non trova? Da
grande potrebbe
diventare un tenore!”
“La
mia bambina è quella in alto a sinistra, è
così graziosa con quel
vestitino! Un regalo della nonna.”
Tra
i bimbi del coretto natalizio cantavano alcune nostre conoscenze.
Ebbene
sì, il bambino che, a detta della madre sarebbe diventato un
tenore
-a scuola nessuno doveva venire a conoscenza delle sue doti canore,
altrimenti chissà quante prese in giro!- era il nostro
Kirishima.
Anche
la piccola Uraraka faceva parte di quel coretto, nel suo grazioso
vestitino rosa con merletti. Con le sue piccole scarpine rosa, un
cappellino da babbo natale un po' troppo grande per la sua testolina
e guanciotte rosee aveva ricevuto tanti complimenti e conquistato il
cuore degli adulti.
Nello
stesso momento in cui Kirishima e Uraraka deliziavano il pubblico con
le loro doti canore, ricevendo innumerevoli apprezzamenti, in un
luogo buio e sinistro, senza musica, luci sfavillanti e tazze di
cioccolata calda, una bambina della loro stessa
età stringeva
forte una bambola di pezza.
Rannicchiata
in un angolo, sognava la libertà.
Una
libertà che le era stata negata fin dalla nascita, per
motivi
sconosciuti. Tremava di freddo e, quasi convulsamente, si dondolava
avanti e indietro, sussurrando parole incomprensibili. Quel piccolo
corpicino era pieno di lividi e ferite. Non sorrideva più da
troppo
tempo.
In
pochi osavano guardarla negli occhi. I suoi non erano gli occhi
limpidi e cristallini di una bimba di quattro anni... opachi,
assenti, contornati di viola. Piccole venuzze rosse rendevano il suo
sguardo ancora più inquietante.
Era
lo sguardo della sofferenza.
Avrebbe
voluto giocare con gli altri bambini, bere cioccolata calda,
abbracciare la mamma...
Solo
che mamma non la vedeva da anni. Le mancava terribilmente. Le
mancavano i suoi caldi abbracci, le sue coccole, il suo sguardo
confortante... avevano passato poco tempo insieme, eppure le voleva
bene davvero. Con la mamma si sentiva protetta, al sicuro,
soprattutto amata.
Alla
tenera età di quattro anni, Nakano imparò il
significato della
parola odiare. La mamma le diceva spesso che
quella parola
esprimeva un sentimento molto brutto, il contrario dell'amare.
Lei aveva compreso il significato di amare- quello
che provava
per la sua mamma- e non riusciva a concepire come si potesse provare
un sentimento così opposto e negativo per qualcuno. Ogni
tanto usava
quella parola riferendosi a del cibo che non le piaceva e la mamma la
rimproverava, con dolcezza.
Non
è un sentimento che una bambina dovrebbe provare... Ci sono
molte
parole per comunicare quello che proviamo. Bisogna imparare a
scegliere le più adatte. Non è facile esprimersi
ed essere
compresi... A volte comunichiamo tutto l'opposto di quello che
vorremmo dire...
Come
faccio a sapere se ho scelto le parole giuste, mamma?
Devi
soppesare i sentimenti... sei una bambina molto intelligente. Invece
di dire che odi le carote, puoi semplicemente dire che non ti
piacciono... odiare qualcuno, o qualcosa, ti logora piano piano...
è
un sentimento che danneggia sopratutto te...
Non
ricordava il resto del discorso ma di una cosa era certa.
Se
qualcuno ti toglie tutto ciò che ami, ti priva della
libertà, della
tua esistenza, ti annulla come persona...
l'odio
si impossessa di te. Cresce e da vita ad una creatura pericolosa,
molto pericolosa.
Dicembre,
12 anni dopo
“Sai
cosa apprezzo di te?” Lo guardò dritto negli
occhi. “Sei una
persona sincera. Quando dai in escandescenze perché sei
arrabbiato,
o per qualsiasi altro sentimento che non sai gestire... in un modo
tutto tuo lo manifesti. Perché dire 'andrà tutto
bene' se già dal
principio si sa che non è così? Che mera
consolazione. Non l'ho mai
sopportato. Se stessi andando alla deriva, se fossi spacciata... lo
vorrei sapere.”
Silenzio.
“Io
credo di averti incontrato, una volta.”
“Eh?”
“Sono
passati tanti anni... dodici credo. Forse undici. Credo di averti
incontrato. Non dimenticherò mai le tue parole.”
“Io
non ricordo di averti mai incontrata prima.”
Calciò via una
lattina di Coca Cola. “Comunque, supponiamo fossi io quel
bambino... cosa ti dissi?”
Bakugou
non ricevette risposta.
Perché
questo ricordo è affiorato proprio ora?
Scacciò
via quel pensiero. Non era il momento adatto per
perdersi
in fantasticherie.
Supponendo
che il bastardo a metà avesse ragione circa un qualche
indizio
lasciato da Nakano, doveva assolutamente trovarlo. Un indizio che
avrebbe confermato i suoi sospetti.
Quanto
avrebbe voluto essere da solo! Odiava dover collaborare con altri,
soprattutto con quel merdoso, buono a nulla di Deku -lo avrebbe solo
ostacolato, rallentando le ricerche- e il bastardo a metà
con i
complessi familiari. E che cazzo, non ne andava bene una.
Nei
confronti di Uraraka non provava vero e proprio disprezzo -era fin
troppo perspicace e la cosa lo infastidiva, di certo non era stato
lui a chiederle di analizzare i suoi comportamenti e preoccupazioni,
poteva anche farsi una bella manciata di cazzi suoi e non rompere i
coglioni- ma era amica di Deku. Questo bastava a non renderla
totalmente gradita. Sospettava che tra quei due ci fosse del tenero.
Più volte si era chiesto come un merdoso, nerd, incapace e
fastidioso potesse piacere ad una ragazza. Uraraka poi era anche
carina. Se fosse stata
un cesso a pedali, si sarebbe divertito molto di più,
l'avrebbe
preso per il culo a vita.
Beh,
che novità.
L'idea
di collaborare con loro proprio non gli andava a genio, così
decise
di partire in quinta e fare di testa sua, cosa che ben gli riusciva,
tra l'altro.
Piccolo
particolare, Kirishima gli stava con il fiato sul collo. Era
preoccupato per lui. E per lei.
“Aspetta
Bakugou!” Lo raggiunse. “Non puoi fare di testa
tua! Più siamo,
più possibilità abbiamo di capire qualcosa di
tutta questa
faccenda.”
Che
due coglioni.
“Kirishima,
lasciami stare.” Si allontanò nuovamente,
lasciandolo indietro.
“Cocciuto
che non sei altro...”
Todoroki
lo raggiunse.
“Non
andrà lontano, perciò se vuole fare di testa sua,
che faccia pure.
Tanto sono sicuro che si farà riconoscere come suo solito,
prevedo
qualche esplosione a breve. Sarà facile trovarlo.”
Kirishima
guardò verso l'amico, rassegnato. “E va bene, mi
unisco a voi.
Come ci muoviamo?”
Stavano
decidendo sul da farsi quando una violenta esplosione sferzò
l'aria.
“Te
lo avevo detto.” Chiamò gli altri.
“Raggiungiamolo prima che
faccia qualche casino.”
“Ammesso
che non lo abbia già fatto!” Disse Deku.
L'esplosione
era stata abbastanza violenta. Bakugou avrebbe potuto fare di meglio
ma non voleva creare troppo scompiglio. Il suo era un semplice
avvertimento.
“Non
puoi usare la tua unicità come ti pare e piace!”
lo ammonì
Takamura, l'agente di polizia. “Qui c'è stato un
rapimento! Non
abbiamo bisogno di altro scompiglio, la situazione è
già abbastanza
complicata di suo. Levati dai piedi e lasciami lavorare.”
Bakugou
non la prese proprio bene. Per niente.
Se
non fosse stato un pubblico ufficiale con il potere di arrestarlo, lo
avrebbe ricoperto di insulti e perché no, sarebbe passato
anche alla
mani.
Ribolliva
di rabbia. Doveva trovare un modo per salire su quel fottutissimo
treno.
“Si
tratta di una questione importante!” Ruggì.
“Non può dirmi di
andarmene come se niente fosse!”
“Certo
che posso, sono un poliziotto.” Mostrò il
distintivo. “Ragazzino,
non ho tempo da perdere con te. Se poi mi vedesse il mio capo...
“
“Kacchan,
che succede?” Era arrabbiato ma manteneva una certa
compostezza.
Strano.
“Nessuno
ha chiesto il tuo intervento, nerd di merda!” Gli
scagliò contro
una lattina che prontamente evitò. Il suo giudizio era stato
troppo
frettoloso.
Takamura
sospirò. Altri mocciosi.
“Ragazzi,
come ho già detto al vostro amico, non avete il diritto di
intromettervi nelle indagini. Siete solo un gruppo di studenti delle
superiori.”
“Un
gruppo di studenti della UA, futuri eroi!” Uraraka
batté il pugno
contro il petto, tronfia di orgoglio.
Takamura
li squadrò uno a uno.
“State
dicendo che questo ragazzino esplosivo sta studiando per diventare un
eroe? A me sembra più portato a fare il criminale!”
“E
lei ha sbagliato mestiere!” Questa volta Bakugou rispose alla
accuse, ovviamente urlando e imprecando sottovoce.
“Io
non vi conosco nemmeno.”
Cosa?!
“Andiamo,
signor poliziotto” disse Kirishima “lei guarda la
tv? Abbiamo
appena partecipato al festival sportivo, l'evento più
importante
dell'intero paese!”
“Ecco...”
“E
lui” indicando Shoto, “è Todoroki Shoto,
niente meno che il
figlio del grande Endeavor!”
“Cosa?
Tu saresti suo figlio?!” Takamura era incredulo.
“Siamo
tutti aspiranti eroi” rispose Todoroki “ e
purtroppo sì, lui è
mio padre.”
“Vorremmo
solo dare una mano alla polizia nelle indagini.” Deku si
schiarì
la voce per sembrare più convincente. “Ci sono
altre probabilità
che la ragazza rapita sia una nostra compagna di classe.”
“Takamura!”
Una voce tuonò all'improvviso. “Sono oltraggiato.
E incazzato.”
Il capo della polizia intervenne per riportare un po' di ordine.
“Capo,
io... ec-ecco” balbettò, non voleva trovarsi in
quella situazione.
Era
diventato poliziotto tre anni prima. La gavetta era stata
impegnativa, ma aveva raggiunto il suo obbiettivo. La sua testa negli
ultimi tempi era altrove. Aveva parecchie spese arretrate –
in
passato non era stato proprio un bravo ragazzo- ed in certi momenti
temeva di non farcela più. Lavorava giorno e notte pur di
riuscire a
coprire le spese. Voleva sposarsi e rendere felice la sua fidanzata,
come poteva assicurarle una vita tranquilla e stabilità
economica
con tutto quello che ancora doveva finire di pagare? Debiti di gioco,
cause legali... che vita difficile.
Ormai
il suo lavoro contava poco e niente. Tutto per colpa degli eroi.
Certo, gli eroi consideravano il suo lavoro degno di rispetto e utile
alla società, ma chi volevano prendere in giro? Lui sapeva
come
stavano realmente le cose, nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea.
Non
sopportava quei bifolchi con le unicità che salvavano gente
a destra
e manca. Già, lui era un quirkless, ma questa è
un'altra storia.
Come
poteva anche solo interessarsi ai nuovi eroi? Non sopportava quelli
famosi, figuriamoci quelli in erba! L'unico per il quale nutriva
rispetto era All Might. Più volte aveva lavorato con lui,
gli era
sempre piaciuto. Quell'uomo aveva una marcia in più che
altri non
avevano.
“Mi
dispiace. Non ho seguito il festival sportivo e non vi ho
riconosciuto.” Preferì scusarsi piuttosto che fare
polemica, non
poteva permettersi di perdere il lavoro.
“Chiuderò
un occhio per questa volta. La collaborazione con gli eroi è
fondamentale nel nostro lavoro. È vero, sono eroi in erba e
ancora
senza licenza, ma se li avessi visti al festival sportivo capiresti
la loro vera forza!” Aggiunse: “ Per voi questa
è sempre
esperienza sul campo. Sarei ben felice di avere la vostra
collaborazione.” Sorrise. Era un brav'uomo, quel capitano.
“Avete
detto che pensate di conoscere la ragazza rapita. Chi
è?”
“Si
chiama Touka Nakano” rispose Uraraka “ha la nostra
età, capelli
rossi molto lunghi, occhi verdi. Bassa statura.”
“Corrisponde
all'identikit che ci è stato fornito. Takamura, prendi
appunti!”
“Sì,
sì capo...” Che giornata di merda. Voleva solo
andarsene a casa a
bere une bella birra ghiacciata. Invece eccolo lì ad
indagare su un
rapimento, sudato fradicio, per giunta con dei futuri eroi.
“Cos'è
successo esattamente?” Domandò Todoroki.
“Abbiamo sentito un
rumore assordante e ci siamo precipitati qui di corsa. Eppure non
vedo nulla di danneggiato.”
“Proprio
così. I miei uomini stanno ancora ispezionando l'interno del
treno,
danni evidenti non ce ne sono. Tutto perfetto. Nessun segno di lotta
o colluttazione.” Bevve un sorso d'acqua, si
asciugò la fronte
imperlata di sudore e proseguì.
“Abbiamo
interrogato i passeggeri, nessuno ha notato nulla di sospetto.
L'unico punto in comune che abbiamo riscontrato nei vari
interrogatori è la presenza di un uomo elegantemente vestito
con
un'ipotetica cicatrice a forma di mezza luna sul mento. Su questo
elemento non abbiamo trovato pareri concordanti. Cicatrice o no,
quest'uomo si è seduto accanto alla ragazza. Questo possiamo
dirlo
con certezza.”
“E
poi?” Interruppe Uraraka, troppo angosciata da quello che
stava
ascoltando.
“Non
abbiamo una chiara idea dell'accaduto. Come dicevo, nessun segno di
lotta o difesa. Tutti i passeggeri hanno provato una sensazione di
panico e terrore dopo l'arrivo di quell'uomo, tuttavia i più
pensano
che si sia trattato di altro, sebbene non sappiano cosa sia questo
altro.”
“Ho
una domanda.” Todoroki prese parola. “Siete proprio
sicuri si sia
trattato di un rapimento? Forse Nakano è andata volutamente
con
quell'uomo.”
Bakugou
lo guardò storto. “Sono comunque spariti nel
nulla, qualcosa non
quadra! E poi non penso che Nakano sia quel tipo di persona!”
“Quel
tipo di persona?” Todoroki portò la mano alla
tempia,
picchiettandosela. “Non stavo insinuando nulla. Semplicemente
poteva conoscere quell'uomo e, per un motivo o per l'altro, potrebbe
aver deciso di allontanarsi.”
“Senza
nemmeno avvisarci?” Deku sollevò la questione.
“Potresti anche
avere ragione... però avrebbe avvisato. Non ci avrebbe fatto
preoccupare inutilmente. Ecco... Non mi sembra quel tipo di
persona.”
“Non
dimentichiamoci di quel rumore che abbiamo sentito” disse
Kirishima. “Io credo che sia stato un rapimento.”
“Oppure
conosceva davvero quell'uomo ma è comunque stata rapita. Sul
fatto
che sia andata volutamente
con
quell'uomo... ci credo poco.”
“Probabile”
il capo
della polizia si trovava d'accordo con Uraraka. “Abbiamo
indagato i
passeggeri, ci hanno detto tutto quel che potevano dire. Dobbiamo
sperare che la vostra amica abbia lasciato un qualche indizio, una
pista... Verifico immediatamente come procede la perlustrazione del
treno. Confido molto nella mia squadra.”
Si congedò
brevemente,
la sua pesante mole e il caldo asfissiante non giovavano ai suoi
movimenti.
Camminava faticosamente.
Bakugou era stranamente
silenzioso. Seguì con lo sguardo il capo della polizia nei
suoi
goffi movimenti, estrasse poi il cellulare e ricompose il numero di
Nakano.
“Il suo cellulare
sembra morto.” Lo rimise in tasca, sbuffò e
tirò un calcio al
vuoto. Imprecando.
“Ragazzi! Presto,
raggiungetemi!”
Il gruppo si radunò
davanti al capo della polizia. Mostrò loro un foglio di
carta
bianca.
Un disegno.
Rimasero tutti in
silenzio ad osservare scrupolosamente ciò che avevano
davanti agli
occhi.
Il foglio non era in
ottime condizioni, tuttavia si riuscivano a vedere i soggetti
raffigurati nella loro completezza. Un uomo e una ragazza.
Nient'altro.
“L'ha disegnato
lei”
fu Bakugou a rompere quel silenzio che si era creato fra loro.
“Guardate, in fondo a destra c'è una firma, si
vede poco ma è la
sua.”
Aguzzando meglio la vista
si poteva, in effetti, scorgere una firma dalla calligrafia
scomposta.
“Questo conferma
definitivamente che la ragazza scomparsa è Touka
Nakano.” Il capo
della polizia chiamò i suoi uomini a raccolta.
“Dobbiamo denunciarne
la scomparsa ed informare la famiglia.” Osservò
ancora il disegno
che aveva tra le mani.
“Ad essere sincero,
non
mi convince totalmente. Non riesco nemmeno a capire come si possa
considerare una prova. Abbiamo ribaltato a soqquadro il treno,
ispezionato centimetro per centimetro tutto quel che c'era da
ispezionare, interrogato i passeggeri... Niente, non siamo approdati
a niente!” La sua frustrazione era palpabile.
“Credo
che quel disegno sia la chiave per risolvere questo mistero”
fu
Deku a parlare, attirando lo sguardo inebetito degli altri.
“Questo
disegno deve
nascondere qualcosa che, in questo momento, non riusciamo a vedere.
Non può essere una casualità, ci credo ben
poco.”
“E cosa mai potrebbe
nascondere, nerd di merda? Vedi di non fare il figo a giocare al
detective!”
“Non lo so, i- io
stavo
solo pensando q-questo...” vedendo lo sguardo di Kacchan, non
riuscì a non balbettare. L'amico sarebbe esploso da un
momento
all'altro, inveendo contro di lui.
“Allora fai meglio a
stare zitto se devi solo sparare cazzate! Vuoi metterti in mostra
anche in una situazione come questa, eh? Tanto non sarai mai
intelligente come me! Io troverò quello che c'è
da trovare, non tu,
cazzo!”
Avrebbe voluto
picchiarlo, non lo fece. Dando le spalle a tutti, senza nemmeno
salutare, se ne andò, lasciando tutti quanti spiazzati.
Aveva bisogno di stare da
solo.
Rientrò a casa
più
tardi del solito. Sua madre, furibonda, gli lanciò contro un
piatto.
Letteralmente.
L'ultima cosa di cui
aveva voglia era litigare con lei. Rispose inveendo contro
altrettanti insulti e parole che una madre non dovrebbe pronunciare
nei confronti di un figlio per poi chiudersi in camera, sbattendo
violentemente la porta.
Senza nemmeno cambiarsi,
si lanciò sul letto, viso premuto contro il cuscino.
Quanto avrebbe voluto
spaccare la faccia a quegli idioti! Tutto il giorno il loro
compagnia, collaborare con loro... stiamo scherzando?
Per non parlare di tutto
il resto.
Si
sentiva frustrato,
abbattuto,
preoccupato...
Collerico, furibondo,
incredulo...
Non era riuscito a
gestire tutte quelle emozioni insieme. Prima di rientrare a casa,
aveva camminato a lungo per poi ritrovarsi -era quella la sua meta
fin dal principio?- sulla spiaggia. Quella spiaggia dove aveva
imparato a conoscerla. La immaginò lì, a correre
sul bagnasciuga,
sorridente e raggiante, a nascondere quelle paure e orrori che ormai
facevano parte di lei.
Urlò contro l'oceano.
Un
urlo carico di tutti quei sentimenti che provava.
Esplosioni.
La sua unicità era
perfetta per uno come lui, lo rappresentava. Scagliò
innumerevoli
esplosioni su quella spiaggia deserta, non curandosi degli
automobilisti sulla strada che inveivano contro di lui. Doveva
sfogare tutti i suoi sentimenti.
Certo, picchiando Deku si
sarebbe sentito molto meglio! Eppure non lo fece.
Come un faro che illumina
le notti più buie, si sentì come invadere da una
calda luce bianca.
Che cos'è
questa
sensazione?
Non diminuì con le
esplosioni, ne aumentò il numero e l'intensità.
Una vera e propria
lotta contro se stesso.
Il braccio cominciò a
dolergli per il troppo sforzo fisico. Continuò.
Nonostante il dolore, la
rabbia e la frustrazione, in quel momento Bakugou sorrise,
compiaciuto della propria forza.
Determinazione.
L'avrebbe
ritrovata, ad ogni costo. Con ogni mezzo.
Angolo
dell'autrice
Eccoci
giunti al terzo capitolo! Innanzitutto,
ci
tengo a ringraziare di cuore chi ha dedicato il
proprio
tempo a leggere la mia storia.
Ne
sono davvero felice!^^
Spero
che continuerete a seguirla!
Mi
piacerebbe sapere che cosa ne pensate^^
Se
avete un po' di tempo e voglia di lasciare
un
commento, ve ne sarei molto grata! (:
Ci
si rivede al prossimo capitolo!
Xoxo
Black_Sparkle
|
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Capitolo 4 *** Parte quarta- Nel baratro ***
Non
perdere la calma!
Parte
quarta- Nel baratro
Aprì
gli occhi all'improvviso, ansimando, come quando ci si sveglia da un
terribile incubo. Le doleva particolarmente la testa, per non parlare
del petto! Erano due tipologie di dolori differenti, ma tanto forti
da farle capire che almeno era viva. Fantastico!
Si
guardò intorno.
Non
c'era molto da vedere effettivamente. Si trovava immersa in uno
spazio bianco, apparentemente immenso. Nessuna linea di demarcazione,
nessun oggetto, nessun rumore (solo quello del suo respiro
affannoso), nessuno nei dintorni.
Mantieni
la calma. Comincia a regolare il tuo respiro... bene, così.
Inspira,
espira. Inspira, espira, inspira...
Ogni
qualvolta si sentiva in preda al panico, come prima cosa, regolava la
propria respirazione. Solo a mente lucida è possibile
analizzare con
calma i fatti e non farsi prendere dal panico.
Che
cosa mi è successo? Ricordo di essere salita sul treno...
Dovevo
raggiungere Katsuki e gli altri per andare al parco divertimenti...
Evidentemente
qualcosa è andato storto, questo non può essere
un parco dei
divertimenti! Allora dove sono? Cosa mi è successo? Non
riesco a
ricordare!
Doveva
aver sbattuto pesantemente la testa, perché le faceva
terribilmente
male e non riusciva a ricordare cosa fosse successo su quel treno.
Non
perdere la calma! Regola il tuo respiro...Agisci!
Si
alzò in piedi, trattenendo a stento una smorfia di dolore.
Ispezionò
il proprio corpo alla ricerca di cicatrici o segni di colluttazione,
ma non ne trovò.
Fece
qualche passo, riecheggiò il rumore nell'aria.
Appurò che anche i
suoi arti inferiori non le causavano dolore. Sentiva solo delle fitte
lancinanti al petto, ma esternamente non si vedeva nulla. E il dolore
alla testa sembrava essersi attenuato lievemente.
D'istinto,
a gran voce, urlò.
C'è
nessuno?
L'eco
della sua voce riecheggiò in quello spazio bianco.
Rimase
immobile per un istante. Non doveva abbattersi. Avrebbe dovuto
tentare il tutto e per tutto e uscire da lì. Quando la vita
ti
lancia una sfida, accettala e vinci, dimostra di essere il migliore!
Infervorata
da quei pensieri, attivò la sua unicità.
Ma
non ci riuscì.
Cosa
sta succedendo? Non riesco ad usare la mia unicità!
È come se non
ne avessi più una!
Riprovò
nuovamente, ma il risultato non cambiò. Non riusciva ad
emanare
nemmeno una fiamma.
Questo
rappresenta un gran problema... se mai dovessi incontrare qualcuno,
anche se ne dubito fortemente, dovrei solo contare sulla mia forza
fisica e sulle tecniche di combattimento che conosco per potermi
difendere. Non posso usare nient'altro. E rimanendo immobile, non
troverò risposte alle mie domande. Dovrò essere
molto cauta. Voglio
uscire di qui! Questo luogo non può essere infinito... devo
trovare
un'uscita.
“ Sono
passate più di ventiquattro ore dalla scomparsa di Nakano
Touka. Il
suo tutore è giunto in stazione di polizia questa notte,
molto
preoccupato per la ragazza. Non è rientrata a casa e non
rispondeva
al cellulare. All'inizio ha pensato che la ragazza avesse deciso di
passare la serata a casa di un'amica – non era la prima volta
–
ma mai si sarebbe dimenticata di avvisare. Così ha decido di
recarsi
personalmente a casa dei genitori delle sue compagne di classe,
sperando di trovarla lì, a mangiare dolci e a chiacchierare
con le
amiche, per poi sentirsi dire “Scusami Kobato, ero
così presa
dalla giornata da aver dimenticato di avvisare” e il tutto si
sarebbe risolto tirando un bel sospiro di sollievo, senza
però un
piccolo rimprovero su quanto sia fondamentale essere avvisato qualora
non decidesse di rientrare a casa la sera. Appurando la
verità,
ossia che la ragazza non è stata vista per tutto il giorno
dai suoi
amici, si è recato qui. Abbiamo cercato di tranquillizzarlo
– è
una ragazzina, una bravata non è una cosa tanto strana, no?
- e non
abbiamo accennato a quel poco che sapevamo per evitare di creare
allarmismo prima del dovuto. Ora sono passate più di
ventiquattro
ore, pertanto possiamo accogliere la denuncia di scomparsa. “
Il
capo della polizia si avvicinò alla lavagna della sala
riunioni.
Iniziò a scrivere.
“Ieri
abbiamo raccolto alcune deposizioni. Più volte viene
nominato un
uomo alto, con una cicatrice, anche lui apparentemente scomparso. Chi
è? Quali sono i suoi rapporti con Nakano? Si conoscono?
É un suo
nemico? Sono tutti aspetti che dobbiamo verificare. Prima di tutto,
dobbiamo chiarire l'identità della ragazza. Chi è
Nakano Touka?
Quali segreti porta con sé? Si è mai confidata
con qualcuno dei
suoi timori? Qualcuno la minacciava?”
“Capo”
Takamura richiamò la tua attenzione. “Sbaglio o ha
parlato di
tutore? La ragazza non ha né padre né
madre?”
“No,
il signor Kobato è la sua famiglia. E non ci sono dubbi
sull'affetto
che prova per lei, considerando quanto fosse preoccupato per la
scomparsa della ragazza. Dubito possa essere implicato nella
scomparsa, anche se, come noi sappiamo bene, non ci sono mai piste da
escludere a priori.” Si avvicinò al grande tavolo
dove tutti i
suoi uomini erano riuniti. Li fissò in volto uno a uno,
lentamente.
“Dobbiamo
trovare Nakano Touka. Prima di tutto, dobbiamo scoprire chi
è
realmente la ragazza, quali segreti custodisce e se ha dei nemici.
Parlando francamente, dubito si sia trattato di un rapimento casuale
o che abbia come finalità un riscatto economico.
C'è da appurare se
la ragazza conoscesse l'uomo con la cicatrice. Può essere
lui il suo
nemico? Si fidava di lui e poi è stata ingannata? Aprite
bene le
orecchie, organizzerò la squadra di lavoro,vi voglio
operativi fin
da subito. Dobbiamo trovare la ragazza il più velocemente
possibile
e portarla a casa sana e salva. Intesi?”
“Capo...”
“Qualcosa
non ti è chiaro, Takamura? O semplicemente non ti aggrada
l'idea di
dover interrogare i conoscenti della ragazza con me? “
Rispose il
capo, sistemandosi la camicia nei pantaloni. A guardarlo bene, solo
piccole rughe al lato degli occhi e uno sguardo austero facevano
sottintendere la sua reale età. Il suo sguardo era quello di
un uomo
che non ammetteva repliche, fiero della sua esperienza sul campo e
anni e anni di attività. Non lo si poteva dire affascinante,
eppure
aveva un portamento fiero ed elegante tale da non passare
inosservato. Con le donne aveva una certa fama.
“No
capo, ci mancherebbe, è un onore per me poter partecipare
alle
indagini insieme a lei. “ Ed era vero, però sapeva
perfettamente
che non avrebbe potuto battere la fiacca e che avrebbe dovuto
lavorare ad un ritmo estenuante. All'assegnazione dei compiti,
qualcuno aveva riso sotto i baffi per quell'accoppiata.
“Capo,
è preoccupato? “
“Takamura,
una ragazza è scomparsa. Dobbiamo trovarla. Viva. E
subito!” Di
scatto prese la giacca che aveva abbandonato sulla sedia, si
sistemò
frettolosamente la camicia e senza troppi giri di parole, si
avviò
verso l'uscita. Takamura lo seguì.
“Il
primo che interrogheremo sarà l'uomo che ha esposto
denuncia, il
signor Kobato. Seguiranno poi eventuali familiari, insegnati e
conoscenti della ragazza. Abbiamo molto lavoro da svolgere. “
Takamura
pensò ai colleghi ai quali era stato affidato il compito di
cercare
prove a carico della sparizione e tutto sommato si rallegrò
di
doversi occupare di interrogare qualche persona.
Non
andrà così male.
Non
aveva chiuso occhio per tutta la notte. Aveva pensato e ripensato a
cosa potesse essere successo, per poi accantonare l'idea che fosse
davvero successo qualcosa.
Se
solo avesse risposto al cellulare... sembrava sparita nel nulla!
Aveva perso il conto del numero delle chiamate effettuate, testardo
com'era, non si era perso d'animo e aveva riprovato più
volte.
Pensare
che non fosse accaduto nulla e che semplicemente le si fosse
scaricato il cellulare mentre si trovava al sicuro in qualche luogo
remoto – ma dovevamo uscire insieme – era solo una
mera
consolazione per cercare di dormire e ragionare con calma sui fatti.
Il non sapere e il non poter fare nulla lo imbestialivano.
Tante
domande, nessuna risposta. Però aveva dei sospetti.
Ho
la sensazione di averti già incontrato.
Di
nuovo gli tornarono alla mente quelle parole. Dove? Quando? Cos'era
successo durante quell'incontro? Ma soprattutto, quell'incontro aveva
qualcosa a che fare con la situazione attuale?
La
sera della scomparsa, dopo essersi sfogato in spiaggia, si era
rinchiuso nella sua camera, tormentandosi su cosa fare.
Bakugo,
va tutto bene?
Aveva
ricevuto un messaggio di Kirishima che inizialmente ignorò,
per poi
rispondergli poco dopo.
Non
riesco a dormire, cazzo. Dove diamine si è cacciata?
I
minuti passavano ma la risposta dell'amico tardava ad arrivare.
Muoviti
a rispondere, cazzo. Non ho molta pazienza.
Un
breve trillo a conferma della risposta ricevuta.
Scusa,
scusa, hai ragione. Anche io sono preoccupato... è una
situazione
insolita. Domani troviamoci in piazza con gli altri – li ho
già
avvisati – e decidiamo come muoverci.
Gli
altri? Compose il numero di Kirishima e lo chiamò. Ci furono
molte
imprecazioni e sbuffi per la presenza di questi altri, specialmente
Deku, però era anche vero che quel pomeriggio si erano
ritrovati,
sfortunatamente, tutti insieme e avevano assistito alla scena in
stazione. Anche loro erano preoccupati, non poteva certo impedire
loro di provare questo sentimento. Beh, a Deku avrebbe potuto dire
qualcosa... e che cazzo.
Concordarono
quindi ora e luogo dell'incontro dell'indomani, per poi accomiatarsi.
Non preoccuparti Bakugo, andrà tutto bene. Kirishima chiuse
la telefonata con queste parole.
Quell'unica
ora in cui riuscì ad assopirsi, la sognò.
Si
trovava in luogo completamente bianco, senza pareti ed oggetti.
Sembrava un luogo gigantesco! Lei era sola, correva a perdifiato in
ogni direzione. Il volto paonazzo per la fatica... chissà da
quanto
stava correndo! Lui avrebbe voluto tendere la mano verso di lei, ma
non poteva. Si trovava sempre in quel luogo, ma circondato da pareti
gelatinose che formavano una sorta di cubo. Le passò avanti
più
volte, quindi capì di esserle invisibile. Provò a
sfondare le
pareti attivando la propria unicità, ma non
riuscì a creare una
singola esplosione! Provò ad utilizzare la propria forza
fisica,
senza successo. I pugni sprofondavano in quella sostanza molliccia.
Da
lontano, scorse una figura. Non riusciva a distinguerla chiaramente,
ma i peli sulla nuca si rizzarono, rabbrividì, e
capì che si
trattava dell'uomo con la cicatrice a forma di mezzaluna di cui tutti
parlavano. Cosa ci faceva lì? Aveva cattive intenzioni? Era
stato
lui a portarla in quel luogo? Nel momento in cui vide quella figura
avanzare e farsi sempre più mostruosa... si
svegliò.
Ma
che cazzo...
Non
riuscì più a riaddormentarsi. Sperava con tutto
il cuore che quello
fosse solo un sogno, e che la sua amata non stesse scappando da quel
losco figuro.
Che
ore saranno? Da quanto tempo sto correndo? Sono così
stanca...
Nakano
non aveva la più pallida di tutto ciò. Aveva
addirittura provato a
toccare il pavimento alla ricerca di qualche botola segreta, senza
successo. C'era da aspettarselo.
Non
aveva scoperto nulla di utile alla sua causa, se non che non era in
grado di utilizzare la sua unicità e che quel luogo non
aveva
un'uscita. Più precisamente, non aveva una fine. Aveva corso
per
chissà quanti chilometri alla ricerca di una porta, un buco
o
qualsiasi altra cosa fungesse da uscite, senza successo.
Così aveva
pensato di creare lei stessa un'uscita, non sapendo esattamente bene
da dove cominciare. Senza unicità e senza oggetti, come
poteva
creare qualcosa dal nulla?
Rimuginò
su quei pensieri, quando, con la coda dell'occhio, notò
qualcosa.
E
quello cos'è?
Poco
distante dal luogo in cui si trovava, si materializzò nel
nulla una
massa nera. Dall'aspetto sembrava minacciosa, perciò non si
mosse,
guardinga. La macchia scura sparì con la stessa
velocità con cui si
era creata, lasciando al suo posto uno zaino.
Il
suo zaino! Si avvicinò e lo aprì, dentro c'erano
tutte le sue cose.
Anche l'album da disegno. E fu allora che ricordò. L'uomo
con la
cicatrice. Il terrore. Il foglio da disegno...
Si
sentì sempre meno a suo agio in quel luogo, ormai
consapevole di
quello che era accaduto.
Non
ho tempo da perdere... il conto alla rovescia è iniziato!
In
lontananza, lo vide. La fissava divertito, probabilmente con un
ghigno strafottente. Teneva qualcosa in mano... una clessidra?
Che
aveva poco tempo a disposizione, lo sapeva. La priorità
assoluta era
fuggire da lì.
Ma
come?!
Angolo dell'autrice
Dopo un'infinità di
tempo, sono tornata! Sono successe
tante cose in questo
periodo... belle e brutte... ma è
stato un anno pieno di
novità ed emozioni.
Non mi ero dimenticata
della mia storia, che sono tornata ad
aggiornare. Cercherò di
essere più costante e in futuro di pubblicarne altre.
Un grazie di cuore a chi
ha messo la mia storia tra i
preferiti e le storie da
seguire. Grazie grazie grazie! ^^
Se vi va, fatemi sapere
cosa ne pensate^^
Un abbraccio!
Black_Sparkle
|
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Capitolo 5 *** Parte quinta- Sotto l'ombrello ***
C'è
chi aspetta la pioggia per non piangere da solo.
Parte
quinta- Sotto l'ombrello
Dopo aver visto il signor Kobato
la sera precedente, il capo della polizia si era fatto un'idea sulla
professione da lui svolta e sul tipo di abitazione in cui alloggiava.
Si compiacque nel verificare che, in merito alla casa, aveva fatto
centro.
L'appartamento era di modeste dimensioni, circondato da un
piccolo giardino dove svettava un meraviglioso pruno. La casa era
isolata rispetto alle altre del quartiere, eppure erano
pressoché
simili. La facciata era di un tenue color crema e se non fosse stato
per la presenza del pruno, l' abitazione poteva essere definita
piuttosto anonima. Una bicicletta era stata appoggiata con noncuranza
nel piccolo giardino dove, avvicinandosi, vide un piccolo pozzo di
legno, decorativo. A giudicare dall'altezza dell'erba, il giardino
era stato trascurato negli ultimi tempi.
Suonò il campanello.
Il
signor Kobato aprì immediatamente, come se fosse stato
dietro la
porta ad aspettare impaziente il loro arrivo. Venne loro incontro,
aprì il cancelletto in ferro e accompagnò i due
poliziotti
all'interno della casa.
" Fate attenzione ai gradini. "
Li ammonì.
Si tolsero le scarpe e vennero fatti accomodare in
salotto. Anche l'interno corrispondeva fedelmente all'idea che il
capo si era fatto. Al centro della stanza campeggiava un divano
bianco a tre posti, sotto il quale si poteva ammirare un anonimo
tappeto color crema. I mobili, dello stesso color crema del tappeto,
erano occupati prevalentemente da cornici. Alcune erano state
collocate in ordine cronologico e immortalavano i primi successi di
Nakano Touka. Nella prima foto, la ragazza doveva avere all'incirca 6
o 7 anni. A parte qualche piccolo dettaglio, la casa era piuttosto
anonima.
" La ringrazio per averci accolti in casa sua. Sono
Suzumoto, capo della polizia locale - mostrò il distintivo -
mentre
lui è Takamura, mio sottoposto. "
Kobato sorrise e seguendo
lo sguardo di Suzumoto disse: " In quella foto Touka si
preparava ad iniziare il suo primo giorno di scuola elementare.
Ricordo che fece i capricci perché non voleva farsi
pettinare i
capelli. Glieli acconciai ma al momento di fare la foto, si tolse i
codini e il risultato fu quell'assurda capigliatura. Non le
è mai
piaciuto legarsi i capelli. " Tornò con la mente al presente
e
domandò se potesse offrire qualcosa da bere ai due uomini.
"
Due bicchieri d'acqua sono più che sufficienti. " Rispose
Suzumoto. Takamura stava per parlare, ma il suo capo lo
zittì
subito. Non avrebbe disdegnato una bella birra ghiacciata...
Quando
Kobato si alzò, Suzumoto intimò a Takamura di
prendere appunti.
"
Fa molto caldo in questi giorni. Ho portato anche del ghiaccio,
servitevi pure. "
" La ringrazio " disse Suzumoto,
senza nemmeno degnare di uno sguardo il bicchiere.
" Ci
parli di Touka. Come la descriverebbe a chi non la conosce?"
Kobato si sedette di fronte a loro, su una piccola poltrona,
bianca come il divano. Bevve un sorso d'acqua, si sistemò i
polsini
della camicia e rispose.
" Touka è una ragazza molto
particolare. Ci siamo conosciuti quando lei aveva solo cinque anni.
Da allora, è entrata a far parte della mia vita. Dopo tutti
questi
anni, non saprei cosa fare senza di lei... Ha portato una gioia
immensa nel mio cuore. "
Sospirò. " Non è quello che
mi ha chiesto, mi perdoni. Touka, come dire... è diversa
dalle
ragazze della sua età. Ha una maturità notevole e
ragiona da
adulta. Non ama circondarsi di persone, preferisce fare affidamento
su se stessa ed è un po' permalosa. Però quando
le critiche sono
costruttive, le accetta e cerca di migliorarsi. Ama le sfide, non si
arrende mai... per questo, anche se non ama stare al centro
dell'attenzione, quando qualcuno ha bisogno di aiuto, si affida a
lei. Potrei definirla un leader silenzioso, che più che dar
peso
alle parole, da peso ai sentimenti degli altri... Non so se ho reso
bene l'idea.
Takamura prendeva appunti, senza tralasciare nulla.
Suzumoto lo guardò, e fece un piccolo accenno col il capo.
"
Suppongo che i genitori di Touka siano morti, o che per qualche
ragione, sia stato tolto loro l'affidamento della ragazza. Cosa sa
dirci al riguardo?"
Kobato non rispose subito. Aveva dato una
certa versione per anni e anni, tuttavia, in un momento così
critico
e insolito, non era sicuro di cosa dover dire. Mentire ai poliziotti
o raccontare la verità che nessuno sapeva? Fintanto che la
situazione non era del tutto chiara, per proteggere Touka, decise di
raccontare la solita versione dei fatti.
" Purtroppo i
genitori di Touka sono venuti a mancare in un incidente stradale. La
piccola ha riportato ferite gravi ma miracolosamente è
riuscita a
salvarsi. Se può esservi d'aiuto, posso mostrarvi tutta la
documentazione relativa all'accaduto. " Aveva guardato Suzumoto
negli occhi per evitare l'insorgere di dubbi. Dopo anni e anni, era
riuscito a diventare convincete. O almeno lo sperava.
Suzumoto,
d'altro canto, aveva capito subito che il suo interlocutore stava
mentendo. Lo sguardo che Kobato credeva essere la sua arma di difesa,
in realtà non era altro che un trucchetto da quattro soldi
per lui.
Aveva visto quello sguardo così tante volte! E poi la
postura: non
appena era stata rivolta la domanda, s'era fatto più rigido
e
composto, come se dovesse recitare una parte. Decise di stare
momentaneamente al suo gioco.
" Una vera tragedia. Suppongo
che per la piccola sia stato uno shock, soprattutto dover vivere
senza di loro, con degli estranei... Com'era il vostro rapporto? E
come ha ottenuto l'affidamento della bambina?"
" Come è
facile immaginare, all'inizio Touka diffidava di chiunque. Nessuno le
andava a genio, era piuttosto violenta e faceva di tutto per farsi
detestare. Credo volesse mettere tutti noi alla prova. Io non sono
mai stato sposato e attualmente non ho una compagna, ma ho sempre
desiderato avere un figlio. Quando ho saputo della sua triste
storia... quando ho incrociato quegli occhi vuoti e spenti... decisi
che l'avrei cresciuta io. Lavoro come responsabile area per la DKC
Corporation, pertanto guadagno uno stipendio di tutto rispetto. I
soldi non erano un problema. Il vero problema era farsi accettare
dalla bambina. Volevo ridarle una nuova vita. Il mondo è un
luogo
crudele, è vero, ma altrettanto meraviglioso. Volevo farle
conoscere
la parte meravigliosa del mondo. La prima volta che la incontrai fu
un vero disastro. Lei stessa mi raccontò anni dopo di aver
reagito
così per mettermi alla prova. A primo impatto le piacevo,
però
doveva capire se poteva fidarsi di me. Così
sfoderò il suo
repertorio peggiore e non solo mi fece del male fisicamente, ma anche
psicologicamente. Mi ferì con parole taglienti e cattive che
non
potevo credere uscissero dalla bocca di una bambina. Non mi sono mai
arreso con lei, ecco perché mi ha scelto e me ne occupo. "
"
Dal suo racconto, mi sembra di capire che la ragazza fosse arrabbiata
con il mondo. Lei sa perché? "
" B-bhe, ha perso i
genitori... qualunque bambino sarebbe arrabbiato, non le pare?"
Suzumoto non rispose. Ebbe ancora più conferma del fatto che
Kobato stesse mentendo. Di sicuro i genitori non erano morti in
auto... ammesso che fossero morti davvero. Oggigiorno non era
così
difficile contraffare delle carte e trasformare finzione in
realtà.
Per non parlare dei poliziotti corrotti...
Bevve un sorso
d'acqua. Rimase in silenzio per un paio di minuti, in modo da
osservare il suo interlocutore. Era a disagio, ma dovette ammettere
che stava bluffando piuttosto bene. Chiunque avrebbe scambiato
quell'agitazione per ansia per la scomparsa della ragazza. Il suo
istinto gli suggeriva un'ipotesi... Kobato non era implicato nella
vicenda, ma conosceva dei fatti che sicuramente giocavano un ruolo
determinante in tutta la storia. Se non ne aveva parlato, era
perché
era convinto di poter proteggere in qualche modo Touka. Questo era
solo il primo interrogatorio... ne avrebbe sostenuti altri con lui. E
a seconda delle informazioni raccolte, avrebbe deciso come agire. La
verità viene sempre a galla.
" In che rapporti è con i
compagni di classe? Dalle sue parole di poco fa, avrà scelto
di
frequentare la UA per il suo grande senso del dovere. "
"
Esatto, signor Suzumoto. Come le dicevo, non ama stare al centro
dell'attenzione, non è il tipo di ragazza che fa baldoria
per
ottenere qualcosa o da scatenare putiferi inutili. Ha un senso del
dovere tutto suo, le piace aiutare gli altri senza dare troppo
nell'occhio. Un eroe silenzioso. " Gli si inumidirono gli occhi,
ricacciò all'indentro le lacrime, facendo finta di nulla. "
Va
d'accordo con i suoi compagni di classe. Non li conosco personalmente
ma me ne parla. E poi... non so se sia un' informazione importante,
ma credo si sia innamorata. Ultimamente era più felice del
solito.
Non che di solito non fosse felice... insomma, emanava la tipica luce
delle adolescenti innamorate. "
" Le ha mai fatto
domande in proposito?"
" Qualche battuta, ovviamente ha
negato. Ogni ragazza ha i suoi segreti, è giusto che vengano
rispettati. A me interessa che sia felice... e che torni sana e salva
a casa..."
" Ha dei sospetti a riguardo? "
"
No... non è mai successo niente di simile. Mi dispiace, non
vi sono
molto d'aiuto. Pur essendo il suo tutore, non mi ha mai parlato male
di nessuno, né ho mai percepito che ci fosse qualcosa che
non
andava. Tutt'altro, era più felice. Per questo sono molto
confuso,
perché non ho la minima idea di chi possa essere implicato
in questa
storia. "
Takamura
alzò di scatto lo sguardo e incriciò quello di
Suzumoto. Entrambi concordavano sulla mancata veridicità di
quelle parole.
"
Farò tutto il possibile per aiutarvi a trovarla. Voglio che
torni sana e salva a casa da me... "
Nonostante le bugie, il suo sguardo era quello di un uomo avvilito che
si aspettava il peggio. Cercava di trattenere le lacrime, ma gli occhi
arrossati tradivano un pianto recente.
Suzumoto si alzò, Takamura fece altrettanto.
" La ringrazio per il suo tempo. La troveremo ad ogni costo, confidi in
noi."
Quando i
due poliziotti se ne furono andati, Kobato si alzò
lentamente dal divano, salì le scale e aprì la
porta della camera da letto di Touka. Rimase a lungo immobile a
fissarla, appoggiando la testa sullo stipite della porta. I ricordi
riaffiorarono...
Aveva
mentito ai poliziotti, tuttavia parte della storia era vera. Nakano
Toshizo era un suo dipendente e amico. Compagno di bevute e di
sventure, compagno sul lavoro. Kobato era stato suo testimone di nozze
qualche anno prima. Aveva sposato una donna davvero bellissima e per
quanto fosse felice per l'amico, un po' invidiava la sua fortuna.
Nakano Sachiko era una donna eterea, ma la bellezza non era il suo
unico punto forte. Il suo intelletto l'aveva spesso affascinato.
L'ultima
volta che li vide fu il 13 agosto 2005. Quella data era impressa nella
sua mente e nel suo corpo, come se fosse stato marchiato con il fuoco.
Kobato si stava recando a lavoro. Quel giorno aveva deciso per puro
caso di cambiare strada e allungare un po' il giro, scorrazzando per
strade fuori portata dal traffico. Alla radio trasmettevano un brano
famoso del quale non ricordava il nome. Cosa poteva andare storto in
quella giornata?
La
sera si sarebbe festeggiata la festa a sorpresa per il compleanno
dell'amico che lui aveva organizzato da mesi, riunendo vecchi amici
comuni. Sarebbe stata un successo, di sicuro non aveva sospettato
nulla!
I pensieri sull'imminente festa a sorpresa vennero interrotti
bruscamente da una scena che stonava completamente con l'ambiente
circostante. Rimanse inizialmente inebetito, per poi darsi qualche
schiaffo leggero sulle guance per tornare in sé. Eppure la
scena non mutava.
Cosa sta succedendo?
Il paesaggio era cambiato all'improvviso. Da semplice
stradina di campagna, si era trasformata in un luogo pericoloso. Il
cambiamento era stato netto e impercettibile. Una macchina si
materializzò all'improvviso poco più avanti la
sua. Sembrava avesse vita propria o che fosse addirittura posseduta...
perché una macchina non può alzarsi in volo come
se niente fosse...! Non aveva la più pallida idea di cosa
stesse succedendo. Era ipnotizzato da quei movimenti assurdi... ma si
ridestò quando mise a fuoco il modello della macchina e vide
chiaramente chi era alla guida. Nakano Toshizo e sua moglie Sachiko.
Non erano coscienti.
Scese immediatamente dalla macchina con il cuore che batteva
all'impazzata. Agitò stupidamente le braccia per farsi
notare, mentre venivano inghiottiti dalle tenebre e suoni sinistri si
diffondevano serpentinamente tutt'attorno.
All'improvviso ci fu una violenta esplosione. Cosa l'avesse provocata,
non era in grado di dirlo. Kobato chiuse gli occhi e si
tappò il naso per evitare tutto quel fumo che si era creato.
Che buon odore...
Possibile che il fumo potesse avere un odore tanto buono?
Passarono diversi minuti prima che tutto quel fumo sparisse. Per quel
breve periodo, travolto da quel delizioso profumo, tutta la paura e
l'angoscia di poco prima erano scomparse. Fu quando si
ritrovò sotto i piedi la testa di Toshizo che
crollò in preda al terrore. Urlò con tutto il
fiato che aveva in corpo e preso dal panico corse, inciampando nel
busto di Sachiko. Non riuscì a trattenere i conati. Un misto
di lacrime e vomito impregnavano la sua faccia. Il suo amico e la
moglie erano morti in quel modo assurdo... e per di più si
era ritrovato i loro corpi smembrati sotto i piedi. Vomitò
ripetutamente.
Come se nulla fosse successo, si materializzò una bambina.
Kobato rimase sorpreso nel vedere qualcuno oltre a lui e, nel
realizzare la tenera età della suddetta persona, guidato da
un profondo senso paterno, si avvicinò alla piccola per
abbracciarla.
Fu quando la bambina alzò lo sguardo verso di lui che si
sentì gelare il sangue.
Quella bambina dai capelli rossi e gli occhi verdi stava sorridendo.
Era estremamente felice.
Sono stata brava,
papà? Sono morti! Li ho uccisi io!
Mentre Suzumoto e Takamura terminavano l'interrogatorio
con Kobato, Kirishima e Bakugo si riunirono nel luogo stabilito il
giorno precedente insieme ai compagni di classe.
" Siete in ritardo " li ammonì Todoroki. " Vi stiamo
aspettando da una ventina di minuti. "
" Sono appena arrivato e già mi stai dando noia!"
Sbraitò per tutta risposta Bakugo.
" Kacchan... " A giudicare dall'aspetto, Bakugo non doveva aver chiuso
occhio tutta la notte. Comportandosi come suo solito, cercava di
nascondere ciò che provava. Meglio non provocarlo,
pensò.
" Scusate il ritardo" Kirishima prese parola prima che Bakugo potesse
dire altro. Non disse una parola di più relativamente al
loro ritardo. Confidava nel fatto che i compagni capissero cosa stava
provando Bakugo, e che quel ritardo era una piccola conseguenza.
" Ci sono novità?" Chiese Uraraka.
Silenzio.
" Credo
sia un no... " si rispose da sola.
" Potremmo recarci alla centrale. Parlare con quel tipo di ieri...
aveva detto che potevamo essergli d'aiuto nelle indagini. " Disse
Todoroki.
" Come sei perspicace, bastardo a metà. Vuoi portarci tu sul
tuo nobile cavallo bianco?"
" Bakugo, ma che stai dicendo? " Kirishima guardò confuso
l'amico.
" Così serio sembra un cazzo di principe che vuole salvare
la principessa. "
" Ma che... " Meglio
lasciarlo perdere, pensò Kirishima. Era normale
che delirasse.
" Se avete idee migliori, proponete. Ho solo espresso la mia opinione e
quella che secondo me è la soluzione migliore. Deduco che
nessuno ha avuto notizie da Nakano e sicuramente possiamo fornire
informazioni utili alla polizia, visto che è nostra amica. "
" Beh, è nostra amica... però sappiamo poche cose
di lei... davvero possiamo essere d'aiuto? " Uraraka si stava
scoraggiando.
" Meglio che restare con le mani in mano " la rassicurò
Deku. " Ogni dettaglio può essere importante."
Nel tragitto verso la centrale, Bakugo pensò a quello che
aveva detto Uraraka. Si sentiva agitato perché
più di tutti gli altri conosceva Touka e il suo contributo
doveva essere importante. Cercò di focalizzare tutti i
ricordi più importanti in previsione di un futuro
interrogatorio. Tuttavia, non riusciva a ricordare. Sentiva un vuoto
enorme dentro di sè, come se fosse stato da sempre in
possesso di informazioni che ora, a sua insaputa, erano scomparse.
Sapeva di sapere, ma non ricordava. Tutti i ricordi che gli erano
rimasti erano vaghi e probabilmente insufficienti per aiutare la
polizia. Maledizione!
Uno di questi ricordi, risaliva a mesi prima.
Quel giorno, durante una prova d'esame, aveva combattuto contro Deku e
aveva perso. Si sentiva ferito nell'orgoglio in una maniera
allucinante... come poteva quella nullità riuscire a
sconfiggerlo? Un buono a nulla come lui, un inutile sassolino sul
ciglio della strada... Eppure.
Eppure Deku aveva vinto. Sebbene avesse incassato molti più
colpi di Bakugo, aveva vinto. A fine lezione, la ragazza con la coda - come si chiama? - aveva
analizzato da maestrina la situazione e, per quanto lo odiasse, la
ragazza aveva ragione. Aveva combattuto come uno stupido, guidato dalla
collera.
Io ho perso contro
Deku... ho perso... Deku ha vinto...
Non riusciva a pensare ad altro. A fine lezione, a testa
bassa e in silenzio, aveva abbandonato l'aula. I compagni avevano
cercato di fermarlo, inutilmente.
Si trascinò pesantemente verso il parco abbandonato della
città, non molto lontano dalla scuola. Si sedette in cima ad
un tubo di cemento e pianse per l'orgoglio ferito.
Pioveva.
Non si accorse del suo arrivo. O meglio, si accorse di una presenza
quando non sentì più nessuna goccia di pioggia
cadergli su tutto il corpo. Alzò lo sguardo e la vide, al
riparo di un grosso ombrello di plastica giallo. Orribile, pensò.
Nessuno dei due disse una parola. A lui non dava fastidio la sua
presenza, anzi, era felice che l'avesse seguito... e che non parlasse.
D'un tratto, Touka chiuse l'ombrello e si sedette accanto a lui.
Cosa sta facendo?
Bakugo lo pensò e basta, senza parlare, come se le parole
fossero superflue. Come se pronunciandole, quelle parole venissero
inghiottite dalla pioggia. Rimasero uno accanto all'altra, senza
parlare, per un tempo indefinito. Quando Bakugo la guardò,
vide che piangeva.
"C'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo." Disse
Touka. Parola cariche di importanza, come una profezia. "Spero che
questa pioggia lavi via tutti i miei peccati."
Di cosa sta parlando?
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Capitolo 6 *** Parte sesta- Grief ***
Perdonatemi
Parte
sesta - Grief
Giugno 2005
"Amico, va tutto
bene? "
Il brano musicale in sottofondo terminò bruscamente.
Per un attimo, si distinsero chiaramente il tintinnare dei bicchieri
e le chiacchiere delle persone sedute nei tavoli accanto. Dopo
qualche istante la musica ripartì, diffondendo
tranquillità in quel
locale così chic per i suoi gusti. Per lavoro aveva
già frequentato
luoghi del genere, tuttavia, nel tempo libero, qualora
avesse voce in
capitolo, prediligeva locali più semplici e alla mano.
Quella volta,
Toshizo aveva espresso il desiderio di trascorrere la serata in quel
locale. Negli ultimi tempi l'amico era piuttosto distratto e, temendo
potesse essere successo qualcosa, lo aveva esortato più
volte a
confidarsi. Toshizo aveva negato ripetutamente, minimizzando con un
gesto della mano, come era solito fare, sostenendo di essere
solamente un po' stanco. Dopo aver insistito più volte, il
discorso
era stato chiuso. Kobato non voleva essere insistente.
Ed
ora eccoci seduti in questo bar di lusso, a bere cocktail costosi
indossando abiti firmati.
Il
giorno prima, Toshizo aveva semplicemente chiesto a Kobato se avesse
impegni la sera dell'indomani. Lui aveva consultato l'agenda e
rispose di essere libero. Fu Toshizo a dettare il luogo e l'orario
dell'incontro, senza troppe cerimonie.
"
Devo
parlarti. " Quasi lo sussurrò, e fu quel tono di voce a
preoccuparlo.
Toshizo aveva ordinato due cocktail piuttosto
forti e Kobato aveva l'impressione che l'amico volesse proseguire su
quella strada. Non era la prima volta che si abbandonava all'alcool
quando doveva affrontare qualche problema. Per fortuna, da sobrio,
ritrovava una lucidità sorprendente e riusciva a risolvere
la
situazione. Probabilmente era solo una valvola di sfogo.
Dopo un
lungo sorso di Vodka Lemon, sospirò.
" Kenji, sono sempre
stato molto sincero con te, e lo sai. Mi spiace averti fatto
preoccupare in quest'ultimo periodo. Sono molto confuso e ho bisogno
di parlarti. " Bevve un altro sorso, meno lungo del precedente.
" Prima di tutto, ciò che ti racconterò
dovrà rimanere, come
del resto ogni altra cosa, tra di noi. Lo dico per scrupolo e non per
mancanza di fiducia, lo sai. Secondo... " Si interruppe.
"
Scusami. Secondo, tutto ciò che sto per raccontarti,
è la pura e
semplice verità. Ti prego di credermi. "
" Perché non
dovrei crederti? "
" Insomma...è tutto molto strano...
quasi assurdo! Temo tu possa pensare che io abbia sbattuto la testa
da qualche parte, o che abbia usato qualche droga potente. No, ti
giuro che è la verità, e tu sei l'unico al quale
posso parlare in
tutta franchezza. Ma ti prego di credermi e di non pensare che io sia
pazzo. "
Kobato rimase sbalordito di fronte alla
disperazione dell'amico. Si era dato un contegno, ma il suo bisogno
di essere creduto lo allarmava. Mai e poi mai avrebbe dubitato di
lui, e quello che gli era capitato doveva essere davvero assurdo per
arrivare a pregarlo.
" Non preoccuparti di questo, non
tralasciare nessun dettaglio e raccontami ogni cosa. Hai la mia
parola. Ti crederò, come ho sempre fatto. " Lo
rassicurò.
Toshizo sorrise nervosamente e incominciò il suo racconto.
"
Tutto è iniziato circa due mesi fa. Posso dirlo con certezza
solo in
questo momento, dopo aver unito tutti i pezzi. Ho pensato che ci
dovesse essere per forza un collegamento... un elemento scatenante.
Due mesi fa, mia moglie mi diede una notizia meravigliosa. Era
incinta di quattro settimane. Non avevamo programmato alcuna
gravidanza, ma la gioia fu davvero immensa. Decidemmo di aspettare
fino al terzo mese prima di comunicare ufficialmente l'evento ad
amici e parenti. Con una grande gioia nel cuore, condividemmo questo
segreto, progettando la nostra nuova vita futura.
Ero davvero
felice e la tentazione di gridare " diventerò
papà " era
tanto forte da dover trattenermi con fatica. Saresti stata la prima
persona alla quale l'avrei detto. Ogni volta che parlavamo ero
tentato di raccontarti tutto... ma avevo promesso a mia moglie di
mantenere il segreto, e così feci. Chiesi di poter lavorare
di più
per ottenere un aumento, economicamente parlando non abbiamo grossi
problemi, ma trattandosi di una gravidanza inaspettata, seppur ben
accolta, volevo assolutamente evitare l'insorgere di problemi futuri.
Sachiko fece altrettanto.
Ti starai domandando cosa possa andare
storto nella mia vita dopo questa meravigliosa notizia... ebbene, da
quando Sachiko mi annunciò della gravidanza, le notti
divennero un
inferno. All'inizio pensavo si trattassero solo di brutti sogni, come
del resto capita a chiunque. Svegliandomi nel cuore della notte, la
sentivo gemere, l'abbracciavo e pian piano si calmava. Le prime
nottate, i fatti si susseguirono nel medesimo modo. All'inizio non mi
preoccupai, pensavo fosse normale avere degli incubi e che, per
quanto potesse essere felice per la gravidanza, ne doveva essere
anche molto spaventata. Ricondussi quindi quegli avvenimenti al suo
stato d'animo. Ci fu un breve periodo di calma e
tranquillità, al
quale ne seguì uno un po' più turbolento. Sachiko
tornava ad
agitarsi la notte, questa volta gridava " vattene " e altre
parole che feci fatica a comprendere. Il mattino seguente,
chiedendole se fosse tutto ok, mi rispose come se nulla fosse
successo. Gli incubi e le urla tornarono a susseguirsi e non potei
non affrontare il discorso con Sachiko. Non volevo turbarla ma avevo
bisogno di sapere cosa stesse succedendo. "
Si interruppe per
ordinare il terzo bicchiere di Vodka Lemon e riprese il racconto.
"
Ti chiedo gentilmente di conservare tutte le domande per dopo. Mi
spiace ma vorrei evitare di perdere il filo del discorso. "
Mangiò un boccone di un tramezzino ben farcito ordinato poco
prima e
riprese il racconto. " Come dicevo, decisi di affrontare il
discorso con Sachiko. Durante il giorno non presentava alcun segno di
turbamento, era sempre energica e solare, perciò temevo di
darle
preoccupazioni inutili raccontandole degli episodi notturni.
Nonostante ciò, le raccontai tutto, chiedendole se
ricordasse anche
solo un dettaglio insignificante, qualsiasi cosa legata alla notte.
Mi disse semplicemente che dormiva molto profondamente e che non
aveva ricordi di incubi particolari. Anzi, si meravigliò
delle mie
parole. Come la prima volta, ci fu poi un periodo di calma che
durò
una decina di giorni. Avevo quasi smesso di pensarci quando, diverse
notti dopo, accadde qualcosa di unico. Com'era già capitato
diverse
volte, mi svegliai a causa dei lamenti di Sachiko. L'abbraccia forte
e le carezzai il viso per tranquillizzarla. Quello che ti sto per
dire ha dell'incredibile... dopo averla abbracciata, sollevai
istintivamente lo sguardo e mi guardai intorno. Fu allora che non
riuscì a soffocare un urlo. Di fronte a me c'era qualcuno!
Rimasi
completamente paralizzato ma non mollai Sachiko un secondo. La sentii
dire " vattene " come le prime volte e, voltandomi verso la
figura, non riuscii a distinguere chiaramente chi fosse, o cosa, ma
venni travolto da un'ondata di malvagità assurda... provai
così
tanta paura da farmela addosso. Tutto ciò duro poco
più di un
minuto. Quando quella cosa se ne fu andata, non riuscii a chiudere
occhio tutta la notte. Al mattino, il ventre di Sachiko era ricoperto
di lividi, come se fosse stata presa a calci e pugni da qualcuno. In
preda al panico e con Sachiko che piangeva a dirotto, andammo
immediatamente dalla ginecologa. Venni sospettato di maltrattamenti
verso mia moglie. La cosa mi indignò ma non potevo biasimare
nessuno, penso che al suo posto avrei pensato esattamente la stessa
cosa. Mia moglie prese le mie difese, tuttavia non riusciva a dare
una spiegazione plausibile all'accaduto. Il bambino, fortunatamente,
stava bene, ma i lividi andavano curati e Sachiko avrebbe dovuto
astenersi dal lavoro e riposare, per evitare iperaffaticamento.
Quando tornammo a casa e fummo soli, mi confidò che, quella
notte,
aveva avvertito una strana presenza che voleva portarle via la
bambina. Tutto ciò aveva la parvenza di un incubo, non aveva
sentito
alcun dolore fisico, tanto meno pensava potesse essere reale. Al
risveglio, vedendo quei lividi, fu presa dal panico. Non sapevamo
assolutamente cosa fare. Provai a informarmi in rete se fossero
accaduti casi analoghi, o se esistesse un'unicità del genere
in
giro... ma più che un'unicità, aveva le sembianze
di un fenomeno
paranormale. La notte seguente, seppur stanchi e sfiniti, non
chiudemmo occhio. Quella cosa non apparve. Sachiko aveva paura ad
addormentarsi. Non potendo stare in eterno senza chiudere occhio,
decidemmo di fare una prova. Come ben sai, la mia unicità
è inutile
per combattere, perciò mi attrezzai materialmente con
ciò che
trovai in casa per evitare un attacco... ma non accadde nulla.
Nemmeno i giorni seguenti. Eravamo un poco più tranquilli,
ma non
potevamo ignorare quello che era accaduto. I lividi di Sachiko erano
in via di guarigione. La notte tornammo a dormire. Gli incubi
notturni cessarono... ma di giorno cominciarono ad accadere cose
strane. Oggetti che si rompono da soli, rumori sinistri... trovammo
il nostro gatto morto davanti casa. Lo specchio completamente in
frantumi. Con i cocci era stata scritta la parola " kid ",
bambino. Qualcuno aveva disegnato sulle pareti... omini stilizzati in
pose atroci. Non era difficile immaginare che quegli omini fossimo io
e Sachiko. Decidemmo di consultare qualche medium temendo che la casa
fosse maledetta, all'inizio senza risultati. Solo uno di loro, un
uomo di cui non riesco a ricordare il nome, praticò uno
strano rito
affermando di aver chiuso la " porte del male ", o qualcosa
del genere. Sta di fatto che da quel giorno la nostra casa non ha
subito danni, Sachiko non ha più lividi e tutto sembra
essere
apparentemente tornato alla normalità. So che è
difficile credere a
qualcosa del genere... ma è la pura verità. Anche
Sachiko può
confermarlo. Dopo la visita di quel medium si sente un po'
più
sicura, ma non riesco a levarmi di dosso la sensazione di terrore e
panico che ho provato... ho paura che da un momento all'altro possa
tornare a farci del male. In tutto ciò, solo una volta io
feci un
incubo. E a differenza di Sachiko, al risveglio lo ricordavo
perfettamente. Sognai una bambina dai capelli rossi e gli occhi
verdi... davvero una bella bambina. Pensai fosse la creatura che
aveva Sachiko in grembo, ormai già più
grandicella, in età da
scuola materna. Stringeva la mano a Sachiko, erano felici. Nel mio
sogno, le si vedeva il pancione. Sorrisi.
La bambina si voltò di
scatto e si scagliò furiosamente sul ventre di Sachiko. Io
corsi
come un pazzo ma più correvo verso di loro, più
mi facevo distante.
Vidi Sachiko a terra, immersa nel suo sangue...
Mi sveglia
bruscamente e vomitai. Cercai di tranquillizzarmi dicendomi che si
era trattato solo di un incubo, che Sachiko era addormentata
serenamente accanto a me, e che quella bambina con i capelli rossi
non esisteva. Eppure me la ritrovai davanti. Non saprei dire se fosse
reale o meno, ma per un attimo la vidi e la riconobbi immediatamente.
Sorrideva. "
Seguitò un silenzio che durò diversi
minuti. Kobato aveva ascoltato attentamente le parole dell'amico,
provando una sfilza di emozioni differenti, senza però
provare il
minimo dubbio per le sue parole.
" Toshizo..." fu solo
capace di dire il suo nome. L'amico bevve velocemente il drink, ne
ordinò un quarto. " Io non so cosa significhi tutto
ciò, tanto
meno perché debba capitare a noi. Ma ho tratto le mie
conclusioni, e
il bambino che Sachiko porta in grembo è in pericolo.
Sì, dopo che
quello strano medium ci ha fatto visita, non è successo
più nulla
di strano... ma ho una paura fottuta di perdere mio figlio. "
Si coprì il volto con le mani e scoppiò a
piangere. I clienti
in sala si voltarono a guardarli, per poi girarsi con discrezione.
"
Vieni a casa mia " propose Kobato. " Hai bevuto abbastanza
questa sera. Potrai piangere quanto vuoi, ma prima andiamocene via da
questo luogo pieno di curiosi. "
Pagarono il conto e si
diressero a casa. " Sachiko è tornata a casa dei suoi per
qualche giorno, anche lei ha paura e ha pensato di allontanarsi per
un po' dalla nostra casa" disse asciugandosi le lacrime che
aveva pianto strada facendo.
" Come ti dicevo in macchina,
puoi stare qui da me nel frattempo. Tanto qui ci abito solo io. E
poi, è giusto che tu ritrovi un po' di
tranquillità. "
Toshizo rimase sue ospite per ben tre settimane. Sachiko perse il
bambino che aveva in grembo.
Ad agosto, Kobato assistette alla
loro morte e vide con i propri occhi la causa di tutto quello che era
successo. Non aveva mai dubitato dell'amico.
Quanti
giorni erano passati dalla sua scomparsa? Cosa stava succedendo nel
mondo esterno? Erano preoccupati per lei? Si sarebbe salvata?
Tante
domande le vorticavano nel cervello. Il pensiero principale era
salvarsi da quel luogo il prima possibile. Poteva ancora farcela.
Aveva visto l'uomo con la cicatrice - quanto
tempo era passato?
- e da allora non aveva incontrato nessuno. D'altronde, se lo
aspettava.
Ha
avuto la gentilezza di ricordarmi che ho poco tempo a disposizione
per potermi salvare.
Le
dinamiche dell'accaduto non le erano ancora ben chiare, tuttavia
aveva avuto molto tempo a disposizione per pensare e di due cose era
certa. Primo, nella vicenda era implicato quel mostro di suo padre.
Secondo, per lui era arrivato il momento di sbarazzarsi
definitivamente di lei. E terzo, pensò tra sé e
sé, se non mi
sbrigo ad uscire di qui, ce la farà senza troppi problemi.
Definire
quell'uomo padre, le faceva venire il voltastomaco. Biologicamente
parlando, non lo si poteva definire in altro modo, per il resto, non
aveva fatto nulla per lei, se non rovinarle la vita. E ora voleva
sbarazzarsi di lei. Ora che aveva ricominciato una nuova vita, aveva
degli amici, aveva imparato ad amare... Lo odiava con tutta se
stessa.
L'hai
odiato anche tu, mamma. E non lo potrò mai perdonare per
quello che
ci ha fatto.
Maledizione!
Troppi
ricordi e troppo dolore la stavano confondendo. Non era il momento
per ricordare le atrocità commesse e subite, tanto meno il
momento
per piangere la madre perduta. Doveva uscire da lì,
assolutamente,
ma come? Non poteva nemmeno usare la propria unicità! Aveva
pensato
e ripensato in continuazione, senza trovare una via d'uscita. Per
inerzia, si era messa a sfogliare il suo album da disegno, trovato
nel suo zaino apparso magicamente davanti a lei. Rimase di stucco
nell'osservare che era vuoto. Che fine avevano fatto tutti i suoi
disegni? Le pagine erano state strappate.
Più il tempo passava,
meno capiva a che gioco stesse giocando suo padre. Soprattutto, dove
aveva trovato quell'uomo con la cicatrice che incuteva così
tanto
terrore? Giurava di non averlo mai visto prima... nei suoi ricordi
non c'era nessuno del genere.
Si accasciò a terra, portando le
ginocchia al petto. Chiuse gli occhi e cominciò a pensare.
Katsuki... Kenji... e tutti gli altri della UA...
Non
posso piangere proprio ora. Niente è ancora perduto. Non
posso...
All'improvviso,
fu scossa da un ricordo. Non seppe dire che cosa avesse scatenato
quell'evento in particolare, ma non poté vincere le lacrime
e si
lasciò andare ad un pianto liberatorio.
Nakano
Touka... Il
suo nome era un enorme peso che portava sulle spalle giorno dopo
giorno. Non era quello vero che voleva dimenticare per sempre. Aveva
scelto un nome con un peso tanto grande proprio per ricordare a se
stessa la sofferenza subita e gli errori commessi per colpa di quel
mostro. Quando era più piccola, suo padre l'aveva soggiogata
e
costretta a uccidere due povere persone senza alcun motivo
apparente... lei sapeva che se non gli avesse obbedito, avrebbe
ucciso la mamma che teneva in ostaggio. Però lei non voleva
nemmeno
uccidere degli innocenti... Ricordò quando suo padre la
punì per
l'esitazione, ferendo la madre in modo tale da provocarle il peggior
dolore possibile. Non aveva la forza per opporsi, o meglio, non era
in grado di controllarla ed era costretta ad ubbidirgli. E
così,
uccise quei poveri innocenti... la donna era anche incinta, aspettava
una bambina... Quando poi incontrò Kenji Kobato,
riuscì a liberarsi
dal mostro e ad iniziare una nuova vita. Aveva bisogno di un nome
nuovo. Ci mise un attimo a scegliere. Touka era il nome di sua
sorella che non era riuscita a salvare... Nakano il cognome di quei
poveri innocenti che aveva ucciso per salvare la madre... Dopo tanti
anni, ancora non conosceva il motivo per cui suo padre ce l'avesse
con quei due giovani.
Touka...
per dare una nuova possibilità di vita a chi non
c'è più.
Nakano...
in onore di
una famiglia distrutta con le sue mani.
Un nome che ogni
giorno le ricorda i propri fallimenti, per far si che non ricapitino
più.
Perdonatemi...
Le lacrime caddero copiose sulle sue guance.
|
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Capitolo 7 *** Parte settima- Mappa ***
Tic,
toc, tic, toc...
Parte
settima-Mappa
Lo fece istintivamente, senza neanche
pensarci troppo. Si ritrovò a frugare tra i cassetti della
cameretta
alla ricerca di quel diario bianco con gli adesivi che aveva visto
così tante volte. Doveva essere lì da qualche
parte...
Quando
i ricordi del passato smisero di vorticargli nel cervello, si
ritrovò
a cercare con fervore il diario, come se avesse ricordato
all'improvviso qualcosa di urgente che, fino a quel momento, aveva
completamente rimosso. Sapeva di star commettendo qualcosa di
moralmente scorretto: mai e poi mai si sarebbe permesso di violare la
privacy di Touka, o meglio, di qualsiasi altra persona. Eppure...
Doveva farlo. Era consapevole di aver mentito a Suzumoto durante
l'interrogatorio. Non solo, aveva celato informazioni importanti che
avrebbero portato la polizia su una strada probabilmente corretta.
Già, probabilmente. Non poteva essere totalmente certo
dell'implicazione di quel mostro nella vicenda, ma le
probabilità
erano alte. Allora perché mentire? Per un attimo
provò delusione
per la sua persona. Si era sempre definito un uomo di un certo
stampo, con una forte integrità morale, grazie alla quale
aveva
guadagnato il rispetto di molti uomini. Dov'era finita adesso quella
morale? Si stava comportando in modo così scorretto rispetto
alla
sua persona! Non avrebbe dovuto mentire, non avrebbe dovuto celare
informazioni, non avrebbe dovuto cercare lui stesso delle prove sul
diario personale di Touka per scoprire se avesse fatto parola con
qualche compagno di classe sul suo passato... Insomma, una lista di
"non" che non prometteva niente di buono.
Provava pena
per se stesso, ma provava a giustificarla ricordandosi il vero motivo
dietro tutte quelle azioni. Proteggerla era la priorità
assoluta, e
gettare la sua storia in pasto ai poliziotti, senza avere uno
straccio di prova... Inammissibile. Un ragionamento un po' contorto
considerando i dati di fatto: la polizia non è un nemico
bensì un
alleato. Eppure, in cuor suo, sapeva che non era del tutto vero... La
polizia avrebbe potuto peggiorare ulteriormente la situazione. Lui
soltanto conosceva la vera storia, e proprio per questo doveva prima
accertarsi della veridicità delle sue ipotesi... da solo.
Con la
polizia avrebbe risolto più avanti, adesso la sua
priorità era
un'altra.
Oppure
sto solo cercando di giustificare la mia incoerenza con queste frasi
fatte.
Al diavolo.
Prima
di proseguire per la sua strada, doveva verificare di essere l'unico
a conoscenza degli eventi. Se Touka si fosse confidata con qualche
compagno di classe... beh, di sicuro i ragazzi sarebbero stati
interrogati dalla polizia e tutte le sue bugie sarebbero state vane.
Aveva bisogno di trovare un nome che confermasse il suo pensiero...
Non poteva certo materializzarsi nel nulla a casa dei ragazzi e
sparare domande a raffica. Non era l'approccio corretto. Se solo
avesse trovato un nome nel diario a conferma di tutto ciò...
avrebbe
poi parlato a questa persona tranquillamente... ma doveva sbrigarsi.
Il tempo non era certamente dalla sua parte.
Kobato si aspettava
di trovare un solo nome. Il che sarebbe stato anche meglio per lui,
avrebbe potuto negoziare più facilmente. Al di là
di questo fatto,
si aspettava di trovare un solo nome per il semplice fatto che fosse
di per sé strano trovarne uno. Una persona come Touka non
avrebbe
mai raccontato nulla di così tanto personale facilmente,
figuriamoci a più persone! Con una in particolare avrebbe
potuto
aprirsi... Non raccontare tutta la storia per filo e per segno ma per
lo meno raccontare qualcosa.
Trovò
il diario nascosto in un cassetto della scrivania. Lo
soppesò tra le
mani, come se potesse contenere chissà che cosa, e senza
pensarci
troppo, lo aprì. Sfogliò qualche pagina e si
soffermò a leggerne
qualcuna. C'era da aspettarselo: le pagine non erano ricolme di
parole, giusto qualche breve riga per riassumere eventi significativi
della giornata. Osservò la data nell'angolo destro della
pagina e
scelse quindi quelle relative a qualche mese precedente.
Il tempo
scorreva lentamente.
Il nome che veniva menzionato più spesso
nelle pagine era quello di un certo Bakugo Katsuki. Sì, il
nome
portò alla mente un volto. Un ragazzo particolarmente
volgare e
aggressivo, con i capelli biondi. Possibile che a Touka potesse
piacere una persona... così? Non aveva tuttavia motivo di
giudicare,
non conosceva personalmente il ragazzo, lo aveva visto alla
televisione in occasione del festival sportivo. Si sentiva sporco nel
continuare a leggere le pagine... eppure doveva trovare di
più,
doveva avere la certezza che qualcun altro sapesse. Aveva quasi perso
le speranze, quando un segno colorato a fondo pagina attirò
la sua
attenzione. In un primo momento quasi non riuscì a credere a
quello
che aveva appena letto. Rilesse più volte ma le parole
restarono
immutate.
Io
e te dobbiamo parlare un po'... Bakugo Katsuki.
Guardando fuori dal finestrino del
veicolo in movimento, Takamura aspettava che il capo proferisse
parola sull'interrogatorio appena concluso. Come di consueto, avrebbe
dato la sua opinione a riguardo dopo uno straziante silenzio. Avrebbe
voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa pur di non dover subire quel
silenzio così pesante, tuttavia sapeva che il capo si stava
concentrando e non voleva certo attirare la sua ira funesta su di
sé.
Doveva mostrarsi all'altezza delle aspettative; sebbene si fosse
messo da solo, in passato, in una situazione tremenda, adesso doveva
uscirne e doveva lavorare con serietà e impegno, senza
battere la
fiacca. Anche se certe volte la tentazione del gioco era
così
forte...
" Gli uomini non fanno altro che raccontare bugie. A
loro stessi e agli altri. " Esordì Suzumoto, interrompendo
le
fantasticherie di Takamura sul gioco d'azzardo.
" In una
situazione del genere, che senso ha mentire? A che gioco sta giocando
quell'uomo? "
Takamura stava per rispondere quando, con la
coda dell'occhio, intravide i ragazzi della UA. A giudicare dal fatto
che si trovavano nei pressi della centrale, era probabile che
volessero parlare con loro. Lo fece notare a Suzumoto, il quale
abbassò il finestrino per richiamare la loro attenzione.
Cercò poi
parcheggio e li avvicinò.
" Ragazzi " li apostrofò "
devo parlare con voi. Immagino siate venuti qui per questo. "
"
Vorremmo dare una mano nelle ricerche, se possibile. " Disse
Todoroki. Deku e Kirishima fecero un breve cenno del capo in segno di
condivisione delle parole dell'amico. Uraraka stringeva i pugni
mentre Bakugo aveva uno sguardo assente. Non riusciva a capacitarsi
del vuoto che provava. Doveva essere a conoscenza di qualcosa...
com'era possibile aver dimenticato tutto? Cosa avrebbe raccontato
alla polizia ora che era giunto il momento di parlare con loro?
Sapeva di poter contribuire, lo sapevano anche i suoi compagni,
eppure non aveva nessuna informazione utile, come se qualcuno avesse
aperto il suo cassetto dei ricordi per estrarre quelli necessari per
quell'occasione. Rimuginarci sopra forse avrebbe portato a qualcosa,
ma durante il tragitto non era riuscito a ricavare nulla, se non la
frustrante sensazione di non essere in grado di poter dare una mano.
Non si perse però d'animo, forse al momento
dell'interrogatorio, i
ricordi sarebbero riaffiorati tranquillamente... quel vuoto poteva
essere una conseguenza delle forte emozioni provate.
Era così
concentrato nei suoi pensieri che non si accorse di essere rimasto
indietro. Si ridestò quando Kirishima gli colpì
il braccio per
portarlo alla realtà. In effetti gli altri erano
già all'interno
della centrale, insieme ai due poliziotti. Il momento decisivo si
stava avvicinando.
Non era un grande appassionato di polizieschi,
per caso gli era capitato di vedere qualche film di quel genere e si
era fatto un'idea sull'argomento. Vedere un film ed essere
protagonisti di un interrogatorio era tutt'altra cosa, però.
"
Andiamo Bakugo " lo esortò Kirishima.
Bakugo sbuffò e lo
seguì.
I ragazzi vennero condotti all'interno di una stanza
semplice, dotata di un grande tavolo e una lavagnetta alla parete
dove diversi nomi erano scritti accanto a determinate mansioni. La
sala riunioni.
" Prendete posto a sedere " li invitò
Suzumoto e, indicando Takamura aggiunse: " E porta dell'acqua
per i ragazzi, per favore. "
Aspettarono il poliziotto che
portò loro, come richiesto, una bottiglietta d'acqua per
ciascuno, e
prese posto accanto a Suzumoto.
" Ho bisogno di parlare con
ciascuno di voi. In privato. Non siete sotto accusa, rilassatevi. Ho
bisogno della vostra collaborazione per sapere cosa possa essere
successo e visto che siete suoi compagni di classe, spero possiate
dirmi qualche cosa su Touka che noi ovviamente non conosciamo. Per
poter capire cosa sia successo, dobbiamo anche conoscere a fondo la
ragazza, pertanto qualsiasi informazione, pensiero e punto di vista
voi abbiate, non temete, siete pregati di dirci tutto. Non date nulla
per scontato, anche la più inutile delle affermazioni
può
rivelarsi, al contrario, preziosa. " Indicò la lavagnetta. "
Come potete vedere, il nostro compito è questo, interrogare
chi
conosce la ragazza. Parenti, amici, conoscenti. Altri miei uomini si
stanno occupando dell'aspetto pratico della questione. Siamo in
attesa di loro aggiornamenti. "
Seguì un silenzio
imbarazzante per i ragazzi. Nessuno di loro sapeva cosa dire. Mille
pensieri vorticarono nelle loro menti. Tutti si sforzavano di
ricordare qualsiasi dettaglio, anche insignificante, come aveva
appena chiesto il capo, per poter essere utili e fare la loro parte.
Per il momento, non potevano aiutare la polizia in nessun altro
modo...
Bussarono alla porta.
" Capo, capo! "
Entrò in scena un uomo trafelato, pallido in volto. Teneva
tra le
mani una spessa busta marrone. " Deve assolutamente vedere
questa cosa..." indicò la busta. " Giuro che nessuno di
noi l'ha più toccata, è rimasta in custodia
assieme a tutti gli
altri documenti. Poco fa, dopo essere tornato dalla stazione, l'ho
riaperta per verificare altri dossier e... guardi qui! "
Appoggiò la busta sul tavolo, in modo che tutti potessero
vedere. La presenza dei ragazzi gli era del tutto indifferente, se
erano con il capo, non c'era nulla di cui lui aveva il diritto di
lamentarsi. La busta conteneva un foglio accuratamente conservato in
una bustina trasparente. Il poliziotto lo dispiegò e sul
foglio si
materializzò una specie di mappa.
" Dunque? " Domandò
Suzumoto. " Perché sei così sconvolto, Miyami? "
"
Questo foglio che vedete ora... è il foglio da disegno che
abbiamo
trovato ieri in stazione. Lo abbiamo archiviato in questa spessa
busta insieme agli altri documenti, io ne sono il responsabile e
giuro che nessuno ha più toccato la busta fino a poco fa.
Quando
l'ho aperta, non potevo credere a ciò che stavo vedendo... "
"
Aspetta, aspetta. " Suzumoto prese posto a sedere. " Stai
dicendo che il disegno che abbiamo trovato ieri... si è
trasformato,
da solo, in questo? Ma è assurdo! "
" Capo, è la
verità, le giuro che nessuno ha toccato la busta e il foglio
è lo
stesso. Guardi, è un foglio da disegno. Solo che sono
cambiati i
soggetti... ora c'è una specie di mappa che non riesco a
decifrare... "
" Che razza di unicità è questa? "
Domandò Bakugo, perplesso. Si avvicinarono tutti per
guardare da
vicino il foglio... e sembrava in tutto e per tutto una mappa.
"
Ma soprattutto, cosa raffigura questa mappa? " Prese parola
Todoroki. " Non sembra quella della nostra città. "
"
Takamura " tuonò il capo " connettiti al sistema e
scannerizziamo la mappa. Dobbiamo capire di quale città si
tratta. "
Takamura obbedì, ma non ottenne risultati.
" Non esiste
niente del genere... " sussurrò, preparandosi alla sfuriata
del
capo.
" Impossibile! Riprova! "
Riprovò, i
risultati non cambiarono.
" Possiamo darci un'altra
occhiata? " Domandò Ochaco. " Magari ci è
sfuggito
qualcosa..."
La mappa venne dispiegata sul tavolo. Tutti,
compresi Suzumoto, Takamura e Miyami, la scrutarono nuovamente.
Per
sbaglio, Kirishima urtò il bicchiere d'acqua, e Uraraka
attivò
tempestivamente la sua unicità per far fluttuare il
bicchiere ed
evitare che il contenuto si rovesciasse sul foglio.
" Stai
più attento! " lo ammonì Suzumoto. " Avresti po-
"
Guardate! " Deku interruppe il capo per portare l'attenzione
sulla mappa. " Il foglio è cambiato ancora!"
Ed era
vero, nell'angolo del foglio, a matita, comparvero dei numeri... che
man mano diminuivano, secondo dopo secondo.
" Un timer?"
Domandò Uraraka. " Come ha fatto ad apparire dal nulla?"
" Non ne ho idea... ma se quel numero rappresenta davvero un
timer, non abbiamo molto tempo a disposizione. " Suzumoto fece
dei rapidi calcoli. " Una settimana... abbiamo tempo una
settimana. " La sua voce si fece sempre più grave.
Bakugo
sussultò. Una settimana... Non avevano nemmeno uno straccio
di
indizio!
Merda,
merda, merda!
" Cosa
ci facciamo ancora seduti? Muoviamo il culo e facciamo qualcosa! "
Battè i pugni sul tavolo e, nella foga, fece cadere per
terra la
sedia su cui era seduto.
" Calmati Bakugo... Agitarsi non
serve a niente..." Cercò di tranquillizzarlo Kirishima,
anche
se, come l'amico, era sconvolto dal fatto che dovessero lottare
contro il tempo per poter salvare l'amica. La situazione stava
degenerando.
" Calmarmi?! Starai scherzando! Questo è il
primo giorno e non possiamo permetterci di sprecarlo tenendo i nostri
culi incollati alla sedia! Dobbiamo agire! "
" Ragazzo,
siamo tutti sconvolti! Un conto alla rovescia non porta mai niente di
buono " intervenne Suzumoto. " E hai perfettamente ragione.
Non ce ne staremo incollati alle sedie e ci metteremo subito
all'opera. Organizzerò nuove squadre di ricerca, lavoreremo
anche di
notte. " Si avvicinò a Bakugo, mettendogli una mano sulla
spalla, che il ragazzo prontamente scansò con fastidio. "
Devo
organizzare immediatamente le squadre, e ho bisogno della
collaborazione di tutti. Radunerò gli uomini incaricati del
caso, in
modo tale che possano darci una mano nell'identificazione della
mappa. Purtroppo, senza aver decifrato questa, non possiamo fare
assolutamente niente. Piuttosto che gironzolare a casaccio per la
città, spremiamoci tutti quanti le meningi e troviamo un
modo per
decifrarla. Solamente dopo averla decifrata, entreremo in azione.
"
Bakugo raccolse la sedia da terra e tornò a sedersi. Se la
situazione non fosse migliorata, sarebbe impazzito. Era ovvio che
prima di poter fare qualcosa dovevano decifrare l'unico indizio a
loro disposizione... ma cazzo, era così nervoso! Una
settimana...
cosa sarebbe successo se non fossero riusciti a salvare Touka entro
quel lasso di tempo? Non voleva nemmeno pensare all'ipotesi tanto
orrenda che si era materializzata nel cervello... E contro chi
stavano lottando? Se fossero riusciti a salvarla in tempo, cosa
avrebbe loro garantito di poterla effettivamente salvare? E se tutto
ciò non era altro che una trappola?
Cazzo,
cazzo, cazzo!
Sebbene
non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, Kirishima aveva ragione:
doveva calmarsi e pensare razionalmente a cosa fare. Il suo guardo
cadde sul bicchiere che Kirishima aveva quasi fatto cadere. Nella
stanza si erano riunite altre persone, Suzumoto stava spiegando loro
come si era evoluta la situazione.
Un
momento... Quando Uraraka ha attivato la sua unicità per non
far
cadere il bicchiere, Deku ci ha fatto notare il numero comparso
all'improvviso...
"
Uraraka, attiva la tua unicità. "
" Eh? P- perché? "
Lo fissò incredula.
" Fallo e basta! Forse questo foglio
reagisce alle unicità. Quando prima hai attivato il tuo
quirk, è
comparso quel numero. Forse, riattivandolo di nuovo,
comparirà
qualcos'altro di utile. "
I poliziotti si interruppero
vedendo la ragazza attivare la propria unicità.
" Cosa posso
far fluttuare? Un altro bicchiere? "
" Prova con il mio
" disse Deku. Fece per rovesciarlo come aveva fatto Kirishima.
Uraraka attivò la propria unicità e tutti si
avvicinarono al foglio
per vedere cosa fosse cambiato... niente.
" Mi spiace..."
si scusò Uraraka.
" Ci provo io " Bakugo si prestò ad
attivare la propria unicità. " Forse non è
successo nulla
perché hai già utilizzato la tua
unicità. "
Una piccola
esplosione portò un altro segno sul foglio.
" Bravissimo
Kacchan! " Deku indicò il segno apparso sul foglio e
chiamò
Suzumoto e gli altri poliziotti. " Guardate qua... "
Questa volta era apparsa una bussola. Un disegno di una bussola
il cui ago girava senza tregua.
" Quindi se attiviamo il
nostro quirk riusciamo a sbloccare qualche pezzo della mappa? "
Kirishima indurì il braccio. " Vediamo che succede! "
"
Non è uscito niente... forse dipende dal tipo di quirk. "
Sentenziò Uraraka. Un po' deluso, Kirishima si fece da
parte.
"
Credo che nemmeno il mio quirk porterà a qualcosa " disse
Deku.
" Ma vale la pena fare un tentativo. " Attivò la propria
unicità, ma non successe nulla.
" Come immaginavo... "
Si rivolse a Todoroki. " Il tuo quirk vale doppio, prova ad
usare prima il ghiaccio e poi le fiamme, vediamo cosa succede! "
Il
ghiaccio di Todoroki si espanse sul tavolo e venne poi sciolto dalle
sue fiamme. Sul foglio apparvero due nuovi segni.
Il primo era il
segno di una mezzaluna. Un chiaro riferimento all'uomo del treno.
Fu
il segno che apparve subito dopo ad attirare l'attenzione di tutti.
Un puntino luminoso apparve in un punto preciso della mappa, e l'ago
della bussola smise di girare all'impazzata.
Restarono tutti con
il fiato sospeso. Gli uomini del corpo di polizia erano privi di
unicità, pertanto non si unirono ai ragazzi. Dovevano
risolvere
ancora un interrogativo. Quella mappa che luogo rappresentava
esattamente?
" Ragazzi, ottimo lavoro, sono sbalordito. "
Intervenne Suzumoto. " Bakugo, hai avuto un intuito eccellente.
"
" Capo, vorrei provare nuovamente a scannerizzare la
mappa. " Disse Takamura. " Forse adesso otterremo qualche
risultato." Si avvicinarono tutti al monitor del computer, il
fiato corto e il cuore che batteva all'impazzata.
Sullo schermo
erano comparsi cinque risultati.
Cinque laboratori.
" Ne
conosco due. " Affermò Takamura. " Sono nella nostra
città. Gli altri tre non ho idea di dove siano. "
"
Andiamo immediatamente in questi due luoghi. Ci divideremo in
squadre. " Squadrò i ragazzi.
" Due di voi vorranno
con me e Takamura, gli altri tre andranno con l'agente Miyami e gli
altri. Abbiamo bisogno del vostro quirk, perciò scegliete
voi come
dividervi. Vi aspettiamo fuori. Intanto prendete queste. " Diede
loro delle ricetrasmittenti. " Comunicheremo con queste. "
Gli uomini lasciarono frettolosamente la stanza, lasciando
indietro i ragazzi.
" Come ci dividiamo? " Domandò
Deku.
" Non abbiamo tempo per decidere troppo a lungo "
rispose seccamente Bakugo. " Il mio quirk si abbina a quello di
Kirishima, perciò vado con lui. Tu, il bastardo e faccia
tonda
andate con quell'altro tizio pallido. "
Non aspettò nemmeno
un cenno affermativo dei compagni e si diresse verso l' uscita.
Non
c'era tempo da perdere, la corsa contro il tempo era iniziata.
Angolo
dell'autrice
Ed
eccoci
giunti al settimo capitolo! Ringrazio ancora chi ha inserito
questa
storia
tra le preferite e
le seguite, e chi ha dedicato il suo tempo
per
leggerla... grazie di cuore. Spero vi stia piacendo. ^^
D'ora
in avanti, le cose si faranno più movimentate, ci
saranno
ancora tante sorprese e tanti misteri da svelare!
Un
bacio,
Black_
Sparkle
|
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Capitolo 8 *** Parte ottava- Il laboratorio ***
Ti
sento!
Parte
ottava- Il laboratorio
Si
precipitarono a bordo delle autovetture di pattuglia. A sirene
spiegate e lampeggianti accesi, Suzumoto e Miyami, con destrezza,
sfrecciavano tra le altre vetture per raggiungere il prima possibile
la loro destinazione. Si stavano confrontando con qualcosa di ancora
sconosciuto, tuttavia era ben chiaro che non avevano tempo da
perdere. Stavano lottando contro il tempo. Non era proprio il caso di
andare per il sottile; Miyami ignorò i brontolii che si
sollevarono
dal retro della vettura per la sua guida spericolata.
Nell'altro
veicolo, Suzumoto diede una rapida occhiata allo specchietto
retrovisore per osservare il volto dei ragazzi che erano a bordo con
lui. Cercavano di dissimulare il loro nervosismo guardando fuori dal
finestrino o concentrando lo sguardo su un punto specifico,
lasciandosi trasportare dalla corrente dei propri pensieri. Come
biasimarli, erano ancora dei ragazzini, per giunta una loro cara
amica era scomparsa da un giorno all'altro senza lasciare tracce. Per
quel che potevano saperne loro, la situazione poteva essere ben
peggiore del previsto... Nessuno aveva osato parlarne a voce alta,
come se tenere per sé i pensieri ne scongiurasse
l'avvenimento, ma
probabilmente anche i ragazzini stavano prendendo coscienza della
cruda realtà. Il pensiero della morte doveva esser sbocciato
nelle
loro menti. Si augurò che fosse così, in modo
tale da evitare
situazioni ancora più sgradevoli nel momento in cui questo
argomento
sarebbe stato affrontato. Per quanto fosse implicito, prima o poi
avrebbe dovuto pronunciare quelle parole. Nonostante gli anni di
esperienza, certe situazioni - fortunatamente - non erano all'ordine
del giorno nonostante la malavita in circolazione, tuttavia non era
mai facile rimanere completamente lucidi e distaccati quando le
vittime erano bambini o ragazzini. Doveva mantenere la
lucidità
professionale che lo contraddistingueva il più a lungo
possibile,
soprattutto per essere una figura di riferimento per i ragazzi.
Per
tutto il tragitto, Bakugo e Kirishima non proferirono parola. Il
primo aveva lo sguardo incollato al finestrino, il secondo lanciava
occhiate furtive in direzione dell'amico per accertarsi che stesse
bene. A giudicare dallo sguardo assorto di Bakugo e dal modo in cui
stringeva i pugni, conficcandosi le unghie nella carne, la sua mente
doveva essere in balia di pensieri non proprio felici. Avrebbe voluto
dirgli qualcosa o rivolgergli un sorriso rassicurante, ma non lo
degnò neppure di uno sguardo. Optò per non
interferire con i suoi
pensieri; per quanto lui fosse molto preoccupato per l'amica,
perché
lo era davvero, chissà cosa doveva provare Bakugo visto i
sentimenti
che provava per Touka. Con lei nei dintorni, l'amico aveva una luce
diversa. Rimaneva il solito scorbutico dalla lingua velenosa e
tagliante, eppure nei suoi occhi vedeva una luce che non gli aveva
mia visto prima. Non gli ci era voluto molto per capire la natura di
quei sentimenti, e sebbene Bakugo avesse sempre risposto alle sue
frecciatine sbraitando e insultandolo, non aveva mai negato le sue
parole. Poteva solo immaginare quanto fosse tormentato in quel
momento, soprattutto perché, da quel poco che Bakugo gli
aveva
raccontato, non le aveva mai detto nulla. Conoscendolo, si stava
maledicendo per non aver detto qualche parola al momento giusto, o
per non aver agito in un certo modo quando avrebbe voluto, per
semplice timore di essere rifiutati o per puro orgoglio. La
situazione non prometteva nulla di buono; sebbene fossero in alto
mare, senza un colpevole contro il quale puntare il dito, il semplice
fatto che ci fosse un conto alla rovescia, era sinonimo di funesti
presagi. Come lo aveva capito lui, doveva averlo capito anche Bakugo;
quelle unghie conficcate nella carne e quello sguardo inquieto e
corrucciato che si dipinse sul suo volto, lasciavano intendere la
gravità della situazione e la sua presa di coscienza. Non
potendo
fare momentaneamente nulla di concreto per Bakugo, chiuse gli occhi e
sperò con tutto il cuore che la sua amica stesse bene.
Bakugo
si era accorto, con la coda dell'occhio, degli sguardi insistenti di
Kirishima. Sebbene l'amico fosse preoccupato per lui, era troppo
concentrato sui suoi pensieri per distogliere lo sguardo. Era
più
che certo del fatto che Kirishima, con le sue occhiate, fosse
riuscito a scorgere i suoi pensieri e , proprio per questo, cercava
anche solo un contatto visivo con lui. Trovava inquietante il fatto
che quel ragazzo gli fosse così amico da riuscire a
leggergli
dentro, d'altro canto era una gran fortuna non dover spiegare nulla
ogni volta. Era una frana con le parole. Non era riuscito a ricordare
nessun dettaglio significativo, e quella sensazione di vuoto
continuava ad animarlo. C'era qualcosa di strano in quella faccenda.
Sapeva di aver dimenticato qualcosa di fondamentale... ma cosa?! E
soprattutto, come riportare alla luce quei ricordi? Decise di non
arrovellarsi troppo su quel pensiero: al momento opportuno era sicuro
che avrebbe ricordato. Probabilmente non era il momento giusto. Non
dovendo essere interrogato si sentiva più sollevato; questa
sua
momentanea amnesia restava un suo piccolo segreto e si sentiva con la
coscienza a posto per non aver reso il proprio interrogatorio un
fallimento totale. Per giunta era stato così sveglio di
riflessi da
collegare il disegno-mappa ai quirk. Non era forse in grado di
contribuire con i suoi preziosi ricordi, ma si sarebbe fatto in
quattro per risolvere questa situazione di merda. Dal momento della
sua scomparsa, aveva giurato a se stesso di ritrovarla.
Ritrovarla,però, non bastava, e da aspirante hero qual'era,
l'avrebbe salvata dal suo carceriere. E allora, forse...
"Forse"
un cazzo.
Mai
fino a quel momento si era sentito tanto coglione. Perché
non era
stato sincero con lei? Ok, le sue azioni parlavano chiaro, o almeno
lui era convinto che fosse così... forse per lei non lo
erano mai
state. Perché l'avrebbe baciata se non avesse provato nulla?
Era
ovvio che quel bacio lasciasse intendere certi sentimenti! Ne era
sempre stato convinto, fino a quel momento. Si stava mettendo in
discussione. Per quanto non lo avrebbe mai ammesso a voce alta, per
lui il bacio era un gesto importante. Non era il tipo da baciare
ragazze a caso per il semplice gusto di farlo e vantarsi con gli
amici. Era un coglione sotto altri punti di vista, in ambito
sentimentale si definiva un bravo ragazzo. Beh, a confronto di certe
cose che aveva visto e sentito poteva definirsi tale. Non era mai
stato un fanatico dell'amore, anzi, la sola parola lo ripugnava.
Quante volte aveva preso per il culo Deku perché arrossiva
vistosamente ogni volta che Faccia Tonda gli rivolgeva la parola, o
si avvicinava troppo! Per lui certe cose erano semplicemente
ridicole, non aveva tempo e nemmeno la voglia per interessarsi a cose
del genere. Suo malgrado, dovette ammettere che una ragazza sola
cambiò completamente il suo punto di vista. Non che si fosse
trasformato in un romanticone sdolcinato, però... Gli
piaceva la sua
compagnia. Esteticamente la trovava bella, ma questo per lui contava
relativamente; era oggettivamente una bella ragazza e poco centrava
con i sentimentalismi. Nel giro di poco tempo, si era ritrovato
capovolto e stravolto, come un vecchio straccio strizzato a dovere e
poi abbandonato. Dovette mettere da parte il suo orgoglio per
ammettere che era inutile prendersi in giro, per quanto considerasse
l'amore inutile e il solo pensiero gli desse il voltastomaco, le cose
erano decisamente cambiate. In sua compagnia provava tutto,
fuorché
voltastomaco.
Un
pensiero poco romantico, ma sincero.
Mai
come in quel momento avrebbe voluto averle detto la verità.
Ovviamente sarebbe stato breve e conciso, molto schietto, senza
troppi giri di parole e frasi stravolgenti da capogiro... lo avrebbe
detto a modo suo. Probabilmente sarebbe stato patetico e fuori luogo,
magari lei avrebbe riso per quella dichiarazione così
assurda...
Avrebbe dovuto dirglielo. Non tanto per cambiare la situazione tra
loro due, quanto per poterle dare sicurezza. Farle sapere che non
aveva motivo di dubitare di lui o sentirsi insicura, i suoi
sentimenti per lei erano sinceri, seppur li esprimesse in modo
inusuale. Soprattutto in un momento tragico come questo, si sarebbe
fatta forza pensandolo. Era sicuro del fatto che, nonostante i
numerosi dinieghi, fosse il tipo di ragazza che ama le cose
sdolcinate. Lui dubitava di diventare una persona del genere, ma se
quella semplice verità fosse riuscita a farla stare bene e
sorridere... allora doveva dirglielo. Non l'avrebbe solo ritrovata e
salvata, una volta per tutte avrebbe chiarito i suoi sentimenti.
Senza lasciare niente in sospeso.
Suzumoto
arrestò bruscamente la macchina. " Siamo giunti a
destinazione.
" Spense le sirene e balzò giù dall'auto, con un
movimento
scattante insolito per la sua mole.
La
mappa li avevi guidati fino ad un laboratorio che Suzumoto conosceva
bene; un tempo usato dai ricercatori a scopo benefico, era diventato
luogo di contrabbandi clandestini e traffico di droga. Si era
occupato lui stesso del caso. Quel laboratorio aveva poi chiuso i
battenti, altri scienziati si erano rifiutati di lavorare in un luogo
che era stato popolato da gente corrotta, così, a decisione
unanime,
era stato chiuso e abbandonato. A giudicare dalle condizioni
dell'esterno, qualche vandalo si era divertito a far danno. Le pareti
esterne erano imbrattate di scritte fatte con la bomboletta spray,
molte delle quali erano lodi al villain Stain. Immondizia ammucchiata
e sporcizia dilagante rendevano il luogo un posto veramente
squallido. Non era più stato di ronda da quelle parti e, a
giudicare
dal degrado che aveva visto solo all'esterno, l'interno non
prometteva uno spettacolo migliore.
L'entrata
del laboratorio era chiusa da un catenaccio ormai ridotto al nulla,
conferma del fatto che quel luogo veniva ancora utilizzato.
Probabilmente nel peggiore dei modi. Il suo occhio cadde su una
manciata di preservativi usati ammucchiati in un angolo.
Semplicemente disgustoso. Dopo aver sistemato questa faccenda, si
sarebbe incaricato di ridare dignità a quel luogo.
"
Che schifo. " Takamura aveva seguito lo sguardo del capo e aveva
scosso ripetutamente la testa per ciò che aveva visto. " In
un
luogo così malridotto come fa a venirti la voglia?
Suzumoto
lo incenerì con lo sguardo. Non diede peso alle sue parole,
evitando
di replicare a riguardo. " Chissà se siamo stati
così
fortunati da trovare subito il posto giusto. Abbiamo ottenuto cinque
risultati, non ho idea del perché ma non ci resta che
scoprirlo. "
Prese la ricestrasmittente e comunicò a Miyami l'arrivo a
destinazione. " Qualsiasi cosa succeda, avvisami immediatamente.
"Si rivolse ai ragazzi. " Non abbiamo la minima idea di
quello che sta succedendo e contro chi stiamo lottando. Chiedo la
vostra collaborazione in quanto futuri heroes, tuttavia ci tengo a
precisare una questione. Non agite d'impulso. Nonostante possediate
degli ottimi quirk, qui gestisco io la situazione. Non agite di testa
vostra, aspettate miei ordini. Intesi?"
"
Signor sì!" rispose Kirishima. Guardò l'amico e
l'esortò a
rispondere: " Non è vero, Bakugo? "
Ci
fu un attimo di silenzio, poi rispose con un semplice segno
d'assenso.
Suzumoto
aprì la porta d'ingresso, pistola alla mano, seguito da
Takamura e
dai ragazzi. L'odore che permeava da quel luogo era disgustoso, un
mix di urina, feci, sudore e sostanze non identificabili. Bakugo e
Kirishima si coprirono istintivamente il naso.
"
Come accoglienza niente male, oserei dire. " Suzumoto scostò
con la scarpa una lattina che per poco non lo fece inciampare.
Poiché
l'interno era particolarmente buio, i poliziotti accesero le torce.
Ne diedero due anche ai ragazzi.
"
Posso creare luce con le mie esplosioni " disse Bakugo,
rifiutando la torcia.
"
Certo" rispose Suzumoto " tuttavia penso non sia il caso di
far saltare in aria questo luogo, per quanto sia repellente. Forza,
prendi. Conserva le tue esplosioni per altro. "
Illuminarono
l'ambiente circostante e tutto ciò che videro furono
accumuli di
detriti, topi, e avanzi di cibo ormai putrefatto. Dal soffitto
pendevano i vecchi ganci che venivano utilizzati quando il
laboratorio era ancora in attività. I macchinari erano stati
portati
via al tempo della chiusura del luogo per evitare furti e atti di
vandalismo. Qualche coperta era disseminata per terra e anche
all'interno non mancavano i preservativi usati.
"
Questo posto fatanto schifo. " Disse Takamura. " Sembra il
luogo ideale per attività losche, non mi sorprenderei se
trovassimo
qualcosa. O qualcuno. "
"
Indietro" intimò Suzumoto. Si ripararono dietro una serie di
bidoni, all'interno dei quali nessuno aveva il coraggio di guardare
cosa contenessero per il puzzo che emettevano. " Non siamo soli.
"
Kirishima
e Bakugo si tennero pronti per attivare la propria unicità,
i sensi
all'erta. Tuttavia non erano riusciti a percepire la presenza di
qualcuno.
Suzumoto
bisbigliò. " Non abbassate la guardia. Non abbiamo idea di
con
chi abbiamo a che fare. Potrebbe trattarsi anche solo di una persona
qualunque. "
Suzumoto tenne salda la pistola in mano. Si
alzò lentamente e uscì dal nascondiglio.
Procedette da solo per un
breve tratto, cercando di fare il minor rumore possibile. Aveva
percepito la presenza di qualcuno in lontananza. Uscì di
scatto dal
nascondiglio che aveva trovato, un altro grosso tubo di cemento, e
fece segno agli altri di raggiungerlo e illuminò con la
torcia
davanti a sé. Lo spettacolo che si presentò ai
loro occhio era
tanto disgustoso quanto il luogo in cui si trovavano.
La
torcia illuminò un uomo sulla cinquantina, calvo,
evidentemente
sovrappeso. Sembrava ricoperto da uno strato di unto. Era stato
bruscamente interrotto dal poliziotto mentre era intento a procurarsi
piacere. Si coprì immediatamente con una coperta e, nudo
come un
verme, corse via farfugliando parole senza senso.
Bakugo e
Kirishima non riuscirono a trattenere il proprio disgusto.
"
Ma che cazzo, per fortuna non ho mangiato o avrei sboccato. "
Bakugo scosse la testa per sottolineare il proprio disappunto.
"
Sono d'accordo con te, ragazzo. " Anche Takamura era rimasto
disgustato dalla scena. " Per fortuna nessuno di pericoloso"
aggiunse. " Solo un maniaco che non ha un posto migliore dove
andare."
I quattro continuarono la perlustrazione, cercando
di dimenticare ciò che avevano visto, in quanto del tutto
irrilevante. Il motivo per cui erano lì era un altro.
Suzumoto
estrasse la trasmittente per comunicare con Miyami. Riferì
poi al
gruppo quanto si erano detti.
" Il laboratorio in cui si
trovano Miyami e gli altri è nella norma. Un piccolo
laboratorio in
attività, gli operatori hanno scortato i ragazzi per
permettere loro
di fare dei controlli, anche se sono stati piuttosto vaghi sul motivo
della perlustrazione. Al momento non hanno trovato nulla di strano. "
" Sono stati più fortunati di noi. Potrei morire qui dentro
per quanto puzza questo posto! " Takamura tossì
violentemente.
Mentre avanzavano nella penombra, la torcia
illuminò nuovamente qualcuno. Era indubbiamente l'uomo di
poco
prima. Questa volta era sdraiato prono, con la testa rivolta verso
destra. Se non fosse stato per tutto il sangue attorno al corpo,
poteva sembrare semplicemente addormentato.
" Allerta! "
Urlò Suzumoto. " Takamura, in posizione! " L'uomo si
posizionò accanto a lui, scortandolo, mentre Suzumoto, dopo
aver
indossato dei guanti che portava sempre con sé,
ispezionò il
corpo.
" Si tratta dell'uomo che abbiamo sorpreso poco fa.
Purtroppo è morto. " Ci fu un momento di silenzio.
"
Quando è successo? Io non ho sentito niente! "
Domandò
Kirishima, ansioso. La vista del sangue gli diede il voltastomaco, ma
da vero uomo doveva resistere a quello spettacolo raccapricciante.
Non solo quel povero diavolo era morto, il suo volto si era
completamente trasformato in una maschera di terrore, il che gli
conferiva un aspetto demoniaco.
" Quello poco fa stava fin
troppo bene, e ora è..." Bakugo non riuscì a
terminare la
frase. Cos'era accaduto in quei pochi minuti?
" Non c'è
stato nessun rumore. Nessun segno di lotta sul corpo della vittima,
nessun segno di arma da fuoco. Non ci sono ferite, eppure è
immerso
nel sangue. Ma questa faccia... è a dir poco inquietante.
Non riesco
a spiegarmi cosa possa essere successo. "
Takamura aveva
recuperato una delle coperte abbandonate e la utilizzò per
coprire
il volto dell'uomo.
Con un cenno del capo, Suzumoto espresse il
proprio apprezzamento per quel gesto. Si rivolse a Bakugo e
Kirishima. " Tutta questa faccenda è assurda. Non solo la
vostra amica è scomparsa, avete anche visto questo... "
indicò
il cadavere. " Siete in gamba, ragazzi. Spero di poter contare
sul vostro aiuto nonostante quello che è successo."
"
Non sarà certo questo a fermarci! " Gridò Bakugo.
Nei suoi
occhi lampeggiava la fiamma della sfida. Per quanto avessero
assistito a quel brutto episodio, la priorità era salvare
Touka.
"
Conti su di noi! Sono sicuro che anche Midoriya e gli altri sono
dello stesso parere. " Disse Kirishima.
Takamura li guardò
compiaciuto. Non erano così male quei ragazzi.
" Non
possiamo certo lasciare quest'uomo così... non ha nulla con
sé, non
potendo risalire al nome, posso solo fornire le generalità
in
centrale e sperare che qualcuno ne denunci la scomparsa. Datemi
qualche minuto. Non abbassate la guardia, mi raccomando. "
I
tre si guardarono intorno, pronti a ricevere un attacco. Takamura con
pistola alla mano, Kirishima e Bakugo attivarono nuovamente la loro
unicità. Erano tesissimi dopo aver visto le condizioni di
quell'uomo.
Improvvisamente, dall'alto, caddero dei fogli.
Numerosi fogli. Rimasero tutti inebetiti di fronte a quella scena,
non sapendo bene che cosa aspettarsi. Kirishima prese in mano uno dei
tanti fogli caduti e subito richiamò l'attenzione degli
altri.
Nessuno di loro domandò cosa avessero tra le mani, la
risposta
era più che evidente. Erano dei disegni. Di Touka. Nel
foglio che
stringeva Kirishima, era ritratta una strana figura dalle fattezze
mostruose. Perché quei fogli fossero caduti dal cielo e che
nesso ci
fosse con tutta la vicenda, era un mistero. Anche gli altri si misero
a raccogliere i fogli, non sapendo bene cosa sperare di trovarvi.
Indubbiamente erano dei bei disegni, si riconosceva un certo talento,
ma i soggetti erano alquanto tristi e inquietanti.
Anche Bakugo
raccolse da terra dei fogli. Il primo che gli capitò
sotto-tiro lo
rese di pietra. Non voleva credere a quello che i suoi occhi stavano
guardando. Avrebbe voluto trovare un'altra spiegazione, un
significato nascosto, ma la verità nuda e cruda era stata
disegnata
con tanta naturalezza e freddezza che il significato era immediato. E
la vittima di quell'atrocità era proprio lei, Touka. Una
Touka
bambina che viene costretta da un uomo, un mostro, ad avere un
rapporto. Si sentiva così furioso! Avrebbe voluto far
saltare tutto
in aria, fogli compresi.
" Vaffanculo! Vaffanculo! "
Non riuscì a tenere a freno la lingua. " Se ti trovo, ti
ammazzo con le mie mani, figlio di puttana. "
" Non
credo proprio tu abbia le capacità per poterlo fare. "
Si
voltarono tutti di scatto verso quella nuova voce. Davanti a loro
apparve l'uomo con la cicatrice a forma di mezzaluna sul mento. Tra
le mani stringeva una grossa clessidra. Quella figura non aveva
niente di umano, seppur tentasse di ostentarlo. L'aura di
malvagità
e cattiveria che lo circondavano ammutolì tutti. I quattro
cominciarono a sudare, le mani a tremare vistosamente. Stavano
perdendo il controllo di loro stessi.
" Il mio Signore è un
uomo molto potente. Tu, Bakugo Katsuki, non puoi fargli nulla.
Così
come tutti voi altri. " Puntò il dito pallido contro Bakugo.
"
Katsuki. Il tuo nome contiene il kanji di " vittoria ".
Divertente, no? " Rise, compiaciuto della situazione creata. "
Se avete raggiungo questo luogo, è solo grazie a me. O
meglio, il
mio Signore ha in mente un progetto interessante, e mi ha concesso di
prenderne parte. Cosa ve ne pare dell'idea della mappa? Un giochino
interessante. Spero sia stato di vostro gradimento. "
Dal
nulla si materializzò una tazza da the e una sedia. L'uomo
si
sedette, accavallò le gambe e in tutta
tranquillità sorseggiò il
suo the, mentre gli altri quattro si trovavano in un assurdo stato di
paura e confusione.
" Il tempo scorre, miei cari amici.
Volete trovare Touka, no? " Indicò la clessidra, la cui
sabbia,
lentamente, scandiva lo scorrere del tempo.
Si alzò di scatto e
si avvicinò lentamente verso Bakugo. Il ragazzo non riusciva
a
muovere un muscolo. Il losco figuro estrasse una pallina
azzurrognola, di uno strano materiale. " Qui dentro ci sono i
ricordi che non hai più, caro Katsuki. " Il corpo di Bakugo
si
fece sempre più teso. Quell'uomo esercitava una pressione
assurda,
fuori dal comune!
" Non ti preoccupare, non ho intenzione di
romperli. Però sarebbe poco divertente se tu ricordassi
tutto
subito, no? In fin dei conti siamo solo all'inizio. Mi divertirei di
più se ricordassi tutto alla fine, quando il tempo
è agli
sgoccioli. " Un ghigno beffardo si materializzò sul volto.
In
quel preciso istante, seppur annebbiato dal potere esercitato da quel
mostro, Bakugo riuscì a ritrovare un momento di
lucidità. Non ci
aveva fatto caso, in un primo momento, ma quando quel bastardo gli si
era avvicinato, l'aveva notato. Al collo portava una catenina con un
ciondolo. Un ciondolo a forma di piuma. Il ciondolo che LUI
le aveva regalato per il suo compleanno.
Riscosso dalla rabbia,
colpì il mostro con una potente esplosione.
Il
cuore le sussultò. Per un attimo, era riuscito a sentirlo.
Come se
fosse stato sempre accanto a lei... Per quanto si era ripromessa di
non piangere, non riuscì a trattenere le lacrime. Questa
volta,
però, erano lacrime di gioia.
Katsuki,
il tuo pensiero mi ha raggiunta!
Angolo
dell'autrice
Ed eccoci all'ottavo capitolo della storia! I
sentimenti di tutti sono
molto intensi in questa situazione
complicata... Ho dedicato parte del
capitolo a questo aspetto, che
ci tengo a non mettere in
secondo piano nonostante le cose da
raccontare siano tante.
Siete curiosi di sapere cosa succederà
nei prossimi capitoli?
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi
va. ^^
Un
abbraccio e un grande grazie a tutti per aver dedicato
tempo alla
mia storia. ^^
Black_Sparkle
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