Qualcosa di nuovo

di Utrem
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il nuovo anno ***
Capitolo 2: *** Una nuova custode ***
Capitolo 3: *** Aria di cambiamento ***
Capitolo 4: *** Poltergeist? ***
Capitolo 5: *** Avery ***
Capitolo 6: *** Il bagno ***
Capitolo 7: *** Insieme come? ***
Capitolo 8: *** Che succede? ***
Capitolo 9: *** Un nuovo giorno ***
Capitolo 10: *** Barreus Nash ***
Capitolo 11: *** Le uova, il torneo ***
Capitolo 12: *** Secondo turno ***
Capitolo 13: *** Una confessione ***
Capitolo 14: *** Il culmine ***
Capitolo 15: *** Che si avvicina? ***
Capitolo 16: *** Decisione ***
Capitolo 17: *** Lumacorno ***
Capitolo 18: *** Lo specchio ***
Capitolo 19: *** Il libro ***
Capitolo 20: *** La confessione ***
Capitolo 21: *** I preparativi ***
Capitolo 22: *** La profezia ***
Capitolo 23: *** Competizione ***
Capitolo 24: *** L'esercito e la vita ***
Capitolo 25: *** L'ultimo turno ***
Capitolo 26: *** Giù ***
Capitolo 27: *** La valle ***
Capitolo 28: *** In cucina ***
Capitolo 29: *** Un mondo migliore ***
Capitolo 30: *** Il bene superiore ***
Capitolo 31: *** La mente e il dolore ***
Capitolo 32: *** Dentro ***
Capitolo 33: *** Io ***
Capitolo 34: *** Megalomania I ***
Capitolo 35: *** Megalomania II ***
Capitolo 36: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Il nuovo anno ***


Era il primo settembre 1944. In Inghilterra, a Londra, il muro tra il nono e il decimo binario non destava particolare attenzione. Tuttavia, con costanza, ragazzi e ragazzini accompagnati dai genitori lo attraversavano, spingendo un carrello con i loro bagagli.
Così fecero anche due in particolare, nel pieno dell’ adolescenza, vicini e innamorati, anche se con poco slancio e un po' di tristezza.
Questi ragazzi erano un Mago e una Strega: di nome facevano uno Lawrence Langton, l'altra Lucille Dean.

Arrivata al Binario, Lucille fissò i mattoni per qualche tempo, aspettandolo; quando però si accorse che ci stava mettendo più del previsto, iniziò a vagare alla ricerca delle sue amiche.
Laurie, infatti, era rimasto impegnato a calmare il suo gufo Baron. Non stando mai fermo, aveva battuto il capo contro la gabbia, e quindi aveva iniziato a svolazzare furioso nella gabbia e lanciare piume per l'oltraggio. Una volta tranquillizzato, il ragazzo poté finalmente attraversare il muro... quando si rese conto di averla già persa.
Sospirò, appoggiandosi al carrello, attento che gli occhiali non gli scivolassero sul naso. Allungò il collo per scorgerla fra i gruppi di ragazze che si erano sparpagliati in giro, quando sentì delle voci familiari.
"Ciao, Laurie."
"Ciao, Laurie. Come va? Sei ricoperto di lentiggini, ti stanno bene!"
"Ciao Alastor. Ciao Jane. Scusate, ma avete per caso visto Lucy?"
"Non ne sono sicura, ma penso di averla intravista vicino a quel pilastro laggiù..."
Jane indicò col dito un punto approssimativo all'estremità nord del binario.
"Ah, benissimo!" rise Laurie sarcastico, scuotendo la testa.
La ragazza rise con lui, anche se con riserbo, e Alastor si limitò a un sorriso imbarazzato.
"Comunque, volevo dirti, e dire a lei, che penso sia un peccato che non sia diventata Caposcuola. È davvero brava, mi dispiace proprio tanto..."
"Sì... be' sì, è andata così. Non ci pensiamo più, se non magari per il fatto che ci avrebbe permesso di passare più tempo assieme."
Jane annuì debolmente. Voleva rassicurarla, ma le sue ultime parole parevano averla gettata nuovamente nell'angoscia, quasi fosse stata lei la fidanzata di Lucy. Alastor, invece, faceva sempre più fatica a mostrarsi interessato senza fare delle espressioni esilaranti.  Laurie avrebbe riso, se non si fosse sentito un po' offeso. Era chiara la sua preferenza per Allie: perché non era Serpeverde, tanto per cominciare.
"Tom, invece..."
"Be', era scontato."
"Sì, appunto. Ed è giusto così, non ci pensavo neanche: se lo merita, senza dubbio-"
"Hmm!"
Il grugnito di Alastor lo aveva interrotto brutalmente. Come sempre, Jane aveva pronte le parole giuste per rimediare.
"Sono proprio contenta di passare un altro anno con tutti voi, e sono sicura che ci troveremo bene anche con Allie. Alastor, tu la conosci già, no?"
"Certo. Ha la testa sulle spalle, non ho nulla da ridire. In ogni caso, penso che tra poco dovremmo iniziare a salire, e se gli altri non si sbrigano saliamo lo stesso."
Jane mosse le labbra, come per iniziare a rispondergli, quando, come invocati, i nuovi Capiscuola arrivarono in mezzo a loro.
"Buongiorno, Prefetti" iniziò Allie ad alta voce "Mi scuso per l'attesa, so che abbiamo molte cose da fare. Per ora, limitiamoci ad assicurarci che tutti salgano sul treno ordinatamente, e poi io e Tom ci occuperemo dei vostri doveri."
"Oh, no" pensò Laurie, limitandosi ad annuire.
Non sarebbe riuscito a concepire nulla di più tragicomico. Come in un cerchio, senza inizio e senza fine, Jane li salutò e fece loro i complimenti; Tom la ringraziò con due parole in croce, mentre Allie si avventurò in un discorso sulle gravose responsabilità date dal ricoprire una posizione così importante a Hogwarts, e dal rappresentare la Casa di Corvonero. Alastor aveva sibilato un "Complimenti, Riddle" a Tom, nonostante si conoscessero da anni; dopodiché aveva messo le mani sui fianchi in completa alienazione: entro poco tempo avrebbe cominciato ad ammuffire.
Mentre si chiedeva se due ragazzine che passavano di lì stessero effettivamente ridendo di loro, vide finalmente Lucy.
"Ooh! Come hai passato le vacanze?" la canzonò, allargando le braccia. Jane rise, e lei gli rispose con un sorriso smaliziato.
"Come state? Tom, Allie, sono contenta per voi. Non vedremo più bacchette fuori posto, no?"
"Ah, no. Faremo del nostro meglio" rispose Allie, senza capire che era una battuta.
Tom provò a sorridere, ma non disse nulla. Con due Serpeverde presenti, Alastor aveva abbandonato definitivamente la scena e si era messo a parlare con dei Grifondoro che passavano di lì per caso.
"Quando pensi di aver toccato il fondo..." pensò Laurie, che non sapeva nemmeno più che espressione fare. Fece spallucce, quasi senza motivo, e cinse col braccio Lucy, che gli rivolse un sorriso finto.
Quando anche Allie non ne poté più, batté le mani e disse:
"Bene, adesso ognuno di voi si occupi di far salire gli ultimi rimasti di ogni Casa"



Dopo aver smistato tutti, i Prefetti salirono sul treno per dirigersi al loro vagone. Alastor si era messo a discutere animatamente con Jane di qualcosa e quelli del Quinto e del Sesto Anno facevano gruppo a sé. Laurie era rimasto indietro a fianco a Tom: pur non avendo molta confidenza, dovevano parlare.
"A te come è andata quest'estate?" gli chiese.
"Be', non è successo molto. Di solito non vado in vacanza: anche quest’anno mi sono limitato a spendere del tempo con mia madre. Poi ho incontrato un paio di volte Allie per discutere il lavoro di quest'anno."
Laurie annuì, e poi gli chiese, tranquillo:
"Come ti trovi con lei?"
Tom esitò a rispondere, probabilmente per reprimere un commento, e poi disse:
"Non mi piace. Fa sempre finta di sapere cose che non sa. Per fortuna, su mia proposta, ci siamo già divisi i compiti, quindi ci dovremo vedere solo una volta al mese. Magari ogni due. Con ciò, non voglio dire che non farà un buon lavoro. Forse, persino troppo."
"È proprio quello che penso anch'io"
"Non lo dico perché sei tu, o perché è della mia Casa, ma credo che con Lucy sarebbe stato meglio."
"Sì, però capisco perché abbiano scelto lei. Ci ha fatto guadagnare molti punti nel corso degli anni, senza perderne nessuno... e non è mai stata trovata nella Foresta Proibita"
Tom sorrise.
"Il preside è troppo poco elastico su certe questioni."
Ad un tratto, Lillian li superò tenendo lo sguardo basso. Si girarono, e si ritrovarono davanti Edith che urlò "Complimenti, Tom!" tirando Mirtilla per la manica; poi spinse Lillian in avanti e aggiunse con molto meno entusiasmo: "Ciao, Laurie." Uditi gli schiamazzi, Jane si fece da parte e Alastor iniziò a protestare: "Non si corre nel treno, sciocche!". Al che, Edith buttò le sue amiche dentro il primo vagone più avanti, e si chiuse dentro con loro morendo dalle risate.
Ovviamente, furono subito buttate fuori; Laurie fece un cenno a Tom per fargli intendere che sarebbe intervenuto. Allora le raggiunse e disse, con voce abbastanza alta da farsi sentire:
"Non potete andare oltre. Tornate al vostro posto e non fate chiasso"
Edith, tutta rossa in viso, gli disse:
"Quando torni, potresti dire a Tom che-"
"Non mi pare proprio il caso, no."
Deluse, le ragazzine fecero marcia indietro, scortate da Jane, tenendo il viso basso. Edith lo fulminò con un'ultima occhiata, prima di sparire in mezzo agli sguardi curiosi.



Nel vagone, Allie monopolizzò nuovamente la conversazione, iniziando ad elencare tutti, ma proprio tutti, gli incarichi attribuiti ai Prefetti, compresi i più astratti e ufficiosi. Ad un tratto, mentre Alastor cadenzava ogni sua affermazione con un cenno del capo e i più giovani si stavano addormentando, Tom la interruppe per segnalare quelli fra i citati che non era verosimile fossero responsabilità loro esclusiva, in quanto studenti. Jane assentì alle sue parole, pur premurandosi di precisare che quel ripasso non era stato sgradito. Allie allora si scusò per la pignoleria, giustificandosi dicendo che aveva studiato duramente pur di adempiere al suo compito: chiaramente si era molto offesa. Tom, però, non pareva affatto pentito, e gli altri Prefetti fecero trasparire dagli occhi tutta la loro gratitudine.
Così Laurie vide di nuovo cadere il silenzio, e pensò ancora, come tante volte prima, che i Prefetti e i Caposcuola erano l'istituzione più comica e disgraziata di Hogwarts. A essere scelti, infatti, erano gli alunni considerati più abili e "rappresentativi" di ciascuna Casa: e se il concetto da solo era problematico, il modo in cui si traduceva nei fatti lo era ancora di più.
Questo proprio perché ciascun studente eletto in effetti incorporava i tratti più caratteristici della Casa di appartenenza, ma, allo stesso tempo, era convinto di essere la crème della crème della scuola. E Jane, ossessionata dal placare ogni litigio, non faceva eccezione. Laurie la considerava un Tassorosso "interventista", cioè di quelli che vogliono imporre agli altri tutta la pace che sentono dentro di sé: ma era chiaro che con persone come Alastor non avrebbe mai funzionato. Lui era uno di quelli che, una volta Smistati in Grifondoro, si ripromettevano di abolire Serpeverde a costo di far saltare i Sotterranei. Laurie stesso, da Purosangue, aborriva Mulciber, Avery, Lestrange per ottimi motivi, di cui solo uno era il razzismo, ma sapeva che quell'odio generalizzato era probabilmente solo per espiare il fatto che il Cappello Parlante avesse considerato di scegliere Serpeverde per loro. La maggior parte, infatti, tra cui Lucy, Purosangue come lui oltretutto, non aveva nulla a che vedere con la combriccola dei puristi del sangue magico e ci scambiava a malapena due parole di cortesia. Su Tom si era fatto da tempo l'idea che occupasse una posizione neutrale. A detta di Alastor, l'apparente alta opinione che il gruppo aveva di lui fomentava grossi sospetti, ma secondo Lucy era un interesse prettamente unilaterale. Era chiaro che volessero ingraziarselo per trarne dei vantaggi e condividere la stima di Lumacorno e della Merrythought: ma la maggior parte del suo tempo a Hogwarts, Tom la trascorreva in biblioteca o in Sala Comune a studiare da solo.
Riflettendo, Laurie si rese conto che lui era l'unico fra Prefetti e Caposcuola del suo anno a non causargli imbarazzo. Forse perché era in qualche modo irreprensibile; e anche perché, in fin dei conti, avevano pure un po' di cose in comune. Come lui, Tom parlava solo se richiesto, teneva molto al successo accademico e aveva poca pazienza per le stupidaggini. In ogni caso, non avevano mai familiarizzato perché era abbastanza chiaro che, anche se impeccabilmente cortese, alla fine era abbastanza indifferente a tutti.
"Almeno non lo nasconde" pensò Laurie, mentre Allie assentiva ai discorsi di Jane.
Laurie la conosceva bene, lei. Bassa, con ricci rigogliosi fino a sotto le spalle e gli occhiali tondi, era sempre stata un tormento. Disposta sin dal primo giorno a far qualsiasi cosa per un voto superiore al suo, per potersi così poi vantare di essere lei a far guadagnare i punti a Corvonero – anche perché da quando c’era Tom, la coppa la vinceva sempre Serpeverde, quindi questo era l’unico merito che si poteva prendere. Dopo che erano usciti i risultati dei G.U.F.O. non si era fatta viva per una settimana: Jane gli aveva detto che era perché aveva preso Accettabile in Difesa Contro le Arti Oscure, da sempre la materia in cui aveva più difficoltà; e non aggiunse nulla, ma Laurie dedusse che l’onta era dovuta al fatto che lui, Lucy e i Prefetti avessero tutti preso Eccezionale.
Il suo comportamento la rendeva invisa a molti, ma aveva instaurato una amicizia solida con Alastor, approfittando del fatto che era bravo a scuola e generalmente poco socievole. Da anni circolavano i sospetti su una sua possibile grande cotta per lei; ma, se quello era il caso, Allie pareva non corrisponderlo affatto.
Gli altri Prefetti per lui erano ancora abbastanza anonimi. Aveva un po’ più confidenza solo con Vera, Prefetto di Corvonero del Sesto Anno: era una ragazza chiusa, ma che si era dimostrata determinata abbastanza da superare le proprie paure. Dopo che le era stato vicino nei primi tempi per farla ambientare l’anno prima, gli aveva dato davvero un grande aiuto. Poi, tramite Lucy, conosceva Sheila, il Prefetto di Serpeverde del Quinto Anno. Era anche Cercatrice e, combinazione, Eric, nuovo Prefetto di Grifondoro, era anche il capitano della squadra di Quidditch: pertanto, non si potevano vedere. A volte pareva davvero che il Preside lo facesse apposta.
Laurie si interessava poco e niente di Quidditch: di solito si accontentava, a giugno, di sentir ripetere mille volte chi aveva vinto. Tuttavia, non appena entrata nel vagone, Sheila gli aveva parlato con molto entusiasmo di un Torneo di Quidditch per dilettanti con squadre estratte a maggioranza, rovinandogli così la giornata, e, potenzialmente, l’anno. Non era molto popolare; tuttavia, essere il Prefetto con più anzianità voleva dire che la gente conosceva almeno il suo nome, e questo bastava a preoccuparlo.



Lo vide mentre camminava per il corridoio, controllando ogni vagone: aveva quel bello sguardo basso concentrato di chi sa esattamente cosa sta facendo. Non lo chiamò, per il gusto di rimanere a guardare, aderente al muro.
Tuttavia, quasi per errore, Laurie alzò gli occhi. Lei sorrise, ma lui non era contento.
“Che fai?” le disse brusco.
“Niente”
“Ti dico io cosa hai fatto. Mi hai lasciato da solo con le Pixie, là”
Lucille rise, e lo baciò.
“È pur sempre il tuo dovere. Con Sheila hai parlato?”
Laurie le mise davanti la mano aperta.
“Lasciamo stare”
“Ti ha detto del Torneo? In realtà non ho capito bene come funziona. Penso comunque tu possa votare solo persone della tua Casa, e che ovviamente non giochino già a Quidditch”
“Quando finisce lo Smistamento, dirò ai ragazzini del Primo Anno che se mi votano lo saprò, grazie al mio immenso talento magico, e toglierò venti punti ciascuno. Anzi, trenta.”
Lucille scoppiò di nuovo a ridere. Laurie si guardò attorno e continuò:
“Sul serio, è una questione di vita o di morte. Non mi frega niente della Coppa, tanto vincete sempre voi.”
“Adesso però Allie può guardare Tom da vicino. Magari riesce a convincerlo a concedeverla, almeno per quest’anno.”
“Oh, sì, per farla stare zitta. Mi ha detto lui stesso che non la sopporta. Cioè, in realtà ha solo detto molto educatamente che ‘non gli piace’, ma sappiamo che il succo era quello, ecco.”
“Be’, sì, era ovvio. Mi dispiace sinceramente per lui”
“Non dispiacerti, Lucy. Tanto volendo potrebbe appenderla al Platano Picchiatore, ma alla fine non gli interessa. Comunque, dove sei stata tutto questo tempo?”
Laurie mise le braccia conserte, in segno di sfida.
“Ero con Livia, Hilde e Cecil… e l’ultima mezz’ora l’ho passata a cercarti un po’ ovunque, ma eri ancora a fare il tuo dovere”
“’Dovere’. Il mio dovere è lasciare che le parole mi entrino e mi escano dalle orecchie e, a tempo perso, controllare che Pix non mandi la gente in infermeria”
“Mi sarei divertita un mondo da Caposcuola” rise Lucille.
“A proposito… lui ha proprio esplicitamente detto che avrebbe preferito te ad Allie.”
“Ah sì? Ma guarda!”
“Ci pensi? Il sabato come attività ricreativa avremmo avuto percorso nella Foresta Proibita, poi cena attorno al focolare con Hagrid e i Centauri! ” la canzonò Laurie, al che lei scosse la testa
rimanendo seria.
“Non prendere in giro Hagrid, lo sai che è bravo.”
“Certo, io ce l’ho solo con te” e le cinse la vita per baciarla.



“Ho sentito che Silente si è deciso”
Tutti si girarono verso Cecil.
“Cosa?” chiese Hilde.
Il ragazzo aspettò di non sentire più passi fuori dal vagone, poi disse piano alle teste degli amici che lo circondavano:
“Affronterà Grindelwald”
“Sei sicuro? Dove lo hai sentito?” insisté Livia, mentre Hilde le strinse la mano.
"La gente parlava a Diagon Alley. La situazione in Europa è fuori ogni controllo. Se non agisce adesso, diventerà così potente da conquistare anche l’Inghilterraanche l’Inghilterra.”
“Un anno interessante!” commentò Laurie, guardando fuori dal finestrino.
“È così che funziona, allora. Tutte queste persone che sono morte erano meno importanti…” disse Lucy.
"Però pensa: il suo compito fisso è sempre stato quello di proteggere Hogwarts." continuò Cecil "Lui è solo, mentre Grindelwald ha a disposizione un intero esercito. Aggiungici che non è sicuro di batterlo...”
“Non credo che agirebbe se avesse paura di essere sconfitto." obiettò Laurie "Dopo tutto questo tempo, poi..."
“Be', noi possiamo solo sperare” soggiunse Hilde.
Cecil la guardò serio. Tutti si erano ritirati nei sedili, non parlavano più; e lui mormorò a un certo punto, incerto : "Forse..."
Lucy lo notò e sorrise, anche se era triste.
Cecil era il miglior amico di Laurie e un anno più piccolo di lui. Lo distinguevano i suoi capelli chiarissimi e il viso paffuto, che lo faceva più piccolo di quello che era. Era Grifondoro, ma i suoi compagni di Casa lo escludevano e lo trattavano con sufficienza. Sin dal primo anno, infatti, Cecil si interessava solo ed esclusivamente di controversie del Mondo Magico, e spesso iniziava a discutere le sue teorie prima ancora di dire come si chiamava. Nei primi tempi gli interlocutori erano molto interessati, al punto che Laurie una volta lo aveva visto radunare un folto gruppo di gente, compreso il Professor Lumacorno; tuttavia, man mano che prendeva confidenza, Cecil iniziava a parlare di tutto e tutti, e quindi, inevitabilmente, a  offendere. Laurie lo aveva conosciuto nei bagni il secondo giorno ad Hogwarts, dopo che era stato riempito di bubboni da Desmond Dodge per aver innocentemente detto qualcosa su suo zio, impiegato al Ministero. Il problema di Cecil era duplice e in sé un paradosso: riportava i fatti senza omettere niente, ma esprimeva sempre la sua opinione. Così, con le sue verità scomode, Cecil distruggeva da sei anni i migliori sogni e i più alti ideali; ancora peggio, da sei anni faceva infuriare con il modo a volte ridicolo con cui perdonava gli errori di chi gli piaceva. Il classico esempio era Silente. Lucy e Laurie avevano molti dubbi su di lui, ma Cecil, pur sapendo molto di più di loro, lo sosteneva a prescindere, prendendolo a modello. In questo lo spalleggiava Hagrid: i due erano amici e si parlavano spesso, ma ancora più spesso si ritrovavano a litigare, in un modo che Laurie non riusciva a non trovare davvero divertente. L'attimo prima andavano d'amore e d'accordo, concordando su ogni cosa: l'attimo dopo le voci rimbombavano nel corridoio mentre si lanciavano contro incantesimi ridicoli. Laurie spesso si precipitava a dividerli prima che arrivassero i Professori o gli altri Prefetti: spesso però il primo a beccarli era Alastor, e si seccava tanto da levar loro dei punti, che nessuno dei due riusciva a riguadagnare. Cecil infatti parlava, parlava, parlava, tanto da dimenticarsi di studiare: troppo orgoglioso per copiare, finiva così a prendere Troll su Troll, tranne che in Difesa Contro le Arti Oscure.
A quel punto Laurie, che voleva solo distrarsi dalla faccenda di Grindelwald e lasciare Lucy pensare per lui, ridacchiò per un attimo: tutti lo guardardono stupiti.
"No, niente. Mi sono solo ricordato di quella volta in cui hai Duellato con Allie..."
Hilde, Lucy e Livia scoppiarono a ridere.
"È stato fantastico! Davvero."
"Applausi meritatissimi. Cioè, non che mi sia un po' dispiaciuto per lei, eh, però era così convinta prima! Cos'è che ti aveva detto?"
"'Va' giù presto che devo andare a studiare per Trasfigurazione'" ripeté Cecil.
"Sì, noi ci ridiamo, ma lei si è giocata la carriera al Ministero" disse Lucy seria. "In famiglia non saranno stati contenti"
"Eh, no"
Cecil scosse la testa. Di solito non gli piaceva ridere delle sfortune altrui, ma quello era stato un vero momento di gloria per lui. Gli altri tendevano sempre a sottovalutarlo perché sembrava remissivo e docile, ma quella era la sua personalità. Nonostante la passione per le controversie, era tranquillo e per star bene gli bastava la compagnia degli amici.
Laurie allora si accorse che Lucy era irritata.
"Cosa c'è?"
"Niente. È solo che a volte fai presto a giudicare le persone."
"Sì, va be', ti metti a difendere Allie ora?" Laurie era confuso.
"Perché no?" Lucy si alzò in piedi "Da quanto ne sappiamo, i suoi genitori le mettono un sacco di pressione addosso. Cecil, non voglio sminuirti, è solo che Laurie è troppo pesante ultimamente e mi
dà fastidio."
"È perché non ne posso più di stare tra i Prefetti. Magari potevi rimanere con me dal Binario invece che scappare via subito, che ne dici?"
"Ah, ma smettila."
"Hai cominciato tu!"
A quel punto Lucy sbuffò un'ultima volta e uscì dal vagone.
Hilde e Livia si guardarono, imbarazzate, senza sapere cosa dire; poi si alzarono e la seguirono.
"Mi dispiace..." disse piano Cecil.
"Non so che le è preso. Magari poi vorrà parlarne" si convinse Laurie, alzandosi in piedi. "Comunque, stiamo arrivando. Devo andare."
"Ti accompagno per un pezzo" si propose Cecil, mostrandosi costernato.
Laurie aprì la porta dello scompartimento, e disse "Grazie" soffocando una risata triste.
Cecil la richiuse, quando un'ombra si avvicinò rapidissima a loro: Laurie ebbe il tempo di alzare gli occhi e si vide Edith quasi addosso.
"Lucy è andata di là. Sai, se le avessi chiesto, sarebbe venuta a salutare Tom con me prima"
Laurie rimase immobile, mentre la ragazza rideva sguaiatamente.
"Non te l'ha detto, vero? Diglielo tu, Cecil. E' l'unico che non lo sa"
Vide il suo amico serrare ancora di più la bocca, e la testa scomposta di Edith puntare verso di lui, con gli occhi ben aperti, fissi dentro i suoi, mentre diceva:
"Le è piaciuto dai primi giorni sino al Quinto Anno. Andava sempre a sedersi vicino a lui, sperando di parlarci. Quando si è stufata si è messa con te!"
Terminò con un gran sorriso e si dileguò.
Cecil si mordeva il labbro, ormai rosso fino alle orecchie.
"Lo sai che non è vero-"
"Cosa non è vero?"
"Non si è messa con te perché si era stufata."
 Allora Laurie sospirò come in un gran risveglio, gli mise una mano sulla spalla e disse:
"Devo davvero andare adesso. A dopo, Cecil"



Nota dell'autrice: questa è una storia lenta ma completa. Incoraggio a leggere con calma, cercando di comprendere i personaggi (specialmente i principali) senza però volerli definire; cercando l'obiettivo definito nell'introduzione, ma senza fretta. L'alternativa della storia che ho proposto, infatti (la sopravvivenza di Merope Gaunt) non potrebbe essere né verosimile né piacevole senza la creazione di un microcosmo che vuole sì simulare quello ideato dalla Rowling, ma che mostra essenzialmente il mio punto di vista.
Con ciò, mi auguro apprezziate i capitoli successivi e vi soddisfi trovare i riferimenti e gli indizi che li legano insieme.

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Capitolo 2
*** Una nuova custode ***



Curiosamente, nel tragitto in carrozza Laurie preferì intrattenersi con Alastor e Jane: Allie, ancora offesa, contribuiva a mantenere viva la conversazione solo fra loro. Il risultato fu che lui non proferì parola. Sedette tutto il tempo nell'angolo, con le braccia conserte e la solita espressione.
Solo alla fine, prima di uscire, sentì delle parole uscire dalla sua bocca.
"Non vi ho detto che mia madre quest'anno ha fatto domanda per diventare custode di Hogwarts. Stanno ancora prendendo in considerazione la richiesta, quindi dovremmo venirlo a sapere nei prossimi giorni."
"Ah, che bella cosa!" Jane fu la prima a rispondere.
"Bene, quindi suppongo non dovremo tollerare un altro Nives" commentò Laurie, quasi fra sé e sé.
"Dobbiamo assolutamente incontrarci con lei non appena arriva. L'intesa giusta col personale è fondamentale" chiarì Allie, con l'usuale tono pedante.
"Sì, è chiaro. In ogni caso, non dovrebbe darci problemi" precisò Tom.
"In che Casa era?" domandò bruscamente Alastor.
Se non fosse stato di pessimo umore, a Laurie sarebbe venuto  da ridere. Invece si limitò a mordersi la lingua, quando Tom rispose:
"Ah, be', non è andata a Hogwarts."
"No? Dove è andata, allora?" il Grifondoro continuò.
"Non è proprio andata in una scuola di Magia."
Alastor corrugò la fronte, mentre Laurie girò la testa per non dare a vedere che gli era andata la saliva di traverso.
Sapeva che era un Mezzosangue ma, così come per sei anni si era illuso, suo malgrado, che Lucy non avesse mai avuto un serio interesse per lui, si era fatto l'idea che sua madre dovesse essere una grande Strega con un incarico di prestigio nel Ministero. Sicuramente non pensava che avrebbe fatto domanda per pulire i bagni di Hogwarts; o, addirittura, che non avesse proprio frequentato nessuna scuola di Magia. Il mondo era davvero strano.
"Non so perché. I miei nonni sono morti presto, quindi non ho potuto conoscerli"
"Anche il padre di Ernest Shackles non è andato a Hogwarts.  È una pratica comune presso certe famiglie" spiegò Jane, cercando di farlo sentire meno a disagio.
Alastor fece spallucce e Allie assentì con una smorfia sdegnosa. Laurie, dal canto suo, non aveva alcun interesse a interrogarlo. Guardò invece fuori dalla finestra della carrozza il Thestral ossuto che li stava trainando, la corsa impetuosa di tutti gli altri, e ripensò al momento in cui suo zio lo aveva aiutato a preparare la sua prima pozione. Sembravano passati tanti anni...




Durante lo Smistamento era più concentrato del solito. Scambiava due parole con Vera ogni tanto, ma passava la maggior parte del tempo a istruire di volta in volta i bambini del Primo Anno. Lucy sbirciava dentro dalla fessura, ma non la vedeva.
Il fratellino di Hilde fu Smistato per ultimo, in Corvonero. Gli sorrise per incoraggiarlo, ma lui arrivò serissimo, esclamando: "Io volevo essere Tassorosso!"
Buona parte del tavolo scoppiò in una fragorosa risata: resistettero solo i bambini più previdenti e contegnosi. Fra i Tassorosso regnava un funereo silenzio, mentre i Grifondoro furono contagiati e i Serpeverde si limitarono a sguardi curiosi. Laurie cercò più volte invano di sovrastarli, anche perché, nutrito di battute sempre nuove, il delirio stava durando così tanto da non far proseguire la cerimonia.
"Senti, il Cappello ha tenuto conto della tua opinione, ma ha deciso che Corvonero era la Casa migliore per te. Potrai comunque vedere tua sorella, e con noi ti troverai bene-"
"TASSOROSSO SCHIFO!" lo interruppe il bambino che gli sedeva vicino.
Laurie gli rivolse uno sguardo di rimprovero poco convincente. Anche volendo essere responsabile, Tassorosso comprendeva fra i suoi membri persone come Edith, cosa che rendeva la sua argomentazione molto più difficile da contrastare. A quel punto, però, inevitabilmente, intervenne il professor Silente con la predica. Così i Corvonero, fedeli alla dottrina di Allie, presero la decisione che per avere voti alti era meglio tacere per sempre.
Finito tutto, divise i bambini con Vera e l'altro ragazzo; portò la sua parte a vedere la Sala Comune di Corvonero, spiegò la storia della Casa e non si dimenticò di far dipendere la vincita della Coppa dai punti che avrebbero perso votandolo per il Torneo dei Dilettanti. Esautorò anche questo suo compito, e si stese sul letto. Baron era calmo nella sua gabbia del comodino: non poté non pensare che, se fosse stato così anche quella mattina, forse non avrebbe discusso con Lucy. Questo anche se era stata lei a non avere la pazienza di aspettarlo.
Ma Lucy era così. Agiva spesso per impulso, era volubile e un po' capricciosa, solo per vezzo, per farsi desiderare. I primi mesi erano stati esplosivi: ogni volta che si trovavano insieme facevano scintille, finendo a far cose a cui non aveva mai neanche pensato prima.
I momenti migliori, però, erano anche solo quando stavano ore e ore a parlare di tutto: Mondo Magico e Mondo dei Babbani, la loro vita, Silente e Grindelwald, i loro amici, le materie, gli insegnanti, i segreti della scuola e delle altre scuole. In lei trovava un punto di vista che ammirava proprio perché così diverso e alle volte, così complesso: si scambiavano conoscenza, perché anche Lucy amava osservare e scoprire.
La rivelazione di Edith non gli aveva fatto dubitare del suo affetto, ma gli aveva fatto mettere le cose in prospettiva. Per due anni aveva avuto una cotta per Charlet, poi per Doris e glielo aveva detto: lei invece gli aveva nascosto di proposito la sua infatuazione, quando il resto della scuola pareva esserne a conoscenza. "Infatuazione": a detta di Edith, che probabilmente sapeva di cosa stava parlando, era durata quattro anni. Questa considerazione sarebbe stata molto meno drammatica se il periodo non avesse compreso l'anno in cui lei aveva iniziato a piacergli; se poche ore prima non avesse pensato, per puro caso, che lui e Tom avevano dei tratti in comune.
Laurie s'alzò di scatto dal letto, facendo prendere uno spavento a Baron, e fece per uscire dalla Sala Comune, quando la vide lì, proprio alla soglia, agitata più che mai.
"So che ho sbagliato. Avrei dovuto dirtelo, ma ho sempre ritardato il momento... per orgoglio. Mi vergognavo, ecco. Scusami, Laurie. Davvero."
"Diciamo che me lo sarei dovuto aspettare, e mi sento anche parecchio stupido. Però sì, ovviamente avrei preferito che me lo avessi detto, se è durata così tanto... anche il discorso dei Capiscuola, oggi, poi, a vederlo adesso-"
"Non è niente che ha a che fare col presente. Non mi voglio giustificare, perché non penso sia una cattiva persona, ma quei sentimenti infantili mi sono serviti a capire che... be', non è del tutto sincero. Te ne avevo già parlato riguardo al suo stare con Avery e gli altri."
"Sì, punta molto all'apparenza, quello lo avevo capito."
"Non sono solo dettagli, però. Non ho idea del perché lo faccia."
"A proposito, a noi oggi ha detto che sua madre ha fatto domanda per diventare custode di Hogwarts."
Lucy parve molto perplessa.
"Mi aveva detto che lavorava al San Mungo come infermiera."
"Ah, non so, avrà voluto cambiar lavoro. Più che altro io mi sarei aspettato qualcosa di diverso da lei."
"Vedi? Ci sono cose che non quadrano, Laurie."
"Ma perché? Secondo me ci stai dando troppa importanza. Non esiste sempre una spiegazione per tutto. Guarda che io non ti rimprovero il fatto che ti sia piaciuto.  È come Doris al maschile: a un certo punto della carriera ad Hogwarts non puoi non caderci. Più che altro mi ha irretito il fatto di essere l'unico a non saperlo."
" È stata Edith a spargere la voce! Non ti nascondo niente, Laurie, non ti voglio nascondere niente. Dopo che mi sono innamorata di te ho come voluto cancellare nella mia testa questo pezzo di storia, ma è esistito e lo devo accettare. Non so se mi sono spiegata..."
 "Va bene. Ora sta' tranquilla" Laurie le pizzicò la guancia, per poi diventare di nuovo sarcasticamente pensoso "Anche se però... il fatto di non averti al suo fianco gli dispiaceva un po' troppo... "
"Come va con Vera?" lo stuzzicò Lucy per ripicca.
Laurie aggrottò le sopracciglia confuso.
"Scambiamo due parole al giorno."
" È diventata davvero carina. Non dire che non te ne sei accorto."
"Certo, ma è perché ha trascorso del tempo con me"
Lucy rise e gli cinse il collo per baciarlo.
"Ora torna sotto terra, prima che esca fuori e ti ci ributti col potere delle sue te..."
Laurie attese e poi concluse sorridendo "... naci esortazioni"
"Guarda che glielo vado a dire" Lucy lo rimbrottò, allontanandosi.
Il ragazzo fece roteare gli occhi e rientrò nel dormitorio.

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Capitolo 3
*** Aria di cambiamento ***



I primi giorni, il clima non era dei migliori: bastava il richiamo all'attenzione di un professore o un evento inaspettato a far tacere i corridoi festanti. Le lezioni di Silente erano normali, finché qualcuno non le interrompeva per fargli una domanda indiscreta, o, arrivando un po' in anticipo davanti all'aula, veniva allontanato dal rumori di colpi e botti.
Il Preside Dippet appariva sempre più stanco: le rughe erano ogni giorno più profonde.
Laurie, seduto alla scrivania dopo una settimana per rispondere a suo padre, non sapeva se nascondergli la verità: non aveva mai visto Hogwarts così.
Batté una mano sulla carta e abbassò la testa.




La mattina dopo era come se non avesse dormito. Guardò la finestra: stranamente, non c'era traccia di Baron.
All'improvviso, ricordò l'orario di raccolta stabilito da Allie e si rese conto di aver più pochi minuti di tempo. Tuttavia, fece spallucce e impiegò comunque il tempo che ci doveva mettere a vestirsi.
Una volta uscito, la ragazza gli venne marciando incontro e si spaventò un po'. Non poteva essere così in ritardo, a meno che non avesse cambiato l'orario la sera prima.
"Ho cercato Tom ovunque, ma non c'è. Hai qualche idea?"
"Ah... io? No, mi sono alzato adesso. Starà ancora dormendo"
Allie chiuse gli occhi, dietro le lenti, e sospirò. A quel punto notò dietro di lei Vera e Nelson.
"In ogni caso, dobbiamo andare. Alastor, Jane e gli altri Prefetti sono tutti qui fuori. Per stamattina, mi assumerò anche le sue responsabilità."
Ciò detto, gli passò davanti e Nelson cercò di starle alle calcagna. Vera lo affiancò con un sorriso timido.

"Ehi, ciao... non sono sicura che sia questo il motivo della sua assenza, ma Tom mi ha detto che sua madre è stata assunta. Se è così, è probabile che adesso sia con lei..."
"Ah." Laurie inarcò le sopracciglia.
"Che dici? Non voglio farla arrabbiare ancora di più... è che non sono sicura..."
"Fare arrabbiare chi? Allie? No, lascia stare. Per la barba di Merlino, sono le sei di mattina, se anche non c'è avrà le sue ragioni."
"A chi lo dici! Mi sono alzata a manca un quarto alle cinque stamattina pur di prepararmi in tempo..."
Laurie annuì, seccato, e lei accelerò il passo per unirsi agli altri. A quel punto la guardò di nuovo, e si rese conto di non averlo mai fatto in quella prima settimana.
Aveva già visto che era diventata più alta ed era dimagrita, ma non che avesse una divisa forse di due taglie più piccola, perlomeno in vita; poi, non portava più gli occhiali e le erano spariti quasi tutti i brufoli dal viso. I suoi capelli erano schiariti e li aveva resi mossi... e si truccava molto. La prima impressione inconscia che aveva avuto è che si stesse curando il più possibile pur di sembrare bella. Quello che gli era sfuggito è che effettivamente funzionava; e pareva pensarla così anche Eric, visto che la guardò dal momento in cui spuntò fino a quando non li raggiunsero.
Allie cominciò animatamente a parlare, e lui continuava a lanciarle occhiate. Lei, dal canto suo, dava segno di notarle e farsele scivolare addosso. Tuttavia, lo stimolo della risata per Laurie non fu molto forte: non era poi così sorprendente, visto che era consolidato il fatto che nessuno ascoltasse mai Allie. Quello che lo stupiva invece era il comportamento di Vera, che era sempre stata, ed era ancora, molto chiusa, ma si stava mostrando consapevole di sé.



Pozioni andò molto bene. Ebbe anche il tempo di dare una mano a Hilde, che si era inceppata in un passaggio. Per Livia, invece, non poté fare niente: si era distratta a metà lezione e si era persa tutte le indicazioni di Lumacorno. A dire il vero, stava finendo prima di tutti gli altri, ma poi era rimasta venti minuti a guardare alcune boccette.
"La rifarò stasera" disse a Lumacorno, che alzò gli occhi al cielo e annuì, mentre Allie si coprì la faccia con la mano. Non che le si potesse dire molto: si sapeva già che la avrebbe fatta bene, solo non durante quella lezione.
Andarono insieme nella Sala Grande, ritrovandosi con Lucy e Cecil. Edith era seduta abbastanza vicino a loro con Olive Hornby al suo fianco e senza Mirtilla.
A un certo punto, ricordandosi di quello che aveva detto Vera, Laurie guardò nella direzione dei professori. In mezzo a loro, da quel che poteva vedere c'era una donna minuta e strabica, con le guance un po' scavate, gli occhi grandi e lunghi capelli neri.
Indossava un grembiule sopra una maglia scura, dove teneva il capo chino: d'un tratto, parve ravvivarsi e alzò il collo. Laurie si guardò un po' attorno e vide finalmente il profilo di Riddle dall'altra parte della Sala.
"Quella è la madre di Tom. Ho sentito che è stata licenziata al San Mungo" soggiunse Cecil.
"Licenziata?" Laurie era confuso. "Perché?"
"Non lo so. Ho sentito così e basta"
Lucy scosse appena la testa.
"Non vi aveva detto che era stata licenziata, no?" disse piano.
"Be', è comprensibile, dai."
"Miei cari studenti" iniziò il preside Dippet. Tutta la Sala tacque.
" È mio piacere introdurvi oggi la nostra nuova custode. Il suo nome è Merope Gaunt."
La donna sorrise in modo un po' innaturale, socchiudendo gli occhi.

"Alle sue spalle ha un'esperienza decennale all'Ospedale San Mungo e, per quello che ho potuto giudicare, è una donna di grande premura e intelligenza. Vi prego di aiutarla quanto lei cercherà di aiutare voi e rendere la permanenza a Hogwarts più sicura, in questi tempi difficili.In particolare, faccio richiesta ai Prefetti e ai Capiscuola di istruirla così da fondare le premesse per una buona collaborazione. Vi lascio dunque al vostro pranzo"
Lucy era particolarmente guardinga: la donna in qualche modo se ne accorse e si ritirò nelle spalle. Imbarazzata, abbassò gli occhi e si rivolse a Laurie.
"Cosa c'è?" le chiese, vedendola preoccupata.
"Oh, niente."



Dopo aver sfidato per scherzo Alastor in Trasfigurazione, era arrivato il momento di riunirsi con i Prefetti e i Capiscuola e incontrare Merope Gaunt. Il Grifondoro non lo seguì perché era addetto alla sorveglianza insieme a Jane e altri.
Quando arrivarono, Allie le stava già parlando e, paradossalmente, di Tom non c'era traccia.
Anche lei parve notare l'assurdità, al che le chiese scocciata:
" È stato sempre così?"
"Come?" la donna parve confusa dalla domanda.
"Gli appuntamenti al martedì sono alle sei del mattino e alle sei di sera. Oggi è la seconda volta che Tom è in ritardo."
"Ah, davvero?" Merope spalancò gli occhi e si piegò davanti a lei, quasi in un inchino "Mi dispiace. Glielo dirò, sicuro.  È molto importante che voi andiate d'accordo "
" È quello che dico anch'io!" confermò Allie, furiosa "Ma purtroppo per ora non si sta impegnando granché!"
"Oh no, lui non vuole offendere, è un peccato che si faccia quest'idea, signorina Hollstraine...  È solo che a volte è molto concentrato sul suo lavoro..."
"Questo è anche il suo lavoro, però!"
Laurie non riusciva a credere ai suoi occhi o alle sue orecchie. La discussione proseguiva, e la sua bocca restava aperta, senza che riuscisse a intervenire.
Allie ci stava ancora dando dentro, quando Tom comparve alla fine del corridoio. Sia lui che Merope gli corsero incontro, e Vera e tutti gli altri Prefetti al seguito.
Era impossibile che non avesse sentito qualcosa.
"Mi spiace molto, ma Tom! Tua madre, io e tutti gli altri stiamo aspettando da venti minuti!"
"Pensavo che al martedì ci dovessimo vedere alle sei e mezza" rispose lui con meraviglia.
"Come alle sei e mezza? Ero stata chiara, no? Martedì e giovedì alle sei! Lo avevamo stabilito insieme ad agosto in base agli orari! Mi sbaglio?" Allie cercò conferma negli altri Prefetti, i cui sguardi erano però persi nel vuoto.
"La tua compagna ha a cuore la tua responsabilità, Tom, caro" chiarì Merope, con tono più paziente che pedante.
Tom la guardò, offuscando la rabbia. Per Laurie era evidente che fosse estremamente irritato dalla faccenda.
"Non succederà più" disse allora ad Allie.
Finalmente, la ragazza parve soddisfatta.
"Bene. Dunque, il Preside Dippet ci ha incaricato di mostrarle il castello. Pensavo di cominciare con il mostrare il meccanismo che regola le scale..."



Alla fine della visita, la signora Gaunt era entusiasta. Per ogni anfratto aveva avuto mille domande: ad alcune aveva risposto Tom, e ogni volta gli aveva sorriso con grande orgoglio.
Laurie ovviamente pensò al fatto che lei non avesse mai frequentato Hogwarts, e a quale effetto tutto ciò dovesse avere su di lei: il pensiero di viverci per anni a venire, e anche di avere un figlio tanto talentuoso. 
" È stato un vero piacere. La bravura che avete dimostrato è una motivazione a fare del mio meglio!"
"Il piacere è stato nostro, signora Gaunt" rispose Vera, che pareva andarci d'accordo.
La donna allora le strinse il braccio con affetto, e girò la testa verso il figlio.
"Se vuole la possiamo riportare al suo ufficio. Intanto rivede il percorso una seconda volta" propose Laurie.
"Posso accompagnarla da solo" si intromise allora Tom avvicinandosi a lei "Andate pure."
"Grazie, tesoro. Sei così generoso" disse la signora Gaunt, abbracciandolo.
 "Sono solo gentile" rimarcò lui, con educato distacco "Non è il caso che si trattengano più del dovuto."

Tutti furono congedati. Laurie vide madre e figlio allontanarsi nel corridoio, mentre lei alzava ancora lo sguardo per vedere l'architettura.



Laurie sedeva vicino a Lucy nella biblioteca, giocando coi suoi capelli mentre studiava Aritmanzia Avanzata. Lei teneva la testa in mezzo alle braccia conserte, grattando di tanto in tanto il tavolo con le unghie.
Dopo un po' che era stata così, Laurie smise di accarezzarla e disse:
"Mi vorrai dire cosa c'è, prima o poi?"
Lucy alzò la testa.
"Oggi ho guardato la signora Gaunt... se n'è accorta e si è fatta indietro. Come se avesse avuto paura"
Laurie sospirò, preoccupato.
"Perché ti stai ossessionando?"
"L'hai vista anche tu oggi. Non mi puoi dire che sia del tutto normale"
"Be’... no, ma non mi sembra importante. Quasi nessuno dello staff di questa scuola è normale, rientra nei parametri. Comunque, di oggi... te lo sarai immaginato"
"Ho cercato di convincermi, ma ho avuto un'impressione vivida. Mi sembrava reale."
"Sarà, ma se è una Magonò..."
"Cosa?"
Laurie chiuse il libro e si girò verso di lei.
"Mi sembrava la cosa più ovvia, essendo che non è andata a una scuola di Magia. Però, se tu sei così sicura..."
" È comunque stata infermiera al San Mungo. Non credo assumano Magonò, Laurie"
"Hai ragione. Ma perché non ci è andata, allora?"
" È quello che mi sto chiedendo da un giorno!" Lucy sbottò, sempre sussurrando.
I due si interruppero per guardarsi attorno: avevano sentito dei passi. Laurie d'istinto riaprì il libro di Aritmanzia e ricominciò a leggere.
Un gruppo di Corvonero prese dei libri dallo scaffale e uscì.
Dopo poco, neanche a farlo apposta, comparve la signora Gaunt. Loro avrebbero preferito nascondersi, ma mentre ispezionava tutto coi suoi grandi occhi scuri puntati in direzioni opposte, inevitabilmente li vide.
"Buonasera, signor Langton! Grazie ancora per oggi! E..."
"Lucille Dean" rispose lei, con un sorriso imbarazzato.
"Stiamo insieme" aggiunse Laurie con uguale imbarazzo.
"Ah! Per favore, non la lasci mai. Sembra una così cara ragazza!"
"Oh... no. Certo che no." assentì lui, un po' confuso. Lucy arrossì fino alla radice dei capelli, e la signora Gaunt scosse la testa in penitenza.
"Scusate, non volevo mettervi in imbarazzo. So che lei non lo farebbe, signor Langton... comunque, posso chiedervi un favore? Sto cercando dei libri specifici, ma non conosco la biblioteca e non so dove trovarli. Il Preside mi ha dato il permesso di prenderli in prestito"
"... certo. Di che libri si tratta?"
"'Teorie di Trasfigurazione Transustanzial È di Fawler Convertus e 'Omen, oracoli e la capra' di Bathilda Bagshot. Grazie. Oh... ma studiavate? Che maleducata! Non vi volevo disturbare!"
"No, no. Non c'è problema" continuò Laurie, tirando Lucy in avanti.
"Oh, meno male! Li avrei chiesti a Tom, sapete, ma li ha già restituiti. Non credo che Divinazione gli piaccia, ma io la trovo davvero interessante. Voi che ne pensate delle profezie?"
Laurie e Lucy si guardarono.
"Non ho un'opinione definita." rispose il ragazzo. "A volte si rivelano essere vere, a volte no"
"Sì, esatto. Non è facile distinguere le vere dalle false. Devono rispondere a dei criteri che cambiano ogni volta, giusto?"
"Suppongo di sì" disse Lucy, piano.
"Quindi non vi interessano. Peccato... sarebbe bello avere qualcuno con cui parlarne."
"Molti ragazzi frequentano Divinazione. Può chiedere a loro" le consigliò Laurie.
"Sì, certo, è una buona idea. Grazie, signor Langton. Immagino che con voi potrò parlare di tutto il resto. Stavi studiando 'Grammatica' di Carneiro, giusto? Ci ho messo molto tempo per capirlo. All'inizio è difficile cogliere le applicazioni pratiche, ma pian piano diventa sempre tutto più chiaro. Aritmanzia per me è affine a Divinazione, per certi aspetti, ma ovviamente Tom dice di no. In ogni caso, quel libro gli piace moltissimo"
Laurie era molto confuso. Lucy un po' meno.
"In che senso, gli piace? Lo ha già letto?"
"Oh, sì, due o tre volte. Quand'era che ne abbiamo parlato? Mi pare fosse ancora al Terzo Anno. Perché?"
"No, niente.  È solo che è un libro di Aritmanzia avanzata, una delle materie di esame per i M.A.G.O., e al Terzo Anno eravamo ancora alle basi. Immagino gli piaccia portarsi un pochino avanti." cercò di recuperare Laurie, restando serio e mettendo da parte il pensiero che lui impiegava un'ora a fare dieci pagine, e il libro ne aveva settecento.
"Oh, a lui sì, certo.  È sempre stato speciale. Lo conoscete anche voi, credo che lo abbiate capito"
"Senza dubbio, signora Gaunt" rispose seriamente Lucy, mentre Laurie non riuscì a reperire una parola appropriata da dire.
Ben presto calò di nuovo l'imbarazzo, e il suo sorriso si smorzò un poco.
Allora Lucy si avvicinò allo scaffale e glielo indicò.
"Qui se vuole ci sono altri libri di Divinazione." si spostò da un'altra parte "Questa invece è la sezione di Trasfigurazione"
"Grazie, signorina Dean. Grazie, signor Langton. Adesso vado: domani comincerò col pulire i sotterranei, cara. Spero di potervi rivedere"
"Buonasera, signora Gaunt"
E se ne andò.
In completo silenzio, Laurie tornò a sedersi al tavolo. Dietro di lui, Lucy era serena.
"Non la trovi gentile?" gli chiese ad un tratto.
Scioccato, Laurie si girò a guardarla.
"Quindi quello matto sono io, adesso."
"Be', avevamo già stabilito che non è tutto a posto con la testa..."
"Ah, ecco."
"... ma non vuol dire che non sia gentile. La avevi già incontrata oggi, no?"
"Era stato un po' diverso."
"Diverso come?"
"Non lo so. Sarà che tu sapevi già il fatto di Aritmanzia, ma io non riesco davvero a capacitarmene."
 "Ah be', se è questo il problema... torna a studiare."
"Forse è meglio."



"Assooooasssasiii"
Tom le fece cenno di tacere e Merope si chiuse la bocca con la mano.
"Madre!"
"Lo so! Scusa, mi è venuto spontaneo..."
"Non si può mai sapere, in questa scuola" spiegò lapidario, a bassa voce.
Merope sospirò.
"Non mi sembra neppure di star parlando con te... ma non possiamo farci niente."
"Guarda i libri che ho preso dalla biblioteca. Ho incontrato i tuoi compagni lì, sai? Lucy e Laurie, il Prefetto. Mi hanno aiutato loro a prenderli. Sono davvero bravi..."
"Che ti hanno detto?" inquisì Tom subito, incuriosito dal sentire i loro nomi.
"Niente di che. Perché me lo chiedi? Tesoro, adesso non devi sempre preoccuparti, non ti fa bene."
"Non possiamo permetterci la calma in questa situazione. Nessuno deve sapere niente. Niente... di importante, si intende. Al contrario, devono illudersi di sapere tutto."

"Non mentirò sul resto, Tom. Mi sembra già di voler bene a questi ragazzi. Con un po' di fortuna, loro inizieranno a voler bene a me"
"Non ti basto io, madre?"
La donna lo tirò verso di sé per abbracciarlo. Lui la cinse con forza con il braccio e le mise una mano sulla testa, ma il suo sguardo era distante e concentrato sul da farsi.

 

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Capitolo 4
*** Poltergeist? ***


Se la prima settimana era stata deprimente, quelle successive furono agitate.
Silente pareva aver ritrovato un equilibrio, ma il resto della scuola lo aveva perso. Le voci e le paure serpeggiavano sempre più insistenti, e i primi tempi la signora Gaunt provvedeva a tirar tutti su di morale. All'inizio aveva regnato la diffidenza: una custode che non fosse crudele o sadica era poco credibile, perché non ci fosse qualcosa di losco sotto. Ogni tanto, qualcuno veniva da Cecil a fare delle domande: lui si limitava a parlare del suo lavoro al San Mungo, Laurie serrava la bocca, e se ne andavano più increduli di prima. Passato il tempo, gli studenti iniziarono a convincersi e a non riuscire a credere di aver barattato Nives per lei. Laurie stava recuperando il fratello di Hilde da un gruppo di bulletti, e se la trovò a fianco a rassicurarlo; aveva appena visto due gufi fuggire, che sentì la sua voce mentre correva a recuperarli; i bambini del Primo Anno si dimenticavano i libri, e andava a riportarglieli.  Imperversava ovunque: sulla torre di Astronomia, sulla torre delle Rune, in infermeria, nelle serre, vicino al Lago Nero, persino nella Sala delle Maledizioni al settimo piano. Sembrava davvero essere in ogni luogo, in ogni momento, disposta a tutto.
Ad un tratto però, ad ottobre, Pix decise che questa situazione era troppo serena, e quindi diede il via libera al caos.
Se il suo rapporto con Nives era stato complicato, per la madre di Tom il Poltergeist divenne un tormento. Iniziò a boicottare le sue pulizie, rovesciando le pozioni sui pavimenti dei bagni, fino ad arrivare a svuotarle l'ufficio, buttando tutto per terra in giro per la scuola. Ma fu il giorno fatidico, nel quale, dopo settimane di pazienza, provò a fargli una ramanzina davanti a tutti, che l'andamento delle cose da obliquo diventò verticale. Infatti, cominciò a canzonarla per lo strabismo facendo roteare gli occhi, prese a tirarle i capelli fino a strapparglieli e lanciarle intere portate di cibo addosso, finché una sera, Lucy le confidò che le aveva pianto sulla spalla per un'ora dall'esasperazione. Laurie disse che non sapeva cosa fare e urgeva l'intervento dei professori: proprio in quel momento, accorsero Livia e Hilde dicendo che Pix aveva appena fatto cadere la signora Gaunt dalle scale e che giaceva a terra priva di coscienza, seriamente ferita. Vicino a lei c'erano la professoressa Merrythought, Silente e Allie, che pareva sul punto di esplodere.


La mattina dopo, in Sala Grande non si parlava d'altro: molti vociavano su una possibile espulsione di Pix da Hogwarts.
"Era ora. C'è da chiedersi perché sia rimasto così tanto. Un Poltergeist non può risiedere in una scuola come questa" Alastor commentò con Allie, Jane, Eric e altri Grifondoro. Lucy e Laurie si fermarono. La Caposcuola scosse la testa, inorridita dalla questione.
"Dobbiamo ringraziare il giudizio del Preside." sibilò.
"Ci hanno provato in passato" rispose Laurie "Solo che non si era mai accanito così."
A sorpresa, videro arrivare Silente per tenere il discorso.
"A tutti è giunta la triste notizia dell'incidente avvenuto ieri alla signora Gaunt. In questo difficile momento, ho comunque il piacere informarvi che la custode non corre nessun pericolo e, affidata alle cure della signora Chester, si riprenderà in tempi
relativamente brevi. Quanto a Pix il Poltergeist, stanno venendo effettuate delle ricerche dal personale scolastico, ma non è ancora stato ritrovato. Se qualcuno di voi lo avvistasse, è pregato di avvisare un professore. Grazie."
"Lo troveremo!" urlò Alastor, alzandosi in piedi insieme a Eric e quasi tutti i Grifondoro.
Mentre tutti urlavano, Laurie si accorse di una cosa.
"Tom dov'è?" "Ha avuto un colloquio col Preside durante la notte." rispose Jane "Stamattina non lo so."
"Il Professor Silente ha detto che il personale scolastico lo sta cercando. Il Caposcuola è considerato parte del personale scolastico, quindi..." inferì Allie.
Laurie non riusciva a crederci. Anche in quel momento non perdeva occasione di farlo sentire stupido.
"... quindi direi che è ora di mettersi all'opera" la rimbeccò Lucy.


I Capiscuola, i Prefetti, i Professori e persino il Barone Sanguinario, che si era unito alla causa, passarono un giorno intero a cercare il Poltergeist, ma senza successo.
Laurie stava rientrando con Lucy alla Sala Comune di Corvonero, quando ebbe, suo malgrado, un'intuizione.
"Dov'è il miglior posto dove può nascondersi un essere amortale e potenzialmente invisibile al riparo da esseri mortali e visibili?"
"Un posto molto pericoloso o inaccessibile." rispose Lucy " È tutto il giorno che ci penso. Potrebbe essere in fondo al Lago Nero, o nel bel mezzo della Foresta Proibita. Vuoi andare?"
"Preferirei di no" ammise Laurie, continuando a camminare. La ragazza, però, era ferma.
"Lucy, lo sai che non posso farlo" insisté "E poi, perché io?"
"Davvero, perché io? Che razza di Prefetto sei, Laurie?"
Laurie si rese conto dell'assurdità di quello che aveva detto.
"Dove vogliamo andare, allora?"


La Foresta si estendeva davanti a loro. Buia, piena, in perpetuo movimento.
Lucy si portò avanti, percorrendo il sentiero piano ma con sicurezza. La luce sulla punta della bacchetta di Laurie seguiva la sua, staccandosene per brevi tratti.
Non troppo lontani sentirono gli zoccoli dei Centauri: si decisero allora a cambiare direzione.
All'improvviso sentirono però un altro rumore.
"Mi sembra lui" sussurrò Lucy: si fece avanti, furtiva, senza far scricchiolare niente, estrasse la bacchetta ed esclamò: "REVELIO!"
L'incantesimo funzionò, e Pix fu reso visibile dietro una radura.
Laurie storse il naso. Era stato troppo facile.
A guardarlo, non pareva del tutto... integro. Non sembrava essere in grado di muoversi, ma qualcosa lo rendeva irrequieto, malfermo, e il suo sguardo vacillava.
"Ho capito. Ho capito. Fine dei giochi. Niente. Messaggio ricevuto. Tornerò domani mattina al Castello per essere espulso."
Anche la voce era alterata, in modo appena percettibile: aveva un suono più metallico, stentoreo.
"Non siamo i primi" borbottò Laurie. "Chi altri è stato qui?"
Per la prima volta nella sua esistenza, Pix non fece motto.
"Non ce lo dirà" si risolse Lucy, ancora con la bacchetta levata "...ma come sappiamo che sta dicendo la verità? Perché dovremmo lasciarti qui?"
"Tutta Hogwarts contro, non conviene. L'accordo è domani.  Pix non voleva uccidere, ho già preso tante legnate, la pagherò ancora più cara. Basta parlare, tornate indietro"
Con cautela, Lucy abbassò la bacchetta e iniziarono a retrocedere.
Laurie non pensava sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe avuto pena per Pix, ed eppure... vederlo così dissestato gli procurava un fastidio fisico. Non che non provasse più dispiacere per la signora Gaunt, che non aveva fatto assolutamente niente per
meritarsi di cadere giù per la scale... ma come poteva un Poltergeist avere il senso della responsabilità?
Come pensava, sentì dei versi non troppo lontani.
"Prima pensiamo a uscire vivi di qui, giusto" si ricordò ad alta voce "So che è come casa tua, ma affrettati Lucy, per favore. Non voglio rischiare che ci scovino. Voglio dire, questo posto è davvero impressionante..."
"Chi sarà stato?" disse lei, sovrappensiero.
"Ce ne preoccupiamo dopo!" insisté Laurie, affrettando il passo dopo aver visto due occhi lampeggianti.


Laurie era così stanco da non riuscire a rispondere al quesito per accedere alla Sala Comune.
Era chino sul muro da un po', quando gli volò un cartoccio fra le mani con la risposta.
Mise un piede dentro, quando con sommo orrore vide Allie guardarlo dal basso, dietro le spesse lenti dei suoi occhiali.
"Che ci facevi fuori a quest'ora? Sei impazzito?!"
"Lo so Allie, ma ascolta: Pix è nella Foresta Proibita. Non era normale, però. Qualcuno lo ha trovato prima di me, stanotte"
"Ah... davvero?"
"Ha detto che potrà far ritorno alla scuola solo domani e che accetta di essere espulso."
La ragazza scosse i ricci.
"Be', l'importante è che sia stato trovato. Ora non dovremo più preoccuparcene. Adesso io torno a letto. Tu fai quello che vuoi, ma se un professore mi chiede cosa fai a zonzo di notte, non potrò mentire"
Dopo quelle parole, Laurie tornò alla sua stanza, agognando solo il letto.


Il giorno dopo, Pix tornò nel castello e fu espulso, come aveva detto sarebbe successo.
All’annuncio seguì un ordine solo apparente. Se molti si limitarono a rallegrarsi e pochi altri, pur di nascosto, a intristirsi, chi sapeva, o aveva intuito, che il merito non era stato dei professori, puntava qualche indice: in direzioni diverse, molto spesso opposte.
Conclusa una lunga partita a scacchi magici con Cecil, Laurie si congedò e imboccò il corridoio, quando vide Jane venirgli incontro con passo cauto e sostenuto. Pareva stravolta.
“Scusa, Laurie, ma ho davvero bisogno di parlarti”
Si misero in un angolo, sotto un contrafforte. Le tremava la voce ed era rossa quanto i suoi capelli.
“Ecco… il professor Silente poco fa ha interrogato Pix, e ha scoperto che era stato minacciato di Dissolvenza”
Le lacrime sarebbero scese da un momento all’altro. Laurie le prese il braccio dal gomito per tenerla.
“Cos’è la Dissolvenza?” le chiese, confuso.
“ È un procedimento lungo, magia molto, molto Oscura... Bisogna pronunciare una formula in rune, e bere una pozione che può essere mortale, se non viene eseguita bene. Il suo effetto è la distruzione, o Dissolvenza appunto, di un essere amortale”
“Non pensavo neppure io, ma poi sono andata a cercare nella Sezione Proibita… è un Incantesimo antichissimo, creato con lo scopo di eliminare i Dissennatori, ma ritenuto poco efficace, perché permette l’eliminazione di un essere alla volta… il creatore ha ricevuto il Bacio provandoci e ha lasciato dietro di sé gli appunti. Vedi, è che…” Jane si trattenne dal singhiozzare “…hai sentito quello che ha detto Alastor, ieri. Io non riesco a smettere di pensare che potrebbe… essere stato lui…”
“Cosa? Alastor? Un Incantesimo del genere?! Jane, non credo proprio” rispose Laurie istintivamente. Allora però gli ritornò in mente quello che gli aveva detto Cecil, ovvero che, essendo rimasto sveglio durante la notte, aveva sentito Alastor e altri suoi compagni uscire.
“Non sarebbe solo questo. Allie mi ha detto che te e Lucy avete visto che Pix non era normale nella Foresta Proibita, ieri. Io so per certo che Alastor ieri aveva passato la sera con me a ricercare Maledizioni, Incantesimi di Contenimento, Barriere… Laurie, so che sei senza parole. Anche io non so proprio cosa dire.”
Non sapendo cosa fare, la abbracciò.
Jane si sfogò per un po’; poi tirò in dentro le lacrime e lasciò gentilmente la stretta.
“Pix ha detto altro per caso?”
“Non ne ho idea. Ho solo orecchiato per sbaglio la conversazione di Silente con la Merrythought, non volevo spiare”
Laurie annuì.
“Se vengo a sapere qualcosa di più, te lo dico.”


Laurie e Lucy entrarono insieme in infermeria.
Lontani si sentivano i gorgoglii di pozioni e il tentennare dei vetri.
Passarono file di lettini vuoti, finché non videro quello della custode. Vera era china sopra di lei: vedendoli, arrossì subito e iniziò ad agitarsi.
“Ah… ciao. Se volete, non vi disturbo e vi lascio soli con lei…”
“No, figurati, non devi andartene” rispose Lucy.
“Signorina Dean, signor Langton!” trillò la signora Gaunt con dolcezza “Che carini siete a venire a trovarmi! Ammesso che siate venuti per questo… sbaglio?”
“Certo che siamo venuti a trovarla” replicò Lucy, con un sorriso.
“Come sta, adesso?” chiese Laurie, più serio.
“Benissimo, grazie. Domani mattina sarò pronta ad uscire. Ne parlavo con Vera: la signora Chester è un’infermiera straordinaria. Mi ha detto tante cose che non sapevo! Una donna degna di questa splendida scuola. ”
“Sicuramente” confermò Laurie.
“ È stato un peccato che non l’abbia conosciuta quando lavoravo al San Mungo. Avrei voluto sapere certe cose, quando mi sono occupata di certi pazienti difficili… poverini, avevano patito tanto. Eppure esiste sempre una via più breve… oh, Vera, cara, stai
andando via? Non devi sentirti di troppo”
“No, mi dispiace, è che devo proprio andare, mi tocca finire i compiti. La verrò a trovare domani. Mi saluti di nuovo Tom. Ciao, Laurie, ciao, Lucy.”
“A domani, cara!” la salutò Merope. Per un attimo apparve quasi più arzilla del solito: poi, dal nulla, si rabbuiò e disse, cupa: “Mai avrei voluto che si arrivasse a questo. Ho tentato di evitare il confronto con… lui, ma non è servito.”
“Ci mancherebbe, signora Gaunt. Che ne ha potuto, lei?” rispose Laurie con forza.
“Tom, eccoti!” esclamò lei d’un tratto.
Laurie e Lucy si girarono di scatto: come si videro, lui li squadrò da capo a piedi, uno per uno. Sembrava vagamente nervoso.
“Vera è andata via e ti saluta, tesoro.” Spiegò, poi si rivolse di nuovo a loro “ È rimasto tutto il giorno ad aiutare la signora Chester. Abbiamo discusso molto tutti e bene, insieme”
“Ha detto che è stata molto fortunata. Sono quelle cose che vorresti non accadessero mai: ma, per fortuna, ora è un capitolo chiuso” commentò Tom, asciutto.
Laurie scosse piano la testa, poi sentì Lucy dire:
“Ascolta: ieri io e Laurie eravamo nella Foresta Proibita. Abbiamo visto Pix, ma ci ha preceduto qualcuno e non sappiamo chi. Chiunque fosse, lo ha minacciato.  È per questo che si è consegnato, oggi.”
“Minacciato?” la signora Gaunt era rimasta senza parole “Come si fa a minacciare un Poltergeist?”
Tom alzò le sopracciglia, perplesso.
“Con Magia Oscura, suppongo. Sicuramente non qualcosa che insegnano”
“Già. Ma non sappiamo chi possa essere” proseguì Lucy.
Tom annuì e le lanciò una strana occhiata.
“ È un caso complesso. Adesso però devo finire di preparare e classificare le pozioni con la signora Chester: se volete, vi aspetto più tardi in biblioteca per parlarne ancora”
Sia Lucy che Laurie annuirono.
“Ma quante cose sono successe a causa mia!” esclamò la donna, sconvolta.
“Niente, madre. Niente è successo a causa tua” obiettò Tom allora, con la bonaria pazienza di chi ha ripetuto qualcosa per l’ennesima volta.
Dopo aver detto così, se ne andò.

 

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Capitolo 5
*** Avery ***


Lucy entrò per prima nella biblioteca: Tom era seduto nel tavolo più vicino all'uscita.

Non appena la vide, si alzò lasciando il libro aperto e si addentrò negli scaffali, senza dire una parola. Loro lo seguirono, un po' incerti, finché si fermò sui suoi passi.

"Due giorni fa, ero appena rientrato dall'infermeria, quando Avery è entrato nella mia camera e ha iniziato a farmi delle domande sull'accaduto. Lo conoscete già, non penso debba aggiungere dettagli sul suo carattere: era molto aggressivo e prepotente. Ho avanzato di rispondere, perché non mi sembrava opportuno, e sono andato a dormire. La mattina dopo, chiaramente, non ci ho più pensato, ma la storia della minaccia mi fa credere che forse non è finita lì... soprattutto considerando che ricordo nitidamente avesse nominato questo stesso Incantesimo, la Dissolvenza"

Avery. Il capo della combriccola dei razzisti. Era stato uno dei sospetti sin da subito, quindi non potevano dirsi sorpresi, ma era comunque qualcosa di grave anche per lui.

"Per la barba di Merlino..." Lucy si morse il labbro, tesa "Non puoi riportarlo al Preside o ai Professori?"

"In teoria noi però non dovremmo saperne niente" la corresse Laurie.

"Forse, visto il caso, possiamo fare un'eccezione" ponderò Tom "Comunque non vi metterò in mezzo: dirò di essere stato io ad avere sentito."

"Ci dispiace davvero per questa faccenda. Dev'essere davvero pesante per te" disse Laurie, con lo sguardo basso.

"Ho vissuto momenti peggiori" replicò Tom con inaspettata durezza. Laurie si pentì quasi di aver parlato, e anche Lucy ci rimase male.

Rimasero in silenzio per un po', quando il suo viso parve distendersi e disse:

"Scusate, ma credo andrò subito dal Preside a riferirgli quello che so. Grazie, comunque. Senza il vostro aiuto non avrei mai scoperto come sono andate le cose. Ah, e spero che domani troverete un momento per andare a trovare mia madre. Mi parla sempre di voi"

"Sì, certo. Dille che verremo nel tardo pomeriggio" rispose Lucy, rasserenata.

Tom annuì e si dileguò.


Più tardi, quella sera, Lucy e Laurie si riunirono con Cecil, Hilde e Livia.

"Avery, quindi... accidenti."

Cecil era sbalordito.

"Mi ricordo i primi anni, quando chiamava tutti i Nati Babbani Mezzosangue. Adesso è passato ad altro, evidentemente..."

"Cosa gli farà il Preside, secondo voi?" chiese Livia "Lo espellerà?"

"Considerando che Pix ha ammesso che è stato lui, è probabile." concluse Lucy.

"Non bastava Grindelwald a movimentare l'inizio anno" scherzò Laurie, pur restando perfettamente serio.

"Però… potrebbe essere il suo esempio negativo" propose Hilde "Pix non si era mai comportato così male in secoli di storia, no?"

La sua domanda rimase senza risposta per un’eternità: allora un po’ mortificata guardò Livia, che fece spallucce per farla contenta, mentre Laurie borbottò un “Magari" con tono del tutto assente. 

“L’atmosfera è cambiata, senza dubbio. Da quando è alle porte dell’Inghilterra ci si sente sempre qualcosa dietro le spalle” rifletté Lucy.

“Non solo dietro.” obiettò Hilde. Questa volta tutti la guardarono spaventati. Cecil in particolare allungò la testa verso di lei, per quanto poté col suo collo corto.

“Era per dire la stessa cosa.” si giustificò lei, allora “Si sente, nell’aria…”

“In che senso non solo dietro, però?” le chiese Lucy, con interesse.

“Io ipotizzavo e basta. Visto che ha un esercito e tanti alleati sparsi in tutto il Mondo Magico… è probabile che qualcuno sia qui.”

“Qui dove? Di sicuro non in Inghilterra o in Scozia. Forse neanche in Galles. Ci sono troppi controlli, Hilde. Gli Auror non solo si sorvegliano a vicenda, ma pattugliano l’intero suolo britannico-” iniziò a spiegare Cecil. Laurie provò a fermarlo, ma lui continuò parlandoci sopra:
“-certo che Grindelwald è in grado di evitare tutto, non lo metto in dubbio, però a mio parere lui punta solo allo scontro con Silente. Quando si esporrà, lo farà per lottare con lui, e basta. Sarebbe inutile tentare altro, capisci? Sono, quanto…? quasi cinquant’anni che aspetta!”

“Sì, però torniamo all’argomento di prima, sennò ci confondiamo e basta” si risolse Laurie infine, mettendo una mano sulla spalla di Cecil già infervorato.

“Ma non avevamo finito? Avery è un cretino! Che altro c’è da dire?”

“Ah… be’, non lo so.” rispose, incerto.

Lucy scosse la testa, perplessa. Lui alzò le sopracciglia in difesa: non gli pareva il caso di diffondere la confidenza di Jane. Non ancora, perlomeno. Gli era venuto in mente che, se Alastor e altri Grifondoro erano davvero stati nella Foresta Proibita alla caccia di Pix, Avery avrebbe ancora potuto fare la spia… e a quel punto Alastor non sarebbe più stato un Prefetto. Non solo: anche lui e Lucy erano stati nella Foresta per lo stesso motivo...

Per quanto il pensiero lo seccasse, anche quella sera si sarebbe coricato tardi.




Non aveva nemmeno avuto bisogno di approntare la scusa del “controllare i corridoi”: a onor del vero, se anche avesse voluto farlo, avrebbe fallito miseramente, visto che più di metà scuola era vicino l’Ufficio del Preside, per niente nascosta e in trepidante attesa. Solo i razzisti erano raminghi nei Sotterranei, per ovvi motivi. Fra il pubblico, quelli che non stavano più nel corridoio riempivano le scale: pessima idea, visto che queste, puntualmente, si spostavano, facendoli cadere giù di qualche piano.

Dopo un po’, Avery finalmente uscì. Era affiancato da due membri del Ministero e il suo sguardo era truce: così, tutti dedussero che era stato espulso.

Si levò un brusio incredibile. I Grifondoro fecero anche partire degli scoppi: Hagrid per poco non fu accecato. Alastor, invece, rimase in un distinto silenzio.

D’un tratto, Mirtilla spuntò nella folla e iniziò a urlare:

“NON RIDI PIU’ ADESSO, VERO? SCHIFOSO! SCHIFOSO CHE NON SEI ALTRO!”

Qualcuno stupidamente incominciò a ridere. Presto però, anche se più timide, si sentirono voci di altri Nati Babbani che avevano subito le sue angherie.

“Vattene!”

“A che ti è servito il sangue puro?”

“Adesso tutti vedono chi sei!”

“Quello fuori posto… sei sempre stato tu!”

Come Avery sentì le parole di Vera, che pure aveva parlato piano, volse lo sguardo furioso su di lei, e poi su Tom che la affiancava.

L’ira in quegli occhi era tale che Laurie sentì un brivido.

“Sono innocente!” dichiarò allora, con voce decisa e allargando le braccia, un attimo prima di essere sospinto in avanti dai membri del Ministero.

“SEI SOLO DISGUSTOSO, AVERY!” replicò Mirtilla, continuando a urlare “NON TI MERITI NIENTE! VATTENE!”

“Che spettacolo…” commentò Lucy mestamente.

Alastor continuava a non dire niente. Jane gli lanciava qualche furtiva occhiata, ma non sembrava accorgersene. Quando Laurie riuscì a incrociare gli occhi con lei, vide un confuso scoraggiamento.

"Mi sta venendo un mal di testa allucinante" disse a Lucy. Gli eventi si susseguivano con una rapidità incredibile: la voce di Mirtilla svaniva, uno stuolo di gente si unì per ascoltare Tom spiegare in modo circostanziato e un po' stucchevole le colpe di Avery...

"Avrà pensato di farmi un favore, ma sinceramente non credo avesse tanto a cuore mia madre, quanto soddisfare la sua ambizione"

Hagrid e Cecil avevano ovviamente finito per litigare sui criteri di scelta del Cappello Parlante e sull'etica dei Serpeverde...

"Tanto c'avrò sempre ragione io. C'hanno qualcosa che non va quando nascono!"

"Hagrid, lo sai quanti Serpeverde ci sono in Inghilterra? Fossero tutti squilibrati ci saremmo estinti da un pezzo!"

Era pure sbucata dal nulla Edith insieme a Olive Hornby per urlare contro a Vera:

"Simpatica... la custode, eh?! La custode!"

"Zitta! Non hai neanche un po' di rispetto?" rispose la ragazza, alzando più del solito la voce sottile.

"Perdere la ciccia e mollare Mirtilla non è servito a niente, Vera! Anzi, sei ancora più ridicola! E lo sanno tutti!"

"Ridicola lo sei tu!" replicò Lucy, intromettendosi. "Davvero! Ma come ti permetti?!"

"Lucy! L'altra buona! Li hai provati tutti gli Incantesimi per mettere a posto quel naso? Perché non sono serviti a niente! Prova ad andare di nuovo in infermeria... ma non te lo devo dire io, vero?"

"Cosa stai...! Edith, non ci provare neanche!!!"

Laurie strinse il braccio a Lucy per tentare di calmarla.

"L'Ufficio del Preside è vicino, Marring. Se non smetti di molestare gli altri studenti, sono ancora in tempo per chiedergli un mese di punizione" irruppe la voce di Tom, che aveva lasciato gli altri da parte.

Lucy fu appena domata dal suo intervento, mentre Vera conservava nel viso l'aria di chi aveva appena visto morire qualcuno.

Edith se ne andò con le lacrime agli occhi e Laurie tirò Lucy via con sé.

"Ascolta, io torno nella Sala Comune. Non ne posso più, sono diventati tutti matti"

"Non esiste una ragazza più meschina, guarda" borbottò lei, parlando da sola. Non lo aveva neanche sentito.

"Lucy, hai capito? Ho detto che io torno in Sala Comune."

"Che vai a fare in Sala Comune?" replicò, come irritata da un brusco risveglio.

"Cosa faccio qui in giro? C'è una confusione pazzesca. Pure tu sei rimasta coinvolta"

"Edith mi ha coinvolto! Dirmi una cosa del genere! Di fronte a te, poi?! Che le è preso?! Stava anche per alzare la bacchetta, l'ho vista!"

Avendo fallito con le parole, Laurie si risolse a baciarla.

"Non mi interessa niente di quello che dice Edith. Comunque, adesso la questione è risolta. Se vuoi seguirmi, e lo spero, vado a schiarirmi le idee lontano da qui."



 

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Capitolo 6
*** Il bagno ***


La mattina dopo, Baron arrivò con una lettera di suo padre. Laurie la prese prima che potesse chiudergli la mano nel becco e la posò sulla scrivania. La fissò per un po' mentre riposava, insieme agli altri nei loro letti. Tanto il contenuto lo sapeva già, anche senza aver visto le prime pagine dei giornali:  "Hogwarts è un posto pericoloso", "Meno male che è il tuo Settimo Anno", "Humphrey andrà a Ilvermorny".
E il problema era che condivideva tutti questi pensieri. Così distante, Humphrey non gli avrebbe sempre chiesto aiuto per i compiti.
Sbuffò.
Già che non poteva fare a meno di essere serio, tanto valeva andare di corsa al ritrovo con Allie.
Uscito dalla Sala Comune, però, scoprì con grande sconvolgimento che c'erano solo loro due.
"Non ci provo nemmeno più ormai" fece spallucce la ragazza, con aria rassegnata "Va' pure dove vuoi. Hogwarts sta proprio cadendo a pezzi."
Pur grato per quella liberazione, a Laurie tornarono in mente tutte le preoccupazioni del giorno prima. Nessun Professore, però, aveva ancora intaccato la sua tranquillità... il che, purtroppo, dava ancora qualcosa da pensare alla sua mente instancabile. Avery dunque non aveva visto niente? Oppure non aveva detto niente? Così si decise di fare lo sforzo di andare alla Sala Comune dei Grifondoro per parlare con Alastor, se c'era.
Essendo presto, per i corridoi non c'era nessuno, ed era normale. In quel periodo, però, il vuoto non era piacevole. Ancora ricordava le urla e la confusione di ieri... e Pix che avrebbe dovuto vagare in giro, non c'era...
"Già in giro, Langton? È molto presto"
D'un tratto, il Professor Silente lo fermò con una specie di sorriso.
"La Caposcuola lo impone. Tuttavia, ora come ora non c'è molto lavoro. Per questo, mi sto prendendo la libertà di fare una passeggiata"
"Anche io, a dir la verità. La mia non è una scelta obbligata, ma comunque...  sai, anche Riddle e la signorina Lambert devono aver pensato la stessa cosa: mi è capitato di vederli alla fine di questo stesso corridoio una mezz'ora fa. Non so dove siano diretti, ma suppongo stiano girovagando, proprio come noi"
A Laurie venne l'insensato bisogno di deglutire, e poi rispose:
"Non ne ho la più pallida idea, Professore. So che, come me, sono sottoposti alle regole della signorina Hollstraine"
Il Professore annuì col capo.
"Posso chiederti un favore, Langton? Se dovessi incontrare la signorina Lambert, potresti dirle che il mio studio è aperto per lei? Forse c'è ancora una questione di cui vorrebbe parlarmi"
"Certo, Professore."
"Grazie, Laurie. Ti auguro un buon proseguimento di passeggiata. C'è un bel sole, fuori"
"Magari dopo, Professore. Fa ancora freddo, adesso. Arrivederci"
Un po' stranito, un po' imbarazzato, Laurie continuò per la sua strada.
Vicino a destinazione, sentì un vigoroso strofinio dei pavimenti poco distante, che gli suggerì che la custode era di nuovo in attività. Si fermò a guardare fuori dalle finestre: era vero che quella giornata non sembrava autunnale. ma, per qualche motivo, non era una bella cosa. Al contrario, quella luce gli ispirava un'indifferenza quasi fastidiosa.
Aveva messo un piede dopo l'altro, quando incrociò per caso lo sguardo con Alastor. Gli venne incontro lui stesso, con una certa buffa solennità. Prese fiato e incominciò, lapidario:
"Sono andato nella Foresta Proibita, ho cercato di contenere Pix: Avery, però, non l'ho visto. Se c'è stato, era ben nascosto."
"Be', nel caso neanche lui ha visto te. O me e Lucy, se è per questo. Meglio così, direi."
"Eh, sì."
La conversazione era bella che conclusa.
Alastor abbassò lo sguardo e, con ogni probabilità, dimenticò di essergli davanti.
"Non so... vuoi fare un giro?" propose Laurie, speranzoso.
"In realtà, no" rispose secco.
"Ah... bene. Allora io credo andrò al Bagno dei Prefetti. Ci vediamo a lezione"
Alastor non lo salutò neppure dall'imbarazzo.
Così Laurie proseguì il suo percorso senza meta nella scuola, imboccando le scale e salendo con una discreta lena, per scacciare i pensieri. A quello avrebbe anche ovviato, e meglio, un bel bagno.
Intrattenendosi a seguire uno stormo di gufi che prendevano il volo, arrivò alla porta. Con sua sorpresa, però, vide che Allie era arrivata prima di lui.
"La porta. Non si apre."
"Come, non si apre?"
"Ho provato con Alohomora, Alohomora Duo, Portaberto... non si apre e basta."
Esasperata, la ragazza riprovò a eseguire gli Incantesimi, senza sortire alcun effetto.
"Ma non è finita qui. Tu li senti questi rumori strani?"
Laurie rimase zitto per un po', provando a concentrarsi.
"Qualcosa, ma è molto soffuso. Fammi un attimo-"
Il ragazzo avvicinò l'orecchio alla serratura.
Trascorse qualche secondo... e tutto gli fu chiaro.
"Dobbiamo chiamare i Professori" insisté Allie, scuotendo la testa con gli occhi fuori dalle orbite.
Laurie stette fermo ancora un poco, si concedette una risatina e poi si alzò in piedi.
"Allora? Li chiamo?" continuò Allie.
Aveva la bocca aperta e lo stesso stupore instupidito negli occhi: Laurie non ce la faceva più e scoppiò a ridere.
"Laurie!" lo rimproverò. "Ma...!"
"Non è niente, credimi. Torniamo indietro"
Allie ci capiva sempre meno.
"Non torniamo indietro! Devo fare il mio bagno! E' il bagno dei Prefetti e io sono Caposcuola, quindi..."
Laurie riprese a ridere.
"Che hai sentito, Laurie? Mi vuoi dire che sta succedendo lì dentro, o no?!"
Il ragazzo si coprì la faccia con la mano.
"La porta è stata chiusa per un motivo ragionevole, Allie. Ti basta? Tornerai dopo. Oppure puoi fare il bagno di sotto. Ho sentito la signora Gaunt che lo puliva"
"Qualunque sia il motivo, impedire l'accesso al Bagno dei Prefetti è vietato. Non te lo ricordi? Mi spiace, ma devo avvertire un insegnante."
"No! Allie, per favore!"
Stava giusto per incamminarsi, quando sopraggiunse Alastor, ignaro di tutto. Laurie si mise le mani fra i capelli.
"Hanno chiuso il Bagno! Ti rendi conto, Alastor? Che dobbiamo fare? Mi licenzio, giuro!"
Il ragazzo, confuso, avvicinò l'orecchio alla porta come aveva fatto Laurie prima.
Senza dire niente, si staccò  e le fece cenno di avvicinarsi e sentire lei stessa.
"Guarda che ormai ho capito sia chi che cosa, non sono scema! Ti rendi conto dello sporco?! Ma come si può concepire una cosa del genere?!" esclamò Allie, che aveva l'aria di chi aveva capito in quell'esatto momento "Che roba! Sapete, forse la cosa migliore è andare dalla diretta interessata, cioè quella che sarà costretta a pulire!"
"Allie, ma ti rendi conto di che stai dicendo?" continuò Laurie, che ormai non credeva più a niente "Cerca di stare calma. Non è successo proprio niente. Guarda, neanche a Alastor importa"
Alastor annuì.
"È stato concepito per quello scopo, no?"
Laurie trovò che Allie era sbalordita, ma in senso positivo. Forse il fatto che stessero uscendo dalla bocca di Alastor conferiva a quelle stesse parole più potere di persuasione.
"Comunque, volevo dire che mi dispiace per prima. E' una questione che mi ha dato da pensare e so di aver sbagliato"
I due cominciarono a scendere le scale, e la ragazza li seguì.
"Ma io non penso che tu abbia sbagliato, eh. Davvero, non pensiamoci più ora."


Dopo la nottata tremenda del giorno prima, qualcun altro aveva avuto la buona pessima idea di girare per la scuola alle sei del mattino, oppure Allie non era stata domata: non importa come, il fatto era pervenuto a Edith. Così già alle nove, quel giorno, non c’era nessuno che non sapesse della scampagnata di Vera e Tom al Bagno dei Prefetti.
Per Laurie era come fossero cominciate le partite di Quidditch: non gliene importava niente di niente, ma dovunque si girasse sentiva gente che ne parlava. Nello specifico, a Storia della Magia un gruppetto di ragazze di Grifondoro vicino a lui si era lanciato in discussioni infinite. Alastor, a un certo punto, aveva domandato al professor Binns: “Può chiedere il silenzio?”; tuttavia lui, essendo sordo, doveva aver capito qualcosa sulle righe di “Può chiedere Flipendo?” perché la risposta era stata: “Ma signor Moody… io insegno Storia della Magia, non Incantesimi”. Alastor aveva insistito con “No, intendevo silenzio! Silenzio!”, alzando la voce per farsi capire, e in tutta risposta il professore s’era nascosto dietro la cattedra, aspettando il peggio mentre iniziava a detrarre punti. Facile dedurre che i pettegolezzi non erano finiti lì, anzi: quando si sedette a pranzo con Lucy, sentì che persino Hilde e Livia ne stavano parlando con Cecil. Tuttavia, si interruppero non appena li videro arrivare.
La ragazza parve irritarsi un po’.
“Anche voi con questa storia, adesso? Siamo proprio gli unici che non ci vedono niente di strano?”
Cecil annuì, come per segnalare silenziosamente che anche lui non ne poteva più.
“Più che altro, io avevo capito un mese fa che si frequentavano” aggiunse Laurie.
“No ma anche noi, in realtà. È solo che, dopo tutto quello che è già successo, ci sembrava strano che si volessero esporre così” rispose Livia.
“Loro non si sono esposti, però. È Edith che per vendicarsi ha aizzato tutta la scuola contro di loro” spiegò Lucy. Proprio mentre fece il suo nome, la vide passare fra i tavoli con Olive Hornby e Lillian Hares al seguito. Allora  abbassò il tono e annunciò a tutti:
“Se mi dice anche solo una parola, io non risponderò più delle mie azioni.”
“Devi fermarla” mormorò Hilde, scuotendo la testa: e qui Laurie non capì se si stesse riferendo a Edith, che saltellava in giro stranamente raggiante, o a Lucy, la cui espressione gli ricordava quella del Vampiro assetato che  aveva visto sul libro di Difesa delle Arti Oscure.
Fortunatamente, i suoi buoni auspici funzionarono e le ragazzine decisero di lasciarli perdere. Probabilmente stavano cercando i diretti interessati. Solo Lillian Hares parve colpire la sedia di Livia col braccio in modo che, se non intenzionale, era quantomeno poco controllato.
Il pranzo proseguì in relativa tranquillità, tranne quando Cecil provò ad attutire le voci circostanti dei Tassorosso vicini con un Incantesimo di sua invenzione, ma finì per farli gracidare e saltellare come rane.
Finito di mangiare, Lucy e Laurie avevano pianificato di andare a far visita alla signora Gaunt. Arrivarono e la videro, più pimpante che mai, mentre spostava con la Bacchetta dei piatti dal tavolo a un bancone. Non appena li notò, venne subito loro incontro.
“Signorina Dean! Signor Langton! Eccovi!”
Li abbracciò goffamente uno ad uno, per poi esclamare:
“Come state?”
“Bene, bene! Come sta, lei?”
“Oh, io benissimo! Mai stata meglio! Sedetevi, mettetevi pure comodi! Aspettate solo che levi i piatti: Tom e Vera sono venuti a mangiare qui da me, non è tanto che sono andati via…”
“Ah, no, non possiamo… dobbiamo essere a lezione fra poco”
“Giusto, giusto, è vero, non voglio certo distrarvi. Avete Difesa Contro le Arti Oscure insieme a Tom, no? Ora che ci penso, lui stava già andando in aula. So che oggi vi eserciterete con Incantesimi Non Verbali avanzati. Il problema è mantenere la stessa efficienza di un normale Incantesimo a voce, giusto? I movimenti fatti fare alla Bacchetta devono essere precisissimi. Da quel che capisco, però, il vero segreto è aver ben chiari gli effetti in mente prima di agire.”
“Sì, è proprio questo. Ci vogliono pratica ed esperienza” rispose Laurie.
“Io credo anche creatività e decisione” ribatté la signora Gaunt, pensosa “Se non si è sicuri di voler terminare l’Incantesimo, o di come terminarlo, non si può pretendere che riesca bene. Certo, questo è richiesto anche per gli Incantesimi normali, ma per i Non Verbali bisogna compensare la mancanza del supporto verbale, appunto.”
“Non ci avevo mai pensato” ammise Lucy “Bisogna tener conto di tutto allo stesso tempo, e non prima e dopo.”
“Sono felice di avervi aiutato. Sapete che sono sempre disponibile, se volete parlare. Comunque, non vi trattengo oltre. A dire il vero, anche io ho un po’ di cose da sistemare: sono stata indisposta per qualche giorno, ma sembra un’eternità…”
“La lasciamo al suo lavoro, allora” si accomiatò Lucy.

“Ma tornate pure stasera, se volete! Io sarò qui… non devo sforzarmi troppo, almeno nei primi tempi.”
“Se riusciamo, con piacere. Arrivederci, allora!”
Come misero piede fuori dall’ufficio, Laurie fu colpito da un grosso sospetto.
“Ah, ma allora… lo sa di stamattina, o no?”
“Secondo me sì” disse Lucy “È impossibile che non abbia sentito…”
“Giuro che non ne voglio parlare, ma secondo te ora, il Bagno dei Prefetti…” Laurie alzò le sopracciglia. Se quella fosse stata sua madre, lo avrebbe chiuso dentro finché non lo avesse fatto brillare di pulito.


 

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Capitolo 7
*** Insieme come? ***


Nell'aula di Difesa Contro le Arti Oscure ci saranno state venti persone al massimo, ma il brusio era comunque insopportabile, contribuendo alla comicità della scena d'insieme: a parte Alastor e Jane, tutti stavano ancora parlando di Tom, indicandolo pure e facendo facce, quando questo era da solo, al primo banco, e leggeva sereno e tranquillo qualcosa alla fine di un libro, diverso da quello di testo.
Finalmente apparve la professoressa Merrythought, curva e ticchettante come sempre: percependo rumore, scosse il braccio davanti a tutti e si arrischiò a rimproverarli:
"Ah... belli vispi oggi, vedo. Peccato che adesso ci occuperemo di Incantesimi non Verbali, quindi provate a stare zitti, per favore."
Tutti abbassarono il tono per mezzo minuto: ma non appena la professoressa Merrythought iniziò a chiacchierare con Tom di qualcosa, ripresero peggio di prima.
"Li hai visti, Langton?"
Laurie non si girò, sapendo che sarebbe andata a finir male.
Per fortuna, in quel momento la professoressa decise di andare davanti alla cattedra e prendere la parola.
"Ragazzi, c'è qualcosa che mi preme dirvi. Finora abbiamo soltanto ripassato il programma dell'anno scorso, ma d'ora in poi vi sarà richiesto un impegno maggiore... un impegno molto grande. Sapete
tutti cosa sta succedendo nel Mondo Magico, ed è assoluta ed imprescindibile responsabilità della nostra scuola  formare dei Maghi e delle Streghe capaci e consapevoli. Usciti di qui, voi in particolare avrete un M.A.G.O: dunque, un livello di istruzione superiore nella Difesa Contro le Arti Oscure. Ne consegue che il mio ruolo è ancora più importante. Queste ore sono fondamentali, davvero. Vi prego di prestare attenzione, sempre: non per prendere un voto più alto del vostro rivale, ma per voi stessi."
Nel parlare, la professoressa Merrythought sembrava guardare gli ultimi banchi. Laurie allora intuì che non si stava riferendo solo a Grindelwald, ma anche all'espulsione di Avery, e temeva ulteriori problemi.
"Cominceremo con i Controincantesimi. Vieni, da bravo, a dimostrare per i tuoi compagni."
Allora Tom si alzò cerimoniosamente in piedi, fece il giro della  cattedra e si mise a fianco alla professoressa. Tutti lo fissavano, ma il suo sguardo era vacante.
"Signor Mulciber..."
Il ragazzo in fondo si alzò in piedi, facendo molto rumore, e venne avanti.
"Ora, esegua un Incantesimo Non Verbale qualsiasi."
Non era un caso che avesse chiamato lui e non qualcun altro. Mulciber guardò Tom in un modo così truce che inquietò Laurie da posto. Esitò moltissimo: era ovvio che volesse rendergli la vita il più
difficile possibile. Infine, si decise a lanciare una Maledizione: Tom, tuttavia, non parve minimamente sorpreso e gli restituì il colpo con energia, ma in maniera discreta.
"Rapidità. Decisione. Esperienza. Ecco cosa vi serve. Sappiate già che la prossima lezione ci sarà il primo turno di un torneo di duelli che vi terrà occupati fino alle vacanze di Natale: quindi, mi raccomando."
"Un torneo di duelli, eh?"
"Dai, sarà divertente" lo spronò Lucy, intuendo il suo scetticismo.
Laurie fece spallucce. Non ci sarebbe stato niente di strano, se la vecchia professoressa non avesse come fatto intendere che presto avrebbero avuto Grindelwald direttamente alla porta.




La lezione era stata estenuante. Non perché gli Incantesimi non gli riuscissero, ma perché ci voleva davvero tanta, tanta concentrazione.
Svoltato l'angolo per andare verso la Sala Comune, scorse Vera, appoggiata a una parete in una nicchia.
Ricordandosi all'improvviso, le venne incontro, così bruscamente da spaventarla.
"Scusami... ho visto Silente oggi.  Mi ha detto che è disposto a parlarti nel suo ufficio"
Gli occhi chiari della ragazza si allargarono e la sua bocca si arricciò quasi in un'espressione di orrore.
Tuttavia, si ricompose e gli disse piano:
"Grazie mille, Laurie. Ci penserò su"
"... va tutto bene?" gli venne spontaneo chiederle.
Da piegata che era, sembrò subito sollevata e gli sorrise.
"Sì, ora va meglio. Sono solo dei giorni difficili, ecco. Per lui, per me... per tutti."
"Già... ma vedrete che le cose andranno a posto, presto. Giusto il tempo di dimenticarsi e passare ad altro."
Laurie sapeva che tutto quello che era successo era strano anche per gli standard di Hogwarts, ma voleva farla stare meglio.
"Forse. Grazie comunque, Laurie."





“Non ce ne andiamo finché non lo fai.”
Vera si morse il labbro dall’ansia. Il suo sguardo vacillava, disarmato dagli scuotimenti imprevedibili del Molliccio. Nel timore allora incontrò i suoi occhi che, splendendo scuri nella penombra, aspettavano una risposta.
Le salì il cuore in gola: la risposta non se la sentiva.
Lui aveva ancora la mano ferma sulla maniglia: aspettava.
“Se rimaniamo ancora, ci scoprirà e ti farà parlare sino a domani mattina. Se sei debole, avrà da te tutto quello che vuole. Tutto.”
Sbatté le palpebre. Era ancora lì, disegnato dall’ombra. Nei movimenti, nella voce c’erano tutti i segni della violenza, uguale e diversa, che aveva conosciuto anche lei.
“Va bene, apri!”
Il suo tono ormai era urgente.
E con urgenza, le ante si spalancarono: così, saltò giù lo zio George. Camminò lentamente verso di lei, con la canna del fucile che sbucava dalla schiena. D’un tratto si trasformò nel nonno Abraham, con lo stesso fucile in mano.
“Ti ho sempre detto che sei una schifosa strega…”
Apparvero le lacrime, mentre sfoderava la bacchetta tremante.
“Mezzosangue! Un tempo vi sterminavamo!”
Avery, con un sorriso perfido: allora vide davanti a sé lo zio Arthur con una pistola e il dito sul grilletto.
“O le streghe… o noi!”
“Meglio morire, piuttosto che con i Sanguesporco!”
Black si trasformò in suo cugino Kenneth, che alzò il fucile in alto e urlò: 
“GLORIA OGGI E SEMPRE ALLA SOCIETA’ DI SALEM!”
Con uno strattone lo abbassò e glielo puntò contro:
“BRUCIA, STREGA! BRUCIA!”
Non ci riuscì.
Cadde in ginocchio con tutte e due le mani sul viso e singhiozzò forte. Le mancava il respiro.
Sentì il Molliccio venir richiuso di nuovo nell’armadio e i suoi passi mentre le veniva incontro.
“N-non ci riesco. Non so se c-ci riuscirò mai”
“Continua così, e fallirai ogni volta.”
Vera si tolse le mani dal viso per guardarlo, ancora in ginocchio, mentre lui era ancora in piedi.
“S-sono stupida.”
"Non è vero. Ciò che hai detto, invece, è stupido, insieme a tutti quelli che concordano"
Tom allora le prese le mani per aiutarla a rialzarsi, e le tenne strette.
“Ne abbiamo già discusso. Sfiderei un nostro compagno, uno qualsiasi dei nostri compagni, a trascorrere un giorno della tua vita facendo anche solo la metà di ciò che fai tu. Per quanto possiamo addestrare la nostra mente, domare lo spirito pur di incastrarci in quello che la sorte ingiusta ha deciso per noi, al dolore non ci si abitua mai. Molti soccombono subito; altri sopportano un po' in attesa della fine, o un qualche scopo di loro invenzione; quelli più audaci resistono per resistere... ma i migliori, i veri maestri, ogni volta che la sofferenza si affaccia, la cercano, la affrontano e la battono. Questo è il nostro obiettivo. Ora ascolta: quando vorrai, torneremo. Dico ‘quando’ e non ‘se’ perché non ho dubbi: smentiscimi, e vorrà dire che non ti conosco affatto”
"Certo che tornerò. Tornerò anche mille volte, ma ce la farò"
Vera lo baciò col viso umido.
"Dici sempre qualcosa di già detto. In senso positivo: è come se unissi le mie considerazioni slegate e le articolassi in qualcosa di più...completo e compiuto. La sostanza su cui lavoriamo è sempre la stessa" 
"Hai appena ribaltato i ruoli e sei arrivata a un'ottima conclusione"
Le mise una mano fra i capelli arrivando sino al collo e ricambiò il bacio... quando sentirono strisciare una sedia.
Vera si girò subito e prese ad avvicinarsi, mentre Tom allungò la mano per suggerire prudenza.
Dopodiché, avanzò anche lui e disse:
"Parlavamo di persone stupide, no? Ecco, chi, fra i moltissimi stupidi che popolano questa scuola, deciderebbe di applicare su di sé un Incantesimo di Illusione meno che mediocre e di venire a spiarci? Non ti darò neppure la soddisfazione di scioglierlo: mostrati!"
Apparve così la sagoma di Edith, e poi tutta la sua figura, mentre teneva chino lo sguardo.
"Cerchi di ricattarmi, vero?" disse Vera, stupefatta "Meschina come non mai! Non riesci proprio a farti gli affari tuoi..."
Tom alzò la bacchetta in un istante, con lo sguardo deciso:
"Peccato che non ricorderai niente."


 

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Capitolo 8
*** Che succede? ***


Gli scaffali della biblioteca lo chiudevano come in una gabbia.
Una gabbia in cui lui si era rinchiuso.
La mano che usava per tenere il segno si distendeva, poco a poco, finché aderì tutta alla carta.
Laurie sbuffò.
Quel giorno, Sheila ricominciava gli allenamenti di Quidditch e aveva invitato Lucy al campo.
Non ci sarebbero stati problemi, se non che lui le aveva chiesto, con grande anticipo, se le fosse andato di passare il giorno libero dalle lezioni insieme al lago, e lei non gli avesse detto che non ne aveva voglia. Allora aveva proposto di fare un giro agli ultimi piani, per ricevere la stessa risposta.
Adesso saltava fuori che un invito di Sheila all'ultimo minuto bastava a interessarla molto di più.
Trasfigurazione non gli era mai apparsa così noiosa e irritante.
Il suo sguardo continuava a spostarsi dalle pagine al mondo concreto, quando vide una grossa pila di libri semovente.
Dando una sbirciata, si rese conto, con grande meraviglia, che a trasportarla era Cecil.
"Ehi, tu! Non ti riconosco..." rise Laurie, bonariamente.
Cecil poggiò la pila sul tavolo di fronte a lui.
"Una volta all'anno mi tocca venire, se voglio sperare di ottenere davvero quei M.A.G.O. Poi tu qui ci dormi, quindi sono avvantaggiato"
"Stasera scrivo a tua madre. Domani mattina mi aspetto di andare alla Gringott e nuotare nell'oro"
"La conquista e te la regala, la Gringott. Comunque non pensavo di trovarti, oggi. Non sei uscito con Lucy?"
Laurie scosse la testa, sospirando.
"Non so se ho voglia di parlarne."
"Come vuoi"
Cecil si sedette, maldestramente dopo lo sforzo, e iniziò un suo discorso sottovoce:
"Allora, la questione è che stanno sparendo degli ingredienti a Lumacorno."
"Come? Che ingredienti?"
 "Uova di Ashwinder, petali di rosa, polvere di perla..."
Laurie rifletté un attimo; poi tirò fuori il suo libro di Pozioni e confrontò diverse pagine.
"Sì, come ricordavo... servono per le pozioni d'amore."
"Aspetta, però. Sono sparite molte uova di Ashwinder: mi sembra che per una singola pozione non ne servano più di tre o quattro."
"Ne bastano due" confermò Laurie.
"Che non siano solo pozioni d'amore?"
"Oppure molte pozioni d'amore? Hilde ha sentito Edith uscire di notte una settimana e mezza fa. Magari è uscita di nuovo e ne sta facendo scorta. Anche se..." Laurie portò la mano alla bocca "... nel caso, le uova vanno usate subito."
"Cerca un'altra pozione che utilizzi le uova di Ashwinder"
"Felix Felicis" rispose Laurie spontaneamente.
"Felix Felicis..." ripeté Cecil.
"Edith non riuscirebbe mai a produrne una. E poi, gli altri ingredienti per la Felix Felicis non sono scomparsi, giusto? Secondo me sono solo pozioni d'amore, Cecil. Anzi, ne ha prese tante per poter riprovare più volte"
"Non lo so, Laurie. Secondo me non è solo Edith."
"Oppure..." Laurie ebbe un moto e scattò quasi sul tavolo "... per usarle su più persone. Per la barba di Merlino... lo vuole fare davvero!"
"Fare cosa?"
"Far infatuare di Tom Lucy! È chiaro!"
"Io non penso Lucy ci cascherebbe." obiettò Cecil.
 "Edith non lo sa, però."
"Laurie, guarda, mi dispiace dirlo, ma secondo me ti stai ossessionando. Non gira tutto attorno a quella storia! Ti rendi conto del periodo in cui stiamo vivendo, vero? Tante cose accadono dentro e fuori dalle mura di questa scuola!"
"Sì, sono ossessionato, lo so! Lo so!" si sfogò Laurie allora, chiudendo con violenza il libro "Ma come faccio a non esserlo? Dimmelo tu!"
"Potresti provare a parlarle..."
"Perché parlarle è semplice!"
Laurie s'alzò in piedi e fece qualche giro attorno al tavolo. Era tutto troppo, davvero troppo.
"Non penso ci sia un altro modo" continuò Cecil.
A sentire il tono paziente del suo amico, si sentì subito in colpa.
"Scusa. Lo so che non c'entri niente. Dovevamo stare insieme, oggi, ma mi ha detto di no, che 'si sarebbe annoiata'. Così è andata agli allenamenti di Quidditch dei Serpeverde a divertirsi... io, però, la faccio annoiare. Buono a sapersi."
"Non è la prima volta che fa così però, no?"
"Già. Questo però non mi tranquillizza. Pensavo non mi nascondesse niente, eppure, guarda un po'? Per cinque anni le è piaciuto e non mi ha detto nulla."
Cecil non sapeva che dire.
I libri di polvere appoggiati sugli altri negli scaffali, i tavoli e le sedie fermi: tutti simboli di un silenzio e un'immobilità sgradevoli.
Così, Laurie si decise.
"Sì, lo so. Dobbiamo parlare."


Laurie voleva parlare, e scese nei Sotterranei.
Aspettò, aspettò: erano deserti, e rimasero deserti per molto tempo.
La prima persona in cui s'imbatté fu la signora Gaunt.
Più che mai, quel sorriso e quella voglia di fare lo irritarono.
"Signor Langton! Cerca la signorina Dean, vero? Penso sia al campo di Quidditch a guardare gli allenamenti dei suoi compagni..."
"Lo so. La sto aspettando" rispose, secco.
"Ah... finiranno per le sei, almeno. Mi dispiace... posso prepararle qualcosa, se vuole."
"No. Grazie, signora Gaunt. Tornerò dopo, magari"
Laurie non capiva. Come faceva a essere sempre così felice? Non c'era giorno che non lavorasse, ed era sempre soddisfatta. Probabilmente il motivo c'era e gli sfuggiva qualcosa.
Tornò, per le sei, ma non la incontrò.
Riprovò un'ultima volta, per le sette, ma invece di vedere lei si imbatté in Vera, che come lui sembrava triste e in attesa.
"Ciao, Vera. Hai visto Lucy?"
La domanda così diretta parve urtarla, e abbassò un po' la testa.
"Non l'ho vista, scusa."
"Ah. Va bene lo stesso."
Laurie rimase lì fermo, con le braccia conserte. Non vedeva nemmeno più davanti a sé. Aspettare gli sembrava inutile: ritornò sui suoi passi, dimenticandosi di salutarla, e tornò su.




30 ottobre 1944
Dormì pochissimo, e si alzò presto col pensiero fisso in testa: doveva parlarle, a tutti i costi.
Sceso in Sala Comune, vide Livia e la fermò.
"Stai andando da lei, vero?"
"Sì..."
"Ieri non si è fatta vedere. Ci sarà mai un motivo?"
"Laurie, non lo so. Non posso dirtelo io"
"Va bene!" esclamò sarcasticamente, mentre Livia usciva.
Si sentiva cattivo, capace di tutto e niente, ma non sé stesso.

Lo aveva evitato tutto il giorno, ancora una volta.
A tratti era riuscito a mantenersi sano, normale: ma quando la vedeva passare oltre, senza degnarlo di uno sguardo...
A cena, Hilde gli passò davanti veloce.
Intanto, correva voce che Vera e Tom si fossero lasciati.
La sua testa continuava a elaborare informazioni su informazioni, senza sosta: il collegamento era inequivocabile.
Gli pareva che tutto potesse avere un'unica fine.
Quello che aveva fatto, che aveva dato, non era stato abbastanza.
"Signor Langton, ha finito di cenare?"
Era Silente.
Nella Sala Grande non c'era quasi più nessuno.
"Sì, Professore" rispose, alzandosi in piedi.
"Penso che il signor Cecil Stote la stesse cercando, prima. In un secondo momento, anche la signorina Lambert."
"Non li ho visti, Professore."
"Certo. In ogni caso, le consiglio di avviarsi."
Così fece. Perché Vera lo stava cercando, però?
Doveva scoprirlo per forza.
Sperò che Cecil si fosse arreso e raggiunse l'ingresso della Sala Comune. Per fortuna, di Cecil non c'era traccia e Vera era lì.
"Ciao... vieni, andiamo. Non mi fido a parlare qui."
"Che vuoi dirmi?" disse Laurie. Era molto confuso, ma si ritrovò a non voler essere brusco, memore del giorno prima.
Entrarono in un bagno. Vera si assicurò che fosse completamente vuoto con degli Incantesimi, e rispose:
"Ci sono... dei pesi di cui voglio liberarmi."
"Quali pesi?"
Vera spalancò gli occhi, affranta. Stava per iniziare a piangere.
"Mi sento tremendamente egoista, ma... sai che fra me e Tom, le cose... insomma... tu sei l'unica persona a cui dirlo. La persona, giusta, che mi ha sempre aiutato..."
"Dire... cosa?"
Laurie scosse la testa, impaziente.
"Lo voglio lasciare, perché..."
La ragazza si strofinò le mani sul viso in modo strano, come per bloccare il pianto.
Sembrava quasi un'abitudine.
Tolte le mani, la sua espressione era normale.
"Non importa. Nonostante tutto, non posso fargli questo. Questo no. Gli voglio bene, anche se..."
Continuava a esitare, finendo per non dire niente.
Laurie si rese conto che lo stato in cui si trovava non era molto diverso dal suo. Frenò le domande indiscrete e brusche, a cui lo portava la rabbia.
"Non voglio dirti che migliorerà, perché non lo so, però... disperarsi, forse, non serve."
Vera annuì, guardandolo dritto negli occhi.
Sorrise, e il suo sorriso espresse un'immensa gratitudine.
Era la prima cosa, dal giorno prima, che riuscì a farlo stare meglio.
"Proviamo a dormire" suggerì, allora, e tornarono indietro.




31 ottobre 1944
Quel pomeriggio ci fu una nuova sequenza di duelli del Torneo: Jane contro Lestrange, Alastor contro Livia, Mulciber contro Barreus.
Lucy e Tom non vennero proprio a lezione. Laurie ormai non si sorprendeva più, ma lo faceva imbestialire il fatto che lei non gli volesse parlare.
Alla fine, uscendo, si chiedeva se avrebbe mai ottenuto qualcosa o se sarebbe dovuto andare avanti a oltranza senza spiegazione alcuna.  Quella mattina, Baron gli aveva portato una lettera di sua madre che, fra le altre cose, chiedeva come stesse lei. Era tentato dal rispondere che era diventata il nuovo fantasma di Hogwarts.
Però, d'un tratto, Edith arrivò nella sua direzione. Già sapeva come sarebbe andata a finire.
"Ho sentito Lucy mentre parlava con le sue amiche: con te, dopo un anno e mezzo, si annoia, perché fate sempre le stesse cose e tu sei noioso, e vuole prendere una pausa, ma non ha il coraggio di dirtelo."
"Si annoia, eh?" pensò.
Certo che lo aveva detto: era naturale, annoiarsi con lui. Sempre a studiare, a pensare a cose serie, a moralizzare.
Laurie non la vedeva più, Edith.
Non vedeva più nessuno.


Cecil gli aveva urlato nelle orecchie per un'ora: non ricordava neanche come gli aveva risposto.
Ma non poteva finire lì, tutto il suo amor proprio. Non poteva.
Tornò nel bagno della sera prima, a guardarsi nello specchio.
Gli occhiali tondi, il naso lungo, la bocca sottile.
Era lui?
Ad un tratto, vide apparire il riflesso di Vera.
"Quello che... non sono riuscita a dire ieri, è che..."
Si girò verso la ragazza.
I suoi begli occhi chiari si muovevano appena.
Aveva i capelli biondi sciolti sulle spalle. La sua espressione era triste ma dolce come sempre.
"... mi sei sempre piaciuto un po', Laurie."
Era proprio bella.
Le si avvicinò, piano; le mise una mano dietro al collo e... la baciò.


Passò tanto, tanto tempo... quando Laurie si sentì lucido, di nuovo.
Si staccò da lei, spaventato e le chiese:
"Vera... non è che hai mangiato niente di strano stasera, vero?"
 "Ah, niente. Solo dei cioccolatini in Sala Grande, prima..."
Laurie si sentì impazzire.
Quei cioccolatini li aveva mangiati, quando lui era l'unica persona rimasta nella sala.
Che aveva fatto?
"Mi dispiace! Non so dirti quanto... mi dispiace! Non me ne sono accorto! Come ho fatto?!" cominciò, tirandosi su tutto concitato, camminando avanti e indietro.
"Perché? Perché ti dispiace?" Vera, intontita, non capiva.
Laurie si limitò a scuotere la testa.
"È tardi. Dobbiamo tornare indietro. O forse no... tu torni indietro, io..."
"Non devi scusarti di nulla" lo tranquillizzò lei, con voce soave.
"No, no, Vera, io non ti piaccio! Hai mangiato dei cioccolatini stregati!"
"Cioccolatini... stregati...?"
"Sì! Ora, io esco... tu, un po' dopo di me, magari..."
Uscì, guardandosi attorno, marciando verso la Sala Comune: disse in fretta e furia la parola chiave ed entrò.
All'improvviso, vide Lucy dentro, seduta.
Gli venne di scatto incontro, e iniziò:
"Mi sono comportata in un modo... abominevole, Laurie, davvero!... Cecil mi ha detto tutto! Edith non aveva il diritto di dirti quelle cose... ho avuto, ho dei dubbi, è vero, ma non sono mai riuscita a venire a parlarti! Mi dispiace! So che più di tutto, volevi parlare... parliamo, parliamo! Non voglio altro."
Sì, Laurie non poteva proprio tacere.
Cecil, lì a fianco a loro, aveva già capito.
"Sono stato con Vera, prima di venire qui. Ero convinto che mi avessi tradito."
Lucy era senza fiato.
Sentì le lacrime salirle agli occhi.
"Non è colpa sua. Edith, credo, aveva lasciato per lei dei cioccolatini in Sala Grande"
 La vide scuotere la testa.
"Sapevo che ero venuta qui per lasciarti, Laurie" ammise "Ho sbagliato davvero tanto con te. Ma hai sbagliato, tanto, anche tu."
Con ciò, prese, e uscì.

 

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Capitolo 9
*** Un nuovo giorno ***


Era di nuovo il bagno: cercò di uscire, ma era immobilizzato davanti a lei, nuda.
Non poteva spostare lo sguardo, non poteva muoversi.
All'improvviso guardò: i rubinetti erano aperti e la stanza si stava allagando.
Fu trascinato fuori da un'onda, che abbatté la porta e lo gettò contro il muro.
La vide uscire fuori, tranquillamente, ma non era più Vera: era la signora Gaunt. Poggiò il secchio pieno d'acqua per terra con un tonfo e  disse:
"Tutti sbagliamo, signor Langton. Io, Tom... anche te."
"Dov'è Lucy?!" urlò.
Ma scosse solo la testa.
"Io... non volevo! Cosa posso fare?" le chiese, allora, alzandosi.
Allora lei rise, sguaiatamente; gli occhi, da strabici, divennero dritti; gli puntò la bacchetta contro e sibilò:
"Non si preoccupi: presto, non ci sarà più niente da fare... per nessuno...





1° novembre 1944

Laurie aprì gli occhi e fu colpito dalla luce.
Si tenne il petto con la mano, per calmare il respiro.
Voltatosi nel letto, recuperò gli occhiali dal comodino. A quel punto, gli venne in mente: l'incubo non era finito.
Ma più si sentiva in colpa, e cercava di scacciare il pensiero di Vera, più lei tornava, e tornava. Il piacere che aveva provato: fisico, nel negarsi alla sofferenza, nel vendicarsi contro Tom, che alla fine, probabilmente, non gli aveva fatto nulla. Tutto conviveva con un lacerante sentimento di colpa e la ricerca del perdono, dell'espiazione, nel suo petto che stanco s' alzava e s'abbassava sempre, veloce.
Si forzò ad alzarsi, a vestirsi, anche se niente era normale.
D'un tratto, si rese conto che il resto di Hogwarts non era come i suoi compagni addormentati: sarebbe bastato arrivare in Sala Comune perché la serata continuasse.
Allora andò a sedersi allo scrittoio, per rispondere a sua madre. Disse la verità, insieme al resto: si era lasciato da Lucy, ma a scuola tutto andava bene e la situazione era meno tesa delle settimane prima. 
'Ciononostante, Ilvermorny è la scelta giusta per Humphrey. Ha un'ottima reputazione, e anche a me non dispiacerebbe finirci l'anno.' scrisse, con buona grafia. Rilesse, tenendosi la testa con due mani. Ricominciò: 'Ha un'ottima reputazione, e a̶n̶c̶h̶e̶ ̶a̶ ̶m̶e̶ ̶n̶o̶n̶ ̶d̶i̶s̶p̶i̶a̶c̶e̶r̶e̶b̶b̶e̶ ̶f̶i̶n̶i̶r̶c̶i̶ ̶l̶'̶a̶n̶n̶o̶.̶  si troverà benissimo. M̶e̶g̶l̶i̶o̶ ̶d̶i̶ ̶m̶e̶,̶ ̶s̶i̶c̶u̶r̶a̶m̶e̶n̶t̶e̶.̶ V̶e̶n̶i̶t̶e̶m̶i̶ ̶a̶ ̶p̶r̶e̶n̶d̶e̶r̶e̶.̶ Tornerò a casa il p̶r̶i̶m̶a̶ ̶p̶o̶s̶s̶i̶b̶i̶l̶e̶  18 dicembre, m̶a̶g̶a̶r̶i̶ ̶d̶o̶m̶a̶n̶i̶ ̶s̶e̶ ̶m̶i̶ ̶f̶a̶c̶c̶i̶o̶ ̶e̶s̶p̶e̶l̶l̶e̶r̶e̶. Vi abbraccio tutti, Laurie"
Ripiegò la carta e la infilò nella busta: anche quei piccoli gesti non gli piacevano. Tutto lo repelleva.
Infilò la lettera nel becco di Baron, quasi augurandosi che lo mordesse. Tuttavia, fu insolitamente delicato e volò via tranquillo.
Guardò la porta che conduceva al corridoio.
Doveva passarci.
La aprì, percorse il corridoio con gli occhi bassi, fino alla Sala Comune.
Con sua sorpresa, ritrovò Cecil ad aspettarlo. Era davvero il proseguimento della sera prima.
Una ragazza era seduta e li guardava di sottecchi, ma le diede subito le spalle.
Lui e Cecil non si dissero niente: uscirono e scesero le scale, mentre lo teneva per il braccio e lo trascinava avanti. Si infilò con lui nella Torre dell'Orologio e gli si mise di fronte, con un viso truce.
"L'ho persa. L'avrei già persa, ma sono riuscito ad arrivare al punto di non ritorno. Davvero... non capisco come ho fatto a non vederlo... che lei non era normale. Ero così arrabbiato che mi sembrava... mi spaventa dirlo adesso, ma mi sembrava giusto. Vorrei dire che non volevo approfittarmene, ma non ci credo nemmeno io... mi aveva detto che... che io le piacevo, avevo sentito che si era lasciata con lui..."
"Non si sono lasciati."
Così irruppe, dal nulla, Mirtilla Warren.
 "Ciao, Langton."
Evidentemente li aveva seguiti. Le pene cominciavano.
"Stai tranquillo. Io sono con te."
Venne avanti, con la faccia contrita.
"So come ci si sente... ad essere odiati da tutti."
Cecil aprì la bocca, ma la richiuse subito.
Laurie, anche volendo, non aveva le forze di dire niente.
"Mi hanno sempre parlato alle spalle... loro! Quanto è grassa Mirtilla! Quanti brufoli ha in faccia Mirtilla! Ah, ah, Mirtilla Malcontenta, si lamenta sempre! Loro, che dovevano essere le mie... amiche..."
Piagnucolò, per poi venirgli contro, a pochissima distanza:
"Sai perché sto dalla tua parte? Vera... sì, lei era come loro. Mi diceva sempre: 'noi Nati Babbani siamo gli unici a vedere due mondi'... pensavo mi volesse bene, ma stava con me solo perché non aveva nessun altro. E mi invidiava. Sì, mi invidiava tantissimo, perché io non ero sola come lei. Anche la sua famiglia è un disastro. Fanno parte della Società di Salem, che vuole le Streghe morte. Capisci?! Sono pazzi! Mia mamma e mio papà, invece, sono tanto orgogliosi di me: gliel'ho detto e non le mai andata giù. Proprio perché è una persona crudele e malvagia io so che non può essere stata colpa tua."
Laurie fece una sottospecie di sorriso da mercante e annuì con la testa.
In realtà stava pensando a quanto poco avesse sempre saputo di lei... e quanto peggio fosse sapere.
"Fa finta di non accorgersi che tutti i ragazzi la guardano, ma poi si veste come una prostituta per tirarseli addosso! Cosa pensi che Tom voglia da lei? Soprattutto, cosa pensi che Eric voglia da lei? Sì, Eric! Lui, che è così bello, intelligente, simpatico...? Vuole... vuole... vuole solo levarle i vestiti! Lei ha sempre saputo che mi piaceva, eppure chissà... chissà quante volte è stata insieme a lui senza dirmi niente! Èbugiarda, è falsa, la odio! La odio! La odiooo!"
Così la ragazzina scoppiò in un pianto a dirotto, con tanto di singhiozzi.
Passato un po' di tempo, Laurie provò a metterle una mano sulla spalla, ma si ritrasse subito.
"No, no, sto bene!" si difese, ripristinando un certo contegno nella voce "Comunque, visto che tutti ti stanno dando la colpa, ti do qualche consiglio: entra sempre a lezione in ritardo, così non ti possono lanciare le Maledizioni; sta' in un banco da solo vicino alla cattedra per non sentire quello che dicono; non fare colazione, ma pranza la mattina e cena il pomeriggio presto. Ah, e per tornare indietro in Sala Comune usa una scorciatoia che ti faccio vedere adesso; se non indovini la parola chiave, rimani a dormire fuori: non avrai problemi, perché questa custode è gentilissima e non mi ha mai detto niente!"
"Aspetta... ma dove dormi, quando-"
"Oh!" Mirtilla lo interruppe, urlando. "Non farmi ricredere, screanzato! Come ti permetti, farmi queste domande?! Sono una brava ragazza, io!"
Laurie sospirò.
"Venite, prima che mi passi la voglia!"

Mescolava piano: osservava le bolle formarsi in superficie, salire un poco, e poi scoppiare.
Quando non c'era movimento, si fissava sulla parete interna del calderone.
Saltuariamente, ogni tanto, buttava un occhio fuori, solo per vedere se Lumacorno era vicino e doveva mostrargli i suoi progressi. Lì finiva il suo contatto col resto del mondo.
La pozione stava venendo bene: non c'erano gorgoglii o eruzioni insolite. Ogni tanto, però, si increspava, schizzando sempre nello stesso punto: Laurie sapeva che era un errore, ma non se fosse un errore da rovinare tutto.
"La preparazione è corretta, signorina Dean... ma il colore non è proprio quello. Mescoli con più energia"
Non appena ebbe finito, cacciò la testa un po' più dentro al pentolone.
Lumacorno, infatti, amava confrontare le pozioni dei suoi studenti più bravi ad alta voce.
Forse, se fingeva di essere ancora molto concentrato, lo avrebbe lasciato stare...
"Signor Langton!"
Alzò la testa e colpì d'istinto il pentolone col piede: per poco non si versava la pozione addosso.
"Come andiamo, qui?! Oh, molto bene! Molto molto bene, signor Langton! Signorina Dean, venga a vedere!"
Laurie sbarrò gli occhi e fece due passi indietro.
Lucy lo scorse per un attimo, per poi concentrarsi sulla sua pozione a braccia conserte.
"Vede? Il colore è molto più omogeneo! La consistenza è anche quella giusta... forse, solo un pochino diversa qui... venite, comunque! Venite tutti a vedere!"
Laurie si schiarì istintivamente la voce e indietreggiò ancora.
In breve, tutti si sistemarono a cerchio attorno al pentolone, fingendo di guardare la sua pozione, ma passando il tempo a spiare le sue facce.
"Ottimo lavoro, signor Langton! Dieci punti a Corvonero!"
Annuì, con un sorriso falso, mentre Hilde e Livia lo guardavano.
"Ma perché tanto timoroso, oggi? Venga qui, mostri la tecnica ai suoi compagni!"
Laurie si fece coraggio, si mise fra gli altri e iniziò, guardando solo Lumacorno e la pozione.
"Non mi sembrava abbastanza liscia, quindi ho deciso che, non appena sento un blocco, inverto il senso... così..."
Illustrò il passaggio, impugnando con tutta la sua forza il mestolo.
"Oh! Una grande intuizione non riportata dal libro! Perché non vieni a vedere anche tu, Tom?"
Ci volle tutta la sua concentrazione per continuare a invertire il senso nel momento giusto.
Tenne lo sguardo rigorosamente basso: sentì solo i suoi passi, tranquilli, finché non arrivò a fianco a Lumacorno e vicino a lui.
"Ah, è una pozione eccellente, Professore. Eccezionale, senza dubbio. Però... quel punto lì, vicino alla parete, mi sembra stranamente instabile."
Lumacorno si piegò un po' per vedere meglio.
Laurie continuò imperterrito a mescolare, cercando di ignorarli.
"Lo avevo notato, sì, ma non dovrebbe influenzare il risultato finale. Non si preoccupi, signor Langton: succede anche ai migliori di noi!"
"Certo, Professore. Però io eviterei comunque di commettere certi errori, Laurie."
Come sentì il suo nome, la mano non gli rispose più: fece cadere il mestolo nella pentola.
Fece per riprenderlo, ma sbatté di nuovo il piede contro il pentolone, facendolo cadere e lanciando il contenuto addosso a Hilde, Livia, Barreus e Alastor, che però riuscirono a disintegrarlo prima che potesse creare danni.
"Che sfortuna! Una pozione così bella..." commentò Lumacorno con grande oltraggio, correndo da una parte all'altra "Però! Una simile goffaggine non è ammessa a questo livello, signor Langton. Mi ritrovo costretto a detrarre i dieci punti che ho assegnato prima a Corvonero. Stia più attento, o non sarà semplice ottenere il suo M.A.G.O.!"
Lucy stava controllando che Hilde e Livia stessero bene, quando incrociò il suo sguardo. Era la rabbia che conosceva bene, ma anche l'ansia, la preoccupazione.
"Non ha dormito abbastanza" disse qualcuno con tono innocente.
A quel punto, Lucy volse lo sguardo con vergogna.
Al guaio non si poteva più riparare: doveva svignarsela al più presto.
"La rifarò entro la prossima lezione, Professor Lumacorno. "  promise allora.
Lumacorno gli fece un cenno stanco, con Tom al suo fianco che pareva molto interessato al pentolone a terra. Procedette a uscire, prima che gli venisse voglia di parlargli di nuovo, quando si sentì fermare da qualcuno.
"Ehi, Laurie!"
D'istinto accelerò il passo.
"Aspetta!"
Riconobbe la voce di Barreus, ma non voleva altri problemi e continuò per la sua strada.

 

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Capitolo 10
*** Barreus Nash ***


Dopo aver cenato in una Sala Grande deserta, Laurie si era deciso a spendere  l'intera giornata a rifare la Pozione Ricostituente alla Mandragola, disanimato dalla stanchezza e da una certa rassegnazione. Il magro sollievo iniziale dato da una perfetta solitudine fu presto rimpiazzato dalla frustrazione nel vedere quell'angolo lì, sempre instabile.
Così ripensò al modo in cui lo aveva chiamato per nome, calmo, tranquillo; e poi, a sorpresa, quell'occhiata... 
Tolse il mestolo: la pozione era verde e liscia come prima: solo restava quell'unica, lieve increspatura.
La guardò salire, aderente al rame del calderone, per poi scendere di nuovo in un piccolo schizzo. 
Si decise comunque a preparare la fiaschetta. Dopotutto, a Lumacorno era andata più che bene, prima che la facesse cadere. 
Doveva vedersi con Cecil in cortile: essendosi prefigurato il percorso più strano ma meno rischioso per arrivarci, iniziò ad avviarsi... quando si sentì rincorrere.
Era di nuovo Barreus.
Cercò ancora di sfuggirgli, ma era molto più veloce e gli sbarrò la strada.
"Laurie." 
Gli rise in faccia, scuotendo la testa.
Quel tono condiscendente era il suo, quando lo beccava a fare casino.
Come previsto, voleva divertirsi.
"Guarda, non ne ho bisogno" gli rispose piccato, cercando di svincolarsi: ma Barreus si spostò davanti a lui un'altra volta.
A Laurie sembrava di star giocando con un bambino.
"Barreus, davvero!"
"Non voglio infastidirti" rispose lui, con serietà "Non questa volta! Lo prometto."
Laurie alzò gli occhi al cielo.
"E' solo che...  di base, Riddle mi ha sempre voluto morto; a ragione, anche... ma non mi sarei mai aspettato che capitasse a te! Che accidenti hai fatto, Langton?"
"Davvero non lo sai?" Laurie era stupefatto.
"No. Alla gente non piace parlarmi più di tanto dopo l'anno scorso, eh. Però, davvero, dimmi! L'hai combinata grossa?"
Laurie non gli rispose. Come al solito, non capiva se fosse serio o lo stesse prendendo in giro.
"Mi vengono in mente solo cose che potrei aver fatto io due anni fa...ma tu sei un Prefetto di Corvonero e stai attento pure a non calpestare le formiche, quindi non è facile..."
Laurie mise le braccia conserte, deciso a tollerare ancora un po' e poi adottare misure più drastiche.
D'un tratto, apparvero Hilde, Lucy e Livia alla fine del corridoio. Allora Barreus, con un istinto formidabile lo tirò per un braccio e iniziarono a correre all'impazzata, passando Allie per un soffio.
"Il cortile!" esclamò Barreus all'improvviso, e si buttarono fuori, sani e salvi.
Cecil li guardò, perplesso, mentre riprendevano fiato.
Laurie scosse la testa. Ormai viveva al secondo.
"Quindi ti sei lasciato con Lucy" ipotizzò Barreus, come se non fosse successo niente "Ma Riddle che c'entra?"
Cecil alzò le sopracciglia e sospirò.
A quel punto Laurie non ne poteva più.
"Io avrò fatto quello che ho fatto... ma se non la smetti, Nash, per Silente non avrai più segreti. Comincio dal Primo Anno!"
Barreus indietreggiò, spaventato.
"Langton, guarda che io voglio aiutarti. Con tutti i casini che ho combinato con Livia e Jane, pensi che mi senta superiore? Pensi che mi voglia prendere gioco di te? Non posso proprio parlare! Solo che capisci, le persone non si aspettano che tu faccia qualcosa di sbagliato... io compreso! Qualsiasi cosa sia, non ti meriti questo bordello!" 
"Sono andato con la sua ragazza!" sbottò allora Laurie, intimorendo un gruppetto di ragazzini del Primo Anno lì vicino.
"Stai scherzando, Langton? Sei andato con Vera?!" Barreus sembrava sconvolto, ma non si capiva se in positivo o in negativo. 
"Sì, sono un cretino. Tanto che non riesco neppure a pentirmene. Sei contento, ora che mi sono messo a far stronzate anch'io? Ti senti meno solo?!"
"Penso che era ora che ne facessi anche tu, sinceramente."
Barreus adesso era molto serio.
"Se non sbagli, non migliori: questo mi ha insegnato mio padre. Adesso se n'è pentito, probabilmente, insieme a mio fratello Fleamont, ma io ci credo. Cerca di trarre un insegnamento da questa esperienza negativa. Mi dispiace se ti ho innervosito, adesso. Per me, comunque, ci possiamo vedere di nuovo. Dobbiamo anche prepararci per il torneo di duelli, no? Ci vediamo allora, Laurie. Ciao, Stote."

Quella sera del 1° novembre, Laurie fece la scorciatoia indicata da Mirtilla e riuscì a vedere meno facce possibili.
Guardò i suoi compagni di letto, tutti intenti a studiare. Era come non ci fosse. 
Quel giorno, in effetti, si era sentito inconsistente. Le sue azioni, i suoi pensieri, il suo umore. Nulla più si assomigliava: solo sotto le coperte pesanti sentì mancare quella grande, grande parte di sé stesso che era lei. 
Lucy. 
Gli mancava così tanto, così tanto, che si era illuso di aver visto qualcun altro al suo posto, quel giorno. Un'altra Lucy, identica. Una sconosciuta con i suoi stessi occhi grandi, le stesse gambe sottili, la stessa risata. Si era riuscito a illudere, per un giorno. Aveva pensato a Vera, al sogno, alla pozione, allo sguardo di Tom, e non a lei.
"Chissà, Cecil..."
Gli era stato vicino: nascondendo lo sguardo, però, e forse la delusione.
Eppure c'erano persone che volevano subito perdonarlo, anche se per motivi diversi. 
Barreus, in particolare, lo aveva colpito. Il loro rapporto non era mai stato dei migliori, specialmente fino al Quinto Anno, quando ancora faceva volare i polli arrosto in Sala Grande, cambiava colore alle divise dei Serpeverde durante le partite di Quidditch ed era una macchina perdi-punti per Grifondoro. Lucy, poi, lo aveva sempre disprezzato, non solo ma anche per solidarietà, visto che il Quinto Anno, "non sapendosi decidere", si era messo con Livia e Jane contemporaneamente.  
Negli ultimi anni, però, non s'era più fatto notare in alcun modo.  Ricordava di essere stato abbastanza sorpreso dalla quantità di G.U.F.O. che aveva ottenuto, visto quanto studiava, e aveva smesso di pensare a lui...
Poi, per quanto sciocche fossero le motivazioni di Mirtilla, quanto aveva detto su Vera spiegava quasi troppe cose. Laurie ora ricordava gli accenni timidi alla sua famiglia, le lamentele sparse… Peccato che avesse appena rovinato ogni possibilità di nuovo contatto fra loro.  Ancora, fisso in testa, il desiderio di rivalsa che non gli aveva fatto vedere più nulla, nemmeno l'effetto di una pozione d'amore.
Pozione d'amore...
A Laurie tornarono in mente le uova di Ashwinder rubate.
Forse Cecil aveva ragione, ed Edith non era stata la sola a prenderle.
Se c'era una persona che avrebbe voluto o potuto preparare una Felix Felicis, quella era Vera.
Non che avrebbe fatto qualcosa di simile normalmente, ma la sua situazione non era delle migliori...
Tuttavia, restava il problema: come aveva fatto a procurarsi gli altri ingredienti?
Pareva comunque improbabile.
In ogni caso, se davvero stava preparando una Felix Felicis, questa doveva trovarsi da qualche parte nel castello. 
Però... Laurie sentì di nuovo il peso delle coperte e delle sue azioni. 
Meno di tutti ne aveva diritto: a convincerlo, le fantasie che, puntualmente, arrivarono.
Chiuse gli occhi e si voltò, sbuffando. 

2 novembre 1944
“Che fai, Nash?”
“Che faccio? Sto camminando!”
“Laurie?!”
Non aveva mai visto Alastor fare quella faccia. Era puro orrore.
“Gli presto dei libri” rispose lui, cercando di usare il suo tono normale.  
In realtà, era con lui solo perché serano incontrati svoltando langolo e lui aveva continuato a muovere i piedi per inerzia mentre gli parlava.
Dallo sguardo, capì che Barreus non aveva apprezzato molto la sua scusa. 
“Ma ragiona: secondo te girerei con Langton se volessi fare qualcosa? Mi credi così stupido?”
Alastor alzò significativamente le sopracciglia.
“SÌ!” rispose qualcuno passando.
“EHI!” Barreus fece un passo in avanti, ma Laurie gli afferrò il braccio.
“Che è? Non gli dici niente? È uno schifoso Serpeverde, per la barba di Merlino! Questa è la considerazione che hai di me?!”
“Meno cinque punti a Serpever-”
“Ecco! Meno male che ci sei tu, Langton!”
“…de”
“Buoni, ragazzi!” intervenne la professoressa Merrythought, passando di fretta per il corridoio.
“Siamo buonissimi, Professoressa!” insisté Barreus, con voce quasi stridula “Torna a sorvegliare, Alastor. Qui non cè niente da vedere”
Laurie ricevette unultima occhiata perplessa dal Prefetto, che proseguì per la sua strada.
Pochi passi dopo, Barreus gli si avvicinò di fianco e sussurrò:
“Ho bisogno di te per boicottare gli allenamenti dei Grifondoro”
Laurie si tirò subito indietro.
“…che?”
“Da quando mi hanno espulso, Samuel usa la mia scopa. La mia Comet 380, capisci?”
“Quella scopa te lhanno requisita, Barreus.”
“SSHHHH!” lo zittì con forza, avvicinando l'indice al suo viso "Requisita, non requisita, è mia e me la riprendo!"
"Perché me lo stai dicendo? Ma ti sei sentito parlare due minuti fa?"
"Certo! Quella scena è servita a coprirmi! Ora, visto che hai detto che mi presti dei libri, facciamo la strada per andare alla tua Sala Comune passando però per la rimessa delle scope. A quel punto io sostituisco la 380 con la mia 140 vecchia"
Laurie sospirò, strofinandosi il viso e toccando gli occhiali. Poi, rispose:
"No."
"Non hai nulla da perdere. Anche se mi scoprono non penseranno che mi hai aiutato"
"No, Barreus: io non voglio aiutarti, punto. E' già tanto che non stia andando dalla Merrythought adesso."
"Perché non ci vai, allora? Dirò a lei quello che sto dicendo a te: quella scopa è mia. I miei genitori la hanno pagata di tasca propria: è giusto che la usi Samuel?"
"Non sono affari miei!"
Laurie gli voltò le spalle, davvero irritato. 
Barreus, però, lo rincorse e disse:
"Non ti vuoi proprio divertire nemmeno una volta?"
"Cosa c'è di divertente? Devo andare a prendere dei libri!"
"Allora la prossima volta farai qualcosa di più!"
 Gli mise un braccio attorno al collo, con fatica perché era più basso, e rise.
Laurie arricciò le labbra, considerando l'audacia nel pensare che ce ne sarebbe stata un'altra... e il fatto che sì: checché ne pensassero tutti, lui voleva divertirsi. Eccome se lo voleva: lo aveva sempre voluto. Lucy forse non se n'era accorta abbastanza, ma era proprio così.
"Va bene" accettò, quasi sovrappensiero. Rimise a fuoco lo sguardo, e Barreus era già lontano.
"Langton, vieni!"
 
Barreus riuscì a non farsi scoprire. Mentre scambiava le scope, almeno: quando Samuel vide la Cometa 140 al posto della 380, non ci pensò due volte ad accusarlo. 
Laurie non si era curato di chiedere i dettagli, ma era convinto che Barreus avrebbe almeno cercato una plausibile copertura: evidentemente, no. Dunque, finì per guadagnarsi una settimana di punizione da Silente, ridotta a quel giorno soltanto se avesse riportato la scopa al suo posto intatta.
Tuttavia, mantenne la sua promessa: nessuno si sognò che Laurie avesse potuto partecipare a un'avventura tanto bislacca. In qualche modo, Barreus era comunque riuscito a beffare tutti.
Tranne Cecil.
"Si può sapere che stai combinando?"
"Mi ha bloccato e trascinato nel corridoio..."
La perplessità negli occhi blu di Cecil arrivava a toccare i cancelli di Hogwarts, tanto che Laurie cercò di centrare il suo sguardo per evitare che gli altri se ne accorgessero.
"...perché?" chiese infine, con le mani sulla scrivania.
"Non lo so" rispose Laurie, con relativa tranquillità "Sembrava divertente."
Cecil scosse la testa piano, guardandolo come se fosse la manifestazione concreta di un enigma da risolvere. 
"Barreus che va a seppellire la sua vecchia scopa. Non ti sembra divertente?" ritentò, anche se non nel modo che avrebbe voluto.
"Va bene, ma perché ti sei messo in mezzo?"
"Me lo ha chiesto. Non mi è costato molto portare due libri."
"Ah... no" confermò Cecil, come provando a capire per un attimo ma rinunciando subito "E' che di solito non rischieresti di perdere il titolo di Prefetto per così poco."
"Forse non ho più voglia di essere un Prefetto" gli uscì dalla bocca. 
Vide Cecil abbassare lo sguardo e mordersi il labbro.
"Senti, Laurie, è successo quel che è successo in bagno, con Lucy, e va bene. Però non è finita. Sei ancora un Prefetto, siamo ancora amici. Non devi sentirti obbligato a cambiare." 
"Ma io voglio stare con Barreus! Io voglio cambiare!" esclamò, alzandosi in piedi, quasi senza controllo "E' da quando sono nato che mi sento sempre lo stesso! Tu non devi cambiare, se vuoi, ma cambiare è quello che ora serve a me! E' quello che voglio io!"
Guardò Cecil un'ultima volta; uscì dalla sala studio, col fiato corto dalla tensione e dai passi.
Cambiamento'. Solo questo pensava: camminando, guardava il soffitto, mentre calpestava le voci di conversazioni perse, indesiderate; le pagine consunte piene di inchiostro sbiadito; il calderone caduto. Tutto questo era sotto: sopra, alto ma non così lontano, c'era il brivido, il sole addosso, le esperienze da fare... tutte le esperienze proibite.
D'un tratto sentì, come per sua suggestione, che il pavimento diventava più scivoloso a ogni passo. Con le mani in tasca, mise sempre un piede davanti all'altro, sicuro, deciso... finché non si vide qualcuno davanti.
Abbassò lo sguardo: era la signora Gaunt, a capo un po' chino, rivolta verso uno straccio che stava raggiungendo l'angolo del corridoio.
Cercò di svincolarsi facendo un passo indietro, ma la donna si scontrò per sbaglio con lui.
"Oh, mi dispiace..."
"Dispiace a me..." 
I suoi occhi strabici lo squadrarono a lungo senza spostarsi; appesantiti, stanchi, era come faticassero a riconoscerlo. 
 "Signor Langton" disse infine, con voce strana. 
"Mi scusi, signora Gaunt" si congedò Laurie, allontanandosi. Aveva temuto, solo per un attimo che, come nel sogno, quegli occhi si riappacificassero contro di lui.

"Eccoti."
"Com'è andata la punizione?" rise Laurie.
Barreus sbuffò col suono di una pernacchia. In mano aveva la sua scopa ancora un po' sporca di terriccio.
"Niente di che. Mi ha chiesto perché l'ho fatto, io gli ho risposto e siamo stati a fissarci per un paio d'ore."
"E' andata bene allora, no?"
"Sì. Sai, la verità è che non mi importava niente di farmi scoprire: questa scopa è mia. Però, oltre a essere stato espulso, mi è proibito usare la scopa entro i confini di Hogwarts... e ormai ho promesso a Silente di restituirla, quindi. Non ha detto niente di te, comunque."
"Lo so. Grazie per avermi coperto" sorrise Laurie.
Barreus ridacchiò.
"E di che? Andiamo in rimessa, vieni."
Si incamminò con passo saltellante, facendo fare piroette alla scopa con le dita e fingendo di montarla di tanto in tanto. 
Arrivato in rimessa, Laurie rimase positivamente impressionato. 
 Per quanto non volesse niente a che fare col volo, quella schiera di legni tirati a lucido, con setole perfettamente simmetriche, era quasi imponente da vedere.
"Eh, già" sospirò Barreus, passandole tutte in rassegna "Ero io il bolide, in quel campo. Non sai quanto darei per giocare altri cinque minuti..."
Laurie annuì, venendogli accanto.
"Terzo Anno. Finale Grifondoro contro Serpeverde" il ragazzo si girò verso di lui, estasiato, col viso illuminato al pensiero "Mentre il Cercatore dormiva, ho fatto settanta punti in meno di quindici minuti. Un boato dalle curve: 'Baaarreùs!', 'Baaarreùs!', 'Baaarreùs!'. Il loro Battitore pendeva dalla scopa: non ce la faceva proprio più."
Laurie gli sorrise, quando sentì uno scricchiolio lontano, quasi ovattato.
"Non devi fingere di essere felice per me, eh, Langton! Non vedete una Coppa dal lontano '35... va bene che siete abituati, ma... comunque, volevo dire che è dopo quella partita che mio fratello Fleamont mi ha comprato la 380. A-"
Barreus si interruppe con una faccia istupidita, guardando dietro.
"Langton..."
"Che c'è?"
Laurie si girò, ancora ridendo, quando gli morì in faccia.
Vide la punta di una bacchetta e, dietro... 
Vera.
 
Non s'era mosso, che vide arrivargli contro uno Stupeficium; lo parò, avendolo riconosciuto per un soffio; un attimo dopo udì: "EXPULSO!" e si sentì sbattere contro i manici delle scope e cadere, faccia a terra e occhiali rotti.
Barreus gli venne davanti e lanciò qualcosa; ma non ci fu effetto.
Tastò la tavola di legno con la mano, si forzò a vedere, strisciare una gamba...
Lei era in piedi, in vestaglia da notte, con la bacchetta sempre puntata e lo sguardo truce.
"Io... n-on sape-vo" Laurie disse con poca voce "M-mi d-ispiace..."
Ma Vera non si mosse: nei suoi occhi chiari dalle palpebre pesanti, solo, nelle rughe della larga fronte, insieme alla tristezza che conosceva, la determinazione a colpirlo. 
Ancora.
"Glacius!"

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Capitolo 11
*** Le uova, il torneo ***


5 novembre 1944
In un sussulto si sentì sul letto.
Le coperte, però, non erano le sue.
Subito lo scosse un altro brivido, che gli fece stendere il collo e guardare in alto.
Era in infermeria.
Ricordò il viso di Vera, mentre era sul punto di lanciargli la maledizione...
"Ehilà!"
Si alzò a mezzo busto dallo spavento; si guardò attorno, vide Barreus e poi Cecil, che iniziò a parlargli concitato: "Come stai?"
"Ho freddo..." rispose Laurie d'istinto "Ma, mi spiegate come... cosa è successo?"
"Stote, se permetti" disse allora Barreus, poggiandosi alla spalliera del letto "Dunque. In pratica, Vera mi ha Disarmato, prima che potessi difenderti - scusami, ti ha fatto diventare un blocco di ghiaccio e quindi ha provato a modificare le nostre memorie per coprirsi. A quel punto, però, dal nulla è arrivato Silente, ha fermato tutto e ci ha spediti dritti dal Preside. Io gli ho spiegato quello che era successo; lei è andata dopo di me e, da quel che ho capito, la notizia è arrivata anche al Ministero-"
"Il Preside e Silente non volevano che ci arrivasse, per ottimi motivi, ma è arrivata comunque" precisò Cecil "Infatti, il Ministero si è subito allarmato ed è uscito sul Daily Prophet un articolo sulle aggressioni 'continuÈ ad Hogwarts. Comunque, Vera non è stata espulsa."
Laurie annuì, pur respirando forte e perdendosi nei loro discorsi.
"Espulsa no, ma le hanno dato tutte le punizioni possibili. Più di quante ne hanno date a me in sei anni e mezzo, ecco."
"Però, Laurie" Cecil iniziò a parlare sottovoce "Il motivo per cui non è stata espulsa è che aveva bevuto della Felix Felicis! Non sanno come se la sia procurata, ma... hai capito?!"
"... ah."
Aveva ragione. Era stata lei a rubare le uova.
Chiuse gli occhi per un attimo, per concentrarsi meglio, ma sentì solo un brivido.
"Comunque è passata un sacco di gente di qua, Langton! La custode, ogni giorno; anche Jane con Moody e la Hollstraine; il fratellino piccolo di Hilde, tutti i professori, Hagrid; la Warren, poi, era qui in continuazione a chiedere di te. È impressionante, io, Stote e la signora Chester non sapevamo più cosa dirle per toglierla di mezzo. Ah, e poi..."
Cecil si girò verso Barreus, fulminandolo.
"Be', non è mica un segreto."
Laurie sospirò, sentendosi le dita intirizzite.
"...Lucy?"
"È rimasta per un po'... e mi ha detto... ehm, delle cose, ehm..."
Cecil stava ancora guardando Barreus.
"Non posso sentire, va bene. Faccio un giro e torno."
Così, voltò loro le spalle con nonchalance e tirò dritto per una sua strada.
Laurie guardò Cecil in viso, come per carpire tutte le informazioni che già sapeva non sarebbe riuscito a dirgli.
"C-come ti sembrava?"
La sua voce era molto roca e si sentiva appena.
"Era un po' agitata, perché ti scioglievi lentamente. Mi ha chiesto se poi avevi riportato quella pozione a Lumacorno... ma poi si è subito spostata sull' aver visto del fumo uscire da sotto la porta di uno stanzino e che, forse, quella è la Felix Felicis che sta cuocendo e che, forse, la signora Gaunt è coinvolta. Poi, ha confessato che Tom si era avvicinato a lei prima che vi lasciaste; non in quel senso, perché è molto legato a Vera, ma comunque in modo abbastanza confuso. Ricorda che le ha detto di essere 'una delle persone migliori che conoscÈ, insieme a te. Dopo... il fatto, però, hanno provato a consolarla insieme, accusandoti di infamia... e, adesso che Vera è in punizione 'per colpa tua', dice che gli dà fastidio anche solo sentirti nominare; che dovresti evitarlo a tutti i costi e non trovarti mai da solo con lui, per nessun motivo. Così ha detto."
Laurie iniziò ad analizzare il contenuto, attraverso l'emozione di sentirla di nuovo per mezzo di Cecil.
Pur faticando a ragionare, capì di aver avuto conferma a molte sue intuizioni. A quel punto avrebbe voluto dirle del sogno che aveva fatto...
La bella, bellissima sorpresa, però, era che teneva ancora a lui.
"Hai capito?"
La voce preoccupata di Cecil lo scaldò.
"Credo di sì, ripetimelo fra un po'. Ha detto altro su di me?"
"Nient'altro, no."
"Peccato..."
Guardando nel vuoto, si accorse che la signora Chester si muoveva nella sua direzione con una pozione fiammeggiante in mano, e nel mentre rimproverava Barreus per qualcosa.
"Può alzarsi, signor Langton. Beva un sorso di questa due volte al giorno e, mi raccomando, e stia vicino a fonti calde. La maggior parte del tempo, almeno. I Professori provvederanno a ciò durante le lezioni. Inoltre, cerchi di stare fermo il meno possibile."
"In questo nessuno ti aiuta meglio di me" si intromise Barreus, ridendo.
"Se non smette di mettere alla prova la mia pazienza, signor Nash..."
"Grazie, signora Chester."
"È ora di pranzo, Langton. Seguici, che poi faremo tutto il movimento di cui hai bisogno."
 
Laurie abbassò la lettera dei suoi genitori, mentre gli tremavano ancora i polsi.
Apriva e chiudeva le ginocchia sotto la coperta, spingendo il viso il più possibile vicino al focolare.
Il sudore dovuto a saltare da una scala all'altra era già asciutto. Aveva dato spettacolo davanti a tutti, ma ormai era consuetudine; ormai, ogni suo passaggio era per gli astanti un evento unico e imperdibile. Sentiva il suo nome, bisbigliato o anche urlato da una sala all'altra: a breve si aspettava di diventare l'oggetto della conversazione anche dei quadri e fantasmi. D'altronde quell'anno, quando accadeva qualcosa a Hogwarts, in qualche modo, direttamente o indirettamente, lui c'entrava sempre.
Ora, seduto davanti al caminetto in Sala Comune, così vicino da prendere fuoco, non era molto visibile. S'era imbattuto in Mirtilla prima e aveva fatto l'appiccicosa, ma era riuscito a liberarsene; Livia gli aveva rivolto un saluto veloce, probabilmente per l'imbarazzo di vedergli dietro Barreus; Vera, per fortuna, era chiusa nell'ufficio del Professor Penrose...
Il petto gli si scaldò.
Quella sera  di tre giorni prima aveva deciso di usare parte della sua Felix Felicis solo per aggredirlo, e ci aveva rimesso la serenità di tutto l'anno.
E dire che solo una settimana prima si stavano avvicinando; nemmeno sei mesi prima, lo ringraziava di cuore quando la aiutava a sorvegliare la Torre, o si faceva carico di prendersi cura di... Pix.
Che era stato espulso dalla scuola.
Era tutto imprevedibile. La rottura con Lucy, a cui non riusciva ancora a pensare; l'amicizia con Barreus, in qualche modo una conseguenza, forse anche una compensazione; la signora Gaunt, anche lei era imprevedibile. Sempre allegra ed energica, e l'altro giorno dimessa, quasi nascosta. Lucy aveva detto che era in combutta con Vera per la pozione...
"Ma... le due cose devono essere per forza collegate. La signora Gaunt è piena di entusiasmo e pimpante tutti i giorni, poi, guarda caso, il giorno in cui è sotto tono, Vera invece non lo è!"
Laurie sentì la sua fronte scottare.
Iniziò a stropicciare il foglio, piegandolo in due, in quattro.
"È stata infermiera al San Mungo: se non ha mai preparato una Felix Felicis, almeno avrà visto ripetere i passaggi. Essendo custode, ha accesso a tutta la scuola, compresi gli uffici degli insegnanti, anche di notte. Sì... non è stata Vera a rubare le uova in eccesso: è stata lei! La pozione potrebbe stare cuocendo in qualsiasi punto di Hogwarts, qualsiasi, e sarebbe difficilissimo trovarla, specialmente se può spostarla in continuazione."
Stirò di nuovo il foglio.
Sarebbe stato molto utile avere quella conversazione con Lucy, e non con sé stesso.
Da dove aveva visto uscire quel fumo?
Se anche il pentolone non era più lì, avrebbe potuto essere nei paraggi.
Andò indietro con la poltrona, tolse la coperta e si alzò in piedi, col fuoco che gli riempiva ancora il corpo.
"Ciao, Laurie"
Spaventato per un attimo, vide avvicinarsi una figura piccola e prudente. Era solo il fratellino di Hilde.
"Ciao, Phineas"
"Ti ho visto in un grosso blocco di ghiaccio due giorni fa. Ti senti meglio, ora?"
"Oh, sì. Rispetto a prima, molto meglio."
"Ah" il ragazzino annuì un paio di volte "No, perché la professoressa Merrythought oggi ha detto che martedì ci porterà a vedere i duelli fra gli alunni del Settimo Anno che devono prendere i M.A.GO., per imparare. Tu non ci sarai?"
Il torneo. Laurie si era completamente dimenticato.
"No, sì, sì, ci sarò. Sto bene, alla fine."
"Bene. So che tu e mia sorella non vi parlate più, però... t-tu rimani comunque la persona da cui voglio imparare a essere un bravo Corvonero e un bravo Mago."
Phineas era diventato tutto rosso e saltellava sul posto; borbottò un "Ciao" e scappò via.
"Grazie!" esclamò Laurie all'ultimo, ma il bambino era sparito.
Il fuoco sfrigolava lì vicino.
Laurie tornò a sedersi, continuando a sorprendersi per gli incontri che faceva e per le parole che sentiva.
Eppure verso questa stima, questa responsabilità, provava sempre più qualcosa di simile al rigetto. Non è che non apprezzasse i complimenti, ma forse non li voleva più, per staccarsi da chi era, o era ancora.


 

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Capitolo 12
*** Secondo turno ***


Avvicinandosi al salone, Laurie sentì un fortissimo brusio. Guardò significativamente Cecil, che fece spallucce.
Gli aveva spiegato quella mattina che, il giorno dopo che Vera aveva attaccato lui e Barreus, il Preside aveva fatto un lungo discorso, in pratica per riaffermare l'autorità della scuola davanti al Ministero e chiarire che l'obiettivo dei Professori era insegnare a combattere, non ad aggredire. Per questo, il torneo dei duelli era diventato un vero proprio evento, la cui presenza era tassativa per tutti, al fine da imparare dagli alunni più esperti; ospiti speciali erano anche giornalisti e membri del Ministero, che volevano assistere coi loro occhi per assicurarsi che tutto filasse liscio.
Ne conseguiva che avrebbe dovuto combattere ancora coi brividi di freddo addosso davanti ad approssitivamente un mezzo migliaio di persone, per poi avere anche foto ricordo della bella esperienza.
Barreus aprì un'anta del portone: il rumore si schiuse, furono colpiti dalla luce delle macchine fotografiche e immersi dalla folla. Ragazzini del Primo e del Secondo Anno correvano da una parte all'altra, con risate e frusciare di pagine e di bacchette; molti del Terzo e del Quarto erano seduti ai banchi e avevano fogli per prendere appunti. Tra loro, riuscì a individuare Edith, Lillian Hares e Olive Hornby, tutte giù di tono e girate verso la parete. I Professori fiancheggiavano le pedane, parlandosi nelle orecchie; la Merrythought contrattava con i rappresentanti del Governo da un lato e dall'altro Silente si limitava ad ascoltare, serafico.
Laurie, non riuscendo a parlare per il caos, fece un cenno a Cecil e Barreus e si incamminò verso la pedana, ma si sentì tirare la manica.
"Ma che fai?!" gli urlò Barreus "Stiamo in prima fila! Sennò come facciamo il tifo?"
"Barreus, non è proprio come una partita di Quidditch; e poi ci sono Livia e Jane in prima fila."
"Seconda dall'altra parte, allora!"
"Va bene. Adesso io però vado, che Margot è già sulla pedana!"
"Chissà se ha previsto come finirà lo scontro" scherzò Barreus.
"Perderà" confermò Cecil, seriamente.
"Grazie. Ci vediamo alla fine"
La loro fiducia lo fece sorridere. In effetti, anche lui pensava di avere un discreto vantaggio su Margot, ma la convalescenza dalla Maledizione gli portava qualche dubbio in più. Di solito, comunque, impiegava molto ad attaccare e se la cavava male con i Non Verbali, quindi parare non poteva essere difficile più di tanto.
"Laurie!"
Jane lo salutò con un sorriso e lo abbracciò gentilmente.
"Ti senti già in forze? Io e Alastor tifiamo per te, lo sai!"
"Me la cavo! Comunque grazie, lo apprezzo!"
Non che non gli facesse piacere (per quanto potesse essere grande il loro tifo, visto che anche Alastor gareggiava nel torneo) ma aveva superato appositamente la prima fila per non vedere nessuno e ora, per colpa loro, era bloccato.
"Buona fortuna, Laurie" disse Alastor, che probabilmente aveva notato Barreus fare baccano dietro. Spostò lo sguardo, ed ebbe un primo piano a sorpresa della faccia di Lucy; al che decise di liberarsi: "Grazie, grazie!" e passare finalmente avanti.
Margot dava la schiena al pubblico, mentre lui era all'altra estremità della pedana: quando si girò a guardare avanti, fu un incubo.
Non c'era uno spazio vuoto: non solo, ma anche se erano in due, l'attenzione era rivolta esclusivamente a lui, il ragazzo aggredito dei giornali che tutti riconoscevano.
Non osava spostare lo sguardo a fianco, perché allora avrebbe visto i Professori e i membri del Ministero.
"Ragazzi!" iniziò allora il Preside Dippet.
Stava per iniziare il discorso. Laurie non voleva guardare avanti: notò che Margot lo stava fissando, e si risolse a fissarla anche lui.
"Miei cari studenti! Abbiamo oggi l'onore di poter mostrare al  Ministero della Magia inglese cosa siamo riusciti a produrre insieme ai vostri compagni più esperti. Uno speciale ringraziamento va chiaramente alla Professoressa Merrythought, che si è occupata di questa iniziativa e ha permesso il raggiungimento del livello di abilità a cui ora assisteremo. Mi auguro che questo evento potrà ispirare, da parte vostra, un'emulazione proficua, che faccia avanzare in futuro la nostra conoscenza della Difesa contro le Arti Oscure. Ricordate di restare sempre curiosi, perché l'intero Mondo Magico beneficerà delle vostre scoperte. Tuttavia, mi sono ripromesso d'essere breve per non trattenere i nostri capaci sfidanti: dal lato esterno, la signorina Margot Droope di Serpeverde; dall'interno, Laurence Langton, Prefetto di Corvonero. Conoscete le regole: ora dimostrate tutto ciò che avete imparato e date il meglio davanti ai vostri compagni. Che il duello abbia inizio!"
Concentratissimo, Laurie avanzò verso Margot: fermatisi al centro della pedana, alzarono le bacchette all'unisono e si inchinarono. Aspettò che fosse lei la prima a voltargli le spalle; si girò anche lui, calcolando i passi giusti per spostarsi di nuovo fino all'estremità e sfilò la bacchetta dalla tasca.  Girandosi, cambiò idea e decise di farla attaccare per prima: aspettò tre secondi, ma lei ne impiegò almeno sette, per urlare: "Expelliarmus!"
Aveva previsto un attacco simile, e lo parò facilmente; replicò presto, con un Confundus silenzioso. Gli riuscì particolarmente bene, perché Margot sembrò non capire più dove fosse la sua bacchetta. Passò qualche secondo: sembrava davvero già finita.
"EXPELLIARMUS!"
Laurie cadde a terra. Non aveva perso la bacchetta, ma era molto irritato: lo stesso identico incantesimo di prima! E ci era cascato!
Si rialzò, pestando i piedi e venendole incontro.
"TARDO!"
Sorpresa, Margot provò a scuotere la bacchetta: la aveva rallentata.
Doveva finire il lavoro.
"LOCOMOTOR!"
La ragazza si sollevò in alto; d'un tratto, le fece cambiare bruscamente direzione e le fece cadere la bacchetta di mano.
Sicuro della vittoria, disse allora tranquillo: "Accio bacchetta", finché non la impugnò e la sollevò in alto.
Fu battuto un colpo a terra e tutti applaudirono in massa, compresi i Professori.
Laurie si proibì di guardare la reazione delle prime file mentre restituiva la bacchetta a Margot, ancora intontita.
Era contento, era andata bene. Aveva avuto delle belle trovate, nonostante fosse stato in infermeria due giorni prima.
Scese dalla pedana con una certa lena e raggiunse Barreus e Cecil in seconda fila, mentre il Preside presentava già i prossimi.
"Lo avevamo detto!" esclamò Barreus, accogliendolo.
"Un brividino l'ho avuto" ammise "Però sono soddisfatto. Zitti però che ora... ora c'è lei. Contro Rosier."
"Sei preoccupato?" chiese Barreus.
"Le butterà addosso di tutto."
Aveva ragione: le iniziò a buttare addosso di tutto. Non troppo da irretire il Ministero, forse, ma abbastanza da mandarlo in agitazione. Lucy, tuttavia, riusciva a districarsi e replicare con altrettanta grinta ogni volta.
Non c'era proprio paragone col suo duello con Margot.
Finalmente, quando sembrava che l'unica speranza di vincere per Rosier fosse spingerla, riuscì a farlo cadere e conquistò la sua bacchetta.
Ci fu un applauso roboante, a cui Barreus parve contribuire per metà. Laurie partecipò, attivamente, mentre lei si girava e sorrideva a tutti: stavolta, non poteva non guardarla.  Lucy guardò lui, ma non distolse subito lo sguardo. Rimase a fissarlo, con la bocca aperta e l'aria triste.
Laurie allora, per uno strano istinto, decise di smettere lui di guardare.
"Che soddisfazione. Non come una partita, però vedere Rosier perdere così è-"
"Guarda. C'è lui, adesso."
"Lui chi?"
Laurie si morse il labbro. Stava parlando con la Professoressa Merrythought, altezzoso, sicuro come non mai.
"Tu-sai-chi, Barreus. Lo sta annunciando adesso Dippet."
"Ah... giusto. E quella è Ingrid. Silente la sta prendendo da parte. Quanta preparazione, però! Gli altri hanno cominciato subito!"
"Non c'è molto da preparare" commentò Cecil "Ingrid è brava, ma..."
"Cos'è che ti aveva detto?" Laurie lo interruppe.
Non smise di fissarli: stavano salendo sulla pedana.
"Eh...? Cosa, chi, scusa?"
Laurie non rispose: esitò un attimo, per guardarli inchinarsi.
"Lucy. Non ero stato bene a sentire quando mi avevi parlato, l'altro ieri..."
Raggiunsero le estremità opposte.
Un altro attimo: aveva il fiato fermo nel petto, il cuore batteva, e non sapeva perché.
"...quello che aveva detto su di lui."
"Ah. In pratica-"
Si sentì un colpo.
Furono avvolti da una luce, e poi...
Nulla. Era finita.
Aveva la bacchetta.
Partirono gli applausi entusiasti.
Laurie, che non aveva mosso un muscolo da quando erano saliti sulla pedana, si limitò a battere le palpebre e ritirare la testa indietro.
Tutti battevano le mani così forte che sembrava dovessero cadere i quadri dalle pareti.
"Avevi finito la frase?" chiese allora a Cecil, con voce molto tranquilla.
Barreus disse qualcosa come "Ma che è successo?", ma decise di ignorarlo.
"No." fu la risposta decisa in mezzo al chiasso.
"Bene."
"Ingrid è ancora lì. Non ha capito neppure lei, mi sa" spiegò Barreus.
Laurie scosse la testa, sconsolato.
"Che c'è da capire?"
"Cos'è che ha fatto? Avete visto qualcosa? Io no" insisté Barreus in modo molto serio.
"Va' a chiederglielo!" esclamò allora Laurie, indicandolo sarcasticamente e attirandosi qualche sguardo, tanto per cambiare.
"D'accordo, scusa... comunque, non potete finire insieme. Dovrebbero mettere i vincitori del primo turno contro i vincitori del secondo."
"Grazie! Non lo sapevo!"
"Laurie, più di così che posso dirti?"
"Non dire, Barreus. Non serve."
"Alla prossima devi perdere."
Laurie si girò verso Cecil.
"'Stargli alla larga, a tutti i costi': questo aveva detto. Chiunque ci sia al prossimo turno, ti dovrai far battere. E' l'unica."
Fu sul punto di girarsi di nuovo, ma si trattenne.
"Hai capito, sì o no?"

 

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Capitolo 13
*** Una confessione ***


10 novembre 1944

Gli effetti della Maledizione erano finiti: Laurie aveva riconquistato la libertà di vagare senza doversi sempre attaccare a un caminetto. Dopo il duello, non aspettava altro: infatti, aveva speso i giorni a fare domande a Cecil e le lezioni a rimuginare sulle risposte.
Di fatto, aveva accordato con un'Allie stranamente condiscendente un turno di sorveglianza per quella sera, proprio per favorire i pensieri con una camminata.
... o, forse, cercare il fumo di quella pentola.
Cambiava idea a ogni corridoio. Sarebbe stato giocare con la sua fortuna sfacciata due volte: la prima perché, problema con Vera a parte, aveva girato un sacco di volte nelle ore tarde senza conseguenze; la seconda, perché andare a indagare la signora Gaunt non era proprio il miglior modo di evitare suo figlio. 
Entrato nei Sotterranei, vide Margot Droope e Edith nascoste a confabulare in un angolo.
"Fareste meglio a tornare nei vostri dormitori" cominciò.
Entrambe lo guardarono con occhi enormi, del tutto prese alla sprovvista: si allontanarono subito, una dietro l'altra, senza rispondere.
All'improvviso, sentì molto vicino il fragore di catene.
"Parlavano di te, ragazzo" disse il Barone Sanguinario.
"E che dicevano?"
Il fantasma si riservò di non rispondere e svanì davanti ai suoi occhi.
Laurie guardò un attimo il pavimento, stordito, per poi decidere che era meglio si spicciasse a concludere il suo giro dei Sotterranei.
Stava iniziando a salire, quando vide un'altra ombra ritrosa.
Pieno di dubbi e di timori fondati, continuò aderente alla parente, piano, per scorgere...
"Barreus? Che combini? Ah aspetta... ma che ti sei fatto? Che Incantesimo è?"
Aveva uno strano aspetto fosforescente, sottile e gli occhi chiarissimi.
"Voleva essere un Incantesimo di Illusione, ma mi è riuscito un po' male."
"Ti si vede benissimo, lo sai? Che sei venuto a fare qui giù?"
Il ragazzo gli si avvicinò.
"Mulciber. Ho deciso che voglio fargliela pagare per quella sconfitta. Mi sa che però il piano è fallito: infatti stavo per tornare..." 
Laurie annuì.
"Sarà per un'altra volta. Dai andiamo, che anche io voglio uscire."
"No, no! Non mi posso far vedere così! Passiamo di qui"
Barreus disse "Dissendium", svelando così una porticina, situata all'altezza di un gradino più in alto.
"Ma io devo continuare il giro-"
Non aveva finito, che il ragazzo emise un verso di stupore.
"Quindi mi vuoi fare andare così, senza una copertura? Langton... in queste condizioni...!"
Laurie si lasciò scappare una risata.
"E va bene. Un po' un fantasma lo sembri, dai. Con la luminescenza..."
Barreus sibilò un "Alohomora" e la porticina si aprì.
"Tu ridi, ma io a inizio anno avevo pregato mio fratello di darmi il Mantello dell'Invisibilità. Con quello sì che si sarebbero fatte le cose per bene... comunque non usiamo Lumos, ovviamente. La strada è dritta e porta direttamente vicino alla mia Sala Comune"
L'accesso era a uno stretto e buio cunicolo. Barreus fece cenno a Laurie di andare per primo.
"Tuo fratello ha un Mantello dell'Invisibilità?"
"Sì, ma non uno di quelli che compri di solito. Suo padre lo usava da ragazzo, ma è come nuovo."
Laurie andava avanti, chino per non battere la testa, senza far rumore, quando sentì un odore.
"Lo senti anche tu?"
"... sì. Sento qualcosa."
Poco dopo, vide del fumo fluttuargli davanti.
Fumo.
Le ginocchia gli scesero quasi a terra.
"Potrà mai essere...?!" pensò, respirando forte.
Fece un altro passo avanti, ma fu come battere contro un muro.
"Il passaggio è bloccato" disse.
"Allora sblocchiamolo!" insisté Barreus, piano e, prima che potesse fermarlo disse "Cancellas frangere!" e continuò ad andare avanti.
Laurie rimase fermo.
Poteva scappare, ma avrebbe lasciato Barreus solo... ormai, però, non poteva spiegargli niente...
Doveva seguirlo.
Accelerò il passo per recuperarlo, mentre rompeva una ragnatela impigliata fra il ciuffo e gli occhiali, nel buio nero, freddo, umido. Sentì che si era fermato: allora sguazzava in fretta, senza paura di cadere, con la testa sempre bassa e il fumo che arrivava sempre più intenso.
Finalmente trovò l'origine: vicino c'era una figura, forse piegata. Seguendo le folate arrivò accanto, e con gli occhi abituati all'oscurità vide le fattezze di Lucy, inginocchiata a terra vicino a un portone di legno scuro. Il fumo passava da sotto e attraverso la serratura.
Accorgendosi di loro, s'alzò, infuriata, e fece loro segno di andarsene col braccio, quando sentirono dei passi, leggeri, provenienti da dentro. Lucy scosse la testa, guardandolo, con un accenno di lacrime agli occhi. Laurie, in risposta, le prese la mano e la strinse forte.
Il portone tremò, si scosse, fu spinto poco in avanti: a emergere, la signora Gaunt, col grembiule sozzo, le borse nere sotto gli occhi e i capelli sporchi in ciocche dritte e pesanti.
"Venite pure dentro" disse, con voce roca ma forte. Poi, si sporse un po' di più per rivolgersi a Barreus: "Tu, no."
Con ciò, spinse ancora un po' il portone con la mano secca per farli entrare; dopodiché, la tirò verso di sé con un gran colpo.

Campeggiava al centro il calderone fumante; subito dietro, la vetrina di una credenza esibiva ingredienti vari; sotto, erano impilati tanti cassetti sgangherati, mezzi aperti, traboccanti di oggetti.
Alle pareti, piccoli pugni di marmo reggevano fiaccole accese, generando quel poco di luce.
Laurie stringeva ancora la sua mano sudata, mentre la donna incantava in qualche modo la porta. Poi, strisciò i piedi, traballante, per andare accanto al calderone e fissarli intensamente, prima l'uno e poi l'altra, con i suoi grandi occhi storti.
"Sono felice di rivedervi insieme" disse infine, con un sorriso sbilenco "Si ricorda quello che le avevo detto, signor Langton? 'Per favore, non la lasci mai.' Eh..."
Fece un grosso sospiro, continuando a forzare la bocca.
"È molto difficile perdonare gli errori altrui, signorina Dean. Però, è più semplice quando  l'errore non è stato commesso per... cattiveria. Entrambe sappiamo che il signor Langton è una brava persona, che si è fatto tantissimi sensi di colpa. Anche io, pur essendo infinitamente peggio... però, non voglio deviare il discorso. Siete qui per avere delle spiegazioni, da me."
La donna si interruppe, con la bocca aperta, facendo tentennare il capo in avanti.
"Le avrete. Io vi devo, delle spiegazioni. Mi occupo di un calderone di Felix Felicis, qui, in segreto: ho rubato degli ingredienti al caro Professor Lumacorno, per me stessa, di nascosto! Però... per poter spiegare, io devo dirvi di più. Di più."
Spostò lo sguardo in un qualche punto, in basso, tentennando ancora, mentre le sue mani iniziavano a torturarsi.
"Di più" ripeté, piegando la schiena e muovendo spasmodicamente le guance inaridite.
 Laurie sentì di nuovo la presa di Lucy sulla sua mano.
Aprì la bocca per parlare, ma le tremava la gola e puntava in basso con la testa, come se stesse cercando di vomitare fuori la voce, finché:
"I-io vivo un grande dolore.  Mio... fratello è morto nel mistero, l'estate dell'anno scorso. Non ci amavamo molto, ma questo ha causato il mio licenziamento. Mio marito... è vivo, ma lontano da me. Ho chiamato mio figlio come lui per ricordarlo, per scusarmi, per farlo tornare. Non è bastato. Tom Riddle non tornerà mai. Mai, mai. Per questo, io bevo. Ho un'altra pozione, in tasca, e con questa pentola mi preparo ai prossimi mesi."
Serrò la bocca, chiuse i pugni e voltò altrove gli occhi instabili e acquosi.
Il tempo non passava: Laurie iniziò ad ascoltare il respiro di Lucy.
D'un tratto, però, la donna raddrizzò la testa in un grosso sospiro e li indicò, col dito tremante:
"Lo leggo dai vostri sguardi: vi rendete conto. Dentro di voi, sapete. L'avevo capito subito. Siete le persone giuste. Ha bisogno di voi tre, tanto quanto ha bisogno di me!"
Allora si tirò i capelli, come per strapparseli. La mano di Lucy sfilò dalla sua e scattò per intervenire, ma di colpo la donna si fermò. Si fece scivolare i capelli fra le dita e batté le mani contro i fianchi.
"Ho confessato. Non ho motivo di vergognarmi. Per favore, non ditelo ad altri. Che questo segreto vi leghi di nuovo, com'è giusto che sia. Non dimenticate. Potete andare."
Il calderone parve emettere un tratto di fumo, come a suggellare la fine.
Sentì la mano che stringeva: ne sentì il dorso liscio, arrivò a toccarne le dita. Tenendola ancora, aspettò che riaprisse il portone e li facesse uscire.


 

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Capitolo 14
*** Il culmine ***


11 novembre 1944

Il pesante portone nero s'aprì di scatto, e Tom entrò difilato dentro con la bacchetta stretta in pugno.
Merope si voltò con un sorriso timido.
"Li ho visti entrambi. So che li hai fatti entrare, quindi non mentirmi: cosa hai detto?"
"Cosa posso aver detto, Tom?" rispose Merope, con voce melliflua "Ho parlato loro della pozione, e del perché ne ho bisogno."
"Oh! Mi dici dunque che tu, sapendo della loro implacabile sete di sospetti contro di noi, hai confessato di aver rubato gli ingredienti per la pozione E le tue vicissitudini con mio padre?!"

"Mi dispiace che tu la veda così. Io penso che il signor Langton e la signorina Dean siano brave persone di cui possiamo fidarci: se ci vogliono conoscere, non è certo per cattive intenzioni. Comunque, io non ho detto nulla di specifico riguardo a tuo padre." Merope venne avanti e gli carezzò piano il viso "Questo lo sai già, caro."
Continuò a tenergli una guancia, passandogli una mano fra i capelli. Tom tirò in dentro le labbra, restando rigido.
Dopo l'ultima carezza, Merope si voltò e iniziò di nuovo a mescolare. Quando aveva preso un buon ritmo, gli chiese sovrappensiero: "Cosa stai leggendo adesso?"
"'La ricerca della quintessenza' e 'La miglior Occlumanzia'. Il primo per provare, in realtà penso che continuerò solo il secondo."
"Magnifico. Hai anche preso questo, per caso? L'ho visto  sotto al tuo banco, mentre pulivo."
Merope lasciò il mestolo per andare ad aprire una mensola della credenza. Tirò fuori un libro consunto, graffiato, intitolato 'Obscuritas in fieri'.
"Madre, sai che io non prenderei mai un libro dalla Sezione Proibita. Mulciber era nel banco accanto al mio; ne ha dimenticato uno simile la settimana scorsa."
"Certo, tesoro" Merope si girò, guardandolo fisso con gentile apprensione "Tuttavia, non ci sarebbe niente di male se, trovandolo, ci avessi dato un'occhiata..." 
"Non ne ho sentito il bisogno, perché sapevo già cosa ci avrei trovato dentro. È magia distruttiva, malvagia e, alla fine, neppure utile.    Quello che aveva dimenticato Mulciber la settimana scorsa aveva un nome latino molto somigliante. Lo segnalerei anche, ma finirei solo per inasprire il giudizio già pessimo che lui e gli altri hanno su di me, senza grandi conseguenze. Lo farò quando cercherà di applicare quanto scritto nel libro, ovviamente."

"Giusto. Sei più tranquillo, adesso? Mi sembra, sì. Potresti provare ad andare a dormire, tesoro; tra poco andrò anche io. Buonanotte, Tom."
"Buonanotte."

Con molta cautela, il portone fu riaperto e, poco dopo, richiuso.
Merope continuò a mescolare per qualche tempo. Poi, di punto in bianco, piantò in asso il suo lavoro, rimise il libro nella credenza e iniziò a piangere.

La frase, letta tante volte, gli pareva sempre diversa: forse perché, a un certo, punto, le parole gli si smarrivano in testa e nessuna si collegava più all'altra.
Chiaramente, senza volerlo, stava pensando alla sera prima.
Alla fine aveva lasciato la sua mano, lei era scesa nei Sotterranei e lui era salito sulla Torre.
Una voce nella sua testa tuonava, insisteva che così doveva essere, così voleva che fosse. Contro i deliri della signora Gaunt, contro i suoi. Questo perché anche Lucy era stata colpevole, ma per qualche motivo lui era stato l'unico a ricevere i rimproveri di tutti. Perché gli aveva fatto così male? Perché aveva evitato di parlargli per giorni di seguito? Sarebbe bastata una spiegazione, una sola! Ma non si era degnata di dargliela. Probabilmente non c'era.
Aveva passato tutti questi giorni a illudersi, inconsciamente, di poter tornare insieme a lei. La verità è che lui insieme a lei non voleva tornarci. Questo era un problema che aveva iniziato a sentire anche con Cecil. Voleva essere libero di cambiare, di svilupparsi da solo, in autonomia; di frequentare Barreus, di infrangere le regole... di seguire le sue idee.

"Silente ha ricevuto un certo Godwin Oakley, oggi. Dovrebbe aiutare a badare a Vera, in qualche modo. Non ho capito chi sia... non un suo parente, però"
Laurie stava guardando fuori dalla finestra.
Gli era bastata la prima parola per distogliere la sua attenzione.
"Ah. Sì, va bene."
Cecil sospirò.
"Non mi stai ascoltando."
Laurie fece spallucce.
Cecil aveva un problema con Silente. Parlava di lui in continuazione. Ci sarebbe andato anche a cena.
"Sai che ultimamente ti stai comportando davvero da idiota? Non vuoi ascoltarmi quando ti parlo?"
"Sono stufo di questi discorsi."
Era stato fin generoso. Spostò il suo scacco e s'appese con la mano al tavolo.
Cecil stava ancora a guardarlo serio, ma non aveva fatto la sua mossa.
"Allora?" lo incitò.
"Non ti interessa capire chi è questo Oakley? Perché Silente lo ha fatto venire sino ad Hogwarts?"
No, non ce la faceva più.
"Cecil, basta."
"Basta?"
"Sì Cecil, basta!" esclamò, ripulendo la scacchiera con un gesto e alzandosi in piedi
"Sai di cosa mi importa meno in questo mondo? Dei complotti. Ma questo forse te e Lucy non lo avete mai capito. Parlatene fra di voi, se vi pare: io voglio fare la mia vita, non quella degli altri! Dico io, potrò mai avere un giorno senza problemi quest'anno?! Potrò mai STUDIARE IN PACE?!"
Se ne andò. Per la seconda  volta.
Era troppo, troppo. Rischiava di fallire agli esami. Rischiava di perdere la testa. Non aveva mai voluto invischiarsi in queste cose, e tant'è c'era dentro fino al collo. Ma lui usciva, eccome se usciva. Era arrivata l'ora di finirla.
Scese nei pressi della Sala Comune dei Grifondoro per vedere se c'era Barreus.
Con suo sommo stupore, però, vide studenti di tutte le Case radunati davanti al quadro della Signora Grassa. Passò in mezzo, attirando occhiate più persistenti del solito, e scoprì Eric, Samuel e altri Grifondoro, soprattutto della squadra di Quidditch intenti a consolare proprio Barreus, che aveva molte lacrime asciutte sul viso.
"Che è successo?" chiese subito, avvicinandosi a lui.
"S-sono spariti. Mia madre, mio fratello, suo padre. Tutti scomparsi, oggi pomeriggio!"
"...oh, no..."
"Sì, Langton. Deve essere lui. Grindelwald..."

 

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Capitolo 15
*** Che si avvicina? ***


12 novembre 1944
"È arrivato in Inghilterra?"
Questo il titolo della Gazzetta del Profeta.
Nella Sala Grande gli unici rumori erano il frusciare delle pagine dei giornali e lo sbattere delle ali dei gufi che recavano lettere preoccupate.
Barreus gli era seduto a fianco, con gli occhi vitrei pieni di lacrime e i denti digrignati. Le sue guance avevano ancora sfumature fosforescenti, per l'incidente del giorno prima, ma non era più lui. Non era il Barreus allegro che aveva conosciuto. Nella bocca aperta, nelle mani malferme, nelle ginocchia tremanti c'era solo rabbia. Se qualcuno provava ad avvicinarsi, si allontanava presto, intimorito dal suo sguardo perso. Ogni tanto gli affiorava sulle labbra il nome del fratello, ma lo lasciava subito andare nel nulla.
Tutti aspettavano qualcosa. Il Preside, o Silente; istruzioni, o notizie; ma, soprattutto, tutti temevano per i propri cari. Laurie aveva sentito un ragazzino dire: "Ma perché proprio i Potter?" Di loro si sapeva solo che erano Purosangue e che Henry, il padre di Fleamont, era stato un avvocato dei Babbani durante la sua carriera di politico. Questo ultimo fatto poteva essere stato quello determinante nel causarne la scomparsa.
La madre e il padre di Laurie avevano sempre avuto un'ottima considerazione di lui. Erano Purosangue, ma suo cugino aveva sposato una Babbana: tenendo in considerazione tutto questo, la famiglia di Laurie era a rischio. Anche quella di Lucy.
Non sembravano a rischio, però, i Serpeverde razzisti. Quella mattina, Barreus gli aveva confidato di aver visto Mulciber indossare una collana con il simbolo di Grindelwald inciso sopra. Nell'articolo della Gazzetta, inoltre, si accennava a come Vinda Rosier fosse un importante membro del suo esercito: doveva dunque avere una qualche relazione di parentela con Rosier, il loro compagno.
Laurie sentiva in sé solo il capriccio egoistico, urlato, per il mancato avvertimento. Pur sapendo, non aveva potuto immaginare che quell'anno sarebbe successa una cosa del genere. Nella sua mente, l'invasione di Grindelwald era sempre stata lontana, gestibile, in fin dei conti improbabile, vista l'azione impellente di Silente: il quale, però, a quanto pare non aveva agito abbastanza in fretta. Il Profeta aveva enfatizzato questo problema, di fatto finendo per negare la possibilità che Grindelwald si trovasse ancora sul suolo inglese. "Studenti della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts... vi prego di ascoltarmi."
Silente era finalmente arrivato.
"Siamo tutti vicini al vostro compagno Barreus, qui presente, per il triste avvenimento che ci ha colpiti. Ciò che mi preme dichiarare" si fermò un attimo, per fare un cenno di decisione col capo "Dichiarare, è che io compirò ogni sforzo possibile per proteggervi. Per questo, ho accordato col Preside di farmi carico di rispondere personalmente a ciascuna lettera dei vostri genitori, pregandoli di non farvi lasciare questa scuola, di rimanere qui, fino a nuovo ordine. Il futuro che ci attende è forse cupo, ma-"
"Perché non lo affronta, Professore?"
Un Tassorosso s'era alzato in piedi, con le braccia divaricate.
"Infatti! Perché no?!"
In breve, mille voci insieme iniziarono a urlargli contro.
Silente parve tentennare, considerare qualcosa, toccarsi il viso con la mano; a quel punto, in preda a un'emozione che non gli aveva mai visto esprimere, abbandonò il pulpito e lasciò tutti senza risposte.
"Per la barba di..."
La delusione di Cecil era palpabile.
Tutti si erano alzati in piedi per litigare e fare casino: la Merrythought riuscì a frenare qualche incipiente Duello, ma la tensione era altissima. Tutti cominciavano a vociare, a consultarsi a gruppi: tutti volevano andarsene.

13 novembre 1944
"Cari studenti, ma anche cari insegnanti e tutti coloro che vivono qui ad Hogwarts, e gentile Preside: chiedo ora, umilmente, le vostre scuse. Il mio comportamento di ieri è stato imperdonabile. Mi scuso, specialmente, se ho fatto intendere, col mio gesto, di non avere a cuore la protezione di questa scuola più della mia stessa vita. Tuttavia, io sono, per molti aspetti, un uomo come un altro. Questo non posso nasconderlo. Il mio rapporto con Grindelwald è, mio malgrado, complesso e doloroso, e mi sono sempre concentrato di più su come lui potrebbe sconfiggere me, piuttosto che su come io potrei vincere lui. Ora, dopo una lunga giornata, sento più forte che mai l'obbligo di invertire rotta. Per questo, proclamo e vi prometto la sua sconfitta. Se morirò, non ringraziatemi, perché avrò rotto la mia promessa."
Cecil si alzò presto e iniziò a battere le mani. Lo seguì subito: tutti, quasi tutti, lo applaudirono con energia. Anche Barreus: Silente aveva risposto alla lettera di suo padre prima che a tutti gli altri.
La sera prima, Alastor aveva riunito la maggior parte di quelli del Settimo Anno per progettare una resistenza contro Grindelwald senza Silente. Ora applaudiva: avrebbe chiesto il suo sostegno.
Prese la parola il Preside: "Le lezioni ricominceranno con regolarità. Quelli fra voi che desiderano abbandonare la scuola sono pregati di trovarsi alle sei di quest'oggi nell'atrio, con ordine."

"Quanti sono partiti?"
"Meno di un terzo di quelli che hanno fatto le valigie. Silente è riuscito a convincerli a rimanere."
Vera si morse il labbro, mentre Tom era appoggiato al muro con le braccia incrociate, visibilmente seccato.
"Ma non lo può affrontare...no?" notò la ragazza, pensosa.
Tom tacque. Rimasero in silenzio.
"Tu cosa pensi?" gli chiese, ad un tratto. Lui parve vivere la sua domanda come un grande affronto e rispose stizzito:
"Penso nell'unico modo possibile. Grindelwald non è così stupido da essere rimasto in Inghilterra. Silente ha detto che non vuole abbandonare la scuola: sistemerà quello che deve e lo affronterà il prima possibile, ma non prima delle vacanze di Natale."
Vera prese a guardare il pavimento, mentre Tom era rivolto verso la finestra del corridoio vicino.
"Hai parlato con il maestro Oakley?" le chiese d'un tratto.
"Sì. Continua a ripetermi di essere sincera con me stessa e con lui-"
"È tanto presuntuoso quanto demente. Passa delle ore a parlarti di quello che non capisce e tu gli credi. Soprattutto quando ti parla di me."
"BÈ, non si sbaglia. Sei sempre su quei libri, Tom-"
"Finalmente l'hai detto. Ti stavo aspettando" la interruppe con voce fredda e tagliente. Vera vide i suoi occhi splendere di orgogliosa furia "Vedi, c'è un dettaglio della nostra relazione che ti è sempre sfuggito: IO ho il controllo su di te. Il nostro rapporto non è equilibrato. Tu fai quello che io ti dico, SEMPRE. Proprio come gli altri."
La bocca di Vera iniziò a tremare.
"Non sai quello che stai dicendo..."
"No. Il tempo a disposizione è troppo poco per fare quello che vogliono gli altri, per
sottomettere i propri desideri ai capricci degli stupidi! NO! La gerarchia del mondo è rigida e inflessibile! Persone come Oakley, che scelgono la sottomissione, non vivranno mai un
giorno di gloria! Le sconfitte si sommano in un ciclo irreversibile, in un eterno ritorno alla debolezza. Tu e mia madre siete perfetti esempi di questo."
Vera tenne la testa alta, mentre lui la fissava con le palpebre basse.
"Un mese fa mi hai detto il contrario."
"Ho mentito, in parte. Sapevo che probabilmente non ti saresti mai liberata delle tue paure, ma riponevo fiducia nella mia influenza. Io non ho sbagliato niente, Vera: tu potevi sottrarti, ma hai deciso di odiare il potere."
La ragazza strinse i pugni e i denti, mentre Tom non smetteva di guardarla negli occhi.
"Anche tu hai paura" replicò lei "Tu hai molta più paura di me. Lo hai appena confessato.
Hai il terrore di perdere, perché hai già perso tante volte."
"Cosa? Cosa credi di capire?"
"Io lo so, Tom. Ti sei sempre concentrato su di me, per dimenticare i tuoi problemi."
"Tu non sai NIENTE!"
"Io SO!" replicò Vera con forza, protesa verso di lui "Perché tu NON hai su di me il controllo che credi! TU sei il CODARDO!"
Le si alzava e abbassava il petto.
Lui non rispose e le diede la schiena. Si mise le mani in faccia, fra i capelli, tenendo gli occhi chiusi.
"È normale essere deboli, a volte" disse Vera, dopo un po' "Questo mi ha detto il maestro Oakley."
"No. Non lo è" negò lui.
"Sì. Non è normale, però, il modo in cui ti sei appena comportato. O quello che hai detto. Non mi dirai mai tutta la verità, ma quei libri ti stanno facendo impazzire."
Tom sospirò, mentre Vera cominciò a singhiozzare.
"Non la pensavi così, prima" ribadì lui, con amarezza.
"Mi sbagliavo. Mi fai venire i brividi..."
Singhiozzò ancora, più forte. Ne parve disturbato: scosse la schiena e fece un passo avanti.
Vera ne fece uno indietro, cercando di allontanarsi, quando Tom con uno scatto prese la bacchetta e gliela puntò contro, con la mano malferma sul fianco.
"Non posso lasciarti andare" le disse, con un groppo in gola. "Mi rovineresti."
Vera tacque: i capelli biondi bagnati dalle lacrime le scendevano dritti sino al petto.
Aveva una mano rossa sul viso, le guance a chiazze e gli occhi che riflettevano la luce della fiaccola.
La bacchetta vibrava instabile, ma non colpiva mai.
Respirava forte, con la fronte distesa, le sopracciglia alte. Iniziò a muovere un ginocchio, a spostare il polso... finché non ripose la bacchetta.
"Non ci riesco. V-va' via. Fa' quello che vuoi. Parla a chi ti pare. Non sarà colpa mia..."
Il lampo di un'ultima sua occhiata, e Vera fuggì.
Tom si guardò intorno diffidente. Respirava ancora con pesantezza, mentre si reggeva il petto con una mano.

 

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Capitolo 16
*** Decisione ***


14 novembre 1944 
C'era una foschia sui rilievi, fino alla superficie del lago. La luce più fioca, attraverso le nubi stracciate nel cielo, raggiungeva inerte il pendio della scuola, schiarendo appena i colori. 
Poi, col sole nascosto, si sentiva il freddo, i toni eran più scuri, il brivido presente: l'acqua del lago si approfondiva ogni volta, celando abissi nuovi; meno facce si affacciavano al cielo, la solitudine forte nel cuore; le scostanti ombre non si vedevano più e gli uccelli volavano basso. Barreus era serio e non rideva più. 
Era quasi ora del torneo: dovevano tornare dentro.  
 
La sala era meno affollata: soprattutto, c'era molto più silenzio.  
Erano spariti i funzionari del Ministero, troppo occupati in altre, superiori faccende. Non solo: Nott, Mulciber, Lestrange e Rosier avevano lasciato Hogwarts la sera prima, con ogni probabilità per sostenere meglio Grindelwald. 
Questo significava che erano rimasti in quattro a battersi: lui, Alastor, Lucy e Tom.  
Non che non sapesse che sarebbe finita così già prima: quando ancora non sparivano persone e Grindelwald non era ancora arrivato in Inghilterra, tutti passavano il tempo a fare pronostici. Ci si aspettava che sarebbero rimasti proprio loro quattro e che lo scontro finale sarebbe stato fra Alastor e Tom. Il punto è che si sarebbe aspettato di avere una settimana in più di tempo per prepararsi.  
Grazie a una fortuna sfacciata, dei tre a lui toccava Alastor. Gli sarebbe bastato resistere per un po' e perdere non troppo deliberatamente per non rovinarsi la reputazione e togliersi da tutto allo stesso tempo.  
"Ehi, Laurie..."  
Barreus gli diede una gomitata. 
"Fatti valere, mi raccomando." 
"Va bene." 
Si spostò verso la pedana. 
Non ci fu nessun annuncio roboante. Semplicemente Alastor salì, composto e deciso come sempre, e iniziò a fissarlo. Il Preside disse solo i loro nomi, e iniziarono a camminare l'uno verso l'altro. 
Guardò la sua testa grossa china; poi, come tornava indietro e sfilava la bacchetta lunga e spessa. 
Aveva la sua già in mano: lo colpì, rapido. Alastor perse l'equilibrio per un attimo ma rispose.  
Due Incantesimi di fila e si sentì le braccia cascare dal busto. 
Però, non cascarono. 
"Quatere!" 
La sua parte di pedana si scosse, ma lui no e gli venne contro: 
"SILENCIO!" 
Ecco, era finita. 
Ora non poteva più enunciare gli Incantesimi. 
"Expomise", mormorò Alastor: voleva sigillargli le dita cosicché lasciasse cadere la Bacchetta. 
Una bella trovata. Laurie, però, capì che non voleva sigillarle, le dita. Sentiva dentro la voglia di vincere. 
Resistette, muovendole freneticamente; nel mentre, pensò che accecarlo con un "Obscuro" sarebbe stato bello, per ribattere.  
Così, all'improvviso, Alastor parve non capire più dove fosse. 
Laurie sospirò. Si giocava tutto in quel momento: non avrebbe avuto un'altra possibilità.  
Lanciò un Incantesimo a terra per distrarlo e urlò nella sua testa "ACCIO BACCHETTA". 
In un attimo, gli volò in mano: la aveva in pugno.  
Partì l'applauso. 
Aveva vinto davvero, in qualche modo. Perché voleva vincere, forse; per dimostrare qualcosa a sé stesso. 
"Complimenti, Laurie. Sei davvero in gamba." gli disse Alastor, con la mano sulla sua spalla. 
"Grazie." 
Scesero insieme dalla pedana, quando vide Lucy venirgli di fianco, prendergli un braccio e dirgli nell'orecchio: 
"Perché lo hai fatto?! Anche volendo, non posso batterlo. Non sai quello che Vera mi ha detto oggi... è tutto molto, molto peggio di quel che pensavo...!" 
Smise subito di parlargli e si girò, ancora col suo braccio stretto. 
Tom era davanti a loro.  
Guardava prima lei, poi lui. In quei reciproci sguardi erano concentrati tutti i pensieri tutte le interazioni contraddittorie, tutte le strane coincidenze di quei due mesi; mesi in cui Tom, Vera e la signora Gaunt erano stati sempre al centro della loro attenzione, nel bene e nel male. Ogni giorno.  
Un motivo doveva esserci.  
Un motivo c'era e non poteva più fingere. 
Dovevano scoprire qual era. 
 

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Capitolo 17
*** Lumacorno ***



Gli estratti dalla traduzione di Harry Potter e il principe mezzosangue di Beatrice Masini sono grassettati. Tutti i diritti sono riservati.
"Ancora congratulazioni, ragazzi, davvero. Tom, Tom... sarà la decima volta che lo ripeto, ma tutte le volte impiego un'ora a capire come fai a fare quello che fai."
"Grazie, Professore. "
Lumacorno si sprofondò di più nella sua poltrona e si schiarì la voce, mentre proseguiva la sua scorpacciata di suoi ananas canditi. Regnava il silenzio, quando un orologino d'oro sulla scrivania batté le undici.
"Oh! Sta venendo tardi. Sarà meglio che ve ne andiate a letto: meglio non cacciarsi nei guai. A proposito: Lucy, domani mi devi portare quella relazione o finirai in punizione. Ultimamente mi dai più da pensare, sai?"
"Mi scusi, Professore. Starò più attenta"
"Mi raccomando. Buonanotte, buonanotte."
Laurie si alzò e Lucy accanto a lui. Notarono subito che Tom era rimasto seduto, con la testa abbassata, ma dovevano uscire.

"Che ti prende, figliolo? Perché così abbattuto? Ti ho già detto di evitare quella ragazza. È una guastafeste, io l'ho sempre saputo. Oltretutto, io rimarrei volentieri a parlarti, ma è davvero tardi. Non vorrai farti sorprendere fuori dal letto nelle ore proibite, sei anche Caposcuola... "
"Non c'entra la ragazza." obiettò Tom in un moto d'orgoglio. "Io... Signore, volevo chiederle una cosa."
"Certo, ragazzo mio, chiedi... spicciati, però. Lo dico per il tuo bene."
"Sì, Signore. Mi chiedevo... mi sono imbattuto in questo libro; credo, una dimenticanza dei miei compagni che se ne sono andati. Ecco, sfogliandolo ho trovato una sezione dedicata a... agli Horcrux."
Lumacorno aggrottò la fronte.
"Un libro con una sezione dedicata agli Horcrux? Per la barba di Merlino, Tom! Non è semplice trovare a Hogwarts un libro che ne parli. È roba molto Oscura, molto Oscura davvero."
"Lo so, Signore. Mi sono sorti molti dubbi, nel leggere, e pensavo di poter chiedere chiarimento a lei."
"Chiarimento riguardo a cosa?"
"In cosa consistono... e come funzionano."
"BÈ... solo perché tu abbia un'idea, ecco, si definisce Horcrux un oggetto nel quale una persona ha nascosto parte della sua anima"

Tom contrasse la mascella con impazienza.
"Proprio questo era scritto, Signore. Di preciso, 'spaccare l'anima', era scritto. Come si può... spaccare l'anima? È possibile?"
"Sì, è possibile con un'azione malvagia... L'azione malvagia suprema. Commettendo un omicidio."
Tom deglutì e spalancò gli occhi.
Lumacorno allora disse concitato:
"Oh, non volevo turbarti! Non parliamone più. Se i miei colleghi sapessero..."
"No, no, Professore, mi dica. L'anima si spacca quando viene commesso un omicidio?"
"Non conosco i dettagli, Tom. So però che il mago che intende creare un Horcrux rinchiude la parte strappata in un oggetto. Quindi, anche se il corpo viene colpito o distrutto, non si può morire, perché parte dell'anima resta legata alla terra, intatta. Ma naturalmente, l'esistenza in una simile forma... pochi la vorrebbero."
Tom annuì, visiblmente impallidito.
"Ragazzo! Come ti sei ridotto! Posso offrirti qualcosa? Come posso... come mi sono sognato di parlarti di nefandezze del genere, lo so solo io... dovrei venire licenziato all'istante!"
"Non dica così, Signore. È colpa mia."
Tom giunse le mani sul tavolo, ma le slegò subito. Si alzò in piedi e andò davanti al focolare, fissandosi l'anello al dito.
"Devi andare a dormire, Tom. Ti prego di non pensare più a niente di quello che ti ho detto. Se vuoi, ho con me due pozioni soporifere..."
Tom si voltò. Il suo colorito era più roseo, ma non sembrava meno agitato di prima.
"No, Signore. La ringrazio ancora. Buonanotte."
Detto ciò, prese la porta e uscì.


 

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Capitolo 18
*** Lo specchio ***



Tutti dormivano, quando Tom prese Magick Moste Evile e lo buttò nel focolare.
Con un colpo ravvivò il fuoco, per fare prima e meglio.
Un attimo, ed era rimasta solo cenere.
Si buttò davanti per prenderne delle manciate a mani nude e spargerle meglio.
Vide, ancora intatto, un cartoccio: la lettera H.
Allora, un nuovo spasimo: cercò di recuperare gli altri, rimetterli insieme come poteva. Niente.
Si guardò le mani gonfie e scottate, ma non volle curarle.
Uscì dalla Sala Comune, dai Sotterranei, e iniziò a vagare alla ricerca di nuove risposte.
Un solo posto in quella scuola gli era utile.
Corse sino al Settimo Piano nel corridoio a sinistra: fece avanti e indietro tre volte, pensando a ciò che voleva, e apparve la Stanza delle Necessità.
Si gettò dentro, e fu subito immobilizzato.
Era apparso uno specchio.
Ebram stava per brame: il riflesso stava prendendo forma.
Non riusciva a respirare.
Non si sentiva più cosciente dall'attesa, quando vide.
Vide tutto quello che non voleva vedere. Quello che voleva vedere.
Perse l'equilibrio: cadde a terra in ginocchio.
S'abbatté contro lo specchio, guardando da un'altra parte.
Poi, decise di curare una mano. Questo per poter usare la bacchetta.
Si rialzò in piedi, si tirò indietro e si scagliò contro lo Specchio con tutto sé stesso.
Una volta. Rimase intatto: c'erano molte protezioni.
Due volte.
Tre: un pezzo s'era frantumato, ma il riflesso si vedeva ancora.
Riprese fiato e la quarta volta bombardò l'intera stanza: si crepò il pavimento, cadde l'intonaco, ma soprattutto lo specchio si ruppe in mille pezzi: sotto, però, con suo sgomento, c'era un altro strato.
Al quinto colpo fece cadere a terra le fiaccole e annerì le pareti: tutti gli strati rimanenti si ruppero. Rimase in piedi la cornice ornata vuota, e il nome.
La pietrificò e la ridusse in miliardi di pezzi.


 

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Capitolo 19
*** Il libro ***


"Su, entra!"
La Sala Comune di Serpeverde era come la ricordava: il legno intarsiato delle librerie,  poltrone e divani verdi in ogni dove e la luce rigorosamente verde.
Lucy era appesa delicatamente allo schienale di una sedia: aspettò che fosse lui ad avvicinarsi per parlargli piano:
"Sono andata a controllare: non è mai tornato al dormitorio. Come è entrato, è uscito..."
"Cosa avrà avuto da dire a Lumacorno?"
"Chi lo sa... niente di buono, secondo me."
Laurie continuò a guardarsi in giro, pensoso... quando s'accorse che il fuoco faceva molto rumore.
Lucy si voltò insieme a lui e si avvicinò, per vedere meglio.
A quel punto lo spense, per osservare la cenere.
"Che vedi?"
"Niente. Però... l'aspetto di quel fuoco non era normale."  
"Cosa possiamo provare?"
"Non lo so... è che non abbiamo molto tempo... potrebbe tornare da un momento all'altro, Laurie!"
"Aspetta, forse... è rimasto qualcosa, qui. Incastrato."
Laurie estrasse un cartoccio nero agli angoli, del tutto illeggibile.
"Ha bruciato qualcosa. Una lettera? Un foglio? Una pagina? Un libro?"
"Non lo so... non si legge. Aspetta... deve aver usato un qualche Incantesimo, ma forse possiamo romperlo."
Lucy puntò la Bacchetta sul cartoccio.
"Revelio."
Non successe nulla.
"Troppo semplice. Dobbiamo sbrigarci: se lo portiamo via, se ne accorgerà."
Laurie cercò di darlo a Lucy, ma si accorse presto che le sue dita erano rimaste incollate alla carta.
"Liberare!"
Il tentativo di Lucy fallì.
Provò di nuovo, parlando più forte: il risultato fu che le dita di Laurie assunsero il colore della carta a cui erano attaccate.
"Oh, no... Laurie..."
Lo guardò con desolazione.
Non gli ci volle molto per capire che intendesse.
"E' l'Incantesimo di Adesione Permanente, vero? Quello per cui non esiste un Contro Incantesimo e che dura decenni dopo che è stato lanciato?"
Lucy continuava a guardargli le dita, preoccupata.
"Come facciamo? Siamo stato così ingenui..."
"O mi taglio le dita, o lo diciamo a qualcuno. Che sia un Professore, o il Preside... non ha più senso tacere, ormai. Tanto, anche se accendiamo il fuoco e rimettiamo le cose a posto, lui lo saprà comunque."
"Già..."
"Avrà messo un qualche allarme che abbiamo già fatto scattare. Ne sono sicuro.  Andiamo, Lucy."
Così uscirono, usando un primitivo Incantesimo di Illusione per nascondere almeno i loro passi e le ombre.
"Cosa diciamo, però? A chi lo diciamo?" gli chiese, mentre salivano di fretta.
"A Silente" si risolse lui, nascondendo in tasca la mano che aderiva al pezzo di carta "E' più probabile che ci creda."
"Cosa diciamo?"
"... non lo so."
Arrivarono di soppiatto al suo ufficio, quando si accorsero che era già occupato.

 

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Capitolo 20
*** La confessione ***



"Non possiamo discutere finché continua a soprassedere sugli aspetti disdicevoli della sua condotta."
"Soprassedere?!"
Gli occhi di Silente erano fermi e decisi dietro le lenti, al che la donna parve struggersi intensamente e rispose con grande affanno, quasi inchinata davanti a lui:
"Oh, no! Mi dispiace se ho dato quest'impressione! Io mi riconosco colpevole di tutto! Mi dispiace, mi scusi, mi scusi!"
"No, Merope." Silente continuò a fissarla nella sua posizione abbassata, parlandole con voce calma ma chiara "Lei mi deve dire, adesso, tutti i reati suoi e di suo figlio, all'interno e fuori da questa scuola. Se ha veramente a cuore il destino di noi tutti, mi parlerà apertamente e senza sotterfugi di sorta."
Le iridi lontane e inafferrabili  di Merope parvero acquietarsi.
Fece un breve cenno col mento sporgente, serrando la bocca storta.   Si alzò, le mani aderenti ai fianchi, distrasse lo sguardo da lui e fece un passo indietro, con un risolino che suonava come un gemito.
Infine, ritornò a lui con gli occhi e sillabò:
"Io volevo... educarlo. Volevo fosse buono! All'ospedale, io non volevo soprassedere sui dispetti agli infermieri, ai Guaritori e ai pazienti. Forse, però... io... io... non posso. Ogni volta che lo guardo, mi vengono meno le forze. Allora, era sempre così. Tutti gli altri infermieri e i Guaritori lo punivano. Io lo lasciavo andare. Bastava che mi fissasse un po' e cercavo di convincerli a perdonarlo, a dimenticare tutto. All'inizio ci riuscivo, ma poi... ovviamente, non più. Allora, qualche volta, lo liberavo di nascosto. Chiedevo aiuto alle signore che lo facevano giocare: a loro, Tom non ha mai fatto niente. Ma non era innocente. Questo non volevo, non volevo capirlo..."
"La settimana scorsa, ho avuto una fitta corrispondenza con la signora Barnaby."
Quel nome le tagliò il respiro.
"Nelle sue lettere, mi ha parlato del suo precedente impiego come guaritrice all'Ospedale di San Mungo, dove anche lei lavorava; in particolare, si è concentrata sulla sua relazione burrascosa con Tom. Cito testualmente che 'più lo puniva, più lo tormentava' e che era arrivata a 'dargli ogni giorno un castigo, perché o lui o Merope', lei, 'trovavano un nuovo modo' per sfuggirle. La signora Barnaby attualmente vive in Francia, dove si occupa di erbologia, mentre sua figlia frequenta la Scuola di Magia Beauxbatons."
"S-sta bene?" chiese Merope con un filo di voce.
Gli occhi di Silente, severi, opachi, non dicevano nulla.
Allora ricominciò ad agitarsi, a scuotersi e insisté:
"Mi dica che sta bene, p-per favore... io credevo di essere riuscita..."
"Mi ha detto che, poco prima di decidere di trasferirsi in Francia, ha incontrato Tom a Diagon Alley insieme alla bambina. Dice di aver sofferto molto il vostro incontro con lui, e con lei, quando è uscita dal negozio, a causa di quello che è successo, e di essersi scusata ripetutamente; voi, però, con suo 'inesprimibile sollievo', avete accolto le sue scuse. Così ha richiamato a sé la bambina e avete iniziato a passeggiare insieme. A quel punto, è spuntato il discorso della scuola, e lei, 'Merope ha iniziato a elencare i pregi di Beauxbatons e denunciare tutti i problemi di Hogwarts; a quel punto io, riflettendo ancora, ho ritenuto di mandarla qui, in Francia e trasferirmi vicino a lei. E' stata una decisione strana, che ho preso molto velocemente, ma di cui, anche volendo, non riesco a pentirmi'."
"Sì, Professore, ho usato la Maledizione... Imperius! Per salvarla, Professore! Per salvarla, capisce? O-ora, la scongiuro, s-sta bene?! Non posso passare altro tempo senza-"
"Sta bene. Per un soffio, da come sta cercando di dirmi, Merope. Già da tempo mi chiedevo  perché eventi spiacevoli immancabilmente capitino a chi vi contraddice" 
"IO NON VOGLIO FARE DEL MALE A NESSUNO!" esclamò Merope, con voce tonante e disperata.
Silente parve impressionato.
Poi si ritirò in sé stessa, spaventata e proseguì, con la sua voce roca, ma più ferma:
"Ciò non toglie che io abbia fatto molto male. La signora Barnaby... è collegata a uno dei peggiori momenti della vita di mio figlio; e quindi della mia. Sa... era giovane, ma era la guaritrice più importante del San Mungo. Tutti la rispettavano e la ammiravano; io compresa, io per prima. All'inizio era tollerante con Tom; a lui, però, non è mai piaciuto sentirsi dire cosa fare e non le obbediva. Col passare del tempo, le punizioni diventavano sempre più severe e io non riuscivo a vederlo in quello stato. Così iniziò a disprezzarmi e dire che volevo sabotare di proposito il suo lavoro per beneficiare me stessa. Questo, Professore, non era vero. Io cercavo sempre di porre rimedio a quello che faceva Tom, di aiutarla; ma non potevo, non potevo, non riuscivo a sopportare il pensiero che potesse stare male. Un solo minuto di castigo per lui era peggio di qualsiasi altra cosa al mondo. Allora... un giorno..."
Merope fu interrotta da un groppo in gola: i suoi stessi occhi parvero tremare, ma continuò, con voce più altalenante:
"Un giorno... aveva già nove anni. Quel giorno, la signora Barnaby decise di accompagnare Tom fuori dall'ospedale. Io la supplicai in tutti i modi di non farlo, ma ne aveva abbastanza di lui. Mi disse che lo avrebbe portato a fare una gita con altri bambini, dove avrebbe potuto sfogarsi in pace. Io non acconsentii mai, ma lei lo portò via. La prima volta che non lo vidi dormire accanto a me la mattina fu terribile. Ebbi paura di non riuscire ad alzarmi dal letto: tuttavia, mi ripetei che era in buone mani, era in buone mani. Allora... una settimana dopo, chiesi alla signora Barnaby se la gita era finita, se poteva tornare da me. Lei mi disse no... no. La settimana successiva ripresi a insistere, con più forza di quella prima: lei mi ripeté no. La terza... mi gettai ai suoi piedi e le chiedo dov'è, così che potessi andarlo a prendere. Allora..."
Il suo respiro fu tagliato corto di nuovo. Deglutì, forzandosi a riprendere con regolarità, e ricominciò:
"... allora mi disse che Tom non era a una gita. Era... da suo zio. Morfin. Mio fratello. Si era messa in contatto con lui e lo aveva lasciato... lì, per tre settimane."
"Io provai, ma non riuscii a Smaterializzarmi. Allora bevvi un'intera boccetta di Felix Felicis che avevo e tornai alla mia vecchia casa. Aprii la porta e... mio fratello a...veva le mani attorno al suo collo. Lo aveva... torturato, così come aveva fatto con me, tanti anni fa."
Merope tacque.

"Tom mi venne incontro correndo, con degli occhi che mai avrei voluto... Morfin cercò subito di attaccarmi. Io, però, sapevo che non potevo più subire niente da lui. Riprovò un'altra volta, mentre io... non avevo dubbi. Lo fermai, senza pensarci, e lo lasciai lì. Andammo via, per tornare a casa. Però... Professore, la supplico in particolar modo su questo punto. La signora Barnaby, non appena aveva saputo dell'indole violenta e instabile di mio fratello, aveva chiamato degli Auror. Questi erano arrivati non appena noi eravamo sul punto di andarcene: Morfin non era in sé e ovviamente... mi interrogarono. Ora... dopo quello che Tom aveva vissuto, non volevo fargli passare ulteriori sofferenze. Per questo... ho modificato le loro memorie, Professore. Questo, e sono tornata indietro."
"La signora Barnaby era sotto accusa da parte di alcune persone dell'Ospedale e da membri del Ministero. Erano convinti che lei avesse mandato Tom da suo zio consapevole di quello che gli avrebbe fatto, o che fosse comunque responsabile. Lei, però, ha negato, più volte, con forza, e io le ho sempre creduto, perché sapevo, so che aveva sempre voluto solo e soltanto il suo bene. Nonostante la mia contrarietà, a seguito di tutto questo la signora Barnaby è stata licenziata dall'Ospedale."
Merope si fermò, come per riprendersi.
Silente fece un cenno affermativo, per incitarla a proseguire.
La donna annuì in risposta, con un sorriso cupo.
"Lei, giustamente, deve sentire tutto. L'incontro... di cui ha parlato... di un anno fa..."
"E' andata in Francia su un ordine. Un suo ordine. Posso quindi dedurre che la situazione che la signora Barnaby ha descritto non corrispondesse alla realtà dei fatti. "
Merope restò immobile.
Poi ridacchiò piano, emettendo un guaito quasi sarcastico.
“Si era offerto ad andare alla fiera di Glasgow a prendere degli ingredienti: per le pozioni e vedere i draghi. Una settimana, quando era già tornato, vengo a sapere che mio fratello è morto ad Azkaban. Avvelenato, divorato da un serpente introdotto per errore da un agente del Ministero… un serpente stregato. Io lo dico a Tom: lui è sorpreso. Chi ha stregato il serpente e lo ha aizzato contro Morfin, mio fratello, il povero disgraziato che è?! Un mistero! Povero, maledetto, odiato Morfin, che lo ha picchiato, torturato, scorticato per un mese! Lui mi indaga, perché io non devo nutrire sospetti, no. Questo, mentre lo tiro verso di me, lo abbraccio e davvero mi stupisco! Chissà! Chissà! CHISSÀ!”
Batté la mano sulla scrivania, mentre i suoi occhi scuri brillavano di lacrime e annuiva di fronte allo sguardo di Silente.
“Tom ha ucciso mio fratello. Povero bambino!”

 
“Professore, per favore, non lo giudichi. La storia la conosce.”
“Non del tutto, ancora. Posso tuttavia evincere che il trasferimento della signora Barnaby in Francia sia in qualche modo legato alla vicenda che mi ha raccontato.”
"Avevo paura per lei. Quando Tom la vide... cambiò espressione. Io... sapendo quello che... aveva fatto a Morfin..."
Merope prese a pestare ripetutamente il piede; piano, poi forte, con dei tonfi frequenti.
"Io ho provato a educarlo! Ho voluto questo lavoro per stargli vicino, per seguirlo! Gli ho suggerito dei buoni amici, quella cara ragazza che è Vera. Lui mi ha obbedito, certo, ha fatto finta di obbedirmi. Ma... le Arti Oscure, Professore. Sono quelle ad aver rovinato mio figlio. Lui nega ossessivamente di interessarsene, ma io lo so. Non può immaginare il mio dolore quando avevo capito che era stato lui a minacciare di Dissolvenza Pix, incolpando il suo altro compagno. Lo ha fatto per Vera, certo, che è sempre stata umiliata da lui... ma le intenzioni non bastano, Professore. Tom è un ragazzo meraviglioso, un Mago straordinario, come ben sa... ma questo suo interesse è deleterio per lui. Io ho fallito ampiamente, come ha appena avuto modo di sentire... per questo ora la imploro, Professor Silente: non la mandi ad Azkaban. Mandi me, ma Tom può cambiare e... a questo punto, lei è l'unica persona in grado di salvarlo."


Laurie smise di ascoltare.
Era tutto troppo.
Lucy rimase vicino alla porta, mentre lui si allontanò di qualche passo con la mano in tasca, anche per vedere se arrivava qualcuno.
In effetti, qualcuno stava arrivando.
Era Allie.
Ficcò la mano nella tasca e cercò di girarsi con naturalezza da unaltra parte.
Li raggiunse composta, con un passo costante e lo sguardo confuso; guardò la porta dell'ufficio di Silente e chiese subito "Cosa state facendo?"
Laurie scosse la testa in silenzio, mentre Lucy disse rapida:
"Il Professore ha chiesto di vederci!"
"Ah sì? Perché?"
Lucy tentennò un attimo: "L-le nostre famiglie! Non si sono ancora convinti a lasciarci..."
"Giustamente" commentò la ragazza "Io e te abbiamo un ruolo però, Laurie. Io, soprattutto, da Caposcuola non posso abbandonare la scuola così. Per questo sono venuta dal Professor Silente per pregarlo di chiudere la scuola e affrontare finalmente Grindelwald. Mi sono preparata bene e sono abbastanza sicura di poterlo convincere. E' il minimo che possa fare per soddisfare i requisiti del mio incarico. C'è qualcuno dentro?"
"Ah, sì! Non siamo riusciti a distinguere le voci, però!"
Lucy era sempre più agitata e si sfregava le mani.
"La Merrythought, forse..." intervenne Laurie allora, cercando di non mostrare movimenti strani nella tasca.
A quel punto Allie, irretita dalle loro reazioni, si avvicinò alla porta e iniziò a origliare.
La sua espressione concentrata però non parve subire mutamenti.
"Non riesco a sentire" ammise infine con diligente irritazione "Chissà... forse parleranno anche di Alastor e del suo piano per l’esercito..."
Lucy annuì in modo incoraggiante, mentre Laurie fissava il pavimento.
Perché Allie non riusciva a sentire e loro sì?
Un caso? Oppure Silente sapeva che erano lì fuori?

"Vede, Merope, c'è un aspetto degli eventi narrati che ritengo sia fondamentale nel nostro discorso. Degli eventi nella sua vita l'hanno convinta che l'imposizione sia la strada sicura da seguire per ottenere la felicità. Per questo, la sua soluzione ai... problemi di Tom per lei è che io lo induca a comportarsi diversamente: ma non c'è nulla di più lontano dai miei principi. Al contrario, sono fermamente convinto che il cambiamento sia efficace solo se parte da noi stessi."
"E se non volesse? Se non cambiasse mai?"
La mascella di Merope tremava, mentre cercava indizi nel suo viso.
"L'unica persona che può avvicinarsi a rispondere a questa domanda è quella che lo conosce meglio, che più ha condiviso con lui le emozioni e la vita... lei. Per questo, se lei nutre dei dubbi riguardo all'eventualità che Tom possa cambiare, questi sono, e, devo dire, anche secondo il mio personale giudizio, dubbi fondati. Con ciò, come dicevo pocanzi, nessuno ha il potere di cambiare qualcun altro, né dovrebbe desiderarlo."
La donna abbassò la testa.
"Come posso proteggerlo, allora? Come posso..." esitò, con un singhiozzo "... proteggere... gli altri, da lui?"
"Personalmente, ritengo che Tom debba terminare l'anno scolastico qui a Hogwarts, cosicché possa essere seguito meglio. Dopodiché... molto dipenderà dai prossimi mesi. Se costituirà ancora un pericolo, dovranno essere presi provvedimenti adeguati."
Gli occhi lontani di Merope si socchiusero, mentre nella bocca nasceva il disgusto.
"Quindi io dovrei solo aspettare che lo mandi in prigione?"
Silente non disse nulla.
La sua smorfia si estese.
"...
ci mandi in prigione? Per sempre...?"
"Finché lei non mi vorrà raccontare tutta la verità, non ho altra scelta."
Merope digrignò i denti ed emise un forte grugnito. Poi si afferrò i capelli, tirando con energia, ed esclamò:
"Le ho spiegato le mie intenzioni! L'amore per mio figlio e tutti questi ragazzi, i m-miei sforzi...!"
"Lei è venuta qui, aspettandosi che io, dopo averla ascoltata, le dessi ragione e la aiutassi. Invece di chiedersi perché non le sto dando fiducia, mi attribuisce delle colpe. Non è questo lo stesso comportamento di Tom? Se potesse, non proverebbe a influenzare il mio pensiero, o quello di Tom, come ha già fatto così tante volte, con chi poteva? Non è forse, in fin dei conti, in una folle competizione con suo figlio per ottenere il controllo l'uno sull'altra, e l'una sull'altro?
"IO NON LO VOGLIO CONTROLLARE! E' PER IL SUO BENE!"
"Suo figlio direbbe lo stesso, non crede? Qui, forse, il problema giace nel concetto di 'bene'."
"Certo! E il mio chiaramente è diverso dal suo, Professore!"
 Coi pugni stretti e i capelli scomposti, Merope prese la porta.


Come la porta si aprì, deglutì senza nemmeno pensare.
Così Merope apparve, con gli occhi gonfi e i solchi delle rughe più evidenti alla luce della fiaccola sopra la sua testa.
"Ah... cari ragazzi! Cosa fate qui?"
Allie non si degnò di nascondere la sua sorpresa. 
"Dobbiamo parlare col Professor Silente."
"... capisco."
"Tom è per caso intenzionato a unirsi alla lotta contro Grindelwald? Perché a me non ne ha parlato."
"Non lo so, signorina Hollstraine..."
"Cosa le ha detto, allora?"
Laurie fulminò Allie con lo sguardo, ma lei non lo vide.
"Mi ha chiesto della sua condotta. C'erano cose che voleva sapere"
"Ah! Quindi le ha detto che ultimamente non svolge nessuno dei suoi incarichi? Perché è così, purtroppo. Ormai è almeno una settimana che faccio quasi tutto io, per dovere e per senso di responsabilità, ma non può andare avanti così. Finalmente qualcuno oltre a me se n'è accorto!"
"Mi dispiace molto. Gli dirò di essere più diligente."
"Grazie, signora Gaunt. So che non è colpa sua."
Merope fece un sorriso strano e se ne andò.

Aveva ricostruito lo specchio.
Davanti a lui, c'era la stesso riflesso di prima.


“Professore…”
Laurie tirò fuori, senza una parola, senza un commento, la mano dalla tasca.
Silente la guardò e spiegò il cartoccio.
Poi, levò la bacchetta e lo toccò delicatamente.
In un attimo, sentì le dita di nuovo libere: Silente prese il foglio, lo lesse… lo poggiò.
“Che cosa succederà?” borbottò Lucy, con uno sguardo allucinato e pieno di sfida “Cosa succederà?”
“Questa non può essere l’ultima vostra volta qui, nel mio ufficio. D’ora in poi, esigo che mi riferiate ogni cosa. Ogni cosa.”
Laurie annuì debolmente, guardando basso.
“Lo faremo.”
“Il controllo si esercita in molte forme, ma non potrà mai essere… completo. Noi siamo, prima di tutto, per natura, degli individui. Un pensatore Babbano molto tempo fa ha dichiarato che ciascuno di noi ha diritto alla libertà sufficiente a essere felice… se non perde di vista il rispetto della libertà altrui. Non dimenticate…” le lenti degli occhiali di Silente scintillavano “Non dimenticate di esercitare sempre la vostra libertà.”

 

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Capitolo 21
*** I preparativi ***


15 novembre 1944

“Silente ha detto che terrà in considerazione quello che gli ho detto. Se lo farà davvero, tra una settimana saremo tutti a casa!”
Allie era raggiante e non aspettava che una sua parola di conferma.
“Sì, magari…”
“Allora potremo tornare dalle nostre famiglie e aspettare che Grindelwald diventi un brutto ricordo! Finalmente! Sì, è servito un sacco il mio intervento. Silente era molto persuaso, lho visto. Meno male che sono andata a parlargli!”
Laurie alzò le sopracciglia, sospirando.
“Cosa c’è, non sei convinto? Ah… Barreus non potrà tornare dalla sua famiglia… ma ritroveranno i Potter, vedrai! Li troveranno prima che Grindelwald possa aver avuto quello che voleva da loro…”
Laurie non si curava più di far finta di ascoltarla: allungò il passo e uscì dalla Sala Comune.
Scese le scale ed attraversò corridoi gremiti di Grifondoro impazienti.
Dun tratto, un gruppo di ragazzini lo fermò e urlò:
“Sei con noi o no?!”
“…con voi?”
“Siamo con l'esercito di Moody! Ci batteremo contro Grindelwald e vinceremo!”
Laurie era allibito. Sembravano al massimo del Secondo Anno.
“Cosa?! No, voi non vi potete battere!”
“Sì che ci battiamo! Tutti i Grifondoro si battono! Tu ti batti?”
“Io…”
“Non sei amico di Barreus?” obiettò un ragazzino dai capelli rossi, con la voce profonda “Cos'è, stai dalla parte di Grindelwald?”
“Figuriamoci! No…!”
“Allora ti batterai per lui?”
Laurie rimase a bocca aperta.
“Non ti batti? Vergogna! VERGOGNA!”
Altri dieci ragazzini tutti intorno alzarono la bacchetta e gliela puntarono contro.
“VER-GO-GNA! VER-GO-GNA! VER-GO-GNA!”
“Fermi!”
Comparve dal fondo la Professoressa Merrythought, insieme a Barreus, Alastor e Jane.
“Che vi prende? Mettete subito le bacchette a posto! Per la barba di Merlino! Allontanatevi dal signor Langton! A posto, ho detto!”
Tutti, però, guardavano Alastor: questo tenne gli occhi chiusi per un po. Solo a questo segnale gli animi dei Grifondoro parvero placarsi, e si separarono.
“Che è successo, signor Langton? Mi spieghi” chiese la Merrythought.
Tutti lo stavano fissando, Barreus compreso.
“Eh… niente, Professoressa. Non ha importanza.”
“Chi ha cominciato?”
Il ragazzino coi capelli rossi fece un passo avanti, tenendo la schiena diritta.
“Da oggi è in punizione, signor Prewett. Il Preside ha molte faccende per le mani, ma Hogwarts non può più tollerare questi comportamenti. Sono molto delusa, da tutti voi. Seguitemi, per favore”
I ragazzini si allinearono dietro la Professoressa, composti e in fila.
Come pochi momenti prima, Laurie sentiva di voler dire tante cose, ma di non riuscire a spiegarne una.
“Mi scuso a nome loro, Langton” disse Alastor, ma non sembrava troppo convinto.
“Dovevamo dire qualcosa…” continuò Jane, scuotendo la testa.
“Tu sei con noi, vero?” intervenne di punto in bianco Barreus.
Laurie sbarrò gli occhi, ferito.
“…certo che lo sono!”
“Allora perché esiti? Perché sembra che hai qualcosa sulla punta della lingua e vuoi dire altro? Cosa non ti convince?”
“Quei ragazzini… sono piccoli… non possono combattere.”
“Io avrei combattuto” ribatté subito Barreus.
“A dodici anni?”
“Eccome. Comunque no, non combatteranno. Però contribuiranno; io a  dodici anni sapevo già quel che volevo. Da che parte stavo. Tu, però, mi sa che non lo sai ancora adesso.”
“Non starò mai dalla parte di Grindelwald, Barreus.”
Era diventato furioso. Passeggiò in avanti, con le mani sui fianchi, poi gli venne contro.
“Langton! Ma vuoi combattere, sì o no?!”
“Combatterò, Barreus!”
“Non sei convinto! Guardati in faccia: non sei convinto! Jane! Alastor! Che gli ho fatto, io?!”
“Ti ha detto che combatterà, Barreus!” disse Jane.
“Per me è un bugiardo” concluse lui, amareggiato.
Laurie sentiva un buco nel petto.
In quel momento odiava persino respirare. Ogni movimento del corpo gli era innaturale, ogni suono assordante.
Tuttavia, doveva trovare il coraggio, quel coraggio di cui stava tanto accusando la mancanza.
“Io sto già combattendo, Barreus.” cominciò, quasi col fiato corto “Non ti posso dire altro, ma è così. Fidati di me.”
“… ma che stai dicendo?”
“Credimi.”
“Mi prendi in giro, adesso!”
“No, per niente. Devi solo fidarti.”
Sentì salirgli le lacrime agli occhi.
“Che stai dicendo, Langton?!” esclamò Alastor.
Barreus aprì la bocca, stupefatto.
“Non importa, va bene?! Però, per favore, non ditemi… non ditemi che io non combatto!”

“Sei impazzito, Laurie? Cosa sei andato a dire?!”
“Hanno preso ad accusarmi, accusarmi! Che dovevo fare?”
“Non dovevi parlare! E soprattutto, noi lo combatteremo Grindelwald! Per forza!”
“Lo combatteremo, sì! Ma non ci faremo ammazzare buttandoci addosso a lui, come vogliono fare loro!”
Lucy si calmò.
“Be… no.”
“Adesso capisci? Poi, dopo quello che abbiamo sentito ieri, io non so ancora come riesco a tirare avanti. Se questi avessero la più pallida idea di quello che è successo e deve ancora succedere, qui dentro…”
“Proprio perché rovinerebbero tutto non devono sapere nient’altro. Lo so che è frustrante… e che la notte non dormiremo…”
“Io non dormo da quando è cominciato quest’anno.”
“Neanche io…” ammise Lucy “Vera lhai vista oggi?”
“No. Tu, Tom? O Merope?”
“Neanche. Però, stavo pensando… secondo te Silente ci rivelerà altro? O si limiterà a sentire quello che gli riferiamo noi?”
“Dipende da cosa, probabilmente. Però, sì. Altrimenti non ci avrebbe fatto sapere niente sin da principio, così come ha fatto con Allie.”
“Hai ragione…”
I grandi occhi scuri di Lucy erano bassi, sul suo viso.
D’istinto Laurie tirò indietro il capo, con la lingua quasi tra i denti.
Lei sospirò e si rivolse dall’altra parte.
“Prima che scoprissimo Merope con la pozione e di incontrare Barreus, avevo visto Margot ed Edith parlare. Allora era comparso il Barone Sanguinario, dicendo che parlavano di… me.”
Lucy corrugò la fronte.
“Margot segue sempre Divinazione, e mi chiedevo… se ci fosse una profezia legata a noi? Tutto quello che sta succedendo a noi, solo a noi… e a Vera, anche.”
“Queste cose ci stanno succedendo perché Merope ci ha deliberatamente coinvolti, noi e solo noi, per salvare Tom” completò Lucy.
“Esatto. Invece aveva detto “Tu no” a Barreus, ti ricordi? Non è che tutte queste cose sono racchiuse in una profezia?”
“Come lo veniamo a sapere, però? Di certo non possiamo chiedere a Margot…”
“Vai nella sua camera, cercala. Magari l’ha scritta da qualche parte”
Lucy annuì.
“Va bene. Provo già questa sera. Però…”
“Cosa?”
“Anche Vera dovrebbe essere informata. Alla fine è stata la prima ad indirizzarci, ed è con noi…”
“Ma cosa ne sappiamo della sua relazione con Tom, adesso?”
“Ha detto apertamente che la vuole controllare! Non stanno più insieme!”
“Be, neanche noi dovremmo stare insieme allora”
Lucy lo guardò smarrita e un po’ offesa.
“Cosa c’entra?”
“Non è tutto così semplice.”
“Senti, Laurie, se non le vuoi parlare solo per quello che è successo...”
“Non ho detto questo!”
“Se ti va, te la risolvi da solo. Adesso abbiamo problemi più grandi a cui pensare”
“Io parlavo di noi, non di lei.”
“Direi che lei c’entra molto con noi! Tu lo sai bene, no?!”
“Ecco! Lo sapevo!”
“Se te la vai a cercare, che ti devo dire!”
“Tu, però, avevi il diritto di non rivolgermi la parola per giorni, vero?!”
“Mi sono scusata poi, no?! Ti avevo detto che mi dispiace! Mi dispiace, ancora! Ho sbagliato!”
“Eh, sì! Solo che a te non ha detto niente nessuno, e io invece sono diventato un mostro!”
“Be’, andarci con lei ci sei andato, mi pare!”
La voce di Lucy si ruppe.
“Le cose non andavano bene fra di noi, Laurie. Per niente.”
“Se mi avessi detto qualcosa, potevamo anche parlarne!”
“Avevo paura di parlartene! Non l’hai capito?! Mi dicevano tutti di venire da te…”
“E tu no! Lucy! Non sei mai venuta! Perché devi sempre far come ti pare!”
“Va bene, ora è tutta colpa mia! Cosa posso dirti più di scusa, Laurie?! Io sono così e basta!”
“L’ho capito bene, Lucy. Lavoriamo insieme, perché dobbiamo. Proviamo ancora delle cose l’uno per l’altra, abbiamo capito… ma non provare più a baciarmi! Hai capito?!”
Lucy trattenne le lacrime per orgoglio.
Non disse niente e se ne andò.
Allora Laurie li aveva allontanati tutti. Ora era davvero vuoto.

Nel corridoio, le fiaccole erano più fioche, l’aria era più spessa.
Vera avanzava con costanza, finché dall’ombra del muro portante emerse Tom.
Era senza divisa, con la cravatta mezza slacciata: aveva ciuffi di capelli scomposti, gli occhi distratti e l’espressione sofferente di sua madre.

Vera tenne la bocca serrata.
Tom allora sfilò la bacchetta dalla tasca, fece un passo storto verso di lei e gliela porse.

Lei alzò con cautela la mano, poi la afferrò con uno scatto rapido.
La tenne stretta nel pugno, mentre lo guardava con le palpebre basse.
“Non ne avrai bisogno. Fidati.” soggiunse piano Tom.
“La puoi comunque riprendere in ogni momento” replicò Vera.
“Eppure non lo farò, perché non ne ho bisogno. Non ora.” ripeté lui, con voce stanca “Dimmi, adesso. Sei andata a parlare con Lucy e Laurie? Col maestro Godwin?”
“Sì…”
“Hai fatto bene, Vera. Avevi bisogno di parlare con qualcuno.”
“Che ti è successo…?” chiese allora lei con apprensione “Anche alla mano…”
“Ti ho dato ascolto. Più precisamente, ho dato ascolto agli odiosi scrupoli che puntualmente mi cingevano d’assedio. Ho guardato la mia anima, e ho visto quello che avevo evitato di vedere, tutta la mia vita. Le tue parole, le parole di mia madre sono ragionevoli. Il discorso sulla debolezza temporanea, che porta a una maggiore forza, è sensato. Ci credo anche io, ora. La verità è che… io devo crederci, o sono rovinato… dopo quello che ho scoperto. Avevo trascurato degli aspetti fondamentali di me stesso, al punto che mi trovo, qui, adesso, ad ammettere che io non sono chi credevo di essere!”
“Chi sei, Tom?”
“Non controllo tutto come vorrei. Forse, non posso. Forse, preferirei non sentire questa costante esigenza di potere. Avevo paura a confessarlo, come avevi detto: ecco perché mi hai sconfitto. Per la prima volta, ho compreso i miei errori senza cercare di dimenticarli, ma assumendoli dentro di me. Solo accettando lesistenza di questa mia debolezza potrò diventare più forte. Così, ho imparato anche che voglio la tua libertà, il tuo bene. Quei libri hanno sicuramente influenzato il mio giudizio. In realtà, ho capito che è la cosa che desidero di più… in assoluto, è un rapporto equilibrato con qualcuno. Forse, con te.”
Scosse le mani vicino ai fianchi, con un accenno di sorriso.
Continuava a muoverle senza dire niente, per timore, per imbarazzo.
Vera, invece, si avvicinò a lui con sicurezza e con orgoglio: al contrario sentiva che la sua forza, la sua bellezza, la sua intelligenza non la intimidivano più, perché si era sinceramente aperto a lei.

Gli mise la mano sul fianco, guardandolo negli occhi esausti, e gli baciò le labbra immobili.
Lo sentì avvolgerle la vita con reticenza.

È come se non avessimo fatto niente prima di adesso” le spiegò.
“Ho capito…”
Vera lo baciò di nuovo, con più spinta, aprendo la bocca, riempiendolo del suo calore e volendo riempirsi di lui. Tom allora ricambiò il bacio e le prese il seno: lo tenne a lungo, senza stringere. Così voleva essere il loro futuro.
Si staccarono. Tom si abbandonò a un lieve sospiro: le sue belle ciglia lunghe erano più rade, il viso era pieno di solchi profondi. Questo era l'effetto del cambiamento. Però, Vera si rese conto che qualcuno stava arrivando. Si voltò, attenta, e vide... Lucy, pietrificata dalla paura e pronta a ritornare sui suoi passi.
"Volevi parlare con lei? Vi posso lasciare sole."
"No, no." Lucy parve calmarsi e riprendere fiato "Stavo solo passando di qui per tornare nel dormitorio. Vengo dal Terzo Piano..."
"Non preoccuparti, Lucy" disse Vera.
"No, non preoccuparti. Perché ti preoccupi? Forse ci sono troppe cose che mi vuoi nascondere?"
Vera continuò a tenerlo. Aveva cambiato tono.
"E ora fingi di non essere preoccupata. Non ne vale la pena, però. Sai perché? Perché volente o nolente vengo a sapere tutto quello che le persone mi vogliono nascondere. Chiamalo un talento naturale: molte cose preferirei non saperle. Ora dimmi, Lucy: come mi potresti compromettere? Non mentire."
"Tom, lasciala stare..."
"Non posso lasciar stare, Vera! Non sono ancora arrivato al punto da lasciare che gli altri mi rovinino! Ho ancora rispetto per la mia vita!"
Lasciò la presa di Vera e allungò una mano verso Lucy.
Il viso della ragazza si contorse in un urlo e cercò di tenere ferma la testa con le mani.
"Mi dispiace, Lucy. Ti ho detto di non mentire."
"NON farle del male!"
"Ci sto provando."
In effetti, Lucy parve calmarsi. Rivide la scena del focolare e il cartoccio attaccato alla mano di Laurie.
"Quel libro è cenere, adesso. Non mi interessa più. E sì, sono stato io a minacciare Pix e fare espellere Avery. Ho modificato le memorie di Edith quando ha cercato di spiarci. Il tuo giudizio non mi interessa, finché non diffondi niente di quello che sai. Ovviamente, non voglio essere espulso da Hogwarts."
Tom alzò le sopracciglia, come a cercare conferma. Lucy, dopo aver chiuso gli occhi, disse:
“Non dirò niente a nessuno.”
“Sì? Eppure hai già parlato con Laurie.”
“Laurie non dirà niente…”
“Certo che no. Sarete muti come pesci. Anche il maestro Oakley, vero?”
Vera fu sul punto di dire qualcosa, ma Tom la fermò con un rapido “Mi dispiace” e ordinò, scandendo bene le parole:
“Ricorderai tutto quello che senti e vedi qui, ma non potrai raccontare niente a nessuno. Non appena ti congederai, andrai da Laurie e dal maestro Godwin e ripeterai lo stesso comando.”
Gli occhi della ragazza si schiarirono.
Tom si voltò verso Vera, con i solchi sotto gli occhi ancora più evidenti.
“Dimmi. Che dovevo fare? Vogliono tutti portarmi di fronte alla giustizia, dichiarare quanto sono colpevole… ma se fossero al mio posto, credi che si comporterebbero diversamente? No! Ho carpito abbastanza desideri e segreti da sapere che, nella situazione giusta, anche e soprattutto i più docili calpesterebbero gli altri pur di ottenere quello che vogliono! Ma… non possono. Guardami, Vera.”
Tom era ancora rivolto verso di lei, quando Lucy si immobilizzò ed emise un gemito. Pareva contrita in sé stessa, incapace di muoversi.
“Non ho parlato. Non ho sfiorato la Bacchetta: la hai tu. Non la sto neppure guardando; eppure, se lo volessi, potrei ucciderla. Lo so perché è stato così con… lui, quell’abominazione che era mio zio. Nel suo caso, desideravo ardentemente la sua morte; avevo preparato un piano complesso. Quando mi sono ritrovato a realizzarlo, però, non ho incontrato nessuna difficoltà, nessuna resistenza. Quanto esiteresti a commettere un’azione riprovevole se un solo pensiero ti separasse dalla soddisfazione, dalla sicurezza, dall’orgoglio? È una responsabilità che non ho mai chiesto, ma che ho comunque ricevuto.”
Tom liberò Lucy dalla presa e iniziò a respirare più intensamente.
“Anche se… anche se avessi voluto annullare l’omicidio di mio zio, non per altro se non per la mia integrità… avrei dovuto farlo mentre preparavo il piano, all’apice della mia convinzione. Capisci dunque che era impossibile. Il momento in cui ho deciso che quel serpente lo avrebbe avvelenato… questo era già davanti a me, pronto. Ho impartito l’ordine… e Morfin Gaunt è morto.”
Vera non rispose, ma si limitò a osservare con preoccupazione gli effetti di Imperius su Lucy.
"A volte mi chiedo quanta forza di volontà serva a mia madre... per continuare a credere quello che le dico…”
Lucy cambiò espressione.
Vera se ne accorse e fu presa da un grande smarrimento.
Guardò Tom, che non era accorto perché troppo concentrato su sé stesso.
Pensò in fretta al da farsi; istintivamente, decise di tacere.
Dopo poco, l’espressione di Lucy tornò turbata dall’Incantesimo, dunque neutrale. Tom non dimostrava alcun sospetto, e Vera si sentì pacificata nella paura: sperava che smettesse di parlare di sua madre.
“L’inquietudine che senti non è diversa dalla mia. Le nostre esperienze non sono contemplate da nessuno, se non da noi. La nostra unicità è la nostra forza, Vera: esclusiva e vincente, se la rendiamo tale. Questo ho dovuto tra la notte di ieri e di oggi: non pensavo avrei mai avuto bisogno di queste riflessioni, ma i dubbi terribili che mi hanno raggiunto le hanno rese necessarie.”
Vera annuì per incoraggiarlo. Lui la guardò intensamente con i grandi occhi oscuri: poi fece un cenno e Lucy, con la mano vicino alla tasca dov’era la bacchetta.

 

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Capitolo 22
*** La profezia ***


16 novembre 1944

“Quanto è accaduto è molto, molto grave. Fortunatamente, Tom ha deciso di interrompere il controllo che aveva su di te non appena avessi portato a termine i suoi compiti.”
“Sono comunque riuscita a trovare… questo. In camera della signorina Droope.”
Lucy mostrò un foglio con sopra trascritta una serie di numeri, messi in relazione in modo strano:

5 + 8 + 9 + 9 + 8 + 9 + 1 = 7 – 2 = 5
8 + 9 + 1
5 + 9 + 1
5 + 8 + 9 + 9 + 8 + 9 + 1 = 7 – 3 = 0

in alto a destra, Laurie vide il suo nome, con vicino un grande punto interrogativo.
Silente prese il foglio e iniziò a esaminarlo.
“Professore, avevo sentito Margot Droope e Edith Higgins parlare di me, una sera…”
Silente fece un cenno affermativo, poi asserì:
“Sono formule aritmantiche trascritte da qualcuno che non ne conosce la grammatica. Le uniche relazioni segnalate correttamente sono quelle a tre a tre: ce ne sono molte altre, ma sono state segnate letteralmente e per esteso.”
“Quindi, Professore…?”
“Questo documento è di una stranezza sconcertante, ma anche di fondamentale importanza. Il mio sospetto, infatti, è che questa sia di fatto la sintassi di una profezia: conoscendo la passione per Divinazione della signorina Droope, suppongo che lei sia venuta a contatto per vie traverse con un o una Veggente, il quale o la quale hanno enunciato queste formule. Credo, inoltre, che la signorina Droope sia del tutto responsabile della goffa trascrizione, e che la presenza di un nome debba essere attribuita a una sua comparsa inequivocabile nella pronuncia della profezia, o ad un altro segnale che lei è stata in grado di riconoscere.”
Laurie deglutì.
Dunque, la profezia esisteva…
“Il nome è scritto vicino al 5, e 5 è il mio numero di carattere…” disse.
“Non è solo quello, Laurie. Queste formule richiedono la massima cautela nell’interpretazione: non è possibile pensare di decifrarle prese singolarmente, o insieme. Servono altri elementi. Per esempio, il numero 0… che in Aritmanzia non esiste. La signorina Droope potrebbe averlo trascritto in sostituzione di un vuoto, oppure perché è stato effettivamente detto.”
“Sette meno tre uguale zero…” ripeté Lucy “E prima viene la stessa serie di numeri dell’inizio…”
“Sette è la somma del numero… dei numeri” continuò Laurie, confuso.
“Sono tutte giuste osservazioni, ma non sono sufficienti. Mi riservo di riunirmi con voi per la discussione di ulteriori scoperte nei prossimi giorni. Sarà mia responsabilità assicurare la sicurezza del vostro percorso sino al mio ufficio. Quanto alla signorina Lambert… è ancora sotto la cura del signor Godwin Oakley. È stato il suo maestro presso la scuola Babbana ed è la persona in cui nutre la maggiore fiducia. Per il futuro, mi raccomando di non includerla nelle vostre discussioni, prima che io o il signor Oakley lo veniamo a sapere.”
“Va bene, Professore” annuì Lucy, ancora scossa “Ritorneremo da lei…”

 

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Capitolo 23
*** Competizione ***


17 novembre 1944

Ingrid Kohlmar scrisse alla lavagna il risultato al più complicato problema di Trasfigurazione che Laurie avesse mai visto.
La ragazza si volse verso Silente per cercare conferma, tenendo il gesso immobile.
La lunga barba del Professore si scosse un poco, mentre assentiva tranquillamente.
“È giusto. Tuttavia… questo non è l’unica espressione per ottenere C. Azzarderei l’esistenza di… altri tre modi, almeno; e c’è uno solo fra questi che offre un’ approssimazione davvero soddisfacente del valore. Me li saprebbe illustrare, signorina Kohlmar? Non si spaventi, non sarà nell’esame: ma provi, se riesce.”
Gli occhi di Ingrid erano ragionevolmente persi.
Il gesso non si spostava.
“Qualcuno di voi ha un’idea?” chiese allora Silente.
Non aveva detto niente, ma stava guardando Tom, intento a scrivere qualcosa su un foglio, quando prese la parola:
“Professor Silente, penso esistano cinque modi e non quattro. Si può considerare il peso nullo e Z uguale a 0, per avere xxx^90(sP - 10V)= C; con un valore indefinitamente basso del peso, si può anche uguagliare Z a 7 e sP a maggiore di 1000. Se invece diamo un valore al peso per ottenere il risultato  più preciso di cui lei parlava, suppongo che si potrebbe ripetere l’espressione di Berkins.”
“Ripeterla quante volte? Venga alla lavagna. ”
Tom si alzò solennemente dal banco, prese il gesso e iniziò a occupare l’altra metà della lavagna con la sua formula.
“Una, due, tre, quattro, cinque volte. 12 unità di tempo minime necessarie totali.”
“Giusto. In realtà pensavo a Vuile e alla costante di Onton, ma la sua soluzione è indubbiamente più efficace.”
“Mi pare che utilizzando Vuile servirebbero otto passaggi invece che cinque, Professore.”
“No, no, è esatto. Se vuole, potrebbe scrivere alla lavagna gli altri metodi per i suoi compagni, oppure passare loro i suoi appunti.”
“Oh… mi scusi, Professore, ma non ci sono le formule del problema su quel foglio.”
Silente lo squadrò con curiosità.
Laurie chiuse gli occhi.
“Non stava seguendo la lezione, signor Riddle?”
“Sinceramente no, Professore. Ho sentito di sfuggita la domanda e guardato la formula alla lavagna. Le porgo le mie più sentite scuse: non avrei mai voluto mancarle di rispetto.”
In viso sembrava solo affranto, ma Laurie sapeva che stava iniziando a covare dei sospetti. Era dall’inizio dell’anno che Tom non faceva mistero di non seguire le lezioni di nessuno, tanto che la maggior parte dei Professori gli dava dei compiti a parte.
“Il dispiacere è mio, se non trova la lezione abbastanza stimolante da parteciparvi.”
“Niente affatto, Professore. Tuttavia, avendo già affrontato da solo gli argomenti…”
“Posso sapere dunque cosa stava scrivendo sul foglio, signor Riddle?”
“A onor del vero, Professore, stavo riflettendo su una sua pubblicazione.”
Silente alzò le sopracciglia.
“Lei gode di un’autorità indiscussa nell’ambito della Trasfigurazione, ma, sempre col massimo rispetto possibile, alcuni punti dei suoi scritti mi lasciano quantomeno… perplesso.”
Molti trattennero il fiato, quasi avessero visto un Dissennatore fuori dalla porta.
Dal canto suo, Silente non batté ciglio, e rispose con voce placida:
“Se questa era la sua attività, non vedo perché non condividerla subito, signor Riddle. Quegli scritti, come tali, sono fatti per essere confutati e discussi. Mi riservo dunque di valutare ed esplorare la teoria con lei, qualora offra delle critiche valide e coerenti. Se lo desidera, potrebbe anche essere l’inizio di una fruttuosa collaborazione.”
“Non potrei chiedere niente di meglio, Professore.”

Quindi “Tom” era nel suo ufficio, adesso.
Gli era strano persino pensarlo, il suo nome.
Nemmeno “signora Gaunt” sembrava più appropriato. Da quando l’aveva sentita parlare con Silente, era diventata “Merope”.
Eppure erano loro, quelli che avevano tramato e tramavano parallelamente disegni grandiosi e sconosciuti! Che uccidevano parenti e sconfiggevano Auror, senza che restasse una traccia riconoscibile sul loro viso!
La traccia c’era, in realtà, ma solo adesso la riconosceva.
Trasfigurazione e Aritmanzia erano mischiate, nella sua mente. Alla lavagna, prima, vedeva solo le formule della profezia. Lui era 5? Uno solo, il risultato, o tutti i 5 che comparivano? Cosa voleva mai dire?
Era vicino al cortile. Il freddo lo pungeva di più, sotto la divisa: forse gli sarebbe piaciuto, inibire i sensi.
Mentre faceva riposare gli occhi, una corpulenta sagoma dai capelli biondi li fece di scatto riaprire:
“Laurie! Ma dove sei stato, si può sapere? Sono due giorni che Barreus in Sala Grande dice a tutti che lo hai tradito…”
“Non l’ho tradito, Cecil. Ho cercato di spiegare la mia opinione, ma mi ha tagliato il discorso. Non importa, guarda: anche se non vuole ascoltarmi, va bene lo stesso.”
“Non t’è mai venuto in mente di dirmi qualcosa…?”
Laurie sospirò, e sentì l’aria fredda pervaderlo.
“Ho avuto dei problemi con Lucy. Li ho ancora.”
“Quali problemi?”
“Eh… non ci capisco più niente.”
“… e non potevi venire a parlarmi?”
“Mi dispiace. Non so più nemmeno quante volte l’ho detto in questo mese, ma mi dispiace.”
Per fortuna, Cecil sembrò lasciar perdere. Abbassando il tono, cominciò con un’espressione eloquente:
“Lui, Alastor e Jane fanno le cose sul serio, lo sai? Si sono messi in contatto con il Ministero tramite il padre di un loro amico. Hanno risposto che li chiameranno solo nel caso ci fosse un nuovo attacco, ma credo che stiano pianificando di scappare in occasione della gita a Hogsmeade, il 25. Silente sicuramente non ha dato loro il permesso di farlo, né glielo darà mai… e io…”
Laurie corrugò la fronte.
“Tu vai?”
“Tutti dubitavano di lui. Dicevano che non vuole davvero combattere Grindelwald. Io ho provato a rispondere e non volevano più farmi uscire dalla Sala. Ho dovuto farmi strada da solo… sono un traditore anch’io.”
Cecil tirò in dentro il labbro, col capo chino.
“Alla fine, non mi hanno mai sopportato. Questo non cambia molto le cose… in più, adesso Jane sta cercando di convincere tutti i Tassorosso. Molti si sono già aggiunti. Sono tantissimi, Laurie, davvero. Ti parlo come se non ne avessi idea, perché mi sembra, ma… adesso proveranno anche con voi Corvonero, quindi sappilo.”
Era allibito: ma più di tutto, era preoccupato. Temeva terribilmente per Barreus e tutti gli altri.
"Io non capisco... cosa hanno intenzione di fare? Sanno almeno da dove partire?"
"Si baseranno sugli avvistamenti del padre di quel ragazzo, Aron. Poi, decideranno Alastor, Barreus e Jane volta per volta..."
"Non ha senso! Non concluderanno niente!"
Cecil scosse il capo.
"Sta' attento, che un giorno di questi vengono da voi. Ora devo andare a lezione... magari non sparire Laurie eh, che dici? Dobbiamo parlare ancora. Io cerco di capire cosa fanno..."

“Gentile Professor Silente, le confesso che, per quanto mi riempia di orgoglio la corrispondenza con lei, provo quasi repulsione per l’argomento dei nostri contatti. Merope Gaunt è stata, ed è ancora, una grande parte della mia vita: vorrei dimenticare quel periodo, per mantenere integro il mio orgoglio e l’idea di me stessa che avevo prima, ma puntualmente la nostra conoscenza mi si impone, come pensiero e, ora, come sua parola scritta. Ho passato dei bellissimi anni a Hogwarts, dal ’13 al ’20: lei lo sa, di certo si ricorderà! Sono stata Prefetto, ho capitanato la squadra di Serpeverde di Quidditch  per tre anni e passato i M.A.G.O. con la pubblicazione del mio esame scritto di Pozioni. Erano risultati straordinari, da cui avevo imparato a schermarmi per non essere accusata di presunzione, ma che ribadivo sempre quando mi si presentava l’opportunità. Per questo, quando ho superato gli esami per diventare Guaritrice all’Ospedale di San Mungo avevo le idee chiare: avrei portato innovazioni e cambiamenti, nell’organizzazione e nel modo di procedere, proposto nuovi antidoti. In breve, sarei stata la Guaritrice migliore, e in quanto tale tutti mi avrebbero seguito. Così fu, per il mio primo anno. Non dimenticherò mai il giorno in cui il Guaritore Cassel mi parlò di Merope per la prima volta: una paziente, raccolta in punto di morte alla fine della gravidanza sui gradini dell’Ospedale, rimasta in cura per anni e finalmente guarita, che aveva fatto richiesta per diventare Infermiera. Leggeva molto ad alta voce, mi disse, insieme al suo bambino, e, se era serena, riusciva a produrre Incantesimi elementari. Era una donna buona, sempre disposta al sacrificio e pronta ad aiutare al prossimo, nonostante gli abusi che aveva subito dalla sua famiglia: così lui mi disse. La incontrai qualche giorno dopo: subito mi si rivolse con la massima deferenza e sottomissione, parlando della sua grande, incrollabile ammirazione per me, e del fedele servizio che mi avrebbe offerto. Tom, invece, ancora molto piccolo – aveva quattro anni – mi fece, sotto la sua guida, molte cortesi domande, un po’ invadenti, un po’ diffidenti. Già dopo quella prima conversazione fui pervasa da dubbi: qualcosa nel suo atteggiamento era… strano, difficile da decifrare. I primi mesi, tuttavia, furono tranquilli. Il lavoro procedeva bene: coordinavo al minuto Infermieri e Guaritori, offrivo soluzioni e pretendevo risultati. Questo, finché non ci fu quel caso. Un paziente aveva assunto un veleno sconosciuto: un incidente gravissimo, che richiedeva un intervento immediato e una pozione nuova. Tutti facevano affidamento su di me: inviai in giro una decina di Infermieri, Merope compresa, alla ricerca di ingredienti, mentre mi impiegavo per trovare la giusta successione dei passaggi. Finita la pozione, la somministrai al paziente: ma, con mio orrore, non sortì alcun effetto. La vergogna che provai non si può descrivere a parole, Professore. Mi adoperai subito un’altra volta, per rimediare, quando qualcuno bussò alla porta. Irritata, risposi di tornare più tardi, visto che ero occupata: allora sentii la voce di Merope. Diceva che aveva provato ad utilizzare altri ingredienti, seguendo gli stessi passaggi, e chiedeva il mio permesso per far bere la sua pozione al paziente. Può immaginare quanto grande fosse la mia sorpresa e la mia rabbia: tuttavia, ero troppo presa dal mio lavoro e non dissi né di sì, né di no, ma le urlai soltanto di andarsene. Dopo un’ora, continuavo a preparare, quando il Guaritore Cassel bussò alla porta, con entusiasmo, dicendo che il paziente aveva bevuto la pozione di Merope… ed era guarito.”
“Mi tremarono le mani. Com’era possibile? Quella stessa donna emaciata, servile, nervosa, che non aveva alcuna pratica formale della Magia e non si permetteva mai di contraddirmi? Iniziai a dubitare di tutto: dei miei successi, la mia faccia, persino della mia stessa vita. Tutti mi avevano mentito? Non ero, forse, chi credevo di essere? Chi ero?”
“Mi rifiutai di uscire dalla stanza fino alla mattina seguente. Trasfigurai una delle sedie in un letto e ci dormii. Quando ebbi il coraggio di uscire e di guardarla in faccia, fu ancora peggio. Lei, infatti, non era cambiata in niente. Anzi: mi supplicava, chiedeva se ero degna dei suoi complimenti! Io non le potevo dare quella soddisfazione: ignorai la sua richiesta e la cacciai via. Quel giorno rappresentò, per me, il grande cambiamento: il mio declino. Iniziai a dare ordini più precisi e scadenze più stringenti. La tenevo d’occhio, pronta a precederla se avesse voluto sostituirmi in qualche modo: allora, proprio in quei mesi, Tom cominciò a disturbare il mio lavoro. Nascondeva antidoti, liberava creature, distraeva i pazienti. Le prime tre volte lo sgridai, in presenza di Merope: tutte e tre, obbligò Tom a scusarsi e promise che non “sarebbe successo mai più”. Ah, Professore… vidi subito che il bambino non era per niente pentito di quello che stava facendo, così iniziai subito a punirlo. Aveva cinque anni e mezzo, la prima volta: eppure non avevo ancora idea di quali problemi mi avrebbe procurato, di quello che questo bambino silenzioso sarebbe stato in grado di fare. Passarono due anni e non fui più in grado di svolgere il mio lavoro. Ogni giorno, ogni ora, Tom mi tormentava con una nuova trovata delle sue: ogni giorno, ogni ora, le insistenti scuse di Merope diventavano più esasperanti. Consideri che, nel frattempo, l’episodio del veleno si ripeteva sempre: lei produceva costantemente pozioni, Incantesimi migliori dei miei. Per via del mio conseguente atteggiamento insofferente e autoritario, Infermieri e Guaritori avevano cominciato a parlare male di me; qualcuno, a odiarmi. Tutti difendevano Merope da me e condannavano la mia eccessiva severità nei confronti di Tom. Più io lo punivo, più lui mi tormentava: e finalmente, un giorno, scoprii che, se mi sfuggiva, era anche grazie all’aiuto di sua madre.”
“Non ci vedevo più dalla rabbia. In lei iniziai a vedere ipocrisia, falsa modestia, e un’insopportabile condiscendenza nei miei confronti: la accusai, davanti a tutti. Dissi tutto quello che pensavo, senza trattenere niente. Purtroppo, adesso, so di aver sbagliato, Professore. Perché Merope – e glielo spiegherò meglio in lettere successive - nonostante tutto, pur essendo complessa, irrazionalmente devota a suo figlio e del tutto indifferente alle sue capacità, non è molto diversa da come me la aveva descritta per la prima volta il Guaritore Cassel; e quei difetti che vedevo tanto in lei, non erano altro che il riflesso dei miei. Questo lo avrei scoperto, ancora una volta, a mie spese, nel peggior momento della mia vita…”
Tom era arrivato davanti al suo ufficio.

 

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Capitolo 24
*** L'esercito e la vita ***


18 novembre 1944

La partita di Quidditch aveva svuotato i corridoi: Lucy sarebbe venuta a dargli delle notizie presto.
Gli veniva quasi da ridere.
Quella mattina aveva provato a studiare Aritmanzia, ma il risultato era uno e un solo numero.
Cinque.
La aspettava, nascosto come meglio poteva nei Sotterranei.
“Laurie!”
La voce non era quella di Lucy.
“Vieni fuori, Laurie. Lo so che sei qui.”
Non aveva molta scelta.
Uscì allo scoperto, davanti allo sguardo preoccupato e giudizioso di Jane.
“Io so che vuoi combattere. Unisciti a noi. Il 25, staneremo Avery e gli altri… e combatteremo l’esercito di Grindelwald.”
“È un po’ tardi per me adesso, no?”
“No che non è tardi! Non possiamo restare divisi…”
“Quindi… tu credi che Alastor possa imporre la propria linea così e aspettarsi che tutti la rispettino?”
“I suoi non sono ordini, Laurie. La nostra azione è necessaria. Se vuoi proporre delle critiche, sei libero di farlo.”
“Io non evacuerò la scuola con voi il 25” replicò Laurie, lapidario “Ah, se Alastor non vuole creare divisioni, avrà preso in considerazione di includere i Serpeverde. O no?”
“Lo ha fatto, ma crede che non riuscirebbe a trovare un’intesa. Non sono tutti come Lucy…”
“Neanche i Grifondoro sono tutti come Cecil. Che significa?”
La ragazza pareva persa nei suoi pensieri e nella sua irritazione.
“Sono passati sette anni, ormai. Le divisioni le avete create anche voi, e proprio adesso Alastor decide di allentare i suoi pregiudizi!”
Jane non rispose, sbalordita e imbronciata.
“E ha ragione! I Serpeverde non lo seguiranno mai, ma perché in sette anni non ha mai fatto lo sforzo di rivolgere loro la parola, per poi trattarli tutti come furbi approfittatori!”
“Mi dispiace che tu la pensi così... ti posso assicurare che Alastor non hai mai voluto questo…”
“Sì, invece. Non puoi girarci attorno adesso, Jane. Li avete esclusi, e se io non mi fossi messo con Lucy non avresti avuto nessuna eccezione da citare.”
“Anche se abbiamo sbagliato, perché non possiamo venirci incontro adesso?”
“Perché Alastor è troppo orgoglioso per essere contraddetto, e tu lo sai.”
Jane annuì significativamente, come per elaborare quello che le aveva appena detto.
“Hai ancora fino a sabato prossimo… per venire con noi. Nel caso, dillo a Lucy… oh, ci siamo sempre trovati sempre così bene insieme, Laurie. Solo un mese fa mi hai aiutato in un momento molto difficile. Non abbiamo motivo di avercela l’uno con l’altra, ora!”
 “Non con te in particolare, Jane. Ti ho già detto cosa penso”
La ragazza annuì un’ultima volta.
“Ho capito. Spero che vedere ciò che ci aspetta basterà a farti cambiare idea.”
In quel momento scesero dei Serpeverde che tornavano della partita: si sentivano solo i passi, e non le voci. Chiaramente avevano perso.
Jane uscì dall’ombra delll’angolo e risalì i gradini, stando a destra, mentre loro si scambiavano occhiate curiose e diffidenti.

Era passata un’ora e Lucy non si era ancora fatta vedere.
Pensando si fosse trattenuta, Laurie decise di spostarsi verso il campo.
Vessilli abusivi rivestivano tutti i corridoi e i leoni erano onnipresenti, ma il fermento dei Grifondoro era disturbato da discussioni che scoppiavano all’improvviso.
D’un tratto riconobbe due ragazzini che lo avevano fermato l’altra volta addosso a Phineas, il fratellino di Hilde.
“Come hanno fatto ad ammetterti a Hogwarts? Non sai fare niente!”
“Stupido!”
Avanzò con calma fra loro e soggiunse “Basta.”
La faccia di Phineas si illuminò: era così felice che gli saltellò vicino.
“Langton, il codardo!” disse uno dei due.
“Voi siete due contro uno del Primo Anno. Chi è il codardo? Inoltre, in virtù dei poteri conferitimi, siete di nuovo in punizione. Lo comunicherò al professor Silente, non appena avrò modo di incontrarlo.”
Si allontanò, seguito da Phineas, che continuava a gironzolargli attorno.
“Grazie, Laurie! Grazie! Vengono sempre a offendermi!”
“Non starli a sentire” rispose, mettendogli una mano sulla spalla “Se ti disturbano di nuovo, lo verrò a sapere. Ora, però, devo andare. Ci vediamo più tardi”
Il bambino lo salutò con un gran sorriso.
Laurie proseguì per la sua strada…
Almeno, finché non si ritrovò davanti a un vero e proprio muro di Grifondoro festanti.
Un po’ più in dentro, c’erano Barreus e Alastor.

“… prima di Grindelwald neanche si parlavano.”
“Eh?”
Lucy si fermò, confusa.
Allora si rese conto del fatto che stavano parlando di tutt’altro e aveva buttato lì il discorso senza nessuna premessa.
“Barreus e Alastor. Lui non lo poteva vedere. Però, ora che fa l’eroe…”
“Ah, sì. Probabilmente sogna di Duellarlo da solo… cioè, si capisce.”
“Certo. Io, però, in qualche modo mi prendo sempre tutte le colpe. Se solo potessi dirgli la verità…!”
“Ma non puoi, Laurie. Non ho detto più niente a Livia e Hilde… e ci siamo allontanate. Sono sola anch’io. Però quello che mi motiva è che, quando avremo risolto la profezia-“
“Eh? Che c’è?”
Lucy gli si aggrappò al braccio.
“Laurie, ho pensato una cosa. Io… non ci voglio credere. Mi stanno venendo… ho capito… oh…”
Aveva gli occhi spalancati e stringeva sempre di più.
“Ti ricordi quando… lei, la prima volta che l’abbiamo vista, aveva detto che vedeva un legame… fra Aritmanzia e Divinazione? E che stava cercando qualcuno con cui parlare di profezie?“
“Ah…”
Laurie si sentì investito da un’onda di pensieri connessi più veloce delle sue parole.
“Margot è appassionata di Divinazione e di profezie… quindi si è rivolta a lei? E quindi… Merope è la fonte della profezia? Ma non può essere una Veggente! Anche perché… se lo fosse non avrebbe bisogno di aiuto nel decifrarla, visto che conosce Aritmanzia. Silente ha detto che Margot deve averla trascritta senza capirla…”
“Be’, non è detto che Merope gliel’abbia voluta spiegare. Forse voleva solo un aiuto con l’aspetto divinatorio… poi, Merope non aveva detto di voler che rimanessimo sempre insieme? E a Silente, non ha detto di averci scelto insieme a Vera?”
“I numeri di carattere uniti nel primo e nell’ultimo gruppo di tre. 9, 8, 5. Se usiamo il tuo nome intero, siamo io, te e lei… li avevo calcolati, ma mi sembrava strano…”
“Cosa c’è di strano? Tutto torna, Laurie…”
Era agghiacciante. Stavano tremando dall’eccitazione e dalla paura.
“Il numero di carattere di Tom è due più sei… più quattro. Più nove, più nove, più quattro, più quattro, più tre, più cinque… quarantasei. Quattro più sei è dieci, uno più zero … uno.”
“Sì. Lui è l’1 nell’espressione e negli altri gruppi di tre… che siamo noi, divisi. Perché sono gli stessi numeri, solo che nel secondo gruppo 8 + 9 + 1 sono escluso io, e nell’altro 5 + 9 + 1 sei esclusa tu… mentre Vera c’è sempre. Penso che allora i raggruppamenti indichino i rapporti che abbiamo avuto nel corso degli anni: io con Vera e lui, tu con Vera  e lui…”
“Bisognerebbe capire chi è nel secondo raggruppamento!”
“Aspetta… sì, il numero di carattere di Merope è 9. Quindi c’è anche lei. Quanto agli altri due…”
“Con calma, facciamo bene i calcoli… Allora, Margot Droope dovrebbe essere 3, quindi non è lei…”
“Edith è 2. 3 e 2 compaiono vicino al 7, però.”
“Non so se abbiamo abbastanza informazioni, però. Bisognerebbe riferire a Silente e capire chi o cosa è 7.”

“La conclusione a cui sono giunto, dopo lunghe ed estenuanti riflessioni, è che 7 non è un numero di carattere… ma semplicemente un numero. 7 – 2 = 5, d’altronde, è un’operazione corretta.”
“Ma… 7 – 3 = 0?”
“Forse quella invece non va interpretata letteralmente, bensì come una condizione – che dopotutto è un concetto propriamente aritmantico: uno può sempre cambiare il proprio nome, con la tabella a mano, per favorirsi, e nella nostra storia è stato fatto più volte di quel che si crede. Se consideriamo quindi l’operazione come possibilità, otteniamo: se a 7 si tolgono 3, allora 0. Come aveva detto, signor Langton, 7 è ‘il numero dei numeri’ dell’espressione, quindi…”
Silente lasciò la frase in sospeso, guardandoli con apprensione.
“Tre di noi potrebbero morire” concluse Lucy, con le lacrime agli occhi.


19 novembre 1944

Ricordava quando era nello scompartimento del treno, a settembre. Solo due mesi prima.
Aveva detto che sarebbe stato un anno difficile.
O anche quando aveva visto i Thestral, e pensato a suo zio.
Ora, forse, lo avrebbe seguito…
“Ci mandi a casa, Professore. Convinca il Preside. Non possiamo più rimanere…” disse poi, con un filo di voce.
“Lo farei, signor Langton, se ritenessi le vostre case un posto più sicuro di Hogwarts. Al momento attuale, però, è vero il contrario. La tutela offerta dalle protezioni che circondano la scuola, dalla mia attenzione, quella degli altri insegnanti e del Preside non ha alternative... un momento.”
Il Professore frugò rapidamente in un cassetto, ed estrasse uno Spioscopio particolare, con incisioni runiche.
“L’ho modificato personalmente. Servitevene ogni volta che lo sentiate necessario. Vi consiglio di continuare a seguire le lezioni, specialmente le mie: quando percepirò un pericolo, ve lo comunicherò il prima possibile e agirò di conseguenza. Signor Langton, signorina Dean… il Mondo Magico non lo sa ancora, ma vi deve già moltissimo.”

Uscirono nel corridoio buio.
I quadri dormivano: c’era silenzio, eccetto forse il cigolio lento di una porta lontana.
Il frusciare delle loro vesti era lieve, ma i passi erano pesanti.
Era come se, fino a quel momento, niente fosse stato vero. Un’avventura vagheggiata, distante, piena di sorprese, come la notte e i diari di viaggio dei maghi esploratori.
Lucy si tolse dalla tasca lo Spioscopio.
Non diede alcun segno di attività.
“Vorrei solo sapere… cosa dobbiamo fare.” disse allora rassegnata.
“Ragazzi” chiamò una voce gentile.
Si girarono, e videro un uomo dai baffi spioventi, con una giacca viola e una lunga tunica argentea.
“Signor Oakley…” rispose Lucy.
“Non preoccuparti. Sono venuto per dirvi che, ora che ne ho la possibilità, non vi lascerò più soli” disse, con grandi occhi espressivi che infondevano tranquillità, ma anche energia.
“Non posso cambiare il modo di vedere di Vera, ma posso portarla fuori di qui. Lei ha già accettato. So benissimo che questo comporta dei rischi, come vi ha spiegato il professor Silente, ma… purtroppo lei corre, qui, altri rischi, diversi dai vostri, e molto più grandi.”
Il Mago si interruppe, arricciando i baffi con decisione e indagando nei loro occhi se avevano capito.
“Presto arriverà in mio aiuto un’altra Strega, dal grande spirito, di cui avete già sentito parlare: Louise Barnaby. Il suo aiuto è necessario per capire quello che Merope sta nascondendo. Se doveste trovarvi in pericolo, potrete fare affidamento sia su di me che su di lei. Vi verremo a cercare subito. Avete capito?”
Laurie e Lucy annuirono debolmente.
“Bene. Non dimenticatevi mai di utilizzare quello Spioscopio: è in grado di resistere alla maggior parte degli Incantesimi e non si fa raggirare facilmente. Però, è diverso dagli altri: non suona, quindi dovrete essere voi a prenderlo in mano e controllare che la luce sia accesa. Contiene anche un Incantesimo di Localizzazione: così io, il Professor Silente e la signora Barnaby sapremo sempre dove siete.”
Il signor Oakley li guardò ancora, con quella sua attenta premura, finché non ammiccarono di nuovo.
“Mi raccomando” disse un’ultima volta, con i baffi che gli sfioravano il labbro, e se ne andò.

   

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Capitolo 25
*** L'ultimo turno ***


21 novembre 1944

Aveva la penna in mano, già intinta nel calamaio.
Non aveva le parole da dire ai suoi genitori.
Aveva trascorso il lunedì a cercarle: la mattina, mentre Alastor arringava i Corvonero in Sala Comune; dopo che Allie aveva finito di parlare del suo inaspettato insuccesso e delle sue preoccupazioni in quanto Caposcuola; durante le ore di Incantesimi, approfittando del fatto che il professor Penrose gli dava tregua.
L'idea di mentire alla sua famiglia in quella situazione era ripugnante; ma, più di tutto, lo era la paura di mentire per poi non rivederli più...
Dopo gli eventi della settimana prima, Tom era diventato scostante, più apertamente insofferente agli altri. Usciva prima a tutte le lezioni, correggeva in continuazione i professori e non era mai insieme a Vera. Merope aveva perso tutta l'allegria delle settimane prima e puliva quasi senza servirsi della magia. Da quel che Cecil aveva capito, il preside Dippet la aveva convocata quel giorno per un colloquio. Tutto ciò era terrificante, insieme al fatto che tra poche ore ci sarebbe stato il duello: l’ultimo, fra lui e Tom.
Quello che nella sua testa sarebbe stato un motivo di orgoglio era diventata l’ennesima catastrofe. Chi sapeva cosa avrebbe fatto o cercato di fare. In questo lo avrebbe aiutato lo Spioscopio: aveva concordato con Silente e Oakley di tenerlo in tasca e controllarlo prima di scontrarsi con lui: un solo passo falso ed erano pronti ad intervenire.
Laurie voltò il foglio, ancora intonso.
Sospirò come non aveva mai sospirato prima e chiuse gli occhi.
Lo investirono ricordi d’ogni genere; pensieri strani, confusi, indesiderati, e soddisfazioni e gioie.
Fu preso da uno strano affanno e si aggrappò agli spigoli: sentì uno sfrigolio, e si accorse che la lettera aveva preso fuoco.
Allora s’alzò di scatto in piedi e puntò la bacchetta tremante verso la scrivania:
“AGUAMENTI!”
Un potente getto d’acqua colpì la fiamma, inzuppando tutti i suoi libri e quelli di Noah, il suo vicino di letto.
Fece qualche passo indietro.
“Laurie…”
Il ragazzo gli venne accanto, sbalordito.
“Absorbeo” disse Laurie, sovrappensiero.
In poco, tutto si asciugò.
“… che ti prende?” insisté Noah, stranito.
“Ah… nulla.”
“Non devi affrontare Riddle fra poco?”
“Eh sì.”
Noah gli girò attorno.
“Sicuro che sia tutto a posto?”
Laurie spostò in avanti la sedia, disse “Sì.” e uscì.


Aveva attraversato il cortile, quando sentì dei passi dietro di sé.
Si volse: non c’era nessuno.
In teoria, tutti dovevano essere già dentro.
Sfilò lo Spioscopio dalla tasca: era spento.
Rimase fermo per un po’, guardandosi attorno: infine, decise di proseguire.
“Non è ancora il momento, Langton.”
Arrivò il brivido.
Si girò di nuovo… ed era lì.
Gli venne contro con urgenza.
“Non abbiamo molto tempo. So che mia madre sta pianificando contro di me. Cosa ti ha detto?”
Laurie sbarrò gli occhi.
“Tacere non aiuterà neppure te, Langton. Rispondimi, ora.”
Laurie non disse niente.
“NON ME LO PUOI NASCONDERE!”
All’improvviso, qualcuno gli prese la bacchetta e lanciò un potente Stupeficium.
Tom cadde a terra, privo di sensi.
Comparve Oakley con la bacchetta sfoderata e gli prese lo Spioscopio dalla tasca.
“È comunque riuscito ad aggirarlo” commentò, tenendogli la bacchetta puntata “Non dovrebbe essere in grado di ascoltarci, adesso. In ogni caso… è venuto a interrogarti perché Merope e Vera sono scomparse. Io darò inizio alle ricerche prima che comincino gli altri; nel frattempo, tu rimarrai in punizione per aver colpito il tuo compagno. Mi dispiace, Laurie, ma è il miglior modo per tenerti d’occhio.”
Laurie sbatté le palpebre per la prima volta.
“Hai capito? Ci vediamo dopo.”
Oakley andò via; un attimo più tardi, Lumacorno sbucò dalla porta e si mise le mani fra i capelli.
“Per la barba di Merlino! Laurie… cosa hai fatto?!”

Vera gattonava nello stretto cunicolo, dietro a Merope.
“Presto saremo fuori di qui. Ci serve solo raggiungere la scala, per oltrepassare le protezioni di Hogwarts… lo aveva ideato Salazar Serpeverde, sai, per uscire di nascosto...fare quel che faceva... mio padre lo diceva sempre. Il grande Salazar Serpeverde, il nostro antenato."


Sedeva dall'altra parte della scrivania, mentre il professor Penrose esaminava delle erbe immerse in uno strano liquido.
Guardava la porta ogni secondo, per orecchiare l'arrivo di qualcuno, ma non si sentiva niente.
Laurie era in uno stato catatonico. Si aspettava qualsiasi cosa.
Come avevano fatto a fuggire? Merope era forse in grado di abbattere le protezioni di Hogwarts? Gli sembrava molto improbabile... ed eppure...

 

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Capitolo 26
*** Giù ***


22 novembre 1944

Era passata la mezzanotte.
Fuori c'era solo silenzio.
Il Professor Penrose cadde a terra tramortito.
Tom era alla porta, insieme a Lucy.
"Vieni, Langton.Il vostro amico Oakley non può aiutarvi più, adesso, e non mi potete più prendere di sorpresa!"
Lei gli fece cenno di obbedire.
Tom allora attivò un Arresto Momentum, un qualche Incantesimo di Illusione e iniziò a correre.
"Silente è sulle sue tracce!" pensò allora all'improvviso, guardando Lucy "Deve fare in fretta!"
"Se non vuoi correre, Langton, ti farò correre io" disse allora, in un sussurro, mentre scendevano le scale indisturbati.
Oltrepassarono Allie, apparentemente intenta a piangere; Barreus e Alastor che avanzavano dalla parte opposta; la professoressa Merrythought, in grande affanno in un angolo, finché non arrivarono al bagno delle ragazze del Secondo Piano.
Si sentiva allora crescere un rumore, mentre Tom urlò qualcosa con voce imperiosa, in una lingua sconosciuta.
Il rubinetto allora si illuminò e iniziò a girare: poi scomparve, lasciando al suo posto un tubo.
"PROFESSORE!" urlò Laurie, nello scorgere SIlente; ma Tom buttò lui e Lucy dentro il tubo, che subito si richiuse.

Lucy aveva il fiato mozzo dalla fatica. L'acqua arrivava alle caviglie e riuscivano a camminare a fatica.
Si trovavano in un grosso e buio tunnel di pietra.
Tom era già andato così avanti che non si vedeva più.
Guardandosi, decisero che era meglio seguirlo.
Mentre avanzavano nel tunnel, Lucy calpestò... pelle di serpente.
Si ritrasse subito, terrorizzata e venne vicino a Laurie, che la sorresse.
Continuarono, uno stretto all'altro, finché non giunsero a una parete aperta. Sulle due metà, erano scolpiti serpenti, prima congiunti, con occhi di smeraldo.
Entrarono allora in un'enorme sala, simile a una caverna, tenuta su da altissimi pilastri, che formavano ombre contro la fioca luce verde che illuminava il tutto: in fondo, regnava una statua con le fattezze di Salazar Serpeverde.
Tom allora si piazzò davanti al monumento e ripeté una formula diversa, nella stessa lingua di prima.
"Aspetta... ma è... Serpentese?" borbottò Lucy, incredula.
Salazar Serpeverde aprì la bocca, in una forma circolare.
Tom sembrava aspettare qualcosa d'altro, ma non successe nulla.
"E' sotto il suo controllo adesso..." commentò con furiosa amarezza.
"Cosa?" chiese Lucy.
"Non sarò io a rispondere a voi! Adesso, ditemi quello che sapete! Perché Silente è coinvolto in questa vicenda? Che cosa vi ha detto?!"
Nessuno dei due aprì bocca.
"Tacere è inutile. Nessuno può venire a salvarvi qua dentro: né Silente, né il maestro Oakley, nessuno! Per questo farete meglio a dirmi quello che voglio sapere, prima che ve lo estorca come ho già fatto!"
"Gli ha chiesto aiuto" disse Lucy.
"Aiuto? Aiuto per fare che?!"
"Sa tutto quello che hai fatto." continuò Lucy, con la voce rotta.
Tom serrò la bocca e contrasse la mascella. I suoi occhi parevano allucinati: erano terrificanti.
"... tutto?" ripeté, in un'unica emissione di voce.
"Sa tutto" confermò Laurie.
Tom fece un passo indietro.
Sembrava senza parole, ma cercava di nasconderlo.
"Quale... aiuto pensa di poter ricevere da lui?"
Lucy iniziò a piangere, in silenzio.
"Non... non lo sappiamo" disse Laurie.
"Che STUPIDA!"
L'urlo fu così forte e brusco che gli venne un colpo.
"STUPIDA! Cosa mai potrebbe spingere Silente ad aiutarla?! Difatti, non l'ha fatto, o non saremmo qui! Silente, che è sempre così veloce a condannare i crimini altrui e soprassedere sui propri! E ora è solo riuscita a rovinarmi, insieme  a Vera e voi due! Ma avete l'opportunità di riscattarvi. Mi aiuterete. Troveremo il passaggio segreto, a costo di rimanere qui per sempre!"
Lucy si asciugò le lacrime col dorso della mano e annuì.
Laurie la prese per un braccio e iniziarono a contemplare insieme una delle pareti.
I pilastri erano tutti uguali: tutti di pietra e ritraevano tutti gli stessi serpenti avvinghiati. Essendo addossati alla parete, non lasciavano nessuno spazio.
Laurie provò a toccare un pietrone che costituiva la parete, e sentì un inquietante sibilio.
Lucy indicò con lo sguardo i serpenti del pilastro vicino: li stavano fissando.
"Hai trovato qualcosa, Langton?"
La voce di Tom riecheggiò in tutta la sala.
Laurie decise di insistere e toccò di nuovo la pietra, ma non sentì nulla.
"Non penso" rispose allora.
"Non fermatevi! Non possiamo farle allontanare!"
Laurie annuì, nonostante non lo potesse vedere.
Tornarono più indietro, sempre seguendo la parete e i pilastri, per trovare qualcosa che si distinguesse dal resto.
Ma ogni singolo tratto era identico ai precedenti, e gli occhi smerladini dei serpenti continuavano a seguire ogni loro movimento...
"VENITE QUI!"
Il tono perentorio dell' ordine li immobilizzò per un attimo; poi, Lucy cominciò a correre... quando il pavimento le tremò sotto i piedi.
"IDIOTI! CHE ASPETTATE? IL PASSAGGIO E' AI PIEDI DELLA STATUA!"
Laurie fece cenno di proseguire, anche se iniziò a notare dell'instabilità nei pilastri.
Arrivarono: in mezzo alla base della statua, in corrispondenza dei talloni, s'era aperto uno stretto cunicolo.
"Come ho potuto non pensarci prima..." commentò Tom, quasi fra sé e sé. Iniziò a calarsi giù... quando il passaggio si richiuse di scatto.
Laurie allora sentì di nuovo il sibilio di prima: si girò e vide una schiera di serpenti di pietra con la testa alzata e la lingua  biforcuta in vista, pronti ad attaccarli.
"Non è possibile!" urlò Tom, irato. "NOOAHHSOHHNI-EIIIN!"
"SSAAONNAA-I-ONAA. USSHAAAAAUSSSIIIHNON." rispose una voce gutturale: pareva venire dalla statua stessa.
Tom era sconvolto. Qualsiasi cosa avesse detto, lo stava facendo andar fuori dai gangheri.
"Sssahoeenn? Noeesssha-aann-eehsss?"
Laurie sentì un fruscio velocissimo.
"LUCY!"
Era stata morsa dal serpente e si contorceva a terra dal dolore.
"Traditore! Non meriti di parlare nel superiore idioma! Oh, quanto si è degenerata la nostra stirpe..."
"Se io sono un traditore, perché hai lasciato passare mia madre con la Nata Babbana?"
"Merope mi ha fatto una grande promessa..."
Laurie teneva Lucy fra le braccia, tenendo la bacchetta alzata per allontanare gli altri serpenti.
"Per te non c'è più speranza. In questa forma, sono in grado di indagare il cuore di tutti i miei figli. Dimmi chi, fra i nobili eredi di Serpeverde, dopo essere nato da un'unione corrotta, idolatrerebbe il proprio padre Babbano?"
"Questa è una falsità. Io non ho mai idolatrato mio padre-"
"Cosa hai visto allora, in quello specchio?! Chi ti ossessiona da quando hai la facoltà di pensare, anche se ti ha abbandonato senza rimorsi?! Oh, disgraziato! Per fortuna, non rivedrai mai più la luce e questa vergogna FINIRA'!"
Il pavimento ricominciò a tremare molto più forte: rapidissimi i serpenti saltarono loro addosso. Tom li fece esplodere, ma si ricomposero all'istante e attaccarono ancora più numerosi: Laurie prestò attenzione a quando lui si muoveva e con uno sforzo congiunto riuscirono a respingerli.
I pilastri continuamente scossi e senza il supporto dei serpenti cominciarono a barcollare, e il soffitto a perdere enormi pezzi, che da dovunque cadessero si schiantavano sempre vicino a loro.
"Che questa camera diventi la tua tomba! Anche la vostra, traditori del vostro sangue, zerbini dei Babbani! Ma il mio sogno non finisce qui! Il sangue puro sopravviverà!"
Con un potente colpo, Tom riuscì a distruggere i serpenti più prossimi: Laurie continuò a respingerli, mentre lui si accaniva contro i piedi della statua per riaprire il passaggio.
Lucy riuscì a recuperare le forze e si rialzò in piedi: nello stesso momento, un serpente guizzò in testa a Tom e si gettò pur di riuscire a cacciarlo.
A quel punto, un grosso pezzo di pietra appuntito cadde dal soffitto: Tom lo puntò, facendolo cadere più velocemente e indirizzandolo verso il passaggio.
"AAAAH! SPORCO MEZZOSANGUE! SSSOOHHHAANAN!"
Il cunicolo si riaprì e si buttarono tutti dentro: come iniziarono a gattonare, però, le pareti sopra e sotto si appiattivano per schiacciarli.
Laurie provò a scivolare, usando la pendenza per acquistare velocità, quando gli venne un'idea.
Subito sopraggiunse il terrore che l'Incantesimo non gli riuscisse, ma doveva provare.
Puntò la bacchetta sulla parete sotto di lui e urlò "AQUA ERUCTO!"
Ne fuoriuscì un fortissimo e lungo getto d'acqua, che trasformò il cunicolo in uno scivolo; tutti si stesero, per andare più veloce, mentre le loro teste cominciavano a strisciare contro la parete sopra.
"La scala!" urlò Lucy, che era quella più indietro, aggrappandosi a una caviglia di Laurie.
Con orrore, però, lui si accorse che le teste cominciavano a battere contro la parete e che stavano rimanendo bloccati.
Tom, però, era riuscito a uscire in tempo dal cunicolo.
Allora cercò di resistere... finché lo vide muoversi verso la scala, lasciandoli indietro.
Laurie cercò di lanciare di nuovo l'Incantesimo per scivolare di più, ma la bacchetta gli si spezzò.
"Ecco. 5... il mio, il nostro destino."
 La vista stava diventando appannata, le gambe deboli; Lucy aveva perso la presa sulla sua caviglia...

"Alzatevi!"
"C-cosa?"
Toccò umido con le mani.
Aveva i vestiti appiccicati al corpo...
"Usciamo di qui!" insisté la voce.
Guardò a fianco: c'era Lucy e si stava riprendendo.
"No, non siete morti schiacciati! Alzatevi, prima che si inventi qualcos'altro!"
Tornò finalmente cosciente: Tom era sull'ultimo gradino della scala, impaziente, con la bacchetta in mano.
Allora si alzò, piano, e cominciò a salire.
Lucy fu sul punto di cadere.
"Tu, però... morirai comunque." disse Tom.
Laurie, confuso, stava già per attaccarlo, quando continuò:
"...per il morso velenoso. Non penso ci sia un rimedio a una magia così antica. Io di certo non lo conosco."
Lucy guardò in basso, sofferente.
"Ci sarà" ribadì Laurie con decisione, trascinandola su: emersero così in una grande valle erbosa, con le nubi che oscuravano il sole.

 

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Capitolo 27
*** La valle ***


Poco tempo era rimasto in mezzo ai cespugli, quando sentì di nuovo l'urlo dello zio Morfin.
Tom balzò via e iniziò a correre ancora. L'aria gli mancava, però non riusciva a trovare la strada per tornare indietro: invertì la direzione, credendo di star andando in quella sbagliata, evitando per poco tutti i rami, i fili d'erba che si infiltravano ovunque. Saltellò su un sasso, perché la vista stava peggiorando: non smise di correre, sapeva che era vicino.
In fondo, vicino all'orizzonte, vide un cavallo che si muoveva lentamente. Sembrava forte e veloce. Pensò che poteva provare a domarlo e salirci: dunque corse più in fretta per raggiungerlo.
Sul cavallo però montò qualcuno. Tom voleva quel cavallo, e mentre il mondo gli saltava davanti agli occhi, pensava a come rubarlo: arrivò abbastanza vicino da vedere chi lo cavalcasse.
Si piantò davanti per bloccargli la strada e lo guardò dritto in faccia.
Guardò gli occhi, il naso, la bocca, i capelli.
Tom sentì la testa diventare più pesante e le ginocchia deboli. Si disse che era perché aveva corso.
L'uomo tirò con impeto le redini al cavallo, e lo guardò in faccia anche lui.
Tom andò a guardarlo più da vicino ancora. La foto e le parole di sua madre avevano preso vita.
Lo aveva davanti.
Era proprio lui.
Ed era anche da solo.
Tom studiò le varie espressioni che suo padre stava facendo.
Da stupito, era diventato furioso.
Non disse niente, ma si capiva che non avrebbe voluto mai vederlo.
Improvvisamente, sentì il bisogno irrefrenabile di farlo infuriare ancora di più.
"Se non andiamo via, arriverà mio zio e ci romperà le ossa" disse allora, con grande sicurezza. Poi aggiunse, con soddisfazione: "Prima te, però."
Lo vide vacillare sul cavallo con un'espressione molto preoccupata. Allora si guardò attorno: davanti, dietro e ai lati. Poi scese da cavallo e gli fece cenno di venire con una mano: Tom si avvicinò, confuso perché non sapeva che volesse fare. Allora si sentì prendere in braccio e adagiare sul cavallo. Lui salì subito dopo, dietro di lui: fece girare il cavallo e corse al galoppo, nella direzione che stava seguendo lui prima.
"Dove mi porti?" Tom gli chiese allora, irritato.
Non rispose: il cavallo era incauto e sbandava, perché lui teneva le redini in modo nervoso. Sentiva le sue braccia che si scuotevano.
"Dove mi porti?" Tom insistette. Voleva urlare, ma non ci riuscì perché aveva poco fiato.
Ancora, non rispose.
Tom allora vide in lontananza una villa.
Allora arrivò la risposta affannosa:
"A casa..."
"Tu non sai dov'è la mia casa!" obiettò Tom con più forza che poté.
Non era quanta ne avrebbe voluta, perché continuava a guardare suoi occhi, il suo naso, la sua bocca quando parlava, e pensare che era uguale alle descrizioni di sua madre, uguale alla foto. 
"... quella casa..." rettificò lui allora, con tono impaziente.
"Non è vero! Dove mi porti?" insistette allora. Aveva provato a urlare, ma non si era sentito quasi niente.
Cominciò a non rispondere di nuovo, e rallentò il cavallo.
Notò che la voce di Morfin era abbastanza vicina: allora ricominciò a galoppare ancora un po' più velocemente, ma per poco tempo.
"E' troppo stanco..." commentò fra sé e sé ad un certo punto.
Il cavallo era sempre più lento, e non riusciva a farlo continuare.
Gli venne allora una domanda  terribile in testa. Non la voleva proprio fare, però non capiva più niente, e non poteva non capire.  Alla fine, gliela fece:
"Padre... ma tu non mi odi?"
Girò la testa verso di lui: allora poté guardarlo benissimo. Era un'immagine, perfetta: ogni dettaglio era visibile. Poteva memorizzare tutto e vederla per sempre, tutte le volte che voleva.
La soddisfazione di un attimo, però, lasciò il posto a un sentimento strano: credeva avrebbe risposto a una domanda così importante. Credeva avrebbe risposto di sì.
Invece no.
Apriva la bocca ogni tanto, ma restando serio; non stupito o furioso come prima.
Era serio.
La voce di Morfin tuonò contro di loro. Tom sentì che gli aveva afferrato la vita e saltò con lui giù dal cavallo. Si sentì colpire, e non vide più niente.


Le nuvole cupe lasciavano scoperto qualche spiraglio di cielo, attraverso cui penetrava la pallida luce autunnale. 
Lucy trascinava i piedi, tenendosi al braccio di Laurie.
"Dobbiamo portarla al San Mungo" disse; al che Tom strabuzzò gli occhi, come se avesse subito un grave oltraggio.
"Ma certo! Così mi fate arrestare!" sbottò con furioso sarcasmo "Ora, Smaterializziamoci! Silente avrà già mobilitato tutti i suoi sottoposti migliori in giro per il mondo per cercarvi!"
"Hai detto che sto morendo!" lamentò Lucy.
"Sì, l'ho detto. E' sorprendente quanto in fretta siano cambiate le vostre aspettative su di me: fino a pochi momenti fa eravate sbalorditi all'idea che non vi abbia lasciato morire schiacciati. Oltretutto, anche se fossi disposto a tendere al tuo morso adesso e lasciare che mia madre mi saboti nel frattempo, non saprei comunque da dove cominciare. In ogni caso, credo che ci vorranno diverse ore prima che si diffonda in tutto il corpo."
"Quante?"
"Non lo so e  non mi interessa. Ora, venite al mio fianco subito!"



 

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Capitolo 28
*** In cucina ***


Ruth controllava ogni ticchettio dell'orologio a pendolo.
Quando suonò le cinque, le si alzarono d'istinto le spalle; marciò sulla moquette fino a raggiungere suo marito  Theodore seduto sulla poltrona a guardarsi i piedi e gli sussurrò nell'orecchio: "Adesso dovrebbero arrivare!"
Al che, l'uomo si alzò cerimoniosamente in piedi, buttando a terra delle briciole che gli erano rimaste sui pantaloni. Andò nell'altra camera per dire ai bambini di fare silenzio e si sedette su un divanetto all'ingresso, vicino all'appendiabiti.
Dopo neppure un minuto, suonarono al cancello.
Theodore s'alzò di nuovo, stavolta di scatto, si infilò il cappotto sotto l'attenta sorveglianza della moglie e aprì la porta.
Riusciva già a spiare sua figlia e la donna che gli aveva mandato la lettera: avanzò verso di loro con passi incerti e si piegò per girare i battenti del cancello.
Abbracciò con affetto la figlia Vera e, non appena si staccarono, la donna gli strinse subito la mano con un grande e pio sorriso.
"Sono Merope Gaunt, come le ho scritto nella lettera. Piacere di conoscerla, signor Lambert!"
"Piacere mio" rispose Theodore, con un sorriso storto.
Non aveva mai visto una donna che somigliasse di più a una strega. Aveva una faccia quasi scimmiesca, con una mascella grossa, le guance scavate, un naso che le copriva buona parte del viso, era strabica e indossava un abito grigio lungo fino ai piedi.
Lo disturbava soltanto guardarla, e non osava immaginare come sarebbe andata la serata con i suoi fratelli e i nipoti.
"Venite, venite dentro" disse ad un tratto, resosi conto di essere rimasto in silenzio troppo a lungo. La signora rincarò la dose con il gran sorriso e andò avanti, mentre Vera lo afferrò per una manica.
"Va tutto bene, tesoro. Spero solo che gli zii non tornino troppo presto, stasera"

"Sì, signora. Oh..."
Così, di punto in bianco, dopo un lungo discorso sul perché Maghi e Streghe si debbano nascondere, Ruth scoppiò in un pianto a dirotto.
"Se solo penso a certe cose che... succedono!"
"No, signora Lambert, per favore! Non pianga... non le fa bene..." la supplicò la signora Gaunt, mettendole una mano attorno alla spalla.
"Le dico una cosa: questa sera parlerò con i vostri parenti."
Theodore saltò sulla sedia e si tenne ai poggioli.
"So quanto sono intolleranti, quanti pregiudizi hanno... ma se vedono che una Strega non è altro che una persona come tante altre, forse-"
"In tutta onestà, signora Gaunt... non voglio offenderla, ci mancherebbe! È una donna gentile, cortese... ma, una donna come tante altre... forse no..."
Ruth tolse le mani dalla faccia, mentre Vera lo guardò con apprensione e delusione.
Si alzò per metterle le mani sulle spalle e rassicurarla:
"No, tesoro, non prendertela! È solo che... capirai... noi non siamo in grado di fare le cose che fate voi."
"Certo, signor Lambert. Ha perfettamente ragione, Vera. Ma... in quanto ad azioni, indole e carattere non siamo diversi. Per questo, le persecuzioni reciproche sono solo distruttive."
"Concordo" borbottò Theodore, schiarendosi la voce.
"È lo stesso principio per cui non è lecito maltrattare gli animali, magici o non magici, o qualsiasi altra creatura magica, come spesso purtroppo si fa. Di questo mi riconosco responsabile anche io, nonostante cerchi di fare il meglio che posso. Dovete sapere che per molte pozioni sono richiesti prodotti o parti di animali: eppure non hanno meno diritti di noi. Nessun Mago, però, ha finora considerato grave questo fatto"
Theodore annuì. Non sapeva se era più disturbato dal fatto di sentirsi paragonato ad un animale, o che i suoi fratelli fossero andati a caccia.
Ruth, che probabilmente aveva pensato la stessa cosa, era sempre più affranta.
 Anche Vera sembrava perplessa.
"Scusate, mi sapreste indicare dov'è il bagno? E comunque, avete una casa meravigliosa: vi dispiace se dopo vi strappo una visita?"
"Oh, no, no! Venga pure"
Ruth si asciugò gli occhi, si rassettò il grembiule e andò ad accompagnarla.
Theodore aspettò che avessero lasciato il salotto per sedersi vicino a Vera e stringerla a sé.
"È una brava signora, sicuramente. Quando arriverà il tuo ragazzo?"
"Non so se riuscirà a venire." rispose Vera, distratta.
"Ah, che peccato!" disse Theodore, senza riuscire a nascondere il sarcasmo. 

Tutti i fratellini e le sorelline di Vera erano seduti a tavola, composti. Ogni tanto, qualcuno borbottava qualcosa nell'orecchio del vicino. Theodore era seduto vicino a sua moglie Ruth; vicino a lei, il posto di Vera e Merope all'angolo, mentre i posti a capotavola, ancora vuoti, erano riservati ad Arthur e George, i fratelli di Theodore.
Vera aveva deciso di cucinare una gran cena, in occasione del suo ritorno; Merope, Ruth e la sorellina Dorothy la aiutavano.
"In realtà non mi è mai piaciuto tanto cucinare. Però mi fa piacere quando lo faccio per tutta la famiglia" spiegò, mentre infornava un pasticcio.
"Eh, chi cucina sennò?" rispose Ruth, con una risatina amara "Theodore mi aiuta, quando ho tanto da fare: ma ora siamo già in quattro. Di solito c'è anche Nancy, la moglie di Arthur, ma ora è all'ospedale, poverina. Le abbiamo fatto visita l'altro giorno."
Ad un tratto, si sentì suonare al cancello: allora Dorothy si tolse in tutta fretta i guantoni e corse verso l'ingresso. Si sentì suonare di nuovo, con molta più insistenza: il rumore non cessò finché la bambina non fu uscita.
Merope rientrò in sala da pranzo, per presentarsi ai nuovi arrivati; Theodore giocherellava con le posate e si tirava il laccetto dell'orologio.
Arrivarono dunque tre uomini alti, in giacca di pelle e scarponi, con dei fucili dietro la schiena e in mano delle lepri e delle colombe.
"RUTH! CUCINA QUESTI!" urlò Arthur, appendendo gli animali a dei ganci in sala.
Theodore si mise a guardare il lampadario e girarsi i pollici.
"È tornata Vera" disse Ruth dalla cucina.
"Brava! Aiuta tua madre" rispose George, urlando.
"Zio...!"
Vera voleva dire qualcosa, ma gli zii e il cugino erano già spariti nelle loro camere.
Merope guardò curiosa le piastrelle.
Nessuno dei tre aveva cambiato le scarpe prima di entrare, quindi pavimento e la moquette erano tutti pieni di terriccio. 
"Ora che ne faccio del pasticcio?"
"Servi anche quello, cara. Se non lo vogliono, non lo mangeranno. Però fai i piccioni e le lepri, cara."
"Non li ho mai cucinati."
"Ti faccio vedere, Vera. Non preoccuparti"
"Neanche io li ho mai cucinati, Vera" si aggiunse Merope "Ma sono sicura che ci verranno benissimo!"
"Oh, signora, mi dispiace che non si siano presentati." soggiunse Ruth, controllando il forno e andando a prendere la selvaggina.
"Non c'è problema. Non mi hanno visto" rispose Merope, con un sorriso.
Vera corrugò istintivamente la fronte: allora ritornò sua madre con gli animali da sgozzare e sviscerare.
Ruth prese un grosso coltello e iniziò a dare colpi decisi, mentre Merope guardava da un'altra parte.
"QUANTO CI METTETE?" urlò il cugino di Vera, Kenneth.
Merope allora decise di tornare in sala di pranzo e si presentò:
"Buonasera, mi chiamo Merope Gaunt. Sono la madre di Tom, il fidanzato di Vera, e sono venuta stasera per conoscere la vostra famiglia"
Gli uomini si scambiarono occhiate stranite; Kenneth trattenne una risata, ma Arthur e George erano molto seri. 
"Io sono George. Lui è mio fratello Arthur, e là mio figlio Kenneth"
Non si alzarono da posto, e Merope dovette fare la strada per stringere la mano a ciascuno.
"Sto aiutando Vera in cucina" spiegò, con tono affabile.
"No, no. Si sieda" ordinò George.
"Ah... ma hanno ancora molto da fare. Penso che faccia comodo il mio aiuto-"
"Si sieda, per favore" ripeté George, lapidario.
Merope obbedì, e andò a sedersi all'angolo.
"Che lavoro fa, signora?"
"Sono la custode di una scuola, signor George. È molto faticoso, ma anche molto appagante. Lei?"
"Io sono il presidente di una società. La Nuova Società di Salem, nella sua sede inglese. Ne ha mai sentito parlare?"
"Oh... sì, signore. So che è attiva da molto tempo. Ma non mi sono  mai stati chiari gli obiettivi precisi-"
"Uccidere le Streghe."
Si sentì un grosso tonfo in cucina.
"Non è successo niente!" urlò Ruth, con voce squillante "Vera si è solo un po' bruciata una mano!"
"Bene!" esclamò Theodore, che aveva i nervi tesi come corde di violino.
"Ma perché uccidere le streghe, signor George Lambert?"
"Sono dei mostri. Deviano le menti, fanno a pezzi gli uomini e contagiano le persone comuni. Come il nazismo e il comunismo adesso, ma peggio."
"Capisco. Molto cose terribili sono successe nei secoli scorsi: ma dovrà pur ammettere, signor George, che spesso sono state perseguite persone innocenti..."
"Non sono persone. Sono schifose bestie e vanno sterminate prima che loro sterminino noi."
Merope alzò le sopracciglia e guardò intensamente il suo piatto.
"Ci vuole ancora molto per la selvaggina! Volete che la prepariamo?"
"Sbrigatevi! Abbiamo fame!" urlò Kenneth, battendo le mani sul tavolo.
"Lei non crede che non sia stata bruciata una singola strega innocente, signor George?"
"CHARLES! CHE HAI COMBINATO?!"
La sua domanda rimase in sospeso, perché un bambino aveva fatto cadere un piatto per terra.
"BUTTI I SOLDI DI TUO NONNO?!"
Il bambino scoppiò a piangere disperato, mentre Arthur lo afferrava per un orecchio e lo portava nell'altra stanza.
"Non ci sono streghe innocenti" rispose George, dopo che furono usciti.
Si iniziarono a sentire colpi sonori, urla sia del bambino che dell'uomo e tanti singhiozzi soffocati.
Theodore, il padre del bambino, era come in preda a un tic nervoso.
"QUEL DEFICIENTE DI TUO PADRE NON TI SA EDUCARE!" si sentì, fra le grida. Theodore iniziò a giocherellare con la forchetta, mentre Merope decise di tornare in cucina.
Vera, la madre e Dorothy avevano tutte gli occhi rossi.
"M'è caduto tutto. La lepre e il condimento. Non riesco più a rifarlo, adesso"
"BÈ, prova a dirlo agli zii. Un incidente capita a tutti, no?"
"Sì, ma hai visto come sono! Non posso uscire lì fuori e dirlo come se fosse niente!" replicò Vera, cercando il più possibile di parlare a bassa voce.
"Provaci" Merope sorrise e le accarezzò la guancia "Ti aiuterò io, se ci sarà bisogno. Te lo avevo promesso, no?"
"Signora, cosa sta facendo lì dentro?" intervenne George "Preferirei che non mettesse le mani dentro al nostro cibo."
"Torniamo subito!" rispose Merope, con la stessa aria gioviale di prima.
Vera uscì dalla cucina, sotto gli sguardi preoccupati della madre e la sorella. Deglutì, affiancata da Merope che le teneva la schiena, guardando in faccia zii e cugino, e disse:
"Mi dispiace, ho fatto cadere una delle tre lepri... mi sa che non basteranno per tutti..."
"Ci mancavi anche tu! E adesso che mangiamo, eh?! Che mangiamo, me lo spieghi?!"
"Ci sarebbe il pasticcio..."
"CHI TI HA CHIESTO IL PASTICCIO?" intervenne Kenneth, urlando.
"Tranquilli!" disse Merope "Conosco un modo per farla tornare come prima. Ecco, aspettate..."
Con uno scatto felino, recuperò la lepre col condimento, uno dei piatti, estrasse la bacchetta e la trasformò in un piatto pronto e prelibato.
"USCITE!" urlò George ai bambini, che scapparono via, insieme a Ruth e Dorothy, mentre lui, Arthur e Kenneth impugnarono il fucile e glielo puntarono contro.
"L'ho saputo dal primo momento! BUTTA VIA LA BACCHETTA!"
"Voi butterete il fucile?" domandò Merope.
Vera era rintanata in un angolo, addosso a una credenza.
Quando si sentirono gli spari, chiuse gli occhi.
Merope deviò senza sforzo le pallottole.
"Volete riprovare?"
Riprovarono, ma non partivano i colpi.
"Peccato."
D'un tratto, i suoi occhi si raddrizzarono. Tutte le luci si spensero, i mobili cominciarono a fluttuare e le porte si scardinarono.
"Ho speso tutta la mia vita nel male. Nei miei occhi, nella mia testa, nella mia anima. Ma ho sempre creduto in un mondo migliore per me e per tutti. Presto, ci crederete anche voi."

 

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Capitolo 29
*** Un mondo migliore ***


Caddero davanti a una grande villa buia.
"Ce la fai?"
"Sì, sì" rispose Lucy, con voce stanca ma ferma.
Si toccò la testa e alzò il collo per guardare in alto.
Il cielo terso sfumava dal blu al viola, diversi da quelli della notte o del giorno; nembi sfilacciati parevano disegnare forme conosciute.
Si sentirono sospinti da correnti leggere fino al cancello, che si aprì da solo.
Tom corrugò la fronte e allargò gli occhi; sfoderò cautamente la bacchetta e attraversò la soglia del cancello aperto.
Lucy si appoggiò a una delle sbarre per tenersi: Laurie allora la staccò dolcemente per prenderle la mano... Quando, di traverso, tra fessure, vide Merope uscire dalla villa.
Richiuse con cura la porta dietro di sé e iniziò a venire loro incontro a grandi passi.
La sua veste era la stessa di sempre, ma Laurie non riusciva a smettere di guardarla, quasi brillasse di luce propria.
Si fermò, a pochi passi da lui. Lo guardava in modo nuovo: i suoi occhi non erano mai stati così cupi, così severi.
"Sono dritti... come nel sogno... " capì Laurie d'un tratto. Poi in un moto rapidissimo sorpassò Tom per venire incontro a Lucy e la prese fra le braccia, scoprendo il morso sotto il collo.
"Che è successo qui?" chiese a Laurie spaventata.
"Un serpente di pietra... Nella camera... "
Merope cercò di far rimarginare un po' la ferita; poi guardò di nuovo Tom, con Lucy fra le braccia, con aria altera e triste.
"Ancora non hai imparato cosa vuol dire, fare il bene degli altri?"
Tom si mise una mano sul volto.
"Piantala! Sempre, sempre con l'illusione che l'altruismo ti possa far stare meglio, quando invece ha mangiato quegli ultimi residui di forza che avevi!"
"No, Tom. Quanti anni ho speso, a cercare di insegnarti... E mi ripeti sempre le stesse bugie."
"Se non fosse per quelle pozioni, non avresti neanche la forza di alzarti la mattina!"
Merope allora si staccò da Lucy.
"Presto ti cureremo" le disse, e andò di fronte a Tom: era rosso d'ira e teneva la bacchetta ben stretta nel pugno. I suoi occhi seguivano pedissequamente ogni movimento della madre, che invece ora sembrava stranamente serena.
"Cosa mi vuoi fare, Tom?" gli chiese, con un sorriso.
Lui non si mosse.
"Sai... Quando ero sui gradini sull'ospedale e sapevo che dovevo morire, ho fatto un sogno. Ho sognato un bambino straordinario, che poi cresceva e diventava uomo. Ogni giorno si svegliava e pensava a tutte le cose belle che avrebbe fatto, tutte le persone che avrebbe aiutato: e alla fine, quando andava a dormire, era sempre contento! Aveva amici, una madre che lo amava... Un padre... "
A Merope scese una lacrima.
"Ho sognato che il bambino andava ad Hogwarts, ed era l'orgoglio di tutti i professori perché era il migliore, anche se non si vantava mai. Poi ho sognato anche..." Merope rise in un singhiozzo "che imparasse a volare, senza la scopa: che lo insegnasse ai suoi amici e che sorvolassero il castello tutti insieme... Ho sognato che fosse amico di tutte le creature magiche... dei Lupi Mannari, dei Giganti e di tutti gli altri... e che non le considerasse inferiori... E poi, per ultima cosa, ho sognato... Che questo bambino, quest'uomo meraviglioso... Ho sognato che non morisse mai..."
Merope trattenne un singhiozzo; poi proseguì, più seriamente:
"Non esiste vita senza sofferenza: e tu, Tom, soffri moltissimo ogni giorno. Più di molti altri, in realtà. Almeno quanto me... O non avresti... Fatto... Ucciso tuo zio."
Deglutì, con le palpebre basse.
Tom chiuse gli occhi per l'impazienza.
"ERA solo un sogno" disse a voce più alta, per richiamarlo "Ciò, però, non significa che non possa ancora avverarsi. Per quanto fossi  rassegnata al male, speravo sempre in qualcosa di meglio. Silente divide chi va già bene come è da chi deve essere eliminato: ma tu, Tom, puoi essere cambiato, anche se adesso non lo vuoi. Come te, il mondo può essere cambiato, anche se non lo vuole! Questo dice lui. Nessuno può capirti meglio di lui!"
Alzò le braccia in alto: subito il cielo divenne più intenso, punteggiandosi di piccole luci simili a stelle, mentre la brezza tornò ad accarezzare loro le divise. Nello sguardo di Tom allora apparve una scintilla scura e la furia gli corruppe il viso.
"Tu... hai..."
Alzò la bacchetta; furono sospinti indietro, mentre un bagliore rossastro venato di bianco mancava Merope e andava a sfregiare la facciata della villa e una parte del tetto.
Illesa, addossata a un albero, Merope guardava i mattoni e le tegole che ancora cadevano, come in attesa.
"Ecco, ora è impazzito" pensò Laurie, tenendo Lucy "Se solo potessimo andarcene..."
Terminato il crollo, Tom abbassò piano la bacchetta, come se pesasse. Aveva la bocca serrata e gli occhi schivi: dopo aver evitato ogni incrocio di sguardi, superò la madre e l'albero e si fissò su un punto oltre l'orizzonte, con le braccia conserte.
Merope restò ancora in silenzio, vicino all'albero, mentre i punti bianchi in cielo si moltiplicavano: sospirò.
Nello stesso istante in cui lo fece, la lieve brezza soffiò e da dietro un albero vicino apparve Grindelwald, insieme a Vera.
"I tuoi sospiri sono il mio dolore, Merope" soggiunse "Vorrai scusarmi per essere venuto ora."
Allora lei giunse le mani insieme dalla contentezza e si precipitò ad abbracciarlo: "No, Gellert! Lo sai con quanta ansia ti aspettavo!”
Grindelwald ricambiò con calore, mentre Vera sembrava smarrita.
Ad un tratto Merope sciolse l’abbraccio e cominciò: “Ascolta: purtroppo, Lucy è stata morsa da un serpente di pietra mentre era nella Camera dei Segreti. Serve una pozione molto potente per curarla..."
Grindelwald annuì gravemente; poi venne da Lucy e chiese il permesso di guardarla.
Non sapendo che fare, Lucy ammiccò con gli occhi: allora Grindelwald la scoprì delicatamente per osservare le caratteristiche della ferita.
Nel frattempo, Laurie riuscì a vedergli in tasca una serie di strani aggeggi…
"Capisco.” disse, proprio mentre stava spiando dentro: Laurie tirò indietro la testa velocemente che si fece male al collo. Ma Grindelwald non ci fece caso, o non disse niente. “Farò procurare tutti gli ingredienti necessari e metterò al lavoro tutti i miei pozionieri." Poi, rivolgendosi a lei, col viso vicino al suo: "Non preoccuparti: guarirai prestissimo"
Le accarezzò la guancia, e lei girò la testa dall’altra parte.
“Purtroppo, Laurie non potrà seguirti. Verrà con me, insieme a Tom e Vera. La rivoluzione ha ancora fame di combattenti, ma non lascerò che vi strappino al mio cuore…”
Attraversò il cancello e si avvicinò a Tom da dietro, con un’espressione contrita.
“Dobbiamo affrontare tanti ostacoli ancora, ma, alla fine-“
Tom si girò di scatto per trapassargli la faccia con la bacchetta, ma Grindelwald gliela prese di mano, fermando il suo movimento a mezz’aria.
“Alla fine, l’amore trionferà su tutti, Magici e non Magici; e io ti insegnerò perché questa è una cosa buona, Tom.”
Era rimasto sospeso: cercava visibilmente di opporsi, mentre Grindelwald lo fissava, ma riusciva solo a far tremare la mano e le gambe.
“Finché non ti arrendi, non ti libererò” spiegò allora, con voce comprensiva.
In risposta, Tom fece tremare tutto il corpo.
Allora Grindelwald, costernato, fece un lieve movimento con la bacchetta, e Tom cadde all’indietro.
“Per questa volta passi, ma non appena arriviamo al mio castello avremo molto di cui parlare.”
Dopodiché disse, indicando il cielo: “Mia cara Merope, sento che il tempo stringe! Guarda il cielo: gli alleati di Silente vengono a cercarti. Ci lasciamo, per ritrovarci a Nurmengard, quando avrai assolto alla tua missione. Adieu
Laurie si sentì prendere per mano e sparì.


 

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Capitolo 30
*** Il bene superiore ***


Si Smaterializzarono all’unisono davanti alla villa dei Lambert.
“Non sono più qui” commentò piano Godwin.
“Aspetti…”

Il cancello cigolò pericolosamente.
Louise fece cenno di rimanere in ascolto e non muoversi.
Provò a guardarsi attorno: dopo gli alberi, oltre le siepi… non si vedeva niente.
“Sì, signora Barnaby. Sono qui”
Così apparve Merope: le venne incontro, ignorando la bacchetta alzata.
“Non so dirle quanto mi dispiace per quello che ho fatto. Speravo davvero di dare a lei e la sua bambina una vita migliore, al riparo da Tom. Le mie intenzioni, ora, non sono diverse. Se doveste forzare lo scontro con me, nessuno avrebbe la pace che possiamo trovare insieme. Se lei torna in Francia, signora Barnaby, la verrò sicuramente a trovare e potrà continuare a darmi preziosi insegnamenti. Signor Oakley… io ho a cuore Vera almeno quanto lei. Se ha accettato di venire con me è perché non si sentiva sicura  a tornare dalla sua famiglia senza un appoggio. Ora, per fortuna, i suoi parenti malvagi sono stati puniti e dopo la rivoluzione vivrà una vita tranquilla con i suoi fratelli, i suoi genitori e la zia. Penso che, dopo che anche lei avrà compreso l’importanza degli ideali di Grindelwald, questa sia una soluzione che possa piacere a entrambi: perciò, sarei grata se, invece di rimanere qui, potessimo ritrovarci dentro la villa e discutere insieme.”
“Vuoi farci discutere il nostro imprigionamento, Merope?”
“Oh, no! Louise, non intendevo questo.”
“Intendevi proprio questo, invece, se non facciamo quello che vuole.”
“No, no! Non è come avete sentito! Grindelwald non ha ansia di dominio, non gli importa accumulare prigionieri: sta solo lottando per un mondo migliore per tutti. Questo comporta sofferenza, certo, ma talvolta per ottenere il bene è necessario cambiare chi non lo vuole, non credete? Per questo insegnerà a Tom la tua innocenza, Louise. Tu non volevi fargli del male, giusto? Lui non l’ha capito, perché è convinto che tutto il mondo ce l'abbia con lui. Ecco: grazie a Grindelwald, Tom si renderà conto della tua vera, giusta, intenzione, ovvero punirlo per le sue malefatte! Quello che non ho fatto io, me disgraziata! Ecco: senza Grindelwald, non avrei avuto la motivazione a oppormi ai parenti di Vera, che nutrono un odio così spassionato e terrificante verso Maghi e Streghe! Adesso il resto della sua famiglia è al sicuro, e loro saranno presto educati insieme a tutti colori che hanno pregiudizi infondati sugli altri. Si pentiranno del loro odio e inizieranno ad apprezzarsi a vicenda! Ditemi voi, che futuro li avrebbe attesi altrimenti? Un reato del genere non è punibile dal carcere Babbano, ma certamente non potevano essere mandati ad Azkaban: e il carcere di per sé, nella storia, non è mai stato una soluzione. Se invece di ricambiare violenza con violenza, ricambiamo violenza con amore, saremo sempre più stretti gli uni agli altri e le guerre future saranno sempre più improbabili.”

“Sembra proprio un bel sogno, ma non si realizzerà.”
“Oh, sì, invece. Mi dispiace che lei non lo riesca a vedere, Louise.”
“A me invece dispiace che tu sia sempre così ipocrita, Merope” disse, e le lanciò contro uno Stupeficium.

Riuscì a schivarlo: anche Oakley si mise in guardia.
“Non è mai stata ipocrisia, Louise” replicò lei, con tono lamentoso.
“AH! Ci avevo anche quasi creduto, sai… prima di sapere che avevi usato Imperius su di me!”
“Le ho spiegato tutto! Non è colpa mia se non mi crede!”
“Certo! Hai sempre avuto una buona ragione per tutto, tu! Quando Tom distruggeva ogni giorno il mio lavoro era sempre perfetto, no?! Poi, misteriosamente, uccide suo zio, cerca di uccidermi e ti rendi conto che hai sbagliato qualcosa! Però, mandi via me, in modo che non venisse scoperto!”
“Non è questo il motivo…” Merope scosse la testa, affranta "Non so come spiegarglielo."
"Grindelwald le sta mentendo. Si arrenda e venga con noi, signora Gaunt" provò il signor Oakley, porgendole la mano.
"No. Mi dispiace."
Improvvisamente, dal cielo scesero nuvole di vapore perlaceo: davanti alla signora Barnaby e a Oakley apparve una squadra di Auror.
Ma Merope, pur sorpresa, non indietreggiò: il terreno si costellò di ombre bianche e a uno ad uno emersero i membri dell'esercito di Grindelwald.
Iniziò subito l'attacco: molti si scagliarono su Merope, che riuscì però a sfuggire a ogni colpo; la signora Barnaby si ritrovò impegnata nelle retrovie da un Mago calvo e spietato, con il signor Oakley che le dava man forte.
"L'attacco al Ministero è cominciato. Non vale la pena lottare qui, adesso: lui sta già vincendo!" esclamò Merope, quando un Auror le fece perdere l'equilibrio.
La signora Barnaby riuscì finalmente a far capitolare l'uomo calvo, e notò  presto che i membri dell'esercito erano piuttosto demoralizzati. Merope, infatti, parava a fatica i colpi e insisteva nel non voler attaccare nessuno.
"Cosa ci facciamo qui?" disse persino qualcuno ad alta voce.
"Aspettiamo" rispose subito lei, continuando a proteggersi.
Louise si ritrovò con Oakley in un duello a quattro con un Mago e una Strega.
Vedendo che lo stavano prendendo di mira, urlò
"Confringo!" riuscì a ferirli  e gettarli indietro. Merope, notandolo, si fece di nuovo avanti, interrompendo gli scontri:
"Andate via, adesso. Non voglio essere responsabile della vostra sofferenza, ma lo sarò se mi costringerete. Grindelwald sarà il vostro ultimo giudice-"
Due Auror la colpirono insieme mentre parlava; i membri dell'esercito si scagliarono contro di loro e Merope si rialzò prima del previsto.
"Vi ho avvertito. Chi vuole può ancora fuggire, e non sarà trattenuto-"
Un altro Auror la colpì, ma lo bloccò e lo travolse senza dire nulla.
Qualcuno urlò, temendo fosse morto: ma era solo priva di sensi.
Oakley fu sorpreso, insieme, pareva, all'esercito.
"Finalmente ti mostri per chi sei davvero!" la provocò Louise, venendo di fronte a lei.
"Io non sono diversa da come mi hai conosciuta" replicò con voce rotta "E tu non ti sei mai fatta problemi ad approfittartene!"
"Bugiarda! Sei una bugiarda!" le urlò contro Louise, centrandola in pieno busto; Merope, confusa, non cadde, ma sbagliò il tiro successivo.
"Bugiarda e pazza- oh!"
Louise ruzzolò a terra, con un insopportabile bruciore al viso.
"RIPETILO!" le intimò Merope, puntandole la bacchetta addosso; si sentì poi un gemito.
Louise si rialzò, e vide Oakley al suo fianco.
"Grazie, me ne occupo da sola" disse, lanciando un Confundus mentre era ancora a terra.
"Ah! Chissà perché non mi sorprende che tu l'abbia fatto, Louise!" replicò Merope, parandolo.
"Ora mi dai del tu?! Dieci anni da lecchina ti hanno stancato, finalmente! Non mi adori più, adesso!"
"Rispettare è diverso da adorare, e tu non mi hai MAI rispettato!"
"Sì, perché dovevo rispettare la persona che mi stava rubando il lavoro!"
"Cosa stai dicendo?! Stavo solo facendo il mio!"
"CERTO! Quanto ci godevi, Merope, a soffiarmi i pazienti! Ammettilo!"
"All'inizio, no! POI, quando hai cominciato a MALTRATTARMI davanti a tutti-"
"VEDI?! VEDI?! SEI UNA BUGIARDA!"
Louise lanciò una sequenza di Maledizioni: l'ultima fece una crepa nel terreno e inchiodò Merope a un albero.
Ormai si erano allontanate da tutti: era un duello a due.
"Tu, Louise! Tu sei ARROGANTE!"
"Certo! Proprio come Tom! Però lui non ne sbaglia una eh, povero caro?!"
Merope si scurì molto in viso.
"Non mi sembra il caso che tu parli di mio figlio, Louise."
"Oh, no! Con te non era mai il caso! Poco importa che abbia perso TUTTO a causa sua!"
Si bruciarono i lacci che la teneva all'albero e la donna si sentì spingere molto indietro.
Louise provò ad alzarsi, ma sentì qualcosa nell'addome, come un peso, spingerla a terra.
"NO! HAI PERSO TUTTO PER LA TUA ARROGANZA, LOUISE! IN TRE SETTIMANE, QUANDO TI CHIAMAVO! TI CHIEDEVO SE LO POTEVO VEDERE! SE POTEVA TORNARE! TU DICEVI NO!    E GUARDA CHE GLI E' SUCCESSO!"
Merope continuò, venendole accanto, con voce più calma e lamentosa:
"Non hai ancora capito perché conoscevo tutte quelle maledizioni? Le avevo subite, TUTTE. E dopo di me, anche Tom. Quella che ti ho lanciato adesso è una di quelle più innocue. Ecco. Ecco perché ero più brava di te al tuo lavoro."
Soppresso l'effetto, Louise l'attaccò da sotto, facendole volare la bacchetta in aria e riprendendola.
"Mi fa piacere, Merope: ma ora è finita."
Generò subito delle corde per avvolgerla: i membri dell'esercito si girarono, spaventati.
"Non preoccupatevi. Lui è vicino" disse lei.
Girandosi, Louise pensò a Grindelwald, quando la sentì gridare... in Serpentese...
"ASSSHOAANANINEEIN!"
Un boato.
Molti Auror si fecero da parte, confusi, mentre i membri dell'esercito si spostarono indietro, con la schiena girata...
Improvvisamente qualcosa di enorme eruttò dalla terra, vicino a Louise: lei ebbe appena la prontezza di girarsi e gettarsi a terra.
Il Basilisco ruggì, e si coprì le orecchie.
Merope, che aveva recuperato la bacchetta approfittando della sua distrazione, disse di nuovo qualcosa, forse per farlo tacere, e urlò:
"IL BASILISCO HA GLI OCCHI CHIUSI SOTTO MIO ORDINE, MA VI CONSIGLIO COMUNQUE DI FUGGIRE O SARETE PIETRIFICATI!"
Così dicendo, iniziò a lanciare Acqua Eructo: Louise capì che era per creare delle pozzanghere che riflettessero il suo sguardo.
Il Basilisco continuava a spostarsi, ruggendo; Louise aprì gli occhi, tenendoli lontani da terra, e vide la bestia dividere tutti gli Auror, compreso Oakley.
Louise allora decise in fretta: chiamò la scopa e s'alzò in volo.
Merope la seguì subito, chiamando il Basilisco al seguito e il resto dell'esercito.
S'alzarono tutti nel cielo nuovo, nel blu e nel viola di un mondo migliore.
Dietro di lei, accelerando, facendo piroette, Merope lanciava sempre dei colpi precisissimi.
Il Basilisco strisciava sotto di loro, terrorizzando la gente: era talmento largo da svuotare a metà i ruscelli e sradicare gli alberi che travolgeva.
Alcuni Auror non riuscivano a tenere il passo, e Louise si ritrovò più membri dell'esercito addosso, insieme a Oakley.
A un certo punto, Merope riuscì a superarla: lanciava Stupeficium a destra e a manca, anche nel mezzo di una piroetta, o mentre si abbassava.
Mentre Louise si sorprendeva di essere riuscita a evitarli tutti:
"Che ne dici, Louise?" la provocò, con la sua voce squillante "Forse non è stata una buona idea!"
"Certo... HOMENUM REVELIO!"
Con enorme soddisfazione, Merope trottolò sulla sua scopa e riuscì a tornare in testa.
"Mai giocato a Quidditch?!"
"BASTA!" le urlò Oakley da dietro, irritato "Cosa sta facendo?! La butti giù!"
"Lo faccia lei, se è tanto bravo!" ribadì Louise, prima che Merope la superasse ancora e lanciasse un Incantesimo per farla scivolare.
"Grazie per il consiglio!" urlò sarcasticamente a Oakley.
"Bastarda...!"
"Di niente" continuò Merope, gioliva "USSSHOAAIEENI!"
All'improvviso, lei e l'esercito schizzarono via: il Basilisco fece un salto altissimo, al che tutti dovettero sterzare.
Louise vide due Auror cadere, mentre gli altri si portarono di nuovo avanti con lei.
Guardò in basso, e si accorse presto che sotto di loro c'era un villaggio Babbano.
"Sì, Louise. Stiamo andando verso Londra." le spiegò "Non ci sono più barriere. Presto, tutti i Babbani sapranno della rivoluzione."
Gli Auror iniziarono ad accerchiare tutti: si accodò, incrociandosi con uno dall'altra parte per non lasciare vuoti, ma uno ad uno tutti si smarcarono e Merope iniziò a bersagliare gli Auror, già tenuti occupati dagli altri.
L'effetto fu che caddero, ancora; ormai erano alla periferia di Londra e molti dal basso iniziavano a guardare. Merope sprizzava gioia da tutti i pori e svolazzava quasi indisturbata.
Allora Louise le lanciò un Reducto silenzioso... che però mancò-
"Non riesci a mandarne a segno uno, eh, Louise?"
Lo lanciò di nuovo, e stavolta Merope si fermò di colpo per riuscire ad effettuare il Sortilegio Scudo.
"Ci sto andando piano, Merope"
"OH! Sapessi io! Vuoi vedere? ASSSIIIIOAAAH!"
Il Basilisco si alzò in alto, ruggendo: tutti furono costretti a invertire rotta, mentre la bestia si schiantava sulla strada, terrorizzando i passanti.
Erano rimaste solo loro due.
Merope continuava a sfuggirle: passarono gli edifici bombardati, Times Square. Il Basilisco si buttò nel Tamigi, distruggendo il ponte, mentre lei si librava più in alto, sempre più in alto, nello strano cielo oscuro.
"Siamo arrivate!" gridò con entusiasmo "Sai, è stato bello volare con te. Ora, però, è arrivato il momento."
Le lanciò uno Stupeficium per rallentarla, mentre schizzava verso il Big Ben; Louise si ricompose, aggrappandosi bene, e la seguì.
Svoltava a destra, poi a sinistra, a grande velocità, tutto intorno al grande campanile: a terra, una folla di Babbani guardava ammirata.
A fatica riuscì a recuperarla: aveva in faccia un sorriso radioso, con i capelli raccolti percorsi dal vento. Infine, tolse le braccia dalla scopa e disse piano:
"Quanto vorrei che mi vedessero..."    
Arrivata in cima, Louise sentì uno strano rumore.
Altro non era che il ruggito del Basilisco, che si stava attorcigliando attorno al campanile, sventolando l'enorme testa a occhi chiusi: presto si sentirono le urla della folla che si ritirava.
Louise allora, vedendola ancora con le braccia sciolte, la colpì dritta nella schiena: così Merope, finalmente, cadde.


 

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Capitolo 31
*** La mente e il dolore ***


24 novembre 1944
 
"Oh, ma che piacere! Tom Riddle!"
La sarta mise una mano sulla spalla del ragazzo, stringendo un po'.
"Continui a farti sempre più alto, è incredibile! Oh, e hai anche le spalle più larghe! Sta proprio diventando un uomo! "
"Sì, signora Carter" annuì Merope, con un gran sorriso "E sa la novità? Adesso gli piace venire a
provare i vestiti."
"Oh!" la bocca della donna diventò un minuscolo cerchio "Ma come? Non ti piaceva venire da me prima?!"
Merope si accinse a rispondere, ma Tom parlò prima di lei:
"Niente di personale, signora Carter, ma non davo molta importanza ai vestiti. Adesso, per fortuna, ho cambiato idea"
Merope assentì con soddisfazione e la signora Carter giunse le mani insieme.
"Oh, benissimo! Per cosa posso esserti utile, quindi?"
"La divisa gli è venuta piccola, proprio perché continua a crescere..." Merope posò la divisa su un tavolo "Poi le dirà lui cosa altro vuole-"
"Darò un'occhiata alle camicie esposte, grazie" la interruppe Tom discretamente.
"Benissimo! Io Servitevi pure, nel caso chiedete!"
Come la signora Carter si ritirò, Tom cominciò a parlare distrattamente:
"Io non credo che tu riesca a sostenere queste spese."
Merope corrugò la fronte e disse, continuando a guardare:
"Ma sì! Che dici? "
"Questa donna fa pagare al minuto. Userò i miei soldi."
"TOM!"
Tom guardò dietro, per vedere se la sarta si era accorta del suo sbottare.
"No, madre. Se spendi i tuoi soldi in miei vestiti non ne avremo più abbastanza per mangiare o vivere decentemente nei prossimi due mesi. Ho accumulato un mio patrimonio apposta per evitare-"
"Ma tesoro, sono i tuoi soldi..."
"Sì, siamo costretti a usare i miei soldi per non  andare in bancarotta! Se davvero non volevi che li usassi potevi pensarci due volte prima di farti licenziare."
A quel punto, Merope abbassò la testa e tacque, mentre guardava qualche maglione e il relativo prezzo.
"Questi non li possiamo prendere" obiettò Tom, venendole davanti "Andiamo di là."
Ancora con la testa bassa, Merope lo seguì.
Tom iniziò a guardarne uno in lana scuro, mentre la signora Carter tornava pimpante:
"Tom, caro, ti prendo le misure. Vieni qui"
Magicamente si srotolò un metro che rapidissimo misurò altezza, vita, lunghezza del busto e delle gambe.
La signora Carter confrontò il tutto con un foglietto che aveva in mano:
"Eh sì, sei cresciuto proprio tanto. Mi sorprende che ti stesse ancora  l'altra divisa"
"L'avevo allargata, infatti... Ma non potevo scommetterci troppo."
"Hai fatto bene. Vado a sistemarla e ti dico come risulta. Intanto.. Oh! Che bella camicia che ti provi! Poi devo vedere, ti starà benissimo."
Tempo che la signora Carter sparì di nuovo, Tom si tolse con energia la maglia e infilò l'altra. Merope lo osservò un po', per poi tirargli le maniche, rassettare il bordo alla vita e sistemare il colletto. Tom attendeva mentre gli tirava ancora un po' giù la parte davanti e gli alzava il mento.
"Penso che sia piccolo..."  concluse infine, con tristezza.
"Lo ingrandirò" rispose lui con indifferenza.
"Ma chiediamo di sistemarlo... Pago io, davvero. Non posso sopportare che ti compri cose che non ti stanno."
"Sai che so ingrandire i vestiti al millimetro. Non manca molto qui. E poi, se paghi adesso ovviamente finirei per pagare io il resto delle spese, come ho già detto."
Merope serrò la bocca, amareggiata. Mise una mano sulla schiena di Tom, mentre andava a specchiarsi.
" Stai molto bene" gli disse. Lui non rispose e si levò la maglia; lei non levò la mano e lo tenne stretto a sé.
Sentì un primo scatto di impazienza del figlio, che era a torso nudo davanti allo specchio: ma non mollò la presa e accoccolò la testa poco sotto il suo braccio.
"Ti voglio bene" sussurrò dolcemente.
"Devo cambiarmi."
Allora Merope lo guardò in viso, togliendo la mano: Tom si infilò l'altra maglia, facendola aderire con la magia, e lo abbracciò di nuovo.
Tom non disse più niente e non resistette più.
Merope si commosse, come le succedeva sempre quando si avvicinava a lui...
"Oh, Tom! Mi sono persa tutto... Andava bene la camicia?"
"Sì, signora Carter. Penso proprio di prenderla."
"Ottimo, ottimo!"
"Pago io, anche per la divisa. Ho guadagnato i miei soldi e ho intenzione di spenderli."
"Che ragazzo straordinario! Bello, così in gamba e già così responsabile! Signora Gaunt, è proprio fortunata!"
Lei annuì con la testa, guardandolo, mentre il petto le tremava.


"Siamo solo noi."
Grindelwald era dall'altro lato del tavolo.

Cercava di incontrare il suo sguardo, senza successo.
Allora tirò di poco indietro la sedia e si sedette, piano, per non far rumore.
Tom esitò, con la mano sullo schienale della sua sedia: poi, fece un passo avanti, guardando prima la superficie del tavolo, la parete dietro, e si sedette.
"Si chiama Legiliubiquitus." spiegò Grindelwald gravemente, con le mani giunte. A quel punto Tom corrugò la fronte "Una pietra speciale che mi consente di vedere il cuore delle persone, dovunque mi trovi. Tua madre è stata la prima ad assumerla - volontariamente. Forlorn Selwyn le parlò molto di me, quando lavorava ancora all'ospedale. Così, un giorno decise di mandarmi una lettera per parlare del suo più grande sogno."
Grindelwald si interruppe.
"Penso che lo abbia raccontato anche a te. Io lo trovo sinceramente... meraviglioso."
Tom rimase immobile. Solo la sua gola sembrava lievemente malferma.

"Questo perché, per quanto sciocco, nasce da un incrollabile desiderio di pace e di amore: i miei semplicissimi e massimi principi."
 "Ah... Tom. Non credi a una singola parola di quello che sto dicendo."
Grindelwald sospirò profondamente.
"Vedi tutto in un'ottica di potere. Questa, per te, è la mia motivazione. In realtà credo sarebbe molto triste: lavorare interi decenni, farsi dei nemici, ripudiare degli amici... per sedere più in alto degli altri? Avere più oro per comprarmi i vestiti? Se odiassi me stesso, forse; se mi pensassi in termini così concreti e meschini, allora sì, avresti ragione. Però no, Tom. Se sono riuscito a fare quello che ho fatto è stato perché ho guardato ben oltre me stesso. "
Grindelwald sciolse la mani: Tom era ancora fermo, a guardare alrove.
"Sono i ragionamenti di un ragazzo. Ricordo quando io pensavo la stessa cosa, pur dietro la patina del grande ideale. Volevo essere meglio di tutti gli altri. Adesso, Tom... pensi che debba ancora dimostrare qualcosa a qualcuno? Guardami: ho sessant'anni. Di certo non vivrò per sempre, per citare il bellissimo sogno di tua madre. Per chi è questa rivoluzione, se non per gli altri? I maghi e le streghe dopo di me, che non dovranno più nascondersi come Vera, ma che troveranno nei Babbani dei compagni di vita?"  
Tom chiuse gli occhi, sempre senza dir niente.
Grindelwald sospirò di nuovo. Tirò indietro le mani dalla tavola, senza smettere di osservarlo.
"Io vedo in te... la paura. Una paura che inghiottisce ogni cosa, che ti ossessiona e ti fa impazzire: la paura dell'altro. Sei intimamente convinto che gli altri, prima o poi, data la possibilità, ti toglieranno tutto. Ecco perché rifiuti gli scrupoli e finisci per commettere azioni che gli altri ritengono...immorali? Malvagie? Questa paura così radicata dentro di te ti ha portato a dubitare persino... di lei. La donna che ti ama più al mondo!"
A quel punto, Tom pestò un piede e abbassò la testa.
"Sì! Non ha mai smesso di amarti, Tom! Ha scelto la mia causa per non farti sentire più in pericolo! Se non te lo avesse nascosto, glielo avresti impedito! Se educhiamo i Maghi e i Babbani alla pace, alla concordia, in pochi anni i conflitti diminuiranno. Non ti sentirai più attaccato da tutte le parti. Forse... si convincerà anche tuo padre..."
Tom strinse i pugni.
"Forse anche lui diventerà parte integrante del mondo nuovo e abbandonerà i suoi pregiudizi. Per principio, non escludiamo nessuno. Non è mai troppo tardi... per nessuno."


I salvataggi proseguivano.
Una dopo l'altra, nell'incavo del pavimento apparivano immagini di "soldati" Babbani recuperati, curati, ricongiunti alle proprie famiglie.
Aveva già controllato Lucy: sembrava completamente guarita ed era insieme agli altri pazienti dell'ospedale. La domanda era: dove l'avrebbero portata? L'avrebbero fatta uscire?
Vera trascorreva ore seduta sul letto. Laurie sapeva che i suoi genitori e fratelli vivevano ancora nella villa, mentre gli zii e il cugino erano stati trasferiti temporaneamente in una qualche prigione. Come Barreus, Eric, Samuel e gli altri... vedeva solo una vasta cella che li conteneva, e null'altro.
Hogwarts era stata chiusa.
Laurie sentiva in testa una costante confusione. Gli era parso che Grindelwald volesse parlargli, ma non sapeva se lo aveva sognato o no.
Tutto era inframmezzato da quelle immagini, persistenti, ma pacifiche, e in fondo belle... se solo...

Non ci poteva credere.
Nascosta nella radura, vide che stava arrivando Oakley.
Sperò che non si fosse fatto seguire: gli guardò alle spalle, alzando il collo; cercò di sentire se cresceva il vento, ma tutto sembrava tranquillo.
"Grindelwald non sta uccidendo i suoi nemici. Vuole dare una prova di pace... e ipocrisia, visto quello che ha fatto in passato. I ragazzi sono tutti rinchiusi a Nurmengard e ci aspettano. Inoltre, ho ricevuto notizie... da Silente."
"Anche io: una profezia. Tuttavia non mi ha chiarito molto le idee... avrebbe potuto essere più chiaro, ma suppongo non lo abbia fatto per scampare a intercettazioni pericolose."
Gli porse il cartoccio. Il signor Oakley se lo rigirò fra le mani e disse poi con emozione:
"Me ne aveva parlato... significa che i ragazzi sono davvero in pericolo. Io... se solo lo avessi fermato..."
Si mise una mano sugli occhi.
"... sono sempre stato troppo permissivo con lei. Sempre. E ora paga le conseguenze."
"Non è colpa sua, signor Oakley. Non solo..." cercò di rassicurarlo Louise, continuando a pensare "Quali sono le altre notizie che ha ricevuto da Silente?"
"Il motivo per cui Grindelwald ha ingaggiato Merope."
Louise allargò gli occhi e gli fece cenno di continuare.
"Lui da decenni è alla ricerca dei Doni della Morte. Non è solo una fiaba e quel segno, il suo simbolo, non è inventato: è il simbolo dei Doni. Si narra che Ignotus Peverell avesse il Mantello dell'Invisibilità e, con delle indagini, Silente ha scoperto che i Potter sono i suoi discendenti diretti... Grindelwald, dunque, avrebbe rapito i Potter per impossessarsene: questo avendo già la Bacchetta di Sanbuco, la Stecca della Morte. Ecco: si dice che Cadmus Peverell, che era in possesso della Pietra della Resurrezione, fosse un discendente di Salazar Serpeverde... come la famiglia Gaunt. Allora Merope, forse senza saperlo, ha ereditato la Pietra in qualche forma, e la ha ancora. A Grindelwald manca solo la Pietra, per diventare Padrone della Morte... ma qualcosa gli fa sospettare che non la abbia ancora; che Tom la possegga, non lei, e che avendo intuito che potrebbe volerla, pur non conoscendo la leggenda, la tenga in qualche modo nascosta..."

Louise scosse la testa, sconvolta.
"Mi aveva comunicato queste cose... già in parte, ad Hogwarts, ma non aveva certezze. Questo ha detto."
"Tom è già stato catturato! Perché non lo può fermare? Hogwarts è stata chiusa, ora! Cosa lo trattiene, ancora?! Cosa comporterebbe, diventare Padrone della Morte?!"
"Invincibilità... si suppone." commentò Oakley, disanimato.
"Meglio non supporre! Cos'ha intenzione di fare, mentre noi vaghiamo così?! Grindelwald va FERMATO! E a questo punto, lo faremo NOI, se non c'è nessun altro!"
Louise si schiarì la gola, per pensare meglio.
"Non possiamo farci catturare. Finirebbe per controllarci" pensò ad alta voce.
"Abbiamo delle informazioni. Possiamo usarle" continuò lui.
"In modo controllato, però, o ci si ritorceranno contro. Oh-"
Louise spalancò la bocca e lo guardò, affranta.
"Conosco il modo. Non mi piace affatto, ma lo conosco" si interruppe, per deglutire "Devo tendere una trappola a Merope."
"Come?"
"Dai discorsi che ci aveva fatto, non sa che Grindelwald la sta usando. Cosa ho di meglio che dirle la verità? Mi ascolterà se sarò io ad avvicinarmi. È stato anche grazie al Basilisco che Grindelwald ha respinto così facilmente gli Auror e preso controllo del Ministero... se riusciamo a farla rivoltare contro di lui, o almeno a defezionare, avremmo una grande minaccia in meno...!"

"Quindi penetreremo il Ministero."
Louise annuì.
"Useremo la Polisucco; l'effetto svanirà, ma dobbiamo scommettere."
D'un tratto, dei rumori li circondarono.
Si strinsero vicino, sfoderando le bacchette: alla fine qualcuno aveva seguito Oakley.
"Abbiamo ascoltato il vostro piano."
Uscì allora dai cespugli, un folto gruppo misto di ragazzi e Auror.
"Rieccoti, Louise" disse una donna alta con i capelli rossi. Riconobbe la sua rivale Grifondoro più giovane...
Alastor Moody fece un passo davanti a tutti, insieme all'ex capo della difesa Ulric Kuror, e disse:
"Agiremo insieme."
 
 
La solitudine lo annichiliva.
Era il senso del niente. Del non potere niente.
Odiava quel niente, ma a malapena sentiva l'odio.
Si chiese di tutti: sperò che il giorno prima di Grindelwald Humphrey fosse davvero andato a Ilvermorny.
Sperò, e sentì la testa che gli girava.
Aveva sbagliato: quel pensiero non doveva essere stato molto gradito.
La porta si aprì e Grindelwald apparve con le braccia aperte.
"Puoi uscire, Laurie. Vieni con me"

 La stanza era più spoglia delle altre, ma le pareti infondevano... calma.
Allora vide Vera, Tom... e Lucy. Uno vicino all'altro.
Grindelwald andò a sedersi dall'altra parte del tavolo. Tirò piano la sedia avanti, delicatamente.
"Accomodati pure, Laurie. Adesso che siamo tutti riuniti, potete cominciare. Sentitevi liberi di farmi qualsiasi domanda."
"Quanto rimarremo qui, ancora?" gli venne subito spontanea.
"Tornerete presto dalle vostre famiglie." rispose lui, con naturalezza "Non siete prigionieri, qui. Purtroppo, ho avuto delle faccende da sbrigare in questi due giorni e non sono riuscito prima, ma la mia intenzione era poter parlare tutti insieme di quello che sarà e di ciò che significherà per voi. La rivoluzione. Il mondo migliore per tutti. Cosa ne pensate, adesso? Non sentitevi inibiti: parlate e ascolterò."
"Non mi convince" disse Vera rapidamente.
Il sorriso di Grindelwald si incrinò un poco, ma in modo comprensivo.
"Tu, Vera, sarai la maggiore beneficiaria di questo cambiamento. Lo vedrai."
"Non credo che le persone possano cambiare... i miei zii e mio cugino, non cambieranno mai."
"Neanche se avranno le prove dei loro errori? Neanche vedendo coi loro occhi il bene che maghi e Babbani riescono a fare insieme? Abbi fiducia. So che adesso tutto questo ti sembra lontano, ma il tempo farà il suo corso... tutti si redimeranno presto."
"Anche tu?"
Laurie la guardò; Lucy corrugò la fronte, preoccupata.
Solo in quel momento Vera parve rendersi conto: ma Grindelwald si limitò a sorridere.
"Spero di riuscire sempre a vedere i miei errori, Vera. Il giorno in cui non ci riuscirò più... sarà quello in cui avrò perso l'orgoglio. Per questo sto cercando di insegnarvi, ora, a riconoscere i vostri pregiudizi."
"Noi non abbiamo pregiudizi..." rispose Lucy, con un po' incertezza.
"Non ve ne rendete conto, certo. Ma... Lucy, Laurie, voi siete Purosangue come me. Avevate compreso la gravità della sanguinosa, orribile guerra in corso fra i Babbani? Si chiama Seconda Guerra Mondiale... ed è terrificante. Noi ne siamo venuti a conoscenza anni fa, e da subito ci siamo messi a disposizione per bloccarla, frenarne le conseguenze. Finalmente, ora, siamo riusciti a salvare quelli che non ancora non erano stati inghiottiti dalle bombe o rastrellati dai fucili. Ditemi: non era stato il vostro pregiudizio a farvi trascurare il dolore provocato da questa guerra, solo perché non vi riguardava? Se non fossimo intervenuti, per portare pace! in tutto il mondo... sarebbe stato meglio?"
Lucy e Laurie si guardarono, ammutoliti: poi abbassarono la testa, con la fronte rugosa.

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Capitolo 32
*** Dentro ***


23 novembre 1944

La sala era illuminata da un grande, prezioso lampadario d'oro. Gli scaffali arrivavano fino al soffitto: sopra c'erano libri lunghissimi, consunti, mai visti, e esotici oggetti da ogni parte del mondo.
Il pavimento stesso presentava un incavo al centro, in cui era dipinta la Terra: la parte illuminata era pervasa di venti... fuori della finestra, appoggiato alla cornice, Laurie vedeva i rami degli alberi faticare a rimaner fermi.
Non sapeva nemmeno lui cosa sperare per Lucy. Che fosse arrivata al San Mungo, quindi sotto il controllo permanente di Grindelwald come lui? Che fosse stata recuperata da qualcuno disposto a curarla?
Allora sentì un fruscio strano: si girò e vide che il mondo era diventato l'immagine di Lucy nel lettino dell'ospedale.
Laurie si chinò per guardare meglio: aveva lo sguardo rivolto verso la finestra, come lui...
Per un istante, il suo petto si calmò.
Fu solo un istante.
"Quindi... io sono in un appartamento di Nurmengard... dove sono Vera e Tom?"
L'immagine cambiò nuovamente: allora vide Vera intenta a leggere un libro in un sala tutta tappezzata, ma che come la sua aveva l'incavo variabile della Terra al centro; poi, l'immagine si sfuocò molto: una figura, che intuì essere Tom, stava controllando un armadio.
Laurie fece un passo indietro.
"Un attimo... ma io non ho detto niente, eppure questa stanza sembra conoscere ogni mio pensiero... e poter guardare ovunque..."
Quando si rese conto di aver pensato tutto questo, e quindi che, secondo il ragionamento, era visibile alla stanza stessa, l'immagine tornò a essere quella della Terra.
D'istinto, uscì dalla sala, tornando in camera da letto: si sedette, respirando forte, toccandosi il sudore in fronte.

La mano sul materasso stava cedendo.
Così Laurie, dopo aver guardato la parete, prese una decisione.
Tornò di nuovo nella sala, guardò la Terra e pensò: "Notizie."
Dopo qualche attimo di esitazione, l'immagine cominciò a cambiare: apparve una particolare stanza Babbana, che sapeva essere un "laboratorio", con persone in "camice" bianco con le mani dietro la testa. A tenerli, c'erano dei Maghi; dietro di loro, grandi contenitori in acciaio con su scritto "PERICOLO NUCLEARE"... poi, una scena agghiacciante di persone magrissime, maltrattate, a piedi scalzi che venivano sanate e portate via a peso sempre da Maghi e Streghe; in un'altra scena, qualcuno moltiplicava minuscole porzioni di cibo per un gruppo di questi, presso una capanna distrutta. Cambiò l'immagine: Maghi e Streghe moltiplicavano cibo per dei Babbani, che ringraziavano caldamente e li abbracciavano. Riconobbe anche dei "soldati": alcuni erano senza gambe e senza braccia... molte loro altre ferite venivano trattate con la magia e sparivano. Comparvero allora persone, che riconobbe come "dittatori" di cui aveva distrattamente visto le facce studiando il mondo dei Babbani, con le mani dietro la testa come gli "scienziati" di prima.
 Laurie si sentiva disperatamente ignorante. Non capiva che legame avessero tutti questi avvenimenti... ma aveva capito che, grazie a Grindelwald, i Maghi e le Streghe non erano più nascosti e intervenivano attivamente nelle faccende Babbane.
Si sentì confuso. Aveva visto degli orrori di cui non aveva mai saputo quasi niente, se non quando delle "bombe" colpivano Londra: si sentì cattivo. Forse lui o qualsiasi altro Mago avrebbero potuto frenare quella bomba... e delle persone non sarebbero morte, ma per via di una legge questo non era successo. Adesso... Grindelwald avrebbe regnato su tutto? Stava distruggendo le barriere.
Come lo pensò, lo vide dentro l'incavo in una grande zona alberata. Accanto a lui c'erano Merope da una parte, Vinda Rosier dall'altra: davanti, una folla infinita e zitta. Dietro, un palazzo importante per gli inglesi Babbani, quello di Westminster.
"Questa sarà la giornata mondiale della pace. Oggi, i Maghi e le Streghe hanno deciso di agire, abbandonando le proprie vecchie e consumate tradizioni, per fare del bene. So quello che vi chiederete: sì, ve lo dovevamo. Aiutarci, fra esseri umani, è un dovere a cui non si può mai venire meno. Ma, purtroppo, abbiamo sempre incontrato un'immotivata resistenza. Da chi non ha coraggio, non ha etica e non sa amare il diverso. Maghi e non Maghi: limitati dalla paura. Sono qui, oggi, per dirvi che possiamo eliminare questa paura, ma dobbiamo farlo insieme. Più uniti saremo, più impareremo a conoscerci, meno avremo da temere l'uno dall'altro. Ci vuole una disciplina comune, fondata sui valori dell'umanità che tutti conosciamo, che desideriamo così ardentemente, dopo questi tempi orribili, dopo tutti questi morti e questa distruzione inutile! Che tutto finisca: piangiamo i morti, la crudeltà, il male. Da oggi in poi, fermiamo i nemici della pace e impariamo ad esercitare di nuovo l'amore!"
Grindelwald fece un inchino. Ci fu un boato: molti applaudirono, ma altrettanti sembravano perplessi.
Laurie non riusciva a pensare a un mondo in cui i Babbani e i Maghi...
Non riusciva proprio a pensare.
Gli tornò in mente Lucy, e poi d'istinto Barreus.
L'immagine mutò: con suo orrore, stava salendo verso Nurmengard... insieme a Eric, Samuel...
"NO!"
Lo vide fermarsi e guardare: all'improvviso, dei Maghi apparvero dietro di loro...
Ricomparve l'immagine della Terra illuminata.
Istintivamente, il suo petto si calmò: era quell'impercettibile rotazione.
Si sentì la mente vuota, limpida: tornò il desiderio di dormire.

Louise era nascosta in un fienile: le sarebbe voluto un istante per riprendersi, ma credeva d'essere riuscita a seminare l'esercito.
E pensare che era quasi riuscita a vincerla, quella battaglia... le dispiaceva ammetterlo, ma se non fosse stata sola, allora forse...
Le risuonò nelle orecchie uno strano verso.
Dal vetro aperto riuscì a passare un bellissimo uccello, dalle lunghe piume...
"La fenice! E' Silente!" pensò subito Louise.
Stringeva fra gli artigli un cartoccio: lo prese e lo aprì.
"
5 + 8 + 9 + 9 + 8 + 9 + 1 = 7 – 2 = 5
8 + 9 + 1
5 + 9 + 1
5 + 8 + 9 + 9 + 8 + 9 + 1 = 7 – 3 = 0


 

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Capitolo 33
*** Io ***


25 novembre 1944

"Io... Tom... non ho le parole per scusarmi."
Cecilia era in lacrime, davanti a lui.
Si sentiva solo il crepitare del fuoco nel caminetto.
L'uomo passò una mano sulla guancia della donna: lei adagiò la testa su un lato per far sì che la trattenesse nel palmo.
"Non ha più importanza" disse lui "Ciò che è stato, perlomeno. Adesso... forse, farei meglio a trasferirmi. Se vorrai concedermi l'onore di venire..."
"Ma certo!" rispose Cecilia, con un singhiozzo prolungato "Devi essere al sicuro. Dove non ti può più trovare."
"Mia madre e mio padre verranno. Anche se le risorse della stregoneria sono tante... si spera che non riesca più a rintracciarmi. E poi..."
Parlò e trattenne il fiato: una cameriera li superò velocemente, per reperire delle tazzine, temendo la sua ira.
"... mio figlio. È con lei. Dovrebbe avere diciassette anni almeno. Mi chiedo come possa essere coinvolto... mi faccio delle domande, su di lui. Da un po', oramai. Cecilia... neanche questo ti ho detto, per vergogna, ma anni fa... io l'ho incontrato."
La donna alzò la testa, sbalordita.
"Era un bambino. Lo misi sul cavallo per farlo sfuggire a quel disgraziato di suo zio, ma poi mi ritrovai a terra. Di lui non c'era più traccia. Da quel giorno maledetto continuo a farmi... delle domande. A pensare... a lui. Naturlamente, prima lo immaginavo come un abominio, un... ma da quando lo avevo visto, davanti a me, non ci sono più riuscito. Non l'ho più cercato, per carità: non avrei mai reincontrato quella donna, a nessun costo. Però, nonostante tutto, nonostante la follia, le circostanze... ecco. Devi sapere che stamattina ho ricevuto una lettera."
Le mostrò una busta aperta. Cecilia prese il foglio e iniziò a leggere.
"Un supposto professore di Tom mi ha parlato del pericolo che sta correndo, adesso, insieme a lei e Grindelwald, o come si chiama. Quello che dice, in breve, è che può aiutarmi a toglierglielo. Potrei... prenderlo, ecco, come il figlio che è e portarlo a casa. Lo so, lo so. È che io già ci pensavo, Cecilia. Da anni. Non solo ora. Forse posso... educarlo, non so, Cecilia. Aiutami tu a pensare..."
"Oh, Tom! Ma dove lo troveresti?! Come faremmo?! Lei... ci potrebbe uccidere...!"
"Certo, certo. Per questo voglio rispondere al Professore e chiedere altre garanzie. Non mi sono mai fidato del primo venuto, non comincerò adesso: non adesso, oltretutto."
"Fallo, allora. Sappi che io ti sosterrò. Se anche sarà deviato, guarirà... forse."

Erano riusciti a tramortire i due membri dell'esercito.
A breve, gli Auror e i ragazzi avrebbero lanciato l'attacco al Ministero: però sarebbe avvenuto  il loro intervento, per non far saltare la copertura.
Louise controllava che Oakley le stesse dietro, mentre osservava il pavimento: ogni segmento era occupato da un simbolo dei Doni della Morte. Lei stessa, insieme a lui, portavano la collana al collo, simbolo dell'esercito: tutti quelli che passavano la indossavano con orgoglio.
"Dove state andando?" li interruppe di scatto un uomo alto dai baffi scuri.
"Dobbiamo riferire a Merope Gaunt per conto Suo." rispose Louise.
Si era insospettito troppo, perché li spronò tirar fuori la lingua: era il modo di controllare che avessero il Legiliubiquitus, il meccanismo di controllo di Grindelwald.
Obbedirono, nervosi: non sapevano se la replica della Pozione Polisucco avrebbe funzionato...
"REVELIO! INTRUSI!"
In un lampo, il trucco finì: Louise si buttò a terra, lanciando un Incantesimo in mezzo alle gambe dell'uomo.
Oakley lo stordì e iniziò ad attaccare gli altri; aveva dato al segnale agli Auror. Sarebbe cominciata la battaglia.
Louise schivò un Incantesimo per un pelo, continuando a correre: aveva deciso che doveva arrivare da Merope comunque.
Così infranse il piano, una seconda volta; evitò tutti e si gettò dentro l'ascensore, per arrivare al Quinto Piano: lì doveva essere, all'Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale.
Attraversò il corridoio e la trovò lì: sola.
Rimase lì, attonita, davanti a lei.
Improvvisamente, non le venivano le parole.
"Louise...?"
"Ho... una cosa da dirti..."
La guardò, stranita, senza però toccare la bacchetta.
"Tu sai cos'è la Pietra della Resurrezione?" le chiese allora.
Merope scosse il capo.
Era tutto surreale.
"È... un Dono della Morte, Merope. Tu... sei erede dei Peverell-"
A quel nome, parve svegliarsi la sua coscienza.
"Sì, lo sono-"

"Grindelwald vuole la Pietra. Ne ha bisogno... ti sta usando, Merope."
Le palpebre le cascarono sugli occhi. Emise come un gemito e iniziò a scuotersi violentemente, camminare.
"Non è possibile!"
"È così!" insisté Louise, seguendola.
"Ha mentito su tutto!"
"Sì!"
Si fermò.
Allora vide nei suoi occhi vuoti la disperazione: le venne incontro e la abbracciò.
La strinse, piano, mentre sentiva le sue lacrime inumidirle il collo.
Louise allora le mise una mano dietro la schiena: a vederla così, si sentiva pesante.
Erano forse le altre volte, in cui l'aveva vista così, all'ospedale...
"Io ci credevo davvero, Louise. Io gli credevo."
"Non importa, adesso." rispose, lasciandola "Possiamo contrastarlo! Puoi chiamare il Basilisco, giusto?"
"...sì..." disse Merope, debolmente.
"Puoi usarlo contro di lui...!" la incoraggiò ancora.
La donna sorrise sarcasticamente, e scosse la testa.
"Forse questo è quello che meritavo..."
"CHIAMALO!" insisté Louise, prendendola per un braccio e iniziando a correre verso l'ascensore.

Erano arrivate al piano terra.
Davanti a loro, Grindelwald.
Guardò prima Louise, poi Merope con un'aria di infelice comprensione.
"È stata una misura necessaria. Ho bisogno di garanzie per il mondo migliore. Te lo avrei detto... mi dispiace che tu lo viva come un grande tradimento."
La donna non disse niente.
"Ora, ti chiedo di allontanarti da Louise, così che ti possa spiegare bene tutto."
Tacque ancora, ma alzò lievemente una mano.
"Non voglio fare del male a nessuno, Merope. Per favore, non costringermi."
Merope, affranta, fece un passo avanti.
Poi mutò subito espressione ed esclamò: "USSHOOAAINAI!"
Così il Basilisco emerse dal pavimento con un verso mostruoso. Louise si girò verso la parete; sentì la bestia strisciare violentemente nella direzione di Grindelwald, poco distante da sé...


Erano tutti nella stessa stanza: l'immagine aveva cominciato a muoversi e mostrava Grindelwald combattere contro il Basilisco.
Merope si era ribellata.
Tom era tornato in camera da letto.
Un bagliore dorato rivestì gli occhi della bestia: sembrava fosse riuscito ad accecarlo.
Strinse la mano a Lucy: allungava il collo per riuscire ad addentarlo, ma Grindelwald con uno slancio fece sì che si azzannasse da solo.
Allora Laurie si rese conto che era stato colpito dal suo stesso veleno.
I versi di morte della bestia risuonarono terrificante nella camera.
Vera, atterrita, diede uno sguardo dentro la camera da letto.

Il Basilisco era morto.
Merope era da sola, vicino al suo cadavere: sembrava guardare oltre, con aria serena.
"È un vero peccato... che le incomprensioni debbano separare tanto le persone. Questo è quello che mi proponevo di eliminare... purtroppo, a volte fallisco. Il mio sogno, però, non finirà."
Merope sorrideva.

Un colpo di bacchetta, e Grindelwald la disintegrò.

Laurie ebbe l'impressione di poter seguire quei pezzi che volavano via.
Lucy stava tremando, dalla sua spalla, mentre Vera cadde in ginocchio.
Quando Tom si affacciò dalla camera, tutti si girarono: ma richiuse subito la porta.
Si appoggiò alla porta, con le braccia incrociate.
Prese delicatamente l'anello dalla tasca, e lo guardò.
Uscì uno spirito bluastro, incorporeo, che lo fissava, serio.
Fece per avvicinarsi, ma lui la fermò, seccamente:
"Lo sapevi."
"L'ho voluto... adesso... per darti la più grande lezione."
Tom la guardò in cagnesco.
"Che lezione?!"
"Quello che non sono mai riuscita... a insegnarti..." Merope balbettò "Adesso lui... non potrà più farti del male."
Tom fece cenno di non capire.
"È un Incantesimo di Protezione... che si ottiene col Sacrificio. L'ho letto sui libri di Hogwarts..." Merope trattenne un sospiro "Se... qualcuno muore, sacrificandosi per qualcun altro... quel qualcun altro non soffrirà più..."
"Che razza di... Incantesimo?"
"Sì!" esclamò Merope "Tom... so che non mi vorrai mai bene quanto te ne ho voluto io, ma... volevo solo dimostrarti che io... ti ho amato tanto... e forse, così... così capirai... amore mio... vivrai, sapendo di aver avuto il bene della tua mamma... anche se non sono mai stata brava. Ho capito... che ho sbagliato a pretendere cose da te. Tom... tu sei il mio meraviglioso bambino... e continuerai ad esserlo... Io sarò sempre con te."
Tom si girò verso la porta e ci buttò le braccia contro.
Era dietro di lui e lo guardava con apprensione.
"Sono qui" disse con dolcezza "Posso rimanere ancora un po'..."
Tom deglutì.
Qualcosa gli stava salendo, dalla pancia, ed era terrificante.
Non si sentiva più la testa, mentre gli si inumidivano gli occhi.
"Come funziona l'Incantesimo?"
"Grindelwald non potrà ucciderti. Neppure se lo vorrà. Non solo lui... ma, tesoro, non ti giri verso di me?"
Tom deglutì ancora e la guardò.
"Eccoti" gli disse, con soddisfazione. Gli avvicinò una mano alle guance... ma non sentì nulla.
Allora tirò fuori la bacchetta e le lanciò contro un Incantesimo.
"Prova adesso" ordinò. Merope obbedì, ma la mano continuò a trapassargli la guancia.
Tom ebbe un moto di insofferenza.
"Ci dev'essere un modo..."
"Temo che non ci sia" rispose Merope "Non sono davvero qui, adesso."
Tom strabuzzò gli occhi e deglutì ancora.
"Ci dev'essere. Per forza-"
Merope allora si commosse.
"Purtroppo non c'è, amore."
Tom allora scosse la testa, incredulo.
"Non è possibile" disse. Tenne allora la bocca serrata, chiuse gli occhi e provò a parlare, ma non gli uscì niente.
Riprovò, ma sentì venirgli il magone.
Cominciò, finalmente, con gli occhi dritti verso di lei:
"Io non ho mai sentito..."
Merope annuì, con dolcezza.
Tom continuò:
"Il bisogno... di..."
Allora esasperato si mise le mani in faccia e iniziò a singhiozzare.


Sentirono un rumore soffuso, da dietro la porta chiusa.
Tutti sapevano che stava succedendo, ma nessuno voleva parlare.
Lucy fissava l’immagine della Terra, con la mano ancora stretta alla sua.
Vera vagava china per la stanza, tenendosi agli scaffali.
L’inconsistenza di quelle immagini di pace con quello che era successo aveva creato in Laurie un vuoto nel petto.
Sentiva, in fondo alla testa, il richiamo di Grindelwald…
La porta dell’appartamento si aprì: dava in un armadio svanitore.
Tom uscì dalla camera e ci si precipitò dentro.
Tutti lo seguirono.

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Capitolo 34
*** Megalomania I ***


MEGALOMANIA I

L’Ufficio per la Cooperazione Magica Internazionale si aprì davanti a loro.
Ai lati, c’erano la signora Barnaby, il signor Oakley, Alastor, Jane, Hagrid…
Laurie fu preso dallo sgomento: tra tutti, vide anche Cecil e Barreus, Hilde e Livia.
Grindelwald venne loro incontro, come se li stesse ospitando a casa sua.
Tom agiva in risposta a ogni suo movimento: camminava cautamente, guardandolo di sottecchi. 
L'attenzione di tutto l'esercito era solo su di lui.
Grindelwald aveva la fronte alta e la mani giunte… quando davanti a tutti volò una luce, fino a raggiungere il suo braccio fermo.
Laurie si staccò da tutti e venne avanti:
“NON FARLO! NON FARLO! TI PREGO, TORNA INDIETRO! TORNA INDIETRO!”
Con lui non s’era riuscito ad aggiungere nessuno. Grindelwald aveva alzato la bacchetta: Barreus si girò indietro  per guardarlo… e fu stroncato.
“NO! BARREUS! NOOO!”
Corse in avanti: sentì qualcuno aggrapparsi per fermarlo e cadde a terra.
“NOOO! BARREUS! Noo… o-oh…”
La voce gli svanì.
“FAI SCHIFO!” gridò allora, disanimato, tenendosi a terra “FAI SCHIFO!”
Sentì che gli strapparono la manica: ma continuò a urlare:
“MI FAI SCHIFO! ANCHE LEI! L’HAI INGANNATA, E POI L’HAI UCCISA! FAI SCHIFO!”
Non capiva neanche più quante persone lo stessero tenendo, quando lo sentì più vicino, parlare con calore:
“Il sacrificio… è il valore più grande. Senza ordine… purtroppo, senza ordine non c’è rivoluzione. Purtroppo. Il coraggioso Barreus non sarà mai dimenticato, Laurie. Credimi quando ti dico che il bene che procura una grande amicizia non finisce mai davvero, se non si smette di corroborare il suo ricordo con la gioia e la bellezza dei momenti passati.”
 Allora lo vide girarsi verso Tom.
“Celebra sempre tua madre. Una donna che, in molti modi misteriosi, era meglio di tutti noi.” Si girò per cercare conferma, guardando anche Louise, che chinò il capo.
Mentre gli dava la schiena, Tom fece un passo veloce avanti: ma si voltò di nuovo.
Erano molto vicini.
“So quello che stai pensando. Su di me, sulla situazione. In questi momenti duri, il mio consiglio è attenersi alla realtà. Mai, mai, e poi mai avrei voluto arrivare a questo. Merope, in poco tempo, mi ha capito meglio di quanto io capisca me stesso. Le colonne portanti della mia causa, i grandi ideali... La mia ferita, causata dal suo rifiuto, mi dà quantomeno un'idea di quanto grande possa essere il tuo dolore. Ma tu, Tom, sei un ragazzo pieno di talento: presto arriverai a capire che essere adulti significa avere responsabilità e dover prendere delle decisioni. Lei ha commesso, coraggiosamente, un errore. Purtroppo, la situazione in cui si è verificato mi ha impedito di tollerarlo."
Tom spostò lo sguardo a terra… quando fu colpito di nuovo.
Tutti si aggiunsero in quello stesso istante: Louise, il signor Oakley, Alastor, Jane e altri, attaccarono insieme. Grindelwald parò ogni colpo: tutti i membri dell’esercito si unirono contro di loro.
Laurie, come Vera e Lucy, non aveva la bacchetta, ma cercò di deviare i colpi verso gli alleati di Grindelwald, Lucy con lui.
Ottenne di far cadere uno: sorrise, quando finì per battere la testa a terra.
Stava per alzarsi, nel frastuono, quando…
Barreus aveva riaperto gli occhi.
Si rialzò, fiero: fece due passi sbilenchi in avanti.
“SÌ’!” urlò Laurie. “SÌ!”
Tutti si fermarono, attoniti.
Grindelwald, confuso, fece un passo di lato; poi fu investito da una qualche consapevolezza e fece un cenno:
"Fermi, fermi! Amici, non muovetevi È molto semplice la spiegazione: Merope si è sacrificata per proteggere i suoi cari. Di conseguenza, ci è vietato ferirvi. Questo, però, non mi tange: poiché, nonostante quello che possiate pensare, farvi del male è il mio ultimo desiderio."
Tom tentò allora, ma Grindelwald evitò di nuovo il suo attacco con grande facilità.
Alastor si piombò davanti a lui e attaccò con Jane, ma li schivò da dietro: la signora Barnaby intervenne nella direzione opposta e la schivò da davanti.
“Me l’ha presa!”
Laurie si girò: era Barreus, sudato e irritato.
“Cosa?”
“La bacchetta!” spiegò: allora la vide, in mano a Tom. Si scagliò contro Grindelwald, ma non si riusciva nemmeno a vederlo, talmente era veloce: la bacchetta cambiava posizione prima che si potesse pensare a come rispondere.
Vide Tom puntare a un possibile punto debole e bucare finalmente la difesa: a quel punto si slanciò anche lui, ma fu sbalzato indietro insieme a Vera e Lucy.
Mezzo stordito, capiva poco, finché non si riebbe e vide Tom insistere ancora, tenendo il passo: Grindelwald era ancora più veloce e sfuggente, ma in qualche modo stava riuscendo a bloccare tutti i suoi colpi. Era davvero impressionante.
D'un tratto però... urlò.
Urlò di dolore.
L’intero esercito si stava buttando contro di loro: la signora Barnaby s'alzò in piedi per prima per contrastarli, ma molti esitarono. La maggior parte degli Incantesimi che avevano già lanciato non stava avendo effetto, e le mani di Grindelwald si contorcevano sui fianchi, forse ancora per il male: Tom le guardava esterrefatto.
Anche Laurie non era da meno. Dunque stava dicendo la verità? Di che Incantesimo stava parlando? Perché non poteva ferirlo?
Lucy incrociò il suo sguardo, confusa: Vera stava tremando.
Grindelwald, però, sembrava non volerne parlare.
"Ragazzo mio! Il discorso di prima non è servito: proviamo ancora. Questa volta, però, sarò più franco. Prima ho fatto accenno alla morte di tua madre: ho parlato del tuo dolore. Indaga questo dolore, Tom. Quando Merope mi parlava di te, faticava a trovare dei difetti, nonostante riconoscesse i tuoi sbagli. Tu eri tutto per lei, però... cosa stai guardando, adesso?"
Tom distolse lo sguardo.
Laurie non era nemmeno sicuro che lo stesse ascoltando.
"Una bacchetta. Non una qualsiasi: una bacchetta imbattibile. La più potente del nostro mondo. Ebbene, Tom, alla tua età ero proprio come te. Non ho mai ripudiato gli affetti, ma sono sempre stati secondari. Mi sentivo destinato ad altre cose, cose alte: così si sentiva Silente. Avevamo dei piani che trascendevano il nostro corpo, la nostra vita: volevamo cambiare il mondo per sempre. Questo è quello che vuoi anche tu, Tom: purtroppo, però, non tutti nascono con la facoltà di decidere."
"È tutto in atto: il sogno del Mondo Magico deve compiersi e si compirà. Perdonami: in cambio, ti farò vedere l'immensa meraviglia che adesso è solo nei miei occhi. Ora, dammi la Pietra della Resurrezione. Sai di averla."
Non rispose.
Sembrava proprio non esserci.
"Dammela, ti ho detto. Dammela, e tutto andrà meglio."
Tom si lisciò i fianchi, ma non tirò fuori niente. I suoi occhi erano ancora grandi e allucinati.
"Non c'è più nulla da fare, Tom. Per adesso, ti tocca obbedirmi. Non c'è altra via-"
Improvvisamente Grindelwald fu folgorato e vacillò sul posto.
L'esercito accerchiò Tom.
Laurie vide allora…
Aveva preso la sua bacchetta.
Gli tremava violentemente nella mano senza cadere, come se bruciasse.
"Stai solo complicando le cose" esclamò Grindelwald, impugnando un'altra bacchetta "Fermatelo!"
Laurie sentì i brividi arrivargli sino al collo: tutti gli accoliti di Grindelwald si scagliarono contro di lui, e furono sbalzati indietro.
Tom abbassò la bacchetta, rigirandola nella mano, incredulo.
Più ruotava, più sembrava ne avesse orrore e volesse toccarla il meno possibile.
Laurie non lo aveva mai visto così: era terrorizzato.
Grindelwald ovviamente se ne accorse e si avvicinò a lui senza attaccarlo.
"Vedi? Non è per te. Non lo sarà mai" sibilò piano “...E ora ridammela.”
Gradualmente, l'espressione di Tom cambiò. La bocca gli si aprì, gli occhi si ingrandirono, e iniziò a sospirare, come in preda a un estatico stupore... e poi smise. Fissò lo sguardo su Grindelwald, gli tese il braccio contro. Lui non fece nulla in risposta... allora ritrasse il braccio, girò le spalle e si allontanò per voltarsi e attaccarlo con forza immensa, ma Grindelwald parò il colpo.
"Cosa ti ho detto?! Ridammi i Doni della Morte!”
Tom diventò molto serio e pensoso.
Laurie non si sentiva quasi più nel suo corpo.
“Che facciamo?” gli sfuggì, rivolto a Lucy.
Lei scosse la testa. Vera era sempre più curva e piegata: voleva parlare, ma le mancava il fiato.
“Obbedisci! SUBITO!"
In reazione al tono imperioso di Grindelwald, Tom si tolse delicatamente l'anello dalla tasca e lo impugnò nella mano in cui teneva anche la bacchetta. Avanzò verso di lui con la mano stretta a pugno: la distese, piano.
Grindelwald attirò i due Doni con un Accio silenzioso… quando Tom gli si avventò contro e gli strinse il polso.
“CRUCIO!” rispose un membro dell’esercito all’agghiacciante urlo di Grindelwald: ma per qualche motivo mancò il colpo e fu rovesciato da un’esplosione celeste.
Un altro si disintegrò nell’aria. A un altro ancora si squartò il ventre e l'uomo cadde in una pozza di sangue.
Erano morti.
Laurie sentì la mano sudata di Lucy appigliarsi a lui. Era paralizzata.
All’improvviso, l’intero ufficio si cinse di fiamme.
“Credo si sia avverato quello che temevi, poco fa.” lo ammonì Grindelwald “Inutilmente. Anche con quella bacchetta, non puoi nulla contro chi non hanno potuto Maghi molto più grandi di te”
“Perché non erano nati con la facoltà… di decidere”
Le fiamme schizzarono fino al soffitto, sferzandolo con tale forza da fare tremare l’intero piano. I vetri si ruppero le porte a una a una si scardinarono: il fuoco si concentrò al centro per colpire Grindelwald. Gli rimbalzò contro, si divise in quattro e lo colpì di nuovo, stavolta facendolo barcollare; poi in otto, finché le parti non si unirono ancora in un muro di fiamme che lo attraversò, fino a infrangersi sui suoi accoliti che provavano a fuggire.
“Ah! Sciocco! Non hai IDEA di quello che stai facendo!” rispose Grindelwald: fece partire un turbine per debilitare Tom, che però lo disinnescò, restando perfettamente illeso.
Il Mago, tuttavia, non era impressionato.
“Tutto questo è inutile, Tom. Senza il sacrificio di tua madre saresti già in ginocchio davanti a me. Ora, restituiscimi i Doni.”


"Hai rinforzato le barriere attorno al Ministero appositamente per Silente! A che punto sarà, adesso?!" gli chiese, con tonante orgoglio.
"Spera molto indietro.” Gli venne di fronte con un triste sorriso “Mi dispiace deludere le tue ambizioni… ma se non sarò io, sarà lui. E io di certo non lo fermerò-”
In quel momento lo attraversò una rapidissima corrente scura e perse l’equilibrio di botto.
Tom ripeté subito l’Incantesimo, e di nuovo, e di nuovo; a intervalli, più velocemente; poi, più lento, da ogni angolo; Grindelwald era nascosto dalla raffica, e Laurie notò i cadaveri attorno… quando si rialzò, lo colpì ancora: adesso aveva gli occhi dispersi, e vuoti...
Una visione fugace di alunni di Durmstrang... girò subito lo sguardo e vide il ragazzo davanti a sé, in un corridoio della sua scuola.
“Cos’è peggio della morte?”
La sua voce gli riecheggiò in testa.
Vide allora, ingigantiti, dei numeri, sulla parete: 7 – 3 = 0…
Sotto 7 apparve Grindelwald, sotto 3 Doni, e sotto 0…
Una visione del suo cadavere, con un piede sopra la testa…
“Sperare che la morte arrivi.”

Grindelwald si rialzò di scatto, riprendendosi, e riuscì a tramortirlo.
Laurie scosse la testa e si guardò attorno: avevano visto tutti le stesse cose.
Pensò che dovevano fuggire, ma rimase bloccato nei suoi passi.
“Gellert! Che succede?”
Albus gli venne incontro, con un sorriso preoccupato.
Lui scosse la testa, per poi vedere il precipizio, sulla cima di un palazzo, e la folla degli Auror che gli salivano contro.
Corse via per gettarsi dall’altra parte, ma Tom, volando alto, lo colpì in viso…

Tom stava volando davvero, pervaso di una luce abbagliante, e tracciò con la bacchetta una crepa nel pavimento, in linea con Grindelwald.
Si tirò: era sfuggito all’oceano. Fece per sollevarsi, quando Albus gli puntò la bacchetta al petto.
Si scansò, e vide un Avada Kedavra mancato.
Tom ritirò la bacchetta, con un sorriso sicuro.
“Ciò più temi di tutto… è la sincerità. Ma ti fidi comunque di me: questo è un grande regalo.”
“Fidati. Fidati di me.”
“Con me ti puoi aprire.”
“Siamo solo noi, Gellert.”
“Solo noi!”

Grindelwald s’alzò in piedi: Laurie si sentì venir meno.
Una Maledizione lo sfiorò.
Era nel cortile di Durmstrang: regnava il temporale.
“Cosa ti aspetti?”
Tom lo provocò, venendogli contro sotto la pioggia.
“Svelare memorie… superficiali… ti sembra abbastanza?”

 “Che farai mai nella vita, ora?!” 
La madre gli urlò contro. Gellert fece un passo indietro.
“Niente. Niente. Disgraziato! VATTENE!”


Si riprese: sembrava non essere passato tempo.
Lucy gli teneva entrambe le braccia.
Tom scattava da una parte all’altra, emanando un’aura di frastagliata energia, mentre Grindelwald rimaneva fermo a schermarsi da lui.
“Dobbiamo andare via di qui”
Laurie si guardò attorno.
La maggior parte era rimasta accasciata a terra priva di sensi. Qualcuno era anche ferito, forse dal fuoco di prima.
Cos’è la pace, Grindelwald?”
Ricominciavano le visioni: Laurie cercò di resistere…
Un intervallo che prelude alla guerra? Se sì, ora ti darò pace.”
Tom spiò la porta che qualcuno stava forzando dietro di loro.
Laurie scosse la testa: vedeva di nuovo davanti a sé.
“Quanto ci vorrà, ancora?” soggiunse Tom, facendo riecheggiare la voce “Riesci ad aspettare?”
“Certo.” disse Grindelwald “Non sai quello che credi di sapere… su di me. E non lo saprai mai.”
“Non hai ancora capito?” Tom sogghignò, per poi puntarlo con ferocia “Tu hai cercato di togliermi tutto, e ora io avrò tutto da te. Tutto quello che hai… diventerà mio. ”
Fece un gesto con la bacchetta: Laurie sentì il legno creparsi da lì, e un'onda travolse Grindelwald, lasciandolo aggrappato al pavimento. Allora il viso di Tom si scurì terribilmente: le mura si staccarono per dare forma a strane bestie, che gli saltarono contro.
Puntò al soffitto, e il piano intero iniziò a crollare.
Laurie e Lucy si guardarono: dovevano darsi una mossa. Vera non disse niente, mentre la signora Barnaby scosse la testa, agitata.
"Non gli interessa... ci ucciderà tutti" disse, piano.
"Perché, tu pensavi di sopravvivere in mano mia?"
Tom la spinse a terra con un movimento della mano.
Il signor Oakley istintivamente la coprì, ma lo scaraventò via.
"Lei non vorrebbe niente di tutto questo!" si difese la signora Barnaby, con voce rotta.
"Lei non è più qui" rispose Tom, con falsa calma "Se solo avesse cercato di aiutarla, una volta, in vita sua; se solo avesse provato, adesso avrei una buona ragione per non-"
Tom percosse violentemente l'aria: la signora Barnaby chiuse gli occhi e sputò le viscere, prima di esplodere.
"Come valuteresti quella morte? Breve e intensa. Una gentilezza: un premio. Che tu non avrai."
"Non avrai più niente. Più niente!"
La madre di Grindelwald gli urlava contro e si ritrovò a contorcersi dal dolore.
"No! Gellert, smettila subito!"
"GELLERT!"
"AH!"
Le urla gli penetravano le ossa, e si contorceva ancora di più.
"Nessuno era riuscito a torturarti, prima" commentò Tom "Il tuo dolore è radicato nei segreti che custodisci. Le tue profezie, i tuoi grandi piani, le tue idee. Il Patto di Sangue con Silente, che vi ha impedito di scontrarvi. La nostalgia della giovinezza. Lo scontro con i seguaci stupidi. I Doni della Morte che non sei mai riuscito a riunire. Tre, un'ossessione lunga tutta una vita... ma non li avrai mai."
"Non appena avrò voglia di sottrarti il Mantello, diventerò Padrone della Morte. A quel punto, sconfiggerò Silente e dominerò questo mondo al posto tuo. Avrò tutto quello che volevi."

Si ripresero e si misero a correre, spauriti, stretti uno all'altro per quanto possibile, quando sentirono un boato: luci, scoppi, luci, tuoni, e poi un fragore di pietra. 
Laurie si girò per un attimo, e vide che il Ministero gli stava crollando addosso.
"ASCENDIO!" esclamò Vera: il gradino si staccò e iniziò a salire. Vi si gettarono a capofitto, aggrappandosi, mentre guardavano i piani crollare uno dopo l’altro.
Arrivati all'ottavo, saltarono a bruciapelo e entrarono nell'atrio.
I colpi fortissimi da sotto stavano causando eruzioni continue nel pavimento: tutti gli impiegati intrappolati fuggivano da una parte all'altra senza riposo. A breve sarebbero precipitati.
"BISOGNA ROMPERE LA BARRIERA!" urlò Laurie, sfrecciando con Lucy e Vera verso le entrate. Si sentivano gli sforzi di Silente: non avevano bacchette, non sapevano come fare. Allora videro gli altri correre tutti verso di loro e unire gli sforzi:
“CECIL!”
Il suo amico di sempre: gli sorrise e gli strinsero la mano per fare forza, insieme.
Diventava però sempre più facile, sempre più facile: infine, la Barriera scomparve.
Tutti si buttarono nei passaggi a grandi gruppi, spintonandosi e cadendo a terra. Si Smaterializzarono così, uno dopo l’altro mentre Silente finalmente entrava.
Laurie prese Lucy e Vera, completamente sbiancata, che però si staccò da loro.
"Non doveva andare così..."
"VIENI!" le urlarono all'unisono, afferrandola e Smaterializzandosi nel Ministero Babbano.
Stava parlando a sé stessa, e non sapevano cosa dirle.
"Stai bene?" Lucy chiese a Laurie, abbracciandolo.
"Sì! Barreus! BARREUS!"
Lo chiamò, mentre Cecil gli andava incontro: vide allora aveva il viso sfigurato e la pelle rossastra.
"Io ci ho provato, Langton. Alastor..."
Jane era china su di lui, insieme ad Allie: il signor Oakley lo stava aiutando, ma sembrava non gli restasse più molto.
Come lui, altri...
Vera sospirò.
"Solo pochi mesi fa pensavo che il mondo, in fondo, fosse così bello... e ora, chissà cosa ci aspetta..."
Laurie non aveva neppure la forza di pensare, al futuro. Camminava senza coscienza per quel corridoio, con il dolore delle esplosioni ancora nelle orecchie, gli occhi offuscati.
"Ci sbagliavamo: Grindelwald non era la fine, ma il preludio di qualcosa di uguale e diverso. Il Mondo Magico, il Mondo Babbano... cosa li distingue? In entrambi i primi, i secondi, i terzi e via dicendo a un certo punto diventano ultimi, e gli ultimi creano altri ultimi. La sofferenza si tramanda da sempre, per sempre, finché ci sarà qualcuno vivo a subirla."
Laurie corrugò la fronte. Le parole gli erano echeggiate in testa come una visione: o forse le aveva dette una donna fuggita dal Ministero che gli era appena passata davanti. Ma non aveva importanza, perché le sentiva come sue.

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Capitolo 35
*** Megalomania II ***


MEGALOMANIA II

Lo vide come una presenza.
I confini della sua figura sfumavano: al posto degli occhi aveva pozze scure, quasi dei fori.
Gellert era adagiato da una parte. Lo controllò.
"Professor Silente" lo chiamò, con voce gentile "Conosce la maledizione di Own? Dopo aver sconfitto Ulrich, sentì il suo potere... crescere. Raddoppiare: così diceva. Tuttavia, fu solo un effetto temporaneo, visto che fu sconfitto pochi giorni dopo. Eppure... nei libri, è scritto che, pronunciando le formule, se un Mago, vessillo di grande potere magico, uccide un vessillo di simili proporzioni, può far trasferire in lui i suoi poteri. Come vede, ho già deciso di sperimentare..."
"Il potere viene mantenuto solo se il Mago sconfigge un altro vessillo, possibilmente maggiore rispetto al primo. Sì, conosco la maledizione, Tom."
"Se la conosce, cosa la rende così sicuro?" gli chiese, attaccandolo; Silente parò, per poco e rispose... per vedere l'Incantesimo rifletterglisi contro.
"Lo sospettavo, professore. Mia madre ha pensato, giustamente, che anche lei potesse costituire un pericolo."
Silente indietreggiò, preoccupato.
"Non se lo aspettava? Questa è la somma di tutti i suoi sbagli... "


"Quando finirà?" si chiese Vera, mentre andavano verso l'uscita del Ministero Babbano.
Laurie e Lucy non dissero niente.
"Posso tornare... da sola..." disse lei, recalcitrante.
Di nuovo, non risposero, guardandosi torvi attorno.
D'un tratto, prese a guardare in un punto dietro di loro e non distoglieva gli occhi.
"Che succede?" le chiese allora, e si girò con lei.
Un uomo con un bastone stava venendo con passo spedito nella loro direzione. Dagli abiti, capì che era un Babbano: aveva un’aria distinta e camminava con grande solennità e contegno, ma le sue scarpe bagnate scricchiolavano e il suo viso era pieno di affanno. Inoltre, per una strana coincidenza, somigliava molto a Tom.
"Lo vedi anche tu?" chiese a Lucy.
"S-sì..."
Doveva essere un'altra visione di gruppo.
L'uomo, tuttavia, non scomparve: anzi, li scorse, e aumentò il passo; gocciolante, con le guance scavate, gli fu subito davanti e li interpellò:
"Ascoltate! Questa è la via per il Ministero della Stregoneria… della Magia, giusto? Non ho tempo da perdere."
"La via, per il... per il…" Laurie non riusciva ad articolare un discorso.
"No, non p-può entrare. Mi dispiace" gli vietò Lucy, mettendosi davanti.
"Ma come? Voi siete dei Maghi, no? Ho ricevuto una lettera dal professor Silente, le indicazioni erano chiare…!"
L'uomo, seccato, si interruppe per asciugarsi il viso con un fazzoletto di stoffa.
"Allora... io sono Tom Riddle"
Vera sbarrò gli occhi.
A quel punto Laurie non ne poteva più e sbottò verso Lucy:
"... che ci ha fatto? Che altra allucinazione è?!"
"Io non lo so!"
"Va bene, ho molta fretta" l'uomo alzò la mano e riprese il suo percorso "Chiederò a qualcun altro. Scusate il disturbo."
Subito, però, Vera lo richiamò:
"Aspetti!"
Si fermò di nuovo, tremando dall'irritazione. Tuttavia, quando si rivolse a loro, pareva solo preoccupato.
"Sono stato contattato da Albus Silente riguardo a mio figlio. Mi ha spiegato in modo circostanziato che nel Mondo della Magia sua... madre ha avuto un comportamento criminale, associandosi a un certo Grindelwald. Per questo sono venuto a richiederne la custodia. Si chiama esattamente come me: Tom Riddle. "
Laurie non poteva crederci.
“Lo conoscete, dunque?"
"Lo conosciamo" confermò Laurie spontaneamente.
"Bene. Non è che, per cortesia, potreste portarmi al Ministero? Ho un incontro fissato per oggi."
L'uomo, diventato gentile tutto ad un tratto, ebbe però un moto improvviso e tirò di nuovo fuori il fazzoletto di stoffa per asciugarsi freneticamente le mani.
"Se offrissi un compenso per il vostro tempo…"
A quel punto sbottonò l' impermeabile ed estrasse dalla tasca interna un portafoglio rigonfio.
Laurie e Lucy lo guardavano allucinati, mentre Vera aveva tirato in dentro il labbro e cercava di nascondersi.
Nel frattempo, Tom Riddle contava i soldi, stando molto attento a non bagnarli.
"Ecco, sessanta sterline. Le potete spartire in tre. Vogliate scusarmi, ma la guerra..."
"Noi Maghi... non... usiamo..." spiegò Laurie in un filo di voce.
L'uomo rimase con le dita fra le banconote.
"Eh?"
"Noi Maghi non usiamo la stessa… valuta..."
Allora, con un gesto meccanico le rimise dentro e li scrutò in viso.
"Avete detto che lo conoscete, giusto? Immagino... che mi abbia descritto nel modo meno lusinghiero possibile. Non darò giustificazioni: ho avuto le mie buone, ottime ragioni per fare quello che ho fatto! In ogni caso, ho ricevuto una lettera di Albus Silente, un mese fa, che si è dichiarato suo insegnante e mi ha descritto la situazione. Per quanto mi dolga ammetterlo, lui è comunque mio figlio, e vittima di… una manica di pazzi deviati, come può constatare chiunque viva a Little Hangleton. Pertanto ho risposto al professore, chiedendo di discutere il procedimento legale per averne la custodia"
Indagò di nuovo nelle tasche del suo impermeabile ed estrasse una busta.
"Ecco, questa è la lettera."
Vera la prese e la aprì.
Dentro c'era scritto né più né meno quello che aveva detto.
In basso a destra c'era la firma di Silente.
"Quindi? Continuate a rifiutarvi?"
"Tom è al Ministero, in questo momento" disse Vera all'improvviso.
"Davvero? Che altro sapete dirmi?"
Laurie la guardò.
Quanto dovevano rivelare? Ma soprattutto, che importanza aveva?
"Dunque… sua madre, è con lui adesso?"
"Sua madre è morta" continuò Vera.
L'uomo fece come per ritrarsi.
"Morta? ... morta come?"
Allora ricordò, vagamente, le parole della statua di Serpeverde…
L'importanza. L'importanza era quella!
Guardò Vera, che annuì.
Ora aveva capito il complicato, incerto, ma geniale piano di Silente. Nessuno voleva tornare indietro, ma era la loro unica possibilità.
"E' stata uccisa, oggi. Da Grindelwald."
"Grindelwald? Ma non collaboravano?"
"Non si può spiegare così. Adesso la accompagniamo al Ministero e vedrà da solo"
"No, no, mi dovete spiegare! Albus Silente mi ha mentito? O forse voi..."
"Nessuno le ha mentito. Venga"
Laurie aprì la porta del bagno lì vicino, e gli fece segno di entrare.
"Ma… cosa?! Che scherzo è questo?"
"Venga" ripeté Laurie con pazienza.
Entrarono tutti e tre, e infine lui, incredulo, recalcitrante, lasciando ancora una scia d'acqua dietro di sé.
Con un coraggio che non aveva mai saputo di avere, Laurie gli strinse un braccio e tirò lo sciacquone.
L'atrio era ancora in piedi, ma era pieno di crateri.
Grande, invece, era il silenzio.
"Cos'è stato?! Siete impazziti?! Che è successo qui? Dove mi avete portato?"
"Questo è il Ministero" spiegò Lucy, portandosi avanti "Adesso andiamo da suo figlio." 
"Non vi seguirò prima di aver ricevuto delle risposte esaustive alle mie domande" si impuntò Riddle, piantando a terra il bastone e facendo inavvertitamente franare un pezzo di pavimento.
“Potrà farle a lui, le domande..." proseguì Laurie.
Iniziarono a scendere le scale, e videro un bagliore, preludio a una forte luce.
L'uomo, tuttavia, fedele alla sua parola, non si era spostato affatto.
"Tom è qui sotto" urlò Lucy.
Allora lo sentirono incamminarsi piano, con le scarpe che facevano rumore per l'umidità.

Finì per superarli e scendere prima di loro.
Varcarono anche loro la soglia, e videro Tom in un angolo, col viso scurito, i lineamenti ancora distorti, la Bacchetta di Sambuco malferma in mano.
Si sentì il tonfo del legno del bastone contro il pavimento.
L’uomo era sbalordito, e si girò verso di loro.
"Cos'è tutto questo? E' per caso affetto da una malattia?"
“Avete portato… lui… da me?” Tom si limitò a constatare stupefatto, con la mano che ancora tremava.
"Nessuno mi ha portato. Io sono venuto " ribatté Riddle, con una forza che lo sorprese.
"...e perché?"
Di nuovo, Riddle fu senza parole.
Poi riprese in mano il bastone, ci si appoggiò con contegno e rispose, forzandosi a guardarlo negli occhi:
"Perché… è giusto, insomma. Comunque bisogna dire che sei parecchio malridotto, ragazzo. Che hai, un’infezione agli occhi? Una brutta congiuntivite? Qualunque cosa sia, devi farti vedere. E’ terrificante."
A quel punto, Tom scosse la testa, furioso, rivolgendosi a Lucy, Laurie e Vera.
"Che cos’è? Che avete fatto?"
"Sono davanti a te! Dio, chi ti ha insegnato…” ribadì, riassestando il bastone a terra spazientito.  “Comunque, mi hanno accompagnato qui. Ho saputo, prima, che tua madre è stata uccisa dal mago Gellert Grindelwald. Non ho idea di quali altri parenti tu possa avere, ma è indubbio che nessuno fra quegli squilibrati sarebbe in grado di darti un’educazione superiore alla mia. Per questo, sono venuto a portarti a casa.”
"Quindi sei tu l'unico che si sta prendendo gioco di me" si risolse Tom, con un ghigno.
 "Ti dimostrerò il contrario. Adesso, mi sapreste dire dove si trova questo Professor Silente?"
Tom fu sul punto di aprir bocca, ma Laurie riuscì a precederlo:
“Deve ancora arrivare.”
“Ah, sì? Eppure mi aveva detto che mi avrebbe accompagnato personalmente all’ufficio.”
"Temo che… non esista più nessun ufficio, signor Riddle." continuò Lucy, guardandosi attorno.
“Cosa?!” sbottò Riddle, senza contenere più l’impazienza "Un fantomatico professore mi ha fatto venire al “Ministero della Magia”, da Little Hangleton fino a Londra, che è stata bombardata fino a ieri, costretto ad assistere a un’infinita mostra di assurdità che nessuno si è degnato di spiegare… per niente?! Se questo edificio è distrutto, perché mi ci avete fatto venire?! Perché trovo qui mio figlio, che per sua stessa ammissione è malato e dovrebbe essere in una clinica?!”
Laurie si voltò verso Lucy: aveva una scintilla negli occhi.
Sospirò: dipendeva tutto da loro.
Loro, insieme.
“Mi dispiace, signor Riddle. Sappiamo solo che Grindelwald ha portato qui Tom e sua madre per ucciderli… Silente aveva promesso di sconfiggerlo, ma adesso il Ministero è distrutto e sono entrambi scomparsi; Tom, come può vedere, è stato stregato e non sa più quel che fa e quel che dice. Sarà meglio che lo porti via, prima che ritornino.”
"Dieci minuti fa, avete negato che potesse mentirmi! Chi mi garantisce che non siate dalla loro parte?”
Allora Lucy proseguì:
“Eravamo con Silente… ma siamo stati ingannati come lei, temo.”
“Ecco, avrei dovuto saperlo. La prima volta in vita mia che mi fido di una lettera da uno sconosciuto, ed ecco cosa succede!”
A quel punto, Vera non resistette più e cominciò a piangere.
"Mi dispiace, signorina" disse l'uomo, agitandosi lui stesso "In qualche modo usciremo da questa situazione. Allora, sapete come possiamo fare per sfuggire a questi due loschi individui?”
“Lo faremmo, ma purtroppo non abbiamo bacchette… però possiamo trovarne. Prima dobbiamo uscire”
“Non c'è una qualche forma di autorità… streghesca che possiamo avvertire?"
"Anche quella non c'è più. Solo momentaneamente..." rispose Laurie "Abbiamo avuto una guerra anche nel Mondo Magico."
"Giusto. Meglio andare via subito, allora, prima che arrivi qualcun altro. Dunque, ti sei deciso a venire, Tom? Stai peggiorando a vista d’occhio."
Vera riprese a singhiozzare forte.
"Che succede, ancora? Adesso andiamo via, signorina. Nascondersi è avvilente, ma è l’unico modo di affrontare la guerra senza morire. Immagino che nel vostro caso sia colpa di Grindelwald."
A quel punto, l'uomo mise una mano sulla spalla della ragazza, iniziando a incamminarsi con lei.
Quando ebbero voltato loro le spalle, Lucy gli strinse di nuovo la mano sudata, debole, stanca.
Adesso non lo copriva più: Tom era davanti a loro, con la Bacchetta infilata nella tasca, un lembo del Mantello che usciva dall'altra e l'anello con la Pietra al dito.
Non capiva neppure lui se lo stesse guardando oppure no. Il suo sguardo a tratti si offuscava, quasi fosse percorso da qualcosa; la bocca gli si serrava tanto che la sua faccia pareva cambiare forma. 
Laurie avrebbe dovuto pensare alla sua vita: eppure, sentiva sul collo una strana leggerezza. Come fosse stato colpito da un Confundus, ma senza la confusione.
"Torniamo a casa, allora."
Il polso di Lucy tirò: sentì dei passi andare verso Riddle e Vera... ma in realtà Lucy era ferma.
"Alla buon'ora, Tom! Anche voi due, siete ancora lì impalati? Quanto volete rimanere in mezzo a queste macerie?"
Gli sembrava una voce soffusa, distante.
"Ecco. Che è successo, ora? Perché sono fermi?"
"Forse hanno sentito un'influenza negativa..."
"Quindi sono stati stregati dai maghi?! A distanza?! Noi non li aspettiamo, ovviamente. Venite, voi due!"
Il grido gli fece sentire di nuovo la testa sul collo.
Lucy gli prese le braccia e le scosse con decisione.
Quindi...?
"Penso che stiano meglio, adesso."
"Che si diano una mossa, allora!"
Lucy lo prese per la manica, tirandolo in avanti girata verso di lui, annuendo con gli occhi grandissimi.
"E' stato un sortilegio... momentaneo..." disse lei, con voce un po' stridula.
"Una volta usciti, dovremmo essere al sicuro" proseguì Vera, da lontano.
"Ecco, appunto."
Accelerarono il passo, per mettersi in pari con loro e iniziare a salire le scale.
Riddle era più in alto di tutti, col bastone che batteva come in una marcia.
"Buon Dio, ma perché siete così mosci, lenti?! Avete proprio così tanta voglia di morire?! Se cadete giù non vi vengo a raccogliere, sappiatelo!"
Laurie non ci credeva.
"Colpiranno di nuovo presto, lo so. Dobbiamo affrettarci. Ha la carrozza pronta, padre?"
"Pronta, Tom? Certo che è pronta. Sono ore che è pronta. L'ho messa il più vicino possibile."
"Non usa la macchina, signor Riddle?" chiese Vera.
"Non mi fido. Tutto quel gas rovina i polmoni. Ma che vi importa, esattamente? Zitti e muovetevi!"
Finalmente, l'ultimo gradino.
"Adesso, come torniamo indietro?"
"Lei si tenga a me..."
"Sinceramente non mi sembra molto sicura, signorina. Mi sa che il sortilegio sta avendo ancora effetto"
Il braccio di Lucy tremava visibilmente.
"Se non le dispiace, mi affiderei all'altra signorina qui, che mi sembra più sana."
Vera annuì, con un sorriso momentaneo, lo prese con sé e si Smaterializzarono.

Apparvero nuovamente nel bagno del Ministero Babbano.
Riddle spalancò la porta col bastone e si fece strada fuori.
"Ma che è tutta sta gente?! Chi siete voi?!"
Laurie uscì con Lucy e vide due ragazzi insorgere all'improvviso; non sapendo che fare, spinse Riddle contro la parete e si schiacciò a terra.
La luce verde li mancò per un pelo.
A Laurie mancò l'aria.
Vide l'uomo riemergere, col viso pieno di sangue, e brandire il bastone contro tutti.
"DISGRAZIATI MALEDETTI! NON OSATE PIU' COLPIRMI!"
Continuava a scuotersi, ma Lucy lo teneva.
La porta era chiusa: Vera e Tom non erano usciti dal bagno.
"Che cos'è? Perché siete rientrati?" chiese Cecil, venendo avanti.
"Dov'è lui? Dov'è Silente?"
Barreus sospirò, con i pugni stretti.
"Allora è vero che siete dalla sua parte. Alastor è morto, Laurie! E' MORTO! E non solo lui!"
"E' terribile. Ecco, comunque ci sono... cose che non puoi capire adesso, Barreus."
Era la peggiore cosa da dire. Ma non poteva dire altro.
"Ma cosa devo capire, Langton?! E' un assassino... e quindi anche tu!"
"No, io no! Io non sono un assassino! Mettitelo in testa!"
"Cosa sta farneticando questo?!" gli chiese Riddle "Perché ce l'ha con te?"
Laurie lo guardò fisso.
"E' stato stregato..."
"Che nascondete, dietro la porta?!" urlò uno.
Tutti allora tentarono di avvicinarsi.
"C'è mio figlio, dietro quella porta, e dovrete passarmi sopra prima che la apra!"
D'un tratto Lucy diede un colpetto a Laurie, scuotendo la testa.
Capì che Tom e Vera si erano Smaterializzati.
"Andiamo!" disse; così afferrò Riddle e iniziò a correre sorretto da un'energia sconosciuta.
Il battito pesante dei piedi, mentre colpiva a manate l'aria, su quel pavimento lucido. Si sentì il rumore del legno, Riddle che si dimenava furioso; l'aria entrava e usciva dalle orecchie, il fiato veniva e spariva; si buttò giù per le scale, con Lucy poco più avanti, Riddle che trascinava con forza misteriosa; si girò, all'improvviso, stranito da qualcosa: stavano scuotendo le bacchette senza che uscisse niente; Barreus gli urlava contro, era davanti a tutti, e forse lo voleva morto.
Uscirono finalmente nel cortile: il braccio di Barreus attraversò la soglia, ma fu rigettato indietro contro tutti gli altri.
"PAZZI!" urlò, mentre si puliva il viso col fazzoletto "Perché non esce più nessuno?! Lo avete lasciato lì dentro?! Come fa ad uscire, ora?!"
"E' già uscito. Deve essersi riattivata una barriera magica."
"E' già uscito? E come ha fatto?!"
"Col metodo di prima."
"Ma come?! E dov'è? Dobbiamo andare alla carrozza! E poi abbassa il tono, ragazzo! Che ti prende?"
Laurie era nero di rabbia e di tristezza.
Tutti lo odiavano.
Li odiavano.
E pensare che... che!
Lucy non osava alzare gli occhi da terra.
"Ah, eccovi! Sbrighiamoci, prima che gli allievi di quei pazzi ritornino! Quel bastone... aveva trent'anni... una fortuna..."
E ora lo aveva accanto.
L'assassino.
Per schermarsi da lui camminava quasi di lato.
Gli sembrava di vedere la sua ira riflessa per terra.
In fondo... che senso aveva, quello che aveva fatto?
Non era stato forse... un codardo?
Si sarebbe dovuto unire a loro, andargli contro e sacrificarsi per gli altri, come Alastor? Poter dire di "averci provato"? Essere un vero eroe?
Ma alla fine cosa non aveva, del vero eroe?
Non era morto? Non aveva usato la bacchetta?
Che importanza aveva?
Come un eroe, non si era piegato a nessuno. Aveva lottato per i propri ideali.
Aveva la coscienza profonda di aver vinto... anche se, non sapeva quanto sarebbe durato.
"Dunque, nella carrozza c'è spazio per tutti. Se volete, vi posso ospitare a casa per un giorno. Preferirei non dare nell'occhio, ma non posso rifiutarvelo, dopo quello che avete fatto."
"No, grazie." rispose Lucy "Anche noi dobbiamo andare a casa."

La signora Emile stava riposando nel suo letto d'ospedale, succhiando una caramella che le aveva dato l'infermiera.
D'un tratto, sentì lo scalpiccio di piedi di un bambino scendere giù per le scale: allora vide apparirle davanti il piccolo Tom.
"Buongiorno. Sa per caso dov'è andata la signora Barnaby?"
La signora Emile rise. Doveva aver combinato di nuovo qualche pasticcio.
"E' appena salita al terzo piano."
"Posso rimanere qui allora, signora Emile?"
"Certo, Tom. Possiamo chiacchierare, se vuoi"
Il bambino allora andò a prendere una sedia e si sistemò accanto al suo letto.
"Che lavoro faceva prima di venire qui, signora Emile?"
"Ah...! Sai, non ho mai avuto un vero lavoro. Mio padre aveva una pasticceria, ma non ho mai avuto la pazienza di cucinare: mi sono guadagnata da vivere scrivendo un diario dei miei viaggi che ha avuto un certo successo, e basta."
"Mmh." il bambino sembrava pensoso "E' strano."
"Perché strano?"

"E' strano che lei non voglia lavorare"
Stavolta, la signora Emile si lasciò andare a una grassa, grassa risata.
"E tu, invece? Che vuoi fare da grande?"
"Tutto."
La signora Emile non era sicura di avere capito, ma il bambino sembrava sicurissimo.

"Vuoi fare tutti i lavori?"
"No. Voglio saper fare qualsiasi cosa, però."
"Oh... è bello che tu abbia così tanta iniziativa, ma, sarò sincera, mi sembra un po' difficile che tu possa imparare a fare proprio tutto tutto."
"A me no" replicò il bambino, seccamente "So di poterci riuscire."

Vedendo che non avrebbe cambiato idea, la signora Emile decise di assecondarlo.
"Da cosa comincerai, allora?"
"Voglio far tornare mio padre da me"

La signora si sforzò di continuare a sorridere.
"Perché è diventata triste, signora?"
"Non sono triste, Tom."
"Non sia triste. Mio padre non mi può mancare, se non l'ho mai conosciuto" insistette il bambino, arrabbiandosi "Voglio farlo tornare solo perché è la cosa più difficile di tutte: quindi devo farla per forza, se voglio fare anche le altre meno importanti. Ha capito?"
La signora Emile annuì, con apprensione.
"Però vuoi fare anche altre belle cose, no?"
"Sì. Vorrei anche imparare a volare, e-"
"TOM!"
Era la voce della signora Barnaby: subito, il bambino sfrecciò via a salti fra i letti dei pazienti.
Stanca, la donna fece affondare di nuovo la testa nel cuscino. Mentre cercava di prendere sonno, ritornava con la mente alla conversazione appena avuta e pensava a quanto erano belli i sogni.


 

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Capitolo 36
*** Epilogo ***



10 giugno 1957

Stavano entrando nella piazza centrale del villaggio.
Alice sbirciò la faccia di suo papà. La ricambiò rapidamente e le strinse più forte la mano, continuando a camminare.
"Anche se ci rivolgono la parola non fermarti, Alice."
La bambina fece di sì con la testa rivolta verso la mamma, anche se un po' allarmata.
La vide avvicinarsi a papà e sussurrargli qualcosa nell'orecchio.
"Sì, dobbiamo incontrarla il prima possibile."
Una vecchia signora col bastone passò loro accanto; Alice si girò, curiosa, e vide che la stava ancora guardando.
"Ehi... ma voi siete i Langton...!"
Un ragazzino cominciò a seguirli, ma Alice vide una donna prenderlo per un braccio e tirarlo bruscamente indietro.
"Con che coraggio..."
"... che saranno sottoposti a un altro processo. Pensano che il primo sia stato pilotato..."
"Ah Verol, perché credi che se fanno anche altri cento processi, lui non li piloterà tutti? Come se non potesse essere qui, in questo momento, insieme a loro! "
I due signori continuavano a parlare, ma si stavano allontanando.
"NON POTETE STARE QUI!"
Alice ebbe un brivido di paura per il forte urlo: una signora in carne con una veste lunghissima si era messa davanti a loro.
Papà la tirò e la superarono, ma questa continuava ad urlare.
"ASSASSINI! ASSASSINI! ASSASSINIII! AD AZKABAN! AD AZKABAN!"
Alice iniziò a respirare forte e si aggrappò alla mamma.
"Signora Langton"
Chiamò un signore con un sorriso triste, lì vicino.
La mamma alzò la testa.
"Conosco la signora Paciock. Abbiamo sentito tutta la deposizione, dieci anni fa. Noi... noi vi crediamo. Ci dispiace. Se volete, posso accompagnarvi su per la collina. Non siamo molto lontani."
Alice si sentiva confusa. Le parve di avere paura anche di lui.
"Non importa! La ringrazio. Si fidi, non vuole venire con noi..."
Il signore annuì, più serio, e proseguirono.

18 giugno 1957

Lucy guardava Alice attraverso la finestra, correre verso la casa dei Paciock.
"Cecil quando ti ha detto che arriva?"
"Verso la sera..."
Laurie prese il giornale dalla tavola e rilesse la prima pagina.
"WIZENGAMOT CONFERMA: LANGTON SOTTOPOSTI A SECONDO PROCESSO."
"Cosa potremmo mai dire di nuovo?!" sbottò, buttandolo a terra.
"Finché il Ministro è convinto. Oh, Laurie. Io non riesco a pensare a cosa farei... se davvero ci condannassero. Alice..."
Le tenne la vita.
"Io spero davvero che venga al processo" disse scuotendo la testa.  "Lo spero davvero!"
"Lucy...!"
"Mi avrebbe lasciato... morire lì!" sputò fuori, disgutata "E ora devo passare una vita a negare di aver commesso i suoi omicidi!"
Si andò a sedere, tremando.
"Ma verrà, vedrai. Verrà a manipolare il nostro processo a favore, come dicono tutti. Io me lo sento, Laurie. È così. Pensavamo di esserci liberati da tutto con anni di isolamento dal mondo: ora proviamo a tornare, e ci denunciano al Wizengamot."
Scosse la testa, disgustata.
"Quanto siamo stati stupidi!"
Laurie sospirò.
"Che c'è? Che vuoi dire?"
"Noi non abbiamo sbagliato niente" obiettò lui "E non dobbiamo arrenderci. Ci sono persone che ci credono: dobbiamo continuare a dire la verità."
"Sì?! E dove ci ha portato, questa verità?!"
"La nostra verità ha salvato il mondo."
Lucy tirò in dentro le labbra.
"Lo stesso compromesso che oggi tutti ci imputano. Quando capiranno che i nemici non solo nemici, l'importanza di andare oltre la propria volontà e che la guerra non si risolve con la guerra, allora ci crederanno. "

“… il processo sarebbe il 23.”
“Ma certo. Il 23.” Laurie si mise una mano sulla fronte. “Maledetta profezia. Sai chi sarebbe dalla nostra parte di sicuro, allora? Oltre a Griselda Marchbanks, Samyon Turnell…”
“Da quello che ho sentito, arriviamo quasi a venti” disse Cecil, gravemente. “Non è abbastanza, per ora, ma posso mettervi in contatto con qualcuno.”
“Non è abbastanza no!”
“Potreste farvi intervistare da un giornale che non sia il Profeta.”
“Ma non diremmo niente di diverso. Rischieremmo di peggiorare la situazione” disse Lucy.
“Dovete provare. Altrimenti, cosa?”
“Tanto verremo assolti. Lui arriverà di nascosto, confonderà i membri. Poi, però, tutti si insospettiranno e fra qualche anno ci faranno un altro processo.”
“Perché ne sei così convinta?”
“Non lo so. È così e basta. Siamo destinati a vivere così!”
“Ma perché dovrebbe farlo?” insisté Cecil.
“Per perseguitarci” rispose Lucy alzandosi dalla poltrona.
“Per farci capire che lui ha ancora il controllo su di noi.” continuò Laurie.
“Ma cosa pensate sia successo, dopo che è tornato dal padre?” chiese Cecil.
 “Sappiamo quello che sa il Ministero. Tom Riddle Senior e Cecilia avevano abbandonato la loro vecchia casa e lui si era trasferito con loro. La nuova casa non è mai stata trovata. Riguardo l’inganno, abbiamo dei dubbi. Il fatto è che lui non vive più con suo padre, probabilmente da anni.”
A quel punto qualcuno suonò alla porta.
Lucy e Laurie si guardarono, confusi.
“Avevi invitato anche Hilde e Livia?”
 “No. Vengono domani” rispose lei.
Si alzarono tutti: Lucy mostrò la bacchetta nella tasca, scese il gradino e controllò chi era alla porta.
Si girò verso Laurie, dietro di lei, con un’espressione significativa; poi spinse Cecil indietro, verso il salotto.
“Esci da dietro.”
“No, non vi lascio qui! Chi è alla porta?”
Lucy scosse la testa.
“È lui?”
“Non lo so. Devi andare, Cecil.”
“Come non lo sai? Chi c’è alla porta?
Laurie andò a controllare di persona…
“Vai, Cecil! Per favore…”
“Scusate.”
Allora tutti sentirono chiaramente la voce di Vera.
Lucy indicò la porta sul retro a Cecil, che pur recalcitrante uscì, e tornò all’ingresso mentre Laurie apriva la porta.
Lo sguardo languido era sempre lo stesso.
Aveva qualche ruga in viso, dietro al velo.
Si sfilò i guanti e li ripose nella tasca con un gesto rapido.
“Posso entrare?” chiese allora, con un filo di voce “Mi dispiace, ma penso… che dobbiamo parlare molto.”
Laurie le tenne la porta aperta, aspettando che entrasse, e la richiuse subito.
Vera si servì dell’appendiabiti, mentre Lucy spiava Laurie dal fianco.
“Dove possiamo sederci?”
“Di qua” disse Lucy, risalendo il gradino.
Laurie aspettò che Vera la seguisse per prima, per tenerla in mezzo.
Lucy le indicò la poltrona, mentre si sedette accanto a Laurie nel divano, piegata in avanti con i pugni chiusi e stretti.
Vera sospirò, faticando a raccogliere le parole mentre guardava prima uno, poi l’altra.
“Sarei dovuta venire molti anni fa. Non pensavamo che ci sarebbe stato un secondo processo…”
Laurie chiuse gli occhi. Aveva detto pensavamo
“Tu al primo eri in contumacia, però. Chissà perché, non sono riusciti a trovarti.” la rimbeccò Lucy.
“Scusa, Lucy… ma io cosa ho fatto? Adesso, vi ho lasciato soli: questo sì. Ma quali crimini pensi che io abbia commesso?”
Lucy abbassò lo sguardo.
“Mi dispiace. È una situazione orribile, e vorrei solo che finisse... ma non posso farla finire. Per questo, sono solo venuta a dirvi cosa abbiamo fatto io e Tom in tutti questi anni. So che avete molti pensieri, giusti e sbagliati, e tanta, tanta rabbia. Vi chiedo solo di ascoltare e, se vi riesce, di credermi."
"Dopo tutto, andammo a casa di suo padre. Io non riuscivo né a guardarlo, né a parlargli: passati due giorni, dissi al cocchiere che volevo partire. Ricordo allora che mi prese da parte e iniziò a spiegare: non appena aveva visto suo padre, aveva perso ogni interesse in sostituire Grindelwald alla guida del Mondo Magico. Voleva vivere con lui: così doveva essere, e questo era sempre stato il suo desiderio. Allora partii, ancora con dei dubbi, e vissi con i miei genitori, lontano dai miei parenti, al riparo dal mondo che accusava me e voi di ogni cosa. Non tornai mai a Hogwarts, ma mi impegnai comunque a studiare."
"Due anni dopo, Tom mi cercò. Mi disse che aveva confessato la verità a suo padre, e che quindi lui aveva provato a farlo accettare in un manicomio Babbano non molto distante. Tom mi disse che aveva sofferto molto per questo, ma che allo stesso tempo non riusciva più a nutrire rancore verso nessuno: forse qualcosa di collegato al potere che aveva raggiunto. In un primo tempo aveva sperimentato i limiti, cercando di prosciugare un mare e abbattere una montagna. Poi, aveva provato a potenziare i Doni: era riuscito sia col Mantello che con la Bacchetta, ma non con la Pietra. Era riuscito a replicarne le proprietà, ma quando aveva provato a rendere Merope concreta e corporea non c'era stato verso. Ancora adesso ci sta provando, ma dice che la morte è inesorabile."
"Tutt'oggi, questo è quello che impegna Tom. Non fa altro. Tutto quello di cui lo accusano... è falso. Non ha più ucciso nessuno, né lo farebbe mai. Ora riesce a vedere lui stesso quanto è compromessa la sua anima, e quanto forte è stato il sacrificio di sua madre. Dice che è uno degli Incantesimi più potenti mai esistiti, ben più di quanto le Arti Oscure possano offrire. Le ha rinnegate e ha riconosciuto quanto bello è rapportarsi con le persone giuste. Dopo quei mesi, il Settimo Anno... in qualche modo, Tom aveva iniziato davvero  a vedervi come amici, ma non lo voleva riconoscere. È un limite che deve ancora superare: ne parla come uno sforzo quotidiano che deve compiere, qualcosa che non gli verrà mai spontaneo, ma dice che io e i nostri figli lo aiutamo ogni giorno. Dice anche che sa che suo padre, in fondo, lo ama ancora, e lo spera perché lui sa di amarlo..."
Lucy guardò Laurie, incredula.
"Potete pensare che stia mentendo. Vi posso giurare che non è così. Se scoprissi che mi ha ingannato tutto questo tempo, e non si comportasse e non pensasse come vi ho detto, non rimarrei con lui. Potete avere pietà di me, pensare che mi sembri normale soffrire, visto che ho sofferto tanto nella mia famiglia. Ma io ora non sto soffrendo, stando insieme. Non più. Ho la certezza che, per quanto sia stato grande l'effetto di acquisire questi poteri, lui non è cambiato affatto, e ha semplicemente abbracciato quella parte di sé che io vedevo, già a Hogwarts, che vedeva anche Merope, e... non lo so. È cosciente del fatto che il suo comportamento nei vostri confronti sia imperdonabile, ma ora si chiede cosa sia meglio fare. Non meritate di andare ad Azkaban..."
“Forse dovreste farvi avanti e dire la verità.”
Laurie guardò Lucy nervoso.
“Se volete davvero aiutarci… è questo che dovreste fare. Tom dovrebbe confessare i suoi crimini.”
Con loro sorpresa, i occhi di Vera si riempirono di sollievo e decisione.
“Va bene, allora. Speravo me lo chiedeste. Testimonieremo entrambi in vostro favore. Sarete finalmente liberi per sempre.”

Alice teneva stretta la mano di sua madre, mentre i membri del Wizengamot votavano.
Le braccia alzate erano pochissime.
Il Primo Ministro disse qualcosa di difficile; poi la madre le disse nell’orecchio:
“Siamo liberi!”
Alice rise. Non riusciva a credere che fosse finite.
Ma poi, subito dopo, il Primo Ministro nominò Tom Riddle e Vera Lambert, e quasi tutte le braccia si alzarono.
Sentì la mamma afferrarla, quando scoppiò una luce accecante dorata e subito scomparve.
Erano entrambi spariti. 


La storia è giunta al suo termine.

Forse.

Il prossimo passo è seguire le vite dei figli di Tom... 

Intanto, se siete arrivati sin qui, innanzitutto vi ringrazio e mi auguro che questo mio racconto piccolo ma "grande" vi abbia lasciato qualcosa. Se vi va, fatemi sapere i vostri pareri, le vostre interpretazioni, i vostri dubbi se ne avete.
Grazie ancora!

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